Naturalismo e storicismo nell'etnologia 8886211627, 9788886211628

La nostra raccolta di saggi ha la piccola ambizione di provvedere, per la parte che le spetta, a ristabilire la circolaz

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Naturalismo e storicismo nell'etnologia
 8886211627, 9788886211628

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BIBLIOTECA DI CULTURA MODERNA ERNESTO

DE MARTINO

NATURALISMO E STORICISMO NELL’ETNOLOGIA

BARI

GIUS,

LATERZA

&

FIGLI

TIPOGRAFI-EDITORI-LIBRAI 1941 - xIx

DE

MARTINO

Ta

a Zi

e

ERNESTO

NATURALISMO E STORICISMO NELL'ETNOLOGIA

BARI GIUS. LATERZA & FIGLI TIPOGRAFI-EDITORI-LIBRAI

194I - XIX

A PROPRIETA

LETTERARIA

ADOLFO

OMODEO

INTRODUZIONE La ricerca etnologica è condotta, di solito, naturalisticamente, cioè mercè una logica sostanzialmente naturalistica: la considerazione storica e la corrispondente logica storiografica che la governa fanno qui difetto. La presente raccolta di saggi intende rivendicare il carattere storico della etnologia, e limitare il procedimento naturalistico all’eurisi filologica *, o al pratico ordinamento

dei fatti in attesa di una storiografia che sarà. Di qui il titolo sotto cui va la raccolta. Si tratta dunque di una assegnazione di confini o di limiti, e anche di una estimazione delle regioni così circoscritte: fuor di metafora,

1 Qui, come altrove, intendiamo per filologia la critica esterna non solo dei documenti scritti (quali si trovano di preferenza nella Schriftgeschichte), ma anche delle suppellettili materiali, o degli istituti religiosi, sociali, etici, etc. che si presentano in azione al Feldforscher, o delle classi e schemi naturalistici di carattere sociologico, psicologico, ecc. 0 tratti dalla comparazione (tutti documenti non scritti, impiegati prevalentemente nella etnologia). La raccolta e il riordinamento degli stimoli dell’anamnesi storiografica, quale che sia la natura di tali stimoli, costituisce dunque la tecnica filologica: ed è operazione perfettamente legittima, quando si mantenga nella sua sfera. La parola « filologismo » indica invece una esorbitanza della filologia, e cioè la confusione fra momento euristico e anamnesi storiografica effettiva, la surrogazione della logica che presiede alla formazione dei concetti storiografici con la logica naturalistica che presiede alla elaborazione degli stimoli filologici. Se la filologia è legittima, il filologismo costituisce invece la pretesa illegittima della filologia.

8

NATURALISMO

E

STORICISMO

NELL’ETNOLOGIA

INTRODUZIONE

si tratta di impedire al procedimento naturalistico illegittime

esorbitanze,

in relazione

e di

a quello

determinare

del

l’ufficio

diverso

suo

proprio

procedimento

storio-

grafico. In

di

questa

delicata

qualificazione

e paziente

abbiamo

opera

tenuto

di

distinzione

presente

e

i progressi

della metodologia della storia compiuti in Italia negli ultimi quarant'anni, poichè ci sembra che in questa ma-

teria l’ Italia abbia sopravanzato le altre nazioni europee. Tanto più si richiedeva che qualcuno si assumesse l’onere di tale fatica in quanto la metodologia crociana, che ha dato frutti così copiosi in molti domini

non

ne

ha

dato

alcuno,

fin'ora,

delle civiltà a noi più lontane.

del sapere storico,

in quello

C’ è di più:

della

in

cui

si

riflette,

per

di pensiero

così

dire,

civiltà

la bancarotta

della scienza,

dei

grandi

negli

ultimi

e l’ idealismo

e lo

ma intese tanto poco il significato della storia, da scambiarla con un filologismo scialbo, privo d’ogni di pensiero, ovvero, come suole accadere allorchè

della ragione

storica, avventato

etnologi era quella che poteva essere: non si riattaccava direttamente alla grande tradizione europea, a Kant, a Hegel, a Bergson o a Croce, ma ripeteva, con untuosa compunzione la filosofia professorale e accademica, 0,

nel caso più favorevole, la filosofia degli epigoni (si pensi a Vaihinger, Husserl, Dilthey, etc.). L’abito filologico di « mantenersi al corrente » e di seguire « l'avanzamento

delle ricerche » si tramutava qui nell’accogliere la filosofia

storicismo ripresero lena, l’etnologia tentò di farsi storica,

il freno

correva per potersi dire al corrente anche sul punto della metodologia e della filosofia. La filosofia che così entrava a far parte dell’arsenale culturale dei signori

di moda, quasi che la moda avesse qualche autorità nelle cose del pensiero. Con la presente raccolta di saggi noi ci lusinghiamo di aver creato almeno le premesse affinchè tale stato di cose abbia fine, di aver iniziato la radicale riforma del sapere etnologico, il riscatto di questa manomorta cultu-

cento anni. Invero, quando imperava il positivismo, l’etnologia fu crassamente positivistica, e peggiorò ulteriormente il naturalismo della sua età; quando fu pro-

clamata

logico fu mosso da reali interessi di pensiero, ma andò piuttosto raccattando dall'ambiente quel tanto che oc-

storia

l’ iperuranio

della nostra

9

se si osserva,

con mente aperta al vero, il corso della storia della storiografia in questo circoscritto dominio, balza agli occhi che qui ci aggiriamo in un pallido mondo di ombre, movimenti

©

lievito manca

e arbitrario,

e

disposto a lasciar credito persino alle «verità» della fede, o addirittura a confermarle; infine, quando, di recente, sembrò che lo storicismo fosse superato, l’etno-

rale e il suo riassorbimento nel circolo vivo del sapere non ozioso. Confessiamo che la nostra impresa presenta notevoli difficoltà: le pagine che seguono si rivolgono a due pubblici interamente diversi, ai filosofi e ai cultori di Schriftgeschichte da una parte, agli etnologi—e ai paletnologi — dall’altra. I primi stenteranno a seguirci sul

terreno speciale della ricerca, sebbene intenderanno molto bene

I’ interesse generale,

e non

solo etnologico,

di certe

questioni di metodo; i secondi, informatissimi per quel che riguarda il settore speciale della ricerca, ci seguiranno

e confessò più apertamente

molto poco in una polemica che presuppone un minimo di orientamento e di interesse speculativo. Ai primi, o

il suo amore verso il metodo naturalistico, amore che, del resto, essa mai aveva sostanzialmente intermesso. E, in ciascuna di queste tre età, giammai il sapere etno-

nostra si dicano cose ovvie, e che le storture che si com-

logia si aggiornò

di nuovo,

almeno ai più orientati fra essi, sembrerà che da parte battono sono troppo

vistose per meritare l’onore di una

IO

NATURALISMO

E

STORICISMO

NELL’ETNOLOGIA

INTRODUZIONE

critica in forma, minuziosa e paziente: ai secondi sfuggirà molto probabilmente il nocciolo della quistione, e apparirà invece in un rilievo quasi drammatico questo o quel difetto di informazione, questa o quella lacuna,

fluisce

la

migliore

tradizione

:

speculativa

II

europea,

con

questa o quella inesattezza. È d’uopo quindi che l’autore tenga, a chiarimento, due discorsi distinti, ciascuno rivolto

particolare riferimento alla metodologia del Croce. Questi sono i due discorsi che rivolgiamo ai due pubblici eventuali. Or qui cade opportuna una osservazione. È un fatto strano, e che invita a pensare, l'imbarazzo nel quale si trova lo scrivente, nonchè la necessità del

a un

doppio

solo

tipo

di lettore.

Agli Schrifthistoriker e ai filosofi diremo, da parte nostra, che qui si intende promuovere, mercè l’etnologia,

discorso.

attualmente

La

verità

quel minimo

di unità

di pensiero

un allargamento della nostra autocoscienza storica, una migliore determinazione dell’essere e del dover essere

guaggio è sostanzialmente

della nostra

ignoranze

anzitutto

civiltà; che per attuare questo compito liberarsi

fedi

si

è

per cui uno stesso lin-

intelligibile ed opportuno per

si moltiplicano,

reciproche

europea

e fa difetto

i pubblici

accrescono

in

si

dividono,

numero

ed

le

in

meto-

negli

estensione, l’ Europa si copre di una fitta rete di barriere feudali, nei cui limiti vivono regimi culturali autarchici.

studi etnologici; e, infine, che, per condurre a buon punto

Non si tratta di quella « concordia discors » che è garanzia

tale opera

di progresso: è crisi, divisione, anchilosi, confusione delle lingue. Questo discorso ci porterebbe molto lontano, e

oggi

di liberazione

più

passività

Le

cultura

della

naturalistica

dalla

tutti.

la

imperante

dologia

necessario

è

è che

divisa in compartimenti-stagni,

o meno

è necessario

far proprio

quei

ragionamenti minuziosi e pazienti che ai più orientati possono sembrare ovvii. Certo è fatica dura spiantare

la cittadella del naturalismo etnologico: anche

nessun

etnologo

si giovasse

tuttavia, quando

in qualche

modo

dei

nostri lumi, resterebbe pur sempre un lume dato a noi per proseguire l’opera nostra: il che non è poca cosa. Or cosa diremo agli etnologi e ai paletnologi? Diremo che si sforzino di rifarsi ai principî, di appren-

dere l’abito di porre, criticamente, la quistione « de jure » per

ogni

ricerca

intrapresa,

e, sopratutto,

di riaffiatarsi

con la grande speculazione europea: in ogni caso, avvertiamo fin d’ora i signori etnologi e paletnologi che le eventuali critiche ch’essi saranno per farci sui difetti di informazione, su inesattezze nei particolari, sul tal libro non citato, etc., non li dispensa affatto di venire

al nocciolo principî:

che

dell'argomento, è quel

che

e di impegnar conta,

data

battaglia

la natura

del

sui pre-

sente libro. E li avvertiamo anche che di questi principî non ci si sbriga in quattro parole, posto che in essi ri-

precisamente

alle scaturigini

di tale perdita

d’unità,

al

nostro Rinascimento, allorquando, cioè, la nascente civiltà moderna accusò subito uno scarso potere di espansione e di assorbimento dei relitti del passato, difetto che rimase poi, più o meno, costante sua caratteristica. Ma, per lasciare così ampio argomento, e per tornare al nostro,

di tanto più modesto, certo è che i saggi che seguono, col relativo imbarazzo di chi li ha scritti, e col doppio discorso che abbiamo dovuto tenere, costituiscono una conseguenza visibile del fatto or ora denunziato. Orbene: la nostra raccolta di saggi ha la piccola ambizione di provvedere, per la parte che le spetta, a ristabilire la

circolazione interrotta, e a mettere almeno in comunicazione due dominî che coesistono estranei l’uno accanto all’altro: il dominio etnotogico e quello della più progredita metodologia della storia. Il nostro ragionamento è abbastanza semplice: noi, per conto nostro, abbiamo adempiuto il nostro dovere meditando le concezioni meto-

mete

12

NATURALISMO

dei

dologiche

E

INTRODUZIONE

il valore

facciano

etnologi

i signori

che

chiediamo

speculativo;

e saggiandone

etnologi,

signori

NELL’ ETNOLOGIA

STORICISMO

altrettanto con le cose nostre, e, in ogni caso, raccolgano

il guanto di sfida. Nel discorso che

filosofi

ai

rivolto

abbiamo

e agli

Schrifthistoriker abbiamo più sopra parlato di un incre-

a cui dovrebbe provvedere il

mento di autocoscienza

sapere etnologico. Si tratta di un punto molto importante.

La nostra civiltà è in crisi: un mondo accenna ad andare in pezzi, un altro si annunzia. Naturalmente, come accade nelle epoche di crisi, variamente si atteggiano le speranze e variamente

si configura

il « quid

maius»

sta per

che

nascere. Tuttavia una cosa è certa: ciascuno deve scegliere il proprio posto di combattimento, e assumere le responsabilità.

proprie

giudizio: agire

Potrà

essere

lecito

nel

sbagliare

non giudicare, non è lecito. Potrà essere lecito

male:

non

operare,

non

è lecito.

Ciò

posto,

quale

è il compito dello storico? Tale compito è sempre stato, ed ora più

che mai

deve

essere,

l'allargamento

dell’auto-

coscienza per rischiarare l’azione. E l’autocoscienza storio-

bastanza con

la

con storia

la storia della

del

civiltà

13

secolo

XIX,

nostra.

Non

e, in generale, si

spiegano

del

tutto con tale storia la « bramosia di lontane esperienze ataviche » in un Mòser, in un Wagner o in un Bachofen, non si dichiara completamente, per una mente aperta soltanto

a esperienze

europee,

la

vibrazione

di

accento

che molti dotti tedeschi conferiscono al prefisso ur (si veda la recente recensione dell’Omodeo ad un libro del Mòser, in Critica XXXVIII, 1940, p. 232 sg.). La verità è che nel compiere la nostra opera di determinazione dei fili che si dispongono nell’ordito di certe disposizioni d’animo moderne, non siamo in possesso di tutti i fili, e quindi l’ordito non riesce, o almeno non riesce completamente. E il filo che manca è per l’appunto ‘quello del

cosiddetto mondo primitivo, di quel mondo che oggi più che mai dà segni di presenza, simile a tradizione quasi inaridita

che

rinverdisca,

simile

a

linguaggio

liturgico

quasi obliato che ritorni in piena evidenza alla memoria. Come possa la ricerca etnologica storicisticamente orientata mantener fede a questi impegni, solo l'esecuzione

grafica si allarga non solo dichiarando gli istituti della nostra civiltà, non solo riportando alla consapevolezza

nel fatto di una storiografia delle civiltà inferiori può mostrarlo: ma tale esecuzione non rientra nell'economia

il vero essere del nostro patrimonio culturale, ma altresì imparando a distinguere la nostra civiltà dalle. altre, anche da quelle più lontane. La civiltà moderna ha bisogno di tutte le sue energie per superare la crisi che attraversa. Lo storico, per la parte che gli spetta

dei saggi qui raccolti, dato che essi ubbidiscono unicamente al fine di ripensare criticamente i metodi con cui

nel dramma, e per il compito che gli è proprio, risponde all'appello dei tempi offrendo il suo contributo: e cioè

una maggiore potenza di individuazione, preparatrice di una maggiore potenza di azione. Inoltre, certe forme recentissime di prassi politico-religiosa, certe disposizioni d'animo strane, certi appelli ad esperienze ineffabili (si pensi al Gemit

e la razza,

che stringe in unità sentimentale

la razza

e il sangue)

non

il suolo

si spiegano

ab-

si scrivono le storie etnologiche. L'argomento offre allo Schrifthistoriker

e

per

il

metodologo anche un altro interesse generale. La presente raccolta di saggi costituisce un eccellente punto prospettico per poter abbracciare a colpo d’occhio un gran

numero di possibili errori metodologici della storiografia naturalistica: la sostituzione del filologismo alla considerazione storiografica, la surrogazione delle reali categorie storiche (arte, filosofia, religione, ethos...) con le pseudocategorie naturalistiche dello spazio del tempo e della causa, la storia universale e generale, la corru-

14

NATURALISMO

E

STORICISMO

zione del cominciamento nel

cominciamento

NELL’ETNOLOGIA

INTRODUZIONE

ideale ed eterno delle categorie

in tempo,

il biologismo

culturale,

la

superstizione del documento e la ingenua credenza della storia come un passato e come un di fuori, lo psicologismo,

la

risoluzione

del

nesso

dialettico

necessità-libertà

nella doppia ipostasi della società e dell’ individuo, etc. La Schriftgeschichte degli ultimi cento anni presenta in misura più limitata, e con evidenza minore, questa serie di errori: la storiografia etnologica permette invece di considerarli, per così dire, allo stato naturale, senza quegli avvolgimenti temperamenti o compromessi che nella Schriftgeschichte samente isolabili,

li rendono meno evidenti, più faticoe, infine, didatticamente meno efficaci.

Insomma, per esemplare gli errori metodologici del naturalismo storiografico, la etnologia rappresenta un eccellente

punto

prospettico.

15

a nuove decisioni concrete, in cui il carattere è chiamato volta a volta a esprimersi, e giammai quando escogitiamo precettistiche o casistiche sul possibile che non è reale,

così, mutatis mutandis, l’ incremento di una metodologia della storia è affidato alla possibilità di provarla interiormente nella intelligenza di mondi storici nuovi, in cui la sua efficacia non è stata ancora cimentata. Una etnologia storicistica rappresenta per l'appunto un cimento sconosciuto per la metodologia crociana: di qui un interesse generale nella cosa. © Giova ora qualche chiarimento su alcuni criteri particolari che ci hanno condotto nella elaborazione dei saggi in quistione. In generale, alla esposizione in estensione

abbiamo

preferita quella

per punti

prospettici:

per

esempio, ad un esame completo della etnologia evoluzionistica abbiamo preferito un saggio critico intorno

Infine, invitiamo gli Schrifthistoriker e i metodologi della storia a riflettere sul fatto che la metodologia cro-

ad

ciana,

punto prospettico per valutare, in uno, l’evoluzionismo, il sociologismo, il filologismo mistico-romantico, e, infine,

nata

da

una

vivacissima

esperienza

della

storia,

raccomanda la sua vitalità e il suo incremento al continuo commercio

con

nuovi

problemi

storici.

Or

è accaduto

che la filosofia dello spirito si è imbattuta spesso in troppo accademici censori o fautori, i quali han preso ad esaminare il delicato suo congegno da metafisici più che da filosofi, senza cioè continuarla in una nuova più ampia e vibrante esperienza della storia. E sia che questi metafisici presumessero di avere scoperto il difetto del sistema, sia che lo stimassero perfetto in ogni sua parte, certo

è che rifiuti o correzioni o adesioni tradivano un difetto sostanziale,

erano

cioè

elucubrazioni

a freddo.

Da

parte

nostra stimiamo che sia preferibile sottoporre il sistema alla prova di nuove esperienze storiche, affinchè da queste,

e solo da queste, tragga il nutrimento che lo farà crescere e fruttificare. Come l’ incremento della vita morale ha luogo solo quando i casi della vita ci pongono di fronte

uno

solo fra

L. Lévy-Bruhl.

i più

noti

L'argomento

rappresentanti

offre

dell’ indirizzo,

infatti

un

eccellente

il problema della mentalità primitiva. Inoltre, ad un esame diffuso di tutti gli scritti metodologici della scuola storico-culturale abbiamo preferito soffermarci sulla prefazione-programma del Foy, cubrazioni filosofiche di H.

completandola Pinard de la

con le eluBoullaye, e

con le regole tecniche esposte nell’Handbuch der Methode der kulturhistorischen Ethnologie dello Schmidt. Ancora: ad

un

esame

completo

di

tutti

i mal

posti

problemi

della etnologia, abbiamo preferito la trattazione particolare di uno solo di questi, il problema della prima forma di religione nella etnologia religiosa. Infine, valgono per l’etnologia funzionale considerazioni analoghe. La raccolta offre pertanto, sia pure di scorcio, un con-

tributo alla storia della storiografia europea nella seconda metà del secolo decimonono e nei primi quarant'anni del

STORICISMO

E

NATURALISMO

16

NELL



ETNOLOGIA

ventesimo. Tale contributo è tanto più necessario in europea manca quanto nelle storie della storiografia per n veda, Si una sezione che riguardi l’etnologia.

la

Geschichte

classica

:

ar

I9II), dove gli

Le a o

l’etnologia moderna sono vaghi scarsi e las viziati, fra l’altro, dal pregiudizio metodologico de ria universale

Ci

mneueren Historiografie

u. Berlin,

(Miinchen

Fueter

der

(più vivaci e penetranti, invece, gli do --

ai primi albori del sapere etnologico, sopratutto duran RI

dio

poteva

dire

modo,

tutto

da

sul conflitto

Ò

i

scoperte).

le

i

fra

ciò

che di de

considerazione

Ù

SAGGIO

CRITICO

SUL

PRELOGISMO

DI Lfévy-BruHtL.

naturalis !

e storicistica nel dominio etnologico ha trovato pro nei saggi raccolti nel presente volumetto : manca, = esempio,

la determinazione

particolareggiata

rapp ua

Di

o il

fra etnologia e antropologia, un argomento che di attualità. Ma le integrazioni sono facili per orientato:

altre

noi

stessi

faremo

in

seguito

ui ce letto

.

Quando, verso la seconda metà del secolo XIX, la scuola antropologica intraprese in Inghilterra lo studio

sistematico delle società inferiori, parve ai rappresentanti di quella scuola dogma inconcusso che la religio ne dei primitivi ripetesse essenzialmente le sue origini dal biso-

gno logico di spiegare i fenomeni

psichici e fisici. Questo

dogma si accompagnava strettamente con la veduta intel-

lettualistica di una teoreticità completament e risolubile nella forma logica, e di una forma logica identificata alla capacità di astrarre e di generalizzare, di costruire classi e tipi, al modo delle scienze partico lari. Su questa base speculat — mutuat ivaa dall’evoluzio-

nismo

allora

antropologica

intorno

nna piano 1 Alla sezione etnologica della biblioteca Di capa nani nos cl debitori del materiale bibliografico utilizzato nelle Parlano o avv tro ringraziamento va al direttore della biblioteca, per questa p: 1 nadle con molta cortesia si adoperò a facilitare nostro

compito.

imperante — i

rappresentanti

inglese costruirono

alle origini

delle forme

le loro

religiose

della

ipotesi

scuola generali

primitive:

su

questa base fu costruita dal Tylor l’ ipotesi più generale e comprensiva della scuola, l’ ipotesi animist ica. Secondo

il Tylor l'intelligenza umana, in condizioni ancora rudimentali di cultura, si preoccupò della risoluzione di un

duplice ordine di problemi: per un verso cercò di spiegare

la causa della vita e della morte, della veglia e del sonno, E. pe Marrino.

RFI

I

og

18

NATURALISMO

E

STORICISMO

NELL



SUL

ETNOLOGIA

avrebbe

al primitivo

suggerito

1° idea

di si

n principio vitale residente nel corpo, e che esi urevoo 0 sonno, nel come donarlo temporaneamente, mente, come nella morte; il gli avrebbe invece suggerito di un suo proprio fantasma, combinazione di queste due

nescente

se stesso,

causa

di acutezza.

secondo ordine di non 7 vo S l’idea di un altro se ss Da È immagine, eco, ombra. idee, sarebbe nata la rappre

sentazione dell’anima-apparizionale (apparitional-soul, ghost-soul), cioè

E o di un secondo ni

della vita e ci

moria,

n.

È

co mo rante la vita, del sentire, del pensare € dell agire. "i aitio amente precis e logico, un analogo bisogno n GaS FO uere disting di ità combinato con l’ incapac ere estend ad vo primiti il indotto e avrebb 1 inanimato, coro vita e la psichicità alla natura*. DC scuola della te sentan rappre grande altro Un

n E Ù logica, Sir James Frazer, informando i criteri — n la etò interpr ermeneutica agli stessi presupposti, causale ce come il primo passo di quella conoscenza ne, n religio la rso attrave sarebbe culminata poi,

scienze

positive dell'età moderna 2.

oi

sa same Contro 1’ intellettualismo della scuola secolo, del fine la verso , Francia in inò determ inglese si

19 Cfr. 499; II, 108, , 194. 1 TyLor, Primitive culture 5, I, ca . 2 Op. cit., II, 285. E: ne binati Apo 4 Frazier, The Golden Bough8, I, 1, apra del Frazer si rivelano is *aiti a es. . della e a mae i ° sua ipotesi concezionale Ila 4 nella per come, Ter particolari, en pio teorie nte inte persiste questo di notevoli Tracce genesi del eten: = supremo eè } Alessano i Lang intorno lismo si ritrovano anche nella teoriai del Ri (Lanc, Mith. come causa e autore dei fenomeni naturali

Religion, I, 330).

428 sgg.

LÉVY-BRUHL

19

Non

sfuggì,

per

esempio,

al Durkheim

che

l’ ipotesi animistica non ricostruisce ab intra l’esperienza religiosa, non ci spiega la distinzione fra sacro e profano : Quand’anche l'analogia del sonno con la morte fosse stata sufficiente a far credere che l’anima sopravvive al corpo (e vi sono delle riserve da fare su questo punto), per quale ragione quest’anima, per il solo fatto che è ora stac-

cata

dall’organismo,

natura? profana, d'un

colpo

dovrebbe

Se, durante un principio una

cosa

La morte non le più grande libertà

cambiare

completamente

di

la vita, essa è soltanto una cosa vitale ambulante, come può diventare sacra,

oggetto

del

aggiunge nulla di di movimento *.

sentimento

religioso?

essenziale,

salvo

una

Nè sfuggì a Lévy-Bruhl che l'ipotesi animistica si sovrappone ai fatti che intende spiegare in modo affatto

estrinseco

e problematico:

Nelle società inferiori è quasi universalmente diffuso l’uso

di distruggere le armi di un morto, i suoi vestiti, gli oggetti di cui si serviva, anche la sua casa, e di immolare talora

i suoi schiavi e le sue donne. Come si spiega ciò? « Questo costume — dice il Fraz—er può essere nato dall’ idea che i

morti p.

DI

una vivace reazione ad opera della scuola sociologica fondata dal Durkheim e dagli altri collaboratori dell’Année Sociologique. In generale le critiche mosse dai sociologi francesi alla metodologia della scuola antropologica non mancano

si a della malattia e della sanità, per un altro verso supe: no che cupò di rendersi ragione delle forme umane r » primo Il durante i sogni e le visioni estatiche. di fenomeni

PRELOGISMO

avrebbero

serbato

rancore

a quei

vivi

che

li avessero

spogliati delle loro cose. L’ idea che, avvenuta la distruzio ne, le anime degli oggetti raggiungono i morti nel paese delle anime è meno semplice, e probabilmente più recente.» Senza dubbio questo costume può essere nato così: ma ‘ DurKHEIM,

in poi FEL),

Les

p. 85.

Formes

élémentaires

d e la

vie

religieuse

(d'ora

E STORICISMO

NATURALISMO

20

può non

essere anche nato s

SUL

razer > 4 i i del Fra L'ipotes

modo. le altre,

tutte

escludendo

s' impone

di esprimersi

i altro in

NELL ? ETNOLOG IA

e ili suo

stesso

mo:

speculativi

DI

e storici

LÉVy-BRUHL

in termini

2.I

di psicologia

empirica. Il Durkheim”, per esempio, basandosi sulla giu-

lo confessa”.5

Del pari la scuola

i problemi

PRELOGISMO

sta osservazione che il fenomeno della morte non basta, di

sociologica

nen

coglieva nel

Lg

per sè, a trasformare l’anima in ispirito, cioè in obbiett o numinoso, credette fosse legittima la ricerca di quella esperienza sui generis che ispira il nume, e la fonte di

si rifiutava di riconoscere nella magia nient'altro si un tessuto di associazioni illusorie, di falsi ragionam » analogici e di infondate applicazioni del principio 50

questa esperienza credette di scoprire nella società, sopratutto durante i suoi periodici corrobori :

se queste e altrettali critiche sono meg sla e accettabili, non altrettanto può dirsi delle

(I credenti) sentono, in realtà, che la vera funzione della religione non consiste nel farci pensare, nell’ar ricchire la no-

positive prospettate in cambio di quelle rifiutate.

dire fin d’ora (alla fine l'argomento per esteso) cese fece sempre difetto il ragionevole impegno

o cSSanO

del presente saggio tra crono che alla scuola sociologia Si, ass mori la solidità gni E CATO intel 1 di eouiva inte

degli antropologi inglesi, restò a sua vola un palese intellettualismo. Infatti, dei tre cedentemente esposti della scuola pr

a Lap pie RE i sono

logi francesi rifiutarono solo il primo — il ve dr come filosofo selvaggio —, ma fceettarono gli altri * non sospettando nè l’esistenza di una forma tento so non concettuale (1° intuizione), nè la distinzione tra oglea ed era co “ speculativa e logica empirica: inolt—re e — € ; premess queste euenza affatto spiegabile date

al

pari

dei

e la storia Infine,

non

loro

avversari,

mortificarono essendo

in

mancarono

negli possesso

schemi di

una

di

stra conoscenza, aggiungendo a rappre sentazioni di carattere scientifico rappresentazioni di altra origine e di altro carattere,

ma nel farci agire, nell’aiutarci a vivere... Questa realtà che i mitologi si sono rappresentata sotto forme così diverse, questa realtà che è la causa oggettiva, univers ale, eterna di tali esperienze sui generis, è la società ”.

E la società elabora i suoi prodotti, in modo particolare la religione, secondo una logica ed una psicologia che non sono quelle dell’ individuo: chè anzi i naturali strumenti

della

logica

individuale — il concetto

vera

e preprRE

filosofia dello spirito, facilmente furono indotti a tradurre via

ieures

Les Fonctions mentales dans les sociétés inférieur 5 Lévy-Bruni, iù 9 Loss 0. . . ’ora in poi FMSI), p. II. RL e E * RZ E a questo proposito, 1 leva È 6 Si vedano, la e de la rie gé générale theorie ie d’une i ente l’ i Esquisse e l’Origine des pouvoirs magig see —-._ ;, VII, s 1904, p. 56 sgg.) soci (in Mélanges d’ histoire des religions, P. 130).

genere

e

di

giosa ?.

Ho *

senso sierica,

della socio ogia.

di

specie, di spazio e di tempo, di forza sostan za e di causa — si generarono nell’ambito dell'esperie nza sociale e reli-

I motivi irrazionalistici e pragmatistici della scuola sociologica francese sono particolarmente accentuati nel-

l’opera

® FEL, 8 FEL,

di Luciano

Lévy-Bruhl.

Se le cosiddette

rappre-

595. 597.

® FELL, 200sgg., 290 S88., 518 sgg., 616sgg. Cir. DurKHEIM e Mavss, De quelques formes primiti ves de classification (in Année sociologique, VI, p. 1 sgeg.), nonchè i lavori di Hubert e Mauss precedentemente citati.

e

22

NATURALISMO

STORICISMO

E

SUL

NELL’ ETNOLOGIA

individuale,

retta

dal principio

critica del « prelogismo », che troverà più avanti il suo luogo adatto; infatti, tenuto conto che l’opera del LévyBruhl non è molto familiare al lettore italiano, è neces-

o di

sario che una esposizione particolareggiata e obiettiva dei metodi impiegati e dei risultati ottenuti dal sociologo

antropologica inglese, malgrado il suo estrinseco aggirarsi alla superficie del fatto religioso, aveva tuttavia

il carattere

unitario

logica

della forma

francese preceda

qui la valutazione critica di quei metodi

e di quei risultati.

nel

primitivo e nell'uomo culto, e su questa base aveva potuto

*A*kA*

almeno costruire i suoi schemi evoluzionistici e progressistici,

i quali,

se storia

non

propriamente

erano,

almeno

Cerchiamo anzitutto di determinare che cosa sia propriamente la legge di partecipazione. Secondo Lévy-

la simulavano; la scuola sociologica francese, prendendo le mosse dalla considerazione in sè giusta e storicamente orientata

che

il primitivo

non

è un

filosofo

selvaggio,

e

che la religione delle società inferiori non può essere essiccata in una sorta di metafisica ingenua o di scienza grossolana,

trascorreva,

per

opera

di

uno

dei

suoi

più

10 « Le combinazioni da cui derivano i miti le teogonie e le cosmogonie popolari non sono identiche alle associazioni di idee che si formano a nell’ambito individuale, sebbene le une e le altre si possano chiarire vicenda. Una sezione a parte della sociologia dovrebbe essere destinata esiste a determinare le leggi dell’ ideazione collettiva: tale sezione non ancora » (DurkHEIM, Représentations collectives et représentations in1898, dividuelles, in Revue de Méthaphisique et de morale, maggio per la rap. 300 nota). Se l’oggetto della religione è così sconcertante gione individuale, ciò dipenderebbe dal fatto che « la rappresentazione (di questo oggetto da parte della religione) non è opera della ragione spiindividuale, ma dello spirito collettivo. Ora è naturale che questo è di rito si rappresenti la realtà in modo diverso dal nostro, poichè natura diversa. La società ha il suo modo d’essere che le è caratteristico, dunque il suo modo di pensare » (Durxuerm, Année sociologique, II, p. 29).

23

che, come tale, non può in alcun modo diventare, per noi, oggetto di storia. Ma non è il caso di anticipare, ora, una valutazione

non contraddizione, è affatto dominata dalla logica collettiva, retta dalla legge di partecipazione. La scuola

conservato

LÉVY-BRUHL

comune misura con la nostra, capace di rappresentazioni e di esperienze che non è possibile rievocare in noi se non in minima parte e molto imperfettamente, un’umanità

la psicologia individuali, ciò vuol dire che alla loro formazione presiede un’altra logica, le cui leggi occorre determinare !”. Ciò posto, il Lévy-Bruhl intraprese lo studio delle rappresentazioni collettive nelle società inferiori, con l’ intento di determinare la loro logica: e credette di venire alla conclusione che, presso i primitivi, la logica

DI

cospicui rappresentanti, ad immaginare una umanità senza

delle società sentazioni collettive in generale, e quelle la logica e con inferiori in particolare, non si spiegano

di identità

PRELOGISMO

Bruhl, Ia mentalità primitiva è dominata

sintetica

sui

generis,

in

virtù

della

da una funzione

quale

tra

esseri

oggetti o fenomeni per noi diversi o indipendenti è istituita una identità sostanziale od una connessione specifica (per es. un nesso causale), o, con termine generico,

una partecipazione *. Quando, per esempio, i Trumai

di-

cono di essere animali acquatici, essi istituiscono una identità sostanziale immediata — una partecipazione — fra esseri assolutamente diversi; quando gli Abiponesi ricol-

legano la piaga all’azione dello stregone piuttosto che al colpo di lancia, essi istituiscono una connessione 0 una partecipazione tra fatti per noi del tutto indipendenti *. 11 FMSI,

68 sg.

) 12 FMSI, 75. Un esempio di partecipazione particolarmente intima: un churinga associato a un albero nyssa non può essere impiegato per rappresentare, poniamo, un emu: bisogna costruire un altro,

24

NATURALISMO

La sintesi compiuta pante non

E

STORICISMO

in tal modo

è di natura

logica,

ma

SUL

NELL’ ETNOLOGIA

dalla funzione partecipiuttosto,

immediata



sentimentale. Più precisamente, la legge di partecipazione è un principio affettivo di unificazione delle rappresenttazioni, e si ricollega a ciò che il Lévy-Bruhl chiama «la categoria affettiva del soprannaturale». In virtù

mitiva)

non

e non

un vase » !:

L'emozione

sui

generis

provocata dalla categoria affettiva del soprannaturale è «immediatamente rivelatrice » della presenza inquietante di una realtà «altra» *. Non è tuttavia da credersi che il primitivo sia un essere irragionevole: il « prelogismo è

possono

ancorchè identico. D'altra parte uno stesso disegno, se impresso su un churinga associato al nyssa rappresenta un nyssa, se impresso su un churinga associato a una rana rappresenta una rana, ed infine se è isolato, senza riferimento ad alcun obietto numinoso, non ferma l'attenzione del primitivo, o per lo meno non ha nessuna significazione (FMSI, p. 125 sgg.). 13 Lévy-BrunL, Le surnaturel et la nature dans la mentalité primitive (d’ora in poi SNM), xx1v; vedi, in generale, I-xL. 1 Lfvv-BruaL, La mythologie primitive (d’ora in poi (MYP), xv. chez les et les symboles mystique L'espérience 15 Lévv-BrunL, primitifs (d'ora in poi EM), p. 95 sgg. Sul valore di quest’esperienza scrive Lévy-Bruhl: « Se l’esperienza non avesse mai rivelato all’uomo una realtà diversa da quella del mondo sensibile nel quale egli è immerso, senza dubbio la sua attività mentale sarebbe rimasta sostanzia!. mente simile a quella degli altri animali superiori: fors’anche più variata e più ampia, ma pur sempre, al pari di quella, aderente all’oggetto, e incapace di percorrerlo nel concetto. Sarebbe pertanto rimasta un'attività limitata, per così dire, al significato letterale delle cose. Niente l'avrebbe incitata a sollevarsi al di sopra della realtà immediatamente sentita e percepita, a dominarla, a immaginarne un’altra di di1’ idea

che

le

separarsi

tuttavia

partecipazione,

alle

leggi

della

di natura di partecollettiva individuo

modo

è

« comme

dominante

che, nell'uomo

l’ huile

la prelogica,

et l'eau

dans

con la sua legge

nel

primitivo,

culto, predomina

allo

di

stesso

la logica col suo

principio di identità. Partendo da queste premesse è sembrato al Lévy-Bruhl

di poter

Solo dall’esperienza mistica poteva nascere essere altrimenti da quel «he sono ».

esclusivamente

la legge di identità”. Logica e prelogica sono quindi intimamente compenetrate e fuse nella mentalità primitiva

primitiva

versa natura. cose possono

obbedisca

trova già fissati in precedenza dalla coscienza sociale. Quanto all’ individuo, il suo pensiero si comporta secondo

coordinazione

coerenza”.

25

non va confuso con l’ illogicismo o l’antilogicismo: piuttosto « noi siamo indotti a pensare che (la mentalità pri-

sono immediatamente unificate nell’uniformità di emozione che sollecitano ’. Si stabilisce così una virtù connettiva sentimentale di rappresentazioni eterogenee, virit connettiva che impedisce di riconoscere ogni difetto di di

DI LÉVY-BRUHL

nostra logica, nè, forse, a leggi che siano tutte logica » !. In particolare, dominati dalla legge cipazione sono soltanto i prodotti della mentalità cioè quei prelegami fra esseri e oggetti che l’

di questa categoria una moltitudine di rappresentazioni, da un punto di vista logico senza alcun rapporto,

e

PRELOGISMO

meglio e

dei

penetrare suoi

nello

spirito

atteggiamenti

della

mentalità

caratteristici.

Come

operano di fatto la legge di partecipazione e la categoria . affettiva del influenzate le tempo, della primitivo, la

soprannaturale; in che modo ne risultino rappresentazioni primitive dello spazio, del causalità, della quantità; quale è, per il rappresentazione della personalità; infine,

in che modo si effettuò il passaggio a tipi superiori di mentalità: queste sono le principali rubriche sotto le quali conviene, per i nostri intenti, raggruppare la vasta silloge

del sociologo

16 FMSI,

francese.

i

5o.

®

FMSI, 79sg. Cfr. op. cit., p. 115: « Le istituzioni fissano per così dire in precedenza, ne varietur, le combinazioni realmente possibili delle rappresentazioni collettive ».

18 FMSI,

113.

26

NATURALISMO

E

STORICISMO

NELL’ETNOLOGIA

Avvalendosi

** x L’argomento della rappresentazione dello spazio nella mentalità primitiva era stato toccato già prima del LévyBruhl

in uno

scritto di Durkheim

e Mauss,

apparso

nel-

l’Année sociologique”. In questo scritto si sostiene la tesi che il modello delle classificazioni primitive fu offerto dalla organizzazione sociale: gli obbietti naturali (piante, animali, fenomeni atmosferici) furono cioè ripar-

tite fra i vari clan e raggruppati sotto i rispettivi totem. D'altra parte, poichè la opposta o diversa funzione sociale dei gruppi tribali si obbiettivò in una solidarietà dei ‘ gruppi stessi con regioni dello spazio opposte o diverse,

la classificazione originaria per totem e clan finì col trasformarsi nell’altra per spazi orientati: le cose furono cioè riferite a questa o quella direzione dello spazio. La classificazione per spazi orientati, con il venir meno dei clan totemici, restò la sola possibile sopravvivendo anche in età culte, tanto che se ne può scoprire la eco lontana nella teoria aristotelica dei luoghi naturali”.

DI LÉVY-BRUHL

delle ricerche

del Durkheim

10 De quelques formes primitives de classification, in Année sociologiVI, i90:-2, pp. -1-72. Cfr. FEL, 200 sgg. 20 Il CASSIRER, che si è occupato a sua volta del problema della rappresentazione dello spazio nel mito, afferma che lo spazio mitico è, sì, qualitativamente differenziato (e sotto questo punto di vista si ricongiunge allo spazio sensibile), ma compie tuttavia una funzione ordinatrice e semplificatrice della molteplicità empirica (ricollegandosi per questa parte, allo spazio geometrico). Nell'ambito delle società totemiche, per es., l’ intricato viluppo di tutti gli esseri individuali e sociali, psichici e fisici nei loro molteplici rapporti di parentela totemica può essere abbracciato a colpo d’occhio in modo relativamente facile, tostochè il pensiero mitico procede a conferire a quello sterminato complesso una espressione e traduzione spaziale, come accade nelle classificazioni spaziali primitive segnalate dal Durkheim e dal Mauss. Nel sistema degli Zuîii la totalità dello spazio è ripartita in sette domini e ogni obietto possiede, nell’ambito di questa partizione, un luogo univocamente determinato; pertanto, « dato che tutti i generi e tutte le specie dell’essere

27 e Mauss,

e

completandole con una più larga esplorazione nel dominio della mentalità primitiva, il Lévy-Bruhl concluse che ai primitivi fa difetto la rappresentazione astratta di spazio, ponendo essi in cambio una rappresentazione semi-concreta e numinosamente qualificata di esso. Ogni spazio determinato, ogni direzione partecipa misticamente con un determinato Per

gruppo

i primitivi,

di oggetti:

la rappresentazione

dello

spazio,

per

quel

tanto che sussiste esplicitamente nelle loro menti, è di natura sono essenzialmente qualitativa. Le regioni dello spazio non sentite piuttosto ma ntate, rapprese concepite, nè propriamente ile in insiemi complessi, in cui ciascuna regione è inseparab anida ciò che la occupa. Ciascuna regione partecipa degli mali reali o mitici che vi vivono, delle piante che vi crescono, ne delle tribù che la abitano, dei venti e delle tempeste che , omogeneo spazio uno di procedono, etc. La rappresentazione e restituir di consente ci non abituati, siamo alla quale noi completamente questa idea”.

In Australia ogni gruppo sociale è solidale, fa corpo, con una

que,

PRELOGISMO

SUL

regione

o

una

direzione

determinata

dello

spazio:

ciascun clan ha, per esempio, un posto univocamente determinato nelle riunioni tribali, un posto cioè univocamente orientato. La contiguità nello spazio fa talora partecipare misticamente anche uomini che appartengono a gruppi diversi, sì che Spencer e Gillen hanno potuto dello spazio, la assohanno la loro patria determinata in qualche luogo in tal modo supeluta estraneità reciproca di tali specie e generi risulta e spirituale, ad rata: la mediazione spaziale conduce alla loro mediazion ale » (CASSsIuna totalità estesa, in un mitico piano cosmico fondament 113). rER, Philosophie der symbolischen Formen, II, p. poi MP), 231 sgg.; 21 Lévy-Brun1, La mentalité primitive (d’ora in spazio qualitativaSullo S8. 333 130, 94, FMSI, 92; MYP, 52, cfr. vedi anche numinose situazioni e direzioni sue nelle ato mente differenzi MP, 91 sg.

28

NATURALISMO

E

STORICISMO

parlare di una parentela di luogo Questa

intima

partecipazione

dei

(local relationship) ”. gruppi

totali

al suolo

che occupano (ai tratti salienti del paesaggio, alla sua fauna e alla sua flora, etc.) si riflette in molteplici aspetti della vita religiosa primitiva: talora la divisione dello spazio in regioni corrisponde a una specializzazione di poteri magici: una regione a cui un gruppo partecipa

è altresì la sfera propria della sua attività magica.

Per

esempio presso gli Australiani studiati da A, P. Elkin, ogni

totem è associato a una regione determinata dello spazio tribale, ed ogni clan della tribù è preposto alle ceri-

monie del proprio centro totemico locale ®*. L'associazione

mistica o partecipazione

è così intensa che un indigeno

strappato dal suo spazio sociale perde ogni potere magico

stesso contenuto, fa partecipare il « qui » e « lì », rendendo così possibile l’esperienza di un «questo qui» che sia « quello

lì »,

ovvero

di

un

ripugnanza

ad

abbandonare

il suo

territorio,

taneamente ?°,

;

;

.

D'altra parte la funzione partecipante stringere in una mistica solidarietà gli

anche

momen-

non si limita a spazi con i loro

contenuti, ma, nell’ambito di uno stesso spazio e di uno

2 MYP, 13 sg.; cfr. FMSI, 246 sg. 2° MYP, 16. I centri totemici locali, e, in generale, i luoghi sacri, sono punti determinati del paesaggio in cui si realizzano in modo particolarmente intenso e simbolico le partecipazioni in cui è inserito il gruppo sociale: vedi EM, 180 sgg.

# MYP, 25 MP,

18. 236.

«questo»

che

sia,

insieme,

< qui e lì ». Uno stesso individuo, per esempio, può reduplicarsi in un animale, può essere ubiquo: presso i Mossi sussiste una solidarietà tra gli individui e i caimani, sì che ferendo o uccidendo un caimano anche l’ individuo corrispondente è ferito o muore ”*. Del pari presso gli Eskimo,

ciò che

nel mare,

è qui,

sulla

terra ferma,

una sorta di balena”,

un lupo, è lì,

Anche gli obbietti ina-

nimati possono essere magicamente reduplicabili: uno stregone dello stretto di Torres, operando magicamente

su un dente, induce un dente invisibile a penetrare nel corpo della vittima ”.

e deperisce per il dolore”. Una regione nuova esercita una potenza malefica, dalla quale è d’uopo proteggersi; fuori della sua contrada il primitivo è spesso inquieto: Egli non respira più la sua aria, non beve più la sua acqua, non coglie più nè mangia i suoi frutti, non è più circondato dalle sue montagne, non cammina più sui suoi sentieri : tutto gli è ostile, perchè fanno difetto le partecipazioni che egli è abituato a sentire. Di qui la sua estrema

29

PRELOGISMO DI LÉVY-BRUHL

SUL

NELL’ETNOLOGIA

dekok

ziali

Le lingue primitive ricchissime di determinazioni spaconcrete, specialmente sotto forma di suffissi e di

prefissi, sono in cambio poverissime di determinazioni temporali, tanto da potersi avanzare l'ipotesi che la mentalità primitiva è orientata prevalentemente verso lo spazio,

e che

il «successivo»

nel

tempo

sia stato

rap-

presentato originariamente come » e dei « Données immediates de la conscience» del Bergson, pervennero alla conclusione che la rappresentazione e

non

già

il principio

3I

LÉVY-BRUHL

di identità

la categoria

partecipazione,

DI

bensì

ma

affettiva

del

la legge

di

soprannaturale.

Le partizioni del tempo non sono pertanto, per il primitivo, astratte e capaci di ricevere qualunque contenuto, ma

«partecipano»

degli

accadimenti

in

che

essi

si

ritmato secondo periodi qualitativamente omogenei conti-

producono, sì che, al ripetersi di una certa partizione temporale, tende a ripetersi anche l’accadimento che le è solidale. I Daiacchi, per esempio, si rappresentano le giornate numinosamente divise in cinque « tempi> ciascuno dei quali è solidale (« partecipa ») con certi atti, è il tempo di quegli atti, e di essi soltanto. In generale,

nui

gli

«i periodi, i giorni, le ore in cui le sciagure si producono,

di essi sono compresi, e tali che i

partecipano di tali sciagure » ®. Evidentemente, la sintesi tra i tempi e i loro accadimenti è di natura affettiva, cioè la loro pretesa unità e solidarietà risultano dalla identica colorazione sentimentale con cui sono associati nello spirito del primitivo: è, in una parola, la categoria affettiva del soprannaturale che fa immediatamente partecipare tempi e accadimenti ®. D'altra parte la funzione partecipante non si limita solo a sostituire sistemi solidali di tempi e di accadimenti,

l’esperienza

del

tempo

nella

religione

e nella

magia

è

non già quantitativa e astratta e neppure assolutamente qualitativa e concreta, ma piuttosto semi-quantitativa € semi-concreta: il tempo numinoso sarebbe, cioè, un tempo e insecabili,

solidali

atti che in ciascuno

con

gli

avvenimenti

e con

riti compiuti nelle date critiche con le quali si aprono, prolungano i loro effetti a tutto il periodo in questione

e lo contagiano interamente”. Il Lévy-Bruhl accettò questa interpretazione nelle sue linee generali e se ne servì

come

conferma

della

sua

ipotesi

prelogica.

