On n'oublie pas la première fois. La lunga attesa della "prima volta" nell'Italia degli anni '90 8849121865, 9788849121865

Sulla prima esperienza sessuale si discute ampiamente, quasi mai attraverso rilevazioni statistiche che consentano un co

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On n'oublie pas la première fois. La lunga attesa della "prima volta" nell'Italia degli anni '90
 8849121865, 9788849121865

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Alberto Cazzola

On n’oublie pas la première fois La lunga attesa della “prima volta” nell’Italia degli anni ’90

© 2003 by CLUEB Cooperativa Libraria Universitaria Editrice Bologna

Fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, comma 4, della legge 22 aprile 1941 n. 633 ovvero dall’accordo stipulato tra SIAE, AIE, SNS e CNA, CONFARTIGIANATO, CASA, CLAAI, CONFCOMMERCIO, CONFESERCENTI il 18 dicembre 2000. Le riproduzioni per uso differente da quello personale potranno avvenire solo a seguito di specifica autorizzazione rilasciata dall’editore.

Cazzola, Alberto On n’oublie pas la première fois. La lunga attesa della “prima volta” nell’Italia degli anni ’90 / Alberto Cazzola. – Bologna : CLUEB, 2003 VI-106 p. ; 22 cm. ISBN 88-491-2186-5

CLUEB Cooperativa Libraria Universitaria Editrice Bologna 40126 Bologna - Via Marsala 31 Tel. 051 220736 - Fax 051 237758 www.clueb.com Finito di stampare nel mese di ottobre 2003 da Studio Rabbi - Bologna

INDICE 1. INTRODUZIONE .................................................................................. 1 1.1. IL PROBLEMA ................................................................................... 1 1.2. L’ESPOSIZIONE DEI RISULTATI .......................................................... 4 1.3. LA NATURA DEI DATI E IL PROBLEMA DELLA SELEZIONE .................. 5 1.4. IL TRONCAMENTO O CENSURA .......................................................... 8 1.5. L’EFFETTO DEL PIANO DI CAMPIONAMENTO E DELLE OMISSIONI .... 10 2. L’ETÀ AL PRIMO RAPPORTO ......................................................... 12 2.1. ASPETTI GENERALI ......................................................................... 12 2.2. LA TENDENZA DI FONDO NELLE ETÀ 14-19..................................... 14 2.2.1. L’affidabilità delle risposte.................................................... 23 2.2.2. Le variabili esplicative disponibili......................................... 25 2.2.3. Le distanze territoriali ........................................................... 31 2.2.4. Il criterio di analisi multivariato ........................................... 35 2.2.5. Una seconda formulazione del modello................................. 41 2.3. LE ETÀ SUCCESSIVE ........................................................................ 45 2.4. CONCLUSIONI E QUESTIONI APERTE ................................................ 54 3. DUE ASPETTI COLLATERALI......................................................... 59 3.1. LA CONTRACCEZIONE AL PRIMO RAPPORTO ................................... 59 3.1.1. Distanze territoriali e culturali .............................................. 62 3.1.2. L’effetto dell’età al primo rapporto ....................................... 66 3.2. LA PRIMA GRAVIDANZA ................................................................. 68 3.2.1. Primo rapporto e prima gravidanza ...................................... 69 4. GLI UOMINI........................................................................................ 74 4.1. L’ETÀ AL PRIMO RAPPORTO ............................................................ 74 4.2. LE ALTRE INDAGINI ........................................................................ 80 4.3. LE VARIABILI ESPLICATIVE DISPONIBILI ......................................... 85 4.4. IL CRITERIO DI ANALISI MULTIVARIATO.......................................... 88 4.5. LE ETÀ SUCCESSIVE ........................................................................ 92 4.6. CONCLUSIONI ................................................................................. 98

v

1. INTRODUZIONE

1.1. Il problema Non è difficile rendersi conto di come in Italia, più che in altre aree a sviluppo avanzato, il tema dei comportamenti sessuali sia ancora oggi osservato da punti di vista molto distanti, spesso contrapposti. L’etica religiosa cattolica è più che mai ancorata al principio fondamentale della sessualità intesa come strumento del disegno procreativo divino, ad una concezione del matrimonio in cui l’astinenza rappresenta l’unico contraccettivo pienamente lecito e in ogni caso disapprova l’attività sessuale intesa in senso “laico”, vale a dire come una dimensione autonoma della vita umana senza ulteriori e inevitabili finalità riproduttive. La distanza tra queste due accezioni non sembra attenuarsi negli ultimi anni, nei quali una delle maggiori novità è rappresentata dal rapido e capillare diffondersi d’ogni genere d’informazioni, incluse quelle riguardanti la sfera sessuale. Ciò nonostante, a parte qualche rara eccezione1, dal punto di 1 Buzzi, C., Giovani, affettività, sessualità. L’amore tra i giovani in una indagine

IARD, Il Mulino, Bologna 1998. Per indicazioni sui restanti pochi e frammentari dati disponibili si veda: Castiglioni M. e Dalla Zuanna G., L’inizio delle relazioni sessuali, in “Lo Stato delle famiglie in Italia” a cura di M. Barbagli e C. Saraceno, il Mulino 1997.

