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Latin/Italian Pages 464 Year 2017
Collana diretta da Anna Giordano Rampioni
IGINO MITI DEL MONDO CLASSICO SAGGIO INTRODUTTIVO,
NUOVA TRADUZIONE E COMMENTO
A CURA DI
FABIO GASTI
TESTO LATINO A FRONTE
© RL S.p.A. Finito di stampare nel mese di dicembre 2017 presso Puntoweb Srl, Ariccia (RM)
IGINO MITI DEL MONDO CLASSICO
PREMESSA
Dopo una lunga interruzione, la collana nata nel 2006 e da allora da me diretta e pubblicata per la casa editrice Barbera Editore riprende le sue pubblicazioni con altro marchio editoriale, quello della Rusconi Libri. Dopo aver proceduto alla ristampa di numerosi volumi che erano ormai esauriti, è nostra intenzione proseguire nel progetto originario che si è rivelato apprezzato da numerosi studiosi e lettori e che ci sembra conservi ancora tutta la sua validità. Anna Giordano Rampioni Santarcangelo di Romagna, gennaio 2015
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PREFAZIONE
“I classici sono la riserva del futuro” (Pontiggia). Con tale convinzione nasce questa nuova collana di classici greci e latini che si pone come opera di divulgazione curata da specialisti, anche per non specialisti. In particolare intende rivolgersi ai giovani, curiosi dell’antico, per un contatto diretto con i testi, al fine di offrire la possibilità di interrogarli e confrontare i modelli culturali del loro tempo con quelli delle età posteriori e con i nostri. Il testo con traduzione a fronte è una scelta che ormai è nella tradizione editoriale della presentazione dei testi antichi. Siamo ben consapevoli che la lettura della traduzione non può essere equivalente, e quindi sostitutiva, di quella dell’opera in lingua originale, ma siamo altrettanto consapevoli che la capacità di leggere e comprendere perfettamente in piena autonomia le lingue antiche, oggi in particolare, è di pochi. È vero: la traduzione è “quasi la stessa cosa” (Eco), ma spesso è necessaria opera di mediazione che permette al lettore di altra lingua, e nel nostro caso, anche di altra epoca, di riudire voci di classici che diversamente non sentirebbero mai. “L’accesso alle culture antiche è un diritto” (Vegetti) che non vorremmo fosse sottratto a nessuno e soprattutto ai giovani. Ed è stato in particolare pensando a loro che si è per lo più scelto di affidare a giovani studiosi l’arduo compito del tradurre, troppo spesso ancora oggi misconosciuto o comunque ritenuto di scarso prestigio. D’altronde, come è noto, la traduzione ha un alto tasso di deperibilità e, seppure alcune traduzioni del passato ancora oggi ci appaiono efficaci, sono a loro volta divenute dei classici anch’esse IX
Anna Giordano Rampioni
in quanto ogni generazione si appropria dei testi antichi attraverso un proprio codice linguistico e culturale, risultato della cultura e del gusto del tempo. Certo il traduttore sa bene che dietro una semplice parola o concetto espresso nell’idioma del testo-fonte c’è “un di più” spesso inesprimibile, vuoi per il valore emozionale proprio dell’opera d’arte, vuoi perché l’autore rinvia, attraverso la sua lingua, ad una visione, ad un mondo culturale che non è quello del lettore moderno. Per questo aspetto si affida alle note che, di vario genere (storico, antropologico ecc.), hanno lo scopo di aiutare a recuperare le conoscenze necessarie per meglio intendere quanto si va leggendo. L’introduzione è affidata sempre ad ‘esperti’, studiosi di lingue e letterature classiche, che, partendo rigorosamente dall’opera in lingua, offrono una chiave di lettura che pone in un’ottica illuminante, o almeno chiarificatrice, gli elementi significativi del testo. Anna Giordano Rampioni
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L’ANTOLOGIA DI IGINO FRA TRADIZIONE MITOGRAFICA E ISTANZE ENCICLOPEDICHE
Il cammino di un testo In modo abbastanza fortunoso l’Antichità ci ha tramandato un’opera di natura particolare, che potremmo variamente definire – ma in modo piuttosto approssimativo e impressionistico – un manuale o un’enciclopedia di miti, anzi di racconti mitologici del mondo classico: un’opera destinata ad avere fortuna non tanto dal punto di vista letterario, a causa della veste stilistica sostanzialmente dimessa quando non addirittura sciatta, ma semmai da quello scolastico – già in antico –, come appunto un prontuario mitologico da offrire agli studenti per formare la loro competenza antiquaria in materia di mitologia e insieme per farli esercitare nella traduzione dal latino. Quest’opera è giunta a noi priva di una completa tradizione manoscritta nota e consultabile dal moderno editore. Allo stato manoscritto ci restano infatti soltanto frammenti, cioè due brevi sezioni dell’opera: la prima, che comprende solo alcune fabulae (24-38, ma non interamente), è stata rinvenuta a inizio Ottocento nel rivestimento di un volume e si tratta di fogli di un codice, databile al IX secolo e conservato a Monaco di Baviera (Monac. 6437, già Frising. 237), pubblicati solo nel 1870; la seconda ne comprende cinque (67-71, pure incomplete) ed è rappresentata da un palinsesto conservato alla Biblioteca Vaticana, identificato pure a inizio Ottocento e pubblicato nel 1820 (Palat. Lat. 24). Manca di approfondimenXI
Fabio Gasti
ti, e comunque di verifiche circostanziate, l’ipotesi, a suo tempo avanzata da Jacques Schwartz, che in un papiro di Strasburgo della metà del II sec. d.C. vada ravvisato il presunto originale greco di estratti che troveremmo tradotti nella nostra opera1. Gli elementi di tradizione diretta sono pertanto estremamente frammentari, ma esiste un’altra circostanza che compone in modo particolarissimo la trasmissione dell’opera. Abbiamo infatti quella che potremmo a buon diritto definire una traduzione in greco di parte di essa all’interno di una specie di antologia di civiltà latina che figura fra gli Hermeneutica attribuiti al grammatico latino Dositeo, ma che senz’altro sono opera di un altro autore, databile sicuramente al 207 d.C. perché dedicata ai consoli di quell’anno, Massimo e Arpo2. Si tratta di un’antologia destinata al pubblico greco per fornire una generale introduzione alla cultura di Roma in un momento in cui pareva essenziale che i dotti, ma soprattutto i funzionari, possedessero questo tipo di competenze: siamo insomma su una linea per così dire divulgativa che porterà un paio di secoli più tardi anche alla traduzione del Breviarium di Eutropio a cura di Peanio e alla composizione dell’interessante grammatica del vero Dositeo, che presentava il testo greco e quello latino a fronte. Ebbene, nella sua prefazione l’anonimo autore dell’antologia pseudodositeiana, comprendente favole e storie mitologiche di altri autori (Fedro, per esempio), a proposito delle nostre Fabulae (che chiama in realtà Genealogia, ma vi si riferisce anche come ἱστορίαι ammette comunque che la sua è una scelta parziale ma che si è dedicato a questo lavoro perché l’opera in questione era «universalmente conosciuta» (πᾶσι γνωστήν). Questo depone senz’altro a favore della fortuna delle Fabulae e documenta la fama riconosciuta a esse, anche presso il pubblico grecofono, anzitutto in materia di mitografia, sia per i contenuti trasmessi, sia anche per Schwartz 1956: si tratta del Pap. Strasb. W.G. 332. La circostanza, quando verificata, presenterebbe comunque un margine di incertezza, perché potrebbe anche trattarsi della traduzione in greco dell’originale latino, una circostanza plausibile, come mostra la storia del testo. 2 Sull’opportunità di considerare parti ulteriori di testo, fino ad allora non comprese, come dipendenti dall’opera latina si era già espresso a suo tempo Rose 1929. 1
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la forma, elementare e piana, in cui trasmette tali contenuti: così, la nostra opera appare già all’inizio del III secolo un ovvio punto di riferimento. In questa situazione, bisogna attendere il 1535 per avere per la prima volta il testo nella sua completezza, o perlomeno nello stato più completo secondo le nostre conoscenze. Si tratta di un’edizione a stampa uscita a Basilea e curata da un umanista e poeta tedesco, Jakob Möltzer (o Molsheim), latinizzato in Jacopus Mycillus, fondata su un perduto codice che l’editore aveva potuto consultare nonostante il pessimo stato di conservazione, perché molto rovinato e in certi luoghi illeggibile (come i due frammenti di tradizione diretta). Si tratta dunque di un’edizione preziosa, anche perché è a suo modo critica, dal momento che l’editore segnala sempre i luoghi corrotti o incomprensibili e inoltre, quando lo ritiene opportuno, avanza proposte di correzione, spesso plausibili e accolte nelle edizioni successive e in quelle moderne. A questa edizione, che per molti versi va dunque considerata un’editio princeps, ne seguono altre, sempre nell’allestimento micilliano: un’altra a Basilea nel 1549 e poi, dopo la morte dell’editore, nel 1570 (Basilea) e nel 1578 (Parigi). Il secolo si chiude con una nuova edizione, quella di Jerôme Commelin (Hieronymus Commelinus: Heidelberg 1599), rimasta incompleta per la morte del filologo, avvenuta due anni prima. Nel secolo successivo, che si apre con una riedizione dell’editio Mycilliana (Lione, 1609), compaiono le edizioni di Ioannes Scheffer (Amburgo-Amsterdam, 1674) e di Thomas Muncker (Amsterdam 1681). Dopo l’edizione settecentesca di Augustinus van Staveren (Amsterdam, 1742) all’interno di un’edizione composita di vari mitografi latini, l’Ottocento produce le edizioni di Bernhard Bunte (Lipsia, 1856) e di Mauricius Schmidt (Iena, 1872): quest’ultimo editore compie la particolare operazione – ripresa poi isolatamente da Fabrizio Serra (Pisa, 1976) in un’edizione che comprende anche i frammenti delle altre opere – di rinunciare all’ordine delle fabulae seguito fino ad allora da tutti gli editori per ricomporlo nel tentativo di riprodurre un ipotetico ordine convenzionale sulla base della successione dei miti così come appare nell’altra opera mitografica fortunatissima in antico, per molti versi il corrispettivo in greco della nostra, la Biblioteca di Apollodoro. XIII
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Per venire infine a tempi vicini a noi, la prima edizione critica novecentesca è quella di H. I. Rose (Leida, 1933; poi 1967)3, seguita da quella teubneriana di Peter K. Marshall (Stuttgart-Leipzig, 1993) e da quella di Jean-Yves Boriaud per la Collana classica delle edizioni Les Belles Lettres (Parigi, 1997, con traduzione francese a fronte). In Italia, dopo l’edizione pisana di Serra, è comparsa per l’editore Adelphi la traduzione curata da Giulio Guidorizzi (Milano, 2000), che offre al lettore anche approfondite note di commento con interessanti osservazioni di carattere antropologico e storico-religioso che a dire il vero tendono a diventare autonome rispetto al testo delle Fabulae4. Più recentemente sono comparse altre due traduzioni, una spagnola (2009, con testo a fronte e utili note) e una tedesca (Berlin 2013). Quanto al titolo, dobbiamo dire che, anche a questo proposito, vorremmo poter disporre di dati meno incerti, anche se gli studiosi oggi hanno pochi dubbi. Infatti il titolo tradizionalmente invalso, e cioè Fabulae (nel significato che poi sarà chiarito), è conservato per la nostra opera in due luoghi del tutto attendibili, e cioè nel manoscritto alla base dell’editio princeps di Micyllus e nel primo dei cosiddetti Mitografi Vaticani che ne riporta alcuni testi. Diversamente, lo pseudo Dositeo – come già detto – parla di Genealogia quando si riferisce, forse genericamente, al testo di cui offre la traduzione greca e anche l’Igino autore degli Astronomica cita se stesso (2,12,2) rinviando a una propria opera – con ogni probabilità la nostra – e citando genericamente (com’è consuetudine in antico) un luogo in primo libro Genealogiarum in cui ripropone la versione delle Forcidi di Eschilo a proposito delle Graie e delle Gorgoni. La contraddizione potrebbe comunque essere apparente, dal momento che nella nostra opera possiamo ravvisare diverse tipologie testuali, diverse sezioni insomma, e che quindi, se Fabulae potrebbe rappresentare una sorta di titolo della raccolta, Genealogia o Genealogie L’editore torna poi su alcune scelte con alcuni addenda et corrigenda (Rose 1959). 4 Proprio a seguito di questa pubblicazione, Urbán 2003 riflette sulle problematiche critiche e letterarie suggerite da Guidorizzi alla luce del dibattito precedente e offre un’interessante messa a punto dei nodi critici sull’opera e sull’autore. 3
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potrebbe indicarne la prima sezione; in linea di principio non è neanche escluso che l’opera fosse conosciuta già in antico con una doppia titolatura, circostanza non certo rara nella storia letteraria (Brutus sive De claris oratoribus, Origines sive Etymologiae, ecc.).
Un’enciclopedia mitologica L’opera che possiamo leggere oggi nello stato in cui lo permette la tradizione si presenta come un testo composito, obbediente in un certo senso a diverse tipologie testuali. La prima parte, che gli editori moderni chiamano praefatio, inserendo una titolatura di fatto assente allo stato attuale della tradizione5, è in sostanza una teogonia, cioè un elenco genealogico di dei, entità e personificazioni a partire dall’oscurità indistinta primordiale e dal caos originario. È questa la sezione più problematica dal punto di vista della trasmissione del testo da due punti di vista, sia perché, trattandosi di una lista di nomi, presenta a tratti un testo incomprensibile nel senso che non ci permette di distinguere i nomi citati, sia perché d’altra parte, anche quando comprendiamo perfettamente i nomi, questi talora non sono inseriti in rapporti genealogici tradizionalmente noti e descritti in altre opere mitografiche (p. es. la Teogonia di Esiodo o anche la prima sezione della Biblioteca di Apollodoro, oltre a notizie sporadiche reperibili in altre opere letterarie). Già Mycillus d’altra parte rileva la problematicità della prima parte, sia in termini di contenuto sia di ortografia (talvolta troviamo quella che a noi pare una serie indistinta di lettere, sulla quale non sempre è possibile intervenire nell’intento di rendere un testo plausibile rispettando i dati paleografici), e pertanto dobbiamo leggerla nella consapevolezza dell’assenza della possibilità di un esame comparativo di codici e testimoni che potrebbero risolvere o comunque ridimensionare tali difetti. Per questo motivo non ci pare fuori luogo riferirsi per comodità a questa parte iniziale utilizzando la dicitura Genealogie, recuperando così un termine di fatto presente nella storia del nostro testo per quanto non sostenuto dall’evidenza manoscritta. Praefatio al contrario è una titolatura del tutto estrinseca.
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La parte più corposa dell’opera è rappresentata poi dalle cosiddette fabulae, un termine connesso alla radice del verbo fari (“dire”, e quindi anche “raccontare”), che nella tradizione letteraria latina assume fondamentalmente due significati peculiari: da un lato infatti designa la rappresentazione teatrale6, dall’altro rappresenta il corrispettivo del greco μῦϑος»7 e indica appunto genericamente il racconto (questo il significato dei derivati italiani “favola” e “fiaba”), specificamente il trattamento narrativo del mito in generale8. Si tratta infatti di una serie di testi di impostazione grosso modo analoga che raccontano diverse storie mitologiche seguendo un ordine piuttosto labile, ma di cui possiamo individuare l’articolazione “a blocchi” (le storie connesse alla Colchide e agli Argonauti, Ercole, Teseo, le storie di Tebe e degli Atridi, i Dardanidi e la guerra di Troia, il ritorno degli eroi, l’Odissea, i miti di Libero/Bacco9, ecc.): «una materia frammentata, ma con un piano, dunque»10. Inoltre, l’impostazione dell’opera in una serie di racconti, norDonato, Ter. Ad. prol. 7: ut apud Graecos δρᾶμα sic apud Latinos generaliter fabula dicitur, cuius species sunt tragoedia, comoedia, togata, tabernaria, praetexta, crepidata, Atellana, μῖμος, Rinthonica. Così p. es. anche Servio, quando dice che Livio Andronico è stato il primo a rappresentare una fabula, cioè una tragedia, a Roma (Aen. 10,636). 7 P. es. Agostino, civ. 6,5: μῦϑος graece fabula dicitur. 8 Va detto che Servio, Aen. 1,1 introduce – un po’ accademicamente, com’è abitudine dei grammatici – una distinzione fra fabula e argumentum (o historia), sostenendo che entrambi i termini riguardano l’esposizione di fatti storici o d’invenzione, ma che il primo propriamente riguarda fatti contro natura (e cita la storia di Pasifae, che si unisce al toro) mentre il secondo fatti storicamente plausibili (e cita Fedra, che si innamora del figliastro); è chiaro comunque dagli esempi che il commentatore virgiliano si riferisce a fatti di dominio della mitologia. L’autore della traduzione pseudodositeiana parla al proposito di Genealogia ma anche di ἱστορίαι riferendosi comunque senz’altro alla forma narrativa dei contenuti esposti. 9 Interessante al proposito osservare che nella nostra silloge, nonostante la forma composita e nonostante i vari interventi esterni ipotizzabili, questa divinità non è mai designata con il nome di Bacco ma soltanto con l’equivalente Libero, in origine epiteto del dio; è invece presente (ma soltanto una sola volta, in fab. 131,2) il derivato Bacchae per indicare le Baccanti. 10 Guidorizzi 2000, XXVI. 6
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malmente di estensione contenuta (con eccezioni significative nei casi in cui il mito in questione è particolarmente articolato: si pensi all’Odissea esposta in fab. 125-126), appare come una consapevole scelta dell’autore, rispetto per esempio a quella compiuta a suo tempo da Apollodoro, che si esprime in una illustrazione continuata del grande patrimonio mitologico dalla nascita del mondo alla morte di Ulisse: l’impressione infatti è che il nostro autore abbia in mente una forma per così dire “enciclopedica” di esporre i miti, per quadri (anzi quadretti) separati e collegati semmai da un filo tematico basato sulle grandi saghe mitologiche; lo scopo pare essere quello di servire a una consultazione agile e quindi a una migliore fruizione da parte del lettore, senza tanto aspirare a offrire un’interpretazione globale dei miti, che miri a collegarli o comunque a disporli nel tentativo di ricostruire un (preteso) quadro organico. A questa disposizione della materia si aggiungono fabulae di tipo diverso, contraddistinte da una forma testuale ancora diversa e originate da un’istanza per così dire collaterale, che definirei di tipo documentario, comunque a sua volta pienamente attestata, pur eventualmente in forme diverse, nella tradizione mitografica che conosciamo. Non si tratta in realtà di fabulae vere e proprie, nel senso che abbiamo riconosciuto al termine, anche se questi testi compaiono nell’index per capita premesso già nell’edizione di Mycillus con un proprio numero progressivo alla stregua dei racconti dei vari miti. L’autore prevede infatti anche quelli che potremmo chiamare elenchi o cataloghi, secondo una tradizione già alessandrina di conservare il sapere antico anche in questa forma più archivistica che letteraria, più enciclopedica che narrativa e più omogenea alla parte genealogica che a quella favolistica. Dall’elenco degli Argonauti a quello dei partecipanti alla guerra di Troia da ciascuna delle due parti in lotta (con l’annotazione di quante navi ciascuno abbia portato con sé e di quanti avversari abbia ucciso), dal registro dei figli e delle spose delle principali divinità a quello canonico dei sette Sapienti o delle Meraviglie del mondo; e poi ancora, nell’ampia sezione conclusiva, gli elenchi per categorie degli assassini, dei suicidi, degli uccisi, degli incesti, dei giochi ufficiali, dei fondatori di città fino alle invenzioni più utili e importanti: insomma, possiamo avere una circostanziata idea di quale fosse la richiesta da parte del pubblico dei lettori, come se, accanto ai racconti dei miti, fosse consideXVII
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rata opportuna una ricapitolazione di questi ultimi attraverso quelli che oggi chiameremmo indici tematici. Un’opera così complessa durante il suo cammino fino a noi si doveva prestare non soltanto alla lettura e alla consultazione ma pure, forse proprio anche per questo, ad accogliere interventi esterni nel corso dei secoli. La sorte comune di tante opere fortunate in antico è infatti quella di essere lette e annotate, e di conseguenza subire guasti testuali dovuti al fatto che la tradizione manoscritta finisce per accogliere integrazioni o viceversa perdite di testo con una facilità che oggi fatichiamo a percepire nelle modalità in cui ciò avveniva. Lo scrupolo di conservare e trasmettere un’opera nella sua purezza originaria in senso filologico non appartiene al lettore antico, soprattutto quando l’opera in questione presenta una forma testuale “modificabile”, cioè suscettibile di aggiunte, cambiamenti, spostamenti a livello di contenuto. A proposito delle Fabulae, tutti gli editori segnalano infatti la varia presenza di lacune, aggiunte e interpolazioni, che aggravano lo stato già di per sé problematico della tradizione11: lo documenta la circostanza, immediatamente percepibile a una prima lettura, secondo cui, rispetto all’index per capita, mancano i testi relativi a molti di tali capita, oltre al fatto che troviamo storie e notizie ripetute in luoghi diversi, magari in modo diverso e contraddittorio12, e soprattutto quando in alcune fabulae (p. es. fab. 257 e 274) che si presentano rigorosamente come elenchi troviamo inseriti testi narrativi, come se si trattasse di fabulae autonome, che interrompono l’assetto catalogatorio del testo, insomma un caso classico di interpolazione. In considerazione di tutto ciò, l’opera cui la tradizione editoriale assegna il titolo apparentemente semplice di Fabulae (o di Genealogie) mostra una sua complessità strutturale che in primo luogo, dal punto di vista strettamente letterario, la qualifica non tanto come un testo narrativo o favolistico ma piuttosto, nella considerazione dei lettori antichi moderni, come un generale compendio in materia mitologica, un’enciclopedia appunto, dotata di alcuni caratteri speConviene per questo rimandare senz’altro all’esposizione circostanziata di Boriaud 1997, pp. XIX-XXII, ma vd. già van Krevelen 1966 e 1968. 12 Una recente valutazione delle contraddizioni interne dovute all’utilizzo di fonti diverse, con osservazioni metodologiche, si deve a del Hoyo 2010. 11
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cificamente letterari che l’avvicinano appunto a questo genere, complesso e fortunato, piuttosto che a un testo narrativo o di consumo.
L’autore La traduzione pseudodositeiana attribuisce l’opera a un Igino sulla cui identità tuttavia non c’è stata sempre concordanza fra gli studiosi, ma che almeno gli ultimi editori di riferimento concordano a identificare in Gaio Giulio Igino, il letterato cui l’imperatore Augusto affida la direzione della Biblioteca Palatina13. Se infatti lo pseudo Dositeo e il primo dei Mitografi Vaticani citano Igino senza ulteriori elementi identificativi, l’incipit del codice letto da Mycillus parlerebbe proprio – nella trascrizione dell’editore stesso – di un Igino libertus Augusti. Di questo Igino abbiamo un sommario ritratto biografico, privo tuttavia di riferimenti alla nostra raccolta, grazie al De grammaticis et rhetoribus di Svetonio: C. Iulius Hyginus, Augusti libertus, natione Hispanus, (nonnulli Alexandrinum putant et a Caesare puerum Romam adductum Alexandria capta) studiose et audiit et imitatus est Cornelium Alexandrum grammaticum Graecum, quem propter antiquitatis notitiam Polyhistorem multi, quidam Historiam vocabant. Praefuit Palatinae bibliothecae, nec eo secius plurimos docuit; fuitque familirarissimus Ovidio poetae et Clodio Licino consulari, historico, qui eum admodum pauperem decessisse tradit et liberalitate sua, quoad vixerit, sustentatum. Huius libertus fuit Iulius Modestus, in studiis atque doctrina vestigia patroni secutus14. Il nome Hyginus altrove ricorre soltanto in Marziale 10,56,4, dove si tratta di un medico specializzato in interventi estetici, ma si potrebbe trattare di un “nome parlante” costruito a partire da una radice greca che ha a che fare con la salute (p. es. ὑγιής, “sano”). 14 Svet. gram. 20: «Gaio Giulio Igino, liberto di Augusto, nato in Spagna (anche se alcuni credono che sia di Alessandria e che sia stato portato a Roma quando era bambino da Cesare, una volta conquistata Alessandria), con impegno seguì e imitò il grammatico greco Cornelio Alessandro, che 13
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I dati che tramanda Svetonio fanno di Igino una figura di grammatico del tutto convenzionale, più vicina in verità alla consuetudine dei letterati d’età arcaica, quando essi giungevano a Roma nell’entourage di esponenti dell’aristocrazia, cui stava a cuore l’aspetto culturale non meno di quello politico (espansionistico e istituzionale), si occupavano dell’educazione dei figli di costoro e di altri dello stesso qualificato ambiente, e venivano dunque affrancati, eventualmente garantendo ai patroni con la loro attività letteraria un più o meno partecipato impegno celebrativo. Soprattutto appare molto significativa la notizia che fa di Igino – spagnolo o greco di nascita importa relativamente – un allievo di Alessandro Poliistore, lo storico nativo di Mileto, allievo del retore Cratete di Mallo, giunto a Roma, come Igino, al seguito di Cornelio Lentulo dopo la campagna mitridatica negli anni Ottanta del I secolo. La fama che gli vale il soprannome (che letteralmente significa “che racconta tante cose”) è appunto quella di essere un poligrafo, cioè l’autore di molte opere, per noi tuttavia perdute, di argomento fra storiografia e antiquaria (a questo alluderebbe anche il secondo soprannome, che fa di Alessandro quasi una personificazione della storia): Eusebio di Cesarea, pure storiografo e iniziatore per molti versi della storiografia cristiana, afferma di servirsi di un’importante opera di Alessandro sugli ebrei, in cui l’autore non si sarebbe limitato a ricostruire gli eventi storici, ma avrebbe altresì previsto una sorta di antologia di testi e di fonti. La scuola di Alessandro deve aver impresso ben più che un generico segno all’impegno letterario di Igino, perché le Fabulae configurano proprio il tipo di opera che si accorderebbe agli interessi del maestro e che, per taglio e genere, riposerebbe su un atteggiamento curioso e accurato nei confronti dell’antichità e su una disposizione a compendiarne e narrarne contenuti del tutto conformi al suo magistero. Inoltre la frequentazione del Poliistore potrebbe per la sua conoscenza dei fatti antichi molti chiamavano Poliistore e alcuni anche Storia. Fu a capo della Biblioteca Palatina, e nondimeno ebbe parecchi allievi. Fu anche molto amico del poeta Ovidio e dello storico Clodio Licino, ex console: è lui a tramandare che morì molto povero e che con generosità l’aveva aiutato finché era stato in vita. Suo liberto è stato Giulio Modesto, che, per interessi e cultura, ha seguito le orme del suo patrono». XX
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documentare anche la competenza di Igino in materia di letteratura greca e di cultura ebraica15, la conoscenza diretta di testi letterari in gran parte a noi sconosciuti o conosciuti soltanto per testimonianze o frammenti che rappresentano fonti di prima mano e di sensibile interesse per la sua opera mitografica. Sempreché – non possiamo escluderlo a priori – la frequentazione della scuola di Alessandro non rappresenti un caso, nemmeno tanto raro in antico, di retroformazione biografica, che cioè Svetonio o le sue fonti attribuiscano a Igino il curriculum più adatto alle Fabulae a prescindere dalla verità storica, che non ci è possibile verificare in altro modo. Il ruolo di responsabile della nuova biblioteca sorta vicino al Tempio di Apollo sul colle Palatino fatto edificare da Augusto nel 28 non lontano dalla propria dimora (Svet. Aug. 29,3), è per molti versi pure coerente con le notizie svetoniane relative alla formazione di Igino. In fondo sempre Svetonio (Iul. 44) attribuisce già a Cesare l’intenzione – poi realizzata davvero da Asinio Pollione nell’Atrium Libertatis – di istituire una biblioteca di testi greci e latini (forse anche due) e di affidarne la direzione a Marco Terenzio Varrone, un letterato per molti versi assimilabile a Igino quanto a versatilità di interessi e di scrittore. Un letterato che sia appassionato cultore di antichità, può trovare infatti nella dotazione della biblioteca di Augusto l’ambiente più adatto ad approfondire i propri studi, nello specifico testi da confrontare e insomma fonti da reperire facilmente, indispensabili allo scopo di ricostruire le storie che intende raccontare. Sappiamo anche da Ovidio che lo stretto rapporto d’amicizia che lega i due letterati, anche nel momento dell’esilio del poeta, fa sì che Igino metta le proprie ampie conoscenze a disposizione dell’amico che lo considera un collaboratore prezioso16. Si deve p. es. a Inovloscki 2007 l’esame comparativo fra fab. 143 e il racconto biblico della torre di Babele nell’ipotesi che le notizie qui compendiate rimontino segnatamente alla lezione del Poliistore. 16 Van de Woestijne 1929. È suggestivo pensare che perfino il rovescio di fortuna che, sempre secondo Svetonio, colpisce il bibliotecario sia dovuto allo stretto rapporto di amicizia con Ovidio: la caduta in disgrazia del poeta agli occhi di Augusto potrebbe aver motivato anche l’allontanamento di Igino dal suo prestigioso incarico al punto da farlo diventare admodum pauper. 15
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Ora, sotto il nome di Igino sono tramandate le Fabulae ma anche gli Astronomica, un’opera conservata da un grande numero di manoscritti – a differenza della nostra – che partecipa della tendenza letteraria di matrice alessandrina a illustrare “scientificamente” i fenomeni celesti, che constatiamo viva e produttiva a Roma dapprima con Cicerone, che traduce il poema del greco Arato di Soli, e quindi, proprio in età augustea, con il poema di Germanico. Nella sua opera astronomica Igino non si limita, secondo le convenzioni del genere, a descrivere, ma, in particolare nel libro II, pare insistere sulle ovvie implicazioni mitologiche dei fenomeni contemplati, inserendo veri e propri excursus, anche di carattere etimologico, eziologico e antiquario, in linea con la sensibilità alessandrina ma soprattutto, dal nostro punto di vista, del tutto compatibile con la consuetudine che caratterizza anche le Fabulae. L’una e l’altra opera iginiana – che si tratti dello stesso autore è evidente dalla citazione contenuta in astr. 2,21,2 di cui abbiamo parlato – sono allora coerenti con la cultura e la fisionomia di letterato dell’autore e, oltre a deporre a favore dell’identità dell’autore stesso, lo connotano come un erudito che facilmente diventa punto di riferimento per contemporanei e posteri. Ma va aggiunto che altre testimonianze d’età imperiale e tarda ci documentano titoli altrettanto significativi da questo punto di vista per opere non conservate che quindi purtroppo sfuggono alla nostra capacità di valutazione completa. Così a un Igino sono attribuiti il De vita rebusque illustrorum virorum, un’opera biografica che si allinea alla tradizione rappresentata da Varrone e viva in Cornelio Nepote17, e una raccolta di Exempla, cioè aneddoti più o meno commentati a sfondo filosofico o moralistico, un genere letterario fortunato a Roma (basti pensare a Valerio Massimo) come prima in Grecia, che obbedisce a un’ottica di compendio antologico abbastanza vicino alla forma testuale realizzata nelle nostre Fabulae18. Sul versante antiquario poi sappiamo che nel IV-V secolo i letterati potevano consultare il trattato intitolato Urbes Italicae o De origine et situ urbium Italicarum19 e si conosce anche un De familiis TroGellio, 1,14. Gellio 10,18,5. 19 Servio, Aen. 1,277; 1,530; 3,553; 8,600; 7,638; Macrobio, Sat. 1,7,9. 17 18
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ianis20; di analoga impostazione, ma sul versante della religione, il De proprietatibus deorum e il De dis penatis21. Sono poi citate opere di materia naturalistica, su argomenti più generici o più specifici, secondo una tendenza di estrazione alessandrina portata a livelli di grande rilievo nel secolo successivo da Plinio il Vecchio, un altro poligrafo: un De apibus o De originibus apum22 , che non può non far ricordare il IV libro delle contemporanee Georgiche virgiliane, e un De agri cultura (o, con titolo più varroniano, De re rustica)23. Non possiamo sapere fino a che punto questo catalogo – che è “virtuale”, in quanto ricomposto da testimonianze diverse – sia attendibile e fino a che punto sia completo; segnatamente di nessuna opera si trova menzione del passo svetoniano, il che è apparso strano, in considerazione delle abitudini del biografo imperiale; e sarebbe altrettanto strano che i testimoni di tale varia attività letteraria non citino mai la raccolta mitologica24. Ma quello che conta, in casi come questo, è che, se a un nome vengono attribuiti dalla tradizione successiva determinati titoli, già questo basta a farci valutare i connotati della fama di un letterato come organici e per noi eloquenti. Nello specifico, possiamo così farci un’idea degli interessi di questo Igino, e soprattutto comprendere una fisionomia prima culturale e poi letteraria riconoscibile nel bibliotecario di Augusto, in un quadro in cui in particolare la mitologia può rappresentare dapprima un “ingrediente” ricorrente e trasversale, determinante anche per la materia dell’opera astronomica conservata, per costituire poi l’argomento di un’opera in cui sia trattata monograficamente. Inoltre possiamo anche osservare come questi argomenti e
Servio, Aen. 2,15; 5,389. Lo stesso Servio, Aen. 5,704 testimonia che un’opera simile era stata composta anche da Varrone, e non c’è da stupirsene, considerando che l’ascendenza troiana costituiva un elemento importante nella pubblicistica sia di Cesare che soprattutto di Augusto. 21 Rispettivamente Macrobio Sat. 2,8 e 3,4. 22 Columella 9,2,2. 23 Columella 3,11,18; 11,2,13;11,3,62; Plinio, nat. 13,24; 16,43; 18,26. 24 La circostanza appare insormontabile da Mascoli 2002, che di conseguenza nega decisamente che l’Igino mitografo e astronomo sia il bibliotecario pur attribuendo entrambe le opere allo stesso autore (così p. es. già anche Desmedt 1970).
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questi tagli letterari incontrano le attese del pubblico fra la tarda età repubblicana e quella augustea e che pertanto il letterato che si cimenta in questi generi è attento alla destinazione dei suoi scritti ed è, per così dire, culturalmente parlando, figlio del suo tempo. Nel vivace ambiente della Roma di Augusto, in altri termini, la mitologia ci pare di casa. Per non restare nel dominio della letteratura, certamente non è infatti casuale che possiamo disporre di solide testimonianze sulla produzione artistica proprio a soggetto mitologico anche a proposito della decorazione di portici ed edifici. E inoltre è molto significativo che un poeta prolifico come Ovidio – del quale, sappiamo da Svetonio, Igino era familiarissimus –, senz’altro più attento al gusto del pubblico che alle attese del potere costituito, faccia del mito, nelle sue varie manifestazioni e a seconda delle diverse percezioni di esso che la società romana poteva avere, la sostanza di diverse sue opere (basti pensare alle Metamorfosi, ai Fasti e alle Epistulae Heroidum, anche se il mito come elemento comparativo è presente anche nella produzione elegiaca), tutte obbiettivamente fortunate. In questo quadro, le Fabulae di Igino rappresentano allora per noi un’ulteriore modalità di fare letteratura con la mitologia, beninteso ad un diverso livello – come vedremo – e anche con una diversa ispirazione, ma il risultato è stato comunque quello di garantire al testo una permanenza nelle biblioteche degli anni a venire25. In ottima e sensata sintesi Chiarini-Guidorizzi 2009, LVII: «Se dunque il nostro Igino non è quel medesimo Gaio Giulio Igino, dotto poligrafo, portato a Roma da Cesare, poi affrancato e divenuto direttore della Biblioteca Palatina, poco ci manca. Nel caso fosse davvero lui, comunque, meglio si capirebbe il peso che ebbe nel guidare o assecondare gli interessi eruditi dell’amico Ovidio quali risultano dai Fasti e dalle Metamorfosi. In un’epoca, dunque, in cui tutti si occupavano del cielo o desideravano farlo, venne a questo Igino, o gli fu instillata da altri, l’idea di approntare un manualetto in prosa che servisse a facilitare il primo approccio alle nozioni fondamentali dell’astronomia». Senza contare comunque i casi in cui non si fatica a trovare convergenze contenutistiche fra gli Astronomica e le Fabulae (su questo vd. le note di commento), già Le Boeuffle 1983 cita il caso di raffigurazioni su vasi collocabili senz’altro in età augustea che rappresenterebbero scene del mito di Ifigenia del tutto compatibili con fab. 120 e 121. 25
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Caratteri dell’opera L’attribuzione della nostra raccolta all’età augustea e all’Igino bibliotecario sembra quindi ormai ben più verosimile che il contrario, cioè postdatare l’opera e sostanzialmente attribuirla a un diversamente sconosciuto autore omonimo del poligrafo contemporaneo di Augusto. Comprensibilmente il dibattito fra studiosi ed editori in tal senso data da tempo, e si basa in sostanza sulla percezione della verosimiglianza di una paternità iginiana, cioè dell’Igino augusteo, anche se – sempre in linea di principio – possiamo perfino supporre che un autore successivo scriva o raccolga le nostre Fabulae attribuendole all’Igino bibliotecario come garanzia di un’attendibilità che soltanto la fama di quel letterato poteva conferire all’opera. Come che sia, l’opera è sicuramente collocabile prima del 207 d.C., anno in cui è datata la traduzione pseudo-dositeiana. A dire il vero, chi propende per una datazione più tarda, come Bunte e in particolare Rose, che finisce per collocarlo in età Antonina26, lo fa soprattutto per ragioni stilistiche, per quello stile così lontano dalla prosa letteraria classica e in particolare augustea, basato – come sintetizza lo stesso Rose – su «verba obsoleta haud ita pauca cum volgaribus et plebeiis commixta». Inoltre, l’editore di Leida, a questa motivazione stilistica aggiunge un elemento squisitamente letterario, e cioè la presunta dipendenza del nostro autore in materia di mito argonautico (in fab. 14 e altrove) da alcuni scoli ad Apollonio Rodio databili all’età di Tiberio. Conviene pertanto partire da questa posizione per cercare di definire pur sommariamente i caratteri dell’opera. Anzitutto il versante stilistico. La prosa di Igino è certamente Rose 1933, p. VIII: «mihi quidem non ita veri dissimile videtur Hyginum nostrum Antoninorum fere aetate scriprsisse. Quae res nec certa mihi videtur neque qui certior fiat video, nedum ut ipsum annum quo Hyginus operam fabulis suis dederit invenisse me credam». Igino sarebbe pertanto un contemporaneo di Frontone e partecipe di quel comune orientamento, del tutto assente prima del II secolo, che definiamo arcaizzante «studium… priscorum verborum e tenebris eruendorum». Una datazione in età antonina era comunque già sostenuta a suo tempo da Scheffer nella sua edizione del 1674, p. 20, e viene ora riproposta convintamente da Mascoli 2002.
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diversa da quella classicamente storiografica di Livio, preso come significativo esempio di prosatore d’età augustea, ma è altrettanto lontana dallo stile composito e scolasticamente retorico di Frontone e Gellio: la prima era richiesta da una codificazione di genere che fa della storiografia il più consapevole opus oratorium (secondo la celebre definizione di Cicerone, (leg. 1,5), il secondo – l’elocutio novella di cui Frontone stesso scrive a Marco Aurelio in epist. 5,1 – basato su una rigorosa teoria che fonda l’innovazione linguistica sulla selezione creativa incompatibile sia con l’ostentazione affettata dei colti sia tuttavia con la sciattezza della comunicazione informale. Il tratto stilistico non pare dunque costituire una ragione stringente per sostenere una determinata cronologia, soprattutto quando trattiamo di generi compositi, come quello delle nostre Fabulae, e soprattutto privi di una sperimentata codificazione: forse non è del tutto fuori luogo avvicinare al nostro il caso del Satyricon, per lungo tempo considerato un prodotto del III secolo per ragioni stilistiche, ma finalmente restituito all’età neroniana come opera di un autore che della varietà di registro, volutamente distante dai toni della letteratura contemporanea, fa una straordinaria scelta estetica. Evidentemente la personalità stilistica di Igino mitografo va cercata nelle fabulae vere e proprie, dal momento che la parte propriamente genealogica e quella catalogica sono per loro natura basate su standard ripetitivi e comunque poco significativi da questo punto di vista. Tuttavia, anche considerando i testi narrativi, è difficile giungere a farsi un’idea unitaria di Igino scrittore, perché lo stato in cui si trova il corpus, con i problemi testuali causati dalle successive aggiunte e interpolazioni, impedisce osservazioni circostanziate. Possiamo tuttavia notare alcune costanti stilistiche, a partire dall’uso sistematico di una sintassi semplice, fondata su moduli ripetitivi e quasi convenzionali (per esempio accompagnare i nomi dei personaggi da quello del padre e della madre e talvolta addirittura dei nonni), su una fraseologia che ritorna, su stilemi frequenti (come le perifrasi coepi + infinito per indicare un’azione iniziata nel passato i cui effetti perdurano e volui + infinito per un’azione iniziata e conclusa nel passato). La struttura del periodo mostra poi la netta preponderanza della paratassi, come se l’intenzione dell’autore fosse quella di garantire al pubblico la massima comprensibilità anche a costo di conferire alla propria prosa un andamento prevedibile e perfino scontato. XXVI
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A fronte di tale monotonia compositiva, risulta senz’altro più interessante il lessico, che rappresenta se vogliamo il punto di massima lontananza dalle convenzioni letterarie classiche, non soltanto da quelle d’età augustea27. Troviamo infatti termini, magari dotati di chiara espressività, poco rappresentati altrove, oppure testimoniati ma in età successive e certamente non in testi di registro prettamente letterario: si pensi per esempio al verbo comprimere (e il sostantivo compressus) per indicare l’unione sessuale (non sempre consenziente) e, nello stesso campo semantico, al verbo devirginare e al sostantivo stuprum, oppure all’uso ardito del verbo intransitivo interire costruito con ab + abl. (di causa?) alla stregua di un passivo (fab. 33,3). Alcuni vocaboli poi addirittura non sono attestati in precedenza e si potrebbe trattare quindi di neologismi28; ed è altrettanto significativa la presenza di termini greci, soprattutto quando l’autore inserisce un’osservazione eziologica o etimologica: un caso a parte è invece rappresentato dagli aggettivi atrotus (fab. 28,3 e 30,2), una precisa traslitterazione dal greco ἀτρωτός (“invulnerabile”) che si ritroverà molto sporadicamente in età medievale, e amphistomus (30,2), corrispondente a ἀμφίστομος, che non troviamo altrove e che quindi si qualifica come hapax assoluto. Dal punto di vista morfologico è infine notevole l’uso preponderante – la percentuale è circa 3:1 – della forma di nominativo Iovis a fronte di Iuppiter, tassativo in letteratura29. Quanto alle fonti, in generale dobbiamo osservare che è lo stesso Sulle peculiarità linguistiche e lessicali, con l’attenzione rivolta alla tendenza di Igino alla creazione verbale (anche a partire dal greco), vale la pena di rinviare alle osservazioni di del Hoyo-García Ruiz 2007; in particolare, su supposti influssi del sermo rusticus vd. van Krevelen 1972. 28 Boriaud 1997, p. XXIX ne conta otto: abiurgare (fab. 107,2), clipeolum (139,3), compastor (187,2), deoptare (191,4), donificare (112,2), fulgitrua (183,2), stramentari (142,6), velificium (277,5). Rilevante in questo senso, e ancora da studiare a fondo, il caso del verbo veneror nel significato di coeo, da ricondurre evidentemente al tema di Venus (75,1). 29 La forma classica Iuppiter si trova in gen. 13 e fab. 7,1; 8,1; 49,1, 52,1 e 3; 152A,1; 176,3; 178,1; 185,5; il nominaivo Iovis ha invece 28 occorrenze. Come documento dell’aspetto composito e stratificato del testo, è interessante osservare che all’interno delle stesse fab. 152A, 176 e 185 ricorrono entrambe le forme. 27
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autore che riconosce i propri debiti nei confronti di altri autori: in qualche caso cita l’autore da cui ricava la versione del mito che racconta o il dato che accoglie (fab. 4; 8; 154; 260), in numerosi altri fa generico riferimento ad “altri”30. Non ci è difficile pertanto credere che l’ampia e varia materia condensata nell’opera derivi da fonti scritte, facilmente reperibili e comparabili soprattutto da chi, come Igino, può contare su una biblioteca oltre che sulla propria competenza, anche se non è escluso che qualche suggestione potrebbe provenire da una tradizione orale difficilmente ricostruibile ma sempre da considerare: basta forse pensare a pratiche preletterarie come gli elogia e le laudationes funebri, in cui il rinvio a presunte origini mitiche della gens è doveroso; e Catone testimonia la consuetudine romana di celebrare le gesta dei clari viri durante i banchetti con lodi e racconti accompagnati dal suono del flauto31. Quest’ultima osservazione porterebbe a valorizzare un radicamento della tradizione iginiana in ambito latino, come suggeriscono anche le aggiunte – che obbiettivamente appaiono piuttosto estrinseche – di episodi e personaggi latini accanto a quelli di ben più solida tradizione greca, iniziando una tradizione poi organicamente ripresa da commentatori come Servio e Donato. Certamente, rispetto a noi, Igino dispone di fonti scritte greche (ma anche latine d’età arcaica) che non ci sono conservate o che comunque non possiamo riconoscere con precisione, ma al limite soltanto ipotizzare, talvolta con margini plausibili di verosimiglianza32. Nello specifico Igino si riferisce ad alii (gen. 9; fab. 14 passim; 28,3; 40,5¸128; 139,4; 181,5; 182 passim; 192,5; 198,1; 277,1) oppure ad alii (o quidam o nonnulli) auctores (fab. 14,3; 28,3; 70,1; 111; 181,5; 183,5; 201,4) o ancora ad alii poetae (fab. 186,1; 200,1; 273,8). 31 Troviamo il riferimento in Cicerone, Tusc. 4,3. 32 La circostanza non è naturalmente limitata al nostro autore, ma riguarda il più generale discorso del travaso dei miti greci nel mondo culturale, e specificamente letterario, latino: sulle modalità e gli esiti di tale travaso vd. la messa a punto di Cameron 2004, che offre stimolanti riflessioni anche a proposito della molteplicità dei canali di trasmissione, sul difetto di conoscenza da parte nostra in merito e sulla possibilità o meno di riconoscerne alcuni in probabili repertori e compendi (in particolare da Virgilio). In particolare, una posizione di pregiudiziale prudenza nel valutare la dipendenza di Igino da Euripide (e di conseguenza l’opportunità di ricostruire a
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Se le genealogie e gli elenchi della parte finale dipendono senz’altro da analoghi testi grechi di cui abbiamo notizia e qualche esempio pseudo-esiodeo e aristotelico, e di cui si sarebbe servito poi anche Plinio il Vecchio, in particolare è plausibile che le notizie relative ai grandi argomenti mitologici trattati nelle fabulae derivino dalle opere fondamentali in quell’ambito, come le Argonautiche di Apollonio Rodio, i poemi omerici, che tuttavia sono anche mediati dalla tradizione dei commentatori e degli scoliasti, costituenti un bacino di informazioni di cui è sempre difficile ricostruire i contorni, la diffusione e talvolta perfino la cronologia: un esempio di tale integrazione fra fonti potrebbe essere costituito dalla materia dell’Odissea, per la quale dobbiamo ipotizzare, accanto all’autorità del poema, anche trattamenti diversi, tanto più che Igino spezza il racconto in due fabulae (125 e 126), la seconda delle quali riprende e amplifica dati soltanto accennati nella prima. La nostra opera ci pone dunque di fronte al complicato problema delle cosiddette fonti intermedie, di grande momento e interesse per testi, come il nostro, basati sulla raccolta di notizie e che abbiamo ulteriore motivo di assimilare a buon diritto a un’enciclopedia. Nell’uso del materiale proveniente da tali – di fatto sfuggenti – canali d’informazione conviene apprezzare una disposizione del nostro autore che dobbiamo considerare originale. Abbiamo citato la rilevanza dei testi di primo riferimento per le grandi saghe mitologiche e insieme quella della tradizione collaterale di commento a essi, ma dobbiamo riconoscere che un modello di grande efficacia per il trattamento dei miti è costituito dal teatro. I titoli di tragedie greche (e, in misura minore, latine) che non ci sono pervenute ma di cui abbiamo notizia – in qualche caso anche dettagliati riassunti d’età bizantina – sono in numero davvero considerevole e ai nostri occhi sono in grado di rappresentare un significativo antecedente per tutte le storie raccontate da Igino33. Anzi, possiamo senz’altro dire che nelle Fabulae iginiane la suggestione dei trattamenti drampartire da Igino la trama di tragedie euripidee non conservate) è sostenuta da Huys 1996, con continuazione in Huys 1997a. 33 Sulla rilevanza dell’attenzione da parte di Igino nei confronti del trattamento del mito quale possiamo constatare (e ipotizzare, per i testi non pervenuti) nella drammaturgia greca vd. Masiá González 1996. XXIX
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matici del mito si manifesta in due modalità, una strutturale e una compositiva: da un lato infatti Igino è per così dire aiutato dalla tradizione tragica a raccontare i miti rinunciando a riprodurre il racconto unitario ed esteso ma strutturandoli funzionalmente in quadri separati, in cui per esempio la storia di un personaggio viene ripresa più volte a seconda delle circostanze o dell’avventura in cui si viene a trovare (tanto per riferirci a testi conservati, pensiamo all’Edipo re e all’Edipo a Colono, all’Ifigenia in Aulide e all’Ifigenia in Tauride, ecc.); d’altro lato i testi teatrali sicuramente sono per Igino un modello per l’intreccio dei suoi racconti, che spesso mostra il compiacimento dell’autore per l’intrigo, il colpo di scena, il riconoscimento a effetto fra personaggi e la creazione di una vera e propria suspence nel lettore.
Il profilo del letterato In un quadro in cui molti dati sono incerti e non aiuta la complessità dei problemi cui abbiamo soltanto accennato, è opportuno dare a Igino quel che è di Igino, senza voler ravvisare nella sua opera elementi e pretese che non appartengono a essa né al suo autore. È evidente che è significativa la distanza letteraria fra la nostra opera e il contemporaneo trattamento del mito che offre in modo indimenticabile Ovidio non soltanto nelle Metamorfosi, che rappresentano a buon diritto il culmine da questo punto di vista, ma in tutta la sua produzione poetica: ovvio il riferimento alle Heroides, una sorta di esito poetico di prove tecnico-retoriche di scrittura mitologica, ma anche all’elegia (sia gli Amores che quella dell’esilio), in cui, secondo le convenzioni del genere, il riferimento a episodi del mito ha un’importante funzione esemplare e consolatoria. Si tratta di due modi diversi – probabilmente sentiti dal pubblico come complementari – di raccontare il grande patrimonio narrativo e favolistico che Roma eredita dalla Grecia e a sua volta fa diventare patrimonio dell’età moderna: poetico, elegante ed emozionante quello di ovidiano, così capace di imporsi all’immaginario dei contemporanei e dei posteri da formalizzare definitivamente, nella memoria e soprattutto nella letteratura, il racconto della maggior parte dei miti facendo di conseguenza trascurare in XXX
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prospettiva personaggi e storie non contemplate; conciso, informativo e disadorno quello di Igino, che in una forma del tutto estranea alle concessioni alla retorica intende fornire un ampio e composito compendio “di servizio” e trova la sua fortuna proprio in questa funzione di sistemazione del materiale noto a disposizione di chi vuole utilizzarlo. Non si tratta pertanto di valutare la personalità di scrittore di Igino alla luce di quella di Ovidio o di altri autori, ma piuttosto di ravvisare nelle Fabulae una manifestazione del trattamento letterario del mito dotata di proprie caratteristiche e di una propria destinazione. La fortuna dell’opera è determinata infatti proprio dalla varietà dei dati trasmessi, che costituiscono un repertorio di prima mano per letterati e anche mitografi successivi, e si impone alla considerazione di questi ultimi proprio perché in moltissimi casi trasmettono varianti del mito non compresi nell’affresco delle Metamorfosi ovidiane e perfino non attestate in nessun’altra fonte nota. Se per esempio il poeta-retore africano d’età vandala Draconzio è l’unico, per quanto possiamo giudicare, insieme a Igino (fab. 25 e 239,1) nella letteratura latina a ricordare in un suo epillio intitolato Medea (Romul. 10,531-532) i nomi dei due figli uccisi dalla madre, ciò potrebbe costituire un elemento a favore della considerazione in cui l’opera iginiana veniva tenuta nel V secolo in ambiente retorico-grammaticale, e quindi non soltanto come testo di lettura per così dire d’evasione. Insomma, l’enciclopedia mitografica di Igino segue una propria strada “documentaria”, direi parallela e autonoma rispetto alla tradizione “alta” rappresentata da Ovidio. Questa strada configura presto a sua volta una tradizione autorevole in ambito latino, come dimostra, secoli dopo – e in un ambiente ben diverso dal punto di vista del livello culturale del pubblico, ma meno da quello delle motivazioni dell’autore –, la scelta di Isidoro di Siviglia di dedicare spazio al mito nelle sue Etimologie, la fortunatissima enciclopedia in cui, all’inizio del VII secolo, sistema organicamente i contenuti giudicati rilevanti della cultura antica e li trasmette al mondo medievale34. D’altra parte in ambito latino è proprio Igino, da diversi 34 Gasti 2014. La circostanza riveste una consistente portata storico-culturale, soprattutto se rapportata alla successiva storia del genere enciclopedi-
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punti di vista, anche formali, il corrispettivo dell’opera mitografica greca per eccellenza, cioè quella Biblioteca del cosiddetto Apollodoro (ma anche a questo proposito è problematico riconoscere con certezza l’autore), la prima opera sistematica sul mito dopo la Teogonia esiodea, che nel IX secolo Fozio giudicava niente più che “un libretto” (βιβλιδάριον)35 e il cui nucleo principale oggi si è arrivati a datare fra III e II sec. a.C. (mentre a un abbreviatore del II-III sec. d.C. si dovrebbe l’Epitome)36, un momento di fioritura degli studi letterari, grammaticali ed eruditi per molti versi avvicinabile all’età augustea. Come Apollodoro e, in prospettiva ormai medievale, anche i cosiddetti Mitografi Vaticani, che al nostro autore per vari motivi già citati rinviano37, Igino prescinde del tutto da qualsiasi forma di elaborazione letteraria dei miti che racconta, e in questo documenta perfettamente la tradizione dei mitografi, che consapevolmente interpretano la loro funzione nell’assicurare a poeti e letterati la materia prima su cui cimentare la propria ispirazione38. Com’è comprensibile, in questa ottica la cura formale della prosa non rappresenta un’istanza prioritaria: le Fabulae, come abbiamo già osservato, al pari della Biblioteca e delle altre opere mitografiche, prevedono una prosa “di servizio”, disadorna ma efficace, comprensibile co in età medievale, nell’ambito del quale, nonostante il rilievo goduto da Isidoro, vengono in sostanza banditi i riferimenti al mito, come dimostra prima di ogni altro Rabano Mauro nel suo corposo De rerum naturis che rappresenta in sostanza una riproposizione di Isidoro con integrazioni in senso allegorico come risorsa per l’esegesi scritturistica. 35 Fozio, bibl., cod. 186, p. 142 a-b. 36 Scarpi 1996, p. XII. 37 Non va dimenticato al proposito che Angelo Mai, che rinviene nella Biblioteca Apostolica Vaticana e pubblica per la prima volta nel 1831 i testi di questi tre mitografi (oggi datati più sicuramente al Medioevo), considera proprio Igino l’autore del primo (come Fulgenzio del secondo e Lattanzio Placido, l’autore di un commentario mitologico ovidiano, del terzo). A livello introduttivo generale, rinvio all’efficace sintesi di Basile 2013. 38 A proposito dello stile dei Mitografi Vaticani, Basile 2013, 16 parla di “laconismo”, inserendo peraltro la scelta stilistica in un discorso che tiene conto dell’aderenza alle fonti di natura grammaticale-scoliastica e alla tradizione prosaica della novella medievale destinata a originare il Novellino. XXXII
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da vari strati di lettori. Si tratta di una scelta estremamente funzionale e non necessariamente di un’ammissione di incapacità o di autosvalutazione da parte del prosatore. In questo senso la prosa di Igino ai nostri occhi è semmai più vicina a quella degli autori di breviari e degli enciclopedisti, per i quali l’elaborazione formale, che non è mai assente da qualsiasi formalizzazione letteraria della scrittura, è funzionale a determinate e perfettamente dominate istanze comunicative39. Considerare le nostre Fabulae alla stregua di un’enciclopedia e soprattutto Igino alla stregua di un enciclopedista per il fatto che nella sua opera ci pare che vengano osservati caratteri minimi connotativi del genere enciclopedico, sia di tipo contenutistico-compositivo sia di tipo stilistico, può apparire una posizione eretica o perlomeno sfrontata; e comunque certamente dobbiamo fare riferimento, più che al genere, a un’impostazione di tipo enciclopedico. Questa almeno è la percezione che già gli antichi potevano farsi. Se infatti rileggiamo le testimonianze su Igino di Columella, il prosatore-poeta di pieno I secolo d.C. che contribuisce con gli altri a tramandare il ricordo (insieme a qualche frammento) di opere da attribuire all’autore, constatiamo che da esse emerge non una generica figura di scrittore, ma una precisa fisionomia di letterato che ricerca, seleziona e sistema. È costante il suo ricorso alle fonti (9,13: antiquos secutus auctores), in particolare greche (9,11,5: auctoritatem Graecorum sequens), ma soprattutto – da allievo del Poliistore e buon bibliotecario – ha metodo: scheda assiduamente le opere allo scopo di estrapolarne la documentazione che gli interessa (9,2,1: veterum auctorum placita secretis dispensa monimentis industrie collegit). Ebbene, sia l’industria, cioè la costanza nella raccolta dei materiali (si pensi all’ammirata descrizione di quella quasi maniacale di Plinio il Vecchio da parte del nipote), sia la capacità Altrove ho esaminato i caratteri genetici della cosiddetta forma breve proponendo un raffronto fra le istanze della tradizione dei breviari e di quella enciclopedica in termini di scelte stilistiche e di destinazione dell’opera (Gasti 2015). Segue un altro ordine d’idee Guidorizzi 2000, secondo il quale «anche la monotonia della forma non andrà attribuita solo alla scarsa vena stilistica di un erudito, ma a interventi formali di redattori e interpolatori successivi» (XXVI). 39
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di leggere e colligere (o excerpere) quanto interessa rappresentano proprio l’atteggiamento dell’enciclopedista secondo un cliché che non ha tempo: secoli dopo Isidoro presenterà la propria opera enciclopedica come opus… ex veteris lectionis recordatione collectum atque ita in quibusdam locis adnotatum sicut extat conscriptum stilo maiorum (epist. 6). In tal senso allora l’immagine tramandata di un Igino mitografo e quella altrettanto documentata di un poligrafo possono convivere e permetterci di valorizzare indizi che descrivono un orizzonte di scrittura meno frammentario. Ma che la nostra opera, al pari della tradizione mitografica, si collochi – dobbiamo credere consapevolmente – in una direzione stilistico-compositiva che partecipa dell’impostazione enciclopedica è documentato anche da un altro autore di racconti di miti del mondo classico, che può ben rappresentare il legame fra Igino e Isidoro, presi come estremi del percorso, e cioè Fulgenzio. Grammatico ed esegeta di scuola cartaginese fra V e VI secolo, a lungo identificato ma ora definitivamente distinto dall’omonimo vescovo di Ruspe, scrive la sua Mitologia in tre libri come opera motivata (e forse anche finalizzata) dall’esegesi scolastica degli auctores in senso anche allegorico, ed è un dotto poligrafo, perché gli dobbiamo attribuire un commentario virgiliano, a un curioso sommario storico dalla struttura abbecedaria e poi un’interessante Expositio sermonum antiquorum, una sorta di prontuario lessicale e semantico per lemmi che raccoglie e spiega diverse parole antiche anticipando di un secolo le Etimologie isidoriane40. L’idea, argomentata in prospettiva isidoriana, apre Gasti 2014. Igino e Fulgenzio adottano due parallele modalità di descrivere i miti della tradizione letteraria e sono certamente i punti di riferimento per la mitografia latina successiva. Il nostro, da inserire quindi nella più generale tendenza culturale alle sintesi, documentabile soprattutto in campo storiografico (da Giustino fino a Eutropio) ma anche in opere di respiro più generale (che chiameremmo antiquarie) come il Liber memorialis di Ampelio; sintesi di vario genere, insomma, che costituiscono un prontuario di dati anche – ma non esclusivamente – a servizio dei commentatori. Il secondo, da valorizzare per l’attitudine mostrata dai letterati di estrazione grammaticale a leggere la mitologia come un repertorio di figure di cui essi offrono una pratica interpretazione a uso dei lettori, assicurando così a quello stesso repertorio, perfino in un’età ideologicamente lontanissima, 40
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(Ri)leggere Igino In fondo la sorte di Igino è analoga a quella di altri scrittori presto metabolizzati dalla tradizione scolastica proprio per l’accessibilità della loro prosa, in grado di permettere ai discenti di apprendere e insieme esercitarsi nella traduzione: in altri termini Igino potrebbe essere considerato un presunto “semplice” come Eutropio41. Come infatti la pratica della scuola ha canonizzato Eutropio come autore da tradurre, in sostanza ignorando la possibilità e magari l’opportunità di qualsiasi valutazione critica della sua fisionomia di storico e di scrittore, così le Fabulae iginiane da sempre trovano posto nelle antologie scolastiche di testi da tradurre; e questo è un bene, se tale consuetudine, di per sé dotata di un evidente valore aggiunto – quello di trasmettere contenuti mitologici, che per il curriculum classico rappresenta un elemento sostanziale di cultura e civiltà, e non soltanto di letteratura –, non impedisce al lettore, docente prima, e discente poi, di allargare lo sguardo a comprendere osservazioni comparative. In questa ottica, leggere e tradurre Igino significherà allora, a un primo livello, estendere le competenze linguistiche e storico-letterarie in direzione di altri autori e di altre storie mitologiche per apprezzarne costanti e varianti soprattutto rispetto ai testi noti; a un ulteriore conseguente livello, conoscere meglio l’autore e opportunamente riconoscere un aspetto più variegato all’apparentemente unitaria e stilizzata produzione letteraria dell’età augustea; infine, ragionare sulla lingua in cui troviamo scritte le Fabulae e, attraverso il confronto con la contemporanea tradizione prosastica (e al limite anche poetica) di registro stilistico ben diverso e del tutto familiare agli studenti, introdurre i una “nuova stagione” che trasforma i miti del mondo classico non tanto in risorsa ornamentale quanto piuttosto in opportunità esegetica dei testi. La situazione culturale e la qualità dei rapporti fra Ovidio, Igino e Fulgenzio è illustrata e argomentata da Venuti 2015, che sa trarre dall’analisi particolare osservazioni valide in generale. 41 Alludo ad alcune riflessioni a margine del Breviarium di Eutropio in prospettiva didattica a suo tempo da me proposte proprio nell’ottica di un recupero ragionato (e integrato) della lettura di un autore convenzionalmente presente in tutti gli eserciziari scolastici: Gasti 2013. XXXV
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concetti di registro stesso, di destinazione, di complessità letteraria. Ma non è destituita di valore né deve apparire speciosa o eccessivamente specialistica un’ulteriore applicazione didattica del lavoro sul nostro manuale, quella cioè che riguarda le modalità attraverso cui un testo giunge sui nostri scaffali e sui banchi di scuola. Problematizzare la tradizione del testo è sempre utile, per evitare che gli studenti per inerzia (o perché non sollecitati) si abituino a pensare che i testi prodotti allora giungano fino a noi direttamente e in modo lineare, ovvio, asettico. La storia delle Fabulae (o Genealogie?), l’identità di Igino (bibliotecario e/o poligrafo?), la cronologia (augustea o più tarda?), configurano nodi problematici che, se adeguatamente posti, nella prospettiva di ricreare quasi un nuovo spirito umanistico di riscoperta di un classico, hanno la possibilità di appassionare e rendere la materia di impegno quotidiano un’operazione che non si ferma al tradurre. E poi, naturalmente, la mitologia, che è il motivo principale della fortuna delle nostre Fabulae, anche perché – il dato non va certamente sottovalutato – di molte varianti qui ravvisiamo l’unica fonte42. Non è raro trovare nei repertori mitologici, non soltanto ottocenteschi43, le versioni del mito che tramanda il solo Igino senza alcuna attestazione in fonti diverse, e così pure vedervi compresi nomi di personaggi o rapporti di parentela che non si trovano altrove ma sono citati – non senza talvolta problemi testuali di tradizione – dal nostro autore. Inoltre, alle origini della circolazione dell’opera, in una forma che doveva essere diversa da quella che leggiamo noi caratterizzata dalla tradizione poco solida che cono-
Insiste sul concetto, in un quadro generale di rivalutazione dell’opera (che attribuisce senz’altro al bibliotecario), Maeck-Desmedt 1973. 43 Il riferimento è ovviamente alla monumentale opera di Wilhelm H. Roscher, Ausführliches Lexikon der griechischen und römischen Mythologie (Leipzig, Teubner, 1884-1924), in cinque volumi tuttora punto di riferimento per gli studiosi, in cui confluisce tutta la motivazione della filologia tedesca animata dallo spirito positivistico dell’epoca; ma vanno considerati in questo senso anche i numerosi manuali di varia – anche minima – ampiezza, destinati soprattutto alla pratica scolastica e spesso esito di riproposizioni di fonti vulgate antiche (Igino in particolare), più che di meticolosi riscontri comparativi. 42
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Saggio introduttivo
sciamo, riveste un valore notevole dal nostro punto di vista la circostanza stessa per cui, a distanza di due secoli dalla verosimile composizione, l’opera trova un traduttore greco proprio perché era universalmente nota ma anche perché era considerata utile. Era infatti attraverso il mito che i caratteri della civiltà latina potevano essere davvero colti in un ambiente diverso, una prospettiva che vede riprodotto al contrario il percorso del patrimonio mitologico costituitosi in Grecia e poi giunto a Roma e variamente intrecciato alle tradizioni locali di lettura e spiegazione della realtà. Qui sta anche il valore generalmente culturale dell’operazione che inconsapevolmente Igino compie, perché il suo compendio, nella forma enciclopedica che il bibliotecario di Augusto gli conferisce, contribuisce senz’altro, insieme ad altri testi letterariamente più fortunati (e magari anche di più sicura attribuzione), a dotare l’Occidente di un canone di miti. Forse sotto questa luce il nostro testo, scomparso nelle sue attestazioni materiali fino al Cinquecento, ma presente nelle letture di tanti autori, sfruttato dalla tradizione grammaticale e antiquaria antica e moderna come nella pratica di insegnamento della lingua fino a noi, può a buon diritto rivendicare un posto senza sfigurare accanto al suo amico Ovidio e a tanti altri autori.
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Fabio Gasti
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Igino
Miti del mondo classico (testo latino a fronte)*
*Il testo latino riprodotto tiene conto delle ultime edizioni (Marshall e Boriaud), costantemente confrontate con le scelte a suo tempo avvalorate da Rose, secondo un orientamento generalmente conservativo. Nelle note di commento, quando ritenuto opportuno, si discutono salienti questioni testuali senza tuttavia addentrarsi in questioni critiche ed ecdotiche, sempre tenuto conto della destinazione del presente lavoro.
FABULARUM HYGINI PER CAPITA INDEX
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 2
Themisto Ino Phrixus Ino alia Euripidis Athamas Cadmus Antiope Eadem Euripidis Niobe Chloris Niobidae Pelias Iuno Argonautae Lemniades Cyzicus Amycus Lycus Phineus Stymphalides Phrixi filii Aeeta Absyrtus Iason Medea
TITOLI DEI MITI
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25
Temisto Ino Frisso Ino, altra versione (di Euripide) Atamante Cadmo Antiope La stessa (versione di Euripide) Niobe Cloride I Niobidi Pelia Giunone Gli Argonauti Le donne di Lemno Cizico Amico Lico Fineo Gli uccelli Stinfalidi I figli di Frisso Eeta Absirto Giasone Medea 3
Igino
26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 61 62 63 4
Medea exul Medus Otus et Ephialtes Alcumena Herculis athla Parerga eiusdem Megara Centauri Nessus Iole Deianira Aethra Thesei labores Daedalus Pasiphae Minos Theseus apud Minotaurum Ariadne Cocalus Philomela Erechtheus Hippolytus Reges Athenienses Aesculapius Admetus Alcestis Aegina. Myrmidones Asterie Thetis Tityus Busiris Stheneboea. Bellerophon Smyrna Phyllis Sisyphus et Salmoneus Salmoneus Ixion Danae
Miti del mondo classico
26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 61 62 63
Medea in esilio Medo Oto ed Efialte Alcmena Le fatiche di Ercole Altre imprese dello stesso Ercole Megara I centauri Nesso Iole Deianira Etra Le fatiche di Teseo Dedalo Pasifae Minosse Teseo dal Minotauro Arianna Cocalo Filomela Eretteo Ippolito I re di Atene Esculapio Admeto Alcesti Egina. I Mirmidoni Asteria Teti Tizio Buriside Stenebea. Bellerofonte Smirna Fillide Sisifo e Salmoneo Salmoneo Issione Danae 5
Igino
64 65 66 67 68 69 70 71 72 73 74 75 76 77 78 79 80 81 82 83 84 85 86 87 88 89 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 100 101 6
Andromeda Alcyone Laius Oedipus Polynices Adrastus Reges septem Thebas profecti Epigoni Antigona Amphiaraus, Eriphyle et Alcmaeon Hypsipyle Tiresias Reges Thebani Leda Tyndareus Helena Castor Helenae proci Tantalus Pelops Oenomaus Chrysippus Pelopidae Aegisthus Atreus Laomedon Priami filii Paris Iudicium Paridis Cassandra Anchises Ulysses Achilles Qui ad Troiam et quot navibus ierunt Iphigenia Auge Teuthras Telephus
Miti del mondo classico
64 65 66 67 68 69 70 71 72 73 74 75 76 77 78 79 80 81 82 83 84 85 86 87 88 89 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 100 101
Andromeda Alcione Laio Edipo Polinice Adrasto I sette re partiti per Tebe Gli epigoni Antigone Anfiarao, Erifile e Alcmeone Ipsipile Tiresia I re di Tebe Leda Tindaro Elena Castore I pretendenti di Elena Tantalo Pelope Enomao Crisippo I figli di Pelope Egisto Atreo Laomedonte I figli di Priamo Paride Il giudizio di Paride Cassandra Anchise Ulisse Achille Coloro che partirono per Troia e numero delle loro navi Ifigenia Auge Teutrante Telefo 7
Igino
102 103 104 105 106 107 108 109 110 111 112 113 114 115 116 117 118 119 120 121 122 123 124 125 126 127 128 129 130 131 132 133 134 135 136 137 138 139 8
Philoctetes Protesilaus Laodamia Palamedes Hector Armorum iudicium Equus Troianus Ilione Polyxena Hecuba Provocantes Quem quis occidit Graeci quot occiderunt Troiani quot occiderunt Nauplius Clytaemnestra Proteus Orestes Iphigenia Taurica Cryses Aletes Neoptolemus Reges Achivorum Odyssea Ulyssis agnitio Telegonus Augures Oeneus Icarus, Erigone et canis Nysus Lycurgus Hammon Tyrrheni Laocoon Polyidus Merope Philyra Curetes
Miti del mondo classico
102 103 104 105 106 107 108 109 110 111 112 113 114 115 116 117 118 119 120 121 122 123 124 125 126 127 128 129 130 131 132 133 134 135 136 137 138 139
Filottete Protesilao Laonamia Palamede Ettore Il giudizio sulle armi Il cavallo di Troia Ilione Polissena Ecuba Combattenti in duello Uccisori e uccisi Quanti nemici uccisero di Greci Quanti nemici uccisero i Troiani Nauplio Clitemnestra Proteo Oreste Ifigenia in Tauride Crise Alete Neottolemo I re degli Achei Odissea Il riconoscimento di Ulisse Telegono Gli indovini Eneo Icaro, Erigone e il cane Niso Licurgo Ammone I Tirreni Laocoonte Poliido Merope Flira I Cureti 9
Igino
140 141 142 143 144 145 146 147 148 149 150 151 152 153 154 155 156 157 158 159 160 161 162 163 164 165 166 167 168 169 170 171 172 173 174 175 176 177 10
Python Sirenes Pandora Phoroneus Prometheus Niobe sive Io Proserpina Currus Triptolemi Vulcanus. Harmonia Epaphus Titanomachia Ex Typhone et Echidna geniti Typhon Deucalion et Pyrrha Phaeton Hesiodi Iovis filii Solis filiii Neptuni filii Vulcani filii Martis filii Mercurii filii Apollinis filii Herculis filii Amazones Athenae Marsyas Erichthonius Liber Danaus Amymone Filiae Danai quae quos occiderunt Althaea Oeneus Qui ad aprum Calydonium ierunt Meleager Agrius Lycaon Callisto
Miti del mondo classico
140 141 142 143 144 145 146 147 148 149 150 151 152 153 154 155 156 157 158 159 160 161 162 163 164 165 166 167 168 169 170 171 172 173 174 175 176 177
Pitone Le Sirene Pandora Foroneo Prometeo Niobe o Io Proserpina Il carro di Trittolemo Vulcano. Armonia Epafo La Titanomachia I nati da Tifone ed Echidna Tifone Deucalione e Pirra Fetonte (versione di Esiodo) I figli di Giove I figli del Sole I figli di Nettuno I figli di Vulcano I figli di Marte I figli di Mercurio I figli di Apollo I figli di Ercole Le Amazzoni Atene Marsia Erittonio Libero Danao Amimone Chi ciascuna delle figlie di Danao uccise Altea Eneo Coloro che andarono contro il cinghiale Calidonio Meleagro Agrio Licaone Callisto 11
Igino
178 179 180 181 182 183 184 185 186 187 188 189 190 191 192 193 194 195 196 197 198 199 200 201 202 203 204 205 206 207 208 209 210 211 212 213 214 215 12
Europa Semele Actaeon Diana et canum nomina Oceani filiae Equorum Solis et Horarum nomina Pentheus et Agave Atalanta Melanippe Alope Theophane Procris Theonoe Rex Midas Hyas Harpalycus Arion Orion Pan Venus Nisus Scylla altera Chione Autolycus Coronis Daphne Nyctimene Arge Harpalyce Macareus Rhodos Cyrene Hecatea Herse Endymion Atys Narcissus Hermaphroditus
Miti del mondo classico
178 179 180 181 182 183 184 185 186 187 188 189 190 191 192 193 194 195 196 197 198 199 200 201 202 203 204 205 206 207 208 209 210 211 212 213 214 215
Europa Semele Atteone Diana e i nomi dei cani Le figlie di Oceano Nomi dei cavalli del Sole e delle Ore Penteo e Agave Atalanta Melanippe Alope Teofane Procri Teonoe Il re Mida Iante Arpalico Arione Orione Pan Venere Niso L’altra Scilla Chione Autolico Coronide Dafne Nittimene Arge Arpalice Macareo Rodo Cirene Ecatea Erse Endimione Ati Narciso Ermafrodito 13
Igino
216 217 218 219 220 221 222 223 224 225 226 227 228 229 230 231 232 233 234 235 236 237 238 239 240 241 242 243 244 245 246 247 248 249 250 251 252 253 14
Eurydice Maleas Hyacinthus Archelaus Cura Septem sapientes Septem lyrici Septem opera mirabilia Qui facti sunt ex mortalibus immortales Qui primi templa deorum constituerunt Quae mortales cum Iove concubuerunt Quae cum Apolline Quae cum Neptuno Quae cum Mercurio Quae cum Libero Quae cum Marte Quae cum Aquilone Quae immortales cum mortalibus concubuerunt Qui patres suos occiderunt Qui matres suas occiderunt Qui fratres suos occiderunt Patres qui filios suos suos occiderunt Qui filias suas occiderunt Matres quae filios interfecerunt Quae coniuges suos occiderunt Qui coniuges suas occiderunt Qui se ipsi interfecerunt Quae se ipsae interfecerunt Qui cognatos suos occiderunt Qui soceros et generos occiderunt Qui filios in epulis consumpserunt Qui a canibus consumpti sunt Qui ab apro percussi interierunt Faces sceleratae Quadrigae quae rectores suos perdiderunt Qui ab inferis redierunt Qui lacte ferino nutriti sunt Quae contra fas concubuerunt
Miti del mondo classico
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Euridice Malea Giacinto Archelao Cura I sette Sapienti I sette Poeti lirici Le sette meraviglie I mortali resi immortali I primi costruttori di templi agli dei Le mortali che giacquero con Giove Le mortali che giacquero con Apollo Le mortali che giacquero con Nettuno Le mortali che giacquero con Mercurio Le mortali che giacquero con Libero Le mortali che giacquero con Marte Le mortali che giacquero con Aquilone Le immortali che giacquero con mortali Assassini del proprio padre Assassini della propria madre Assassini dei propri fratelli Padri assassini dei propri figli Assassini delle proprie figlie Madri assassine dei figli Mogli che uccisero il proprio marito Mariti che uccisero la propria moglie Suicidi Suicide Assassini dei propri parenti Assassini di suoceri e generi Coloro che si cibarono dei figli a banchetto Coloro che furono divorati dai cani Coloro che morirono assaliti da un cinghiale Le fiaccole di sventura Le quadrighe che causarono la morte dei loro conducenti Coloro che tornarono dagli inferi Coloro che furono allevati con latte di animali selvatici Coloro che si unirono in modo incestuoso 15
Igino
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Quae piae fuerunt vel qui pii Quae impiae fuerunt Quae castissimae fuerunt Qui inter se amici et coniunctissimi fuerunt Atreus et Thyestes Lynceus Eryx Agamemnon qui Dianae cervam ignarus occidit Noctua Ceres Qui fulmine icti sunt Qui a Neptuno perierunt vel a Mercurio vel a Minerva Qui ab Apolline perierunt Quae bellicosissimae fuerunt Qui fortissimi heroes fuerunt Qui amplissimi fuerunt Qui formosissimi fuerunt Qui ephebi formosissimi fuerunt Iudicia parricidarum qui in Areopago causam dixerunt Qui primi ludos fecerunt usque ad Aeneam quintum decimum Qui quid invenerit Oppida qui quae condiderunt Insulae maximae Rerum inventores primi
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Le più pie e i più pii Le donne empie Le donne più fedeli Coloro che furono amici più d’ogni altro Atreo e Tieste Linceo Erice Agamennone che senza saperlo uccide la cerva di Diana Nottua Cerere Coloro che furono colpiti da un fulmine Coloro che morirono uccisi da Nettuno, da Mercurio e da Minerva Coloro che morirono uccisi da Apollo Guerriere battagliere Gli eroi più forti I più facoltosi I più belli Gli efebi più belli Processi dei parricidi che si difesero nell’Areopago Coloro che istituirono giochi, fino ad Enea (quindicesimo) Inventori e invenzioni Città e loro fondatori Le isole più grandi I primi inventori
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Igino
1 Ex Caligine Chaos. Ex Chao et Caligine Nox, Dies, Erebus, Aether. Ex Nocte et Erebo Fatum, Senectus, Mors, Letum Continentia, Somnus, Somnia id est Lysimeles, Epiphron, Dysmenes, Porphyrion, Epapus, Discordia, Miseria, Petulantia, Nemesis, Euphrosyne, Amicitia, Misericordia, Styx; Parchae tres, id est Clotho, Lachesis, Atropos; Hesperides Aegle, Hesperie, Aerica. 2 Ex Aethere et Die Terra, Caelum, Mare. 3 Ex Aethere et Terra Dolor, Dolus, Ira, Luctus, Mendacium, Iusurandum, Ultio, Intemperantia, Altercatio, Olbivio, Socordia, Timor, Superbia, Incestum, Pugna; Oceanus, Themis, Tartarus, Pontus; et Titanes, Briareus, Gyges, Steropes, Atlas, Hyperion et Polus, Saturnus, Ops, Moneta, Dione; Furiae tres, id est Alecto, Megaera, Tisiphone. 4 Ex Terra et Tartaro Gigantes, Enceladus, Coeus, †elentesmophius†, Astraeus, Pelorus, Pallas, Emphytus, Rhoecus, †ienios, Agrius, †alemone, Ephialtes, Eurytus, †effracorydon, Theomises, Theodamas, Otus, Typhon, Polybotes Menephiarus, Abseus, Colophomus, Iapetus. 5 Ex Ponto et Mari piscium genera. 6 Oceanitides: Hestyaea, Melite, Ianthe, Admete, Stilbo, Pasiphae, Polyxo, Eurynome, Euagoreis, Rhodope, Lyris, Clytia, †teschinoeno, Clitemneste, Metis, Menippe, Argia. Eiusdem seminis flumina Strymon, Nilus, Euphrates, Tanais, Indu, Cephisus, Ismanus, Axenus, Achelous, Simois, Inachus, Alpheus, Thermodoon, Scamandrus, Tigris, Maeandrus, Orontes. 7 Ex Ponto et Terra Thaumas, Ceto, Nereus, Phorcus. 8 Ex Nereo et Doride Nereides quinquaginta: Glauce, Thalia, Cymodoce, Nesaea, Spio, Thoe, Cymothoe, Actaea, Limnoria, Melite, Iaera, Amphithoe, Agave, Doto, Proto, Pherusa, Dynamene, Dexamene, Amphinome, Callianassa, Doris, Panope, Galatea, Nemertes, Apseudes, Clymene, Ianira, Panopaea, Ianassa, Maera, Orithya, Amathia, Drymo, Xantho, Ligea, Phyllodoce, Cydippe, Lycorias, Cleio, Beroe, 18
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GENEALOGIE
1 Da Oscurità nacque Caos. Da Caos e Oscurità Notte, Giorno, Erebo, Etere. Da Notte ed Erebo Fato, Vecchiaia, Morte, Fine, Introversione, Sonno, Sogni cioè Lisimele o Epifrone o Dismene, Porfirione, Epafo, Discordia, Miseria, Petulanza, Nemesi, Eufrosine, Amicizia, Compassione, Stige; le tre Parche, cioè Cloto, Lachesi, Atropo; le Esperidi, cioè Egle, Esperia, Erica. 2 Da Etere e Giorno Terra, Cielo, Mare. 3 Da Etere e Terra Dolore, Inganno, Ira, Lutto, Menzogna, Giuramento, Vendetta, Intemperanza, Litigiosità, Oblio, Pigrizia, Timore, Superbia, Incesto, Combattività; Oceano, Temi, Tartaro, Ponto; e i Titani (Briareo, Gige, Sterope, Atlante, Iperione e Polo), Saturno, Opi, Moneta, Dione; le tre Furie, cioè Aletto, Megera, Tisifone. 4 Da Terra e Tartaro i Giganti: Encelado, Ceo, †…, Astreo, Peloro, Pallante, Enfito, Reco, †ienio Agrio, †alemone, Efialte, Eurito, †Effra Coridonte, Teomise, Teodamante, Oto, Tifone, Polibote, Menefiaro, Abseo, Colofomo, Giapeto. 5 Da Ponto e Mare le specie dei pesci. 6 Da Oceano e Teti le Oceanidi: Estiea, Melite, Iante, Admete, Stilbo, Pasifae, Polisso, Eurinome, Evagoreide, Rodope, Liri, Clizia, †Teschinoeno, Clitemneste, Meti, Menippe, Argia. Dallo stesso seme i fiumi Strimone, Nilo, Eufrate, Tanai, Indo, Cefiso, Ismeno, Asseno, Acheloo, Simoenta, Inaco, Alfeo, Termodonte, Scamandro, Tigri, Meandro, Oronte. 7 Da Ponto e Terra Taumante, Cetone, Nereo, Forco. 8 Da Nereo et Doride le cinquanta Nereidi: Glauce, Talia, Cimodoce, Nesea, Spio, Toe, Cimotoe, Attea, Limnoria, Melite, Iera, Anfitoe, Agave, Doto, Proto, Ferusa, Dinamene, Dessamene, Anfinome, Callianassa, Doride, Panope, Galatea, Nemerte, Apseude, Climene, Ianira, Panopea, Ianassa, Mera, Orizia, Amazia, Drimo, Xanto, Ligea, Fillodoce, Cidippe, Licoriade, Clio, Beroe, 19
Igino
Ephyre, Opis, Asia, Deiopea, Arethusa, Clymene, Creneis, Eurydice, Leucothoe. 9 Ex Phorco et Ceto Phorcides: Pemphredo, Enyo, Persis (pro hac ultima Dino alii ponunt). Et Gorgones ex Ceto Sthenno, Euryale, Medusa. 10 Ex Polo et Phoebe Latona, Asterie, Aphirape, Perses, Pallas. 11 Ex Iapetho et Clymene Atlas, Epimetheus, Prometheus. 12 Ex Hyperione et Aethra Sol, Luna, Aurora. 13 Ex Saturno et Ope Vesta, Ceres, Iuno, Iuppiter, Pluto, Neptunus. 14 Ex Saturno et Philyra Chiron, Dolops. 15 Ex Astraeo et Aurora Zephyrus, Boreas, Notus, Favonius. 16 Ex Atlante et Pleione Maia, Calypso, Alcyone, Merope, Electra, Celaeno. 17 Ex Pallante gigante Styge Scylla, Vis, Invidia, Potestas, Victoria, Fontes, Lacus. 18 Ex Neptuno et Amphitrite Triton. 19 Ex Dione et Iove Venus. 20 Ex Iove et Iunone Mars. 21 Ex Iovis capite Minerva. 22 Ex Iunone sine patre Vulcanus. 23 Ex Iove et Eurynome Gratiae. 24 Ex Iove rursus et Iunone Iuventus, Libertas. 25 Ex Iove et Themide Horae. 26 Ex Iove et Cerere Proserpina. 27 Ex Iove et Moneta Musae. 28 Ex Iove et Luna Pandia. 29 Ex Venere et Marte Harmonia et Formido. 30 Ex Acheloo et Melpomene Sirenes Thelxiepia, Molpe, Pisinoe. 31 Ex Iove et Climene Mnemosyne. 32 Ex Iove et Maia Mercurius. 33 Ex Iove et Latona Apollo et Diana. 34 Ex Terra Python draco divinus. 35 Ex Thaumante et Iris, Harpyae Celaeno, Ocypete, Podarce. 36 Ex Sole et Persa Circe, Pasiphae, Aeeta, Perses. 37 Ex Aeeta et Clyzia Medea. 38 Ex Sole et Clymene Phaethon et Phaethontides (Merope, Helie, Aetherie, Dioxippe). 20
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Efire, Opi, Asia, Deiopea, Aretusa, Climene, Creneide, Euridice, Leucotoe. 9 Da Forco e Ceto le Forcidi: Pemfredo, Enio, Perside (invece di questa alcuni considerano come ultima Dino). Da Ceto pure le Gorgoni: Steno, Euriale, Medusa. 10 Da Polo e Febe Latona, Asteria, Afirape, Perse, Pallante. 11 Da Giapeto e Climene Atlante, Epimeteo, Prometeo. 12 Da Iperione ed Etra Sole, Luna, Aurora. 13 Da Saturno e Opi Vesta, Cerere, Giunone, Giove, Plutone, Nettuno. 14 Da Saturno e Filira Chirone e Dolope. 15 Da Astreo e Aurora Zefiro, Borea, Noto, Favonio. 16 Da Atlante e Pleione Maia, Calipso, Alcione, Merope, Elettra, Celeno. 17 Dal gigante Pallante e Stige Scilla, la Violenza, l’Invidia, il Potere, la Vittoria, le Fonti e i Laghi. 18 Da Nettuno e Anfitrite Tritone. 19 Da Dione e Giove Venere. 20 Da Giove e Giunone Marte. 21 Dalla testa di Giove Minerva. 22 Da Giunone, senza padre, Vulcano. 23 Da Giove ed Eurinome le Grazie. 24 Da Giove e Giunone, ancora, Gioventù e Libertà. 25 Da Giove e Temi le Ore. 26 Da Giove e Cerere Proserpina. 27 Da Giove e Moneta le Muse. 28 Da Giove e la Luna Pandia. 29 Da Venere e Marte Armonia e Paura. 30 Da Acheloo e Melpomene le Sirene (Telsiepia, Molpe, Pisinoe). 31 Da Giove e Climene Mnemosine. 32 Da Giove e Maia Mercurio. 33 Da Giove e Latona Apollo e Diana. 34 Da Terra Pitone, il serpente con facoltà divine. 35 Da Taumante ed Elettra Iride e le Arpie (Celeno, Ocipete, Podarce). 36 Da Sole e Persa Circe, Pasifae, Eeta, Perse. 37 Da Eeta e Clizia Medea. 38 Da Sole e Climene Fetonte e le Fetontidi (Merope, Elia, Eteria, Diossippe). 21
Igino
39 Ex Typhone et Echidna Gorgon, Cerberus, draco qui pellem auream arietis Colchis servabat, Scylla, quae superiorem partem feminae, inferiorem canis habuit, quam Hercules interemit, Chimaera, Sphinx quae fuit in Boeotia, Hydra, serpens quae novem capita habuit, quam Hercules interemit, et draco Hesperidum. 40 Ex Neptuno et Medusa Chrysaor et equus Pegasus. 41 Ex Chrysaore et Callirhoe Geryon trimembris.
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39 Da Tifone ed Echidna la Gorgone, Cerbero, il drago che custodiva il vello d’oro dell’ariete in Colchide, Scilla, che aveva la parte superiore di donna e quella inferiore di cane, poi uccisa da Ercole, la Chimera, la Sfinge che abitava in Beozia, l’Idra, il serpente che aveva nove teste, poi uccisa da Ercole, e il drago delle Esperidi. 40 Da Nettuno e Medusa Crisaore e il cavallo Pegaso. 41 Da Crisaore e Calliroe Gerione dai tre corpi.
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Igino
fabb. 1,2
1 Themisto Athamas Aeoli filius habuit ex Nebula uxore filium Phrixum et filiam Helle, et ex Themisto Hypsei filia filios duo, Sphincium et Orchomenum, et ex Ino Cadmi filia filios duo, Learchum et Melicerten. Themisto, quod se Ino coniugio privasset, filios eius interficere voluit; itaque in regia latuit clam et occasione nacta, cum putaret se inimicae natos interfecisse, suos imprudens occidit, a nutrice decepta quod eis vestem perperam iniecerat. Themisto cognita re ipsa se interfecit. 2 Ino 1 Ino, Cadmi et Harmoniae filia, cum Phrixum et Hellen ex Nebula natos interficere voluisset, init consilium cum totius generis matronis et coniuravit ut fruges in sementem quas darent torrerent, ne nascerentur; ita ut, cum sterilitas et penuria frugum esset, civitas tota partim fame partim morbo interiret. 2 De ea re Delphos mittit Athamas satellitem, cui Ino praecepit ut falsum responsum ita referret: si Phrixum immolasset Iovi, pestilentiae fore finem. Quod cum Athamas se facturum abnuisset, Phrixus ultro ac libens pollicetur se unum civitatem aerumna liberaturum. 3 Itaque cum ad aram cum infulis esset adductus et pater Iovem comprecari vellet, satelles misericordia adulescentis Inus Athamanti consilium patefecit; rex facinore cognito uxorem suam Ino et filium eius Melicerten Phrixo dedidit necandos. 4 Quos cum ad supplicium duceret, Liber pater ei caliginem iniecit et Ino suam nutricem eripuit. Athamas postea, ab Iunone insania obiecta, Learchum filium interfecit. 5 At Ino cum Melicerte filio suo in mare praecipitavit; quam Liber Leucotheam voluit appellari, nos Matrem Matutam dicimus, Melicertem autem deum Palaemonen, quem nos Portunum dicimus. Huic quinto quoque anno ludi gymnici fiunt, qui appellantur Isthmia.
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MITI DEL MONDO CLASSICO
1 Temisto Atamante, figlio di Eolo, dalla moglie Nuvola ebbe un figlio, Frisso, e una figlia, Elle; da Temisto, figlia di Ipseo, due figli, Sfincio e Orcomeno; da Ino, figlia di Cadmo, due figli, Learco e Melicerte. Temisto, poiché era stata privata del marito da Ino, volle uccidere i figli di questa: così furtivamente si nascose nella reggia e, trovato il momento giusto, pensando di uccidere i bambini della sua rivale per errore colpì i propri, ingannata dalla nutrice che aveva fatto loro indossare il vestito sbagliato. Saputa la cosa Temisto si uccise. 2 Ino 1 Ino, figlia di Cadmo e Armonia, intenzionata a uccidere Frisso ed Elle, nati da Nuvola, fece un piano con le donne di tutta la sua famiglia e brigò per bruciare le granaglie destinate alla semina affinché non germogliassero; e così, sopravvenuta una carestia e un’avaria di granaglie, l’intera popolazione moriva in parte di fame e in parte di malattia. 2 Per far luce su questo Atamante manda a Delfi un suo uomo, al quale Ino comanda di riferire un responso falso: se avesse sacrificato Frisso a Giove la pestilenza sarebbe finita. Siccome Atamante si era rifiutato di farlo, Frisso spontaneamente e di buon grado promette di liberare da solo la popolazione dal malanno. 3 E così, dopo che era stato condotto all’altare con le sacre bende e mentre il padre stava per invocare Giove, il suo uomo provando compassione per il ragazzo rivelò ad Atamante il piano di Ino; venuto a sapere il suo crimine, il re consegnò a Frisso sua moglie Ino e il figlio di questa Melicerte perché li uccidesse. 4 Mentre li portava alla morte, il padre Libero gli annebbiò la vista e portò via Ino, sua nutrice. In seguito Atamante, reso pazzo da Giunone, uccise il figlio Learco. 5 Ino allora con suo figlio Melicerte si gettò in mare: Libero volle che fosse chiamata Leucotea, che noi diciamo Madre Matuta, mentre Melicerte dio Palemone, che noi diciamo Portuno. In suo onore ogni quattro anni si tengono ludi atletici che si chiamano Istmici. 25
Igino
fabb. 3,4
3 Phrixus 1 Phrixus et Helle insania a Libero obiecta cum in silva errarent Nebula mater eo dicitur venisse et arietem inauratum adduxisse, Neptuni et Teophanes filium, eumque natos suos ascendere iussit et Colchos ad regem Aeetam Solis filium transire ibique arietem Marti immolare. 2 Ita dicitur esse factum; quo cum ascendissent et aries eos in pelagus detulisset, Helle de ariete decidit, ex quo Hellespontum pelagus est appellatum, Phrixum autem Colchos detulit; ibi matris praeceptis arietem immolavit pellemque eius inauratam in templo Martis posit, quam servante dracone Iason, Aesonis et Alcimendes filius, dicitur petisse. 3 Phrixum autem Aeeta libens recepit filiamque Chalciopen dedit ei uxorem; quae postea liberos ex eo procreavit. Sed veritus est Aeeta ne se regno eicerent, quod ei responsum fuit ex prodigiis ab advena Aeoli filio morte caveret; itaque Phrixum interfecit. 4 At filii eius, Argus, Phrontis, Melas, Cylindrus, in ratem conscenderunt ut ad avum Atamantem transirent: hos Iason cum pellem peteret naufragos ex insula Dia sustulit et ad Chalciopen matrem reportavit, cuius beneficio ad sororem Medeam est commendatus.
4 Ino Euripidis 1 Athamas in Thessalia rex cum Inonem uxorem, ex qua duos filios , perisse putaret, duxit nymphae filiam Themistonem uxorem; ex ea geminos filios procreavit. 2 Postea resciit Inonem in Parnaso esse, quam bacchationis causa eo pervenisse; misit qui eam adducerent; quam adductam celavit. 3 Resciit Themisto eam inventam esse, sed quae esset nesciebat. Coepit velle filios eius necare; rei consciam quam captivam esse credebat ipsam Inonem sumpsit, et ei dixit ut filios suos candidis vestimentis operiret, Inonis filios nigris. 4 Ino suos candidis, Themistonis pullis operuit; tunc Themisto decepta suos filios occidit; id ubi resciit, ipsa se necavit. 5 Athamas autem in venatione per insaniam Learchum maiorem filium suum interfecit; at Ino cum minore filio Melicerte in mare se deiecit et dea esta facta.
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3 Frisso 1 Mentre Frisso ed Elle, dopoché Libero li fece impazzire, erravano in un bosco, si dice che si presentò la madre Nuvola e portò un ariete d’oro, figlio di Nettuno e Teofane; invitò i figli a salirvi in groppa e a recarsi in Colchide dal re Eeta, figlio del Sole, e lì immolare l’ariete a Marte. 2 Si dice che avvenne questo: dopoché vi salirono in groppa, l’ariete li portò sul mare, Elle cadde dall’ariete (e per questo il mare fu chiamato Ellesponto) e portò invece Frisso in Colchide; lì, secondo le indicazioni della madre, immolò l’ariete e depose il suo vello d’oro nel tempio di Marte, sotto la custodia di un drago, e si dice che Giasone, figlio di Esone e Alcimede, andò a cercarlo. 3 Quindi Eeta accolse volentieri Frisso e gli diede in moglie la figlia Calciope, che poi da lui ebbe figli. Ma Eeta temette che lo cacciassero dal regno, in quanto in seguito a prodigi gli era stato rivelato di guardarsi dal pericolo di morte per mano di uno straniero figlio di Eolo; e così uccise Frisso. 4 Però i suoi figli, Argo, Frontide, Mela, Cilindro, si imbarcarono per raggiungere il nonno Atamante: Giasone, andando in cerca del vello, li prelevò naufraghi dall’isola di Dia e li riportò alla madre Calciope, che per riconoscenza lo raccomandò alla sorella Medea. 4 Ino (versione di Euripide) 1 Atamante, re in Tessaglia, credendo morta la moglie Ino, dalla quale aveva avuto due figli, prese in moglie Temisto, figlia di una ninfa, e da lei ebbe due gemelli. 2 In seguito venne a sapere che Ino era sul Parnaso e che vi era arrivata per fare la baccante; mandò qualcuno a riportarla a casa e, una volta riportata a casa, la tenne nascosta. 3 Temisto venne a sapere che era stata ritrovata ma non sapeva chi fosse. Cominciò a voler uccidere i figli di lei e come complice del suo piano prese proprio Ino, che pensava fosse una prigioniera, e le disse di fare indossare ai suoi figli vesti candide, ai figli di Ino nere. 4 Ino rivestì i propri di bianco e quelli di Temisto di scuro; allora Temisto fu ingannata e colpì i propri figli; quando lo venne a sapere, si uccise. 5 Atamante, per parte sua, impazzito, durante una partita di caccia uccise il suo figlio maggiore, Learco; allora Ino col figlio minore, Melicerte, si gettò in mare e fu trasformata in divinità.
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Igino
fabb. 5-8
5 Athamas Semele quod cum Iove concubuerat, ob id Iuno toto genere eius fuit infesta; itaque Athamas Aeoli filius per insaniam in venatione filium suum interfecit sagittis. 6 Cadmus Cadmus Agenori et Argiopes filius, ira Martis quod draconem fontis Castalii custodem occiderat, suorum prole interempta cum Harmonia Veneris et Martis filia uxore sua in Illyriae regionibus in dracones sunt conversi. 7 Antiopa 1 Antiopa Nyctei filia ab Epapho per dolum est stuprata, itaque a Lyco viro suo eiecta est. Hanc viduam Iuppiter compressit. 2 At Lycus Dircen in matrimonium duxit, cui suspicio incidit virum suum clam cum Antiopa concubuisse; itaque imperavit famulis ut eam in tenebris vinctam clauderent. 3 Cui postquam partus instabat, effugit ex vinculis Iovis voluntate in montem Cithaeronem; cumque partus premeret et quaereret ubi pareret, dolor eam in ipso bivio coegit partum edere. 4 Quos pastores pro suis educarunt et appellarunt Zaeton, ἀπὸ τοῦ ζητεῖν τόπον, alterum autem Amphionem, ὅτι ἐν διόδῳ ἢ ὅτι ἀμφὶ ὁδὸν αὐτὸν ἔτεκεν, id est quoniam in bivio eum edidit. 5 Qui postquam matrem agnoverunt, Dircen ad taurum indomitum deligatam vita privarunt, ex cuius corpore in monte Cithaerone fons est natus qui Dircaeus est appellatus, beneficio Liberi, quod eius baccha fuerat.
8 Eadem Euripidis quam scribit Ennius 1 Nyctei regis in Boeotia fuit filia Antiopa; eius formae bonitate Iupiter adductus gravidam fecit. 2 Quam pater cum punire vellet propter stuprum minitans periculum, Antiopa effugit. Casu in eodem loco quo illa pervenerat Epaphus Sicyonius stabat; is mulierem advectam domo matrimonio suo iunxit. 3 Id Nycteus aegre ferens, cum moreretur Lyco fratri suo per obtestationem mandat, cui tum regnum relinquebat, ne impune Antiopa ferret; huius post mortem Lycus Sicyonem venit; interfecto Epapho Antiopam vinctam adduxit in Cithaeronem; 28
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5 Atamante Siccome Semele si era unita a Giove, per questo Giunone fu ostile a tutta la sua stirpe; e così Atamante, figlio di Eolo, impazzito, durante una partita di caccia uccise il proprio figlio a frecciate. 6 Cadmo Cadmo, figlio di Agenore e Argiope, a causa dell’ira di Marte perché aveva ucciso il drago custode della fonte Castalia, dopo che la sua discendenza fu eliminata, insieme alla moglie Armonia, figlia di Venere e Marte, fu trasformato in serpente nei territori dell’Illiria. 7 Antiope 1 Antiope, figlia di Nitteo, con l’inganno fu violentata da Epafo, e per questo fu ripudiata da suo marito Lico. Una volta separata, Giove la possedette. 2 Allora Lico prese per moglie Dirce, che venne a sospettare che suo marito di nascosto si fosse unito ad Antiope; e così ordinò ai servi di incatenarla e rinchiuderla al buio. 3 Siccome il suo parto era imminente, per volontà di Giove dalla prigionia fuggì sul monte Citerone; e quando il parto pressava e lei cercava dove partorire, le doglie la fecero partorire proprio in un bivio. 4 I pastori allevarono i neonati come fossero figli loro e li chiamarono Zeto, da “cercare il luogo”, e l’altro Anfione, “perché lo partorì in un bivio o per la strada”, cioè perché lo diede alla luce in un bivio. 5 Essi, dopo aver riconosciuto la madre, legarono Dirce a un toro selvaggio e le tolsero la vita; dal suo corpo sul monte Citerone sgorgò una fonte che è stata chiamata Dircea, per concessione di Libero, perché era stata una sua baccante. 8 La stessa (versione di Euripide tramandata da Ennio) 1 Nitteo, re in Beozia, ebbe un figlia, Antiope; attratto dalla sua bellezza fisica Giove la mise incinta. 2 Siccome il padre voleva punirla per l’affronto minacciando di farle del male, Antiope fuggì. Per caso nel medesimo luogo dove era arrivata si trovava Epafo di Sicione; costui si portò la donna a casa e le si unì in matrimonio. 3 Nitteo, mal sopportando la cosa, in punto di morte dà mandato testamentario a suo fratello Lico, al quale allora lasciava il regno, che Antiope non restasse impunita; dopo la morte di questo, Lico andò a Sicione e, ucciso Epafo, condusse Antiope in catene sul Citerone; 29
Igino
fabb. 8-10
parit geminos et reliquit, quos pastor educavit, Zetum et Amphionem nominavit. 4 Antiopa Dirce uxori Lyci data erat in cruciatum; ea occasione nacta fugae se mandavit; devenit ad filios suos, ex quibus Zetus existimans fugitivam non recepit. In eundem locum Dirce per bacchationem Liberi illuc delata est; ibi Antiopam repertam ad mortem extrahebat. 5 Sed ab educatore pastore adulescentes certiores facti eam esse matrem suam, celeriter consecuti matrem eripuerunt, Dircem ad taurum crinibus religatam necant. 6 Lycum cum occidere vellent, vetuit eos Mercurios, et simul iussit Lycum concedere regnum Amphioni.
9 Niobe 1 Amphion et Zetus Iovis et Antiopes Nyctei filii iussu Apollinis Thebas muro circumcinxerunt usque ad Semelae bustum, Laiumque Labdaci regis filium in exsilium eiecerunt, ipsi ibi regnum obtinere coeperunt. 2 Amphion in coniugium Niobam Tantali et Diones filiam accepit, ex qua procreavit liberos septem totidemque filias; quem partum Niobe Latonae anteposuit, superbiusque locuta est in Apollinem et Dianam, quod illa cincta viri cultu esset, et Apollo veste deorsum atque crinitus, et se numero filiorum Latonam superare. 3 Ob id Apollo filios eius in silva venantes sagittis interfecit, et Diana filias in regia sagittis interemit praeter Chloridem. At genetrix liberis orba flendo lapidea facta esse dicitur in monte Sipylo, eiusque hodie lacrimae manare dicuntur. 4 Amphion autem cum templum Apollinis expugnare vellet, ab Apolline sagittis est interfectus.
10 Chloris 1 Chloris Niobes et Amphionis filia quae ex septem superaverat. Hanc habuit in coniugem Neleus Hippocoontis filius, ex qua procreavit liberos masculos duoecim. 2 Hercules cum Pylum expugnaret Neleum interfecit et filios eius decem, undecimus autem Periclymenus beneficio Neptuni avi in aquilae effigiem conversus mortem effugit. 3 Nam duodecimus Nestor in Ilio erat, qui tria saecula vixisse dicitur beneficio Apollinis; nam quos annos Chloridis 30
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partorisce due gemelli e li abbandonò: li allevò un pastore e li chiamò Zeto e Anfione. 4 Antiope era stata data da torturare a Dirce, moglie di Lico; essa, colta l’occasione, si diede alla fuga; raggiunse i suoi figli, ma di essi Zeto, scambiandola per una schiava fuggitiva, non l’accolse. Nel medesimo luogo fu portata Dirce durante il delirio bacchico di Libero; lì trovò Antiope e la stava per uccidere. 5 Ma i ragazzi, informati dal pastore che li aveva allevati che quella era la loro madre, subito la inseguirono e la rapirono, legano per i capelli Dirce a un toro e la uccidono. 6 Volevano uccidere Lico, ma Mercurio glielo impedì e nello stesso tempo ordinò a Lico di cedere il regno ad Anfione. 9 Niobe 1 Anfione e Zeto, figli di Giove e Antiope, per ordine di Apollo circondarono Tebe di mura fino al sepolcro di Semele, mandarono in esilio Laio, figlio del re Labdaco, e loro stessi brigarono per avere il regno. 2 Anfione prese per moglie Niobe figlia di Tantalo e Dione, da cui ebbe sette figli e altrettante figlie; Niobe dichiarò che la propria prole era superiore a quella di Latona e parlò con superbia nei confronti di Apollo e Diana dicendo che una era abbigliata con vestiti maschili e Apollo con una veste ricadente e i capelli lunghi, e che lei stessa superava Latona nel numero di figli. 3 Per questo motivo Apollo uccise a frecciate i suoi figli mentre erano a caccia in un bosco e Diana eliminò a frecciate le figlie nella reggia eccetto Cloride. Si dice che allora la madre, una volta privata dei figli, per il pianto fu trasformata in una roccia sul monte Sipilo e si dice che le sue lacrime scorrono ancora oggi. 4 Anfione, per parte sua, poiché voleva mettere le mani sul tempio di Apollo, fu ucciso a frecciate da Apollo. 10 Cloride 1 Cloride, figlia di Niobe e Anfione, delle sette era la sopravvissuta. La prese per moglie Neleo, figlio di Ippocoonte, e da lei ebbe dodici figli maschi. 2 Quando Ercole conquistò Pilo uccise Neleo e dieci suoi figli; l’undicesimo, Periclimeno, assunto l’aspetto di aquila per concessione di suo nonno Nettuno, scampò alla morte. 3 Il dodicesimo poi, Nestore, era a Troia; si dice che visse per tre generazioni per concessione di Apollo: infatti Apollo concesse a Nestore gli 31
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fabb. 10-14
fratrum Apollo eripuerat Nestori concessit. 11 Niobidae Lerta, Tantalus, Ismenus, Eupinus, Phaedimus, Sipulus, Chiade, Cloris, Astygratia, Siboe, Sictothius, Eudoxa, Archenor, Ogygia: hi sunt filii et filiae Niobae uxoris Amphionis. 12 Pelias 1 Peliae Crethei et Tyrus filio responsum erat ut Neptuno sacrum faceret, et si quis monocrepis, id est uno pede calciatus supervenisset, tum mortem eius appropinquare. 2 Is cum annua sacra faceret Neptuno, Iason Aesonis filius, fratris Peliae, cupidus sacra faciendi, dum flumen Euhenum transiret calciamentum reliquit; quod ut celeriter ad sacra veniret neglexit. 3 Id Pelias inspiciens, memor sortium praecepti iussit eum pellem arietis quam Phrixus Marti sacraverat inauratam Colchis ab rege Aeeta hoste petere. 4 Qui convocatis Graeciae ducibus Colchos est profectus.
13 Iuno Iuno cum ad flumen Euhenum in anum se convertisset et staret ad hominum mentes tentandas, ut se flumen Euhenum transferret, et id nemo vellet, Iason Aesonis et Alcimedes filius eam transtulit. Ea autem irata Peliae quod sibi sacrum intermiserat facere, effecit ut Iason unam crepidam in limo relinqueret.
14 Argonautae convocati 1 Iason Aesonis filius et Alcimedes Clymeni filiae et Thessalorum dux. Orpheus Oeagri et Calliopes musae filius, Thrax, urbe Flevia quae est in Olympo monte ad flumen Enipeum, mantis citharista. Asterion Pyremi filius, matre Antigona Pheretis filia, ex urbe Pellene; alii aiunt Hyperasii filium, urbe Piresia quae est in redicibus Phyllei montis qui est in Thessalia, quo loco duo flumina, Apidamus et Enipeus, separatim proiecta in unum conveniunt.
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anni che aveva sottratto ai fratelli di Cloride. 11 I Niobidi Lerta, Tantalo, Ismeno, Eupino, Fedimo, Sipilo, Chiade, Cloride, Asticrazia, Siboe, Sictozio, Eudossa, Archenore, Ogigia: questi sono i figli e le figlie di Niobe, moglie di Anfione. 12 Pelia 1 A Pelia, figlio di Creteo e Tiro, un oracolo aveva detto che se mentre faceva un sacrificio a Nettuno fosse sopraggiunto un monosandalo, cioè uno con il calzare a un solo piede, allora si stava avvicinando la sua morte. 2 Mentre egli celebrava il sacrificio annuale a Nettuno, Giasone, figlio di Esone, fratello di Pelia, desideroso di partecipare al sacrificio, mentre attraversava il fiume Eveno, perse un calzare e, per arrivare in tempo al sacrificio, non ci badò. 3 Quando Pelia lo notò, ricordando l’insegnamento dell’oracolo, gli ordinò di chiedere al re Eeta, che era un nemico, il vello d’oro dell’ariete che Frisso in Colchide aveva consacrato a Marte. 4 Questi radunò i capi della Grecia e partì per la Colchide. 13 Giunone Sulla riva del fiume Eveno Giunone si era trasformata in una vecchia e restava lì per mettere alla prova l’indole delle persone chiedendo che le facessero attraversare il fiume Eveno, ma nessuno voleva farlo; Giasone, figlio di Esone e Alcimede, la trasportò al di là. Lei allora, adirata con Pelia perché aveva smesso di celebrare i riti in suo onore, fece in modo che Giasone perdesse nel fondo uno dei calzari. 14 Gli Argonauti radunati 1 Giasone, figlio di Esone e di Alcimede, figlia di Climene, capo dei Tessali. Orfeo, figlio di Eagro e della musa Calliope, trace, della città di Flevia sul monte Olimpo vicino al fiume Enipeo, indovino e citaredo. Asterione, figlio di Pireno e di Antigone, figlia di Ferete, dalla città di Pellene; altri dicono che era figlio di Iperasio, dalla città di Piresia che si trova ai piedi del monte Filleo, che sorge in Tessaglia, nel luogo in cui i due fiumi Apidano ed Enipeo, che fin lì scorrono separati, confluiscono in un unico corso. 33
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fab. 14
2 Polyphemus Elati filius, matre Hippea Antippi filia, Thessalus ex urbe Larissa, pedibus tardus. Iphiclus Phylaci filius, matre Clymene Minyae filia, ex Thessalia, avunculus Iasonis. Admetus Pheretis filius, matre Periclymene Minyae filia ex Thessalia, monte Chalcodonio, unde oppidum et flumen nomen traxit; huius Apollinem pecus pavisse ferunt. 3 Eurytus et Echion Mercurii et Antianirae Meneti filiae filii, ex urbe Alope quae nunc vocatur Ephesus; quidam auctores Thessalos putant. Aethalides Mercurii et Eupolemiae Myrmidonis filiae filius; hic fuit Larissaeus. , urbe Gyrtone quae est in Thessalia. 4 Hic Caeneus Elati filius, Magnesius, ostendit nullo modo Centauros ferro se posse vulnerare, sed truncis arborum in cuneum adactis; hunc nonnulli feminam fuisse dicunt, cui petenti Neptunum propter conubium optatum dedisse ut in iuvenilem speciem conversus nullo ictu interfici posset. Quod est nunquam factum, nec fieri potest ut quisquam mortalis non posset ferro necari aut ex muliere in virum converti. 5 Mopsus Ampyci et Chloridis filius; hic augurio doctus ab Apolline, ex Oechalia vel ut quidam putant Titarensis. Eurydamas, Iri et Demonassae filius, alii aiunt Ctimeni filium, qui iuxta lacum Xynium Dolopeidem urbem inhabitabat. Theseus Aegei et Aethrae Pitthei filiae filius a Trezene; alii aiunt ab Athenis. 6 Piritous Ixionis filius, frater Centaurorum, Thessalus. Menoetius Actioris filius, Opuntius. Eribotes Teleontis filius ab Eleone. 7 Eurytion Iri et Demonassae filius. Ixition ab oppido Cerintho. Oileus Hodoedoci et Agrianomes Perseonis filiae filius ex urbe Narycea. 8 Clytius et Iphitus Euryti et Antiopes Pylonis filiae filii, reges Oechaliae; alii aiut ex Euboea. Hic concessa ab Apolline sagittarum scientia cum auctore muneris contendisse dicitur. Huius filius Clytius ab Aeeta interfectus est.
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2 Polifemo, figlio di Elato e di Ippea figlia di Antippo, tessalo dalla città di Larissa, lento nel camminare. Ificlo, figlio di Filaco e di Climene figlia di Minia, dalla Tessaglia, zio di Giasone. Admeto, figlio di Ferete e di Periclimene figlia di Minia, dalla Tessaglia, dal monte Calcodonio, da dove hanno preso nome una città e un fiume; si dice che Apollo abbia pascolato il suo gregge. 3 Eurito ed Echione, figli di Mercurio e di Antianira figlia di Meneto, dalla città di Alope che ora si chiama Efeso; alcune fonti credono che fossero tessali. Etalide figlio di Mercurio e di Eupolemia figlia di Mirmidone; era di Larissa. Corono, figlio di Ceneo, dalla città di Girtone, che è in Tessaglia. 4 Questo Ceneo, figlio di Elato, di Magnesia, mostra che in nessun modo i Centauri potevano ferirlo con un’arma, ma con tronchi di albero appuntiti; alcuni dicono che fosse una femmina: dietro sua richiesta, Nettuno per unirsi a lei esaudì il suo desiderio di assumere l’aspetto di un giovane e di non poter essere ucciso da nessun colpo. Questo però non è mai accaduto: non può accadere a nessun mortale di non poter essere ucciso da un’arma o di essere trasformato da donna in uomo. 5 Mopso, figlio di Ampicio e Cloride; costui fu istruito da Apollo nell’arte degli auguri, di Ecalia o, come alcuni pensano, da Titaro. Euridamante, figlio di Iro e di Demonassa, altri dicono figlio di Ctimeno, che abitava nella città di Dolopeide vicino al lago Sinio. Teseo, figlio di Egeo e di Etra figlia di Pitteo, di Trezene; altri dicono da Atene. 6 Piritoo, figlio di Issione, fratello dei Centauri, tessalo. Menezio, figlio di Attore, di Opunte. Eribote, figlio di Teleonte, di Eleone. 7 Euritione, figlio di Iro e di Demonassa. Issizione dalla città di Cerinto. Oileo, figlio di Odedoco e di Agrianome figlia di Perseone, dalla città di Naricea. 8 Clizio e Ifito, figli di Eurito e di Antiope figlia di Pilone, re di Ecalia; altri dicono dall’Eubea. Si dice che Apollo gli avesse concesso la competenza nel tirare le frecce e che egli avesse gareggiato in questa con chi gliel’aveva concessa. Suo figlio Clizio fu ucciso da Eeta. 35
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fab. 14
Peleus et Telamon Aeaci et Endeidos Chironis filiae filii ab Aegina insula. Qui ob caedem Phoci fratris relictis sedibus suis diversas petierunt domos, Peleus Phthiam, Telamon Salaminam, quam Apollonius Rhodius Atthida vocat. 9 Butes Teleontis et Zeuxippes Eridani fluminis filiae filius ab Athenis. Phaleros Alcontis filius ab Athenis. Thiphys Phorbantis et Hyrmines filius Boeotius; is fuit gubernator navis Argo. 10 Argus Polybi et Argiae filius, alii aiunt Danai filium; hic fuit Argivus, pelle tauri nigra lanugine adopertus; is fuit fabricator navis Argo. Phliasus Liberi patris et Ariadnes Minois filiae filius ex urbe Phliunte, quae est in Peloponneso; alii aiunt Thebanum. Hercules Iovis et Alcimenae Electryionis filiae filius Thebanus. 11 Hylas Theodamantis et Menodices nymphae Orionis filiae filius, ephebus, ex Oecalia; alii aiunt ex Argis, comitem Herculis. Nauplius Neptuni et Amymones Danai filiae filius, Argivus. Idmon Apollonis et Cyrenes nymphae filius, quidam Abantis dicunt, Argivus. Hic augurio prudens quamvis praedicentibus avibus mortem sibi denuntiari intellexit, fatali tamen militiae non defuit. 12 Castor et Pollux Iovis et Ledae Thestii filiae filii Lacedaemonii, alii Spartanos dicunt, uterque imberbis; his eodem quoque tempore stellae in capitibus ut viderentur accidisse scribitur. Lynceus et Idas Apharei et Arenae Oebali filiae filii, Messenii ex Peloponneso. Ex his Lynceus sub terra quaeque latentia vidisse dicitur, neque ulla caligine inhibebatur. 13 Alii aiunt Lynceum noctu nullum vidisse. Idem sub terra solitus cernere dictus est ideo quod aurifodinas norat; is cum descendebat et aurum subito ostendebat, ita rumor sublatus eum sub terra solitum videre. Item Idas acer, ferox. 14 Periclymenus Nerei et Chloridis Amphionis et Niobes filiae filius; hic fuit Pylius. Amphidamas et Cepheus Alei et Cleobules filii de Arcadia. Ancaeus Lycurgi filius, alii nepotem dicunt, Tegeates.
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Peleo e Telamone, figli di Eaco e di Endeide figlia di Chirone, dall’isola di Egina. Costoro dato che avevano ucciso il fratello Foco abbandonarono la loro città e cercarono dimore diverse, Peleo a Ftia, Telamone a Salamina, che Apollonio Rodio considera Attica. 9 Bute, figlio di Teleonte e di Zeusippe figlia del fiume Eridano, di Atene. Falero, figlio di Alconte, di Atene. Tifi, figlio di Forbante e di Irmine, dalla Beozia; fu lui il timoniere della nave Argo. 10 Argo, figlio di Polibo e Argia (altri dicono che era figlio di Danao); era di Argo, e si copriva con una pelle di toro di pelo nero; fu lui il costruttore della nave Argo. Fliaso, figlio del padre Libero e di Arianna figlia di Minosse, dalla città di Fliunte che si trova nel Peloponneso; altri dicono che era di Tebe. Ercole, figlio di Giove e di Alcmena figlia di Elettrione, di Tebe. 11 Ila, figlio di Teodamante e della ninfa Menodice figlia di Orione, efebo, di Ecalia (altri dicono di Argo), compagno di Ercole. Nauplio, figlio di Nettuno e di Amimone figlia di Danao, di Argo. Idmone, figlio di Apollo e della ninfa Cirene (alcuni dicono di Abante), di Argo; costui era preveggente e, anche se comprese che gli uccelli gli annunciavano la morte, tuttavia non mancò a quella spedizione fatale. 12 Castore e Polluce, figli di Giove e di Leda figlia di Testio, di Lacedemone (altri dicono di Sparta), entrambi imberbi; si trova scritto che è accaduto che nello stesso momento si vedessero delle stelle sul loro capo. Linceo e Ida, figli di Afareo e di Arena figlia di Ebalo, di Messene nel Peloponneso. Fra loro, si dice che Linceo vedesse ogni cosa nascosta sotto terra e nessun offuscamento glielo impediva; 13 altri dicono che nessuno di notte poteva vedere Linceo. Si diceva che sempre lui normalmente vedeva sottoterra, per il fatto che conosceva le vene aurifere: egli, quando scendeva sotto e subito rivelava l’oro, fece nascere la diceria che normalmente vedeva sottoterra. Ida parimenti era determinato e coraggioso. 14 Periclimeno, figlio di Neleo e di Cloride figlia di Anfione e di Niobe; era di Pilo. Anfidamante e Cefeo, figli di Aleo e di Cleobule, dall’Arcadia. Anceo, figlio di Licurgo (altri dicono nipote), di Tegea. 37
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fab. 14
15 Augeas Solis et Nausidames Amphidamantis filiae filius; hic fuit Eleus. Asterion et Amphion Hyperasii filii, alii aiut Hippasi, ex Pellene. Euphemus Neptuni et Europes Tityi filiae filius, Taenarius; hic super aquas sicco pede cucurrisse dicitur. 16 Ancaeus alter, Neptuni filius, matre Althaea Thestii filia, ab Imbraso insula quae Parthenia appellata est, nunc autem Samos dicitur. Erginus Neptuni filius, a Mileto, quidam Periclymeni dicunt, Orchomenius. Meleager Oenei et Althaeae Thestii filiae filius, quidam Martis putant, Calydonius. 17 Laocoon Porthaonis filius, Oenei frater, Calydonius. Iphiclus alter, Thestii filius, matre Leucippe, Althaeae frater ex eadem matre, Lacedaemonius; hic fuit acer cursor iaculator. Iphitus Nauboli filius Phocensis; alii Hippasi filium ex Peloponneso fuisse dicunt. 18 Zetes et Calais Aquilonis venti et Orithyiae Erechthei filiae filii; hi capita pedesque pennatos habuisse feruntur crinesque caeruleos, qui pervio aere usi sunt. Hi aves Harpyias tres, Thaumantis et Ozomenes filias, Aellopoda Celaeno Ocypeten, fugaverunt a Phineo Agenoris filio eodem tempore quo Iasoni comites ad Colchos proficiscebantur; quae inhabitabant insulas Strophadas in Aegeo mari, quae Plotae appellantur. Hae dicuntur fuisse capitibus gallinaceis, pinnatae, alasque et brachia humana, unguibus magnis, pedibusque gallinaceis, pectus alvom feminaque humana. Hi autem Zetes et Calais ab Hercule telis occisi sunt, quorum in tumulis superpositi lapides flatibus paternis moventur. Hi autem ex Thracia esse dicuntur. 19 Phocus et Priasus Caenei filii ex Magnesia. Eurymedon Liberi patris et Ariadnes Minois filiae filius a Phliunte. Palaemonius Lerni filius Calydonius. 20 Actor Hippasi filius ex Peloponneso. Tersanon Solis et Leucothoes filius ex Andro. Hippalcimos Pelopis et Hippodamiae Oenomai filiae filius ex Peloponneso a Pysis.
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Miti del mondo classico
15 Augia, figlio del Sole e di Nausidame figlia di Anfidamante; era di Elea. Asterione e Anfione, figli di Iperasio (altri dicono di Ippaso), di Pellene. Eufemo, figlio di Nettuno e di Europa figlia di Tizio, dal Tenaro; si dice che costui correva sulle acque con i piedi asciutti. 16 Un altro Anceo, figlio di Nettuno e di Altea figlia di Testio, dall’isola di Imbraso, chiamata Partenia, ora invece Samo. Ergino, figlio di Nettuno, di Mileto; alcuni dicono che era figlio di Periclimeno, di Orcomeno. Meleagro, figlio di Eneo e di Altea figlia di Testio (alcuni dicono che era figlio di Marte), di Calidone. 17 Laocoonte, figlio di Portaone, fratello di Eneo, di Calidone. Un altro Ificlo, figlio di Testio e di Leucippe, fratello di Altea della stessa madre, di Lacedemone; era un bravissimo corridore e lanciatore di giavellotto. Ifito, figlio di Naubolo, di Focea; altri dicono che era figlio di Ippaso, dal Peloponneso. 18 Zete e Calaide, figli del vento Aquilone e di Orizia figlia di Eretteo; si dice che avessero la testa e i piedi alati e i capelli azzurri, e usavano muoversi nell’aria. Costoro cacciarono le tre Arpie, figlie di Taumante e Ozomene (Ellopode, Celeno, Ocipete), dalla casa di Fineo, figlio di Agenore, nel tempo in cui Giasone e i suoi compagni partivano per la Colchide; esse abitavano nelle isole Strofadi, nel mar Egeo, che sono dette Plote. Si dice che avessero la testa di uccello, con penne, ali e braccia umane, grandi artigli e zampe di uccello, petto, ventre e cosce umane. Zete e Calaide furono uccisi da Ercole a colpi di giavellotto e le lapidi poste sulla loro tomba si muovono al soffio del vento loro padre; si dice che venivano dalla Tracia. 19 Foco e Priaso, figli di Ceneo, di Magnesia. Eurimedonte, figlio del padre Libero e di Arianna figlia di Minosse, di Filunte. Palemonio, figlio di Lerno, di Calidone. 20 Attore, figlio di Ippaso, dal Peloponneso. Tersanone, figlio del Sole e di Leucotoe, da Andro. Ippalcimo, figlio di Pelope e di Ippodamia figlia di Enomao, di Pisa nel Peloponneso. 39
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fab. 14
21 Asclepius Apollinis et Coronidis filius, a Tricca Thestii filia, Argivus. Neleus Hippocoontis filius, Pylius. 22 Iolaus Iphicli filius, Argivus. Deucalion Minois Pasiphaes Solis filiae filius ex Creta. Philoctetes Poeantis filius, a Meliboea. 23 Caeneus alter Coroni filius, Gortyna. Acastus Peliae et Anaxibiae Biantis filiae filius, ex Iolco, duplici pallio coopertus. Hic voluntarius Argonautis accessit, sponte sua comes Iasonis. 24 Hi autem omnes Minyae sunt appellati, vel quod plurimos eorum filiae Minyae pepererunt, vel quod Iasonis mater Clymenes Minyae filia erat. Sed neque Colchos omnes pervenerunt neque in patriam regressum habuerunt. 25 Hylas enim in Moesia a nymphis iuxta Cion flumenque Ascanium raptus est, quem dum Hercules et Polyphemus requirunt, vento rapta nave deserti sunt. Polyphemus ab Hercule quoque relictus, condita in Moesia civitate, perit apud Chalybas. 26 Tiphys autem morbo absumptus est in Mariandynis in Propontide apud Lycum regem; pro quo navem rexit Colchos Ancaeus Neptuni filius. Idmon autem Apollinis filius ibi apud Lycum cum stramentatum exisset, ab apro percussus decidit; ultor Idmonis fuit Idas Alpharei filius, qui aprum occidit. 27 Butes Teleontis filius quamvis cantibus et cithara Orphei avocabatur, victus tamen est dulcedine Sirenum et nataturus ad eas in mare se praecipitavit; eum Venus delatum fluctibus Lilybaeo servavit. 28 Hi sunt qui non pervenerunt Colchos. In reversione autem perierunt Eurybates Teleontis filius et Canthus Ceriontis filius; interfecti sunt in Libya a pastore Cephalione Nasamonis fratre, filio Tritonidis Nymphae et Amphithemidis, cuius fuste pecus depopulabantur. 29 Mopsus autem Ampyci filius ab serpentis morsu in Africa obiit. Is autem in itinere accesserat comes Argonautis, Ampyco patre occiso. 30 Item accesserunt ex insula Dia Phrixi et Chalciopes Medeae sororis filii, Argus Melas Phrontides Cylindrus, ut alii aiunt vocitatos Phronius Demoleon Autolycus Phlogius, quos Hercules cum
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21 Asclepio, figlio di Apollo e Coronide, di Tricca […] figlia di Testio, di Argo. Neleo, figlio di Ippocoonte, di Pilo. 22 Iolao, figlio di Ificle, di Argo. Deucalione, figlio di Minosse e di Pasifae figlia del Sole, da Creta. Filottete, figlio di Peante, di Melibea. 23 Un altro Ceneo, figlio di Corono, di Gortina. Acasto, figlio di Pelia e di Anassibia figlia di Biante, da Iolco, che indossava un doppio mantello: egli si aggiunse come volontario agli Argonauti, per il piacere di essere compagno di Giasone. 24 Tutti questi sono stati chiamati Minii, sia perché erano state le figlie di Minio a partorire parecchi di loro, sia perché la madre di Giasone era figlia di Climene figlia di Minia. Non tutti però arrivarono in Colchide e fecero ritorno in patria. 25 Infatti Ila fu rapito in Misia dalle ninfe nei pressi di Cione e del fiume Ascanio; mentre lo cercavano, Ercole e Polifemo furono abbandonati perché il vento aveva portato via la nave. Polifemo, lasciato anche da Ercole, dopo aver fondato una città in Misia morì nella terra dei Calibi. 26 Tifi poi fu ucciso da una malattia nel territorio dei Mariandini in Propontide a casa del re Lico; in sua vece governò la nave fino in Colchide Anceo, figlio di Nettuno. Ancora, Idmone, figlio di Apollo, sempre da Lico, uscito a raccogliere paglia, fu assalito da un cinghiale e morì; a vendicare Idmone fu Ida, figlio di Afareo, che uccise il cinghiale. 27 Bute, figlio di Teleonte, anche se veniva richiamato indietro dal canto e dalla cetra di Orfeo, tuttavia fu vinto dalla dolcezza delle Sirene e si gettò in mare per nuotare verso di loro; trasportato dalle onde, fu messo in salvo da Venere a Lilibeo. 28 Questi sono quelli che non giunsero in Colchide. Durante il ritorno invece morirono Euribate, figlio di Teleonte, e Canto, figlio di Cerionte: in Libia furono uccisi dal pastore Cefalione, fratello di Nasamone, figlio della ninfa Tritonide e di Anfitemi, di cui razziavano il gregge a colpi di bastone. 29 Mopso figlio di Ampico, morì in Africa per il morso di un serpente; si era aggiunto al gruppo degli Argonauti durante il loro viaggio dopo l’uccisione del padre Ampico. 30 Pure si aggiunsero dall’isola di Dia i figli di Frisso e di Calciope sorella di Medea, Argo, Mela, Frontide e Cilindro (chiamati secondo altri Fronio, Demoleonte, Autolico e Flogio): Ercole li aveva 41
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fab. 14
eduxisset habiturus comites dum Amazonum balteum petit, reliquit terrore perculsos a Dascylo Lyci regis Mariandyni filio. 31 Hi autem cum exirent ad Colchos, Herculem ducem facere voluerunt; ille abnuit, sed potius Iasonem fieri oportere, cuius opera exirent omnes; dux ergo Iason regnavit. 32 Faber Argus Danai filius, cuius post mortem rexit navem Ancaeus Neptuni filius; proreta navigavit Lynceus Apharei filius, qui multum videbat; tutarchi autem fuerunt Zetes et Calais Aquilonis filii, qui pennas et in capite et in pedibus habuerunt; ad proram et remos sederunt Peleus et Telamon; ad pitulum sederunt Hercules et Idas; ceteri ordinem servaverunt; celeuma dixit Orpheus Oeagri filius. Post, relicto ab Hercule, loco eius sedit Peleus Aeaci filius. 33 Haec est navis Argo quam Minerva in sideralem circulum retulit ob hoc quod ab se esset aedificata. Ac primum in pelagus deducta est haec navis, in astris apparens a gubernaculo ad velum; cuius speciem ac formam Cicero in Phaenomenis exponit his versibus:
at Canis ad caudam serpens praelabitur Argo, conversam prae se portans cum lumine puppim; non aliae naves ut in alto ponere proras ante solent, rostris Neptunia prata secantes; sicut cum coeptant tutos contingere portus, obvertunt navem magno cum pondere nautae, adversamque trahunt optata ad litora puppim, sic conversa vetus super aethera labitur Argo. Inde gubernaclum tendens a puppe volante Clari posteriora Canis vestigia tangit.