Se il primitivo ha una rappresentazione e un’esperienza del tempo sempre in qualche modo numinosamente qualificata, ciò dipende, secondo Lévy-Bruhl, dal fatto che presiede alla formazione di quella rappresentazione 20 Husert e Mauss, Étude sommaire de la représentation du temps dans la religion et la magie, in Année sociologique, t. V., 1900-1, p. 248, rifuso nei Mélanges d'’ histoire des religions degli stessi autori, p. 189 sg. 80 Intorno alla partizione del tempo religioso in ambiti non estensivi ma intensivi, cioè sentimentalmente intensi, si confronti, anche qui, quel che ne dice il Cassirer: « Pertanto, in modo analogo che per lo spazio, nella posizione delle pause temporali delimitanti e separanti, la rappresentazione fondamentale che qui domina non è già quella di un complesso di contrassegni puramente convenzionali, ma piuttosto quella di singole divisioni del tempo che in se stesse posseggono ciascuna una qualità e una caratteristica specifiche, una propria natura e una propria efficacia. Tali tratti risultanti dalla divisione non formano affatto una semplice ed uniforme serie in estensione, ma a ciascuno di essi compete una pienezza intensiva, in virtù della quale si dispongono l’uno verso l’altro come simili o dissimili, corrispondenti o contrari, solidali od ostili» (op. cit., p. 137).

ma tende anche a far confluire l’uno nell’altro, in una sorte di eternità immediatamente e attualmente vissuta,

i momenti temporali del passato del presente e del futuro. In altre parole: non soltanto il tempo è rappresentato € sentito dalla mentalità primitiva come qualitativamente e numinosamente ritmato, ma altresì il tempo non è per essa un corso di momenti irreversibili: quella stessa colorazione affettiva che unifica in un unico sistema solidale tempi e accadimenti determinati, unifica altresì presente passato e futuro nell’attualità del sentire. Il

3 SNM, 89 sgg. 8 SNM,

zo.

Cfr.

19sg.

sulla

qualificazione

numinosa

del

tempo,

MP,

32

NATURALISMO

tempo

religioso

dei

E

STORICISMO

primitivi

tende

ralità, tende, cioè, a configurarsi riassorbe in sè il passato

SUL

NELL’ETNOLOGIA

perciò

come

presente. Questo

un presente che

e che prefigura il futuro.

futuro,

cato

all’ intempoDalla

in una

rivissuto

rappresentare

33

DI LÉVY-BRUHL

PRELOGISMO

così

rivissuto

si fa

intensa,

esperienza

da

intensamente

tendenziale intemporalità, per esempio, del periodo mitico ®, ovvero dalla partecipazione mistica fra il suo passato il suo presente e il' suo futuro, deriva l'efficacia

essere reso presente si rivela anche nella esteriore forma verbale di talune formule magiche, nelle quali il verbo non è nè all’ imperativo nè all’ottativo, ma al presente

magica

indicativo. « La foca è consenziente, essa mi viene incontro, viene dritto verso la mia tenda >, dice una formula

del

racconto

o

della

messa

in

iscena

del

mito.

In una grande quantità di riti magici il periodo mitico è reso presente, ed il futuro è, in quei riti, prefigurato, anzi è già attuale”: così, per esempio, durante le cerimonie Mayo dei Marind-Anim è messo in azione il mito che racconta in che modo furono creati gli alberi di cocco, e la imitazione presente del passato mitico prefigura, anticipa, fa già essere il futuro auspicato, e cioè la fecondità di quegli alberi ”. La capacità del presente rituale di riassorbire il futuro è stata abbondantemente esemplificata dal Lévy-Bruhl: per non citare che qualche esempio, i Nagas prefigurano raccolto

rano,

curvi

sotto

bolle

l’acqua

scendendo

un peso

contenuta

dalla collina,

dove

lavo-

immaginario ®; gli Zulù,

nel

vaso

che

simboleggia

se

il ne-

mico ”, hanno già vinto la battaglia, sì che vincerla poi in effetti è una formalità; gli Australiani del Queensland, imitando gli accadimenti che si accompagnano al cadere

della pioggia, la fanno già cadere, qui e subito *. L’auspi-

carezzo

la

87 MP, 222. Per la mantica sente, vedi MP, 219 sgg. 88 MYP, 190 sgg.

come

partecipazione

del

futuro

al pre-

del narvalo,

esso diviene

«io

consenziente

formula

ha

un’intonazione

esteriore

imperativa

0

ottativa, c'è sempre un'intensità attuale che ne accompagna

la recitazione, un’ intensità che la fa sperimentare,

la è,

per così dire, come indicativo presente. Analogamente mimica dei Nagas degli Zulù e degli Australiani come dice Lévy-Bruhl, «un indicatif en acte»®. AR

Le partecipazioni precedentemente segnalate non sono su

fondate

ciò

che

noi

consideriamo

l’esperienza

ordi-

naria, ma piuttosto sono istituite attraverso la mediazione di energie invisibili, di cui il primitivo ha immediatamente

8 MYP, 3 sgg. 3 MYP, 114 sgg., 160 sgg. Come la separazione dallo spazio sociale suscita nel primitivo inquietudine e smarrimento, e talora persino la morte (vedi più sopra), così la rottura del legame magico di partecipazione fra presente passato e futuro produce effetti deleteri. L’ impossibilità di celebrare le cerimonie che istituiscono quelle partecipazioni è spesso sentenza di morte per la tribù primitiva: vedi MYP, 128. 85 MYP, 160, 36 MYP, 192.

le ganasce

e docile ». E un’altra ancora: « Lo spirito malevolo passa vicino a me senza fare attenzione a me ». Anche quando

sita. oasi

l'abbondante

esquimese riferita da Thalbitzer. E un’altra formula:

l’esperienza mistica:

un legame

invisibile, positivo

ed energico, stringe insieme spazi e tempi determinati con i loro contenuti, nonchè il qui con il lì, e il prima con E

l’ora e con il poi. in generale verso

l’ invisibile

e l’energico

è orien-

tata tutta la mentalità primitiva: mentre la nostra ricerca

3% EM, 261 sgg. Il Lévy-Bruhl cerca di mostrare che la prefigurazione simbolica «est déjà l’'événement lui-méme» (op. cit., 270), è «un’action efficace, qui en assure dès à présent la realité » (p. 290). E.

pe

MARTINO.

3

34

NATURALISMO

E

STORICISMO

SUL PRELOGISMO DI LÉVY-BRUHL

NELL’ETNOLOGIA

35

causale è sotto il controllo dell’esperienza e del principio

coccodrillo

d’ identità,

è indifferente

Inoltre, una delie caratteristiche della sacralità primitiva

o poco sensibile al nesso delle cause seconde, e in cospetto di un fatto sùbito abbandona l’ordine empirico

la mentalità

primitiva,

invece,

creato

o

fabbricato

da

uno

stregone *.

fluido,

è la numinosità del dissueto, il carattere rivelatore dell’accidente, 1’ impossibilità del fortuito ‘. Così, per esempio, una capra che mangi i suoi escrementi, un bove che

numinoso ‘°. È da dirsi quindi, secondo Lévy-Bruhl, non già che i primitivi ricorrono alle potenze mistiche in quanto trascurano le cause empiriche, ma al contrario, che essi non cercano i legami causali empirici e visibili e quando li avvertono li considerano senza importanza perchè «le

batta il suolo con la coda, la prima apparizione dei bianchi, il suono della campana della cappella missionaria, una pianta che dà frutti fuor di stagione, un frutto che non è alla sommità del gambo ma nel mezzo, un duplice frutto sullo stesso gambo, un cane straordinariamente fortunato a caccia, etc., sono accadimenti rivelanti una

loro rappresentazioni collettive evocano immediatamente l’azione di potenze mistiche » ‘4. Una volta che sia en-

« trasgressione» alla consuetudine, e perciò la presenza di un’energia numinosa affatturante, di un’ influenza malefica che procurerà danno o che, in ogni caso, esige

e

visibile

per

un

ordine

di

energie

invisibili,

trata in azione la categoria affettiva del soprannaturale, ciò che per noi è l’esperienza, con le sue conferme e con

le

sue

smentite,

cessa,

per

il primitivo,

alcun valore. Lévy-Bruhl riferisce il seguente racconto di Bentley: Un giorno Whitehead vide uno dei suoi operai che, seduto, era esposto ad un vento freddo, in un giorno di pioggia. Lo esortò a rientrare in casa e a cambiare i suoi vestiti. Ma l’uomo gli rispose: « Non si muore di un vento freddo, questo non ha importanza: non si cade malati e non si muore che a cagione di uno stregone » ‘°. AI pari della malattia, la morte non è mai, come per noi,

naturale: se un guerriero è ucciso da un colpo di lancia in uno dei combattimenti rituali, la ragione è che un membro della sua tribù lo ha stregato, togliendogli le forze ‘*. Analogamente, se un coccodrillo divora un indigeno, o si tratta di uno stregone-coccodrillo, o di un 40 41 4 4

MP, MP, MP, MP,

17 sgg. 19 sgg.; 19. 23.

cfr.

p. 85 seg.

precauzioni sacrali ‘.

dall’avere 4 MP, 37 sgg. Cfr. MYP, 278 sgg., 295. Non soltanto le sciagure, la malattia, la morte hanno la loro causa mistica, ma anche il successo si ricollega a certe condizioni numinose particolari (MP, 350). 4 SNM, 33sgg.; MYP, 28, 36, 45, etc.; FMSI, 73. Nell'ultima sua opera, EM, il Lévy-Bruhl chiarisce con maggiore precisione il senso nel quale va intesa la sua affermazione « per il primitivo il caso non esiste »: i primitivi non negano il carattere fortuito dei piccoli fatti che non li interessano per nulla ma piuttosto non vi si arrestano. Vedi EM, 42. Cfr. le osservazioni del BerGson a proposito del fortuito in Les deux sources de la morale et de la religion, p. 150 sgg. 40 SNM, 13-16, 102, 182, 218-224; MP, 27-37, 41, 125, 295-331; 405 segg. Intorno alla numinosità malefica delle sottane dei missionari, vedi FMSI 70. Secondo Lévy-Bruhl, la mentalità primitiva considera l’ incesto come un « monstrum » sul tipo di quelli elencati nel testo: «il famoso problema della proibizione dell’ incesto, questa veraia quaestio della quale etnologi e sociologi hanno con tanto sforzo cercato la soluzione, in realtà non ne comporta nessuna... Nelle società di cui abbiamo testè parlato, è vano chiedersi per quale ragione l’ incesto è proibito: tale proibizione non esiste. Non già che 1’ incesto sia lecito o tollerato... solo che non ci si cura di interdirlo. Si tratta di cosa che non si verifica. Quando, supponendo 1’ impossibile, si verifica, è ‘qualcosa di inaudito, un monstrum, una trasgressione che diffonde l’orrore e lo sgomento. Conoscono forse le società primitive una proibizione dell’autofagia o del fratricidio? Esse non hanno altrettanta ragione di proibire l’ incesto » (SNM, 247).

36

NATURALISMO

E

STORICISMO

Se la causalità, per i primitivi, acquistano

presagio quanto

per

loro

è, per una

causa,

una

è mistica,

significazione

i primitivi,

non

tanto

o, per dir meglio,

di energie numinose che avrà zione dell'evento presagito ‘:

SUL PRELOGISMO DI LÉVY-BRUHL

NELL’ ETNOLOGIA

una

i presagi

particolare:

il

un'anticipazione manifestazione

molta parte nella produ-

Non basterà dunque che nessun presagio funesto sia apparso: è d’uopo anche che si siano prodotti i presagi favorevoli... Così, nel momento di cominciare la semina, è assolutamente necessario aver udito un tal uccello a destra, aver visto un tal altro uccello a sinistra, etc... Il fatto è che le manifestazioni dell’uccello hanno, per se stesse, virtù mistica che assicura la raccolta nello stesso tempo che l’annuncia. Se tali manifestazioni non hanno luogo, la raccolta non potrà prodursi ‘5, Ciò posto, i primitivi hanno problemi che ci sono estranei, e noi abbiamo problemi che non sono i loro. Immaginare perciò che il primitivo sia indotto a risolvere pro-

blemi che sono soltanto nostri, significa disconoscere l'orientamento peculiare della sua mentalità, equivale a fare

di lui

« un

filosofo

selvaggio ».

Così, circa la concezione che i primitivi hanno della riproduzione, è d’uopo porsi la questione preliminare: il problema della riproduzione si pone per la mentalità primitiva

nei

termini

che

sono

familiari

a quella

culta?

In realtà i primitivi trascurano quasi per disposizione naturale le cause seconde, e sono invece sensibilissimi a quelle

mistiche:

Quand’anche essi avessero constatato che un bambino viene al mondo solo se la fecondazione ha avuto luogo, non trar-

4 4

MP, MP,

124 sgg. 131.

37

rebbero da ciò la conclusione che ci sembra naturale, ma persisterebbero nella credenza che, se una donna è gravida, x vuol dire che uno spirito è entrato in essa ‘°.

Le

stesse

ragioni

che

impediscono

primitiva

di

rappresentare

in

causalità,

le

impediscono

altresì

astratto

la quantità

pura.

astratto

Come

di

alla

mentalità

spazio

tempo

rappresentare

lo spazio

il tempo

e

in e la

causalità, anche la quantità è per il primitivo qualificata, e cioè ancora immersa in un ambito di partecipazioni invisibili immediatamente sentite. Nelle società che si trovano al gradino più basso della scala della civiltà, la quantità partecipa immediatamente all’ insieme concreto a cui si riferisce, è sentita come una qualità per cui un

insieme determinato differisce da un altro insieme determinato

maggiore

o minore.

Il primitivo

avverte

la sot-

trazione di un elemento ad un insieme non già in virtù di un controllo analitico, ma per l'immediato sentimento che l insieme in quistione ha perduto una qualità che prima aveva”. La riprova di ciò sta nel fatto che le lingue primitive non possiedono un sistema di designazione

astratto

della

quantità

pura,

e quindi

una

vera

e

propria numerazione aritmetica. Anche quando in queste lingue si trovano nomi di numeri si tratta sempre di nomi di numeri in connessione con insiemi determinati rispetto alla loro forma,

attitudine, situazione, movi-

mento, etc. Così, per esempio, nella lingua tsimseniana della Colombia, l'uno si dirà Gak se riferito a oggetti piatti, g’erel se riferito a oggetti tondi, k'al se riferito a uomini, etc. Analogamente, vi sono in questa lingua molteplici modi di esprimere il due, il tre, etc. La rappresenta4 MP, 513. 50 FMSI, 205. 51 FMSI, 222: Lévy-Bruhl meri-appartenenze dei gruppi.

chiama

« ensembles-nombres » questi

nu-

E

NATURALISMO

38

SUL

NELL’ETNOLOGIA

STORICISMO

zione del numero, dunque, è presso i primitivi più o meno

qualitativamente mente

Inoltre, essa

determinata.

significativa:

gli insiemi

che

è numinosa-

il primitivo

si rap-

presenta sono dei veri e propri luoghi di partecipazioni mistiche, e la quantitàè una delle appartenenze dell’ insieme:

ciò

spiega

come

il numero,

più

o meno

astratto

o differenziato dall’ insieme di cui fa parte, conserva una individualità mistica, un campo di forza che gli è particolare: « Nelle rappresentazioni collettive, il numero e la sua corrispondente denominazione partecipano ancora così strettamente alle proprietà mistiche degli insiemi

PRELOGISMO

DI LÉVY-BRUHL

39

l'eccesso di fortuna o di sfortuna, il malefico 0 l’eccezionalmente benefico sembrano segnalare la presenza di questa

energia

numinosa,

che

i

melanesiani

chiamano

mana, gli Indiani dell'America del Nord wakan, imunu i Papua del delta del Purari, wairua e mauri i Maori etc., e che gli etnologi hanno

segnalato da tempo,

variamente

traducendola nelle loro lingue (Lebenskraft, Seelenstoff, Zielstof, Potenz, etc.) #. D'altra parte il primitivo non si rappresenta la sua personalità, o quella degli altri membri del gruppo, come psichicità definita entro limiti. stabili e univoci, ma piuttosto come energia qualitativamente

mistiche

identica a quella che promana dagli animali dalle piante

che unità aritmetiche » ®. Di qui la potenza mistica dei

e dalle cose”, e includente nelle sue frontiere labili e variabili tutto ciò che cresce sul corpo o ne esce (peli, unghie, sudore, sperma, urina, sangue, escrementi, la-

rappresentati, numeri,

che

superiori

da

essere

si conserva

essi

stessi

molto

più

a lungo

realtà anche

in forme

di civiltà. dk

crime), tutto ciò che è in rapporto particolare con esso (le tracce dei passi sul suolo, i resti degli alimenti, l'ombra

*

Che la legge di ‘partecipazione sia alla base della mentalità primitiva sembra avere la stia riprova nel fatto che ai primitivi fa difetto una rappresentazione di obietti

dai

limiti

univocamente

circoscritti:

gli

obietti

per essi non sono stati ma piuttosto azioni, disposizioni, luoghi di influenza. Ogni obietto dispone, cioè, di una energia numinosa più o meno favorevole, di cui occorre impadronirsi e che è d’uopo piegare alla propria volontà * Più precisamente il primitivo si rappresenta, e soprattutto sente, l'universo che lo circonda come attraversato dalla corrente numinosa fluida, una e multipla, personale

e impersonale, fisica e psichica. Tutti gli obietti, animati e inanimati, ne partecipano più o meno intensamente. Lo

straordinario,

52 FMSI, 237. 53 SNM, 41, 118,

il

dissueto,

l’ imprevisto,

il

potente,

e l’immagine, i vestiti e in generale la proprietà personale, il grasso dei reni, il cuore, i genitali)”. Queste appartenenze

sono

talora

considerate

non

come

estensione

della personalità, ma come appartenenze essenziali o addirittura reduplicazioni della personalità stessa”. Rispetto al gruppo la personalità ha limiti altrettanto labili e poco definiti che rispetto alla natura. Nell’ambito dei rapporti x familiari, per es., se un uomo è malato, i suoi parenti

54 AP, 3 sgg. 55 AP, 3zosgg. 56 AP, 30, 134Sg, 139, 161sgg. Dare un colpo ad un oggetto che appartiene ad un altro è considerato come l’espressione simbolica dell’ intenzione di vibrare il colpo alla sua propria persona (AP, 142); quando qualcuno muore, le sue “acne sono bruciate con lui

(AP,

141).

57 AP, 148sgg.; cfr. 169 sgg. Le appartenenze, che per noi sono un’estensione della personalità, per i primitivi sono immediatamente apprese e sentite, sì che, dal loro punto di vista, la nostra individualità sembra aver subito una sorta di riduzione: AP, 185.

SUL PRELOGISMO DI LÉVY-BRUHL

NELL’ ETNOLOGIA

STORICISMO

E

NATURALISMO

40

sono obbligati a seguire le prescrizioni magico-dietetiche c'è

medico-stregone®;

del

solidarietà

una

fisiologica

tra padre e figlio, come denun— ne — una partecipazio ziano alcuni interdetti che accompagnano spesso le pratiche della covata”; il fratello è considerato un alter ego”, ed il fratricidio un suicidio ®; etc. Nell'ambito dei rapporti sociali, la stessa solidarietà organica: tutto il gruppo patisce le conseguenze di un tabu violato da un suo si esercita indifferentemente su del gruppo, etc. ©. I limiti dell’ in-

la vendetta membro, un membro qualunque

dividualità sono dunque rappresentati dal primitivo come spostabili:

e

labili

d’altra

parte,

dentro

l'identità personale non è incompatibile o la pluralità delle persone: Ai

nostri

occhi,

un

individuo,

per

limiti,

questi

con

la dualità

complesso

che

sia,

ha per carattere primordiale e essenziale l’unità. Se non possedesse quest’unità, non sarebbe più un individuo ma un complesso di più individui. Tuttavia, presso il primitivo, il sentimento

interiore

e

vivace

della

propria

persona,

non

si

accompagna del pari con il concetto rigoroso della unità individuale.

Non

gono vaghe duo, il suo identificano il Kra dell

soltanto

le frontiere

della individualità

perman-

e imprecise, dappoichè le appartenenze dell’ indivireduplicato, la sua immagine, il suo riflesso si con lui: c’è di più: il Tjurunga dell’Australiano, Ewe, lo Ntoro dell’Ashanti, l'omonimo dei Ba-

Ila etc., senza confondersi

interamente

con l’ individuo,

non ne

sono tuttavia neanche distinti... L'individuo non è se stesso che a condizione di essere altro da se stesso. Sotto questo nuovo aspetto, lungi dall'essere uno, come noi lo concepiamo, esso

è ancora

dire, un

simi

vero

uno

e più

e proprio

insieme.

luogo

Esso

costituisce,

per

così

di partecipazioni ®.

L’unità-dualità dell’ individuo è visibile nei frequentiscasi di licantropia: l’uomo-leopardo, per es., si

58 AP, € AP,

96. 117

sgg.

50 AP, 6

225. 6 AP, AP, 250 sgg.

io1.

€ AP,

104.

41

sente identico a un determinato leopardo, sì che, se il leopardo è ferito o muore, anche l'individuo, che gli è organicamente solidale, è ferito o muore. Lo stregone può restare nella sua capanna e, al tempo stesso,

trasformato in coccodrillo, divorare la sua vittima ®. Queste concrete esperienze del primitivo, largamente documentate dal Lévy-Bruhl®, si riflettono in quei miti in cui sono rappresentati esseri misti (uomini e animali) soggetti a metamorfosi non esplicitamente denunziate nel mito, ma desumibili soltanto dai suoi episodi e dalle sue

peripezie ©.

ì

Questo tentativo di ricostruzione della rappresentazione e della esperienza della personalità presso le società inferiori *, sembrerebbe confermare pienamente, come si è detto, che la mentalità primitiva è dominata dalla legge di partecipazione: mentre, infatti, la mentalità culta, do-

minata dal principio di identità e sperimentalmente orientata, rappresenta la personalità come un’ identità psichica rigorosamente distinta dalle altre individualità e dal mondo fisico, Ja mentalità primitiva, invece, sperimenta e rappresenta la personalità come energia numinosa cir-

coscritta entro limiti labili e spostabili, come luogo di partecipazione mutevole per estensione, come ambito includente anche ciò che per noi è altro dalla personalità, ed infine come unità non incompatibile con la dualità nel tempo e nello spazio. % AP, 192 sgg. 6 AP, 205. Questa ambigua unità-dualità dell'uomo e dell’animale è simboleggiata ritualmente dagli esquimesi mediante una maschera animale a battenti, la quale, a un momento dato, si apre, scoprendo il viso umano (MYP, 152, 212). 66 In generale è da vedersi AP, cap. V (pp. 192-228). © MYP, 72. Le trasformazioni avvengono insensibilmente, come nel sogno. Cfr. un interessante parallelo degli esseri mitici primitivi con le figure composite preistoriche, MYP, 148 sgg. €8 Si veda, in generale, la seconda parte dell’AP (256-436).

42

NATURALISMO

E

STORICISMO

esseri

vidualizzati, Ae

eroi, geni, dei. Si costituisce così ciò che noi chiamiamo propriamente

Un grave problema si lega all’ ipotesi prelogica: dato che

la mentalità

primitiva

è

dominata,

per

ciò

che

ri-

guarda il suo aspetto collettivo, dalla legge di partecipazione,

e dato

che

il predominio

di

questa

legge

rende

scarsamente sensibile alla contraddizione e permeabile all’esperienza l’ intelletto individuale dominato dal principio di identità, come si effettua il passaggio a tipi superiori di mentalità, e precisamente alla mentalità culta,

nella quale la funzione identificante acquista una attività predominante e la legge di partecipazione si trova allo stato di sopravvivenza, di relitto, e in ogni caso in una posizione affatto subordinata? Lévy-Bruhl ha tentato di risolvere questo problema nell'ultimo capitolo delle sue

Fonctions mentales dans les sociétés inférieures. Nel suo stadio

originario,

dice il sociologo

francese,

la mentalità

primitiva, più che rappresentare l’oggetto, lo vive lo possiede e ne è posseduta ®°, In questo stadio sarebbe quindi più opportuno parlare non già di rappresentazioni collettive, ma «di stati mentali collettivi caratterizzati da una estrema intensità emozionale, in cui la rappresen-

tazione è ancora indifferenziata dai movimenti e dalle azioni che rendono effettiva per il gruppo la comunione a cui esso tende»”. Ma lo stadio corporativo della coscienza umana tende a indebolirsi: sorge allora la necessità di rappresentare in qualche

modo,

e quindi

zione

prima

era immediatamente

che

di mediare,

quella

vissuta.

partecipa-

In virtù

di questo processo il sacro si concentra su determinati veicoli di partecipazione: mana, spiriti più o meno indi-

00 FMSI, 426. 0 FMSI, ivi.

semi-animali,

o

semi-umani

mitici

43

DI LÉVY-BRUHL

SUL PRELOGISMO

NELL’ETNOLOGIA

la

la

mitica,

rappresentazione

quale

in

nascerebbe

tal

modo, dallo sforzo della mentalità primitiva di realizzare in forma mediata una partecipazione non sentita più come immediata”. Per contracolpo di questo accentramento

della

sacralità

su

veicoli

determinati

di

parte-

cipazione, si dissacrano gradualmente gli altri oggetti ed esseri: il velo mistico che si stendeva sulla natura intiera si ritira almeno da una parte di essa, e comincia ad emergere alla coscienza, e precisamente al suo orientamento sperimentale e logico, la obbiettiva realtà delle cose. La soprastruttura numinosa, che avviluppava la natura allorquando era immediatamente vissuta, si dis-

solve gradatamente a misura che la numinosità si concentra su oggetti specifici di culto, a misura che si consolida la religione propriamente detta. Gli elementi emozionali e motori dell'esperienza immediata sopra descritta si sciolgono col differenziarsi della rappresentazione. La identità e le alterità reali si impongono all’ intelletto sostituendosi a poco a poco alle partecipazioni mistiche: accanto alla sopranatura si costituisce una natura”: (Per la mentalità primitiva) un essere è se stesso e, contemporaneamente,

un altro, è in un luogo

e collettivo...

La

affermazioni,

e ciò

mentalità perchè

prelogica essa

ed altrove,

è individuale

fa qualcosa

siffatte

di

si contenta

di meglio

di ve-

derne o di comprenderne la verità. La mentalità collettiva sente e vive la verità, in virtù di ciò che io ho chiamato «simbiosi mistica ». Ma ove 1’ intensità di questo sentimento viene

meno nelle rappresentazioni collettive, logica comincerà a farsi sentire”.

71 FMSI,

432 sgg.

72 FMSI,

440 sgE.

subito

#

FMSI,

la

443.

difficoltà

44

NATURALISMO

D'altra

parte,

E

se

STORICISMO

l’indebolirsi

favorisce la rappresentazione affrettano, a loro volta, e delle partecipazioni: Quando

NELL’ ETNOLOGIA

dei

prelegami

SUL

mistici

isolata, le rappresentazioni

la decomposizione

dei prelegami

essenziali della pietra si sono,

per così dire, fissati nel concetto « pietra », il quale a sua volta è inquadrato in altri concetti di oggetti naturali diversi dalla pietra per proprietà

non meno

costanti

delle sue, diventa

inconcepibile che le pietre parlino, che le rocce si muovano volontariamente e generino uomini, etc. Più i concetti si determinano, si fissano, si ordinano in classi, più le affermazioni che non tengono alcun conto di questi rapporti appaiono contradittorie ”*,

Secondo questo piano di sviluppo la mentalità primitiva si svolgerebbe gradualmente nella mentalità culta, per la quale

la natura

tende

logico sperimentalmente

a configurarsi

come

ordine

accertabile.

Va senza dubbio serbata gratitudine a Luciano Lévymateriale concernente la mentalità primitiva, e per averlo catalogato

sotto

varie

rubriche,

rendendone

in tal modo

facile l’utilizzazione. È doveroso inoltre riconoscere che la polemica ‘del sociologo francese con la scuola antropologica non è stata senza frutto per la etnologia, avendo fortemente sottolineato i limiti e le insufficienze del piatto

ed esteriore intellettualismo di quella scuola. Infine non si può negare che la ipotesi prelogica, a cagione della 74 FMSI,

446.

LÉVY-BRUHL

45

tenta di dare dei fatti raccolti, allora il giu-

dizio non può non essere recisamente per chi sia stato è analizzare, nei

negativo.

Invero,

educato allo storicismo ingrata fatica suoi teoremi e nei suoi corollari, la

filosofia che sta alla base dell’ ipotesi prelogica, tanto è basso il suo livello speculativo e di così gran tratto la migliore speculazione europea l’ha distanziata. A

dir

il vero

le teorie

di Lévy-Bruhl

non

hanno

in

generale trovato buona accoglienza nel mondo etnologico, ma per ragioni alquanto esteriori, e che non toccano il centro dell'argomento. Talora le tesi del sociologo francese sono state combattute con tesi altrettanto errate, sì che, nella polemica che ne è nata, il lettore orientato ha più volte I’ impressione di ingenuità d’ambo le parti, come di chi munge un capro mentre l’altro tien sotto il setaccio, secondo un'immagine che piacque a Kant. Si è rimproverato a Lévy-Bruhl la impossibilità di poter spiegare,

mercè

Bruhl per aver raccolto nella sua vasta silloge un copioso

DI

sua stessa paradossalità, può offrire al lettore notevoli spunti e suggestioni di carattere speculativo. Tuttavia, se si sottopone al vaglio critico la teoria che Lévy-Bruhl

i caratteri obbiettivi

PRELOGISMO

il prelogismo,

il passaggio

dalla

mentalità

pri-

mitiva a quella culta: ma chi muoveva questo rimprovero poco o nulla sapeva di svolgimento e di storicismo. La scuola storico-culturale, e, in generale, gli indirizzi storici della moderna etnologia, hanno biasimato, nel metodo di lavoro del nostro etnologo, l'assenza di « prospettive cronologiche », le generalizzazioni affrettate mediante i «partout» i «souvent» e altrettali designazioni av-

verbiali, la indeterminatezza del concetto di « primitivo », la esagerata valutazione dei motivi , cioè l’idea di un ente che esercita sull’ individuo una «costrizione esteriore », € che, mercè tale carattere, denunzia la sua presenza e la

quale esso non può sottrarsi: in un certo senso tutto è sociale, cioè storicamente condizionato, e in altro senso tutto è opera individuale. La scuola sociologica francese

sua qualità specifica. A parte la obbiezione, pretesa riprova etnologica

spezza nelle due sopradette ipostasi il concreto processo dello spirito infinitamente progrediente nelle sue infinite individuazioni, e immagina un individuo astratto costretto a ripetere, nei suoi atti, quel che comanda la mentalità collettiva. Sfugge così l'incremento che la tradizione

risolve nel fatto di una

d'altro canto giusta, che delle verità sociologiche

deformazione

la si

dei fatti etnologici

mercè l’antistorica proiezione del pensiero francese della restaurazione nelle più lontane età primitive”, non v’ ha chi non scorga subito la logica naturalistica che è alla base del sociologismo francese. Infatti (e la nostra critica

può

facilmente

estendersi

ad

ogni

forma

di

socio-

nella

per un attimo, spezzare

duplice

riceve

dalla

ipostasi

di un

coscienza

cui quell’essere e non è lecito,

questo nesso dialettico

individuo

individuale,

e

fuori

si

della

storia

determina

un

orientamento essenzialmente antistorico. Ottenuta la duplice astrazione dell’ individuo e della mentalità collettiva

logismo), se per società si intende 1’ insieme delle condizioni storiche in cui deve inserirsi l’atto dell’ individuo *,

non resta infatti che proseguire ulteriormente nelle astrazioni e costruire una psicologia individuale accanto ad una psicologia collettiva o sociologia: il problema storio-

la società non esiste per sè, come ipostasi trascendente all’ individuo, ma rappresenta, nella libertà dell’atto indi-

grafico non è neppure sfiorato. In luogo di un unico atto

viduale, il momento

Durkheim pone tre rigide classi di fatti, tra le quali non c'è svolgimento: la classe dei fenomeni nervosi o subpsichici, quella dei fenomeni psichici, e in fine quella

dialettico della necessità. Ogni atto,

certamente, nasce in circostanze storiche determinate: tuttavia ogni atto, nel suo prodursi, non ripete mai la situazione storica su cui cresce, ma vi aggiunge un valore

nuovo ®. Ciò posto, la società rappresenta

l’essere, e la

81 Cfr. LEonE BrunscHwIcc, L’expérience humaine et la causalité physique, Parigi, Alcan, 1924, pp. 107-110. 82 Non pare che si possa intendere diversamente la collettività di cui parlano i sociologi francesi. La società è per essi non già una formazione ideale ma piuttosto una realtà storicamente determinata, tanto vero che la capacità umana di rappresentare l’ ideale sarebbe nata dai corrobori sociali periodici (FEL, 602 sgg.). 8 CrocE, Filosofia della pratica, p. 111 sgg.

spirituale

dei

che

fenomeni

in sè risolve

soprapsichici

la realtà,

o

sociali.

il sociologismo

Il

dualismo

del

tra

individuo e natura si reduplica così nell’altro fra individuo e società. Come possono, infatti, delle modificazioni di cellule cangiarsi in quella sintesi sui generis che sono le rappresentazioni individuali? E, d'altra parte, come possono le coscienze individuali, reagendo una sull’altra nella vita associata, dare luogo a quella sintesi sui generis che è la società?

Misterioso

è il primo

passaggio,

altrettanto

misterioso il secondo: come non si può uscire dal pensiero per postulare una illusoria natura in sè, così neppure è pos-

52

E

NATURALISMO

SUL

NELL’ ETNOLOGIA

STORICISMO

sibile uscirne per postulare una illusoria mentalità collet-

PRELOGISMO

DI

LÉVY-BRUHL

53

tiva *, Obiezioni non meno gravi possono farsi al presunto potere coattivo esercitato dal fatto sociale nella volontà

fossero in realtà semplici stimoli fisici, e come se fosse lecito confondere la comunicazione con l’espressione ”. Che se il Durkheim avesse almeno sospettato questa

individuale. Senza dubbio, una volta ipostatizzate nella «società» le condizioni storiche dell'agire individuale, è

distinzione, non avrebbe mancato di accorgersi che la espressione individuale ricrea continuamente il linguaggio,

naturale

e che la stessa parola non ha mai due volte lo stesso valore. La distorsione che patisce il concreto sviluppo sto-

che

l'individuo volontà.

questa

collettività

ed esercitante

In realtà non

un

appaia

potere

come

esterna

coattivo

al-

sulla sua

si dà mai, nella vita dello spirito,

un'azione costretta, ma solo talora deficienza di volontà e di azione: per esempio « nelle leggi sociali si ha ora osservanza

ora

inosservanza della legge: ma l’una e l’altra liberamente » ©. Chi vieterebbe, infatti, la ribellione ad essa, e che cosa è la sua accettazione se non un atto

di libera adesione? Inoltre l’adesione dell’ individuo alle condizioni storiche del

suo

agire

non

è mai

passiva

e

meccanica,

come si è detto, un ripetere quelle condizioni:

non

è,

è sempre,

in misura anche minima, una ribellione, una modificazione attiva della tradizione ®. Valga, infine, come saggio della

incredibile volgarità speculativa del Durkheim la sua concezione del linguaggio come «fatto sociale », come un sistema

di

segni

dall’ individuo:

fissato

nel

vocabolario

e

(vedi

Les

deur

sources

etc.,

p.

108).

per

l’effetto

della

dicotomia

arbitraria

fra

società

primitive perchè quivi fortissimo è il peso della tradizione e poco progredita è la personalità. Ma se è più agevole obliterare 1’ incremento che la realtà riceve nella coscienza

individuale quando questo incremento è scarso, ciò non vuol dire che quell’ incremento non sia, e che lo storiografo, se è veramente tale, non debba, quando i documenti soccorrano e l’ interesse storico sussista, ricordarlo. È certamente facile, nella botanica e nella zoologia, trascurare l’ incremento individuale nella storia delle singole

specie:

e tuttavia

mondo

sub-umano,

quell’ incremento quando

sia

c’è, e la storia del

possibile,

deve

tenerne

conto”. L’ illusione sociologica di una collettività « subita »

indipendente

come se quei segni, caratteri, suoni, non

8 Il Durkheim, che riconosce la incomprensibilità del passaggio dall'ordine delle modificazioni cellulari a quello delle rappresentazioni, afferma che « è compito della metafisica trovare una concezione che renda rappresentabile tale eterogeneità: per noi basta che la realtà di tale eterogeneità non possa essere contestata» (1. c., p. 296). Ma, che si sappia, egli non è mai riuscito a darci questa metafisica, ed è da temere che nessuno ne sarà mai capace. 85 CROCE, op. ctt., p. 327. 86 Bergson muove anche un'altra obiezione al Durkheim: come mai, si chiede il filosofo francese, i prodotti della mentalità primitiva « sconcertano» la ragione individuale? Come mai la natura, che ha fatto dell'uomo un animale politico, avrebbe poi disposto le cose in modo che le intelligenze umane si sentono come spaesate quando pensano politicamente?

rico

e individuo è certo meno palese nell’ambito delle società

87 Croce, Estetica, p. 103 Sgg. 88 Alla storia dei popoli primitivi si congiunge la difficoltà gravissima di dovere, noi uomini culti, farci simili ad uomini «tutti immersi nei sensi, rintuzzati dalle passioni, sepelliti nei corpi ». Il che vuole « fatica molesta e grave ». Difficoltà massima, perchè non reggendo lo storiografo a tanto sforzo, la materia storica troppo spesso minaccia di convertirsi per lui in natura, da disporsi in bene ordinate classificazioni: chè l’ intelletto è lì pronto a spiare le pause della ragione storica e ad approfittare della sua, stanchezza. Tuttavia si tratta solo di una difficoltà di fatto: in idea, quando l’ interesse storico sorge, non pure del mondo umano primitivo, ma anche del mondo subumano, anche della pietra, può tornare alla memoria il ritmo interno di vita. (Sulla difficoltà di intendere il mondo umano-primitivo, si veda Vico, La scienza nuova, P. 378 e passim: sulla «intera conversione di tutti i nostri stati d’animo » per penetrare istoricamente le civiltà primitive, vedi lo scritto del Croce, Il Bachofen e la storiografia afilologica (in Varietà di storia letteraria e civile, Bari, 1935, p. 302 sgg.).

54

NATURALISMO

E

STORICISMO

SUL

NELL’ETNOLOGIA

dall’ individuo si svela chiaramente quando dal mondo sub-umano o umano-primitivo ci trasportiamo nell’ambito delle civiltà progredite dove è possibile misurare in tutta la sua anipiezza la reazione della coscienza individuale al fatto sociale. Del

resto,

anche

è

possibile,

primitive etnologiche,

nell’ambito

allo

delle

stato

sciogliere in qualche

società

attuale modo

inferiori

delle

lo schema

o

ricerche rigido

della collettività anonima in un ordine mobile di contributi o invenzioni individuali. Gli etnologi attestano che l’organizzazione

sociale delle tribù australiane può essere

modificata per suggerimento di individui determinati. Si tratta talora di maghi ai quali gli esseri soprannaturali comunicano le innovazioni attraverso il sogno, talora di saggi, di capi, di iniziati che, riuniti in assemblea, discutono le proposte individuali di modificazioni sociali; talora,

infine, di viaggiatori che diffondono occasionalmente nuove cerimonie e nuovi costumi ®, Insomma, modificazioni politiche, sociali, tecniche, religiose, linguistiche, etc. sono introdotte da individui che esercitano una funzione dirigente rispetto al gruppo. Riassume il Van Gennep: Gli agenti di queste modificazioni sono, nei casi conosciuti con precisione, un individuo o un molto piccolo gruppo di individui. Questo elemento individuale, che il Durkheim trascura, sostiene una parte importante nelle società australiane: Talora un individuo, dotato di immaginazione più vivace, è favorito dagli esseri soprannaturali che gli indicano il cambiamento da introdurre. Talora, ed è il caso più frequente,. sono

gli

uomini

propongono

più

saggi,

modificazioni...

e la

cui

scienza

è risaputa,

che

PRELOGISMO

DI

LÉVY-BRUHL

55

Anche il mito attesta questo contributo individuale: nell’Australia centrale le invenzioni e le modificazioni del passato sono attribuite a.maghi

(oknibarata, pinnaru, etc.),

e nell’Australia del sud e del sud-est ad esseri soprannaturali che sono eroi-maghi divinizzati®”. Il Van Gennep giunge addirittura a opinare che dopo un certo periodo

di tempo calcolabile intorno a cinque o sei gene-

razioni, l’ inventore individuale di questo o quella cerimonia è obliato e al suo posto subentrano gli antenati dell’Alcheringa ®. Senza dubbio la reintegrazione storiografica delle astrazioni sociologiche non può dirsi neppure iniziata, attraverso un semplice elenco delle probabili o accertate iniziative individuali: tuttavia anche le empiriche osservazioni degli etnologi mostrano quanto poco sia fondata, in linea di fatto oltre che in linea di principio, la pretesa contrainte extérieure dei fatti sociali. *kk

La distinzione fra collettivo e individuale non è senza gravi conseguenze. Una volta astratte le condizioni di fatto dell’azione individuale dalla concreta dialettica spirituale, e una volta scambiata questa astrazione per realtà, sùbito il fatto sociale si configura come causa di certe rappresentazioni ed esperienze in noi, in particolare sùbito la società diventa /a causa della vita religiosa.

AI problema della genesi ideale della religione si sostituisce così quello della sua origine nel tempo: si cerca di farci assistere all’erompere della religione, in un momento

etc. ®, 9 HowITT,

8° Howrrt, The native tribes of South East-Australia, pp. 89 sgg., 295 sgg. SrencER e GILLEN, The native tribes of Central Australia, Da s2i 90 Van GENNEP, Mythes et légendes d’Australie, p. XLII.

op. cit., p. 500 sgg.

92 Van GENNEP, of. cit., p. xciv. In generale, per il contributo individuale nelle società primitive, vedi A. VierKanDI, Fiihrende Individuen bei den Naturvòlkern, in Zeitschrift fiir Sozialwissenschaft, 11, p. 542 sgg. e Beck, Das Individuum bei den Australiern. Cfr. ScaMIDY e Koppers, Vòolker und Culture Regensburg, 1924, D. 39 Sg.

Br

56

NATURALISMO

E

STORICISMO

SUL PRELOGISMO

NELL’ETNOLOGIA

DI LÉVY-BRUHL

57

dato della storia, dal seno della società: « La causa obiettiva universale ed eterna— scrive il Durkheim — di quelle sensazioni sui generis di cui è fatta l’esperienza religiosa, è la società » ©. Ma se la società prende coscienza di sè,

il cercare naturalisticamente definizioni minime". Anche il Durkheim cerca, come altri cultori della scienza delle religioni, una prima forma della religione che sia, al

e quindi si costituisce come tale, quando gli individui sono riuniti e agiscono in comune * (il che accade, per es.,

Problema, come è chiaro, speculativamente e storicamente mal posto.

nei corrobori e se,

sociali periodici

d’altra

parte,

gli

tempo

della religione stessa.

delle tribù australiane)”,

individui

sono

spinti

dalle

AA OR

loro

credenze religiose a riunirsi e a porsi in istato di effervescenza (altrimenti perchè mai si riunirebbero ?), come si può

stesso, la definizione minima

parlare di una vita religiosa che sia effetto della so-

Una volta dichiarata inaccettabile la distinzione della scuola

sociologica

fra collettività e individuo,

rappresen-

invertire il rapporto, attribuendo alla vita religiosa una virtù organizzatrice interna delle singole società storicamente determinate? La verità è che società e religione si

tazioni collettive e individuali, perde ogni significato la distinzione istituita da Lévy-Bruhl, tra logica e prelogica, la prima operan*e del pensiero individuale, la seconda riferibile solo ai prodotti della mentalità collettiva. Del resto questa distinzione, a parte la debolezza organica da cui è affetta, è da rigettarsi anche per altre considera-

condizionano

zioni. Infatti, che cosa può voler dire mentalità prelogica?

cietà? La società non presuppone

forse la religione?

E

invece di considerare la coscienza religiosa come il prodotto di una determinata struttura sociale, non è da

idealmente

a vicenda,

e invano

si cercherà

di scindere questa condizionale implicanza dei due termini in una successione cronologica causale, in una società che sia cronologicamente prima della religione e causa di essa o viceversa. Se, infatti, si intende per società il complesso

di determinate

condizioni

storiche, la vita reli-

giosa è correlativa a quelle condizioni e nasce da esse, via via modificandole e producendone di nuove. L’ illusione sociologica

molto

del

grave

Durkheim

errore

s’ intreccia

speculativo

quindi

con

quel

che è lo storicizzare le

categorie ideali, il cercare una genesi nel tempo di ciò che non ha nascimento nè morte, per la semplice ragione che è la regola interna dei nascimenti e delle morti. E s’ intreccia anche con un altro errore, non meno grave:

E anzitutto: che idea si fa il Lévy-Bruhl Come intende la funzione identificante? la

della logica?

‘La moderna filosofia è venuta in chiaro che altro è ragione altro è l'intelletto, altro la funzione identi-

ficante del suo uso logico e altro la funzione identificante nel suo uso pratico. Nel suo uso logico, la funzione identificante è, insieme, unificante e distinguente, nel senso che l’unità non è fuori della distinzione, ma nesso interno

e organico della distinzione, e che la distinzione non è fuori dell'unità, ma vita interna e organica dell’unità. Nel

suo

uso

pratico,

invece,

la

funzione

identificante

riesce a una distinzione che è fuori dell’unità e ad un’unità che è fuori della distinzione:

il flusso del reale si spezza

in una serie di astratte identità, di immobilità giustapposte, 93 FEL,

597;

% FEL, $% FEL,

598; cfr. 329 sg. 312 sg.

cfr.

606.

96 Vedi, blema

etc. »,

nella p.

presente 77

SEg.

ralcolta,

il

saggio:

« Un

mal

posto

pro-

Sn

58

NATURALISMO

simulanti funzione

mente

E

STORICISMO

-

NELL’ ETNOLOGIA

il concreto divenire. La distinzione-unità della identificante

alla

realtà

concreta

essendo

non

si applica

il ritmo

estrinseca-

immanente

del

suo

sviluppo; le separazioni astratte sono invece schemi dentro i quali il reale viene solidificato, e si applicano ad esso

estrinsecamente. La ragione riesce alle forme dello spirito: forme ideali che si ritrovano nel più piccolo fatto reale, e che non si esauriscono in nessun fatto per esteso che sia; l intelletto riesce a schemi che si decreta comprendere

SUL PRELOGISMO

DI LÉVY-BRUHL

59

possibile ritrovare, se occorre, un certo gruppo di rappresentazioni. È provvidenziale altresì che 1’ intelletto quantifichi il reale, e quantificandolo — mediante la riduzione dell’eterogeneo all’omogeneo — possa poi numerarlo:

anche la quantificazione e la numerazione preparano e agevolano quella compiuta qualificazione a cui mette capo la conoscenza storiografica. Infine, la diversità fra ragione e intelletto si ricapitola nella diversità tra la formula del principio

di identità

concreta:

A

è A

e non

è B

e

questa o quella porzione finita della realtà e che in quella

la formula del principio di identità astratta: A è assolu-

porzione

tamente

si esauriscono:

è possibile

solo

enumerare

gli

schemi più generali, come lo spazio, il tempo, la causalità, la

quantità.

