Mercanti di dubbi. Come un manipolo di scienziati ha nascosto la verità, dal fumo al riscaldamento globale 8866272671, 9788866272670

La comunità scientifica è ormai unanime sull'origine antropica del riscaldamento globale, e la maggioranza dell

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Italian Pages 375 [471] Year 2019

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Table of contents :
MERCANTI DI DUBBI
Prefazione
IL MERCATO DEL DUBBIO
STORIE DA CONOSCERE PER NON PERDERE ALTRO TEMPO
note
INTRODUZIONE
1. IL DUBBIO È IL NOSTRO PRODOTTO
2. LA SDI, LA FALSIFICAZIONE DEI FATTI E LA CREAZIONE DEL GEORGE C. MARSHALL INSTITUTE
LA NASCITA DEL TEAM B
GUERRE STELLARI: LA STRATEGIC DEFENSE INITIATIVE
DALLA DIFESA STRATEGICA ALL'INVERNO NUCLEARE
IL GEORGE C. MARSHALL INSTITUTE
UN ATTACCO SU VASTA SCALA ALLA SCIENZA
3. SEMINARE DUBBI: LE PIOGGE ACIDE
L'AZIONE POLITICA E LA SPACCATURA STATI UNITI-CANADA
LO SCETTICISMO ALLA CASA BIANCA DI REAGAN
OTTENERE UN'OPINIONE INDIPENDENTE
IL COMITATO DI NIERENBERG PER LA PEER REVIEW SULLE PIOGGE ACIDE
LA MANOMISSIONE DELLA PEER REVIEW
4. LA COSTRUZIONE DI UNA CONTRO-NARRATIVA: LA BATTAGLIA SUL BUCO DELL'OZONO
LA GUERRA DELL'OZONO
I BUCHI NELLO STRATO DELL'OZONO
STABILIRE UNA REGOLAMENTAZIONE ADATTABILE
UN BUCO DELL'OZONO SULL'ARTICO?
LA COSTRUZIONE DELLA CONTRO-NARRATIVA
CHE COSA È AVVENUTO IN REALTÀ?
5. COS'È LA CATTIVA SCIENZA? CHI LO DECIDE? LA BATTAGLIA SUL FUMO PASSIVO
BREVE STORIA DEL FUMO PASSIVO
INCOLPARE IL MESSAGGERO: L'ATTACCO DELL'INDUSTRIA ALL'EPA
USARE IL TABACCO PER DIFENDERE LA LIBERA IMPRESA
6. IL NEGAZIONISMO SUL RISCALDAMENTO GLOBALE
1979: UN ANNO CRUCIALE PER IL CLIMA
L'ORGANIZZAZIONE DEL RITARDO: LA SECONDA E LA TERZA RELAZIONE DI VALUTAZIONE DELL'ACCADEMIA
L'EFFETTO SERRA INCONTRA L'EFFETTO "CASA BIANCA"
INCOLPARE IL SOLE
L'ATTACCO A ROGER REVELLE
IL SECONDO ATTACCO NEGAZIONISTA
7. IL NEGAZIONISMO DI NUOVO IN AZIONE: L'ATTACCO REVISIONISTA E IL CASO RACHEL CARSON
SILENT SPRING E IL SCIENCE ADVISORY COMMITEE DEL PRESIDENTE
IL NEGAZIONISMO COME STRATEGIA POLITICA
IL PROBLEMA ORWELLIANO
CONCLUSIONE — LA LIBERTÀ DI PAROLA E IL LIBERO MERCATO
UN VILLAGGIO POTEMKIN... SCIENTIFICO
LIBERTÀ DI PAROLA E LIBERO MERCATO
IL FONDAMENTALISMO DEL MERCATO E IL LASCITO DELLA GUERRA FREDDA
LA TECNOLOGIA CI SALVERÀ?
IL TECNOFIDEISMO
PERCHÉ GLI SCIENZIATI NON SONO INSORTI?
EPILOGO — UNA NUOVA VISIONE DELLA SCIENZA
RINGRAZIAMENTI
PERMESSI
NOTE
INTRODUZIONE
1. IL DUBBIO È IL NOSTRO PRODOTTO
2. LA SDI, LA FALSIFICAZIONE DEI FATTI E LA CREAZIONE DEL GEORGE C. MARSHALL INSTITUTE
3. SEMINARE DUBBI: LE PIOGGE ACIDE
4. LA COSTRUZIONE DI UNA CONTRO-NARRATIVA: LA BATTAGLIA SUL BUCO DELL'OZONO
5. CHE COS'È LA CATTIVA SCIENZA? CHI LO DECIDE? LA BATTAGLIA SUL FUMO PASSIVO
6. IL NEGAZIONISMO SUL RISCALDAMENTO GLOBALE
7. IL NEGAZIONISMO DI NUOVO IN AZIONE: L'ATTACCO REVISIONISTA E IL CASO RACHEL CARSON
CONCLUSIONE — LA LIBERTÀ DI PAROLA E IL LIBERO MERCATO
EPILOGO — UNA NUOVA VISIONE DELLA SCIENZA
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Mercanti di dubbi. Come un manipolo di scienziati ha nascosto la verità, dal fumo al riscaldamento globale
 8866272671, 9788866272670

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MERCANTI DI DUBBI COME UN MANIPOLO DI SCIENZIATI HA OSCURATO LA VERITÀ, DAL FUMO AL RISCALDAMENTO GLOBALE Naomi Oreskes, Erik M. Conway REALIZZAZIONE EDITORIALE Edizioni Ambiente www.edizioniambiente.it

Copyright © 2010 by Naomi Oreskes and Erik M. Conway Published by arrangement with The Italian Literary Agency and Aycsha Pande Literary TRADUZIONE: Luigi Ciattaglia, Diego Tavazzi

REVISIONE SCIENTIFICA DEL TESTO A CURA DI:

Stefano Caserini, Claudio Cassardo, Sylvie Coyaud, Gabriele Messori, Stefano Tibaldi COORDINAMENTO REDAZIONALE: Diego Tavazzi

COVER: Mauro Panzeri

IMPAGINAZIONE: Roberto Gurdo

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IN COPERTINA: Clker-Free-VectorImages@Pixabay_CC0

© 2019, ReteAmbiente Srl via Privata Giovanni Bensi 12/5, 20152 Milano tel. 02.45487277, fax. 02.45487333

ISBN 978-88-6627-267-0

Finito di stampare nel mese di ottobre 2019 presso GECA S.r.l., San Giuliano Milanese (Mi) Stampato in Italia — Printed in Italy

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Prefazione L'edizione italiana di Merchants of doubts arriva nell'anno di Greta Thunberg e dell'internazionale dei Fridays for Future; nell'anno in cui Donald Trump, il presidente degli Stati Uniti, dichiara che la ricchezza americana basata sull'energia non va messa a rischio per "sogni e mulini a vento". Non è solo un libro sul cambiamento climatico, ma un testo sul rapporto fra scienza, politica, informazione e opinione pubblica. Ha il pregio di saper colmare molte distanze, poiché pesca dal passato e ci aiuta a spiegare il nostro presente, racconta "storie americane" che però riconosciamo molto vicine a noi. Ecco perché va letto, e va salutata con soddisfazione la versione italiana, che coincide con il decennale dell'uscita del libro negli Stati Uniti. Naomi Oreskes ed Erik Conway dieci anni fa hanno ricostruito un intrico di vicende che per mezzo secolo hanno segnato il dibattito scientifico e politico negli States. Il loro racconto parte da una situazione anomala. La Terra si sta scaldando ed è l'uomo che sta cambiando in maniera così radicale il clima. La comunità scientifica lo sa e lo dichiara, dati alla mano, eppure molta gente ancora pensa il contrario. Dove sta l'inghippo? Qui arriva la risposta di Mercanti di dubbi: c'è chi ha lavorato alacremente per costruire, intenzionalmente e deliberatamente, una cultura del dubbio; per screditare il lavoro dei ricercatori che cercavano di spiegare il cambiamento climatico esponendo i dati, e per ammantare di credibilità scientifica le posizioni negazioniste più infondate. L'obiettivo? Pilotare il consenso e influenzare la politica, in modo da evitare o rallentare le decisioni necessarie per frenare il surriscaldamento del globo e che, inevitabilmente, puniscono settori economici importanti. Oreskes e Conway fanno nomi e cognomi, ricostruiscono legami con l'industria dell'energia fossile e con i decisori politici, esplicitano mandanti, esecutori, modalità e moventi del "delitto" in questione: lo spaccio di dubbi costruiti ad arte e falsi come monete da tre euro. Il loro lavoro di indagine viene guidato da importanti suggerimenti che arrivano dal passato, dalla storia della ricerca sui danni del fumo e della strategia di difesa dell'industria del tabacco. Nella prima metà del Novecento 4

i consumi negli Stati Uniti erano cresciuti vertiginosamente, da una media di 54 sigarette l'anno a testa nel 1900 a 4.345 nel 1963. Quello fu il picco. All'inizio degli anni Sessanta le autorità sanitarie statunitensi ed europee iniziarono ad affermare che il tabacco era pericoloso per la salute. C'erano decenni di ricerche e migliaia di studi inequivocabili, e l'industria si preparava a parare i colpi almeno dagli anni Cinquanta. Si poteva negare l'evidenza, cioè che il fumo uccide, fa ammalare e impoverisce? Certo. Erano gli anni della grande industria pubblicitaria, gli anni in cui la persuasione era ormai diventata una scienza, potente e ricca di mezzi. Si screditavano gli studi e gli studiosi, si distraeva il pubblico di consumatori, si rispondeva ai dati con i dubbi. Infondati? Non importava. Nel tempo, dal fumo attivo il fronte si è spostato a quello passivo, ai filtri, agli aromi, poi ancora sulle diverse misure di controllo del tabacco, come l'aumento dei prezzi, pacchetti di sigarette senza brand, aree smoke-free. Il declino nei consumi sta arrivando ugualmente, anche se in ritardo, e il prezzo pagato — che stiamo ancora pagando — è enorme: otto milioni di vittime ogni anno nel mondo, di cui oltre un milione non hanno mai fumato. Almeno 70.000 morti in Italia, tutti gli anni. Oggi una partita importante si gioca intorno ai nuovi strumenti per il consumo di nicotina e al principio della riduzione del danno contro quello della riduzione dell'esposizione al prodotto. Si tratta di un mercato variegato, giovane e complesso, tanto più che si parla di consumi spesso guidati dalla dipendenza. A complicare il quadro, come insegnano Oreskes e Conway, interessi economici e politici che hanno imparato a essere estremamente reattivi ed efficaci. Un sistema lobbistico che riesce in una quasi perfetta operazione di mimesi, assume le forme e i linguaggi del dibattito scientifico, in apparenza persino gli obiettivi. Un esempio? Nel 2017 una delle più grandi aziende del tabacco al mondo, Philip Morris International, ha istituito la Foundation for a Smoke-free World, una fondazione "per accelerare la liberazione del mondo dal fumo", con un impegno finanziario di un miliardo di dollari l'anno per 12 anni. Da più parti la comunità scientifica ha risposto chiedendo compattezza e trasparenza al mondo della ricerca, c'è bisogno di una scienza forte per ridurre i danni causati dal tabacco, c'è bisogno di una scienza estremamente forte per affrontare l'emergenza del global warming, ma questa scienza non può che essere indipendente dall'industria. 5

Esattamente come la ricerca, anche l'informazione ha bisogno di essere più solida e più indipendente. Il lavoro dei mercanti di dubbi ha attecchito anche perché ha trovato un terreno pronto ad accoglierlo: audience ostili alle informazioni complesse ("non dirmi cose complicate, non dirmi che ho torto, non darmi brutte notizie"), diffidenti nei confronti della politica e dell'ambientalismo, orientate all'individualismo, legate a un paradigma identitario tradizionale. In questo terreno, proposte di policy orientate a cambiamenti più o meno rapidi, ma certamente impegnativi, cadono come semi sulla pietra. La falsificazione ha dei vantaggi difficili da recuperare: viaggia veloce e con poco bagaglio, non ha bisogno di metodo o di coerenza, non servono le peer review. Ha un vantaggio economico e temporale enorme. In questi dieci anni, l'avvento dei social network ha reso più facile la circolazione delle notizie, la creazione di gruppi di interesse e di pressione, aprendo anche nuove grandi questioni riguardo la sicurezza dei dati personali e il loro sfruttamento per manipolare l'opinione pubblica. Ci sono stati cambiamenti positivi. Testate importanti hanno tematizzato in maniera stabile il cambiamento climatico e contribuito a migliorare il linguaggio che lo racconta (dal 2019, per esempio, su The Guardian non si scrive più "cambiamento" ma "crisi" o "emergenza" climatica). Organizzazioni non profit mettono in rete, a disposizione di tutti, documenti e analisi per dimostrare e spiegare l'influenza dell'industria nei grandi temi di salute pubblica e ambientale. La cultura popolare si è mossa, la sensibilità comune, specie in Europa, è forse la più alta mai raggiunta sui temi della sostenibilità. Non se ne può fare a meno, ma non è sufficiente. Un livello adeguato di comprensione dei temi ambientali oggi deve essere parte imprescindibile di una nuova alfabetizzazione, di una nuova cittadinanza. È urgente rifondare un rapporto di fiducia fra scienza, informazione e opinione pubblica, non basta scrivere scienza con la maiuscola per reclamare credito, c'è un lavoro paziente di costruzione e di raccordo da affrontare, che parte dalla scuola e dagli strumenti per interpretare il mondo. È il momento di alzare l'asticella anche sul piano etico. Sul New York Times Alex Rosenberg, docente di filosofia alla Duke University, nel settembre 2019 ha scritto: "Tutto ciò che possiamo fare è aumentare le possibilità della scienza di farci uscire da questo pasticcio: educare gli 6

scienziati, sostenere la ricerca pura, diffonderla liberamente e premiarla con l'immortalità, non solo con il denaro". L'eredità di Mercanti di dubbi passa anche da qui. Donatella Barus Direttore Magazine Fondazione Umberto Veronesi

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IL MERCATO DEL DUBBIO Nel 2020 ricorre il decennale della pubblicazione di Mercanti di dubbi, un libro seminale, che negli Stati Uniti e in Europa ha lasciato il segno per la sua capacità di riflettere sugli effetti di verità e l'uso del dubbio come pratica narrativa e semiotica, con cui decostruire la ricerca scientifica per scopi politici ed economici. Attuale oggi più che mai, in un'epoca di bufale, fake news, troll, psicografia, il libro è una vera e propria guida per capire come opera la macchina del dubbio per favorire un mercato, un'impresa, una corrente politica. In un mondo dove la comunicazione si fa labirinto degli specchi, dove le camere dell'eco distorcono e amplificano chi urla più forte, dove il giornalismo si confronta con la post-verità dei social media, degli influencer, degli ingegneri del consenso, leggere Mercanti di dubbi diventa una necessità. E per capire perché il mercato del dubbio sia tutt'oggi in ottima salute il modo migliore è stato parlarne direttamente con Naomi Oreskes, che ha rilasciato questa intervista a corredo di un'edizione italiana la cui realizzazione era attesa da troppo tempo. (Emanuele Bompan) Dieci anni fa, con Erik Conway, in questo libro avete per la prima volta raccontato come grazie a piccoli gruppi di scienziati ed esperti si sono create campagne di comunicazione molto efficaci, spinte da attori politici ed economici, per distrarre l'opinione pubblica dai reali pericoli messi in luce dalle scienze mediche e ambientali su temi come gli effetti del fumo, l'esistenza delle piogge acide, l'entità del buco nell'ozono e, soprattutto, le conseguenze del riscaldamento globale. Che cosa è cambiato dalla pubblicazione del libro? (Naomi Oreskes) Le cose sono ulteriormente peggiorate. Scrivendo il libro, avevamo identificato come problema chiave della politica americana la decostruzione del cambiamento climatico. Molta gente non riteneva che il ruolo dei negazionisti fosse la chiave dell'inazione per fermare le emissioni climalteranti, e aveva criticato fortemente il libro. Ebbene, dieci anni dopo stiamo vedendo come questo discorso negazionista abbia costruito basi solide, portando al governo un presidente negazionista, circondato da un entourage che apertamente nega la scienza e sta facendo di tutto per 8

spingere gli Stati Uniti fuori dall'Accordo di Parigi. Per molti anni la leadership del Partito repubblicano è stata scettica sul climate change, ma è solo con Donald Trump che lo scetticismo e il dubbio hanno raggiunto un livello tale da portare una parte della popolazione a credere che tutta la questione climatica sia "una bufala ordita dai cinesi". La cosa peggiore è che in privato molti politici repubblicani ammettono che il cambiamento climatico sia reale e che l'evidenza scientifica sia inconfutabile. Ma sono relegati in un angolo da un discorso mediatico più ampio. Altri hanno negato l'evidenza per così tanti anni che non sanno nemmeno più valutare la possibilità che stia davvero accadendo, nonostante i sondaggi dicano che sempre più americani sono convinti che la scienza abbia ragione. Questi politici sono incapaci di una discussione davvero aperta sul tema. Figuriamoci di agire! E questo vale per tanti altri governi in tutto il mondo, alla stregua di quello americano. Ha mai pensato di aggiornare il libro o di scrivere un sequel per continuare a investigare i temi di Mercanti di dubbi? Il prossimo anno in America uscirà un'edizione del libro con prefazione di Al Gore e una nuova postfazione. Rielaborare e aggiornare il libro non ha senso. Quello che abbiamo scoperto è tutto nell'edizione che i lettori hanno in mano. Sono i meccanismi la chiave. Nella postfazione semplicemente affrontiamo il tema del dubbio scientifico con un duplice approccio, ottimistico e pessimistico. Nello specifico raccontiamo la rivoluzione energetica della California negli ultimi dieci anni, che ha davvero fatto passi da gigante nella transizione verso un'economia fondata sulle energie rinnovabili e risparmio energetico; cambiamenti più rapidi di quanto ipotizzato, con una quota di energie rinnovabili prodotte superiore al 50% (e con picchi fino all'80% nei giorni migliori). L'economia californiana è una delle più forti dell'Unione, con tassi di disoccupazione in linea con la media americana, in alcuni casi inferiori. Il caso della California prova che i mercanti di dubbi hanno usato argomentazioni inutili e che sono state falsificare. Allo stesso tempo però emergono nuove strategie di mistificazione, questa volta votate a negare l'efficacia delle rinnovabili: sono definite "fonti poco affidabili, intermittenti, su cui non si può affidare la sicurezza energetica nazionale"; discorsi che associano l'uso delle rinnovabili all'essere effeminati o "deboli". Qual è l'assioma del libro che ancora oggi è assolutamente 9

valido? Una delle cose più importanti emerse dalla stesura di Mercanti di dubbi è come l'ideologia neoliberista sia stata il fondamento di questi meccanismi negazionisti, siano essi insiti nell'industria del tabacco o legati al clima e alle energie rinnovabili, settori disparati mossi da un unico motore ideologico. Questa politica dell'economia priva di regole spiega e motiva perché l'evidenza sia stata negata da interessi specifici. Inoltre, il libro ha mostrato agli scienziati come il negazionismo non sia una questione di analfabetismo scientifico, che può essere dunque risolta con (ancora) più ricerca scientifica o con spiegazioni più chiare e convincenti, lutto ciò è stato fatto, ma nel caso del clima non è servito. Per questa ragione, quando abbiamo terminato il libro, Eric Conway e io abbiamo iniziato a pensare a un lavoro su come l'ideologia neoliberista, così inadeguata per la nostra società, ha questo potere nella cultura americana ed europea, in grado di distruggere regolamenti per la tutela della terra, dell'acqua, delle persone in favore di deregulation, detassazione, austerità. Conquistando realtà influenti come il World Economic Forum e la World Bank e tanti altri enti che definiscono l'attività economica mondiale. Questo sarà il nostro prossimo lavoro — intitolato "La magia del mercato. Una storia vera di un'idea falsa" — che analizza come è nato il mercato, partendo dalle reorie di Friedrich Hayek e della Chicago School of Economics. Questo è il naturale sequel di Mercanti di dubbi, che di fatto sarà un prequel. Dal punto di vista della storia delle idee e delle ideologie, gli ultimi dieci anni hanno visto l'arrivo di attori politici, da Trump a Farage, da Salvini a Duterte, che hanno riportato in auge tesi nazionaliste e sovraniste, in uno strano remix di neoliberismo nazionalpopolare, anti-scientismo, pensiero magico e ignoranza strutturale. Se prima il potere politico, come ben descrive nel libro, doveva avvalersi "di prestigiosi scienziati con titoli altisonanti" per produrre una contronarrativa necessaria per il Capitale, oggi, con il boom orizzontale dei social, dove uno vale uno e l'opinione ai un blogger pesa quanto quella non di un ricercatore, ma addirittura di un panel di scienziati, il mercato del dubbio è sicuramente in forte crescita. 10

Credo che il nostro lavoro sia importante perché spiega proprio questi meccanismi, che sono, come giustamente fai notare, terribilmente peggiorati. Il modo di operare di un piccolo gruppo di persone, non legittimate a parlare su una determinata questione, ma che per il fatto di avere un qualche tipo di conoscenza scientifica o di specializzazione, è diventato un virus che si è sparso come una pandemia contaminando svariati ambiti della conoscenza. Questo virus è stato sfruttato dai cosiddetti populisti per conquistare consenso e convincere le persone ordinarie che non devono dare fiducia agli esperti, che non ci si può fidare degli scienziati, definiti come una élite di teste d'uovo condiscendenti. In questo modo si è creata una situazione dove non si può avere fiducia in nessuno, dove la nozione di "fatto" è messa in discussione e chi grida più forte ha ragione. Questo onestamente è davvero preoccupante. Una situazione orwelliana, anche se George Orwell temeva che questa situazione distopica sarebbe giunta dall'Unione Sovietica o dalla Cina maoista. Invece oggi il "doublespeak" arriva dalla destra, un fatto che molti progressisti e liberali non hanno saputo anticipare e a cui non hanno saputo reagire. Basta vedere la disinformazione impiegata per la vittoria della Brexit (con tecniche di guerriglia informatica portate avanti da società come Cambridge Analytica, n4A). Come illustriamo nel libro, infondere il dubbio è davvero pernicioso, poiché in ogni caso io perdo e tu vinci, perché tutto quello che si vuole creare è confusione, non imporre una verità sull'altra, ma semplicemente confondere e Spingere all'inazione. I social media sono la macchina ideale per amplificare la strategia del dubbio? Certo è difficile dire quanto pesino realmente come mezzo. Quando abbiamo scritto il libro Facebook era ancora poco usato e Twitter non esisteva nemmeno. Eppure internet era già un motore importante di diffusione, e nel libro parliamo bene di come funzionino le camere dell'eco della disinformazione digitale. Uno spazio ristagnante ma senza ancore. D'altronde di questa confusione nella democrazia americana parlava già Alexis de Tocqueville nel XVIII secolo. Dunque non è davvero un problema nuovo: i mezzi di comunicazione per creare disturbo si sono sempre trovati, sfruttando quanto a disposizione. Quello che si è diffuso è una cultura del sospetto, del dubbio, che esula dalla normale critica e confutazione. I social media sono l'ultima incarnazione, e il mezzo più efficace data la loro estrema 11

diffusione. C'è anche una grande incapacità nell'usarli, pochi riescono a distinguere fonti false da fonti attendibili. Mancanza d'istruzione, ma anche una totale incapacità politica a comprendere e regolare questo sistema, aprendo praterie a razzisti e pseudoscienziati di ogni tipo. Concordo. La negligenza della classe politica è scioccante. Ma sono anche arrabbiata con il mondo dell'economia. In consessi come il World Economic Forum di Davos si parla spesso di come cambiare il mondo per il meglio. S'incontrano businessman che vogliono apparire persone decenti, che ribadiscono che loro e i loro colleghi devono prendersi cura del pianeta e trasformarlo in un posto migliore. Però poi c'è un silenzio assordante sul tema della disinformazione. Nessuno vuole intervenire. Continua a sussistere la nozione che se lasciamo fare al mercato tutto si sistemerà. In realtà questo è l'opposto di quanto noi sappiamo: i mercati funzionano quando sono regolati. Lo stesso Adam Smith, nel suo La ricchezza delle nazioni, diceva che monopoli e banche vanno regolate. Lo stesso vale per la comunicazione. Regolare il mercato, qualsiasi mercato, è indubbiamente un argomento tossico nel dibattito americano. Noi abbiamo bisogno di regole sia per proteggere i lavoratori e l'ambiente, sia per proteggere il capitalismo, la libera competizione. I monopoli sono dannosi. Le persone sono però spaventate a parlarne. I politici temono che gli elettori non possano capire cosa significhi regolare i mercati. Tanti cittadini non si fidano degli scienziati, nello specifico figure come i chimici dell'industria farmaceutica, i medici nella ricerca sul cancro o sui vaccini, e purtroppo anche climatologi e biologi. Il libro mostra come numerosi esperti si sono prestati al settore privato lavorando per corporation e per istituzioni private, spesso con l'obiettivo di creare confusione o confutare ricerche dannose per il settore privato, con lo scopo di lucrare. Questo ha portato a una diffusa sfiducia nella scienza ufficiale. Come possiamo risanare questa frattura? Questa è un'ottima domanda. È ironico che alcune persone percepiscano in 12

generale la scienza come troppo collusa con il settore privato. Una ricerca fatta dall'American Academy of Arts and Sciences negli Stati Uniti mostra come la gran parte dei cittadini ancora si fidi della scienza. Gli scienziati sono molto più rispettati di altri gruppi, come politici, giornalisti e imprenditori. Si diventa sospettosi quando sussiste la possibilità che gli scienziati abbiano interessi personali nella ricerca che stanno svolgendo. Attenzione però: se da un lato occorre incrementare la fiducia del pubblico nella scienza, è altrettanto giusto che il pubblico sia scettico. I cittadini non sono idioti. Dunque capiscono che quando oggettività e indipendenza possono essere compromesse dalla dipendenza da finanziamenti privati è bene non fidarsi. In alcuni casi si sbagliano, in altri possono aver ragione. Dunque il problema non è delle persone ma della comunità scientifica, che deve affrontare chiaramente la questione. Serve maggiore trasparenza sulle fonti di finanziamento della ricerca, e occorre fissare delle linee guida che definiscono quando non è appropriato ricevere finanziamenti. Per esempio numerose università hanno un indirizzo di questo tipo. Riviste come Science non accettano contenuti sponsorizzati dall'industria del tabacco. Ma questa è solo la punta dell'iceberg: ci sono innumerevoli contesti che andrebbero studiati. Molte donne e uomini di scienza negano questo problema. Dicono: "Siamo oggettivi, siamo scienziati, siamo indipendenti", Va detto, tuttavia, che la scienza non è una virtù di per sé, e ogni finanziamento ricevuto non è necessariamente virtuoso per la scienza. Una questione resa complicata, negli ultimi vent'anni, dal calo dei finanziamenti federali per la ricerca scientifica nelle università statali che ha limitato l'indipendenza. Questo ha spinto gli scienziati a cercare risorse nel settore privato per continuare il proprio lavoro. In alcuni casi sono nate partnership straordinarie, dove l'indipendenza dello scienziato è stata garantita. In altri casi no. Per questo credo che oggi serva una discussione davvero seria su dove tracciare una linea rossa per questo tipo di partnership private. Quali sono i tre punti che i lettori dovranno tenere a mente dopo aver letto questo testo? Il primo è prestare attenzione a come si crea confusione. Quando sentiamo qualcuno che dice "be', la scienza non è sicura al 100%, non c'è consenso" deve scattare un allarme. Questa è la prima strategia del dubbio. E se a 13

parlare non sono degli scienziati, bisogna prestare ancora più attenzione. Certo, nella scienza alcune cose non sono definitive. Ma nei casi che includono la salute pubblica o l'ambiente e a parlare sono politici o industriali bisogna prestare un'attenzione extra. Secondo: valutare la strategia. È pensata per confondere le acque o a dare una soluzione? La confusione è fatta per creare inazione. Dunque è bene evitare che l'argomento sia dibattuto in termini di scienza. Se ci fermiamo ad argomentare la scienza, l'inazione perdura. Dunque consiglio sempre ai giornalisti scientifici e ambientali di non farsi trascinare nel dibattito sulla scienza, ma di concentrarsi sull'efficacia delle pratiche concrete, siano esse il prezzo sul carbonio o le regolamentazioni sulle emissioni. Il terzo punto è persistere. Ogni azione importante richiede uno sforzo continuo. Basta vedere l'industria del tabacco: anche se abbiamo fatto progressi in Nord America ed Europa, oggi sta contaminando il dibattito nel resto del mondo. Se ci vogliono fare dibattere sul fatto che il cambiamento climatico sarà irreversibile tra dodici o tra trent'anni noi dobbiamo concentrarci sulle soluzioni concrete a livello mondiale. Non abbiamo tempo, questo è il punto. E il dubbio indotto e non necessario ci fa perdere tempo utile e prezioso. Emanuele Bompan Geografo e giornalista, direttore responsabile del magazine Renewable Matter

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STORIE DA CONOSCERE PER NON PERDERE ALTRO TEMPO Mentre si intensificano gli impatti del surriscaldamento globale sulla vita degli esseri umani e sugli ecosistemi, ci sono molte ragioni per cui Mercanti di dubbi merita di essere letto. Mercanti di dubbi racconta infatti di come alcuni scienziati, al soldo dell'industria del tabacco o dei combustibili fossili, abbiano cercato di screditare il lavoro di altri scienziati, denigrando i frutti delle loro ricerche e attaccandoli dal punto di vista personale. Racconta di come abbiano sostenuto con pervicacia, contro solide evidenze scientifiche, che non fossero provati i legami tra fumo e cancro, tra DDT e danni ecologici, tra CFC e riduzione dell'ozono stratosferico, tra CO2, e aumento delle temperature terrestri; chiedendo quindi di fermare o rallentare la legislazione ambientale, ottenendo di ridurre vincoli ai profitti industriali. Sono storie poco note ma che conviene conoscere. Storie che nascono negli Stati Uniti, ma che hanno avuto dei riflessi nel dibattito italiano sulle politiche ambientali. Le tecniche usate per screditare le conclusioni della scienza medica o del clima, o per attaccare direttamente gli scienziati, sono rimbalzate in Italia in articoli, conferenze, libri, trasmissioni televisive e radiofoniche; se ne trovano tante tracce sul web. È indubbio che anche in Italia i mercanti di dubbi abbiano seminato disinformazione.01 Il fattore "corruzione" è stato però secondario nel motivare le tante voci che hanno rilanciato le campagne della scienzaspazzatura nate oltre-oceano; hanno contato di più l'esibizionismo, il narcisismo, la ricerca di visibilità che può arrivare dal cantare fuori dal coro. Ma non va negata l'importanza del collante ideologico, la difesa del libero mercato: come Oreskes e Conway spiegano in modo magistrale, ha motivato molte delle azioni dei mercanti di dubbi, ha contribuito a decretarne il successo presso i direttori dei giornali e gli editorialisti sospettosi nei confronti delle politiche ambientali. 15

In Italia, l'azione delle lobby del tabacco, del petrolio e del carbone non è stata così sfacciata come negli episodi raccontati in questo libro; d'altronde, va detto che nel nostro paese le ricostruzioni sarebbero più difficili perché non ci sono le stesse regole sulla trasparenza dei bilanci delle grandi società. E una parte rilevante del sistema lobbistico si è ormai spostato a Bruxelles, da dove originano le direttive che plasmano la legislazione ambientale europea. Mercanti di dubbi raccoglie molti esempi su come "costruire l'incertezza" su una determinata questione o su come dare l'impressione di una inesistente divisione nella comunità scientifica. Viceversa, fornisce elementi utili per capire come ci si può difendere dalla disinformazione: spiega come funziona il meccanismo della peer review, chiarisce qual è il valore delle diverse riviste su cui viene pubblicata una tesi, sottolinea l'importanza della competenza specifica in un mondo in cui la scienza è sempre più parcellizzata e complessa. Sono questioni rilevanti anche per il mondo accademico italiano. Nel giugno del 2019 è stata resa pubblica su alcuni siti web, e inviata ai Presidenti della Repubblica, del Consiglio, della Camera dei Deputati e del Senato, una petizione che nega la responsabilità umana nel riscaldamento globale. Promossa da 8 docenti ed ex docenti universitari, è stata poi sottoscritta da 83 persone, fra cui anche alcuni scienziati importanti (in settori disciplinari però molto lontani dallo studio del cambiamento climatico). Chi legge Mercanti di dubbi ha strumenti in più per capire come sia possibile che così tanti studiosi abbiano sottoscritto un testo con affermazioni così clamorose ("L'origine antropica del riscaldamento globale è però una congettura non dimostrata") e contenente tanti errori e falsità, con molti dei soliti vecchi argomenti del negazionismo climatico.02 Ebbene, nel testo di questa petizione si citano petizioni promosse "nel 2007 dal fisico F. Seitz, già presidente della National Academy of Sciences americana", e "dal Nongovernmental International Panel on Climate Change (NIPCC) il cui rapporto del 2009 conclude che 'La natura, non l'attività dell'Uomo, governa il clima'". È probabile che molti dei firmatari della petizione non conoscano i fatti raccontati in questo libro, i legami di Frederick Seitz con le industrie del tabacco o dei combustibili fossili, che hanno guidato azioni che non è esagerato definire criminali. È probabile che non sappiano che l'NIPCC è un 16

organismo fantoccio, privo di qualunque credibilità scientifica, creato dall'Heartland Institute, un think-tank che prima di battersi contro le evidenze scientifiche sul riscaldamento globale aveva lavorato — sempre ben retribuito — per Philip Morris o per promuovere il mito dell'errore commesso con il bando del DDT. In alcuni passaggi di questa petizione — per esempio "c'è una notevole variabilità di opinioni tra gli specialisti" oppure "suggeriamo che non si aderisca a politiche di riduzione acritica della immissione di anidride carbonica in atmosfera con l'illusoria pretesa di governare il clima" — si ritrova un lessico che a chi legge Mercanti di dubbi suonerà familiare: sostenere che la "scienza è divisa" è l'unica strategia possibile per chi non può dimostrare che l'attuale riscaldamento globale non è causato dalle attività umane o che il fumo passivo non aumenta il rischio di cancro. Conoscere le storie raccontate in questo libro avrebbe evitato una brutta figura ai tanti che in buona fede hanno firmato quella petizione.03 Non è una storia conclusa quella dei mercanti di dubbi. Anche in Italia si è avuta notizia che martedì 9 luglio 2019 il Competitive Enterprise Institure (CEI) ha inviato un reclamo formale alla NASA, chiedendo di ritirare l'affermazione secondo cui il 97% degli scienziati del clima concorda sul fatto che gli esseri umani sono la causa principale del riscaldamento globale e dei cambiamenti climatici. Sì, quel CEI è proprio lo stesso istituto che ricorre in molti capitoli di questo libro, impegnato da decenni su più fronti della disinformazione. Il libro mostra come la politica e i poteri economici possono utilizzare gli scienziati come utili idioti, o possono cercare di distruggere chi si oppone. Porta una riflessione ancora attuale sui perché una larga parte della comunità scientifica è rimasta immobile mentre la politica si camuffava da scienza, e solo pochi hanno reagito con determinazione. Spiega perché all'origine del successo dei mercanti di dubbi ci sia una visione sbagliata della scienza, da parte sia dell'opinione pubblica sia dei mezzi di informazione: la scienza non ha certezze assolute da offrire, ma se è buona scienza trova comunque dei modi efficaci per vagliare le tesi e scartare quelle sbagliate, riuscendo a dialogare con la politica, fornendole le migliori basi su cui prendere decisioni. Una scienza a cui non può essere assegnato il compito di 17

decidere le politiche ambientali, perché gli scienziati non hanno più titoli di altri per prendere decisioni che riguardano l'etica e la morale. Una scienza creata giorno dopo giorno da esseri umani. Il libro racconta molti casi in cui gli scienziati hanno approfittano del loro ruolo per promuovere la loro visione ideologica, e il confine fra buone intenzioni e malafede spesso sbiadisce. Infine, a suo modo Mercanti di dubbi è anche un libro di speranza. Perché le lobby dei combustibili fossili e del tabacco sono ancora molto potenti, hanno fatto danni enormi, ma in fondo hanno perso molte delle loro battaglie di disinformazione. Oggi non si discute più di quanto fumare faccia male alla salute, sui pacchetti di sigarette c'è la scritta "il fumo uccide", e negli Stati Uniti le norme contro il fumo passivo sono rigorose. La legislazione sui pesticidi è più avanzata che in passato, la Convenzione di Stoccolma ha messo al bando molte sostanze organiche e persistenti. Le emissioni degli inquinanti che provocano le piogge acide sono diminuite nettamente. Il Protocollo di Montreal ha vietato in via definitiva i CFC e tante altre sostanze lesive dell'ozono stratosferico. È vero che i mercanti di dubbi sono stati più efficaci nel contrastare le politiche contro il surriscaldamento globale, ma va detto che oggi molti più statunitensi hanno capito la gravità della minaccia climatica (e in Europa siamo più avanti). Il peso delle lobby contro le politiche sul clima sta via via diminuendo, il sistema dell'informazione globale sta costruendosi degli anticorpi, che trovano alimento nei tanti segnali che il cambiamento del clima sta mandando, con record di temperature sempre più frequenti, siccità prolungate, tempeste e alluvioni, distruzioni delle barriere coralline. In fondo, fra i motivi per cui la petizione negazionista italiana non ha avuto molto seguito — è stata giusto rilanciata dalla solita trimurti Il Giornale-Libero-La Verità, con qualche sostegno anche da Il Foglio — ci sono le ondate di calore e le precipitazioni estreme che ne hanno come salutato la pubblicazione. Negli Stati Uniti non c'è solo Trump, e molti stati e città hanno avviato politiche serie per contrastare i cambiamenti climatici. Nel Partito democratico statunitense sta crescendo una generazione di giovani decisi a dare spazio e importanza alla lotta al cambiamento climatico. Certo, abbiamo perso tanto tempo. E questo vuol dire milioni di morti per il fumo delle sigarette che si potevano evitare, migliaia di tonnellate di 18

prodotti tossici sparsi in atmosfera o sui campi, molta più CO2, immessa nell'atmosfera e quindi un maggiore riscaldamento globale e mari più acidi. Mercanti di dubbi è una lettura utile per chi vuol far parte di quella grande mobilitazione necessaria per non perdere altro tempo, e per recuperare quello che abbiamo perso, Stefano Caserini Docente di mitigazione dei cambiamenti climatici, fondatore di climalteranti.it

note 1 Una rassegna delle voci italiane negazioniste sul clima è contenuta nel libro A qual cuno piace caldo (Edizioni Ambiente, Milano 2008), ora disponibile gratuitamente sul sito www.caserinik.it/aqpc, e continua sul blog www.climalteranti.it. Su questi e altri temi, si suggerisce anche il blog "Oca Sapiens" di Sylvie Coyaud (http://ocasapiensdweb.blogautore.repubblica.it). 2 Per i dettagli si veda Climalteranti.it, "Accade nel 2019: una petizione per negare la scienza del clima", 9 giugno 2019 (www.climalteranti.it/2019/06/09/accade-nel2019-una-petizione-per-negarela-scienza-del-clima/). 3 Una contro-petizione, "Il riscaldamento globale è di origine antropica", che ha ribadito le responsabilità umane sul riscaldamento globale, affermando che "il problema dei cambiamenti climatici è estremamente importante ed urgente", è stata in seguito promossa dal prof. Roberto Buizza ed è stata sottoscritta da 300 studiosi italiani, fra cui molti eminenti climatologi. È stata in seguito aperta alla sottoscrizione su Change.org (https://bic.ly/2xMt4SX), dove ha raccolto quasi 25.000 firme in due mesi. Per Hannah e Clara. Adesso tocca a voi. "Questa generazione ha modificato la composizione dell'atmosfera su scala globale attraverso... un continuo incremento della anidride 19

carbonica prodotta dall'uso dei combustibili fossili." Lyndon Johnson, messaggio speciale al Congresso, 1965 "Il problema degli americani è che non hanno letto il verbale della riunione precedente." Adlai Stevenson

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INTRODUZIONE Ben Santer è il tipo di persona che nessuno potrebbe nemmeno immaginare di attaccare. È assolutamente moderato — costituzione e statura medie, temperamento e idee politiche di centro. È molto modesto, è pacato nel parlare e schivo e, dall'aspetto del suo studio presso il Lawrence Livermore National Laboratory, scarno e senza decorazioni, potrebbe essere scambiato per un contabile. Se vi capitasse di incontrarlo in una stanza con parecchia altra gente, potreste anche non notarlo. Ma Santer non è un contabile, e il mondo si è accorto di lui. È uno degli scienziati più eminenti del pianeta — nel 1998 è stato insignito del Mac Arthur "Genius Award" e lo US Department of Energy, l'ente per cui lavora, gli ha assegnato svariati premi e riconoscimenti — perché ha fatto più di chiunque altro per dimostrare che l'attuale riscaldamento globale è di origine antropica. Da quando si è laureato, a metà degli anni Ottanta, ha cercato di capire come funziona il clima della Terra, e se sia possibile affermare con certezza che le attività dell'uomo lo stanno cambiando. Santer ha dimostrato che la risposta a questa domanda è: sì. Santer lavora come climatologo al Model Diagnosis and Intercomparison Project del Lawrence Livermore National Laboratory, un enorme progetto internazionale che raccoglie i risultati dei modelli climatici di tutto il mondo e li ridistribuisce tra i ricercatori, permettendogli di confrontare i modelli sia con i dati reali, sia tra di loro. Negli ultimi vent'anni Santer e i suoi colleghi hanno dimostrato che la Terra si sta riscaldando, e lo sta facendo proprio nel modo previsto dalla teoria dei gas serra. Le ricerche di Santer si concentrano sulle "impronte digitali" — le variazioni climatiche naturali hanno infatti caratteristiche e lasciano tracce diverse rispetto al riscaldamento causato dai gas serra, e Santer ricerca proprio queste "impronte digitali". La più importante coinvolge due parti distinte dell'atmosfera: la troposfera, la porzione più calda e vicina alla superficie della Terra, e la stratosfera, la parte fredda e meno densa che la sovrasta. La fisica ci dice che se il riscaldamento fosse causato dal Sole - come taluni scettici insistono a sostenere — dovremmo registrare un riscaldamento sia 21

della troposfera sia della stratosfera, in quanto il calore proviene dallo spazio esterno all'atmosfera, Ma se il riscaldamento è causato dai gas serra, che intrappolano il calore nella parte bassa dell'atmosfera, allora dovremmo attenderci che la troposfera si riscaldi e la stratosfera si raffreddi. Santer e i suoi colleghi hanno dimostrato proprio questo, che la troposfera sì riscalda e la stratosfera sì raffredda. In effetti, poiché il confine tra questi due strati dell'atmosfera è definito in parte dalla temperatura, questo confine si sta muovendo verso l'alto, In altre parole, l'intera struttura della nostra atmosfera sta cambiando. Questo risultato sarebbe impossibile se il Sole fosse il colpevole, e ne consegue che i cambiamenti climatici in corso non sono naturali. La distinzione fra troposfera e stratosfera è stata discussa nel corso di un'udienza davanti alla Corte Suprema nel caso Massachusetts et al vs. the Environmental Protection Agency, nel corso del quale dodici stati avevano citato il governo federale per aver omesso di classificare l'anidride carbonica come un inquinante nell'ambito del Clean Air Act. Il giudice Antonin Scalia non era d'accordo — secondo lui la legge non prevedeva che l'EPA fosse obbligata ad agire nel caso in questione — ma si era sbagliato sugli aspetti scientifici, e in un punto aveva facto riferimento alla stratosfera mentre evidentemente intendeva la troposfera. Un legale dello stato del Massachusetts aveva obiettato prontamente: "Con il dovuto rispetto, vostro onore. Non si tratta di stratosfera ma di troposfera". AI che Scalia aveva replicato: "Troposfera o qualunque cosa sia, vi ho detto prima che non sono uno scienziato. È per questo che non voglio avere niente a che fare con il riscaldamento globale".01 Ma tutti abbiamo a che fare con il riscaldamento globale, che lo vogliamo o no, e alcune persone hanno resistito a questa conclusione per molto tempo. Alcuni in particolare non hanno contestato il messaggio ma chi lo enunciava. Da quando gli scienziati hanno iniziato a sottolineare che il clima della Terra si stava riscaldando — e che il riscaldamento era causato dalle attività umane — molte persone hanno cominciato a contestare i dati, a dubitare delle evidenze e ad attaccare gli scienziati che si occupavano di raccogliere e di spiegare i fatti all'opinione pubblica. E nessuno ha subito attacchi più brutali e più ingiusti di Ben Santer. 22

L'IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) è l'autorità mondiale sui temi climatici. È stato fondato nel 1998 dalla World Meteorological Organization e dallo United Nations Environmental Programme dopo che si erano manifestati i primi segnali del riscaldamento globale. Gli scienziati sapevano da tempo che l'accumulo dei gas serra a seguito dell'uso di combustibili fossili avrebbe potuto causare un cambiamento climatico — lo avevano spiegato già nel 1965 al presidente Lyndon Johnson — ma la maggioranza di loro riteneva che questi effetti sì sarebbero manifestati in un futuro lontano. Tuttavia, attorno agli anni Ottanta cominciarono a preoccuparsi — a pensare che forse il futuro fosse già arrivato — e qualche scienziato, nonostante l'opinione della maggioranza, iniziò ad affermare che il cambiamento climatico antropogenico fosse già in corso. L'IPCC venne creato proprio per valutare le prove e per stimare i possibili impatti che si sarebbero potuti verificare se questi scienziati "dissidenti" avessero avuto ragione. Nel 1995 l'IPCC dichiarò che l'impatto dell'uomo sul clima era "discernibile". Non si trattava più di pochi individui isolati: l'IPCC era cresciuto e comprendeva ormai centinaia di scienziati di tutto il mondo. Ma come facevano a sapere che il clima stava cambiando, e come facevano a sapere che la causa eravamo noi? La risposta a questioni così cruciali si trova in Climate Change 1995: The science of Climate Change, il secondo rapporto rilasciato dall' IPCC. Il capitolo 8, "Detection of Climate Change and Attribution Causes", raccoglieva le prove che dimostravano che il riscaldamento climatico era effettivamente provocato dai gas serra. Il suo autore era Ben Santer. Le sue credenziali scientifiche erano assolutamente impeccabili, e il suo comportamento era sempre stato irreprensibile. Ciononostante, un gruppo di fisici collegati a un think tank di Washington, D.C., lo accusò di aver manipolato il rapporto in modo da far risultare che la scienza fosse più solida di quanto in effetti era. Prepararono un documento che accusava Santer di aver "edulcorato la scienza", rigettando le tesi di chi non era d'accordo.02 Assemblarono rapporti dai titoli come "Greenhouse Debate Continues" e "Doctoring the Documents" che vennero pubblicati su periodici come Energy Daily e Investors Business Daily. Scrissero ai membri del Congresso, a funzionari del Department of Energy e alle riviste scientifiche per amplificare 23

le accuse. Attraverso i loro contatti al Department of Energy chiesero che Santer fosse licenziato. Un editoriale sul Wall Street Journal ebbe più risonanza. Accusava Santer di aver modificato il rapporto per "ingannare i politici e l'opinione pubblica03 è Santer aveva modificato il rapporto, ma non per ingannare qualcuno. Lo aveva fatto dopo che i suoi colleghi, scienziati come lui, avevano terminato la loro revisione e gli avevano mandato i loro commenti. Ogni articolo o rapporto scientifico deve infatti passare il vaglio critico di altri esperti: è la peer review. Gli autori devono tenere conto delle osservazioni e dei commenti dei revisori e devono correggere gli eventuali errori riscontrati. È l'etica di base del lavoro scientifico: nessuna affermazione può essere considerata valida — neppure potenzialmente — sino a che non è passata attraverso la peer review. La peer review serve anche ad aiutare gli autori a chiarire meglio alcuni passaggi, e l'IPCC adotta un procedimento di peer review eccezionalmente rigoroso. Coinvolge sia gli esperti scientifici sia i rappresentanti dei governi delle nazioni partecipanti, che devono fornire giudizi e interpretazioni adeguatamente documentati e corretti, e prevede che vengano ascoltate tutte le parti interessate. Agli autori si richiede di apportare le modifiche richieste dai revisori oppure di spiegare perché le osservazioni ricevute siano considerate irrilevanti, non valide o semplicemente errate. Santer aveva fatto esattamente questo. Aveva apportato le modifiche richieste dopo la peer review. E aveva fatto quello che le regole dell'IPCC prevedevano facesse. In altre parole, Santer era stato attaccato perché si era comportato da bravo scienziato. Santer tentò di difendersi con una lettera al Wall Street Journal sottoscritta da ventinove co-autori, tutti illustri scienziati, tra cui il direttore dello US Global Change Research Program.04 La American Meteorological Society pubblicò una lettera in cui affermava che gli attacchi a Santer erano completamente infondati.05 Bert Bolin, fondatore e presidente dell'IPCC, sostenne la posizione di Santer in una lettera al WSJ, in cui sottolineava che le accuse erano del tutto prive di fondamento, che quanti lo accusavano non avevano mai contattato né lui né gli altri componenti dell'IPCC, e non avevano neppure consultato gli altri scienziati per verificare i fatti contestati. 24

Bolin affermò che "se solamente avessero provato a capire le regole e le procedure dell'IPCC, avrebbero capito immediatamente che non era stata violata alcuna regola, non era stata violata nessuna procedura e non era successo nulla di scorretto".06 Come sottolineato in seguito da diversi commentatori, nessun paese membro dell'IPCC ebbe nulla da eccepire.07 Ma il Journal pubblicò solo una parte delle lettere di Santer e Bolin, e due settimane dopo diede modo agli accusatori di spargere altro fango, pubblicando una lettera nella quale si affermava che il rapporto dell'IPCC era stato "manomesso per scopi politici".08 Il fango si accumulò e le accuse furono riprese da gruppi industriali, giornali finanziari, riviste e think rank. Le tracce sono ancora presenti in Internet. Se cercate su Google "Santer IPCC" non sarete indirizzati al capitolo scritto da Santer — tanto meno al rapporto dell'IPCC — ma a una galassia di siti che riprendono le accuse del 1995. 09 Uno di questi siti riporta (mentendo) che Santer ammise di aver "aggiustato i dati per adattarli all'indirizzo politico", come se il governo degli Stati Uniti avesse avuto una policy sul clima volta ad aggiustare i dati (non l'avevamo nel 1995 e non l'abbiamo neppure oggi).10 L'esperienza fu amarissima per Santer, che spese tempo ed energie per difendere la propria reputazione scientifica e la propria integrità, oltre che per evitare che il suo matrimonio andasse in pezzi (non ci riuscì). Oggi, questa persona dai modi gentili si infuria al ricordo di quegli avvenimenti. Nessuno scienziato, quando abbraccia questa professione, si aspetta che possano accadergli cose simili. Perché gli accusatori di Santer non si preoccuparono di verificare come stavano effettivamente le cose? Perché hanno continuato a ripetere le loro accuse anche dopo che era emerso che erano infondate? La risposta ovviamente è che non erano interessati ai fatti. Erano interessati a combatterli. Qualche anno più tardi, Santer s'imbatté in un articolo su un quotidiano che descriveva un gruppo di scienziati che avevano preso parte a un programma, organizzato dall'industria del tabacco, volto a screditare le evidenze scientifiche che collegano il tabacco al cancro. L'idea, spiegava il giornale, era quella di "mantenere aperta la controversia".11 Fino a quando fossero rimasti dei dubbi sul nesso causale, l'industria del tabacco sarebbe stata al riparo da controversie e cause legali. A Santer la storia suonò piuttosto 25

familiare. Naturalmente aveva ragione. Ma c'era dell'altro. Non solo la tattica era la stessa, anche i protagonisti erano gli stessi. Gli attacchi di cui era stato fatto oggetto provenivano soprattutto da due fisici in pensione: Frederick Seitz e S. (Siegfried) Fred Singer. Seitz era un fisico dello stato solido che aveva contribuito alla costruzione della bomba atomica durante la Seconda guerra mondiale; in seguito era diventato presidente della US National Academy of Sciences. Anche Singer era un fisico — un genio, per inciso — e aveva avuto un ruolo di primo piano nello sviluppo dei satelliti per l'osservazione terrestre. Era stato direttore del National Weather Satellite Service, e poi dirigente scientifico del Department of Transportation dell'amministrazione Reagan.12 Entrambi potevano essere considerati dei "falchi", anticomunisti ossessionati dalla minaccia dell'Unione Sovietica e dalla necessità di difendere gli Stati Uniti con armamenti ad alta tecnologia. Entrambi erano soci del George C. Marshall Institute, un think tank conservatore di Washington, D.C., fondato per sostenere la SDI (Strategic Defense Initiative) voluta da Reagan e conosciuta come "Star Wars". Entrambi avevano lavorato per l'industria del tabacco, seminando dubbi sulle evidenze scientifiche che collegavano fumo e patologie. Dal 1979 al 1985 Fred Seitz diresse un programma della R. J. Reynolds Tobacco Company che distribuì 54 milioni di dollari a scienziati in tutto il paese. Quei soldi vennero spesi per finanziare ricerche biomediche volte in realtà a individuare esperti e a produrre evidenze che potessero essere usate per difendere il "prodotto" nei tribunali. Alla metà degli anni Novanta Fred Singer fu co-autore di un imponente rapporto che attaccava la posizione dell'Environmental Protection Agency sui rischi del fumo passivo. Alcuni anni prima, lo US Surgeon General aveva dichiarato che il fumo passivo era pericoloso non solo per i fumatori, ma anche per le altre persone esposte. Singer partì all'attacco: dichiarò che gli studi erano stati truccati e che la rassegna EPA — curata dai principali scienziati del paese — era stata distorta da un'agenda politica che puntava a espandere il controllo del governo su ogni aspetto delle vite dei cittadini. Il rapporto di Singer contro l'EPA fu finanziato dal Tobacco Institute, e i soldi vennero erogati attraverso un altro 26

think tank, la Alexis de Tocqueville Institution.13 Milioni di pagine di documenti presentati durante le cause contro le aziende produttrici di tabacco attestano questi legami. In particolare, emerge il ruolo cruciale svolto dagli scienziati nel seminare dubbi sui legami tra fumo e rischi per la salute. Questi documenti — che sono stati studiati poco, eccetto che dai legali e da uno sparuto gruppo di accademici — mostrano che la stessa strategia è stata impiegata contro il riscaldamento globale, ma anche contro un lungo elenco di emergenze ambientali come asbesto, fumo passivo, piogge acide ce buco dell'ozono. Possiamo definirla "la strategia del tabacco". Il suo bersaglio è la scienza e si basa sull'impiego di scienziati — guidati da avvocati assoldati dall'industria e da esperti di pubbliche relazioni — disposti a puntare il fucile e a premere il grilletto. Tra i tanti documenti che abbiamo consultato per scrivere questo libro c'è Bad Science: A Resource Book. Si tratta di un manuale per chi vuole intorbidire i fatti: oltre a fornire innumerevoli esempi di strategie che sono state usate per attaccare la scienza, presenta una lista di esperti con solide credenziali scientifiche pronti a mettersi al servizio di think tank o aziende.14 E così, un caso dopo l'altro, Fred Singer, Fred Seitz e un manipolo di altri scienziati hanno cooperato con think tank e aziende private per screditare le evidenze scientifiche su svariati argomenti. Nei primi anni la maggior parte del denaro proveniva dall'industria del tabacco; in seguito soprattutto da fondazioni, think tank e dal settore dei combustibili fossili. Singer e gli altri sostenevano che il legame tra fumo e cancro non fosse provato, e che gli scienziati esageravano i rischi dell'adozione della SDI. Dichiaravano che le piogge acide erano causate dai vulcani, idem per il buco dell'ozono. Accusavano la EPA di aver alterato i dati sul fumo passivo. Di fronte alle montagne di prove sul riscaldamento climatico hanno prima sostenuto che non esisteva, poi che si trattava di una normale variazione naturale, e infine che, se anche ci fosse e fosse causato da noi, non c'era da preoccuparsi in quanto saremmo riusciti ad adattarci senza particolari difficoltà. Un caso dopo l'altro, hanno lavorato senza sosta per negare l'esistenza di un sostanziale consenso a livello scientifico, anche se, alla fine dei conti, gli unici a non essere d'accordo erano solo loro. 27

Questo gruppuscolo sarebbe potuto anche passare inosservato, ma in molti gli hanno prestato attenzione. Queste persone avevano contribuito ai programmi di armamento durante la Guerra fredda, erano conosciute e stimate a Washington, D.C., e sono riuscite a farsi ascoltare dai centri di potere e dalla Casa Bianca. Nel 1989, solo per fare un esempio, Seitz e altri due protagonisti della nostra storia, i fisici Robert Jastrow e William Nierenberg, scrissero un rapporto in cui mettevano in dubbio le evidenze del riscaldamento globale.15 Immediatamente furono invitati alla Casa Bianca per riferire all'amministrazione Bush. Un membro del Cabinet Affair Office dichiarò: "Tutti hanno il rapporto. Tutti lo hanno preso in seria considerazione". Il governo Bush non era l'unico soggetto che dava spazio alle loro tesi. Testate prestigiose come il New York Times, il Washington Post, Newsweek e molte altre riportavano le loro affermazioni come se fossero espressioni di un punto di vista diverso nel dibattito scientifico in corso. Dopodiché, queste affermazioni venivano riprese e rilanciate più e più volte — come in una cassa di risonanza — da un gran numero di persone impegnate in pubblici dibattiti, da blogger, da senatori, oltre che dal presidente e dal vice presidente degli Stati Uniti. In rutta questa vicenda, il pubblico e la stampa non capirono che non si trattava di un dibattito scientifico, come quelli che si svolgevano nelle università fra ricercatori impegnati su questi temi, ma il prodotto di una strategia di disinformazione che era cominciata con il tabacco. Questo libro racconta la storia della "strategia del tabacco", di come sia stata usata per attaccare la scienza e gli scienziati, e di come sia stata impiegata per distorcere questioni fondamentali per le nostre vite e per il futuro del pianeta su cui viviamo. Purtroppo, l'episodio di Santer non è isolato. Quando cominciarono ad accumularsi le prove del buco dell'ozono, Fred Singer contestò Sherwood Rowland — premio Nobel e presidente dell'American Association for the Advancement of the Science, il primo a comprendere che alcuni composti chimici (Cfc) porevano distruggere lo strato di ozono stratosferico. Quando uscì un articolo da cui sembrava che Roger Revelle avesse cambiato idea sul riscaldamento globale, Justin Lancaster, uno studente di dottorato, iniziò a 28

darsi da fare per ristabilire la verità dei fatti. Singer reagì, e intentò una causa per diffamazione contro Lancaster (la mancanza di fondi per difendersi indusse Lancaster a patteggiare, cosa che gli rovinò vita e carriera scientifica).17 Dietro alle campagne condotte con più accanimento c'erano soprattutto Fred Seitz e Fred Singer, due fisici. Erano fisici anche William Nierenberg e Robert Jastrow. Nierenberg, direttore della prestigiosa Scripps Institution of Oceanography e membro del gruppo di transizione di Ronald Reagan, aveva il compito di individuare gli scienziati da inserire in importanti posizioni nell'amministrazione. Come Seitz, anche Nierenberg aveva collaborato alla costruzione della bomba atomica, e durante la Guerra fredda aveva lavorato a vari programmi sugli armamenti. Jastrow, valente astrofisico molto noto al pubblico, aveva partecipato ai programmi spaziali in qualità di direttore del GISS (Goddard Institute of Space Studies). Questi uomini non avevano nessuna competenza specifica sulle questioni ambientali o su quelle relative alla salute, ma avevano potere ed erano influenti. Seitz, Singer, Nierenberg e Jastrow hanno ricoperto incarichi di alto livello nell'amministrazione della scienza e hanno lavorato con ammiragli, generali, membri del Congresso, senatori e anche presidenti. Avevano familiarità con i media e sapevano cosa fare perché le loro opinioni venissero pubblicate, e naturalmente sapevano anche come fare pressione per evitare che i media diffondessero informazioni sgradite. Hanno sfruttato le loro credenziali scientifiche per cementare la propria autorevolezza, e l'hanno poi usata per screditare la scienza che andava contro i loro interessi. Per più di 20 anni questi personaggi non hanno dato alcun contributo sui temi sui quali intervenivano. Se anche un tempo avevano prodotto risultati validi, nel periodo preso in considerazione da questo libro non hanno fatto altro che attaccare il lavoro e la reputazione di altri scienziati. Su ogni argomento erano dalla parte sbagliata rispetto al consenso scientifico. Il fumo uccide — sia direttamente sia indirettamente. L'inquinamento causa le piogge acide. I vulcani non sono responsabili del buco dell'ozono. Il livello dei nostri mari aumenta e i ghiacciai si stanno fondendo a causa del riscaldamento globale causato dalle attività umane. Ciononostante, per anni la stampa li ha trattati come esperti, i politici li hanno ascoltati e hanno 29

usato i loro proclami per giustificare la propria inerzia. Il presidente George W. Bush li ha definiti "i miei scienziati".18 Malgrado la situazione sia un po' migliorata, le loro tesi continuano a essere citate su Internet, in radio, e anche da alcuni membri del Congresso.19 Gli scienziati cercano di scoprire come funziona la natura. Perché dovrebbero deliberatamente manipolare il lavoro dei colleghi? E perché dovrebbero diffondere accuse prive di fondamento? E rifiutarsi di correggere le proprie affermazioni una volta che queste si sono dimostrate scorrette? E, infine, perché la stampa continua a citarle, anno dopo anno, anche se è stato dimostrato che queste affermazioni sono false? È questa la storia che intendiamo raccontare. È la storia di un gruppo di scienziati che hanno combattuto contro le evidenze scientifiche e hanno seminato confusione su molti argomenti cruciali per il nostro tempo. È una storia che continua ancora oggi. È una storia di battaglie contro i fatti, e di dubbi venduti al miglior offerente.

