179 91 21MB
Italian Pages 219 [110] Year 1941
BIBLIOTECA DI CULTURA MODERNA ERNESTO
DE MARTINO
NATURALISMO E STORICISMO NELL’ETNOLOGIA
BARI
GIUS,
LATERZA
&
FIGLI
TIPOGRAFI-EDITORI-LIBRAI 1941 - xIx
DE
MARTINO
Ta
a Zi
e
ERNESTO
NATURALISMO E STORICISMO NELL'ETNOLOGIA
BARI GIUS. LATERZA & FIGLI TIPOGRAFI-EDITORI-LIBRAI
194I - XIX
A PROPRIETA
LETTERARIA
ADOLFO
OMODEO
INTRODUZIONE La ricerca etnologica è condotta, di solito, naturalisticamente, cioè mercè una logica sostanzialmente naturalistica: la considerazione storica e la corrispondente logica storiografica che la governa fanno qui difetto. La presente raccolta di saggi intende rivendicare il carattere storico della etnologia, e limitare il procedimento naturalistico all’eurisi filologica *, o al pratico ordinamento
dei fatti in attesa di una storiografia che sarà. Di qui il titolo sotto cui va la raccolta. Si tratta dunque di una assegnazione di confini o di limiti, e anche di una estimazione delle regioni così circoscritte: fuor di metafora,
1 Qui, come altrove, intendiamo per filologia la critica esterna non solo dei documenti scritti (quali si trovano di preferenza nella Schriftgeschichte), ma anche delle suppellettili materiali, o degli istituti religiosi, sociali, etici, etc. che si presentano in azione al Feldforscher, o delle classi e schemi naturalistici di carattere sociologico, psicologico, ecc. 0 tratti dalla comparazione (tutti documenti non scritti, impiegati prevalentemente nella etnologia). La raccolta e il riordinamento degli stimoli dell’anamnesi storiografica, quale che sia la natura di tali stimoli, costituisce dunque la tecnica filologica: ed è operazione perfettamente legittima, quando si mantenga nella sua sfera. La parola « filologismo » indica invece una esorbitanza della filologia, e cioè la confusione fra momento euristico e anamnesi storiografica effettiva, la surrogazione della logica che presiede alla formazione dei concetti storiografici con la logica naturalistica che presiede alla elaborazione degli stimoli filologici. Se la filologia è legittima, il filologismo costituisce invece la pretesa illegittima della filologia.
8
NATURALISMO
E
STORICISMO
NELL’ETNOLOGIA
INTRODUZIONE
si tratta di impedire al procedimento naturalistico illegittime
esorbitanze,
in relazione
e di
a quello
determinare
del
l’ufficio
diverso
suo
proprio
procedimento
storio-
grafico. In
di
questa
delicata
qualificazione
e paziente
abbiamo
opera
tenuto
di
distinzione
presente
e
i progressi
della metodologia della storia compiuti in Italia negli ultimi quarant'anni, poichè ci sembra che in questa ma-
teria l’ Italia abbia sopravanzato le altre nazioni europee. Tanto più si richiedeva che qualcuno si assumesse l’onere di tale fatica in quanto la metodologia crociana, che ha dato frutti così copiosi in molti domini
non
ne
ha
dato
alcuno,
fin'ora,
delle civiltà a noi più lontane.
del sapere storico,
in quello
C’ è di più:
della
in
cui
si
riflette,
per
di pensiero
così
dire,
civiltà
la bancarotta
della scienza,
dei
grandi
negli
ultimi
e l’ idealismo
e lo
ma intese tanto poco il significato della storia, da scambiarla con un filologismo scialbo, privo d’ogni di pensiero, ovvero, come suole accadere allorchè
della ragione
storica, avventato
etnologi era quella che poteva essere: non si riattaccava direttamente alla grande tradizione europea, a Kant, a Hegel, a Bergson o a Croce, ma ripeteva, con untuosa compunzione la filosofia professorale e accademica, 0,
nel caso più favorevole, la filosofia degli epigoni (si pensi a Vaihinger, Husserl, Dilthey, etc.). L’abito filologico di « mantenersi al corrente » e di seguire « l'avanzamento
delle ricerche » si tramutava qui nell’accogliere la filosofia
storicismo ripresero lena, l’etnologia tentò di farsi storica,
il freno
correva per potersi dire al corrente anche sul punto della metodologia e della filosofia. La filosofia che così entrava a far parte dell’arsenale culturale dei signori
di moda, quasi che la moda avesse qualche autorità nelle cose del pensiero. Con la presente raccolta di saggi noi ci lusinghiamo di aver creato almeno le premesse affinchè tale stato di cose abbia fine, di aver iniziato la radicale riforma del sapere etnologico, il riscatto di questa manomorta cultu-
cento anni. Invero, quando imperava il positivismo, l’etnologia fu crassamente positivistica, e peggiorò ulteriormente il naturalismo della sua età; quando fu pro-
clamata
logico fu mosso da reali interessi di pensiero, ma andò piuttosto raccattando dall'ambiente quel tanto che oc-
storia
l’ iperuranio
della nostra
9
se si osserva,
con mente aperta al vero, il corso della storia della storiografia in questo circoscritto dominio, balza agli occhi che qui ci aggiriamo in un pallido mondo di ombre, movimenti
©
lievito manca
e arbitrario,
e
disposto a lasciar credito persino alle «verità» della fede, o addirittura a confermarle; infine, quando, di recente, sembrò che lo storicismo fosse superato, l’etno-
rale e il suo riassorbimento nel circolo vivo del sapere non ozioso. Confessiamo che la nostra impresa presenta notevoli difficoltà: le pagine che seguono si rivolgono a due pubblici interamente diversi, ai filosofi e ai cultori di Schriftgeschichte da una parte, agli etnologi—e ai paletnologi — dall’altra. I primi stenteranno a seguirci sul
terreno speciale della ricerca, sebbene intenderanno molto bene
I’ interesse generale,
e non
solo etnologico,
di certe
questioni di metodo; i secondi, informatissimi per quel che riguarda il settore speciale della ricerca, ci seguiranno
e confessò più apertamente
molto poco in una polemica che presuppone un minimo di orientamento e di interesse speculativo. Ai primi, o
il suo amore verso il metodo naturalistico, amore che, del resto, essa mai aveva sostanzialmente intermesso. E, in ciascuna di queste tre età, giammai il sapere etno-
nostra si dicano cose ovvie, e che le storture che si com-
logia si aggiornò
di nuovo,
almeno ai più orientati fra essi, sembrerà che da parte battono sono troppo
vistose per meritare l’onore di una
IO
NATURALISMO
E
STORICISMO
NELL’ETNOLOGIA
INTRODUZIONE
critica in forma, minuziosa e paziente: ai secondi sfuggirà molto probabilmente il nocciolo della quistione, e apparirà invece in un rilievo quasi drammatico questo o quel difetto di informazione, questa o quella lacuna,
fluisce
la
migliore
tradizione
:
speculativa
II
europea,
con
questa o quella inesattezza. È d’uopo quindi che l’autore tenga, a chiarimento, due discorsi distinti, ciascuno rivolto
particolare riferimento alla metodologia del Croce. Questi sono i due discorsi che rivolgiamo ai due pubblici eventuali. Or qui cade opportuna una osservazione. È un fatto strano, e che invita a pensare, l'imbarazzo nel quale si trova lo scrivente, nonchè la necessità del
a un
doppio
solo
tipo
di lettore.
Agli Schrifthistoriker e ai filosofi diremo, da parte nostra, che qui si intende promuovere, mercè l’etnologia,
discorso.
attualmente
La
verità
quel minimo
di unità
di pensiero
un allargamento della nostra autocoscienza storica, una migliore determinazione dell’essere e del dover essere
guaggio è sostanzialmente
della nostra
ignoranze
anzitutto
civiltà; che per attuare questo compito liberarsi
fedi
si
è
per cui uno stesso lin-
intelligibile ed opportuno per
si moltiplicano,
reciproche
europea
e fa difetto
i pubblici
accrescono
in
si
dividono,
numero
ed
le
in
meto-
negli
estensione, l’ Europa si copre di una fitta rete di barriere feudali, nei cui limiti vivono regimi culturali autarchici.
studi etnologici; e, infine, che, per condurre a buon punto
Non si tratta di quella « concordia discors » che è garanzia
tale opera
di progresso: è crisi, divisione, anchilosi, confusione delle lingue. Questo discorso ci porterebbe molto lontano, e
oggi
di liberazione
più
passività
Le
cultura
della
naturalistica
dalla
tutti.
la
imperante
dologia
necessario
è
è che
divisa in compartimenti-stagni,
o meno
è necessario
far proprio
quei
ragionamenti minuziosi e pazienti che ai più orientati possono sembrare ovvii. Certo è fatica dura spiantare
la cittadella del naturalismo etnologico: anche
nessun
etnologo
si giovasse
tuttavia, quando
in qualche
modo
dei
nostri lumi, resterebbe pur sempre un lume dato a noi per proseguire l’opera nostra: il che non è poca cosa. Or cosa diremo agli etnologi e ai paletnologi? Diremo che si sforzino di rifarsi ai principî, di appren-
dere l’abito di porre, criticamente, la quistione « de jure » per
ogni
ricerca
intrapresa,
e, sopratutto,
di riaffiatarsi
con la grande speculazione europea: in ogni caso, avvertiamo fin d’ora i signori etnologi e paletnologi che le eventuali critiche ch’essi saranno per farci sui difetti di informazione, su inesattezze nei particolari, sul tal libro non citato, etc., non li dispensa affatto di venire
al nocciolo principî:
che
dell'argomento, è quel
che
e di impegnar conta,
data
battaglia
la natura
del
sui pre-
sente libro. E li avvertiamo anche che di questi principî non ci si sbriga in quattro parole, posto che in essi ri-
precisamente
alle scaturigini
di tale perdita
d’unità,
al
nostro Rinascimento, allorquando, cioè, la nascente civiltà moderna accusò subito uno scarso potere di espansione e di assorbimento dei relitti del passato, difetto che rimase poi, più o meno, costante sua caratteristica. Ma, per lasciare così ampio argomento, e per tornare al nostro,
di tanto più modesto, certo è che i saggi che seguono, col relativo imbarazzo di chi li ha scritti, e col doppio discorso che abbiamo dovuto tenere, costituiscono una conseguenza visibile del fatto or ora denunziato. Orbene: la nostra raccolta di saggi ha la piccola ambizione di provvedere, per la parte che le spetta, a ristabilire la
circolazione interrotta, e a mettere almeno in comunicazione due dominî che coesistono estranei l’uno accanto all’altro: il dominio etnotogico e quello della più progredita metodologia della storia. Il nostro ragionamento è abbastanza semplice: noi, per conto nostro, abbiamo adempiuto il nostro dovere meditando le concezioni meto-
mete
12
NATURALISMO
dei
dologiche
E
INTRODUZIONE
il valore
facciano
etnologi
i signori
che
chiediamo
speculativo;
e saggiandone
etnologi,
signori
NELL’ ETNOLOGIA
STORICISMO
altrettanto con le cose nostre, e, in ogni caso, raccolgano
il guanto di sfida. Nel discorso che
filosofi
ai
rivolto
abbiamo
e agli
Schrifthistoriker abbiamo più sopra parlato di un incre-
a cui dovrebbe provvedere il
mento di autocoscienza
sapere etnologico. Si tratta di un punto molto importante.
La nostra civiltà è in crisi: un mondo accenna ad andare in pezzi, un altro si annunzia. Naturalmente, come accade nelle epoche di crisi, variamente si atteggiano le speranze e variamente
si configura
il « quid
maius»
sta per
che
nascere. Tuttavia una cosa è certa: ciascuno deve scegliere il proprio posto di combattimento, e assumere le responsabilità.
proprie
giudizio: agire
Potrà
essere
lecito
nel
sbagliare
non giudicare, non è lecito. Potrà essere lecito
male:
non
operare,
non
è lecito.
Ciò
posto,
quale
è il compito dello storico? Tale compito è sempre stato, ed ora più
che mai
deve
essere,
l'allargamento
dell’auto-
coscienza per rischiarare l’azione. E l’autocoscienza storio-
bastanza con
la
con storia
la storia della
del
civiltà
13
secolo
XIX,
nostra.
Non
e, in generale, si
spiegano
del
tutto con tale storia la « bramosia di lontane esperienze ataviche » in un Mòser, in un Wagner o in un Bachofen, non si dichiara completamente, per una mente aperta soltanto
a esperienze
europee,
la
vibrazione
di
accento
che molti dotti tedeschi conferiscono al prefisso ur (si veda la recente recensione dell’Omodeo ad un libro del Mòser, in Critica XXXVIII, 1940, p. 232 sg.). La verità è che nel compiere la nostra opera di determinazione dei fili che si dispongono nell’ordito di certe disposizioni d’animo moderne, non siamo in possesso di tutti i fili, e quindi l’ordito non riesce, o almeno non riesce completamente. E il filo che manca è per l’appunto ‘quello del
cosiddetto mondo primitivo, di quel mondo che oggi più che mai dà segni di presenza, simile a tradizione quasi inaridita
che
rinverdisca,
simile
a
linguaggio
liturgico
quasi obliato che ritorni in piena evidenza alla memoria. Come possa la ricerca etnologica storicisticamente orientata mantener fede a questi impegni, solo l'esecuzione
grafica si allarga non solo dichiarando gli istituti della nostra civiltà, non solo riportando alla consapevolezza
nel fatto di una storiografia delle civiltà inferiori può mostrarlo: ma tale esecuzione non rientra nell'economia
il vero essere del nostro patrimonio culturale, ma altresì imparando a distinguere la nostra civiltà dalle. altre, anche da quelle più lontane. La civiltà moderna ha bisogno di tutte le sue energie per superare la crisi che attraversa. Lo storico, per la parte che gli spetta
dei saggi qui raccolti, dato che essi ubbidiscono unicamente al fine di ripensare criticamente i metodi con cui
nel dramma, e per il compito che gli è proprio, risponde all'appello dei tempi offrendo il suo contributo: e cioè
una maggiore potenza di individuazione, preparatrice di una maggiore potenza di azione. Inoltre, certe forme recentissime di prassi politico-religiosa, certe disposizioni d'animo strane, certi appelli ad esperienze ineffabili (si pensi al Gemit
e la razza,
che stringe in unità sentimentale
la razza
e il sangue)
non
il suolo
si spiegano
ab-
si scrivono le storie etnologiche. L'argomento offre allo Schrifthistoriker
e
per
il
metodologo anche un altro interesse generale. La presente raccolta di saggi costituisce un eccellente punto prospettico per poter abbracciare a colpo d’occhio un gran
numero di possibili errori metodologici della storiografia naturalistica: la sostituzione del filologismo alla considerazione storiografica, la surrogazione delle reali categorie storiche (arte, filosofia, religione, ethos...) con le pseudocategorie naturalistiche dello spazio del tempo e della causa, la storia universale e generale, la corru-
14
NATURALISMO
E
STORICISMO
zione del cominciamento nel
cominciamento
NELL’ETNOLOGIA
INTRODUZIONE
ideale ed eterno delle categorie
in tempo,
il biologismo
culturale,
la
superstizione del documento e la ingenua credenza della storia come un passato e come un di fuori, lo psicologismo,
la
risoluzione
del
nesso
dialettico
necessità-libertà
nella doppia ipostasi della società e dell’ individuo, etc. La Schriftgeschichte degli ultimi cento anni presenta in misura più limitata, e con evidenza minore, questa serie di errori: la storiografia etnologica permette invece di considerarli, per così dire, allo stato naturale, senza quegli avvolgimenti temperamenti o compromessi che nella Schriftgeschichte samente isolabili,
li rendono meno evidenti, più faticoe, infine, didatticamente meno efficaci.
Insomma, per esemplare gli errori metodologici del naturalismo storiografico, la etnologia rappresenta un eccellente
punto
prospettico.
15
a nuove decisioni concrete, in cui il carattere è chiamato volta a volta a esprimersi, e giammai quando escogitiamo precettistiche o casistiche sul possibile che non è reale,
così, mutatis mutandis, l’ incremento di una metodologia della storia è affidato alla possibilità di provarla interiormente nella intelligenza di mondi storici nuovi, in cui la sua efficacia non è stata ancora cimentata. Una etnologia storicistica rappresenta per l'appunto un cimento sconosciuto per la metodologia crociana: di qui un interesse generale nella cosa. © Giova ora qualche chiarimento su alcuni criteri particolari che ci hanno condotto nella elaborazione dei saggi in quistione. In generale, alla esposizione in estensione
abbiamo
preferita quella
per punti
prospettici:
per
esempio, ad un esame completo della etnologia evoluzionistica abbiamo preferito un saggio critico intorno
Infine, invitiamo gli Schrifthistoriker e i metodologi della storia a riflettere sul fatto che la metodologia cro-
ad
ciana,
punto prospettico per valutare, in uno, l’evoluzionismo, il sociologismo, il filologismo mistico-romantico, e, infine,
nata
da
una
vivacissima
esperienza
della
storia,
raccomanda la sua vitalità e il suo incremento al continuo commercio
con
nuovi
problemi
storici.
Or
è accaduto
che la filosofia dello spirito si è imbattuta spesso in troppo accademici censori o fautori, i quali han preso ad esaminare il delicato suo congegno da metafisici più che da filosofi, senza cioè continuarla in una nuova più ampia e vibrante esperienza della storia. E sia che questi metafisici presumessero di avere scoperto il difetto del sistema, sia che lo stimassero perfetto in ogni sua parte, certo
è che rifiuti o correzioni o adesioni tradivano un difetto sostanziale,
erano
cioè
elucubrazioni
a freddo.
Da
parte
nostra stimiamo che sia preferibile sottoporre il sistema alla prova di nuove esperienze storiche, affinchè da queste,
e solo da queste, tragga il nutrimento che lo farà crescere e fruttificare. Come l’ incremento della vita morale ha luogo solo quando i casi della vita ci pongono di fronte
uno
solo fra
L. Lévy-Bruhl.
i più
noti
L'argomento
rappresentanti
offre
dell’ indirizzo,
infatti
un
eccellente
il problema della mentalità primitiva. Inoltre, ad un esame diffuso di tutti gli scritti metodologici della scuola storico-culturale abbiamo preferito soffermarci sulla prefazione-programma del Foy, cubrazioni filosofiche di H.
completandola Pinard de la
con le eluBoullaye, e
con le regole tecniche esposte nell’Handbuch der Methode der kulturhistorischen Ethnologie dello Schmidt. Ancora: ad
un
esame
completo
di
tutti
i mal
posti
problemi
della etnologia, abbiamo preferito la trattazione particolare di uno solo di questi, il problema della prima forma di religione nella etnologia religiosa. Infine, valgono per l’etnologia funzionale considerazioni analoghe. La raccolta offre pertanto, sia pure di scorcio, un con-
tributo alla storia della storiografia europea nella seconda metà del secolo decimonono e nei primi quarant'anni del
STORICISMO
E
NATURALISMO
16
NELL
’
ETNOLOGIA
ventesimo. Tale contributo è tanto più necessario in europea manca quanto nelle storie della storiografia per n veda, Si una sezione che riguardi l’etnologia.
la
Geschichte
classica
:
ar
I9II), dove gli
Le a o
l’etnologia moderna sono vaghi scarsi e las viziati, fra l’altro, dal pregiudizio metodologico de ria universale
Ci
mneueren Historiografie
u. Berlin,
(Miinchen
Fueter
der
(più vivaci e penetranti, invece, gli do --
ai primi albori del sapere etnologico, sopratutto duran RI
dio
poteva
dire
modo,
tutto
da
sul conflitto
Ò
i
scoperte).
le
i
fra
ciò
che di de
considerazione
Ù
SAGGIO
CRITICO
SUL
PRELOGISMO
DI Lfévy-BruHtL.
naturalis !
e storicistica nel dominio etnologico ha trovato pro nei saggi raccolti nel presente volumetto : manca, = esempio,
la determinazione
particolareggiata
rapp ua
Di
o il
fra etnologia e antropologia, un argomento che di attualità. Ma le integrazioni sono facili per orientato:
altre
noi
stessi
faremo
in
seguito
ui ce letto
.
Quando, verso la seconda metà del secolo XIX, la scuola antropologica intraprese in Inghilterra lo studio
sistematico delle società inferiori, parve ai rappresentanti di quella scuola dogma inconcusso che la religio ne dei primitivi ripetesse essenzialmente le sue origini dal biso-
gno logico di spiegare i fenomeni
psichici e fisici. Questo
dogma si accompagnava strettamente con la veduta intel-
lettualistica di una teoreticità completament e risolubile nella forma logica, e di una forma logica identificata alla capacità di astrarre e di generalizzare, di costruire classi e tipi, al modo delle scienze partico lari. Su questa base speculat — mutuat ivaa dall’evoluzio-
nismo
allora
antropologica
intorno
nna piano 1 Alla sezione etnologica della biblioteca Di capa nani nos cl debitori del materiale bibliografico utilizzato nelle Parlano o avv tro ringraziamento va al direttore della biblioteca, per questa p: 1 nadle con molta cortesia si adoperò a facilitare nostro
compito.
imperante — i
rappresentanti
inglese costruirono
alle origini
delle forme
le loro
religiose
della
ipotesi
scuola generali
primitive:
su
questa base fu costruita dal Tylor l’ ipotesi più generale e comprensiva della scuola, l’ ipotesi animist ica. Secondo
il Tylor l'intelligenza umana, in condizioni ancora rudimentali di cultura, si preoccupò della risoluzione di un
duplice ordine di problemi: per un verso cercò di spiegare
la causa della vita e della morte, della veglia e del sonno, E. pe Marrino.
RFI
I
og
18
NATURALISMO
E
STORICISMO
NELL
’
SUL
ETNOLOGIA
avrebbe
al primitivo
suggerito
1° idea
di si
n principio vitale residente nel corpo, e che esi urevoo 0 sonno, nel come donarlo temporaneamente, mente, come nella morte; il gli avrebbe invece suggerito di un suo proprio fantasma, combinazione di queste due
nescente
se stesso,
causa
di acutezza.
secondo ordine di non 7 vo S l’idea di un altro se ss Da È immagine, eco, ombra. idee, sarebbe nata la rappre
sentazione dell’anima-apparizionale (apparitional-soul, ghost-soul), cioè
E o di un secondo ni
della vita e ci
moria,
n.
È
co mo rante la vita, del sentire, del pensare € dell agire. "i aitio amente precis e logico, un analogo bisogno n GaS FO uere disting di ità combinato con l’ incapac ere estend ad vo primiti il indotto e avrebb 1 inanimato, coro vita e la psichicità alla natura*. DC scuola della te sentan rappre grande altro Un
n E Ù logica, Sir James Frazer, informando i criteri — n la etò interpr ermeneutica agli stessi presupposti, causale ce come il primo passo di quella conoscenza ne, n religio la rso attrave sarebbe culminata poi,
scienze
positive dell'età moderna 2.
oi
sa same Contro 1’ intellettualismo della scuola secolo, del fine la verso , Francia in inò determ inglese si
19 Cfr. 499; II, 108, , 194. 1 TyLor, Primitive culture 5, I, ca . 2 Op. cit., II, 285. E: ne binati Apo 4 Frazier, The Golden Bough8, I, 1, apra del Frazer si rivelano is *aiti a es. . della e a mae i ° sua ipotesi concezionale Ila 4 nella per come, Ter particolari, en pio teorie nte inte persiste questo di notevoli Tracce genesi del eten: = supremo eè } Alessano i Lang intorno lismo si ritrovano anche nella teoriai del Ri (Lanc, Mith. come causa e autore dei fenomeni naturali
Religion, I, 330).
428 sgg.
LÉVY-BRUHL
19
Non
sfuggì,
per
esempio,
al Durkheim
che
l’ ipotesi animistica non ricostruisce ab intra l’esperienza religiosa, non ci spiega la distinzione fra sacro e profano : Quand’anche l'analogia del sonno con la morte fosse stata sufficiente a far credere che l’anima sopravvive al corpo (e vi sono delle riserve da fare su questo punto), per quale ragione quest’anima, per il solo fatto che è ora stac-
cata
dall’organismo,
natura? profana, d'un
colpo
dovrebbe
Se, durante un principio una
cosa
La morte non le più grande libertà
cambiare
completamente
di
la vita, essa è soltanto una cosa vitale ambulante, come può diventare sacra,
oggetto
del
aggiunge nulla di di movimento *.
sentimento
religioso?
essenziale,
salvo
una
Nè sfuggì a Lévy-Bruhl che l'ipotesi animistica si sovrappone ai fatti che intende spiegare in modo affatto
estrinseco
e problematico:
Nelle società inferiori è quasi universalmente diffuso l’uso
di distruggere le armi di un morto, i suoi vestiti, gli oggetti di cui si serviva, anche la sua casa, e di immolare talora
i suoi schiavi e le sue donne. Come si spiega ciò? « Questo costume — dice il Fraz—er può essere nato dall’ idea che i
morti p.
DI
una vivace reazione ad opera della scuola sociologica fondata dal Durkheim e dagli altri collaboratori dell’Année Sociologique. In generale le critiche mosse dai sociologi francesi alla metodologia della scuola antropologica non mancano
si a della malattia e della sanità, per un altro verso supe: no che cupò di rendersi ragione delle forme umane r » primo Il durante i sogni e le visioni estatiche. di fenomeni
PRELOGISMO
avrebbero
serbato
rancore
a quei
vivi
che
li avessero
spogliati delle loro cose. L’ idea che, avvenuta la distruzio ne, le anime degli oggetti raggiungono i morti nel paese delle anime è meno semplice, e probabilmente più recente.» Senza dubbio questo costume può essere nato così: ma ‘ DurKHEIM,
in poi FEL),
Les
p. 85.
Formes
élémentaires
d e la
vie
religieuse
(d'ora
E STORICISMO
NATURALISMO
20
può non
essere anche nato s
SUL
razer > 4 i i del Fra L'ipotes
modo. le altre,
tutte
escludendo
s' impone
di esprimersi
i altro in
NELL ? ETNOLOG IA
e ili suo
stesso
mo:
speculativi
DI
e storici
LÉVy-BRUHL
in termini
2.I
di psicologia
empirica. Il Durkheim”, per esempio, basandosi sulla giu-
lo confessa”.5
Del pari la scuola
i problemi
PRELOGISMO
sta osservazione che il fenomeno della morte non basta, di
sociologica
nen
coglieva nel
Lg
per sè, a trasformare l’anima in ispirito, cioè in obbiett o numinoso, credette fosse legittima la ricerca di quella esperienza sui generis che ispira il nume, e la fonte di
si rifiutava di riconoscere nella magia nient'altro si un tessuto di associazioni illusorie, di falsi ragionam » analogici e di infondate applicazioni del principio 50
questa esperienza credette di scoprire nella società, sopratutto durante i suoi periodici corrobori :
se queste e altrettali critiche sono meg sla e accettabili, non altrettanto può dirsi delle
(I credenti) sentono, in realtà, che la vera funzione della religione non consiste nel farci pensare, nell’ar ricchire la no-
positive prospettate in cambio di quelle rifiutate.
dire fin d’ora (alla fine l'argomento per esteso) cese fece sempre difetto il ragionevole impegno
o cSSanO
del presente saggio tra crono che alla scuola sociologia Si, ass mori la solidità gni E CATO intel 1 di eouiva inte
degli antropologi inglesi, restò a sua vola un palese intellettualismo. Infatti, dei tre cedentemente esposti della scuola pr
a Lap pie RE i sono
logi francesi rifiutarono solo il primo — il ve dr come filosofo selvaggio —, ma fceettarono gli altri * non sospettando nè l’esistenza di una forma tento so non concettuale (1° intuizione), nè la distinzione tra oglea ed era co “ speculativa e logica empirica: inolt—re e — € ; premess queste euenza affatto spiegabile date
al
pari
dei
e la storia Infine,
non
loro
avversari,
mortificarono essendo
in
mancarono
negli possesso
schemi di
una
di
stra conoscenza, aggiungendo a rappre sentazioni di carattere scientifico rappresentazioni di altra origine e di altro carattere,
ma nel farci agire, nell’aiutarci a vivere... Questa realtà che i mitologi si sono rappresentata sotto forme così diverse, questa realtà che è la causa oggettiva, univers ale, eterna di tali esperienze sui generis, è la società ”.
E la società elabora i suoi prodotti, in modo particolare la religione, secondo una logica ed una psicologia che non sono quelle dell’ individuo: chè anzi i naturali strumenti
della
logica
individuale — il concetto
vera
e preprRE
filosofia dello spirito, facilmente furono indotti a tradurre via
ieures
Les Fonctions mentales dans les sociétés inférieur 5 Lévy-Bruni, iù 9 Loss 0. . . ’ora in poi FMSI), p. II. RL e E * RZ E a questo proposito, 1 leva È 6 Si vedano, la e de la rie gé générale theorie ie d’une i ente l’ i Esquisse e l’Origine des pouvoirs magig see —-._ ;, VII, s 1904, p. 56 sgg.) soci (in Mélanges d’ histoire des religions, P. 130).
genere
e
di
giosa ?.
Ho *
senso sierica,
della socio ogia.
di
specie, di spazio e di tempo, di forza sostan za e di causa — si generarono nell’ambito dell'esperie nza sociale e reli-
I motivi irrazionalistici e pragmatistici della scuola sociologica francese sono particolarmente accentuati nel-
l’opera
® FEL, 8 FEL,
di Luciano
Lévy-Bruhl.
Se le cosiddette
rappre-
595. 597.
® FELL, 200sgg., 290 S88., 518 sgg., 616sgg. Cir. DurKHEIM e Mavss, De quelques formes primiti ves de classification (in Année sociologique, VI, p. 1 sgeg.), nonchè i lavori di Hubert e Mauss precedentemente citati.
e
22
NATURALISMO
STORICISMO
E
SUL
NELL’ ETNOLOGIA
individuale,
retta
dal principio
critica del « prelogismo », che troverà più avanti il suo luogo adatto; infatti, tenuto conto che l’opera del LévyBruhl non è molto familiare al lettore italiano, è neces-
o di
sario che una esposizione particolareggiata e obiettiva dei metodi impiegati e dei risultati ottenuti dal sociologo
antropologica inglese, malgrado il suo estrinseco aggirarsi alla superficie del fatto religioso, aveva tuttavia
il carattere
unitario
logica
della forma
francese preceda
qui la valutazione critica di quei metodi
e di quei risultati.
nel
primitivo e nell'uomo culto, e su questa base aveva potuto
*A*kA*
almeno costruire i suoi schemi evoluzionistici e progressistici,
i quali,
se storia
non
propriamente
erano,
almeno
Cerchiamo anzitutto di determinare che cosa sia propriamente la legge di partecipazione. Secondo Lévy-
la simulavano; la scuola sociologica francese, prendendo le mosse dalla considerazione in sè giusta e storicamente orientata
che
il primitivo
non
è un
filosofo
selvaggio,
e
che la religione delle società inferiori non può essere essiccata in una sorta di metafisica ingenua o di scienza grossolana,
trascorreva,
per
opera
di
uno
dei
suoi
più
10 « Le combinazioni da cui derivano i miti le teogonie e le cosmogonie popolari non sono identiche alle associazioni di idee che si formano a nell’ambito individuale, sebbene le une e le altre si possano chiarire vicenda. Una sezione a parte della sociologia dovrebbe essere destinata esiste a determinare le leggi dell’ ideazione collettiva: tale sezione non ancora » (DurkHEIM, Représentations collectives et représentations in1898, dividuelles, in Revue de Méthaphisique et de morale, maggio per la rap. 300 nota). Se l’oggetto della religione è così sconcertante gione individuale, ciò dipenderebbe dal fatto che « la rappresentazione (di questo oggetto da parte della religione) non è opera della ragione spiindividuale, ma dello spirito collettivo. Ora è naturale che questo è di rito si rappresenti la realtà in modo diverso dal nostro, poichè natura diversa. La società ha il suo modo d’essere che le è caratteristico, dunque il suo modo di pensare » (Durxuerm, Année sociologique, II, p. 29).
23
che, come tale, non può in alcun modo diventare, per noi, oggetto di storia. Ma non è il caso di anticipare, ora, una valutazione
non contraddizione, è affatto dominata dalla logica collettiva, retta dalla legge di partecipazione. La scuola
conservato
LÉVY-BRUHL
comune misura con la nostra, capace di rappresentazioni e di esperienze che non è possibile rievocare in noi se non in minima parte e molto imperfettamente, un’umanità
la psicologia individuali, ciò vuol dire che alla loro formazione presiede un’altra logica, le cui leggi occorre determinare !”. Ciò posto, il Lévy-Bruhl intraprese lo studio delle rappresentazioni collettive nelle società inferiori, con l’ intento di determinare la loro logica: e credette di venire alla conclusione che, presso i primitivi, la logica
DI
cospicui rappresentanti, ad immaginare una umanità senza
delle società sentazioni collettive in generale, e quelle la logica e con inferiori in particolare, non si spiegano
di identità
PRELOGISMO
Bruhl, Ia mentalità primitiva è dominata
sintetica
sui
generis,
in
virtù
della
da una funzione
quale
tra
esseri
oggetti o fenomeni per noi diversi o indipendenti è istituita una identità sostanziale od una connessione specifica (per es. un nesso causale), o, con termine generico,
una partecipazione *. Quando, per esempio, i Trumai
di-
cono di essere animali acquatici, essi istituiscono una identità sostanziale immediata — una partecipazione — fra esseri assolutamente diversi; quando gli Abiponesi ricol-
legano la piaga all’azione dello stregone piuttosto che al colpo di lancia, essi istituiscono una connessione 0 una partecipazione tra fatti per noi del tutto indipendenti *. 11 FMSI,
68 sg.
) 12 FMSI, 75. Un esempio di partecipazione particolarmente intima: un churinga associato a un albero nyssa non può essere impiegato per rappresentare, poniamo, un emu: bisogna costruire un altro,
24
NATURALISMO
La sintesi compiuta pante non
E
STORICISMO
in tal modo
è di natura
logica,
ma
SUL
NELL’ ETNOLOGIA
dalla funzione partecipiuttosto,
immediata
€
sentimentale. Più precisamente, la legge di partecipazione è un principio affettivo di unificazione delle rappresenttazioni, e si ricollega a ciò che il Lévy-Bruhl chiama «la categoria affettiva del soprannaturale». In virtù
mitiva)
non
e non
un vase » !:
L'emozione
sui
generis
provocata dalla categoria affettiva del soprannaturale è «immediatamente rivelatrice » della presenza inquietante di una realtà «altra» *. Non è tuttavia da credersi che il primitivo sia un essere irragionevole: il « prelogismo è
possono
ancorchè identico. D'altra parte uno stesso disegno, se impresso su un churinga associato al nyssa rappresenta un nyssa, se impresso su un churinga associato a una rana rappresenta una rana, ed infine se è isolato, senza riferimento ad alcun obietto numinoso, non ferma l'attenzione del primitivo, o per lo meno non ha nessuna significazione (FMSI, p. 125 sgg.). 13 Lévy-BrunL, Le surnaturel et la nature dans la mentalité primitive (d’ora in poi SNM), xx1v; vedi, in generale, I-xL. 1 Lfvv-BruaL, La mythologie primitive (d’ora in poi (MYP), xv. chez les et les symboles mystique L'espérience 15 Lévv-BrunL, primitifs (d'ora in poi EM), p. 95 sgg. Sul valore di quest’esperienza scrive Lévy-Bruhl: « Se l’esperienza non avesse mai rivelato all’uomo una realtà diversa da quella del mondo sensibile nel quale egli è immerso, senza dubbio la sua attività mentale sarebbe rimasta sostanzia!. mente simile a quella degli altri animali superiori: fors’anche più variata e più ampia, ma pur sempre, al pari di quella, aderente all’oggetto, e incapace di percorrerlo nel concetto. Sarebbe pertanto rimasta un'attività limitata, per così dire, al significato letterale delle cose. Niente l'avrebbe incitata a sollevarsi al di sopra della realtà immediatamente sentita e percepita, a dominarla, a immaginarne un’altra di di1’ idea
che
le
separarsi
tuttavia
partecipazione,
alle
leggi
della
di natura di partecollettiva individuo
modo
è
« comme
dominante
che, nell'uomo
l’ huile
la prelogica,
et l'eau
dans
con la sua legge
nel
primitivo,
culto, predomina
allo
di
stesso
la logica col suo
principio di identità. Partendo da queste premesse è sembrato al Lévy-Bruhl
di poter
Solo dall’esperienza mistica poteva nascere essere altrimenti da quel «he sono ».
esclusivamente
la legge di identità”. Logica e prelogica sono quindi intimamente compenetrate e fuse nella mentalità primitiva
primitiva
versa natura. cose possono
obbedisca
trova già fissati in precedenza dalla coscienza sociale. Quanto all’ individuo, il suo pensiero si comporta secondo
coordinazione
coerenza”.
25
non va confuso con l’ illogicismo o l’antilogicismo: piuttosto « noi siamo indotti a pensare che (la mentalità pri-
sono immediatamente unificate nell’uniformità di emozione che sollecitano ’. Si stabilisce così una virtù connettiva sentimentale di rappresentazioni eterogenee, virit connettiva che impedisce di riconoscere ogni difetto di di
DI LÉVY-BRUHL
nostra logica, nè, forse, a leggi che siano tutte logica » !. In particolare, dominati dalla legge cipazione sono soltanto i prodotti della mentalità cioè quei prelegami fra esseri e oggetti che l’
di questa categoria una moltitudine di rappresentazioni, da un punto di vista logico senza alcun rapporto,
e
PRELOGISMO
meglio e
dei
penetrare suoi
nello
spirito
atteggiamenti
della
mentalità
caratteristici.
Come
operano di fatto la legge di partecipazione e la categoria . affettiva del influenzate le tempo, della primitivo, la
soprannaturale; in che modo ne risultino rappresentazioni primitive dello spazio, del causalità, della quantità; quale è, per il rappresentazione della personalità; infine,
in che modo si effettuò il passaggio a tipi superiori di mentalità: queste sono le principali rubriche sotto le quali conviene, per i nostri intenti, raggruppare la vasta silloge
del sociologo
16 FMSI,
francese.
i
5o.
®
FMSI, 79sg. Cfr. op. cit., p. 115: « Le istituzioni fissano per così dire in precedenza, ne varietur, le combinazioni realmente possibili delle rappresentazioni collettive ».
18 FMSI,
113.
26
NATURALISMO
E
STORICISMO
NELL’ETNOLOGIA
Avvalendosi
** x L’argomento della rappresentazione dello spazio nella mentalità primitiva era stato toccato già prima del LévyBruhl
in uno
scritto di Durkheim
e Mauss,
apparso
nel-
l’Année sociologique”. In questo scritto si sostiene la tesi che il modello delle classificazioni primitive fu offerto dalla organizzazione sociale: gli obbietti naturali (piante, animali, fenomeni atmosferici) furono cioè ripar-
tite fra i vari clan e raggruppati sotto i rispettivi totem. D'altra parte, poichè la opposta o diversa funzione sociale dei gruppi tribali si obbiettivò in una solidarietà dei ‘ gruppi stessi con regioni dello spazio opposte o diverse,
la classificazione originaria per totem e clan finì col trasformarsi nell’altra per spazi orientati: le cose furono cioè riferite a questa o quella direzione dello spazio. La classificazione per spazi orientati, con il venir meno dei clan totemici, restò la sola possibile sopravvivendo anche in età culte, tanto che se ne può scoprire la eco lontana nella teoria aristotelica dei luoghi naturali”.
DI LÉVY-BRUHL
delle ricerche
del Durkheim
10 De quelques formes primitives de classification, in Année sociologiVI, i90:-2, pp. -1-72. Cfr. FEL, 200 sgg. 20 Il CASSIRER, che si è occupato a sua volta del problema della rappresentazione dello spazio nel mito, afferma che lo spazio mitico è, sì, qualitativamente differenziato (e sotto questo punto di vista si ricongiunge allo spazio sensibile), ma compie tuttavia una funzione ordinatrice e semplificatrice della molteplicità empirica (ricollegandosi per questa parte, allo spazio geometrico). Nell'ambito delle società totemiche, per es., l’ intricato viluppo di tutti gli esseri individuali e sociali, psichici e fisici nei loro molteplici rapporti di parentela totemica può essere abbracciato a colpo d’occhio in modo relativamente facile, tostochè il pensiero mitico procede a conferire a quello sterminato complesso una espressione e traduzione spaziale, come accade nelle classificazioni spaziali primitive segnalate dal Durkheim e dal Mauss. Nel sistema degli Zuîii la totalità dello spazio è ripartita in sette domini e ogni obietto possiede, nell’ambito di questa partizione, un luogo univocamente determinato; pertanto, « dato che tutti i generi e tutte le specie dell’essere
27 e Mauss,
e
completandole con una più larga esplorazione nel dominio della mentalità primitiva, il Lévy-Bruhl concluse che ai primitivi fa difetto la rappresentazione astratta di spazio, ponendo essi in cambio una rappresentazione semi-concreta e numinosamente qualificata di esso. Ogni spazio determinato, ogni direzione partecipa misticamente con un determinato Per
gruppo
i primitivi,
di oggetti:
la rappresentazione
dello
spazio,
per
quel
tanto che sussiste esplicitamente nelle loro menti, è di natura sono essenzialmente qualitativa. Le regioni dello spazio non sentite piuttosto ma ntate, rapprese concepite, nè propriamente ile in insiemi complessi, in cui ciascuna regione è inseparab anida ciò che la occupa. Ciascuna regione partecipa degli mali reali o mitici che vi vivono, delle piante che vi crescono, ne delle tribù che la abitano, dei venti e delle tempeste che , omogeneo spazio uno di procedono, etc. La rappresentazione e restituir di consente ci non abituati, siamo alla quale noi completamente questa idea”.
In Australia ogni gruppo sociale è solidale, fa corpo, con una
que,
PRELOGISMO
SUL
regione
o
una
direzione
determinata
dello
spazio:
ciascun clan ha, per esempio, un posto univocamente determinato nelle riunioni tribali, un posto cioè univocamente orientato. La contiguità nello spazio fa talora partecipare misticamente anche uomini che appartengono a gruppi diversi, sì che Spencer e Gillen hanno potuto dello spazio, la assohanno la loro patria determinata in qualche luogo in tal modo supeluta estraneità reciproca di tali specie e generi risulta e spirituale, ad rata: la mediazione spaziale conduce alla loro mediazion ale » (CASSsIuna totalità estesa, in un mitico piano cosmico fondament 113). rER, Philosophie der symbolischen Formen, II, p. poi MP), 231 sgg.; 21 Lévy-Brun1, La mentalité primitive (d’ora in spazio qualitativaSullo S8. 333 130, 94, FMSI, 92; MYP, 52, cfr. vedi anche numinose situazioni e direzioni sue nelle ato mente differenzi MP, 91 sg.
28
NATURALISMO
E
STORICISMO
parlare di una parentela di luogo Questa
intima
partecipazione
dei
(local relationship) ”. gruppi
totali
al suolo
che occupano (ai tratti salienti del paesaggio, alla sua fauna e alla sua flora, etc.) si riflette in molteplici aspetti della vita religiosa primitiva: talora la divisione dello spazio in regioni corrisponde a una specializzazione di poteri magici: una regione a cui un gruppo partecipa
è altresì la sfera propria della sua attività magica.
Per
esempio presso gli Australiani studiati da A, P. Elkin, ogni
totem è associato a una regione determinata dello spazio tribale, ed ogni clan della tribù è preposto alle ceri-
monie del proprio centro totemico locale ®*. L'associazione
mistica o partecipazione
è così intensa che un indigeno
strappato dal suo spazio sociale perde ogni potere magico
stesso contenuto, fa partecipare il « qui » e « lì », rendendo così possibile l’esperienza di un «questo qui» che sia « quello
lì »,
ovvero
di
un
ripugnanza
ad
abbandonare
il suo
territorio,
taneamente ?°,
;
;
.
D'altra parte la funzione partecipante stringere in una mistica solidarietà gli
anche
momen-
non si limita a spazi con i loro
contenuti, ma, nell’ambito di uno stesso spazio e di uno
2 MYP, 13 sg.; cfr. FMSI, 246 sg. 2° MYP, 16. I centri totemici locali, e, in generale, i luoghi sacri, sono punti determinati del paesaggio in cui si realizzano in modo particolarmente intenso e simbolico le partecipazioni in cui è inserito il gruppo sociale: vedi EM, 180 sgg.
# MYP, 25 MP,
18. 236.
«questo»
che
sia,
insieme,
< qui e lì ». Uno stesso individuo, per esempio, può reduplicarsi in un animale, può essere ubiquo: presso i Mossi sussiste una solidarietà tra gli individui e i caimani, sì che ferendo o uccidendo un caimano anche l’ individuo corrispondente è ferito o muore ”*. Del pari presso gli Eskimo,
ciò che
nel mare,
è qui,
sulla
terra ferma,
una sorta di balena”,
un lupo, è lì,
Anche gli obbietti ina-
nimati possono essere magicamente reduplicabili: uno stregone dello stretto di Torres, operando magicamente
su un dente, induce un dente invisibile a penetrare nel corpo della vittima ”.
e deperisce per il dolore”. Una regione nuova esercita una potenza malefica, dalla quale è d’uopo proteggersi; fuori della sua contrada il primitivo è spesso inquieto: Egli non respira più la sua aria, non beve più la sua acqua, non coglie più nè mangia i suoi frutti, non è più circondato dalle sue montagne, non cammina più sui suoi sentieri : tutto gli è ostile, perchè fanno difetto le partecipazioni che egli è abituato a sentire. Di qui la sua estrema
29
PRELOGISMO DI LÉVY-BRUHL
SUL
NELL’ETNOLOGIA
dekok
ziali
Le lingue primitive ricchissime di determinazioni spaconcrete, specialmente sotto forma di suffissi e di
prefissi, sono in cambio poverissime di determinazioni temporali, tanto da potersi avanzare l'ipotesi che la mentalità primitiva è orientata prevalentemente verso lo spazio,
e che
il «successivo»
nel
tempo
sia stato
rap-
presentato originariamente come » e dei « Données immediates de la conscience» del Bergson, pervennero alla conclusione che la rappresentazione e
non
già
il principio
3I
LÉVY-BRUHL
di identità
la categoria
partecipazione,
DI
bensì
ma
affettiva
del
la legge
di
soprannaturale.
Le partizioni del tempo non sono pertanto, per il primitivo, astratte e capaci di ricevere qualunque contenuto, ma
«partecipano»
degli
accadimenti
in
che
essi
si
ritmato secondo periodi qualitativamente omogenei conti-
producono, sì che, al ripetersi di una certa partizione temporale, tende a ripetersi anche l’accadimento che le è solidale. I Daiacchi, per esempio, si rappresentano le giornate numinosamente divise in cinque « tempi> ciascuno dei quali è solidale (« partecipa ») con certi atti, è il tempo di quegli atti, e di essi soltanto. In generale,
nui
gli
«i periodi, i giorni, le ore in cui le sciagure si producono,
di essi sono compresi, e tali che i
partecipano di tali sciagure » ®. Evidentemente, la sintesi tra i tempi e i loro accadimenti è di natura affettiva, cioè la loro pretesa unità e solidarietà risultano dalla identica colorazione sentimentale con cui sono associati nello spirito del primitivo: è, in una parola, la categoria affettiva del soprannaturale che fa immediatamente partecipare tempi e accadimenti ®. D'altra parte la funzione partecipante non si limita solo a sostituire sistemi solidali di tempi e di accadimenti,
l’esperienza
del
tempo
nella
religione
e nella
magia
è
non già quantitativa e astratta e neppure assolutamente qualitativa e concreta, ma piuttosto semi-quantitativa € semi-concreta: il tempo numinoso sarebbe, cioè, un tempo e insecabili,
solidali
atti che in ciascuno
con
gli
avvenimenti
e con
riti compiuti nelle date critiche con le quali si aprono, prolungano i loro effetti a tutto il periodo in questione
e lo contagiano interamente”. Il Lévy-Bruhl accettò questa interpretazione nelle sue linee generali e se ne servì
come
conferma
della
sua
ipotesi
prelogica.