Le

forme

ideali

della

ragione

non

sono

a

A

e non

è assolutamente

B".

Non pare che la scuola sociologica francese abbia la più piccola consapevolezza del diverso procedere della

piacere moltiplicabili o ordinabili, ma si dispongono in un ordine ideale logicamente necessario che esaurisce idealmente la realtà; gli schemi o identità astratte dell’ intelletto sono ordinabili e moltiplicabili senza logica necessità: un atto di volontà inizia la classificazione, un atto di volontà

funzione

la

spiriti, o anche, idealmente a tutti gli spiriti”. Il LévyBruhl fa coincidere la teoreticità con 1’ intelletto astratto, e interpreta la funzione identificante come funzione astraente

ferma,

un

atto

di

volontà

può

modificarla,

ridistri-

buendo i termini o aumentandoli. La ragione placa il suo sforzo nell’universale-concreto, l’ intelletto nella pura identità, nell’essere eleatico, vuoto assolutamente di realtà. La ragione accompagna il divenire e si muove con esso;

l’intelletto una volta spezzato il reale in una somma di immobilità, non riesce poi a riguadaginare il movimento: qualcosa va perduto nell’ambito di ciascun schema e nella separazione

di

ciascun

schema

dagli

altri

che

gli

sono

coordinati, subordinati o sovraordinati. La ragione rifà il reale nella sua storia: ma poichè la considerazione storica non è che una particolare individuazione del reale, è provvidenziale che l’ intelletto raccolga in schemi e classi il resto del reale disindividuato, ed in tal modo lo conservi per la storiografia di domani. Questi schemi e classi sistemano nel ricordo una determinata formazione empi-

rica, e circoscrivono il luogo mentale nel cui ambito sarà

identificante

nella

ragione

e

nell’ intelletto.

Il Durkheim, per es., non ne ha il minimo sentore: distingue, è vero, la generalità dall’universalità del concetto, ma definisce l’universalità come la proprietà che ha il concetto di essere comunicato a una pluralità di

® Croce, Logica, p. 3 s&g. (Il concetto puro e gli pseudoconcetti), p. 221 sgg. (Le scienze naturali), p. 233 sgg. (Le matematiche e la scienza matematica della Natura): cfr. La storia come pensiero e come azione, p. 19 seg. (La conoscenza storica come tutta la conoscenza). 98 AI contrario delle rappresentazioni « il concetto è come al di fuori del tempo e del divenire: esso si sottrae a tutta questa agitazione: si direbbe che il suo luogo è in una regione diversa dello spirito, più serena e più calma. Esso non si muove di per sè, in virtù di una evoluzione interna e spontanea: al contrario, resiste al cangiamento. Si tratta di un modo di pensare che, in ciascun momento del tempo, è fissata e cristallizzata. Nella misura in cui il concetto è quello che deve essere, esso è immutabile: se cambia, ciò non vuol dire che appartenga alla sua natura il cambiare, ma piuttosto che noi vi abbiamo scoperto un’ imperfezione, sì che è d’uopo rettificarlo. Il sistema di concetti con il quale noi pensiamo durante la vita corrente è quello che esprime il vocabolario della nostra lingua materna, ecc. ecc. » (DurkHEIM, FEL, 618 sgg.). 9° FEL,

619 nota.

60

NATURALISMO

E

STORICISMO

SUL

NELL’ETNOLOGIA

PRELOGISMO

DI LÉVY-BRUHL

6I

’ e generalizzante !. Pertanto se per logica e per prin-. cipio di identità il Lévy-Bruhl intende 1’ intelletto astratto e la funzione identificante nel suo uso pratico, « prelogica» vorrà dire non già «logica diversa dalla nostra », ma soltanto « orientamento preintellettivo ». Del resto, in linea generale, è impresa quanto mai contradittoria, pretendere di pensare una logica diversa della

la tesi prelogica non può essere accettata. Anzitutto, parlare di « primitivi » in blocco come di un tutto indiscriminato, e quindi di una «mentalità primitiva», è

nostra. Se è possibile pensare il teoretico non-logico sotto

gicamente

(o cronologicamente)

la

che

non

forma

positiva

dell’ intuizione,

è

invece

impossibile

pensare l’etero-logico, cioè un pensiero che afferma l’esistenza del reale secondo principi sui generis. Inoltre, non soltanto l’etero-logico, se esistesse mai, non potrebbe essere pensato, ma, poichè non lo possiamo pensare, non esiste: per la stessa ragione per cui è da respingersi il

concetto di natura in sè, altra dal pensiero, è altresì da dichiararsi illusoria e contradittoria 1’ idea di un pensiero altro dal nostro, il cui segreto dovremmo cercare di svelare. La cosiddetta mentalità prelogica, ove alla logica si serbi il suo vero significato speculativo dianzi illustrato, si rivela dunque un mero accozzo verbale di suoni.

Resterebbe da vedere se i modi o le categorie dell’ intelletto

spazio,

tempo,

causalità,

quantità,

etc.,

funzionano

allo stesso modo nella mentalità primitiva e in quella culta, e se sia giustificata, almeno sotto questo rispetto, parlare

di una

mentalità

prelogica,

o meglio

pre-intellet-

tiva. Resterebbe da vedere se, in una parola, la legge di partecipazione sia altra cosa dal principio di identità nel suo uso pratico. Ma anche così corretta e limitata

procedimento antistorico per eccellenza, perchè agguaglia in una stessa classe civiltà disparate, alcune meno altre più primitive. Ma occorre subito aggiungere che le culture più primitive pertanto

non sono affatto quelle archeolo-

è legittimo,

come

più

antiche

e

per

esempio

lo

fa

Schmidt, basare la mentalità primitiva su tale base archeologica o cronologica. Forse che il più remoto secondo il tempo coincide col più basso secondo barbarie? In

senso

ideale,

primitiva

è la fantasia

nella

cerchia

teoretica e la pura economicità, la pura vitalità economica, nella cerchia pratica!” Siffatto concetto ideale del primitivo si basa sul fortissimo documento storico della nostra meditazione intorno alle categorie dello spirito: il qual documento può essere certo impugnato, ma finchè i signori

etnologi non si decideranno a farlo, lo terremo per buono. Fermo

il concetto

di

primitivo

in

senso

ideale,

diconsi

primitive in senso reale e storico quelle età e quelle culture in cui prevale la fantasia e la economicità. Le determinazioni cronologiche non possono mutare in nulla il nostro

giudizio:

se,

retrocedendo

il corso

del

tempo,

la fantasia diventa meno robusta e la eticità più sviluppata, ciò è soltanto indice di una barbarie seconda o di un ricorso, di una specie di medioevo. Tuttavia, anche limitata alle civiltà

più

primitive,

la

tesi prelogica non coglie nel segno. Se ci si riferisce alle classificazioni, il fatto che i primitivi ritagliano la realtà 100 Si vedano, a questo proposito, i capitoli II e III delle FMSI. In MYP, p. 315 sgg., si tenta istituire una distinzione fra racconti folkloristici e opere ordinarie di letteratura sulla base della seguente considerazione: mentre i racconti folkloristici ignorano ogni serupolo di logica coerenza, lo scrittore « anche se non è realista, anche se non si preoccupa di essere il più possibile fedele, ritiene tuttavia necessario che Ia sua opera sia vera »,

in un ordine di implicazioni e di esclusioni che non coin-

cide col nostro non basta, per sè, a postulare una menta-

101, Vedi,

nel

presente

volume,

pp.

1t1-116,

205

Sg.

NATURALISMO

E

STORICISMO

SUL PRELOGISMO

NELL’ETNOLOGIA

lità preintellettiva: anche i primitivi, come noi, isolano e ordinano, ed il fatto che il loro separare e il congiungere si compia sotto il segno del sacro — separare il sacro dal profano o dal sacro il segno opposto — non esclude l identificazione numinosa. Rappresentarsi e sperimentare

modo? Certamente il modo di questo circoscrivere non è, nel primitivo, identico al nostro: ma non per questo si può parlare di prelogismo. Lo scienziato moderno, per es., sa che la tavola sostanziale dell’uomo volgare non è che un insieme di cariche elettriche sparpagliate nel vuoto e moventisi in tutte le direzioni a grande velocità:

tuttavia

si

guarda

bene

dall’affermare

l’uomo volgare fa partecipare arbitrariamente riche nella sua

«tavola

cipio di identità effetto cenere.

trari

del Si

quando

fuoco, tratta,

elaborati

che

quelle ca-

sostanziale » e che viola il prin-

afferma

la trasmutabilità,

per

della sostanza tavola nella sostanza in entrambi i casi, di schemi arbi-

dalla

funzione

identificante

nel

suo

uso

pratico, e se la «tavola sostanza» è utile ai fini pratici dell’uomo volgare, le cariche elettriche rispondono meglio

ai fini che si propone lo scienziato. L’ illusione di una legge di partecipazione diversa dal principio di identità nel suo uso pratico riposa sul presupposto dualistico di una natura fisica come sistema ix

sè di

identità,

di esclusioni

e di relazioni

contraposto

a un intelletto capace di percorrerlo in forza del principio di identità che lo governa; riposa altresì sull'altro presupposto, correlativo al precedente, che la sistemazione

ordinaria della natura da parte dell’uomo culto sia assoluta e obiettiva. Su questa base è facile trascorrere a pensare una mentalità primitiva « impermeabile all’esperienza », tale cioè da non esser capace, a cagione di

63

un criterio logico diverso (la legge di partecipazione o la categoria affettiva del soprannaturale) di registrare le cose come realmente sono. ARA

che ogni membro della tribù è canguro, che il sole è cacatua bianco, che l’ombra è la persona, non implica forse circoscrivere ambiti nel reale e ordinarli in un certo

DI LÉVY-BRUHL

Soffermiamoci

ZORO)

62

ora sul sostanziale antistoricismo

del-

l'ipotesi prelogica. Dato e non concesso che la teoricità si risolva nell’ intelletto astratto, che la funzione logica

sia

da

intendere come

funzione

astrattamente

identifi-

cante, e che spazio, tempo, causalità, quantità, siano cate-

gorie logiche; dato e non concesso che la mentalità primitiva,

nel

suo

dominante

aspetto

collettivo,

sia

invece

retta dalla legge di partecipazione e dalla categoria affettiva del soprannaturale, non è possibile concepire uno svolgimento storico dalla mentalità prelogica a quella

logica. Se queste due logiche sono entrambe entrambe coesistenti (sebbene diversamente primitivo

e nel

culto),

stato in cui prevale in cui

domina

come

la legge

il principio

avviene

positive ed dosate nel

il passaggio

di partecipazione

di

identità?

Ma

dallo

a quello

il problema,

così impostato, è insolubile. Mentalità primitiva e mentalità culta sono due classi di fatti ipostatizzati, e in quanto tali affette da una organica rigidità, che impedisce ogni possibilità di sviluppo storico. Secondo Lévy-Bruhl — che nell’ultimo capitolo delle Fonctions mentales tenta, come abbiamo visto, di abbozzare i modi di questo impossibile passaggio — l’ indeboli-

mento mistiche

dei

prelegami

provoca,

per

immediati

e

contracolpo,

delle

partecipazioni

il sorgere

della

rap-

presentazione isolata e della mediazione logica; e l’esigenza logica, d’altra parte, affretta a sua volta la decomposizione dei prelegami e delle partecipazioni. Ma, in realtà, il processo abbozzato è fittizio: se le due diverse

logiche

sono

concepite

(e così

le intende

Lévy-Bruhl)

se

64

NATURALISMO

E

STORICISMO

NELL’ ETNOLOGIA

come entrambe positive, l’ individuo non desimo

seguirle

atto di pensiero,

delle due. Supponiamo

potrà, nel me-

entrambe,

ma

che si lasci dominare,

solo una

in un atto

determinato del suo pensiero, dalla legge di partecipazione.

Chiuso completamente in essa, egli resterà immerso nelle sue partecipazioni e nei suoi prelegami immediati, impermeabile all'esperienza, insensibile alla contradizione, mi-

sticamente orientato. Una tale mentalità tende a mantenersi indefinitamente: solo una irruzione improvvisa di logicità può cambiare le cose. Supponiamo che questa irruzione ab extra sopravvenga, e che alla mentalità prelogica si sostituisca, di colpo, in un altro determinato atto di pensiero, quella logica. Effettuato il salto, che ha del miracoloso, ancora l’ individuo si troverà chiuso nella

sua nuova logica. E, anche qui, il nuovo orientamento mentale tenderà a mantenersi indefinitamente: almeno che non si voglia concepire una improvvisa irruzione di prelogicità,

sibile che

onde

simulare

il movimento

il movimento

vi sia!”

La

li dove è impos-

vita mentale

PRELOGISMO

SUL

del

primitivo risulterà in tal modo frantumata in una serie di atti ora dominati dalla legge di partecipazione, ora dal principio di identità, e precisamente in una serie discontinua di immobilità nell’una o nell’altra logica, senza che mai si possa, attraverso la serie discontinua, ottenere la continuità di un processo storico. D'altra parte, dato 10° È difetto generale del concetto naturalistico di evoluzione il simulare lo sviluppo mercè misteriose successive aggiunzioni ab extra di anelli evolutivi. Ogni fase si atteggia, dal punto di vista dell’evoluzione, come un’ irruzione di realtà, come un dono che cade dal cielo (cfr. più oltre pp. 91-93). E poichè sviluppo reale ‘interno degli anelli evolutivi non c’ è, è aperto il varco sia al miracolo dell’ inesplicabilmente perfetto, sia alla deprimente constatazione della caduta e della degenerazione: ed è aperto altresì il varco del ricorso al cielo per tentar di spiegare la inesplicabile perfezione, o al peccato per tentar di dichiarare la caduta e la degenerazione (cfr. più oltre, pp. 95, 103-108). In tal modo l’evoluzionismo finisce col negare se stesso, sia perchè abbandona la sua base positiva, sia perchè si accomoda con l’ idea di un regresso assoluto.

il

all'altra,

del

fittizio

carattere

ha

non

mentalità

dall’una

movimento che

affermare

senso

65

DI LÉVY-BRUHL

l'esigenza

logica,

una volta sviluppata, acceleri il processo di decomposizione dei prelegami e delle partecipazioni. Se le due logiche sono entrambe positive, cioè fanno capo 2 due diverse funzioni della nostra mente, esse saranno altresì irrelative,

e pertanto

l’una

non

potrà

sull’altra,

influire

decomponendola: se è legittimo concepire il movimento di un’unica logica come continua risoluzione del falso (negativo) nel vero (positivo), non è possibile concepire, nell’ ipotesi delle due logiche positive, la risoluzione di ciò che è vero secondo la funzione partecipante in ciò che è vero secondo la funzione identificante. Ma il procedimento di Lévy-Bruhl è antistorico per eccellenza anche per un’altra ragione: non solo non riesce a spiegare il passaggio fra mentalità primitiva e mentalità culta, ma non riesce neppure a distinguerle l’una dall’altra. Infatti è stato notato che atteggiamenti prelogici si ritrovano anche nelle civiltà superiori, anche nella civiltà oc-

cidentale, e si sono citati esempi significativi a riguardo. L'osservazione è giusta: ma il difetto ch’essa segnala non è riparabile se non abbandonando radicalmente il procedimento

naturalistico,

per effetto del quale

non

solo si

oscura il passaggio e lo svolgimento, ma si cancella altresì il discrimen fra i termini del passaggio stesso e si dissolve ogni storica prospettiva. Ad illustrare la scarsa energia individuante del naturalistico concetto di « mentalità prelogica >, valga il seguente esempio. Lévy-Bruhl parla di

polivalenza temporale degli eventi come caratteristica della rappresentazione del tempo presso i primitivi (vedi più sopra): in realtà anche nel Cristianesimo chi si collochi

da questo

punto

un'esperienza

di vista astratto

affine

del tempo,

e arbitrario

e non

in via

scorgerà accidentale

e come semplice relitto di un lontanissimo passato, ma piuttosto come fondamento della sua economia. L'espeE. pe Martino,

5

66

NATURALISMO

E

STORICISMO

SUL

NELL’ETNOLOGIA

rienza del Regno di Dio, la storia della quale si identifica con la storia stessa del Cristianesimo primitivo, implica infatti un tempo «numinoso» molto affine a quello dei primitivi, sempre, s’ intende, che si voglia considerare la cosa da questa cattiva specola. Infatti, come per la mentalità primitiva il futuro non è separato dal presente mediante

intervalli determinati

l’altro, così, per Gesù,

da percorrersi

il tempo

del Regno

l’uno dopo

è un futuro

vago, ondeggiante, indeterminato, e, sopratutto, dinamico:

si muove segretamente verso il presente. Vigilate, dice Gesù, affinchè il grande evento non vi trovi impreparati: guardatevi

dall’essere

simili

alle vergini

stolte,

che

non

alimentarono il fuoco delle loro lampade. Siano precinti i vostri lombi, siate simili ai famigli che attendono vegliando come i ‘ loro riti presente,

il padrone di ritorno dalle nozze. D'altra parte, primitivi prefigurano il futuro nel presente dei magici, anzi, attraverso questi il futuro e già così, per Gesù, il presente della sua predicazione

e del suo annunzio già prefigura in qualche modo il futuro, anzi già lo inizia. I Farisei chiedono: « Quando?» :

e Gesù risponde: «oòx Eoyetar Î) faordela to deod uetà maoatmonnosme, oùdè toodorv Îdod Gin i èueî idod ydo f Baoreia toò deod Evtòdg dudv ot»? Il regno futuro ed imminente appare qui prefigurato nel presente, anzi è già presente, è già iniziato «tra» (èvtòc) coloro che riconoscono in Gesù il messia del Regno. L'esperienza attuale del Regno futuro è intimamente solidale con la rappresentazione dell’attualità del Regno stesso: dalle lontananze brumose dell’apocalittica il Regno ha ormai raggiunto il presente: «ei dè év

TVEVNOTI Peoù Eyò ixBaMo tà ‘nen è bud 1 Paowdeta toÙ deod » !* 203 T,c., 17, 20-21. 104 Mt., 12, 28; Le., 11, 20. Si veda, Storia delle origini cristiane, I, p. 101 sgg.

per

doa Epdaoev

questa

parte,

OmoDrO,

PRELOGISMO

DI LÉVY-BRUHL

67

C’ è di più. Sempre continuando a considerare la cosa secondo un naturalismo agguagliante, e perdendo ogni discrimen fra gli eventi storici, si riporrà nella rappresentazione « primitiva » del tempo la ragione dell’ulteriore progresso della esperienza cristiana. Infatti, se il primitivo

annunzio di Paolo

di Gesù, si trasformò lentamente, per opera e del quarto evangelista, nella partecipazione

pneumatica

all’opera

del

Cristo,

se

l’attesa

del

Regno

sopravveniente, annunziato dal messia Gesù, si attenuò nella esperienza presente del Regno già realizzato dal Cristo nella sua chiesa, se il Messia finì coll’assorbire il Regno,

e la religione

lentemente,

verso

un

della speranza, evento

orientata,

futuro-presente,

si

prevarisolse

in un mistero di salvezza, prevalentemente orientato verso un evento

passato-presente

(verso

il passato-presente

ine-

rente all’epifania liturgica del rito eucaristico), ciò potè accadere in virtù di una rappresentazione e di una esperienza del tempo affine a quella dei primitivi: ecco fa

conclusione senza prospettiva a cui mettono capo l’ indifferenza storiografica e lo scarso potere individuante dell’ ipotesi prelogica. Il nostro sociologo volcva isolare la mentalità primitiva, penetrarla nell’ intimo: in realtà, 1’ ha penetrata tanto poco

che nella

mentalità

primitiva

c’ è posto persino

per

il Cristianesimo! Pertanto l’ ipotesi prelogica è da respingere anche per quest'altra ragione: che « prelogica >, a ben osservare, si rivela non solo la mentalità primitiva, ma

anche

festamente

la

« mentalità

assurda,

che

cristiana »: conseguenza

dissolve

la premessa

che

mani-

1’ ha

generata. La verità è che Lévy-Bruhl assume come carat-

teristica della mentalità primitiva, e dopo averla naturalisticamente deformata, una qualità essenziale della vita religiosa. Infatti l# religione implica un ideale che fa corpo con la praxis: il «fu» o il «sarà» sono sperimentati nella vita religiosa con tale intensità etica, in

68 un

NATURALISMO «deve

E STORICISMO

essere»

così

SUL

NELL’ETNOLOGIA

pregnante,

da diventare,

al di

gimento:

PRELOGISMO DI LÉVY-BRUHL

tuttavia,

nel

suo

aspetto

deteriore

69 e negativo,

eterna

morbosa, da una disperata ricerca di esperienze ineffabili,

natura della religione si articola una infinita varietà di

da un volersi far barbaro che era in realtà raffinata e malsana mistagogia del proprio sentire. Questo primitivi-

attuale,

vivo,

spaziali e temporali,

presente.

In

questa

un

ideale

determinazioni, ed il problema storico risiede, in generale,

nel percepire il discrimen delle cose: evidentemente altro

7

è la « presenza» magica, altro la « presenza» euristica. Ma su questo punto Lévy-Bruhl non ci dice, nè può dirci, nulla di preciso.

&

intimo,

Grade

là di tutte le lontananze

Sl

«è»

quel ritorno fu molto spesso alimentato da una sensibilità

La scuola sociologica francese, in quanto rappresenta una reazione all’ intellettualismo e al logicismo della scuola

antropologica inglese, appare, almeno in un certo senso, come un aspetto particolare del più vasto modo irrazionalistico

della

moderna

cultura

francese

ma,

in altro

senso, resta molto al di sotto, per vigore speculativo, all’ irrazionalismo di un Blondel o di un Bergson, e si ricollega per molteplici fili ai presupposti naturalistici della precedente età positivistica. Inoltre nel prelogismo di

Lévy-Bruhl

è

ravvisabile

una

tal

quale

colorazione

romantica o, per essere più precisi, decadentistica. Com’è noto, uno degli aspetti più caratteristici del moto romantico fu il ritorno al primitivo, alle scaturigini della civiltà, alle vecchie tradizioni nazionali regionali e locali:

nell’ambito

di questa romantica

reazione

Volkstum

inaugurate

dai

fratelli

Grimm

(i

quali si ispirarono allo Herder) e la scuola filologica di Max Miiller (il quale fu scolaro dello Schelling). Il ritorno al primitivo si riattacca senza dubbio alla rivalutazione romantica del sentimento, della fantasia e del

mito,

e alla romantica

d i

esigenza della storia come

svol-

malsano,

talora

non

consapevole



dichiarato,

fu

smo,

etc.

Talora,

primitivismo

consapevolmente

romantico

retrocesse

e dichiaratamente,

il vagheggiato

il

clima

psichico sui generis in un passato lontano nel tempo e nello spazio, in un fantasticato mondo primitivo senza comune misura col mondo culto, e che nel mondo culto

si poteva resuscitare alla meno peggio '. Si maturava così, rispetto al problema delle civiltà primitive, una valutazione antistorica, sia perchè si trasferivano raffinati stati d’animo del decadentismo nell’ambito della spontanea

.4 4

p.

ì

barbarie‘, sia perchè si sequestravano i primitivi dalla storia della umana civiltà, inchiudendoli in un evo misterioso ed ineffabile. Che questo modo di sentire romantico alimenti in una certa misura la paradossale avventura etnologica del Lévy-Bruhl, non pare che si possa revocare

1,

al razio-

nalismo illuministico sono da considerare (per restare nell’ambito della storia delle religioni) le ricerche intorno al deutsche

eLamento ida

TAP net

AK

smo

uno dei tratti più salienti del romanticismo deteriore: furono idoleggiati, e parve che tornassero di fatto, modi di sentire imbestiati: satanismo torbido, esaltazione del sangue e della violenza, licantropismo, algolagnia, sadi-

i

195 Si pensi, valga un esempio per tutti, all’ Atala dello Chateaubriand. 106 Scriveva il FLauseRt alla Colet, Corresp., I, p. 173: « Ohimè, no! Non sono un uomo del tempo antico: gli uomini del tempo antico non avevano malattie di nervi come me! », Ma poi, descrivendo l’oriente barbarico e selvaggio: « Sudan... Oh! Avanti sempre, voglio vedere il Malabar furioso e le sue danze che uccidono; i vini danno la morte come i veleni, i veleni sono dolci come i vini; il mare, un mare azzurro riboccante di coralli e di perle, risuona del fragore delle orgie sacre eseguite negli antri delle montagne, il mare è calmo, l’atmosfera è vermiglia, il cielo senza nuvole si rispecchia nell’oceano tiepido, le gòmene fumano quando son sollevate dalle acque, i pescecani seguono i navigli e mangiano i morti » (vedi Praz, La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica, p. 158 sg.).

70

NATURALISMO

E

STORICISMO

SUL

NELL’ETNOLOGIA

dissolte dalla mentalità

essere completamente

mai

logica, per culta che sia, e tenta di dare la ragione del fatto:

logica,

possesso

questo

sempre

è

dalle

come esteriore. Conoscere, in generale, è obbiettivare: obbiettivare, significa proiettare fuori di sè, come qualcosa di estraneo, la cosa da conoscere. Quale comunione intima, invece, assicurano

le

rappresentazioni

collettive

della

mentalità

sue

esigenze.

biamo

abbandonato

come



del

semplice

mentalità che ci afferrano,

le altre cioè

e

dottrine il

filosofiche

contatto

possono

immediato

con

l’essere attraverso l’ intuizione, la compenetrazione, la comunione reciproca del soggetto e dell’oggetto, attraverso quella piena

partecipazione

che

Plotino

ha

descritto

sotto

il nome

di estasi... Ancor oggi, l’attività mentale che, in virtù di una partecipazione intima, possiede il suo obbietto, vive di esso e lo fa vivere di se stesso, non aspira a nulla di più, e trova in questo possesso una soddisfazione completa. Ma la semplice conoscenza conforme alle esigenze logiche è sempre incompiuta.

Richiede

sempre

una

conoscenza

che

la

prolunghi,

sembra che l’anima aspiri a qualche cosa di più della conoscenza che la ingloba e la conclude ?”.

profondo

dover

tutto.

Tuttavia,

riprendere

che non

questo

lo ab-

rilasciamento,

altrettanto

reale,

e

anche

più

veracemente

e

divertimento...

li ha prodotti,

Per

questi

lontani

che

spettacoli

siamo

dalla

ci seducono

e

E torna anche un altro motivo romantico: l’irrazionalità e quindi l’ ineffabilità di certe esperienze mistiche

primitive.

L'emozione

congiunta

a

queste

espe-

rienze « possiede una qualità unica, che impedisce di confonderla con qualunque altra »*°: sfugge perciò al discorso logico, che non la può significare. S° insinua così il sospetto di una impotenza storiografica: Per

sforzi

qualche

10 EM,

che

noi

facciamo — si x

ansietà — ci è concesso

108 MYP,

107 FMSI, 452 sgg.

del

di

nè ignoriamo

et moi-méème, Si peau-d’ane m'était conté J'y prendrais un plaisir extrème!%.

trine riappaiono periodicamente, e ogni volta che riappaiono incontrano favore: poichè esse promettono ciò che nè la positiva pura nè di attingere,

ignoriamo

reale, dell’aspetto positivo di essa. È più di una ricreazione; è una distensione. La gioia che ci procura va molto al di

getto, possesso più profondo di tutti quelli che l’attività intellettuale può procurare, costituisce senza dubbio la forza di tutte le dottrine chiamate anti-intellettualistiche. Queste dot-

scienza

non

per tutta la sua durata, ci delizia nel profondo. Ci sentiamo ridiventare simili agli uomini che un tempo (come ancor oggi in molte regioni) consideravano l’aspetto mistico della loro esperienza

pre-

logica fra gli esseri che partecipano gli uni degli altri!... Questa esperienza di un possesso intimo e completo dell’og-

lusingarsi

Noi

ben presto tale atteggiamento,



insufficiente,

71

Quando noi ascoltiamo (i racconti del folk-lore), abbandoniamo con voluttà l'atteggiamento razionale, e ci liberiamo

Paragonata all’ ignoranza, almeno all’ ignoranza cosciente, la conoscenza è senza dubbio un possesso dell'oggetto. Ma paragonata alla partecipazione che realizza la mentalità preimperfetto,

DI LÉVY-BRUHL

Parrebbe dunque che i primitivi dispongono in sommo grado di un potere che malauguratamente l’uomo culto possiede in misura subordinata e imperfetta: irrazionalismo mistico e nostalgia del mondo primitivo di origine palesamente romantica. Verso la fine de La Mythologie Primitive riaffiora una sottile vena di Selnsucht:

in dubbio. Nell'ultimo capitolo delle Fonciions mentales dans les sociétés inférieures, il Lévy-Bruhl afferma che le cosidette rappresentazioni collettive, esprimenti una partecipazione intensamente sentita e vissuta, non potranno

PRELOGISMO

318,

87.

chiede

Lévy-Bruhl

rappresentare

queste

con

parte-

ae e

e



72

NATURALISMO

E

STORICISMO

NELL’ ETNOLOGIA

SUL

PRELOGISMO

cipazioni allo stesso modo dell’australiano? D'altro canto rap-

e anche

presentarle non sarebbe ancora sufficiente : occorrerebbe

terminologia ermetica,

anche,

e sopratutto, far rivivere in noi la esperienza corrispondente, sentirne il calore. Come potremo suscitare in noi l'emozione che sveglia nell’australiano il termine «bugari», con tutto ciò che questo termine implica di sacro? !.

E se ciò non si può, non resta che affidarsi alla descrittiva, lasciar parlare i fatti, sì che i fatti suggeriscano alla meno peggio quel che le idee non possono restituire. La precisazione discorsiva non può essere spinta tropp’oltre, il più si perde attraverso le maglie del

discorso: È possibile precisare meglio (a proposito dei rapporti fra gli esseri visibili e i loro reduplicati invisibili)? Le nostre abitudini mentali, e il nostro materiale linguistico non ce lo

consentirebbero

senza

temerità.

Secondo

l’espressione

di

Elsdon Best, lo spirito dei primitivi segue vie per le quali noi non possiamo più passare. Forse, invece di cercare di analizzare

processi

che

ci

sfuggono,

e che

il difetto

di

E segue un elenco di fatti. Non pare dunque che sia necessario spendere altre parole per provare la motivaBruhl.

e decadentistica del prelogismo

di Lévy-

Si tratta della stessa motivazione che alla base

dell’ irrazionalismo di R. visuale, Lévy-Bruhl può

Otto: sotto considerarsi

un certo angolo una propaggine

del decadentismo nella etnologia, e R. Otto nella filosofia della religione. Anche per Otto, infatti, la religione riposa su una commozione suî generis, di qualità unica: 10 11

EM, EM,

108. 171.

sono

ravvisabili, torbidi modi

sotto

73

il velo

di una

di sentire romantico.

| Le forme storiche della vita religiosa primitiva, il sacro che attira e che respinge (fascinans-tremendum), il sacro demonico, il Geistergrauen, il gavudtew, ete., sono estolte dall’Otto a momento eterno della vita religiosa **: quasi non potesse darsi una religione di tipo Mazziniano, orientata verso la storia e la civiltà. Anche in Otto, dunque, come in Lévy-Bruhl, certo malsano amore per il primitivo

ha aperto

la via all’aberrazione

filosofica:

prova

questa non trascurabile dell’origine pratica dell’errore teoretico. Il nume «che attrae e che respinge» somiglia invero troppo da vicino alla «tempestosa dolcezza del terrore» — the

bellezza eroi

rienze

tempestous

medusea”*

satanici *,

o alla

sadico-cattoliche

o

loveliness

alla

terror — della

‘temibilità

morbosa»

dei decadenti RA

of

fascinosa

« delectatio

una

terminologia adatta ci impedirebbe di descrivere esattamente, meglio vale considerare in concreto alcune che non sono, a rigore, identità vere e proprie... etc, 15,

zione romantica

|

in Otto

DI LÉVY-BRUHL

degli

delle espe-

francesi *,

A

Giova ora riassumere le critiche che possono essere mosse al prelogismo di Lévy-Bruhl, e concludere la nostra ricerca. In generale, la tesi prelogica è viziata da un esorbitante naturalismo, e pertanto, per una etnologia storicisticamente

orientata,

essa

è del tutto inutilizzabile.

Ma c'è di più: non solo la soluzione prelogica del problema della mentalità primitiva è affetta da naturalismo,

ma

lo stesso problema

di cui vuol

essere

la solu-

zione esula sostanzialmente dalla considerazione

storica.

12 Un impiego delle ricerche dell’Otto nello studio della vita religiosa primitiva si trova in Vierganpr, Das Heilige in den primitiven Religionen (Die Dioskuren, 1922, p. 285 sgg.). 113 PRAZ, op. cit., p. 23 sgg. 04 Op. cît., p. 61. 15 Op. cît., p. 310.

i

NATURALISMO

74

E

STORICISMO

SUL

NELL’ETNOLOGIA

L’ idea di una «mentalità primitiva» si lega infatti al proposito di interpretare quella classe di fatti mentali che è costituita dal mondo primitivo come un tutto indifferenziato. Ora, così impostato, il problema della mentalità primitiva pecca, per così dire, nel sostantivo e nell’aggettivo, e cioè per l’oscurità in cui lascia il

concetto . di « mente », e per l’arbitrarietà con la quale si parla qui di un «mondo primitivo» indifferenziato. Che cosa si intende per «mente»? Il momento logico dello spirito, ovvero la sfera teoretica logico-intuitiva, ovvero la funzione identificante nel suo uso pratico? E che cosa si intende per mondo primitivo? È lecito

assimilare in un’unica generica denominazione civiltà diverse? E posto che si voglia limitare l'inchiesta ai più primitivi fra i primitivi, Il

Lévy-Bruhl,

sebbene

non

sono ami

DI

LÉVY-BRUHL

75

causalità, quantità) che l’uomo culto maneggia con sicurezza nella prassi ordinaria e in quella scientifico-naturalistica.

Tale

struttura dell’ intelletto ci appare

oggi

come

una istituzione quasi completamente laicizzata, sottratta cioè a quell’alone di sacralità in cui appare immersa nell'ambito delle culture magiche: ma ciò che appare a noi come un dato sempre posseduto nelle stesse condizioni, ha invece la sua storia e tale storia sarebbe opportuno dichiarare ”°. In che modo la ricerca che qui si richiede possa

essere

nel

fatto

condotta,

e quale

lume

di sapere

storiografico sicuro se ne possa ricevere, tutto ciò esula dall'economia del presente saggio, che vuol essere unicamente un esame critico del prelogismo di Lévy-Bruhl.

si userà nella

quale criterio

Quali

limitazione della scelta?

PRELOGISMO

i più primitivi? le distinzioni

e le

limitazioni per difetto di senso storico e di consapevolezza speculativa, analizza nel fatto il comportamento dell’ intelletto astratto nella cerchia delle culture magiche. Ma a parte la soluzione prelogica, che teniamo per inaccettabile, una inchiesta ha pur sempre carattere naturalistico,

senza una

esorbitanze,

mette

silloge di fatti con

capo

relative

di tal genere e, se condotta

nell’ ipotesi rubriche.

migliore

Rilievo

a

storico

avrebbe solo una ricerca volta a determinare la Weltanschauung del magismo e la funzione storica di tale Weltanschauung. E rilievo storico, in siffatta ricerca della funzione storica del magismo, avrebbe anche il tentativo di determinare se e in quale misura il magismo possa essere considerato come pedagogia della funzione identificante nel suo uso pratico,

see inquale misura il magismo abbia concorso a liberare la potenza laica dell’ intelletto, e cioè quel complesso di strumenti intellettivi (spazio, tempo,

116 Non diversamente il Vico cercò di determinare la efficacia della vita religiosa rispetto, per esempio, alla vita morale: « Cominciò, qual dee, la moral virtù dal conato, col qual i giganti dalla spaventosa religione” de’ fulmini furon incatenati per sotto i monti, e tennero in freno il vezzo bestiale d’andar errando da fiere per la gran selva della terra, e, s'avvezzarono a un costume tutto contrario di star in que’ fondi nascosti e fermi; onde poscia ne divennero gli autori delle nazioni e i signori delle prime repubbliche... etc. » (Scienza nuova, $$ 3504-19; cfr. $$ 338-40). Onde pietà e pudore, prudenza e giustizia, temperanza e forza e industriosità e magnanimità furono potenze della vita morale che la religione liberò e fecondò (Scienza nuova, ivi). Sì che al detto di Plutarco, essere l’ateismo minor male della superstizione, è da opporsi che colla superstizione « sursero luminosissime nazioni» mentre l’ateismo « non ne fondò niuna » (Scienza nuova, $ 518). Per gli « Universali fantastici » come pedagogia dei « generi intelligibili », v. Scienza

nuova,

$$ 933-34.

II UN

PROBLEMA LA

MAL PRIMA

POSTO FORMA

DELL’ ETNOLOGIA

RELIGIOSA:

DI RELIGIONE.

x

La minorità speculativa della etnologia si rivela dal fatto che ancor oggi molta fatica è spesa dai suoi cultori per risolvere il problema delle origini della cultura umana. In guisa affatto acritica si è cercato di rimuovere le difficoltà tecniche che si oppongono a una obbiettiva determinazione del « primo» nella serie, senza tuttavia risolvere la quistione preliminare se fosse speculativamente corretto cercare, nel tempo, un primo delle forme singole e del complesso della cultura umana. A dissolvere tale problema, e il gioco di immaginazione che lo accompagna e lo sostiene, si frappongono molte difficoltà di fatto: in primo luogo la già denunziata minorità speculativa dell’etnologia, così poco affiatata con la severa disciplina del pensiero, in secondo luogo una tal quale congiura di affetti e di sentimenti, quale l’amore

per le cose astruse, il fascino romantico che promana dall’assolutamente primitivo, lo zelo illuministico-positivistico di schiarire le menti umane intorno a quistioni turbate di solito dal mito, la ricerca della vaga consolazione morale derivante dalla conferma « scientifica » dell'ipotesi monogenetica, l’ardore confessionale di provare

78

NATURALISMO E STORICISMO NELL’ ETNOLOGIA

obbiettivamente,

con

metodo

rigoroso,

le

verità

LA

della

Rivelazione. Chè anzi, ad essere precisi, è questa congiura di affetti e di sentimenti

a turbare

il corso del pensiero,

a distorcerlo ed impedirlo, sì da oscurare la verità che altrimenti brillerebbe di luce meridiana. Giova affrontare, per gettar luce sull’argomento, non già il troppo ampio problema delle origini nella etnologia, ma solo una forma particolare di tale problema,

e cioè la tentata determinazione della prima religione

nella

etnologia

oggi

alla nostra

la paura

non

DI

RELIGIONE

79

spirituale intensa, in istituti di tradizioni millenarie. Or qual’è l’essenza di questo fatto complesso? Dove è la sua sostanza, e quali sono i suoi accidenti? Senza dubbio, finchè il fatto resta sotto ai nostri occhi nella sua attuale complessità, non è possibile venir a capo di nulla: bisogna decomporre il complesso nel semplice. Secondo quale criterio? Quale sarà il filo di Arianna che ci condurrà in questa riduzione? L’etnologia religiosa. Invero, la religione non fu in passato altrettanto complessa come lo è oggi. Sopratutto nelle sue forme

forma di religione si copre con quello della definizione *. Il ragionamento che comsua forma originaria e più La religione, così come si

primitive la religione si estrinseca in modi molto semplici e rudimentali. Interroghiamo dunque il mondo primitivo: è da sperare che sulla base del materiale documentario

osservazione,

è un

fatto

estre-

mamente complesso. Essa implica il pensiero non meno dell’azione, la fantasia non meno del concetto, l’ethos non meno del calcolo del conveniente, la gioia non meno del dolore,

FORMA

di

religiosa.

Il problema della prima parzialmente e si intreccia minima della religione stessa bina le due ricerche è, nella ingenua, di questo tipo: « presenta

forma

PRIMA

meno

della speranza.

Si estrin-”

seca in riti e in atti di culto nei quali rifluisce una vita 1 Per essere precisi, il periodo in cui tale problema fu preponderante coincide con il massimo sviluppo dell’etnologia evoluzionistica. In un secondo momento, per opera della scuola storico-culturale, le ambiziose quanto acritiche costruzioni evoluzionistiche andarono in rovina: ci si accorse che le serie evolutive esistevano solo nell’ immaginazione di chi le aveva istituite. Il problema delle origini della religione subì pertanto una battuta di arresto, fu rinviato per difetto di informazione. L’etnologia diventò sempre più descrittiva e monografica, e le ricerche aventi per oggetto territori relativamente piccoli e ambiti umani circoscritti furono preferite alle ampie quanto fragili sintesi dell’etnologia evoluzionistica, Il problema delle origini della religione era insomma rinviato per difficoltà tecniche di esecuzione, il che implicava che, superate tali difficoltà, e compiuti i lavori analitici preparatori, la sua soluzione sarebbe finalmente divenuta possibile. Infatti lo ScaMIDT ha da recente tentato, nel quarto volume della sua opera Der Ursprung der Gottesidee (1935), una « Endsynthese» con relativa soluzione del problema della prima forma della religione. Ma, su ciò, più avanti.

raccolto sia possibile individuare la forma più semplice, la prima forma di religione, quella che segnò il trapasso

dall’animalità umane.

senza

Stabilito

religione

questo

primo

all'uomo e

questo

e alle

religioni

minimo

essen-

ziale, per complicazione del semplice nel complesso, per evoluzione,

si potrà tornare

al punto

di partenza,

e cioè

alle forme culte di vita religiosa ». Il primo che si provò a ragionare a questo modo, e che, così ragionando, pervenne ad una conclusione che esercitò grande influenza negli studi etnologici, fu il Tylor, il quale credette di poter stabilire che la religione è, al minimo, la credenza in esseri spirituali, e che la

prima forma di religione fu, appunto, l’animismo. Giova riportare il passo relativo della Primitive Culture: Quando si tratta di studiare le religioni delle razze inferiori, il punto essenziale preliminare da chiarire e da precisare è che cosa si intende per religione. Se si vuol far entrare nella parola la credenza in una divinità suprema, in un

giudizio

dopo

morte,

o l'adorazione

di

idoli

e la

pratica

del sacrificio, o altri riti e dottrine diffusi qua e là, senza alcun dubbio un certo numero di tribù si troverà allora escluso dal mondo religioso. Ma questa definizione troppo ristretta

80

ha

NATURALISMO

il

difetto

di

STORICISMO

identificare

particolari,

sviluppi

E

laddove

la

religione

con

opportuno

è

LA PRIMA

NELL’ETNOLOGIA

suo movente iniziale e nel suo ziale. Meglio vale, per quel che sembra, alla fonte, e porre semplicemente, come della religione, la credenza in esseri

alcuni

suoi

considerarla

nel

elemento essenrisalire direttamente definizione minima spirituali?.

La prima grave obiezione che può muoversi a un ragionamento di questo tipo è che esso ignora il travaglio del più maturo pensiero europeo. È qui infatti del tutto ignorata

la

distinzione

fra

categorico

e

temporale,

fra

cominciamento ideale e cominciamento in tempo. Senza dubbio tale distinzione importa molto acume speculativo, e solo a gran fatica può essere fermata in tutti i suoi particolari. Persino lo Hegel non fu su questo punto del tutto chiaro e esente da contradizioni, sì che nella sua

filosofia il significato ideale ed extratemporale del divenire si intreccia con quello temporale (si pensi alla morte

dell’arte

e all’ identificazione

della

prima

catego-

ria della Logica con la prima scuola filosofica greca). Comunque, rinviamo per questa parte l’etnologo desideroso di istruirsi alle scritture che riguardano questo interessante

dibattito,

e restiamo

per conto

nostro

fermi

al vero che la religione come categoria (autonoma o non, qui non importa chiarire) non patisce cominciamento nel tempo, ma è sempre stata’. In secondo luogo coloro che muovono alla ricerca di definizioni

minime,

corso del tempo sia minimo,

ciò fanno

retrocedendo

nel

in cerca di un primo

e che

cronologico

che

si accingono

alla

ricerca

vuoti

di pensiero,

e si attendono che dall'esame «obiettivo» dei fatti si possa ricavare il concetto di religione prima non pos-

2 TyLor, Primitive culture, I, p. 424 (5% 3 Cfr. Crocr, Il concetto del divenire e sullo Hegel e altri scritti, p. 146 sgg.).

ed., 1929). l hegelismo

(in

Saggio

FORMA

DI RELIGIONE

81

seduto. In realtà la scelta dei fatti non si compie

prima

(nè dopo) rispetto a quel concetto, ma dentro di esso, secondo la regola della sintesi a priori. In terzo luogo chi retrocede nel tempo in cerca del primo che sia minimo, procede verso il passato remoto del genere umano trapassando dal prima al prima del prima, per abbandonare, al limite, il mondo umano, e internarsi in quello subumano: salvo a metter più o meno

arbitrariamente un termine al regresso all'infinito, e chiamar questo termine arbitrario primo assoluto în re. Ora è da osservare che il mondo umano non si illumina nella direzione del passato, percorrendo a ritroso la naturalistica catena dei tempi e delle cause, nè tanto meno

si

illumina

internandoci

nel

mondo

animale,

che

con tanta difficoltà si solleva nella nostra memoria. Piuttosto «l’antico si apre e si dichiara verso il moderno » ‘, l'umano

primitivo

verso

l’umano

culto,

la vita

religiosa delle civiltà più lontane verso la nostra, qui e ora. E ben si comprende come le complicate, e talora anche ingegnose,

catene

di

antecedenti,

con

o

senza

primo

anello, sono affatto mute per ciò che riguarda la generazione della serie, cioè non spiegano, o addirittura sottacciono l’ incremento qualitativo che il conseguente rappresenta rispetto all’antecedente, e implicano pertanto la rinunzia

al

tratto

propriamente

storico

della

ricerca.

In quarto luogo ogni prospettiva storica è perduta in questo Tegresso verso il primo e verso il minimo: si crede di attingere il primitivo distillandolo diligentemente

dalle

fonti,

ed

in

realtà

si

elaborano

concetti

e

4 Cfr. Omopro, Alfredo Loisy storico delle religioni, Bari, Laterza, 1937, p. 57 sg. Questo errore metodologico della etnologia in genere e di quella religiosa in ispecie si ripete in altri domini della storiografia, per esempio nella storia del Cristianesimo: la ricerca di una «essenza » del Cristianesimo’ da parte della storiografia protestante rientra in questa aberrazione (cfr. Omopro, Storia delle religioni cristiane, I, xvit). E.

pe

MARTINO.