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1. IL DUBBIO È IL NOSTRO PRODOTTO Il 9 maggio 1979 un gruppo di alti dirigenti dell'industria del tabacco parteciparono a un incontro per essere aggiornati su una nuova iniziativa. Erano stati invitati da Colin H. Stokes, ex presidente della R. J. Reynolds, un'azienda famosa per le sue campagne pubblicitarie innovative, come il primo spot sulle sigarette trasmesso alla radio e alla televisione ("mi farei un miglio a piedi per una Camel"). In seguito, la Reynolds sarebbe stata condannata per violazione delle leggi federali, dato che si era rivolta ai bambini tramite Joe Camel, una mascotte che, secondo la Federal Trade Commission, era paragonabile a Topolino (da un'indagine era emerso che molti bambini associavano Joe Camel alle sigarette esattamente come associavano Topolino alla Disney, e questo fatto venne usato per accusare la Reynolds di aver indirizzato le proprie campagne ai minori, ndR). Il 9 maggio 1979, però, i dirigenti non erano stati convocati per assistere alla presentazione di un nuovo prodotto o di una qualche campagna di marketing. Erano stati convocati per sentir parlare di scienza. La star della serata non era Stokes, ma Frederick Seitz, un anziano fisico occhialuto e con pochi capelli. Seitz era uno degli scienziati americani più illustri. Era stato uno dei ragazzi prodigio che avevano costruito la bomba atomica, e aveva fatto carriera fino ad arrivare ai più alti livelli della scienza statunitense: consulente scientifico della NATO negli anni Cinquanta, presidente della National Academy of Sciences negli anni Sessanta, e negli anni Settanta della Rockefeller University, una delle principali istituzioni di ricerca nel settore biomedico. Nel 1979 Seitz era appena andato in pensione, e il 9 maggio era sul palco per parlare del suo nuovo lavoro: un programma, che avrebbe diretto per conto di R. J. Reynolds, e che avrebbe finanziato le ricerche biomediche nelle principali università, ospedali e istituti di ricerca del paese. Il programma si sarebbe concentrato sulle patologie degenerative — cancro, malattie cardiache, enfisema, diabete — le principali cause di morte negli Stati Uniti, ed era enorme: 45 milioni di dollari, da spendere nei sei anni successivi, per finanziare ricerche ad Harvard, le università del Connecticut, 31

California, Colorado, Pennsylvania e Washington, lo Sloan-Kettering Institute, e, cosa non inattesa, la Rockefeller University.01 Il finanziamento medio era di 500.000 dollari all'anno per sei anni — una cifra notevole per l'epoca.02 Il programma avrebbe finanziato ventisei moduli di ricerca, e comprendeva anche sei "borse di srudio RJR" per giovani ricercatori nell'area delle malattie degenerative, nell'immunologia e negli effetti degli stili di vita sulla salute.03 Seitz aveva il compito di scegliere i progetti, supervisionare le ricerche e riferire a R.J. Reynolds. Per definire i criteri per l'assegnazione dei finanziamenti, Seitz chiese aiuto a due colleghi assai stimati: James A. Shannon e Maclyn Mc Carty Shannon era un medico, e durante la Seconda guerra mondiale aveva avuto un ruolo determinante nello sviluppo dell'Atabrine, un farmaco antimalarico. L'Atabrine era efficace, ma aveva degli effetti collaterali pesanti Shannon aveva capito come somministrarlo per evitare quelli più pericolosi, e ne aveva curato la distribuzione a milioni di soldati nel Sud Pacifico, salvando migliaia di vite.04 Dal 1955 al 1968 era stato direttore dei National Institutes of Health (NIH), e aveva convinto il Congresso ad autorizzare gli NIH a erogare borse di studio e contratti a università e ricercatori ospedalieri. Prima di allora, i fondi erogati dai NIH potevano essere spesi solo all'interno dei suoi istituti, e le universirà e gli ospedali americani avevano pochissimo denaro per la ricerca biomedica. Il programma di finanziamenti messo a punto da Shannon è poi cresciuto fino a generare il gigantesco sistema di contrarti di ricerca che oggi è il nucleo dei NIH, e che ha contribuito a dare agli Stati Uniti la leadership globale nella ricerca biomedica. Malgrado ciò, Shannon non ha mai vinto il Nobel e neppure la National Medal of Science o il Lasker Award — quello che molti considerano al pari di un Nobel per la biologia. Anche Maclyn McCarty aveva avuto una carriera ricca di risultati favolosi, a cui non erano però corrisposti riconoscimenti altrettanto favolosi. Tutti ricordano James Watson e Francis Crick, premiati con il Nobel per aver decifrato la struttura a doppia elica del DNA, ma Watson e Crick non erano stati i primi a dimostrare che il DNA trasporta le informazioni genetiche nelle cellule. La scoperta risaliva al 1944, ed era opera di tre batteriologi della 32

Rockefeller University — Oswald Avery, Maclyn McCarty e Colin Macleod. In un esperimento con il batterio della polmonite, i tre scienziati avevano dimostrato che l'inoculazione di filamenti di DNA virulento in un batterio benigno poteva trasformarlo in uno virulento. In pratica, avevano dimostrato che è possibile modificare la natura di un organismo alterandone il DNA oggi lo diamo per scontato, ma negli anni Quaranta era un'idea rivoluzionaria. Forse perché Avery era un tipo tranquillo che non andava in giro a sbandierare le sue scoperte, o forse perché durante la Seconda guerra mondiale le ricerche che non avevano immediate ricadute militari passavano in secondo piano, fatto sta che l'esperimento di Avery, McCarty e McLeod era passato quasi inosservato. Anche se poi i tre fecero delle carriere brillanti — nel 1994 McCarty vinse il Lasker Award — nel 1979 McCarty era decisamente poco conosciuto. Cosa non sorprendente, quando Shannon e McCarty iniziarono a collaborare con Seitz per definire i criteri per assegnare i finanziamenti si indirizzarono su progetti poco ortodossi, verso individui con idee inusuali, oppure giovani ricercatori nelle fasi iniziali delle loro carriere che non avevano appoggi federali.05 Finanziarono uno studio che esaminava l'impatto dello stress, dei medicinali e degli additivi (come la saccarina) sul sistema immunitario. Un altro esplorava le relazioni tra "lo stato emozionale e lo stato del... sistema immunitario... in una famiglia di soggetti con depressione". Un terzo si chiedeva se "l'atteggiamento psicologico di un paziente poteva svolgere un ruolo nel determinare l'insorgenza di una malattia".06 Altri progetti esploravano le cause genetiche e dietetiche dell'aterosclerosi, le possibili origini virali del tumore, il metabolismo e le sue interazioni con i medicinali. Seitz si interessò a due scienziati in particolare. Uno era Martin J. Cline, un professore alla University of California, Los Angeles (UCLA), che stava studiando i meccanismi naturali di difesa dei polmoni e che era quasi riuscito a creare il primo organismo transgenico.07 L'altro era Stanley B. Prusiner, lo scopritore dei prioni — le proteine che causano il morbo della mucca pazza — scoperta che gli valse il Nobel per la medicina e fisiologia.08 Tutti gli studi selezionati si ponevano questioni scientifiche legittime, alcune 33

delle quali erano state in effetti trascurate dalla medicina ordinaria — per esempio il ruolo delle emozioni e dello stress nelle malattie somatiche. Tutti i ricercatori avevano credenziali impeccabili e lavoravano per istituzioni conosciute.09 Alcune delle ricerche erano pionieristiche. Ma davvero l'obiettivo era il progresso scientifico? Non proprio. In diversi documenti R. J. Reynolds discuteva le finalità del programma di Seitz. In alcuni si leggeva che l'azienda aveva "l'obbligo morale" di supportare la ricerca, e da altri emergeva la sua volontà di "contribuire alla prevenzione e alla cura delle malattie attribuibili all'uso del tabacco". Tuttavia, in altri documenti si leggeva che l'azienda avrebbe potuto usare le ricerche scientifiche per respingere le accuse contro il tabacco, e indurre il governo a cancellare le imposte sul fumo(nel 1978 i fumatori pagarono oltre un miliardo e mezzo di dollari in tasse e accise negli Stati Uniti e all'estero — e queste tasse erano state introdotte per rispondere agli allarmi suscitati dalle prove scientifiche dei danni provocati dal fumo).10 Ma lo scopo principale, sottolineato da Stokes nell'incontro del 9 maggio e ribadito in svariati documenti dell'industria, era di accumulare "una vasta raccolta di dati scientifici solidi per difendere l'industria dagli attacchi".11 Parecchi scienziati rifiutarono i finanziamenti, ma altri li accettarono, forse perché per loro era importante fare ricerca, poco importava da chi arrivassero i soldi. Se qualche azionista avesse chiesto perché l'azienda finanziava la scienza di base (e non quella applicata), gli si sarebbe potuto rispondere che la spesa "era giustificata perché difendeva l'industria del tabacco dagli attacchi al suo business principale".12 L'obiettivo era combattere la scienza con la scienza — o almeno sfruttare l'assenza di conoscenze o le incertezze, con ricerche che potessero distogliere l'attenzione dalle questioni più importanti. Come in un gioco di prestigio, in cui la mano destra viene agitata per distogliere l'attenzione dalla sinistra, l'industria del tabacco avrebbe finanziato quelle ricerche che potevano risultare fuorvianti. In una presentazione al R. J. Reynolds International Advisory Board, vagliata dai legali della RJR, Stokes aveva spiegato la questione in questi termini: le accuse secondo cui il tabacco era collegato al cancro ai polmoni, all'arteriosclerosi e all'avvelenamento da monossido di carbonio erano 34

infondate. "Reynolds e altri produttori di sigarette hanno reagito a queste accuse scientificamente infondate finanziando ricerche rigorose su questi argomenti.13 Secondo Stokes, erano necessarie poiché le accuse contro il tabacco erano tutto fuorché provate. "La scienza in realtà sa molto poco sulle cause o i meccanismi di sviluppo delle malattie degenerative croniche imputate alle sigarette" continuava Stokes, "quali cancro ai polmoni, enfisema e disturbi cardiovascolari. Molti degli attacchi contro il fumo partono da ricerche incomplete oppure... basate su metodi dubbi o ipotesi e interpretazioni erronee". Il programma avrebbe fornito nuovi dati, nuove ipotesi e nuove interpretazioni idonee a sviluppare "un sostanziale corpo di dati scientifici o di opinioni in difesa del nostro prodotto".14 Soprattutto, sarebbe servito a individuare degli esperti capaci di difendere le aziende produttrici. Le prime azioni legali per i danni causati dal fumo risalgono alla fine degli anni Settanta. Le industrie si erano difese usando scienziati ed esperti che dichiaravano che il legame fumo-cancro non era inequivocabile. I testimoni della difesa presentavano ricerche che si focalizzavano sulle altre "cause di sviluppo dei meccanismi cronici degenerativi imputati alle sigarette"15. Le testimonianze risultavano particolarmente convincenti soprattutto quando erano basate su ricerche condotte dagli stessi esperti. E chi è più esperto di un vero scienziato? La strategia aveva funzionato in passato, e con ogni probabilità avrebbe continuato a farlo in futuro. Stokes si vantò dicendo che "grazie alle testimonianze [a noi] favorevoli degli scienziati, nessun querelante ha mai preso un dollaro dalle compagnie del tabacco nei processi in cui il fumo viene accusato di provocare il cancro ai polmoni o malattie cardiovascolari — anche se dal 1954 sono state intentate 117 cause di questo tipo".16 In seguito le cose sarebbero cambiate, ma nel 1979 la situazione era questa. Nessuno aveva ottenuto un dollaro di risarcimento dall'industria del tabacco, nonostante gli scienziati fossero certi del legame tabacco-cancro fin dagli anni Cinquanta (e molti altri anche da prima).17 Ogni progetto finanziato dalla Reynolds poteva individuare un esperto che poteva attestare che la malattia non era stata causata dal fumo. Il lavoro di Prusiner, per esempio, 35

ipotizzava un meccanismo di sviluppo della malattia che non aveva nulla a che fare con cause esterne. Un prione, spiegava Seicz, poteva "portare una super-produzione di alcune proteine che... distruggono le cellule... così che certi geni... possono essere stimolati a indurre una divisione incontrollata delle cellule e quindi il cancro".18 Il cancro era quindi una questione di cellule impazzite. Le ricerche di Cline suggerivano che si poteva prevenire il cancro rafforzando le difese naturali delle cellule, e lasciavano intendere che il cancro potesse essere il risultato di una défeillance di queste difese. Molti degli studi prendevano in esame le altre cause della malattia: stress, ereditarietà genetica e simili. Tutti approcci assolutamente legittimi, ma idonei anche a distogliere l'attenzione dal problema cruciale per l'industria del tabacco: l'accumularsi di studi che dimostravano che il tabacco uccideva. Il tabacco causa il cancro: le industrie produttrici lo sapevano e hanno cercato di distogliere l'attenzione da questo fatto. In effetti, le industrie lo sapevano già dai primi anni Cinquanta, quando hanno cominciato a usare la scienza per combattere la scienza. Torniamo per un momento al 1953, cioè a quando ha avuto inizio la moderna strategia di combattere i fatti. 13 dicembre 1953. Alcuni mesi prima, un gruppo di ricercatori dello Sloan Kecttering Institute di New York era riuscito a dimostrare che il catrame di sigaretta spalmato sulla pelle di topolini provocava tumori letali.19 Lo studio aveva avuto una risonanza eccezionale sui media: il New York Times e Life ne aveva dato notizia in prima pagina, e il Readers Digest — allora la rivista più diffusa al mondo — era uscito con un articolo intitolato "Cancer by the Carton".20 Forse i giornalisti e gli editori erano rimasti impressionati dalle frasi conclusive della ricerca: "Questi studi, nell'ambito di un quadro clinico che comprende i dati sui vari tipi di cancro, appaiono urgenti. Possono incrementare la nostra conoscenza sui processi che portano allo sviluppo del cancro, e consentirci di approfondire la conoscenza su taluni aspetti della prevenzione dei tumori". Questi risultati non avrebbero dovuto essere una sorpresa. Già negli anni Trenta alcuni scienziati in Germania avevano dimostrato che il fumo di sigaretta causa il cancro ai polmoni, e il governo nazista aveva condotto diverse campagne anti-fumo: Adolf Hitler aveva proibito di fumare in sua 36

presenza. Tuttavia, le ricerche furono ostacolate dalle associazioni scientifiche naziste e alla fine vennero ignorate. Dopo la guerra, ci volle parecchio tempo prima che venissero riscoperte e riconfermate in via indipendente.21 Adesso, però, dei ricercatori americani — non i nazisti — sostenevano che queste ricerche fossero "urgenti", e i mezzi di informazione avevano ripreso la notizia.22 L'industria del tabacco, che non era per niente contenta di essere associata allo slogan "Cancer by Carton", si fece prendere dal panico. Un memo interno rilevava che i venditori erano "incredibilmente allarmati".23 A questo punto, i responsabili dell'industria del tabacco presero una decisione terribile, una decisione che più avanti è stata usata da un giudice per accusare l'industria di cospirazione e frode — una frode colossale e continuata per ingannare l'opinione pubblica americana sugli effetti del fumo.24 L'industria del tabacco decise di reclutare una società di pubbliche relazioni per sfidare l'evidenza scientifica sui danni del fumo. Quel mattino di dicembre, i presidenti di quattro delle maggiori compagnie productrici di sigarette — American Tobacco, Benson and Hedges, Philip Morris e US Tobacco — si riunirono al famoso Plaza Hotel di New York. L'albergo - con il suo stile da castello francese del Seicento, in cui le signore non accompagnate non vengono ammesse al bar — era il posto ideale per decidere cosa fare per proteggere una delle più antiche e potenti attività industriali degli Stati Uniti. I quattro presidenti erano venuti a incontrare un uomo altrettanto porente: John Hill, fondatore e CEO di una delle più grandi ed efficienti società di pubbliche relazioni, la Hill&Knowlton. I presidenti delle quattro compagnie — alla riunione parteciparono anche i CEO di R. J. Reynolds e di Brown and Williamson — decisero di cooperare per attuare un programma di pubbliche relazioni in difesa dei loro prodotti.25 Insieme avrebbero convinto l'opinione pubblica che "le accuse non avevano alcun fondamento scientifico" e che i rapporti più recenti non erano altro che "mosse sensazionalistiche" di scienziati in cerca di finanziamenti per le proprie ricerche.26 Inoltre, avrebbero fatto di tutto per evitare che i loro prodotti venissero calunniati: decisero di creare un Tobacco Industry Committee for Public Information per dare messaggi "positivi" e "completamente pro-sigarette" e contrastare le acquisizioni scientifiche. Come in seguito dichiarato dal Department of Justice, avevano deciso di 37

"ingannare il pubblico americano sugli effetti del fumo sulla salute".27 All'inizio, i rappresentanti delle aziende ritenevano che non fosse necessario finanziare altre ricerche scientifiche, in quanto sarebbe stato sufficiente "diffondere le informazioni già disponibili". John Hill non era però d'accordo, "e sottolineò più volte [...] che avrebbero dovuto sponsorizzare ulteriori ricerche", con un progetto di lungo termine.28 Inoltre, Hill suggerì di includere la parola "ricerca" nel nome del nuovo comitato, in quanto un messaggio "pro-sigarette" avrebbe avuto bisogno di una parvenza di scientificità.29 Hill concluse la riunione dicendo che "i dubbi sulla scienza devono perdurare".30 Sarebbe stato suo compito far sì che ciò avvenisse. Nel successivi cinquant'anni le industrie hanno seguito le indicazioni di Hill&Knowlton. Hanno creato un Tobacco Industry Research Committee per contrastare la marea di prove scientifiche sui danni del tabacco. Hanno finanziato ricerche per mettere in dubbio il legame tabacco-cancro.31 Hanno commissionato dei sondaggi e li hanno usati per pilotare campagne di disinformazione. Hanno distribuito opuscoli e pamphlet ai medici, ai media, ai politici e ai cittadini per ribadire che non c'era alcun motivo di preoccuparsi. L'industria dichiarava che non c'erano "le prove" che il tabacco fosse dannoso e puntava a creare un "dibattito", cercando nel contempo di convincere i mass media che i giornalisti che volevano fare bene il proprio lavoro dovevano presentare entrambe le posizioni del dibattito stesso. I membri del Tobacco Industry Research Committee incontrarono le redazioni di Time, Newsweek, US Nets and Report, Business Week, Life e del Reader's Digest, oltre ai direttori e agli editori al vertice dell'industria dei media statunitense. Nell'estate del 1954 i portavoce dei produttori di sigarette incontrarono Arthur Hays Sulzberger, editore del New York Times; Helen Rogers Reid, presidente del New York Herald Tribune; Jack Howard, presidente di Scripps Howard Newspapers; Roy Larsen, presidente di Luce Publications (proprietario di Time e di Life); e William Randolph Hearst Jr. Volevano "illustrare" le attività del settore, il suo "programma di lungo periodo... finalizzato principalmente alla tutela del pubblico interesse" e tanto più necessario perché la scienza era, a loro dire, rutto fuorché concorde. Facevano così appello al senso di responsabilità dei media affinché fornissero 38

"una equilibrata versione dei fatti", per evitare che il pubblico potesse essere terrorizzato senza motivo.32 L'industria non voleva che i giornalisti cercassero "tutti i fatti", al contrario faceva di tutto per fornirglieli. La cosiddetta campagna per l'"equilibrio" iniziò a far arrivare agli editori tutta una serie di "informazioni" a supporto dell'industria del tabacco. Ma se la scienza era solida, come potevano agire così? La scienza era davvero solida? La risposta è sì, con un ma. Una scoperta scientifica non è un evento istantaneo, è un processo, e spesso occorre tempo per mettere a fuoco l'intero quadro. A partire dalla fine degli anni Cinquanta una quantità crescente di dati sperimentali ed epidemiologici avevano evidenziato la relazione tra tabacco e cancro — ed era questa la cosa che spaventava l'industria. In privato, i suoi dirigenti ammettevano che queste ricerche erano valide.33 Con il senno di poi è facile dire — e gli storici della scienza lo hanno detto — che il legame era già evidente oltre ogni ragionevole dubbio. Di sicuro nessuno poteva sostenere che la scienza aveva dimostrato che fumare fosse sicuro. Ma la scienza è fatta anche di dettagli, alcuni dei quali non sono ancora chiari oggi: per esempio, perché alcuni fumatori sviluppano il cancro e altri no. È per questo che alcuni scienziati rimanevano scettici. Uno di questi era Clarence Cook Little. Little era un genetista famoso, membro della US National Academy of Sciences e presidente della Università del Michigan.34 Però si era sempre posto al di fuori del mainstream scientifico. Negli anni Trenta, era stato un convinto sostenitore dell'eugenetica — l'idea che la società dovrebbe migliorare il corredo genetico della popolazione favorendo gli incroci tra soggetti "idonei" e impedendo quelli tra "inidonei". Questo modo di pensare non era affatto inconsueto negli anni Venti — era anzi condiviso da molti scienziati e politici, tra cui il presidente Theodore Roosevelt — ma dagli anni Quaranta venne abbandonato quando i nazisti dimostrarono a quali conseguenze poteva portare. Little era comunque convinto che le caratteristiche degli esseri umani, compresa la vulnerabilità al cancro, fossero scritte nei geni, e non nel fumo. 39

Nel 1954 l'industria del tabacco reclutò Little per guidare il Tobacco Industry Research Committee, e moltiplicò gli sforzi per far sembrare che il dibattito fosse ancora aperto, supportando quegli scienziati il cui lavoro poteva tornarle utile. Uno di questi scienziati era Wilhelm C. Hueper, capo della Environmental Cancer Section del National Cancer Institute. Aveva partecipato come esperto a diversi processi sui danni da asbesto, e aveva dovuto rispondere alle accuse dei ricorrenti che sostenevano di essersi ammalati per il fumo e non per l'asbesto. Forse per queste sue credenziali, Hueper preparò un discorso per un incontro a San Paolo, in Brasile, in cui mise in discussione il legame tabacco-cancro. Quando il Tobacco Industry Research Committee venne a conoscenza del lavoro di Hueper lo contattò, e lo scienziato accettò il sostegno che gli veniva offerto. Hill&:Knowlton prepararono un comunicato stampa, in cui inclusero copie del discorso di Hueper, e lo inviarono alle redazioni dei giornali, alle televisioni e ai redattori scientifici dei giornali in tutto il paese. Hill&Knowlton riferirono che "a seguito della distribuzione [del comunicato stampa] negli Stati Uniti, le tesi che mettono in dubbio il legame fumo-tumore hanno avuto parecchia visibilità, sia nei titoli di apertura sia negli articoli interni".35 US News and World Report sparò questo titolo: "Le sigarette guadagnano terreno nei nuovi studi del National Cancer Institute".36 Il comitato di Little preparò un opuscolo, intitolato A Scientific Perspective on the Cigarette Controversy, e lo inviò a 176.800 medici statunitensi.37 Altre 15.000 copie furono spedite a redattori, cronisti, editorialisti e a membri del Congresso. Un sondaggio condotto un paio di anni dopo rilevò che "né la stampa né l'opinione pubblica sembrano mostrare particolare timore a seguito dell'allarme [sul fumo] sollevato dagli attacchi recenti".38 L'industria impostò la sua strategia scegliendo con cura i dati più favorevoli e focalizzandosi su particolari ancora privi di spiegazione o anomali. Nel 1954 nessuno avrebbe potuto sostenere che tutti gli aspetti della relazione fumocancro fossero chiari, e l'industria sfruttò l'onestà scientifica per seminare dubbi irragionevoli. Uno dei documenti di Hill&Knowlton, preparato dopo un incontro di Hill con alcuni dirigenti, elencava per esempio quindici questioni scientifiche ancora aperte.39 In alcuni esperimenti di laboratorio le cavie si ammalavano quando la loro pelle veniva spalmata con catrame del tabacco, ma non quando venivano lasciate in camere piene di fumo. Perché? Perché la 40

casistica del cancro variava moltissimo da città a città anche quando i consumi di tabacco erano pressoché identici? C'era una correlazione con fattori ambientali come l'aumento dell'inquinamento atmosferico? Perché si era verificato un forte aumento nei tumori al polmone tra gli uomini quando il consumo di sigarette era in crescita tra le donne? Se il fumo provocava il cancro ai polmoni, perché non si sviluppavano tumori a labbra, lingua e gola? Perché l'incidenza del cancro ai polmoni fra gli inglesi era quattro volte superiore a quella registrata negli Stati Uniti? Il clima influiva in qualche modo sullo sviluppo del cancro? Le sostanze presenti nelle sigarette americane (e non in quelle britanniche) contrastavano gli effetti deleteri del tabacco? Oppure l'aumento dei tumori era semplicemente un effetto dell'aumento della aspettativa di vita o di un sistema diagnostico migliore?40 Nessuna di queste domande era di per sé illegittima, ma erano tutte in malafede perché le risposte erano note: l'incidenza del cancro variava tra le città e gli stati perché il fumo non era l'unica causa del cancro. L'aumento del cancro tra i maschi era dovuto al periodo di latenza — il cancro ai polmoni si manifesta dieci, venti o anche trenta anni dopo che la persona ha cominciato a fumare — pertanto le donne, che avevano cominciato a fumare molto solo da pochi anni, avrebbero (forse) sviluppato il cancro solo più avanti nel tempo. Il miglioramento delle diagnosi spiegava solo in parte l'incremento riscontrato: il cancro al polmone era una malattia rarissima prima della diffusione massiccia delle sigarette. E così via... Per come veniva posta, la domanda era truccata, e puntava a convincere persone che non ne sapevano molto che ci fossero ancora parecchie questioni aperte. L'industria del tabacco aveva capito che era possibile dare l'impressione che la controversia fosse ancora aperta semplicemente continuando a ripetere le stesse domande, anche se in realtà le risposte erano già note (e andavano contro l'interesse dei produttori di sigarette)41. L'industria lavorava senza sosta per trasformare il crescente consenso scientifico in un "dibattito scientifico" ancora in corso.42 Forse come conseguenza della Fairness Doctrine (e forse anche per le notevoli somme investite nella pubblicità), gli appelli all'equilibrio dell'informazione fecero presa su redattori ed editori. La Fairness Doctrine, introdotta nel 1949 in seguito alla diffusione della televisione, richiedeva che 41

i giornalisti che si occupavano di questioni di interesse pubblico dedicassero lo stesso tempo a tutte le posizioni, comprese quelle discordi (questo in quanto le licenze di trasmissione erano limitate e quindi costituivano un bene pubblico).43 Sebbene la Fairness Doctrine non fosse formalmente indirizzata alla carta stampata, sembrava che molti redattori ed editori la rispettassero quando scrivevano di tabacco. Negli anni Cinquanta e Sessanta, i quotidiani e le riviste presentavano il casotabacco come oggetto di un dibattito serrato, invece che come una questione scientifica nella quale si accumulavano prove nell'ambito di un quadro sempre più definito, che dimostrava sempre più chiaramente che il tabacco non era innocuo.44 La Fairness Doctrine veniva intesa come un appello a dare eguale peso a entrambe le posizioni, anziché come la richiesta di dare una valutazione accurata di entrambe le posizioni. Questa tattica convinse anche il grande Edward R. Murrow. Nel 1956 Hill&Knowlton prepararono una sintesi di una conferenza a cui avevano partecipato Murrow, il suò staff, e il loro produttore, Fred Friendly: Lo staff di Murrow ha manifestato l'intenzione di presentare un programma assolutamente obiettivo finalizzato a raccontare la storia per come si è sviluppata fino a oggi, e si è impegnato in particolare a fornire una prospettiva bilanciata e basata su passi concreti per dimostrare che i fatti non sono ancora certi e che occorre attenersi alle risultanze scientifiche, come le ricerche finanziate dal Tobacco Industry Research Committee.45 Bilanciato. Assolutamente obiettivo. Queste erano le caratteristiche di Murrow — assieme alla sigaretta all'angolo della bocca — e l'industria del tabacco li sfruttò entrambi. La morte di Murrow per cancro ai polmoni fu una tragica ironia, dato che durante la Seconda guerra mondiale proprio Murrow si era opposto con tutte le sue forze al meretricio perpetrato in nome della cosiddetta informazione bilanciata. Come ha fatto notare David Halberstam, Murrow si schierò a difesa della democrazia e non fu mai sfiorato dall'idea di prendere in considerazione le posizioni dei nazisti o quelle degli isolazionisti. Per Murrow non era necessario "bilanciare Hitler e Churchill".46

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Ciononostante, Murrow cederte alle pressioni dell'industria del tabacco, che insisteva perché le proprie posizioni fossero messe sullo stesse piano di quelle della scienza. Murrow, un fumatore, era forse riluttante ad ammettere che la sua abitudine poteva essere mortale e si sentiva rassicurato quando qualcuno gli diceva che le accuse non erano provate. Roger Ferger, editore del Cincinnati Enquirer, evidentemente era dello stesso parere quando scrisse sulla sua copia di Scientific Perspective "fumo da circa 45 anni e sono ancora in buona salute".47 Era confortante sentirsi dire che non erano ancora stati pronunciati verdetti definitivi. Gli editori, però, si sarebbero accorti di come stavano davvero le cose se l'unico sostegno alle affermazioni dell'industria del tabacco fosse stata qualche conferenza di second'ordine in Brasile. I produttori di tabacco cercarono quindi appoggi tra la medicina ufficiale, assegnando fondi per la ricerca alle più importanti scuole di medicina che lavoravano sulle patologie tumorali, sulla loro diagnosi e sulla loro diffusione, e sulle malattie potenzialmente connesse, come i disturbi alle coronarie. Nel 1955 l'industria presentò un programma di borse di studio a sostegno delle facoltà di medicina; su 79 accettarono in 77 (i documenti dell'industria del tabacco non specificano chi rifiutò; probabilmente si sarà trattato di qualche istituzione affiliata a organizzazioni religiose contrarie al fumo).48 L'industria del tabacco cercò inoltre di instaurare buone relazioni con il National Cancer Institute e con l'American Heart Association, invitando loro rappresentanti alle riunioni del comitato.49 Forte di questi successi, il Tobacco Industry Research Committee fece stampare 350.000 copie di un fascicolo intitolato Smoking and Health e le inviò soprattutto a medici e dentisti.50 Alla fine degli anni Cinquanta, l'industria del tabacco aveva solide entrature con medici, facoltà di medicina e autorità per la salute pubblica in tutto il paese. Nel 1962, quando lo US Surgeon General Luther L. Terry istituì un comitato di consulenza sul fumo e la salute, i produttori di sigarette proposero dei candidati, presentarono memorandum, e si assicurarono che Little avesse un accesso privilegiato al comitato.51 Per assicurarsi che questo comitato fosse costituito "democraticamente", il Surgeon General sollecitò sia l'industria del tabacco sia la Federal Trade Commission (che sarebbe stata coinvolta nel caso di restrizioni sulla pubblicità del tabacco) a proporre delle candidature. In più, per garantire l'imparzialità del comitato, il Surgeon 43

General escluse chiunque avesse già espresso pubblicamente opinioni sulla materia. Vennero proposti 150 nominativi, e l'industria del tabacco ebbe la possibilità di porre il veto su qualsiasi soggetto considerasse inadatto.52 Malgrado tutte queste concessioni, il rapporto del 1964 fu sfavorevole all'industria del tabacco.53 Lo storico Allan Brandt racconta come metà dei membri del comitato fossero fumatori, ma prima che il rapporto fosse completato la maggior parte di essi aveva smesso di fumare.54 Per chi accettava la scienza non si trattava di una sorpresa, poiché continuavano ad accumularsi prove sui danni del fumo. Nel 1957 lo U. S. Public Health Service aveva concluso che il fumo era il "principale fattore eziologico nell'aumento del cancro al polmone".55 Nel 1959 i ricercatori avevano sostenuto su riviste scientifiche autorevoli che il legame tra sigarette e cancro era "fuori discussione".56 Lo stesso anno, la American Cancer Society aveva rilasciato una nota ufficiale in cui affermava che "il fumo delle sigarette è il principale fattore causale del cancro ai polmoni".57 Nel 1962 il Royal College of Physicians di Londra aveva affermato che "il fumo delle sigarette causa cancro e bronchiti e probabilmente contribuisce... alle malattie cardiache alle coronarie", e questa dichiarazione era stata ripresa da Reader's Digest e da Scientific American. Ancora più importante, anche gli scienziati che lavoravano per l'industria del tabacco erano giunti alle stesse conclusioni. Stanton Glatz e i suoi colleghi della University of California hanno analizzato i documenti interni dell'industria del tabacco, dimostrando che già nei primi anni Sessanta gli scienziati che lavoravano per i produttori di tabacco avevano concluso non solo che il fumo causa il cancro, ma anche che la nicotina dava dipendenza (una conclusione alla quale la maggior parte degli scienziati sarebbe giunta solo negli anni Ottanta, e che l'industria continuò a negare fino alla fine degli anni Novanta).58 Negli anni Cinquanta, i fabbricanti avevano pubblicizzato alcune marche di sigarette dicendo che erano "migliori per la salute dei fumatori," ammettendo implicitamente che le preoccupazioni per la salute erano giustificate.59 All'inizio degli anni Sessanta alcuni ricercatori della Brown&Williamson avevano dimostrato che il tabacco provocava il cancro negli animali da laboratorio e che la nicotina generava assuefazione. Nel 1963 il vicepresidente di Brown&Williamson aveva ammesso, probabilmente 44

con una certa riluttanza, che "stiamo vendendo nicotina, una sostanza che dà assuefazione". Due anni più tardi, il capo della ricerca e sviluppo di Brown&Williamson aveva sottolineato che gli scienziati dell'industria erano "unanimi nel ritenere che il fumo... fosse cancerogeno".60 Alcune aziende cominciarono segretamente a lavorare alla ricerca della sigaretta "sicura", anche se tutta l'industria del tabacco continuava a negare pubblicamente che ciò fosse necessario. In termini di impatti sul pubblico, una cosa era quello che gli scienziati scrivevano nelle pubblicazioni soggette a peer review, un'altra è quello che il Surgeon General, il tutore della salute pubblica, dichiarava in un rapporto ufficiale. Pubblicato nel 1964, e scritto da un comitato composto da membri della US Food and Drug Administration, della Federal Trade Commission, dell'American Medical Association e del Tobacco Institute, il rapporto Smoking and Health passava in rassegna di più di 7.000 studi scientifici e le testimonianze di 150 consulenti. Le conclusioni erano unanimi.61 Nel XX secolo il cancro ai polmoni aveva raggiunto le dimensioni di un'epidemia, e la causa principale non erano l'inquinamento dell'aria, la radioattività o l'esposizione all'asbesto. Era il fumo del tabacco. I fumatori avevano una probabilità di sviluppare il cancro ai polmoni da 10 a 20 volte superiore a quella dei non-fumatori. Inoltre, avevano molte più probabilità di soffrire di enfisema, bronchite, e disturbi cardiaci. Quanto più la persona fumava, tanto peggiori erano le conseguenze. Terry si rese conto che la pubblicazione del rapporto avrebbe potuto essere una bomba, pertanto quando convocò 200 reporter per un briefing di un paio d'ore, fece chiudere le porte dell'auditorium per motivi di sicurezza.62 Il rapporto venne rilasciato di sabato per minimizzare il suo impatto sulle quotazioni di borsa, ma ebbe comunque un effetto dirompente. Quasi metà degli adulti negli Stati Uniti fumavano — molti uomini avevano iniziato mentre servivano il loro paese sui campi di battaglia della Seconda guerra mondiale oppure in Corea — e il Surgeon General gli stava dicendo che questa abitudine li stava uccidendo. Il governo non solo permetteva questo eccidio, ma lo promuoveva e ne traeva profitto sussidiando la coltivazione del tabacco: le vendite di tabacco rappresentavano una formidabile entrata per le casse federali e per gli stati dell'Unione. Ammettere che il tabacco uccideva equivaleva ad affermare che il governo federale approvava e 45

insieme guadagnava delle vendite di un prodotto letale. Guardando al passato, definire la notizia come la più importante del 1964 è riduttivo: senz'altro fu una delle più importanti della nostra epoca.63 Uno dei direttori delle pubbliche relazioni dell'industria del tabacco concluse che per il business delle sigarette si era aperta una "grave crisi".64 Com'era prevedibile, le varie industrie non stettero ad aspettare, e raddoppiarono immediatamente i propri sforzi per combattere la scienza. Cambiarono il nome da Tobacco Industry Research Council a Council for Tobacco Research (eliminando la parola "Industry") e interruppero le relazioni con Hill&Knowlton. Stabilirono che la nuova organizzazione si sarebbe dedicata esclusivamente alle ricerche sulla salute, e non a "studi tecnici per l'industria o per le varie strutture commerciali".65 Infine, l'industria "rivide" le procedure per l'approvazione dei contratti di ricerca, e si orientò sempre più verso l'individuazione di "esperti" in grado di supportare le tesi del comitato. Sulla base delle evidenze prodotte dai propri laboratori, l'industria avrebbe potuto concludere che il "dibattito" fosse chiuso. Il direttore delle pubbliche relazioni di Brown&Williamson suggerì che forse era arrivato il momento di rinunciare alle "rassicurazioni, alla negazione dei rischi e ad altre cose del genere".66 Altri suggerirono di individuare le componenti pericolose del fumo delle sigarette e di eliminarle, o di applicare su base volontaria delle etichette di avvertimento.67 Nel 1978 il gruppo Liggitt — fabbricante delle sigarette L&Ms, Larks e Chesterfields — registrò un brevetto per una tecnologia che avrebbe dovuto ridurre la "cancerogenicità" del tabacco (la cancerogenicità è la tendenza di qualcosa a provocare tumori: in questo modo, come evidenziato da un quotidiano, si riconosceva implicitamente che il tabacco era causa di tumori).68 I fabbricanti di sigarette però non si arresero. Decisero anzi di combattere ancora più duramente, Un comunicato stampa si concludeva con queste parole: "La costante espansione dei nostri programmi di ricerca sul tabacco e sui suoi effetti sulla salute ci ha convinto della necessità di implementare una struttura organizzativa più estesa". L'industria aveva già versato 7 milioni di dollari in ricerche a 155 scienziati in più di 100 scuole di medicina, ospedali 46

e laboratori; adesso era il momento di spendere ancora di più.69 Nel 1965 si tennero delle audizioni al Congresso sulle norme che imponevano di apporre degli avvertimenti sulle confezioni e sulle pubblicità del tabacco. L'industria del tabacco schierò una "parata di medici dissenzienti" e "un oncologo [che ammonì] di non mostrarsi timidi durante le udienze".70 Talvolta, specie quando emergevano complicazioni o fattori che non erano stati presi in considerazione, le nuove ricerche potevano in effetti confondere le acque. Non era però il caso del fumo. Nel 1967 il nuovo Surgeon General riesaminò le prove, e le sue conclusioni furono ancora più nette di quelle del suo predecessore.71 Si erano infatti aggiunti duemila studi scientifici, da cui erano stati ricavati i tre risultati elencati nella prima pagina del rapporto: 1) i fumatori contraevano più malattie e morivano prima dei non fumatori; 2) una parre sostanziale di questi decessi precoci non si sarebbe verificata se queste persone non avessero fumato; 3) se non fosse stato per il fumo, non sarebbe avvenuta "praticamente nessuna" delle morti precoci dovute al cancro ai polmoni. Il fumo uccideva, semplicemente, e rispetto al 1964, quando era stato presentato il primo rapporto, non era emerso nulla di nuovo.72 E cosa fece l'industria? Negò tutto con ancora più forza. "Non c'è nessuna evidenza scientifica che le sigarette causino il cancro ai polmoni e altre malattie", continuava a sostenere Brown& Williamson.73 Nel 1969, quando la FCC (Federal Communications Commission) votò il bando alla pubblicità delle sigarette in radio e televisione, Clarence Little insistette che non c'era "alcun nesso causale tra fumo o [sic] qualsiasi altra malattia".74 Ufficialmente l'industria appoggiava il bando della pubblicità, anche perché, grazie alla Fairness Doctrine, i gruppi per la protezione della salute erano riusciti a far passare annunci anti-fumo gratis in televisione, e ciò cominciava a produrre dei risultati.75 In privato, invece, il Tobacco Research Council mandava lettere con cui avvertiva l'industria dei liquori che 47

sarebbe stata il prossimo bersaglio.76 La FCC aveva dichiarato che non aveva intenzione di procedere contro i fabbricanti di alcolici, e aveva dichiarato in un comunicato stampa che "la nostra azione è limitata a questa situazione e questo prodotto; noi... ribadiamo espressamente di non avere intenzione di procedere contro altri prodotti".77 Ma l'industria del tabacco soffiava sul fuoco, e faceva rilevare che le limitazioni alla pubblicità del tabacco sarebbero state il primo passo su una china scivolosa che avrebbe portato a controllare la pubblicità di tutti i prodotti rischiosi. Nonostante i timori dell'industria, il Congresso non bandì e neppure limitò le vendite di tabacco, e si limitò a imporre le etichette di avvertimento. Gli americani ora sapevano che il fumo era dannoso, Il pericolo non era solo il cancro, ma tutta una serie di disturbi: bronchite, enfisema, malattie coronaro-cardiache, irrigidimento delle arterie, peso ridotto dei neonati e altre ancora. Verso la fine degli anni Sessanta, il numero dei fumatori negli Stati Uniti diminuì in modo significativo. Nel 1969 il numero di americani adulti che fumavano era sceso al 37%. Nel 1979 sarebbe arrivato al 33% — tra i medici la percentuale era del 21% — e il New York Times decise finalmente di smettere di citare i portavoce dell'industria del tabacco in nome di una "informazione bilanciata".78 Anche se i fumatori diminuivano, i profitti dell'industria continuavano ad andare a gonfie vele. Nel 1969 la R. J. Reynolds aveva dichiarato entrate nette per 2,25 miliardi di dollari. Nonostante la montante pressione politica per controllare le vendite del tabacco e scoraggiarne il consumo, i dirigenti di Reynolds riportavano record di vendite, introiti, guadagni e la prosecuzione di una serie ininterrotta di 72 anni di dividendi per gli azionisti. "Il tabacco", concludevano, "resta un buon business".79 La protezione di questo business — da norme di legge, tasse, controlli della FDA, e soprattutto da azioni legali — diventava un problema sempre più urgente.80 Tra il 1954 e il 1979 erano state promosse 125 cause contro l'industria del tabacco. Solo 9 erano arrivate al processo, e nessuna si era risolta a favore dei querelanti. Ciononostante, i legali dell'industria erano sempre più preoccupati, anche perché la loro insistenza nel sostenere che il dibattito fosse ancora aperto era contraddetta sia dalle autorità accademiche sia da documenti interni della stessa industria. Per citare un esempio: nel 1978 il 48

resoconto di una conferenza scientifica indetta dalla British American Tobacco Company riportava che il legame tabacco-cancro "ha cessato da tempo di essere motivo di controversie scientifiche"82 (i legali di Brown& Williamson si raccomandarono di distruggere questo testo).83 Ma cosa avrebbe potuto fare l'industria per difendersi, quando la maggior parte degli esperti era d'accordo che il tabacco era dannoso e c'era un'infinità di documenti interni che attestavano che l'industria lo sapeva? La risposta era continuare a vendere dubbi, reclutando altri scienziati disposti a collaborare. Complessivamente, l'industria aveva già speso più di 50 milioni di dollari in ricerca biomedica, Altre aziende produttrici di tabacco avevano investito altro denaro, portando il totale a più di 70 milioni di dollari. A metà degli anni Ottanta questa cifra aveva superato i 100 milioni di dollari. Un documento riportava con orgoglio che "le spese per la ricerca [dell'industria del tabacco] sono seconde solo a quelle del governo federale".84 Un'altra nota diceva che i contratti di finanziamento erano stati distribuiti a 640 ricercatori in 250 ospedali, scuole di medicina e istituti di ricerca.85 Nel 1981 la American Cancer Society e la American Lung Association avevano assegnato fondi di ricerca per meno di 300.000 dollari; lo stesso anno, l'industria del tabacco aveva erogato 6,3 milioni di dollari.86 Era arrivato il momento di pagare ancora di più. Nel 1950 l'industria del tabacco aveva reclutato il genetista C. C. Little — membro della US National Academy of Sciences — per migliorare le proprie credenziali scientifiche. Questa volta fecero un passo avanti, e coinvolse Frederick Scitz — il signore calvo che era stato presentato ai funzionari della R. J. Reynolds nel 1979 — e che della National Academy tra stato addirittura il presidente.87 Seitz faceva parte di quel gruppo di giovani che, grazie al Progetto Manhattan e alle loro capacità intellettuali, erano stati catapultati in posizioni di potere. Prima della Seconda guerra mondiale la fisica era una disciplina piuttosto oscura; nessuno si aspettava di diventare ricco, famoso o potente facendo carriera in questo settore di studi. La bomba atomica cambiò tutto: il governo degli Stati Uniti reclutò centinaia di fisici per costruire l'arma più potente mai realizzata. Dopo la guerra, molti di questi fisici vennero chiamati a dirigere i principali dipartimenti accademici delle università più prestigiose, 49

e da tali posizioni lavorarono anche come consulenti per il governo su svariate questioni — non solo sugli armamenti. Il collegamento di Seitz con la bomba atomica era molto più diretto di quello di altri suoi colleghi. Come fisico dello stato solido, si era formato a Princeton sotto Eugene Wigner, l'uomo che assieme a Leo Szilard aveva convinto Albert Einstein a mandare la famosa lettera con cui sollecitava Franklin Roosevelt a costruire la bomba atomica. In seguito, Wigner aveva vinto il premio Nobel per i suoi lavori sulla fisica nucleare, e Seitz era il suo studente più famoso. Dal 1939 al 1945 Scitz aveva lavorato in parecchi settori dell'industria bellica, come balistica, penetrazione delle corazze, corrosione dei metalli, radar e la bomba atomica. Nel 1940 era riuscito anche a completare The Modern Theory of Solids — unanimemente riconosciuto come uno dei testi fondamentali della fisica dello stato solido del tempo — a cui nel 1943 era poi seguito un secondo volume, The Physics of Metals. Nel frattempo, era stato anche consulente della Dupont Corporation. Nel 1959 Seitz divenne consulente scientifico della NATO e da lì partì la sua scalata ai vertici della scienza e delle istituzioni politiche americane. Dal 1962 al 1969 ricoprì l'incarico di presidente della NAS (National Academy of Sciences) e, quale membro d'ufficio, fece parte del US President's Science Advisory Committee. Nel 1973 il presidente Richard Nixon lo insignì della National Medal for Science. Dopo 11 anni da presidente della Rockefeller University, nel 1979 andò a lavorare con la R. J. Reynolds. Se è abbastanza ovvio il motivo per cui la Reynolds voleva Seitz nel suo gruppo, occorre chiedersi perché Seitz abbia accettato di lavorare per Reynolds.88 Parlando davanti ai dirigenti dell'industria nel 1979, Seitz sottolineò il debito di gratitudine che aveva nei confronti di Reynolds. La Rockefeller era una delle università finanziate dall'industria del tabacco, e Seitz si espresse così: Circa un anno fa, quando il mio incarico come presidente della Rockefeller stava per terminare, mi fu chiesto di diventare consulente del comitato direttivo di R. J. Reynolds, in quanto l'industria stava sviluppando un programma di sostegno per le ricerche biomediche sulle malattie degenerative nell'uomo — un programma che si sarebbe ampliato con il supporto delle industrie del tabacco. Dal momento che la R. J. Reynolds aveva 50

sostenuto con generosità le ricerche biomediche alla Rockefeller University, mi sentii assai gratificato e accettai.89 In effetti, la Reynolds era stata molto generosa con la Rockefeller. Nel 1975 aveva istituito il R. J. Reynolds Fund for the Biomedical Sciences and Clinical Research, con un contratto di 500.000 dollari annui per 5 anni, e aveva messo sul piatto altri 300.000 dollari nel primo anno per finanziare una borsa di post-dottorato R. J. Reynolds Industries e "rendere permanentemente riconoscibile il supporto della RJR".90 Ma c'era qualcosa di più della gratitudine. Seitz era mosso da un enorme rancore contro la comunità scientifica che aveva guidato. Negli anni, Seitz si era convinto che la comunità scientifica fosse volubile e irrazionale. Come presidente della NAS si era "reso conto che l'umore di una comunità organizzata poteva cambiare rapidamente e per motivi del tutto irrazionali. Mi sono fatto molti nemici, anche per questioni apparentemente banali, ed è successo da un giorno all'altro".91 Seitz appoggiava apertamente la guerra in Vietnam. Questa scelta lo aveva reso impopolare nell'ambito del Science Advisory Committee, che aveva finito per isolarlo. All'inizio degli anni Settanta, i membri del comitato avevano dichiarato che la guerra era finita in un pantano e che anche loro, come il resto degli americani, erano stati ingannati a proposito dell'andamento del conflitto.92 Alla fine degli anni Settanta Seitz era in contrasto con i suoi colleghi anche su questioni relative al grado di preparazione nucleare. La comunità scientifica generalmente appoggiava i colloqui per la limitazione delle armi e i trattati, e reputava irrealizzabile l'idea di conseguire una superiorità tecnico-militare tramite lo sviluppo di armamenti sempre più avanzati. Seitz, invece, era convinto che l'America dovesse conseguire la superiorità politica dotandosi di armi sempre più sofisticate, un'idea che la maggior parte dei suoi colleghi aveva abbandonato, ma che avrebbe continuato a raccogliere consensi e causare conflitti per tutti gli anni Ottanta. Più di ogni altra cosa, Seitz, come il suo mentore Eugene Wigner (un rifugiato ungherese), era un ardente anticomunista (Wigner in seguito sostenne anche la Chiesa dell'unificazione del reverendo Sun Myung Moon, evidentemente 51

convinto che qualsiasi nemico del comunismo fosse suo amico).93 Il sostegno di Seitz ai programmi di armamento era un riflesso del suo anticomunismo, ma il suo impegno andava parecchio oltre. Come presidente della NAS, Seitz aveva appoggiato Taiwan, sviluppando programmi di scambio con gli scienziati taiwanesi per controbilanciare l'influenza dei "rossi" cinesi. Questi programmi erano considerati abbastanza ragionevoli da molti dei suoi colleghi, ma con l'andare degli anni Seitz arrivò all'ossessione. Difendeva a prescindere le aziende private, qualsiasi cosa facessero, e attaccava qualsiasi cosa avesse anche un vago sentore di socialismo.94 Seitz incolpava i suoi colleghi del suo isolamento sociale e intellettuale. Affermava che negli Stati Uniti la scienza era diventata "rigida", e i suoi colleghi dogmatici e di vedute ristrette. La competizione sempre più serrata per accedere ai fondi federali soffocava la creatività e scoraggiava i lavori che non rientravano in discipline chiaramente identificabili. È probabile che sia stato questo il motivo per cui si avvicinò al Reynolds Industries Advisory Board: "Di tanto in tanto [si verificano] casi eccezionali nei quali la crescente rigidità del supporto del governo federale preclude il sostegno a programmi proposti da ricercatori dotati di forte immaginazione".95 Seitz avrebbe voluto decidere se tra questi ricercatori c'erano dei veri visionari, e il suo giudizio non sarebbe stato necessariamente sbagliato (come dimostrato per esempio dal supporto che aveva dato a Stanley Prusiner, lo scopritore dei prioni). Seitz, comunque, non voleva solo supportare le scienza più innovativa. Era furioso perché pensava che negli Stati Uniti si stesse diffondendo un atteggiamento antiscientifico e antitecnologico. Accettò il punto di vista dell'industria a proposito della"irrazionalità" degli attacchi al tabacco e dichiarò che la scienza "indipendente" (sebbene non si capì mai "indipendente" da chi) avrebbe dovuto distinguere "ciò che era scienza da ciò che era fantascienza".96 Seitz vedeva irrazionalità ovunque, dall'attacco al tabacco al "tentativo di incolpare l'industrializzazione per il cancro".97 In fin dei conti, sottolineava Seitz, anche nell'ambiente naturale c'erano delle sostanze cancerogene, in quanto anche "l'ossigeno che respiriamo nell'aria [...] può influenzare lo sviluppo di tumori a causa delle radiazioni che emette98 (l'ossigeno, come molti elementi, ha una versione radioattiva — l'isotopo O15 — sebbene non sia di origine naturale).99 52

Seitz credeva ciecamente nella scienza e nel progresso tecnologico, sia perché erano alla base dei livelli di benessere e salute della modernità, sia perché erano fondamentali per migliorare il futuro, e si infuriava quando altre persone non condividevano la sua posizione. Nelle sue memorie proclama la sua fiducia incrollabile nella tecnologia, sottolineando che "la tecnologia sviluppa in continuazione nuovi strumenti per proteggere la nostra salute e la nostra sicurezza, nonché le bellezze naturali e le risorse del nostro mondo".100 Malgrado a suo modo fosse uno strenuo difensore della democrazia, Seitz era in difficoltà a trattare con il dissenso. Gli ambientalisti, secondo lui, erano dei luddisti che puntavano a invertire la marcia del progresso. I suoi colleghi accademici erano degli ingrati, incapaci di comprendere e apprezzare i benefici della scienza e della tecnologia. La democrazia aveva un rapporto ambiguo con la scienza e l'istruzione superiore. La cultura popolare, poi, era un disastro: Seitz disprezzava Hollywood e si chiedeva, non senza amarezza, se "gli sforzi per creare società libere e aperte" non si sarebbero tradotti nel "trionfo della banalità". Non aveva contribuito alla costruzione della bomba atomica per creare un mondo dove poter girare film di avventure o di azione.101 Tutti questi elementi aiutano a capire perché Seitz fosse disposto a lavorare per l'industria del tabacco. Ma c'è ancora un fattore da tenere in considerazione. Come C. C. Little prima di lui, anche Seitz era un determinista genetico (forse era riluttante ad ammettere che i rischi ambientali connessi alla tecnologia potessero provocare danni alla salute). Nelle sue memorie attribuì la morte prematura del suo amico William Webster Hansen, coinventore del klystron (un componente importante per lo sviluppo del radar) a un "difetto genetico che gli aveva causato un enfisema", ma questa ipotesi è molto improbabile.102 Gli esperti ritengono che l'enfisema sia quasi sempre riconducibile a un fattore ambientale. Secondo la compagnia di assicurazione Aetna, fino al 90% dei casi sono provocati dal fumo, e quasi tutta la percentuale restante da sostanze inquinanti presenti nell'aria; solamente un 1% di casi può essere riferibile a un — raro — difetto genetico.103 Il caso di Hansen fu anomalo perché morì assai giovane — aveva 39 anni — quindi può darsi che avesse 53

effettivamente un difetto genetico, ma la sua malattia potrebbe essere stata causata dall'inalazione del berillio che usava nelle sue ricerche.104 Il berillio è un metallo leggero ben noto per la sua tossicità; negli anni successivi il governo federale avrebbe indennizzato i lavoratori esposti al berillio nei processi di fabbricazione degli ordigni nucleari.105 Ovviamente, Seitz faticava ad ammettere che la morte precoce di Hansen fosse dovuta all'esposizione al berillio.106 È plausibile che, viste queste sue caratteristiche — era intransigente, con uno spiccato complesso di superiorità, era un fanatico della tecnologia e non voleva mescolarsi con le masse — Seitz si sia trovato più a suo agio con i conservatori dell'industria del tabacco (che forse condividevano le sue idee politiche) che con i suoi colleghi accademici, prevalentemente liberal (quindi di orientamento opposto). Aveva lavorato per grandi aziende americane, negli anni Trenta come fisico con General Electric e poi, durante i 35 anni di carriera accademica, come consulente di Dupont. Era stato anche membro del Bohemian Grove, un esclusivo club per soli uomini a San Francisco, che vantava tra i suoi affiliati il segretario della difesa Caspar Weinberger, oltre ad alti dirigenti di banche, di compagnie petrolifere e di aziende che avevano contratti con l'industria militare (un ex-presidente di Caltech ricorda di aver aderito al club su insistenza del consiglio di amministrazione del suo istituto, pur non trovandosi, da liberal ed ebreo, a suo agio in compagnia degli altri membri).107 Seitz apprezzava i vantaggi che gli venivano dal lavorare con l'industria del tabacco: viaggi con sua moglie alle Bermuda, dove il comitato della Reynolds si era riunito nel novembre del 1979, o l'inebriante sensazione di selezionare dei ricercatori a cui erogare dei fondi.108 Convinto che le predisposizioni genetiche fossero cruciali per l'insorgere delle malattie, e che la scienza moderna si fosse chiusa su se stessa, Seitz potrebbe davvero aver pensato che il tabacco fosse oggetto di attacchi ingiusti, e che il denaro erogato da Reynolds potesse contribuire a correggere delle storture. Purtroppo, sappiamo dalla documentazione dell'industria del tabacco che i criteri con i quali venivano selezionati i progetti di ricerca non erano esclusivamente scientifici. A maggio 1979 Seitz aveva già impegnato oltre 43,4 milioni di dollari in 54

contratti di ricerca. In questo periodo si sentiva spesso con H. C. Roemer consulente legale di R. J. Reynolds — per discutere sui progetti da finanziare e perché; prima di essere diffusi, rutti i comunicati stampa sui programmi di ricerca dovevano essere preventivamente autorizzati dal dipartimento legale.109 Non è normale che le agenzie di finanziamento richiedano un parere legale su ogni contratto che stipulano, pertanto già questo aspetto sembra suggerire che il criterio di scelta implicasse qualche tipo di responsabilità legale. Ma non c'è bisogno di speculare troppo, dal momento che gli stessi documenti dell'industria riportano che "il supporto [alla ricerca scientifica] con gli anni ha creato un certo numero di autorità grazie alle quali l'industria può ottenere la testimonianza di esperti davanti alle corti in cause giudiziarie o in audizioni presso organismi governativi".110 L'industria non stava solo lavorando per generare quelli che, all'apparenza, erano dubbi ragionevoli; stava anche costruendo una rete di testimoni compiacenti ai quali rivolgersi in futuro. Uno di questi testimoni era Martin J. Cline, che già in passato aveva attirato l'attenzione di Seitz, Cline era uno dei ricercatori nelle discipline bio-mediche più famosi degli Stati Uniti, Capo della divisione di onco-ematologia alla scuola di medicina della UCLA, aveva creato il primo organismo transgenico del mondo: un topolino geneticamente modificato. Nel 1980 aveva subito un richiamo ufficiale dalla UCLA e dai National Health Institute perché aveva eseguito una sperimentazione su umani non approvata: aveva iniettato cellule di midollo osseo alterate con DNA ricombinante in due pazienti affetti da una malattia ereditaria del sangue.111 Cline era accusato di aver descritto l'esperimento alle autorità di controllo dell'ospedale in modo inappropriato, dicendo che nell'esperimento non sarebbe stato utilizzato DNA ricombinante.112 In seguito aveva ammesso di aver eseguito l'esperimento, precisando però che lo aveva fatto perché era convinto che avrebbe funzionato. Come conseguenza, Cline aveva perso circa 200.000 dollari di finanziamenti, ed era stato costretto a dimettersi dalla posizione di capo divisione (gli fu comunque concesso di rimanere professore di medicina).113 Molti anni dopo — nel 1997 — Cline testimoniò nella causa Norma R. Broin et al. vs. Philip Morris.114 (Broin era un'assistente di volo, non fumatrice, che si era ammalata di cancro all'età di 32 anni. Assieme a suo marito e ad altri 55

25 assistenti di volo sosteneva che la loro malattia era stata causata dal fumo che avevano respirato nelle cabine degli aerei, e che l'industria del tabacco non li aveva informati sui rischi.)115 Nella sua deposizione Cline riconobbe di aver già testimoniato in altre due cause: in una aveva dichiarato che il cancro della parte lesa non era stato causato dall'esposizione a fumi tossici e nell'altra che la leucemia non era stata prodotta dall'esposizione alle radiazioni. Aveva anche svolto la funzione di consulente retribuito in un'altra causa sull'uso di tabacco, aveva svolto dei seminari presso una società di assistenza legale che operava per l'industria del tabacco e infine aveva fatto parte dei consulenti scientifici della Reynolds (talvolta gli scienziati a cui Seitz erogava contributi venivano chiamati a partecipare a gruppi di consulenza in occasione di meeting e per fornire "suggerimenti e critiche". Un memorandum interno suggeriva anche di usarli come gruppi di pressione — anche se poi questa idea era stata abbandonata).116 Quando nel processo Norma Broin et al vs. Philip Morris gli venne chiesto se "il fumo di sigaretta provoca cancro ai polmoni", il difensore di Philip Morris obiettò circa la "forma della domanda".117 Quando gli venne chiesto se "il fumo di sigaretta diretto provoca cancro ai polmoni", il difensore obiettò che la questione era "irrilevante e infondata". Quando alla fine gli venne chiesto di rispondere, Cline fu evasivo: Cline: bene, se per "causa" lei intende un fattore di rischio epidemiologico su un gruppo o una popolazione, allora il fumo di sigaretta è certamente connesso a certi tipi di cancro al polmone. Se lei intende: il fumo di sigaretta causa un tumore a un particolare individuo? Allora... è difficile dire "sì"o "no". Non ci sono evidenze.118 Quando gli venne chiesto se fumare tre pacchetti al giorno potesse contribuire all'insorgenza del cancro ai polmoni di una persona che fumava da 20 anni, Cline rispose ancora che "non lo si può dire con certezza... Posso immaginare molte situazioni nelle quali [il fumo] può non c'entrare nulla". Alla domanda se fosse stato pagato per le ricerche che aveva condotto per conto dell'industria del tabacco, Cline ammise che l'industria del tabacco gli aveva dato 300.000 dollari all'anno per 10 anni — 3 milioni di dollari — ma che non si era trattato di una retribuzione ma di un "regalo".119 56

Quello che Cline diceva sul cancro era tecnicamente vero: al momento la scienza non ci consente di affermare con certezza che una particolare persona abbia il cancro ai polmoni — indipendentemente da quanto abbia fumato — perché ha fumato. Ci sono sempre altre possibilità. La scienza può però dirci che è molto probabile che una persona che abbia fumato per 20 anni tre pacchetti di sigarette al giorno abbia sviluppato il cancro a causa del fumo, in quanto le altre cause del cancro al polmone si verificano molto raramente. Se non risulta che la persona in questione sia mai stata esposta all'asbesto o al radon o che abbia fumato sigari o la pipa, o che sia stata soggetta a una prolungata esposizione all'arsenico, al cromo o al nichel, allora possiamo sostenere che quasi certamente il suo rumore al polmone è dovuto al fumo. Tuttavia, non possiamo dare la cosa per certa. Nella ricerca scientifica c'è sempre spazio per il dubbio. In un processo la domanda da porre è: sì tratta di un dubbio ragionevole? Ultimamente, le giurie hanno cominciato a dire no, ma è servito molto tempo, proprio a causa di testimonianze come quelle di Martin Cline, testimonianze che l'industria aveva coltivato supportando le loro ricerche. Reynolds sosteneva gli scienziati e all'occorrenza gli scienziati sostenevano Reynolds. Stanley Prusiner sarebbe stato un testimone anche migliore per l'industria — il suo lavoro sui prioni era rivoluzionario e la sua reputazione immacolata — e il suo nome appariva in un elenco di potenziali testimoni nella fondamentale causa Stati Uniti vs. Philip Morris et al.120 (evidentemente non è poi stato chiamato a testimoniare, e i documenti disponibili non ne spiegano il motivo). L'industria del tabacco fu finalmente dichiarata colpevole in base al RICO (Racketeer Influenced and Corrupt Organizations Act).121 Nel 2006 il giudice distrettuale Gladys Kessler sancì che l'industria del tabacco aveva "ideato ed eseguito un piano per frodare i consumatori, anche quelli potenziali" sui rischi delle sigarette, rischi che, come evidenziato dai documenti interni delle compagnie stesse, erano noti fin dagli anni Cinquanta.122 Ma era dovuto passare molto tempo — circa mezzo secolo — per arrivare a questo punto. Nel frattempo l'industria del tabacco aveva vinto molte delle cause che le erano state intentate. Le giurie, naturalmente, erano molto più propense a credere agli esperti scientifici che ai rappresentanti dell'industria — specialmente agli scienziati che si presentavano come indipendenti — e né 57

Cline né Prusiner avevano mai lavorato direttamente alle dipendenze dell'industria del tabacco; la maggior parte dei finanziamenti erano arrivati attraverso studi legali.123 Le ricerche esterne avrebbero poi contribuito a rafforzare la tesi dell'industria secondo cui i consumatori dovevano essere liberi di decidere da soli. "Riteniamo che ogni prova debba essere presentata in modo completo e obiettivo al pubblico e che al pubblico debba essere permesso di decidere sulla base delle evidenze": tutto, in apparenza, molto ragionevole.124 Il problema era che il pubblico non aveva modo di sapere che queste "evidenze" erano il frutto di una campagna orchestrata per creare confusione. Nei fatti, è stata una cospirazione criminale finalizzata a commettere una frode. Cline e Prusiner erano scienziati rispettati, e quindi ci si potrebbe chiedere: non avevano il diritto di essere ascoltati? Negli anni, Seitz e i suoi colleghi hanno sostenuto spesso questa tesi, sottolineando che tutti dovessero avere lo stesso spazio, e la loro abilità nello sfruttare la Fairness Doctrine per ottenere spazio e tempo sui media è stata cruciale per moltiplicare gli effetti dei loro sforzi. Ma davvero meritavano lo stesso tempo? La risposta è: no. Dare a tutti lo stesso tempo per esporre opinioni diverse è una cosa che ha senso in un sistema politico bipartitico, ma non funziona nel caso della scienza, perché la scienza non è un'opinione. Si basa sulle evidenze, e progredisce attraverso affermazioni che possono e debbono essere verificate sperimentalmente, mettendole a confronto con le osservazioni. Le ricerche sono poi soggette a una revisione critica da parte di una giuria di esperti scientifici. Le affermazioni che non vengono vagliate con questa procedura — o che sono state esaminate e sono state respinte — non possono dirsi scientifiche, e pertanto non meritano lo stesso tempo in un dibattito scientifico. Un'ipotesi scientifica è come l'accusa di un pubblico ministero: è l'inizio di un processo che può essere molto lungo. La giuria deve decidere non sull'eleganza dell'accusa, ma sull'entità, la forza e la coerenza delle prove che la supportano. Giustamente si chiede che il pubblico ministero fornisca le prove — numerose, solide e coerenti — e che le prove resistano all'esame della giuria, che può prendersi tutto il tempo necessario per portarlo a termine. 58

Nella scienza avviene all'incirca la stessa cosa. Un'affermazione non viene accettata solo perché proviene da una persona intelligente, o perché un gruppo di persone ne discute, ma quando una giuria di revisori — in rappresentanza della comunità dei ricercatori — ha esaminato le evidenze a sostegno di quell'affermazione e ha concluso che sono sufficienti perché la si possa accettare. Dagli anni Sessanta, la comunità scientifica si è mossa così sul problema del tabacco. Al contrario, l'industria del tabacco non è mai stata capace di supportare le proprie affermazioni con delle prove valide, ed è per questo che ha dovuto servirsi di una cortina fumogena. Dopo decenni, e dopo aver speso decine di milioni di dollari, le ricerche che ha finanziato non sono mai riuscite a dimostrare che fumare non era pericoloso. Ma il loro obiettivo non è mai stato questo. L'industria del tabacco è stata dichiarata colpevole in base al RICO in parte per quello che emergeva dai documenti della Hill&Knowlton: l'industria sapeva dei rischi del fumo fin dal 1953, ma aveva tramato per impedire che la notizia si diffondesse. Avevano cospirato per intorbidare i fatti e vendere dubbi. È servito parecchio tempo per far emergere i fatti e dissolvere i dubbi. Per molti anni gli americani hanno continuato a pensare che ci fossero dubbi ragionevoli sulla pericolosità del fumo (alcuni ancora restano). Anche se gli avvertimenti sui pacchetti erano stati rafforzati, l'industria ha iniziato a perdere nei tribunali solo all'inizio degli anni Novanta. E anche se all'inizio degli anni Novanta la FDA aveva tentato di regolamentare l'uso del tabacco in quanto droga che dà assuefazione, è stato solo nel 2009 che il Congresso ha autorizzato la FDA a emanare una norma specifica.125 Uno dei motivi per cui le campagne dell'industria hanno avuto successo è che in realtà non tutti i fumatori sviluppano il cancro. In effetti, la maggior parte delle persone che fuma non si ammala di cancro ai polmoni. Possono però soffrire di bronchiti croniche, enfisema, malattie cardiache o ictus, o sviluppare tumori alla bocca, all'utero, alla cervice, al fegato, ai reni, alla vescica o allo stomaco. Possono ammalarsi di leucemia, abortire spontaneamente o diventare cieche. Le donne che fumano hanno una maggior probabilità dì dare alla luce neonati sottopeso rispetto a quelle che non lo fanno, e i nuovi nati hanno maggiori probabilità di morire per 59

sindrome da morte improvvisa. Secondo la World Health Organization il fumo è la causa probabile di 25 differenti malattie, ed è responsabile di 5 milioni di morti annui al mondo che si verificano prevalentemente nella mezza età.126 Fin dagli anni Novanta la maggior parte degli americani sapeva che il fumo era nocivo, ma almeno il 30% non lo collegava a una qualche malattia specifica. Anche molti medici non conoscevano l'esatta misura dei danni del fumo, e circa un quarto degli intervistati per un sondaggio dubitava che fumare fosse dannoso.127 Le tecniche dell'industria del tabacco in parte hanno funzionato perché molti di noi non sanno che cos'è un nesso causale. Si ritiene che se A causa B, allora se fai A, ottieni B. Quindi se il fumo causa il cancro, se fumi avrai il cancro. Ma nel mondo reale le cose sono un po' più complicate. Nell'ambito della scienza esiste il concetto di causa statistica, nel senso che se fumi avrai molte più probabilità di sviluppare il cancro. Qualcosa può essere una causa nel senso che è occasione per qualcos'altro — come quando si dice che "il litigio è stato causato dalla gelosia".128 La gelosia non sempre porta a litigare, ma spesso sì. Il fumo non uccide tutti quelli che fumano, ne uccide almeno metà. Spargere dubbi funziona anche perché pensiamo che la scienza tratti esclusivamente di fatti — entità fredde, concrete e ben definite. Se qualcuno ci dice che alcune cose sono incerte, tendiamo a pensare che la scienza sia incerta. È un errore. L'incertezza è sempre presente in ogni scienza, perché la scienza è un processo di continua scoperta. Gli scienziati non si fermano quando hanno trovato la spiegazione per qualcosa; cominciano subito a porsi nuove domande. Se chiedete a uno scienziato cosa sta facendo, probabilmente non vi dirà del lavoro che ha terminato la settimana scorsa o l'anno passato, e certamente non vi parlerà di quelli dell'ultimo decennio. È più probabile che vi accenni a una questione sulla quale sta lavorando ora. Sì, sappiamo che il fumo causa il cancro, ma ancora non conosciamo perfettamente il meccanismo per cui ciò avviene. SI, sappiamo che i fumatori muoiono precocemente, ma se un fumatore muore anzitempo, non siamo in grado di dire con certezza qual è stato il contributo del fumo a questo evento. E così via. Il dubbio ha un'importanza cruciale per la scienza — quello che noi 60

chiamiamo curiosità o scetticismo è ciò che spinge la scienza a progredire — ma nel contempo la rende vulnerabile alle rappresentazioni fuorvianti, in quanto è facile decontestualizzare le incertezze e creare l'impressione che ogni cosa sia ancora incerta. L'industria del tabacco ha fatto così: ha usato la normale incertezza scientifica per minare la conoscenza scientifica. Come nello ju jitsu, puoi ritorcere la scienza contro sé stessa. Il famoso memorandum scritto nel 1969 da un dirigente dell'industria del tabacco sottolineava che "il dubbio è il nostro prodotto, dato che è il modo migliore per competere con il 'corpus di fatti' che esistono nella mente della pubblica opinione".129 L'industria ha difeso il proprio prodotto principale — il tabacco — fabbricando anche qualcos'altro: i dubbi sulla sua pericolosità. "Non ci sono prove" è diventato un mantra che è stato ripetuto fino agli anni Novanta, quando l'attenzione si è spostata sul fumo passivo. In effetti, è diventato uno dei mantra di tutte le campagne di disinformazione dell'ultimo quarto di secolo. Perché il tabacco non è la fine della nostra storia. È solo l'inizio. Negli anni successivi, diversi gruppi hanno cominciato a sfidare le evidenze scientifiche che minacciavano i loro interessi commerciali e le loro credenze ideologiche. Lo hanno fatto usando le stesse strategie che erano state sviluppate dall'industria del tabacco, e in alcuni casi i protagonisti sono stati gli stessi. Uno di questi era Frederick Seitz. Quando le campagne per difendere l'industria del tabacco hanno perso slancio — perché ormai era diventato impossibile sostenere che i danni del fumo non erano provati — Seitz si è dedicato ad altro, e ha fondato il George C. Marshall Institute per contestare le conclusioni degli scienziati in un'area completamente nuova — la difesa strategica. Quando il dibattito si è esaurito anche in questo settore, è tornato a parlare di ambiente. Seitz si era scagliato contro quei suoi colleghi che, invece di mantenere un atteggiamento distaccato, avevano presentato "slogan semplificati e drammatrizzanti" per catturare l'interesse dell'opinione pubblica. Invecchiando, Seitz ha fatto esattamente la stessa cosa quando è passato a discutere di buco dell'ozono, di riscaldamento globale e di altre minacce all'ambiente.130 Il cammino iniziato con il tabacco avrebbe condotto, attraverso il progetto 61

"Star Wars", l'inverno nucleare, le piogge acide e il buco dell'ozono fino al riscaldamento globale. Seitz e colleghi hanno continuato a combattere i fatti e a seminare dubbi.