Haec navis habet stellas in puppe quattuor, in gubernaculo dextro 42
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presi per averli come compagni durante la sua ricerca del cinto delle Amazzoni, ma li abbandonò perché presi dalla paura di Dascilo, figlio del re dei Mariandini Lico. 31 Quando tutti questi partirono per la Colchide vollero nominare Ercole loro comandante; egli rifiutò dicendo che era preferibile che lo facesse Giasone, per iniziativa del quale tutti stavano partendo: per questo fu Giasone a comandare. 32 Il costruttore fu Argo, figlio di Danao, il timoniere Tifi, e dopo la sua morte governò la nave Anceo figlio di Nettuno; ufficiale di prua durante la navigazione fu Linceo figlio di Afareo, che aveva buona vista; primi rematori poi furono Zete e Calaide figli di Aquilone, che avevano capo e piedi alati; ai remi a prora sedettero Peleo e Telamone; al remo lungo sedettero Ercole e Ida; gli altri mantennero il loro posto nelle file; Orfeo, figlio di Eagro, dava il ritmo con il canto. In seguito, quando Ercole fu abbandonato dagli Argonauti, al suo posto sedette Peleo figlio di Eaco. 33 Questa è la nave Argo, che Minerva inserì nell’orbita delle costellazioni per il fatto che era stata costruita da lei. Questa nave fu la prima a essere portata in mare, e fra gli astri si vede dal timone fino alle vele: come appare e come è fatta lo descrive Cicerone in questi versi dei Fenomeni: Scivolando Argo costeggia la coda del Cane e scintillante la sua poppa in avanti rivolge, mentre le altre navi nell’alto mare sono aduse protendere la prora, con il rostro solcando i prati di Nettuno. E come quando i marinai provano ad entrare sicuri al porto girano la nave con grande contrappeso ed alla costa desiderata volgono la poppa, così nel cielo scivola all’indietro l’antica Argo. Poi, distendendo in volo da poppa il timone, tocca da dietro del Cane luminoso le vestigia. Questa nave ha quattro stelle sulla poppa, cinque sul timone de43
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fabb. 14-17
quinque, in sinistro quattuor, consimiles inter sese; omnino tredecim. 15 Lemniades 1 In insula Lemno mulieres Veneri sacra aliquot annos non fecerant, cuius ira viri earum Thressas uxores duxerunt et priores spreverunt. At Lemniades eiusdem Veneris impulsu coniuratae genus virorum omne quod ibi erat interfecerunt, praeter Hypsipylen, quae patrem suum Thoantem clam in navem imposuit, quem tempestas in insulam Tauricam detulit. 2 Interim Argonautae praenavigantes Lemno accesserunt; quos ut vidit Iphinoe custos portae, nuntiavit Hypsipylae reginae, cui Polyxo aetate constituta dedit consilium ut eos laribus hospitalibus obligaret. 3 Hypsipyle ex Iasone procreavit filios Euneum et Deipylum. 4 Ibi cum plures dies retenti essent, ab Hercule obiurgati discesserunt. 5 Lemniades autem postquam scierunt Hypsipylen patrem suum servasse, conatae sunt eam interficere; illa fugae se mandavit. Hanc praedones exceptam Thebas deportaverunt et regi Lyco in servitium vendiderunt. 6 Lemniades autem quaecunque ex Argonautis conceperunt, eorum nomina filiis suis imposuerunt.
16 Cyzicus 1 Cyzicus Eusori filius rex in insula Propontidis Argonautas hospitio liberali excepit; qui cum ab eo discessissent totumque diem navigavissent, nocte tempestate orta ad eandem insulam ignari delati sunt. 2 Quos Cyzicus hostes Pelasgicos arbitrans esse, cum eis noctu in litore arma contulit et ab Iasone est interfectus; quod postero die cum prope litus appropinquasset et vidisset se regem interfecisse, sepulturae eum tradidit atque filiis regnum tradidit.
17 Amycus Amycus, Neptuni et Melies filius, Bebryciae rex. In huius regna qui venerat caestis cogebat secum contendere et devictos perdebat. Hic cum Argonautas provocasset ad caestus, Pollux cum eo contendit et eum interfecit.
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Miti del mondo classico
stro, quattro sul sinistro, tutte uguali: in tutto tredici. 15 Le donne di Lemno 1 Sull’isola di Lemno le donne non avevano celebrato per alcuni anni i riti in onore di Venere: per l’ira di questa i loro mariti sposarono donne di Tracia e ripudiarono le prime. Le Lemniadi allora, accordatesi per istigazione della stessa Venere, uccisero tutti gli uomini che erano lì; fece eccezione Ipsipile, che di nascosto fece imbarcare suo padre Toante su una nave che una tempesta portò sulla penisola Taurica. 2 Frattanto gli Argonauti durante la loro navigazione approdarono a Lemno; come li vide, Ifinoe, guardiana della porta, lo annunciò alla regina Ipsipile, e Polisso, che era avanti con l’età, le consigliò di ingraziarseli con un atteggiamento ospitale. 3 Ipsipile da Giasone ebbe come figli Euneo e Deipilo. 4 Dopo essersi trattenuti lì parecchi giorni, rimproverati da Ercole ripartirono. 5 Ma le Lemniadi, una volta venute a sapere che Ipsipile aveva messo in salvo loro padre, tentarono di ucciderla; ella allora fuggì, ma dei predoni la catturarono, la portarono a Tebe e la vendettero come schiava al re Lico. 6 Le Lemniadi infine a tutti i loro figli avuti dagli Argonauti diedero il nome di questi. 16 Cizico 1 Cizico, figlio di Eusorio, re in un’isola della Propontide, accolse gli Argonauti con un liberale senso di ospitalità. Essi, dopo averlo lasciato e avere navigato tutta la giornata, a causa di una tempesta sorta di notte, senza saperlo furono respinti sulla medesima isola. 2 Pensando che si trattasse di nemici greci, Cizico di notte si scontrò in armi con loro sulla spiaggia e fu ucciso da Giasone; quando il giorno dopo costui si avvicinò alla spiaggia e vide che aveva ucciso il re, gli diede sepoltura e consegnò il regno ai suoi figli. 17 Amico Amico, figlio di Nettuno e di Melie, era re della Bebricia. Costringeva chi entrava nel suo regno a battersi contro di lui al pugilato e lo mandava a morte quando perdeva. Egli aveva sfidato al pugilato gli Argonauti, Polluce si battè con lui e lo uccise.
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Igino
fabb. 18-20
18 Lycus Lycus rex insulae Propontidis Argonautas recepit hospitio in honorem, eo quod Amycum interfecerant, quod eum saepe inficiaretur. Argonautae dum apud Lycum morantur et stramentatum exissent, Idmon Apollinis filius ab apro percussus interiit, in cuius dum diutius sepultura moratur, Tiphys Phorbantis filius moritur. Tunc Argonautae Ancaeo Neptuni filio navem Argo gubernandam dederunt. 19 Phineus 1 Phineus, Agenoris filius, Thrax ex Cleopatra habuit filios duos. Hi a patre novercae crimine excaecati sunt. 2 Huic etiam Phineo Apollo augurium dicitur dedisse; hic deorum consilia cum enuntiaret, ad Iove est excaecatus, et apposuit ei Harpyas, quae Iovis canes esse dicuntur, quae escam ab ore eius auferrent. 3 Huc cum Argonautae devenissent et eum iter ut demonstraret regarent, dixit se demonstraturum si eum poena liberarent. Tunc Zetes et Calais, Aquilonis venti et Orithyiae filii, qui pennas in capite et in pedibus habuisse dicuntur, Harpyas fugaverunt in insulas Strophadas et Phineum poena liberaverunt. 4 Quibus monstravit quomodo Symplegadas transirent, ut columbam mitterent; quae petrae cum concurrissent, in recessu earum illi retro refugerent. Argonautae beneficio Phinei Symplegadas transierunt.
20 Stymphalides Argonautae cum ad insulam Diam venissent et aves ex pennis suis eos configerent pro sagittis, cum multitudini avium resistere non possent, ex Phinei monitu clipeos et hastas sumpserunt, ex more Curetum sonitu eas fugarunt.
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18 Lico Lico, re di un’isola della Propontide, accolse gli Argonauti come ospiti con tutti gli onori per il fatto che avevano ucciso Amico, che spesso lo provocava. Mentre gli Argonauti dimoravano a casa di Lico ed erano usciti a raccogliere paglia, Idmone, figlio di Apollo, fu assalito da un cinghiale e morì; poiché si tratteneva troppo a lungo sulla sua tomba, Tifi, figlio di Forbante, morì. Allora gli Argonauti affidarono il governo della nave ad Anceo, figlio di Nettuno. 19 Fineo 1 Fineo, figlio di Agenore, originario della Tracia, da Cleopatra ebbe due figli: questi furono accecati dal padre in seguito un tranello della matrigna. 2 Sempre a Fineo si dice che Apollo concesse la capacità di divinare: ma siccome rivelava i piani degli dei fu accecato da Giove, che gli mandò le Arpie, che sono chiamate cani di Giove, perché gli sottraessero il cibo dalla bocca. 3 Quando gli Argonauti erano arrivati qui e gli chiedevano indicazioni sull’itinerario, egli disse che le avrebbe date se l’avessero liberato da quel problema. Allora Zete e Calaide, figli del vento Aquilone e di Orizia, che si dice avessero capo e piedi alati, cacciarono le Arpie nelle isole Strofadi e liberarono Fineo dal problema. 4 Spiegò loro come passare al di là delle Simplegadi e cioè mandare avanti una colomba: dopo che quelle rocce si fossero avvicinate l’una all’altra, nel momento in cui tornassero ad allontanarsi… essi dovevano correre dietro a lei. Fu con l’aiuto di Fineo che gli Argonauti passarono al di là delle Simplegadi. 20 Gli uccelli Stinfalidi Quando gli Argonauti arrivarono all’isola di Dia, degli uccelli li colpivano con le loro penne come se fossero state frecce; siccome non potevano fare fronte alla moltitudine di uccelli, dietro consiglio di Fineo presero scudi e lance e, come facevano i Cureti, li cacciarono con il frastuono.
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Igino
fabb. 21,22
21 Phrixi filii 1 Argonautae cum per Cyaneas cautes, quae dicuntur petrae Symplegades, intrassent mare quod dicitur Euxinum et errarent, voluntate Iunonis delati sunt ad insulam Diam. 2 Ibi invenerunt naufragos nudos atque inopes Phrixi et Chalciopes filios Argum, Phrontidem, Melam, Cylindrum; qui cum casus suos exposuissent Iasoni, se cum ad avum festinarent Athamanta ire naufragio facto ibi esse eiectos, quos Iason receptos auxilio iuvit; qui Iasonem Colchos perduxerunt per flumen Thermodontem. 3 Et cum iam non longe essent a Colchis, iusserunt navem in occulto collocari, et venerunt ad matrem Chalciopen Medeae sororem indicantque Iasonis beneficia et cur venissent. Tunc Chalciope de Medea indicat perducitque eam cum filiis suis ad Iasonem. 4 Quae cum eum vidisset agnovit quam in somniis adamaverat Iunonis impulsu omniaque ei pollicetur et perducunt eum ad templum.
22 Aeeta 1 Aeetae Solis filio erat responsum tam diu eum regnum habiturum quamdiu ea pellis, quam Phrixus consecraverat, in fano Martis esset. 2 Itaque Aeeta Iasoni hanc simultatem constituit, si vellet pellem auratam auferre, tauros aeripedes, qui flammas naribus spirabant, iungeret adamanteo iugo et araret dentesque draconis ex galea sereret, ex quibus gens armatorum statim enasceretur et se mutuo interficerent. 3 Iuno autem Iasonem ob id semper voluit servatum, quod, cum ad flumen venisset volens hominum mentes temptare, anum se simulavit et rogavit ut se transferret; cum ceteri qui transierant despexissent, ille transtulit eam. 4 Itaque cum sciret Iasonem sine Medeae consilio imperata perficere non posse, petit a Venere ut Medeae amorem iniceret. Iason a Medea Veneris impulsu amatus est; eius opera ab omni periculo liberatus est. Nam cum tauris arasset et armati essent enati, Medeae monitu lapidem inter eos abiecit; illi inter se pugnantes alius alium interfecerunt. Dracone autem venenis sopito pellem de fano sustulit, in patriamque cum Medea est profectus.
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21 I figli di Frisso 1 Dopo che gli Argonauti, attraverso le rupi Cianee che sono chiamate rocce Simplegadi, entrarono nel mare chiamato Eusino, nel loro errare per volere di Giunone furono portati all’isola di Dia. 2 Lì trovarono, naufraghi, nudi e privi di risorse, i figli di Frisso e di Calciope: Argo, Frontide, Mela, Cilindro. Essi raccontarono la loro storia a Giasone, cioè che, mentre correvano dal nonno Atamante, fecero naufragio ed erano stati gettati lì, e Giasone li prese sotto la sua protezione e li aiutò: essi condussero Giasone in Colchide attraverso il fiume Termodonte. 3 Quando non erano molto lontani dalla Colchide gli fecero tenere nascosta la nave e andarono dalla madre Calciope, sorella di Medea, e le raccontano le attenzioni di Giasone e il motivo della venuta. Allora Calciope parla loro di Medea e, insieme ai suoi figli, la conduce da Giasone. 4 Quando lo vide, lei riconobbe colui di cui si era innamorata in sogno per iniziativa di Giunone; gli fa ogni promessa e lo accompagnano al tempio. 22 Eeta 1 Eeta, figlio del Sole, ricevette come responso che avrebbe tenuto il regno fintantoché fosse rimasto nel tempio di Marte il vello che Frisso aveva consacrato. 2 Pertanto a Giasone Eeta lanciò questa sfida: se voleva portare via il vello d’oro, doveva imporre un giogo d’acciaio a tori dagli zoccoli di bronzo che spiravano fuoco dalle narici, arare e seminare i denti del drago prendendoli da un elmo, dai quali subito sarebbe nata una generazione di uomini armati che si sarebbero uccisi a vicenda. 3 Ma Giunone ha sempre voluto che Giasone fosse salvo perché, arrivata a un fiume con l’intenzione di mettere alla prova l’indole delle persone, si trasformò in una vecchia e chiese di essere trasportata al di là; mentre gli altri che avevano attraversato non l’avevano considerata, quello la trasportò. 4 Pertanto, sapendo che Giasone senza la collaborazione di Medea non poteva realizzare quanto gli era stato imposto, chiese a Venere di far innamorare Medea. Giasone fu amato da Medea per iniziativa di Venere; grazie a lei fu liberato da ogni pericolo. Infatti, dopo aver arato con i tori e dopo che nacquero gli uomini armati, per consiglio di Medea gettò un sasso in mezzo a loro e questi combattendo fra loro si uccisero a vicenda. Poi, una volta che il drago si era addormentato grazie a un filtro, prese il vello dal tempio e tornò in patria insieme a Medea. 49
Igino
fabb. 23,24
23 Absyrtus 1 Aeeta ut resciit Medeam cum Iasone profugisse, nave comparata misit Absyrtum filium cum satellitibus armatis ad eam persequendam. 2 Qui cum in Adriatico mari in Histria eam persecutus esset ad Alcinoum regem et vellet armis contendere, Alcinous se inter eos interposuit, ne bellarent; quem iudicem sumpserunt, qui eos in posterum distulit. Qui cum tristior esset et interrogatus est a coniuge Arete quae causa esset tristitiae, dixit se iudicem sumptum a duabus diversis civitatibus, inter Colchos et Argivos. Quem cum interrogaret Arete, quidnam esset iudicaturus, respondit Alcinous, si virgo fuerit Medea, parenti redditurum, sin autem mulier, coniugi. 3 Hoc cum audivit Arete a coniuge, mittit nuntium ad Iasonem, et is Medeam noctu in antro devirginavit. Postero autem die cum ad iudicium venissent et Medea mulier esset inventa, coniugi est tradita. 4 Nihilominus cum profecti essent, Absyrtus timens patris praecepta persecutus est eos in insulam Minervae; ibi cum sacrificaret Minervae Iason et Absyrtus intervenisset, ab Iasone est interfectus. Cuius corpus Medea sepulturae dedit, atque inde profecti sunt. 5 Colchi, qui cum Absyrto venerant, timentes Aeetam illic remanserunt oppidumque condiderunt quod ab Absyrti nomine Absorin appellarunt. Haec autem insula posita est in Histria contra Polam, iuncta insulae Cantae.
24 Iason: Peliades 1 Iason cum Peliae patrui sui iussu tot pericula adisset, cogitare coepit, quomodo eum sine suspicione interficeret. Hoc Medea se facturam pollicetur. 2 Itaque cum iam longe a Colchis essent, navem iussit in occulto collocari et ipsa ad Peliae filias pro sacerdote Dianae venit; eis pollicetur se patrem earum Pelian ex sene iuvenem facturam, idque Alcestis maior filia negavit fieri posse. 3 Medea quo facilius eam perduceret ad suam voluntatem, caliginem eis obiecit et ex venenis multa miracula fecit, quae veri similia esse viderentur, arietemque vetulum in aeneum coniecit, unde agnus pulcherrimus prosiluisse visus est. 4 Eodemque modo inde Peliades, id est Alcestis, Pelopia, Medusa, Pisidice, Hippothoe, Medeae impulsu patrem suum occisum in aeneo coxerunt.
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23 Absirto 1 Quando Eeta venne a sapere che Medea era fuggita con Giasone, allestì una nave e inviò all’inseguimento suo figlio Absirto con dei soldati. 2 Egli la inseguì nel mar Adriatico in Istria presso il re Alcinoo e voleva affrontarlo in armi, ma Alcinoo si infrappose fra loro perché non combattessero; lo presero allora come arbitro e rimandò il giudizio. Siccome era pensieroso, sua moglie Arete gli chiese quale fosse il motivo di quei pensieri e le rispose di essere stato scelto come arbitro da due diversi popoli, i Colchi e gli Argivi; Arete gli chiese quale decisione fosse orientato a prendere e Alcinoo rispose che, se Medea era ancora vergine, doveva restituirla a suo padre, se invece era ormai donna, a suo marito. 3 Sentita questa risposta dal marito, Arete manda un messo a Giasone e questi nottetempo in una grotta tolse la verginità a Medea. Il giorno seguente allora si presentarono al giudizio: si constatò che Medea era donna e quindi fu consegnata al marito. 4 Nonostante questo, quando erano partiti, Absirto, timoroso per gli ordini del padre, li inseguì nell’isola di Minerva; lì, mentre Giasone faceva un sacrificio, Absirto si presentò e fu ucciso da Giasone. Medea diede sepoltura al cadavere e se ne andarono. 5 I Colchi che erano arrivati con Absirto, temendo Eeta, rimasero lì e fondarono una città che chiamarono Absoride dal nome di Absirto. Questa isola è sita in Istria di fronte a Pola, vicino all’isola di Canta. 24 Giasone: le Peliadi 1 Dopo aver affrontato tanti pericoli per ordine di suo zio, Giasone cominciò a pensare a come ucciderlo senza essere sospettato; Medea promette che se ne sarebbe occupata. 2 Così, quando già erano lontani dalla Colchide, ordinò di ormeggiare la nave in un luogo nascosto e lei andò dalle figlie di Pelia nelle vesti di sacerdotessa di Diana: promette loro che avrebbe fatto ringiovanire loro padre, ma la figlia maggiore, Alcesti, disse che non poteva avvenire. 3 Per farle fare più facilmente quello che voleva, Medea fece scendere una nebbia su di loro e usando filtri fece molti sortilegi che sembravano realtà: mise in una caldaia un vecchio ariete e sembrò uscirne un agnello bellissimo. 4 Alla stessa maniera allora le Peliadi, cioè Alcesti, Pelopia, Medusa, Pisidice e Ippotoe, per suggerimento di Medea uccisero il padre e lo misero a cuocere nella caldaia. Resesi 51
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fabb. 24-27
Cum se deceptas esse viderent, a patria profugerunt. 5 At Iason, signo a Medea accepto, regia est potitus Acastoque Peliae filio fratri Peliadum, quod secum Colchos ierat, regnum paternum tradidit; ipse cum Medea Corinthum profectus est.
25 Medea 1 Aeetae Medea et Idyiae filia cum ex Iasone iam filios Mermerum et Pheretem procreasset summaque concordia viverent, obiciebatur ei hominem tam fortem ac formosum ac nobilem uxorem advenam atque veneficam habere. 2 Huic Creon Menoeci filius rex Corinthius filiam suam minorem Glaucen dedit uxorem. Medea cum vidit se erga Iasonem bene merentem tanta contumelia esse affectam, coronam ex venenis fecit auream eamque muneri filios suos iussit novercae dare. 3 Creusa munere accepto cum Iasone et Creonte conflagravit. Medea ubi regiam ardere vidit, natos suos ex Iasone Mermerum et Pheretem interfecit et profugit a Corintho.
26 Medea exul 1 Medea Corintho exul Athenas ad Aegeum Pandionis filium devenit in hospitium eique nupsit; ex eo natus est Medus. 2 Postea sacerdos Dianae Medeam exagitare coepit regique negabat sacra caste facere posse eo quod in ea civitate esset mulier venefica et scelerata. Tunc iterum exulatur. 3 Medea autem iunctis draconibus ab Athenis Colchos redit; quae in itinere Absoridem venit, ubi frater Abysrtus sepultus erat. Ibi Absoritani serpentium multitudini resistere non poterant; Medea autem ab eis rogata lectas eas in tumulum fratris coniecit, quae adhuc ibi permanentes, si qua autem extra tumulum exit, debitum naturae persolvit.
27 Medus 1 Persi Solis filius, fratri Aeetae, responsum fuit ab Aeetae progeniae mortem cavere: ad quem Medus dum matrem persequitur tempestate est delatus, quem satellites comprehensum ad regem 52
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conto di essere state ingannate, fuggirono lontano dalla patria. 5 Giasone quindi, ricevuto un segnale da Medea, occupò la reggia: assegnò il regno paterno ad Acasto, figlio di Pelia e fratello delle Peliadi, perché era andato con lui in Colchide; egli stesso partì per Corinto insieme a Medea. 25 Medea 1 Medea, figlia di Eeta e di Idia, aveva avuto da Giasone due figli, Mermero e Ferete, e vivevano in perfetto accordo. A lui veniva rinfacciato che un uomo forte, bello e nobile come lui avesse come moglie una straniera e una maga. 2 Creonte, figlio di Meneceo, re di Corinto, gli diede in moglie Glauce, sua figlia minore. Medea, quando si rese conto di stare subendo un oltraggio così grande nonostante meritasse riconoscenza da parte di Giasone, con veleni fece una corona d’oro e disse ai suoi figli di recapitarla alla matrigna. 3 Ricevuta la corona, Creusa prese fuoco insieme a Giasone e a Creonte. Medea, quando vide che la reggia era in fiamme, uccise Mermero e Ferete, i figli avuti da Giasone, e fuggì lontano da Corinto. 26 Medea in esilio 1 Esule da Corinto, Medea giunse ad Atene, ospite di Egeo, figlio di Pandione, e lo sposò; dall’unione nacque Medo. 2 In seguito la sacerdotessa di Diana cominciò a tormentare Medea e al re diceva di non essere in grado di compiere i riti in stato di purezza per il fatto che in quella città abitava una donna malefica che usava filtri. E allora si trovò di nuovo in esilio. 3 Allora Medea sul suo carro tirato da draghi da Atene torna in Colchide; durante il percorso arriva ad Absoride, dov’era sepolto suo fratello Absirto. Lì gli Absoritani non potevano andare avanti per il gran numero di serpenti; allora Medea, in risposta alle loro preghiere, li raccoglie e li getta nella tomba del fratello: quelli ancora sono lì, e se uno esce dalla tomba muore di morte naturale. 27 Medo 1 Perse, figlio del Sole e fratello di Eeta, ricevette come responso di guardarsi dalla morte per mano della progenie di Eeta: a lui fu portato da una tempesta Medo, mentre andava in cerca della madre, e i soldati 53
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fabb. 27,28
Persen perduxerunt. 2 Medus Aegei et Medeae filius ut vidit se in inimici potestatem venisse, Hippoten Creontis filium se esse mentitus est. Rex diligentius quaerit et in custodia eum conici iussit; ubi sterilitas et penuria frugum dicitur fuisse. 3 Quo Medea in curru iunctis draconibus cum venisset, regi se sacerdotem Dianae ementita est dixitque sterilitatem se expiare posse; et cum a rege audisset Hippotem Creontis filium in custodia haberi, arbitrans eum patris iniuriam exsequi venisse, ibi imprudens filium prodidit. 4 Nam regi persuadet eum Hippoten non esse sed Medum Aegei filium a matre missum ut regem interficeret, petitque ab eo ut interficiendus sibi traderetur, aestimans Hippoten esse. 5 Itaque Medus cum productus esset ut mendacium morte puniret, et illa aliter esse vidit quam putavit, dixit se cum eo colloqui velle atque ensem ei tradidit iussitque avi sui iniurias exsequi. Medus re audita Persen interfecit regnumque avitum possedit; ex suo nomine terram Mediam cognominavit.
28 Otos et Ephialtes 1 Otos et Ephialtes, Aloei et Iphimedes Neptuni filiae filii, mira magnitudine dicuntur fuisse. Hi singuli singulis mensibus novem digitis crescebant; itaque cum essent annorum novem in caelum ascendere sunt conati. 2 Qui aditum sibi ita faciebant: montem enim Ossam super Pelion posuerunt (unde etiam Pelion Ossa mons appellatur) aliosque montes construebant; qui ab Apolline nacti sunt interfecti. 3 Alii autem auctores dicunt Neptuni et Iphimedes filios fuisse atrotos; hi cum Dianam comprimere voluissent, quae cum non posset viribus eorum obsistere, Apollo inter eos cervam misit, quam illi furore incensi dum volunt iaculis interficere, alius alium interfecerunt. 4 Qui ad inferos dicuntur hanc poenam pati: ad columnam aversi alter ab altero serpentibus sunt deligati; est strix inter, columnam sedens ad quam sunt deligati.
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lo catturarono e lo portarono al re Perse. 2 Medo, figlio di Egeo e di Medea, come si rese conto di essere finito nelle mani del nemico, mentì dicendo di essere il figlio di Creonte, Ippote. Il re si volle informare con maggior cura e ordinò di metterlo in prigione; in quel tempo si racconta che venne una carestia e una penuria di messi. 3 Dopo essere giunta qui sul suo carro tirato da draghi, Medea mentendo disse al re di essere una sacerdotessa di Diana e gli assicurò di essere in grado di far terminare la carestia; e avendo sentito dal re che in prigione era custodito Ippote, il figlio di Creonte, pensando che fosse venuto a vendicare l’assassinio del padre, in modo avventato rivelò l’identità di suo figlio. 4 Infatti convince il re che quello non era Ippote, ma Medo, figlio di Egeo, mandato da sua madre a uccidere il re, e, credendo che sia Ippote, gli chiede che le venga consegnato per ucciderlo. 5 E così, una volta che Medo era stato portato perché pagasse con la morte la sua menzogna, lei si rese conto che la realtà era diversa da come aveva pensato: disse che voleva avere un colloquio con lui, gli diede una spada e gli ordinò di vendicare le offese fatte a suo nonno. Compresa la situazione Medo uccise Perse e ottenne il regno del nonno; dal suo nome chiamò quella terra Media.
28 Oto ed Efialte 1 Oto ed Efialte, figli di Aleo e di Ifimede figlia di Nettuno, si dice che fossero di statura straordinaria. Ciascuno di loro ogni mese cresceva di nove dita, e pertanto a nove anni tentarono di scalare il cielo. 2 La strada se la facevano così: sovrapposero il monte Ossa al Pelio (e per questo anche il Pelio è chiamato monte Ossa) e impilavano altri monti; ma sorpresi da Apollo furono uccisi. 3 Altri autori dal canto loro dicono che erano figli di Nettuno e Ifimede, ed erano invulnerabili; siccome volevano violentare Diana e quest’ultima non poteva far fronte alla loro violenza, Apollo pose una cerva fra loro: mentre quelli, presi da furore, volevano ucciderla a colpi di lancia, si uccisero a vicenda. 4 Si dice che negli inferi essi patiscono la seguente pena: stanno l’uno di schiena all’altro legati con serpenti a una colonna; in mezzo a loro, appollaiata alla colonna alla quale sono legati, c’è una strige.
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fabb. 29,30
29 Alcimena 1 Amphitryon cum abesset ad expugnandam Oechaliam, Alcimena aestimans Iovem coniugem suum esse eum thalamis recepit. Qui cum in thalamos venisset et ei referret quae in Oechalia gessisset, ea credens coniugem esse cum eo concubuit. 2 Qui tam libens cum ea concubuit ut unum diem usurparet, duas noctes congeminaret, ita ut Alcimena tam longam noctem ammiraretur. Postea cum nuntiaretur ei coniugem victorem adesse, minime curavit, quod iam putabat se coniugem suum vidisse. 3 Qui cum Amphitryon in regiam intrasset et eam videret neglegentius securam, mirari coepit et queri quod se advenientem non excepisset; cui Alcimena respondit: «Iam pridem venisti et mecum concubuisti et mihi narrasti quae in Oechalia gessisses». 4 Quae cum signa omnia diceret, sensit Amphitryon numen aliquod fuisse pro se, ex qua die cum ea non concubuit. Quae ex Iove compressa peperit Herculem.
30 Herculis athla XII ab Eurystheo imperata 1 Infans cum esset, dracones duos duabus manibus necavit, quos Iuno miserat, unde primigenius est dictus. 2 Leonem Nemaeum, quem Luna nutrierat in antro amphistomo atrotum, necavit, cuius pellem pro tegumento habuit. 3 Hydram Lernaeam Typhonis filiam cum capitibus novem ad fontem Lernaeum interfecit. Haec tantam vim veneni habuit ut afflatu homines necaret, et si quis eam dormientem transierat, vestigia eius afflabat et maiori cruciatu moriebatur. Hanc Minerva monstrante interfecit et exinteravit et eius felle sagittas suas tinxit; itaque quicquid postea sagittis fixerat, mortem non effugiebat, unde postea et ipse periit in Phrygia. 4 Aprum Erymanthium occidit. 5 Cervum ferocem in Arcadia cum cornibus aureis vivum in conspectu Eurysthei regis adduxit. 6 Aves Stymphalides in insula Martis, quae emissis pennis suis iaculabantur, sagittis interfecit. 7 Augeae regis stercus bobile uno die purgavit, maiorem partem Iove adiutore; flumine ammisso totum stercus abluit.
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29 Alcmena 1 Quando Anfitrione era lontano, all’assedio di Ecalia, Alcmena, scambiando Giove per suo marito, lo accolse nel suo letto. E siccome, una volta entrato nel suo letto, le raccontava le sue imprese a Ecalia, lei, credendo che fosse suo marito, si unì a lui. 2 E a lui piacque talmente unirsi a lei che impiegò un intero giorno e unì due notti, al punto che Alcmena si stupiva che la notte fosse così lunga. Quando poi le annunciarono che stava tornando il marito vittorioso, non vi fece caso, perché credeva di aver già visto il marito. 3 Quando poi Anfitrione entrò nella reggia e la vedeva eccessivamente distratta, cominciò a stupirsi e a lamentarsi che non gli era andata incontro al suo arrivo; e Alcmena gli rispose: «Sei già arrivato prima, ti sei unito a me e mi hai raccontato le tue imprese a Ecalia». 4 E siccome lei gli raccontava ogni cosa in modo circostanziato, Anfitrione suppose che al suo posto si fosse presentato un dio, e da quel giorno non si unì più a lei. Questa, posseduta da Giove, partorì Ercole. 30 Le dodici fatiche di Ercole per ordine di Euristeo 1 Quando era in fasce uccise con le sue mani due serpenti che aveva mandato Giunone, e per questo fu chiamato primogenito. 2 Uccise il leone di Nemea, invulnerabile, che la Luna aveva allevato in una grotta a due aperture: usò la sua pelle come indumento. 3 Vicino alla fonte di Lerna uccise l’idra di Lerna, figlia di Tifone, con nove teste. Questa aveva un tale potere venefico che con il fiato faceva morire le persone, e se qualcuno le si avvicinava mentre dormiva lei alitava sulle impronte di quello, che moriva con tormenti ancora maggiori. Secondo le indicazioni di Minerva la uccise, la sventrò e intinse le proprie frecce nel fiele di quella; e così da allora qualunque essere egli avesse colpito con le frecce non sfuggiva alla morte, ma in seguito anche lui stesso morì per questo in Frigia. 4 Uccise il cinghiale dell’Erimanto. 5 Portò vivo al cospetto di Euristeo il cervo selvaggio con le corna d’oro dell’Arcadia. 6 Uccise a frecciate gli uccelli Stinfalidi sull’isola di Marte, che lanciavano le loro penne usandole come giavellotti. 7 In un sol giorno ripulì lo sterco delle stalle del re Augia, soprattutto con l’aiuto di Giove: deviò il corso di un fiume, e così tutto lo sterco 57
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fabb. 30,31
8 Taurum, cum quo Pasiphae concubuit, ex Creta insula Mycenis vivum adduxit. 9 Diomedem Thraciae regem et equos quattuor eius, qui carne humana vescebantur, cum Abdero famulo interfecit; equorum autem nomina Podargus, Lampon, Xanthus, Dinus. 10 Hippolyten Amazonam, Martis et Otrerae reginae filiam, cui reginae Amazonis balteum detraxit; tum Antiopam captivam Theseo donavit. 11 Geryonem Chrysaoris filium trimembrem uno telo interfecit. 12 Draconem immanem Typhonis filium, qui mala aurea Hesperidum servare solitus erat, ad montem Atlantem interfecit, et Eurystheo regi mala attulit. 13 Canem Cerberum Typhonis filium ab inferis regi in conspectum adduxit.
31 Parerga eiusdem 1 Antaeum Terrae filium in Libya occidit. Hic cogebat hospites secum luctari et delassatos interficiebat; hunc luctando necavit. 2 Busiridem in Aegypto, qui hospites immolare solitus erat; huius legem cum audiit, passus est se cum infula ad aram adduci: Busiris autem cum vellet deos imprecari, Hercules eum clava ac ministros sacrorum interfecit. 3 Cygnum Martis filium armis superatum occidit. Quo cum Mars venisset et armis propter filium contendere vellet cum eo, Iovis inter eos fulmen misit. 4 Cetum cui Hesione fuit apposita Troiae occidit; Laomedontem patrem Hesionis, quod eam non reddebat, sagittis interfecit. 5 Aethonem aquilam, quae Prometheo cor exedebat, sagittis interfecit. 6 Lycum Neptuni filium, quod Megaram Creontis filiam uxorem eius et filios Therimachum et Ophiten occidere voluit, interfecit. 7 Achelous fluvius in omnes figuras se immutabat. Hic cum Hercule propter Deianirae coniugium cum pugnaret, in taurum se convertit, cui Hercules cornu detraxit, quod cornu Hesperidibus sive nymphis donavit, quod deae pomis replerunt et cornu copiae appellarunt.
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defluì via. 8 Dall’isola di Creta portò vivo a Micene il toro a cui si unì Pasifae. 9 Insieme al suo servo Abdero uccise i quattro cavalli di Diomede, re di Tracia, che mangiavano carne umana; i nomi dei cavalli erano Podargo, Lampone, Xanto e Dino. 10 Rubò la cintura dell’amazzone Ippolita, figlia di Marte e della regina Otrera, e regina lei stessa delle Amazzoni; nella circostanza diede in dono a Teseo Antiopa, sua prigioniera. 11 Con un solo colpo di giavellotto uccise Gerione, figlio di Crisaore, che aveva tre corpi. 12 Vicino al monte Atlante uccise l’enorme drago figlio di Tifone che custodiva continuamente le mele d’oro delle Esperidi, e portò le mele al re Euristeo. 13 Portò via dal regno dei morti il cane Cerbero, figlio di Tifone, e lo condusse al cospetto del re. 31 Altre imprese dello stesso Ercole 1 Uccise in Libia Anteo, figlio della Terra. Costui costringeva i suoi ospiti a battersi con lui e li uccideva quando erano allo stremo; lo uccise lottando con lui. 2 In Egitto Busiride aveva l’abitudine di sacrificare i suoi ospiti; quando conobbe la consuetudine di quello, si lasciò condurre all’ara con la benda sacrificale, e quando poi Busiride iniziò a invocare gli dei, Ercole uccise lui e i ministri del culto a colpi di clava. 3 Vinse in duello Cicno, figlio di Marte, e lo uccise; e quando Marte si presentò con l’intenzione di sfidarlo in duello per vendicare il figlio, Giove scagliò un fulmine in mezzo a loro. 4 A Troia uccise il mostro marino cui era stata esposta Esione; uccise a colpi di freccia Laomedonte, padre di Esione, perché non voleva consegnargliela. 5 Uccise a colpi di freccia l’aquila Etone, che mangiava il cuore a Prometeo. 6 Uccise Lico, figlio di Nettuno, perché voleva uccidere sua moglie Megara, figlia di Creonte, e i figli Terimaco e Ofite. 7 Il fiume Acheloo assumeva varie forme; mentre combatteva contro Ercole per avere in moglie Deianira si mutò in toro, ed Ercole gli staccò un corno che donò alle Esperidi o alle ninfe: le dee lo riempirono di frutti e lo chiamarono cornucopia. 59
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fabb. 31-33
8 Neleum Hippocoontis filium cum decem filiis occidit, quoniam is eum purgare sive lustrare noluit tunc cum Megaram Creontis filiam uxorem suam et filios Therimachum et Ophiten interfecerat. 9 Eurytum, quod Iolen filiam eius in coniugium petiit et ille eum repudiavit, occidit. 10 Centaurum Nessum, quod Deianiram violare voluit, occidit. 11 Eurytionem centaurum, quod Deianiram Dexameni filiam speratam suam uxorem petiit, occidit. 32 Megara 1 Hercules cum ad canem tricipitem esset missus ab Eurystheo rege et Lycus Neptuni filius putasset eum periisse, Megaram Creontis filiam uxorem eius et filios Therimachum et Ophiten interficere voluit et regnum occupare. 2 Hercules eo intervenit et Lycum interfecit; postea ab Iunone insania obiecta Megaram et filios Therimachum et Ophiten interfecit. 3 Postquam suae mentis compos est factus, ab Apolline petiit dari sibi responsum quomodo scelus purgaret; cui Apollo sortem quod reddere noluit, Hercules iratus de fano eius tripodem sustulit, quem postea Iovis iussu reddidit et nolentem sortem dare iussit. 4 Hercules ob id a Mercurio Omphalae reginae in servitutem datus est.
33 Centauri 1 Hercules cum in hospitium ad Dexamenum regem venisset eiusque filiam Deianiram devirginasset fidemque dedisset se eam uxorem ducturum, post discessum eius Eurytion Ixionis et Nubis filius centaurus petit Deianiram uxorem. Cuius pater vim timens pollicitus est se daturum. 2 Die constituto venit cum fratribus ad nuptias. Hercules intervenit et centaurum interfecit, suam speratam abduxit. 3 Item aliis in nuptiis, Pirithous Hippodamiam Adrasti filiam cum uxorem duceret, vino pleni centauri conati sunt rapere uxores Lapithis; eos centauri multos interfecerunt, ab ipsis interierunt.
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8 Uccise Neleo, figlio di Ippocoonte, insieme a dieci figli, perché non aveva voluto purgarlo e purificarlo nel tempo in cui aveva ucciso sua moglie Megara, figlia di Creonte, e i suoi figli Terimaco e Ofite. 9 Uccise Eurito perché aveva chiesto in moglie la figlia di quello, Iole, e lui gliel’aveva rifiutata. 10 Uccise il centauro Nesso perché aveva voluto violentare Deianira. 11 Uccise il centauro Euritione perché era un pretendente di Deianira, figlia di Dessameno, che era sua promessa sposa. 32 Megara 1 Quando Ercole era stato mandato dal re Euristeo a catturare il cane dalle tre teste, Lico, figlio di Nettuno, avendo creduto che fosse morto, pensò di uccidere la moglie di quello, Megara, figlia di Creonte, e i figli Terimaco e Ofite, e di impadronirsi del regno. 2 Ercole arrivò e uccise Lico; poi Giunone lo fece impazzire e uccise Megara e i figli Terimaco e Ofite. 3 Una volta tornato padrone della sua mente, chiese ad Apollo di dargli un responso su come espiare il delitto, e siccome Apollo non gli volle dare l’oracolo, Ercole adirato sottrasse dal suo santuario il tripode, che poi restituì per ordine di Giove, e gli ordinò di dargli l’oracolo anche se non voleva. 4 Per questo Ercole fu dato in schiavitù da Mercurio alla regina Onfale. 33 I centauri 1 Ercole arrivò come ospite a casa del re Dessameno e tolse la verginità a sua figlia Deianira; dopo che ripartì, essendosi impegnato a prenderla in moglie, il centauro Euritione, figlio di Issione e Nube, chiese Deianira in moglie, e suo padre, nel timore di subire ritorsioni, promise di concederla. 2 Il giorno stabilito, venne con i suoi fratelli per le nozze. Ercole arrivò, uccise il centauro e portò via con sé la sua promessa sposa. 3 Allo stesso modo, in occasione di altre nozze, quando Piritoo stava prendendo in moglie Ippodamia, figlia di Adrasto, i centauri per effetto del vino tentarono di rapire le mogli dei Lapiti: i centauri uccisero un gran numero di loro, ma morirono per mano di quelli.
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fabb. 34-36
34 Nessus 1 Nessus Ixionis et Nubis filius centaurus rogatus ab Deianira ut se flumen Euhenum transferret: quam sublatam in flumine ipso violare voluit. Hoc Hercules cum intervenisset et Deianira cum fidem eius implorasset, Nessum sagittis confixit. 2 Ille moriens, cum sciret sagittas hydrae Lernaeae felle tinctas quantam vim haberent veneni, sanguinem suum exceptum Deianirae dedit et id philtrum esse dixit; si vellet ne se coniunx sperneret, eo iuberet vestem eius perungi. Id Deianira credens conditum diligenter servavit.
35 Iole Hercules cum Iolen Euryti filiam in coniugium petiisset, ille eum repudiasset, Oechaliam expugnavit; qui ut a virgine rogaretur, parentes eius coram ea interficere velle coepit. Illa animo pertinacior parentes suos ante se necari est perpessa. Quos omnes cum interfecisset, Iolen captivam ad Deianiram praemisit.
36 Deianira 1 Deianira Oenei filia Herculis uxor, cum vidit Iolen virginem captivam eximiae formae esse adductam, verita est ne se coniugio privaret. Itaque memor Nessi praecepti, vestem tinctam centauri sanguine Herculi qui ferret nomine Licham famulum misit. 2 Inde paulum quod in terra deciderat et id sol attigit ardere coepit. Quod Deianira ut vidit, aliter esse ac Nessus dixerat intellexit, et qui revocaret eum, cui vestem dederat, misit. 3 Quam Hercules iam induerat statimque flagrare coepit; qui cum se in flumen coniecisset ut ardorem extingueret, maior flamma exibat; demere autem cum vellet, viscera sequebantur. 4 Tunc Hercules Licham, qui vestem attulerat, rotatum in mare iaculatus est, qui quo loco cecidit, petra nata est, quae Lichas appellatur. 5 Tunc dicitur Philoctetes Poeantis filius pyram in monte Oetaeo construxisse Herculi, eumque ascendisse immortalitatem. Ob id beneficium Philocteti Hercules arcus et sagittas donavit. 6 Deianira autem ob factum Herculis ipsa se interfecit.
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34 Nesso 1 Il centauro Nesso, figlio di Issione e di Nube, fu pregato da Deianira di aiutarla ad attraversare il fiume Eueno; egli la prese su di sé e in mezzo al fiume la volle violentare. Arrivò Ercole e Deianira invocò il suo aiuto, e quello trafisse Nesso con le sue frecce. 2 Quello, in punto di morte, sapendo quanto fosse potente il veleno delle frecce, che erano state intinte nel fiele dell’idra di Lerna, raccolse il proprio sangue e lo diede a Deianira dicendole che si trattava di un filtro: se voleva che il marito non la trascurasse, doveva cospargere con quel sangue la sua veste. Deianira ci credette, lo ripose e lo conservò con cura. 35 Iole Ercole chiese in moglie Iole, figlia di Eurito, ma siccome questi lo rifiutò espugnò Ecalia. Per farsi pregare dalla ragazza, disse che avrebbe ucciso i suoi genitori sotto i suoi occhi; ma lei, che era molto ostinata di carattere, sopportò che i genitori fossero uccisi davanti a lei. Dopo aver ucciso tutti, mandò Iole come prigioniera a Deianira. 36 Deianira 1 Deianira, figlia di Eneo, quando vide che la prigioniera che le era stata portata, Iole, era una ragazza di straordinaria bellezza, ebbe paura che le rubasse il marito. Così, ricordandosi delle indicazioni di Nesso, mandò un servo di nome Lica a portare a Ercole una veste intrisa del sangue del centauro. 2 Ma quel poco che era caduto a terra e fu esposto al sole cominciò a prendere fuoco: quando Deianira lo vide, comprese che era diverso da quello che aveva detto Nesso e mandò qualcuno a richiamare colui a cui aveva affidato la veste. 3 Ercole però l’aveva già indossata, e subito prese a bruciare; e per quanto si fosse gettato in un fiume per spegnere il fuoco, una fiamma ancora più grande divampava; voleva poi togliersela, ma si strappava anche la carne. 4 Allora Ercole gettò lontano in mare Lica, che gli aveva portato la veste, dopo averlo fatto roteare in aria: nel luogo in cui cadde sorse una roccia che è chiamata Lica. 5 Allora si dice che Filottete, figlio di Peante, costruì una pira sul monte Eta e che così lui raggiunse l’immortalità. Per questo favore Ercole donò a Filottete il suo arco e le sue frecce. 6 Deianira, per parte sua, per quello che aveva fatto a Ercole si uccise. 63
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fabb. 37-39
37 Aethra 1 Neptunus et Aegeus Pandionis filius in fano Minervae cum Aethra Pitthei filia una nocte concubuerunt. Neptunus quod ex ea natum esset Aegeo concessit. 2 Is autem postquam a Troezene Athenas redibat, ensem suum sub lapide posuit et praecepit Aethrae ut tunc eum ad se mitteret, cum posset eum lapidem allevare et gladium patris tollere; ibi fore indicium cognitionis filii. 3 Itaque postea Aethra peperit Theseum, qui ad puberem aetatem cum pervenisset, mater praecepta Aegei indicat ei lapidemque ostendit ut ensem tolleret et iubet eum Athenas ad Aegeum proficisci, eosque qui itineri infestabantur omnes occidit.
38 Thesei labores 1 Corynetem Neptuni filium armis occidit. 2 Pityocamptem, qui iter gradientes cogebat ut secum arborem pinum ad terram flecterent, quam qui cum eo prenderat, ille eam viribus missam faciebat; ita ad terram graviter elidebatur et periebat, hunc interfecit. 3 Procrusten Neptuni filium. Ad hunc hospes cum venisset, si longior esset, minori lecto proposito reliquam corporis partem praecidebat; sin autem brevior statura erat, lecto longiori dato incudibus suppositis extendebat eum usque dum lecti longitudinem aequaret. Hunc interfecit. 4 Scironem, qui ad mare loco quodam praerupto sedebat et qui iter gradiebatur cogebat eum sibi pedes lavare et ita in mare praecipitabat, hunc Theseus pari leto in mare deiecit, ex quo Scironis petrae sunt dictae. 5 Cercyonem Vulcani filium armis occidit. 6 Aprum, qui fuit Cremyone, interfecit. 7 Taurum, qui fuit Marathone, quem Hercules a Creta ad Eurystheum adduxerat, occidit. 8 Minotaurum oppido Gnosi occidit.
39 Daedalus Daedalus Eupalami filius, qui fabricam a Minerva dicitur accepisse, Perdicem sororis suae filium propter artificii invidiam, quod is 64
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37 Etra 1 Nettuno ed Egeo, figlio di Pandione, nella stessa notte si unirono a Etra, figlia di Pitteo, nel tempio di Minerva. Nettuno cedette a Egeo il figlio che era nato da lei. 2 Quello dunque, mentre tornava ad Atene da Trezene, pose la propria spada sotto a una roccia e diede indicazioni a Etra che gli mandasse il ragazzo quando avesse potuto sollevare la roccia e prelevare la spada del padre: quello sarebbe stato il segno di riconoscimento del figlio. 3 In seguito Etra partorì Teseo: quando era giunto all’età della pubertà, la madre gli comunica le indicazioni di Egeo, gli mostra la roccia perché prelevasse la spada e lo spinge a recarsi ad Atene da Egeo; e questi uccise tutti quelli che infestavano la strada. 38 Le imprese di Teseo 1 Uccise in duello Corinete, figlio di Nettuno. 2 Uccise Pitiocampte, che costringeva i viandanti a piegare insieme a lui un tronco di pino fino a terra, e lui con forza lo lasciava andare con chi lo afferrava con lui, e così quello veniva abbattuto a terra con tutto il suo peso e moriva. 3 Uccise Procuste, figlio di Nettuno; quando uno straniero arrivava da lui, se era troppo alto lo faceva coricare su un letto più corto e tagliava la parte del corpo che eccedeva; se invece era piuttosto basso di statura, faceva portare un letto più lungo, predisponeva delle incudini ed estendeva il corpo finché uguagliasse la lunghezza del letto. 4 Scirone stava seduto in un luogo a precipizio sul mare, costringeva i viandanti a lavargli i piedi e così li precipitava in mare: Teseo lo gettò in mare infliggendogli la stessa morte e da lui hanno preso nome le rocce di Scirone. 5 Uccise in duello Cercione, figlio di Vulcano. 6 Uccise il cinghiale che viveva a Cremione. 7 Uccise il toro che viveva a Maratona, che Ercole aveva portato da Creta a Euristeo. 8 Uccise il Minotauro nella città di Cnosso. 39 Dedalo Dedalo, figlio di Eupalamo, che si dice avesse ricevuto l’abilità tecnica da Minerva, precipitò dall’alto del tetto Perdice, figlio di sua 65
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fabb. 39-42
primum serram invenerat, summo tecto deicit. Ob id scelus in exsilium ab Athenis Cretam ad regem Minoem abiit.
40 Pasiphae 1 Pasiphae Solis filia uxor Minois sacra deae Veneris per aliquot annos non fecerat. Ob id Venus amorem infandum illi obiecit, ut taurum quem ipsa amabat alia amaret. 2 In hoc Daedalus exsul cum venisset, petiit ab ea auxilium. Is ei vaccam ligneam fecit et verae vaccae corium induxit, in qua illa cum tauro concubuit; ex quo compressu Minotaurum peperit capite bubulo parte inferiore humana. 3 Tunc Daedalus Minotauro labyrinthum inextricabili exitu fecit, in quo est conclusus. 4 Minos re cognita Daedalum in custodiam coniecit, at Pasiphae eum vinculis liberavit; itaque Daedalus pennas sibi et Icaro filio suo fecit et accommodavit et inde avolarunt. Icarus altius volans, a sole cera calefacta, decidit in mare quod ex eo Icarium pelagus est appellatum. Daedalus pervolavit ad regem Cocalum in insulam Siciliam. 5 Alii dicunt: Theseus cum Minotaurum occidit, Daedalum Athenas in patriam suam reduxit.
41 Minos 1 Minos Iovis et Europae filius cum Atheniensibus belligeravit, cuius filius Androgeus in pugna est occisus. Qui posteaquam Athenienses vicit, vectigales Minois esse coeperunt; instituit autem ut anno uno quoque septenos liberos suos Minotauro ad epulandum mitterent. 2 Theseus posteaquam a Troezene venerat et audiit quanta calamitate civitas afficeretur, voluntarie se ad Minotaurum pollicitus est ire. 3 Quem pater cum mitteret, praedixit ei ut si victor reverteretur vela candida in navem haberet; qui autem ad Minotaurum mittebantur velis atris navigabant.
42 Theseus apud Minotaurum Theseus posteaquam Cretam venit ab Ariadne Minois filia est adamatus adeo ut fratrem proderet et hospitem servaret; ea enim The66
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sorella, per invidia della sua abilità, poiché costui aveva inventato la sega. Per questo delitto se ne andò da Atene in esilio a Creta dal re Minosse. 40 Pasifae 1 Pasifae, figlia del Sole e moglie di Minosse, per alcuni anni non aveva celebrato i riti sacri di Venere. Per questo Venere fece nascere in lei un amore mostruoso, così da amare in modo diverso il toro che lei amava. 2 Quando Dedalo arrivò lì in esilio, le chiese ospitalità: per lei costruì una vacca di legno e la rivestì della pelle di una vacca vera: lei si unì al toro stando all’interno di essa, e in seguito a questa unione partorì il Minotauro, che aveva la testa di un bovino e le membra inferiori umane. 3 Allora Dedalo costruì per il Minotauro un labirinto da cui era impossibile uscire, e vi fu rinchiuso all’interno. 4 Venuto a sapere la vicenda, Minosse gettò Dedalo in prigione, ma Pasifae lo liberò dalle catene: così Dedalo costruì delle ali e le adattò a se stesso e al figlio Icaro, e volarono via di lì. Icaro, che volava più in alto, dato che la cera era stata sciolta dal sole, precipitò nel mare che da lui è stato chiamato mare Icario. Dedalo volò fino all’isola di Sicilia dal re Cocalo. 5 Secondo la versione di altri, Teseo, quando uccise il Minotauro, riportò Dedalo ad Atene, sua patria. 41 Minosse 1 Minosse, figlio di Giove e di Europa, combatté contro gli Ateniesi e suo figlio Androgeo fu ucciso in battaglia. E dopo che costui vinse gli Ateniesi, questi ultimi cominciarono a pagare un tributo a Minosse; stabilì allora che ogni anno mandassero sette loro figli in pasto al Minotauro. 2 Dopo esser giunto da Trezene e aver sentito da quanto grande malanno continuava a essere afflitta la popolazione, Teseo spontaneamente promise di recarsi dal Minotauro. 3 Nel congedarlo suo padre gli raccomandò di issare vele bianche sulla nave nel caso in cui tornasse vincitore; difatti quelli che venivano inviati al Minotauro navigavano con vele nere. 42 Teseo dal Minotauro Dopo che Teseo arrivò a Creta dal Minotauro, di lui si innamorò Arianna, figlia di Minosse, al punto da tradire il fratello e salvare la 67
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fabb. 42-45
seo monstravit labyrinthi exitum, quo Theseus cum introisset et Minotaurum interfecisset, Ariadnes monitu licium revolvendo foras est egressus eamque, quod fidem ei dederat, in coniugio secum habiturus avexit. 43 Ariadne 1 Theseus in insula Dia tempestate retentus, cogitans si Ariadnen in patriam portasset sibi opprobrium futurum, itaque in insula Dia dormientem reliquit; quam Liber amans inde sibi in coniugium abduxit. 2 Theseus autem cum navigaret oblitus est vela atra mutare, itaque Aegeus pater eius credens Theseum a Minotauro esse consumptum in mare se praecipitavit, ex quo Aegeum pelagus est dictum. 3 Ariadnes autem sororem Phaedram Theseus duxit in coniugium.
44 Cocalus Minos quod Daedali opera multa sibi incommoda acciderant in Siciliam est eum persecutus petitque a rege Cocalo ut sibi redderetur. Cui cum Cocalus promisisset et Daedalus rescisset, ab regis filiabus auxilium petiit. Illae Minoem occiderunt. 45 Philomela 1 Tereus Martis filius Thrax cum Prognen Pandionis filiam in coniugium haberet, Athenas ad Pandionem socerum venit rogatum ut Philomelam alteram filiam sibi in coniugium daret, Prognen suum diem obisse dicit. 2 Pandion ei veniam dedit Philomelamque et custodes cum ea misit; quos Tereus in mare iecit Philomelamque inventam in monte compressit. Postquam autem in Thraciam redit, Philomelam mandat ad Lynceum regem, cuius uxor Lathusa, quod Progne fuit familiaris, statim pellicem ad eam deduxit. 3 Progne cognita sorore et Terei impium facinus, pari consilio machinari coeperunt regi talem gratiam referre. Interim Tereo ostendebatur in prodigiis Ity filio eius mortem a propinqua manu adesse; quo responso audito cum arbitraretur Dryantem fratrem suum filio suo mortem machinari, fratrem Dryantem insontem occidit. 4 Progne autem filium Itym ex se et Tereo natum occidit patrique in epulis
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vita al forestiero. Infatti fu lei a indicare a Teseo la via d’uscita dal labirinto: dopo esservi entrato e aver ucciso il Minotauro, seguendo le indicazioni di Arianna Teseo uscì riavvolgendo un filo, e, come le aveva promesso, la portò con sé intenzionato a prenderla in moglie. 43 Arianna 1 Mentre era trattenuto sull’isola di Dia da una tempesta, Teseo, pensando che, se avesse portato Arianna in patria, per lui la cosa sarebbe stata di scandalo, l’abbandonò sull’isola di Dia mentre dormiva; ma Libero, innamoratosi di lei, la portò via da lì per sposarla. 2 Per parte sua Teseo durante la navigazione si dimenticò di cambiare le vele nere, e perciò suo padre Egeo, pensando che Teseo fosse stato sbranato dal Minotauro, si precipitò in mare, che per questo fu chiamato mar Egeo. 3 Teseo poi prese in moglie Fedra, sorella di Arianna. 44 Cocalo Minosse, siccome a opera di Dedalo gli erano capitate molte sventure, lo inseguì in Sicilia e chiese al re Cocalo di consegnarglielo. Cocalo glielo promise e Dedalo, venutolo a sapere, chiese aiuto alle figlie del re. Queste uccisero Minosse. 45 Filomela 1 Tereo, figlio di Marte, viveva in Tracia e aveva come moglie Procne, figlia di Pandione. Si recò ad Atene dal suocero Pandione a chiedergli di dargli in moglie l’altra sua figlia, Filomela, dicendo che Procne era morta. 2 Pandione gli diede ascolto e gli mandò Filomela accompagnata da alcune guardie; ma Tereo le precipitò in mare e violentò Filomela che aveva sorpreso sulla montagna. Poi, dopo esser tornato in Tracia, manda Filomela dal re Linceo, ma la moglie di quest’ultimo, Latusa, che era molto amica di Procne, subito la riportò da lei considerandola una concubina. 3 Procne riconobbe in lei sua sorella e il gesto empio di Tereo, e di comune accordo cominciarono a pianificare un’azione di risposta al re. Intanto a Tereo dei prodigi annunciavano che la mano di un parente stava preparando la morte di suo figlio Iti; venuto a conoscenza di questo responso, convinto che fosse suo fratello Driante a pianificare la morte di suo figlio, uccise suo fratello Driante che era innocente. 4 Ma fu Procne a uccidere il figlio Iti, nato da lei e da Tereo, 69
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fabb. 45-48
apposuit et cum sorore profugit. 5 Tereus facinore cognito fugientes cum insequeretur, deorum misericordia factum est ut Progne in hirundinem commutaretur, Philomela in lusciniam; Tereum autem accipitrem factum dicunt. 46 Erechtheus 1 Erechtheus Pandionis filius habuit filias quattuor, quae inter se coniurarunt si una earum mortem obisset, ceterae se interficerent. 2 In eo tempore Eumolpus Neptuni filius Athenas venit oppugnaturus, quod patris sui terram Atticam fuisse diceret. 3 Is victus cum exercitu cum esset ab Atheniensibus interfectus, Neptunus ne filii sui morte Erechtheus laetaretur expostulavit ut eius filia Neptuno immolaretur. 4 Itaque Chthonia filia cum esset immolata, ceterae fide data se ipsae interfecerunt; ipse Erechtheus ab Iove Neptuni rogatu fulmine est ictus.
47 Hippolytus 1 Phaedra Minois filia Thesei uxor Hippolytum privignum suum adamavit; quem cum non potuisset ad suam perducere voluntatem, tabellas scriptas ad suum virum misit se ab Hippolyto compressam esse seque ipsa suspendio necavit. 2 Et Theseus re audita filium suum moenibus excedere iussit et optavit a Neptuno patre filio suo exitium. Itaque cum Hippolytus equis iunctis veheretur, repente e mari taurus apparuit, cuius mugitu equi expavefacti Hippolytum distraxerunt vitaque privarunt.
48 Reges Atheniensium Cecrops Terrae filius; Cephalus Deionis filius; Aegeus Pandionis filius; Pandion Erichthonii filius; Theseus Aegei filius; Erichthonius Vulcani filius; Erechtheus Pandionis filius; Demophon Thesei filius.
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lo servì al padre durante un banchetto e fuggì via con la sorella. 5 Una volta scoperto il delitto, mentre Tereo inseguiva le fuggitive, per volere degli dei avvenne che Procne fu trasformata in rondine e Filomela in usignolo; dicono che Tereo a sua volta diventò un avvoltoio. 46 Eretteo 1 Eretteo, figlio di Pandione, ebbe quattro figlie: esse di comune accordo giurarono che se una di loro fosse morta le altre si sarebbero uccise. 2 In quel tempo Eumolpo, figlio di Nettuno, arrivò ad Atene per conquistarla, perché diceva che l’Attica era stata un possedimento di suo padre. 3 Dato che fu vinto con il suo esercito e ucciso dagli Ateniesi, Nettuno, per non far esultare Eretteo per la morte di suo figlio, pretese che una figlia di quello fosse immolata a Nettuno. 4 Dopo che sua figlia Ctonia fu immolata, le altre come avevano promesso si uccisero; Eretteo stesso su richiesta di Nettuno fu colpito da Giove con un fulmine. 47 Ippolito 1 Fedra, figlia di Minosse e moglie di Teseo, si innamorò del suo figliastro Ippolito; siccome non era riuscita a piegarlo alla propria volontà, scrisse una lettera e la fece avere al marito, dicendo di essere stata violentata da Ippolito, e poi si uccise impiccandosi. 2 Teseo allora, dopo aver saputo il fatto, ordinò a suo figlio di uscire dalle mura della città e chiese a suo padre Nettuno di farlo morire. E così, mentre Ippolito andava sul suo cocchio tirato da cavalli, improvvisamente dal mare apparve un toro: spaventati dal muggito di quello, i cavalli trascinarono Ippolito a terra e gli tolsero la vita. 48 I re di Atene Cecrope, figlio della Terra; Cefalo, figlio di Deione; Egeo, figlio di Pandione; Pandione, figlio di Erittonio; Teseo, figlio di Egeo; Erittonio, figlio di Vulcano; Eretteo, figlio di Pandione; Demofonte, figlio di Teseo.
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Igino
fabb. 49-52
49 Aesculapius 1 Aesculapius Apollinis filius Glauco Minois filio vitam reddidisse sive Hippolyto dicitur, quem Iuppiter ob id fulmine percussit. 2 Apollo quod Iovi nocere non potuit, eos qui fulmina fecerunt, id est Cyclopes, interfecit; quod ob factum Apollo datus est in servitutem Admeto regi Thessaliae. 50 Admetus 1 Alcestim Peliae filiam cum complures in coniugium peterent et Pelias cum multos eorum repudiaret, simultatem his constituit, ei se daturum qui feras bestias ad currum iunxisset: is quam vellet aveheret. 2 Itaque Admetus ab Apolline petiit ut se adiuvaret. Apollo cum ab eo esset liberaliter tractatus cum in servitium fuit ei traditus, aprum et leonem ei iunctos tradidit, quibus ille Alcestim in coniugium avexit.
51 Alcestis 1 Alcestim Peliae et Anaxibies Biantis filiae filiam complures proci petebant in coniugium; Pelias vitans eorum condiciones repudiavit et simultatem constituit: ei se daturum qui feras bestias ad currum iunxisset et Alcestim in coniugio avexisset. 2 Itaque Admetus ab Apolline petiit ut se adiuvaret. Apollo autem quod ab eo in servitutem liberaliter esset acceptus, aprum et leonem ei iunctos tradidit, quibus ille Alcestim avexit. 3 Et illud ab Apolline accepit ut pro se alius voluntarie moreretur. Pro quo cum neque pater neque mater mori voluisset, uxor se Alcestis obtulit et pro eo vicaria morte interiit; quam postea Hercules ab inferis revocavit.
52 Aegina 1 Iuppiter cum Aeginam Asopi filiam vellet comprimere et Iunonem vereretur, detulit eam in insulam Delon et gravidam fecit, unde natus est Aeacus. 2 Hoc Iuno cum rescisset, serpentem in aquam misit quae eam venenavit, ex qua qui biberat debitum naturae solvebat. 3 Quod cum amissis sociis Aeacus prae paucitate hom72
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49 Esculapio 1 Si dice che Esculapio, figlio di Apollo, ridiede vita a Glauco, figlio di Minosse, e a Ippolito: per questo Giove lo colpì con un fulmine. 2 Non potendo far del male a Giove, Apollo uccise coloro che avevano fabbricato i fulmini, cioè i Ciclopi; per questo gesto Apollo fu dato in schiavitù al re della Tessaglia Admeto. 50 Admeto 1 Dal momento che parecchi pretendenti chiedevano in moglie Alcesti, figlia di Pelia, e Pelia rifiutava molti di loro, impose loro una prova: avrebbe concesso la figlia a colui che avesse aggiogato al cocchio animali selvaggi: costui poteva portare via con sé colei che desiderava. 2 Così Admeto chiese ad Apollo di aiutarlo. Apollo, siccome era stato trattato con generosità da quello quando gli era stato dato come schiavo, aggiogò un cinghiale e un leone e glieli consegnò: e grazie a questi quello portò via con sé Alcesti come sposa. 51 Alcesti 1 Parecchi pretendenti chiedevano in moglie Alcesti, figlia di Pelia e di Anassibie, figlia di Biante; Pelia rifiutò le loro condizioni e impose una prova: avrebbe concesso la figlia a colui che avesse aggiogato al cocchio animali selvaggi e avesse portato via con sé Alcesti. 2 Così Admeto chiese ad Apollo di aiutarlo. Dal canto suo Apollo, siccome era stato trattato con generosità da quello quando gli era stato dato come schiavo, aggiogò un cinghiale e un leone e glieli consegnò: grazie questi quello portò via con sé Alcesti. 3 Anche un’altra cosa ottenne da Apollo, che qualcun altro morisse volontariamente al suo posto. Mentre né suo padre né sua madre avevano voluto morire al suo posto, si offrì la moglie Alcesti e subì al suo posto una morte sostitutiva; ma Ercole in seguito la fece ritornare dagli inferi. 52 Egina 1 Desiderando unirsi a Egina, figlia di Asopo, e temendo la reazione di Giunone, Giove la portò nell’isola di Delo e la rese gravida: da lei nacque Eaco. 2 Venuta a sapere ciò, Giunone mandò in quelle acque un serpente che le rese velenose: chi ne beveva estingueva il suo debito con la natura. 3 Persi tutti i suoi compagni, Eaco per scarsità di 73
Igino
fabb. 52-56
inum morari non posset, formicas intuens petiit ab Iove ut homines in praesidio sibi daret. Tunc Iuppiter formicas in homines transfiguravit, qui Myrmidones sunt appellati, quod Graece formicae myrmices dicuntur. 4 Insula autem Aeginae nomen possedit. 53 Asterie 1 Iovis cum Asterien Titanis filiam amaret, illa eum contempsit; a quo in avem ortygam commutata est, quam nos coturnicem dicimus, eamque in mare abiecit, et ex ea insula est enata, quae Ortygia est appellata. 2 Haec mobilis fuit; quo postea Latona ab Aquilone vento delata est iussu Iovis, tunc cum eam Python persequeretur, ibique oleam tenens Latona peperit Apollinem et Dianam; quae insula postea Delos est appellata. 54 Thetis 1 Thetidi Nereidi fatum fuit, qui ex ea natus esset fortiorem fore quam patrem. 2 Hoc praeter Prometheum cum sciret nemo et Iovis vellet cum ea concumbere, Prometheus Iovi pollicetur se eum praemoniturum si se vinculis liberasset. Itaque fide data monet Iovem ne cum Thetide concumberet, ne si fortior nasceretur Iovem de regno deiceret, quemadmodum et ipse Saturno fecerat. 3 Itaque datur Thetis in coniugium Peleo Aeaci filio, et mittitur Hercules ut aquilam interficiat quae eius cor exedebat; eaque interfecta Pro––– metheus post XXX annos de monte Caucaso est solutus.
55 Tityus Latona quod cum Iove concubuerat, Iuno Tityo Terrae filio immani magnitudine iusserat ut Latonae vim afferret; qui cum conatus esset, a Iove fulmine est interfectus. Qui novem iugeribus ad inferos exporrectus iacere dicitur, et serpens ei appositus est qui iecur eius exesset, quod cum luna recrescit.
56 Busiris In Aegypto apud Busiridem Neptuni filium cum esset sterilitas et Aegyptus annis novem siccitate exaruisset, ex Graecia augures convocavit. Thrasius Pygmalionis fratris filius Busiridi monstravit 74
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uomini non poteva più abitare quel luogo: osservando delle formiche chiese a Giove di dargli uomini in aiuto, e allora Giove trasformò le formiche in uomini, che furono chiamati Mirmidoni, perché in greco le formiche si dicono myrmices. 4 L’isola poi acquisì il nome di Egina. 53 Asteria 1 Giove si era innamorato di Asteria, figlia di un Titano, ma lei lo respinse; fu da lui allora trasformata in un uccello detto ortyx, che noi chiamiamo quaglia, la precipitò in mare e da lei si formò un’isola che è stata chiamata Ortigia. 2 Questa era mobile; per ordine di Giove qui in seguito fu trasportata dal vento Aquilone Latona, al tempo in cui la inseguiva Pitone, e lì, aggrappata a un olivo, Latona partorì Apollo e Diana; questa isola in seguito fu chiamata Delo. 54 Teti 1 Alla nereide Teti fu predetto che colui che fosse nato da lei sarebbe stato più forte del padre. 2 Nessuno lo sapeva, tranne Prometeo; e siccome Giove voleva unirsi a lei, Prometeo promette a Giove di fargli una rivelazione se l’avesse liberato dalle catene. E così, avuta la sua parola, mette in guardia Giove dall’unirsi a Teti, per evitare che, se ne fosse nato uno più forte, lo cacciasse dal regno come lui stesso aveva fatto a Saturno. 3 E così a Teti viene dato come sposo Peleo, figlio di Eaco, e viene inviato Ercole a uccidere l’aquila che rosicchiava il fegato a quello; uccisa questa, Prometeo dopo trentamila anni fu liberato dal monte Caucaso. 55 Tizio Poiché Giove si era unito a Latona, Giunone aveva ordinato a Tizio, figlio della Terra, di eccezionali dimensioni, di usare violenza su Latona; come costui si provò a farlo, fu ucciso dal fulmine di Giove. Si dice che costui negli inferi copre un’estensione di nove iugeri, e accanto a lui è stato posto un serpente perché gli rosicchiasse il fegato, che ricresce con la luna. 56 Busiride Dal momento che sotto il re Busiride, figlio di Nettuno, in Egitto era venuta una carestia e l’Egitto era riarso da nove anni di siccità, fece venire dalla Grecia degli indovini. Trasio, figlio del fratello di 75
Igino
fabb. 56-59
immolato hospite venturos imbres, promissisque fidem ipse immolatus exhibuit.
57 Stheneboea 1 Bellerophon cum ad Proetum regem exsul in hospitium venisset, adamatus est ab uxore eius Stheneboea; qui cum concumbere cum ea noluisset, illa viro suo mentita est se ab eo compellatam. 2 At Proetus re audita conscripsit tabellas de ea re et mittit eum ad Iobaten regem, patrem Stheneboeae. Quibus lectis talem virum interficere noluit, sed ad Chimaeram eum interficiendum misit, quae tripartito ore flammam spirare dicebatur. 3 Idem: prima leo, postrema draco, media ipsa chimaera. 4 Hanc super Pegasum sedens interfecit, et decidisse dicitur in campos Aleios, unde etiam coxas eiecisse dicitur. At rex virtutes eius laudans alteram filiam dedit ei in matrimonium. 5 Stheneboea re audita ipsa se interfecit.
58 Smyrna 1 Smyrna Cinyrae Assyriorum regis et Cenchreidis filia, cuius mater Cenchreis superbius locuta quod filiae suae formam Veneri anteposuerat. Venus matris poenas exsequens Smyrnae infandum amorem obiecit, adeo ut patrem suum amaret. 2 Quae ne suspendio se necaret nutrix intervenit et patre nesciente per nutricem cum eo concubuit, ex quo concepit, idque ne palam fieret, pudore stimulata in silvis se abdidit. 3 Cui Venus postea miserta est et in speciem arboris eam commutavit unde myrrha fluit, ex qua natus est Adonis, qui matris poenas a Venere est insecutus.
59 Phyllis 1 Demophoon Thesei filius in Thraciam ad Phyllidem in hospitium dicitur venisse et ab ea esse amatus; qui cum in patriam vellet redire, fidem ei dedit se ad eam rediturum. 2 Qui die constituta cum non venisset, illa eo die dicitur novies ad litus cucurrisse, quod ex ea Ἐννέα Ὁδοὶ Graece appellatur. Phyllis autem ob desiderium 76
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Pigmalione, interpretò che sarebbero venute le piogge se fosse stato immolato uno straniero: e fu lui stesso, una volta immolato, a dimostrare la veridicità della profezia. 57 Stenebea 1 Quando Bellerofonte nel suo esilio era giunto ospite dal re Preto, la moglie di quest’ultimo, Stenebea, si innamorò di lui; e siccome questi non aveva voluto unirsi a lei, questa mentendo disse a suo marito di essere stata violentata da quello. 2 Preto allora, dopo aver ascoltato, descrisse l’accaduto su tavolette e mandò il giovane dal padre di Stenebea, il re Iobate. Costui, letto il tutto, decise di non uccidere quell’uomo, ma lo mandò dalla Chimera perché lo uccidesse. Questa si diceva che soffiasse fuoco da tre bocche. 3 Erano così: la prima di leone, la terza di drago e quella mediana era la chimera vera e propria. 4 Egli la uccise cavalcando Pegaso, e si dice che cadde nei campi Alei e che di conseguenza si fosse lussato le anche. Così il re lodò il suo valore e gli diede in moglie l’altra sua figlia. 5 Venuta a sapere la cosa, Stenebea si uccise. 58 Smirna 1 Smirna era figlia del re di Assiria Cinira e di Cencreide; sua madre Cencreide parlò con eccessiva superbia, considerando la bellezza della figlia superiore a quella di Venere. Venere, volendo punire la madre, fece nascere in Smirna un amore indicibile, al punto che si innamorò di suo padre. 2 Per evitare che si impiccasse, la nutrice si offrì di mediare, e grazie alla nutrice si unì al padre senza che questi se ne rendesse conto ed ebbe un figlio; e affinché non lo si scoprisse, perseguitata dalla vergogna, si nascose nei boschi. 3 In seguito Venere provò compassione di lei e la trasformò in una varietà di albero da cui fuoriesce la mirra: da questa nacque Adone, che si vendicò di Venere per la punizione della madre. 59 Fillide 1 Si racconta che Demofoonte, figlio di Teseo, giunse in Tracia ospite di Fillide e che fu amato da lei; siccome voleva tornare in patria, le diede la sua parola che sarebbe tornato da lei. 2 E siccome quello il giorno convenuto non era arrivato, lei – si racconta – quel giorno corse nove volte alla spiaggia, che da lei in greco è chiamata “le nove strade”. Fillide così 77
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fabb. 59-63
Demophoontis spiritum emisit. 3 Cui parentes cum sepulchrum constituissent, arbores ibi sunt natae quae certo tempore Phyllidis mortem lugent, quo folia arescunt et diffluunt; cuius ex nomine folia Graece phylla sunt appellata. 60 Sisyphus et Salmoneus 1 Sisyphus et Salmoneus Aeoli filii inter se inimici fuere. Sisyphus petiit ab Apolline quomodo posset interficere inimicum, id est fratrem; cui responsum fuit, si ex compressu Tyronis Salmonei fratris filiae procreasset liberos, fore ultores. 2 Quod cum Sisyphus fecisset, duo sunt filii nati, quos Tyro mater eorum sorte audita necavit. 3 At Sisyphus ut resciit qui nunc dicitur saxum propter impietatem adversus montem ad inferos cervicibus volvere, quod cum ad summum verticem perduxerit, rursum deorsum post se revolvatur.
61 Salmoneus Salmoneus, Aeoli filius, Sisyphi frater, cum tonitrus et fulmina imitaretur Iovis, sedensque quadrigam faces ardentes in populum mitteret et cives, ob id a Iove fulmine est ictus.
62 Ixion Ixion Leontei filius conatus est Iunonem comprimere: Iuno Iovis iussu nubem supposuit, quam Ixion Iunonis simulacrum esse credidit; ex ea nati sunt Centauri. At Mercurius Iovis iussu Ixionem ad inferos in rota constrinxit, quae ibi adhuc dicitur verti.
63 Danae 1 Danae Acrisii et Aganippes filia. Huic fuit fatum ut quod peperisset Acrisium interficeret; quod timens Acrisius, eam in muro lapideo praeclusit. Iovis autem in imbrem aureum conversus cum Danae concubuit, ex quo compressu natus est Perseus. 2 Quam pater ob stuprum inclusam in arca cum Perseo in mare deiecit. 3 Ea voluntate Iovis delata est in insulam Seriphum, quam piscator Dictys cum invenisset effracta vidit mulierem cum infante, 78
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per la mancanza di Demofoonte morì. 3 I genitori le fecero costruire una tomba sulla quale nacquero piante che, nella precisa ricorrenza, piangono la morte di Fillide, e le loro foglie si avvizziscono e cadono; dal nome di quella, “foglie” in greco si dice φύλλα. 60 Sisifo e Salmoneo 1 Sisifo e Salmoneo, figli di Eolo, erano avversari l’uno dell’altro. Sisifo chiese ad Apollo come potesse uccidere il suo avversario, cioè suo fratello; e il responso fu che, se avesse avuto dei figli unendosi a Tiro, figlia di suo fratello Salmoneo, questi sarebbero stati i suoi vendicatori. 2 Sisifo lo fece, e nacquero due figli; ma la madre Tiro, quando conobbe il loro destino, li uccise. 3 Ma Sisifo, quando lo venne a sapere, … Ora si dice che, a causa della sua empietà, negli inferi spinge con le sue spalle un masso su per un monte, ma quando l’ha portato fino in cima questo rotola nuovamente in fondo dietro di lui. 61 Salmoneo Salmoneo, figlio di Eolo e fratello di Sisifo, imitava i tuoni e i fulmini di Giove e stando seduto su una quadriga scagliava fiaccole ardenti sulla folla dei suoi concittadini. Per questo fu colpito dal fulmine di Giove. 62 Issione Issione, figlio di Leonteo, cercò di violentare Giunone: Giunone, per ordine di Giove, mise al proprio posto una nuvola che Issione prese per l’immagine della dea: da questa nacquero i Centauri. Ma Mercurio per ordine di Giove legò Issione negli inferi a una ruota e si dice che sta ancora girando in quel luogo. 63 Danae 1 Danae era figlia di Acrisio e Aganippe. A lei fu predetto che il figlio nato da lei avrebbe ucciso Acrisio; per paura di questo, Acrisio la tenne rinchiusa con un muro di pietra. Ma Giove si trasformò in pioggia d’oro e si unì a Danae, e da questa unione nacque Perseo. 2 Per questo gesto impudico, suo padre la rinchiuse in una cassa insieme a Perseo e la gettò in mare. 3 Per volere di Giove fu trasportata verso l’isola di Serifo: il pescatore Ditti la trovò, aprì la cassa e vide la donna col 79
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fabb. 63-65
quos ad regem Polydectem perduxit, qui eam in coniugio habuit et Perseum educavit in templo Minervae. 4 Quod cum Acrisius rescisset eos ad Polydectem morari, repetitum eos profectus est; quo cum venisset, Polydectes pro eis deprecatus est, Perseus Acrisio avo suo fidem dedit se eum numquam interfecturum. 5 Qui cum tempestate retineretur, Polydectes moritur; cui cum funebres ludos facerent, Perseus disco misso, quem ventus distulit in caput Acrisii, eum interfecit. Ita quod voluntate sua noluit, deorum factum est; sepulto autem eo Argos profectus est regnaque avita possedit. 64 Andromeda 1 Cassiope filiae suae Andromedae formam Nereidibus anteposuit. Ob id Neptunus expostulavit ut Andromeda Cephei filia ceto obiceretur. 2 Quae cum esset obiecta, Perseus Mercurii talaribus volans eo dicitur venisse et eam liberasse a periculo; quam cum abducere vellet, Cepheus pater cum Agenore, cuius sponsa fuit, Perseum clam interficere voluerunt. 3 Ille cognita re caput Gorgonis eis ostendit omnesque ab humana specie sunt informati in saxum. Perseus cum Andromeda in patriam redit. 4 Polydectes vidit Perseum tantam virtutem habere, pertimuit eumque per dolum interficere voluit; qua re cognita Perseus caput Gorgonis ei ostendit et is ab humana specie est immutatus in lapidem.
65 Alcyione Ceyx Hesperi sive Luciferi et Philonidis filius cum in naufragio periisset, Alcyone Aeoli et Aegiales filia uxor eius propter amorem ipsa se in mare praecipitavit; qui deorum misericordia ambo in aves sunt mutati quae alcyones dicuntur. hae aves nidum ova pullos in mari septem diebus faciunt hiberno tempore; mare his diebus tranquillum est, quos dies nautae alcyonia appellant.
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bambino; li condusse dal re Polidette, che prese lei per moglie e allevò Perseo nel tempio di Minerva. 4 Quando Acrisio venne a sapere che erano ospiti del re Polidette, partì per riportarli a casa; una volta arrivato là, Polidette intercedette in loro favore, e Perseo diede la sua parola al nonno Acrisio che non l’avrebbe mai ucciso. 5 Mentre era trattenuto da una tempesta, Polidette morì. Mentre si svolgevano i giochi funebri in suo onore, Perseo lanciò il disco e il vento lo dirottò sul capo di Acrisio uccidendolo. Così, ciò che non voleva che si compisse per sua iniziativa, fu compiuto per iniziativa degli dei. Dopo che fu tumulato, partì per Argo e prese possesso del regno avito. 64 Andromeda 1 Cassiopea affermò che la bellezza di sua figlia Andromeda era superiore a quella delle Nereidi: per questo Nettuno ottenne che Andromeda, figlia di Cefeo, fosse esposta a un mostro marino. 2 Una volta esposta, si dice che Perseo, volando con i calzari di Mercurio, giungesse in quel luogo e la liberasse dal pericolo; e siccome voleva portarla via con sé, suo padre Cefeo e Agenore, con il quale era fidanzata, tramarono di ucciderlo di nascosto. 3 Quello, compresa la situazione, mostrò loro la testa della Gorgone e tutti da uomini furono trasformati in pietra. Perseo tornò in patria insieme ad Andromeda. 4 Polidette, resosi conto che Perseo aveva un così grande potere, ebbe una gran paura e tramò per ucciderlo di nascosto; compresa la situazione, Perseo gli mostrò la testa della Gorgone e quello da uomo fu trasformato in una pietra. 65 Alcione Ceice, figlio di Espero (o Lucifero) e Filonide, morì in un naufragio e sua moglie Alcione, figlia di Eolo ed Egiale, per amore si gettò in mare; gli dei ebbero pietà ed entrambi furono trasformati in uccelli, che si chiamano alcioni. Questi uccelli in sette giorni fanno nido, uova e pulcini in mare, durante la stagione invernale; in quei giorni il mare è calmo, e i marinai li chiamano “giorni degli alcioni”.
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Igino
fabb. 66,67
66 Laius 1 Laio Labdaci filio ab Apolline erat responsum de filii sui manu mortem ut caveret. Itaque Iocasta Menoecei filia uxor eius cum peperisset, iussit exponi. 2 Hunc Periboea Polybi regis uxor, cum vestem ad mare lavaret, expositum sustulit; Polybo sciente, quod orbi erant liberis, pro suo educaverunt eumque quod pedes transiectos haberet Oedipum nominaverunt.
67 Oedipus 1 Postquam Oedipus Laii et Iocastes filius ad puberem aetatem pervenit, fortissimus praeter ceteros erat eique per invidiam aequales obiciebant eum subditum esse Polybo, eo quod Polybus tam clemens esset et ille impudens; quod Oedipus sensit non falso sibi obici. 2 Itaque Delphos est profectus sciscitatum de in prodigiis ostendebatur mortem ei adesse de nati manu. 3 Idem cum Delphos iret, obviam ei Oedipus venit, quem satellites cum viam regi dari iuberent, neglexit. Rex equos immisit et rota pedem eius oppressit; Oedipus iratus inscius patrem suum de curru detraxit et occidit. 4 Laio occiso Creon Menoecei filius regnum occupavit; interim Sphinx Typhonis in Boeotiam est missa, quae agros Thebanorum vexabat; ea regi Creonti simultatem constituit, si carmen quod posuisset aliquis interpretatus esset, se inde abire; si autem datum carmen non solvisset, eum se consumpturam dixit neque aliter de finibus excessuram. 5 Rex re audita per Graeciam edixit: qui Sphingae carmen solvisset, regnum se et Iocasten sororem ei in coniugium daturum promisit. Cum plures regni cupidine venissent et a Sphinge essent consumpti, Oedipus Laii filius venit et carmen est interpretatus; illa se praecipitavit. 6 Oedipus regnum paternum et Iocasten matrem inscius accepit uxorem, ex qua procreavit Eteoclen et Polynicen, Antigonam et Ismenen. Interim Thebis sterilitas frugum et penuria incidit ob Oedipodis scelera, interrogatusque Tiresias quid ita Thebae vexarentur respondit, si quis ex draconteo genere superesset et pro patria interiisset, pestilentia liberaturum.
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66 Laio 1 A Laio, figlio di Labdaco, l’oracolo di Apollo disse di guardarsi dalla morte per mano di suo figlio. Pertanto, quando sua moglie Giocasta, figlia di Meneceo, partorì, ordinò che il bambino fosse esposto. 2 Peribea, moglie del re Polibo, mentre lavava le vesti sulla riva del mare prese con sé il bambino esposto; d’accordo con Polibo, visto che non avevano figli, lo allevarono come se fosse il loro e, siccome aveva i piedi bucati, lo chiamarono Edipo. 67 Edipo 1 Edipo, figlio di Laio e Giocasta, una volta giunto alla pubertà era il più forte di tutti, e per invidia i suoi coetanei gli rinfacciavano che per Polibo era un figlio acquisito, dal momento che Polibo era così mite e lui così sfrontato; ed Edipo si rese conto che non glielo rinfacciavano senza fondamento. 2 Così partì per Delfi allo scopo di interrogare l’oracolo… (a Laio) era stato predetto tramite prodigi che la morte gli sarebbe venuta per mano di suo figlio. 3 Mentre andava a Delfi, gli venne incontro Edipo; i servi gli intimarono di lasciargli il passo e lui si rifiutò. Il re allora spronò i cavalli e gli schiacciò il piede con una ruota del carro; in preda all’ira, Edipo tirò giù suo padre dal carro e, senza sapere chi fosse, lo uccise. 4 Ucciso Laio, assunse il regno Creonte, figlio di Meneceo; in quel tempo fu mandata in Beozia la Sfinge, figlia di Tifone, e devastava il territorio di Tebe; questa sfidò il re Creonte: se qualcuno avesse dato la giusta interpretazione dell’enigma da lei formulato, se ne sarebbe andata, ma se non avesse risolto l’enigma proposto disse che l’avrebbe divorato e non avrebbe lasciato quella regione per nessun altro motivo. 5 Colta la sfida, il re promulgò un editto in tutta la Grecia, promettendo di cedere il regno e la mano di sua sorella Giocasta a chi avesse risolto l’enigma della Sfinge. Dopo che tanti pretendenti si erano presentati attirati dalla prospettiva del regno ed erano stati divorati dalla Sfinge, si presentò Edipo, figlio di Laio, e diede la giusta interpretazione dell’enigma; quella si precipitò nel vuoto. 6 Così Edipo guadagnò, senza saperlo, il regno di suo padre e la mano di sua madre Giocasta, da cui generò Eteocle e Polinice, Antigone e Ismene. Intanto, a causa dell’empietà di Edipo, a Tebe sopravvenne la sterilità dei raccolti e una carestia; Tiresia, consultato sul motivo di una tale devastazione a Tebe, rispose che, se fosse rimasto qualche discendente della stirpe del drago, costui avrebbe liberato la città dalla pestilenza se 83
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fabb. 67-69
Tum Menoeceus Iocastae pater se de muris praecipitavit. 7 Dum haec Thebis geruntur, Corintho Polybus decedit, quo audito Oedipus moleste ferre coepit aestimans patrem suum obisse; cui Periboea de eius suppositione palam fecit; item Menoetes senex, qui eum exposuerat, ex pedum cicatricibus et talorum agnovit Lai filium esse. 8 Oedipus re audita, postquam vidit se tot scelera nefaria fecisse, ex veste matris fibulas detraxit et se luminibus privavit, regnumque filiis suis alternis annis tradidit et a Thebis Antigona filia duce profugit.
68 Polynices 1 Polynices Oedipodis filius anno peracto regnum ab Eteocle fratre repetit; ille cedere noluit. Itaque Polynices Adrasto rege adiuvante cum septem ductoribus Thebas oppugnatum venit. 2 Ibi Capaneus, quod contra Iovis voluntatem Thebas se capturum diceret, cum murum ascenderet fulmine est percussus; Amphiaraus terra est devoratus; Eteocles et Polynices inter se pugnantes alius alium interfecerunt. 3 His cum Thebis parentaretur, etsi ventus vehemens esset, tamen fumus se numquam in unam partem convertit sed alius alio seducitur. 4 Ceteri cum Thebas oppugnarent et Thebani rebus suis diffiderent, Tiresias Eueris filius augur praemonuit, si ex dracontea progenie aliquis interiisset, oppidum ea clade liberari. Menoeceus cum vidit se unum civium salutem posse redimere, muro se praecipitavit; Thebani victoria sunt potiti.
69 Adrastus 1 Adrasto Talai et Eurynomes filio responsum ab Apolline fuit eum filias suas Argiam et Deipylam apro et leoni daturum in coniugium. 2 Sub eodem tempore Polynices Oedipodis filius expulsus ab Eteocle fratre ad Adrastum devenit et Tydeus simul Oenei et Periboeae captivae filius a patre, quod fratrem Menalippum in venatione occiderat, fere sub eodem tempore venit. 3 Quod cum satellites Adrasto nuntiassent duos iuvenes incognita veste venisse (unus enim aprinea pelle opertus alter leonina), 84
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fosse morto per la patria. Allora Meneceo, il padre di Giocasta, si precipitò dalle mura. 7 Mentre questo avveniva a Tebe, a Corinto morì Polibo, ed Edipo, una volta appresa la notizia, molto si addolorò, perché credeva che fosse morto suo padre; Peribea allora gli rivelò che lui era stato accolto in casa loro, e anche il vecchio Menete, che l’aveva esposto, dalle cicatrici sui piedi e sulle caviglie riconobbe che era il figlio di Laio. 8 Venuto a conoscenza della situazione, Edipo, resosi conto che aveva compiuto una serie di empietà indicibili, staccò dalla veste della madre le fibbie e si cavò gli occhi; cedette il regno ai suoi figli ad anni alterni e fuggì via da Tebe con la figlia Antigone come guida. 68 Polinice 1 Polinice, figlio di Edipo, trascorso un anno, chiese il regno al fratello Eteocle, ma quest’ultimo non glielo volle cedere. Così Polinice con l’aiuto del re Adrasto andò ad assediare Tebe con sette condottieri. 2 Lì Capaneo, dato che affermava che avrebbe conquistato Tebe contro il volere di Giove, fu colpito da un fulmine mentre scalava le mura; Anfiarao fu inghiottito dalla terra; Eteocle e Polinice in un combattimento corpo a corpo si uccisero a vicenda. 3 Mentre erano in corso i funerali a Tebe, anche se c’era vento forte, tuttavia il fumo non si indirizzava da una sola parte ma si divideva in due da una parte e dall’altra. 4 Mentre gli altri continuavano l’assedio e per i Tebani la situazione era disperata, l’indovino Tiresia, figlio di Evere, annunciò che la città sarebbe stata liberata da quel pericolo se fosse morto un discendente della stirpe del drago; Meneceo, comprendendo di essere l’unico che poteva assicurare la salvezza ai suoi concittadini, si precipitò dalle mura e i Tebani ottennero la vittoria. 69 Adrasto 1 Adrasto, figlio di Talao e di Eurinome, ricevette da Apollo la profezia che avrebbe dato in moglie le sue figlie Argia e Deipila a un cinghiale e a un leone. 2 In quello stesso tempo Polinice, figlio di Edipo, cacciato da suo fratello Eteocle, arrivò da Adrasto, e insieme a lui giunse pure Tideo, figlio di Eneo e della prigioniera Peribea, bandito dal padre perché durante una battuta di caccia aveva ucciso il proprio fratello Menalippo. 3 Quando le guardie annunciarono ad Adrasto che erano arrivati due giovani vestiti in modo strano (e infatti uno era coperto da una pelle 85
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fabb. 69,70
tunc Adrastus memor sortium suarum iubet eos ad se perduci atque ita interrogavit quid ita hoc cultu in regna sua venissent. 4 Cui Polynices indicat se a Thebis venisse et idcirco se pellem leoninam operuisse quod Hercules a Thebis genus duceret et insignia gentis suae se cum portaret; Tydeus autem dicit se Oenei filium esse et a Calydone genus ducere, ideo pelle aprinea se opertum, significans aprum Calydonium. 5 Tunc rex responsi memor Argiam maiorem dat Polynici, ex qua nascitur Thersander; Deipylam minorem dat Tydeo, ex qua nascitur Diomedes qui apud Troiam pugnavit. 6 At Polynices rogat Adrastum ut sibi exercitum commodaret ad paternum regnum recuperandum a fratre; cui Adrastus non tantum exercitum dedit sed ipse cum aliis ducibus profectus est, quoniam Thebae septem portis claudebantur. 7 Amphion enim qui Thebas muro cinxit septem filiarum nomine portas constituit; hae autem fuerunt Thera, Cleodoxe, Astynome, Astycratia, Chias, Ogygia, Chloris. 70 Reges septem Thebas profecti 1 Adrastus Talai filius ex Eurynome Iphiti filia Argivus. Polynices Oedipodis filius ex Iocasta Menoecei filia Thebanus. Tydeus Oenei filius ex Periboea captiva Calydonius. Amphiaraus Oeclei, vel ut alii auctores dicunt Apollinis, ex Hypermestra Thestii filia Pylius. Capaneus Hipponoi filius ex Astynome Talai filia, sorore Adrasti, Argivus. Hippomedon Mnesimachi filius ex Metidice Talai filia, sorore Adrasti, Argivus. Parthenopaeus Meleagri filius ex Atalanta Iasii filia ex monte Parthenio Arcas. 2 Hi omnes duces apud Thebas perierunt praeter Adrastum Talai filium; is enim equi beneficio ereptus est; qui postea filios eorum armatos ad Thebas expugnandas misit ut iniurias paternas vindicarent, eo quod insepulti iacuerant Creontis iussu, qui Thebas occuparat, fratris Iocastes.
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di cinghiale e l’altro di leone), allora Adrasto si ricordò dell’oracolo: ordinò che venissero portati da lui e chiese loro perché fossero arrivati nel suo regno abbigliati in quel modo. 4 Polinice gli rivela di essere arrivato da Tebe e di aver indossato una pelle di leone perché a Tebe faceva risalire le sue origini Ercole, e che quindi portava addosso le insegne della sua gente; Tideo per parte sua dice di essere figlio di Eneo e che le sue origini risalivano a Calidone, ed era rivestito di una pelle di cinghiale perché voleva ricordare il cinghiale Calidonio. 5 Allora il re, ricordando il responso, concede in sposa la figlia maggiore Argia a Polinice, da cui nasce Tersandro, e la minore Deipila a Tideo, da cui nasce Diomede, che combatté a Troia. 6 Polinice poi chiede ad Adrasto di fornirgli un esercito per riprendere al fratello il regno paterno; Adrasto non soltanto gli concesse l’esercito, ma partì lui stesso con altri sei condottieri, visto che erano sette le porte che chiudevano Tebe. 7 E infatti Anfione, che circondò di mura Tebe, aveva dato alle porte il nome delle sue sette figlie: Tera, Cleodosse, Astinome, Asticrazia, Chia, Ogigia, Cloride. 70 I sette re partiti per Tebe 1 Adrasto, figlio di Telao e di Eurinome figlia di Ifito, di Argo. Polinice, figlio di Edipo e di Giocasta figlia di Meneceo, di Tebe. Tideo, figlio di Eneo e della sua prigioniera Peribea, di Calidone. Anfiarao, figlio di Ecleo (o di Apollo, secondo altre fonti) e di Ipermestra figlia di Testio, di Pilo. Capaneo, figlio di Ipponoo e di Astinome figlia di Talao e sorella di Adrasto, di Argo. Ippomedonte, figlio di Mnesimaco e di Metidice figlia di Talao e sorella di Adrasto, di Argo. Partenopeo, figlio di Meleagro e di Atalanta figlia di Iasio, del monte Partenio in Arcadia. 2 Tutti questi condottieri morirono a Tebe tranne Adrasto, figlio di Talao, perché fu strappato alla morte grazie al suo cavallo; costui in seguito armò i figli di quelli e li mandò a espugnare Tebe per vendicare l’oltraggio recato ai loro padri, visto che erano stati lasciati insepolti per ordine di Creonte, fratello di Giocasta, che aveva preso il potere a Tebe.
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fabb. 71-73
71 Septem epigoni id est filii 1 Aegialeus Adrasti filius ex Demoanassa Argivus; hic solus periit ex septem qui exierant; quia pater exsuperaverat pro patre vicariam vitam dedit; ceteri sex victores redierunt. 2 Thersander Polynicis filius ex Argia Adrasti filia Argivus. Polydorus Hippomedontis filius ex Euanippe Elati filia Argivus. Alcmaeon Amphiarai filius ex Eriphyle Talai filia Argivus. Tlesimenes Parthenopaei filius ex Clymene nympha Mysius.
72 Antigona 1 Creon Menoecei filius edixit ne quis Polynicen aut qui una venerunt sepulturae traderet, quod patriam oppugnatum venerint; Antigona soror et Argia coniunx clam noctu Polynicis corpus sublatum in eadem pyra qua Eteocles sepultus est imposuerunt. 2 Quae cum a custodibus deprehensae essent, Argia profugit, Antigona ad regem est perducta; ille eam Haemoni filio, cuius sponsa fuerat, dedit interficiendam. Haemon amore captus patris imperium neglexit et Antigonam ad pastores demandavit ementitusque est se eam interfecisse. 3 Quae cum filium procreasset et ad puberem aetatem venisset, Thebas ad ludos venit; hunc Creon rex, quod ex draconteo genere omnes in corpore insigne habebant, cognovit. Cum Hercules pro Haemone deprecaretur ut ei ignosceret, non impetravit; Haemon se et Antigonam coniugem interfecit. 4 At Creon Megaram filiam suam Herculi dedit in coniugium, ex qua nati sunt Therimachus et Ophites.
73 Amphiaraus, Eriphyla et Alcmaeon 1 Amphiaraus Oeclei et Hypermestrae Thestii filiae filius augur, qui sciret si ad Thebas oppugnatum isset se inde non rediturum, itaque celavit se conscia Eriphyle coniuge sua Talai filia. 2 Adrastus autem ut eum investigaret monile aureum ex gemmis fecit et muneri dedit sorori suae Eriphylae, quae doni cupida coniugem prodidit; Amphiaraus Alcmaeoni filio suo praecepit ut post suam mortem poenas a matre exsequeretur. 3 Qui postquam apud Thebas terra est devoratus, Alcmaeon memor patris praecepti 88
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71 I sette epigoni, cioè i figli 1 Egialeo, figlio di Adrasto e di Demoanassa, di Argo: dei sette che avevano partecipato alla spedizione morì solo lui, diede la vita al posto di quella del padre, perché quello era sopravvissuto; gli altri sei tornarono vincitori. 2 Tersandro, figlio di Polinice e di Argia figlia di Adrasto, di Argo. Polidoro, figlio di Ippomedonte e di Evanippe figlia di Elato, di Argo. Alcmeone, figlio di Anfiarao e di Eripile figlia di Talao, di Argo. Tlesimene, figlio di Partenopeo e della ninfa Climene, dalla Misia. 72 Antigone 1 Creonte, figlio di Meneceo, emanò un editto secondo il quale nessuno doveva dare sepoltura a Polinice o a chi era venuto con lui, perché erano venuti a combattere contro la patria; sua sorella Antigone e sua moglie Argia nottetempo presero di nascosto il cadavere di Polinice e lo deposero sullo stesso rogo sul quale era stato posto Eteocle. 2 Sorprese dalle guardie, Argia riuscì a fuggire, Antigone fu portata dal re ed egli la consegnò a suo figlio Emone, cui era stata promessa, perché la uccidesse. Emone, che era innamorato, non tenne conto dell’ordine di suo padre, affidò Antigone ai pastori e mentendo disse di averla uccisa. 3 Il figlio che diede alla luce, una volta giunto alla pubertà, arrivò a Tebe per partecipare ai giochi; Creonte lo riconobbe, perché tutti i discendenti della stirpe del drago portavano un marchio sul corpo. Ercole intercedette per Emone perché lo perdonasse, ma non ci riuscì, ed Emone uccise se stesso e la moglie Antigone. 4 Poi Creonte diede in sposa a Ercole sua figlia Megara, dalla quale nacquero Terimaco e Ofite. 73 Anfiarao, Erifile e Alcmeone 1 Anfiarao, figlio di Ecle e di Ipermestra figlia di Testio, era un indovino e quindi sapeva che, se fosse andato a combattere contro Tebe, di lì non sarebbe tornato; allora si nascose con la complicità di sua moglie Erifile, figlia di Talao. 2 Ma Adrasto per scovarlo fece confezionare un gioiello d’oro e gemme e lo offrì in dono a sua sorella Erifile, che, bramosa di averlo, tradì il marito; Anfiarao incaricò suo figlio Alcmeone di farla pagare alla madre una volta che lui fosse morto. 3 Dopo che questi fu inghiottito dalla terra a Tebe, Alcmeone si ricordò del man89
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fabb. 73-76
Eriphylen matrem suam interfecit; quem postea furiae exagitarunt. 74 Hypsipyle 1 Septem ductores qui Thebas oppugnatum ibant devenerunt in Nemeam, ubi Hypsipyle Thoantis filia in servitute puerum Archemorum sive Ophiten Lyci regis filium nutriebat; cui responsum erat ne in terra puerum deponeret antequam posset ambulare. 2 Ergo ductores septem qui Thebas ibant aquam quaerentes devenerunt ad Hypsipylen eamque rogaverunt ut eis aquam demonstraret. Illa timens puerum in terram deponere apium altissimum erat ad fontem, in quo puerum deposuit. 3 quae dum aquam eis tradit, draco fontis custos puerum exedit. At draconem Adrastus et ceteri occiderunt et Lycum pro Hypsipyle deprecati sunt, ludosque puero funebres instituerunt, qui quinto quoque anno fiunt, in quibus victores apiaciam coronam accipiunt.
75 Tiresias 1 In monte Cyllenio Tiresias Eueris filius pastor dracones venerantes dicitur baculo percussisse, alias calcasse; ob id in mulieris figuram est conversus; postea monitus a sortibus in eodem loco dracones cum calcasset, redit in pristinam speciem. 2 Eodem tempore inter Iovem et Iunonem fuit iocosa altercatio quis magis de re venerea voluptatem caperet, masculus an femina, de qua re Tiresiam iudicem sumpserunt, qui utrunque erat expertus. 3 Is cum secundum Iovem iudicasset, Iuno irata manu aversa eum excaecavit; at Iovis ob id fecit ut septem aetates viveret vatesque praeter ceteros mortales esset.
76 Reges Thebanorum Cadmus Agenoris filius, Amphion Iovis, Polydorus Cadmi, Laius Labdaci, Pentheus Echionis, Creon Menoecei, Oedipus Lai, Polynices Oedipi, Lycus Neptuni, Eteocles Oedipi, Zetus Iovis, Labdacus Polydori.
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dato di suo padre e uccise sua madre Erifile, ma in seguito le Furie lo perseguitarono. 74 Ipsipile 1 I sette condottieri che andavano a combattere a Tebe giunsero in Nemea, dove Ipsipile, figlia di Toante, ridotta in schiavitù allevava un bambino, Archemoro o Ofite, figlio del re Lico; e le era stato predetto di non deporre a terra il bambino prima che fosse in grado di camminare. 2 Dunque i sette condottieri che andavano a Tebe giunsero da Ipsipile in cerca d’acqua e le chiesero di indicare loro dove fosse l’acqua. Temendo di deporre il bambino a terra, depose il bambino su un altissimo cespuglio di apio che sorgeva vicino alla fonte. 3 Mentre offriva loro l’acqua, il drago che era il custode della fonte divorò il bambino. Allora Adrasto e gli altri uccisero il drago e intercedettero presso Lico per Ipsipile; in memoria del bambino istituirono giochi funebri che si tengono ogni quattro anni: in essi i vincitori ottengono una corona di apio. 75 Tiresia 1 Si racconta che il pastore Tiresia, figlio di Evere, sul monte Cillene picchiò con il bastone o calpestò due serpenti che si stavano accoppiando; per questo fu trasformato in donna; in seguito, istruito dall’oracolo, calpestò dei serpenti nello stesso luogo e riacquistò l’antico aspetto. 2 Nello stesso tempo fra Giove e Giunone nacque una scherzosa disputa su chi provasse maggiore piacere nell’atto amoroso, se l’uomo o la donna: allo scopo presero come giudice Tiresia, che aveva sperimentato l’una e l’altra parte. 3 Egli espresse il giudizio a favore di Giove, e Giunone adirata lo colpì col dorso della mano e lo accecò; ma Giove in cambio fece in modo che vivesse per sette generazioni e che fosse l’indovino più bravo di ogni altro mortale. 76 I re di Tebe Cadmo figlio di Agenore, Anfione di Giove, Polidoro di Cadmo, Laio di Labdaco, Penteo di Echione, Creonte di Meneceo, Edipo di Laio, Polinice di Edipo, Lico di Nettuno, Eteocle di Edipo, Zeto di Giove, Labdaco di Polidoro.
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fabb. 77-80
77 Leda Iuppiter Ledam Thestii filiam in cygnum conversus ad flumen Eurotam compressit, et ex eo peperit Pollucem et Helenam, ex Tyndareo autem Castorem et Clytaemnestram. 78 Tyndareus 1 Tyndareus Oebali filius ex Leda Thestii filia procreavit Clytaemnestram et Helenam; Clytaemnestram Agamemnoni Atrei filio dedit in coniugium; Helenam propter formae dignitatem complures ex civitatibus in coniugium proci petebant. 2 Tyndareus cum repudiari filiam suam Clytaemnestram ab Agamemnone vereretur timeretque ne quid ex ea re discordiae nasceretur, monitus ab Ulixe iureiurando se obligavit et arbitrio Helenae posuit ut cui vellet nubere coronam imponeret. 3 Menelao imposuit, cui Tyndareus eam dedit uxorem regnumque moriens Menelao tradidit.
79 Helena 1 Theseus Aegei et Aethrae Pitthei filiae filius cum Pirithoo Ixionis filio Helenam Tyndarei et Ledae filiam virginem de fano Dianae sacrificantem rapuerunt et detulerunt Athenas in pagum Atticae regionis. 2 Quod Iovis eos cum vidisset tantam audaciam habere ut se ipsi ad periculum offerrent, in quiete eis imperavit ut peterent ambo a Plutone Pirithoo Proserpinam in coniugium; qui cum per insulam Taenariam ad inferos descendissent et de qua re venissent indicarent Plutoni, a Furiis strati diuque lacerati sunt. 3 Quo Hercules ad canem tricipitem ducendum cum venisset, illi fidem eius implorarunt; qui a Plutone impetravit eosque incolumes eduxit. 4 Ob Helenam Castor et Pollux fratres belligerarunt et Aethram Thesei matrem et Phisadiem Pirithoi sororem ceperunt et in servitutem sorori dederunt.
80 Castor 1 Idas et Lynceus Apharei filii ex Messenis habuerunt sponsas Phoeben et Hilairam Leucippi filias; hae autem formosissimae virgines cum essent et esset Phoebe sacerdos Minervae, Hilaira Dianae, Castor et Pollux amore incensi eas rapuerunt. 2 Illi amissis sponsis 92
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77 Leda Giove, trasformatosi in cigno, si unì a Leda, figlia di Testio, sulle rive del fiume Eurota. Da questo Leda partorì Polluce ed Elena, da Tindaro poi Castore e Clitemnestra. 78 Tindaro 1 Tindaro, figlio di Ebalo, da Leda, figlia di Testio, generò Clitemnestra ed Elena; diede in moglie Clitemnestra ad Agamennone, figlio di Atreo; Elena, a causa della sua eccezionale bellezza, era richiesta in sposi da numerosi pretendenti. 2 Temendo che sua figlia Clitemnestra fosse ripudiata da Agamennone, per paura che da ciò nascesse un motivo di discordia, su consiglio di Ulisse Tindaro si impegnò con un giuramento, e lasciò a Elena la libertà di porre una ghirlanda sul capo di chi volesse sposare. 3 La pose sul capo di Menelao, e a Menelao Tindaro diede lei in moglie e alla sua morte gli lasciò il regno. 79 Elena 1 Teseo, figlio di Egeo e di Etra figlia di Pitteo, e Piritoo, figlio di Issione, rapirono dal tempio di Diana Elena, la vergine figlia di Tindaro e di Leda, mentre stava compiendo un sacrificio, e la portarono dalle parti di Atene, in un villaggio dell’Attica. 2 Quando Giove vide che avevano tanto coraggio da mettersi in pericolo, ordinò loro in sogno di recarsi entrambi da Plutone a chiedergli in moglie Proserpina per Piritoo; una volta discesi agli inferi attraverso il promontorio del Tenaro, dichiararono a Plutone il motivo della loro venuta e furono gettati a terra e a lungo torturati dalle Furie. 3 Quando Ercole arrivò lì per portar via il cane dalle tre teste, essi implorarono il suo aiuto: egli convinse Plutone e li riportò alla luce sani e salvi. 4 Per Elena combatterono i suoi fratelli Castore e Polluce: catturarono Etra, madre di Teseo, e Fisadie, sorella di Piritoo, e le diedero come schiave a Elena. 80 Castore 1 Ida e Linceo, figli di Afareo, di Messene, erano fidanzati con Febe e Ilaira, figlie di Leucippo; dato che queste erano vergini bellissime e Febe era sacerdotessa di Minerva e Ilaira di Diana, Castore e Polluce, innamoratisi di loro, le rapirono. 2 Quelli, una volta 93
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fabb. 80-82
arma tulerunt, si possent eas recuperare. Castor Lynceum in proelio interfecit; Idas amisso fratre omisit bellum et sponsam, coepit fratrem sepelire. 3 Cum ossa eius collocaret in pila, intervenit Castor et prohibere coepit monumentum fieri, quod diceret se eum quasi feminam superasse. Idas indignans gladio quo cinctus erat Castori inguina traiecit. Alii dicunt quemadmodum aedificabat pilam super Castorem impulisse et sic interfectum. 4 Quod cum annuntiassent Polluci, accurrit et Idam uno proelio superavit corpusque fratris recuperatum sepulturae dedit; cum autem ipse stellam ab Iove accepisset et fratri non esset data, ideo quod diceret Iovis Castorem semine Tyndarei et Clytaemnestram natos, ipsum autem et Helenam Iovis esse filios, tunc deprecatus Pollux ut liceret ei munus suum cum fratre communicare; cui permisit ideoque dicitur alterna morte redemptus. Unde etiam Romani servant institutum; cum desultorem mittunt, unus duos equos habet, pileum in capite, equo in equum transilit, quod ille sua et fratris vice fungatur.
81 Proci Helenae Antilochus, Ascalaphus, Aiax Oileus, Amphimachus, Ancaeus, Blanirus, Agapenor, Aiax Telamonius, Clytius, Cyaneus, Menelaus, Patroclus, Diomedes, Peneleus, Phemius, Nireus, Polypoetes, Elephenor, Eumelus, Sthenelus, Tlepolemus, Protesilaus, Podalirius, Eurypylus, Idomeneus, Leonteus, Thalpius, Polyxenus, Prothous, Menestheus, Machaon, Thoas, Ulysses, Phidippus, Meriones, Meges, Philoctetes. Alia veteres. 82 Tantalus 1 Tantalus Iovis et Plutonis filius procreavit ex Dione Pelopem. 2 Iuppiter Tantalo concredere sua consilia solitus erat et ad epulum deorum admittere, quae Tantalus ad homines renuntiavit; ob id dicitur ad inferos in aqua media fine corporis stare semperque sitire, et cum haustum aquae vult sumere aquam recedere. 3 Item poma ei super caput pendent, quae cum vult sumere rami vento moti recedunt. Item saxum super caput eius ingens pendet, quod semper
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privati delle fidanzate, presero le armi per potersele riprendere. Castore uccise Linceo in un combattimento corpo a corpo; Ida, perso il fratello, lasciò perdere combattimento e fidanzata e prese a dare sepoltura al fratello. 3 Mentre disponeva i resti di quello su un rialzo, sopraggiunse Castore e prese a impedirgli di innalzare un monumento, perché – diceva – l’aveva battuto come se fosse stato una donna. Indignato, Ida trafisse all’inguine Castore con la spada che aveva alla cintola. Altri dicono che mentre costruiva il rogo lo rovesciò addosso a Castore e così lo uccise. 4 Quando lo riferirono a Polluce, accorse, sconfisse Ida a duello, recuperò il corpo del fratello e gli diede sepoltura. Egli aveva ricevuto da Giove una stella, che non era stata data al fratello, perché Giove riconosceva che Castore e Clitemnestra erano nati dal seme di Tindaro mentre lui ed Elena erano figli di Giove; allora Polluce lo scongiurò di poter condividere quel dono col fratello: glielo permise, ed è per questo che si dice che è stato riscattato con morte vicendevole. Da questo discende una tradizione per i Romani: quando fanno uscire un saltatore, lui da solo ha due cavalli e un berretto sul capo, e salta da un cavallo all’altro perché fa la parte sua e di suo fratello. 81 I pretendenti di Elena Antiloco, Ascalafo, Aiace Oileo, Anfimaco, Anceo, Blaniro, Agapenore, Aiace Telamonio, Clizio, Cianeo, Menelao, Patroclo, Diomede, Peneleo, Femio, Nireo, Polipete, Elefenore, Eumelo, Stenelo, Tlepolemo, Protesilao, Podalirio, Euripilo, Idomeneo, Leonteo, Talpio, Polisseno, Protoo, Mnesteo, Macaone, Toante, Ulisse, Fidippo, Merione, Mege, Filottete. Fonti antiche tramandano altre liste.
82 Tantalo 1 Tantalo, figlio di Giove e Pluto, generò Pelope da Dione. 2 Giove si era abituato a condividere i suoi pensieri con Tantalo e ad ammetterlo al banchetto degli dei, ma Tantalo li riferì agli uomini; per questo si racconta che negli inferi stia immerso nell’acqua fino a metà corpo, e che sia sempre assetato ma, quando vuole prendere un sorso d’acqua, l’acqua si ritira. 3 E così sopra la sua testa sono appesi dei frutti ma, quando li vuole cogliere, i rami si ritirano mossi dal vento. E ancora sopra la sua testa incombe un enorme masso e lui ha sempre 95
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fabb. 82-85
timet ne super se ruat. 83 Pelops Pelops Tantali et Diones Atlantis filiae filius cum esset in epulis deorum a Tantalo caesus, bracchium eius Ceres consumpsit, qui a deorum numine vitam recepit; cui cum cetera membra ut fuerant coissent, umero non perpetuo eburneum eius loco Ceres aptavit.
84 Oenomaus 1 Oenomaus Martis et Asteropes filiae filius habuit in coniugio Euareten Acrisii filiam, ex qua procreavit Hippodamiam, virginem eximiae formae, quam nulli ideo dabat in coniugium, quod sibi responsum fuit a genero mortem cavere. 2 Itaque cum complures eam peterent in coniugium, simultatem constituit se ei daturum, qui secum quadrigis certasset victorque exisset, quod is equos aquilone velociores habuit, victus autem interficeretur. 3 Multis interfectis novissime Pelops Tantali filius cum venisset et capita humana super valvas fixa vidisset eorum qui Hippodamiam in uxorem petierant, paenitere eum coepit regis crudelitatem timens. 4 Itaque Myrtilo aurigae eius persuasit regnumque ei dimidium pollicetur si se adiuvaret. Fide data Myrtilus currum iunxit et clavos in rotas non coniecit; itaque equis incitatis currum defectum Oenomai equi distraxerunt. 5 Pelops cum Hippodamia et Myrtilo domum victor cum rediret, cogitavit sibi opprobrio futurum et Myrtilo fidem praestare noluit eumque in mare praecipitavit, a quo Myrtoum pelagus est appellatum. Hippodamiam in patriam adduxit suam quod Peloponnesum appellatur; ibi ex Hippodamia procreavit Hippalcum, Atreum, Thyesten.
85 Chrysippus Laius Labdaci filius Chrysippum Pelopis filium nothum propter formae dignitatem Nemeae ludis rapuit, quem ab eo Pelops bello recuperavit. Hunc Atreus et Thyestes matris Hippodamiae impulsu interfecerunt; Pelops cum Hippodamiam argueret, ipsa se interfecit.
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paura che gli rovini addosso. 83 Pelope Pelope, figlio di Tantalo e di Dione figlia di Atlante, fu smembrato da Tantalo durante un banchetto degli dei e Cerere ne mangiò un braccio. Poi per volere degli dei riebbe la vita; quando tutte le altre membra erano tornate insieme com’erano, Cerere alla spalla attaccò un braccio d’avorio al posto di quello mortale. 84 Enomao 1 Enomao, figlio di Marte e di Asterope figlia di Atlante, ebbe in moglie Evarete figlia di Acrisio, dalla quale generò Ippodamia, vergine di straordinaria bellezza, che non concedeva in moglie a nessuno perché gli era stato profetizzato di guardarsi dalla morte per mano del genero. 2 Così, dal momento che parecchi la chiedevano in moglie, istituì una gara: l’avrebbe concessa a colui che l’avesse affrontato in una corsa di quadrighe risultando vincitore (aveva dei cavalli più veloci del vento Aquilone), mentre se fosse stato vinto sarebbe stato ucciso. 3 Dopo che molti erano stati uccisi, alla fine arrivò Pelope, figlio di Tantalo, ma quando vide fissate sui battenti delle teste umane, quelle di chi aveva chiesto la mano di Ippodamia, cominciò a pentirsi temendo la crudeltà del re. 4 Così corruppe Mirtilo, l’auriga di quello, promettendogli la metà del regno in cambio del suo aiuto. Stretto l’accordo, Mirtilo preparò il carro senza inserire i perni nelle ruote; così, spronati i cavalli, i cavalli di Enomao mandarono in pezzi il carro manomesso. 5 Pelope, ritornando vincitore in patria insieme a Ippodamia e Mirtilo, pensò che questo sarebbe stato per lui motivo di disonore e decise di non osservare la parola data: lo precipitò nel mare che da lui è stato chiamato Mirtoo. Portò con sé Ippodamia in patria, che si chiama Peloponneso; lì da Ippodamia generò Ippalco, Atreo, Tieste. 85 Crisippo Laio, figlio di Labdaco, durante i giochi a Nemea rapì Crisippo, figlio illegittimo di Pelope, per la sua eccezionale bellezza; Pelope glielo riprese con una guerra. Atreo e Tieste lo uccisero incitati dalla madre Ippodamia; quando Pelope accusò Ippodamia, essa si suicidò.
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fabb. 86-88
86 Pelopidae Thyestes Pelopis et Hippodamiae filius quod cum Aeropa Atrei uxore concubuit a fratre Atreo de regno est eiectus; at is Atrei filium Plisthenem, quem pro suo educaverat, ad Atreum interficiendum misit, quem Atreus credens fratris filium esse imprudens filium suum occidit. 87 Aegisthus Thyesti Pelopis et Hippodamiae filio responsum fuit quem ex filia sua Pelopia procreasset, eum fratris fore ultorem; quod cum audisset puer est natus, quem Pelopia exposuit, quem inventum pastores caprae subdiderunt ad nutriendum; Aegisthus est appellatus, ideo quod Graece capra aega appellatur.
88 Atreus 1 Atreus Pelopis et Hippodamiae filius cupiens a Thyeste fratre suo iniurias exsequi, in gratiam cum eo rediit et in regnum suum eum reduxit, filiosque eius infantes Tantalum et Plisthenem occidit et epulis Thyesti apposuit. 2 Qui cum vesceretur, Atreus imperavit bracchia et ora puerorum afferri; ob id scelus etiam Sol currum avertit. 3 Thyestes scelere nefario cognito profugit ad regem Thesprotum, ubi lacus Avernus dicitur esse; inde Sicyonem pervenit, ubi erat Pelopia filia Thyestis deposita; ibi casu nocte cum Minervae sacrificarent intervenit, qui timens ne sacra contaminaret in luco delituit. 4 Pelopia autem cum choreas ducit lapsa vestem ex cruore pecudis inquinavit; quae dum ad flumen exit sanguinem abluere, tunicam maculatam deponit. Capite obducto Thyestes e luco prosiluit. Et ea compressione gladium de vagina ei extraxit Pelopia et rediens in templum sub acropodio Minervae abscondit. Postero die rogat regem Thyestes ut se in patriam Lydiam remitteret. 5 Interim sterilitas Mycenis frugum ac penuria oritur ob Atrei scelus. Ibi responsum est ut Thyestem in regnum reduceret. 6 Qui cum ad Thesprotum regem isset, aestimans Thyestem ibi morari, Pelopiam aspexit et rogat Thesprotum ut sibi Pelopiam in coniugium daret, quod putaret eam Thesproti esse filiam. Thesprotus, ne qua suspicio esset, dat ei Pelopiam, quae iam conceptum ex patre Thyeste habebat Aegisthum. 7 98
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86 I figli di Pelope Tieste, figlio di Pelope e di Ippodamia, siccome si era unito ad Erope, moglie di Atreo, fu espulso dal regno dal fratello Atreo; ma egli mandò il figlio di Atreo, Plistene, che aveva allevato come fosse suo, a uccidere Atreo; ma Atreo, credendolo figlio di suo fratello, lo uccise senza sapere che era il proprio figlio. 87 Egisto A Tieste, figlio di Pelope e di Ippodamia, fu profetizzato che il figlio che avesse generato da sua figlia Pelopia sarebbe stato il suo vendicatore sul fratello. Quando lo venne a sapere … Nacque un bambino che Pelopia espose; lo trovarono dei pastori e lo fecero nutrire da una capra: fu chiamato Egisto, perché in greco capra si dice αἴξ. 88 Atreo 1 Desideroso di punire le offese da parte di suo fratello Tieste, Atreo, figlio di Pelope e di Ippodamia, si riconciliò con lui, lo richiamò nel suo regno e uccise i figli piccoli di quello, Tantalo e Plistene, e durante un banchetto li servì a Tieste. 2 Mentre era a tavola, Atreo ordinò di portargli le braccia e le teste dei bambini; di fronte a tale delitto anche il Sole invertì il proprio corso. 3 Scoperto l’inaudito delitto, Tieste si rifugiò dal re Tesproto, dove si dice che ci sia il lago Averno; di lì arrivò a Sicione, dove era stata collocata Pelopia, la figlia di Tieste. Per caso vi giunse di notte mentre era in corso un sacrificio a Minerva, e per timore di contaminare il rito si nascose nel bosco. 4 Dal canto suo Pelopia, mentre guidava un coro, scivolò e si macchiò la veste con il sangue della vittima sacrificale; va allora al fiume per lavare il sangue e si toglie la tunica macchiata. Con il capo nascosto Tieste saltò fuori dal bosco, e Pelopia mentre veniva violentata gli sfilò la spada dal fodero e tornando al tempio la nascose sotto il piedistallo della statua di Minerva. Il giorno dopo Tieste chiede al re di rimandarlo in Lidia, sua patria. 5 Nel frattempo a Micene, a causa del delitto di Atreo, sopraggiunse la sterilità delle messi e la carestia. L’oracolo lo invitò a richiamare Tieste nel regno. 6 Recatosi dal re Tesproto, perché pensava che lì si trovasse Tieste, vide Pelopia e chiese a Tesproto che gliela concedesse in moglie, credendo che fosse la figlia di Tesproto. Per non destare sospetti Tesproto gli concede Pelopia, che già aveva in grembo Egisto, conce99
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fabb. 88,89
Quae cum ad Atreum venisset, parit Aegisthum, quem exposuit; at pastores caprae supposuerunt, quem Atreus iussit perquiri et pro suo educari. 8 Interim Atreus mittit Agamemnonem et Menelaum filios ad quaerendum Thyestem, qui Delphos petierunt sciscitatum. Casu Thyestes eo venerat ad sortes tollendas de ultione fratris; comprehensus ab eis ad Atreum perducitur, quem Atreus in custodiam conici iussit, Aegisthumque vocat, aestimans suum filium esse, et mittit eum ad Thyestem interficiendum. 9 Thyestes cum vidisset Aegisthum et gladium quem Aegisthus gerebat, et cognovisset quem in compressione perdiderat, interrogat Aegisthum unde illum haberet. Ille respondit matrem sibi Pelopiam dedisse, quam iubet accersiri. 10 Cui respondit se in compressione nocturna nescio cui eduxisse et ex ea compressione Aegisthum concepisse. Tunc Pelopia gladium arripuit, simulans se agnoscere, et in pectus sibi detrusit. 11 Quem Aegisthus e pectore matris cruentum tenens ad Atreum attulit. Ille aestimans Thyesten interfectum laetabatur; quem Aegisthus in litore sacrificantem occidit et cum patre Thyeste in regnum avitum redit. 89 Laomedon 1 Neptunus et Apollo dicuntur Troiam muro cinxisse; his rex Laomedon vovit quod regno suo pecoris eo anno natum esset immolaturum. Id uotum avaritia fefellit. Alii dicunt parum eum promisisse. 2 Ob eam rem Neptunus cetum misit qui Troiam vexaret; ob quam causam rex ad Apollinem misit consultum. Apollo iratus ita respondit, si Troianorum virgines ceto religatae fuissent, finem pestilentiae futuram. 3 Cum complures consumptae essent et Hesionae sors exisset et petris religata esset, Hercules et Telamon, cum Colchos Argonautae irent, eodem venerunt et cetum interfecerunt, Hesionenque patri pactis legibus reddunt, ut cum inde rediissent secum in patriam eam abducerent et equos qui super aquas et aristas ambulabant. 4 Quod et ipsum Laomedon fraudavit neque Hesionen reddere voluit; itaque Hercules ad eos navibus comparatis ut Troiam expugnaret venit et Laomedontem necavit et Podarci filio eius infanti regnum dedit, qui postea Priamus est appellatus ἀπὸ τοῦ πρίασϑαι. 5 Hesionen reciperatam Telamoni concessit in
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pito con suo padre. 7 Una volta arrivata da Atreo, partorì Egisto e lo espose; ma dei pastori lo diedero da nutrire a una capra, e Atreo ordinò che fosse ricercato e allevato come se fosse suo. 8 Nel frattempo Atreo manda i figli Agamennone e Menelao a cercare Tieste, e andarono a Delfi per consultare l’oracolo. Per caso Tieste era giunto là per avere un oracolo in merito alla vendetta sul fratello; catturato da loro viene portato da Atreo, e Atreo ordinò che fosse imprigionato, convoca Egisto, ritenendo che fosse il proprio figlio, e lo manda a uccidere Tieste. 9 Tieste vide la spada che Egisto brandiva, la riconobbe come quella che aveva perso durante lo stupro e chiese ad Egisto dove l’avesse presa. Egli rispose che gliel’aveva data sua madre Pelopia e la fece venire. 10 Gli rispose di averla sottratta non sapeva a chi durante uno stupro notturno e che da quello stupro aveva concepito Egisto. Allora Pelopia prese la spada, fingendo di volerla osservare, e se la conficcò nel petto. 11 Egisto la tolse sanguinante dal petto della madre e la portò ad Atreo. Quello, pensando che fosse stato ucciso Tieste, era contento, ma Egisto lo uccise sulla spiaggia mentre compiva un sacrificio e riprese il regno avito insieme al padre Tieste. 89 Laomedonte 1 Si racconta che Nettuno e Apollo costruirono le mura attorno a Troia; il re Laomedonte fece voto di immolare a loro tutto il bestiame che in quell’anno fosse nato nel suo regno, ma per avarizia non osservò quel voto. Altri dicono che promise una ricompensa misera. 2 Per questo Nettuno mandò un mostro marino a tormentare Troia; per questo motivo il re mandò a consultare l’oracolo di Apollo. Apollo adirato rispose che la piaga avrebbe avuto fine se fossero state incatenate delle vergini e offerte al mostro. 3 Dopo che molte vergini erano state divorate, era stata estratta a sorte Esione e fu incatenata alle rocce; Ercole e Telamone, mentre come Argonauti viaggiavano verso la Colchide, arrivarono in quel luogo e uccisero il mostro: restituiscono Esione al padre e stabilirono l’accordo che, di ritorno da là, l’avrebbero portata con loro in patria insieme ai cavalli che camminavano sulle acque e sulle spighe. 4 Ma Laomedonte non osservò neanche questo accordo e non volle cedere Esione; e così Ercole tornò da loro dopo aver allestito una flotta per conquistare Troia, uccise Laomedonte e cedette il regno a Podarco, il figlio ancora bambino di quello, che poi fu chiamato Priamo da πρίασϑαι (“essere riscattato”). 5 Prese Esione e la diede in 101
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fabb. 89-92
coniugium, ex qua natus est Teucer. 90 Priami filii et filiae numero LIV 1 Hector, Deiphobus, Cebriones, Polydorus, Helenus, Alexander, 2 Hipposidus, Antinous, Agathon, Dius, Mestor, Lyside, Polymena, Ascanius, Chirodamas, Euagoras, Dryops, Astynomus, 3 Polymetus, Laodice, Ethionome, Phegea, Henicea, Demnosia, Cassandra, Philomela, Polites, Troilus, Palaemon, 4 Brissonius, Gorgythion, Protodamas, Aretus, Dolon, Chromius, Eresus, Chrysolaus, Demosthea, Doryclus, Hippasus, Hypirochus, Lysianassa, Iliona, Nereis, Evander, Proneus, 5 Archemachus, Hilagus, Axion, Biantes, Hippotrochus, Deiopites, Medusa, Hero, Creusa. 91 Alexander Paris 1 Priamus Laomedontis filius cum complures liberos haberet ex concubitu Hecubae Cissei sive Dymantis filiae, uxor eius praegnans in quiete vidit se facem ardentem parere, ex qua serpentes plurimos exisse. 2 Id visum omnibus coniectoribus cum narratum esset, imperant quicquid pareret necaret, ne id patriae exitio foret. 3 Postquam Hecuba peperit Alexandrum, datur interficiendus, quem satellites misericordia exposuerunt; eum pastores pro suo filio repertum expositum educarunt eumque Parim nominaverunt. 4 Is cum ad puberem aetatem pervenisset, habuit taurum in deliciis; quo cum satellites missi a Priamo ut taurum aliquis adduceret venissent, qui in athlo funebri quod ei fiebat poneretur, coeperunt Paridis taurum abducere. 5 Qui persecutus est eos et inquisivit quo eum ducerent; illi indicant se eum ad Priamum adducere qui vicisset ludis funebribus Alexandri. Ille amore incensus tauri sui descendit in certamen et omnia vicit, fratres quoque suos superavit. 6 Indignans Deiphobus gladium ad eum strinxit; at ille in aram Iovis Hercei insiluit; quod cum Cassandra vaticinaretur eum fratrem esse, Priamus eum agnovit regiaque recepit.