Se il primitivo ha una rappresentazione e un’esperienza del tempo sempre in qualche modo numinosamente qualificata, ciò dipende, secondo Lévy-Bruhl, dal fatto che presiede alla formazione di quella rappresentazione 20 Husert e Mauss, Étude sommaire de la représentation du temps dans la religion et la magie, in Année sociologique, t. V., 1900-1, p. 248, rifuso nei Mélanges d'’ histoire des religions degli stessi autori, p. 189 sg. 80 Intorno alla partizione del tempo religioso in ambiti non estensivi ma intensivi, cioè sentimentalmente intensi, si confronti, anche qui, quel che ne dice il Cassirer: « Pertanto, in modo analogo che per lo spazio, nella posizione delle pause temporali delimitanti e separanti, la rappresentazione fondamentale che qui domina non è già quella di un complesso di contrassegni puramente convenzionali, ma piuttosto quella di singole divisioni del tempo che in se stesse posseggono ciascuna una qualità e una caratteristica specifiche, una propria natura e una propria efficacia. Tali tratti risultanti dalla divisione non formano affatto una semplice ed uniforme serie in estensione, ma a ciascuno di essi compete una pienezza intensiva, in virtù della quale si dispongono l’uno verso l’altro come simili o dissimili, corrispondenti o contrari, solidali od ostili» (op. cit., p. 137).
ma tende anche a far confluire l’uno nell’altro, in una sorte di eternità immediatamente e attualmente vissuta,
i momenti temporali del passato del presente e del futuro. In altre parole: non soltanto il tempo è rappresentato € sentito dalla mentalità primitiva come qualitativamente e numinosamente ritmato, ma altresì il tempo non è per essa un corso di momenti irreversibili: quella stessa colorazione affettiva che unifica in un unico sistema solidale tempi e accadimenti determinati, unifica altresì presente passato e futuro nell’attualità del sentire. Il
3 SNM, 89 sgg. 8 SNM,
zo.
Cfr.
19sg.
sulla
qualificazione
numinosa
del
tempo,
MP,
32
NATURALISMO
tempo
religioso
dei
E
STORICISMO
primitivi
tende
ralità, tende, cioè, a configurarsi riassorbe in sè il passato
SUL
NELL’ETNOLOGIA
perciò
come
presente. Questo
un presente che
e che prefigura il futuro.
futuro,
cato
all’ intempoDalla
in una
rivissuto
rappresentare
33
DI LÉVY-BRUHL
PRELOGISMO
così
rivissuto
si fa
intensa,
esperienza
da
intensamente
tendenziale intemporalità, per esempio, del periodo mitico ®, ovvero dalla partecipazione mistica fra il suo passato il suo presente e il' suo futuro, deriva l'efficacia
essere reso presente si rivela anche nella esteriore forma verbale di talune formule magiche, nelle quali il verbo non è nè all’ imperativo nè all’ottativo, ma al presente
magica
indicativo. « La foca è consenziente, essa mi viene incontro, viene dritto verso la mia tenda >, dice una formula
del
racconto
o
della
messa
in
iscena
del
mito.
In una grande quantità di riti magici il periodo mitico è reso presente, ed il futuro è, in quei riti, prefigurato, anzi è già attuale”: così, per esempio, durante le cerimonie Mayo dei Marind-Anim è messo in azione il mito che racconta in che modo furono creati gli alberi di cocco, e la imitazione presente del passato mitico prefigura, anticipa, fa già essere il futuro auspicato, e cioè la fecondità di quegli alberi ”. La capacità del presente rituale di riassorbire il futuro è stata abbondantemente esemplificata dal Lévy-Bruhl: per non citare che qualche esempio, i Nagas prefigurano raccolto
rano,
curvi
sotto
bolle
l’acqua
scendendo
un peso
contenuta
dalla collina,
dove
lavo-
immaginario ®; gli Zulù,
nel
vaso
che
simboleggia
se
il ne-
mico ”, hanno già vinto la battaglia, sì che vincerla poi in effetti è una formalità; gli Australiani del Queensland, imitando gli accadimenti che si accompagnano al cadere
della pioggia, la fanno già cadere, qui e subito *. L’auspi-
carezzo
la
87 MP, 222. Per la mantica sente, vedi MP, 219 sgg. 88 MYP, 190 sgg.
come
partecipazione
del
futuro
al pre-
del narvalo,
esso diviene
«io
consenziente
formula
ha
un’intonazione
esteriore
imperativa
0
ottativa, c'è sempre un'intensità attuale che ne accompagna
la recitazione, un’ intensità che la fa sperimentare,
la è,
per così dire, come indicativo presente. Analogamente mimica dei Nagas degli Zulù e degli Australiani come dice Lévy-Bruhl, «un indicatif en acte»®. AR
Le partecipazioni precedentemente segnalate non sono su
fondate
ciò
che
noi
consideriamo
l’esperienza
ordi-
naria, ma piuttosto sono istituite attraverso la mediazione di energie invisibili, di cui il primitivo ha immediatamente
8 MYP, 3 sgg. 3 MYP, 114 sgg., 160 sgg. Come la separazione dallo spazio sociale suscita nel primitivo inquietudine e smarrimento, e talora persino la morte (vedi più sopra), così la rottura del legame magico di partecipazione fra presente passato e futuro produce effetti deleteri. L’ impossibilità di celebrare le cerimonie che istituiscono quelle partecipazioni è spesso sentenza di morte per la tribù primitiva: vedi MYP, 128. 85 MYP, 160, 36 MYP, 192.
le ganasce
e docile ». E un’altra ancora: « Lo spirito malevolo passa vicino a me senza fare attenzione a me ». Anche quando
sita. oasi
l'abbondante
esquimese riferita da Thalbitzer. E un’altra formula:
l’esperienza mistica:
un legame
invisibile, positivo
ed energico, stringe insieme spazi e tempi determinati con i loro contenuti, nonchè il qui con il lì, e il prima con E
l’ora e con il poi. in generale verso
l’ invisibile
e l’energico
è orien-
tata tutta la mentalità primitiva: mentre la nostra ricerca
3% EM, 261 sgg. Il Lévy-Bruhl cerca di mostrare che la prefigurazione simbolica «est déjà l’'événement lui-méme» (op. cit., 270), è «un’action efficace, qui en assure dès à présent la realité » (p. 290). E.
pe
MARTINO.
3
34
NATURALISMO
E
STORICISMO
SUL PRELOGISMO DI LÉVY-BRUHL
NELL’ETNOLOGIA
35
causale è sotto il controllo dell’esperienza e del principio
coccodrillo
d’ identità,
è indifferente
Inoltre, una delie caratteristiche della sacralità primitiva
o poco sensibile al nesso delle cause seconde, e in cospetto di un fatto sùbito abbandona l’ordine empirico
la mentalità
primitiva,
invece,
creato
o
fabbricato
da
uno
stregone *.
fluido,
è la numinosità del dissueto, il carattere rivelatore dell’accidente, 1’ impossibilità del fortuito ‘. Così, per esempio, una capra che mangi i suoi escrementi, un bove che
numinoso ‘°. È da dirsi quindi, secondo Lévy-Bruhl, non già che i primitivi ricorrono alle potenze mistiche in quanto trascurano le cause empiriche, ma al contrario, che essi non cercano i legami causali empirici e visibili e quando li avvertono li considerano senza importanza perchè «le
batta il suolo con la coda, la prima apparizione dei bianchi, il suono della campana della cappella missionaria, una pianta che dà frutti fuor di stagione, un frutto che non è alla sommità del gambo ma nel mezzo, un duplice frutto sullo stesso gambo, un cane straordinariamente fortunato a caccia, etc., sono accadimenti rivelanti una
loro rappresentazioni collettive evocano immediatamente l’azione di potenze mistiche » ‘4. Una volta che sia en-
« trasgressione» alla consuetudine, e perciò la presenza di un’energia numinosa affatturante, di un’ influenza malefica che procurerà danno o che, in ogni caso, esige
e
visibile
per
un
ordine
di
energie
invisibili,
trata in azione la categoria affettiva del soprannaturale, ciò che per noi è l’esperienza, con le sue conferme e con
le
sue
smentite,
cessa,
per
il primitivo,
alcun valore. Lévy-Bruhl riferisce il seguente racconto di Bentley: Un giorno Whitehead vide uno dei suoi operai che, seduto, era esposto ad un vento freddo, in un giorno di pioggia. Lo esortò a rientrare in casa e a cambiare i suoi vestiti. Ma l’uomo gli rispose: « Non si muore di un vento freddo, questo non ha importanza: non si cade malati e non si muore che a cagione di uno stregone » ‘°. AI pari della malattia, la morte non è mai, come per noi,
naturale: se un guerriero è ucciso da un colpo di lancia in uno dei combattimenti rituali, la ragione è che un membro della sua tribù lo ha stregato, togliendogli le forze ‘*. Analogamente, se un coccodrillo divora un indigeno, o si tratta di uno stregone-coccodrillo, o di un 40 41 4 4
MP, MP, MP, MP,
17 sgg. 19 sgg.; 19. 23.
cfr.
p. 85 seg.
precauzioni sacrali ‘.
dall’avere 4 MP, 37 sgg. Cfr. MYP, 278 sgg., 295. Non soltanto le sciagure, la malattia, la morte hanno la loro causa mistica, ma anche il successo si ricollega a certe condizioni numinose particolari (MP, 350). 4 SNM, 33sgg.; MYP, 28, 36, 45, etc.; FMSI, 73. Nell'ultima sua opera, EM, il Lévy-Bruhl chiarisce con maggiore precisione il senso nel quale va intesa la sua affermazione « per il primitivo il caso non esiste »: i primitivi non negano il carattere fortuito dei piccoli fatti che non li interessano per nulla ma piuttosto non vi si arrestano. Vedi EM, 42. Cfr. le osservazioni del BerGson a proposito del fortuito in Les deux sources de la morale et de la religion, p. 150 sgg. 40 SNM, 13-16, 102, 182, 218-224; MP, 27-37, 41, 125, 295-331; 405 segg. Intorno alla numinosità malefica delle sottane dei missionari, vedi FMSI 70. Secondo Lévy-Bruhl, la mentalità primitiva considera l’ incesto come un « monstrum » sul tipo di quelli elencati nel testo: «il famoso problema della proibizione dell’ incesto, questa veraia quaestio della quale etnologi e sociologi hanno con tanto sforzo cercato la soluzione, in realtà non ne comporta nessuna... Nelle società di cui abbiamo testè parlato, è vano chiedersi per quale ragione l’ incesto è proibito: tale proibizione non esiste. Non già che 1’ incesto sia lecito o tollerato... solo che non ci si cura di interdirlo. Si tratta di cosa che non si verifica. Quando, supponendo 1’ impossibile, si verifica, è ‘qualcosa di inaudito, un monstrum, una trasgressione che diffonde l’orrore e lo sgomento. Conoscono forse le società primitive una proibizione dell’autofagia o del fratricidio? Esse non hanno altrettanta ragione di proibire l’ incesto » (SNM, 247).
36
NATURALISMO
E
STORICISMO
Se la causalità, per i primitivi, acquistano
presagio quanto
per
loro
è, per una
causa,
una
è mistica,
significazione
i primitivi,
non
tanto
o, per dir meglio,
di energie numinose che avrà zione dell'evento presagito ‘:
SUL PRELOGISMO DI LÉVY-BRUHL
NELL’ ETNOLOGIA
una
i presagi
particolare:
il
un'anticipazione manifestazione
molta parte nella produ-
Non basterà dunque che nessun presagio funesto sia apparso: è d’uopo anche che si siano prodotti i presagi favorevoli... Così, nel momento di cominciare la semina, è assolutamente necessario aver udito un tal uccello a destra, aver visto un tal altro uccello a sinistra, etc... Il fatto è che le manifestazioni dell’uccello hanno, per se stesse, virtù mistica che assicura la raccolta nello stesso tempo che l’annuncia. Se tali manifestazioni non hanno luogo, la raccolta non potrà prodursi ‘5, Ciò posto, i primitivi hanno problemi che ci sono estranei, e noi abbiamo problemi che non sono i loro. Immaginare perciò che il primitivo sia indotto a risolvere pro-
blemi che sono soltanto nostri, significa disconoscere l'orientamento peculiare della sua mentalità, equivale a fare
di lui
« un
filosofo
selvaggio ».
Così, circa la concezione che i primitivi hanno della riproduzione, è d’uopo porsi la questione preliminare: il problema della riproduzione si pone per la mentalità primitiva
nei
termini
che
sono
familiari
a quella
culta?
In realtà i primitivi trascurano quasi per disposizione naturale le cause seconde, e sono invece sensibilissimi a quelle
mistiche:
Quand’anche essi avessero constatato che un bambino viene al mondo solo se la fecondazione ha avuto luogo, non trar-
4 4
MP, MP,
124 sgg. 131.
37
rebbero da ciò la conclusione che ci sembra naturale, ma persisterebbero nella credenza che, se una donna è gravida, x vuol dire che uno spirito è entrato in essa ‘°.
Le
stesse
ragioni
che
impediscono
primitiva
di
rappresentare
in
causalità,
le
impediscono
altresì
astratto
la quantità
pura.
astratto
Come
di
alla
mentalità
spazio
tempo
rappresentare
lo spazio
il tempo
e
in e la
causalità, anche la quantità è per il primitivo qualificata, e cioè ancora immersa in un ambito di partecipazioni invisibili immediatamente sentite. Nelle società che si trovano al gradino più basso della scala della civiltà, la quantità partecipa immediatamente all’ insieme concreto a cui si riferisce, è sentita come una qualità per cui un
insieme determinato differisce da un altro insieme determinato
maggiore
o minore.
Il primitivo
avverte
la sot-
trazione di un elemento ad un insieme non già in virtù di un controllo analitico, ma per l'immediato sentimento che l insieme in quistione ha perduto una qualità che prima aveva”. La riprova di ciò sta nel fatto che le lingue primitive non possiedono un sistema di designazione
astratto
della
quantità
pura,
e quindi
una
vera
e
propria numerazione aritmetica. Anche quando in queste lingue si trovano nomi di numeri si tratta sempre di nomi di numeri in connessione con insiemi determinati rispetto alla loro forma,
attitudine, situazione, movi-
mento, etc. Così, per esempio, nella lingua tsimseniana della Colombia, l'uno si dirà Gak se riferito a oggetti piatti, g’erel se riferito a oggetti tondi, k'al se riferito a uomini, etc. Analogamente, vi sono in questa lingua molteplici modi di esprimere il due, il tre, etc. La rappresenta4 MP, 513. 50 FMSI, 205. 51 FMSI, 222: Lévy-Bruhl meri-appartenenze dei gruppi.
chiama
« ensembles-nombres » questi
nu-
E
NATURALISMO
38
SUL
NELL’ETNOLOGIA
STORICISMO
zione del numero, dunque, è presso i primitivi più o meno
qualitativamente mente
Inoltre, essa
determinata.
significativa:
gli insiemi
che
è numinosa-
il primitivo
si rap-
presenta sono dei veri e propri luoghi di partecipazioni mistiche, e la quantitàè una delle appartenenze dell’ insieme:
ciò
spiega
come
il numero,
più
o meno
astratto
o differenziato dall’ insieme di cui fa parte, conserva una individualità mistica, un campo di forza che gli è particolare: « Nelle rappresentazioni collettive, il numero e la sua corrispondente denominazione partecipano ancora così strettamente alle proprietà mistiche degli insiemi
PRELOGISMO
DI LÉVY-BRUHL
39
l'eccesso di fortuna o di sfortuna, il malefico 0 l’eccezionalmente benefico sembrano segnalare la presenza di questa
energia
numinosa,
che
i
melanesiani
chiamano
mana, gli Indiani dell'America del Nord wakan, imunu i Papua del delta del Purari, wairua e mauri i Maori etc., e che gli etnologi hanno
segnalato da tempo,
variamente
traducendola nelle loro lingue (Lebenskraft, Seelenstoff, Zielstof, Potenz, etc.) #. D'altra parte il primitivo non si rappresenta la sua personalità, o quella degli altri membri del gruppo, come psichicità definita entro limiti. stabili e univoci, ma piuttosto come energia qualitativamente
mistiche
identica a quella che promana dagli animali dalle piante
che unità aritmetiche » ®. Di qui la potenza mistica dei
e dalle cose”, e includente nelle sue frontiere labili e variabili tutto ciò che cresce sul corpo o ne esce (peli, unghie, sudore, sperma, urina, sangue, escrementi, la-
rappresentati, numeri,
che
superiori
da
essere
si conserva
essi
stessi
molto
più
a lungo
realtà anche
in forme
di civiltà. dk
crime), tutto ciò che è in rapporto particolare con esso (le tracce dei passi sul suolo, i resti degli alimenti, l'ombra
*
Che la legge di ‘partecipazione sia alla base della mentalità primitiva sembra avere la stia riprova nel fatto che ai primitivi fa difetto una rappresentazione di obietti
dai
limiti
univocamente
circoscritti:
gli
obietti
per essi non sono stati ma piuttosto azioni, disposizioni, luoghi di influenza. Ogni obietto dispone, cioè, di una energia numinosa più o meno favorevole, di cui occorre impadronirsi e che è d’uopo piegare alla propria volontà * Più precisamente il primitivo si rappresenta, e soprattutto sente, l'universo che lo circonda come attraversato dalla corrente numinosa fluida, una e multipla, personale
e impersonale, fisica e psichica. Tutti gli obietti, animati e inanimati, ne partecipano più o meno intensamente. Lo
straordinario,
52 FMSI, 237. 53 SNM, 41, 118,
il
dissueto,
l’ imprevisto,
il
potente,
e l’immagine, i vestiti e in generale la proprietà personale, il grasso dei reni, il cuore, i genitali)”. Queste appartenenze
sono
talora
considerate
non
come
estensione
della personalità, ma come appartenenze essenziali o addirittura reduplicazioni della personalità stessa”. Rispetto al gruppo la personalità ha limiti altrettanto labili e poco definiti che rispetto alla natura. Nell’ambito dei rapporti x familiari, per es., se un uomo è malato, i suoi parenti
54 AP, 3 sgg. 55 AP, 3zosgg. 56 AP, 30, 134Sg, 139, 161sgg. Dare un colpo ad un oggetto che appartiene ad un altro è considerato come l’espressione simbolica dell’ intenzione di vibrare il colpo alla sua propria persona (AP, 142); quando qualcuno muore, le sue “acne sono bruciate con lui
(AP,
141).
57 AP, 148sgg.; cfr. 169 sgg. Le appartenenze, che per noi sono un’estensione della personalità, per i primitivi sono immediatamente apprese e sentite, sì che, dal loro punto di vista, la nostra individualità sembra aver subito una sorta di riduzione: AP, 185.
SUL PRELOGISMO DI LÉVY-BRUHL
NELL’ ETNOLOGIA
STORICISMO
E
NATURALISMO
40
sono obbligati a seguire le prescrizioni magico-dietetiche c'è
medico-stregone®;
del
solidarietà
una
fisiologica
tra padre e figlio, come denun— ne — una partecipazio ziano alcuni interdetti che accompagnano spesso le pratiche della covata”; il fratello è considerato un alter ego”, ed il fratricidio un suicidio ®; etc. Nell'ambito dei rapporti sociali, la stessa solidarietà organica: tutto il gruppo patisce le conseguenze di un tabu violato da un suo si esercita indifferentemente su del gruppo, etc. ©. I limiti dell’ in-
la vendetta membro, un membro qualunque
dividualità sono dunque rappresentati dal primitivo come spostabili:
e
labili
d’altra
parte,
dentro
l'identità personale non è incompatibile o la pluralità delle persone: Ai
nostri
occhi,
un
individuo,
per
limiti,
questi
con
la dualità
complesso
che
sia,
ha per carattere primordiale e essenziale l’unità. Se non possedesse quest’unità, non sarebbe più un individuo ma un complesso di più individui. Tuttavia, presso il primitivo, il sentimento
interiore
e
vivace
della
propria
persona,
non
si
accompagna del pari con il concetto rigoroso della unità individuale.
Non
gono vaghe duo, il suo identificano il Kra dell
soltanto
le frontiere
della individualità
perman-
e imprecise, dappoichè le appartenenze dell’ indivireduplicato, la sua immagine, il suo riflesso si con lui: c’è di più: il Tjurunga dell’Australiano, Ewe, lo Ntoro dell’Ashanti, l'omonimo dei Ba-
Ila etc., senza confondersi
interamente
con l’ individuo,
non ne
sono tuttavia neanche distinti... L'individuo non è se stesso che a condizione di essere altro da se stesso. Sotto questo nuovo aspetto, lungi dall'essere uno, come noi lo concepiamo, esso
è ancora
dire, un
simi
vero
uno
e più
e proprio
insieme.
luogo
Esso
costituisce,
per
così
di partecipazioni ®.
L’unità-dualità dell’ individuo è visibile nei frequentiscasi di licantropia: l’uomo-leopardo, per es., si
58 AP, € AP,
96. 117
sgg.
50 AP, 6
225. 6 AP, AP, 250 sgg.
io1.
€ AP,
104.
41
sente identico a un determinato leopardo, sì che, se il leopardo è ferito o muore, anche l'individuo, che gli è organicamente solidale, è ferito o muore. Lo stregone può restare nella sua capanna e, al tempo stesso,
trasformato in coccodrillo, divorare la sua vittima ®. Queste concrete esperienze del primitivo, largamente documentate dal Lévy-Bruhl®, si riflettono in quei miti in cui sono rappresentati esseri misti (uomini e animali) soggetti a metamorfosi non esplicitamente denunziate nel mito, ma desumibili soltanto dai suoi episodi e dalle sue
peripezie ©.
ì
Questo tentativo di ricostruzione della rappresentazione e della esperienza della personalità presso le società inferiori *, sembrerebbe confermare pienamente, come si è detto, che la mentalità primitiva è dominata dalla legge di partecipazione: mentre, infatti, la mentalità culta, do-
minata dal principio di identità e sperimentalmente orientata, rappresenta la personalità come un’ identità psichica rigorosamente distinta dalle altre individualità e dal mondo fisico, Ja mentalità primitiva, invece, sperimenta e rappresenta la personalità come energia numinosa cir-
coscritta entro limiti labili e spostabili, come luogo di partecipazione mutevole per estensione, come ambito includente anche ciò che per noi è altro dalla personalità, ed infine come unità non incompatibile con la dualità nel tempo e nello spazio. % AP, 192 sgg. 6 AP, 205. Questa ambigua unità-dualità dell'uomo e dell’animale è simboleggiata ritualmente dagli esquimesi mediante una maschera animale a battenti, la quale, a un momento dato, si apre, scoprendo il viso umano (MYP, 152, 212). 66 In generale è da vedersi AP, cap. V (pp. 192-228). © MYP, 72. Le trasformazioni avvengono insensibilmente, come nel sogno. Cfr. un interessante parallelo degli esseri mitici primitivi con le figure composite preistoriche, MYP, 148 sgg. €8 Si veda, in generale, la seconda parte dell’AP (256-436).
42
NATURALISMO
E
STORICISMO
esseri
vidualizzati, Ae
eroi, geni, dei. Si costituisce così ciò che noi chiamiamo propriamente
Un grave problema si lega all’ ipotesi prelogica: dato che
la mentalità
primitiva
è
dominata,
per
ciò
che
ri-
guarda il suo aspetto collettivo, dalla legge di partecipazione,
e dato
che
il predominio
di
questa
legge
rende
scarsamente sensibile alla contraddizione e permeabile all’esperienza l’ intelletto individuale dominato dal principio di identità, come si effettua il passaggio a tipi superiori di mentalità, e precisamente alla mentalità culta,
nella quale la funzione identificante acquista una attività predominante e la legge di partecipazione si trova allo stato di sopravvivenza, di relitto, e in ogni caso in una posizione affatto subordinata? Lévy-Bruhl ha tentato di risolvere questo problema nell'ultimo capitolo delle sue
Fonctions mentales dans les sociétés inférieures. Nel suo stadio
originario,
dice il sociologo
francese,
la mentalità
primitiva, più che rappresentare l’oggetto, lo vive lo possiede e ne è posseduta ®°, In questo stadio sarebbe quindi più opportuno parlare non già di rappresentazioni collettive, ma «di stati mentali collettivi caratterizzati da una estrema intensità emozionale, in cui la rappresen-
tazione è ancora indifferenziata dai movimenti e dalle azioni che rendono effettiva per il gruppo la comunione a cui esso tende»”. Ma lo stadio corporativo della coscienza umana tende a indebolirsi: sorge allora la necessità di rappresentare in qualche
modo,
e quindi
zione
prima
era immediatamente
che
di mediare,
quella
vissuta.
partecipa-
In virtù
di questo processo il sacro si concentra su determinati veicoli di partecipazione: mana, spiriti più o meno indi-
00 FMSI, 426. 0 FMSI, ivi.
semi-animali,
o
semi-umani
mitici
43
DI LÉVY-BRUHL
SUL PRELOGISMO
NELL’ETNOLOGIA
la
la
mitica,
rappresentazione
quale
in
nascerebbe
tal
modo, dallo sforzo della mentalità primitiva di realizzare in forma mediata una partecipazione non sentita più come immediata”. Per contracolpo di questo accentramento
della
sacralità
su
veicoli
determinati
di
parte-
cipazione, si dissacrano gradualmente gli altri oggetti ed esseri: il velo mistico che si stendeva sulla natura intiera si ritira almeno da una parte di essa, e comincia ad emergere alla coscienza, e precisamente al suo orientamento sperimentale e logico, la obbiettiva realtà delle cose. La soprastruttura numinosa, che avviluppava la natura allorquando era immediatamente vissuta, si dis-
solve gradatamente a misura che la numinosità si concentra su oggetti specifici di culto, a misura che si consolida la religione propriamente detta. Gli elementi emozionali e motori dell'esperienza immediata sopra descritta si sciolgono col differenziarsi della rappresentazione. La identità e le alterità reali si impongono all’ intelletto sostituendosi a poco a poco alle partecipazioni mistiche: accanto alla sopranatura si costituisce una natura”: (Per la mentalità primitiva) un essere è se stesso e, contemporaneamente,
un altro, è in un luogo
e collettivo...
La
affermazioni,
e ciò
mentalità perchè
prelogica essa
ed altrove,
è individuale
fa qualcosa
siffatte
di
si contenta
di meglio
di ve-
derne o di comprenderne la verità. La mentalità collettiva sente e vive la verità, in virtù di ciò che io ho chiamato «simbiosi mistica ». Ma ove 1’ intensità di questo sentimento viene
meno nelle rappresentazioni collettive, logica comincerà a farsi sentire”.
71 FMSI,
432 sgg.
72 FMSI,
440 sgE.
subito
#
FMSI,
la
443.
difficoltà
44
NATURALISMO
D'altra
parte,
E
se
STORICISMO
l’indebolirsi
favorisce la rappresentazione affrettano, a loro volta, e delle partecipazioni: Quando
NELL’ ETNOLOGIA
dei
prelegami
SUL
mistici
isolata, le rappresentazioni
la decomposizione
dei prelegami
essenziali della pietra si sono,
per così dire, fissati nel concetto « pietra », il quale a sua volta è inquadrato in altri concetti di oggetti naturali diversi dalla pietra per proprietà
non meno
costanti
delle sue, diventa
inconcepibile che le pietre parlino, che le rocce si muovano volontariamente e generino uomini, etc. Più i concetti si determinano, si fissano, si ordinano in classi, più le affermazioni che non tengono alcun conto di questi rapporti appaiono contradittorie ”*,
Secondo questo piano di sviluppo la mentalità primitiva si svolgerebbe gradualmente nella mentalità culta, per la quale
la natura
tende
logico sperimentalmente
a configurarsi
come
ordine
accertabile.
Va senza dubbio serbata gratitudine a Luciano Lévymateriale concernente la mentalità primitiva, e per averlo catalogato
sotto
varie
rubriche,
rendendone
in tal modo
facile l’utilizzazione. È doveroso inoltre riconoscere che la polemica ‘del sociologo francese con la scuola antropologica non è stata senza frutto per la etnologia, avendo fortemente sottolineato i limiti e le insufficienze del piatto
ed esteriore intellettualismo di quella scuola. Infine non si può negare che la ipotesi prelogica, a cagione della 74 FMSI,
446.
LÉVY-BRUHL
45
tenta di dare dei fatti raccolti, allora il giu-
dizio non può non essere recisamente per chi sia stato è analizzare, nei
negativo.
Invero,
educato allo storicismo ingrata fatica suoi teoremi e nei suoi corollari, la
filosofia che sta alla base dell’ ipotesi prelogica, tanto è basso il suo livello speculativo e di così gran tratto la migliore speculazione europea l’ha distanziata. A
dir
il vero
le teorie
di Lévy-Bruhl
non
hanno
in
generale trovato buona accoglienza nel mondo etnologico, ma per ragioni alquanto esteriori, e che non toccano il centro dell'argomento. Talora le tesi del sociologo francese sono state combattute con tesi altrettanto errate, sì che, nella polemica che ne è nata, il lettore orientato ha più volte I’ impressione di ingenuità d’ambo le parti, come di chi munge un capro mentre l’altro tien sotto il setaccio, secondo un'immagine che piacque a Kant. Si è rimproverato a Lévy-Bruhl la impossibilità di poter spiegare,
mercè
Bruhl per aver raccolto nella sua vasta silloge un copioso
DI
sua stessa paradossalità, può offrire al lettore notevoli spunti e suggestioni di carattere speculativo. Tuttavia, se si sottopone al vaglio critico la teoria che Lévy-Bruhl
i caratteri obbiettivi
PRELOGISMO
il prelogismo,
il passaggio
dalla
mentalità
pri-
mitiva a quella culta: ma chi muoveva questo rimprovero poco o nulla sapeva di svolgimento e di storicismo. La scuola storico-culturale, e, in generale, gli indirizzi storici della moderna etnologia, hanno biasimato, nel metodo di lavoro del nostro etnologo, l'assenza di « prospettive cronologiche », le generalizzazioni affrettate mediante i «partout» i «souvent» e altrettali designazioni av-
verbiali, la indeterminatezza del concetto di « primitivo », la esagerata valutazione dei motivi , cioè l’idea di un ente che esercita sull’ individuo una «costrizione esteriore », € che, mercè tale carattere, denunzia la sua presenza e la
quale esso non può sottrarsi: in un certo senso tutto è sociale, cioè storicamente condizionato, e in altro senso tutto è opera individuale. La scuola sociologica francese
sua qualità specifica. A parte la obbiezione, pretesa riprova etnologica
spezza nelle due sopradette ipostasi il concreto processo dello spirito infinitamente progrediente nelle sue infinite individuazioni, e immagina un individuo astratto costretto a ripetere, nei suoi atti, quel che comanda la mentalità collettiva. Sfugge così l'incremento che la tradizione
risolve nel fatto di una
d'altro canto giusta, che delle verità sociologiche
deformazione
la si
dei fatti etnologici
mercè l’antistorica proiezione del pensiero francese della restaurazione nelle più lontane età primitive”, non v’ ha chi non scorga subito la logica naturalistica che è alla base del sociologismo francese. Infatti (e la nostra critica
può
facilmente
estendersi
ad
ogni
forma
di
socio-
nella
per un attimo, spezzare
duplice
riceve
dalla
ipostasi
di un
coscienza
cui quell’essere e non è lecito,
questo nesso dialettico
individuo
individuale,
e
fuori
si
della
storia
determina
un
orientamento essenzialmente antistorico. Ottenuta la duplice astrazione dell’ individuo e della mentalità collettiva
logismo), se per società si intende 1’ insieme delle condizioni storiche in cui deve inserirsi l’atto dell’ individuo *,
non resta infatti che proseguire ulteriormente nelle astrazioni e costruire una psicologia individuale accanto ad una psicologia collettiva o sociologia: il problema storio-
la società non esiste per sè, come ipostasi trascendente all’ individuo, ma rappresenta, nella libertà dell’atto indi-
grafico non è neppure sfiorato. In luogo di un unico atto
viduale, il momento
Durkheim pone tre rigide classi di fatti, tra le quali non c'è svolgimento: la classe dei fenomeni nervosi o subpsichici, quella dei fenomeni psichici, e in fine quella
dialettico della necessità. Ogni atto,
certamente, nasce in circostanze storiche determinate: tuttavia ogni atto, nel suo prodursi, non ripete mai la situazione storica su cui cresce, ma vi aggiunge un valore
nuovo ®. Ciò posto, la società rappresenta
l’essere, e la
81 Cfr. LEonE BrunscHwIcc, L’expérience humaine et la causalité physique, Parigi, Alcan, 1924, pp. 107-110. 82 Non pare che si possa intendere diversamente la collettività di cui parlano i sociologi francesi. La società è per essi non già una formazione ideale ma piuttosto una realtà storicamente determinata, tanto vero che la capacità umana di rappresentare l’ ideale sarebbe nata dai corrobori sociali periodici (FEL, 602 sgg.). 8 CrocE, Filosofia della pratica, p. 111 sgg.
spirituale
dei
che
fenomeni
in sè risolve
soprapsichici
la realtà,
o
sociali.
il sociologismo
Il
dualismo
del
tra
individuo e natura si reduplica così nell’altro fra individuo e società. Come possono, infatti, delle modificazioni di cellule cangiarsi in quella sintesi sui generis che sono le rappresentazioni individuali? E, d'altra parte, come possono le coscienze individuali, reagendo una sull’altra nella vita associata, dare luogo a quella sintesi sui generis che è la società?
Misterioso
è il primo
passaggio,
altrettanto
misterioso il secondo: come non si può uscire dal pensiero per postulare una illusoria natura in sè, così neppure è pos-
52
E
NATURALISMO
SUL
NELL’ ETNOLOGIA
STORICISMO
sibile uscirne per postulare una illusoria mentalità collet-
PRELOGISMO
DI
LÉVY-BRUHL
53
tiva *, Obiezioni non meno gravi possono farsi al presunto potere coattivo esercitato dal fatto sociale nella volontà
fossero in realtà semplici stimoli fisici, e come se fosse lecito confondere la comunicazione con l’espressione ”. Che se il Durkheim avesse almeno sospettato questa
individuale. Senza dubbio, una volta ipostatizzate nella «società» le condizioni storiche dell'agire individuale, è
distinzione, non avrebbe mancato di accorgersi che la espressione individuale ricrea continuamente il linguaggio,
naturale
e che la stessa parola non ha mai due volte lo stesso valore. La distorsione che patisce il concreto sviluppo sto-
che
l'individuo volontà.
questa
collettività
ed esercitante
In realtà non
un
appaia
potere
come
esterna
coattivo
al-
sulla sua
si dà mai, nella vita dello spirito,
un'azione costretta, ma solo talora deficienza di volontà e di azione: per esempio « nelle leggi sociali si ha ora osservanza
ora
inosservanza della legge: ma l’una e l’altra liberamente » ©. Chi vieterebbe, infatti, la ribellione ad essa, e che cosa è la sua accettazione se non un atto
di libera adesione? Inoltre l’adesione dell’ individuo alle condizioni storiche del
suo
agire
non
è mai
passiva
e
meccanica,
come si è detto, un ripetere quelle condizioni:
non
è,
è sempre,
in misura anche minima, una ribellione, una modificazione attiva della tradizione ®. Valga, infine, come saggio della
incredibile volgarità speculativa del Durkheim la sua concezione del linguaggio come «fatto sociale », come un sistema
di
segni
dall’ individuo:
fissato
nel
vocabolario
e
(vedi
Les
deur
sources
etc.,
p.
108).
per
l’effetto
della
dicotomia
arbitraria
fra
società
primitive perchè quivi fortissimo è il peso della tradizione e poco progredita è la personalità. Ma se è più agevole obliterare 1’ incremento che la realtà riceve nella coscienza
individuale quando questo incremento è scarso, ciò non vuol dire che quell’ incremento non sia, e che lo storiografo, se è veramente tale, non debba, quando i documenti soccorrano e l’ interesse storico sussista, ricordarlo. È certamente facile, nella botanica e nella zoologia, trascurare l’ incremento individuale nella storia delle singole
specie:
e tuttavia
mondo
sub-umano,
quell’ incremento quando
sia
c’è, e la storia del
possibile,
deve
tenerne
conto”. L’ illusione sociologica di una collettività « subita »
indipendente
come se quei segni, caratteri, suoni, non
8 Il Durkheim, che riconosce la incomprensibilità del passaggio dall'ordine delle modificazioni cellulari a quello delle rappresentazioni, afferma che « è compito della metafisica trovare una concezione che renda rappresentabile tale eterogeneità: per noi basta che la realtà di tale eterogeneità non possa essere contestata» (1. c., p. 296). Ma, che si sappia, egli non è mai riuscito a darci questa metafisica, ed è da temere che nessuno ne sarà mai capace. 85 CROCE, op. ctt., p. 327. 86 Bergson muove anche un'altra obiezione al Durkheim: come mai, si chiede il filosofo francese, i prodotti della mentalità primitiva « sconcertano» la ragione individuale? Come mai la natura, che ha fatto dell'uomo un animale politico, avrebbe poi disposto le cose in modo che le intelligenze umane si sentono come spaesate quando pensano politicamente?
rico
e individuo è certo meno palese nell’ambito delle società
87 Croce, Estetica, p. 103 Sgg. 88 Alla storia dei popoli primitivi si congiunge la difficoltà gravissima di dovere, noi uomini culti, farci simili ad uomini «tutti immersi nei sensi, rintuzzati dalle passioni, sepelliti nei corpi ». Il che vuole « fatica molesta e grave ». Difficoltà massima, perchè non reggendo lo storiografo a tanto sforzo, la materia storica troppo spesso minaccia di convertirsi per lui in natura, da disporsi in bene ordinate classificazioni: chè l’ intelletto è lì pronto a spiare le pause della ragione storica e ad approfittare della sua, stanchezza. Tuttavia si tratta solo di una difficoltà di fatto: in idea, quando l’ interesse storico sorge, non pure del mondo umano primitivo, ma anche del mondo subumano, anche della pietra, può tornare alla memoria il ritmo interno di vita. (Sulla difficoltà di intendere il mondo umano-primitivo, si veda Vico, La scienza nuova, P. 378 e passim: sulla «intera conversione di tutti i nostri stati d’animo » per penetrare istoricamente le civiltà primitive, vedi lo scritto del Croce, Il Bachofen e la storiografia afilologica (in Varietà di storia letteraria e civile, Bari, 1935, p. 302 sgg.).
54
NATURALISMO
E
STORICISMO
SUL
NELL’ETNOLOGIA
dall’ individuo si svela chiaramente quando dal mondo sub-umano o umano-primitivo ci trasportiamo nell’ambito delle civiltà progredite dove è possibile misurare in tutta la sua anipiezza la reazione della coscienza individuale al fatto sociale. Del
resto,
anche
è
possibile,
primitive etnologiche,
nell’ambito
allo
delle
stato
sciogliere in qualche
società
attuale modo
inferiori
delle
lo schema
o
ricerche rigido
della collettività anonima in un ordine mobile di contributi o invenzioni individuali. Gli etnologi attestano che l’organizzazione
sociale delle tribù australiane può essere
modificata per suggerimento di individui determinati. Si tratta talora di maghi ai quali gli esseri soprannaturali comunicano le innovazioni attraverso il sogno, talora di saggi, di capi, di iniziati che, riuniti in assemblea, discutono le proposte individuali di modificazioni sociali; talora,
infine, di viaggiatori che diffondono occasionalmente nuove cerimonie e nuovi costumi ®, Insomma, modificazioni politiche, sociali, tecniche, religiose, linguistiche, etc. sono introdotte da individui che esercitano una funzione dirigente rispetto al gruppo. Riassume il Van Gennep: Gli agenti di queste modificazioni sono, nei casi conosciuti con precisione, un individuo o un molto piccolo gruppo di individui. Questo elemento individuale, che il Durkheim trascura, sostiene una parte importante nelle società australiane: Talora un individuo, dotato di immaginazione più vivace, è favorito dagli esseri soprannaturali che gli indicano il cambiamento da introdurre. Talora, ed è il caso più frequente,. sono
gli
uomini
propongono
più
saggi,
modificazioni...
e la
cui
scienza
è risaputa,
che
PRELOGISMO
DI
LÉVY-BRUHL
55
Anche il mito attesta questo contributo individuale: nell’Australia centrale le invenzioni e le modificazioni del passato sono attribuite a.maghi
(oknibarata, pinnaru, etc.),
e nell’Australia del sud e del sud-est ad esseri soprannaturali che sono eroi-maghi divinizzati®”. Il Van Gennep giunge addirittura a opinare che dopo un certo periodo
di tempo calcolabile intorno a cinque o sei gene-
razioni, l’ inventore individuale di questo o quella cerimonia è obliato e al suo posto subentrano gli antenati dell’Alcheringa ®. Senza dubbio la reintegrazione storiografica delle astrazioni sociologiche non può dirsi neppure iniziata, attraverso un semplice elenco delle probabili o accertate iniziative individuali: tuttavia anche le empiriche osservazioni degli etnologi mostrano quanto poco sia fondata, in linea di fatto oltre che in linea di principio, la pretesa contrainte extérieure dei fatti sociali. *kk
La distinzione fra collettivo e individuale non è senza gravi conseguenze. Una volta astratte le condizioni di fatto dell’azione individuale dalla concreta dialettica spirituale, e una volta scambiata questa astrazione per realtà, sùbito il fatto sociale si configura come causa di certe rappresentazioni ed esperienze in noi, in particolare sùbito la società diventa /a causa della vita religiosa.
AI problema della genesi ideale della religione si sostituisce così quello della sua origine nel tempo: si cerca di farci assistere all’erompere della religione, in un momento
etc. ®, 9 HowITT,
8° Howrrt, The native tribes of South East-Australia, pp. 89 sgg., 295 sgg. SrencER e GILLEN, The native tribes of Central Australia, Da s2i 90 Van GENNEP, Mythes et légendes d’Australie, p. XLII.
op. cit., p. 500 sgg.
92 Van GENNEP, of. cit., p. xciv. In generale, per il contributo individuale nelle società primitive, vedi A. VierKanDI, Fiihrende Individuen bei den Naturvòlkern, in Zeitschrift fiir Sozialwissenschaft, 11, p. 542 sgg. e Beck, Das Individuum bei den Australiern. Cfr. ScaMIDY e Koppers, Vòolker und Culture Regensburg, 1924, D. 39 Sg.
Br
56
NATURALISMO
E
STORICISMO
SUL PRELOGISMO
NELL’ETNOLOGIA
DI LÉVY-BRUHL
57
dato della storia, dal seno della società: « La causa obiettiva universale ed eterna— scrive il Durkheim — di quelle sensazioni sui generis di cui è fatta l’esperienza religiosa, è la società » ©. Ma se la società prende coscienza di sè,
il cercare naturalisticamente definizioni minime". Anche il Durkheim cerca, come altri cultori della scienza delle religioni, una prima forma della religione che sia, al
e quindi si costituisce come tale, quando gli individui sono riuniti e agiscono in comune * (il che accade, per es.,
Problema, come è chiaro, speculativamente e storicamente mal posto.
nei corrobori e se,
sociali periodici
d’altra
parte,
gli
tempo
della religione stessa.
delle tribù australiane)”,
individui
sono
spinti
dalle
AA OR
loro
credenze religiose a riunirsi e a porsi in istato di effervescenza (altrimenti perchè mai si riunirebbero ?), come si può
stesso, la definizione minima
parlare di una vita religiosa che sia effetto della so-
Una volta dichiarata inaccettabile la distinzione della scuola
sociologica
fra collettività e individuo,
rappresen-
invertire il rapporto, attribuendo alla vita religiosa una virtù organizzatrice interna delle singole società storicamente determinate? La verità è che società e religione si
tazioni collettive e individuali, perde ogni significato la distinzione istituita da Lévy-Bruhl, tra logica e prelogica, la prima operan*e del pensiero individuale, la seconda riferibile solo ai prodotti della mentalità collettiva. Del resto questa distinzione, a parte la debolezza organica da cui è affetta, è da rigettarsi anche per altre considera-
condizionano
zioni. Infatti, che cosa può voler dire mentalità prelogica?
cietà? La società non presuppone
forse la religione?
E
invece di considerare la coscienza religiosa come il prodotto di una determinata struttura sociale, non è da
idealmente
a vicenda,
e invano
si cercherà
di scindere questa condizionale implicanza dei due termini in una successione cronologica causale, in una società che sia cronologicamente prima della religione e causa di essa o viceversa. Se, infatti, si intende per società il complesso
di determinate
condizioni
storiche, la vita reli-
giosa è correlativa a quelle condizioni e nasce da esse, via via modificandole e producendone di nuove. L’ illusione sociologica
molto
del
grave
Durkheim
errore
s’ intreccia
speculativo
quindi
con
quel
che è lo storicizzare le
categorie ideali, il cercare una genesi nel tempo di ciò che non ha nascimento nè morte, per la semplice ragione che è la regola interna dei nascimenti e delle morti. E s’ intreccia anche con un altro errore, non meno grave:
E anzitutto: che idea si fa il Lévy-Bruhl Come intende la funzione identificante? la
della logica?
‘La moderna filosofia è venuta in chiaro che altro è ragione altro è l'intelletto, altro la funzione identi-
ficante del suo uso logico e altro la funzione identificante nel suo uso pratico. Nel suo uso logico, la funzione identificante è, insieme, unificante e distinguente, nel senso che l’unità non è fuori della distinzione, ma nesso interno
e organico della distinzione, e che la distinzione non è fuori dell'unità, ma vita interna e organica dell’unità. Nel
suo
uso
pratico,
invece,
la
funzione
identificante
riesce a una distinzione che è fuori dell’unità e ad un’unità che è fuori della distinzione:
il flusso del reale si spezza
in una serie di astratte identità, di immobilità giustapposte, 93 FEL,
597;
% FEL, $% FEL,
598; cfr. 329 sg. 312 sg.
cfr.
606.
96 Vedi, blema
etc. »,
nella p.
presente 77
SEg.
ralcolta,
il
saggio:
« Un
mal
posto
pro-
Sn
58
NATURALISMO
simulanti funzione
mente
E
STORICISMO
-
NELL’ ETNOLOGIA
il concreto divenire. La distinzione-unità della identificante
alla
realtà
concreta
essendo
non
si applica
il ritmo
estrinseca-
immanente
del
suo
sviluppo; le separazioni astratte sono invece schemi dentro i quali il reale viene solidificato, e si applicano ad esso
estrinsecamente. La ragione riesce alle forme dello spirito: forme ideali che si ritrovano nel più piccolo fatto reale, e che non si esauriscono in nessun fatto per esteso che sia; l intelletto riesce a schemi che si decreta comprendere
SUL PRELOGISMO
DI LÉVY-BRUHL
59
possibile ritrovare, se occorre, un certo gruppo di rappresentazioni. È provvidenziale altresì che 1’ intelletto quantifichi il reale, e quantificandolo — mediante la riduzione dell’eterogeneo all’omogeneo — possa poi numerarlo:
anche la quantificazione e la numerazione preparano e agevolano quella compiuta qualificazione a cui mette capo la conoscenza storiografica. Infine, la diversità fra ragione e intelletto si ricapitola nella diversità tra la formula del principio
di identità
concreta:
A
è A
e non
è B
e
questa o quella porzione finita della realtà e che in quella
la formula del principio di identità astratta: A è assolu-
porzione
tamente
si esauriscono:
è possibile
solo
enumerare
gli
schemi più generali, come lo spazio, il tempo, la causalità, la
quantità.
Le
forme
ideali
della
ragione
non
sono
a
A
e non
è assolutamente
B".