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2. LA SDI, LA FALSIFICAZIONE DEI FATTI E LA CREAZIONE DEL GEORGE C. MARSHALL INSTITUTE L'industria del tabacco era felice di avere dalla sua parte un uomo della caratura scientifica di Frederick Seitz. Eppure, alla fine degli anni Ottanta Seirz si era schierato su posizioni davvero estreme, e le condivideva con pochi scienziari che, giunti ormai a fine carriera, si erano riciclati in settori in cui non avevano esperienza. Uno di questi era Walter Elsasser, un geofisico che sosteneva che la biologia come scienza era ormai in un vicolo cieco a causa della "indecifrabile complessità"01 degli organismi viventi, un punto di vista che persino un biografo a lui favorevole aveva definito come "ignorato da molti biologi e attaccato da altri". Molti colleghi ritenevano che Elsasser fosse poco lucido, e alcuni iniziarono a pensare la stessa cosa di Seitz. Nell'agosto 1989, un dirigente dell'industria del tabacco si era raccomandato di interrompere i rapporti di consulenza con Seitz dicendo che era troppo avanti con gli anni e su posizioni poco razionali.02 Ma nel frattempo Seirz aveva trovato altri alleati, e a metà degli anni Ottanta aveva iniziato a impegnarsi in un'altra causa: respingere l'assalto del comunismo. Per farlo si era unito ad alcuni fisici — vecchi combattenti che condividevano con lui un anticomunismo inossidabile — per appoggiare e difendere la SDI (Strategic Defense Initiative) di Ronald Reagan. La maggioranza degli scienziati respingeva la SDI (molti la chiamavano "Star Wars"), ritenendola impraticabile e destabilizzante. Scitz e i suoi colleghi cominciarono invece a difenderla sfidando le evidenze scientifiche, e iniziarono a sostenere l'idea che gli Stati Uniti avrebbero potuto "vincere" una guerra nucleare. L'intransigenza e l'aggressività di Seirz avevano radici profonde. Come quasi tutti i fisici americani della sua generazione, era cresciuto nell'ambito dei programmi di armamento nucleare, e aveva visto come la dottrina sulla sicurezza nazionale aveva contribuito allo sviluppo scientifico, che a sua volta aveva rafforzato la sicurezza degli Stati Uniti. Quasi tutti gli scienziati che 63

avevano partecipato alla costruzione della bomba atomica erano convinti di aver fatto la scelta giusta. La prospettiva, oggettivamente spaventosa, era che il regime nazista riuscisse a costruirla per primo e a usarla per vincere la guerra. Le cose erano cambiate dopo la fine del conflitto, quando molti erano usciti dal settore bellico. A partire dagli anni Cinquanta, la corsa al riarmo aveva convinto molti accademici a schierarsi per il controllo degli armamenti, e dagli anni Sessanta, con la guerra in Vietnam, molti altri ancora erano diventati pacifisti. Seitz non era tra questi. Negli anni Sessanta, quando era presidente della NAS, era disgustato dai colleghi che manifestavano contro la guerra, e si era opposto agli sforzi per il controllo degli armamenti di Johnson, di Nixon e dell'amministrazione Ford. Inoltre, era contrario anche alla politica di distensione di Nixon — cioè al tentativo di Stati Uniti e Unione Sovietica di stabilire relazioni più pacifiche. Secondo Seit era moralmente ripugnante, convinto com'era che i sovietici avrebbero approfittato del disarmo per acquisire la superiorità militare e conquistare l'Occidente. Molti think tank sulla politica estera condividevano l'acceso anticomunismo di Seitz. Tra questi, la Hoover Institution (originariamente conosciuta come Hoover War Library, dedicata a promuovere le "idee che danno forma una società libera"), lo Hudson Institute (fondato dallo stratega militare Herman Kahn a metà degli anni Settanta), e la Heritage Foundation (istituita nel 1973 per promuovere idee conservatrici).03 Queste organizzazioni e i loro alleati al Congresso si battevano contro la distensione. Entro la fine del decennio avevano demolito l'idea della coesistenza pacifica, e durante gli anni della presidenza Reagan erano riuscite a far passare l'idea che il riarmo fosse necessario. Questi attacchi erano stati organizzati in modo simile a quelli usati per tutelare gli interessi del tabacco: chi era contrario alla distensione metteva in dubbio i documenti ufficiali del intelligence e della CIA, e creava dei dossier alternativi contenenti "fatti" che spesso erano falsi. Inoltre, per far arrivare i loro messaggi al pubblico organizzavano campagne massicce sui mass media, e pretendevano la par condicio rispetto alle altre posizioni. Queste campagne erano cominciate tra la fine degli anni Settanta e l'inizio degli anni Ottanta. Seitz era ancora focalizzato sul tabacco, mentre due suoi stretti colleghi — Edward Teller, il padre della bomba all'idrogeno, e l'astrofisico Robert Jastrow, fondatore del Goddard Institute for Space 64

Studies — si erano già impegnati sul tema della difesa strategica. Inizialmente i loro argomenti erano di tipo politico: la distensione era una politica altrettanto ingenua di quella adottata dal Regno Unito negli anni Trenta per contenere le mire espansionistiche di Hitler. A loro giudizio, il potenziale dell'Unione Sovietica era molto maggiore di quanto si pensava, ed era essenziale ampliare gli arsenali nucleari. Difendevano il concetto di una SDI basata sulla capacità scientifico-tecnologica degli Stati Uniti di costruire un sistema difensivo efficiente e capace di inrercettare i missili sovietici e insistevano che, se fosse scoppiata una guerra, gli Stati Uniti avrebbero potuto vincerla. Fu a questo punto che l'astronomo Carl Sagan e i suoi colleghi misero i bastoni fra le ruote a questa idea, obiettando che a seguito di uno scambio nucleare — anche limitato — la Terra sarebbe piombata in un inverno nucleare che avrebbe devastato l'intero pianeta. Stando così le cose; in una guerra nucleare non ci sarebbero stati vincitori. La lobby della SDI si lanciò all'attacco del messaggero, prima di Carl Sagan, e poi della scienza in generale. L'industria del tabacco aveva creato un istituto per dare più credibilità alle proprie affermazioni, e la lobby della SDI fece lo stesso inaugurando il George C. Marshall Institute, che aveva la missione di promuovere "la scienza al servizio di una migliore politica". Frederick Seitz ne era il fondatore e il presidente.04

LA NASCITA DEL TEAM B L'attacco della destra contro la politica della distensione era cominciato nell'ultimo anno della presidenza Ford. Nel 1976, gli oppositori della détente avevano convinto il nuovo direttore della CIA, George H. W. Bush, a supportare un'analisi "indipendente" delle capacità e delle intenzioni dell'Unione Sovietica. L'idea era stata promossa dal Foreign Intelligence Advisory Board del presidente, che annoverava tra i suoi membri Edward Teller, uno dei falchi più intransigenti che abbiano mai servito il governo degli Stati Uniti. Secondo Teller, "le dimostrazioni studentesche e gli amministratori radicali avevano cancellato la R&D dal MIT e da Stanford", privando gli Stati Uniti degli scienziati capaci di costruire la prossima generazione di armi nucleari.05 Entro pochi anni l'Unione Sovietica avrebbe 65

sorpassato gli Stati Uniti. Malgrado Teller non fosse un esperto di intelligence, era convinto di conoscere i sovietici meglio della CIA, e insisteva che le analisi dell'agenzia sottostimavano troppo il problema. Serviva una nuova valutazione "competitiva", fatta dalla persone giuste, per riportare i fatti alla giusta dimensione.06 La CIA pubblica le NIE (National Intelligence Estimates) per valutare le minacce agli Stati Uniti, ma non è l'unica agenzia di intelligence; negli anni Settanta ce n'erano una dozzina. I rapporti NIE erano un assemblaggio dei contributi delle diverse agenzie che fornivano materiali e poi li revisionavano prima della pubblicazione. Il risultato di questo processo era una specie di compromesso, che consisteva nella valutazione che poteva ricevere l'approvazione generale. Qualsiasi disaccordo tra le varie agenzie veniva registrato nelle note a piè di pagina, e quindi le NIE accettavano il dissenso nonostante fossero finalizzate a produrre un consenso. Come membro del Foreign Intelligence Advisory Board del Presidente, Teller partecipava al processo di revisione, e quindi aveva potuto visionare il rapporto segreto del 1975 in cui la CIA stimava le capacità militari dell'Unione Sovietica, Non gli era piaciuto, ed era convinto che sottovalutasse gravemente la minaccia in tre aree cruciali. Primo, la CIA aveva concluso che gli ICBMSs (InterContinental Ballistic Missiles) non fossero molto precisi: il "first strike" dei sovietici avrebbe lasciato intatta buona parte della capacità di reazione degli Stati Uniti, e quindi la possibilità di distruggere l'Unione Sovietica. Secondo, la CIA riteneva che la difesa aerea sovietica non sarebbe riuscita a intercettare i bombardieri statunitensi che volavano a bassa quota, che sarebbero quindi riusciti a penetrare lo spazio aereo della Russia. Terzo, la CIA riteneva che i sovietici non fossero in grado di localizzare i sommergibili americani.07 "I sovietici attualmente non hanno una difesa efficace contro la forza sottomarina americana", era scritto nel rapporto, e le cose non sarebbero cambiate per almeno un decennio.08 Secondo l'agenzia, gli Stati Uniti erano in vantaggio in tutti e tre i settori. Teller non ci credeva. Inoltre, riteneva che l'intero processo di valutazione delle capacità dell'Unione Sovietica fosse impostato male, nel senso che a 66

suo giudizio era necessaria una valutazione completa del peggior scenario peggiore, da cui partire per prepararsi. Un ufficiale descriveva così la cosa: "Il personale dell'intelligence dovrebbe condizionare la politica richiamando l'attenzione sugli scenari peggiori che potrebbero verificarsi e, sulla base di questi, stimolare l'adozione di appropriate contromisure da parte del governo degli Stati Uniti".09 Per garantire la sicurezza degli Stati Uniti bisognava essere spaventati, e Teller voleva che il rapporto fosse il più allarmante possibile. Teller riuscì ad avere una valutazione indipendente quando scoppiò un contrasto pubblico tra la CIA e la DIA (Defense Intelligence Agency) sulle stime delle spese militari dell'Unione Sovietica. La DIA credeva che i sovietici spendessero il doppio di quanto stimato dalla CIA: circa il 15% del Prodotto interno lordo, rispetto al 6-8% degli Stati Uniti. La stampa conservatrice colse al volo l'occasione per affermare che l'Unione Sovietica aveva iniziato un vasto programma di espansione militare. Ma questa era una tesi fondamentalmente ingannevole, in quanto le due agenzie concordavano sul numero di soldati, carri armati, missili, aerei sovietici; non erano d'accordo sul loro costo. La DIA riteneva che le forze sovietiche costassero il doppio di quanto pensava la CIA, sottintendendo che l'efficienza dell'economia militare sovietica fosse metà di quella statunitense.10 Se l'analisi della DIA cra corretta, allora l'Unione Sovietica era un avversario più debole, non più forte, e avrebbe dovuto spendere almeno il doppio del denaro per avere la stessa potenza militare. In realtà, i sovietici erano ancora più deboli, visto che l'economia degli Stati Uniti era molto più ampia: il 6% del Pil statunitense valeva molto di più del 15% di quello dell'Unione Sovietica. Quello americano era un sistema migliore e più forte, in grado di ottenere molto di più per unità di spesa. Tuttavia, era facile decontestualizzare le analisi della DIA e concludere che gli Stati Uniti stessero restando indietro, e ne seguì una forte pressione politica sulla CIA per chiedere un'analisi indipendente. Nel giugno di quell'anno il direttore della CIA Bush approvò la costituzione di tre comitati di analisi indipendenti, ognuno incaricato di esaminare un aspetto della minaccia sovietica. Come chiedevano Teller e i suoi soci, il primo comiraro valutò la precisione dei missili sovietici, mentre il secondo 67

analizzò le capacità della difesa aerea sovietica. Il terzo, che avrebbe dovuto prendere in esame la guerra sottomarina, fu bloccato dalla Marina che non voleva rilasciare informazioni sui suoi sottomarini, ed ebbe pertanto l'incarico di esaminare "gli obiettivi strategici" dell'Unione Sovietica.11 I componenti di questi comitati vennero soprannominati "Team B". Ufficialmente, erano stati designati per fornire una rassegna obiettiva dei NIE, ma la composizione effettiva lasciava trasparire un intento completamente diverso. Erano tutti falchi, convinti che la CIA stesse sottovalutando la minaccia sovietica. Richard Pipes, storico di Harvard che presiedeva la terza commissione (quella sugli obiettivi strategici), aveva scelto gli altri componenti con l'assistenza di Richard Perle — che in seguito sarebbe diventato assistente segretario alla difesa con Reagan — (e più tardi uno degli architetti della seconda guerra in Irag). C'erano poi Paul Nitze, una delle menti della Guerra fredda americana già nell'amministrazione Truman, il generale Daniel O. Graham, uno degli ideatori del programma di armi spaziali "High Frontier", e Paul Wolfowitz, la stella nascente dei circoli conservatori, che in seguito sarebbe stato vice-segretario alla difesa nella amministrazione di George W. Bush.12 I revisori erano Teller e Perle. Qualunque fosse il settore considerato, il Team B presentò lo sforzo bellico sovietico nel modo più allarmante possibile. Il terzo comitato dichiarò che i sovietici si fingevano interessati alla distensione solamente per guadagnare tempo e raggiungere il loro vero obiettivo, "l'egemonia globale".13 A differenza della dottrina statunitense, che puntava ad avere una quantità di armi nucleari sufficiente ad agire da deterrente, quella sovietica puntava alla superiorità quantitativa e qualitativa, in modo da combattere e vincere ogni tipo di guerra, compresa quella nucleare, che era essenziale per i loro obiettivi di supremazia.14 Una volta raggiunta la superiorità strategica l'avrebbero sfruttata, e secondo il Team B mancava molto poco a quel momento. "L'Unione Sovietica si sta... preparando per una Terza guerra mondiale come se fosse inevitabile" dichiarava enfaticamente il comitato. "Gli sforzi per il riarmo dell'Unione Sovietica... sono sbalorditivi; e vanno certamente molto al di là di quanto richiesto dall'obiettivo della mutua deterrenza. La continua espansione delle forze del Patto di Varsavia non è in relazione con una 68

presunta minaccia da parte della NATO. Al contrario, è più facile da interpretare in termini di intimidazione e di volontà di supremazia".15 I leader sovietici "probabilmente si sentono vicini alla realizzazione del loro intento come mai prima. Entro dieci anni, come riportato dal NIE, i sovietici potranno raggiungere una superiorità militare tale da rendere possibile l'attuazione di una condotta più aggressiva e il raggiungimento dell'egemonia".16 Dalla superiorità strategica al dominio mondiale il passo era breve. La Guerra fredda sarebbe terminata e l'Occidente sarebbe stato sconfitto. Su cosa si basavano queste affermazioni? Le evidenze citate erano molto scarse, e quando quelle disponibili non bastavano a supportare le conclusioni, i vari comitati trovavano il modo di distorcerle. Si consideri questo esempio. Durante la Guerra fredda i sottomarini costituivano una parte cruciale della triade nucleare, e pertanto la loro individuazione era una parte fondamentale della difesa nazionale. La maggior parte delle attività di sorveglianza si basavano su metodi acustici — ognuno ascoltava il rumore prodotto dai sottomarini dell'avversario — ed entrambe le parti cercavano altre forme di rilevamento. Nessuna di queste tecniche funzionava bene. Tuttavia, quando il comitato venne a sapere che i sovietici avevano speso somme ingenti per nuovi sistemi di sorveglianza non acustici, che però non erano mai entrati in funzione, non trasse la conclusione più logica, e cioè che questi sistemi non funzionavano. Al contrario, il comitato concluse che queste nuove apparecchiature funzionavano davvero: i sovietici avevano trovato qualcosa, e l'avevano coperto con il segreto più stretto. "L'assenza della messa in funzione del sistema è difficile da capire" scrissero. "Si può ipotizzare che i sovietici in realtà hanno messo in funzione solo qualche apparecchiatura non-acustica e si accingono a porne in servizio altre nei prossimi anni".17 Il Comitato aveva prove del fatto che i sovietici non avevano conseguito una particolare capacità, ma le trasformarono in prove che l'avevano effettivamente conseguita. Lo scrittore C. S. Lewis ha descritto così questo modo di argomentare: "La completa mancanza di prove è considerata una prova; per esempio, l'assenza di fumo significa che il fuoco è ben nascosto".18 Questo modo di ragionare è praticamente impossibile da confutare, ha concluso Lewis. "Non si può smentire logicamente chi crede nei gatti invisibili". Ciononostante, si tratta di una credenza che "ci dice molto su 69

coloro che la sostengono".19 Il Team B decise di approfittarne per sostenere l'adozione di nuovi missili balistici. Negli anni Cinquanta e Sessanta gli americani avevano già tentato di schierare dei sistemi a terra di missili anti-missile balistici, ma avevano desistito perché sarebbero stati molto costosi e poco efficaci. Questi insuccessi avevano favorito l'approvazione del trattato sui missili anti-missile balistici — che consentiva a ogni nazione di installarne una sola postazione — dato che questi sistemi non sarebbero stati realmente efficaci. I sovietici installarono una batteria per proteggere Mosca; gli americani ne schierarono una a difesa della base ICBM di Grand Forks, North Dakota — che venne smantellata dopo meno di un anno dall'entrata in funzione. Teller e un altro membro del Strategic Objective Panel, il generale Graham, volevano un nuovo programma ABM. Il rapporto del loro comitato concludeva — ancora senza alcuna prova — che i sovietici "stavano svolgendo delle ricerche molto ambiziose in questa area" e che era molto "improbabile che la portata dei loro sforzi nel settore dell'ABM fosse stata sovrastimata".20 Mentre l'industria del tabacco aveva cercato di diffondere dubbi su argomenti su cui la scienza dava risposte solide, questi personaggi avevano presentato come certezze dei fatti completamente privi di riscontro. Avevano scritto ripetutamente che "l'Unione Sovietica è" anziché "potrebbe essere" o "sembra essere". Avevano compreso l'importanza del linguaggio: era possibile demolire le affermazioni degli avversari insistendo che i loro argomenti non erano certi, e al contrario presentando le proprie tesi come certe. Gli studi del Team B erano stati scritti tra l'ottobre e il dicembre del 1976, durante la campagna presidenziale tra Gerald Ford e l'avversario democratico James Earl Carter. Qualche settimana prima del voto uno dei membri del Straregic Objective Panel fece avere al Boston Globe una copia riservata.21 Dopo la fuga di notizie iniziò un'operazione tesa a far sì che le conclusioni del Team B diventassero di pubblico dominio. Due giorni dopo la vittoria di Carter nelle elezioni di novembre, ricomparve una reliquia del "pericolo rosso" degli anni Cinquanta: il Committee on the Present Danger. Quattro dei suoi componenti erano membri del Team B. Nei quattro anni successivi il 70

comitato cercò di attirare l'attenzione dei media con comunicati stampa ed editoriali. L'obiettivo era spingere la politica estera americana sempre più a destra, spesso presentando come basati su "prove" argomenti che di prove a sostegno ne avevano ben poche. Diversi membri del Team B — come Wolfowitz e Perle— entrarono come consulenti nella campagna presidenziale di Ronald Reagan del 1980; la vittoria di Reagan trasformò la squadra nel "Team A".22 Le loro vedute erano alla base dell'aggressiva politica estera del primo mandato di Reagan, ed erano il fondamento della Strategic Defense Initiative, a tutti nota con il nome di "Star Wars".

GUERRE STELLARI: LA STRATEGIC DEFENSE INITIATIVE Nel marzo 1983, il presidente Reagan lanciò un appello "alla comunità scientifica statunitense, che ci ha dato le armi nucleari, perché rivolga il proprio erande talento alla causa dell'umanità e della pace nel mondo, e ci dia gli strumenti per renderle impotenti e obsolete".23 L'elemento centrale della SDI era la messa in orbita di armi che potevano distruggere i missili balistici in arrivo. Ciò avrebbe dato agli Stati Uniti uno scudo contro gli attacchi missilistici e avrebbe reso inutili le armi nucleari. La SDI non era solo l'espressione del desiderio di Reagan di ottenere la pace nel mondo; era anche una risposta diretta al movimento per il congelamento delle armi nucleari che si era costituito in opposizione alla retorica guerrafondaia del governo. I leader del movimento avevano chiesto, sia agli Stati Uniti sia all'Unione Sovietica, di cessare la costruzione, i test e le modifiche delle testate nucleari e dei sistemi di lancio. Dal momento che il nucleo delle testare nucleari con il tempo decade e perde la sua capacità esplosiva, ogni accordo per fermarne la costruzione equivaleva di fatto a un accordo per il disarmo. L'idea si era diffusa rapidamente. Alla fine del 1981 in 43 stati degli Stati Uniti c'erano ventimila attivisti che chiedevano il congelamento delle armi nucleari. La proposta era stata appoggiata dalle principali organizzazioni religiose e da molte amministrazioni locali e statali; all'inizio del 1982, se ne discuteva al Congresso. L'improvvisa crescita del movimento era stata sorprendente, e metteva in discussione sia la politica militare sia quella estera, oltre che le prospertive per la rielezione del 1984. 24 71

La risposta di Reagan fu la SDI. Molti suoi consulenti erano contrari: alcuni pensavano fosse tecnicamente irrealizzabile, altri ritenevano che sia i sovietici sia i critici interni della corsa al riarmo potessero intenderla come una provocazione, altri ancora temevano che avrebbe aumentato il rischio di una guerra nucleare (se una delle parti disponeva di uno scudo spaziale efficiente poteva essere tentata di lanciare il primo colpo). Reagan, al contrario, riteneva che la SDI fosse tecnicamente fattibile e moralmente giusta. Come il Team B, pensava che la politica di mutua distruzione assicurata fosse ripugnante — si trattava sostanzialmente di un patto suicida. Inoltre, intravedeva anche il tornaconto politico della SDI, che poteva minare alle fondamenta il movimento per il congelamento delle testate nucleari. La SDI suscitò immediatamente delle reazioni negative, anche tra gli scienziati di cui Reagan avrebbe avuto bisogno per realizzarla. Benché per lungo tempo molti avessero accettato fondi per la R&D in ambito militare, stavolta la comunità dei fisici reagì in modo differente, e cercò di bloccare il programma. Nel maggio 1986, 6.500 scienziati firmarono un documento con cui si impegnavano a non richiedere né ad accettare fondi dal programma di ricerca sulla SDI: la loro presa di posizione ebbe una forte risonanza sui media.25 Storicamente era un fatto senza precedenti: non era mai successo che degli scienziati disobbedissero al proprio governo che chiedeva loro di costruire delle armi. Perché gli scienziati avevano reagito in modo così netto alla SDI? In parte perché avevano come portavoce Carl Sagan, carismatico astronomo della Cornell University. Sagan sapeva destreggiarsi bene con i media, ed era divenuto famoso durante le missioni spaziali della NASA degli anni Sessanta e Settanta. A differenza di molti suoi colleghi, pensava che gli scienziati dovessero spiegare il proprio lavoro al pubblico. Aveva sviluppato una serie televisiva, chiamata Cosmos e composta da 13 episodi andati in onda nel 1979, che presentava l'evoluzione dell'universo, del sistema solare e della Terra nonché la comparsa dell'uomo e delle civiltà. Nell'episodio finale, il più controverso, Sagan attaccava le armi nucleari, che minacciavano la sopravvivenza della specie umana. Inoltre, Sagan si serviva di Cosmos per accrescere la consapevolezza sulle questioni ambientali, un tema che veniva sviluppato in diverse puntate della serie. 72

Sagan non era uno specialista di armamenti, ma ne sapeva abbastanza per capire che il progetto di Reagan era fantascientifico, proprio come il film da cui aveva preso in prestito il nome. La ragione era semplice. Nessun sistema d'arma — in realtà alcun sistema tecnologico — è mai perfetto, e un difetto in un sistema di difesa contro le armi nucleari era peggiore della mancanza di difesa. Era una questione di numeri. Se la difesa strategica era efficiente al 90%, significava che il 10% delle testate nucleari poteva colpire i bersagli. I sovietici avevano un arsenale di circa 2.000 missili balistici, capaci di trasportare oltre 8.000 testate nucleari, e il 10% di questi ordigni erano più che sufficienti a cancellare una nazione.26 Dato però che i sovietici non avevano idea dell'efficienza della difesa statunitense, l'unico risultato della SDI sarebbe stato quello di incentivarli a costruire più testate, tanto per essere sicuri, accelerando così la corsa agli armamenti. D'altro canto, se i sovietici avessero pensato che la SDI poteva effettivamente funzionare, avrebbero potuto essere tentati di impedirne la costruzione e di attaccare prima che fosse realizzata. In sostanza, la SDI avrebbe provocato l'Armageddon che voleva evitare. Inoltre, la SDI non poteva essere provata. Le missioni spaziali nelle quali Sagan era stato coinvolto erano state testate meticolosamente al suolo per essere sicuri che tutto funzionasse dopo il lancio; nelle imprese spaziali c'è una sola possibilità. Nel nucleare era la stessa cosa — non esiste una seconda chance — ma la SDI non poteva essere testata al suolo. I suoi satelliti avrebbero dovuto essere portati in orbita e, per essere testati, avrebbero dovuto colpire un gran numero di missili statunitensi. I satelliti della SDI erano stati progettati per distruggere missili lanciati dall'Europa e dall'Asia verso il Nord America, non il contrario. E almeno uno o due missili ogni dieci sarebbero sfuggiti alla distruzione, dal momento che anche un sistema in grado di colpire un missile avrebbe potuto facilmente fallire di fronte a dieci, e di conseguenza ne sarebbero passa ti migliaia. In conclusione, per testare la SDI gli statunitensi avrebbero dovuto lanciare contro sé stessi una buona parte del proprio arsenale nucleare. Sagan era ricoverato in ospedale quando fu annunciata la SDI, ma dettò comunque a sua moglie una petizione da far firmare a scienziati e capi di stato.27 Nel frattempo, un gruppo di studenti della Cornell University lanciò una campagna per indurre gli scienziati a chiedere il blocco dei finanziamenti 73

della SDI.28 Molti noti scienziati aderirono istantaneamente, compreso Hans Bethe, che durante la Seconda guerra mondiale era stato a capo della divisione teorica a Los Alamos ed era una figura di spicco nella costruzione della bomba H (malgrado avesse avuto al tempo notevoli remore). Entro la fine dell'anno le voci degli oppositori erano diventate un coro, e ciò aveva causato una profonda costernazione nel governo.30 In aggiunta, gli oppositori fecero infuriare Robert Jastrow. Jastrow, a lungo collega di Seitz, aveva fondato il GISS (Goddard Institute for Space Studies), il braccio teorico della NASA con sede a New York. Di formazione astrofisico, Jastrow era stato uno dei più convinti sostenitori dell'esplorazione lunare, e aveva collaborato alla realizzazione di parecchie sonde per l'esplorazione del sistema solare come Pioneer, Voyager e Galileo. Come Sagan, anche Jastrow era un divulgatore scientifico di successo, e aveva scritto libri di astronomia, sull'esplorazione spaziale, l'origine dell'universo e sui rapporti tra scienza e religione. Quando morì nel 2008, il New York Times lo definì come l'uomo che "aveva portato l'universo sulla Terra e l'aveva fatto conoscere a milioni di americani".31 Jastrow non era uno scienziato del calibro di Hans Bethe, ma era alla pari con Sagan quanto a dimestichezza con i media, essendo apparso in televisione centinaia di volte durante gli anni delle missioni Apollo. In occasione dei voli Apollo-Soyuz era stato ospite fisso nella NBC assieme a Werner Von Braun, e in occasione del decimo anniversario del primo allunaggio aveva partecipato al Today Show. Diversi suoi studenti alla Columbia University erano colpiti più dalla sua presenza fisica e da quanto fumava che dalle sue competenze scientifiche, tanto che lo avevano soprannominato "Movie Star".32 Nel 1981 Jastrow lasciò la NASA e andò al Dartmouth College come professore associato di Scienze della terra, dove insegnò in un corso estivo sul sistema solare. Un paio di anni dopo, pubblicò un lungo articolo su Commentary, una rivista neoconservatrice, dove invocava la superiorità strategica. Lo spunto, spiegava, gli era venuto da un articolo del senatore democratico Daniel Patrick Moynihan — un supporter del Team B — pubblicato sul New Yorker nel 1979. Moynihan si era opposto al trattato SALT II, convinto dalla tesi proposta dal Team B secondo cui i sovietici cercavano la superiorità, non la stabilità. Nell'articolo Moynihan immaginava 74

una storia alternativa, nella quale negli anni Settanta gli Stati Uniti si erano impegnati in un riarmo illimitato conducendo l'Unione Sovietica alla rovina. Sarebbe stata una buona cosa, scriveva, ma non era successa, e nel futuro ci si sarebbe rammaricati per questo fallimento. Moynihan riteneva che gli anni Ottanta sarebbero stati ricordati come l'epoca "nella quale la pace nel mondo era andata irrimediabilmente perduta".33 L'articolo di Moynihan convinse Jastrow che era giunto il momento di fare qualcosa. I sovietici avevano già raggiunto la parità nella precisione degli ICBM, e quindi gli Stati Uniti non erano più al riparo dal primo colpo sovietico. "Entro qualche mese", scriveva Moynihan, "l'Unione Sovietica sarà in grado di distruggere i Minuteman, il nostro apparato di deterrenza di terra".34 Gli Stati Uniti dovevano assolutamente sviluppare un sistema equivalente per distruggere i missili sovietici.35 Idealmente avrebbe dovuto essere un sistema missilistico mobile ad alta precisione, ma quasi certamente un progetto di questo tipo sarebbe stato ostacolato dagli ambientalisti, che avevano già bloccato lo sviluppo del nucleare civile e l'oleodotto dall'Alaska.36 Moynihan faceva riferimento al missile MX, in seguito chiamato Peacekeeper, un grosso ICBM a testata multipla che, muovendosi sulle linee ferroviarie, si sarebbe spostato di notte nelle aree desertiche, mentre di giorno sarebbe rimasto nascosto in rifugi disseminati in tutto il paese. Oltre che dagli ambientalisti, questa "strategia a basi multiple" veniva respinta anche da molti americani che non volevano che treni carichi di testate nucleari attraversassero le loro città. Ma l'insinuazione era chiara: gli ambientalisti servivano gli interessi della Unione Sovietica. Jastrow si appropriò di questa idea e la portò avanti. Moynihan non aveva detto che i sovietici stavano sviluppando un programma di difesa missilistica. Jastrow invece sì, era una delle tesi del Team B, e nel suo articolo per Commentary sottolineava che la dottrina della MAD (Mutual Assured Destruction) dipendeva dall'assunto che entrambe le parti fossero consapevoli che non esisteva una difesa efficace contro un attacco nucleare. Ma Jastrow insisteva, dicendo che "questa assunzione si era dimostrata falsa". I sovietici "avevano messo a punto dei programmi per difendere i propri cittadini dagli attacchi nucleari e per abbattere i missili americani, e quindi erano nella condizione di combattere e vincere una guerra nucleare". La strategia della MAD oramai era "in frantumi", e gli Stati 75

Uniti erano di fronte al "peggior pericolo" della loro storia.37 Secondo Jastrow la superiorità strategica dell'Unione Sovietica era tale che avrebbe potuto dettare la politica degli Stati Uniti. Per esempio, avrebbe potuto invadere l'area petrolifera del Golfo Persico senza alcun rischio. Avrebbe potuto impadronirsi dell'Europa Occidentale senza combattere. "Un attacco diretto non sarebbe nemmeno necessario" scrisse Jastrow. "Probabilmente, basterebbe la minaccia, accompagnata da un'escalation della tensione, a portare tutta l'Europa occidentale sotto l'ombrello sovietico".38 E ciò dipendeva dal fatto che, anche se l'arsenale nucleare degli Stati Uniti bastava a distruggere il mondo due volte, quello sovietico poteva cancellarlo tre volte. * * * Le denunce del Team B erano molto più che un po' esagerate. Analisi successive dimostrarono che l'Unione Sovietica non aveva mai conseguito una superiorità strategica e che, a parte l'installazione a difesa di Mosca, era sempre stata lontana dal realizzare un sistema di difesa anti-missile. Sicuramente non sarebbe mai stata in grado di condizionare la politica statunitense. Un aneddoto) è rivelatore: qualche anno dopo il collasso dell'Unione Sovietica uno dei protetti di Teller visitò un sito che, secondo il Team B, era servito a testare le armi a fascio di particelle. Venne fuori che in realtà era un poligono per i motori dei razzi, e non aveva nulla a che fare con le armi a particelle.39 Inoltre, nemmeno i leader sovietici credevano che avrebbero potuto vincere una guerra nucleare, anche colpendo per primi. Una serie di interviste effettuate per conto della CIA nel 1995 rivelò che i leader sovietici degli anni Settanta e Ottanta erano invece convinti del contrario; cioè che la guerra nucleare sarebbe stata una catastrofe e che occorresse evitare l'uso delle armi nucleari a ogni costo.40 Il Team B, Jastrow e Moynihan avevano sovrastimato le capacità dei sovietici, e avevano fortemente esagerato la veridicità delle proprie asserzioni. Ma le loro argomentazioni ebbero l'effetto desiderato, e indussero gli Stati Uniti ad agire in fretta. È un fatto dimostrato che si può ottenere quel che si vuole se 76

lo si fa con abbastanza risolutezza, anche se non si hanno prove o fatti a supporto. La SDI e l'organizzazione che ne prese il posto, la Balistic Missile Defense Organization, furono approvati dal Congresso, con un costo di più di 60 miliardi di dollari.41

DALLA DIFESA STRATEGICA ALL'INVERNO NUCLEARE Mentre le tesi del Team B venivano usate per giustificare il massiccio sforzo militare di Ronald Reagan, nei circoli scientifici erano emersi nuovi motivi di preoccupazione rispetto all'uso delle armi nucleari. AIl'Ames Research Center della NASA, alcuni dei colleghi di Sagan stavano usando dei modelli computerizzati per analizzare l'effetto delle polveri atmosferiche sulle temperature superficiali. Lo scopo era studiare l'atmosfera di Marte, ma presto si resero conto che il modello poteva essere usato per testare una nuova ipotesi — allora molto dibattuta nella comunità dei geologi — quella per cui alla fine del Cretaceo (65 milioni di anni fa) la Terra era stata colpita da un asteroide gigantesco, che aveva causato l'estinzione dei dinosauri.42 Fino ad allora, geologi e biologi avevano supposto che i dinosauri, con il loro microscopico cervello, fossero stati soppiantati dai mammiferi, più agili e più intelligenti, ma ora l'ipotesi-asteroide faceva intravedere qualcosa di diverso. I dinosauri si erano estinti dopo che un'enorme nube di polvere, dispersa nell'atmosfera dopo l'impatto dell'asteroide, aveva bloccato la radiazione solare. I dinosauri probabilmente erano morti di fame in conseguenza del grande freddo e dell'oscurità che avevano distrutto le loro fonti di cibo. Gli scienziati del NASA-Ames si erano resi conto che il loro modello poteva essere usato anche per valutare l'impatto di una guerra nucleare sul clima. Quello che era successo ai dinosauri dopo l'impatto del meteorite poteva succedere a noi in conseguenza di una guerra nucleare: l'estinzione per freddo estremo. Se le cose stavano così, allora la guerra nucleare non avrebbe avuto vincitori. Avremmo fatto la fine dei dinosauri, e gli insetti avrebbero preso il nostro posto sulla Terra. Usando le informazioni disponibili sugli effetti degli ordigni nucleari e i modelli computerizzati su una guerra nucleare, il gruppo del NASA-Ames aveva cercato di capire come uno scambio da 100 a 5.000 megatoni avrebbe potuto influire sulla temperatura globale (per avere idea delle grandezze: 77

l'eruzione del Monte Saint Helens equivaleva a 10 megatoni). Il modello evidenziava che sarebbero bastate anche poche testate nucleari per far precipitare la Terra in un freddo profondo: le temperature superficiali avrebbero potuto scendere sotto lo zero anche in estate. Scambi più massicci avrebbero prodotto un buio pressoché totale per molti mesi.43 Era nata l'ipotesi dell'inverno nucleare, che avrebbe potuto anche essere chiamata "notte nucleare". Persino un modesto scambio di ordigni nucleari ci avrebbe fatto precipitare al buio e al freddo. Gli scienziati del NASA-Ames riconoscevano che il modello presentava diverse incertezze. Non era chiaro se i dati sui bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki e quelli sui test effettuati al suolo negli anni Cinquanta potevano rappresentare correttamente l'onda d'urto e gli incendi causati dalle detonazioni di più testate. Le due città giapponesi che erano state distrutte non erano necessariamente rappresentative di ciò che sarebbe avvenuto se si fossero incendiate delle città americane o sovietiche. Le foreste e i terreni erbosi sicuramente sarebbero bruciati con minore intensità rispetto alle zone urbane. Non era neppure chiaro quanto sarebbe stata estesa l'area degli incendi al di fuori delle aree urbane colpite dalle bombe. Molti dettagli rimanevano da chiarire — soprattutto su quelli che gli scienziati chiamano "effetti di secondo ordine". Eppure, il quadro complessivo era chiaro: "Gli effetti di primo ordine sono così imponenti e le implicazioni così serie che speriamo che gli aspetti scientifici che sono stati evidenziati vengano esaminati rigorosamente".44 Il termine "inverno nucleare" si diffuse rapidamente, e provocò delle reazioni immediate. Nel giugno del 1982, prima ancora che il gruppo di scienziati del NASA-Ames avesse la possibilità di pubblicare i propri risultati, Sagan venne avvicinato da rappresentanti della fondazione della famiglia Rockefeller, della fondazione Henry Kendall e della National Audubon Society che gli proposero di organizzare una conferenza pubblica sulle conseguenze di lungo periodo di una guerra nucleare. Sagan accettò, assieme al biologo Paul Ehrlich della Stanford University (autore del famoso libro del 1960 The Population Bomb), a Walter Orr Roberts, fondatore e direttore della UCAR (University Corporation for Atmospheric Research), e a George Woodwell, un biologo al Marine Biological Laboratory di Woods Hole (Massachusetts). Questi quattro scienziati crearono un comitato direttivo e decisero che la 78

conferenza si sarebbe concentrata sui risultati del gruppo del NASA-Ames.45 Come prima cosa, organizzarono un seminario a porte chiuse in cui un gruppo di esperti avrebbe rivisto la bozza dello studio sull'inverno nucleare. Se il concetto di inverno nucleare avesse passato questa prima peer review, sarebbe poi stato analizzato per le sue implicazioni biologiche da parte di un gruppo di biologi. La conferenza aperta al pubblico si sarebbe tenuta solo se il lavoro avesse superato anche questo esame.46 Nell'aprile 1983, un mese dopo il discorso di Reagan sulla SDI, il seminario si renne a Cambridge (Massachusetts). Il paper sull'inverno nucleare superò la prima revisione con qualche modifica minore. Fu quindi la volta dei biologi, che lo trovarono sufficientemente persuasivo da indurli a redigere un articolo sulle conseguenze biologiche dell'inverno nucleare e a programmare una conferenza sulle conseguenze biologiche di lungo periodo di una guerra nucleare, che si sarebbe dovuta tenere entro il 31 dicembre dello stesso anno. Trentuno gruppi scientifici e ambientalisti, tra cui la Federation of American Scientists, la Union of Concerned Scientists, la Environmental Defense Fund e il Sierra Club contribuirono a finanziare la conferenza.47 Grazie a un collegamento satellitare con Mosca riuscirono a partecipare anche alcuni scienziati sovietici. Tutto ciò era poco ortodosso — in particolare l'uso di un seminario per esaminare un resto scientifico (normalmente gli scienziati inviavano il manoscritto per la per review per posta, oggi via email) — ma comunque non violava nessun protocollo scientifico. Successe anche qualcos'altro: Sagan accelerò i tempi della conferenza pubblica e della pubblicazione del lavoro in modo da avere la massima attenzione del pubblico. Il giorno prima dell'apertura della conferenza Sagan pubblicò un riassunto di 3 pagine dell'ipotesi dell'inverno nucleare su Parade, un supplemento domenicale che vendeva più di 10 milioni di copie. Sagan spiegò ai lettori che nel modello relativo allo scambio da 5.000 megatoni, "le temperature al suolo, eccetto che per una ristretta fascia costiera, sarebbero scese a -25 °C e si sarebbero mantenute al di sotto dello zero termico per mesi".48 Ciò avrebbe spazzato via le colture e il bestiame, e portato carestie prolungate tra quanti erano sopravvissuti alle esplosioni iniziali. Il testo di Sagan era corredato da disegni terrificanti, con funghi nucleari che torreggiavano sulla Terra. In un box — intitolato "qualcosa che puoi fare" — Sagan ammoniva i lettori ad appoggiare 79

la riduzione o il congelamento delle armi nucleari, e gli suggeriva di scrivere al presidente Reagan e al leader sovietico Yuri Andropov. L'inverno nucleare era la base per un corposo articolo di politica che Sagan scrisse per la rivista Foreign Affairs, e che uscì in contemporanea con la conferenza. L'inverno nucleare sarebbe stato l'esito inevitabile della Doomsday Machine, proposta dallo stratega Herman Kahn e sbeffeggiata da Stanley Kubrick nella sua famosa tragicommedia Il dottor Stranamore. Kahn aveva proposto un dispositivo che, in caso di attacco nucleare, avrebbe automaticamente distrutto l'umanità lanciando tutto l'arsenale atomico. Avrebbe dovuto rappresentare il deterrente definitivo, in quanto nessun essere umano sano di mente avrebbe mai corso il rischio di attivarlo. Nel film di Kubrick, invece, per colpa di un generale fuori di testa, viene lanciato un attacco, la Doomsday Machine entra in funzione, e mentre il mondo viene distrutto la colonna sonora suona 'We'll meet again...". L'inverno nucleare era la Doomsday Machine, anche se nessuno l'aveva pensata in questo modo. La politica, secondo Sagan, avrebbe dovuto ridurre gli arsenali al di sorto della soglia che avrebbe provocato la catastrofe climatica. Quella soglia oscillava tra le 500 e le 2.000 testate nucleari per ogni contendente — un numero molto inferiore a quello effettivamente in possesso a ognuna delle due superpotenze (circa 40.000).49 L'articolo alla fine fu pubblicato. Era intitolato "Nuclear Winter: Global Conseguences of Multiple Nuclear Explosions", ma divenne noto come TTAPS, dalle iniziali dei cognomi degli autori: Richard Turco, O. Brian Toon, Thomas Ackerman, James Pollack e Carl Sagan. Assieme al lavoro di Paul Ehrlich e dei suoi colleghi sulle conseguenze biologiche della guerra nucleare, venne pubblicato sul numero del 23 dicembre di Science, la più prestigiosa rivista scientifica degli Stati Uniti. I due articoli erano accompagnati da un editoriale del direttore della rivista, William D. Carey, che si congratulava con gli scienziati che avevano contribuito a mantenere viva la "coscienza della scienza". Gli scienziati, affermava, avevano la responsabilità di "osservare con distacco le conseguenze della violenza nell'applicazione della conoscenza scientifica".50 Le argomentazioni di Carey non erano nuove: in effetti, molti degli inventori 80

della bomba atomica si era trasformati in suoi oppositori negli anni Cinquanta, Ciò aveva creato uno scisma all'interno della comunità dei fisici nucleari, tra chi difendeva e chi si opponeva alle armi nucleari. Questa frattura non si era mai sanata, ma durante il periodo della distensione molti dei vecchi argomenti erano diventati irrilevanti.51 Il clima da Guerra fredda a cui si era tornati a causa delle scelte di Reagan aveva riaperto vecchie ferite, e aveva costretto i membri della comunità scientifica a schierarsi di nuovo. In generale, gli scienziati avevano assunto le stesse posizioni che avevano all'inizio dello scontro. Hans Berhe, che si era opposto alla costruzione della bomba H, ora si opponeva alla SDI, mentre Teller, il principale sostenitore della bomba H, parteggiava per Reagan e le sue Star Wars. E così altri. In 30 anni le cose non erano cambiate molto. Ma mentre la politica delle armi nucleari era ancora in stallo, la scienza dell'inverno nucleare si muoveva veloce. Il paper del TTAPS innescò rapidamente un dibattito acceso, che portò a fare nuove scoperte e ad approfondire le conoscenze. Tre scienziati del NCAR (National Center for Atmospheric Research) di Boulder, Colorado, misero in discussione l'articolo. Il modellista climatico Curt Covey impiegò il modello climatico tridimensionale del gruppo all'NCAR per riesaminare il problema. Il modello NCAR, che comprendeva la circolazione atmosferica, riproduceva il trasporto sulla terraferma di aria calda proveniente dagli oceani, e quindi poteva fornire una descrizione più realistica del raffreddamento ipotizzato a seguito della guerra nucleare. Le conclusioni dell'NCAR erano qualitativamente coerenti con il TTAPS: "In uno scenario plausibile, il fumo e le polveri generate dalla guerra nucleare porterebbero a una drammatica riduzione delle temperature sulle aree emerse". Ma, quantitativamente, il risultato era molto meno allarmante: il modello non mostrava una caduta di 35 °C come quella prevista dal modello del TTAPS. La diminuzione era compresa tra 10 e 20 °C — abbastanza per provocare una riduzione della produzione agricola nella stagione dei raccolti, ma non abbastanza per poter parlare di "inverno". Un membro del gruppo, Stephen Schneider, ribattezzò il fenomeno "autunno nucleare".52 L'articolo del 1984 del gruppo del NCAR aveva individuato alcune delle debolezze dell'articolo del TTAPS e le aveva corrette. Seguirono altri articoli. A metà del 1988, John Maddox, il direttore di Narwre (la rivista scientifica più prestigiosa del Regno Unito), concludeva che l'inverno nucleare aveva 81

raggiunto il livello di un "rispettabile lavoro accademico".53 Anche se nei primi momenti si era dato spazio agli aspetti più drammatici, ora la letteratura scientifica trattava la questione in maniera corretta. Due anni dopo il TTAPS riesaminò la consistente letteratura sull'inverno nucleare e concordò con la conclusione che "l'abbassamento della temperatura superficiale al sotto delle nubi di fumo poteva arrivare a 10-20 °C e, nelle zone interne delle aree continentali, tale diminuzione sarebbe potuta giungere anche a 20-40 °C. Inoltre, sarebbero state possibili temperature al di sotto dello zero termico anche in estate".54 In questo caso, come ha commentato uno dei revisori di questo libro, il TTAPS "aveva adottato la tipica tecnica di Edward Teller, aveva cioè basato le sue affermazioni sul margine superiore della barra di errore" (in altre parole, in presenza di un range di possibili risultati avevano utilizzato quello più alto). In effecti, il raffreddamento di 10-20 °C non era previsto dall'articolo originale del 1983, ma dal lavoro del NCAR dell'anno seguente. Dal 1984 le ulteriori correzioni ai risultati del modello si erano compensate tra loro, cosicché si poteva dire che le conclusioni del lavoro del NCAR non erano cambiate. La fisica dell'inverno nucleare era salda e definita, e benché i risultati non fossero buoni per chi sosteneva che fosse possibile vincere una guerra nucleare, non erano neppure così disastrosi come stimato inizialmente dal TTAPS. A un primo livello, il processo scientifico aveva funzionato. Gli scienziati avevano preso in considerazione l'ipotesi dell'inverno nucleare e l'avevano sviscerata, valutando e migliorando le assunzioni, i dati e i modelli a supporto. Strada facendo il range di incertezza del raffreddamento potenziale si era ridotto e si era arrivati a un sostanziale consenso. Senza il riscontro di una guerra nucleare reale, sussistevano tuttavia alcune "incertezze inevitabili" nel concetto — e nessuno le negava — ma nel complesso almeno gli effetti di primo livello erano stati chiariti. Uno scambio massiccio di testate nucleari avrebbe prodotto durevoli effetti sull'atmosfera che avrebbero comportato un raffreddamento della Terra per periodi da settimane a mesi, e forse anche di più. Non sarebbe stata certamente una buona cosa.

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A un altro livello, però, molti scienziati non erano contenti di come si era svolta l'intera faccenda. Il comportamento di Sagan — la pubblicazione su Parade e su Foreign Affairs prima che l'articolo revisionato fosse presentato su Science — era una violazione delle norme della scienza. Inoltre, l'articolo di Parade presentava lo scenario peggiore del lavoro del TTAPS e non riportava i caveat indicati nel testo originale, e secondo diversi scienziati questo non era un modo onesto di informare l'opinione pubblica. Secondo alcuni si trattava di semplice propaganda. Altri decisero che ci si doveva dissociare. Kerry Emanuel, professore del MIT e specialista di uragani, era particolarmente contrariato, e accettò l'invito di Nature a scrivere una replica. In una lettera intitolata "Towards a scientific exercise", attaccò la comunità scientifica che aveva lavorato sull'inverno nucleare per la sua "mancanza di correttezza scientifica", sostenendo che aveva omesso "di quantificare le notevoli incertezze connesse alle stime degli incendi originati dalla guerra e i relativi prodotti della combustione, [per] la natura molto approssimata dei modelli di circolazione usati nei calcoli, e [per] il fatto che i risultati erano apparsi su pubblicazioni commerciali prima di essere sottomesse a una rigorosa revisione scientifica".56 Le prime due critiche di Emanuel erano poco condivisibili. Tutti i modelli usano delle semplificazioni, e una quantificazione accurata delle incertezze di una guerra nucleare è impossibile da ottenere senza combattere davvero una guerra — cosa che nessuno, neppure Edward Teller, auspicava succedesse Si usa un modello per esplorare situazioni che non potrebbero essere verificate altrimenti; si crea un modello quando non è possibile accedere direttamente al mondo reale — per motivi di tempo, di spazio, di praticabilità, di costi o per ragioni etiche. Emanuel forse si irritò perché i modelli di circolazione globale usati allora ignoravano la sua specialità: i fenomeni a mesoscala che, egli riteneva, avrebbero dovuto essere considerati (gli uragani, malgrado le loro dimensioni ci sembrino gigantesche, faticano a essere simulati con precisione dai modelli di circolazione globale, anche se negli ultimi anni i risultati sono migliorati parecchio). La terza obiezione era ovviamente legittima, ma come Emanuel era irritato dal comportamento di Sagan, il team di Covey si sentì offeso da Emanuel, in 83

particolare dall'affermazione che il loro studio non era scientifico. In primo luogo, non avevano trascurato gli effetti a mesoscala. Nel loro lavoro, che si basava su uno studio precedente del National Research Council, avevano assunto che nella fase immediatamente successiva alle esplosioni i processi a mesoscala avrebbero spazzato via circa metà del fumo causato dagli incendi, contribuendo al dilavamento dell'aria. Pur non avendo potuto modellarli, non li avevano ignorati, tanto che avevano esplicitamente riconosciuto che costituivano uno dei principali fattori di incertezza. Covey e colleghi erano sconcertati dalle accuse di scorrettezza, e replicarono che era stato Emanuel, non loro, a muoversi fuori dalle regole. "È raro che scienziati di profilo elevato stigmatizzino il lavoro dei colleghi — anche su questioni controverse — usando frasi così dure come 'è diventato famoso per la sua mancanza di correttezza scientifica'".57 Che cosa stava succedendo? Chiaramente il dibattito era partito male quando Sagan aveva deciso di renderlo pubblico. D'altra parte, la posizione di Sagan era supportata da evidenze scientifiche — era basata su dei dati — ed egli riteneva che, come cittadino, fosse suo dovere spiegare la vera portata della catastrofe. Emanuel invece pensava che Sagan si fosse spinto troppo in avanti, e che avesse violato il suo codice di scienziato esagerando alcuni aspetti di quello che era effettivamente conosciuto. Anche se Covey si sentiva offeso dalle critiche di Emanuel sul suo gruppo, accertò il punto di vista di Emanuel sul comportamento di Sagan. Nel 1987 Covey ritornò sulla questione, affermando che i media avevano preso il risultato iniziale di 35 °C di raffreddamento proposto dal TTAPS per una "verità definitiva", ignorando i successivi aggiustamenti, che lo ridimensionavano a circa 10-20 °C. Covey riteneva che il TTAPS avrebbe dovuto fare di più per rimettere a posto le cose. Erano stati "perlomeno carenti nel correggere le distorsioni dei risultati generati dal loro modello, e tendevano a considerare i loro risultati iniziali così buoni da poter essere incisi sulla pietra".58 Per i media l'inverno nucleare era sinonimo di "grande freddo", ma per i climatologi il fenomeno sarebbe stato meno drammatico. Covey pensava inoltre che il TTAPS avrebbe dovuto dare più spazio al lavoro degli altri ricercatori, compreso (naturalmente) il suo. Comunque, se le stime di un raffreddamento di 10-20 °C erano vere, l'ipotesi di base — che uno scambio nucleare avrebbe comportato serie conseguenze ambientali che si 84

sarebbero protratte anche dopo che gli incendi si fossero spenti e le radiazioni fossero diminuite — rimaneva ancora valida. All'interno della comunità scientifica il dibattito sull'inverno nucleare si svolse su due livelli: sugli aspetti scientifici e sui modi in cui questi dovevano essere presentati al pubblico. Quest'ultimo creò una certa animosità, mentre sul primo si arrivò a un consenso. Le conclusioni del TTAPS furono riesaminate da altri scienziati e riviste alla luce dei nuovi risultati. Sia che si trattasse di raffreddamento sia di freddo estremo, gli scienziati concordavano che una guerra nucleare avrebbe comportato degli effetti climatici significativi. Al di là dei proclami e dei contro-proclami, pubblicati e valutati da esperti qualificati, alla fine era emerso un consenso. Malgrado l'ego dei singoli scienziati, le gelosie e le asprezze, la scienza aveva prevalso ed era andata nel verso giusto. Robert Jastrow non fu contento.

IL GEORGE C. MARSHALL INSTITUTE Edward Teller, Robert Jastrow e Fred Seitz erano particolarmente contrariati dalla decisione di William Carey di elogiare il lavoro del TTAPS e quello di Ehrlich su Science. In particolare ce l'avevano con Paul Ehrlich, autore di un libro, 7he Population Bomb, che era diventato uno dei testi fondamentali del movimento ambientalista americano. Ehrlich era stato presidente di Zero Population Growth e della Conservation Society, e per Teller, Jastrow e Seitz questo bastava a collegarlo alla sinistra ambientalista, composta a loro dire da luddisti. Inoltre, gli articoli di Sagan sull'inverno nucleare erano stati pubblicati su Foreign Affairs e su Parade, cosa che li aveva resi ancora più nervosi.59 I tre però non si limitarono alle recriminazioni, a scrivere lettere ai direttori, e a firmare editoriali. Come aveva fatto l'industria del tabacco, decisero di creare un istituto.60 Per Jastrow questo istituto avrebbe dovuto fare da contrappeso alla UCS (Union of Concerned Scientists), costituita nel 1969 da professori e studenti del Mas. sachuseres Institute of Technology. Una parte sostanziale del corpo docente del MIT riteneva che la struttura per le armi nucleari — creata dal governo nei laboratori nazionali di Los Alamos e al Lawrence Livermore — 85

fosse cresciuta ben al di là di quanto richiesto da una funzione prettamente difensiva. Questa espansione era stata incoraggiata da un piccolo gruppo di fisici guidati da Teller, mentre buona parte degli accademici osservava gli sviluppi con preoccupazione crescente. Uno dei cinque punti su cui poggiava la piattaforma politica dell'UCS era "un'opposizione decisa a programmi mal congegnati e rischiosi come il sistema ABM, l'espansione dell'arsenale nucleare, e lo sviluppo delle armi chimiche e biologiche".61 Dopo il discorso di Reagan sulla SDI, l'UCS iniziò un nuovo studio sulle recnologie anti-missili balistici che venne scritto in larga misura da due fisici molto noti: Richard Garwin, del Thomas J. Watson Research Center della IBM, e Hans Bethe. Entrambi erano avversari di lunga data dei sistemi anti-missili balistici. Durante le amministrazioni Johnson e Nixon gli Stati Uniti avevano sviluppato e cominciato a dispiegare un sistema di difesa che ufficialmente sarebbe dovuto servire contro i missili balistici cinesi, anche se nel settore della difesa in pochi credevano davvero a questa versione (e infatti la Cina non ebbe missili balistici intercontinentali fino al 1981). Il sistema (chiamato Sentinel) usava due livelli di intercettori al suolo, uno a lunga portata con missili Spartan per la difesa di area, e uno a breve raggio con missili Sprint destinato a colpire le testate che fossero sfuggire al sistema Spartan. Sia gli Spartan sia gli Sprint trasportavano delle testate nucleari per distruggere quelle in arrivo, Garwin e Bethe sostenevano che il Sentinel potesse essere aggirato senza fatica (e spendendo poco) usando finte testate nucleari, e che le esplosioni nucleari ad alta quota prodotte dai missili Spartan avrebbero accecato il sistema di guida radar dei missili a breve raggio, rendendoli di fatto inutili.62 Il dibattito sul Sentinel e sul successore, il Safeguard, divise la comunità dei fisici.63 Bethe aveva denunciato la questione al MIT il 4 marzo 1969, favorendo l'espansione del movimento che avrebbe portato alla creazione della Union of Concerned Scientists.64 Altri scienziati, come Edward Teller ed Eugene Wigner — il mentore di Fred Seitz — supportavano il Sentinel e il suo impiego nella lotta contro il comunismo. Grazie agli sforzi di Garwin e di Bethe i missili vennero dispiegati in un solo sito. Nel 1977 gli Stati Uniti erano privi di difese contro i missili balistici. Sei anni più tardi, i sostenitori del sistema di difesa ci riprovarono ancora, ma Garwin e Bethe non avevano cambiato idea. Obiettarono che il progetto di 86

Reagan sarebbe stato enormemente complesso e costoso — il "livello di difesa" orbitante avrebbe richiesto 2.400 stazioni laser, pesanti da 50 a 100 tonnellate ciascuna, dal costo di circa un miliardo di dollari ciascuna — e non era certo che avrebbe funzionato. Per controllare la rete sarebbe stato necessario un computer eccezionalmente potente, e comunque nessuno sapeva come testare il sistema. Jastrow non credeva ai numeri dell'UCS. Sapeva che si erano sempre opposti alla difesa dai missili balistici, ed era quindi convinto che il loro lavoro non fosse obiettivo. Inoltre, sosteneva che secondo alcune voci (a suo dire interne alla difesa) le cifre fossero molto diverse. Di certo, le stime variavano molto. Secondo un'analisi effettuata al Los Alamos Laboratory sarebbero servite solo 90 stazioni spaziali, mentre un consulente dell'Office of Technology riteneva ne servissero "centinaia". Jastrow si convinse che avevano commesso degli errori molto gravi sulla SDI — forse avevano deliberatamente rimaneggiato le cifre per farla risultare costosa e inefficiente — e attaccò Garwin e Berhe accusandoli di aver esagerato il numero delle stazioni satellitari di "almeno venticinque volte".65 Jastrow era convinto che fosse giunto il momento di dare una risposta forte all'UCS e, nel settembre 1984, decise di creare un'associazione — o, almeno, un'accolita — di scienziati che condividevano i suoi timori sulla sicurezza nazionale e avevano fede nella capacità della tecnologia basata sulla scienza di affrontarli. Frederick Seitz, presidente del comitato di consulenza delle SDI e probabilmente il fisico più famoso negli Stati Uniti, era vicino a Edward Teller e condivideva la visione di Jastrow. Jastrow lo invitò a ricoprire l'incarico di presidente del comitato, e chiese di unirsi al gruppo anche al fisico William Nierenberg, da poco ritiratosi dall'incarico di direttore della Scripps Institution of Oceanography di La Jolla, California. Nierenberg e Seitz si conoscevano da decenni, e avevano lavorato assieme nel transition team di Reagan. Nierenberg aveva frequentato le scuole superiori nel Bronx, come Jastrow, ed entrambi, Nierenberg e Jastrow, avevano conseguito il PhD in fisica alla Columbia negli anni Quaranta. I tre si erano ritrovarti assieme in un certo numero di comitati di consulenza di alto livello. In breve, avevano molto in comune: erano fisici, erano in pensione o quasi, erano falchi in politica, ed erano figli della Guerra fredda. Intitolato al generale George C. Marshall — architetto della ricostruzione dell'Europa dopo la Seconda guerra mondiale, ricostruzione che in parte era 87

stata pensata anche per contenere l'avanzata del comunismo - l'istituto omonimo aveva la missione di "innalzare il livello di conoscenza scientifica del popolo americano in quei settori in cui la scienza ha un impatto diretto sulla sicurezza nazionale e in altre aree di interesse pubblico". Jastrow ottenne finanziamenti dalle fondazioni Sarah Scaife e John Olin, noti sostenitori delle cause dei conservatori (fino a metà degli anni Novanta Jastrow evitò di ricevere denaro dalle grandi aziende).66 Il George C. Marshall Institute avrebbe diffuso il proprio messaggio attraverso "rapporti di facile lettura, libri, film". Avrebbe inoltre tenuto dei "seminari formativi" sulle tecnologie fondamentali per la SDI (il primo si svolse nel dicembre 1984), dedicati ai giornalisti e ai membri dello staff del Congresso. In una lettera a Nierenberg, Jastrow spiegava che era impegnato a scrivere articoli ed editoriali per fare in modo che le loro opinioni avessero visibilità e suscitassero dei dibattiti. Il suo ultimo articolo su Commentary, si vantava, "... sembrava aver avuto un notevole effetto. Sia Commentary sia il Wall Street Journal avevano ricevuto lettere e chiamate da Sagan, Bethe, Carter e altri".67 Ora il dibattito era aperto.68 Il seminario del dicembre 1984 non ebbe una gran risonanza, ma la successiva mossa del Marshall Institute — una revisione molto critica del rapporto dell'OTA (Office of Technology Assessment) sulla SDI, alla quale era seguito un libro in cui Jastrow sosteneva che la UCS e l'OTA avevano distorto i fatti relativi alla difesa strategica — fece parecchio scalpore.69 Replicando la strategia del tabacco, il Marshall Institute iniziò a chiedere ai giornalisti di "bilanciare" i loro rapporti sulla SDI, dando eguale spazio e tempo alle tesi del Marshall Institute. Quando non lo facevano, Jastrow li minacciava invocando il rispetto della Fairness Doctrine. Nel 1986 alcune emittenti televisive nazionali stavano per mandare in onda un programma sulla SDI che secondo Jastrow era "parziale". Jastrow e il comitato direttivo del Marshall Institute spedirono lettere in tutto il paese nelle quali segnalavano ai manager delle varie stazioni televisive "che, mandando in onda il programma dell'UCS, non avrebbero rispettato l'obbligo previsto dalla Fairness Doctrine, che prevedeva si dovesse concedere eguale spazio ai punti di vista contrapposti".70 La Fairness Doctrine era stata introdotta a fine anni Quaranta, quando le 88

concessioni per le trasmissioni radio e TV erano limitate e strettamente controllate dal governo degli Stati Uniti.71 Si pensava che la licenza rilasciata dalla FCC (Federal Communication Commission) dovesse essere un servizio da svolgere a favore dell'interesse pubblico, che andava pertanto condotto con imparzialità. Ma l'imparzialità implica che si dia lo stesso tempo a opinioni che non hanno lo stesso valore? Dopo tutto, la petizione contro la SDI era stata firmata da 6.500 scienziati, mentre il Marshall Institute era composto, almeno all'inizio, da Jastrow e altri due suoi colleghi.72 Che fosse parziale o meno, l'approccio funzionò, e Jastrow era entusiasta: "Il programma è andato in onda solo su pochissimi canali TV".73 Jastrow era convinto che se gli statunitensi avessero capito la SDI l'avrebbero appoggiata. Nei due anni successivi, il Marshall Institute agì così come Jastrow aveva sperato facesse. A questo punto, aveva chiarito i suoi obiettivi, ed era venuto il momento di portare il messaggio dove realmente contava: al Congresso, per mezzo di incontri con la stampa, rapporti, seminari diretti con gli eletti e i loro staff. Nel 1987 il Marshall Institute si trasferì da New York a Washington, e assunse un direttore esecutivo a tempo pieno. L'approccio di Jastrow era caratterizzato da un forte anticomunismo. Era convinto che gli oppositori alla SDI fossero burattini nelle mani dei sovietici.74 Come prova citava una lettera scritta dal segretario generale dell'Unione Sovietica Mikhail Gorbachev a Henry Kendall, professore del MIT e fondatore dell'UCS, per congratularsi per "le nobili azioni condotte per la causa della pace".75 Jastrow trovava allarmante che Gorbachev approvasse l'operato di Kendall, convinto com'era che Kendall e soci stessero spalleggiando l'Unione Sovietica, e sottolineava "l'intensificazione — si direbbe feroce — degli sforzi con cui la UCS e i leader sovietici cercavano di minare l'appoggio della popolazione degli Stati Uniti alla SDI".76 Uno dei punti più dibattuti era se la SDI violasse il trattato sui missili antimissili balistici. Il Marshall Institute insisteva che non fosse così, e questa tesi venne ripresa anche da Ian Lloyd, un parlamentare membro del partito conservatore, durante i dibattiti alla Camera dei comuni inglese. Citando direttamente i materiali del Marshall Institute, Lloyd sosteneva che la SDI non violava il trattato ABM, perché il trattato non proibiva la ricerca, che era 89

l'unica cosa che al momento veniva proposta. Lloyd usava poi un altro argomento in voga durante la Guerra fredda, quello secondo cui lo scopo delle armi non era di mantenere l'equilibrio del terrore, ma di liberare il popolo sovietico. La SDI era appunto collegata a questo scopo: È fondamentale per l'Occidente che il popolo russo sopravviva abbastanza a lungo per comprendere, valutare e finalmente sfuggire al giogo della tirannia che si è auto-imposto. Ciò è nell'interesse del mondo civilizzato. Le decisioni sulla SDI hanno implicazioni che si estendono ben al di là del secolo in corso e chiaramente possono influire sull'eventualità che il popolo russo si liberi. Il nostro scopo non è la mera sopravvivenza, ma l'espansione del mondo libero per mezzo delle azioni spontanee dei popoli che sono diventati consapevoli delle loro possibilità.77 Naturalmente, nessuno poteva sapere se la SDI avrebbe effettivamente potuto aiutare il popolo sovietico a liberarsi dal comunismo. In questo senso, c'era una differenza sostanziale tra il dibattito sulla SDI, l'inverno nucleare e quello sul tabacco: c'era una mole enorme di prove che collegavano il tabacco al cancro e ad altre malattie — la gente aveva fumato per decenni — ma non c'erano fatti relativi alla SDI o all'inverno nucleare. La SDI e l'inverno nucleare erano ipotesi — costruzioni logiche dedotte da teorie. Nessuno aveva finora costruito un modello in scala della difesa strategica orbitante, e nessuno aveva combattuto una guerra nucleare. Le affermazioni e le controaffermazioni erano solamente proiezioni — senz'altro utili, ma comunque fittizie. Jastrow aveva avuto successo nel creare un dibattito sulle Star Wars, ma vole va andare oltre, e prendersi una rivincita contro quella che per lui era scienza fraudolenta — cioè quella che veniva usata per osteggiare le armi nucleari. Nel 1986 in una lettera per una raccolta fondi indirizzata alla Coors Foundations — impegnata nella promozione dell'autonomia e l'istruzione, specie nel settore della libera impresa78 — Jastrow mise in evidenza che il cambiamento da inverno nucleare ad autunno nucleare dimostrava che gli autori del TTAPS avevano consapevolmente ingannato i lettori e che gli effetti climatici dell'inverno nucleare sarebbero stati in realtà 90

"trascurabili".79 Gli scienziati antinuclearisti facevano il gioco dei sovietici, dal momento che "uno dei primi obiettivi dei leader dell'URSS era convincere le democrazie occidentali che le armi nucleari, indipendentemente dal numero, non potevano essere usate senza rischiare la distruzione dell'umanità. Lo scenario dell'inverno nucleare sembrava disegnato apposta per servire gli scopi dei leader sovietici".80 I membri del TTAPS erano, nella migliore delle ipotesi, degli imbroglioni, nella peggiore dei complici. Jastrow propendeva per l'ipotesi peggiore, e accusava gli autori di aver deliberaramente ignorato il ruolo degli oceani e il fatto che i fumi e le polveri sarebbero stati spazzati dall'atmosfera. In realtà, il TTAPS aveva menzionato entrambe le circostanze: Jastrow stava travisando il loro lavoro per suggerire che avevano intenzionalmente sottovalutato gli elementi che potevano ridurre gli impatti, e avevano evidenziato soltanto lo scenario peggiore. Mentre si rivolgeva ai suoi potenziali finanziatori, Jastrow aveva insinuato la possibilità di una frode scientifica. Adesso doveva reclutare un portavoce che si incaricasse di esporla all'opinione pubblica.81

UN ATTACCO SU VASTA SCALA ALLA SCIENZA Russel Seitz, cugino di Frederick Seitz, era affiliato all'Harvard Center for Inrernational Studies, e successivamente al John M. Olin Institute for Strategic Studies — un centro di politica creato dalla Olin Foundation, un ente di orientamento conservatore82 (il presidente era William Simon, segretario del tesoro nella amministrazione Nixon. Decisamente favorevole al capitalismo liberista, Simon credeva nella sovranità dell'individuo, e riteneva che il capitalismo fosse "l'unico sistema sociale che riflette questa sovranità...").83 Nel 1984 Russel Seitz aveva scritto una lettera a Foreign Affairs nella quale criticava il concetto di inverno nucleare; nell'autunno del 1986 aveva preparato un altro testo, ancora più duro, e lo aveva pubblicato su National Interest.84 Nel articolo, intitolato "News from the Cold: 'Nuclear Winter' Melts Down", sosteneva che gli scienziati non erano credibili. A suo dire, l'inverno nucleare era morto e sepolto: "Causa della morte: evidente mancanza di correttezza scientifica".85 Russel Seitz ricapitolava la storia dell'inverno nucleare richiamando l'attenzione dei lettori sulla rete di 91

fondazioni che avevano avuto un ruolo nella pubblicazione e nella divulgazione delle ricerche su questo tema: la Audubon Society, la Henry P. Kendall Foundation, la Union of Concerned Scientists, i Physicians for Social Responsibility e la Federation of America Scientists — in breve, una congrega di gruppi ambientalisti e liberal. Senza andare troppo per il sottile, Russel Seitz rigettava l'uso dei modelli definendoli "cattiva scienza". "Il modello del TTAPS" diceva, "postula una palla di biliardo perfetta [invece di una sfera più somigliante alla Terra] ... [e] al posto di emissioni di polveri realistiche, piazza sic et simpliciter una nube di fuliggine spessa 16 chilometri nell'atmosfera. Il modello tratta cose complicate come est, ovest, venti, albe e tramonti in un modo incredibilmente elegante: semplicemente, le ignora.86 [...] Il modello del TTAPS può essere visto come una lunga serie di congetture [come queste:] se questo fumo sale, se è denso, se si muove così, e via di questo passo". Per Seitz, era "una serie di lanci di una monetina, che venivano presentati ai politici e agli scienziati come un 'sofisticato modello uni-dimensionale', un ossimoro a meno che non sia applicato a Twiggy (è il soprannome dato a Leslie Hornby, indossatrice britannica nota per la sua magrezza, ndR)".87 Naturalmente, i modelli sono sempre semplificazioni, nessuno lo nega. In un certo senso, qualsiasi modello rappresenta una congettura, proprio come qualsiasi teoria scientifica. Ma le teorie vengono testate con le osservazioni, e i modelli sono basati su teorie consolidate e sulle osservazioni. I modelli che Russel Seitz stava prendendo di mira erano lo stato dell'arte ed erano basati sull'approccio più sofisticato possibile. Inoltre, anche se non erano perfetti, Seitz e nessun altro stavano proponendo qualcosa di meglio. Dopo aver screditato il modello del TTAPS, a suo dire non-scientifico, e dopo aver messo in dubbio l'obiettività dei suoi autori, Seitz proseguiva dichiarando che "il modello era stato distorto da considerazioni politiche; retrospettivamente, si può pensare che queste politiche siano quelle del movimento per il congelamento degli armamenti nucleari".88 Com'è ovvio, il movimento per il congelamento era parte di un contesto sociale e politico più vasto che comprendeva l'inverno nucleare. Lo stesso vale però per Ronald Reagan e per la scelta di costruire la SDI. La scienza è sempre parte di un contesto, ma ciò non implica che quel contesto indirizzi in qualche particolare direzione il lavoro scientifico. Dopo tutto, uno scienziato 92

conservatore avrebbe potuto cercare di sminuire la gravità dell'inverno nucleare proprio come un liberal avrebbe potuto cercare di accentuarla. Gli scienziati sono consapevoli di queste problematiche, ed è per questo che hanno introdotto il meccanismo della peer review, per evitare appunto le mancanze di obiettività. Scienziati di ogni orientamento politico hanno a lungo cercato di evitare l'Armageddon nucleare. E continuano a farlo. Russel Seitz non era interessato a queste sottigliezze. Insisteva nel dire che l'inverno nucleare era non-scienza prodotta della sinistra-liberalambientalista e mascherata dietro codici informatici. "Nessuno che abbia familiarità con la malleabilità che si può ottenere dalle previsioni al computer può sorprendersi dei risultati che sono stati ottenuti".89 Seitz voleva essere sicuro che i suoi lettori avessero compreso che l'inverno nucleare era stato declassato a "un autunno a malapena inclemente".90 Raccolse pertanto le esagerazioni di cui era stato accusato Sagan, e aggiunse i commenti caustici di scienziati famosi come Richard Feynman, fisico teorico del Caltech, e Freeman Dyson, fisico teorico della Princeton. "È un episodio di scienza assolutamente atroce e quasi dispero di poter ristabilire le cose presso l'opinione pubblica" fu la frase di Dyson riportata da Russel Seitz.91 (Dyson in seguito lavorò due settimane di fila per smontare la fisica alla base del TTAPS, e si dichiarò "contrariato" quando la cosa non gli riuscì.92 Lo stesso Dyson, autoproclamatosi eretico, avrebbe in seguito rifiutato i risultati dei modelli climatici che dimostrano il riscaldamento globale, anche se negli anni Settanta era stato uno dei primi scienziati a esprimere preoccupazione sul riscaldamento.)93 In un passaggio dell'articolo intitolato "Physics Meets Advertising", Seitz analizzò l'iconografia dell'inverno nucleare ("prendete un pennello, della vernice acrilica nera e oscurate l'emisfero settentrionale") e le sue connessioni con la retorica apocalittica di Sagan. Sperava che i lettori capissero che si stava riferendo all'Apocalisse solo perché lo aveva messo con l'iniziale maiuscola: "Gli attivisti hanno chiesto agli scienziati di trovargli qualcosa per accrescere la consapevolezza dell'opinione pubblica, e gli scienziati gli hanno dato un Apocalisse secolare con la quale ammonire sul pericolo di finire in una follia nucleare". L'immagine di Parade di una nube mortale che si diffondeva in tutto il mondo era "in qualche modo... più 93

importante della ricerca che rappresentava".94 Alla fine, Russell Seitz estese il suo attacco alla scienza e a tutto l'establishment scientifico. Forse ispirato dal suo cugino più anziano, Seitz insistette che gli scienziati avevano tradito la fiducia del pubblico. Per i cittadini "la professione scientifica era un baluardo di obiettività e credibilità in un mondo che generalmente non è degno di fiducia", mentre in realtà non era così. Citando Betrayers of the Truth — un libro in cui William Croad e Nicholas Wade (due giornalisti scientifici del New York Times) raccontavano una serie di frodi scientifiche — Seitz insisteva che "la scienza somiglia ben poco alla sua immagine tradizionale".95 Gli scienziati erano infatti guidati "da fattori non razionali come la retorica, la propaganda e i pregiudizi personali". Inoltre, per due generazioni avevano subito pressioni perché si assumessero la responsabilità delle proprie azioni, un'eredità dell'aver "conosciuto il peccato" partecipando al progetto Manhattan. Questi "scienziati politicamente motivati", concludeva Seitz, "hanno il predominio sulla scienza e sulle politiche per la collettività".96 Broad e Wade avevano sottolineato qualcosa che chi si occupa di storia della scienza non può non condividere: cioè che il ritratto della scienza come somma di contributi di individui razionali non è affatto realistico, in quanto gli scienziati non sono infallibili, e non pochi di loro hanno commesso delle frodi. Negli anni Sessanta e Settanta, storici e i sociologi hanno sottolineato che gli scienziati sono una comunità che viene condizionata dalle stesse spinte sociali comuni a tutte le altre comunità umane, più qualcun'altra specifica. Una di queste pressioni specifiche è l'urgenza a innovare, che talora induce gli individui a cercare e a prendere scorciatoie. Nessuno studioso l'avrebbe considerata una vera novità: in effetti, Broad e Wade avevano costruito il loro libro sulla base di una serie di ricerche accademiche e avvalendosi del contributo di diversi professori di storia della scienza. Per giunta, nelle conclusioni Broad e Wade ribadivano che "la maggior parte degli scienziati, senza dubbio, non lascia che la sete di gloria personale vada a distorcere la ricerca della verità".97 Ma i conservatori volevano approfittare del libro, che poteva essere usato per screditare quella scienza che contrastava la loro visione (i rappresentanti dell'industria del tabacco cercarono infatti di reclutare Wade).98 94

In realtà, Russell Seitz non era interessato alla storia della scienza. Voleva sfidare il concetto di inverno nucleare, e continuò ad affermare che la comunità scientifica era corrotta dalla sinistra. In conseguenza dell'affermazione del movimento pacifista degli anni Sessanta, e di quello ambientalista degli anni Settanta, gli attivisti di sinistra avevano preso il controllo della scienza negli Stati Uniti. Chi erano? Secondo Russell Seitz, la FAS (Federation of American Scientists) e la UCS (Union of Concerned Scientists) avevano un ruolo occulto ma irresistibile, ed erano una forza compatta capace di influenzare la politica e le scelte editoriali di in ampio gruppo di organizzazioni e fondazioni — educative, scientifiche e giornalistiche".99 La lista di Seitz comprendeva anche la AAAS (American Association for Advancement of Science) che pubblicava la rivista Science. Il presidente della AAAS e il presidente della American Physical Society "connertevano la FAS, la UCS, la Arms Control Association e il movimento Pugwash" (un'organizzazione di scienziati sorta dopo la Seconda guerra mondiale per promuovere la cooperazione internazionale, il controllo delle armi e il disarmo)".100 Seitz insinuava che sarebbe stato davvero sorprendente se i loro giornali non avessero rispecchiato questo orientamento politico. Questa rete di influenze si era estesa anche nella National Academy of Science. Aveva subito una "trasformazione politica" a seguito dell'elezione di personalità vicine ai consulenti scientifici delle amministrazioni Kennedy, Johnson e Carter.101 I nuovi funzionari della NAS avevano costituito uno staff con legami con la UCS e la FAS, formando una rete politica liberal in grado di corrompere l'intero apparato scientifico americano. "La mancanza di obiettività ave va raggiunto livelli allarmanti con le esagerazioni sull'inverno nucleare e sull'ostruzionismo che ne era seguito", insisteva Seitz.102 "Tutto ciò ha una qualche importanza?" si chiedeva retoricamente. Ovviamente sì. Seitz aveva dipinto un quadro in cui il dissenso era motivato politicamente — una specie di vittimismo conservatore. Se fosse stato vero, anche solo in parte, avrebbe significato che la scienza, e tutto il mondo scientifico, erano solamente politica condotta con altri mezzi. Quindi, se non eri d'accordo politicamente con la scienza, potevi sempre respingerla perché era politicizzata. 95