92 Paridis iudicium 1 Iovis cum Thetis Peleo nuberet ad epulum dicitur omnis deos convocasse excepta Eride, id est Discordia, quae cum postea supervenisset nec admitteretur ad epulum, ab ianua misit in medium 102
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moglie a Telamone, e da lei nacque Teucro. 90 I 54 figli e figlie di Priamo 1 Ettore, Deifobo, Cebrione, Polidoro, Eleno, Alessandro, 2 Ipposido, Antinoo, Agatone, Dio, Mestore, Liside, Polimena, Ascanio, Chirodamante, Evagora, Driope, Astinomo, 3 Polimeto, Laodice, Etionome, Fegea, Enicea, Demnosia, Cassandra, Filomela, Polite, Troilo, Palemone, 4 Brissonio, Gorgitione, Protodamante, Areto, Dolone, Cromio, Ereso, Crisolao, Demostea, Doriclo, Ippaso, Ipiroco, Lisianassa, Ilione, Nereide, Evandro, Proneo, 5 Archemaco, Ilago, Assione, Biante, Ippotroco, Deiopite, Medusa, Ero, Creusa.
91 Alessandro Paride 1 Priamo, figlio di Laomedonte, aveva molti figli dal matrimonio con Ecuba, figlia di Cisseo o di Dimante; sua moglie, mentre era incinta, sognò di partorire una fiaccola ardente dalla quale erano usciti moltissimi serpenti. 2 Tutti gli indovini ai quali questo sogno fu raccontato ordinarono di uccidere il bambino una volta partorito, qualunque fosse, per evitare che portasse la patria alla rovina. 3 Dopo che Ecuba partorì Alessandro, questi fu dato ai servi perché fosse ucciso, ma essi per pietà lo esposero; una volta esposto, lo ritrovarono dei pastori, lo allevarono come se fosse figlio loro e lo chiamarono Paride. 4 Giunto alla pubertà, questi si affezionò a un toro; arrivarono lì dei servi mandati da Priamo a prelevare un toro da mettere in palio nei giochi funebri in suo onore e pensarono di prelevare il toro di Paride. 5 Egli li inseguì e chiese dove lo stessero portando; essi gli rivelano che lo portavano da Priamo per il vincitore nei giochi funebri per Alessandro. E lui, spinto dall’affetto per il suo toro, gareggiò e vinse ogni gara, superando anche i suoi fratelli. 6 Indignato, Deifobo impugnò la spada contro di lui, ma quello saltò sull’altare di Giove Erceo; e quando Cassandra vaticinò che quello era loro fratello, Priamo lo riconobbe e lo accolse nella reggia. 92 Il giudizio di Paride 1 Si racconta che Giove, quando si celebrava il matrimonio di Peleo e Teti, avesse invitato al banchetto tutti gli dei tranne Eris, cioè la Discordia; al suo arrivo, siccome non veniva ammessa al banchetto, 103
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fabb. 92-95
malum, dicit quae esset formosissima attolleret. 2 Iuno, Venus, Minerva formam sibi vindicare coeperunt, inter quas magna discordia orta, Iovis imperat Mercurio ut deducat eas in Ida monte ad Alexandrum Paridem eumque iubeat iudicare. 3 Cui Iuno, si secundum se iudicasset, pollicita est in omnibus terris eum regnaturum, divitem praeter ceteros praestaturum; Minerva, si inde victrix discederet, fortissimum inter mortales futurum et omni artificio scium; Venus autem Helenam Tyndarei filiam formosissimam omnium mulierum se in coniugium dare promisit. 4 Paris donum posterius prioribus anteposuit Veneremque pulcherrimam esse iudicavit; ob id Iuno et Minerva Troianis fuerunt infestae. 5 Alexander Veneris impulsu Helenam a Lacedaemone ab hospite Menelao Troiam abduxit eamque in coniugio habuit cum ancillis duabus Aethra et Thisadie, quas Castor et Pollux captivas ei assignarant, aliquando reginas.
93 Cassandra Cassandra Priami et Hecubae filia in Apollinis fano ludendo lassa obdormisse dicitur; quam Apollo cum vellet comprimere, corporis copiam non fecit. Ob quam rem Apollo fecit ut cum vera vaticinaretur fidem non haberet.
94 Anchisa Venus Anchisam Assaraci filium amasse et cum eo concubuisse dicitur, ex quo procreavit Aeneam, eique praecepit ne id apud homines enuntiaret. Quod Anchises inter sodales per vinum est elocutus. Ob id a Iove fulmine est ictus. Quidam dicunt eum sua morte obisse. 95 Ulixes 1 Agamemnon et Menelaus Atrei filii cum ad Troiam oppugnandam coniuratos duces ducerent, in insulam Ithacam ad Ulixem Laertis filium venerunt, cui erat responsum, si ad Troiam isset, post vicesimum annum solum sociis perditis egentem domum rediturum. 2 Itaque cum sciret ad se oratores venturos, insaniam simulans pileum sumpsit et equum cum bove iunxit ad aratrum. Quem 104
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dalla porta scagliò una mela fra loro invitando la più bella a prendersela. 2 Giunone, Venere e Minerva cominciarono a rivendicare a sé la bellezza: sorta fra loro una grande lite, Giove ordina a Mercurio di portarle sul monte Ida da Alessandro Paride e di ordinare a quest’ultimo di esprimere il giudizio. 3 Giunone gli promise che, se avesse giudicato in suo favore, avrebbe regnato su tutte le terre e sarebbe diventato ricco più di ogni altro; Minerva che, se avesse lasciato il campo da vincitrice, sarebbe stato il più forte dei mortali ed esperto in ogni arte; Venere infine promise di dargli in moglie Elena, figlia di Tindaro, la donna più bella di tutte. 4 Paride preferì l’ultimo dono ai primi due e giudicò che la più bella era Venere; per questo motivo Giunone e Minerva furono ostili ai Troiani. 5 Con l’aiuto di Venere Alessandro rapì Elena da Sparta dov’era ospite da Menelao, la portò a Troia e la prese in moglie; con lei due ancelle, Etra e Tisadie, che un tempo erano regine e che Castore e Polluce le avevano dato come prigioniere. 93 Cassandra Si racconta che Cassandra, figlia di Priamo ed Ecuba, giocando nel bosco sacro ad Apollo, si addormentò per la stanchezza; Apollo allora cercò di violentarla ma quella gli negò il suo corpo. Per questo motivo Apollo fece sì che lei profetizzasse cose vere ma non fosse creduta. 94 Anchise Si racconta che Venere si innamorò di Anchise, figlio di Assaraco, e giacque con lui concependo Enea, ma gli ordinò di non rivelarlo agli uomini. Però Anchise ubriaco raccontò tutto ai suoi amici. Per questo motivo fu colpito dal fulmine di Giove; secondo alcune fonti morì di morte naturale. 95 Ulisse 1 Quando Agamennone e Menelao, figli di Atreo, guidavano gli alleati alla conquista di Troia, giunsero all’isola di Itaca da Ulisse, figlio di Laerte; a lui era stato predetto che, se fosse andato a Troia, sarebbe tornato in patria dopo vent’anni, solo, avendo perso i compagni, e povero. 2 E così, sapendo che sarebbero andati da lui gli ambasciatori, si finse pazzo, si mise in testa il pileo e aggiogò 105
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fabb. 95-97
Palamedes ut vidit, sensit simulare atque Telemachum filium eius cunis sublatum aratro ei subiecit et ait «Simulatione deposita inter coniuratos veni». Tunc Ulixes fidem dedit se venturum; ex eo Palamedi infestus fuit. 96 Achilles 1 Thetis Nereis cum sciret Achillem filium suum quem ex Peleo habebat, si ad Troiam expugnandam isset, periturum, commendavit eum in insulam Scyron ad Lycomedem regem, quem ille inter virgines filias habitu femineo servabat nomine mutato; nam virgines Pyrrham nominarunt, quoniam capillis flavis fuit et Graece rufum pyrrhon dicitur. 2 Achivi autem cum rescissent ibi eum occultari, ad regem Lycomeden oratores miserunt qui rogarent ut eum adiutorium Danais mitteret. Rex cum negaret apud se esse, potestatem eis fecit, ut in regia quaererent. 3 Qui cum intellegere non possent quis esset eorum, Ulixes in regio vestibulo munera feminea posuit, in quibus clipeum et hastam, et subito tubicinem iussit canere armorumque crepitum et clamorem fieri iussit. 4 Achilles hostem arbitrans adesse vestem muliebrem dilaniavit atque clipeum et hastam arripuit. Ex hoc est cognitus suasque operas Argivis promisit et milites Myrmidones.
97 Qui ad Troiam expugnatum ierunt et quot naves 1 Agamemnon Atrei et Aeropes filius Mycenis, navibus centum. Menelaus frater eius Mycenis, navibus LX. 2 Phoenix Amyntoris filius Argiuus, navibus L. Achilles Pelei et Thetidis filius insula Scyro, navibus LX. Automedon auriga Achillis Scyro, navibus X. Patroclus Menoetii et Philomelae filius Phthia, navibus X. 3 Aiax Telamonis ex Eriboea filius Salamine, navibus XII. Teucer frater ex Hesiona Laomedontis filia, navibus XII. 4 Ulysses Laertae et Anticliae filius Ithaca, navibus XII. Diomedes Tydei et Deipylae Adrasti filiae filius Argis, navibus XXX. Sthenelus Capanei et Euadnes filius Argis, navibus XXV.
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all’aratro un cavallo insieme al bue. Quando Palamede lo vide, capì che stava fingendo: prese suo figlio Telemaco dalla culla e lo depose sotto all’aratro dicendo: «Smetti di fingere e unisciti agli alleati». Allora Ulisse promise di andare; da quel momento odiò Palamede. 96 Achille 1 La Nereide Teti, sapendo che il figlio che aveva avuto da Peleo, Achille, sarebbe morto se fosse partito alla conquista di Troia, lo affidò al re Licomede sull’isola di Sciro, e questi lo custodiva fra le sue figlie vergini travestito da donna e gli cambiò il nome: infatti le ragazze lo chiamarono Pirra perché aveva i capelli biondi e in greco “fulvo” si dice πυρρός. 2 Quando gli Achei vennero a sapere che si nascondeva lì, mandarono ambasciatori dal re Licomede a chiedergli che lo mandasse a dare aiuto ai Danai. Il re disse che non si trovava da lui e tuttavia diede loro il permesso di cercarlo all’interno della reggia. 3 Siccome essi non riuscivano a distinguere chi fosse fra gli altri, Ulisse depose nell’atrio della reggia dei doni per femmine e fra questi uno scudo e una lancia; ordinò subito al trombettiere di dare il segnale e ordinò di fare rumore e urla di guerra. 4 Achille pensò che stessero arrivando i nemici, si stracciò le vesti femminili e afferrò lo scudo e la lancia. Da questo fu riconosciuto e promise agli Argivi la propria collaborazione e l’esercito dei Mirmidoni. 97 Coloro che partirono alla conquista di Troia e numero delle navi 1 Agamennone, figlio di Atreo ed Erope, da Micene, con cento navi. Menelao, suo fratello, da Micene, con 60 navi. 2 Fenice, figlio di Amintore, da Argo, con 50 navi. Achille, figlio di Peleo e Teti, dall’isola di Sciro, con 10 navi. Automedonte, auriga di Achille, da Sciro, con 10 navi. Patroclo, figlio di Menezio e Filomela, da Ftia, con 10 navi. 3 Aiace, figlio di Telamone ed Eribea, da Salamina, con 12 navi. Teucro, suo fratellastro, figlio di Esione figlia di Laomedonte, con 12 navi. 4 Ulisse, figlio di Laerte e Anticlea, da Itaca, con 12 navi. Diomede, figlio di Tideo e Deipila figlia di Adrasto, da Argo, con 30 navi. Stenelo, figlio di Capaneo ed Evadne, da Argo, con 25 navi. 107
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fab. 97
5 Aiax Oilei et Rhenes nymphae filius Locrus, navibus XX. Nestor Nelei et Chloridis filiae filius Pylius, navibus XC. Thrasymedes frater ex Eurydice Pylius, navibus XV. Antilochus Nestoris filius Pylius, navibus XX. 6 Eurypylus Euaemonis et Opis filius Orchomeno, navibus XL. Machaon Asclepii et Coronidis filius a Tricca, navibus XX. Podalirius frater eius, nauibus IX. 7 Tlepolemus Herculis et Astyoches filius Mycenis, navibus IX. Idomeneus Deucalionis filius a Creta, navibus XL. Meriones Moli et Melphidis filius a Creta, navibus XL. 8 Eumelus Admeti et Alcestis Peliae filiae filius a Perrhaebia, navibus VIII. Philocteta Poeantis et Demonassae filius Meliboea, navibus VII. Peneleus Hippalci et Asteropes filius Boeotia, navibus XII. 9 Leitus Lacreti et Cleobules filius ex Boeotia, navibus XII. Clonius frater eius ex Boeotia, navibus IX. Arcesilaus Areilyci et Theobulae filius ex Boeotia, navibus X. Prothoenor frater ex Thespia, navibus VIII. 10 Ialmenus Lyci et Pernidis filius Argis, navibus XXX. Ascalaphus frater eius Argis, navibus XXX. Schedius Iphiti et Hippolytes filius Argis, navibus XXX. Epistrophus frater eius itidem, navibus X. Elephenor Calchodontis et Imenaretes filius Argis, navibus XXX. 11 Menestheus † oeae filius Athenis, navibus L. Agapenor Ancaei et † Iotis filius Arcadia, navibus LX. Amphimachus Cteati filius Elea, navibus X. Eurytus Pallantis et Diomedae filius Argis, navibus XV. Amarynceus Onesimachi filius Mycenis, navibus XIX. Polyxenus Agasthenis et Peloridis filius Aetolia, navibus XL. 12 Meges Phylei et Eustyoches filius a Dulichio, navibus LX. Thoas Andraemonis et Gorgidis filius Tyto nauibus XV Podarces frater eius itidem, navibus X. 13 Prothous Tenthredonis filius Magnesia, navibus XL. Cycnus Ociti et Aurophites filius Argis, navibus XII. Nireus Charopi et nymphae filius Argis, navibus XVI. 14 Antiphus Thessali et Chalciopes filius Nisyro, navibus XX. Polypoetes Pirithoi et Hippodamiae filius Argis, navibus XX.
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5 Aiace, figlio di Oileo e della ninfa Rene, da Locri, con 20 navi. Nestore, figlio di Neleo e Cloride figlia di Anfione, da Pilo, con 90 navi. Trasimede, suo fratellastro, figlio di Euridice, da Pilo, con 15 navi. Antiloco, figlio di Nestore, da Pilo, con 20 navi. 6 Euripilo, figlio di Evemone e Opi, da Orcomeno, con 40 navi. Macaone, figlio di Asclepio e Coronide, da Tricca, con 20 navi. Podalirio, suo fratello, con 9 navi. 7 Tlepolemo, figlio di Ercole e Astioche, da Micene, con 9 navi. Idomeneo, figlio di Ducalione, da Creta, con 40 navi. Merione, figlio di Molo e Melfide, da Creta, con 40 navi. 8 Eumelo, figlio di Admeto e Alcesti figlia di Pelia, da Perrebia, con 8 navi. Filottete, figlio di Peante e Demonassa, da Melibea, con 7 navi. Penelo, figlio di Ippalco e Asterope, dalla Beozia, con 12 navi. 9 Leito, figlio di Lacreto e Cleobule, dalla Beozia, con 12 navi. Clonio, suo fratello, dalla Beozia, con 9 navi. Arcesilao, figlio di Areilico e Teobule, dalla Beozia, con 10 navi. Protenore, suo fratello, da Tespia, con 8 navi. 10 Ialmeno, figlio di Lico e Pernide, da Argo, con 30 navi. Ascalafo, suo fratello, da Argo, con 30 navi. Schedio, figlio di Ifito e Ippolite, da Argo, con 30 navi. Epistrofio, suo fratello, dalla stessa città, con 10 navi. Elefenore, figlio di Calcodonte e Imenarete, da Argo, con 30 navi. 11 Mnesteo, figlio di …ea, da Atene, con 50 navi. Agapenore, figlio di Anceo e …ioti, dall’Arcadia, con 60 navi. Anfimaco, figlio di Cteato, da Elea, con 10 navi. Eurito, figlio di Pallante e Diomeda, da Argo, con 15 navi. Amarinceo, figlio di Onesimaco, da Micene, con 19 navi. Polisseno, figlio di Agastene e Peloride, dall’Etolia, con 40 navi. 12 Mege, figlio di Fileo ed Eustioche, da Dulichio, con 60 navi. Toante, figlio di Andremone e Gorgide, da Tito, con 15 navi. Podarce, suo fratello, dalla stessa città, con 10 navi. 13 Protoo, figlio di Tentredone, da Magnesia, con 40 navi. Cicno, figlio di Ocito e Aurofite, da Argo, con 12 navi. Nireo, figlio di Caropo e della ninfa , da Argo, con 16 navi. 14 Antifo, figlio di Tessalo e di Calciope, da Nisiro, con 20 navi. Polipete, figlio di Piritoo e Ippodamia, da Argo, con 20 navi. 109
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fabb. 97-99
15 Leonteus Coroni filius a Sicyone, navibus XIX. Calchas Thestoris filius Mycenis augur. Phocus Danai filius architectus. Eurybates et Talthybius internuntii. Diaphorus iudex. Neoptolemus Achillis et Deidamiae filius ab insula Scyro; hic idem Pyrrhus est vocitatus a patre Pyrrha. Summa naves CCXLV. 98 Iphigenia 1 Agamemnon cum Menelao fratre Achaiae delectis ducibus Helenam uxorem Menelai quam Alexander Paris avexerat repetitum ad Troiam cum irent, in Aulide tempestas eos ira Dianae retinebat, quod Agamemnon in venando cervam eius violavit superbiusque in Dianam est locutus. 2 Is cum haruspices convocasset et Calchas se respondisset aliter expiare non posse, nisi Iphigeniam filiam Agamemnonis immolasset, re audita Agamemnon recusare coepit. 3 Tunc Ulysses eum consiliis ad rem pulchram transtulit; idem Ulysses cum Diomede ad Iphigeniam missus est adducendam, qui cum ad Clytaemnestram matrem eius venisset ementitur Ulysses eam Achilli in coniugium dari. 4 Quam cum in Aulidem adduxisset et parens eam immolare vellet, Diana virginem miserata est et caliginem eis obiecit cervamque pro ea supposuit Iphigeniamque per nubes in terram Tauricam detulit ibique templi sui sacerdotem fecit.
99 Auge 1 Auge Alei filia ab Hercule compressa cum partus adesset in monte Parthenio peperit et ibi eum exposuit. Eodem tempore Atalante Iasii filia filium exposuit ex Meleagro natum. 2 Herculis autem filium cerva nutriebat. Hos pastores inventos sustulerunt atque nutrierunt, quibus nomina imposuerunt Herculis filio Telephum, quoniam cerva nutrierat, Atalantes autem Parthenopaeum, quoniam virginem simulans se in monte Parthenio eum exposuerat.
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Miti del mondo classico
15 Leonteo, figlio di Corone, da Sicione, con 19 navi. Calcante, figlio di Testore, da Micene, indovino. Foco, figlio di Danao, architetto. Euribate e Taltibio, araldi. Diaforo, giudice. Neottolemo, figlio di Achille e Deidamia, dall’isola di Sciro; costui è chiamato anche Pirro, dal nome Pirra dato al padre. Totale delle navi: 245. 98 Ifigenia 1 Quando Agamennone, insieme al fratello Menelao e ai condottieri scelti dell’Acaia, erano in partenza verso Troia per riprendere Elena, moglie di Menelao, che Alessandro Paride aveva rapito, a causa dell’ira di Diana una tempesta li tratteneva ad Aulide, perché Agamennone durante una battuta di caccia aveva colpito una cerva di quella e rivolto a Diana aveva parlato con superbia. 2 Egli dunque fece venire gli indovini e Calcante rispose che non poteva espiare in nessun altro modo se non sacrificando la figlia di Agamennnone, Ifigenia; sentita la cosa, Agamennone sulle prime rifiutò. 3 Allora Ulisse con i suoi consigli lo fece propendere per la soluzione giusta: lo stesso Ulisse fu inviato insieme a Diomede a prelevare Ifigenia, e Ulisse, una volta arrivati da Clitemnestra, madre di quella, disse mentendo che doveva essere data in moglie ad Achille. 4 Una volta portata ad Aulide, quando il padre era pronto a sacrificarla, Diana provò pietà della vergine: fece calare la nebbia su di loro, mise una cerva al posto di quella e sulle nubi trasportò Ifigenia nella regione della Tauride, dove ne fece una sacerdotessa nel suo tempio. 99 Auge 1 Auge, figlia di Aleo, fu violentata da Ercole; quando era giunto il momento di partorire, partorì sul monte Partenio e lì espose il neonato. Nello stesso tempo Atalanta, figlia di Iasio, espose il figlio nato da Meleagro. 2 Una cerva nutriva il figlio di Ercole. Li trovarono dei pastori, li presero con sé e li nutrirono: al figlio di Ercole diedero il nome di Telefo, perché lo aveva nutrito una cerva, a quello di Atalanta invece quello di Partenopeo, perché lo aveva esposto sul monte Partenio fingendo di essere vergine.
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fabb. 99-101
3 Ipsa autem Auge patrem suum timens profugit in Moesiam ad regem Teuthrantem, qui cum esset orbus liberis hanc pro filia habuit. 100 Teuthras 1 Teuthrantem regem in Moesia Idas Apharei filius regno privare uoluit; quo cum Telephus Herculis filius ex responso quaerens matrem cum comite Parthenopaeo venisset, huic Teuthras regnum et filiam Augen in coniugium daturum promisit si se ab hoste tutasset. 2 Telephus condicionem regis non praetermisit, cum Parthenopaeo Idam uno proelio superavit; cui rex pollicitam fidem praestitit regnumque et Augen matrem inscientem in coniugium dedit; quae cum mortalem neminem vellet suum corpus violare, Telephum interficere voluit inscia filium suum. 3 Itaque cum in thalamum venissent, Auge ensem sumpsit ut Telephum interficeret. Tum deorum voluntate dicitur draco immani magnitudine inter eos exisse, quo viso Auge ensem proiecit et Telepho inceptum patefecit. 4 Telephus re audita inscius matrem interficere voluit; illa Herculem violatorem suum implorauit et ex eo Telephus matrem agnovit et in patriam suam reduxit.
101 Telephus 1 Telephus Herculis et Auges filius ab Achille in pugna Chironis hasta percussus dicitur. Ex quo vulnere cum in dies taetro cruciatu angeretur, petit sortem ab Apolline quod esset remedium; responsum est ei neminem mederi posse nisi eandem hastam qua vulneratus est. 2 Hoc Telephus ut audivit, ad regem Agamemnonem venit et monitu Clytaemnestrae Orestem infantem de cunabulis rapuit, minitans se eum occisurum nisi sibi Achivi mederentur. 3 Achivis autem, quod responsum erat sine Telephi ductu Troiam capi non posse, facile cum eo in gratiam redierunt et ab Achille petierunt ut eum sanaret. Quibus Achilles respondit se artem medicam non nosse. 4 Tunc Ulysses ait: «Non te dicit Apollo sed auctorem vulneris hastam nominat». Quam cum rasissent, remediatus est. 5 A quo cum peterent ut secum ad Troiam expugnandam iret, non impetrarunt, quod is Laodicen Priami filiam uxorem
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Miti del mondo classico
3 Dal canto suo Auge per paura del padre fuggì in Misia dal re Teutrante, che essendo privo di figli la tenne con sé come una figlia. 100 Teutrante 1 Ida, figlio di Afareo, volle impadronirsi del regno di Teutrante, re della Misia. Telefo, figlio di Ercole, arrivò lì seguendo un oracolo in cerca della madre insieme al suo compagno Partenopeo, e Teutrante gli promise di dargli il regno e la figlia Auge in sposa se l’avesse difeso dal suo nemico. 2 Telefo non respinse l’accordo con il re, e con Partenopeo sconfisse Ida in un duello corpo a corpo; il re rispettò la parola data e gli diede in sposa Auge, madre di quello, che non sapeva nulla. E lei, che non voleva che alcun mortale toccasse il suo corpo, decise di uccidere Telefo, non sapendo che era suo figlio. 3 Così, quando si ritirarono nel talamo, Auge prese la spada per uccidere Telefo. Allora – si racconta – per volere degli dei comparve fra loro un drago di enormi dimensioni, e Auge a quella vista estrasse la spada e rivelò a Telefo le proprie intenzioni. 4 Udito ciò, Telefo voleva uccidere sua madre, ma quella invocò Ercole, che l’aveva violentata, e da questo Telefo la riconobbe come sua madre e la riportò con sé in patria. 101 Telefo 1 Si racconta che Telefo, figlio di Ercole e di Auge, fu colpito in battaglia da Achille con la lancia di Chirone. Siccome a causa di quella ferita ogni giorno di più pativa terribili sofferenze, chiese all’oracolo di Apollo quale fosse il rimedio: gli fu risposto che nessuno poteva sanarlo se non la stessa lancia dalla quale era stato ferito. 2 Udito ciò, Telefo andò dal re Agamennone e, dietro consiglio di Clitemnestra, afferrò dalla culla il piccolo Oreste minacciando di ucciderlo se gli Achei non l’avessero sanato. 3 Gli Achei allora, dato che l’oracolo aveva detto loro che Troia non sarebbe stata conquistata se Telefo non avesse dato loro indicazioni, non fecero fatica a riconciliarsi con lui e chiesero ad Achille di guarirlo. Achille rispose loro di non conoscere l’arte medica, ma Ulisse disse: «Non parla di te Apollo: è la lancia che indica come autore della ferita». Quindi la raschiarono e quello si ristabilì. 5 Gli chiesero allora di andare con loro alla conquista di Troia, ma non l’ottennero perché
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fabb. 101-104
haberet; sed ob beneficium quod eum sanarunt, eos deduxit, locos autem et itinera demonstrauit; inde in Moesiam est profectus.
102 Philoctetes 1 Philoctetes Poeantis et Demonassae filius cum in insula Lemno esset, coluber eius pedem percussit, quem serpentem Iuno miserat, irata ei ob id quia solus praeter ceteros ausus fuit Herculis pyram construere, cum humanum corpus est exutus et ad immortalitatem traditus. 2 Ob id beneficium Hercules suas sagittas divinas ei donavit. Sed cum Achivi ex vulnere taetrum odorem ferre non possent, iussu Agamemnonis regis in Lemno expositus est cum sagittis divinis; quem expositum pastor regis Actoris nomine Iphimachus Dolopionis filius nutrivit. 3 Quibus postea responsum est sine Herculis sagittis Troiam capi non posse. Tunc Agamemnon Ulixem et Diomedem exploratores ad eum misit; cui persuaserunt ut in gratiam rediret et ad expugnandam Troiam auxilio esset eumque secum sustulerunt.
103 Protesilaus 1 Achivis fuit responsum, qui primus litora Troianorum attigisset periturum. Cum Achivi classes applicuissent, ceteris cunctantibus Iolaus Iphicli et Diomedeae filius primus e naui prosilivit, qui ab Hectore confestim est interfectus; quem cuncti appellarunt Protesilaum quoniam primus ex omnibus perierat. 2 Quod uxor Laodamia Acasti filia cum audisset eum perisse, flens petit a diis ut sibi cum eo tres horas colloqui liceret. Quo impetrato a Mercurio reductus tres horas cum eo collocuta est; quod iterum cum obisset Protesilaus, dolorem pati non potuit Laodamia.
104 Laodamia 1 Laodamia Acasti filia amisso coniuge cum tres horas consumpsisset quas a diis petierat, fletum et dolorem pati non potuit. Itaque fecit simulacrum aereum simile Protesilai coniugis et in thalamis posuit sub simulatione sacrorum, et eum colere coepit. 2 Quod
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aveva in moglie Laodice, figlia di Priamo; però, per riconoscenza per il fatto che l’avevano guarito, li indirizzò e cioè indicò loro luoghi e itinerari; poi partì per la Misia. 102 Filottete 1 Quando Filottete, figlio di Peante e di Demonassa, si trovava nell’isola di Lemno, un serpente lo morse a un piede; il serpente l’aveva inviato Giunone, adirata con lui perché era stato l’unico fra tutti che aveva osato costruire la pira di Ercole, quando questi si spogliò del suo corpo umano e si consegnò all’immortalità. 2 Per questo favore Ercole gli donò le proprie frecce divine. Ma siccome gli Achei non potevano sopportare il terribile odore che proveniva dalla ferita, per ordine del re Agamennone fu abbandonato a Lemno con le frecce divine; una volta abbandonato, fu nutrito da un pastore del re Attore di nome Ifimaco, figlio di Dolopione. 3 A questi in seguito l’oracolo disse che Troia non poteva essere conquistata senza le frecce di Ercole. Allora Agamennone mandò da lui in avanscoperta Ulisse e Diomede; lo convinsero a riconciliarsi e ad aiutarli a conquistare Troia, e lo portarono con loro. 103 Protesilao 1 Agli Achei l’oracolo disse che colui che avesse toccato per primo il litorale di Troia sarebbe morto. Quando gli Achei ormeggiarono la flotta, in mezzo all’esitazione generale Iolao, figlio di Ificlo e di Diomedea per primo saltò giù dalla nave e immediatamente fu ucciso da Ettore: tutti lo chiamarono Protesilao, perché era stato il primo fra tutti a morire. 2 Quando sua moglie Laodamia, figlia di Acasto, udì che era morto, in lacrime chiese agli dei la possibilità di incontrarlo per tre ore. Esaudita la richiesta, fu riportato in vita da Mercurio e lei stette con lui per tre ore; quando poi Protesilao morì per la seconda volta, Laodamia non poté sopportare il dolore. 104 Laodamia 1 Laodamia, figlia di Acasto, dopo la perdita del marito, quando ebbe esaurito le tre ore che aveva chiesto agli dei, non poté sopportare pianto e dolore. E così fece costruire una statua di bronzo uguale al marito Protesilao e la collocò nella stanza nuziale con la scusa di riti sacri, e cominciò a venerarla. 2 Una mattina, mentre 115
Igino
fabb. 104-106
cum famulus matutino tempore poma ei attulisset ad sacrificium, per rimam aspexit viditque eam ab amplexu Protesilai simulacrum tenentem atque osculantem; aestimans eam adulterum habere Acasto patri nuntiavit. 3 Qui cum venisset et in thalamos irrupisset, vidit effigiem Protesilai; quae ne diutius torqueretur, iussit signum et sacra pyra facta comburi, quo se Laodamia dolorem non sustinens immisit atque usta est. 105 Palamedes 1 Ulysses quod Palamedis Nauplii dolo erat deceptus, in dies machinabatur quomodo eum interficeret. Tandem inito consilio ad Agamemnonem militem suum misit qui diceret ei in quiete vidisse ut castra uno die moverentur. 2 Id Agamemnon verum existimans castra uno die imperat moveri; Ulysses autem clam noctu solus magnum pondus auri, ubi tabernaculum Palamedis fuerat, obruit, item epistulam conscriptam Phrygi captivo ad Priamum dat perferendam, militemque suum priorem mittit qui eum non longe a castris interficeret. 3 Postero die cum exercitus in castra rediret, quidam miles epistulam quam Ulysses scripserat super cadaver Phrygis positam ad Agamemnonem attulit, in qua scriptum fuit «Palamedi a Priamo missa», tantumque ei auri pollicetur quantum Ulysses in tabernaculum obruerat, si castra Agamemnonis ut ei convenerat proderet. Itaque Palamedes cum ad regem esset productus et factum negaret, in tabernaculum eius ierunt et aurum effoderunt, quod Agamemnon ut vidit, vere factum esse credidit. Quo facto Palamedes dolo Ulyssis deceptus ab exercitu universo innocens occisus est.
106 Hectoris lytra 1 Agamemnon Briseidam Brisae sacerdotis filiam ex Moesia captivam propter formae dignitatem, quam Achilles ceperat, ab Achille abduxit eo tempore quo Chryseida Chrysi sacerdoti Apollinis Zminthei reddidit; quam ob iram Achilles in proelium non prodibat, sed cithara in tabernaculo se exercebat. 2 Quod cum Argivi ab Hectore fugarentur, Achilles obiurgatus a Patroclo arma sua ei tra116
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le portava dei frutti per l’offerta sacra, un servo guardò attraverso una fessura e la vide stringersi in un abbraccio alla statua di Protesilao e baciarla; pensando che lei avesse un amante lo riferì al padre Acasto. 3 Questi andò, fece irruzione nella stanza nuziale e vide la riproduzione di Protesilao: per non farla soffrire più a lungo ordinò di preparare un rogo e di bruciarvi l’immagine e gli oggetti sacri: non resistendo al dolore, Laodamia vi si gettò sopra e fu arsa. 105 Palamede 1 Ulisse, siccome era stato ingannato da un’astuzia di Palamede figlio di Nauplio, di giorno in giorno continuava a escogitare come ucciderlo. Alla fine studiò un piano: mandò da Agamennone un suo soldato per dirgli che aveva sognato che si dovesse togliere l’accampamento per un solo giorno. 2 Agamennone, credendo che fosse vero, ordina di togliere l’accampamento per un solo giorno; allora Ulisse da solo nottetempo di nascosto sotterra una grande quantità di oro dove stava la tenda di Palamede, poi scrive una lettera e la consegna a un prigioniero frigio da portare a Priamo, e poi manda il suo soldato di prima a ucciderlo non lontano dall’accampamento. 3 Il giorno dopo, mentre l’esercito tornava nell’accampamento, un soldato portò ad Agamennone la lettera scritta da Ulisse e deposta sul corpo del frigio, sulla quale era scritto «indirizzata da Priamo a Palamede»: se avesse consegnato l’accampamento di Agamennone, secondo i loro accordi, prometteva tanto oro quanto Ulisse aveva sotterrato nella sua tenda. E così, mentre Palamede era stato portato al cospetto del re e negava il fatto, andarono nella sua tenda e dissotterrarono l’oro: quando Agamennone lo vide, credette che fosse proprio successo così. Per questo fatto Palamede, ingannato da un’astuzia di Ulisse, fu ucciso da tutto l’esercito nonostante fosse innocente. 106 Il riscatto di Ettore 1 Per la sua grande bellezza Agamennone sottrasse ad Achille Briseide, figlia del sacerdote Brise, che Achille aveva portato dalla Misia come prigioniera, e nello stesso tempo restituì Criseide a Crise sacerdote di Apollo Sminteo; adirato per questo fatto, Achille non usciva a combattere ma stava nella sua tenda a suonare la cetra. 2 Siccome gli Argivi erano messi in fuga da Ettore, Achille, rim117
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fabb. 106-108
didit, quibus ille Troianos fugavit aestimantes Achillem esse, Sarpedonemque Iovis et Europae filium occidit. Postea ipse Patroclus ab Hectore interficitur, armaque eius sunt detracta Patroclo occiso. 3 Achilles cum Agamemnone redit in gratiam Briseidamque ei reddidit. Tum contra Hectorem cum inermis prodisset, Thetis mater a Vulcano arma ei impetravit, quae Nereides per mare attulerunt. 4 Quibus armis ille Hectorem occidit astrictumque ad currum traxit circa muros Troianorum, quem sepeliendum cum patri nollet dare, Priamus Iovis iussu duce Mercurio in castra Danaorum venit et filii corpus auro repensum accepit, quem sepulturae tradidit.
107 Armorum iudicium 1 Hectore sepulto cum Achilles circa moenia Troianorum vagaretur ac diceret se solum Troiam expugnasse, Apollo iratus Alexandrum Parin se simulans talum, quem mortalem habuisse dicitur, sagitta percussit et occidit. 2 Achille occiso ac sepulturae tradito Aiax Telamonius quod frater patruelis eius fuit postulavit a Danais ut arma sibi Achillis darent; quae ira Minervae abiurgata sunt ab Agamemnone et Menelao et Ulyssi data. 3 Aiax furia accepta per insaniam pecora sua et se ipsum vulneratum occidit eo gladio quem ab Hectore muneri accepit dum cum eo in acie contendit.
108 Equus Troianus 1 Achivi cum per decem annos Troiam capere non possent, Epeus monitu Minervae equum mirae magnitudinis ligneum fecit eoque sunt collecti Menelaus, Ulysses, Diomedes, Thessander, Sthenelus, Acamas, Thoas, Machaon, Neoptolemus; et in equo scripserunt DANAI MINERVAE DONO DANT castraque transtulerunt Tenedo. 2 Id Troiani cum viderunt arbitrati sunt hostes abisse; Priamus equum in arcem Minervae duci imperavit, feriatique magno opere ut essent edixit; id vates Cassandra cum vociferaretur inesse hostes, fides ei habita non est. 3 Quem in arcem cum statuissent et ipsi noctu lusu atque vino lassi obdormissent, Achivi ex equo
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Miti del mondo classico
proverato da Patroclo, consegnò a quest’ultimo le sue armi, e con esse quello mise in fuga troiani, che pensavano che fosse Achille, e uccise Sarpedone, figlio di Giove ed Europa. Poi Patroclo stesso venne ucciso da Ettore, che tolse al cadavere di Patroclo le armi di quello. 3 Achille si riconciliò con Agamennone, che gli restituì Briseide. Allora, dato che era uscito ad affrontare Ettore ed era privo di armi, sua madre Teti ottenne per lui nuove armi da Vulcano e le Nereidi gliele portarono attraversando il mare. 4 Con quelle armi egli uccise Ettore, lo legò al carro e lo trascinò attorno alle mura di Troia; siccome non voleva restituirlo al padre per la sepoltura, Priamo guidato da Mercurio per ordine di Giove si recò all’accampamento dei Danai, riprese il corpo del figlio riscattandolo con oro e gli diede sepoltura. 107 Il giudizio sulle armi 1 Una volta seppellito Ettore, Achille andava in giro attorno le mura di Troia dicendo di aver espugnato Troia da solo; Apollo, adirato con lui, prese le sembianze di Alessandro Paride, lo colpì con una freccia al tallone, che – si racconta – aveva avuto mortale, e lo uccise. 2 Ucciso Achille e datagli sepoltura, Aiace Telamonio chiese ai Danai che gli dessero le armi di Achille perché era suo cugino; ma, a causa dell’ira di Minerva, gli furono negate da Agamennone e Meleao, e furono date a Ulisse. 3 Aiace, impazzito, nella sua follia uccise le proprie pecore e si ferì a morte con la spada che ricevette in dono da Ettore quando lo affrontò sul campo. 108 Il cavallo di Troia 1 Visto che gli Achei in dieci anni non riuscirono a conquistare Troia, per indicazione di Minerva, Epeo costruì un cavallo di legno di grandezza straordinaria e all’interno si raccolsero Menelao, Ulisse, Diomede, Tessandro, Stenelo, Acamante, Toante, Macaone, Neottolemo; sul cavallo scrissero I DANAI OFFRONO QUESTO DONO A MINERVA, quindi trasferirono l’accampamento a Tenedo. 2 Quando i Troiani lo videro, pensarono che i nemici se ne fossero andati; Priamo ordinò che il cavallo fosse trasportato sulla rocca di Minerva e proclamò che si facesse un grande festeggiamento; e sebbene la profetessa Cassandra andasse dicendo che all’interno c’erano i nemici non fu creduta. 3 Dopo che lo collocarono sulla rocca, i Troiani a notte fonda si addormentarono 119
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fabb. 108-110
aperto a Sinone exierunt et portarum custodes occiderunt sociosque signo dato receperunt et Troia sunt potiti.
109 Iliona 1 Priamo Polydorus filius ex Hecuba cum esset natus, Ilionae filiae suae dederunt eum educandum, quae Polymnestori regi Thracum erat nupta, quem illa pro filio suo educavit; Deipylum autem, quem ex Polymnestore procreaverat, pro suo fratre educavit, ut, si alteri eorum quid foret, parentibus praestaret. 2 Sed cum Achivi Troia capta prolem Priami exstirpare vellent, Astyanacta Hectoris et Andromachae filium de muro deiecerunt et ad Polymnestorem legatos miserunt, qui ei Agamemnonis filiam nomine Electram pollicerentur in coniugium et auri magnam copiam, si Polydorum Priami filium interfecisset. 3 Polymnestor legatorum dicta non repudiavit Deipylumque filium suum imprudens occidit arbitrans se Polydorum filium Priami interfecisse. 4 Polydorus autem ad oraculum Apollinis de parentibus suis sciscitatum est profectus, cui responsum est patriam incensam, patrem occisum, matrem in servitute teneri. 5 Cum inde rediret et vidit aliter esse ac sibi responsum fuit se Polymnestoris esse filium, ab sorore Ilionea inquisivit quid ita aliter sortes dixissent; cui soror quid veri esset patefecit et eius consilio Polymnestorem luminibus privavit atque interfecit.
110 Polyxena Danai victores cum ab Ilio classem conscenderent et vellent in patriam suam quisque reverti et praedam quisque sibi duceret, ex sepulcro vox Achillis dicitur praedae partem expostulasse. Itaque Danai Polyxenam Priami filiam, quae virgo fuit formosissima, propter quam Achilles cum eam peteret et ad colloquium venisset ab Alexandro et Deiphobo est occisus, ad sepulcrum eius eam immolaverunt.
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Miti del mondo classico
stremati dal divertimento e dal vino; gli Achei allora uscirono dal cavallo aperto da Sinone: uccisero le sentinelle alle porte, dopo un segnale convenuto aprirono ai loro compagni e conquistarono Troia. 109 Ilione 1 Quando a Priamo ed Ecuba nacque un figlio, Polidoro, lo diedero da allevare alla loro figlia Ilione, che era sposata con Polimnestore, re di Tracia, e lei lo allevò come se fosse il proprio figlio, e allevò come se fosse suo fratello Deipilo, il figlio che aveva avuto da Polimnestore, in modo che, se fosse accaduto qualcosa a uno dei due, ai genitori restasse l’altro. 2 Ma gli Achei, una volta conquistata Troia, volendo cancellare la progenie di Priamo, gettarono dalle mura Astianatte, figlio di Ettore e Andromaca, e mandarono degli ambasciatori da Polimnestore per promettergli in moglie la figlia di Agamennone, che si chiamava Elettra, e una grande quantità di oro se avesse ucciso il figlio di Priamo Polidoro. 3 Polimnestore non rifiutò l’offerta degli ambasciatori e, senza rendersene conto, uccise il proprio figlio Deipilo credendo di aver ucciso Polidoro, il figlio di Priamo. 4 Polidoro poi partì per interrogare l’oracolo di Apollo in merito ai propri genitori: il responso fu che la patria era stata incendiata, il padre ucciso e la madre ridotta in schiavitù. 5 Al suo ritorno, si rese conto che la situazione era diversa da quanto gli era stato detto dall’oracolo, perché riteneva di essere figlio di Polimnestore; chiese allora alla sorella Ilione come mai l’oracolo aveva dato un responso così diverso, e la sorella gli rivelò quale fosse la verità: allora consigliato da lei accecò Polimnestore e quindi lo uccise. 110 Polissena Si racconta che, quando i Danai vincitori stavano partendo con la flotta da Ilio con l’intenzione di tornare ciascuno nella propria patria portando ciascuno con sé il proprio bottino, la voce di Achille dalla tomba pretese la propria parte di bottino. E così i Danai immolarono sulla sua tomba la figlia di Priamo Polissena, che era una ragazza bellissima: infatti Achille era stato ucciso da Alessandro e Deifobo quando stava andando a un incontro con lei perché la voleva conquistare.
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fabb. 111-113
111 Hecuba Ulysses Hecubam Cissei filiam, vel ut alii auctores dicunt Dymantis, Priami uxorem, Hectoris matrem, in servitutem cum duceret, illa in Hellespontum mare se praecipitavit et canis dicitur facta esse, unde et Cyneum est appellatum. 112 Provocantes inter se qui cum quo dimicarint 1 Menelaus cum Alexandro, Alexandrum Venus eripuit. Diomedes cum Aenea, Aeneam servavit Venus. Idem cum Glauco, inde hospitio cognito discesserunt. Idem cum Pandaro et Glauco alio, Pandarus et Glaucus occiduntur. 2 Aiax cum Hectore, donificantes discessere; Aiax Hectori donavit balteum, unde est tractus, Hector Aiaci gladium, unde se interfecit. Patroclus cum Sarpedone, Sarpedon occiditur. 3 Menelaus cum Euphorbo, Euphorbus occiditur, qui postea Pythagoras est factus et meminit suam animam in corpora transisse. Achilles cum Asteropaeo, Asteropaeus occiditur. 4 Idem cum Hectore, Hector occiditur. Idem cum Aenea, Aeneas fugatur. Idem cum Agenore, Agenorem servavit Apollo. Idem cum Penthesilea Amazone Martis et Otrerae filia, Penthesilea occiditur. Antilochus cum Memnone, Antilochus occiditur. Achilles cum Memnone, Memnon occiditur. Philoctetes cum Alexandro, Alexander occiditur. Neoptolemus cum Eurypylo, Eurypylus occiditur.
113 Nobilem quem quis occidit 1 Achillem Apollo Alexandri figura. Hector Protesilaum, idem Antilochum. Agenor Elephenorem, idem Clonium. Deiphobus Ascalaphum, idem Autonoum. 2 Aiax Hippodamum, idem Chromium. Agamemnon Iphidamantem, idem Glaucum. 122
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111 Ecuba Mentre Ulisse portava via come schiava Ecuba, figlia di Cisseo (o, secondo altre fonti, di Dimante), moglie di Priamo, madre di Ettore, lei si precipitò nell’Ellesponto: si racconta che si trasformò in cagna e da questo è venuto il nome di Cineo. 112 Coloro che combatterono in duello e loro avversari 1 Menelao con Alessandro: Venere portò via Alessandro. Diomede con Enea: Venere salvò Enea. Sempre lui con Glauco: poi, dopo aver riconosciuto legami di ospitalità fra loro, abbandonarono il campo. Sempre lui con Pandaro e un altro Glauco: Pandaro e Glauco vengono uccisi. 2 Aiace con Ettore: abbandonarono il campo scambiandosi doni (Aiace donò a Ettore una cintura, con la quale fu trascinato, Ettore ad Aiace una spada, con la quale si uccise). Patroclo con Sarpedone: Sarpedone viene ucciso. 3 Menelao con Euforbo: Euforbo viene ucciso, e in seguito rinacque come Pitagora e ricordò che la propria anima era passata attraverso altri corpi. Achille con Asteropeo: Asteropeo viene ucciso. 4 Sempre lui con Ettore: Ettore viene ucciso. Sempre lui con Enea: Enea viene messo in fuga. Sempre lui con Agenore: Apollo salvò Agenore. Sempre lui con l’amazzone Pentesilea, figlia di Marte e Otrera: Pentesilea viene uccisa. Antiloco con Memnone: Antiloco viene ucciso. Achille con Memnone: Memnone viene ucciso. Filottete con Alessandro: Alessandro viene ucciso. Neottolemo con Euripilo: Euripilo viene ucciso. 113 Eroi che ne uccisero altri 1 Apollo, sotto le sembianze di Alessandro, uccise Achille. Ettore Protesilao e, sempre lui, Antiloco. Agenore Elefenore e, sempre lui, Clonio. Deifobo Ascalafo e, sempre lui, Autonoo. 2 Aiace Ippodamo e, sempre lui, Cromio. Agamennone Ifidamante e, sempre lui, Glauco. 123
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Aiax Locrus Gargasum, idem † Gavium. Diomedes Dolonem, idem Rhesum. Eurypylus Nireum, idem Machaonem. Sarpedon Tlepolemum, idem Antiphum. Achilles Troilum. Menelaus Deiphobum. Achilles Astynomum, idem Pylaemenem. Neoptolemus Priamum. 114 Achivi qui quot occiderunt Achilles numero LXXII. Antilochus numero II. Protesilaus numero IV. Peneleus numero II. Eurypylus numero I. Aiax Oilei numero XXIV. Thoas numero II. Leitus numero XX. Thrasymedes numero II. Agamemnon numero XVI. Diomedes numero XVIII. Menelaus VIII. Philocteta numero III. Meriones numero VII. Ulysses numero XII. Idomeneus numero XIII. Leonteus numero V. Aiax Telamonius numero XXVIII. Patroclus numero LIII. Polypoetes numero I. Teucer numero XXX. Neoptolemus VI. Fit numerus CCCLXII. 115 Troiani qui quot occiderunt Hector numero XXXI. Alexander numero III. Sarpedon numero II. 124
fabb. 113-115
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Aiace di Locri Gargaso e, sempre lui, † Gavio. Diomede Dolone e, sempre lui, Reso. Euripilo Nireo e, sempre lui, Macaone. Sarpedone Tlepomeno e, sempre lui, Antifo. Achille Troilo. Menelao Deifobo. Achille Antinomo e, sempre lui, Pilemene. Neottolemo Priamo. 114 Achei uccisori e numero degli uccisi Achille: 72. Antiloco: 2. Protesilao: 4. Penelo: 2. Euripilo: 1. Aiace Oileo: 24. Toante: 2. Leito: 20. Trasimede: 2. Agamennone: 16. Diomede: 18. Menelao: 8. Filottete: 3. Merione: 7. Ulisse: 12. Idomeneo: 13. Leonteo: 5. Aiace Telamonio: 28. Patroclo: 53. Polipete: 1. Teucro: 30. Neottolemo: 6. In totale: 362. 115 Troiani uccisori e numero degli uccisi Ettore: 31. Alessandro: 3. Sarpedone: 2. 125
Igino
fabb. 115-117
Panthous numero IV. Gargasus numero II. Glaucus numero IV. Polydamas numero III. Aeneas numero XXVIII. Deiphobus numero IV. Clytus numero III. Acamas numero I. Agenor numero II. Fit numerus LXXXVIII. 116 Nauplius 1 Ilio capto et divisa praeda Danai cum domum redirent, ira deorum, quod fana spoliaverant et quod Cassandram Aiax Locrus a signo Palladio abripuerat, tempestate et flatibus adversis ad saxa Capharea naufragium fecerunt. 2 In qua tempestate Aiax Locrus fulmine est a Minerva ictus, quem fluctus ad saxa illiserunt, unde Aiacis petrae sunt dictae; ceteri noctu cum fidem deorum implorarent, Nauplius audivit sensitque tempus venisse ad persequendas filii sui Palamedis iniurias. 3 Itaque tamquam auxilium eis afferret, facem ardentem eo loco extulit quo saxa acuta et locus periculosissimus erat; illi credentes humanitatis causa id factum naves eo duxerunt, quo facto plurimae earum confractae sunt militesque plurimi cum ducibus tempestate occisi sunt membraque eorum cum visceribus ad saxa illisa sunt; si qui autem potuerunt ad terram natare, a Nauplio interficiebantur. 4 At Ulixem ventus detulit ad Maronem, Menelaum in Aegyptum, Agamemnon cum Cassandra in patriam pervenit.
117 Clytaemnestra 1 Clytaemnestra Tyndarei filia Agamemnonis uxor cum audisset ab Oeace Palamedis fratre Cassandram sibi paelicem adduci, quod ementitus est ut fratris iniurias exsequeretur, tunc Clytaemnestra cum Aegistho filio Thyestis cepit consilium, ut Agamemnonem et Cassandram interficeret, quem sacrificantem securi cum Cassandra interfecerunt. 2 At Electra Agamemnonis filia Orestem fratrem
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Pantoo: 4. Gargaso: 2. Glauco: 4. Polidamante: 3. Enea: 28. Deifobo: 4. Clito: 3. Acamante: 1 Agenore: 2. In totale: 88. 116 Nauplio 1 Dopo la conquista di Ilio e la spartizione del bottino, quando i Danai tornavano in patria, a causa dell’ira degli dei perché avevano depredato i templi e Aiace di Locri aveva strappato Cassandra dalla statua di Pallade, una tempesta e i venti contrari li fecero naufragare sugli scogli Cafarei. 2 In quella tempesta Aiace di Locri fu colpito con un fulmine da Minerva e le onde lo sbatterono contro gli scogli che ora sono chiamati rocce di Aiace; mentre gli altri di notte imploravano l’aiuto degli dei, Nauplio lì udì e comprese che era venuto il momento di vendicare l’affronto subito da suo figlio Palamede. 3 Così, come per portar loro aiuto, innalzò una torcia accesa nel luogo in cui gli scogli erano appuntiti e il luogo era più pericoloso; quelli pensarono che lo facesse per generosità e diressero le navi là, e per questo parecchie di esse andarono in pezzi e parecchi soldati con i loro comandanti morirono nella tempesta e i loro corpi e i visceri si sfracellarono contro gli scogli; quelli che riuscivano a raggiungere la terraferma a nuoto venivano uccisi da Nauplio. 4 Nonostante ciò, il vento portò Ulisse da Marone e Menelao in Egitto; Agamennone fece ritorno in patria insieme a Cassandra. 117 Clitemnestra 1 Clitemnestra, figlia di Tindaro e moglie di Agamennone, aveva saputo da Eace, fratello di Palamede, che stava per arrivare da lei Cassandra come concubina: egli aveva mentito per vendicare l’affronto subito dal fratello. Allora Clitemnestra, insieme a Egisto, figlio di Tieste, prese la decisione di uccidere Agamennone e Cassandra, e lo uccisero con una scure insieme a Cassandra mentre stava facendo un sacrificio. 2 Ma Elettra, figlia di Agamennone, prese il fratello Oreste, che era un 127
Igino
fabb. 117-120
infantem sustulit, quem demandavit in Phocide Strophio, cui fuit Astyochea Agamemnonis soror nupta. 118 Proteus 1 In Aegypto Proteus senex marinus divinus dicitur fuisse, qui in omnes se figuras convertere solitus erat; quem Menelaus Idotheae filiae eius monitu catena alligavit ut sibi diceret quando domum repetitionem haberet. 2 Quem Proteus edocuit iram deorum esse quod Troia esset devicta, ideoque id fieri debere quod hecatombe Graece dicitur, cum centum armenta occiduntur. Itaque Menelaus hecatomben fecit. Tunc demum post octavum annum quam ab Ilio decesserat cum Helena in patriam redit.
119 Orestes 1 Orestes Agamemnonis et Clytaemnestrae filius postquam in puberem aetatem venit, studebat patris sui mortem exsequi; itaque consilium capit cum Pylade et Mycenas venit ad matrem Clytaemnestram dicitque se Aeolium hospitem esse nuntiatque Orestem esse mortuum, quem Aegisthus populo necandum demandaverat. 2 Nec multo post Pylades Strophii filius ad Clytaemnestram venit urnamque secum affert dicitque ossa Orestis condita esse; quos Aegisthus laetabundus hospitio recepit. 3 Qui occasione capta Orestes cum Pylade noctu Clytaemnestram matrem et Aegisthum interficiunt. Quem Tyndareus cum accusaret, Oresti a Mycenensibus fuga data est propter patrem; quem postea furiae matris exagitarunt.
120 Iphigenia Taurica 1 Orestem furiae cum exagitarent, Delphos sciscitatum est profectus, quis tandem modus esset aerumnarum. Responsum est, ut in terram Taurinam ad regem Thoantem patrem Hypsipyles iret indeque de templo Dianae signum Argos afferret; tunc finem fore malorum. 2 Sorte audita cum Pylade Strophii filio sodale suo navem conscendit celeriterque ad Tauricos fines devenerunt, quorum fuit institutum ut qui intra fines eorum hospes venisset templo Dianae immolaretur. 3 Ubi Orestes et Pylades cum in spelunca
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bambino piccolo, e lo portò in Focide a Strofio, che era sposato con la sorella di Agamennone Astiochea. 118 Proteo 1 Si racconta che Proteo, il vecchio indovino del mare che era solito assumere tutte le forme, dimorasse in Egitto; Menelao, consigliato da sua figlia Idotea, lo immobilizzò con una catena perché gli dicesse quando sarebbe ritornato a casa. 2 Proteo gli rivelò che gli dei erano adirati perché Troia era stata conquistata, e per questo si doveva compiere quello che in greco si chiama ecatombe, quando vengono immolati cento animali. E così Menelao fece un’ecatombe. Allora finalmente sette anni dopo la sua partenza da Troia fece ritorno in patria insieme a Elena. 119 Oreste 1 Oreste, figlio di Agamennone e Clitemnestra, una volta raggiunta la pubertà cercava il modo di vendicare la morte di suo padre; così si accorda con Pilade e va a Micene dalla madre Clitemnestra, le dice di essere un forestiero venuto dall’Eolia e le annuncia che Oreste, che Egisto aveva invitato il popolo a uccidere, era morto. 2 Non molto dopo arriva da Clitemnestra Pilade, figlio di Strofio, portando con sé un’urna e dicendo che lì erano raccolte le ossa di Oreste; Egisto soddisfatto concede l’ospitalità a entrambi. 3 Sfruttando la circostanza, Oreste insieme a Pilade di notte uccide la madre Clitemnestra ed Egisto. E quando Tindaro lo citò in giudizio, gli abitanti di Micene fecero fuggire Oreste per riguardo a suo padre, ma in seguito lo perseguitarono le Furie della madre. 120 Ifigenia in Tauride 1 Dal momento che le Furie lo perseguitavano, Oreste andò a Delfi per chiedere all’oracolo quando arrivasse finalmente il termine delle sue sciagure. Gli fu risposto di andare in Tauride dal re Toante, padre di Ispipile, e da lì portare ad Argo la statua di Diana prendendola dal tempio: allora i suoi mali avrebbero avuto fine. 2 Udito l’oracolo salpò in nave insieme al suo compagno Pilade, figlio di Strofio, e velocemente giunsero nella regione Taurica: qui vigeva la consuetudine che se qualche forestiero giungeva in quella regione veniva immolato nel tempio di Diana. 3 Oreste e Pilade allora si rifugiarono in una grotta 129
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fabb. 120-122
se tutarentur et occasionem captarent, a pastoribus deprehensi ad regem Thoantem sunt deducti. Quos Thoas suo more vinctos in templum Dianae ut immolarentur duci iussit, ubi Iphigenia Orestis soror fuit sacerdos; eosque ex signis atque argumentis qui essent, quid venissent, postquam resciit, abiectis ministeriis ipsa coepit signum Dianae avellere. 4 Quo rex cum intervenisset et rogitaret cur id faceret, illa ementita est dicitque eos sceleratos signum contaminasse; quod impii et scelerati homines in templum essent adducti, signum expiandum ad mare ferri oportere et iubere eum interdicere civibus ne quis eorum extra urbem exiret. 5 Rex sacerdoti dicto audiens fuit; occasione Iphigenia nacta signo sublato cum fratre Oreste et Pylade in navem ascendit ventoque secundo ad insulam Zminthen ad Chrysen sacerdotem Apollinis delati sunt.
121 Chryses 1 Agamemnon cum ad Troiam iret, Achilles in Moesiam venit et Chryseidam Apollinis sacerdotis filiam adduxit eamque Agamemnoni dedit in coniugium; quod cum Chryses ad Agamemnonem deprecandum venisset ut sibi filiam suam redderet, non impetravit. 2 Ob id Apollo exercitum eius partim fame prope totum consumpsit, itaque Agamemnon Chryseida gravidam sacerdoti remisit, quae cum diceret se ab eo intactam esse, suo tempore peperit Chrysen iuniorem et dixit se ab Apolline concepisse. 3 Postea Chryses Thoanti eos cum reddere vellet, Chryses audiit senior Agamemnonis Iphigeniam et Orestem filios esse; † qui Chrysi filio suo quid veri esset patefecit, eos fratres esse et Chrysen Agamemnonis filium esse. Tum Chryses re cognita cum Oreste fratre Thoantem interfecit et inde Mycenas cum signo Dianae incolumes pervenerunt.
122 Aletes 1 Ad Electram, Agamemnonis et Clytaemnestrae filiam, sororem Orestis, nuntius falsus venit fratrem cum Pylade in Tauricis Dianae esse immolatos. Id Aletes Aegisthi filius cum rescisset ex Atridarum genere neminem superesse, regnum Mycenis obtine130
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e cercavano di cogliere il momento opportuno, ma furono sorpresi da pastori e portati dal re Toante. Toante, secondo la sua consuetudine, ordinò di legarli e di portarli al tempio di Diana, dove la sacerdotessa era la sorella di Oreste Ifigenia, perché fossero immolati; questa, dopo che da indizi e domande comprese chi erano e perché erano venuti, interruppe i riti che stava svolgendo e cominciò lei stessa a rimuovere la statua di Diana. 4 Quando il re arrivò lì e le chiese perché lo stesse facendo, lei mentendo disse che quegli scellerati avevano contaminato la statua; siccome uomini empi e scellerati erano stati introdotti nel tempio, bisognava portare la statua al mare per purificarla, e lui doveva decretare ai cittadini che nessuno di loro uscisse dalla città. 5 Il re obbedì alle parole della sacerdotessa; Ifigenia, colto il momento opportuno, prese la statua, si imbarcò con il fratello Oreste e con Pilade e con il vento a favore furono portati all’isola di Sminte da Crise, sacerdote di Apollo. 121 Crise 1 Mentre Agamennone andava a Troia, Achille lo raggiunse in Misia e vi portò Criseide, la figlia del sacerdote di Apollo e la diede in moglie ad Agamennone; e quando Crise andò da Agamennone a implorare che gli restituisse la figlia non lo ottenne. 2 Per questo Apollo sterminò quasi tutto esercito di quello in parte per una carestia e in parte per una pestilenza, e così Agamennone rimandò al sacerdote Criseide gravida: questa, sebbene dicesse che non era stata toccata da lui, allo scadere del tempo partorì Crise il Giovane e disse di averlo concepito da Apollo. 3 In seguito, quando Crise voleva riconsegnare costoro a Toante, Crise il Vecchio sentì che Ifigenia e Oreste erano figli di Agamennone; egli rivelò a suo figlio Crise la verità, che essi erano suoi fratelli e che lui era figlio di Agamennone. Allora Crise, scoperta la cosa, insieme al fratello Oreste uccise Toante e di lì arrivarono sani e salvi a Micene con la statua di Diana.
122 Alete 1 A Elettra, figlia di Agamennone e Clitemnestra e sorella di Oreste, giunse la falsa notizia che il fratello era stato immolato a Diana insieme a Pilade nella regione Taurica. Quando Alete, figlio di Egisto, venne a sapere che della stirpe degli Atridi non era sopravvissuto nessuno, volle 131
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fabb. 122-124
re coepit. 2 At Electra de fratris nece Delphos sciscitatum est profecta; quo cum venisset, eodem die Iphigenia cum Oreste venit eo. Idem nuntius qui de Oreste dixerat, dixit Iphigeniam fratris interfectricem esse. 3 Electra ubi audivit id, truncum ardentem ex ara sustulit voluitque inscia sorori Iphigeniae oculos eruere, nisi Orestes intervenisset. Cognitione itaque facta Mycenas venerunt et Aleten Aegisthi filium Orestes interfecit et Erigonam ex Clytaemnestra et Aegistho natam voluit interficere, sed Diana eam rapuit et in terram Atticam sacerdotem fecit. 4 Orestes autem Neoptolemo interfecto Hermionen Menelai et Helenae filiam adductam coniugem duxit; Pylades autem Electram Agamemnonis et Clytaemnestrae filiam duxit.
123 Neoptolemus 1 Neoptolemus Achillis et Deidamiae filius ex Andromacha Eetionis filia captiva procreauit Amphialum. Sed postquam audivit Hermionen sponsam suam Oresti esse datam in coniugium, Lacedaemonem venit et a Menelao sponsam suam petit. 2 Cui ille fidem suam infirmare noluit Hermionenque ab Oreste adduxit et Neoptolemo dedit. Orestes iniuria accepta Neoptolemum Delphis sacrificantem occidit et Hermionen recuperavit; cuius ossa per fines Ambraciae sparsa sunt, quae est in Epiri regionibus.
124 Reges Achivorum Phoroneus Inachi filius Argus Iovis filius Piranthus Argi filius Triops Piranthi filius Pelasgus Agenoris filius Danaus Beli filius Tantalus Iovis filius Pelops Tantali filius Atreus Pelopis filius Temenus Aristomachi filius Thyestes Pelopis Agamemnon Atrei 132
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occupare il regno di Micene. 2 Elettra però andò a Delfi per interrogare l’oracolo sull’uccisione del fratello; ed era appena arrivata lì che, lo stesso giorno, vi arrivò Ifigenia insieme a Oreste. Lo stesso messaggero che aveva dato la notizia relativa a Oreste disse che era Ifigenia l’assassina del fratello. 3 Quando Elettra lo udì, prese un tizzone ardente dall’ara e avrebbe cavato gli occhi alla sorella Ifigenia, che era innocente, se non si fosse infrapposto Oreste. E così si riconobbero e si recarono a Micene: Oreste uccise Alete, figlio di Egisto, e avrebbe ucciso Erigone, nata da Clitemnestra ed Egisto, ma Diana la sottrasse loro e la fece diventare sacerdotessa in Attica. 4 Oreste poi, ucciso Neottolemo, prese in moglie Ermione, figlia di Menelao ed Elena, che quello gli aveva sottratto; Pilade invece sposò Elettra, figlia di Agamennone e Clitemnestra.
123 Neottolemo 1 Neottolemo, figlio di Achille e Deidamia, generò Anfialo da Andromaca, sua prigioniera, figlia di Eezione. Ma dopo che venne a sapere che Ermione, sua promessa, era stata data in moglie a Oreste, andò a Sparta e chiese a Menelao la sua promessa sposa. 2 Questi non volle mancare alla parola data: sottrasse Ermione a Oreste e la diede a Neottolemo. Subìto l’affronto, Oreste uccise Neottolemo mentre compiva un sacrificio a Delfi e si riprese Ermione; le ossa di quello furono disperse nel territorio di Ambracia, che si trova in Epiro. 124 I re degli Achei Foroneo, figlio di Inaco Argo, figlio di Giove Piranto, figlio di Argo Triope, figlio di Piranto Pelasgo, figlio di Agenore Danao, figlio di Belo Tantalo, figlio di Giove Pelope, figlio di Tantalo Atreo, figlio di Pelope Temeno, figlio di Aristomaco Tieste, figlio di Pelope Agamennone, figlio di Atreo 133
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fabb. 124,125
Aegisthus Thyestis Orestes Agamemnonis Clytus Temeni filius Aletes Aegisthi Tisamenus Orestis Alexander Eurysthei. 125 Odyssea 1 Ulysses cum ab Ilio in patriam Ithacam rediret, tempestate ad Ciconas est delatus, quorum oppidum Ismarum expugnavit praedamque sociis distribuit. 2 Inde ad Lotophagos, homines minime malos, qui loton ex foliis florem procreatum edebant, idque cibi genus tantam suavitatem praestabat ut qui gustabant oblivionem caperent domum reditionis. Ad eos socii duo missi ab Ulysse cum gustarent herbas ab eis datas, ad naves obliti sunt reverti, quos vinctos ipse reduxit. 3 Inde ad Cyclopem Polyphemum Neptuni filium. Huic responsum erat ab augure Telemo Eurymi filio ut caveret ne ab Ulysse excaecaretur. Hic media fronte unum oculum habebat et carnem humanam epulabatur. Qui postquam pecus in speluncam redegerat, molem saxeam ingentem ad ianuam opponebat. 4 Qui Ulyssem cum sociis inclusit sociosque eius consumere coepit. Ulysses cum videret eius immanitati atque feritati resistere se non posse, vino quod a Marone acceperat eum inebriavit seque Utin vocari dixit. 5 Itaque cum oculum eius trunco ardenti exureret, ille clamore suo ceteros Cyclopas convocavit eisque spelunca praeclusa dixit: «Utis me excaecat!». Illi credentes eum deridendi gratia dicere neglexerunt. At Ulixes socios suos ad pecora alligavit et ipse se ad arietem, 6 et ita exierunt ad Aeolum Hellenis filium, cui ab Iove ventorum potestas fuit tradita; is Ulyssem hospitio libere accepit follesque ventorum ei plenos muneri dedit. Socii vero aurum argentumque credentes cum accepissent et secum partiri vellent, folles clam solverunt ventique evolaverunt. Rursum ad Aeolum est delatus, a quo eiectus est, quod videbatur Ulysses numen deorum infestum habere; 7 ad Laestrygonas, quorum rex fuit Antiphates devoravit navesque eius undecim confregit, excepta nave qua sociis eius consumptis evasit 8 in insulam Aenariam ad Circen Solis filiam, quae potione
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Egisto, figlio di Tieste Oreste, figlio di Agamennone Clito, figlio di Temeno Alete, figlio di Egisto Tisameno, figlio di Oreste Alessandro, figlio di Euristeo. 125 Odissea 1 Mentre faceva ritorno a Itaca, sua patria, Ulisse fu portato da una tempesta dai Ciconi: conquistò la loro città, Ismaro, e distribuì il bottino fra i compagni. 2 Di qui arrivò dai Lotofagi, un popolo per nulla ostile: si nutrivano del fiore che cresce dalle foglie del loto, e questo cibo risultava per loro così piacevole che chi l’assaggiava dimenticava di tornare a casa. Due compagni, inviati a loro da Ulisse, dopo aver assaggiato le erbe offertegli da loro si dimenticarono di far ritorno alle navi e fu lui a legarli e a riportarli indietro. 3 Di qui arrivò dal ciclope Polifemo, figlio di Nettuno. A questi era stato predetto dall’indovino Telemo, figlio di Eurimo, di guardarsi da Ulisse per non essere accecato. Egli aveva un solo occhio in mezzo alla fronte e si nutriva di carne umana. Raccoglieva il suo gregge nella sua caverna e poi spingeva un enorme masso roccioso contro l’apertura. 4 Chiuse all’interno Ulisse insieme ai compagni e prese a divorare i suoi compagni. Rendendosi conto di non potersi opporre alle dimensioni e alla ferocia di quello, Ulisse lo fece ubriacare con il vino che aveva avuto in dono da Marone e gli disse di chiamarsi Nessuno. 5 E così, mentre bruciava il suo occhio con un palo incandescente, quello a gran voce chiamo a sé gli altri ciclopi e, siccome la sua caverna era chiusa, disse loro “Nessuno mi acceca!”; e quelli, credendo che lo dicesse per prenderli in giro, lasciarono perdere. Ulisse allora legò i suoi compagni alle pecore e se stesso all’ariete, 6 e così fuggirono e giunsero da Eolo, figlio di Elleno, al quale da Giove fu affidato il potere sui venti. Costui accolse generosamente Ulisse come ospite e gli diede in dono degli otri pieni di venti; ma i compagni, credendo che contenessero oro e argento, li rubarono nell’intenzione di spartirseli, li aprirono di nascosto e i venti volarono via. Tornò allora da Eolo, ma da lui fu cacciato, perché era chiaro che a Ulisse era ostile la potenza degli dei; 7 giunse dai Lestrigoni, il re dei quali era Antifate li divorò e distrusse undici sue navi, tranne la nave sulla quale, dopo la morte dei suoi compagni, fuggì 8 verso l’isola Enaria da Circe, figlia del Sole, 135
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fab. 125
data homines in feras bestias commutabat. Ad quam Eurylochum cum viginti duobus sociis misit, quos illa ab humana specie immutavit. Eurylochus timens, qui non intraverat, inde fugit et Ulyssi nuntiavit, qui solus ad eam se contulit; sed in itinere Mercurius ei remedium dedit monstravitque quomodo Circen deciperet. 9 Qui postquam ad Circen venit et poculum ab ea accepit, remedium Mercurii monitu coniecit ensemque strinxit, minatus nisi socios sibi restitueret, se eam interfecturum. 10 Tunc Circe intellexit non sine voluntate deorum id esse factum; itaque fide data se nihil tale commissuram socios eius ad pristinam formam restituit, ipsa cum eodem concubuit, ex quo filios duos procreavit, Nausithoum et Telegonum. 11 Inde proficiscitur ad lacum Avernum, ad inferos descendit, ibique invenit Elpenorem socium suum, quem ad Circen reliquerat, interrogavitque eum quomodo eo pervenisset; cui Elpenor respondit se ebrium per scalam cecidisse et cervices fregisse et deprecatus est eum, cum ad superos rediret, se sepulturae traderet et sibi in tumulo gubernaculum poneret. 12 Ibi et cum matre Anticlia est locutus de fine errationis suae. Deinde ad superos reversus Elpenorem sepelivit et gubernaculum, ita ut rogaverat, in tumulo ei fixit. 13 Tum ad Sirenas Melpomenes Musae et Acheloi filias venit, quae partem superiorem muliebrem habebant, inferiorem autem gallinaceam. Harum fatum fuit tam diu vivere quam diu earum cantum mortalis audiens nemo praetervectus esset. Ulysses monitus a Circe Solis filia sociis cera aures obturavit seque ad arborem malum constringi iussit et sic praetervectus est. 14 Inde ad Scyllam Typhonis filiam venit, quae superiorem corporis muliebrem, inferiorem ab inguine piscis, et sex canes ex se natos habebat; eaque sex socios Ulyssis nave abreptos consumpsit. 15 In insulam Siciliam ad Solis pecus sacrum venerat, quod socii eius cum coquerent in aeneo mugiebat; monitus id ne attingeret ab Tiresia et a Circe monitus Ulysses; itaque multos socios ob eam causam ibi amisit, ad Charybdinque perlatus, ter die obsorbebat terque eructabat, eam monitu Tiresiae praetervectus est. Sed ira Solis, quod pecus eius erat violatum (cum in insulam eius venisset et monitu Tiresiae vetuerit violari, cum Ulysses condormiret socii involarunt pecus; itaque cum coquerent, carnes
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che somministrava una pozione e trasformava gli uomini in animali selvatici. Inviò da lei Euriloco con ventidue compagni e quella fece loro perdere l’aspetto umano; Euriloco, che non era entrato, scappò via di lì impaurito e lo raccontò a Ulisse, che si recò da lei da solo; durante il cammino però Mercurio gli diede un antidoto e lo istruì su come averla vinta su Circe. 9 Dopo esser giunto da Circe e aver ricevuto da lei il filtro, assunse l’antidoto secondo il consiglio di Mercurio: quindi impugnò la spada e la minacciò di ucciderla se non gli avesse restituito i compagni. 10 Circe allora comprese che ciò non era avvenuto senza il volere degli dei, e così promise che non avrebbe più fatto niente del genere, ridiede l’originario aspetto ai suoi compagni; lei stessa si unì a lui e generò due figli, Nausitoo e Telegono. 11 Di lì si dirige al lago Averno, discende agli inferi e lì trova il suo compagno Elpenore, che aveva lasciato da Circe: gli chiede come mai fosse arrivato lì ed Elpenore gli rispose che era caduto da una scala perché ubriaco e si era rotto la testa; lo implorò quindi di dargli sepoltura, una volta tornato fra i vivi, e di porre un timone sulla sua tomba. 12 Lì inoltre parlò con sua madre Anticlea del termine delle sue peregrinazioni. Poi, tornato fra i vivi, diede sepoltura a Elpenore e, come gli aveva chiesto, fissò un timone sulla sua tomba. 13 Poi arrivò dalle Sirene, figlie della Musa Melpomene e di Acheloo, che avevano la parte superiore di donna e quella inferiore di uccello: a queste era stato predetto che sarebbero rimaste in vita fintantoché nessun essere umano ascoltando il loro canto fosse riuscito a passare oltre. Ulisse, seguendo il consiglio di Circe, figlia del Sole, si turò le orecchie con la cera e ordinò che lo legassero all’albero maestro: e così riuscì a passare oltre. 14 Di lì giunse da Scilla, figlia di Tifone, che aveva la parte superiore del corpo di donna e quella inferiore, a partire dall’inguine, di pesce e aveva sei cani nati da lei; costei afferrò dalla nave sei compagni di Ulisse e li divorò. 15 Era giunto all’isola di Sicilia dove c’era la mandria sacra del Sole, che emetteva muggiti dalla pentola di bronzo quando i suoi compagni la cuocevano; Ulisse fu messo in guardia dal toccarla da Tiresia e da Circe, e per questo motivo lì perse molti compagni. Fu trasportato verso Cariddi, che tre volte al giorno inghiottiva acqua e tre volte la rigurgitava, ma riuscì a passare oltre grazie al consiglio di Tiresia. Tuttavia per l’ira del Sole, perché era stata profanata la sua mandria (giunse nella sua isola e aveva vietato di profanarla per consiglio di Tiresia, ma mentre Ulisse dormiva, i compagni rapirono la mandria e, mentre la cuocevano, la carne dalla pentola di bronzo emet137
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fabb. 125,126
ex aeneo dabant balatus), ob id Iovis navem eius fulmine incendit. 16 Ex his locis errans naufragio facto sociis amissis enatavit in insulam Aeaeam; Calypso Atlantis filia nympha, quae specie Ulyssis capta anno toto eum retinuit neque a se dimittere voluit donec Mercurius Iovis iussu denuntiavit nymphae ut eum dimitteret. 17 Et ibi facta rate Calypso omnibus rebus ornatum eum dimisit eamque ratim Neptunus fluctibus disiecit, quod Cyclopem filium eius lumine privaverat. Ibi cum fluctibus iactaretur, Leucothoe, quam nos Matrem Matutam dicimus, quae in mari exigit aevum, balteum ei dedit quo sibi pectus suum vinciret, ne pessum abiret. Quod cum fecisset, enatavit. 18 Inde in insulam Phaeacum venit nudusque ex arborum foliis se obruit, qua Nausicaa Alcinoi regis filia vestem ad flumen lavandam tulit. Ille erepsit e foliis et ab ea petit ut sibi opem ferret. Illa misericordia mota pallio eum operuit et ad patrem suum eum adduxit. 19 Alcinous hospitio liberaliter acceptum donisque decoratum in patriam Ithacam dimisit. Ira Mercurii iterum naufragium fecit. Post vicesimum annum sociis amissis solus in patriam redit, et cum ab hominibus ignoraretur domumque suam attigisset, procos qui Penelopen in coniugium petebant, obsidentes vidit regiam seque hospitem simulavit. 20 Et Euryclia nutrix ipsius dum pedes ei lavat ex cicatrice Ulyssem esse cognovit. Postea procos Minerva adiutrice cum Telemacho filio et duobus servis interfecit sagittis.
126 Ulyssis cognitio 1 Ulysses ab Alcinoo rege Nausicaae patre cum esset muneribus dimissus, naufragio facto nudus Ithacam pervenit ad quandam casam suam ubi erat nomine Eumaeus sybotes, hoc est subulcus pecoris; quem canis cum agnosceret et ei blandiretur, Eumaeus eum non recognoscebat, quoniam Minerva eum et habitum eius commutaverat. 2 Eumaeus eum rogavit unde esset, et ille ait se naufragio huc pervenisse. Quem cum pastor interrogaret an Ulyssem vidisset, dixit se comitem eius esse, et signa et argumenta coepit dicere. 3 Quem mox Eumaeus casa recepit, cibo potuque animavit. Quo cum venissent famuli missi solito more pecora petitum et ille interrogasset Eumaeum qui essent, ait: «Post Ulyssis profectio138
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teva muggiti), per questo Giove incendiò la sua nave con un fulmine. 16 Da questi luoghi, dopo il naufragio in cui perse i compagni, vagando arrivò a nuoto all’isola Eea; qui la ninfa Calipso, figlia di Atlante, innamoratasi di Ulisse per la sua bellezza, lo trattenne per un intero anno e non lo lasciò partire da sé finché Mercurio, per ordine di Giove, impose alla ninfa di lasciarlo partire. 17 E allora, costruita una zattera, Calipso lo lasciò partire con una scorta di ogni provvista, ma Nettuno con le sue onde mandò in pezzi quella zattera perché aveva privato della vista il ciclope suo figlio. A quel punto, mentre era in balia delle onde, Leucotoe, che noi chiamiamo Madre Matuta, che passa la sua vita in acqua, gli diede una cintura perché se l’assicurasse al petto per non avere la peggio: lo fece e si salvò a nuoto. 18 Di lì giunse all’isola dei Feaci e, essendo nudo, si nascose fra le piante e la vegetazione, nel luogo dove Nausicaa, figlia del re Alcinoo, portò la biancheria da lavare nel fiume. Egli sbucò fuori dalla vegetazione e le chiese di aiutarlo; e quella, spinta dalla compassione, lo coprì con un mantello e lo portò da suo padre. 19 Alcinoo lo ricevette generosamente come ospite, gli concesse doni e lo lasciò partire per Itaca, sua patria. Per l’ira di Mercurio fece nuovamente naufragio. Dopo vent’anni, dopo aver perso i compagni, tornò in patria da solo; una volta tornato nella sua casa, dal momento che le persone non lo riconoscevano, vide che i proci che chiedevano in moglie Penelope occupavano la reggia e finse di essere un forestiero. 20 La sua nutrice Euriclea però, mentre gli lavava i piedi, riconobbe che era Ulisse da una cicatrice. In seguito, con l’aiuto di Minerva, insieme al figlio Telemaco e a due servitori uccise a frecciate i proci. 126 Il riconoscimento di Ulisse 1 Una volta congedato con doni dal re Alcinoo, padre di Nausicaa, dopo aver fatto naufragio, Ulisse giunse nudo a Itaca in una sua capanna dove stava un subote – cioè un guardiano di porci – di nome Eumeo; sebbene il cane lo riconoscesse e gli facesse feste, Eumeo non lo riconosceva, perché Minerva aveva mutato il suo aspetto. 2 Eumeo gli chiese da dove venisse e quello disse che era giunto lì in seguito a naufragio. Quando il guardiano gli domandò se avesse visto Ulisse, disse di essere un suo compagno e cominciò a citare indizi e prove. 3 Allora Eumeo lo accolse nella capanna e lo rifocillò con cibo e bevande. E visto che arrivarono lì dei servi mandati come al solito a prelevare animali, egli domandò ad Eumeo chi fossero, e quello disse: «Dopo 139
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fabb. 126,127
nem cum iam tempus intercederet, proci Penelopen in coniugium petentes venerunt. 4 Quos illa condicione ita differt: ‘Cum telam detexuero, nubam’; quam interdiu detexebat et sic eos differebat. Nunc autem illi cum ancillis Ulixis discumbunt et pecora eius consumunt». 5 Tunc Minerua effigiem suam ei restituit; subito sybotes ut vidit Ulyssem esse, tenens amplectensque lacrimari coepit prae gaudio et admirari quid esset illud quod eum immutaverat. Cui Ulysses ait «Crastino die perduc me in regiam ad Penelopen». 6 Quem cum duceret, Minerva ei iterum faciem mendici transformavit. Quem cum Eumaeus ad mnesteras perduxisset et cum ancillis discumberent, ait ad illos: «Habetis ecce alterum mendicum qui cum Iro vos delectet». 7 Tunc Melanthius unus ex mnesteribus ait: «Immo inter se luctentur et victor accipiet ventriculum farsum et harundinem unde victum eiciat». Qui cum luctati essent et Ulysses Irum applosisset atque eum eiecisset, Eumaeus in mendici persona Ulyssem ad Eurycliam nutricem perduxit dicitque eum socium Ulyssis fuisse, cui cum vellet Ulysses ei os compressit atque Penelopen et eam praemonuit ut arcum et sagittas eius daret procis, ut qui ex iis eum intendisset eam uxorem duceret. 8 Quae cum fecit inter se certarent et nemo posset intendere, Eumaeus ait deridendi gratia: «Demus » non pateretur Melanthius, qui erat . Eumaeus arcum seni tradidit. 9 Ille omnes procos confixit excepto Melanthio servo; is clam procis deprehensus est, cui nares et bracchia et reliquas partes membrorum minutatim secuit, atque domum suam cum coniuge potitus est. Ancillas autem suas iussit corpora eorum ad mare deferre, in quas rogatu Penelopes post caedem procorum Ulysses animadvertit.
127 Telegonus 1 Telegonus Ulyssis et Circes filius missus a matre ut genitorem quaereret, tempestate in Ithacam est delatus ibique fame coactus agros depopulari coepit; cum quo Ulysses et Telemachus ignari arma contulerunt. 2 Ulysses a Telegono filio est interfectus, quod ei responsum fuerat ut a filio caveret mortem. Quem postquam cognovit qui esset, iussu Minervae cum Telemacho et Penelope in
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la partenza di Ulisse, siccome il tempo passava, arrivarono i proci a chiedere Penelope in moglie. 4 E lei rimanda con una scusa: ‘Mi sposerò quando avrò terminato di tessere una tela’: ma quello che tesseva di giorno, di notte lo disfaceva, e così rimandava. Ora quindi quelli si uniscono alle ancelle di Ulisse e mangiano tutto il suo bestiame». 5 Allora Minerva gli restituì le sue sembianze, e subito, non appena il porcaro si rese conto che era Ulisse, stringendolo forte cominciò a piangere per la gioia e a chiedersi stupito quale fosse la causa di quella trasformazione. Ulisse gli disse: «Domani portami alla reggia da Penelope». 6 Mentre lo guidava, di nuovo Minerva gli cambiò le sembianze in quelle del mendicante. Una volta che Eumeo l’ebbe portato dai pretendenti, mentre quelli giacevano con le ancelle, disse loro: «Ecco, avete a disposizione un secondo mendicante perché vi faccia divertire insieme a Iro». 7 Allora Melanzio, uno dei pretendenti, disse: «Allora si affrontino nella lotta: il vincitore avrà uno stomaco di maiale ripieno e un bastone per cacciare il perdente». Dopo essersi affrontati, Ulisse batté Iro e lo cacciò via; Eumeo condusse Ulisse nelle sembianze di mendicante dalla nutrice Euriclea e le disse che era stato un compagno di Ulisse. Ma quando gli voleva , Ulisse le chiuse la bocca e suggerì a lei e a Penelope di dare ai proci il suo arco e le sue frecce, e dire che chi di loro l’avesse teso l’avrebbe avuta in moglie. 8 Quando questa lo fece , facevano a gara fra loro e nessuno riusciva a tenderlo, Eumeo per deriderli disse: «Diamolo », Melanzio, che era , non voleva, Eumeo porse l’arco al vecchio. 9 E lui trafisse tutti i proci, tranne il servo Melanzio; costui di nascosto dai proci venne preso e fece a piccoli pezzi il suo naso, le braccia e le altre parti del corpo, e si impadronì della sua casa e di sua moglie. Ordinò alle sue ancelle di gettare in mare i loro corpi e su richiesta di Penelope punì anche queste dopo aver ucciso i proci. 127 Telegono 1 Telegono, figlio di Ulisse e Circe, inviato dalla madre alla ricerca di suo padre, fu portato da una tempesta a Itaca e lì, spinto dalla fame, iniziò a saccheggiare i campi: contro di lui presero le armi, senza sapere chi fosse, Ulisse e Telemaco. 2 Ulisse fu ucciso da suo figlio Telegono: l’oracolo gli aveva raccomandato di guardarsi dalla morte per mano di suo figlio. Questi, dopo aver saputo chi era, per ordine di Minerva tornò in patria, l’isola Eea, insieme a Telemaco e 141
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fabb. 127-130
patriam redierunt, in insulam Aeaeam; ad Circen Ulyssem mortuum deportaverunt ibique sepulturae tradiderunt. 3 Eiusdem Minervae monitu Telegonus Penelopen, Telemachus Circen duxerunt uxores. Circe et Telemacho natus est Latinus, qui ex suo nomine Latinae linguae nomen imposuit; ex Penelope et Telegono natus est Italus, qui Italiam ex suo nomine denominavit. 128 Augures Ampycus Elati filius. Mopsus Ampyci filius. Amphiaraus Oeclei vel Apollinis filius. Tiresias Everis filius. Manto Tiresiae filia. Polyidus Coerani filius. Helenus Priami filius. Cassandra Priami filia. Calchas Thestoris filius. Theoclymenus Protei filius. Telemus Eurymi filius. Sibylla Samia, alii Cymaeam dixerunt.
Liber cum ad Oeneum Parthaonis filium in hospitium venisset, Althaeam Thestii filiam uxorem Oenei adamavit, quod Oeneus ut sensit voluntate sua ex urbe excessit simulatque se sacra facere. At Liber cum Althaea concubuit, ex qua nata est Deianira; Oeneo autem ob hospitium liberale muneri vitem dedit monstravitque quomodo sereret, fructumque eius ex nomine hospitis oeneon ut vocaretur instituit.
1 Cum Liber pater ad homines esset profectus ut suorum fructuum suavitatem atque iucunditatem ostenderet, ad Icarium et Erigonam in hospitium liberale devenit. Iis utrem plenum vini muneri dedit iussitque ut in reliquas terras propagarent. 2 Icarius plaustro onerato cum Erigone filia et cane Maera in terram Atticam ad pastores devenit et genus suavitatis ostendit. Pastores cum immoderatius biberent, ebrii facti conciderunt; qui arbitrantes 142
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Penelope; portarono il corpo di Ulisse a Circe e lì gli diedero sepoltura. 3 Per consiglio sempre di Minerva Telegono prese in moglie Penelope e Telemaco Circe. Da Circe e Telemaco nacque Latino, che dal suo nome diede nome alla lingua latina; da Penelope e Telegono nacque Italo, che dal suo nome diede nome all’Italia.
128 Gli indovini Ampico, figlio di Elato. Mopso, figlio di Ampico. Anfiarao, figlio di Ecle o di Apollo. Tiresia, figlio di Evere. Manto, figlia di Tiresia. Poliido, figlio di Cerano. Eleno, figlio di Priamo. Cassandra, figlia di Priamo. Calcante, figlio di Testore. Teoclimeno, figlio di Proteo. Telemo, figlio di Eurimo. La Sibilla Samia, che altri chiamano Cumana. 129 Eneo Quando andò come ospite da Eneo, figlio di Partaone, Libero si innamorò di Altea, figlia di Testio e moglie di Eneo; quando Eneo se ne rese conto, di propria volontà uscì dalla città con la scusa di dover compiere un rito. Libero allora si unì ad Altea, e da loro nacque Deianira; a Eneo quindi, per la sua generosa ospitalità, diede in dono la vite, gli insegnò come piantarla e stabilì che il suo prodotto fosse chiamato οἶνος (vino) dal nome del suo ospite. 130 Icario ed Erigone 1 Quando il padre Libero andò fra gli uomini per mostrare loro la dolcezza e la piacevolezza dei suoi frutti, arrivò da Icario ed Erigone, accolto generosamente come ospite. Diede loro in dono un otre pieno di vino e ordinò di diffonderne la pratica nelle altre regioni. 2 Icario caricò un carro e insieme alla figlia Erigone e al cane Mera arrivò nell’Attica da alcuni pastori e mostrò loro la dolcezza di quel prodotto. Siccome ne bevvero in quantità eccessiva, i pastori caddero a terra ubriachi; e pen143
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Icarium sibi malum medicamentum dedisse fustibus eum interfecerunt. 3 Icarium autem occisum canis ululans Maera Erigonae monstravit ubi pater insepultus iaceret; quo cum venisset, super corpus parentis in arbore suspendio se necavit. Ob quod factum Liber pater iratus Atheniensium filias simili poena afflixit. 4 De ea re ab Apolline responsum petierunt, quibus responsum est quod Icarii et Erigones mortem neglexissent. Quo responso de pastoribus supplicium sumpserunt et Erigonae diem festum oscillationis pestilentiae causa instituerunt et ut per vindemiam de frugibus Icario et Erigonae primum delibarent. 5 Qui deorum voluntate in astrorum numerum sunt relati; Erigone signum Virginis, quam nos Iustitiam appellamus, Icarius Arcturus in sideribus est dictus, canis autem Maera Canicula.
1 Liber cum in Indiam exercitum duceret, Nyso nutricio suo, dum ipse inde rediret, regni Thebani potestatem tradidit; sed posteaquam inde reversus est Liber, Nysus regno cedere noluit. 2 Liber cum nutricio contendere noluit passusque est eum regnum obtinere dum occasio sibi regni recuperandi daretur. Itaque post annum tertium cum eo redit in gratiam simulatque in regno se sacra facere velle quae trieterica dicuntur, quoniam post tertium annum faciebat, militesque muliebri ornatu pro Bacchis introduxit, et Nysum cepit regnumque suum recuperavit.
1 Lycurgus Dryantis filius Liberum de regno fugavit; quem cum negaret deum esse vinumque bibisset et ebrius matrem suam violare voluisset, tunc vites excidere est conatus, quod diceret illud malum medicamentum esse quod mentes immutaret. 2 Qui insania ab Libero obiecta uxorem suam et filium interfecit, ipsumque Lycurgum Liber pantheris obiecit in Rhodope, qui mons est Thraciae, cuius imperium habuit. Hic traditur unum pedem sibi pro vitibus excidisse.
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sando che Icario avesse somministrato loro un filtro nocivo, lo uccisero a bastonate. 3 Il cane Mera con i suoi guaiti fece capire a Erigone che Icario era stato ucciso e indicò dove il padre giaceva insepolto; arrivata in quel luogo, si impiccò a un albero sopra il corpo del padre. Adirato per questo delitto, il padre Libero inflisse la stessa pena alle figlie degli Ateniesi. 4 Chiesero allora ad Apollo un responso su questa circostanza, e il responso fu che si erano disinteressati della morte di Icario e di Erigone. Per effetto di quel responso misero a morte i pastori e in onore di Erigone in ricordo della pestilenza istituirono una festa dell’oscillazione, e stabilirono che durante la vendemmia le primizie del raccolto fossero dedicate in libagione a Icario e Erigone. 5 Essi per volontà degli dei furono assunti fra gli astri: Erigone è il segno della Vergine, che noi chiamiamo Giustizia, Icario fra le stelle è chiamato Arturo, e il cane Mera è la Canicola. 131 Niso 1 Quando Libero guidò il suo esercito in India, affidò al suo pedagogo Niso il governo del regno di Tebe fino al suo ritorno; ma dopo che Libero fece ritorno, Niso non volle lasciare il potere. 2 Dal momento che non voleva entrare in conflitto con il suo pedagogo, Libero lasciò che mantenesse il potere finché gli si presentasse l’occasione per recuperare il potere. E così dopo tre anni si riconciliò con lui: fece finta di celebrare nel regno dei riti che si chiamano “trieterica”, perché li celebrava il terzo anno, fece entrare dei soldati travestiti da donne come se fossero Baccanti, catturò Niso e si riprese il suo regno. 132 Licurgo 1 Licurgo, figlio di Driante, cacciò Libero dal proprio regno: affermava che non era un dio, aveva bevuto del vino e, ubriaco, aveva tentato di violentare la propria madre; allora cercò di estirpare le viti, perché sosteneva che quello fosse un filtro nocivo che sconvolgeva la mente. 2 Reso folle da Libero, uccise sua moglie e suo figlio; Libero gettò lo stesso Licurgo alle pantere sul Rodope, che è un monte della Tracia su cui aveva potere. Si racconta che costui si fosse amputato un piede pensando che fosse una vite.
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fabb. 133-136
Liber in India cum aquam quaereret nec invenisset, subito ex harena aries dicitur exiisse, quo duce Liber cum aquam invenisset, petit ab Iove ut eum in astrorum numerum referret, qui adhuc hodie aequinoctialis Aries dicitur. In eo autem loco ubi aquam invenerat templum constituit, quod Iovis Hammonis dicitur.
1 Tyrrheni, qui postea Tusci sunt dicti, cum piraticam facerent, Liber pater impubis in navem eorum conscendit et rogat eos ut se Naxum deferrent; qui cum eum sustulissent atque vellent ob formam constuprare, Acoetes gubernator eos inhibuit, qui iniuriam ab eis passus est. 2 Liber ut vidit in proposito eos permanere, remos in thyrsos commutavit, vela in pampinos, rudentes in hederam; deinde leones atque pantherae prosiluerunt. 3 Qui ut viderunt, timentes in mare se praecipitaverunt; quos et in mari in aliud monstrum transfiguravit; nam quisquis se praecipitaverat in delphini effigiem transfiguratus est; unde delphini Tyrrheni sunt appellati et mare Tyrrhenum est dictum. 4 Numero autem fuerunt duodecim his nominibus: Aethalides, Medon, Lycabas, Libys, Opheltes, Melas, Alcimedon, Epopeus, Dictys, Simon, Acoetes; hic gubernator fuit, quem ob clementiam Liber servavit.
1 Laocoon, Capyos filius, Anchisae frater, Apollinis sacerdos, contra voluntatem Apollinis cum uxorem duxisset atque liberos procreasset, sorte ductus, ut sacrum faceret Neptuno ad litus. 2 Apollo occasione data a Tenedo per fluctus maris dracones misit duos qui filios eius Antiphantem et Thymbraeum necarent, quibus Laocoon cum auxilium ferre vellet, ipsum quoque nexum necaverunt. 3 Quod Phryges idcirco factum putarunt, quod Laocoon hastam in equum Troianum miserit.
1 Glaucus, Minois et Pasiphae filius, dum ludit pila cecidit in dolium melle plenum. Quem cum parentes quaererent, Apollinem sci146
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133 Ammone Si racconta che, quando Libero in India cercava l’acqua e non riusciva a trovarla, improvvisamente dalla sabbia fuoriuscì un ariete; guidato da questo, Libero trovò l’acqua e chiese a Giove di assumerlo fra gli astri: ancora oggi si chiama Ariete equinoziale. Inoltre, nel luogo in cui aveva trovato l’acqua innalzò un tempio che si chiama di Giove Ammone. 134 I Tirreni 1 I Tirreni, che poi furono chiamati Etruschi, esercitavano la pirateria. Il padre Libero, da ragazzino, si imbarcò con loro e chiese loro di portarlo a Nasso; dopo averlo preso con sé lo volevano violentare tutti insieme a causa della sua bellezza, ma il timoniere Acete lo impedì loro e per questo subì le loro ritorsioni. 2 Libero allora, come si rese conto che erano fermi nel loro proposito, trasformò i remi in tirsi, le vele in pampini e le gomene in edera; quindi saltarono a bordo leoni e pantere. 3 Come se ne resero conto, si gettarono in mare per la paura, e in mare li fece oggetto di un’altra trasformazione prodigiosa: mano a mano che si gettavano furono trasformati nell’aspetto in delfini, e per questo i delfini sono chiamati Tirreni e il mare si dice Tirreno. 4 Erano dunque dodici e si chiamavano così: Etalide, Medonte, Licabante, Libi, Ofelte, Mela, Alcimedonte, Epopeo, Ditti, Simone, Acete; quest’ultimo era il timoniere, e Libero per il suo equilibrio lo risparmiò. 135 Laocoonte 1 Laocoonte, figlio di Capi, fratello di Anchise, sacerdote di Apollo, aveva preso moglie contro il volere di Apollo e aveva generato dei figli. Fu estratto a sorte per celebrare un rito in onore di Nettuno sulla spiaggia. 2 Offertasi l’occasione, Apollo mandò due serpenti da Tenedo attraverso le onde del mare a uccidere i suoi figli Antifante e Timbreo; e dato che Laocoonte voleva portare loro aiuto, avvilupparono anche lui e lo uccisero. 3 I Frigi pensavano che questo fosse avvenuto per il fatto che Laocoonte aveva scagliato una lancia contro il cavallo di Troia. 136 Poliido 1 Glauco, figlio di Minosse e Pasifae, mentre giocava a palla cadde in una giara piena di miele. Nel cercarlo, i genitori consultarono Apollo 147
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fabb. 136,137
scitati sunt de puero; quibus Apollo respondit: «Monstrum vobis natum est, quod si quis solverit, puerum vobis restituet». 2 Minos sorte audita coepit monstrum a suis quaerere; cui dixerunt natum esse vitulum qui ter in die colorem mutaret per quaternas horas, primum album secundo rubeum deinde nigrum. 3 Minos autem ad monstrum solvendum augures convocauit, qui cum non invenirentur, Polyidus Coerani filius Byzantius monstrum demonstravit, eum arbori moro similem esse; nam primum album est, deinde rubrum, cum permaturavit nigrum. 4 Tunc Minos ait ei: «Ex Apollinis responso filium mihi oportet restituas». Quod Polyidus dum auguratur vidit noctuam super cellam vinariam sedentem atque apes fugantem. Augurio accepto puerum exanimem de dolio eduxit. 5 Cui Minos ait: «Corpore invento nunc spiritum restitue». Quod Polyidus cum negaret posse fieri, Minos iubet eum cum puero in monumento includi et gladium poni. 6 Qui cum inclusi essent, draco repente ad corpus pueri processit; quod Polyidus aestimans eum velle consumere, gladio repente percussit et occidit. Altera serpens parem quaerens vidit eam interfectam et progressa herbam attulit, atque eius tactu serpenti spiritum restituit. 7 Idemque Polyidus fecit; qui cum intus vociferarentur, quidam praeteriens Minoi nuntiavit, qui monumentum iussit aperiri et filium incolumem recuperavit, Polyidum cum multis muneribus in patriam remisit.
1 Polyphontes Messeniae rex Cresphontem Aristomachi filium cum interfecisset, eius imperium et Meropen uxorem possedit. Cum quo Polyphontes occiso Cresphonte regnum occupavit. 2 Filium autem eius infantem Merope mater quem ex Cresphonte habebat absconse ad hospitem in Aetoliam mandavit. Hunc Polyphontes maxima cum industria quaerebat aurumque pollicebatur si quis eum necasset. 3 Qui postquam ad puberem aetatem venit, capit consilium ut exsequatur patris et fratrum mortem. Itaque venit ad regem Polyphontem aurum petitum, dicens se Cresphontis interfecisse filium et Meropes, Telephontem. 4 Interim rex eum iussit in hospitio manere, ut amplius de eo perquireret. Qui cum per lassitudinem obdormisset, senex, qui inter matrem et filium internuntius 148
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a proposito del bambino; Apollo rispose loro: «Vi è nato un prodigio: se qualcuno saprà interpretarlo vi restituirà il bambino». 2 Udito il responso, Minosse cominciò a informarsi presso i suoi sul prodigio, e gli dissero che era nato un vitello che cambiava colore tre volte al giorno quattro ore per volta, dapprima bianco, poi rosso e infine nero. 3 Minosse allora fece venire gli auguri per interpretare il prodigio, e mentre quelli non ci riuscirono, Poliido di Bisanzio, figlio di Cerano, spiegò il prodigio, dicendo che era simile a un albero di more: dapprima è bianco, poi rosso e, quando è giunto a maturazione completa, nero. 4 Allora Minosse gli disse: «Secondo il responso di Apollo ora devi restituirmi mio figlio». Mentre traeva auspici, Poliido vide una civetta appollaiata su una cella vinaria e nell’atto di cacciare via delle api. Accolto l’auspicio, estrasse dalla giara il bambino ormai privo di vita. 5 Minosse gli disse: «Hai trovato il corpo, ora ridagli la vita». Siccome Poliido diceva che non gli era possibile farlo, Minosse ordina di rinchiuderlo insieme al bambino nel sepolcro e di mettergli accanto una spada. 6 Una volta rinchiusi, subito un serpente si avvicinò al corpo del bambino; pensando che lo volesse divorare, Poliido subito lo colpì con la spada e lo uccise. Un altro serpente, in cerca del suo compagno, vide che era stato ucciso, si allontanò e portò un’erba, e toccandolo con questa ridiede la vita al serpente. 7 Poliido fece la stessa cosa; un tale che passava, dato che all’interno gridavano, lo riferì a Minosse: questi ordinò di aprire il sepolcro e riebbe suo figlio sano e salvo; rimandò Poliido in patria con molti doni. 137 Merope 1 Polifonte, re di Messenia, uccise Cresfonte, figlio di Aristomaco, e si impadronì del suo regno e di sua moglie Merope. E così, ucciso Cresfonte, Polifonte si prese il potere. 2 Merope però di nascosto da buona madre affidò a un ospite in Etolia suo figlio ancora piccolo, che aveva avuto da Cresfonte. Polifonte lo ricercava con ogni mezzo e prometteva oro a chi l’avesse ucciso. 3 Costui, dopo esser giunto alla pubertà, prese la decisione di vendicare la morte del padre e del fratello. E così andò dal re Polifonte a chiedere l’oro, dicendo di aver ucciso il figlio di Cresfonte e Merope, Telefonte. 4 Intanto il re lo invitò a rimanere come ospite, per assumere informazioni più dettagliate su di lui. Mentre questi per la stanchezza si era addormentato, il vecchio che era stato intermediario fra ma149
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fabb. 137-140
erat, flens ad Meropen venit, negans eum apud hospitem esse nec comparere. 5 Merope credens eum esse filii sui interfectorem qui dormiebat, in chalcidicum cum securi venit inscia ut filium suum interficeret. Quem senex cognovit et matrem ab scelere retraxit. 6 Merope postquam vidit occasionem sibi datam esse ab inimico se ulciscendi, redit cum Polyphonte in gratiam. Rex laetus cum rem divinam faceret, hospes falso simulavit se hostiam percussisse eumque interfecit patriumque regnum adeptus est.
1 Saturnus Iovem cum quaereret per terras, in Thracia cum Philyra Oceani filia in equum conversus concubuit, quae ex eo peperit Chironem centaurum, qui artem medicam primus invenisse dicitur. 2 Philyra postquam inusitatam speciem se peperisse vidit, petit ab Iove ut se in aliquam speciem commutaret; quae in arborem philyram, hoc est tiliam, commutata est.
1 Postquam Opis Iovem ex Saturno peperit, petit Iuno ut sibi eum concederet, quoniam Saturnus Orcum sub Tartara deiecerat et Neptunum sub undas, quod sciret , si quis ex eo natus esset, se regno privaret. 2 Qui cum Opem rogaret ut esset quod illa peperisset, illa lapidem involutum ostendit; eum Saturnus devorauit. Quod cum sensisset, coepit Iovem quaerere per terras. 3 Iuno autem Iovem in Cretensi insula detulit. At Amalthaea pueri nutrix eum in cunis in arbore suspendit, ut neque caelo neque terra neque mari inveniretur, et ne pueri vagitus exaudiretur impuberes convocauit eisque clipeola aenea et hastas dedit et iussit eos circum arborem euntes crepare. 4 Qui Graece Curetes sunt appellati; alii Corybantes dicunt, hi autem Lares appellantur.
1 Python Terrae filius draco ingens. Hic ante Apollinem ex oraculo in monte Parnasso responsa dare solitus erat. Huic ex Latonae partu interitus erat fato futurus. 2 Eo tempore Iovis cum Latona Poli filia concubuit; hoc cum Iuno resciit, facit ut Latona 150
Miti del mondo classico
dre e figlio, andò piangendo da Merope e le disse che quest’ultimo non era più dall’ospite ed era scomparso. 5 Merope, pensando che quello che stava dormendo fosse l’assassino di suo figlio, andò nella camera con una scure senza sapere di stare per uccidere il proprio figlio. Il vecchio lo riconobbe e impedì alla madre di commettere un delitto. 6 Dopo aver compreso che le era stata data l’occasione per vendicarsi del suo nemico, Merope si riconciliò con Polifonte. Mentre il re, tutto contento, compiva un sacrificio, l’ospite fece finta di colpire la vittima ma uccise lui, e riebbe così il regno paterno. 138 Filira trasformata in tiglio 1 Mentre Saturno ricercava Giove sulla terra, in Tracia trasformatosi in cavallo giacque con Filira, figlia di Oceano, e da lei generò il centauro Chirone, che – si racconta – è stato il primo a scoprire l’arte della medicina. 2 Filira, resasi conto di aver partorito un essere fuori dal comune, chiese a Giove di farle assumere un aspetto diverso: e così fu trasformata nell’albero chiamato φιλύρα, cioè il tiglio. 139 I Cureti 1 Dopo che Opi partorì da Saturno Giove, Giunone chiese che le venisse affidato, dal momento che Saturno aveva sprofondato Orco nel Tartaro e Nettuno in fondo al mare perché sapeva che, se da lui fosse nato un figlio, costui l’avrebbe privato del regno. 2 Quando chiese a Opi di fargli mangiare quello che aveva partorito, quella gli porse un sasso avvolto in fasce, e Saturno lo divorò. Ma quando se ne rese conto, cominciò a cercare Giove sulla terra. 3 Giunone allora portò Giove sull’isola di Creta, e la nutrice del bambino, Amaltea, lo appese nella culla a un albero per non farlo trovare né in cielo, né in terra, né in mare; e per non fare udire i vagiti del bambino, chiamò dei ragazzini, diede loro piccoli scudi di bronzo e delle lance e li invitò a girare intorno all’albero e fare rumore. 4 Questi in greco si dicono Cureti; altri li chiamano Coribanti, ma qui sono detti Lari. 140 Pitone 1 Pitone, figlio della terra, era un serpente enorme. Era lui solitamente a dare responsi oracolari sul monte Parnaso prima di Apollo. A lui secondo il fato la morte sarebbe venuta dal parto di Latona. 2 In quel tempo Giove giacque con Latona, figlia di Polo; quando Giunone lo 151
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fabb. 140-142
ibi pareret quo sol non accederet. Python ubi sensit Latonam ex Iove gravidam esse, persequi coepit ut eam interficeret. 3 At Latonam Iovis iussu ventus Aquilo sublatam ad Neptunum pertulit; ille eam tutatus est, sed ne rescinderet Iunonis factum, in insulam eam Ortygiam detulit, quam insulam fluctibus cooperuit. Quod cum Python eam non invenisset, Parnassum redit. 4 At Neptunus insulam Ortygiam in superiorem partem rettulit, quae postea insula Delus est appellata. Ibi Latona oleam tenens parit Apollinem et Dianam, quibus Vulcanus sagittas dedit donum. 5 Post diem quartum quam essent nati, Apollo matris poenas exsecutus est; nam Parnassum venit et Pythonem sagittis interfecit (inde Pythius est dictus) ossaque eius in cortinam coniecit et in templo suo posuit ludosque funebres ei fecit, qui ludi Pythia dicuntur.
1 Sirenes Acheloi fluminis et Melpomenes Musae filiae Proserpinae raptu aberrantes ad Apollinis terram venerunt ibique Cereris uoluntate, quod Proserpinae auxilium non tulerant, volaticae sunt factae. 2 His responsum erat tam diu eas victuras quam diu cantantes eas audiens nemo esset praetervectus. Quibus fatalis fuit Ulysses: astutia enim sua cum praenavigasset scopulos in quibus morabantur, praecipitarunt se in mare. 3 A quibus locus Sirenides cognominatur, qui est inter Siciliam et Italiam.
Prometheus Iapeti filius primus homines ex luto finxit. Postea Vulcanus Iovis iussu ex luto mulieris effigiem fecit, cui Minerva animam dedit ceterique dii alius aliud donum dederunt; ob id Pandoram nominarunt. Ea data in coniugium Epimetheo fratri; inde nata est Pyrrha, quae mortalis dicitur prima esse creata.
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viene a sapere, stabilisce che Latona partorisse laddove il sole non poteva penetrare. Pitone, quando seppe che Latona era stata ingravidata da Giove, cominciò a cercarla ovunque per ucciderla. 3 Ma per ordine di Giove il vento Aquilone prese Latona e la portò a Nettuno; quest’ultimo la prese sotto la propria protezione ma, per non contrastare quanto stabilito da Giunone, la trasferì sull’isola di Ortigia e ricoprì quest’isola con il mare. Pitone, dal momento che non l’aveva trovata, se ne tornò sul Parnaso. 4 Nettuno allora riportò in superficie l’isola di Ortigia, isola che in seguito fu chiamata Delo. Lì Latona, aggrappata a un olivo partorì Apollo e Diana, ai quali Vulcano diede in dono delle frecce. 5 Quattro giorni dopo la loro nascita, Apollo vendicò l’oltraggio fatto alla madre: andò sul Parnaso e uccise Pitone con le sue frecce (per questo è detto Pitio), raccolse le sue ossa in un tripode e le pose nel proprio tempio, e istituì in suo onore dei giochi funebri, e questi giochi sono detti Pitici. 141 Le Sirene 1 Le Sirene, figlie del fiume Acheloo e della musa Melpomene, allontanandosi dal luogo del rapimento di Proserpina giunsero alla terra di Apollo e lì, per volontà di Cerere, furono trasformate in uccelli perché non avevano prestato aiuto a Proserpina. 2 A costoro era stato predetto che avrebbero vissuto finché qualcuno, pur sentendole cantare, fosse passato oltre. E per loro l’uomo voluto dal destino fu Ulisse: siccome grazie a uno stratagemma era passato oltre gli scogli sui quali dimoravano, esse si precipitarono in mare. 3 Quel luogo da loro ha preso il nome di Sirenide, e sta fra la Sicilia e l’Italia. 142 Pandora Prometeo, figlio di Giapeto, alle origini plasmò gli uomini dal fango. In seguito Vulcano, per ordine di Giove, dal fango trasse un’immagine di donna, e Minerva le diede il respiro e gli altri dei le fecero ciascuno un dono diverso: per questo la chiamarono Pandora. Fu data in sposa a suo fratello Epimeteo; da loro nacque Pirra che si racconta sia la prima mortale a esser stata creata.
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fabb. 143-145
1 Inachus Oceani filius ex Argia sorore sua procreavit Phoroneum, qui primus mortalium dicitur regnasse. 2 Homines ante saecula multa sine oppidis legibusque vitam exegerunt una lingua loquentes sub Iovis imperio, sed postquam Mercurius sermones hominum interpretatus est, unde hermeneutes dicitur esse interpres (Mercurius enim Graece Hermes vocatur; idem nationes distribuit), tum discordia inter mortales esse coepit, quod Iovi placitum non est. 3 Itaque exordium regnandi tradidit Phoroneo, ob id beneficium quod Iunoni sacra primus fecit.
1 Homines antea ab immortalibus ignem petebant neque in perpetuum servare sciebant; quod postea Prometheus in ferula detulit in terras, hominibusque monstravit quomodo cinere obrutum servarent. 2 Ob hanc rem Mercurius Iovis iussu deligavit eum in monte Caucaso ad saxum clavis ferreis et aquilam apposuit quae cor eius exesset; quantum die ederat, tantum nocte crescebat. Hanc aqui––– lam post XXX annos Hercules interfecit eumque liberavit.
1 Ex Phoroneo et Cinna nati Apis et Nioba; hanc Iupiter mortalem primam compressit; ex ea natus est Argus, qui suo nomine Argos oppidum cognominavit. 2 Ex Argo et Evadne Criasus, Piranthus, Ecbasus nati: ex Pirantho Callirhoe Argus, Arestorides, Triopas; hic ex hoc Eurisabe Anthus, Pelasgus, Agenor; ex Triope et Oreaside Xanthus et Inachus; ex Pelasgo Larisa, ex Inacho et Argia Io. 3 Hanc Iupiter dilectam compressit et in vaccae figuram convertit ne Iuno eam cognosceret. Id Iuno cum rescivit, Argum, cui undique oculi refulgebant, custodem ei misit; hunc Mercurius Iovis iussu interfecit. 4 At Iuno formidinem ei misit, cuius timore exagitatam coegit eam ut se in mare praecipitaret, quod mare Ionium est appellatum. Inde in Scythiam transnavit, unde Bosporum fines sunt dictae. Inde in Aegyptum, ubi parit Epaphum.
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Miti del mondo classico
143 Foroneo 1 Inaco, figlio di Oceano, da sua sorella Argia generò Foroneo, che – si racconta – fu il primo re fra i mortali. 2 Prima gli uomini per molti secoli erano vissuti senza città e senza leggi, parlando un’unica lingua, sotto il comando di Giove; ma dopo che Mercurio interpretò i discorsi degli uomini, ed è per questo che l’interprete si dice che è un ermeneuta (Mercurio infatti in greco si chiama Ermes; è sempre lui che ha distinto le nazioni), allora fra i mortali cominciò a dimorare la discordia, e a Giove la cosa non piacque. 3 E così concesse a Foroneo di essere il primo a regnare, in segno di riconoscenza perché per primo celebrò riti sacri in onore di Giunone. 144 Prometeo 1 Un tempo gli uomini chiedevano il fuoco agli dei, ma non erano capaci a conservarlo in modo continuato; in seguito Prometeo lo portò sulla terra all’interno di una canna e insegnò agli uomini come conservarlo coprendolo di cenere. 2 A causa di questo gesto, per ordine di Giove Mercurio lo immobilizzò contro una roccia con chiodi di ferro sul monte Caucaso e gli mise accanto un’aquila che divorasse il suo cuore: e quello che divorava di giorno si riformava di notte. Trentamila anni dopo fu Ercole a uccidere quest’aquila e a liberarlo. 145 Niobe o Io 1 Da Foroneo e Cinna nacquero Api e Niobe, che fu la prima mortale cui Giove si unì: da lei nacque Argo, che diede il proprio nome alla città di Argo. 2 Da Argo ed Evadne nacquero Criaso, Piranto ed Ecbaso; da Piranto e Calliroe Argo, Arestoride e Triope; questi (…) da costui ed Eurisabe, Anto, Pelasgo, Agenore; da Triope e Oreaside Xanto e Inaco; da Pelasgo Larisa e da Argia Io. 3 Giove si innamorò di quest’ultima e si unì a lei, poi cambiò il suo aspetto in vacca perché Giunone non la riconoscesse. Quando Giunone lo venne a sapere, le mise accanto come custode Argo, che aveva ovunque occhi luminosi; Mercurio lo uccise per ordine di Giove. 4 Giunone allora le mandò un assillo, che la fece impazzire per la paura e la spinse a precipitarsi in mare, nel mare che è stato chiamato Ionio. Di lì andò a nuoto in Scizia, e per questo quella regione è detta Bosforo. Di lì in Egitto, dove partorì Epafo. 155
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fabb. 145-148
5 Iovis cum sciret suapte propter opera tot eam aerumnas tulisse, formam suam ei propriam restituit deamque Aegyptiorum esse fecit, quae Isis nuncupatur.
1 Pluton petit ab Iove Proserpinam filiam eius et Cereris in coniugium daret. Iovis negavit Cererem passuram ut filia sua in Tartaro tenebricoso sit, sed iubet eum rapere eam flores legentem in monte Aetna, qui est in Sicilia. 2 In quo Proserpina dum flores cum Venere et Diana et Minerva legit, Pluton quadrigis venit et eam rapuit; quod postea Ceres ab Iove impetravit ut dimidia parte anni apud se, dimidia apud Plutonem esset.
1 Cum Ceres Proserpinam filiam suam quaereret, devenit ad Eleusinum regem, cuius uxor Cothonea puerum Triptolemum pepererat, seque nutricem lactantem simulavit. 2 Hanc regina libens nutricem filio suo recepit. Ceres cum vellet alumnum suum immortalem reddere, interdiu lacte divino alebat, clam in igne obruebat. 3 Itaque praeterquam solebant mortales crescebat; et sic fieri cum mirarentur parentes, eam observaverunt. Cum Ceres eum vellet in ignem mittere, pater expavit. 4 Illa irata Eleusinum exanimavit, at Triptolemo alumno suo aeternum beneficium tribuit. Nam fruges propagatum currum draconibus iunctum tradidit, quibus vehens orbem terrarum frugibus obsevit. 5 Postquam domum rediit, Celeus eum pro benefacto interfici iussit. Sed re cognita iussu Cereris Triptolemo regnum dedit, quod ex patris nomine Eleusinum nominavit, Cererique sacrum instituit quae Thesmophoria Graece dicuntur.
1 Vulcanus cum resciit Venerem cum Marte clam concumbere et se virtuti eius obsistere non posse, catenam ex adamante fecit et circum lectum posuit, ut Martem astutia deciperet. Ille cum ad
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Miti del mondo classico
5 Quando seppe che davvero per colpa sua aveva patito tante sofferenze, Giove le restituì il suo aspetto originario e la fece diventare una dea egizia, che si chiama Iside. 146 Proserpina 1 Plutone chiese a Giove che gli concedesse in moglie Proserpina, figlia sua e di Cerere. Giove disse che Cerere non avrebbe consentito che sua figlia dimorasse nel tenebroso Tartaro, ma lo invita a rapirla mentre coglie fiori sul monte Etna, che è in Sicilia. 2 Mentre Proserpina coglieva fiori in quel luogo insieme a Venere, Diana e Minerva, Plutone arrivò con una quadriga e la rapì. In seguito Cerere ottenne da Giove che essa abitasse con lei per una metà dell’anno e con Plutone per l’altra metà. 147 Trittolemo 1 Mentre cercava sua figlia Proserpina, Cerere giunse da re Eleusino, la cui moglie Cotonea aveva partorito un bambino, Trittolemo, e finse di essere una balia da latte. 2 La regina l’assunse volentieri come balia per suo figlio. Volendo rendere immortale il suo figlio di latte, Cerere di giorno lo nutriva con latte divino, di notte di nascosto lo metteva nel fuoco. 3 E così cresceva più di quanto normalmente fanno i mortali; i genitori, stupiti di quanto avveniva, la tennero d’occhio. Quando Cerere stava per deporlo nel fuoco, il padre si spaventò. 4 Quella adirata uccise Eleusino, mentre al suo figlio di latte Trittolemo concesse in eterno un beneficio: gli affidò un carro trainato da draghi per diffondere la coltivazione dei cereali, e alla sua guida quello seminò cereali in tutto il mondo. 5 Dopo che ritornò a casa, Celeo in risposta al suo dono ordinò di ucciderlo. Ma, quando la cosa fu nota, per ordine di Cerere cedette il regno a Trittolemo, che dal nome del padre lo chiamò regno di Eleusi, e istituì una festa in onore di Cerere che in greco si chiamano Tesmoforie. 148 Vulcano 1 Vulcano, quando venne a sapere che Venere si univa segretamente a Marte e siccome non poteva avere la meglio sulla forza di quello, fabbricò una catena d’acciaio e la pose intorno al letto, così da sorprendere Marte con uno stratagemma. Quando quello arrivò 157
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constitutum venisset, concidit cum Venere in plagas adeo, ut se exsolvere non posset. 2 Id Sol cum Vulcano nuntiasset, ille eos nudos cubantes vidit; deos omnis convocavit; viderunt. Ex eo Martem id ne faceret pudor terruit. 3 Ex eo conceptu nata est Harmonia, cui Minerva et Vulcanus vestem sceleribus tinctam muneri dederunt, ob quam rem progenies eorum scelerata exstitit. Soli autem Venus ob indicium ad progeniem eius semper fuit inimica.
Iuppiter Epaphum, quem ex Io procreaverat, Aegypto oppida communire ibique regnare iussit. Is oppidum primum Memphim et alia plura constituit, et ex Cassiopia uxore procreavit filiam Libyen, a qua terra est appellata.
1 Postquam Iuno vidit Epapho ex pellice nato tantam regni potestatem esse, curat in venatu ut Epaphus necetur Titanosque hortatur Iovem ut regno pellant et Saturno restituant. 2 Hi cum conarentur in caelum ascendere, eos Iovis cum Minerva et Apolline et Diana praecipites in Tartarum deiecit. Atlanti autem, qui dux eorum fuit, caeli fornicem super umeros imposuit, qui adhuc dicitur caelum sustinere.
1 Ex Typhone gigante et Echidna Gorgon canis Cerberus triceps, draco qui mala Hesperidum trans oceanum servabat, hydra quam ad fontem Lernaeum Hercules interfecit, draco qui pellem arietis Colchis servabat, Scylla quae superiorem partem mulieris, inferiorem canis et canes sex ex se natos habebat, Sphinx quae in Boeotia fuit, Chimaera in Lycia quae priorem partem leonis figuram, posteriorem draconis habebat, media ipsa Chimaera. 2 Ex Medusa Gorgonis filia et Neptuno nati sunt Chrysaor et equus Pegasus; ex Chrysaore et Callirhoe Geryon trimembris.
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all’appuntamento, cadde insieme a Venere nella trappola in modo tale da non potersi liberare. 2 Il Sole allora andò a riferirlo a Vulcano e questi li vide nudi nel letto; chiamò a raccolta tutti gli dei, (…) li videro. Da allora il senso di vergogna trattenne Marte dal rifarlo. 3 Da quell’unione nacque Armonia, a cui Minerva e Vulcano regalarono una veste decorata con scene di delitti, e per questo fatto la loro discendenza risultò delittuosa. Venere poi fu sempre ostile al Sole e alla sua discendenza a causa di quella delazione. 149 Epafo A Epafo, che aveva generato da Io, Giove ordinò di fortificare le città in Egitto e di regnarvi. Costui per prima fondò la città di Menfi e poi molte altre, e dalla moglie Cassiopea generò la figlia Libia, e quella terra fu chiamata con il nome di quest’ultima. 150 La titanomachia 1 Dopo aver visto che a Epafo, nato da una concubina, era toccato un regno tanto grande e potente, Giunone fa in modo che in una battuta di caccia Epafo fosse ucciso e ordina ai Titani di cacciare Giove dal suo regno e restituirlo a Saturno. 2 Mentre costoro cercavano di dare la scalata al cielo, Giove, insieme a Minerva, Apollo e Diana, li fece precipitare nel Tartaro. Ad Atlante poi, che era stato il loro capo, mise sulle spalle la volta celeste, e si racconta che ancora oggi sorregge il cielo. 151 I figli di Tifone ed Echidna 1 Dal gigante Tifone ed Echidna nacquero Gorgone, Cerbero, il cane con tre teste, il drago che custodiva le mele delle Esperidi al di là dell’oceano, l’idra che Ercole uccise alla fonte di Lerna, il drago che custodiva in Colchide la pelle dell’ariete, Scilla, che aveva la parte superiore di donna, quella inferiore di cane e sei cani nati dati da lei, la Sfinge che era stata in Beozia, la Chimera in Licia, la cui prima parte aveva l’aspetto di leone, quella finale di drago e quella intermedia era la Chimera vera e propria. 2 Da Medusa, figlia di Gorgone, e Nettuno nacquero Crisaore e il cavallo Pegaso; da Crisaore e Calliroe Gerione dai tre corpi.
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fabb. 152-154
1 Tartarus ex Tartara procreavit Typhonem immani magnitudine specieque portentosa, cui centum capita draconum ex humeris enata erant. Hic Iovem provocavit si vellet se cum de regno certare. 2 Iovis fulmine ardenti pectus eius percussit; cui cum flaglaret montem Aetnam qui est in Sicilia super eum imposuit, qui ex eo adhuc ardere dicitur.
1 Phaethon Solis et Clymenes filius cum clam patris currum conscendisset et altius a terra esset elatus, prae timore decidit in flumen Eridanum. Hunc Iuppiter cum fulmine percussisset, omnia ardere coeperunt. 2 Iovis ut omne genus mortalium cum causa interficeret, simulavit se id velle extinguere; amnes undique irrigavit omneque genus mortalium interiit praeter Pyrrham et Deucalionem. 3 At sorores Phaethontis, quod equos iniussu patris iunxerant, in arbores populos commutatae sunt.
1 Cataclysmus, quod nos diluvium vel irrigationem dicimus, cum factum est, omne genus humanum interiit praeter Deucalionem et Pyrrham, qui in montem Aetnam, qui altissimus in Sicilia esse dicitur, fugerunt. 2 Hi propter solitudinem cum vivere non possent, petierunt ab Iove ut aut homines daret aut eos pari calamitate afficeret. Tum Iovis iussit eos lapides post se iactare; quos Deucalion iactavit, viros esse iussit, quos Pyrrha, mulieres. 3 Ob eam rem laos dictus, laas enim Graece lapis dicitur.
1 Phaethon Clymeni Solis filii et Meropes nymphae filius, quam Oceanitidem accepimus, cum indicio patris avum Solem cognovisset, impetratis curribus male usus est. 2 Nam cum esset propius terram vectus, vicino igni omnia conflagrarunt, et fulmine ictus in flumen Padum cecidit; hic amnis a Graecis Eridanus dicitur, quem
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152 Tifone 1 Tartaro da Tartara generò Tifone, di dimensioni enormi e di aspetto prodigioso: aveva cento teste di drago spuntate dalle spalle. Costui sfidò Giove a volersi battere con lui per il regno. 2 Giove lo colpì al petto con un fulmine infuocato e, mentre quello bruciava, pose sopra a lui il monte Etna che si trova in Sicilia, e si racconta che brucia ancora da quel momento. 152 A Fetonte 1 Fetonte, figlio del Sole di Climene, salito di nascosto sul carro del padre e portatosi troppo in alto dalla terra, per la paura cadde nel fiume Eridano. Giove lo colpì con un fulmine e tutto all’intorno cominciò a prendere fuoco. 2 Per sterminare con un pretesto tutto il genere umano, Giove finse di voler spegnere l’incendio: fece straripare ovunque i fiumi e tutto il genere umano morì tranne Pirra e Deucalione. 3 Dal canto loro, le sorelle di Fetonte, poiché avevano aggiogato i cavalli senza che il padre l’avesse ordinato, furono trasformate in alberi di pioppo. 153 Deucalione e Pirra 1 Quando avvenne quella catastrofe che noi chiamiamo diluvio o inondazione, tutto il genere umano morì tranne Deucalione e Pirra, che si rifugiarono sul monte Etna, che si dice essere il più alto in Sicilia. 2 Dal momento che non potevano vivere in quella solitudine, essi chiesero a Giove di dare loro degli esseri umani oppure di colpirli con la stessa morte. Giove allora ordinò loro di gettare delle pietre alle loro spalle: quelle che gettava Deucalione ordinò che diventassero uomini, quelle che gettava Pirra delle donne. 3 Per questo motivo si dice λαός (popolo): infatti in greco pietra si dice λᾶας. 154 Fetonte (versione di Esiodo) 1 Fetonte, figlio di Climeno figlio del Sole e della ninfa Merope, che sappiamo essere un’oceanide, siccome aveva saputo grazie a un’informazione del padre che il Sole era suo nonno, gli chiese il suo carro ma ne fece cattivo uso. 2 Infatti, dato che si era portato troppo vicino alla terra, tutto ciò cui passava vicino prese fuoco; colpito da un fulmine cadde nel fiume Po: questo fiume dai greci è chiamato Eridano, 161
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fabb. 154-157
Pherecydes primus vocavit. 3 Indi autem, quod calore vicini ignis sanguis in atrum colorem versus est, nigri sunt facti. Sorores autem Phaethontis dum interitum deflent fratris in arbores sunt populos versae. 4 Harum lacrimae, ut Hesiodus indicat, in electrum sunt duratae; Heliades tamen nominantur. Sunt autem Merope, Helie, Aegle, Lampetie, Phoebe, Aetherie, Dioxippe. 5 Cygnus autem rex Liguriae, qui fuit Phaethonti propinquus, dum deflet propinquum in cygnum conversus est; is quoque moriens flebile canit.