82

NATURALISMO

E

STORICISMO

la

indebitamente fatto antico”. E che meraviglia di ciò, se la determinazione delle pause ideali, dei momenti e degli incrementi di uno sviluppo è strettamente legata a un

l'umanità.

centro

prospettico

che

è

il

mio

pensiero

storicamente

individuato? Sembra un paradosso ed è invece una semplice verità: le distanze storiche sono stabilite tanto più energicamente quanto più vivacemente il mio problema storiografico si radica in un qui e in un ora. In quinto luogo il regresso verso il primo e verso il minimo, compiendosi senza vero e proprio problema storiografico, e nell’ illusione di distillare dai fatti la storia reale, mette capo a ipotesi che si sovrappongono ai fatti con un « può », un « è probabile », non

escludenti

altre possibilità e probabilità: viene meno la spiegazione interna del fatto, che nasce dal farsi presente di esso al pensiero. Senza dubbio non si nega che l’ ipotesi possa essere un utile espediente euristico, o una sistemazione

provvisoria di ciò che non si è ancora compiutamente inteso: ciò che qui si rifiuta è l’ipotetismo radicale e sostanziale °. 5 Anche qui il pensiero corre alla storiografia cristiana dei protestanti liberali. ° 6 Come esempio di ipotetismo etnologico valga il seguente. Il Marett, dopo avere dichiarato che la definizione minima escogitata dal Tylor è insufficiente, aggiunge: « È d’uopo che (il preanimismo in quanto concetto positivo) sia sviluppato criticamente e con cautela alla luce di prove che, potendo sempre aumentare, saranno sempre incomplete. Nessuna teoria antropologica può presumere di starsene al sicuro; tanto meno una teoria che vuol essere comprensiva al massimo grado... In questo senso il mio primo saggio — e il mio ultimo in misura non minore — deve essere considerato come * tatonnante ?. Sono del tutto consapevole di procedere sulla mia strada a tastoni e nelle tenebre » (The Threshold of Religion, 1914, p. x111). Dove si potrebbe osservare che l'oscurità e le tenebre in cui il signor Marett presume di avanzare a tastoni, sono, in realtà, l'oscurità e le tenebre sue proprie, del suo metodo naturalistico e della sua filosofia evoluzionistica. Ma, su ciò, più avanti.

primo, e che religioso dell’origine

che

pensare

anche

possibile

è

religioso

atto

un

semplice per eccellenza, cronologicamente sia la causa prima dell’ulteriore sviluppo Ma

implica

di religione di

divenire,

il

entro

per

ricerca,

forma

della prima

Il problema

schemi privi di ogni energia individuante, nei quali o non si riesce a pensare nulla di preciso, o si pensa il moderno

83

RELIGIONE

DI

FORMA

PRIMA

LA

NELL’ ETNOLOGIA

della religione sia destinata a sfuggire per sempre al pensiero, e che non c’ è atto religioso semplice (o minimo) possa

non

che

religioso

nel tempo

semplice,

atto

si dia atto

più

più

in altro

risolto

essere

remoto

di cui non

remoto, anello di una successione causale di atti religiosi

che non implichi, all’ infinito, un anello antecedente. Così impostato, il problema della origine della religione rientra in quello, molto più ampio, della finitezza e della infinità del divenire. Quest'ultimo problema ha una lunga e complessa storia,

fatto

ad

Nella

non

accogliere

acriticamente

una

rassegni

si

Ragion

nel

triviale.

filosofia

della

Critica

della

sezione

nella

che,

a meno

ignorare,

afilosofica,

mantenersi

di

pretesa

può

non

l’etnologia

che

Pura

che

tratta delle idee cosmologiche, Kant mostra il conflitto a cui è inevitabilmente condannata la mente allorquando deve

decidere

tra

finitezza

e

teoretici.

A

questo

stato

mostra

altresì

finitezza troppo l’infinità troppo soluzione del che avesse solo

piccola grande conflitto interessi

infinità,

come, essendo per l’ intelletto la (cosa c'è oltre il primo?), e (come posso percorrerla ?), la sarebbe impossibile per un uomo

di ondeggiamento

fra tesi e antitesi cosmologiche scelta

dettata

da

e

interessi

‘interminabile

può porre fine solo una

pratici”.

L’antinomia

finito-

infinito non fu dunque sciolta da Kant, e a cagione delle persistenti

tracce

scioglierla

era

© Kanr,

Critica

di

naturalismo

d’uopo della ragion

II, pp. 384, 385 sgg.

la

della

scoperta

pura,

trad.

sua

della

logica.

vera

it. Gentile-Lombardo

Per

logica Radice,

84

NATURALISMO

speculativa,

E

STORICISMO

la dialettica;

NELL’ ETNOLOGIA

e tale scoperta

LA

fu, com’è noto,

il grande merito di Hegel. Nella sua Scienza della Logica si leggono a questo proposito pagine che non dovrebbero essere dimenticate. Hegel descrive, riattaccandosi a una esposizione non meno famosa di Kant, quel senso di caduta e di vertigine del pensiero allorchè si vota alla noia sublime di avanzare verso l’ infinitamente lontano, verso il passato più remoto del più remoto passato, verso venire più protratto del più protratto avvenire:

l’av-

FORMA

tuttavia allo Hegel

DI

di questa oscurità, non a tali

il valore meramente onde egli, a cagione

sottrasse completamente

determinazioni

85

il non aver inteso il ca-

rattere pratico dell’ intelletto, ed euristico delle sue determinazioni: nire

RELIGIONE

arbitrarie,

e concepì,

il diveper

es.,

la prima categoria della logica coincidente con la prima scuola filosofica greca (quasi che l’uomo cominciasse a pensare con Talete milesio !)°. L’etnologia in genere, e quella religiosa in ispecie, ha il torto d’ ignorare questo travaglio del pensiero mo-

.. numeri sterminati accumulo, giogaie di milioni; io metto

tempo

tempo,

derno, e di non impacciarsi di sì alti problemi speculativi,

e mondi

sopra mondi, nel mucchio...

che essa stima di competenza non dello storico ma della

su

Alla tradizionale sublimità del cielo stellato, con relativo senso di annichilimento, Hegel contrappone l’atto del pensiero nel quale si fa intimo e di qua, presente intenso e vivente, quell’ infinito che per l'intelletto è sempre un esterno e un al di là, un futuro o un passato o un lontano che si distende oltre l’ultimo tempo e l’ultimo

Nocque

PRIMA

spazio,

un

che

...e quando, preso

da

di morto

per

il concetto:

dalla terribile altezza,

vertigine,

guardo

verso

di Te,

tutta la potenza del numero, moltiplicata per migliaia non è ancora una particella di Te. Io la tolgo; e Tu sei tutto dinanzi a me8.

8 Hecet, Scienza della Logica, I, 270 (trad. it. Moni), cfr. Enciclopedia, 104. Un precorrimento di tale soluzione giusta, trovasi, mutatis mutandis, in Bruno (nel De Triplici Ordine et Mensura), e in Spinoza. Si legga, per es. questo passo dell’ Ethica (Propositio XV, Scholium: cfr. Lettera 12): «Si quis tamen jam quaerat, cur nos ex natura ita propensi sumus, ad dividendam quantitatem, ei rispondeo quod quantitas duobus modis a nobis concipitur, abstracte scilicet, sive superficialiter, prout nempe ipsam imaginamur, vel et substantia, quod a

filosofia professionale e accademica. In realtà, nello sforzo

di mantenersi

afilosofica, l’etnologia religiosa riesce solo

a essere trivialmente filosofica, accettando acriticamente come ben fondato il problema delle origini, che è legato, come si è dimostrato, a una filosofia intellettualistica:

tanto poco lo storico può sottrarsi alla filosofia, e, più precisamente, alle severe indagini di Logica. Nel fatto, il problema della origine, nel tempo, della religione, tiene da solo buona parte del campo di ricerca della etnologia religiosa, formando di questa disciplina il presupposto e il fine, espressi o sottintesi. Non rientra nell’economia del presente saggio tracciare la storia di

questo genere di ricerche: molto più opportuno ci sembra

solo intellectu fit. Si itaque ad quantitatem attendimus prout in imaginatione est, quod saepe et facilius a nobis fit, reperietur finita, divisibilis et ex partibus conflata; si autem ad ipsam prout in intellectu est, attendimus, et eam quatenus substantia est concipimus, quod difficillime est, tum, ut jam satis demonstravimus, infinita, unica et indivisibilis reperietur ». ? Vedi Croce, Il concetto del divenire e l’ hegelismo, in Saggio sullo Hegel e altri scritti di storia della filosofia, p. 144 sgg.; Teoria e storia della storiografia, pp. 41sgg., 55 sgg.; Conversazioni critiche, I, pagina 338 sgg.

NATURALISMO

86

LA

NELL’ ETNOLOGIA

E STORICISMO

ricordare qualche esempio che illustri con particolare evidenza la contradittorietà e la ineseguibilità dell’assunto. E come esempio particolarmente significativo valga, anzitutto, quello del signor

Roberto

Marett, al quale

Ranulfo

parve che la definizione del Tylor non fosse abbastanza minima, cioè semplice ed elementare. Nel giugno del 1900 apparve nel periodico inglese Folk-Lore un suo saggio, Pre-animistic Religion, che è una presa di posizione contro l’animismo tyloriano. A. questo saggio tennero dietro altri*°, nei quali il Marett ritornò sul problema, ora correggendo, ora ampliando, ora restringendo Il metodo

la tesi preanimistica.

è abbastanza

Marett

del

della sua opera

chiaramente delineato nell’ introduzione The Threshold of Religion:

Per ciò che riguarda il metodo, il mio orientamento generale è quello di un antropologo, il mio speciale interesse è delle

psicologico. Io mi avvicino alla storia uno studioso della evoluzione umana.

mediato giosa

da

interesse noi

è di tradurre

remota

in termini

un della

Ma

tipo

il

religioni come mio più im-

di esperienza

nostra

reli-

coscienza scelti

in modo da poter valere per la stessa cosa tradotta. Desidero elaborare una descrizione, generale nel più alto grado, di un certo stato della mente che prevale nelle condizioni più rudimentali di cultura”.

Senza dubbio questo metodo è impotente a seguire il corso della realtà in tutte le sue sinuosità concrete: schematica. nell’approssimazione va perduto qualcosa

PRIMA

la scienza

poichè

Tuttavia,

FORMA

DI

RELIGIONE

87

to

« is bound

read

rela-

tive uniformity into this and that aspect of the flux of things», e poichè «pensare» equivale a < classificare », l’etnologia come scienza classificatoria dichiarerà il senso della vita religiosa dell’umanità quando avrà dato la definizione minima della religione stessa. Abbracciare la vita religiosa nella sua concreta varietà risultante dalle modificazioni che subisce in virtù dell’ambiente, la permanente del credere, è impossibile:

possibilità e l’ innato potere e pensare classificar — cioè —

è semplificare: in particolare risolvere il problema della definizione minima della religione implica anzitutto raggruppare

minimo

insieme

il molteplice,

di differenza

in

modo

che

classi

e un

fra le varie

vi

sia

un

minimo

di differenza nell’ambito di ciascuna classe presa per sè "°. Come risulta chiaro da questi presupposti metodologici,

l’aberrazione non deriva dal proposito classificatorio (ogni classificazione,

dentro

certi

limiti, ha

la sua utilità),

ma

piuttosto dalla confusione dei due piani della ricerca, del piano speculativo-storiografico e di quello astratto e classificatorio.

A

questa

confusione

tien

dietro

l’altra,

non meno grave, tra ideale o categorico e reale o storico, ciò che è facilitato dalla corruzione del categorico nel psicologico e dello storico nell’evoluzionistico. Nel saggio Preanimistic religion, il Marett affronta l’ indagine della

religione primitiva dal punto di vista psicologico. L’animismo,

in

quanto

sticamente

sistema

d'idee,

l’aspetto emozionale

quest’aspetto

è,

secondo

Marett,

trascura

della vita

intellettuali-

religiosa.

fondamentale.

Sia

Ma che

si voglia accettare la tesi di coloro che affermano l’esi10 Per citare quelli che qui più particolarmente interessano: From spell to prayer, in Folk-Lore, giugno 1904; Is taboo a negative magic? (in Anthropological essays presented to Edward Burnet Tylor in honour of his 75 th. birthday, ottobre 1907); The conception of Mana, in Transaction of 3rd international congress of history of religion, vol. I, Oxford, 1908; The Taboo Mana formula as a minimum definition of religion, ARW, XII, 1909; Mana, ERE, VIII, Edimburgo, 1915). 1

Treshold

of

religion,

XXV.

stenza

di

un

impulso

specifico

dell’esperienza

religiosa,

sia che si acceda all’altra tesi della religione come sotto12 Op. cîit., XXVII. 18 Op. cit., XXV.

. ‘

88

NATURALISMO

E STORICISMO NELL’ ETNOLOGIA

LA

prodotto dell’evoluzione dell'umano intelletto, il fatto è che, in occasione di emozioni quali lo sgomento, lo stupore e simili, la ragione umana

misterioso o soprannaturale, a rendere tale oscura forza costrizione o la comunione quindi, come momenti com-

ponenti, sentimenti di paura, ammirazione, meraviglia e simili, e, come obbietto, il soprannaturale. I modi particolari di rappresentazione del soprannaturale— per es.

la credenza in esseri spirituali o animismo — sono

sentimento del

fatto

l’esperienza del personificazione

del timore reverenziale religioso,

cioè

il suo

soprannaturale, immediate del

(awe),

elemento

acci-

è l’universale più

semplice

e

più generale. Ciò posto il soprannaturalismo è logicamente anteriore all’animismo: la definizione minima della religione come soprannaturalismo rivela qui il suo chiaro carattere di definizione media o tipica. Allorquando il categorico si deforma nel medio e nel tipico, subito si presenta un possibile senso cronologico del categorico così deformato. Il Marett, infatti, si chiede se il più semplice e il più generale del fatto religioso sia anche in senso cronologico anteriore all’animismo, se, cioè, la religione sia cominciata in tempo prevalentemente come

soprannaturalismo (obbiettivazione e personificazione immediata del timore reverenziale) per evolversi e differenziarsi poi come tuali). E a questa

animismo (credenza in esseri spiridomanda il Marett risponde che il

suo intento è di batter l’accento sulla esigenza psicologico-classificatoria e trascurare

tico, |

34

secondo Op.

cît., p.

la buona 10 sgg.

FORMA

DI

RELIGIONE

89

occorre preparare gli schemi, poi, in un secondo momento,

ordinarli in sequenza dal più semplice al più complesso:

è spinta a obbiettivare e anche

a personificare ciò che appare e la volontà, da parte sua, innocua o propizia mercè la o la conciliazione *. L'esperienza religiosa ha,

dentali e transitori: ma come obbiettivazione e

PRIMA

regola

quindi

il problema

naturalistica

che

gene-

prima

Nel

saggio

intorno

alla

religione

preanimistica

io

non

ho avuto intenzione di compromettermi con una soluzione definitiva del problema genetico. Secondo me il primo capitolo della storia delle religioni resta in gran parte indecifrabile. Mio scopo principale è stato di mettere in evidenza che la religione primitiva o rudimentale, quale si ritrova attualmente nei popoli selvaggi, è cosa più ampia, e sotto certi aspetti più vaga, della «credenza în esseri spirituali » di cui ci parla

la famosa

definizione

minima

del

Tylor.

Per-

tanto è sembrato opportuno provvedere l’antropologo di una nuova categoria nella quale fosse possibile ordinare quei fenomeni che in una interpretazione animistica rigorosa della religione

rudimentale

sarebbero

stati

verisimilmente

ignorati,

o, in ogni caso, fraintesi. Prima che la nostra scienza dogmatizzi intorno al problema genetico, è d’uopo, credo, condurre un’opera’ preliminare di classificazione, secondo quadri sinottici, dei dati di cui dispone. Il mio saggio avrà raggiunto il suo

scopo

se sarà

classificatorio

nel

riuscito

vocabolario

a introdurre

un

nuovo

termine

dell’antropologo ?°,

E qui evidentemente sfugge all’autore che conoscenza è genesi

del

fatto,

e che

il precetto

del

prima

classi-

ficaree poi ordinare nel tempo può metter capo ad una sequenza di idola mentis ma, alla storia, mai. Per conclu-

dere, secondo il Marett, se il problema genetico deve esser messo per ora in secondo piano, tuttavia nulla vieta che un giorno la classe si trasformi in fase storica, e il preanimismo designi un’epoca: anzi allo stato attuale della scienza etnologica, può affermarsi che il preanimismo è anteriore all’animismo not only logically but also in some sense chronologically”, e cioè nel 15 Thresh., 10 Thresh.,

1914, VIII sg. 1914, p. 11.

90

NATURALISMO

E

STORICISMO

NELL’ ETNOLOGIA

senso che in una certa fase dell’umana

LA

evoluzione pre-

valgono fenomeni religiosi di tipo preanimistico. Insomma, secondo Marett, nulla vieta, nel fatto o nella possibilità,

che il categorico, corrotto nel psicologico, trapassi nello storico

corrotto

nell’evoluzionistico,

e che

la definizione

minima della religione divenga fase storica. AI tentativo di far trapassare il pseudo-categorico si

pseudo-storico,

nel

accompagna

l’opposto

tentativo

di estollere caso specifico vita religiosa gione tutta.

il pseudo-storico a pseudo-categorico, nel di estollere particolari forme storiche della primitiva a definizione minima della reliQuesto inverso processo, e questa inversa

aberrazione,

si ravvisano

in altri

saggi

del

Marett,

tra

i quali sono particolarmente da ricordarsi Is taboo a negative magic?, The conception of Mana (entrambi in The Threshold of Religion, rispettivamente a pp. 73 Sgg. e 99 sgg.), The taboo-mana formula as a minimum defi-

nition of Religion (ARW, XII, 1909, p. 186 sg.), articolo Mana

(in

ERE,

VIII,

1915).

I termini indigeni Mana e Tabu, designanti un organismo di esperienze di rappresentazioni religiose geograficamente e culturalmente definite, sono dal Marett. estolti a significare, rispettivamente, l’aspetto positivo e quello negativo del soprannaturale, il Mana a significare il soprannaturale in quanto forza o energia numi-

nosa, il Tabu il soprannaturale in quanto sacro separato dal profano e da non avvicinarsi senza precauzione. Per far assumere alla formula Mana-Tabu il valore di formula definitoria minima, il Marett ha operato una progressiva generalizzazione dei due termini, sì da includere in essi termini più o meno affini: « My remarks are intended to apply not merely to the Pacific region, but the world of so called ‘ savagery’ in general». E nel 17 ARW,

XII,

1909,

p.

186.

saggio

PRIMA

contenuto

stingue

un

FORMA

DI

RELIGIONE

9I

nell’ Enc. of Rel. and Eth. Marett di-

significato

del

locale

Mana

termine

da

un

significato « scientifico », cioè schematico e pseudo-categorico ®*. A noi non tocca qui iniziare una ricerca storica e porre in rilievo l’arbitrarietà di tale generalizzazione”: a noi basta, dal punto di vista metodologico, aver segnalato

la

doppia

aberrazione

del

Marett,

il quale

oscilla

fra l'abbassamento delle categorie a fatti e la distorsione dei fatti a categorie, con la conseguente perdita, come si è mostrato, della idealità delle categorie e della individualità dei fatti storici. Ma il signor Marett ci offre altresì un cospicuo esempio di quello sprofondarsi nel mondo subumano che si accompagna fatalmente, prima o poi, per espresso o per sottinteso, al vano inseguimento di un primo della religione (0, più generalmente, della cultura). Pose infatti

. termine plice

il nostro autore

solo

quando

al suo regresso

credette

di

scoprire

una

verso magia

il semrudi-

mentale fra gli animali: e a questo riguardo vale la pena ricordare alcune sue argomentazioni, che basterebbero da sole a definire la levatura del piano culturale su cui egli si muove. . Un

tale, assalito

mantello

18 ERE,

e fugge:

VII,

da un

toro

arrabbiato,

lascia il suo

il toro prende a cornate il mantello,

1915, PD. 377 S88.

19 Scrive per es. il TnurnwaLD (in ARW, XXVII, 19209, p. III): « Non tutte le rappresentazioni di umana dipendenza da forze soprannaturali possono essere stipate nel concetto di Mana, come Marett cerca di di forze efficaci sovrumane amerindiane rappresentazioni Le fare. presenti nelle cose, negli obbietti e nei fenomeni della natura, non si coprono con il concetto Maori di Mana », etc. Vedi anche H. Hian Hoscin, Mana (in Oceania, VI, 1936, 3, p. 241 sgg.). e A. CAPELL, Mana, a linguistic Study (in Oceania, IX, 1938, p. 189 sgg.).

92

NATURALISMO

E

STORICISMO

LA

NELL’ ETNOLOGIA

scaricando su questo la sua rabbia. Questo sarebbe, secondo Marett, magia rudimentale. Un mago opera sui capelli della vittima per affatturarla: questa sarebbe, secondo il Marett, magia progredita. Ma come si effet-

tua il passaggio dalla prima alla seconda forma di magia? Il toro,

avverte

il Marett,

non

è capace

di paragonare

le sensazioni e di riferirle a un’unica coscienza: la sua vita sensibile è istantanea e irrelativa. Il mantello ordinario,

non

commestibile,

e quindi

affatto

indifferente,

e

il mantello che, nell’acceso di collera, diventa qualcosa che può essere presa a cornate, non sono, per il toro, un unico mantello, ma due. Poniamo ora in luogo del toro un uomo più o meno simile a un bruto (but now put in the bull’s place a more or less brute-like man...): quest'uomo, in quanto tale, sarà capace di paragonare le sensazioni,

di riferirle a un

unico

centro di coscienza.

In tal caso l’aspetto normale dell’obbietto gli apparirà veritiero, e quello originale come delusorio. Tuttavia l’uomo, pur distinguendo simbolo e realtà, può gettare un

ponte

fra

la

prima

e

la

seconda,

per

volontà

di

illudersi o di credere, o per istintiva coscienza che ciò gli rechi giovamento ®. Fin qui il Marett. Ma in realtà questa sua descrizione psicologica non spiega nulla. Il passaggio dal mondo umano a quello subumano è

esperienze

Of.

ciît., p.

120.

93

umano

a quello subu-

religiose

mercè

la loro

riduzione

a processi

del mondo fisico. Codesto spiegare obscurum per obscurius è ravvisabile, per esempio, nel Thurnwald, il quale avanza l'ipotesi che l’esperienza connessa col Mana poggi su un contenuto obiettivo che la scienza moderna ha chiarito come magnetismo o elettricità per-

sonale.

Infatti

Come da recente hanno stabilito i professori F. Sauerbruch e W. O. Schumann, ricerche fisiologiche mostrano che ogni processo negli organismi

viventi, sia animali che vegetali, ogni

movimento delle dita, ogni moto del sentimento, è legato alla produzione di correnti elettriche tenuissime, le quali sfuggono dalla superficie del corpo. Da ciò risultano anche molte operazioni a distanza ?°.

A questo barbarico luogo del Thurnwald giova porre a riscontro quel classico luogo del Fedone platonico in cui Socrate esprime la delusione che gli aveva arrecata

dicendo

. 20 MARETT,

RELIGIONE

Questa retrocessione dal mondo

passi per il cervello di un toro infuriato

termine del passaggio è un mistero, il passaggio stesso diventa misterioso, e non resta che dire, a un certo punto: «poniamo ora in luogo del toro... etc. », non

DI

mano, aberrazione derivante dal metodo naturalistico delle definizioni minime e dalla superstizione del primo, può spingersi sino al punto di « spiegare» determinate

la

difficile a determinarsi: che si sappia, deve ancor nascere lo storico capace di rifarsi toro infuriato. E se il primo

FORMA

resta cioè che far irrompere ab extra l’umanità nell’animalità ?.

infatti spiegato in modo illusorio, più col suono delle parole che con la forza del concetto. Invero, che cosa è cosa alquanto

PRIMA

lettura

di

«E

parve

mi

che

Anassagora: fosse

proprio

lo

Socrate tutto quello che

stesso

che

se

uno,

pur

fa lo fa con la mente,

21 Dallo stesso punto di vista si possono criticare gli altri tentativi dell’etnologia di derivare l'umano primitivo dal subumano, per es. il tentativo del PrEeuss (vedi in particolare G/obus, LXXXVII, 1905, p. 419), quello dello HartLAND (vedi Transact. of Sect. H in Report of the Brithish Associat. for the Advancement of Science, 1906, p. 606), e quello del CLonp (Preamimistic Stage of Religion, in Transaci. of the third Intern. Congress for the History of Religion, 1908, p. 33 Sg). 2 ARW, XXVII, 1929, p. 109.

94

NATURALISMO

E

STORICISMO

NELL’ ETNOLOGIA

LA

quando poi si provasse a voler determinare quel che faccio, incominciasse col dire che ora, per esempio, io son qui seduto per ciò che il mio corpo è composto di ossa e di nervi; e che le ossa sono rigide etc.... E lo stesso anche sarebbe di questo mio conversare con voi chi lo attribuisse a tali cause, allegando, per esempio, la voce, l’aria, l’udito e infinite' altre dello stesso genere, senza curarsi affatto di dire quelle che sono le cause vere e proprie: e cioè che, siccome agli ateniesi parve

bene

votarmi

contro,

per

questo

anche

a me

mente

più

PRIMA

antiche

FORMA

a noi

DI

RELIGIONE

accessibili,



95

fornisce

unica-

mente una silloge di documenti intorno a questo monoteismo (nel che l’assunto sarebbe metodologicamente ineccepibile), ma trascorre ad affermare che la « prima > forma di religione fu il monoteismo, che da questo, per

degenerazione,

sarebbero

derivate le forme

religiose

più recenti, naturistiche, animistiche, manistiche e magiche, e che, infine, la presenza di un monoteismo straordinariamente vivace ed elevato presso i popoli etnolo-

è parso

bene restarmene a sedere qui, e ho ritenuto mio dovere non andarmene via, e affrontare quella qualunque pena che costoro abbiano decretato » °°.

gicamente più antichi mercè l'ipotesi della

non può essere spiegata se non Rivelazione Primitiva. La

sarebbe

pretesa è chiara: far coincidere le verità della fede con i risultati della «scienza », poggiare il dogma cattolico sulla solida base dei fatti etnologicamente accertati.

giunta l’analisi etnologica (0 psicologica). Ma allorquando

Di qui una strana contaminazione di profetismo visionario

si pone

e di

Nel

caso

metafora

del

per

indicare

termine

un primo

Marett

il

«primo»

il limite

al regresso

più

in modo

non

basso

vuol

a cui

assoluto,

in re, allora si passa dalla mala

esser

assumendo

infinità alla

mala finitezza. il più cospicuo

È questo il caso di Padre G. Schmidt, rappresentante della scuola storico-cultu-

rale. Nella

sua

opera

di Dio”,

il nostro

la

come

presenza

23 Fedone, 2 Der

1926,

del

fondamentale,

autore,

monoteismo

98 b (trad.

Ursprung

2% ed., II,

der

1929;

non

L'origine

dell’ idea

si limita

ad accertare

culture

cronologica-

nelle

it. Valgimigli). Gottesidee:

III,

1931;

1933;

consta

di

V,

1934;

sei

VI,

volumi

1935),

filologico,

di

apologetica

e

di

«scienza»,

di

una

caduta.

Nell'ambito

tecnico, nella

cerchia dello

sviluppo esterno della vita sociale, dal punto di vista delle capacità intellettive l’umanità progredisce: ma non altrettanto può dirsi della vita sentimentale ed interiore, del carattere, dell’ethos e della religione. Qui è da

constatare la dolorosa realtà (die traurige Tatsachlickeit)

.

l'opera

IV,

zelo

romantica Sehnsucht e di slancio missionario. Esaminiamo più da vicino la cosa. Il corso delle umane vicende si configura anzitutto a Padre Schmidt

(I,

il

del regresso. La prima famiglia, nella forma documentata dalle culture più arcaiche, fu monogamica, stretta da

primo dei quali sottopone a critica le varie teorie storico-religiose, il secondo ha per obietto le religioni degli amerindiani, il terzo le religioni dei primitivi d’Asia e d’Australia, il quarto le religioni dei primitivi d’Africa. Il quinto volume contiene aggiunte, ed il sesto, infine, vuol essere una sintesi finale nella quale, stabilite le relazioni fra ciclo cuiturale artico e nord-americano, fra ciclo artico nord-americano e gli indigeni della terra del fuoco, fra la cultura pigmea, quella artico-americana e quella paleoaustraliana (le relazioni fra i pigmei asiatici e africani sono stabilite nel vol. IV, pp. 709-787), si tenta infine di stabilire la prima forma di religione e l’origine della reli-

saldi vincoli di reciproca simpatia, di abbandono e di dedizione, di amore e di altruismo. Dalla famiglia questa mitezza rifluiva nella tribù, che era poco più di una ampliata famiglia. Così, per esempio, il diritto di

gione

Dalla

stessa.

proprietà

(collettiva

e

individuale)

era

addolcito

dalla

mitezza del carattere, dalla gioia altruista di donare (o dî prestare),

dall'assenza

famiglia,

inoltre,

di

invidia

provenne

e

di

alla

ambizione,

vita

religiosa

etc.

il

96

NATURALISMO

E

modello di una causa prima come persona e come Padre, come

Dio personale e paterno. Il progresso

promise

felice

tale

condizione

esterno com-

primissimi

dei

uomini,

poichè spezzando 0 alterando il vincolo familiare monogamico, essiccò anche la fonte di cui si alimentava la mitezza del costume prisco. Nacquero l’egoismo, la cupidigia, l'ambizione di sottomettere altre creature umane

al proprio dominio: i poveri furono oppressi dai ricchi, le donne dagli uomini, i deboli dai forti. Nè valse a porre un freno a tale degenerazione l’apparizione periodica di potenti personalità, e la stessa religione, partecipando alla generale caduta, si lasciò corrompere da monoteistica in naturalistica, magica, etc. Insomma la legge dell’entropia vale per il mondo fisico come per quello delle nazioni, e più precisamente come il rapporto fra lavoro e calore prodotto non è reversibile di

(legge della

dell’energia), così il lavoro culturale è ca-

degradazione pace

procacciare

ricche

possibilità

di godimento,

ma

il godimento non riesce a restituire la massa equivalente di lavoro culturale. Senza dubbio, fin quando nell’universo

vi sono forti squilibri di cultura, è aperta la possibilità di periodici bagni di salutare barbarie, con relativa momentanea rigenerazione: offre esempio di ciò la immigrazione

di

tribù

semitiche

culturali

assiro-babilonesi,

maniche

nel

dominio

della

del

deserto

la irruzione civiltà

nelle

regioni

delle tribù

micenea

PRIMA

LA

NELL’ ETNOLOGIA

STORICISMO

e, più

gertardi,

in quello della civiltà greco-romana, la invasione delle tribù atzeche nella cerchia culturale paleomessicana. Ma la riserva delle forze culturali è finita, l’equilibrio finale inevitabile: unica salvezza il Cristianesimo, poichè, ”°. sommato, « sanabiles fecit Deus nation»es

tutto

Vien fatto qui lo Schmidt crede visione del corso con quale metodo

97

RELIGIONE

essenzialmente

pro-

serie

in una

gressiva di sondaggi nel tempo a profondità sempre maggiori. Un primo generico livello cronologico abbastanza è attinto' mercè

basso

la

di

considerazione

popoli

quei

della terra che i vari indici mostrano come i più antichi che siano accessibili alla nostra analisi culturale (Centrocaliforniani, Indiani del N. O., Algonchini, Indiani della terra del Fuoco, Pigmei asiatici, Popoli artici, Paleoaustraliani, Pigmei africani e pigmoidi, Boscimani, Bergdama e Ottentotti). A questo livello è attestata

dapertutto la credenza in un essere supremo più o meno da

velata

naturismo,

di

tracce

manismo,

e

animismo

magismo. Un ulteriore più accurato sondaggio permette di precisare che col procedere nella direzione del passato a scomparire

tali tracce tendono

o almeno

ad attenuarsi,

laddove la credenza nell’essere supremo guadagna in ampiezza e in vivacità. Più precisamente l’analisi storicoculturale mette in luce che la presenza del naturismo, manismo, animismo e magismo nelle culture primitive o è influenza delle più recenti culture primarie, ovvero a disposizioni

è da ricondursi

deboli,

sebbene

originarie,

più Se

delle stesse culture primitive, disposizioni che solo tardi avrebbero attinto un significato maggiore. dunque procediamo nella direzione sottrarre, alla religione di questo

appartengono

che

a

tempi

più

del passato, passato, le

recenti;

è d’uopo influenze

d’altra

parte,

poichè gli elementi animistici, naturistici, manistici e ma-

gici,

che

ginarie 25 Per questa parte vedi ScumIDT e Koppers, Volker und Kulturen, Regensburg, 1924, p. 45 Sgg., e, per i rapporti di proprietà, SCHMILT, Das Eigentum in den Urkulturen, Miinster in Westfalen, 1937.

DI

di chiedersi su quali ragioni storiche di poter fondare questa ricostruzionedelle umane cose, e più precisamente egli conduce la sua ricerca. L’analisi

consiste

Schmidt

dello

FORMA

si dichiaravano nelle

20 ScamInT, E.

pe

stesse Der

Martino.

come

culture

Ursprung

etc.,

deboli

primitive, VI,

p.

disposizioni tendono

ad

oriatte-

378. 7

98

NATURALISMO

nuarsi

nella

E

STORICISMO

direzione

del

NELL’ETNOLOGIA

passato,

«da

ciò

LA

possiamo

ricavare l’ ipotesi metodologicamente autorizzata che, quando noi tocchiamo la religione comune a tutta la protoumanità, la religione più antica di tutte le religioni particolari,

diventa

tanto

più

alta

la

probabilità

che

le

linee convergenti di questi elementi si risolvano nel senso del passato in un punto di annullamento e di vanificazione, nel quale cesserebbero di esistere » ”°. In altre parole: le differenze regionali, che si riscontrano nelle culture primitive, accennano a un tempo precedente in cui tali differenze non si erano ancora prodotte, sì che, eliminandole, siamo ricondotti a un tutto relativamente unitario e omogeneo, ad una religione semplice che si può assumere come la prima del genere umano. Questa prima antichissima religione dovette essere incentrata,

secondo un

lo

essere

Schmidt, supremo,

nella unico,

pura

e vivace

creatore,

credenza

onnipotente,

in

eterno,

santo, invisibile e sovrasensibile, ora in cielo ma un tempo, subito dopo la creazione, vivente fra gli uomini, iniziatore nell’età paradisiaca dell’ordine morale sociale e rituale e delle capacità tecniche, onnisciente custode del costume, proprietario e signore dei mezzi di sussistenza, benevolo dispensatore di favori ma altresì rigido punitore del peccato. Questo Dio dovette essere arden-

temente

pregato, e a Lui fu dedicato il sacrifizio primi-

ziale, consistente nell'offerta della primizia della raccolta e della caccia in riconoscimento dell’assoluta potestà

PRIMA

FORMA

DI

RELIGIONE

99

uomini nell’età paradisiaca, era trasmesso di generazione in generazione e di evo in evo”. Il livello cronologico della prima religione umana ci presenta

nostri

un

mezzi

tutto

unitario,

articolare

che

in tempi

non

possiamo

distinti

con

e in fasi

i

suc-

cessive (aber diese noch altere Einheitsfront vermogen wir mit unserem Mitteln nicht mehr herauszuarbeiten) ”,

e pertanto come

un

è d'uopo tutto

considerare

isocrono,

cioè

tale

come

una

religione

arcaica

formazione

cul-

turale per la quale, data la stabilità e la persistenza delle forme di cultura in quest’evo plurimillenario ®, il tempo diventa indifferente. Noi siamo così condotti di colpo

all'origine della prima forma di religione, e la nostra sonda temporale tocca un limite in re. Or qual’ è questa origine? Risponde lo Schmidt: Dio. E fonda la sua risposta sulle seguenti considerazioni. Anzitutto, le testimonianze tratte dalle stesse religioni primitive concordemente affermano che la religione non è mai un ritrovato umano ma Rivelazione divina: Riassumendo,

vediamo

che



dove

riusciamo

a

ottenere

una risposta sul passato di queste più antiche religioni, in nessun caso è detto che ia comunità in quistione si è data da



la

sua

propria

religione,

ottenere risposte che autorizzino e di un lento perfezionarsi di a ricerche e a sforzi umani”,

e

tanto

meno

riusciamo

@&

l’idea di una lenta crescita queste religioni in seguito

del Dio sugli alimenti animali e vegetali e in ringraziamento

per

la

conservazione

di

questi

antichissima religione del genere umano appartenere

ventù, rale

anche

cerimonie delle

27 SCHMIDT,

le cerimonie

mediante

primissime od,

cif.,

P.

379.

A

della

il patrimonio

comunicato

questa

dovettero infine

di iniziazione

le quali

genti,

beni.

da

Dio

gio-

cultuagli

28 VI, pp. 378-477. 29 VI, p. 469. 20 Tale stabilità dipenderebbe, secondo lo Schmidt, dal fatto che in quest’evo la terra era abitata da pochi uomini viventi a grandi distanze, il che rendeva infrequenti e difficili i contatti, come anche dal fatto che allora mancava l’ influenza delle culture più recenti. 31 VI, p. 480.

un

100

NATURALISMO

In

secondo

luogo

E

STORICISMO

la religione

NELL’ETNOLOGIA

primitiva,

LA

considerata

nel suo contenuto, presenta un complesso di caratteristiche che non si spiegano con le sole facoltà naturali. Senza dubbio, col solo aiuto dell’intelletto, col solo ausilio del « pensiero causale », l’uomo ha potuto attingere

da sè l’idea di una causa prima del cosmo: ma perchè mai non riferirono questi primissimi uomini al loro Iddio la causalità anche del male, perchè mai concepirono Iddio santo, e se stessi invece, colpevoli e causa, per la loro colpa, del male? Dove mai la esperienza umana di questi

prelitici o protolitici primi abitatori dell’universo poteva offrire lo spunto per la formulazione di un sì alto ideale di santità? E come barbari progenitori sapevano accendere si trova così pura neppure in grandi

si spiega il fatto che proprio questi del genere umano, che a mala pena il fuoco, attinsero un'idea che non nella civilissima Grecia, e talora filosofi? Del pari, la finalità umana

della creazione, la limitazione dell’uso degli alimenti creati dal Dio, il sacrifizio primiziale, la credenza nell’al di là, l’idea di una ricompensa o di una punizione dopo morte, tutto ciò esorbita dalle facoltà naturali dei primissimi uomini. D'altra parte: se la ricerca di Dio fosse stata condotta a quel tempo unicamente con mezzi umani, si sarebbe prodotta una varietà di risultati, e non quell’unità e quell’omogeneità nella credenza che caratterizzò la

primitiva

religione.

Quindi

non

molto

tempo

dopo

il

cominciamento di questa ricerca umana, gli sparsi e deboli tentativi dovettero essere ricondotti a unità organica e ad interna coerenza e compiutezza in virtù di alcunchè di potente. Questo alcunchè non potè essere un processo subiettivo, non potendosi spiegare con un processo puramente umano l’unità e la coerenza del risultato che ne fu il prodotto, nè fu, e per la stessa ragione, un accadimento materiale: ma dovette essere, e fu, una persona, Iddio creatore del cielo e della terra, rivelatore

PRIMA

FORMA

DI

RELIGIONE

IOI

agli uomini dell'ordine morale rituale sociale e delle capacità tecniche. Di tale Rivelazione Primitiva i miti di queste culture serbano memoria e forniscono testimonianza: se Iddio fu unico testimone della creazione, l’antenato tribale fu l’unico testimone della Rivelazione, com’è provato, secondo lo Schmidt, dal fatto che nei miti della religione primitiva questo antenato appare

come colui che trasmise poi agli In tal modo l’ fornirebbe una dell’esistenza di Fin qui

zioni

si

raccolse gli insegnamenti divini, e li uomini”. indagine storica delle religioni primitive nuova prova, particolarmente efficace, Dio”.

Schmidt.

Invero

dichiarassero

se tutte queste sue afferma-

come

atti

di

fede

di

un’anima

credente, sarebbe perlomeno indelicato da parte nostra entrare in conflitto con esse: e se tali affermazioni riguar-

dassero

‘un dominio

qualche

prestanza

i cui cultori

storiografico speculativa,

il

conflitto

parte nostra, inutile e ingeneroso, dappoichè,

avessero

sarebbe,

da

in un am-

biente culturale elevato, tesi di siffatta qualità sarebbero nel fatto nate morte, e chi volesse impugnarle si comporterebbe, per così dire, da Maramaldo. Ma Padre Schmidt non la fede invoca a sostegno delle sue edi-

ficanti teorie, ma i fatti e la scienza dei fatti, e questo ingenuo belletto vale almeno a sconcertare 1’ ingenuo volgo

degli etnologi, molto sensibile a tutto ciò che è « wissenschaftlich ». Così stando le cose, non è nè indelicato, nè inutile, nè ingeneroso, da parte nostra, sottoporre qui ad analisi la mirabolante costruzione dello Schmidt, tanto

più se si tien presente che fra gli sforzi che il pensiero cattolico compie oggi per riconquistare gli animi e per 82 VI,

pp.

83 VI,

494.

468-508.

E

NATURALISMO

102

con la cultura,

riaffiatarsi

LA

NELL’ ETNOLOGIA

STORICISMO

Schmidt

dello

questo

appare

il più vistoso e forse, per il volgo, il più efficace. Anzitutto il tratto essenziale dell’opera dello Schmidt consiste nel risalire a ritroso il corso del tempo, per stabilire il prima del poi e il prima del prima fino a

un cominciamento assoluto: in questo pseudo-divenire affetto da mala finitezza resta nell'ombra la determinadell’ inverso

zione

processo

d’ incremento,

e

si

invano

cerca un centro generatore intorno a cui si raccolgano gli eventi. In secondo luogo, il metodo naturalistico del sottrarre

le

determinazioni

le

e

positive,

dif-

ulteriori

ferenziazioni che si sono prodotte in un tratto più o meno ampio di tempo, non restituisce affatto il passato, o meglio lo restituisce solo in via negativa, per quel che

non

occorrerebbe,

è:

aggiungere,

non

e

per

positivamente,

ottenerlo

meccanicamente,

al

ottenuto

resto

le

determinazioni che in questo tratto di tempo sono cadute senza

lasciare

nel

presente

tracce

apprezzabili.

Chi volesse ricostruire il protocristianesimo dal paragone delle attuali confessioni cristiane attualmente esistenti e per sottrazione degli elementi in cui ciascuna si è venuta, nel tempo, differenziando, si voterebbe a una

fatica vana: da

positivo,

il risultato sarebbe un

le determinazioni

resto

a cui

positive

un negativo

mancherebbero

protocristiane

camuffato

in ogni

in oggi

caso

scom-

parse o profondamente modificate. In terzo luogo, in tanto vuoto di pensiero storiografico, il moderno è troppo spesso fatto antico, e l'antico moderno: la Urreligion dello Schmidt somiglia da vicino al razionalismo di un teologo

cattolico del ventesimo

84 Si vedono Pontificatus nei Romano.

gli articoli numeri del

secolo.

di P. Schulien a commento della Summi 24, 29 e 31 marzo 1940 dell’Osservatore

103

RELIGIONE

DI

FORMA

PRIMA

Ma oltre queste critiche, generiche, altre, più specifiche, possono essere mosse al nostro etnologo. Che la cre-

denza negli esseri supremi sia attestata nelle culture etno-

logicamente

più antiche

(le culture cosidette primarie),

e

che questa credenza si faccia dominante ed esclusiva quanto più procediamo nella direzione del passato, ciò costituisce un accertamento cronachistico contro il quale

non c'è nulla, in sede metodologica, da obbiettare. E nessuna ragionevole obiezione metodologica può muoversi

contro l'accertamento di una cultura teocentrica che preceda, nel tempo, il dispiegarsi del naturismo, dell’animismo, del manismo e della magia. Ma lì dove scorgiamo una indebita estensione del necessario

dell’eurisi

ralistico

filologica,

è

procedimento

natu-

nell’affermazione

che

codesta arcaica cultura teocentrica sia prima assoluta nel tempo, e che in sè non abbia svolgimento ma si

sia mantenuta relativamente costante nelle sue caratteri stiche dall’alba dei tempi fino all’epoca in cui cominciò a decomporsi. Guardiamo la cosa più da vicino. Sia pure dato per certo ciò che Schmidt afferma, e cioè che nelle più antiche culture acquisti particolare rilievo un vivace teocentrismo a cui fa riscontro un grado molto basso, posto,

il più basso possibile, di cultura materiale. Ciò possiamo integrare tale risultato in due modi

diversi: 1) Possiamo assumere quella civiltà, nella forma in cui ci è documentata, come la conclusione di una

evoluzione

plurimillenaria,

e

quel

monoteismo

come

il

punto d’arrivo di un certo processo storico. In tal caso le culture primarie, e le forme religiose più recenti naturistiche, animistiche e magiche, si configurano, rispetto alla civiltà teocentrica, come una sorta di medioevo, come una barbarie seconda. Proseguendo per questa

via, il nostro compito più propriamente storico consisterà, anzitutto, nella determinazione dei limiti dell’apparente perfezione della civiltà teocentrica, e, altresì, nella segna-

104

NATURALISMO

E

STORICISMO

LA

NELL’ETNOLOGIA

lazione dei valori nuovi e più alti mediati dall’apparente decadenza assoluta della barbarie seconda. Con ciò resterebbe escluso ogni ricorso alla Rivelazione primitiva e alla degenerazione e sarebbe evitato il problema della prima forma di religione (e della prima cultura). 2) Possiamo interpretare l'arresto della nostra capacità filologica di penetrare il passato come un arresto effettivo della storia e dello svolgimento, e postulare, lì dove

non

scorgiamo

sviluppo,

una

durevole

omogeneità

nel

tempo. In tal caso la civiltà teocentrica si dichiara un prodotto miracoloso, e codesto miracolo solo Iddio può

FORMA

PRIMA

DI

105

RELIGIONE

e se anche non è possibile per noi ricostruirlo per mancanza di documenti, questo svolgimento ha da esserci: per tale affermazione ci basta guardare in noi stessi e acquistare consapevolezza della civiltà in cui viviamo. Noi imbocchiamo dunque la prima via: Schmidt ha scelto la seconda. Ma tale scelta non è fondata su ragioni logiche. Perchè mai dovrebbe l’antichissima civiltà teocentrica

essere

come

concepita

quadro

un

senza

pro-

cesso, se anche le specie animali e vegetali, se anche le mummie mutano nei millenni? La lentezza del cangiamento

del

e la povertà

materiale

documentario

non

ci

spiegare: il Primo sembra finalmente raggiunto. Da tale punto di vista, di quanto s’ innalza il teocentrismo

autorizza affatto a postulare 1’ immobilità. L’ immobilità della cultura teocentrica è dunque una fictio, un idolo

di questi prelitici, di tanto inspiegabilmente s’abbassa il naturismo, il manismo, l’animismo il magismo dei loro

della

discendenti: e, allora, la parola degenerazione viene alle labbra. Le due vie ci sono davanti: quale imboccheremo? A spingerci verso la prima ci invoglia non tanto la ragione negativa che nessun documento si oppone alla nostra

scelta ma

gioni

(l'assenza

la positiva

primitive

di

documenti

constatazione

si trovano

che

non

è un

nelle

documento !),

teocentriche

visibili tracce

reli-

di naturismo,

mente.