vista quantitativo è inevitabile constatare che il panorama nazionale non offre molte indagini statistiche affidabili. Esaminare con criteri scientifici e oggettivi i costumi sessuali degli italiani, intesi come un particolare aspetto della nostra esistenza, sembra un’attività ancora poco opportuna, se non del tutto sconveniente, oltre a rappresentare una questione sicuramente complessa e impegnativa da più punti di vista. Negli Stati Uniti, a partire dai primi studi a metà degli anni ’50 (Kinsey 1948, 1953), si sono portati a termine diversi tentativi in questa direzione, soprattutto dopo il lavoro di Master e Johnson pubblicato nel 1966. Alcune recenti inchieste, svolte attraverso campioni probabilistici e interviste dirette a metà degli anni ’90, sembrano offrire un quadro conoscitivo decisamente chiaro e affidabile sui comportamenti sessuali in alcuni tra i paesi economicamente più evoluti. In aggiunta ai molti motivi d’ordine scientifico, più o meno specifici, queste ricerche trovano nell’avvento dell’AIDS e nei suoi noti meccanismi di trasmissione una giustificazione diretta e pragmatica. Oggi infatti la necessità di avere informazioni di base affidabili è fortemente avvertita ovunque, sia dagli organi di governo direttamente preposti alla prevenzione e alla cura della sindrome da immunodeficienza acquisita sia dai ricercatori che a vario titolo se ne occupano. I modelli applicati per simulare lo sviluppo dell’epidemia, ad esempio, basano i loro algoritmi interni su informazioni iniziali conosciute solitamente in termini molto approssimati, come il numero medio mensile di partner tra i differenti gruppi a rischio. È evidente che l’assenza di informazioni preliminari accurate comporta il pericolo di ottenere un’eccessiva imprecisione delle stime, vale a dire una quasi inutilità dei risultati anche in presenza di un’eccellente parametrizzazione matematica del problema.

2

Dopo la prima indagine nazionale2 (INF1), svolta nel 1979 con un campione probabilistico di 5.500 donne non nubili e 850 mariti, tra il novembre 1995 e il gennaio 1996 hanno avuto luogo le interviste, di oltre 4.800 donne, 1.200 uomini e 600 coniugi conviventi, previste dal piano di campionamento della seconda indagine sulla fecondità3 (INF2), le cui finalità e caratteristiche tecniche riprendono, con gli opportuni aggiornamenti, i contenuti sviluppati nella prima esperienza. Nel questionario di base, comune a tutti gli intervistati (donne, uomini e coniugati conviventi), tra le molte novità figura anche una domanda sull’età al primo rapporto sessuale completo che, per quanto non ulteriormente dettagliata, rappresenta probabilmente il primo tentativo statisticamente strutturato in grado di raccogliere quest’informazione sull’intero territorio nazionale. L’importanza del primo rapporto sessuale e, più in generale, di tutto il percorso che conduce alla sessualità adulta sono evidenti negli anni dell’adolescenza, quando questi eventi cambiano, talvolta radicalmente, il modo di interpretare e di riconoscere ruoli e rapporti sociali. Accade spesso che il periodo della prima sessualità si accompagni ad atteggiamenti estremi, euforici o depressivi, a modifiche irreversibili nella personalità e nelle forme di comunicazione. È in questo intervallo che si definiscono gli atteggiamenti espressivi più caratterizzanti, talvolta cambiano sia i modi sia i contenuti del linguaggio, prefigurando una specifica qualità e attitudine alle relazioni con il sesso opposto. Ed è ancora in questo periodo che, per la prima volta, la donna si trova esposta al rischio di concepire, di solito senza un’adeguata copertura contraccettiva. 2 Indagine Nazionale sulla Fecondità in Italia, Rapporto Generale Vol. I e Università di Padova 1982. 3 I primi risultati sono in: De Sandre P., Ongaro F., Rettaroli R., Salvini Matrimoni e figli: tra rinvio e rinuncia, Il Mulino, 1997. Il rapporto finale è De Sandre P., Pinnelli A. e Santini A. (a cura di) Nuzialità e fecondità trasformazione: percorsi e fattori del cambiamento, Il Mulino, Bologna 1999.

3

II, S., in: in

Esistono quindi diversi motivi per cui il primo rapporto sessuale costituisce un evento rilevante, con implicazioni che coinvolgono varie discipline scientifiche. Dal punto di vista sociale e demografico, si può aggiungere che il comportamento riproduttivo degli adolescenti risulta strettamente collegato ai tempi e ai modi della sessualità ed inoltre condiziona l’intero percorso riproduttivo. In linea di massima, la tendenza ad avere una discendenza numerosa implica una sessualità precoce, alla quale segue un altrettanto rapido avvio della riproduzione come accade ancora oggi nei paesi meno sviluppati. In termini quantitativi, va poi tenuto conto che generalmente le età giovanili fanno registrare una parte considerevole, quando non preminente, delle nascite avvenute fuori dal matrimonio. Ad un livello di fecondità specifica solitamente basso, 3/4 nati ogni mille donne, si associa infatti il maggior numero di soggetti esposti a rischio, poiché le adolescenti sono quasi sempre non coniugate.

1.2. L’esposizione dei risultati In sintesi, il testo esamina i tempi con cui gli adolescenti hanno fatto il loro ingresso nella sessualità adulta durante il nostro recente passato, vale a dire dagli anni del dopoguerra sino alla prima metà degli anni ’90, e propone alcune analisi sulle determinanti sociali che hanno condizionato e presumibilmente condizionano ancora questo evento. Nella prima parte, il riferimento è alla popolazione femminile, rappresentata da 4.824 donne intervistate nel corso dell’indagine INF2, al minimo ventenni, con una particolare attenzione agli eventi “precoci”, accaduti nelle età comprese tra 14 e 19 anni. Nella seconda parte, sono considerati aspetti analoghi riferiti alla popolazione maschile, composta da 1.206 uomini rilevati con modalità del tutto equivalenti.