Non pare che la scuola sociologica francese abbia la più piccola consapevolezza del diverso procedere della
piacere moltiplicabili o ordinabili, ma si dispongono in un ordine ideale logicamente necessario che esaurisce idealmente la realtà; gli schemi o identità astratte dell’ intelletto sono ordinabili e moltiplicabili senza logica necessità: un atto di volontà inizia la classificazione, un atto di volontà
funzione
la
spiriti, o anche, idealmente a tutti gli spiriti”. Il LévyBruhl fa coincidere la teoreticità con 1’ intelletto astratto, e interpreta la funzione identificante come funzione astraente
ferma,
un
atto
di
volontà
può
modificarla,
ridistri-
buendo i termini o aumentandoli. La ragione placa il suo sforzo nell’universale-concreto, l’ intelletto nella pura identità, nell’essere eleatico, vuoto assolutamente di realtà. La ragione accompagna il divenire e si muove con esso;
l’intelletto una volta spezzato il reale in una somma di immobilità, non riesce poi a riguadaginare il movimento: qualcosa va perduto nell’ambito di ciascun schema e nella separazione
di
ciascun
schema
dagli
altri
che
gli
sono
coordinati, subordinati o sovraordinati. La ragione rifà il reale nella sua storia: ma poichè la considerazione storica non è che una particolare individuazione del reale, è provvidenziale che l’ intelletto raccolga in schemi e classi il resto del reale disindividuato, ed in tal modo lo conservi per la storiografia di domani. Questi schemi e classi sistemano nel ricordo una determinata formazione empi-
rica, e circoscrivono il luogo mentale nel cui ambito sarà
identificante
nella
ragione
e
nell’ intelletto.
Il Durkheim, per es., non ne ha il minimo sentore: distingue, è vero, la generalità dall’universalità del concetto, ma definisce l’universalità come la proprietà che ha il concetto di essere comunicato a una pluralità di
® Croce, Logica, p. 3 s&g. (Il concetto puro e gli pseudoconcetti), p. 221 sgg. (Le scienze naturali), p. 233 sgg. (Le matematiche e la scienza matematica della Natura): cfr. La storia come pensiero e come azione, p. 19 seg. (La conoscenza storica come tutta la conoscenza). 98 AI contrario delle rappresentazioni « il concetto è come al di fuori del tempo e del divenire: esso si sottrae a tutta questa agitazione: si direbbe che il suo luogo è in una regione diversa dello spirito, più serena e più calma. Esso non si muove di per sè, in virtù di una evoluzione interna e spontanea: al contrario, resiste al cangiamento. Si tratta di un modo di pensare che, in ciascun momento del tempo, è fissata e cristallizzata. Nella misura in cui il concetto è quello che deve essere, esso è immutabile: se cambia, ciò non vuol dire che appartenga alla sua natura il cambiare, ma piuttosto che noi vi abbiamo scoperto un’ imperfezione, sì che è d’uopo rettificarlo. Il sistema di concetti con il quale noi pensiamo durante la vita corrente è quello che esprime il vocabolario della nostra lingua materna, ecc. ecc. » (DurkHEIM, FEL, 618 sgg.). 9° FEL,
619 nota.
60
NATURALISMO
E
STORICISMO
SUL
NELL’ETNOLOGIA
PRELOGISMO
DI LÉVY-BRUHL
6I
’ e generalizzante !. Pertanto se per logica e per prin-. cipio di identità il Lévy-Bruhl intende 1’ intelletto astratto e la funzione identificante nel suo uso pratico, « prelogica» vorrà dire non già «logica diversa dalla nostra », ma soltanto « orientamento preintellettivo ». Del resto, in linea generale, è impresa quanto mai contradittoria, pretendere di pensare una logica diversa della
la tesi prelogica non può essere accettata. Anzitutto, parlare di « primitivi » in blocco come di un tutto indiscriminato, e quindi di una «mentalità primitiva», è
nostra. Se è possibile pensare il teoretico non-logico sotto
gicamente
(o cronologicamente)
la
che
non
forma
positiva
dell’ intuizione,
è
invece
impossibile
pensare l’etero-logico, cioè un pensiero che afferma l’esistenza del reale secondo principi sui generis. Inoltre, non soltanto l’etero-logico, se esistesse mai, non potrebbe essere pensato, ma, poichè non lo possiamo pensare, non esiste: per la stessa ragione per cui è da respingersi il
concetto di natura in sè, altra dal pensiero, è altresì da dichiararsi illusoria e contradittoria 1’ idea di un pensiero altro dal nostro, il cui segreto dovremmo cercare di svelare. La cosiddetta mentalità prelogica, ove alla logica si serbi il suo vero significato speculativo dianzi illustrato, si rivela dunque un mero accozzo verbale di suoni.
Resterebbe da vedere se i modi o le categorie dell’ intelletto
spazio,
tempo,
causalità,
quantità,
etc.,
funzionano
allo stesso modo nella mentalità primitiva e in quella culta, e se sia giustificata, almeno sotto questo rispetto, parlare
di una
mentalità
prelogica,
o meglio
pre-intellet-
tiva. Resterebbe da vedere se, in una parola, la legge di partecipazione sia altra cosa dal principio di identità nel suo uso pratico. Ma anche così corretta e limitata
procedimento antistorico per eccellenza, perchè agguaglia in una stessa classe civiltà disparate, alcune meno altre più primitive. Ma occorre subito aggiungere che le culture più primitive pertanto
non sono affatto quelle archeolo-
è legittimo,
come
più
antiche
e
per
esempio
lo
fa
Schmidt, basare la mentalità primitiva su tale base archeologica o cronologica. Forse che il più remoto secondo il tempo coincide col più basso secondo barbarie? In
senso
ideale,
primitiva
è la fantasia
nella
cerchia
teoretica e la pura economicità, la pura vitalità economica, nella cerchia pratica!” Siffatto concetto ideale del primitivo si basa sul fortissimo documento storico della nostra meditazione intorno alle categorie dello spirito: il qual documento può essere certo impugnato, ma finchè i signori
etnologi non si decideranno a farlo, lo terremo per buono. Fermo
il concetto
di
primitivo
in
senso
ideale,
diconsi
primitive in senso reale e storico quelle età e quelle culture in cui prevale la fantasia e la economicità. Le determinazioni cronologiche non possono mutare in nulla il nostro
giudizio:
se,
retrocedendo
il corso
del
tempo,
la fantasia diventa meno robusta e la eticità più sviluppata, ciò è soltanto indice di una barbarie seconda o di un ricorso, di una specie di medioevo. Tuttavia, anche limitata alle civiltà
più
primitive,
la
tesi prelogica non coglie nel segno. Se ci si riferisce alle classificazioni, il fatto che i primitivi ritagliano la realtà 100 Si vedano, a questo proposito, i capitoli II e III delle FMSI. In MYP, p. 315 sgg., si tenta istituire una distinzione fra racconti folkloristici e opere ordinarie di letteratura sulla base della seguente considerazione: mentre i racconti folkloristici ignorano ogni serupolo di logica coerenza, lo scrittore « anche se non è realista, anche se non si preoccupa di essere il più possibile fedele, ritiene tuttavia necessario che Ia sua opera sia vera »,
in un ordine di implicazioni e di esclusioni che non coin-
cide col nostro non basta, per sè, a postulare una menta-
101, Vedi,
nel
presente
volume,
pp.
1t1-116,
205
Sg.
NATURALISMO
E
STORICISMO
SUL PRELOGISMO
NELL’ETNOLOGIA
lità preintellettiva: anche i primitivi, come noi, isolano e ordinano, ed il fatto che il loro separare e il congiungere si compia sotto il segno del sacro — separare il sacro dal profano o dal sacro il segno opposto — non esclude l identificazione numinosa. Rappresentarsi e sperimentare
modo? Certamente il modo di questo circoscrivere non è, nel primitivo, identico al nostro: ma non per questo si può parlare di prelogismo. Lo scienziato moderno, per es., sa che la tavola sostanziale dell’uomo volgare non è che un insieme di cariche elettriche sparpagliate nel vuoto e moventisi in tutte le direzioni a grande velocità:
tuttavia
si
guarda
bene
dall’affermare
l’uomo volgare fa partecipare arbitrariamente riche nella sua
«tavola
cipio di identità effetto cenere.
trari
del Si
quando
fuoco, tratta,
elaborati
che
quelle ca-
sostanziale » e che viola il prin-
afferma
la trasmutabilità,
per
della sostanza tavola nella sostanza in entrambi i casi, di schemi arbi-
dalla
funzione
identificante
nel
suo
uso
pratico, e se la «tavola sostanza» è utile ai fini pratici dell’uomo volgare, le cariche elettriche rispondono meglio
ai fini che si propone lo scienziato. L’ illusione di una legge di partecipazione diversa dal principio di identità nel suo uso pratico riposa sul presupposto dualistico di una natura fisica come sistema ix
sè di
identità,
di esclusioni
e di relazioni
contraposto
a un intelletto capace di percorrerlo in forza del principio di identità che lo governa; riposa altresì sull'altro presupposto, correlativo al precedente, che la sistemazione
ordinaria della natura da parte dell’uomo culto sia assoluta e obiettiva. Su questa base è facile trascorrere a pensare una mentalità primitiva « impermeabile all’esperienza », tale cioè da non esser capace, a cagione di
63
un criterio logico diverso (la legge di partecipazione o la categoria affettiva del soprannaturale) di registrare le cose come realmente sono. ARA
che ogni membro della tribù è canguro, che il sole è cacatua bianco, che l’ombra è la persona, non implica forse circoscrivere ambiti nel reale e ordinarli in un certo
DI LÉVY-BRUHL
Soffermiamoci
ZORO)
62
ora sul sostanziale antistoricismo
del-
l'ipotesi prelogica. Dato e non concesso che la teoricità si risolva nell’ intelletto astratto, che la funzione logica
sia
da
intendere come
funzione
astrattamente
identifi-
cante, e che spazio, tempo, causalità, quantità, siano cate-
gorie logiche; dato e non concesso che la mentalità primitiva,
nel
suo
dominante
aspetto
collettivo,
sia
invece
retta dalla legge di partecipazione e dalla categoria affettiva del soprannaturale, non è possibile concepire uno svolgimento storico dalla mentalità prelogica a quella
logica. Se queste due logiche sono entrambe entrambe coesistenti (sebbene diversamente primitivo
e nel
culto),
stato in cui prevale in cui
domina
come
la legge
il principio
avviene
positive ed dosate nel
il passaggio
di partecipazione
di
identità?
Ma
dallo
a quello
il problema,
così impostato, è insolubile. Mentalità primitiva e mentalità culta sono due classi di fatti ipostatizzati, e in quanto tali affette da una organica rigidità, che impedisce ogni possibilità di sviluppo storico. Secondo Lévy-Bruhl — che nell’ultimo capitolo delle Fonctions mentales tenta, come abbiamo visto, di abbozzare i modi di questo impossibile passaggio — l’ indeboli-
mento mistiche
dei
prelegami
provoca,
per
immediati
e
contracolpo,
delle
partecipazioni
il sorgere
della
rap-
presentazione isolata e della mediazione logica; e l’esigenza logica, d’altra parte, affretta a sua volta la decomposizione dei prelegami e delle partecipazioni. Ma, in realtà, il processo abbozzato è fittizio: se le due diverse
logiche
sono
concepite
(e così
le intende
Lévy-Bruhl)
se
64
NATURALISMO
E
STORICISMO
NELL’ ETNOLOGIA
come entrambe positive, l’ individuo non desimo
seguirle
atto di pensiero,
delle due. Supponiamo
potrà, nel me-
entrambe,
ma
che si lasci dominare,
solo una
in un atto
determinato del suo pensiero, dalla legge di partecipazione.
Chiuso completamente in essa, egli resterà immerso nelle sue partecipazioni e nei suoi prelegami immediati, impermeabile all'esperienza, insensibile alla contradizione, mi-
sticamente orientato. Una tale mentalità tende a mantenersi indefinitamente: solo una irruzione improvvisa di logicità può cambiare le cose. Supponiamo che questa irruzione ab extra sopravvenga, e che alla mentalità prelogica si sostituisca, di colpo, in un altro determinato atto di pensiero, quella logica. Effettuato il salto, che ha del miracoloso, ancora l’ individuo si troverà chiuso nella
sua nuova logica. E, anche qui, il nuovo orientamento mentale tenderà a mantenersi indefinitamente: almeno che non si voglia concepire una improvvisa irruzione di prelogicità,
sibile che
onde
simulare
il movimento
il movimento
vi sia!”
La
li dove è impos-
vita mentale
PRELOGISMO
SUL
del
primitivo risulterà in tal modo frantumata in una serie di atti ora dominati dalla legge di partecipazione, ora dal principio di identità, e precisamente in una serie discontinua di immobilità nell’una o nell’altra logica, senza che mai si possa, attraverso la serie discontinua, ottenere la continuità di un processo storico. D'altra parte, dato 10° È difetto generale del concetto naturalistico di evoluzione il simulare lo sviluppo mercè misteriose successive aggiunzioni ab extra di anelli evolutivi. Ogni fase si atteggia, dal punto di vista dell’evoluzione, come un’ irruzione di realtà, come un dono che cade dal cielo (cfr. più oltre pp. 91-93). E poichè sviluppo reale ‘interno degli anelli evolutivi non c’ è, è aperto il varco sia al miracolo dell’ inesplicabilmente perfetto, sia alla deprimente constatazione della caduta e della degenerazione: ed è aperto altresì il varco del ricorso al cielo per tentar di spiegare la inesplicabile perfezione, o al peccato per tentar di dichiarare la caduta e la degenerazione (cfr. più oltre, pp. 95, 103-108). In tal modo l’evoluzionismo finisce col negare se stesso, sia perchè abbandona la sua base positiva, sia perchè si accomoda con l’ idea di un regresso assoluto.
il
all'altra,
del
fittizio
carattere
ha
non
mentalità
dall’una
movimento che
affermare
senso
65
DI LÉVY-BRUHL
l'esigenza
logica,
una volta sviluppata, acceleri il processo di decomposizione dei prelegami e delle partecipazioni. Se le due logiche sono entrambe positive, cioè fanno capo 2 due diverse funzioni della nostra mente, esse saranno altresì irrelative,
e pertanto
l’una
non
potrà
sull’altra,
influire
decomponendola: se è legittimo concepire il movimento di un’unica logica come continua risoluzione del falso (negativo) nel vero (positivo), non è possibile concepire, nell’ ipotesi delle due logiche positive, la risoluzione di ciò che è vero secondo la funzione partecipante in ciò che è vero secondo la funzione identificante. Ma il procedimento di Lévy-Bruhl è antistorico per eccellenza anche per un’altra ragione: non solo non riesce a spiegare il passaggio fra mentalità primitiva e mentalità culta, ma non riesce neppure a distinguerle l’una dall’altra. Infatti è stato notato che atteggiamenti prelogici si ritrovano anche nelle civiltà superiori, anche nella civiltà oc-
cidentale, e si sono citati esempi significativi a riguardo. L'osservazione è giusta: ma il difetto ch’essa segnala non è riparabile se non abbandonando radicalmente il procedimento
naturalistico,
per effetto del quale
non
solo si
oscura il passaggio e lo svolgimento, ma si cancella altresì il discrimen fra i termini del passaggio stesso e si dissolve ogni storica prospettiva. Ad illustrare la scarsa energia individuante del naturalistico concetto di « mentalità prelogica >, valga il seguente esempio. Lévy-Bruhl parla di
polivalenza temporale degli eventi come caratteristica della rappresentazione del tempo presso i primitivi (vedi più sopra): in realtà anche nel Cristianesimo chi si collochi
da questo
punto
un'esperienza
di vista astratto
affine
del tempo,
e arbitrario
e non
in via
scorgerà accidentale
e come semplice relitto di un lontanissimo passato, ma piuttosto come fondamento della sua economia. L'espeE. pe Martino,
5
66
NATURALISMO
E
STORICISMO
SUL
NELL’ETNOLOGIA
rienza del Regno di Dio, la storia della quale si identifica con la storia stessa del Cristianesimo primitivo, implica infatti un tempo «numinoso» molto affine a quello dei primitivi, sempre, s’ intende, che si voglia considerare la cosa da questa cattiva specola. Infatti, come per la mentalità primitiva il futuro non è separato dal presente mediante
intervalli determinati
l’altro, così, per Gesù,
da percorrersi
il tempo
del Regno
l’uno dopo
è un futuro
vago, ondeggiante, indeterminato, e, sopratutto, dinamico:
si muove segretamente verso il presente. Vigilate, dice Gesù, affinchè il grande evento non vi trovi impreparati: guardatevi
dall’essere
simili
alle vergini
stolte,
che
non
alimentarono il fuoco delle loro lampade. Siano precinti i vostri lombi, siate simili ai famigli che attendono vegliando come i ‘ loro riti presente,
il padrone di ritorno dalle nozze. D'altra parte, primitivi prefigurano il futuro nel presente dei magici, anzi, attraverso questi il futuro e già così, per Gesù, il presente della sua predicazione
e del suo annunzio già prefigura in qualche modo il futuro, anzi già lo inizia. I Farisei chiedono: « Quando?» :
e Gesù risponde: «oòx Eoyetar Î) faordela to deod uetà maoatmonnosme, oùdè toodorv Îdod Gin i èueî idod ydo f Baoreia toò deod Evtòdg dudv ot»? Il regno futuro ed imminente appare qui prefigurato nel presente, anzi è già presente, è già iniziato «tra» (èvtòc) coloro che riconoscono in Gesù il messia del Regno. L'esperienza attuale del Regno futuro è intimamente solidale con la rappresentazione dell’attualità del Regno stesso: dalle lontananze brumose dell’apocalittica il Regno ha ormai raggiunto il presente: «ei dè év
TVEVNOTI Peoù Eyò ixBaMo tà ‘nen è bud 1 Paowdeta toÙ deod » !* 203 T,c., 17, 20-21. 104 Mt., 12, 28; Le., 11, 20. Si veda, Storia delle origini cristiane, I, p. 101 sgg.
per
doa Epdaoev
questa
parte,
OmoDrO,
PRELOGISMO
DI LÉVY-BRUHL
67
C’ è di più. Sempre continuando a considerare la cosa secondo un naturalismo agguagliante, e perdendo ogni discrimen fra gli eventi storici, si riporrà nella rappresentazione « primitiva » del tempo la ragione dell’ulteriore progresso della esperienza cristiana. Infatti, se il primitivo
annunzio di Paolo
di Gesù, si trasformò lentamente, per opera e del quarto evangelista, nella partecipazione
pneumatica
all’opera
del
Cristo,
se
l’attesa
del
Regno
sopravveniente, annunziato dal messia Gesù, si attenuò nella esperienza presente del Regno già realizzato dal Cristo nella sua chiesa, se il Messia finì coll’assorbire il Regno,
e la religione
lentemente,
verso
un
della speranza, evento
orientata,
futuro-presente,
si
prevarisolse
in un mistero di salvezza, prevalentemente orientato verso un evento
passato-presente
(verso
il passato-presente
ine-
rente all’epifania liturgica del rito eucaristico), ciò potè accadere in virtù di una rappresentazione e di una esperienza del tempo affine a quella dei primitivi: ecco fa
conclusione senza prospettiva a cui mettono capo l’ indifferenza storiografica e lo scarso potere individuante dell’ ipotesi prelogica. Il nostro sociologo volcva isolare la mentalità primitiva, penetrarla nell’ intimo: in realtà, 1’ ha penetrata tanto poco
che nella
mentalità
primitiva
c’ è posto persino
per
il Cristianesimo! Pertanto l’ ipotesi prelogica è da respingere anche per quest'altra ragione: che « prelogica >, a ben osservare, si rivela non solo la mentalità primitiva, ma
anche
festamente
la
« mentalità
assurda,
che
cristiana »: conseguenza
dissolve
la premessa
che
mani-
1’ ha
generata. La verità è che Lévy-Bruhl assume come carat-
teristica della mentalità primitiva, e dopo averla naturalisticamente deformata, una qualità essenziale della vita religiosa. Infatti l# religione implica un ideale che fa corpo con la praxis: il «fu» o il «sarà» sono sperimentati nella vita religiosa con tale intensità etica, in
68 un
NATURALISMO «deve
E STORICISMO
essere»
così
SUL
NELL’ETNOLOGIA
pregnante,
da diventare,
al di
gimento:
PRELOGISMO DI LÉVY-BRUHL
tuttavia,
nel
suo
aspetto
deteriore
69 e negativo,
eterna
morbosa, da una disperata ricerca di esperienze ineffabili,
natura della religione si articola una infinita varietà di
da un volersi far barbaro che era in realtà raffinata e malsana mistagogia del proprio sentire. Questo primitivi-
attuale,
vivo,
spaziali e temporali,
presente.
In
questa
un
ideale
determinazioni, ed il problema storico risiede, in generale,
nel percepire il discrimen delle cose: evidentemente altro
7
è la « presenza» magica, altro la « presenza» euristica. Ma su questo punto Lévy-Bruhl non ci dice, nè può dirci, nulla di preciso.
&
intimo,
Grade
là di tutte le lontananze
Sl
«è»
quel ritorno fu molto spesso alimentato da una sensibilità
La scuola sociologica francese, in quanto rappresenta una reazione all’ intellettualismo e al logicismo della scuola
antropologica inglese, appare, almeno in un certo senso, come un aspetto particolare del più vasto modo irrazionalistico
della
moderna
cultura
francese
ma,
in altro
senso, resta molto al di sotto, per vigore speculativo, all’ irrazionalismo di un Blondel o di un Bergson, e si ricollega per molteplici fili ai presupposti naturalistici della precedente età positivistica. Inoltre nel prelogismo di
Lévy-Bruhl
è
ravvisabile
una
tal
quale
colorazione
romantica o, per essere più precisi, decadentistica. Com’è noto, uno degli aspetti più caratteristici del moto romantico fu il ritorno al primitivo, alle scaturigini della civiltà, alle vecchie tradizioni nazionali regionali e locali:
nell’ambito
di questa romantica
reazione
Volkstum
inaugurate
dai
fratelli
Grimm
(i
quali si ispirarono allo Herder) e la scuola filologica di Max Miiller (il quale fu scolaro dello Schelling). Il ritorno al primitivo si riattacca senza dubbio alla rivalutazione romantica del sentimento, della fantasia e del
mito,
e alla romantica
d i
esigenza della storia come
svol-
malsano,
talora
non
consapevole
nè
dichiarato,
fu
smo,
etc.
Talora,
primitivismo
consapevolmente
romantico
retrocesse
e dichiaratamente,
il vagheggiato
il
clima
psichico sui generis in un passato lontano nel tempo e nello spazio, in un fantasticato mondo primitivo senza comune misura col mondo culto, e che nel mondo culto
si poteva resuscitare alla meno peggio '. Si maturava così, rispetto al problema delle civiltà primitive, una valutazione antistorica, sia perchè si trasferivano raffinati stati d’animo del decadentismo nell’ambito della spontanea
.4 4
p.
ì
barbarie‘, sia perchè si sequestravano i primitivi dalla storia della umana civiltà, inchiudendoli in un evo misterioso ed ineffabile. Che questo modo di sentire romantico alimenti in una certa misura la paradossale avventura etnologica del Lévy-Bruhl, non pare che si possa revocare
1,
al razio-
nalismo illuministico sono da considerare (per restare nell’ambito della storia delle religioni) le ricerche intorno al deutsche
eLamento ida
TAP net
AK
smo
uno dei tratti più salienti del romanticismo deteriore: furono idoleggiati, e parve che tornassero di fatto, modi di sentire imbestiati: satanismo torbido, esaltazione del sangue e della violenza, licantropismo, algolagnia, sadi-
i
195 Si pensi, valga un esempio per tutti, all’ Atala dello Chateaubriand. 106 Scriveva il FLauseRt alla Colet, Corresp., I, p. 173: « Ohimè, no! Non sono un uomo del tempo antico: gli uomini del tempo antico non avevano malattie di nervi come me! », Ma poi, descrivendo l’oriente barbarico e selvaggio: « Sudan... Oh! Avanti sempre, voglio vedere il Malabar furioso e le sue danze che uccidono; i vini danno la morte come i veleni, i veleni sono dolci come i vini; il mare, un mare azzurro riboccante di coralli e di perle, risuona del fragore delle orgie sacre eseguite negli antri delle montagne, il mare è calmo, l’atmosfera è vermiglia, il cielo senza nuvole si rispecchia nell’oceano tiepido, le gòmene fumano quando son sollevate dalle acque, i pescecani seguono i navigli e mangiano i morti » (vedi Praz, La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica, p. 158 sg.).
70
NATURALISMO
E
STORICISMO
SUL
NELL’ETNOLOGIA
dissolte dalla mentalità
essere completamente
mai
logica, per culta che sia, e tenta di dare la ragione del fatto:
logica,
possesso
questo
sempre
è
dalle
come esteriore. Conoscere, in generale, è obbiettivare: obbiettivare, significa proiettare fuori di sè, come qualcosa di estraneo, la cosa da conoscere. Quale comunione intima, invece, assicurano
le
rappresentazioni
collettive
della
mentalità
sue
esigenze.
biamo
abbandonato
come
là
del
semplice
mentalità che ci afferrano,
le altre cioè
e
dottrine il
filosofiche
contatto
possono
immediato
con
l’essere attraverso l’ intuizione, la compenetrazione, la comunione reciproca del soggetto e dell’oggetto, attraverso quella piena
partecipazione
che
Plotino
ha
descritto
sotto
il nome
di estasi... Ancor oggi, l’attività mentale che, in virtù di una partecipazione intima, possiede il suo obbietto, vive di esso e lo fa vivere di se stesso, non aspira a nulla di più, e trova in questo possesso una soddisfazione completa. Ma la semplice conoscenza conforme alle esigenze logiche è sempre incompiuta.
Richiede
sempre
una
conoscenza
che
la
prolunghi,
sembra che l’anima aspiri a qualche cosa di più della conoscenza che la ingloba e la conclude ?”.
profondo
dover
tutto.
Tuttavia,
riprendere
che non
questo
lo ab-
rilasciamento,
altrettanto
reale,
e
anche
più
veracemente
e
divertimento...
li ha prodotti,
Per
questi
lontani
che
spettacoli
siamo
dalla
ci seducono
e
E torna anche un altro motivo romantico: l’irrazionalità e quindi l’ ineffabilità di certe esperienze mistiche
primitive.
L'emozione
congiunta
a
queste
espe-
rienze « possiede una qualità unica, che impedisce di confonderla con qualunque altra »*°: sfugge perciò al discorso logico, che non la può significare. S° insinua così il sospetto di una impotenza storiografica: Per
sforzi
qualche
10 EM,
che
noi
facciamo — si x
ansietà — ci è concesso
108 MYP,
107 FMSI, 452 sgg.
del
di
nè ignoriamo
et moi-méème, Si peau-d’ane m'était conté J'y prendrais un plaisir extrème!%.
trine riappaiono periodicamente, e ogni volta che riappaiono incontrano favore: poichè esse promettono ciò che nè la positiva pura nè di attingere,
ignoriamo
reale, dell’aspetto positivo di essa. È più di una ricreazione; è una distensione. La gioia che ci procura va molto al di
getto, possesso più profondo di tutti quelli che l’attività intellettuale può procurare, costituisce senza dubbio la forza di tutte le dottrine chiamate anti-intellettualistiche. Queste dot-
scienza
non
per tutta la sua durata, ci delizia nel profondo. Ci sentiamo ridiventare simili agli uomini che un tempo (come ancor oggi in molte regioni) consideravano l’aspetto mistico della loro esperienza
pre-
logica fra gli esseri che partecipano gli uni degli altri!... Questa esperienza di un possesso intimo e completo dell’og-
lusingarsi
Noi
ben presto tale atteggiamento,
€
insufficiente,
71
Quando noi ascoltiamo (i racconti del folk-lore), abbandoniamo con voluttà l'atteggiamento razionale, e ci liberiamo
Paragonata all’ ignoranza, almeno all’ ignoranza cosciente, la conoscenza è senza dubbio un possesso dell'oggetto. Ma paragonata alla partecipazione che realizza la mentalità preimperfetto,
DI LÉVY-BRUHL
Parrebbe dunque che i primitivi dispongono in sommo grado di un potere che malauguratamente l’uomo culto possiede in misura subordinata e imperfetta: irrazionalismo mistico e nostalgia del mondo primitivo di origine palesamente romantica. Verso la fine de La Mythologie Primitive riaffiora una sottile vena di Selnsucht:
in dubbio. Nell'ultimo capitolo delle Fonciions mentales dans les sociétés inférieures, il Lévy-Bruhl afferma che le cosidette rappresentazioni collettive, esprimenti una partecipazione intensamente sentita e vissuta, non potranno
PRELOGISMO
318,
87.
chiede
Lévy-Bruhl
rappresentare
queste
con
parte-
ae e
e
—
72
NATURALISMO
E
STORICISMO
NELL’ ETNOLOGIA
SUL
PRELOGISMO
cipazioni allo stesso modo dell’australiano? D'altro canto rap-
e anche
presentarle non sarebbe ancora sufficiente : occorrerebbe
terminologia ermetica,
anche,
e sopratutto, far rivivere in noi la esperienza corrispondente, sentirne il calore. Come potremo suscitare in noi l'emozione che sveglia nell’australiano il termine «bugari», con tutto ciò che questo termine implica di sacro? !.
E se ciò non si può, non resta che affidarsi alla descrittiva, lasciar parlare i fatti, sì che i fatti suggeriscano alla meno peggio quel che le idee non possono restituire. La precisazione discorsiva non può essere spinta tropp’oltre, il più si perde attraverso le maglie del
discorso: È possibile precisare meglio (a proposito dei rapporti fra gli esseri visibili e i loro reduplicati invisibili)? Le nostre abitudini mentali, e il nostro materiale linguistico non ce lo
consentirebbero
senza
temerità.
Secondo
l’espressione
di
Elsdon Best, lo spirito dei primitivi segue vie per le quali noi non possiamo più passare. Forse, invece di cercare di analizzare
processi
che
ci
sfuggono,
e che
il difetto
di
E segue un elenco di fatti. Non pare dunque che sia necessario spendere altre parole per provare la motivaBruhl.
e decadentistica del prelogismo
di Lévy-
Si tratta della stessa motivazione che alla base
dell’ irrazionalismo di R. visuale, Lévy-Bruhl può
Otto: sotto considerarsi
un certo angolo una propaggine
del decadentismo nella etnologia, e R. Otto nella filosofia della religione. Anche per Otto, infatti, la religione riposa su una commozione suî generis, di qualità unica: 10 11
EM, EM,
108. 171.
sono
ravvisabili, torbidi modi
sotto
73
il velo
di una
di sentire romantico.
| Le forme storiche della vita religiosa primitiva, il sacro che attira e che respinge (fascinans-tremendum), il sacro demonico, il Geistergrauen, il gavudtew, ete., sono estolte dall’Otto a momento eterno della vita religiosa **: quasi non potesse darsi una religione di tipo Mazziniano, orientata verso la storia e la civiltà. Anche in Otto, dunque, come in Lévy-Bruhl, certo malsano amore per il primitivo
ha aperto
la via all’aberrazione
filosofica:
prova
questa non trascurabile dell’origine pratica dell’errore teoretico. Il nume «che attrae e che respinge» somiglia invero troppo da vicino alla «tempestosa dolcezza del terrore» — the
bellezza eroi
rienze
tempestous
medusea”*
satanici *,
o alla
sadico-cattoliche
o
loveliness
alla
terror — della
‘temibilità
morbosa»
dei decadenti RA
of
fascinosa
« delectatio
una
terminologia adatta ci impedirebbe di descrivere esattamente, meglio vale considerare in concreto alcune che non sono, a rigore, identità vere e proprie... etc, 15,
zione romantica
|
in Otto
DI LÉVY-BRUHL
degli
delle espe-
francesi *,
A
Giova ora riassumere le critiche che possono essere mosse al prelogismo di Lévy-Bruhl, e concludere la nostra ricerca. In generale, la tesi prelogica è viziata da un esorbitante naturalismo, e pertanto, per una etnologia storicisticamente
orientata,
essa
è del tutto inutilizzabile.
Ma c'è di più: non solo la soluzione prelogica del problema della mentalità primitiva è affetta da naturalismo,
ma
lo stesso problema
di cui vuol
essere
la solu-
zione esula sostanzialmente dalla considerazione
storica.
12 Un impiego delle ricerche dell’Otto nello studio della vita religiosa primitiva si trova in Vierganpr, Das Heilige in den primitiven Religionen (Die Dioskuren, 1922, p. 285 sgg.). 113 PRAZ, op. cit., p. 23 sgg. 04 Op. cît., p. 61. 15 Op. cît., p. 310.
i
NATURALISMO
74
E
STORICISMO
SUL
NELL’ETNOLOGIA
L’ idea di una «mentalità primitiva» si lega infatti al proposito di interpretare quella classe di fatti mentali che è costituita dal mondo primitivo come un tutto indifferenziato. Ora, così impostato, il problema della mentalità primitiva pecca, per così dire, nel sostantivo e nell’aggettivo, e cioè per l’oscurità in cui lascia il
concetto . di « mente », e per l’arbitrarietà con la quale si parla qui di un «mondo primitivo» indifferenziato. Che cosa si intende per «mente»? Il momento logico dello spirito, ovvero la sfera teoretica logico-intuitiva, ovvero la funzione identificante nel suo uso pratico? E che cosa si intende per mondo primitivo? È lecito
assimilare in un’unica generica denominazione civiltà diverse? E posto che si voglia limitare l'inchiesta ai più primitivi fra i primitivi, Il
Lévy-Bruhl,
sebbene
non
sono ami
DI
LÉVY-BRUHL
75
causalità, quantità) che l’uomo culto maneggia con sicurezza nella prassi ordinaria e in quella scientifico-naturalistica.
Tale
struttura dell’ intelletto ci appare
oggi
come
una istituzione quasi completamente laicizzata, sottratta cioè a quell’alone di sacralità in cui appare immersa nell'ambito delle culture magiche: ma ciò che appare a noi come un dato sempre posseduto nelle stesse condizioni, ha invece la sua storia e tale storia sarebbe opportuno dichiarare ”°. In che modo la ricerca che qui si richiede possa
essere
nel
fatto
condotta,
e quale
lume
di sapere
storiografico sicuro se ne possa ricevere, tutto ciò esula dall'economia del presente saggio, che vuol essere unicamente un esame critico del prelogismo di Lévy-Bruhl.
si userà nella
quale criterio
Quali
limitazione della scelta?
PRELOGISMO
i più primitivi? le distinzioni
e le
limitazioni per difetto di senso storico e di consapevolezza speculativa, analizza nel fatto il comportamento dell’ intelletto astratto nella cerchia delle culture magiche. Ma a parte la soluzione prelogica, che teniamo per inaccettabile, una inchiesta ha pur sempre carattere naturalistico,
senza una
esorbitanze,
mette
silloge di fatti con
capo
relative
di tal genere e, se condotta
nell’ ipotesi rubriche.
migliore
Rilievo
a
storico
avrebbe solo una ricerca volta a determinare la Weltanschauung del magismo e la funzione storica di tale Weltanschauung. E rilievo storico, in siffatta ricerca della funzione storica del magismo, avrebbe anche il tentativo di determinare se e in quale misura il magismo possa essere considerato come pedagogia della funzione identificante nel suo uso pratico,
see inquale misura il magismo abbia concorso a liberare la potenza laica dell’ intelletto, e cioè quel complesso di strumenti intellettivi (spazio, tempo,
116 Non diversamente il Vico cercò di determinare la efficacia della vita religiosa rispetto, per esempio, alla vita morale: « Cominciò, qual dee, la moral virtù dal conato, col qual i giganti dalla spaventosa religione” de’ fulmini furon incatenati per sotto i monti, e tennero in freno il vezzo bestiale d’andar errando da fiere per la gran selva della terra, e, s'avvezzarono a un costume tutto contrario di star in que’ fondi nascosti e fermi; onde poscia ne divennero gli autori delle nazioni e i signori delle prime repubbliche... etc. » (Scienza nuova, $$ 3504-19; cfr. $$ 338-40). Onde pietà e pudore, prudenza e giustizia, temperanza e forza e industriosità e magnanimità furono potenze della vita morale che la religione liberò e fecondò (Scienza nuova, ivi). Sì che al detto di Plutarco, essere l’ateismo minor male della superstizione, è da opporsi che colla superstizione « sursero luminosissime nazioni» mentre l’ateismo « non ne fondò niuna » (Scienza nuova, $ 518). Per gli « Universali fantastici » come pedagogia dei « generi intelligibili », v. Scienza
nuova,
$$ 933-34.
II UN
PROBLEMA LA
MAL PRIMA
POSTO FORMA
DELL’ ETNOLOGIA
RELIGIOSA:
DI RELIGIONE.
x
La minorità speculativa della etnologia si rivela dal fatto che ancor oggi molta fatica è spesa dai suoi cultori per risolvere il problema delle origini della cultura umana. In guisa affatto acritica si è cercato di rimuovere le difficoltà tecniche che si oppongono a una obbiettiva determinazione del « primo» nella serie, senza tuttavia risolvere la quistione preliminare se fosse speculativamente corretto cercare, nel tempo, un primo delle forme singole e del complesso della cultura umana. A dissolvere tale problema, e il gioco di immaginazione che lo accompagna e lo sostiene, si frappongono molte difficoltà di fatto: in primo luogo la già denunziata minorità speculativa dell’etnologia, così poco affiatata con la severa disciplina del pensiero, in secondo luogo una tal quale congiura di affetti e di sentimenti, quale l’amore
per le cose astruse, il fascino romantico che promana dall’assolutamente primitivo, lo zelo illuministico-positivistico di schiarire le menti umane intorno a quistioni turbate di solito dal mito, la ricerca della vaga consolazione morale derivante dalla conferma « scientifica » dell'ipotesi monogenetica, l’ardore confessionale di provare
78
NATURALISMO E STORICISMO NELL’ ETNOLOGIA
obbiettivamente,
con
metodo
rigoroso,
le
verità
LA
della
Rivelazione. Chè anzi, ad essere precisi, è questa congiura di affetti e di sentimenti
a turbare
il corso del pensiero,
a distorcerlo ed impedirlo, sì da oscurare la verità che altrimenti brillerebbe di luce meridiana. Giova affrontare, per gettar luce sull’argomento, non già il troppo ampio problema delle origini nella etnologia, ma solo una forma particolare di tale problema,
e cioè la tentata determinazione della prima religione
nella
etnologia
oggi
alla nostra
la paura
non
DI
RELIGIONE
79
spirituale intensa, in istituti di tradizioni millenarie. Or qual’è l’essenza di questo fatto complesso? Dove è la sua sostanza, e quali sono i suoi accidenti? Senza dubbio, finchè il fatto resta sotto ai nostri occhi nella sua attuale complessità, non è possibile venir a capo di nulla: bisogna decomporre il complesso nel semplice. Secondo quale criterio? Quale sarà il filo di Arianna che ci condurrà in questa riduzione? L’etnologia religiosa. Invero, la religione non fu in passato altrettanto complessa come lo è oggi. Sopratutto nelle sue forme
forma di religione si copre con quello della definizione *. Il ragionamento che comsua forma originaria e più La religione, così come si
primitive la religione si estrinseca in modi molto semplici e rudimentali. Interroghiamo dunque il mondo primitivo: è da sperare che sulla base del materiale documentario
osservazione,
è un
fatto
estre-
mamente complesso. Essa implica il pensiero non meno dell’azione, la fantasia non meno del concetto, l’ethos non meno del calcolo del conveniente, la gioia non meno del dolore,
FORMA
di
religiosa.
Il problema della prima parzialmente e si intreccia minima della religione stessa bina le due ricerche è, nella ingenua, di questo tipo: « presenta
forma
PRIMA
meno
della speranza.
Si estrin-”
seca in riti e in atti di culto nei quali rifluisce una vita 1 Per essere precisi, il periodo in cui tale problema fu preponderante coincide con il massimo sviluppo dell’etnologia evoluzionistica. In un secondo momento, per opera della scuola storico-culturale, le ambiziose quanto acritiche costruzioni evoluzionistiche andarono in rovina: ci si accorse che le serie evolutive esistevano solo nell’ immaginazione di chi le aveva istituite. Il problema delle origini della religione subì pertanto una battuta di arresto, fu rinviato per difetto di informazione. L’etnologia diventò sempre più descrittiva e monografica, e le ricerche aventi per oggetto territori relativamente piccoli e ambiti umani circoscritti furono preferite alle ampie quanto fragili sintesi dell’etnologia evoluzionistica, Il problema delle origini della religione era insomma rinviato per difficoltà tecniche di esecuzione, il che implicava che, superate tali difficoltà, e compiuti i lavori analitici preparatori, la sua soluzione sarebbe finalmente divenuta possibile. Infatti lo ScaMIDT ha da recente tentato, nel quarto volume della sua opera Der Ursprung der Gottesidee (1935), una « Endsynthese» con relativa soluzione del problema della prima forma della religione. Ma, su ciò, più avanti.
raccolto sia possibile individuare la forma più semplice, la prima forma di religione, quella che segnò il trapasso
dall’animalità umane.
senza
Stabilito
religione
questo
primo
all'uomo e
questo
e alle
religioni
minimo
essen-
ziale, per complicazione del semplice nel complesso, per evoluzione,
si potrà tornare
al punto
di partenza,
e cioè
alle forme culte di vita religiosa ». Il primo che si provò a ragionare a questo modo, e che, così ragionando, pervenne ad una conclusione che esercitò grande influenza negli studi etnologici, fu il Tylor, il quale credette di poter stabilire che la religione è, al minimo, la credenza in esseri spirituali, e che la
prima forma di religione fu, appunto, l’animismo. Giova riportare il passo relativo della Primitive Culture: Quando si tratta di studiare le religioni delle razze inferiori, il punto essenziale preliminare da chiarire e da precisare è che cosa si intende per religione. Se si vuol far entrare nella parola la credenza in una divinità suprema, in un
giudizio
dopo
morte,
o l'adorazione
di
idoli
e la
pratica
del sacrificio, o altri riti e dottrine diffusi qua e là, senza alcun dubbio un certo numero di tribù si troverà allora escluso dal mondo religioso. Ma questa definizione troppo ristretta
80
ha
NATURALISMO
il
difetto
di
STORICISMO
identificare
particolari,
sviluppi
E
laddove
la
religione
con
opportuno
è
LA PRIMA
NELL’ETNOLOGIA
suo movente iniziale e nel suo ziale. Meglio vale, per quel che sembra, alla fonte, e porre semplicemente, come della religione, la credenza in esseri
alcuni
suoi
considerarla
nel
elemento essenrisalire direttamente definizione minima spirituali?.
La prima grave obiezione che può muoversi a un ragionamento di questo tipo è che esso ignora il travaglio del più maturo pensiero europeo. È qui infatti del tutto ignorata
la
distinzione
fra
categorico
e
temporale,
fra
cominciamento ideale e cominciamento in tempo. Senza dubbio tale distinzione importa molto acume speculativo, e solo a gran fatica può essere fermata in tutti i suoi particolari. Persino lo Hegel non fu su questo punto del tutto chiaro e esente da contradizioni, sì che nella sua
filosofia il significato ideale ed extratemporale del divenire si intreccia con quello temporale (si pensi alla morte
dell’arte
e all’ identificazione
della
prima
catego-
ria della Logica con la prima scuola filosofica greca). Comunque, rinviamo per questa parte l’etnologo desideroso di istruirsi alle scritture che riguardano questo interessante
dibattito,
e restiamo
per conto
nostro
fermi
al vero che la religione come categoria (autonoma o non, qui non importa chiarire) non patisce cominciamento nel tempo, ma è sempre stata’. In secondo luogo coloro che muovono alla ricerca di definizioni
minime,
corso del tempo sia minimo,
ciò fanno
retrocedendo
nel
in cerca di un primo
e che
cronologico
che
si accingono
alla
ricerca
vuoti
di pensiero,
e si attendono che dall'esame «obiettivo» dei fatti si possa ricavare il concetto di religione prima non pos-
2 TyLor, Primitive culture, I, p. 424 (5% 3 Cfr. Crocr, Il concetto del divenire e sullo Hegel e altri scritti, p. 146 sgg.).
ed., 1929). l hegelismo
(in
Saggio
FORMA
DI RELIGIONE
81
seduto. In realtà la scelta dei fatti non si compie
prima
(nè dopo) rispetto a quel concetto, ma dentro di esso, secondo la regola della sintesi a priori. In terzo luogo chi retrocede nel tempo in cerca del primo che sia minimo, procede verso il passato remoto del genere umano trapassando dal prima al prima del prima, per abbandonare, al limite, il mondo umano, e internarsi in quello subumano: salvo a metter più o meno
arbitrariamente un termine al regresso all'infinito, e chiamar questo termine arbitrario primo assoluto în re. Ora è da osservare che il mondo umano non si illumina nella direzione del passato, percorrendo a ritroso la naturalistica catena dei tempi e delle cause, nè tanto meno
si
illumina
internandoci
nel
mondo
animale,
che
con tanta difficoltà si solleva nella nostra memoria. Piuttosto «l’antico si apre e si dichiara verso il moderno » ‘, l'umano
primitivo
verso
l’umano
culto,
la vita
religiosa delle civiltà più lontane verso la nostra, qui e ora. E ben si comprende come le complicate, e talora anche ingegnose,
catene
di
antecedenti,
con
o
senza
primo
anello, sono affatto mute per ciò che riguarda la generazione della serie, cioè non spiegano, o addirittura sottacciono l’ incremento qualitativo che il conseguente rappresenta rispetto all’antecedente, e implicano pertanto la rinunzia
al
tratto
propriamente
storico
della
ricerca.
In quarto luogo ogni prospettiva storica è perduta in questo Tegresso verso il primo e verso il minimo: si crede di attingere il primitivo distillandolo diligentemente
dalle
fonti,
ed
in
realtà
si
elaborano
concetti
e
4 Cfr. Omopro, Alfredo Loisy storico delle religioni, Bari, Laterza, 1937, p. 57 sg. Questo errore metodologico della etnologia in genere e di quella religiosa in ispecie si ripete in altri domini della storiografia, per esempio nella storia del Cristianesimo: la ricerca di una «essenza » del Cristianesimo’ da parte della storiografia protestante rientra in questa aberrazione (cfr. Omopro, Storia delle religioni cristiane, I, xvit). E.
pe
MARTINO.