D'altra

parte

il ricorso

è naturale

al mira-

colo e alla Rivelazione allorchè si cancella come irrilevante la mutazione e si considera come contemporaneo e come nato in una volta ciò che in realtà ebbe la sua prospettiva: qui, come in altre circostanze, l’uomo chiama Iddio a sciogliere nodi che non sono in re, ma che egli

stesso viene avvolgendo con mani inesperte. Non diversa fu la deficienza della teologia storica del Nuovo Testamento, il cui quadro della teologia di Gesù e degli apostoli appare «senza processo, senza sviluppo, senza

magismo, etc., le quali potrebbero essere almeno in parte interpretare come relitti di credenze autoctone, in passato molto più vivaci. È, a dir il vero, ancor poco per

prospettiva (sì da introdurre) bruscamente nella storia concetti originali di fronte ai quali tutto il successivo sviluppo storico del cristianesimo è una degenerazione

giustificare la nostra decisione. Ma l’argomento perentorio,

e un ottenebramento ». In tal modo

che qui vale, è tratto dalla testimonianza nulla è fuori della storia, e che quindi non

interna che può esserne

fuori il complesso teocentrico delle cosidette culture primitive. Questa testimonianza interiore, questa certezza maturatasi in noi uomini moderni, può senza dubbio essere impugnata: ma solo da chi superi il pensiero moderno, e foggi nel fatto una nuova filosofia antistoricistica più

alta. Quale che sia lo svolgimento della civiltà teocentrica,

la storia delle origini

cristiane acquistava nel complesso «un colorito miracoloso, come abrupta manifestazione della vera religiosità » senza che l’autore si accorgesse «che tale miracolosità non è în re, ma nel proprio modo di considerare » ®. Padre Schmidt se ne convinca: non Iddio la storia produsse

il miracolo

85 Omonro,

Storia

delle

della origini

civiltà teocentrica, cristiane,

I,

xx11I.

ma

unica-

106

NATURALISMO

mente

la

sua

E

STORICISMO

propria

mente

NELL’ETNOLOGIA

gravata

da

un

LA

pesante

intellettualismo scolastico. Ancora: perchè mai ebbe luogo l’avvento delle culture primarie, vero e proprio gigantesco medio evo che si distese su tutta la terra? Perchè andò perduta la purezza del monoteismo primitivo? Il pensiero storico, com’è chiaro

agli

di decadenze

intendenti,

non

può

parlare

in senso assoluto,

di

perfezioni

e

e come nella perfezione

cerca il limite, così nella decadenza cerca il valore nuovo

che è mediato. In ogni caso l’occhio dello storico è rivolto sempre

a ciò che

l’uomo

fa e giammai

a ciò che l’uomo

patisce. Invero qualche tratto storiografico si ritrova nella ricostruzione del Lang e, per riflesso, in quella dello Schmidt. Si chiedeva infatti il Lang nella sua opera Magic and Religion se l’animismo fosse da considerarsi solo come una degenerazione della primitiva religione teocentrica, e a questa domanda rispondeva che qui si realizza una pedagogia

del genere umano,

una

pedagogia gig Xgiuotév. L'idea di Dio degli uomini primitivi, per quanto elevata nel contenuto, era formalmente ingenua,

blema cosa

appena

abbozzata.

se Iddio insieme:

fosse Iddio

Non

era ancora

spirito o corpo, era

solo

un

sorto, il pro-

o l’una e l’altra

essere,

anzi

le sue speculazioni intorno al sonno, al sogno, alla morte:

elaborazione preparatoria necessaria per concepire la spiritualità di Dio. Ancora: la premiazione e la punizione nell’al di là era intesa nella civiltà teocentrica in modo ingenuo

e irriflesso.

Che

cosa

passa

FORMA

DI

RELIGIONE

IO7

genere umano si concludeva infine, secondo il Lang, col cristianesimo, termine ad quem del processo che nella civiltà teocentrica aveva il suo termine a quo”. Questo

concetto

romantico — più

propriamente

lessin-

ghiano — della storia delle religioni come pedagogia del genere umano conteneva senza dubbio una giusta esigenza storicistica che avrebbe dovuto essere approfondita e corretta.

Era d’uopo

precisare meglio

i limiti della

primitiva religione teocentrica, e segnalare i valori nuovi mediati non pure dall’animismo, ma altresì dal naturismo, dal manismo e dal magismo. Sopratutto era da abbandonarsi il pregiudizio della prima forma di religione, e, in generale, il pregiudizio del mitologico divenire finito,

da un termine a quo ad un termine ad quem. Ma

la feconda

pedagogia

del

idea di una

genere

storia delle religioni come

umano

fu soverchiata

da

motivi

extrastorici, ora filologici ora confessionali, e rimase per-

tanto senza sviluppo. E nella inopia della ragione storica riprendeva forma la paurosa idea del peccato e della degenerazione:

« Come

mai — si

dimenticare

chiedeva

una

il Lang —

religione

pura?

l’intera

umanità

potè

Voglio

provarmi

a spiegarlo ». E proseguiva, non senza unzione:

1 Essere

Supremo. L’animismo ebbe appunto il merito di aver determinato la formazione del concetto di anima mercè

del tutto

PRIMA

néll’al

di

là? L’anima o tutto l’uomo? La civiltà teocentrica non era ancor nata a questo problema, e fu merito dell’animismo averlo posto e a suo modo risolto, rendendo così possibile l’alto concetto etico della salvezza dell'anima.

Questa complicata e misteriosa educazione teologica del

Io ascrivo questa degenerazione alla comodità che l’animismo, una volta sviluppato, offriva all’uomo, al vecchio Adamo. Un creatore morale che non chiede offerte, insensibile al piacere e al dolore non verrà in aiuto di chi si dedica a magie

erotiche

o

mezzo

di

forze

magiche;

l’altro,



una

tribù

alla più

trasmissione non di

maligna

favoriva

un’altra

un

tribù

di

malattie

individuo avversaria,

a

più

del-



per

ricompensa di sacrificio, che non accetta, nè per sottomissione 86 Lanc, Magic and Religion, p. 299 sgg. Cfr. ScHmIDT, I, pagina 204 seg. Lo Schmidt commenta nel seguente modo lo schema del Lang: « Die Art und Weise, wie Lang diesen Gedanken durchfihrt ist wirklich von tiefsinniger Schònheit und zeugt von seiner noblen Gròsse, iberall das Gute herauszufinden und zu wiirdigen » (op. cit., p. 204 sg.).

ih

108

di

NATURALISMO

pratiche

E

magiche

STORICISMO

che

non

LA

NELL’ETNOLOGIA

tangono

la

sua

onnipotenza.

Spiriti, invece, e dei-spiriti, avidi di cibo e di sangue, pavidi della

costrizione

magica,

sono

una

compagnia

corrotta,

ma

comodissima per l’uomo. Non era dubbio che l’uomo, così com’ è, avrebbe certamente accolto con piacere quegli utili e comodi spiriti, dei-spiriti e feticci, che poteva intascare nella propria bisaccia o borsa di medicine. Era certo che a favore

di questi

egli

avrebbe

dapprima

trascurato

l’idea

del

Creatore, e l’avrebbe considerato poi, tutt'al più, come uno, sia pure come il più alto, tra quell’accozzaglia venale di spiriti e di idoli, ed avrebbe offerto sacrifici ad esso come al altri. Ed è proprio questo che è avvenuto. Se questa non è degenerazione, che cosa è mai degenerazione? Sarà una teoria vecchia,

ma

i fatti la confermano.

Frattanto

la cultura

mate-

riale era progredita, erano sorte le arti e le industrie, si erano formate le corporazioni e le caste, ognuna delle quali aveva bisogno di un dio... In questo stadio della cultura le sorti dello

stato

e gl’interessi

di

un

clero

ricco

e potente

erano

legati alla conservazione dell’antico sistema animista, relativamente non morale, come avvenne in Cuzco, nella Grecia e in Roma. Questo interesse popolare e politico per le sorti dello stato, questo naturalissinio egoismo sacerdotale poterono essere

spodestati

solamente

dal

monoteismo

morale

del

cri-

stianesimo, o da quello dell’ Islam. Nessun'altra forza morale ci sarebbe riuscita. Nel cristianesimo, prescindendo dalla vita e dalla morte di Nostro Signore, fu il monoteismo morale della religione ebraica di Jehovah ad esereitare 1’ influenza preponderante e la più potente fra le molte influenze”,

A. hanno

prescindere da solo un

da queste considerazioni, che pure peso decisivo, la via che lo Schmidt

ha scelto si dichiara falsa anche per altre ragioni. Si considerino infatti gli argomenti su cui lo Schmidt crede di fondare la sua teoria dell’origine divina della religione teocentrica primitiva: qui, evidentemente, ogni rigore £ Lanc,

p. 195.

Mith

ritual and

religion,

p.

258.

Cfr.

ScaMID?,

op.

cit., I,

PRIMA

FORMA

DI

RELIGIONE

109

scientifico è abbandonato e il procedimento diventa subitamente ingenuo e grossolano. È senza dubbio vero che le testimonianze tratte dalle religioni primitive accennano tutte a una origine divina e a un antenato tribale testimone

della « rivelazione », ma come si può da ciò inferire la reale origine divina di tali religioni e la reale presenza dell’antenato tribale alla prima rivelazione divina? Il mito non è concetto storiografico, ma, appunto, mito, cioè ipostasi del farsi nel fatto. È lecito, certo, avvalersi del mito come documento di storia, ma ad un patto, a patto cioè di penetrarlo col concetto storiografico, e di spiegarne la storia ipostaticamente contratta. La primitiva predicazione annunziante l’imminenza del Regno, il tragico epilogo, la elaborazione della credenza nel Messia risorto malgrado la morte, l’attesa del ritorno repente del figliuol dell’uomo, la intuizione che il regno promesso già si inizia nella comunione dei fedeli, il concetto paolino

della

morte

di Gesù

come

crocifissione

del peccato,

la

trasfigurazione giovannea del Cristo nel Logo fatto carne, questi sono i tempi e le fasi in cui si articola la storia

dell’età apostolica: ma nel mito cristiano ogni prospettiva è perduta, i piani si confondono e si sovrappongono, i tempi e le fasi si unificano, e tutto prende a configurarsi nella coscienza attuale del credente come dato in una sola volta. Il mitizzare ha la sua storia, come ogni cosa nata, e tuttavia è procedimento che, in sè, tende a negare la storia: allo stesso modo, la chiesa cattolica diviene, al pari di qualsiasi istituto umano, ma ciò fa suo malgrado,

malgrado

l’idea

che

della

chiesa

hanno

i cattolici.

Or

chi adopera il risultato antistorico del ‘procedimento mitopoietico come documento della realtà obiettiva del risultato stesso, non fa storia ma mitizza a sua volta,

e si comporta nel fatto come colui che adduce a prova della origine divina della chiesa la sua tradizione secolare. Nei miti dei primitivi sono contratti millenni di storia:

LA

NELL’ ETNOLOGIA

STORICISMO

dello storico risolvere la loro ipostaticità nel

è compito moto

E

NATURALISMO

IIO

che

reale

li generò.

filologica di padre

Ma,

Schmidt

evidentemente,

l’acribia

il luogo

in modo

cede qui

palese a un soverchiante interesse confessionale e apologetico. E poichè la cosa ormai si denunzia da sè, per

discrezione non insisteremo oltre su questo punto. Cade invece opportuno soffermarci su di un’aberrante teoria del mito che Andrew Lang fondò e che lo Schmidt ha accolto,

con

qualche

ritocco,

nella

sua

opera.

Questa

teoria separa la religione dal mito riconducendo la prima alla severa meditazione intellettuale, al pensiero logico-causale e alla sottomissione umile, e il secondo alla fantasia volubile e bizzarra, spregiudicata e feconda.

PRIMA

FORMA

dubbio

e da

respingere

che

progresso

tecnico

attingere rappresentazioni

e Schimdt

stinto dal mito, è invece mitico, della cultura teocentrica, in il farsi infinito del reale nella e del fatto, del facitore come cosmo esaurito. Quanto poi

vorrebbero «mantenere

di-

e mito è 1’ Essere Supremo quanto pretende risolver doppia ipostasi del facitor persona e del fatto come alla pura fantasia, ormai

chi se ne intende sa che questa genera la poesia e non il mito, Cade qui opportuno un importante chiarimento metodologico.

È ora venuto

il momento

di prender

posizione

religione, procedano

ScuamiIDt,

I, pp.

134-

di

una

storia

universale

e

preconcetto di una umanità e solidalmente per ciascuna per certe fasi determinate. distrutto l’ ingenua credenza

materiale

organizzazione di pari passo:

cui fosse ignota la lavorazione

da

una

parte,

ed

politica e sociale dalcome se una civiltà a

della pietra non potesse

religiose relativamente elevate!

Orbene: forse per questo rifiuteremo il concetto idealistico di progresso? No. Solo diremo, in pieno accordo con quel concetto, che il corso delle umane cose è straordinariamente complicato, e che la storia segue vie molto mediate prima di metter capo a certi risultati. E diremo altresì che nella storia dello spirito e per ciascuna delle sue attività si avvicendano corsi e ricorsi,

progressi fino ad un certo segno e ricominciamenti e ritorni alle origini, più o meno serene civiltà e tumultuose barbarie: ma in modo siffatto che nei ricorsi la storia continua il suo corso oltre il segno prima raggiunto, nel ricominciamento si muove un quid maius mai prima attinto, e nella più tumultuosa barbarie lievita una nuova e più serena civiltà. Ritornarono nel medioevo europeo primitive condizioni economiche politiche e sociali, e barbarici

88 Su Lang e sulla critica alle sue teorie, vedi 487. Cfr. 674 sgg. (In polemica col Pettazzoni). 80 Vedi Croce, Estetica.

l’idea

merito di fare giustizia del che sarebbe passata in blocco, delle sue attività culturali, Più particolarmente, essa ha

addirittura dissolvendo il sublime Iddio unico della precedente civiltà #. Ora che la religione abbia una origine radicalmente diversa dal mito è proposizione spropositata,

che Lang

III

del genere umano procedente unilinearmente dal semplice al complesso, come è altresì da rifiutare la meccanica solidarietà di tutte le umane attività nell'evoluzione: a questo riguardo la scuola storico-culturale ha avuto il

La razionalità predomina nelle culture primitive, il mito predomina invece nelle culture più recenti, oscurando, o

causale

RELIGIONE

di fronte al problema dell’evoluzionismo e di rispondere alla domanda se e dentro quali limiti è giusta la polemica antievoluzionistica della scuola storico-culturale. Senza

ethos, l’altra

essendo il mito, come universale materializzato in una immagine, come concetto turbato dalla fantasia, come infinità finitizzata, il momento teoretico ineliminabile delle religioni della trascendenza. Il cosidetto pensiero logico-

DI

modi

di sentire;

di

contro

alla luminosa

reli-

gione laica che il Rinascimento faticosamente instaurava, si levò la rinnovata barbarie della protesta (respinse

E

NATURALISMO

112

STORICISMO

NELL’ETNOLOGIA

LA

indietro la cultura serena, ebbe a dire il Goethe della protesta); allo spregio illuministico verso le memorie e le tradizioni tenne dietro il ricorso a quelle memorie e e all’arida

tradizioni,

« Raison»

sottentra-

settecentesca

rono la fantasia e la passione romantiche: pure l’occhio dello storico scorge nel medioevo europeo non un puro è semplice ritorno del primitivo, ma la lenta gestazione della civiltà romano-cristiano-germanica: nel rinnovato teocen-

trismo della protesta un più intimo nel

e Dio;

romanticismo

della

fantasia

e della storia, e l'avviamento a un più ricco razionalismo. Ciò posto c'è forse da stupirsi se la storia del genere umano ci documenta il prima della religione teocentrica e il dopo

del

naturismo,

dell’animismo,

del

manismo

e

del magismo? Che meraviglia se ad un’epoca di prevalente (sebbene non esclusivo) razionalismo seguì un impetuoso ritorno rinnovata barbarie

della passione e della fantasia, una culturale? D'altro canto: perchè osti-

narsi a considerare la civiltà teocentrica più primitiva di quelle che seguirono? Forse perchè cronologicamente è anteriore alle altre? ma questa è vera e propria superstizione del tempo!

Un altro punto molto importante è il seguente: la determinazione del primitivo è indipendente non solo dalla cronologia, ma anche dal concetto di progresso tecnico. Nel corso della storia della storiografia etnologica i Naturvéòlker sono stati definiti ora come « geschichtlose Vòlker » (come popoli che, in re, sono privi di storicità), ora come popoli senza cultura (kulturlose) e quindi non dominanti popoli

la natura mercè la libera volontà, ora come di cultura (kulturarme), ora come popoli

poveri

che si trovano Lo

Schmidt,

al grado ispirandosi

più basso di progresso tecnico. al

Ratzel,

classifica

secondo

il criterio del « tecnico dominio

e poichè

l'agricoltura e l'allevamento

i

popoli

FORMA

DI

RELIGIONE

113

palese distacco dalle condizioni naturali, sarebbero, secondo lo Schmidt, quei popoli

che nel punto dell’alimentazione dipendono completamente dalla natura (si trovano allo stadio della raccolta e della caccia), distaccandosi in nulla o in poco da tale dipendenza naturale per ciò che riguarda gli altri punti della vita economica (vestiario, abitazione, etc.)}‘. Ora è chiaro che popoli pensabili (tutta la

rapporto fra l’uomo

la rivalutazione

tuiscono un Naturvolker

PRIMA

astorici non sono nè idealmente realtà coincidendo con la storicità),

nè esistono nel fatto; che popoli senza cultura è espressione priva di senso metodologico e storico; che l’espressione povertà culturale è ambigua, potendo uno stesso popolo in un determinato momento del tempo e in un determinato luogo dello spazio presentare un grado di povertà (o di ricchezza) culturale molto diverso

per

i singoli

domini

della

cultura;

e,

infine,

che

può accadere, ad una (relativamente) progredita Weltanschauunig.

Soffermiamoci

su quest’ultimo

punto.

Eviden-

temente l’equivoco risiede in gran parte nella inadeguatezza del concetto speculativo di natura qui impiegato. Natura, in senso speculativo, è il disindividuato, ciò che cade fuori della sfera della nostra autocoscienza, è « storia senza storia da noi scritta ». Come tale, il concetto di natura include nella sua sfera non pure il mondo subumano, ma anche il mondo umano a noi estraneo, e anche quel noi stessi di un momento fa che ora non è

più posseduto

nella sua ragione e nella sua genesi.

posto, cultura si ha sempre che uno si compia per vincere la naturalità,

sforzo il che

Ciò

determinato accade non

tanto nel dominio tecnico della natura (poichè il tecnica-

sulla natura »:

del bestiame

costi-

il

progresso tecnico come tale solo per arbitrio può essere elevato a unità di misura del primitivo, tanto più quando la rozzezza della tecnica si accompagna, come nel fatto

40 ScuHmiDr

e Koprers,

E. pe Martino.

Volker

und

Kulturen,

p.

41 sgg.

8

II4

NATURALISMO

mente

dominato

suo

signore),

qui,

e solo

rità che dentro,

qui,

E

non

STORICISMO

cospira

quanto

nel

l’estraneità

si allarga, intellezione

voce di

un

NELL’ ETNOLOGIA

veracemente

dominio vinta

degli

ab

intra

spiriti,

è veracemente

spenta

e a

ideali

mondo

(relativamente)

col

poichè interio-

che torna a risuonare che,

nel

Santo,

Vero, nel Bello, nel Buono, cospira con noi. È arbitrario pronunziare qualsiasi giudizio reale mitività servendosi del criterio del «tecnico del mondo subumano »: se ci imbattiamo in una che accanto a un basso livello di tecnico dominio presenta una sfera etico-religiosa testimoniante un vamente) ampio sforzo spirituale per innalzarsi cetti

LA

elevati,

segno

nel

dunque di pridominio cultura naturale (relatia con-

è che

la

cultura in quistione presuppone una lunga e complicata storia, e che il popolo o i popoli portatori di tale cultura non sono affatto (sia pure in senso approssimativo) Naturvòlker *.

PRIMA

FORMA

DI

RELIGIONE

115

La verità è che il concetto di primitivo può essere fissato solo idealmente, e cioè come prevalenza della corpulenta fantasia nell’ambito teoretico, e della economicità o della mera vitalità nell’ambito pratico. E il primitivo, così inteso, noi ricerchiamo nell’alto medioevo europeo molto più che nella precedente Roma Augustea

o nell’Atene

di Pericle,

e dobbiamo

ricercarlo

del pari nel medioevo plurimillenario delle culture primarie piuttosto che nella precedente cultura teocentrica, la quale, a sua volta, uscì anch'essa da un’umanità primitiva. Che cosa poi costituisca il tratto differenziale, il valore

unico

e la funzione

storica

di

ciascuno

di questi

ricorsi del primitivo, quali siano i limiti di ciascun corso e quale incremento si compia in ciascun ricorso correlativo, in questa ricerca è il compito essenziale della storiografia: in particolare, quali siano i limiti della cultura teocentrica e quali invece i valori nuovi mediati dalla Weltanschauung religiosa delle culture primarie, in ciò si esaurisce il compito di quella sezione dell’etnologia

41 Nell'opera Vòlker und Kulturen (p. 43sgg.), lo Schmidt prospetta la seguente classificazione tecnico-economica: 1) popoli di natura in senso relativo (Naturòlker), largamente dipendenti dalle condizioni di natura per i loro bisogni di vita; 2) popoli semiculti (Halbkulturvélker), dipendenti da tali condizioni in misura minore; 3) popoli di bassa cultura (Tiefkulturvélker), nei quali la raccolta si trasforma in agricoltura e la caccia in allevamento; 4) popoli di cultura media (Mittelkulturvolker), che sanno lavorare i prodotti della natura con l’aiuto del fuoco; 5) popoli di cultura piena (Vollkulturvélker), caratterizzati dalla scoperta del vapore, della elettricità, etc. A dir il vero questa classificazione sarebbe logicamente innocente e praticamente utile se fosse unicamente un ordinamento astorico, e di mero comodo, dei vari tipi di organizzazione tecnico-economica e se non implicasse alcun giudizio sulla elevatezza culturale o meno dei popoli classificati. In realtà qui si fa valere una composita aberrazione che è d’uopo dichiarare: mercè l’errore speculativo di una « natura » come fisi dualisticamente contrapposta allo spirito si apre il varco alla arbitraria distinzione fra una cultura « materiale », volta a dominare tale fisi, e la cultura «interiore », procedente dalla vita etico-religiosa, dai sentimenti e dal carattere; mercè l’errore metodologico e storico che scambia con un regresso assoluto un particolare ricorso di barbarie mediatore di progresso assoluto, si avalla l’arbitrio di un progresso tecnico-economico per

che è la storia delle religioni primitive. Ma a questo punto tocchiamo un problema storiografico determinato la cui soluzione esula dall’economia del presente saggio metodologico. Qui conviene sospendere la ricerca: ma ferma resta il punto che quando tale ricerca sarà condotta, e nella misura in cui potrà esserlo, emergerà in ogni caso

da essa quella raudayoyia sig dvomrov che è la storia del genere umano, e più profonda e più ricca diventerà l’autocoscienza della nostra civiltà, più vivo il senso tragico del divenire, più rischiarata la nostra azione volta a realizzare sulla terra il Regno dell'Uomo. gradi e di un’evoluzione culturale interna che si sottrarrebbe a tale progresso e che sarebbe affetta dalla caduta e dalla degenerazione; e, infine, mercè un atto di arbitrio si assume il progresso tecnico-economico come determinante il giudizio di primitività, di più bassa e di più alta cultura.

116

NATURALISMO

E

STORICISMO

LA

NELL’ETNOLOGIA

Perchè il punto fondamentale è questo: occorre che l’etnologia religiosa si sottragga da questa superstizione del primo, e abbassi il tempo aritmetico, la causalità e altrettali determinazioni naturalistiche da categorie del reale a momento euristico della ricerca

storiografica. Ed il problema storiografico fondamentale dell’etnologia religiosa resta pur sempre quello di progredire

nell’autocoscienza

della

religione

nostra

mercè

la

determinazione dei nessi e delle differenze tra il nostro credere e quello proprio di altre lontane direzioni di vita religiosa. Con ciò resta escluso quel vano retrocedere alla ricerca di un primo o di un’origine del processo religioso, primo e origine che dovrebbero dichiarare della

religione.

a quest’ufficio

l'essenza

l’etnologo

forme

primitive

di

Ma

per

che

religione

adempiere

si occupa deve

degnamente

delle

cosidette

anzitutto

possedere

una compiuta scienza della civiltà a cui appartiene, e del suo dover essere. Solo uomini profondamente moderni possono dichiarare l’antico, solo chi professa la religione del pensiero moderno può intendere il lontanissimo da questa

religione,

per

esempio

il

magismo.

Tanto

più

saremo capaci di far riecheggiare in noi voci che credevamo

spente

per

sempre,

quanto

più

in

noi

risuonerà

la voce della nostra età: poichè solo la vita chiama la vita, e solo il pensiero chiama il pensiero. Occorre dunque

PRIMA

FORMA

DI

RELIGIONE

I:1:7

compiuta filosofia dello spirito. Ed in quest’orbita, il concetto di religione è fermato dalla mente come Ideale che impegna sùbito la praxis, che con la praxis fa corpo, che nella praxis immediatamente si prolunga. Ben s'intende come a un ideale trascendente corrisponda ‘ un'azione anch’essa trascendente, separata, cioè, dalla storia, consacrata al nume, rito o culto o liturgia o come altro si voglia chiamare, con le sue storiche specificazioni dell’ incantagione, della propiziazione, del sacrifizio, della preghiera, e simili; e ben s'intende altresì come, corroso dalla critica l’ ideale trascendente, e chiarita

la realtà come spirito, lo spirito come storia e la storia come progresso di libertà, l’azione trascendente, o rito, ceda il posto all’ethos dispiegato, al semplice e interiore dovere, e la religione come rappresentazione e esperienza del sacro si disciolga in quella religione civile, mondana e umana, che è il frutto più maturo del pensiero europeo. È quindi la storia che gradua nel loro valore le religioni: se, infatti la religione trae alimento dal

pensiero, sì che a una filosofia della trascendenza corrisponde una religione della trascendenza, e ad una filosofia immanentistica una religione dell’ immanenza, ogni religione che sia inferiore al grado di cultura e di consapevolezza filosofica raggiunta in una determinata età, religione propriamente non può chiamarsi, ma solo crisi, conato,

interna

scissione,

ibridismo,

insincerità,

artificio,

far nascere il concetto di religione in uno con una vivace

decadentismo, patologia, esplosione di vitalità, resurrezione

esperienza storica, e d’altra parte allargare quest’esperienza mercè il lume di quel concetto. Ciò implica la

dell'umano e del ferino, secondo i casi. Vale qui la massima che la fede buona non va disgiunta dalla buona fede, e la buona fede è, anzitutto, armonia interna, ac-

massima tensione del pensiero, e giammai il perinde ac cadaver del filologismo e del cronachismo. Ciò posto, il concetto di religione non è da attingersi percorrendo a ritroso la catena dei tempi e delle cause (poichè in tal

guisa la religione resta sempre siero),

ma

è

bensì

da

un al di là per il pen-

determinarsi

nell’orbita

di

una

cordo fra noi e l’umanità. Un concetto siffatto di religione implica naturalmente l'affermazione

che

il

Sacro

non

è

una

categoria,

ma

una formazione storica correlativa a una determinata fase della storia umana; che miti, riti, chiese e cleri

118

NATURALISMO

E

STORICISMO

NELL’ETNOLOGIA

non sono l’essenziale della vita religiosa; che, infine, la religione non è sempre dove tradizionalmente la si cerca, ma talora è proprio in certe correnti del mondo laico che meno si sarebbe disposti ad eccettare per religiose: è, per esempio, nel moto illuministico e nell’apostolato mazziniano molto più e molto meglio che nel cattolicesimo post-tridentino *. Infatti dove una gagliarda volontà rende testimonianza al proprio ideale, dove l’ ideale vive in piena

sincerità

nell'azione

e

per

l’azione,

II

dall’azione

traendo il suo ulteriore incremento, ivi è religione: sia poi quest’ ideale una vaga energia numinosa che si prolunga in un’azione magica, o l’ ideale del Regno di Dio che si prefigura e si anticipa nell’esperienza, già intessuta di profondi valori l'ideale mazziniano

etici, della

del banchetto santa alleanza

eucaristico, dei popoli,

0 in

cui ormai si dispiega, libera da ogni servitù ritualistica, la pura etica religione del dovere civile.

Ì

La

PRINCIPÎ

DELLA

etnologia

SCUOLA

STORICO-CULTURALE.

evoluzionistica

non

ebbe

molte

preoc-

cupazioni metodologiche : condusse il suo imponente lavoro di raccolta e formulò la sua sterminata massa di ipotesi

in base a pochi principî ispirati alla dominante filosofia evoluzionistico-positivistica. Credevano gli etnologi della vecchia scuola che l'evoluzione del genere umano procedesse unilinearmente ed uniformemente dal più semplice al più complesso, dal più basso al più alto, e che tutte le attività umane trapassassero solidalmente da una fase meno

In base a tale

a una fase più evoluta.

evoluta

credenza, essi integravano serie manchevoli di uno o il meccanico e acritico paragone con più anelli mediante altre serie completamente note, immaginando nelle cose dello spirito una regolarità che sussiste solo nella fictio naturalistica.

costruzione

Nella

delle

serie

cronologiche

e causali il loro difetto di acribia non era meno grave. Il più semplice doveva precedere il più complesso, un elemento disorganico rispetto ad un complesso culturale era indice di una fase precedente in cui quell’elemento entrava a far parte organicamente, una possibile sequenza psicologica 4 Vedi Omopro, 1936, p. 48 sg.

Alfredo

Loisy

storico

delle religioni,

Bari,

Laterza,

un

reale

traevano

diventava

una

nesso

causale,

illazioni

sulla

reale

sequenza

dalla

psicologia

primitiva

storia

cronologica

e

infantile

si

dell'umanità,

si

120

NATURALISMO

E

STORICISMO

LA

NELL’ETNOLOGIA

estendeva alla storia la legge biologica della ontogenesi riassunto della filogenesi. In tal modo si credeva di poter surrogare l’assenza di documenti scritti e di una cronologia accertata. Le relative uniformità culturali a distanza considerevole di tempo (e di spazio) erano spiegate prevalentemente o col concetto biologico di con-

vergenza (Thilenius, Ehrenreich), o con la materialistica teoria del Bastian intorno agli Elementargedanken e ai Volkergedanken, con la uniformità della natura umana e delle sue fondamentali disposizioni psichiche, con gli influssi derivanti dal clima, dal territorio, etc. Si generalizzava facilmente, e osservazioni scarse e frammentarie sembravano sufficienti per istituire fasi di sviluppo per cui sarebbe passato tutto il genere umano: sopratutto, la incertezza del metodo e dei risultati costringeva ad accumulare ipotesi su ipotesi, o a surrogare ipotesi con ipotesi,

senza mai toccar la certezza, e realizzare un qualche acquisto definitivo per la scienza *. Ma verso la fine del secolo decimonono e durante i primi decenni del ventesimo questa situazione cambiò radicalmente. Come il nuovo materiale paleontologico e

SCUOLA

12I

lo studio più accurato dei fattori dell'evoluzione avevano scosso

sempre

più

la

fede

nell’ipotesi

trasformistica,

così le nuove ricerche etnologiche contestavano punto per punto i principî, i metodi e i risultati della vecchia etnologia evoluzionistica. Il presupposto di un'evoluzione uniforme e unilineare del genere umano fu contestato; si respinse il metodo acritico con cui la vecchia scuola

cercava di stabilire sequenze cronologiche e nessi causali: fu rifiutato il concetto di un mondo primitivo da considerarsi in blocco, senza sicure prospettive di tempo, senza articolazioni di complessi culturali autonomi definiti; per spiegare le concordanze culturali, sopratutto quelle caratterizzate, si dichiarò insufficiente il continuo ricorso

alle uniformità generali della psiche umana, o alla convergenza, e si fece appello, invece, con energia e metodicità, alle migrazioni, ai contatti, alle miscele culturali; infine si guardò con diffidenza agli apriorismi non pure della filosofia evoluzionistica, ma di ogni filosofia, e si richiese la obbiettività e la scientificità di un filologismo rigoroso, non alterato da deformazioni filosofiche. Nacque così, in opposizione all’etnologia evoluzionistica, e si propagò nel vecchio e nel nuovo

1 Sulla metodica dell’etnologia evoluzionistica, vedi Morcan, Ancient Society (1878) e Mc LENNAN, Studies in Ancient History, 28 serie, 1896. (Cfr. 18 serie, 1886). Sulla dottrina del Bastian, vedi Scuwarz, Adolf Bastians Lehre vom Elementar-und Véòlkergedanken, e ciò che se ne dice in Scumipr, Hand. der Methode der kulturhist. Ethnol., Miinster, 1937, p. 5. Cfr. H. HutLricH, Logische Studien zur Methode der Ethnologie, in Anthropos, XVII-XIX, 1923-24, P. 454 S8g.; ScumIpr e Koppers, Vòolker und Kulturen, 1924, p. 31 sgg. Una esposizione storica delle teorie etnologiche evoluzionistiche si ritrova in GraEBNER, Methode der Ethnologie, p. 77 sgg., e, con maggior ampiezza di prospettiva, in PINARD DE LA BouLLAyYE, L’ éiude comparée des religions, I, 373 sgg. e II, 195 sgg. Sul criterio dell'organico e dell’ inorganico, vedi Mc LENNAN, od. cit., p. 21 sgg., e TyLor, Primitive culture, 1% ed., 1871, p. 70 sgg. Sulla convergenza è da vedere EnRENreicH, Zur Frage der Beurteilung und Bewertung ethnographischer Analogien in Korrespondenz-Blatt der deutsch. Ges. fiir Anthropologie, XXXIV, 1903, 176 sgg.

STORICO-CULTURALE

storico:

mondo,

un indirizzo che si disse

se a torto o a diritto è cosa che resta a deter-

minare.

L’ indirizzo volger di tempo

rando

storico

in

etnologia

uno sviluppo esterno

i precursori,

la

nuova

assunse imponente.

etnologia

può

in

breve Trascu-

ripartirsi

in tre grandi ramificazioni: nei paesi di lingua tedesca fa capo al Graebner e allo Schmidt, e conta, fra i suoi

esponenti, W. Foy, B. Ankermann, W. Koppers, P. Schebesta, M. Gusinde, M. Schulien, D. Kreichgauer,

O. Men-

gin, V. Lebzelter (questi ultimi due cultori di archeologia preistorica); in America il metodo storico è rappresentato dalla Boas School con A. A. Goldenweiser, E. Sapir, R. H. Lowie, J. R. Swanton,

R. B. Dixon, A. M. Tozzer,

122

NATURALISMO

CI. Wisser, A. L. Kidder,

A.

E

STORICISMO

LA

NELL’ETNOLOGIA

Lewis, A. L. Kroeber, L. Spier, cinò R. F. Benedict; in Inghilterra patro B.

s, a cui seguirono per primo il metodo storico il River , L.T. Hobhouse, Perry W. J. W. Jackson, G. Elliot Smith,

i ramificazioni R. W. Williamson. A queste tre grand ngere altre aggiu no posso ne se della nuova etnologia Delafosse, M. s, efage Quatr de (A. ia minori: in Franc P. Rivet, Leroys,

Montadon);

in Danimarca

(W.

Thalbi-

th, S. Hatt, tzer, Knud Rasmussen, K. Birket-Smi enskiòld e i C. H. Flieberg); in Svezia (E. von Nord blom); in Finlandia suoi discepoli W. Kandern e G. Lind U. Czekanowski, (J. a (J. Krohn, K. Krohn); in Russi

L. Sternberg, W. rokoroff)?.

G. Bogoraz, W. Jochelson, S. M. Shi-

dell’ indirizzo Sebbene le tre grandi ramificazioni notevolmente a talor no risca diffe i, minor storico, e le altre nell’ambito di una nei principî e nei risultati, e sebbene

e e autore stessa ramificazione le divergenze tra autor stabilire, via siano talora apprezzabili, è possibile tutta accordo un o, derat in tutto l’ indirizzo, globalmente consi ologia L’etn a) ali: sostanziale sui seguenti punti gener ca si stori one truzi ricos La è una disciplina storica; b) tano accer si primo nel : ssivi articola in tre tempi succe rali cultu carte e nti pazie rafie i fatti mediante monog precise; nel secondo

si cerca di determinare l’età etno-

ali mediante logica degli elementi e dei complessi cultur a e senza il ricorso a indici positivi di varia natur il pronta apriorismi filosofici; nel terzo si affro H. PinarD DE LA BOuL? Per la storia della scuola storica, vedasi: , od. cit., p. 21 S88.; id. Die LAYE, op. cit., I, p. 419 588.; W. ScHMIDI nordamerikanische Ethnologie (Ankulturhistorische Methode und die ung vom Evolutionismus und Abwend Die ; 1919-20) , XIV-XV thropos, (Anthropos, der Amerikanistik in smus Histori zum dung die Hinwen Vòolker und Kulturen, Re, Koprers e T SCHMID 1921); XVI-XVII, H. Lowre, The History of Ethnogensburg, 1924, P. 31 S88.; Rosert

logical Theory,

London,

1937, PP.

128-35.

123

STORICO-CULTURALE

SCUOLA

ia è di conblema delle cause; c) Il compito dell’etnolog elaborazione correre per la parte che le compete, alla manità. dell'u di una storia generale e universale critica zione valuta Il presente saggio si limita alla prima della cioè e della sola scuola storico-culturale, fra le tre

ramificazioni

grandi

sopra

I pre-

enumerate.

ius, il cursori di questa scuola sono Ratzel e Froben da ner: Graeb Fritz è essa di o vero fondatore e teoric hanno dt Schmi W. e ye Boulla la de recente H. Pinard si raccomanda rielaborato e precisato tale metodica, che la sua scienper o storic zzo indiri dell’ altre le fra tutte

tificità e metodicità più rigorose”. migrazioni Ratzel per primo dette importanza alle rdanze conco delle e ai contatti culturali nella spiegazione e per a, cultur di ali caratterizzate fra elementi materi virtù in , qualità della o criteri primo impiegò il cosidetto ze distan grandi da ti separa ali del quale elementi cultur stosione connes aria origin in rati di spazio sono dichia caratterizzate rica se le loro concordanze sono molto a cui è destie se non è possibile spiegarle con lo scopo nato

l'oggetto

o

con

la

natura

della

diventato

in

materia

di

cui

è

— — dice il Graebner composto. « Per merito del Ratzel della o urale o-cult il problema della connessione storic origine

problema minare

indipendente

è

fondamentale, mat’ Eoyùv

modo

o addirittura » £. dell’etnologia

definitivo il

il problema Leo

preli-

Frobenius,

cit., II, pp. 243-304; SCHMIDT, 3 H. PINARD DE LA BOULLAVYE, of. Hand. etc. si vedano lo scritto meto4 GrarsnEr, Methode, p. 94. Del Razer historische Perspektive (Histor. dologico Geschichte, Vòlkerkunde und etnologici Die geographische Zeitschr., 1893, D. 1S88; € gli scritti in Afrika (Berichte der Kòn. Verbreitung des Bogens und des Pfeiles afrikanischen Béogen Wiss. Phil. hist. KI., 1887); Die Gr. Sdchs. KI., Bd., XIII, Nr. III, hist. Phil. Wiss. Gr. Sichs. Kòn. (Abhandl. tung des Bogens und des 1891); Beîtrige zur Kenntnis der Verbrei te der Kòn. Stchs. (Berich reis Vòlkerk hen Speeres in indoafrikanisc Gr.

etc.,

1893).

124

NATURALISMO

E

STORICISMO

scolaro del Ratzel, perfezionò

NELL’ ETNOLOGIA

il metodo

LA

del maestro,

raf-

forzando il criterio della qualità con quello del numero delle concordanze in quistione, ed elaborando così un metodo che chiamò « geografico-statistico ». Mercè tale metodo il Frobenius scoprì che gli elementi di cultura tendono a migrare non isolatamente ma solidalmente,

come

organismi

definiti

di

civiltà,

come

Kultur-

kreise: in tal modo la teoria migratoria del Ratzel si trasforma in una teoria dei cicli culturali °. Sulle basi metodologiche inaugurate dal Ratzel e dal Frobenius, Ankermann e Graebner condussero i loro lavori sui cicli e strati culturali Africani e Oceanici‘, e questi lavori segnarono la nascita vera e propria della

scuola. Nel IgIrIi apparve la Methode der Etlmologie del Graebner (un medievalista passato poi all’etnologia), opera che intendeva sistemare dal punto di vista teorico i presupposti e i criterî di lavoro di una etnologia storica. Il museo etnologico di Berlino e il Rautenstrauch-Joest-

Museum di Colonia furono in un primo tempo i centri di lavoro della scuola storico-culturale: in un secondo momento il centro più importante diventò Vienna, dove

SCUOLA

125

Benchè limitato a una sola ramificazione dell’ indirizzo storico, il presente saggio può valere anche come critica e valutazione, almeno per i punti generali di concordanza, di tutto l'indirizzo storico in etnologia, globalmente considerato: la limitazione dell'angolo prospettico non incide, infatti, su alcune proposizioni teoriche fondamentali che sono comuni alle tre ramificazioni. Per precisare fin d’ora l'intento della nostra ricerca, le pagine che seguono intendono determinare rica, di cui si vanta la nuova usurpata.

se la qualifica di stoetnologia, è legittima o

xokk

Un buon punto prospettico per la valutazione e la critica

dei

principi

culturale

fondamentali

ci è offerta

dalla

della

etnologia

storico-

prefazione-programma

che

W. Foy prepose alla Methode del Graebner. Si apre tale scritto con una discussione intorno alla verata quaestio della natura della Kulturgeschichte. Secondo il Foy, la storia della cultura avrebbe per oggetto tutte le forme

Divino

di vita spirituale e istituzionale dei popoli, e comprenderebbe quindi anche lo Stato. Il suo carattere differen-

(Schmidt, Koppers, Schebesta, Gusinde, Schulien, etc.) aveva dato forte impulso agli studi etnologici, e dove una

ziale rispetto alla storia in generale, compresa la cosiddetta storia politica, sarebbe in ciò, che la Kultur-

organizzazione potente e un periodico diffuso e accreditato (la rivista Anthropos) creavano condizioni particolarmente

geschichte

un

gruppo

favorevoli

di

padri

all’ulteriore

della

Società

sviluppo

del

Verbo

dell’ indirizzo.

si atterrebbe

al concatenamento 5 I lavori del FroBENIUS a cui qui ci riferiamo sono: Der Ursprung der afrikanischen Kulturen (1898); Die Kulturformen Ozeaniens (1898) (in Petermanns Mitteilungen, XLVI, 1900, pp. 204 sgg., 234 sgg.); Die naturwissenschaftliche Kulturlehre (Allgem., verstandliche naturwiss. Abh., 20, 1899). © ANKERMANN, Kulturkreise und Kulturschichten in Afrika, in Zeitschr. fur Ethmologie, XXXVII, 1905, p. 54 sgg.; GraEBNER, Kulturkreise und kulturschichten in Ozeanien, ibidem, p. 28 sgg.

prevalentemente

alle condizioni

essenziali dando ai fatti un valore subordinato, e cioè solo per quel tanto che sono assolutamente necessari così

i Ì Ì

STORICO-CULTURALE

ripristinare

e alla spiegazione”. Il Foy intendeva

il significato

che

al concetto

di Kultur-

geschichte attribuiva il Klemm nella sua Allgemeine Kulturgeschichte der Menscheit®, © Methode,

e respingeva,

accordandosi

p. Iv.

8 Secondo lo JonL (Die Kulturgeschichtsschreibung, ihre Entstehung und ihr Problem, 1878, p. 24); il Klemm sarebbe stato uno dei primi ad usare il termine Kulturgeschichte nel senso sopra dichiarato.

126

NATURALISMO

E

in ciò col Bernheim®,

STORICISMO

NELL’ ETNOLOGIA

l’idea di una

storia

LA

della cultura

o della civiltà come correlato della storia politica o dello Stato. In questa accezione particolare, la Kulturgeschichte si dichiarava come pretesa a una storia generale e universale del genere umano: come storia generale al di sopra

delle storie speciali

(dell’arte,

della

filo-

SCUOLA

STORICO-CULTURALE

127

Tuttavia questa ambiziosa storia generale e universale del genere umano urta, secondo il Foy, contro una grave difficoltà. Per risolvere i suoi problemi, per descrivere cioè «i fenomeni culturali nella loro effettiva dipendenza causale » !, essa ha d’uopo di serie di accadimenti e di fenomeni ordinati secondo un’accertata cronologia.

sofia, della religione, etc.), e come storia universale, senza

Ora

alcuna

le culture più elevate europee ed extraeuropee, non lo è altrettanto per quelle primitive, che mancano di documenti scritti. La possibilità di una storia universale e generale

delimitazione

di spazio

e di tempo,

comprendente

«i rapporti culturali di tutti i popoli in tutti i tempi, dall'uomo primitivo fino ai più elevati gruppi sociali dell’età contemporanea» (senza tuttavia escludere la considerazione

parziale di singoli popoli

poli, di singoli tratti fenomeni,

ma

di tempo,

considerando

o gruppi

di po-

e di speciali gruppi

tale

ricerca

solo

come

di pre-

parazione necessaria). Foy cita, come tentativi di siffatto tipo di storie, la già citata storia del Klemm, l’ Allgemeine Kulturgeschichte

di

Otto

Henne-Am

Rhyn

(1843-52)

e

la Kulturgeschichte der Menscheit del Lippert (1886 e 1887). Per questo suo carattere universale e generale, la storia della cultura o della civiltà si dichiara pertanto,

secondo

il Foy, come « Allgemeine

« Kulturgeschichte

der

Kulturgeschichte» 0

Fermato il concetto della Kulturgeschichte come storia cisa i compiti

nel modo

W.

Foy ne pre-

seguente:

In che modo specificamente le forme e i complessi culturali si decompongono, si mescolano e si combinano, dove e come essi si sono originati, dove si sono diffusi e trasformati, quale sviluppo complessivo risulta da ciò per i singoli elementi

e categorie

culturali,

e finalmente,

dopo

questo,

? Nella

6%

ed.

10 Methode,

v sg.

del

suo

Lehrbuch

der

umano

cronologico,

è dunque

hisiorische

Methode,

se è agevole

condizionata

per

dalla possibilità

di una storia delle culture inferiori. I popoli primitivi non sono Naturvòlker, cioè fuori della storia, nè, d'altra parte, la storia della cultura. deve limitarsi alla storia delle sole culture superiori: la tesi del Meyer #. che

ricusa ogni interesse storico alle civiltà primitive, è da respingersi *. Ed è da respingere, continua il Foy, anche la tesi del Lamprecht*, il quale vorrebbe sciogliere i

problemi dell’etnologia non attraverso il metodo storico (poichè farebbe difetto l’accertamento cronologico), ma attraverso la Véòlkerpsychologie e la psicologia infantile. dotta secondo si

distinguono,

il metodo per

il

in generale,

e l’etnologia con-

storico-culturale loro

carattere

in particolare,

positivo

da

ogni

filosofia della storia, da ogni elaborazione aprioristica del materiale documentario storico ed etnologico. Sono pertanto da escludere dall’ambito della Kulturgeschichte la Geschichte der Menscheit dell’ Iselin, le Jdeen eur Philosophie der Geschichte der Menscheit dello Herder, le

quale

è stato l'andamento generale della umana cultura: questi sono i problemi dei quali si occupa la storia della cultura”. p. 2 Sg.

del genere

accertamento

Infine la Kulturgeschichte,

Menscheit ».

generale e universale del genere umano,

questo

1908,

1 Methode, v; cfr. xv. 2 In Zur Theorie und Methodik der Geschichte, 1902, p. 47. 18 Methode, p. vi.° 3 In Uber Forschungsinstitute (Die Woche, 1910, p, 1807 sg.) Moderne Geschichtswissenschaft, 1905, PD. 123 Sg.

e in

7

128

NATURALISMO

opere

del

E

Lamprecht,

K. Breysig:

STORICISMO

la

LA

Geschichte

der

Menscheit

di

si tratta, dice Foy, di opere storico-filosofiche

accertamenti cronologici nell’ambito delle civiltà inferiori,

resta da esaminare se e come è possibile questo accertamento. Quando il Foy scriveva (1911), alcuni etnologi avevano già da tempo indirizzato i loro sforzi nel senso di una etnologia storico-culturale, riuscendo nel fatto a stabilire nessi causali di processi culturali primitivi, a determinare la struttura di civiltà prive di documenti scritti, a ricollegare province culturali lontane nello cicli

a descrivere

di

sviluppo”.

metodologica

con

relativa

Mancava

sistematica

che

STORICO-CULTURALE

129

durre un singolo elemento di cultura a uno minato, stabilire relazioni causali fra vari menti o forme di cultura.

strato deterstrati o ele-

NELL’ETNOLOGIA

e non storico-scientifiche. Se un’etnologia condotta secondo il metodo storicoculturale è condizionata dalla possibilità di stabilire

spazio,

aio

dimostrasse

una la

Questo scritto programmatico del Foy offre, come si è detto, un eccellente punto prospettico per una valutazione

complessiva

dei

principî

speculativi

che,

per

espresso o per sottinteso, godono credito presso i rappresentanti della scuola storico-culturale. Tali principî sono, in sostanza, i seguenti: a) separazione della storia dalla filosofia; b) risoluzione della storia nell'ordinamento spaziale temporale e causale dei fatti; c) possibilità di una storia della cultura come

storia generale e universale del

riflessione

genere umano; d) superamento dell’ ipotetismo della vecchia etnologia evoluzionistica mercè la elaborazione di un

possibilità

metodo

determinati

precisione

tuttavia

SCUOLA

di ricerca elaborato

in tutti i suoi particolari.

di un’etnologia ora questa la-

La elaborazione filosofica più sistematica della prima tesi è stata tentata dal padre gesuita H. Pinard de la

cuna, e il Foy, nel presentare il saggio, si riprometteva cospicui risultati dal nuovo indirizzo. Sembrava al Foy che, in virtù di questa sua missione storico-culturale, la

Boullaye nella sua imponente opera storica e metodologica L’ étude comparée des religions*. Il Pinard ragiona così: il lavoro dello storico procede attraverso tre tappe o stadi, e cioè la semplice registrazione dei fatti, la loro

teorica e precisasse le regole pratiche storico-culturale: il Graebner riempiva

etnologia riuscisse a poggiare su solide basi, e cessasse dall'essere una mera descrizione di materiali o di forme di culture e una oziosa raccolta di curiosità, per inserirsi finalmente nel novero delle scienze ufficiali! Il Foy

attribuiva alla Methode del Graebner una efficacia anche ripetto al Folk-lore e alla preistoria, e in genere dovunque fosse d’uopo dissociare in strati un'unità culturale, ricon-

15 Le monografie e le opere, a cui il Foy si riferisce, sono, oltre quelle già da noi citate a p. 4 nota 2, sopratutto le seguenti: GRAEBNER, Zur australische Religionsgeschichte (1909); id., Zur Geschichte der Geblises und zur Herkunft der Eisentechnik (1910); ScuamIDt, Die Stellung der Pygmienvòlker in der Entwicklungsgeschichte der Menscheit (1910). 16 Methode,

p.

xv.

classificazione e la speculazione salvare la storia tirne la massima mente distinte le

spiegazione attraverso cause naturali, o ricorso a cause metempiriche. Per dagli apriorismi filosofici, e per garanobbiettività, è d’uopo tenere rigorosatre tappe in quistione, il che non esclude

1 Parigi, Beauchesne, 1929, 4% ediz., 2 voll. Le sezioni di quest’opera che interessano l’etnologia sono: I, pp. 373-407 (École anthropologique); pp. 419-42 (Le mouvement historique en ethnologie); II, pp. 195-242 (Méthode anthropologique ancienne); pp. 243-303 (Méthode anthropologique nouvelle). Per i principî metodologici generali si veda tutto il secondo volume, e sopratutto le due note con le quali si chiude l’opera (La demonstration par convergence d’ indices probables, pp. 509-53, e Sur la distinction entre l’ histoire empirique et histoire philoso-

phique, E.

pp. pe

554-64). Martino.