4

Anche se con maggiore attenzione al contesto femminile, inizialmente viene premesso un quadro generale dei problemi che solitamente comportano le indagini trasversali con ricostruzioni retrospettive, quindi è descritta l’età al primo rapporto, sia secondo quanto emerge dai dati INF2 in Italia sia rispetto ad altre indagini internazionali, con alcune possibili chiavi di lettura sulla dinamica generazionale dei rapporti sessuali precoci, visti dapprima in termini univariati poi multivariati. Il ricorso alle funzioni di eliminazione consente inoltre di descrivere correttamente l’intero periodo di esposizione al rischio di un primo rapporto sessuale. In chiusura, sono riassunti i caratteri maggiormente esplicativi, le tendenze in atto e i limiti della parametrizzazione adottata.

1.3. La natura dei dati e il problema della selezione Come sottolineato in occasione della precedente rilevazione sulla fecondità4, le indagini trasversali progettate allo scopo di ottenere informazioni sulle storie retrospettive incontrano generalmente difficoltà collegate al processo di selezione, al troncamento delle informazioni e al piano di campionamento, in aggiunta agli usuali problemi di affidabilità e qualità dei dati. Poiché le prime tre circostanze possono influenzare pesantemente la stima corretta dei collegamenti tra variabili dipendenti e indipendenti, mentre le ultime due riguardano la stessa attendibilità delle stime relative alle variabili di maggiore interesse, conviene delinearle brevemente accennando anche alle strategie usate per porvi rimedio. Generalmente si parla di selezione quando le variabili oggetto di analisi sono studiate su campioni che dipendono, in 4 Palloni A., Problemi di analisi dei dati provenienti da indagini campionarie

trasversali, Rapporti monografici INF1, n. 5, Università di Padova, 1984.

5

qualche misura, proprio da queste stesse variabili. Le conseguenze sono rilevanti e riguardano sia la cosiddetta validità esterna, cioè la possibilità di estendere i risultati alla popolazione di riferimento, sia la validità interna, in quanto anche i risultati riferiti al solo collettivo estratto possono presentare problemi. La selezione può derivare dal modo con cui il campione è stato costruito oppure dallo stesso processo oggetto di studio. Nel primo caso, occorre considerare che nell’indagine INF2 le intervistate avevano tra 20 e 49 anni compiuti e quindi unicamente per le più anziane si possono ricostruire storie di vita relativamente complete. Questa circostanza, oltre a comportare l’esistenza di informazioni parziali per le più giovani, genera inevitabilmente problemi di selezione. Se si osserva l’accadimento del primo rapporto sessuale, ad esempio, si hanno maggiori informazioni per eventi che accadono alle età più giovani (attuali o in riferimento ad esperienze passate) e assai meno per le età adulte. Mancano infatti le informazioni sugli eventi futuri che riguarderanno le donne giovani al momento dell’inchiesta. Inoltre gli eventi relativi alle donne adulte riguardano unicamente anni recenti, vicini al momento dell’intervista, poiché non sono incluse donne particolarmente anziane in grado di ricostruire eventi accaduti molti anni prima. Da questo punto di vista, aumentare il limite superiore oltre i 49 anni non rappresenta un buon rimedio, perché significa riferirsi ad eventi sempre più lontani e quindi peggiorare la qualità dell’informazione nel momento in cui la si ricostruisce. Senza considerare che l’effetto precedente della mortalità inizia ad essere rilevante e introduce un'ulteriore selezione delle unità campionarie.

6

Figura 1.1. Generazioni coinvolte nell’indagine INF2 e nell’analisi dei primi rapporti sessuali entro il diciannovesimo compleanno Età all'intervista 49

G en 19 . 46 -5 0

45

40

35

30

25

G en 19 . 71 -7 5

(intervista: fine 1995 inizio 1996)

20

15

10

5

1995

1990

1985

19

1975

1980

71

-7

-7

0

5 19

1970

66

19

1965

61

-6

0 19

1960

56

-6

-5 19

1955

51

19

1946

0

1950

46

-5

0

5

5

Tempo

In riferimento alla selezione indotta dal piano di campionamento, una soluzione facilmente praticabile, anche se non economica, consiste nel limitare le osservazioni ad un sottocampione presumibilmente non distorto. Ad esempio, tutte le donne osservabili retrospettivamente per uno stesso intervallo d’esposizione al rischio dell’evento in esame, come indica il parallelogramma più scuro in figura 1.1 e come considerato in seguito, facendo riferimento al primo rapporto sessuale avuto entro 19 anni. Questo evento riguarda infatti un

7

periodo retrospettivo ben delimitato e soprattutto comune a tutte le intervistate. La selezione può tuttavia dipendere anche dalla natura della variabile oggetto di studio. Poniamo, ad esempio, che le lavoratrici siano sessualmente più attive rispetto alle casalinghe. Tenendo conto che le prime sono generalmente meno reperibili delle seconde, il tasso di risposta potrebbe risultare molto diverso nei due collettivi e quindi si potrebbe avere una selezione indotta dalla relazione tra partecipazione alla forza lavoro, sessualità e probabilità di risposta. Il problema principale è che purtroppo le caratteristiche dei soggetti non intervistati sono quasi sempre ignote e pertanto non è possibile definire a priori sottoinsiemi di ricambio opportuni, per poi procedere ad una seconda estrazione e quindi ad una corretta sostituzione delle unità che sfuggono all’indagine.

1.4. Il troncamento o censura Talvolta si è interessati al cosiddetto tempo di attesa prima dell’accadimento di un determinato evento. Ovvero ad una variabile aleatoria, spesso indicata con T, che sottintende, ad esempio, l’età al primo rapporto sessuale. Poiché l’indagine non tiene conto degli eventi successivi alla rilevazione, si avranno informazioni non complete, ovvero “troncate” o “censurate” a destra5. In questo modo si perdono solitamente gli intervalli più lunghi (T), poiché si concludono dopo l'indagine (t’) e quindi non si osservano. Il tempo medio di attesa calcolato tra le sole unità che hanno subito l’evento sarà allora tendenzialmente minore del vero. 5 Si parla di troncamento a sinistra quando si conosce unicamente che il tempo di

attesa è minore del tempo di osservazione.