82
NATURALISMO
E
STORICISMO
la
indebitamente fatto antico”. E che meraviglia di ciò, se la determinazione delle pause ideali, dei momenti e degli incrementi di uno sviluppo è strettamente legata a un
l'umanità.
centro
prospettico
che
è
il
mio
pensiero
storicamente
individuato? Sembra un paradosso ed è invece una semplice verità: le distanze storiche sono stabilite tanto più energicamente quanto più vivacemente il mio problema storiografico si radica in un qui e in un ora. In quinto luogo il regresso verso il primo e verso il minimo, compiendosi senza vero e proprio problema storiografico, e nell’ illusione di distillare dai fatti la storia reale, mette capo a ipotesi che si sovrappongono ai fatti con un « può », un « è probabile », non
escludenti
altre possibilità e probabilità: viene meno la spiegazione interna del fatto, che nasce dal farsi presente di esso al pensiero. Senza dubbio non si nega che l’ ipotesi possa essere un utile espediente euristico, o una sistemazione
provvisoria di ciò che non si è ancora compiutamente inteso: ciò che qui si rifiuta è l’ipotetismo radicale e sostanziale °. 5 Anche qui il pensiero corre alla storiografia cristiana dei protestanti liberali. ° 6 Come esempio di ipotetismo etnologico valga il seguente. Il Marett, dopo avere dichiarato che la definizione minima escogitata dal Tylor è insufficiente, aggiunge: « È d’uopo che (il preanimismo in quanto concetto positivo) sia sviluppato criticamente e con cautela alla luce di prove che, potendo sempre aumentare, saranno sempre incomplete. Nessuna teoria antropologica può presumere di starsene al sicuro; tanto meno una teoria che vuol essere comprensiva al massimo grado... In questo senso il mio primo saggio — e il mio ultimo in misura non minore — deve essere considerato come * tatonnante ?. Sono del tutto consapevole di procedere sulla mia strada a tastoni e nelle tenebre » (The Threshold of Religion, 1914, p. x111). Dove si potrebbe osservare che l'oscurità e le tenebre in cui il signor Marett presume di avanzare a tastoni, sono, in realtà, l'oscurità e le tenebre sue proprie, del suo metodo naturalistico e della sua filosofia evoluzionistica. Ma, su ciò, più avanti.
primo, e che religioso dell’origine
che
pensare
anche
possibile
è
religioso
atto
un
semplice per eccellenza, cronologicamente sia la causa prima dell’ulteriore sviluppo Ma
implica
di religione di
divenire,
il
entro
per
ricerca,
forma
della prima
Il problema
schemi privi di ogni energia individuante, nei quali o non si riesce a pensare nulla di preciso, o si pensa il moderno
83
RELIGIONE
DI
FORMA
PRIMA
LA
NELL’ ETNOLOGIA
della religione sia destinata a sfuggire per sempre al pensiero, e che non c’ è atto religioso semplice (o minimo) possa
non
che
religioso
nel tempo
semplice,
atto
si dia atto
più
più
in altro
risolto
essere
remoto
di cui non
remoto, anello di una successione causale di atti religiosi
che non implichi, all’ infinito, un anello antecedente. Così impostato, il problema della origine della religione rientra in quello, molto più ampio, della finitezza e della infinità del divenire. Quest'ultimo problema ha una lunga e complessa storia,
fatto
ad
Nella
non
accogliere
acriticamente
una
rassegni
si
Ragion
nel
triviale.
filosofia
della
Critica
della
sezione
nella
che,
a meno
ignorare,
afilosofica,
mantenersi
di
pretesa
può
non
l’etnologia
che
Pura
che
tratta delle idee cosmologiche, Kant mostra il conflitto a cui è inevitabilmente condannata la mente allorquando deve
decidere
tra
finitezza
e
teoretici.
A
questo
stato
mostra
altresì
finitezza troppo l’infinità troppo soluzione del che avesse solo
piccola grande conflitto interessi
infinità,
come, essendo per l’ intelletto la (cosa c'è oltre il primo?), e (come posso percorrerla ?), la sarebbe impossibile per un uomo
di ondeggiamento
fra tesi e antitesi cosmologiche scelta
dettata
da
e
interessi
‘interminabile
può porre fine solo una
pratici”.
L’antinomia
finito-
infinito non fu dunque sciolta da Kant, e a cagione delle persistenti
tracce
scioglierla
era
© Kanr,
Critica
di
naturalismo
d’uopo della ragion
II, pp. 384, 385 sgg.
la
della
scoperta
pura,
trad.
sua
della
logica.
vera
it. Gentile-Lombardo
Per
logica Radice,
84
NATURALISMO
speculativa,
E
STORICISMO
la dialettica;
NELL’ ETNOLOGIA
e tale scoperta
LA
fu, com’è noto,
il grande merito di Hegel. Nella sua Scienza della Logica si leggono a questo proposito pagine che non dovrebbero essere dimenticate. Hegel descrive, riattaccandosi a una esposizione non meno famosa di Kant, quel senso di caduta e di vertigine del pensiero allorchè si vota alla noia sublime di avanzare verso l’ infinitamente lontano, verso il passato più remoto del più remoto passato, verso venire più protratto del più protratto avvenire:
l’av-
FORMA
tuttavia allo Hegel
DI
di questa oscurità, non a tali
il valore meramente onde egli, a cagione
sottrasse completamente
determinazioni
85
il non aver inteso il ca-
rattere pratico dell’ intelletto, ed euristico delle sue determinazioni: nire
RELIGIONE
arbitrarie,
e concepì,
il diveper
es.,
la prima categoria della logica coincidente con la prima scuola filosofica greca (quasi che l’uomo cominciasse a pensare con Talete milesio !)°. L’etnologia in genere, e quella religiosa in ispecie, ha il torto d’ ignorare questo travaglio del pensiero mo-
.. numeri sterminati accumulo, giogaie di milioni; io metto
tempo
tempo,
derno, e di non impacciarsi di sì alti problemi speculativi,
e mondi
sopra mondi, nel mucchio...
che essa stima di competenza non dello storico ma della
su
Alla tradizionale sublimità del cielo stellato, con relativo senso di annichilimento, Hegel contrappone l’atto del pensiero nel quale si fa intimo e di qua, presente intenso e vivente, quell’ infinito che per l'intelletto è sempre un esterno e un al di là, un futuro o un passato o un lontano che si distende oltre l’ultimo tempo e l’ultimo
Nocque
PRIMA
spazio,
un
che
...e quando, preso
da
di morto
per
il concetto:
dalla terribile altezza,
vertigine,
guardo
verso
di Te,
tutta la potenza del numero, moltiplicata per migliaia non è ancora una particella di Te. Io la tolgo; e Tu sei tutto dinanzi a me8.
8 Hecet, Scienza della Logica, I, 270 (trad. it. Moni), cfr. Enciclopedia, 104. Un precorrimento di tale soluzione giusta, trovasi, mutatis mutandis, in Bruno (nel De Triplici Ordine et Mensura), e in Spinoza. Si legga, per es. questo passo dell’ Ethica (Propositio XV, Scholium: cfr. Lettera 12): «Si quis tamen jam quaerat, cur nos ex natura ita propensi sumus, ad dividendam quantitatem, ei rispondeo quod quantitas duobus modis a nobis concipitur, abstracte scilicet, sive superficialiter, prout nempe ipsam imaginamur, vel et substantia, quod a
filosofia professionale e accademica. In realtà, nello sforzo
di mantenersi
afilosofica, l’etnologia religiosa riesce solo
a essere trivialmente filosofica, accettando acriticamente come ben fondato il problema delle origini, che è legato, come si è dimostrato, a una filosofia intellettualistica:
tanto poco lo storico può sottrarsi alla filosofia, e, più precisamente, alle severe indagini di Logica. Nel fatto, il problema della origine, nel tempo, della religione, tiene da solo buona parte del campo di ricerca della etnologia religiosa, formando di questa disciplina il presupposto e il fine, espressi o sottintesi. Non rientra nell’economia del presente saggio tracciare la storia di
questo genere di ricerche: molto più opportuno ci sembra
solo intellectu fit. Si itaque ad quantitatem attendimus prout in imaginatione est, quod saepe et facilius a nobis fit, reperietur finita, divisibilis et ex partibus conflata; si autem ad ipsam prout in intellectu est, attendimus, et eam quatenus substantia est concipimus, quod difficillime est, tum, ut jam satis demonstravimus, infinita, unica et indivisibilis reperietur ». ? Vedi Croce, Il concetto del divenire e l’ hegelismo, in Saggio sullo Hegel e altri scritti di storia della filosofia, p. 144 sgg.; Teoria e storia della storiografia, pp. 41sgg., 55 sgg.; Conversazioni critiche, I, pagina 338 sgg.
NATURALISMO
86
LA
NELL’ ETNOLOGIA
E STORICISMO
ricordare qualche esempio che illustri con particolare evidenza la contradittorietà e la ineseguibilità dell’assunto. E come esempio particolarmente significativo valga, anzitutto, quello del signor
Roberto
Marett, al quale
Ranulfo
parve che la definizione del Tylor non fosse abbastanza minima, cioè semplice ed elementare. Nel giugno del 1900 apparve nel periodico inglese Folk-Lore un suo saggio, Pre-animistic Religion, che è una presa di posizione contro l’animismo tyloriano. A. questo saggio tennero dietro altri*°, nei quali il Marett ritornò sul problema, ora correggendo, ora ampliando, ora restringendo Il metodo
la tesi preanimistica.
è abbastanza
Marett
del
della sua opera
chiaramente delineato nell’ introduzione The Threshold of Religion:
Per ciò che riguarda il metodo, il mio orientamento generale è quello di un antropologo, il mio speciale interesse è delle
psicologico. Io mi avvicino alla storia uno studioso della evoluzione umana.
mediato giosa
da
interesse noi
è di tradurre
remota
in termini
un della
Ma
tipo
il
religioni come mio più im-
di esperienza
nostra
reli-
coscienza scelti
in modo da poter valere per la stessa cosa tradotta. Desidero elaborare una descrizione, generale nel più alto grado, di un certo stato della mente che prevale nelle condizioni più rudimentali di cultura”.
Senza dubbio questo metodo è impotente a seguire il corso della realtà in tutte le sue sinuosità concrete: schematica. nell’approssimazione va perduto qualcosa
PRIMA
la scienza
poichè
Tuttavia,
FORMA
DI
RELIGIONE
87
to
« is bound
read
rela-
tive uniformity into this and that aspect of the flux of things», e poichè «pensare» equivale a < classificare », l’etnologia come scienza classificatoria dichiarerà il senso della vita religiosa dell’umanità quando avrà dato la definizione minima della religione stessa. Abbracciare la vita religiosa nella sua concreta varietà risultante dalle modificazioni che subisce in virtù dell’ambiente, la permanente del credere, è impossibile:
possibilità e l’ innato potere e pensare classificar — cioè —
è semplificare: in particolare risolvere il problema della definizione minima della religione implica anzitutto raggruppare
minimo
insieme
il molteplice,
di differenza
in
modo
che
classi
e un
fra le varie
vi
sia
un
minimo
di differenza nell’ambito di ciascuna classe presa per sè "°. Come risulta chiaro da questi presupposti metodologici,
l’aberrazione non deriva dal proposito classificatorio (ogni classificazione,
dentro
certi
limiti, ha
la sua utilità),
ma
piuttosto dalla confusione dei due piani della ricerca, del piano speculativo-storiografico e di quello astratto e classificatorio.
A
questa
confusione
tien
dietro
l’altra,
non meno grave, tra ideale o categorico e reale o storico, ciò che è facilitato dalla corruzione del categorico nel psicologico e dello storico nell’evoluzionistico. Nel saggio Preanimistic religion, il Marett affronta l’ indagine della
religione primitiva dal punto di vista psicologico. L’animismo,
in
quanto
sticamente
sistema
d'idee,
l’aspetto emozionale
quest’aspetto
è,
secondo
Marett,
trascura
della vita
intellettuali-
religiosa.
fondamentale.
Sia
Ma che
si voglia accettare la tesi di coloro che affermano l’esi10 Per citare quelli che qui più particolarmente interessano: From spell to prayer, in Folk-Lore, giugno 1904; Is taboo a negative magic? (in Anthropological essays presented to Edward Burnet Tylor in honour of his 75 th. birthday, ottobre 1907); The conception of Mana, in Transaction of 3rd international congress of history of religion, vol. I, Oxford, 1908; The Taboo Mana formula as a minimum definition of religion, ARW, XII, 1909; Mana, ERE, VIII, Edimburgo, 1915). 1
Treshold
of
religion,
XXV.
stenza
di
un
impulso
specifico
dell’esperienza
religiosa,
sia che si acceda all’altra tesi della religione come sotto12 Op. cîit., XXVII. 18 Op. cit., XXV.
. ‘
88
NATURALISMO
E STORICISMO NELL’ ETNOLOGIA
LA
prodotto dell’evoluzione dell'umano intelletto, il fatto è che, in occasione di emozioni quali lo sgomento, lo stupore e simili, la ragione umana
misterioso o soprannaturale, a rendere tale oscura forza costrizione o la comunione quindi, come momenti com-
ponenti, sentimenti di paura, ammirazione, meraviglia e simili, e, come obbietto, il soprannaturale. I modi particolari di rappresentazione del soprannaturale— per es.
la credenza in esseri spirituali o animismo — sono
sentimento del
fatto
l’esperienza del personificazione
del timore reverenziale religioso,
cioè
il suo
soprannaturale, immediate del
(awe),
elemento
acci-
è l’universale più
semplice
e
più generale. Ciò posto il soprannaturalismo è logicamente anteriore all’animismo: la definizione minima della religione come soprannaturalismo rivela qui il suo chiaro carattere di definizione media o tipica. Allorquando il categorico si deforma nel medio e nel tipico, subito si presenta un possibile senso cronologico del categorico così deformato. Il Marett, infatti, si chiede se il più semplice e il più generale del fatto religioso sia anche in senso cronologico anteriore all’animismo, se, cioè, la religione sia cominciata in tempo prevalentemente come
soprannaturalismo (obbiettivazione e personificazione immediata del timore reverenziale) per evolversi e differenziarsi poi come tuali). E a questa
animismo (credenza in esseri spiridomanda il Marett risponde che il
suo intento è di batter l’accento sulla esigenza psicologico-classificatoria e trascurare
tico, |
34
secondo Op.
cît., p.
la buona 10 sgg.
FORMA
DI
RELIGIONE
89
occorre preparare gli schemi, poi, in un secondo momento,
ordinarli in sequenza dal più semplice al più complesso:
è spinta a obbiettivare e anche
a personificare ciò che appare e la volontà, da parte sua, innocua o propizia mercè la o la conciliazione *. L'esperienza religiosa ha,
dentali e transitori: ma come obbiettivazione e
PRIMA
regola
quindi
il problema
naturalistica
che
gene-
prima
Nel
saggio
intorno
alla
religione
preanimistica
io
non
ho avuto intenzione di compromettermi con una soluzione definitiva del problema genetico. Secondo me il primo capitolo della storia delle religioni resta in gran parte indecifrabile. Mio scopo principale è stato di mettere in evidenza che la religione primitiva o rudimentale, quale si ritrova attualmente nei popoli selvaggi, è cosa più ampia, e sotto certi aspetti più vaga, della «credenza în esseri spirituali » di cui ci parla
la famosa
definizione
minima
del
Tylor.
Per-
tanto è sembrato opportuno provvedere l’antropologo di una nuova categoria nella quale fosse possibile ordinare quei fenomeni che in una interpretazione animistica rigorosa della religione
rudimentale
sarebbero
stati
verisimilmente
ignorati,
o, in ogni caso, fraintesi. Prima che la nostra scienza dogmatizzi intorno al problema genetico, è d’uopo, credo, condurre un’opera’ preliminare di classificazione, secondo quadri sinottici, dei dati di cui dispone. Il mio saggio avrà raggiunto il suo
scopo
se sarà
classificatorio
nel
riuscito
vocabolario
a introdurre
un
nuovo
termine
dell’antropologo ?°,
E qui evidentemente sfugge all’autore che conoscenza è genesi
del
fatto,
e che
il precetto
del
prima
classi-
ficaree poi ordinare nel tempo può metter capo ad una sequenza di idola mentis ma, alla storia, mai. Per conclu-
dere, secondo il Marett, se il problema genetico deve esser messo per ora in secondo piano, tuttavia nulla vieta che un giorno la classe si trasformi in fase storica, e il preanimismo designi un’epoca: anzi allo stato attuale della scienza etnologica, può affermarsi che il preanimismo è anteriore all’animismo not only logically but also in some sense chronologically”, e cioè nel 15 Thresh., 10 Thresh.,
1914, VIII sg. 1914, p. 11.
90
NATURALISMO
E
STORICISMO
NELL’ ETNOLOGIA
senso che in una certa fase dell’umana
LA
evoluzione pre-
valgono fenomeni religiosi di tipo preanimistico. Insomma, secondo Marett, nulla vieta, nel fatto o nella possibilità,
che il categorico, corrotto nel psicologico, trapassi nello storico
corrotto
nell’evoluzionistico,
e che
la definizione
minima della religione divenga fase storica. AI tentativo di far trapassare il pseudo-categorico si
pseudo-storico,
nel
accompagna
l’opposto
tentativo
di estollere caso specifico vita religiosa gione tutta.
il pseudo-storico a pseudo-categorico, nel di estollere particolari forme storiche della primitiva a definizione minima della reliQuesto inverso processo, e questa inversa
aberrazione,
si ravvisano
in altri
saggi
del
Marett,
tra
i quali sono particolarmente da ricordarsi Is taboo a negative magic?, The conception of Mana (entrambi in The Threshold of Religion, rispettivamente a pp. 73 Sgg. e 99 sgg.), The taboo-mana formula as a minimum defi-
nition of Religion (ARW, XII, 1909, p. 186 sg.), articolo Mana
(in
ERE,
VIII,
1915).
I termini indigeni Mana e Tabu, designanti un organismo di esperienze di rappresentazioni religiose geograficamente e culturalmente definite, sono dal Marett. estolti a significare, rispettivamente, l’aspetto positivo e quello negativo del soprannaturale, il Mana a significare il soprannaturale in quanto forza o energia numi-
nosa, il Tabu il soprannaturale in quanto sacro separato dal profano e da non avvicinarsi senza precauzione. Per far assumere alla formula Mana-Tabu il valore di formula definitoria minima, il Marett ha operato una progressiva generalizzazione dei due termini, sì da includere in essi termini più o meno affini: « My remarks are intended to apply not merely to the Pacific region, but the world of so called ‘ savagery’ in general». E nel 17 ARW,
XII,
1909,
p.
186.
saggio
PRIMA
contenuto
stingue
un
FORMA
DI
RELIGIONE
9I
nell’ Enc. of Rel. and Eth. Marett di-
significato
del
locale
Mana
termine
da
un
significato « scientifico », cioè schematico e pseudo-categorico ®*. A noi non tocca qui iniziare una ricerca storica e porre in rilievo l’arbitrarietà di tale generalizzazione”: a noi basta, dal punto di vista metodologico, aver segnalato
la
doppia
aberrazione
del
Marett,
il quale
oscilla
fra l'abbassamento delle categorie a fatti e la distorsione dei fatti a categorie, con la conseguente perdita, come si è mostrato, della idealità delle categorie e della individualità dei fatti storici. Ma il signor Marett ci offre altresì un cospicuo esempio di quello sprofondarsi nel mondo subumano che si accompagna fatalmente, prima o poi, per espresso o per sottinteso, al vano inseguimento di un primo della religione (0, più generalmente, della cultura). Pose infatti
. termine plice
il nostro autore
solo
quando
al suo regresso
credette
di
scoprire
una
verso magia
il semrudi-
mentale fra gli animali: e a questo riguardo vale la pena ricordare alcune sue argomentazioni, che basterebbero da sole a definire la levatura del piano culturale su cui egli si muove. . Un
tale, assalito
mantello
18 ERE,
e fugge:
VII,
da un
toro
arrabbiato,
lascia il suo
il toro prende a cornate il mantello,
1915, PD. 377 S88.
19 Scrive per es. il TnurnwaLD (in ARW, XXVII, 19209, p. III): « Non tutte le rappresentazioni di umana dipendenza da forze soprannaturali possono essere stipate nel concetto di Mana, come Marett cerca di di forze efficaci sovrumane amerindiane rappresentazioni Le fare. presenti nelle cose, negli obbietti e nei fenomeni della natura, non si coprono con il concetto Maori di Mana », etc. Vedi anche H. Hian Hoscin, Mana (in Oceania, VI, 1936, 3, p. 241 sgg.). e A. CAPELL, Mana, a linguistic Study (in Oceania, IX, 1938, p. 189 sgg.).
92
NATURALISMO
E
STORICISMO
LA
NELL’ ETNOLOGIA
scaricando su questo la sua rabbia. Questo sarebbe, secondo Marett, magia rudimentale. Un mago opera sui capelli della vittima per affatturarla: questa sarebbe, secondo il Marett, magia progredita. Ma come si effet-
tua il passaggio dalla prima alla seconda forma di magia? Il toro,
avverte
il Marett,
non
è capace
di paragonare
le sensazioni e di riferirle a un’unica coscienza: la sua vita sensibile è istantanea e irrelativa. Il mantello ordinario,
non
commestibile,
e quindi
affatto
indifferente,
e
il mantello che, nell’acceso di collera, diventa qualcosa che può essere presa a cornate, non sono, per il toro, un unico mantello, ma due. Poniamo ora in luogo del toro un uomo più o meno simile a un bruto (but now put in the bull’s place a more or less brute-like man...): quest'uomo, in quanto tale, sarà capace di paragonare le sensazioni,
di riferirle a un
unico
centro di coscienza.
In tal caso l’aspetto normale dell’obbietto gli apparirà veritiero, e quello originale come delusorio. Tuttavia l’uomo, pur distinguendo simbolo e realtà, può gettare un
ponte
fra
la
prima
e
la
seconda,
per
volontà
di
illudersi o di credere, o per istintiva coscienza che ciò gli rechi giovamento ®. Fin qui il Marett. Ma in realtà questa sua descrizione psicologica non spiega nulla. Il passaggio dal mondo umano a quello subumano è
esperienze
Of.
ciît., p.
120.
93
umano
a quello subu-
religiose
mercè
la loro
riduzione
a processi
del mondo fisico. Codesto spiegare obscurum per obscurius è ravvisabile, per esempio, nel Thurnwald, il quale avanza l'ipotesi che l’esperienza connessa col Mana poggi su un contenuto obiettivo che la scienza moderna ha chiarito come magnetismo o elettricità per-
sonale.
Infatti
Come da recente hanno stabilito i professori F. Sauerbruch e W. O. Schumann, ricerche fisiologiche mostrano che ogni processo negli organismi
viventi, sia animali che vegetali, ogni
movimento delle dita, ogni moto del sentimento, è legato alla produzione di correnti elettriche tenuissime, le quali sfuggono dalla superficie del corpo. Da ciò risultano anche molte operazioni a distanza ?°.
A questo barbarico luogo del Thurnwald giova porre a riscontro quel classico luogo del Fedone platonico in cui Socrate esprime la delusione che gli aveva arrecata
dicendo
. 20 MARETT,
RELIGIONE
Questa retrocessione dal mondo
passi per il cervello di un toro infuriato
termine del passaggio è un mistero, il passaggio stesso diventa misterioso, e non resta che dire, a un certo punto: «poniamo ora in luogo del toro... etc. », non
DI
mano, aberrazione derivante dal metodo naturalistico delle definizioni minime e dalla superstizione del primo, può spingersi sino al punto di « spiegare» determinate
la
difficile a determinarsi: che si sappia, deve ancor nascere lo storico capace di rifarsi toro infuriato. E se il primo
FORMA
resta cioè che far irrompere ab extra l’umanità nell’animalità ?.
infatti spiegato in modo illusorio, più col suono delle parole che con la forza del concetto. Invero, che cosa è cosa alquanto
PRIMA
lettura
di
«E
parve
mi
che
Anassagora: fosse
proprio
lo
Socrate tutto quello che
stesso
che
se
uno,
pur
fa lo fa con la mente,
21 Dallo stesso punto di vista si possono criticare gli altri tentativi dell’etnologia di derivare l'umano primitivo dal subumano, per es. il tentativo del PrEeuss (vedi in particolare G/obus, LXXXVII, 1905, p. 419), quello dello HartLAND (vedi Transact. of Sect. H in Report of the Brithish Associat. for the Advancement of Science, 1906, p. 606), e quello del CLonp (Preamimistic Stage of Religion, in Transaci. of the third Intern. Congress for the History of Religion, 1908, p. 33 Sg). 2 ARW, XXVII, 1929, p. 109.
94
NATURALISMO
E
STORICISMO
NELL’ ETNOLOGIA
LA
quando poi si provasse a voler determinare quel che faccio, incominciasse col dire che ora, per esempio, io son qui seduto per ciò che il mio corpo è composto di ossa e di nervi; e che le ossa sono rigide etc.... E lo stesso anche sarebbe di questo mio conversare con voi chi lo attribuisse a tali cause, allegando, per esempio, la voce, l’aria, l’udito e infinite' altre dello stesso genere, senza curarsi affatto di dire quelle che sono le cause vere e proprie: e cioè che, siccome agli ateniesi parve
bene
votarmi
contro,
per
questo
anche
a me
mente
più
PRIMA
antiche
FORMA
a noi
DI
RELIGIONE
accessibili,
nè
95
fornisce
unica-
mente una silloge di documenti intorno a questo monoteismo (nel che l’assunto sarebbe metodologicamente ineccepibile), ma trascorre ad affermare che la « prima > forma di religione fu il monoteismo, che da questo, per
degenerazione,
sarebbero
derivate le forme
religiose
più recenti, naturistiche, animistiche, manistiche e magiche, e che, infine, la presenza di un monoteismo straordinariamente vivace ed elevato presso i popoli etnolo-
è parso
bene restarmene a sedere qui, e ho ritenuto mio dovere non andarmene via, e affrontare quella qualunque pena che costoro abbiano decretato » °°.
gicamente più antichi mercè l'ipotesi della
non può essere spiegata se non Rivelazione Primitiva. La
sarebbe
pretesa è chiara: far coincidere le verità della fede con i risultati della «scienza », poggiare il dogma cattolico sulla solida base dei fatti etnologicamente accertati.
giunta l’analisi etnologica (0 psicologica). Ma allorquando
Di qui una strana contaminazione di profetismo visionario
si pone
e di
Nel
caso
metafora
del
per
indicare
termine
un primo
Marett
il
«primo»
il limite
al regresso
più
in modo
non
basso
vuol
a cui
assoluto,
in re, allora si passa dalla mala
esser
assumendo
infinità alla
mala finitezza. il più cospicuo
È questo il caso di Padre G. Schmidt, rappresentante della scuola storico-cultu-
rale. Nella
sua
opera
di Dio”,
il nostro
la
come
presenza
23 Fedone, 2 Der
1926,
del
fondamentale,
autore,
monoteismo
98 b (trad.
Ursprung
2% ed., II,
der
1929;
non
L'origine
dell’ idea
si limita
ad accertare
culture
cronologica-
nelle
it. Valgimigli). Gottesidee:
III,
1931;
1933;
consta
di
V,
1934;
sei
VI,
volumi
1935),
filologico,
di
apologetica
e
di
«scienza»,
di
una
caduta.
Nell'ambito
tecnico, nella
cerchia dello
sviluppo esterno della vita sociale, dal punto di vista delle capacità intellettive l’umanità progredisce: ma non altrettanto può dirsi della vita sentimentale ed interiore, del carattere, dell’ethos e della religione. Qui è da
constatare la dolorosa realtà (die traurige Tatsachlickeit)
.
l'opera
IV,
zelo
romantica Sehnsucht e di slancio missionario. Esaminiamo più da vicino la cosa. Il corso delle umane vicende si configura anzitutto a Padre Schmidt
(I,
il
del regresso. La prima famiglia, nella forma documentata dalle culture più arcaiche, fu monogamica, stretta da
primo dei quali sottopone a critica le varie teorie storico-religiose, il secondo ha per obietto le religioni degli amerindiani, il terzo le religioni dei primitivi d’Asia e d’Australia, il quarto le religioni dei primitivi d’Africa. Il quinto volume contiene aggiunte, ed il sesto, infine, vuol essere una sintesi finale nella quale, stabilite le relazioni fra ciclo cuiturale artico e nord-americano, fra ciclo artico nord-americano e gli indigeni della terra del fuoco, fra la cultura pigmea, quella artico-americana e quella paleoaustraliana (le relazioni fra i pigmei asiatici e africani sono stabilite nel vol. IV, pp. 709-787), si tenta infine di stabilire la prima forma di religione e l’origine della reli-
saldi vincoli di reciproca simpatia, di abbandono e di dedizione, di amore e di altruismo. Dalla famiglia questa mitezza rifluiva nella tribù, che era poco più di una ampliata famiglia. Così, per esempio, il diritto di
gione
Dalla
stessa.
proprietà
(collettiva
e
individuale)
era
addolcito
dalla
mitezza del carattere, dalla gioia altruista di donare (o dî prestare),
dall'assenza
famiglia,
inoltre,
di
invidia
provenne
e
di
alla
ambizione,
vita
religiosa
etc.
il
96
NATURALISMO
E
modello di una causa prima come persona e come Padre, come
Dio personale e paterno. Il progresso
promise
felice
tale
condizione
esterno com-
primissimi
dei
uomini,
poichè spezzando 0 alterando il vincolo familiare monogamico, essiccò anche la fonte di cui si alimentava la mitezza del costume prisco. Nacquero l’egoismo, la cupidigia, l'ambizione di sottomettere altre creature umane
al proprio dominio: i poveri furono oppressi dai ricchi, le donne dagli uomini, i deboli dai forti. Nè valse a porre un freno a tale degenerazione l’apparizione periodica di potenti personalità, e la stessa religione, partecipando alla generale caduta, si lasciò corrompere da monoteistica in naturalistica, magica, etc. Insomma la legge dell’entropia vale per il mondo fisico come per quello delle nazioni, e più precisamente come il rapporto fra lavoro e calore prodotto non è reversibile di
(legge della
dell’energia), così il lavoro culturale è ca-
degradazione pace
procacciare
ricche
possibilità
di godimento,
ma
il godimento non riesce a restituire la massa equivalente di lavoro culturale. Senza dubbio, fin quando nell’universo
vi sono forti squilibri di cultura, è aperta la possibilità di periodici bagni di salutare barbarie, con relativa momentanea rigenerazione: offre esempio di ciò la immigrazione
di
tribù
semitiche
culturali
assiro-babilonesi,
maniche
nel
dominio
della
del
deserto
la irruzione civiltà
nelle
regioni
delle tribù
micenea
PRIMA
LA
NELL’ ETNOLOGIA
STORICISMO
e, più
gertardi,
in quello della civiltà greco-romana, la invasione delle tribù atzeche nella cerchia culturale paleomessicana. Ma la riserva delle forze culturali è finita, l’equilibrio finale inevitabile: unica salvezza il Cristianesimo, poichè, ”°. sommato, « sanabiles fecit Deus nation»es
tutto
Vien fatto qui lo Schmidt crede visione del corso con quale metodo
97
RELIGIONE
essenzialmente
pro-
serie
in una
gressiva di sondaggi nel tempo a profondità sempre maggiori. Un primo generico livello cronologico abbastanza è attinto' mercè
basso
la
di
considerazione
popoli
quei
della terra che i vari indici mostrano come i più antichi che siano accessibili alla nostra analisi culturale (Centrocaliforniani, Indiani del N. O., Algonchini, Indiani della terra del Fuoco, Pigmei asiatici, Popoli artici, Paleoaustraliani, Pigmei africani e pigmoidi, Boscimani, Bergdama e Ottentotti). A questo livello è attestata
dapertutto la credenza in un essere supremo più o meno da
velata
naturismo,
di
tracce
manismo,
e
animismo
magismo. Un ulteriore più accurato sondaggio permette di precisare che col procedere nella direzione del passato a scomparire
tali tracce tendono
o almeno
ad attenuarsi,
laddove la credenza nell’essere supremo guadagna in ampiezza e in vivacità. Più precisamente l’analisi storicoculturale mette in luce che la presenza del naturismo, manismo, animismo e magismo nelle culture primitive o è influenza delle più recenti culture primarie, ovvero a disposizioni
è da ricondursi
deboli,
sebbene
originarie,
più Se
delle stesse culture primitive, disposizioni che solo tardi avrebbero attinto un significato maggiore. dunque procediamo nella direzione sottrarre, alla religione di questo
appartengono
che
a
tempi
più
del passato, passato, le
recenti;
è d’uopo influenze
d’altra
parte,
poichè gli elementi animistici, naturistici, manistici e ma-
gici,
che
ginarie 25 Per questa parte vedi ScumIDT e Koppers, Volker und Kulturen, Regensburg, 1924, p. 45 Sgg., e, per i rapporti di proprietà, SCHMILT, Das Eigentum in den Urkulturen, Miinster in Westfalen, 1937.
DI
di chiedersi su quali ragioni storiche di poter fondare questa ricostruzionedelle umane cose, e più precisamente egli conduce la sua ricerca. L’analisi
consiste
Schmidt
dello
FORMA
si dichiaravano nelle
20 ScamInT, E.
pe
stesse Der
Martino.
come
culture
Ursprung
etc.,
deboli
primitive, VI,
p.
disposizioni tendono
ad
oriatte-
378. 7
98
NATURALISMO
nuarsi
nella
E
STORICISMO
direzione
del
NELL’ETNOLOGIA
passato,
«da
ciò
LA
possiamo
ricavare l’ ipotesi metodologicamente autorizzata che, quando noi tocchiamo la religione comune a tutta la protoumanità, la religione più antica di tutte le religioni particolari,
diventa
tanto
più
alta
la
probabilità
che
le
linee convergenti di questi elementi si risolvano nel senso del passato in un punto di annullamento e di vanificazione, nel quale cesserebbero di esistere » ”°. In altre parole: le differenze regionali, che si riscontrano nelle culture primitive, accennano a un tempo precedente in cui tali differenze non si erano ancora prodotte, sì che, eliminandole, siamo ricondotti a un tutto relativamente unitario e omogeneo, ad una religione semplice che si può assumere come la prima del genere umano. Questa prima antichissima religione dovette essere incentrata,
secondo un
lo
essere
Schmidt, supremo,
nella unico,
pura
e vivace
creatore,
credenza
onnipotente,
in
eterno,
santo, invisibile e sovrasensibile, ora in cielo ma un tempo, subito dopo la creazione, vivente fra gli uomini, iniziatore nell’età paradisiaca dell’ordine morale sociale e rituale e delle capacità tecniche, onnisciente custode del costume, proprietario e signore dei mezzi di sussistenza, benevolo dispensatore di favori ma altresì rigido punitore del peccato. Questo Dio dovette essere arden-
temente
pregato, e a Lui fu dedicato il sacrifizio primi-
ziale, consistente nell'offerta della primizia della raccolta e della caccia in riconoscimento dell’assoluta potestà
PRIMA
FORMA
DI
RELIGIONE
99
uomini nell’età paradisiaca, era trasmesso di generazione in generazione e di evo in evo”. Il livello cronologico della prima religione umana ci presenta
nostri
un
mezzi
tutto
unitario,
articolare
che
in tempi
non
possiamo
distinti
con
e in fasi
i
suc-
cessive (aber diese noch altere Einheitsfront vermogen wir mit unserem Mitteln nicht mehr herauszuarbeiten) ”,
e pertanto come
un
è d'uopo tutto
considerare
isocrono,
cioè
tale
come
una
religione
arcaica
formazione
cul-
turale per la quale, data la stabilità e la persistenza delle forme di cultura in quest’evo plurimillenario ®, il tempo diventa indifferente. Noi siamo così condotti di colpo
all'origine della prima forma di religione, e la nostra sonda temporale tocca un limite in re. Or qual’ è questa origine? Risponde lo Schmidt: Dio. E fonda la sua risposta sulle seguenti considerazioni. Anzitutto, le testimonianze tratte dalle stesse religioni primitive concordemente affermano che la religione non è mai un ritrovato umano ma Rivelazione divina: Riassumendo,
vediamo
che
lì
dove
riusciamo
a
ottenere
una risposta sul passato di queste più antiche religioni, in nessun caso è detto che ia comunità in quistione si è data da
sè
la
sua
propria
religione,
ottenere risposte che autorizzino e di un lento perfezionarsi di a ricerche e a sforzi umani”,
e
tanto
meno
riusciamo
@&
l’idea di una lenta crescita queste religioni in seguito
del Dio sugli alimenti animali e vegetali e in ringraziamento
per
la
conservazione
di
questi
antichissima religione del genere umano appartenere
ventù, rale
anche
cerimonie delle
27 SCHMIDT,
le cerimonie
mediante
primissime od,
cif.,
P.
379.
A
della
il patrimonio
comunicato
questa
dovettero infine
di iniziazione
le quali
genti,
beni.
da
Dio
gio-
cultuagli
28 VI, pp. 378-477. 29 VI, p. 469. 20 Tale stabilità dipenderebbe, secondo lo Schmidt, dal fatto che in quest’evo la terra era abitata da pochi uomini viventi a grandi distanze, il che rendeva infrequenti e difficili i contatti, come anche dal fatto che allora mancava l’ influenza delle culture più recenti. 31 VI, p. 480.
un
100
NATURALISMO
In
secondo
luogo
E
STORICISMO
la religione
NELL’ETNOLOGIA
primitiva,
LA
considerata
nel suo contenuto, presenta un complesso di caratteristiche che non si spiegano con le sole facoltà naturali. Senza dubbio, col solo aiuto dell’intelletto, col solo ausilio del « pensiero causale », l’uomo ha potuto attingere
da sè l’idea di una causa prima del cosmo: ma perchè mai non riferirono questi primissimi uomini al loro Iddio la causalità anche del male, perchè mai concepirono Iddio santo, e se stessi invece, colpevoli e causa, per la loro colpa, del male? Dove mai la esperienza umana di questi
prelitici o protolitici primi abitatori dell’universo poteva offrire lo spunto per la formulazione di un sì alto ideale di santità? E come barbari progenitori sapevano accendere si trova così pura neppure in grandi
si spiega il fatto che proprio questi del genere umano, che a mala pena il fuoco, attinsero un'idea che non nella civilissima Grecia, e talora filosofi? Del pari, la finalità umana
della creazione, la limitazione dell’uso degli alimenti creati dal Dio, il sacrifizio primiziale, la credenza nell’al di là, l’idea di una ricompensa o di una punizione dopo morte, tutto ciò esorbita dalle facoltà naturali dei primissimi uomini. D'altra parte: se la ricerca di Dio fosse stata condotta a quel tempo unicamente con mezzi umani, si sarebbe prodotta una varietà di risultati, e non quell’unità e quell’omogeneità nella credenza che caratterizzò la
primitiva
religione.
Quindi
non
molto
tempo
dopo
il
cominciamento di questa ricerca umana, gli sparsi e deboli tentativi dovettero essere ricondotti a unità organica e ad interna coerenza e compiutezza in virtù di alcunchè di potente. Questo alcunchè non potè essere un processo subiettivo, non potendosi spiegare con un processo puramente umano l’unità e la coerenza del risultato che ne fu il prodotto, nè fu, e per la stessa ragione, un accadimento materiale: ma dovette essere, e fu, una persona, Iddio creatore del cielo e della terra, rivelatore
PRIMA
FORMA
DI
RELIGIONE
IOI
agli uomini dell'ordine morale rituale sociale e delle capacità tecniche. Di tale Rivelazione Primitiva i miti di queste culture serbano memoria e forniscono testimonianza: se Iddio fu unico testimone della creazione, l’antenato tribale fu l’unico testimone della Rivelazione, com’è provato, secondo lo Schmidt, dal fatto che nei miti della religione primitiva questo antenato appare
come colui che trasmise poi agli In tal modo l’ fornirebbe una dell’esistenza di Fin qui
zioni
si
raccolse gli insegnamenti divini, e li uomini”. indagine storica delle religioni primitive nuova prova, particolarmente efficace, Dio”.
Schmidt.
Invero
dichiarassero
se tutte queste sue afferma-
come
atti
di
fede
di
un’anima
credente, sarebbe perlomeno indelicato da parte nostra entrare in conflitto con esse: e se tali affermazioni riguar-
dassero
‘un dominio
qualche
prestanza
i cui cultori
storiografico speculativa,
il
conflitto
parte nostra, inutile e ingeneroso, dappoichè,
avessero
sarebbe,
da
in un am-
biente culturale elevato, tesi di siffatta qualità sarebbero nel fatto nate morte, e chi volesse impugnarle si comporterebbe, per così dire, da Maramaldo. Ma Padre Schmidt non la fede invoca a sostegno delle sue edi-
ficanti teorie, ma i fatti e la scienza dei fatti, e questo ingenuo belletto vale almeno a sconcertare 1’ ingenuo volgo
degli etnologi, molto sensibile a tutto ciò che è « wissenschaftlich ». Così stando le cose, non è nè indelicato, nè inutile, nè ingeneroso, da parte nostra, sottoporre qui ad analisi la mirabolante costruzione dello Schmidt, tanto
più se si tien presente che fra gli sforzi che il pensiero cattolico compie oggi per riconquistare gli animi e per 82 VI,
pp.
83 VI,
494.
468-508.
E
NATURALISMO
102
con la cultura,
riaffiatarsi
LA
NELL’ ETNOLOGIA
STORICISMO
Schmidt
dello
questo
appare
il più vistoso e forse, per il volgo, il più efficace. Anzitutto il tratto essenziale dell’opera dello Schmidt consiste nel risalire a ritroso il corso del tempo, per stabilire il prima del poi e il prima del prima fino a
un cominciamento assoluto: in questo pseudo-divenire affetto da mala finitezza resta nell'ombra la determinadell’ inverso
zione
processo
d’ incremento,
e
si
invano
cerca un centro generatore intorno a cui si raccolgano gli eventi. In secondo luogo, il metodo naturalistico del sottrarre
le
determinazioni
le
e
positive,
dif-
ulteriori
ferenziazioni che si sono prodotte in un tratto più o meno ampio di tempo, non restituisce affatto il passato, o meglio lo restituisce solo in via negativa, per quel che
non
occorrerebbe,
è:
aggiungere,
non
e
per
positivamente,
ottenerlo
meccanicamente,
al
ottenuto
resto
le
determinazioni che in questo tratto di tempo sono cadute senza
lasciare
nel
presente
tracce
apprezzabili.
Chi volesse ricostruire il protocristianesimo dal paragone delle attuali confessioni cristiane attualmente esistenti e per sottrazione degli elementi in cui ciascuna si è venuta, nel tempo, differenziando, si voterebbe a una
fatica vana: da
positivo,
il risultato sarebbe un
le determinazioni
resto
a cui
positive
un negativo
mancherebbero
protocristiane
camuffato
in ogni
in oggi
caso
scom-
parse o profondamente modificate. In terzo luogo, in tanto vuoto di pensiero storiografico, il moderno è troppo spesso fatto antico, e l'antico moderno: la Urreligion dello Schmidt somiglia da vicino al razionalismo di un teologo
cattolico del ventesimo
84 Si vedono Pontificatus nei Romano.
gli articoli numeri del
secolo.
di P. Schulien a commento della Summi 24, 29 e 31 marzo 1940 dell’Osservatore
103
RELIGIONE
DI
FORMA
PRIMA
Ma oltre queste critiche, generiche, altre, più specifiche, possono essere mosse al nostro etnologo. Che la cre-
denza negli esseri supremi sia attestata nelle culture etno-
logicamente
più antiche
(le culture cosidette primarie),
e
che questa credenza si faccia dominante ed esclusiva quanto più procediamo nella direzione del passato, ciò costituisce un accertamento cronachistico contro il quale
non c'è nulla, in sede metodologica, da obbiettare. E nessuna ragionevole obiezione metodologica può muoversi
contro l'accertamento di una cultura teocentrica che preceda, nel tempo, il dispiegarsi del naturismo, dell’animismo, del manismo e della magia. Ma lì dove scorgiamo una indebita estensione del necessario
dell’eurisi
ralistico
filologica,
è
procedimento
natu-
nell’affermazione
che
codesta arcaica cultura teocentrica sia prima assoluta nel tempo, e che in sè non abbia svolgimento ma si
sia mantenuta relativamente costante nelle sue caratteri stiche dall’alba dei tempi fino all’epoca in cui cominciò a decomporsi. Guardiamo la cosa più da vicino. Sia pure dato per certo ciò che Schmidt afferma, e cioè che nelle più antiche culture acquisti particolare rilievo un vivace teocentrismo a cui fa riscontro un grado molto basso, posto,
il più basso possibile, di cultura materiale. Ciò possiamo integrare tale risultato in due modi
diversi: 1) Possiamo assumere quella civiltà, nella forma in cui ci è documentata, come la conclusione di una
evoluzione
plurimillenaria,
e
quel
monoteismo
come
il
punto d’arrivo di un certo processo storico. In tal caso le culture primarie, e le forme religiose più recenti naturistiche, animistiche e magiche, si configurano, rispetto alla civiltà teocentrica, come una sorta di medioevo, come una barbarie seconda. Proseguendo per questa
via, il nostro compito più propriamente storico consisterà, anzitutto, nella determinazione dei limiti dell’apparente perfezione della civiltà teocentrica, e, altresì, nella segna-
104
NATURALISMO
E
STORICISMO
LA
NELL’ETNOLOGIA
lazione dei valori nuovi e più alti mediati dall’apparente decadenza assoluta della barbarie seconda. Con ciò resterebbe escluso ogni ricorso alla Rivelazione primitiva e alla degenerazione e sarebbe evitato il problema della prima forma di religione (e della prima cultura). 2) Possiamo interpretare l'arresto della nostra capacità filologica di penetrare il passato come un arresto effettivo della storia e dello svolgimento, e postulare, lì dove
non
scorgiamo
sviluppo,
una
durevole
omogeneità
nel
tempo. In tal caso la civiltà teocentrica si dichiara un prodotto miracoloso, e codesto miracolo solo Iddio può
FORMA
PRIMA
DI
105
RELIGIONE
e se anche non è possibile per noi ricostruirlo per mancanza di documenti, questo svolgimento ha da esserci: per tale affermazione ci basta guardare in noi stessi e acquistare consapevolezza della civiltà in cui viviamo. Noi imbocchiamo dunque la prima via: Schmidt ha scelto la seconda. Ma tale scelta non è fondata su ragioni logiche. Perchè mai dovrebbe l’antichissima civiltà teocentrica
essere
come
concepita
quadro
un
senza
pro-
cesso, se anche le specie animali e vegetali, se anche le mummie mutano nei millenni? La lentezza del cangiamento
del
e la povertà
materiale
documentario
non
ci
spiegare: il Primo sembra finalmente raggiunto. Da tale punto di vista, di quanto s’ innalza il teocentrismo
autorizza affatto a postulare 1’ immobilità. L’ immobilità della cultura teocentrica è dunque una fictio, un idolo
di questi prelitici, di tanto inspiegabilmente s’abbassa il naturismo, il manismo, l’animismo il magismo dei loro
della
discendenti: e, allora, la parola degenerazione viene alle labbra. Le due vie ci sono davanti: quale imboccheremo? A spingerci verso la prima ci invoglia non tanto la ragione negativa che nessun documento si oppone alla nostra
scelta ma
gioni
(l'assenza
la positiva
primitive
di
documenti
constatazione
si trovano
che
non
è un
nelle
documento !),
teocentriche
visibili tracce
reli-
di naturismo,
mente.