9

130

NATURALISMO

E

STORICISMO

NELL’ ETNOLOGIA

LA

che non ci si debba avvalere del lume che promana dalla

semplice

registrazione

dei

fatti,

sia

dalla

sia

consi-

derazione delle cause empiriche, sia dal sapere metafisico. Ciò che importa è di ricorrere a tutte le possibili fonti di informazione senza confondere tutte le autorità,

e senza

avallare,

per

esempio,

come

storia

accer-

tata ciò che, invece, è speculazione. La semplice descrizione, e la determinazione del nesso delle cause naturali, possono stabilire, indipendentemente da ogni filosofia,

il come di questa o quella evoluzione storica: filosofia, poi, spetta il compito di sollevare il velo cause naturali per attingere l’essenza intima del e per decidere finalmente della verità o dell’errore, moralità o della immoralità, della inferiorità o della

alla delle reale, della supe-

riorità di questo o quello atteggiamento dello spirito umano *. Nulla vieta, quindi, di integrare le idee generali, le classificazioni sperimentali, le leggi approssima-

tive e le conclusioni verosimili della storia empirica con le idee universali, con l’ordine delle nature e delle essenze, con le leggi dell’essere, in una parola con la filosofia, e di ottenere così una storia filosofica, ma è d’uopo in ogni

caso denunziare esplicitamente questo passaggio da un ordine all’altro della ricerca. Il seguente passo chiarisce meglio il ragionamento del nostro metodologo: Secondo ogni evidenza (le spiegazioni attraverso cause sovrasensibili, cioè soprannaturali) presuppongono una opzione filosofica; al contrario (le spiegazioni empiriche, in virtù di cause e leggi fenomeniche) non la richiedono. È possibile stabilire le leggi che regolano l’evoluzione delle lingue, o le relazioni economiche fra i popoli, o i rapporti fra eccitazioni e reazioni nelle nostre sensazioni; è possibile spiegare mediante tali leggi un gran numero di fatti linguistici, economici, psicologici senza tuttavia pronunziarsi sulla natura dell'anima 18 Op.

cit., II,

19;

cfr. p.

557.

SCUOLA

STORICO-CULTURALE

13I

umana e sulla parte della Provvidenza nel corso delle umane cose. Queste spiegazioni d'ordine empirico non possono, senza illogicità, darsi come totali e adeguate alla realtà: tuttavia sono

possibili

e hanno

il loro

valore,

indipendentemente

da

ogni sistema filosofico. Con la nomenclatura che si stimerà più adatta, è d’uopo in ogni caso distinguere una storia fenomenica o empirica, e una storia filosofica o metempirica, salvo a confessare che la prima,

dati i suoi mezzi

di inchiesta

molto limitati di cui si contenta, non può aspirare a una restituzione integrale del passato e ad una esposizione adeguata del giuoco di tutti i fattori che hanno potuto minare il passato così come fu. Una tale distinzione

deternon è

in uso, ma, al contrario, si parla di solito del tribunale della storia e di valutazione della storia, senza porre attenzione al fatto che, per pronunziare sentenze assolute di verità e di

valore,

occorre

una

nella sua totalità, cioè storia, la funzione di filosofia”.

scienza

capace

di

attingere

l’essere

l'assoluto. In questo tribunale della giudice appartiene per diritto alla

La stessa tesi è sostenuta da Padre W.

Schmidt, della

Società del Verbo Divino, il più cospicuo rappresentante della scuola storico-culturale. La etnologia religiosa dovrebbe, secondo lo Schmidt, limitarsi a investigare un gruppo specifico di fatti, quelli religiosi, determinando la loro origine, diffusione ed evoluzione, e astenendosi dal-

l'esprimere giudizi sulla verità e sulla falsità, sul valore maggiore

o minore

di qualsivoglia

forma

religiosa.

Tali

giudizi spetterebbero in proprio alla filosofia della religione e, in parte, all’apologetica ®. E anche lo Schmidt, 2

Op.

cit., II,

p.

558 sg.

20 Der Ursprung der Gottesidee, I, 2% ed., 1926, p. 2 sgg. E altrove: « La considerazione filosofica (e la relativa metodologia) deve essere mantenuta distinta sia dalla conoscenza storica che da quella scientifica. Senza dubbio la filosofia procede anche da fatti di esperienza accertati nel mondo naturale e nella storia, tuttavia essa è volta a comprendere non tanto le cause prossime e concrete di tali fatti, quanto

132

NATURALISMO

E

STORICISMO

LA

NELL’ ETNOLOGIA

come il Pinard, nega che vi possa essere contrasto di interessi fra la storia comparata delle religioni, la filosofia della religione e l’apologetica: chè anzi la storia comparata delle religioni potrà fornire servigi preziosissimi alla filosofia della religione presentando alla sua certi,

filosofia

e la

qualche

modo

potrà

religione

della

e obbiettivamente

vagliati

fatti criticamente

elaborazione

orientare

delle religioni

la storia comparata

in

in quei

casi in cui le sia impossibile attingere la certezza con i propri mezzi”. Or qui cade opportuna una osservazione. I rappresentanti della scuola storico-culturale, così diligenti ed esatti

nelle loro ricerche, così compiutezza nell’esporre possono

contraddire

preoccupati di raggiungere la e nel criticare le teorie che

la loro

metodica,

avrebbero

dovuto

impugnare, fin dalle prime pagine delle loro scritture, una teoria della storiografia che contraddice radicitus tutte le

loro

abbia

dignità

metodologiche:

consapevolezza

del

grado

il

lettore

a cui

si

italiano,

sono

che

elevate

piuttosto le cause ultime e generali. Pertanto nell’ambito filosofico il metodo di ricerca fondamentale è quello sillogistico-deduttivo, laddove nella cerchia della storiografia è fondamentale la dimostrazione a carattere induttivo » (Handbuch der Methode der kulturhisiorischen Ethnologie, Miinster, 1937, p. 16 Sg.). 21... (non sussiste affatto un contrasto di interessi fra la storia comparata delle religioni da una parte e la filosofia della religione e l’apologetica dall’altra): anzi, in quanto la storia comparata delle religioni assume coscienza di sè come sezione del sapere etnologico, sforzandosi di sviluppare tale sua natura in modo puro e chiaro, proprio per questo si troverà in condizione di rendere servigi a entrambe quelle scienze. Questi servigi le due scienze in quistione possono aspettarseli da lei e soltanto da lei, e cioè la radicale elaborazione critica dei fatti religiosi, la determinazione delle loro fonti e dei loro nessi... Ciò non esclude, naturalmente, che la storia comparata delle religioni, in quei casi in cui non può attingere di per sè la certezza, cerchi di ottenere dai risultati delle altre due scienze un certo orientamento, nè tanto meno esclude che prenda partito riguardo tali‘ risultati dal suo proprio punto di vista, sottoponendoli a una riprova (Der Ursprung der Gottesidee,

I, p.

3 sg.).

SCUOLA

STORICO-CULTURALE

133

in Italia tali ricerche, avrà compreso subito a quale teoria alludiamo. Tuttavia in nessun luogo di così imponenti scritture si fa menzione, per implicito o per esplicito,

della

teoria

in

quistione

e del

nome

a

cui

è

legata. H. Pinard de la Boullaye, per esempio, pur citando nelle millecentosessanta pagine della sua imponente opera metodologica

autori

e teorie,

fino a esaurire

la lette-

ratura sull’argomento, ignora affatto quell’unica teoria e quell’unico autore che minano dalle fondamenta la sua costruzione. Evidentemente, poichè il Croce non è un etnologo nè uno storico delle religioni, il suo nome

e il suo pensiero, non avendo attinenza con l'argomento, possono essere senza danno ignorati. Di tanto può persuadere nell’errore la superstizione dell’esteriore esattezza filologica! Ciò posto, chi intraprende la critica dei principî della scuola storico-culturale si trova nella spiacevole condizione di dover vincere per un verso il disagio di farsi maestro

in cose che per gli intendenti sono ovvie, e di dover combattere per un altro verso un certo scetticismo sull’efficacia diretta della propria critica proprio su coloro a cui è diretta. Tuttavia sarebbe un mancar di fede nella potenza

diffusiva

del

vero

e nella forza

della

cultura

il

credere che l’etnologia sia incapace di riformarsi în capite et in membris.

D'altro

canto,

essendo

la divisione

della

cultura europea in compartimenti stagno uno degli ostacoli più gravi alla formazione di una comune coscienza e solidarietà

morale

fra

le genti

del

nostro

continente,

urge che qualcuno si addossi il compito di sopprimere le manomorte culturali e di togliere gli ostacoli che ritardano o interrompono la circolazione, l’approfondimento e la rigenerazione dei beni dello Spirito. Non resta quindi che chieder scusa agli intendenti se qui ci tocca assumer l’aria di maestri per verità che in Italia hanno libera circolazione da un trentennio.


che ne compromettono i risultati, intende determinare un metodo di ricerca che prescinda

da

ogni

dottrina

contestabile?:

ma,

intanto,

imposta il problema in termini tali da includere in essi una filosofia contestabilissima. Infatti il Pinard muove dal duplice presupposto che la filosofia sia scienza delle cause metempiriche e della realtà nella sua totalità, e la storia, invece, scienza delle cause empiriche o feno-

meniche: quindi si adopera a mantener distinti i due ordini di ricerche, pur considerando come necessaria, ai fini di un sapere completo, la collaborazione delle due fonti di informazione e delle due diverse autorità. Ora questo duplice presupposto, per quanto possa ancora godere

qualche

credito

nella

cerchia

della

filosofia accade-

della metafisica e della filosofia della storia, la identifica-

e di causalità dal novero

testabile: se spazio, storico, il il rinviare

e teologici: filosofia

comunque,

da

introdursi

così alla buona, e senza una giustificazione che tenga conto di tutte le aporie. È, infatti, contestabile: 1) Il concetto 2° PinaRD,

of.

cît., II, pp.

40-87. x

e alla

teologia,

non

implica

un’altra

opzione

filosofica a favore della legittimità di una metafisica _ o di una teologia? È senza dubbio possibile fare la storia di una parola senza impacciarsi di problemi metafisici

trina

o,

e

la storia empirica, infatti, si comporta come tempo, causalità fossero categorie del giudizio che implica una opzione filosofica. Ed la spiegazione delle cause metempiriche alla

metafisica

conoscere

contestabile,

storiografiche

scritture e ai luoghi relativi? Certo è, in ogni caso, che la storia empirica, limitata alle cause naturali, non prescinde, come vorrebbe il Pinard, da ogni filosofia con-

mica, non costituisce affatto, per gli intendenti, una dotnon

delle categorie

la loro assegnazione alla sfera dell’ intelletto astraente. Tale dimostrazione noi qui non ripeteremo: rinviamo per questa parte l’etnologo desideroso di istruirsi alle

ma

non

la natura dello

Spirito:

è possibile

far

del linguaggio, e tale

filosofia,

questa

storia

senza

il che implica

una

se ragionata

fino

in fondo, dissolve per l'appunto quella filosofia del meta28 Tutta la filosofia moderna, sopratutto da Kant in poi, è impegnata più o meno direttamente e più o meno esplicitamente, in questa dimostrazione. Si vedano, in particolare, le opere del Croce.

Tr 36

NATURALISMO

E

STORICISMO

LA

NELL’ ETNOLOGIA

vista,

« un loro proprio valore »:

e se rifletterà

sulla cosa

con

mente

pura,

137

la cattiva

filosofia che vi è inclusa.

Con

prudente

diplomazia, il nostro gesuita lascia i suoi principî in una tal quale indeterminatezza, e formula le sue dignità secondo un minimo che vuol essere accettabile dal

ma quale valore? Designano il reale processo storico? Impiegano categorie costitutive del reale? Intorno a ciò lo storico non può sospendere il giudizio, nè prescindere, nella determinazione del proprio compito, dalla soluzione che terrà per vera. D'altra parte, se non sospenderà il giudizio,

STORICO-CULTURALE

Un espediente a cui ricorre il Pinard per dare parvenza di verità al suo assunto consiste nell’atteggiare i principî in modo da non rendere visibile, a prima

spirito a cui allude il Pinard quando accenna « alla parte della Provvidenza nel corso dell’universo ». Infine è fuori dubbio che le spiegazioni d’ordine empirico hanno, per ripetere le parole del Pinard,

SCUOLA

senso

comune

o

dal

buon

senso,

senza

esigere

compromettenti opzioni filosofiche. Ma il gioco è facilmente smascherabile: la prudenza diplomatica è compito

lo

del

storico verrà in chiaro che le spiegazioni empiriche — fondate sull'ordinamento spaziale temporale e causale dei

politico

Si

non

consideri

del

in

metodologo.

via

di

esempio

la seguente

regola

fatti — non sono di natura storiografica, ma rappresentano

fuor mato

a pensare, lo storico si renderà consapevole che, qualificato il fatto, e rincondotta alla sua intensità ideale la molteplicità che si distende nello spazio, nel tempo e vero nella causalità, non c'è da fare nulla di più per il

cioè all’ idea o all’ intenzione che la ispira » #*; o questa altra: «In un tutto organico, sia fisico, come un corpo vi-

solo il momento euristico della storiografia. E continuando

storico, essendo stato conosciuto tutto quello che doveva essere conosciuto. Insomma il Pinard (e con lui gli altri metodologi della scuola storico-culturale) dà per accettabili, al di fuori di ogni filosofia contestabile e quasi come verità di buon senso, principî contro i quali ‘si è levata da tempo la filosofia moderna. Egli si illude di stabilire una metodologia critica, che non comprometta i risultati, ma in realtà si irretisce nel più acritico dogmatismo, e avalla per buona, fin dalle prime proposizioni, la più contestabile filosofia. Del resto non può essere altrimenti: se, idealmente, storia e filosofia formano unità, e chi, nel fatto, cerca di separarle, riesce solo ad elaborar

una pseudostoriografia a cui è incorporata filosofia.

una pseudo-

Può essere istruttivo seguire ancora per qualche tratto il Pinard nella sua pretesa di separare la storia dalla filosofia.

di contestazione: « In ogni opera umana, il priappartiene all'elemento invisibile che ne è l’anima,

vente, sia morale, come un codice liturgico, dogmatico, ascetico o giuridico, non si può comprendere la parte senza

riferimento al tutto a cui appartiene » °°; o, infine, questa altra: « Una cosa vale l’altra, eccezion fatta del genio, che

basta a imprimere un sigillo personale a tutto ciò che utilizza o prende a prestito » ?°. A. prima vista queste regole sembrano

ovvie e dettate dal buon

senso:

ma

poi, se ben

si guarda, risulta chiaro che, in queste regole « minime », o si lascia

tutto

indeterminato,

e allora

diventano

inu-

tilizzabili, o si determina tutto, e allora diventano espres-

sione di una

filosofia contestabile

quanto un’altra.

Invero

si consideri la prima regola: il pensarla senza diplomatici arresti,

e senza

arbitrarie

limitazioni,

implica,

anzitutto,

il rifiuto del materialismo, e, in secondo luogo, la determinazione positiva delle possibili intenzioni o idee che spirano le opere umane. Per qualificare un fatto, e per 24 PINARD, of. cît., I, 25 Op, cît., II, p. 62. 26 Op. cit., II, p. 83.

p.

59.

LA

NELL’ ETNOLOGIA

STORICISMO

E

NATURALISMO

138

dente

motivarlo secondo spirito, è d’uopo riflettere sullo spirito e sulle sue categorie, il che implica a sua volta, la risoluzione dei più delicati problemi speculativi. Il « minimo» della regola, il minimo che non sia nulla e che

deve

continuare

a pensare tutto, o non si pensa nulla, diventa un mero accozzo verbale di l’espressione e allora

suoni, un flatus vocis. Quanto poco sia possibile alla

necessità

che

per

religione,

(arte,

dal

mostrato

è

fatti

in un

ethos,

etc.)

è d’uopo

fatto

determinato

dominio

dei

scegliere

sottrarsi

storiografo

allo

speculazione,

della

riconoscerli

come

appartenenti a questo dominio, i cui limiti debbono perciò essere non oscillanti. Il Pinard propone allo storico, per evitare ogni prematura

filosofica, una definizione

opzione

nominale e provvisoria della religione, fondata su ciò che l’uso e la tradizione affermano circa la sua natura prima «dell’epoca in cui tutto è stato rimesso in causa» (leggi: età moderna)”. Il nostro gesuita non si accorge che ciò equivale ad accettare, e per di più come un relata refero e senza intima aderenza di pensiero, la filosofia della religione avallata dall’uso e dalla tradizione (0, più precisamente, maturata in ambienti

cattolico-scolastici). minima Nel

delia senso

credenze nente

una

Si

consideri,

infatti

religione

elaborata

dal

obbiettivo

e di pratiche realtà

storico

la religione

unica

o

definizione

è un

insieme

pratici)

collettiva,

ma

di

concersuprema

in qualche misura e personale in qualche maniera, realtà da cui l’uomo, in un modo o in un altro, si riconosce dipen2° Op.

cit.,

II,

p.

3 sgg.

Dezeni

Ora, derante

la

STORICO-CULTURALE

vuol

restare

in

luogo,

da

questa

che c’è un punto

religione

139

relazione;

nel

la religione è la maniera

agire —la mentalità — che pratiche in quistione 5,

in primo

espressamente

«come

senso

di pensare,

corrisponde

definizione

alle

si ricava

di vista storico consi-

realtà

esteriore

alle

anime

umane » °°, e un punto di vista psicologico, penetrante nelle intime disposizioni psichiche del credente: ma che la storia

sia esteriore

conoscenza

degli

accadimenti,

e che la psicologia passi poi dalla facciata all’ interno, non è per nulla proposizione afilosofica o di buon senso, includendo,

invece, una filosofia, sebbene di qualità molto

inferiore. In secondo luogo, perchè mai l’uso e la tradizione che qui s’invocano dovrebbero essere solo l’uso e la tradizione prima dell’epoca in cui «tutto fu rimesso in quistione?». Forse che solo prima dell’età moderna l’uso e la tradizione avevano la virtù di cogliere i tratti essenziali delle cose ? E la tradizione del pensiero moderno

non ha diritto d’esser tenuta in considerazione? Ovvero si vuole insinuare che da quando gli uomini si sono sottratti dalla gelosa tutela della chiesa, le loro affermazioni non possono, a priori, godere alcun credito? Si può,

certo, dissentire dal pensiero moderno, diverse,

a negare

la trascendenza,

tendente, per vie

a rivalutare

il mondo

degli uomini, e a incentrare quaggiù ogni valore, umano e divino:

Pinard:

(o di atteggiamenti

obbiettiva,

la

la quale

o psicologico,

di sentire e di credenze e alle

i

non sia tutto e che possa essere accettato da tutti gli uomini di buon senso, si rivela, a un esame più attento, non determinabile. O nell'espressione « primato dell’ in. visibile» si comincia a pensare qualcosa, e allora si

e con

soggettivo

SCUOLA

ma

solo dopo

x

che il dissenso

è stato filosofica-

mente motivato è lecito rifiutare quanto è stato detto e affermato nell’epoca in cui tutto è stato rimesso in causa °°. Evidentemente Padre Pinard ritiene che il placido corso delle umane idee è stato profondamente alterato dalla Riforma e dal Rinascimento in poi: prima di allora tutti 2

Op.

cit.,

II,

p.

s.

29 Op.

cît., D. 5.

8

Op.

cit.,

I, p. 74.

E

NATURALISMO

I4O

STORICISMO

parlavano

lo stesso linguaggio,

confusione

lingue.

delle

LA

da allora si produsse la

se

Ora

NELL’ETNOLOGIA

Padre

stima

Pinard

di

potersi trar d’impaccio attenendosi al tempo in cui i figliuoli di Adamo non avevano ancora edificato la loro Babele, non saremo noi ad anatemizzarlo per questa sua decisione: solo avvertiremo il nostro gesuita che egli, venendo meno all'impegno di non pronunciare giudizi uno

ne insinua

di valore,

tutta la civiltà moderna.

gigantesche

di proporzioni

Inoltre

dalla

sfera

su

della defi-

nizione del Pinard restano esclusi magia e totemismo:

in

altri termini, su una base empirica così incerta, il Pinard fonda giudizî storici gravissimi, e cioè che nè la magia nè il totemismo sono, essenzialmente, religione. Infine, le

forme mistiche più radicali non trovano posto nella definizione del Pinard. Concludendo su questo punto, è fatica vana voler eludere il problema speculativo: il peccato contro la filosofia mente,

si sconta una

cattiva

abbracciando,

più o meno

consapevol-

filosofia.

Il compito alla

loro

della storiografia

effettiva

intensità

consiste

ideale,

e

nel ricondurre

fuor

d’ogni

loro

apparenza o pretesa i fatti della storia, sì da rigenerarli nel pensiero in una compiuta qualificazione. Solo in questa realtà rigenerata e tolta dal suo esserci sopra e dal suo pesarci

come

passato,

solo

in

questa

ampliata

autoco-

scienza, è possibile creare nuova storia nella libertà della iniziativa individuale. Che se noi non vorremo o non sapremo sottoporci a questa tensione interiore per riscoprire in noi la cosa e noi nella cosa, ecco subito la intensità qualitativa del reale distendersi nella serie spaziale e temporale dei nessi causali. Ed è ciò che accade ai

rappresentanti della scuola storico-culturale: una volta de-

STORICO-CULTURALE

I4I

curtata la storia dal lume speculativo, per un verso la filosofia diventa metastoria (metafisica e teologia), e per un altro verso la storia si abbassa a filologismo. Il vuoto lasciato dalla ragione storica e dalle sue categorie (Vero, Bello, Buono,

Santo, etc.) è occupato subito dall’ intelletto

e dai modi proprî di questo: in particolare, spazio tempo e causalità si atteggiano indebitamente a categorie del giudizio storico. Tocchiamo qui il secondo punto della prefazione-programma del Foy, e su questo punto giova ora soffermarci. x La critica del principio di causalità è stata condotta molto avanti dalla filosofia moderna. Anche nell’ambito delle scienze naturali, acuti metodologi ne hanno messo in rilievo il carattere pratico, nomico. Scrive lo Eddington:

e più

precisamente

eco-

La legge di gravitazione è una verità evidente soltanto allorchè è considerata da un punto di vista macroscopico. Presuppone lo spazio misurato con apparecchi materiali o ottici grossolani. Essa non può superare in precisione i limiti di

A Ak

SCUOLA

un Le

questi

apparecchi,

di modo

che

è una

verità

evidente

con

errore probabile, piccolo, ma non infinitamente piccolo. leggi classiche hanno valore solo in un campo in cui i

numeri

quantici

comprende

il sole,

siano

estremamente

la terra,

grandi,

Il sistema

e la luna ne ha degli

che

elevatissimi,

e la possibilità di predire le sue configurazioni non è caratteristica dei fenomeni naturali in generale, ma di tutti quelli che comprendono grandi numeri: di atomi in azione, di modo che non abbiamo a che fare con il comportamento individuale, ma solo con quello medio. La vita umana è probabilmente incerta: tuttavia poche cose sono più certe della solvibilità di una compagnia di assicurazione. La legge basata sulla media è così degna di fede che si può considerare come predestinato che la metà dei bambini supereranno l’età di n anni. Ma ciò non ci dice se la lunghezza della vita di Tizio sia già scritta nel libro del fato o se vi sia ancora possibilità di alterarla insegnandogli a non precipitarsi sotto le ruote degli

autobus.

L'ecclisse

compagnia quanto

STORICISMO

E

NATURALISMO

142

è sicura

1999

del

atomo

è incerto

come

il bilancio

come

sulla vita:

ione di assicuraz 3 È

di un

LA

NELL’ETNOLOGIA

di una

invece il salto di un a 3 vita o la mia”.

la vostra

Il carattere statistico della legge di causalità la ricon-

duce al procedimento naturalistico per medie e per tipi: di ciò i più acuti scienziati sono ben coscienti. Ed allora, se la causalità è tale, alla limitazione del suo significato nelle scienze della generalizzazione e della previsione, non deve forse corrispondere la eliminazione del suo uso nel sapere storiografico? Invero, nella considerazione causalistica ordinaria, la causa si atteggia come esterna

all’effetto, l’effetto è riducibile alla sua causa, le cause si distinguono in efficienti e occasionali, il nesso causaeffetto si dichiara come irreversibile. Ora, in primo luogo,

la

ragione

storica

apprende

come

processo

di

rielaborazione interiore ciò che all’ intelletto appare come influsso esterno, e coglie l’ individuo nell’atto di eleggere secondo libertà le proprie cause (il che la considerazione naturalistica esclude nell'atto stesso che considera l’effetto prodotto meccanico della causa); in secondo luogo la

riduzione

dei

fatti

alle

loro

cause

costituisce

il pro-

cedimento inverso della storiografia, che è determinatrice di incrementi; in terzo luogo nella storiografia le cause efficienti, al cambiare del punto prospettico, diventano

occasionali, e viceversa (e ciò rivela l’arbitrarietà della distinzione); in quarto luogo la causa storica può essere facilmente

considerata

come

effetto,

e

l’effetto

causalistica univoca. Insomma la materia storica repelle, quando sia penetrata, al principio di causalità, ed è as-

st Eppincton, 332.

La

matura

del

mondo

fisico,

Bari,

Laterza,

STORICO-CULTURALE

143

sunto contradittorio assegnare alla storiografia il compito di causalizzare. Ma altrattanto repelle la materia storica alle determinazioni di tempo e di spazio perchè subito, con le serie temporali e con lo spazio, sorge la rappresentazione di una

storia

che

sia

passata

e esterna,

una

storia

da distillarsi dalle fonti e da inseguire vanamente nel regresso senza fine degli istanti. Pertanto, causa tempo spazio

rappresentano

solo

il momento

euristico

della

ri-

cerca storiografica, la quale si giova di tali appoggi dell’ intelletto per riportare alla memoria, attraverso la causa, l’opposto processo cronologia quei nessi che

di incremento, attraverso la occorre riscoprire in sè, nel-

l'attualità della ragione storica, attraverso le determinazioni spaziali altrettante agevolezze dirette allo stesso scopo ®. La

mala

dell’ intelletto

signoria nella

che inopia

acquistano della

le determinazioni

ragione

storica

apre

il varco alla duplice aberrazione della storia generale e universale. E qui tocchiamo il terzo punto della prefazione-programma

del

Foy.

Prende

forma,

infatti,

nel

vuoto di ogni interesse speciale, la vaga immaginazione di una storia generale al di sopra delle storie speciali, e d'altra parte sulla malferma base della serie regressiva dei tempi e delle cause cerca di puntellarsi l’altra vaga immaginazione della storia universale al di sopra delle

causa,

vigendo nella storiografia una interazione fra gli elementi che si sottrae per sua natura ad ogni risoluzione

P.

SCUOLA

1935,

82 Per la critica del principio di causa nella storiografia, vedi Croce, Teoria e storia della storiografia, p. 54 sgg. (cfr. p. 82), p. 201, p. 293; La storia come pensiero e come azione, p. 210 sgg. (cfr. p. 16). Sulla insufficienza del causalismo si veda anche, del Croce, l'articolo « La crisi italiana del Cinquecento e il legame col Risorgimento » (in Critica, XXXVII, 1939, p. 4o1 sgg.). Sulla riduzione degli accadimenti storici ai loro antecedenti è da leggersi quel che ne scrive l’Omopro in Tradizioni morali e disciplina storica, pp. 49 sgg., 57 SEg.

NATURALISMO

I44

E

STORICISMO

NELL’ETNOLOGIA

LA

ato i il preconcetto storie particolari ®. Quanto radic dell etnologia storicodi una storia universale nell’ambito pagine del recente e culturale risulta scorrendo le ultim ischen Ethmologie stor Handbuch der Methode der kulturhi an-

| dello Schmidt. nunzio:

Vi

In virtù del fruttuoso l'archeologia

preistorica

storico-culturale logia),

sono

questo

enfatico

ricollegamento della

etnologia

infatti,

si legge,

condotte

secondo

entrambe

e aiutate dalla linguistica

ora

del genere umano, solo di tanto *.

spalancate

e nessuno

le

porte

con

il metodo

(e dalla antropo-

a una storia

universale

riuscirà più a chiuderle, anche

.

are nel Ma il nostro etnologo, preoccupato di elimin esecualla o ongon frapp si che he fatto le difficoltà tecnic

mai posto il prozione di una storia universale, non si è sussistere, nè ha, jure de possa storia tale blema se una che altri abbia già per quel che sembra, il minimo sospetto

da tempo finalmente

chiuso quelle porte ch’egli presume spalancate.

Naturalmente

siano ora

l’aberrante

pretesa

pagna di una storia universale del genere umano si accom amtanta ciar abbrac poter col tradizionale sgomento di di dubbio solito il con e spazio, piezza di tempo e di forze le con o disegn il re esegui e incapacità a potern di un solo uomo. Osserva lo Schmidt: ione e della imSe si tien conto della estesa specializzaz superiori non è civiltà delle storia della mensità del campo svolga, in un unico possibile che un solo uomo padroneggi e vedi CRrocE, Teoria e storia 33 Per la critica della storia universale, della storia generale, ibidem, della storiografia, p. 41 sgg. Per la critica e come Azione, p. 268 sgg. Si p. ros sgg. Cfr. Storia come Pensiero raccolta: € Un mal posto presente nella o compres saggio il anche veda forma di religione ». prima la a: religios a etnologi della problema h, 3 Handbuc p. 307.

SCUOLA

STORICO-CULTURALE

145

sapere, la storia di tutto il genere umano. Una storia universale umanamente possibile può soltanto abbracciare la preie la

storia

protostoria

dell'umanità *.

Ma è poi lecito gratificare della qualifica di storia universale una storia che abbraccia la totalità geografica dei fatti avvenuti in un tratto di tempo abbastanza

ampio?

D'altro

canto il concetto

di una storia della cultura

è da respingersi anche per altre ragioni. Verso la fine dello scorso secolo si accese in Germania un’aspra pole-

mica se la storia fosse da intendersi come storia dello Stato (Staatsgeschichte) ovvero come storia della cultura (Kulturgeschichte). La polemica, di cui lo Schàfer e il Gothein furono gli iniziatori, si trascinò poi a lungo, senza tuttavia che nessuna delle due parti in lotta ottenesse

vittoria definitiva.

Invero,

il problema,

nei ter-

mini in cui era stato posto dagli storici tedeschi, non metteva capo a nessuna soluzione: una soluzione l’ebbe soltanto quando, chiarito il nesso dialettico che sussiste fra

attività

economica

ed

etica,

e ricondotto

lo

stato

a

formazione essenzialmente economica, fu possibile inverare le opposte unilateralità della Staatsgeschichte e della Kulturgeschichte nella storia etico-politica ®. Nella definizione del Foy (vedi sopra), la Kulturgeschichte rappresenta l'insieme empirico di tutte le storie speciali possibili (della religione, del costume, etc.), un insieme, pertanto, senza alcuna unità di concetto. Quanto poi alle

condizioni essenziali a cui la Kulturgeschichte dovrebbe

8 86 142; menti PD. 45

E.

Handbuch, p. 308 sg. Si veda Croce, Conversazioni critiche, I, pp. 201-24, e IV, pp. 137Teoria e storia della storiografia, p. 135 n., e p. 3i1 sgg.; Eledi politica, p. g1sgg.; La storia come pensiero e come azione, e p. 68.

pe

Martino.

Io

= -—

146

NATURALISMO

E

STORICISMO

NELL’ ETNOLOGIA

LA

attenersi, dando ai fatti un valore subordinato (« per quel che sono assolutamente necessari al concatenamento e alla spiegazione »), è da osservare che ciò distingue non già la Kulturgeschichte dalla storia in generale, ma ogni

genuina

storia

speciale

dal

filologismo

e dal

se non

e fissare

le conclusioni.

La

scuola

storico-cul-

turale presume di poter elaborare una storiografia distinta dalla filosofia e limitata all'ordinamento spaziale temporale e causale dei fatti. Da

parte nostra opponiamo

che

storiografia e filosofia formano idealmente unità, e che i fatti empirici, di cui si cerca l’ordinamento spaziale temporale

e causale,

non

cadono

ancora

(o

non

cadono

più) nella sfera della comprensione storiografica, e sono assimilabili piuttosto ai fatti bruti del procedimento naturalistico. L'errore fondamentale della scuola storicoculturale consiste quindi nel far valere come storiografia ciò che costituisce solo il momento

euristico

di

che

errore

questo

essa.

Abbiamo

è fatale, una

anche

messo

volta che

in

rilievo

147

certezza. Tocchiamo qui il punto quarto della prefazione-programma del Foy: e questo punto conviene ora approfondire. tatoo

Il presupposto

menti

cronaca?

Giova ora dare uno sguardo retrospettivo al cammino percorso,

STORICO-CULTURALE

cro-

nachismo. Una raccolta di fatti non necessari al concatenamento e alla spiegazione che cosa può essere altro, infatti,

SCUOLA

mercè

l’uso

di una

di

storia

chiavi

da disserrarsi

adatte

metodologia coscienziosa, sembra

apprestate

dai

da

docu-

una

favorire un’assoluta ob-

biettività di ricerca, e sopratutto la eliminazione di tutti i fattori perturbanti soggettivi. In realtà una storiografia siffatta mette capo solo al probabile e all’ipotetico, malgrado ogni dichiarazione in contrario. Padre Pinard cita con stupore quel luogo del Reinach in cui si riconosce che l’architettura della propria ricerca ha la solidità di un castello di carta”: tuttavia non ci sembra che i rappresentanti della scuola storico-culturale abbiano vinto l’ ipotetismo ch’essi giustamente rimproverano alla etnologia evoluzionistica. Torniamo ancora al Pinard, che intorno al problema della certezza ha ragionato ex pro-

fesso. Padre Pinard consiglia modestia e prudenza nelle sintesi, e, su questo punto, non gli si potrebbe dar torto:

la storiografia

sia decurtata della filosofia: poichè, privata la storia del suo lume speculativo, alle vere categorie del giudizio storico (arte, filosofia, religione, ethos, utile e simili) subito si sostituiscono i modi dell’ intelletto (spazio, tempo,

causalità), i quali si fanno indebitamente valere come categorie. E abbiamo infine mostrato come, sulla stessa base naturalistica, prende consistenza la duplice aberrazione della storia generale e universale. Ma un’altra grave difficoltà travaglia la scuola storico-culturale (come del resto ogni forma di filologismo naturalistico): la impossibilità di risolvere il problema della

Invece di incitare i ricercatori a edificare prematuramente sintesi ambiziose, veri e propri castelli di carta, secondo ia confessione ingenua di un protagonista del totemismo, salvo poi a vederli trasformare la loro macchinosa impalcatura e a cambiar opinione come il camaleonte cambia colore, il 87 « Confesso d’altra parte volentieri che la mia interpretazione non può pretendere alla certezza: mi basta rivendicarle qualche verosimiglianza. A dir il vero, non si tratta di un edificio costruito con materiali resistenti, la cui solidità sia provata e verificabile, ma con ipotesi possibili e probabili che si sostengono e si puntellano a vicenda. Questo genere di architettura è conosciuto: è quello dei castelli di carta » (Cultes, Mithes et Religions, III, p. 38).

148

NATURALISMO

E

STORICISMO

NELL’ ETNOLOGIA

metodo storico li invita a costruire lentamente per costruire solidamente, a restaurare passo passo, in attesa di costruzioni definitive, frammenti di storia così solidi da consentire ai lorosuccessori di contentarsi di perfezionare il loro lavoro, senza doverlo ripigliare dalle fondamenta, come è accaduto così spesso, con grande discredito della storia delle religioni. Tuttavia

la

certezza

quistione

di prudenza

e

modesta

la

più

storiografica

e di modestia.

asserzione

x

non

è

La

più

filologica

solo

non

una

prudente esce

La critica ha acquistato tale acume ed esperienza (nel denunziare le falsificazioni), che può passare in gloriosa lo

sterminio

compiuto

di

folte

schiere

di

falsifica-

zioni che l’assaltavano da ogni parte procurando di avvolgerla e di toglierle la vista del vero: e può quasi sorridere dei vani conati, armata come si sente dei suoi metodi infallibili. Senonchè come all’azione dei tribunali molti colpevoli sfuggono

e

talvolta

l’ innocente

ne

viene

condannato

e

il

reo

assolto, così non è da credere che, nonostante l’esercitata prudenza della critica, non rimangono nei musei oggetti falsi che passano per autentici, nè nelle storie notizie che provengono da sognante e credula immaginazione o da falsificazioni

consapevolmente eseguite. Anche i migliori critici qualche volta si ingannano, giudicando falso ciò che è genuino, e al contrario, E ciò basta per dar l’adito al dubbio scettico. Si potrà mai radicalmente strappare dalla storia la possibilità di falsificazioni e stabilire con sicurezza il vero? Chi mai la preserverà dalle abili e verosimili e coerenti favole appoggiate a testimoni che si reputano fededegni? Chi ribatterà con argomenti perentori i sospetti che possono investire ogni documento e ogni narrazione pel solo fatto che son cose pratiche e altri può averli manipolati pei suoi fini particolari? E se tutte le testimonianze, tutti i documenti, come tutti 88 PINARD

DE

LA

BOULLAvYE,

op.

cit.,

II,

p.

118.

SCUOLA

sono

messi

STORICO-CULTURALE

banda,

da

quali

149

avanzeranno

mezzi

per ricostruire la storia? O bisogna contentarsi, in fatto di storia, di affermazioni che non oltrepassano il livello della probabilità, di quel probabile che è tanto fragile e che spesso si dimostra, nella vita quotidiana, ben poca cosa sempre che venga a paragone con la realtà di fatto? Bel guadagno, dopo

che

il moderno

pensiero

storico,

iniziatore

Giambattista

Vico, si era dato il vanto d’essere uscito dal mero e d’aver

raggiunto

il

«certo »

e il

probabile,

«vero »!®

dalla

sfera della probabilità (e sia pure della più alta probabilità). Scrive il Croce:

rassegna

sospettabili,

LA

Padre

Pinard

avverte

a suo

modo

il problema:

Senza dubbio si può accettare con assoluta sicurezza, almeno quanto alla sostanza dei fatti, se non sempre rispetto ai particolari, la deposizione ferma e precisa di un testimone unico, se questi è fuor d’ogni sospetto, omni exceptione major: se, cioè, presenta le più forti garenzie di competenza e di sincerità.

Ma,

al di

fuori

di

questi

casi

rarissimi,

lo storico

trova unicamente a sua disposizione, per ricostruire il passato, memorie, iscrizioni, medaglie commemorative, avanzi archeologici, alcuni resti oscuri di vecchi usi. Ciascuno di questi indici, presi isolatamente, consente molte spiegazioni, e fonda, tutt'al più, una probabilità: addizionati non possono procurare una certezza °°.

Per appello filosofia. guente: e questo

la soluzione del problema il nostro gesuita fa alle premesse aristotelico-tomistiche della sua Il suo ragionamento è, a un di presso, il se« Conoscere è apprendere l’universale della cosa, universale l’uomo attinge per astrazione, vedendo

la cosa nella sua specie e la specie nel genere.

la mente

umana

non

può

conosere

stesso, dappoichè il procedimento definitorio, prossimo e per differenza specifica, riesce

\

89 Croce, 40 PINARD

Ciò posto

l’ individuale

in

se

per genere alla specie

La storia come pensiero e come aziane, p. 107 Sg. DE LA BOULLAYE, of. cif., p. 112 sg.; cfr. p. 132.

150

NATURALISMO

E

STORICISMO

LA

NELL’ ETNOLOGIA

SCUOLA

STORICO-CULTURALE

ISI

e giammai all’ individuo, all'uomo e non a Socrate 0 a Callia. Il singolare è dunque impenetrabile al pensiero

degli indici probabili a qualunque ordine essi appartengano,

una

umano, è ineffabile: se ne può solo dare una descrizione, una esposizione delle note che lo caratterizzano, e che, in quella qualità e quantità, non si incontrano

avere

la sua

mai

due

volte

nella

realtà *

Allorquando

l individuo

muore, o, più generalmente, l’ istituto storico scompare, restano tracce del suo passaggio sulla scena del mondo:

tracce fisiche (strumenti di lavoro, abitazioni, etc.) 0 psichiche (modificazioni esercitate dal singolare nel costume o sul pensiero, testimonianze di altri sul suo conto). Attraverso queste tracce il singolare si prolunga, per così dire, nel futuro, cioè le note che, esso in vita, forma-

vano un'unità solidale organica ed unica, si sparpagliano ora

dopo

la sua

scomparsa,

e diventano

segni

o indici,

più o meno completi data l’usura del tempo, più o meno fedeli data la possibile parzialità delle testimonianze. Questi indici, presi isolatamente, non sono determinanti: 1’ individuo è contingente e così pure lo sono le sue tracce.

tale

convergenza

causa

così

proporzionata

impressionante

nella

realtà

deve

di fatto

a cui quegli indici uniformemente rinviano. Si genera allora, in questo caso-tipo, un’evidenza molto diversa

da quella, deduttiva, della matematica e della metafisica, e analoga

a quella,

induttiva,

della

fisica ‘.

Questa

evi-

denza fa vedere il singolare non in se stesso (il che solo Dio potrebbe), ma nell’ insieme inimitabile delle sue tracce o dei suoi effetti, e se è da meno della verità intuitiva e dell’esperienza (che del resto è impossibile quando si tratta del passato) è tuttavia molto di più di una fede basata sulla veracità d’altri » *. Questa

d’ indici

deduzione

probabili

della

costituisce,

prova

come

per

convergenza

il lettore

orientato

avrà già notato, un vero e proprio pezzo archeologico: la premessa su cui poggia appartengono infatti all’archeologia della storia della filosofia. Certo qui non si so-

stiene dogmaticamente

che l’aristotelismo e la scolastica

Ogni traccia o documento si presta a interpretazioni multiple, e di per sè non rinvia necessariamente a quel deter-

minato singolare ‘#. Ma se, in un caso-tipo, immaginiamo la

convergenza

totale

della

serie

virtualmente

completa

41 « Pertanto, secondo noi, il problema del singolare si riduce a questa quistione nozionale o logica: quale collezione di note può permettere di distinguere un individuo da un altro?... Per designare ciascun individuo occorre supplire la definizione, che è impossibile, con una descrizione di qualità (PinARD DE LA BouLLAYE, op. cit., II, p. 512 sg.). Cfr. Scuminr, Hand. der Methode der kulturhist. Ethnol., p. 134: « L’ individuo umano come tale esiste una sola volta, e lo stesso può dirsi nel caso di un avvenimento storico o in quello in cui uno o più individui operano insieme passivamente o attivamente. Pertanto un tal accadimento può essere rappresentato solo idiograficamente, e non come parte indifferente di una serie o di un processo secondo leggi ». 4 PINARD DE LA BOULLAYE, op. cîit., IT, p. sr4sgg. Qui sarebbe la differenza, secondo il Pinard, tra accadimento storico e fenomeno fisico: quest’ultimo è univocamente determinato dai suoi effetti e dalle sue cause, laddove il primo è pura contingenza.

48 « Per quel che riguarda la conclusione, la matematica e la metafisica, scienze deduttive, si presentano nelle condizioni più favorevoli. L’una e l’altra vanno di conclusione in conclusione attraverso un tessuto fitto di dimostrazioni propter quid... Le altre scienze, invece, constatano, non spiegano (demonstratio quia)... Le scienze storiche (e le conclusioni della vita corrente che possono essere ad esse assimilate) si trovano a questo riguardo all’ultimo grado: giammai esse possono poggiare le loro deduzioni su un legame necessario, su un rapporto specifico di causa e di effetto, e pertanto non possono apportare allo spirito la stessa soddisfazione delle scienze rivali: la natura delle cose non lo consente» (PinarD DE LA BOULLAYE, op. cit., II, p. 548 sg.). 4 PINARD DE LA BOULLAYE, op. cit., II, p. 552. Sulla prova per convergenza o concordanza d’ indici probabili vedasi anche ibidem, p. 112 sgg. e p. 132; LAncLOIS et SeicnoBos, Introduction aux études historique, 2% ed., p. 173; BernHEIM, Lehrbuch der historische Methode, pp. 195, 480 sg., 524 sg.; ScaMIDt, Hand. der Methode der kulturhist. Ethnol., p. 137 sg. Come vedremo in altro saggio (p. 177 della presente raccolta), la prova per convergenza degli indici probabili assume, nella scuola storico-culturale, la forma dei due criteri fondamentali della qualità e della quantità.

regge

152

NATURALISMO

ge

E

i

=

STORICISMO

che l’ idealismo

si sostiene

e neppure

e lo sto-

ricismo siano la filosofia definitiva del genere umano: ma tale resurrezione, per essere legittima, deve implieffettivo

superamento

un

care

della

filosofia

sui

moderna,

da Kant a Hegel, e da Hegel a Croce. La filosofia moderna ha

superato

l’aristotelismo

criticamente

scolastica,

la

a ment

tutto accade

e il lavorio

riforma,

successivo

correzione

di

e

di rielaborazione della logica hegeliana non avesse avuto luogo. Per esser precisi, il Pinard dedica al pensiero di Hegel qualche pagina del primo volume della sua opera, ma quel che vi si legge tradisce in ogni rigo l’ incertezza e la superficialità di chi non se ne intende. I pochi spunti critici sono qui esposti come pensiero d’altri e quasi

con

esempio,

l’aria

questo

di

un

relata

referre.