8

Figura 1.2. Troncamento a destra: T > t’ Inizio esposizione al rischio t0

Svolgimento dell'indagine t'

Evento T

Se il troncamento non è collegato alla probabilità che si verifichi l'evento in osservazione, come solitamente accade in questo tipo d’indagini, una soluzione corretta consiste nel costruire un’opportuna tavola di eliminazione dove i casi di troncamento sono inclusi nel calcolo delle probabilità condizionate di subire l’evento6. Se tuttavia non tutti gli individui sperimentano l’evento in esame, come appunto avviene per il primo rapporto sessuale, non è possibile calcolare l'età media al verificarsi dell'evento in modo analogo alla vita media in una tavola di mortalità. In tal caso, conviene ricorrere a misure alternative, come il tempo mediano calcolato attraverso la funzione di sopravvivenza e cioè il tempo che occorre affinché il 50% degli individui sperimenti l’evento in questione. Analisi più dettagliate possono poi riguardare: 1) modelli con probabilità non condizionate 2) modelli con probabilità condizionate 3) modelli con probabilità istantanee.

6 vale a dire una sequenza limitata di probabilità condizionate relative al verificarsi,

in un certo intervallo, di un evento non accaduto prima. La tavola può essere costruita secondo il metodo attuariale o quello del prodotto limite.

9

Nella prima alternativa si considera la probabilità che l'evento accada entro un certo periodo in funzione di un insieme di variabili indipendenti giudicate rilevanti. Per questo scopo è possibile usare modelli per risposte binarie, logit o probit. Nella seconda, si considerano le probabilità che l'evento accada entro un breve intervallo, posto che non sia accaduto prima, a partire dall'inizio del periodo di esposizione al rischio. Infine, nella terza alternativa, si ricorre alla probabilità “istantanea” del verificarsi dell'evento, ad esempio attraverso modelli a rischi proporzionali7. Questi diversi percorsi metodologici sono stati sviluppati in vario modo nel corso dello studio e di seguito si riportano unicamente i risultati più interessanti ed evidenti.

1.5. L’effetto del piano di campionamento e delle omissioni In breve, il problema si pone a causa dei pesi solitamente associati ad ogni individuo nel caso si ricorra ad un piano di campionamento non autoponderante8, in quanto la maggior parte dei modelli statistici si basa sull'assunzione che le unità in esame provengano da un campione casuale semplice. In realtà, il campione utilizzato in quest’indagine è a tre stadi (comuni, sezioni elettorali, unità statistiche9) e ad ogni individuo corrisponde un peso proporzionale al reciproco della probabilità di essere estratto. In genere, si stimano gli effetti delle variabili indipendenti sulla variabile dipendente utilizzando i pesi nel caso di misure di tendenza centrale della 7 Si veda: Cox D.R. Regression models and life tables, JRSS, Series B, n.34, 1972. 8 dove ogni individuo non rappresenta un’unità, ma una frazione particolare definita

attraverso un peso ad esso associato. In questo modo è possibile correggere la struttura del campione. 9 Si veda l’appendice tecnica in: Matrimoni e figli: tra rinvio e rinuncia, De Sandre P. et al. (Op. cit.).

10

popolazione (medie, percentuali, ecc.), ma non è ben chiaro se i pesi permettano, senza troppi problemi, l'inferenza quando si applicano modelli statistici, anche semplici. In linea di massima, sembra possibile non usare direttamente i pesi, purché si introducano nel modello le variabili con le quali i pesi sono stati costruiti. Oltre a quanto sinora delineato, vanno tenuti in considerazione gli eventuali errori di risposta, relativi all’esattezza delle indicazioni (date ricostruite, qualifiche, situazioni…) e all'omissione di eventi particolari (nati morti, aborti...). Per valutare questi problemi si applicano controlli di coerenza interni ed esterni all'indagine. Vale a dire controlli di compatibilità su domande diverse attraverso le quali è possibile verificare l’attendibilità di una stessa informazione. In alternativa, si ricorre a controlli con fonti esterne, come appunto è accaduto nell’indagine INF2 per stimare l’evidente sottovalutazione delle interruzioni volontarie di gravidanza dichiarate dalle intervistate. In pratica, le stime campionarie a livello nazionale sono state messe a confronto con i valori effettivi, provenienti dalle usuali rilevazioni di fonte Istat. Problemi molto minori sembrano tuttavia riguardare le domande inerenti la sfera sessuale e in particolare l’età al primo rapporto che qui rappresenta la variabile d’interesse.

11

2. L’ETÀ AL PRIMO RAPPORTO

2.1. Aspetti generali Dell’età al primo rapporto sessuale si può dire che quasi tutte le intervistate abbiano un ricordo preciso: …on n’oublie pas la première fois…10. Infatti il numero di risposte indefinite (non sa) è sull’ordine dello 0,1%, mentre i rifiuti (non risponde) sono relativamente più frequenti (1,4%), seppure rappresentino comunque una frazione molto modesta. Tavola 2.1. Distribuzione delle intervistate secondo l’età al primo rapporto sessuale nell’indagine INF2 Età al primo Rapporto

%

% cum.

14-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40 e oltre non sa non risponde non ancora

44,7 32,0 6,9 1,0 0,3 0,0 0,1 1,4 13,6

44,7 76,8 83,6 84,6 84,9 84,9 85,0 86,4 100,0

Totale

100

Età al primo rapporto

%

% cum.