Ma il racconto di Russell Seitz era davvero obiettivo? Assai poco. Se qualcuno avesse letto solo la sua versione, non avrebbe mai saputo che i conservatori avevano giocato un ruolo primario nella SDI e nel dibattito sull'inverno nucleare, ed erano riusciti a presentare le proprie tesi anche su quelle riviste che si supponeva fossero politicamente schierate. Nel gennaio 1984 Edward Teller aveva per esempio pubblicato un articolo in Science per sostenere lo sviluppo degli ABM, e aveva presentato le sue idee sull'inverno nucleare su Nature — le due principali riviste scientifiche del mondo.103 (L'articolo su Nature ammetteva che "l'inverno" nucleare avrebbe potuto essere abbastanza freddo da provocare una generale riduzione delle produzione agricola, ma Teller concludeva che la soluzione stava nell'incrementare le riserve alimentari).104 S. Fred Singer attaccò l'inverno nucleare su Science, e la stessa rivista pubblicò pure una lettera di Russell Seitz.105 Lo stesso Kerry Emanuel, lo specialista di uragani che aveva contestato le conclusioni del TTAPS, si dichiarava un conservatore convinto.106 Mentre Russell Seitz continuava a proclamare che l'establishment scientifico era controllato dai liberal, ometteva di menzionare che la minoranza conservatrice guidata da Teller esercitava una profonda influenza sulla Casa Bianca di Reagan. Edward Teller aveva accesso alla Casa Bianca, così come William Nierenberg. A un certo punto, sia Nierenberg sia Jastrow venivano considerati consulenti scientifici del governo.107 Teller e Nierenberg fecero parte del comitato di consulenza ufficiale della SDI e Fred Seitz ne fu il presidente.108 E molti consulenti che prestarono servizio con i presidenti Kennedy e Johnson continuarono a farlo con Nixon; erano stati scelti in base alla loro credibilità, non in base alle credenziali di partito. Non è quindi vero che gli scienziati conservatori venissero esclusi dal potere. La National Academy of Sciences poteva anche non essere così a destra come avrebbe voluto Russell Seitz, ma la maggior parte degli scienziati la considerava un'organizzazione di stampo nettamente conservatore. Molti storici della scienza potrebbero sostenere che, per la sua dipendenza dall'esecutivo, la NAS era intrinsecamente conservatrice. La maggior parte delle sue ricerche erano finanziate da agenzie governative — NASA, EPA, Department of Interior, talvolta la stessa Casa Bianca — e quindi la NAS non aveva interesse a scontrarsi con i suoi finanziatori e si muoveva con 96

circospezione sulle questioni scientifiche più controverse. Inoltre, i report della NAS sono generalmente dei consensus reports, cioè dei rapporti che, prima di essere approvati, dovevano raccogliere il consenso di tutti i membri del comitato e di una serie di revisori indipendenti scelti da uno specifico comitato sulla revisione. Il risultato era spesso del tipo "minor denominatore comune", cioè un testo abbastanza innocuo su cui tutti erano d'accordo. Affermazioni troppo radicali raramente superavano questo processo — anche quelle che in seguito si dimostravano vere. Per Russell Seitz, "la maggior parte degli strumenti intellettuali e la potenza di calcolo necessari a demolire la lugubre visione del TTAPS erano già disponibili nel 1983; mancavano la volontà e il coraggio per farlo". Questa affermazione era chiaramente falsa. Altri gruppi di modellisti, specialmente al NCAR, si dedicarono subito alla questione.109 E poi perché biasimare l'intera comunità scientifica per la scorrettezza di Sagan? La destra continuò a bersagliare Sagan anche dopo la sua morte, e gli attacchi di Seitz vennero ripresi da Rush Limbaugh negli anni Novanta e dallo scrittore Michael Crichton negli anni Duemila.110 Che cosa stava succedendo? La risposta è che era cominciata la battaglia della destra contro la scienza. Fin dagli anni Settanta gli scienziati avevano generalmente appoggiato la campagna per il controllo degli armamenti e il disarmo, mentre Teller, Nierenberg, Jastrow e i due Seitz l'avevano contrastata in ogni modo. Teller e il suo gruppo ritenevano che gli Stati Uniti potessero conseguire una supremazia militare permanente migliorando il proprio arsenale (almeno fino a quando avessero ricevuto finanziamenti adeguati). La maggior parte degli altri scienziati — tra cui Berhe, Sagan e Garwin — erano invece convinti che la corsa agli armamenti potesse essere gestita (e mai vinta) attraverso un'efficace azione diplomatica. Questa tesi era particolarmente invisa a Teller, Nierenberg, Jastrow e ai Seitz, in quanto metteva in discussione sia la funzione della scienza e della tecnologia nella difesa del paese sia il ruolo che essi avevano avuto durante la Guerra fredda. E c'era di più: la scienza stava minando le visioni di questo gruppo in un altro modo, persino più importante. Uno dei grandi eroi della destra statunitense della fine del XX secolo era l'economista neoliberale Milton Friedman.111

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Nel suo lavoro più celebre, Capitalismo e libertà, Friedman argomentava (come il titolo del libro suggeriva) che capitalismo e libertà andavano mano nella mano — non c'era capitalismo senza libertà e neppure libertà senza capitalismo. Quindi, difendendo l'uno si difendeva l'altra e viceversa. Si trattava di una cosa tanto semplice quanto fondamentale.112 Quegli uomini, paladini della libertà — o perlomeno della loro accezione di libertà, e custodi della stessa — erano anche sostenitori del capitalismo. I loro colleghi scienziati stavano però dimostrando che il capitalismo stava fallendo in un aspetto cruciale, nella protezione di quell'ambiente naturale da cui dipende ogni forma di vita, libera e non. Gli scienziati impegnati sul campo stavano trovando sempre più prove che le emissioni industriali causavano danni diffusi alla salute dell'uomo e a quella degli ecosistemi. Il libero mercato stava generando problemi — non previsti — che poi lo stesso mercato libero non sapeva come risolvere. Il governo aveva a disposizione un rimedio potenziale — la regolamentazione — l'esatto contrario dell'ideale capitalista. Non ci si doveva quindi sorprendere delle bordate che Russel Seitz aveva cominciato a sparare sui giornali economici, o che l'iniziale difesa della SDI a firma di Jastrow fosse stata pubblicata su Commentary (la principale voce del neoconservatorismo) e sul Wall Street Journal. In effetti, nel 1986 il Wall Street Journal aveva pubblicato in prima pagina una versione di 2.400 parole dell'attacco di Seitz alla scienza.113 Se la scienza si poneva al fianco della regolamentazione — o se dava l'impressione di supportare l'idea che la regolamentazione fosse necessaria per proteggere la vita sulla Terra — allora la scienza, proprio la cosa per la quale Jastrow, Nierenberg, Teller e Frederick Seitz avevano speso una vita, doveva essere combattuta. L'attacco all'inverno nucleare era una prova generale per le battaglie più ampie che sarebbero venute in seguito. Barry Goldwater aveva sostenuto che nella difesa della libertà l'estremismo non era una cosa sbagliata. La nostra storia dimostrerà che in molti gli hanno dato ascolto.114

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3. SEMINARE DUBBI: LE PIOGGE ACIDE Mentre andava esaurendosi il dibattito sulla SDI e sull'inverno nucleare, stava venendo alla ribalta un altro argomento: le piogge acide. Malgrado la scienza dell'inverno nucleare fosse completamente differente rispetto a quella delle piogge acide, alcuni dei protagonisti erano gli stessi. E, come nel caso del tabacco, chi si opponeva alle regolamentazioni delle sostanze che causavano le piogge acide obiettava che la scienza era ancora troppo incerta per giustificare le azioni necessarie a risolvere il problema. La storia era cominciata nel 1955, quando il Department of Agriculture aveva messo a dimora la foresta sperimentale di Hubbard Brook, nell'area centrale del New Hampshire. Una foresta sperimentale sembra un ossimoro — le foreste sono naturali; gli esperimenti sono condotti dall'uomo — ma l'idea di base era analoga a quanto fanno gli scienziati in laboratorio: si prende un oggetto o un problema e lo si investiga approfonditamente. In questo caso l'oggetto era 'l'ecosistema di un bacino" — quindi la foresta, le piante e gli animali e l'acqua che fluiva attraverso di essi. Gli studi idrologici all'Hubbard Brook erano stati iniziati da uno scienziato dello US Forest Service, Robert S. Pierce, da Herbert Bormann, professore di biologia al Dartmouth College, e da due brillanti assistenti, il biologo Gene E. Likens e il geologo Noye M. Johnson. Nel 1963 Bormann, Likens, Johnson e Pierce avviarono l'Hubbard Brook Ecosystem Study, e lo stesso anno scoprirono le piogge acide nel Nord America.01 "Scoprirono" è una parola grossa, dal momento che la pioggia naturalmente acida — causata da eruzioni vulcaniche o altri fenomeni naturali — era già nota nel Rinascimento, e le piogge acide dovute all'azione dell'uomo erano conosciute fin dal XIX secolo nelle zone vicine a grandi sorgenti di inquinanti industriali, come le Midlands nel Regno Unito e la Germania centrale.02 Ma Hubbard Brook si trovava nelle White Mountains del New Hampshire, una regione dove gli abitanti di New York e Boston andavano a rilassarsi, lontani dalla frenesia dei centri urbani e dagli scarti delle fabbriche. Ciononostante, il pH misurato nella pioggia raccolta in questa zona era di 4 o anche meno (un pH neutro è 7, la pioggia normalmente ha un valore che oscilla tra 5 e 6); uno 99

dei campioni misurava 2,58 — praticamente succo di limone, talmente acido da bruciare su una ferita. La pioggia acida in una zona così remota era un fatto nuovo e preoccupante. Il lavoro dell'Hubbard Brook capitò in un momento cruciale, e andò a coincidere con un cambiamento dell'ambientalismo negli Stati Uniti. Nella prima metà del XX secolo, i conservazionisti come Theodore Roosevelt, John D. Rockefeller, John Muir e Gifford Pinchot si erano impegnati per preservare e tutelare le bellezze selvagge degli Stati Uniti, in parte creando aree protette — come Yosemite, Yellowstone e Gran Teton — messe al riparo dai normali usi del territorio e dallo sviluppo. L'ambientalismo "protezionista" era largamente popolare e bipartisan: Roosevelt era un repubblicano progressista, Rockefeller un capitano d'industria. Il protezionismo era per lo più ispirato da motivazioni estetiche e morali, e dal desiderio di avere aree adatte a fornire ristoro. La scienza non entrava in questo discorso. I conservazionisti erano spesso interessati alla scienza — soprattutto alla storia naturale, alla geologia, alla zoologia e alla botanica — ma non pensavano di avere bisogno della scienza per sostenere le proprie posizioni. Per decenni, l'ambientalismo conservazionista era rimasto bipartisan. Quando il Wilderness Act del 1964 classificò oltre nove milioni di acri di territorio americano come "aree ove l'uomo è considerato un visitatore e non può rimanervi", il decreto passò al Senato con 73 voti a favore e 12 contrari, e alla Camera dei rappresentanti per 373 voti a 1. 03 Richard Nixon, un presidente che non viene generalmente ricordato come un visionario ambientalista, creò la EPA (Environment Protection Agency) e firmò parecchie leggi sull'ambiente: il Clean Air Act Extension, il Clean Water Act, l'Endangered Species Act e il National Environmental Policy Act. Le cose però stavano cambiando, e nel giro di pochi anni Ronald Reagan riuscì ad allontanare il partito repubblicano dalle regolamentazioni ambientali e dal conservazionismo, una mossa che avrebbe causato il distacco del partito dal suo ambientalismo storico e lo avrebbe messo in rotta di collisione con la scienza. Le leggi come il Clean Air Act riflettevano lo spostamento dalla salvaguardia del territorio alla prevenzione dell'inquinamento attraverso regolamentazioni governative basate sulle conoscenze scientifiche, e dal 100

livello locale a quello globale. Erano cambiamenti profondi. L'allarme lanciato da Primavera silenziosa di Rachel Carson sull'impatto di pesticidi come il DDT stava facendo capire agli statunitensi che l'inquinamento locale poteva avere degli impatti globali. Comportamenti individuali in apparenza razionali — come quelli di un agricoltore che irrorava le sue colture con un pesticida — potevano avere un impatto inaccettabile sulla collettività. L'inquinamento non era più solo una questione di industrie che sversavano i loro rifiuti tossici di notte: anche le persone normali potevano inavvertitamente causare dei danni. Le attività economiche generavano danni collaterali. Ammetterlo significava che il ruolo del governo forse sarebbe dovuto cambiare, e in modi che avrebbero potuto danneggiare l'economia. Le piogge acide erano una questione di danni collaterali. Composti di zolfo e di azoto emessi da aziende energetiche, autovetture, fabbriche, potevano mescolarsi con la pioggia, la neve e le nubi in atmosfera ed essere trasportati anche a lunghe distanze, andando a danneggiare laghi, fiumi, terreni e natura vivente in luoghi (anche) molto lontani dalla sorgente dell'inquinamento. Questo almeno era ciò che sembrava risultare dal lavoro all'Hubbard Brook. Gli scienziati dello Hubbard Brook avevano studiato approfonditamente il fenomeno a partire dalla seconda metà degli anni Sessanta e per tutti gli anni Settanta, scrivendo numerosi articoli scientifici e rapporti. Poi, nel 1974, Gene Likens aveva deciso di inviare a Science un articolo nel quale dichiarava apertamente che "sulla maggior parte degli Stati Uniti nord orientali stanno cadendo piogge o neve acide".04 Il fenomeno si stava verificando a Hubbard Brook da almeno vent'anni, e secondo il gruppo di Likens era causato dalle alte ciminiere delle industrie del Midwest.05 Il governo avrebbe dovuto tenere conto delle piogge acide nella definizione delle norme sull'inquinamento dell'aria. Le analisi chimiche mostravano che gran parte dell'acidità era dovuta ai solfati e il resto ai nitrati disciolti, entrambi sottoprodotti della combustione del carbone e del petrolio. Ma dal momento che questi combustibili fossili venivano bruciati dalla metà del XIX secolo, perché il problema si presentava solo ora? Si trattava in realtà di una conseguenza inattesa dell'introduzione dei dispositivi per abbattere le particelle dai fumi emessi dalle ciminiere e quindi ridurre l'inquinamento locale. 101

Nell'Inghilterra industriale, l'inquinamento da particolato era così intenso da uccidere le persone — era successo durante il Grande smog di Londra nel 1952 — ed erano state adottate misure drastiche per ridurlo: si era deciso di installare delle ciminiere molto più alte, che disperdevano l'inquinamento in un'area più vasta, e di applicare negli impianti di produzione di energia dei dispositivi (chiamati scrubbers) per rimuovere le particelle dai fumi. Gli studi condotti dopo l'introduzione di queste misure avevano però evidenziato che le particelle che venivano rimosse erano quelle che contribuivano a neutralizzare l'acidità, e che quindi rimuovendole si causava un aumento dell'acidità dei fumi in uscita. Le particelle inoltre tendevano a ricadere a terra rapidamente, pertanto le ciminiere più alte avevano diminuito l'inquinamento locale ma aumentato quello regionale, trasformando la fuliggine locale in pioggia acida regionale.06 Ma la pioggia acida era davvero un problema? Come vedremo più avanti nel libro, alcuni studi sul riscaldamento globale e sul buco dell'ozono avevano anticipato il problema, l'avevano cioè previsto prima che si verificasse. Erano state queste previsioni a indurre gli scienziati a indagare sugli eventuali danni; erano state condotte delle ricerche sia per restare le previsioni, sia per adottare dei provvedimenti prima che fosse troppo tardi — e anche nel caso delle piogge acide la situazione era questa. Era troppo presto per determinare la portata dei danni all'ambiente, ma gli effetti potenziali erano preoccupanti: dilavamento dei nutrienti dal suolo e dalla chioma degli alberi, acidificazione di laghi e fiumi, danni alla fauna selvatica, corrosione di edifici e altre strutture. Tuttavia, se l'obiettivo era prevenire il danno prima che questo si verificasse, queste argomentazioni erano necessariamente speculative. Uno scienziato scrupoloso si sarebbe trovato di fronte a un dilemma: da un lato, era intenzionato a prevenire i danni, ma dall'altro sarebbe stato incapace di provare che i danni si sarebbero effettivamente verificati. A questo punto gli scienziati si misero alla ricerca dei segnali di allarme, e li trovarono. Alcuni studi condotti in Svezia indicavano che le piogge acide stavano riducendo la crescita delle foreste. Altre ricerche condotte negli Stati Uniti documentavano gli effetti dannosi dell'acidità sulla crescita delle piante, sullo sviluppo del tessuto fogliare e sulla germinazione del polline. In Svezia, Canada e Norvegia l'acidificazione dei laghi e dei fiumi risultava 102

correlata a un aumento della mortalità dei pesci. Molti di questi dettagli erano stati pubblicati in riviste specializzate (che pochi giornalisti e membri del Congresso leggevano — e leggono) o in rapporti ai governi. Ovviamente, i risultati svedesi erano stati per lo più pubblicati in lingua svedese.07 Queste difficoltà erano emerse anche nel caso dei danni del DDT, molti dei quali erano elencati nei rapporti per il governo di cui si era servita Rachel Carson per scrivere il suo Primavera silenziosa, e per i rischi connessi alla pillola anticoncezionale, che erano stati documentati per la prima volta nelle riviste specializzate di oftalmologia, in quanto donne giovani e in salute sviluppavano misteriosi coaguli di sangue.08 Questo schema è tipico nella scienza: dapprima vengono riportati casi isolati di un fenomeno, che vengono pubblicati in riviste specialistiche o rapporti, poi qualcuno comincia a unire i puntini. Likens e i suoi colleghi stavano unendo i puntini, e lo stesso stava facendo il meteorologo svedese Bert Bolin — che in seguito avrebbe contribuito a creare L'IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change). Nel 1971 Bolin riunì un comitato, sotto l'egida del governo svedese, in preparazione della United Nations Conference on Human Environment. La conferenza sarebbe stata presieduta da Svante Odén, uno dei primi in Europa a documentare gli impatti delle piogge acide sui suoli.09 Il loro rapporto, Air pollution across national boundaries: the impact on the environment of sulphur in air and precipitation. Sweden's case study for the United Nation conference on the human environment, riassumeva già gli aspetti essenziali del problema. Spiegava le prove dell'esistenza delle piogge acide, la chimica della loro formazione, la fisica della loro dispersione e gli effetti che avevano, o che era possibile avessero, sulla salute dell'uomo, sulle piante, sui terreni, i laghi e i fiumi (e i pesci), e sugli edifici e su altre strutture (nel rapporto erano incluse foto di maniglie per porte in nichel, corrose dalle piogge acide).10 Sebbene l'entità degli impatti delle piogge acide non fosse certa, l'esistenza e la gravità del problema lo erano, e gli svedesi ammonivano di non sottovalutarne gli effetti perché non erano immediati o ancora pienamente documentati. Malgrado gli effetti si manifestassero con gradualità, erano seri e potenzialmente irreversibili. La situazione comunque non era irrisolvibile, perché le cause e i possibili rimedi erano noti. "È necessario ridurre le 103

emissioni totali, sia in Svezia sia nei paesi adiacenti".11 In ambito scientifico, la presenza di indizi di un fenomeno dovrebbe indurre i ricercatori ad approfondire il fenomeno stesso. E avvenne proprio questo. Nei successivi 10 anni, in tutto il mondo gli scienziati documentarono le piogge acide, ne capirono le dimensioni e ne divulgarono le implicazioni. Nel 1975, il Department of Agricolture degli Stati Uniti sponsorizzò il primo International Symposium on Acid Precipitation and the Forest Ecosystem.12 Nel 1976, la International Association for Great Lakes Research organizzò un incontro, co-sponsorizzato dalla EPA degli Stati Uniti e da Environment Canada, sugli effetti delle piogge acide sui laghi.13 Quello stesso anno alcuni ricercatori canadesi documentarono l'estinzione di alcune specie di pesci nei laghi acidificati del distretto minerario del nickel di Sudbury, Ontario.14 Via via che le piogge acide venivano percepite come un problema globale, gli scienziati che lavoravano sul tema riuscivano a pubblicare i loro lavori su riviste di alto profilo scientifico. Nel 1976 due ricercatori norvegesi riportarono su [Nature una massiccia moria di pesci associata a uno shock da pH, a seguito dell'improvvisa fusione primaverile di ghiacci e neve acidi.15 Gene Likens riassunse tali risultati in Chemical and Engineering News — la rivista ufficiale della American Chemical Society — spiegando che la pioggia e la neve acide stavano avendo "un impatto ambientale molto esteso". Si erano verificati un brusco declino del numero dei pesci nei laghi e nei corsi d'acqua, danni agli alberi e ad altre piante, corrosione di edifici e forse anche danni alla salute umana.16 Alcuni anni dopo, gli scettici avrebbero sostenuto che la scienza non era davvero sicura, ma l'articolo di Likens dimostrava il contrario. In ogni caso, già il modo in cui Chemical and Engineering News aveva presentato l'articolo dimostrava che stavano crescendo le resistenze all'evidenza scientifica. Il ragionamento di Liken era chiaro — le piogge acide provocate dall'inquinamento stavano uccidendo i pesci e gli alberi, e probabilmente danneggiavano gli uomini — eppure, in una nota piazzata sotto il titolo dell'articolo, gli editori scrivevano che "l'acidità delle pioggia e della neve che cade su parte degli Stati Uniti e dell'Europa sta aumentando — per ragioni ancora non completamente chiarite e con conseguenze che debbono ancora 104

essere esattamente valutate".17 Ma davvero le ragioni non erano "completamente chiarite"? Dipende da che cosa si intende per completamente. La scienza è roba tosta — è per questo che i ragazzini la odiano tanto a scuola — e nulla può mai essere completamente chiarito. Rimangono sempre delle questioni aperte, ed è appunto per questo che il consenso degli esperti è così essenziale — un punto sul quale ritorneremo più avanti. Nel caso delle piogge acide, il consenso degli esperti verteva sul fatto che lo zolfo di origine antropica era implicato nel fenomeno, ma restava ancora molto da indagare sul trasporto dello zolfo in atmosfera e sull'entità dei danni. D'altra parte, gli effetti negativi sui pesci e le foreste erano evidenti, quindi perché Chemical Engineering News insisteva con l'incertezza? Herbert Bormann, che a quel tempo insegnava a Yale, ipotizzò che l'ambiguità derivasse da una confusione tra diversi tipi di incertezza. Non c'erano dubbi che le piogge acide fossero reali. Le precipitazioni nel Nord-Est degli Stati Uniti erano di diverse unità più acide della norma. L'incertezza era sulle cause: erano le ciminiere più alte — che disperdevano lo zolfo molto più in alto nell'atmosfera — oppure il fenomeno era provocato dall'incremento nell'uso dei combustibili fossili?18 Inoltre, anche se si stava definendo il quadro complessivo, restavano da precisare parecchi dettagli, e alcuni erano molto importanti. Tra questi la questione cardine era: è certo che lo zolfo sia di origine antropica — cioè prodotto dall'uomo — e non naturale? Una questione simile si sarebbe ripresentata nei dibattiti sul buco dell'ozono e sul riscaldamento globale, ed è quindi interessante capire quali risposte vennero dare all'epoca. Bolin e i suoi colleghi svedesi affrontarono la questione con il concetto del "bilancio di massa": calcolarono quanto zolfo poteva essere emesso dalle tre principali sorgenti — inquinamento, vulcani e aerosol marino — e lo confrontarono con la quantità di zolfo che ricadeva sotto forma di piogge acide. Dal momento che non c'erano nuovi vulcani attivi in Nord Europa, e che l'aerosol marino non viaggiava per lunghe distanze, conclusero che la maggior parte delle piogge acide del Nord Europa era causata dall'inquinamento atmosferico. Si trattava ancora di un argomento indiretto. Per confermarlo si sarebbe dovuto provare che lo zolfo presente nelle piogge 105

proveniva da una sorgente precisa e conosciuta. Fortunatamente, c'era una tecnica per risolvere la questione — quella degli isotopi. Gli scienziati amano gli isotopi — si tratta di atomi dello stesso elemento ma con un peso atomico diverso, per esempio carbonio-12, carbonio-14 — perché talvolta sono estremamente utili. Se si tratta di forme stabili — come il carbonio-13 o lo zolfo-34 — possono essere usati per dedurre da dove provengono il carbonio o lo zolfo.19 Differenti sorgenti di zolfo hanno un differente ammontare di zolfo-34, e quindi si può usare la composizione isotopica come una "impronta digitale" o una "firma" di una particolare sorgente, naturale o artificiale che sia. Nel 1978 alcuni scienziati canadesi dimostrarono che la firma isotopica dello zolfo nelle piogge a Sudbury era identica a quella dei minerali di nickel estratti in quel luogo. Negli anni successivi, alcuni scettici avrebbero obiettato che l'acidità delle piogge poteva essere causata dai vulcani (la stessa cosa avrebbero poi detto del fluoro a proposito dell'ozono, e della CO2, a proposito del riscaldamento globale), ma la firma isotopica dimostrava che non era vero.20 In ogni caso, non esistevano (e non esistono) vulcani in Ontario. Nel frattempo, Noye Johnson - il geologo del gruppo originale di Hubbard Brook — e i suoi colleghi avevano fatto una scoperta cruciale. C'era un aspetto della questione delle piogge acide ancora anomalo: la pioggia raccolta a Hubbard Brook era acida, ma il pH dei corsi d'acqua locali era pressoché normale, e si chiedevano perché l'acidità non fosse la stessa. Johnson e colleghi dimostrarono che la pioggia acida veniva neutralizzata mentre scorreva sul terreno. Cadendo sul suolo della foresta la pioggia acida reagiva con i minerali contenuti nel terreno. Queste reazioni asportavano dal suolo dei nutrienti essenziali — in particolare il calcio — e nello stesso tempo tamponavano l'acidità dell'acqua. L'acqua così neutralizzata poi percolava nei corsi d'acqua locali. Questo spiegava perché il pH dei corsi d'acqua era pressoché inalterato, mentre invece i suoli venivano danneggiati e la chimica delle acque superficiali subiva una modificazione netta. I risultati vennero dapprima pubblicati in Science; poi Johnson preparò un lavoro molto più 106

dettagliato — terzo per numero di citazioni sul tema piogge acide — che venne pubblicato su Geochimica and Cosmochimica Acta, la più prestigiosa rivista del settore.21 Le basi scientifiche delle piogge acide ora erano ben definite. Gli scienziati ci avevano lavorato per circa venticinque anni, dimostrando l'esistenza delle piogge acide, le cause e gli effetti su terreni, corsi d'acqua e foreste. Le principali riviste scientifiche mondiali, oltre che molte riviste specializzate e diversi rapporti ai governi, avevano pubblicato articoli importanti. Nel 1979, Likens e i suoi colleghi prepararono un articolo per Scientific American, e la redazione della rivista non ebbe dubbi né fece cenno a incertezze di sorta. In un abstract sotto il titolo dell'articolo, gli editori scrissero: "Negli ultimi decenni l'acidità della pioggia e della neve è aumentata rapidamente e ha interessato vaste aree. La causa principale è dovuta al rilascio di zolfo e azoto a seguito dell'uso dei combustibili fossili".22 Stavolta non c'erano "forse", "eventualmente" o "probabilmente". Scientific American è considerata la rivista che presenta al grande pubblico la scienza più solida. Possiamo pertanto dire che gli statunitensi vennero a conoscenza del problema delle piogge acide nel 1979. A chiudere il caso, nell'estate del 1981 Nature pubblicò un articolo, frutto di uno studio condotto da scienziati norvegesi e durato 8 anni, nel quale venivano esaminate tutte le evidenze relative al fenomeno. Qual era il messaggio? "È stato accertato oltre ogni ombra di dubbio che le precipitazioni nella Scandinavia meridionale sono diventate più acide a causa del trasporto a lunga distanza dell'inquinamento dell'aria".23 Se ci fosse stato un tribunale, la giuria avrebbe dichiarato l'imputato colpevole oltre ogni ragionevole dubbio. Ma la scienza non è un tribunale, e i problemi ambientali coinvolgono aspetti che vanno al di là della scienza. Le piogge acide erano il primo problema ambientale globale, e con esso iniziarono anche le sfide globali.

L'AZIONE POLITICA E LA SPACCATURA STATI UNITI-CANADA Nel 1979 la United Nations Economic Commission of Europe aveva approvato la Convention on Long-range Transboundary Pollution. Basandosi sulla 107

dichiarazione della UN Conference on Human Environment — la stessa per la quale Bert Bolin aveva preparato il rapporto — la convenzione affermava che tutte le nazioni avevano la responsabilità di "assicurarsi che le attività che ricadono nella loro giurisdizione o controllo non abbiano a causare danni all'ambiente degli altri stati o alle aree situate al di fuori dei propri limiti territoriali".24 Pertanto, sarebbe stato illegale scaricare il proprio inquinamento su qualcun altro, che lo si facesse con un camion o con una ciminiera. La convenzione del 1979 impegnava i paesi firmatari a controllare qualsiasi emissione in atmosfera che potesse danneggiare la salute dell'uomo, le proprietà o l'ambiente naturale. L'articolo 7 menzionava specificamente lo zolfo peri suoi impatti su agricoltura, foreste, materiali, bacini e altri ecosistemi, nonché sulla visibilità. Quando i firmatari si riunirono ancora nel 1985, stabilirono dei limiti molto rigorosi sulle emissioni, imponendo una riduzione del 30%. 25 Nel frattempo gli Stati Uniti e il Canada avevano iniziato una negoziazione bilaterale, e nel luglio 1979 i due paesi avevano dichiarato che intendevano sottoscrivere un accordo formale. La dichiarazione conteneva otto principi generali, tra i quali la prevenzione e la riduzione dell'inquinamento atmosferico transfrontaliero, e lo sviluppo di strategie atte a limitare le emissioni. L'obiettivo complessivo era puntare a "... un accordo significativo che avrebbe apportato un reale contributo alla riduzione dell'inquinamento dell'aria e delle piogge acide".26 Mentre erano in corso i negoziati, scienziati, ambientalisti e leader politici si riunirono in Canada per un Action Seminar on Acid Precipitation. Il governo degli Stati Uniti era rappresentato da Gus Speth, il presidente del Council on Environmental Quality promosso dal presidente Carter. Speth riteneva che la strada da percorrere fosse chiara. Fece notare che alcuni anni prima i dirigenti dell'industria si erano opposti alle riduzioni delle emissioni, spiegando che ciminiere più alte avrebbero risolto il problema disperdendo gli inquinanti più in alto nell'atmosfera, da dove poi "sarebbero ricaduti in tracce pressoché innocue". Speth ricordò anche un'azienda elettrica che era stata particolarmente aggressiva e aveva mostrato giornali e riviste che si scagliavano contro gli "ambientalisti irresponsabili", che insistevano per 108

l'adozione di standard di emissioni molto rigorosi a danno dei posti di lavoro e dell'economia.27 Questi "ambientalisti irresponsabili" avevano ragione: le emissioni non erano ricadute in tracce innocue, ma come piogge acide. Il problema si sarebbe potuto evitare se le compagnie energetiche avessero gestito l'inquinamento alla fonte, invece di aggirare gli standard di qualità dell'aria con ciminiere più alte, evitando nel contempo di attaccare gli ambientalisti. Ciononostante, Speth era ancora ottimista, perché "sia in ambito domestico sia internazionale stiamo affrontando il problema delle piogge acide con la serietà che merita".28 L'amministrazione Carter fece un tentativo. Dal momento che Environment Canada aveva concluso che metà delle piogge acide in Canada provenivano da fonti statunitensi, il presidente Carter siglò nel 1980 l'Acid Precipitation Act, che dava inizio al NAPAP (National Acid Precipitation Assessment Program), un programma di ricerca decennale per monitorare e valutare gli effetti dello zolfo e degli ossidi di azoto sull'ambiente e la salute umana.29 Carter creò pure il Federal Acid Rain Coordinating Committe e iniziò a negoziare con il governo federale del Canada per la cooperazione politica sulle piogge acide. Il Canada e gli Stati Uniti firmarono un memorandum di intenti sul trasporto transfrontaliero dell'inquinamento atmosferico, che impegnava entrambe le nazioni a rafforzare la legislazione sul controllo dell'inquinamento dell'aria, a istituire una serie di gruppi tecnici di lavoro per valutare le basi scientifiche e a formulare un nuovo (e più stringente) trattato per fermare le piogge acide. Poi, il vento politico negli Stati Uniti cambiò bruscamente.

LO SCETTICISMO ALLA CASA BIANCA DI REAGAN Nel 1980 Ronald Reagan vinse le elezioni con un programma basato sulla deregulation, sulla riduzione delle prerogative del governo federale e sull'allentamento dei vincoli per le imprese private. Il governo, a detta del nuovo presidente, non era la soluzione ma il problema. Reagan era carismatico, il suo contegno rilassato e bonario, e la sua visione del mondo 109

mise presto la sua amministrazione in rotta di collisione con gli scienziati che si Occupavano di piogge acide. Il nuovo governo non si oppose al NAPAP.30 Diversi gruppi e molti elettori pensavano fosse ragionevole ridurre l'incertezza scientifica, specie se le azioni di mitigazione fossero risultate troppo costose. Ma poi, col passare del tempo, la posizione governativa cominciò a divergere in maniera netta rispetto a quella della comunità scientifica. Nel 1983, i gruppi di lavoro tecnico, istituiti a seguito del memorandum di intenti del 1980, avevano dimostrato che le piogge acide provocate dalle emissioni di zolfo erano un fatto reale e stavano già provocando danni seri. La soluzione era la riduzione delle emissioni — le tecnologie erano già disponibili — perché, senza interventi, i danni si sarebbero aggravati." All'ultimo momento, però, il rappresentante degli Stati Uniti cambiò posizione. Quando vennero presentati i risultati del gruppo di lavoro, la versione degli Stati Uniti sembrò molto più debole rispetto alle aspettative dei canadesi. Il governo canadese chiese alla Royal Society del Canada di rivedere i documenti prodotti dai gruppi di lavoro. Il comitato di revisione, presieduto da F. Kenneth Hare, eminente meteorologo e rettore dell'Università di Toronto, era composto da due scienziati statunitensi, uno svedese e un danese. Era stata inoltre richiesta la consulenza di altri esperti, tra cui Bert Bolin. Il comitato rilevò un problema piuttosto comune tra gli scienziati: l'attitudine a enfatizzare le incertezze anziché le conoscenze acquisite. Gli scienziati tendevano a farlo per procedere nell'indagine — era difficile svolgere ricerche su tematiche di frontiera focalizzandosi sulle questione già note — ma questo atteggiamento non era molto utile quando bisogna definire un quadro normativo. Il comitato avrebbe preferito che gli scienziati specificassero da subito quanto "era già assodato". In particolare, a detta del comitato, c'erano tre fatti cruciali: primo, la dannosa acidificazione di vaste aree continentali durava da decenni; secondo, le deposizioni acide potevano essere rapportate quantitativamente al trasporto a lunga distanza dell'inquinamento atmosferico generato dalle attività umane; terzo, le emissioni di inquinanti attraversano il confine Stati Uniti-Canada in 110

entrambe le direzioni, quindi entrambi i paesi dovevano impegnarsi a ridurre le emissioni.32 "Le evidenze che supportano queste conclusioni sono convincenti e, secondo l'opinione di molti membri del comitato, superano di gran lunga i margini di incertezza ancora esistenti... L'esistenza di un grave problema di acidificazione dell'ambiente naturale... non è in dubbio".33 Ma le conclusioni statunitensi suggerivano qualcosa di diverso. I rapporti dei gruppi di lavoro dimostravano che c'era un accordo generale, specie sul quadro complessivo. Il comitato presieduto da Hare concludeva che "le conoscenze sulle deposizioni acide sono in realtà molto più chiare rispetto ad altre causes célèbres ambientali". Quando però queste conoscenze erano state raccolte, era successo qualcosa di imprevisto.34 Nelle varie versioni delle bozze si erano accumulate diverse "modifiche del contenuto scientifico" che rendevano i sommari molto più ambigui dei rapporti da cui erano stati ricavati.35 Inoltre, malgrado si fosse raggiunto un consenso sulla maggior parte del rapporto, i due gruppi, canadese e statunitense, avevano presentato due versioni differenti delle conclusioni. Quella statunitense riportava un grado di incertezza molto maggiore di quella canadese: sottolineava che le cause e gli effetti non erano ancora stati determinati perché non era stata ancora quantificata l'importanza relativa dei diversi fattori, e che i processi che potevano svolgere un'azione compensativa non erano stati sufficientemente investigati. Era come dire che sappiamo che sia le sigarette sia l'asbesto causano il cancro ai polmoni, ma non possiamo dire che è provato, in quanto non sappiamo quanti rumori sono provocati dall'una o dall'altra sostanza cancerogena, e non sappiamo se mangiando vegetali possiamo prevenire questi tipi di cancro. Il gruppo canadese evitò di accusare apertamente gli Stati Uniti di manomissione, ma lo sotto-intese: "La versione statunitense del testo non è coerente con il testo concordato".36 L'anno successivo Environment Canada si espresse in questo modo: "In entrambi i paesi, revisori scientifici indipendenti hanno indicato la necessità di agire sulla base di quanto è attualmente noto".37 Ma il governo degli Stati Uniti aveva piani diversi, e nel gennaio del 1984 il Congresso rigettò il programma di controllo congiunto dell'inquinamento. Che cosa era accaduto? La ricerca scientifica non si conclude mai, e quindi la questione prettamente 111

politica è se le evidenze disponibili sono abbastanza convincenti e i farti accertati permettono di superare le incertezze rimanenti. Si tratta di una decisione cruciale. Secondo Chris Bernabo — membro del Council on Environmental Quality alla Casa Bianca e direttore di ricerca della Interagency Task Force on Acid Precipitation — per il Canada la questione era molto più importante. Ai tempi, il 70% della sua economia dipendeva infatti dalle foreste, dalla pesca e dal turismo, ed era quindi ovvio che i canadesi interpretassero le prove in modo più rigido rispetto agli statunitensi.38 L'inquinamento attraversava le frontiere in ambo le direzioni, ma la gran parte proveniva dagli Stati Uniti, che avrebbero quindi dovuto pagare di più per risolvere il problema. Secondo Bernabo, in ogni settore il grado di certezza scientifica richiesta era proporzionale al costo degli interventi da porre in campo. Gli Stati Uniti erano quindi molto più restii ad accettare le evidenze, e richiedevano che si raggiungesse un grado di certezza più elevato.39 Ciò era sicuramente vero, ma non bastava a spiegare il divario tra quanto era noto dalla scienza e quanto riportato nel sommario. Si presume che gli scienziati riassumano la scienza e poi, quando possibile, aspettino di vedere come va a finire. Tuttavia, i sommari non erano stati scritti dagli scienziati che avevano condotto le ricerche. Erano stati redatti, almeno in parte, da comitati congiunti — gruppi di scienziati delle agenzie governative statunitensi come il Department of Energy e l'EPA, con competenze specifiche (o quasi) sulla questione.40 Gli scienziati governativi sono normalmente individui coscienziosi che si sforzano di essere obiettivi, ma talvolta sono soggetti a pressioni politiche. Anche quando ciò non succede, non possono comunque prescindere dalla posizione dei loro capi. E la posizione del boss degli Stati Uniti era nota. Gene Likens ricorda che ambo le agenzie erano molto restie a "fare qualsiasi cosa che potesse mettere a rischio la loro posizione presso la Casa Bianca di Reagan".41 Richard Ayres, presidente della National Clean Air Coalition che aveva lavorato per l'approvazione dell'emendamento per il controllo delle piogge acide nel Clean Air Act, di recente ha ricordato con schiettezza che "durante l'amministrazione Reagan l'argomento piogge acide era tabù, così come succedeva per il riscaldamento globale sotto George W. Bush".42

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OTTENERE UN'OPINIONE INDIPENDENTE Nel 1982, mentre i gruppi di lavoro erano ancora in attività, l'OSTP (Office of Science and Technology Policy) della Casa Bianca, diretto dal fisico George Keyworth, incaricò un proprio comitato di esaminare le evidenze scientifiche sulle piogge acide. La National Academy of Sciences le aveva già riviste l'anno precedente — e quindi qualcuno trovò strano che l'OSTP richiedesse un altro rapporto.43 Secondo il New York Times, molti osservatori erano convinti che la rassegna del lavoro congiunto Stati Uniti-Canada sarebbe stata svolta da un comitato composto dalla NAS per gli Stati Uniti e dalla Canadian Royal Society per il Canada. Era pertanto "anomalo", scriveva il New York Times, che l'amministrazione avesse bypassato la NAS e avesse deciso di usare "un gruppo esterno" designato dalla Casa Bianca.44 Il Washington Post fece notare che il Presidente "aveva certamente la facoltà di costituire un proprio comitato di esperti", ma il modo in cui era stato designato era "ben poco rassicurante".45 Il Post aveva ragione sulle prerogative presidenziali — il Presidente poteva chiedere informazioni a chiunque — e c'erano stati innumerevoli casi nei quali gli stessi scienziati concordavano sulla necessità di acquisire altre informazioni.46 Ma questa volta era diverso. Nel 1981 la NAS aveva affermato in modo inequivocabile che "esistevano rischi gravi ed evidenti per la salute umana e la biosfera", e che continuare con il business as usual sarebbe stato "estremamente rischioso sia da un punto di vista economico di lungo termine sia per la biosfera". La NAS aveva concluso che la situazione era "talmente preoccupante da richiedere restrizioni urgenti" alle emissioni, forse addirittura del 50%. 47 L'anno successivo l'EPA rilasciò un report in linea con queste affermazioni, e il Wall Street Journal ne diede notizia con un titolo che recitava: "Secondo i risultati di uno studio le piogge acide sono causate prevalentemente dall'inquinamento prodotto dagli stabilimenti del Midwest alimentati a carbone". Nell'articolo veniva citato un portavoce dell'EPA che spiegava che il rapporto di 1.200 pagine, risultato di due anni di ricerche condotte dagli scienziati di 46 industrie, amministrazioni governative e università, era "assolutamente inattaccabile dal punto di vista scientifico".48 113

La comunità scientifica e le agenzie nazionali furono costernate quando l'amministrazione rigettò le conclusioni di alcuni tra gli esperti più qualificati dell'intera nazione. Ma l'aspetto che colpiva di più in questa vicenda era che l'uomo che aveva messo assieme il comitato e che lo aveva presieduto era qualcuno che abbiamo già incontrato, un personaggio che non aveva mai svolto ricerca scientifica sulle piogge acide, ma che era ben inserito nella Casa Bianca di Reagan: William A. Nierenberg, il cofondatore del Marshall Institute nonché strenuo difensore della SDI. Nierenberg aveva già dei legami con la Casa Bianca di Reagan. Quando Reagan era stato eletto nell'autunno del 1980, il nome di Nierenberg era circolato per il ruolo di consulente scientifico del Presidente. Si trattava di una posizione molto ambita, anche da Nierenberg, che aveva sollecitato numerosi colleghi perché scrivessero delle lettere in suo sostegno.49 Anche Henry Kissinger, all'epoca consigliere per la sicurezza nazionale, aveva valutato la candidatura di Nierenberg per una posizione di collegamento tra il suo ufficio e quello del consulente scientifico.50 Alla fine, la posizione di consulente scientifico venne assegnata a Keyworth, mentre il ruolo di collegamento non venne attivato. A Nierenberg fu proposto di diventare presidente della National Science Foundation, ma rifiutò, e venne allora invitato a far parte del Transition Advisory Group on Science and Technology di Reagan (che aveva il compito di segnalare scienziati per posizioni di alto livello). Partecipò anche alla Commissione Townes, che era incaricata di selezionare la piattaforma di lancio per il missile balistico mobile MX. Nel marzo del 1982 Nierenberg ricevette una nota personale da "Ron" [Reagan], che lo ringraziava per il suo lavoro, e nel novembre successivo venne nominato per il National Science Board — una carica molto prestigiosa per ottenere la quale aveva chiesto a molti amici e conoscenti, tra cui il sindaco di San Diego (poi governatore della California) Pete Wilson, di caldeggiare il suo nome.51 Nel periodo in cui stava iniziando il conflitto tra Stati Uniti e Canada sulle piogge acide, Nierenberg stava dando gli ultimi ritocchi a un rapporto della NAS sull'impatto dell'anidride carbonica sul clima, probabilmente la prima valutazione scientifica completa sul tema. Le sue conclusioni erano in linea con la posizione del governo — l'unica cosa che serviva erano delle ricerche 114

più approfondite — e l'amministrazione presentò queste valutazioni per contrastare pubblicamente l'EPA, le cui conclusioni erano meno tranquillizzanti.52 Non fu quindi una sorpresa che il governo, quando venne il momento di mobilitarsi sulle piogge acide, decise di rivolgersi a Bill Nierenberg. Come i suoi colleghi fisici Frederick Seitz e Robert Jastrow, Nierenberg era un figlio dell'era atomica, un uomo al quale le ansie globali e le tensioni nazionali della Guerra fredda avevano aperto notevoli opportunità personali. Cresciuto nel Bronx da genitori immigrati, Nierenberg aveva frequentato le scuole superiori nel prestigioso Townsend-Harris High School (come anche Robert Jastrow) e l'università nel City College di New York, dove aveva studiato fisica. Dopo aver vinto una borsa di studio che gli aveva consentito di trascorrere un anno a Parigi, era tornato a New York nel 1939 con una notevole padronanza della lingua francese e il timore del fascismo. Nel settembre del 1942 era entrato alla Columbia University per conseguire il dottorato. Aveva iniziato subito a lavorare alla separazione degli isotopi, cioè ai modi per separare la frazione di uranio impiegabile nella fissione. Dopo aver conseguito il dottorato, aveva insegnato fisica nucleare alla Università della California a Berkeley, e nel 1953 era stato nominato direttore dello Hudson Laboratory della Columbia, creato appositamente per continuare i progetti scientifici iniziati su richiesta della US Navy durante la Seconda guerra mondiale, specie nella sorveglianza acustica dei sottomarini. In seguito aveva ricoperto diversi incarichi a cavallo tra scienza e politica, ed era stato il successore di Scity nel ruolo di assistente per gli affari scientifici del Segretario generale della NATO. Nel 1965 Nierenberg era diventato il direttore della Scripps Institution of Oceanography di La Jolla, California, che a quel tempo era impegnata nell'applicazione delle conoscenze scientifiche alle problematiche della sicurezza nazionale, come quelle relative alla sorveglianza subacquea dei sottomarini sovietici e all'individuazione dei missili balistici lanciati dai sottomarini.53 Come Seicz e Teller, Nierenberg odiava gli ambientalisti, che considerava dei luddisti (soprattutto per la loro avversione al nucleare), e come Seitz e Teller era un falco dichiarato. Era stato un fiero difensore della guerra in Vietnam, e tre decenni dopo il suo rancore verso i colleghi accademici che non si erano 115

spesi a sostegno dei programmi della difesa era inalterato. Era ugualmente furioso con gli studenti di sinistra, che negli anni Sessanta avevano portato la violenza nei campus delle università. Una volta aveva perso il controllo mentre ricordava un episodio in cui un gruppo di contestatori dell'Università della California di San Diego aveva minacciato di marciare verso il vicino campus della Scripps per protestare contro le ricerche nel settore bellico. Oltre al resto, Nierenberg affermava che gli studenti erano anche male informati — perché alla Scripps non erano in corso ricerche su argomenti coperti da segreto. Peraltro, questa cosa non era vera dato che molti scienziati della Scripps — compreso lo stesso Nierenberg — avevano delle autorizzazioni che gli consentivano di lavorare su progetti militari segreti, e l'avevano fatto per anni, addirittura per decenni.54 Nierenberg era una persona molto determinata e di opinioni profondamente radicate — un buon oratore poco capace di ascoltare. Alcuni suoi colleghi dicevano che l'adagio sui fisici, "talvolta in errore ma mai nel dubbio", fosse perfetto per lui. Era estremamente competitivo, e non mollava fino a che l'avversario non cedeva. Nonostante questi limiti, Nierenberg era uno scienziato e un amministratore assai rispettato, e se talvolta era troppo sicuro di sé qualche motivo in effetti ce l'aveva, dato che anche i suoi detrattori lo ritenevano una persona brillante. Conosceva approfonditamente svariati argomenti, e sapeva come gestire una conversazione. Autorevole, disponibile, era capace di maltrattare i suoi collaboratori, che comunque non gli serbavano rancore. Era un presenzialista, e talvolta sapeva anche essere divertente. Forse per tutte queste ragioni se gli capitava di chiedere a qualcuno di far parte di una commissione, quello probabilmente accettava. Una delle persone che rispose sì a Nierenberg fu Sherwood Rowland. Nel 1982 Rowland era già famoso. Nei primi anni Settanta aveva capito che alcuni composti chimici — i cosiddetti clorofluorocarburi o CFC, usati come propellenti nelle bombolette spray e nei frigoriferi — potevano danneggiare lo strato protettivo di ozono della Terra. A metà degli anni Ottanta venne scoperto un gigantesco buco dell'ozono, e nel 1995 Rowland e i suoi colleghi Mario Molina e Paul Crutzen avevano vinto il premio Nobel per la chimica per questo lavoro. C'era sempre qualcuno disposto ad ascoltare Rowland, e di solito era d'accordo con lui. 116

Ma all'inizio degli anni Ottanta, quando Nierenberg chiese a Rowland di far parte del comitato sulle piogge acide, Rowland ebbe paura di rimanere isolato: era sicuro che le piogge acide fossero un problema reale, ma temeva che gli altri membri del comitato la pensassero diversamente. Le cose comunque andarono avanti, e la prima riunione del comitato si aprì con una sorpresa, dato che Nierenberg aveva messo in programma un briefing di Lester Machta, un esperto di ricadute radioattive. Rowland aveva conosciuto Machta negli anni Cinquanta, quando era stato rilevato dello stronzio radioattivo nei denti dei bambini nella città di St. Louis. Le analisi avevano dimostrato che lo stronzio arrivava dai test del poligono in Nevada, ma per lungo tempo l'amministrazione aveva sostenuto che il problema fosse causato dal fallout sovietico. Machta era il portavoce dell'amministrazione, e questo lasciava pensare che difficilmente il comitato sulle piogge acide sarebbe stato libero da condizionamenti. Ma Rowland scoprì presto di non essere isolato. Il comitato organizzato da Nierenberg comprendeva Gene Likens, e a pranzo, dopo la presentazione di Machta, Rowland, Likens e qualcun altro scoprirono che erano sostanzialmente d'accordo sul problema delle piogge acide. Come ricorda Likens, quel giorno il cibo era particolarmente buono.55 Rowland a questo punto si convinse che le cose sarebbero andate per il meglio. Ma le cose si rivelarono più complicate del previsto.

IL COMITATO DI NIERENBERG PER LA PEER REVIEW SULLE PIOGGE ACIDE Il comitato Nierenberg, incaricato di esaminare la documentazione prodotta dai gruppi di lavoro costituiti a seguito dell'accordo bilaterale Stati UnitiCanada, concluse che era "fondamentalmente solida e completa": le piogge acide erano un problema serio, sufficientemente documentato e meritevole di un'azione politica urgente. Il comitato Nierenberg riassumeva così le proprie conclusioni: Vaste aree del Nord America oggi risentono degli effetti della deposizione di sostanze acide umide, della deposizione secca di sostanze di tipo acido, e di altri inquinanti aerei... 117

L'agente principale che altera l'acidità della biosfera è da individuare nell'anidride solforosa (SO2) emessa dall'attività umana... Il comitato raccomanda l'adozione urgente di misure idonee a ridurre le emissioni, anche se gli effetti benefici sull'ambiente non sono al momento quantificabili.56 Naturalmente restavano ancora dei dettagli da definire, ma ciò avrebbe potuto richiedere anche "dieci, venti o cinquanta anni", un periodo decisamente troppo lungo.57 Non era possibile attendere che tutti i particolari fossero chiariti per agire. Era una conclusione molto forte, e avrebbe potuto esserlo anche di più se non fosse stato per le interferenze della politica. Nierenberg si era vantato del fatto che sei componenti su nove del comitato piogge acide erano membri o della NAS o della National Academy of Engineering. Inoltre si vantava di aver selezionato personalmente tutti i soggetti a eccezione di uno.58 Quest'ultimo era S. Fred Singer, che era stato suggerito a Nierenberg dall'Office of Science and Technology della Casa Bianca. Il contributo di Singer era consistito in un'appendice nella quale si suggeriva che, malgrado le conclusioni dell'Executive Summary, in realtà le conoscenze non erano ancora sufficienti per procedere con il controllo delle emissioni. Ma perché Singer era entrato nel comitato? Come Jastrow, Seitz e Nierenberg, Fred Singer era un fisico che aveva fatto carriera durante la Guerra fredda. Durante la Seconda guerra mondiale, quando era ancora un giovane studente universitario a Princeton, aveva progettato delle mine sottomarine per la Marina; dopo la fine della guerra si era trasferito all'Applied Physics Laboratory della John Hopkins University, dove si era dedicato a ricerche sui missili per l'alta atmosfera. E come Jastrow, Seitz e Nierenberg, Singer aveva rapidamente accumulato diversi incarichi di tipo amministrativo, con una funzione di interfaccia tra scienza, governo e forze armate. All'inizio degli anni Cinquanta era stato l'ufficiale di collegamento scientifico per l'addetto navale a Londra, e in seguito era diventato il primo direttore del US National Weather Satellite Center, una struttura che si era servita delle conoscenze sui missili militari per sviluppare le previsioni meteorologiche civili. Comunque, malgrado la sua buona fede, i rapporti di 118

Singer con i suoi colleghi furono talora burrascosi. Alcuni ricordano che i primi problemi cominciarono a manifestarsi a metà degli anni Cinquanra, quando gli scienziati cominciarono a preparare i programmi per quello che sarebbe divenuto l'IGY (International Geophysical Year) — uno sforzo cooperativo internazionale volto a raccogliere dati geofisici sinottici in tutto il mondo. L'immagine di un satellite in orbita sarebbe diventata il simbolo dell'IGY, ma a metà degli anni Cinquanta non era ancora chiaro se sarebbe stato possibile mettere in orbita un satellite o se gli scienziati si sarebbero dovuti limitare a lanciare razzi nella stratosfera. Singer, che aveva usato i razzi per studiare i raggi cosmici e il campo magnetico terrestre, era un convinto sostenitore dei satelliti. Homer Newell, uno storico della NASA, racconta che la franchezza di Singer generava frizioni, sia perché era carica di aggressività, sia perché lasciava intendere che usare i satelliti per le ricerche scientifiche fosse una sua idea personale. Gli scienziati che lavoravano con la marina e l'aviazione stavano cercando di stabilire se era davvero possibile usare i satelliti, ma non potevano discuterne apertamente a causa delle misure di sicurezza. Sulla base dei loro calcoli ritenevano che la proposta di Singer fosse troppo ottimistica, cioè che l'invio in orbita fosse in effetti possibile ma non fosse così imminente come sosteneva Singer.59 Alla fine l'IGY incluse anche gli strumenti geofisici satellitari, ma a Singer rimase comunque l'impressione che i suoi meriti non fossero stati riconosciuti, e continuò a contrapporsi ai colleghi sostenendo di essere l'inventore del concetto di satellite orbitante.60 Poco dopo l'episodio dell'IGY, Singer si trasferì al National Weather Satellite Center. Questo centro era stato organizzato come sezione del Weather Bureau, anziché del programma spaziale, e ciò innescò altri conflitti tra Singer e i colleghi della NASA che ritenevano che tutti i satelliti dovessero essere gestiti dall'agenzia spaziale.61 Negli anni successivi Singer lasciò la ricerca scientifica e passò al settore governativo e alla politica.62 Negli anni Settanta, sotto il governo Nixon, svolse l'incarico di vice-assistente segretario nel Department of the Interior accanto a Walter J. Hickel, e poi di vice-assistente amministratore all'EPA, Singer e Nierenberg avevano quindi molto in comune — erano fisici, politicamente conservatori, ed entrambi avevano fatto carriera nell'interfaccia tra scienza e governo. In realtà, le somiglianze erano ancora più profonde. Nato a Vienna nel 1924 — la "S." stava per Siegfried — 119

Singer aveva assistito di persona all'avvento del fascismo, proprio come era successo a Nierenberg in Francia nel 1939. Tra i due c'era però una differenza interessante. Negli anni Sessanta Singer era stato un ambientalista. In un libro pubblicato nel 1970 (e ristampato nel 1975), basato su un simposio tenuto dalla AAAS (American Association for Advancement of Science) sugli "effetti globali dell'inquinamento ambientale", Singer dichiarava di condividere la tesi, poi unanimemente accreditata a Roger Revelle, secondo cui le attività umane avevano raggiunto un punto di svolta. Le nostre azioni non erano più senza conseguenze: eravamo ormai in grado di alterare i processi fondamentali a scala planetaria. Ciò era stato reso evidente dall'insorgere di numerosi problemi come le piogge acide, il riscaldamento globale e gli effetti del DDT. Come molti suoi colleghi, Singer riteneva che queste tematiche dovessero essere approfondite, ma nel 1970 sottolineava che non era sempre possibile aspettare che tutti i dubbi fossero risolti prima di agire. Singer citava in proposito il famoso saggio The Tragedy of the Commons, nel quale il biologo Garrett Hardin sosteneva che gli individui, agendo razionalmente sulla base del proprio interesse, potevano minare il bene comune. Inoltre, Hardin metteva in guardia rispetto all'illusione che la tecnologia ci avrebbe comunque salvati da noi stessi. Singer sottolineava che "se ignoriamo i segnali premonitori e aspettiamo che il disastro ci colpisca, probabilmente sarà troppo tardi". Rievocava Noè, circondato da "compagni compiacenti" che gli dicevano "'non ti preoccupare delle acque che salgono, con la nostra tecnologia troveremo di sicuro un altro modo di respirare'. Se Noè fu saggio a non credere al 'non è mai successo finora', noi oggi dobbiamo fare lo stesso", concludeva Singer. Singer aveva presentato un'argomentazione simile in un libro del 1971 sul controllo della popolazione, in cui ricostruiva il dibattito sui limiti alla popolazione come uno scontro tra neo-Malthusiani, che si concentravano sui limiti delle risorse naturali, e gli ottimisti, chiamati "Cornucopiani", che sostenevano che le risorse venivano create dall'ingegno umano ed erano pertanto illimitate. Nel 1971 Singer non si era schierato apertamente, limitandosi a evidenziare che la tesi dei Cornucopiani presupponeva una disponibilità illimitata di energia: se la popolazione aumentava, occorreva lavorare di più per avere più risorse disponibili, e quindi "il consumo di 120

energia pro capite cresce di conseguenza".64 L'energia era il fattore fondamentale; l'altro era la protezione della qualità della vita. "La qualità ambientale non è un lusso; è una condizione assolutamente necessaria per la vita,65 scriveva Singer, e quindi "dobbiamo assolutamente... imparare a ridurre l'impatto sull'ambiente causato dalla crescita della popolazione: conservando le risorse, riusando e riciclando, ridistribuendo in modo migliore la popolazione ed evitando le enormi concentrazioni nelle aree metropolitane; ma soprattutto scegliendo degli stili di vita che permettano quei tipi di "crescita" che abbiano il minimo impatto sulla biosfera terrestre".66 Eppure, tra il 1970 e il 1980, Singer cambiò posizione. Cominciò a preoccuparsi sempre di più dei costi della protezione dell'ambiente e a domandarsi se ne valesse davvero la pena. A un certo punto abbracciò la posizione dei detrattori di Noè: cioè che sarebbe accaduto qualcosa che ci avrebbe salvato. Questo qualcosa era l'innovazione tecnologica incentivata dal libero mercato. Singer era passato dalla parte dei Cornucopiani.67 Nel 1978 Singer, in un report per la Mitre Corporation — un gruppo privato che aveva condotto una vasta attività di consulenza per il governo su energia e sicurezza — aveva scritto che le questioni ambientali dovevano essere affrontate con l'analisi dei costi-benefici. "Nei prossimi decenni gli Stati Uniti spenderanno almeno 428 miliardi di dollari per raggiungere e mantenere determinati standard di qualità dell'aria e dell'acqua. Per sapere se questi costi sono in qualche modo giustificabili, occorre effettuare un'analisi dei costi-benefici. Ma questa non è stata fatta."68 Negli anni successivi gli economisti si arrovellarono su come valutare la conservazione delle specie, l'aria e l'acqua pulita, la bellezza del panorama, l'integrità del paesaggio. Il problema, allora come oggi, stava nel fatto che è molto più facile calcolare il costo di un dispositivo che serve a ridurre l'inquinamento piuttosto che determinare il valore di quell'ambiente che si intende proteggere: chi può calcolare i benefici di un cielo azzurro? Intanto Singer portava avanti la sua analisi, basandola sui costi ben quantificati dei sistemi di controllo dell'inquinamento, e glissando sui benefici difficili da quantificare dell'aria e dell'acqua pulita. Nel farlo, aveva cambiato radicalmente il suo punto di vista. "Per quanto riguarda l'interesse pubblico, 121

la nostra analisi indica che, laddove si debba fare una scelta, si debba optare per quella che costa meno alla nazione. Bisogna cioè adottare un approccio conservativo al controllo dell'inquinamento dell'aria, che sia tale da ridurre al minimo i danni economici sui segmenti più disagiati della popolazione".69 Singer sottolineava che i più poveri avrebbero potenzialmente dovuto sostenere dei costi rilevanti — un punto sul quale molti liberal sarebbero stati d'accordo — ma, se non consideriamo la frase finale, ne veniva fuori un quadro che molti sostenitori del libero mercato (e sicuramente le industrie più inquinanti) avrebbero trovato molto allettante.70 Mentre Nierenberg stava cercando degli scienziati da inserire nel governo Reagan, gli era arrivato il curriculum vitae di Singer,71 che sottolineava che era repubblicano da lungo tempo e che era membro del Republican National Committee, con stretti legami con George W. Bush e il senatore repubblicano John Warner. Soprattutto, aveva "l'orientamento politico-economico giusto per entrare in sintonia con l'amministrazione Reagan".72 Singer aveva allegato al curriculum anche due articoli che aveva scritto sul mercato del petrolio, che dimostravano come egli avesse abbandonato il suo ambientalismo per abbracciare una visione basata sul mercato. La tesi di Singer si fondava sulle dinamiche della domanda e dell'offerta: se il prezzo del petrolio saliva, la produzione avrebbe dovuto aumentare — sia direttamente, attraverso l'espansione dell'esplorazione delle riserve o attraverso una maggior efficienza della raffinazione, o indirettamente, in quanto il prezzo degli altri combustibili, come il nucleare, sarebbe diventato competitivo — e non ci sarebbe stato quindi bisogno di interventi governativi. L'"industria petrolifera... si autoregola in risposta all'andamento del mercato, senza che vi sia necessità di sostegno o indirizzo da parte del governo", scriveva Singer. Per aumentare la disponibilità era sufficiente deregolamentare l'industria del gas naturale, rilasciare più rapidamente le licenze di costruzione per gli impianti nucleari e incrementare le perforazioni in Alaska e quelle in mare. In altri termini, lasciare briglia sciolta alla forza del mercato, allentando le regolamentazioni governative e le restrizioni sulle iniziative economiche.73 In un articolo pubblicato sul Wall Street Journal nel febbraio 1981, Singer prevedeva che entro il 2000 la dipendenza degli Stati Uniti dal petrolio del Medio Oriente "sarebbe stata un ricordo del 122

passato".74 Purtroppo, non ci aveva visto giusto. Singer puntava molto in alto, e si era candidato alla guida sia della NASA sia della NOAA — la National Oceanic and Atmospheric Administration. Era anche interessato al Department of Energy, al Department of the Interior e all'EPA, dove riteneva di poter servire come numero due, oltre che allo Stare Department o al Treasury Department. Riteneva di avere 'delle possibilità di vedersi attribuire qualche incarico... dall'OMB (Office of Management and Budget) della Casa Bianca".75 A Singer venne offerta la posizione di numero due alla NOAA, che rifiutò perché non gli avrebbe permesso di attuare "alcuna sostanziale iniziativa politica". Comunque, se in futuro l'amministrazione gli avesse proposto una posizione da cui esercitare un'influenza politica, come per esempio la presidenza di una commissione, avrebbe accettato.76 Nel 1982 questa occasione si realizzò. Quando la Casa Bianca chiese a Nierenberg di presiedere l'Acid Rain Peer Review Panel, Nierenberg presentò diversi candidati, tra cui "uno straniero, se si vuole" (lo straniero in questione era Svante Odén — uno degli scopritori delle piogge acide — ma la sua candidatura venne bloccata). La Casa Bianca accettò la maggior parte delle persone nella lista di Nierenberg, ma rifiutò Gordon Mc Donald, un geofisico che era stato consigliere di Richard Nixon e che aveva lanciato l'allarme sul riscaldamento globale già nel 1964, e che Nierenberg aveva segnalato come un "must!".77 Non passò nemmeno il nome di George Woodwell, il biologo che abbiamo incontrato nel capitolo 2 a proposito delle conseguenze biologiche dell'inverno nucleare. Secondo Nierenberg, era una persona "fortemente preoccupata dal degrado ambientale e attivo su questioni relative alla protezione dell'ambiente".78 Malgrado la quantità di candidati disponibili che non erano stati presi in considerazione, la Casa Bianca ne aggiunse uno suo: Fred Singer.79 A parte il fatto che Singer era l'unico candidato della Casa Bianca, era anche l'unico senza un incarico accademico a tempo pieno. Era associato alla Heritage Foundation di Washington D.C., che sosteneva lo sviluppo incondizionato delle perforazioni petrolifere offshore, il trasferimento delle terre federali ai privati, la riduzione degli standard di qualità dell'aria e il rilascio più rapido delle licenze di costruzione delle centrali nucleari80 123