1 Liber ex Proserpina, quem Titanes carpserunt. Hercules ex Alcumena. Liber ex Semele Cadmi et Harmoniae . Castor et Pollux ex Leda Thestii filia. Argus ex Nioba Phoronei filia. Epaphus ex Io Inachi filia. 2 Perseus ex Danae Acrisii filia. Zethus et Amphion ex Antiopa Nyctei filia. Minos Sarpedon et Rhadamanthus ex Europa Agenoris filia. Hellen ex Pyrrhe Epimethei filia. 3 Aethlius ex Protogenie Deucalionis filia. Dardanus ex Electra Atlantis filia. Lacedaemon ex Taygete Atlantis filia. Tantalus ex Plutone Himantis filia. Aeacus ex Aegina Asopi filia. Aegipan ex capra. †Boetis. 4 Arcada ex Callisto Lycaonis filia. Pirithous ex Dia Deionei filia.
Circe ex Perside Oceani filia. Pasiphae. Ex Clymene Oceani filia Phaethon Lampetie Aegle Phoebe .
1 Boeotus et Hellen ex Antiopa Aeoli filia. 162
Miti del mondo classico
e il primo a chiamarlo così fu Ferecide. 3 E gli Indi diventarono neri perché, per la vicinanza del calore del fuoco, il loro sangue assunse un colore scuro. Le sorelle di Fetonte, poi, mentre piangevano la morte del fratello, furono trasformate in alberi di pioppo. 4 Le loro lacrime, come dice Esiodo, si solidificarono in ambra; alla fine furono chiamate Eliadi. Esse sono: Merope, Elie, Egle, Lampezia, Febe, Eteria, Diossippe. Inoltre Cicno, re della Liguria, che era amico intimo di Fetonte, mentre piangeva il suo amico fu trasformato in cigno: anche questo in punto di morte canta in modo lamentoso. 155 I figli di Giove 1 Libero, che i Titani dilaniarono, da Proserpina. Ercole da Alcmena. Libero da Semele, figlia di Cadmo e Armonia. Castore e Polluce da Leda, figlia di Testio. Argo da Niobe, figlia di Foroneo. Epafo da Io, figlia di Inaco. 2 Perseo da Danae, figlia di Acrisio. Zeto e Anfione da Antiopa, figlia di Nitteo. Minosse, Sarpedone et Radamanto da Europa, figlia di Agenore. Elleno da Pirra, figlia di Epimeteo. 3 Etlio da Protogenia, figlia di Deucalione. Dardano da Elettra, figlia di Atlante. Lacedemone da Taigete, figlia di Atlante. Tantalo da Pluto, figlia di Imante. Eaco da Egina, figlia di Asopo. Egipane da una capra. Betide. 4 Arcade da Callisto, figlia di Licaone. Piritoo da Dia, figlia di Deioneo. 156 I figli del Sole Circe da Perseide, figlia di Oceano. Pasifae. Fetonte, Lampezia, Egle, Febe da Climene, figlia di Oceano. 157 I figli di Nettuno 1 Beoto ed Elleno da Antiope, figlia di Eolo. 163
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fabb. 157-159
Agenor et Bellerophon ex Eurynome Nysi filia. Leuconoe ex Themisto Hypsei filia. Hyrieus ex Alcyone Atlantis filia. 2 Abas ex Arethusa Nerei filia. Epopeus ex Alcyone Atlantis filia. Belus. Actor. Dictys ex Agamede Augiae filia. 3 Evadne ex Pitana Leucippi filia. Megareus ex Oenope Epopei filia. Cygnus ex Calyce Hecatonis filia. Periclymenus et Ancaeus ex Astypalaea Phoenicis filia. Neleus et Pelias ex Tyro Salmonei filia. Euphemus et Lycus et Nycteus ex Celaeno †Ergei filia. 4 Peleus †Arprites. Antaeus Eumolpus ex Chiona Aquilonis filia. Amymone . Item Cyclops. Euphemus . Amycus ex Melie Busiris filia.
Philammon, Cecrops, Erichthonius, Corynetes, Cercyon, Philottus, Spinther.
Oenomaus ex Sterope. Harmonia ex Venere. Leodocus ex Pero. Lycus. Diomedes Thrax. Ascalaphus. Ialmenus. Cycnus. Dryas.
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Miti del mondo classico
Agenore e Belo da Libia, figlia di Epafo. Bellerofonte da Eurinome, figlia di Niso. Leuconoe da Themisto, figlia di Ipseo. Irieo da Alcione, figlia di Atlante. 2 Abante da Aretusa, figlia di Nereo. Epopeo da Alcione, figlia di Atlante. Belo. Attore. Ditti da Agamede, figlia di Augia. 3 Evadne da Pitana, figlia di Leucippo. Megareo da Enope, figlia di Epopeo. Cicno da Calice, figlia di Ecatone. Periclimeno e Anceo da Astipalea, figlia di Fenice. Neleo e Pelia da Tiro, figlia di Salmoneo. Eufemo, Lico e Nitteo da Celeno, figlia di Ergeo. 4 Peleo †Arprite. Anteo . Eumolpo da Chione, figlia di Aquilone. da Amimone, . Pure il Ciclope. Eufemo . Amico da Melie, figlia di Busiride. 158 I figli di Vulcano Filammone, Cecrope, Erittonio, Corinete, Cercione, Filotto, Spintere. 159 I figli di Marte Enomao da Sterope. Armonia da Venere. Leodoco da Pero. Lico. Diomede tracio. Ascalafo. Ialmeno. Cicno. Driante.
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Igino
fabb. 160-163
Priapus. Echion ex Antianira Eurytus. Cephalus ex Creusa Erechthei filia. † Eurestus Aptale †. Libys ex Libye Palamedis filia
Delphus. Asclepius ex Coronide Phlegyae filia. Euripides ex Cleobula. Ilius ex Urea Neptuni filia. Agreus ex Euboea Macarei filia. Philammon ex Leuconoe Luciferi filia. Lycoreus ex nympha. Linus ex Urania musa. Aristaeus ex Cyrene Penei filia.
Hyllus ex Deianira. Tlepolemus ex Astyoche. Leucites. Telephus ex Auge Alei filia. Leucippus. Therimachus. Creontiades. Archelaus. Ophites. Deicoon. Euhenus. Lydus. Et duodecim Thespiades, quos ex Thespii regis filiabus procreavit.
Ocyale, Dioxippe, Iphinome, Xanthe, Hippothoe, Otrere, Antioche, Laomache, Glauce, Agave, Theseis, Hippolyte, Clymene, Polydora, Penthesilea.
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Miti del mondo classico
160 I figli di Mercurio Priapo. Echione ed Eurito da Antianira. Cefalo da Creusa, figlia di Eretteo. Euresto † Aptale. Libis da Libia, figlia di Palamede. 161 I figli di Apollo Delfo. Asclepio da Coronide, figlia di Flegia. Euripide da Cleobule. Ilio da Urea, figlia di Nettuno. Agreo da Eubea, figlia di Macareo. Filammone da Leuconoe, figlia di Lucifero. Licoreo da una ninfa. Lino dalla musa Urania. Aristeo da Cirene, figlia di Peneo. 162 I figli di Ercole Illo da Deianira. Tlepolemo da Astioche. Leucite. Telefo da Auge, figlia di Aleo. Leucippo. Terimaco. Creontiade. Archelao. Ofite. Deicoonte. Euhenus. Lido. E i dodici Tespiadi, che generò dalle figlie del re Tespio. 163 Le Amazzoni Ociale, Diossippe, Ifinome, Xante, Ippotoe, Otrera, Antioche, Laomache, Glauce, Agave, Theseide, Ippolita, Climene, Polidora, Pentesilea.
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Igino
fabb. 164-166
1 Inter Neptunum et Minervam cum esset certatio qui primus oppidum in terra Attica conderet, Iovem iudicem sumpserunt. Minerva quod primum in ea terra oleam sevit, quae adhuc dicitur stare, secundum eam iudicatum est. 2 At Neptunus iratus in eam terram mare coepit irrigare velle, quod Mercurius Iovis iussu id ne faceret prohibuit. 3 Itaque Minerva ex suo nomine oppidum Athenas condidit, quod oppidum in terris dicitur primum esse constitutum.
1 Minerva tibias dicitur prima ex osse cervino fecisse et ad epulum deorum cantatum venisse. 2 Iuno et Venus cum eam irriderent, quod et caesia erat et buccas inflaret, foeda visa et in cantu irrisa in Idam silvam ad fontem venit ibique cantans in aqua se aspexit et vidit se merito irrisam; unde tibias ibi abiecit et imprecata est ut quisquis eas sustulisset gravi afficeretur supplicio. 3 Quas Marsyas Oeagri filius pastor unus e satyris invenit, quibus assidue commeletando sonum suaviorem in dies faciebat, adeo ut Apollinem ad citharae cantum in certamen provocaret. 4 Quo ut Apollo venit, Musas iudices sumpserunt et cum iam Marsyas inde victor discederet Apollo citharam versabat idemque sonus erat; quod Marsya tibiis facere non potuit. 5 Itaque Apollo victum Marsyan ad arborem religatum Scythae tradidit, qui cutem ei membratim separavit; reliquum corpus discipulo Olympo sepulturae tradidit e cuius sanguine flumen Marsyas est appellatum.
166 Erichthonius 1 Vulcanus Iovi ceterisque diis solia ex auro et adamante cum fecisset, Iuno cum sedisset, subito in aere pendere coepit. Quod cum ad Vulcanum missum esset ut matrem quam ligaverat solveret, iratus quod de caelo praecipitatus erat, negat se matrem ullam habere. 2 Quem cum Liber pater ebrium in concilio deorum adduxisset, pietati negare non potuit; tum optionem a Iove
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Miti del mondo classico
164 Atene 1 Fra Nettuno e Minerva sorse una contesa su chi dovesse fondare per primo una città in Attica, e presero Giove come giudice. Dal momento che Minerva per la prima volta piantò in quella regione un olivo che – si racconta – c’è ancora, il giudizio fu a suo favore. 2 Nettuno allora in preda all’ira volle sommergere col mare quella regione, ma Mercurio per ordine di Giove gli impedì di farlo. 3 E così Minerva fondò la città di Atene, chiamata dal suo nome, e si racconta che questa città fu la prima a essere costruita sulla terra. 165 Marsia 1 Si racconta che Minerva sia stata la prima a costruire un flauto con un osso di cervo e sia andata a suonarlo a un banchetto degli dei. 2 Siccome Giunone e Venere la prendevano in giro perché diventava verdognola e gonfiava le gote, appariva goffa ed era presa in giro mentre suonava, andò a una fonte nel bosco sull’Ida: lì si specchiò nell’acqua mentre suonava e constatò che veniva presa in giro a ragione; e così gettò via in quel luogo il flauto e giurò di colpire con una terribile punizione chiunque l’avesse raccolto. 3 Lo trovò uno dei satiri, il pastore Marsia, figlio di Eagro: suonandolo ripetutamente otteneva un suono sempre più melodioso di giorno in giorno, al punto da sfidare a una gara Apollo mentre suonava la cetra. 4 Apollo si presentò e presero le Muse come giudici. Mentre Marsia stava risultando vincitore, Apollo capovolse la cetra e la melodia rimaneva la stessa, cosa che Marsia non poté fare con il flauto. 5 E così Apollo, dopo averlo sconfitto, legò Marsia a un albero e lo consegnò a uno scita che gli tolse la pelle membro a membro; quello che restava del corpo lo consegnò al suo discepolo Olimpo perché lo seppellisse, e dal suo sangue prese nome il fiume Marsia. 166 Erittonio 1 Vulcano per Giove e per gli altri dei fabbricò dei seggi d’oro e d’acciaio; quando Giunone vi si sedette, subito cominciò a restare appesa nel vuoto. Fu allora mandato a chiamare Vulcano perché liberasse sua madre, che aveva legato, ma egli, adirato per essere stato gettato giù dal cielo, affermò di non avere alcuna madre. 2 Quando poi il padre Libero riuscì a portarlo perché ubriaco al concilio degli dei, non poté sottrarsi a quel gesto doveroso; allora da Giove ebbe la facoltà 169
Igino
fabb. 166-168
accepit, si quid ab iis petiisset impetraret. 3 Tunc ergo Neptunus, quod Mineruae erat infestus, instigavit Vulcanum Minervam petere in coniugium. Qua re impetrata in thalamum cum venisset, Minerva monitu Iovis virginitatem suam armis defendit, interque luctandum ex semine eius quod in terram decidit natus est puer, qui inferiorem partem draconis habuit; 4 quem Erichthonium ideo nominarunt quod eris Graece certatio dicitur, chthon autem terra dicitur. Quem Minerva cum clam nutriret, dedit in cistula servandum Aglauro Pandroso et Herse Cecropis filiabus. 5 Hae cum cistulam aperuissent, cornix indicavit; illae a Minerva insania obiecta ipsae se in mare praecipitaverunt. 167 Liber 1 Liber Iovis et Proserpinae filius a Titanis est distractus, cuius cor contritum Iovis Semele dedit in potionem. 2 Ex eo praegnans cum esset facta, Iuno in Beroen nutricem Semeles se commutavit et ait: «Alumna, pete a Iove ut sic ad te veniat quemadmodum ad Iunonem, ut scias quae voluptas est cum deo concumbere». 3 Illa autem instigata petit ab Iove, et fulmine est icta; ex cuius utero Liberum exuit et Nyso dedit nutriendum, unde Dionysus est appellatus et bimater est dictus.
168 Danaus 1 Danaus Beli filius ex pluribus coniugibus quinquaginta filias habuit, totidemque filios frater Aegyptus, qui Danaum fratrem et filias eius interficere voluit, ut regnum paternum solus obtineret; filiis uxores a fratre poposcit. 2 Danaus re cognita Minerva adiutrice ex Africa Argos profugit; tunc primum dicitur Minerva navem fecisse biproram in qua Danaus profugeret. At Aegyptus ut resciit Danaum profugisse, mittit filios ad persequendum fratrem et eis praecepit ut aut Danaum interficerent aut ad se non reverterentur. 3 Qui postquam Argos venerunt, oppugnare patruum coeperunt. Danaus ut vidit se eis obsistere non posse, pollicetur eis filias suas uxores ut pugna absisterent. 4 Impetratas sorores patrueles acceperunt uxores, quae patris iussu viros suos interfecerunt. Sola Hypermestra Lynceum servavit. 5 Ob id ceterae dicuntur apud inferos in
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Miti del mondo classico
di ottenere qualunque cosa avesse chiesto loro. 3 Allora Nettuno, che era ostile a Minerva, suggerì a Vulcano di chiedere in moglie Minerva. Ottenuta la sua mano, quando giunsero nel talamo, Minerva su consiglio di Giove difese con le armi la propria verginità, e dal seme di lui che mentre lottavano cadde a terra nacque un bambino che aveva la parte inferiore del corpo di serpente; 4 lo chiamarono Erittonio, perché in greco lotta si dice ἔρις e terra χϑών. Minerva, nell’allevarlo di nascosto, lo diede in una cesta ad Aglauro, Pandroso ed Erse, figlie di Cecrope, perché vi badassero. 5 Ma siccome aprirono la cesta e una cornacchia lo rivelò, Minerva le fece impazzire ed esse si gettarono in mare. 167 Libero 1 Libero, figlio di Giove e Proserpina, fu dilaniato dai Titani. Giove macinò il suo cuore e lo diede da bere a Semele. 2 Dopo che essa rimase incinta in conseguenza di questo, Giunone prese le sembianze di Beroe, la nutrice di Semele, e le disse: «Figlia mia, chiedi a Giove di presentarsi a te come si presenta a Giunone, per renderti conto di quale piacere si provi a giacere con un dio». 3 E quella, così indotta, lo chiese a Giove e fu colpita dal fulmine; dal suo utero fece uscire Libero e lo diede da allevare a Niso, e per questo è stato chiamato Dioniso e si dice che è bimadre. 168 Danao 1 Danao, figlio di Belo, da diverse mogli ebbe cinquanta figlie, e altrettanti figli ebbe suo fratello Egitto. Questi pensò di uccidere il fratello Danao e le sue figlie per gestire da solo il regno paterno; e allora chiese al fratello le figlie come mogli dei suoi figli. 2 Danao venne a sapere la cosa e con l’aiuto di Minerva dall’Africa si rifugia ad Argo; si racconta che per la prima volta in quell’occasione Minerva fabbricò una nave con due prue sulla quale far fuggire Danao. Ma come seppe che Danao era fuggito, Egitto manda i suoi figli a inseguire fratello e impone loro di uccidere Danao o di non fare ritorno. 3 Dopo essere arrivati ad Argo, cominciarono a combattere contro lo zio. Come si rese conto di non poter far fronte a loro, Danao promette loro in moglie le figlie purché interrompessero la guerra. 4 I cugini presero in moglie le sorelle che desideravano, ma queste per ordine del padre uccisero i mariti. Soltanto Ipermestra risparmiò Linceo. 5 Si racconta che per questo gesto le altre 171
Igino
fabb. 168-170
dolium pertusum aquam ingerere. Hypermestrae et Lynceo fanum factum est. 169 Amymone 1 Amymone Danai filia dum studiose in silva venatur, satyrum iaculo percussit; eam satyrus voluit violare; illa Neptuni fidem imploravit. Quo Neptunus cum venisset, satyrum abegit et ipse cum ea concubuit, ex quo conceptu nascitur Nauplius. 2 Id in quo loco factum est Neptunus dicitur fuscina percussisse terram et inde aquam profluxisse, qui Lernaeus fons dictus est et Amymonium flumen.
1 Amymone Danai filia missa est a patre aquam petitum ad sacrum faciendum, quae dum quaerit lassitudine obdormiit; quam satyrus violare voluit. Illa Neptuni fidem imploravit. Quod cum Neptunus fuscinam in satyrum misisset, illa se in petram fixit, satyrum Neptunus fugavit. 2 Qui cum quaereret in solitudine a puella, illa se aquatum missam esse dixit a patre; quam Neptunus compressit. Pro quo beneficium ei tribuit iussitque eius fuscinam de petra educere. Quae cum eduxisset, tres silani sunt secuti, qui ex Amymones nomine Amymonius fons appellatus est. Ex qua compressione natus est Nauplius. Hic autem fons Lernaeus est postea appellatus.
170 Filiae Danai quae quos occiderunt 1 Midea Antimachum. Philomela Panthium. Scylla Proteum. Amphicomone Plexippum. Euippe Agenorem. Demoditas Chrysippum. Hyale Perium. 2 Trite Enceladum. Damone Amyntorem. Hippothoe Obrimum. Myrmidone Mineum. 172
Miti del mondo classico
negli inferi trasportano acqua con un orcio bucato. In onore di Ipermestra e Linceo fu costruito un tempio. 169 Amimone 1 Amimone, figlia di Danao, mentre era tutta presa a cacciare nel bosco, colpì un satiro con una freccia; il satiro tentò di violentarla e lei invocò l’aiuto di Nettuno. Nettuno, una volta arrivato, cacciò il satiro e fu lui a giacere con lei, e da questa unione nasce Nauplio. 2 Si racconta che, nel luogo dove ciò avvenne, Nettuno colpì la terra col suo tridente e di lì sgorgò acqua, una fonte detta Lernea e un fiume detto Amimonio. 169 A Amimone 1 Amimone, figlia di Danao, fu mandata dal padre a prendere acqua per celebrare un rito, e mentre la cercava si addormentò per la stanchezza; un satiro tentò di violentarla. Lei invocò l’aiuto di Nettuno. Quando Nettuno scagliò il tridente contro il satiro, questo si conficcò nella roccia e Nettuno mise in fuga il satiro. 2 Chiese alla ragazza che cosa facesse in quel luogo deserto e lei rispose di essere stata mandata dal padre a prendere acqua; Nettuno giacque con lei. Per questo le diede una ricompensa: la invitò a estrarre il suo tridente dalla roccia, e quando l’ebbe estratto sgorgarono tre zampilli, e dal nome di Amimone la fonte fu chiamata Amimonia. Da questa unione nacque Nauplio. In seguito questa fonte è stata chiamata Lernea. 170 Chi ciascuna delle figlie di Danao uccise 1 Midea uccise Antimaco. Filomela Pantio. Scilla Proteo. Amficomone Plessippo. Evippe Agenore. Demodita Crisippo. Iale Perio. 2 Trite Encelado. Damone Amintore. Ippotoe Obrimo. Mirmidone Mineo. 173
Igino
fab. 170
Eurydice Canthum. Cleo Asterium 3 Arcadia Xanthum. Cleopatra Metalcem. Phila Philinum. Hipparete Protheonem. Chrysothemis Asteriden. † Pyrante Athamantem 4 † Armoasbus. Glaucippe Niavium. Demophile Pamphilum. Autodice Clytum. Polyxena Aegyptum. Hecabe Dryantem. 5 Achamantis Ecnominum. Arsalte Ephialtem. Monuste Eurysthenem. Amymone Midamum. Helice † Euideam. Oeme Polydectorem. 6 Polybe Iltonomum Helicta Cassum. Electra Hyperantum. Eubule Demarchum. Daplidice † Pugnonem. 7 Hero Andromachum. Europome Athleten. † Pyrantis Plexippum. Critomedia Antipaphum. Pirene Dolichum. Eupheme Hyperbium. Themistagora Podasimum. 8 Celaeno Aristonon. Itea Antiochum. Erato Eudaemonem. 9 Hypermestra Lynceum servavit; qui cum Danaus perisset primusque Abas ei nuntiasset, Lynceus circumspiciens in templo quid ei muneri daret, casu conspexit clipeum quem Danaus consecraverat 174
Miti del mondo classico
Euridice Canto. Cleo Asterio. 3 Arcadia Xanto. Cleopatra Metalce. Fila Filino. Ipparete Proteone. Crisotemide Asteride. Pirante Atamante. 4 ... Armoasbo. Glaucippe Niavio. Demofile Panfilo. Autodice Clito. Polissena Egitto. Ecabe Driante. 5 Acamante Ecnomino. Arsalte Efialte. Monuste Euristene. Amimone Midamo. Elice Evidea. Eme Polidettore. 6 Poliba Iltonomo. Elitta Casso. Elettra Iperanto. Eubule Demarco. Daplidice Pugnone. 7 Ero Andromaco. Europome Atleta. Pirante Plessippo. Critomedia Antipaphum. Pirene Dolico. Eufeme Iperbio. Temistagora Podasimo. 8 Celeno Aristonoo. Itea Antioco. Erato Eudemone. 9 Ipermestra risparmiò Linceo; quando Danao morì e Abante per primo gli portò la notizia, Linceo cercando all’intorno nel tempio che cosa dargli in dono, per caso notò lo scudo che Danao aveva 175
Igino
fabb. 170-173
Iunoni, quem in iuventa gesserat. 10 Refixit et donavit Abanti ludosque consecravit qui quinto quoque anno aguntur, qui appellantur Ἀσπὶς ἐν Ἄργει. Quibus ludis cursoribus corona non datur sed clipeus. 11 At Danaides post patris interitum viros duxerunt Argivos, e quibus qui nati sunt appellati. 171 Althaea 1 Cum Althaea Thestii filia una nocte concubuerunt Oeneus et Mars, ex quibus cum esset natus Meleager subito in regia apparuerunt Parcae Clotho Lachesis Atropos. 2 Cui fata ita cecinerunt: Clotho dixit eum generosum futurum, Lachesis fortem, Atropos titionem ardentem aspexit in foco et ait: «Tam diu hic vivit quam diu hic titio consumptus non fuerit». 3 hoc Althaea mater cum audisset, exiluit de lecto et titionem extinxit et eum in regia media obruit fatalem ne ab igni consumeretur.
172 Oeneus Oeneus Porthaonis filius Aetoliae rex cum omnibus diis annua sacra fecisset et Dianam praeterisset, ea irata aprum immani magnitudine, qui agrum Calydonium vastaret, misit. Tunc Meleager Oenei filius se pollicetur cum delectis Graeciae ducibus ad eum expugnandum iturum. 173 Qui aprum Calydonium ierunt 1 Castor et Pollux Iovis filii. Eurytus Mercurii Sparta. Echion Mercurii Thebis. Aesculapius Apollinis. Iason Aesonis Thebis. Alcon Martis, Thracia. Euphemus Neptuni. 2 Iolaus Iphicli. Lynceus et Idas Apharei. Peleus Aeaci. Telamon Aeaci. Admetus Pheretis. 176
Miti del mondo classico
consacrato a Giunone e che aveva utilizzato in gioventù. 10 Lo staccò e lo donò ad Abante, e instituì dei giochi sacri che si effettuano ogni quattro anni e che si chiamano “Scudo in Argo”. In questi giochi ai concorrenti non si dà una corona ma uno scudo. 11 Le Danaidi poi, dopo la morte del padre, sposarono degli uomini di Argo, e quelli nati da loro furono chiamati Danai. 171 Altea 1 Con Altea, figlia di Testio, nella stessa notte giacquero Eneo e Marte, e da loro nacque Meleagro. Improvvisamente nella reggia comparvero le Parche Cloto, Lachesi e Atropo 2 e gli predissero il destino così: Cloto disse che sarebbe stato coraggioso, Lachesi forte, Atropo notò un tizzone che bruciava nel focolare e disse: «Costui vivrà finché questo tizzone non sarà consumato». 3 La madre Altea, ascoltate queste parole, saltò fuori dal letto, spense il tizzone del destino e lo seppellì all’interno della reggia perché non fosse consumato dal fuoco. 172 Eneo Eneo, figlio di Portaone, re di Etolia, nel fare il sacrificio annuale a tutti gli dei aveva dimenticato Diana; questa, adirata, mandò un cinghiale di grandezza esagerata a devastare il territorio di Calidone. Allora il figlio di Eneo, Meleagro, promette di andare ad affrontarlo con combattenti scelti della Grecia. 173 Coloro che andarono contro il cinghiale Calidonio 1 Castore et Polluce, figli di Giove. Eurito, figlio di Mercurio, da Sparta. Echione, figlio di Mercurio, da Tebe. Esculapio, figlio di Apollo. Giasone, figlio di Esone, da Tebe. Alconte, figlio di Marte, dalla Tracia. Eufemo, figlio di Nettuno. 2 Iolao, figlio di Ificlo. Linceo e Ida, figli di Afareo. Peleo, figlio di Eaco. Telamone, figlio di Eaco. Admeto, figlio di Ferete. 177
Igino
fabb. 173-174
Laerta Arcesii. Deucalion Minois. Theseus Aegei. Plexippus, Ideus, Lynceus Thestii filii, fratres Althaeae. 3 Hippothous Cercyonis. Caeneus Elati. Mopsus Ampyci. Meleager Oenei. Hippasus Euryti. Ancaeus Lycurgi. Phoenix Amyntoris. Dryas Iapeti. Enaesimus, Alcon, Leucippus, Hippocoontis Amyclis. Atalante Schoenei. 173 A Quae civitates auxilium miserunt Oeneo Tenedos, Iolcos, Sparta, Pleurone, Messene, Perrhaebia, Phthia, Magnesia, Salamina, Calydon, Thessalia, Oechalia, Ithaca, Tegea, Creta, Dolopea, Athenae et Arcadia. 174 Meleager 1 Althaea Thestii filia ex Oeneo peperit Meleagrum. Ibi in regia dicitur titio ardens apparuisse. 2 Huc Parcae venerunt et Meleagro fata cecinerunt eum tam diu victurum quam diu is titio esset incolumis. 3 Hunc Althaea in arca clusum diligenter servavit. 4 Interim ira Dianae, quia Oeneus sacra annua ei non fecerat, aprum mira magnitudine qui agrum Calydonium vastaret misit. 5 Quem Meleager cum delectis iuvenibus Graeciae interfecit pellemque eius ob virtutem Atalante virgini donavit, quam Ideus, Plexippus, Lynceus Althaeae fratres eripere voluerunt. 6 Illa cum Meleagri fidem implorasset, ille intervenit et amorem cognationi anteposuit avunculosque suos occidit. Id ubi Althaea mater audivit filium suum tantum facinus esse ausum, memor Parcarum praecepti titionem ex arca prolatum in ignem coniecit. Ita dum fratrum poenas vult exequi, filium interfecit. 7 At sorores eius praeter Gorgen et Deianiram flendo deorum voluntate in aves sunt transfiguratae, quae meleagrides vocantur; at coniunx eius Alcyone maerens in luctu decessit.
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Miti del mondo classico
Laerte, figlio di Arcesio. Deucalione, figlio di Minosse. Teseo, figlio di Egeo. Plessippo, Ideo, Linceo, figli di Testio e fratelli di Altea. 3 Ippoto, figlio di Cercione. Ceneo, figlio di Elato. Mopso, figlio di Ampico. Meleagro, figlio di Eneo. Ippaso, figlio di Eurito. Anceo, figlio di Licurgo. Fenice, figlio di Amintore. Driante, figlio di Giapeto. Enesimo, Alconte, Leucippo, Ippocoonte da Amicla. Atalanta, figlia di Scheneo. 173 A Città che inviarono aiuto a Eneo Tenedo, Iolco, Sparta, Pleurone, Messene, Perrebia, Ftia, Magnesia, Salamina, Calidone, Tessaglia, Ecalia, Itaca, Tegea, Creta, Dolopia, Atene e Arcadia. 174 Meleagro 1 Altea, figlia di Testio, da Eneo partorì Meleagro. Si racconta che in quel momento nella reggia apparve un tizzone ardente. 2 Arrivarono le Parche e predissero il destino a Meleagro: sarebbe vissuto finché quel tizzone fosse stato integro. 3 Altea lo chiuse in uno scrigno e lo conservò con cura. 4 Nel frattempo Diana, adirata perché Eneo non le aveva fatto i sacrifici annuali, mandò un cinghiale di dimensioni straordinarie a devastare il territorio di Calidone. 5 Meleagro, insieme a giovani scelti della Grecia, lo uccise e donò la sua pelle alla vergine Atalanta per il suo valore, ma i fratelli di Altea, Ideo, Plessippo e Linceo, gliela volevano sottrarre. 6 Quella allora invocò l’aiuto di Meleagro, questi intervenne e antepose l’amore ai rapporti di parentela, uccidendo i suoi zii. Quando la madre Altea venne a sapere che suo figlio aveva osato compiere un delitto così grave, ricordando la profezia delle Parche estrasse il tizzone dallo scrigno e lo gettò nel fuoco. E così volendo vendicare i fratelli uccise suo figlio. 7 Per volere degli dei le sue sorelle, tranne Gorge e Deianira, per il pianto furono trasformate negli uccelli chiamati meleagridi; e sua moglie Alcione morì affranta dallo strazio. 179
Igino
fabb. 175-177
175 Agrius 1 Agrius Parthaonis filius ut vidit Oeneum fratrem orbum liberis factum, egentem regno expulit atque ipse regnum possedit. 2 Interim Diomedes Tydei filius et Deipyles Ilio devicto ut audivit avum suum regno pulsum, pervenit in Aetoliam cum Sthenelo Capanei filio et armis contendit cum Lycopeo Agri filio, quo interfecto Agrium egentem e regno expulit atque Oeneo avo suo regnum restituit. 3 Postque Agrius regno expulsus ipse se interfecit.
176 Lycaon 1 Ad Lycaonem Pelasgi filium Iovis in hospitium venisse dicitur et filiam eius Callisto compressisse, ex quo natus est Arcas, qui ex suo nomine terrae nomen indidit. 2 Sed Lycaonis filii Iovem tentare voluerunt deusne esset; carnem humanam cum cetera carne commiscuerunt idque in epulo ei apposuerunt. 3 Qui postquam sensit iratus mensam evertit, Lycaonis filios fulmine necavit. Eo loco postea Arcas oppidum communivit, quod Trapezos nominatur. Patrem Iuppiter in lupi figuram mutavit. 177 Callisto 1 Callisto Lycaonis filia ursa dicitur facta esse ob iram Iunonis, quod cum Iove concubuit. Postea Iovis in stellarum numerum rettulit, quae Septentrio appellatur, quod signum loco non movetur neque occidit. Tethys enim Oceani uxor nutrix Iunonis prohibet eam in oceanum occidere. 2 Hic ergo Septentrio maior, de qua in Creticis versibus tuque Lycaoniae mutatae semine nymphae, quam gelido raptam de vertice Nonacrinae oceano prohibet semper se tinguere Tethys, ausa suae quia sit quondam succumbere alumnae. 3 Haec igitur ursa a Graecis Helice appellatur. Haec habet stellas in capite septem non claras, in utraque aure duas, in armo unam, in pectore claram unam, in pede priore unam, in extrema coxa claram 180
Miti del mondo classico
175 Agrio 1 Agrio, figlio di Partaone, come vide il fratello Eneo privato dei figli, lo cacciò dal regno privandolo di tutto e se ne impossessò lui stesso. 2 Nel frattempo Diomede, figlio di Tideo e Deipile, dopo che Ilio fu conquistata, avendo sentito dire che suo nonno era stato cacciato dal regno giunse in Etolia con Stenelo, figlio di Capaneo, e affrontò in armi Licopeo, figlio di Agrio; dopo averlo ucciso cacciò dal regno Agrio privandolo di tutto e lo restituì al suo avo Eneo. 3 In seguito Agrio, cacciato dal regno, si uccise. 176 Licaone 1 Si racconta che Giove sia andato ospite da Licaone, figlio di Pelasgo, e abbia violentato sua figlia Callisto, da cui nacque Arcade, che diede il proprio nome a quella regione. 2 Ma i figli di Licaone vollero mettere alla prova Giove per vedere se era un dio: mescolarono carne umana all’altra carne e gliela servirono a banchetto. 3 Quando se ne accorse, adirato rovesciò il tavolo e uccise con un fulmine i figli di Licaone. In quel luogo in seguito Arcade edificò una città che si chiama Trapezunte. Giove trasformò il padre in un lupo. 177 Callisto 1 Si racconta che Callisto, figlia di Licaone, fu mutata in orsa a causa dell’ira di Giunone, perché giacque con Giove. In seguito Giove l’annoverò fra gli astri: si chiama Settentrione, una costellazione che non si muove dal suo posto e non tramonta. Infatti Teti, moglie di Oceano e nutrice di Giunone, le proibisce di tramontare nell’oceano. 2 Questo dunque è il grande Settentrione, di cui si parla in versi cretici: Dal seme della ninfa Licaonia discendi, trasformata e poi rapita da fredda cima della Nonacrina. Teti le vieta sempre di tuffarsi nell’oceano, perché ha osato un tempo prendere il posto della sua figliola. 3 Questa orsa dunque dai greci è chiamata Elice. Presenta sulla testa sette stelle non splendenti, due in ognuna delle orecchie, una sulla spalla, una splendente sul petto, una sulla zampa anteriore, 181
Igino
fabb. 177-179
unam, in femine posteriori duas, in pede extremo duas, in cauda tres, omnes numero viginti. 178 Europa 1 Europa Argiopes et Agenoris filia Sidonia. Hanc Iuppiter in taurum conversus a Sidone Cretam transportavit et ex ea procreavit Minoem, Sarpedonem, Rhadamanthum. 2 Huius pater Agenor suos filios misit ut sororem reducerent aut ipsi in suum conspectum non redirent. 3 Phoenix in Africam est profectus ibique remansit; inde Afri Poeni sunt appellati. Cilix suo nomine Ciliciae nomen indidit. 4 Cadmus cum erraret Delphos devenit; ibi responsum accepit ut a pastoribus bovem emeret qui lunae signum in latere haberet eumque ante se ageret; ubi decubuisset, ibi fatum esse eum oppidum condere et ibi regnare. 5 Cadmus sorte audita cum imperata perfecisset et aquam quaereret, ad fontem Castalium venit, quem draco Martis filius custodiebat. Qui cum socios Cadmi interfecisset, a Cadmo lapide est interfectus dentesque eius Minerva monstrante sparsit et aravit, unde Spartoe sunt enati. 6 Qui inter se pugnarunt. Ex quibus quinque superfuerunt, id est Chthonius, Udaeus, Hyperenor, Pelorus et Echion. Ex bove autem, quem secutus fuerat, Boeotia est appellata. 179 Semele 1 Cadmus Agenoris et Argiopes filius ex Harmonia Martis et Veneris filia procreavit filias quattuor, Semelen, Ino, Agaven, Autonoen, et Polydorum filium. 2 Iovis cum Semele voluit concumbere; quod Iuno cum resciit, specie immutata in Beroen nutricem ad eam venit et persuasit ut peteret ab Iove ut eodem modo ad se quomodo ad Iunonem veniret, «ut intellegas – inquit – quae sit voluptas cum deo concumbere». 3 Itaque Semele petiit ab Iove ut ita veniret ad se. Qua re impetrata Iovis cum fulmine et tonitribus venit et Semele conflagravit. Ex utero eius Liber est natus, quem Mercurius ab igne ereptum Nyso dedit educandum, et Graece Dionysus est appellatus.
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Miti del mondo classico
una all’estremità della coscia, due sulle gambe posteriori, due all’estremità della zampa, tre sulla coda: in tutto venti. 178 Europa 1 Europa, figlia di Argiope e Agenore, era di Sidone. Giove, trasformatosi in toro, la trasportò da Sidone a Creta e da lei generò Minosse, Sarpedone e Radamanto. 2 Suo padre Agenore mandò i suoi figli perché riportassero indietro la sorella; altrimenti non si presentassero al suo cospetto. 3 Fenice partì alla volta dell’Africa e lì si stabilì; per questo gli africani sono chiamati Punici (Poeni). Cilice dal suo nome diede nome alla Cilicia. 4 Cadmo nelle sue peregrinazioni giunse a Delfi; lì ricevette come responso di comprare da pastori un bue che aveva sul fianco l’immagine della luna e di condurlo davanti a sé; laddove questo si fosse accosciato, lì era destino che lui fondasse una città e che vi regnasse. 5 Dopo aver ascoltato il responso, volendo realizzare gli ordini, Cadmo cercava dell’acqua e arrivò alla fonte Castalia, che era custodita da un serpente figlio di Marte. Questi uccise i compagni di Cadmo ma fu ucciso da Cadmo con un colpo di pietra: quindi egli secondo le indicazioni di Minerva seminò i denti di quello e poi arò, e da questi nacquero gli Sparti. 6 Essi combatterono l’uno contro l’altro e ne sopravvissero cinque, cioè Ctonio, Udeo, Iperenore, Peloro ed Echione. Dal bue che Cadmo aveva seguito ricevette nome la Beozia. 179 Semele 1 Cadmo, figlio di Agenore e Argiope, da Armonia, figlia di Marte e Venere, generò quattro figlie, Semele, Ino, Agave, Autonoe, e un figlio, Polidoro. 2 Giove volle giacere con Semele, ma quando Giunone lo venne a sapere trasformò il proprio aspetto in quello di Beroe, la nutrice di quella, andò da lei e la convinse a chiedere a Giove di presentarsi a lei come faceva con Giunone, «per capire – diceva – quale piacere si prova a giacere con un dio». 3 E così Semele chiese a Giove di presentarsi a lei in quel modo e l’ottenne: Giove si presentò con fulmini e tuoni e Semele bruciò completamente. Dal suo grembo nacque Libero, che Mercurio strappò dall’incendio e diede da allevare a Niso, e in greco fu chiamato Dioniso.
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Igino
fabb. 180-182
180 Actaeon Actaeon Aristaei et Autonoes filius pastor Dianam lavantem speculatus est et eam violare voluit. Ob id irata Diana fecit ut ei cornua in capite nascerentur et a suis canibus consumeretur.
181 Diana 1 Diana cum in valle opacissima cui nomen est Gargaphia aestivo tempore fatigata ex assidua venatione se ad fontem cui nomen est Parthenius perlueret, Actaeon Cadmi nepos Aristaei et Autonoes filius, eundem locum petens ad refrigerandum se et canes quos exercuerat feras persequens, in conspectum deae incidit; 2 qui ne loqui posset, habitus eius in cervum ab ea conversus est. Ita pro cervo laceratus est a suis canibus. 3 Quorum nomina: masculi Melampus, Ichnobates, Pamphagos, Dorceus, Oribasus, Nebrophonus, Laelaps, Theron, Pterelas, Hylaeus, Nape, Ladon, Poemenis, Therodanapis, Aura, Lacon, Harpyia, Aello, Dromas, Thous, Canache, Cyprius, Sticte, Labros, Arcas, Agriodus, Tigris, Hyletor, Alce, Harpalus, Lycisce, Melaneus, Lachne, Leucon; 4 item tres qui eum consumpserunt feminae: Melanchaetes, Agre, Theridamas, Oresitrophos. 5 Item alii auctores tradunt haec nomina: Acamas, Syrum, Aeon, Stilbon, Agrius, Charops, Aethon, Corus, Boreas, Draco, Eudromus, Dromius, Zephyrus, Lampus, Haemon, Cyllopodes, Harpalicus, Machimus, Ichneumo, Melampus, Ocydromus, Borax, Ocythous, Pachitos, Obrimus; 6 feminae Argo, Arethusa, Urania, Theriope, Dinomache, Dioxippe, Echione, Gorgo, Cyllo, Harpyia, Lynceste, Leaene, Lycaena, Ocypode, Ocydrome, Oxyboe, Orias, Sainon, Theriphone, Hylaeos, † Chedietros. 182 Oceani filiae 1 Oceani filiae Idothea, Althaea, Adrasta; alii aiunt Melissei filias esse, Iovis nutrices. 2 Quae nymphae Dodonides dicuntur (alii Naidas vocant) quarum nomina Cisseis, Nysa, Erato, Eriphia, Dromie, Polyhymno; hae in monte Nysa munere alumni potitae sunt, qui Medeam rogaverat, et deposita senectute in iuvuenes mutatae sunt, consecrataeque postea inter sidera Hyades appellantur. 3 Alii tradunt vocitatas Arsinoe, Ambrosie, Bromie, Cisseis, Coronis.
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Miti del mondo classico
180 Atteone Il pastore Atteone, figlio di Aristeo e Autonoe, osservò Diana mentre faceva il bagno e pensò di violentarla. Adirata per questo, Diana gli fece spuntare delle corna sulla testa e lo fece divorare dai suoi stessi cani. 181 Diana 1 Durante la stagione estiva in una valle molto ombreggiata il cui nome è Gargafia Diana, stanca per aver cacciato continuamente, si lavava a una fonte il cui nome è Partenia; Atteone, nipote di Cadmo e figlio di Aristeo e Autonoe, si diresse nello stesso luogo per cercare refrigerio per sé e per i cani che aveva lanciato a inseguire gli animali selvatici, e finì per vedere la dea. 2 Affinché non lo potesse raccontare, lei trasformò il suo aspetto in cervo e così, come se fosse un cervo, fu sbranato dai suoi cani. 3 Ecco i nomi di questi: i maschi Melampo, Icnobate, Pamfago, Dorceo, Oribaso, Nebrofono, Lelape, Terone, Pterelao, Ileo, Nape, Ladone, Pemenide, Terodanapide, Aura, Lacone, Arpia, Ello, Dromade, Too, Canache, Ciprio, Stitte, Labro, Arcade, Agriodo, Tigre, Iletore, Alce, Arpalo, Licisco, Melaneo, Lacne, Leucone; 4 e poi le tre femmine che lo finirono: Melanchete, Agre, Teridamante, Oresitrofo. 5 Inoltre altre fonti tramandano i seguenti nomi: Acamante, Siro, Eone, Stilbone, Agrio, Carope, Etone, Coro, Borea, Dracone, Eudromo, Dromio, Zefyro, Lampo, Emone, Cillopode, Arpalico, Machimo, Icneumone, Melampo, Ocidromo, Borace, Ocitoo, Pachito, Obrimo; 6 le femmine Argo, Aretusa, Urania, Teriope, Dinomache, Diossippe, Echione, Gorgone, Cillone, Arpia, Linceste, Leena, Licena, Ocipode, Ocidrome, Ossiboe, Oriante, Sainone, Terifone, Ileo, † Chedietro. 182 Le figlie di Oceano 1 Le figlie di Oceano Idotea, Altea, Adrasta – che secondo altre fonti sono figlie di Melisseo – furono le nutrici di Giove. 2 Le ninfe che sono denominate Dodonidi – altri le chiamano Naiadi – … i cui nomi sono Cisseide, Nisa, Erato, Erifia, Dromie, Poliinno. Queste sul monte Nisa ottennero un dono da parte del loro figlio di latte, che l’aveva chiesto a Medea: abbandonata la vecchiaia, si trasformarono in ragazze e in seguito furono divinizzate come costellazioni e si chiamano Iadi. 3 Altre fonti tramandano che erano chiamate Arsinoe, Ambrosia, Bromia, Cisseide, Coronide. 185
Igino
fabb. 183-185
183 Equorum Solis et Horarum nomina 1 Eous: per hunc caelum verti solet. Aethiops quasi flammeus est, qui coquit fruges. Hi funales sunt mares. 2 Feminae iugariae: Bronte, quae nos tonitrua appellamus, Steropeque quae fulgitrua. Huic rei auctor est Eumelus Corinthius. 3 Item quos Homerus tradit: Abraxas, † io therbeeo †. Item quos Ovidius: Pyrois, Eous, Aethon, Phlegon. 4 Horarum vero nomina haec sunt Iovis Saturni filii et Themidis filiae titanidis: Auxo, Eunomia, Pherusa, Carpo, Dice, Euporie, Irene, Orthosie, Thallo. 5 Alii auctores tradunt decem his nominibus: Auge, Anatole, Musica, Gymnastica, Nymphe, Mesembria, Sponde † elete actem et † Hesperis, Dysis. 184 Pentheus et Agave 1 Pentheus Echionis et Agaves filius Liberum negavit deum esse nec mysteria eius accipere voluit. Ob hoc eum Agave mater cum sororibus Ino et Autonoe per insaniam a Libero obiectam membratim laniavit. 2 Agave ut suae mentis compos facta est et vidit se Liberi impulsu tantum scelus admisisse, profugit ab Thebis; quae errabunda in Illyriae fines devenit ad Lycothersen regem, quam Lycotherses excepit. 185 Atalanta 1 Schoeneus Atalantam filiam virginem formosissimam dicitur habuisse, quae uirtute sua cursu viros superabat. Ea petiit a patre ut se virginem servaret. 2 Itaque cum a pluribus in coniugium peteretur, pater eius simultatem constituit: qui eam ducere vellet prius in certamine cursu cum ea contenderet, termino constituto, ut ille inermis fugeret, haec cum telo insequeretur; quem intra finem termini consecuta fuisset interficeret, cuius caput in stadio figeret. 3 Plerosque cum superasset et occidisset, novissime ab Hippomene Megarei et Meropes filio victa est. Hic enim a Venere mala tria insignis formae acceperat, edoctus quis usus in eis esset. 4 Qui in ipso certamine iactando puellae impetum alligavit.
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Miti del mondo classico
183 Nomi dei cavalli del Sole e delle Ore 1 Eoo: di norma grazie a questo il cielo ruota. Etiope, che è come fatto di fiamme: è quello che brucia le messi. Questi sono i cavalli anteriori e sono maschi. 2 Quelli attaccati al giogo sono femmine: Bronte, che per noi significa tuono, e Sterope, che significa lampi. Lo attesta Eumelo di Corinto. 3 Poi, quelli che tramanda Omero: Abraxas, † ioterbeeo. Poi quelli che tramanda Ovidio: Piroente, Eoo, Etone, Flegonte. 4 D’altronde i nomi delle Ore, figlie di Giove, figlio di Saturno, e della titanide Temi, sono i seguenti: Ausso, Eunomia, Ferusa, Carpo, Dice, Euporia, Irene, Ortosia, Tallo. 5 Altre fonti ne tramandano dieci così chiamate: Auge, Anatole, Musica, Ginnastica, Ninfa, Mesembria, Sponde, † elete atte, Esperide, Dise. 184 Penteo e Agave 1 Penteo, figlio di Echione e Agave, affermò che Libero non era un dio e non volle ammettere i riti misterici in suo onore. Per questo motivo la madre Agave con le sue sorelle Ino e Autonoe lo smembrarono in preda alla follia mandata loro da Libero. 2 Quando ritornò in sé e si rese conto di aver commesso un così grave delitto per istigazione di Libero, Agave fuggì via da Tebe; nel suo errare giunse nel territorio dell’Illiria dal re Licoterse, e Licoterse l’accolse. 185 Atalanta 1 Si racconta che Scheneo avesse una figlia vergine bellissima, Atalanta, che nella sua bravura batteva nella corsa gli uomini. Essa chiese al padre di conservarle la verginità. 2 E così, siccome veniva chiesta in moglie da parecchi pretendenti, suo padre stabilì una gara: chi voleva prenderla in moglie prima doveva confrontarsi con lei in una gara di corsa, stabilito un traguardo; lui doveva fuggire disarmato e lei doveva inseguirlo con un giavellotto: se l’avesse raggiunto entro la linea di arrivo, lo doveva uccidere e doveva affiggere la testa di quello nello stadio. 3 Dopo aver vinto e ucciso parecchi concorrenti, alla fine fu sconfitta da Ippomene, figlio di Megareo e Merope. Costui infatti aveva ricevuto da Venere tre mele di straordinaria bellezza ed era stato istruito su come usarle. 4 Lasciandole cadere durante la gara rallentò lo slancio della ragazza, perché lei 187
Igino
fabb. 185,186
Illa enim dum colligit et ammiratur aurum, declinavit et iuveni victoriam tradidit. 5 Cui Schoeneus ob industriam libens filiam suam dedit uxorem. Hanc cum in patriam duceret, oblitus beneficio Veneris se vicisse, grates ei non egit. 6 Irata Venere in monte Parnasso cum sacrificaret Iovi Victori, cupiditate incensus cum ea in fano concubuit, quos Iuppiter ob id factum in leonem et leam convertit, quibus dii concubitum Veneris denegant.
186 Melanippe 1 Melanippen Desmontis filiam, sive Aeoli ut alii poetae dicunt, formosissimam Neptunus compressit, ex qua procreavit filios duos. 2 Quod cum Desmontes rescisset, Melanippen excaecavit et in munimento conclusit, cui cibum atque potum exiguum praestari iussit, infantes autem feris proici. 3 Qui cum proiecti essent, vacca lactens veniebat ad infantes et ubera praestabat. Quod cum armentarii vidissent, tollunt eos ut educarent. 4 Interim Metapontus rex Icariae a coniuge Theano petebat ut sibi liberos procrearet aut regno cederet. Illa timens mittit ad pastores ut infantem aliquem explicarent quem regi subderet. Qui miserunt duos inventos, ea regi Metaponto pro suis supposuit. 5 Postea autem Theano ex Metaponto peperit duos. Cum autem Metapontus priores valde amaret, quod formosissimi essent, Theano quaerebat ut eos tolleret et filiis suis regnum servaret. 6 Dies advenerat ut Metapontus exiret ad Dianam Metapontinam ad sacrum faciendum. Theano occasione nacta indicat filiis suis eos suppositicios priores esse: «Itaque cum in venatione exierint, eos cultris interficite». 7 Illi autem matris monitu cum in montem exissent, proelium inter se commiserunt. Neptuno autem adiuvante Neptuni filii vicerunt et eos interfecerunt; quorum corpora cum in regia allata essent, Theano cultro venatorio se interfecit. 8 Ultores autem Boeotus et Aeolus ad pastores ubi educati erant confugerunt; ibi Neptunus eis indicat ex se esse natos et matrem in custodia teneri. 9 Qui ad Desmontem pervenerunt eumque interfecerunt et matrem custodia liberarunt, cui Neptunus lumen restituit. Eam filii perduxerunt in Icariam ad Metapontum regem et indicant ei perfidiam Theanus. 10 Post quae Metapontus duxit coniugio Melanippen eosque sibi filios adoptavit, qui 188
Miti del mondo classico
raccogliendole e ammirandone l’oro rallentò e diede la vittoria al ragazzo. 5 A causa della sua intraprendenza Scheneo gli diede di buon grado sua figlia in sposa. Mentre la portava in patria, dimenticò di aver vinto grazie all’aiuto di Venere e non la ringraziò. 6 A causa dell’ira di Venere, mentre sul monte Parnaso faceva un sacrificio a Giove Vincitore, fu preso dal desiderio e giacque con lei nel tempio: per questo gesto Giove li trasformò in un leone e in una leonessa, animali cui gli dei negano i piaceri di Venere. 186 Melanippe 1 Melanippe, figlia di Desmonte o di Eolo, come dicono altri poeti, era bellissima e Nettuno si unì a lei e da lei generò due figli. 2 Desmonte, quando lo venne a sapere, accecò Melanippe e la rinchiuse in prigione; ordinò di darle poco da mangiare e da bere e di esporre i neonati alle belve. 3 Questi furono esposti, ma da loro andava una mucca da latte e offriva loro le mammelle. Visto ciò, i pastori li prendono con sé per allevarli. 4 Nel frattempo Metaponto, re di Icaria, chiedeva a sua moglie Teano di dargli dei figli o di andarsene dal regno; impaurita, quella manda a dire ai pastori di procurarle un neonato da presentare al re: essi le mandano i due che avevano trovato e lei di fronte al re li fa passare come i suoi. 5 In seguito però Teano generò da Metaponto due bambini, e siccome Metaponto amava moltissimo i primi due, perché erano davvero belli, Teano cercava il modo per eliminarli e garantire il regno ai figli suoi. 6 Arrivò il giorno in cui Metaponto si allontanava per celebrare un sacrificio a Diana Metapontina. Teano, colta l’occasione, rivela ai propri figli che i primi erano adottivi: «Pertanto, quando usciranno per andare a caccia, uccideteli a pugnalate!». 7 Quelli dunque, secondo le indicazioni della madre, una volti andati a caccia sulla montagna cominciarono a combattere fra loro; tuttavia, siccome Nettuno li aiutava, ebbero la meglio i figli di Nettuno e li uccisero. Quando furono portati nella reggia i corpi di quelli, Teano si uccise con il pugnale da caccia. 8 Allora i due vendicatori, Beoto ed Eolo, si rifugiarono dai pastori dai quali erano stati allevati; lì Nettuno rivela loro che erano nati da lui e che la loro madre era tenuta prigioniera. 9 Essi si recarono da Desmonte e lo uccisero, liberarono la madre dalla prigionia e Nettuno le restituì la vista. I figli la conducono a Icaria dal re Metaponto e rivelano a questi la slealtà di Teano. 10 Dopo questi fatti Metaponto prese in moglie Melanippe e adottò i suoi figli, che 189
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fabb. 186-188
in Propontide ex suo nomine condiderunt Boeotus Boeotiam, Aeolus Aeoliam. 187 Alope 1 Alope Cercyonis filia formosissima cum esset, Neptunus eam compressit. Qua ex compressione peperit infantem, quem inscio patre nutrici dedit exponendum. Qui cum expositus esset, equa venit et ei lac praestabat. 2 Quidam pastor equam persecutus vidit infantem atque eum sustulit, qui veste regia indutum cum in casam tulisset, alter compastor rogavit ut sibi eum infantem donaret. 3 Ille ei donavit sine veste; cum autem inter eos iurgium esset, quod qui puerum acceperat insignia ingenuitatis reposceret, ille autem non daret, contendentes ad regem Cercyonem venerunt et contendere coeperunt. 4 Ille autem qui infantem donatum acceperat, repetere insignia coepit, quae cum allata essent et agnosceret Cercyon ea esse ex veste scissa filiae suae, Alopes nutrix timens regi indicium fecit infantem eum Alopes esse, qui filiam iussit ad necem includi, infantem autem proici. 5 Quem iterum equa nutriebat; pastores iterum inventum infantem sustulerunt, sentientes eum deorum numine educari, atque nutrierunt nomenque ei imposuerunt Hippothoum. 6 Theseus cum ea iter faceret a Troezene Cercyonem interfecit; Hippothous autem ad Theseum venit regnaque avita rogavit, cui Theseus libens dedit, cum sciret eum Neptuni filium esse, unde ipse genus ducebat. 7 Alopes autem corpus Neptunus in fontem commutavit, qui ex nomine Alopes est cognominatus.
188 Theophane 1 Theophane Bisaltis filia formosissima virgo. Hanc cum plures proci peterent a patre, Neptunus sublatam transtulit in insulam Crumissam. 2 Quod cum proci eam scissent ibi morari, nave comparata Crumissam contendere coeperunt. Neptunus ut eos deciperet Theophanen in ovem commutavit formosissimam, ipse autem in arietem, cives autem Crumissenses in pecora. 3 Quo cum proci venissent neque ullum hominem invenirent, pecora mactare coeperunt atque ea victu consumere. 4 Hoc Neptunus ut vidit, in pecora commutatos consumi, procos in lupos convertit; ipse 190
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dal loro nome fondarono, nella Propontide, Beoto la città di Beozia e Eolo Eolia. 187 Alope 1 Alope, figlia di Cercione, era bellissima e Nettuno si unì a lei. Da questa unione partorì un bambino che, all’insaputa del padre, diede alla nutrice da esporre. Questo fu esposto, ma da lui andò una cavalla e gli forniva il suo latte. 2 Un pastore, mentre era in cerca della cavalla, vide il neonato e lo prese con sé; siccome l’aveva portato nella sua capanna rivestito della veste regale, l’altro pastore gli chiese di dargli il neonato. 3 Quello allora glielo diede, ma senza veste: nacque dunque una lite, perché colui che aveva ricevuto il bambino pretendeva il segno della sua nobiltà ma l’altro non glielo dava: essendo in disaccordo andarono dal re Cercione e presero a litigare. 4 Colui che aveva ricevuto in dono il neonato prese a reclamare quel segno, e, quando fu esibito e Cercione riconobbe che proveniva dalla veste tagliata di sua figlia, la nutrice di Alope per paura rivelò al re che quello era il bambino di Alope; quello allora ordinò che la figlia venisse rinchiusa fino alla morte e che il neonato venisse esposto. 5 Di nuovo la cavalla lo allattava, di nuovo i pastori trovarono il neonato e lo presero con sé capendo che stava crescendo per volere degli dei, lo allevarono e gli diedero il nome di Ippotoo. 6 Teseo, durante il suo viaggio da Trezene, uccise Cercione, e Ippotoo andò da Teseo a richiedere il regno degli antenati; Teseo glielo concesse di buon grado sapendo che era figlio di Nettuno, dal quale lui stesso discendeva. 7 Nettuno poi trasformò il corpo di Alope in una fonte, chiamata dal nome di Alope. 188 Teofane 1 Teofane, figlia di Bisalte, era una vergine bellissima. Siccome parecchi pretendenti la chiedevano a suo padre, Nettuno la prese e la portò sull’isola di Crumissa. 2 Quando i pretendenti vennero a sapere che lei dimorava là, allestirono una nave e presero l’iniziativa di dirigersi a Crumissa. Per confonderli Nettuno trasformò Teofane in pecora bellissima, se stesso in ariete e gli abitanti di Crumissa in un gregge. 3 Dopo essere arrivati e non trovando nessun essere umano, i pretendenti presero a macellare le pecore e a cibarsene. 4 Quando Nettuno vide che coloro che aveva trasformato in gregge venivano mangiati tra191
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fabb. 188,189
autem ut erat aries cum Theophane concubuit, ex quo natus est aries chrysomallus, qui Colchos Phrixum vexit, cuius pellem Aeeta in luco Martis habuit positam, quam Iason sustulit.
189 Procris 1 Procris Pandionis filia. Hanc Cephalus Deionis filius habuit in coniugio; qui cum mutuo amore tenerentur, alter alteri fidem dederunt ne quis cum alio concumberet. 2 Cephalus autem cum studio venandi teneretur et matutino tempore in montem exisset, Aurora Tithoni coniunx eum adamavit petitque ab eo concubitum, cui Cephalus negavit quod Procri fidem dederat. 3 Tunc Aurora ait: «Nolo ut fallas fidem nisi illa prior fefellerit». Itaque commutat eum in hospitis figuram atque dat munera speciosa quae Procri deferret. Quod cum Cephalus venisset immutata specie, munera Procri dedit et cum ea concubuit. Tunc ei Aurora speciem hospitis abstulit. 4 Quae cum Cephalum vidisset, sensit se ab Aurora deceptam et inde profugit in Cretam insulam, ubi Diana venabatur. Quam cum Diana conspexisset, ait ei: «Me cum virgines venantur tu virgo non es; recede de coetu». 5 Cui Procris indicat casus suos et se ab Aurora deceptam. Diana misericordia tacta dat ei iaculum, quod nemo evitare posset et canem Laelapem quem nulla fera effugere posset et iubet eam ire et cum Cephalo contendere. 6 Ea capillis demptis iuvenili habitu Dianae voluntate ad Cephalum venit eumque provocauit, quem in venatione superavit. Cephalus ut vidit tantam potentiam canis atque iaculi esse, petit ab hospite, non aestimans coniugem suam esse, ut sibi iaculum et canem venderet. 7 Illa negare coepit. Regni quoque partem pollicetur; illa negat. «Sed si utique – ait – perstas id possidere, da mihi id quod pueri solent dare». Ille amore iaculi et canis incensus promisit se daturum. 8 Qui cum in thalamos venissent, Procris tunicam levavit et ostendit se feminam esse et coniugem illius; cum qua Cephalus muneribus acceptis redit in gratiam. 9 Nihilo minus illa timens Auroram matutino tempore secuta eum ut observaret atque inter virgulta delituit; quae virgulta cum Cephalus moveri vidit, iaculum inevitabile misit et Procrin coniugem suam interfecit. 10 Ex qua Cephalus habuit filium Arcesium, ex quo nascitur Laertes Ulyssis pater. 192
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sformò i pretendenti in lupi; lui, visto che era un ariete, si unì a Teofane e ne nacque l’ariete dal vello d’oro che trasportò Frisso fra i Colchi e la cui pelle Eeta depose nel tempio di Marte e conservò, ma che poi portò via Giasone. 189 Procri 1 Procri era figlia di Pandione. La prese in moglie Cefalo, figlio di Deione; dal momento che erano innamorati l’uno dell’altra, si promisero vicendevolmente di non giacere con nessun altro. 2 Ma Cefalo, preso dalla passione della caccia, uscì di buon mattino per andare sulla montagna e Aurora, sposa di Titono, se ne innamorò e gli chiese di giacere con lei. Cefalo le disse di no, perché aveva dato la sua parola a Procri. 3 Allora Aurora disse: «Non voglio che tu manchi alla parola, a meno che non manchi lei per prima». E così gli cambia l’aspetto in forestiero e gli dà doni di pregio da portare a Procri. Cefalo dunque arrivò nelle mutate sembianze, diede i doni a Procri e giacque con lei. In quel momento Aurora gli tolse l’aspetto di forestiero. 4 E lei, quando vide che era Cefalo, comprese di essere stata ingannata da Aurora e fuggì via nell’isola di Creta, dove Diana cacciava. Quando Diana la scorse le disse: «Con me cacciano le vergini: tu non sei vergine, lascia questo gruppo!». 5 Procri le racconta la sua storia e l’inganno da parte di Aurora. Diana impietosita le dà un giavellotto che nessuno può evitare e il cane Lelape cui nessuna preda può sfuggire, e la invita a tornare e a gareggiare con Cefalo. 6 Lei si taglia i capelli, indossa i vestiti di un giovane e come voleva Diana andò da Cefalo e lo sfidò, vincendolo poi nella caccia. Come vide che il cane e il giavellotto avevano un così grande potere, Cefalo chiese al forestiero – non immaginava che si trattasse di sua moglie – di vendergli giavellotto e cane. 7 Quella iniziò a dire di no. Le promette perfino una parte di regno; e quella dice di no. Allora gli dice: «Se persisti a volerli a ogni costo, dammi quello che di solito danno i ragazzi». E lui, acceso di desiderio per il giavellotto e il cane promise di concedersi. 8 Quando andarono nel talamo Procri si tolse la tunica e mostrò di essere una donna e per di più sua moglie; e con lei, avuti i doni, Cefalo si riconciliò. 9 Ciononostante, temendo Aurora, di prima mattina lo seguì per controllarlo e si nascose fra gli arbusti: e Cefalo, vedendo muoversi gli arbusti, scagliò il giavellotto infallibile e uccise sua moglie Procri. 10 Da lei Cefalo ebbe un figlio, Arcesio, da cui nasce Laerte, padre di Ulisse. 193
Igino
fabb. 190,191
190 Theonoe 1 Thestor mantis habuit Calchantem filium et Leucippen filiam et Theonoen, quam ludentem a mari piratae rapuerunt et detulerunt in Cariam; quam rex Icarus sibi in concubinatum emit. 2 Thestor autem filia amissa inquisitum profectus est, qui naufragio in terram Cariam venit et in vincula est coniectus ibi, ubi et Theonoe morabatur. 3 Leucippe autem patre et sorore amissis Delphos petit an eorum foret investigatio. Tum Apollo respondit: «Pro meo sacerdote per terras vade et eos reperies». 4 Leucippe sorte audita capillos totondit atque pro iuvene sacerdote circum terras exit investigatum. Quae cum in Cariam devenisset et Theonoe eam vidisset, aestimans sacerdotem esse in amorem eius incidit iubetque ad se perduci ut cum eo concumberet. 5 Illa autem quia femina erat negat id posse fieri; Theonoe irata iubet sacerdotem includi in cubiculum atque aliquem ex ergastulo venire qui sacerdotem interficeret. 6 Quem ad interficiendum mittitur senex Thestor imprudens ad filiam suam; quem Theonoe non agnovit datque ei gladium et iubet eum sacerdotem interficere. Qui cum intrasset et gladium teneret, Thestorem se vocitari dixit; duabus filiis Leucippe et Theonoe amissis ad hoc exitium venisse, ut sibi scelus imperaretur. 7 Quod ille in se cum convertisset et vellet ipsum se interficere, Leucippe audito patris nomine gladium ei extorsit; quae ad reginam interficiendam ut veniret, patrem Thestorem in adiutorio vocavit; Theonoe patris nomine audito indicat se filiam esse eius. Icarus autem rex agnitione facta cum muneribus eum in patriam remisit.
191 Rex Midas 1 Midas rex Mygdonius filius Matris deae a Timolo sumptus eo tempore quo Apollo cum Marsya vel Pane fistula certavit. Quod cum Timolus victoriam Apollini daret, Midas dixit Marsyae potius dandam. 2 Tunc Apollo indignatus Midae dixit: «Quale cor in iudicando habuisti, tales et auriculas habebis». Quibus auditis effecit ut asininas haberet aures. 3 Eo tempore Liber pater cum exercitum in Indiam duceret, Silenus aberravit, quem Midas hospitio liberaliter accepit atque ducem dedit, qui eum in comitatum Liberi deduceret.
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190 Teonoe 1 L’indovino Testore aveva un figlio, Calcante, e due figlie, Leucippe e Teonoe. I pirati venuti dal mare rapirono quest’ultima mentre stava giocando e la portarono in Caria, e il re Icaro la comprò per averla come concubina. 2 Dal canto suo Testore, perduta la figlia, partì alla sua ricerca: in seguito a un naufragio giunse in Caria e fu imprigionato nel luogo in cui anche Teonoe risiedeva. 3 Leucippe, poi, perduti padre e sorella, chiese all’oracolo di Delfi se ci fosse modo di trovarli; rispose allora Apollo: «Va’ per le terre come mio sacerdote e li ritroverai». 4 Ascoltato il responso, Leucippe si rasò i capelli e nelle vesti di giovane sacerdote parte di terra in terra a ricercarli. Dopo che arrivò in Caria, Teonoe la vide e, pensando che fosse un sacerdote, se ne innamorò e ordinò che fosse portato da lei per giacere con lui. 5 Lei però, siccome era una femmina, si dice contraria a che questo potesse avvenire; in preda all’ira, Teonoe ordina che il sacerdote venisse rinchiuso in camera e che qualcuno dal carcere venisse a uccidere il sacerdote. 6 A ucciderlo viene mandato il vecchio Testore, inconsapevole di andare dalla propria figlia; Teonoe non lo riconobbe, gli consegna la spada e gli ordina di uccidere il sacerdote. Dopo essere entrato, tenendo in mano la spada, disse di chiamarsi Testore e di essere giunto al punto estremo di farsi ordinare di compiere un delitto perché aveva perso le sue due figlie, Leucippe e Teonoe. 7 Rivolse dunque la spada contro di sé volendo uccidere se stesso, ma Leucippe, udito il nome del padre, gli strappò di mano la spada; chiese quindi al padre Testore aiuto per andare a uccidere la regina. Teonoe, udito il nome di suo padre, rivela di essere sua figlia. E così il re Icaro, avvenuto questo riconoscimento, lo fece partire per la sua patria carico di doni. 191 Il re Mida 1 Mida, re dei Migdoni, figlio della dea Madre, … scelto da Timolo al tempo in cui Apollo gareggiò nel suonare il flauto con Marsia o con Pan; e mentre Timolo assegnò la vittoria ad Apollo, Mida affermò che bisognava assegnarla piuttosto a Marsia. 2 Allora Apollo adirato disse: «Di colui del quale hai avuto lo spirito nel giudicare, avrai anche le orecchie». E come risuonarono tali parole, gli fece avere orecchie d’asino. 3 In quel tempo, quando il padre Libero portava il suo esercito in India, Sileno sbagliò strada: Mida lo accolse generosamente come ospite e gli diede una guida perché lo riaccompagnasse al seguito di Libero. 195
Igino
fabb. 191-193
4 At Midae Liber pater ob beneficium deoptandi dedit potestatem ut quicquid vellet peteret a se. Quo Midas petiit ut quicquid tetigisset aurum fieret. Quod cum impetrasset et in regiam venisset, quicquid tetigerat aurum fiebat. 5 Cum iam fame cruciaretur petit a Libero ut sibi speciosum donum eriperet; quem Liber iussit in flumine Pactolo se abluere, cuius corpus aquam cum tetigisset facta est colore aureo; quod flumen nunc Chrysorrhoas appellatur in Lydia. 192 Hyas 1 Atlas ex Pleione sive Oceanitide duodecim filias habuit et filium Hyantem, quem ab apro vel leone occisum dum lugent sorores ab eo luctu consumptae sunt. 2 Ex his quinque primae inter sidera relatae locum habent inter cornua Tauri: Phaesyla, Ambrosia, Coronis, Eudora, Polyxo, quae a fratris nomine appellantur Hyades; easdem Latine Suculas vocant. 3 Quidam aiunt in modum Y litterae positas inde Hyades dici; nonnulli quod cum oriantur pluvias efficiunt (est autem Graece hyin pluere); sunt qui existiment ideo has in sideribus esse quod fuerint nutrices Liberi patris, quas Lycurgus ex insula Naxo ediderat. 4 Ceterae sorores postea luctu consumptae sidera facta sunt, et quia plures essent Pleiades dictae. Nonnulli existimant ita nominatas quia inter se coniunctae, quod est plesion; adeo autem confertae sunt ut vix numerentur, nec unquam ullius oculis certum est sex an septem existimentur. 5 Earum nomina haec sunt: Electra, Alcyone, Celaeno, Merope, Sterope, Taygeta et Maia, ex quibus Electram negant apparere propter Dardanum amissum Troiamque sibi ereptam; alii existimant Meropen conspici erubescere quia mortalem virum acceperit, cum ceterae deos haberent; 6 ob eamque rem de choro sororum expulsa maerens crinem solutum gerit, quae cometes appellatur sive longodes, quia in longitudinem producitur, sive xiphias quia gladii mucronis effigiem producit; ea autem stella luctum portendit.
193 Harpalycus 1 Harpalycus rex Amymneorum Thrax cum haberet filiam Harpalycen, amissa matre eius vaccarum equarumque eam uberibus 196
Miti del mondo classico
4 Pertanto il padre Libero per riconoscenza gli diede la possibilità di chiedere di ottenere da lui qualunque cosa volesse. E così, Mida chiese che qualunque cosa avesse toccato diventasse oro. Una volta ottenutolo, tornò a palazzo e qualunque cosa toccava diventava oro. 5 Ormai tormentato dalla fame, chiede a Libero di togliergli quel dono così particolare: Libero gli ordinò di bagnarsi nel fiume Pattolo, e quando il suo corpo toccò l’acqua, questa assunse il colore dorato: questo fiume in Lidia ora è chiamato Crisorroa. 192 Iante 1 Atlante da Pleione (detta anche Oceanide) ebbe dodici figlie e un figlio, Iante, che fu ucciso da un cinghiale o da un leone: mentre lo piangevano, le sorelle si consumarono per il dolore. 2 Di esse le prime cinque, trasformate in stelle, occupano la posizione fra le corna del Toro: Fesila, Ambrosia, Coronide, Eudora, Polisso; dal nome del fratello sono chiamate Iadi, e sono le stesse che in latino si chiamano Sucule. 3 Alcuni dicono che si chiamano Iadi perché sono disposte come la lettera Y, altri perché quando sorgono provocano piogge e in greco piovere si dice ὕειν. C’è anche chi ritiene che esse sono fra le stelle perché erano state le nutrici del padre Libero, che Licurgo aveva bandito dall’isola di Nasso. 4 Le altre sorelle, consumate per il dolore, in seguito diventarono stelle e siccome erano “di più” furono dette Pleiadi. Alcuni ritengono che siano chiamate così perché sono vicine fra loro, cioè sono πλησίον; sono infatti così addensate che a stento si possono contare e non è mai evidente a occhio nudo se ne risultano sei o sette. 5 Questi sono i loro nomi: Elettra, Alcione, Celeno, Merope, Sterope, Taigete e Maia. Di esse, si dice che Elettra non si mostra perché ha perso Dardano e le è stata sottratta Troia; altri ritengono che Merope si vergogni di farsi vedere perché ha preso un marito mortale mentre le altre avevano degli dei; 6 per questo motivo fu cacciata dal gruppo delle sorelle e per il suo dispiacere porta sciolta la chioma, che viene chiamata cometa o longode perché si estende in lunghezza, oppure xifiade perché mostra la forma della punta di una spada; questa stella inoltre annuncia un evento doloroso. 193 Arpalico 1 Arpalico, re degli Amimnei in Tracia, aveva una bambina di nome Arpalice; morta la madre, la fece nutrire con il latte di mucche e caval197
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fabb. 193,194
nutrivit et crescentem armis exercuit, habiturus successorem regni sui postmodum; nec spes paternas puella decepit: nam tantum bellatrix evasit ut etiam saluti fuerit parenti. 2 Nam revertens a Troia Neoptolemus cum expugnaret Harpalycum gravique eum vulnere affecisset, illa periturum patrem impetu facto conservavit fugavitque hostem. 3 Sed postea Harpalycus per seditionem civium interfectus est. Harpalyce graviter tum ferens patris mortem contulit se in silvas ibique vastando iumentorum stabula tandem concursu pastorum interiit.
194 Arion 1 Arion Methymnaeus cum esset arte citharae potens, rex Pyranthus Corinthius eum dilexit; qui cum a rege petiisset per civitates artem suam illustrare et magnum patrimonium adquisisset, consenserunt famuli cum nautis ut eum interficerent. 2 Cui Apollo in quietem venit eique dixit ut ornatu suo et corona decantaret et eis se traderet qui ei praesidio venissent. Quem cum famuli et nautae vellent interficere, petit ab eis ut ante decantaret. 3 Cum autem citharae sonus et vox eius audiretur, delphini circa navem venerunt, quibus ille visis se praecipitavit, qui eum sublatum attulerunt Corinthum ad regem Pyranthum. Qui cum ad terram exisset, cupidus viae delphinum in mare non propulit, qui ibi exanimatus est. 4 Qui cum casus suos Pyrantho narrasset, iussit Pyranthus delphinum sepeliri et ei monimentum fieri. Post paucum tempus nuntiatur Pyrantho navem Corinthum delatam tempestate in qua Arion vectatus fuerat. 5 Quos cum perduci ad se imperasset et de Arione inquireret, dixerunt eum obisse et eum sepulturae tradidisse. Quibus rex respondit: «Crastino die ad delphini monimentum iurabitis». 6 Ob id factum eos custodiri imperavit atque Arionem iussit ita ornatum quomodo se praecipitaverat in monimento delphini mane delitescere. 7 cum autem rex eos adduxisset iussissetque eos per delphini manes iurare Arionem obisse, Arion de monimento prodit; quod illi stupentes qua divinitate servatus esset obmutuerunt. 8 Quos rex iussit ad delphini monimentum crucifigi. Apollo autem propter artem citharae Arionem et delphinum in astris posuit.
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le e durante la sua crescita la fece addestrare nelle armi, intenzionato a prenderla in seguito come successore al trono. La ragazza non deluse le aspettative del padre, in quanto divenne una guerriera al punto di salvare perfino la vita al padre. 2 Infatti mentre tornava da Troia, Neottolemo fece guerra ad Arpalico e lo aveva ferito gravemente; lei allora sferrò un attacco, salvò la vita al padre che era in punto di morte e mise in fuga il nemico. 3 In seguito tuttavia Arpalico fu ucciso in una rivolta di cittadini. Arpalice, molto addolorata per la morte del padre, si ritirò nei boschi e lì, mentre devastava le stalle del bestiame, morì per un assalto da parte dei pastori. 194 Arione 1 Arione di Metimna era bravissimo nell’arte della cetra e il re di Corinto, Piranto, gli si affezionò. Poiché aveva chiesto al re di poter valorizzare la propria arte di città in città e aveva ottenuto grandi ricchezze, i suoi servi complottarono insieme ai marinai per ucciderlo. 2 In sonno gli apparve Apollo e gli disse di cantare con i suoi abiti di scena e con la corona e di affidarsi a chi fosse arrivato in suo aiuto. Quando i servi e i marinai stavano per ucciderlo, chiese loro di poter prima cantare. 3 Mentre dunque si diffondevano il suono della sua cetra e la sua voce, intorno alla nave arrivarono dei delfini: appena li vide si gettò in mare e quelli lo raccolsero e lo portarono a Corinto dal re Piranto. Appena egli approdò sulla terraferma, smanioso di andare, non riportò il delfino in mare e quello morì in quel luogo. 4 Dopo che raccontò la sua storia a Piranto, Piranto odinò di dare sepoltura al delfino e di costruirgli un mausoleo. Poco tempo dopo fu annunciato a Piranto che era stata spinta a Corinto da una tempesta la nave sulla quale aveva viaggiato Arione. 5 Egli ordinò che fossero portati al suo cospetto e chiese notizie di Arione, e quelli dissero che era morto e che gli avevano dato sepoltura. Il re rispose loro: «Domani lo giurerete davanti al mausoleo del delfino». 6 A questo scopo ordinò che fossero messi in prigione e invitò Arione a nascondersi l’indomani nel mausoleo del delfino con gli stessi abiti di scena così come quando si era gettato in mare. 7 Poi dopo che il re li aveva fatti portare lì e aveva ordinato di giurare sull’anima del delfino che Arione era morto, Arione uscì dal mausoleo; quelli, non sapendo grazie a quale divinità si fosse salvato, restarono senza parole. 8 Il re ordinò di crocifiggerli al mausoleo del delfino. Apollo, per parte sua, per la sua arte nella cetra trasformò in stelle Arione e il delfino. 199
Igino
fabb. 195-198
195 Orion 1 Iovis, Neptunus, Mercurius in Thraciam ad Hyrieum regem in hospitium venerunt; qui ab eo cum liberaliter essent excepti, optionem ei dederunt si quid peteret. Ille liberos optavit. 2 Mercurius de tauro quem Hyrieus ipse eis immolarat corium protulit; illi in eum urinam fecerunt et in terram obruerunt, unde natus est Orion. 3 Qui cum Dianam vellet violare, ab ea est interfectus. Postea ab Iove in stellarum numerum est relatus, quam stellam Orionem vocant.
196 Pan 1 Dii in Aegypto cum Typhonis immanitatem metuerent, Pan iussit eos ut in feras bestias se converterent quo facilius eum deciperent; quem Iovis postea fulmine interfecit. 2 Pan deorum voluntate, quod eius monitu vim Typhonis evitarant, in astrorum numerum relatus et quod se in capram eo tempore converterat, inde Aegoceros est dictus, quem nos Capricornum dicimus.
197 Venus In Euphratem flumen de caelo ovum mira magnitudine cecidisse dicitur, quod pisces ad ripam evolverunt, super quod columbae consederunt et excalfactum exclusisse Venerem, quae postea Dea Syria est appellata; ea iustitia et probitate cum ceteros exsuperasset, ab Iove optione data pisces in astrorum numerum relati sunt, et ob id Syri pisces et columbas ex deorum numero habent nec edunt.
198 Nisus 1 Nisus Martis filius, sive ut alii dicunt Deionis filius, rex Megarensium, in capite crinem purpureum habuisse dicitur; cui responsum fuit tam diu eum regnaturum quam diu eum crinem custodisset. 2 Quem Minos Iovis filius oppugnatum cum venisset, a Scylla Nisi filia Veneris impulsu est amatus, quem ut victorem faceret patri dormienti fatalem crinem praecidit. Itaque Nisus victus a Minoe est. 3 Cum autem Minos Cretam rediret, eum ex fide data rogavit ut secum aveheret; ille negavit Creten sanctissimam tantum scelus
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Miti del mondo classico
195 Orione 1 Giove, Nettuno e Mercurio si recarono in Tracia ospiti del re Irieo; dal momento che erano stati accolti da lui con generosità, gli concessero di ottenere qualunque cosa chiedesse, ed egli chiese dei figli. 2 Mercurio staccò la pelle da un toro che lo stesso Irieo aveva immolato loro; quelli vi orinarono sopra e la ricoprirono di terra: di qui nacque Orione. 3 Dato che voleva violentare Diana, fu ucciso da lei. In seguito fu trasformato in costellazione da Giove e questa costellazione è chiamata Orione. 196 Pan 1 Quando in Egitto gli dei avevano paura di Tifone per le sue enormi dimensioni, Pan li invitò a trasformarsi in animali selvatici per ingannarlo più facilmente, e in seguito Giove lo uccise con un fulmine. 2 Pan, per volere degli dei, dal momento che per suo consiglio avevano evitato la violenza di Tifone, fu portato nel novero delle stelle, e siccome in quel tempo si era trasformato in capra, per questo fu chiamato Egocero, che noi diciamo Capricorno. 197 Venere Si racconta che dal cielo fosse caduto nel fiume Eufrate un uovo di straordinarie dimensioni: i pesci lo spinsero a riva, delle colombe vi si posarono e, una volta covato, ne uscì Venere, che in seguito si chiamò Dea Siria. Dal momento che superò tutti gli altri in giustizia e onestà, per suo desiderio i pesci furono portati da Giove nel novero delle stelle: per questo motivo i Siri annoverano pesci e colombe fra gli dei e non se ne cibano. 198 Niso 1 Niso, figlio di Marte o, secondo altri, figlio di Deione, era re di Megara e si racconta che avesse sul capo un capello purpureo; gli era stato predetto che avrebbe regnato tanto a lungo quanto avesse conservato quel capello. 2 Nel tempo in cui Minosse, figlio di Giove, era arrivato a fargli guerra, la figlia di Niso, Scilla, per volere di Venere si innamorò di lui, e per farlo vincere recise il capello fatale al padre mentre dormiva. E così Niso fu sconfitto da Minosse. 3 Quando poi Minosse era in partenza per Creta, gli chiese di rispettare l’accordo e di portarla via con sé, ma quello disse che Creta era il luogo più 201
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fabb. 198-201
recepturam. Illa se in mare praecipitavit ne persequeretur. 4 Nisus autem dum filiam persequitur in avem haliaeton, id est aquilam marinam, conversus est, Scylla filia in piscem cirim quem vocant, hodieque si quando ea avis eum piscem natantem conspexerit, mittit se in aquam raptumque unguibus dilaniat.
199 Scylla altera 1 Scylla Crataeidis fluminis filia virgo formosissima dicitur fuisse. Hanc Glaucus amavit, Glaucum autem Circe Solis filia. 2 Scylla autem cum assueta esset in mari lavari, Circe Solis filia propter zelum medicamentis aquam inquinavit, quo Scylla cum descendisset, ab inguinibus eius canes sunt nati atque ferox facta; quae iniurias suas exsecuta est; nam Ulyssem praenauigantem sociis spoliavit.
200 Chione 1 Cum Chione, sive ut alii poetae dicunt Philonide, Daedalionis filia Apollo et Mercurius una nocte concubuisse dicitur. Ea peperit ex Apolline Philammonem, ex Mercurio Autolycum. 2 Quae postea in venatione in Dianam est locuta superbius; itaque ab ea sagittis est interfecta. At pater Daedalion unicam filiam flendo ab Apolline est conversus in avem daedalionem, id est accipitrem.
201 Autolycus 1 Mercurius Autolyco, ex Chione quem procreaverat, muneri dedit ut furacissimus esset nec deprehenderetur in furto, ut quicquid surripuisset, in quamcunque effigiem vellet, transmutaretur, ex albo in nigrum vel ex nigro in album, in cornutum ex mutilo, in mutilum ex cornuto. 2 Is cum Sisyphi pecus assidue involaret nec ab eo posset deprehendi, sensit eum furtum sibi facere, quod illius numerus augebatur et suus minuebatur. 3 Qui ut eum deprehenderet in pecorum ungulis notam imposuit. Qui cum solito more involasset et Sisyphus ad eum venisset, pecora sua ex ungulis deprehendit quae ille involauerat et abduxit. 4 Qui cum ibi moraretur, Sisyphus Anticliam Autolyci filiam compressit, quae postea Laertae data est in
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sacro e non avrebbe accolto l’autrice di un così grande misfatto. Lei allora si precipitò in mare per non essere raggiunta. 4 Niso, mentre insegue la figlia, fu trasformato in un uccello, l’ἁλιάετος, cioè l’aquila marina, sua figlia Scilla nel pesce che chiamano κεῖρις: oggi, quando quell’uccello scorge quel pesce nell’acqua, si tuffa in mare, lo afferra e lo dilania con i suoi artigli. 199 L’altra Scilla 1 Si racconta che Scilla, figlia del fiume Crateide, fosse una vergine bellissima. Di lei si innamorò Glauco e di Glauco a sua volta Circe, figlia del Sole. 2 Dunque, siccome Scilla aveva preso l’abitudine di lavarsi in mare, Circe, figlia del Sole, per gelosia contaminò l’acqua con filtri magici, e quando Scilla si immerse dal suo inguine spuntarono dei cani e divenne un mostro; ma si vendicò del maleficio, perché privò dei compagni Ulisse che le si avvicinò durante la navigazione. 200 Chione 1 Si racconta che a Chione (o Filonide, come dicono altri poeti), figlia di Dedalione, nella stessa notte si unirono Apollo e Mercurio: da Apollo generò Filammone, da Mercurio Autolico. 2 In seguito durante una caccia si rivolse a Diana in modo superbo e così è stata uccisa a frecciate da questa. Suo padre Dedalione, mentre piangeva la sua unica figlia, fu trasformato da Apollo in un uccello, il dedalione, cioè lo sparviero. 201 Autolico 1 Ad Autolico, che aveva generato da Chione, Mercurio diede il dono di essere un ladro bravissimo e di non essere mai preso in flagrante; inoltre di poter dare qualunque aspetto a qualunque cosa avesse rubato, da bianca nera e da nera bianca, cornuta da liscia e liscia da cornuta. 2 Nonostante rubasse ripetutamente il bestiame di Sisifo senza essere sorpreso da lui, quest’ultimo si accorse che lo stava derubando perché il numero dei capi di quello aumentava e il suo diminuiva. 3 Dunque per prenderlo in flagrante impresse un marchio sullo zoccolo dei capi di bestiame; dopo che quello li rubò come di consueto, Sisifo andò da lui, dagli zoccoli riconobbe i capi di sua proprietà che quello gli aveva sottratto e li portò via con sé. 4 Mentre si tratteneva lì, Sisifo violentò Anticlea, figlia di Autolico, che in seguito fu data in moglie a Laerte e 203
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fabb. 201-206
coniugium, ex qua natus est Ulysses. Ideo nonnulli auctores dicunt Sisyphium. Ob hoc Ulysses versutus fuit. 202 Coronis 1 Apollo cum Coronida Phlegyae filiam gravidam fecisset, corvum custodem ei dedit, ne quis eam violaret. Cum ea Ischys Elati filius concubuit; ob id ab Iove fulmine est interfectus. 2 Apollo Coronidem gravidam percussit et interfecit; cuius ex utero exsectum Asclepium educavit, at corvum qui custodiam praebuerat ex albo in nigrum commutavit. 203 Daphne Apollo Daphnen Penei fluminis filiam cum virginem persequeretur, illa a Terra praesidium petit, quae eam recepit in se et in arborem laurum commutavit. Apollo inde ramum fregit et in caput imposuit. 204 Nyctimene Nyctimene Epopei regis Lesbiorum filia virgo formosissima dicitur fuisse. Hanc Epopeus pater amore incensus compressit, quae pudore tacta silvis occultabatur. Quam Minerva miserata in noctuam transformavit, quae pudoris causa in lucem non prodit sed noctu paret. 205 Arge Arge venatrix cum cervum sequeretur cervo dixisse fertur: «Tu licet solis cursum aequaris, tamen te consequar». Sol iratus in cervam eam convertit. 206 Harpalyce Clymenus Schoenei filius rex Arcadiae amore captus cum Harpalyce filia sua concubuit. Ea cum peperisset in epulis filium apposuit patri; Clymenus pater re cognita Harpalycen interfecit. 207-218
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dalla quale nacque Ulisse. Di conseguenza alcuni scrittori lo chiamano Sisifio. Per questo motivo Ulisse fu astuto. 202 Coronide 1 Apollo ingravidò Coronide, figlia di Flegia, e le diede come custode un corvo, per evitare che qualcuno la violentasse. Tuttavia Ischi, figlio di Elato, si unì a lei, e per questo fu ucciso dal fulmine di Giove. 2 Apollo colpì Coronide, anche se incinta, e la uccise; incise l’utero di quella ed estrasse Asclepio. Il corvo che aveva posto di guardia da bianco lo fece diventare nero. 203 Dafne Dal momento che Apollo inseguiva la vergine Dafne, figlia del fiume Peneo, questa chiese aiuto alla Terra, che l’accolse dentro di sé e la trasformò in una pianta di alloro. Apollo ne staccò un ramo e se lo pose sul capo. 204 Nittimene Si racconta che Nittimene, figlia di Epopeo re di Lesbo, fosse una vergine bellissima. Suo padre Epopeo, infiammato d’amore per lei la violentò e lei piena di vergogna si nascondeva nei boschi. Minerva, impietosita, la trasformò in civetta, che per la vergogna non si mostra alla luce del giorno ma compare di notte. 205 Arge Si racconta che la cacciatrice Arge, mentre inseguiva un cervo, gli disse: «Corri pure veloce come il corso del sole: io ti raggiungerò comunque!». Adirato, il Sole la trasformò in una cerva. 206 Arpalice Climeno, figlio di Scheneo, re dell’Arcadia, preso da passione, si unì a sua figlia Arpalice. Dopo aver partorito, questa in un banchetto servì suo figlio al padre; il padre Climeno, venuto a sapere la cosa, uccise Arpalice. 207-218 mancano
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fabb. 219,220
219 Archelaus 1 Archelaus Temeni filis exul a fratribus eiectus in Macedoniam ad regem Cisseum venit, qui cum a finitimis oppugnaretur, Archelao regnum et filiam in coniugium dare pollicetur si se ab hoste tutatus esset Archelaus, quia ab Hercule esset oriundus; nam Temenus Herculis filius fuit. 2 Qui hostes uno proelio fugavit et ab rege pollicita petit. Ille ab amicis dissuasus fidem fraudavit eumque per dolum interficere voluit. 3 Itaque foveam iussit fieri et multos carbones eo ingeri et incendi et super virgulta tenuia poni, quo cum Archelaus venisset ut decideret. 4 Hoc regis servus Archelao patefecit; qui re cognita dicit se cum rege colloqui velle secreto; arbitris semotis Archelaus regem arreptum in foveam coniecit atque ita eum perdidit. 5 Inde profugit ex responso Apollinis in Macedoniam capra duce oppidumque ex nomine caprae Aegeas constituit. Ab hoc Alexander Magnus oriundus esse dicitur.
220 Cura 1 Cura cum quendam fluvium transiret, vidit cretosum lutum, sustulit cogitabunda et coepit fingere hominem. Dum deliberat secum quidnam fecisset, intervenit Iovis; rogat eum Cura ut ei daret spiritum, quod facile ab Iove impetravit. 2 Cui cum vellet Cura nomen suum imponere, Iovis prohibuit suumque nomen ei dandum esse dixit. Dum de nomine Cura et Iovis disceptarent, surrexit et Tellus suumque nomen ei imponi debere dicebat, quandoquidem corpus suum praebuisset. 3 Sumpserunt Saturnum iudicem; quibus Saturnus aequus videtur iudicasse: «Tu Iovis quoniam spiritum dedisti corpus recipito. Cura quoniam prima eum finxit, quamdiu vixerit Cura eum possideat; sed quoniam de nomine eius controversia est, homo vocetur quoniam ex humo videtur esse factus».
206
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219 Archelao 1 Archelao, figlio di Temeno, mandato in esilio dai fratelli, giunse in Macedonia dal re Cisseo: questi, siccome era assediato dai popoli vicini, promette di dare ad Archelao il regno e la mano della figlia se Archelao l’avesse difeso dal nemico, dal momento che era un discendente di Ercole: Temeno infatti era figlio di Ercole. 2 Egli in un solo scontro mise in fuga i nemici e chiese al re di mantenere le promesse. Questi però, mal consigliato dagli amici, non osservò il patto e pensò di ucciderlo con l’inganno. 3 E così ordinò di scavare una fossa, gettarvi all’interno molto carbone e appiccarvi il fuoco, e quindi ricoprirla con frasche leggere, in modo che Archelao, passando di lì, vi cadesse dentro. 4 Ma un servo del re lo rivelò ad Archelao che, venuto a sapere la cosa, disse di voler avere un colloquio con il re da solo; fatti allontanare i testimoni, Archelao afferrò il re e lo gettò nella fossa e così lo uccise. 5 Quindi, secondo il responso di Apollo, fuggì in Macedonia sotto la guida di una capra e fondò la città di Ege dal nome della capra. Si dice che Alessandro Magno fosse un suo discendente. 220 Cura 1 Nell’attraversare un fiume Cura notò del fango argilloso, lo prese avendo in mente qualcosa e cominciò a plasmare l’uomo. Mentre rifletteva fra sé su quanto aveva fatto, sopraggiunse Giove; Cura gli chiede di dargli vita e da Giove l’ottenne facilmente. 2 Ma se Cura voleva imporgli il proprio nome, Giove glielo vietò e affermò che bisognava dargli il suo nome. Mentre Cura e Giove discutevano sul nome, intervenne anche la Terra e affermava che era il suo nome che doveva essergli imposto, perché era stata lei a dargli il corpo. 3 Presero allora Saturno come giudice, e Saturno secondo loro giudicò in modo equo: «Tu, Giove, siccome gli hai dato vita … riceverai il corpo; siccome è Cura ad averlo plasmato per prima, Cura lo possegga finché vivrà; ma siccome è nata una controversia sul suo nome, si chiamerà uomo perché si sa che è fatto di terra (humus)».
207
Igino
fabb. 221-223
221 Septem sapientes 1 Pittacus Mitylenaeus, Periander Corinthius, Thales Milesius, Solon Atheniensis, Chilon Lacedaemonius, Cleobulus Lindius, Bias Prieneus. 2 Sententiae eorum sunt: Optimus est, Cleobulus ait, modus, incola Lindi; ex Ephyre Periandre doces Cuncta emeditanda; Tempus nosce, inquit Mitylenis Pittacus ortus; Plures esse malos Bias autumat ille Prieneus; Milesiusque Thales Sponsori damna minatur; Nosce, inquit, tete, Chilon Lacedaemone cretus; Cepcropiusque Solon Ne quid nimis induperavit.
222 Septem lyrici
223 Septem opera mirabilia 1 Ephesi Dianae templum quod fecit Amazon Otrera Martis coniunx. 2 Monimentum regis Mausoli lapidibus lychnicis, altum pedes LXXX, circuitus pedes MCCCXL. 3 Rhodi signum Solis aeneum, id est colossus, altus pedibus XC. 4 Signum Iovis Olympii, quod fecit Phidias ex ebore et auro sedens, pedes LX. 5 Domus Cyri regis in Ecbatanis, quam fecit Memnon lapidibus variis et candidis vinctis auro. 6 Murus in Babylonia, quem fecit Semiramis Dercetis filia latere cocto et sulphure ferro vinctum, latum pedes XXV, altum pedes LX, in circuitu stadiorum CCC. 7 Pyramides in Aegypto, quarum umbra non videtur, altae pedes LX. 208
Miti del mondo classico
221 I sette sapienti 1 Pittaco di Mitilene, Periandro di Corinto, Talete di Mileto, Solone di Atene, Chilone di Sparta, Cleobulo di Lindo, Biante di Priene. 2 Le loro massime sono le seguenti: La miglior cosa – dice Cleobulo di Lindo – è la moderazione; da Efira, Periandro, tu ci insegni che Tutto quanto va ben ponderato; Conosci il momento giusto ci dice Pittaco, nativo di Mitilene; La maggioranza è fatta di malvagi avverte quel Biante di Priene; Talete di Mileto minaccioso annuncia Danni a chi dà garanzia; Conosci te stesso è l’affermazione di Chilone, nato e cresciuto a Sparta; e Solone della città di Cecrope sentenzia che Alcunché vi sia di troppo. 222 I sette poeti lirici (manca il testo) 223 Le sette meraviglie 1 Il tempio di Diana a Efeso, che costruì l’amazzone Otrera, moglie di Marte. 2 Il monumento del re Mausolo in marmi splendenti, alto 80 piedi e col perimetro di 1340 piedi. 3 A Rodi la statua in bronzo del Sole, detta colosso, alto 90 piedi. 4 La statua di Giove Olimpio seduto, che realizzò Fidia in avorio e oro, di 60 piedi. 5 Il palazzo di Ciro a Ecbatana, che costruì Memnone in marmi variegati e bianchi legati fra loro in oro. 6 Le mura di Babilonia, che fece innalzare Semiramide, figlia di Dercete, in mattoni cotti e zolfo legato in ferro, di 25 piedi di larghezza, 60 di altezza e di 300 stadi di estensione. 7 Le piramidi in Egitto, l’ombra delle quali non si vede, alte 60 piedi.
209
Igino
fabb. 224,225
224 Qui facti sunt ex mortalibus immortales 1 Hercules Iovis et Alcumenae filius. Liber Iovis et Semelae filius. Castor et Pollux Helenae fratres, Iovis et Ledae filii. 2 Perseus Iovis et Danaes filius in stellas receptus. Arcas Iovis et Callisto filius in stellas relatus. Ariadnen Liber pater Liberam appellavit, Minois et Pasiphaes filiam. 3 Callisto Lycaonis filia in Septentrionem relata. Cynosura Iovis nutrix in alterum Septentrionem. 4 Asclepius Apollinis et Coronidis filius. Pan Mercurii et Penelopes filius. Crotos Panis et Euphemes filius conlactius Musarum in stellam Sagittarium. Icarius et Erigone Icari filia in stellas: Icarius in Arcturi, Erigone in Virginis signum. 5 Ganymedes Assaraci filius in Aquario duodecim signorum. Ino Cadmi filia in Leucotheam, quam nos Matrem Matutam dicimus. Melicertes Athamantis filius in deum Palaemonem. Myrtilus Mercurii et Theobules filius in Heniocho. 225 Qui prima templa deorum constituerunt 1 Aedem Iovi Olympio primum fecit Pelasgus Triopae filius in Arcadia. Thessalus templum quod est in Macedonia Iovis Dodonaei in terra Molossorum. Eleuther primus simulacrum Liberi patris constituit et quemadmodum coli deberet ostendit. 2 Phoroneus Inachi filius templum Argis Iunoni primus fecit. Otrera Amazon Martis coniunx templum Dianae Ephesi prima fecit, quod postea a rege restituerunt. Lycaon Pelasgi filius templum Mercurio Cyllenio in Arcadia fecit. Pierius
226-237
210
Miti del mondo classico
224 I mortali resi immortali 1 Ercole, figlio di Giove e Alcmena. Libero, figlio di Giove e Semele. Castore e Polluce, fratelli di Elena, figli di Giove e Leda. 2 Perseo, figlio di Giove e Danae, trasformato in costellazione. Arcade, figlio di Giove e Callisto, trasformato in costellazione. Arianna, chiamata Libera dal padre Libero, figlia di Minosse e Pasifae. 3 Callisto, figlia di Licaone, inserita nella costellazione dell’Orsa. Cinosura, nutrice di Giove, inserita nell’altra Orsa. 4 Asclepio, figlio di Apollo e Coronide. Pan, figlio di Mercurio e Penelope. Croto, figlio di Pan e di Eufeme, fratello di latte delle Muse, nella costellazione del Sagittario. Icario ed Erigone figlia di Icario divenuti stelle: Icario nella costellazione di Arturo, Erigone in quella di Venere. 5 Ganimede, figlio di Assaraco, nell’Aquario fra i dodici segni. Ino, figlia di Cadmo, nella costellazione di Leucotea, che noi chiamiamo Mater Matuta. Melicerte, figlio di Atamante, nel dio Palemone. Mirtilo, figlio di Mercurio e Teobule, nell’Auriga. 225 I primi costruttori di templi agli dei 1 Primo in assoluto, Pelasgo, figlio di Triope, costruì il santuario a Giove Olimpio in Arcadia. Tessalo il tempio di Giove Dodoneo che si trova in Macedonia nel territorio dei Molossi. Eleutero per primo consacrò una statua del padre Libero e insegnò in quale modo doveva essere venerato. 2 Foroneo, figlio di Inaco, per primo costruì un tempio a Giunone ad Argo. L’amazzone Otrera, moglie di Marte, per prima costruì un tempio a Diana a Efeso, che in seguito dal re … restaurarono. Licaone, figlio di Pelasgo, costruì un tempio a Mercurio Cillenio in Arcadia. Pierio … 226-237 mancano
211
Igino
fabb. 238-240
238 Qui filias suas occiderunt 1 Agamemnon Atrei filius Iphigeniam, quam Diana servavit. Idem Callisthenem Euboeae filiam ex sortibus pro patriae salute. Clymenus Schoenei filius Harpalycen, quod ei filium suum in epulis apposuit. 2 Hyacinthus Spartanus Antheidem filiam ex responso pro Atheniensibus. Erechtheus Pandionis filius Chthoniam ex sortibus pro Atheniensibus; reliquae ipsius sorores ipsae se praecipitaverunt. 3 Cercyon Vulcani filius Alopen propter incestum cum Neptuno. Aeolus Canacen propter incestum cum fratre Macareo admissum.
239 Matres quae filios interfecerunt 1 Medea Aeetae filia Mermerum et Pheretem filios ex Iasone. Progne Pandionis filia Ityn ex Tereo Martis filio. Ino Cadmi filia Melicerten ex Athamante Aeoli filio dum eum fugit. 2 Althaea Thestii filia Meleagrum ex Oeneo Parthaonis filio, quod is avunculos suos occiderat. Themisto Hypsei filia Sphincium et Orchomenum ex Athamante Aeoli filio impulsu Inus Cadmi filiae. Tyro Salmonei filia duos ex Sisypho Aeoli filio ex responso Apollinis. 3 Agave Cadmi filia Pentheum Echionis filium impulsu Liberi patris. Harpalyce Clymeni filia propter impietatem patris quod cum eo invita concubuerat, ex eo quem conceperat interfecit.
240 Quae coniuges suos occiderunt 1 Clytaemnestra Thestii filia Agamemnonem Atrei filium. Helena Iovis et Ledae filia Deiphobum Priami filium. Agave Lycothersen in Illyria, ut regnum Cadmo patri daret. 2 Deianira Oenei filia Herculem Iovis et Alcumenae filium impulsu Nessi. Iliona Priami filia Polymnestorem regem Thracum. Semiramis Ninum regem in Babylonia. 212
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238 Assassini delle proprie figlie 1 Agamennone, figlio di Atreo, uccise Ifigenia, che poi Diana salvò. Lo stesso uccise Callistene, figlia di Eubea, estratta a sorte per la salvezza della patria. Climeno, figlio di Scheneo, uccise Arpalice perché gli aveva servito suo figlio in un banchetto. 2 Giacinto, di Sparta, uccise la figlia Anteide seguendo un oracolo per aiutare gli Ateniesi. Eretteo, figlio di Pandione, uccise Ctonia estratta a sorte a favore degli Ateniesi; le altre sorelle di questa si uccisero. 3 Cercione, figlio di Vulcano, uccise Alope per la sua unione indebita con Nettuno. Eolo uccise Canace per l’incesto compiuto con il fratello Macareo. 239 Madri assassine dei propri figli 1 Medea, figlia di Eeta, uccise i figli Mermero e Ferete avuti da Giasone. Procne, figlia di Pandione, il figlio Iti avuto da Tereo, figlio di Marte. Ino, figlia di Cadmo, Melicerte avuto da Atamante, figlio di Eolo, mentre fuggiva da lui. 2 Altea, figlia di Testio, Meleagro avuto da Eneo, figlio di Partaone, perché aveva ucciso i suoi zii. Temisto, figlia di Ipseo, Sfincio e Orcomeno avuti da Atamante, figlio di Eolo, spinta da Ino, figlia di Cadmo. Tiro, figlia di Salmoneo, i due figli avuti da Sisifo, figlio di Eolo, seguendo l’oracolo di Apollo. 3 Agave, figlia di Cadmo, Penteo, figlio di Echione, spinta dal padre Libero. Arpalice, figlia di Climeno, a causa dell’empietà del padre, che si era unito a lei anche se lei non voleva, uccise il figlio concepito da costui. 240 Mogli che uccisero il proprio marito 1 Clitemnestra, figlia di Testio, uccise Agamennone, figlio di Atreo. Elena, figlia di Giove e Leda, Deifobo, figlio di Priamo. Agave Licoterse in Illiria per dare il regno al padre Cadmo. 2 Deianira, figlia di Eneo, Ercole, figlio di Giove e Alcmena, spinta da Nesso. Ilione, figlia di Priamo, Polimnestore, re di Tracia. Semiramide il re Nino a Babilonia. 213
Igino
fabb. 241-243
241 Qui coniuges suas occiderunt Hercules Iovis filius Megaram Creontis filiam per insaniam. Theseus Aegei filius Antiopam Amazonam Martis filiam ex responso Apollinis. Cephalus Deionis sive Mercurii filius Procridem Pandionis filiam imprudens.
242 Qui se ipsi interfecerunt 1 Aegeus Neptuni filius in mare se praecipitavit, unde Aegeum pelagus est dictum. Euenus Herculis filius in flumen Lycormam se praecipitavit, quod nunc Chrysorrhoas appellatur. Aiax Telamonis filius ipse se interfecit propter armorum iudicium. 2 Lycurgus Dryantis filius obiecta insania a Libero ipse se interfecit. Macareus Aeoli filius propter Canacen sororem, id est sponsam, ipse se interfecit. Agrius Parthaonis filius expulsus a regno a Diomede ipse se interfecit. 3 Caeneus Elati filius ipse se interfecit. Menoeceus Iocastes pater se de muro praecipitavit Thebis propter pestilentiam. Nisus Martis filius crine fatali amisso ipse se interfecit. 4 Clymenus Schoenei filius rex Arcadiae ipse se interfecit quod cum filia concubuerat. Cinyras Paphi filius rex Assyriorum, quod cum Smyrna filia concubuerat. Hercules Iovis filius ipse sese in ignem misit. 5 Adrastus et Hipponous eius filius ipsi se in ignem iecerunt ex responso Apollinis. Pyramus in Babylonia ob amorem Thisbes ipse se occidit. Oedipus Laii filius propter Iocasten matrem ipse se occidit ablatis oculis. 243 Quae se ipsae interfecerunt 1 Hecuba Cissei filia, sive Dymantis, uxor Priami, in mare se praecipitavit, unde Cyneum mare est dictum, quoniam in canem fuerat conversa. 214
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241 Mariti che uccisero la propria moglie Ercole, figlio di Giove, uccise Megara, figlia di Creonte, in preda a follia. Teseo, figlio di Egeo, l’amazzone Antiopa, figlia di Marte, seguendo il responso di Apollo. Cefalo, figlio di Deione o di Mercurio, Procri, figlia di Pandione, involontariamente. 242 Suicidi 1 Egeo, figlio di Nettuno, si precipitò in mare, e per questo il mare si chiama Egeo. Eveno, figlio di Ercole, si precipitò nel fiume Licorma, che ora si chiama Crisorroa. Aiace, figlio di Telamone, si uccise a causa del giudizio sulle armi. 2 Licurgo, figlio di Driante, si uccise perché reso folle da Libero. Macareo, figlio di Eolo, si uccise a causa di sua sorella Canace, pure sua sposa. Agrio, figlio di Partaone, si uccise perché cacciato dal regno da Diomede. 3 Ceneo, figlio di Elato, si uccise. Meneceo, padre di Giocasta, si precipitò dalle mura di Tebe a causa della pestilenza. Niso, figlio di Marte, perso il suo capello fatale, si uccise. 4. Climeno, figlio di Scheneo e re dell’Arcadia, si uccise perché si era unito alla figlia. Cinira, figlio di Pafo e re di Assiria, perché si era unito alla figlia Smirna. Ercole, figlio di Giove, si gettò nel fuoco. 5 Adrasto e suo figlio Ipponoo si gettarono nel fuoco seguendo il responso di Apollo. Piramo si uccise a Babilonia per amore di Tisbe. Edipo, figlio di Laio, si uccise dopo essersi strappato gli occhi a causa della madre Giocasta. 243 Suicide 1 Ecuba, figlia di Cisseo o di Dimante e moglie di Priamo, si gettò in mare, e di conseguenza il mare è stato chiamato Cineo perché era stata trasformata in cane. 215
Igino
fabb. 243,244
Ino Cadmi filia in mare se praecipitavit cum Melicerte filio. Anticlia Autolyci filia, mater Ulyssis, nuntio falso audito de Ulysse ipsa se interfecit. 2 Stheneboea Iobatis filia, uxor Proeti, propter amorem Bellerophontis. Euadne Phylaci filia propter Capaneum coniugem qui apud Thebas perierat in eandem pyram se coniecit. Aethra Pitthei filia propter filiorum mortem ipsa se interfecit. 3 Deianira Oenei filia propter Herculem, decepta a Nesso, quod ei tunicam miserat in qua conflagravit. Laodamia Acasti filia propter desiderium Protesilai mariti. Hippodamia Oenomai filia, uxor Pelopis, quod eius suasu Chrysippus occisus est. 4 Neaera Autolyci filia propter Hippothoi filii mortem. Alcestis Peliae filia propter Admetum coniugem vicaria morte obiit. Iliona Priami filia propter casus parentum suorum. 5 Themisto Hypsei filia, impulsu Inus, quod filios suos occidit. Erigone Icari filia propter interitum patris suspendio se necavit. Phaedra Minois filia propter Hippolytum privignum suum suspendio se necavit ob amorem. 6 Phyllis propter Demophoonta Thesei filium ipsa se suspendio necavit. Canace Aeoli filia propter amorem Macarei fratris ipsa se interfecit. Byblis Mileti filia propter amorem Cauni fratris ipsa se interfecit. 7 Calypso Atlantis filia propter amorem Ulyssis ipsa se interfecit. Dido Beli filia propter Aeneae amorem se occidit. Iocasta Menoecei filia propter interitum filiorum et nefas. 8 Antigona Oedipodis filia propter sepulturam Polynicis. Pelopia Thyestis filia propter scelus patris. Thisbe Babylonia propter Pyramum, quod ipse se interfecerat. Semiramis in Babylonia equo amisso in pyram se coniecit.
244 Qui cognatos suos occiderunt 1 Theseus Aegei filius Pallantem filium Nelei fratris. Amphitryon Electryonem Persei filium. 216
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Ino, figlia di Cadmo, si gettò in mare con il figlio Melicerte. Anticlea, figlia di Autolico e madre di Ulisse, si uccise dopo aver ricevuto la falsa notizia relativa a Ulisse. 2 Stenebea, figlia di Iobate e moglie di Preto, a causa dell’amore per Bellerofonte. Evadne, figlia di Filaco, per il marito Capaneo, che era morto a Tebe, si gettò sul medesimo rogo. Etra, figlia di Pitteo, si uccise a causa della morte dei suoi figli. 3 Deianira, figlia di Eneo, per Ercole, perché, ingannata da Nesso, gli aveva inviato la tunica indossata la quale prese fuoco. Laodamia, figlia di Acasto, per la mancanza del marito Protesilao. Ippodamia, figlia di Enomao e moglie di Pelope, perché per sua istigazione Crisippo fu ucciso. 4 Neera, figlia di Autolico, per la morte del figlio Ippotoo. Alcesti, figlia di Pelia, si diede una morte sostitutiva per il marito Admeto. Ilione, figlia di Priamo, per la sorte dei suoi genitori. 5 Temisto, figlia di Ipseo, per istigazione di Ino, perché aveva ucciso i suoi figli. Erigone, figlia di Icario, per la morte del padre si uccise impiccandosi. Fedra, figlia di Minosse, si uccise impiccandosi perché innamorata del suo figliastro Ippolito. 6 Fillide si uccise impiccandosi per Demofoonte, figlio di Teseo. Canace, figlia di Eolo, si uccise perché innamorata del fratello Macareo. Biblide, figlia di Mileto, si uccise perché innamorata del fratello Cauno. 7 Calipso, figlia di Atlante, si uccise perché innamorata di Ulisse. Didone, figlia di Belo, si uccise perché innamorata di Enea. Giocasta, figlia di Meneceo, a causa della morte dei figli e dell’incesto. 8 Antigone, figlia di Edipo, per aver dato sepoltura a Polinice. Pelopia, figlia di Tieste, per l’incesto commesso dal padre. Tisbe a Babilonia per Piramo, perché si era ucciso. Semiramide a Babilonia, dopo la morte del suo cavallo, si gettò sul rogo di quello. 244 Assassini dei loro parenti 1 Teseo, figlio di Egeo, uccise Pallante … figlio di suo fratello Neleo. Anfitrione uccise Elettrione, figlio di Perseo. 217
Igino
fabb. 244-247
Meleager Oenei filius avunculos suos Plexippum et Agenorem propter Atalantam Schoenei filiam. 2 Telephus Herculis filius Hippothoum et Neaerae aviae suae filios. Aegisthus Atreum et Agamemnonem Atrei filium. Orestes Aegisthum Thyestis filium. 3 Megapenthes Proeti filius Perseum Iovis et Danaes filium propter patris mortem. Abas propter patrem Lynceum Megapenthem occidit. Phegeus Alphei filius Alphesiboeae filiae suae filiam. 4 Amphion Terei filius avi sui filios. Atreus Pelopis filius Tantalum et Plisthenem Thyestis filios infantes in epulis Thyesti apposuit. Hyllus Herculis filius Sthenelum Electryonis proavi sui fratrem. 5 Medus Aegei filius Persen Aeetae fratrem Solis filium. Daedalus Eupalami filius Perdicem sororis suae filium propter artificii invidiam. 245 Qui soceros et generos occiderunt 1 Iason Aesonis filius † Phlegyonam. Pelops Tantali filius Oenomaum Martis filium. 2 Qui generos suos occiderunt: Phegeus Alphei filius Alcmaeonem Amphiarai filium; idem et Eurypylum; Aeeta Solis filius Phrixum Athamantis filium. 246 Qui filios suos in epulis consumpserunt Tereus Martis filius ex Progne Ityn. Thyestes Pelopis ex Aerope Tantalum et Plisthenem. Clymenus Schoenei filius ex Harpalyce filia filium suum. 247 Qui a canibus consumpti sunt Actaeon Aristaei filius. Thasius Delo, Anii sacerdotis Apollinis filius; ex eo Delo nullus canis est. Euripides tragoediarum scriptor in templo consumptus est.
218
Miti del mondo classico
Meleagro, figlio di Eneo, i suoi zii Plessippo e Agenore per Atalanta, figlia di Scheneo. 2 Telefo, figlio di Ercole, Ippotoo e Cefeo, figli di sua nonna Neera. Egisto Atreo e Agamennone, figlio di Atreo. Oreste Egisto, figlio di Tieste. 3 Megapente, figlio di Preto, Perseo, figlio di Giove e Danae, per la morte del padre. Abante uccise Megapente per il padre Linceo. Fegeo, figlio di Alfeo, la figlia di sua figlia Alfesibea. 4 Anfione, figlio di Tereo, i figli di suo nonno. Atreo, figlio di Pelope, servì a Tieste in un banchetto i piccoli figli di quest’ultimo, Tantalo e Plistene. Illo, figlio di Ercole, Stenelo, fratello di suo bisnonno Elettrione. 5 Medo, figlio di Egeo, Perse, fratello di Eeta e figlio del Sole. Dedalo, figlio di Eupalamo, Perdice, figlio di sua sorella, perché invidioso della sua abilità.
245 Assassini di suoceri e generi 1 Giasone, figlio di Esone … Flegione. Pelope, figlio di Tantalo, Enomao, figlio di Marte. 2 Assassini del loro generi: Fegeo, figlio di Alfeo, Alcmeone, figlio di Anfiarao; sempre lui anche Euripilo. Eeta, figlio del Sole, Frisso, figlio di Atamante. 246 Coloro che si cibarono dei loro figli a banchetto Tereo, figlio di Marte, si cibò di Iti, figlio avuto da Procne. Tieste, figlio di Pelope, Tantalo e Plistene avuti da Erope. Climeno, figlio di Scheneo, suo figlio avuto dalla figlia Arpalice. 247 Coloro che furono divorati dai cani Atteone, figlio di Aristeo Tasio, figlio del sacerdote di Apollo Anio, a Delo; per questo motivo a Delo non c’è nessun cane. Il poeta tragico Euripide fu divorato in un tempio.
219
Igino
fabb. 248-251
248 Qui ab apro percussi interierunt Adonis Cinyrae filius. Ancaeus Lycurgi filius a Calydonio. Idmon Apollinis filius, qui stramentatum exierat cum Argonautis apud Lycum regem. Hyas ab apro vel leone, Atlantis et Pleiones filius. 249 Faces sceleratae Facem quam sibi visa est parere Hecuba Cissei filia sive Dymantis. Nauplii ad saxa Capharea, cum naufragium Achivi fecerunt. Helenae quam de muris ostendit et Troiam prodidit. Althaeae quae Meleagrum occidit.
250 Quae quadrigae rectores suos perdiderunt 1 Phaethonta Solis filium ex Clymene. Laomedonta Ili filium ex Leucippe. Oenomaum Martis filium ex Asterie Atlantis filia. 2 Diomedem Martis filium ex eadem. Hippolytum Thesei filium ex Antiope Amazone. Amphiaraum Oiclei filium ex Hypermnestra Thestii filia. 3 Glaucum Sisyphi filium ludis funebribus Peliae equae suae consumpserunt. Iasionem Iovis filium ex Electra Atlantis filia. Salmoneus, qui fulmina in quadrigas sedens imitabatur, cum quadriga fulmine ictus. 251 Qui licentia Parcarum ab inferis redierunt 1 Ceres Proserpinam filiam suam quaerens. Liber pater ad Semelen matrem suam Cadmi filiam descendit. Hercules Iovis filius ad canem Cerberum educendum. 2 Asclepius Apollinis et Coronidis filius. Castor et Pollux Iovis et Ledae filii alterna morte redeunt. Protesilaus Iphicli filius propter Laodamiam Acasti filiam. 3 Alcestis Peliae filia propter Admetum coniugem. Theseus Aegei filius propter Pirithoum. Hippolytus Thesei filius voluntate Dianae, qui postea Virbius est appellatus. 220
Miti del mondo classico
248 Coloro che morirono assaliti da un cinghiale Adone, figlio di Cinira. Anceo, figlio di Licurgo, dal cinghiale Calidonio. Idmone, figlio di Apollo, del gruppo degli Argonauti, che era uscito a raccogliere paglia, ospite del re Lico. Iante, figlio di Atlante e Pleione, da un cinghiale o un leone. 249 Le fiaccole di sventura La fiaccola che Ecuba, figlia di Cisseo o di Dimante, sognò di partorire. Quella di Nauplio agli scogli Cafarei, quando gli Achei fecero naufragio. Quella che Elena mostrò dalle mura nel tradire Troia. Quella di Altea che uccise Meleagro. 250 Le quadrighe che causarono la morte dei loro conducenti 1 Morì Fetonte, figlio del Sole e Climene. Laomedonte, figlio di Ilo e Leucippe. Enomao, figlio di Marte e Asteria, figlia di Atlante. 2 Diomede, figlio di Marte e della stessa. Ippolito, figlio di Teseo e dell’amazzone Antiope. Anfiarao, figlio di Ecle e Ipermestra, figlia di Testio. 3 Glauco, figlio di Sisifo, fu divorato dalle sue cavalle durante i giochi funebri in onore di Pelia. Iasione, figlio di Giove ed Elettra figlia di Atlante. Salmoneo, che stando seduto sulla quadriga imitava i fulmini, fu colpito da un fulmine con la quadriga. 251 Coloro che tornarono dagli inferi con il permesso delle Parche 1 Cerere alla ricerca di sua figlia Proserpina. Il padre Libero discese per andare da sua madre Semele. Ercole, figlio di Giove, per portare via il cane Cerbero. 2 Asclepio, figlio di Apollo e Coronide. Castore e Polluce, figli di Giove e Leda, ritornano morendo a vicenda. Protesilao, figlio di Ificlo, per Laodamia, figlia di Acasto. 3 Alcesti, figlia di Pelia, per suo marito Admeto. Teseo, figlio di Egeo, per Piritoo. Ippolito, figlio di Teseo, per volontà di Diana, e in seguito fu chiamato Virbio. 221
Igino
fabb. 251-254
Orpheus Oeagri filius propter Eurydicen coniugem suam. 4 Adonis Cinyrae et Zmyrnae filius voluntate Veneris. Glaucus Minois filius restitutus a Polyido Coerani filio. Ulysses Laertae filius propter patriam. Aeneas Anchisae filius propter patrem. Mercurius Maiae filius assiduo itinere. 252 Qui lacte ferino nutriti sunt 1 Telephus Herculis et Auges filius ab cerva. Aegisthus Thyestis et Pelopiae filius ab capra. Aeolus et Boeotus Neptuni et Melanippes filii a vacca. 2 Hippothous Neptuni et Alopes filius ab equa. Romulus et Remus Martis et Iliae filii ab lupa. Antilochus Nestoris filius expositus in Ida monte ab cane. 3 Harpalyce Harpalyci regis Amymneorum filia a vacca et equa. Camilla Metabi regis Volscorum filia ab equa.
253 Quae contra fas concubuerunt 1 Iocaste cum Oedipo filio. Pelopia cum Thyeste patre. Harpalyce cum Clymeno patre. Hippodamia cum Oenomao patre. 2 Procris cum Erechtheo patre, ex quo natus est Aglaurus. Nyctimene cum Epopeo patre rege Lesbiorum. Menephron cum Cyllene filia in Arcadia et cum Bliade matre sua. 254 Quae piissimae fuerunt vel piissimi 1 Antigona Oedipi filia Polynicen fratrem sepulturae dedit. Electra Agamemnonis filia in fratrem Oresten. Iliona Priami filia in fratrem Polydorum et parentes. 2 Pelopia Thyestis filia in patrem, ut eum vindicaret. Hypsipyle Thoantis filia patri, cui vitam concessit. Chalciope filia patrem non deseruit regno amisso. Harpalyce Harpalyci filia in bello patrem servavit et hostem fugavit.
222
Miti del mondo classico
Orfeo, figlio di Eagro, per sua moglie Euridice. 4 Adone, figlio di Cinira e Smirna, per volere di Venere. Glauco, figlio di Minosse, resuscitato da Poliido, figlio di Cerano. Ulisse, figlio di Laerte, per la patria. Enea, figlio di Anchise, per il padre. Mercurio, figlio di Maia, con viaggi continui. 252 Coloro che furono allevati con latte di animali selvatici 1 Telefo, figlio di Ercole e Auge, da una cerva. Egisto, figlio di Tieste e Pelopia, da una capra. Eolo e Beoto, figli di Nettuno e Melanippe, da una mucca. 2 Ippotoo, figlio di Nettuno e Alope, da una cavalla. Romolo e Remo, figli di Marte e Ilia, da una lupa. Antiloco, figlio di Nestore, esposto sul monte Ida, da una cagna. 3 Arpalice, figlia del re degli Amimnei Arpalico, da una mucca e da una cavalla. Camilla, figlia del re dei Volsci Metabo, da una cavalla. 253 Coloro che si unirono in modo incestuoso 1 Giocasta con suo figlio Edipo. Pelopia con suo padre Tieste. Arpalice con suo padre Climeno. Ippodamia con suo padre Enomao. 2 Procri con suo padre Eretteo, da cui nacque Aglauro. Nittimene con suo padre Epopeo, re di Lesbo. Menefrone con sua figlia Cillene in Arcadia e con sua madre Bliade. 254 Le più pie e i più pii 1 Antigone, figlia di Edipo, diede sepoltura a suo fratello Polinice. Elettra, figlia di Agamennone, nei confronti di suo fratello Oreste. Ilione, figlia di Priamo, nei confronti di suo fratello Polidoro e dei suoi genitori. 2 Pelopia, figlia di Tieste, nei confronti di suo padre, per vendicarlo. Ipsipile, figlia di Toante, al quale salvò la vita. Calciope, figlia di Eeta, non abbandonò il padre quando questi perse il regno. Arpalice, figlia di Arpalico. Salvò la vita a suo padre e mise in fuga i nemici. 223
Igino
fabb. 254,255
3 Erigone Icari filia patre amisso suspendio se necavit. Agave Cadmi filia in Illyrica Lycothersen regem interfecit et patri suo regnum dedit. Xanthippe Myconi patri incluso carcere lacte suo alimentum vitae praestitit. Tyro Salmonei filia propter patrem filios suos necavit. 4 In Sicilia cum Aetna mons primum ardere coepit, Damon matrem suam ex igne rapuit, item Phintia patrem. Aeneas item in Ilio Anchisem patrem umeris et Ascanium filium ex incendio eripuit. 5 Cleops et Bitias Cydippae filii. Cydippe sacerdos Iunonis Argivae cum boves in pastionem misisset neque ad horam, qua sacra in monte ad templum Iunonis duci et fieri deberent, apparerent et essent mortui, quae nisi ad horam sacra facta essent, sacerdos interficiebatur; 6 inter quam trepidationem Cleops et Bitias pro bubus sub iugo se iunxerunt et ad fanum sacra et matrem Cydippen in plaustro duxerunt; sacrificioque peracto Cydippe precata est Iunonem, si sacra eius caste coluisset, si filii adversus eam pii fuissent, ut quicquid bonum mortalibus posset contingere, id filiis eius contingeret. 7 Precatione peracta plaustrum et matrem filii domum reduxerunt et fessi somno acquieverunt at Cydippe diligenter agnovit nihil esse melius mortalibus quam mori, et ob hoc obiit voluntaria morte.