14 15 16 17 18 19

1,2 2,8 6,0 9,1 15,5 10,1

1,2 4,0 10,0 19,1 34,6 44,7

Totale

44,7

Età 14-19

(4824 donne intervistate, 2159 eventi in età 14-19; unità riponderate a posteriori)

10 Bozon M., Kontula O., Initiation sexuelle et genre. Comparaison des évolutions

de douze pays europees, “Population” n. 6, 1997.

12

Circa il 45% delle intervistate dichiara di aver avuto il suo primo rapporto tra 14 e 19 anni compiuti, a conferma dell’importanza di questo intervallo per lo studio dei comportamenti giovanili, di solito limitato ai 15-19 anni. Inizialmente contenuti (1,2% e 2,8% nelle età 14-15), i primi rapporti aumentano sensibilmente a partire dai sedici anni (6%) e soprattutto nella fascia 17-19 dove complessivamente coinvolgono poco meno del 35% delle intervistate. In particolare si distingue la frequenza relativa al diciottesimo anno (15,5%), dovuta probabilmente sia ad un’effettiva concentrazione dei primi rapporti sia ad un arrotondamento sistematico di questo riferimento temporale alla maggiore età. Entrambe le circostanze sottolineano come il raggiungimento dell’età legale tenda a legittimare il diritto ad una sessualità adulta rendendola, diversamente dalle età precedenti, del tutto naturale e auspicabile. In sostanza, il diciottesimo anno coincide con il periodo tendenzialmente privilegiato per questa esperienza, anche se la considerazione è molto generica poiché le informazioni riportate in tavola 2.1 si riferiscono a tutte le generazioni femminili interessate dall’indagine, tra le quali l’età modale nella frequenza dei primi rapporti non è costante. Inoltre non per tutte le generazioni nate nel periodo 1946-75 l’ingresso nella maggiore età è avvenuto a diciotto anni, dato che questa disposizione risale al marzo 1975. Come si è visto in tavola 2.1, l’intervallo 14-19 comprende circa il 45% degli eventi complessivi, che tuttavia non raggiungono il 100% se sommati su tutte le età rimanenti. Il 13,6% delle intervistate dichiara infatti di non aver ancora avuto alcun rapporto11 oltre ad una quota residua di non rispondenti (0,1%+1,4%).

11 Tra queste, oltre l’80% appartiene alla classe 20-29.

13

Considerando le sole intervistate che dichiarano l’età al primo rapporto, alla classe 14-19 spetta il 52,7%, con proporzioni che declinano velocemente dopo le età 20-24, sino praticamente ad annullarsi nella classe 40 e oltre. È possibile che in futuro la proporzione dei primi rapporti entro diciannove anni aumenti ancora, avvicinandosi a quanto già avviene oggi nei paesi più sviluppati. Inoltre, tenendo conto che questo periodo della vita è interamente sperimentato da ogni donna intervistata, di almeno venti anni compiuti, diventa inevitabile considerarlo come primo punto di vista per un esame delle tendenze di fondo e delle variabili contestuali che caratterizzano l’ingresso nella sessualità adulta.

2.2. La tendenza di fondo nelle età 14-19 Come si può facilmente intuire, nell’insieme delle generazioni 1946-75 le età comprese tra 14 e 19 anni vengono vissute in situazioni molto diverse. Esistono differenze indotte sia dalle situazioni contingenti, accadute negli anni di calendario in cui questo particolare arco della vita viene vissuto, sia dall’appartenenza a ciascuna generazione, vale a dire dall’insieme delle specificità che caratterizzano il percorso dei vari contingenti sino dal loro formarsi. Quindi, al variare dell’età all’intervista o della generazione di appartenenza difficilmente le frequenze di accadimento dei primi rapporti possono rimanere costanti. Ciò che più conta è tuttavia la tendenza generale del fenomeno, soprattutto quando avviene come in figura 2.1, dove si notano andamenti di fondo ben delineati12.

12 Per l’esattezza, nel grafico sono indicate frequenze di eventi dichiarati dalle

intervistate per generazione di nascita.

14

Figura 2.1. Frequenza dei primi rapporti sessuali avvenuti nelle età 14-17 e 14-19 secondo età e generazione di nascita (Fonte: INF2 1995 – Donne) Età della donna all'intervista 49

45

40

35

30

25

20

%

A NTICIPO DEI RAPPORTI

RINVIO DEI RAPPORTI

70 60 entro 19 anni 50 40 30 entro 17 anni 20 10 0 1946 1947 1949 1951 1953 1955 1957 1959 1961 1963 1965 1967 1969 1971 1973 1975 Generazione di nascita

In ambedue le distribuzioni, riferite agli intervalli di 14-17 e 14-19 anni compiuti, è possibile distinguere una prima fase, ad andamento crescente a partire dalle generazioni più anziane, e una seconda, riferita alle generazioni più giovani, dove la tendenza è chiaramente decrescente13. La linea inferiore (età 14-17) aumenta all’incirca sino alle generazioni nate entro la fine degli anni ’50 e tende lievemente a declinare in seguito. Il tracciato superiore (età 14-19) ripropone lo stesso andamento in modo più chiaro: i primi rapporti aumentano dal 29,1% della generazione 1946 al 61,3% della generazione 1961 e quindi diminuiscono sino al 34,9% della generazione 1975. Tra le classi 1946-1961, cioè nella fase di anticipo, la frequenza dei primi rapporti accaduti entro le età 14-19 aumenta di circa il

13 Poiché non si registrano eventi prima del quattordicesimo compleanno, gli

intervalli “14-19” e “entro 19 anni”, ad esempio, sono equivalenti.