(l'Heritage Foundation ha continuato a opporsi alla regolamentazione ambientale: nel 2009 nel loro sito web è apparso l'articolo "Five Reasons why the EPA Should Not Attempt to Deal with Global Warming").81 Nierenberg non aveva proposto Singer, ma conosceva le sue posizioni sulle piogge acide. Nel gennaio 1982 Gordon MacDonald aveva fatto una presentazione allo Stare Department sulle piogge acide e Singer, un paio di settimane dopo, aveva scritto una lettera di tre pagine a Nierenberg, in cui aveva sollevato numerosi dubbi. Sebbene la maggior parte degli studi fossero focalizzati sullo zolfo, MacDonald aveva richiamato l'attenzione sugli NOx — ossidi di azoto, prodotti principalmente dagli scarichi delle automobili, che possono contribuire all'acidità dell'atmosfera — suggerendo che sarebbero stati necessari limiti più stringenti anche per le emissioni delle automobili. Pur senza affermare esplicitamente che MacDonald si stava sbagliando (in seguito si sarebbe capito che aveva in effetti ragione), Singer sottolineava che il problema era molto complicato, che sarebbe stato prematuro suggerire rimedi, e che in ogni caso alcune soluzioni tecnologiche avrebbero potuto evitare di imporre di ridurre le emissioni.82 Questa era all'incirca la stessa linea di condotta che avrebbe tenuto sulle piogge acide. Nel gennaio del 1983 Nierenberg riunì il comitato, e i suoi componenti iniziarono a discutere su quale fosse la procedura da seguire.83 Il comitato convenne che il rapporto avrebbe dovuto dare conto delle posizioni dissenzienti; non vennero invece previste delle appendici.84 A giugno, lo OSTP (Office of Science and Technology Policy) della Casa Bianca chiese al comitato di presentare un rapporto provvisorio e un riassunto delle raccomandazioni scientifiche. L'OSTP preparò un comunicato stampa.85 Circolava voce che il rapporto sarebbe stato piuttosto forte, e il Wall Street Journal scrisse sul numero del 28 giugno che "il comitato insediato da Reagan raccomanda grossi tagli alle emissioni di zolfo per ridurre le piogge acide".86 Aveva ragione. La bozza del comunicato stampa, cinque pagine a interlinea ridotta, non provocò scontri. Cominciava segnalando che Stati Uniti e Canada assieme emettevano più di 25 milioni di tonnellate di anidride solforosa l'anno, e quindi affermava: "L'attuale conoscenza scientifica incompleta non ci consente di avere quel grado di certezza a cui normalmente gli scienziati 124

ambiscono, ma ci sono molti indicatori che, presi assieme, ci portano a concludere che il fenomeno della deposizione acida è reale e costituisce un problema a cui bisogna porre rimedio".87 Per quanto piuttosto verboso, la sostanza era chiara. I laghi si stavano acidificando, i pesci stavano morendo, le foreste subivano danni ed era venuto il momento di agire.88 "Le misure da prendere consistevano in una riduzione significativa delle emissioni di composti di zolfo." La parte più forte del comunicato stampa erano i due paragrafi a pagina quattro che si concentravano sulle conseguenze di lungo periodo. Nel primo si diceva che i danni in questione potevano anche non essere irreversibili in assoluto, ma che era lecito usare questo termine quando si trattava di danni che avrebbero richiesto decenni per essere sanati. Il secondo paragrafo trattava dell'argomento più preoccupante: i danni ai suoli avrebbero potuto innescare una serie di effetti a cascata fino alla base della catena alimentare. "La prospettiva di una tale eventualità era molto grave.90 Comunque, quando la bozza ritornò indietro a Nierenberg dalla Casa Bianca, questi due paragrafi erano stati eliminati, e qualcuno all'OSTP — probabilmente l'analista politico senior Tom Pestorius, l'addetto ufficiale per il collegamento con il comitato — aveva piazzato una serie di numeri sui margini suggerendo che i restanti paragrafi fossero rinumerati con un ordine diverso. Invece di menzionare i 25 milioni di tonnellate di SO2, emessi ogni anno, la Casa Bianca iniziava dichiarando che le azioni intraprese a seguito del Clean Air Act costituivano un "prudente primo passo", e proseguiva sottolineando che le conoscenze scientifiche ancora insufficienti. In altre parole, la Casa Bianca non partiva dal problema — le massicce emissioni di zolfo che causavano le piogge acide — ma evidenziava che l'inquinamento era già in parte sotto controllo, e poi passava alle incertezze per concludere che non servivano altre misure. Un secondo documento, "Overall Recommendation of the Acid Rain Review Panel", ritornò a Nierenberg con l'indicazione delle modifiche da apportare. Era allegata "una bozza scritta da Fred Singer in sostituzione del primo paragrafo", che riportava le iniziali di Singer nel testo. Anche la versione di singer iniziava in modo differente da quella del comitato: "La deposizione acida (Da) è un problema serio, ma non centrale. È al tempo stesso un 125

problema scientifico, un problema tecnologico e anche un problema che riguarda le istituzioni". Il riassunto enumerava tre punti, di cui riportiamo le frasi iniziali: "Scientificamente non siamo certi di aver compreso ture le cause della Da..." "Le tecnologie di controllo sono ancora molto costose e inadeguate..." "Istituzionalmente, il Clean Air Act e i successivi emendamenti hanno [sic] combattuto con il problema di definire degli standard dell'aria atti a proteggere la salute umana e quella dei beni."91 Singer intendeva proporre quella che per lui era una ragionevole via di mezzo: "Raccomandiamo un percorso intermedio: eliminiamo una significativa percentuale degli inquinanti sulla base di un approccio basato sul minor costo, e valutiamo il risultato prima di procedere con misure molto più costose".92 In apparenza, era una raccomandazione sensata e poteva anche essere corretta. Ma non corrispondeva a quanto aveva detto il comitato. A questo punto c'erano due versioni diverse. Una, scritta dal comitato, riconosceva le incertezze ma insisteva che la dimensione delle evidenze giustificava la necessità di intraprendere azioni significative. L'altra, scritta da Singer (forse con l'ausilio della Casa Bianca), suggeriva che il problema non fosse poi così grave e che la miglior cosa da fare era apportare alcuni aggiustamenti minori, e verificare se funzionavano prima di procedere con provvedimenti più drastici. I due punti di vista erano dissimili: quale avrebbe prevalso alla fine? Nelle varie riunioni del comitato Singer aveva sottolineato le incertezze scientifiche enfatizzando i costi del controllo delle emissioni. In più di un'occasione aveva presentato delle tesi analoghe a quelle dell'industria dell'energia elettrica. Una suggeriva che le foreste in Germania non fossero realmente in declino — o se lo erano non era a causa delle piogge acide — un'ipotesi avanzata da Chauncey Starr, un fisico nucleare che lavorava per 126

l'EPRI (Electric Power Research Institute). In una lettera inviata a Keyworth in agosto, con in copia Nierenberg, Starr aveva insistito che la review del comitato avrebbe dovuto includere "un'analisi completa dei costi-beneficirischi sociali", perché i cittadini erano immotivatamente in ansia.93 Quello che invece era davvero necessario era incentivare la ricerca.94 Starr aveva continuato a sostenere questa posizione in altre lettere indirizzate a Nierenberg, e in novembre Singer aveva presentato una serie di argomentazioni che riprendevano le questioni sollevate da Starr. Lo stesso Singer aveva anche fatto circolare un articolo prodotto dal National Council of the Paper Industry for Air and Stream Improvement, nel quale si affermava che non c'erano prove che le piogge acide potessero influire sulla crescita degli alberi, e un altro gruppo di articoli ove si sosteneva che per ridurre l'inquinamento era preferibile un approccio basato sul libero mercato piuttosto che sulla regolamentazione (anche se chiaramente non spettava al comitato tale compito e tanto meno proporre soluzioni).95 Mosso forse dall'intento di suggerire che altre forme di inquinamento fossero più pericolose delle piogge acide, fece circolare un articolo nel quale si segnalavano i danni alle coltivazioni prodotti dall'ozono presente al livello del suolo.96 Quando Nierenberg fece circolare una bozza con le raccomandazioni per la ricerca nell'agosto 1983, Singer aggiunse alcuni commenti in cui sosteneva che il problema era sovrastimato e che i costi per porvi rimedio erano comunque troppo alti. Nel passaggio in cui il rapporto diceva che era assolutamente necessario valutare le conseguenze ecologiche, Singer modificò la frase in "conseguenze ecologiche ed economiche". In una discussione sui dati delle emissioni, Singer aggiunse "si richiede una migliore caratterizzazione delle fonti naturali".97 Che la scienza fosse incerta, che servissero più ricerche, che le conseguenze economiche del controllo delle piogge acide sarebbero state rilevanti, e che le piogge acide potevano anche essere causate da sorgenti naturali: erano tutte cose sostenute da tempo dall'industria elettrica. Come sottolineato dalla rivista Time, l'industria "si opponeva apertamente a qualsiasi regolamentazione delle emissioni che non fosse accompagnata da altre ricerche sulle cause delle piogge acide", e insisteva che "installazione dei filtri 127

avrebbe potuto spezzare le reni all'economia del Midwest".98 Ma la causa delle piogge acide era nota, e non era naturale. Singer era in una sorta di limbo tra i suoi colleghi. Rowland e Likens ricordano che nessuno appoggiava le sue tesi, che d'altronde venivano considerate irrilevanti rispetto al compito del comitato, che consisteva nel riassumere la scienza. Nessuno, fatta eccezione per Tom Pestorius dell'OSTP della Casa Bianca. Nell'aprile 1983, Pestorius aveva trasmesso al comitato del materiale "non richiesto" che gli era arrivato da un rappresentante dell'Edison Electric Institute — un gruppo industriale. Secondo Likens si trattava di materiale propagandistico preparato da una persona "che spesso creava cortine fumogene e cercava di sviare l'attenzione... al fine di gratificare il proprio datore di lavoro".99 Qualcuno nel comitato aveva fatto circolare un documento elaborato da una società di consulenza privata che criticava il lavoro della Academy sulle piogge acide. Secondo il rapporto dei consulenti, gli argomenti scientifici inerenti agli effetti negativi delle piogge acide erano "speculativi" e "super semplificati", le conclusioni erano "premature" e "sbilanciate" e alcune coltivazioni avrebbero potuto addirittura beneficiare delle piogge acide.100 Anche se non è noto chi abbia fatto circolare il documento, i passaggi in cui riportava che "il rapporto costi-benefici e le relative opzioni non sono considerate" avevano una certa assonanza con le vedute di Singer. Ma l'analisi economica non rientrava tra i compiti e neppure tra le competenze degli accademici, che venivano quindi criticati per non aver fatto ciò che non era stato loro richiesto di fare. Qualche settimana dopo, Singer spedì del materiale a John Robertson, un maggiore di West Point che era stato segretario del comitato esecutivo. Scrivendo su carta intestata della Heritage Foundation, Singer chiedeva a Robertson di inoltrare al comitato un documento che "raccoglieva le posizioni generali e politiche del governo sugli argomenti di natura globale".101 Queste posizioni comprendevano affermazioni come "sebbene importanti problemi globali siano reali, secondo recenti previsioni... sono meno allarmanti di quanto riportato dagli studi precedenti". Inoltre questi problemi "sembrano tutti risolvibili... anche perché stanno emergendo approcci e soluzioni tecnologiche nuovi". D'altro canto, il governo ribadiva 128

"l'importanza del mercato quale via per raggiungere degli obiettivi di qualità ambientale". Uno degli obiettivi primari della politica degli Stati Uniti negli anni Ottanta sarebbe stato "il miglioramento del mercato attraverso la rimozione delle barriere commerciali... al fine di incrementare la disponibilità di cibo, minerali ed energia sul lungo termine".102 Per il comitato era irrilevante — o avrebbe dovuto esserlo _ che queste affermazioni fossero vere e che gli obiettivi politici fossero ragionevoli. I membri del comitato dovevano analizzare il lavoro dei gruppi tecnici Stati Uniti-Canada. In questo consisteva la peer review. Le prospettive politiche della Casa Bianca avrebbero dovuto essere irrilevanti, ma Fred Singer non la pensava così. Gene Likens rammenta un momento particolarmente frustrante, quando aveva sbottato: "Fred, tu stai dicendo che non è possibile dare un valore ai laghi. In realtà, sono un bene economico. Ti faccio un esempio. Supponiamo che ogni batterio valga un dollaro. Ci sono da 104 a 106 batteri [da diecimila a un milione] per millilitro di acqua. Fai i conti". Singer aveva replicato: "Bene, ma io non credo che un batterio valga un dollaro", e Likens "ok, provami che non è così. Ventisei anni dopo Likens ricordava: "È stata la sola volta che sono riuscito a farlo stare zitto".103 Singer continuava a insistere che se gli scienziati non potevano stabilire il valore delle cose (come i batteri), voleva dire che non avevano valore. Era un modo di argomentare insensato e nessuno tra i membri del comitato poteva accettarlo, neppure Bill Nierenberg.104 In un'altra occasione Nierenberg aveva notato che se pretendiamo la certezza scientifica assoluta non è possibile fare nulla".105 Quando il rapporto del comitato era uscito nell'estate del 1984, Nierenberg aveva riassunto la questione così: "Anche in assenza di conoscenze scientifiche precise, sappiamo nel nostro intimo che non è possibile immettere 25 milioni di tonnellate di solfati l'anno nell'atmosfera nel NordEst del continente americano e non attendersi... conseguenze".106 Non essendo riuscito a influenzare i suoi colleghi, Singer provò un'altra strada. Nel settembre 1983 l'ingegnere civile William Ackerman, vice129

presidente del comitato, aveva presentato le conclusioni provvisorie del gruppo al Committee on Science and Technology della Camera dei rappresentanti.107 Singer inviò alla presidenza una nota di sei pagine in cui sosteneva che i dati a sostegno delle conclusioni inviate da Ackerman erano insufficienti. Singer segnalai che le evidenze dei danni erano mancanti o carenti, che buona parte dell'acidificazione dei suoli era naturale, che l'acidità poteva danneggiare solo alcuni suoli, e che in qualche caso l'acidificazione poteva addirittura essere benefica. Alcuni degli argomenti sostenuti da Singer — per esempio che alcuni suoli erano naturalmente acidi — erano veri, ma nel caso specifico erano del tutto irrilevanti. Altri erano ingannevoli, in quanto egli era il solo membro del comitato che riteneva che le evidenze dei danni potenziali ai terreni fossero "insufficienti".108 Che il presidente del comitato credesse o meno alle affermazioni di Singer, la lettera avrebbe comunque dimostrato che il comitato sulle piogge acide era diviso e che sussisteva un evidente disaccordo scientifico. In realtà, il comitato era diviso, ma nella misura 8-1, e l'unico a dissentire era il soggetto designato dalla Casa Bianca di Reagan. Singer avrebbe dovuto scrivere il capitolo sulla quantificazione dei benefici economici conseguenti al controllo dell'acidificazione. Bisognava capire come dare un valore monetario alla natura, e quale sarebbe stata la perdita se non lo si fosse fatto.109 In qualche modo, strada facendo, l'affermazione si tradusse in "se non si fa nulla, non ci sarà nulla da pagare". Singer continuava ad attribuire alla natura un valore pari a zero. Gli altri componenti del comitato non potevano accettarlo, e ci si trovò di fronte a tre alternative: continuare a lavorare fino a giungere a un accordo, cancellare semplicemente il capitolo oppure nasconderlo in un'appendice. Mentre il comitato stava completando il rapporto, l'argomento non era ancora risolto, e quando finalmente fu pronta la versione definitiva del testo si vide che era stata scelta la terza soluzione. Mentre tutti gli altri capitoli risultavano scritti in forma congiunta — era la prassi per i documenti della National Academy of Science e per gli altri sottoposti a peer review — l'appendice era firmata esclusivamente da Singer. Il suo testo iniziava con una strana affermazione: sia i benefici sia i costi dell'inazione erano pari a zero. Era in aperto contrasto con il resto del rapporto, che sottolineava 130

ripetutamente i costi ecologici della deposizione acida. Se il comitato aveva ragione, la questione dei costi-benefici si sarebbe tradotta in quanto denaro si sarebbe dovuto spendere per le misure di riduzione dell'inquinamento con cui evitare o minimizzare questi costi ambientali. Singer sì era concentrato solo sui costi della riduzione dell'inquinamento — e aveva ignorato i costi ecologici. Oltretutto, era possibile calcolare il costo dei danni ecologici e il valore che si sarebbe ottenuto evitandoli: nel 1979 il Council on Énvironmental Quality della Casa Bianca aveva fatto proprio questo, e aveva attribuito al miglioramento della qualità dell'aria a seguito dell'approvazione del Clean Air Act un valore di 21,4 miliardi di dollari l'anno.110 Singer inoltre presumeva che i costi da affrontare fossero prevalentemente nel presente, mentre dei benefici si sarebbe goduto solo nel futuro, e di questo si sarebbe dovuto tenere conto scontando i benefici per renderli confrontabili con i costi (ciò equivale a dire che un dollaro nel futuro non vale quanto un dollaro oggi, pertanto è necessario scontarne il valore quando si prendono decisioni riguardanti il futuro. L'entità dello sconto dipende in parte dall'inflazione, ma anche da quale valore viene attribuito al futuro). La questione del tasso di sconto avrebbe assunto un'importanza fondamentale quando iniziarono le stime sui costi e i benefici degli interventi contro il riscaldamento globale, dato che era possibile stornare i rischi di lungo termine applicando dei tassi di sconto abbastanza alti.111 Singer ammetteva che la scelta del tasso di sconto fosse "importante," ma poi sosteneva che le fonti di inquinamento erano numerose, e che c'era il rischio di spendere molto denaro per controllarne una senza benefici immediati.112 In linea di principio il discorso era valido, ma non corrispondeva a quello che gli scienziati avevano detto sulle piogge acide, cioè che c'era una causa prevalente — l'anidride solforosa — e che un taglio del 25% avrebbe portato a rapidi miglioramenti. Singer aggiungeva che spesso la riduzione delle emissioni inquinanti era stata applicata soltanto alle nuove fonti — si pensi alle automobili — e quindi che sarebbe stato assai difficile ottenere risultati immediati. Anche questo era vero, ma l'analogia con le autovetture non reggeva in quanto era vero che era difficile installare nuovi sistemi di riduzione dell'inquinamento sulle auto vecchie, ma 131

le tecnologie per ridurre le emissioni di zolfo nelle centrali industriali potevano essere applicate indifferentemente agli stabilimenti vecchi e a quelli recenti. Singer stesso ammetteva che esisteva un valido argomento per applicare le nuove regolamentazioni sia agli impianti vecchi sia ai nuovi, per non creare un incentivo perverso al mantenimento delle vecchie tecnologie. Il sistema di regolamentazioni era una questione di volontà politica, e non era quindi una legge di natura. In realtà, l'appendice di Singer non comprendeva l'analisi che egli sosteneva fosse necessaria. Sottolineava invece che i costi e i benefici erano estremamente difficili da quantificare, e chiudeva la questione ribadendo la sua conclusione preferita: l'approccio più pratico consisteva nel lasciar fare al mercato. Usando diritti di emissione trasferibili, il governo avrebbe potuto determinare la quantità massima di inquinamento ammessa, e quindi assegnare o vendere il diritto a inquinare a soggetti che a loro volta avrebbero potuto usarlo, venderlo o scambiarlo.113 Negli anni successivi il commercio dei permessi di emissione sarebbe stato usato per ridurre le piogge acide — e oggi in molti pensano a questo strumento per controllare le emissioni dei gas serra che causano il riscaldamento globale. Tuttavia, gli economisti (e la gente comune) sanno che il mercato non sempre funziona.114 In effetti, secondo molti economisti l'inquinamento sarebbe un chiaro esempio di fallimento del mercato: i suoi danni collaterali costituiscono un costo nascosto che non viene riflesso nel prezzo di un dato bene o servizio. Milton Friedman — il guru del capitalismo del libero mercato — ha un nome per tali costi (all'apparenza innocuo): li chiama "effetti di vicinato" (Friedman parla di "effetti di vicinato" in relazione all'impatto delle azioni dei singoli su un luogo o su un gruppo di individui, in quei casi in cui è molto difficile determinare l'esatto valore delle compensazioni per i singoli individui in sede giudiziaria, ndR).115 Friedman tendeva a sminuire l'importanza degli effetti di vicinato, suggerendo che gli svantaggi generati dall'espansione dell'azione di governo finalizzata a prevenirli generalmente superavano i possibili benefici. "È difficile capire quando gli effetti di vicinato sono abbastanza elevati da giustificare i costi necessari a superarli, ed è ancora più difficile distribuire i costi in maniera appropriata", aveva scritto nel suo libro più famoso, 132

Capiralismo e libertà.116 Quindi, nella maggior parte dei casi sarebbe stato meglio lasciare libero il mercato — e ciò corrispondeva all'incirca a quanto Singer sosteneva nel caso delle piogge acide. Senza analisi dettagliate, e senza presentare un esempio di controllo dell'inquinamento basato sul mercato che avesse avuto successo, egli semplicemente asseriva che un sistema di trasferimento dei permessi di emissione "avrebbe consentito al mercato di individuare il metodo di riduzione dell'inquinamento meno costoso".117 Era sorprendente constatare l'imperturbabilità di fronte alle incertezze economiche di una persona che di regola era enormemente preoccupata dalle incertezze scientifiche. Il contributo di Singer si chiudeva con una domanda: "La riduzione delle emissioni produrrebbe una riduzione proporzionale delle deposizioni e dell'impatto ambientale che si ritiene siano associati alle piogge acide?".118 Nel porre la domanda egli lasciava il lettore con l'impressione che la risposta forse era negativa. Quindi il rapporto, che per il resto era chiaro sulla realtà e sulla gravità delle piogge acide, terminava con un un'appendice che lasciava ai lettori un'impressione molto diversa rispetto a quanto riportato nel testo principale. In realtà, l'appendice di Singer era in linea con quanto i funzionari di Reagan sostenevano da tempo. Nel 1980, David A. Stockman, direttore del potente OMB (Office of Management and Budget), durante un discorso alla National Association of Manufacturers aveva domandato: "Qual è il valore del pesce in questi 170 laghi che costituiscono il 4% dell'area lacustre di New York? Ha senso spendere miliardi di dollari per ridurre le emissioni da sorgenti situate in Ohio?". Concetto ribadito in un'altra occasione, in cui Stockman aveva dichiarato che il costo per eliminare le piogge acide era pari a 6.000 dollari per ogni pesce salvato.119 Il rapporto del comitato sulle piogge acide aveva effettuato una peer review, ma Singer aveva introdotto una visione di tipo politico in sintonia con quella del governo, e che era in netto contrasto con la scienza che la peer review aveva passato in rassegna. All'inizio di aprile il rapporto era stato inviato alla Casa Bianca, proprio mentre una sottocommissione della Camera dei rappresentanti stava iniziando a studiare le norme di legge sulle piogge acide. Il Segretario di stato George Shultz aveva assicurato i canadesi che sia lui sia il direttore dell'EPA William Ruckelshaus attribuivano la massima priorità alle piogge acide, ma i canadesi erano comunque molto preoccupati.120 Il portavoce del governo 133

canadese Allan MacEachen fece notare che per il suo governo le prove erano sufficienti a giustificare l'adozione di misure di abbattimento. Il punto di vista degli Stati Uniti era invece che "le conclusioni scientifiche non erano chiare".121 I canadesi avevano ragione, ma in maggio il sottocomitato della Camera dei rappresentanti aveva votato 10 a 9 contro l'adozione di una legislazione, bloccando l'iniziativa del Congresso sul tema. Il rapporto del comitato alla fine vide la luce e fu reso pubblico l'ultimo giorno di agosto.122 La copertura della stampa fu molto ampia e di tono critico. Newsweek, a proposito dell'atteggiamento del governo Reagan, intitolò "Provatelo", omettendo però di precisare che gli scienziati avevano provato l'esistenza del problema.123 "Chi fermerà le piogge acide? Non Ronald Reagan", scrisse il New Republic!124 Nature concluse che "il Canada deve agire da solo".125 La stampa finanziaria si schierò invece con Singer. Fortune pubblicò un articolo di un ricercatore dello Hudson Institute, un think tank pro-crescita fondaro dall'attivista della Guerra fredda Herman Kahn. "Forse le piogge acide non sono la fine del modo" asseriva l'articolo, che precisava che "una consistente riduzione delle emissioni di anidride solforosa sarebbe potuta costare agli americani circa 100 miliardi di dollari. Prima di impegnarsi in un programma di questa portata, vogliamo essere più che certi che le piogge acide sono davvero una minaccia".126 L'articolo non mentiva solamente sullo stato delle conoscenze scientifiche, mentiva anche sulla loro storia. "Non sorprende che ci si trovi di fronte a un netto disaccordo sulle piogge acide. Il problema è stato studiato per circa sei anni" (i membri del think tank avevano qualche difficoltà con l'aritmetica: tra il 1963 e il 1984 erano passati più di sei anni). Sul Wall Street Journal apparve un editoriale di Alan Katzenstein, un consulente di Edison Electric, intitolato "L'acidità non è un fattore rilevante", che metteva in discussione le evidenze scientifiche del problema e suggeriva che "il colpevole della storia delle piogge acide" poteva essere l'alluminio.127 Uno studioso di ecologia forestale rispose con una lettera all'editore: "Kazenstein ha fatto diverse affermazioni circa i risultati delle ricerche [e] sono tutte scorrette!".128 E chi era Kazenstein? Un ecologo? Un chimico, un biologo? No, era un consulente finanziario che aveva lavorato per l'industria 134

del tabacco.129 Prima della presentazione del rapporto vennero pubblicati diversi articoli di questo tenore; alcuni erano basati su quanto riportato nel rapporto provvisorio pubblicato nell'estate precedente. Non aveva importanza sapere se l'uscita del rapporto fosse stata ritardata o meno. Ma perché era stata ritardata? Se il rapporto era stato trasmesso alla Casa Bianca in aprile, perché non era stato reso pubblico fino ad agosto?

LA MANOMISSIONE DELLA PEER REVIEW Il 18 agosto, il senatore del Maine George Mitchell e il membro del Congresso Norman D'Amours dichiararono che il rapporto era stato soppresso dalla Casa Bianca. Il New York Times e il Los Angeles Times ripresero la notizia. "Lo studio di 78 pagine... respinge in modo netto la posizione dell'amministrazione Reagan secondo cui il controllo dell'inquinamento non può cominciare fino a che non saranno effettuate ulteriori indagini", scriveva il Los Angeles Times. A quanto pare, D'Amours aveva dichiarato che il governo aveva occultato il rapporto per non dare al legislatore "le munizioni necessarie a controllare le piogge acide attraverso il Congresso". Il New York Times citava sia un portavoce dell'OSTP, che spiegava che il rapporto finale non era pervenuto fino a metà luglio, sia Nierenberg, che spiegava che "abbiamo apportato dei cambiamenti fino a metà di luglio".130 Era vero, ma si trattava di cambiamenti che non erano stati autorizzati dal comitato. Qualche settimana dopo, un articolo Science suggeriva che il voto del Congresso avrebbe potuto essere diverso se Nierenberg avesse rilasciato il rapporto con più anticipo. L'articolo riportava le dichiarazioni di un membro del comitato, secondo cui "sono stati spostati dei paragrafi ed è stato aggiunto del materiale... così da cambiare il tono iniziale. Il risultato [è] che il nuovo testo attenuava il messaggio del comitato che diceva che il governo federale doveva agire immediatamente".131 Un quotidiano canadese ripeteva l'accusa: "L'amministrazione degli Stati Uniti, prima di un voto cruciale al Congresso, ha soppresso un rapporto che indicava la necessità di tagliare le emissioni acide".132

135

Le registrazioni degli avvenimenti dimostrano che in effetti era successo qualcosa di irregolare. I cambiamenti erano stati apportati dopo che il rapporto era stato chiuso, alcuni erano stati effettuati senza il consenso dell'intero comitato, e il senso complessivo del messaggio era stato indebolito. Alla fine di marzo il rapporto era quasi pronto. Nierenberg aveva inviato una bozza ai componenti del comitato per richiedere il loro parere finale, e in aprile la versione definitiva era pronta. In qualche modo, tutto il procedimento venne ritardato, e si decise di presentarlo all’amministratore della EPA, William Ruckenhaus, il 27 giugno.133 Dopo l’articolo su Science, Nierenberg scrisse alla rivista per protestare che, contrariamente a quanto riportato, il rapporto non era stato modificato in giugno. Chi aveva ragione? Dopotutto, Nierenberg era il presidente del comitato, e certamente avrebbe dovuto sapere come erano andate le cose. La registrazione degli eventi confermava la versione di Science. Il rapporto era stato inviato alla Casa Bianca in aprile, era pronto per la diffusione in giugno, ma era stato reso pubblico solo in agosto (anche se era datato luglio). Le registrazioni mostrano anche che il testo era stato cambiato, e che erano state apportate due distinte modifiche — una in primavera e una in estate. Fred Singer e Bill Nierenberg avevano avuto una parte in questa operazione. Il 21 maggio Tom Pestorius mandò via fax a Nierenberg una copia dell'Executive Summary. Il primo paragrafo era completamente differente: l'affermazione netta circa la realtà delle piogge acide era stata sostituita da un'introduzione cronologica dei motivi per cui si era deciso di costituire il comitato. Il primo paragrafo — che diceva che "vaste aree del Nord America sono sottoposte a una forte influenza... esercitata dalle deposizioni acide... [e] la causa principale delle modifiche è da attribuire all'acidità prodotta dall'anidride solforosa" — era stato seppellito nel penultimo paragrafo.134 I cambiamenti effettuati durante l'estate erano stati ancora più importanti, e quando il comitato se ne rese conto protestò rumorosamente. L'allarme fu lanciato in settembre da un membro del comitato, Kenneth Rahn, un chimico dell'atmosfera che aveva studiato i processi di dispersione degli inquinanti. 136

Rahn riteneva che fosse prematuro ricondurre le piogge acide del Nord-Est all'inquinamento del Mid-West — secondo lui sarebbe stato meglio svolgere altre ricerche prima di adottare soluzioni politiche, e aveva esposto la sua posizione al Congresso — nessuno quindi avrebbe potuto considerarlo un allarmista.135 Eppure, decise di inviare ai membri del comitato una lettera di tre pagine scritte fitte, in cui raccontava in tono allarmato ciò di cui era venuto a conoscenza. La penultima bozza del rapporto era stara redatta in febbraio, e questa "era l'ultima versione che molti di noi hanno visto", scrisse Rahn. "Abbiamo avuto modo di leggerla un'ultima volta e di inviare qualche annotazione, e su questa base era stara poi compilata la versione definitiva. Il cambiamento principale riguardava il capitolo VIII di Fred Singer, che era diventato l'appendice 5, firmata da lui".136 La versione di Rahn concorda con altri documenti; una lettera spedita da John Robertson al comitato in febbraio parla di una "bozza pressoché definitiva" del rapporto.137 John Robertson si era occupato di assemblare le varie sezioni e aveva il compito di inserire i cambiamenti suggeriti dai vari membri. In un memorandum del 4 febbraio 1984 aveva riassunto al comitato le modifiche apportate a seguito degli input ricevuti. Le modifiche erano solo cinque, e si concentravano soprattutto sull'organizzazione e lo stile del documento. Solo una riguardava la sostanza, e raccomandava di controllare anche le emissioni degli ossidi di azoto. Robertson comunque ricorda una questione che era rimasta irrisolta: "La forma, la posizione e il contenuto del capitolo VIII di Singer". Due membri del comitato non volevano che diventasse un capitolo, al limite un appendice approvata; quattro membri avevano accettato la forma di capitolo ma solo se "le conclusioni... venivano eliminate".138 In realtà il rapporto era pressoché pronto circa un anno prima. Nel marzo 1983 — undici mesi prima — Robertson aveva scritto ai componenti del comitato per richiedere i loro commenti su una bozza da cui sarebbe stata ricavata la versione finale. Robertson scrisse: "Ho confrontato la bozza che vi ho mandato in novembre con il rapporto finale che allego. Sono stati inclusi tutti i cambiamenti richiesti. Rahn, Rowland e Ruderman dovrebbero essere in grado di finire la redazione nelle prossime due settimane... Vorrei avere eventuali input di ritorno entro il 21 marzo".139 Questa versione 137

comprendeva il contributo di Singer in forma di capitolo. Ma la versione del marzo 1983 non era quella definitiva. Nel luglio 1983, una bozza del rapporto, con le revisioni, fu inviata al comitato, ma anche stavolta non si arrivò alla versione finale. Come accennato sopra, in agosto Singer inviò a Nierenberg una serie di correzioni per la bozza, e inoltre trasmise ai membri del comitato diversi memorandum e materiali in cui sosteneva che le piogge acide potevano anche non essere così pericolose come ritenuto fino a quel momento. Passarono altri sei mesi prima che il comitato si accordasse sul rapporto finale. Tra le altre cose, il capitolo di Singer era stato trasformato in un'appendice. Secondo Robertson, erano state stampate solo tre copie del rapporto finale: una per lui, una per Nierenberg e una per l'OSTP. Il rapporto era terminato nel marzo 1984, ed era stato spedito all'OSTP la prima settimana di aprile. Rahn ricordò ai suoi colleghi che "tutti noi eravamo convinti che sarebbe stata la versione finale".140 Perché il capitolo di Singer era stato convertito in appendice? Forse l'OSTP sperava di non dover obbligare il comitato ad approvare il lavoro di Singer (cosa che il comitato si era già rifiutato di fare)? Questa è una delle due ipotesi. L'altra l'aveva spiegata Rahn. "A un certo punto, verso maggio, l'OSTP aveva deciso di richiedere che l'Executive Summary venisse cambiato; fece questa proposta al presidente del comitato e presentò un documento di sintesi rivisto che conteneva i cambiamenti richiesti dall'OSTP. Era seguita una serie di scambi di nuove versioni tra il presidente e L'OSTP, e a un certo punto Keyworth se ne era occupato personalmente." L'OSTP aveva indicato a Nierenberg quali modifiche apportare e Nierenberg aveva eseguito. Quindi due parti — l'Executive Summary e l'appendice di Singer — non erano state approvate da tutti i componenti del comitato. La maggior parte dei membri non sapeva nemmeno che l'Executive Summary fosse cambiato. Ma Rahn aveva letto l'Executive Summary e l'appendice da cima a fondo, e li aveva trasmessi al resto del comitato perché prendesse visione delle due versioni. A giudizio di Rahn, non era stato aggiunto o tolto nulla di davvero importante, ma la modifica dell'ordine del documento e di alcuni aggettivi avevano cambiato il tenore del rapporto, cosicché al lettore restava un'impressione molto diversa rispetto all'originale. "Il nuovo messaggio è 138

molto più sfumato di quello vecchio, e infatti l'OSTP ha ammesso spontaneamente che il suo scopo è stato di rendere il tono più morbido". Anche la struttura del sommario era cambiata. Mentre l'originale seguiva letteralmente il rapporto cominciando con la raccomandazione politica di ridurre le emissioni di SO2, nella nuova versione questa raccomandazione era stata spostata alla fine. Di conseguenza, "le raccomandazioni sulle policy, che l'OSTP riteneva ingiustificate, passavano in subordine".141 Negli ambienti scientifici spesso ci si chiede se gli scienziati debbano avanzare raccomandazioni di natura politica su argomenti complessi. L'OSTP era l'ufficio per la politica della scienza e la tecnologia, e pertanto appariva titolato a suggerire aggiustamenti alle politiche contenute nel rapporto. Ma le cose stavano davvero così? In realtà no, perché in questo caso c'era una procedura di peer review. Il comitato doveva passare in rassegna, riassumere e criticare quanto prodotto dai gruppi tecnici di lavoro, e in questo compito era compreso quello di sintetizzare le loro raccomandazioni politiche. La peer review costituiva un processo fondamentale nella scienza, e pertanto le modifiche apportate dall'OSTP rappresentavano un'interferenza nel processo scientifico. Il rapporto emesso il 31 agosto dall'OSTP semplicemente non era quello che era stato autorizzato dal Comitato. "In breve", concludeva Rahn "il nostro rapporto era stato alterato rispetto a quando l'avevamo visto l'ultima volta. [...] Forse usare il termine 'alterato', non è fuori luogo... alla luce delle modifiche fatte, che io giudico sostanziali; sospetto che non l'avremmo approvato, se ne avessimo avuto la possibilità".142 Altri membri del comitato erano arrivati alle stesse conclusioni. "Sono molto contrariato dall'apprendere che l'Executive Summary del nostro rapporto, compilato dal comitato per la peer review sulle piogge acide, è stato riscritto e cambiato rispetto alla versione originale che era stata preparata e approvata nella primavera scorsa", scrisse Gene Likens a Nierenberg. "Queste revisioni sono state effettuare senza informare i membri del comitato e senza la loro approvazione... Ho l'impressione che queste modifiche non autorizzate all'Executive Summary abbiano avuto origine tra la Casa Bianca e lo OSTP. Francamente ritengo che tale ingerenza sia disonesta e assolutamente scorretta". Likens era chiaramente furioso, ma trattenne la 139

sua collera e terminò con una domanda diretta: "C'è una qualche spiegazione per quanto è accaduto?143 Anche Mal Ruderman, uno dei componenti del comitato, era fortemente contrariato, in particolare perché l'articolo di Science dava l'impressione che egli avesse contribuito ad alterare il report. In una lettera a Nierenberg, Ruderman scrisse: "Sono profondamente irritato per la ricostruzione di Science su quello che è successo al nostro Executive Summary tra aprile e giugno". Ruderman aveva visto una versione in giugno su cui erano stati proposti alcuni cambiamenti, ma Nierenberg non gli aveva spiegato che questa versione era già stata modificata in maggio, che il testo era stato rielaborato, e che le modifiche proposte in giugno erano delle aggiunte. Oltre a ciò, Ruderman ricordò a Nierenberg che egli (Ruderman) aveva rifiutato questi cambiamenti. "Alcune modifiche avevano alterato il significato di certe frasi e io feci del mio meglio perché fossero ripristinati i passaggi che erano già stati approvati dal nostro comitato. [...] Sono convinto di aver fatto di tutto per difendere l'Executive Summary da cambiamenti sostanziali e conto sul fatto che tu rimetta le cose a posto, sia nei confronti del comitato, sia rispetto a quanto riportato da Science. Per me è una questione di importanza fondamentale".144 La posizione di Rahn era simile. La stampa aveva ricostruito la vicenda come se le modifiche fossero opera di tutto il comitato. Un articolo del New York Times di agosto citava un portavoce dell'OSTP, e diceva che "gli autori hanno continuato ad apportare cambiamenti fino a metà luglio": questo, secondo Rahn "era veramente ingannevole".145 Nierenberg rispose dicendo che anche lui era stato ingannato, o che quantomeno qualcuno era riuscito a confonderlo. "Ho ricevuto comunicazioni da [Kenneth] Rahn e Gene L[ikens] che mi hanno un po' di confuso", replicò a Ruderman. "La tua lettera mi ha chiarito quali cose non mi erano chiare... Mi sono reso conto solo ora (a differenza tua) che il testo era già stato rimaneggiato... non sono sicuro di cosa dovremmo fare. Potremmo chiedere a Science di pubblicare la versione originale dell'Executive Summary. Sono quasi sicuro che lo farebbero. Possiamo anche chiedere che pubblichino entrambe le versioni e lasciare che i lettori giudichino da soli." Poi aggiunse un post scriptum: "Ho confrontato le diverse 140

versioni e concordo sul fatto che sono stati apportati notevoli rimaneggiamenti".146 È normale che all'inizio dei lavori il responsabile dell'ufficio o dell'agenzia che commissiona il rapporto incontri il capo di un comitato e gli assegni ufficialmente l'incarico. E normale anche che il comitato incontri i funzionari governativi per presentare il rapporto completo, ma è molto insolito e irregolare che un funzionario governativo modifichi un rapporto senza darne notizia al comitato o senza ottenere il suo consenso. Se la Casa Bianca lo aveva fatto, sembra difficile credere che Nierenberg potesse accettare la cosa senza battere ciglio. Avrebbe dovuto sentirsi offeso. Inoltre, la registrazione degli eventi non supporta l'idea che Nierenberg non sapesse cosa stava facendo la Casa Bianca. Quando Ruderman tornò alla carica con L'OSTP per chiedere che le cose fossero rimesse a posto, Pestorius scaricò la colpa su Nierenberg dicendo: "Bill mi ha detto 'Mal è qui con me a lavorare sull'Executive Summary".147 Ruderman non era soddisfatto della spiegazione di Nierenberg, e in novembre gli scrisse ancora. "Credo sia ancora necessario spiegare ai membri del comitato piogge acide ciò che è avvenuto tra l'invio dell'originale del nostro rapporto all'OSTP (aprile?) e la ricezione da parte tua della versione corretta dell'Executive Summary che ti è stata inviata via fax da Tom Pistorius a fine luglio".148 Malgrado Nierenberg si fosse impegnato a rimettere a posto le cose, dai documenti ufficiali e dai suoi file non risulta che l'abbia fatto. Di recente è stato chiesto a Likens quale fosse stato il ruolo di Nierenberg: "Era una persona che parlava con il potere politico. Era a suo agio... Nierenberg è stato sicuramente il responsabile dei cambiamenti". Alcuni dei membri del comitato chiesero consiglio ai colleghi della NAS sul da farsi, ma senza esito. Likens ricorda ancora: "Ci siamo rivolti alle nostre fonti, ma non erano così potenti come quelle di Nierenbero".149 La documentazione storica conferma il racconto di Likens. Tra i documenti di Bill Nierenberg c'è una seconda copia dell'Executive Summary trasmessa via fax il 21 maggio, ma con la data 10 luglio 1984 annotata a mano — con una nota a fianco della data che dice "cambiamenti richiesti da Keyworth". 141

Nierenberg aveva modificato l'Executive Summary e gliel'aveva chiesto il consulente scientifico del Presidente.150 In generale, i repubblicani erano soddisfatti del lavoro di Nierenberg. In luglio un repubblicano del Congresso della contea di Lansing, in Michigan, gli aveva scritto una lettera: "Sono contento che lei abbia ricevuto questo incarico". Nel settembre successivo il presidente Reagan gli fece recapitare una sua foto autografata.152 Nel 1984 Nierenberg inviò all'Attorney General Ed Meese un cruciverba che aveva risolto e in cui una delle risposte era "Meese" (la definizione era "aiuto di Reagan"). Nel 1985 il nome di Nierenberg era circolato di nuovo quale consulente scientifico del Presidente. Una delle persone incaricate di vagliare le candidature lo descrisse come "un convinto e leale sostenitore delle politiche dell'amministrazione... un vero membro della squadra".153 Negli anni che seguirono, fino alla fine del secondo mandato, l'amministrazione Reagan non prese provvedimenti contro il problema delle piogge acide. Continuò a insistere che risolverlo costava troppo — una soluzione da un miliardo di dollari per un problema da un milione di dollari. Ci sarebbe stato invece bisogno di altre ricerche scientifiche. William Ruckenhaus, l'amministratore della EPA che aveva bandito il DDT durante gli anni di Nixon e che molti consideravano un bravo mediatore, apparve nel notiziario di ABC nell'agosto 1984 per spiegare la posizione dell'amministrazione. Alla domanda del commentatore conservatore George Will, "non ci sono abbastanza evidenze delle piogge acide?", Ruckenhaus rispose "be', non è così... non sappiamo che cosa le sta causando".154 "Non sappiamo cosa le sta causando" divenne la posizione ufficiale dell'amministrazione Reagan, malgrado 21 anni di ricerche dimostrassero il contrario. "Non sappiamo" era anche il mantra dell'industria del tabacco per ostacolare la regolamentazione del tabacco, anche molto tempo dopo che eli scienziati avevano provato la sua pericolosità. Ma nessuno sembrava notare queste somiglianze. I media recepirono i messaggi incentrati sul dubbio, e trattarono le piogge acide come una questione ancora aperta. Abbiamo già ricordato l'articolo pubblicato su Fortune, nel quale si insisteva che "la posizione scientifica ufficiale sugli effetti delle piogge acide potrebbe rivelarsi anche sbagliata" (per lo meno la rivista ammetteva che esisteva una 142

posizione scientifica ufficiale), L'autore, William Brown, membro del Cato Institute, citava Fred Singer e sosteneva che "ridurre le emissioni di SO2, potrebbe costare 100 miliardi di dollari attuali". Visti i costi, "vorremmo essere più che certi che le piogge acide costituiscano una minaccia seria per l'ambiente del paese".155 L'articolo sorvolava sul fatto che tutte le istituzioni scientifiche più qualificate avessero concluso che si trattava di una minaccia seria. Likens tentò di ristabilire la verità con un articolo su Environmental Science and Technology intitolato "Red Herrings in Acid Rain Research".156 Ma, secondo uno schema che sarebbe diventato consueto, i fatti scientifici venivano pubblicati dove poche persone normali avrebbero potuti leggerli, mentre le asserzioni prive di valore scientifico — le piogge acide non sono un problema, o porvi rimedio costerebbe centinaia di miliardi — furono riprese dalla stampa di massa. Non era esattamente il modo di giocare ad armi pari. E Fortune non fu l'unica a rappresentare in modo scorretto la scienza. Business Week attaccò l'EPA accusandola di "attivismo" per aver cercato di prendere l'iniziativa sulle piogge acide, quando in realtà stava semplicemente facendo il suo lavoro.157 La rivista Consumers Research Magazine (che, malgrado il nome, era un giornale normalmente probusiness) uscì con un articolo intitolato "Acid Rain: How Great a Threat".158 William Brown ritornò alla carica con un nuovo articolo pubblicato su Fortune nel 1986 dal titolo "Hysteria About Acid Rain". Qualche mese dopo, Fortune ribadì che "rinviare ha senso in quanto abbiamo ancora molto da capire sulle piogge acide".160 Il Futurist si aggiunse al coro, raccontando che "il verdetto sulle piogge acide non è stato ancora pronunciato".161 Il conflitto, si sa, fa vendere più copie, e quando uno scienziato solitario riprese le tesi della destra secondo cui le piogge acide potevano non essere un problema serio, la stampa fu rapida a dargli spazio. Edward Krug era un pedologo che lavorava per la Connecticut Agricultural Research Station e che cominciò a sostenere che buona parte dell'acidificazione dei suoli delle foreste del Nordest fosse naturale o causata dalle modifiche dell'uso dei suoli.162 Krug cercò di far passare le proprie argomentazioni come "una prospettiva nuova". In realtà non era affatto nuova: l'acidificazione naturale 143

era stata già presa in considerazione e si era concluso che non era sufficiente per spiegare le osservazioni.163 Ciononostante, le tesi Krug erano state pubblicate sulla Policy Review della Hoover Institution,164 e poi riprese dalla rivista Reason, che insisteva che le nuove evidenze dimostravano che "le piogge acide non sono un problema".165 Krug ne aveva anche parlato in 60 Minutes, affermando che il NAPAP aveva evidenziato che le piogge acide non rappresentavano un problema grave — affermazione che nessuno degli associati al NAPAP avrebbe condiviso.166 Negli anni Novanta, in coincidenza con l'espansione del World Wide Web, su molti siti si poteva leggere che Krug, a differenza di quanto sostenevano gli ambientalisti, aveva dimostrato che le piogge acide non costituivano un'emergenza ambientale. Molti di questi siti sono ancora online.167 Uno si lamentava del fatto che Krug era stato citato sui media solo nove volte tra il 1980 e il 1983, mentre Gene Likens trentanove (se però si guarda al livello scientifico e alla qualità delle ricerche sulle piogge acide firmate dai due, questi numeri starebbero a dimostrare che i media hanno privilegiato Krug).168 La carta stampata continuò a battere la grancassa. Ancora negli anni Novanta Fortune seguitò a sostenere che le piogge acide erano un "problema minore per il quale era assurdo spendere miliardi di dollari dei contribuenti".169 Fred Singer, citando il proprio contributo al rapporto Nierenberg del 1983, sosteneva in Regulation — rivista del Cato Institute — che la mancata adozione delle misure premature sulle piogge acide aveva consentito di risparmiare da 5 a 10 miliardi di dollari l'anno.170 In molti erano confusi, e pensavano che le piogge acide fossero un problema ancora aperto e che gli scienziati non fossero d'accordo. Nel 1990, quando un gruppo di scienziati del NAPAP si riunì a Hilton Head nel Sud Carolina, la Nation Public Radio raccontò che "l'orientamento prevalente tra gli scienziati è che le piogge acide siano un problema... complicato".171 E, lo ammettiamo con imbarazzo, agli inizi degli anni Novanta uno degli autori di questo libro (N. O.) usò gli argomenti di Krug in un corso introduttivo di Earth Sciences al Dartmouth College, per illustrare "entrambi gli aspetti del dibattito" sulle piogge acide. Nel frattempo, l'amministrazione Reagan, che non era riuscita a ottenere 144

tutto quello che voleva da Bill Nierenberg, aveva commissionato un altro rapporto al geochimico Laurence Kulp della Columbia University. Kulp era un conservatore ben noto per le sue convinzioni religiose, tanto che tra i suoi colleghi era definito un "teochimico" per i suoi tentativi di conciliare le evidenze geologiche con il credo cristiano.172 Il rapporto di Kulp terminava affermando che le piogge acide non erano quella minaccia che molti paventavano, una conclusione che per la maggior parte degli scienziati era, per usare le parole del New York Times, "inaccurata e ingannevole". Echeggiando il rapporto del 1984 di Nierenberg, il Times riferì che diversi scienziati 'ipotizzarono che l'Executive Summary era stato modificato... nella convinzione che i policy maker e i giornalisti avrebbero letto solo quello e non l'intero rapporto".173 Ci sarebbero voluti altri sei anni e una nuova amministrazione per approvare delle norme sulle emissioni acide. Nel 1990, sotto l'amministrazione di George H. W. Bush, vennero introdotti degli emendamenti al Clean Air Act che stabilivano un regime di scambio dei diritti di emissione, noto come Cap and Trade, per controllare le piogge acide. Tra il 1990 e il 2007 il sistema portò a una riduzione del 54% delle emissioni di SO,, mentre nello stesso periodo l'indice dei prezzi dell'elettricità corretti per l'inflazione era in diminuzione.174 Nel 2003 l'EPA riferì al Congresso che il costo complessivo per la riduzione dell'inquinamento dell'aria nei 10 anni precedenti era stato di 8-9 miliardi di dollari, mentre i benefici che ne erano conseguiti erano stimabili in 101-119 miliardi di dollari, oltre 10 volte tanto.175 La storiella di Singer del problema da un milione di dollari che sarebbe costato un miliardo di dollari era palesemente sbagliata. L'industria dell'energia ha spesso accusato gli ambientalisti di allarmismo, eppure ha fatto esattamente questo — spingere forte sul pedale dell'allarmismo — con affermazioni sulle devastanti conseguenze economiche delle misure anti-inquinamento. La protezione dell'ambiente non ha prodotto disastri economici e non ha causato perdite di posti di lavoro massicce. Non è nemmeno costata centinaia di miliardi di dollari e non ha fatto aumentare il costo dell'elettricità. La scienza quindi aveva ragione. Come ha fatto notare su Newsweek Mohamed EI-Ashry del World Resources Institute, "abbiamo aspettato le ricerche ulteriori, e alla fine ci siamo resi conto che quello che sapevamo da 10 anni era vero".176 145

Anche se gli scienziati avevano ragione per quanto riguarda la scienza, il partito repubblicano aveva ragione sui meccanismi di mercato con cui controllare l'inquinamento. Le misure Cap and Trade per limitare le emissioni di solfati sono generalmente considerate un successo, e rappresentano il modello a cui molti guardano per ridurre i gas serra, causa del riscaldamento globale. Forse Singer aveva ragione a spingere per una soluzione basata sul mercato per risolvere il problema delle piogge acide. "Forse", però, perché diversi scienziati specializzati su questo problema esprimono delle riserve sul fatto che il Cap and Trade abbia funzionato davvero. Quando le piogge acide sparirono dalle prime pagine dei giornali, Gene Likens e i suoi colleghi continuarono a lavorare a Hubbard Brook. Già nel 1999 avevano concluso che il problema non era stato risolto. "Le piogge acide esistono ancora", scrisse Likens sui Proceedings of the American Philosophical Society, "e i loro effetti ecologici non sono spariti". In effetti la questione era diventata ancora più complicata, in quanto lo stress aggiuntivo causato dal riscaldamento globale stava rendendo le foreste "più vulnerabili a questi input di acidità di origine antropica presenti in atmosfera".177 Il risultato netto era che "la foresta aveva smesso di crescere".178 Nei dieci anni successivi, Likens e i suoi colleghi si dedicarono alla salute delle foreste. Nel 2009 dichiararono con chiarezza: "Dal 1982 le foreste non accumulano biomassa. Infatti, dal 1997 l'accumulo... è stato significativamente negativo".179 Le foreste si stavano riducendo, a seguito dell'attacco combinato del cambiamento climatico, dell'invasione di specie aliene, delle malattie, dell'inquinamento da sale e mercurio, alla frammentazione del territorio e al perdurare delle piogge acide. La pianta dell'acero da zucchero — prediletta dai canadesi e dagli abitanti del New England — sta morendo... e le ricerche scientifiche lasciano presagire che entro il 2076, nel 300° anniversario degli Stati Uniti, l'acero da zucchero sarà estinto in gran parte delle foreste settentrionali".180 Nell'elenco delle minacce le piogge acide erano al primo posto, e "rimangono il problema più importante in quanto le emissioni non sono completamente controllate", anche dopo l'approvazione degli emendamenti al Clean Air Act. In pratica, il Cap and Trade non era stato sufficiente. Non solo non aveva eliminato le piogge acide, ma non era neppure bastato a stabilizzare la situazione. Il 146

declino delle foreste era continuato. Likens e i suoi colleghi non escludevano che ci si potesse affidare al mercato per salvare le foreste, ma facevano presente che c'erano degli aspetti che richiedevano "una regolamentazione a livello nazionale e anche globale".182 La vera difficoltà — sia con il Cap and Trade sia con i sistemi per ridurre l'inquinamento attraverso limiti e controlli — stava infatti nella quantificazione del limite massimo per l'inquinamento, e nella definizione di un meccanismo con cui aggiustarlo al rialzo o al ribasso. Secondo i lavori scientifici che si erano occupati di questo tema, gli emendamenti al Clean Air Act avevano posizionato troppo in alto i limiti massimi, forse anche perché le tesi di Singer e dei suoi alleati — abbracciate dall'amministrazione Reagan e da molti media — suggerivano che fino a che non si era sicuri del problema e della sua gravità sarebbe stato folle adottare misure troppo drastiche. E successe proprio questo: vennero adottate delle misure tutto sommato modeste, e non si fece nulla per ampliarne la portata nel tempo, anche se la scienza indicava sempre più chiaramente che era necessario farlo. Ci si affidò alla "bacchetta magica" del mercato, convinti che avrebbe risolto tutti i problemi. Ancora oggi, molti di quelli che si oppongono alle regolamentazioni ambientali sembrano abbracciare una qualche forma di pensiero magico. Non più tardi del 2007, il George Marshall Institute continuava a insistere che i danni associati alle piogge acide erano ancora "largamente ipotetici," e che "le ricerche scientifiche avevano evidenziato che la maggior parte di questi danni non si erano in realtà verificati".183 L'istituto non citava alcuno studio a sostegno di questa affermazione semplicemente sbalorditiva. C'è poi un'altra ragione per credere che un provvedimento impositivo basato sul controllo darebbe migliori risultati del Cap and Trade: la ricerca dimostra che le regolamentazioni sono uno stimolo efficace per l'innovazione tecnologica. Il che equivale a dire che se si vuole che il mercato faccia la sua magia — cioè che le aziende sviluppino i beni e i servizi di cui le persone hanno bisogno — il modo migliore, almeno quando si tratta di prevenire l'inquinamento, è paradossalmente quello di rendere obbligatorie le regolamentazioni.

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David Hounshell è uno degli storici della tecnologia americani più quotati. Di recente, lui e i suoi colleghi della Carnegie Mellon University si sono concentrati sui rapporti tra regolamentazione e innovazione tecnologica. L'articolo "Regulation as Mother of Innovation", pubblicato nel 2005 e basato sulla tesi di dottorato di Margaret Taylor, studentessa di Hounshell, ha preso in esame i fattori che incentivano l'innovazione nelle tecnologie ambientali. È emerso con chiarezza che l'assenza di benefici economici immediati induce le compagnie a disinvestire in ricerca e sviluppo, e questo problema in particolare è molto marcato nel controllo dell'inquinamento. Poiché la sua prevenzione è un bene pubblico — che non viene riflesso in modo chiaro nei prezzi dei beni e servizi sul mercato — gli incentivi agli investimenti privati sono deboli. La competizione non è tale da giustificare quelli di lungo periodo; manca cioè la forza della domanda. Tuttavia, quando il governo introduce una regolamentazione, crea una domanda. Se le aziende sanno che devono attenersi a una normativa precisa entro una certa scadenza, rispondono e innovano. Il risultato netto può anche essere un risparmio per le imprese, in quanto le tecnologie obsolete vengono sostituite con altre migliori. Eppure, se non fossero state obbligate, le aziende non avrebbero innovato. Naturalmente la regolamentazione non è l'unica misura adottabile dal governo. I governi possono investire direttamente, fornire crediti d'imposta e sussidi, o facilitare il trasferimento delle conoscenze. Molti economisti preferiscono questa soluzione piuttosto che l'imposizione delle regolamentazioni, nella convinzione che, offrendo maggiore flessibilità, le risorse verranno allocate al meglio e gli obiettivi prefissati verranno raggiunti più facilmente. Ma Hounshell e i suoi colleghi mostrano che questa presunzione può anche essere sbagliata. È empiricamente provato che la regolamentazione è il modo più efficace, in quanto regole chiare e stringenti forniscono uno stimolo forte e continuo all'innovazione. La necessità è la madre dell'invenzione, e l'obbligo di conformarsi a una regola è uno stimolo assai potente. Se il governo degli Stati Uniti avesse stabilito un regime regolatorio rigoroso sulle emissioni acide, l'industria avrebbe potuto fare di più per innovare. E se l'innovazione tecnologica avesse reso più semplice ed economico il controllo delle emissioni, col tempo le resistenze dell'industria contro i limiti (Cap) si 148

sarebbero allentate, cosa che avrebbe reso più facile il loro adeguamento, e quindi le foreste avrebbero avuto la protezione che la scienza considerava necessaria. Questo è un discorso ovviamente speculativo. Non sapremo mai cosa sarebbe accaduto se fosse stato adottato un approccio differente. Sappiamo però per certo una cosa, e cioè che alimentare il dubbio sulle piogge acide — come quello sul tabacco — ha ritardato l'azione, e in molti hanno imparato questa lezione. Negli anni seguenti, la stessa strategia sarebbe stata applicata ancora, e ancora, e ancora — e in molti casi dagli stessi individui. Solo che la volta successiva non si sarebbero limitati a negare la gravità del problema; ne avrebbero negato addirittura l'esistenza. Nel futuro non si sarebbero limitati a rimaneggiare i risultati della peer review; avrebbero invece rigettato la scienza.

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4. LA COSTRUZIONE DI UNA CONTRONARRATIVA: LA BATTAGLIA SUL BUCO DELL'OZONO Negli anni in cui le piogge acide diventavano un tema politico, veniva alla ribalta un altro problema, probabilmente ancora più grave: il buco dell'ozono. L'idea che le attività umane potessero essere nocive per lo strato protettivo dell'ozono cominciò a preoccupare l'opinione pubblica nel 1970, dopo l'annuncio di un progetto per sviluppare un aereo commerciale americano capace di volare più veloce del suono. L'SST (Super Sonic Transport) avrebbe volato nella fascia d'ozono stratosferico, e gli scienziati espressero il timore che le emissioni dell'aereo potessero danneggiarla. L'SST in realtà non si rivelò un grosso problema, ma contribuì a spostare l'attenzione sulla pericolosità dei composti chimici chiamati clorofluorocarburi (CFC). Nel 1969 il MIT commissionò uno studio sull'impatto umano sull'ambiente, Mar 5 Impact on the Global Environment: Report of the Study of Critical Environmental Problems (abbreviato in SCEP), che venne reso noto l'anno successivo e che conteneva una prima valutazione sullo stato della stratosfera e sul probabile impatto dell'SST.01 Un comitato presieduto da William Kellogg del NCAR (National Center for Atmospheric Research) di Boulder, Colorado, esaminò la questione. Dopo l'anidride carbonica, il vapore acqueo è il secondo prodotto per quantità della combustione nei motori a getto. Come la CO2, anche il vapore acqueo è un gas a effetto serra, e gli scienziati temevano che i gas di scarico dei jet potessero contribuire ai cambiamenti climatici. Il vapore acqueo genera anche le nubi, che a loro volta influenzano le condizioni meteorologiche. In ogni caso, gli scienziati conclusero che, sebbene la concentrazione del vapore acqueo stratosferico sarebbe potuta aumentare — di circa il 60% nel caso in cui la flotta di SST fosse stata molto numerosa — non ne sarebbero seguite modificazioni apprezzabili delle temperature superficiali. Per sicurezza, suggerirono comunque di lanciare un programma di monitoraggio della stratosfera.02 Un articolo su Science di un ricercatore dei laboratori della Boeing — il 150

braccio scientifico del produttore dell'SST — andò involontariamente a minare le conclusioni dello SCEP. Usando un modello differente, l'autore calcolò che il vapore acqueo prodotto da una flotta di 850 SST avrebbe ridotto del 2-4% lo spessore della colonna totale di ozono. La maggior parte di questa riduzione si sarebbe verificata nell'emisfero settentrionale, a causa della maggior densità delle rotte aeree, e avrebbe causato un aumento della temperatura superficiale della Terra di circa 0,04 °C.03 Questa esigua variazione era indistinguibile dalle oscillazioni naturali, e si poteva quindi concludere che il rapporto SCEP fosse valido, ma inaspettatamente si aprì una nuova controversia. James E. McDonald, docente all'University of Arizona e membro del comitato della NAS su meteo e cambiamenti climatici, rimase sorpreso dai risultati della Boeing. Aveva fatto parte di una commissione di studio che aveva concluso che la riduzione dello strato di ozono stratosferico era molto improbabile, ma le nuove ricerche lo avevano convinto a ripensarci. Inoltre, dal 1970, i medici ritenevano che la radiazione ultravioletta, dalla quale lo strato d'ozono ci protegge, provocasse alcuni tumori della pelle.04 Una riduzione dell'ozono avrebbe portato a una maggior incidenza di quei tumori. In particolare, McDonald riteneva che esistesse un fattore di amplificazione pari a sei: a ogni riduzione dell'1% della concentrazione di ozono sarebbe corrisposto un aumento del 6% dei casi, e lo disse durante la sua testimonianza al Congresso nel marzo 1970. 05 Nel frattempo, la questione era arrivata all'attenzione di un chimico dell'atmosfera della University of California, Harold Johnston, che iniziò a considerare un altro prodotto degli scarichi dei jet: gli ossidi di azoto — detti NOx. Johnston era l'autore di un noto manuale di chimica dell'atmosfera, e per la sua competenza fu invitato a partecipare a una riunione sui voli stratosferici sponsorizzata dal Department of Transportation a Boulder. I contributi degli altri relatori lo irritarono presto, perché sembravano concordare con lo SCEP che gli ossidi di azoto non avrebbero causato un'erosione significativa dello strato di ozono. La sua conoscenza della chimica dell'ozono gli suggeriva che si stessero sbagliando. Johnston passò una notte insonne a fare calcoli che dimostravano che i NOx, erano distruttori dell'ozono stratosferico molto più potenti. Il mattino dopo presentò un foglio scritto a mano in cui stimava che l'erosione dovuta ai NOx, sarebbe oscillata tra il 10 e il 90%. Una forbice molto ampia, e per ottimi motivi: le riduzioni sarebbero state molto peggiori sopra il Nord Atlantico, 151

dove si concentravano le rotte aeree. L'ampiezza era dovuta a differenze geografiche, non solo a incertezze scientifiche. Non convinse nessuno, tuttavia. Nel "seminario" deciso all'improvviso nei bagni maschili e che si renne qualche ora dopo in una saletta appartata, il tema era ancora il vapore acqueo. Harold Schiff, un chimico della York University di Toronto, ricorda che Johnston aggredì quelli che ignoravano le reazioni degli NOx, finché i chimici gli diedero retta — più che altro come forma di autodifesa. Il problema, quel pomeriggio, era che nessuno sapeva quale fosse la concentrazione "naturale" di NOx, nella stratosfera, perché non era mai stata misurata. Senza conoscerla, era impossibile stimarne gli effetti. Se la stratosfera ne fosse stata già piena, una piccola aggiunta dovuta agli SST non avrebbe fatto differenza. D'altro canto, se la quantità presente fosse stata piccola o nulla, l'effetto avrebbe potuto essere devastante. La conferenza si concluse con la raccomandazione di condurre ulteriori ricerche.06 Tornato a Berkeley, Johnston tradusse i suoi calcoli in un paper che inviò a diversi colleghi all'inizio di aprile. Il 14 di quel mese spedì una versione sostanzialmente rivista a Science. I revisori la ritennero insoddisfacente per due ragioni e raccomandarono a Johnston di riscrivere l'articolo. Per prima cosa, aveva omesso di citare una ricerca da cui risultava un'elevata sensitività della stratosfera agli ossidi di azoto.07 In secondo luogo, il tono usato da Johnston era inaccettabile. Ci si aspetta che gli scienziati siano spassionati, almeno per apparire neutrali e obiettivi. Non era il caso di Johnston. Diceva chiaro e tondo che una flotta di SST poteva dimezzare la concentrazione di ozono sopra il corridoio atlantico, e la radiazione UV che sarebbe arrivata sulla superficie terrestre avrebbe potuto causare una cecità diffusa. L'uscita dell'articolo di Johnston fu posticipata per poter effettuare le correzioni richieste (e per eliminare la parte sulla cecità), e venne pubblicato in agosto. Ma la bozza che Johnston aveva inviato ai suoi colleghi era arrivata anche a un piccolo quotidiano californiano, il Newball Signal, e l'ufficio per le pubbliche relazioni della University of California aveva deciso di farla circolare ufficialmente. Le reazioni non si fecero attendere. Riassunti sensazionalistici della bozza di Johnston vennero trasmessi via telegrafo alla 152

costa Est, e il 17 maggio la notizia approdò sul New York Times. Due settimane dopo, un lungo articolo firmato da Walter Sullivan, il famoso caporedattore scientifico del quotidiano, portò definitivamente il tema all'attenzione del grande pubblico.08 Secondo Sullivan, Johnston era convinto che gli SST avrebbero avuto conseguenze devastanti per l'umanità. L'articolo di Johnston non influenzò il programma SST, anche perché nel frattempo era stato cancellato. Il 17 marzo la Camera aveva infatti deciso di non finanziarlo per motivi economici, e non per considerazioni ambientali.09 Influenzò invece le scienze della stratosfera. Il Department of Transportation intendeva rilanciare lo sviluppo dell'SST, quello del Concorde francobritannico procedeva spedito, quindi occorreva dare risposte alle questioni sollevate da Johnston, e per farlo il Congresso finanziò con 21 milioni di dollari il Climate Impact Assessment Program (CIAP). L'impresa, durata tre anni, coinvolse quasi un migliaio di scienziati appartenenti ad agenzie federali, università e paesi diversi, e fu uno dei primi sforzi finalizzati a valutare l'impatto potenziale di una tecnologia prima della sua diffusione. Fu anche uno sforzo controverso, perché il Department of Transportation tentò di cancellare i risultati dell'enorme lavoro svolto da scienziati in tutto il mondo. A loro avviso, una flotta di 500 Boeing SST avrebbe probabilmente ridotto lo strato di ozono del 10-20%. Ancor più importante, la riduzione sarebbe stata molto grave sulle rotte più transitate del Nord Atlantico. Detto in altri termini, Harold Johnston pareva aver ragione.10 Ma l'Executive Summary, 27 pagine che riassumevano uno studio di 7.200 pagine, non lo diceva. Affermava invece che una versione migliorata dell'SST, da svilupparsi in futuro e in grado di abbassare di sei volte le emissioni, non avrebbe affatto danneggiato lo strato di ozono stratosferico. Alla conferenza stampa di presentazione del rapporto, tenutasi nel gennaio del 1975, il direttore dello studio pose particolare enfasi su questa "tecno-soluzione". I giornali uscirono con titoli come "L'SST assolto per l'ozono". Ma il rapporto non aveva assolto né l'SST della Boeing né il Concorde, bensì un'immaginaria tecnologia che all'epoca non esisteva. Gli scienziati avevano detto che c'era un problema, ora temevano di "venir 153

qualificati... come allarmisti incalliti al servizio della lobby dei disastri".11 Previsione azzeccata. Vennero subito attaccati dal San Francisco Cronicle, dal Christian Science Monitor e dalla Pittsburgh Press. Il CIAP aveva dimostrato, annunciò la Pittsburgh Press, che gli scienziati preoccupati della distruzione dell'ozono dicevano "sciocchezze scientifiche. Il falso argomento dell'ozono era estraneo al discorso scientifico razionale e quindi al dibattito dell'SST".12 Gli scienziati del CIAP erano furiosi: il loro lavoro era stato infatti presentato in maniera fuorviante. Dopo una movimentata riunione a Boston, a seguito della presentazione dell'Executive Summary, Johnston e Thomas M. Donahue della University of Michigan inviarono degli errata corrige, ma i giornali si rifiutarono di pubblicarli. Donahue aveva presieduto una commissione che aveva verificato l'accuratezza del rapporto; alla fine riuscì a far pubblicare da Science una lettera che ne spiegava l'interpretazione corretta. Il Department of Transportation fu costretto a rispondere ufficialmente su Science, e ad ammettere la natura ingannevole dell'Executive Summary,13 un'ammissione riservata però ai soli lettori di Science. Ancora una volta, le affermazioni scientifiche uscivano su riviste lette quasi unicamente da scienziati, mentre quelle non-scientifiche circolavano sui mass media. All'opinione pubblica rimase l'impressione che lo strato di ozono fosse al sicuro e che gli "allarmisti" avessero torto. Nel frattempo, l'interesse della comunità scientifica per l'SST e il suo impatto sull'ozono andava scemando. Le vendite del Concorde franco-britannico erano così basse che la produzione dell'aereo era stata sospesa dopo che erano stati realizzati solo una ventina di esemplari — un numero abbastanza esiguo da non rappresentare una minaccia. À una manciata di scienziati della NASA, però, l'ozono aveva fatto venir in mente un'altra questione: l'impatto potenziale della navetta spaziale Space Shuttle, i cui razzi usavano un propellente a base di cloro. E questa fu una storia diversa. Una legge del 1970 — il National Environmental Policy Act — richiedeva una valutazione di impatto ambientale anche per il programma della navetta spaziale. La parte sull'atmosfera venne affidata a Ralph Cicerone e Richard Stolarski dell'University of Michigan e i risultati furono clamorosi: i razzi a propellente solido avrebbero disperso del cloro, un elemento fortemente reattivo e noto per la sua capacità di distruggere l'ozono, direttamente nella stratosfera.14 Stolarski ricorda che il loro rapporto fu inizialmente sepolto 154

nell'ufficio del programma a Houston, ma che poi il quartier generale della NASA decise di convocare un seminario sul tema nel gennaio del 1974. 15 Intanto, a una conferenza a Kyoto (Giappone), Cicerone e Stolarski presentarono un articolo sul cloro di origine vulcanica e la sua capacità di distruggere l'ozono — non perché fossero davvero preoccupati dai vulcani, ma perché la NASA aveva detto loro di non fare menzione dello Shuttle — e perfino di accennare che il loro lavoro era stato finanziato dalla NASA. Siccome i vulcani in effetti emettono cloro, i due si convinsero che potevano fare a meno di spiegare che il vero oggetto delle loro preoccupazioni era lo Shuttle. Vulcani o no, altri scienziati stavano lavorando sugli effetti del cloro. Anche Paul Crutzen, uno scienziato dell'atmosfera di origini olandesi — che avrebbe in seguito coniato il termine "Antropocene" per definire l'attuale periodo geologico, caratterizzato dall'impatto delle attività antropiche — presentò un lavoro alla conferenza di Kyoto.16 Qualche mese dopo, la rivista britannica Nature pubblicò un articolo di F. Sherwood Rowland e Mario Molina, secondo i quali la decomposizione nella stratosfera di un gruppo di composti chimici molto usati — i clorofluorocarburi — avrebbe rilasciato grandi quantità di ossido di cloro.17 Nel 1970 lo scienziato britannico James Lovelock aveva documentato la diffusa presenza dei CFC nella troposfera terrestre (la parte più bassa dell'atmosfera). In base alla concentrazione di CFC in atmosfera, aveva anche calcolato che le milioni di tonnellate già prodotte erano ancora presenti, poiché non c'erano processi chimici né "pozzi" che potessero rimuoverli. Se Lovelock aveva ragione, a un certo punto la circolazione atmosferica li avrebbe spinti nella stratosfera, dove Rowland e Molina ipotizzavano che per l'azione dei raggi UV avrebbero rilasciato composti di cloro e di fluoro. Esperimenti di laboratorio avevano già mostrato che il cloro era in grado di spezzare le molecole di ozono. Ogni anno venivano prodotti milioni di tonnellate di CFC per le bombolette spray, i condizionatori d'aria e i frigoriferi. Al confronto, i quattro scarichi dello Shuttle erano del tutto irrilevanti. La rivelazione che anche una cosa banale come la lacca per capelli avrebbe potuto distruggere l'ozono e aumentare l'incidenza dei tumori produsse una tempesta mediatica. Contrariamente al solito, la US National Academy of 155

Sciences reagì prontamente per capire le implicazioni per la stratosfera. Il presidente della Division of Chemistry and Chemical Technology del National Research Council riunì un gruppo un giorno intero per decidere se fosse il caso di far partire uno studio completo a livello di comitato. Donald Hunten del Kitt Peak National Observatory fece lo stesso; il suo gruppo raccomandò al presidente dell'accademia Philip Handler di istituire un comitato da affiancare al Climatic Impact Committee.18 Anche il Congresso si mosse con una solerzia insolita. Nel dicembre 1974, un mese prima della malaugurata conferenza stampa del CIAP, si tenne alla Camera la prima audizione sui CFC e sulla diminuzione dello strato di ozono.19