Si

legga,

per

passo:

I filosofi hanno rimproverato fra l’altro ad Hegel la sua confusione fra ordine logico o ideale e ordine ontologico o reale: l’idea, di cui nè lo scetticismo, nè il sensualismo, nè

il criticismo

riescono

a giustificare

il

contenuto

rappre-

sentativo è divenuta non solo il calco più o meno perfetto del reale, ma la realtà prima, la sostanza universale, e questa realtà lo spirito umano si dichiara capace di comprendere integralmente. C'est une gageure!... Gli storici hanno protestato contro questa ricostruzione a priori della storia, Ja

cc

sua

Sic

Pinard

come se la storia della logica si fosse fermata ad Aristotele e a Tommaso, ed Hegel non avesse compiuto la

sn

solleciti

i

di Padre

così

di questa o quella

Mme

nella deduzione

sono

=

e che

2 iii

Invero,

esattezza,

i difetti di informazione

fatti

più

chiari”.

Ma gli intendenti sanno che le cose stanno molto diversamente dal modo semplicistico, superficiale, incompleto

7 Dara

di

aperta

fessione

153

Nè manca il solito accenno a Dio che sarebbe Hegel filosofante. La critica di Pinard al pensiero di Hegel è tutta qui. Il nostro gesuita, dopo questa rapida sortita, rientra soddisfatto nel suo fortilizio aristotelico-tomistico.



chiede, pertanto, che, almeno per cortesia, le si ricambi il trattamento, e le si procuri morte con tutti i sacramenti di un esame diligente ed esatto. Questo rilievo è tanto più grave in quanto è rivolto a studiosi che fanno prodenunziare scrittura.

STORICO-CULTURALE

quale non lascia posto nè alla influenza delle contingenze esterne, nè al libero giuoco «delle grandi individualità, e la cui arbitrarietà si tradisce attraverso la sottilità nelle spiegazioni dei simboli e la violenza esercitata sui testi, anche

non possano risorgere a nuova vita e debellare la filosofia moderna,

SCUOLA

LA

NELL’ETNOLOGIA

e largamente inesatto con cui le prospetta il Pinard. Essi sanno quel che di vivo e quel che di morto è nel pensiero dello Hegel; sanno che il rifacimento hegeliano della logica consisteva nella negazione critica dell’universale astratto come organo di scienza e nella scoperta dell’universale

del sapere;

concreto, vero organo

e sanno

anche che il successivo sviluppo della storia della filosofia, posto in chiaro il carattere economico dell’ intelletto e delle sue determinazioni, impugnato l’abuso hegeliano del metodo dialettico, scoperto il nesso dei distinti, dissolta la filosofia della natura e la filosofia della storia, mise capo alla identificazione della filosofia con la sto-

riografia, al concetto di filosofia come momento logico

della

ricerca

come

forma

unica

storiografica,

di

e

al

giudizio

metodostorico

sapere ‘.

4 PrnarD DE LA BouLLAyE, op. cit., I, pp. 263-65. Cfr. p. 535 sgg. (Les solutions philosophiques, leurs avantages, leur cohèrence respective) e, più generalmente, tutto il cap. X (Les courants du sidcle et le cours ° des siècles). 4 Per la dimostrazione di queste tesi rinviamo l’etnologo storicoculturale desideroso d’ istruirsi a una più severa meditazione su Kant e su Hegel, alle opere dei metodologi delle scienze (Mach, Avenarius, Brunschwicg, Eddington, etc.), e alla Poincaré. Bergson, Meyerson, filosofia

dello

spirito

di B.

Croce.

154

NATURALISMO

E

STORICISMO

LA SCUOLA STORICO-CULTURALE

NELL’ETNOLOGIA

Quanto poco il Pinard abbia sentore di questo complesso sviluppo dalla filosofia moderna, risulta in modo chiaro da queste sue parole:

d’ indici probabili va in pezzi, la

prova

provare ressa

Il concetto chità. tipi

Sulle di

di scienza

orme

di Aristotele,

dimostrazione,

ragione

dei

fonde,

e

fatti,

l’altra

si è molto

l’una che

scolastici

propter

assegnando quia,

gli

modificato che

cause

stabilisce

l’anti-

distinguono

quid

le loro

dopo

fornisce

immediate

solamente

la

due la

e pro-

realtà

dei

fatti, argomentandola dagli effetti prossimi e dalle cause remote. Poichè quest’ultima non spiega, non facit scire, non costituisce una dimostrazione

Da

questo

punto

di vista,

mette capo

a una

spiegazione

e una scienza che in senso largo.

scienza

sarebbe

razionale.

La

solo

quella

scienza

che

d’osserva-

zione, e in particolare la storia, in quanto escludono ogni nesso necessario, sono considerate scienze inferiori: il tipo di scienza è la filosofia prima

o metafisica.

Al

contrario

i moderni

sono

stati indotti a sospettare sempre più della metafisica, e a considerare come certe soltanto le conclusioni più immediate appoggiate modo

sull’esperienza

l’assenso.

Essi

sensibile, poichè

riservano

dunque

forzano il

nome

in qualche di

scienza

alle scienze sperimentali, e abbandonano le speculazioni ulteriori alla filosofia: la scienza minima degli uni è diventata la scienza tipo degli altri”. Questa

derni: solo

sarebbe,

invece, di

come

un’opinione

della modernità,

secondo

Pinard,

gli intendenti accreditata

e cioè

presso

l’opinione

ben

dei

sanno,

presso

un

mo-

si tratta

ramo

spurio

i positivisti.

Queste considerazioni fanno giustizia di un primo grosso viluppo di errori che viziano la « deduzione» del

Pinard. Una volta criticato il concetto di universale astratto, di ineffabilità del singolare, di certezza storica inferiore a quella metafisica e matematica,

tutta 1’ impal-

catura speculativa su cui poggia la prova per concordanza

in

DE

LA

BOULLAyYE,

of.

cît.,

II,

p.

11

sg.,

n.

1.

Del

unicamente

chi

trascinando resto,

l’attingibilità di una

storia fuori

ancora

nella rovina

quest'armeggio

postula

un

di noi fuori

per

inte-

di noi,

non chi è pervenuto alla consapevolezza che la storia del macrocosmo è nel microcosmo e che la certezza consiste unicamente nel riscoprirla in noi, nel riportarla alla memoria. D'altro canto, una volta postulata una storicità come assoluto passato, ogni fatica per riguadagnarla è vana: e la prova per convergenza d’indici probabili provvede allo scopo tanto poco quanto ogni altra che si voglia escogitare. Gli indici come tali non convergono nè

divergono:

sono

mute

cose

materiali,

medaglie

o

pietre o armi o scritture o gesti o suoni. Qui l’occhio vede senza guardare e l’orecchio ode senza ascoltare. La loro eventuale convergenza si dichiara alla ragione storica via via che il processo di anamnesi procede e il singolare prende forma e rilievo nella nostra memoria. Questa coscienza più o meno embrionale dell’accadimento storico,

questa

memoria

già in fierî,

scoprono

nessi

mai

prima di allora notati: le tracce sparpagliate e morte di ciò che fu un'unità organica e vivente cominciano a convergere, a ricomporsi, cioè, nella fisionomia dell’accadimento. D'altro canto determina mercè l’ausilio problema, pertanto, non

surda certezza degli indici in misterioso che altri ode. Ma per chi postula

la memoria storica meglio si delle scoperte convergenze. Il consiste nel garantire un’as-

che dovrebbe scaturire dalla convergenza sè, ma piuttosto nello spiegare il talento fa guardare ove altri vede, e ascoltare ove questo talento sarà sempre un mistero la storia

come

passato

assoluto.

La

evo-

cazione, l’anamnesi, la memoria storica sono parole prive di senso quando si riferiscono a un fuori di noi: come potremmo,

4° PINARD

quistione.

155

infatti, ricordarci di cosa che non fummo

e che altri fu assolutamente?

Osserva

Padre

mai

Pinard:

I 56

NATURALISMO

Sarebbe

senza

E

STORICISMO

dubbio

una

LA

NELL’ ETNOLOGIA

esagerazione

il pretendere

che

la storia debba limitarsi ad accumulare testi ed a enumerare fatti: essa esige, poichè solo a questo prezzo mette capo alla ricostruzione del passato, che si pesino i documenti, che li si spieghino

reciprocamente,

cercando

di ritrovare

la corrente

di vita di cui sono la morta traccia, e dipingendo la vita in modo così efficace che il lettore senta vibrare, attraverso le pagine, l’anima dei popoli scomparsi ‘. E

altrove:

Un uomo mediocre esita tra informazioni incomplete o divergenti: un soggetto meglio dotato districa in un batter d’occhio le connessioni rivelatrici: egli ha visto quando altri cercano

ancora...

Ora

se

l’aspetto

in buona parte, in virtù di questo reale,

non

c'è

qui

bisogno

individuale

fiuto, di

alcuna

si

di questo

determina, senso

giustificazione.

del O

tutta la ragione umana è votata all'errore, o questo procedimento dello spirito, da lei tenuto in gran conto, è del tutto legittimo ‘°. Ma, evidentemente,

Padre Pinard cerca qui di eludere,

con un'osservazione di buon senso, il grave problema che ogni filosofia dualistica deve affrontare: e cioè la ricomposizione della dualità ontologica nell’unità del pensiero”, 4 Op. cît., II, p. 116. 4° Op. cit., p. 520. 50 Lo Schmidt, dopo aver tentato di fermare il concetto di causalità culturale interna, così continua: « Tuttavia noi non siamo ancora penetrati nel suo intimo, non abbiamo ancora compreso la sua interiorità, non abbiamo ancora afferrato nella sua essenza il significato, l’anima, l’aspirazione di tali fattori di causalità culturale interna. Nella moderna storiografia si parla qui della necessità di sensibilità (Nachempfinden) storica, di simpatia (Sicheinfiùhlen), nel tempo e nello spazio, con l’anima di popoli stranieri » (op. cit., p. 240). Che cosa pensi lo Schmidt di questa facoltà meravigliosa di cui disporrebbe lo storiografo, non è chiaro: probabilmente nulla di ragionevole. L’unica determinazione di questo Nachempfinden o Sicheinfiihlen sembra essere piuttosto negativa,

Del

resto

bili pecca la espone

SCUOLA

la prova

anche

per

il Pinard,

STORICO-CULTURALE

per

altri

concordanza

rispetti.

questa prova

Nella

157

d’ indici

proba-

forma

in cui

si fonderebbe

sul prin-

cipio di ragion sufficiente: ma tale preteso principio non è piuttosto il risultato di esperienze più volte ripetute e la schematizzazione di probabilità che la pratica quotidiana mostra tanto alte da potersi considerare, per

comodità di azione, come certezze? Il principio di ragion sufficiente non è affatto un organo di teoretico sapere e una fonte di teoretica certezza, ma è, esso stesso, una regola di pratico dominio dei fatti, la norma quintessen-

ziata della legalità empirica. Si tratta di un'ipotesi di lavoro molto comoda, fondata sui fatti, e che serve a sua volta a ordinare altri fatti come se fosse un principio assoluto: la fictio giova ed è perciò pienamente legittima". Inoltre, dato e non concesso il valore logico del

e cioè l’antitesi con la « zergliedernde Verstand » (ScHMIDT, od. cît., p. 103). È stato osservato (e l’osservazione cade qui opportuna) che l'appello al sentimento costituisce, nella Istorica, il preannunzio del momento intuitivo del concetto storiografico, ovvero il riconoscimento, più o meno consapevole, di una reazione sentimentale dello storico rispetto al dato. « Chi ora — osserva il Croce — dopo la teoria del giudizio come sintesi a priori, parli del sentimento come fattore della storiografia, torna dal chiaro al confuso, e dalla luce, se non proprio alla tenebre, al crepuscolo » (Croce, Filosofia della pratica, p. 18). Nel caso dello Schmidt il crepuscolo è più notte che giorno. L’ illustre etnologo, sia detto qui incidentalmente, accetta in generale le tesi metodòlogiche del Pinard, da lui stimato un filosofo di tempra: « Mit grosser Klarheit (!) und mit solider philosophischer Unterbauung (!!) legte P. H. Pinard de la Boullaye in seinem bedeutungsvollen Werke L’étude comparée des religions die kulturhistorische Methode dar, und wirkt dadurch in filhrender Stellung mit an ihrer ausseren Verbreitung und an ihrem inneren Ausbau» (ScHMIDI, od. cit., p. 73). 51 La critica dell’universale astratto e del dualismo fra verità di ragione e verità di fatto implica la critica dei due principî logici, di identità (astratta) e di ragion sufficiente. Il principio logico è uno solo, la funzione identificante concreta (identificante-distinguente) della mente: quanto al principio di ragion sufficiente, esso appartiene all’ intelletto e ha un valore pratico.

158

NATURALISMO

E

STORICISMO

LA

NELL’ETNOLOGIA

principio di ragion sufficiente, il Pinard prospetta la cer-

SCUOLA

STORICO-CULTURALE

159

Quanto poco una etnologia condotta con i metodi della

della

scuola storico-culturale sia capace di penetrare l’obbietto

serie virtualmente completa degli indici probabili), il che equivale a fondare una certezza-tipo, di cui lo storico, che ha bisogno di certezze concrete, non sa che farsi. Meglio dunque avrebbe fatto il Pinard ad accettare la

della ricerca, è dimostrato dal fatto che gli stessi rappre-

tezza

solo per un

tesi

del

non

esce

come

caso-tipo

Seignebos®,

il quale,

dall'ambito

il Pinard,

(la convergenza

della

con

maggiore

probabilità,

di rivendicare

totale

coerenza,

e non

per la verità

pretende,

storica l’as-

soluta certezza (sia pure di qualità inferiore alla certezza matematica o metafisica). E che di probabilità si tratti, e non di certezza, è mostrato dal paragone che il Pinard istituisce fra la storiografia e la fisica, e fra la prova

per

convergenza

baconiana .

Tale

esplicita

questa

in

d’indici

probabili

e 1’ induzione

assimilazione

pericolosa

ingenua

dichiarazione

diventa di

poi

Padre

Schmidt:

sentanti della scuola affidano tale penetrazione alla psicologia,

rigorosamente

scientifico,

non

di semplice

natura

morale.

Un

altro metodo non è, nella storia, affatto possibile, ma è d’altra parte sufficiente allo scopo, sempre che lo si usi con tutto il rigore che esso esige, e con i criteri fondamentali e ausiliari di cui abbiamo or ora fatto la conoscenza. Del resto anche

la

moderna

fisica

statistica

poggia

sugli

stessi fondamenti filosofici e logici. J. H. Steward mi segnala che anche le più esatte leggi della natura da un punto

di vista

filosofico

sono

soltanto

determinazioni

fornite

della più alta probabilità, fatto questo che è stato riconosciuto oggi generalmente dalla moderna alta matematica e daila teoria delle scienze della natura”. 52 SercnoBos, Introduction aux études historiques, 5° PINARD DE LA BouLLAyE, op. cit., I, p. 531. 5 SCHMIDT, od. cit., p. 135: da leggersi l’intero gische Beweiskraft der methodologischen Kriterien).

2%

ed.,

p.

paragrafo

168. (Lo-

a

considerar

il metodo

storico

esterna per cause ed effetti. Se-

I metodi per condurre la storia della cultura (e in particolare quella religiosa) sono due, e cioè il metodo storico, per comprendere

il corso

esterno

degli avvenimenti

e la loro con-

catenazione per cause ed effetti, e quello psicologico, penetrare nell’ intimo delle disposizioni psichiche *.

per

In altri termini, la psicologia dovrebbe realizzare quella Einfihlung

che

il metodo

storico,

come

tale, non

riesce

a compiere! Or è chiaro, in primo luogo, che le classi e le sequenze psicologiche, e in generale la conoscenza ordinaria

Questo metodo dimostrativo (e cioè la prova per convergenza d'indici che lo Schmidt accetta) è completamente e

rassegnandosi

come una descrizione condo lo Schmidt:

qualunque

dell'anima

umana,

documento,

possono

la memoria

aiutare,

come

un

del fatto individuale,

ma fermo resta il punto che la simpatia per l’obbietto è, in sè, unicamente il frutto della ragione storica; in

secondo luogo, che la storia esterna, cioè il filologismo, non potrà mai diventare interna nè per intensificazione del suo procedimento, che resta pur sempre esteriore, nè per grazia di quella scienza classificatoria e naturalistica che è la psicologia, nè per la combinazione del duplice naturalismo, filologico e psicologico; in terzo

luogo

la

ricerca

delle

cause

degli

atti

umani

(cause

psichiche: altri fatti psichici; o cause fisiche: clima, spinta razziale, ambiente naturale e geografico, malattia

55 ScamiIDt, Ursprung der Gottesidee, I, 796; cfr. 573 sgg., 636, 802; Handbuch etc., 256; PINARD DE LA BOULLAYE, of. cit., I, p. 446. Per critiche secondarie al psicologismo evoluzionista, vedi ScHMIDT, Ursprung etc., I, pp. 236, 758.

«Re

«*

fsi =

E

NATURALISMO

160

SFR

paga = “ fg

STORICISMO

LA

NELL’ ETNOLOGIA

o sanità, etc.) non spiega nulla, malgrado rigore scientifico. Scrive il Croce:

l’apparente

Quando un uomo, che nell’austerità delle lunghe meditazioni, ha formulato una nuova teoria, o che nella migliore purezza del suo cuore ha compiuto un'azione moralmente ispirata, ode gente che si mette a ricercare le cause della sua azione, e che le ritrova, poniamo nella brama di lode o di fama, o in un dispetto o in una vendetta, e magari nella buona salute e nella prosperità di cui egli gode e che si effonde

generosità;

nell’allegra

e

che

gente

altra

ricerca

ia

causa della nuova dottrina e la scopre in certe impressioni che l’autore ricevette da giovane, in un certo libro che gli è accaduto di leggere, in un certo effetto personale che si sarebbe proposto di conseguire, giustamente quegli si infastidisce e si sdegna, perchè il metodo che si adopera verso di lui, quanto iniquo come tessuto di calunniose immaginazioni, altrettanto è logicamente scorretto. Corretto comincerebbe ad essere soltanto se si riuscisse a dimostrare che l’azione di cui si parla non è buona, e la dottrina proposta non è vera; e del male e dell'errore si venissero poi indagando le circostanze per differenziarli da altri simili mali ed errori 9,

Ma è proprio questa qualificazione del fatto secondo le categorie del giudizio storico che la scuola storicoculturale si inibisce per la sua fisima di voler mantener la storia

pura

da

valori

filosofici,

e lo

storico

sforzo

nello

nelle

insinuare

realizzare

di

proprie

sofia discutibilissima,

dignità

questa

pretesa,

metodologiche

in cui la causalità

lasci

una

poi

filocome

è assunta

spiegazione degli atti spirituali? In ogni caso un punto è certo:

la scuola storico-culturale non

58 Croce,

La

storia

come

pensiero

e come

riesce a superare azione,

p.

STORICO-CULTURALE

l’ipotetismo della vecchia etnologia. non è superabile mercè l’elaborazione o dei mezzi tecnici di ricerca filologica, di un’analisi speculativa che verta sui

161

Questo ipotetismo il perfezionamento ma solo in virtù principî.

xo Aok Malgrado

questi

limiti,

l’etnologia

storico-culturale

rappresenta, sempre rispetto al metodo (quanto al resto qui non è discorso), un notevole progresso rispetto all’etnologia evoluzionistica. In primo luogo rivendicò la scuola storico-culturale il valore dell’ individuale nella storia,

e tentò di mantener

distinto il metodo

storico

da

quello delle scienze naturali. Tuttavia l'efficacia di questa rivendicazione e l’energia e la coerenza di questa distinzione

risultano

compromesse affermare

considerevolmente

da un persistente

che le scienze

naturali

limitate,

o addirittura

naturalismo. tendono

Non

basta

al tipico, lad-

dove la storiografia valorizza il singolare”: se questa affermazione non è accompagnata dalla consapevolezza che la storiografia è l’unica forma di conoscenza che le scienze particolari rappresentano solo un ordinamento pratico-economico della realtà storica, subito il singolare poc'anzi affermato si naturalizza, e la distin-

zione istituita fra saper storico e scienze particolari vacilla e perde consistenza. Ora questo secondo passo gli

perinde

ac cadaver per falso amore d’obbiettività. Che meraviglia se,

SCUOLA

212

Sg.

57 GRAEBNER, Methode der Ethnologie, p. 3 sg.; ScamIDT, Handp. 16; PINARD, passim. 58 Il Croce giustamente lamenta che se il primo punto è ormai acquisito al pensiero europeo, non altrettanto può dirsi del secondo: « Un punto che rimane ormai acquisito è la distinzione del metodo storico o individualizzante dal metodo naturalistico o generalizzante, cioè la rivendicazione della storiografia contro il positivismo ed ogni metafisica positivistica: rivendicazione che fu opera precipua di pensatori tedeschi e italiani ed ebbe i. suo culmine intorno al 1900. Ma questa distinzione è rimasta di solito quale si presentava nel Windelband e nel buc,

E.

pe

MartINO.

II

NATURALISMO

162

E

LA

NELL’ ETNOLOGIA

STORICISMO

compiono: etnologi della scuola storico-culturale non lo

tralignò dizî

one convergenza d’ indici probabili è assimilata all’ induzi one induzi 1’ mentre baconiana: ne differisce solo perchè

a generalizzazioni,

che

reale è proprio

quella

dello

idi ricordarsi quel dimenticato se stesso che è l’accad reale, di nulla dà non fisico del rienza l’espe che e mento,

ma

è inopia della mente In un altro punto

citato un cioè

nella

benefico critica

e del cuore.

la scuola

influsso

storico-culturale ha eser-

sulla storia

dell’evoluzionismo

e

dell’etnologia, dei

suoi

e

schemi

meccanici dal più semplice al più complesso, dal più basso al più

alto.

Ma,

come

già

avemmo

occasione

particolare,

i

etnologia

sussiste

una

i giu-

evoluzionistica:

confusione

etnologia,

rappresentanti

contro che

ispirandosi

ma,

a

è d’uopo

al lucreziano

e del materialismo

nel compiaciuto

atteggia-

mento del navigante dantesco che dalla riva sicura guata l’acqua perigliosa, cioè, fuor di metafora, nell’atteggia-

nell’atto

storico

della

La ‘vecchia

positivismo

lo storico, che è di fronte a fatti unici ed irrinon lo può. Sfugge così al Pinard che la vera

esperienza

valore

riguardo

chiarire.

qui non sarebbero in alcun caso legittime”. Di qui la conseguenza che il fisico può sperimentare per provare, laddove petibili,

In

163

«tanto potuit religio suadere malorum », nascondeva un sottinteso polemico, più o meno esplicito, contro le aberrazioni della superstizione, e intendeva concorrere per ciò che le spettava, a sgombrare le menti da a nebbia, e a far rifulgere in loro la luce della «science». Talora è possibile sorprendere i nuovi illuminati del

dei fatti uniformi, procede alla formulazione della legge, la prova storica, riconosciuta la causa contingente che giustifica la concordanza degli indici, a questo accertasenza procedere

di

questo

te sperimentale, dopo aver determinato l’antecedente costan

si arresta,

palesemente.

STORICO-CULTURALE

della scuola storico-culturale polemizzano

diventa malcerto ed anche il primo, mancando il secondo, la prova per ed esitante. Secondo il Pinard, per esempio,

mento

SCUOLA

di notare,

la polemica contro la filosofia evoluzionistica si tramutò in polemica contro la filosofia: e qui la giusta esigenza non si è innalzata Rickert, distinzione di due metodi del conoscere, e non può alla considerazione che di metodi del vero e proprio conoscere sarà bensì, ed esservene se non uno solo, e che perciò l’altro dei due ma non già in anzi è certamente legittimo, avendo il suo proprio uso, termini non si quanto forma vera e propria di conoscenza. In altri della verità è vede con chiarezza che metodo del conoscere e metodo è metodo non unicamente quello storico e che il naturalistico, invece, e classificare, e perciò tanto del conoscere ma dello schematizzare come Pensiero e astratto quanto il primo è concreto » (CROCE, La storia come Azione, p. 296). 59 PINARD DE LA BoUuLLAYE, op. cit., II, p. 531.

mento di adoratori della « Raison» e di spregiatori quel tessuto di illusioni e di errori, di quella vicenda

di di

patologici atteggiamenti dello spirito che fu l'umanità primitiva.’ Sfuggiva così quel processo che dai «figliuoli dei Polifemi» condusse all'umanità degli Aristidi e dei Scipioni africani, nel che è il tratto essenziale di una etnologia storicisticamente orien-

tata. mine

La

scuola

a questo

confondendo

storico-culturale stato

in una

di cose, ma

stessa

si adoperò poi andò

formula

a por

ter-

oltre il segno

verbale — i gitidizi

di valore — due atti dello spirito diversi, e cioè le espres-

sioni del sentimento e la qualificazione del fatto secondo categorie. Ora è stato mostrato — ed in Italia è verità ormai nota agli intendenti — che le espressioni del sentimento debbono essere respinte dal racconto storiografico in quanto momento costitutivo di esso (rifiuto della storiografia di tendenza o praticistica), ma che, d’altra parte, la qualificazione del fatto Secanilo categorie speculative determinate’ (Vero, Bello, Buono

Santo, Utile, Giusto, e altrettali) non può essere E alcun modo eliminata da quel racconto, almeno che non

NATURALISMO E STORICISMO NELL’ ETNOLOGIA

164

soggettività

quella

storiografia

dalla

bandire

si voglia

LA

come

in poi, è stata riconosciuta

universale che, da Kant

la vera oggettività (rifiuto del filologismo)”. Ed è stato altresì mostrato che la separazione della storia dalla filosofia perde, in uno, la storia e la filosofia: perde la che,

storia,

del

decurtata

lume

suo

speculativo,

diventa

preda delle determinazioni naturalistiche della spazialità della temporalità e della causalità; perde la filosofia, che, svuotata di ogni concreto contenuto, si fa o mitica filosofia della storia o inconcludente metafisica e teologia”. Ma, evidentemente, i rappresentanti della scuola storico-culturale hanno dimenticato quella profonda dignità kantiana che dichiara cieche le intuizioni concetto e vuoti i concetti senza intuizione.

senza

Sebbene l’esattezza filologica non sia storia, tuttavia essa costituisce un bene prezioso, una garanzia solida opposta

ai giuochi dell’immaginazione e agli arbitri del sentimento. Nessuno può.contestare che, in tale ambito, l’esattezza delle informazioni etnologiche sia ora di molto progredita rispetto al passato. Restituire l’esatta lezione di un testo, dichiarare le interpolazioni, fissare le attribuzioni

e le provenienze, ricostruire le genealogie, distinguere le redazioni successive di un’opera, determinare l’ordine cronologico

esterna,

stuale

successione

con

esercitare

parola non

di

60 Si

veda

acribia

il saggio

del

Croce,

per

« I

una

rigorosa

supra,

p.

129

Sg2.

eurisi

riportare

giudizi

moderna » (nel Saggio sullo Hegel, p. 396 sgg.). 81 Cfr.

di testi,

serie

è fatica indispensabile,

un’agevolezza

è forse

di una

di

in una

critica

te-

necessaria:

alla memoria

valore

nella

lo sviluppo

filosofia

STORICO-CULTURALE

165

interno del pensiero

di Platone l’ordinamento

cronologico dei dialoghi platonici secondo il criterio stilometrico del Lutoslawski? Analogamente, per i popoli senza storia scritta, isolare, nella massa confusa dei fatti etnologici, un certo numero di culture, accertare

le zone d’ influenza e i tipi culturali misti, seriare cronologicamente la successione delle varie culture in una regione data, o, addirittura, sulla superficie terrestre, tutto ciò serve a riordinare il materiale documentario ‘in vista di una possibile individuazione storica, ad apprestare, per così dire, il corpo materiale e sensibile a cui poi, quando Dio vorrà, sarà comandato lèvati e cammina. Ad ogni modo il guadagno di esattezza conseguito mercè

Infine c’ è una terza ragione per cui la scuola storicoculturale ha ben meritato dell’etnologia, ed è la grande esattezza filologica ch’essa ha instaurato in tali ricerche.’

SCUOLA

="

questo ordinamento

spaziale

e temporale

e causale

delle culture è, come si è detto, innegabile. Oggi non è più possibile accogliere un gran numero di vecchie tesi evoluzionistiche, come, per triarcato dal matriarcato,

esempio, l'evoluzione del padell’ istituto monogamico dalla

promiscuità, della proprietà dal del monoteismo dal preanimismo e il politeismo.

Questi semplicistici

comunismo primitivo, attraverso l’animismo schemi

evolutivi

sono

contraddetti dall’accertamento filologico: infatti, riguardo il primo punto, la scuola storico-culturale ha accertato che il sistema a quattro o a otto classi matrimoniali (secondo gli evoluzionisti anello intermedio fra il matriarcato e il patriarcato) si trova esclusivamente lì' dove il sistema a due classi con matriarcato entra in contatto con formazioni totemistiche e patriarcali, e cioè per una combinazione di due culture diverse e indipendenti: il matriarcato e il patriarcato non si dispongono quindi come fasi di un’unica evoluzione, ma come due vie per cui si è incamminata la umana società, due vie, che,

almeno per un certo tratto del loro percorso si sono mantenute

senza

contatto.

Riguardo

al

secondo

punto,

la

E STORICISMO

NATURALISMO

166

LA

NELL’ ETNOLOGIA

etnologia storico-culturale ha mostrato che l’ istituto monogamico

si trova

presso

etnologicamente

le culture

più

antiche (per es. quella dei Pigmei), sì che lo schema di Morgan (su cui Freud basa tuttavia la sua edificante teoria !) si dichiara palesemente una costruzione di fantasia. Riguardo al terzo punto l’analisi storico-culturale ha

mostrato

nelle

che

civiltà

più

antiche

esiste

non



proprietà esclusivamente collettiva nè proprietà esclusivamente individuale, ma l’una e l’altra insieme, nettamente sviluppata, sebbene ciascuna riferita a una classe di obbietti determinati. Infine, contro la quarta tesi, la

in evidenza il fatto

etnologia storico-culturale ha messo sconcertante

dalle

col procedere

che,

a quelle più antiche,

i fenomeni

culture

religiosi

più

recenti

relativamente

inferiori (naturismo, manismo, animismo, magismo) tendono ad attenuarsi, e la credenza in un essere supremo a farsi dominante e pressochè esclusiva. Qualunque sia

per essere la effettiva storia che si vorrà tentare sulla base di tali accertamenti, fermo in ogni caso resta il punto che le sequenze semplicistiche della etnologia evoluzionistica vanno, in blocco, respinte. D'altra parte la identificazione del ciclo dei grandi pastori nomadi ha consentito di rifiutare la derivazione dell’allevamento del bestiame dal totemismo, dappoichè nel ciclo dei grandi

pastori

il totemismo

è

inesistente,

ma

l’alleva-

mento del bestiame è attivamente esercitato. Tutti questi accertamenti

sono

certo

preziosi,

e anzi

l’etnologo

mo-

derno, storicamente orientato, non può in alcun modo trascurarli: e come lo storico, poniamo, del proto-cristianesimo conduce le sue ricerche su un'edizione critica del Nuovo Testamento, così è d’uopo che lo storico del mondo primitivo abbia sotto gli occhi una carta culturale aggiornata. Ma, anche qui, al riconoscimento di questo merito della scuola storico-culturale deve subito accompa-

gnarsi

tiscono

una

SCUOLA

limitazione.

STORICO-CULTURALE

Le

in pieno la storia

regole

dagli

zione solo quando, nell’ impiego,

della

arbitrî

filologia

167

garan-

dell’ immagina-

sono a loro volta frenate

dalla prudenza della ragione storica: ma ove questo freno faccia difetto, possono metter capo agli arbitrî dell’ intelletto. Or è proprio questa la deficienza della scuola storico-culturale: una esorbitanza continua della filologia dalla sua propria sfera. Quali siano i principali aspetti di tale esorbitanza filologica, e quali danni ne derivano per il sapere storiografico-etnologico, nel presente saggio abbiamo tentato di chiarire.

IV INTORNO

AD ALCUNE

SCRITTURE

DI METODOLOGIA ETNOLOGICA. —

Chi voglia farsi un'idea esatta dei procedimenti tecnici di lavoro della scuola storico-culturale può consultare con profitto il recente Hand. der Methode der kulturhist. Ethnol. dello Schmidt (con la collaborazione di W. Koppers)*®. Questo manuale costituisce una correzione, uno sviluppo e una chiarificazione della famosa Methode der Ethnologie del Graebner (1911), e, più precisamente, vorrebbe essere, almeno in prevalenza, una raccolta di regole di lavoro della scuola storico-culturale. Come tale il manuale in quistione rientrerebbe nella categoria delle opere di precettistica e di tecnica filologica. + Sta di fatto, però, che una distinzione rigorosa tra principî speculativi e regole pratiche non èx affatto chiara nella mente dello Schmidt, dappoichè il procedimento naturalistico che presiede alla formazione delle regole è

qui

operante,

come

avemmo

occasione

di

notare

in

altra sede”, anche nella formazione dei principî. Una siffatta confusione ingenera, com’è chiaro, cattive re-

1 Minster, 1937. 2 Vedasi, nella presente raccolta, storico-culturale », p. 119 Ssgg.

il saggio

« I principî

della

scuola

NATURALISMO

170

E

NELL’ETNOLOGIA

STORICISMO

SCRITTURE

DI

METODOLOGIA

ETNOLOGICA

I7I

gole, in quanto il naturalizzare, che è proprio della pre-

viaggi

cettistica tende, per le malferme distinzioni, ad esorbitare dalla sua propria legittima sfera.

raccolti nei musei etnologici)”. Or è chiaro che in questa pedantesca classificazione si mescolano il legittimo e l illegittimo, l’opportuno e l’ inopportuno. È senza dubbio

del presente saggio l’esposi-

cade nell'economia

Non

e particolareggiata di questa precetaccennare quanto basti a sottolineare

sistematica tistica, ma giova

zione

la presenza

non

tanto

non

ci sarebbe

del tratto naturalistico

di tale naturalismo. La sezione del manuale in sostanza,

spondente

sezione

le fonti?

riguarda

che

riadattamento

un

è,

corri-

della

alla etnologia

e pertanto

del Feder*,

del Lehrbuch

(del che

l’esorbitanza

quanto

luogo ad accusa)

offre qui un interesse specifico limitato. Lo Schmidt classifica le fonti rispetto alle origini e al valore gnoseo-

alle

rispetto

logico:

contemporanee

le

origini

possono

fonti

o posteriori all’avvenimento,

niere,

immediate

logico,

le fonti

locali o stra-

gnoseo-

rispetto al valore

o derivate; si distinguono

in reali

essere

(o in connessione

ontologica con l’accadimento) e in parlanti. Le fonti reali sono virtuali, perchè contengono la storia del fatto solo potenzialmente, e mute, perchè non parlano di per sè ma

o

legittimo,

di

spedizioni,

e forse

guide

di qualche

o

descrizioni

utilità,

di

oggetti

classificare

le fonti

rispetto alle origini in varia guisa (sebbene lo scrivente ha qualche dubbio sull'opportunità di fare sfoggio di tanta scientifica precisione per cose che ogni storico coscienzioso apprende d’ istinto, senza leggerle in nessun manuale di precettistica): ma è illegittimo e falso distinguere le fonti in reali (o virtuali o mute) e in parlanti, poichè questa distinzione poggia sulla già più volte criticata illusione di una storia sigillata nelle fonti, da

cui sarebbe possibile attingerla mercè la fatica tecnica di disserrarla. Invero, non esistono fonti mute e fonti parlanti: chè, se fossero davvero mute, chi mai le farebbe parlare? E se fossero davvero parlanti, in che differirebbe

il compito diligente

Le

fonti

dello che

sono

storiografo

scrive

tutte

senza

da errori

parlanti

quello il

e tutte

dello

suo

scolaretto

bravo

mute,

dettato?

a seconda

invece

che il processo di anamnesi, attraverso esse stimolabile, si produce o°non si produce. Un’arma, una foggia di

il dono di informare attualmente sulla cosa. Le fonti reali virtuali e mute si suddividono, a loro volta, in fonti reali materiali o residui (strumenti, armi, oggetti d’arte,

vestire, un modo di sepoltura (le fonti mute o virtuali della classificazione) possono aiutare a fermare un tratto di storia umana con maggior evidenza di una tradizione

psi-

orale o scritta, o di una relazione scritta. Evidentemente la distinzione fra storia e cronaca è qui del tutto obli-

bisogna

cibi,

farle parlare:

abitazioni,

le fonti parlanti

sepolture

e simili),

avrebbero

e in fonti

reali

chiche (documenti linguistici, istituti giuridici o eticoreligiosi, etc.); le fonti parlanti sono costituite dalle narrazioni esplicite dell'accaduto, e si suddividono in tradizioni

attinenti

orali

ai fatti

o scritte,

(nel

e in

caso

relazioni,

orali

dell’etnologia:

8 Handbuch etc., p. 81 sgg. 4 Fener, Leehrbuch der geschichtlichen 3% ed., p. 85 sgg.

Methode,

o scritte,

relazioni

Regensburg,

di

1924,

terata °. ” Nè si dica che tutto ciò è sottinteso dallo e che

la

sua

classificazione

ha

solo

un

Schmidt,

valore

pratico

o di comodo:

il fatto è che egli conferisce esplicitamente

un significato

teoretico alla sua classificazione delle fonti

5 Hand., pp. 83-6; cfr. FEDER, of. cîit., p. 85 sg. 8 Cfr. Croce, Teoria e storia della storiografia, p.

3 sgg.

172

NATURALISMO

STORICISMO

E

SCRITTURE

NELL’ ETNOLOGIA

che egli la consiin mute e parlanti, come prova il fatto dem Erkennnach en Quell der dera una ». i Ancora una volta, nel caso dello Schmidt (e in generale della scuola storico-culturale) manca la distinzione fra i due piani della ricerca, il che genera, inevitabilmente, l’esorbitanza del procedimento naturalistico. Muovendosi sul piano empirico è, per esempio, impossibile attingere la organicità del ciclo culturale: chè anzi la efficacia

del criterio

quantitativo

è condizionata

dalla

« indipen-

denza reciproca» delle qualità concordanti. La considerazione organica dell’obbietto appartiene al momento storiografico sintetico ed individuante, non a quello filologico analitico e dissezionante. Il Krause mosse alla

scuola storico-culturale l'accusa di erigere i suoi cicli di cultura atomisticamente, come aggregato di elementi.®: “

8° Si vedano, del Krause, i seguenti scritti: Kulturwandel und Volkstum (Mitt. der Wiener Anthropologischen Gesellschaft, 1929, vol. LX, pp. 247% 5); Vòlkerkunde-Anthropologie-Ethnologie (Ethnologischen Studien, I, 1931, p. 235 sgg.); Ehtnology and the Study of Culture Change (Africa, V, 1932). Si veda anche lo scritto del KopperS, Fr. Krauses « Strukturlehre» als Teil der kulturhistorischen Methode (Anthropos, XXII, 1927, p. 14 sgg.).

cultura atti a soddisfare tutti i bisogni fondamentali umani (economici, sociali, religiosi, etc.), come organismi tali che nessuna loro parte può essere omessa senza recar danno a un sostanziale bisogno *. In primo

luogo, quali sono questi bisogni o interessi di cultura? Evidentemente

minare

solo una

filosofia

dello spirito

può

deter-

il quadro delle categorie ideali che costituiscono

l’ intelligenza

della

la individuazione speciale,

realtà

storica.

In

secondo

luogo,

per

storiografica fa d’uopo un interesse

e una storia generale

della cultura non

può

non essere disorganica: ciò che scopre l’organico nel caos atomistico del cronachismo e del filologismo è solo un

interesse

storiografico

specifico *.

Per quel che riguarda l’elenco dei Zeitmesser forniti «dalla scuola

storico-culturale

è da dirsi, in generale,

che

si tratta di espedienti utili, che possono giovare all’eurisi (0 al riordinamento provvisorio del materiale etnologico in attesa di interessi storiografici specifici). Si tratta di regole che valgono come indici, e che sono quasi sempre

limitate da un «per lo più » o da un «salvo eccezione ». 8 Hand.,

p,

163 sg.

Cfr.

ScHMIDT

e Koprers,

ren, p. 70. %

CRrocE,

Teoria

e storia

della storiografia,

p. 4I

Vòlker Sgg.

und

Kultu-

190

NATURALISMO

E

STORICISMO

NELL’ ETNOLOGIA

SCRITTURE

a- . Ma, anche qui, ove si scambi il mezzo euristico dell’an apre‘ si , mnesi storiografica con la storia vera e propria il varco all’aberrazione di un regresso verso il passato per sottrazione di determinazioni positive e per progres mente pratica resto un a fino resti, di sivo assottigliamento e non più assottigliabile che si assume come ultimo tal In catena. della anello primo come cioè vo, definiti modo

opportuna,

la fictio, più o meno

acquista

indebita-

mente pretesa di realtà, e il vuoto della ragione storica è proclamato, indebitamente, storia d, Analoghe limitazioni sono da farsi alla sezione del Manuale che tratta della causalità culturale. Ormai il lettore,

che

abbia

inteso

lo

spirito

della

nostra

critica,

può da sè effettuare, per questa sezione, le integrazioni,

le correzioni o i rifiuti necessari. Qui basteranno alcune osservazioni di carattere generale. Il problema, nella sua impostazione naturalistica, è il seguente : « Quali sono

i fattori dell'evoluzione culturale?». L'indirizzo antropogeografico (Ritter, Kapp, Kohl) risolve il quesito considerando come fattori determinanti dell'evoluzione culturale il clima, la configurazione geografica, etc.: anche il Bastian, sopratutto per quel che si riferisce alla sua

teoria dei Vélkergedanken dipendenti dall'ambito geografico, si muove sostanzialmente sul medesimo piano. L'indirizzo

ecclettico,

a cui appartiene lo Schmidt,

rico-

nosce, sì, alla natura efficacia causale rispetto all’evolu-

zione culturale, ma cerca di ristabilire l'equilibrio a vantaggio dello spirito, sia sottolineando un’altra forma

di causalità esterna non fisica —la causalità esercitata dall'ambiente umano e dai suoi prodotti —, sia ponendo in evidenza una causalità interna procedente dallo stesso soggetto culturale, sia, infine, riaffermando la reazione 85 Si veda, per questa parte, il nostro saggio, sente raccolta, « Un mal posto problema etc. », p.

compreso 77 SE8.

nella

pre-

DI

METODOLOGIA

ETNOLOGICA‘

da parte del soggetto culturale in cospetto

I9I

delle influenze

esterne, e la funzione non determinante, ma pedagogica esercitata dalla natura sulla cultura umana ®. Ora è da osservare che e l’ecclettismo

il problema stesso, a cui il materialismo cercano di rispondere, è male impostato:

assumere come fondamentale la ricerca delle cause dell'evoluzione è già un porsi fuori della considerazione | storiografica, è un risolvere il circolo della vita spirituale nelle

singole

tangenti

per

ogni

sto

punto.

Ciò

che

lo

storiografo ha per obbietto della sua ricerca non è mai la causa esterna, e neppure l’azione e la reazione fra esterno ed interno, ma unicamente il nesso dialettico necessità-libertà, cioè il dramma della libertà umana che

si fa attraverso

certe condizioni.

Le quali condizioni

(clima, suolo, istituti umani...) hanno questa particolarità : sono elette e riconosciute come tali, e quindi rese condi zionanti, dal soggetto umano nella libertà del suo agire in questa

cernita

elettiva

subendo

un

incremento

e ist

elaborazione psichica che costituisce l’obbietto della storiografia. Anche qui nulla vieta che, in via euristica, la ricerca delle cause giovi e sia indispensabile: e nulla dea che, dal punto di vista della tecnica filologica si enumerino pa classifichino le possibili cause dello sviluppo culturale : ciò che importa è, come si è ripetuto più volte nel passo del presente saggio, non confondere i due piani della ricerca, il naturalistico e lo storico.

L’etnologia funzionale (a cui può associarsi la Strukturlehre del Krause) è nata da una reazione al diffusionismo talora esagerato e all’atomismo della scuola storico-

culturale”.

Il

funzionalismo

puro

intende

limitare

la

x36 a ener e Korrers, Véòlker und Kulturen, p. 51 sgg doro dr e voce a favore di una revisione dei principî della scuola rico-culturale si è levata anche nell’ambito che fa capo alla rivista

192

NATURALISMO

E

SCRITTURE

NELL’ ETNOLOGIA

STORICISMO

preoccuparsi

METODOLOGIA

ETNOLOGICA

di prospettive cronologiche più

nale è o meno ipotetiche. Tale determinazione funzio attuale o, riment l'espe mercè zo, indiriz l’ da farsi, secondo € di azioni di sso comple giuoco del vivo, e colto sul funIl vo. primiti mondo e a europe civiltà fra i reazion e, esigenz due le zionalismo temperato intende conciliare In *, gia etnolo funzionale e storica, della più recente

e non

di compromessi

più

o meno

diplomatici.

Espressione del nuovo orientamento (e più precisamente del funzionalismo temperato) è, per esempio, il già citato scritto metodologico del Mihlmann. L’autore ritiene che l’etnologia sia disciplina che trovasi al punto divisorio

fra la biologia

e la storia,

è

tenente

sia alle scienze della natura

che più espressione che superamento della crisi interna ocronol dal o, tomism Dall’a ico. travaglia il sapere etnolog si urale o-cult storic scuola della ismo gismo e dal causal di olet male che icità organ una a trascorre qui nella biologismo, e che in ogni caso stenta a distendersi

spirito.

Dai

sempre

secondo

generale,

l’etnologia

dimensione

storica:

funzionale

a

percorrer

(o

storico-funzionale)

questa

strada

fino

193

fondo, il punto di arrivo è Spengler, non Vico. Nè vale tentar di comporre il dissidio combinando empiricamente le due esigenze, poichè qui si tratta di risoluzioni teoriche,

funzione ricerca etnologica alla determinazione della di cui fa mo rganis di ciascun elemento culturale nell’o parte, senza

DI

SI

-

ne

»>

am

in

del Van BULCK, Beitrige Anthropos: vedi il contributo metodologico Beitrige sur Kulturgesch. und sur Methodik der Vòlkerkunde (Wiener Linguistik, II, 1931). i criteri del puro funzio88 Un esempio di lavoro condotto secondo The Andaman Islanders (Camnalismo è quello del RADCLIFFE-BROWN, ha manifestato opinioni più bridge, -1922). Ma, da recente, l’autore (si veda il suo articolo « On storico metodo del riguardi nei e temperat American Anthropologist, in », life social in function of the concept lismo moderato 1935, Pp. 394 Sgg.). In generale il funziona XXXVII, si veda l’articolo del LESSER, tende a prevalere nella moderna etnologia: XXXVII, Anthr., (Amer. in social Anthropology» « Functionalism A, « Field Methods in the 1935, 390 sgg.) e lo scritto dello SCHAPER 1935, P. 314 sge.). FunStudy of Modern Culture Contacts » (Africa, ld. L'espressione e il zionalista temperato può considerarsi il Thurnwa » si ritrova per la prima le funziona metodo « concetto ndente corrispo of the Western Pacific volta nell'opera del MaLInoWSKI, Argonauts gica che precede la terza (1922). Vedi anche la prefazione metodolo The Sexual Life of Savages edizione dell’altra opera del MALINOWSKI, o « Culture» in Encyclo(1932), nonchè, dello stesso autore, l'articol 21 (1931). Sul concetto di paedia of the Social Sciences, vol. IV, p. KeitER, Zivilisierung als esperimento nell’etnologia funzionale si legga fiir Ethmologie, LXVII, kulturbiologisches Experwment, in Zeitschrift è da vedere l’opera Rassen-und VòI1936, p. 294. Del MÙHLMANN kerkunde, Braunschweig, 1936.

singoli

e come

tale appar-

che a quelle

dello

fatti storici la etnologia cercherebbe,

il Mihlmann,

di trarre l’uniforme

e il

tipico, e in ciò non differirebbe in nulla dalla fisica: solo che l’esperienza fisica può ripetersi indefinitamente in eguali condizioni, e perciò è qui facile determinare il tipico, laddove l'esperimento dell’etnologo che studia il comportamento di una società, per es., Papua a contatto

con la civiltà europea non può ripetersi a volontà in eguali condizioni, dato che una società negra di fronte alla civiltà europea reagisce diversamente di una società Papua, una società indiana diversamente da una cinese, etc. Anzi due villaggi indiani finitimi non offrono all’esperi-

mento eguali condizioni. Di qui, conclude il Muhlmann, una maggiore difficoltà della previsione etnologica secondo leggi nei confronti della fisica. Ciò che altrove abbiamo detto® ci dispensa dal soffermarci su questo scorretto ibridismo: ci basterà ricordare che metodo storico e metodo naturalistico non sono due modi di conoscenza integrantisi a vicenda, e non si dà scienza unitaria condotta con due metodi,

L’etnologia naturalistico w e:

è

l’uno storico e l’altro naturalistico.

disciplina

storica

e

il

momento

deve essere abbassato ad eurisi del processo 4

i

4

.