15

32% e nelle quattordici generazioni successive (1962-75), dove invece la tendenza è al rinvio, diminuisce di circa il 26%. Pur tenendo conto delle inevitabili oscillazioni aleatorie dovute alla natura campionaria dell’indagine, è inevitabile verificare che la proporzione dei primi rapporti dichiarati entro il diciannovesimo anno tende a diminuire nelle generazioni recenti, tanto da avvicinare i comportamenti delle ventenni all’intervista (34,9%) a quelli delle loro madri (33,8%), identificabili mediamente con le quarantaseienni all’intervista14. Questo andamento, di per sé singolare, lo diventa ancora di più a confronto con quanto accade in altre società sviluppate, dove invece si registra un continuo aumento nella proporzione dei primi rapporti durante gli anni dell’adolescenza. Nella recente indagine francese promossa dall’Agence Nationale de Recherches sur le SIDA (ANRS15), con riferimento all’esperienza delle generazioni comprese nelle classi 1922-41, 1942-56 e 1957-73, la percentuale dei primi rapporti entro quindici anni aumenta di circa dieci volte: dall’1,1% al 10,1% e quest’ultimo valore, come suggerisce la figura 2.2, è oltre il doppio rispetto alle generazioni italiane approssimativamente comparabili (1956-75: 4,5%) e oltre il triplo rispetto alle più recenti (1971-75: 3,3%). I primi rapporti aumentano anche tra le sedicenni e le diciassettenni francesi, raggiungendo rispettivamente il 13,1% e il 21,4% nelle generazioni 1957-73, contro il 6% e il 9,2% delle generazioni italiane nate nel 1971-75, dove inoltre la proporzione cumulata dei primi rapporti entro diciannove anni è del 40,4% mentre per la Francia il valore più recente 14 ponendo un’età media alla nascita di un figlio di circa 26 anni. 15 Spira A. et al., Les comportaments sexuels en France, La Documentation

Française, Paris, 1993, pag. 123. Le mancate risposte presenti nell’indagine INF2 (non sa / non risponde) sono considerate in modo analogo alle inchieste prese in esame. Le variazioni indotte sulle frequenze usate nei confronti sono comunque trascurabili.

16

(1957-73) è del 76,2%16. La proporzione raggiunta dalle teenager italiane andrebbe semmai paragonata a quella delle francesi nate negli anni 1922-41 (38,7%), all’incirca quaranta anni prima. Figura 2.2. Frequenza dei primi rapporti sessuali avvenuti entro quindici anni per generazione di nascita in Italia e Francia Generazioni Francia 1957-73

1942-56

1922-41

%

20 Primi rapporti entro 15 anni - Donne Francia: ANRS 1992

15

Italia: INF2 1995 10

5

0 1971-75

1966-70

1961-65

1956-60

1951-55

1946-50

1941-45

1936-40

1931-35

1926-30

1921-25

Generazioni Italia

Nell’inchiesta inglese17, promossa dal Social and Community Planning Research (SCPR), si parla di “dramatic decrease in age at first intercourse over recent decade”, con

16 Il campione francese comprende donne tra 18-69 anni e quindi l’osservazione

relativa ad un primo rapporto entro il diciannovesimo anno in diversi casi è incompleta, e la percentuale del 76,2% è quindi sottostimata. 17 Wellings K. et al., Sexual behaviour in Britain, The national survey on sexual attitudes and lifestyle, Penguin Books, London, 1994, pag. 42. Il campione è riferito ad una popolazione di 16-59 anni.

17

particolare accento alla questione dei rapporti sessuali in età inferiori ai sedici anni. Figura 2.3. Frequenza dei primi rapporti sessuali avvenuti entro quindici anni per generazione di nascita in Italia e Inghilterra Generazioni Inghilterra 1962-66

1967-71

1972-75

1961-65

1966-70

1971-75

1957-61

1952-56

1947-51

1942-46

1937-41

1932-36

%

20 Primi rapporti entro 15 anni - Donne Inghilterra: SCPR 1991

15

Italia: INF2 1995 10

5

0 1956-60

1951-55

1946-50

1941-45

1936-40

1931-35

Generazioni Italia

Al momento dell’inchiesta, la legislazione anglosassone proibiva ad un uomo di avere rapporti sessuali con una giovane donna non ancora sedicenne, anche se consenziente. Nessuna norma riguardava invece l’età maschile. Pur tenendo conto delle inevitabili approssimazioni nei riferimenti generazionali, le divergenze che si osservano rispetto all’indagine INF2 sembrano riflettere due realtà sociali decisamente lontane e divergenti. Nell’inchiesta inglese (figura 2.3), le frequenze dei primi rapporti entro il quindicesimo anno raggiungono il 18,7% tra i contingenti più giovani (1972-75), contro il 3,3% dell’indagine italiana (1971-75), facendo presupporre, da parte

18

maschile, un’osservanza non troppo diligente della norma che tutela le adolescenti. Figura 2.4. Frequenza dei primi rapporti sessuali avvenuti entro diciassette anni per generazione di nascita in Italia e USA Generazioni USA 1963-74

1953-62

1943-52

1933-42

%

70 Primi rapporti entro 17 anni 60 USA: NHSLS 1992 50

Italia: INF2 1995

40 30 20 10 0 1971-75

1966-70

1961-65

1956-60

1951-55

1946-50

1941-45

1936-40

1931-35

Generazioni Italia

L’indagine del National Health and Social Life Survey (NHSLS), svolta negli Stati Uniti durante il 199218, è molto accurata e offre un’ampia documentazione dei comportamenti sessuali in età adulta e delle relative implicazioni di natura relazionale e sociologica. Per quanto i riferimenti generazionali siano di nuovo non perfettamente sovrapponibili, anche questo confronto ripropone le considerazioni già viste, tenendo conto

18 Laumann E. O. et al., The social organization of sexuality. Sexual practices in

United States, The University of Chicago Press, Chicago 1994, pag. 328.