LA GUERRA DELL'OZONO I produttori di aerosol replicarono quasi subito al lavoro di Rowland e Molina. Due associazioni di categoria, la Chemical Specialties Manufacturers Association e la Manufacturing Chemists' Association, avevano già presentato proprie ricerche sugli effetti dei clorofluorocarburi. La Manufacturing Chemists' Association aveva costituito un sottocomitato per erogare da 3 a 5 milioni di dollari in contratti di ricerca, che andarono prevalentemente a docenti universitari.20 Vennero create due organizzazioni per le pubbliche relazioni: l'Aerosol Education Bureau e il Council on Atmospheric Sciences.21 Poco dopo, un gruppo di produttori di bombolette spray formò il Western Aerosol Information Bureau. La loro missione era "difendere il prodotto" presso l'opinione pubblica. Se vi ricordate del tabacco, dovreste avere un déjà vu. Nel gennaio 1975 il governo di Gerald Ford istituì una task force di collegamento tra le agenzie federali composta da diverse agenzie sull'Inadvertent Modification of the Stratosphere (IMOS). In febbraio il comitato dell'IMOS tenne una prima (e assai animata) audizione pubblica, poi per diversi mesi lavorò silenziosamente alla redazione di un rapporto. Alla fine annunciò che, a meno che non fossero emerse nuove evidenze capaci di assolvere i CFC, "sarebbe stato necessario limitarne l'uso... a sistemi a ciclo chiuso o ad altre tipologie che non comportino il rilascio di questi gas in atmosfera".22 In assenza di nuove prove, le emissioni di CFC in atmosfera avrebbero dovuto essere completamente bandite. Si trattava di una 156

conclusione sbalorditiva. La IMOS assegnò il compito di stabilire se fossero necessarie delle norme specifiche per i CFC non ad agenzie governative come l'EPA, ma alla National Academy of Sciences (NAS). Era insolito, in quanto la NAS non aveva funzioni regolatorie. Il suo ruolo era di riassumere lo stato di un particolare settore scientifico e di suggerire ricerche per farlo progredire. I suoi vertici non furono contenti di dover decidere se cancellare un'industria da un miliardo di dollari l'anno come quella dei CFC. Il presidente Handler accettò comunque l'incarico e istituì un Panel on Atmospheric Chemistry per esaminare lo stato dell'arte, e un Committee on Impacts of Stratospheric Change per valutare le pubblicazioni in merito e le loro implicazioni politiche. Negli anni Settanta era normale che gli scienziati che avevano già espresso le loro posizioni venissero esclusi dai comitati, e pertanto Hal Johnston, Sherry Rowland, Mario Molina e Tom Donahue, convinti sostenitori del bando dei CFC, non furono invitati. Il comitato fece ricorso alle loro conoscenze per approfondire il tema, ma i quattro non parteciparono alla redazione del documento.23 Handler scelse John Tukey, uno statistico della Princeton University e dei Bell Labs, quale presidente del Committee on Impacts of Stratospheric Change, e Herbert Gutowsky, direttore della facoltà di chimica all'University of Illinois, come presidente del comitato per la chimica atmosferica.24 La scadenza per la presentazione del loro rapporto era stata fissata per il 1° aprile 1976. Il compito era difficile. La ricerca stava progredendo velocemente, e il comitato doveva analizzare un bersaglio in movimento. Inoltre, i suoi membri erano sotto stretta osservazione: dovevano arginare i tentativi dei giornalisti di discutere le loro decisioni e le macchinazioni dei PR delle industrie, e resistere alle pressioni esercitate sia dai sostenitori sia dai contrari all'adozione immediata di normative.25 Mentre i due comitati erano impegnati, il Council on Atmospheric Sciences iniziò la propria campagna di opposizione. Il loro uomo di punta contro Rowland e Molina era Richard Scorer, un professore di meccanica teorica (di formazione era un fisico matematico, e all'epoca faceva ricerca anche in meteorologia all'Imperial College di Londra, ndC). La Chemical Specialties Manufacturers Association organizzò un tour negli Stati Uniti per consentire al professore inglese di screditare le ricerche sulla riduzione dello strato di ozono. Scorer accusò lo studio del CIAP di non essere altro che un "pomposo 157

imbonimento", e sembrava avere la stessa opinione anche sulle ricerche riguardanti i CFC.26 La tesi che sostenne durante il tour sarebbe poi diventata il mantra degli anti-ambientalisti: le attività dell'uomo erano troppo insignificanti per avere un impatto sull'atmosfera, a suo dire "l'elemento più robusto e dinamico dell'ambiente".27 Rigettava l'idea della distruzione dell'ozono definendola una "storia horror" basata su pochissime prove scientifiche. Persino a Los Angeles, una città con gravissimi problemi di smog e conseguenti disturbi respiratori in estate, Scorer continuava a dire che l'uomo non poteva danneggiare l'ambiente.28 Il tour era stato concepito perché la stampa si schierasse a favore dell'industria, non per contribuire allo sforzo scientifico. Tuttavia, dopo che un giornalista del Los Angeles Times raccontò i legami del professore inglese con la lobby dei produttori, definendolo "un mercenario al servizio dell industria", egli perse di efficacia come PR.29 Scorer se ne andò, ma i suoi argomenti continuarono a circolare. Il Council on Atmospheric Sciences, forse ispirato da come Stolarski e Cicerone avevano parlato del cloro a Tokyo, provò un'altra strada: accusare i vulcani. Nel magma è dissolto del cloro, e quando i vulcani eruttano possono rilasciarlo nell'atmosfera. Nel caso di eruzioni catastrofiche i vulcani spediscono ceneri, polveri e gas fin nella stratosfera. Se nella stratosfera c'è già una gran quantità di cloro di origine vulcanica, l'aggiunta di una piccola quantità di CFC non fa una gran differenza. Se i vulcani sono la fonte principale del cloro e l'ozono non è stato ancora distrutto, significa — almeno secondo i produttori — che il cloro non è un grande problema. In realtà, oltre al cloro i vulcani eruttano anche grandi quantità di vapore acqueo, e spesso, come conseguenza della condensazione del vapore, sia durante sia dopo le eruzioni cade una pioggia talvolta nera, carica di fuliggine e polveri. Il cloro si dissolve facilmente in acqua, e parte di esso viene così dilavato. A metà degli anni Settanta il meccanismo era chiaro qualitativamente, ma non era stato quantificato, e il Council on Atmospheric Sciences decise di approfittarne per dimostrare che la maggior parte del cloro raggiungeva la stratosfera. Convocò una conferenza stampa nell'ottobre 1975 158

in cui presentò un proprio programma di "ricerca" incentrato su un vulcano dell'Alaska di cui si prevedeva una eruzione a breve. Il vulcano eruttò alla fine di gennaio 1976, ma evidentemente non si comportò come sperato. perché il gruppo di ricerca della industria non pubblicò mai i risultati, limitandosi a dire che erano "inconcludenti".30 Eppure l'affermazione che i vulcani erano la fonte principale del cloro stratosferico venne ripetuta fino agli anni Novanta. L'idea del vulcano fu solo uno dei tentativi dell'industria di contestare la scienza dei CFC..Come chiarito da Harold Schiff, "essi [i produttori di CFC] sfidarono la teoria passo per passo. Non era provato che i CFC avessero mai raggiunto la stratosfera, dissero; non c'erano prove che si scindessero e rilasciassero cloro e anche se lo avessero fatto, non era provato che il cloro potesse distruggere l'ozono".31 Ognuna di queste affermazioni fu smentita dalle evidenze sperimentali tra il 1975 e il 1976. Uno scienziato della Denver University dimostrò che la concentrazione dei CFC nella stratosfera sopra il New Mexico era raddoppiata tra il 1968 e il 1975, fornendo quindi la prova che una quantità crescente di CFC stava raggiungendo la stratosfera. Qualche mese dopo, scienziati del NCAR misurarono i CFC proprio all'altezza dove Rowland e Molina avevano previsto sarebbe avvenuta la scomposizione, e rilevarono che la concentrazione dei gas diminuiva oltre questa altezza, confermando ancora una volta le previsioni.32 Alcuni esperimenti condotti in seguito dal National Bureau of Standards dimostrarono che i CFC rilasciavano cloro quando venivano esposti alla radiazione ultravioletta, in linea con quanto previsto dal modello chimico di Rowland e Molina.33 Rowland e Molina avevano ipotizzato che la distruzione dell'ozono potesse avvenire attraverso una complicata serie di reazioni chimiche interconnesse, e l'industria approfittò di questa complessità per spargere dubbi. Ma nella stratosfera c'era una molecola chiave la cui esistenza, prevista dalla teoria, dimostrava che il cloro, reagendo con l'ozono, ne causava la distruzione: si trattava del monossido di cloro (o CIO). Stando alla teoria, il CIO si sarebbe formato a seguito della reazione di un atomo libero di cloro con l'ozono. Il cloro libero, strappando uno dei tre atomi di ossigeno della molecola di ozono, provocava la formazione di una normale molecola di ossigeno (O2) e 159

di una di monossido di cloro (CIO). Il monossido di cloro è molto difficile da misurare in quanto reagisce rapidamente con la superficie di quasi tutti gli strumenti e quindi svanisce. Gli scienziati solitamente effettuavano le misure chimiche in stratosfera inviando in quota dei matracci refrigerati, con cui raccoglievano l'aria, e quindi li facevano rientrare sulla Terra con un paracadute. La composizione dell'aria raccolta poteva poi essere analizzata in laboratorio. Questa tecnica purtroppo non funzionò con il CIO, perché questo gas reagiva anche con le pareti dei matracci. Il problema fu risolto da un giovane ricercatore di nome James Anderson che aveva lavorato con Tom Donahue in Michigan. Anderson mise a punto un'apparecchiatura che aspirava l'aria e misurava la concentrazione del CIO nel flusso d'aria con un laser. Fino a quando il flusso d'aria era sostenuto, e l'aria al centro del flusso non toccava le pareti, sarebbe stato possibile rilevare il monossido di cloro con il laser. L'esito fu positivo: il CIO c'era davvero,34 e la sua presenza in stratosfera si spiegava soltanto con la reazione dei CFC con l'ozono. In effetti si trattava di un'impronta digitale, un segnale inequivocabile. Mentre Anderson continuava le sue misure, Rowland si rese conto che i modelli al computer usati dal comitato della National Academy usavano dati errati per un altro composto importante: il cloro nitrato. Il CINO; è un "pozzo" — impedisce al cloro (e all'azoto, un altro importante agente distruttore dell'ozono) di distruggere ancora più ozono — ma ha anche proprietà fotochimiche: la sua molecola si scompone quando viene colpita dalla radiazione solare, rilasciando cloro e azoto. Dati tedeschi degli anni Cinquanta suggerivano un tempo di rottura di qualche minuto, ma si trattava di stime molto datate. Rowland e il suo gruppo decisero di misurare di nuovo il rateo di distruzione del cloro nitrato, e scoprirono che il composto sopravviveva molto più a lungo di quanto si pensasse. Questi nuovi valori ridussero le stime dei modelli sulla distruzione dell'ozono del 20-30%. Rowland annunciò immediatamente questi risultati, anche se sembravano stemperare l'urgenza di un bando immediato dei CFC, bando che lo stesso Rowland appoggiava. I nuovi dati colsero alla sprovvista i comitati dell'Accademia, e la scadenza dei loro rapporti venne rimandata, creando malumore tra le agenzie federali 160

che avevano finanziato le ricerche (NASA, NOAA, NSF ed EPA) e che non avevano intenzione né di pagare i costi dei ritardi, né di modificare i propri calendari. Ma il presidente della NAS Handler era irremovibile: voleva che le basi scientifiche fossero inattaccabili, e avrebbe preferito rinunciare ai rapporti piuttosto che pubblicarli con i dati non corretti. Le agenzie si tirarono indietro, e la NASA trovò altri soldi. L'industria chimica annunciò in fanfara che il ritardo significava che per la NAS i CFC non erano una minaccia, e organizzò una conferenza stampa in maggio per presentare i nuovi dati che riducevano le stime della distruzione dell'ozono "quasi a zero".35 Era semplicemente falso. Quando i rapporti vennero pubblicati il 15 settembre 1976, concludevano che la distruzione dell'ozono allo stato stazionario fosse da attribuire al rilascio ininterrotto dei CFC in quantità pari a quelle del 1973. La distruzione era grosso modo proporzionale alla quantità di CFC emessi, quindi un raddoppio delle emissioni avrebbe potuto raddoppiare la quantità di ozono distrutto.36 Una distruzione inferiore rispetto alle previsioni precedenti, ma comunque sostanziale. Non spettava alla NAS proporre normative, ma i risultati scientifici evidenziavano chiaramente che i CFC stavano creando danni molto seri. La commissione presieduta da Tukey tentò di non valicare il confine tra deduzioni scientifiche e prescrizioni di natura politica, suggerendo che, anche se occorrevano ulteriori ricerche per ridurre le incertezze, non era il caso di rinviare troppo a lungo la fase decisionale: "Entro due anni al massimo", scrissero, occorrerà una regolamentazione selettiva dei CFC.37 Il processo politico andò spedito. Il presidente del Council on Environmental Quality della Casa Bianca dichiarò che "la presunzione di innocenza a tutela dell'imputato non è applicabile alle decisioni normative in condizioni di incertezza", e aggiunse che avrebbe sollecitato gli enti federali a formulare regole immediate.38 Anche la IMOS (Interagency Task Force on Inadvertent Modification of the Stratosphere) si espresse a favore di una definizione rapida dei regolamenti. Il 12 ottobre, la ETA e la FDA dichiararono congiuntamente che si sarebbero messe al lavoro, suggerendo ai paesi europei di fare altrettanto.39 L'accelerazione colse di sorpresa l'industria degli aerosol. Il suo apparato di 161

pubbliche relazioni tentò di distorcere la prudenza di Tukey — e il suo "due anni al massimo" — in una dichiarazione ben pubblicizzata che nulla doveva essere regolamentato per almeno due anni. Secondo il Western Aerosol Information Bureau, gli studi dicevano in realtà che "non sappiamo cosa sta succedendo, non sappiamo se ciò che stiamo misurando ha qualcosa a che fare con ciò che forse è un problema, ma siamo certi che in un modo o nell'altro non succederà nulla per un paio d'anni ancora".40 Intanto, era successo qualcosa di veramente interessante: le abitudini degli statunitensi erano cambiate. Nel 1977, quando il capo della Food and Drug Administration Donald Kennedy aveva annunciato la regolamentazione, l'uso dei CFC quali propellenti era già crollato di tre quarti. Il pubblico aveva capito che esistevano molti sostituti (spesso meno costosi) dei CFC, come i rollon per i deodoranti e i flaconi a spruzzo per le pulizie domestiche. Il bando dell'uso dei CFC come propellenti, entrato in vigore nel 1979, fu semplicemente il colpo di grazia. Quando si concluse il programma CIAP, la NASA assunse la leadership del programma nazionale di ricerche sulla stratosfera. I suoi dirigenti erano ancora preoccupati dalla minaccia delle normative sui CFC per lo Shuttle, e volevano anche migliorare la qualità e la rilevanza dei programmi di ricerca dell'agenzia. Il responsabile per le scienze della Terra appoggiò lo sviluppo di strumenti su palloni sonda e satelliti per misurare gas traccia associati alla distruzione dell'ozono. La NASA aveva anche ricevuto il mandato dal Congresso di presentare un rapporto ogni quattro anni sullo stato delle conoscenze scientifiche, cosa che la spinse a coinvolgere scienziati di tutto il paese in una procedura di valutazione. Negli anni seguenti, si formò così una comunità scientifica molto attiva sul tema della distruzione dell'ozono.

I BUCHI NELLO STRATO DELL'OZONO Nel 1985 il British Antarctic Survey annunciò di aver individuato un'area di marcata riduzione dell'ozono sopra l'Antartide, dando con ciò inizio a una nuova fase di conflitto. Gli scienziati britannici lo avevano scoperto quattro anni prima, ma non avevano creduto ai propri risultati. Nessuna versione dell'ipotetica diminuzione dell'ozono poteva spiegare livelli così bassi, e quindi tornarono ogni anno in Antartide per raccogliere altri dati. Nessuno 162

poteva accusarli di aver tratto conclusioni affrettate. Il loro articolo uscì proprio mentre molti dei principali scienziati della stratosfera erano riuniti a Les Diablerets, in Svizzera, per rivedere la bozza del rapporto NASA del 1985. Questa volta, il coordinatore del rapporto, Robert T. Warson della NASA, aveva contattato la World Meteorological Organization (WMO) per dare al testo un taglio internazionale, ed evitare interpretazioni contrastanti.41 Watson aveva lavorato come chimico cinetico al Jet Propulsion Laboratory prima di essere nominato direttore del programma di ricerca sull'alta atmosfera, e dopo il dottorato aveva anche fatto ricerca nel laboratorio di Hal Johnston a Berkeley. La valutazione del 1985 presentava un quadro aggiornato delle ricerche di laboratorio per migliorare la conoscenza delle reazioni di cloro e azoto, e incorporarla nei modelli chimici. In un volume di oltre mille pagine riassumeva anche la storia delle ultime misurazioni stratosferiche. La comunità dei ricercatori era abbastanza sicura di aver raggiunto una buona comprensione delle varie questioni, tanto più che le rilevazioni effettuate dalla navetta Challenger avevano appena mostrato che tutti i composti chimici in traccia previsti erano davvero presenti nella stratosfera.42 Sembrava che la comunità scientifica avesse chiarito tutto, e rimase sconvolta dai risultati del British Antarctic Survey. Alcuni partecipanti alla riunione li conoscevano già perché un redattore di Nature aveva mandato l'articolo ai revisori nel dicembre 1984.43 Gli autori avevano suggerito un rapporto tra cloro e ossidi d'azoto in linea con le ipotesi già proposte, sulla distruzione dell'ozono, ma non erano riusciti a individuare un meccanismo chimico convincente. La chimica nota non riusciva a spiegare perdite così massicce. Il lavoro, pubblicato troppo tardi per essere incluso nel rapporto, suscitò parecchie discussioni a Les Diablerets, nelle conversazioni in corridoio e a cena. Per di più la NASA aveva un satellite in orbita che avrebbe potuto rilevare il buco dell'ozono — nel caso ci fosse stato — e in diversi si chiesero come mai non aveva individuato nulla. Nessun dato è mai perfetto, e si sapeva che a terra la rete degli spettrofotometri Dobson — in omaggio a G. M. B. Dobson, un meteorologo britannico, pioniere delle misure sistematiche dell'ozono negli anni Trenta — aveva avuto vari problemi. D'altronde, i dati britannici provenivano da un 163

solo strumento, e la maggior parte dei partecipanti alla riunione erano inclini a scartarli in favore di quelli satellitari. Si capi presto che sbagliavano. Richard Stolarski, che si era trasferito al Goddard Space Flight Center, Maryland, decise di riesaminare i dati satellitari. Venne fuori che il satellite aveva rilevato la diminuzione. Quello che era successo è una lezione che mostra sia i limiti sia la forza della ricerca scientifica, quindi vale la pena di raccontarla. I satelliti non si limitano a "raccogliere" dati come i geologi dell'Ottocento raccoglievano rocce o gli entomologi farfalle; rilevano segnali e li elaborano. L'elettronica e il software coinvolti in queste procedure sono molto complessi e talvolta non tutto fila liscio: perciò esistono procedure per filtrare e scartare i dati "spuri". Era successo proprio questo. Il software di elaborazione prevedeva che se i livelli dell'ozono fossero stati inferiori a un certo valore — nello specifico, 180 unità Dobson — sarebbero stati da considerare irrealisticamente bassi, e quindi "spuri".44 Valori così bassi non erano mai stati riscontrati, e nemmeno generati da qualche modello teorico, ed era quindi una scelta ragionevole. I rilievi in Antartide, ben al di sotto delle 180 D.U. (unità Dobson), vennero classificati come errori. Il gruppo di scienziati che usavano lo strumento aveva una mappa che mostrava una concentrazione di errori in ottobre, ma decise di ignorarla, ipotizzando che la strumentazione fosse difettosa. Un sano scetticismo nei confronti delle apparecchiature li indusse a trascurare dati che si sarebbero rivelati cruciali. Quando Stolarski li ricontrollò, scoprì che la regione interessata alla riduzione comprendeva tutto l'Antartide — e nacque il "buco dell'ozono". Non era un errore strumentale, ma un fenomeno reale. Era stato rilevato dai satelliti, e andava oltre qualsiasi aspettativa. A una riunione che si tenne in Austria in agosto, il ricercatore responsabile del gruppo satelliti mostrò delle immagini generate con i dati 1979-1983 che rappresentavano un continente sopra il quale i valori dell'ozono erano scesi a circa 150 D.U.45 Le immagini erano la conferma visiva che il British Antarctic Survey non si era sbagliato e che il fenomeno non era né locale né di dimensioni ridotte. Le misure prese a terra erano puntuali — cioè riferite a punti ben precisi dell'Antartide — mentre i dati satellitari coprivano l'intero 164

globo. Gli scienziati avevano ragione: a parità di condizioni questi ultimi erano più estesi e quindi più affidabili. Fino a quel momento le condizioni non erano state confrontabili. Adesso invece lo erano. Come le immagini della Terra vista dallo spazio, le mappe del buco dell'ozono avevano una immediatezza molto efficace. Entro i confini della zona danneggiata non viveva quasi nessuno, ma se fosse cresciuta avrebbe raggiunto le regioni abitate dell'Australia e del Sud America. E poiché il meccanismo che causava il buco dell'ozono era ancora ignoto, nessuno poteva essere sicuro che non si sarebbe allargato. Per saperne di più la NASA e la NOAA finanziarono due spedizioni. Il National Ozone Experiment, diretto dalla chimica dell'atmosfera Susan Solomon, fu installato nella base antartica di McMurdo Bay sulla pista di ghiaccio soprannominata "voli invernali" nell'ottobre 1986. Squadre di esperti di strumenti della NOAA, dell'università statale di New York a Stony Brook e del Jet Propulsion Lab esaminarono vari aspetti della chimica dell'atmosfera. Prima di lasciare l'Antartide, tennero una conferenza congiunta per illustrare i risultati del loro lavoro, e ne nacque una controversia forse inevitabile. Solomon, troppo giovane per aver partecipato al primo round della controversia sull'ozono, diede una risposta sincera: i dati confermavano l'ipotesi che i CFC fossero la causa della riduzione dello strato di ozono.46 Un'idea condivisa dalla maggior parte dei chimici dell'atmosfera. Ma alcuni meteorologi sostenevano una tesi differente. A loro avviso, le correnti ascensionali trasportavano nella stratosfera l'aria a basso tenore d'ozono della troposfera e creavano un buco soltanto apparente, e in realtà non avveniva alcuna distruzione. Citata da numerosi giornali, l'affermazione di Solomon fece infuriare i fautori della tesi meteorologica.47 In realtà, il gruppo di Solomon pensava che le meteorologia potesse avere un ruolo nella formazione del buco, ma era stato radunato in fretta e non aveva né gli strumenti né le competenze per valutare tutte le possibilità. Mentre Solomon era ancora in Antartide, alcuni dirigenti della NASA e della NOAA pianificarono la seconda spedizione che doveva occuparsi degli aspetti 165

meteorologici.48 La campagna, denominata Airborne Antarctic Ozone Experiment (AAOEF), si servì di due aerei che partirono da Punta Arenas (Cile) tra l'ottobre e il novembre del 1987. Comprendeva circa 400 scienziati, in pratica tutta la comunità degli scienziati della stratosfera che analizzavano i dati ogni giorno. Cercavano di capire cosa provocava livelli così bassi di ozono. I nuovi dati fornirono la risposta: l'effetto combinato delle elevate concentrazioni di cloro in conseguenza della scomposizione dei CFC, e le peculiari caratteristiche della meteorologia antartica. Il freddo polare estremo dava luogo alla formazioni di nubi stratosferiche, costituite da cristalli di ghiaccio. Nel contempo il vortice polare, un intenso sistema di circolazione che si snoda attorno al Polo Sud, provocava il confinamento di aria estremamente fredda in questa regione del la stratosfera. La presenza dei cristalli di ghiaccio accelerava le reazioni chimiche che liberavano cloro; il vortice, a sua volta, impediva all'aria proveniente dalle medie latitudini — contenente livelli normali di ozono — di mescolarsi con l'aria all'interno del vortice stesso. Il risultato netto era che quando il Sole si affacciava all'inizio della primavera australe, le concentrazioni di cloro diventavano molto maggiori di quanto previsto dai modelli, e quelle dell'ozono incredibilmente inferiori. Era un meccanismo complesso, ma era sensato. La spedizione scoprì la "pistola fumante", una stretta correlazione inversa tra i livelli di cloro e di ozono.

STABILIRE UNA REGOLAMENTAZIONE ADATTABILE Nel frattempo, proseguivano le trattative internazionali per regolare le emissioni di CFC che, malgrado il bando negli Stati Uniti, crescevano ancora in Europa e in Unione Sovietica. La conclusione del rapporto sull'ozono — pubblicato prima della scoperta del buco — era che gli attuali livelli di emissioni erano ancora tollerabili, ma livelli più elevati no.49 Alcuni controlli erano necessari, ma quanto avrebbero dovuto essere stringenti? E come avrebbero potuto essere fatti rispettare? La Convenzione di Vienna del 1985 per la protezione dello strato dell'ozono appoggiata dall'UNEP — non imponeva alcuna restrizione sui CFC.50 Definiva semplicemente il quadro per i negoziati su un futuro protocollo — costituito 166

da emendamenti alla Convenzione — con eventuali tagli alla produzione dei CFC. Furono necessari altri due anni di negoziati perché l'UNEP riuscisse ad arrivare a un accordo internazionale: il Protocollo di Montreal che richiedeva tagli del 50% alle nazioni produttrici di sostanze dannose per lo strato di ozono, da attuare nell'arco di diversi anni.51 I paesi firmatari dovevano riunirsi periodicamente per rivedere il trattato alla luce dei nuovi dati, come quelli che stavano arrivando dall'Airborne Antarctic Ozone Experiment. Non aveva nulla di isterico: ammetteva l'incertezza scientifica, prevedeva un meccanismo che imponeva di tener conto dei nuovi dati, e di inasprire o allentare le restrizioni di conseguenza. Negli anni successivi i dati si accumularono, e mostrarono che erano necessarie restrizioni più severe. In aggiunta ai risultati dell'AAOE, annunciati dopo la conclusione del Protocollo di Montreal ma prima che questo venisse sottoposto alla ratifica del Senato statunitense, altre iniziative scientifiche cominciarono a produrre risultati importanti. I più allarmanti non provenivano dall'Antartide: sembrava che l'ozono stesse diminuendo anche alle medie latitudini dell'emisfero settentrionale, dove viveva la maggior parte dell'umanità. Un passaggio fondamentale fu l'istituzione dell'Ozone Trends Panel, creato da Robert Watson per risolvere un nuovo conflitto tra i dati della rete Dobson al suolo e quelli dello strumento satellitare Total Ozone Mapping Spectrometer (TOMS). Gli scienziati che lavoravano con i dati del TOMS avevano fatto circolare una bozza di un articolo che intendevano presentare a una rivista, in cui affermavano di aver rilevato notevoli riduzioni dell'ozono alle medie latitudini. Tra gli esperti, però, era noto che gli strumenti satellitari si deterioravano e provocavano errori non prevedibili. Quali erano i dati corretti? Quelli dei Dobson o quelli del TOMS? L'Ozone Trends Panel aveva un comitato primario di 21 membri, affiancato da molti sottocomitati composti da altri ricercatori attivi nella comunità scientifica. In un anno e mezzo, riesaminarono i due set di dati e conclusero che alle medie latitudini in inverno c'era davvero un depauperamento dell'ozono totale. Trovarono che nei dati TOMS la riduzione era superiore a quella effettivamente verificatasi, e che l'eccesso andava corretto 167

matematicamente.52 La tendenza in calo risultante dalle reanalisi era doppia di quella prevista dai modelli teorici.53 La commissione pubblicò i suoi risultati il 15 maggio 1988, il giorno dopo che il Senato degli Stati Uniti aveva ratificato il protocollo di Montreal, ma le conclusioni generali erano già note. I politici e gli altri decisori ne erano stati informati e la sostanza era già filtrata. Eppure la conferenza stampa ufficiale fece parecchio rumore. Bob Watson e Sherry Rowland affermarono chiaro e tondo che l'attività umana stava provocando un rapido incremento dei CFC nella stratosfera e che questi gas controllavano i livelli dell'ozono. L'Ozone Trends Panel comprendeva un chimico della DuPont Corporation, che aveva anche finanziato le spedizioni antartiche. Convinse i dirigenti a prendere sul serio i risultati della commissione. Dopo tre giorni di intense discussioni, i dirigenti della DuPont decisero che i danni erano ormai dimostrati in modo adeguato, e il 18 maggio annunciarono che la produzione dei CFC sarebbe cessata entro circa 10 anni.54

UN BUCO DELL'OZONO SULL'ARTICO? La ricerca scientifica non terminò con la ratifica del Protocollo di Montreal da parte del Senato. Le evidenze erano abbastanza robuste da giustificare interventi normativi, ma dal punto di vista degli scienziati restavano incertezze tali da giustificare ulteriori indagini. Il quadro complessivo era chiaro, ma né la precisa ragione della presenza di così tanto cloro sopra l'Antartide né le precise La ricerca scientifica non terminò con la ratifica del Protocollo di Montreal da parte del Senato. Le evidenze erano abbastanza robuste da giustificare interventi normativi, ma dal punto di vista degli scienziati restavano incertezze tali da giustificare ulteriori indagini. Il quadro complessivo era chiaro, ma né la precisa ragione della presenza di così tanto cloro sopra l'Antartide né le precise condizioni meteo che avevano portato alla formazione del "buco" lo erano. Dal momento che il Protocollo era stato negoziato sulla base della chimica dei soli gas, magari doveva essere modificato per tenere Conto delle nuove conoscenze sul ruolo dei cristalli di ghiaccio nelle rispettive reazioni. E l'Artide? Avrebbe potuto formarsi un buco anche lì? Nell'emisfero 168

settentrionale viveva molta più gente (compresa quella che sovvenzionava la ricerca), e le implicazioni di natura politica e umana erano ovvie. Un paio di segnali suggerivano guai in Artide. Nel febbraio 1988 un aereo dell'Ames Research Center, con a bordo l'apparecchiatura già usata in Antartide, decollò dalla base Moffert Field a Great Slave Lake, in Canada. La località era a sud del Circolo polare artico, ma i dati rilevati durante il volo mostravano la presenza di elevate concentrazioni di CIO. Il secondo segnale arrivò dagli scienziati dell'Aeronomy Lab della NOAA che, nell'ultima settimana di gennaio 1988, avevano portato lo spettrometro usato in Antartide a Thule, in Groenlandia, all'interno del vortice polare. I livelli di biossido di cloro alti e quelli di biossido di azoto molto bassi indicavano che alcune delle reazioni più importanti potessero essersi verificate anche lì. Bob Watson valutò il da farsi: organizzare un'altra spedizione artica quello stesso anno oppure attendere l'inverno successivo? Dal gennaio 1987, quasi tutti gli scienziati più qualificati erano già stati coinvolti nelle spedizioni o nelle conferenze post-spedizioni, e forse era chiedergli troppo. Comunque sia, alla fine accettarono lo stesso, e la Airborne Artic Stratospheric Expedition (AASE) a Stavanger, Norvegia, venne programmata per gennaio 1989. Tra gennaio e febbraio effettuò 31 voli dentro il vortice polare e trovò che la chimica era fortemente alterata. I bassi livelli dell'azoto e quelli elevati del cloro rispecchiavano quelli dell'Antartide, e nel volo finale vennero rilevati livelli di CIO più elevati di quelli mai misurati in Antartide. Le stesse reazioni sembravano verificarsi sia in Antartide sia nell'Artide.55 Ma se tutte le condizioni chimiche necessarie a produrre il buco sull'Antartide esistevano anche nell'Artide, perché non c'era un buco sul Polo Nord? La risposta era facile: nell'Artide fa meno freddo e il vortice polare non è così intenso. Perché si formi un buco in Artide, le temperature molto fredde dovrebbero persistere fino a marzo, e le onde atmosferiche che normalmente rimescolano la stratosfera dovrebbero fermarsi. Non è impossibile, ma è molto meno probabile che in Antartide. Le configurazioni osservate avevano un senso. I risultati congiunti dell'Ozone Trends Panel e delle spedizioni sul campo 169

portarono a una rinegoziazione del Protocollo di Montreal. Anche l'industria si convinse che i propri prodotti erano davvero dannosi, e l'opposizione si affievolì. I CFC cominciarono a essere regolamentati in base a quanto era già accaduto, non a quanto sarebbe potuto accadere in futuro. Poiché i composti chimici persistevano per decenni, era indubbio che i danni si sarebbero manifestati a lungo. In una serie di riunioni culminate a Londra nel giugno 1990, il protocollo venne rivisto in modo da comprendere il bando completo della fabbricazione dei clorofluorocarburi e di tutti gli altri composti che introducevano cloro nella stratosfera. Si programmò di interrompere la produzione di CFC nel 2000; per gli altri composti la scadenza variava tra il 2005 e il 2040. Passo dopo passo, la scienza aveva funzionato e la normativa ne rifletteva i risultati.

LA COSTRUZIONE DELLA CONTRO-NARRATIVA Se la regolamentazione deve basarsi sulla scienza, il caso dell'ozono è un successo. Ci volle del tempo per capire gli aspetti più complessi, ma grazie al supporto del governo degli Stati Unite e delle organizzazioni scientifiche internazionali alla fine gli scienziati ce la fecero, e la normativa tenne conto e si adattò ai nuovi dati. In parallelo, però, c'erano sforzi insistenti per sfidare la scienza. I rappresentanti dell'industria e altri scettici mettevano in dubbio che la riduzione dell'ozono fosse reale, oppure se anche si stava verificando non era grave, oppure che la colpa era dei vulcani. Il diniego forse più noto del problema dell'ozono è quello di Donald Hodel, il segretario degli interni nel governo Reagan, che nel 1987 lanciò un'irridente "campagna di protezione individuale" contro i pericoli del buco nell'ozono: mettersi un cappello e indossare camicie a maniche lunghe.57 Divenne un facile bersaglio per gli ambientalisti, e non durò a lungo. Sfortunatamente, Hodel non era l'unico. All'inizio degli anni Ottanta, un antiambientalismo militante era attecchito nei think tank conservatori e liberisti. Cato Institute, American Enterprise Institute, Heritage Foundation, Competitive Enterprise Institute e Marshall Institute portavano avanti un programma favorevole alle aziende e alle politiche economiche di "libero mercato", che prevedeva tagli alla tutela dell'ambiente, della salute, della sicurezza sul lavoro. Per la loro attività, ricevano donazioni da uomini 170

d'affari, multinazionali e da fondazioni conservatrici.58 La Heritage Foundation nacque in seguito al dibattito sugli aerei supersonici del 1971. Due giorni dopo il voto del Congresso che ne bloccò lo sviluppo, l'American Enterprise Institute aveva in programma una presentazione in difesa del progetto. La presentazione sprecata mandò su tutte le furie un paio di assistenti repubblicani del Congresso: istituirono una nuova fondazione in grado di dare "risposte rapide" a sostegno delle politiche conservatrici e pro-business. Joseph Coors e Richard Mellon Scaife donarono i fondi iniziali, e alla metà degli anni Ottanta la Heritage Foundation era già supportata da una vasta schiera di multinazionali e banche, come General Motors, Chase Manhattan e Mobil Oil.60 Uno dei modi per spargere il dubbio sulla riduzione dell'ozono fu la costruzione di una contro-narrativa: si trattava di una variazione naturale, cinicamente sfruttata da scienziati corrotti allo scopo di procurarsi finanziamenti. Uno dei primi a diffondere queste tesi fu un personaggio che abbiamo già incontrato, che dall'inizio degli anni Ottanta era socio della Heritage Foundation: Fred Singer.61 Ora primo scienziato al Department of Transportation, Singer protestò contro "il panico da ozono" in un articolo pubblicato sulla prima pagina del Wall Street Journal.62 Ammetteva la riduzione, ma la considerava un episodio "localizzato e temporaneo". Non c'era alcuna prova che la colpa fosse dei CFC. "Alcuni scienziati ritengono che l'ozono non sia affatto scomparso ma che i movimenti atmosferici trasportino masse d'aria povere di ozono nelle zone interessate dal buco per qualche settimana." Questo accadeva nell'aprile del 1987 — e in effetti era vero che la prova definitiva del ruolo dei CFC non era ancora stata trovata — ma si trattava comunque di un'affermazione assurda, perché i dati dai satelliti erano a scala globale: se l'ozono si era semplicemente trasferito, il satellite avrebbe dovuto rilevare valori in aumento in qualche altra zona. Singer riciclava la vecchia tattica del tabacco, la confutazione per distrazione — bisognava continuare a sottolineare che esistevano molte cause del cancro della pelle, come 'virus, predisposizione genetica, cancerogeni ambientali, migrazioni di popolazioni verso le aree più soleggiate, cambiamenti degli stili 171

di vita, diagnosi precoci del melanoma e anche la dieta".63 Tutto vero, ma fuori tema: se la riduzione dell'ozono fosse continuata si sarebbero aggiunti altri casi di cancro della pelle a quelli riconducibili ad altre cause. Singer aveva creato una finzione poi riecheggiata per un decennio. Così come aveva creato la storia che rimediare alle piogge acide "era la soluzione miliardaria a un problema di pochi milioni", ora inventava la frottola di una "scienza prevalente", secondo la quale "il vapore acqueo degli scarichi degli SST avrebbe distrutto l'ozono, facendo sì che sulla superficie terrestre arrivasse più radiazione ultra violenta [sic]".64 In verità le valutazioni condotte all'epoca avevano scartato l'idea che quel vapore potesse incidere significativamente sull'ozono. La tesi che il vapore acqueo potesse causare una riduzione importante era stata respinta dalla maggioranza degli scienziati da tempo. Non si trattava affatto del "giudizio scientifico prevalente", ma di un'ipotesi rapidamente screditata. Ma Singer non si fermò qui. Era l'inizio della contro-narrativa stando alla quale gli scienziati avevano esagerato prima ed esageravano ancora, e quindi erano inaffidabili. Nel 1988 Singer presentò la sua stravagante spiegazione per il buco dell'ozono: era apparso vistosamente e improvvisamente nel 1975, in coincidenza con il riscaldamento globale della superficie terrestre. Gli alti livelli del cloro (non prodotto necessariamente dai CFC) avevano un ruolo, ma la vera causa del buco, sosteneva Singer, era il raffreddamento della stratosfera che rientrava nella variabilità naturale del clima.65 Se fosse stato vero, era inutile regolamentare i CFC perché erano irrilevanti. L'umanità poteva continuare a emetterne senza limiti e siccome il Protocollo di Montreal era "scaturito dalla credenza che [il buco dell'ozono] era il precursore di una generale riduzione dell'ozono stratosferico", era inutile anch'esso,66 visto che il riscaldamento naturale avrebbe sistemato ogni cosa. Le idee di Singer non erano particolarmente assurde, non contraddicevano delle leggi di natura ma si scontravano con il lavoro accumulato da centinaia di specialisti nel decennio precedente e, guarda caso, portavano alla conclusione che non era necessaria alcuna regolamentazione. L'articolo di Singer era interessante anche per ciò che non diceva. La fonte 172

della sua affermazione sul raffreddamento della stratosfera collegato al riscaldamento in superficie era un articolo di V. Ramanathan, un famoso chimico dell'atmosfera dell'Università di Chicago, intitolato "The Greenhouse Theory of Climate Change: a Test by an Inadvertent Global Experiment". L'esperimento al quale si riferiva Ramanathan consisteva nell'emissione di gas serra da parte dell'uomo, che stavano modificando la composizione dell'atmosfera. Già allora era chiaro ai ricercatori che le attività umane stavano aumentando le concentrazioni di gas serra, e Ramanathan ne aveva riassunto gli effetti più probabili. Il loro aumento avrebbe intrappolato calore nella parte più bassa dell'atmosfera — la troposfera — e rallentato la perdita del calore verso lo spazio. Quindi la troposfera si sarebbe riscaldata, mentre la parte alta — la stratosfera — si sarebbe raffreddata.67 Ramanathan non diceva che il raffreddamento della stratosfera era parte di un ciclo naturale. Diceva piuttosto il contrario: che gli uomini stavano alterando il sistema climatico, riscaldando la troposfera e raffreddando la stratosfera. Il continuo incremento delle concentrazioni di CFC, metano e CO2 avrebbe probabilmente causato un ulteriore raffreddamento della stratosfera, e quindi le emissioni antropiche di questi gas avrebbero favorito anche la distruzione dell'ozono stratosferico. Esattamente l'opposto di quanto sostenuto da Singer. Singer fece la stessa cosa con il lavoro di James E. Hansen, direttore del Goddard Institute for Space Studies (GISS). Nell'agosto del 1988 Hansen aveva reso una testimonianza clamorosa davanti al Congresso: "L'evidenza scientifica dell'effetto serra è soverchiante. [...] L'effetto serra è un fatto, sta arrivando e avrà effetti importanti su tutte le popolazioni".68 Singer estrapolò un grafico dalla trascrizione dell'udienza di Hansen che era pubblicato sul Journal of Geophysical Research. Ma Hansen non aveva elaborato quel grafico per sostenere che il riscaldamento fosse naturale, bensì per mostrare che non lo era. Singer evitò di menzionare le tesi di Ramanathan e di Hansen sul fatto che il riscaldamento superficiale e il raffreddamento della stratosfera erano una conseguenza diretta delle attività umane. Il buco dell'ozono era antropogenico per due motivi diversi ma collegati: il cloro in eccesso dovuto alla presenza dei CFC, e il raffreddamento della stratosfera dovuto al 173

riscaldamento globale antropogenico. Stando così le cose, non è difficile capire perché fece fatica a pubblicare la sua teoria. In un articolo del 1989 sulla National Review si era lamentato che era stata respinta da Science prima di essere accettata da EOS - il bollettino dell'American Geophysical Union (AGU). La National Review era stata fondata dal conservatore William F. Buckley, e Singer la usò per attaccare la comunità scientifica in un articolo intitolato "My Adventures in the Ozone Layer", in cui sosteneva che gli scienziati pensavano solo ai propri interessi. "Non è difficile capire le motivazioni per una messa al bando dei CFC. Per gli scienziati il bando significa: prestigio, più fondi per la ricerca, conferenze stampa, articoli sui giornali. E anche la sensazione che forse stanno salvando il mondo per le future generazioni"69 (come se salvare il mondo fosse una cosa sbagliata!). Singer accusò gli scienziati di aver dato una valutazione affrettata. Questa era un'incoerenza clamorosa, perché se gli scienziati avessero avuto interesse a far continuare i loro programmi di ricerca, avrebbero tardato a divulgare le loro scoperte, continuando piuttosto a sostenere che erano necessarie altre ricerche, anziché dire che oramai le evidenze erano sufficienti per imporre normative stringenti. Singer, inoltre, sottolineò che Dobson aveva scoperto il buco dell'ozono già nel 1956, quindi prima che i CFC venissero prodotti in modo diffuso, e concluse che insistere per la sostituzione dei CFC sarebbe risultato difficile e costoso — e addirittura pericoloso. I sostituti dei CFC "possono essere tossici, infiammabili e corrosivi; e di sicuro non funzioneranno altrettanto bene. Ridurranno l'efficienza energetica degli elettrodomestici come i frigoriferi, si deterioreranno e richiederanno ricariche più frequenti".70 Di sicuro? Come faceva Singer a saperlo, se i sostituti dei CFC non erano ancora stati sviluppati? Ripeteva quello che aveva detto a proposito delle piogge acide — qualsiasi soluzione sarebbe stata difficile e costosa senza motivarlo. Andava perfino oltre, con audaci giudizi su tecnologie che ancora non esistevano. La descrizione che Singer dava di quanto la comunità scientifica stava facendo o pensando negli anni Ottanta era credibile? No. Non era affatto ovvio a tutta la comunità scientifica che i CFC fossero implicati: quando il buco dell'ozono venne rilevato la prima volta, vennero ipotizzati e indagati 174

anche fattori legati al Sole e alla meteorologia.71 Singer inoltre ignorò le spedizioni e gli esperimenti di laboratorio svolti da NASA e NOAA. Un'omissione sostanziale, dato che i dati chimici che chiarirono la natura del fenomeno risultarono proprio da queste attività. L'affermazione che Dobson aveva scoperto il buco dell'ozono nel 1956 era poi completamente falsa. In realtà, Dobson aveva scoperto che la variazione stagionale dell'ozono era maggiore in Antartide che nell'Artide.72 Era un'osservazione significativa, ma il buco era tutt'altra faccenda. In breve, la storia di Singer aveva tre temi principali: la scienza era incompleta e incerta, la sostituzione dei CFC sarebbe stata difficile, pericolosa e costosa, la comunità scientifica era corrotta, mossa solo da interessi economici e ideologia politica. Il primo punto era vero, ma il Protocollo di Montreal, che prevedeva degli adattamenti progressivi, ne teneva conto. Il secondo punto era privo di fondamento. Quanto al terzo, considerando i legami di Singer con il governo Reagan e la Heritage Foundation, e i giornali che ne pubblicavano le teorie, era il bue che dava del cornuto all'asino. E ora sappiamo cos'è successo dopo il bando dei CFC. I refrigeranti senza CFC disponibili hanno un'efficienza energetica maggiore — grazie a un'ingegneria eccellente e criteri di efficienza più stringenti — e non sono né tossici, né infiammabili né corrosivi.73 Con gli emendamenti al Protocollo di Montreal adottati nel 1992, ratificati dal Senato degli Stati Uniti e accettati dalla DuPont Corporation, il dibattito sulla distruzione dell'ozono si era praticamente concluso. Gli scienziati continuarono a fare ricerca, in particolare sul ruolo dei cristalli di ghiaccio e di altri particolati nell'accelerazione delle reazioni, soprattutto perché pensavano che altri composti chimici, compresi i sostituti dei CFC, potessero causare problemi. Singer però non si arrese. Nel 1990 aveva costituito un suo ente senza fini di lucro, la Science and Environment Policy Project (SEPP), per organizzare la propria attività. La SEPP si affiliò inizialmente al Washington Institute for Values in Public Policy, che a sua volta era finanziato dalla Unification Church del Reverendo Sun Myung Moon.74 (La Unification Church era conosciuta per il suo acceso anticomunismo, e può darsi che questo fattore abbia attirato 175

Singer. Uno dei suoi sostenitori era il fisico Eugene Wigner, consulente e mentore di Fred Seitz.)75 La Chiesa aveva un suo giornale, il Washington Times, e una casa editrice, la Paragon House. Negli anni, Singer si sarebbe avvalso di entrambi i canali per diffondere le sue tesi. Nel 1991 Singer ripeté sul Washington Times e sulla rivista Consumers' Research Magazine che la scienza sulla distruzione dell'ozono era incerta. Inoltre introdusse un'altra obiezione: l'Ozone Trends Panel sbagliava a usare i "dati sull'ozono degli strumenti al suolo anziché quelli più accurati prodotti dai satelliti". Abbiamo già visto che i dati satellitari avevano messo in evidenza una maggiore riduzione dell'ozono, e che il Panel aveva concluso che questi valori erano un artefatto dovuto al decadimento dell'orbita dove era situato lo strumento (un fenomeno che avrebbe dovuto essere familiare a Singer, dato che aveva cominciato la sua carriera facendo ricerca sui razzi). D'altronde, se la commissione avesse usato i dati satellitari, Singer l'avrebbe attaccata perché aveva ignorato il problema del decadimento dell'orbita. A prescindere dalla fondatezza delle obiezioni, gli sforzi di Singer cominciarono comunque a dare dei risultati. Nel 1990 Dixy Lee Ray, una zoologa già presidente della Atomic Energy Commission ed ex governatrice dello stato del Washington, scrisse con l'aiuto di un giornalista Trashing the Planet: How Science Can Help Us Deal with Acid Rain, Depletion of Ozone and Nuclear Waste (Among Other Things). Presentato come uno sforzo per "separa re i fatti dagli pseudo-fatti, per smascherare le bugie catastrofiste degli oppositori del progresso, e ristabilire il senso della ragione e dell'equilibrio tra ambiente e tecnologia moderna", il libro era in realtà una tirata contro il movimento ambientalista — e gli ambienti scientifici che lo sostenevano.77 Ray sbeffeggiava il risparmio energetico e le energie rinnovabili, bollava come "inventati" gli allarmi diffusi dagli ambientalisti sulle sostanze tossiche, in una narrativa che ometteva diligentemente i risultati degli scienziati più esperti e riportava solamente le affermazioni dei critici e degli scettici. Ecco cosa diceva dell'ozono. Malgrado sia diffusa l'opinione che lo ione cloro [che danneggia l'ozono] sia prodotto dai clorofluorocarburi, questo fatto non è stato mai dimostrato in modo inequivocabile. D'altronde, l'eruzione del Mont St. Augustine del 1976 iniettò 289 miliardi di chilogrammi di acido cloridrico direttamente in 176

stratosfera. Ciò equivale a 570 volte la produzione mondiale di cloro e composti fluorurati dell'anno 1975. Il Monte Erebus, a 15 chilometri sopravento alla baia di McMurdo, negli ultimi 100 anni ha continuato a eruttare incessantemente, eiettando quasi 1.000 tonnellate (907.184 chilogrammi) di cloro al giorno... Non sappiamo da dove arrivi il cloro, né se gli uomini abbiano un qualche effetto su di esso.78 Qual era la fonte di queste affermazioni? Ray citava un articolo di Singer del 1989, elogiandolo come uno dei due "contributi significativi e critici" sul tema della distruzione dell'ozono e del riscaldamento globale — e l'altro era il National Acid Precipitation Assessment Program, che riguardava le piogge acide e non aveva nulla a che fare né con l'ozono né con il riscaldamento globale.79 L'articolo di Singer, tra l'altro, non presentava dati originali ma citava altri articoli, senza spiegarne i contenuti. Le notizie riguardanti il Monte Erebus e il Monte St. Augustine provenivano da due articoli di tale Rogelio Maduro, usciti nel 1989 sulla rivista politica 21st Century Science and Technology finanziata dalla organizzazione di Lyndon LaRouche.80 Nel 1992 Maduro avrebbe poi pubblicato un libro, The Hole in the Ozone Scare: The Scientific Evidence that Sky isn't Falling, ma la base delle sue argomentazioni era già chiara nel suo lavoro del 1989.81 Maduro aveva concluso che la riduzione dell'ozono era una "frode" dopo aver intervistato Reid Bryson a seguito di un articolo sul "imbroglio" del riscaldamento globale. Bryson, un esperto di studi sul paleoclima basati sui pollini e sugli anelli degli alberi — niente a che vedere con l'ozono — aveva raccontato a Maduro che il Monte Erebus eruttava più cloro in una settimana di quello presente nei CFC emessi in un anno. Ray aveva apparentemente confuso le emissioni di cloro in atmosfera e la sua concentrazione nella stratosfera. È vero che il Monte Erebus emetteva parecchio cloro, ma non eruttava In maniera esplosiva, e quindi il cloro rilasciato dal vulcano non veniva iniettato nella stratosfera; i venti troposferici avrebbe dovuto trasportarlo verso l'alto. Ma i dati raccolti dalle spedizioni in Antartide della NASA e della NOAA mostravano concentrazioni di cloro basse nella troposfera e alte nella stratosfera. Inoltre, le misure 177

ottenute con i palloni sonda mostravano che l'aria estremamente fredda degli strati bassi rendeva a scendere, non a salire, quindi l'ipotesi che le masse d'aria contenenti il cloro emesso dal monte Erebus venissero trasportate verso l'alto e fossero la sorgente del cloro stratosferico era del tutto infondata. Le tesi furono pubblicate da una rivista sconosciuta, e sarebbero passate inosservate — se non fossero state riprese da Dixy Lee Ray. Grazie al suo libro, acquisirono notorietà e autorevolezza. Dopotutto, lei era una scienziata, era stata presidente della Atomic Energy Commission. Ma era realmente credibile? Secondo la stampa sì, e i media recensirono abbondantemente Trashing the Planet. Il volume vendette bene, tanto che ebbe un seguito, Environmental Overkill, un bestseller nel 1993. Oltre a ripetere gli errori del 1990, ne aggiungeva degli altri, tra cui l'affermazione che gli CFC erano troppo pesanti per poter raggiungere la stratosfera!82 Sherry Rowland era contrariato dalla rapida diffusione della disinformazione, e dedicò il suo discorso di insediamento alla presidenza della AAAS a smentirla.83 Senza fare nomi, Rowland inveì contro quegli 'scienziati maturi" che si prestavano a diffondere affermazioni false. Quindi entrò nel merito, partendo dall'idea che i CFC non potevano raggiungere la stratosfera. Erano stati misurati "letteralmente in migliaia di campioni di aria prelevati da dozzine di gruppi di ricerca in tutto il mondo".84 Poi Rowland passò alle frottole sui vulcani. Per primo ridimensionò l'articolo del 1980 di Science secondo il quale l'eruzione del Mt. Augustine, in Alaska nel 1976, aveva immesso in stratosfera tanto cloro quanto l'intera produzione di CFC del 1975. L'affermazione era basata sul contenuto di cloro delle ceneri vulcaniche, non su quello che in realtà avrebbe potuto raggiungere la stratosfera. Il dilavamento dovuto alle piogge avrebbe sicuramente ridotto la quantità in arrivo nella stratosfera, e la chimica delle piogge non era stata misurata. "In questo paper su Science non c'è nessuna prova che una qualche traccia di acido cloridrico proveniente dal pennacchio vulcanico abbia raggiunto la stratosfera.85 Egli poi riferì che, nel caso dell'eruzione di El Chichòn dell'aprile 1982, l'aumento dell'acido cloridrico in stratosfera era stato inferiore al 10%, e quella del Pinatubo nel giugno 1991 — un'eruzione molto più grande — aveva portato a un incremento 178

addirittura minore. In ogni caso, la concentrazione dell'acido cloridrico in stratosfera, nell'intervallo di nove anni tra le due eruzioni, era cresciuta continuamente, pur in assenza di qualsiasi episodio eruttivo esplosivo. Questa era la prova definitiva che il cloro non proveniva dai vulcani. Rowland poi ricondusse la confusione sugli effetti dei vulcani all'articolo di Fred Singer del 1989 sulla National Review. La confusione era stata amplificata da Ray, che aveva sostenuto che il Mt. Augustine aveva rilasciato elevate quantità di cloro.86 Ciò era stato considerato un dato di fatto da persone "che si affidavano senza porsi problemi a descrizioni di quarta mano come nel caso dei vulcani, anziché fare ricorso alle fonti ufficiali della letteratura scientifica". Molti media, poi, avevano contribuito a diffondere le informazioni errate.87 Il tentativo di Rowland di correggere questi errori non ebbe successo. Nel marzo del 1994 Singer ripeté ancora che "le prove indicano che il cloro stratosferico proviene per lo più da fonti naturali", nonostante questa affermazione fosse stata confutata da poco.88 Nel settembre 1995, Singer fu invitato dal repubblicano Dana Rohrabacher a testimoniare davanti al Congresso degli Stari Uniti sulla questione della "integrità scientifica". Singer riciclò alcune delle sue vecchie affermazioni e concluse che il comitato era stato "ingannato, preso in giro o per lo meno manipolato" da Robert Watson, precedente direttore dell'Upper Atmosphere Research Panel della NASA, e attualmente all'OSTP della Casa Bianca. A proposito di quella che lui definiva la "cosiddetta" riduzione dell'ozono, Singer asseriva che le basi scientifiche su cui erano fondate le preoccupazioni in questione erano semplicemente "sbagliate".89 Nella trascrizione del suo discorso Singer aggiunse che "non c'era consenso scientifico né sulla riduzione dell'ozono né sulle sue conseguenze".90 Qualche settimana dopo, il premio Nobel 1995 per la chimica — l'onore più alto che uno scienziato possa ottenere — venne assegnato a Sherry Rowland, Mario Molina e Paul Crutzen per il loro decisivo contributo alla comprensione della chimica dell'ozono stratosferico. Era la dimostrazione più chiara di quanto fosse apprezzato e accettato il loro lavoro.91 A quel punto Singer attaccò pure il comitato del Nobel: "Assegnando il 179

premio Nobel 1995 per la chimica agli ideatori della teoria della distruzione dell'ozono stratosferico, l'Accademia svedese delle scienze ha scelto di fare una dichiarazione politica", accusa che venne poi ripetuta sul Washington Times. L'opinione pubblica svedese aveva sostenuto l'"avventata eliminazione" dei CFC, oltre a una "opinabile carbon tax per arrestare un riscaldamento globale che finora non è stato neanche rilevato... In poche parole, il paese è in preda di una isteria ambientale collettiva".92 Quale fu l'esito degli sforzi di Singer per screditare la spiegazione scientifica prevalente? Nel 1995 fu chiesto a Tom Delay, leader della maggioranza repubblicana, da dove avesse tratto informazioni per formulare i suoi giudizi sul problema dell'ozono. DeLay, che ai tempi era l'uomo più potente nel Congresso, rispose: "Le mie valutazioni scaturiscono dai lavori di gente come Fred Singer".93

CHE COSA È AVVENUTO IN REALTÀ? Ognuno ha il diritto alle proprie opinioni. Ma quando un uomo che dice di essere uno scienziato non solo ignora le evidenze, ma ripete pervicacemente delle argomentazioni già confutate dai suoi colleghi, siamo autorizzati a chiederci "che cosa sta succedendo davvero?". Dal 1988 al 1995, a prescindere dal problema dell'origine del fenomeno, Singer aveva continuato ad affermare che la comunità scientifica stava ingannando l'opinione pubblica sul depauperamento dell'ozono. In un articolo del 1989 pubblicato sulla Nazional Review aveva sostenuto che i ricercatori si comportavano così per riempire le tasche proprie e quelle dei loro studenti, spaventando quei funzionari pubblici che potevano finanziare le loro ricerche. Naturalmente, le stesse accuse potevano essere rivolte anche a Singer. Non disponiamo delle dichiarazioni dei redditi della SEPP negli anni Novanta, ma nel 2007 i suoi profitti netti ammontavano a 226.443 dollari per un attivo di 1,69 milioni di dollari.95 Il suo scetticismo gli aveva fatto guadagnare una grande notorietà — superiore a quella della maggior parte dei ricercatori, che silenziosamente pubblicavano sulle riviste scientifiche. Quindi, se i ricercatori dovevano essere biasimati perché ottenevano fondi per le loro ricerche, o 180

perché puntavano a stare sotto i riflettori, a fortiori lo stesso doveva valere per Singer. Ma cosa aveva davvero in mente Singer? Pensiamo che la risposta migliore sia quella che ha dato lui stesso. Nel 1989 scrisse: "E poi ci sono quelli che hanno una propria agenda nascosta — non esattamente quella di 'salvare l'ambiente', ma quella di cambiare il nostro sistema economico. [...] Alcuni di questi 'utopisti coercitivi' sono socialisti, altri sono luddisti che odiano la tecnologia, ma la maggior parte hanno una gran voglia di imporre regole — sulla scala più estesa possibile".96 In un pezzo del 1991 sul riscaldamento globale, ribadì che le minacce ambientali, in questo caso il riscaldamento globale, erano montate dagli ambientalisti seguendo una "agenda politica nascosta" contraria "agli affari, al libero mercato e al sistema capitalistico".97 La finalità di coloro che erano coinvolti nelle ricerche sul riscaldamento globale non era quella di arrestare il fenomeno, ma di incentivare "azioni internazionali da mettere in campo attraverso una quantità di trattati e protocolli".98 L'agenda "vera" degli ambientalisti — e degli scienziati che fornivano loro i dati — era quella di distruggere il capitalismo e sostituirlo con una sorta di utopia socialista mondiale — o addirittura con il comunismo. Questi discorsi echeggiavano un ritornello comune della destra estrema dei primi anni Novanta: le norme a tutela dell'ambiente erano la china scivolosa verso il socialismo. Nel 1992 il giornalista George Will riassunse questo concetto nella famosa definizione secondo cui gli ambientalisti erano "un albero verde con le radici rosse".99 Per combattere le norme ambientali, Singer e Ray raccontavano che la scienza era corrotta e gli scienziati mentivano. Una volta che questa narrativa iniziava a circolare, era difficile da contrastare. Nel 1994, in un "rapporto" del Marshall Institute, Frederick Seitz riprese le storielle sulla diminuzione dell'ozono e il cambiamento climatico, e ripeté la storia che Dobson aveva già scoperto il buco dell'ozono sull'Antartide, e che i CFC non potevano raggiungere la stratosfera — tutte affermazioni che anche un fisico fresco di laurea sapeva essere sbagliate — per non parlare di un ex presidente della National Academy of Sciences.100 Patrick Michaels — un agro-climatologo dell'università della Virginia che dal 1991 assieme a Singer attaccava la scienza dell'ozono sulle pagine del Washington Times — almeno fino al 2000 181

scrisse che i responsabili del buco erano i vulcani.101 Non sorprende che il Marshall Institute abbia ripreso le affermazioni di Singer sull'ozono, dato che entrambi portavano avanti un anticomunismo viscerale. Né sorprende che Singer abbia trovato facilmente spazi su cui pubblicare i suoi scritti. Gli editoriali del Washington Times e del National Review trasudavano anticomunismo. Il Wall Street Journal aveva tenuto banco per anni con articoli e editoriali con titoli come "Bad Climate in Ozone Debate," oppure "Ozone, CFCs, and Science Fiction", o anche "The Dreaded Ozone Hole", e, dopo il Nobel a Rowland e colleghi, "Nobel Politicized Award in Chemistry".102 Uno di questi pezzi, un articolo del febbraio 1993 titolato "Too Many Holes", era stato scritto da Kent Jeffreys.103 Nel prossimo capitolo vedremo come Jeffreys si associò a Singer per attaccare l'EPA sulla questione del fumo passivo.

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5. COS'È LA CATTIVA SCIENZA? CHI LO DECIDE? LA BATTAGLIA SUL FUMO PASSIVO A metà degli anni Ottanta, praticamente tutti gli americani sapevano che il fumo provoca il cancro. Eppure, i dirigenti dell'industria del tabacco si ostinavano a promuovere e a diffondere dubbi. Il ruolo degli scienziati continuava a essere cruciale, e persone come Martin Cline testimoniarono come "esperti" quando le vertenze arrivarono in tribunale.01 Nel 1986, una nuova ondata di panico investì le aziende produttrici di tabacco, una situazione molto simile a quella che i produttori di tabacco dovevano aver vissuto nel 1953, quando le cavie sulle quali era stato spalmato il catrame di sigaretta si erano ammalate di cancro, o nel 1963, quando l'industria aveva saputo del primo rapporto del Surgeon General. Stavolta, il panico era causato da uno studio del Surgeon General che sosteneva che il fumo passivo poteva provocare il cancro anche nei non fumatori in buona salute. Quando la EPA adottò i primi provvedimenti per limitare il fumo negli ambienti chiusi, Fred Singer si unì alla squadra del Tobacco Institute per contestare le basi scientifiche sui rischi per la salute del fumo passivo. Ma Singer e il Tobacco Institute non si limitarono ad affermare che i dati erano insufficienti: proclamarono invece che la EPA stava facendo della "cattiva scienza". Non combatterono l'EPA soltanto sul tema del fumo passivo, ma iniziarono una campagna diffamatoria contro l'EPA tout court, e a denigrare i risultati scientifici scomodi per l'industria, definendoli "spazzatura".

BREVE STORIA DEL FUMO PASSIVO Oggi sappiamo che il fumo passivo può uccidere. Il Department of Health and Human Services degli Stati Uniti spiega che "non esiste un'assenza di rischio per l'esposizione al fumo passivo: anche piccole dosi... possono essere dannose per la salute umana".02 E l'industria del tabacco, come sapeva molto prima di noi che fumare provocava il cancro ai polmoni, sapeva anche che il fumo passivo poteva avere lo stesso effetto. In realtà, lo sapeva molto prima anche rispetto a molti scienziati indipendenti.03 Negli anni Settanta, i ricercatori dell'industria avevano scoperto che il fumo passivo conteneva 183

composti chimici tossici in misura maggiore rispetto al fumo diretto — in parte perché le sigarette a combustione lenta bruciavano a temperature più basse, alle quali si formavano molti composti tossici. E così avevano cercato di ridurre gli effetti collaterali migliorando i filtri, cambiando la carta delle sigarette o aggiungendo componenti per far bruciare le sigarette a temperature più elevate. I ricercatori dell'industria tentarono inoltre di creare sigarette il cui fumo non fosse meno dannoso, ma semplicemente meno visibile.04 I soggetti incaricati di tutelare la salute pubblica erano ottimisti. Gli stati si stavano muovendo contro il tabacco e nel 1979, tutti, fatta eccezione per il Kentucky e il Nevada, avevano approvato delle leggi anti-fumo o le stavano esaminando. Erano stati varati molti provvedimenti contro il fumo attivo — tasse o ammonimenti sui pacchetti di sigarette — e alcuni rientravano nell'ambito dell'indoor air quality, cioè l'impatto del fumo passivo sulle persone.05 Il New Jersey, per esempio, aveva discusso delle restrizioni da applicare al fumo in pubblico fin dal 1974. 06 È curioso, perché nel 1974 esistevano poche prove scientifiche che il fumo passivo fosse dannoso. Forse era solo questione di buon senso: se il fumo era dannoso per la persona che lo inalava di proposito, perché non avrebbe dovuto esserlo anche per chi lo faceva accidentalmente? I dati a supporto del buon senso cominciarono a emergere nel 1980, quando alcuni ricercatori pubblicarono sul prestigioso New England Journal of Medicine un articolo che dimostrava che i non fumatori che lavoravano in locali dove si fumava presentavano una ridotta funzionalità polmonare, proprio come i fumatori.07 Si trattava di uno studio abbastanza ampio — era stato condotto su 2.100 soggetti — ed era statisticamente significativo. Eppure, venne criticato pesantemente. Si venne poi a sapere che quasi tutte le critiche avevano un qualche rapporto con l'industria del tabacco, ma una questione restava tuttavia aperta: era difficile determinare la quantità di fumo passivo a cui un soggetto era realmente esposto. Si potevano fare affermazioni generiche su ambienti "fumosi", ma per una valutazione causale scientificamente inattaccabile si sarebbero dovuti misurare i livelli di esposizione e mostrare che a una maggiore esposizione corrispondeva un 184

rischio più elevato. Questa procedura è conosciuta come "curva di risposta alla dose". Uno studio successivo avrebbe dato le risposte che mancavano.08 Takeshi Hirayama era il capo epidemiologo all'Istituto nazionale per le ricerche sul cancro di Tokyo, in Giappone. Nel 1981 dimostrò che le donne giapponesi i cui mariti fumavano avevano un indice di mortalità per cancro ai polmoni molto più alto di quelle sposate con non fumatori. Lo studio — che era stato condotto per un lungo periodo e su un numero di donne piuttosto elevato, 540 donne in 29 differenti distretti sanitari per 14 anni — aveva evidenziato una curva di risposta alla dose molto netta: più i mariti fumavano, e più mogli morivano di cancro ai polmoni. Il fatto che la coniuge bevesse alcolici non incideva, e il fumo del marito non influiva su malattie come il cancro alla cervice, esattamente come ci si sarebbe atteso nel caso del fumo di sigaretta. Lo studio fece esattamente ciò che ogni buona indagine epidemiologica dovrebbe fare: dimostrare un effetto e scartare le altre cause. Lo studio giapponese diede una spiegazione anche a un altro enigma perdurante: perché così tante donne si ammalavano di cancro ai polmoni pur non fumando?09 Lo studio di Hirayama fu un risultato scientifico di primaria importanza: ancora oggi è considerato una pietra miliare in questo settore. L'industria del tabacco si scagliò contro la ricerca. Reclutò dei consulenti per assemblare un contro-studio e attaccare la reputazione di Hirayama.10 Uno di questi consulenti era Nathan Mantel, un bio-statistico molto conosciuto, che affermò che Hirayama aveva commesso un serio di errore di natura statistica. L'industria del tabacco strombazzò le affermazioni di Mantel, e convinse i media a riportare "entrambe le versioni" della storia. I giornali più diffusi fecero la loro parte, e pubblicarono articoli con titoli come "Scientist disputes findings of cancer risk to nonsmokers" oppure "New study contradicts non-smokers' risk". Dopodiché, l'industria comprò degli spazi pubblicitari sui principali giornali e li usò per rilanciare questi articoli.11 Il "nuovo studio" era stato ovviamente finanziato dall'industria del tabacco. Dietro le quinte, la storia era differente, in quanto i consulenti dell'industria ammettevano che lo studio di Hirayama fosse corretto. Un memorandum interno infatti riconosceva che "Hirayama [e i suoi sostenitori] hanno ragione, mentre Mantel e TI [industria del tabacco] sbagliano". Secondo 185

un'altra nota, i consulenti scientifici dell'industria "considerano Hirayama un bravo scienziato e la sua pubblicazione sulle coniugi non fumatrici corretta". Un altro memorandum era ancora più esplicito e diceva "Hirayama era corretto e TI lo sapeva, e TI [attaccava] Hirayama pur sapendo che il lavoro era corretto".12 D'altro canto, la comunità scientifica sapeva che lo studio di Hirayama era valido, e questo ebbe un effetto galvanizzante. Gli attivisti anti-tabacco e i medici, nella loro qualità di pubblici ufficiali, cominciarono a fare pressioni per limitare il fumo in pubblico. Nel 1984, trentasette stati e il distretto federale della Columbia avevano approvato delle restrizioni al fumo negli ambienti pubblici; due anni dopo, il numero era salito a quaranta.13 Il Congresso tenne delle audizioni per regolamentare la pubblicità delle sigarette e proibirne la vendita ai minori, e il Civil Aviation Board esaminò la possibilità di vietare il fumo sugli aerei.14 Tutto ciò avrebbe avuto senso soltanto se si fosse accertato che il fumo passivo danneggiava anche i non fumatori. Nel 1986 il Surgeon General si espresse affermativamente sulla questione. In una lettera riservata che accompagnava il rapporto del 1986, il segretario alla salute scrisse al presidente George H. W. Bush che "la questione se il tabacco sia o meno cancerogeno... è stata definitivamente risolta più di 20 anni fa". Adesso si poteva rispondere anche alle questioni riguardanti il fumo passivo: "Il fumo involontario causa svariate malattie, compreso il cancro, anche in persone in buona salute che non fumano".15 Il fumo del tabacco in ambienti chiusi provocava disturbi respiratori, diminuiva la funzionalità polmonare nei bambini e nei ragazzi, e aumentava il rischio di asma. "Come medico", concluse il segretario alla salute, "credo che i genitori dovrebbero astenersi dal fumo". Il sommario conclusivo del rapporto fu scritto da Robert Windom, un medico designato dal presidente Ronald Reagan, che rese esplicita la logica conclusione finale: "Le azioni per proteggere i non fumatori dall'esposizione al ETS [Environmental Tobacco Smoke, fumo ambientale] non solo sono giustificate, ma sono essenziali per proteggere la salute pubblica".16 Un rapporto indipendente, redatto quello stesso anno dal National Research Council, giunse alle stesse conclusioni.17 Fumare non era quindi una 186

questione di scelta personale, costituiva un rischio per chi si trovava vicino, analogo alla guida in stato di ebbrezza o all'uso di armi da fuoco in un teatro gremito. L'industria del tabacco era preoccupata, molto preoccupata. Una cosa era dire che i fumatori accettavano di correre un rischio in cambio di un piacere, un'altra che chi fumava stava uccidendo gli amici, i vicini e anche i propri figli. La vice-presidente di Philip Morris Ellen Merlo pose il problema in questi termini: "Il tenore di vita di tutti noi dipende — direttamente o indirettamente — dalle vendite di tabacco [...] dobbiamo fare gruppo e unire le forze... non è questione di 'i risultati di quest'anno saranno buoni o cattivi?'". No, è una questione di 'saremo in grado di sopravvivere e continuare a far funzionare questa industria negli anni a venire?"". Alla fine la questione si riduceva a questo: "Se i fumatori non possono fumare quando vanno a lavorare, sul posto di lavoro, nei negozi, nelle banche, nei ristoranti, nei centri commerciali e nelle aree pubbliche, finirà che fumeranno di meno" e l'industria sarebbe andata a picco.18 La campagna di disinformazione dell'industria a questo punto assunse forme nuove, persino creative. Sylvester Stallone ricevette 500.000 dollari per usare prodotti della Brown&Williamson in almeno cinque film, in modo da collegare il fumo con la forza fisica e il vigore anziché con la malattia e la morte.19 Il Center for Tobacco Research istituì un ufficio "progetti speciali" che doveva occuparsi del fumo passivo, e lo fece raccogliendo prove scientifiche contrarie al consenso prevalente, avvalendosi della testimonianza di esperti, organizzando delle conferenze sponsorizzate dall'industria per attaccare la scienza e gli scienziati. Molti di questi progetti speciali venivano portati avanti da studi legali, in modo da mascherarli sfruttando le norme a tutela della riservatezza dei clienti.20 (Come abbiamo già visto, lo scienziato dell'UCLA Martin Cline utilizzò questo espediente quando, durante una testimonianza come esperto, dichiarò che non lavorava per l'industria del tabacco ma per uno studio legale.) Altri progetti svilupparono delle strategie legali per sostenere che il divieto di fumare sui luoghi di lavoro fosse una forma di discriminazione.21 L'industria propose anche la "sindrome dell'edificio malato", suggerendo che i mal di testa e gli altri problemi lamentati dai 187

lavoratori in ambienti pieni di fumo fossero causati dalle pessime condizioni degli edifici e non dal fumo.22 L'industria cercò anche di unirsi ai gruppi antitasse per opporsi all'applicazione delle accise sulle sigarette.23 Si raddoppiarono infine gli sforzi per reclutare scienziati. Il progetto Whitecoat — come suggerisce il nome (whitecoat significa "camice bianco", ndT) — arruolò degli scienziati europei per "smentire l'errata concezione che l'ETS fosse dannoso".24 Ancora una volta, l'industria combatteva la scienza con la scienza — o per lo meno arruolando alcuni scienziati. Nel 1991 dei dirigenti della Philip Morris si posero quattro obiettivi specificamente collegati al fumo passivo. Il primo era combattere il divieto del fumo nei luoghi di lavoro e nei ristoranti. Il secondo era mantenere le aree per fumatori nelle strutture del sistema dei trasporti, per esempio negli aeroporti. Il terzo era sostenere l'idea dell'accoglienza — cioè che i fumatori avevano il diritto (come i disabili?) di essere "accolti". Atlanta, in Georgia, era stata eletta "città modello di accoglienza", in virtù della tradizionale ospitalità del Sud, ma c'era una falla (davvero fatale) in questo argomento.25 Tutti apprezzavano l'ospitalità, ma pochi sarebbero disposti ad ammettere che ciò includeva il diritto a uccidere l'ospite. In conclusione l'obiettivo #1, al quale erano collegati tutti gli altri, divenne "tenere in vita la controversia... sul fumo sia tra il pubblico sia negli ambienti scientifici".26 Il budget per tenere viva la controversia era di 16 milioni di dollari. L'anno seguente fu cruciale, in quanto alla battaglia si aggiunse anche l'EPA.27 L'industria del rabacco aveva promosso l'espressione "fumo ambientale" al posto di fumo passivo o fumo secondario — forse perché sembrava meno minacciosa — ma commise un errore tattico, perché di fatto l'espressione "fumo ambientale" rappresentava un invito all'EPA a esaminare la questione. Se il fumo secondario era "ambientale", non c'era dubbio che dovesse ricadere sotto le competenze dell'agenzia di protezione dell'ambiente. E ciò significava prevedere delle normative federali — la cosa che l'industria temeva di più. Nel dicembre 1992 EPA diffuse il rapporto Respiratory Health Effects of Passive Smoking, che attribuiva al fumo passivo 3.000 morti all'anno per cancro al polmone e da 150.000 a 300.000 casi di bronchite e polmonite nei bambini e nei ragazzi. Da 200.000 fino a un milione di bambini avevano 188

subito un aggravamento della loro asma, e l'ETS veniva considerato responsabile dell'incremento del rischio di asma nei bambini che non l'avevano ancora. Tutti questi dati erano statisticamente significativi e non potevano essere spiegati con altre cause, fattori di rischio o casualità. Il fumo ambientale (ETS) era un fattore cancerogeno umano di classe A.28 Malgrado le conclusioni fossero forti, per il resto il rapporto era piuttosto cauto. La vera notizia bomba venne però lasciata fuori dalla sintesi conclusiva e dal comunicato stampa. Si trattava della correlazione statisticamente significativa tra ETS e aumento del rischio della sindrome di morte improvvisa dei neonati (SIDS, Sudden-Infant Death Syndrome). Risultava una chiara evidenza che l'ETS aumentava il rischio di SIDS, ma il comitato non era in grado di stabilire se il rischio fosse da attribuire al fumo prenatale, postnatale o a entrambi. Altre possibili connessioni e correlazioni — aumento delle malattie cardiovascolari negli adulti, infezioni respiratorie nei bambini più grandi e altre ancora — rimasero irrisolte, in attesa di ulteriori ricerche. Ma era probabile che almeno per alcune il verdetto sarebbe stato di pericolosità, e pertanto gli scienziati conclusero: "L'impatto complessivo sulla salute pubblica dell'ETS potrebbe essere peggiore di quello discusso in questo studio".29 "Gli autori dovettero inoltre affrontare una difficoltà metodologica rilevante. Per valutare i rischi occorreva confrontare una popolazione esposta con un'altra non esposta, ma dal momento che l'ETS era ovunque, risultava difficile o addirittura impossibile trovare una popolazione completamente non esposta. Gli autori decisero quindi di focalizzarsi sugli studi sui coniugi, che probabilmente sarebbero riusciti a evidenziare gli effetti in modo più chiaro. Diciassette studi (su un totale di trenta) risultarono adatti, e tutti mostravano un aumento del rischio: nove con un livello di confidenza pari al 95%, gli altri otto al 90%. 30 Inoltre, tra le donne fumatrici i casi di cancro al polmone erano superiori se anche i loro mariti fumavano. Era evidente che l'ETS aggiungeva un rischio extra a quello dovuto al fatto stesso di fumare. Focalizzarsi sull'esposizione delle coniugi e accettare i risultati che avevano un livello di confidenza del 90% era una scelta opinabile ma comunque ragionevole, oltre che in linea con l'approccio basato sul "peso delle evidenze" adottato nelle linee guida dell'EPA per la valutazione del rischio. 189