Si veda, a integrazione, il nostro saggio, compreso nella presente raccolta «I principi della scuola storico-culturale », p. 119 sgg.

E. pe MartINO.

13

E

NATURALISMO

194

STORICISMO

NELL’ ETNOLOGIA

SCRITTURE

gia, di anamnesi storiografica: il voler riportare l’etnolo Société della come vorrebbe il Miihlmann, al programma per d’ Ethnologie de Paris, (1839), significa, almeno stessa alla rispetto o regress questa parte, compiere un scuola storico-culturale, la quale, sebbene in modo insuf-

ficiente, ha sempre rivendicato

il carattere storico della °

etnologia.

Un altro punto importante della nuovissima etnologia, e al quale il Milhlmann accenna nel suo scritto, è costituito dal concetto di funzione, col quale si tenta di surrogare quello di causalità. Funzionale spiega il — è ogni rapporto reciproco, nel quale ad ogni Miihlmann dei termini

variazione di uno

corrisponde

progresso rispetto a quella storico-culturale. Tuttavia non sì tratta di un concetto speculativo puro, e quindi, nella misura che lascia adito all’ immaginazione o all’ indeter-

minatezza o all’equivoco, è da bandirsi. Al più è lecito farlo valere come metafora per designare il concetto proprio, e cioè il nesso dialettico che lega necessità e libertà, la necessità di certe condizioni storiche e la libertà di

certi atti umani qualificati (arte, ethos, etc.) che su quelle ‘condizioni crescono, modificandole, secondo un circolo ganico

è

come

affidata

si è già detto, la scoperta

unicamente

alla

dell’or-

storica

ragione

in

quanto è svegliata da un interesse speciale. Un altro punto del saggio del Mithlmann merita un chiarimento. Scrive il nostro etnologo: Un

libro

intorno

alla

Germania

scritto

METODOLOGIA

ETNOLOGICA

195

Non senza ragione l'interesse di molti lettori si volge ad opere scritte da un punto di vista del tutto lontano da quello nazionale. Si è desiderosi di sapere come uno straniero considera l'argomento. C'è più istinto di verità in questo che in una eliminazione della soggettività ottenuta con mezzi «scientifici ». Si obbietterà: una struttura spirituale, tedesca o giapponese che sia, deve esser pur assoluto, se è vero che la reciproca

conosciuta in modo chiarificazione deve

condurre ad una reale conoscenza. Io credo che una struttura spirituale assoluta, nel senso di questa obbiezione, non c'è. Die erkennbare Wahreîit liegt în der Erlebnisstruktur der iusetmandersetzung des Eigenseelischen mit dem Fremdseeli-

schen®.

una variazione

negli altri tutti. Senza dubbio il concetto di funzione è più adeguato alla materia storica di quello di causalità: sotto questo rispetto la nuovissima etnologia rappresenta un

infinito. Inoltre,

DI

da

un

giapponese

può essere, da un punto di vista metodologico e in determinate circostanze, più importante di un’opera visibilmente « obbiettiva» intorno allo stesso argomento scritta da un autore tedesco, i presupposti spirituali del quale non risultino chiari.

Ora è Mihlmann essere

chiaro che 1’ Erlebnis diltheyana, si riferisce, presenta il già notato

una

misteriosa

presenza

immediata.

a cui il difetto di A

diradar

questo mistero, e ad articolare questa sorta di unità mistica del soggetto con l’oggetto storiografico, può provvedere

solo

il lume

della

minate categorie. Siamo senza del riflesso, per di una persistente tedesco.

distinzione

secondo

deter-

quindi evidentemente in preentro il dominio etnologico,

deficienza

del

pensiero

storiografico

La opposizione alla mitologica filosofia della storia dello Hegel, iniziatasi con il famoso discorso tenuto da Guglielmo

21

aprile

Aufgabe

di

1821

Humboldt

all'Accademia

«Sull’ufficio

dello

di

storico»

Berlino

(Ueber

des Geschichtsschreibers), conteneva una

il

die

stenza

in sè giusta, e cioè che il compito dello storico consiste nel ritrovare le idee nei fatti, e non già nel dedurre i fatti da

una

questa

iperurania

esigenza

4 Lehrbuch

non

trama

dialettica

trovò

der Ethnologie,

compiuto

p. 37.

di

concetti.

Ma

svolgimento,

poi

e le

196

E

NATURALISMO

STORICISMO

SCRITTURE

NELL’ ETNOLOGIA

furono

sì,

determinate,

ma

mediante

«tabelle » di valori, e cioè secondo una logica non speculativa. La controversia fra Kulturgeschichte e Staatsgeschichte

(Riehl, Lorenz,

Schafer,

Gothein,

concetto

Steinhausen,

Bernheim, Lamprecht, etc.), la richiesta di un organo della ragione storica (Gervinus, Humboldt, Droysen, Dilthey), la opposizione fra storicismo e vita morale (Troeltsch), lo scambio dello storicismo con l’erudizione priva di pensiero e con la critica delle testimonianze (Heussi, Cassirer) o con una sorta di irrazionalismo che ‘coglie nella vita 1’ individuale e il contingente pur senza trascurare il tipico e il generale (Meinecke), il biologismo spengleriano, e, sopratutto, il ricorso alla presenza immediata, alla Erlebnis psicologica (Dilthey), costituiscono una risolti, idealmente

in Germania, deduca

le

somma di problemi mal posti o mal dipendenti dalla mancata elaborazione,

di una compiuta

categorie

secondo

filosofia dello spirito, che una

logica

speculativa,

METODOLOGIA

ETNOLOGICA

197

parte il pensiero italiano ha attinto una consapevolezza molto maggiore, e qui da noi la controversia fra Kulturgeschichte e Staatsgeschichte è stata risolta mercè il

«idee » da ritrovare nei fatti restarono nel vago, ovvero empiricamente,

DI

e

che distingua, senza ombra di equivoco, logica speculativa e logica empirica, ragione ed intelletto . Per questa quale 41 Idealmente o nel fatto, la piattaforma metodologica dalla dal travamuove la migliore moderna storiografia tedesca è costituita raccolta di gliato pensiero del Dilthey. L'ANTONI, in una sua recente 1940), pone saggi (Dallo storicismo alla sociologia, Firenze, Sansoni, attività « elein evidenza il carattere dell’ Erlebnis diltheyana, che è mentare ed immediata », « atteggiamento anteriore ad ogni distinzione, p. 12), matrice comune delle successive attività e momenti » (op. cit., cit., ivi), germe vitale contenente in potenza tutte le distinzioni (op. « dolce morbido Gemiit, nucleo irrazionale da cui si dipartono poesia, infinitamente musica, religione, filosofia » (op. cit., p. 15), fluida e auunvaria sostanza della storia che si solidifica in « tipi » di Weltansch dalla gen in numero finito (op. cit., p. 30 sgg.). Di qui il trapasso ineffabilità di un'attività immediata alla pseudorazionalità di una descrisociologo zione sociologica e tipologica. Anche il Troeltsch cercò, più da della che da storico, di stabilire la composizione, per così dire chimica e nel nostra civiltà, i blocchi culturali che sono entrati in combinazion composito Kulturkreis occidentale (op. cît., p. 82 sgg.).

di storia etico-politica; la richiesta di un organo

del pensiero storico si è chiarita come richiesta, sic et simpliciter, di una filosofia dello spirito; la condanna dello storicismo in nome della vita morale si è dimostrata infondata quando si accetti il nesso dialettico tra pensiero ed azione; l’erudizione e la critica delle testimonianze, la cronaca e la ricerca filologica sono tenute accuratamente

distinte

dalla

storiografia;

l’ individuale

è

stato sottratto al contingente, dichiarandosi come il veracemente razionale, come l’universale vivente; il biologismo e ogni forma di naturalismo è stato eliminato dalla storiografia, e, sopratutto, la presenza dell'oggetto nel soggetto che fa storia è stata assunta come presenza

mediata, secondo un pensiero determinate categorie.

che

distingue

in base

Non fa pertanto meraviglia che il Mihlmann,

a

ispiratosi

alle correnti filosofiche germaniche più recenti, di queste risenta

germi

i limiti:

solo

che

qui

si

rendono

più. palesi

i

naturalistici circolanti in quelle correnti. Comun-

que, pur par farsi

nell’ambito di luce a fatica,

tali limiti, e cioè che

un concetto giusto il saper etnologico

deve lumeggiare noi attraverso il mondo primitivo e il mondo primitivo attraverso noi: e sebbene tale wechselseitige Erhellung rivesta qui la forma impropria ed inadeguata di un esperimento più o meno naturalistico delle azioni e reazioni fra civiltà europra

e quelle

inferiori,

pure

un

tale

intravedimento

non

è poca cosa, e merita sviluppo, chiarificazione e appro‘ fondimento.

Lo scritto del Mithlmann è speculativamente tra i più elevati che ci sia accaduto di leggere nello spoglio che

198

NATURALISMO

abbiamo

fatto

della

E

STORICISMO

materia.

Di

SCRITTURE

NELL’ ETNOLOGIA

solito,

il livello

di tali

basso, per non scritti di metodologia etnologica è molto . Logische saggio il io esemp per eri, consid dire infimo. Si del professor Studien zur Methode der Ethnologie

apre con una conH. Hulrich #. Il saggio in quistione si

a (ordinasiderazione dei fatti etnologici tripartita in storic fatti sindei ione minaz mento cronologico dei fatti, deter o delle rmità unifo delle nto goli), scientifica (ritrovame preta(inter fica filoso i), singol fatti leggi prescindendo dai fatti). dei tà totali della icato signif del zione del valore e Per

quanto

è stato

in

altro

luogo

detto,

questa

tripar-

in cui vortizione è uno sproposito, e nell’atto stesso ione. illerebbe garantire il dominio storico dall’ intrus di sorta, ione gittima della filosofia, insinua, senza deduz ono esist non che è una filosofia contestabilissima. La verità seo à dualit indivi do secon fatti reali da interpretarsi o è reale il ne sebbe , valore do condo uniformità o secon cateda rata penet a grafic storio tutto nella considerazione Hulrich, nella gorie speculative. Più oltre* il professore

DI

METODOLOGIA

ETNOLOGICA

199

com’è facile immaginare, tutto il saggio: ciò è palese, per esempio, nella critica degli Elementargedanken del Bastian. Si tratta di un concetto, a detta dello stesso Hulrich, poco chiaro, e che può intendersi in vari modi, fra cui come « was am Anfang der Entwicklung steht » *. Ora I Hulrich critica tale significato degli Elementargedanken non

già, come dovrebbe,

dissolvendo

il problema

dell’ori-

gine in tempo del divenire, ma con il preteso chiarimento che tale origine costituisce soltanto una determinazione ipotetica nel quadro di una teoria, e che dal punto di vista

dello storico è possibile solo un’ infinita retrocessione cronologica. Cioè 1 Hulrich scambia per storia la mala infinità del regresso all’ infinito di antecedente in antecedente, e per filosofia l’arbitraria ipotesi metafisica con la quale

si pone

fine

a tale

regresso,

e si

decreta

una

sosta che costituisca il principio dei tempi e della storia. Analoghe considerazioni possono farsi per ciò che riguarda la critica che il nostro etnologo tenta della Sozialpsyche del Bastian *. Infine, il ridicolo proposito del Bastian di stendere una rete di stazioni metereologiche

aver ricordato che sua critica dell’evoluzionismo, dopo è che l’umanità «il presupposto generale di questa teoria ideale di civiltà, si sviluppi tendendo ad una condizione

sulla superficie terrestre per stabilire la efficacia dei fattori metereologici (e delle province geografiche) sulla

la condizione ideale che si possono dare tre casi diversi: o

la possibilità di spiegare esclusivamente tutte le variazioni evolutive mercè la provincia geografica metereologica-

considerati in riferimento a cui gli stadi precedenti sono avvertire tuno oppor come presupposti necessari >, crede

o è identificata ad un qualunque o è conguagliata con la nostra stessa nostra è da osservare che il profesdi non sospettare che il processo ad termine a quo e ad quem, non è il

è riposta nel futuro, momento del passato, civiltà. Ora da parte sore Hulrich mostra finitum, con relativo vero divenire. nza vizia, La debolezza speculativa del punto di parte 42° Anthropos, XVITI-XIX, 43 Op. cit., p. 451.

1923-24,

PP. 447 Sg.

© 733 588.

evoluzione culturale, il professore Hulrich non sa opporre una critica radicale, ma, al contrario, pur negando

«mente

caratterizzata,

ritiene

che

molto

più

varrebbe

ricercare « quali specifiche componenti concrete dei fenomeni

culturali

sono

caso per

caso condizionate

(bedingt)

dal momento climatico o da momenti di natura puramente geografica >, e avverte con enfasi che si tratta « di un problema difficile a risolvere, ad onta di certe possibilità di procedere sperimentalmente » ‘°. ss

Op.

i

cit., p. 459.

4

Op.

.

cît., p. 460.

48 Op.

cît., p.

461.

"n

200

NATURALISMO

E

NELL’ETNOLOGIA

STORICISMO

SCRITTURE

-

Giova, a conclusione, leggere il seguente passo, nel quale il professore Hulrich dichiara le proprie alte convinzioni filosofiche intorno al sapere storico in generale: rdinamento Il compito dello storico consiste anzitutto nell’o mento è ordina tale in € (!), cronologico degli avvenimenti storico... dello propria era dell’op (?) » mo da riporsi il «mini mitale a present Nella misura che la storia della natura tale di logica ra struttu la e nimum, essa è storia, sebben della storia storia della natura è interamente diversa da quella no l'ambito del umana (!?). Tutte le quistioni che eccedo il generale e il singolo fatto storico come tale e toccano della teoria matica proble nella iersi raccogl da sono regolare di teorie evodella storia (Geschichtstheorie), sia che si tratti d'altra natura, lutive, di questioni sociologiche, psicologiche o concernenti

l’obbietto

storico.

Le

teorie

che

presuppongono

di tipo hegeliano, —) un sapere totale (Wissen um Ganzheit a della storia filosofi alla engono marxista, etc. — appart un fondamento di gnano abbiso poichè phie), hiloso (Geschichtsp ato, sono dichiar sopra metafisico. Teorie storiche, nel senso storici di i svilupp di icità moltepl una quelle che implicano concernono non o pertant che € etc., li, cultura ambiti di popoli, . Una il divenire storico nella sua totalità o nella sua unicità consiin preso è quando solo le possibi è teoria della storia storico, derazione un piano dell’oggetto più formale di quello allorquando

si

fa

astrazione

dalle

individualità

come

tali

queste determinate nello spazio e nel tempo, e si considera situaal di fuori delle determinazioni storiche di tempo e di € menti avveni , persone di ne quistio zione... Nella storia è irried uniche serie di e volta, sol una i accadut situazioni della petibili; questa unica serie costituisce, per ogni teoria avvenidegli era consid teoria tale storia, il fondamento. Ma , menti solo ciò che si riferisce ad un piano più formale bito nell’am leggi o attingendo così relazioni e uniformità second dei fatti storici. Tutti i problemi, che si riferiscono al signimi ficato e al valore della storia, così come anche i proble natura della tivi costitu (1) riguardanti l'origine degli elementi umana. (lingua etc.), fanno parte della problematica della

DI

-

METODOLOGIA

ETNOLOGICA

20I

filosofia della storia, la quale ad ogni avvenimento assegna, nell’ambito di una generale interpretazione di valore, il suo proprio relativo posto determinato. Intendiamo pertanto per filosofia della storia la metafisica del divenire storico, ossia dei fattori che rendono possibile la cultura... La filosofia della storia è quindi un settore della ' problematica della metafisica, così come i problemi logici e gnoseologici concernenti la storia rappresentano un settore della problematica della logica ‘.

A dir il vero, non ci regge l’animo di penetrar questo groviglio di errori: cecidere manus.

in

È oramai venuto il tempo di dichiarare esplicitamente come

debbano

essere

dello storicismo,

determinati,

il concetto,

pere etnologico, nonchè

dal

i compiti

punto

di

vista

e il fine del sa-

entro quali limiti possono

essere

utilizzati le tre principali metodiche che si sono avvicendate nella storia di questo dominio della riflessione storiografica, la metodica evoluzionistica, quella storico-culturale e quella funzionale. Per maggior chiarezza di esposizione fisseremo in vari articoli il codice della

etnologia storicista: 1) Nei confronti dell’evoluzionismo, l’etnologia storicista respinge il concetto di un’evoluzione meccanica per fasi che tutta l’umanità in blocco avrebbe attraversato,

procedendo dal semplice al complesso e dal basso verso l'alto. E respinge questo concetto perchè implica una storia universale e generale vuota di pensiero e di realtà, una storia procedente per schemi, nei quali si perde la varietà, la complicazione, l’organicità e la determinatezza dell’effettivo divenire storico. Dal punto di vista filologico l’etnologia storicistica rifiuta la tecnica di lavoro delta

4° Op.

ciît., p.

746 n.

202

NATURALISMO

E

$TORICISMO

SCRITTURE

NELL’ETNOLOGIA

DI

METODOLOGIA

prospettive cronologiche sicure, e quindi incapace a fornire allo storico quelle agevolezze di cui questi deve pur

avvalersi nella sua ricostruzione. Inoltre la tecnica evoluzionistica assumeva il mondo primitivo come una totalità: non ne sapeva ordinare la massa confusa di fatti

Il che

in

non

induca l’etnologo a tradire

cioè

che

2) Nei

distinte

confronti

o interferenti.

della

scuola

storico-culturale,

la

etnologia storicistica accoglie, in generale, l’idea, e, in parte almeno, anche l'esecuzione che ne è stata tentata di una tecnica e di una precettistica filologiche per risol-

vere la massa confusa dei fatti etnologici in una varietà di culture e in prospettive cronologiche determinate. Ma respinge altresì la pretesa storica della scuola, chiarendo

che l’eurisi non va confusa con l’anamnesi storiografica effettiva, nè l’ordinamento spaziale temporale e causale dei fatti con la qualificazione secondo categorie e con la determinazione

di

processi

e

d’ incrementi.

3) Nei confronti del funzionalismo, l’etnologia storicistica respinge il concetto biologico di funzione, nonchè il rinnovato materialismo e naturalismo dell’ indirizzo. Respinge altresì il concetto di esperimento pur riconoscendo, nella tentata determinazione delle azioni e delle

reazioni fra la civiltà europea e le civiltà inferiori, la forma inadeguata di un concetto giusto: e cioè che il mondo primitivo si apre e si dichiara solo nel rapporto con la nostra civiltà, senza di che l’etnologia resta al grado di sapere storicità. Quanto

più o meno ozioso, e non attinge la poi al contributo che la etnologia fun-

zionale darebbe, mercè

la conoscenza

del mondo

primi-

tivo, ai problemi della colonizzazione e dell’amministrazione coloniale, e quanto all’auspicata collaborazione fra

l’etnologo militante e il funzionario coloniale, è da osservare che i servigi che l’etnologia può rendere alla civiltà sono anche di questo genere, ma non le appartengono

ica

culturali

203

in proprio: è chiaro che una politica coloniale, che si illumini di sapere etnologico, è politica e non etnologia, com’è anche chiaro che l’etnologo che offre servigi al funzionario coloniale è egli stesso, almeno in quell’atto dell’offrir servigi ‘politici, un politico e non un etnologo.

etnologia evoluzionistica perchè insufficiente a determinare

aree

ETNOLOGICA

certo

non

guasta,

il fuzionario

sempre

coloniale

che

la ragion

il vero tradisca

politica

(il contrario, e la vera

politica

per amore della etnologia è in minore misura nell’ordine delle cose). In ogni caso, qui non tratta tanto di orientare la nostra civiltà o il nostro paese nella pratica amministrazione e colonizzazione di altre civiltà (si tratterà anche di questo, ma in una cerchia estranea a quella del concetto di etnologia come tale), quanto di promuovere un orientamento d’altra natura, di noi in noi stessi,

mercè

l’ampliata

risultare

dal

coscienza

sapere

del

nostro

essere

che

deve

etnologico.

4) L’etnologia è storia delle civiltà più lontane da quella occidentale. Come tale non è affatto una scienza autonoma, con metodi suoi propri, ma costituisce una delimitazione empirica —e pertanto approssimativa — di una sfera di possibili ricerche storiografiche. Il carattere scientifico (nel senso idealistico del termine) dell’etnologia dipende esclusivamente dalla sua natura storica, essendo la storia l’unica scienza. Come vi sono i medievalisti, i sinologi, gli egittologi e altrettali, così vi sono gli etnologi, cioè quella classe di

studiosi che si occupano delle civiltà che sono da noi più lontane. Senza dubbio la ricerca etnologica si avvale, nel suo ambito, di espedienti euristici particolari che molto opportunamente potranno essere raccolti e illustrati in appositi manuali tecnici: ma non si creda che la natura storica e scientifica dell’etnologia dipenda dalla ingegnosità

manuali!

di

tali

espedienti

e

dalla

compiutezza

di

tali

204

NATURALISMO

E

STORICISMO

NELL’ETNOLOGIA

5) Come storia della civiltà più lontana da quella occidentale, l’etnologia ha per obbietto le cosidette civiltà

primitive, le quali sono da noi lontane per eccellenza. È indifferente che tali civiltà siano attualmente viventi ovvero già scomparse: pertanto l’etnologia deve comprendere nel suo concetto anche ciò che in oggi costituisce

l’ambito

della

paletnologia,

la quale

inopportuna-

SCRITTURE

DI

METODOLOGIA

ETNOLOGICA

205

bito della paletnologia è opportuno determinare i mezzi .tecnici di ricerca e di lavoro più adatti alle condizioni particolari in cui la ricerca e il lavoro si svolgono ‘. 6) Il mondo primitivo non può essere definito in senso cronologico, come l’umanità che visse «all'alba dei

tempi»

o che

«iniziò

la storia

umana ». In

questo

senso l’espressione « più primitivo » equivarrebbe all’altra « cronologicamente più antico ». Ora il concetto di mondo

mente è tenuta distinta dall’etnologia. Più precisamente la paletnologia deve costituire il momento di riattacco della etnologia stricto sensu con la storia della civiltà occidentale, ovvero, più precisamente ancora, attraverso la ricerca paletnologica l’etnologo deve aiutare l’anamnesi di quel momento di scelta e di elezione da cui procede sia la direzione a cui egli appartiene, sia la direzione che attualmente è così remota dalla sua civiltà. Per me

di ciò che viene dopo: questo scambio del senso logico col senso cronologico del primitivo vizia tutta l’opera, per

europeo lontano,

altri rispetti notevole, dello Schmidt. I criteri della semplicità dei mezzi tecnici, della situazione geografica, della

culto, di un

il presente cronologico, idealmente così membro di una qualche tribù totemistica

può diventare idealmente presente solo se riuscirò a ricordare il momento storico in cui ebbe inizio la divergenza le due direzioni di cultura che mettono capo, rispettivamente, a me e a lui. In ogni caso occorre disan-

corare il concetto di etnologia da quello di mondo primitivo a noi contemporaneo, e identificarlo con quello di civiltà idealmente più lontane, materialmente viventi o morte che siano ‘. Naturalmente anche nell’am-

primitivo deve essere determinato logicamente come prevalenza della fantasia nell’ambito della teoreticità e della mera vitalità economica nell’ambito della praxis.

Ciò punto

che

viene

di

vista

struttura

linguistica,

nel

tempo

potrebbe

e storiografico

del tipo

razziale

meno

essere

dal

« primitivo»

e simili, possono

certamente concorrere a indicare con sufficiente sicurezza i Negriti d'Asia, i Negrilli d'Africa, i Paleoasiatici, gli Ainu, i Paleoamericani, i Paleocaliforniani, i Figini, i Tasmaniani, i Paleoaustraliani come genti e stirpi cro-

nologicamente più remote, presso le quali si trova in certo modo depositata la testimonianza più o meno ben conservata di un mondo culturale anteriore ad ogni altro

a noi noto. Ma «Idealmente più lontane », s'intende, per il non etnopoichè per l’etnologo che sia storico il mondo primitivo è vicino e presente quanto la civiltà del Rinascimento o la Rivoluzione francese per lo storico di questi periodi. Anzi, la storia di un istituto primitivo si dichiara all’etnologo con più vivace e intima presenza di molti particolari della sua propria biografia, oramai disindividuati e caduti nella sfera grigia della naturalità. L'espressione « idealmente più lontane » riferita alla civiltà di cui si occupa l’etnologia ha sopratutto il

prima logico

questo accertamento

cronologico

non ci

4 logo:

vantaggio di designare il compito proprio del sapere etnologico:e cioè l'allargamento della nostra autocoscienza mercè 1’ inclusione, in essa, di un ambito storiografico che di solito non entra nel giuoco dialettico del pensiero e dell’azione vivi ed operosi.

4 Un intravedimento della funzione del sapere paletnologico nell’ambito etnologico e storico non manca in qualche studioso: per esempio nel MenGcHIN, del quale è da vedere la Weltgeschichte der Steinzeit (Wien, 1931). Si vedano anche alcune opere del Kern, Die Welt worein die Griechen traten (Anthropos, XXV, 1930. p. 195 sgg.): Weltgeschichte der schriftlosen Vòlker (Archiv f. Kulturgesch., XXII, 1931, P. 21 Sgg.); Die Anfinge der Weltgeschichte, Berlino-Lipsia, 1933. Cfr. ScaMIDI, Handbuch etc., p. 307 sg. È stata lamentata la mancanza di una particolareggiata e completa tecnica del lavoro paletnologico: vedi ScumiIpr od. cit., p. 310 Sg. ”

206

NATURALISMO

E STORICISMO

SCRITTURE

NELL’ ETNOLOGIA

centrica,

non

può,

cioè,

non

essere

atdalla coscienza che la civiltà occidentale, maturatasi

inismo e lo traverso il cristianesimo, la riforma, 1 illum fin ora, cui, a alto più storicismo, rappresenta il livello

il genere umano è riuscito ad elevarsi. disci9) L’antropologia, o scienza delle razze, è nte osame rigor i teners da è tale come a: plina naturalistic preun oppo Purtr . storia è che ia, tnolog dall’e distinta e ngenz conti potente naturalismo, giovandosi in parte di extrascientifiche,

sembra

tornare

in

onore

e

tende

di

ia e nuovo a cancellare quella distinzione fra antropolog urale avere, etnologia che è merito della scuola storico-cult

ora di in un modo o nell'altro, mantenuto. Si parla ione miss tras di , razza della qualità spirituali obiol Etno « una di tà, quali tali ereditaria di

discorso, gia », e simili”. La cosa meriterebbe un lungo raccolta, « Intorno a un 50 Vedi il saggio, compreso nella presente posto problema etc. », P. 77. veda Scuripr, Allgemeine 51 Come esempi di questo indirizzo si der Menschenrassen, MoStudium das in ung Einfiihr als unde Rassenk

mal

METODOLOGIA

ETNOLOGICA

207

tanto più che anche negli etnologi che impugnano

tivo (nel senso autorizza affatto a cercare il più primi logicamente crono del logico e storiografico) nell’ambito amente più logic crono il e più antico, nè a considerar o, tempo nel to assolu antico come il primo 7) È d’uopo altresì disancorare il concetto di etnolo nello Anche gia da quello di civiltà esterne alla nostra. paese, nostro del o nente conti nostro del afico geogr spazio ritrono posso anche nell’ambito della civiltà occidentale, mente più o varsì relitti di atteggiamenti culturali ideal (Folkogia Demol la meno lontani. Pertanto anche to momen come a derat consi lore, Volkskunde) deve essere degli ione minaz deter nella : istica di una etnologia storic ogia anelli che ci legano al mondo primitivo, la demol le. notevo io entar docum iale mater un e può fornir 8) L’etnologia non può non essere europeoaccompagnata

DI

tesi fa difetto

quella

solida preparazione

per l’occorrenza è necessaria ®. ; i Da e del sapere roliiezni

pirito

che

si

he

OT implica

etnologico

storicamente

quest

speculati ;

attua

in

una

molteplicità di cosmi culturali, umani e subumani. A questo proposito giova qualche chiarimento. Tama che cominci ad essere nella storia — sia che questo cominCamento sia unico, come vuole 1’ ipotesi monogenetica sa dh tratti di più punti originari di fraiiantane , come vuole l’ ipotesi poligenetica — è mitologi

includente lo stesso errore della religione che sonni ad essere con una sua forma particolare: e se le forme dello spirito hanno un cominciamento ideale eterno, al

trettanto è da dirsi per l’umanità o lo Spirito vivente

organismo

articolantesi

in

queste

che è

ferma

i °

È opportuno soffermarsi su questo punto poichè qui s1 tratta, come altra volta abbiamo messo în rilievo di buon punto prospettico per criticare gli errori al procedimento naturalistico. ° Lo spirito non comincia

la sua storia uscendo mir

colosamente dal grembo della natura senza storia: ii realta tutto è nello spirito e nella storia, anche la nai , che è spirito e divenire, ma non più presente alla E pe aa, i perciò rovesciato e solidificato negli 1 intelletto. La duplice io di fuori della storia, e di uno Spitito o i "osa comi da naco, adi miPip bali

Voòlker ò kunde und vòlkerbiologische For. agri es (Mitteilungen des Museums fiir Vilkerkunde oe rg, » 1928, p. 75 sgg.); .); id., id Lebensgesetze d :t do I Cn sum Problem der Generation in der Entre Sa n erlino, 1929; id. System und Bibliographie der Kult Lio» 0, 3 > Con 1932. Cfr. ScamIDI, Hand.,i» p. Da 289 sgg. L f MT ai Ù î» per esempio, Krause, Vòlkerkunde-An thropologie-Eth:

2

g:

asse und

thnologischen

Volk

(trad.

Studien,

I,

ital. edita dalla

1931,

p.

138 sgg.)

Morcelliana nel

1939)

$

Dr, a

«dI

“*

& #.

L

Dr

208

NATURALISMO

STORICISMO

E

NELL’ ETNOLOGIA

cominciano a divenire, nasce da un dualismo non risolto : che se poi lo si risolve, allora l'umanità, in senso lato, stata, come

sempre

si dichiara a noi come

coin-

concetto

non muti,

umanità lata, che meglio chiamasi Spirito, si articola in

una molteplicità di centri di individuazione storiografica, in atto, cioè, di rifare un certo ordine di accadimenti, lasciando cadere il resto e disindividuandolo: centri di

esperienza

ricca

più

quanto

potenza

maggiore

storica,

e procedenti

praxis.

Questi

e ampia

parte,

d'altra

centri di con tanta

è la loro nelle

loro

individuazioni storiografiche sotto lo stimolo di un bisogno

della

con

la

centri

di

individuazione

della

universa realtà si dispongono secondo sistemi di comprensione storiografica maggiore, avvertendo prevalentemente come natura, cioè non rifacendo per lo più ragione

storica,

sistemi

altri

di

individui.

Uno

di questi sistemi di reciproca possibile comprensione, sufficientemente solidale perchè giovi costituirlo come classe a sè, è ciò

che

noi

chiamiamo

umanità

stricto

sensu,

il

resto essendo per noi natura, animali o piante 0 minerali che

siano,

tutte formazioni

storiche

senza. storia

da noi

scritta, civiltà e culture sempre più lontane dalla nostra memoria, ma pur presenti in qualche modo alla memoria degli individui che la compongono. La storia degli animali attualmente solo l’animale può farla, quella della pianta solo la pianta, salvo il caso che l’uomo ridiscenda fino all'animale e alla pianta su cui è assorto.

Ma il concetto empirico di umanità non designa soltanto un ambito approssimativo di centri di individuazione tendenti a circoscrivere fra di loro la comprensione storiografica, ma anche una direzione di sviluppo del reale nella

quale,

in senso

assoluto,

DI

METODOLOGIA

ETNOLOGICA

209

più alta e più piena, e, quindi, l'incremento del reale più vivace. Par quasi che il mondo animale e vegetale

cidente con gli altri, di realtà, di spirito e di storia. Questa

individuazione storiografica che sono altresì azione o di incremento del reale, agenti anzi

SCRITTURE

4

la comprensione

fra i centri di comprensione storiografica è, in generale,

tanto

lentamente

muta:

nella

storia

degli

uomini, invece, in un relativamente breve volger di anni istituti nascono e muoiono e si compiono profonde rivoluzioni spirituali. L'umanità stricto sensu circoscrive dunque una tendenza del reale, una sua direzione di sviluppo, la quale si articola a sua volta in varie direzioni

secondarie e terziarie, le cosiddette culture e civiltà umane stricto sensu. Le quali culture e civiltà umane ssi diramano dal tronco ascensionale del reale secondo iniziative geniali che fanno flettere più o meno energicamente la direzione precedente in altro senso. E si ripete nell’ambito dell'umanità stricto sensu, ciò che vale per il reale nella sua totalità, e cioè il disporsi degli individui secondo gruppi in cui la comprensione storiografica è relativamente più frequente: in particolare la civiltà occidentale stenta a intendere nel loro valore le cosiddette civiltà inferiori o primitive, che si atteggiano di solito a lei quasi come natura, almeno che un’etnologia storicisticamente orientata non le richiami in vita, il che in massima parte è ancora da farsi. Da questo punto di

vista diventa possibile una conciliazione fra la raffigurazione bergsoniana dello sviluppo del reale come espansone

ramiforme, la critica antievoluzionistica della scuola

storico-culturale e la metodologia crociana che dissolve radicitus il dualismo tra spirito e natura. i 11) Il centro della storiografia è il presente e non il passato,

ed il suo

compito

è la migliore autocoscienza

della civiltà alla quale apparteniamo. Per questo scopo non servono le profondità millenarie, le sequenze cronologiche,

i nessi

causali

e neppure

una

descrittiva

una tipologia delle varie direzioni di sviluppo del genere umano.

Il grande

albero

della

storia

si diffonde

in una

e

molteplicità di rami, e noi ci troviamo su uno solo di essi. E. pe Martino.

14

210

NATURALISMO

E

STORICISMO

NELL’ETNOLOGIA

Compito dell’etnologia è, sì, di ripercorrere a ritroso quella . è . % 4 aes | linfa che ci alimenta e che proviene da lontane radici, ma al fine di cogliere quei punti in cui la corrente devia

verso

l’alto,

in una

direzione

diversa

da quella

da cui

proveniamo. Son questi i punti in cui, fra le infinite possibilità di vita e di sviluppo, il corso del divenire si è

INDICE

ulteriormente differenziato secondo rami più o meno divergenti. Ora la individuazione di queste alternative da cui siamo usciti determina meglio ciò che noi siamo, qui

ed ora.

i

12) L’etnologia deve illuminarela stotia della civiltà occidentale, e deve concorrere, per quel che le spetta, a dare incremento e consapevolezza al nostro essere e al nostro dover essere. Se questo farà, e nella misura in cui riuscirà a farlo, l’etnologia diventerà sapere vivo

Anassagora, 93. Ankermann B., 121, Antoni C., 196, Aristotele, 154.

124,

179.

Avenarius R., 153.

lismo, l’etnologia costituirà ora un sapere ozioso o mala-

mente operoso,

Bergson H., 9, 30, 35, 52, 68,

ora un utile riordinamento di storia che

fu per una possibile storiografia che sarà:

e tuttavia mai

costituirà quel che più o meno consapevolmente avrebbe l'ambizione di essere: una storiografia che è, formatrice di pensiero, rischiaratrice di azione.

De

50,

153.

135, 152,

153,

157,

164,

171,

172,

Bonald

De

G.,

161sg., 1809,

209.

122.

122.

Quatrefages

A.,

26,

57,

122.

E., 47.

170. G.,

69.

Frazer J., Freud S., Frobenius Fueter E.,

141,

18. 166, 122, 124, 179. L., 122, 124, 179. 16.

Gillen F. J., Gervinus G. Goethe W., Goldenweiser Gothein E.,

27, G., 112. A. 145,

122.

54. 196. A., 46, 196.

Graebner Fr., 46, 121, 123, 125, 128, 161, 179, 181,

Grimm J. e W., 68. Gusinde M., 121, 124.

L. G. A., 48, 49. M.,

56,

Flieberg C. H., 122. Foy W., 15, 121, 125-29,

53, 59, 85, IIO, 133, 143, 144, 145, 148 sg.,

Delafosse

A.,

Flaubert

Capell A., or. Cassirer E., 26 sg., 30, 196. Clodd E., 93. Comte A., 48, 49. Croce B., 8, 0, 11, 14, 50, 52,

J. U.,

52,

143, 145, 149.

Bruno G., 84. Brunschwicg L., 47,

Czekanowski

51,

Erodoto, 173. Evans-Pritchard Feder

128.

160,

50,

Elliot-Smith

Best (Elsdon), 72. Birket-Smith K., 122. Blondel M., 68. Bogoraz W. G., 122.

186,

48,

Eddington A. S., 141 sg., 153. Ehrenreich P., 120.

153, 209.

K.,

Dilthey W., 9, 195, 196. Dixon R. B., 121. Dougall W. C., 46. Droysen G. G., 196. Durkheim E., 19, 21, 22, 59.

Bernheim E., 126, 151, 196.

Breysig

NOMI

47,

Bachofen J. J., 13, 53. Bartelet F. C., 46. Bastian A., 120, 1909. Beck C., 55. Benedict R, F., 122.

e vitale: nella misura in cui si lascerà vincere dal natura-

DEI

Hartland S., 93. Hatt S., 122.

121. 124, 182.

À

212

NATURALISMO E STORICISMO NELL’ETNOLOGIA

Hegel

G.

W.

F.,

0,

84sgg.,

152, 153, 195, 200. Henne Am-Rhyn Heussi, 195.

O.,, 126,

Hian

91.

Hobgin

H.,

Howitt A. W., 54. Hobhouse L. T., 122. Hubert

H.,

20,

30.

Hulrich H., 120, 198-201. Humboldt (von) W., 195, 196. Husserl E., 9. Iselin,

127.

Jackson J. W., 122. Jochelson W., 122. Jodl

F.,

Lowie R. H., 121, Luca, 66. Lutoslawski, 165.

Meinecke

F.,

Morgan

L.,

J.,

120,

Kapp, 190. Kaudern W., 122. Keiter F., 192. Kern Fr., 205. Kidder A. L.,

Klemm, Kohl,

125,

Miiller

I169-9I,

166.

E.,

186 Sg.,

192,

197.

M.,

68.

Needham ]J., 46. Nordenskiòld (von)

E.,

122.‘

122.

126.

Omodeo

190.

Koppers W., 55, 122, 124, 169,

96, 120, 121, 188, 189.

Krause

207.

Fr.,

W.

188,

Kreichgauer D., 121. Kroeber A. L., 122, 179. Krohn I., 122. Krohn K., 122. Lamprecht C., 127, 128, 196. Langlois P., 151. Lang A., 18, 106 sg., Ito. Lazarus M., 48. Lebzelter V., 121. Leroys O., 122. Lesser A., 192. Lessing G. E., 107. Lévy-Bruhl L., 15, 17-75. Lewis A. B., 122. Lignitz, 179. Lindblom G., 122. Lippert J., 126. Lorenz O., 196.

A.,

13,

66,

81,

105,

de la Boullaye H., 123, I29-3I, 132,

120, 133,

118, 143. Otto R., 72 sg. Perry W. J., 122. Pettazzoni R., 110.

Pinard 122,

134-40,

147-58,

Platone, 93. Poincaré H., 153. Praz M., 69, 73. Preuss Th., 47, 93,

162.

186.

Radeliffe-Brown A. R., 192. Rasmussen K., 122. Ratzel

Fr.,

112,

124.

Reinach S., 147. Rickert H., 162. Riehl

Ritter

W.

K.,

H.,

196.

190.

Rivers W. H. R., 122. Rivet

P.,

Rousseau

61, 94-106, 108-I0, II2-14, 120, 121, 122, 123, 124, 128,

151,

13.

193-905,

Sauerbruch F., 93. Sapir E., 121, 180. Schafer D., 145, 196. Schapera J., 192. Schebesta P., 121, 124, 179. Scheidt W,, 206. Schelling F., 68. Schmidt W., 15, 46, 47, 55;

131 Sg.,

196.

Menghin O., 121, 205. Meyer R. M., 127. Meyerson E., 153. Montadon G., 122.

Mihlmann

Kant E., 9, 45, 83, 135, 152, 164.

122.

Malinowski Br., 46, 192. Marett R. R., 82sg., 86-93, 94. Matteo, 66. Mauss M., 20, 21, 26, 30. Mazzini G., 73, 118, Mc Lennan, 120.

Mòser

125.

INDICE

122.

J. J., 176.

134,

144Sg.,

150,

156sg.,

158sg.,

161,

205,

207.

Schulien P., 102, 121, 124. Schumann W. O., 93. Schwarz, 120. Seignobos C., 151, 158. Shirokoroff M., 122. Spencer B., 27, 54. ‘Spengler O., 193. Spier L., 121. Spinoza, 84. Steinhausen G., 196. Steinthal H., 48. Sternberg L., 122.

.

DEI

NOMI

213

Steward

J.

H.,

158.

Swanton

J. R.,

121.

Talete, 85. Thalbitzer W., 122. Thilenius G., 120. Thurnwald R., 91, 93, Tozzer A. M., 121. Troeltsch E., 196.

192.

Tylor E. B., 17 sg., 79sg., 82, 86,

89,

120.

Vaihinger H., 9. Van Bulk G., 192. Van Gennep A., 54,

Vico

G. B., 53, 75,

55.

149,

193. Vierkandt A., 55, 73. Wagner R., Webb, 46. Williamson Windelband Wisser CI., Wundt W.,

13. R. W., 122. W., 161. 121. 49.

163,

INDICE

INTRODUZIONE. Saggio

critico

sul

ANALITICO

LL... prelogismo

di

Lévy-Bruhl

i De

7

p.

17

La scuola antropologica inglese e il suo intellettualismo: il primitivo come filosofo selvaggio. La reazione della scuola sociologica francese a tale intellettualismo. Accentuazione di motivi irrazionalistici e prammatistici nell'opera di Lévy-Bruhl. La legge di partecipazione e la categoria affettiva del soprannaturale dominanti i prodotti della mentalità collettiva. Posizione affatto subordinata del pensiero individuale retto dal principio di identità. La legge di partecipazione e i modi dell'intelletto. La personalità. Passaggio a tipi superiori di mentalità. Critica della distinzione sociologica fra mentalità collettiva e pensiero individuale, Critica della genesi sociale della religione. Errori speculativi nella filosofia della religione del Durkheim: la ricerca della genesi storica delle categorie ideali e le definizioni minime, Lèvy-Bruhl non ha alcuna notizia di quel che sia la logica speculativa e risolve la teoreticità nell’intelletto astratto: tuttavia l’espressione « mentalità prelogica» non può essere accettata neppure nel senso di « mentalità preintellettiva ». Il sostanziale antistoricismo dell'ipotesi prelogica, impossibilità del passaggio dalla mentalità primitiva a quella culta, perdita di prospettive storiche. Motivazioni romantiche e decadentisti-

îR

che del prelogismo.

Un

problema La

| Ra

prima

Il problema

Conclusione.

mal posto dell’etnologia religiosa: forma

di religione

.

.

.

.p.

77

delle origini e quello della prima forma della religione. Definizioni minime e ricerca del « primo» nella storia delle religioni. Deficienze di tale procedimento: il problema

216

NATURALISMO

E

STORICISMO

NELL’ETNOLOGIA

INDICE

del cominciamento nella storia della filosofia. Il tentativo del Marett: la deformazione del categorico nel medio e nel tipico e la generalizzazione di forme storiche definite per attingere il pseudo-categorico. La ricerca degli antecedenti della magia nel mondo animale, e la «spiegazione» del Mana mercè i processi del mondo fisico. Il passaggio dalla mala infinità del regresso all'infinito alla mala finitezza del primo assoluto 7 re: Schmidt e la Urreligion. Fragilità speculativa del tentativo dello Schmidt. La superstizione del tempo e il concetto cronologico di primitivo. Necessità per l’etnologia in genere e per quella religiosa in ispecie di liberarsi da tale superstizione, Il concetto di religione va ricercato nel quadro di una filosofia dello spirito.

I principî

della

scuola

storico-culturale

.

. p.

119

La etnologia evoluzionistica e le sue deficienze. L’ indirizzo « storico » in etnologia e le sue varie ramificazioni. La scuola storico-culturale. La prefazione programma del Foy buon punto prospettico per una valutazione critica dei principî della scuola storico-culturale. La separazione della storia dalla filosofia in H. Pinard de la Boullaye e in W. Schmidt. Critica di tale separazione. La risoluzione della storia nell'ordinamento spaziale temporale e causale dei fatti e la surrogazione delle vere categorie storiografiche con le pseudo-categorie dell’ intelletto. La storia universale e generale, pretesa ineseguibile. La storiografia naturalistica è necessariamente ipotetica. Vani tentativi del Pinard di vincere l’ipotetismo mercè la prova per indici convergenti. Valutazione complessiva dei principî della scuola.

Intorno ad alcune scritture di metodologia etnologica... LL. + Di 169 L’Handbuh der Methode der Kulturhistorische Ethnologie dello Schmidt. La classificazione e la critica delle fonti. I criteri per la determinazione dei rapporti culturali, delle province e delle fasi di cultura, dello sviluppo culturale interno e della causalità culturale. I criteri della qualità e della quantità e i criteri ausiliari della continuità e dei gradi di parentela. Metodo della scuola per ottenere prospettive cronologiche: il pro-

ANALITICO

217

cedimento sottrattivo. I « Zeitmesser ». Difetto fondamentale di questa metodologia: la mancanza di distinzione fra tecnica filologica e ricerca storiografica. Il torto e il diritto ‘di una obiezione mossa dal Krause alla scuola storico-culturale. Il funzionalismo puro e quello temperato. Uno scritto metodologico del MihImann nel Lekrbuch der Ethnologie diretto dal Preuss, Il funzionalismo come espressione e non come superamento della crisi che travaglia la etnologia contemporanea. L’ibridismo di metodi e il più o meno latente materialismo dell’indirizzo funzionale. Uno scritto metodologico dell’ Hulrich. Conclusione: il codice della etnologia storicistica.

INDI DEICE NOMI...)

211

FINITO DI STAMPARE IL 12 OTTOBRE 1940- XVIII NELLO STABILIMENTO D'ARTI GRAFICHE GIUS. LATERZA & FIGLI IN BARI

nie

(89808)