255 Quae impiae fuerunt 1 Scylla Nisi filia patrem occidit. Ariadne Minois filia fratrem et filios occidit. Progne Pandionis filia filium occidit. 2 Danaides coniuges suos patrueles occiderunt. Lemniades in Lemno insula patres et filios occiderunt. Harpalyce Clymeni filia filium, quem ex patris concubitu pepererat, occidit. Tullia Romanorum super parentis corpus currum duxit, unde Vicus Sceleratus est dictus. 224
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3 Erigone, figlia di Icario, dopo aver perso suo padre si uccise impiccandosi. Agave, figlia di Cadmo, in Illiria uccise il re Licoterse e diede il regno a suo padre. Santippe salvò la vita a suo padre Micone quand’era in prigione nutrendolo col proprio latte. Tirone, figlia di Salmoneo, per suo padre uccise i propri figli. 4 In Sicilia, quando il monte Etna cominciò a dare avvisaglie di eruzione, Damone salvò dal fuoco sua madre e così Fintia suo padre. Così pure Enea a Troia salvò dall’incendio suo padre Anchise portandolo sulle spalle e suo figlio Ascanio. 5 Cleope e Bitia erano figli di Cidippe. Cidippe, sacerdotessa di Giunone Argiva, aveva mandato al pascolo i buoi e, siccome morirono, non si presentarono all’ora in cui dovevano portare gli oggetti sacri per il rito al tempio di Giunone sul monte; se questo non fosse avvenuto all’ora prestabilita, la sacerdotessa sarebbe stata messa a morte. 6 In questo momento critico, Cleope e Bitia si attaccarono al giogo al posto dei buoi e trasportarono al tempio sul carro gli oggetti sacri e la madre Cidippe; terminato il rito, Cidippe, visto che aveva osservato scrupolosamente il rito e che i suoi figli erano stati pii verso di lei, pregò Giunone di far capitare loro tutto il bene che poteva capitare ai mortali. 7 Terminata la preghiera, i figli riportarono a casa il carro e la madre, e per la stanchezza si coricarono a dormire … Cidippe così comprese senz’altro che per i mortali non c’era nulla di meglio che morire, e per questo motivo si diede volontariamente la morte. 255 Le donne empie 1 Scilla, figlia di Niso, uccise suo padre. Arianna, figlia di Minosse, suo fratello … … e i suoi figli uccise. Procne, figlia di Pandione, uccise suo figlio. 2 Le Danaidi uccisero i loro mariti, loro cugini. Le Lemniadi nell’isola di Lemno uccisero padri e figli. Arpalice, figlia di Climeno, uccise il figlio che aveva generato in seguito all’unione con suo padre. Fra i romani Tullia guidò il carro sul corpo di suo padre, e per questo quella strada fu chiamata Scellerata. 225
Igino
fabb. 256,257
256 Quae castissimae fuerunt 1 Penelope Icarii filia uxor Ulyssis. Euadne Phylacis filia coniunx Capanei. Laodamia Acasti filia coniunx Protesilai. Hecuba Cissei filia uxor Priami. 2 Theonoe Thestoris filia . uxor Admeti. Romanorum Lucretia Lucretii filia coniunx Collatini. 257 Qui inter se amicitia iunctissimi fuerunt 1 Pylades Strophii filius cum Oreste Agamemnonis filio. Pirithous Ixionis filius cum Theseo Aegei filio. Achilles Pelei filius cum Patroclo Menoetii filio. 2 Diomedes Tydei filius cum Sthenelo Capanei filio. Peleus Aeaci filius cum Phoenice Amyntoris filio. Hercules Iovis filius cum Philocteta Poeantis filio. Harmodius et Aristogiton more fraterno. 3 In Sicilia Dionysius tyrannus crudelissimus cum esset suosque cives cruciatibus interficeret, Moeros tyrannum voluit interficere; quem satellites cum deprehendissent armatum ad regem perduxerunt. 4 Qui interrogatus respondit se regem voluisse interficere; quem rex iussit crucifigi; a quo Moerus petit tridui commeatum ut sororem suam nuptui collocaret et daret tyranno Selinuntium amicum suum et sodalem qui sponderet eum tertio die venturum. 5 Cui rex indulsit commeatum ad sororem collocandam dicitque rex Selinuntio, nisi ad diem Moerus veniret, eum eandem poenam passurum et dimitti Moerum. 6 Qui collocata sorore cum reverteretur, repente tempestate et pluvia orta, flumen ita increvit ut nec transiri nec transnatari posset; ad cuius ripam Moerus consedit et flere coepit, ne amicus pro se periret. 7 Phalaris autem Selinuntium crucifigi cum iuberet, ideo quod horae sex tertii iam diei essent nec veniret Moerus, cui Selinuntius respondit diem adhuc non praeteriisse. Cumque iam horae novem essent, rex iubet duci Selinuntium in crucem. 8 Qui cum duceretur, vix tandem Moerus liberato flumine consequitur carnificem exclamatque a longe: «Sustine carnifex, adsum quem spopondit». Quod factum regi nuntiatur; quos rex
226
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256 Le donne più fedeli 1 Penelope, figlia di Icario, moglie di Ulisse. Evadne, figlia di Filace, moglie di Capaneo. Laodamia, figlia di Acasto, moglie di Protesilao. Ecuba, figlia di Cisseo, moglie di Priamo. 2 Teonoe, figlia di Testore, … Alcesti, figlia di Pelia, moglie di Admeto. Fra i Romani Lucrezia, figlia di Lucrezio, moglie di Collatino. 257 Coloro che furono amici più di ogni altro 1 Pilade, figlio di Strofio, e Oreste, figlio di Agamennone. Pritoo, figlio di Issione, e Teseo, figlio di Egeo. Achille, figlio di Peleo, e Patroclo, figlio di Menezio. 2 Diomede, figlio di Tideo, e Stenelo, figlio di Capaneo. Peleo, figlio di Eaco, e Fenice, figlio di Amintore. Ercole, figlio di Giove, e Filottete, figlio di Peante. Armodio e Aristogitone, come fratelli. 3 Ai tempi in cui in Sicilia viveva Dionisio, un tiranno assai crudele, e uccideva i suoi sudditi torturandoli, Mero decise di uccidere il tiranno; le guardie però lo sorpresero con le armi in pugno e lo portarono al cospetto del re. 4 Alle domande rispose di aver avuto l’intenzione di uccidere il re, e il re ordinò che fosse crocifisso; Mero allora gli chiese un rinvio di tre giorni per occuparsi del matrimonio della sorella e offriva al re un suo amico fraterno, Selinuntio, perché garantisse che dopo due giorni sarebbe tornato. 5 Il re accondiscese al rinvio per occuparsi della sorella, ma il re disse a Selinuntio che, se Mero non fosse tornato il giorno stabilito, sarebbe stato lui a soffrire la stessa pena e che Mero poteva andare. 6 Questi si occupò della sorella, ma mentre tornava all’improvviso venne un acquazzone e il fiume si ingrossò in modo tale da non poter essere attraversato né a piedi né a nuoto; Mero si sedette sulla riva e cominciò a piangere, temendo che il suo amico morisse al suo posto. 7 Intanto Falaride ordinò che Selinuntio fosse crocifisso perché erano già le sei del terzo giorno e Mero non era tornato, ma Selinuntio gli rispose che non era ancora finita la giornata. Ma quando ormai erano le nove il re ordina che Selinuntio fosse portato alla croce. 8 Ma mentre veniva portato via, Mero, che alla fine aveva oltrepassato a fatica il fiume, corre dietro al carnefice e da lontano grida: «Fermati, carnefice, sono qui! È per me che aveva garantito!». Questo fatto viene riferito al re; il re 227
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fabb. 257-259
ad se iussit perduci rogavitque eos ut se in amicitiam reciperent vitamque Moero concessit. 9 Harmodius et Aristogiton Item in Sicilia eundem Phalarim Harmodius cum vellet interficere, simulationis causa scrofam porcellos habentem occidit et venit ad Aristogitonem amicum suum ense sanguinolento dicitque se matrem interfecisse rogatque eum ut se celaret. 10 Qui cum ab eo celaretur, rogavit Aristogitonem ut progrederetur rumoresque qui essent de matre sibi renuntiaret. Nullos esse rumores. 11 Qui vesperi ita litem contraxerunt ut alius alio potiora ingererent, nec ideo Aristogiton voluit obicere eum matrem interfecisse. Cui Harmodius patefecit se scrofam porcellos habentem interfecisse et ideo matrem dixisse; cui indicat se regem velle interficere rogatque eum ut sibi adiutorio esset. 12 Qui cum ad regem interficiendum venissent, deprehensi sunt a satellitibus armati et cum perducerentur ad tyrannum Aristogiton a satellitibus effugit, Harmodius autem solus cum perductus esset ad regem quaererentque ab eo quis ei fuisset comes, ille ne amicum proderet linguam dentibus sibi praecidit eamque regis in faciem inspuit. 13 Nisus cum Eurylo suo, pro quo mortuus est. 258 Atreus et Thyestes Atreus et Thyestes germani cum in dissensione sibi nocere non possent, in simulatam gratiam redierunt, qua occasione Thyestes cum fratris uxore concubuit. Atreus vero ei filium epulando apposuit; quae sol ne pollueretur, aufugit. Sed veritatis hoc est: Atreum apud Mycenas primum solis eclipsim invenisse; cui invidens frater ex urbe discessit. 259 Lyncus Lyncus rex Siciliae fuit, qui missum a Cerere Triptolemum ut hominibus frumentum monstraret susceptum hospitio, ut in se gloria tanta migraret, interimere cogitavit. Ob quam rem irata Ceres eum convertit in lyncem varii coloris, ut ipse variae mentis extiterat.
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ordinò che venissero portati al suo cospetto, chiese loro di poter essere loro amico e concesse la grazia a Mero. 9 Armodio e Aristogitone Sempre in Sicilia, Armodio, volendo uccidere lo stesso Falaride, ammazza una scrofa che aveva dei piccoli e va dal suo amico Aristogitone con la spada insanguinata, dice di aver ucciso la madre e lo prega di nasconderlo. 10 Una volta nascosto da lui, pregò Aristogitone di uscire e di riferirgli che cosa si diceva a proposito della madre. Non si diceva nulla. 11 La sera intrapresero una discussione su chi era meglio disposto nei confronti dell’altro, ma Aristogitone non volle rifacciargli di aver ucciso la madre. Armodio allora gli rivelò di aver ucciso una scrofa che aveva dei piccoli ed era per questo motivo che aveva parlato di madre; gli manifesta poi la propria volontà di uccidere il re e lo prega di aiutarlo. 12 Quando andarono a uccidere il re, furono sorpresi con le armi in pugno dalle guardie ma, mentre venivano portati al cospetto del re, Aristogitone sfuggì alle guardie, e così Armodio fu portato da solo al cospetto del re; quando gli fu chiesto chi fosse il suo complice, per non tradire l’amico si tagliò la lingua coi denti e la sputò in faccia al re. 13 Niso e il suo Eurialo, per salvare il quale morì. 258 Atreo e Tieste I fratelli Atreo e Tieste, visto che non potevano farsi del male restando nemici, fecero finta di riconciliarsi, e in quell’occasione Tieste si unì alla moglie del fratello. Atreo allora gli servì il figlio durante un banchetto, e il sole per non essere contaminato fuggì lontano da quei fatti. Ma la verità è questa: Atreo fu il primo a Micene a osservare un’eclissi di sole e il fratello invidioso abbandonò la città. 259 Linco Linco era re di Sicilia. Dopo aver accolto come ospite Trittolemo, che Cerere aveva inviato a far scoprire agli uomini il frumento, pensò di ucciderlo per guadagnarsi una così grande gloria. Per questo motivo Cerere adirata lo trasformò in una lince di colore cangiante, come lui si era rivelato di indole cangiante.
229
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fabb. 260,261,269
260 Eryx Eryx Veneris et Butae filius fuit, qui occisus ab Hercule est. Monti ex sepultura sua nomen imposuit in quo Aeneas Veneris templum constituit. In hoc autem monte dicitur etiam Anchises sepultus, licet secundum Catonem ad Italiam venerit. 261 Agamemnon qui ignarus Dianae cervam occidit Cum de Graecia ad Aulidem Danai venissent, Agamemnon Dianae cervam occidit ignarus; unde dea irata flatus ventorum removit. Quare cum nec navigare possent et pestilentiam sustinerent, consulta oracula dixerunt Agamemnonio sanguine esse placandam Dianam. Ergo cum ab Ulyxe per nuptiarum simulationem adducta Iphigenia in eo esset ut immolaretur, numinis miseratione sublata est et cerva supposita. Et translata ad Tauricam civitatem regi Thoanti tradita est, sacerdosque facta Dictynnae Dianae secundum consuetudinem statutam humano sanguine numen placaret cognovit fratrem Orestem. Qui accepto oraculo carendi furoris causa, cum amico Pylade Colchos petierat, et cum occiso Thoante simulacrum sustulit, absconditum fasce lignorum (unde et fascelis dicitur, non tantum a face cum qua pingitur, propter quod et lucifera dicitur) et Ariciam detulit. Sed cum postea Romanis sacrorum crudelitas displiceret, quamquam servi immolarentur, ad Laconas Diana translata, ubi sacrificii consuetudo adolescentum verberibus servabatur, qui vocabantur bomonicae, quia aris superpositi contendebant, qui plura posset verbera sustinere. Orestis vero ossa de Aricia Romam translata sunt et condita ante templum Saturni, quod est ante clivum Capitolinum iuxta Concordiae templum.
262-268
Iovis et Europae filius. Cygnus alter Martis filius, quem idem Hercules occidit.
230
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260 Erice Erice era figlio di Venere e Bute e fu ucciso da Ercole. Una volta sepolto, diede il suo nome al monte su cui Enea fondò un tempio a Venere. Si racconta inoltre che su questo monte fu sepolto Anchise, anche se secondo Catone arrivò in Italia. 261 Agamennone che senza saperlo uccide la cerva di Diana Dopo che i Danai giunsero ad Aulide dalla Grecia, Agamennone senza saperlo uccise la cerva di Diana; adirata per questo, la dea fece sparire il soffio dei venti. E così, non potendo navigare ed essendo vittime di una pestilenza, consultarono l’oracolo che rispose che Diana doveva essere placata con il sangue della casata di Agamennone. E così Ifigenia fu condotta lì da Ulisse con la scusa del suo matrimonio e, nel momento in cui stava per essere immolata, fu portata via dalla dea impietosita e sostituita con una cerva. Fu trasferita nella regione della Tauride e affidata al re Toante; diventata sacerdotessa, mentre secondo la consuetudine stabilita da Diana Dittinna placava la dea con sangue umano, riconobbe il fratello Oreste. Questi, dopo aver consultato l’oracolo per sfuggire alle Furie, era giunto in Colchide con l’amico Pilade, uccise Toante con la loro complicità, prelevò la statua e la portò ad Ariccia nascosta all’interno di una fascina di legna: ecco perché si chiama fascelis (“della fascina”), non tanto per la fiaccola con cui viene rappresentata e per cui viene chiamata anche lucifera (“portatrice di luce”). Quando poi ai Romani venne in odio la crudeltà nei riti, anche se si immolavano gli schiavi, Diana venne trasportata a Sparta: qui si manteneva la consuetudine di sacrificare a bastonate dei giovani che erano chiamati “bomonici”, perché si mettevano sugli altari e facevano a gara a chi poteva sopportare le bastonate più a lungo. Le ossa di Oreste poi da Ariccia vennero traslate a Roma e seppellite davanti al tempio di Saturno, che si trova davanti al colle del Campidoglio vicino al tempio della Concordia. 262-268 mancano 269 I più facoltosi … figlio di Giove ed Europa. Cicno, un altro figlio di Marte, che sempre Ercole uccise.
231
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fab. 270,271,273
270 Qui formosissimi fuerunt 1 Iasion Corythi filius, quem Ceres dicitur amasse, quod ipsum historiis creditur. Cinyras Paphi filius rex Assyriorum. Anchises Assaraci filius, quem Venus amavit. 2 Alexander Paris Priami filius et Hecubae, quem Helena secuta est. Nireus Charopis filius. Cephalus Pandionis filius, quem Aurora amavit. Tithonus Laomedontis filius Aurorae coniunx. 3 Parthenopaeus Meleagri et Atalantes filius. Achilles Pelei et Thetidis filius. Patroclus Menoetii filius. Idomeneus qui Helenam amavit. Theseus Aegei et Aethrae filius, quem Ariadne amavit. 271 Qui ephebi formosissimi fuerunt 1 Adonis Cinyrae et Smyrnae filius, quem Venus amavit. Endymion Aetoli filius, quem Luna amavit. Ganymedes Erichthonii filius, quem Iovis amavit. Hyacinthus Oebali filius, quem Apollo amavit. 2 Narcissus Cephisi fluminis filius, qui se ipsum amavit. Atlantius Mercurii et Veneris filius, qui Hermaphroditus dictus est. Hylas Theodamantis filius, quem Hercules amavit. Chrysippus Pelopis filius, quem Theseus ludis rapuit. 272 273 Qui primi ludos fecerunt usque ad Aeneam quintum decimum 1 quinto loco Argis quos fecit Danaus Beli filius filiarum nuptiis cantu, unde hymenaeus dictus. 2 Sexto autem iterum Argis quos fecit Lynceus Aegypti filius Iunoni Argiuae, qui appellantur Ἀσπὶς ἐν Ἄργει. Quibus ludis qui vicit accipit pro corona clipeum, ideo quod Abas Lyncei et Hypermestrae filius nuntiavit Danaum parentibus perisse, cui Lynceus de templo Iunonis Argivae detraxit clipeum, quod Danaus in iuventa gesserat et Iunoni sacraverat, et Abanti filio muneri dedit. 3 In his ludis qui semel vicit et iterum descendit ad certamen
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270 I più belli 1 Iasione, figlio di Corito, di cui si racconta che Cerere si innamorò: lo accredita la tradizione stessa. Cinira, figlio di Pafo e re di Assiria. Anchise, figlio di Assaraco, di cui si innamorò Venere. 2 Alessandro Paride, figlio di Priamo ed Ecuba, che Elena seguì. Nireo, figlio di Carope. Cefalo, figlio di Pandione, di cui si innamorò Aurora. Titono, figlio di Laomedonte, marito di Aurora. 3 Partenopeo, figlio di Meleagro e Atlanta. Achille, figlio di Peleo e Teti. Patroclo, figlio di Menezio. Idomeneo, che si innamorò di Elena. Teseo, figio di Egeo ed Etra, di cui si innamorò Arianna. 271 Gli efebi più belli 1 Adone, figlio di Cinira e Smirna, di cui si innamorò Venere. Endimione, figlio di Etolo, di cui si innamorò la Luna. Ganimede, figlio di Erittonio, di cui si innamorò Giove. Giacinto, figlio di Ebalo, di cui si innamorò Apollo. 2 Narciso, figlio del fiume Cefiso, che si innamorò di se stesso. Atlantio, figlio di Mercurio e Venere, che fu detto Ermafrodito. Ila, figlio di Teodamante, di cui si innamorò Ercole. Crisippo, figlio di Pelope, che Teseo rapì durante i giochi. 272 manca 273 Coloro che istituirono giochi, fino ad Enea (quindicesimo) 1 … Quinto: i giochi che istituì ad Argo Danao, figlio di Belo, con il canto per le nozze delle figlie, da cui viene il termine imeneo. 2 Sesto: quelli che istituì ancora ad Argo Linceo, figlio di Egitto, in onore di Giunone Argiva, che si chiamano “Scudo in Argo”: in questi giochi il vincitore invece di una corona riceve uno scudo, per il fatto che Abante, figlio di Liceo e Ipermestra, annunciò ai genitori la morte di Danao e Linceo staccò dal tempio di Gionone Argiva lo scudo che Danao aveva portato in gioventù e che aveva consacrato a Giunone, e lo diede in dono al figlio Abante. 3 In questi giochi chi ha vinto una sola volta e gareggia una seconda volta … 233
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fab. 273
ut nisi iterum vincat saepe descendat. 4 Septimo autem loco Perseus Iovis et Danaes filius funebres Polydectae nutritori suo in insula Seripho, ubi cum luctatur percussit Acrisium avum suum et occidit. Itaque quod sua voluntate noluit, id deorum factum est numine. 5 Octavo loco fecit Hercules Olympiae gymnicos Pelopi Tantali filio, in quibus ipse contendit pammachium, quod nos pancratium vocamus, cum Achareo. 6 Nono loco facti sunt in Nemea Archemoro Lyci et Eurydices filio, quos fecerunt septem duces qui Thebas ibant oppugnatum, in quibus ludis postea vicerunt cursu Euneus et Deipylus Iasonis et Hypsipyles filii. 7 His quoque ludis pythaules qui Pythia cantaverunt septem habuit palliatos qui voce cantaverunt, unde postea appellatus est choraules. 8 Decimo Isthmia Melicertae Athamantis filio et Inus fecisse dicitur Eratocles, alii poetae dicunt Theseum. 9 Undecimo fecerunt Argonautae in Propontide Cyzico regi una cum filio, quem Iason imprudens noctu in litore occiderat, saltu luctatione et iaculo. 10 Duodecimo autem Argivis quos fecit Acastus Peliae filius. His ludis vicerunt Zetes Aquilonis filius dolichodromo, Calais eiusdem filius diaulo, Castor Iovis filius stadio, Pollux eiusdem filius caestu, Telamon Aeaci filius disco, Peleus eiusdem luctatione, Hercules Iovis filius pammachio, Meleager Oenei filius iaculo; 11 Cygnus Martis filius armis occidit Pilum Diodoti filium, Bellerophontes vicit equo; quadrigis autem vicit Iolaus Iphicli filius Glaucum Sisyphi filium, quem equi mordici distraxerunt; Eurytus Mercurii filius sagitta, Cephalus Deionis filius funda, Olympus Marsyae discipulus tibiis, Orpheus Oeagri filius cithara, Linus Apollinis filius cantu, Eumolpus Neptuni filius ad Olympi tibias voce.
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se non vince una seconda volta … gareggi spesso. 4 Settimo: quelli funebri che Perseo, figlio di Giove e Danae, istituì in onore di Polidette, che l’aveva allevato, sull’isola di Serifo, dove durante un combattimento colpì e uccise suo nonno Acrisio. E così, ciò che non voleva che si compisse per sua iniziativa, fu compiuto per volere degli dei. 5 Ottavo: Ercole istituì giochi ginnici a Olimpia in onore di Pelope, figlio di Tantalo, in cui egli stesso gareggiò con Acareo nel pammachio, che noi chiamiamo pancrazio. 6 Nono: quelli istituiti a Nemea in onore di Archemoro, figlio di Lico ed Euridice, che istituirono i sette condottieri che andavano a conquistare Tebe: in questi giochi in seguito vinsero nella corsa Euneo e Deipilo, figli di Giasone e Ipsipile. 7 Sempre in questi giochi il pitauleta che cantava inni Pitici ottenne sette attori con pallio che cantavano con la sola voce, e per questo in seguito si chiamò corauleta. 8 Decimo: si racconta che fu Eratocle a istituire i giochi Istmici in onore di Melicerte, figlio di Atamante e Ino; altri poeti dicono che sia stato Teseo. 9 Undici: quelli che istituirono gli Argonauti nella Propontide con gare di salto, lotta e giavellotto in onore del re Cizico e insieme di suo figlio, che Giasone senza volerlo aveva ucciso di notte sulla spiaggia. 10 Dodici: quelli che istituì ad Argo Acasto, figlio di Pelia. In questi giochi vinsero Zete, figlio di Aquilone, nella corsa lunga, suo figlio Calaide nel doppio giro, Castore, figlio di Giove, nella corsa dello stadio, Polluce, figlio sempre di Giove, nel pugilato, Telamone, figlio di Eaco, nel lancio del disco, Peleo, figlio sempre di Eaco, nella lotta, Ercole, figlio di Giove, nel pammachio, Meleagro, figlio di Eneo, nel lancio del giavellotto; 11 Cicno, figlio di Marte, nella lotta armata uccise Pilo, figlio di Diodoto, Bellerofonte vinse nell’ippica, mentre nella corsa delle quadrighe Iolao, figlio di Ificle, vinse su Glauco, figlio di Sisifo, che i suoi cavalli dilaniarono a morsi; Eurito, figlio di Mercurio, nel tiro con l’arco, Cefalo, figlio di Deione, nel tiro con la fionda; Olimpio, allievo di Marsia, nella gara di flauto, Orfeo, figlio di Eagro, in quella di cetra, Lino, figlio di Apollo, in quella di canto, Eumolpo, figlio di Nettuno, in quella di canto accompagnato dal flauto di Olimpio.
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fab. 273
12 Tertio decimo fecit in Ilio Priamus cenotaphium Paridi, quem natum iusserat interfici, gymnicos, in quibus certati sunt cursu Nestor Nelei filius, Helenus Priami filius, Deiphobus eiusdem, Polites eiusdem, Telephus Herculis filius, Cygnus Neptuni filius, Sarpedon Iovis filius, Paris Alexander pastor Priami ignarus filius. Vicit autem Paris et inventus est esse Priami filius. 13 Quarto decimo Achilles Patroclo funebres, in quibus Aiax vicit lucta et accepit lebetem aureum munus, deinde Menelaus vicit iaculo et accepit muneri iaculum aureum. Dimisso spectaculo eodem Phrygas captivos duodecim in rogum Patrocli et equum et canem coniecit. 14 Quinto decimo fecit Aeneas Veneris et Anchisae filius in Sicilia ad Acesten Crinisi fluminis filium hospitem; ibi Aeneas patris ornavit exsequias ludicroque certamine honores debitos manibus solvit, in quibus primum navale certamen fuit de Mnestheus, navis Pistris, Gyas, navis Chimaera, Sergestus, navis Centaurus. 15 Vicit autem Cloanthus cum navi Scylla et accepit praemium talentum argenti, auratam chlamydem ex purpura intextum Ganymeden; Mnestheus loricam adeptus est, Gyas abstulit lebetas cymbiaque argento caelata, Sergestus captivam cum duobus filiis nomine Pholoen. 16 Secundo deinde certamine cursu Nisus, Euryalus, Diores, Salius, Helymus, Panopes; vicit Euryalus, accepit praemium equum phaleris insignem, secundo Helymus Amazoniam pharetram, tertio Diores galeam Argolicam, Salio exuvias leonis donavit, Niso clipeum opus Didymaonis. 17 Tertio deinde certamine, caestibus Dares et Entellus; vicit Entellus, accepit praemium taurum, Dareti gladium et ensem tribuit. 18 Quarto deinde certarunt sagitta Hippocoon, Mnestheus, Acestes, Eurytion, qui accepit muneri galeam, qui iudicis propter omen Acestae honorem cessit. 19 Quinto Ascanio puero duce luserunt pueri Troiam.
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12 Tredici: a Troia Priamo innalzò un cenotafio a Paride, il figlio che aveva ordinato di uccidere, con giochi ginnici ai quali gareggiarono nella corsa Nestore, figlio di Neleo, Eleno, figlio di Priamo, Deifobo, figlio dello stesso Priamo, Polite, figlio dello stesso Priamo, Telefo, figlio di Ercole, Cicno, figlio di Nettuno, Sarpedone, figlio di Giove, il pastore Paride Alessandro, inconsapevole di essere figlio di Priamo: il vincitore fu Paride e si scoprì che era figlio di Priamo. 13 Quattordici: quelli funebri che istituì Achille in onore di Patroclo, nelle quali Aiace vinse nella lotta e ricevette come premio un lebete d’oro, poi Menelao vinse nel lancio del giavellotto e ricevette come premio un giavellotto d’oro; finite le gare, gettò sul rogo di Patroclo dodici prigionieri troiani, il suo cavallo e il suo cane. 14 Quindici: quelli che istituì Enea, figlio di Venere e Anchise, in Sicilia dal suo ospite Aceste, figlio del fiume Criniso; lì Enea celebrò i funerali del padre e tributò i dovuti onori alla sua anima con le gare dei giochi. In essi la prima gara fu quella delle navi… Mnesteo con la nave Pistri, Gía con la nave Chimera, Sergesto con la nave Centauro; 15 il vincitore fu Cloanto con la nave Scilla e ottenne come premio un talento d’argento e una clamide dorata con Ganimede ricamato in porpora, mentre Mnesteo ottenne una lorica, Gía si prese lebeti e coppe d’argento cesellate, Sergesto una schiava di nome Foloe con due figli. 16 Nella seconda gara gareggiarono nella corsa Niso, Eurialo, Diore, Salio, Elimo, Panope: il vincitore fu Eurialo e ricevette come premio un cavallo splendido nei suoi finimenti, il secondo, Elimo, ebbe una faretra da amazzone e il terzo, Diore, un elmo argolico, mentre a Salio diede una pelle di leone e a Niso uno scudo opera di Didimaone. 17 Nella terza gara poi gareggiarono nel pugilato Darete ed Entello: il vincitore fu Entello ed ebbe in premio un toro, mentre a Darete assegnò una spada e un pugnale. 18 Nella quarta gara gareggiarono nel tiro con l’arco Ippocoonte, Mnesteo, Aceste, Euritione, che ricevette come premio un elmo ma, a causa del presagio venuto al giudice, cedette l’onore ad Aceste. 19 Nella quinta gara, sotto la guida di Ascanio ancora ragazzo, i ragazzi rappresentarono Troia.
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Igino
fab. 274
274 Quis quid invenerit 1 nomine Cerasus vinum cum Acheloo flumine in Aetolia miscuit, unde miscere cerasae est dictum. Antiqui autem nostri in lectis tricliniaribus in fulcris capita asellorum vite alligata habuerunt, significantes suavitatem invenisse. Caper autem vitem quam praeroserat plenius fructum protulit, unde etiam putationem invenerunt. 2 Pelethronius frenos et stratum equis primus invenit. 3 Belone prima acum repperit, quae Graece belone appellatur. 4 Cadmus Agenoris filius aes Thebis primus inventum condidit. Aeacus Iovis filius in Panchaia in monte Taso aurum primus invenit. Indus rex in Scythia argentum primus invenit, quod Erichthonius Athenas primum attulit. 5 Elide, quae urbs est in Peloponneso, certamina quadrigarum primum instituta sunt. 6 Midas rex Cybeles filius Phryx plumbum album et nigrum primus invenit. 7 Arcades res divinas primi diis fecerunt. 8 Phoroneus Inachi filius arma Iunoni primus fecit, qui ob eam causam primus regnandi potestatem habuit. 9 Chiron centaurus Saturni filius artem medicinam chirurgicam ex herbis primus instituit; Apollo artem oculariam medicinam primus fecit; tertio autem loco Asclepius Apollinis filius clinicen repperit. 10 Antiqui obstetrices non habuerunt, unde mulieres verecundia ductae interierant. Nam Athenienses caverant ne quis servus aut femina artem medicinam disceret. Agnodice quaedam puella virgo concupiuit medicinam discere, quae cum concupisset, demptis capillis habitu virili se Herophilo cuidam tradidit in disciplinam. 11 Quae cum artem didicisset et feminam laborantem audisset ab inferiore parte, veniebat ad eam, quae cum credere se noluisset aestimans virum esse, illa tunica sublata ostendit se feminam esse et ita eas curabat. 12 Quod cum vidissent medici se ad feminas non admitti, Agnodicen accusare coeperunt, quod dicerent eum glabrum esse et corruptorem earum et illas simulare imbecillitatem. 13 Quod cum Areopagitae consedissent, Agnodicen damnare coeperunt; quibus Agnodice tunicam allevavit et
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Miti del mondo classico
274 Inventori e invenzioni 1 … di nome Ceraso in Etolia mescolò il vino con l’acqua del fiume Acheloo, e per questo mescolare si dice κεράσαι. I nostri antenati sui montanti dei letti del triclinio tenevano teste d’asino legati con le viti, a dimostrazione che era questo che aveva scoperto la piacevolezza del vino. D’altra parte un capro che aveva brucato una vite fece ottenere un prodotto più abbondante, e così scoprirono pure la potatura. 2 Peletronio inventò il morso e la sella per i cavalli. 3 Belone inventò l’ago, che in greco si chiama βελόνη. 4 Cadmo, figlio di Agenore, inventò e per primo produsse il bronzo a Tebe. Eaco, figlio di Giove, trovò per primo l’oro in Panchea, sul monte Taso. Il re Indo in Scizia trovò per primo l’argento, che fu Erittonio a introdurre ad Atene. 5 A Elide, che è una città nel Peloponneso, furono inventate le gare di quadriga. 6 Il re Mida, figlio di Cibele, frigio, scoprì il piombo bianco e quello nero. 7 Gli Arcadi sono stati i primi a celebrare riti religiosi in onore degli dei. 8 Foroneo, figlio di Inaco, fu il primo a fabbricare armi per Giunone, e per questo motivo fu il primo ad avere il potere di re. 9 Il centauro Chirone, figlio di Saturno inventò l’arte medica chirurgica con le erbe, Apollo invece praticò per primo l’oculistica, per terzo Asclepio, figlio di Apollo, introdusse la clinica. 10 Gli antichi non avevano ostetriche, e di conseguenza le donne finivano per morire perché si vergognavano; gli Ateniesi infatti avevano fatto in modo che nessuno schiavo o nessuna donna imparasse l’arte medica. Una giovane vergine, una certa Agnodice, desiderò fortemente imparare la medicina, e per questo forte desiderio si tagliò i capelli, si vestì da uomo e si presentò alla scuola di un certo Erofilo. 11 Una volta che ebbe imparato questa arte, siccome aveva sentito che c’era una donna malata nelle parti basse, andò da lei e, dato che quella non voleva affidarsi a lei credendola un uomo, si sollevò la tunica e dimostrò di essere una donna, e così le curava. 12 I medici, siccome avevano notato che le donne non si rivolgevano più a loro, presero ad accusare Agnodice perché – dicevano – era senza barba ed era un corruttore di donne, e quelle facevano finta di essere malate. 13 Gli Areopagiti si riunirono per questo e decisero di condannare Agnodice, ma Agnodice davanti a 239
Igino
fabb. 274,275
se ostendit feminam esse. Et validius medici accusare coeperunt; quare tum feminae principes ad iudicium convenerunt et dixerunt: «Vos coniuges non estis sed hostes, quia quae salutem nobis invenit eam damnatis». Tunc Athenienses legem emendarunt ut ingenuae artem medicinam discerent. 14 Perdix Daedali sororis filius et circinum et serram ex piscis spina repperit. 15 Daedalus Eupalami filius deorum simulacra primus fecit. 16 Oannes qui in Chaldaea de mari exisse dicitur astrologiam interpretatus est. 17 Lydi Sardibus lanam infecerunt, postea idem stamen. 18 Pan fistulae cantum primus invenit. In Sicilia frumentum Ceres prima invenit. 19 Tyrrhenus Herculis filius tubam primus invenit hac ratione, 20 quod cum carne humana comites eius vescerentur, ob crudelitatem incolae circa regionem diffugerunt; tunc ille quia ex eorum decesserat, concha pertusa buccinavit et pagum convocavit, testatique sunt se mortuum sepulturae dare nec consumere. Unde tuba Tyrrhenum melos dicitur. 21 Quod exemplum hodie Romani servant, et cum aliquis decessit tubicines cantant et amici convocantur testandi gratia eum neque veneno neque ferro interiisse. 22 Cornicines autem classici invenerunt. Afri et Aegyptii primum fustibus dimicaverunt, postea Belus Neptuni filius gladio belligeratus est, unde bellum est dictum.
275 Oppida qui quae condiderunt 1 Iovis in India Thebas, Thebaidos nomine nutricis suae; quae Hecatompylae appellantur ideo quod centum portas habent. 2 Minerva in Chalcide Athenas, quas ex suo nomine appellavit. Epaphus Iovis filius in Aegypto Memphim. Arcas Iovis filius in Arcadia Trapezunta. 3 Apollo Iovis filius Arnas. Eleusinus Mercurii filius Eleusinem. Dardanus Iovis filius Dardaniam. 240
Miti del mondo classico
loro si sollevò la tunica e dimostrò di essere una donna. I medici allora cominciarono ad accusarla con maggior forza, e così le donne più in vista si presentarono nel luogo del processo e dissero: «Voi non siete dei mariti, ma dei nemici, perché state condannando colei che ci ha ridato la salute!». Allora gli Ateniesi riscrissero la legge, in modo che le donne libere potessero imparare l’arte medica. 14 Perdice, figlio della sorella di Dedalo, con una spina di pesce inventò il compasso e la sega. 15 Dedalo, figlio di Eupalamo, fu il primo a costruire statue degli dei. 16 Oanne, che si racconta che fuoriuscì dal mare in Caldea, interpretò i segni astrologici. 17 I Lidi a Sardi lavorarono la lana e in seguito, sempre loro, l’ordito. 18 Pan per primo produsse il suono del flauto. Cerere per prima coltivò il frumento in Sicilia. 19 Tirreno, figlio di Ercole, inventò la tromba nel seguente modo: 20 siccome i suoi compagni si cibavano di carne umana, a causa di questa efferatezza gli abitanti dei dintorni fuggirono via; e lui, dal momento che era morto uno di loro, praticò un foro in una conchiglia e la suonò come una tromba, e così chiamò quelli del villaggio perché fossero testimoni che seppellivano il morto e non se ne cibavano. Per questo il colpo di tromba è chiamato suono tirreno. 21 I Romani di oggi mantengono questa consuetudine e, quando qualcuno muore, suonano i trombettieri e vengono chiamati gli amici perché testimonino che quello non è morto né per veleno né per un colpo d’arma. 22 I marinai, poi, furono i primi suonatori di corno. Africani ed Egizi sono stati i primi a combattere fra loro con bastoni; in seguito Belo, figlio di Nettuno, fece guerra con la spada, e per questo la guerra si chiamò bellum. 275 Città e loro fondatori 1 Giove fondò Tebe in India, dal nome della sua nutrice Tebaide: la chiamano Ecatompila per il fatto che ha cento porte. 2 Minerva fondò Atene in Calcide, e la chiamò col suo nome. Epafo, figlio di Giove, fondò Menfi in Egitto. Arcade, figlio di Giove, fondò in Arcadia Trapezunte. 3 Apollo, figlio di Giove, fondò Arne. Eleusino, figlio di Mercurio, fondò Eleusi. Dardano, figlio di Giove, fondò Dardania. 241
Igino
fabb. 275-277
4 Argus Agenoris filius Argos. Cadmus Agenoris filius Thebas heptapylas, quae septem portas habuisse dicuntur. 5 Perseus Iovis filius Perseida. Castor et Pollux Iovis filii Dioscorida. Medus Aegei et Medeae filius in Ecbatanis Medam. 6 Camirus Solis filius Camiram. Liber in India Hammonem. Ephyre nympha Oceani filia Ephyren, quam postea Corinthum appellarunt. 7 Sardo Stheneli filia Sardis. Cinyras Paphi filius filiae suae nomine Smyrnam. Perseus Iovis filius Mycenas. Semiramis Dercetis filia in Syria Babylonem.
276 Insulae maximae 1 Mauritania posita ad solis occasum in circuitu stadia LXXVI. Aegyptus in sole et austro posita, quem Nilus circumlavat, circuitu stadia . Sicilia in triscelo posita, circuitu stadia XXXDLXX. 2 Sardinia in circuitu stadia XCCL. Creta in longitudine et oppida utraque parte centum possidet, circuitu stadia XXC. Cyprus posita est inter Aegyptum et Africam, similis scuto Gallico, circuitu stadia XLIC. 3 Rhodos in rotundo posita, circuitu stadia XXC. Euboea consimilis arcui, circuitu stadia XXCC. Corcyra, ager bonus, circuitu stadia XXC. 4 Sicyon, ager bonus, circuitu stadia mille centum. Tenedos insula contra Ilium, circuitu stadia MCC. Corsica, ager pessimus, circuitu stadia MCXX. 5 Cyclades insulae sunt novem, id est Andros, Myconos, Delos, Tenos, Naxos, Seriphus, Gyarus, Paros, Rhenia. 277 Rerum inventores primi 1 Parcae, Clotho Lachesis Atropos, invenerunt litteras Graecas septem, Α Β Η Τ Ι Υ ; alii dicunt Mercurium ex gruum vola242
Miti del mondo classico
4 Argo, figlio di Agenore, fondò Argo. Cadmo, figlio di Agenore, fondò Tebe eptapila, che si racconta che avesse sette porte. 5 Perseo, figlio di Giove, fondò Perseide. Castore e Polluce, figli di Giove, fondarono Dioscoride. Medo, figlio di Egeo e Medea, fondò Meda nel territorio degli Ecbatani. 6 Camiro, figlio del Sole, fondò Camira. Libero in India fondò Ammone. La ninfa Efire, figlia di Oceano, fondò Efira, che in seguito chiamarono Corinto. 7 Sardo, figlia di Stenelo, fondò Sardi. Cinira, figlio di Pafo, fondò Smirne dal nome di sua figlia. Perseo, figlio di Giove, fondò Micene. Semiramide, figlia di Dercete, fondò Babilonia in Siria. 276 Le isole più grandi 1 La Mauritania, situata a occidente, dal perimetro di 76 stadi. L’Egitto, situata sotto il sole e rivolta all’austro, che il Nilo lambisce, dal perimetro di … stadi. La Sicilia, conformata a triangolo, dal perimetro di 30570 stadi. 2 La Sardegna, dal perimetro di 10250 stadi. Creta, … di lunghezza, e possiede cento città su ogni lato, dal perimetro di 20100 stadi. Cipro è situata fra l’Egitto e l’Africa, simile a uno scudo gallico, dal perimetro di 41100 stadi. 3 Rodi, di forma circolare, dal perimetro di 20100 stadi. L’Eubea, simile a un arco, dal perimetro di 20200 stadi. Corcira, terra fertile, dal perimetro 20100 stadi. 4 Sicione, terra fertile, dal perimetro di 1100 stadi. Tenedo, l’isola di fronte a Troia, dal perimetro di 1200 stadi. La Corsica, terra pessima, dal perimetro di 1120 stadi. 5 Le isole Cicladi sono nove, e cioè Andro, Micono, Delo, Teno, Nasso, Serifo, Giaro, Paro, Renia. 277 I primi inventori 1 Le Parche Cloto, Lachesi e Atropo inventarono sette lettere greche (A B H T I Y …); altri dicono che sia stato Mercurio dal volo 243
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fab. 277
tu, quae cum volant litteras exprimunt; Palamedes autem Nauplii filius invenit aeque litteras undecim , Simonides litteras aeque quattuor, Ω Ε Ζ Φ, Epicharmus Siculus litteras duas, Π et Ψ. 2 Has autem Graecas Mercurius in Aegyptum primus detulisse dicitur, ex Aegypto Cadmus in Graeciam, quas Euandrus profugus ex Arcadia in Italiam transtulit, quas mater eius Carmenta in Latinas commutauit numero XV. Apollo in cithara ceteras adiecit. 3 Idem Mercurius et palaestram mortales primus docuit. 4 Ceres boves domare et alumno suo Triptolemo fruges serere demonstravit; qui cum sevisset et sus, id est porcus, quod severat effodisset, suem comprehendit et duxit ad aram Cereris et frugibus super caput eius positis eidem Cereri immolavit. Inde primum inventum est super hostias molam salsam imponere. 5 Velificia primum invenit Isis; nam dum quaerit Harpocratem filium suum, rate velificavit. Minerva prima navem biproram Danao aedificavit, in qua Aegyptum fratrem profugit.
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delle gru, che quando volano disegnano delle lettere; anche Palamede, figlio di Nauplio, poi inventò undici lettere …, Simonide quattro lettere (Ω E Z Φ), il siculo Epicarmo due lettere (Π e Ψ). 2 Si racconta che Mercurio per primo portò queste lettere greche in Egitto, e Cadmo dall’Egitto in Grecia; ancora, Evandro, fuggendo dall’Arcadia, le portò in Italia, e sua madre Carmenta le trasformò in latine, in numero di quindici. Apollo con la sua cetra aggiunse le rimanenti. 3 Sempre Mercurio insegnò per primo ai mortali anche la lotta. 4 Cerere insegnò a domare i buoi e al suo figlio di latte Trittolemo a seminare i cereali; dopo che li aveva seminati, un suino, un maiale per la precisione, riportò alla luce ciò che aveva seminato, e allora afferrò il suino e lo portò all’altare di Cerere, gli pose sul capo dei cereali e lo sacrificò proprio a Cerere: di qui nacque la trovata di porre sopra alle vittime la mola salsa. 5 Fu Iside a inventare le vele: infatti innalzò la vela sulla sua zattera mentre era alla ricerca di suo figlio Arpocrate. Minerva fu la prima a costruire una nave biprora per Danao, che su questa sfuggì al fratello Egitto.
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COMMENTO
TITOLI DEI MITI
L’elenco è presente nell’edizione di Mycillus, anche se non è chiaro se comparisse nel codice di riferimento del primo editore, ed è stato ripreso da tutti gli editori moderni. Non si tratta naturalmente di un vero e proprio indice, perché presenta numerose incongruenze rispetto alla successione delle fabulae: l’esame comparativo dimostra infatti variazioni, per quanto minime, nei titoli, senza contare poi che, in alcuni casi, non abbiamo il testo corrispondente al titolo in indice. È facile ipotizzare che questa parte di testo risalga all’opera di glossatori o addirittura di amanuensi successivi, intenzionati a razionalizzare l’organizzazione del testo, secondo consuetudini comuni a opere di tipo antologico ed enciclopedico.
GENEALOGIE
Gli editori di riferimento (Rose, Boriaud, Marshall) titolano questa sezione Praefatio. In realtà la forma testuale ricorda quella delle genealogie; in 247
Fabio Gasti
effetti lo stesso titolo di Genealogiae si alterna a quello più attestato e poi invalso di Fabulae per indicare l’intera opera, ma sembra convenientemente da riferire semmai a questa prima parte, che consiste in un elenco o un indice e non in un racconto articolato. Come prevedibile in casi del genere, in diversi luoghi il testo si presenta insicuro sia perché alcuni nomi hanno forma incomprensibile o comunque non diversamente attestata, sia perché i rapporti genealogici qui indicati non corrispondono a quelli tradizionali. 1 Chaos: la genealogia di Igino inizia con l’Oscurità indistinta (Caligo), corrispondente al nulla prima della creazione delle cose, ed è quindi il Caos, cioè l’assenza di cose, la prima realtà a comparire: in questo si allinea all’antica tradizione rappresentata da Esiodo, theog. 116, in cui è appunto il Caos a essere creato “prima di ogni altra cosa”; anche la rappresentazione primordiale del mondo presente nelle Metamorfosi di Ovidio inizia con il Caos, che tuttavia è definito come l’insieme disordinato di tutta la creazione (1,7-9: rudis indigestaque moles e pondus iners). – Continentia: questo è il testo presente nella editio princeps e in questo contesto il termine deve avere un significato negativo (di conseguenza si è scelto di tradurre “Introversione”), che tuttavia non è del tutto chiaro; per questi motivi Rose pone la crux e alcuni emendano Contentio (“Contesa”, “Lite”). – lysimeles, epiphron, dysmenes: i tre termini greci introdotti dal nesso id est si presentano come epiteti (non si tratta quindi personificazioni) e significano rispettivamente “che scioglie le membra” (cioè indebolisce, mette in difficoltà), “prudente” (anche nel senso di “calcolatore”) e “ostile” (quest’ultimo incerto: tenuto conto che il testo dell’editio princeps, dove si legge dumiles, è insostenibile, la nostra trascrizione è la più vicina, considerato che Rose e Boriaud pongono la crux e Marshall emenda Hedymeles): a buon diritto possono riferirsi al sonno e ai sogni e agli effetti di questi sulla mente e le azioni degli uomini. Non pare quindi necessario ipotizzare, come fanno alcuni editori (Rose, Marshall), dopo Somnia la caduta del termine Amor che nella tradizione è caratterizzato dagli stessi epiteti o da epiteti di simile significato. – Parcae tres: figlie della Notte anche per Esiodo, theog. 217-219, dove già sono presenti i nomi; secondo una variante sarebbero invece generate da Zeus e Temi (lo stesso Esiodo, theog. 901-905; Apollodoro 1,3,1). – Hesperides: sia il numero che i nomi delle tre Esperidi presentano varianti nella tradizione: secondo Apollodoro 2,5,11 sono quattro e si chiamano Egle, Eurizia, Esperia e Aretusa; qui sarebbero tre, ma l’ultimo nome, che è peculiare di Igino e che secondo alcuni editori sarebbe deteriorato, potrebbe far presupporre qui una caduta di testo. 2 Aethere: si tratta della trascrizione latina del greco Urano. – Terra: secondo Esiodo, theog. 117 Gaia (corrispondente greco del nome latino, come 248
Commento
anche Gea) è la seconda realtà a essere creata. 3 Tartarus: il Tartaro, entità che nell’immaginario antico rappresenta il buio lontano dalla realtà quotidiana e dalla vita, identificato spesso per questo col regno dei morti, è ricordato anche da Esiodo, theog. 119 alle origini della creazione. – Titanes: secondo la tradizione rappresentata da Apollodoro 1,1,2 i Titani propriamente sono Oceano, Ceo, Iperione, Crio, Giapeto e Crono; nell’elenco di Igino i Titani figurano invece qui come nome collettivo: alcuni di essi vengono citati altrove, altri non compaiono; d’altra parte p. es. non figura neanche Cotto, che, insieme a Briareo e Gige (qui invece presenti), è uno dei Centimani (o, alla greca, Ecatonchiri, perché avevano appunto cento mani, oltre che cinquanta teste), che secondo Apollodoro 1,1,1 sono i primi a essere generati da Urano e Gea; secondo la Teogonia esiodea invece i primi sono i Titani, poi i Ciclopi e infine gli Ecatonchiri. – Ops: Opi è la dea dell’abbondanza, connessa alla terra, considerata sposa di Saturno e madre degli dei olimpici (par. 13): niente a che vedere con la Opi (Opis) figlia di Nereo (par. 8). – Furiae tres: secondo la tradizione esiodea, in realtà le Erinni (Furie nella trasposizione latina) nascono dal sangue di Urano quando Crono lo evira (theog. 183-185; Apollodoro 1,1,4). 4: L’elenco non è omogeneo, nel senso che contempla personaggi diversi (nella tradizione vulgata p. es. Ceo e Giapeto non sono giganti ma titani) e anche altrimenti ignoti: il fatto che il testo si presenti variamente incerto non aiuta un’identificazione sicura dei personaggi o delle personificazioni. 6 Oceanitides: un elenco più sintetico troviamo in Apollodoro 1,2,4, ma Esiodo, theog. 346-366 ne offre uno ben più ampio sostenendo comunque che il numero è altissimo e che è impossibile enumerarle tutte. 8 Nereides: mentre Omero conta 33 Nereidi e ne fa un elenco parziale (Il. 18,38-49), il numero di cinquanta è in Esiodo, theog. 243-264; altri cataloghi in Apollodoro 1,2,7 e in ambito latino in Virgilio, georg. 4,334-344, ma quello di Igino non corrisponde perfettamente a nessuno di quelli noti. 9 Phorcides: se in origine sono due (Esiodo, theog. 270-273), la tradizione presto le rappresenta come tre vecchie (sono infatti conosciute anche come Graie, cioè “grigie” in quanto appunto vecchie) dotate di un solo occhio e di un solo dente che usano a vicenda (Apollodoro 2,4,2). – Gorgones: si tratta dei mostri orribili che hanno serpenti nei capelli, zanne di cinghiale, mani di bronzo e ali d’oro, e capaci di pietrificare chi le guarda (Apollodoro 2,4,2); a fab. 151 tuttavia Igino segue una versione che considera Medusa figlia di Gorgone e Nettuno. Il testo qui è del tutto incerto: la soluzione adottata è quella a suo tempo preferita da Rose, che concorda con altre fonti e che vede le tre Gorgoni nate da Forco e Ceto e sorelle delle Forcidi (p. es. Apollodoro 1,2,6), anche se non si comprenderebbe perché Igino qui ripete la sola madre tacendo il padre; gli editori più recenti invece propendono per una 249
Fabio Gasti
formulazione ancora meno chiara: ex Gorgone et Ceto. 13 ex Saturno et Ope: dall’unione delle due divinità nasce la generazione degli dei olimpici, destinata a sostituire quella precedente in molti e vari racconti mitologici. Quanto a Opi (vd. anche par. 3), identificata con la terra, il nome è chiarito da Festo, p. 203,9, secondo cui la sposa di Saturno si chiama così perché la terra dona agli uomini ogni risorsa per vivere (omnem opem). 16 ex Atlante et Pleione: si tratta delle Pleiadi: se secondo la tradizione (p. es. Apollodoro 3,10,1) sono sette, Igino ne cita sei, omettendo Taigete e Sterope e includendo per errore Calipso. 19 Venus: rispetto a questa versione, che si trova a partire da Omero, Il. 5,370 (vd. pure Apollodoro 1,3,1), un’altra altrettanto famosa racconta che Afrodite nasce dal mare dove cade il membro di Urano dopo l’evirazione da parte di Crono (Esiodo, theog. 188-189). 21 ex Iovis capite: con una scure Efesto apre il capo di Zeus e Atena ne fuoriesce completamente armata: Omero, Il. 5,880; Esiodo, theog. 886-900. 22 sine patre: la nascita di Efesto dalla sola Era, appunto senza un padre, si trova in Esiodo, theog. 927-928 (anche Apollodoro 1,3,5; secondo Servio, Aen. 8,454 dalla coscia della madre), ma è altrettanto antica la versione che fa del dio un figlio “regolare” di Zeus ed Era (Omero, Il. 5,578). 28 Pandia: l’etimo del nome è “tutta lucente” ed è la personificazione del plenilunio: in onore della figlia di Zeus e Selene sono celebrate ad Atene le feste Pandie fra marzo e aprile. 29 Formido: Igino identifica con un unico nome due dei tre figli di Ares e Afrodite, che nella tradizione sono Φόβος e Δεῖμος (Paura e Terrore) e a ragione fanno parte del corteggio del dio della guerra (Esiodo, theog. 933-936). 30 Il nome delle sirene è stato così ricostruito già da Rose: l’editio princeps (rispettata da Boriaud) riporta l’incomprensibile sirenes teles raidne molphetes tione. 36 Persa: in realtà la tradizione riporta al proposito il nome di Perseide, e per questo Boriaud emenda in tal senso; non è però escluso che, come accade non di rado, Persa rappresenti una variante onomastica. 39 Scylla: per Igino il mostro è figlia di Tifone anche in fab. 125,14 e 151; quando invece ne descrive la metamorfosi a opera di Circe la identifica come figlia del fiume Creteide (fab. 199). 40 ex Neptuno et Medusa: quando Perseo taglia la testa di Medusa, balzano fuori dal troncone il gigante Crisaore e il cavallo Pegaso, che erano stati concepiti da Posidone: Esiodo, theog. 280-281; Apollodoro 2,4,2.
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MITI DEL MONDO CLASSICO
1 La storia del matrimonio fra Atamante e Nefele (nome greco che Igino traduce scolasticamente in Nebula) è materia di tragedie perdute di Sofocle ed Euripide intitolate Frisso (alla prima si riferirebbe il riassunto che troviamo in Igino, astr. 2,20); ma per quanto ne sappiamo qui Igino dipende soprattutto dalla Ino di Sofocle, ugualmente perduta. Alle vicende del mitico re dedicano un dramma intitolato Atamante sia Eschilo sia ancora Sofocle e poi, in ambito latino, Ennio e Pacuvio; sono quindi ricordate anche da Ovidio, fast. 3,853-868: il trattamento letterario dato alla storia della famiglia del personaggio da parte di questi ultimi poeti doveva rappresentare un modello importante per la versione seguita del nostro autore nei primi cinque testi della raccolta. Aeoli filius: l’ascendenza di Atamante è tradizionale (vd. anche fab. 5): anche Ovidio designa il personaggio con il patronimico Eolide (met. 4,512). – ex Nebula… ex Themisto… et ex Ino: la tradizione è concorde sul triplice matrimonio di Atamante e che la prima moglie sia una dea e le altre due mortali; l’ordine tuttavia non è univoco: Apollodoro 1,9,2 p. es. inverte le ultime due mogli. – perperam: l’avverbio è piuttosto raro per quanto sia attestato in varie epoche della latinità, e pertanto risalta; la frequenza appare legata soprattutto a contesti tecnici e formulari di tipo giuridico. 2 3 satelles… consilium patefecit: la svolta impressa alla vicenda da questo personaggio in preda al rimorso, oltre a costituire un elemento narrativo caratteristico, rappresenta una circostanza tipica dei trattamenti drammatici del mito, e con ogni probabilità Igino in questo è debitore dei suoi modelli tragici. 4 ab Iunone: il risentimento di Giunone, che qui non è motivato (ma vd. fab. 5), deriva dal fatto che Giove aveva affidato ad Atamante e Ino il piccolo Dioniso, nato dalla sua unione adultera con Semele. – Learchum 251
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filium interfecit: sensazionale la versione di Ovidio, met. 4,512-519: Atamante, scambiando Ino e i due figli per una leonessa con i cuccioli, ne afferra uno e, mentre questi gli sorride e tende le braccia, lo fa roteare per sfracellarlo contro una roccia; secondo Euripide (vd. fab. 4,5) Atamante uccide Learco durante un partita di caccia. – cum… Melicerte: un’altra versione del mito racconta che Ino, prima di gettarsi in mare con Melicerte, uccide quest’ultimo immergendolo in un calderone d’acqua bollente (Apollodoro 1,9,1; 3,4,3; Nonno di Panopoli, Dion. 10,50-125). 5 Liber: Ovidio (met. 4,539-542) attribuisce la trasformazione non a Libero-Bacco ma a Nettuno, cui spetta la gestione dei fenomeni marini, in seguito a un’accorata richiesta di Venere. Bacco interviene a favore di Ino perché a lei era stato affidato neonato da Giove per sottrarlo all’ira di Giunone. – Matrem Matutam… Portunum…: vd. Ovidio, fast. 4, 545-547; Portuno è venerato nel tempio al Porto Tiberino: nell’Eneide il suo intervento è descritto come determinante per la vittoria nella regata dei giochi funebri in onore di Anchise (5,241). Lo scrupolo di confrontare la tradizione mitologica greca e quella latina e di segnalare la varia convergenza di esse emerge in diversi luoghi dell’opera, e probabilmente in questo bisogna vedere una pratica diffusa in ambito scolastico. – Isthmia: l’occasione per l’istituzione di ludi è spesso segnalata dall’autore e partecipa della pratica dell’eziologia, la ricerca delle origini delle realtà citate, che pure è in voga nelle scuole grammaticali. I giochi Ismici, per i quali la tradizione ricorda varie storie di istituzione, sempre legate al mito e in particolare a Posidone, erano celebrati a Corinto ogni due anni a partire dal 582 ed erano molto frequentati anche per la posizione sull’istmo, molto favorevole all’afflusso di partecipanti da ogni parte della Grecia. 3 1 arietem inauratum: l’ariete dal vello d’oro, figlio di Nettuno e Teofane (vd. fab. 188) viene donato a Nefele-Nebula da Mercurio (Apollodoro, 1,9,1); a seconda delle varianti del mito, l’animale viene infine immolato a Marte o a Giove (p. es. lo stesso Apollodoro). 2 Hellespontum: il consueto scrupolo eziologico spiega il nome greco dello stretto dei Dardanelli come “mare di Elle”, indicante appunto il braccio di mare in cui cade la sorella di Frisso. Secondo Igino, astr. 2,20, una volta precipitata in mare, quest’ultima non muore ma viene accolta da Nettuno che si unisce a lei. 4 Cylindrus: una tradizione diversa rappresentata da Apollonio Rodio (2,1155-1156) e Apollodoro (1,9,1) riporta per il quarto figlio il nome di Citisoro.
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4 La fabula documenta la presenza di una Ino all’interno del corpus delle tragedie euripidee e rappresenta sostanzialmente la fonte sulla quale è possibile ricostruirne la trama. Il dramma di Euripide doveva avere avuto una certa risonanza se compare con significativa evidenza fra i testi della raccolta di Igino come una versione del mito degna di nota. 1 in Thessalia rex: altre versioni – come quella di Ovidio, met. 4,516 ss. – collocano Atamante in Beozia come re di Orcomeno o Tebe e fratello di Sisifo e Salmoneo. 2 in Parnaso: i riti bacchici, connessi al culto di Bacco, si svolgevano sul monte Parnaso vicino a Delfi, in Focide; la tradizione mitologica ricorda diverse donne abbandonare la casa e la città per unirsi a questi riti, e in particolare Euripide si mostra sensibile a utilizzare a scopo drammatico questa circostanza (come nel caso tipico di Agave nelle Baccanti). – quam: il pronome relativo (da interpretarsi come un nesso relativo equivalente a et eam) è proposta del primo editore, accolta da Rose e Marshall; Boriaud preferisce invece adottare in questo luogo l’atque (tutto sommato facilior) che si trova a margine dell’editio princeps, che nel testo riporta l’asintattico quae. 5 in venatione: nella sua follia Atamante scambia il figlio per un cerbiatto e lo colpisce con le sue frecce (Apollodoro, 3,4,3; qui fab. 5): la circostanza dello scambio del figlio o comunque del congiunto per un animale selvatico da abbattere è presente in altre storie mitologiche (p. es. Agave, Licurgo). Per la versione per cui Learco è ucciso nella reggia vd. fab. 2,4 e nota. 5 Fabula brevissima ma contenente un particolare che non compare nelle precedenti: spiega infatti il motivo dell’odio di Giunone nei confronti della casata di Atamante. 6 Dal punto di vista sintattico il periodo presenta un caso di concordanza a senso: il soggetto è Cadmus ma sia il verbo principale (sunt conversi) sia il predicativo (in dracones) sono concordati al plurale. ira Martis: secondo un’altra tradizione (Apollodoro 3,4,2, ma anche Euripide, Phoen. 931-941) Marte pretende che Cadmo espii l’offesa restando al suo servizio per un certo periodo di tempo e ricevendo al termine in sposa Armonia, che di Marte è appunto figlia. – draconem fontis Castalii custodem: il combattimento e l’uccisione del serpente, che di Marte è figlio, è raccontata nei dettagli da Ovidio, met. 3,28-94; la fonte, collocata sul monte Parnaso, era sacra alle Muse; Apollodoro (3,4,1) ambienta il gesto di Cadmo nei pressi di una fonte in Beozia (e non quindi in Focide, dove 253
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sorge il Parnaso), legandolo così strettamente al mito tebano. – in Illyriae regionibus: analogamente Ovidio, met. 4,568: contigit Illyricos profuga cum coniuge fines. – in dracones: Ovidio racconta che Cadmo, trasformato in un grande serpente, avvolge Armonia con le sue spire e quest’ultima accarezzandolo si trasforma a sua volta (met. 4,576-597). 7 La storia di Antiope, presente in Apollodoro 3,5,5 (ma già citata in Odissea 11,260-265), nel mondo latino costituisce l’ampio riferimento mitologico su cui si struttura l’elegia 3,15 di Properzio, che Igino deve sicuramente conoscere. 1 ab Epapho: veramente l’editio princeps riporta qui – come poi in fab. 8,2 – il nome di Epopeo (conservato da Boriaud), ma deve trattarsi di un errore, dal momento che il personaggio si chiama senza dubbio Epafo in fab. 8,3 ed è questo il nome ripreso in questa circostanza da altri mitografi. 3 in montem Cithaeronem: il Citerone, situato fra Attica e Beozia, è uno dei luoghi sacri a Bacco, dove si svolgono i rituali delle baccanti (vd. § 5). 4 Zeton… Amphionem: l’autore allega la spiegazione etimologica dei nomi collegandoli rispettivamente al verbo greco ζητέω (“cercare”) e all’avverbio ἀμφί (“intorno”, “vicino”). La storia dei gemelli figli di un dio e di una mortale, abbandonati in natura ma destinati a grandi cose e in particolare a vendicare la madre e a fondare una città, riproduce un elemento narrativo che ritroviamo p. es. a proposito di Romolo e Remo. 5 ad taurum indomitum: il supplizio di Dirce, immortalato dal gruppo scultoreo della collezione Farnese al Museo Archeologico di Napoli, riporta alla sfera dionisiaca e ai riti bacchici, dal momento che Libero-Bacco viene spesso raffigurato nelle sembianze di un toro. 8 I frammenti conservati dell’Antiope di Euripide fanno di questa tragedia la più antica trattazione letteraria monografica del mito; per altro verso non abbiamo testimonianza diversa del fatto che Ennio abbia composto un’Antiopa, mentre abbiamo dei versi di una tragedia dallo stesso titolo opera del nipote di quest’ultimo, Pacuvio, che secondo Cicerone (fin. 1,4) aveva tradotto l’originale euripideo (ricostruzione della tragedia sulla base delle fonti, e in particolare anche di Igino, in Argenio 1958): è probabilmente quest’ultimo dramma la fonte immediata qui seguita da Igino, e pertanto nel titolo il nome di Ennio – sia che riveli una confusione da parte dell’autore, sia che si tratti di una glossa successiva – può rappresentare un errore (per questo motivo Rose espunge la parte contenente il nome del poeta latino); per noi comunque la fabula segue molto da vicino la 254
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versione narrata da Apollodoro (3,5,5). Analisi circostanziata della fabula in Desmedt Maeck 1972. 2 Epaphus Sycionius: vd. nota a 7,1. 6 Mercurius: l’intervento del dio compare in uno dei frammenti della tragedia euripidea, mentre non si trova in quelli superstiti di Pacuvio. 9 La storia di Niobe, madre prolifica ma superba e per questo punita, si trova spesso in letteratura anche per i suoi risvolti moralistici a partire già da Omero (Il. 24,602-617); sappiamo p. es. che sia Eschilo che Sofocle le hanno dedicato una tragedia, e in latino è trattata da Ovidio, met. 6,165-312. 1 muro: la costruzione delle mura di Tebe da parte di Anfione e Zeto è ricordata già nell’Odissea, 11,260-265, e avviene in modo prodigioso, dal momento che le pietre trasportate da Zeto si andavano sovrapponendo da sole al suono della lira di Anfione (Apollodoro, 3,5,5). – ad Semelae bustum: si tratta della correzione universalmente accettata per il semedustum dell’editio princeps che evidentemente non ha senso. Il sepolcro di Semele, incenerita dal fulmine di Giove per aver voluto vedere il dio nel suo fulgore (fab. 167; 179), viene citato nel prologo delle Baccanti di Euripide (8) come continuamente fumante: si trovava nelle vicinanze di Tebe ancora in età storica (Pausania 9,16,7 nel II sec. dice di averlo visitato). 2 in Apollinem et Dianam: mentre la tradizione, consacrata in ambito latino da Ovidio, racconta variamente l’offesa sprezzante da parte di Niobe a Latona a proposito del numero di figli, Igino è l’unico autore ad aggiungere anche quella rivolta ai divini figli di questa, che deride perché l’uno effeminato e l’altra mascolina. 3 lapidea: la trasformazione di Niobe in roccia sul monte Sipilo in Lidia (oggi una regione della Turchia) rappresenta una specie di contrappasso, perché condanna il personaggio a diventare quanto di meno prolifico ed emotivo possa esistere. 4 templum Apollinis: Igino ancora è l’unico a testimoniare questo gesto estremo di Anfione, intenzionato a vendicarsi su Apollo per l’uccisione dei figli con l’assalto al tempio dedicato al dio, che mostra una certa coerenza caratteriale dei due coniugi, entrambi portati all’offesa sacrilega. Nella tradizione Anfione muore suicida per il dolore (p. es. Ovidio, met. 6,271-272). 10 Secondo Pausania (2,21,9 e 5,16,4) Cloride (o Clori) si chiamava in origine Melibea; a cambiarle il nome è stato il pallore mostrato assistendo all’uccisione delle sue sorelle e dei suoi fratelli: in greco infatti l’aggettivo che 255
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denota quel colore è lo stesso che designa il verde (χλωρός). 1 ex septem: per la prima volta troviamo indicato il numero dei figli di Niobe (sette maschi e sette femmine), elencati alla fab. 11. 2 Hercules: l’uccisione di Neleo da parte di Ercole durante la sua campagna a Pilo è motivata a fab. 31,8. – Periclymenus: la tradizione racconta che Periclimeno riceve da Nettuno (a fab. 157,3 è addirittura registrato fra i figli del dio) il potere di mutarsi continuamente in diverse forme, in particolare in vari animali, per sfuggire ai suoi nemici e quindi batterli; in Igino così è trasformato in aquila per salvarsi, ma in altri autori muore ucciso da Ercole nonostante la metamorfosi (p. es. Apollodoro 1,9,9; Ovidio, met. 12,556-558). 3 Nestoris concessit: anche l’informazione sul risarcimento a Nestore da parte di Apollo in termini di prolungamento della vita ci è documentata soltanto da questo luogo; sono comunque attestate in antico storie simili, fino al caso limite rappresentato da Alcesti che muore al posto del marito (fab. 51,3). 11 Igino accoglie la tradizione che conta sette maschi e sette femmine, anche se sono attestati numeri diversi come ci riporta Apollodoro 3,5,6. Il testo si presenta come una semplice lista di natura scolastica, una forma essenziale di elenco di nomi che risulta ben rappresentata all’interno delle Fabulae, accanto a quelle di tipo narrativo, e che documenta pertanto la varietà dell’opera dal punto di vista delle fonti e della destinazione. Astycratia: il testo presenta la forma Astygratia, che tuttavia non è diversamente attestata: Astycratia invece corrisponde al nome riportato anche da Apollodoro (Ἀστυκράτεια) e ha un’etimologia chiara (“la dominatrice della città”). – Archenor: lo stesso personaggio è chiamato Agenore da Apollodoro (3,5,6) e Alfenore da Ovidio (met. 6,248). 12 1 monocrepis: l’aggettivo greco μονόκρηπις (come tale glossato con un’espressione latina introdotta dal nesso esplicativo id est) è un composto costruito sul sostantivo κρηπίς (“calzare”, “sandalo”) e designa la circostanza, frequente nelle storie mitologiche, per cui il personaggio destinato a risolvere una situazione presenta delle anomalie, in genere fisiche. Lo stesso aggettivo connota Giasone in Pindaro (Pyth. 4,5,133), mentre Apollodoro (1,9,16) e Apollonio Rodio (1,7) usano rispettivamente i sinonimi μονοσάνδαλος e οἰοπέδιλος. 2 Euhenum: Eveno è il nome di un fiume che scorre in Etolia: il suo nome originario era Licorna, ma prende in seguito il nome del figlio di Marte, 256
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valente guidatore di carri, che si uccide per disperazione nelle sue acque non potendo raggiungere e salvare la figlia Marpessa rapita da Apollo (o da Ida). Secondo un’altra tradizione il fiume in questione sarebbe l’Anauro in Troade (Apollodoro 1,9,16; Apollonio Rodio 1,9). 3 pellem arietis: vd. fab. 3,1. 13 La fabula racconta un episodio relativo a Giunone, rappresentando di fatto l’ampliamento di un fatto solo accennato nella precedente (fab. 12,2). in anum: trasformarsi in vecchio (o vecchia, come qui) o in mendicante, o comunque apparire in condizioni di bisogno per mettere alla prova la lealtà e la fedeltà di un personaggio, costituisce un elemento favolistico ampiamente presente in ogni cultura: raffronti con l’agiografia cristiana sono evidente p. es. nelle leggende riguardanti san Cristoforo, san Giuliano Ospitaliere, san Martino di Tours ecc. – irata Peliae: per vendicare la madre Tiro, Pelia insegue e uccide la suocera di questa, Sidero, che da sempre l’aveva maltrattata, presso l’altare di Giunone rifiutandosi poi di celebrare un sacrificio espiatorio e inimicandosi così la dea (Apollodoro, 1,9,8). 14 Altra fabula elencatoria, sui problemi di tradizione della quale vd. già Giangrande 1974. Rispetto ad altri esempi del genere, questa lista non riporta soltanto i nomi accompagnati dall’ascendenza diretta ma comprende anche la provenienza e altre notizie di natura antiquaria; nel merito, Igino qui non riporta che uno dei cataloghi degli Argonauti di varia estensione conservati dalla tradizione mitologica: il più antico (e anche il più stringato) è quello di Pindaro, Pyth. 4,171-183. Il nostro conta 67 personaggi ed è uno dei più nutriti, rispetto p. es. alla lista di Apollonio Rodio (1,23-228: 55; secondo Liénard 1938 sarebbe in sostanza questa, integrata dalle aggiunte degli scoliasti, la fonte di Igino) e di Apollodoro (1,9,8: 45); in ambito latino va ricordato ovviamente quello di Valerio Flacco (1,353-483: 52). 1 alii aiunt: la menzione dell’opinione di “altri” ricorre con frequenza nell’opera di Igino e documenta sia la presenza di varie tradizioni mitologiche attestate in letteratura sia lo scrupolo dell’autore nel comparare fonti diverse, non sempre riconoscibili da parte nostra. 2 pedibus tardus: l’aggiunta non è semplicemente descrittiva: durante la spedizione è proprio Polifemo a sentire le grida di Ila rapito dalle ninfe in Misia e ad avvertire Ercole, ma, proprio perché impedito nella corsa, non riesce a soccorrerlo (Apollonio Rodio 1,1240-1242). – pecus pavisse: la figura di Admeto re pastore rappresenta un luogo comune legato alla città 257
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di Fere che viene connotata epicamente come appunto “ricca di greggi” (Apollonio Rodio 1,49). 3 Aetalides: Igino tace delle doti prodigiose di Etalide, l’araldo degli Argonauti, che vengono illustrate da Apollonio Rodio 1,641-648: dal padre Mercurio riceve il dono di una memoria prodigiosa (fondamentale per le sue funzioni di araldo) e quello di poter tornare tra i vivi dopo la morte. 4 Il mito di Ceneo è notissimo in antico come caso di bisessualità, più che per le sue imprese contro i Centauri, a partire già da Esiodo (fr. 87 M.-W.) fino ad autori latini di riferimento per Igino, come Virgilio, Aen. 6,448-449 e Ovidio, met. 12,171-209 e 470-476. L’aggiunta razionalistica che chiude il paragrafo, che peraltro partecipa di una tendenza in varia misura presente fra i mitografi nell’approccio alla materia, dimostra come di fatto la curiosa attenzione con cui veniva trattata la circostanza mitologica. Lo stesso Igino in fab. 242,3 annovera Ceneo fra i suicidi, ma la versione più diffusa lo vede sconfitto e ucciso da Lapiti e Centauri insieme (secondo Ovidio sotto una catasta di alberi del monte Pelio). 5 Mopsus: il personaggio è uno degli indovini di maggior fama: non a caso la tradizione – ma Igino tuttavia non ne fa menzione – ricorda una mitica sfida che lo contrappone a Calcante in seguito alla quale riesce vincitore (già Esiodo, fr. 278 M.-W.). – Eurydamas: il personaggio è ricordato soltanto da Apollonio Rodio, che lo considera tuttavia figlio di Ctimeno (1,67-68): non sappiamo dunque risalire alla fonte utilizzata qui da Igino. 6 Eribotes: eroe-medico, che cura Oileo dalla ferita degli uccelli Stinfalidi (Apollonio Rodio 2,1036-1041). – ab Eleone: si tratta di un emendamento accolto dal solo Marshall, mentre gli altri editori pongono una crux accanto a un testo incomprensibile. 7 Ixition: il personaggio è citato soltanto qui e non è altrimenti noto, al punto che già Rose supponeva una corruzione del testo. 8 sagittarum scientia: l’abilità di arciere di Eurito costituisce un luogo comune e secondo la tradizione sarebbe stato proprio lui a insegnare a Ercole a tirare con l’arco (Apollodoro 2,4,11); un luogo comune è anche la gara con la divinità, ricorrente in varie storie e a proposito di varie arti (p. es. Aracne, Marsia…), che puntualmente termina con la vittoria della divinità e la punizione, spesso la morte, dello sfidante mortale. Sempre secondo la tradizione, quando Apollo uccide Eurito, l’arco di quest’ultimo passa al figlio Ifito che a sua volta lo donerà a Ulisse (Omero, Od. 21,13-14). – ob caedem Phoci fratris: invidiosi per la prestanza atletica del fratello, Peleo e Telamone lo uccidono durante una gara colpendolo con il disco e nascondendo quindi il cadavere; una volta scoperti, il padre li condanna all’esilio: il mito è citato già in Esiodo, theog. 1003-1005. – Apollonius Rhodius: riferimento diretto alla fonte: vd. Apollonio Rodio 1,93, dove comunque 258
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il poeta specifica che l’uccisione di Foco da parte dei fratelli avviene “per errore”. 9 Tiphys: leggendario timoniere, apprende l’arte da Atena in persona, che lo invia per questo agli Argonauti (Apollonio Rodio 1,109-110); secondo la versione accolta dallo stesso Apollonio e anche da Apollodoro (1,9,16), Tifi è figlio di Agniade. 10 Argus: la tradizione seguita da Apollonio Rodio, per il quale Argo è figlio di Arestore (1,112), considera la nave Argo costruita da Atena con la collaborazione di questo omonimo personaggio, che definisce infatti concretamente “operaio di Atena” (1,225). 11 comitem Herculis: il sostantivo allude al rapporto amoroso del giovane Ila con l’eroe: il mito racconta che Ercole uccide Teodamante, re dei Driopi, perché si rifiuta di dargli in dono un bue e prende con sé suo figlio Ila di cui è innamorato (Apollonio Rodio 1,1207-1217; Apollodoro 2,7,7). – Nauplius: il personaggio è oggetto della fab. 116. – Idmon: il nome del personaggio contiene la radice greca id- (in latino vid-) che significa “vedere” ed è quindi un “nome parlante”: Idmone prevede la propria morte con la pratica dell’auspicium, l’osservazione degli uccelli, e muore ucciso da un cinghiale (fab. 18). 13 Lynceum… nullum vidisse: la tradizione è concorde nel ricordare la vista prodigiosa del personaggio, che diventa presto proverbiale (Pindaro, Nem. 10,61-63; Apollodoro 3,10,3): in questo senso va risolta l’ambiguità grammaticale della frase, che potrebbe anche significare che di notte Linceo non poteva vedere nessuno. – rumor sublatus: Igino spiega in modo razionalistico il rumor secondo cui Linceo addirittura è in grado di vedere sottoterra e ne fa un esperto di vene aurifere, in grado cioè di individuare la presenza di oro nel sottosuolo. 14 Periclymenus: vd. fab. 10,2. – Ancaeus: è proverbiale la forza del personaggio, al pari di quella di Ercole, accanto al quale difatti aveva posto sulla nave (Apollonio Rodio 1,168-171 e 396-399). 15 Augeas: è il personaggio le cui stalle Ercole deve ripulire (fab. 30,7). – super aquas… cucurrisse: la prodigiosa capacità di correre sulle acque è naturalmente connessa alla discendenza diretta da Nettuno, che in quanto dio del mare possiede la stessa prerogativa (Apollonio Rodio 1,182). 16 Ancaeus alter: questo secondo Anceo, proprio perché figlio di Nettuno e pertanto in assodata dimestichezza con il mare, sostituisce Tifi come timoniere nell’ultima parte del viaggio (Apollonio Rodio 2,864-900). – Erginus: Igino identifica due personaggi mitologici diversi: l’argonauta è in effetti il figlio di Nettuno, mentre il figlio di Periclimeno (o di Climeno, secondo la tradizione maggioritaria), re di Orcomeno, è ucciso dal giovane Ercole in un combattimento in cui fra gli altri muore Anfitrione, il padre 259
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putativo di quest’ultimo (Apollodoro 2,4,11; Euripide, Herc. 220-221). 17 Laocoon: viene qui accolto un dato tramandato soltanto da Apollonio Rodio (1,190-198): Laocoonte era anziano, ma partecipa alla spedizione con suo fratello Eneo come precettore del figlio di quest’ultimo, Meleagro. – Iphiclus alter: questo secondo Ificlo, che Apollonio Rodio riconosce esperto nel lancio del giavellotto ma anche nella lotta (1,199-201), secondo Apollodoro non era spartano ma veniva dalla Tessaglia (1,7,10). – fuit acer cursor: Marshall accoglie l’emendamento acer, mentre gli altri editori pongono la crux accanto al tràdito arcas, che non si spiega; di fatto, l’abilità di corridore non è diversamente attestata a proposito del personaggio. 18 La voce dell’elenco riguardante i due personaggi si amplia a contenere una breve digressione sulle Arpie che assomiglia a una fabula autonoma. Zetes et Calais: capo e piedi alati e capelli azzurri rappresentano peculiarità fisiche rappresentative della capacità di volare e sono prerogative anche delle rappresentazioni antropomorfe dei venti; secondo Ovidio (met. 6,714-721) ai due figli dell’Aquilone le ali spuntano soltanto con la pubertà insieme alla prima barba. – ab Hercule… occisi sunt: questa versione della morte dei fratelli, uccisi da Ercole mentre tornavano dai giochi in onore di Pelia (fab. 273) perché cercavano di convincere gli Argonauti ad abbandonare l’eroe in Misia, risale ad Apollonio Rodio (1,1298-1308); secondo Apollodoro invece muoiono cadendo in volo durante la battaglia contro le Arpie (3,15,2). 19 Eurymedon: il dato di Igino non trova riscontro nella tradizione: in quanto figlio di Minosse dovrebbe venire da Creta, e comunque contrasta con la provenienza da Fliunte anche un’altra tradizione che lo fa, insieme ai tre fratelli, re di Paro (Apollodoro 2,5,9). – Palaemonius: secondo Apollonio Rodio (1,202-206) il vero padre di Palemonio è Vulcano, e infatti è zoppo come il padre. 20 Thersanon: personaggio ricordato soltanto da Igino senza altri riscontri; se tuttavia si emenda in Thersanor (Bouriaud) si ottiene il nome di un personaggio che non è stato argonauta e la cui storia è nota da Ovidio, met. 4,206-270. – Hippalcimos: l’etimologia del nome significa “forte con i cavalli” ed è quindi estremamente coerente con il mito legato ai genitori. 21 Neleus: vd. fab. 31,8. 22 Iolaus: il personaggio è noto come il fedele collaboratore e scudiero di Ercole, ma non come argonauta: Igino è l’unico autore a contemplarlo nel catalogo. – Deucalion: Deucalione di Creta, ricordato anche in fab. 173,2 fra i partecipanti alla caccia al cinghiale Calidonio, non compare in nessun catalogo degli Argonauti; Valerio Flacco tuttavia ricorda un altro Deucalione, figlio di Ipso, da Pellene (1,365-368) ed è quindi probabile che Igino abbia confuso i due omonimi. 260
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24 Conclude la rassegna la notazione etimologica sull’appellativo di Minii (Minyae si trova in latino sia in prosa che in poesia), che partecipa di un gusto diffuso in antico per la spiegazione dell’origine della parola; è pure frequente la tendenza a dare più spiegazioni dell’etimo in questione, come nel nostro caso, dove le etimologie proposte sono due, entrambe in derivazione da un nome proprio. La seconda parte del paragrafo invece introduce la successiva sezione, presente anche al termine del poema di Apollonio Rodio, relativa alla sorte degli Argonauti stessi, che coniuga sia la tendenza al racconto sintetico sia l’attenzione all’eziologia in particolare delle città. 25 Il mito del rapimento da parte delle ninfe del bellissimo Ila, allontanatosi dalla nave per attingere acqua a una fonte, e la conseguente sfortunata ricerca da parte di Ercole e Polifemo è un luogo comune letterario connesso al mito argonautico: non soltanto rappresenta una curata digressione in Apollonio Rodio (1,1207-1272), ma diventa materia “monografica” di un idillio di Teocrito (il XIII) e in ambito latino addirittura di un prezioso epillio (Hylas) opera del poeta Draconzio nell’Africa vandalica del V secolo. 27 Butes: l’episodio relativo a Bute è citato in forma altrettanto sintetica da Apollodoro 1,9,25; Lilibeo è il nome antico di Marsala, e il figlio di Venere e Bute, Erice, darà nome al sito della città siciliana (fab. 260). 28 Eurybates… Canthus: Igino accomuna la sorte del primo a quella del secondo, variando il racconto della fine di quest’ultimo rispetto al testo di Apollonio Rodio: nel poema ellenistico infatti Canto in Libia incontra un gregge e lo vuole portare ai compagni affamati, ma viene ucciso con un colpo di pietra dal pastore Cafauro (e quindi non Cefalione), fratello di Nasamone e figlio di Anfitemi (o Garamante), figlio di Apollo e Acacallide figlia di Minosse (4,1485-1501). – Tritonidis nimphae: non è chiaro se Tritonide sia il nome della ninfa, che non troviamo diversamente attestato (per quanto ne sappiamo, in antico Tritonide è il nome di un lago dell’Africa settentrionale), o il patronimico (cioè figlia di Tritone). 29 ab serpentis morsu: la notizia della morte di Mopso qui è molto sintetica, mentre Apollonio Rodio dedica all’episodio una sezione piuttosto estesa in cui gran parte occupa la descrizione dei poteri letali del serpente, nato dal sangue colato dalla testa della Gorgone, e il compianto sull’eroe (4,1501-1536). 30 Phronius Demoleon Autolycus Phlogius: in realtà la tradizione argonautica nomina soltanto gli ultimi tre (ma il secondo si chiamerebbe Deileon), identificati tuttavia come figli di Deimaco e in effetti raccolti dagli argonauti una volta separatisi da Ercole (Apollonio Rodio2,955-960; Valerio Flacco 5,113-115). – Lici regis: Lico è grato agli Argonauti perché l’hanno salvato dai soprusi del suo avversario Amico: per questo si occupa della sepoltura di Tifi e Idmone e manda con loro il figlio Dascilo come guida 261
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(Apollonio Rodio 2,792-804). 31 Inizia qui un’ulteriore sezione avente per oggetto i ruoli principali della spedizione. – regnavit: il verbo è utilizzato nel senso generico di “avere potere”, un’accezione documentata raramente di fronte a quella più ristretta di “essere re” poi divenuta tecnica. 32 faber Argus: vd. Igino, astr. 2,37; secondo Apollodoro 1,9,16 invece l’Argo che costruisce la nave con l’aiuto di Atena è figlio di Frisso. – relicto ab Hercule: gli Argonauti riprendono il loro viaggio senza attendere il ritorno di Ercole, impegnato a cercare Ila: l’integrazione si deve a Marshall; gli editori precedenti si limitano a integrare relicto ab Hercule. 33 Il lungo capitolo sugli Argonauti si conclude con la notizia del catasterismo (cioè la trasformazione in costellazione) della mitica nave Argo, sul quale vd. p. es. Igino, astr. 2,37 (dove muta la disposizione delle stelle e si arriva a un totale di 26). Il testo è impreziosito dalla citazione di dieci esametri tratti dagli Aratea di Cicerone (126-138), che Igino tuttavia riporta non sempre fedelmente e con qualche omissione . 15 1 Thoantem: il salvataggio di Toante da parte di Ipsipile qui è convenientemente sintetizzato ed è simile al racconto di Apollonio Rodio, secondo cui la figlia rinchiude il padre in una cassa poi affidata al mare (1,621-623); più sensazionale invece il racconto di Valerio Flacco, che vede Ipsipile nascondere il padre nel tempio di Bacco e quindi farlo uscire di città rivestito con gli attributi del dio come fosse una statua in un’improvvisata processione (2,242-305). – in insulam Tauricam: la Tauride non è una insula, ma una penisola, corrispondente all’odierna Crimea: anche altrove Igino utilizza il termine per indicare penisole o promontori (p. es. fab. 79,2). 2 Argonautae: lo sbarco degli Argonauti a Lemno, a seconda delle fonti avvenuto nel viaggio verso la Colchide o al ritorno, è raccontato sia da Apollonio Rodio 1,608 ss. e Valerio Flacco 2,242 ss., sia da Apollodoro 1,9,17. – Polyxo: il nostro racconto non specifica che Polisso è la vecchia nutrice di Ipsipile, come apprendiamo da Apollonio Rodio che le attribuisce un vero e proprio discorso finalizzato ad accogliere pacificamente gli ospiti (1,675-696; anche Valerio Flacco 2,316-235). 3 Deipylum: per Deipilo la tradizione, come spesso capita, conserva anche nomi alternativi (Toante, Nebrofono), mentre è costante quello di Euneo. 5 Thebas deportarunt: secondo la tradizione Ipsipile viene portata a Nemea e non a Tebe; probabilmente quest’ultima città ricorre qui per la rilevanza del personaggio nell’episodio dei Sette a Tebe (fab. 74).
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16 L’episodio, collocato nella Propontide (l’odierno Mar di Marmara), compare in Apollonio Rodio 1,936-1077, Valerio Flacco 2,634 ss. e 3,1 ss., Apollodoro 1,9,18; Igino in fab. 273,9 ricorda anche che gli Argonauti per espiazione instituiscono dei giochi. 17 L’episodio compare in Apollonio Rodio 2,1-168 e Valerio Flacco 4,99-137 ed è ambientato in una regione della Bitinia (Asia Minore). eum interfecit: secondo la versione conservata da Teocrito, Amico una volta sconfitto non viene ucciso ma ridotto in catene (22,131-134). 18 L’episodio della benevola accoglienza da parte di Lico, ancora in Propontide (vd. fab. 16), è raccontato da Apollonio Rodio 2,752-814, Valerio Flacco 4,733-762, Apollodoro 1,9,23 e 2,5,9; la morte di Idmone invece da Apollonio Rodio 2,815-834 e Apollodoro 1,9,23: secondo Valerio Flacco invece muore di malattia (5,2-3) e per Seneca per il morso di un serpente in Africa (Medea 651-652). inficiaretur: il testo è accolto da Marshall, nonostante l’accezione particolare da riconoscere al verbo, a fronte della crux di Rose e dell’emendamento insidiaretur proposto da Boriaud. 19 La storia di Fineo, citata anticamente già in Esiodo (frr. 157 e 254 M.W.), è descritta ampiamente da Apollonio Rodio 2,178-300, Valerio Flacco 4,422-493 e Apollodoro 1,9,21; deve aver impressionato molto la fantasia dei greci, dal momento che sappiamo che Eschilo gli dedica una tragedia e Sofocle due. 1 filios duos: Fineo dapprima sposa Cleopatra, figlia del vento Aquilone e Orizia (e quindi sorella di Zete e Calaide, che poi la vendicheranno), e poi Idea che, secondo un luogo comune narrativo, accusa falsamente al marito i due figli di Cleopatra di averla violentata; Igino tace il motivo dell’accusa. 2 est excaecatus: l’accecamento di Fineo da parte di Giove corrisponde al luogo comune antico secondo cui gli indovini, che vedono cose nascoste agli uomini, non vedono invece quanto questi ultimi vedono; ma può essere visto altresì come una sorta di contrappasso: chi acceca a sua volta viene accecato. – Harpyas: questi mostri mitologici attraversano variamente la letteratura antica almeno a partire da Esiodo (theog. 265-269), ma la caratterizzazione più immediata nella memoria letteraria dei latini è senz’altro quella offerta da Virgilio (Aen. 3,225-258). L’efficace definizione di «cani 263
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del grande Zeus» è in Apollonio Rodio 2,289 e probabilmente riproduce un modo di dire: fa riferimento alla caratteristica dei cani (da caccia) di inseguire in modo persistente la preda senza lasciarle scampo. 3 Zetes et Calais: sui personaggi e la loro storia vd. fab. 14,18, dove si trovano anche particolari qui assenti, come i nomi delle Arpie, e una descrizione dei mostri. – in insulas Strophadas: Apollonio Rodio racconta che i due argonauti inseguono in volo le Arpie che, giunte appunto alle Strofadi, si girano su se stesse (in greco στρέφω = “girare”, “girarsi”) e ottengono dagli dei di essere risparmiate promettendo di cessare le vessazioni contro Fineo (2,284-297): è appunto in quelle isole che Enea e i compagni in fuga da Troia ritroveranno i mostri alati (Virgilio, Aen. 3,210-257); secondo Apollodoro invece cadono in volo trovando così la morte (1,9,21). 4 quomodo Sympledagas transirent: lo stratagemma suggerito agli Argonauti per riuscire a oltrepassare le rocce che improvvisamente cozzano l’una contro l’altra (questo l’etimo greco del termine Simplegadi, da σύν “insieme” eπλήσσω “io urto”) schiacciando quanto è fra loro in realtà non basta: in Apollonio Rodio è risolutivo infatti l’intervento di Atena per risolvere la situazione (2,311-340 e 549-606). Sulle Simplegadi vd. anche fab. 21,1. 20 L’episodio è raccontato da Apollonio Rodio 2,1069-1089, anche se nel poema lo stratagemma per cacciare gli uccelli è suggerito da Anfidamante. ad insulam Diam: l’isola è collocata all’imboccatura del Ponto Eusino (Mar Nero); sull’arrivo vd. fab. 21,1. – ex more Curetum: il rumore dei sacerdoti Cureti a Creta deve coprire i vagiti del piccolo Zeus per evitare che il padre Crono lo trovi e lo divori temendo di essere spodestato dal figlio: il mito è molto antico ed è presente già in Esiodo, theog. 459-506; vd. la menzione anche fab. 139,3-4 e nota. 21 1 per Cyaneas cautes: le Simplegadi, all’imboccatura del Ponto Eusino, sono conosciute con due nomi descrittivi: mentre Simplegadi allude al movimento di esse (vd. fab. 19,4), Cianee allude al loro colore (blu scuro, in greco κύανος. – Euxinum: L’aggettivo greco εὔξενος significa “ospitale” ed è riferito alla posizione opportuna per i commerci e i trasferimenti; se stiamo ad alcune testimonianze (p. es. Pomponio Mela, chor. 1,102) in origine il nome era ἄξενος (“inospitale”) in riferimento alle caratteristiche fisiche del luogo e alle rozze abitudini degli abitanti. 2 Argum… Cylindrum: per la storia e i nomi vd. fab. 3,4. 4 in somniis: il sogno premonitore di Medea è raccontato da Apollonio 264
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Rodio 3,616-648 e costituisce un ingrediente tipico di situazioni simili. Sull’origine dell’atteggiamento benevolo di Giunone nei confronti di Giasone vd. fab. 13 e 22,3. 22 1 in fano Martis: vd. fab. 3,1-2. 2 hanc simultatem: le prove imposte a Giasone sono descritte da Apollonio Rodio 3,401-421, Apollodoro 1,9,23, ma anche già da Pindaro, Pyth. 4,229-231. Il termine simultas indica la prova, la gara, ma anche, in senso giuridico, la contesa: in quest’ultima accezione è attestato ampiamente p. es. in Livio. 3 Iuno: l’episodio è oggetto della fab. 13. 23 1 Absyrtum filium: quella proposta da Igino è soltanto una delle versioni del mito; secondo un’altra – che poi è la più nota – Absirto è un bambino, addirittura un neonato, che Medea rapisce come ostaggio al momento di fuggire: durante la navigazione, per ritardare l’inseguimento da parte di Eeta, fa a pezzi il fratellino e ne getta i resti a mare (Apollodoro 1,9,24, ma anche Euripide, Med. 167 e, in ambito latino, Ovidio, trist. 3,9). 2 ad Alcinoum regem: l’arrivo e la permanenza di Giasone e Medea da Alcinoo e Arete è ampiamente raccontata nel libro IV di Apollonio Rodio, anche se qui la morte di Absirto precede questi fatti. 3 in antro: Apollonio Rodio con scrupolo eziologico racconta che la grotta in questione, un luogo sacro perché in esso un tempo la ninfa Macride aveva allevato il dio Dioniso, da quel momento si era chiamata “Antro di Medea” (4,1153-1155). – devirginavit: il verbo appartiene alla lingua parlata: se facciamo eccezione per una ricorrenza in Varrone (Moen. fr. 409) e Petronio 25,1, lo troviamo più volte in Gerolamo (una volta nella Vulgata, Eccl. 20,2) e poi dall’VII secolo in poi; Igino lo usa anche in fab. 33,1. 4 ab Iasone est interfectus: l’uccisione di Absirto da parte di Giasone con la complicità di Medea è raccontata da Apollonio Rodio in modo diverso e truculento (4,421-481): la vittima è attirata con un tranello (la promessa di molti doni ospitali fra cui la tunica di Ipsipile intessuta addirittura dalle Grazie per Dioniso), colpita a tradimento come un toro dal macellaio e poi mutilata. 5 Absorin: il nome è incerto (Rose e Boriaud emendano Absron) ma senz’altro Igino accoglie la tradizione che colloca la morte di Absirto in Dalmazia e Plinio vi riconosce le isole dalmate di Ossero e Cherso (nat. 3,151); secondo altri l’assassinio si colloca sul Mar Nero a Tomi (oggi Costanza, in Romania), toponimo da collegare apppunto a una radice presente nel 265
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verbo greco τέμνω (“tagliare”, “colpire”). – insulae Cantae: l’isola è sconosciuta e per questo alcuni editori (Rose, Boriaud) hanno posto una crux. 24 La morte di Pelia, in cui si mescolano elementi magici e insieme drammatici, è raccontata p. es. da Apollodoro 1,9,27, Diodoro Siculo 4,51,3 ss., Ovidio, met. 7,297-349, ma soprattutto è l’oggetto delle Peliadi di Euripide, di cui abbiamo soltanto frammenti ma che dalle testimonianze sappiamo che si tratta della prima tragedia del drammaturgo, rappresentata nel 455. 1 quomodo… interficeret: la vendetta di Giasone nella versione di Igino è motivata unicamente dalle prove cui per ordine dello zio deve sottoporsi. Il mito però ricorda motivi ben più gravi: in particolare la condanna a morte di suo padre Esone (alla fine suicidatosi), il conseguente suicidio della madre e l’uccisione del fratellino Promaco: p. es. Apollodoro 1,9,27, Valerio Flacco 1,767-826. 3 in aeneum coniecit: la storia della bollitura che porta a un rinvigorimento invece che alla morte, come sarebbe naturale, è attestata anche a proposito di Pelope: il padre Tantalo lo fa a pezzi e lo fa bollire in un calderone servendolo in pasto agli dei, che tuttavia lo resuscitano giovane e sano, a eccezione di una spalla, che nel frattempo Demetra aveva mangiato, sostituita pertanto da una protesi d’avorio (qui vd. fab. 83). 4 Peliades: anche a proposito delle Peliadi sono attestate varianti numeriche e onomastiche: Apollodoro p. es. ricorda Pisidice, Pelopia, Ippotoe e Alcesti (1,9,10). 5 Corinthum profectus est: nella versione di Apollodoro Giasone e Medea non se ne vanno volontariamente, ma vengono esiliati da Acasto (1,9,27). 25 1 Mermerum et Pheretem: Igino (anche in fab. 239,1), insieme al poeta dell’Africa vandalica Draconzio (Medea, 531-532), ad Apollodoro 1,9,28 e a Pausania 2,3,6, tramanda il nome dei due figli che Medea ha da Giasone e che poi, nella versione del mito più conosciuta (come tale oggetto soprattutto delle tragedie di Euripide e di Seneca), uccide come gesto insieme di vendetta e sacrificio. Il particolare del nome è invece taciuto nei testi considerati fondamentali per la tradizione letteraria a riguardo, come Euripide, Ovidio, Seneca. – advenam atque veneficam: i due aggettivi condensano l’immagine che Medea dà di se stessa agli abitanti di Corinto (una “diversa” insomma: vd. p. es. fab. 26,1) e in sostanza quella che la tradizione letteraria assimila a proposito del personaggio. 2 Creon Menoeci filius: Igino commette un errore a causa dell’omonimia di due personaggi: il Creonte re di Corinto è infatti figlio di Licete; il figlio 266
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di Meneceo è il fratello di Giocasta, che diventa re di Tebe una volta consumata la tragedia di Edipo; è possibile che sia per lo stesso motivo che il poeta Draconzio nel suo epillio intitolato Medea ambienta la tragedia proprio a Tebe. – Glaucen: A proposito del nome della figlia di Creonte, Igino compendia due tradizioni e ricorda sia il nome di Glauce, presente poi in Draconzio, sia quello di Creusa (par. 3), che si impone in ambito latino e ricorre in Ovidio e Seneca. – coronam ex venenis: il dono intriso di veleni che provoca la morte della destinataria è comune a tutti i trattamenti letterari del mito di Medea, e la corona è un particolare ricorrente anche in autori che non trattano specificamente la storia (Ovidio, Ibis 603; Apuleio, met. 1,10,2); altri autori ricordano doni diversi, come un peplo (Euripide, Med. 784-786) e anche un bracciale (Seneca, Med. 570-574). 3 cum Iasone et Creonte: l’incendio sprigionato per effetto dei veleni della corona coinvolge Glauce-Creusa e anche Creonte e Giasone: il particolare della morte del fedifrago Giasone non è tassativo e anzi, oltre che qui, si trova soltanto in Draconzio: nei testi classici a proposito di Medea (come Euripide e Seneca) la punizione di Giasone consiste proprio nell’assistere alla morte della nuova moglie e dei figli. 26 1 Medus: la nascita di Medo (altrimenti chiamato Polisseno) da Medea ed Egeo re di Atene è ricordata anche da Apollodoro 1,9,28. 3 iunctis draconibus: Igino ricorda qui un particolare in genere sempre presente nei trattamenti letterari del mito di Medea, e cioè il carro trainato da draghi o serpenti alati su cui la maga si sposta (vd. anche fab. 27,3): in particolare è ricordato in toni sensazionali quando Medea, dopo aver provocato la morte dell’antagonista e aver ucciso i figli, fugge da Corinto. – lectas eas… coniecit: è possibile che il racconto si riferisca a un rito, probabilmente di origine etrusca, di cui possiamo trovare indizi anche in Columella 10,367-368 e Servio, Aen. 7,750 (Dognini 2003); la dimestichezza con i rettili in generale e con i veleni a essi connessi in antico rappresenta fra l’altro un tratto caratteristico della magia nera. – debitum... persolvit: sull’espressione idiomatica vd. nota a fab. 52,2. 27 Fra i mitografi, il personaggio di Medo compare solo in Apollodoro 1,9,28, ma la storia che racconta qui Igino trova riscontro piuttosto in Diodoro Siculo 4,56,1; è comunque probabile che il riferimento più immediato sia rappresentato da una delle perdute tragedie latine arcaiche sull’argomento, come il Medus di Pacuvio (che pare però che si occupasse soprattutto di eventi in Colchide: vd. comunque, anche in riferimento a questa fabula, 267
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Pociña 2004) o la Medea exul di Ennio. 1 Persi: Perse aveva usurpato il trono di Eeta, secondo il luogo comune del litigio dei fratelli per il potere e il regno. Qui verrà ucciso dal nipote Medo, ma in altre versioni (p. es. Apollodoro), la vendicatrice è la stessa Medea. 2 Hippotem Creontis filium: si tratta del Creonte re di Corinto ucciso da Medea insieme alla figlia Glauce-Creusa (e anche con Giasone, secondo una variante del mito); il figlio Ippote è colui che accoglie Medea e Giasone dopo che quest’ultimo cede il trono paterno ad Acasto dopo la morte di Pelia (fab. 24,5). 28 La fabula ha un andamento composito perché di fatto contiene due versioni della storia dei due giganti protagonisti, una ai parr. 1-2 e l’altra al par. 3, già compendiate da Apollodoro 1,7,4; il par. 4 poi rappresenta la conclusione descrivendo la pena eterna. Il mito è già presente in Omero, Od. 11,305-320, e in ambito latino è citato anche da Virgilio, Aen. 6,582-584. 2 Il Pelio e l’Ossa sorgono in Tessaglia non lontano dal monte Olimpo, dal quale li divide la valle di Tempe; consueta per Igino l’attenzione all’onomastica quando osserva l’interscambiabilità dei nomi per riferirsi all’uno o all’altro nel parlare comune. Il gesto di sovrapporre i monti per arrivare al cielo presto diventa, anche nei modi di dire antichi, simbolo del tentare un’impresa eccezionale, ma è soprattutto dimostrazione della superbia dei personaggi, la hybris, punita come tale dagli dei. Omero fa riferimento anche a un altro sensazionale gesto dei due gemelli, che testimonia ulteriormente tale atteggiamento, e cioè l’imprigionamento di Ares in un vaso di bronzo per tredici mesi (Il. 5,385-391). 3 Il tentativo di violenza su Diana, in quanto dea e inoltre tipicamente vergine, configura un ennesimo caso di hybris presente nella tradizione a proposito dei due personaggi; Apollodoro 1,7,4 insiste sull’idea di sacrilegio e addirittura racconta che Oto insidia Artemide-Diana (che per fuggire si trasforma in cerva) ed Efialte Era-Giunone. 4 strix: la strige è un rapace notturno che in letteratura viene citato in contesti in cui si vuole insistere sull’atmosfera cupa e cimiteriale; già Rose annota che la presenza di un uccello sulla colonna nella rappresentazione infernale dei due dannati potrebbe significare la presenza assidua della divinità e il controllo da parte di questa che la pena venga scontata. È curioso che tutti gli editori, pur interpretando che si tratti di un uccello (Boriaud traduce «une chouette»), riportano qui la forma styx, termine che indica semmai lo Stige, uno dei fiumi infernali della tradizione, che tuttavia non darebbe alcun senso.
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29 La storia dello scambio fra Zeus e Anfitrione e del conseguente concepimento di Ercole è un mito cui molti autori fanno riferimento, presente già in Esiodo, scut. 27-56; in ambito latino, oltre a Ovidio, am. 1,13.45, è famosa la messa in scena comica offerta dall’Anfitrione di Plauto. Sappiamo comunque che una tragedia intitolata Alcmena era stata scritta da Euripide. 1 ad expugnandam Oechaliam: Igino qui confonde due storie mitologiche: la città della Tessaglia infatti è stata espugnata da Ercole, mentre Anfitrione conduce una guerra contro i Teleboi, una popolazione dell’Acarnania colpevole di aver ucciso i fratelli di Alcmena; quest’ultima si sarebbe concessa allo sposo soltanto dopo che questi l’avesse vendicata (Apollodoro 2,4,6). 4 signa omnia: secondo la variante del mito accolta p. es. in Apollodoro 2,4,8, Anfitrione comprende la situazione rivolgendosi all’indovino Tiresia. – cum ea non concubuit: Igino tralascia il particolare, abbastanza condiviso in letteratura (p. es. Apollodoro), che Anfitrione al suo ritorno si unisce alla moglie non sapendo quanto avvenuto prima, e così Alcmena resta incinta di due gemelli: uno immortale figlio di Giove (Ercole) e l’altro mortale figlio di Anfitrione (Ificle). 30 Il catalogo delle fatiche oggetto di questa fabula e della successiva coincide quasi perfettamente con quello di Apollodoro 2,4,8-7,8. 1 In realtà l’uccisione dei serpenti nella culla non è una delle fatiche ordinate da Euristeo, dal momento che avviene ben prima, ma comunque rappresenta un cimento dell’eroe fin da neonato, e in questo senso se ne spiega la presenza in questo contesto e la fortuna dell’episodio in letteratura; Apollodoro 2,4,8 comunque ricorda anche la versione secondo la quale i serpenti non vengono inviati da Giunone ma deposti nella culla dallo stesso Anfitrione per scoprire con tale stratagemma quale dei due neonati (vd. nota a fab. 29,4) avesse poteri soprannaturali e pertanto identificarlo: così si spiega il fatto che Ercole viene chiamato “primogenito”. 2 amphistomo atrotum: molto interessante dal punto di vista linguistico l’accostamento di questi due aggettivi greci, traslitterati in latino: il primo letteralmente significa “a due bocche” ed è riferito a antro, il secondo letteralmente “non trafiggibile” e si riferisce a leonem (quest’ultimo peraltro molto lontano, a inizio periodo). D’altra parte è pure greco il termine scelto da Igino per indicare le fatiche, ἆϑλα, che in latino corrisponderebbe a labores. 3 Igino semplifica molto la lotta con l’idra: da Apollodoro 2,5,2 infatti 269
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sappiamo che Ercole è aiutato da Iolao, cui affida il compito di bruciare i monconi delle teste mano a mano che lui le mozzava; inoltre ad aiutare l’idra disturbando Ercole interviene un granchio, poi trasformato da Giunone in costellazione. – cum capitibus novem: nella raffigurazione dell’idra l’elemento delle teste è ovviamente quello più sensazionale, e per questo esistono varianti in cui il numero è anche molto alto (p. es. in Ovidio, met. 9,71 sono addirittura cento). 4 L’Erimanto è un monte che sorge in Arcadia. Al ritorno dalla fatica, Ercole si aggrega agli Argonauti, nonostante la contrarietà di Euristeo, lasciando il cinghiale nella piazza di Micene (Apollonio Rodio 1,122-132). 5 La tradizione (p. es. Apollodoro 2,5,3) parla in realtà di una cerva, la caccia della quale impegna Ercole per molto tempo e, secondo alcuni (Pindaro, Olymp. 3,26-32), lo spinge fino all’estremo nord, fra gli Iperborei. 6 in insula Martis: non è chiaro a quale isola ci si riferisca, ma lo stesso Igino (come Apollonio Rodio) racconta di un attacco subito dagli Argonauti da parte di uccelli simili nell’isola di Dia (fab. 20); la tradizione infatti colloca questi volatili nella vegetazione del lago paludoso vicino alla città di Stinfalo nel Peloponneso. Non compare qui lo stratagemma consigliato all’eroe da Atena per uccidere gli uccelli, e cioè spaventarli con il suono di sonagli per stanarli dalla vegetazione e poterli dunque colpire con le frecce (Apollodoro 2,5,6): un simile stratagemma sonoro è semmai descritto nella simile situazione della fab. 20. 7 Le stalle secondo il mito si trovano in Elide ed è l’Alfeo il fiume deviato. Invece è del tutto senza riscontri la notizia dell’aiuto fornito all’eroe da Giove. 8 Il toro di cui si parla è quello che Posidone fa emergere dal mare sul litorale di Creta perché il re Minosse glielo immolasse; al rifiuto di quest’ultimo, il dio fa innamorare del toro sua moglie Pasifae. Una tradizione vuole che, una volta portato a Micene da Ercole, il toro viene liberato e finisce per devastare la pianura di Maratona e perciò verrà ucciso da Teseo (Apollodoro 2,5,7 e qui fab. 38,7). 9 Diomedem… et equos: la tradizione parla in realtà specificamente di cavalle antropofaghe, e, secondo una variante rappresentata da Pindaro (fr. 169a Snell-Maehler), Ercole dà in pasto lo stesso Diomede ai suoi animali. I nomi ricordati da Igino obbediscono come in altri casi alla tradizione erudita e nomenclatoria cui l’autore è ampiamente debitore. – Abdero famulo: figlio di Ermes, Abdero è uno degli amasii di Ercole, che finisce proprio divorato dalle cavalle di Diomede, e in suo onore l’eroe fonda in quel luogo la città di Abdera (Apollodoro 2,5,8). 10 Sui problemi grammaticali posti dal testo vd. Luppe 2014. – reginae Amazonis balteum: la richiesta della cintura è per accontentare Admeta, figlia di Euristeo, che ne aveva desiderio. La guerra fra Ercole e le Amazzoni 270
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è materia ampiamente trattata in letteratura (p. es. Euripide, Eracle 408415, Apollonio Rodio 2,776-780 e 964-969; Apollodoro 2,5,9). Durante il viaggio per raggiungere il paese delle Amazzoni, Ercole giunge a Troia, come racconta la fab. 89. – Antiopam captivam: la ricompensa per Teseo, che accompagna Ercole in questa missione, è appunto il dono di questa amazzone di cui l’eroe ateniese si era innamorato: altre varianti ricordano al proposito il nome di Melanippa o ancora di Ippolita. 11 La storia di Gerione è ricordata già molto anticamente da Esiodo, theog. 287-294. Secondo la tradizione è durante il viaggio alla volta della terra di Gerione che Ercole innalza le famose “colonne d’Ercole” sull’attuale stretto di Gibilterra; l’aggettivo trimembris accompagna sempre la menzione di Gerione in Igino (vd. anche gen. 41; fab. 151,2) come una specie di epiteto: si deve trattare di un uso comune, se Porfirione nel commento a Orazio, carm. 2,14,7 chiarisce che il poeta a proposito del gigante usa la perifrasi ter amplum al posto di trimembrem, che considera quindi corrente. 12 draconem immanem: Apollonio Rodio riporta anche il nome di questo drago, Ladone (4,1396): aveva cento teste e cambiava voce per disorientare gli avventori – ad montem Atlantem: Igino situa il giardino delle Esperidi in prossimità della catena dell’Atlante, in Nordafrica, mentre Apollodoro fra gli Iperborei, cioè nell’estremo Nord (2,5,11). 13 La cattura del cane infernale è la fatica citata più anticamente, già nei poemi omerici (Il. 8,360-369 e Od. 11,623-626), dove Ercole appare aiutato nell’impresa da Atena ed Ermes. Secondo la rappresentazione vulgata, Cerbero ha tre teste, ma secondo altre versioni cinquanta (Esiodo, theog. 311-312) o cento (Pindaro, fr. 249b Snell-Maehler e poi Orazio, carm. 2,13,24). 31 Oggetto della fabula sono altre imprese variamente attribuite all’eroe dalla tradizione e non comprese nel canone delle più famose dodici; si tratta infatti di vicende legate alle fatiche principali o compiute da Ercole durante gli spostamenti e i viaggi per affrontare quelle. Il termine greco parerga significa infatti propriamente “imprese collaterali”. 1 Ercole affronta il gigante nel suo viaggio alla volta del giardino delle Esperidi (fab. 30,12): in quanto figlio della Terra, Anteo riceve nuova forza dalla terra stessa e perciò l’eroe per vincerlo deve tenerlo sollevato a mezz’aria e soffocarlo fra le braccia: Pindaro, Isthm. 4,52-54; Diodoro Siculo 4,17,4 e 27,3; Apollodoro 2,5,11; in latino Ovidio, met. 9,183-184; Plinio, nat. 5,1. 2 Vd. fab. 56. Busiride è fratello di Anteo. Sul mito Apollodoro 2,5,11 e in latino Ovidio, met. 9,182-183 e ars 1,645-650; circolavano versioni parodi271
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che della vicenda: sappiamo che una commedia intitolata Busiride è opera di Epicarmo e che lo stesso titolo ha un dramma satiresco di Euripide. 3 Nella versione raccontata da Apollodoro il fulmine di Giove separa Ercole e Cicno, che tuttavia viene ucciso dall’eroe nonostante la protezione di Ares-Marte (2,5,11 e 2,7,7; ma anche già Erodoto 7,124 e 127). 4 Tema ripreso più ampiamente dalla fab. 89, dove fra l’altro si specifica che l’impresa si colloca durante la spedizione argonautica e che Ercole è aiutato in essa da Telamone (89,3). 5 Il nome greco dell’aquila significa “splendente” ed è riportato da Diodoro Siculo 4,15,2: vd. anche Igino, astr. 2,15,5. Vd. anche la fab. 144: in entrambe Igino racconta che l’aquila rode il cuore di Prometeo, mentre nella tradizione vulgata l’organo in questione è il fegato, che nella fisiologia antica è sede della volontà, oltreché della passione: su questo vd. la nota filologica di Urbán 2004. 6 La storia, qui soltanto accennata, è oggetto della fab. 32. Questo Lico, personaggio primario nelle tragedie dedicate a Ercole da Euripide e Seneca, non è citato prima dello stesso Euripide. 7 Il riferimento alla lotta fra Ercole e il fiume per la mano di Deianira – una gara cui secondo la tradizione partecipano addirittura gli dei a sostegno di uno o dell’altro contendente – è presente in vari testi letterari, p. es. Sofocle, Trach. 9-21; in ambito latino vd. in particolare Ovidio, met. 9,1-88. – cornu detraxit: la circostanza è topica nella descrizione della lotta (p. es. Ovidio, her. 16,267-268; am. 3,6,35-36; Serv. Aen. 8,299), con la conseguente raffigurazione dell’Acheloo con un solo corno invece di due (l’immaginario antico spesso rappresenta i fiumi in sembianze animali o umane con le corna, che simboleggiano anche la ramificazione delle loro acque): p. es. Ovidio, her. 9,96-97; Stat. Theb. 7,416-417. – cornu copiae: la cornucopia è la rappresentazione iconica dell’abbondanza e della fertilità: Igino accoglie la versione secondo la quale sarebbe uno dei corni staccato al fiume Acheloo e poi riempito di frutti dalle ninfe, precisamente dalle Naiadi. 8 Vd. specificamente la fab. 32. 9 Vd. specificamente la fab. 35. 10 Vd. specificamente la fab. 34. 11 Vd. fab. 33,1. 32 1 Lycus: sul personaggio e la sua sorte vd. anche fab. 31,5. 2 insania obiecta: la pazzia di Ercole è notoriamente materia dell’Eracle di Euripide e dell’Hercules furens di Seneca; entrambi i tragici collocano questo momento fatale al termine delle fatiche dell’eroe, mentre un’altra tradizione (p. es. Apollodoro 2,4,12) narra che è l’oracolo di Apollo a con272
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sigliare a Ercole di mettersi al servizio di Euristeo per espiare l’uccisione dei figli. – Megaram et filios Therimachum et Ophitem: non è univoco che anche Megara venga uccisa dal marito impazzito; a differenza di Igino (e anche di Euripide e Seneca), p. es Apollodoro 2,6,1 racconta che la moglie sopravvive e viene poi affidata dall’eroe al fedele scudiero Iolao. Discorde la tradizione, come spesso accade, anche a proposito del numero dei figli, che secondo alcuni erano tre e non due. 3 tripodem sustulit: l’episodio della contesa del tripode, l’oggetto-simbolo del tempio di Apollo a Delfi, fra l’eroe e il dio è naturalmente raccontato con toni sensazionali anche dalle raffigurazioni vascolari; secondo una tradizione rappresentata da Apollodoro 2,6,2 la contesa ha termine per intervento diretto di Zeus che scaglia un fulmine tra i contendenti imponendo la pace. 4 Ercole viene venduto all’asta da Mercurio, dio dei commerci, alla regina della Lidia, Onfale; il periodo di schiavitù varia da uno (Sofocle, Trach. 252-253) a tre anni (Apollodoro 2,6,3). 33 1 eiusque filiam Deianiram: Igino confonde qui due racconti: la figlia di Dessameno, dal quale l’eroe è ospitato a Oleno dopo aver ripulite le stalle di Augia, si chiama Mnesimache (Apollodoro 2,5,5) ed Ercole appunto la salva dalla sgradita corte del centauro Euritione. Deianira invece è figlia di Eneo, re di Calidone in Etolia. – devirginasset: sul verbo raro, usato da Igino soltanto due volte, vd. la nota a fab. 23,3. – Nubis filius: la tradizione greca ricorda al proposito il nome di Nefele, lo stesso che si trova per la moglie di Atamante e che Igino traduce Nebula (vd. fab. 1-2): qui probabilmente Igino segue una fonte latina diversa o vuole diversificare i nomi, dal momento che si tratterebbe di personaggi diversi. 3 ab ipsis interierunt: costruzione sintattica non classica, in cui un verbo intransitivo si accompagna a un complemento espresso con ab + abl. (come se si trattasse di un passivo), da valutare come di causa: vd. invece la costruzione prevedibile nel titolo di fab. 248 ab apro percussi interierunt, dove regolarmente il complemento di agente gravita sul participio perfetto e non sul verbo di modo finito. 34 La vicenda riguardante la morte del centauro e le conseguenze di essa sono oggetto di diversi trattamenti letterari soprattutto a partire dalle Trachinie di Sofocle (vd. anche Apollodoro 2,7,6); in ambito latino, Ovidio, met. 9,101-158. 1 Nubis filius: come gli altri centauri (vd. fab. 33,1), Nesso è figlio di Issio273
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ne e Nefele: questo nome greco viene trasportato in latino come Nubes, ma è interessante notare che altrove Igino opta per il sinonimo Nebula (fab. 1-3) a proposito di un’altra Nefele, moglie di Atamante). – flumen Euhenum: cf. nota a fab. 12,2. 35 La versione di Igino è estremamente sintetica (anche in fab. 31,9): la tradizione racconta che Eurito, re di Ecalia (in Tessaglia), aveva promesso in sposa la bellissima (eximiae formae è definita in fab. 36,1) figlia Iole a chi l’avesse superato in una gara di tiro con l’arco; Ercole vince la gara ma si vede rifiutata la mano di Iole, e questo provoca la reazione dell’eroe. La gara di tiro a scopo matrimoniale deve costituire un luogo comune nella mentalità greca, come dimostra quella famosa raccontata nell’Odissea (qui fab. 126,7-8). 36 4 Licham: la fine di Lica, il servo-araldo di Ercole, è raccontata dai testi di riferimento, come Ovidio, met. 9,211-229, ma anche già Sofocle, Trach. 777-782. Qui Igino utilizza un lessico che, anche se sintetico, insiste sul gesto plateale dell’eroe per scaraventare l’innocente servo in mare (rotatum… iaculatus est; similmente Ovidio, 217-218: terque quaterque rotatus / mittit); consueta poi l’attenzione all’eziologia, su cui insiste Ovidio dicendo che lo scoglio ha forma umana e che i marinai hanno perfino scrupolo a salirvi sopra. 5 La faticosa e dolorosa morte di Ercole sul monte Eta (nella Tessaglia meridionale) è raccontata da diversi testi letterari di tradizione, dalle Trachinie di Sofocle (1191 ss.) alle Metamorfosi di Ovidio (9,159-272), ed è specifico oggetto dell’Hercules Oetaeus, una tragedia attribuita a Seneca ma certamente opera di un attento imitatore. – Philoctetes: la tradizione racconta che, di fronte all’imbarazzo generale, l’unico che si risolve ad accendere la pira è Filottete, attratto dalla prospettiva di ottenere in dono l’arco di Ercole riconoscente; Apollodoro 2,7,7 racconta invece che il gesto viene compiuto da Peante, il padre di Filottete, giunto sul monte alla ricerca delle sue greggi. – eumque ascendisse immortalitatem: gli editori prima di Marshall segnalano una lacuna fra ascendisse e immortalitatem, considerando particolarmente dura la costruzione transitiva del verbo ascendere senza preposizione. 6 ipsa se interfecit: il suicidio di Deianira, sconvolta dal rimorso, si trova nelle Trachinie sofoclee (874-891), dove si impicca.