Nel 1983 il Congresso aveva incaricato la National Academy of Sciences di riesaminare i criteri per la valutazione del rischio da adottare nell'ambito del governo federale. Il "libro rosso", come venne chiamato per il colore della copertina, richiedeva che ogni agenzia federale stabilisse delle linee guida chiare e coerenti per la valutazione del rischio.31 La EPA concluse che non c'era un unico metodo valido per tutti i casi — i vari tipi di studi erano utili in modi diversi — e quindi l'approccio migliore consisteva nell'esaminare tutte le evidenze disponibili e determinare il peso di ciascuna.32 Gli scienziati non avevano assi nella manica. Gli studi sugli animali scontavano l'ovvia difficoltà che gli animali non erano persone. Gli studi sugli umani erano limitati dal fatto che non era etico esporre deliberatamente una popolazione a un rischio noto o potenziale. L'epidemiologia statistica doveva affrontare un problema ben noto: la correlazione non era un rapporto causale, e alcune associazioni erano casuali. Nella maggior parte dei casi le persone erano esposte a concentrazioni assai basse di sostanze tossiche, perché normalmente le persone avvedute (e i datori di lavoro responsabili) cercavano di minimizzare l'esposizione alle sostanze che sapevano (o sospettavano) essere dannose. E quando la dose era bassa, la risposta era tipicamente bassa, e quindi difficile da individuare. In ogni caso, queste limitazioni potevano essere superate con un approccio basato sul peso delle evidenze: nessuno studio era perfetto, ma tutti potevano dare informazioni utili. Per esempio, per verificare se una correlazione negli uomini era causale o accidentale, si poteva decidere di esporre gli animali in un ambiente controllato. Se gli animali evidenziavano lo stesso effetto, e se l'effetto seguiva l'andamento di una curva di risposta alla dose, allora era probabile che l'effetto non fosse accidentale. Questo era in linea con le conclusioni dell'EPA sul fumo passivo. Il fumo ambientale conteneva gli stessi composti chimici del fumo diretto ed era risaputo che questi composti provocavano il cancro nelle cavie di laboratorio. Pertanto, quando dai dati epidemiologici risultò che tra le coniugi si verificavano più casi di cancro, e che era presente una chiara curva di risposta alla dose, fu ragionevole attribuire al fatto una connessione di tipo causale. Anche la consistenza e la quantità delle informazioni erano un aspetto da tenere in considerazione. Per quanto riguardava il fumo passivo, la buona 190

notizia (per modo di dire) era che c'era una grande quantità di dati sull'esposizione umana e i risultati erano coerenti. A grandi quantità di fumo corrispondevano elevate quantità di tumori." E, analogamente, a meno fumo corrispondevano meno tumori. Gli effetti erano stati riscontrati negli Stati Uniti, in Germania, Giappone, malgrado differenti stili di vita, dieta e cose simili. Il peso delle evidenze era davvero notevole.' Per l'EPA era "inoppugnabile".? Chi avrebbe potuto negarlo? La risposta è: Fred Seitz e Fred Singer. Come si è già visto nel primo capitolo, Fred Seitz cominciò a lavorare per l'industria del tabacco nel 1979. Nel 1989 si schierò a difesa del fumo passivo. Coordinò la stesura del rapporto Links between passive smoking and disease che riconomo passivo. Il fumo ambientale conteneva gli stessi composti chimici del fumo diretto ed era risaputo che questi composti provocavano il cancro nelle cavie di laboratorio. Pertanto, quando dai dati epidemiologici risultò che tra le coniugi si verificavano più casi di cancro, e che era presente una chiara curva di risposta alla dose, fu ragionevole attribuire al fatto una connessione di tipo causale. Anche la consistenza e la quantità delle informazioni erano un aspetto da tenere in considerazione. Per quanto riguardava il fumo passivo, la buona notizia (per modo di dire) era che c'era una grande quantità di dati sull'esposizione umana e i risultati erano coerenti. A grandi quantità di fumo corrispondevano elevate quantità di tumori.33 E, analogamente, a meno fumo corrispondevano meno tumori. Gli effetti erano stati riscontrati negli Stati Uniti, in Germania, Giappone, malgrado differenti stili di vita, dieta e cose simili. Il peso delle evidenze era davvero notevole.34 Per l'EPA era "inoppugnabile".35 Chi avrebbe potuto negarlo? La risposta è: Fred Seitz e Fred Singer. Come si è già visto nel primo capitolo, Fred Seitz cominciò a lavorare per l'industria del tabacco nel 1979. Nel 1989 si schierò a difesa del fumo passivo. Coordinò la stesura del rapporto Links between passive smoking and disease che riconosceva apertamente le abbondanti evidenze scientifiche sul rapporto tra l'ETS e il cancro ai polmoni degli adulti, i disturbi respiratori, l'asma, le infezioni alle orecchie dei bambini e anche la morte perinatale.36

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Tuttavia, Seitz non suggeriva all'industria di smettere di combattere. Suggeriva piuttosto che il miglior modo di contrapporsi al peso delle evidenze fosse... contestare l'approccio basato sul peso delle evidenze. L'idea era di rifiutare la cosiddetta "inclusione complessiva" — cioè l'esame di tutte le evidenze — e di focalizzarsi invece sulle "evidenze più certe".37 L'idea di Seitz non era del tutto campata per aria. Gli studi scientifici non sono tutti uguali, e mettere assieme quelli buoni con quelli cattivi può dar luogo a confusioni ed errori. Uno studio epidemiologico basato su diecimila casi è sicuramente migliore di uno basato su dieci. Ma non servono grandi doti di immaginazione per capire come distorcere un approccio basato sulle "evidenze migliori", escludendo gli studi che vanno in un verso e accettando quelli che vanno in un altro. Il rapporto di Seitz sosteneva che i criteri selettivi avrebbe dovuto essere specificati all'inizio — con preferenza per gli studi condotti secondo 'criteri di ricerca ideali". Ma i test clinici non vengono mai condotti in condizioni ideali: non è possibile mettere in gabbia le persone e controllare che cosa mangiano, bevono e respirano nelle 24 ore e 7 giorni su 7. Per definizione, gli animali sono modelli di quanto i ricercatori vogliono in realtà studiare, cioè le persone. Nel migliore dei casi gli studi con gli animali sono rappresentazioni affidabili o accettabili in prima approssimazione, ma non possono mai essere considerati ideali. L'argomentazione di Seitz era debole, l'industria del tabacco non la trovò interessante, e adottò la strategia basata sulla "scienza leale". Per questo decise di rivolgersi a Fred Singer. Nel 1990 Singer aveva creato il suo Science and Environment Policy Project (SEPP) allo scopo di "promuovere una 'scienza leale' nelle politiche ambientali".38 Che cosa significava promuovere una'"scienza leale"? La risposta era, almeno in parte, difendere l'industria del tabacco. Fin dal 1993 Singer aveva aiutato l'industria a promuovere il concetto di scienza corretta o leale, per sostenere la scienza che piaceva all'industria e screditare come "spazzatura" quella che non le andava a genio. Lo aveva fatto in collaborazione con APCO Associates, un'agenzia di pubbliche relazioni con cui la Philip Morris aveva un contratto per condurre una campagna sul problema del fumo passivo. Tom Hockaday era un dipendente di APCO e nel marzo 1993 iniziò a lavorare 192

a stretto contatto con Ellen Merlo, vicepresidente della Philip Morris, per preparare degli articoli scientifici a difesa del fumo passivo e promuovere l'idea che il lavoro dell'EPA fosse "scienza spazzatura". In un memorandum indirizzato a Merlo, Hockaday spiegò: "Abbiamo lavorato con Fred Singer e Dwight Lee [un economista titolare della cattedra Ramsey della Private Enterprise alla University of Georgia], che ha scritto articoli sulla scienza spazzatura e sulla qualità dell'aria in ambienti chiusi. [...] Sono accluse delle copie degli articoli approvati da Singer e Lee". Merlo accettò l'approccio complessivo ma chiese un taglio "più personale" per l'articolo di Singer sulla scienza spazzatura. Tom Hockaday riferì che Singer "era irremovibile e non voleva cambiare il proprio stile".39 Qual era il suo stile in realtà? Il testo era un vero e proprio assalto frontale all'EPA, accusata di produrre "scienza spazzatura". Il titolo dell'articolo per APCO era: "Junk science at EPA". Singer sosteneva che l'EPA stava assumendo 'posizioni estremistiche non supportate dalla scienza" e che "l'Agenzia non poteva escludere altri fattori... come dieta, inquinamento dell'aria, fattori genetici, precedenti malattie polmonari ecc...". Si concludeva accusando l'EPA di aver "manipolato i numeri", prendendo per buoni quelli con un livello di confidenza del 90% invece che del 95%. 40 E perché l'EPA avrebbe manipolato i numeri? Secondo Singer, l'imposizione di controlli sul fumo sarebbe stato il primo passo per imporre un esteso sistema di regolamentazioni. "La litania delle crisi, discutibili, diffusa dall'EPA non si limiterà a tali questioni. Potrebbe facilmente comprendere piombo, radon, asbesto, piogge acide, riscaldamento globale e altro ancora." Fin dai primi anni Novanta, ognuno di questi argomenti era stato esaminato con cura a causa del peso delle evidenze scientifiche, e comunque questa attenzione era risultata giustificata dai risultati di altre ricerche che erano state condotte in seguito. L'EPA era obbligata per legge a occuparsi di questi problemi, ma non aveva definito l'ETS una "crisi". Era stato Singer a usare il termine. L'EPA aveva usato il termine "cancerogeno", e quindi si trattava di un rischio per la salute. Ci si può domandare se le recriminazioni di Singer avessero qualche fondamento. La risposta è no. Gli scienziati dell'EPA avevano preso in considerazione e scartato gli altri fattori. L'epidemiologia funziona così: 193

nessuno negava che fattori genetici e stile di vita potessero influenzare stato di salute e malattie, ma le evidenze statistiche che l'ETS fosse un rischio ulteriore erano soverchianti. È poco plausibile che Singer non avesse capito — stiamo parlando di una persona intelligente e istruita — ma la realtà delle cose contrastava con le sue motivazioni. Non stava facendo ricerca scientifica, stava attaccando la scienza. Il suo scopo principale, e le circostanze storiche lo confermano, era quello di fermare o ritardare l'introduzione delle norme che regolavano il fumo passivo. Si prenda per esempio un manuale distribuito dall'industria del tabacco quello stesso anno.41 Bad Science: A Resource Book era in sostanza un manuale per combattere i fatti basato sul lavoro di Singer. Lungo oltre duecento pagine, era stato composto raccogliendo citazioni caustiche, ristampe di editoriali e articoli che mettevano in dubbio l'autorità e l'integrità della scienza, in un crescendo di accuse che culminava nell'attacco all'EPA sul tema del fumo passivo. Il volume comprendeva anche una lista di esperti, con le relative credenziali scientifiche, pronti a commentare qualsiasi tema una corporation o un think tank avessero avuto necessità di denigrare.42 Bad Science era in pratica una guida fai-da-te per le industrie soggette a regolamentazioni, e cominciava con una lista di messaggi lapidari: 1. Troppo spesso la scienza è manipolata per adeguarla all'agenda politica.

2. Le agenzie governative... tradiscono la fiducia dei cittadini andando contro il principio della correttezza scientifica al fine di conseguire risultati politici.

3. Nessuna agenzia più dell'EPA ha manipolato la scienza per adattarla alle richieste della politica.

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4.Le decisioni politiche che sono basate sulla cattiva scienza impongono costi enormi a carico della società.

5. Analogamente ad altri studi condotti in precedenza, il recente rapporto EPA sul fumo ambientale rivela che gli obiettivi politici condizionano la ricerca scientifica.

6. Le proposte volte a migliorare la qualità dell'aria negli ambienti chiusi proibendo il fumo del tabacco sono un esempio di come la cattiva scienza si presti a giustificare leggi che mettono a repentaglio le libertà individuali. Cattiva, cattiva scienza, sembra di vedere Singer con l'indice puntato. Gli scienziati sono diventati cattivi, è tempo di darsi una mano a vicenda. L'industria del tabacco sarebbe stata il buon genitore che si accerta che i ragazzi si stanno comportando bene. Non si trattava solo di denaro, qui era in gioco la libertà. Oggi il fumo, domani... chissà? Proteggendo il fumo si proteggeva la libertà. Come abbiamo visto nel capitolo 3, nel caso delle piogge acide la scienza era stata davvero manipolata per scopi politici, ma non dagli scienziati che avevano condotto le ricerche. Era stato Bill Nierenberg a modificare l'Executive Summary del comitato sulle piogge acide, e non l'EPA, che a quel tempo non aveva svolto alcun ruolo nella peer review. E ora, sempre partendo dall'idea che la miglior difesa è l'attacco, l'industria del tabacco passava all'offensiva. Per chiunque ne capiva di scienza, le loro azioni erano tremendamente offensive. Bad Science era diviso in sei capitoli, e ognuno iniziava con una serie di brevi riassunti che spiegavano "che cosa dicono gli altri". A pagina 1 veniva riportata la citazione di un professore di economia: "Le crisi possono essere sfruttate da gruppi organizzati per imporre ai governi di agire... se una vera crisi non è disponibile, una creata su misura... va bene ugualmente". Il 195

professore era Dwight Lee, il consulente pagato (attraverso APCO) per aiutare Singer con la Philip Morris. Un'altra citazione riferiva che normative troppo rigide potevano costare a una famiglia fino a 1.800 dollari l'anno. Su cosa si basava questa affermazione? Non era possibile saperlo perché Bad Science non indicava mai le fonti, e quasi tutte le citazioni erano asserzioni presentate come fatti. Una di queste diceva testualmente "per legge vengono imposte soluzioni costose... prima che ne sia dimostrata la validità scientifica". Un'altra: "Scienziati finanziati con fondi pubblici agiscono in fretta e trascurano i fatti per motivi politici". Ancora: "Molti fanatici, che appartengono o meno all'ambito governativo... si sono dimostrati propensi a piegare la scienza al servizio di finalità... politiche", e via su questo tenore. Se le citazioni erano prive di riscontri lo stesso succedeva anche per molti articoli di giornale, spesso tratti dal Wall Street Journal e dal Business Daily e firmati da individui conosciuti per aver difeso produzioni industriali anche molto rischiose. Michel Fumento, tanto per fare un esempio, era un editorialista per il colosso dei media Scripps Howard, e strenuo difensore dei pesticidi. In un pezzo uscito sull'Investors Business Daily si chiese: "Ma i pesticidi fanno davvero così male?" (Fumento qualche tempo dopo fu licenziato da Scripps Howard per aver omesso di dichiarare di aver ricevuto 60.000 dollari dalla Monsanto, un'azienda chimica di cui aveva parlato nei suoi articoli).43 "Frontline Perpetuates Pesticide Myth", "Earth Summit will Shackle the Planet, Not Save it": sono i titoli di altri articoli del WSJ che, a più riprese, attaccarono il controllo dei pesticidi, la lotta al riscaldamento globale e i limiti imposti all'uso dell'asbesto. Un articolo del St Lowis Post-Dispatch dal titolo "Scientists Ripped as Alarmists in Ecology Warning" riportava le affermazioni di Candace Crandall, la moglie di Singer. Anche se spesso Bad Science spacciava per "esperti" dei consulenti pagati dalle industrie soggette ai controlli, in qualche caso seguì una strategia più sottile, ricordando ai lettori la fallibilità della scienza. Nel libro c'erano ristampe di articoli pubblicati su riviste rispettabili che riportavano storie di errori scientifici o comportamenti scorretti. "The Science Mob" della rivista New Republic raccontava "il caso David Baltimore", quando uno studioso di post-dottorato del laboratorio di Baltimore — un gigante nel suo settore — aveva falsificato dei risultati, e l'establishment scientifico che si era schierato compatto a difesa di Baltimore invece di difendere la "gola profonda" che 196

aveva rivelato la frode. Altri articoli discutevano di studi clinici distorti dai finanziamenti erogati dalle industrie (scelta paradossale, in una difesa dell'industria). Altri articoli del New York Times puntavano sui limiti della sperimentazione animale, mentre un'edizione speciale del Times, intitolata "Science under Siege", denunciava la crescente sfiducia verso la scienza generata da errori come il prematuro annuncio della fusione fredda e il malfunzionamento del telescopio Hubble.44 Nel complesso, gli articoli raccolti in Bad Science davano l'impressione di una scienza nella quale prevalevano l'esagerazione, la cattiva gestione, la deformazione e la frode. La strategia seguita era astuta, in quanto si basava su eventi effettivamente accaduti e su preoccupazioni diffuse nella comunità scientifica. David Baltimore era stato allontanato davvero dal suo laboratorio, era risaputo che gli studi con gli animali presentavano seri limiti, e si sapeva che in qualche caso la scienza era stata corrotta dai finanziamenti dell'industria. Ciononostante, nessuno degli articoli riportati nel libro sosteneva che i problemi citati erano generalizzati — o per lo meno più diffusi che in qualsiasi altro contesto nel quale si incrociavano politica e affari. E, fatto ancor più importante, nessuno di questi studi dimostrava che le asserzioni sui danni all'ambiente si erano poi rivelate erronee. Nei fatti, nessun risultato scientifico era stato corretto da nessuno di questi articoli, semplicemente perché non c'era nulla da correggere. Il fine ultimo era quello di fornire ai lettori materiale per attaccare la scienza su qualsiasi argomento attinente ai temi ambientali. Nel caso in questione l'argomento era il fumo passivo. Il messaggio #3 di Bad Science dichiarava: "Nessuna agenzia più dell'EPA ha manipolato la scienza per adattarla alle richieste della politica". Il libro riportava, nel testo e nel risvolto di copertina, la denuncia dell'industria del tabacco contro l'EPA sull'ETS, sostenendo che le accuse contro l'industria del tabacco erano motivate politicamente, che erano basate su una scienza inadeguata, che l'EPA non aveva il diritto di accettare dati con un livello di confidenza del 90% e così via. Il libro proclamava poi che "il rapporto dell'EPA è stato ampiamente criticato dalla comunità scientifica", mentre in verità solo un ricercatore lo aveva fatto, e si trattava di un soggetto legato all'industria del tabacco. Questo era dunque il succo della strategia adottata da Bad Science: lamentarsi in editoriali, in lettere al direttore e in articoli nei 197

quali si faceva riferimento a quanto scritto dai principali giornali sulla base di fatti confezionati su misura, facendoli passare per verità scientificamente provate, e citarli spacciandoli per fatti. Un perfetto cerchio retorico. I mass media in funzione di cassa di risonanza a proprio uso e consumo. Le frasi "eccessiva regolamentazione," "super-regolamentazione," e "regolamentazione non-necessaria" erano generosamente sparse nel libro. Molte delle citazioni venivano dal Competitive Enterprise Institute (CEI), un think tank che promuoveva "la libera impresa e un governo limitato", e che era convinto che "le soluzioni migliori non sono quelle che vengono imposte dai governi, ma quelle che la gente sceglie da sé in un libero mercato".45 Il bollettino Science Policy Clips and Highlights riportava gli articoli scritti dai membri dell'Istituto che erano stati pubblicati su fonti quali Washington Times, St Louis Post-Djspatch, Reason, Advertising Age e Insight. La raccolta gennaio 1993-aprile 1994 del CEI comprendeva: "EPA's Bad Science Mars ETS Report", "EPA and the Pesticide Problem", "When Chemophobia Ruled the Land", e "Safety is a Relative Thing for Cars: Why not Cigarettes?46 In breve, Bad Science era un compendio di attacchi alla scienza, pubblicati su giornali come il Washington Times e scritti dallo staff del CEI. Gli articoli non erano scritti da scienziati, e non avevano passato nessuna peer review. Erano apparsi invece su organi i cui lettori erano in sintonia con l'ideologia del laissezfaire del Competitive Enterprise Institute. Il punto era proprio questo. Lo scopo non era quello di correggere gli errori della scienza e indirizzare le normative sulla strada giusta. Era piuttosto quello di minare la regolamentazione sfidando la fondatezza scientifica su cui si basava la regolamentazione stessa. Si reclamava una scienza solida ma in realtà non si voleva alcuna scienza — o per lo meno non si voleva una scienza che ficcasse il naso negli affari delle imprese. Bad Science accusò l'EPA di "non essersi affidata ai migliori scienziati del paese per svolgere una peer review sull'ETS", ma in realtà 'EPA aveva cercato i migliori scienziati e il loro lavoro era stato oggetto di peer review. Se l'EPA avesse commissionato un nuovo studio, l'industria l'avrebbe senz'altro attaccata per aver sprecato i soldi dei contribuenti e aver fatto un lavoro inutile. Ma il punto era proprio questo: dato che era impossibile difendere il fumo passivo, l'unica soluzione era attaccare l'EPA. O, almeno, di questo 198

sembrava convinta Philip Morris.

INCOLPARE IL MESSAGGERO: L'ATTACCO DELL'INDUSTRIA ALL'EPA Negli anni della presidenza Reagan, Craig Fuller ricoprì la funzione di capo dello staff del vice-presidente George H. W. Bush; nel 1993 lavorò anche con Ellen Merlo per difendere l'ETS e attaccare l'EPA. In situazioni disperate si ricorre però a misure estreme, e l'industria a quel punto sembrava davvero in una situazione disperata. Nel luglio di quell'anno Fuller versò 200.000 dollari a un gruppo denominato Federal Focus Inc., diretto da James Tozzi.47 Tozzi era stato amministratore dell'Office of Management and Budget nell'amministrazione Reagan, ed era noto ai funzionari sanitari pubblici per la sua Opposizione alle evidenze scientifiche che legavano la sindrome di Reyes nei bambini all'aspirina. (I critici lo accusavano di aver perfezionato la strategia della "paralisi attraverso l'analisi", consistente nel richiedere sempre e sempre più dati per evitare di prendere qualsiasi decisione.).48 Dopo aver letto il rapporto di Seitz sull'ETS, Tozzi suggerì che Federal Focus avrebbe potuto convogliare dei finanziamenti al Marshall Institute, per condurre altri accertamenti sull'ETS. Secondo Tozzi, il Marshall Institute andava bene, in quanto non aveva legami con la Philip Mortis: "Eventualmente PM [Philip Morris] potrebbe finanziare il George C. Marshall Institute attraverso Federal Focus... potrebbero contestare le conclusioni sull'ETS... ritengo che il Marshall Institute abbia sufficiente credibilità in quanto non riceve fondi da compagnie private o dal governo. Riceve finanziamenti solamente da fondazioni quali Federal Focus...".49 Quando il quotidiano finanziario Investor Business Daily pubblicò un articolo favorevole all'industria del tabacco in prima pagina, Fuller inviò una nota ai suoi collaboratori che diceva: "Bisognerebbe trasmetterne il prima possibile una copia a tutti i nostri alleati e agli opinionisti più autorevoli. Si tratta di una delle migliori rassegne che abbia mai visto, ed è veramente esaustiva". Ma non era un caso, come si desume dall'affermazione soddisfatta di Fuller, scritta nella stessa nota: "[...] e so che non è una coincidenza... è un lavoro veramente ben fatto!". In calce alla nota aggiunse poi a penna: "Questo è il lavoro di Tom Borelli" (Borelli era a capo della sezione affari scientifici della 199

Philip Morris).51 Come abbiamo visto nel capitolo 1, l'industria del tabacco aveva fatto pressioni perché opinionisti, editori e produttori radio e TV mantenessero una sorta di "equidistanza". Ora decise che era il momento di concentrarsi su una particolare categoria di giornalisti, definiti "revisionisti", che secondo l'industria potevano condividere l'idea che l'ambientalismo fosse ormai fuori controllo. Nell'elenco c'erano Nicholas Wade, editorialista scientifico del New York Times, P. J. O'Rourke del Rolling Stone e Gregg Fasterbrook, che scriveva frequentemente su New Republic. (Wade era co-autore del libro del 1983 Berygyers of Truth che sosteneva che la frode e l'inganno erano endemici nella scienza; l'industria vide in lui un potenziale alleato, ne segui attentamente il lavoro e i siti dove era citato. Di Easterbrook parleremo ancora nel capitolo 6.) Altri obiettivi ritenuti potenzialmente influenzabili erano il First Amendment Center, "un gruppo editoriale prestigioso che ha la capacità di modificare il giudizio dei reporter, solitamente con argomentazioni molto semplificate", l'unione nazionali dei sindaci e quella dei governatori, che potevano essere avvicinati facendo leva sulla questione dei mancati finanziamenti agli organi di governo locali; e organizzazioni probusiness come l'Institute for Regulatory Policy and Citizens for a Sensible Environment.52 Più avanti l'industria avrebbe arruolato anche Rush Limbaugh.53 La maggior parte delle ricerche scientifiche su cui si basava l'EPA erano indipendenti — proveniva da università e da agenzie federali come i National Health Institute, la Food and Drug Administration e il Department of the Interior — quindi accusare l'EPA di essere una burocrazia corrotta non avrebbe funzionato. Gli attacchi avrebbero dovuto investire la scienza stessa. "Senza uno sforzo potente e concentrato per far emergere la debolezza scientifica dell'EPA, senza uno sforzo per diffondere dubbi ragionevoli... allora tutti gli altri sforzi... saranno inefficaci": così riportava un memorandum di Victor Han, direttore delle comunicazioni di Philip Morris, diretto a Ellen Merlo. "Nel migliore dei casi [EPA è] un'agenzia guidata male e aggressiva, nel peggiore è corrotta e controllata da ambientalisti terroristi", così scriveva Han.54 Dal momento che poche persone erano favorevoli al fumo passivo, 200

attaccare l'EPA era "una delle poche possibilità per aprirsi una strada". L'industria avrebbe dovuto abbandonare la sua posizione difensiva — la difesa del diritto dei fumatori a fumare — e iniziare a obiettare che la "superregolamentazione stava portando a spese fuori controllo a danno dei contribuenti".55 Questo compito sarebbe stato svolto per mezzo di un notiziario chiamato EPA Watch — una struttura creata da Philip Morris attraverso la società di pubbliche relazioni APCO.56 Han concluse che "il momento era quasi arrivato".57 L'ora X scattò quando EPA Watch vide la luce, e i suoi associati Han, Merlo, Fuller prepararono un piano per EPA Watch e assoldarono Bonner Cohen, un "esperto in materia di EPA". Cohen era socio del Committee for a Constructive Tomorrow — un gruppo di Cornucopiani impegnati a conciliare "il potere del mercato con l'applicazione di tecnologie sicure... per risolvere i grandi problemi mondiali". Cohen aveva scritto parecchio sul Wall Street Journal, su Forbes, su Investor's Business Daily, sulla National Review e sul Washington Times. Il gruppo di Merlo e Fuller era deciso a fare "tutto il possibile per aumentare la propria credibilità e visibilità sulle questioni che riguardavano l'EPA". Nessuno nel 1993 sosteneva che l'EPA fosse perfetta, o che non ci fossero norme da rivedere: nemmeno i suoi più convinti difensori arrivavano a tanto. Ma l'industria del tabacco non voleva che l'EPA lavorasse meglio; voleva semplicemente distruggerla. "La credibilità dell'EPA può essere azzerata", concluse Victor Han, "ma non solo sulla base dell'ETS, che deve essere un tassello di un mosaico più ampio che riesca a raccogliere tutti i nemici dell'EPA in un solo disegno".60 Il mosaico sarebbe stato completato presto. "Scienza spazzatura" presto divenne lo slogan di Steve J. Milloy e della TASSC (The Advancement of Sound Science Coalition). Il loro obiettivo non era il progresso della scienza. Volevano invece screditarla. Milloy — che poi divenne commentatore a Fox News — era socio del Cato Institute, e prima ancora era stato un lobbista della Multinational Business Service (MBS), una società contattata dalla Philip Morris all'inizio degli anni Novanta per difendere il fumo passivo.61 (Il supervisore di Milloy alla MBS era stato James Tozzi.) La TASCC fu lanciata da APCO&Associates nel novembre del 1993, con 201

qualche accorgimento per occultare i rapporti con Philip Morris.62 APCO era stata coinvolta perché l'agenzia di PR della Philip Morris, la BursonMarsteller, era facilmente associabile al gigante del tabacco.63 John Boltz, un manager della comunicazione di Philip Morris, aveva fornito ad APCO una lista di report compiacenti, e l'annuncio era stato pubblicato proprio da APCO per "evitare qualsiasi nesso con PM [Philip Morris] ".64 Il lancio si sarebbe indirizzato verso dei mercati secondari "ricettivi", piuttosto che verso le grandi città come Washington e New York che, pur capaci di attirare i PR, avrebbero attratto anche "i cinici reporter dei media principali", solitamente inclini a scavare nelle notizie.65 Un dirigente della Philip Morris, John C. Lenzi, riassunse a Ellen Merlo come la TASSC si fosse accreditata presso l'opinione pubblica con l'ausilio di alcune testate selezionate e di diversi scienziati compiacenti. "Come noto, la TASCC ha presentato la propria iniziativa... attraverso dei tour in 5 città... anziché fare conferenze stampa in ogni città... La TASSC ha optato per dei contatti individuali diretti con i media interessati... Sembra che la scelta abbia funzionato, in particolare quando è stata combinata con lo sforzo della TASCC di evidenziare esempi di 'cattiva scienza' legati a problemi locali, che a loro volta interessano una platea di scienziati locali membri della TASSC... In totale la campagna ha presumibilmente raggiunto circa tre milioni di persone".66 Ad Albuquerque la campagna fu un successo. L'ex governatore del New Mexico, Garrey Carruthers, ora presidente onorario della TASSC, era lo speaker principale alla convention della American Farm Bureau Federation per lo stato del New Mexico. Nel suo intervento colse l'occasione per presentare "la TASSC, i suoi obiettivi e i suoi successi". A Denver, il Post, il Denver Business Journal e tre programmi radio diedero notizia della campagna della TASSC; a San Diego la notizia venne pubblicata da Union Tribune e Daily Transcript, a Dallas da diversi giornali, da emittenti radio e da almeno da una rete TV. Lenzi si vantò con Merlo che "erano state raggiunte oltre 350.000 persone attraverso la televisione, 850.000 attraverso la radio, e più di 1,7 milioni attraverso la stampa". L'operazione venne giudicata un successo, e per il 1994 venne predisposto un budget di oltre 550.000 dollari.67 202

Tra i consulenti scientifici della TASSC figuravano Fred Singer, Fred Seitz e Michael Fumento — nomi già noti sia per Bad Science sia per altri temi come tabacco, piogge acide e ozono. Fu invitato a partecipare anche Richard Lindzen, eminente meteorologo del MIT, uno dei principali scettici sul problema del riscaldamento globale e consulente di punta dell'industria.68 Lo scopo, come detto da Craig Fuller, era quello di mobilitare il maggior numero possibile di "alleati indipendenti".69 Nel frattempo Milloy scriveva articoli per il Wal! Street Journal, il Washington Times e l' Investors Business Daily, e creava il sito web JunkScience.com, che attaccava a tutto spiano la scienza su temi come la salute e su problemi ambientali. Non importava chi avesse firmato lo studio — EPA, la World Health Organization, la National Academy of Sciences o rinomati scienziati di università private. Se gli studi di queste istituzioni andavano a compromettere gli interessi dei produttori. Milloy partiva all'assalto. La TASSC preparò degli spot e comprò degli spazi pubblicitari su giornali universitari in tutto il paese, e predispose delle testimonianze da presentare al Congresso sulle "priorità della salute pubblica".70 Venne istituito anche un Sound Science Journalistic Award, che fu assegnato alla reporter Gina Kolata, "per aver riferito con precisione... sui modi in cui la scienza è stata distorta e manipolata attraverso accese polemiche sulle protesi mammarie al silicone".71 (Kolata è stata in seguito criticata pesantemente da scienziati, ambientalisti e altri giornalisti per le sue posizioni pro-business e protecnologia, e per il suo manifesto scetticismo sulle cause ambientali del cancro.)72 Eppure, nonostante gli sforzi per far uscire le proprie tesi sui principali mezzi di comunicazione — e pur avendo trovato una sponda sul New York Times grazie a Gina Kolata — la TASSC era in difficoltà, dato che gli statunitensi stavano gradualmente abbandonando il fumo. Inoltre, gli attacchi dell'industria si concentravano sempre più spesso su arcane questioni scientifiche come i livelli di confidenza, e si rivelarono scarsamente efficaci. A questo punto, l'industria provò a rilanciare attraverso un altro think tank, l'Alexis de Tocqueville Institution. A metà degli anni Novanta, il Tobacco Institute (TI) aveva individuato nell'Alexis de Tocqueville (AdTI) una delle organizzazioni idonee a supportare i tentativi di opporsi all imposizione di tasse più alte sul tabacco: inoltre, 203

diversi componenti del comitato di consulenza del Tocqueville — come Dwight Lee e Fred Singer — avevano stretti legami con l'industria del tabacco.73 Un documento interno dell'industria del tabacco descriveva questo legame così: "Il capo economista del Tobacco Institute lavora a stretto contatto con le ficure principali della Alexis de Tocqueville Institution e alcune aziende la supportano. Le opinioni espresse e sostenute dalla AdTI sono spesso favorevoli alle tesi sostenute dall'industria su temi economici e altre materie".74 Ufficialmente la missione della AdTI era quella di promuovere la democrazia; nel 1993 l'organizzazione decise di promuoverla difendendo il fumo passivo. Fred Singer e Kent Jeffreys scrissero un report intitolato EPA and the Science of Environmental Tobacco Smoke. L'Alexis de Tocqueville Institution aveva consacrato Jeffreys quale "studioso aggiunto," ma in realtà era un legale affiliato al Cato Institute, al Competitive Enterprise Institute, e al partito repubblicano. Era diventato famoso per i suoi attacchi al Superfund - il fondo federale destinato a finanziare le bonifiche dei siti inquinati da rifiuti tossici — e per la sua campagna a sostegno dell'"ambientalismo del libero mercato". Uno dei suoi slogan era "dietro ogni albero c'è un privato... che lo possiede". Per impedire la pesca indiscriminata Jeffreys proponeva di privatizzare gli oceani.76 La difesa del fumo passivo era solo una parte di un rapporto più ampio che criticava l'EPA sul radon, sui pesticidi e il Superfund. Il punto centrale del comunicato stampa che lo accompagnava era però quello che Singer e Jeffreys chiamavano il "Case Study No. 1: Environmental Tobacco Smoke". Cominciava accusando il governo federale di voler bandire il fumo — benché al momento non ci fossero proposte in questo senso — e sosteneva che per farlo il governo si sarebbe servito dell'EPA. Ma l'EPA non aveva proposto alcun bando: come facevano Singer e Jeffreys a sostenere una cosa simile? Dicevano che "gli standard scientifici erano stati violati in modo palese al fine di produrre un rapporto che giustificasse il bando negli ambienti pubblici".77 Il comitato dell'EPA aveva assunto una risposta di tipo lineare alla dose, cioè che il rischio era direttamente proporzionale all'esposizione. Singer e Jeffreys obiettavano che l'EPA avrebbe dovuto utilizzare un "effetto soglia", implicando che dosi inferiori a tale soglia non avrebbero avuto alcun 204

effetto. Citando il vecchio adagio secondo cui "è la dose che fa il veleno", insistevano che poteva esserci una soglia al di sotto della quale non ci sarebbero stati danni. Dal momento che l'EPA aveva omesso di dimostrare che le cose non stavano così, la scelta della risposta lineare alla dose era "imperfetta.78 Un memorandum del Tobacco Institute dell'agosto 1994, indirizzato ai membri del suo comitato esecutivo, descriveva la presentazione del rapporto fatta durante una conferenza stampa tenuta da due membri del Congresso — Peter Geren, democratico del Texas, e John Mica, repubblicano della Florida — alla quale avevano preso parte il direttore esecutivo di AdTI e i "co-autori S. Fred Singer e Kent Jeffreys". Singer aveva evidenziato come "fantomatici" problemi ambientali stessero provocando sprechi di denaro, mentre Jeftreys aveva appuntato la sua requisitoria contro l'amministrazione Clinton che "aveva mentito o celato le informazioni che aveva" al Congresso, accusando implicitamente l'EPA di essersi comportata allo stesso modo. Aveva concluso invocando lo spauracchio della prova assoluta: "Non posso provare che l'ETS non rappresenti un rischio di cancro ai polmoni, ma l'EPA non può provare che lo sia".79 C'era qualcosa di vero? É l'EPA avrebbe dovuto insistere per l'adozione del limite di confidenza al 95%? Avrebbero dovuto usare un effetto soglia? E davvero erano stati violati gli standard scientifici? Era cattiva scienza? E cosa poteva fare una persona normale per capirci qualcosa? Gli scienziati sono convinti di saper riconoscere la cattiva scienza quando ci si imbattono. È cattiva scienza quando è evidentemente fraudolenta — perché i dati sono inventati, falsificati o manipolati. È cattiva scienza quando i dati sono selezionati scegliendoli di proposito — prendendo solo quelli che fanno comodo e lasciando da parte gli altri — oppure quando rende impossibile capire quali criteri siano stati usati per selezionare i dati o analizzarli. È cattiva scienza quando presenta affermazioni che non possono essere testate, per esempio nel caso di risultati ottenuti con campioni di dati troppo piccoli, oppure quando le affermazioni non corrispondono alle prove fornite. È cattiva scienza — o almeno è debole — quando chi propone una posizione salta alle conclusioni pur disponendo di dati insufficienti o inconsistenti. (Come si è visto nel capitolo 4, Sherwood Rowland usò il suo discorso 205

d'insediamento alla AAAS per mostrare come Dixy Lee Ray, Fred Seitz e Fred Singer si fossero basati su cattiva scienza per sfidare la scienza ufficiale sulla distruzione dell'ozono: avevano fatto asserzioni di cui poteva essere dimostrata la falsità e avevano ignorato evidenze largamente disponibili e già pubblicate.) Ma anche se questi criteri scientifici possono essere chiari in linea di principio, metterlì in pratica è una questione da esaminare caso per caso. È per questo che gli scienziati si affidano alla peer review. La peer review è una procedura che è impossibile rendere "sexy", ma è assolutamente cruciale comprenderne il senso, perché è ciò che rende scienza la scienza — e non un opinione. L'idea è semplice: nessuna affermazione scientifica può essere considerata legittima fino a che non è stata sottoposta a uno scrutinio attento da parte di altri esperti. Come minimo i revisori controllano che non vi siano errori banali nella raccolta dei dati, nella loro analisi e interpretazione. Normalmente vanno oltre, valutando la quantità e la qualità dei dati, esaminando la fondatezza delle interpretazioni delle evidenze, le formule matematiche o le simulazioni al computer usate per analizzare e interpretare i dati, oltre che la reputazione dell'autore (se la persona è sospettata di fare un lavoro approssimativo, o se in passato ha fatto affermazioni inappropriate, può aspettarsi di subire uno scrutinio più rigoroso). Tutti gli articoli pubblicati sulle riviste scientifiche sono sottoposti alla peer review, normalmente affidata a tre esperti. Se i revisori sono in disaccordo, la redazione può rivolgersi ad altri esperti, e può far pesare anche il suo giudizio. Molti articoli passano attraverso due o tre fasi del processo, allorché gli autori apportano le correzioni richieste dai revisori o per rispondere alle obiezioni sollevate. Se questo non basta, il lavoro può essere rifiutato, e l'autore si rimette al lavoro oppure si rivolge a una rivista meno prestigiosa. I criteri adottati dalle conferenze sono di solito meno rigorosi, ed è per questo che i lavori presentati nelle conferenze sono tenuti in minor considerazione — generalmente non vengono considerati dalle commissioni scientifiche preposte alle promozioni e ai passaggi in ruolo — almeno fino a quando non vengono pubblicati sulle riviste peer review. I revisori debbono anche essere degli esperti nel loro settore — debbono saperne abbastanza per poter giudicare i metodi usati e le affermazioni fatte — e non debbono avere alcun legame, personale o professionale, con le persone da giudicare. 206

La redazione spende una quantità considerevole di tempo per trovare i soggetti che rispondono a tali requisiti. Tutto questo avviene a titolo gratuito. Gli scienziati revisionano gli articoli come parte di un impegno comune, nel quale ciascuno può essere chiamato a esaminare il lavoro degli altri, con la consapevolezza che gli altri potranno un giorno revisionare il suo. Il rapporto EPA sul fumo passivo era stato rivisto non solo da tre esperti, ma anche da un'intera commissione incaricata dal comitato dei consulenti scientifici dell'EPA: nove esperti e nove consulenti, supportati dallo staff del Comitato.80 A differenza di Singer (fisico), Jeffreys (avvocato) e Milloy (lobbista), erano dei veri esperti: un professore di medicina a Yale, un ricercatore senior al Lawrence Laboratory a Berkeley, il capo della sezione per l'igiene industriale e dell'aria del California Health Department, e sei altri componenti, tutti medici o scienziati con dottorato. La review fu eseguita non una ma due volte. Che cosa dissero i nove esperti a proposito del rapporto EPA? "La commissione concorda con il giudizio dell'EPA che il fumo passivo del tabacco dovrebbe essere classificato cancerogeno di classe A".81 Normalmente i revisori sono scettici. Tendono a dubitare delle asserzioni dei loro colleghi scienziati, spesso richiedono che vengano presentate altre prove, chiarimenti o argomentazioni più convincenti. I revisori del rapporto EPA in effetti discussero di alcuni aspetti: le incertezze e gli effetti che avrebbero potuto generare confusione, i limiti della scelta di usare le mogli in alternativa all'esposizione totale al fumo passivo, e gli studi sul ruolo dell'ETS nelle malattie respiratorie dei bambini. Ma lo fecero non perché ritenevano che il rapporto avesse sopravvalutato i rischi ma esattamente per il motivo contrario. In sostanza si temeva che il rapporto avesse sottovalutato l'entità del rischio. Le conclusioni del rapporto sembravano quindi troppo caute, non troppo allarmiste. Il fattore centrale in tutte queste considerazioni era la mole dei dati epidemiologici. Gli effetti sulla salute dei composti chimici presenti nell'ambiente vengono rilevati attraverso l'epidemiologia, cioè con studi statistici eseguiti sulle popolazioni esposte. Se un composto chimico è molto tossico, o l'esposizione è molto elevata, gli effetti sulla salute sono facili da rilevare: molte persone si ammalano, molte di più di quanto atteso per un gruppo analogo per numero e tipologia non esposto alla sostanza. Ma se il 207

composto chimico è poco tossico, o l'esposizione è bassa, allora l'indagine è più complicata. Quando si ammalano poche persone è difficile dire con sicurezza se l'effetto osservato è una variazione casuale o meno. Come giudicare l'evidenza epidemiologica in presenza di un effetto modesto? Lo si giudica sulla base di quanto si conosce al momento sulla questione. Se un risultato epidemiologico è forte è una bandierina rossa, un risultato epidemiologico debole è una bandierina rosa. Immaginiamo di piazzare le bandierine su una parete: bianca nel caso non si abbiano informazioni, nera se c'è motivo di pensare che ci sia un problema. Se la parete è bianca le bandierine rosa difficilmente si notano, ma se la parete è nera sicuramente le bandierine rosa si noteranno. Il caso dell'ETS corrisponde alle bandierine rosa su uno sfondo nero. Ecco il perché. Il fumo si disperde rapidamente nell'aria, quindi per la maggior parte delle persone l'esposizione passiva è bassa, e di conseguenza l'epidemiologia è uno strumento poco efficace per rilevare degli effetti: si comporta appunto come una bandierina rosa. Ma gli scienziati sanno già che il fumo diretto provoca cancro e che il fumo passivo introduce le stesse tossine nei polmoni. Quindi siamo In un caso di parete di colore nero.82 I revisori hanno descritto la questione in questo modo: "La causalità della connessione tra inalazione diretta del fumo del tabacco e aumento del rischio di cancro ai polmoni non può essere messa in dubbio... e l'ETS somiglia al fumo diretto del tabacco in termini di distribuzione delle dimensioni delle particelle, composizione dei carcinogeni, dei co-carcinogeni e dei fattori che generano tumori".83 Pertanto, anche se gli effetti statistici sono modesti, esistono buoni motivi per credere che siano reali. I revisori volevano che il comitato dell'EPA rendesse esplicita questa posizione "prendendo in considerazione ogni aspetto della questione... con la massima attenzione".84 In particolare trovarono che il rapporto fosse troppo debole nella parte in cui discuteva dell'impatto dell'ETS sui bambini. I revisori fecero notare che "le evidenze degli effetti sulla respirazione dei bambini sono maggiori e più generalizzate" di quanto asserito, e suggerirono al comitato di considerare che "gli effetti dell'ETS sulla salute respiratoria dei bambini potrebbero avere una rilevanza sanitaria molto maggiore degli effetti dell'ETS sui non fumatori [per il cancro ai polmoni]".85 In altre parole, 208

mentre 3.000 casi in più di morte per cancro ai polmoni dei non fumatori costituivano un forte motivo di preoccupazione per la sanità pubblica, 150300.000 casi di bronchite e polmonite nei bambini e nei ragazzi erano un problema molto peggiore. L'EPA corresse il rapporto alla luce delle osservazione dei revisori, e cinque mesi dopo fu rivisto una seconda volta. Secondo la commissione di revisione l'impostazione generale del rischio nei bambini era ancora "troppo prudente".86 Sulla questione cruciale dell'attribuzione della classe A al rischio cancro dell'ETS "la commissione supportò all'unanimità questa decisione".87 Ecco invece cosa la commissione non criticò: non si oppose all'impiego delle mogli dei fumatori quale alternativa all'esposizione totale, o all'uso di studi relativi ad altri paesi in quanto ritenne che fossero un modo appropriato per completare le "evidenze nella loro totalità". Non criticò l'adozione del limite di confidenza al 90% e neppure il modello di risposta lineare alla dose. Non suggerì affatto all'EPA di prendere in esame un effetto soglia per le conseguenze del fumo ambientale. Anzi, la commissione fece notare "la chiara associazione tra la dose e il rischio di cancro ai polmoni nell'esposizione al fumo diretto" e quindi accettò che una simile relazione di dipendenza dovesse essere accettata anche per il fumo passivo.88 Perché la commissione di revisione non si pose il problema dei limiti di confidenza? Dato che questa era una delle principali obiezioni sollevate da Singer e Jeffreys, ci si sarebbe aspettato che gli esperti menzionassero la questione. La risposta è in realtà semplice. Non c'è nulla di magico nel 95%. Potrebbe essere l'80%, oppure il 51%. A Las Vegas, se si gioca a un gioco con il 51% di probabilità di successo a proprio favore, alla lunga si riesce sicuramente a vincere. Il 95% del limite di confidenza è una convenzione sociale, un giudizio di valore secondo cui il peggior errore per uno scienziato è autoingannarsi, pensando che un effetto sia reale quando non lo è. Gli statistici chiamano questo errore di tipo 1. Quando compare, porta a pensare che la persona sia un credulone, un ingenuo o che abbia una fiducia immotivata nelle proprie idee.89 Per evitarlo, gli scienziati pongono la prova a carico della persona che 209

sostiene il rapporto di causa-effetto. Ma c'è anche un altro tipo di errore — il tipo 2 — che si verifica quando non vengono rilevati effetti che sono reali. In questo caso è come se si fosse stati troppo scettici o troppo cauti. La statistica convenzionalmente stabilisce che si debba essere scettici e quindi evitare l'errore di tipo 1. Il limite di confidenza al 95% significa che c'è solo una probabilità su 20 che si creda vera una cosa che è falsa. È una soglia molto alta. Riflette un'attitudine del mondo della scienza a considerare lo scetticismo una virtù, mentre la credulità no.90 Spesso la questione viene posta in questi termini: "Un errore di tipo 1 è considerato più serio, e quindi è più importante evitarlo, rispetto all'errore di tipo 2".91 Infatti alcuni statistici affermano che gli errori di tipo 2 non sono nemmeno errori, ma semplicemente omissioni.92 Ma l'errore di tipo 1 è più serio di quello di tipo 2? Forse, ma dipende dal punto di vista. Il timore di commettere errori di tipo 1 impone di muoversi con una sorta di cauta ottusità. Ha senso quando non sappiamo davvero come vanno le cose nel mondo reale — per esempio quando siamo nelle fasi iniziali di una ricerca scientifica. Questo atteggiamento ha senso pure nei tribunali, dove la presunzione d'innocenza serve a proteggere i cittadini da governi oppressivi o da magistrati troppo zelanti. Al contrario, quando si tratta di valutare dei rischi ambientali, il timore di apparire ingenui può indurci a essere troppo scettici o troppo poco cauti. Spostando l'onere della prova sulla vittima — anziché per esempio sul produttore di un prodotto dannoso — rischiamo di non proteggere qualcuno che potrebbe aver subito dei danni.93 E cosa succede se non siamo un po' ottusi e abbiamo già prove robuste e indipendenti che evidenziano un rapporto di causa-effetto? Facciamo il caso di un composto chimico, di cui si sa che è dannoso e che interferisce con le funzioni cellulari dei topi in laboratorio. In questo caso si potrebbe sostenere che è ragionevole accettare un valore statistico di soglia inferiore quando si analizzino gli effetti sull'uomo, perché si hanno già buoni motivi di ritenere che l'effetto osservato non sia casuale. Questa era esattamente la situazione sulla quale avevano discusso i revisori nel caso dell'ETS. Anche se il 90% è meno stringente che il 95%, significa ancora che esistono 9 probabilità su 10 che gli effetti osservati non siano casuali. Poniamola in questo modo: se siete sicuri al 90% che la risposta da scrivere nel cruciverba sia giusta, non la 210

scrivereste?94 "L'ampiezza della coerenza sfida la casualità della attribuzione" scrisse l'EPA al momento della pubblicazione del rapporto finale. La coerenza — non un livello di significatività arbitrario — è lo standard di riferimento dell'evidenza scientifica, ed era proprio questo il punto che Singer e Jeffreys avevano tentato di intorbidare. È vero che alcuni studi avevano una portata limitata, e che da soli non avrebbero potuto provare la connessione causale, ma prendendo in considerazione tutti gli studi, risultava che 24 su 30 mostravano un aumento del rischio associato a maggiore esposizione — e la probabilità che ciò fosse casuale era inferiore a 1 su 1.000. Che ne era stato dell'effetto soglia? Perché la questione non era emersa nel corso della peer review? Anche in questo caso la risposta era semplice: i revisori non avevano avuto bisogno di esprimersi al riguardo poiché avevano seguito le linee guida dell'EPA.96 Un chimico che aveva lavorato per decenni a stretto contatto con l'EPA, ha chiarito la questione in questo modo: "La risposta lineare alla dose è la posizione di default dell'EPA. Se si evidenzia la necessità di adottare una risposta non lineare, allora la si usa. Altrimenti si usa quella lineare".97 Questo è vero, e non solo perché è prescritto dalle linee guida dell'EPA: è normale pratica scientifica. La logica è duplice. La prima ragione deriva da secoli di pratica scientifica e dal principio conosciuto come "il rasoio di Ockham", che prescrive di servirsi sempre della spiegazione più semplice che si accordi con le evidenze presenti. Proprio come un macchinario ben disegnato non ha parti superflue, a una teoria ben concepita non servono assunzioni ulteriori che non siano supportate dalle evidenze. Se ci si trova di fronte a complicazioni come effetti legati a valori di soglia per le basse dosi (o di amplificazione per alte dosi), allora ovviamente occorre fare attenzione, altrimenti in assenza di evidenze non si devono introdurre complicazioni non necessarie. La seconda ragione è legata al buon senso. Se qualcosa è dannoso, allora una maggiore esposizione significa maggior rischio. Tuttavia, non tutte le sostanze pericolose funzionano in questo modo. Alcune hanno davvero degli effetti soglia, e fino a un certo livello il nostro corpo può reggerle. Certe 211

sostanze, come le vitamine e i minerali, sono velenose in quantità elevate, ma a piccole dosi sono di aiuto o addirittura essenziali. Questo effetto ha un nome scientifico: ormesi.98 Ma si tratta di una regola approssimativa: se si sa che una piccola parte di qualcosa è cattiva, una grossa parte probabilmente lo è anche di più, e se una grande parte di qualcosa è cattiva, allora la piccola parte restante non sarà probabilmente migliore. E anche se Ronald Reagan era diventato famoso perché aveva affermato che il ketchup era prodotto da una pianta, nessuno, neppure Fred Singer, poteva sostenere che il fumo di sigaretta fosse una vitamina. Ma come si difese l'EPA da questi attacchi? Nella pratica normale della scienza, il solo fatto di aver superato la peer review costituisce una prima linea di difesa. Singer e Jeffreys avevano però squalificato tale processo, sostenendo che il rapporto dell'EPA era stato ampiamente criticato dalla comunità scientifica, omettendo di dire che in realtà il rapporto era stato unanimemente vagliato e approvato da esperti indipendenti, e che questi esperti avevano raccomandato all'EPA di renderlo ancora più forte. L'EPA aveva quindi messo online un sito, Setting the Record Straight: Secondhand Smoke is a Preventable Health Risk, che diceva tutto quanto doveva essere detto: è pertanto conveniente riportarne integralmente la presentazione: Di recente, una serie di pubblicità dal forte impatto e di campagne di pubbliche relazioni promosse dall'industria del tabacco hanno contribuito a confondere il pubblico statunitense sulla questione dei rischi connessi con il fumo passivo. EPA ritiene che sia giunto il momento di ristabilire la verità su un fatto incontrovertibile: il fumo passivo costituisce un rischio reale e prevenibile per la salute umana, EPA si attiene a quanto riportato nel suo rapporto scientifico. Il rapporto è stato oggetto di un rigoroso processo di revisione... da parte di una commissione (EPA Science Advisory Board-SAB), costituita da esperti scientifici indipendenti. In sostanza, tutti gli argomenti addotti dall'industria del tabacco riguardo del cancro ai polmoni sono stati presi in considerazione dalla commissione SAB. La commissione degli esperti ha condiviso la metodologia adottata e le conclusioni finali del rapporto. Il rapporto è stato approvato anche dal US Department of Health and Human Services, dal National Cancer Institute, dal Surgeon General e da molte altre 212

organizzazioni sanitarie. Le critiche non venivano dalla comunità scientifica ma da gruppi e individui finanziati dall'industria del tabacco. La commissione che aveva sottoposto a peer review le conclusioni dell'EPA aveva approvato il documento, e lo stesso tutte le principali agenzie e organizzazioni del paese. Come per il limite di confidenza del 90%, si trattava di una "procedura statistica standard e appropriata" che aveva tenuto conto delle evidenze già presenti. Questa procedura inoltre era stata usata da parte dell'EPA in molte altre situazioni di valutazione del rischio di cancro, quando erano presenti analoghe evidenze. Non c'era stato quindi nulla di speciale o di irregolare nei modi in cui l'EPA aveva trattato il problema del fumo passivo. Inoltre, nella parte del rapporto che trattava degli altri effetti sulle malattie respiratorie, dove non erano disponibili evidenze preesistenti, erano stati usati degli intervalli di confidenza del 95%. Singer e Jeffreys si erano concentrati sul rischio di cancro, ma la vera notizia bomba del rapporto erano i rischi per i bambini. L'EPA fece notare che "l'industria del tabacco non ha preso in considerazione e neppure ha contestato le conclusioni riguardanti gli effetti respiratori sui bambini, ma ha appuntato le sue critiche sui risultati che portavano al cancro ai polmoni". Questa omissione era significativa, in quanto sia la commissione per la peer review sia il Secretary of Health and Human Services avevano fatto notare che l'impatto sulla salute dei bambini era il risultato più eclatante — e senza dubbio anche la maggior parte delle persone la pensava così. Una cosa è che un adulto scelga di rischiare, un'altra è imporre questo rischio ai bambini (o a chiunque altro). L'EPA saggiamente ricondusse l'attenzione su questa distinzione cruciale: "Il fatto che scelgano di accettare un rischio per se stessi non autorizza i fumatori a obbligare gli altri a correre lo stesso rischio".99 Questo era il problema fondamentale. Non risulta che i mass media abbiano prestato attenzione al sito web dell'EPA. Ma quale impatto avrebbe potuto d'altronde avere un singolo sito web contro una campagna di disinformazione multimilionaria? L'EPA aveva chiarito che le obiezioni sui limiti di confidenza erano infondare, ma che dire della questione della soglia? La tesi di Singer, secondo cui per il fumo passivo c'era un effetto soglia, aveva un qualche fondamento? La 213

risposta dell'EPA era semplice: "Non c'è nessuna evidenza che questa soglia esista".100 Allora da dove veniva l'idea di Singer? Se l'era inventata? L'EPA avrebbe dovuto prendere in considerazione l'effetto soglia nell'analizzare il fumo? Nel documento scritto assieme a Jeffreys, Singer stava diffondendo un vecchio adagio: è la dose che fa il veleno. Da dove veniva questo concetto? La risposta è: da Paracelso, un medico del Rinascimento morto nel 1541. Singer e Jeffreys stavano attaccando l'EPA usando un aforisma vecchio di cinquecento anni.101 Benché sia possibile che Singer abbia letto antichi testi in latino, sembra più probabile che abbia tratto l'argomento da qualche dibattito a lui contemporaneo sulla radioattività. Molti cittadini giapponesi esposti alle radiazioni delle bombe atomiche si erano ammalati di tumore negli anni successivi alle esplosioni — molti, ma non tutti. Che cosa aveva protetto i sopravvissuti? Alcuni scienziati avevano avanzato l'ipotesi di un effetto soglia: cioè che fino a un determinato valore le radiazioni non provocavano il cancro. Era possibile che le persone che si trovavano abbastanza distanti dal luogo dell'esplosione, oppure che erano protette da spesse pareti o lastre di metallo, avessero ricevuto esposizioni al di sotto del livello che causava l'insorgere del cancro. Questo argomento sembrava ragionevole, poiché la radiazione è un fenomeno naturale al quale siamo esposti tutti i giorni. Molti elementi naturali come carbonio, potassio e uranio hanno delle varietà che emettono una radioattività naturale, e si trovano in rocce, minerali, terreni e anche nell'aria. I raggi cosmici provenienti dallo spazio aggiungono un piccolo contributo a questo "fondo naturale". Anche se il fondo naturale varia a seconda dei luoghi, è comunque sempre presente, quindi l'ipotesi che le creature viventi si siano adattate a esso è plausibile: gli esseri viventi, essendosi evoluti su un pianeta che ha sempre avuto una radiazione di fondo, possono aver sviluppato delle forme di difesa naturale. Quindi il concetto di "dose" tollerabile, sicura, ha guadagnato credibilità, ed è stato usato dalle industrie per stabilire degli standard per i lavoratori esposti alle radiazioni, come per esempio quelli che lavorano nell'estrazione dell'uranio o nelle centrali nucleari per la produzione di energia elettrica.

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Alcuni si sono spinti anche oltre, dichiarandosi a favore dell'ipotesi dell'ormesi della radioattività — cioè che piccole dosi di irradiazione potrebbero addirittura far bene ai soggetti esposti. Una di queste persone era Chauncey Starr, il fisico dell'Electric Power Research Institute, che abbiamo già incontrato nel capitolo 3, che aveva scritto a George Keyworth e Bill Nierenberg per convincerli che l'ansia del pubblico rispetto alle piogge acide era stata alimentata senza motivo.102 (Parleremo ancora di Starr nel capitolo 6.) Fin dagli anni Settanta, il concetto di soglia fu usato per difendere ogni specie di materiale rischioso. Era del tutto illogico, perché l'ipotesi della soglia era applicabile ai rischi naturali — come la radioattività di fondo o i metalli in traccia presenti nei terreni — ma ciò non impedì ad alcuni di usare questo argomento per difendere le sostanze artificiali. Nel 1973, Emil Mrak, già rettore della University of California, Davis, fu invitato dai laboratori della Philip Morris a parlare della sicurezza dei cibi. Mrak era scettico sui pericoli del DDT e di altri pesticidi artificiali, e usò il concetto di soglia per difendere queste sostanze. Riferendosi ai composti chimici presenti nell'ambiente sospettati di causare il cancro, chiese: "Esiste un livello al di sotto del quale queste sostanze non hanno effetti?". Molti oncologi dissero no — nel senso che non esistevano prove a sostegno di questa affermazione: se un composto chimico è pericoloso a un certo dosaggio, allora la sola dose che di sicuro non produrrà alcun danno è la dose nulla. Mrak rigettò questa posizione sulla base di una considerazione chiaramente iperbolica: "Se le cose stessero così dovremmo cominciare subito a mettere fuori legge quasi tutto".103 Terminò il suo discorso con una reductio ad absurdum: se non si fosse adottato il concetto di soglia allora si sarebbe dovuto concludere che "ogni cosa è dannosa".104 Quella di Mrak era pura strategia retorica, perché stavolta non erano gli ambientalisti che sostenevano che ogni cosa poteva essere dannosa, ma l'industria del tabacco. L'industria sosteneva che qualsiasi cosa, dall'attraversare la strada a guidare la bicicletta, era pericolosa, e quindi il tabacco doveva essere considerato come uno dei (tanti) normali rischi che la gente accettava nella vita. Le minacce della vita quotidiana, così le chiamavano taluni apologeti dell'industria.105 La vita è pericolosa. Anche il 215

tabacco lo è. Accettiamolo. Questo era il modo di ragionare dell'industria del tabacco. Ma c'è un'enorme differenza tra i rischi che uno sceglie di accettare in cambio dei vantaggi ai quali aspira — come per esempio guidare l'auto, bere dell'alcol, o avere rapporti sessuali non protetti — e correre dei rischi che vengono imposti contro la propria volontà. C'è pure un'enorme differenza tra l'idea che l'evoluzione abbia dotato gli uomini di una sorta di immunità congenita contro i pericoli naturali, e l'idea che in qualche modo si possa essere immuni rispetto a qualcosa a cui non siamo mai stati esposti in milioni di anni di evoluzione della specie umana. Nel dibattito sul fumo passivo o ambientale l'aspetto cruciale era esattamente questo: che il rischio non era il risultato di una scelta, e che non era di tipo naturale. Si trattava di un rischio creato dall'uomo che veniva imposto agli altri, senza che questi avessero acconsentito. Il fatto stesso che Singer stesse riciclando vecchi argomenti già usati nei dibattiti sull'energia nucleare, sui pesticidi, sulle piogge acide e sui CFC, indica che nessuna delle argomentazioni sul fumo ambientale aveva una qualche validità scientifica. Semplicemente Singer non era un esperto in nessuno di questi campi. La scienza moderna è troppo complessa e specializzata perché egli potesse essere un esperto su tutte queste materie. Per l'industria del tabacco, ovviamente, l'obiettivo era quello di proteggere i propri profitti. In effetti nel 1995 la Philip Morris aveva fatto registrare dei profitti record: USA Today aveva scritto che "l'uomo Marlboro continua a correre veloce".106 Secondo l'indice industriale Dow Jones di quell'anno, la Philip Morris era la società con il rendimento più alto, e la rivista Money faceva notare che malgrado "le incertezze causate... dalle azioni legali sul fumo" continuassero a rallentare la crescita del valore delle azioni. "i produttori di sigarette non avevano ancora subito alcun verdetto sfavorevole".107 La Philip Morris era determinata a continuare a guadagnare.108 Ma che dire degli scienziati che cooperavano in questa impresa, come per esempio Fred Singer, Fred Seitz e gli altri scienziati che facevano causa comune con l'industria del tabacco? Una risposta è già emersa nella 216

discussione sulle piogge acide e l'ozono: questi scienziati, e i think tank che collaboravano a diffondere le loro tesi, erano implacabilmente ostili a qualsiasi forma di regolamentazione. La regolamentazione era la strada che portava al socialismo — la vera causa per cui era stata combattuta la Guerra fredda. Questa ostilità alle regole era parte di una ideologia politica più ampia, il cui contenuto era stato riportato esplicitamente in un documento di una organizzazione britannica chiamata FOREST (Freedom Organization for the Right to Enjoy Smoking Tobacco). Questa era l'ideologia del libero mercato. Era fondamentalismo del libero mercato.