19

che in figura 2.4 il livello di fondo è maggiore perché riferito ai primi rapporti sessuali avuti entro il diciassettesimo anno. Tra le generazioni nate all’incirca negli anni ’40 e ’60 (1943-52 e 1963-74), oltre a valori decisamente sovrastanti quelli italiani, l’indagine statunitense registra quasi un raddoppio nella frequenza dei primi rapporti: grossomodo dal 30% al 58%. L’ultimo valore, in particolare, è circa tre volte quello registrato nelle generazioni 1966-75 attraverso l’indagine INF2. In conclusione, non vi è alcun dubbio sul fatto che le frequenze italiane differiscano invariabilmente e soprattutto considerevolmente sia rispetto alla situazione francese, che dovrebbe essere relativamente vicina date le forti affinità sociali e culturali, sia riguardo alle altre realtà a noi più lontane rappresentate dall’Inghilterra e dagli Stati Uniti. Rispetto a quanto appena visto attraverso generazioni aggregate, è poi facile rendersi conto che, confrontando i singoli contingenti annuali, le distanze risulterebbero ancora maggiori nelle ultime classi disponibili, poiché gli andamenti di fondo sono progressivamente divergenti. In sostanza, nelle tre indagini appena considerate la tendenza all’aumento della proporzione dei primi rapporti su tutto il periodo dell’adolescenza appare più che evidente e si traduce in una progressiva riduzione dell’età media al primo rapporto sessuale. Nell’indagine italiana queste frequenze, già di livello contenuto, tendono invece a diminuire tra le generazioni più giovani e di conseguenza aumenta anche l’età media al primo rapporto. Nel panorama europeo si possono ricordare anche altre realtà per le quali esistono informazioni affidabili sull’inizio dei rapporti sessuali completi (Bozon, Kontula, 1997). Nonostante alcune disomogeneità non irrilevanti, dovute ai diversi tempi e modi delle varie indagini, il confronto con i dati INF2 può essere facilmente riproposto.

20

Figura 2.5. Frequenze dei primi rapporti sessuali in alcune nazioni europee (Fonte: Bozon, Kontula, 1997 – Donne) 100 Generazioni 1967-71 - entro 19 anni 80 60 40 20 0 100 Generazioni 1967-71 - entro 17 anni 80 60 40 20 0 100 Generazioni 1967-71 - entro 15 anni

80 60 40 20 0

Italia

Atene

Portogallo

Belgio

Svizzera

Olanda

Francia

Germania ovest

Gran Bretagna

Finlandia

Norvegia

Islanda

Danimarca

Nelle generazioni 1967-71 le frequenze cumulate dei primi rapporti entro 15, 17 e 19 anni compiuti vedono l'Italia sempre nell’ultima posizione delle graduatorie indicate in figura 2.5. A meno di improbabili differenze sostanziali nel calcolo di queste proporzioni, si può ritenere che i primi rapporti entro il diciannovesimo anno coinvolgano circa l’80-90% delle donne residenti nei paesi scandinavi e in Inghilterra, il 70-80% nei

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paesi dell’Europa centrale (Germania ovest, Francia, Svizzera, Belgio), assai meno in Portogallo (51%) e Italia (circa il 45%). Con il limite dei diciassette anni compiuti la proporzione italiana (19%) mantiene sempre l’ultima posizione e solo in riferimento al quindicesimo anno (5%) si accosta alla città di Atene.

Figura 2.6. Frequenze dei primi rapporti sessuali in alcune nazioni europee (Fonte: Bozon, Kontula, 1997 – Donne) 100 Generazioni 1972-73 - entro 17 anni 80 60 40 20 0 100 Generazioni 1972-73 - entro 15 anni 80 60 40 20 0 Italia

Atene

Portogallo

Belgio

Svizzera

Olanda

Francia

Germania ovest

Gran Bretagna

Finlandia

Norvegia

Islanda

Danimarca

Per quanto incomplete, le informazioni più recenti (generazioni 1972-73) confermano e accrescono queste distanze poiché, come accennato, e a differenza di quanto accade nei paesi dell’Europa settentrionale, le frequenze italiane tendono a ridursi nelle ultime generazioni interessate dall’indagine INF2.

22

2.2.1. L’affidabilità delle risposte Considerando a parte l’errore di campionamento, che non sembra comunque in grado di cambiare le tendenze sinora sottolineate, andrebbe verificata l’eventualità che le donne italiane siano, per così dire, particolarmente riservate o abbiano maggiori difficoltà nel dichiarare sinceramente l’età al loro primo rapporto nel corso di un’intervista. L’entità complessiva delle mancate risposte è tuttavia minima (vedi tavola 2.1) e in ogni caso potrebbe produrre solo assestamenti marginali nelle proporzioni viste sinora. Inoltre un simile errore sembrerebbe più verosimile al meridione, per i noti atteggiamenti sociali e culturali che caratterizzano queste aree e che, soprattutto tra le donne più anziane, potrebbero portare ad una certa reticenza verso un’intervistatrice che pone domande talvolta indelicate.