D'altra
parte
il ricorso
è naturale
al mira-
colo e alla Rivelazione allorchè si cancella come irrilevante la mutazione e si considera come contemporaneo e come nato in una volta ciò che in realtà ebbe la sua prospettiva: qui, come in altre circostanze, l’uomo chiama Iddio a sciogliere nodi che non sono in re, ma che egli
stesso viene avvolgendo con mani inesperte. Non diversa fu la deficienza della teologia storica del Nuovo Testamento, il cui quadro della teologia di Gesù e degli apostoli appare «senza processo, senza sviluppo, senza
magismo, etc., le quali potrebbero essere almeno in parte interpretare come relitti di credenze autoctone, in passato molto più vivaci. È, a dir il vero, ancor poco per
prospettiva (sì da introdurre) bruscamente nella storia concetti originali di fronte ai quali tutto il successivo sviluppo storico del cristianesimo è una degenerazione
giustificare la nostra decisione. Ma l’argomento perentorio,
e un ottenebramento ». In tal modo
che qui vale, è tratto dalla testimonianza nulla è fuori della storia, e che quindi non
interna che può esserne
fuori il complesso teocentrico delle cosidette culture primitive. Questa testimonianza interiore, questa certezza maturatasi in noi uomini moderni, può senza dubbio essere impugnata: ma solo da chi superi il pensiero moderno, e foggi nel fatto una nuova filosofia antistoricistica più
alta. Quale che sia lo svolgimento della civiltà teocentrica,
la storia delle origini
cristiane acquistava nel complesso «un colorito miracoloso, come abrupta manifestazione della vera religiosità » senza che l’autore si accorgesse «che tale miracolosità non è în re, ma nel proprio modo di considerare » ®. Padre Schmidt se ne convinca: non Iddio la storia produsse
il miracolo
85 Omonro,
Storia
delle
della origini
civiltà teocentrica, cristiane,
I,
xx11I.
ma
unica-
106
NATURALISMO
mente
la
sua
E
STORICISMO
propria
mente
NELL’ETNOLOGIA
gravata
da
un
LA
pesante
intellettualismo scolastico. Ancora: perchè mai ebbe luogo l’avvento delle culture primarie, vero e proprio gigantesco medio evo che si distese su tutta la terra? Perchè andò perduta la purezza del monoteismo primitivo? Il pensiero storico, com’è chiaro
agli
di decadenze
intendenti,
non
può
parlare
in senso assoluto,
di
perfezioni
e
e come nella perfezione
cerca il limite, così nella decadenza cerca il valore nuovo
che è mediato. In ogni caso l’occhio dello storico è rivolto sempre
a ciò che
l’uomo
fa e giammai
a ciò che l’uomo
patisce. Invero qualche tratto storiografico si ritrova nella ricostruzione del Lang e, per riflesso, in quella dello Schmidt. Si chiedeva infatti il Lang nella sua opera Magic and Religion se l’animismo fosse da considerarsi solo come una degenerazione della primitiva religione teocentrica, e a questa domanda rispondeva che qui si realizza una pedagogia
del genere umano,
una
pedagogia gig Xgiuotév. L'idea di Dio degli uomini primitivi, per quanto elevata nel contenuto, era formalmente ingenua,
blema cosa
appena
abbozzata.
se Iddio insieme:
fosse Iddio
Non
era ancora
spirito o corpo, era
solo
un
sorto, il pro-
o l’una e l’altra
essere,
anzi
le sue speculazioni intorno al sonno, al sogno, alla morte:
elaborazione preparatoria necessaria per concepire la spiritualità di Dio. Ancora: la premiazione e la punizione nell’al di là era intesa nella civiltà teocentrica in modo ingenuo
e irriflesso.
Che
cosa
passa
FORMA
DI
RELIGIONE
IO7
genere umano si concludeva infine, secondo il Lang, col cristianesimo, termine ad quem del processo che nella civiltà teocentrica aveva il suo termine a quo”. Questo
concetto
romantico — più
propriamente
lessin-
ghiano — della storia delle religioni come pedagogia del genere umano conteneva senza dubbio una giusta esigenza storicistica che avrebbe dovuto essere approfondita e corretta.
Era d’uopo
precisare meglio
i limiti della
primitiva religione teocentrica, e segnalare i valori nuovi mediati non pure dall’animismo, ma altresì dal naturismo, dal manismo e dal magismo. Sopratutto era da abbandonarsi il pregiudizio della prima forma di religione, e, in generale, il pregiudizio del mitologico divenire finito,
da un termine a quo ad un termine ad quem. Ma
la feconda
pedagogia
del
idea di una
genere
storia delle religioni come
umano
fu soverchiata
da
motivi
extrastorici, ora filologici ora confessionali, e rimase per-
tanto senza sviluppo. E nella inopia della ragione storica riprendeva forma la paurosa idea del peccato e della degenerazione:
« Come
mai — si
dimenticare
chiedeva
una
il Lang —
religione
pura?
l’intera
umanità
potè
Voglio
provarmi
a spiegarlo ». E proseguiva, non senza unzione:
1 Essere
Supremo. L’animismo ebbe appunto il merito di aver determinato la formazione del concetto di anima mercè
del tutto
PRIMA
néll’al
di
là? L’anima o tutto l’uomo? La civiltà teocentrica non era ancor nata a questo problema, e fu merito dell’animismo averlo posto e a suo modo risolto, rendendo così possibile l’alto concetto etico della salvezza dell'anima.
Questa complicata e misteriosa educazione teologica del
Io ascrivo questa degenerazione alla comodità che l’animismo, una volta sviluppato, offriva all’uomo, al vecchio Adamo. Un creatore morale che non chiede offerte, insensibile al piacere e al dolore non verrà in aiuto di chi si dedica a magie
erotiche
o
mezzo
di
forze
magiche;
l’altro,
nè
una
tribù
alla più
trasmissione non di
maligna
favoriva
un’altra
un
tribù
di
malattie
individuo avversaria,
a
più
del-
nè
per
ricompensa di sacrificio, che non accetta, nè per sottomissione 86 Lanc, Magic and Religion, p. 299 sgg. Cfr. ScHmIDT, I, pagina 204 seg. Lo Schmidt commenta nel seguente modo lo schema del Lang: « Die Art und Weise, wie Lang diesen Gedanken durchfihrt ist wirklich von tiefsinniger Schònheit und zeugt von seiner noblen Gròsse, iberall das Gute herauszufinden und zu wiirdigen » (op. cit., p. 204 sg.).
ih
108
di
NATURALISMO
pratiche
E
magiche
STORICISMO
che
non
LA
NELL’ETNOLOGIA
tangono
la
sua
onnipotenza.
Spiriti, invece, e dei-spiriti, avidi di cibo e di sangue, pavidi della
costrizione
magica,
sono
una
compagnia
corrotta,
ma
comodissima per l’uomo. Non era dubbio che l’uomo, così com’ è, avrebbe certamente accolto con piacere quegli utili e comodi spiriti, dei-spiriti e feticci, che poteva intascare nella propria bisaccia o borsa di medicine. Era certo che a favore
di questi
egli
avrebbe
dapprima
trascurato
l’idea
del
Creatore, e l’avrebbe considerato poi, tutt'al più, come uno, sia pure come il più alto, tra quell’accozzaglia venale di spiriti e di idoli, ed avrebbe offerto sacrifici ad esso come al altri. Ed è proprio questo che è avvenuto. Se questa non è degenerazione, che cosa è mai degenerazione? Sarà una teoria vecchia,
ma
i fatti la confermano.
Frattanto
la cultura
mate-
riale era progredita, erano sorte le arti e le industrie, si erano formate le corporazioni e le caste, ognuna delle quali aveva bisogno di un dio... In questo stadio della cultura le sorti dello
stato
e gl’interessi
di
un
clero
ricco
e potente
erano
legati alla conservazione dell’antico sistema animista, relativamente non morale, come avvenne in Cuzco, nella Grecia e in Roma. Questo interesse popolare e politico per le sorti dello stato, questo naturalissinio egoismo sacerdotale poterono essere
spodestati
solamente
dal
monoteismo
morale
del
cri-
stianesimo, o da quello dell’ Islam. Nessun'altra forza morale ci sarebbe riuscita. Nel cristianesimo, prescindendo dalla vita e dalla morte di Nostro Signore, fu il monoteismo morale della religione ebraica di Jehovah ad esereitare 1’ influenza preponderante e la più potente fra le molte influenze”,
A. hanno
prescindere da solo un
da queste considerazioni, che pure peso decisivo, la via che lo Schmidt
ha scelto si dichiara falsa anche per altre ragioni. Si considerino infatti gli argomenti su cui lo Schmidt crede di fondare la sua teoria dell’origine divina della religione teocentrica primitiva: qui, evidentemente, ogni rigore £ Lanc,
p. 195.
Mith
ritual and
religion,
p.
258.
Cfr.
ScaMID?,
op.
cit., I,
PRIMA
FORMA
DI
RELIGIONE
109
scientifico è abbandonato e il procedimento diventa subitamente ingenuo e grossolano. È senza dubbio vero che le testimonianze tratte dalle religioni primitive accennano tutte a una origine divina e a un antenato tribale testimone
della « rivelazione », ma come si può da ciò inferire la reale origine divina di tali religioni e la reale presenza dell’antenato tribale alla prima rivelazione divina? Il mito non è concetto storiografico, ma, appunto, mito, cioè ipostasi del farsi nel fatto. È lecito, certo, avvalersi del mito come documento di storia, ma ad un patto, a patto cioè di penetrarlo col concetto storiografico, e di spiegarne la storia ipostaticamente contratta. La primitiva predicazione annunziante l’imminenza del Regno, il tragico epilogo, la elaborazione della credenza nel Messia risorto malgrado la morte, l’attesa del ritorno repente del figliuol dell’uomo, la intuizione che il regno promesso già si inizia nella comunione dei fedeli, il concetto paolino
della
morte
di Gesù
come
crocifissione
del peccato,
la
trasfigurazione giovannea del Cristo nel Logo fatto carne, questi sono i tempi e le fasi in cui si articola la storia
dell’età apostolica: ma nel mito cristiano ogni prospettiva è perduta, i piani si confondono e si sovrappongono, i tempi e le fasi si unificano, e tutto prende a configurarsi nella coscienza attuale del credente come dato in una sola volta. Il mitizzare ha la sua storia, come ogni cosa nata, e tuttavia è procedimento che, in sè, tende a negare la storia: allo stesso modo, la chiesa cattolica diviene, al pari di qualsiasi istituto umano, ma ciò fa suo malgrado,
malgrado
l’idea
che
della
chiesa
hanno
i cattolici.
Or
chi adopera il risultato antistorico del ‘procedimento mitopoietico come documento della realtà obiettiva del risultato stesso, non fa storia ma mitizza a sua volta,
e si comporta nel fatto come colui che adduce a prova della origine divina della chiesa la sua tradizione secolare. Nei miti dei primitivi sono contratti millenni di storia:
LA
NELL’ ETNOLOGIA
STORICISMO
dello storico risolvere la loro ipostaticità nel
è compito moto
E
NATURALISMO
IIO
che
reale
li generò.
filologica di padre
Ma,
Schmidt
evidentemente,
l’acribia
il luogo
in modo
cede qui
palese a un soverchiante interesse confessionale e apologetico. E poichè la cosa ormai si denunzia da sè, per
discrezione non insisteremo oltre su questo punto. Cade invece opportuno soffermarci su di un’aberrante teoria del mito che Andrew Lang fondò e che lo Schmidt ha accolto,
con
qualche
ritocco,
nella
sua
opera.
Questa
teoria separa la religione dal mito riconducendo la prima alla severa meditazione intellettuale, al pensiero logico-causale e alla sottomissione umile, e il secondo alla fantasia volubile e bizzarra, spregiudicata e feconda.
PRIMA
FORMA
dubbio
e da
respingere
che
progresso
tecnico
attingere rappresentazioni
e Schimdt
stinto dal mito, è invece mitico, della cultura teocentrica, in il farsi infinito del reale nella e del fatto, del facitore come cosmo esaurito. Quanto poi
vorrebbero «mantenere
di-
e mito è 1’ Essere Supremo quanto pretende risolver doppia ipostasi del facitor persona e del fatto come alla pura fantasia, ormai
chi se ne intende sa che questa genera la poesia e non il mito, Cade qui opportuno un importante chiarimento metodologico.
È ora venuto
il momento
di prender
posizione
religione, procedano
ScuamiIDt,
I, pp.
134-
di
una
storia
universale
e
preconcetto di una umanità e solidalmente per ciascuna per certe fasi determinate. distrutto l’ ingenua credenza
materiale
organizzazione di pari passo:
cui fosse ignota la lavorazione
da
una
parte,
ed
politica e sociale dalcome se una civiltà a
della pietra non potesse
religiose relativamente elevate!
Orbene: forse per questo rifiuteremo il concetto idealistico di progresso? No. Solo diremo, in pieno accordo con quel concetto, che il corso delle umane cose è straordinariamente complicato, e che la storia segue vie molto mediate prima di metter capo a certi risultati. E diremo altresì che nella storia dello spirito e per ciascuna delle sue attività si avvicendano corsi e ricorsi,
progressi fino ad un certo segno e ricominciamenti e ritorni alle origini, più o meno serene civiltà e tumultuose barbarie: ma in modo siffatto che nei ricorsi la storia continua il suo corso oltre il segno prima raggiunto, nel ricominciamento si muove un quid maius mai prima attinto, e nella più tumultuosa barbarie lievita una nuova e più serena civiltà. Ritornarono nel medioevo europeo primitive condizioni economiche politiche e sociali, e barbarici
88 Su Lang e sulla critica alle sue teorie, vedi 487. Cfr. 674 sgg. (In polemica col Pettazzoni). 80 Vedi Croce, Estetica.
l’idea
merito di fare giustizia del che sarebbe passata in blocco, delle sue attività culturali, Più particolarmente, essa ha
addirittura dissolvendo il sublime Iddio unico della precedente civiltà #. Ora che la religione abbia una origine radicalmente diversa dal mito è proposizione spropositata,
che Lang
III
del genere umano procedente unilinearmente dal semplice al complesso, come è altresì da rifiutare la meccanica solidarietà di tutte le umane attività nell'evoluzione: a questo riguardo la scuola storico-culturale ha avuto il
La razionalità predomina nelle culture primitive, il mito predomina invece nelle culture più recenti, oscurando, o
causale
RELIGIONE
di fronte al problema dell’evoluzionismo e di rispondere alla domanda se e dentro quali limiti è giusta la polemica antievoluzionistica della scuola storico-culturale. Senza
ethos, l’altra
essendo il mito, come universale materializzato in una immagine, come concetto turbato dalla fantasia, come infinità finitizzata, il momento teoretico ineliminabile delle religioni della trascendenza. Il cosidetto pensiero logico-
DI
modi
di sentire;
di
contro
alla luminosa
reli-
gione laica che il Rinascimento faticosamente instaurava, si levò la rinnovata barbarie della protesta (respinse
E
NATURALISMO
112
STORICISMO
NELL’ETNOLOGIA
LA
indietro la cultura serena, ebbe a dire il Goethe della protesta); allo spregio illuministico verso le memorie e le tradizioni tenne dietro il ricorso a quelle memorie e e all’arida
tradizioni,
« Raison»
sottentra-
settecentesca
rono la fantasia e la passione romantiche: pure l’occhio dello storico scorge nel medioevo europeo non un puro è semplice ritorno del primitivo, ma la lenta gestazione della civiltà romano-cristiano-germanica: nel rinnovato teocen-
trismo della protesta un più intimo nel
e Dio;
romanticismo
della
fantasia
e della storia, e l'avviamento a un più ricco razionalismo. Ciò posto c'è forse da stupirsi se la storia del genere umano ci documenta il prima della religione teocentrica e il dopo
del
naturismo,
dell’animismo,
del
manismo
e
del magismo? Che meraviglia se ad un’epoca di prevalente (sebbene non esclusivo) razionalismo seguì un impetuoso ritorno rinnovata barbarie
della passione e della fantasia, una culturale? D'altro canto: perchè osti-
narsi a considerare la civiltà teocentrica più primitiva di quelle che seguirono? Forse perchè cronologicamente è anteriore alle altre? ma questa è vera e propria superstizione del tempo!
Un altro punto molto importante è il seguente: la determinazione del primitivo è indipendente non solo dalla cronologia, ma anche dal concetto di progresso tecnico. Nel corso della storia della storiografia etnologica i Naturvéòlker sono stati definiti ora come « geschichtlose Vòlker » (come popoli che, in re, sono privi di storicità), ora come popoli senza cultura (kulturlose) e quindi non dominanti popoli
la natura mercè la libera volontà, ora come di cultura (kulturarme), ora come popoli
poveri
che si trovano Lo
Schmidt,
al grado ispirandosi
più basso di progresso tecnico. al
Ratzel,
classifica
secondo
il criterio del « tecnico dominio
e poichè
l'agricoltura e l'allevamento
i
popoli
FORMA
DI
RELIGIONE
113
palese distacco dalle condizioni naturali, sarebbero, secondo lo Schmidt, quei popoli
che nel punto dell’alimentazione dipendono completamente dalla natura (si trovano allo stadio della raccolta e della caccia), distaccandosi in nulla o in poco da tale dipendenza naturale per ciò che riguarda gli altri punti della vita economica (vestiario, abitazione, etc.)}‘. Ora è chiaro che popoli pensabili (tutta la
rapporto fra l’uomo
la rivalutazione
tuiscono un Naturvolker
PRIMA
astorici non sono nè idealmente realtà coincidendo con la storicità),
nè esistono nel fatto; che popoli senza cultura è espressione priva di senso metodologico e storico; che l’espressione povertà culturale è ambigua, potendo uno stesso popolo in un determinato momento del tempo e in un determinato luogo dello spazio presentare un grado di povertà (o di ricchezza) culturale molto diverso
per
i singoli
domini
della
cultura;
e,
infine,
che
può accadere, ad una (relativamente) progredita Weltanschauunig.
Soffermiamoci
su quest’ultimo
punto.
Eviden-
temente l’equivoco risiede in gran parte nella inadeguatezza del concetto speculativo di natura qui impiegato. Natura, in senso speculativo, è il disindividuato, ciò che cade fuori della sfera della nostra autocoscienza, è « storia senza storia da noi scritta ». Come tale, il concetto di natura include nella sua sfera non pure il mondo subumano, ma anche il mondo umano a noi estraneo, e anche quel noi stessi di un momento fa che ora non è
più posseduto
nella sua ragione e nella sua genesi.
posto, cultura si ha sempre che uno si compia per vincere la naturalità,
sforzo il che
Ciò
determinato accade non
tanto nel dominio tecnico della natura (poichè il tecnica-
sulla natura »:
del bestiame
costi-
il
progresso tecnico come tale solo per arbitrio può essere elevato a unità di misura del primitivo, tanto più quando la rozzezza della tecnica si accompagna, come nel fatto
40 ScuHmiDr
e Koprers,
E. pe Martino.
Volker
und
Kulturen,
p.
41 sgg.
8
II4
NATURALISMO
mente
dominato
suo
signore),
qui,
e solo
rità che dentro,
qui,
E
non
STORICISMO
cospira
quanto
nel
l’estraneità
si allarga, intellezione
voce di
un
NELL’ ETNOLOGIA
veracemente
dominio vinta
degli
ab
intra
spiriti,
è veracemente
spenta
e a
ideali
mondo
(relativamente)
col
poichè interio-
che torna a risuonare che,
nel
Santo,
Vero, nel Bello, nel Buono, cospira con noi. È arbitrario pronunziare qualsiasi giudizio reale mitività servendosi del criterio del «tecnico del mondo subumano »: se ci imbattiamo in una che accanto a un basso livello di tecnico dominio presenta una sfera etico-religiosa testimoniante un vamente) ampio sforzo spirituale per innalzarsi cetti
LA
elevati,
segno
nel
dunque di pridominio cultura naturale (relatia con-
è che
la
cultura in quistione presuppone una lunga e complicata storia, e che il popolo o i popoli portatori di tale cultura non sono affatto (sia pure in senso approssimativo) Naturvòlker *.
PRIMA
FORMA
DI
RELIGIONE
115
La verità è che il concetto di primitivo può essere fissato solo idealmente, e cioè come prevalenza della corpulenta fantasia nell’ambito teoretico, e della economicità o della mera vitalità nell’ambito pratico. E il primitivo, così inteso, noi ricerchiamo nell’alto medioevo europeo molto più che nella precedente Roma Augustea
o nell’Atene
di Pericle,
e dobbiamo
ricercarlo
del pari nel medioevo plurimillenario delle culture primarie piuttosto che nella precedente cultura teocentrica, la quale, a sua volta, uscì anch'essa da un’umanità primitiva. Che cosa poi costituisca il tratto differenziale, il valore
unico
e la funzione
storica
di
ciascuno
di questi
ricorsi del primitivo, quali siano i limiti di ciascun corso e quale incremento si compia in ciascun ricorso correlativo, in questa ricerca è il compito essenziale della storiografia: in particolare, quali siano i limiti della cultura teocentrica e quali invece i valori nuovi mediati dalla Weltanschauung religiosa delle culture primarie, in ciò si esaurisce il compito di quella sezione dell’etnologia
41 Nell'opera Vòlker und Kulturen (p. 43sgg.), lo Schmidt prospetta la seguente classificazione tecnico-economica: 1) popoli di natura in senso relativo (Naturòlker), largamente dipendenti dalle condizioni di natura per i loro bisogni di vita; 2) popoli semiculti (Halbkulturvélker), dipendenti da tali condizioni in misura minore; 3) popoli di bassa cultura (Tiefkulturvélker), nei quali la raccolta si trasforma in agricoltura e la caccia in allevamento; 4) popoli di cultura media (Mittelkulturvolker), che sanno lavorare i prodotti della natura con l’aiuto del fuoco; 5) popoli di cultura piena (Vollkulturvélker), caratterizzati dalla scoperta del vapore, della elettricità, etc. A dir il vero questa classificazione sarebbe logicamente innocente e praticamente utile se fosse unicamente un ordinamento astorico, e di mero comodo, dei vari tipi di organizzazione tecnico-economica e se non implicasse alcun giudizio sulla elevatezza culturale o meno dei popoli classificati. In realtà qui si fa valere una composita aberrazione che è d’uopo dichiarare: mercè l’errore speculativo di una « natura » come fisi dualisticamente contrapposta allo spirito si apre il varco alla arbitraria distinzione fra una cultura « materiale », volta a dominare tale fisi, e la cultura «interiore », procedente dalla vita etico-religiosa, dai sentimenti e dal carattere; mercè l’errore metodologico e storico che scambia con un regresso assoluto un particolare ricorso di barbarie mediatore di progresso assoluto, si avalla l’arbitrio di un progresso tecnico-economico per
che è la storia delle religioni primitive. Ma a questo punto tocchiamo un problema storiografico determinato la cui soluzione esula dall’economia del presente saggio metodologico. Qui conviene sospendere la ricerca: ma ferma resta il punto che quando tale ricerca sarà condotta, e nella misura in cui potrà esserlo, emergerà in ogni caso
da essa quella raudayoyia sig dvomrov che è la storia del genere umano, e più profonda e più ricca diventerà l’autocoscienza della nostra civiltà, più vivo il senso tragico del divenire, più rischiarata la nostra azione volta a realizzare sulla terra il Regno dell'Uomo. gradi e di un’evoluzione culturale interna che si sottrarrebbe a tale progresso e che sarebbe affetta dalla caduta e dalla degenerazione; e, infine, mercè un atto di arbitrio si assume il progresso tecnico-economico come determinante il giudizio di primitività, di più bassa e di più alta cultura.
116
NATURALISMO
E
STORICISMO
LA
NELL’ETNOLOGIA
Perchè il punto fondamentale è questo: occorre che l’etnologia religiosa si sottragga da questa superstizione del primo, e abbassi il tempo aritmetico, la causalità e altrettali determinazioni naturalistiche da categorie del reale a momento euristico della ricerca
storiografica. Ed il problema storiografico fondamentale dell’etnologia religiosa resta pur sempre quello di progredire
nell’autocoscienza
della
religione
nostra
mercè
la
determinazione dei nessi e delle differenze tra il nostro credere e quello proprio di altre lontane direzioni di vita religiosa. Con ciò resta escluso quel vano retrocedere alla ricerca di un primo o di un’origine del processo religioso, primo e origine che dovrebbero dichiarare della
religione.
a quest’ufficio
l'essenza
l’etnologo
forme
primitive
di
Ma
per
che
religione
adempiere
si occupa deve
degnamente
delle
cosidette
anzitutto
possedere
una compiuta scienza della civiltà a cui appartiene, e del suo dover essere. Solo uomini profondamente moderni possono dichiarare l’antico, solo chi professa la religione del pensiero moderno può intendere il lontanissimo da questa
religione,
per
esempio
il
magismo.
Tanto
più
saremo capaci di far riecheggiare in noi voci che credevamo
spente
per
sempre,
quanto
più
in
noi
risuonerà
la voce della nostra età: poichè solo la vita chiama la vita, e solo il pensiero chiama il pensiero. Occorre dunque
PRIMA
FORMA
DI
RELIGIONE
I:1:7
compiuta filosofia dello spirito. Ed in quest’orbita, il concetto di religione è fermato dalla mente come Ideale che impegna sùbito la praxis, che con la praxis fa corpo, che nella praxis immediatamente si prolunga. Ben s'intende come a un ideale trascendente corrisponda ‘ un'azione anch’essa trascendente, separata, cioè, dalla storia, consacrata al nume, rito o culto o liturgia o come altro si voglia chiamare, con le sue storiche specificazioni dell’ incantagione, della propiziazione, del sacrifizio, della preghiera, e simili; e ben s'intende altresì come, corroso dalla critica l’ ideale trascendente, e chiarita
la realtà come spirito, lo spirito come storia e la storia come progresso di libertà, l’azione trascendente, o rito, ceda il posto all’ethos dispiegato, al semplice e interiore dovere, e la religione come rappresentazione e esperienza del sacro si disciolga in quella religione civile, mondana e umana, che è il frutto più maturo del pensiero europeo. È quindi la storia che gradua nel loro valore le religioni: se, infatti la religione trae alimento dal
pensiero, sì che a una filosofia della trascendenza corrisponde una religione della trascendenza, e ad una filosofia immanentistica una religione dell’ immanenza, ogni religione che sia inferiore al grado di cultura e di consapevolezza filosofica raggiunta in una determinata età, religione propriamente non può chiamarsi, ma solo crisi, conato,
interna
scissione,
ibridismo,
insincerità,
artificio,
far nascere il concetto di religione in uno con una vivace
decadentismo, patologia, esplosione di vitalità, resurrezione
esperienza storica, e d’altra parte allargare quest’esperienza mercè il lume di quel concetto. Ciò implica la
dell'umano e del ferino, secondo i casi. Vale qui la massima che la fede buona non va disgiunta dalla buona fede, e la buona fede è, anzitutto, armonia interna, ac-
massima tensione del pensiero, e giammai il perinde ac cadaver del filologismo e del cronachismo. Ciò posto, il concetto di religione non è da attingersi percorrendo a ritroso la catena dei tempi e delle cause (poichè in tal
guisa la religione resta sempre siero),
ma
è
bensì
da
un al di là per il pen-
determinarsi
nell’orbita
di
una
cordo fra noi e l’umanità. Un concetto siffatto di religione implica naturalmente l'affermazione
che
il
Sacro
non
è
una
categoria,
ma
una formazione storica correlativa a una determinata fase della storia umana; che miti, riti, chiese e cleri
118
NATURALISMO
E
STORICISMO
NELL’ETNOLOGIA
non sono l’essenziale della vita religiosa; che, infine, la religione non è sempre dove tradizionalmente la si cerca, ma talora è proprio in certe correnti del mondo laico che meno si sarebbe disposti ad eccettare per religiose: è, per esempio, nel moto illuministico e nell’apostolato mazziniano molto più e molto meglio che nel cattolicesimo post-tridentino *. Infatti dove una gagliarda volontà rende testimonianza al proprio ideale, dove l’ ideale vive in piena
sincerità
nell'azione
e
per
l’azione,
II
dall’azione
traendo il suo ulteriore incremento, ivi è religione: sia poi quest’ ideale una vaga energia numinosa che si prolunga in un’azione magica, o l’ ideale del Regno di Dio che si prefigura e si anticipa nell’esperienza, già intessuta di profondi valori l'ideale mazziniano
etici, della
del banchetto santa alleanza
eucaristico, dei popoli,
0 in
cui ormai si dispiega, libera da ogni servitù ritualistica, la pura etica religione del dovere civile.
Ì
La
PRINCIPÎ
DELLA
etnologia
SCUOLA
STORICO-CULTURALE.
evoluzionistica
non
ebbe
molte
preoc-
cupazioni metodologiche : condusse il suo imponente lavoro di raccolta e formulò la sua sterminata massa di ipotesi
in base a pochi principî ispirati alla dominante filosofia evoluzionistico-positivistica. Credevano gli etnologi della vecchia scuola che l'evoluzione del genere umano procedesse unilinearmente ed uniformemente dal più semplice al più complesso, dal più basso al più alto, e che tutte le attività umane trapassassero solidalmente da una fase meno
In base a tale
a una fase più evoluta.
evoluta
credenza, essi integravano serie manchevoli di uno o il meccanico e acritico paragone con più anelli mediante altre serie completamente note, immaginando nelle cose dello spirito una regolarità che sussiste solo nella fictio naturalistica.
costruzione
Nella
delle
serie
cronologiche
e causali il loro difetto di acribia non era meno grave. Il più semplice doveva precedere il più complesso, un elemento disorganico rispetto ad un complesso culturale era indice di una fase precedente in cui quell’elemento entrava a far parte organicamente, una possibile sequenza psicologica 4 Vedi Omopro, 1936, p. 48 sg.
Alfredo
Loisy
storico
delle religioni,
Bari,
Laterza,
un
reale
traevano
diventava
una
nesso
causale,
illazioni
sulla
reale
sequenza
dalla
psicologia
primitiva
storia
cronologica
e
infantile
si
dell'umanità,
si
120
NATURALISMO
E
STORICISMO
LA
NELL’ETNOLOGIA
estendeva alla storia la legge biologica della ontogenesi riassunto della filogenesi. In tal modo si credeva di poter surrogare l’assenza di documenti scritti e di una cronologia accertata. Le relative uniformità culturali a distanza considerevole di tempo (e di spazio) erano spiegate prevalentemente o col concetto biologico di con-
vergenza (Thilenius, Ehrenreich), o con la materialistica teoria del Bastian intorno agli Elementargedanken e ai Volkergedanken, con la uniformità della natura umana e delle sue fondamentali disposizioni psichiche, con gli influssi derivanti dal clima, dal territorio, etc. Si generalizzava facilmente, e osservazioni scarse e frammentarie sembravano sufficienti per istituire fasi di sviluppo per cui sarebbe passato tutto il genere umano: sopratutto, la incertezza del metodo e dei risultati costringeva ad accumulare ipotesi su ipotesi, o a surrogare ipotesi con ipotesi,
senza mai toccar la certezza, e realizzare un qualche acquisto definitivo per la scienza *. Ma verso la fine del secolo decimonono e durante i primi decenni del ventesimo questa situazione cambiò radicalmente. Come il nuovo materiale paleontologico e
SCUOLA
12I
lo studio più accurato dei fattori dell'evoluzione avevano scosso
sempre
più
la
fede
nell’ipotesi
trasformistica,
così le nuove ricerche etnologiche contestavano punto per punto i principî, i metodi e i risultati della vecchia etnologia evoluzionistica. Il presupposto di un'evoluzione uniforme e unilineare del genere umano fu contestato; si respinse il metodo acritico con cui la vecchia scuola
cercava di stabilire sequenze cronologiche e nessi causali: fu rifiutato il concetto di un mondo primitivo da considerarsi in blocco, senza sicure prospettive di tempo, senza articolazioni di complessi culturali autonomi definiti; per spiegare le concordanze culturali, sopratutto quelle caratterizzate, si dichiarò insufficiente il continuo ricorso
alle uniformità generali della psiche umana, o alla convergenza, e si fece appello, invece, con energia e metodicità, alle migrazioni, ai contatti, alle miscele culturali; infine si guardò con diffidenza agli apriorismi non pure della filosofia evoluzionistica, ma di ogni filosofia, e si richiese la obbiettività e la scientificità di un filologismo rigoroso, non alterato da deformazioni filosofiche. Nacque così, in opposizione all’etnologia evoluzionistica, e si propagò nel vecchio e nel nuovo
1 Sulla metodica dell’etnologia evoluzionistica, vedi Morcan, Ancient Society (1878) e Mc LENNAN, Studies in Ancient History, 28 serie, 1896. (Cfr. 18 serie, 1886). Sulla dottrina del Bastian, vedi Scuwarz, Adolf Bastians Lehre vom Elementar-und Véòlkergedanken, e ciò che se ne dice in Scumipr, Hand. der Methode der kulturhist. Ethnol., Miinster, 1937, p. 5. Cfr. H. HutLricH, Logische Studien zur Methode der Ethnologie, in Anthropos, XVII-XIX, 1923-24, P. 454 S8g.; ScumIpr e Koppers, Vòolker und Kulturen, 1924, p. 31 sgg. Una esposizione storica delle teorie etnologiche evoluzionistiche si ritrova in GraEBNER, Methode der Ethnologie, p. 77 sgg., e, con maggior ampiezza di prospettiva, in PINARD DE LA BouLLAyYE, L’ éiude comparée des religions, I, 373 sgg. e II, 195 sgg. Sul criterio dell'organico e dell’ inorganico, vedi Mc LENNAN, od. cit., p. 21 sgg., e TyLor, Primitive culture, 1% ed., 1871, p. 70 sgg. Sulla convergenza è da vedere EnRENreicH, Zur Frage der Beurteilung und Bewertung ethnographischer Analogien in Korrespondenz-Blatt der deutsch. Ges. fiir Anthropologie, XXXIV, 1903, 176 sgg.
STORICO-CULTURALE
storico:
mondo,
un indirizzo che si disse
se a torto o a diritto è cosa che resta a deter-
minare.
L’ indirizzo volger di tempo
rando
storico
in
etnologia
uno sviluppo esterno
i precursori,
la
nuova
assunse imponente.
etnologia
può
in
breve Trascu-
ripartirsi
in tre grandi ramificazioni: nei paesi di lingua tedesca fa capo al Graebner e allo Schmidt, e conta, fra i suoi
esponenti, W. Foy, B. Ankermann, W. Koppers, P. Schebesta, M. Gusinde, M. Schulien, D. Kreichgauer,
O. Men-
gin, V. Lebzelter (questi ultimi due cultori di archeologia preistorica); in America il metodo storico è rappresentato dalla Boas School con A. A. Goldenweiser, E. Sapir, R. H. Lowie, J. R. Swanton,
R. B. Dixon, A. M. Tozzer,
122
NATURALISMO
CI. Wisser, A. L. Kidder,
A.
E
STORICISMO
LA
NELL’ETNOLOGIA
Lewis, A. L. Kroeber, L. Spier, cinò R. F. Benedict; in Inghilterra patro B.
s, a cui seguirono per primo il metodo storico il River , L.T. Hobhouse, Perry W. J. W. Jackson, G. Elliot Smith,
i ramificazioni R. W. Williamson. A queste tre grand ngere altre aggiu no posso ne se della nuova etnologia Delafosse, M. s, efage Quatr de (A. ia minori: in Franc P. Rivet, Leroys,
Montadon);
in Danimarca
(W.
Thalbi-
th, S. Hatt, tzer, Knud Rasmussen, K. Birket-Smi enskiòld e i C. H. Flieberg); in Svezia (E. von Nord blom); in Finlandia suoi discepoli W. Kandern e G. Lind U. Czekanowski, (J. a (J. Krohn, K. Krohn); in Russi
L. Sternberg, W. rokoroff)?.
G. Bogoraz, W. Jochelson, S. M. Shi-
dell’ indirizzo Sebbene le tre grandi ramificazioni notevolmente a talor no risca diffe i, minor storico, e le altre nell’ambito di una nei principî e nei risultati, e sebbene
e e autore stessa ramificazione le divergenze tra autor stabilire, via siano talora apprezzabili, è possibile tutta accordo un o, derat in tutto l’ indirizzo, globalmente consi ologia L’etn a) ali: sostanziale sui seguenti punti gener ca si stori one truzi ricos La è una disciplina storica; b) tano accer si primo nel : ssivi articola in tre tempi succe rali cultu carte e nti pazie rafie i fatti mediante monog precise; nel secondo
si cerca di determinare l’età etno-
ali mediante logica degli elementi e dei complessi cultur a e senza il ricorso a indici positivi di varia natur il pronta apriorismi filosofici; nel terzo si affro H. PinarD DE LA BOuL? Per la storia della scuola storica, vedasi: , od. cit., p. 21 S88.; id. Die LAYE, op. cit., I, p. 419 588.; W. ScHMIDI nordamerikanische Ethnologie (Ankulturhistorische Methode und die ung vom Evolutionismus und Abwend Die ; 1919-20) , XIV-XV thropos, (Anthropos, der Amerikanistik in smus Histori zum dung die Hinwen Vòolker und Kulturen, Re, Koprers e T SCHMID 1921); XVI-XVII, H. Lowre, The History of Ethnogensburg, 1924, P. 31 S88.; Rosert
logical Theory,
London,
1937, PP.
128-35.
123
STORICO-CULTURALE
SCUOLA
ia è di conblema delle cause; c) Il compito dell’etnolog elaborazione correre per la parte che le compete, alla manità. dell'u di una storia generale e universale critica zione valuta Il presente saggio si limita alla prima della cioè e della sola scuola storico-culturale, fra le tre
ramificazioni
grandi
sopra
I pre-
enumerate.
ius, il cursori di questa scuola sono Ratzel e Froben da ner: Graeb Fritz è essa di o vero fondatore e teoric hanno dt Schmi W. e ye Boulla la de recente H. Pinard si raccomanda rielaborato e precisato tale metodica, che la sua scienper o storic zzo indiri dell’ altre le fra tutte
tificità e metodicità più rigorose”. migrazioni Ratzel per primo dette importanza alle rdanze conco delle e ai contatti culturali nella spiegazione e per a, cultur di ali caratterizzate fra elementi materi virtù in , qualità della o criteri primo impiegò il cosidetto ze distan grandi da ti separa ali del quale elementi cultur stosione connes aria origin in rati di spazio sono dichia caratterizzate rica se le loro concordanze sono molto a cui è destie se non è possibile spiegarle con lo scopo nato
l'oggetto
o
con
la
natura
della
diventato
in
materia
di
cui
è
— — dice il Graebner composto. « Per merito del Ratzel della o urale o-cult il problema della connessione storic origine
problema minare
indipendente
è
fondamentale, mat’ Eoyùv
modo
o addirittura » £. dell’etnologia
definitivo il
il problema Leo
preli-
Frobenius,
cit., II, pp. 243-304; SCHMIDT, 3 H. PINARD DE LA BOULLAVYE, of. Hand. etc. si vedano lo scritto meto4 GrarsnEr, Methode, p. 94. Del Razer historische Perspektive (Histor. dologico Geschichte, Vòlkerkunde und etnologici Die geographische Zeitschr., 1893, D. 1S88; € gli scritti in Afrika (Berichte der Kòn. Verbreitung des Bogens und des Pfeiles afrikanischen Béogen Wiss. Phil. hist. KI., 1887); Die Gr. Sdchs. KI., Bd., XIII, Nr. III, hist. Phil. Wiss. Gr. Sichs. Kòn. (Abhandl. tung des Bogens und des 1891); Beîtrige zur Kenntnis der Verbrei te der Kòn. Stchs. (Berich reis Vòlkerk hen Speeres in indoafrikanisc Gr.
etc.,
1893).
124
NATURALISMO
E
STORICISMO
scolaro del Ratzel, perfezionò
NELL’ ETNOLOGIA
il metodo
LA
del maestro,
raf-
forzando il criterio della qualità con quello del numero delle concordanze in quistione, ed elaborando così un metodo che chiamò « geografico-statistico ». Mercè tale metodo il Frobenius scoprì che gli elementi di cultura tendono a migrare non isolatamente ma solidalmente,
come
organismi
definiti
di
civiltà,
come
Kultur-
kreise: in tal modo la teoria migratoria del Ratzel si trasforma in una teoria dei cicli culturali °. Sulle basi metodologiche inaugurate dal Ratzel e dal Frobenius, Ankermann e Graebner condussero i loro lavori sui cicli e strati culturali Africani e Oceanici‘, e questi lavori segnarono la nascita vera e propria della
scuola. Nel IgIrIi apparve la Methode der Etlmologie del Graebner (un medievalista passato poi all’etnologia), opera che intendeva sistemare dal punto di vista teorico i presupposti e i criterî di lavoro di una etnologia storica. Il museo etnologico di Berlino e il Rautenstrauch-Joest-
Museum di Colonia furono in un primo tempo i centri di lavoro della scuola storico-culturale: in un secondo momento il centro più importante diventò Vienna, dove
SCUOLA
125
Benchè limitato a una sola ramificazione dell’ indirizzo storico, il presente saggio può valere anche come critica e valutazione, almeno per i punti generali di concordanza, di tutto l'indirizzo storico in etnologia, globalmente considerato: la limitazione dell'angolo prospettico non incide, infatti, su alcune proposizioni teoriche fondamentali che sono comuni alle tre ramificazioni. Per precisare fin d’ora l'intento della nostra ricerca, le pagine che seguono intendono determinare rica, di cui si vanta la nuova usurpata.
se la qualifica di stoetnologia, è legittima o
xokk
Un buon punto prospettico per la valutazione e la critica
dei
principi
culturale
fondamentali
ci è offerta
dalla
della
etnologia
storico-
prefazione-programma
che
W. Foy prepose alla Methode del Graebner. Si apre tale scritto con una discussione intorno alla verata quaestio della natura della Kulturgeschichte. Secondo il Foy, la storia della cultura avrebbe per oggetto tutte le forme
Divino
di vita spirituale e istituzionale dei popoli, e comprenderebbe quindi anche lo Stato. Il suo carattere differen-
(Schmidt, Koppers, Schebesta, Gusinde, Schulien, etc.) aveva dato forte impulso agli studi etnologici, e dove una
ziale rispetto alla storia in generale, compresa la cosiddetta storia politica, sarebbe in ciò, che la Kultur-
organizzazione potente e un periodico diffuso e accreditato (la rivista Anthropos) creavano condizioni particolarmente
geschichte
un
gruppo
favorevoli
di
padri
all’ulteriore
della
Società
sviluppo
del
Verbo
dell’ indirizzo.
si atterrebbe
al concatenamento 5 I lavori del FroBENIUS a cui qui ci riferiamo sono: Der Ursprung der afrikanischen Kulturen (1898); Die Kulturformen Ozeaniens (1898) (in Petermanns Mitteilungen, XLVI, 1900, pp. 204 sgg., 234 sgg.); Die naturwissenschaftliche Kulturlehre (Allgem., verstandliche naturwiss. Abh., 20, 1899). © ANKERMANN, Kulturkreise und Kulturschichten in Afrika, in Zeitschr. fur Ethmologie, XXXVII, 1905, p. 54 sgg.; GraEBNER, Kulturkreise und kulturschichten in Ozeanien, ibidem, p. 28 sgg.
prevalentemente
alle condizioni
essenziali dando ai fatti un valore subordinato, e cioè solo per quel tanto che sono assolutamente necessari così
i Ì Ì
STORICO-CULTURALE
ripristinare
e alla spiegazione”. Il Foy intendeva
il significato
che
al concetto
di Kultur-
geschichte attribuiva il Klemm nella sua Allgemeine Kulturgeschichte der Menscheit®, © Methode,
e respingeva,
accordandosi
p. Iv.
8 Secondo lo JonL (Die Kulturgeschichtsschreibung, ihre Entstehung und ihr Problem, 1878, p. 24); il Klemm sarebbe stato uno dei primi ad usare il termine Kulturgeschichte nel senso sopra dichiarato.
126
NATURALISMO
E
in ciò col Bernheim®,
STORICISMO
NELL’ ETNOLOGIA
l’idea di una
storia
LA
della cultura
o della civiltà come correlato della storia politica o dello Stato. In questa accezione particolare, la Kulturgeschichte si dichiarava come pretesa a una storia generale e universale del genere umano: come storia generale al di sopra
delle storie speciali
(dell’arte,
della
filo-
SCUOLA
STORICO-CULTURALE
127
Tuttavia questa ambiziosa storia generale e universale del genere umano urta, secondo il Foy, contro una grave difficoltà. Per risolvere i suoi problemi, per descrivere cioè «i fenomeni culturali nella loro effettiva dipendenza causale » !, essa ha d’uopo di serie di accadimenti e di fenomeni ordinati secondo un’accertata cronologia.
sofia, della religione, etc.), e come storia universale, senza
Ora
alcuna
le culture più elevate europee ed extraeuropee, non lo è altrettanto per quelle primitive, che mancano di documenti scritti. La possibilità di una storia universale e generale
delimitazione
di spazio
e di tempo,
comprendente
«i rapporti culturali di tutti i popoli in tutti i tempi, dall'uomo primitivo fino ai più elevati gruppi sociali dell’età contemporanea» (senza tuttavia escludere la considerazione
parziale di singoli popoli
poli, di singoli tratti fenomeni,
ma
di tempo,
considerando
o gruppi
di po-
e di speciali gruppi
tale
ricerca
solo
come
di pre-
parazione necessaria). Foy cita, come tentativi di siffatto tipo di storie, la già citata storia del Klemm, l’ Allgemeine Kulturgeschichte
di
Otto
Henne-Am
Rhyn
(1843-52)
e
la Kulturgeschichte der Menscheit del Lippert (1886 e 1887). Per questo suo carattere universale e generale, la storia della cultura o della civiltà si dichiara pertanto,
secondo
il Foy, come « Allgemeine
« Kulturgeschichte
der
Kulturgeschichte» 0
Fermato il concetto della Kulturgeschichte come storia cisa i compiti
nel modo
W.
Foy ne pre-
seguente:
In che modo specificamente le forme e i complessi culturali si decompongono, si mescolano e si combinano, dove e come essi si sono originati, dove si sono diffusi e trasformati, quale sviluppo complessivo risulta da ciò per i singoli elementi
e categorie
culturali,
e finalmente,
dopo
questo,
? Nella
6%
ed.
10 Methode,
v sg.
del
suo
Lehrbuch
der
umano
cronologico,
è dunque
hisiorische
Methode,
se è agevole
condizionata
per
dalla possibilità
di una storia delle culture inferiori. I popoli primitivi non sono Naturvòlker, cioè fuori della storia, nè, d'altra parte, la storia della cultura. deve limitarsi alla storia delle sole culture superiori: la tesi del Meyer #. che
ricusa ogni interesse storico alle civiltà primitive, è da respingersi *. Ed è da respingere, continua il Foy, anche la tesi del Lamprecht*, il quale vorrebbe sciogliere i
problemi dell’etnologia non attraverso il metodo storico (poichè farebbe difetto l’accertamento cronologico), ma attraverso la Véòlkerpsychologie e la psicologia infantile. dotta secondo si
distinguono,
il metodo per
il
in generale,
e l’etnologia con-
storico-culturale loro
carattere
in particolare,
positivo
da
ogni
filosofia della storia, da ogni elaborazione aprioristica del materiale documentario storico ed etnologico. Sono pertanto da escludere dall’ambito della Kulturgeschichte la Geschichte der Menscheit dell’ Iselin, le Jdeen eur Philosophie der Geschichte der Menscheit dello Herder, le
quale
è stato l'andamento generale della umana cultura: questi sono i problemi dei quali si occupa la storia della cultura”. p. 2 Sg.
del genere
accertamento
Infine la Kulturgeschichte,
Menscheit ».
generale e universale del genere umano,
questo
1908,
1 Methode, v; cfr. xv. 2 In Zur Theorie und Methodik der Geschichte, 1902, p. 47. 18 Methode, p. vi.° 3 In Uber Forschungsinstitute (Die Woche, 1910, p, 1807 sg.) Moderne Geschichtswissenschaft, 1905, PD. 123 Sg.
e in
7
128
NATURALISMO
opere
del
E
Lamprecht,
K. Breysig:
STORICISMO
la
LA
Geschichte
der
Menscheit
di
si tratta, dice Foy, di opere storico-filosofiche
accertamenti cronologici nell’ambito delle civiltà inferiori,
resta da esaminare se e come è possibile questo accertamento. Quando il Foy scriveva (1911), alcuni etnologi avevano già da tempo indirizzato i loro sforzi nel senso di una etnologia storico-culturale, riuscendo nel fatto a stabilire nessi causali di processi culturali primitivi, a determinare la struttura di civiltà prive di documenti scritti, a ricollegare province culturali lontane nello cicli
a descrivere
di
sviluppo”.
metodologica
con
relativa
Mancava
sistematica
che
STORICO-CULTURALE
129
durre un singolo elemento di cultura a uno minato, stabilire relazioni causali fra vari menti o forme di cultura.
strato deterstrati o ele-
NELL’ETNOLOGIA
e non storico-scientifiche. Se un’etnologia condotta secondo il metodo storicoculturale è condizionata dalla possibilità di stabilire
spazio,
aio
dimostrasse
una la
Questo scritto programmatico del Foy offre, come si è detto, un eccellente punto prospettico per una valutazione
complessiva
dei
principî
speculativi
che,
per
espresso o per sottinteso, godono credito presso i rappresentanti della scuola storico-culturale. Tali principî sono, in sostanza, i seguenti: a) separazione della storia dalla filosofia; b) risoluzione della storia nell'ordinamento spaziale temporale e causale dei fatti; c) possibilità di una storia della cultura come
storia generale e universale del
riflessione
genere umano; d) superamento dell’ ipotetismo della vecchia etnologia evoluzionistica mercè la elaborazione di un
possibilità
metodo
determinati
precisione
tuttavia
SCUOLA
di ricerca elaborato
in tutti i suoi particolari.
di un’etnologia ora questa la-
La elaborazione filosofica più sistematica della prima tesi è stata tentata dal padre gesuita H. Pinard de la
cuna, e il Foy, nel presentare il saggio, si riprometteva cospicui risultati dal nuovo indirizzo. Sembrava al Foy che, in virtù di questa sua missione storico-culturale, la
Boullaye nella sua imponente opera storica e metodologica L’ étude comparée des religions*. Il Pinard ragiona così: il lavoro dello storico procede attraverso tre tappe o stadi, e cioè la semplice registrazione dei fatti, la loro
teorica e precisasse le regole pratiche storico-culturale: il Graebner riempiva
etnologia riuscisse a poggiare su solide basi, e cessasse dall'essere una mera descrizione di materiali o di forme di culture e una oziosa raccolta di curiosità, per inserirsi finalmente nel novero delle scienze ufficiali! Il Foy
attribuiva alla Methode del Graebner una efficacia anche ripetto al Folk-lore e alla preistoria, e in genere dovunque fosse d’uopo dissociare in strati un'unità culturale, ricon-
15 Le monografie e le opere, a cui il Foy si riferisce, sono, oltre quelle già da noi citate a p. 4 nota 2, sopratutto le seguenti: GRAEBNER, Zur australische Religionsgeschichte (1909); id., Zur Geschichte der Geblises und zur Herkunft der Eisentechnik (1910); ScuamIDt, Die Stellung der Pygmienvòlker in der Entwicklungsgeschichte der Menscheit (1910). 16 Methode,
p.
xv.
classificazione e la speculazione salvare la storia tirne la massima mente distinte le
spiegazione attraverso cause naturali, o ricorso a cause metempiriche. Per dagli apriorismi filosofici, e per garanobbiettività, è d’uopo tenere rigorosatre tappe in quistione, il che non esclude
1 Parigi, Beauchesne, 1929, 4% ediz., 2 voll. Le sezioni di quest’opera che interessano l’etnologia sono: I, pp. 373-407 (École anthropologique); pp. 419-42 (Le mouvement historique en ethnologie); II, pp. 195-242 (Méthode anthropologique ancienne); pp. 243-303 (Méthode anthropologique nouvelle). Per i principî metodologici generali si veda tutto il secondo volume, e sopratutto le due note con le quali si chiude l’opera (La demonstration par convergence d’ indices probables, pp. 509-53, e Sur la distinction entre l’ histoire empirique et histoire philoso-
phique, E.
pp. pe
554-64). Martino.