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37 1 Neptunus et Aegaeus: non è raro che una stessa donna sia ingravidata contemporaneamente (o quasi) da due uomini, e in questo caso la tradizione prevede che vengano concepiti due gemelli, uno divino e uno umano (come Castore e Polluce oppure Ercole e Ificle); questa storia invece prevede alcune anomalie, come il fatto che l’unione carnale avvenga in un tempio e che il nascituro sia uno solo, Teseo. Diversa comunque la storia raccontata da Apollodoro 3,15,6-7, secondo cui Egeo, che aveva avuto due mogli ma nessun figlio, di ritorno dall’oracolo di Delfi interpellato per questo motivo, viene ospitato a Trezene da Pitteo e, una volta ubriaco, giace senza rendersene conto con Etra, posseduta poi nella stessa notte da Posidone. 2 ensem suum sub lapidem: immediato il rinvio alla storia della spada nella roccia presente nel Ciclo Bretone e riguardante la giovinezza di re Artù: l’arma è un simbolo di appartenenza e di forza, e documenta la trasmissione di qualità al giovane eroe che se ne impossessa superando una prova. 3 omnes occidit: il primo cimento del giovane Teseo è quello di liberare la strada verso Atene dai predoni che l’infestavano: in qualche modo è la prima delle fatiche ascritte all’eroe. 38 Le fatiche di Teseo appartengono alla gioventù dell’eroe e rappresentano un’evidente alternativa tutta ateniese a quelle, ben più note e più anticamente documentate, di Ercole; infatti vengono probabilmente formalizzate nel tempo in cui la supremazia di Atene crea le proprie basi valendosi anche di strumenti pubblicistici legati alla storia e alla tradizione. L’esposizione di Igino è piuttosto sintetica e anche strutturalmente monotona: ogni paragrafo inizia sempre col nome dell’antagonista in caso accusativo. 1 Corynetem: si tratta del soprannome (letteralmente “portatore di clava”) di un brigante di nome Perifete, della zona di Epidauro, che la tradizione considera figlio di Efesto-Vulcano (infatti è zoppo) mentre Igino è l’unico a indicarne in Nettuno il padre. Il modello di Ercole è evidente anche nel fatto che Teseo, dopo averlo ucciso, si impossessa della sua clava. Vd. Plutarco, Thes. 8,1-2; Apollodoro, 3,16,1; in ambito latino Ovidio, met. 7,443-447. 2 Pityocamptem: soprannome (“il piegatore di pini”) di un altro brigante dei dintorni di Corinto chiamato in realtà Sinis. Igino è molto vicino ad Apollodoro 3,16,2 e Plutarco, Thes. 8,3; Ovidio accoglie invece la variante secondo la quale il personaggio soleva legare i malcapitati a due alberi piegati a forza in e quindi rilasciati in direzione opposta perché ne lacerassero il corpo (met. 7,440-442). 275
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3 Procustem: anche Procuste, nome molto noto anche proverbialmente per il supplizio del letto, è in realtà il soprannome (“il tagliatore”) di un brigante della zona di Eleusi chiamato Damaste; Teseo lo sconfigge e, secondo la tradizione, gli fa subire la stessa sorte inflitta alle vittime. La testimonianza più antica è quella di Bacchilide 17,27 ss; vd. anche Plutarco, Thes. 11,1, Apollodoro, epit. 1,4. 4 Scironem: brigante operativo nel territorio di Megara. Secondo Apollodoro, epit. 1,2, i passanti precipitati in mare venivano divorati da una tartaruga. Vd. Plutarco, Thes. 10; Ovidio, met. 7,443-448. 5 Cercyonem: non è un brigante ma il re di Eleusi: sfidava i passanti a un incontro di lotta, che vinceva sempre, finché viene sconfitto da Teseo; la tradizione lo considera figlio di Branco e Argiope (Igino è l’unico che lo considera figlio di Vulcano e che descrive l’incontro come un duello in armi e non come una lotta a mani nude): vd. Bacchilide 18,25; Apollodoro, epit. 1,3; Ovidio, met. 7,439. 6 aprum: Igino passa ora a fatiche riguardanti animali feroci: il primo è un cinghiale (altre fonti tuttavia ricordano una scrofa, chiamata Fea, identificata come figlia di Tifone ed Echidna) che devasta il territorio del promontorio di Crommio, a nord di Corinto: Bacchilide 18,23-24; Apollodoro, epit. 1,1; Plutarco tramanda anche una lettura razionalistica della storia, in cui Fea è una donna violenta e disonesta soprannominata appunto “scrofa” (Thes. 9,2). 7 taurum: Igino tradizionalmente riconosce nel toro di Maratona l’animale catturato da Ercole a Creta in una delle sue fatiche (vd. fab. 30,8): si tratta dell’ultima fatica compiuta dall’eroe prima di essere riconosciuto come figlio da Egeo: Plutarco, Thes. 12,3 ss; Apollodoro, epit. 1,5-6. L’impresa, qui elencata in estrema sintesi, in età alessandrina costituisce l’oggetto dell’Ecale di Callimaco. 8 oppido Gnosi: l’ultima fatica di Teseo è la più celebre ed è ambientata oltremare, a Cnosso. In questo modo la narrazione di Igino passa ai miti di ambientazione cretese. 39 Daedalus Eupalami filius: l’abilità tecnica (fabrica) di Dedalo è carattere fondamentale e proverbiale del personaggio, e per di più ereditato, come dimostra l’onomastica: Dedalo è infatti connesso al verbo greco δαιδάλλω (“cesellare”, “intarsiare”), mentre Eupalamo significa “colui che bene si muove”. – Perdicem: l’omicidio del nipote è raccontato anche da Apollodoro 3,15,8 (che sostiene che l’avrebbe precipitato dall’acropoli di Atene) e Diodoro Siculo 4,76,4-7, dove tuttavia il personaggio si chiama Talos (Perdice sarebbe è il nome della sorella di Dedalo); per il nome Igino 276
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dipende invece probabilmente nella tradizione seguita anche da Ovidio, met. 8,236-259 e Servio, georg. 1,143, che si rifanno a loro volta ai Camici, una tragedia non conservata di Sofocle. – serram: l’idea era venuta osservando la lisca di un pesce (fab. 274,14, come Ovidio, met. 8,244 e Servio, Aen. 6,14) oppure la mascella di un serpente (Apollodoro 3,15,8). 40 1 amorem infandum: il mito di Pasifae è per eccellenza la storia dell’amore innaturale (è fortissimo il concetto suggerito dall’aggettivo infandum, che contraddice la sfera del fas, cioè il lecito, da tutti i punti di vista) fra una donna e un animale, aggravato dalla circostanza per cui si ricorre a un espediente per realizzare l’amplesso che la natura stessa impedisce. Tale amore è considerato in tutte le versioni del mito una punizione da parte di un dio: mentre Apollodoro 3,1,3-4 tramanda la versione più fortunata, che cioè Posidone si vendica in questo modo dell’empietà di Minosse, che rifiuta di sacrificargli come promesso uno splendido toro bianco sorto dal mare, Igino individua originalmente la colpa nella negligenza di Pasifae nei confronti di Venere; quest’ultima dea è citata al proposito anche da Omero, secondo il quale la dea dell’amore si vendica del fatto che il Sole, padre di Pasifae (come di Circe e di Eeta), rivela a Vulcano la relazione della stessa Venere con Marte (Od. 8,266-366). – alia amaret: Igino sceglie una formulazione a effetto, quasi un gioco di parole, in cui alia rappresenta un predicativo e il verbo amare assume dapprima un’accezione generica (simile a “prediligere”) e poi quella specifica. Sul testo e il senso vd. Stégen 1972. 2 ex quo compressu: il sostantivo compressus, derivato dal verbo comprimere nell’accezione di possedere carnalmente e anche violentare, è utilizzato anche in fab. 60,1 e 63,1; per il resto, bisogna risalire alla commedia (Plauto, Amph. 109 e Epid. 542; Terenzio, Ad. 474) e arrivare poi a Macrobio, Sat. 5,19,18 (la materia è mitologica: nimpha Thalia compressu Iovis gravida), ma certamente si tratta di un uso non letterario. 4 in custodiam coniecit: la versione di Igino, che prevede una punizione di Dedalo per aver assecondato la passione innaturale di Pasifae, non segue quella più diffusa rappresentata p. es. da Apollodoro, epit. 1,12, e cioè che Dedalo viene rinchiuso nel labirinto insieme al figlio Icaro per aver aiutato Arianna a liberare Teseo dopo che quest’ultimo aveva ucciso il Minotauro; secondo Ovidio invece Minosse si limita a vietare a Dedalo di lasciare Creta (met. 8,183-235). – Icaro filio suo: la storia di Pasifae lascia il posto a quella altrettanto celebre del volo sfortunato di Icaro (figlio di Dedalo e di Naucrate, una schiava di Minosse), un mito molto raccontato in letteratura (le versioni più note sono quelle di Apollodoro 2,6,3 e Ovidio, met. 8,183235) soprattutto per la lezione moralistica che contiene (il giovane che non 277
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segue i consigli degli esperti è destinato a soccombere: un parallelo insomma del mito di Fetonte): Dedalo sarebbe caduto nei pressi di un’isola chiamata Doliche (Isola lunga), quindi trovato e seppellito da Eracle, che chiama l’isola Icaria. – ad regem Cocalum: vd. fab. 44. 5 alii dicunt: Igino testimonia l’esistenza di altre versioni della fuga di Dedalo da Creta in direzione di Atene, probabilmente create dalla pubblicistica ateniese. 41 1 in pugna occisus est: la notizia della morte di Androgeo in battaglia durante la guerra contro Atene si trova solo qui: generalmente infatti la guerra intrapresa da Minosse è considerata una conseguenza dell’uccisione del figlio ad Atene, dove Androgeo si era recato per partecipare ai giochi delle feste Panatenaiche (Apollodoro 3,15,7 racconta che ad assassinarlo erano stati i concorrenti invidiosi della sua bravura altletica). 3 vela candida: la raccomandazione di Egeo è destinata a essere ignorata per una dimenticanza da parte di Teseo e a provocare il suicidio per disperazione dello stesso re: la storia viene completata nella fab. 43,2. 42 ut fratrem proderet: si allude al Minotauro, che essendo figlio di Pasifae come Arianna va considerato propriamente il fratellastro di quest’ultima. – licium revolvendo: la versione del mito più accreditata vuole che sia Dedalo stesso, l’ideatore del labirinto, a suggerire ad Arianna lo stratagemma del gomitolo affinché Teseo ritrovasse agevolmente la via d’uscita (Apollodoro, epit. 1,8-9). 43 1 in insula Dia: non è univoca l’individuazione dell’isola in questione (in particolare Dia, per la quale propende anche Catullo 64,52, trovandosi all’imboccatura del Mar Nero, pare piuttosto decentrata rispetto a Creta): generalmente viene identificata piuttosto con Nasso (già Esiodo, fr. 298 M.-W.), secondo una tradizione che peraltro dovrebbe aver generato anche l’espressione idiomatica “piantare in asso” per intendere “abbandonare improvvisamente” (con semplificazione delle due nasali contigue in nasso > in asso). – reliquit: anche sull’abbandono di Arianna da parte di Teseo le versioni sono diverse e non tutte a sfavore: se infatti anticamente Esiodo vuole l’eroe innamorato di una delle ragazze ateniesi che riportava in patria dopo averle salvate dal Minotauro (fr. 298 M.-W.), Diodoro Siculo lo fa partire all’improvviso per obbedire a un ordine di Dioniso stesso apparsogli in sogno (5,51,4) e Plutarco racconta che la nave di Teseo fa 278
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naufragio su un’isola vicino a Cipro e l’eroe, dopo aver portato in salvo Arianna sulla terraferma, viene risospinto in mare aperto dalla tempesta nel tentativo di recuperare la nave (Thes. 20). 2 oblitus est vela atra mutare: l’incomprensibile leggerezza dell’eroe che provoca la morte del padre per una banale dimenticanza trova varie giustificazioni nella tradizione, dall’angoscia per il rapimento dell’amata Arianna da parte di Dioniso (Apollodoro, epit. 1,10; Diodoro Siculo 4,61,6), all’incontrollata euforia per aver avuto la meglio sul Minotauro (Plutarco, Thes. 22,1) e ancora all’obnubilamento della mente provocato nell’eroe da Giove per vendicare Arianna (Catullo 64,204). 3 Phaedram: il matrimonio di Teseo con Fedra avrà poi conseguenze tragiche: vd. fab. 47. 44 in Siciliam: la permanenza di Dedalo in Sicilia presso Cocalo, re dell’antica città di Camico (anticipata in fab. 40,4, ma vd. Apollodoro, epit. 1,13-15), era l’oggetto di una tragedia di Sofocle non conservata, i Camici. – illae Minoem occiderunt: se Igino resta vago, già Erodoto conserva la notizia che le figlie di Cocalo uccidono Minosse mentre faceva il bagno versandogli addosso acqua bollente (7,170: vd. anche Apollodoro, epit. 1,15, Ovidio, Ibis 289-290); secondo Diodoro Siculo poi a uccidere Minosse sarebbe lo stesso Cocalo (4,79,2-3). 45 La cupa storia di adulterio e antropofagia che ha per protagonisti Tereo, Procne e Filomela è variamente raccontata dalla letteratura, come mostrano non solo gli autori che si occupano specificamente di miti (Apollodoro 3,14,8 e ampiamente Ovidio, met. 6,426-674), ma anche in particolare i tragediografi: anche se non conserviamo le opere, sappiamo che sull’argomento Sofocle scrive un Tereo, e tragedie sul tema scrivono anche Livio Andronico e Accio. Una storia molto simile, ma con nomi diversi, troviamo citata addirittura già in Omero, Od. 19,518-523. 1 Pandionis filiam: il Pandione di cui si tratta è il figlio di Erittonio ed è quindi legato alle origini mitiche di Atene. Secondo Apollodoro 3,14,8 Tereo ottiene la mano di Procne perché con i propri soldati viene in aiuto dell’esercito di Pandione nella guerra contro Tebe. – suum diem obisse dicit: in Ovidio leggiamo invece che è la stessa Procne, presa dalla nostalgia per la famiglia d’origine, a chiedere al marito di recarsi ad Atene per convincere Filomela a raggiungerla in Tracia, causando così l’invaghimento di Tereo alla vista della bellezza della cognata. 2 ad Lyncaeum regem: i riferimenti al re Linceo e a sua moglie Latusa 279
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(come peraltro quello a Driante al par. 3) si trovano per quanto ne sappiamo soltanto in Igino e potrebbero derivare da uno dei trattamenti letterari del mito che non possediamo. La permanenza di Filomela da Linceo doveva impedirle di raccontare alla sorella la violenza subita da parte di Tereo; nella versione di Ovidio invece Tereo taglia la lingua alla ragazza per garantirsi il suo silenzio. 3 cognita sorore: la versione del mito più nota prevede che Filomela, nell’impossibilità di parlare perché le è stata tagliata la lingua, ricami su un tessuto la sua vicenda con Tereo e lo faccia avere a Procne (Apollodoro 3,14,18; Ovidio, met. 6,572-600). 5 Tereum… accipitrem: la versione che prevede la metamorfosi di Tereo in sparviero è per noi documentata solo in Igino; le altre fonti letterarie dicono invece che viene trasformato in upupa, uccello lugubre e comunque predatore. Servio aggiunge che in uccello viene trasformato anche Iti (buc. 6,78). 46 La storia di Eretteo e quella di Eumolpo rappresentano miti fondativi per gli ateniesi, che infatti divinizzano Eretteo: oltre alle diverse citazioni in opere letterarie, sappiamo p. es. che una tragedia intitolata appunto Eretteo è opera sia di Euripide (abbiamo soltanto frammenti) sia, in ambito latino, di Ennio. 1 Pandionis filius: Eretteo è figlio di Pandione e Zeusippe, come Procne, Filomela e Bute. – filias quattuor: Apollodoro 3,15,1 riporta anche i nomi: Creusa, Ctonia, Procri e Orizia (altre versioni ne contano sei, aggiungendo Pandora e Protogenia); la madre era Prassitea. 2 Eumolpus: figlio di Posidone e Chione, è re di Eleusi e capostipite della dinastia sacerdotale del santuario (gli Eumolpidi) in quanto fondatore dei misteri di Demetra. Sul mito di Eumolpo, molto articolato e ricco di varianti, vd. Apollodoro 3,15,4-5. 3 ne… laetaretur: ricorre il frequente concetto dell’invidia da parte divina delle fortune umane (φϑόνος τῶν ϑεῶν) cui segue la punizione della reale o presunta superbia (hybris) di colui cui arride il successo. 4 Chthonia: il nome letteralmente significa “la sotterranea”: il fatto è citato anche in fab. 238,2. Secondo la versione di Apollodoro e quella che si può dedurre dai frammenti dell’Eretteo di Euripide, è lo stesso re a immolare la figlia in seguito al responso dell’oracolo prima di iniziare la battaglia decisiva per ottenere la vittoria – se ipsae interfecerunt: la tradizione prevede comunque che due figlie sopravvivano: la piccola Creusa sposerà Xuto da cui avrà Ione (Euripide, Ione 277-280) e Orizia verrà rapita dal vento Borea. – ab Iove… fulmine ictus est: la versione più diffusa (p. es. accolta da Euri280
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pide) prevede invece che Eretteo sia colpito dal tridente dello stesso Posidone, che apre una spaccatura nella terra nella quale il re viene inghiottito. 47 La storia di Fedra e Ippolito (un personaggio che peraltro ha un nome parlante, perché letteralmente significa “smembrato dai cavalli”) conosce grande fortuna letteraria a partire da Euripide, che dedica a Ippolito ben due tragedie di cui abbiamo soltanto la seconda; in ambito latino se ne occupa comprensibilmente Ovidio (met. 15,497-546 e epist. 4,17-36) e Seneca compone a riguardo una tragedia, Phaedra. La versione di Igino è perfettamente allineata a quella vulgata; molto curata e sensazionale la descrizione del toro emergente dalle acque che troviamo in Seneca, Phaedr. 1036-1048, un mostro che soffia insieme acqua e fiamme e ha un’orribile coda squamosa. 49 1 Apollinis filius: la madre è Coronide, sulla quale vd. fab. 202. – vitam reddidisse: Asclepio, che viene anche venerato come dio della medicina, è per eccellenza il risanatore da tutti i mali, compresa la morte: un ricco elenco dei personaggi da lui riportati in vita troviamo p. es. in Apollodoro 3,10,3. In Igino, astron. 2,14 troviamo l’articolato racconto della resurrezione di Glauco, per provocare la quale Asclepio impara l’uso di un’erba miracolosa da due serpenti che, avvolgendosi sul suo bastone, creano un simbolo figurativo (il caduceo) ancora oggi adottato in ambito medico. 2 in servitutem: la storia della schiavitù punitiva di Apollo, che troviamo anche altrove (p. es. dopo l’uccisione di Pitone), è citata anticamente: vd. Esiodo, fr. 55 M.-W. 50 1 simultatem his constituit: la prova per i pretendenti, un luogo comune in molti miti, è citata anche da Apollodoro 1,9,15. 2 in servitium: sulle cause del periodo di schiavitù presso Admeto vd. fab. 49,2. 51 I primi due paragrafi della fabula riproducono con minime variazioni il testo della fabula precedente. La parte nuova è costituita dal par. 3, che racconta la storia del sacrificio di Alcesti, che si dice disposta a morire al posto dello sposo, testimoniata già da Esiodo, fr. 54c M.-W., e trattata letterariamente in modo fortunatissimo da Euripide nella sua Alcesti. 3 ab Apolline accepit: secondo Eschilo, Eumen. 723-728, Apollo a sua volta 281
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deve chiedere il privilegio alle Parche, e lo ottiene dopo averle ubriacate. – Hercules: racconta Euripide, Alc. 1140-1143, che Eracle per ottenere Alcesti deve combattere a mani nude contro la morte stessa (Thanatos); invece secondo la tradizione più diffusa, rappresentata p. es. da Apollodoro 1,9,15, l’antagonista dell’eroe è Ade. 52 Il mito di Egina ed Eaco e la trasformazione delle formiche in uomini è testimoniato anticamente (Esiodo, fr. 205 M.-W.); Apollodoro 3,12,6 racconta peraltro che Asopo, personificazione di un fiume, va in cerca della figlia rapita da Zeus finché quest’ultimo lo colpisce con un fulmine. In ambito latino la versione più autorevole è quella di Ovidio, met. 7,615-674. 1 in insulam Delon: il primitivo nome di Egina (cfr. par. 4) secondo Igino è Delo, mentre per Ovidio è Oenopia (Enopia comunque già Pindaro, Nem. 8,21); la tradizione conserva tuttavia per l’isola il nome di Enone (“terra del vino”: p. es. Erodoto 8,46 e Apollodoro 3,12,6). 2 serpentem in aquam misit: Igino sintetizza al limite della reticenza l’ampia ricostruzione ovidiana: in questa Giunone manda sull’isola una terribile pestilenza che perfino costringe i serpenti a cercare ristoro nelle acque finendo così per avvelenarle. – debitum naturae solvebat: l’espressione di tipo giuridico debitum solvere (“estinguere il debito”), di uso piuttosto comune, viene adottata qui in senso idiomatico per indicare la morte, intendendo che l’uomo morendo pareggia il conto con la natura aperto nel momento della nascita, le restituisce insomma ciò che da lei aveva avuto, cioè la vita; oltreché in questo luogo di Igino (e in fab. 26,3), si trova un paio di volte in Ambrogio (hex. 5,16,55 e exp. psalm. 118,18,46) per ritrovarsi poi in età medievale. 53 1 Titanis filiam: si tratta del titano Ceo, figlio di Urano e Gea; in gen. 10 è invece annoverata fra le figlie di Polo. 2 mobilis fuit: Ortigia-Delo è considerata un’isola fluttuante e disabitata, finché, quale ricompensa per aver accolto Latona fuggitiva e averle permesso di partorire, viene fissata al fondale marino e diventa popolosa, secondo una tradizione ampiamente illustrata dall’Inno omerico ad Apollo. – oleam tenens: la tradizione più antica e locale parla in realtà non di un ulivo ma di una palma, simbolo di fecondità: Omero, Od. 6,162-163; Inno omerico ad Apollo 117-119. – Delos est appellata: Igino propende dunque per la tradizione che identifica Ortigia e Delo, ma secondo un’altra versione si tratta di due isole distinte: nell’Inno omerico ad Apollo leggiamo infatti che Apollo nasce a Delo mentre Artemide a Ortigia e per Strabone 282
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10,5,5 Ortigia va identificata con Renia, un isolotto vicino a Delo. 54 1 fatum fuit: la storia della profezia è bene attestata in letteratura: Igino qui segue la versione di Eschilo (Prometeo incatenato, 908-915). 2 praeter Prometheum: a differenza della versione seguita da Igino, per Ovidio è Proteo l’unico a conoscere l’oracolo (met. 11,211-228), mentre è Temis per Pindaro, Isthm. 8,27-48 e Apollodoro 3,13,5. 3 in coniugium Peleo: il matrimonio con un mortale, che in questa versione rappresenta un opportuno escamotage a favore di Giove, in un’altra versione appare invece una punizione inflitta a Teti dallo stesso Giove, perché, per rispetto di Giunone, aveva rifiutato la sua corte (Apollonio Rodio 4,790-98; Apollodoro 3,13,5). – eius cor exedebat: Igino è l’unico a raccontare che l’aquila rosicchia il cuore di Prometeo (vd. anche fab. 144,2); ogni altra versione di questo celebre mito parla infatti di fegato. – mittitur Hercules ut aquilam interficiat: la liberazione di Prometeo da parte di Ercole era oggetto del perduto Prometeo liberato di Eschilo ma pare accennata anche in Esiodo, theog. 527-529; vd. anche Apollodoro 2,5,11. ––– – post XXX annos: anche se l’editio princeps riporta triginta, è universalmente accettata la ragionevole ed economicissima correzione di Rose, che porta il limite cronologico a trentamila anni: è infatti questo il dato che si legge anche in un frammento del Prometeo liberato di Eschilo (208a Radt) e soprattutto in Igino, astr. 2,15,3. 55 Terrae filio: l’epiteto attribuito a Tizio è antico e di sapore epico (Omero, Od. 11,576; Virgilio, Aen. 6,595), ma il mito ne fa il figlio di Elara che, resa gravida da Giove, viene poi nascosta nelle profondità della terra per timore delle ritorsioni di Giunone; quando partorisce, il bambino di dimensioni prodigiose fuoriesce dalla terra e da qui il suo epiteto (vd. già Esiodo, fr. 78 M.-W.; Apollodoro 1,4,1). – ut Latonae vim afferret: questa versione del mito, secondo cui Tizio tenta di violentare Latona per ordine di Giunone e di conseguenza viene ucciso da Giove, si trova soltanto in Igino; la tradizione racconta invece che Tizio attenta a Latona di propria iniziativa, e per questo viene ucciso a colpi di freccia dai figli di questa, Diana e Apollo (p. es. Pindaro, Pyth. 4,90-92; Apollodoro 1,4,1; Lucrezio 3,984-991). – serpes ei appositus: già a partire da Omero, Od. 11,576-581, la tradizione parla non di un serpente ma di avvoltoi; Tizio comunque è uno dei “dannati eccellenti” che si trova sempre citato nelle descrizioni dei luoghi infernali (oltre a Omero, vd. almeno Lucrezio 3,984-994 e Virgilio, Aen. 6,595-600). 283
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56 Sulla figura di Busiride vd. soprattutto Apollodoro 2,5,11, anche se si tratta di un personaggio molto citato in letteratura (p. es. Erodoto 2,45; Diodoro Siculo 1,67,11 e 4,18,1; Virgilio, georg. 3,5; Ovidio, met. 9,182-183) la sua morte per mano di Ercole è peraltro annoverata fra i parerga dell’eroe in fab. 31,2. Thrasius: Apollodoro 2,5,11 al proposito documenta una grafia leggermente diversa: Φράσιος, corrispondente dunque a Phrasius; l’editio princeps riporta invece Thasius. 57 La storia di Bellerofonte e Stenebea ricalca un modello noto e piuttosto diffuso (p. es. quello di Fedra e Ippolito: qui fab. 47). In letteratura si trova a partire da Omero, Il. 6,155-195 (dove però la donna si chiama Antea), ed Esiodo, theog. 319-325, e sappiamo che Euripide è autore di una tragedia intitolata appunto Stenebea di cui abbiamo solo frammenti; vd. anche Apollodoro 2,3,1. 2 talem virum: caso di usura dell’aggettivo talis, che ha perso il valore “classico” per rappresentare semplicemente un aggettivo dimostrativo. – ad Chimaeram: il mostro era figlio di Tifone ed Echidna. Dalla descrizione di Apollodoro 2,3,1 sappiamo che aveva il corpo di leone, la coda di serpente e tre teste, di cui quella in mezzo di capra da cui eruttava fiamme. 3 Il breve paragrafo contiene una descrizione della chimera che ha tutte le caratteristiche di una glossa apposta da qualche lettore a un manoscritto e poi, come spesso succede, penetrata nel testo. Per questo Rose (seguito da Boriaud) l’aveva espunto ritenendo il testo non genuino. L’espressione media ipsa Chimaera (ripetuta poi in fab. 151,1) è la riproduzione della clausola di un verso di Lucrezio (5,905: qui fieri potuit, triplici cum corpore ut una, / prima leo, postrema draco, media ipsa Chimaera, / ore foras acrem flaret de corpore flammam?). 4 coxas eiecisse: Pegaso disarciona Bellerofonte perché il cavaliere, insuperbito dalla vittoria sulla chimera, punta verso il cielo: si tratta di un caso classico di hybris, cioè di superbia umana, che gli dei sono soliti punire in vario modo: per quanto ci è dato sapere dai frammenti conservati, nel Bellerofonte di Euripide il protagonista compariva sulla scena appunto zoppicando (vd. anche Pindaro, Isthm. 7,43-47). – alteram filiam: secondo la tradizione il suo nome era Filonoe, “l’amante del senno”, che rappresenta l’esatto opposto di Stenebea. – se interfecit: da quanto sappiamo, nella sua Stenebea Euripide racconta invece che è lo stesso Bellerofonte a vendicarsi della donna, facendola salire su Pegaso che l’avrebbe poi disarcionata precipitandola in mare dove trova appunto la morte. 284
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58 Per la storia di Smirna, chiamata più comunemente Mirra (questo il titolo p. es. della tragedia Vittorio Alfieri le dedica), vd. ampiamente Apollodoro 3,14,4; Ovidio, met. 10,298-518; sappiamo che la storia era stata trattata anche da Antimaco di Colofone e Catullo (95) ci testimonia che un epillio letterariamente molto elaborato dal titolo Zmyrna era opera del suo amico Elvio Cinna; la testimonianza più antica del mito si deve comunque a Esiodo, fr 139 M.-W. Il nome Smirna compare tuttavia in fab. 242,4. 1 Cynirae Assyriorum regis: il testo di Igino dipende da una fonte ibrida: secondo le versioni correnti Smirna è figlia di Tiante, re di Assiria (Apollodoro), oppure di Cinira, re di Pafo (Ovidio). – superbius locuta: la passione di Smirna per il padre è una punizione dovuta al comportamento superbo della madre (il tipico atteggiamento dettato dalla hybris), in Apollodoro invece è la stessa ragazza a provocare Afrodite rifiutandosi di compiere i sacrifici alla dea. – infandum amorem: l’amore concepito da Smirna è “indicibile”: l’aggettivo infandus (simile a nefandus) nega infatti la sfera del fas, cioè del lecito e del convenzionale, ed è lo stesso utilizzato per descrivere l’amore di Pasifae per il toro (fab. 40,1). 2 pudore stimulata: secondo Apollodoro e Ovidio, Smirna fugge dalla città perché il padre, una volta scoperto l’inganno e resosi conto di aver compiuto un gesto indicibile, insegue la figlia con la spada per ucciderla finché quest’ultima impietosisce gli dei e subisce la metamorfosi in albero. 3 natus est Adonis: Adone nasce dalla corteccia dell’albero in cui Smirna era stata trasformata. Secondo la tradizione (Apollodoro 3,14,4; Bione, Epitafio di Adone) era così bello che di lui si innamorano sia Afrodite sia Persefone, regina dell’Ade, al punto che ne nasce una controversia affidata al giudizio dello stesso Zeus: Adone sarebbe stato quattro mesi con l’una, quattro con l’altra e quattro con chi voleva; avendo egli scelto di restare con Afrodite anche il terzo dell’anno rimanente, Ares, accecato dalla gelosia, gli scaglia contro un cinghiale che lo uccide. Smirna viene quindi “vendicata” perché Venere resta vittima di una passione violenta e incontenibile come quella a suo tempo da lei fatta nascere nella madre del suo amato. 59 La storia dell’amore e della morte di Fillide è raccontata da Apollodoro, epit. 6,16-17; Servio, buc. 5,10 che rispettivamente la arricchiscono in tono romanzesco; Ovidio le dedica la seconda delle Epistulae Heroidum. 1 in Thraciam: Demofonte attraversa la Tracia nel suo cammino per Troia, dove riscatta la nonna Etra, condottavi in schiavitù (vd. fab. 79,4). 2 Ἐννέα Ὁδοὶ: questa spiegazione eziologica sul nome del luogo si trova 285
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soltanto qui; questo è il sito dove poi viene localizzata la città di Anfipoli. Apollodoro racconta invece che è Fillide ad accompagnare fin qui Demofonte alla sua partenza. Il nome greco è restituito da Rose; il testo dell’editio princeps è infatti Enneados (conservato da Boriaud) – spiritum emisit: la morte per il desiderium (il termine latino indica insieme mancanza, nostalgia, rimpianto) dell’amato è qui descritta come una romantica consunzione, mentre nella versione più intrecciata di Apollodoro, Fillide si toglie la vita maledicendo l’ingrato Demofonte, nel frattempo stabilitosi a Cipro, e provocando la morte di quello; in fab. 243,6 Igino adotta la versione che vede Fillide darsi la morte impiccandosi. 3 arbores ibi sunt natae: Servio, buc. 5,10, identifica in queste piante il mandorlo. – folia Graece phylla sunt appellata: la notazione etimologica in riferimento al greco φύλλα è integrata da Servio con la notizia che prima il nome greco delle foglie era πέταλα. 60 Questa versione del mito di Sisifo viene tramandata solo da Igino. La tradizione conserva tuttavia altre versioni relative a questo personaggio che variamente viene ricordato come colui che svela agli uomini i progetti degli dei (Servio, Aen. 6,616), che rivela ad Asopo che era stato Zeus a rapire la figlia di quello, Egina (Apollodoro 1,9,3; Pausania 8,5,1), o ancora che riesce con uno stratagemma a tornare in vita dopo esser morto per essere poi riportato a forza negli inferi (Teognide 702-713). 3 saxum: Sisifo è uno dei grandi dannati nell’immaginario mitologico: mentre infatti non c’è concordanza sulla natura della sua impietas, la pena a cui è condannato, e cioè la sua vana fatica, è senz’altro ricordata ed è presente anche come elemento proverbiale. 61 La storia di Salmoneo, un ennesimo esempio di hybris rappresentato da un uomo che vuole essere pari a un dio (in questo caso addirittura il padre di tutti gli dei), è presente in dettaglio in Apollodoro 1,9,7 e Virgilio, Aen. 6,585-594, ma la troviamo citata già in Esiodo, fr. 30 M.-W. e dai frammenti di un dramma satiresco di Sofocle intitolato appunto Salmoneo. tonitrua: il testo di Igino si limita di fatto a raccontare come Salmoneo imitasse i fulmini di Giove; in Servio, Aen. 6,585 (ma già anche in Manil. 5,91-96) leggiamo che imitava anche i tuoni, legando al suo carro otri pieni di ghiaia e vasi di bronzo e trascinandoli in velocità su una struttura sospesa da terra.
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62 Anche Issione è ricordato come uno dei grandi dannati del mito perché di fatto nella sua superbia sfida Zeus cercando unirsi alla moglie di questo e di conseguenza riceve una punizione esemplare. La storia è variamente citata in letteratura: la più antica testimonianza della versione raccontata da Igino è in Pindaro, Pyth. 2,35-49, e sappiamo che sia Eschilo che Euripide avevano scritto una tragedia intitolata appunto Issione. Una diversa versione è testimoniata anticamente da Omero, Il. 317-318, dove è Zeus a violentare la moglie di Issione generando Piritoo. Leontei filius: soltanto Igino attribuisce Leonteo come padre a Issione; le altre fonti citano nomi diversi e per questo, a differenza degli editori recenti, Rose a suo tempo riteneva il testo corrotto. 63 Il mito di Perseo, fondatore della dinastia regia di Argo, e della madre Danae è stato oggetto di diversi trattamenti drammatici che conosciamo soltanto per pochi frammenti: Eschilo è autore di un dramma satiresco intitolato i Trascinatori di reti, che racconta il ritrovamento della cassa in mare, Sofocle scrive un Acrisio e una Danae, Euripide infine ancora una Danae e un Ditti. 1 in muro lapideo: secondo Apollodoro 2,4,1 la prigione di Danae sarebbe stata sotterranea e protetta da pareti di bronzo; così anche Sofocle, Ant. 994-997. – Iovis: la versione di Apollodoro dice che a unirsi a Danae non era stato Giove ma Preto, il fratello di Acrisio, interpretando dunque la prigionia della ragazza come una punizione e non come una cautela. 3 in insulam Seriphum: i latini modificano la versione classica del mito e immaginano una continuazione italica delle vicende: la cassa giunge nel Lazio e viene recuperata dal dio Pilumno, che quindi sposa Danae fondando poi con lei la città di Ardea (Virgilio, Aen. 7,371-372; Servio, Aen. 10,76). – piscator Dictys: Igino si limita a citare questo personaggio-chiave; per Apollodoro 2,4,2-3 invece si tratta del fratello del re Polidette. 5 funebres ludos: Apollodoro 2,4,4 colloca in un’altra occasione i giochi in cui Acrisio trova accidentalmente la morte secondo la profezia: si tratta dei giochi funebri del padre di re Teutamide di Larissa in Tessaglia, cui Perseo partecipa, finendo per colpire il nonno che si era rifugiato là per timore di essere ucciso dal nipote. – deorum factum est: l’intera frase ha un sapore sentenzioso e conclude il racconto esprimendo una morale contenente il giudizio dell’autore. – regnaque avita possedit: anche in questo il racconto di Apollodoro si conclude in modo diverso: sconvolto per aver provocato la morte del nonno, Perseo cede il regno di Argo a Megapente, figlio di Preto, ottenendo in cambio quello di Tirinto. 287
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64 Il mito ha molta risonanza letteraria, soprattutto per gli “effetti speciali” da ravvisare da un lato nel mostro marito e dall’altro nella testa della Gorgone che pietrifica: una tragedia intitolata Andromeda è opera sia di Sofocle che di Euripide; vd. anche Apollodoro 2,4,3-4 e in ambito latino Ovidio, met. 4,670-756 e Igino, astr. 2,11. 1 Nereidibus anteposuit: la superbia di Cassiopea è un tipico gesto di hybris nei confronti delle divinità, regolarmente punito da queste ultime; secondo Apollodoro invece è la propria bellezza che Cassiopea magnifica. – Cephei filia: nella versione di Apollodoro il padre di Andromeda, Cefeo, è re di Etiopia. 2 eo dicitur venisse: Perseo giunge a uccidere il mostro marino e quindi a liberare Andromeda di ritorno dalla sua impresa maggiore, cioè l’uccisione di Medusa, una delle tre Gorgoni, un mito molto noto e raccontato in antico. Di questo tuttavia Igino stranamente non fa menzione nella sua opera, pur considerandone qui le conseguenze, e cioè il possesso da parte dell’eroe della testa con i capelli di serpenti che Perseo aveva staccato dal corpo di Medusa e che brandiva come un’arma, avendo questa conservato il potere di pietrificare chi l’avesse guardata. – liberasse a periculo: mentre Igino si mostra molto reticente su questa parte del mito, che evidentemente non gli interessa, al combattimento fra Perseo e il mostro Ovidio dedica un’ampia sezione del suo racconto. – cum Agenore: Agenore è fratello di Cefeo e promesso sposo di Andromeda; non c’è concordanza con l’identificazione del personaggio: in Apollodoro 2,4,3 e Ovidio, met. 5,1-235 si chiama Fineo. 4 Polydectes: evidentemente qui Igino si serve di fonti diverse rispetto a quelle seguite a proposito del racconto precedente, dove Polidette è descritto come premuroso nei confronti di Danae e Perseo; qui invece risulta personaggio negativo e ostile, che invia Perseo ad affrontare le Gorgoni per poter avere campo libero con Danae e poi ne ha paura una volta che lo vede tornare vittorioso al punto da volerlo uccidere. 65 La storia di Ceice e Alcione così come è raccontata da Igino segue la versione raccontata dettagliatamente e in toni drammatici da Ovidio, met. 11,710-748. Del tutto diversa invece quella di Apollodoro 1,7,4, dove i due peccano di hybris atteggiandosi rispettivamente a Zeus ed Era e subiscono pertanto la metamorfosi per punizione. nautae alcyonia appellant: si tratta delle due settimane di bonaccia a cavallo del solstizio d’inverno, nelle quali secondo la tradizione Zeus impone la calma al mare per permettere agli alcioni di deporre le uova sulla distesa 288
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piatta e di covarle in galleggiamento fino allo schiudersi (vd. p. es. Plinio, nat. 2,125; Gellio 3,10,5; anche Ambrogio, hex. 5,13,40). 66 Con questo racconto inizia la sezione relativa a Tebe, che espone materiali mitici ampiamente documentati dalla letteratura sia drammatica che epica. 2 Periboea: questo il nome tramandato p. es. da Apollodoro 3,5,7 e presente anche nell’Oedipus di Seneca; nell’Edipo re di Sofocle invece si chiama Merope. – ad mare: Igino segue una variante che fa del piccolo Edipo un “affidato alle acque”, secondo un luogo comune leggendario che fa ricordare almeno le storie di Mosè e di Romolo e Remo; nella versione classica sofoclea invece l’esposizione avviene sul monte Citerone, dove un pastore raccoglie il bambino e lo consegna a uno dei servi del re Polibo. – pedes transiectos: il nome Edipo letteralmente significa “piedi gonfi”, e la spiegazione etimologica in genere non manca mai nei racconti di questo mito: secondo Sofocle era stato Laio a bucare le caviglie del neonato per applicarvi un laccio al fine di esporlo (Oed. rex 717-722 e 1032-1034). 67 1 aequales obiciebant: Igino segue la versione accolta da Apollodoro 3,5,7 e attribuisce il dubbio di Edipo sulla propria nascita alle insinuazioni dei compagni, invidiosi della sua prestanza fisica; diversamente Sofocle l’attribuisce alle rivelazioni di un convitato ubriaco (Oed. rex 779-780). 3 detraxit et occidit: il caso vuole che Edipo e Laio si incontrino da direzioni opposte sulla stessa via per Delfi, per interrogare l’oracolo in fondo sulla stessa circostanza: la sintesi di Igino ricalca la versione classica di Sofocle (Oed. rex 800-813; vd. anche Apollodoro 3,5,7), tranne nel particolare del piede schiacciato, per cui non si risale a una fonte certa. 4 Sphinx: secondo Apollodoro 2,3,8 la sfinge, figlia del gigante Tifone e di Echidna, rappresenta una punizione inviata a Tebe da Era per vendicare il rapimento di Crisippo da parte di Laio (vd. fab. 85); lo stesso Apollodoro la descrive come un mostro dal volto di donna, il corpo di leone e le ali di uccello (3,5,8), ma p. es. in Sofocle Edipo la chiama con disprezzo «cagna che ricuce canti» (Oed. rex 391). – carmen: il termine designa variamente il canto poetico, ma anche la formula magica e in generale connota forme cadenzate e variamente ritmiche di comunicazione caratterizzate da solennità; qui si riferisce al celebre enigma che descrive l’uomo come l’essere con una sola voce e dotato dapprima di quattro, poi due e infine tre gambe (Apollodoro 3,5,8, ma il riferimento è in vari altri autori). 6 ex draconteo genere: l’espressione si riferisce alla discendenza di Cadmo, che per fondare Tebe aveva dovuto uccidere un drago, seminarne i 289
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denti e uccidere i guerrieri (gli “sparti”, cioè i seminati) nati da questi (vd. fab.178,5-6); tutti i discendenti di Cadmo recavano su corpo anche un insigne, cioè un marchio, un tatuaggio, citato in fab. 72,3. – Menoeceus Iocastae pater: figlio di Oclaso, Meneceo è padre di Creonte e Giocasta; il suo suicidio come sacrificio per salvare Tebe dalla peste è confermato dalla fab. 242,3, ma non trova altra documentazione nei testi a noi noti. Probabilmente nelle fonti di Igino si è ingenerata confusione con il figlio di Creonte e nipote di Meneceo, pure di nome Meneceo, di cui si parla in fab. 68,4. 7 palam fecit… agnovit: il riconoscimento di Edipo come figlio di Laio qui avviene in due momenti, dapprima grazie alla rivelazione di Peribea e poi con la conferma del vecchio che riconosce le antiche cicatrici; Sofocle invece adotta una versione più drammatica, in cui Edipo estorce la confessione al vecchio servo di Laio che l’aveva esposto e al servo di Polibo che l’aveva raccolto. 8 a Thebis… profugit: l’allontanamento di Edipo da Tebe è considerato una conseguenza del gesto empio anche nell’Edipo re e nell’Edipo a Colono di Sofocle, in quanto essere contaminato e destinato a espiare con una vita raminga e desolata. Tuttavia secondo un’altra versione, p. es. accolta da Euripide nelle Fenicie, Edipo resta a Tebe, seppure in una sorta di reclusione. 68 Il materiale qui sintetizzato alimenta i trattamenti letterari dei mito dei “sette a Tebe”, che immediatamente riporta, in momenti e luoghi ben diversi, all’omonima tragedia di Eschilo e alla Tebaide di Stazio. Anche per questo, il titolo della fabula appare del tutto parziale. 1 cedere noluit: i due figli maschi di Edipo ricevono il regno dal padre impegnandosi a regnare ad anni alterni (vd. fab. 67,8); la discordia nata fra loro per la brama di potere è luogo comune, e come tale ricordato variamente in letteratura: il rifiuto da parte di Eteocle in particolare è ricordato nelle Fenicie di Euripide e da Apollodoro 1,8,5. 2 Capaneus: Capaneo afferma che nemmeno il fulmine di Giove avrebbe potuto fermarlo nella conquista di Tebe e per questo viene incenerito (Eschilo, Sept. 423-446; Euripide, Phoen. 1172-1186; Apollodoro 3,6,7; Stazio, Theb. 10,827-936): l’episodio diventa presto simbolo di hybris e così arriva fino a Dante, che colloca il personaggio, raffigurato come un gigante ancora preda di quel sentimento, fra i bestemmiatori (Inf. 14,43-75). 3 alius alio seducitur: l’immagine tradizionale della colonna di fumo che si eleva dal rogo dei cadaveri dei due fratelli e che si bipartisce contro ogni legge fisica rappresenta in modo molto efficace la discordia di quelli, che non si acquieta neppure dopo la loro morte. 290
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4 ex dracontea progenie: vd. fab. 67,6 e nota. – Menoeceus: il volontario sacrificio del figlio di Creonte, nipote quindi di un omonimo personaggio (vd. comunque fab. 67,6), è spesso ricordato come gesto magnanimo per salvare la patria: p. es. Euripide, Phoen. 903-1018; Apollodoro 3,6,7; Cicerone, Tusc. 1,116; Stazio, Theb. 10,589 ss. 69 1 responsum ab Apolline fuit: l’oracolo di Apollo ad Adrasto è ricordato da Euripide sia nelle Fenicie 408-411 che nelle Supplici 132 ss., ma anche da Apollodoro 3,6,1 e da Stazio, Theb. 1,390-400. 3 incognita veste venisse: alcune fonti (p. es. Apollodoro 3,6,2) tramandano al proposito una versione più razionalistica, precisando che non si trattava di un travestimento o comunque di un abbigliamento particolare, ma che sullo scudo dei due guerrieri figurava rispettivamente l’immagine di un leone e quella di un cinghiale. 7 Amphion: sulla costruzione prodigiosa delle mura di Tebe vd. fab. 9,1 e nota. – hae autem fuerunt: diversa la lista di nomi contenuta in Eschilo, Sept. 375 ss. (Preto, Elettra, Nuova, Atena Onca, Nord, Omoloide, Settima) e ancora in Apollodoro 3,6,6 (Omoloide, Ogigia, Pretide, Oncaide, Ipsista, Elettra, Crenide); a ogni porta si schiera uno dei sette eroi da ciascuna delle due parti in guerra. 70 La lista dei Sette a Tebe è del tutto tradizionale, e come tale ricorrente negli stessi termini nei testi letterari che trattano il mito: vd. p. es. Eschilo, Sept. 375 ss., Sofocle, Oed. Col. 1309 ss., Euripide, Phoen. 1090 ss., Apollodoro 3,6,3. 2 equi beneficio: il cavallo di Adrasto si chiama Arione: nato in Beozia dall’unione di Posidone e Demetra (Apollodoro 3,6,8), viene donato al re beota Copreo, che a sua volta lo dona a Eracle (è a cavallo di questo che vince la gara contro Cicno: fab. 31,3), che lo cede infine ad Adrasto. 71 1 vicariam vitam dedit: essendo Adrasto l’unico sopravvissuto dei sette condottieri, suo figlio Egialeo compensa essendo l’unico dei figli di questi a morire. Lo scambio della vita è un tratto favolistico attestato in ambienti e storie diverse, la più famosa delle quali è quella di Alcesti (vd. fab. 51,3). 72 La vicenda di Antigone è materia trattata dalla celebre tragedia di Sofocle, che tuttavia qui Igino mostra di non seguire quanto a contenuto, forse a 291
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favore dell’Antigone di Euripide, di cui però abbiamo soltanto qualche notizia, o di altri trattamenti letterari del mito, anche di ambito latino, che non siamo in grado di seguire: ricostruzione del problema in Inglese 1992. 1 Antigona soror et Argia coniunx: la moglie di Polinice, Argia, non compare nell’Antigone di Sofocle, dove Antigone è accompagnata dalla sorella Ismene, che tuttavia alla fine non si sente di sostenere il suo progetto di dare sepoltura al fratello. – in eadem pyra: altra differenza con la tragedia sofoclea, dove Antigone si limita a seppellire simbolicamente Polinice gettando sul suo cadavere qualche manciata di terra. 3 in corpore insigne habebant: sappiamo da Plutarco che si trattava di una specie di tatuaggio a forma di lancia (sera num. vind. 563a-b); quanto alla stirpe del drago, vd. fab. 67,6 e nota. 4 Megaram… Therimachus et Ophites: vd. fab. 31-32. 73 Il mito è materia drammatica: una tragedia intitolata Alcmeone si attribuisce a Eschilo ed Euripide ne aveva dedicate ben due a questo personaggio, mentre in ambito latino un altrettanto perduto Alcmeo (o Alcumeo) è opera di Ennio; vd. comunque Sofocle, Electr. 835 ss.; Ovidio, met. 9,406-412. 3 terra est devoratus: sulla scenografica fine di Anfiarao vd. naturalmente Stazio, Theb. 7,690-893, che Dante ricorda in Inf. 20,31-34. 74 Sappiamo che una tragedia intitolata Ipsipile è opera sia di Eschilo che di Euripide, ma sono conservati soltanto riassunti; il testo di Igino comunque pare seguire molto da vicino la versione formalizzata da Apollodoro 3,6,4. 1 in servitute: Ipsipile è venduta come schiava dai predoni dopoché fugge da Lemno, dove le donne l’avevano minacciata di morte, quando scoprono che ha contravvenuto all’accordo di uccidere tutti gli uomini salvando la vita al padre Toante (vd. fab. 15,5). – Archemorum sive Ophitem: il bambino allevato da Ipsipile secondo Apollodoro è figlio di Licurgo (non Lico, nome che in Igino è probabilmente frutto di una banalizzazione) ed Euridice; sempre in Apollodoro il nome è Ofelte (e non Ofite), ma viene cambiato in Archemoro (letteralmente “iniziatore del destino”) dai Sette condottieri, per suggerimento di Anfiarao: un nome parlante che allude al destino di morte che li attendeva a Tebe. – ne in terram puerum deponeret: la notizia sul responso dell’oracolo compare solo qui fra i testi noti sull’argomento. 2 puerum in terram deponere, etc.: il testo presenta una sintassi franta e disarticolata (la frase che inizia il periodo ha per soggetto illa, ma bruscamente la struttura cambia e la principale ha come soggetto apium), al 292
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punto che c’è chi ha supposto una lacuna. A dire il vero il testo di Igino mostra abbastanza spesso cambi strutturali di questo tipo e comunque il senso è del tutto evidente. 3 ludosque… funebres instituerunt: si tratta dei Giochi Nemei, che in età storica si celebrano ogni due anni (e non ogni quattro), e Apollodoro conserva anche la distinta dei vincitori delle prime gare; secondo una tradizione parallela i Giochi vengono istituiti da Ercole una volta sconfitto il leone di Nemea. 75 Il racconto del duplice cambiamento di sesso di Tiresia è presente in molti testi antichi: per tutti vd. almeno Apollodoro 3,6,7 (che dice di prendere la notizia da Esiodo) e Ovidio, met. 3,316-338: quest’ultimo precisa che Tiresia restò femmina per sette anni. 1 dracones venerantes: degno di nota il participio venerantes, connesso etimologicamente con il tema di Venus, che esprime quello che Ovidio racconta più distesamente (met. 3,324-325: duo magnorum… coeuntia… / corpora serpentum), come se fosse Venere (cioè amore) coeuntes (“che si univano in amore”); si tratterebbe di un verbo omografo di veneror (“venerare”), che non troviamo diversamente attestato in tutta la latinità, e non è pertanto escluso che siamo in presenza di una corruzione del testo. 2 quis magis… voluptate caperet: il giudizio di Tiresia propende per l’opinione di Giove, ma in maniera non schiacciante: Apollodoro esplicita il ragionamento dicendo che dal punto di vista di Tiresia, dividendo il piacere amoroso in 19 parti uguali, dieci spettavano al maschio e nove alla femmina. 3 eum excaecavit: la cecità è condizione specifica dell’abilità divinatoria di Tiresia e nelle varie versioni, tutte sintetizzate da Apollodoro, rappresenta una punizione per un gesto indebito nei confronti degli dei: qui per aver dato la vittoria a Giove invece che a Giunone, altrimenti per aver rivelato agli uomini i progetti segreti degli dei o ancora per aver guardato indebitamente Atena nuda mentre faceva il bagno in una sorgente sul monte Elicona. 77 Leda, figlia di Testio re dell’Etolia, partorisce due coppie di gemelli da due padri diversi, cui secondo una tradizione si unisce nella stessa notte: l’attribuzione di ogni coppia al legittimo padre corrisponde a quella di Apollodoro 3,10,7, che ricorda anche che la trasformazione di Giove in cigno fa sì che i suoi figli nascano da un uovo (conservato in un tempio a Sparta e visto da Pausania 3,16,1). Nella successiva fab. 78,1 Igino evidentemente segue una versione diversa perché attribuisce a Tindaro la pater293
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nità di Elena e Clitemnestra. La circostanza per cui un dio e un mortale si uniscono nella stessa notte a una mortale, che quindi inizia una duplice gravidanza, si verifica anche a proposito di Alcmena, che si unisce a Giove e ad Anfitrione (vd. nota a fab. 29,4). 78 1 Clytaemnestram et Helenam: vd. invece fab. 77 e nota. – complures... proci: all’elenco dei pretendenti Igino dedica la fab. 81. 2 repudiari filiam suam: il testo non chiarisce il motivo dell’eventuale ripudio di Clitemnestra da parte di Agamennone, circostanza che Tindaro vuole scongiurare a ogni costo: possiamo ipotizzare che si trattasse di una ritorsione nel caso in cui Elena non fosse andata sposa a Menelao, fratello di Agamennone. – monitus ab Ulixe: il re di Itaca impersona sempre l’astuto consigliere, ma in questo caso con un evidente tornaconto: Apollodoro 3,10,9 ricorda infatti che in cambio ottiene da Tindaro l’impegno a convincere Icario a dare in sposa a Ulisse la figlia Penelope. – iureiurando se obligavit: probabilmente Igino travisa le sue fonti, perché già nel Catalogo delle donne di Esiodo (fr. 204 M.-W.; vd. anche Apollodoro 3,10,9) sono i pretendenti a pronunciare un giuramento in forma solenne impegnandosi ad aiutare il prescelto a difendere l’unione matrimoniale a ogni costo e pertanto stabilendo le basi della futura alleanza contro Troia. – arbitrio Helenae: sempre secondo Apollodoro è lo stesso Tindaro a operare la scelta e non Elena; un’altra tradizione invece racconta che il nome di Menelao viene estratto a sorte. 79 1 Athenas in pagum Atticae regionis: la tradizione vuole che Elena, ancora bambina, venga rapita mentre danzava nel tempio di Artemide Orzia a Sparta e portata ad Afidna, un demo dell’Attica (Erodoto 9,73; Plutarco, Thes. 31 ss.; Apollodoro 3,10,7 e epit. 1,23, che dice che all’epoca Elena aveva dodici anni), e pertanto questo è il pagus cui Igino dovrebbe riferirsi; la menzione di Atene nel testo deve quindi intendersi come una determinazione generica di luogo. 2 Proserpinam in coniugio: come Piritoo aiuta Teseo a rapire la piccola Elena, così quest’ultimo aiuta l’amico nella sua trasferta negli inferi, in un’operazione che pure riveste caratteri di esagerata tracotanza, la solita hybris punita dagli dei; in questo senso, Igino è l’unico che descrive la vicenda come conseguenza di un suggerimento di Giove. La discesa della coppia di amici nell’oltretomba appartiene comunque alla tradizione letteraria a partire almeno da Esiodo, fr. 280 M.-W. – per insulam Taenariam: il Tenaro, dove il mito situa uno degli ingressi al mondo dei morti, è in realtà un promontorio; analogo scambio di concetti geografici in fab. 15,1. 294
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– strati diuque lacerati sunt: la versione accolta da Apollonio Rodio 1,102 e Apollodoro, epit. 1,24 racconta che Plutone all’inizio si mostra benevolo e li invita a un banchetto, ma presto i due vengono immobilizzati sui loro sedili da un groviglio di serpenti. 3 ad canem tricipitem ducendum: si tratta di una delle canoniche fatiche compiute per volontà di Euristeo (fab. 30,13). – eosque incolumes eduxit: in realtà già dai poemi omerici si apprende che Ercole riesce a riportare nel mondo dei vivi soltanto Teseo (Il. 1,262 ss.; Od. 11,631; ma anche Apollodoro 2,5,12; Plutarco, Thes. 30 ss.), mentre Piritoo resta negli inferi a scontare variamente una pena; un ritorno anche di quest’ultimo alla vita era però contenuto in una perduta tragedia di Euripide, il Piritoo, che conosciamo soltanto attraverso un riassunto bizantino. 4 Aethram… Phisadiem: vd. anche fab. 92,5. 80 1 Apharei… Leucippi: fidanzamento, rapimento e scontro avvengono all’interno della stessa famiglia, fra coppie di cugini: infatti Afareo e Leucippo sono fratelli di Tindaro (padre di Castore e Polluce). 2 amissis sponsis arma tulerunt: nella versione più diffusa, rappresentata dagli antichi Canti Cipri ma anche da Apollodoro 3,11,2, il combattimento mortale fra cugini è motivato non dal conteso rapimento delle promesse spose ma da un contrasto sulla spartizione di una mandria di bovini. 4 Castorem semine Tyndarei et Clytaemnestram natos: vd. analogamente la fab. 77. 5 alterna morte redemptus: evidente citazione di Virgilio, Aen. 6,121: si fratrem Pollux alterna morte redemit; l’idea della “morte vicendevole” dei due gemelli, anche se diversamente motivata, ricorre già in Omero, Od. 11,303-304. – Romani servant institutum: questa tradizione romana non è diversamente attestata, ma testimonia ulteriormente lo scrupolo dell’autore nel collegare elementi del mito a tradizioni latine: in particolare, l’interesse per l’eziologia di una manifestazione di tipo sportivo richiama la celebre e dettagliata descrizione del ludus Troianus da parte di Virgilio (Aen. 5, 545-602), menzionato in fab. 273,19. 81 In antico circolavano diverse liste di pretendenti di Elena, sempre rispondenti alla diffusa tendenza al catalogo, come lo stesso Igino riconosce al termine: la più antica risale a Esiodo, frr. 196-204 M.-W., ma un altro nutrito elenco troviamo p. es. in Apollodoro 3,10,8. La rassegna di Igino contiene anche nomi sconosciuti, come Blaniro e Clizio, che potrebbero anche essere esito della corruzione del testo. 295
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82 2 ad homines renuntiavit: nell’immaginario antico Tantalo è uno dei grandi peccatori, e non è un caso che il suo sia un peccato di hybris, perché rivelare agli uomini i disegni degli dei significa aver tradito la fiducia addirittura di Zeus e quindi volersi sostituire allo stesso padre degli dei. Secondo altre versioni la colpa di Tantalo consisteva nell’aver cercato di dare in pasto agli dei carne umana, e cioè il proprio figlio Pelope (vd. fab. 83). – semperque sitire: il supplizio di Tantalo consiste anzitutto nella condanna alla sete e fame perenne, come leggiamo già in Omero, Od. 11,582-592, e diventa un elemento anche proverbiale frequente in letteratura. 3 saxum super caput: la menzione di questa ulteriore punizione, alternativa alla precedente, si trova pure testimoniata anticamente, a partire da Archiloco, fr. 91 West. 83 La storia dello smembramento e successiva ricomposizione (anche se parziale) di Pelope è presente già in Pindaro, Ol. 1,24-51. Quanto alla parte mangiata da Cerere e quindi sostituita (il corpo ricomposto annovera così una parte “non immortale”), la tradizione tuttavia parla sempre di una spalla e non del braccio: Plinio racconta che questa specie di protesi d’avorio era esposta alla venerazione in un tempio dell’Elide (nat. 28,34). 84 Il mito di Enomao e Pelope è attestato anticamente, almeno a partire da Esiodo, fr 259 M.-W., e variamente presente in letteratura (sappiamo della rappresentazione di due tragedie intitolate appunto Enomao, una di Sofocle e una di Euripide): per tutti, Apollodoro, epit. 2,4-9. 1 Euareten Acrisii filiam: la tradizione vuole che Acrisio avesse un’unica figlia, Danae (fab. 63,1), e che la madre di Ippodamia sia una delle Pleiadi, Sterope (Apollodoro 3,10,1): Igino segue una versione diversa, ma è l’unico a riportarla fra le fonti note. 4 Myrtilo aurigae eius persuasit: a differenza di Igino, nella cui versione Mirtilo accetta di boicottare la gara per brama di potere, Apollodoro, epit. 2,8 propende per quella che vede l’auriga innamorato a sua volta di Ippodamia. Pindaro, Ol. 1,67-89 poi aderisce a una tradizione eroica che subordina la vittoria di Pelope non all’inganno ma all’aiuto di Posidone, che fa dono all’eroe di un carro divino trainato da cavalli alati irraggiungibili. – equi distraxerunt: naturalmente anche Enomao muore nell’incidente provocato da Mirtilo e Apollodoro, epit. 2,7 aggiunge che, compreso l’inganno, in punto di morte maledice l’auriga infedele augurandogli di essere ucciso per mano di Pelope. 296
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5 cogitavit sibi opprobio futurum: Igino non è chiaro al proposito e non si comprende di quale disonore si tratti: probabilmente si allude alla versione (conservata p. es. da Servio, georg. 3,7) che include nell’accordo fra Pelope e Mirtilo la scabrosa clausola per cui l’auriga, innamorato di Ippodamia, avesse il diritto di unirsi all’amata anche se promessa a Pelope. Si spiega così anche la variante testimoniata da Apollodoro, epit. 2,8 in base alla quale Pelope uccide Mirtilo perché aveva cercato di violentare Ippodamia durante il viaggio. – eumque in mare praecipitavit: secondo Apollodoro, epit. 2,8 Mirtilo precipitando in mare lancia una maledizione su Pelope e i suoi discendenti, che è all’origine della sfortunata serie di lutti che la tradizione tragica conserva; secondo un’altra versione, documentata peraltro da Igino, astr. 2,13, Mirtilo viene salvato dal padre Ares/Marte e viene trasformato nella costellazione dell’Auriga. 85 Nemeae ludis rapuit: Apollodoro 3,5,5 ci informa che Laio rapisce Crisippo, di cui si era innamorato, mentre gli insegnava a guidare il carro, e pertanto l’ambientazione a Nemea allude senz’altro alle gare dei Giochi Nemei. – Hippodamiae impulsu: Ippodamia riveste qui il ruolo di matrigna, che spinge i propri figli a uccidere il fratellastro: il materiale è evidentemente tragico, e infatti sappiamo che Euripide è autore di una tragedia intitolata Crisippo che, secondo la testimonianza di Cicerone (Tusc. 4,71), aveva per soggetto appunto l’amore di Laio per Crisippo. 86 Igino segue una tradizione che fa di Plistene il figlio di Atreo rapito e allevato lontano, che a un certo punto ritorna per fare il vendicatore; in altre versioni è uno dei figli di Tieste, che Atreo uccide e dà in pasto al padre inconsapevole (vd. fab. 88,1). Sappiamo che Euripide aveva scritto una tragedia intitolata Plistene, che probabilmente costituisce una delle fonti di Igino. 87 L’incesto fra Tieste e Pelopia è raccontato nella fab. 88. La breve fabula condensa una serie di luoghi comuni mitologici, come l’esposizione del neonato e il reperimento da parte di pastori, ma contiene anche l’etimologia del nome Egisto dal termine greco αἴξ, appunto “capra”. 88 La materia può derivare da una delle tragedie sull’argomento opera di Sofocle (che ne scrive due, fra cui un Tieste a Sicione) o da quella di Euripide; 297
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in ambito latino un Thyestes è opera di Ennio e dai frammenti vediamo che uno dei personaggi della tragedia è proprio Tesproto; gli elementi di tradizione latina valorizzati qui da Igino sono illustrati da Liénard 1968. 1 iniurias exsequi: Tieste aveva sedotto la moglie di Atreo (fab. 86). 2 Sol currum avertit: l’inversione del corso del sole, che quindi tramonta a oriente, rappresenta il sovvertimento dell’ordine naturale delle cose, e quindi bene simboleggia la scena rappresentata, in cui in modo del tutto innaturale un padre si ciba delle carni dei propri figli e pertanto il sole si rifiuta di illuminare un gesto così nefando: la circostanza sarà descritta in toni apocalittici anche nel Thyestes di Seneca dal coro (vv. 827 ss.), ma anche Lucano all’inizio del libro VII della Pharsalia si serve dell’immagine dicendo che il sole si rifiuta di sorgere per non illuminare il giorno della battaglia decisiva fra Cesare e Pompeo. Già in un altro momento comunque il mito di Atreo e Tieste prevede l’inversione del corso del sole, quando cioè per suggerimento di Zeus Tieste si accorda col fratello di rinunciare al regno se quel giorno il sole fosse tramontato a oriente, e così in effetti avviene (Apollodoro, epit. 2,12). 7 caprae supposuerunt: dal fatto di essere allattato dalle capre Egisto deriva il suo nome (fab. 87). 89 1 muro cinxisse: la tradizione che vuole le mura di Troia costruite da Posidone e Apollo al servizio di Laomedonte risale a Omero (Il. 7,452-453; 21,441-457), che descrive l’opera come una punizione inflitta ai due dei da Zeus per aver cercato di metterlo in catene; secondo Apollodoro 2,5,9 i due dei erano invece scesi sulla terra impegnandosi a fortificare la rocca di Troia per mettere alla prova l’arroganza del re. – id votum avaritia fefellit: Omero addirittura dice che Laomedonte, in preda alla hybris, caccia i due dei da Troia minacciando addirittura di vendere Apollo come schiavo (Il. 21,441-457). – parum eum pomisisse: secondo Luciano la somma ammontava a trenta dracme (sacrif. 4). Il confronto con il passo lucianeo dà valore alla lezione parum che si trova nell’editio princeps ed è stata conservata dagli editori eccetto Mashall, che invece preferisce adottare l’emendamento aurum a suo tempo proposto da Barthius: in questo senso bisogna intendere che Posidone e Apollo si sentono offesi per il fatto che Laomedonte ha promesso loro una bella somma senza poi mantenere l’impegno. 2 Neptunum cetum misit: il testo di Igino è molto sintetico al limite della reticenza, perché parla del mostro marino inviato da Nettuno ma non cita la pestilenza inviata da Apollo (Apollodoro 2,5,9; Ovidio, met. 11,194-215): per come si presenta il testo infatti bisogna interpretare in modo generico il termine pestilentia che si trova poco dopo e riferirlo sempre al cetum. 298
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3 cum Colchos Argonautae irent: l’impresa è variamente collocata dalle fonti: durante la spedizione argonautica, come dice Igino, oppure quando Ercole va alla ricerca della cintura delle Amazzoni o ancora quando era al servizio della regina Onfale (vd. p. es. Apollodoro 2,5,9; Ovidio, met. 11,212-214). – equos qui super aquas et aristas ambulabant: apprendiamo da Omero, Il. 5,263-267, che questi cavalli rappresentano il dono fatto da Zeus a Troo, eroe eponimo di Troia (chiamata anche Ilio, dal nome di Ilo, uno dei suoi figli), per convincerlo a concedergli il figlio minore Ganimede di cui si era invaghito. 4 ut Troiam expugnaret: la spedizione punitiva a Troia è ricordata da Pindaro, Isthm. 6,26. – Priamus est appellatus: con la consueta attenzione per l’etimologia, Igino collega il nome Priamo al verbo greco πρίαμαι (che significa “comprare” e qui “riscattare”), ma senza spiegare: la tradizione, ben rappresentata da Apollodoro 2,6,4, vuole infatti che Ercole uccida Laomedonte e i suoi figli tranne Podarce, che viene fatto prigioniero e poi simbolicamente riscattato da Esione; Diodoro Siculo 4,32,4-5 poi sostiene che Podarce viene risparmiato da Ercole perché era stato il solo a insistere presso il padre perché mantenesse la parola data e concedesse i cavalli pattuiti. 5 Telamoni concessit: nel testo di Apollodoro 2,6,4 leggiamo che Ercole dà Esione a Telamone come ἀριστεῖον, facendone cioè una “ricompensa del valore”, per sdebitarsi insomma del significativo aiuto avuto dall’eroe nella conquista di Troia, in quanto aveva aperto un varco nelle mura ed era stato il primo a entrare in città. 90 Ulteriore lista di nomi che corrisponde solo in parte alla tradizione, peraltro non univoca neanche in questo caso, tanto più che qui, a dispetto del titolo, i nomi sono 55. Una lista più breve è già in Omero, Il. 24,247-258; invece conta effettivamente 54 figli (con variazioni) Apollodoro 3,12,5. 91 La storia di Alessandro, connotata da elementi romanzeschi, doveva costituire il soggetto dell’Alessandro di Sofocle e di un’omonima tragedia di Euripide, a sua volta alla base dell’Alexander di Ennio, di cui noi conosciamo un frammento in cui è in primo piano la figura di Cassandra; dettagliato poi il racconto di Apollodoro 3,12,5. 2 facem ardentem: il sogno di Ecuba rappresenta una constante significativa per la sua efficacia narrativa e risale probabilmente ai Canti Cipri; la menzione di esso, inserita nel delirio profetico di Cassandra, è presente anche nel frammento della tragedia di Ennio. 299
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3 satellites misericordia exposuerunt: Igino parla dei servi che non uccidono il bambino ma lo espongono e poi dei pastori che lo trovano e lo allevano, secondo un tratto narrativo comune a molti miti e a fiabe moderne; nel racconto di Apollodoro invece il servo di Priamo si chiama Agelao: abbandona il bambino, che viene allattato per cinque giorni da un’orsa (anche essere nutriti da un animale rappresenta un luogo comune mitologico: vd. specificamente fab. 252), e poi, ritrovatolo sano e salvo, lo alleva in campagna come fosse figlio suo. – Parim nominaverunt: Apollodoro racconta esattamente l’opposto: il bambino si chiamava Paride e viene soprannominato Alessandro (letteralmente “difensore degli uomini”) perché respingeva le incursioni dei predoni e difendeva il gregge. 6 in aram Iovis Hercei: Erceo è l’epiteto di Zeus come protettore della casa e della sede della famiglia: non è quindi un caso che il riconoscimento di Paride e la sua riammissione nella famiglia di Priamo avvenga proprio sull’altare di Giove Erceo. 92 Il giudizio di Paride è uno dei miti del mondo classico più noti e più ripetuti in letteratura: non si trova raccontato nell’Iliade, dove però è presupposto, visto che Era e Atena sono ostili ai Troiani, ma dalle notizie che abbiamo doveva comunque essere descritto anticamente nei Canti Cipri. 5 ab hospite Menelao: l’innamoramento e il rapimento di Elena a Sparta, dove Paride è ospite di Menelao, è descritto già in Omero, Il. 6,290-293, e si compie sfruttando la partenza di quest’ultimo per Creta dove doveva partecipare ai funerali di suo nonno Catreo. – Aethra et Thisadie: la prima è la madre di Teseo e la seconda la sorella di Piritoo; vd. fab. 79,4, dove però compare la variante onomastica Fisadie. 93 Cassandra fra i figli di Priamo è la profetessa e rappresenta la versione femminile di Eleno, suo gemello, dotato della stessa arte divinatoria, e così doveva comparire nei Canti Cipri; la sua particolarità di vaticinare il vero ma non essere creduta, famosa in tutta la letteratura, viene spiegata come una ritorsione da parte di Apollo di fronte al rifiuto: così anche Eschilo, Agam. 1202-1012 e Apollodoro 3,12,5, dove tuttavia Cassandra dapprima si promette al dio e, una volta avuto il dono della profezia, gli si nega. ludendo: il verbo può significare che Cassandra si addormenta stanca per aver giocato oppure per aver suonato uno strumento: mentre la prima interpretazione rappresenta una giovane Cassandra che gioca secondo le consuetudini delle ragazze da marito (si pensi alla Nausicaa dell’Odissea che gioca a palla con le ancelle sulla riva del mare), la seconda rinvia alla 300
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circostanza di una festa in onore del dio nel tempio a lui dedicato. 94 La relazione fra Anchise e Venere è celebrata nell’Inno omerico ad Afrodite, dove peraltro si dice che a spingere Venere fra le braccia di un mortale è lo stesso Zeus per punirla del fatto che aveva fatto innamorare tutti gli dei (45-52); è ricordata inoltre già anticamente, in Omero, Il. 2,819-821 ed Esiodo, theog. 1008-1010. Arrasaci filium: in realtà Anchise è nipote di Assaraco, perché figlio di suo figlio Capi. – ex quo procreavit Aeneam: secondo Apollodoro 3,12,2 dall’unione di Anchise e Venere nascono Enea e anche Liro, che muore senza discendenza. – a Iove fulmine est ictus: la punizione di Giove interviene secondo la consuetudine quando un mortale rivela ai suoi simili circostanze relative agli dei che agli uomini devono restare nascoste (come p. es. nel caso di Prometeo e Tantalo); secondo la tradizione latina, secondo la quale Anchise accompagna Enea in buona parte del suo viaggio, il fulmine di Giove non lo incenerisce, ma lo colpisce alle gambe (Virgilio, Aen. 2,647649) o agli occhi (Servio, Aen. 1,617). 95 Lo stratagemma di Ulisse connota fin dall’inizio il personaggio con i tratti dell’astuzia che sarà una sua caratteristica in ogni sua vicenda. Il racconto della sua finzione per evitare l’arruolamento fra i condottieri in partenza per la guerra di Troia è antico e, secondo le testimonianze, si trovava già nei Canti Cipri; anche Sofocle risulta autore di una tragedia intitolata La follia di Ulisse. In ambito latino la notizia dello stratagemma è presente in Ovidio, met. 13,36-37 e Plinio, nat. 35,129 descrive un dipinto conservato a Efeso che raffigurava la scena, opera di Eufranore. 2 pileum sumpsit: il pileo, un berretto a forma di cono più o meno alto, nell’immaginario dei greci era il simbolo della libertà e quindi anche del folle, cui si riconosce il diritto di agire come vuole, anche in modo contrario alle usanze e alle leggi: la tradizione ricorda il caso di Solone che, volendo invitare i suoi concittadini a continuare la guerra, per non incorrere nelle sanzioni di legge che lo vietavano indossa il pileo e si finge pazzo (Plutarco, Sol. 8,1; Platone, resp. 406d). – equum cum bove iunxit: la follia consiste nel compiere gesti assurdi riguardo alla tecnica dell’aratura, come appunto aggiogare due animali dalle consuetudini diverse che impedirebbero il regolare uso dell’aratro; Servio, Aen. 2,81 aggiunge che, per dare un ulteriore segno di follia, Ulisse sparge sale nei solchi, un gesto che impedirebbe a qualsiasi seme di germogliare. – aratrum ei subiecit: il folle viene smascherato mettendo in pericolo la vita del figlio; la versione seguita da 301
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Igino è molto efficace: secondo Apollodoro, epit. 3,7 Palamede si limita a strappare il piccolo Telemaco dalle braccia di Penelope minacciando di trafiggerlo con la spada. – Palamedi infestus fuit: l’astuto Ulisse così viene giocato da Palamede e questo rappresenta un affronto per il re di Itaca che da quel momento cerca il modo di ucciderlo per vendicarsi, alla fine riuscendoci (vd. fab. 105). 96 La storia di Achille a Sciro, un’isola delle Sporadi settentrionali, rappresenta un caso di riluttanza ad aggregarsi all’esercito acheo nella campagna di Troia molto più famoso di quello di Ulisse (fab. 95): doveva essere presente nei Canti Cipri e aveva fornito il soggetto a una perduta tragedia di Euripide, Gli uomini di Sciro; Ovidio lo cita in met. 13,162-170 e naturalmente in Achill. 1, 207-211; vd. anche Apollodoro 3,13,8. Pausania 1,22,6 descrive un famoso dipinto di Polignoto nei Propilei di Atene raffigurante appunto la scena. 1 Pyrrham nominarunt: la tradizione a proposito del nome fittizio di Achille a Sciro è varia e la questione doveva rappresentare anche un argomento di dibattito: Svetonio infatti racconta che l’imperatore Tiberio si divertiva a intavolare discussioni sul tema (Tib. 70). Pirro comunque è il nome alternativo imposto al figlio di Achille e Deidamia, figlia di Licomede, che era in effetti rosso di capelli. 97 L’elenco dettagliato dei partecipanti achei alla spedizione di Troia rappresenta una costante della letteratura mitografica (ma non soltanto), che idealmente dipende dal catalogo delle navi di Omero, Il. 2,484-759: lo troviamo infatti comprensibilmente in Apollodoro, epit. 3,11-14 ma anche in Euripide, Iphig. Aul. 164-302; in ambito latino va segnalato Ditti Cretese, ephem. 1,17. Nessuna lista è naturalmente univoca e corrispondente alle altre, e ciascuna – quella di Igino compresa – presenta incongruenze, varianti e problemi testuali: che il nostro testo sia esito di rimaneggiamenti ulteriori e che pertanto si presenti in una forma non definitiva è provato anche dal fatto che il totale delle navi conteggiato al termine non corrisponde alla somma delle navi di volta in volta attribuita a ogni eroe partecipante. 98 La storia del sacrificio di Ifigenia da parte del padre per garantire il vento favorevole alla flotta in partenza per Troia non compare in Omero, che non racconta gli antefatti, ma dal riassunto che possediamo sappiamo che era presente nei Canti Cipri; la vicenda costituisce il soggetto dell’Ifigenia 302
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in Aulide di Euripide (con il prosieguo poi nell’Ifigenia in Tauride), ma sappiamo che anche Sofocle aveva scritto una tragedia, per noi perduta, sull’argomento. Vd. anche Apollodoro, epit. 3,21-22. 1 cervam eius violavit: a proposito del gesto di hybris da parte di Agamennone, che gli vale l’ostilità di Diana, Igino compensa due versioni: quella che racconta che la cerva uccisa da Agamennone era sacra alla dea (Servio, Aen. 2,116) e quella per cui l’eroe durante la caccia offende la dea dicendo che neppure lei avrebbe potuto salvare la sua preda (Apollodoro, epit. 3,21); Apollodoro vede anche un ulteriore motivo nel fatto che Atreo, padre di Agamennone, aveva promesso in sacrificio ad Artemide l’animale più bello e prezioso, ma si rifiutò di farlo quando gli nacque un’agnella d’oro (epit. 2,10). 4 Diana virginem miserata est: quella della compassione provata da Diana, della sostituzione in extremis e del trasferimento in Tauride (l’odierna Crimea) è senz’altro la versione del mito più conosciuta e tramandata; un’altra tuttavia, documentata isolatamente da Ditti Cretese, racconta che Achille interviene durante il sacrificio, salva Ifigenia e la porta in salvo in Scizia (ephem. 1,19-22). 99 1 ab Hercule compressa: Apollodoro 2,7,4 racconta che Ercole, di passaggio a Tegea mentre si reca in Elide da Augia, viene ospitato dal re Aleo e violenta Auge senza sapere che fosse sua figlia. – ibi eum exposuit: secondo Apollodoro (anche a 3,9,1) Auge deposita il neonato nel tempio di Atena di cui è sacerdotessa, ma Aleo, dopo aver scoperto che la pestilenza insorta era dovuta al parto della figlia, provvede a consegnare Auge a Nauplio perché – a seconda della versione – la uccidesse o la vendesse in terra straniera e fa esporre il neonato sul Partenio. – Atalante Iasii filia: in fab. 185,1 Igino segue fonti diverse, perché Atalanta è detta figlia di Scheneo, e sappiamo da Apollodoro 3,9,2 che questa era l’opinione di Esiodo e di altri autori. – ex Meleagro natum: Meleagro è padre di Pertenopeo anche in fab. 70,1 e 270,3; secondo Apollodoro 3,9,2 invece è figlio di Melanione o del dio Ares. 2 quoniam cerva nutrierat: l’etimologia del nome Telefo, in collegamento ai termini greci ϑήλη (“mammella”) e ἔλαφος (“cervo”), rappresenta una costante nei miti del mondo classico, come p. es. in Apollodoro 3,9,1. – virginem simulans: l’etimologia si spiega in riferimento al termine παρϑένος (“vergine”).
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100 La vicenda di Auge e Teutrante (conosciuto anche nella variante onomastica Teutra) doveva costituire il soggetto di una perduta tragedia di Sofocle, i Misii, ma sappiamo anche che in ambito latino una tragedia intitolata Teutrante era stata scritta da Giulio Cesare Strabone, morto nell’87 a.C. e quindi contemporaneo di Accio, lodato da Cicerone come oratore. 1 filiam Augen: s’intende figlia adottiva: vd. fab. 99,3. 2 mortalem neminem: Auge infatti è sacerdotessa di Atena (Apollodoro 3,9,1) e quindi votata alla verginità, che le viene sottratta da Eracle con la violenza. 4 Herculem violatorem suum: vd. fab. 99,1. 101 Varie le fonti che tramandano la storia di Telefo: oltre ai Canti Cipri, sappiamo che un Telefo è opera di Euripide e che nei Misii di Sofocle poteva essere contenuta parte del racconto. Resta la sintetica versione di Apollodoro, epit. 3,17-20 e, in latino, Ditti Cretese, ephem. 2,1-20. 1 ab Achille in pugna: Apollodoro, epit. 3,17 racconta che Telefo è ferito a una coscia da Achille quando prende le armi per respingere i greci, al tempo in cui questi arrivano in Misia e saccheggiano del territorio scambiandolo per la regione di Troia; l’eroe riesce a raggiungerlo e a ferirlo perché Telefo inciampa in una vite fatta nascere prodigiosamente da Dioniso, ostile a lui. – Chironis hasta: si tratta della lancia infallibile che Chirone dona a Peleo, padre di Achille, come regalo di nozze: era stata Atena a levigare l’asta fatta con il legno del monte Pelio ed Efesto aveva forgiato la punta (Omero, Il. 14,140-144; 19, 387-391; 22,131-135). 2 monitu Clytaemnestrae: l’intervento di Clitemnestra non è presente nelle fonti note, ma senz’altro deriva a Igino da una tradizione che vede il personaggio non soltanto come moglie snaturata che uccide il marito ma anche come madre che non esita a mettere in pericolo la vita del figlio. 3 sine Telephi ductu Troiam capi non posse: spiegazioni più dettagliate in Apollodoro, epit. 3,19-20: gli Achei erano riuniti ad Argo ma non conoscevano la via per Troia e Telefo, che stava in Misia, regione affacciata sul Mar di Marmara, quindi confinante con la Troade, poteva senz’altro indicarla. 4 cum rasissent: per comprendere il senso del testo bisogna fare riferimento ad Apollodoro, epit. 20, dove si racconta che, in seguito alle suppliche e alla promessa d’aiuto di Telefo, Achille cura la ferita con la ruggine ottenuta appunto raschiando la propria lancia. 5 locos autem et itinera demonstravit: secondo Apollodoro, epit. 3,20, le indicazioni di Telefo vengono poi confermate dall’indovino Calcante.
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102 La storia del ferimento, dell’abbandono e del recupero di Filottete è documentata già in Omero, Il. 2,716-725 e nei Canti Cipri, oltreché in Apollodoro, epit. 3,27; è anche materia tragica, visto che sia Eschilo, sia Sofocle, sia Euripide sono autori di una tragedia intitolata Filottete: ci resta soltanto il dramma sofocleo, ma possediamo il confronto fra le tre opere a cura di Dione Crisostomo (orat. 52), dal quale pare emergere una maggiore fedeltà di Igino nei confronti dell’intreccio euripideo; del tutto sfuggente l’eventuale influsso del Philocteta di Pacuvio, di cui ci restano solo pochi frammenti. 1 in insula Lemno: così anche Sofocle, Phil. 270; le altre fonti situano la vicenda nell’isola di Tenedo. – quem serpentem Iuno miserat: secondo Sofocle, Phil. 1327-1328 la mandante è Crisa, una ninfa innamorata di Filottete ma respinta da quest’ultimo; secondo un’altra diffusa versione Filottete si ferisce il piede con una delle frecce avvelenate di Ercole (p. es. Servio, Aen. 3,402). 2 pastor… nomine Iphimachus: mentre le fonti raccontano che Filottete vive su un’isola deserta in completa solitudine, ricoverato in una caverna, Igino è il solo a far intervenire un pastore, di cui peraltro tramanda con precisione nome e paternità. Quanto al citato re Attore, si tratta di un omonimo del re di Fere, padre di Menezio e nonno di Patroclo. 3 Ulyssem et Diomedem: il compagno di Ulisse nella spedizione è Diomede anche in un frammento del Filottete di Euripide e in Apollodoro, epit. 5,8, mentre nella tragedia di Sofocle è Neottolemo. – secum sustulerunt: a guarire la ferita di Filottete sarà quindi il medico Podalirio (Apollodoro, epit. 5,8), figlio e allievo nell’arte medica di Asclepio oltre che di Chirone. 103 La vicenda è citata da Omero, Il. 2,695-702, come un fatto avvenuto in precedenza, ed era presente nei Canti Cipri; costituisce poi materia per una delle Epistulae Heroidum di Ovidio (13). 1 fuit responsum: il responso dell’oracolo si trova menzionato in Ovidio, epist. 13,91-93; invece in Apollodoro, epit. 3,29 a rivelare il fato è Teti, la madre di Achille, che difatti trattiene il figlio desideroso di sbarcare subito sul litorale di Troia per combattere. – Iolaus Iphicli et Diomedeae filius: Igino si confonde: il padre di Protesilao è Ificlo, ma qui evidentemente è confuso con Ificle, il fratellastro di Ercole e padre di Iolao, compagno di avventure dello stesso Ercole (fab. 14,22). Nelle fonti infatti non c’è traccia del cambiamento di nome in Protesilao. – Protesilaum quoniam primus ex omnibus perierat: consueto gioco etimologico sull’onomastica: il nome deriverebbe dalla composizione dei termini πρῶτος (“primo”) e λαός (“popolo”). 305
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2 dolorem pati non potuit Laodamia: secondo Servio, Aen. 6,447 Laodamia muore di dolore e rimpianto fra le braccia dell’amato nel momento in cui quest’ultimo deve definitivamente congedarsi da lei, e così abbracciati l’uno all’altra scendono nel regno dei morti. 104 1 tres horas: vd. fab. 103,2. – fecit simulacrum: nella versione di Ovidio, epist. 13 Laodamia plasma la statua (in cera) dello sposo partito per la guerra di Troia perché ne sentiva la mancanza, essendosi lasciati senza aver consumato il matrimonio, e quindi prima di conoscere la notizia della sua morte. Sulla storia in ambito latino vd. anche Properzio 1,19,7-10 e Servio, Aen. 6, 447. 105 La vicenda di Palamede, che adombra la proverbiale astuzia e saggezza di Ulisse facendo di quest’ultimo un subdolo vendicativo, è esposta in modo molto più sintetico da Apollodoro, epit. 3,8, ma sappiamo che una tragedia intitolata Palamede era opera sia di Sofocle che di Euripide. Non mancano altre versioni: i Canti Cipri p. es. raccontano che Palamede viene assassinato da Ulisse, che lo affoga con l’aiuto di Diomede. 1 dolo erat deceptus: è Palamede a smascherare la finta pazzia di Ulisse – e pertanto a superarlo in dolum – quando quest’ultimo con uno stratagemma vuole evitare la partenza per la guerra di Troia (fab. 95). Con un’efficace ripetizione non casuale Igino ripete la stessa espressione al termine della fabula, invertendo i protagonisti (Palamedes dolo Ulyssis deceptus), quando è Ulisse a ripagare con la stessa moneta il suo antico antagonista. 3 ab exercitu universo… occisus est: come precisa Apollodoro, epit. 3,8, Palamede viene lapidato come traditore; probabilmente risente di questa versione il racconto di Ditti Cretese, ephem. 2,15, secondo cui viene fatto scendere con l’inganno in un pozzo da Ulisse e Diomede e ucciso a sassate. 106 La titolatura della fabula riproduce esattamente il titolo di una delle tragedie scritte da Ennio (di cui abbiamo soltanto qualche frammento), dove, secondo le consuetudini della letteratura latina d’età arcaica, lytra rappresenta la trascrizione del plurale del termine greco λύτρον (“riscatto”), ed è pertanto possibile che Igino la tenga presente; sappiamo comunque che gli stessi eventi erano stati dapprima condensati da Eschilo in una trilogia tragica per noi perduta (Mirmidoni, Nereidi, Riscatto di Ettore) che, come poi Ennio, rivisitava in maniera tragica il contenuto essenziale dell’Iliade. 3 Nereides per mare attulerunt: le nuove armi di Achille nell’Iliade vengo306
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no portate all’eroe dalla stessa Teti (18,615-616): al coinvolgimento delle Nereidi tuttavia allude il titolo di una delle tragedie della trilogia eschilea. 4 filii corpus auro repensum: nell’Iliade non si parla di un riscatto materiale, compiuto tramite l’offerta di oro: anche questo potrebbe rappresentare un particolare presente nei trattamenti letterari successivi. 107 La vicenda della contesa sulle armi di Achille, che si lega al tragico suicidio di Aiace, è raccontata da Omero, Il. 11,543-564 e ha offerto materia per una tragedia perduta di Eschilo (Il giudizio sulle armi) e all’Aiace di Sofocle, delle quali una trasposizione alle origini della letteratura latina si può immaginare nell’Aiax mastigophorus di Livio Andronico; vd. anche Ovidio, met. 12,620-628 e Apollodoro, epit. 5,6-7. 1 se solum Troiam expugnasse: l’atteggiamento spavaldo di Achille, che provoca l’ira di Apollo e quindi la sua fine, configura un caso di hybris nei confronti degli dei, che partecipano attivamente alla guerra determinandone l’esito. – Alexandrum Parin se simulans: la versione di Igino mette in scena lo stesso Apollo a colpire Achille con le sembianze di Paride, mentre la tradizione omerica racconta che la freccia viene scoccata da Paride in persona e che Apollo guida la sua mano (Il. 22,359-360): così anche Apollodoro, epit. 5,3. – talum quem mortale habuisse dicitur: il “tallone d’Achille”, l’unica parte mortale e quindi vulnerabile del corpo dell’eroe, è il punto afferrando il quale la madre Teti sorreggeva il corpo del neonato quando l’aveva immerso nelle acque del fiume Stige per renderlo immortale: Stazio, Achill. 1,264-271 e 382-396; Servio, Aen. 6,57; anche Apollodoro 3,13,6 racconta il mancato completamento dell’invulnerabilità di Achille in una versione diversa, ascrivendolo cioè al preoccupato intervento del padre Peleo che, vedendo Teti porre il neonato sul fuoco per eliminare gradualmente la residua parte mortale, interrompe l’operazione finendo per vanificarla. 2 ira Minervae: la concessione delle armi di Achille a Ulisse e non ad Aiace che ne aveva fatto esplicita richiesta allude a un ennesimo dispiegamento della proverbiale astuzia del re di Itaca, che di fatto impedisce a un eroe valoroso e guerriero di fregiarsene. Igino insiste sull’ostilità di Minerva nei confronti di Aiace (protettrice invece di Ulisse, come mostra l’Odissea), elemento nodale anche nell’Aiace sofocleo dove è pure causa della pazzia stessa che porta l’eroe al suicidio. – obiurgata sunt ab Agamemnone et Menelao: la tradizione rappresentata da Apollodoro, epit. 5,6 esclude un coinvolgimento diretto dei capi nella contesa, quanto meno nella decisione finale, e anzi si dice che il giudizio si definisce sentendo l’opinione dei troiani e degli alleati. – Ulyssi data: Ulisse ottiene quanto desidera, ma 307
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una tradizione giunta fino ai Sepolcri di Foscolo (vv. 215-225) raccontava che le armi di Achille, fissate sulla prua della nave del re di Itaca, vengono strappate dalla tempesta e portate sul promontorio Reteo dove sorgeva la tomba di Aiace, dal momento che né senno astuto né favor di regi / all’Itaco le spoglie ardue serbava (222-223). 108 I diversi i riferimenti omerici all’episodio risolutivo della guerra di Troia (Od. 4,271-289; 8,492-515; 11,523-532) vedono diverse rielaborazioni letterarie, fra cui la più famosa è in ambito latino quella di Virgilio, Aen. 2,13-267. 1 monitu Minervae: nonostante la predilezione di Minerva per la parte achea, secondo Apollodoro, epit. 5,14 l’idea del cavallo di legno è l’ennesima delle astuzie di Ulisse, ed Epeo lo costruisce con il legname del monte Ida. – eoque sunt collecti: se Igino conta solo nove guerrieri all’interno del cavallo, le cifre variano al rialzo nelle fonti: per Apollodoro erano addirittura cinquanta, cioè i migliori guerrieri. 3 aperto a Sinone: il personaggio di Sinone è descritto come infido e astuto da Virgilio, Aen. 2,57-198, e per molti versi è simile a Ulisse con cui è legato anche da un vincolo di parentela (Servio, Aen. 2,79); Apollodoro, epit. 5,19 aggiunge che Sinone accende anche un fuoco per dare un segnale agli achei in avvicinamento da Tenedo, ma Igino annota in fab. 249 che un segnale di fuoco era stato acceso anche dalla stessa Elena. 109 La storia non trova spazio nei poemi omerici, ma è materia trattata nell’Ecuba di Euripide, in cui la vicenda è narrata dal punto di vista di Ecuba, la madre fatta schiava che apprende la morte del figlio Polidoro nel momento in cui sta perdendo anche la figlia Polissena e finisce per vendicarsi di Polimnestore con il sostanziale avvallo perfino di Agamennone; in ambito latino una Iliona è opera di Pacuvio, che forse Igino ha tenuto presente, se consideriamo che in un frammento doveva apparire in sogno alla madre il fantasma di Deipilo informandola drammaticamente della propria morte. Quanto a Polidoro, la versione del mito più duratura non è questa, ma quella interpretata da Virgilio, Aen. 3,22-68, che diventa una condanna della auri sacra fames, cioè della maledetta brama di ricchezze che conduce a delitti atroci come quello cui arriva appunto Polimnestore. 1 Polydorus filius: che Polidoro fosse figlio di Ecuba è una versione postomerica: nell’Iliade infatti è citato come figlio di una concubina di Priamo e viene ucciso in battaglia da Achille (20,407-418). – dederunt eum educandum: la tradizione seguita p. es. da Virgilio, Aen. 1,654 considera 308
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Ilione maxima natarum Priami, cioè la più grande delle figlie di Priamo, ed è quindi plausibile che a lei, come a una seconda madre, venga affidato Polidoro, che era il figlio più piccolo. 2 Astyanacta… de muro deiecerunt: la tradizione vuole che sia il figlio di Achille Neottolemo a scaraventare il piccolo Astanatte giù dalle mura di Troia, in prossimità delle Porte Scee, dietro consiglio di Ulisse, per eliminare ogni discendente della casata di Priamo: il fatto è evocato nelle Troiane di Euripide, che inscena lo straziante addio della madre Andromaca e il compianto funebre da parte della nonna Ecuba, e anche nelle Troades di Seneca, dove lo stesso Astianatte sceglie di precipitarsi dalle mura per non cadere prigioniero dei greci; di una tragedia di Accio intitolata Astyanax conosciamo soltanto il titolo. – pollicerentur in coniugium: in genere il corrispettivo citato per l’uccisione di Polidoro è solo l’offerta di una grande quantità di oro (vd. Virgilio, Aen. 3,49 auri… cum pondere magno). 5 eius consilio: la versione seguita qui da Igino prevede che sia Polidoro a vendicarsi di Polimnestore, anche se in fab. 240,2 Ilione è annoverata fra le mogli assassine del marito; non c’è dunque concordanza fra le fonti, tanto più che nell’Ecuba Euripide attribuisce comunque l’accecamento del re alla stessa Ecuba. 110 La vicenda del sacrificio di Polissena sulla tomba di Achille costituisce l’avvio dell’Ecuba di Euripide, dove la ragazza è descritta con la dignità di chi preferisce morire piuttosto che finire in schiavitù, e si trova citata anche in Apollodoro, epit. 5,23, Quinto Smirneo, posthom. 14,209-328, Ovidio, met. 13,439-480 e nelle Troades di Seneca. ex sepulcro vox Achillis: l’immagine è naturalmente molto efficace: in altre versioni a chiedere il sacrificio è il fantasma di Achille apparso a suo figlio Neottolemo, che poi materialmente immolerà la vittima (Quinto Smirneo), oppure ad Agamennone (Ovidio). La richiesta viene presentata come espiazione dell’uccisione a tradimento dell’eroe greco oppure come gesto propiziatorio per garantire il ritorno a casa degli achei; nella rappresentazione di Seneca poi Achille, sempre innamorato della ragazza, ne richiede il sacrificio per potersi ricongiungere a lei nei Campi Elisi. – ad colloquium venisset: Achille viene ucciso al suo ingresso nel tempio di Apollo Timbreo, dove appunto doveva incontrare Polissena, da Paride, che si era nascosto dietro alla statua del dio (Servio, Aen. 6,57). 111 I dati essenziali della fabula ritornano in una formulazione molto simile, anche se in modo più sintetico, in fab. 243,1. 309
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Cissei filiam, vel… Dymantis: che il padre di Ecuba fosse Cisseo è opinione di Euripide, Hec. 3 e di Virgilio, Aen. 7,320; tuttavia la paternità di Dimante è sostenuta più anticamente, addirittura da Omero, Il. 16,718. – in servitutem cum duceret: Ecuba, prigioniera eccellente in quanto moglie del re avversario, per i greci vincitori è una preda di guerra ambita: è quindi per sorteggio che tocca a Ulisse (Euripide, Tro. 277-291). – canis dicitur facta esse: la metamorfosi in cane con gli occhi di fuoco avviene, secondo Euripide, Hec. 1265-1273 (si tratta della maledizione di Polimnestore), una volta che Ecuba si getta dalla nave; esistono però tradizioni diverse, come quella raccolta da Ovidio, met. 13,565-575, in cui Ecuba si trasforma mentre è inseguita dai soldati che vogliono ucciderla dopo l’accecamento di Polimnestore, e quella che troviamo in Servio, Aen. 3,6, in cui la trasformazione è conseguenza della disperazione per aver visto il cadavere del figlio galleggiare in mare. – Cyneum est appellatum: il toponimo si riferisce ala radice greca κυν- del sostantivo che significa “cane”; Euripide testimonia che la tomba di Ecuba era chiamata “tomba del cane” (Hec. 1273) e il nome di κυνὸς σῆμα, cioè Kynossema, è rimasto per il promontorio del Chersoneso Tracico dove si immaginava avvenuta la morte di Ecuba. 112 1 Menelaus cum Alexandro: il duello fra il marito e l’amante di Elena doveva definire la guerra senza ulteriori perdite: Afrodite tuttavia sottrae il suo protetto dalla situazione quando stava per avere la peggio e lo riporta entro le mura: Omero, Il. 3,15-120 e 264-382. – hospitio cognito: il legame di ospitalità è sacro presso i greci, e viene riconosciuto anche a distanza di anni e di generazioni: qui Diomede e Glauco si sentono impegnati per i loro antenati Eneo e Bellerofonte, al punto da smettere il combattimento e farsi dono delle armi: Omero, Il. 6,212-236. – cum Pandaro et Glauco alio: secondo Omero nel combattimento fra Diomede e Pandaro quest’ultimo era insieme a Enea e non a questo altro Glauco (Il. 5,171-296). 3 qui postea Pythagoras est factus: Igino interpreta secondo la teoria della metempsicosi quanto tramandano le fonti: racconta infatti Diogene Laerzio 8,1,4 che Pitagora, vedendo lo scudo di Euforbo conservato ad Argo come reliquia dell’eroe ucciso da Menelao (Il. 17,1-60), afferma di esserne la reincarnazione perché ricorda gli eventi di quel momento della sua esistenza. 4 idem cum Penthesilea: la regina delle Amazzoni era accorsa in aiuto ai troiani dopo la morte di Ettore e la tradizione rappresentata dalla perduta Etiopide di Arctino di Mileto (di cui abbiamo però un riassunto) dice che Achille, vedendo la bellezza della donna una volta uccisa, si innamora di lei: vd. Apollodoro, epit. 5,1. – Achilles cum Memnone: figlio dell’Aurora e di Titone, viene in aiuto ai troiani dall’Etiopia con armi fabbricate da Efe310
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sto come quelle di Achille: la storia era raccontata dall’Etiopide di Arctino di Mileto. 113 1 idem Autonoum: secondo Omero, Il. 11,301 viene ucciso da Ettore e non da Deifobo. 2 idem Glaucum: secondo Quinto Smirneo, posth. 3,278 viene ucciso da Aiace Telamonio e non da Agamennone. – Gavium: il testo tramandato è corrotto perché il nome di questo personaggio non si trova in nessun altro autore. 116 Il personaggio è descritto da Apollodoro 2,1,5 e epit. 6,7 e 11 come una specie di predone e comunque un uomo senza scrupoli, qui capace di mettere in atto la propria vendetta con determinazione. Sofocle aveva scritto un Nauplio di cui abbiamo solo frammenti. 1 a signo Palladio abripuerat: il gesto di Aiace, che violenta Cassandra nonostante si fosse rifugiata presso la statua di Pallade nel tempio sull’acropoli di Troia, è considerato empio anche dagli stessi greci, che infatti per espiare condannano Aiace alla lapidazione, da cui si salva rifugiandosi proprio presso il Palladio (Apollodoro, epit. 5,22, ma il racconto era anche nella perduta Iliou persis di Arctino di Mileto). – fulmine est a Minerva ictus: la tradizione rappresentata da Apollodoro, epit. 6,6 vuole invece Aiace colpito dal tridente di Posidone. 2 filii sui Palamedis iniurias: Palamede viene ucciso essendo innocente, perché Ulisse, per vendicarsi, lo fa credere colpevole di tradimento: vd. fab. 105. 4 detulit ad Maronem: Igino allude a un episodio materia dell’Odissea: Marone è sacerdote di Apollo nella città di Ismara, capitale del regno dei Ciconi, nella Tracia sud orientale; quando Ulisse e compagni sbarcano e sterminano la popolazione, colpevole di essere stata alleata di Priamo, risparmiano l’anziano sacerdote, che si sdebita donando loro il vino che poi avrebbero offerto a Polifemo (Omero, Od. 9,193-230). 117 1 Tyndarei filia: vd. fab. 78,1: Clitemnestra è figlia di Tindaro e quindi sorella di Elena. – ementitus est: Eace mente dicendo che Cassandra viene portata a casa da Agamennone come concubina e non come prigioniera di guerra e schiava. – ut fratris iniurias exsequeretur: in questa versione, che troviamo documentata solo in Igino, anche Eace, come il padre Nauplio, si fa vendicatore della morte innocente di Palamede, giudicato erroneamente 311
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traditore e messo a morte proprio da Agamennone (fab. 105,3). – quem sacrificantem… interfecerunt: il sanguinoso assassinio di Agamennone e Cassandra da parte di Clitemnestra e del suo amante Egisto, già citato nell’Odissea (3,263-275; 4,512-537; 11,405-434), è ampiamente drammatizzato da tragedie famose e conservate di Eschilo e Seneca, ma sappiamo che il mito aveva ispirato drammi di altri poeti, a partire addirittura da Livio Andronico. 2 Orestem fratrem sustulit: il mito prevede che il piccolo Oreste venga prelevato e messo in salvo da Elettra, come riporta Igino, o da un servo, comunque per iniziativa di Elettra: vd. Euripide, Electr. 14-18; Sofocle, Electr. 11-14; Apollodoro, epit. 6,24. – in Phocide Strophio: Strofio, che accoglie Oreste esule, è re della Focide e padre di Pilade, che diverrà il grande amico del figlio di Agamennone. Solo Igino fra le fonti a noi note riporta tuttavia che era anche cognato di Agamennone. 118 Il racconto della laboriosa interrogazione di Proteo da parte di Menelao e dello stratagemma utilizzato per immobilizzarlo (per sorprenderlo l’eroe e i compagni si nascondono fra il gregge di foche che l’indovino pascola) si trova in Omero, Od. 4,351-557. Una tradizione parallela, sintetizzata da Apollodoro, epit. 3,5 ma risalente a Stesicoro e in parte accolta da Euripide nella sua Elena, racconta che in custodia da Proteo in Egitto per volere di Zeus Ermes porta Elena per preservarla dal rapimento di Paride, che a sua volta porta a Troia soltanto un εἴδωλον, cioè un fantasma, dell’amata. 2 hecatombe: il consueto scrupolo etimologico di Igino spiega correttamente il termine, derivato da ἑκατόν (“cento”) e la radice di βοῦς (“bovino”). 119 Il compimento della vendetta da parte di Oreste, aiutato dall’amico Pilade, è citata già dal Catalogo delle donne di Esiodo (fr. 23 M.-W.) ed è inserita in un contesto sociale e culturale, e non soltanto mitologico, da Eschilo nelle Coefore e nelle Eumenidi. La versione di Igino non comprende tuttavia un elemento importante nell’immaginario greco, e cioè l’autorizzazione al matricidio fornita a Oreste dall’oracolo di Delfi (vd. anche Apollodoro, epit. 6,24-25). 3 Tyndareus cum accusaret: il padre di Clitemnestra denuncia Oreste, fuggito in esilio, davanti all’Areopago (letteralmente “collina di Ares”) di Atene, il tribunale supremo che, oltre ai delitti contro la patria, giudicava cause relative a delitti di sangue in particolare fra familiari e che come primo processo aveva avuto proprio questo (Eschilo, Eum. 681-690); un’altra tradizione sostiene che la denuncia era venuta da Erigone, figlia di Cli312
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temnestra ed Egisto (Apollodoro, epit. 6,25). Il giudizio sarà favorevole a Oreste per il voto determinante di Atena. 120 Il racconto, ambientato nella regione Taurica, corrispondente all’odierna penisola di Crimea, ripropone la trama dell’Ifigenia in Tauride di Euripide, ma la storia si trova interpretata anche da Ovidio, Pont. 3,2,43-96; vd. poi in sintesi Apollodoro, epit. 6,27. Sulle fonti (greche) di Igino a proposito del materiale confluito in questa fabula e nella successiva vd. Grilli 1975. 1 ad regem Thoantem: Toante viene salvato dalla figlia Ipsipile con la fuga in Tauride (fab. 15,1) e, a differenza di Euripide, Igino identifica il Toante re della Tauride con questo. – Dianae signum: secondo Euripide la statua è destinata al tempio di Atena Brauronia ad Atene, e non ad Argo, e comunque in fab. 121,3 sembra che la statua venga portata a Micene; sulla statua vd. anche fab. 261. 2 cum Pylade: l’amicizia fraterna fra Oreste e Pilade risale a quando il piccolo Oreste viene portato in salvo in Focide da Elettra (fab. 117,2). 3 abiectis ministeriis: il sostantivo ministerium allude senz’altro al “servizio”, cioè alle incombenze di sacerdotesse che Ifigenia sta svolgendo e che interrompe senza esitazione per venire in aiuto ai prigionieri; il confronto con il testo di Euripide, in cui la sacerdotessa allontana “i ministri”, cioè i collaboratori, per restare sola con Oreste e Pilade e pianificare pertanto il da farsi, potrebbe indurre a vedere in ministeriis un errore per il corretto ministris. 121 Nella stesura del racconto Igino aveva a disposizione sia una perduta tragedia di Sofocle, intitolata appunto Crise, sia anche quella dallo stesso titolo che sappiamo opera di Pacuvio, entrambe amplificazioni drammatiche del noto episodio con cui inizia l’Iliade. La tradizione dell’uccisione di Toante da parte di Crise e Oreste e il trasferimento a Micene della statua di Diana è presente, a quanto ne sappiamo, soltanto in Igino, ma possiamo constatarne la fortuna nel repertorio iconografico tardo-repubblicano e imperiale (Troso 2006). 2 partim fame : l’aggiunta si deve già al primo editore, il quale così si allinea al quanto raccontato da Omero e peraltro bilancia sintatticamente il testo, che altrimenti presenta l’avverbio partim in una struttura correlativa priva tuttavia del secondo elemento. 3 Iphigeniam et Orestem: Ifigenia e Oreste erano approdati da Crise fuggendo dalla Tauride (vd. fab. 120,5). Nella parte iniziale del paragrafo il testo presenta alcuni problemi testuali e di interpretazione. – Chrisi filio suo: 313
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Crise il Giovane in realtà è nipote di Crise il Vecchio: il termine filius qui va dunque intepretato nel senso generale di “discendente”, propriamente “figlio del figlio” (al proposito, precisazione lessicale in Urbán 2004). 122 Sappiamo che Sofocle scrive una tragedia intitolata Alete e che in ambito latino un’altra tragedia sulle vicende dei discendenti di Agamennone (Agamemnonides) è opera di Accio: Igino può pertanto aver presenti opere come queste. 4 Hermionem… adductam: Menelao promette in moglie la figlia Ermione a Neottolemo e a Oreste, ma la concederà poi al primo per mantenere la parola data, “sottraendola” così a Oreste, che la riavrà solo dopo la morte del figlio di Achille: vd. Apollodoro, epit. 6,13-14 ma anche Euripide, Andr. 49-55; Igino riprende la storia in fab. 123. 123 Il mito di Neottolemo, del suo matrimonio e della sua morte è oggetto dell’Andromaca di Euripide, ma anche Livio Andronico e poi Pacuvio sono autore di perdute tragedie intitolate Hermione; per il resto vd. Apollodoro, epit. 6,13-14; Virgilio, Aen. 3,325-332 (e Servio, Aen. 3,297); Ovidio dedica alla storia l’ottava delle Epistulae Heroidum. 1 Achillis et Deidamiae filius: Achille si unisce a Deidamia, figlia del re Licomede, nel suo ritiro a Sciro (vd. fab. 96 e 97,15). – ex Andromacha… Amphialum: Andromaca, vedova di Ettore, tocca come preda di guerra a Neottolemo, che peraltro è colui che uccide il piccolo Astianatte scaraventandolo dalle mura di Troia (fab. 109,2); le fonti parlano del figlio che nasce dai due, ma il nome di Anfialao è ricordato soltanto da Igino. 2 Neoptolemo dedit: Menelao decide di revocare la promessa di concedere in sposa Ermione a Oreste perché prima l’aveva promessa a Neottolemo e, di fronte alla rivendicazione di quest’ultimo, non vuole mancare all’impegno preso (vd. anche fab. 122,4). Il matrimonio tuttavia sarà privo di discendenza, e la drammatica gelosia di Ermione nei confronti di Andromaca, fatta di violenze e false accuse, è il motore dell’azione dell’Andromaca di Euripide. – Delphis sacrificantem: Euripide è più dettagliato: Neottolemo si reca a Delfi per fare ammenda dell’accusa ad Apollo di aver retto la mano di Paride quando aveva colpito a morte Achille, e in realtà viene ucciso non da Oreste ma da un suo sicario (Andr. 1086-1155). Un’altra versione tramandata da Pindaro, Nem. 7,34-47 racconta che a uccidere Neottolemo è un sacerdote perché l’eroe, non pratico del rituale, disturba il compimento di un sacrificio. – per fines Ambraciae: la tradizione che riporta Igino, che cioè Neottolemo viene sepolto ad Ambracia, è quella che 314
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lo fa eroe eponimo dell’Epiro, i cui discendenti (fra cui il Pirro che combatte contro Roma) lo riconoscono come capostipite; un’altra tradizione invece vuole che i suoi resti fossero seppelliti a Delfi davanti all’ingresso del tempio in cui era stato ucciso. 124 L’elenco dei re obbedisce alla forma catalogatoria e, come negli altri casi, non mancano imperfezioni e incongruenze. Liste simili sono in Apollodoro 2,1-13 e in Pausania 2,15,4-16,1. 125 L’Odissea di Igino è un riassunto estremamente sintetico, quando non omissivo, dei fatti principali accaduti a Ulisse e compagni nel viaggio di ritorno a Itaca da Troia, come da parte sua fa Apollodoro, epit. 7,1-33. La falsariga ovviamente è il poema omerico, ma non possiamo non presupporre una o più fonti intermedie, come p. es. i riassunti a scopo scolastico, anche di episodi singoli, che forniscono allo scrittore una versione già compendiata. 1 ad Ciconas: vd. Omero, Od. 9,39-66. Il popolo della Tracia viene praticamente sterminato con l’eccezione dell’anziano sacerdote Marone, cui Ulisse risparmia la vita (vd. fab. 116,4 e nota). 2 ad Lotophagos: vd. Omero, Od. 9,82-104. La terra dei Lotofagi era collocata nel Nordafrica, in Cirenaica o nell’attuale isola tunisina di Djerba. 3 ad Cyclopem Polyphemum: vd. Omero, Od. 9,105-542. La tradizione localizza Polifemo nella Sicilia orientale e fa dei faraglioni che sorgono davanti ad Aci Trezza i massi scagliati in mare dal ciclope accecato mentre Ulisse e i compagni erano ormai in fuga. 4 vino quod a Marone acceperat: vd. fab. 116 e nota. – Utin: trascrizione latina del pronome greco οὔτις, che appunto significa “nessuno”. 5 spelunca praeclusa: siccome la caverna era chiusa dall’interno, i ciclopi accorsi alle grida di Polifemo non vedono all’interno Ulisse e compagni, ed è per questo che chiedono al fratello che cosa stesse succedendo. 6 ad Aeolum: vd. Omero, Od. 10,1-79, ma anche Apollodoro, epit. 7,10-11 e Ovidio, met. 14,223-232; Eolo vive nell’isola Eolia, localizzabile nelle odierne Eolie, in un palazzo di bronzo e faceva sposare fra loro i figli e le figlie per tenerli sempre con sé. Al proposito Igino confonde – come molti altri mitografi – nonno e nipote: il primo Eolo infatti è veramente figlio di Elleno, mitico capostipite di tutti gli Elleni, cioè i Greci, che dalla ninfa Orseide ha tre (o quattro) figli a loro volta capostipiti delle etnie (Achei/ Danai da Acheo/Danao, Dori da Doro, Eoli appunto da Eolo, Ioni da Iono); il secondo Eolo è invece figlio di Posidone e Melanippe (o Arne), figlia del primo Eolo, e gemello di Beoto (vd. fab. 187), infine stabilitosi 315
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nell’isola Eolia e sposo di Ciane figlia di Liparo: a questo Eolo Zeus affida il dominio dei venti divinizzandolo di conseguenza. 7 ad Laestrigonas: vd. Omero, Od. 10,80-102, ma anche Apollodoro, epit. 7,12-13 e Ovidio, met. 14,233-244; nonstante la lacuna testuale, il senso è chiaro. 8 in insula Aenariam ad Circen: vd. Omero, Od. 10,135-574; Apollodoro, epit. 7,14-17; Ovidio, met. 14,246-440. Circe è figlia del Sole e Perseide (o Persa: vd. gen. 36), sorella del re Eeta e quindi zia di Medea; la tradizione la situa sull’isola Eea e non Enaria. – Mercurius ei remedium dedit: si tratta di una pianta chiamata μῶλυ, dal fiore latteo e dalla radice nera, che soltanto gli dei possono cogliere (Od. 10,302-306). 10 Nausithoum et Telegonum: secondo Esiodo, theog. 1017 Nausitoo è figlio di Ulisse e della ninfa Calipso, e non è quindi figlio di Circe; Apollodoro infatti ricorda soltanto il secondo (epit. 7,16), che in un verso dal testo non proprio sicuro comparirebbe addirittura in Esiodo, theog. 1014. La tradizione omerica ignora tutto quanto. 11 ad lacum Avernum: mentre Omero ambienta l’evocazione dei morti da parte di Ulisse nel Nord caucasico, nel paese dei Cimmeri, dove c’è nebbia perenne e il sole non arriva mai (Od. 11,13-19), Igino segue in questo la tradizione latina, rappresentata soprattutto da Virgilio (Aen. 6,201-211), che colloca uno degli ingressi al regno dei morti presso il lago Averno, vicino a Pozzuoli. – ad inferos descendit: se Omero dedica l’intero libro XI dell’Odissea a narrare l’interrogazione dei morti da parte di Ulisse (e Virgilio a sua volta il VI dell’Eneide), Igino secondo le consuetudini dà un’estrema sintesi del viaggio nell’Ade, citando soltanto due anime, le prime due incontrate, e tralasciando le diverse altre; Apollodoro, epit. 7,17 è addirittura più sintetico di Igino, e in un contesto elencativo si limita a citare Tiresia, Anticlea ed Elpenore. – Elpenorem socium suum: quella di Elpenore, morto il giorno stesso per un banale incidente nella casa di Circe, è effettivamente la prima anima che Ulisse incontra nel regno dei morti (Omero, Od. 11,51-83). 12 cum matre Anticlia: anche in Omero segue il penoso incontro con la madre (Od. 11,84-89 e poi 152-224; è interrotto dalla comparsa di Tiresia), della cui morte, avvenuta durante la lunga assenza del figlio, Ulisse non era informato. – de fine errationis suae: Anticlea informa Ulisse dello stato della sua casa, della fedeltà perdurante della moglie Penelope e delle insistenze dei pretendenti, e infine della propria morte nel rimpianto del figlio lontano; altre notizie sul ritorno e sui pericoli da affrontare prima di giungere in patria vengono invece date in forma profetica dall’indovino Tiresia (Omero, Od. 11,90-151), proprio per ascoltare il quale Ulisse, indirizzato da Circe, viene a contatto con i morti, ma questo incontro pur 316
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fondamentale non compare qui, e Igino lo cita solo più avanti. 13 ad Sirenas: vd. Omero, Od. 12,165-200; qui vd. gen. 30: anche Igino, come Apollodoro, epit. 7,18 ne conta tre rispetto alle due di tradizione omerica. Il famoso stratagemma di turare le orecchie ai compagni e di essere legato all’albero della nave impedisce all’equipaggio di morire come accade invece a Bute, uno degli Argonauti (fab. 14,27). Sulla fine delle Sirene vd. fab. 141,2. 14 ad Scyllam: la descrizione del mostro, come notiano anche in Apollodoro, epit. 7,20, è meno dettagliata che in Omero, Od. 12,85-100; sugli ascendenti di Scilla vd. gen. 39, mentre la storia della metamorfosi di Scilla in mostro è narrata in fab. 199. 15 Solis pecus sacrum: il testo presenta evidentemente un problema di tradizione, perché l’episodio dell’uccisione sacrilega da parte dei compagni di Ulisse delle vacche del Sole in Sicilia (Omero, Od. 12,320-419) viene raccontato due volte in modo molto simile inframmezzandovi la menzione di Cariddi. – in aeneo mugiebant: il particolare è omerico e Igino lo riporta perché sensazionale: le pelli si muovono e le carni cotte e crude muggiscono infilate negli spiedi (Od. 12,394-396). – ad Charybdimque perlatus: la descrizione del mostro che ingoia e vomita l’acqua del mare creando un gorgo è in Od. 12,234-244; Omero ritrae Cariddi mentre ingoia due volte, e quindi la notizia che il mare viene ingoiato e rigurgitato tre volte al giorno che troviamo in Igino (ter die… terque) e anche in Apollodoro, epit. 7,21 non si fonda sull’autorità del poema omerico. 16 in insulam Aeaeam: Igino si confonde: Eea è l’isola di Circe, mentre quella di Calipso è Ogigia, dove Ulisse arriva stremato dopo una deriva di nove giorni su un relitto della sua nave (Omero, Od. 12,420-450). – Calypso Atlantis filia: vd. gen. 16. – anno toto eum retinuit: lo spazio di un anno non ha fondamento omerico: nel poema è lo stesso Ulisse infatti a raccontare ai Feaci di essere rimasto da Calipso sette anni (Od. 7,259), ma evidentemente circolavano tradizioni differenti in merito, anche perché Apollodoro, epit. 7,24 da parte sua ne conta cinque; lo stesso Apollodoro peraltro accoglie la tradizione che figlio di Calipso e Ulisse è Latino, l’antico re laziale che accoglierà Enea (vd. invece qui fab. 127,3). 17 Leucothoe: vd. Omero, Od. 5,333-353, dove in realtà la divinità marina si chiama Leucotea, cioè “dea bianca” (anche Ovidio, met .4,539 ss.): si tratta della metamorfosi di Ino una volta precipitata in mare, come lo stesso Igino racconta in fab. 2,5, dove il nome è corretto e dove pure è citata la corrispondenza con la Mater Matuta latina; è Apollodoro 3,4,3 a specificare che la divinità marina, insieme al figlio Palemone, è invocata dai naviganti durante i naufragi. 18 in insulam Phaeacum: che la terra dei Feaci, chiamata Scheria, sia un’i317
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sola è ricavabile nell’Odissea soltanto da un’allusione a 6,204, e la circostanza non è casuale, dal momento che i Feaci affermano di non amare la vicinanza e i rapporti con gli altri popoli; già in antico comunque l’isola viene identificata in Corfù, nello stesso arcipelago di Itaca. 19 ira Mercurii: di questo ennesimo naufragio per l’avversità di Mercurio (vd. anche fab. 126,1) non c’è traccia nell’Odissea: Ulisse non si rende conto di giungere a Itaca perché si addormenta durante la navigazione e viene deposto dai Feaci ancora nel sonno sulla spiaggia con i doni di Alcinoo (Od. 13,113-124). Secondo Apollodoro, epit. 7,25 Posidone per ritorsione nei loro confronti trasformerà in pietra la nave e schiaccerà la loro città sotto una montagna. 20 La parte finale è estremamente sintetica, anche perché viene ripresa e ampliata in fab. 126. – ex cicatrice: si tratta di un’antica cicatrice che Ulisse si procura quando il nonno Autolico lo porta a caccia per la prima volta sul monte Citerone (Omero, Od. 19,414-464). 126 Rispetto alla fabula precedente, in questa, che prosegue e termina il racconto dell’Odissea, Igino mostra di utilizzare una forma narrativa diversa, evidentemente caratterizzata dal discorso diretto, forse in dipendenza da una fonte diversa, magari di genere drammatico; comunque, il poema omerico non è l’unico testo base di questo compendio, anche perché le differenze segnalabili non sono poche. Le lacune testuali presenti non impediscono comunque di comprendere il senso generale del contenuto. 1 naufragio facto nudus: vd. fab. 125,19 e nota; in verità è sull’isola dei Feaci che Ulisse approda dopo un naufragio e nudo, ed è probabile che Igino qui si confonda. – subote: il termine è greco (συβότης), quello che si trova nell’Odissea, e per questo Igino lo glossa con la corrispondente espressione latina che ha la stessa radice (da sus, greco ὕς: “maiale”). – canis cum agnosceret: è soltanto citato cursoriamente il celebre episodio del cane Argo, che muore dopo aver riconosciuto il padrone tanto atteso nel momento in cui si presenta a palazzo (Od. 17,290-327), mentre qui sembra che si tratti del cane di Eumeo. 2 dixit se comitem eius esse: nell’Odissea invece Ulisse nelle sembianze del mendicante dice a Eumeo di essere un mercante di Creta dalla vita avventurosa che aveva comunque combattuto a Troia (14,191-359). 4 telam: un’altra imprecisione: l’espediente della tela, un lenzuolo funebre destinato al padre di Ulisse, Laerte, nell’Odissea non viene rivelato allo stesso Ulisse da Eumeo, ma dalla stessa Penelope (19,138-156). 5 effigiem suam restituit: in realtà nel racconto omerico il primo a riconoscere Ulisse, dopo la diffidenza iniziale, è il figlio Telemaco, giunto nella 318
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capanna di Eumeo, mentre quest’ultimo è assente (Od. 16,156-219); a Eumeo e all’altro servo fedele, Filezio, Ulisse rivela la propria identità soltanto più tardi a palazzo, una volta posta la gara dell’arco, chiedendo loro aiuto per realizzare la vendetta (Od. 21,188-241). 6 ad mnesteras: è interessante che qui e al par. 7 isolatamente compare il termine greco mnesteres (μνηστῆρες , dalla radice di μνηστεύω, “corteggiare”), sempre utilizzato in questo contesto da Omero e corrispondente al latino proci (dal verbo arcaico proco, corradicale di precor, “chiedere”, s’intende in moglie), che Igino utilizza nelle altre fabulae e anche in questa. Probabilmente la variazione terminologica dipende dall’uso di fonti diverse. 7 Melanthius unus ex mnesteribus: nell’Odissea Melanzio non è uno dei pretendenti, ma il guardiano delle capre, un servo di Ulisse ostile a Telemaco e invece servile nei confronti dei pretendenti: insomma l’esatto opposto rispetto al fedele Eumeo (17,204-260). – inter se luctentur: vd. Od. 18,1-107. In Omero Iro è tracotante ed è lui a sfidare Ulisse perché non vuole un altro mendicante che gli faccia concorrenza; Antinoo quindi promette la protezione di tutti al vincitore. – ad Euricleam nutricem: nel poema Ulisse chiede a Penelope di non essere accudito dalle ancelle ma da una vecchia, e la regina lo affida a Euriclea che lo riconosce dalla cicatrice (Od. 19,370 ss.); il testo è lacuoso ma il senso è chiarissimo (sull’episodio vd. anche fab. 125,20 e nota). – eam praemonuit ut arcum et sagittas…: la gara dell’arco occupa nell’Odissea l’intero libro XXI: l’idea di indirla tuttavia non viene da Ulisse ma è un’idea di Penelope ispirata da Atena. 8 Il testo è piuttosto lacunoso, ma il senso è chiaro. In Omero è lo stesso Ulisse a chiedere di cimentarsi nella gara, dopo aver assistito ai fallimentari tentativi dei proci, che vorrebbero opporsi (Od. 21,271-310); Penelope allora interviene a favore del mendicante ed Eumeo, nonostante le minacce, materialmente consegna l’arco nelle sue mani (343-379). 9 omnes procos conflixit: la cosiddetta mnesterofonia, cioè l’uccisione dei proci portata a segno da Ulisse con l’aiuto di Telemaco e dei fedeli Eumeo e Filezio, occupa il libro XXII del poema. – excepto Melanthio servo: a differenza che al par. 7, qui Melanzio è correttamente qualificato come un servo: la sua punizione è severa e sintetizza quanto scritto con crudezza da Omero: viene portato nella corte e mutilato del naso, delle orecchie e dei genitali, che vengono gettati da divorare ai cani, e inoltre di mani e piedi (Od. 22,474-477). – corpora eorum ad mare deferri: nel poema invece i cadaveri dei proci vengono allineati dalle ancelle in lacrime sotto il portico della corte (448-449). – rogatu Penelopes: nel poema le ancelle infedeli vengono impiccate nella sala rotonda senza che Penelope lo sapesse (645-473).
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127 La morte di Ulisse per mano di Telegono era raccontata in un poema del VI secolo, per noi perduto ma conosciuto da un riassunto bizantino, la Telegonia di Eugammone di Cirene; sappiamo inoltre che Pacuvio è autore di una tragedia intitolata Telegonus, probabilmente esemplata sulla pure perduta tragedia Odisseo colpito con l’aculeo di Sofocle. Troviamo la storia raccontata qui da Igino in Apollodoro, epit. 7,36. 2 a Telegono filio est interfectus: Apollodoro accoglie la tradizione secondo cui Telegono colpisce a morte il padre con una lancia avente per punta l’aculeo velenoso di un trigone o di una tracina (da cui il titolo della tragedia sofoclea): in tal modo si sarebbe realizzata la profezia di Tiresia che la morte sarebbe venuta per Ulisse dal mare (Od. 11,134-135). 3 natus est Latinus: secondo Apollodoro, epit. 7,24 Latino è figlio di Ulisse e Calipso, ma già in Esiodo, theog. 1113 leggiamo che Latino, insieme ad Agrio, è figlio di Ulisse e Circe: la tradizione seguita da Igino deve quindi essere un’altra. – natus est Italus: nessuna fra le fonti note fa discendere da Telegono e Penelope l’eroe eponimo dell’Italia, che Apollodoro neppure cita; per Tucidide 6,2,4 è re degli Enotri in Calabria ed è comunque variamente collocato da Servio, Aen. 1,533. 128 Teoclymenus Protei filius: il testo non sembra sicuro, anche perché l’indovino Teoclimeno, citato nell’Odissea (15,223 ss.), è figlio di Polifide e discendente di un altro indovino, Melampo, e profetizza la morte ai proci, da cui viene cacciato (20,350-357); il figlio di Proteo invece è il Teoclimeno re d’Egitto che nell’Elena di Euripide cerca di sedurre Elena portata lì dal dio Hermes per evitarle la guerra di Troia. 129 Fino alla fabula 165 mancano nel manoscritto base dell’editio princeps sia i numeri d’ordine sia i titoli, che gli editori normalmente integrano sulla base dell’indice. ad Oeneum: secondo la tradizione accolta da Apollodoro 1,8,1 Eneo (o Oineo) è re di Calidone in Etolia e a lui risale per i greci l’introduzione della tecnica per coltivare la vite e ricavarvi il vino (vd. anche Servio, Aen. 4,127). – muneri vitem dedit: la vite è considerata un dono ospitale da parte di Dioniso; in Servio, georg. 1,8 Eneo scopre la vite grazie al suo pastore Stafilo che trova una sua capra mentre bruca un grappolo d’uva insegnandogli la spremitura. – oeneon ut vocaretur instituit: il legame etimologico con il termine οἶνος (traslitterato in latino oeneos) è evidente.