Figura 2.7. Frequenza dei primi rapporti sessuali nelle età 14-19 secondo età, generazione di nascita e area di residenza (Fonte: INF2 1995 – Donne) Età della donna all'intervista 49

45

40

35

30

25

20

% RINVIO DEI RAPPORTI

A NTICIPO DEI RAPPORTI 70 Centro 60

Nord 50 40 30

Sud

20 10 0 1946 1947 1949 1951 1953 1955 1957 1959 1961 1963 1965 1967 1969 1971 1973 1975 Generazione di nascita

23

Nella realtà, le intervistate che rifiutano di rispondere rappresentano l’1,7% al centro-nord e lo 0,9% al sud (1,2%, 2,5%, 1,7% per nord-ovest, nord-est e centro, 1% e 0,7% al sud e isole). D’altra parte, questa lieve differenza non può certo introdurre l’ipotesi che al nord e al centro il declino dei primi rapporti nelle età più giovani sia dovuto ad una crescente mancanza di risposte corrette. Il dettaglio territoriale indicato in figura 2.7 mette semmai in evidenza una tendenza più stabile al meridione, a conferma di una maggiore inerzia nei processi di cambiamento sociale. Anche per altri versi, la possibilità di una distorsione nelle risposte come fattore esplicativo di un qualche rilievo non trova particolari riscontri. Sembra poi decisamente poco ragionevole presumere che le intervistate più giovani aumentino di proposito l’età del loro primo rapporto, tanto più che tutto questo avvenga maggiormente al centro-nord rispetto al sud. Un ulteriore ed importante elemento riguarda invece le differenze tra i due sessi. Nell’indagine italiana si può facilmente verificare la relativa stazionarietà dei primi rapporti in età 14-19 tra le corrispondenti generazioni maschili e questo diverso andamento di fondo indirizza la ricerca dei possibili legami esplicativi all’interno dei processi di cambiamento che hanno interessato soprattutto il percorso delle generazioni femminili coinvolte nell’inchiesta. A partire dalla fine del secondo conflitto mondiale si è infatti lentamente avviato il processo di superamento della rigida contrapposizione dei ruoli che, storicamente, aveva caratterizzato i due sessi nei secoli precedenti, quando l’immagine femminile era sinonimo di una maternità intesa come valore fondante dell’istituzione familiare e come indispensabile corollario biologico. Il diritto esplicito alla contraccezione, la ricerca di un’emancipazione e di un’autonomia personali attraverso il lavoro e l’istruzione, la richiesta di forme espressive all’interno

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di una sessualità non subordinata al processo riproduttivo, sono alcune delle principali questioni che, a partire dagli anni ’60, hanno trovato un progressivo riconoscimento sociale e politico al quale è poi seguito un insieme di adeguati riferimenti normativi. È quindi possibile che siano queste nuove istanze a rappresentare una prima e importante chiave di lettura delle variazioni sinora delineate.

2.2.2. Le variabili esplicative disponibili Oltre alla dimensione generale del problema, conviene definire le circostanze in grado di modificare l’attitudine ad un primo rapporto precoce. Tavola 2.2. Variabili esplicative disponibili con riferimento al primo rapporto sessuale entro il diciannovesimo anno Nome

Riferimento

Definizione

Generazione

Temporale / residuale

Ripartizione Comune Studio 14-19

Geografico / sociale “ Individuale

Studio università



Matrimonio -20 Lavoro -19 Religione Studio padre Lavoro madre

“ “ Individuale / sociale Familiare “

Figli della madre Div/sep genitori Vive con genitori -15 Reddito familiare

“ “ “

Generazione di nascita 1946-75 in classi quinquennali Ripartizione geografica di residenza Ampiezza demografica del comune di residenza Prevalentemente studiava nell’età 14-19 (ha smesso non prima di 17 anni oppure ha almeno il diploma superiore) Ha intrapreso o completato studi universitari (diplomi o corsi di laurea) Ha avuto un primo matrimonio entro 20 anni L’età al primo lavoro retribuito è entro 19 anni Aderisce ad una religione Titolo di studio del padre La madre lavorava quando l’intervistata era tra 0-15 anni Numero di figli avuti dalla madre Divorzio/separazione dei genitori L’intervistata viveva con entrambi i genitori tra 0-15 anni Reddito mensile netto attuale della famiglia



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Una tale rassegna comporta purtroppo alcune non trascurabili approssimazioni, derivanti dall’impossibilità di ricostruire con sufficiente precisione il contesto in cui l’intervistata viveva le età 14-19 ed era esposta al rischio di un primo rapporto. Per le più giovani, le circostanze rilevate o ricostruite nel corso dell’intervista possono adeguatamente rappresentare questo periodo, ma tra le rimanenti il collegamento è sempre più lontano all’aumentare dell’età. Per limitare queste approssimazioni sono considerati unicamente caratteri invarianti nel periodo necessario ad una tale ricostruzione retrospettiva, come il titolo di studio del padre ad esempio, oppure caratteri tendenzialmente trasmessi e condivisi tra i componenti della stessa famiglia, il reddito o la religione, la cui validità predittiva dipende, come appena accennato, dall’età della donna all’intervista e pertanto vanno interpretati con maggiore cautela. Vale forse la pena di aggiungere che l’appartenenza ad una religione è una condizione individuale che assume significato in quanto implica l’adesione ad una comunità, reale o immaginaria che sia, ma sempre ben identificata. Inoltre il matrimonio entro il ventesimo anno non rappresenta unicamente un carattere esplicativo, ma anche e soprattutto un accorgimento per limitare la distribuzione impropria dell’eterogeneità non spiegata tra le restanti variabili predittive. Sposarsi entro 20 anni sottintende un’accezione insolita dell’ingresso nella sessualità e nella vita adulta, qui considerata dal punto di vista strumentale più che sostanziale19.

19 La scelta dell’età di 20 anni ha un significato particolare, quasi simbolico, che

consente inoltre di limitare le osservazioni incomplete alla sola generazione 1975. L’imprecisione conseguente è assolutamente marginale e non comporta nessun effetto di rilievo sulle stime ottenute.

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Tavola 2.3. Frequenza dei primi rapporti sessuali accaduti entro diciannove anni secondo alcune caratteristiche socio-demografiche Caratteri

Modalità

% rapporti

Generazione di nascita

46-50 32,1 51-55 44,3 56-60 52,2 61-65 54,7 66-70 47,3 71-75 40,5 Ripartizione nord-ovest 49,7 nord-est 59,0 centro 49,4 sud 31,9 isole 37,4 Ampiezza demografica