9
130
NATURALISMO
E
STORICISMO
NELL’ ETNOLOGIA
LA
che non ci si debba avvalere del lume che promana dalla
semplice
registrazione
dei
fatti,
sia
dalla
sia
consi-
derazione delle cause empiriche, sia dal sapere metafisico. Ciò che importa è di ricorrere a tutte le possibili fonti di informazione senza confondere tutte le autorità,
e senza
avallare,
per
esempio,
come
storia
accer-
tata ciò che, invece, è speculazione. La semplice descrizione, e la determinazione del nesso delle cause naturali, possono stabilire, indipendentemente da ogni filosofia,
il come di questa o quella evoluzione storica: filosofia, poi, spetta il compito di sollevare il velo cause naturali per attingere l’essenza intima del e per decidere finalmente della verità o dell’errore, moralità o della immoralità, della inferiorità o della
alla delle reale, della supe-
riorità di questo o quello atteggiamento dello spirito umano *. Nulla vieta, quindi, di integrare le idee generali, le classificazioni sperimentali, le leggi approssima-
tive e le conclusioni verosimili della storia empirica con le idee universali, con l’ordine delle nature e delle essenze, con le leggi dell’essere, in una parola con la filosofia, e di ottenere così una storia filosofica, ma è d’uopo in ogni
caso denunziare esplicitamente questo passaggio da un ordine all’altro della ricerca. Il seguente passo chiarisce meglio il ragionamento del nostro metodologo: Secondo ogni evidenza (le spiegazioni attraverso cause sovrasensibili, cioè soprannaturali) presuppongono una opzione filosofica; al contrario (le spiegazioni empiriche, in virtù di cause e leggi fenomeniche) non la richiedono. È possibile stabilire le leggi che regolano l’evoluzione delle lingue, o le relazioni economiche fra i popoli, o i rapporti fra eccitazioni e reazioni nelle nostre sensazioni; è possibile spiegare mediante tali leggi un gran numero di fatti linguistici, economici, psicologici senza tuttavia pronunziarsi sulla natura dell'anima 18 Op.
cit., II,
19;
cfr. p.
557.
SCUOLA
STORICO-CULTURALE
13I
umana e sulla parte della Provvidenza nel corso delle umane cose. Queste spiegazioni d'ordine empirico non possono, senza illogicità, darsi come totali e adeguate alla realtà: tuttavia sono
possibili
e hanno
il loro
valore,
indipendentemente
da
ogni sistema filosofico. Con la nomenclatura che si stimerà più adatta, è d’uopo in ogni caso distinguere una storia fenomenica o empirica, e una storia filosofica o metempirica, salvo a confessare che la prima,
dati i suoi mezzi
di inchiesta
molto limitati di cui si contenta, non può aspirare a una restituzione integrale del passato e ad una esposizione adeguata del giuoco di tutti i fattori che hanno potuto minare il passato così come fu. Una tale distinzione
deternon è
in uso, ma, al contrario, si parla di solito del tribunale della storia e di valutazione della storia, senza porre attenzione al fatto che, per pronunziare sentenze assolute di verità e di
valore,
occorre
una
nella sua totalità, cioè storia, la funzione di filosofia”.
scienza
capace
di
attingere
l’essere
l'assoluto. In questo tribunale della giudice appartiene per diritto alla
La stessa tesi è sostenuta da Padre W.
Schmidt, della
Società del Verbo Divino, il più cospicuo rappresentante della scuola storico-culturale. La etnologia religiosa dovrebbe, secondo lo Schmidt, limitarsi a investigare un gruppo specifico di fatti, quelli religiosi, determinando la loro origine, diffusione ed evoluzione, e astenendosi dal-
l'esprimere giudizi sulla verità e sulla falsità, sul valore maggiore
o minore
di qualsivoglia
forma
religiosa.
Tali
giudizi spetterebbero in proprio alla filosofia della religione e, in parte, all’apologetica ®. E anche lo Schmidt, 2
Op.
cit., II,
p.
558 sg.
20 Der Ursprung der Gottesidee, I, 2% ed., 1926, p. 2 sgg. E altrove: « La considerazione filosofica (e la relativa metodologia) deve essere mantenuta distinta sia dalla conoscenza storica che da quella scientifica. Senza dubbio la filosofia procede anche da fatti di esperienza accertati nel mondo naturale e nella storia, tuttavia essa è volta a comprendere non tanto le cause prossime e concrete di tali fatti, quanto
132
NATURALISMO
E
STORICISMO
LA
NELL’ ETNOLOGIA
come il Pinard, nega che vi possa essere contrasto di interessi fra la storia comparata delle religioni, la filosofia della religione e l’apologetica: chè anzi la storia comparata delle religioni potrà fornire servigi preziosissimi alla filosofia della religione presentando alla sua certi,
filosofia
e la
qualche
modo
potrà
religione
della
e obbiettivamente
vagliati
fatti criticamente
elaborazione
orientare
delle religioni
la storia comparata
in
in quei
casi in cui le sia impossibile attingere la certezza con i propri mezzi”. Or qui cade opportuna una osservazione. I rappresentanti della scuola storico-culturale, così diligenti ed esatti
nelle loro ricerche, così compiutezza nell’esporre possono
contraddire
preoccupati di raggiungere la e nel criticare le teorie che
la loro
metodica,
avrebbero
dovuto
impugnare, fin dalle prime pagine delle loro scritture, una teoria della storiografia che contraddice radicitus tutte le
loro
abbia
dignità
metodologiche:
consapevolezza
del
grado
il
lettore
a cui
si
italiano,
sono
che
elevate
piuttosto le cause ultime e generali. Pertanto nell’ambito filosofico il metodo di ricerca fondamentale è quello sillogistico-deduttivo, laddove nella cerchia della storiografia è fondamentale la dimostrazione a carattere induttivo » (Handbuch der Methode der kulturhisiorischen Ethnologie, Miinster, 1937, p. 16 Sg.). 21... (non sussiste affatto un contrasto di interessi fra la storia comparata delle religioni da una parte e la filosofia della religione e l’apologetica dall’altra): anzi, in quanto la storia comparata delle religioni assume coscienza di sè come sezione del sapere etnologico, sforzandosi di sviluppare tale sua natura in modo puro e chiaro, proprio per questo si troverà in condizione di rendere servigi a entrambe quelle scienze. Questi servigi le due scienze in quistione possono aspettarseli da lei e soltanto da lei, e cioè la radicale elaborazione critica dei fatti religiosi, la determinazione delle loro fonti e dei loro nessi... Ciò non esclude, naturalmente, che la storia comparata delle religioni, in quei casi in cui non può attingere di per sè la certezza, cerchi di ottenere dai risultati delle altre due scienze un certo orientamento, nè tanto meno esclude che prenda partito riguardo tali‘ risultati dal suo proprio punto di vista, sottoponendoli a una riprova (Der Ursprung der Gottesidee,
I, p.
3 sg.).
SCUOLA
STORICO-CULTURALE
133
in Italia tali ricerche, avrà compreso subito a quale teoria alludiamo. Tuttavia in nessun luogo di così imponenti scritture si fa menzione, per implicito o per esplicito,
della
teoria
in
quistione
e del
nome
a
cui
è
legata. H. Pinard de la Boullaye, per esempio, pur citando nelle millecentosessanta pagine della sua imponente opera metodologica
autori
e teorie,
fino a esaurire
la lette-
ratura sull’argomento, ignora affatto quell’unica teoria e quell’unico autore che minano dalle fondamenta la sua costruzione. Evidentemente, poichè il Croce non è un etnologo nè uno storico delle religioni, il suo nome
e il suo pensiero, non avendo attinenza con l'argomento, possono essere senza danno ignorati. Di tanto può persuadere nell’errore la superstizione dell’esteriore esattezza filologica! Ciò posto, chi intraprende la critica dei principî della scuola storico-culturale si trova nella spiacevole condizione di dover vincere per un verso il disagio di farsi maestro
in cose che per gli intendenti sono ovvie, e di dover combattere per un altro verso un certo scetticismo sull’efficacia diretta della propria critica proprio su coloro a cui è diretta. Tuttavia sarebbe un mancar di fede nella potenza
diffusiva
del
vero
e nella forza
della
cultura
il
credere che l’etnologia sia incapace di riformarsi în capite et in membris.
D'altro
canto,
essendo
la divisione
della
cultura europea in compartimenti stagno uno degli ostacoli più gravi alla formazione di una comune coscienza e solidarietà
morale
fra
le genti
del
nostro
continente,
urge che qualcuno si addossi il compito di sopprimere le manomorte culturali e di togliere gli ostacoli che ritardano o interrompono la circolazione, l’approfondimento e la rigenerazione dei beni dello Spirito. Non resta quindi che chieder scusa agli intendenti se qui ci tocca assumer l’aria di maestri per verità che in Italia hanno libera circolazione da un trentennio.
che ne compromettono i risultati, intende determinare un metodo di ricerca che prescinda
da
ogni
dottrina
contestabile?:
ma,
intanto,
imposta il problema in termini tali da includere in essi una filosofia contestabilissima. Infatti il Pinard muove dal duplice presupposto che la filosofia sia scienza delle cause metempiriche e della realtà nella sua totalità, e la storia, invece, scienza delle cause empiriche o feno-
meniche: quindi si adopera a mantener distinti i due ordini di ricerche, pur considerando come necessaria, ai fini di un sapere completo, la collaborazione delle due fonti di informazione e delle due diverse autorità. Ora questo duplice presupposto, per quanto possa ancora godere
qualche
credito
nella
cerchia
della
filosofia accade-
della metafisica e della filosofia della storia, la identifica-
e di causalità dal novero
testabile: se spazio, storico, il il rinviare
e teologici: filosofia
comunque,
da
introdursi
così alla buona, e senza una giustificazione che tenga conto di tutte le aporie. È, infatti, contestabile: 1) Il concetto 2° PinaRD,
of.
cît., II, pp.
40-87. x
e alla
teologia,
non
implica
un’altra
opzione
filosofica a favore della legittimità di una metafisica _ o di una teologia? È senza dubbio possibile fare la storia di una parola senza impacciarsi di problemi metafisici
trina
o,
e
la storia empirica, infatti, si comporta come tempo, causalità fossero categorie del giudizio che implica una opzione filosofica. Ed la spiegazione delle cause metempiriche alla
metafisica
conoscere
contestabile,
storiografiche
scritture e ai luoghi relativi? Certo è, in ogni caso, che la storia empirica, limitata alle cause naturali, non prescinde, come vorrebbe il Pinard, da ogni filosofia con-
mica, non costituisce affatto, per gli intendenti, una dotnon
delle categorie
la loro assegnazione alla sfera dell’ intelletto astraente. Tale dimostrazione noi qui non ripeteremo: rinviamo per questa parte l’etnologo desideroso di istruirsi alle
ma
non
la natura dello
Spirito:
è possibile
far
del linguaggio, e tale
filosofia,
questa
storia
senza
il che implica
una
se ragionata
fino
in fondo, dissolve per l'appunto quella filosofia del meta28 Tutta la filosofia moderna, sopratutto da Kant in poi, è impegnata più o meno direttamente e più o meno esplicitamente, in questa dimostrazione. Si vedano, in particolare, le opere del Croce.
Tr 36
NATURALISMO
E
STORICISMO
LA
NELL’ ETNOLOGIA
vista,
« un loro proprio valore »:
e se rifletterà
sulla cosa
con
mente
pura,
137
la cattiva
filosofia che vi è inclusa.
Con
prudente
diplomazia, il nostro gesuita lascia i suoi principî in una tal quale indeterminatezza, e formula le sue dignità secondo un minimo che vuol essere accettabile dal
ma quale valore? Designano il reale processo storico? Impiegano categorie costitutive del reale? Intorno a ciò lo storico non può sospendere il giudizio, nè prescindere, nella determinazione del proprio compito, dalla soluzione che terrà per vera. D'altra parte, se non sospenderà il giudizio,
STORICO-CULTURALE
Un espediente a cui ricorre il Pinard per dare parvenza di verità al suo assunto consiste nell’atteggiare i principî in modo da non rendere visibile, a prima
spirito a cui allude il Pinard quando accenna « alla parte della Provvidenza nel corso dell’universo ». Infine è fuori dubbio che le spiegazioni d’ordine empirico hanno, per ripetere le parole del Pinard,
SCUOLA
senso
comune
o
dal
buon
senso,
senza
esigere
compromettenti opzioni filosofiche. Ma il gioco è facilmente smascherabile: la prudenza diplomatica è compito
lo
del
storico verrà in chiaro che le spiegazioni empiriche — fondate sull'ordinamento spaziale temporale e causale dei
politico
Si
non
consideri
del
in
metodologo.
via
di
esempio
la seguente
regola
fatti — non sono di natura storiografica, ma rappresentano
fuor mato
a pensare, lo storico si renderà consapevole che, qualificato il fatto, e rincondotta alla sua intensità ideale la molteplicità che si distende nello spazio, nel tempo e vero nella causalità, non c'è da fare nulla di più per il
cioè all’ idea o all’ intenzione che la ispira » #*; o questa altra: «In un tutto organico, sia fisico, come un corpo vi-
solo il momento euristico della storiografia. E continuando
storico, essendo stato conosciuto tutto quello che doveva essere conosciuto. Insomma il Pinard (e con lui gli altri metodologi della scuola storico-culturale) dà per accettabili, al di fuori di ogni filosofia contestabile e quasi come verità di buon senso, principî contro i quali ‘si è levata da tempo la filosofia moderna. Egli si illude di stabilire una metodologia critica, che non comprometta i risultati, ma in realtà si irretisce nel più acritico dogmatismo, e avalla per buona, fin dalle prime proposizioni, la più contestabile filosofia. Del resto non può essere altrimenti: se, idealmente, storia e filosofia formano unità, e chi, nel fatto, cerca di separarle, riesce solo ad elaborar
una pseudostoriografia a cui è incorporata filosofia.
una pseudo-
Può essere istruttivo seguire ancora per qualche tratto il Pinard nella sua pretesa di separare la storia dalla filosofia.
di contestazione: « In ogni opera umana, il priappartiene all'elemento invisibile che ne è l’anima,
vente, sia morale, come un codice liturgico, dogmatico, ascetico o giuridico, non si può comprendere la parte senza
riferimento al tutto a cui appartiene » °°; o, infine, questa altra: « Una cosa vale l’altra, eccezion fatta del genio, che
basta a imprimere un sigillo personale a tutto ciò che utilizza o prende a prestito » ?°. A. prima vista queste regole sembrano
ovvie e dettate dal buon
senso:
ma
poi, se ben
si guarda, risulta chiaro che, in queste regole « minime », o si lascia
tutto
indeterminato,
e allora
diventano
inu-
tilizzabili, o si determina tutto, e allora diventano espres-
sione di una
filosofia contestabile
quanto un’altra.
Invero
si consideri la prima regola: il pensarla senza diplomatici arresti,
e senza
arbitrarie
limitazioni,
implica,
anzitutto,
il rifiuto del materialismo, e, in secondo luogo, la determinazione positiva delle possibili intenzioni o idee che spirano le opere umane. Per qualificare un fatto, e per 24 PINARD, of. cît., I, 25 Op, cît., II, p. 62. 26 Op. cit., II, p. 83.
p.
59.
LA
NELL’ ETNOLOGIA
STORICISMO
E
NATURALISMO
138
dente
motivarlo secondo spirito, è d’uopo riflettere sullo spirito e sulle sue categorie, il che implica a sua volta, la risoluzione dei più delicati problemi speculativi. Il « minimo» della regola, il minimo che non sia nulla e che
deve
continuare
a pensare tutto, o non si pensa nulla, diventa un mero accozzo verbale di l’espressione e allora
suoni, un flatus vocis. Quanto poco sia possibile alla
necessità
che
per
religione,
(arte,
dal
mostrato
è
fatti
in un
ethos,
etc.)
è d’uopo
fatto
determinato
dominio
dei
scegliere
sottrarsi
storiografo
allo
speculazione,
della
riconoscerli
come
appartenenti a questo dominio, i cui limiti debbono perciò essere non oscillanti. Il Pinard propone allo storico, per evitare ogni prematura
filosofica, una definizione
opzione
nominale e provvisoria della religione, fondata su ciò che l’uso e la tradizione affermano circa la sua natura prima «dell’epoca in cui tutto è stato rimesso in causa» (leggi: età moderna)”. Il nostro gesuita non si accorge che ciò equivale ad accettare, e per di più come un relata refero e senza intima aderenza di pensiero, la filosofia della religione avallata dall’uso e dalla tradizione (0, più precisamente, maturata in ambienti
cattolico-scolastici). minima Nel
delia senso
credenze nente
una
Si
consideri,
infatti
religione
elaborata
dal
obbiettivo
e di pratiche realtà
storico
la religione
unica
o
definizione
è un
insieme
pratici)
collettiva,
ma
di
concersuprema
in qualche misura e personale in qualche maniera, realtà da cui l’uomo, in un modo o in un altro, si riconosce dipen2° Op.
cit.,
II,
p.
3 sgg.
Dezeni
Ora, derante
la
STORICO-CULTURALE
vuol
restare
in
luogo,
da
questa
che c’è un punto
religione
139
relazione;
nel
la religione è la maniera
agire —la mentalità — che pratiche in quistione 5,
in primo
espressamente
«come
senso
di pensare,
corrisponde
definizione
alle
si ricava
di vista storico consi-
realtà
esteriore
alle
anime
umane » °°, e un punto di vista psicologico, penetrante nelle intime disposizioni psichiche del credente: ma che la storia
sia esteriore
conoscenza
degli
accadimenti,
e che la psicologia passi poi dalla facciata all’ interno, non è per nulla proposizione afilosofica o di buon senso, includendo,
invece, una filosofia, sebbene di qualità molto
inferiore. In secondo luogo, perchè mai l’uso e la tradizione che qui s’invocano dovrebbero essere solo l’uso e la tradizione prima dell’epoca in cui «tutto fu rimesso in quistione?». Forse che solo prima dell’età moderna l’uso e la tradizione avevano la virtù di cogliere i tratti essenziali delle cose ? E la tradizione del pensiero moderno
non ha diritto d’esser tenuta in considerazione? Ovvero si vuole insinuare che da quando gli uomini si sono sottratti dalla gelosa tutela della chiesa, le loro affermazioni non possono, a priori, godere alcun credito? Si può,
certo, dissentire dal pensiero moderno, diverse,
a negare
la trascendenza,
tendente, per vie
a rivalutare
il mondo
degli uomini, e a incentrare quaggiù ogni valore, umano e divino:
Pinard:
(o di atteggiamenti
obbiettiva,
la
la quale
o psicologico,
di sentire e di credenze e alle
i
non sia tutto e che possa essere accettato da tutti gli uomini di buon senso, si rivela, a un esame più attento, non determinabile. O nell'espressione « primato dell’ in. visibile» si comincia a pensare qualcosa, e allora si
e con
soggettivo
SCUOLA
ma
solo dopo
x
che il dissenso
è stato filosofica-
mente motivato è lecito rifiutare quanto è stato detto e affermato nell’epoca in cui tutto è stato rimesso in causa °°. Evidentemente Padre Pinard ritiene che il placido corso delle umane idee è stato profondamente alterato dalla Riforma e dal Rinascimento in poi: prima di allora tutti 2
Op.
cit.,
II,
p.
s.
29 Op.
cît., D. 5.
8
Op.
cit.,
I, p. 74.
E
NATURALISMO
I4O
STORICISMO
parlavano
lo stesso linguaggio,
confusione
lingue.
delle
LA
da allora si produsse la
se
Ora
NELL’ETNOLOGIA
Padre
stima
Pinard
di
potersi trar d’impaccio attenendosi al tempo in cui i figliuoli di Adamo non avevano ancora edificato la loro Babele, non saremo noi ad anatemizzarlo per questa sua decisione: solo avvertiremo il nostro gesuita che egli, venendo meno all'impegno di non pronunciare giudizi uno
ne insinua
di valore,
tutta la civiltà moderna.
gigantesche
di proporzioni
Inoltre
dalla
sfera
su
della defi-
nizione del Pinard restano esclusi magia e totemismo:
in
altri termini, su una base empirica così incerta, il Pinard fonda giudizî storici gravissimi, e cioè che nè la magia nè il totemismo sono, essenzialmente, religione. Infine, le
forme mistiche più radicali non trovano posto nella definizione del Pinard. Concludendo su questo punto, è fatica vana voler eludere il problema speculativo: il peccato contro la filosofia mente,
si sconta una
cattiva
abbracciando,
più o meno
consapevol-
filosofia.
Il compito alla
loro
della storiografia
effettiva
intensità
consiste
ideale,
e
nel ricondurre
fuor
d’ogni
loro
apparenza o pretesa i fatti della storia, sì da rigenerarli nel pensiero in una compiuta qualificazione. Solo in questa realtà rigenerata e tolta dal suo esserci sopra e dal suo pesarci
come
passato,
solo
in
questa
ampliata
autoco-
scienza, è possibile creare nuova storia nella libertà della iniziativa individuale. Che se noi non vorremo o non sapremo sottoporci a questa tensione interiore per riscoprire in noi la cosa e noi nella cosa, ecco subito la intensità qualitativa del reale distendersi nella serie spaziale e temporale dei nessi causali. Ed è ciò che accade ai
rappresentanti della scuola storico-culturale: una volta de-
STORICO-CULTURALE
I4I
curtata la storia dal lume speculativo, per un verso la filosofia diventa metastoria (metafisica e teologia), e per un altro verso la storia si abbassa a filologismo. Il vuoto lasciato dalla ragione storica e dalle sue categorie (Vero, Bello, Buono,
Santo, etc.) è occupato subito dall’ intelletto
e dai modi proprî di questo: in particolare, spazio tempo e causalità si atteggiano indebitamente a categorie del giudizio storico. Tocchiamo qui il secondo punto della prefazione-programma del Foy, e su questo punto giova ora soffermarci. x La critica del principio di causalità è stata condotta molto avanti dalla filosofia moderna. Anche nell’ambito delle scienze naturali, acuti metodologi ne hanno messo in rilievo il carattere pratico, nomico. Scrive lo Eddington:
e più
precisamente
eco-
La legge di gravitazione è una verità evidente soltanto allorchè è considerata da un punto di vista macroscopico. Presuppone lo spazio misurato con apparecchi materiali o ottici grossolani. Essa non può superare in precisione i limiti di
A Ak
SCUOLA
un Le
questi
apparecchi,
di modo
che
è una
verità
evidente
con
errore probabile, piccolo, ma non infinitamente piccolo. leggi classiche hanno valore solo in un campo in cui i
numeri
quantici
comprende
il sole,
siano
estremamente
la terra,
grandi,
Il sistema
e la luna ne ha degli
che
elevatissimi,
e la possibilità di predire le sue configurazioni non è caratteristica dei fenomeni naturali in generale, ma di tutti quelli che comprendono grandi numeri: di atomi in azione, di modo che non abbiamo a che fare con il comportamento individuale, ma solo con quello medio. La vita umana è probabilmente incerta: tuttavia poche cose sono più certe della solvibilità di una compagnia di assicurazione. La legge basata sulla media è così degna di fede che si può considerare come predestinato che la metà dei bambini supereranno l’età di n anni. Ma ciò non ci dice se la lunghezza della vita di Tizio sia già scritta nel libro del fato o se vi sia ancora possibilità di alterarla insegnandogli a non precipitarsi sotto le ruote degli
autobus.
L'ecclisse
compagnia quanto
STORICISMO
E
NATURALISMO
142
è sicura
1999
del
atomo
è incerto
come
il bilancio
come
sulla vita:
ione di assicuraz 3 È
di un
LA
NELL’ETNOLOGIA
di una
invece il salto di un a 3 vita o la mia”.
la vostra
Il carattere statistico della legge di causalità la ricon-
duce al procedimento naturalistico per medie e per tipi: di ciò i più acuti scienziati sono ben coscienti. Ed allora, se la causalità è tale, alla limitazione del suo significato nelle scienze della generalizzazione e della previsione, non deve forse corrispondere la eliminazione del suo uso nel sapere storiografico? Invero, nella considerazione causalistica ordinaria, la causa si atteggia come esterna
all’effetto, l’effetto è riducibile alla sua causa, le cause si distinguono in efficienti e occasionali, il nesso causaeffetto si dichiara come irreversibile. Ora, in primo luogo,
la
ragione
storica
apprende
come
processo
di
rielaborazione interiore ciò che all’ intelletto appare come influsso esterno, e coglie l’ individuo nell’atto di eleggere secondo libertà le proprie cause (il che la considerazione naturalistica esclude nell'atto stesso che considera l’effetto prodotto meccanico della causa); in secondo luogo la
riduzione
dei
fatti
alle
loro
cause
costituisce
il pro-
cedimento inverso della storiografia, che è determinatrice di incrementi; in terzo luogo nella storiografia le cause efficienti, al cambiare del punto prospettico, diventano
occasionali, e viceversa (e ciò rivela l’arbitrarietà della distinzione); in quarto luogo la causa storica può essere facilmente
considerata
come
effetto,
e
l’effetto
causalistica univoca. Insomma la materia storica repelle, quando sia penetrata, al principio di causalità, ed è as-
st Eppincton, 332.
La
matura
del
mondo
fisico,
Bari,
Laterza,
STORICO-CULTURALE
143
sunto contradittorio assegnare alla storiografia il compito di causalizzare. Ma altrattanto repelle la materia storica alle determinazioni di tempo e di spazio perchè subito, con le serie temporali e con lo spazio, sorge la rappresentazione di una
storia
che
sia
passata
e esterna,
una
storia
da distillarsi dalle fonti e da inseguire vanamente nel regresso senza fine degli istanti. Pertanto, causa tempo spazio
rappresentano
solo
il momento
euristico
della
ri-
cerca storiografica, la quale si giova di tali appoggi dell’ intelletto per riportare alla memoria, attraverso la causa, l’opposto processo cronologia quei nessi che
di incremento, attraverso la occorre riscoprire in sè, nel-
l'attualità della ragione storica, attraverso le determinazioni spaziali altrettante agevolezze dirette allo stesso scopo ®. La
mala
dell’ intelletto
signoria nella
che inopia
acquistano della
le determinazioni
ragione
storica
apre
il varco alla duplice aberrazione della storia generale e universale. E qui tocchiamo il terzo punto della prefazione-programma
del
Foy.
Prende
forma,
infatti,
nel
vuoto di ogni interesse speciale, la vaga immaginazione di una storia generale al di sopra delle storie speciali, e d'altra parte sulla malferma base della serie regressiva dei tempi e delle cause cerca di puntellarsi l’altra vaga immaginazione della storia universale al di sopra delle
causa,
vigendo nella storiografia una interazione fra gli elementi che si sottrae per sua natura ad ogni risoluzione
P.
SCUOLA
1935,
82 Per la critica del principio di causa nella storiografia, vedi Croce, Teoria e storia della storiografia, p. 54 sgg. (cfr. p. 82), p. 201, p. 293; La storia come pensiero e come azione, p. 210 sgg. (cfr. p. 16). Sulla insufficienza del causalismo si veda anche, del Croce, l'articolo « La crisi italiana del Cinquecento e il legame col Risorgimento » (in Critica, XXXVII, 1939, p. 4o1 sgg.). Sulla riduzione degli accadimenti storici ai loro antecedenti è da leggersi quel che ne scrive l’Omopro in Tradizioni morali e disciplina storica, pp. 49 sgg., 57 SEg.
NATURALISMO
I44
E
STORICISMO
NELL’ETNOLOGIA
LA
ato i il preconcetto storie particolari ®. Quanto radic dell etnologia storicodi una storia universale nell’ambito pagine del recente e culturale risulta scorrendo le ultim ischen Ethmologie stor Handbuch der Methode der kulturhi an-
| dello Schmidt. nunzio:
Vi
In virtù del fruttuoso l'archeologia
preistorica
storico-culturale logia),
sono
questo
enfatico
ricollegamento della
etnologia
infatti,
si legge,
condotte
secondo
entrambe
e aiutate dalla linguistica
ora
del genere umano, solo di tanto *.
spalancate
e nessuno
le
porte
con
il metodo
(e dalla antropo-
a una storia
universale
riuscirà più a chiuderle, anche
.
are nel Ma il nostro etnologo, preoccupato di elimin esecualla o ongon frapp si che he fatto le difficoltà tecnic
mai posto il prozione di una storia universale, non si è sussistere, nè ha, jure de possa storia tale blema se una che altri abbia già per quel che sembra, il minimo sospetto
da tempo finalmente
chiuso quelle porte ch’egli presume spalancate.
Naturalmente
siano ora
l’aberrante
pretesa
pagna di una storia universale del genere umano si accom amtanta ciar abbrac poter col tradizionale sgomento di di dubbio solito il con e spazio, piezza di tempo e di forze le con o disegn il re esegui e incapacità a potern di un solo uomo. Osserva lo Schmidt: ione e della imSe si tien conto della estesa specializzaz superiori non è civiltà delle storia della mensità del campo svolga, in un unico possibile che un solo uomo padroneggi e vedi CRrocE, Teoria e storia 33 Per la critica della storia universale, della storia generale, ibidem, della storiografia, p. 41 sgg. Per la critica e come Azione, p. 268 sgg. Si p. ros sgg. Cfr. Storia come Pensiero raccolta: € Un mal posto presente nella o compres saggio il anche veda forma di religione ». prima la a: religios a etnologi della problema h, 3 Handbuc p. 307.
SCUOLA
STORICO-CULTURALE
145
sapere, la storia di tutto il genere umano. Una storia universale umanamente possibile può soltanto abbracciare la preie la
storia
protostoria
dell'umanità *.
Ma è poi lecito gratificare della qualifica di storia universale una storia che abbraccia la totalità geografica dei fatti avvenuti in un tratto di tempo abbastanza
ampio?
D'altro
canto il concetto
di una storia della cultura
è da respingersi anche per altre ragioni. Verso la fine dello scorso secolo si accese in Germania un’aspra pole-
mica se la storia fosse da intendersi come storia dello Stato (Staatsgeschichte) ovvero come storia della cultura (Kulturgeschichte). La polemica, di cui lo Schàfer e il Gothein furono gli iniziatori, si trascinò poi a lungo, senza tuttavia che nessuna delle due parti in lotta ottenesse
vittoria definitiva.
Invero,
il problema,
nei ter-
mini in cui era stato posto dagli storici tedeschi, non metteva capo a nessuna soluzione: una soluzione l’ebbe soltanto quando, chiarito il nesso dialettico che sussiste fra
attività
economica
ed
etica,
e ricondotto
lo
stato
a
formazione essenzialmente economica, fu possibile inverare le opposte unilateralità della Staatsgeschichte e della Kulturgeschichte nella storia etico-politica ®. Nella definizione del Foy (vedi sopra), la Kulturgeschichte rappresenta l'insieme empirico di tutte le storie speciali possibili (della religione, del costume, etc.), un insieme, pertanto, senza alcuna unità di concetto. Quanto poi alle
condizioni essenziali a cui la Kulturgeschichte dovrebbe
8 86 142; menti PD. 45
E.
Handbuch, p. 308 sg. Si veda Croce, Conversazioni critiche, I, pp. 201-24, e IV, pp. 137Teoria e storia della storiografia, p. 135 n., e p. 3i1 sgg.; Eledi politica, p. g1sgg.; La storia come pensiero e come azione, e p. 68.
pe
Martino.
Io
= -—
146
NATURALISMO
E
STORICISMO
NELL’ ETNOLOGIA
LA
attenersi, dando ai fatti un valore subordinato (« per quel che sono assolutamente necessari al concatenamento e alla spiegazione »), è da osservare che ciò distingue non già la Kulturgeschichte dalla storia in generale, ma ogni
genuina
storia
speciale
dal
filologismo
e dal
se non
e fissare
le conclusioni.
La
scuola
storico-cul-
turale presume di poter elaborare una storiografia distinta dalla filosofia e limitata all'ordinamento spaziale temporale e causale dei fatti. Da
parte nostra opponiamo
che
storiografia e filosofia formano idealmente unità, e che i fatti empirici, di cui si cerca l’ordinamento spaziale temporale
e causale,
non
cadono
ancora
(o
non
cadono
più) nella sfera della comprensione storiografica, e sono assimilabili piuttosto ai fatti bruti del procedimento naturalistico. L'errore fondamentale della scuola storicoculturale consiste quindi nel far valere come storiografia ciò che costituisce solo il momento
euristico
di
che
errore
questo
essa.
Abbiamo
è fatale, una
anche
messo
volta che
in
rilievo
147
certezza. Tocchiamo qui il punto quarto della prefazione-programma del Foy: e questo punto conviene ora approfondire. tatoo
Il presupposto
menti
cronaca?
Giova ora dare uno sguardo retrospettivo al cammino percorso,
STORICO-CULTURALE
cro-
nachismo. Una raccolta di fatti non necessari al concatenamento e alla spiegazione che cosa può essere altro, infatti,
SCUOLA
mercè
l’uso
di una
di
storia
chiavi
da disserrarsi
adatte
metodologia coscienziosa, sembra
apprestate
dai
da
docu-
una
favorire un’assoluta ob-
biettività di ricerca, e sopratutto la eliminazione di tutti i fattori perturbanti soggettivi. In realtà una storiografia siffatta mette capo solo al probabile e all’ipotetico, malgrado ogni dichiarazione in contrario. Padre Pinard cita con stupore quel luogo del Reinach in cui si riconosce che l’architettura della propria ricerca ha la solidità di un castello di carta”: tuttavia non ci sembra che i rappresentanti della scuola storico-culturale abbiano vinto l’ ipotetismo ch’essi giustamente rimproverano alla etnologia evoluzionistica. Torniamo ancora al Pinard, che intorno al problema della certezza ha ragionato ex pro-
fesso. Padre Pinard consiglia modestia e prudenza nelle sintesi, e, su questo punto, non gli si potrebbe dar torto:
la storiografia
sia decurtata della filosofia: poichè, privata la storia del suo lume speculativo, alle vere categorie del giudizio storico (arte, filosofia, religione, ethos, utile e simili) subito si sostituiscono i modi dell’ intelletto (spazio, tempo,
causalità), i quali si fanno indebitamente valere come categorie. E abbiamo infine mostrato come, sulla stessa base naturalistica, prende consistenza la duplice aberrazione della storia generale e universale. Ma un’altra grave difficoltà travaglia la scuola storico-culturale (come del resto ogni forma di filologismo naturalistico): la impossibilità di risolvere il problema della
Invece di incitare i ricercatori a edificare prematuramente sintesi ambiziose, veri e propri castelli di carta, secondo ia confessione ingenua di un protagonista del totemismo, salvo poi a vederli trasformare la loro macchinosa impalcatura e a cambiar opinione come il camaleonte cambia colore, il 87 « Confesso d’altra parte volentieri che la mia interpretazione non può pretendere alla certezza: mi basta rivendicarle qualche verosimiglianza. A dir il vero, non si tratta di un edificio costruito con materiali resistenti, la cui solidità sia provata e verificabile, ma con ipotesi possibili e probabili che si sostengono e si puntellano a vicenda. Questo genere di architettura è conosciuto: è quello dei castelli di carta » (Cultes, Mithes et Religions, III, p. 38).
148
NATURALISMO
E
STORICISMO
NELL’ ETNOLOGIA
metodo storico li invita a costruire lentamente per costruire solidamente, a restaurare passo passo, in attesa di costruzioni definitive, frammenti di storia così solidi da consentire ai lorosuccessori di contentarsi di perfezionare il loro lavoro, senza doverlo ripigliare dalle fondamenta, come è accaduto così spesso, con grande discredito della storia delle religioni. Tuttavia
la
certezza
quistione
di prudenza
e
modesta
la
più
storiografica
e di modestia.
asserzione
x
non
è
La
più
filologica
solo
non
una
prudente esce
La critica ha acquistato tale acume ed esperienza (nel denunziare le falsificazioni), che può passare in gloriosa lo
sterminio
compiuto
di
folte
schiere
di
falsifica-
zioni che l’assaltavano da ogni parte procurando di avvolgerla e di toglierle la vista del vero: e può quasi sorridere dei vani conati, armata come si sente dei suoi metodi infallibili. Senonchè come all’azione dei tribunali molti colpevoli sfuggono
e
talvolta
l’ innocente
ne
viene
condannato
e
il
reo
assolto, così non è da credere che, nonostante l’esercitata prudenza della critica, non rimangono nei musei oggetti falsi che passano per autentici, nè nelle storie notizie che provengono da sognante e credula immaginazione o da falsificazioni
consapevolmente eseguite. Anche i migliori critici qualche volta si ingannano, giudicando falso ciò che è genuino, e al contrario, E ciò basta per dar l’adito al dubbio scettico. Si potrà mai radicalmente strappare dalla storia la possibilità di falsificazioni e stabilire con sicurezza il vero? Chi mai la preserverà dalle abili e verosimili e coerenti favole appoggiate a testimoni che si reputano fededegni? Chi ribatterà con argomenti perentori i sospetti che possono investire ogni documento e ogni narrazione pel solo fatto che son cose pratiche e altri può averli manipolati pei suoi fini particolari? E se tutte le testimonianze, tutti i documenti, come tutti 88 PINARD
DE
LA
BOULLAvYE,
op.
cit.,
II,
p.
118.
SCUOLA
sono
messi
STORICO-CULTURALE
banda,
da
quali
149
avanzeranno
mezzi
per ricostruire la storia? O bisogna contentarsi, in fatto di storia, di affermazioni che non oltrepassano il livello della probabilità, di quel probabile che è tanto fragile e che spesso si dimostra, nella vita quotidiana, ben poca cosa sempre che venga a paragone con la realtà di fatto? Bel guadagno, dopo
che
il moderno
pensiero
storico,
iniziatore
Giambattista
Vico, si era dato il vanto d’essere uscito dal mero e d’aver
raggiunto
il
«certo »
e il
probabile,
«vero »!®
dalla
sfera della probabilità (e sia pure della più alta probabilità). Scrive il Croce:
rassegna
sospettabili,
LA
Padre
Pinard
avverte
a suo
modo
il problema:
Senza dubbio si può accettare con assoluta sicurezza, almeno quanto alla sostanza dei fatti, se non sempre rispetto ai particolari, la deposizione ferma e precisa di un testimone unico, se questi è fuor d’ogni sospetto, omni exceptione major: se, cioè, presenta le più forti garenzie di competenza e di sincerità.
Ma,
al di
fuori
di
questi
casi
rarissimi,
lo storico
trova unicamente a sua disposizione, per ricostruire il passato, memorie, iscrizioni, medaglie commemorative, avanzi archeologici, alcuni resti oscuri di vecchi usi. Ciascuno di questi indici, presi isolatamente, consente molte spiegazioni, e fonda, tutt'al più, una probabilità: addizionati non possono procurare una certezza °°.
Per appello filosofia. guente: e questo
la soluzione del problema il nostro gesuita fa alle premesse aristotelico-tomistiche della sua Il suo ragionamento è, a un di presso, il se« Conoscere è apprendere l’universale della cosa, universale l’uomo attinge per astrazione, vedendo
la cosa nella sua specie e la specie nel genere.
la mente
umana
non
può
conosere
stesso, dappoichè il procedimento definitorio, prossimo e per differenza specifica, riesce
\
89 Croce, 40 PINARD
Ciò posto
l’ individuale
in
se
per genere alla specie
La storia come pensiero e come aziane, p. 107 Sg. DE LA BOULLAYE, of. cif., p. 112 sg.; cfr. p. 132.
150
NATURALISMO
E
STORICISMO
LA
NELL’ ETNOLOGIA
SCUOLA
STORICO-CULTURALE
ISI
e giammai all’ individuo, all'uomo e non a Socrate 0 a Callia. Il singolare è dunque impenetrabile al pensiero
degli indici probabili a qualunque ordine essi appartengano,
una
umano, è ineffabile: se ne può solo dare una descrizione, una esposizione delle note che lo caratterizzano, e che, in quella qualità e quantità, non si incontrano
avere
la sua
mai
due
volte
nella
realtà *
Allorquando
l individuo
muore, o, più generalmente, l’ istituto storico scompare, restano tracce del suo passaggio sulla scena del mondo:
tracce fisiche (strumenti di lavoro, abitazioni, etc.) 0 psichiche (modificazioni esercitate dal singolare nel costume o sul pensiero, testimonianze di altri sul suo conto). Attraverso queste tracce il singolare si prolunga, per così dire, nel futuro, cioè le note che, esso in vita, forma-
vano un'unità solidale organica ed unica, si sparpagliano ora
dopo
la sua
scomparsa,
e diventano
segni
o indici,
più o meno completi data l’usura del tempo, più o meno fedeli data la possibile parzialità delle testimonianze. Questi indici, presi isolatamente, non sono determinanti: 1’ individuo è contingente e così pure lo sono le sue tracce.
tale
convergenza
causa
così
proporzionata
impressionante
nella
realtà
deve
di fatto
a cui quegli indici uniformemente rinviano. Si genera allora, in questo caso-tipo, un’evidenza molto diversa
da quella, deduttiva, della matematica e della metafisica, e analoga
a quella,
induttiva,
della
fisica ‘.
Questa
evi-
denza fa vedere il singolare non in se stesso (il che solo Dio potrebbe), ma nell’ insieme inimitabile delle sue tracce o dei suoi effetti, e se è da meno della verità intuitiva e dell’esperienza (che del resto è impossibile quando si tratta del passato) è tuttavia molto di più di una fede basata sulla veracità d’altri » *. Questa
d’ indici
deduzione
probabili
della
costituisce,
prova
come
per
convergenza
il lettore
orientato
avrà già notato, un vero e proprio pezzo archeologico: la premessa su cui poggia appartengono infatti all’archeologia della storia della filosofia. Certo qui non si so-
stiene dogmaticamente
che l’aristotelismo e la scolastica
Ogni traccia o documento si presta a interpretazioni multiple, e di per sè non rinvia necessariamente a quel deter-
minato singolare ‘#. Ma se, in un caso-tipo, immaginiamo la
convergenza
totale
della
serie
virtualmente
completa
41 « Pertanto, secondo noi, il problema del singolare si riduce a questa quistione nozionale o logica: quale collezione di note può permettere di distinguere un individuo da un altro?... Per designare ciascun individuo occorre supplire la definizione, che è impossibile, con una descrizione di qualità (PinARD DE LA BouLLAYE, op. cit., II, p. 512 sg.). Cfr. Scuminr, Hand. der Methode der kulturhist. Ethnol., p. 134: « L’ individuo umano come tale esiste una sola volta, e lo stesso può dirsi nel caso di un avvenimento storico o in quello in cui uno o più individui operano insieme passivamente o attivamente. Pertanto un tal accadimento può essere rappresentato solo idiograficamente, e non come parte indifferente di una serie o di un processo secondo leggi ». 4 PINARD DE LA BOULLAYE, op. cîit., IT, p. sr4sgg. Qui sarebbe la differenza, secondo il Pinard, tra accadimento storico e fenomeno fisico: quest’ultimo è univocamente determinato dai suoi effetti e dalle sue cause, laddove il primo è pura contingenza.
48 « Per quel che riguarda la conclusione, la matematica e la metafisica, scienze deduttive, si presentano nelle condizioni più favorevoli. L’una e l’altra vanno di conclusione in conclusione attraverso un tessuto fitto di dimostrazioni propter quid... Le altre scienze, invece, constatano, non spiegano (demonstratio quia)... Le scienze storiche (e le conclusioni della vita corrente che possono essere ad esse assimilate) si trovano a questo riguardo all’ultimo grado: giammai esse possono poggiare le loro deduzioni su un legame necessario, su un rapporto specifico di causa e di effetto, e pertanto non possono apportare allo spirito la stessa soddisfazione delle scienze rivali: la natura delle cose non lo consente» (PinarD DE LA BOULLAYE, op. cit., II, p. 548 sg.). 4 PINARD DE LA BOULLAYE, op. cit., II, p. 552. Sulla prova per convergenza o concordanza d’ indici probabili vedasi anche ibidem, p. 112 sgg. e p. 132; LAncLOIS et SeicnoBos, Introduction aux études historique, 2% ed., p. 173; BernHEIM, Lehrbuch der historische Methode, pp. 195, 480 sg., 524 sg.; ScaMIDt, Hand. der Methode der kulturhist. Ethnol., p. 137 sg. Come vedremo in altro saggio (p. 177 della presente raccolta), la prova per convergenza degli indici probabili assume, nella scuola storico-culturale, la forma dei due criteri fondamentali della qualità e della quantità.
regge
152
NATURALISMO
ge
E
i
=
STORICISMO
che l’ idealismo
si sostiene
e neppure
e lo sto-
ricismo siano la filosofia definitiva del genere umano: ma tale resurrezione, per essere legittima, deve implieffettivo
superamento
un
care
della
filosofia
sui
moderna,
da Kant a Hegel, e da Hegel a Croce. La filosofia moderna ha
superato
l’aristotelismo
criticamente
scolastica,
la
a ment
tutto accade
e il lavorio
riforma,
successivo
correzione
di
e
di rielaborazione della logica hegeliana non avesse avuto luogo. Per esser precisi, il Pinard dedica al pensiero di Hegel qualche pagina del primo volume della sua opera, ma quel che vi si legge tradisce in ogni rigo l’ incertezza e la superficialità di chi non se ne intende. I pochi spunti critici sono qui esposti come pensiero d’altri e quasi
con
esempio,
l’aria
questo
di
un
relata
referre.