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130 Il mito di Icario ed Erigone è trattato variamente in letteratura: oltre ad Apollodoro 3,14,7 e Servio, georg. 2,389, la conclusione della storia con la trasformazione dei protagonisti in astri ha suscitato l’interesse degli scienziati (Igino, astr. 2,4; un perduto epillio intitolato appunto Erigone è opera di Eratostene). 1 ad homines esset profectus: la storia è presentata come un ulteriore episodio (vd. fab. 129) del viaggio di Libero fra gli uomini per promuovere la coltivazione della vita e l’arte della vinificazione. Apollodoro fa coincidere il soggiorno di Dioniso presso Icario (e il dono della vite) con quello di Demetra presso Celeo a Eleusi (col dono dei cereali). 4 diem festum oscillationis: la festa che in latino anche Servio chiama oscillatio corrisponde alle αἰώραι (“pendagli”, “altalene”), la consacrazione espiatoria dell’impiccagione di Erigone per togliersi la vita e delle ragazze ateniesi per ordine del dio: si tratta di un momento all’interno delle feste Antesterie, che si celebrano ad Atene in onore di Dioniso all’inizio della primavera. 5 Icarius Arcturus: secondo la versione che troviamo in Igino, astr. 2,4 Icario è trasformato nel Boote, costellazione della quale fa parte Arturo, che ne è la stella più luminosa. – Maera Canicula: Canicola (o Stella del Cane) è l’altro nome di Sirio, la stella più visibile della costellazione del Cane Maggiore. 131 1 in Indiam: il viaggio in India è descritto dalla tradizione come una campagna vittoriosa del dio, che sconfigge avversari e fonda città alla stregua di un sovrano. – Nyso nutricio suo: Niso è colui che accoglie e alleva il piccolo Dioniso dopo la morte della madre Semele: vd. fab. 167,3 e 179,3. 2 trieterica: come esplicita l’etimologia greca (τρεῖς “tre” + ἔτος “anno”), si tratta delle feste in onore di Dioniso che si celebravano ogni terzo anno, cioè ad anni alterni, dalle Baccanti soprattutto a Delfi: vd. Pausania 10,32,7. 132 La storia di Licurgo che si oppone al Dioniso e ai riti bacchici da questi promossi è oggetto di opere drammatiche in particolare nella letteratura latina d’età arcaica a partire dal Lucurgus di Nevio; il tema al tempo doveva essere di attualità, considerato che viene promulgato il senatoconsulto sui Baccanali (ne abbiamo una copia datata al 186 a.C.), che vietava appunto tali pratiche per ragioni di ordine pubblico. 1 Lycurgus Driantis filius: la tradizione (p. es. Apollodoro 3,5,1) fa di Li321
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curgo il re degli Edoni in Tracia. – malum medicamentum: la diffidenza nei confronti del vino mostrata da Licurgo è la stessa mostrata dai pastori che uccidono Icario in fab. 130,2: anche l’espressione usata è la stessa. 2 filium interfecit: Apollodoro 3,5,1 racconta che Licurgo uccide il figlio, di nome Driante come il nonno, con un colpo di scure, scambiandolo per un tralcio di vite. – pantheris obiecit: pantere o tigri facevano parte del corteggio di Dioniso, di cui tiravano il carro. La tradizione accolta da Apollodoro prevede invece che gli stessi sudditi per ordine di Dioniso portino Licurgo sul monte Pangeo dove viene sbranato da cavalli; in Omero invece il re, venuto in odio a ogni mortale, viene accecato per punizione da Zeus (Il. 6,138-140). – unum pedem sibi… excidisse: l’ennesimo gesto di pazzia, questa volta in senso autolesionistico, si trova citato anche da Servio, Aen. 3,14. 133 La breve fabula è un tipico racconto eziologico, orientato cioè a spiegare l’origine di una realtà, nel nostro caso quella del segno zodiacale dell’Ariete e del tempio di Giove Ammone, all’interno del mito di Dioniso. Vd. al proposito anche Igino, astr. 2,20, che fa risalire la storia a Ermippo di Smirne, discepolo di Callimaco, probabilmente dai suoi Fenomeni. Liber in India: Igino qui situa l’episodio durante in viaggio in India di Dioniso, anche se in astr. 2,20 situa correttamente il tempio di Giove Ammone nel Nordafrica come molti altri autori. – in astrorum numero: secondo un’altra tradizione (p. es. Manilio 2,34) a essere trasformato in costellazione è l’ariete dal vello d’oro che aveva trasportato Frisso ed Elle – aequinoctialis aries: l’Ariete è detto “equinoziale” perché all’inizio dell’era cristiana il Sole si trovava appunto nel segno dell’Ariete nel giorno dell’equinozio primavera (oggi la situazione è diversa a causa della cosiddetta precessione degli equinozi). – templum constituit: il tempio, che era anche sede di un oracolo, conservava all’interno una raffigurazione di Giove con le corna d’oro di ariete (Erodoto 2,42). 134 La storia di Dioniso con i pirati costituisce evidentemente un elemento di rilievo all’interno delle avventure del dio ed è raccontata o citata con diverse varianti a partire addirittura dall’Inno omerico a Dioniso fino a Nonno, Dion. 45,105-169: vd. p. es. Apollodoro 3,5,3; Ovidio, met. 3,582-691; Igino, astr. 2,17; Seneca, Oed. 449-466; Servio, Aen. 1,67. 1 Tyrrheni… Tusci: il nome di Tirreni è utilizzato in ambito greco per indicare dapprima in genere le popolazioni non greche, in particolare i pirati che infestavano l’Egeo (così nel nostro contesto anche nell’Inno omerico 322
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a Dioniso, 7-8; vd. Tucidide 4,109; Diodoro Siculo 10,19,6), e solo in un secondo momento specificamente gli Etruschi o Tusci, come intende Igino. – Acoetes gubernator: il personaggio è sempre descritto come mite e riflessivo; nella versione di Ovidio l’episodio è presentato proprio come il racconto di Acete al re Penteo. 2 thyrsos: il tirso è un bastone sormontato da una pigna e avvolto da tralci e pampini, un simbolo dionisiaco attribuito allo stesso dio e alle Baccanti del suo seguito. Qui Dioniso fa assumere alla nave un aspetto del tutto dionisiaco, utilizzando ogni elemento connesso al suo culto; allo stesso modo vanno considerati i leoni e le pantere (vd. fab. 132,2 e nota): in Ovidio si tratta di pantere e linci. 4 duodecim his nominibus: la consuetudine catalogatoria a questo proposito trova un antecedente in Ovidio, che tuttavia cita i nomi dei pirati in una forma narrativa durante la trasformazione in delfini. 135 La storia della morte di Laocoonte è resa famosa in ambito latino dal racconto di Virgilio, Aen. 2,40-54 e 199-227, mentre nel mondo greco sappiamo che compariva nella Iliou Persis di Arctino di Mileto e in una tragedia pure perduta di Sofocle intitolata appunto Laocoonte; per il resto vd. Apollodoro, epit. 5,18 e Quinto Smirneo, posthom. 12,444-497. 1 Apollinis sacerdos: secondo la versione più diffusa Laocoonte è sacerdote di Posidone. – contra voluntatem Apollinis: Servio, Aen. 2,201 ricostruisce che l’errore di Laocoonte non consiste nell’aver preso moglie, ma nell’essersi unito a lei in luogo sacro, davanti alla statua del dio. 3 hastam… miserit: la scena è descritta da Virgilio, Aen. 2,50-56, che aggiunge che, nonostante il colpo di lancia faccia risuonare il ventre cavo del cavallo, i Troiani non si insospettiscono causando la fine della città. 136 La storia poteva essere oggetto di due tragedie intitolate Poliido, opera rispettivamente di Sofocle (nota anche con il titolo Gli indovini) e di Euripide; vd. comunque anche Apollodoro 3,3,1, che tramanda un racconto molto vicino al nostro. Secondo un’altra tradizione, accolta da Apollodoro 3,10,3 e anche da Igino, astr. 2,14 (vd. qui fab. 49,1), Glauco viene risuscitato da Asclepio. Sul valore simbolico facilmente riconoscibile nella resurrezione di Glauco vd. Muellner 1998. 1 dum ludit pila: secondo Apollodoro Glauco cade mentre insegue un topo. – Apollinem sciscitati sunt: in Apollodoro sono i Cureti, i mitici deisacerdoti di Creta, a dare il responso a Minosse. 3 Polyidus Coerani filius Byzantius: il nome Poliido è parlante e adatto a 323
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un indovino perché letteralmente significa “che vede molte cose”: è citato anche da Omero, Il. 13,663-672, che tuttavia lo dice di Corinto (saremmo qui in presenza di un errore da parte di Igino: Liénard 1940). 6 gladio repente percussit: secondo Apollodoro Poliido uccide il serpente a sassate. 7 in patriam remisit: il racconto di Igino si ferma qui, ma Apollodoro 3,3,2 contiene anche un seguito: Minosse pretende da Poliido che questi insegni l’arte divinatoria al piccolo Glauco; Poliido lo fa malvolentieri e, sul punto di partire, si fa sputare in bocca dall’allievo che per effetto di questo gesto magico dimentica ogni insegnamento ricevuto. 137 La storia era oggetto di una perduta tragedia di Euripide, il Cresfonte, e riguarda le lotte per la spartizione del Peloponneso da parte dei discendenti di Ercole di più generazioni, gli Eraclidi. Una versione più concisa troviamo in Apollodoro 2,8,5. D’altra parte il mito di un ragazzo messo in salvo fattosi poi vendicatore che collabora con la madre per uccidere il tiranno riproduce un cliché ampiamente attestato anche in altre storie. 2 filium autem eius: Merope mette in salvo il figlio, ma Igino soltanto più avanti (par. 3) dice che in realtà i figli sono più di uno, senza specificarne il numero (per Apollodoro sono tre), dicendo che gli altri sono stati uccisi da Polifonte insieme al padre. – absconse ad hospitem: secondo Apollodoro l’ospite è in realtà il padre di Merope. Il raro avverbio, che significa “nascostamente”, “di nascosto”, trova qui la sua prima attestazione: per il resto si trova sporadicamente in scrittori cristiani e anche nella traduzione latina della bibbia, e appartiene al linguaggio colloquiale. 3 Telephontem: la tradizione rappresentata da Apollodoro chiama invece il figlio sopravvissuto Epito. 5 in chalcidicum: si tratta di un termine tecnico dell’architettura che indica un particolare tipo di stanza particolarmente decorata e sontuosa, in genere utilizzata come stanza da pranzo o di rappresentanza; le attestazioni sono molto rare e datano dall’età cristiana (due attestazioni in Arnobio e una in Ausonio). 138 1 Iovem cum quaereret: la storia è ambientata ai tempi in cui Saturno cerca il piccolo Giove nascosto da Rea per evitargli di essere divorato dal padre timoroso di essere spodestato dal figlio (vd. fab. 139,1-2). – Oceani filia: Filira è figlia di Oceano e Teti. – in equum conversus: la trasformazione di Crono in cavallo spiega la nascita di un centauro, un essere mezzo uomo e mezzo cavallo; Igino non motiva tuttavia tale trasformazione: in Apollonio Rodio 2,1231-1241 e Servio, georg. 3,93 leggiamo invece che Crono si tra324
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sforma per fuggire velocemente dopo che Rea lo sorprende nel letto con Filira. – artem medicam: Chirone è uno dei personaggi divini o semidivini che la tradizione vuole esperti nella medicina e in questo, secondo alcuni, maestro di Asclepio (Pindaro, Pyth. 3,5,ss.); sotto il suo nome circolavano anche opere e manuali anonimi in materia medica e veterinaria che in parte possediamo. 2 in arborem philyram: la metamorfosi di Filira in tiglio (in greco φιλύρα), albero che da lei prende il nome, non è tramandata univocamente: secondo una versione diffusa non subisce alcuna metamorfosi ma resta umana e come tale diventa la nutrice del piccolo Achille in Tessaglia, di cui inoltre Chirone è maestro. 139 1 Opis: Opi, dea latina dell’abbondanza, viene identificata variamente con Rea, moglie di Crono/Saturno, ma anche con Cerere. – Orcum sub Tartara deiecerat et Neptunus sub undas: la spartizione dei regni è qui presentata come un accorgimento di Saturno, per allontanare il pericolo di essere spodestato da uno dei figli; la tradizione vuole invece che l’assegnazione a ciascuno dei tre figli avvenga per sorteggio dopo che Crono viene ridotto all’impotenza. Notevole l’uso del nome Orco per indicare Plutone: in origine demone infernale di estrazione etrusca, nella letteratura d’età classica preferibilmente è utilizzato per indicare il regno dei morti più che il suo re. 2 lapidem involutum: il mito è raccontanto già da Esiodo, theog. 453ss.: come rea partorisce un figlio, Crono lo divora, finché al posto di Zeus inghiotte una pietra; una volta sconfitto, sia questa che i figli inghiottiti saranno poi rigurgitati (secondo Apollodoro 1,2,1 è Metis, prima moglie di Zeus, a dare a Crono una pozione per provocare il vomito, mentre in Esiodo, theog. 494 a consigliare in tal senso è la stessa Gea), e la pietra finirà a Delfi, dove diventa un simbolo religioso veneratissimo, il cosiddetto ὀμφαλός l’ombelico del mondo, descritto da Pausania 10,24,6. 3 Amalthaea pueri nutrix: secondo una tradizione diffusa la nutrice del piccolo Zeus sul monte Ida, e comunque a Creta, non è una donna ma una capra che lo nutre col proprio latte mentre viene curato dalle ninfe Adrastea e Ida (Apollodoro 1,1,6-7) e che viene poi trasformata in costellazione con i suoi due capretti (Igino, astr. 2,13); in un’altra variante a nutrire il bambino sono anche le api con il loro miele (p. es. Virgilio, georg. 4,149152). – in cunis in arbore suspendit: questo accorgimento, fra il magico e il sacro, per far sì che il neonato non si trovi in nessun luogo convenzionale e quindi si trovi al sicuro, non è ricordato da altre fonti note. 4 Curetes… Corybantes… Lares: originariamente gruppi distinti, i Cureti (divinità minori del corteggio di Rea) e i Coribanti (sacerdoti danzanti di 325
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Cibele) spesso vengono identificati, probabilmente anche a causa dell’identificazione fra Rea e Cibele; l’assimilazione con i Lari di tradizione latina si basa sulla considerazione della funzione protettrice sulla casa e la famiglia esercitata da queste divinità domestiche. 140 1 responsa dare solitus erat: il serpente rappresenta il legame con la terra ed è quindi una divinità primordiale: non è quindi strano che a Pitone, peraltro figlio di Gea, la Terra (gen. 34), si attribuiscano capacità profetiche e in particolare un legame con il santuario di Delfi nei pressi del Parnaso; mentre tuttavia Igino accoglie la tradizione che ne fa l’oracolo prima che Delfi entrasse nell’orbita apollinea, un’altra versione lo considera semplicemente un guardiano di luoghi sacri (p. es. Apollodoro 1,4,1). 3 fluctibus cooperuit: sprofondare l’isola rappresenta uno stratagemma per mettere in salvo Latona e contemporaneamente non contraddire il decreto di Giunone, che condanna Latona a partorire lontano dalla luce del sole. Su Ortigia/Delo vd. anche fab. 53. 4 in superiorem partem rettulit: scampato il pericolo, l’isola riaffiora e resta un’isola fluttuante finché, una volta che Latona partorisce, viene ancorata al sottosuolo e così stabilita. – Latona oleam tenens: un’antica tradizione parallela racconta che Latona partorisce aggrappata invece a una palma, che, prima di essere simbolo di vittoria, lo è di rigoglio e fecondità: vd. Omero, Od. 6,162-163; Inno omerico ad Apollo 115-118. 5 in cortinam coniecit: la tradizione vuole che i resti di Pitone siano presenti a Delfi e che in qualche modo ispirino la sacerdotessa che emette i responsi, chiamata appunto Pitia; Servio, Aen. 3,92 al proposito ricorda che tripode (cortina, con un termine latino), cioè lo scranno su cui sedeva o si aggrappava la sacerdotessa nel vaticinare, era ricoperto dalla pelle di Pitone; un’altra tradizione di tipo antiquario, rappresentata p. es. da Varrone, ling. 7,17, vuole che le ossa si trovassero sotto la pietra-ombelico (vd. fab. 139,2 e nota). – ludi Pythia dicuntur: anticamente i Ludi Pitici prevedono gare di musica e canto e si disputano ogni otto anni; in seguito, a partire dal 582 a.C., si allineano alla scansione quadriennale dei Ludi Olimpici e accolgono anche gare atletiche: vd. Pausania, 10,7,4-6. 141 1 Acheloi… et Melpomenes: la stessa genealogia in gen. 30, dove sono riportati anche i nomi (analogamente Apollodoro, epit. 7,18, con un nome diverso); la discendenza dalla musa (Melpomene è la musa della tragedia, ma Apollonio Rodio 4,895-896 le dichiara figlie di Tersicore, musa della danza) spiega il canto fascinoso delle Sirene: Apollodoro precisa che una 326
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suona la cetra, la seconda canta e la terza suona il flauto. Vd. comunque fab. 125,13 e nota. – volaticae sunt factae: la parziale trasformazione in uccelli delle Sirene (vd. su questo fab. 125,13) è connessa al rapimento di Proserpina, figlia di Demetra/Cerere, di cui erano ancelle (Apollonio Rodio), da parte di Plutone: la versione accolta da Igino la considera una punizione da parte della dea, mentre per Ovidio, met. 5,552-563 sono loro stesse a chiedere di avere le ali per andare alla ricerca di Proserpina. 2 praecipitarunt se in mare: mentre l’Odissea non parla della fine delle Sirene, della profezia sulla loro morte parla Apollodoro, epit. 7,19, ma si limita a dire che, una volta che Ulisse supera il loro scoglio, in effetti muoiono; il loro suicidio in mare è citato tuttavia da Licofrone, Alex. 713-716. 3 inter Siciliam et Italiam: il luogo veniva localizzato in alcune isolotti nel golfo di Napoli (p. es. Strabone 1,2,12), e sulla costa prospiciente peraltro è testimoniata l’esistenza di un tempio in loro onore (Virgilio, Aen. 5,864866; Plin. nat. 3,62). 142 homines ex luto finxit: mentre la tradizione vede Prometeo come il benefattore del genere umano, in particolare per il dono del fuoco (vd. fab. 144,1), non è frequente che sia considerato il creatore degli uomini: oltre che in Igino troviamo questa versione in Apollodoro 1,7,1 e Ovidio, met. 1,82-87, e sappiamo inoltre da Pausania 10,4,4 che in Focide, vicino a Panopeo, era conservata la terra avanzata a Prometeo nel plasmare l’uomo. – Vulcanus… mulieris effigiem fecit: in Esiodo la creazione della donna da parte di Efesto per ordine di Zeus rappresenta una punizione per il genere umano a seguito del furto del fuoco da parte di Prometeo; la donna plasmata dal fango riceve da Atena la conoscenza della tessitura (e non quindi l’anima, come dice Igino), da Afrodite l’arte della seduzione e da Ermes infine un cuore di cane e l’arte di ingannare (theog. 513-514 e 571-584; op. 60-82). – Pandoram: evidente l’etimologia del nome, composto dalla radice di πᾶς “tutto” e δῶρον “dono”. 143 1 ex Argia sorore sua: secondo Apollodoro 2,1,1 la madre di Foroneo è Melia, sorella di Inaco come Argia. – primus mortalium dicitur regnasse: la notizia, che Igino poi si incarica di contestualizzare, dipende da una diffusa tradizione che fa di Foroneo il mitico fondatore della civiltà, in particolare del Peloponneso, e che doveva sostanziare addirittura un poema epico anonimo intitolato Foroneide, di cui resta soltanto qualche frammento e linee generali di contenuto. Secondo una tradizione locale riportata da Pausania 2,19,5 nel Peloponneso i meriti di Foroneo erano tali che si rite327
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neva che fosse lui ad aver donato il fuoco agli uomini, gesto che in genere è riconosciuto a Prometeo (vd fab. 144). 2 Mercurius sermones hominum interpretatus est: la ricostruzione di Igino è analoga all’immagine della Babele biblica: la divisione delle lingue, che origina la divisione in nazioni, è anche all’origine delle discordie fra esse; il consueto scrupolo etimologico lega il termine di origine greca hermeneuta a Hermes, dio dei commerci e messaggero degli dei, e pertanto adatto a simboleggiare lo scambio di idee attraverso il codice comunicativo linguistico. Un paragone fra questa tradizione e quella biblica della torre di Babele (Gen. 11,1-9) è ipotizzata da Inowlocki 2007. 3 Iunoni sacra primus fecit: nel dettaglio, Igino ricorda Foroneo anche come il primo costruttore di un tempio dedicato a Giunone ad Argo (fab. 225,2) e come il primo costruttore di armi sempre per Giunone (fab. 274,8). 144 1 ignem petebant: secondo la circostanziata versione che troviamo in Esiodo (theog. 535-569 e op. 49-58) Prometeo, che è uno dei Titani, riporta agli uomini il fuoco che gli dei avevano loro sottratto per punizione: infatti lo stesso Prometeo aveva ingannato gli dei durante un banchetto facendo scegliere loro le ossa e il grasso degli animali e lasciando invece la carne agli uomini. – in ferula detulit in terras: lo stratagemma per trasportare il fuoco è normalmente sempre citato dalle fonti; alcuni citano il particolare che il furto avviene dall’officina di Efesto (Platone, Prot. 321d-e; Cicerone, Tusc. 2,10; Luciano, Prometh. 5), mentre per Servio, buc. 6,42 Prometeo ruba il fuoco dal carro del Sole. 2 Mercurius: in genere è Efesto che imprigiona Prometeo, a partire dal Prometeo incatenato di Eschilo (12 ss.); la tradizione che prevede invece l’intervento di Ermes è accolta da Luciano, Prometh. 1. – aquilam apposuit, etc.: sulla punizione e la liberazione di Prometeo vd. anche fab. 54,3 e nota. 145 In modo abbastanza atipico, il racconto del mito di Io è preceduto da una genealogia che occupa due paragrafi: solo al par. 3 inizia infatti la vera e propria fabula. Il testo, come spesso capita in casi del genere, presenta alcuni problemi testuali dovuti sia alla tradizione sia anche alla mancata corrispondenza con altre genealogie note (p. es. Apollodoro 2,1,2-3). 1 Nioba: questa Niobe, della quale peraltro la fabula vera e propria non tratta, è un personaggio diverso rispetto alla figlia di Tantalo (fab. 9). 3 Iupiter dilectam compressit: Ino è sacerdotessa di Era (Apollodoro 2,1,3; di Atena per Esiodo, fr. 125 M.-W.) e secondo la tradizione Giove per unirsi a lei di nascosto alla moglie fa calare una fitta nebbia: Ovidio, met. 328
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1,588-600. – in vaccae figuram convertit: la metamorfosi in giovenca bianca, animale peraltro sacro a Era, è uno stratagemma ideato per nascondere il tradimento, e tuttavia la dea, non convinta, chiede al marito di avere in dono l’animale, che gliela concede per non insospettirla ulteriormente: Ovidio, met. 1,610-621. – Argum: questo mostro rappresenta l’essenza del guardiano, con molteplici occhi sempre vigili che vengono a un certo punto contati nel numero simbolico di cento: questi si riposavano a turno, due a due, in modo da garantire attenzione costante su Io anche se Argo era voltato dalla parte opposta (Ovidio, met. 1,625-628); in origine tuttavia gli occhi erano solo quattro ma in continuo movimento (Esiodo, fr. 294 M.W.). – hunc Mercurius… interfecit: Apollodoro 2,1,3 specifica che Ermes lo uccide colpendolo con una pietra, mentre nell’articolata versione ovidiana Mercurio fa addormentare Argo al suono del flauto e quindi lo decapita (met. 1,668-719); impietosita dalla morte del suo collaboratore, Giunone raccoglie i numerosi occhi e li usa per adornare la coda del pavone a lei sacro (met. 1,722-724). 4 formidinem ei misit: in preda all’ira Giunone perseguita Io al limite della follia: Ovidio icasticamente rappresenta questo senso di panico con l’immagine dell’orribile Erinni, la divinità persecutoria per eccellenza, che la dea fa comparire davanti agli occhi e alla mente della ragazza (met. 1,725), ma altre versioni lo concretizzano in un insetto fastidiosissimo, un tafano, che assilla e punge continuamente (p. es. Eschilo, Prom. 580-589; Suppl. 307-309 e 538-546; Apollodoro 2,1,3). – Ionium… Bosporum: la denominazione da Io del mare è citata già in Eschilo, Prom. 839-841; quanto al Bosforo, letteralmente significa “passaggio del bovino”. – Epaphum: sul figlio di Io vd. fab. 149. 5 deamque Aegyptiorum: Ovidio, met. 1,747 parla della celeberrima dea degli egizi, alludendo evidentemente a Iside: d’altra parte la dea veniva raffigurata con due corna sulla fronte e pertanto l’assimilazione con Iogiovenca è naturale; Apollodoro invece dice che era Demetra a essere chiamata Iside dagli Egizi, e che lo stesso nome viene dato anche a Io. 146 Il rapimento di Proserpina è un mito molto antico, ricordato da molti autori a partire da Esiodo, theog. 912-914 e d’altra parte presente già nell’Inno omerico a Demetra, mentre è soltanto citato in Apollodoro 1,5,1; in ambito latino sono rilevanti la trattazione di Ovidio, met. 5,346-571 e, in epoca senz’altro posteriore a Igino, il poema De raptu Proserpinae di Claudiano. 1 flores legentem: grazie alla complicità di Zeus (già in Inno Dem. 30; secondo Esiodo e Ovidio interviene anche Afrodite), i fiori vengono fatti nascere appositamente per attirare Proserpina nel luogo deputato al rapi329
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mento. – in monte Aetna: varia la localizzazione: Igino è l’unico che indica l’Etna, non seguendo la versione di Cicerone, Verr. II 4,48 e Ovidio, met. 5,385-386 che parlano del lago di Pergo vicino a Enna, individuandovi il passaggio per il regno dei morti. 2 cum Venere et Diana et Minerva: la presenza delle tre dee non ha riscontro nella tradizione precedente, che descrive semmai Proserpina in compagnia delle Oceanine (Inno Dem. 5-10); Claudiano, rapt. 1,212-286 tuttavia raffigura le tre dee recarsi nella casa di Proserpina per convincerla ad andare a cogliere fiori e favorire quindi l’esposizione della ragazza al rapimento. – dimidia parte anni: il patto sancito fra Cerere e Giove altro non è che la trasposizione mitologica dell’avvicendarsi dei cicli del raccolto. 147 Il mito fondativo di Eleusi viene ampiamente raccontato già nell’Inno omerico a Demetra e poi da Apollodoro 1,5,1, entrambi secondo una versione dei fatti con diverse variazioni rispetto a Igino; in ambito latino si trova in Ovidio, fast. 4,507-562, cui il nostro testo si avvicina di più: la variazione maggiore riguarda i nomi dei genitori di Trittolemo, Celeo e Metanira, e la presenza di un altro figlio di nome Demofonte, che è il piccolo cui Demetra deve badare. 2 lacte divino alebat: nell’Inno omerico a Demetra non allatta ma cosparge di ambrosia Trittolemo e gli alita in viso. – in igne obruebat: il gesto ha un evidente valore rituale e in questo il mito presenta evidenti consonanze con quello di Teti e Achille: vd. nota a fab. 107,1. 5 Celeus: Igino recupera il nome di Celeo, che nella versione più attestata è padre di Trittolemo, facendone il re dopo la morte di Eleusino. – Thesmophoria: le feste erano indette in onore di Demetra con l’epiteto di Tesmofora (letteralmente “portatrice di leggi”), cioè istitutrice e regolatrice dell’agricoltura e dei rapporti matrimoniali: duravano tre giorni in concomitanza con l’inizio della semina; Apollodoro 1,5,1 al proposito riprende un tema accennato in Inno Dem. 201-205 e fa risalire gli insulti e gesti osceni di rito nelle Tesmoforie all’intervento di una vecchia di nome Iambe che provoca il riso in Demetra mentre era alla ricerca del figlio. 148 Il racconto dell’adulterio di Venere con Marte e lo stratagemma usato da Vulcano per sorprendere i due amanti è antico ed è infatti presente già in Omero, Od. 8,266-366; citato da Lucrezio nel proemio del suo poema, in età tardoantica è oggetto di un poemetto opera di Reposiano. 3 vestem sceleribus tinctam: il dono citato da Igino è uno dei doni nuziali presentati ad Armonia nel giorno del suo matrimonio con Cadmo, e quin330
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di alle origini della dinastia regale tebana, connotata appunto da una catena di delitti e atrocità. Secondo Apollodoro 3,4,2 i doni sono due: la veste e una collana e vengono lasciati in eredità ai discendenti fino ad arrivare a Polinice (3,6,1). 149 Epaphum: vd. fab. 145,4. – ex Cassiopia uxore: la tradizione vuole che la moglie di Epafo sia Menfi, figlia del Nilo, il cui nome impone alla prima città da lui fondata (Apollodoro 2,1,4); probabilmente Igino si è confuso con un altro personaggio femminile di ambiente africano (vd. fab. 64,1). – a qua terra est appellata: la denominazione di Libia per gli antichi è generica e comprende tutta l’Africa conosciuta. 150 Per Igino la titanomachia (letteralmente “battaglia dei Titani”) è il tentativo da parte dei Titani di rovesciare il governo di Giove per istigazione di Giunone, risentita con quest’ultimo. In realtà la tradizione ne parla nel momento in cui si trattava di spodestare Crono, e quindi sostituire la vecchia generazione divina con quella più giovane di cui fa parte anche lo stesso Zeus (Esiodo, theog. 687-735; Apollodoro 1,2,1). 1 tantam regni potestatem: si tratta del regno d’Egitto (fab. 149): siccome Giove genera Epafo da Io, Giunone considera quest’ultima con disprezzo. 2 Atlanti: soltanto Igino fa di Atlante il capo della rivolta contro Giove; quanto alla punizione, è ricordata già da Omero, Od. 1,52-54 ed Esiodo, theog. 517-520. 151 Un altro testo strutturato a elenco che compendia personaggi e figure già variamente citati. 1 Scylla: descrizione analoga in fab. 125,14: alla luce di questa, forse qui andrebbe corretto inferiorem canis in inferiorem piscis, considerando la possibile attrazione in errore dal canes sex che immediatamente segue. – Chimaera: il mostro è così descritto anche in fab. 57,2 allorché se ne racconta l’uccisione da parte di Bellerofonte; su media ipsa Chimaera, vd. nota a fab. 57,3. 152 1 Tartarus ex Tartara: soltanto in questo luogo si trova il nome Tartara, che non ha altre attestazioni in antico (sul femminile insolito vd. Urbán 2004); la tradizione vuole che Tifone sia figlio di Tartaro e Gea, cioè la Terra: Esiodo, theog. 119; Apollodoro 1,6,3. – Typhonem: Tifone è ricordato an331
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che con il nome di Tifeo. – centum capita draconum: Apollodoro conserva una descrizione più dettagliata: oltre alle teste di cento serpenti emergenti dalla testa, dalle cosce uscivano le spire di vipere enormi, aveva ali su tutto il corpo, capelli sulla testa e sulle guance e occhi fiammeggianti, e dalla bocca sputava fuoco. 2 fulmine ardenti… percussit: in realtà se Esiodo, theog. 553-880 racconta il duello fra Zeus e Tifone nei termini in cui lo fa Igino, cioè un confronto istantaneo, secondo Apollodoro 1,6,3 è lungo e si disputa in diversi luoghi: Zeus inoltre fatica ad avere la meglio e non esce indenne. – montem Aetnam: la definitiva sconfitta di Tifone ha un risvolto eziologico che spiega il fuoco del vulcano siculo e che le fonti in genere non tralasciano: vd. p. es. Apollodoro 1,6,3 (le fiamme hanno origine dai fulmini di Zeus) e Ovidio, met. 5,352-358 (Tifone emette fiamme e sabbia dal vulcano e provoca terremoti volendo scrollarsi di dosso la montagna). 152 A Si deve a Rose la separazione della fabula 152 in due parti, perché di fatto gli argomenti trattati sono diversi, immaginando un difetto nella tradizione. Il mito di Fetonte è attestato anticamente: sappiamo infatti che circolava una versione di Esiodo (vd. fab. 154) e che aveva avuto almeno due trattamenti tragici nelle Eliadi di Eschilo e nel Fetonte di Euripide; in ambito latino la versione più fortunata e senz’altro più duratura è l’ampio racconto di Ovidio, met. 2,1-400 (sul quale a sua volta pare significativa la suggestione da Lucrezio 5,396-405, una delle più antiche testimonianze del mito in latino), cui tuttavia la concisa versione di Igino non sempre corrisponde. Interessante osservare che Apollodoro da parte sua ignora questa storia e ricorda Fetonte solo cursoriamente in una parte genealogica come figlio di Titono (3,14,3). 1 clam: a differenza di altre versioni, e in particolare di quella ovidiana, Fetonte si impossessa del carro di nascosto dal padre: Igino vi insiste anche in astr. 2,42. – prae timore: la versione seguita da Igino collega la caduta di Fetonte al panico da altezza ed è pertanto più attenta al particolare psicologico rispetto all’invalsa tradizione, per noi di matrice ovidiana, che la motiva con la disobbedienza alle raccomandazioni del padre, l’eccessiva velocità e la conseguente perdita di controllo del carro (ma di timor e addirittura di tenebrae sugli occhi Ovidio comunque parla a 2,180-181). – omnia ardere coeperunt: in Ovidio invece il fulmine di Giove interviene a colpire Fetonte su richiesta della alma Tellus (la madre Terra) per evitare che il carro infuocato, ormai fuori controllo, incendiasse completamente la terra e per questo tutti gli dei, compreso lo stesso Sole (2,304-314), sono chiamati a testimoni. 332
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2 amnes undique irrigavit: sul diluvio, qui motivato col pretesto di spegnere l’incendio provocato dall’incinerimento di Fetonte, e su Deucalione e Pirra, vd. fab. 153. – sorores Phaetontis: vd. fab. 154,3-4. 153 Il mito del diluvio universale, che è comune a molti popoli, e la storia di Deucalione e Pirra e della rinascita del genere umano da loro è trattato ampiamente: per noi versioni significative sono quella di Apollodoro 1,7,2 e soprattutto quella di Ovidio, met. 1,253-415. È interessante osservare che anche Lucrezio presenta in successione il racconto del mito di Fetonte e quello (molto più breve e “scientifico”) del diluvio (5,411-415) 1 Cataclysmus: termine postclassico che si trova attestato sia nella forma maschile sia in quella neutra. Qui mostra la desinenza -us ma di fatto è concordato come nome neutro (quod… factum…). – praeter Deucalion et Pyrrham: Apollodoro ricorda che Deucalione è figlio di Prometeo e che Pirra è figlia di Epimeteo e Pandora. La sintesi di Igino tralascia di raccontare che gli anziani coniugi si salvano imbarcandosi su un’arca costruita per lo scopo da Deucalione su consiglio di Prometeo (Apollodoro) o su una piccola barca (parva rate: Ovidio, met. 1,319). – in montem Aetnam: diversamente in Apollodoro e Ovidio, dove il monte in questione è il Parnaso. 2 Iovis iussit eos lapides post se iactare: in Apollodoro l’invito di Zeus a lanciare le pietre arriva tramite Ermes; in Ovidio invece è la dea Temis a dare un ordine in forma oracolare, e cioè gettare dietro le spalle le ossa della grande madre (1,381-383), che Deucalione deve interpretare. – laos dictus: l’etimologia è spiegata esattamente nello stesso modo da Apollodoro, ma doveva essere diffusa: vd. anche Pindaro, Ol. 9,45-46; Ovidio termina il racconto con una morale e spiegando così che gli uomini sono genus durum proprio perché nati dalle pietre (1,414-415). 154 Non è chiaro a quale opera di Esiodo si riferisca qui Igino; l’unico luogo noto del poeta in cui è presente Fetonte è theog. 984-991, in cui tuttavia si tratta di un omonimo che non ha nulla a che fare con il nostro personaggio e con il mito qui raccontato. 1 Clymeni… et Meropes: da quanto sappiamo dal Fetonte di Euripide, esiste una tradizione che voleva Fetonte figlio di Helios e di Climene; Merope, re degli Etiopi, è marito di Climene e quindi padre putativo di Fetonte: evidentemente Igino (o la sua fonte) fa confusione, visto che Merope è anche un nome femminile e che la mitologia annovera più di un personaggio di nome Climeno (qui p. es. fab. 14,1; 206; 238,1; 239,3; 242,4; 246; 253; 255,2). – Pherecydes: la notizia, che non abbiamo attestata diversamente, 333
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probabilmente va riferita allo storico Ferecide di Atene (prima metà del V sec.) che fra l’altro sappiamo autore di Genealogie di interesse anche mitografico. Quanto al fiume Eridano, l’identificazione con il Po di questo leggendario fiume della mitologia greca, e quindi la localizzazione nel Polesine della scena finale del mito di Fetonte, è tarda: secondo Plinio, nat. 33,2 p. es. Eschilo nelle Eliadi identificava l’Eridano con il Rodano, ma per Servio, Aen. 6,659 è senz’altro un fiume della Venetia. 3 sanguis in atrum colorem versus est: la circostanza è ricordata in termini simili da Ovidio, met. 2,235-236 ma a proposito degli Etiopi in un contesto in cui descrive le disastrose conseguenze dell’eccessiva vicinanza alla terra del carro guidato da Fetonte. – in arbores populos: la metamorfosi in alberi fluviali è descritta dettagliatamente da Ovidio, met. 2,344-360, ma di pioppi parlano specificamente Virgilio, Aen. 10,190 (che sono tuttavia ontani in buc. 6,62-63) e Plinio, nat. 37,31. 4 in electrum: Ovidio, met. 2,364-366 formalizza la tradizione per cui le lacrime si solidificano al sole e si trasformano così in ambra (in greco ἔλεκτρον che cade nel fiume: in ambito greco le lacrime d’ambra compaiono in Euripide, Ippolito 742 e d’altra parte Lattanzio Placido nel suo compendio ovidiano (narr. fab. Ovid. 2 p. 638 Magnus) fa risalire il tema a Eschilo e a Euripide; secondo Plinio, nat. 37,31 le lacrime d’ambra scendono dai pioppi ogni anno nella ricorrenza. – Heliades: le sorelle di Fetonte, convenzionalmente indicate con il patronimico (“figlie di Helios”, cioè del Sole), in Ovidio sono tre ma compaiono soltanto due nomi (Faetusa, Lampezie); Igino evidentemente segue una tradizione diversa, peraltro non diversamente attestata, che ne conta sette. 5 Cygnus: Cicno, figlio di Stenelo e re dei Liguri: le notizie qui compendiate collimano con la trattazione di Ovidio, met. 2,367-380, che motiva l’etologia del cigno (il terrore del volo e la preferenza per ambienti fluviali) con l’eperienza di Fetonte; secondo Pausania 13,30,3 la metamorfosi in cigno si deve ad Apollo. – moriens flebile canit: il canto melodioso e triste del cigno è un luogo comune già antico che Virgilio adatta alla situazione del compianto di Fetonte (Aen. 10,189-193) ma che Platone interpretava come un’espressione non di dolore ma di gioia perché i cigni considerano la morte come il desiderato momento di ricongiunzione al loro dio, Apollo (Phaed. 85a-b). 155 1 Titanes carpserunt: vd. fab. 167,1. – ex Nioba Phoronei filia: Niobe è la prima mortale cui Giove si unisce: fab. 145,1. 2 ex Europa: Europa è rapita da Zeus in forma di toro e trasportata a Creta (fab. 178,1), dove appunto nascono i suoi figli: Apollodoro 3,1,1 cita anche 334
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la versione di Omero secondo la quale Sarpedone è figlio di Zeus e Laodamia figlia di Bellerofonte. 3 Aethlius: il nome deriva dalla correzione del primo editore: il codice su cui si basa l’editio princeps riporta infatti Ethalion, ma Etalione è il nome di uno dei pirati che rapiscono Dioniso ricordato da Ovidio, met. 3,347 (qui in fab. 134,4 vi corrisponde Aethalides); Etlio invece secondo Apollodoro 1,7,2 è il figlio di Zeus e Protogenia, figlia di Deucalione e Pirra. – Aegipan: si tratta dell’altro nome di Pan, la divinità pastorale e boschiva simile che in antico viene raffigurato variamente, come i satiri o i sileni, mezzo uomo e mezzo capra (nel nome ricorre infatti la radice αιγ- presente anche nel sostantivo αἴξ, “capra”): non è pertanto strana la circostanza rappresentata dalla fonte (a noi ignota) qui seguita da Igino che la madre sia appunto una capra; per il resto, in antico gli si riconosce come padre non solo Zeus, ma anche Ermes, e la madre viene identificata in Penelope (vd. qui fab. 223,4) o anche in Callisto. – Boetis: il nome per noi è sconosciuto e non a caso gli editori ritengono in testo corrotto. Potrebbe comunque darsi che si tratti della corruzione del nome Hybris e che riguardi ancora la genealogia di Pan: in Apollodoro 1,4,1 infatti troviamo che Pan (che insegna l’arte divinatoria addirittura ad Apollo, e che non è detto coincida col Pan precedente) è figlio appunto di Zeus e Hybris. 4 Arcas: si tratta del frutto dell’unione fra Giove e Callisto sulla quale vd. fab. 177,1 e Apollodoro 3,8,2. 156 ex Perseide: vd. invece gen. 36 e nota. – Lampetie, Aegle, Phoebe: l’elenco è evidentemente monco, se confrontato con quello di fab. 154,5. 157 1 Bellerophon ex Eurynome: la tradizione seguita dalla fonte di Igino non collima con quella di Apollodoro 1,9,3, che riconosce come madre di Bellerofonte Eurinome e come padre Glauco. 2 Abas ex Arethusa: al contrario secondo Apollodoro 2,2,1 Abante è figlio di Linceo, re di Argo, e Ipermestra. – Epopeus ex Alcyone: per Apollodoro 1,7,4 la madre era Canace. – Actor: un Attore è figlio di Agamede (conosciuta anche con il nome di Perimede), che già Omero, Il. 11,738-741 ricorda come figlia di Augia, il re dell’Elide ricordato nel mito delle fatiche di Ercole, e come maga: oltre ad Attore, i suoi figli erano Ditti e Belo, e forse pertanto il nome di Actor, che nel nostro testo si trova privo dell’indicazione di maternità, dovrebbe essere unito al successivo Dictys: Actor Dictys ex Agamede. 3 Evadne ex Pitana: si tratta della moglie di Epito, re degli Arcadi, che si 335
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unisce ad Apollo e partorisce Iamo, capostipite della dinastia sacerdotale di Olimpia, gli Iamidi: Pindaro, Ol. 6,28-60; niente a che vedere con la moglie di Capaneo, che si getta sul rogo del marito (vd. fab. 243,2). 4 Antaeus: si tratta del gigante ucciso da Ercole: fab. 31,1. – Amymone: figlia di Danao, si unisce a Posidone e genera Nauplio: il testo quindi potrebbe essere corrotto e verosimilmente integrato in Amymone < Danai filia>. – Euphemus: figlio di Europa, partecipa alla spedizione degli Argonauti: vd. Apollonio Rodio 2,536-537; Apollodoro 1,9,16; parrebbe inutile quindi la correzione in Polyphemus avvalorata da Boriaud: non si tratta di una ripetizione indebita rispetto all’Eufemo citato al par. 3, che potrebbe essere un altro personaggio e d’altra parte con Cyclops senz’altro Igino vuole indicare Polifemo senza bisogno di esplicitarlo. 158 Philammon: altrove lo stesso Igino lo cita come figlio di Apollo: fab. 161 e 200,1. – Spinther: il personaggio non si trova altrimenti citato da alcuna fonte a noi nota. 159 Leodocus ex Pero: il testo rappresenta la correzione del testo dell’editio princeps, che non è chiaro: si tratterebbe del figlio di Pero (peraltro moglie di Briante) che partecipa alla spedizione dei Sette a Tebe: Apollonio Rodio 1,119-129; Apollodoro 3,6,4. – Diomedes Thrax: re dei Bastioni di Tracia, è il padrone delle cavalle antropofaghe oggetto di una delle fatiche di Ercole (Apollodoro 2,5,8; vd. fab. 30,9). – Ascalaphus. Ialmenus: due fratelli, figli di Astioche, entrambi combattenti a Troia (Omero, Il. 2,511-515). 160 Priapus: è il dio della fertilità, sia in ambito umano che vegetale, e per questo è considerato figlio di Afrodite; quanto al padre, le fonti oscillano nel riconoscerlo in Dioniso o in Ares. – Echion… Eurytus: l’integrazione è opportuna, perché si tratta di due gemelli, entrambi argonauti (fab. 14,3). – Libys ex Libye: non si capisce a quale tradizione qui Igino si riferisca, perché Libia è figlia di Epafo e Menfi (o di Cassiopea, come detto in fab. 149), e genera Agenore e Belo da Posidone (fab. 157,1). 161 Delphus: figlio di Apollo e Celeno, figlia di Iamo, e mitico inventore dell’arte aruspicina (Plinio, nat. 7,57), eroe eponimo di Delfi; secondo Ovidio, met. 6,120 invece è figlio di Nettuno e Melanto, figlia di Deucalione. – 336
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Euripides ex Cleobula: non si hanno altre attestazioni dei nomi. – Ilius ex Urea: si tratta probabilmente di una variante per Oileo, il padre dell’eroe omerico Aiace, che già Esiodo, fr. 235 M.-W. dice figlio di Apollo e di una ninfa; non si hanno invece corrispondenze per Urea. – Philammon: in fab. 200,1 invece è detto figlio di Apollo e Chione. – Lycoreus: la ninfa in questione è Coricia, una delle ninfe che abitavano l’antro Coricio ai piedi del monte Parnaso, sede di alcuni culti bacchici. – Linus: mitico inventore del canto, figlio di Urania, musa dell’astronomia e della geometria (ma per Apollodoro 1,3,2 di Calliope, musa dell’epica, come Orfeo), e maestro di celebri poeti e cantori, come Orfeo e Tamiri; secondo Apollodoro 2,4,9 viene ucciso da Eracle in uno scatto d’ira con un colpo di cetra perché Lino lo aveva a sua volta percosso. – ex Cyrene: la storia è celebrata da Pindaro, Pyth. 9,4-70; in realtà comunque è figlia del re dei Lapiti Ipseo a sua volta figlio di Peneo, che pertanto è il nonno e non il padre. 162 duodecim Thespiades: Apollodoro 2,4,10 racconta che quando il giovane Eracle è ospite da Tespio, re di Tespi in Beozia per uccidere il leone del Citerone, il re, volendo una discendenza eroica, ogni notte faceva giacere una delle sue cinquanta figlie con Ercole, che pensava di possedere sempre la stessa; da ognuna quindi ebbe un figlio. Secondo questa tradizione pertanto i Tespiadi sarebbero cinquanta e non dodici. 164 Il mito della contesa fra i due dei per l’eponimia dell’Attica, peraltro rappresentato nel frontone occidentale del Partenone, è molto antico e racconta che Posidone con il tridente fa scaturire una sorgente o, in un’altra versione, il cavallo, mentre Atena fa nascere il primo olivo risultando vincitrice: la prima attestazione per noi è in Erodoto 8,55, ma vd. anche soprattutto Apollodoro 3,14,1 e, in ambito latino, Virgilio, georg. 1,12-24 (con relativa glossa di Servio) e Ovidio, met. 6,70-82; interessante anche la narrazione di Agostino, civ. 18,9 che rinvia a Varrone. 1 Iovem iudicem sumpserunt: secondo la versione autorizzata da Apollodoro e Ovidio si tratta in realtà di un collegio giudicante composto da dodici dei e presieduto da Giove; nella versione di Varrone riportata da Agostino poi il voto è popolare (votano anche le donne, e siccome queste votano in massa per Atena, la dea vince perché gli uomini sono in numero minore). 3 oppidum in terris primum: questo primato di Atene come prima città al mondo non è altrimenti attestato e deve dipendere da una fonte appunto attica che non conosciamo.
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165 La storia dell’invenzione del flauto e della punizione di Marsia, colpevole di hybris perché osa considerarsi superiore ad Apollo, è raccontata da Apollodoro 1,4,2 e da Ovidio, met. 6,382-400, che tuttavia si concentra sullo scuoiamento, descritto minuziosamente con toni compiaciuti. Il mito tuttavia ricorre variamente in letteratura anche per il significato simbolico che riveste la contrapposizione fra il flauto, tipico dell’ambito dionisiaco (e infatti suonato dai satiri come Marsia), e la cetra apollinea; anche lo scuoiamento di Marsia per ordine di Apollo o anche direttamente da parte del dio viene interpretato come una metafora della liberazione dai legami terreni per arrivare a realtà superiori: così p. es. Platone paragona Socrate a Marsia (symp. 215b-c) e in questo senso il riferimento compare anche in Dante, nel momento in cui deve iniziare la sua ascesa verso le realtà della fede (Par. 1,13-21). 2 et caesia erat et buccas inflaret: l’immagine così comicamente deformata della dea potrebbe testimoniare la circolazione di trattamenti del mito nel genere della pantomima, un genere diffuso in ogni epoca della latinità. 3 quas Marsyas… invenit: il ritrovamento del flauto deve rappresentare un momento molto noto nell’immaginario mitologico antico: Plinio, nat. 34,54 descrive come molto celebre un gruppo bronzeo di Mirone (che noi conosciamo da copie marmoree romane) destinato all’acropoli di Atene, e un altro (o lo stesso?) è descritto da Pausania 1,24,1. – Oeagri filius: Igino è l’unico a tramandare questo nome; secondo Apollodoro il padre si chiama Olimpo, mentre per Ovidio Olimpio è un seguace del satiro (vd. nota al par. 5); è infine Iagni per Plutarco, mus. 5,1132f. 4 Musas iudices sumpserunt: secondo un’altra tradizione, seguita anche da Igino in fab. 191, giudici della contesa sono T(i)molo e Mida; d’altra parte secondo Diodoro Siculo 3,59,2-5 la sfida si svolge a Nisa, patria di Dioniso, e a giudicare sono i cittadini. 5 ad arborem: un pino, secondo Apollodoro. – Scythae tradidit: nelle altre fonti è Apollo in persona che procede allo scuoiamento. – discipulo Olympo: in Ovidio, met. 6,393 Olimpo, tunc quoque carus, è presente in lacrime alla morte di Marsia insieme ai fauni, alle divinità boschive, ai fratelli satiri e alle ninfe. – sepulturae tradidit: una tradizione italica vuole invece che Marsia dopo la sconfitta fugga in Italia diventando il capostipite della popolazione dei Marsi in una regione dell’attuale Abruzzo: p. es. Silio Italico 8,502-503; Plin. nat. 3,108. – flumen Marsyan: la pelle di Marsia è una reliquia conservata a Celene in Frigia: ne parla già Erodoto 7,26 e fra i latini Plinio, nat. 5,106; del fiume che porta il nome di Marsia parla Senofonte, anab. 1,2,8; il particolare che è il sangue del satiro a trasformarsi in fiume rappresenta un tipico elemento narrativo sensazionale presente anche in Ovidio. 338
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166 La fabula è composita, perché cerca di collegare in modo confuso diversi nuclei mitologici, e cioè la caduta di Vulcano dall’Olimpo, l’imprigionamento di Giunone, la tentata violenza da parte di Vulcano su Minerva e la nascita di Erittonio. 1 in aere pendere coepit: Igino attribuisce a Vulcano l’episodio che in Omero, Il. 15,18-24 vede per protagonista Zeus, che ricorda quando aveva sospeso Era nel vuoto utilizzando due incudini e una catena d’oro, minacciando di ritorsioni gli dei che accorrevano in aiuto di quella. – matrem quam ligaverat: secondo la versione prevalente, Vulcano si vendica della madre che lo aveva fatto cadere dall’Olimpo donandole un trono d’oro sul quale Giunone resta imprigionata da catene invisibili finché viene liberata da Dioniso; l’imprigionamento è ricordato da Platone, resp. 2,378d come un esempio di credenze risibili. – de caelo praecipitatus est: sulla caduta di Efesto dall’Olimpo e quindi sull’allontanamento del dio zoppo e deforme dalla perfezione olimpica, sono attestate due versioni, entrambe ricordate nell’Iliade: in una è Zeus a farlo cadere sull’isola di Lemno perché il figlio aveva preso le difese della madre (1,590-594), mentre nell’altra lo precipita Era, disgustata dalla deformità e bruttezza del figlio, che cade nell’Oceano e viene raccolto da Teti ed Eurinome presso le quali inizia la sua attività forgiando monili (18,394-405). 3 Minervae erat infestus: l’ostilità di Nettuno nei confronti di Minerva è antica e risale alla contesa per la fondazione di Atene (vd. fab. 164). – in thalamum cum venissent: mentre la tradizione seguita da Igino descrive un approccio coniugale che la moglie respinge per preservare la verginità, quella su cui si basa Apollodoro 3,14,6 ne fa un vero e proprio tentativo di violenza, perché Efesto insegue e aggredisce Atena mentre quest’ultima si reca da lui per commissionargli delle armi. 4 Erichtonium ideo nominarunt: l’etimologia che lega il nome alla terra si trova anche in Igino, astr. 2,13, ma vd. già Euripide, Ion. 20-21; il racconto di Apollodoro, in cui Atena usa della lana per togliersi dalla gamba lo sperma di Efesto e farlo cadere a terra, autorizza un’etimologia alternativa: non da ἔρις (contesa), ma da ἔριον (lana). – Aglauro, Pandroso et Herse: Apollodoro cita soltanto la seconda come destinataria del bambino, e sono le altre due spinte dalla curiostità ad aprire la cesta. 5 se in mare praecipitaverunt: frequente la circostanza per cui la divinità, per vendicarsi per un affronto subito da parte di un mortale, lo fa impazzire provocandone la morte; stessa fine in Apollodoro 3,14,6, dove però le bambinaie si uccidono gettandosi dall’acropoli e dove si testimonia anche una versione differente secondo la quale vengono morse e uccise dal serpente che trovano nella cesta. 339
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167 La fonte seguita da Igino assimila Libero a Zagreo, una divinità di origine ctonia di importanza centrale nella religione orfica, figlio di Persefone e Zeus, che si unisce a lei in forma di serpente. 1 a Titanis est distractus: il mito (vd. p. es. da Nonno di Panopoli, Dion. 6,165-176), è il fondamento di tutte le teogonie orfiche: i Titani, per ordine dell’invidiosa Era, attirano il piccolo Dioniso con alcuni giochi fra cui uno specchio, e proprio mentre si specchia colpiscono il bambino con un coltello, lo smembrano in sette pezzi e lo divorano, per essere poi fulminati da Zeus. 2 in Beroem nutricem: il nome si trova in Ovidio, met. 3,278, con il particolare che proveniva da Epidauro. 3 et fulmine est icta: il mito si arricchisce di un particolare narrativo universale, e cioè il consiglio malevolo che provoca l’infelicità o addirittura la morte del protagonista: qui subdolamente Giunone fa sì che Semele chieda a Giove di mostrarsi in tutto il suo fulgore restando di conseguenza incendiata: vd. più dettagliatamente fab. 179,3. Secondo Apollodoro 3,4,3 invece Semele muore per la paura del devastante incendio causato dai fulmini di Zeus. – Liberum exuit: il soggetto è Giove, che secondo la tradizione predominante (ma qui il particolare è omesso), preleva il feto dall’utero di Semele e se lo racchiude in una coscia, dandolo quindi alla luce allo scadere naturale del tempo di gestazione: vd. p. es. Erodoto 2,145-146; Euripide, Bacch. 88-98. – Nyso dedit nutriendum: sulla storia di Niso vd. fab. 131. – unde Dionysus est appellatus: l’etimologia collega il nome Dioniso appunto al nome di Niso, ma un’altra spiegazione vulgata lo collega invece alla città di Nisa, in Tracia, considerata la patria del dio, dove gode di un culto particolare (vd. anche nota a fab. 182,2). – bimater est dictus: l’epiteto è attestato anche in Ovidio, met. 4,12, che lo definisce solumque bimatrem. 168 La storia delle Danaidi è raccontata anche da Apollodoro 2,1,4-5; nel mondo latino ha una grande risonanza in età augustea (Tibullo, 1,3,7980; Orazio, carm. 3,11,22-52; Virgilio, Aen. 10,497-500) al punto da essere anche raffigurata nel portico del tempio palatino (Properzio, 2,31,1-4; Ovidio, ars 1,71-74). L’elenco completo delle figlie di Danao e dei mariti, figli di Egitto, costituisce la fab. 170. 2 Minervam navem fecisse biproram: Minerva aiuta Danao ispirando la costruzione di una nave biprora, simile cioè ai nostri traghetti (il particolare è solo in Igino): la peculiarità è segnalata al proposito da Plinio, nat. 7,206; la stessa dea era stata ispiratrice anche della costruzione della prima nave 340
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in assoluto, quella degli Argonauti (vd. nota a fab. 14,10 e Apollodoro 1,9,16.). 4 patrueles acceperunt uxores: Apollodoro 2,1,5 conserva il particolare che l’assegnazione delle mogli ai mariti avviene per sorteggio. – patris iussu: Apollodoro 2,1,5 precisa che è proprio Danao a consegnare alle figlie il pugnale per uccidere i mariti. 5 in dolium pertusum: la condanna oltremondana delle Danaidi è una delle punizioni celebri nell’immaginario infernale antico: la più antica testimonianza è nell’Assioco pseudo-platonico (371e), mentre in ambito latino è menzionata già da Lucrezio 3,1008-1010, che probabilmente Igino ha presente (cf. 1009 laticem pertusum congerere in vas; di dolium parla invece Orazio, carm. 2,11,27). Un’altra versione, riportata in fab. 170,11, racconta che le Danaidi dopo aver ucciso i mariti si risposano con degli abitanti di Argo. 169 Il mito di Amimone, una delle Danaidi, costituisce il tema di un perduto dramma satiresco di Eschilo, intitolato appunto Amimone, a conclusione della trilogia delle Danaidi. La fabula viene tramandata in una duplice versione di estensione leggermente diversa (la seconda, qui fab. 169 A, più circostanziata). 1 in silva venatur: il contesto silvestre è coerente con l’ambiente dei satiri, ma la circostanza della caccia è valorizzata soltanto in questa versione di Igino. – Nauplius: si tratta del fondatore della città di Nauplia e re dell’Eubea; l’altro personaggio di nome Nauplio, connesso al mito di Troia (vd. fab. 116), è un suo discendente. 2 Lernaeus fons: la sorgente è storicamente attestata da Pausania 2,37,1 e Strabone 8,6,8. 169 A La fabula rappresenta una versione più particolareggiata della precedente, che deve dipendere anche da una fonte diversa, considerata la diversa circostanza iniziale del racconto. 1 aquam petitum: mentre in fab. 169,1 Amimone incontra il satiro nel bosco mentre è a caccia, la versione qui seguita la rappresenta in cerca d’acqua per ordine di Danao; il testo di Apollodoro 2,1,4 compendia le due versioni perché racconta che Amimone colpisce con una freccia un cerbiatto mentre è in cerca d’acqua con le sorelle. Il mito racconta infatti che la regione di Argo era priva d’acqua per volere di Posidone: il dio aveva fatto seccare tutte le sorgenti vendicandosi così di un’offesa da parte di Inaco, che in una contesa fra Posidone stesso ed Era per il possesso della regione aveva sostenuto che apparteneva a quest’ultima (Apollodoro 2,1,4, 341
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ma già Esiodo, fr. 128 M.-W.). 2 tres silani: se nella versione precedente si parla di una fonte e di un fiume, qui troviamo il particolare che la fonte è una sola, dapprima chiamata Amimone e poi Lernea, formata tuttavia da tre sorgive: secondo Strabone 8,6,8 comunque le fonti sono quattro e ciascuna porta il nome di una Danaide: Amimone, Ippe, Fisadia e Automate (così anche Callimaco, fr. 66 Pf.). Notevole l’uso del sostantivo silanus (per il significato Festo, p. 482,3), che è raro in letteratura e, a quanto ci è dato osservare, si trova in contesti di tono medio-alto (Lucrezio 6,1265; ps. Seneca, Oct. 148). 170 La fabula ha carattere composito: a una prima estesa parte di natura elencatoria (con i soliti problemi testuali: da notare p. es. la presenza di due Plessippo a 1 e 7 e di due Pirante a 3 e 7) segue infatti una sezione finale narrativa a proposito di Ipermestra e Linceo, contenente anche una notizia eziologica. L’elenco delle Danaidi e dei loro mariti ha un corrispettivo in Apollodoro 2,1,5 con la quale non concorda in tutto, come sempre capita in testi di questo tipo, includendo anche nomi diversamente sconosciuti: ha esaminato comparativamente le liste proponendo correzioni testuali Kenens 2012. 9 cum Danaus perisset: circolava anche una versione secondo la quale è addirittura Linceo a uccidere Danao: vd. p. es. Servio, Aen. 10,497. 11 post patris interitum: secondo un’altra versione Danao è ancora in vita quando le figlie si risposano, e propone di assegnare le figlie in sposa ai vincitori di una gara ginnica: p. es. Pindaro, Pyth. 9,111-125; Apollodoro 2,1,5; Pausania 3,12,2 precisa che si trattava di una corsa. Questa versione è naturalmente alternativa all’altra che descrive la punizione infernale delle Danaidi per il loro omicidio collettivo (fab. 168,4). 171 1 Oeneus et Mars: la versione secondo la quale Meleagro è figlio di Ares è diffusa e testimoniata almeno da Apollodoro 1,8,2 (in cui troviamo che Altea ha Meleagro da Eneo ma la tradizione vuole che il padre sia Ares), e Plutarco, parall. Gr. et Rom. 26,312a sostiene che questa era l’opinione di Euripide nella sua tragedia perduta intitolata Meleagro. La circostanza dell’unione di Altea a un dio ricorre anche a proposito del concepimento di Deianira (da Libero: vd. fab. 129), ma la doppia unione, con un mortale e con un dio, è descritta nella tradizione anche a proposito di Alcmena (con Anfitrione e Zeus: vd. nota a fab. 29,4). – subito: secondo Apollodoro 1,8,2 le Parche si presentano quando il bambino aveva sette giorni. 2 Clotho dixit…: la triplice predizione delle Parche compare solo in Igino: 342
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le altre fonti attribuiscono a tutte e tre soltanto la predizione relativa al tizzone e quindi alla morte del bambino. – titionem ardentem: secondo Pausania 10,31,4 il mito del tizzone compare per la prima volta nel tragico Frinico, ma si trattava – aggiunge – di una storia universalmente nota in Grecia. Se escludiamo Igino e due ricorrenze in Celso (età neroniana), il sostantivo titio è usato in letteratura soltanto in età imperiale e tarda: se ben interpretiamo la definizione di Lattanzio, inst. 4,14,14, si tratta di un termine della lingua d’uso. – in regia media obruit: secondo altre versioni Altea rinchiude il tizzone in uno scrigno (vd. fab. 174,3 e nota) oppure lo spegne immergendolo in acqua (Ovidio, met. 8,457). 172 Oeneus… Aetoliae rex: su Eneo vd. fab. 129 e nota. – Dianam praeterisset: si tratta della situazione classica, più volte riproposta anche da Igino, per cui un mortale si dimentica o non vuole fare un sacrificio alla divinità finendo per patirne le conseguenze; Ovidio, met. 8,273-278 spiega la gravità dell’affronto, perché in un’annata particolarmente fortunata nel raccolto, il re offre primizie a Cerere, vino a Bacco, olio a Minerva, omaggi alle altre divinità dimenticandosi appunto della sola Diana. – aprum immani magnitudine: la piaga del cinghiale è ricordata in letteratura a partire da Omero, Il. 9,533-546. 173 Il catalogo dei partecipanti alla caccia al cinghiale compare, con le solite varianti nel numero e nei nomi, anche in Apollodoro 1,8,2 e Ovidio, met. 8,301-317 (al proposito vd. specificamente Huys 1997b); secondo Macrobio, Sat. 5,18,17 nel perduto Meleagro di Euripide l’elenco era affidato a un messaggero. 2 Deucalion Minois: si tratta di un omonimo del figlio di Prometeo scampato al diluvio (fab. 153) ma presente nel catalogo degli Argonauti (fab. 14,22 e nota). 173 A Il testo che figura come titolo è in realtà individuato come tale da Rose nella sua edizione; nell’editio princeps infatti tutta la fabula, compreso il titolo, fa parte della precedente. 174 Il mito di Meleagro e la sua tragica morte compare già in Omero, Il. 9,529599, raccontata ad Achille da Fenice, quindi in Eschilo, Coeph. 604-611 e Bacchilide, epin. 5,127-154, ma è trattata anche da Sofocle ed Euripide 343
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in tragedie perdute; in ambito latino sappiamo che una tragedia sul tema, probabilmente derivata da Euripide, è opera di Accio, e abbiamo poi l’ampia versione della caccia al cinghiale e della morte dell’eroe e in Ovidio, met. 8,430-546. La fabula ricapitola eventi raccontati nelle precedenti aggiungendovi la conclusione. 1 ex Oeneo: nessuna menzione qui del doppio accoppiamento di Altea e della paternità di Marte (fab. 171,1). 2 fata cecinerunt: anche in questo la fabula segue la versione secondo cui le Parche pronunciano concordemente una sola predizione (vd. invece fab. 171,2). 3 in arca clusum: il particolare dello scrigno è presente in Apollodoro 1,8,2; Ovidio, met. 455-459 racconta invece che Altea estrae il tizzone dal fuoco, vi versa sopra acqua fresca e lo conserva penetralibus adbitus imis, cioè nel punto più segreto e protetto della casa (similmente fab. 171,3). 4 sacra annua ei non fecerat: vd. fab. 172 e nota. 5 Althaeae fratres: i tre nomi qui citati dipendono da una delle versioni del mito; secondo Apollodoro 1,7,10 p. es. i fratelli di Altea sono quattro e si chiamano Ificlo, Evippo, Plessippo ed Euripilo. 6 in ignem proiecit: drammatico e dettagliato il racconto di Ovidio, met. 8,460-514, in cui Altea, molto combattuta, pronuncia una lunga invocazione alle Parche e alla fine getta nel rogo il tizzone che bruciando sembra che emetta gemiti. – ita… filium occidit: la frase, con il suo contenuto moralistico, ha l’aspetto di una morale conclusiva. 7 sorores eius: la trasformazione delle sorelle di Meleagro in meleagridi, cioè in faraone, da parte di Diana, finalmente impietosita, è descritta estesamente da Ovidio, met. 8,533-546; una tradizione riportata da Eliano, hist. an. 4,42 dice che i seguaci di Artemide dovevano guardarsi dal cacciare questi uccelli. – Alcyone: nella tradizione ben rappresentata da Apollodoro 1,8,2 Meleagro «aveva come moglie Cleopatra, figlia di Ida e Marpessa, ma voleva una discendenza anche da Atalanta»; il nome di Alcione si trova solo qui, e probabilmente Igino si confonde con la moglie di Ceice, pure trasformata in uccello per la disperazione in seguito alla morte del marito (vd. fab. 65); secondo Apollodoro 1,8,3 sia Cleopatra che Altea si impiccano. 175 Il mito si trova anche in Apollodoro 1,8,6 ma la versione rappresentata vede protagonisti i sei figli di Agrio, che improgionano Eneo, gli tolgono il regno e lo danno al padre per poi essere sconfitti da Diomede che, data l’età avanzata di Eneo, stabilisce sul trono il genero di questo, Andremone, e conduce Eneo nel Peloponneso dove tuttavia viene ucciso dai due figli 344
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superstiti di Agrio. 2 avum suum: Diomede è figlio di Tideo, figlio a sua volta di Eneo: vd. fab. 69,4-5. – cum Lycopeo Agri filio: mentre Igino ricorda soltanto un figlio di Agrio, Apollodoro oltre a questo conserva altri cinque nomi: Tersite, Onchesto, Protoo, Celautore e Melanippo. 176 1 in hospitium venisse: qui non è chiaro il motivo per cui Giove si reca da Licaone: Apollodoro 3,8,1 e anche Ovidio, met. 1,209-221 invece dicono esplicitamente che Giove si traveste per metterere alla prova Licaone e i suoi figli che si distinguevano per arroganza ed empietà. – filiam eius Callisto compressisse: l’unione motiverà l’astio di Giunone nei confronti di Callisto (fab. 177). 2 Lycaonis filii: secondo Apollodoro sono cinquanta, avuti da Licaone da mogli diverse. Nella versione che troviamo in Ovidio a voler mettere alla prova Giove è lo stesso Licaone. – carnem humanam: se Igino resta nel vago, Esiodo, fr. 163 M.-W. dice che si tratta delle carni di Arcade, figlio di Callisto (anche Igino, astr. 2,4), Apollodoro racconta invece che i figli di Licaone uccidono un ragazzo del luogo, Ovidio infine parla di un ostaggio dei Molossi (met. 1,226-229); l’iniziativa, secondo Apollodoro, è del primo dei fratelli, Menalo. 3 mensam evertit: l’istintivo gesto di rabbia di Giove è ricordato anche da Apollodoro. – fulmine necavit: Apollodoro ricorda che soltanto uno dei figli di Licaone (Nittimo, il più giovane) riesce a salvarsi perché Gea trattiene la mano di Zeus; lo stesso (3,8,2) dice che secondo una versione del mito la punizione dei figli di Licaone è la causa del diluvio universale. – quod Trapezos naminatur: l’origine della città di Trapezunte dal termine greco τράπεζα (“tavola”, “mensa”) è ricordata anche da Apollororo. – in lupi figuram: la trasformazione in lupo nella versione ovidiana segue l’incendio della casa di Licaone da parte di Giove (met. 1,230 ss.). 177 1 ob iram Iunonis: così anche in Ovidio, met. 2,474-484, che descrive in dettaglio la metamorfosi; tuttavia in un’altra versione del mito risalente già a Esiodo, fr. 163 M.-W. la trasformazione in orsa si deve ad Artemide, cui Callisto è consacrata; secondo Apollodoro 3,8,2 invece è Zeus che la trasforma in orsa per evitare che Era la scopra. – cum Iove concubuit: vd. fab. 176,1. Secondo la versione maggioritaria, che non trova eco in Igino, Zeus per avvicinare Callisto mentre questa è a caccia assume le sembianze di Artemide e la possiede contro la sua volontà: Apollodoro 3,8,2; Ovidio, met. 2,425-440. – in stellarum numerum: Callisto viene trasformata 345
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nell’Orsa maggiore: nella versione di Ovidio, met. 2,496-530, Giove porta l’orsa fra le stelle insieme al figlio Arcade, che diventa la vicina costellazione del Boote, per evitare che inconsapevolmente questi uccida la madreorsa durante una partita di caccia; vd. anche Igino, astr. 2,1. – prohibet eam in oceanum occidere: l’episodio della richiesta in tal senso di Giunone a Teti è narrato nei particolari da Ovidio, met. 2,508-531. 2 in Creticis versibus: in realtà i quattro versi anonimi (fr. inc. 33 Blänsdorf) citati da Igino sono esametri, e non versi cretici, metricamente difformi da questi; perciò Boriaud propone di correggere il testo in Arataeis versibus, intendendo che i versi sono di argomento arateo, cioè astronomico: Arato di Soli, poeta ellenistico del III secolo, in particolare è autore di un poema didascalico in esametri in materia appunto astronomica intitolato Fenomeni che ha grande fama al punto da essere tradotto in latino dapprima da Cicerone e poi da Germanico. – Lycaoniae… nymphae: secondo una tradizione che Apollodoro 3,8,2 fa risalire a Esiodo Callisto, figlia di Licaone, è una ninfa. – gelido… de vertice: nell’immaginario poetico classica l’Arcadia è tipicamente una regione montuosa e quindi anche coperta di nevi e ghiacci. – Nonacrinae: l’aggettivo deriva dal nome di una delle mitiche mogli di Licaone, Nonacri, che a sua volta dà il nome a una città dell’Arcadia e che pertanto significa in generale “relativo all’Arcadia”. – succumbere: il verbo descrive qui l’unione di Callisto e Giove dal punto di vista di Giunone e Teti, cioè come una mossa proditoria e maliziosa da parte della donna. 3 Helice: in astr. 2,2 Igino segue un’altra tradizione, che fa di Elice la nutrice di Giove neonato quando viene nascosto a Creta e trasformata nell’Orsa per sottrarla alla vendetta di Crono; vd. anche Servio, georg. 1,246. – omnes numero viginti: il totale è invece ventuno nella descrizione della costellazione Elice in astr. 3,1. 178 1 Argiopes et Agenoris filia: Apollodoro 3,1,1 ricapitola: Agenore e Belo sono figli di Posidone e Libia, e mentre il secondo resta in Egitto, il primo va in Fenicia e sposa Telefassa (il nome di Argiope è alternativo) generando Europa e tre maschi (Cadmo, Fenice e Cilice). – in taurum conversus: il rapimento di Europa mentre coglieva fiori con le ancelle da parte di Zeus trasformatosi in uno splendido toro bianco (profumato di rosa per Esiodo, fr. 140 M.-W. e poi Apollodoro 3,1,1) è qui accennato solo cursoriamente, ma il poeta alessandrino Mosco dedica al mito un elaborato poemetto intitolato appunto Europa; in ambito latino, vd. Ovidio, met. 2,836-875. – ex ea procreavit: sui tre figli cretesi di Europa vd. fab. 41,1; 106,2; 155,2. 2 suos filios misit: Igino segue qui Apollodoro 3,1,1 e coinvolge tutti i figli 346
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nella ricerca della sorella, mentre nella versione ovidiana Agenore manda il solo Cadmo, minacciando di esiliarlo in caso di insuccesso (met. 3,1-5). 3 i viaggi dei fratelli di Europa sono ricordati da Apollodoro 3,1,1 ma per il significato di fondazione che rivestono sono spesso citati: per tutti vd. Erodoto 7,91. Consueta, ma non peculiare in questo caso, l’attenzione di Igino per l’etimologia dei toponimini Poeni (cioè punici, cartaginesi) e Cilicia. 4 Il mito dell’interrogazione dell’oracolo da parte di Cadmo e della conseguente fondazione di Tebe è raccontato da Apollodoro 3,4,1 e da Ovidio, met. 3,6 ss.; il particolare del segno della mezzaluna sul fianco della giovenca (o del bue, a seconda delle versioni) si trova soltanto in Igino. 5 ad fontem Castalium: non si tratta senz’altro della fonte Castalia, che si trova a Delfi e che infatti Ovidio nomina (met. 3,14) raccontando il mito di Cadmo quando parla dell’oracolo. Apollodoro 3,4,1 parla nel nostro contesto di una fonte sacra ad Ares, senza specificarne il nome, e motiva la ricerca dell’acqua come ingrediente rituale per sacrificare la giovenca ad Atena. – draco Martis filius: dettagliata descrizione del mostro in Ovidio, met. 3,31-34. – Spartoe: il nome tradizionale è etimologicamente legato alla radice del verbo greco σπείρω (“seminare”). 6 inter se pugnarunt: la lotta fratricida degli Sparti (che Ovidio, met. 3,117 non a caso definisce civilia bella) in Apollodoro 3,4,1 è innescata dalle pietre che Cadmo getta fra loro, secondo una modalità che ricalca precisamente il suggerimento di Medea a Giasone per impadronirsi del vello d’oro (p. es. Apollodoro 1,9,23). – quinque superfuerunt: gli stessi nomi sono conservati da Apollodoro 3,4,1. – Boeotia: altra osservazione etimologica in riferimento alla giovenca indicata dall’oracolo, che Igino contrariamente alla tradizione a riguardo considera un bue proprio per favorire la percezione del legame con la radice di Boeotia. 179 1 Agenoris et Argiopes filius: vd. fab. 178,1 e nota. – filias quattuor: i nomi delle quattro figlie e del figlio corrispondono alla tradizione in merito: vd. p. es. Apollodoro 3,4,2. 2 Il paragrafo e il successivo riprendono quasi alla lettera il testo di fab. 167,2-3 con qualche variazione. 3 cum fulmine et tonitribus: il racconto di Apollodoro 3,4,3 è più dettagliato: Zeus «si presenta nella stanza da letto di quella sul carro con i fulmini e i tuoni, e scaglia una folgore»; prevedibilmente ancora più scenografica la descrizione di Ovidio, met. 288-309. – Liber est natus: vd. fab. 167,3 e note. Qui compare la variante per cui a trarre in salvo il neonato è Mercurio, il tradizionale aiutante di Giove.
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180 speculatus est et eam violare voluit: la tradizione più rappresentata vuole che Atteone assista pur senza malizia al bagno di Diana e per questo venga punito perché comunque si tratta di un gesto di hybris, quando cioè l’umano supera i limiti imposti dalla propria natura aspirando a comportarsi come un dio: p. es. Callimaco, hymn. lavacr. Pall. 107-116; Ovidio, met. 3,143-193; Igino comunque aggiunge dal canto suo “l’aggravante” del tentativo di violenza, che non ha riscontro in questa circostanza se non in Nonno di Panopoli, Dion. 5,303-315 e 435-437. Non mancano altre versioni, come quella che fa di Atteone il cacciatore che dice di essere superiore ad Artemide (Euripide, Bacch. 337-340) e quella per cui cerca di sedurre Semele in competizione con Zeus venendo da questo punito (Stesicoro, fr. 59 Page). – a suis canibus consumeretur: la metamorfosi in cervo e la morte qui sono soltanto citate, mentre Ovidio le descrive in modo esteso e drammatico: met. 3, 193-252; vd. comunque più diffusamente fab. 181. 181 La fabula è nettamente divisa in due parti, di cui la prima (1-2) è una riproposizione più particolareggiata del contenuto di fab. 180, la seconda un lungo elenco di nomi proposto in duplice versione (cioè quella che Igino avvalora e una seconda, considerata una variante). 1 Gargaphia: nome e descrizione – un vero locus amoenus – in Ovidio, met. 3,155-164. – Parthenius: il nome della fonte non è altrove conservato: nel suo racconto dettagliato anche Ovidio si limita a dire che si tratta di una fonte dove abitualmente Diana e le compagne si rinfrescavano (met. 3,173: solita lympha); comunque il nome è senz’altro creato ad arte, visto che si tratta di un aggettivo greco che significa “virginea” e quindi coerente al contesto e alla personalità di Diana. – Cadmi nepos: rispetto a fab. 180, in cui troviamo soltanto i genitori, qui compare anche il riferimento da Cadmo, capostipite della famiglia; d’altra parte anche il racconto ovidiano prende le mosse proprio dal fondatore di Tebe, dicendo che la vicenda del nipote costituisce per lui il primo motivo di dolore (met. 3,138-139). 2 ne loqui posset: se in fab. 180 la metamorfosi di Atteone appare come una punizione, qui invece è un accorgimento necessario da parte della dea per evitare che il cacciatore divulghi la scena cui assiste: analogamente in Ovidio Diana esclama con sarcasmo: nunc tibi me posito visam velamine narres, / si poteris narrare, licet! (met. 3,192-193). 3-6 Il catalogo come sempre presenta problemi di tradizione: basti considerare che a 4 cita tres feminae ma conta quattro nomi. I nomi sono vari, ma l’etimologia in genere rinvia alla velocità, alla capacità di sorprendere la preda, ai boschi e ai luoghi di caccia. La prima lista dipende in gran 348
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parte da quella, più narrativa e descrittiva, di Ovidio, met. 3,206-225; dovevano tuttavia circolare liste alternative, come testimonia lo stesso Igino (5 alii auctores), e una in esametri molto lacunosi si trova p. es. in Apollodoro 3,4,4, che peraltro descrive poi lo stordimento dei cani quando si rendono conto di aver ucciso il loro padrone; una fonte greca ellenistica di tradizione poetica, probabilmente Nicandro, è ipotizzata da Grilli 1971. 182 1 Idothea Althaea Adrasta: per le nutrici di Giove la tradizione riporta i nomi di Ida e Adrastea e poi quello della capra Amaltea (vd. nota a fab. 139,3), che comunque non avrebbero nulla a che fare con Oceano (secondo la Teogonia di Esiodo le Oceanine sono ben tremila): evidentemente qui c’è un problema di tradizione, perché i tre nomi riportati sembrano storpiature di quelli tradizionali. 2 nymphae Dodonides: Dodona è un sito in Epiro sede di uno storico santuario di Zeus e di un oracolo considerato da Erodoto il più antico della Grecia. – Naides: si tratta delle ninfe che presiedono le acque dolci. – quarum nomina: il testo evidentemente mostra una lacuna, dal momento che passa ora a trattare di altre ninfe che secondo la tradizione sono le nutrici di Dioniso. – in monte Nysa: Nisa (variamente detto anche Elicona) e Cirra sono propriamente i due gioghi del monte Parnaso, vicino a Delfi. Dioniso tradizionalmente è legato a questo monte o alternativamente alla città di Nisa, da cui l’epiteto di Niseo (p. es. Ovidio, met. 4,13). – Medeam rogaverat: nella versione conservata p. es. da Ovidio, met. 7,294-296 Bacco assiste dall’alto al sortilegio per cui Medea ringiovanisce Esone, il padre di Giasone, che ritorna com’era stato quarant’anni prima, e si fa rivelare il segreto per poter ringiovanire le proprie nutrici; il mito probabilmente costituisce la materia di un perduto dramma satiresco di Eschilo, le Nutrici di Dioniso. – Hyades: letteralmente “le Piovose” (ma sull’etimo vd. fab. 192,2, che peraltro contiene nomi diversi), le ninfe trasformate poi in costellazioni sono dalla tradizione considerate anche abitatrici delle paludi e degli acquitrini. 183 Un’altra doppia lista complessa di nomi con gli inevitabili problemi di testo e di riconoscimento nella tradizione: anche quando Igino cita espressamente le sue fonti non sempre è possibile risalire a un luogo certo. 2 Eumelus Corinthius: poeta greco fra VIII e VII secolo, è autore di componimenti epici di tema storico e mitologico di cui tuttavia restano pochi frammenti. 3 Homerus: nessun riscontro né nell’Iliade né nell’Odissea, e vi è infatti chi ha pensato che si tratti di un omonimo. – Ovidius: vd. met. 2,153-154, a 349
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proposito del mito di Fetonte. 4 Horarum: nella tradizione le Ore sono effettivamente figlie di Zeus e di Temis, figlia di Urano e Gea (e quindi titanide). I nomi della prima lista contengono i tre tramandati in origine da Esiodo, theog. 901-902 (Irene, Eunomia e Dice, cioè rispettivamente Pace, Buon governo e Giustizia), insieme ad altri che rinviano ai cicli naturali di fruttificazione e riproduzione (Ausso “la crescita”, Carpo “il frutto”, Euporia “l’abbondanza”, Ortosia “l’innalzamento”, Tallo “la fioritura”). 5 alii auctores: pur senza riconoscere la fonte, i nomi sembrano giocati su momenti della giornata (Auge “la crescita”, Anatole “l’alba”, Mesembria “il mezzogiorno”, Esperide “la sera”, Dise “il tramonto”) e su attività umane (Musica, Ginnastica). 184 Il mito di Penteo rientra nelle storie di opposizione ai culti bacchici (come p. es. quello di Licurgo: fab. 132) e si trova drammaticamente raccontato in particolare dalle Baccanti di Euripide, anche se sappiamo che Eschilo aveva composto un Penteo; altri trattamenti letterari in Apollodoro 3,5,2 e Nonno di Panopoli, Dion. 46,106-216; in ambito latino fa testo la versione di Ovidio, met. 3,511-733. 1 mysteria eius: la tradizione vuole in particolare che Penteo si rechi sul Citerone (nella versione euripidea travestito da baccante) per assistere di persona ai riti di Dioniso. – membratim laniavit: Agave e le sorelle nel loro invasamento scambiano Penteo per una belva feroce (nello specifico un leone in Euripide, un cinghiale in Ovidio) e lo fanno a pezzi con le loro mani. 2 ad Lycotersen regem: Agave finisce per sposare Licoterse, ma la tradizione vuole che poi lo uccida e consegni il regno di Illiria al padre Cadmo (fab. 240,1; 254,3). 185 La fabula racconta una versione del mito di Atalanta abbastanza vicina a quella ovidiana, e non comprende alcuni particolari significativi presenti invece nel testo di Apollodoro 3,9,2, che fa dell’eroina anche una valida cacciatrice, esposta alla nascita dal padre che voleva soltanto figli maschi e per questo allevata da un’orsa, capace di uccidere addirittura i centauri Reco e Ileo. 1 Schoeneus: Igino segue la versione che fa di Scheneo il padre di Atalanta, come Ovidio, met. 10,609, e più anticamente Esiodo (secondo la testimonianza di Apollodoro); invece per Apollodoro (ma in ambito latino anche per Properzio 1,1,10) il padre si chiama Iaso. – cursu viros superabat: stesse parole in Ovidio, met. 10,560-561: certamine cursus / veloces superasse viros. 350
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2 caput in stadio figeret: il particolare macabro, che non è ricordato dalle fonti a proposito di Atalanta, ricorre invece nel mito di Enomao e Ippodamia, dove comunque si tratta di una gara di corsa di quadrighe (fab. 84,3). 3 ab Hippomene: il vincitore di Atalanta è Ippomene anche nella versione ovidiana delle Metamorfosi (figlio di Megareo di Onchesto in Beozia e quindi pronipote di Nettuno: 10,605-606), ma lo stesso Ovidio, ars 2,188 propende per la versione che lo individua in Melanione, figlio di Anfidamante (fratello di Iaso e quindi cugino di primo grado di Atalanta), come peraltro Properzio 1,1,9 e Apollodoro 3,9,2. – mala tria insignis formae: si tratta di mele d’oro, come si evince solo dal par. 4 (ammiratur aurum), che secondo Ovidio, met. 10,644-648 provengono da un giardino sacro a Venere nell’isola di Cipro, ma che altri dicono nate nel giardino delle Esperidi. 6 cum ea in fano concubuit: se il tempo in questione è quello di Zeus anche in Apollodoro, nella versione di Ovidio si tratta del tempio della Gran Madre (Cibele): una volta trasformati in leoni, i due amanti sono destinati a tirare il carro della dea (met. 10,704). – quibus dii… denegant: nel contesto mitologico questa spiegazione non si trova nelle fonti a noi note; la notizia in antico è comunque dotata di un fondamento “scientifico” visto che Plinio, nat. 8,43 riferisce che le leonesse preferivano accoppiarsi con i leopardi; vd. anche Servio, Aen. 3,113. 186 1 Desmontis filiam sive Aeoli: Melanippe nella tradizione è figlia dell’Eolo figlio di Elleno e fondatore della stirpe degli Eoli (vd. anche nota a fab. 125,6); Desmonte è un personaggio altrimenti ignoto, ma non è escluso che derivi da un’errata interpretazione del titolo di una delle due perdute tragedie di Euripide sull’argomento, Μελανίππη δεσμῶτις (Melanippe prigioniera: per quanto possiamo valutare dai frammenti, Igino ne seguirebbe la trama; il titolo dell’altro dramma è Melanippe saggia). 4 rex Icariae: difficile stabilire di preciso di quale luogo si parli: il toponimo oggi indica un’isola dell’Egeo nordorientale nei pressi della costa turca, ma potrebbe anche riferirsi a qualche città a noi oggi sconosciuta; alcuni, valorizzando il nome di Metaponto, hanno anche sostenuto che si tratti di una corruzione per Italia. – regi subderet: il verbo utilizzato (come anche più avanti supposuit) è molto espressivo, perché il prefisso sub- qui conferisce al composto di do un valore malizioso e indica pertanto non soltanto il gesto di portare e presentare, ma anche l’intenzione malevola di ingannare. 187 La fabula, almeno nella prima parte e poi nell’intervento finale di Nettuno come deus ex machina, riprodurrebbe la perduta tragedia di Euripide: 351
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Borecký 1955 esamina nel contesto l’elemento della ragazza sedotta e del figlio perso e ritrovato come topos drammaturgico euripideo. 1 Cercyonis filia: Cercione, re di Eleusi, è a sua volta figlio di Vulcano (fab. 158). 4 ad necem includit: vd. fab. 238,3. La punizione di Alope da parte del padre è quella di essere rinchiusa viva, una morte che viene decretata per coloro che si macchiano di orrendi delitti riguardanti la famiglia (o al limite la patria), come dimostra il caso di Antigone, raccontato in modo indimenticabile dalla tragedia di Sofocle, che comunque poi si uccide; a Roma tale efferatezza è destinata alle vestali che violano il voto di castità (vd. Livio 8,15,7). 5 Hippothoum: chiara l’etimologia del nome, che ha la radice del termine greco ἴππος, “cavallo”. 6 Cercyonem interfecit: l’uccisione di Cercione da parte di Teseo è ricordata fra le imprese dell’eroe in fab. 38,5. 188 1 Bisaltis filia: Ovidio usa per Teofane l’epiteto “Bisaltide” (met. 6,117), ma questo Bisalte è un personaggio altrimenti sconosciuto. – in insulam Crumissam: il toponimo non corrisponde ad alcuno noto; l’editio princeps reca Cromiusam e Cromiussa è l’antico nome di Maiorca nelle Baleari, ma la dislocazione pare del tutto eccentrica. 4 cum Theophane concubuit: l’unione di Nettuno con l’aspetto di ariete con Teofane è ricordata in un elenco anche da Ovidio, met. 6,117. – aries chrysomallus: vd. fab. 3,1-2. 189 Il mito è raccontato brevemente ma con variazioni significative da Apollodoro 3,15,1 e, sempre in greco, sappiamo che una Procri era opera di Sofocle; in ambito latino la versione di riferimento è comunque quella di Ovidio, met. 7,661-865, nella quale la storia è raccontata dallo stesso protagonista Cefalo e che tuttavia non corrisponde in tutto alla nostra fabula; vd. anche Servio, Aen. 6,445. 1 Pandionis filia: Igino evidentemente confonde il personaggio con la quasi omofona Procne, figlia effettivamente di Pandione e Zeusippe, sorella di Filomela e moglie di Tereo, di cui racconta la storia (secondo una versione) in fab. 45. La Procri di questa fabula invece è figlia di Eretteo. 2 Cephalus negavit: il rifiuto di Cefalo alle avances di Aurora appartengono a una versione del mito; secondo un’altra versione, che troviamo in Apollodoro 3,14,3 (ma anche 1,9,4) Eos (Aurora) rapisce Cefalo e si unisce a lui in Siria generando Titono, generalmente invece considerato il suo anziano marito. 352
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5 iaculum: il giavellotto infallibile era fatto con il legno di una pianta sconosciuta e aveva la punta d’oro: Ovidio, met. 7, 672-673. – canem Laelapem: il nome del cane evoca la velocità e la forza, dal momento che in greco λαίλαψ significa “uragano”, “tempesta”, e doveva essere un nome diffuso, visto che compare anche nell’elenco dei cani di Atteone (fab. 181,2 e Ovidio, met. 3,211); la storia del cane e del suo vano inseguimento della volpe di Tartesso, che a sua volta era irraggiungibile, e la loro conseguente trasformazione in statue di pietra sono raccontate pure da Ovidio, met. 7,756-793 come digressione all’interno del mito di Cefalo e Procri. 10 Arcesium: secondo un’altra tradizione il padre di Arcesio è lo stesso Giove (p. es. Ovidio, met. 13,144-145). 190 La storia che la fabula racconta non ci è nota da autori diversi e pertanto Igino è la sola fonte che ce la tramanda: a sua volta, considerato l’intreccio del racconto, è plausibile che sia sia servito, come in altri casi, di un testo drammatico a noi sconosciuto; è interessante osservare che la storia è oggetto di un mosaico di recente pubblicato dal sito di Zeugma sull’Eufrate, nell’odierna Turchia, che parrebbe ritrarre proprio una scena tragica (Slater-Cropp 2009). 1 Thestor: mitico indovino figlio di Apollo, è conosciuto per aver partecipato alla spedizione argonautica (Apollonio Rodio 1,139) ma soprattutto per essere il padre di Calcante: quest’ultimo infatti nella tradizione epica è indicato anche con il patronimico “Testoride” (p. es. Omero, Il. 1,69; Ovidio, met. 12,19). – in Cariam: si tratta della regione che si affaccia sull’Egeo nell’odierna Turchia, fra la Ionia a nord e la Licia a sud: un luogo di facile approdo nelle scorribande dei pirati. 191 La storia di Mida si articola in due parti (parr. 1-2 e 3-5), ciascuna dedicata ai due mitici fatti per cui il personaggio è ricordato in letteratura; il testo-base per questo in ambito latino è Ovidio, che in met. XI racconta gli stessi due episodi, anche se in ordine inverso rispetto a Igino (le orecchie d’asino: 146-179, con la concusione ai vv. 180-193 che non compare nella nostra fabula; il tocco d’oro: 85-145). Sui rapporti fra Ovidio, Igino e Fulgenzio, in senso contenutistico e retorico, vd. ora Venuti 2015. 1 filius Matris deae: si tratta di Cibele (come esplicitato in fab. 274,6), detta anche Gran Madre o Dea Madre. – a Timolo: il nome del personaggio, che è re di Licia e poi viene assimilato a un monte, è tramandato generalmente come Tmolo. – cum Marsya vel Pane: senz’altro Pan nella versione di Ovidio. – fistula certavit: si tratta di una rappresentazione compendiata della 353
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mitica gara: in realtà Marsia gareggia con il flauto, Apollo invece con la lira e per questo vince (vd. fab. 165,3-4). – Timolus… Midas: Tmolo è giudice della gara anche in Ovidio, met. 11,150ss.; secondo altra tradizione, rappresentata in fab. 165,4, sono le Muse a giudicare. 2 quale cor… tales et auriculas: rispetto a Ovidio, Igino rende il racconto drammaticamente più vivace inserendo le parole di Apollo, che hanno sapore di battuta e giocano sull’insensatezza del giudizio di Mida, in quanto paragonano il personaggio a un asino, cioè a un animale ritenuto sprovvisto di sensibilità specifica (nell’immaginario latino, cor rinvia alla sapienza e alla perspicacia, prima che al sentimento). Dal punto di vista strettamente linguistico va notato l’uso postclassico di auricula, che formalmente è un diminutivo di auris (utilizzato poco oltre e anche da Ovidio), con il valore di quest’ultimo termine (semplicemente “orecchio” e non “piccolo orecchio”). – asininas haberet aures: sul mito delle orecchie d’asino di Mida oltre a Ovidio, vd. Servio, Aen. 10,142. 3 Silenus aberravit: Sileno si perde – precisa Ovidio, met. 11,90-96 – perché anziano e ubriaco, e viene portato da Mida da alcuni contadini. L’ospitalità di Mida è molto generosa, perché addirittura organizza in onore dell’ospite una festa che dura dieci giorni e dieci notti. 4 aurum fieret: il mito del tocco d’oro è conosciuto in antico e testimoniato già in Erodoto 8,138. Si tratta di una tipica storia di avventatezza e quindi di limitatezza umana, dal momento che un apparente vantaggio rivela i suoi lati controproducenti (si tratta infatti di nocitura munera, un dono destinato a far del male, per Ovidio, met. 11,104). 5 fame cruciaretur: una semplice notazione compendia l’ampia ed efficace descrizione ovidiana di met. 11,119-130. – speciosum donum eripe: lessico ovidiano dallo stesso contesto, tenuto conto che Ovidio cita direttamente le parole di Mida a Libero: vd. met. 11,133: sed miserere, precor, speciosoque eripe damno. – in flumine Pactolo: il fiume nasce proprio dal monte Tmolo e bagna la città di Sardi, capitale della Lidia; Ovidio si limita a citarlo come “il grande fiume vicino a Sardi” (met. 11,135), ma è più circostanziato nelle istruzioni: Mida avrebbe dovuto percorrerlo contro corrente fino alla sorgente. – Chrysorroas: l’etimologia greca significa “corrente d’oro”: la spiegazione, assente in Ovidio, è coerente con lo scrupolo eziologico di Igino. 192 1 ex Pleione: figlia di Oceano e Teti: Oceanitide non è un secondo nome, ma il convenzionale patronimico. – duodecim filias: la tradizione non è univoca quanto a numero: generalmente sono sette (p. es. Apollodoro 3,10,1, che peraltro situa il parto a Cillene in Arcadia), ma lo stesso Igino altrove 354
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ne conta quindici (astr. 2,21). – ab apro vel leone occisum: il cinghiale è citato a proposito della morte di Iante anche in fab. 248, mentre in astr. 2,21 invece la causa della morte è il leone; Ovidio racconta che Iante, abituato a lottare con cinghiali e leoni, viene ucciso appunto da una leonessa in Libia perché voleva stanarne i cuccioli (fast. 5,175-178). 2 inter sidera relatae: in astr. 2,21 lo stesso Igino segue una tradizione diversa, che vuole le sorelle trasformate in stelle da Giove non in seguito alla loro morte di dolore ma per liberarle finalmente dalle insidie di Orione che le insegue insieme alla madre per violentare quest’ultima. – appellantur Hyades… Suculas: in fab. 182,2-3 le Iadi appartengono a un mito diverso; diversi anche i nomi là registrati. L’etimo che lega i termini Hyades e Hyas è citato anche in astr. 2,21 e da Servio, Aen. 1,744; se una delle ipotesi alternative collega il nome al verbo greco ὕω (“piovere”), come Igino ricorda al par. 3, il termine Suculae sarebbe derivato dalla radice omofona di ὕς (“maiale”, in latino sus), per errore quindi, come osservano Cicerone, nat. deor. 2,111: has Graeci stellas Hyadas vocitare suerunt (a pluendo ὕειν enim est pluere), nostri imperite Suculas, quasi a subus essent non ab imbribus nominatae, e dopo di lui anche Plinio, nat. 18,246 e Gellio 13,9,5; invece secondo Servio, Aen. 1,744 il nome deriva dalla loro disposizione, che ricorda la faccia di un maiale. 3 in modum Y litterae: l’etimo è annoverato fra gli altri anche da Servio, Aen. 1,744. – pluvias efficiunt: la spiegazione dell’etimologia più diffusa (vd. nota precedente) si riferisce naturalmente alle lacrime versate per la morte di Iante. – nutrices patris Liberi: la tradizione riportata da Apollodoro 3,4,3 vuole che Ermes metta in salvo da Era il piccolo Dioniso trasformandolo in capretto e portandolo da alcune ninfe che abitavano a Nisa, poi trasformate da Zeus in costellazione col nome di Iadi; qui Igino compendia evidentemente questo elemento mitologico (il riferimento a Nasso potrebbe rappresentare una svista per Nisa) con l’altro che vuole Dioniso cacciato dal re Licurgo (p. es. fab. 132); comunque la presenza in questo contesto dell’isola di Nasso è poco chiaro, anche se lì Dioniso era oggetto di un culto particolare (vd. p. es. fab. 134,1). 4 quia plures essent: l’etimo, presente anche in astr. 2,21, sarà poi ripreso da Gregorio Magno, moral. 29,31. Senza altre attestazioni invece l’etimo greco, che sembra pure di tradizione grammaticale. 5 propter Dardanum amissum: Dardano è figlio di Elettra e Zeus (Apollodoro 3,12,1) e capostipite della dinastia troiana (vd. Ovidio, fast. 4, 3139). – Troiamque sibi ereptam: Ovidio aggiunge il particolare che Elettra si era coperta gli occhi con le mani per non vedere le rovine della città (fast. 4,177-178) – mortalem virum acceperit: la stessa spiegazione in Ovidio, fast. 4,174-176; il marito in questione è Sisifo (Apollodoro 3,10,1). 355
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– ceterae deos haberent: Igino dipende dalla stessa fonte di Ovidio, fast. 4,171-175: Sterope si unisce a Marte, Alcione e Celeno con Nettuno, Maia, Elettra e Taigete con Giove; secondo la tradizione accolta da Apollodoro 3,10,1 invece anche Sterope si unisce a un mortale, Enomao. 6 cometes: l’etimo è chiaramente riferito alla chioma (gr. κόμη, lat. coma), che indica appunto quella che noi chiamiamo “coda”. – xiphias: termine tecnico di etimo greco (ξίφος = spada) che è poi documentato, insieme ad altri che Igino ignora, anche da Plinio, nat. 2,89; altrove il termine indica un pesce di forma allungata oppure capace di infliggere colpi simili a quelli di una lama (p. es. Ovidio, hal. 97; Plinio, nat. 32,151). – luctum portendit: la cometa tradizionalmente indica un evento luttuoso o comunque un cambiamento, in particolare di regno (si pensi all’infausto presagio per Erode nel racconto evangelico della nascita di Gesù): Lucano la definisce infatti timendum sidus (1,528-529). 193 La storia di Arpalice, citata come valente cacciatrice da Virgilio, Aen. 1,317, è raccontata in termini analoghi alla versione di Igino da Servio nel suo commento, che peraltro aggiunge particolari qui non presenti sulle conseguenze della morte dell’eroina. 2 Neoptolemus: Servio attesta che esistevano due versioni al proposito: quella seguita da Igino, che fa riferimento a un attacco da parte dei Mirmidoni, il popolo di cui Achille, padre di Neottolemo, era re, e un’altra secondo la quale i nemici in questione sono i Geti, una popolazione barbara stanziata a nord della Tracia. 194 Arione non è un personaggio mitologico ma reale ed è un versificatore e musico d’età arcaica; la sua storia è narrata già da Erodoto 1,23-24, che lo considera p. es. inventore del ditirambo, il canto in onore di Dioniso, ma evidentemente la tradizione a riguardo si è andata arricchendo di particolari romanzeschi anche fantasiosi, alcuni dei quali presenti in questa versione di Igino ed altri citati in astr. 2,17. Sulla figura e le fonti, anche in particolare sul nostro testo, vd. Perutelli 2003. 1 Methymnaeus: Metimna è un’antica città di Lesbo, l’isola che storicamente vanta una tradizione in materia di canti poetici. – rex Pyranthus Corinthius: la tradizione parla di Periandro, tiranno di Corinto nel VI secolo: evidentemente il nome citato da Igino è risultato di una deformazione. 2 Apollo in quiete: non è casuale l’intervento di Apollo, fra l’altro dio della musica, che appare in sogno ad Arione per aiutarlo e gli offre indicazioni in tono e forma oracolare, cioè non immediatamente comprensibili. 356
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195 La storia di Orione è ampiamente raccontata da Ovidio, fast. 5,495-544, che senz’altro attinge a una tradizione comune a quella rappresentata da Igino; vd. comunque anche Servio, Aen. 10,763. 1 ad Hyrieum regem: nella versione ovidiana Irieo non è un re, ma un vecchio contadino che abitava in una piccola capanna accanto al suo modesto campicello. 2 urinam fecerunt: il nome Orione viene cioè legato etimologicamente al greco οὐρεῖν (“orinare”): stessa spiegazione in astr. 2,34 e Servio, Aen. 1,535. – natus est Orion: Ovidio precisa che il bambino nasce dopo dieci mesi e che il nome impostogli da Irieo era originariamente Urione, poi diventato Orione per evoluzione fonetica. 3 cum Dianam vellet violare: nella versione di Igino Orione muore per aver oltraggiato Diana con un tentativo di stupro; Apollodoro 1,4,5 riferisce una variante secondo cui la vittima è Opide, una vergine del seguito della dea. Il peccato di Orione è comunque quello di hybris: già Esiodo, fr. 148 M.-W. racconta che la sua morte è conseguenza del vanto di essere un cacciatore migliore di Artemide, in grado di uccidere tutti gli animali sulla terra. – interfectus est: la versione classica seguita già da Omero, Od. 5,121,124 vuole che venga ucciso a frecciate: così Igino, astr. 2,34; esiste però un’altra versione, secondo la quale Artemide invia uno scorpione a tormentarlo, ed è per questo che la costellazione di Orione fuggendo non è mai vicina a quella dello Scorpione (Arato, phaen. 634-646). Igino, astr. 2,34 riporta anche la versione dello storico ellenistico Istro di Cirene, che cioè Diana uccide per errore Orione, di cui è innamorata, tratta in inganno da un Apollo geloso. 196 1 Typhonis immanitatem: anche in fab. 152 Tifone è immani magnitudine. – in feras bestias: la trasformazione degli dei in animali dà un fondamento mitologico all’aspetto degli dei egizi, così lontano dall’immagine olimpica che ne hanno i greci e i latini: pur senza riferirsi a Pan ne parlano anche Apollodoro 1,6,3 e Ovidio, met. 5,321-331 (che descrive anche gli animali prescelti da ciascun dio: Igino, astr. 2,28 cita solo le trasformazioni di Mercurio, Apollo e Diana); per Luciano, sacrif. 14 poi il fatto va collocato durante la lotta degli dei contro i Giganti. 2 in capram: l’aspetto caprino di Pan produce la trasformazione nella costellazione del Capricorno; in astr. 2,28 Igino spiega la rappresentazione immaginaria del segno zodiacale, mezzo pesce e mezzo capra, raccontando che Pan per timore di Tifone si getta in acqua producendo la metamorfosi in pesce di mezzo corpo. – Aegoceros: il termine greco è composto dalle radici di αἴξ (“capra”) e κέρας (“corno”). 357
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197 Si tratta qui della cosiddetta Dea Syria, una divinità assira originariamente chiamata Atar Atah e poi dai greci Atargatis, variamente identificata con Afrodite, il culto della quale si diffonde a Roma nel II secolo a.C.; ne parla in particolare Diodoro Siculo 2,42 e Luciano scrive un trattato intitolato appunto La Dea Siria, mentre a Roma la prima citazione si troverebbe in Nigidio Figulo, fr. 99 Sw. Anche gli animali presenti in questa storia partecipano della doppia estrazione di questa divinità: le colombe infatti sono animali sacri a Venere nella tradizione classica, mentre i pesci rappresentano un elemento diverso ma tipico della Dea Siria, rappresentata spesso in forma di sirena; non è tuttavia un caso che la mitologia contempli anche una trasformazione in pesce proprio di Venere (p. es. Ovidio, met. 5,331). Quanto all’astinenza da parte dei Siri dalle carni di colombe e pesci, è documentato in ambito greco il divieto fatto ai seguaci di Atargatis di mangiare carne di solo pesce: p. es. Senofonte, anab. 1,4,9; Luciano, Dea Syr. 14,54. 198 La storia è narrata da Apollodoro 3,15,8, ma è citata già da Eschilo, Coeph. 613-622; in ambito latino la racconta in tono molto descrittivo Ovidio, met. 8,6-151 e poi Servio, buc. 6,74 e il poemetto Ciris dell’Appendix Vergiliana (378-460). 1 Martis filius sive… Deionis: se Igino conosce due ipotesi sulla paternità, per Apollodoro Niso è figlio di Pandione (non si può escludere che il Deione di Igino sia una deformazione di questo nome). – crinem purpureum: la particolarità cromatica risaltava – secondo Ovidio – tanto più che la chioma di Niso era completamente canuta (met. 8,9: inter honoratos… canos). 2 est amatus: questa è la versione dominante, cioè che Scilla tradisce il padre per amore (vd. Ovidio, met. 7,90: suasit amor facinus); secondo Eschilo invece sarebbe stata corrotta con collane d’oro (Coeph. 615-616). 3 ex fide data: l’interpretazione per cui esisteva un patto fra Scilla e Minosse, non rispettato da quast’ultimo, non si trova né in Apollodoro né in Ovidio, per i quali il gesto della ragazza è del tutto spontaneo. – Creten sanctissimam: come spiega in effetti Ovidio, met. 7,99, Creta è “la culla di Giove” (Iovis incunabula): vd. p. es. fab. 139,3. – in mare se praecipitavit: Scilla si getta in mare per sfuggire al padre, mentre in Ovidio lo fa per raggiungere la nave di Minosse ormai lontana; diversa invece la versione di Apollodoro, secondo la quale Minosse fa legare Scilla per i piedi alla prora di una nave e la fa così annegare. – ne persequeretur: bisogna supporre che il soggetto sia Niso, perché il verbo è deponente; per ottenere un dettato sintatticamente più lineare Cipriani 1973 propone di leggere ut perseque358
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retur, intendendo che Scilla si getta in mare “per raggiungere” Minosse. 4 haliaeton… cirin: mentre il primo termine è composto dalla radice di ἅλς (“mare”) e αἰετός (“aquila”), il secondo presenta la radice del verbo κείρειν che significa “recidere”, in allusione al gesto di Scilla. Secondo una versione accolta da Igino in fab. 242,3 Niso in realtà si suicida. 199 La storia di Scilla, il mostro marino reso celebre dall’Odissea (qui vd. fab. 125,14), è raccontata ampiamente da Ovidio, met. 13,900-14,74. 1 Crataeidis fluminis filia: il fiume della regione sud della Calabria è ricordato da Plinio, nat. 3,73 citando anche Scilla come sua figlia; secondo un’altra versione Scilla è invece figlia del mostro Tifone e di Echidna, come Igino registra in gen. 39 e in fab. 125,14 e 151. 2 propter zelum: la gelosia di Circe, invidiosa dell’amore che Glauco prova per Scilla, è un tratto comune a tutte le versioni; se tuttavia leggiamo la più distesa e narrativa versione ovidiana, è comunque Glauco a rivolgersi a Circe per ottenere un filtro d’amore da somministrare alla sua amata, provocando l’innamoramento della maga e la conseguente invidia di quest’ultima. – medicamentis aquam inquinavit: molto più descrittivo Ovidio, che parla anche di formule magiche: vd. comunque l’uso dello stesso verbo inquinare (14,55-56: praevitiat portentificisque venenis / inquinat). – sociis spoliavit: per vendicarsi Scilla colpisce Circe indirettamente, volendo sterminare Ulisse e i suoi compagni nonostante questi, di cui Circe era innamorata, avesse avuto indicazioni dalla maga per evitare il mostro; di fatto riesce a ghermire soltanto sei compagni (fab. 125,14). 200 La storia si legge in dettaglio in Ovidio, met. 11,291-345, dove viene raccontata a Peleo da Ceice. 1 Daedalionis filia: nella versione ovidiana Dedalione è, come Ceice, figlio di Lucifero, ed è descritto come personaggio battagliero e portato alla violenza, qualità che in effetti vengono riconosciute allo sparviero. – una nocte: in realtà Ovidio racconta che Mercurio si unisce a Chione di giorno, addormentandola con la sua bacchetta, mentre Apollo aspetta la notte e le si avvicina travestito da vecchia. – ea peperit: si riproduce la classica circostanza della doppia unione che ha come conseguenza un parto gemellare. – Philammonem: mentre ad Autolico Igino dedica la fab. 201, è avaro di particolari per Filammone: Ovidio dice che è famoso nel canto e nel suono della cetra (met. 11,317: carmine vocali clarus citharaque), ma già Esiodo, fr. 64 M.-W e Pausania 2,37,2-3 riportano la tradizione secondo cui avrebbe istruito cori di giovani e avrebbe fondato i riti di Demetra a Lerna. 359
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Lo stesso Igino documenta una tradizione parallela che vuole Filammone figlio di Apollo e Leuconoe figlia di Lucifero (fab. 161). 2 est locuta superbius: si tratta del solito gesto di hybris del mortale nei confronti della divinità che produce la sua morte: nella versione di Ovidio non entra in gioco la superiorità nella caccia e quindi l’abilità tecnica, ma l’aspetto fisico (met. 11,321-322). – sagittis est interfecta: evidente in contrappasso nella cruda ricostruzione ovidiana, in cui Diana trapassa con la sua freccia la lingua che se l’era meritato (met. 11,325: meritam traiecit harundine linguam). – id est accipitrem: lo sparviero – come precisa Ovidio – riproduce le caratteristiche dell’indole di Dedalione, capace di forza e incline alla sopraffazione, ma che nello stesso tempo sono conseguenza della sua sofferenza: diventa motivo di dolore per gli altri perché lui stesso è addolorato (met. 11,345). 201 Il personaggio, citato variamente in letteratura, è oggetto di un dramma satiresco (forse addirittura due) di Euripide ed è probabile che da qui derivi a Igino la materia, dal momento che non si conoscono articolate narrazioni in ambito latino (discussione sulle fonti in Kannicht 1991). 1 ex Chione: vd. fab. 200,1. – furacissimus: Mercurio dona al figlio una propria caratteristica, essendo fra l’altro il dio degli scambi legali (commerci) ma anche illegali (furti): così già in Omero, Od. 19,395-396. – ex albo in nigrum: l’immagine ricorre a proposito di Autolico anche in Ovidio, met. 11, 314-315 (candida de nigris et de candentibus atra / qui facere adsuerat) che considera tale capacità una patria ars, cioè un’abilità derivata dal padre. 4 Sisyphium: l’aggettivo ha valore di un patronimico e significa “figlio di Sisifo”: l’opinione in tal senso è documentata p. es. in Euripide, Cycl. 104, ma si tratta di una tradizione molto marginale, considerata l’autorevolezza della versione canonica dell’Odissea, dove Ulisse è senz’altro figlio di Laerte e non si menziona la violenza subita da Anticlea da parte di Sisifo. 202 1 Phlegyae filiam: Flegia è re dei Lapiti in Tessaglia. – corvum custodem: non è strano che Apollo si valga della collaborazione di un corvo, che Ovidio definisce “uccello di Febo” (met. 2,544-545 ales / Phoebeius); d’altronde nell’immaginario antico gli uccelli svolgono spesso funzioni di mediazione fra gli dei e gli uomini e sono specifico oggetto dell’osservazione divinatoria per trarne auspici. – Ischys Elati filius: a differenza di Igino, la cui formulazione è neutra, Apollodoro 3,10,3 dice espressamente che Coronide preferisce sposare Ischi anche contro il volere del padre. 2 percussit: in Ovidio, met. 2,603-605 Coronide viene colpita al petto dalla 360
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freccia infallibile di Apollo; stando invece alla versione accolta da Apollodoro 3,10,3 la sorte di Coronide è quella di finire bruciata. – Asclepium educavit: profondamente pentito per aver provocato la morte di Coronide (Ovidio, met. 2, 612 ss.), Apollo fa nascere Asclepio estraendolo dalla madre e, secondo la tradizione (Pindaro, Pyth. 3,1-7; Apollodoro 3,10,3; Ovidio, met. 2,628-630), lo affida al centauro Chirone, che lo istruisce nell’arte medica. La circostanza è del tutto simile a quella di Dioniso fatto nascere da Semele dopo la morte di questa e affidato a un educatore (qui vd. fab. 167,3 e 179,3). – ex albo in nigrum: il mutamento di colore del corvo è citato già in Esiodo, fr. 60 M.-W. ed è una costante; Ovidio, met. 2,631-632 precisa che, lungi dall’immaginarsi passibile di punizione, il corvo si aspettava una ricompensa per aver rivelato ad Apollo il tradimento di Coronide (il corvo è il delatore anche in Igino, astr. 2,40). 203 La storia di Dafne è ampiamente narrata da Ovidio, met. 1,452-567, dove Dafne è descritta come un’abitatrice dei boschi e cacciatrice sul modello di Diana e per questo votata alla verginità, mentre l’innamoramento di Apollo appare come una punizione da parte di Cupido, perché il dio lo deride ritenendosi superiore nell’uso dell’arco e delle frecce. Penei fluminis: il Peneo scorre in Tessaglia, peraltro attraversando la valle di Tempe, celebre in antico proprio per i suoi boschi e la sua vegetazione. – a Terra praesidium petit: in Ovidio la preghiera è rivolta da Dafne al padre Peneo; la menzione della Terra nel contesto della preghiera è presente soltanto in alcuni codici delle Metamorfosi ma è giudicata spuria. – in caput imposuit: l’Apollo ovidiano afferma solennemente che rami d’alloro sarebbero stati da quel momento sulla sua chioma, sulla cetra e sulla faretra (met. 1,559-560). 204 La storia si trova brevemente narrata anche da Ovidio, met. 2,589-595 e Servio, georg. 1,403, che tuttavia presentano l’unione di Nittimene col padre non come una violenza ma come un gesto consenziante da parte della ragazza. Ovidio insiste peraltro sul fatto che la civetta non soltanto fugge la luce (il nome Nittimene ha in sé la radice del termine νύξ, “notte”) ma è tenuta lontano da tutti gli uccelli del cielo. 205 Igino è la sola fonte a noi nota per questo mito, che può derivare da qualche raccolta di aneddoti a sfondo moralistico o costruiti su frasi a effetto.
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206 La storia viene raccontata da autori greci, anche se torna in fab. 238,1; 242,4; 247; 253,1: la troviamo infatti in Nonno di Panopoli, Dion. 12,71-75 e Partenio, herot. 13: in quest’ultimo testo tuttavia Arpalice serve al padre non il figlio ma il fratello piccolo e viene poi trasformata in uccello. La sorte di Climeno è poi quella di suicidarsi, come apprendiamo dalla fab. 242,4. Naturalmente questa Arpalice è soltanto omonima del personaggio cui è dedicata la fab. 193. 219 La storia si inserisce nel mito degli Eraclidi (Temeno è colui che guida alla riconquista del Peloponneso i discendenti dell’eroe) ma nello stesso tempo fonda su basi eroiche la dinastia regnante macedone: vd. per questo il riferimento finale ad Alessandro Magno. Non è infatti un caso che Euripide componga una tragedia (di cui abbiamo soltanto frammenti) intitolata proprio Archelao – che Igino può aver tenuto presente – una volta lasciata Atene per recarsi in Macedonia presso il re Archelao (omonimo del capostipite), dove poi muore. 5 oppidumque… Aegeas: la città di Ege è la storica capitale del regno di Macedonia e luogo dove vengono sepolti gli antichi re. Nel nome viene ravvisata la radice del termine αἴξ (“capra”) e da questo la notizia eziologica. 220 Il mito risulta narrato solo da Igino ed è uno dei racconti di creazione dell’uomo la cui fama in età moderna si deve alla citazione da parte del filosofo Martin Heidegger nel suo Sein und Zeit (1927); l’origine sembra tutta latina, come paiono indicare il nome Cura, l’intervento di Saturno e in particolare l’etimologia finale che lega i due termini latini homo e humus. 1 Cura: il nome contiene in sé l’idea dell’impegno nel fare una cosa – che è quella che emerge dal personaggio dalla fabula – ma anche della preoccupazione e perfino dell’angoscia che l’accompagna. 3 homo… ex humo: l’etimologia è condivisa fra gli autori latini d’età classica e cristiana e si fonda su una evidente paronomasia, cioè sulla somiglianza formale fra i due termini. 221 È antica la tradizione che individua sette personalità da considerare illustri maestri di vita e di etica; il numero è convenzionale e anche per questo il canone naturalmente varia a seconda degli autori e delle epoche a partire dalla citazione apparentemente più antica, quella di Platone, Prot. 343a; secondo Stobeo 3,1,172 e 4,1,134 risalirebbe a Demetrio Falereo, mentre 362
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secondo Diogene Laerzio 1,92 ad Aristotele. Alla menzione dei sette si collega presto una collezione di γνῶμαι o sententiae, cioè massime morali che si raccontava fossero state consacrate dai sapienti stessi nel tempio di Delfi: Igino le espone con un testo poetico in esametri, che non sappiamo se originale o desunto da qualche fonte non citata, il cui parallelo più vicino è un epigramma conservato nell’Antologia Palatina (9,366). 2 ex Ephire: Efira ed Efiro sono nomi alternativi di Corinto, derivanti da due personaggi variamente ritenuti eponimi della città, l’oceanina Efira oppure Efiro figlio di Epimeteo. 222 Il titolo conservato fa riferimento a un canone di sette nomi, ma il Canone Alessandrino, cioè l’elenco di vari scrittori (non soltanto poeti) da considerare punti di riferimento nelle varie arti compilato nel III sec. a.C. in ambiente grammaticale alessandrino a cura di Aristofane di Bisanzio e Aristarco di Samotracia, ne conta nove, un numero comunque “perfetto”: Alcmane, Alceo, Saffo, Stesicoro, Pindaro, Bacchilide, Ibico, Anacreonte, Simonide; nove nomi comprende anche l’elenco presente in due epigrammi dell’Antologia Palatina (9,184 e 571) e anche in ambito latino ci si riferisce sempre a questo numero (p. es. Petronio 2; Seneca, epist. 27,6) probabilmente perché nove è il numero delle Muse, come dice Ausonio, griph. 30. 223 Anche questo elenco è soggetto a variazioni a seconda delle fonti: il più antico è in un epigramma di Antipatro di Sidone, databile al II sec. a.C. e conservato nell’Antologia Palatina (9,58). Due delle celebri meraviglie che non compaiono nella lista di Igino sono il Faro di Alessandria e i Giardini pensili di Babilonia, sostituite dal Palazzo di Ecbatana e dalle Mura di Babilonia. 1 Amazon Otera: la tradizione che attribuiva la costruzione dell’Artemision di Efeso alle Amazzoni circolava in antico ed era sostenuta anche da Pindaro, se stiamo alla testimonianza di Pausania 4,31,8 che la ritiene infondata. Otera, regina delle Amazzoni, è citata in fab. 30,10. 2 Monimentum regis Mausoli: il mausoleo viene edificato ad Alicarnasso nella Ionia (la costa egea dell’Asia Minore) per iniziativa di Artemisia in onore del marito, Mausolo, satrapo della Caria e morto nel 353 a.C. Ne abbiamo un’accurata descrizione grazie a Plinio, nat. 36,30. L’aggettivo lychnicus che Igino usa per descrivere il marmo è un calco dal greco e ha la radice di λυχνός (“lucerna”). 4 Signum Iovis: la statua si trovava nel tempio di Zeus a Olimpia. 363
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5 in Ecbatanis: antica capitale del regno dei Medi, viene conquistata da Ciro nel 549 a.C.; non si hanno notizie dell’architetto citato da Igino. 6 murus in Babylonia: la tradizione attribuisce proprio alla regina la costruzione delle mura all’interno di un progetto di restauro della città: p. es. Ammiano Marcellino 23,6,23; Isidoro, chron. 33,1. 7 quarum umbram non videtur: già il filosofo Talete di Mileto si era accorto che nell’equinozio d’autunno l’inclinazione del sole è tale per cui l’ombra delle piramidi non viene proiettata sul suolo perché il sole stesso si trova sulla prosecuzione della retta che corre lungo il fianco della piramide. 224 2 Perseus: vd. Igino, astr. 2,12. – Arcas: si tratta della costellazione di Arturo o Artofilace (nome greco: letteralmente “Guardiano dell’orsa”): vd. Igino, astr. 2,4; sul mito e la spiegazione del nome greco in riferimento all’orsa, vd. Ovidio, met. 2,496-507. – Liberam appellavit: Libero e Libera sono considerate dai latini due divinità italiche del corteggio di Cerere, celebrate nelle feste dei Liberalia a inizio primavera: vd. Ovidio, fast. 3,511-516. 3 Cynosura: lo stesso Igino, astr. 2,2, ci informa che si tratta di una delle ninfe dell’Ida, nutrice di Giove insieme a un’altra ninfa di nome Elice. 4 Penelopes filius: la tradizione che considera Penelope madre di Pan ed Ermes/Mercurio suo padre (ma in una versione il padre sarebbe addirittura Ulisse) è attestata sia in autori greci (p. es. Erodoto 2,145) che latini (p. es. Cicerone, nat. deor. 3,56). – Crotos: troviamo notizie sul personaggio in Igino, astr. 2,27: è un cacciatore amante della musica e del canto, e la sua trasformazione in una delle stelle del Sagittario avviene per espressa richiesta a Giove da parte delle Muse. Il termine conlactius ricorre soltanto qui ed è solo citato dal grammatico Carisio (p. 103,14 B.): sembra un elemento di lingua volgare. – Icarius: la tradizione (seguita dagli editori) riporta Icarus, ma evidentemente c’è un errore, perché si tratta di Icario e non di Icaro: vd. fab. 130. 5 Ganymedes: è il mitico coppiere degli dei (ecco perché rappresenta il segno zodiacale dell’Acquario: Igino, astr. 2,29), rapito per la sua bellezza da Giove sotto forma di aquila: in Omero, Il. 5,265-266 è figlio di Troo e quindi fratello (non figlio) di Assaraco. – in Leucotheam: vd. fab. 2,5. – in deum Palaemonem: vd. fab. 2,5. – in Heniocho: in fab. 84,5 Igino si limita a dire che l’auriga Mirtilo viene ucciso da Pelope; heniochus è trascrizione del greco ἡνίοχος. 225 1 Pelasgus: la notizia compare solo qui e probabilmente è legata al fatto che a Pelasgo, considerato l’antico e mitico progenitore di tutti i greci (secon364
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do Apollodoro 2,1,1 è figlio di Zeus e Niobe, la prima mortale cui si unisce il padre degli dei), si attribuisce la fondazione del tempio considerato più antico e rilevante della Grecia. – Iovis Dodonaei: vd. nota a fab. 182,2. – Eleuther: figlio di Apollo ed Etusa secondo Apollodoro 3,10,1; la radice del nome è quella di ἐλευϑερία (“libertà”), e nella tradizione Eleuterio è uno degli appellativi di Dioniso che in effetti anche linguisticamente corrisponde al Libero dei latini. 2 Phoroneus: vd. fab.143,3. – templum Dianae Ephesi: si tratta di una delle sette meraviglie: fab. 223,1. – Cyllenio: l’epiteto deriva dal fatto che Maia si unisce a Zeus e partorisce Ermes in una grotta sul monte Cillene in Arcadia (Apollodoro 3,10,2). 238 1 Diana servavit: vd. fab. 98,4. – Callisthenem: il testo presenta problemi di tradizione: il fatto ci è altrimenti ignoto. – Clymenus: vd. fab. 206. 2 Hyacinthus: secondo Apollodoro 3,15,8 Giacinto, spartano di nascita, si trasferisce ad Atene: le sue figlie Anteide, Egle, Litea e Ortea vengono immolate sulla tomba del ciclope Geresto «secondo una profezia antica» nel tempo in cui Minosse assedia Atene per scongiurare il pericolo e far cessare la carestia e la pestilenza; quella seguita da Igino è evidentemente una fonte diversa, perché cita soltanto la prima delle figlie. – Erechtheus: vd. fab. 46. 3 Cercyon: vd. fab. 187. – Aeolus Canacen: come ricorda già Omero, Od. 10,1-7, Eolo, dio dei venti, fa sposare i suoi figli e le sue figlie fra loro: la vicenda di Canace e Macareo, una coppia indebita perché si sposano e concepiscono un figlio senza osservare il sorteggio effettuato dal padre per formare le coppie, è trattata dal perduto Eolo di Euripide (di cui abbiamo un parziale riassunto): il padre costringe Canace al suicidio e Macareo si uccide a sua volta. 239 Le vicende sono narrate rispettivamente in fab. 25 (Medea), 45 (Procne), 2 e 4 (Ino), 174 (Altea), 1 (Temisto), 60 (Tiro), 184 (Agave), 206 (Arpalice). 240 Le vicende di alcuni personaggi qui citati sono narrate in fab. 117 (Clitemnestra), 34 e 36 (Deianira), 109 (Ilione). 1 Deiphobum: Elena diventa moglie di Deifobo dopo la morte di Paride: tuttavia secondo Apollodoro, epit. 5,22 è Menelao a uccidere Deifobo nella notte della caduta di Troia e anche nella versione accolta da Virgilio, Aen. 6,510-514 Elena non è l’assassina, ma mentre il marito dorme ubriaco 365
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quella egregia coniunx nasconde le armi per impedirgli ogni possibilità di resistenza all’irruzione di Melelao e Ulisse nella sua casa. – Agave: nel finale della fab. 184,2 Agave fugge da Tebe dopo l’uccisione di Penteo e trova asilo presso il re Licoterse, ma non si parla del seguito del mito. 2 Semiramis Ninum: secondo la versione raccontata da Claudio Eliano, var. hist. 7,1, Semiramide ottiene dal marito Nino, leggendario re assiro e fondatore della città di Ninive, la possibilità di regnare per cinque giorni, ma poi lo uccide per ottenere definitivamente il trono. 241 Hercules: vd. fab. 32. – Antiopam: la storia è raccontata da Apollodoro, epit. 1,16-17: Teseo combatte contro le Amazzoni insieme a Eracle e rapisce e porta ad Atene Antiopa da cui genera Ippolito; quando poi sposa Fedra, l’amazzone con le compagne fa irruzione in armi e finisce per morire combattendo con Teseo; vd. anche Plutarco, Thes. 27,5. – Cephalus: vd. fab. 189. 242 1 Aegeus: vd. fab. 43,2. – Euenus: vd. nota a fab. 12,2; che Eveno sia figlio di Ercole è una versione del mito presente solo in Igino; quanto a Crisorroa, il nome è lo stesso dato al fiume Pattolo nel mito di Mida (vd. fab. 191,5). – Aiax: vd. fab. 107. 2 Lycurgus: la storia è narrata in fab. 132, anche se si parla della pazzia ma non del suicidio del protagonista. – Macareus: vd. nota a fab. 238,3. – Agrius: vd. fab. 175. 3 Caeneus: il personaggio è uno degli Argonauti e se ne parla in fab. 14,4 senza citare il suicidio. – Menoeceus: vd. fab. 67,6 e nota. – Nisus: vd. fab. 198, che tuttavia termina con la trasformazione del personaggio in uccello e non con il suo suicidio. 4 Clymenus: vd. fab. 206. – Cinyras: vd. fab. 58, dove tuttavia la ragazza è chiamata con la variante onomastica più diffusa Mirra. – in ignem: s’intende il fuoco del rogo che Ercole, dilaniato dal dolore provocato dalla tunica di Nesso, prepara per la propria morte con l’aiuto di Filottete (vd. fab. 36,5). 5 Adrastus et Hipponous: su Adrasto vd. fab. 69, dove tuttavia si parla di un responso oracolare ma relativo al matrimonio delle figlie; d’altra parte Igino è l’unico che cita un figlio di nome Ipponoo e che parla di un suicidio comune di padre e figlio: evidentemente va supposto qui il riferimento a una fonte per noi del tutto ignota. – Pyramus: la famosa storia dell’amore nato fra i due giovani vicini di casa ma contrastato dai genitori, che porta per un equivoco al suicidio di Piramo e a quello conseguente di Tisbe, è 366
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narrata da Ovidio, met. 4,55-166. – Oedipus: in genere le storie relative a Edipo terminano con l’accecamento e il volontario esilio del protagonista (vd. qui fab. 67,8); la tradizione relativa al suicidio deriva da fonti a noi sconosciute. 243 1 Hecuba: vd. fab. 111 e nota. – Ino: vd. fab. 2,5 e 4,5. – Anticlia: nell’Odissea Anticlea, che incontra Ulisse nel regno dei morti, gli dice di essere morta di dolore per la lunga assenza del figlio (11,152-203); una tradizione successiva di ambiente grammaticale racconta invece che Anticlea si impicca dopo che Nauplio, per vendicarsi di Ulisse (vd. fab. 116), le riferisce falsamente che il figlio è morto. 2 Stheneboea: vd. fab. 57. – Euadne: la fine di Evadne, che sceglie di uccidersi al funerale del marito incenerito dal fulmine di Zeus durante la spedizione dei Sette a Tebe, è citata da Euripide, Suppl. 980-989 e Apollodoro 3,7,1 (ma nelle fonti Evadne è figlia di Ifi e non di Filaco). – Aethra: la storia di Etra, madre di Teseo, è raccontata in fab. 37, ma la tradizione che parla di suicidio non ci è altrimenti nota. 3 Deianira: vd. fab. 36,5. – Laodamia: vd. fab. 103 e 104. – Hippodamia: vd. fab. 85. 4. Neera: Igino è l’unica fonte per questa storia. – Alcestis: vd. fab. 51,3, dove compare anche lo stesso sintagma vicaria morte. – Iliona: vd. fab. 109, dove però non si parla di suicidio, circostanza che peraltro non ha altro riscontro. 5 Themisto: vd. fab. 1 e 4. – Erigone: vd. fab. 130,3. – Phaedra: vd. fab. 47,1. 6 Phyllis: vd. fab. 59,2. – Canace: vd. nota a fab. 238,3. – Byblis: la storia di Biblide e Cauno, gemelli figli di Mileto, fondatore della città omonima dell’Asia Minore, è raccontata pateticamente da Ovidio, met. 9,450-665: innamorata del fratello, Biblide decide di dichiararsi per iscritto, ma, al deciso rifiuto del fratello che fugge lontano, in preda alla follia muore per struggimento. 7 Calypso: la notizia relativa alla morte di Calipso non ha altri riscontri ed è senz’altro curiosa, anche perché la ninfa essendo una divinità è immortale. – Dido: alla storia e al suicidio Didone è dedicato, com’è noto, il libro IV dell’Eneide. – Iocasta: in fab. 67,8, dove si parla della conclusione della tragedia di Edipo, non si fa menzione del suicidio di Giocasta, che nella tradizione ovunque condivisa si impicca. 8 Antigona: la versione resa classica dalla tragedia di Sofocle è che Antigone si impicca in carcere, dopo essere stata condannata alla prigione a vita per non aver rispettato l’ordine di Creonte di lasciare insepolto Polinice; esistono però versioni alternative, una delle quali seguita da Igino in fab. 72. – Pelopia: vd. fab. 88,10. – Thisbe: vd. nota a fab. 242,5. – Semiramis: la 367
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storia non ha riscontri: sappiamo però da Plinio, nat. 8,155 che circolava la voce che la regina amasse il suo cavallo al punto da avere rapporti sessuali con lui; il gesto di gettarsi sul rogo infatti identifica il tipo della moglie fedele al punto da non voler sopravvivere al compagno. 244 1 Theseus: Pallante e i suoi cinquanta figli contendevano a Teseo la legittimità del trono: Apollodoro, epit. 1,10; Plutarco, Thes. 13,2-3. – Amphitryon: già Esiodo, scut. 11-12 racconta che Anfitrione uccide suo suocero Elettrione durante una lite per il possesso di bestiame; in Apollodoro 2,4,6 invece l’uccisione è involontaria, perché colpisce Elettrione di rimbalzo la clava lanciata da Anfitrione contro una mucca. – Meleager: vd. fab. 174,6. 2 Aegisthus: per l’uccisione di Atreo vd. fab. 88,10; per quella di Agamennone fab. 117,1. – Orestes: vd. fab. 119,1. 3 Megapenthes: l’episodio non è documentato: non ci sono infatti attestazioni dell’uccisione di Perseo da parte di Megapente e nemmeno dell’uccisione del padre di quest’ultimo; Apollodoro 2,4,4 ricorda semmai al proposito che Perseo, dopo aver ucciso accidentalmente il nonno Acrisio, fratello di Preto (vd. fab. 63,5), e non volendo di conseguenza avere il regno di questi, ottiene da Megapente di scambiare il regno di Argo a lui destinato con quello di Tirinto posseduto dall’altro. – Abas: notizia non diversamente nota: Abante è figlio del re di Argo Linceo e di Ipermestra ed è padre dei gemelli Acrisio e Preto (Apollodoro 2,2,1), per cui Megapente è suo nipote. – Phegeus: è re di Psofis in Arcadia e sua figlia è altrimenti nota come Arsinoe; non si sa comunque nulla del delitto di cui si parla. 4 Amphion: anche questo dato è oscuro; la tradizione a noi nota non conosce figli di Tereo di nome Anfione, e certo l’Anfione di cui si parla qui non è il figlio di Antiope su cui vd. fab. 7. – Atreus: vd. fab. 88,1. – Hyllus: Apollodoro 2,4,6 racconta che Stenelo manda in esilio Anfitrione perché uccide Elettrione, padre di Alcmena e quindi nonno di Ercole: questo probabilmente il motivo per cui Igino immagina che Illo, figlio di Ercole e Deianira e quindi pronipote di Elettrione, vendichi quest’ultimo uccidendo Stenelo. 5 Medus: vd. fab. 27,5. – Daedalus: vd. fab. 39. 245 1 Phlegyonam: personaggio altrimenti sconosciuto, ma il testo è evidentemente corrotto. – Pelops: Enomao è suocero di Pelope perché padre di Ippodamia: vd. fab. 84. 2 Phegeus: secondo Apollodoro 3,7,5 Alcmeone sposa Arsinoe, figlia di Fegeo, che poi lo fa uccidere dai propri figli. – Eurypylum: la tradizione 368
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annovera diversi personaggi con questo nome, ma nessuno risulta essere stato ucciso da Fegeo. – Aeeta: Frisso è genero di Eeta perché sposa sua figlia Calciope: vd. fab. 3,3. 246 Tereus: vd. fab. 45,4. – Thyestes: vd. fab. 88,1. – Clymenus: vd. fab. 206. 247 Actaeon: vd. fab. 180 e 181,2. – Thasius: la storia di Taso (la forma Tasio riportata da Igino è isolata), sbranato dai cani del padre perché non era stato riconosciuto a causa dell’oscurità della notte, è ricordata da Callimaco negli Aitia (fr. 664 Pf.) e in ambito latino da Ovidio, Ibis 478. – Euripides: la leggenda della morte del poeta, sbranato dai cani del re Archelao durante il suo soggiorno macedone, è ricordata dalla biografia Vita di Euripide scritta da Satiro (57-59): si diceva che fossero aizzati dagli dei per punirlo per le sue idee non il linea con il sentimento religioso tradizionale. 248 Adonis: Igino ricorda solo qui il bellissimo Adone, frutto del rapporto incestuoso fra Cinira e sua figlia Mirra (fab. 58) e amato addirittura da Venere, un personaggio mitologico piuttosto citato in letteratura: il compianto per la sua morte è oggetto di un poemetto ellenistico, l’Adonidis epitaphium di Bione, e l’evento accidentale che riguarda il cinghiale (secondo alcuni inviato da Apollo per gelosia) viene citato in particolare in età cristiana (p. es. Lattanzio, inst. 1,17,9; Ammiano Marcellino 22,9,15; Agostino, civ. 6,7; Macrobio, Sat. 1,21,4); leggiamo poi nell’epitome di Festo che il cinghiale è animale odiato da Venere proprio per questo motivo (p. 408,6). – Ancaeus: si tratta di uno dei due argonauti che hanno questo nome (vd. fab. 14,14): la sua morte è ricordata da Apollodoro 1,8,2. – Idmon: vd. fab. 14,11 e 26; 18. – Hyas: vd. fab. 192,1. 249 Hecuba: sul sogno premonitore di Ecuba vd. fab. 91,1-2. – Nauplii: vd. fab. 116. – Helenae: la tradizione secondo la quale nella notte fatale Elena dà il segnale convenuto alla flotta greca per segnalare la possibilità di entrare a Troia e conquistarla è del tutto postomerica e si trova in particolare in Virgilio, Aen. 6,511-520; tuttavia, secondo una variante presente p. es. in Apollodoro, epit. 5,19 e risalente con ogni probabilità al perduto Sinone di Sofocle, ad accendere le fiaccole sarebbe stato il traditore Sinone. – Althaeae: più che a una fiaccola, si allude qui al tizzone: fab. 171 e 174.