Si
legga,
per
passo:
I filosofi hanno rimproverato fra l’altro ad Hegel la sua confusione fra ordine logico o ideale e ordine ontologico o reale: l’idea, di cui nè lo scetticismo, nè il sensualismo, nè
il criticismo
riescono
a giustificare
il
contenuto
rappre-
sentativo è divenuta non solo il calco più o meno perfetto del reale, ma la realtà prima, la sostanza universale, e questa realtà lo spirito umano si dichiara capace di comprendere integralmente. C'est une gageure!... Gli storici hanno protestato contro questa ricostruzione a priori della storia, Ja
cc
sua
Sic
Pinard
come se la storia della logica si fosse fermata ad Aristotele e a Tommaso, ed Hegel non avesse compiuto la
sn
solleciti
i
di Padre
così
di questa o quella
Mme
nella deduzione
sono
=
e che
2 iii
Invero,
esattezza,
i difetti di informazione
fatti
più
chiari”.
Ma gli intendenti sanno che le cose stanno molto diversamente dal modo semplicistico, superficiale, incompleto
7 Dara
di
aperta
fessione
153
Nè manca il solito accenno a Dio che sarebbe Hegel filosofante. La critica di Pinard al pensiero di Hegel è tutta qui. Il nostro gesuita, dopo questa rapida sortita, rientra soddisfatto nel suo fortilizio aristotelico-tomistico.
€
chiede, pertanto, che, almeno per cortesia, le si ricambi il trattamento, e le si procuri morte con tutti i sacramenti di un esame diligente ed esatto. Questo rilievo è tanto più grave in quanto è rivolto a studiosi che fanno prodenunziare scrittura.
STORICO-CULTURALE
quale non lascia posto nè alla influenza delle contingenze esterne, nè al libero giuoco «delle grandi individualità, e la cui arbitrarietà si tradisce attraverso la sottilità nelle spiegazioni dei simboli e la violenza esercitata sui testi, anche
non possano risorgere a nuova vita e debellare la filosofia moderna,
SCUOLA
LA
NELL’ETNOLOGIA
e largamente inesatto con cui le prospetta il Pinard. Essi sanno quel che di vivo e quel che di morto è nel pensiero dello Hegel; sanno che il rifacimento hegeliano della logica consisteva nella negazione critica dell’universale astratto come organo di scienza e nella scoperta dell’universale
del sapere;
concreto, vero organo
e sanno
anche che il successivo sviluppo della storia della filosofia, posto in chiaro il carattere economico dell’ intelletto e delle sue determinazioni, impugnato l’abuso hegeliano del metodo dialettico, scoperto il nesso dei distinti, dissolta la filosofia della natura e la filosofia della storia, mise capo alla identificazione della filosofia con la sto-
riografia, al concetto di filosofia come momento logico
della
ricerca
come
forma
unica
storiografica,
di
e
al
giudizio
metodostorico
sapere ‘.
4 PrnarD DE LA BouLLAyE, op. cit., I, pp. 263-65. Cfr. p. 535 sgg. (Les solutions philosophiques, leurs avantages, leur cohèrence respective) e, più generalmente, tutto il cap. X (Les courants du sidcle et le cours ° des siècles). 4 Per la dimostrazione di queste tesi rinviamo l’etnologo storicoculturale desideroso d’ istruirsi a una più severa meditazione su Kant e su Hegel, alle opere dei metodologi delle scienze (Mach, Avenarius, Brunschwicg, Eddington, etc.), e alla Poincaré. Bergson, Meyerson, filosofia
dello
spirito
di B.
Croce.
154
NATURALISMO
E
STORICISMO
LA SCUOLA STORICO-CULTURALE
NELL’ETNOLOGIA
Quanto poco il Pinard abbia sentore di questo complesso sviluppo dalla filosofia moderna, risulta in modo chiaro da queste sue parole:
d’ indici probabili va in pezzi, la
prova
provare ressa
Il concetto chità. tipi
Sulle di
di scienza
orme
di Aristotele,
dimostrazione,
ragione
dei
fonde,
e
fatti,
l’altra
si è molto
l’una che
scolastici
propter
assegnando quia,
gli
modificato che
cause
stabilisce
l’anti-
distinguono
quid
le loro
dopo
fornisce
immediate
solamente
la
due la
e pro-
realtà
dei
fatti, argomentandola dagli effetti prossimi e dalle cause remote. Poichè quest’ultima non spiega, non facit scire, non costituisce una dimostrazione
Da
questo
punto
di vista,
mette capo
a una
spiegazione
e una scienza che in senso largo.
scienza
sarebbe
razionale.
La
solo
quella
scienza
che
d’osserva-
zione, e in particolare la storia, in quanto escludono ogni nesso necessario, sono considerate scienze inferiori: il tipo di scienza è la filosofia prima
o metafisica.
Al
contrario
i moderni
sono
stati indotti a sospettare sempre più della metafisica, e a considerare come certe soltanto le conclusioni più immediate appoggiate modo
sull’esperienza
l’assenso.
Essi
sensibile, poichè
riservano
dunque
forzano il
nome
in qualche di
scienza
alle scienze sperimentali, e abbandonano le speculazioni ulteriori alla filosofia: la scienza minima degli uni è diventata la scienza tipo degli altri”. Questa
derni: solo
sarebbe,
invece, di
come
un’opinione
della modernità,
secondo
Pinard,
gli intendenti accreditata
e cioè
presso
l’opinione
ben
dei
sanno,
presso
un
mo-
si tratta
ramo
spurio
i positivisti.
Queste considerazioni fanno giustizia di un primo grosso viluppo di errori che viziano la « deduzione» del
Pinard. Una volta criticato il concetto di universale astratto, di ineffabilità del singolare, di certezza storica inferiore a quella metafisica e matematica,
tutta 1’ impal-
catura speculativa su cui poggia la prova per concordanza
in
DE
LA
BOULLAyYE,
of.
cît.,
II,
p.
11
sg.,
n.
1.
Del
unicamente
chi
trascinando resto,
l’attingibilità di una
storia fuori
ancora
nella rovina
quest'armeggio
postula
un
di noi fuori
per
inte-
di noi,
non chi è pervenuto alla consapevolezza che la storia del macrocosmo è nel microcosmo e che la certezza consiste unicamente nel riscoprirla in noi, nel riportarla alla memoria. D'altro canto, una volta postulata una storicità come assoluto passato, ogni fatica per riguadagnarla è vana: e la prova per convergenza d’indici probabili provvede allo scopo tanto poco quanto ogni altra che si voglia escogitare. Gli indici come tali non convergono nè
divergono:
sono
mute
cose
materiali,
medaglie
o
pietre o armi o scritture o gesti o suoni. Qui l’occhio vede senza guardare e l’orecchio ode senza ascoltare. La loro eventuale convergenza si dichiara alla ragione storica via via che il processo di anamnesi procede e il singolare prende forma e rilievo nella nostra memoria. Questa coscienza più o meno embrionale dell’accadimento storico,
questa
memoria
già in fierî,
scoprono
nessi
mai
prima di allora notati: le tracce sparpagliate e morte di ciò che fu un'unità organica e vivente cominciano a convergere, a ricomporsi, cioè, nella fisionomia dell’accadimento. D'altro canto determina mercè l’ausilio problema, pertanto, non
surda certezza degli indici in misterioso che altri ode. Ma per chi postula
la memoria storica meglio si delle scoperte convergenze. Il consiste nel garantire un’as-
che dovrebbe scaturire dalla convergenza sè, ma piuttosto nello spiegare il talento fa guardare ove altri vede, e ascoltare ove questo talento sarà sempre un mistero la storia
come
passato
assoluto.
La
evo-
cazione, l’anamnesi, la memoria storica sono parole prive di senso quando si riferiscono a un fuori di noi: come potremmo,
4° PINARD
quistione.
155
infatti, ricordarci di cosa che non fummo
e che altri fu assolutamente?
Osserva
Padre
mai
Pinard:
I 56
NATURALISMO
Sarebbe
senza
E
STORICISMO
dubbio
una
LA
NELL’ ETNOLOGIA
esagerazione
il pretendere
che
la storia debba limitarsi ad accumulare testi ed a enumerare fatti: essa esige, poichè solo a questo prezzo mette capo alla ricostruzione del passato, che si pesino i documenti, che li si spieghino
reciprocamente,
cercando
di ritrovare
la corrente
di vita di cui sono la morta traccia, e dipingendo la vita in modo così efficace che il lettore senta vibrare, attraverso le pagine, l’anima dei popoli scomparsi ‘. E
altrove:
Un uomo mediocre esita tra informazioni incomplete o divergenti: un soggetto meglio dotato districa in un batter d’occhio le connessioni rivelatrici: egli ha visto quando altri cercano
ancora...
Ora
se
l’aspetto
in buona parte, in virtù di questo reale,
non
c'è
qui
bisogno
individuale
fiuto, di
alcuna
si
di questo
determina, senso
giustificazione.
del O
tutta la ragione umana è votata all'errore, o questo procedimento dello spirito, da lei tenuto in gran conto, è del tutto legittimo ‘°. Ma, evidentemente,
Padre Pinard cerca qui di eludere,
con un'osservazione di buon senso, il grave problema che ogni filosofia dualistica deve affrontare: e cioè la ricomposizione della dualità ontologica nell’unità del pensiero”, 4 Op. cît., II, p. 116. 4° Op. cit., p. 520. 50 Lo Schmidt, dopo aver tentato di fermare il concetto di causalità culturale interna, così continua: « Tuttavia noi non siamo ancora penetrati nel suo intimo, non abbiamo ancora compreso la sua interiorità, non abbiamo ancora afferrato nella sua essenza il significato, l’anima, l’aspirazione di tali fattori di causalità culturale interna. Nella moderna storiografia si parla qui della necessità di sensibilità (Nachempfinden) storica, di simpatia (Sicheinfiùhlen), nel tempo e nello spazio, con l’anima di popoli stranieri » (op. cit., p. 240). Che cosa pensi lo Schmidt di questa facoltà meravigliosa di cui disporrebbe lo storiografo, non è chiaro: probabilmente nulla di ragionevole. L’unica determinazione di questo Nachempfinden o Sicheinfiihlen sembra essere piuttosto negativa,
Del
resto
bili pecca la espone
SCUOLA
la prova
anche
per
il Pinard,
STORICO-CULTURALE
per
altri
concordanza
rispetti.
questa prova
Nella
157
d’ indici
proba-
forma
in cui
si fonderebbe
sul prin-
cipio di ragion sufficiente: ma tale preteso principio non è piuttosto il risultato di esperienze più volte ripetute e la schematizzazione di probabilità che la pratica quotidiana mostra tanto alte da potersi considerare, per
comodità di azione, come certezze? Il principio di ragion sufficiente non è affatto un organo di teoretico sapere e una fonte di teoretica certezza, ma è, esso stesso, una regola di pratico dominio dei fatti, la norma quintessen-
ziata della legalità empirica. Si tratta di un'ipotesi di lavoro molto comoda, fondata sui fatti, e che serve a sua volta a ordinare altri fatti come se fosse un principio assoluto: la fictio giova ed è perciò pienamente legittima". Inoltre, dato e non concesso il valore logico del
e cioè l’antitesi con la « zergliedernde Verstand » (ScHMIDT, od. cît., p. 103). È stato osservato (e l’osservazione cade qui opportuna) che l'appello al sentimento costituisce, nella Istorica, il preannunzio del momento intuitivo del concetto storiografico, ovvero il riconoscimento, più o meno consapevole, di una reazione sentimentale dello storico rispetto al dato. « Chi ora — osserva il Croce — dopo la teoria del giudizio come sintesi a priori, parli del sentimento come fattore della storiografia, torna dal chiaro al confuso, e dalla luce, se non proprio alla tenebre, al crepuscolo » (Croce, Filosofia della pratica, p. 18). Nel caso dello Schmidt il crepuscolo è più notte che giorno. L’ illustre etnologo, sia detto qui incidentalmente, accetta in generale le tesi metodòlogiche del Pinard, da lui stimato un filosofo di tempra: « Mit grosser Klarheit (!) und mit solider philosophischer Unterbauung (!!) legte P. H. Pinard de la Boullaye in seinem bedeutungsvollen Werke L’étude comparée des religions die kulturhistorische Methode dar, und wirkt dadurch in filhrender Stellung mit an ihrer ausseren Verbreitung und an ihrem inneren Ausbau» (ScHMIDI, od. cit., p. 73). 51 La critica dell’universale astratto e del dualismo fra verità di ragione e verità di fatto implica la critica dei due principî logici, di identità (astratta) e di ragion sufficiente. Il principio logico è uno solo, la funzione identificante concreta (identificante-distinguente) della mente: quanto al principio di ragion sufficiente, esso appartiene all’ intelletto e ha un valore pratico.
158
NATURALISMO
E
STORICISMO
LA
NELL’ETNOLOGIA
principio di ragion sufficiente, il Pinard prospetta la cer-
SCUOLA
STORICO-CULTURALE
159
Quanto poco una etnologia condotta con i metodi della
della
scuola storico-culturale sia capace di penetrare l’obbietto
serie virtualmente completa degli indici probabili), il che equivale a fondare una certezza-tipo, di cui lo storico, che ha bisogno di certezze concrete, non sa che farsi. Meglio dunque avrebbe fatto il Pinard ad accettare la
della ricerca, è dimostrato dal fatto che gli stessi rappre-
tezza
solo per un
tesi
del
non
esce
come
caso-tipo
Seignebos®,
il quale,
dall'ambito
il Pinard,
(la convergenza
della
con
maggiore
probabilità,
di rivendicare
totale
coerenza,
e non
per la verità
pretende,
storica l’as-
soluta certezza (sia pure di qualità inferiore alla certezza matematica o metafisica). E che di probabilità si tratti, e non di certezza, è mostrato dal paragone che il Pinard istituisce fra la storiografia e la fisica, e fra la prova
per
convergenza
baconiana .
Tale
esplicita
questa
in
d’indici
probabili
e 1’ induzione
assimilazione
pericolosa
ingenua
dichiarazione
diventa di
poi
Padre
Schmidt:
sentanti della scuola affidano tale penetrazione alla psicologia,
rigorosamente
scientifico,
non
di semplice
natura
morale.
Un
altro metodo non è, nella storia, affatto possibile, ma è d’altra parte sufficiente allo scopo, sempre che lo si usi con tutto il rigore che esso esige, e con i criteri fondamentali e ausiliari di cui abbiamo or ora fatto la conoscenza. Del resto anche
la
moderna
fisica
statistica
poggia
sugli
stessi fondamenti filosofici e logici. J. H. Steward mi segnala che anche le più esatte leggi della natura da un punto
di vista
filosofico
sono
soltanto
determinazioni
fornite
della più alta probabilità, fatto questo che è stato riconosciuto oggi generalmente dalla moderna alta matematica e daila teoria delle scienze della natura”. 52 SercnoBos, Introduction aux études historiques, 5° PINARD DE LA BouLLAyE, op. cit., I, p. 531. 5 SCHMIDT, od. cit., p. 135: da leggersi l’intero gische Beweiskraft der methodologischen Kriterien).
2%
ed.,
p.
paragrafo
168. (Lo-
a
considerar
il metodo
storico
esterna per cause ed effetti. Se-
I metodi per condurre la storia della cultura (e in particolare quella religiosa) sono due, e cioè il metodo storico, per comprendere
il corso
esterno
degli avvenimenti
e la loro con-
catenazione per cause ed effetti, e quello psicologico, penetrare nell’ intimo delle disposizioni psichiche *.
per
In altri termini, la psicologia dovrebbe realizzare quella Einfihlung
che
il metodo
storico,
come
tale, non
riesce
a compiere! Or è chiaro, in primo luogo, che le classi e le sequenze psicologiche, e in generale la conoscenza ordinaria
Questo metodo dimostrativo (e cioè la prova per convergenza d'indici che lo Schmidt accetta) è completamente e
rassegnandosi
come una descrizione condo lo Schmidt:
qualunque
dell'anima
umana,
documento,
possono
la memoria
aiutare,
come
un
del fatto individuale,
ma fermo resta il punto che la simpatia per l’obbietto è, in sè, unicamente il frutto della ragione storica; in
secondo luogo, che la storia esterna, cioè il filologismo, non potrà mai diventare interna nè per intensificazione del suo procedimento, che resta pur sempre esteriore, nè per grazia di quella scienza classificatoria e naturalistica che è la psicologia, nè per la combinazione del duplice naturalismo, filologico e psicologico; in terzo
luogo
la
ricerca
delle
cause
degli
atti
umani
(cause
psichiche: altri fatti psichici; o cause fisiche: clima, spinta razziale, ambiente naturale e geografico, malattia
55 ScamiIDt, Ursprung der Gottesidee, I, 796; cfr. 573 sgg., 636, 802; Handbuch etc., 256; PINARD DE LA BOULLAYE, of. cit., I, p. 446. Per critiche secondarie al psicologismo evoluzionista, vedi ScHMIDT, Ursprung etc., I, pp. 236, 758.
«Re
«*
fsi =
E
NATURALISMO
160
SFR
paga = “ fg
STORICISMO
LA
NELL’ ETNOLOGIA
o sanità, etc.) non spiega nulla, malgrado rigore scientifico. Scrive il Croce:
l’apparente
Quando un uomo, che nell’austerità delle lunghe meditazioni, ha formulato una nuova teoria, o che nella migliore purezza del suo cuore ha compiuto un'azione moralmente ispirata, ode gente che si mette a ricercare le cause della sua azione, e che le ritrova, poniamo nella brama di lode o di fama, o in un dispetto o in una vendetta, e magari nella buona salute e nella prosperità di cui egli gode e che si effonde
generosità;
nell’allegra
e
che
gente
altra
ricerca
ia
causa della nuova dottrina e la scopre in certe impressioni che l’autore ricevette da giovane, in un certo libro che gli è accaduto di leggere, in un certo effetto personale che si sarebbe proposto di conseguire, giustamente quegli si infastidisce e si sdegna, perchè il metodo che si adopera verso di lui, quanto iniquo come tessuto di calunniose immaginazioni, altrettanto è logicamente scorretto. Corretto comincerebbe ad essere soltanto se si riuscisse a dimostrare che l’azione di cui si parla non è buona, e la dottrina proposta non è vera; e del male e dell'errore si venissero poi indagando le circostanze per differenziarli da altri simili mali ed errori 9,
Ma è proprio questa qualificazione del fatto secondo le categorie del giudizio storico che la scuola storicoculturale si inibisce per la sua fisima di voler mantener la storia
pura
da
valori
filosofici,
e lo
storico
sforzo
nello
nelle
insinuare
realizzare
di
proprie
sofia discutibilissima,
dignità
questa
pretesa,
metodologiche
in cui la causalità
lasci
una
poi
filocome
è assunta
spiegazione degli atti spirituali? In ogni caso un punto è certo:
la scuola storico-culturale non
58 Croce,
La
storia
come
pensiero
e come
riesce a superare azione,
p.
STORICO-CULTURALE
l’ipotetismo della vecchia etnologia. non è superabile mercè l’elaborazione o dei mezzi tecnici di ricerca filologica, di un’analisi speculativa che verta sui
161
Questo ipotetismo il perfezionamento ma solo in virtù principî.
xo Aok Malgrado
questi
limiti,
l’etnologia
storico-culturale
rappresenta, sempre rispetto al metodo (quanto al resto qui non è discorso), un notevole progresso rispetto all’etnologia evoluzionistica. In primo luogo rivendicò la scuola storico-culturale il valore dell’ individuale nella storia,
e tentò di mantener
distinto il metodo
storico
da
quello delle scienze naturali. Tuttavia l'efficacia di questa rivendicazione e l’energia e la coerenza di questa distinzione
risultano
compromesse affermare
considerevolmente
da un persistente
che le scienze
naturali
limitate,
o addirittura
naturalismo. tendono
Non
basta
al tipico, lad-
dove la storiografia valorizza il singolare”: se questa affermazione non è accompagnata dalla consapevolezza che la storiografia è l’unica forma di conoscenza che le scienze particolari rappresentano solo un ordinamento pratico-economico della realtà storica, subito il singolare poc'anzi affermato si naturalizza, e la distin-
zione istituita fra saper storico e scienze particolari vacilla e perde consistenza. Ora questo secondo passo gli
perinde
ac cadaver per falso amore d’obbiettività. Che meraviglia se,
SCUOLA
212
Sg.
57 GRAEBNER, Methode der Ethnologie, p. 3 sg.; ScamIDT, Handp. 16; PINARD, passim. 58 Il Croce giustamente lamenta che se il primo punto è ormai acquisito al pensiero europeo, non altrettanto può dirsi del secondo: « Un punto che rimane ormai acquisito è la distinzione del metodo storico o individualizzante dal metodo naturalistico o generalizzante, cioè la rivendicazione della storiografia contro il positivismo ed ogni metafisica positivistica: rivendicazione che fu opera precipua di pensatori tedeschi e italiani ed ebbe i. suo culmine intorno al 1900. Ma questa distinzione è rimasta di solito quale si presentava nel Windelband e nel buc,
E.
pe
MartINO.
II
NATURALISMO
162
E
LA
NELL’ ETNOLOGIA
STORICISMO
compiono: etnologi della scuola storico-culturale non lo
tralignò dizî
one convergenza d’ indici probabili è assimilata all’ induzi one induzi 1’ mentre baconiana: ne differisce solo perchè
a generalizzazioni,
che
reale è proprio
quella
dello
idi ricordarsi quel dimenticato se stesso che è l’accad reale, di nulla dà non fisico del rienza l’espe che e mento,
ma
è inopia della mente In un altro punto
citato un cioè
nella
benefico critica
e del cuore.
la scuola
influsso
storico-culturale ha eser-
sulla storia
dell’evoluzionismo
e
dell’etnologia, dei
suoi
e
schemi
meccanici dal più semplice al più complesso, dal più basso al più
alto.
Ma,
come
già
avemmo
occasione
particolare,
i
etnologia
sussiste
una
i giu-
evoluzionistica:
confusione
etnologia,
rappresentanti
contro che
ispirandosi
ma,
a
è d’uopo
al lucreziano
e del materialismo
nel compiaciuto
atteggia-
mento del navigante dantesco che dalla riva sicura guata l’acqua perigliosa, cioè, fuor di metafora, nell’atteggia-
nell’atto
storico
della
La ‘vecchia
positivismo
lo storico, che è di fronte a fatti unici ed irrinon lo può. Sfugge così al Pinard che la vera
esperienza
valore
riguardo
chiarire.
qui non sarebbero in alcun caso legittime”. Di qui la conseguenza che il fisico può sperimentare per provare, laddove petibili,
In
163
«tanto potuit religio suadere malorum », nascondeva un sottinteso polemico, più o meno esplicito, contro le aberrazioni della superstizione, e intendeva concorrere per ciò che le spettava, a sgombrare le menti da a nebbia, e a far rifulgere in loro la luce della «science». Talora è possibile sorprendere i nuovi illuminati del
dei fatti uniformi, procede alla formulazione della legge, la prova storica, riconosciuta la causa contingente che giustifica la concordanza degli indici, a questo accertasenza procedere
di
questo
te sperimentale, dopo aver determinato l’antecedente costan
si arresta,
palesemente.
STORICO-CULTURALE
della scuola storico-culturale polemizzano
diventa malcerto ed anche il primo, mancando il secondo, la prova per ed esitante. Secondo il Pinard, per esempio,
mento
SCUOLA
di notare,
la polemica contro la filosofia evoluzionistica si tramutò in polemica contro la filosofia: e qui la giusta esigenza non si è innalzata Rickert, distinzione di due metodi del conoscere, e non può alla considerazione che di metodi del vero e proprio conoscere sarà bensì, ed esservene se non uno solo, e che perciò l’altro dei due ma non già in anzi è certamente legittimo, avendo il suo proprio uso, termini non si quanto forma vera e propria di conoscenza. In altri della verità è vede con chiarezza che metodo del conoscere e metodo è metodo non unicamente quello storico e che il naturalistico, invece, e classificare, e perciò tanto del conoscere ma dello schematizzare come Pensiero e astratto quanto il primo è concreto » (CROCE, La storia come Azione, p. 296). 59 PINARD DE LA BoUuLLAYE, op. cit., II, p. 531.
mento di adoratori della « Raison» e di spregiatori quel tessuto di illusioni e di errori, di quella vicenda
di di
patologici atteggiamenti dello spirito che fu l'umanità primitiva.’ Sfuggiva così quel processo che dai «figliuoli dei Polifemi» condusse all'umanità degli Aristidi e dei Scipioni africani, nel che è il tratto essenziale di una etnologia storicisticamente orien-
tata. mine
La
scuola
a questo
confondendo
storico-culturale stato
in una
di cose, ma
stessa
si adoperò poi andò
formula
a por
ter-
oltre il segno
verbale — i gitidizi
di valore — due atti dello spirito diversi, e cioè le espres-
sioni del sentimento e la qualificazione del fatto secondo categorie. Ora è stato mostrato — ed in Italia è verità ormai nota agli intendenti — che le espressioni del sentimento debbono essere respinte dal racconto storiografico in quanto momento costitutivo di esso (rifiuto della storiografia di tendenza o praticistica), ma che, d’altra parte, la qualificazione del fatto Secanilo categorie speculative determinate’ (Vero, Bello, Buono
Santo, Utile, Giusto, e altrettali) non può essere E alcun modo eliminata da quel racconto, almeno che non
NATURALISMO E STORICISMO NELL’ ETNOLOGIA
164
soggettività
quella
storiografia
dalla
bandire
si voglia
LA
come
in poi, è stata riconosciuta
universale che, da Kant
la vera oggettività (rifiuto del filologismo)”. Ed è stato altresì mostrato che la separazione della storia dalla filosofia perde, in uno, la storia e la filosofia: perde la che,
storia,
del
decurtata
lume
suo
speculativo,
diventa
preda delle determinazioni naturalistiche della spazialità della temporalità e della causalità; perde la filosofia, che, svuotata di ogni concreto contenuto, si fa o mitica filosofia della storia o inconcludente metafisica e teologia”. Ma, evidentemente, i rappresentanti della scuola storico-culturale hanno dimenticato quella profonda dignità kantiana che dichiara cieche le intuizioni concetto e vuoti i concetti senza intuizione.
senza
Sebbene l’esattezza filologica non sia storia, tuttavia essa costituisce un bene prezioso, una garanzia solida opposta
ai giuochi dell’immaginazione e agli arbitri del sentimento. Nessuno può.contestare che, in tale ambito, l’esattezza delle informazioni etnologiche sia ora di molto progredita rispetto al passato. Restituire l’esatta lezione di un testo, dichiarare le interpolazioni, fissare le attribuzioni
e le provenienze, ricostruire le genealogie, distinguere le redazioni successive di un’opera, determinare l’ordine cronologico
esterna,
stuale
successione
con
esercitare
parola non
di
60 Si
veda
acribia
il saggio
del
Croce,
per
« I
una
rigorosa
supra,
p.
129
Sg2.
eurisi
riportare
giudizi
moderna » (nel Saggio sullo Hegel, p. 396 sgg.). 81 Cfr.
di testi,
serie
è fatica indispensabile,
un’agevolezza
è forse
di una
di
in una
critica
te-
necessaria:
alla memoria
valore
nella
lo sviluppo
filosofia
STORICO-CULTURALE
165
interno del pensiero
di Platone l’ordinamento
cronologico dei dialoghi platonici secondo il criterio stilometrico del Lutoslawski? Analogamente, per i popoli senza storia scritta, isolare, nella massa confusa dei fatti etnologici, un certo numero di culture, accertare
le zone d’ influenza e i tipi culturali misti, seriare cronologicamente la successione delle varie culture in una regione data, o, addirittura, sulla superficie terrestre, tutto ciò serve a riordinare il materiale documentario ‘in vista di una possibile individuazione storica, ad apprestare, per così dire, il corpo materiale e sensibile a cui poi, quando Dio vorrà, sarà comandato lèvati e cammina. Ad ogni modo il guadagno di esattezza conseguito mercè
Infine c’ è una terza ragione per cui la scuola storicoculturale ha ben meritato dell’etnologia, ed è la grande esattezza filologica ch’essa ha instaurato in tali ricerche.’
SCUOLA
="
questo ordinamento
spaziale
e temporale
e causale
delle culture è, come si è detto, innegabile. Oggi non è più possibile accogliere un gran numero di vecchie tesi evoluzionistiche, come, per triarcato dal matriarcato,
esempio, l'evoluzione del padell’ istituto monogamico dalla
promiscuità, della proprietà dal del monoteismo dal preanimismo e il politeismo.
Questi semplicistici
comunismo primitivo, attraverso l’animismo schemi
evolutivi
sono
contraddetti dall’accertamento filologico: infatti, riguardo il primo punto, la scuola storico-culturale ha accertato che il sistema a quattro o a otto classi matrimoniali (secondo gli evoluzionisti anello intermedio fra il matriarcato e il patriarcato) si trova esclusivamente lì' dove il sistema a due classi con matriarcato entra in contatto con formazioni totemistiche e patriarcali, e cioè per una combinazione di due culture diverse e indipendenti: il matriarcato e il patriarcato non si dispongono quindi come fasi di un’unica evoluzione, ma come due vie per cui si è incamminata la umana società, due vie, che,
almeno per un certo tratto del loro percorso si sono mantenute
senza
contatto.
Riguardo
al
secondo
punto,
la
E STORICISMO
NATURALISMO
166
LA
NELL’ ETNOLOGIA
etnologia storico-culturale ha mostrato che l’ istituto monogamico
si trova
presso
etnologicamente
le culture
più
antiche (per es. quella dei Pigmei), sì che lo schema di Morgan (su cui Freud basa tuttavia la sua edificante teoria !) si dichiara palesemente una costruzione di fantasia. Riguardo al terzo punto l’analisi storico-culturale ha
mostrato
nelle
che
civiltà
più
antiche
esiste
non
nè
proprietà esclusivamente collettiva nè proprietà esclusivamente individuale, ma l’una e l’altra insieme, nettamente sviluppata, sebbene ciascuna riferita a una classe di obbietti determinati. Infine, contro la quarta tesi, la
in evidenza il fatto
etnologia storico-culturale ha messo sconcertante
dalle
col procedere
che,
a quelle più antiche,
i fenomeni
culture
religiosi
più
recenti
relativamente
inferiori (naturismo, manismo, animismo, magismo) tendono ad attenuarsi, e la credenza in un essere supremo a farsi dominante e pressochè esclusiva. Qualunque sia
per essere la effettiva storia che si vorrà tentare sulla base di tali accertamenti, fermo in ogni caso resta il punto che le sequenze semplicistiche della etnologia evoluzionistica vanno, in blocco, respinte. D'altra parte la identificazione del ciclo dei grandi pastori nomadi ha consentito di rifiutare la derivazione dell’allevamento del bestiame dal totemismo, dappoichè nel ciclo dei grandi
pastori
il totemismo
è
inesistente,
ma
l’alleva-
mento del bestiame è attivamente esercitato. Tutti questi accertamenti
sono
certo
preziosi,
e anzi
l’etnologo
mo-
derno, storicamente orientato, non può in alcun modo trascurarli: e come lo storico, poniamo, del proto-cristianesimo conduce le sue ricerche su un'edizione critica del Nuovo Testamento, così è d’uopo che lo storico del mondo primitivo abbia sotto gli occhi una carta culturale aggiornata. Ma, anche qui, al riconoscimento di questo merito della scuola storico-culturale deve subito accompa-
gnarsi
tiscono
una
SCUOLA
limitazione.
STORICO-CULTURALE
Le
in pieno la storia
regole
dagli
zione solo quando, nell’ impiego,
della
arbitrî
filologia
167
garan-
dell’ immagina-
sono a loro volta frenate
dalla prudenza della ragione storica: ma ove questo freno faccia difetto, possono metter capo agli arbitrî dell’ intelletto. Or è proprio questa la deficienza della scuola storico-culturale: una esorbitanza continua della filologia dalla sua propria sfera. Quali siano i principali aspetti di tale esorbitanza filologica, e quali danni ne derivano per il sapere storiografico-etnologico, nel presente saggio abbiamo tentato di chiarire.
IV INTORNO
AD ALCUNE
SCRITTURE
DI METODOLOGIA ETNOLOGICA. —
Chi voglia farsi un'idea esatta dei procedimenti tecnici di lavoro della scuola storico-culturale può consultare con profitto il recente Hand. der Methode der kulturhist. Ethnol. dello Schmidt (con la collaborazione di W. Koppers)*®. Questo manuale costituisce una correzione, uno sviluppo e una chiarificazione della famosa Methode der Ethnologie del Graebner (1911), e, più precisamente, vorrebbe essere, almeno in prevalenza, una raccolta di regole di lavoro della scuola storico-culturale. Come tale il manuale in quistione rientrerebbe nella categoria delle opere di precettistica e di tecnica filologica. + Sta di fatto, però, che una distinzione rigorosa tra principî speculativi e regole pratiche non èx affatto chiara nella mente dello Schmidt, dappoichè il procedimento naturalistico che presiede alla formazione delle regole è
qui
operante,
come
avemmo
occasione
di
notare
in
altra sede”, anche nella formazione dei principî. Una siffatta confusione ingenera, com’è chiaro, cattive re-
1 Minster, 1937. 2 Vedasi, nella presente raccolta, storico-culturale », p. 119 Ssgg.
il saggio
« I principî
della
scuola
NATURALISMO
170
E
NELL’ETNOLOGIA
STORICISMO
SCRITTURE
DI
METODOLOGIA
ETNOLOGICA
I7I
gole, in quanto il naturalizzare, che è proprio della pre-
viaggi
cettistica tende, per le malferme distinzioni, ad esorbitare dalla sua propria legittima sfera.
raccolti nei musei etnologici)”. Or è chiaro che in questa pedantesca classificazione si mescolano il legittimo e l illegittimo, l’opportuno e l’ inopportuno. È senza dubbio
del presente saggio l’esposi-
cade nell'economia
Non
e particolareggiata di questa precetaccennare quanto basti a sottolineare
sistematica tistica, ma giova
zione
la presenza
non
tanto
non
ci sarebbe
del tratto naturalistico
di tale naturalismo. La sezione del manuale in sostanza,
spondente
sezione
le fonti?
riguarda
che
riadattamento
un
è,
corri-
della
alla etnologia
e pertanto
del Feder*,
del Lehrbuch
(del che
l’esorbitanza
quanto
luogo ad accusa)
offre qui un interesse specifico limitato. Lo Schmidt classifica le fonti rispetto alle origini e al valore gnoseo-
alle
rispetto
logico:
contemporanee
le
origini
possono
fonti
o posteriori all’avvenimento,
niere,
immediate
logico,
le fonti
locali o stra-
gnoseo-
rispetto al valore
o derivate; si distinguono
in reali
essere
(o in connessione
ontologica con l’accadimento) e in parlanti. Le fonti reali sono virtuali, perchè contengono la storia del fatto solo potenzialmente, e mute, perchè non parlano di per sè ma
o
legittimo,
di
spedizioni,
e forse
guide
di qualche
o
descrizioni
utilità,
di
oggetti
classificare
le fonti
rispetto alle origini in varia guisa (sebbene lo scrivente ha qualche dubbio sull'opportunità di fare sfoggio di tanta scientifica precisione per cose che ogni storico coscienzioso apprende d’ istinto, senza leggerle in nessun manuale di precettistica): ma è illegittimo e falso distinguere le fonti in reali (o virtuali o mute) e in parlanti, poichè questa distinzione poggia sulla già più volte criticata illusione di una storia sigillata nelle fonti, da
cui sarebbe possibile attingerla mercè la fatica tecnica di disserrarla. Invero, non esistono fonti mute e fonti parlanti: chè, se fossero davvero mute, chi mai le farebbe parlare? E se fossero davvero parlanti, in che differirebbe
il compito diligente
Le
fonti
dello che
sono
storiografo
scrive
tutte
senza
da errori
parlanti
quello il
e tutte
dello
suo
scolaretto
bravo
mute,
dettato?
a seconda
invece
che il processo di anamnesi, attraverso esse stimolabile, si produce o°non si produce. Un’arma, una foggia di
il dono di informare attualmente sulla cosa. Le fonti reali virtuali e mute si suddividono, a loro volta, in fonti reali materiali o residui (strumenti, armi, oggetti d’arte,
vestire, un modo di sepoltura (le fonti mute o virtuali della classificazione) possono aiutare a fermare un tratto di storia umana con maggior evidenza di una tradizione
psi-
orale o scritta, o di una relazione scritta. Evidentemente la distinzione fra storia e cronaca è qui del tutto obli-
bisogna
cibi,
farle parlare:
abitazioni,
le fonti parlanti
sepolture
e simili),
avrebbero
e in fonti
reali
chiche (documenti linguistici, istituti giuridici o eticoreligiosi, etc.); le fonti parlanti sono costituite dalle narrazioni esplicite dell'accaduto, e si suddividono in tradizioni
attinenti
orali
ai fatti
o scritte,
(nel
e in
caso
relazioni,
orali
dell’etnologia:
8 Handbuch etc., p. 81 sgg. 4 Fener, Leehrbuch der geschichtlichen 3% ed., p. 85 sgg.
Methode,
o scritte,
relazioni
Regensburg,
di
1924,
terata °. ” Nè si dica che tutto ciò è sottinteso dallo e che
la
sua
classificazione
ha
solo
un
Schmidt,
valore
pratico
o di comodo:
il fatto è che egli conferisce esplicitamente
un significato
teoretico alla sua classificazione delle fonti
5 Hand., pp. 83-6; cfr. FEDER, of. cîit., p. 85 sg. 8 Cfr. Croce, Teoria e storia della storiografia, p.
3 sgg.
172
NATURALISMO
STORICISMO
E
SCRITTURE
NELL’ ETNOLOGIA
che egli la consiin mute e parlanti, come prova il fatto dem Erkennnach en Quell der dera una ». i Ancora una volta, nel caso dello Schmidt (e in generale della scuola storico-culturale) manca la distinzione fra i due piani della ricerca, il che genera, inevitabilmente, l’esorbitanza del procedimento naturalistico. Muovendosi sul piano empirico è, per esempio, impossibile attingere la organicità del ciclo culturale: chè anzi la efficacia
del criterio
quantitativo
è condizionata
dalla
« indipen-
denza reciproca» delle qualità concordanti. La considerazione organica dell’obbietto appartiene al momento storiografico sintetico ed individuante, non a quello filologico analitico e dissezionante. Il Krause mosse alla
scuola storico-culturale l'accusa di erigere i suoi cicli di cultura atomisticamente, come aggregato di elementi.®: “
8° Si vedano, del Krause, i seguenti scritti: Kulturwandel und Volkstum (Mitt. der Wiener Anthropologischen Gesellschaft, 1929, vol. LX, pp. 247% 5); Vòlkerkunde-Anthropologie-Ethnologie (Ethnologischen Studien, I, 1931, p. 235 sgg.); Ehtnology and the Study of Culture Change (Africa, V, 1932). Si veda anche lo scritto del KopperS, Fr. Krauses « Strukturlehre» als Teil der kulturhistorischen Methode (Anthropos, XXII, 1927, p. 14 sgg.).
cultura atti a soddisfare tutti i bisogni fondamentali umani (economici, sociali, religiosi, etc.), come organismi tali che nessuna loro parte può essere omessa senza recar danno a un sostanziale bisogno *. In primo
luogo, quali sono questi bisogni o interessi di cultura? Evidentemente
minare
solo una
filosofia
dello spirito
può
deter-
il quadro delle categorie ideali che costituiscono
l’ intelligenza
della
la individuazione speciale,
realtà
storica.
In
secondo
luogo,
per
storiografica fa d’uopo un interesse
e una storia generale
della cultura non
può
non essere disorganica: ciò che scopre l’organico nel caos atomistico del cronachismo e del filologismo è solo un
interesse
storiografico
specifico *.
Per quel che riguarda l’elenco dei Zeitmesser forniti «dalla scuola
storico-culturale
è da dirsi, in generale,
che
si tratta di espedienti utili, che possono giovare all’eurisi (0 al riordinamento provvisorio del materiale etnologico in attesa di interessi storiografici specifici). Si tratta di regole che valgono come indici, e che sono quasi sempre
limitate da un «per lo più » o da un «salvo eccezione ». 8 Hand.,
p,
163 sg.
Cfr.
ScHMIDT
e Koprers,
ren, p. 70. %
CRrocE,
Teoria
e storia
della storiografia,
p. 4I
Vòlker Sgg.
und
Kultu-
190
NATURALISMO
E
STORICISMO
NELL’ ETNOLOGIA
SCRITTURE
a- . Ma, anche qui, ove si scambi il mezzo euristico dell’an apre‘ si , mnesi storiografica con la storia vera e propria il varco all’aberrazione di un regresso verso il passato per sottrazione di determinazioni positive e per progres mente pratica resto un a fino resti, di sivo assottigliamento e non più assottigliabile che si assume come ultimo tal In catena. della anello primo come cioè vo, definiti modo
opportuna,
la fictio, più o meno
acquista
indebita-
mente pretesa di realtà, e il vuoto della ragione storica è proclamato, indebitamente, storia d, Analoghe limitazioni sono da farsi alla sezione del Manuale che tratta della causalità culturale. Ormai il lettore,
che
abbia
inteso
lo
spirito
della
nostra
critica,
può da sè effettuare, per questa sezione, le integrazioni,
le correzioni o i rifiuti necessari. Qui basteranno alcune osservazioni di carattere generale. Il problema, nella sua impostazione naturalistica, è il seguente : « Quali sono
i fattori dell'evoluzione culturale?». L'indirizzo antropogeografico (Ritter, Kapp, Kohl) risolve il quesito considerando come fattori determinanti dell'evoluzione culturale il clima, la configurazione geografica, etc.: anche il Bastian, sopratutto per quel che si riferisce alla sua
teoria dei Vélkergedanken dipendenti dall'ambito geografico, si muove sostanzialmente sul medesimo piano. L'indirizzo
ecclettico,
a cui appartiene lo Schmidt,
rico-
nosce, sì, alla natura efficacia causale rispetto all’evolu-
zione culturale, ma cerca di ristabilire l'equilibrio a vantaggio dello spirito, sia sottolineando un’altra forma
di causalità esterna non fisica —la causalità esercitata dall'ambiente umano e dai suoi prodotti —, sia ponendo in evidenza una causalità interna procedente dallo stesso soggetto culturale, sia, infine, riaffermando la reazione 85 Si veda, per questa parte, il nostro saggio, sente raccolta, « Un mal posto problema etc. », p.
compreso 77 SE8.
nella
pre-
DI
METODOLOGIA
ETNOLOGICA‘
da parte del soggetto culturale in cospetto
I9I
delle influenze
esterne, e la funzione non determinante, ma pedagogica esercitata dalla natura sulla cultura umana ®. Ora è da osservare che e l’ecclettismo
il problema stesso, a cui il materialismo cercano di rispondere, è male impostato:
assumere come fondamentale la ricerca delle cause dell'evoluzione è già un porsi fuori della considerazione | storiografica, è un risolvere il circolo della vita spirituale nelle
singole
tangenti
per
ogni
sto
punto.
Ciò
che
lo
storiografo ha per obbietto della sua ricerca non è mai la causa esterna, e neppure l’azione e la reazione fra esterno ed interno, ma unicamente il nesso dialettico necessità-libertà, cioè il dramma della libertà umana che
si fa attraverso
certe condizioni.
Le quali condizioni
(clima, suolo, istituti umani...) hanno questa particolarità : sono elette e riconosciute come tali, e quindi rese condi zionanti, dal soggetto umano nella libertà del suo agire in questa
cernita
elettiva
subendo
un
incremento
e ist
elaborazione psichica che costituisce l’obbietto della storiografia. Anche qui nulla vieta che, in via euristica, la ricerca delle cause giovi e sia indispensabile: e nulla dea che, dal punto di vista della tecnica filologica si enumerino pa classifichino le possibili cause dello sviluppo culturale : ciò che importa è, come si è ripetuto più volte nel passo del presente saggio, non confondere i due piani della ricerca, il naturalistico e lo storico.
L’etnologia funzionale (a cui può associarsi la Strukturlehre del Krause) è nata da una reazione al diffusionismo talora esagerato e all’atomismo della scuola storico-
culturale”.
Il
funzionalismo
puro
intende
limitare
la
x36 a ener e Korrers, Véòlker und Kulturen, p. 51 sgg doro dr e voce a favore di una revisione dei principî della scuola rico-culturale si è levata anche nell’ambito che fa capo alla rivista
192
NATURALISMO
E
SCRITTURE
NELL’ ETNOLOGIA
STORICISMO
preoccuparsi
METODOLOGIA
ETNOLOGICA
di prospettive cronologiche più
nale è o meno ipotetiche. Tale determinazione funzio attuale o, riment l'espe mercè zo, indiriz l’ da farsi, secondo € di azioni di sso comple giuoco del vivo, e colto sul funIl vo. primiti mondo e a europe civiltà fra i reazion e, esigenz due le zionalismo temperato intende conciliare In *, gia etnolo funzionale e storica, della più recente
e non
di compromessi
più
o meno
diplomatici.
Espressione del nuovo orientamento (e più precisamente del funzionalismo temperato) è, per esempio, il già citato scritto metodologico del Mihlmann. L’autore ritiene che l’etnologia sia disciplina che trovasi al punto divisorio
fra la biologia
e la storia,
è
tenente
sia alle scienze della natura
che più espressione che superamento della crisi interna ocronol dal o, tomism Dall’a ico. travaglia il sapere etnolog si urale o-cult storic scuola della ismo gismo e dal causal di olet male che icità organ una a trascorre qui nella biologismo, e che in ogni caso stenta a distendersi
spirito.
Dai
sempre
secondo
generale,
l’etnologia
dimensione
storica:
funzionale
a
percorrer
(o
storico-funzionale)
questa
strada
fino
193
fondo, il punto di arrivo è Spengler, non Vico. Nè vale tentar di comporre il dissidio combinando empiricamente le due esigenze, poichè qui si tratta di risoluzioni teoriche,
funzione ricerca etnologica alla determinazione della di cui fa mo rganis di ciascun elemento culturale nell’o parte, senza
DI
SI
-
ne
»>
am
in
del Van BULCK, Beitrige Anthropos: vedi il contributo metodologico Beitrige sur Kulturgesch. und sur Methodik der Vòlkerkunde (Wiener Linguistik, II, 1931). i criteri del puro funzio88 Un esempio di lavoro condotto secondo The Andaman Islanders (Camnalismo è quello del RADCLIFFE-BROWN, ha manifestato opinioni più bridge, -1922). Ma, da recente, l’autore (si veda il suo articolo « On storico metodo del riguardi nei e temperat American Anthropologist, in », life social in function of the concept lismo moderato 1935, Pp. 394 Sgg.). In generale il funziona XXXVII, si veda l’articolo del LESSER, tende a prevalere nella moderna etnologia: XXXVII, Anthr., (Amer. in social Anthropology» « Functionalism A, « Field Methods in the 1935, 390 sgg.) e lo scritto dello SCHAPER 1935, P. 314 sge.). FunStudy of Modern Culture Contacts » (Africa, ld. L'espressione e il zionalista temperato può considerarsi il Thurnwa » si ritrova per la prima le funziona metodo « concetto ndente corrispo of the Western Pacific volta nell'opera del MaLInoWSKI, Argonauts gica che precede la terza (1922). Vedi anche la prefazione metodolo The Sexual Life of Savages edizione dell’altra opera del MALINOWSKI, o « Culture» in Encyclo(1932), nonchè, dello stesso autore, l'articol 21 (1931). Sul concetto di paedia of the Social Sciences, vol. IV, p. KeitER, Zivilisierung als esperimento nell’etnologia funzionale si legga fiir Ethmologie, LXVII, kulturbiologisches Experwment, in Zeitschrift è da vedere l’opera Rassen-und VòI1936, p. 294. Del MÙHLMANN kerkunde, Braunschweig, 1936.
singoli
e come
tale appar-
che a quelle
dello
fatti storici la etnologia cercherebbe,
il Mihlmann,
di trarre l’uniforme
e il
tipico, e in ciò non differirebbe in nulla dalla fisica: solo che l’esperienza fisica può ripetersi indefinitamente in eguali condizioni, e perciò è qui facile determinare il tipico, laddove l'esperimento dell’etnologo che studia il comportamento di una società, per es., Papua a contatto
con la civiltà europea non può ripetersi a volontà in eguali condizioni, dato che una società negra di fronte alla civiltà europea reagisce diversamente di una società Papua, una società indiana diversamente da una cinese, etc. Anzi due villaggi indiani finitimi non offrono all’esperi-
mento eguali condizioni. Di qui, conclude il Muhlmann, una maggiore difficoltà della previsione etnologica secondo leggi nei confronti della fisica. Ciò che altrove abbiamo detto® ci dispensa dal soffermarci su questo scorretto ibridismo: ci basterà ricordare che metodo storico e metodo naturalistico non sono due modi di conoscenza integrantisi a vicenda, e non si dà scienza unitaria condotta con due metodi,
L’etnologia naturalistico w e:
è
l’uno storico e l’altro naturalistico.
disciplina
storica
e
il
momento
deve essere abbassato ad eurisi del processo 4
i
4
.
Si veda, a integrazione, il nostro saggio, compreso nella presente raccolta «I principi della scuola storico-culturale », p. 119 sgg.
E. pe MartINO.
13
E
NATURALISMO
194
STORICISMO
NELL’ ETNOLOGIA
SCRITTURE
gia, di anamnesi storiografica: il voler riportare l’etnolo Société della come vorrebbe il Miihlmann, al programma per d’ Ethnologie de Paris, (1839), significa, almeno stessa alla rispetto o regress questa parte, compiere un scuola storico-culturale, la quale, sebbene in modo insuf-
ficiente, ha sempre rivendicato
il carattere storico della °
etnologia.
Un altro punto importante della nuovissima etnologia, e al quale il Milhlmann accenna nel suo scritto, è costituito dal concetto di funzione, col quale si tenta di surrogare quello di causalità. Funzionale spiega il — è ogni rapporto reciproco, nel quale ad ogni Miihlmann dei termini
variazione di uno
corrisponde
progresso rispetto a quella storico-culturale. Tuttavia non sì tratta di un concetto speculativo puro, e quindi, nella misura che lascia adito all’ immaginazione o all’ indeter-
minatezza o all’equivoco, è da bandirsi. Al più è lecito farlo valere come metafora per designare il concetto proprio, e cioè il nesso dialettico che lega necessità e libertà, la necessità di certe condizioni storiche e la libertà di
certi atti umani qualificati (arte, ethos, etc.) che su quelle ‘condizioni crescono, modificandole, secondo un circolo ganico
è
come
affidata
si è già detto, la scoperta
unicamente
alla
dell’or-
storica
ragione
in
quanto è svegliata da un interesse speciale. Un altro punto del saggio del Mithlmann merita un chiarimento. Scrive il nostro etnologo: Un
libro
intorno
alla
Germania
scritto
METODOLOGIA
ETNOLOGICA
195
Non senza ragione l'interesse di molti lettori si volge ad opere scritte da un punto di vista del tutto lontano da quello nazionale. Si è desiderosi di sapere come uno straniero considera l'argomento. C'è più istinto di verità in questo che in una eliminazione della soggettività ottenuta con mezzi «scientifici ». Si obbietterà: una struttura spirituale, tedesca o giapponese che sia, deve esser pur assoluto, se è vero che la reciproca
conosciuta in modo chiarificazione deve
condurre ad una reale conoscenza. Io credo che una struttura spirituale assoluta, nel senso di questa obbiezione, non c'è. Die erkennbare Wahreîit liegt în der Erlebnisstruktur der iusetmandersetzung des Eigenseelischen mit dem Fremdseeli-
schen®.
una variazione
negli altri tutti. Senza dubbio il concetto di funzione è più adeguato alla materia storica di quello di causalità: sotto questo rispetto la nuovissima etnologia rappresenta un
infinito. Inoltre,
DI
da
un
giapponese
può essere, da un punto di vista metodologico e in determinate circostanze, più importante di un’opera visibilmente « obbiettiva» intorno allo stesso argomento scritta da un autore tedesco, i presupposti spirituali del quale non risultino chiari.
Ora è Mihlmann essere
chiaro che 1’ Erlebnis diltheyana, si riferisce, presenta il già notato
una
misteriosa
presenza
immediata.
a cui il difetto di A
diradar
questo mistero, e ad articolare questa sorta di unità mistica del soggetto con l’oggetto storiografico, può provvedere
solo
il lume
della
minate categorie. Siamo senza del riflesso, per di una persistente tedesco.
distinzione
secondo
deter-
quindi evidentemente in preentro il dominio etnologico,
deficienza
del
pensiero
storiografico
La opposizione alla mitologica filosofia della storia dello Hegel, iniziatasi con il famoso discorso tenuto da Guglielmo
21
aprile
Aufgabe
di
1821
Humboldt
all'Accademia
«Sull’ufficio
dello
di
storico»
Berlino
(Ueber
des Geschichtsschreibers), conteneva una
il
die
stenza
in sè giusta, e cioè che il compito dello storico consiste nel ritrovare le idee nei fatti, e non già nel dedurre i fatti da
una
questa
iperurania
esigenza
4 Lehrbuch
non
trama
dialettica
trovò
der Ethnologie,
compiuto
p. 37.
di
concetti.
Ma
svolgimento,
poi
e le
196
E
NATURALISMO
STORICISMO
SCRITTURE
NELL’ ETNOLOGIA
furono
sì,
determinate,
ma
mediante
«tabelle » di valori, e cioè secondo una logica non speculativa. La controversia fra Kulturgeschichte e Staatsgeschichte
(Riehl, Lorenz,
Schafer,
Gothein,
concetto
Steinhausen,
Bernheim, Lamprecht, etc.), la richiesta di un organo della ragione storica (Gervinus, Humboldt, Droysen, Dilthey), la opposizione fra storicismo e vita morale (Troeltsch), lo scambio dello storicismo con l’erudizione priva di pensiero e con la critica delle testimonianze (Heussi, Cassirer) o con una sorta di irrazionalismo che ‘coglie nella vita 1’ individuale e il contingente pur senza trascurare il tipico e il generale (Meinecke), il biologismo spengleriano, e, sopratutto, il ricorso alla presenza immediata, alla Erlebnis psicologica (Dilthey), costituiscono una risolti, idealmente
in Germania, deduca
le
somma di problemi mal posti o mal dipendenti dalla mancata elaborazione,
di una compiuta
categorie
secondo
filosofia dello spirito, che una
logica
speculativa,
METODOLOGIA
ETNOLOGICA
197
parte il pensiero italiano ha attinto una consapevolezza molto maggiore, e qui da noi la controversia fra Kulturgeschichte e Staatsgeschichte è stata risolta mercè il
«idee » da ritrovare nei fatti restarono nel vago, ovvero empiricamente,
DI
e
che distingua, senza ombra di equivoco, logica speculativa e logica empirica, ragione ed intelletto . Per questa quale 41 Idealmente o nel fatto, la piattaforma metodologica dalla dal travamuove la migliore moderna storiografia tedesca è costituita raccolta di gliato pensiero del Dilthey. L'ANTONI, in una sua recente 1940), pone saggi (Dallo storicismo alla sociologia, Firenze, Sansoni, attività « elein evidenza il carattere dell’ Erlebnis diltheyana, che è mentare ed immediata », « atteggiamento anteriore ad ogni distinzione, p. 12), matrice comune delle successive attività e momenti » (op. cit., cit., ivi), germe vitale contenente in potenza tutte le distinzioni (op. « dolce morbido Gemiit, nucleo irrazionale da cui si dipartono poesia, infinitamente musica, religione, filosofia » (op. cit., p. 15), fluida e auunvaria sostanza della storia che si solidifica in « tipi » di Weltansch dalla gen in numero finito (op. cit., p. 30 sgg.). Di qui il trapasso ineffabilità di un'attività immediata alla pseudorazionalità di una descrisociologo zione sociologica e tipologica. Anche il Troeltsch cercò, più da della che da storico, di stabilire la composizione, per così dire chimica e nel nostra civiltà, i blocchi culturali che sono entrati in combinazion composito Kulturkreis occidentale (op. cît., p. 82 sgg.).
di storia etico-politica; la richiesta di un organo
del pensiero storico si è chiarita come richiesta, sic et simpliciter, di una filosofia dello spirito; la condanna dello storicismo in nome della vita morale si è dimostrata infondata quando si accetti il nesso dialettico tra pensiero ed azione; l’erudizione e la critica delle testimonianze, la cronaca e la ricerca filologica sono tenute accuratamente
distinte
dalla
storiografia;
l’ individuale
è
stato sottratto al contingente, dichiarandosi come il veracemente razionale, come l’universale vivente; il biologismo e ogni forma di naturalismo è stato eliminato dalla storiografia, e, sopratutto, la presenza dell'oggetto nel soggetto che fa storia è stata assunta come presenza
mediata, secondo un pensiero determinate categorie.
che
distingue
in base
Non fa pertanto meraviglia che il Mihlmann,
a
ispiratosi
alle correnti filosofiche germaniche più recenti, di queste risenta
germi
i limiti:
solo
che
qui
si
rendono
più. palesi
i
naturalistici circolanti in quelle correnti. Comun-
que, pur par farsi
nell’ambito di luce a fatica,
tali limiti, e cioè che
un concetto giusto il saper etnologico
deve lumeggiare noi attraverso il mondo primitivo e il mondo primitivo attraverso noi: e sebbene tale wechselseitige Erhellung rivesta qui la forma impropria ed inadeguata di un esperimento più o meno naturalistico delle azioni e reazioni fra civiltà europra
e quelle
inferiori,
pure
un
tale
intravedimento
non
è poca cosa, e merita sviluppo, chiarificazione e appro‘ fondimento.
Lo scritto del Mithlmann è speculativamente tra i più elevati che ci sia accaduto di leggere nello spoglio che
198
NATURALISMO
abbiamo
fatto
della
E
STORICISMO
materia.
Di
SCRITTURE
NELL’ ETNOLOGIA
solito,
il livello
di tali
basso, per non scritti di metodologia etnologica è molto . Logische saggio il io esemp per eri, consid dire infimo. Si del professor Studien zur Methode der Ethnologie
apre con una conH. Hulrich #. Il saggio in quistione si
a (ordinasiderazione dei fatti etnologici tripartita in storic fatti sindei ione minaz mento cronologico dei fatti, deter o delle rmità unifo delle nto goli), scientifica (ritrovame preta(inter fica filoso i), singol fatti leggi prescindendo dai fatti). dei tà totali della icato signif del zione del valore e Per
quanto
è stato
in
altro
luogo
detto,
questa
tripar-
in cui vortizione è uno sproposito, e nell’atto stesso ione. illerebbe garantire il dominio storico dall’ intrus di sorta, ione gittima della filosofia, insinua, senza deduz ono esist non che è una filosofia contestabilissima. La verità seo à dualit indivi do secon fatti reali da interpretarsi o è reale il ne sebbe , valore do condo uniformità o secon cateda rata penet a grafic storio tutto nella considerazione Hulrich, nella gorie speculative. Più oltre* il professore
DI
METODOLOGIA
ETNOLOGICA
199
com’è facile immaginare, tutto il saggio: ciò è palese, per esempio, nella critica degli Elementargedanken del Bastian. Si tratta di un concetto, a detta dello stesso Hulrich, poco chiaro, e che può intendersi in vari modi, fra cui come « was am Anfang der Entwicklung steht » *. Ora I Hulrich critica tale significato degli Elementargedanken non
già, come dovrebbe,
dissolvendo
il problema
dell’ori-
gine in tempo del divenire, ma con il preteso chiarimento che tale origine costituisce soltanto una determinazione ipotetica nel quadro di una teoria, e che dal punto di vista
dello storico è possibile solo un’ infinita retrocessione cronologica. Cioè 1 Hulrich scambia per storia la mala infinità del regresso all’ infinito di antecedente in antecedente, e per filosofia l’arbitraria ipotesi metafisica con la quale
si pone
fine
a tale
regresso,
e si
decreta
una
sosta che costituisca il principio dei tempi e della storia. Analoghe considerazioni possono farsi per ciò che riguarda la critica che il nostro etnologo tenta della Sozialpsyche del Bastian *. Infine, il ridicolo proposito del Bastian di stendere una rete di stazioni metereologiche
aver ricordato che sua critica dell’evoluzionismo, dopo è che l’umanità «il presupposto generale di questa teoria ideale di civiltà, si sviluppi tendendo ad una condizione
sulla superficie terrestre per stabilire la efficacia dei fattori metereologici (e delle province geografiche) sulla
la condizione ideale che si possono dare tre casi diversi: o
la possibilità di spiegare esclusivamente tutte le variazioni evolutive mercè la provincia geografica metereologica-
considerati in riferimento a cui gli stadi precedenti sono avvertire tuno oppor come presupposti necessari >, crede
o è identificata ad un qualunque o è conguagliata con la nostra stessa nostra è da osservare che il profesdi non sospettare che il processo ad termine a quo e ad quem, non è il
è riposta nel futuro, momento del passato, civiltà. Ora da parte sore Hulrich mostra finitum, con relativo vero divenire. nza vizia, La debolezza speculativa del punto di parte 42° Anthropos, XVITI-XIX, 43 Op. cit., p. 451.
1923-24,
PP. 447 Sg.
© 733 588.
evoluzione culturale, il professore Hulrich non sa opporre una critica radicale, ma, al contrario, pur negando
«mente
caratterizzata,
ritiene
che
molto
più
varrebbe
ricercare « quali specifiche componenti concrete dei fenomeni
culturali
sono
caso per
caso condizionate
(bedingt)
dal momento climatico o da momenti di natura puramente geografica >, e avverte con enfasi che si tratta « di un problema difficile a risolvere, ad onta di certe possibilità di procedere sperimentalmente » ‘°. ss
Op.
i
cit., p. 459.
4
Op.
.
cît., p. 460.
48 Op.
cît., p.
461.
"n
200
NATURALISMO
E
NELL’ETNOLOGIA
STORICISMO
SCRITTURE
-
Giova, a conclusione, leggere il seguente passo, nel quale il professore Hulrich dichiara le proprie alte convinzioni filosofiche intorno al sapere storico in generale: rdinamento Il compito dello storico consiste anzitutto nell’o mento è ordina tale in € (!), cronologico degli avvenimenti storico... dello propria era dell’op (?) » mo da riporsi il «mini mitale a present Nella misura che la storia della natura tale di logica ra struttu la e nimum, essa è storia, sebben della storia storia della natura è interamente diversa da quella no l'ambito del umana (!?). Tutte le quistioni che eccedo il generale e il singolo fatto storico come tale e toccano della teoria matica proble nella iersi raccogl da sono regolare di teorie evodella storia (Geschichtstheorie), sia che si tratti d'altra natura, lutive, di questioni sociologiche, psicologiche o concernenti
l’obbietto
storico.
Le
teorie
che
presuppongono
di tipo hegeliano, —) un sapere totale (Wissen um Ganzheit a della storia filosofi alla engono marxista, etc. — appart un fondamento di gnano abbiso poichè phie), hiloso (Geschichtsp ato, sono dichiar sopra metafisico. Teorie storiche, nel senso storici di i svilupp di icità moltepl una quelle che implicano concernono non o pertant che € etc., li, cultura ambiti di popoli, . Una il divenire storico nella sua totalità o nella sua unicità consiin preso è quando solo le possibi è teoria della storia storico, derazione un piano dell’oggetto più formale di quello allorquando
si
fa
astrazione
dalle
individualità
come
tali
queste determinate nello spazio e nel tempo, e si considera situaal di fuori delle determinazioni storiche di tempo e di € menti avveni , persone di ne quistio zione... Nella storia è irried uniche serie di e volta, sol una i accadut situazioni della petibili; questa unica serie costituisce, per ogni teoria avvenidegli era consid teoria tale storia, il fondamento. Ma , menti solo ciò che si riferisce ad un piano più formale bito nell’am leggi o attingendo così relazioni e uniformità second dei fatti storici. Tutti i problemi, che si riferiscono al signimi ficato e al valore della storia, così come anche i proble natura della tivi costitu (1) riguardanti l'origine degli elementi umana. (lingua etc.), fanno parte della problematica della
DI
-
METODOLOGIA
ETNOLOGICA
20I
filosofia della storia, la quale ad ogni avvenimento assegna, nell’ambito di una generale interpretazione di valore, il suo proprio relativo posto determinato. Intendiamo pertanto per filosofia della storia la metafisica del divenire storico, ossia dei fattori che rendono possibile la cultura... La filosofia della storia è quindi un settore della ' problematica della metafisica, così come i problemi logici e gnoseologici concernenti la storia rappresentano un settore della problematica della logica ‘.
A dir il vero, non ci regge l’animo di penetrar questo groviglio di errori: cecidere manus.
in
È oramai venuto il tempo di dichiarare esplicitamente come
debbano
essere
dello storicismo,
determinati,
il concetto,
pere etnologico, nonchè
dal
i compiti
punto
di
vista
e il fine del sa-
entro quali limiti possono
essere
utilizzati le tre principali metodiche che si sono avvicendate nella storia di questo dominio della riflessione storiografica, la metodica evoluzionistica, quella storico-culturale e quella funzionale. Per maggior chiarezza di esposizione fisseremo in vari articoli il codice della
etnologia storicista: 1) Nei confronti dell’evoluzionismo, l’etnologia storicista respinge il concetto di un’evoluzione meccanica per fasi che tutta l’umanità in blocco avrebbe attraversato,
procedendo dal semplice al complesso e dal basso verso l'alto. E respinge questo concetto perchè implica una storia universale e generale vuota di pensiero e di realtà, una storia procedente per schemi, nei quali si perde la varietà, la complicazione, l’organicità e la determinatezza dell’effettivo divenire storico. Dal punto di vista filologico l’etnologia storicistica rifiuta la tecnica di lavoro delta
4° Op.
ciît., p.
746 n.
202
NATURALISMO
E
$TORICISMO
SCRITTURE
NELL’ETNOLOGIA
DI
METODOLOGIA
prospettive cronologiche sicure, e quindi incapace a fornire allo storico quelle agevolezze di cui questi deve pur
avvalersi nella sua ricostruzione. Inoltre la tecnica evoluzionistica assumeva il mondo primitivo come una totalità: non ne sapeva ordinare la massa confusa di fatti
Il che
in
non
induca l’etnologo a tradire
cioè
che
2) Nei
distinte
confronti
o interferenti.
della
scuola
storico-culturale,
la
etnologia storicistica accoglie, in generale, l’idea, e, in parte almeno, anche l'esecuzione che ne è stata tentata di una tecnica e di una precettistica filologiche per risol-
vere la massa confusa dei fatti etnologici in una varietà di culture e in prospettive cronologiche determinate. Ma respinge altresì la pretesa storica della scuola, chiarendo
che l’eurisi non va confusa con l’anamnesi storiografica effettiva, nè l’ordinamento spaziale temporale e causale dei fatti con la qualificazione secondo categorie e con la determinazione
di
processi
e
d’ incrementi.
3) Nei confronti del funzionalismo, l’etnologia storicistica respinge il concetto biologico di funzione, nonchè il rinnovato materialismo e naturalismo dell’ indirizzo. Respinge altresì il concetto di esperimento pur riconoscendo, nella tentata determinazione delle azioni e delle
reazioni fra la civiltà europea e le civiltà inferiori, la forma inadeguata di un concetto giusto: e cioè che il mondo primitivo si apre e si dichiara solo nel rapporto con la nostra civiltà, senza di che l’etnologia resta al grado di sapere storicità. Quanto
più o meno ozioso, e non attinge la poi al contributo che la etnologia fun-
zionale darebbe, mercè
la conoscenza
del mondo
primi-
tivo, ai problemi della colonizzazione e dell’amministrazione coloniale, e quanto all’auspicata collaborazione fra
l’etnologo militante e il funzionario coloniale, è da osservare che i servigi che l’etnologia può rendere alla civiltà sono anche di questo genere, ma non le appartengono
ica
culturali
203
in proprio: è chiaro che una politica coloniale, che si illumini di sapere etnologico, è politica e non etnologia, com’è anche chiaro che l’etnologo che offre servigi al funzionario coloniale è egli stesso, almeno in quell’atto dell’offrir servigi ‘politici, un politico e non un etnologo.
etnologia evoluzionistica perchè insufficiente a determinare
aree
ETNOLOGICA
certo
non
guasta,
il fuzionario
sempre
coloniale
che
la ragion
il vero tradisca
politica
(il contrario, e la vera
politica
per amore della etnologia è in minore misura nell’ordine delle cose). In ogni caso, qui non tratta tanto di orientare la nostra civiltà o il nostro paese nella pratica amministrazione e colonizzazione di altre civiltà (si tratterà anche di questo, ma in una cerchia estranea a quella del concetto di etnologia come tale), quanto di promuovere un orientamento d’altra natura, di noi in noi stessi,
mercè
l’ampliata
risultare
dal
coscienza
sapere
del
nostro
essere
che
deve
etnologico.
4) L’etnologia è storia delle civiltà più lontane da quella occidentale. Come tale non è affatto una scienza autonoma, con metodi suoi propri, ma costituisce una delimitazione empirica —e pertanto approssimativa — di una sfera di possibili ricerche storiografiche. Il carattere scientifico (nel senso idealistico del termine) dell’etnologia dipende esclusivamente dalla sua natura storica, essendo la storia l’unica scienza. Come vi sono i medievalisti, i sinologi, gli egittologi e altrettali, così vi sono gli etnologi, cioè quella classe di
studiosi che si occupano delle civiltà che sono da noi più lontane. Senza dubbio la ricerca etnologica si avvale, nel suo ambito, di espedienti euristici particolari che molto opportunamente potranno essere raccolti e illustrati in appositi manuali tecnici: ma non si creda che la natura storica e scientifica dell’etnologia dipenda dalla ingegnosità
manuali!
di
tali
espedienti
e
dalla
compiutezza
di
tali
204
NATURALISMO
E
STORICISMO
NELL’ETNOLOGIA
5) Come storia della civiltà più lontana da quella occidentale, l’etnologia ha per obbietto le cosidette civiltà
primitive, le quali sono da noi lontane per eccellenza. È indifferente che tali civiltà siano attualmente viventi ovvero già scomparse: pertanto l’etnologia deve comprendere nel suo concetto anche ciò che in oggi costituisce
l’ambito
della
paletnologia,
la quale
inopportuna-
SCRITTURE
DI
METODOLOGIA
ETNOLOGICA
205
bito della paletnologia è opportuno determinare i mezzi .tecnici di ricerca e di lavoro più adatti alle condizioni particolari in cui la ricerca e il lavoro si svolgono ‘. 6) Il mondo primitivo non può essere definito in senso cronologico, come l’umanità che visse «all'alba dei
tempi»
o che
«iniziò
la storia
umana ». In
questo
senso l’espressione « più primitivo » equivarrebbe all’altra « cronologicamente più antico ». Ora il concetto di mondo
mente è tenuta distinta dall’etnologia. Più precisamente la paletnologia deve costituire il momento di riattacco della etnologia stricto sensu con la storia della civiltà occidentale, ovvero, più precisamente ancora, attraverso la ricerca paletnologica l’etnologo deve aiutare l’anamnesi di quel momento di scelta e di elezione da cui procede sia la direzione a cui egli appartiene, sia la direzione che attualmente è così remota dalla sua civiltà. Per me
di ciò che viene dopo: questo scambio del senso logico col senso cronologico del primitivo vizia tutta l’opera, per
europeo lontano,
altri rispetti notevole, dello Schmidt. I criteri della semplicità dei mezzi tecnici, della situazione geografica, della
culto, di un
il presente cronologico, idealmente così membro di una qualche tribù totemistica
può diventare idealmente presente solo se riuscirò a ricordare il momento storico in cui ebbe inizio la divergenza le due direzioni di cultura che mettono capo, rispettivamente, a me e a lui. In ogni caso occorre disan-
corare il concetto di etnologia da quello di mondo primitivo a noi contemporaneo, e identificarlo con quello di civiltà idealmente più lontane, materialmente viventi o morte che siano ‘. Naturalmente anche nell’am-
primitivo deve essere determinato logicamente come prevalenza della fantasia nell’ambito della teoreticità e della mera vitalità economica nell’ambito della praxis.
Ciò punto
che
viene
di
vista
struttura
linguistica,
nel
tempo
potrebbe
e storiografico
del tipo
razziale
meno
essere
dal
« primitivo»
e simili, possono
certamente concorrere a indicare con sufficiente sicurezza i Negriti d'Asia, i Negrilli d'Africa, i Paleoasiatici, gli Ainu, i Paleoamericani, i Paleocaliforniani, i Figini, i Tasmaniani, i Paleoaustraliani come genti e stirpi cro-
nologicamente più remote, presso le quali si trova in certo modo depositata la testimonianza più o meno ben conservata di un mondo culturale anteriore ad ogni altro
a noi noto. Ma «Idealmente più lontane », s'intende, per il non etnopoichè per l’etnologo che sia storico il mondo primitivo è vicino e presente quanto la civiltà del Rinascimento o la Rivoluzione francese per lo storico di questi periodi. Anzi, la storia di un istituto primitivo si dichiara all’etnologo con più vivace e intima presenza di molti particolari della sua propria biografia, oramai disindividuati e caduti nella sfera grigia della naturalità. L'espressione « idealmente più lontane » riferita alla civiltà di cui si occupa l’etnologia ha sopratutto il
prima logico
questo accertamento
cronologico
non ci
4 logo:
vantaggio di designare il compito proprio del sapere etnologico:e cioè l'allargamento della nostra autocoscienza mercè 1’ inclusione, in essa, di un ambito storiografico che di solito non entra nel giuoco dialettico del pensiero e dell’azione vivi ed operosi.
4 Un intravedimento della funzione del sapere paletnologico nell’ambito etnologico e storico non manca in qualche studioso: per esempio nel MenGcHIN, del quale è da vedere la Weltgeschichte der Steinzeit (Wien, 1931). Si vedano anche alcune opere del Kern, Die Welt worein die Griechen traten (Anthropos, XXV, 1930. p. 195 sgg.): Weltgeschichte der schriftlosen Vòlker (Archiv f. Kulturgesch., XXII, 1931, P. 21 Sgg.); Die Anfinge der Weltgeschichte, Berlino-Lipsia, 1933. Cfr. ScaMIDI, Handbuch etc., p. 307 sg. È stata lamentata la mancanza di una particolareggiata e completa tecnica del lavoro paletnologico: vedi ScumiIpr od. cit., p. 310 Sg. ”
206
NATURALISMO
E STORICISMO
SCRITTURE
NELL’ ETNOLOGIA
centrica,
non
può,
cioè,
non
essere
atdalla coscienza che la civiltà occidentale, maturatasi
inismo e lo traverso il cristianesimo, la riforma, 1 illum fin ora, cui, a alto più storicismo, rappresenta il livello
il genere umano è riuscito ad elevarsi. disci9) L’antropologia, o scienza delle razze, è nte osame rigor i teners da è tale come a: plina naturalistic preun oppo Purtr . storia è che ia, tnolog dall’e distinta e ngenz conti potente naturalismo, giovandosi in parte di extrascientifiche,
sembra
tornare
in
onore
e
tende
di
ia e nuovo a cancellare quella distinzione fra antropolog urale avere, etnologia che è merito della scuola storico-cult
ora di in un modo o nell'altro, mantenuto. Si parla ione miss tras di , razza della qualità spirituali obiol Etno « una di tà, quali tali ereditaria di
discorso, gia », e simili”. La cosa meriterebbe un lungo raccolta, « Intorno a un 50 Vedi il saggio, compreso nella presente posto problema etc. », P. 77. veda Scuripr, Allgemeine 51 Come esempi di questo indirizzo si der Menschenrassen, MoStudium das in ung Einfiihr als unde Rassenk
mal
METODOLOGIA
ETNOLOGICA
207
tanto più che anche negli etnologi che impugnano
tivo (nel senso autorizza affatto a cercare il più primi logicamente crono del logico e storiografico) nell’ambito amente più logic crono il e più antico, nè a considerar o, tempo nel to assolu antico come il primo 7) È d’uopo altresì disancorare il concetto di etnolo nello Anche gia da quello di civiltà esterne alla nostra. paese, nostro del o nente conti nostro del afico geogr spazio ritrono posso anche nell’ambito della civiltà occidentale, mente più o varsì relitti di atteggiamenti culturali ideal (Folkogia Demol la meno lontani. Pertanto anche to momen come a derat consi lore, Volkskunde) deve essere degli ione minaz deter nella : istica di una etnologia storic ogia anelli che ci legano al mondo primitivo, la demol le. notevo io entar docum iale mater un e può fornir 8) L’etnologia non può non essere europeoaccompagnata
DI
tesi fa difetto
quella
solida preparazione
per l’occorrenza è necessaria ®. ; i Da e del sapere roliiezni
pirito
che
si
he
OT implica
etnologico
storicamente
quest
speculati ;
attua
in
una
molteplicità di cosmi culturali, umani e subumani. A questo proposito giova qualche chiarimento. Tama che cominci ad essere nella storia — sia che questo cominCamento sia unico, come vuole 1’ ipotesi monogenetica sa dh tratti di più punti originari di fraiiantane , come vuole l’ ipotesi poligenetica — è mitologi
includente lo stesso errore della religione che sonni ad essere con una sua forma particolare: e se le forme dello spirito hanno un cominciamento ideale eterno, al
trettanto è da dirsi per l’umanità o lo Spirito vivente
organismo
articolantesi
in
queste
che è
ferma
i °
È opportuno soffermarsi su questo punto poichè qui s1 tratta, come altra volta abbiamo messo în rilievo di buon punto prospettico per criticare gli errori al procedimento naturalistico. ° Lo spirito non comincia
la sua storia uscendo mir
colosamente dal grembo della natura senza storia: ii realta tutto è nello spirito e nella storia, anche la nai , che è spirito e divenire, ma non più presente alla E pe aa, i perciò rovesciato e solidificato negli 1 intelletto. La duplice io di fuori della storia, e di uno Spitito o i "osa comi da naco, adi miPip bali
Voòlker ò kunde und vòlkerbiologische For. agri es (Mitteilungen des Museums fiir Vilkerkunde oe rg, » 1928, p. 75 sgg.); .); id., id Lebensgesetze d :t do I Cn sum Problem der Generation in der Entre Sa n erlino, 1929; id. System und Bibliographie der Kult Lio» 0, 3 > Con 1932. Cfr. ScamIDI, Hand.,i» p. Da 289 sgg. L f MT ai Ù î» per esempio, Krause, Vòlkerkunde-An thropologie-Eth:
2
g:
asse und
thnologischen
Volk
(trad.
Studien,
I,
ital. edita dalla
1931,
p.
138 sgg.)
Morcelliana nel
1939)
$
Dr, a
«dI
“*
& #.
L
Dr
208
NATURALISMO
STORICISMO
E
NELL’ ETNOLOGIA
cominciano a divenire, nasce da un dualismo non risolto : che se poi lo si risolve, allora l'umanità, in senso lato, stata, come
sempre
si dichiara a noi come
coin-
concetto
non muti,
umanità lata, che meglio chiamasi Spirito, si articola in
una molteplicità di centri di individuazione storiografica, in atto, cioè, di rifare un certo ordine di accadimenti, lasciando cadere il resto e disindividuandolo: centri di
esperienza
ricca
più
quanto
potenza
maggiore
storica,
e procedenti
praxis.
Questi
e ampia
parte,
d'altra
centri di con tanta
è la loro nelle
loro
individuazioni storiografiche sotto lo stimolo di un bisogno
della
con
la
centri
di
individuazione
della
universa realtà si dispongono secondo sistemi di comprensione storiografica maggiore, avvertendo prevalentemente come natura, cioè non rifacendo per lo più ragione
storica,
sistemi
altri
di
individui.
Uno
di questi sistemi di reciproca possibile comprensione, sufficientemente solidale perchè giovi costituirlo come classe a sè, è ciò
che
noi
chiamiamo
umanità
stricto
sensu,
il
resto essendo per noi natura, animali o piante 0 minerali che
siano,
tutte formazioni
storiche
senza. storia
da noi
scritta, civiltà e culture sempre più lontane dalla nostra memoria, ma pur presenti in qualche modo alla memoria degli individui che la compongono. La storia degli animali attualmente solo l’animale può farla, quella della pianta solo la pianta, salvo il caso che l’uomo ridiscenda fino all'animale e alla pianta su cui è assorto.
Ma il concetto empirico di umanità non designa soltanto un ambito approssimativo di centri di individuazione tendenti a circoscrivere fra di loro la comprensione storiografica, ma anche una direzione di sviluppo del reale nella
quale,
in senso
assoluto,
DI
METODOLOGIA
ETNOLOGICA
209
più alta e più piena, e, quindi, l'incremento del reale più vivace. Par quasi che il mondo animale e vegetale
cidente con gli altri, di realtà, di spirito e di storia. Questa
individuazione storiografica che sono altresì azione o di incremento del reale, agenti anzi
SCRITTURE
4
la comprensione
fra i centri di comprensione storiografica è, in generale,
tanto
lentamente
muta:
nella
storia
degli
uomini, invece, in un relativamente breve volger di anni istituti nascono e muoiono e si compiono profonde rivoluzioni spirituali. L'umanità stricto sensu circoscrive dunque una tendenza del reale, una sua direzione di sviluppo, la quale si articola a sua volta in varie direzioni
secondarie e terziarie, le cosiddette culture e civiltà umane stricto sensu. Le quali culture e civiltà umane ssi diramano dal tronco ascensionale del reale secondo iniziative geniali che fanno flettere più o meno energicamente la direzione precedente in altro senso. E si ripete nell’ambito dell'umanità stricto sensu, ciò che vale per il reale nella sua totalità, e cioè il disporsi degli individui secondo gruppi in cui la comprensione storiografica è relativamente più frequente: in particolare la civiltà occidentale stenta a intendere nel loro valore le cosiddette civiltà inferiori o primitive, che si atteggiano di solito a lei quasi come natura, almeno che un’etnologia storicisticamente orientata non le richiami in vita, il che in massima parte è ancora da farsi. Da questo punto di
vista diventa possibile una conciliazione fra la raffigurazione bergsoniana dello sviluppo del reale come espansone
ramiforme, la critica antievoluzionistica della scuola
storico-culturale e la metodologia crociana che dissolve radicitus il dualismo tra spirito e natura. i 11) Il centro della storiografia è il presente e non il passato,
ed il suo
compito
è la migliore autocoscienza
della civiltà alla quale apparteniamo. Per questo scopo non servono le profondità millenarie, le sequenze cronologiche,
i nessi
causali
e neppure
una
descrittiva
una tipologia delle varie direzioni di sviluppo del genere umano.
Il grande
albero
della
storia
si diffonde
in una
e
molteplicità di rami, e noi ci troviamo su uno solo di essi. E. pe Martino.
14
210
NATURALISMO
E
STORICISMO
NELL’ETNOLOGIA
Compito dell’etnologia è, sì, di ripercorrere a ritroso quella . è . % 4 aes | linfa che ci alimenta e che proviene da lontane radici, ma al fine di cogliere quei punti in cui la corrente devia
verso
l’alto,
in una
direzione
diversa
da quella
da cui
proveniamo. Son questi i punti in cui, fra le infinite possibilità di vita e di sviluppo, il corso del divenire si è
INDICE
ulteriormente differenziato secondo rami più o meno divergenti. Ora la individuazione di queste alternative da cui siamo usciti determina meglio ciò che noi siamo, qui
ed ora.
i
12) L’etnologia deve illuminarela stotia della civiltà occidentale, e deve concorrere, per quel che le spetta, a dare incremento e consapevolezza al nostro essere e al nostro dover essere. Se questo farà, e nella misura in cui riuscirà a farlo, l’etnologia diventerà sapere vivo
Anassagora, 93. Ankermann B., 121, Antoni C., 196, Aristotele, 154.
124,
179.
Avenarius R., 153.
lismo, l’etnologia costituirà ora un sapere ozioso o mala-
mente operoso,
Bergson H., 9, 30, 35, 52, 68,
ora un utile riordinamento di storia che
fu per una possibile storiografia che sarà:
e tuttavia mai
costituirà quel che più o meno consapevolmente avrebbe l'ambizione di essere: una storiografia che è, formatrice di pensiero, rischiaratrice di azione.
De
50,
153.
135, 152,
153,
157,
164,
171,
172,
Bonald
De
G.,
161sg., 1809,
209.
122.
122.
Quatrefages
A.,
26,
57,
122.
E., 47.
170. G.,
69.
Frazer J., Freud S., Frobenius Fueter E.,
141,
18. 166, 122, 124, 179. L., 122, 124, 179. 16.
Gillen F. J., Gervinus G. Goethe W., Goldenweiser Gothein E.,
27, G., 112. A. 145,
122.
54. 196. A., 46, 196.
Graebner Fr., 46, 121, 123, 125, 128, 161, 179, 181,
Grimm J. e W., 68. Gusinde M., 121, 124.
L. G. A., 48, 49. M.,
56,
Flieberg C. H., 122. Foy W., 15, 121, 125-29,
53, 59, 85, IIO, 133, 143, 144, 145, 148 sg.,
Delafosse
A.,
Flaubert
Capell A., or. Cassirer E., 26 sg., 30, 196. Clodd E., 93. Comte A., 48, 49. Croce B., 8, 0, 11, 14, 50, 52,
J. U.,
52,
143, 145, 149.
Bruno G., 84. Brunschwicg L., 47,
Czekanowski
51,
Erodoto, 173. Evans-Pritchard Feder
128.
160,
50,
Elliot-Smith
Best (Elsdon), 72. Birket-Smith K., 122. Blondel M., 68. Bogoraz W. G., 122.
186,
48,
Eddington A. S., 141 sg., 153. Ehrenreich P., 120.
153, 209.
K.,
Dilthey W., 9, 195, 196. Dixon R. B., 121. Dougall W. C., 46. Droysen G. G., 196. Durkheim E., 19, 21, 22, 59.
Bernheim E., 126, 151, 196.
Breysig
NOMI
47,
Bachofen J. J., 13, 53. Bartelet F. C., 46. Bastian A., 120, 1909. Beck C., 55. Benedict R, F., 122.
e vitale: nella misura in cui si lascerà vincere dal natura-
DEI
Hartland S., 93. Hatt S., 122.
121. 124, 182.
À
212
NATURALISMO E STORICISMO NELL’ETNOLOGIA
Hegel
G.
W.
F.,
0,
84sgg.,
152, 153, 195, 200. Henne Am-Rhyn Heussi, 195.
O.,, 126,
Hian
91.
Hobgin
H.,
Howitt A. W., 54. Hobhouse L. T., 122. Hubert
H.,
20,
30.
Hulrich H., 120, 198-201. Humboldt (von) W., 195, 196. Husserl E., 9. Iselin,
127.
Jackson J. W., 122. Jochelson W., 122. Jodl
F.,
Lowie R. H., 121, Luca, 66. Lutoslawski, 165.
Meinecke
F.,
Morgan
L.,
J.,
120,
Kapp, 190. Kaudern W., 122. Keiter F., 192. Kern Fr., 205. Kidder A. L.,
Klemm, Kohl,
125,
Miiller
I169-9I,
166.
E.,
186 Sg.,
192,
197.
M.,
68.
Needham ]J., 46. Nordenskiòld (von)
E.,
122.‘
122.
126.
Omodeo
190.
Koppers W., 55, 122, 124, 169,
96, 120, 121, 188, 189.
Krause
207.
Fr.,
W.
188,
Kreichgauer D., 121. Kroeber A. L., 122, 179. Krohn I., 122. Krohn K., 122. Lamprecht C., 127, 128, 196. Langlois P., 151. Lang A., 18, 106 sg., Ito. Lazarus M., 48. Lebzelter V., 121. Leroys O., 122. Lesser A., 192. Lessing G. E., 107. Lévy-Bruhl L., 15, 17-75. Lewis A. B., 122. Lignitz, 179. Lindblom G., 122. Lippert J., 126. Lorenz O., 196.
A.,
13,
66,
81,
105,
de la Boullaye H., 123, I29-3I, 132,
120, 133,
118, 143. Otto R., 72 sg. Perry W. J., 122. Pettazzoni R., 110.
Pinard 122,
134-40,
147-58,
Platone, 93. Poincaré H., 153. Praz M., 69, 73. Preuss Th., 47, 93,
162.
186.
Radeliffe-Brown A. R., 192. Rasmussen K., 122. Ratzel
Fr.,
112,
124.
Reinach S., 147. Rickert H., 162. Riehl
Ritter
W.
K.,
H.,
196.
190.
Rivers W. H. R., 122. Rivet
P.,
Rousseau
61, 94-106, 108-I0, II2-14, 120, 121, 122, 123, 124, 128,
151,
13.
193-905,
Sauerbruch F., 93. Sapir E., 121, 180. Schafer D., 145, 196. Schapera J., 192. Schebesta P., 121, 124, 179. Scheidt W,, 206. Schelling F., 68. Schmidt W., 15, 46, 47, 55;
131 Sg.,
196.
Menghin O., 121, 205. Meyer R. M., 127. Meyerson E., 153. Montadon G., 122.
Mihlmann
Kant E., 9, 45, 83, 135, 152, 164.
122.
Malinowski Br., 46, 192. Marett R. R., 82sg., 86-93, 94. Matteo, 66. Mauss M., 20, 21, 26, 30. Mazzini G., 73, 118, Mc Lennan, 120.
Mòser
125.
INDICE
122.
J. J., 176.
134,
144Sg.,
150,
156sg.,
158sg.,
161,
205,
207.
Schulien P., 102, 121, 124. Schumann W. O., 93. Schwarz, 120. Seignobos C., 151, 158. Shirokoroff M., 122. Spencer B., 27, 54. ‘Spengler O., 193. Spier L., 121. Spinoza, 84. Steinhausen G., 196. Steinthal H., 48. Sternberg L., 122.
.
DEI
NOMI
213
Steward
J.
H.,
158.
Swanton
J. R.,
121.
Talete, 85. Thalbitzer W., 122. Thilenius G., 120. Thurnwald R., 91, 93, Tozzer A. M., 121. Troeltsch E., 196.
192.
Tylor E. B., 17 sg., 79sg., 82, 86,
89,
120.
Vaihinger H., 9. Van Bulk G., 192. Van Gennep A., 54,
Vico
G. B., 53, 75,
55.
149,
193. Vierkandt A., 55, 73. Wagner R., Webb, 46. Williamson Windelband Wisser CI., Wundt W.,
13. R. W., 122. W., 161. 121. 49.
163,
INDICE
INTRODUZIONE. Saggio
critico
sul
ANALITICO
LL... prelogismo
di
Lévy-Bruhl
i De
7
p.
17
La scuola antropologica inglese e il suo intellettualismo: il primitivo come filosofo selvaggio. La reazione della scuola sociologica francese a tale intellettualismo. Accentuazione di motivi irrazionalistici e prammatistici nell'opera di Lévy-Bruhl. La legge di partecipazione e la categoria affettiva del soprannaturale dominanti i prodotti della mentalità collettiva. Posizione affatto subordinata del pensiero individuale retto dal principio di identità. La legge di partecipazione e i modi dell'intelletto. La personalità. Passaggio a tipi superiori di mentalità. Critica della distinzione sociologica fra mentalità collettiva e pensiero individuale, Critica della genesi sociale della religione. Errori speculativi nella filosofia della religione del Durkheim: la ricerca della genesi storica delle categorie ideali e le definizioni minime, Lèvy-Bruhl non ha alcuna notizia di quel che sia la logica speculativa e risolve la teoreticità nell’intelletto astratto: tuttavia l’espressione « mentalità prelogica» non può essere accettata neppure nel senso di « mentalità preintellettiva ». Il sostanziale antistoricismo dell'ipotesi prelogica, impossibilità del passaggio dalla mentalità primitiva a quella culta, perdita di prospettive storiche. Motivazioni romantiche e decadentisti-
îR
che del prelogismo.
Un
problema La
| Ra
prima
Il problema
Conclusione.
mal posto dell’etnologia religiosa: forma
di religione
.
.
.
.p.
77
delle origini e quello della prima forma della religione. Definizioni minime e ricerca del « primo» nella storia delle religioni. Deficienze di tale procedimento: il problema
216
NATURALISMO
E
STORICISMO
NELL’ETNOLOGIA
INDICE
del cominciamento nella storia della filosofia. Il tentativo del Marett: la deformazione del categorico nel medio e nel tipico e la generalizzazione di forme storiche definite per attingere il pseudo-categorico. La ricerca degli antecedenti della magia nel mondo animale, e la «spiegazione» del Mana mercè i processi del mondo fisico. Il passaggio dalla mala infinità del regresso all'infinito alla mala finitezza del primo assoluto 7 re: Schmidt e la Urreligion. Fragilità speculativa del tentativo dello Schmidt. La superstizione del tempo e il concetto cronologico di primitivo. Necessità per l’etnologia in genere e per quella religiosa in ispecie di liberarsi da tale superstizione, Il concetto di religione va ricercato nel quadro di una filosofia dello spirito.
I principî
della
scuola
storico-culturale
.
. p.
119
La etnologia evoluzionistica e le sue deficienze. L’ indirizzo « storico » in etnologia e le sue varie ramificazioni. La scuola storico-culturale. La prefazione programma del Foy buon punto prospettico per una valutazione critica dei principî della scuola storico-culturale. La separazione della storia dalla filosofia in H. Pinard de la Boullaye e in W. Schmidt. Critica di tale separazione. La risoluzione della storia nell'ordinamento spaziale temporale e causale dei fatti e la surrogazione delle vere categorie storiografiche con le pseudo-categorie dell’ intelletto. La storia universale e generale, pretesa ineseguibile. La storiografia naturalistica è necessariamente ipotetica. Vani tentativi del Pinard di vincere l’ipotetismo mercè la prova per indici convergenti. Valutazione complessiva dei principî della scuola.
Intorno ad alcune scritture di metodologia etnologica... LL. + Di 169 L’Handbuh der Methode der Kulturhistorische Ethnologie dello Schmidt. La classificazione e la critica delle fonti. I criteri per la determinazione dei rapporti culturali, delle province e delle fasi di cultura, dello sviluppo culturale interno e della causalità culturale. I criteri della qualità e della quantità e i criteri ausiliari della continuità e dei gradi di parentela. Metodo della scuola per ottenere prospettive cronologiche: il pro-
ANALITICO
217
cedimento sottrattivo. I « Zeitmesser ». Difetto fondamentale di questa metodologia: la mancanza di distinzione fra tecnica filologica e ricerca storiografica. Il torto e il diritto ‘di una obiezione mossa dal Krause alla scuola storico-culturale. Il funzionalismo puro e quello temperato. Uno scritto metodologico del MihImann nel Lekrbuch der Ethnologie diretto dal Preuss, Il funzionalismo come espressione e non come superamento della crisi che travaglia la etnologia contemporanea. L’ibridismo di metodi e il più o meno latente materialismo dell’indirizzo funzionale. Uno scritto metodologico dell’ Hulrich. Conclusione: il codice della etnologia storicistica.
INDI DEICE NOMI...)
211
FINITO DI STAMPARE IL 12 OTTOBRE 1940- XVIII NELLO STABILIMENTO D'ARTI GRAFICHE GIUS. LATERZA & FIGLI IN BARI
nie
(89808)