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250 1 Phaetonta: vd. fab. 152 A; sulla diversa paternità del personaggio vd. fab. 154,1. – Laomedonta: la morte di Laomedonte per mano di Ercole è raccontata in fab. 89, ma nessuna fonte a noi nota cita un episodio legato a un carro o a una quadriga; la tradizione rappresentata da Apollodoro 3,12,3 vuole inoltre che sia figlio di Ilo ed Euridice, essendo Leucippe una delle sue figlie. – Oenomaum: vd. fab. 89, dove peraltro il nome della madre è Asterope (si tratta di una delle Pleiadi: Sterope in fab. 159 e 192,5, e in Apollodoro 3,10,1). 2 Diomedem: è l’antagonista di Ercole in una delle sue fatiche: fab. 30,9; per Apollodoro 2,5,8 la madre tuttavia si chiama Cirene. – Hippolytum: vd. fab. 47,2. – Amphiaraum: viene inghiottito dalla terra sulla sua quadriga: vd. fab. 68,2. 3 Glaucum: nella tradizione accolta anche da Virgilio, georg. 3,267-268, Glauco impedisce alle sua cavalle di accoppiarsi perché si mantengano agili nella corsa, ma Venere per vendicarsi le fa impazzire causando la morte dell’auriga. – Iasionem: da Omero, Od. 5,125-128 sappiamo che Iasione si unisce a Cerere in un campo arato tre volte suscitando la collera di Zeus che lo uccide con un fulmine; non si hanno invece notizie riguardo alla morte in quadriga. – Salmoneus: vd. fab. 61. 251 1 Ceres: vd. fab. 146,2. – Liber pater: la tradizione (p. es. Pindaro, Olymp. 2,25-26; Diodoro Siculo 4,25) vuole che Dioniso recuperi la madre nel regno dei morti per portarla sull’Olimpo e renderla immortale. – Hercules: si tratta di una delle canoniche fatiche: fab. 30,13. 2 Asclepius: sulla nascita di Asclepio vd. fab. 202,2; il rapporto del personaggio con il regno dei morti è probabilmente dato dalla sua abilità nel far morire o risuscitare le persone utilizzando il sangue della Gorgone (Apollodoro 3,10,3). – Castor et Pollux: vd. fab. 80,4. – Protesilaus: vd. fab. 103,2. 3 Alcestis: vd. fab. 51,3. – Theseus: in fab. 79,2-3 la coppia di amici viene fatta uscire dal regno dei morti da Ercole, ma vd. nota. – Virbius: la versione qui esposta da Igino, secondo la quale Ippolito viene riportato in vita grazie a Diana e affidato alle cure della ninfa Egeria nel bosco sacro di Nemi, è legata alla tradizione della Roma arcaica e trova ampi riscontri in Virgilio, Aen. 7,761-782; Ovidio, fast. 3,263-274 e 6,761-782; met. 15,531546. – Orpheus: la celebre vicenda di Orfeo ed Euridice non è compresa nell’opera di Igino se non in questa forma elencatoria, e viene definitivamente formalizzata in ambito latino da Virgilio, georg. 4,454-503 e Ovidio, met. 10,1-85. 370
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4 Adonis: la tradizione (accolta da Igino, astr. 2,7) vuole che, a seguito della contesa fra Afrodite e Persefone, entrambe innamorate del ragazzo, Zeus sentenzia che Adone appartenga vicendevolmente a entrambe, restando per sei mesi nel regno dei morti, compagno di Persefone, e sei sulla terra con Afrodite. – Glaucus: vd. fab. 136,6. – Ulysses: si allude alla discesa agli inferi di Ulisse narrata nel libro XI dell’Odissea, avvenuta per avere indicazioni precise da Tiresia sul ritorno a Itaca: qui vd. fab. 125,11-12. – Aeneas: la discesa agli inferi di Enea è descritta nel libro VI dell’Eneide, per la composizione della quale Virgilio senz’altro guarda al modello omerico: il momento fondamentale è l’incontro con il padre Anchise che gli predice la grandezza di Roma. – Mercurius: il continuo andirivieni di Mercurio dagli inferi si spiega con la funzione di “psicopompo” (accompagnatore delle anime) che la mitologia gli assegna. 252 1 Telephus: vd. fab. 99. – Aegisthus: vd. fab. 87; Aeolus et Boeotus: vd. fab. 186. 2 Hippothous: vd. fab. 187. – Romulus et Remus: concessione alla mitologia delle origini di Roma; il nome della madre dei gemelli è Rea Silvia, ma Ilia è una variante onomastica preferita dagli autori arcaici come Ennio, ann. 56-60 Sk., per il quale è la figlia laziale di Enea. – Antilochus: la tradizione rappresentata dall’Etiopide di Arctino di Mileto celebra l’eroismo del personaggio, morto per salvare il padre; non abbiamo però notizie sull’abbandono di Antiloco sul monte Ida. 3 Harpalyce: vd. fab. 193,1. – Camilla: altra eroina di tradizione latina: la storia della sua infanzia e della sua morte eroica è narrata da Virgilio, Aen. 11,540-575. 253 1 Iocaste: vd. fab. 67,6. – Pelopia: vd. fab. 87 e 88,4. – Harpalyce: vd. fab. 206. – Hippodamia: in fab. 84,1 si dice che Enomao era geloso della bellezza della figlie e non voleva darla in sposa a nessuno; dell’incesto però le fonti a noi note non parlano. 2 Procris: la circostanza cui si fa qui riferimento è esito di confusione da parte di Igino: la tradizione contempla una Procri figlia di Eretteo e moglie di Cefalo, cui è dedicata la fab. 189 (anche se lì si dice che è figlia di Pandione), che tuttavia non pecca di incesto; d’altronde Aglauro è nome di due personaggi femminili, uno dei quali citato in fab. 166,4 (si tratta di una delle quattro figlie di Cecrope). – Nyctimene: vd. fab. 204. – Menephron: il mito è ignoto: soltanto Ovidio, met. 7,386-387 accenna al personaggio, limitandosi tuttavia a dire che si unisce alla madre (che non nomina) “in 371
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modo bestiale” (saevarum more ferarum) sul monte Cillene in Arcadia. 254 La fabula riguarda i personaggi ricordati per aver mostrato nel grado massimo la virtù della pietas, cioè il rispetto, insieme affettuoso e deferente, nei confronti degli dei, della patria, della famiglia (e in particolare dei genitori), degli amici ecc. Dal punto di vista strutturale troviamo qui una duplice forma di testo: infatti la prima parte (1-4) costituisce un elenco come i precedenti, mentre la seconda (5-7) è di fatto un unico racconto esteso. 1 Antigona: vd. fab. 72,1: il gesto di pietas nei confronti di Polidoro varrà ad Antigone la morte, ed è proprio il contrasto fra questo sentimento universale e la codificazione della legge a sostanziare la tragedia nell’interpretazione di Sofocle. – Electra: vd. fab. 117,2 e 122,2. – Iliona: vd. fab. 109. 2 Pelopia: la vendetta di cui si parla è probabilmente quella che si compie tramite Egisto ai danni di Atreo: vd. fab. 88,11. – Hypsipyle: vd. fab. 15,1. – Chalciope: è la figlia che Eeta dà in sposa a Frisso (fab. 3,3), ma la tradizione al proposito non parla di questa sua pietas nei confronti del padre: l’impressione è che Igino la descriva utillizzando il modello riconosciuto piuttosto ad Antigone, che segue il padre nel suo esilio (fab. 69,8) in un famoso gesto di pietas filiale che stranamente non viene contemplato in questo elenco. – Harpalyce: vd. fab. 193,2. 3 Erigone: vd. fab. 130,3. – Agave: vd. fab. 184,2 e nota. – Xanthippe: la storia è indicata come grande esempio di pietas anche da Valerio Massimo 5,4,1 ext., che tuttavia riporta per la donna il nome di Pero. – Tyro: vd. fab. 60,2-3. 4 Damon… Phintia: Damone e Fintia sono due filosofi pitagorici siracusani, protagonisti di una celebre storia di amicizia che Igino racconta in fab. 257,3-8 pur cambiando i nomi dei protagonisti; l’episodio cui invece si allude qui è quella dei fratelli di Catania Anapio (o Anapia) e Anfinomo, che in latino è citata da Valerio Massimo 5,4,4 ext., da Seneca, ben. 3,37,2 e 6,36,1 (senza farne i nomi) e da Solino 5,15. – Aeneas: l’indimenticabile scena che vede protagonista Enea in fuga da Troia in fiamme con Anchise sulle proprie spalle, il piccolo Ascanio per mano, che lo segue non passibus aequis, e la moglie Creusa poco dietro si deve a Virgilio, Aen. 2,699-794, ma la fuga di Enea con Anchise era già citata nel perduto Laocoonte di Sofocle. 5 Cleops et Bitias: la storia a sfondo moralistico dei due fratelli che salvano la vita alla madre e vengono ricompensati dalla divinità con la morte, interpretata come la migliore ricompensa possibile, si trova in Erodoto 1,31, dove compare raccontata da Solone a Creso: qui tuttavia si chiamano Cleobi e Bitone; la storia è quindi ripresa da Plutarco, Sol. 27,7 e cons. Apoll. 108f (dove peraltro compare il nome di Cidippe): doveva essere 372
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nota e celebrata se Pausania 2,20,3 descrive un bassorilievo che raffigura i fratelli nel tempio di Apollo Licio ad Argo e soprattutto se in essi vanno identificati i due kouroi arcaici rinvenuti a fine Ottocento, datati alla prima metà del VI sec. ed esposti al Museo di Delfi. 255 1 Scylla: in realtà in fab. 198,2 Igino non dice esplicitamente che Scilla uccide Niso. – Ariadne: il testo presenta una lacuna che permette soltanto di intuire il contenuto: il fratello di Arianna è il Minotauro, che Arianna di fatto tradisce mostrando a Teseo il modo per uscire dal labirinto dopo averlo ucciso (fab. 42); la menzione dei figli fa invece pensare a Medea, che nell’immaginario antico (e moderno) in quanto assassina dei figli (fab. 25,3) è la madre empia per eccellenza: l’assenza del suo nome in questo elenco è strana e bisogna infatti pensare che si celi nella lacuna. – Procne: vd. fab. 45,4. 2 Danaides: vd. fab. 168,1 e 4. – Lemniades: vd. fab. 15,1. – Harpalyce: vd. fab. 206. – Tullia: la vicenda e il riferimento eziologico (Sceleratus da scelus, termine che indica un crimine grave) si trovano in Livio 1,48: Tullia, figlia di Servio Tullio e moglie di Tarquinio il Superbo, è complice del marito, quando quest’ultimo dapprima malmena e caccia il legittimo re dalla curia e poi lo fa uccidere dai suoi sicari: Tullia allora, invasata dalle Furie (aveva infatti ucciso la sorella e il primo marito), non esita a schiacciare il cadavere del padre con il suo cocchio. 256 1 Penelope: l’elenco è aperto dalla menzione della moglie fedele per eccellenza: vd. fab. 126,3. – Euadne: prototipo della moglie fedele che non esita a suicidarsi in seguito alla morte del marito: vd. fab. 243,2 e nota. – Laodamia: vd. fab. 103,2 e 104. 2 Theonoe: vd. fab. 190. – Alcestis: il testo presenta una lacuna, ma l’integrazione è intuitiva in riferimento ai fatti narrati in fab. 51,3. – Lucretia: il racconto di Livio 1,58 ha reso famoso il gesto di Lucrezia, figlia di Spurio Lucrezio, la matrona che incarna l’ideale romano della moglie fedele e riservata, che viene violentata da Sesto Tarquinio, figlio del re Tarquinio il Superbo, e si suicida per il disonore dopo aver rivelato il fatto al padre e al marito Tarquinio Collatino; la reazione di costoro, spalleggiati da Lucio Giunio Bruto, porta alla rivolta e alla fine della monarchia a Roma. 257 Un’altra fabula composita, come la 254, con una prima parte (1-2) in forma di elenco (ripreso poi nel par. 13 con l’ultima coppia) e una seconda 373
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che presenta due storie estese (3-8 e 9-12). 2 Peleus… cum Phoenice: nella versione del mito presente in Omero, Il. 9,438-495 lo stesso Fenice racconta di essere stato maledetto dal padre Amintore e di essersi rifugiato presso Peleo, che finì per affidargli l’educazione di suo figlio Achille; in altre versioni (celebre quella del prologo del Fenice di Euripide, derisa da Aristofane, Acharn. 421) addirittura Amintore acceca Fenice, che poi viene risanato da Chirone per iniziativa di Peleo. – Hercules… cum Philocteta: vd. fab. 36,5 e nota. – Harmodius et Aristogiton: si tratta dei famosi tirannicidi ateniesi che nel 514-513 a.C. cercano di porre fine al potere personale dei figli del tiranno Pisistrato, riuscendo a ucciderne uno, Ipparco, ma finendo uccisi dall’altro, Ippia: vd. in particolare Tucidide 6,54-59. 3-8 Il racconto della vicenda di Mero e Selinuntio, ambientata a Siracusa ai tempi del tiranno Dionisio I il Grande (405-367 a.C.), in realtà si riferisce ai due filosofi pitagorici Damone e Fintia, che tuttavia Igino fa protagonisti di un’altra storia in fab. 254,4; la storia in questione deriva evidentemente da ambienti moralistici ed è citata da Cicerone, off. 3,45 (in Tusc. 5,63 non fa i nomi), Diodoro Siculo 10,4,3-6, Valerio Massimo 4,7 ext. 1. 7 Phalaris: tiranno di Agrigento fino al 555-554 a.C., Falaride è nella letteratura antica simbolo di efferatezza e crudeltà: pertanto è possibile che qui (come pure al par. 9) il suo nome valga come epiteto riferito a Dionisio, come se Igino intendesse dire “quel Falaride di un Dionisio”. 9 Il secondo racconto esteso della fabula inizia addirittura con un titolo, come se si trattasse di una fabula autonoma; la difformità con il precedente racconto di Mero e Selinuntio, che non è preceduto da alcun titolo, mostra che il testo non è esente da problemi di struttura. I due personaggi sono già stati citati al par. 2, ma la storia che qui viene raccontata è evidentemente diversa, sia per ambientazione (la Sicilia e non Atene), sia soprattutto per contenuto, ma non si conoscono fonti a riguardo. – eundem Phalarim: vd. nota al par. 7: da questo si evince che la vicenda sarebbe ambientata a Siracusa. 10 nullos esse rumores: Rose e Marshall fanno reggere la frase infinitiva da un verbo principale renuntiavit che suppongono essere caduto per attrazione del precedente renuntiaret: il senso comunque è evidente anche senza l’integrazione, come nel caso di un discorso indiretto, e pertanto conviene seguire Boriaud lasciando il testo così come si trova nell’editio princeps. 13 Nisus cum Euryalo: si tratta della coppia resa indimenticabile dal racconto virgiliano del libro IX dell’Eneide. 258 Tutti gli editori segnalano che il testo di fab. 258-261 dipende quasi alla lettera dal commentario virgiliano di Servio e, al seguito di Rose, ritengono 374
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pertanto questa sezione frutto di un’aggiunta tarda. Quanto a fab. 258, dove ritroviamo il mito dei fratelli figli di Pelope (fab. 86 e 88), questa riprende Servio, Aen. 1,568. cum fratris uxore: si tratta di Erope (fab. 86). – filium… apposuit: la tradizione in verità parla di due figli che Igino altrove (fab. 88,1) chiama Tantalo e Plistene. – veritatis hoc est: l’interpretazione razionalistica del mito da parte di Servio parte dall’elaborazione dell’immagine tradizionale del sole che fugge via (fab. 88,2 e nota) o appunto si nasconde per fare di Atreo una specie di astronomo: il dato si trova già almeno in Strabone 1,2,15 e Luciano, astrol. 12. 259 Il breve racconto è ricalcato senz’altro su Servio, Aen. 1,323, ma il testo di quest’ultimo con ogni probabilità tiene presente Ovidio, met. 5,648-661, cui aggiunge l’interpretazione legata al variegato colore dell’animale. Sia Ovidio che Servio ambientano il fatto non in Sicilia ma in Scizia, regione considerata convenzionalmente selvaggia e quindi coerente con la collocazione in essa della lince, ma non è questo l’unico caso in cui il testo di Igino dimostra di travisare i dati della tradizione. 260 Il testo dipende da Servio, Aen. 1,570. Veneris et Butae filius: se le fonti concordano sul fatto che Erice è figlio di Venere, per Apollodoro 2,5,10 il padre è Posidone; Bute peraltro è uno degli Argonauti che, gettatosi a nuoto per raggiungere le Sirene, viene salvato dalla stessa Venere e portato a Lilibeo, cioè Marsala (fab. 14,9 e 27). – occisus ab Hercule est: l’uccisione di Erice si colloca come evento collaterale a una delle fatiche dell’eroe, e cioè il rapimento delle mandrie di Gerione: per riavere un toro sfuggito al suo controllo e in possesso di Erice, Ercole accetta da quest’ultimo la sfida a un incontro di lotta, al termine della quale risulta vincitore e uccide l’avversario (Apollodoro 2,5,10). – Veneris templum: si tratta del tempio di Venere Idalia, fondato da Enea secondo la tradizione accolta da Virgilio, Aen. 5,759-761, in un luogo sacro alla memoria di Anchise. – secundum Catonem: l’autorità di Catone è citata al proposito anche da Servio, Aen. 3,711 ed è condivisa da Strabone, 5,3,2; esistono però opinioni diverse a proposito del luogo di sepoltura di Anchise: p. es. secondo Pausania 7,12,12-13 era stato sepolto in Arcadia, ai piedi di una montagna poi chiamata Anchisia dove in seguito viene edificato un tempio ad Afrodite, mentre secondo Eustazio di Tessalonica, comm. Il. 12,101 sul monte Ida.
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261 L’ampio racconto deriva da Servio, Aen. 2,116 e, contrariamente all’uso, viene tramandato privo della divisione in paragrafi; il contenuto è peraltro in parte presente in fab. 120. Dictynnae Dianae: Dittinna è uno degli epiteti di Diana e qui rappresenta una correzione accolta concordemente da tutti gli editori per ductumne che appare senza senso: in origine Dittinna è l’appellativo con cui Artemide chiama la sua seguace Britomarti una volta morta e divinizzata. – carendi furoris causa: questo il testo presente anche in Servio: la circostanza per cui Oreste è perseguitato dalle Furie compare in fab. 120,1, e Apollodoro, epit. 6,26 accoglie la tradizione per cui l’oracolo invia Oreste in Tauride perché si liberi dal νόσος, cioè dalla follia (vd. d’altra parte già Euripide, Iph. Taur. 34-41 e 970-978); meno pregnante il testo del codice, carendi sororis causa (“per la mancanza della sorella”), grammaticalmente problematico (lo scopo del viaggio non è certamente quello di liberarsi della sorella) ma difeso da Boriaud. – cum : l’integrazione restituisce il testo presente in Servio e allinea il contenuto al racconto di fab. 120,5 dove Oreste e Pilade vengono aiutati dalla sorella ritrovata. – occiso Thoante: in fab. 120 non si racconta l’uccisione di Toante, che muore invece per mano di Oreste e Crise in fab. 121,3: d’altra parte anche nell’Ifigenia in Tauride di Euripide non si assiste alla morte del re, che il tragediografo doveva aver raccontato invece nel perduto Crise. – fascelis… lucifera: la dipendenza da Servio focalizza sul Lazio arcaico il racconto e parla quindi della statua conservata nel santuario di Diana ad Ariccia: la doppia spiegazione etimologica che collega gli epiteti rispettivamente a fascis e a fax è di gusto antiquario e grammaticale. Sulle tracce della presenza del mito di Oreste nel Lazio arcaico vd. ora Pasqualini 2009. – bomonicae: l’appellativo, altrimenti non attestato, è un composto greco formato dalla radice dei sostantivi βωμός (“altare”) e νίκη (“vittoria”). – Orestis… ossa: il testo segue la tradizione locale latina anche a proposito della tomba di Oreste, che diversamente Erodoto 1,68 situava a Tegea in Arcadia. 269 Il titolo è stato integrato da Rose e viene accolto anche da Marshall. – Iovis et Europae filius: non è chiaro a chi si riferisca il testo fra i tre figli Minosse, Radamanto e Sarpedone (vd. fab. 155,2) – Cygnus: vd. fab. 30,3. 270 1 Iasione: vd. fab. 250,3 e nota, dove tuttavia Igino segue una diversa tradizione, che vuole il personaggio figlio di Giove; secondo Diodoro Siculo 5,49 Cerere e Iasione si innamorano alla festa per le nozze di Cadmo e 376
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Armonia. – Cinyras: la bellezza del personaggio doveva essere proverbiale ed ereditaria, visto che sua figlia Mirra era in grado di poter competere addirittura con Venere (fab. 58,1) e che il figlio avuto dalla stessa Mirra, Adone (fab. 58,1), fa innamorare di sé Venere. – Anchises: vd. fab. 94. 2 Alexander Paris: vd. fab. 92. – Nireus: la fama di bellezza è già omerica: in Il. 2,671-675 è accreditato come il più bello dei greci giunti a Troia dopo Achille, anche se non altrettanto forte in battaglia. – Cephalus: vd. fab. 189, dove però si dice che è figlio di Deione (come anche in fab. 241; per Igino infatti Pandione è padre di sua moglie Procri). – Tithonus: già in Esiodo, theog. 984-985 è figlio del re di Troia Laomedonte e marito di Aurora; secondo la tradizione (p. es. l’Inno omerico ad Afrodite) quest’ultima ottiene dagli dei in dono per il marito l’immortalità senza tuttavia chiedere l’eterna giovinezza, per cui è destinato a invecchiare sempre di più senza morire. 3 Parthenopaeus: vd. fab. 99,2, con la spiegazione etimologica del nome. – Achilles: il più bello dei greci a Troia secondo Omero, Il. 2,674. – Idomeneus: figlio di Deucalione (Apollodoro 3,3,1) e re di Creta, è uno degli aspiranti alla mano di Elena (fab. 81). – Theseus: vd. fab. 42. 271 1 Adonis: vd. fab. 58,3 e nota. – Endymion: è il bellissimo pastore di cui si innamora Selene, la Luna, che secondo la versione più nota (cui allude p. es. Apollonio Rodio 4,57-58) ottiene da Zeus che l’amato sprofondi in un sonno perenne nell’antro di Latmo in Caria, in modo da poterlo contemplare e vezzeggiare; Apollodoro 1,7,5 invece dice che è figlio della ninfa Calice e del re dell’Elide Etlio, pur attestando anche la versione per cui è figlio di Zeus, che esaudisce il suo desiderio di dormire per sempre senza morire e senza invecchiare; Etolo poi non sarebbe il padre di Endimione, ma suo figlio (Apollodoro 1,7,6). – Ganymedes: in fab. 224,5 Igino lo considera figlio di Assaraco, ma vd. nota. – Hyacinthus: secondo la versione tradizionale, accolta p. es. da Apollodoro 1,3,3 (e 3,10,3) e Ovidio, met. 10,162-219, Apollo finisce per uccidere accidentalmente l’amato durante una gara di lancio del disco; anche per Ovidio Giacinto è figlio di Ebalo (a met. 10,196 lo indica con il patronimico Ebalide), mentre Apollodoro lo considera figlio di Piero e della musa Clio. 2 Narcissus: secondo la versione di Ovidio, met. 3,341-510 Narciso respinge la ninfa Eco e si innamora di se stesso vedendo la propria immagine riflessa nell’acqua di una sorgente e morendo così di desiderio. – Atlantius: il mito di Ermafrodito è raccontato da Ovidio, met. 4,285-388: il bellissimo ragazzo, concupito dalla naiade Salmacide, pensando di sfuggirle si tuffa in un laghetto dove tuttavia la ninfa lo raggiunge e stringendolo a sé prega gli dei di non allontanarla mai da lui provocando così l’unione dei due 377
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corpi; Ermafrodito è chiamato da Ovidio con il patronimico di Atlantiade (368) perché è pronipote di Atlante (la cui figlia Dione è madre di Venere): probabilmente quindi il nome Atlantio, diversamente non attestato, è esito di una cattiva lettura. – Hylas: è l’argonauta rapito dalle ninfe per la sua bellezza: fab. 14,11 e 25 e note. – Chrysippus: in realtà la versione tradizionale vuole che il rapitore sia Laio (vd. fab. 85). 273 Il contenuto, mutilo all’inizio (comincia infatti dalla quinta posizione) per molti versi non ha riscontri in altre fonti; tuttavia notizie sulle istituzioni di giochi, che in antico uniscono sempre sport e religione, si trovano variamente presenti negli autori: una fonte importante da questo punto di vista è Pausania, ma anche Aristotele è autore di una lista (fr. 637 Rose) che può essere considerata un significativo antecedente di quella di Igino. 1 Danaus: sappiamo che Danao concede le figlie a uomini di Argo sulla base di una gara (fab. 170,11 e nota); la circostanza per cui questa gara fosse collegata al canto non è chiara e non è diversamente attestata; l’imeneo è il canto celebrativo dell’unione coniugale, diventato presto un componimento dai fini esclusivamente letterari. 2 Lyncaeus: vd. fab. 170,9-10; dell’importante festa di Era ad Argo parla già Erodoto 1,31,2 ed è la circostanza in cui è ambientata la storia di Cleobi e Bitone (che Igino chiama Cleope e Bitia: fab. 254,5). 3 qui semel vicit: il testo è in condizioni tali da non permettere una chiara comprensione del contenuto. 4 Perseus: vd. fab. 63. 5 Hercules: la notizia dell’istituzione dei giochi Olimpici da parte di Eracle è variamente tramandata in antico, con variazioni legate all’occasione: Apollodoro 2,7,2 la colloca dopo l’uccisione di Augia e ricorda anche l’erezione dell’altare di Pelope e di sei altari per i dodici dei. – pammachium… pancratium: i due termini sportivi sono entrambi greci e sono sostanzialmente sinonimi, perché formati da πᾶς (“tutto”) e rispettivamente dal termine μάχη (“combattimento”) e κράτος (“forza”): il pancrazio comunque rappresenta una gara di antica collocazione nei giochi Olimpici e si trova documentata a partire dalla trentatreesima olimpiade (648 a.C.). 6 in Nemea: vd. fab. 74,3 e nota. 7 pythaules… choraules: termini tecnici composti con la radice del greco ἀυλός (“flauto”): mentre il primo indica il musicista strumentale, il secondo implicherebbe invece l’esecuzione esclusivamente vocale di gruppo (in greco χορός). 8 Isthimia: vd. fab. 2,5; il nome di Eratocle non si trova in altre fonti, mentre l’istituzione da parte di Teseo è sostenuta p. es. da Plutarco, Thes. 378
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25, ma a quanto ne sappiamo da nessun poeta; secondo Pausania 2,1,6 era stato Posidone in seguito a una contesa con Elios per il patronato dell’istmo di Corinto: gli atleti gareggiavano infatti in onore di Palemone (cioè Melicerte) e di Posidone. 9 Argonautae: per l’episodio vd. fab. 16, dove tuttavia si racconta l’uccisione preterintenzionale del solo Cizico (e non anche del figlio) secondo la versione tramandata da altre fonti note; la celebrazione di giochi funebri in onore di Cizico è ricordata anche da Apollonio Rodio 1,1060-1061. 10 Acastus: successore sul trono del padre Pelia a Iolco inTessaglia, dopo che Medea ne provoca la morte (fab. 14,4). 11 Glaucus: vd. fab. 250,3 e nota. – cithara… cantu… voce: sulla presenza di gare musicali in questo contesto, che non tutte le fonti riportano, e di conseguenza sul valore della notizia di Igino, vd. Angeli Bernardini 2010-2011. 12 quem natum iusserat interfici: la storia di Paride fino al riconoscimento si trova in fab. 91. 13 Patroclo funebres: nell’Iliade è dedicato ai giochi in onore di Patroclo l’intero canto XXIII: qui tuttavia rispetto all’eccessiva sintesi di Igino (si svolgono infatti gare di diverse specialità) Omero racconta che Aiace e Ulisse finiscono la gara di lotta alla pari (735-737), mentre nel lancio del giavellotto il vincitore è Agamennone e non Menelao, e tuttavia la lancia in palio viene donata a Merione (890-894). – in rogum Patrocli: il poema parla al proposito di quattro cavalli (Il. 23,171), due cani (174) e dodici nobili figli di troiani (181). 14 Aeneas: la descrizione dei giochi funebri in onore di Anchise occupa il libro V dell’Eneide, che Igino sintetizza tutto sommato in modo rispondente al modello. – navis Pistris: il nome è invece Pristis in Aen. 5,116. 17 gladium et ensem: i termini sono di fatto sinonimi, ma nell’Eneide si legge galeamque ensemque (5,471), cioè un elmo e una spada. 18 qui iudicis propter omen: gli editori segnalano qui un problema di testo, e tuttavia il senso dovrebbe risultare chiaro: Virgilio racconta che la freccia scagliata da Aceste si incendia tracciando nell’aria un segno di fuoco che viene interpretato come un presagio favorevole (Aen. 5,522-530); in ragione di questo Mnesteo cede il premio (che nell’Eneide è in realtà un cratere cesellato) ad Aceste. 19 luserunt pueri Troiam: in Aen. 5,553-602 l’accurata descrizione del famoso ludus Troianus, ha il valore di dare fondamento storico a una pratica ancora viva ai tempi di Virgilio, una specie di parata dei giovanissimi che presentano evoluzioni a cavallo divisi in tre squadre di dodici cavalieri l’una e alla fine inscenano una battaglia per mostrare la loro abilità: Virgilio conclude dicendo che da allora i ragazzi nella circostanza si chiamano “Troia” e la loro schiera “troiana”. 379
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274 Un altro elenco convenzionale, simile a quello conservato in Plinio, nat. 7,191-209; al suo interno tuttavia Igino inserisce una storia estesa, per la quale è l’unica fonte a noi nota, che occupa i parr. 10-13. 1 Cerasus: il legame etimologico esposto va naturalmente rovesciato, perché questo nome appare come un’evidente formazione a partire dal verbo κεράννυμι (“mescolare”), da cui anche cratere (κατήρ), termine che indica il vaso specificamente deputato a tale operazione da cui si attinge il vino da servire. – caper: secondo Ovidio, fast. 1,354-360 è proprio perché il capro ha l’abitudine di brucare i pampini che questo animale viene sacrificato a Bacco, dio della vite, in una pratica espiatoria. 2 Pelethronius: il personaggio è considerato il primo a domare i cavalli e a utilizzarli per i combattimenti da Virgilio, georg. 3,115-117 e Plinio, nat. 7,202. 3 Belone: Igino è l’unico a ricordare questo personaggio femminile che dà il nome alla sua invenzione: in Plinio, nat. 9,166 il termine belone indica l’aculeo di una specie di pesci e costituisce il calco del greco βελόνη, connesso con il più frequente βελός (“proiettile”, “freccia”). L’accezione ricordata da Igino tuttavia non pare attestata. 4 Cadmus: una tradizione diversa è seguita da Plinio, secondo il quale Cadmo è lo scopritore dell’arte di tagliare ala pietra (nat. 7,195) ed è semmai il primo a fondere l’oro (197). – Aeacus: Eaco è il primo a trovare l’oro anche per Cassiodoro, var. 4,34,3, mentre Plinio, nat. 7,197 gli attribuisce la scoperta dell’argento; Panchea (o Pancaia) è un toponimo antico che si riferisce a un’isola non ben indentificata, come anche Taso, che è l’isola più settentrionale dell’Egeo vicino alla Tessaglia. – Indus: la stessa notizia in Cassiodoro, var. 3,31,4; quanto al ruolo di Erittonio, vd. Plinio, nat. 7,197. 5 Elide: evidentemente ci si riferisce ai giochi di Olimpia, sito che si trova appunto in Elide, la regione che prende nome dalla città citata da Igino. 6 Midas: è strana la menzione di Mida come scopritore dello stagno (qui chiamato piombo bianco) e del piombo, perché il personaggio è convenzionalmente collegato all’oro (fab. 191): Plinio, nat. 7,197 ne attribuisce comunque la scoperta a un tale Midacrito, ed è quindi possibile una una fonte comune in dipendenza dalla quale il nome sia stato mal riproposto. 7 Arcades: la fama degli Arcadi in fatto di obblighi nei confronti degli uomini e degli dei è assodata (p. es. Polibio 4,20,1) e diventa presto un luogo comune. 8 Phoroneus: la tradizione che fa di Foroneo il primo re è accolta da Igino in fab. 143,1, dove peraltro riporta la tradizione secondo la quale il potere regale è una ricompensa per essere stato il primo a tributare onori religiosi a Giunone (143,3); tuttavia, quanto all’invenzione delle armi, la notizia è isolata. 380
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9 Chiron: vd. fab. 138,1. – Asclepius: vd. nota a fab. 49,1. 10 Agnodice: sulla storia del personaggio vd. specificamente Ling 1986. – Herophilo cuidam: si tratta del celebre medico vissuto fra IV e III sec. a.C., esponente di spicco della scuola medica alessandrina: com’è frequente nella novellistica, i racconti di fantasia si valgono spesso di particolari storicamente fondati. 13 Areopagitae: il gesto di Agnodice è considerato mancanza grave, se la colpevole viene giudicata addirittura dal supremo tribunale dell’Areopago (su cui vd. nota a fab. 119,3). 14 Perdix: sappiamo che l’abilità tecnica del giovane causa l’invidia dello zio al punto che ne provoca la morte: vd. fab. 39. 15 Daedalus: che il mitico architetto sia il primo a fabbricare statue è un’idea forse costruita sulla tradizione (p. es. Euripide, Hec. 835-840 e scoli relativi) che riconosce a Dedalo, fra le altre, l’abilità di creare statue estremamente somiglianti all’originale e in particolare anche l’invenzione di meccanismi per farle muovere. 16 Oannes: divinità caldea raffigurata mezzo uomo e mezzo pesce che secondo la tradizione insegna agli umani varie scienze, fra cui l’astrologia, che nell’immaginario antico è particolarmente praticata appunto dai Caldei, la popolazione stanziata nella Mesopotamia meridionale. 17 Lydi: così anche Plinio, nat. 7,196; non a caso in Lidia è ambientata la storia – non presente nella raccolta di Igino – di Aracne, la ragazza che sfida Atena in una gara di tessitura, che fatalmente perde e per la sua hybris viene trasformata in ragno: Ovidio, met. 6,1,145. 19 Tyrrhenus: la scoperta della tromba è descritta attraverso una storia più estesa che parla di cannibalismo e che ha per protagonista un Tirreno diversamente non attestato (il mitico re che, emigrato dalla Lidia, avrebbe dato nome ai Tirreni, cioè agli Etruschi, è infatti considerato figlio del re Ati e non di Eracle: Erodoto 1,94); comunque, che fossero i Tirreni a inventare la tuba è sostenuto da Isidoro, etym. 3,21,3 e 18,4,2, e infattti Virgilio parla al proposito di Tyrrhenus… tubae… clangor (Aen. 8,526; e vd. la glossa di Servio). 22 cornicines… classici: i classici sono coloro che si imbarcano sulle navi di una classis, cioè di una flotta, e l’affermazione di Igino non ha riscontri; classicum tuttavia indica il suono di uno strumento a fiato utilizzato sempre in ambito bellico (Vegezio dedica un capitolo della sua Epitoma rei militaris proprio alla distinzione fra tubicines, cornicines e classicum: 2,22) e non è da escludere qui un caso di confusione o di corruzione del testo. – fustibus: la stessa notizia in Plinio, nat. 7,200, che aggiunge che i bastoni vengono chiamati “falangi”. – Belus: figlio di Posidone e Libia (fab. 157,1), fratello di Agenore e padre di Egitto e Danao (vd. anche Apollo381
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doro 2,1,4): ma non ci sono riscontri sul dato che sia stato l’inventore della spada, che secondo Plinio, nat. 7,200 è stata introdotta nei combattimenti dagli Spartani insieme a elmo e lancia. – bellum: diverse le etimologie in antico: Isidoro, etym. 18,1,9 è consapevole che la prima forma del termine è duellum (che riconduce a duo) e riporta anche una derivazione per contrario dall’aggettivo bellus (“bello”: la guerra non è una bella cosa) già proposta da Carisio, ars p. 364,6, mentre Paolo Diacono, epit. Fest. p. 30,3 lo collega a belua (“belva”). 275 1 Iovis in India: notizia confusa: la città è la Tebe egizia (in antico la determinazione geografica dell’India è piuttosto vasta e non sempre chiarissima) e il Giove cui si fa riferimento è Ammone: vd. fab. 133. – hecatompyla: chiaro l’etimo greco da ἑκατόν (“cento”) e πύλη (“porta”). 2 in Chalcide: incomprensibile la localizzazione: Atene è in Attica e non in Calcide. – Memphim: vd. fab. 149. – Trapezunta: vd. fab. 176,3. 3 Arnas: toponimo difficilmente identificabile. – Eleusinem: vd. fab. 147, dove la versione seguita in realtà fa di Trittolemo il fondatore. – Dardaniam: la tradizione risale a Omero, Il. 20,215-218. 4 Argos: la notizia non ha riscontri fra le fonti note. – heptapylas: l’epiteto (gr. ἑπτά = sette) distingue la Tebe in Beozia da quella egizia: sulle sette porte della città vd. fab. 69,6-7. 5 Perseida: notizia senza riscontri. – Dioscorida: il toponimo, che non ha riscontri, è formato sull’espressione Διός κοῦροι (“ragazzi di Zeus”) usata come epiteto dei due gemelli (Dioscuri). – in Ecbatanis Medam: curiosa inversione: la realtà vede una città di Ecbatana nel territorio dei Medi, cioè in Media. 6 Camiram: il toponimo attestato in antico è semmai Camiro ed è uno dei centri abitati dell’isola di Rodi: prende nome da Camiro, uno dei figli avuti da Cercafo, figlio di Helios (quindi Camiro sarebbe non il figlio, ma il nipote del Sole), dalla ninfa Roda. – Hammonem: la fab. 131 racconta che Libero in India fonda un tempio a Giove Ammone e non una città, che peraltro non è diversamente attestata. – Ephyren: vd. nota a fab. 221,2. 7 Sardo: figlia di Stenelo e pertanto sorella di Cicno, l’amico di Fetonte (fab. 154,5); non disponiamo tuttavia di altre notizie. – Cinyras: l’attribuzione a Cinira della fondazione di Smirne deriva probabilmente dall’identità del toponimo con il nome della figlia-amante Smirna, dal momento che Apollodoro 3,14,3 ricorda piuttosto il personaggio come fondatore della città di Pafo a Cipro, famosa per il santuario di Afrodite. – Mycenas: una tradizione vuole che Perseo scambi con Megapente il regno di Tirinto per quello di Micene (vd. nota a fab. 63,5) e Apollodoro 2,4,4 annota che fa 382
Commento
fortificare la stessa Micene. – Semiramis: la fondazione di Babilonia è fatta risalire dalla tradizione a Semiramide (p. es. Properzio 3,11,21) e a suo marito Nino (p. es. Velleio Patercolo 1,6,2); altre fonti invece riportano che la regina cura il restauro dell’antica città o la fa diventare capitale del regno (p. es. Orosio, hist. 1,2,2) e le mura, innalzate da Semiramide, sono considerate una delle meraviglie del mondo (fab. 223,6). 276 L’elenco delle isole maggiori, con omissioni e imprecisioni d’altra parte variamente condivise (p. es. considerare l’Egitto un’isola perché affacciata sul mare e circondata sugli altri lati dal Nilo), è accompagnato dalla misura (naturalmente molto approssimativa) del perimetro in stadi: lo stadio equivale nel mondo latino all’incirca a 185 metri lineari. 277 1 Non si hanno altre notizie sul rapporto fra le Parche, le divinità che sovrintendono la vita umana e il destino degli uomini, e l’invenzione dell’alfabeto. Tuttavia la discussione sull’origine di quest’ultimo è documentata p. es. da Plinio, nat. 7,192, che al proposito cita anche l’autorità di Gneo Gellio, lo storiografo latino del II sec. la cui opera non è posseduta, e che condivide la funzione di tramite rispettivamente di Mercurio e Cadmo e l’introduzione di nuove lettere da parte di Palamede, il guerriero della guerra di Troia, del poeta lirico Simonide e del poeta siracusano Epicarmo; anche in Tacito, ann. 11,14 si trovano dati in questo senso, e in particolare la menzione di Cadmo, di Palamede e di Evandro (che Plinio non cita) e dell’adattamento dei segni nel passaggio al mondo latino; a parte Mercurio, gli altri personaggi sono poi citati da Isidoro, etym. 1,3,6, che aggiunge anche l’invenzione della Y da parte di Pitagora. 2 Mercurium: il dio patrocina fra l’altro anche le lettere e i litterati (Quintiliano, inst. 3,7,8; e vd. anche Agostino, serm. Dolb. 25D,23); interessante al proposito la testimonianza di Tertulliano, coron. 8,8, perché spiega che l’invenzione era fondamentale per il commercio, di cui il dio è appunto patrono. – ex gruum volatu: anche Cassiodoro, in psalm. 118,3293 nota un rapporto fra le gru in volo e le lettere dell’alfabeto. 2 Carmenta: sul personaggio vd. Livio 1,7,8; l’intervento di Carmenta nell’adattamento dell’alfabeto è registrato poi anche dal grammatico Cledonio, gramm. 5,26,34 Keil, che dice che secondo una versione parallela si deve a Mercurio, e da Isidoro, etym. 1,4,1. 3 et palaestram: la lotta ginnica (in greco πάλη) è considerata un’arte sottoposta al patrocinio di Mercurio (p. es. Orazio, carm. 1,10,1-4; Lattanzio, epit. 8,4), e infatti sappiamo che una statua del dio spesso era posta nelle 383
Fabio Gasti
palestre: Cicerone, Verr. II 5,185. Servio, Aen. 8,138 racconta che Mercurio chiama questa arte palaestra perché gli viene rivelata per amore da Palestra, figlia del re di Arcadia Corico, che insieme ai suoi figli l’aveva inventata, subendo quindi le ritorsioni della famiglia per questa sua rivelazione. 4 molam salsam: letteralmente “macinato salato”: un misto di sale e farro con cui si usa appunto cospargere il capo delle vittime e il coltello sacrificale (Servio, Aen. 2,133). Per il resto, la storia di Trittolemo e del maiale, tipico aneddoto eziologico, non ha riscontri. 5 Harpocratem: si tratta del nome greco di Horus, figlio di Iside e Osiride; la storia della perdita e del ritrovamento del bambino da parte di Iside è presente soprattutto in testi cristiani: p. es. Minucio Felice 22,1; Lattanzio, inst. 1,21,20. – navem biproram: vd. fab. 168,2 e nota.
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INDICE MITOLOGICO
L’elenco comprende i nomi dei personaggi mitologici e i toponimi rilevanti dal punto di vista mitologico; non vi compaiono segnatamente popolazioni, luoghi geografici (p. es. nomi di città come Atene, Troia ecc., di isole come Delo, Sicilia ecc., di fiumi come Eveno, Termodonte ecc., di mari come Egeo, Ellesponto ecc., di monti come Olimpo, Parnaso ecc., di regioni come Propontide, Scizia ecc.), stelle o costellazioni considerati sprovvisti di una precisa rilevanza mitologica nel contesto dell’opera, se non nel luogo dove ne sia raccontata l’origine o spiegato l’etimo. Nomi e luoghi contrassegnati con l’asterisco (*) segnalano un testo incerto o l’esito di un’integrazione. Abante (Abas), figlio di Linceo: fab. 14,11; 170,9-10; 244,3; 273,2 Abante (Abas), figlio di Nettuno: fab. 157 Abdero (Abderus): fab. 30,9 Abraxas: fab. 183 Abseo (Abseus): gen. 4 Absirto (Absyrtus): fab. 23; 26 Acamante (Acamas), cane di Atteone: fab. 181,5 Acamante (Acamantis), figlia di Danao: fab. 170,5
Acamante (Acamas), guerriero acheo: fab. 108 Acamante (Acamas), guerriero troiano: fab. 115 Acareo (Achareus): fab. 273,5 Acasto (Acastus): fab. 14,23; 24; 103; 104; 243,3; 251,2; 256; 273,10 Aceste (Acestes): fab. 273,14 e 18 Acete (Acoetes): fab. 134 Acheloo (Achelous): gen. 6; 30 – fab. 31,7; 125,13; 141; 274,1 Achille (Achilles): fab. 96; 97,2 e 385
Indice dei nomi
15; 101; 106; 107; 110; 112,3-4; 113; 114; 121; 123; 141; 257,1; 270,3; 273,13 Acquario (Aquarius): fab. 224,5 Acrisio (Acrisius): fab. 63; 84; 155; 273,4 Admete: gen. 6 Admeto (Admetus): fab. 14,2; 4951; 97,8; 173,2; 243,4; 251,3; 256 Adone (Adonis): fab. 58; 248; 251,4; 271,1 Adrasta: fab. 182 Adrasto (Adrastus): fab. 33; 68-71; 73; 74; 97,4; 242,5 Afareo (Aphareus): fab. 14,12; 14,26; 14,32; 80; 100; 173,2 Afirape (Aphirape): gen. 10 Agamede: fab. 157 Agamennone (Agamemnon): fab. 78; 88; 95; 97,1; 98; 101; 102; 105-107; 109; 113,2; 114; 116; 117; 119; 121; 122; 124; 238; 240; 244,2; 254,1; 257,1; 261 Aganippe: fab. 63 Agapenore (Agapenor): fab. 81; 97,11 Agastene (Agasthenes): fab. 97,11 Agatone (Agathon): fab. 90 Agave, amazzone: fab. 163 Agave, figlia di Cadmo: fab. 179; 184; 239; 240; 254,3 Agave, nereide: gen. 8 Agenore (Agenor), di Troia: fab. 112,4; 113,1; 115 Agenore (Agenor), figlio di Egitto: fab. 170,1 Agenore (Agenor), fratello di Altea: fab. 244,1 Agenore (Agenor), fratello di Pelasgo: fab. 145 386
Agenore (Agenor), padre di Pelasgo: fab. 124 Agenore (Agenor), promesso ad Andromeda: fab. 64 Agenore (Agenor), re di Tiro (o Sidone): fab. 6; 14,18; 19; 76; 155; 157; 178; 179; 274,4; 275,4 Aglaie: fab. 97,13* Aglauro (Aglaurus): fab. 166; 253 Agnodice: fab. 274,10-13 Agre: fab. 181,4 Agreo (Agreus): fab. 161 Agrianome: fab. 14,7 Agrio (Agrius), cane di Atteone: fab. 181,5 Agrio (Agrius), figlio di Partaone: fab. 175; 242,2 Agrio (Agrius), gigante: gen. 4 Agriodo (Agriodus): fab. 181,3 Aiace (Aiax), Oileo: fab. 81; 97,5; 113,2; 114; 116 Aiace (Aiax), Telamonio: fab. 81; 97,3; 107; 112,2; 113,2; 114; 242,2; 273,13 Alce: fab. 181,3 Alcesti (Alcestis): fab. 24; 50; 51; 97,8; 243,4; 251,3; 256* Alcimede: fab. 3; 13; 14,1 Alcimedonte (Alcimedon): fab. 134 Alcinoo (Alcinous): fab. 23; 125,18-19; 126,1 Alcione (Alcyon), moglie di Ceice: fab. 65 Alcione (Alcyon), moglie di Meleagro: fab. 174 Alcione (Alcyone), pleiade: gen. 16 – fab. 157; 192 Alcmena (Alcimena/Alcumena): fab. 14,10; 29; 155; 224,1; 240 Alcmeone (Alcmaeon): fab. 71;
Indice dei nomi
73; 245 Alconte (Alcon), figlio di Eretteo: fab. 14,9 Alconte (Alcon), figlio di Ippocoonte: fab. 173,3 Alconte (Alcon), figlio di Marte: fab. 173,1 Alei, campi (Aleii): fab. 57 Aleo (Aleus): fab. 14,14; 28; 99; 162 Alessandro (Alexander), figlio di Euristeo: fab. 124 Alessandro (Alexander), figlio di Priamo: fab. 90-92; 98; 107; 110; 112,1 e 4; 113,1; 115; 270,2; 273,12 Alete (Aletes): fab. 122; 124 Aletto (Alecto): gen. 3 Alfeo (Alpheus): gen. 6 – fab. 244,3; 245 Alfesibea (Alphesiboea): fab. 244,3 Alope: fab. 187; 238; 252 Altea (Althaea) figlia di Testio: fab. 14,16; 14,17; 129; 171; 173,2; 174; 239; 249 Altea (Althaea), oceanina: fab. 182 Amaltea (Amalthaea): fab. 139 Amarinceo (Amarynceus): fab. 97,11 Amazia (Amathia): gen. 8 Amazzone (Amazona): fab. 30,10 Amazzoni (Amazones): fab. 14,30; 163 Ambrosia (Ambrosia/Ambrosie): fab. 182; 192 Amicizia (Amicitia): gen. 1 Amico (Amycus): fab. 17; 18; 157 Amimone (Amymone): fab. 14,11; 157; 169; 169A; 170,5 Amimonia, fonte (Amimonius
fons): fab. 169A Amimonio (Amimonium), fiume: fab. 169 Amintore (Amintor), figlio di Egitto: fab. 170,2 Amintore (Amyntor), padre di Fenice: fab. 97,2; 173,3; 257,2 Ammone (Hammon): fab. 133 Ampico (Ampycus): fab. 14,5; 14,29; 128; 173,3 Anassibia (Anaxibia): fab. 14,23; 51 Anatole: fab. 183 Anceo (Ancaeus), figlio di Licurgo: fab. 14,14; 81; 97,11; 173,3; 248 Anceo (Ancaeus), figlio di Nettuno: fab. 14,16; 14,26; 14,32; 18 Anchise (Anchisa): fab. 94; 135; 251,4; 254,4; 260; 270,1 Andremone (Andraemon): fab. 107,12 Androgeo (Androgeus): fab. 41 Andromaca (Andromacha): fab. 109; 123 Andromaco (Andromachus): fab. 170,7 Andromeda: fab. 64 Anfialo (Amphialus): fab. 123 Anfiarao (Amphiaraus): fab. 68; 70; 71; 128; 245; 250,2 Anficomone (Amphicomone): fab. 170,1 Anfidamante (Amphidamas): fab. 14,14; 14,15 Anfimaco (Amphimachus): fab. 81; 97,11 Anfinome (Amphinome): gen. 8 Anfione (Amphion), figlio di Giove: fab. 7; 9; 10; 11; 14,14; 69; 76; 97,5*; 155 387
Indice dei nomi
Anfione (Amphion), figlio di Tereo: fab. 244,4 Anfitemide (Amphithemis): fab. 14,28 Anfitoe (Amphitoe): gen. 8 Anfitrione (Amphitryon): fab. 29; 244,1 Anfitrite (Amphitrite): gen. 17 Anio (Anius): fab. 247 Anteide (Antheis): fab. 238 Anteo (Antaeus): fab. 31,1; 157 Antianira: fab. 14,3; 160 Anticlea (Anticlia): fab. 97,4; 125,12; 201; 243,1 Antifante (Antiphates): fab. 135 Antifate (Antiphates): fab. 125,7 Antifo (Antiphus): fab. 97,14; 113,2 Antigone (Antigona), figlia di Edipo: fab. 67; 72; 243,8; 254,1 Antigone (Antigona), figlia di Ferete: fab. 14,1 Antiloco (Antilochus): fab. 81; 97,5; 112,4; 113,1; 114; 252 Antimaco (Antimachus): fab. 170,1 Antinoo (Antonous): fab. 90 Antioche: fab. 163 Antioco (Antiochus): fab. 170,8 Antiope (Antiopa), amazzone: fab. 30,10; 241; 250,2 Antiope (Antiopa), figlia di Nitteo: fab. 7; 9; 155; 157 Antiope (Antiopa), figlia di Pilone: fab. 14,8 Antipafo (Antipaphus): fab. 170,7 Antippo (Antippus): fab. 14,2 Anto (Anthus): fab. 145 Api (Apis): fab. 145 Apollo: gen. 33 – fab. 9; 10; 14,2; 14,4; 14,8; 14,11; 14,21; 14,26; 388
18; 19; 28; 32; 49-51; 53; 60; 66; 69; 70; 89; 93; 101; 106; 107; 109; 112,4; 113,1; 120; 121; 128; 130; 135; 136; 140; 150; 161; 165; 173,1; 190; 191; 194; 200; 202; 203; 219; 224,4; 239; 241; 242,5; 247; 248; 251,2; 271,1; 273,11; 274,9; 275,3; 277,3 Aprite* (Aprites): fab. 157 Apseude (Apseudes): gen. 8 Aptale*: fab. 160 Aquilone (Aquilo): fab. 14,18; 14,32; 19; 53; 140; 157; 273,10 Arcade (Arcas), cane di Atteone: fab. 181,3 Arcade (Arcas), figlio di Callisto: fab. 155; 176; 224,2; 274,3 Arcadia: fab. 170,3 Arcesilao (Arcesilaus): fab. 97,9 Arcesio (Arcesius): fab. 173,2; 189 Archelao (Archelaus): fab. 162; 219 Archemaco (Archemachus): fab. 90 Archemoro (Archemorus): fab. 74; 273,6 Archenore (Archenor): fab. 11 Areilico (Areilycus): fab. 97,9 Arena: fab. 14,12 Arete: fab. 23 Areto (Aretus): fab. 90 Aretusa (Arethusa), cane di Atteone: fab. 181,6 Aretusa (Arethusa), nereide: gen. 8 – fab. 157 Arge: fab. 205 Argia, figlia di Adrasto: fab. 69; 71; 72 Argia, madre di Argo: fab. 14,10 Argia, oceanina: gen. 6 – fab. 143; 145
Indice dei nomi
Argiope: fab. 6; 178; 179 Argo (Argo), cane di Atteone: fab. 181,6 Argo (Argo), nave: fab. 14,9; 14,10; 14,33; 18 Argo (Argos), città: fab. 145 Argo (Argus), custode di Io: fab. 145 Argo (Argus), figlio di Agenore: fab. 275,4 Argo (Argus), figlio di Frisso: fab. 3; 14,30; 21 Argo (Argus), figlio di Giove e Niobe: fab. 124; 145; 155 Argo (Argus), figlio di Piranto: fab. 145 Argo (Argus); figlio di Polibo o Danao: fab. 14,10; 14,32 Argonauti (Argonautae): fab. 14,23; 14,29; 14,32; 15-21; 89; 273,9 Arianna (Ariadne): fab. 14,10; 14,19; 42; 43; 224,2; 255; 270,3 Ariccia (Aricia): fab. 261 Ariete (Aries), costellazione: fab. 133 Arione (Arion): fab. 194 Aristeo (Aristaeus): fab. 161; 180; 181,1; 247 Aristogitone (Aristogiton): fab. 257,2 e 9-12 Aristomaco (Aristomachus): fab. 124; 137 Aristonoo (Aristonous): fab. 170,8 Armoasbo (Armoasbus)*: fab. 170,4 Armodio (Harmodius): fab. 257,2 e 9-12 Armonia (Harmonia): gen. 29 – fab. 2; 6; 148; 155; 159; 179 Arpalice (Harpalyce): fab. 193;
206; 238; 239; 246; 252; 253; 254,2; 255 Arpalico (Harpalicus): fab. 181,5; 193; 252; 254,2 Arpalo (Harpalus): fab. 181,3 Arpia (Harpyia): fab. 181,3 e 6 Arpie (Harpyiae): gen. 35 – fab. 14,18; 19 Arpite (Arpites)*: fab. 157 Arpocrate (Harpocrates): fab. 277,5 Arsalte: fab. 170,5 Arsinoe: fab. 182 Arturo (Arcturus), stella: fab. 130; 224,4 Ascalafo (Ascalaphus): fab. 81; 97,159 Ascanio (Ascanius): fab. 90; 254,4; 273,19 Asclepio (Asclepius): fab. 14,21; 97,6; 161; 202; 224,4; 251,2; 274,9 Asia: gen. 8 Asopo (Asopus): fab. 52; 155 Assaraco (Assaracus): fab. 94; 224,5; 270,1 Asseno (Axenus): gen. 6 Assione (Axion): fab. 90 Asteria (Asterie): gen. 10 – fab. 53; 250,1 Asteride (Asterides): fab. 170,3 Asterio (Asterius): fab. 170,2 Asterione (Asterion), figlio di Iperasio o Ippaso: fab. 14,15 Asterione (Asterion), figlio di Piremo: fab. 14,1 Asterope: fab. 84, 97,8 Asteropeo (Asteropaeus): fab. 112,3 Astianatte (Astyanax): fab. 109 Asticrazia (Astycratia): fab. 11; 69 389
Indice dei nomi
Astinome (Astynome): fab. 69; 70 Astinomo (Astynomus): fab. 90; 113,2 Astioche (Astyoche): fab. 97,7; 162 Astiochea (Astyochea): fab. 117 Astipalea (Astypalaea): fab. 157 Astreo (Astraeus): gen. 15 Astreo (Astraeus): gen. 4 Atalanta (Atalanta/Atalante): fab. 70; 99; 174; 185; 244,1; 270,2 Atamante (Athamas), figlio di Egitto: fab. 170,3 Atamante (Athamas), figlio di Eolo: fab. 1-5; 21; 224,5; 239; 245; 273,8 Atene (Athenae): fab. 164 Atlante (Atlas): gen. 3; 11; 16 – fab. 83; 84; 125,16; 150; 155; 157; 173,3; 192; 243,7; 248; 250,1 Atlantio (Atlantius): fab. 271,2 Atleta (Athletes): fab. 170,7 Atreo (Atreus): fab. 78; 84-86; 88; 95; 97,1; 124; 238; 240; 244,2 e 4; 258 Atropo (Atropos): gen. 1 – fab. 171; 277,1 Attea (Actaea): gen. 8 Atteone (Actaeon): fab. 180; 181,1; 247 Attore (Actor): fab. 14,6; 14,20; 102; 157 Auge, figlia di Aleo: fab. 99-101; 162; 252 Auge, Ora: fab. 183 Augia (Augeas/Augias): fab. 14,15; 30,7; 157 Aura: fab. 181,3 Aurora: gen. 12; 15 – fab. 189; 270,2 390
Ausso (Auxo): fab. 183 Autodice: fab. 170,4 Autofite (Autophyte): fab. 97,13 Autolico (Autolycus): fab. 14,30; 200; 201; 243,1; 243,4 Automedonte (Automedon): fab. 97,2 Autonoe: fab. 179-181,1; 184 Autonoo (Autonous): fab. 113,1 Averno (Avernus), lago: fab. 88; 125,11 Baccanti (Bacchae): fab. 131 Bellerofonte (Bellerophon): fab. 57; 157; 243,2; 273,11 Belo (Belus): fab. 124; 157; 168; 243,7; 273,1; 274,22 Belone: fab. 274,3 Beoto (Beotus) fab.: 157; 186; 252 Beozia (Boeotia): fab. 178; 186 Beroe, nereide: gen. 8 Beroe, nutrice di Semele: fab. 167; 179 Betide (Boetis)*: fab. 155 Biante (Biantes): fab. 90 Biante (Bias): fab. 14,23; 51 Biblide (Byblis): fab. 243,6 Bisalte (Bisaltes): fab. 188 Bitia (Bitias): fab. 254,5-6 Blaniro (Blanirus): fab. 81 Bliade: fab. 253 Borace (Borax): fab. 181,5 Borea (Boreas), cane di Atteone: fab. 181,5 Borea (Boreas), vento: gen. 15 Bosforo (Bosporus): fab. 145 Briareo (Briareus): gen. 3 Brise (Brisa): fab. 106 Briseide (Briseis): fab. 106 Brissonio (Brissonius): fab. 90 Bromia (Bromie): fab. 182 Bronte: fab. 183
Indice dei nomi
Busiride (Busiris): fab. 31,2; 56; 157 Bute (Butes): fab. 14,9; 14,27; 260 Cadmo (Cadmus): fab. 1; 2,1; 5; 76; 155; 178; 179; 181,1; 224,5 239; 240; 243,1; 251,1; 254,3; 274,4; 275,4; 277,2 Cafarei, scogli (Capharea saxa): fab. 115; 249 Calaide (Calais): fab. 14,18; 14,32; 19; 273,10 Calcante (Calchas): fab. 97,15; 98; 128; 190 Calciope (Chalciope) figlia di Eeta: fab. 3; 14,30; 21; 254,2 Calciope (Chalciope), moglie di Tessalo: fab. 97,14 Calcodonte (Calchodon): fab. 97,10 Calice (Calyce): fab. 157 Calidonio, cinghiale (Calydonius aper): fab. 69; 172-174; 248 Calipso (Calypso): gen. 161 – fab. 125,16-17; 243,7 Calliope: fab. 14,1 Calliroe (Callirhoe), moglie di Crisaore: gen. 41 – fab. 151 Calliroe (Callirhoe), moglie di Piranto: fab. 145 Callistene (Callisthenes): fab. 238 Callisto: fab. 155; 176; 177; 224,23 Camilla: fab. 252 Camiro (Camirus): fab. 275,6 Campidoglio, colle (Capitolinus, clivus): fab. 261 Canace, figlia di Eolo: fab. 238; 242,2; 243,6 Canache (Canache), cane di Atteone: fab. 181,3 Canicola (Canicula), stella: fab. 130
Canto (Canthus): fab. 14,28; 170,2 Caos (Chaos): gen. 1 Capaneo (Capaneus): fab. 68; 70; 97,4; 175; 243,2; 256; 257,2 Capi (Capys): fab. 135 Capricorno (Capricornus): fab. 196 Carmenta: fab. 277,2 Carope (Carops): fab. 181,5 Caropo (Carop(u)s): fab. 97,13; 270,2 Carpo: fab. 183 Cassandra: fab. 90; 91; 93; 108; 116; 117; 128 Cassiope: fab. 64 Cassiopea (Cassiopia): fab. 149 Casso (Cassus): fab. 170,6 Castore (Castor): fab. 14,12; 77; 79; 80; 155; 173,1; 224,1; 251,2; 273,10; 275,5 Catone (Cato): fab. 260 Cauno (Caunus): fab. 243,6 Cebrione (Cebriones): fab. 90 Cecrope (Cecrops): fab. 48; 158; 166 Cefalione (Caphalion): fab. 14,28 Cefalo (Cephalus): fab. 48; 160; 189; 241; 270,2; 273,11 Cefeo (Cepheus): fab. 14,14; 64; 244,2* Cefiso (Cephisus): gen. 6 – fab. 271,2 Ceice (Ceyx): fab. 65 Celeno (Celaeno), amante di Nettuno: fab. 157 Celeno (Celaeno), arpia: gen. 35 – fab. 14,18 Celeno (Celaeno), figlia di Danao: fab. 170,8 Celeno (Celaeno), pleiade: gen. 16 391
Indice dei nomi
– fab. 192 Celeo (Celeus): fab. 147 Cencreide (Cenchreis): fab. 58 Ceneo (Caeneus), figlio di Corono: fab. 14,23 Ceneo (Caeneus), figlio di Elato: fab. 14,3; 14,4; 14,19; 173,3; 242,3 Centauri: fab. 14,4; 14,6; 33; 62 Centauro (Centaurus), nave: fab. 273,14 Ceo (Coeus): gen. 4 Cerano (Coeranus): fab. 128; 136; 251,4 Ceraso ( Cerasus): fab. 274,1 Cerbero (Cerberus): gen. 39 – fab. 30,13; 151; 251,1 Cercione (Cercyon): fab. 38,5; 158; 173,3; 187; 238 Cerere (Ceres): gen. 13; 26 – fab. 83; 145; 147; 251,1; 259; 270,1; 274,19; 277,4 Cerionte (Ceion): fab. 14,28 Ceto: gen. 7; 9 Chedietro (Chedietros)*: fab. 181,6 Chia (Chias): fab. 69 Chiade: fab. 11 Chimera (Chimaera), nave: fab. 273,14 Chimera (Chimaera): gen. 39 – fab. 57; 151 Chiona: fab. 157 Chione: fab. 200; 201 Chirodamante (Chirodamas): fab. 90 Chirone (Chiron): gen. 14 – fab. 14,8; 101; 138; 274,9 Cianee, rupi (Cyaneae, cautes): fab. 21 Cianeo (Cyaneus): fab. 81 392
Cibele (Cybele): fab. 274,6 Ciclope (Cyclops), cioè Polifemo: fab. 157* Ciclopi (Cyclopes): fab. 49; 125,5 Cicno (Cycnus): figlio di Ocito: fab. 97,13 Cicno (Cygnus), figlio di Marte: fab. 31,3; 159; 269; 273,11 Cicno (Cygnus), figlio di Nettuno: fab. 157; 273,12 Cicno (Cygnus), re della Liguria: fab. 154 Ciconi (Cicones): fab. 125,1 Cidippe (Cydippe), nereide: gen. 8 Cidippe (Cydippe), sacerdotessa: fab. 254,5-7 Cielo (Caelum): gen. 2 Cilice (Cilix): fab. 178 Cilicia: fab. 178 Cilindro (Cylindrus): fab. 3; 14,30; 21 Cillene (Cyllene): fab. 253 Cillone (Cyllo): fab. 181,6 Cillopode(Cyllopodes): fab. 181,5 Cimodoce (Cymodoce): gen. 8 Cimotoe (Cymothoe): gen. 8 Cineo (Cyneus), promontorio o mare: fab. 111; 243,1 Cinira (Cinyra): fab. 58; 242,4; 248; 251,4; 270,1; 271,1; 275,7 Cinna: fab. 145 Cinosura (Cynosura): fab. 224,3 Ciprio (Cyprius): fab. 181,3 Circe: gen. 36 – fab. 125,7-11 e 13; 127; 156; 199 Cirene (Cyrene): 14,11; 161 Cisseide (Cisseis): fab. 182 Cisseo (Cisseus), padre di Ecuba: fab. 91; 111; 243,1; 249; 256 Cisseo (Cisseus), re di Macedonia: fab. 219
Indice dei nomi
Cizico (Cyzicus): fab. 16; 273,9 Cleo: fab. 170,2 Cleobule (Cleobula), madre di Euripide: fab. 161 Cleobule, madre di Leito: fab. 97,9 Cleobule, moglie di Aleo: fab. 14,14 Cleodosse (Cleodoxe): fab. 69 Cleopatra, figlia di Danao: fab. 170,3 Cleopatra, moglie di Fineo: fab. 19 Cleope (Cleops): fab. 254,5-6 Climene (Clymene), amazzone: fab. 163 Climene (Clymene), figlia di Minia: fab. 14,2; 14,24 Climene (Clymene), madre di Fetonte: gen. 38 – fab. 152A; 250,1 Climene (Clymene), nereide: gen. 8;11; 31 Climene (Clymene), ninfa: fab. 71 Climene (Clymene), oceanina: fab. 156 Climeno (Clymenus), figlio del Sole: fab. 154 Climeno (Clymenus), figlio di Scheneo: fab. 206; 238; 239; 242,4; 246; 253; 255 Climeno (Clymenus), nonno di Giasone: fab. 14,1 Clio (Cleio): gen. 8 Clitemneste: gen. 6 Clitemnestra (Clyt(a)emnestra): fab. 77; 78; 80¸101; 117; 119; 122; 240 Clito (Clytus), di Troia: fab. 115 Clito (Clytus), figlio di Egitto: fab. 170,4 Clito (Clytus), figlio di Temeno: fab. 124
Clizia (Clytia): gen. 6; 37 Clizio (Clytius): fab. 14,8; 81 Cloanto (Cloanthus): fab. 273,15 Clonio (Clonius): fab. 113,1 Cloride (Chloris): fab. 9; 10; 11; 14,5; 14,14; 69C; 97,5 Cloto (Clotho): gen. 1 – fab. 171; 277,1 Cocalo (Cocalus): fab. 40; 44 Collatino (Collatinus): fab. 256 Colofomo (Colophomus): fab. gen. 4 Combattività (Pugna): gen. 3 Compassione (Misericordia): gen. 1 Concordia: fab. 261 Coribanti (Corybantes): fab. 139 Corinete (Corynetes): fab. 38,1; 158 Corito (Corythus): fab. 170,1 Coro (Corus): fab. 181,5 Coronide (Coronis), figlia di Flegia: fab. 14,21; 97,6; 161; 202; 224,4; 251,2 Coronide (Coronis), iade: fab. 192 Coronide (Coronis), nutrice di Libero: fab. 182 Corono (Coronus): fab. 14,3; 97,15 Cotonea (Cothonea): fab. 147 Creneide (Creneis): gen. 8 Creonte (Creon), figlio di Meneceo: fab. 31,6; 31,8; 32; 67; 70; 72; 76; 241 Creonte (Creon), re di Corinto: fab. 25; 27 Creontiade (Creontiades): fab. 162 Cresfonte (Cresphontes): fab. 137 Creteo (Cretheus): fab. 12 Creusa, altro nome di Glauce: fab. 25 393
Indice dei nomi
Creusa, figlia di Eretteo: fab. 160 Creusa, figlia di Priamo: fab. 90 Criaso (Criasus): fab. 145 Criniso (Crinisus): fab. 273,14 Crisaore (Chrysaor): gen. 40; 41 – fab. 30,11; 151 Crise (Chryses): fab. 106; 120; 121 Criseide (Chryseis): fab. 106; 121 Crisippo (Chrysippus), figlio di Egitto: fab. 170,1 Crisippo (Chrysippus), figlio di Pelope: fab. 85; 243,3; 271,2 Crisolao (Chrysolaus): fab. 90 Crisorroa (Crysorrhoas): fab. 191; 241,1 Crisotemide (Chysothemis): fab. 170,3 Critomedia: fab. 170,7 Cromio (Chromius): fab. 90; 113,2 Croto (Crotos): fab. 224,4 Cteato (Cteatus): fab. 97,11 Ctimeno (Ctimenus): fab. 14,5 Ctonia (Chthonia): fab. 46; 238 Ctonio (Chthonius): fab. 178 Cura: fab. 220 Cureti (Curetes): fab. 20; 139 Dafne (Daphne): fab. 203 Damone (Damon), siculo: fab. 254,4 Damone, figlia di Danao: fab. 170,2 Danae: fab. 63; 155; 224,2; 244,3; 273,4 Danai: fab. 170,11* Danaidi (Danaides): fab. 170,11; 255 Danao (Danaus): fab. 14,10; 14,11; 14,32; 124; 168-170; 273,1-2; 277,5 Daplidice: fab. 170,6 Dardano (Dardanus): fab. 155; 394
192; 275,3 Darete (Dares): fab. 273,17 Dascilo (Dascylus): fab. 14,30 Dedalione (Daedalion): fab. 200 Dedalo (Daedalus): fab. 39; 40; 44; 244,5; 274,14-15 Deianira, figlia di Dessameno: fab. 31,11; 33 Deianira, figlia di Eneo: fab. 31,7 e 10; 34-36; 129; 162; 174; 240; 243,3 Deicoonte (Deicoon): fab. 162 Deidamia: fab. 97,15; 123 Deifobo (Deiphobus): fab. 90; 91; 110; 113; 115; 240; 273,12 Deione (Deion): fab. 48; 189; 198; 241; 273,11 Deioneo (Deioneus): fab. 155 Deiopea: gen. 8 Deiopite (Deiopites): fab. 90 Deipila (Deipyla/Deipyle): fab. 69; 97,4; 175 Deipilo (Deipylus), figlio di Giasone: fab. 15; 273,6 Deipilo (Deipylus), figlio di Polimnestore: fab. 109 Delfo (Delphus): fab. 161 Delo (Delos): fab. 53; 140 Demarco (Demarchus): fab. 170,6 Demnosia: fab. 90 Demodita (Demoditas): fab. 170,1 Demofile (Demophile): fab. 170,4 Demofo(o)nte (Demopho(o)n): fab. 48; 59; 243,6 Demoleonte (Demoleon): fab. 14,30 Demonassa: fab. 14,5; 14,7; 71; 97,8; 102 Demostea (Demosthea): fab. 90 Dercete (Dercetis): fab. 223,6; 275,7
Indice dei nomi
Desmonte (Desmontes): fab. 186 Dessamene (Dexamene): gen. 8 Dessameno (Dexamenus): fab. 31,11; 33 Deucalione (Deucalion), figlio di Minosse: fab. 14,22; 97,7; 173,2 Deucalione (Deucalion), figlio di Prometeo: fab. 152 A; 153; 155 Dia: fab. 155 Diaforo (Diaphorus): fab. 97,15 Diana: gen. 33 – fab. 9; 24; 26-28; 53; 79; 80; 98; 120; 121; 122; 140; 146; 150; 172; 174; 180; 181,1; 186; 189; 195; 200; 223; 225; 238; 251,3; 261 Dice: fab. 183 Didimaone (Didymaon): fab. 273,16 Didone (Dido): fab. 243,7 Dimante (Dymas): fab. 91; 111; 243,1; 249 Dinamene (Dynamene): gen. 8 Dino (Dinus), cavallo di Diomede: fab. 30,9 Dino: gen. 9 Dinomache: fab. 181,6 Dio (Dius): fab. 90 Diodoto (Diodotus): fab. 273,11 Diomeda: fab. 97,11 Diomede (Diomedes), figlio di Tideo: fab. 69; 81; 97,4; 98; 102; 108; 112,1; 113,2; 114; 175; 242,2; 257,2 Diomede (Diomedes), re di Tracia: fab. 30,9; 159; 250,2 Diomedea: fab. 103 Dione, moglie di Tantalo: fab. 9; 82; 83 Dione: gen. 3; 19 Dionisio (Dionysius): fab. 257,3 Dioniso (Dionysus): fab. 167; 179
Diore (Diores): fab. 273,16 Diossippe (Dioxippe), amazzone: fab. 163 Diossippe (Dioxippe), cane di Atteone: fab. 181,6 Diossippe (Dioxippe), figlia del Sole: gen. 38 – fab. 154 Dirce: fab. 7 Discordia: gen. 1 – fab. 92 Dise (Dysis): fab. 183 Ditti (Dictys), figlio di Nettuno: fab. 157 Ditti (Dictys), pescatore: fab. 63 Ditti (Dictys), pirata: fab. 63 Dittinna (Dictynna): fab. 261 Dolico (Dolichus): fab. 170,7 Dolone (Dolon): fab. 90; 113,2 Dolope (Dolops): gen. 14 Dolopione (Dolopion): fab. 102 Dolore (Dolor): gen. 3 Dononidi, ninfe (Dodonides, nymphae): fab. 182 Dorceo (Dorceus): fab. 181,3 Doriclo (Doryclus): fab. 90 Doride (Doris): gen. 8 Doride (Doris): gen. 8 Doto: gen. 8 Dracone (Dracon): fab. 181,5 Driante (Dryas), figlio di Egitto: fab. 170,4 Driante (Dryas), figlio di Giapeto: fab. 173,3 Driante (Dryas), figlio di Marte: fab. 159 Driante (Dryas), fratello di Tereo: fab. 45 Driante (Dryas), padre di Licurgo: fab. 132; 242,2 Drimo (Drymo): gen. 8 Driope (Dryops): fab. 90 Dromade (Dromas): fab. 181,3 395
Indice dei nomi
Dromie: fab. 182 Dromio (Dromius): fab. 181,5 Eace (Oeax): fab. 117 Eaco (Aeacus): fab. 14,8; 14,32; 52; 54; 155; 173,2; 257,2; 273,10; 274,4 Eagro (Oeagrus): fab. 14,1; 14,32; 165; 251,3; 273,11 Ebalo (Oebalus): fab. 14,12; 78; 271,1 Ecatone (Hecato): fab. 157 Ecbaso (Ecbasus): fab. 145 Eccabe (Hecabe): fab. 170,4 Echidna: gen. 39 – fab. 151 Echione (Echion), figlio di Mercurio: fab. 14,3; 160; 173,1 Echione (Echion), padre di Penteo: fab. 14,3; 184; 239 Echione (Echion), sparto: fab. 178 Echione, cane di Atteone: fab. 181,6 Ecleo (Oecleus): fab. 70; 73; 128; 250,2 Ecnomino (Ecnominus): fab. 170,5 Ecuba (Hecuba): fab. 91; 93; 109; 111; 243,1; 249; 256; 270,2 Edipo (Oedipus): fab. 66-70; 76; 242,5; 243,8; 253; 254,1 Eea (Aeaea), isola: fab. 125,16; 127 Eeta (Aeeta): gen. 36; 37 – fab. 3; 12; 14,8; 22; 23; 25; 27; 188; 239; 244,5; 245; 254,2* Eezione (Eetion): fab. 123 Efialte (Ephialtes), figlio di Egitto: fab. 170,5 Efialte (Ephialtes), gigante: gen. 4 – fab. 28 Efire (Ephyre), nereide: gen. 8 Efire (Ephyre), oceanina: fab. 275,6 396
Ege (Aegea): fab. 219 Egeo (Aegeum), mare: fab. 243,1 Egeo (Aegeus), padre di Teseo: fab. 14,5; 26; 27; 37; 43; 48; 79; 173,2; 241; 243,1; 244,1 e 5; 251,3; 257,1; 270,3; 275,5 Egiale (Aegiale): fab. 65 Egialeo (Aegialeus): fab. 71 Egina (Aegina): fab. 52; 155 Egipane (Aegipan): fab. 155 Egisto (Aegisthus): fab. 87; 88; 117; 119; 122; 124; 244,2; 252 Egitto (Aegyptus), figlio di Egitto: fab. 170,4 Egitto (Aegyptus): fab. 168; 273,2; 277,5 Egle (Aegle): gen. 1 – fab. 154; 156 Egocero (Aegoceros): fab. 196 Elato (Elatus): fab. 14,2; 14,4; 71; 128; 173,3; 202 242,3 Elefenore (Elephenor): fab. 81; 97,10; 113,1 Elena (Helena): fab. 77-81; 92; 98; 118; 122; 224,1; 240; 249; 270,2-3 Eleno (Helenus): fab. 90; 128; 273,12 Elettra (Electra), figlia di Agamennone: fab. 109; 117; 122; 254,1 Elettra (Electra), figlia di Danao: fab. 170,6 Elettra (Electra), Pleiade: gen. 16; 35 – fab. 155; 192; 250,3 Elettrione (Electryon): fab. 14,10; 244,1 e 4 Eleusi (Eleusinum regnum): fab. 147 Eleusino (Eleusinus): fab. 147; 275,3 Eleutero (Eleuther): fab. 225 Elia (Helie): gen. 38 – fab. 154
Indice dei nomi
Eliadi (Heliades): fab. 154 Elice (Helice): fab. 170,5; 177 Elimo (Helymus): fab. 273,16 Elitta (Helicta): fab. 170,6 Elle (Helle): fab. 1; 2; 3 Elleno (Hellen): fab. 125,6; 155; 157 Ellesponto (Hellespontus): fab. 3 Ello (Aello): fab. 181,3 Ellopode (Aellopoda): fab. 14,18 Elpenore (Elpenor): fab. 125,1112 Eme (Oeme): fab. 170,5 Emone (Haemon), cane di Atteone: fab. 181,5 Emone (Haemon), figlio di Creonte: fab. 72 Enaria (Oenaria), isola: fab. 125,7 Encelado (Enceladus), figlio di Egitto: fab. 170,2 Encelado (Enceladus), gigante: gen. 4 Endeide (Endeis): fab. 14,8 Endimione (Endymion): fab. 271,1 Enea (Aeneas): fab. 94; 112,1 e 4; 115; 243,7; 251,4; 254,4; 260; 273,14 Eneo (Oeneus): fab. 14,16; 14,17; 36; 69; 70; 129; 171; 172; 173,3; 174; 175; 239; 240; 243,3; 244,1; 273,10 Enesimo (Enaesimus): fab. 173,3 Enfito (Emphytus): gen. 4 Enicea (Henicea): fab. 90 Enio (Enyo): gen. 9 Enioco (Eniochus): fab. 224,5 Enomao (Oenomaus): fab. 14,20; 84; 159; 243,3; 245; 250,1; 253 Enope (Oenope): fab. 157 Entello (Entelllus): fab. 273,17
Eolia (Aeolia): fab. 186 Eolo (Aeolus), dio dei venti: fab. 125,6; 238; 242,2; 243,6 Eolo (Aeolus), figlio di Elleno: fab. 1; 3; 5; 60; 61; 65; 157; 186; 239; 252 Eone (Aeon): fab. 181,5 Eoo (Eous): fab. 183 Epafo (Epaphus), figlio della Notte: gen. 1 Epafo (Epaphus), figlio di Io: fab. 7*; 8*; 145; 149; 150; 155; 157*; 274,2 Epeo (Epeus): fab. 108 Epicarmo (Epicharmus): fab. 277,1 Epimeteo (Epimetheus): gen. 11 – fab. 142; 155 Epistrofo (Epistrophus): fab. 97,10 Epopeo (Epopeus), padre di Enope: fab. 157,2-3 Epopeo (Epopeus), padre di Nittimene: fab. 204; 253 Epopeo (Epopeus), pirata: fab. 134 Erato, naiade: fab. 182 Erato, nutrice di Libero: fab. 170,8 Eratocle (Eratocles): fab. 273,8 Ercole (Hercules): fab. 10; 14,10; 14,11; 14,18; 14,25; 14,30-32; 29-36; 51; 54; 69; 72; 79; 89; 97,7; 99-102; 151; 155; 162; 219; 224,1; 240; 241; 242,1 e 4; 243,3; 244,2 e 4; 251,1; 252; 257,2; 271,2; 273,5, 10 e 12; 274,19 Erebo (Erebus): gen. 1 Ereso (Eresus): fab. 90 Eretteo (Erechtheus): fab. 14,18; 46; 160; 238; 253 397
Indice dei nomi
Ergeo (Ergeus)*: fab. 157 Ergino (Erginus): fab. 14,16 Eribea (Eriboea): fab. 97,3 Eribote (Eribotes): fab. 14,6 Erica (Aerica): gen. 1 Erice (Eryx): fab. 260 Eridano (Eridanus): fab. 14,9; 152; 154 Erifia (Eriphia): fab. 182 Erifile (Eryphila/Eriphyle): fab. 71; 73 Erigone (Erigona), figlia di Egisto: fab. 122 Erigone (Erigone), figlia di Icario: fab. 130; 224,4; 243,5; 254,3 Eris: fab. 92 Erittonio (Erichthonius): fab. 48; 158; 166; 271,1; 274,4 Ermafrodito (Hermaphroditus): fab. 271,2 Ermione (Hermione): fab. 122; 123 Ero (Hero), figlia di Danao: fab. 170,7 Ero (Hero), figlia di Priamo: fab. 90 Erofilo (Herophilus): fab. 274,10 Erope (Aeropa/Aerope): fab. 86; 97; 246 Erse (Herse): fab. 166 Esculapio (Aesculapius): fab. 49; 173,1 Esione (Hesiona/Hesione): fab. 31,4; 89; 97,3 Esone (Aeson): fab. 3; 12; 13; 14,1; 173,1; 245 Espere (Hesperis): fab. 183 Esperia (Hesperie): gen. 1 Esperidi (Hesperides): gen. 1; 39 – fab. 30,12; 31,7; 151 Espero (Hesperus): fab. 65 398
Estiea (Hestyaea): gen. 6 Estoride (Aestorides): fab. 145 Etalide (Aetalides), argonauta: fab. 14,3 Etalide (Aetalides), pirata: fab. 134 Eteocle (Eteocles): fab. 67-69; 72; 76 Etere (Aether): gen. 1; 2; 3 Eteria (Aetherie): gen. 38 – fab. 154 Etionome (Ethionome): fab. 90 Etiope (Aethiops): fab. 183 Etlio (Aethlius): fab. 155 Etna (Aetna): fab. 152 Etolo (Aetolus): fab. 271,1 Etone (Aethon), cane di Atteone: fab. 181,5 Etone (Aethon), cavallo del Sole: fab. 183 Etra (Aethra), moglie di Egeo: fab. 14,5; 37; 79; 92; 243,2; 270,3 Etra (Aethra), titanide: gen. 12 Etruschi (Tusci): fab. 134 Ettore (Hector): fab. 90; 103; 106; 107; 109; 111; 112,2 e 4; 113,1; 115 Eubea (Euboea): fab. 161; 238 Eubule: fab. 170,6 Eudemone (Eudaemon): fab. 170,8 Eudora: fab. 192 Eudossa (Eudoxa): fab. 11 Eudromo (Eudromus): fab. 181,5 Eufeme (Eupheme): fab. 224,4 Eufemo (Euphemus): fab. 14,15; 157; 173,1 Euforbo (Euphorbus): fab. 112,3 Eufrosine (Euphrosyne): gen. 1 Eumelo (Eumelus): fab. 81; 97,8 Eumeo (Eumaeus): fab. 126
Indice dei nomi
Eumolpo (Eumolpus): fab. 46; 157; 273,11 Euneo (Euneus): fab. 15; 273,6 Eunomia: fab. 183 Eupalamo (Eupalamus): fab. 39; 244,5; 274,15 Eupino (Eupinus): fab. 11 Eupolemia: fab. 14,3 Euporia (Euporie): fab. 184 Euresto (Eurestus)*: fab. 160 Euriale (Euryale): gen. 9 Eurialo (Euryalus): fab. 257,13; 273,16 Euribate (Eurybates), araldo: fab.97,15 Euribate (Eurybates), argonauta: fab. 14,28 Euriclea (Euryclia): fab. 125,20; 126,7 Euridamante (Eurydamas): fab. 14,5 Euridice (Eurydice), figlia di Danao: fab. 170,2 Euridice (Eurydice), madre di Trasimede: fab. 97,5 Euridice (Eurydice), moglie di Lico: fab. 273,6 Euridice (Eurydice), moglie di Orfeo: fab. 251,3 Euridice (Eurydice), nereide: gen. 8 Euriloco (Eurylochus): fab. 125,8 Eurimedonte (Eurymedon): fab. 14,19 Eurimo (Eurymus): fab. 125,3; 128 Eurinome (Eurynome), madre di Adrasto: fab. 69; 70 Eurinome (Eurynome), oceanina: gen. 6; 23 Eurinome (Eurynome): figlia di Niso: fab. 157
Euripide (Euripide), figlio di Mercurio: fab. 161 Euripilo (Eurypylus): fab. 81; 97,6; 112,4; 113,2; 114; 245 Eurisabe: fab. 145 Euristene (Eurysthenes): fab. 170,5 Euristeo (Eurystheus): fab. 30; 32; 38,7; 124 Euritione (Eurytion), argonauta: fab. 14,7; 31,11; 33 Euritione (Eurytion), centauro: fab. 31,11; 33 Euritione (Eurytion), compagno di Enea: fab. 273,18 Eurito (Eurytus), figlio di Mercurio: fab. 14,3; 160, 173,1 e 3; 273,11 Eurito (Eurytus), figlio di Pallante: fab. 97,11 Eurito (Eurytus), gigante: gen. 4 Eurito (Eurytus), re di Ecalia: fab. 14,8; 31,9; 35 Europa (Europe), figlia di Tizio: fab. 14,15 Europa, figlia di Agenore: fab. 41; 106; 155; 178; 269 Europome: fab. 170,7 Eustioche (Eustyoche): fab. 97,12 Evadne (Euadne), figlia di Nettuno: fab. 157 Evadne (Euadne), moglie di Argo: fab. 145 Evadne (Euadne), moglie di Capaneo: fab. 97,4; 243,2; 256 Evagora (Euagoras): fab. 90 Evagoreide (Euagoreis): gen. 6 Evandro (Euander): fab. 90; 277,2 Evanippe (Euanippe): fab. 71 Evarete (Euarete): fab. 84 Evemone (Euemon): fab. 97,6 399
Indice dei nomi
Eveno (Euhenus): fab. 162; 242,1 Evere (Eueres): fab. 68; 75; 128 Evidea (Euidea)*: fab. 170,5 Evippe (Euippe): fab. 170,1 Falaride (Phalaris): fab. 257,7 e 9 Falero (Phaleros): fab. 14,9 Fato (Fatum): gen. 1 Favonio (Favonius): gen. 15 Feaci (Phaeaces): fab. 125,18 Febe (Phoebe), fetontide: fab. 154; 156 Febe (Phoebe), figlia di Leucippo: fab. 80 Febe (Phoebe), titanide: gen. 10 Fedimo (Phaedimus): fab. 11 Fedra (Phaedra): fab. 43; 47; 243,5 Fegea (Phegea): fab. 90 Fegeo (Phegeus): fab. 244,3; 245 Femio (Phemius): fab. 81 Fenice (Phoenix), figlio di Agenore: fab. 178 Fenice (Phoenix), figlio di Amintore: fab. 97,2; 157; 173,3; 257,2 Ferete (Pheres), figlio di Medea: fab. 25; 239 Ferete (Pheres), padre di Admeto: fab. 14,1-2; 173,2 Ferusa (Pherusa), nereide: gen. 8 Ferusa (Pherusa), Ora: fab. 183 Fesila (Phaesyla): fab. 192 Fetonte (Phaeton): gen. 38 – fab. 152A; 154; 156; 250,1 Fetontidi (Phaetontides): gen. 38 Fidippo (Phidippus): fab. 81 Fila (Phila): fab. 170,3 Filaco (Phylacus/Phylax): fab. 14,2; 243,2; 256 Filammone (Philammon): fab. 158; 161; 200 Fileo (Phyleus): fab. 97,12 400
Filiaso (Philiasus): fab. 14,10 Filino (Philinus): fab. 170,3 Filira (Philyra): gen. 14 – fab. 138 Fillide (Phyllis): fab. 59; 243,6 Fillodoce (Phyllodoce): gen. 8 Filomela (Philomela), figlia di Danao: fab. 170,1 Filomela (Philomela), figlia di Pandione: fab. 45 Filomela (Philomela), madre di Patroclo: fab. 97,2 Filonide (Philonis): fab. 65; 200 Filottete (Philoctetes): fab. 14,22; 36; 81; 97,8; 102; 112,4; 114; 257,2 Filotto (Philottus): fab. 158 Fine (Letum): gen. 1 Fineo (Phineus): fab. 14,18; 19; 20 Fintia (Phintia): fab. 254,4 Fisadie (Phisadie): fab. 79 Flegia (Phlegias): fab. 161; 202 Flegiona (Phlegiona)*: fab. 245 Flegonte (Phlegon): fab. 183 Flogio (Phlogius): fab. 14,30 Foco (Phocus), figlio di Ceneo: fab. 14,19 Foco (Phocus), figlio di Danao): fab. 97,15 Foco (Phocus), figlio di Eaco: fab. 14,8 Foloe (Pholoe): fab. 273,15 Fonti (Fontes): gen. 17 Forbante (Phorbas): fab. 14,9; 18 Forcidi (Phorcides): gen. 9 Forco (Phorcus): gen. 7; 9 Foroneo (Phoroneus): fab. 124; 143; 145; 155; 225; 274,8 Frisso (Phrixus): fab. 1; 2; 3; 12¸14,30; 21; 22; 188; 245 Fronio (Phronius): fab. 14,30 Frontide (Frontis): fab. 3; 14,30; 21
Indice dei nomi
Furie (Furiae): gen. 3 – fab. 79 Galatea: gen. 8 Ganimede (Ganymedes): fab. 224,5; 271,1; 273,15 Gargaso (Gargasus): fab. 113,2; 115 Gavio (Gavius)*: fab. 113,2 Gerione (Geryon): gen. 41 – 30,11; 151 Gía (Gyas): fab. 273,14-15 Giacinto (Hyacinthus): fab. 238; 271,1 Giapeto (Iapetus): gen. 4; 11 – fab. 142; 173,3 Giasone (Iason): fab. 3; 12; 13; 14,1; 14,2; 14,18; 14,23; 14,24; 14,31; 15; 16; 21-25; 173,1; 239; 245; 273,6 e 9 Giganti (Gigantes): gen. 4 Gige (Gyges): fab. 3 Ginnastica (Gymnastica): fab. 183 Giocasta (Iocasta/Iocaste): fab. 66; 67; 70; 242,3 e 5; 243,7; 253 Giorno (Dies): gen. 1; 2 Giove (Iuppiter/Iovis): gen. 13; 19-28; 31-33 – fab. 2; 5; 7; 9; 14,10; 14,12; 19; 29; 30,7; 31,3; 32; 41; 46; 49; 52-55; 61-63; 75; 76; 77; 79; 80; 82; 91; 92; 94; 106; 124; 125,6 e 15-16; 133; 138-140; 142-146; 149; 150; 152; 152A; 155; 164; 166; 167; 173,1; 176-179; 182; 183; 185; 195-198; 202; 220; 223; 224,13; 225; 240; 241; 242,4; 244,3; 250,3; 251,1-2; 257,2; 269; 271,1; 273,4, 10 e 12; 274,4; 275 Gioventù (Iuventus): gen. 24 Giunone (Iuno): gen. 13; 20; 22; 24 – 2,4; 5; 13; 21; 22; 30,1;
32; 52; 55; 62; 75; 92; 102; 139; 140; 143; 145; 150; 165-167; 170,9; 177; 179; 225; 254,5-6; 273,2; 274,8 Giuramento (Iusiurandum): gen. 3 Giustizia (Iustitia), costellazione: fab. 130 Glauce, altro nome di Creusa: fab. 25 Glauce, amazzone: fab. 163 Glauce, nereide: gen. 8 Glaucippe: fab. 170,4 Glauco (Glauco), altro: fab. 102,1 Glauco (Glaucus), di Licia: fab. 102,1; 113,2; 115 Glauco (Glaucus), divinità marina: fab. 199 Glauco (Glaucus), figlio di Minosse: fab. 49; 136; 251,4 Glauco (Glaucus), figlio di Sisifo: fab. 250,3; 273,11 Gorge: fab. 174 Gorgide (Gorgis): fab. 97,12 Gorgitione (Gorgythion): fab. 90 Gorgone (Gorgo), cane di Atteone: fab. 181,6 Gorgone (Gorgon): gen. 39 – fab. 64; 151 Gorgoni (Gorgones): gen. 9 Grazie (Gratiae): gen. 23 Hermes: fab. 143 Iadi (Hyades): fab. 182; 192 Iale (Hyale): fab. 170,1 Ialmeno (Ialmenus): fab. 97,10; 159 Ianassa: gen. 8 Ianira: gen. 8 Iante (Hyas), figlio di Atlante: fab. 192; 248 Iante (Ianthe), oceanide: gen. 6 401
Indice dei nomi
Iasio (Iasius): fab. 70; 99 Iasione (Iasion): fab. 250,3; 270,1 Icario (Icarius), padre di Erigone: fab. 130; 224,4; 243,5; 254,3 Icario (Icarius), padre di Penelope: fab. 256 Icaro (Icarus), figlio di Dedalo: fab. 40 Icaro (Icarus), re di Caria: fab. 190 Icneumone (Icneumo): fab. 181,5 Icnobate (Ichnobates): fab. 181,3 Ida (Idas): fab. 14,12-13; 14,26; 14,32; 80; 100; 173,2 Ideo (Ideus): fab. 173,2; 174 Idia (Idya): fab. 25; 182 Idmone (Idmon): fab. 14,11; 14,26; 18; 248 Idomeneo (Idomeneus): fab. 81; 114; 270,3 Idotea (Idothea): fab. 118 Idra (Hydra): gen. 39 – 30,3; 34; 151 Iera (Iaera): gen. 8 Ificlo (Iphiclus), figlio di Anfitrione: fab. 14,22; 173,2; 273,11 Ificlo (Iphiclus), figlio di Filaco: fab. 14,2; 103; 251,2 Ificlo (Iphiclus), figlio di Testio: fab. 14,17 Ifidamante (Ihidamas): fab. 113,2 Ifigenia (Iphigenia): fab. 98; 120122; 238; 261 Ifimaco (Iphimachus): fab. 102 Ifimede (Iphimede): fab. 28 Ifinoe (Iphinoe): fab. 15 Ifinome (Iphinome): fab. 163 Ifito (Iphitus), figlio Eurito: fab. 14,8 Ifito (Iphitus), figlio Naubolo: fab. 14,17; 97,10 Ifito (Iphitus), padre di Adrasto: 402
fab. 70 Ila (Hylas): fab. 14,11; 14,25; 271,2 Ilago (Hilagus): fab. 90 Ilaira (Hilaira): fab. 80 Ileo (Hylaeus): fab. 181,3 e 6 Iletore (Hyletor): fab. 181,3 Ilia: fab. 252 Ilio (Ilius): fab. 161 Ilione (Iliona): fab. 90; 109; 240; 243,4; 254,1 Illo (Hyllus): fab. 162; 244,4 Ilo (Ilus): fab. 250,1 Iltonomo (Iltonomus): fab. 170,6 Imante (Himas): fab. 155 Imenarete: fab. 97,10 Inaco (Inachus): gen. 6 – 124; 143; 145; 155; 225 Incesto (Incestum): gen. 3 Indo (Indus), fiume: gen. 6 Indo (Indus), re in Scizia: fab. 274,4 Inganno (Dolus): gen. 3 Ino: fab. 1; 2; 4; 179; 224,5; 239; 243,1; 243,5; 273,8 Intemperanza (Intemperantia): gen. 3 Introversione (Continentia): gen. 1 Invidia: gen. 17 Io: fab. 145; 149; 155 Iobate (Iobates): fab. 57; 243,2 Iolao (Iolaus): fab. 14,22; 103; 173,2; 273,11 Iole: fab. 31,9; 35; 36 Ionio (Ionius), mare: fab. 145 Iperanto (Hyperantus): fab. 170,6 Iperasio (Hyperasius): fab. 14,1 Iperbio (Hyperbius): fab. 170,7 Iperenore (Hyperenor): fab. 178 Iperione (Hyperion): gen. 3; 12 Ipermestra (Hypermestra): fab.
Indice dei nomi
70; 73; 168; 170,9; 250,2; 273,2 Ipiroco (Hypirochus): fab. 90 Ippalcimo (Hippalcimos): fab. 14,20 Ippalco (Hippalcus): fab. 84; 97,8 Ipparete (Hipparete): fab. 170,3 Ippaso (Hippasus), figlio di Eurito: fab. 14,15; 14,17; 14,20; 173,3 Ippaso (Hippasus), figlio di Priamo: fab. 90 Ippea (Hippea): fab. 14,2 Ippocoonte (Hippocoon), compagno di Enea: fab. 273,18 Ippocoonte (Hippocoon), padre di Neleo: fab. 10; 14,21; 31,8; 173,3 Ippodamia (Hippodamia), figlia di Adrasto: fab. 33 Ippodamia (Hippodamia), figlia di Enomao: fab. 14,20; 84-88; 243,3; 253 Ippodamia (Hippodamia), moglie di Piritoo: fab. 97,14 Ippodamo (Hippodamus): fab. 113,2 Ippolita (Hippolyte), amazzone: fab. 30,10; 163 Ippolita (Hippolyte), moglie di Ifito: fab. 97,10 Ippolito (Hippolytus): fab. 47; 49; 243,5; 250,2; 251,3 Ippomedonte (Hippomedon): fab. 70; 71 Ippomene (Hippomenes): fab. 185 Ipponoo (Hipponous): fab. 70; 242,5 Ipposido (Hipposidus): fab. 90 Ippote (Hippotes): fab. 27 Ippotoe (Hippothoe), amazzone:
fab. 163 Ippotoe (Hippothoe), figlia di Danao: fab. 170,2 Ippotoe (Hippothoe), figlia di Pelia: fab. 24 Ippotoo (Hippothous): fab. 187; 243,4 244,2; 252 Ippotroco (Hippotrochus): fab. 90 Ipseo (Hypseus): fab. 1; 157; 239; 243,5 Ipsipile (Hypsipyle): fab. 15; 74; 120; 254,2; 273,6 Ira: gen. 3 Irene: fab. 183 Iride (Iris): fab. gen. 35 Irieo (Hyrieus): fab. 157; 195 Irmine (Hyrmine): fab. 14,9 Iro (Irus), mendicante: fab. 126,67 Iro (Irus), padre di due argonauti: fab. 14,5; 14,7 Ischi (Ischys): fab. 202 Iside (Isis): fab. 145; 277,5 Ismene: fab. 67 Ismeno (Ismenus), figlio di Niobe: fab. 11 Ismeno (Ismenus), fiume: gen. 6 Issione (Ixion): fab. 14,6; 33; 34; 62; 79; 257,1 Issitione (Ixition): fab. 14,7 Itea: fab. 170,8 Iti (Itys): fab. 45; 239; 246 Labdaco (Labdacus): fab. 9; 66; 76; 85 Labro (Labros): fab. 181,3 Lacedemone (Lacedaemon): fab. 155 Lachesi (Lachesis): gen. 1 – fab. 171; 277,1 Lacne: fab. 181,3 Lacone (Lacon): fab. 181,3 403
Indice dei nomi
Lacreto (Lacretus): fab. 97,9 Ladone (Ladon): fab. 181,3 Laerte (Laertes): fab. 95; 97,4; 173,2; 189; 201; 251,4 Laghi (Lacus): gen. 17 Laio (Laius): fab. 9; 66; 67; 76; 85; 242,5 Lampezia (Lampetie): fab. 154; 156 Lampo (Lampus): fab. 181,5 Lampone (Lampon): fab. 30,9 Laocoonte (Laocoon) di Calidone: fab. 14,17 Laocoonte (Laocoon) di Troia: fab. 135 Laodamia: fab. 103; 104; 243,3; 251,2; 256 Laodice: fab. 90; 101 Laomache: fab. 163 Laomedonte (Laomedon): 31,4; 89; 91; 97,3; 250,1; 270,2 Lapiti (Lapithi): fab. 33 Lari (Lares): fab. 139 Larisa: fab. 145 Latino (Latinus): fab. 127 Latona: gen. 10; 33 – fab. 9; 53; 55; 140 Latusa (Lathusa): fab. 45 Learco (Learco): fab. 1; 4 Leda: fab. 14,12; 77-79; 155; 224,1; 240; 251,2 Leena (Leaene): fab. 181,6 Leito (Leitus): fab. 97,9; 114 Lelape (Laelaps), cane di Atteone: fab. 181,3 Lelape (Laelaps), cane di Cefalo: fab. 189 Lemniadi (Lemniades): fab. 15; 255 Leodoco (Leodocus): fab. 159 Leone Nemeo (Leo Nemaeus): 404
fab. 30,2 Leonteo (Leonteus): fab. 62; 81; 97,15; 114 Lernea, fonte (Lernaeus fons): fab. 169; 169A Lerno (Lernus): fab. 14,19 Lerta: fab. 11 Lestrigoni (Laestrygones): fab. 125,7 Leucippe, figlia di Testore: fab. 190 Leucippe, moglie di Ilo: fab. 250,1 Leucippe, moglie di Testio: fab. 14,17 Leucippo (Leucippo), padre di Pitana: fab. 157 Leucippo (Leucippus), figlio di Ercole: fab. 162 Leucippo (Leucippus), figlio di Ippocoonte: fab. 80; 173,3 Leucite (Leucites): fab. 162 Leucone (Leucon): fab. 181,3 Leuconoe, figlia di Lucifero: fab. 161 Leuconoe, figlia di Nettuno: fab. 157 Leucotea (Leucothea): fab. 2,5; 224,5 Leucotoe (Leucothoe): gen. 8 – fab. 14,20; 125,17 Libera: fab. 224,2 Libero (Liber): fab. 2; 3; 7; 14,10; 14,19; 43; 129-134; 155; 167; 179; 184; 191; 192; 224,1-2; 225; 239; 242,2; 251,1; 275,6 Libertà (Libertas): gen. 24 Libi (Libys): fab. 134; 160 Libia (Libye): fab. 149; 157*; 160 Lica (Lichas): fab. 36 Licabante (Lycabas): fab. 134 Licaone (Lycaon): fab. 155; 176;
Indice dei nomi
177; 224,3; 225 Licena (Lycaena): fab. 181,6 Licisco (Lyciscus): fab. 181,3 Lico (Lycus), figlio di Marte: fab. 159 Lico (Lycus), marito di Antiope: fab. 7; 8; 15; 31,6; 32; 76; 157 Lico (Lycus), padre di Ascalafo e Ialmeno: fab. 97,10 Lico (Lycus), re di Nemea: fab. 74; 273,6 Lico (Lycus), re in Propontide: fab. 14,26; 14,30; 18; 248 Licomede (Lycomedes): fab. 96 Licopeo (Lycopeus): fab. 175 Licoreo (Lycoreus): fab.161 Licoriade (Lycorias): gen. 8 Licorma (Lycorma): fab. 241,1 Licoterse (Lycotherses): fab. 184; 240; 254,3 Licurgo (Lycurgus), di Tegea: fab. 14,14; 173,3; 248 Licurgo (Lycurgus), di Tracia: fab. 132; 192; 242,2 Lido (Lydus): fab. 162 Ligea: gen. 8 Limnoria: gen. 8 Linceo (Lyncaeus), figlio di Afareo: fab. 14,12-13 e 32; 80; 173,2 Linceo (Lyncaeus), figlio di Egitto: fab. 168; 170,9; 244,3; 273,2 Linceo (Lyncaeus), figlio di Testio: fab. 173,2; 174 Linceo (Lyncaeus), re in Tracia: fab. 45 Linceste (Lynceste): fab. 181,6 Linco (Lyncus): fab. 259 Lino (Linus): fab. 161; 273,11 Liri (Lyris): fab. gen. 6 Lisianassa (Lysianassa): fab. 90
Liside (Lyside): fab. 90 Litigiosità (Altercatio): gen. 3 Lotofagi (Lotophagi): fab. 125,2 Lucifero (Lucifer): fab. 65; 161 Lucrezia (Lucretia): fab. 256 Lucrezio (Lucretius): fab. 256 Luna: gen. 12; 28 – fab. 30,2; 271,1 Lutto (Luctus): gen. 3 Macaone (Machaon): fab. 81; 97,6; 108; 113,2 Macareo (Macareus): fab. 161; 238; 242,2; 243,6 Machimo (Machimus): fab. 181,5 Madre dea (Mater dea): fab. 191 Madre Matuta (Mater Matuta): fab. 2,5; 125,17; 224,5 Maia: gen 16; 32 – fab. 192; 251,4 Manto: fab. 128 Mare: gen. 2; 5 Marone (Maro): fab. 116; 125,4 Marsia (Marsyas): fab. 165; 191; 273,11 Marte (Mars): gen. 20; 29 – fab. 3; 6; 12; 14,16; 22; 23; 30,6; 30,10; 31,3; 45; 84; 112,4; 148; 159; 171; 173,1; 178; 179; 188; 198; 223; 225; 239; 241; 242,3; 245; 246; 250,1; 252; 269; 273,11 Meandro (Maeandrus): gen. 6 Medea: gen. 37 – fab. 3; 14,30; 2127; 182; 239; 275,5 Medo (Medus): fab. 26; 27; 244,5 275,5 Medonte (Medon): fab. 134 Medusa, figlia di Pelia: fab. 24 Medusa, figlia di Priamo: fab. 90 Medusa, gorgone: gen. 9; 40 – fab. 151 Megapente (Megapenthes): fab. 244,3 Megara: 31,6; 31,8; 32; 72; 241 405
Indice dei nomi
Megareo (Megareus): fab. 157; 185 Mege (Meges): fab. 81; 97,12 Megera (Megaera): fab. gen. 3 Mela (Melas), figlio di Frisso: fab. 3; 14,30; 21 Mela (Melas), pirata: fab. 134 Melampo (Melampus): fab. 181,3 e5 Melancete (Melanchaete): 181,4 Melaneo (Melaneus): fab. 181,3 Melanippe: fab. 186; 252 Melanzio (Melanthius): fab. 126,79 Meleagro (Meleager): fab. 14,16; 70; 99; 171; 172; 173,3; 174; 239; 244,1; 249; 270,3; 273,10 Melfide (Melphis): fab. 97,7 Melicerte (Melicertes): fab. 1; 2; 4; 224,5; 239; 243,1; 273,8 Melie: fab. 17; 157 Melisseo (Melisseus): fab. 182 Melite, nereide: gen. 8 Melite, oceanina: gen. 6 Melpomene: gen. 30 – fab. 125,13; 141 Memnone (Memnon): fab. 112,4 Menalippo (Menalippus): fab. 69 Meneceo (Menoeceus), figlio di Creonte: fab. 68 Meneceo (Menoeceus), padre di Creonte e Giocasta: fab. 25; 66; 67; 70; 72; 76; 242,3; 243,7 Menefiaro (Menephiarus): gen. 4 Menefrone (Menephron): fab. 253 Menelao (Menelaus): fab. 78; 81; 88; 92; 95; 97,1; 98; 107; 108; 112,1 e 3; 113,2; 114; 116; 118; 122; 123; 273,13 Menesteo (Menestheus): fab. 81; 97,11 406
Menete (Menoetes): fab. 67 Meneto (Menetus): fab. 14,3 Menezio (Menoetius): fab. 14,6; 97,2; 257,1; 270,3 Menippe: gen. 6 Menodice: fab. 14,11 Menzogna (Mendacium): gen. 3 Mera (Maera), cane: fab. 130 Mera (Maera), nereide: gen. 8 Mercurio (Mercurius): gen. 32 – fab. 14,3; 32; 62; 64; 92; 103; 106; 125,8-9, 16 e 19; 143-145; 160; 164; 173,1; 179; 195; 200; 201; 224,4-5; 225; 241; 251,4; 271,2; 273,11; 275,3; 277,1-3 Merione (Meriones): fab. 81; 97,7; 114 Mermero (Mermerus): fab. 25; 239 Mero (Moeros/Moerus): fab. 257,3-8 Merope, fetontiade: gen. 38 – 154 Merope, moglie di Cresfonte: fab. 137 Merope, moglie di Megareo: fab. 185 Merope, oceanina: fab. 154 Merope, pleiade: gen. 16 – fab. 192 Mesembria: fab. 183 Mestore (Mestor): fab. 90 Metabo (Metabus): fab. 252 Metalce (Metalces): fab. 170,3 Metaponto (Metapontus): fab. 186 Meti (Metis): gen. 6 Metidice: fab. 70 Micone (Mycon): fab. 254,3 Mida (Midas): fab. 191; 274,6 Midamo (Midamus): fab. 170,5 Midea: fab. 170,1 Mileto (Miletus): fab. 243,6
Indice dei nomi
Mineo (Mineus): fab. 170,2 Minerva: gen. 21 – fab. 14,33; 23; 30,3; 37; 39; 63; 80; 88; 92; 107; 108; 116; 125,20; 126,1, 5 e 6; 127; 142; 146; 148; 150; 164166; 168; 178; 204; 275,2; 277,5 Minia (Minyas): fab. 14,2; 14,24 Minii (Minyae): fab. 14,24 Minosse (Minois/Minos): fab. 14,10; 14,19; 14,22; 39-42; 44; 47; 49; 136; 155; 173,2; 178; 198; 224,2; 243,5; 251,4; 255 Minotauro (Minotaurus): fab. 38,8; 40-42 Mirmidone (Myrmidon), argonauta: fab. 14,3 Mirmidone (Myrmidone), figlia di Danao: fab.170,2 Mirmidoni (Myrmidones), popolazione: fab. 52 Mirtilo (Myrtilus): fab. 84; 224,5 Miseria: gen. 1 Mnemosine (Mnemosyne): gen. 31 Mnesimaco (Mnesimachus): fab. 70 Mnesteo (Mnestheus): fab. 273,1415 e 18 Molo (Molus): fab. 97,7 Molpe: gen. 30 Moneta (Moneta): gen. 3; 27 Monuste: fab. 170,5 Mopso (Mopsus): fab. 14,5; 14,29; 128; 173,3 Morte (Mors): gen. 1 Muse (Musae): gen. 27 – fab. 165; 224,4 Musica: fab. 183 Naiadi (Naides): fab. 182 Nape: fab. 181,3 Narciso (Narcissus): fab. 271,2 Nasamone (Nasamon): fab. 14,28
Naubolo (Naubolus): fab. 14,17 Nauplio (Nauplius), padre di Palamede: fab. 14,11; 105; 116; 277,1 Nauplio (Nauplius), figlio di Amimone: fab. 169; 169 A Nausicaa: fab. 125,18; 126,1 Nausidame: fab. 14,15 Nausitoo (Nausithous): fab. 125,10 Nebrofono (Nebrophonus): fab. 181,3 Neera (Naeera): fab. 243,4; 244,2 Neleo (Neleus): fab. 10; 14,14; 14,21; 31,8; 97,5; 157; 244,1; 273,12 Nemerte (Nemertes): gen. 8 Nemesi (Nemesis): gen. 1 Neottolemo (Neoptolemus): fab. 97,15; 108; 112,4; 113,2; 114; 123; 193 Nereide (Nereis), figlia di Priamo: fab. 90 Nereidi (Nereides): gen. 8 fab.– 64; 106 Nereo (Nereus): gen. 7; 8 – 157 Nesea (Nesaea): gen. 8 Nesso (Nessus): fab. 31,10; 34; 36; 240; 243,3 Nestore (Nestor): fab. 10; 97,5; 252; 273,12 Nettuno (Neptunus): gen. 13; 18; 40 – fab. 3; 10; 12; 14,4; 14,11; 14,15; 14,16; 14,26; 14,32; 17; 18; 28; 31,6; 32; 37; 38,1 e 3; 46; 47; 56; 64; 76; 89; 125,3 e 17; 135; 139; 140; 151; 157; 161; 164; 166; 169; 169A; 173,1; 186-188; 195; 238; 243,1; 252; 273,11-12; 274,22 Niavio (Niavius): fab. 170,4 407
Indice dei nomi
Nilo (Nilus): gen. 6 Ninfa (Nymphe): fab. 183 Nino (Ninus): fab. 240 Niobe (Niobe/Nioba): fab. 9; 10; 14,14; 145; 155 Nireo (Nireus): fab. 81; 97,14; 113,2; 270,2 Nisa (Nysa): 182 Niso (Nisus), amico di Eurialo: fab. 257,13; 273,16 Niso (Nisus), padre di Scilla: fab. 198; 242,3; 255 Niso (Nysus), padre di Eurinome: fab. 157 Niso (Nysus), pedagogo di Libero: fab. 131; 167; 179 Nitteo (Nycteus): fab. 7; 9; 155; 157 Nittimene (Nyctimene): fab. 204; 253 Noto (Notus): gen. 15 Notte (Nox): gen. 1 Nube (Nubes): fab. 33; 34 Nuvola (Nebula): 1; 2 Oanne (Oannes): fab. 274,16 Oblio (Oblivio): gen. 3 Obrimo (Obrimus), cane di Atteone: fab. 181,5 Obrimo (Obrimus), figlio di Egitto: fab. 170,2 Oceanina (Oceanitis): gen. 6 Oceano (Oceanus): gen. 3; 6 – fab. 138; 143; 156; 182; 275,6 Ociale (Ocyale): fab. 163 Ocidrome (Ocydrome): fab. 181,6 Ocidromo (Ocydromus): fab. 181,5 Ocipete (Ocypete): gen. 35 – fab. 14,18 Ocipode (Ocypode): fab. 181,6 Ocito (Ocitus): fab. 97,13 408
Ocitoo (Ocythous): fab. 181,5 Odedoco (Hodeodocus): fab. 14,7 Ofelte (Opheltes): fab. 134 Ofite (Ophites) figlio di Ercole: fab. 31,6; 31,8; 32; 72; 162 Ofite (Ophites), figlio di Ipsipile: fab. 74 Ogigia (Ogygia), figlia di Anfione: fab. 11; 69 Oileo (Oileus): fab. 14,7; 97,5 Olimpo (Olympus): fab. 273,11 Onesimaco (Onesimachus): fab. 97,11 Onfale (Omphale): fab. 32 Opi (Opis), madre di Euripilo: fab. 97,6 Opi (Opis), nereide: gen. 8 Opi (Ops): gen. 3; 13 – fab. 139 Orco (Orcus): fab. 139 Orcomeno (Orchomenus): fab. 1; 239 Ore (Horae): gen. 25 – fab. 183 Oreaside (Oreasis): fab. 145 Oresitrofo (Oresitrophos): fab. 181,4 Oreste (Orestes): fab. 101; 117; 119-121-124; 244,2; 254,1; 257,1; 261 Orfeo (Orpheus): fab. 14,1; 14,27; 14,32; 251,3; 273,11 Oriante (Orias): fab. 181,6 Oribaso (Oribasus): fab. 181,3 Orione (Orion): fab. 14,11; 195 Orizia (Orithya), nereide: gen. 8 Orizia (Orythia), figlia di Eretteo: fab. 14,18; 19 Oronte (Orontes): gen. 6 Ortigia (Ortygia): fab. 53; 140 Ortosia (Orthosie): fab. 183 Oscurità (Caligo): gen. 1 Ossiboe (Oxyboe): fab. 181,6
Indice dei nomi
Oto (Otus): gen. 4 – fab. 28 Otrera (Ot(h)rera/Ot(h)rere): fab. 30,10; 112,4; 163; 223; 225 Ozomene: fab. 14,18 Pachito (Pachitos): fab. 181,5 Pafo (Paphus): fab. 242,4; 270,1; 275,7 Palamede (Palamedes): fab. 95; 105; 116; 117; 160; 277,1 Palemone (Palaemon), dio: fab. 2,5; 224,5 Palemone (Palaemon), figlio di Priamo fab. 90 Palemonio (Palaemonius): fab. 14,19 Pallante (Pallas), gigante/titano: gen. 4; 10; 17 Pallante (Pallas), padre di Eurito: fab. 97,11 Pallante (Pallas), pretendente al trono di Teseo: fab. 244,1 Pan: fab. 191; 196; 224,4; 274,18 Pandaro (Pandarus): fab. 102,1 Pandia: gen. 28 Pandione (Pandion): fab. 26; 37; 45; 46; 48; 189; 238; 239; 241; 255; 270,2 Pandora: fab. 142 Pandroso (Pandrosos): fab. 166 Panfago (Pamphagus): fab. 181,3 Panfilo (Pamphilus): fab. 170,4 Panope (Panopes), compagno di Enea: fab. 273,16 Panope, nereide: gen. 8 Panopea (Panopaea): gen. 8 Pantio (Panthius): fab. 170,1 Pantoo (Panthous): fab. 115 Parche (Parcae): gen. 1 – fab. 171; 174; 277,1 Paride (Paris): fab. 91; 92; 98; 107; 270,2; 273,12
Partaone (Parthaon): fab. 129; 175; 239; 242,2 Partenopeo (Parthenopaeus): fab. 70; 71; 99; 100; 270,3 Pasifae (Pasiphae), moglie di Minosse: gen. 36 – fab. 14,22; 30,8; 40; 136; 156; 224,2 Pasifae (Pasiphae), oceanina: gen. 6 Patroclo (Patroclus): fab. 81; 97,2; 106; 112,2; 114; 257,1; 270,3; 273,13 Paura (Formido): gen. 29 Peante (Poeas): fab. 14,22; 36; 97,8; 102; 257,2 Pegaso (Pegasus): fab. gen. 40 – 57; 151 Pelasgo (Pelasgus): fab. 124; 145; 176; 225 Peleo (Peleus): fab. 14,8; 14,32; 54; 92; 96; 97,2; 157; 173,2; 257,1-2; 270,3; 273,10 Peletronio (Pelethronius): fab. 274,2 Pelia (Pelias): fab. 12; 13; 14,23; 24; 50; 51; 157; 243,4; 250,3; 251,3; 256*; 273,10 Peliade (Peliades): fab. 24 Pelope (Pelops): fab. 14,20; 8288; 124; 243,3; 244,4; 245; 246; 271,2; 273,5 Pelopia: fab. 24; 87; 88; 243,8; 252; 253 Peloride (Peloris): fab. 97,11 Peloro (Pelorus), gigante: gen. 4 Peloro (Pelorus), sparto: fab. 178 Pemenide (Poemenis): fab. 181,3 Pemfredo (Pemphredo): gen. 9 Peneleo (Peneleus): fab. 81; 97,8; 114 Penelope: fab. 125,19; 126; 127; 409
Indice dei nomi
224,4; 256 Peneo (Peneus): fab. 161; 203 Penteo (Pentheus): fab. 76; 184; 239 Pentesilea (Penthesilea): fab. 112,4; 163 Perdice (Perdix): fab. 39; 244,5; 274,14 Peribea (Periboea), madre di Tideo: 69; 70 Peribea (Periboea), moglie di Polibo: fab. 66; 67 Periclimene (Periclymene): fab. 14,2 Periclimeno (Periclymenus): fab. 10; 14,14; 14,16; 157 Perio (Perius): fab. 170,1 Pernide (Pernis): fab. 97,10 Pero: fab. 159 Perse (Perses), figlia di Polo: gen. 10 Perse (Perses), figlio del Sole: gen. 36 – fab. 27; 244,5 Perseo (Perseus): fab. 63; 64; 155; 224,2; 244,1 e 3; 273,4; 275,5 e 7 Perseone (Perseon): fab. 14,7 Perside (Persis), oceanina: gen. 9 – fab. 156 Pertenopeo (Parthenopaeus): fab. 70; 71; 99 Petulanza (Petulantia): gen. 1 Pierio (Pierius): fab. 225 Pigmalione (Pygmalion): fab. 56 Pigrizia (Socordia): gen. 3 Pilade (Pylades): fab. 119; 120; 123; 257,1; 261 Pilemene (Pylaemenes): fab. 113,2 Pilo (Pilus): fab. 273,11 Pilone (Pylon): fab. 14,8 Piramo (Pyramus): fab. 242,5; 243,8 410
Pirante (Pyrante)*: fab. 170,3 Pirante (Pyrantis)*: fab. 170,7 Piranto (Piranthus/Peranthus), figlio di Argo: fab. 124; 145 Piranto (Pyranthus), re di Corinto: fab. 189 Piremo (Pyremus): fab. 14,1 Pirene: fab. 170,7 Piritoo (Pirithous): fab. 14,6; 33; 79; 97,14; 155; 251,3; 257,1 Piroente (Pyrois): fab. 183 Pirra (Pyrrha), figlia di Epimeteo: fab. 142; 152A; 153; 155 Pirra (Pyrrha), soprannome di Achille: fab. 96; 97,15 Pirro (Pyrrhus): fab. 97,15 Pisidice: fab. 24 Pisinoe: gen. 30 Pistri (Pistris), nave: fab. 273,14 Pitagora (Pythagoras): fab. 112,3 Pitana: fab. 157 Pitici (Pythia), giochi: fab. 140 Pitio (Pythius): fab. 140 Pitiocampte (Pityocamptes): fab. 38,2 Pitone (Python): gen. 34 – fab. 53; 140 Pitteo (Pittheus): fab. 14,5; 37; 79; 243,2 Pleiadi (Pleiades): fab. 192 Pleione: gen. 16 – fab. 192; 248 Plessippo (Plexippus), figlio di Egitto: fab. 170,1 e 7 Plessippo (Plexippus), figlio di Testio: fab. 173,2; 174; 244,1 Plistene (Plisthenes) figlio di Atreo: fab. 86 Plistene (Plisthenes) figlio di Tieste: fab. 88; 244,4; 246 Pluto, madre di Tantalo: fab. 82; 155 Plutone (Pluto/Pluton): gen. 13;
Indice dei nomi
79 – 146 Po (Padus): fab. 154 Podalirio (Podalirius): fab. 81; 97,6 Podarce (Podarces): fab. 89; 97,12 Podarce: gen. 35 Podargo (Podargus): fab. 30,9 Podasimo (Posasimus): fab. 170,7 Poliba (Polybe): fab. 170,6 Polibo (Polybus), di Argo: fab. 14,10 Polibo (Polybus), di Corinto: fab. 66; 67 Polibote (Polybotes): gen. 4 Polidamante (Polydamas): fab. 115 Polidette (Polydectes): fab. 63; 64; 273,4 Polidettore (Polydector): fab. 170,5 Polidora (Polydora): fab. 163 Polidoro (Polydorus), figlio di Cadmo: fab. 76; 179 Polidoro (Polydorus), figlio di Ippomedonte: fab. 71 Polidoro (Polydorus), figlio di Priamo: fab. 109; 254,1 Polifemo (Polyphemus), argonauta: fab. 14,2; 14,25 Polifemo (Polyphemus), ciclope: fab. 125,3; 157* Polifonte (Polyphontes): fab. 137 Poliido (Polyidus): fab. 128; 136; 251,4 Poliinno (Polyhymno): fab. 182 Polimena (Polymena): fab. 90 Polimeto (Polymetus): fab. 90 Polimnestore (Polymnestor): fab. 109; 240 Polinice (Polynices): fab. 67-72; 76; 243,8; 254,1
Polipete (Polupoetes): fab. 81 97,14; 114 Polissena (Polyxena), figlia di Danao: fab. 170,4 Polissena (Polyxena), figlia di Priamo: fab. 110 Polisseno (Polyxenus): fab. 81; 97,11 Polisso (Polyxo), iade fab.192 Polisso (Polyxo), lemniade: fab. 15 Polisso (Polyxo), oceanina: gen. 6 Polite (Polites): fab. 90 273,12 Polluce (Pollux): fab. 14,12; 17; 77; 79; 80; 92; 155; 173,1; 224,1; 251,2; 273,10; 275,5 Polo (Polus): gen. 3; 10 – 140 Ponto (Pontus): gen. 3; 5; 7 Porfirione (Porphyrion): gen. 1 Portaone (Porthaon): fab. 14,17; 172 Portuno (Portunus): fab. 2,5 Potere (Potestas): gen. 17 Preto (Proetus): fab. 57; 243,2; 244,3 Priamo (Priamus): fab. 89-91; 93; 101; 105; 106; 108-111; 113,2; 128; 240; 243,1; 243,4; 254,1; 256; 270,2; 273,12 Priapo (Priapus): fab. 160 Priaso (Priasus): fab. 14,19 Procne (Progne): fab. 45; 239; 246; 255 Procri (Procris): fab. 189; 241; 253 Procuste (Procustes): fab. 38,3 Prometeo (Prometheus): gen. 11 – fab. 31,5; 54; 142; 144 Proneo (Proneus): fab. 90 Proserpina: gen. 26 – fab. 79; 141; 146; 147; 155; 167; 251,1 Protenore (Prothoenor): fab. 97,9 Proteo (Proteus), divinità marina: 411
Indice dei nomi
fab. 118; 128 Proteo (Proteus), figlio di Egitto: fab. 170,1 Proteone (Protheon): fab. 170,3 Protesilao (Protesilaus): fab. 81; 103; 104; 113,1; 114; 243,3; 251,2; 256 Proto: gen. 8 Protodamante (Protodamas): fab. 90 Protogenia (Protogenie): fab. 155 Protoo (Prothous): fab. 81; 97,13 Pterelao (Pterelas): fab. 181,3 Pugnone (Pugnon)*: fab. 170,6 Punici (Poeni): fab. 178 Radamanto (Rhadamanthus): fab. 155; 178 Reco (Rhoecus): gen. 4 Remo (Remus): fab. 252 Rene (Rhene): fab. 97,5 Reso (Rhesus): fab. 113,2 Rodope (Rhodope): gen. 6 Romolo (Romolus): fab. 252 Sagittario (Sagittarius): fab. 224,4 Sainone (Sainon): fab. 181,6 Salio (Salius): fab. 273,16 Salmoneo (Salmoneus): fab. 60; 61; 157; 239; 250,3; 254,3 Santippe (Xanthippe): fab. 254,3 Sardo: fab. 275,7 Sarpedone (Sarpedon): fab. 106; 112,2; 113,2; 115; 155; 178; 273,12 Saturno (Saturnus): gen. 3; 13; 14 – fab. 138; 139; 150; 183; 220; 261; 274,9 Scamandro (Scamandrus): gen. 6 Scellerata, strada (Sceleratus, vicus): fab. 255 Scheneo (Schoeneus): fab. 173,3; 185; 206; 238; 242,4; 244,1; 246 412
Scilla (Scylla), figlia di Crateide: fab. 199 Scilla (Scylla), figlia di Niso: fab. 199; 255 Scilla (Scylla), figlia di Pallante: gen. 17 Scilla (Scylla), figlia di Tifone: gen. 39 – fab. 125,14; 151 Scilla (Scylla), nave: fab. 273,15 Scilla (Scylla): figlia di Danao: fab. 170,1 Scirone (Sciron): fab. 38,4 Selinuntio (Selinuntius): fab. 257,4-8 Semele: fab. 5; 9; 155; 167; 179; 224,1; 251,1 Semiramide (Semiramis): fab. 240; 243,8; 275,7 Sergesto (Sergestus): fab. 273,1415 Settentrione (Septentrio): fab. 177; 224,3 Sfincio (Sphincius): fab. 1; 239 Sfinge (Sphinx): gen. 39 – fab. 67; 151 Sibilla Cumana (Sybilla Cymaea): fab. 128 Sibilla Samia (Sybilla Samia): fab. 128 Siboe: fab. 11 Sictozio (Sictothius): fab. 11 Sileno (Silenus): fab. 191 Simoenta (Simois): gen. 6 Simone (Simon): fab. 134 Simonide (Simonides): fab. 277,1 Simplegadi (Symplegades): fab. 19; 21 Sipulo (Sipulus): fab. 11 Sirene (Sirenes): gen. 30 – fab. 14,27; 125,13; 141 Sirenide (Sirenides), toponimo:
Indice dei nomi
fab. 141 Siria, dea (Syria, dea): fab. 197 Sisifio (Sisyphius): fab. 201 Sisifo (Sisyphus): fab. 60; 61; 201; 239; 250,3; 273,11 Smirna (Smyrna/Zmyrna): fab. 58; 242,4; 251,4; 271,1 Sogni (Somnia): gen. 1 Sole (Sol): gen. 12; 36; 38 – fab. 3; 14,15; 14,20; 14,22; 22; 27; 40; 88; 125,7 e 15; 148; 152A; 154; 156; 183; 199; 205; 223; 244,5; 245; 250,1; 275,6 Sonno (Somnus): gen. 1 Sparti (Spartoe): fab. 178 Spintere (Spinter): fab. 158 Spio: gen. 8 Stenebea (Stheneboea): fab. 57; 243,2 Stenelo (Sthenelus): fab. 81; 108; 175; 244,4; 257,2; 275,7 Steno (Sthenno): gen. 9 Sterope (Steropes), titano: gen. 3 Sterope, cavalla del Sole: fab. 183 Sterope, madre di Enomao: fab. 159 Sterope, pleiade: fab. 192 Stige (Styx): gen. 1; 17 Stilbo: gen. 6 Stilbone (Stilbon): fab. 181,5 Stinfalidi (Stimphalides): fab. 20; 30,6 Stitte (Sticte): fab. 181,3 Strimone (Strymon): gen. 6 Strofio (Strophius): fab. 117; 119; 120; 257,1 Sucule (Suculae): fab. 192 Superbia: gen. 3 Taigete (Taygete): fab. 155; 192 Talao (Talaus): fab. 69-71; 73 Talia (Thalia): gen. 8
Tallo (Thallo): fab. 183 Talpio (Thalpius): fab. 81 Taltibio (Talthybius): fab. 97,15 Tanai (Tanais): gen. 6 Tantalo (Tantalus), figlio di Giove: fab. 9; 82-84; 124; 155; 245; 273,5 Tantalo (Tantalus), figlio di Niobe: fab. 11 Tantalo (Tantalus), figlio di Tieste: fab. 88; 244,4; 246 Tartara: fab. 152 Tartaro (Tartarus): gen. 3; 4 – fab. 152 Tasio (Thasius): fab. 247 Taumante (Thaumas): gen. 7; 35 – fab. 14,18 Teano (Theano): fab. 186 Tebaide (Thebais): fab. 275,1 Telamone (Telamon): fab. 14,8; 14,32; 89; 97,3; 173,2; 273,10 Telefo (Telephus): fab. 99-101; 162; 244,1; 244,2; 252; 273,12 Telefonte (Telephontes): fab. 137 Telegono (Telegonus): fab. 125,10; 127 Telemaco (Telemachus): fab. 95; 125,20; 127 Telemo (Telemus): fab. 125,3; 128 Teleonte (Teleon): 14,6; 14,9; 14,27; 14,28 Telsiepia (Thelxiepia): gen. 30 Temeno (Temenus): fab. 124; 219 Temi (Themis): gen. 3; 25 – 183 Temistagora (Themistagora): fab. 170,7 Temisto (Themisto): 1; 4; 157; 239; 243,5 Tentredone (Tenthredon): fab. 97,13 Teobule (Theobula): fab. 97,9; 413
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224,5 Teoclimeno (Theoclymenus): fab. 128 Teodamante (Theodamas), gigante: gen. 4 Teodamante (Theodamas), padre di Ila: fab. 14,11; 271,2 Teofane (Theophane): fab. 3; 188 Teomise (Theomises): gen. 4 Teonoe (Theonoe): fab. 190; 256 Tera (Thera): fab. 69 Tereo (Tereus): fab. 45; 239; 244,4; 246 Teridamante (Theridamas): fab. 181,4 Terifone (Theriphone): fab. 181,6 Terimaco (Therimachus): fab. 31,6; 31,8; 32; 72; 162 Teriope (Theriope): fab. 181,6 Termodonte (Thermmodoon): gen. 6 Terodanapide (Therodanapis): fab. 181,3 Terone (Theron): fab. 181,3 Terra: gen. 2; 3; 4; 7; 34 – fab. 31,1; 48; 55; 140; 203 Tersandro (Thersander): fab. 69; 71 Tersanone (Thersanon): fab. 14,20 Teseide (Theseis): fab. 163 Teseo (Theseus): fab. 14,5; 30,10; 37-38; 40-43; 47; 48; 59; 79; 187; 241; 243,6; 244,1; 250,2; 251,3; 257,1; 270,3; 271,2; 173,8 Tesmoforie (Thesmophoria): fab. 147 Tespiadi (Thespiades): fab. 162 Tespio (Thespius): fab. 162 Tesproto (Thesprotus): fab. 88 Tessalo (Thessalus): fab. 225 414
Tessandro (Thessander): 108 Testio (Thestius): fab. 14,12; 14,16; 14,17, 14,21; 70; 73; 77; 78; 129; 155; 171; 174; 239; 240; 250,2 Testore (Thestor): fab. 97,15; 128; 190; 256 Teti (Tethys): gen. 6 – fab. 54; 92; 96; 97,2; 106; 177; 270,3 Teucro (Teucer): fab. 89; 97,3; 114 Teutrante (Teuthras): fab. 99; 100 Tideo (Tydeus): fab. 69; 70; 97,4; 257,2 Tieste (Thyestes): fab. 84-87; 117; 124; 243,8; 244,2 e 4; 246; 252; 253; 258 Tifi (Tiphys): fab. 14,9; 14,26; 14,32*; 18 Tifone (Typhon): fab. gen. 4; 39 – 30,3; 30,12; 30,13; 67; 125,14; 151; 152; 196 Tigre (Tigris): fab. 181,3 Timbreo (Thymbraeus): fab. 135 Timolo (Timolus): fab. 191 Timore (Timor): gen. 3 Tindaro (Tyndareus): fab. 77-80; 92; 117; 119 Tiresia (Tiresias): fab. 67; 68; 75; 125,15; 128 Tiro (Tyro): fab. 12; 60; 157; 239; 254,3 Tirreni (Tyrrheni): fab. 134 Tirreno (Tyrrhenum), mare: fab. 134 Tirreno (Tyrrhenus), figlio di Ercole: fab. 274,19 Tisadie (Thisadie): fab. 92 Tisameno (Tisamenus): fab. 124 Tisbe (Thisbe): fab. 242,5; 243,8 Tisifone (Tisiphone): gen. 3 Titani (Titanes/Titani): gen. 3 –
Indice dei nomi
fab. 150; 155; 167 Titono (Tithonus): fab. 170,2 Tizio (Tityus): fab. 14,15; 55 Tlepolemo (Tlepolemus): fab. 81; 97,7; 113,2; 162 Tlesimene (Tlesimenes): fab. 71 Toante (Thoas): fab. 15; 74; 81; 97,12; 108; 114; 120; 121; 254,2; 261 Toe (Thoe): gen. 8 Too (Thous): fab. 181,3 Trapezunte (Trapezos): fab. 176 Trasimede (Thrasymedes): fab. 97,5; 114 Trasio (Thrasius): fab. 56 Triope (Triops/Triopas): fab. 124; 145; 225 Trite: fab. 170,2 Tritone (Triton): gen. 17 – fab. 14,28* Tritonide (Tritonides): fab. 14,28 Trittolemo (Triptolemus): fab. 147; 259; 277,4 Troilo (Troilus): fab. 90; 113,2 Tullia: fab. 255 Udeo (Udaeus): fab. 178 Ulisse (Ulixes): fab. 78; 81; 94; 96 97,4; 98; 101; 102; 105; 107; 108, 111; 114; 116; 125-127; 141; 189; 199; 201; 243,1 e 7; 251,4; 256; 261 Urania, cane di Atteone: fab. 181,6 Urania, musa: fab. 161 Urea: fab. 161 Vecchiaia (Senectus): gen. 1 Vendetta (Ultio): gen. 3 Venere (Venus): gen. 19; 29 – fab. 6; 14,27; 15; 22; 40; 58; 92; 94; 112,1; 146; 148; 159; 165; 179; 185; 197; 198; 251,4; 260; 270,1; 271,1-2; 273,14
Vergine (Virgo), costellazione: fab. 130; 224,4 Vesta: gen. 13 Violenza (Vis): gen. 17 Virbio (Virbius): fab. 251,2 Vittoria (Victoria): gen. 17 Vulcano (Vulcanus): gen. 22 – fab. 38,5; 48; 106; 142; 148; 158; 166; 238 Xante (Xanthe): fab. 163 Xanto (Xantho): gen. 8 Xanto (Xanthus), cavallo di Diomede: fab. 30,9 Xanto (Xanthus), figlio di Egitto: fab. 170,3 Xanto (Xanthus), fiume: fab. 145 Zefiro (Zephirus): fab. 181,5 Zefiro (Zephyrus), vento: gen. 15 Zete (Zetes): fab. 14,18; 14,32; 19; 273,10 Zeto (Zetus): fab. 7; 9; 76; 155 Zeusippe (Zeuxippe): fab. 14,9
415
INDICE
VII IX XI XXXIX
Premessa Prefazione Saggio introduttivo Bibliografia
3 19 25 247 385
Titoli dei miti Genealogie Miti del mondo classico Commento Indice dei nomi