USARE IL TABACCO PER DIFENDERE LA LIBERA IMPRESA Il gruppo britannico FOREST era un'organizzazione che dichiarava di essere nata per iniziativa di alcuni gruppi di cittadini per difendere i diritti dei fumatori. In realtà, era stata creata dal British Tobacco Advisory Council, un gruppo al servizio dell'industria analogo allo statunitense Tobacco Institute.109 Era presieduta da Sir Christopher Foxley-Norris, ufficiale in pensione della RAF (e incallito fumatore) che aveva combattuto nella Battaglia d'Inghilterra. In un documento dell'industria veniva riferito che, alla fine degli anni Settanta, FoxleyNorris aveva avvicinato dei dirigenti delle industrie produttrici di tabacco perché "adottassero pubblicamente una posizione più dura contro la crescente interferenza del governo e di altri organismi benintenzionati in molti aspetti delle vite private dei cittadini".110 Nella Tobacco Legacy Documents Library sono presenti più di tremila documenti che riportano i dettagli delle attività di FOREST." Il gruppo organizzò campagne per difendere il fumo, particolarmente nei luoghi di lavoro, e per attaccare le evidenze scientifiche sui danni del fumo passivo. Attaccò anche il London Science Museum, che aveva ospitato una mostra sul fumo passivo definita "scienza spazzatura", e pubblicò una Good Smoker Airline Guide che indirizzava i lettori verso le aerolinee smoke-friendly e nel contempo invitava a boicottare British Airways per il suo bando del fumo. Nel 1997 FOREST pianificò l'organizzazione di un paio di conferenze pilota destinate a convincere i dirigenti commerciali che "le politiche anti-fumo possono avere serie conseguenze per il morale degli staff, per la capacità commerciale e le relazioni pubbliche".112 Portò avanti campagne per 217

combattere il bando del fumo negli alberghi e nei pub, per attaccare i corsi anti-fumo nelle scuole britanniche, e per difendere il diritto dei fumatori di adottare i bambini. FOREST inoltre cercò di finanziare ricerche che evidenziassero i costi economici e sociali delle restrizioni del fumo e quelli delle tasse elevate sul tabacco.113 Un rapporto di FOREST del 1994, intitolato Through the Smokescreen of Science: The Dangers of Politically Corrupted Science for Democratic Public Policy, sosteneva le stesse cose di Fred Singer: che la scienza era manipolata, e portava avanti un agenda politica. Vero o meno, dal rapporto emergeva con chiarezza che era vero il contrario: la scienza veniva attaccata per poter attuare l'agenda incentrata sulla difesa del sistema capitalistico di libero mercato. L'introduzione del rapporto era stata scritta da Lord Harris of High Cross, l'economista che aveva diretto il British Institute of Economic Affairs e che era considerato l'architetto del thatcherismo. Fautore e ideologo del libero mercato. Harris idolatrava Adam Smith; la sua nemesi era rappresentata da John Maynard Keynes. In uno dei suoi primi atti ufficiali, Margaret Thatcher lo aveva nominato Pari a vita, ma Harris aveva rinunciato allo stemma perché riteneva che la mano invisibile non dovesse avere blasoni.114 Lord Harris aveva messo le cose in chiaro fin dalla prima pagina del rapporto. I funzionari per la sanità pubblica erano "puritani paternalisti... che considerano le vite degli altri quali il prodotto finale della loro attività". Gli scienziati contrari al fumo stavano sovvertendo la scienza "con la vecchia scusa che il fine, in questo caso il bando del fumo, giustifica i mezzi, ivi compresa... la sistematica selezione e soppressione delle prove". Ma se la loro tattica ("il fine giustifica i mezzi") era di tipo comunista, essi erano in qualche modo anche nazisti, in quanto attuavano una "falsificazione della scienza degna dell'ultimo Goebbels".115 Il punto cruciale era la libertà. Lord Harris ammoniva che "fumatori e non fumatori hanno molto da perdere se acconsentono alla prostituzione della scienza... per giustificare... la deprivazione di uomini e donne liberi di libertà scomode". "Attenzione! Il fumo è solo il primo passo". Lo scopo finale era quello di controllare le vite degli uomini e delle donne. "È molto improbabile 218

che saremo tutti più in salute — certamente saremo meno liberi".116 Lo stesso argomento era ripetuto più e più volte nel rapporto, a sottolineare che la difesa del fumo era anche la difesa della libertà. I critici del fumo venivano definiti "paternalisti della salute", che sostenevano l'idea che allo "stato fossero consentite la manipolazione e la coercizione".117 Questo era il nocciolo della loro ideologia. Fred Singer aveva detto le stesse cose nel suo attacco all'EPA: "Se non si definisce con cura qual è il limite del governo nello stabilire la regolamentazione [del pericolo]... praticamente non c'è limite a quanto può fare il governo per controllare le nostre vite".118 Forse un uomo come Foxley-Norris, un eroe della Battaglia d'Inghilterra, può essere scusato per la sua ossessione contro il totalitarismo. In fin dei conti, i nazisti erano stati i primi a scoraggiare il fumo. Ma quando scriveva erano passati quarantanove anni dalla fine della Seconda guerra mondiale — e per Harris, Singer e i loro amici nelle amministrazioni Reagan e Thatcher, gente che non aveva combattuto la Seconda guerra mondiale ma solo la prima Guerra fredda, il nemico non era il nazismo ma il comunismo. L'anticomunismo aveva motivato i programmi sulle armi e i missili che avevano sospinto le carriere di Singer, Seitz e Nierenberg, e l'anticomunismo aveva permeato le loro convinzioni politiche fin dai giorni dello Sputnik. La loro difesa della libertà era una difesa dal comunismo sovietico. Ma a un certo punto, la difesa degli Stati Uniti dalla minaccia sovietica si era tramutata nella difesa dell'industria del tabacco dalla minaccia dell'US Environmental Protection Agency. Abbiamo visto nel capitolo 2 come Russell Seitz, cugino di Fred Seitz, fosse stato arruolato dal Marshall Institute per attaccare non solo Carl Sagan, ma l'intera comunità scientifica sul tema dell'inverno nucleare. Aveva insistito nel sostenere che gli Stati Uniti avrebbero potuto prevalere in uno scontro nucleare con PURSS, e vincere così la Guerra fredda. A metà degli anni Novanta Russell Seitz si impegnò nella difesa del fumo passivo, e lo fece da guerriero della Guerra fredda. Seitz era stato associato al John M. Olin Institute for Strategic Studies della Harvard University. Perché un ricercatore di un istituto di studi strategici avrebbe dovuto occuparsi del fumo passivo? Per rispondere a questa 219

domanda si può esaminare l'affiliazione dell'Olin Institute che, come il Cato Institute e il Competitive Enterprise Institute, sosteneva le posizioni liberiste. (Il presidente era William Simon, segretario del tesoro nella amministrazione Nixon).119 La fondazione aveva finanziato numerosi think tank liberisti, tra cui l'American Enterprise Institute, la Heritage Foundation, la Hoover Institution e, attraverso l'Olin Center, sovvenzionò pure Russell Seitz.120 In un articolo sulla rivista Forbes, Seitz obiettò che, piuttosto che cercare di regolamentare il fumo, si sarebbe dovuta finanziare la ricerca per produrre sigarette più sicure. Dopotutto, il governo finanziava ogni genere di apparecchiature di sicurezza, molte di dubbia efficacia. Quindi: perché non spendere un po' di denaro per creare sigarette sicure? "Sono state spese somme cospicue per ridurre le emissioni delle automobili e per mettere a punto delle cure — e anche per prevenire — l'AIDS".121 Perché non fare lo stesso con le sigarette? Il vero soggetto colpevole quando si fuma, sosteneva Seitz, era il fumo, e i "fumatori non lo volevano, non più di quanto gli amanti del cappuccino vogliano trovarsi nella tazza dei chicchi di caffè o gli appassionati di vino rosso desiderino affrontare il mal di testa post-sbornia". Seitz suggerì così che il governo degli Stati Uniti avrebbe dovuto trovare il modo per eliminare il fumo dalle sigarette. "Solamente un decimo dell'1% di una sigaretta è costituito da nicotina, e non dovrebbe esserci bisogno di un super scienziato per mettere a punto un metodo per volatilizzare questa minuscola frazione di ingrediente attivo senza dover bruciare una quantità di foglie di tabacco pari a 1.000 volte il suo peso (come succede quando si fuma)".122 Seitz stava quindi suggerendo che il governo avrebbe dovuto spendere il denaro dei contribuenti per trovare un modo sicuro per somministrare nicotina e altri additivi e sostanze tossiche ai suoi cittadini. Questo approccio estremo ha senso per il metadone, in quanto aiuta le persone a liberarsi dalla schiavitù dell'eroina, i cui pericoli per gli individui e la società sono gravi e immediati. Ma qual era l'interesse pubblico che sarebbe stato tutelato se i cittadini avessero potuto continuare a fumare? La risposta era il diritto di fumare, e Seitz suggeriva che i fumatori avrebbero dovuto difendere la loro libertà. "Ai 50 milioni di fumatori rimane la libertà di votare in blocco per un Congresso che non spende i soldi in sciocchezze. I 220

fumatori saranno soddisfatti dei risultati delle elezioni?". La libertà era la parola chiave al tempo della Guerra fredda. Noi siamo liberi, i sovietici no. Noi abbiamo a cuore la libertà, loro no. Noi crediamo nella libertà e nella giustizia per tutti, e abbiamo lottato per difenderle. Quando nel 1984 il generale Daniel O. Graham (che aveva fatto parte del Team B nel dibattito sulla SDI) scrisse a Bill Nierenberg per chiedergli di aiutare Bob Jastrow a difendere la SDI, Libertà — con la L maiuscola — era la sua parola chiave. Questa poteva essere la volta buona, considerò Graham, per portare a compimento la missione dei padri fondatori e "assicurare la benedizione della Libertà a noi stessi e ai nostri posteri".123 Anche Russell Seitz e i difensori del tabacco invocavano la libertà. Ma, come saggiamente faceva notare il filosofo Isaiah Berlin, libertà per le volpi significa morte per gli agnelli.124 La nostra società ha sempre compreso che la libertà non è sempre un bene assoluto. Questo è ciò che intendiamo per dominio della legge, che a nessuno è permesso di fare quello che vuole, ogni volta che lo vuole. Io non ho il diritto di mettermi a gridare "al fuoco", tu avresti il diritto di tirarmi un pugno sul naso. Tutte le libertà hanno dei limiti, e tra questi limiti nessuno è più ovvio di quello che preclude la libertà di uccidere i propri simili, sia direttamente con un'arma da fuoco o un coltello, sia indirettamente per mezzo di sostanze pericolose. Il fumo passivo è un pericolo indiretto che può uccidere le persone. L'EPA non diceva nient'altro che questo. Diceva che per proteggere gli agnelli il governo doveva tenere sotto controllo le volpi — e questo era proprio ciò che i guerrieri della Guerra fredda temevano di più. Avevano trascorso la vita combattendo per questo. I marxisti erano stati spesso criticati perché credevano che il fine giustificasse i mezzi, e ora questi guerrieri facevano la stessa cosa — attaccavano la scienza in nome della libertà. Sopprimendo le evidenze, travisando quanto detto o fatto dai colleghi, estrapolando citazioni dal contesto, accusando senza fondamento. Un'accusa in particolare fu ripetuta diverse volte da FOREST nel suo rapporto sul fumo passivo: che un eminente epidemiologo avrebbe detto che il lavoro dell'EPA "era scienza corrotta, ma utile per una buona causa".125 Davvero qualcuno lo aveva detto? Forse sì, forse no — non 221

c'è modo di saperlo, perché l'affermazione era riportata senza specificarne la fonte. Normalmente gli scienziati non si esprimono in questo modo, ma anche se fosse vero, che c'è di Strano? Si trattava solamente dell'opinione di un uomo, non della dimostrazione dell'esistenza di una cospirazione volta a minare il libero mercato. Come la TASSC, la FOREST continuava a sostenere che la scienza era usata come scudo a difesa di un programma ideologico. Insisteva che la campagna contro il fumo, con il suo "sentore di totalitarismo", sarebbe apparsa chiaramente coercitiva se non fosse stato per l'alone di rispettabilità fornitole dalla scienza. Lord Harris proclamava che "in un mondo nel quale la scienza è sempre più fonte di verità e valori, diventa decisivo il carattere scientifico del quale si ammanta il paternalismo nei confronti della salute".126 Era così decisivo che bisognava attaccarlo. Come sottolineato dal rapporto di FOREST, "ormai ogni cosa dipende dalla scienza, e con tanti interessi in ballo, la pressione per aggiustare, attenuare, creare, ignorare, rivalutare e anche manipolare si fa enorme".127 Era proprio così. Se chi legge avesse ancora qualche dubbio sull'obiettivo di FOREST, minare la scienza nella sua capacità di essere "fonte di verità e valori", non dovrebbe fare altro che leggere quanto scritto nell'appendice del rapporto da Christie Davies — un sociologo che scriveva spesso sul Daily Telegraph e sul Wall Street Journal, e che paragonava il fumo delle sigarette a bere il tè e mangiare cioccolata.128 La British American Tobacco lo presentava come "uno dei più autorevoli e rispettati sociologi di destra nel Regno Unito... Un sostenitore radicale del libero mercato che dispone di un notevole bagaglio ideologico e culturale quando affronta argomenti quali i rischi per le libertà dell'individuo".129 L'appendice scritta da Davies era una durissima requisitoria contro il controllo statale della scienza. Ai più attempati non sfuggirà che assomigliava a un revival degli argomenti usati negli anni Trenta contro gli scienziati marxisti, che allora erano piuttosto numerosi in Gran Bretagna. Ma quanti scienziati britannici marxisti c'erano negli anni Ottanta e Novanta? Non molti, ma ciononostante Davies era andato avanti, e aveva vergato un manifesto per resistere a "un sistema che oggi possiede un potenziale repressivo maggiore di quanto avuto in passato. E ciò costituisce un pericolo 222

molto superiore a quello rappresentato dal fumo del tabacco".130 FOREST distorse i fatti e li usò per suscitare controversie: capitalismo contro socialismo, e il modo in cui la scienza veniva usata a sostegno del secondo. "In una società capitalista, singoli gruppi di pressione di natura economica, come l'industria del tabacco, non hanno lo stesso potere [dei burocrati di stato e dei loro lacchè scientifici]. Pertanto, il potere è nelle mani di una nuova classe di servitori civili dello stato". Si era ritornati alla guerra di classe, solo che la classe inferiore era l'industria del tabacco. Il rapporto di FOREST si concludeva con una rassegna bibliografica di attacchi alla scienza — quattro pagine sul fumo passivo e altre tre su "frodi, corruzione e politicizzazione", che ricordavano Bad Science: A Resource Book. Nella raccolta era inclusa ogni minaccia potenziale alla salute umana o all'ambiente: piogge acide, diminuzione dell'ozono, riscaldamento globale (tutte bufale), pesticidi, asbesto, CFC, energia nucleare, ingegneria genetica, biotecnologie, radiazioni elettromagnetiche da linee elettriche ad alta tensione (tutte innocue). C'erano anche delle inclusioni davvero sorprendenti: l'AIDS e il "mito" della trasmissione eterosessuale, "l'ipotizzata scomparsa delle specie viventi," un attacco al sistema di gestione delle foreste, e ancora cibo, bevande e stili di vira (difesa dell'alcol e dei cibi grassi — e difesa a oltranza, al limite del ridicolo - dei cibi della cucina britannica). La raccolta comprendeva altre due sezioni, "scienza in generale" e "ambientalismo in generale". Evidentemente non c'era questione scientifica o ambientale che non potesse essere attaccata. Gli articoli spaziavano dal plausibile (Malcom Gladwell su "Risk, Regulation and Biotechnology" su American Spectator), fino al ridicolo ("È vero che il cibo britannico fa male?"). Era tutto in linea con l'assunto per cui se sei un paladino del capitalismo, devi attaccare la scienza. Il pericolo più grave — quello che avrebbe davvero potuto coinvolgere l'intero pianeta — stava conquistando l'attenzione del pubblico: il riscaldamento globale. Il riscaldamento globale sarebbe diventato la madre di tutte le emergenze ambientali, perché andava a colpire proprio la radice dell'attività economica: l'uso dell'energia. Quindi non c'è da meravigliarsi se le stesse persone che avevano obiettato sulle piogge acide, messo in dubbio il buco dell'ozono, e difeso il tabacco, ora erano pronte a passare all'attacco 223

delle evidenze scientifiche del riscaldamento globale.

224

6. IL NEGAZIONISMO SUL RISCALDAMENTO GLOBALE Molti statunitensi hanno l'impressione che gli scienziati abbiano capito da poco l'importanza del riscaldamento globale. Nel 2004 la rivista Discovery, in un articolo dedicato alle più importanti storie scientifiche dell'anno, scrisse che stava emergendo un consenso sempre più diffuso sulla realtà del riscaldamento globale. National Geographic annunciò che il 2004 era stato l'anno in cui il riscaldamento globale aveva raggiunto il "rispetto generale".01 Molti scienziati sapevano che questa attenzione era più che tardiva. Già nel 1995 la principale organizzazione internazionale sul clima, l'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), aveva concluso che le attività umane stavano modificando il clima. Nel 2001, il Third Assessment Report (TAR) dell'IPCC concludeva che tale evidenza era forte e si stava anche rafforzando, tanto che nel 2007 il Fourth Assessment dichiarò che ormai il riscaldamento globale era "inequivocabile".02 Le principali organizzazioni scientifiche e i più autorevoli scienziati del mondo avevano ripetutamente convalidato le conclusioni dell'IPCC.03 Attualmente tutti gli scienziati del clima, fatta eccezione per una sparuta minoranza, sono convinti che il clima della Terra stia diventando più caldo e che le attività umane ne siano la causa dominante. Ciononostante, molti statunitensi rimangono scettici. Un sondaggio, condotto nel 2006 dalla rivista Time, mostrava che appena il 56% degli statunitensi pensava che le temperature medie globali fossero salite — e questo malgrado il fatto che praticamente tutti gli scienziati convenissero che il processo era in corso.04 Un altro sondaggio di ABC News, sempre dello stesso anno, riportava che l'85% degli statunitensi credeva che la temperatura globale stesse aumentando, ma più della metà pensava che la scienza non avesse raggiunto la certezza sulle cause; il 64% dei cittadini percepiva "parecchio disaccordo tra gli scienziati". Nel 2008, il Pew Center for the People and the Press indicò nel 71% la percentuale di coloro che credevano esistesse una "forte evidenza che la Terra si sta riscaldando", ma 225

nel 2009 la risposta alla stessa domanda aveva dato una percentuale più bassa: solamente il 57%. 05 La confusione degli statunitensi è ancora più peculiare quando viene considerata da una prospettiva storica, dato che gli studi scientifici sull'anidride carbonica e il clima risalgono a più di 150 anni fa. A metà del XIX secolo lo scienziato irlandese John Tyndall aveva già provato che la CO2, era un gas a effetto serra — nel senso che intrappola il calore e gli impedisce di sfuggire verso lo spazio. Tyndall capì che questa era una caratteristica del nostro pianeta, ma non si occupò delle implicazioni sociali o politiche. Le cose cambiarono pochi decenni dopo (1896), quando il geochimico svedese Svante Arrhenius intuì che la CO2, introdotta in atmosfera con l'uso dei combustibili fossili avrebbe potuto modificare il clima della Terra, e negli anni Trenta del secolo scorso, quando l'ingegnere britannico Guy Callendar dimostrò per la prima volta che l'effetto serra era già rilevabile. Negli anni Sessanta, gli scienziati statunitensi iniziarono ad ammonire i leader politici che il problema avrebbe potuto essere rilevante, e alcuni governanti, come Lyndon Johnson, recepirono il messaggio. Purtroppo, nessuno fece nulla.06 Gli Stati Uniti non si sono impegnati contro il riscaldamento globale per svariate ragioni. Ma almeno una parte di responsabilità è da attribuire alla confusione sollevata da Bill Nierenberg, Fred Seitz e Fred Singer.

1979: UN ANNO CRUCIALE PER IL CLIMA Nel 1965, lo Science Advisory Committee del presidente chiese a Roger Revelle, allora direttore della Scripps Institution of Oceanography, di preparare un rapporto sui potenziali impatti del riscaldamento causato dalla crescita dell'anidride carbonica. Revelle si occupava da anni di clima globale, e alla fine degli anni Cinquanta era riuscito a ottenere dei fondi con cui Charles David Keeling, un suo collega alla Scripps, avrebbe effettuato delle misurazioni sistematiche della CO2. (Questo lavoro avrebbe prodotto la famosa curva di Keeling — che evidenzia il costante aumento nel tempo della CO2 — per la quale Keeling, oltre a essere premiato con la National Medal of Science, è diventato famoso grazie al film di Al Gore Una scomoda verità.) Revelle sapeva che restavano da chiarire ancora diversi aspetti del problema, e quindi focalizzò il suo rapporto su quello che considerava l'effetto più 226

probabile: l'aumento del livello del mare.07 Fece anche una previsione: "Entro il 2000 la CO2 crescerà del 25% rispetto ai valori attuali, e ciò modificherà il bilancio termico dell'atmosfera in misura tale che il clima della Terra potrebbe subire... notevoli cambiamenti".08 Il rapporto venne consegnato al presidente, e Lyndon Johnson lo menzionò qualche tempo dopo in un messaggio speciale al Congresso. "La nostra generazione ha modificato la composizione dell'atmosfera su scala globale attraverso... il continuo incremento dell'anidride carbonica causato dall'uso dei combustibili fossili".09 Ma tra la guerra in Vietnam che andava male, i sostenitori dei diritti civili che venivano ammazzati in Mississippi, e il Surgeon General che diceva che il fumo era un rischio per la salute, Johnson aveva cose più urgenti di cui preoccuparsi. È qualche anno dopo, nemmeno Richard Nixon si occupò molto del trema. Nixon intraprese diverse riforme sull'ambiente, inclusa la creazione dell'EPA, ma durante la sua presidenza le preoccupazioni sul clima riguardavano soprattutto il programma dell'SST e l'impatto potenziale delle sue emissioni di vapore acqueo, non la CO2. Anche se la CO2 non era al centro dell'attenzione, negli anni Settanta diverse aree in Africa e Asia furono colpite da una serie di carestie causate da siccità prolungate, suscitando molte preoccupazioni sulla vulnerabilità delle forniture alimentari globali. In Unione Sovietica si verificarono numerosi crolli nei raccolti, che la costrinsero a umiliarsi e a comprare grano sul mercato mondiale, e sei nazioni africane della fascia del Sahel (la zona arida a sud del Sahara) patirono una siccità devastante che durò per tutti gli anni Settanta.10 Queste carestie non colpirono solamente le popolazioni povere dell'Africa e Asia, ma fecero impennare i prezzi dei prodotti alimentari in tutto il mondo. Le carestie attirarono anche l'attenzione dei Jason, un gruppo di scienziati, per lo più fisici, che si erano riuniti all'inizio degli anni Sessanta per fornire consulenze al governo degli Stati Uniti su temi riguardanti la sicurezza nazionale.11 I Jason erano indipendenti e autorevoli e, specialmente all'inizio, i membri del comitato spesso dicevano al governo ciò che pensavano avesse bisogno di sapere. Ma i Jason rispondevano anche a domande precise, e nel 1977 il Department of Energy (DOE) chiese loro di valutare i propri programmi di ricerca sulla CO2. I Jason decisero di 227

focalizzarsi sui rapporti tra anidride carbonica e clima, e prepararono un rapporto che iniziava con il riconoscimento della grande vulnerabilità dell'agricoltura, e della società in generale, anche a piccoli cambiamenti climatici: "La siccità nel Sahel e il crollo dei raccolti nell'Unione Sovietica... evidenziano la fragilità della capacità agricola del mondo, particolarmente in quelle aree marginali ove piccole alterazioni delle temperature e delle precipitazioni possono provocare grandi variazioni di produttività".12 In due estati svilupparono un modello climatico da cui risultava che il raddoppio della concentrazione di anidride carbonica atmosferica rispetto al livello preindustriale (circa 270 ppm), avrebbe potuto dar luogo a un "aumento della temperatura superficiale di 2,4 °C". Più ancora dell'aumento della temperatura media, a preoccupare era la prospettiva dell'"amplificazione polare" — cioè il fatto che l'aumento avrebbe potuto essere maggiore, forse anche di molto, ai poli. Nel loro modello, la temperatura i poli poteva subire un innalzamento di 10-12 °C — una variazione colossale.13 Non si trattava comunque di una novità. Diversi modellisti climatici avevano già pubblicato articoli che dicevano pressappoco la stessa cosa, e nel 1977 Robert M. White, il capo della NOAA (e più tardi capo della National Academy of Engineering), aveva diretto un comitato del National Research Council che aveva lanciato un allarme sugli impatti conseguenti a un cambiamento climatico incontrollato: "Sappiamo che gli scarichi industriali, come l'anidride carbonica emessa bruciando combustibili fossili, possono avere delle conseguenze sul clima che si configurano come serie minacce per la società del futuro... Il problema scientifico è enorme, i problemi tecnologici sono senza precedenti, e l'impatto potenziale sull'economia e sulla società è catastrofico".14 Ma ciò che conta per la scienza non coincide con ciò che conta per la politica, e malgrado il fatto che lo studio dei Jason non avesse scoperto nulla di nuovo, il solo fatto che fosse uno studio dei Jason ebbe il suo peso, e suscitò "una certa eccitazione nella Casa Bianca".15 Tuttavia, i Jason erano per lo più dei fisici, non dei climatologi. Il gruppo comprendeva un paio di geofisici, uno dei quali si era interessato a lungo di clima, ma nessuno aveva focalizzato le proprie ricerche sul sistema climatico. Pertanto Frank Press, consulente 228

scientifico del presidente Carter, chiese al presidente della National Academy of Science (NAS), Philip Handler, di costituire una commissione che passasse in rassegna lo studio dei Jason. Handler si rivolse a un professore del MIT, Jules Charney. Charney, uno dei fondatori della moderna modellistica numerica, e forse uno dei più stimati meteorologi statunitensi, riunì un gruppo di otto scienziati alla scuola estiva della NAS a Woods Hole, in Massachusetts. Charney decise inoltre di andare un po' oltre la revisione del lavoro dei Jason, è invitò due eminenti modellisti climatici — Syukuro Manabe del Geophysical Fluid Dynamics Laboratory e James E. Hansen del Goddard Institute for Space Studies della NASA — perché presentassero i risultati dei loro nuovi modelli climatici tridimensionali. Questi studi erano lo stato dell'arte — in quanto includevano più dettagli e una maggiore complessità rispetto al modello dei Jason — ma i risultati erano praticamente gli stessi. Il punto chiave nella definizione di un modello climatico è la "sensitività", cioè la risposta del clima alle variazioni dei livelli di CO2. Se la concentrazione di CO2 raddoppia, triplica o quadruplica, come varierà la temperatura globale? La risposta fornita dal modello "stato-dell'arte", nel caso di un raddoppio della CO2, era attorno a "3 °C con un errore probabile di 1,5 °C".16 Quindi il riscaldamento poteva andare da un minimo di 1,5 °C fino a un massimo di 4,5 °C di aumento della temperatura con un valore più probabile di +3 °C. Nel caso si fosse andati oltre il raddoppio della CO2 probabilmente si sarebbe arrivati a ben oltre i +3 °C. Ci sono comunque dei processi naturali che frenano il riscaldamento. Il gruppo impiegò parecchio tempo per pensare a come avrebbero funzionato questi feedback negativi, ma arrivò alla conclusione che non sarebbero stati sufficienti a impedire al pianeta di riscaldarsi. "Abbiamo preso in considerazione tutti i possibili meccanismi di feedback, come per esempio un aumento della nuvolosità media e bassa, e abbiamo concluso che probabilmente le semplificazioni adottate e le imprecisioni del modello non sono sufficienti a inficiare le conclusioni principali, e quindi il riscaldamento risulterà apprezzabile".17 Stavolta però il diavolo non si nascondeva nei dettagli, ma nella storia principale: la CO2 è un gas serra e intrappola il calore. Quindi, se aumenta la CO2, la Terra diventa più calda. In realtà le cose non sono così semplici, in quanto le nubi, i venti e la circolazione oceanica 229

rendono la faccenda molto più complicata — ma queste complicazioni sono degli "effetti secondari" che danno luogo a differenze nella seconda cifra decimale, non nella prima. Il rapporto concludeva "se l'anidride carbonica continua ad aumentare, il gruppo di studio non trova motivi per dubitare che ne possano conseguire dei cambiamenti nel clima, e non ha motivo di credere che tali cambiamenti saranno trascurabili".18 Ma quando si sarebbero verificati questi cambiamenti? Il team di Charney non era in grado di dirlo, in parte perché la risposta dipendeva da come gli oceani assorbono il calore. I primi modelli climatici consideravano gli oceani come delle enormi paludi che rilasciano vapore acqueo nell'atmosfera, ma non tenevano conto che, oltre a questo, gli oceani accumulano calore e lo redistribuiscono: i risultati non erano quindi realistici. Gli oceani hanno infatti un'inerzia termica enorme — cioè necessitano di moltissimo tempo per riscaldarsi. Quanto tempo, dipende in parte da quanto sono rimescolati, perché più sono rimescolati, tanto più il calore sarà ridistribuito anche negli strati profondi, con la conseguenza che il riscaldamento dell'atmosfera sarà meno veloce. Gli scienziati usano il termine "pozzo" per descrivere i processi di rimozione che avvengono nei sistemi naturali; gli oceani sono appunto un pozzo per il calore, poiché il calore viene assorbito e redistribuito in profondità. Le evidenze disponibili suggerivano che il rimescolamento oceanico fosse sufficiente a ritardare il riscaldamento dell'atmosfera di qualche decennio.19 I gas serra avrebbero iniziato a riscaldare l'atmosfera immediatamente — lo hanno già fatto — ma possono passare decenni prima che le persone inizino ad accorgersi degli effetti. Questo fatto ha delle conseguenze enormi: potremmo non essere in grado di provare che il riscaldamento è in atto, anche se sta davvero avvenendo e, quando potremo provarlo, potremmo non essere più in grado di fermarlo. Uno dei Jason ricorda che i colleghi gli chiesero: "Quando vai a Washington e gli dici che la CO2 raddoppierà in 50 anni, e che avrà un grosso impatto sul pianeta, che ti dicono?". Risposta: "Di tornare fra 49 anni".20 Ma fra 49 anni potrebbe essere troppo tardi. A quel punto potremmo essere, come 230

sostenuto da alcuni scienziati, "destinati" al riscaldamento (anche se forse la parola più appropriata sarebbe "condannati"). Verner E. Suomi, presidente del National Academy's Climate Research Board, tentò di spiegare questo punto cruciale nella sua prefazione al rapporto Charney: "L'oceano, il grande e poderoso volano del sistema climatico globale, è in grado di mascherare, rallentandolo, il cambiamento climatico. Una politica del tipo 'aspettiamo e vediamo" potrebbe indurci ad aspettare fino a quando sarà troppo tardi".21 Suomi sapeva che le sue conclusioni avrebbero potuto "infastidire i politici".22 Cosa che in effetti si verificò.

L'ORGANIZZAZIONE DEL RITARDO: LA SECONDA E LA TERZA RELAZIONE DI VALUTAZIONE DELL'ACCADEMIA Prima ancora che Charney pubblicasse il suo studio, l'Office of Science and Technology (OST) della Casa Bianca aveva cominciato a chiedere altre informazioni alla NAS.23 C'erano parecchie questioni inerenti al riscaldamento climatico antropogenico che Charney non aveva considerato, o che aveva lasciato senza risposta. La principale era la quantificazione dell'arco temporale. Quanto tempo sarebbe passato prima che il cambiamento si manifestasse? Una stima piuttosto approssimata era "decenni". Quali sarebbero stati gli effetti? I decisori politici volevano risposte. Il successivo studio condotto dall'accademia sul riscaldamento antropogenico produsse solo una lettera, e non una valutazione scientifica completa, ma non fu ininfluente. Il comitato, presieduto da Thomas Schelling, famoso per il suo lavoro sulla teoria dei giochi (per il quale avrebbe poi vinto il premio Nobel), comprendeva Roger Revelle, Bill Nierenberg e Mc George Bundy, consulente per la sicurezza nazionale dei presidenti Kennedy e Johnson. La loro lettera fu trasmessa nell'aprile 1980. Schelling si concentrò sulle implicazioni socio-politiche del riscaldamento, un aspetto che era stato poco considerato e ancor meno compreso. La sua lettera all'accademia era quindi focalizzata sulle incertezze, sia quelle sociali sia quelle che riguardavano la fisica del cambiamento climatico. Secondo 231

Schelling, dato che c'era ancora un enorme grado di incertezza sul cambiamento climatico e i suoi costi, i politici avrebbero dovuto finanziare altre ricerche. Inoltre, Schelling non era neppure sicuro che tutti gli effetti del riscaldamento globale sarebbero stati dannosi. "Il range dei possibili effetti è estremamente ampio", scrisse. "A metà del prossimo secolo potremmo avere un clima tanto differente da quello odierno quanto lo è quello odierno rispetto a quello dell'ultima glaciazione. Nella situazione più favorevole potremmo sperimentare effetti appena percepibili, e non necessariamente sfavorevoli, attorno a metà del secolo o oltre".24 In realtà nessuno aveva delle certezze. Il cambiamento climatico non avrebbe prodotto un nuovo clima, continuava Schelling, ma avrebbe solamente modificato la distribuzione delle zone climatiche sulla Terra. Era una tesi che gli scettici avrebbero ripetuto per tre decenni: cioè che avremmo potuto continuare a bruciare combustibili fossili senza limitazioni, e senza dover affrontare conseguenze come le migrazioni e le misure di adattamento a un cambiamento epocale. Schelling faceva rilevare che le migrazioni umane del passato "verso e attraverso nuovi continenti, avevano costretto grandi masse di persone, bestiame, coltivazioni ad affrontare dei cambiamenti del clima".25 Schelling riconobbe che queste migrazioni erano avvenute in epoche in cui, a differenza di quella attuale, non esistevano o quasi i confini nazionali, e tuttavia suggerì che l'adattamento avrebbe potuto essere la soluzione migliore. Il gruppo di Charney aveva detto che c'era ancora tempo: probabilmente in questo arco di tempo il prezzo dei combustibili fossili sarebbe aumentato, e l'uso sarebbe diminuito. La riduzione dell'uso dei combustibili fossili "avrebbe reso più semplice l'adattamento al cambiamento climatico e permesso l'assorbimento naturale dell'anidride carbonica da parte dei pozzi diversi dall'atmosfera (come gli oceani). Avremo il tempo di adottare fonti di energia alternative, con minori emissioni, ed è probabile che, iniziando quanto prima la conversione dai combustibili fossili, la transizione sarà più facile". Tutto questo, suggeriva Schelling, sarebbe avvenuto per effetto delle forze del mercato, pertanto non c'era al momento necessità di regolamentazioni. Considerando tutte le incertezze sottolineate da Schelling, la sua fiducia nel 232

libero mercato sarebbe dovuta risultare sorprendente, e infatti le sue previsioni si sono rivelate completamente sbagliate: l'uso dei combustibili fossili ha continuato a crescere e il riscaldamento globale ha subito un'accelerazione. Ma, se la sua previsione fosse stata valida, non ci sarebbe stato bisogno di interventi del governo. In conclusione, il comitato di esperti non aveva raccomandato un programma di graduale riduzione delle emissioni, malgrado avesse detto che, prima si cominciava, più facile sarebbe stata la transizione. Invece consigliarono di incentivare la ricerca: Tenuto conto delle incertezze, delle controversie, e delle complessità che sono presenti nella questione dell'anidride carbonica, e la possibilità che alcune delle incertezze più rilevanti saranno ridotte nel prossimo decennio, a molti di noi sembra opportuno porre un'enfasi immediata sulla ricerca, lasciando da parte il più possibile le implicazioni politiche... Non sappiamo abbastanza per affrontare la maggior parte di tali questioni ora. Siamo convinti che potremo progredire nella conoscenza più velocemente di quanto faccia l'evoluzione del problema.26 Almeno uno degli scienziati che avevano partecipato a questo lavoro non era certo che queste prescrizioni fossero corrette. John Perry, il capo del comitato di ricerca sul clima dell'accademia — meteorologo di formazione — seguì l'argomento molto da vicino e firmò un articolo sulla rivista Climatic Change. Il titolo già dava un'idea delle sue convinzioni: "Energy and Climate: Today's Problem Not Tomorrow's".28 Quasi tutti i modelli si stavano focalizzando sul raddoppio della CO2 ma, come saggiamente faceva rilevare Perry, questo livello era solo un utile termine di confronto. "Dal punto di vista della fisica, il raddoppio della CO2 non rappresenta una soglia magica", fece notare. "Se abbiamo buoni motivi per ritenere che un raddoppio della concentrazione dell'anidride carbonica possa produrre impatti significativi sul clima, dovremmo parimenti essere pronti ad ammettere che anche aumenti leggeri possano indurre impercettibili cambiamenti nel nostro clima", fu la sua conclusione. "Il cambiamento del clima non riguarda il secolo venturo; probabilmente è una questione di oggi".28 Il gruppo di Schelling aveva espresso la speranza che 233

"saremmo potuti progredire nella conoscenza più velocemente di quanto faccia l'evoluzione del problema". Perry ribatté che "il problema è già tra noi, dobbiamo progredire nella conoscenza davvero molto velocemente" .29 Perry aveva ragione, ma la visione del gruppo di Schelling prevalse grazie alla politica. Inoltre, rappresentò il nucleo delle argomentazioni degli scettici, che iniziavano a emergere in quel periodo, e fu la base su cui l'amministrazione Reagan si appoggiò per spingere il problema completamente fuori dall'agenda politica. Anche il congresso stava trattando del cambiamento climatico. Nel 1978 il National Climatic Act aveva lanciato un programma di ricerca su questo tema, e il senatore del Connecticut Abraham Ribicoff stava pianificando l'introduzione di un emendamento per finanziare uno studio specifico sulla CO2. È un cliché che gli scienziati dicono sempre che occorrono più ricerche, ma Ribicoff era convinto che effettivamente ne servissero delle altre. Il presidente Jimmy Carter propose uno sforzo per rafforzare l'indipendenza energetica degli Stati Uniti attraverso lo sviluppo di combustibili sintetici — combustibili liquidi prodotti dal carbone, oli di scisti, sabbie bituminose — e gli esperti scientifici avvertirono che ciò avrebbe accelerato l'accumulo della CO2 in atmosfera. L'emendamento di Ribicoff autorizzò la NAS a intraprendere uno studio che comprendesse CO2 e clima.31 Malgrado l'incarico ufficiale al nuovo comitato non venne assegnato fino al giugno dell'anno seguente, un comitato si insediò già nell'ottobre 1980, con Bill Nierenberg quale presidente. Sembrava che Nierenberg avesse già svolto un bel po' di lavoro preparatorio, se non una vera e propria attività di lobby. Nell'agosto 1979, quando il gruppo Charney stava redigendo le sue conclusioni. John Perry stava già valurando le mosse successive. Seguendo la normale procedura prevista dall'accademia, suggerì che il nuovo comitato non dovesse impegnarsi in nuove ricerche, ma dovesse semplicemente passare in rassegna il lavoro già fatto e valutare l'adeguatezza delle conclusioni.32 Nierenberg si oppose sostenendo che l'accademia avrebbe dovuto fornire una valutazione complessiva e integrata di tutti gli aspetti del problema, e che i membri del comitato avrebbero dovuto essere scelti con maggior cura del solito.33 Era questo il punto. Questa scelta doveva includere Tom Schelling e William Nordhaus, un economista di Yale che avrebbe appoggiato la sua visione. 234

La maggior parte dei rapporti dell'accademia venivano scritti in forma collettiva, rivisti da tutti membri del comitato, e quindi riesaminati ancora da soggetti esterni. I cambiamenti venivano effettuati dagli autori delle varie sezioni e da chi presiedeva all'incarico, e quando il rapporto era approvato, veniva firmato da tutti gli autori. L'Executive Summary, talvolta redatto dal presidente o da una persona dello staff dell'accademia, veniva egualmente riesaminato per assicurarsi che fosse coerente con il contenuto dello studio. Stavolta le cose non andarono così. Il Carbon Dioxide Assessment Committee — presieduto da Bill Nierenberg — non riuscì ad accordarsi su un documento conclusivo integrato, quindi si preferì far firmare i singoli capitoli agli autori che li avevano scritti. Il risultato, Changing Climate: Report of the Carbon Dioxide Assessment Committee, era in realtà costituito da due rapporti — cinque capitoli scritti da scienziati che approfondivano l'ipotesi dell'origine antropica del cambiamento climatico, e due capitoli sulle emissioni e gli impatti climatici scritti da economisti — che complessivamente davano una lettura molto differente del problema. La sintesi era vicina alle tesi degli economisti, e non a quelle degli scienziati. I capitoli scritti dagli scienziati erano sostanzialmente in accordo con quanto altri scienziati avevano già detto in proposito. Tutti concordavano che si stava verificando un riscaldamento, con serie implicazioni di natura fisica e biologica. Il capitolo di Revelle sull'innalzamento del livello dei mari ammoniva circa "la possibile disintegrazione della calotta glaciale antartica occidentale, con il possibile rilascio di 2 milioni di chilometri cubi di ghiaccio, prima che l'altra metà inizi a scivolare in mare. Il conseguente innalzamento globale del livello marino avrebbe potuto essere di 5 o 6 metri".34 Il risultato probabile: "Gli oceani sommergerebbero tutte le principali strutture portuali e le altre infrastrutture situate sulle coste basse, ampie zone densamente popolate e coltivate dei delta dei fiumi, estese porzioni di stati come Florida e Louisiana, e vaste aree di molte grandi città situate in riva al mare".35 Con quale velocità si sarebbe potuto verificare un simile disastro? La disintegrazione totale delle calotte glaciali richiede tempi molto lunghi, forse da duecento a cinquecento anni, ma effetti più limitati potrebbero verificarsi molto prima. Se l'aumento di temperatura di 2-3 °C fosse avvenuto entro la metà del XXI secolo, l'espansione termica degli oceani da sola avrebbe potuto contribuire per 70 centimetri all'innalzamento del livello marino, cui 235

avrebbero dovuto sommarsi altri due metri nel caso in cui le calotte glaciali avessero cominciato a cedere entro il 2050. In ogni caso, a prescindere dalla velocità, "la disintegrazione della calotta dell'Antartide occidentale... avrà conseguenze di vasta portata".36 Gli altri capitoli affrontavano gli impatti sul clima, sulla disponibilità di acqua, sugli ecosistemi marini e altro. Gli scienziati ammisero che molti dettagli erano ancora da chiarire, e che servissero altre ricerche, ma erano unanimi nel sostenere che il problema fosse molto serio. Riducendo all'essenziale il messaggio dei due capitoli, veniva fuori che le conclusioni erano quelle già conosciute: la CO2 è aumentata per colpa delle attività umane e continuerà a crescere se non si adottano misure urgenti, e questi aumenti produrranno conseguenze sul meteo, l'agricoltura e gli ecosistemi. Nessuno degli scienziati sosteneva che continuare ad accumulare CO2 non fosse un problema, o che si dovesse semplicemente aspettare e vedere. Ma questo — aspettare e vedere — era purtroppo il messaggio dei capitoli degli economisti, che venivano riassunti nel documento di sintesi. Il primo capitolo del rapporto, scritto da Nordhaus, da Jesse Asubel, membro dello staff del NRC, e da un consulente di nome Gary Yohe, professore di economia alla Wesleyan University, si focalizzava sul futuro dell'uso dell'energia e sulle emissioni di anidride carbonica. Il capitolo, lungo e dettagliato, iniziava riconoscendo che "esiste un accordo generalizzato sul fatto che le emissioni di anidride carbonica di origine antropica sono salite incessantemente, sostanzialmente a causa dell'uso dei combustibili fossili". La loro attenzione comunque non era rivolta a ciò che si sapeva, ma a quanto non era ancora certo: l'"enorme incertezza" dopo il 2000, e "le incertezze ancora maggiori" sui possibili "impatti sociali ed economici dei futuri andamenti dell'anidride carbonica".37 Usando uno scenario basato su un'analisi probabilistica, ipotizzarono i livelli di CO2 per il 2100, con varie assunzioni riguardanti i consumi di energia, i costi e l'aumento dell'efficienza economica. Il range dei risultati era ampio, ma presero in considerazione, quale scenario più probabile, quello corrispondente a un raddoppio della CO2 entro il 2065. 38 Gli economisti ammisero che "esisteva una probabilità non trascurabile che tale evento potesse verificarsi prima", c'era un 27% di probabilità che potesse accadere 236

entro il 2050, e ammisero che "non era saggio scartare l'eventualità che il raddoppio potesse verificarsi entro la prima metà del secolo XXI". Ciononostante, non considerarono questi scenari. Cosa si poteva fare per arrestare il cambiamento climatico? Secondo Nordhaus, non molto. L'azione più efficace sarebbe stata l'introduzione di una tassa sul carbonio di importo elevato, ma sicuramente sarebbe stata un'opzione molto difficile da implementare e mantenere. Una riduzione significativa della concentrazione di CO2 richiederà politiche molto rigorose, come tasse sui combustibili fossili assai cospicue... Le strategie suggerite più avanti [nel rapporto] da Schelling — interventi come modificazioni climatiche o misure di adattamento a un mondo con temperature e livelli di CO2 più elevati, sono probabilmente la maniera più economica per effettuare gli aggiustamenti necessari... Non sappiamo però se gli imprevedibili effetti collaterali sulla società, sulle aree costiere, sull'agricoltura, sulla società alle latitudini più elevate, sulla salute umana o quelli imprevedibili, risulteranno più costosi rispetto a misure drastiche di abbattimento dei gas serra. Anche se gli economisti avevano segnalato che i cambiamenti avrebbero potuto essere più rapidi di quanto previsto dai modelli — e che quindi sarebbero risultati molto più costosi delle misure di prevenzione — si basarono sull'assunzione che si sarebbero verificati così avanti nel tempo da risultare sostanzialmente non quantificabili. Schelling riprese questi argomenti nel capitolo finale del rapporto, che rendeva esplicito il modo in cui gli economisti avevano affrontato la questione del clima. Gli scienziati non erano preoccupati del cambiamento climatico in sé, perché il clima è comunque variabile, ma perché si trattava di un evento rapido con un andamento unidirezionale provocato dall'anidride carbonica. Tale cambiamento avrebbe potuto mettere in crisi sia gli ecosistemi, che non riescono ad adattarsi in pochi decenni, sia le infrastrutture costruite dall'uomo. Ma Schelling rifiutava questa tesi, e insisteva che il vero problema era sì il cambiamento climatico, ma che l'impatto dell'anidride carbonica doveva essere valutato unitamente a tutti 237

gli altri "elementi capaci di modificare il clima", come le polveri, le modifiche dell'uso dei suoli, la variabilità naturale. Quindi era sbagliato focalizzarsi solo sulla CO2. Il buon senso suggerirebbe che se la CO2 è la causa del cambiamento climatico, controllarne le emissioni dovrebbe essere la soluzione più ovvia. Schelling non era d'accordo, e insisteva nel dire che era sbagliato "trattare le cause anziché i sintomi... e che era altrettanto sbagliato assumere che, se i combustibili fossili e la CO2 sono all'origine del problema, la soluzione andava cercata nell'eliminazione degli stessi".40 Sarebbe stato preferibile trattare i sintomi attraverso specifiche tecniche di modificazione del meteo o con misure di adattamento al cambiamento climatico. Il tentativo di Schelling di ignorare le cause del riscaldamento globale era davvero singolare. Era come sostenere che i medici specialisti non avrebbero dovuto curare il cancro perché troppo costoso, e che in ogni caso la gente potrebbe in futuro decidere che morire di cancro non è poi tanto male. Tuttavia, il suo tentativo si fondava su un normale principio economico — lo stesso invocato da Fred Singer quando discuteva di piogge acide — quello dell'attualizzazione. Un dollaro oggi vale più di un dollaro di domani e vale molto di più di quanto varrà fra un secolo, quindi potremmo "attualizzare" i costi più lontani nel tempo. Questo era quello che aveva fatto Schelling, che aveva postulato che i cambiamenti da tenere in considerazione riguardavano epoche "ben oltre la vita media dei decisori politici contemporanei".41 Non solo non sappiamo quanta energia useranno in futuro le varie società, e quindi neppure quanta CO2 produrranno, ma non sappiamo neppure come vivranno, come si sposteranno, quali tecnologie avranno a disposizione e nemmeno quale sarà il clima che preferiranno. Schelling aveva comunque ragione su una cosa: se i cambiamenti si sarebbero manifestati di lì a un secolo, era difficile prevederne i costi precisi. Forse nel 2100 tutti avrebbero vissuto al chiuso, e l'agricoltura sarebbe stata confinata in ambienti idroponici controllati. Il guaio era che la maggior parte degli scienziati non credeva che il problema fosse lontano un secolo o più. Quasi tutti erano convinti che alcuni cambiamenti significativi fossero molto più vicini, e che l'anidride carbonica fosse il problema. 238

Il comitato di Nierenberg aveva quindi prodotto un rapporto che presentava due visioni distinte: quella degli scienziati, secondo cui l'accumulo di CO2 era un problema serio, e quella degli economisti, convinti che non lo fosse. Quest'ultima posizione — a cui erano dedicati il primo e gli ultimi capitoli — caratterizzava il rapporto. Una sintesi equilibrata avrebbe potuto presentare le visioni discordanti e tentare di riconciliarle, o almeno avrebbe potuto dare conto delle divergenze. Ma la sintesi non lo fece, e presentò le posizioni di Nordhaus e Schelling. Non contestava i dati presentati da Charney, dai Jason e dagli altri scienziati, ma rifiutava l'interpretazione che ne veniva data perché costituiva un problema. Il documento di sintesi diceva: "Visto in termini di energia, inquinamento e danni ambientali globali, il problema della CO2 appare intrattabile, mentre andrebbe considerato come uno dei tanti problemi legati ai cambiamenti dei fattori ambientali locali — come piogge, portata dei fiumi, livello del mare e la miriade di problemi connessi — che coinvolgono le nazioni costringendo gli individui ad adattarsi ai cambiamenti".42 Alcuni effetti dei cambiamenti climatici, come l'innalzamento del livello dei mari, avrebbe potuto rendere inabitabili alcune aree del pianeta, ma questa eventualità avrebbe potuto essere affrontata con le migrazioni. Nierenberg fece notare che in passato erano migrate intere popolazioni, e quando l'avevano fatto si erano dovute adattare a nuovi climi. "Oltre alle persone, si sono mossi gli animali, i bambini, le tecnologie, le colture e le tradizioni. È straordinario come siamo sempre riusciti ad adattarci".43 In sostanza, l'argomento di Nierenberg era analogo a quello di Schelling del 1980: occorreva più ricerca, non azioni politiche, e questa ricerca doveva mantenere un profilo politico più basso possibile. Vern Suomi aveva ammonito che l'atteggiamento dell'"aspetta e vedi" probabilmente non sarebbe stato sostenibile, ma purtroppo era proprio quello raccomandato dal comitato Nierenberg. Storicamente le migrazioni di massa sono state accompagnate da sofferenze di massa, dato che di solito le popolazioni si muovevano perché costrette dal bisogno o dal timore di violenze. Pertanto, il tono sprezzante di Nierenberg, e l'illusione che queste migrazioni avrebbero potuto essere relativamente indolori, cozzavano contro le evidenze storiche. Almeno uno dei revisori segnalò questa incongruenza. Alvin Weinberg, un fisico che aveva diretto per 239

vent'anni gli Oak Ridge National Laboratory, scrisse un rapporto di otto pagine parecchio caustico. Weinberg era stato uno dei primi fisici a riconoscere la pericolosità del riscaldamento globale, e già nel 1974 aveva segnalato che avrebbe dovuto indurci a limitare l'uso dei combustibili fossili ancor prima che questi iniziassero a esaurirsi.44 Questa posizione si intrecciava con il suo sostegno all'energia nucleare, che secondo Weinberg era la sola fonte di energia in grado di garantire migliori condizioni di vita a tutta l'umanità. Nonostante condividesse questa posizione con Nierenberg, quando lesse il rapporto restò senza parole. Il rapporto era "così imperfetto nelle sue analisi e nelle conclusioni", scrisse Weinberg, che non si sapeva da dove cominciare. Andava contro a tutte le analisi scientifiche sulla questione, e non presentava alcuna prova che giustificasse l'invito all'inazione. I miglioramenti nei sistemi d'irrigazione erano senza dubbio necessari, ma potevano essere realizzati con la rapidità necessaria? E sarebbe stato possibile installarli in numero adeguato? Il rapporto non rispondeva a queste domande. E lo stesso sulla questione delle migrazioni. Weinberg si domandò: "Il comitato crede realmente che gli Stati Uniti, i paesi dell'Europa Occidentale o il Canada siano disposti ad accettare gli enormi flussi di rifugiati provenienti dai paesi poveri, spinti dalle sofferenze causate dalla modificazione del regime delle piogge? Non posso immaginare come le migrazioni del passato, quando i confini politici erano molto più permeabili di oggi, possano dirci qualcosa su eventi quali quelli che si potrebbero verificare nei prossimi 75-100 anni in conseguenza della perdita della capacità di sostentamento di grandi aree. Sicuramente andremo incontro a periodi difficili".45 Weinberg non era l'unico ad aver compreso che le affermazioni riportate nel documento di sintesi non erano supportate dall'analisi contenuta nel rapporto stesso. Anche altri due revisori mossero osservazioni simili, seppure con meno enfasi.46 E tuttavia, gli appunti mossi dai revisori furono ignorati. Come fu possibile? E come giustificare il fatto che il rapporto era in contrasto con quanto scritto nel documento di sintesi e che le affermazioni contenute in quest'ultimo erano prive di qualsiasi evidenza a supporto? Qualche anno dopo, un 240

ricercatore rispose in questo modo: "L'accademia a quei tempi era solita eseguire revisioni in modo molto soft'. Ma nessuno fece obiezioni dopo la pubblicazione del rapporto? Lo stesso scienziato rispose: "Sapevamo che si trattava di Spazzatura, quindi decidemmo di ignorarla".47 Il rapporto di Nierenberg non finì comunque nella spazzatura. La Casa Bianca se ne servì per contrastare il lavoro scientifico portato avanti dall'Environmental Protection Agency. L'EPA preparò due rapporti, che concludevano entrambi che il riscaldamento globale era un problema serio, e che l'uso del carbone andava ridotto immediatamente.48 Quando vennero pubblicati i rapporti dell'EPA, George Keyworth — consulente scientifico della Casa Bianca — usò il rapporto Nierenberg per confutarne la validità. Nel rapporto mensile preparato in ottobre per Ed Meese, Keyworth scrisse: "Il consigliere scientifico ha screditato i rapporti EPA... e ha indicato il rapporto della NAS come miglior documento di valutazione sul tema della CO2. La stampa sembra aver trascurato l'allarmismo dell'EPA e ha condiviso le posizioni prudenti della NAS considerandole più sagge".49 Keyworth aveva ragione. La stampa aveva assunto una posizione del tutto "conservativa". Un reporter del New York Times descrisse così la situazione: "La NAS ha rilevato che, non esistendo una modo realistico, sia politico sia economico, per risolvere il problema dell'effetto serra, occorra predisporre delle strategie che preparino l'adattamento a un pianeta più caldo".50 Ma in realtà la NAS non lo aveva rilevato, era stato il comitato ad affermarlo. Per essere più precisi: non la National Academy of Sciences, ma Bill Nierenberg e una manciata di economisti. Fu solo per combinazione — magari telepatia — che Nierenberg diede alla Casa Bianca proprio ciò che quest'ultima voleva? I documenti dicono di no. Durante diverse riunioni con il Climate Research Board, i dirigenti del Department of Energy avevano anticipato ai membri della NAS che "non avrebbero approvato... scenari speculativi e allarmistici".51 Volevano solo "indicazioni sui programmi di ricerca in corso".52 Tom Pestorius, l'analista politico senior dell'OST della Casa Bianca, per cui aveva partecipato all'Acid Rain Peer Review, era coinvolto anche in questo caso. Non c'era bisogno di allarmismi, disse a John Perry, che a sua volta riferì la cosa al comitato Nierenberg, dato che "la tecnologia avrebbe sicuramente risolto i problemi 241

dell'energia e dell'ambiente".53 Il rapporto Nierenberg sulla CO2 e il clima anticipò tutte le argomentazioni che sarebbero state usate in seguito per bloccare le proposte di regolamentazione dei gas serra. Tutte, tranne una. Nierenberg non disse che scienza del clima era sbagliata. Semplicemente la ignorò, in favore delle tesi degli economisti: che trattare i sintomi anziché le cause sarebbe stato meno costoso, che se il governo non si fosse intromesso le nuove tecnologie avrebbero risolto i problemi che si sarebbero manifestati in futuro, e che se la tecnologia non poteva risolvere tutti i problemi, era sempre possibile emigrare. Nei due decenni successivi avremmo ascoltato queste affermazioni innumerevoli volte. Ma proprio come Alvin Weinberg non aveva condiviso questi argomenti, anche alcuni economisti espressero il loro dissenso. Alla fine degli anni Sessanta un minuscolo gruppo di economisti si era reso conto che l'economia di libero mercato, con la sua focalizzazione sulla crescita dei consumi, era intrinsecamente distruttiva per l'ambiente e gli ecosistemi. Le risorse della Terra non sono infinite e, come si è visto nel capitolo sulle piogge acide, il nostro pianeta non ha nemmeno una capacità illimitata di reggere l'inquinamento. Nel comitato di Nierenberg non c'era nessuno di questi economisti: nell'Executive Summary Nierenberg aveva analizzato il cambiamento climatico da un'unica prospettiva, lo stesso aveva fatto per l'economia, presentando un solo approccio alla questione. Nierenberg diede alla amministrazione esattamente ciò che quest'ultima voleva: un rapporto che, invece di riportare le differenze di opinioni tra scienziati ed economisti, presentava una posizione compatta, che diceva che non occorreva intervenire subito, e che concludeva che la tecnologia avrebbe potuto risolvere tutti i problemi che si sarebbero potuti presentare in futuro. Il governo non doveva far nulla, bastava che finanziasse la ricerca.

L'EFFETTO SERRA INCONTRA L'EFFETTO "CASA BIANCA" Durante la campagna per le elezioni presidenziali del 1988 si verificarono due eventi cruciali, che cambiarono per sempre la scienza del clima. Il primo fu la 242

creazione dell'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC). Il secondo fu l'annuncio, fatto dall'esperto di modelli climatici James E. Hansen, direttore del Goddard Institute of Space Studies (GISS), che il cambiamento climatico causato dall'uomo aveva iniziato a produrre tracce rilevabili. L'anno seguente iniziò la campagna negazionista che avrebbe investito l'intera comunità dei climatologi. Nel novembre del 1987 il senatore del Colorado Tim Wirth aveva promosso un'audizione sul clima e aveva chiamato Hansen a testimoniare, ma l'evento era stato ignorato dai media.54 La siccità stava colpendo diverse aree degli Stati Uniti e l'estate successiva la nazione entrò in crisi. Il 1988 fu uno degli anni più caldi e aridi della storia degli Stati Uniti. Dato che era stato colpito il 40% delle contee della nazione, e visto che i raccolti calavano, il bestiame moriva e il prezzo dei generi alimentari stava salendo, la gente aveva cominciato a domandarsi se il riscaldamento globale fosse una cosa così distante nel tempo. I media e le persone iniziarono a interessarsi di clima. In giugno Wirth ritornò alla carica, e il senatore J. Bennet Johnston della Louisiana pronunciò il discorso di apertura della nuova audizione: Oggi a Washington, D.C., abbiamo 38 °C, l'aridità nel Midwest sta rovinando i raccolti di soia, mais, cotone proprio mentre stiamo presenziando qui a Washington a una riunione di emergenza dei membri del Congresso per cercare di capire come affrontare tale situazione. Le parole di Manabe e degli altri testimoni che ci hanno spiegato gli effetti dei gas serra non sono più motivo di preoccupazione, ma di vero e proprio allarme.55 Hansen fu la star dell'audizione. Mostrò i risultati delle nuove ricerche condotte al GISS da cui risultava che rispetto alla media del periodo 19501980 si era verificato un aumento della temperatura media globale di circa 0,5 °C. La probabilità che tale evento potesse avere un'origine naturale era solo dell'1%. Hansen precisò al comitato che "il riscaldamento globale è ora abbastanza ampio da poter essere attribuito, con alto grado di affidabilità, a una relazione causale con l'effetto serra".56 Il gruppo di Hansen aveva anche elaborato un modello per l'aumento dell'anidride carbonica e degli altri gas serra in tre "scenari di emissione". 243

Questi scenari non erano intesi come previsioni dell'effettivo andamento delle emissioni antropiche di carbonio; erano da intendere come scenari "what-if° (cosa succederebbe se, ndT), con diversi livelli di emissioni future e le loro conseguenze. Uno scenario ipotizzava una rapida riduzione nell'uso dei combustibili fossili dopo il 2000, a cui seguiva una riduzione del riscaldamento futuro. Gli altri due, molto più realistici, mostravano che la temperatura globale della Terra cresceva rapidamente. Entro vent'anni sarebbe stata più alta che in qualsiasi altro periodo dal tempo dell'ultima fase interglaciale, che era terminata circa 120.000 anni fa.57 Stavolta i principali quotidiani del paese riportarono la notizia dell'audizione. Il New York Times mise la testimonianza di Hansen in prima pagina; improvvisamente divenne il principale sostenitore della necessità di agire contro il riscaldamento globale.58 Alcuni colleghi, contrariati dal clamore dei media — e forse anche un po' gelosi — attaccarono Hansen per essersi spinto troppo in là, ritenendo che avesse trascurato le incertezze ancora presenti. D'altra parte, Hansen aveva catturato l'attenzione dei media come nessuno prima di lui, e la maggior parte della comunità scientifica era convinta che se la concentrazione dei gas serra fosse cresciuta ancora sarebbe stato impossibile evitare effetti sul clima. Era una questione di fisica elementare. Eppure, la clamorosa rivelazione di Hansen giunse inaspettata e a taluni sembrò avventata.59 Durante i cinque anni trascorsi tra l'uscita del rapporto Nierenberg e la testimonianza di Hansen, gli scienziati dell'atmosfera erano stati presi da altre questioni. Avevano scoperto l'esistenza del buco dell'ozono, avevano fatto ricerche e ne avevano spiegato la genesi. Grazie al lavoro dell'Ozone Trends Panel avevano anche dimostrato che l'ozono stratosferico stava diminuendo. Alcuni scienziati, come Bob Watson della NASA, avevano iniziato a pensare che anche per il problema del riscaldamento globale servisse qualcosa di simile all'Ozone Trends Panel. Da qui ebbe origine l'Intergovernmental Panel on Climate Change. Bert Bolin, l'uomo che per primo aveva lanciato l'allarme sulle piogge acide in Europa, era dell'idea che i dati sulle temperature di Hansen non fossero "stati esaminati abbastanza bene", e accettò l'incarico.°° Suddivise il comitato in tre gruppi di lavoro. Il primo avrebbe dovuto produrre un rapporto sullo stato della scienza del clima. Il secondo una valutazione degli impatti di tipo socio-economico e 244

ambientale. Il terzo avrebbe dovuto formulare un set di possibili risposte. Gli scienziati si diedero come termine per la loro prima valutazione la fine del 1990: una scadenza molto ravvicinata, visto che avevano intenzione di coinvolgere oltre 300 scienziati di 25 nazioni.61 La pressione politica generata dalle audizioni di giugno indusse il candidato alla presidenza, il vice-presidente George H. W. Bush, a dichiarare che avrebbe contrastato "l'effetto serra con l'effetto Casa Bianca", sfruttando i poteri della presidenza.62 Nel gennaio del 1989, al momento del suo insediamento quale quarantunesimo presidente degli Stati Uniti, George H. W. Bush inviò il suo segretario di stato James Baker al primo meeting dell'IPCC, e chiese che il Committee on Earth Sciences del Federal Coordinating Council for Science Engineering and Technology delineasse una proposta di iniziativa per un programma di ricerca sul clima da parte degli Stati Uniti nel bilancio dell'anno fiscale 1990. 63 La proposta fu accolta favorevolmente dal Senato, dato che il Committee on Commerce, Science and Trasportation aveva già preparato una legge — il National Global Change Research Act nel 1989 — che prevedeva una cosa simile.64 Sembrava che gli Stati Uniti si stessero organizzando per affrontare la questione del cambiamento climatico di origine antropica. Come ricordò Gus Speth più tardi, "pensavamo di essere sulla strada che avrebbe condotto a cambiamenti".65 Purtroppo aveva sottostimato la sfida.

INCOLPARE IL SOLE Nel 1984 Bill Nierenberg aveva lasciato l'incarico di direttore della Scripps Institution of Oceanography, ed era entrato a far parte del direttivo del George C. Marshall Institute. Come abbiamo visto, Robert Jastrow aveva istituito questa organizzazione per difendere la Strategic Defence Initiative (SDI) del presidente Reagan dagli attacchi degli altri scienziati. Ma nel 1989, il nemico che giustificava la SDI si era rapidamente dissolto. Il Patto di Varsavia era crollato, l'Unione Sovietica si stava disintegrando, e la fine della Guerra fredda sembrava prossima. Il George C. Marshall era disorientato, dato che la sua ragion d'essere era venuta meno, ma nonostante questo i vecchi guerrieri della Guerra fredda decisero di combattere ancora. E il nemico chi era stavolta? Gli ambientalisti "allarmisti". Nel 1989, proprio nell'anno della 245

caduta del muro di Berlino, il George C. Marshall Institute presentò il primo rapporto che attaccava la scienza del clima. Entro pochi anni avrebbe attaccato pure i climatologi. All'inizio non negarono il riscaldamento globale, ma incolparono il Sole. Fecero circolare un libro bianco prodotto da Jastrow, Seitz e Nierenberg e lo pubblicarono l'anno seguente con il titolo Global Warming: What Does the Science Tell Us.66 Rifacendosi alla strategia dell'industria del tabacco, gli autori sostenevano che avrebbero riportato la questione del riscaldamento globale nei suoi giusti limiti. Il personale dell'istituto a Washington si diede da fare per presentare il libro alla Casa Bianca. Lo stesso Nierenberg tenne il briefing ai membri dell'Office of Cabinet Affairs, dell'Office of Policy Development, del Council of Economic Advisers e dell'Office of Management and Budget.67 Il briefing ebbe un grande impatto, e riuscì a bloccare lo slancio dell'amministrazione Bush. Uno dei membri del gabinetto disse: "Sono colpito dal rapporto". Un altro aggiunse che "valeva la pena ascoltarli, sono degli scienziati qualificati". Il capo dello staff della Casa Bianca, John Sununu, ingegnere nucleare, fu particolarmente impressionato. Stephen Schneider, della Stanford University, osservò che "Sununu considera il rapporto come una croce per i vampiri, gli serve per scacciare il pericolo dell'effetto serra".69 Nessuno però aveva chiamato Bert Bolin alla Casa Bianca. Forse non pensava di dover chiedere per essere invitato. La tesi fondamentale del rapporto del George C. Marshall Institute era che il riscaldamento rilevato da Hansen e da altri non seguiva l'andamento cronologico della crescita della CO2. La maggior parte del riscaldamento si era verificata prima del 1940 — prima delle emissioni di anidride carbonica più rilevanti. Si era poi manifestato un trend di raffreddamento fino al 1975, e quindi il riscaldamento era ripreso. Dal momento che il riscaldamento non rispecchiava l'aumento della CO2, doveva essere stato causato dal Sole.70 Combinando cicli delle macchie solari e dati da carbonio-14 degli anelli di accrescimento delle piante, il George C. Marshall Institute concludeva che il Sole era entrato in un periodo di forte attività nel corso del XIX secolo, e che questo aumento dell'output dell'energia solare (che poi era dello 0,3%), era 246

responsabile del riscaldamento del clima. Il Marshall sosteneva altre sì che i loro dati mostravano un ciclo di 200 anni circa, che il trend di riscaldamento stava finendo, e che quindi presto il clima avrebbe cominciato a raffreddarsi. "Se la correlazione tra attività solare e temperature globali continuerà, dovremo aspettarci un raffreddamento del pianeta nel corso del XXI secolo come conseguenza delle forze naturali che agiscono sul clima.71 Ma tra il 1940 e il 1975 si era davvero verificato un raffreddamento? La risposta è sì, ma il Marshall Institute lo aveva rappresentato in modo distorto. Il Marshall aveva preso i diagrammi da un articolo del gruppo di Hansen, quindi apparentemente era credibile.72 Sembrava che stessero utilizzando della scienza sottoposta a peer-review, ma Jastrow, Nierenberg e Seitz avevano fatto del cherry-picking, avevano cioè scelto solo i dati che sostenevano la loro tesi — e avevano usato un solo diagramma tra i sei più importanti dell'articolo. Poi avevano mostrato ai lettori solo la parte in alto della figura 5 (si veda nella pagina successiva). Hansen e i suoi colleghi avevano esaminato il ruolo delle varie forzanti, cioè delle differenti cause del cambiamento climatico. Una erano i gas serra, un'altra i vulcani, la terza il Sole. Hansen e il suo gruppo aveva fatto ciò che ci si aspetta facciano gli scienziati — avevano considerato tutte le possibili cause note. Quando si chiesero quale fosse la causa, o la possibile combinazione di cause, che poteva spiegare meglio le osservazioni disponibili, la risposta fu: tutte. Cioè CO2 + vulcani + Sole assieme corrispondevano al meglio all'andamento osservato. Il Sole aveva un peso, ma anche i gas serra contavano. L'andamento della temperatura del XX secolo era determinato da tutte e tre le forzanti, ma Jastrow, Seitz e Nierenberg avevano mostrato ai lettori solo la parte superiore del grafico di Hansen, in modo da far sembrare che solo il Sole contasse qualcosa. Il riscaldamento precedente il 1940 probabilmente era dovuto all'effetto della forte attività solare del XIX secolo, ma questo non valeva per il riscaldamento che era iniziato a metà degli anni Settanta. Da metà del XX secolo in poi il Sole era in uno stato di quiete, quindi solo la CO2 poteva spiegare il recente riscaldamento. Steven Schneider rilevò poi un problema ancora più rilevante nell'analisi del Marshall Institute. Se Jastrow e soci avevano ragione nel sostenere che il clima era estremamente sensibile a cambiamenti anche piccoli dell'attività 247

del Sole, allora voleva dire che era sensibile anche alle piccole modifiche nella concentrazione dei gas serra. Schneider osservò:



Date

Fig. 5. Global temperature trend obtained from climate model with sensitivity 2.8°C for doubled CO2. The results in (a) are based on a 100-m mixed-leyer ocean for heat capacity; those in (b) include diffusion of heat into the thermo-clirme to 1000 m. The forcings by CO2, volcanoes, and the sun are based on Broecker (25), Lamb (27), and Hoyt (48). Mean A7 is zero for observations end model. (Andamento della temperatura globale ottenuto dal modello climatico con sensibilità 2.8°C per CO2 raddoppiata. I risultati in a) si basano su un oceano di leyer misto di 100 m per la capacità termica; quelli in (b) includono la diffusione del calore nel clima termico fino a 1000 m. Le forzature di CO2, vulcani e sole si basano su Broecker (25), Lamb (27) e Hoyt (48). La media A7 è zero per il modello finale delle osservazioni) Questo gruppo di grafici faceva parte dell'articolo di James E. Hansen del Goddard Institute for Space Studies e mostrava (a sinistra) i risultati del modello con una Terra composta di oceani poco profondi che scambiavano calore con l'atmosfera e (a destra) degli oceani con un mescolamento del calore molto più profondo. Il gruppo di Hansen concluse che la parte a destra in basso meglio rappresentava la situazione della Terra reale — con oceani 248

che scambiavano calore fino a 1.000 metri di profondità, il Sole che aveva il suo ruolo, e anche le polveri vulcaniche, gli aerosol e la CO2, che contribuiva in maniera decisiva. La versione del Marshall Institute faceva riferimento solamente alla parte in alto a sinistra, dando l'impressione che la CO2 non avesse alcun peso nella questione. Fonte: Hansen J., et al., "Climate Impact of Increasing Atmospheric Carbon Dioxide", Science, 28 agosto 1981, 963. Ristampa autorizzata dall'AAAS. Se è bastata una variazione di pochi decimi percentuali dell'energia del Sole per provocare la crescita della temperatura (+0,5 °C) osservata nel secolo scorso, allora si dovrebbe convenire che il pianeta è estremamente sensibile alle piccole variazioni dell'energia in arrivo. Il Marshall Institute non può sostenere contemporaneamente che piccole variazioni di energia in arrivo dal Sole possono causare grandi variazioni di temperatura, e che simili cambiamenti di energia dovuti ai gas serra non possono produrre effetti analoghi. O il sistema è sensibile ai forcing radiativi di ampia scala o non lo è.73 La sensitività vale per entrambi i casi. Jastrow, Seitz e Nierenberg, essendo fisici, avrebbero ovviamente dovuto saperlo. L'IPCC pubblicò il suo primo rapporto nel maggio del 1990, ribadendo una conclusione ormai familiare a tutti coloro che seguivano il tema: l'uso senza limitazioni dei combustibili fossili "avrebbe prodotto nel secolo prossimo una crescita della temperatura media globale di circa 0,3 °C per decennio; un incremento mai verificatosi negli ultimi 10.000 anni".74 Il riscaldamento globale avrebbe prodotto cambiamenti ai quali l'uomo non aveva mai assistito prima. L'IPCC prese in considerazione, e rigettò, l'ipotesi del Marshall Institute secondo cui era il Sole la causa del riscaldamento in corso. Il limite superiore della variabilità dell'attività solare, spiegarono, "era piccolo in confronto al forcing prodotto dai gas serra, e anche se nei prossimi decenni la forzante solare fosse stata alta, sarebbe stata comunque sovrastata dall'incremento dell'effetto serra".75 249

Ma al Marshall Institute la confutazione dell'IPCC non interessò granché. Nel 1991 ripropose la propria versione in forma più estesa, e nell'ottobre 1992 Bill Nierenberg, mentre partecipava al World Petroleum Congress a Buenos Aires, lanciò un attacco frontale all'IPCC. Sulla base di una estrapolazione lineare del riscaldamento del XX secolo, Nierenberg sostenne che le temperature globali sarebbero potute crescere al massimo di 1 °C entro la fine del XXI secolo. Bert Bolin lo affrontò a viso aperto, facendogli notare che le emissioni dei gas serra stavano crescendo esponenzialmente, e non linearmente. Se a ciò si fosse aggiunto il ritardo temporale dovuto agli oceani — di cui Charney aveva già parlato dieci anni prima — il riscaldamento avrebbe sicuramente subito un'accelerazione. Nelle sue memorie, Bolin definì le conclusioni di Nierenberg "semplicemenre sbagliare".76 Una persona meno garbata avrebbe usato termini più pesanti. Se Nierenberg fosse stato un giornalista, si sarebbe potuto supporre che avesse fatto confusione. Ma Nierenberg non era un giornalista; una persona che aveva lavorato per lungo tempo alla Scripps disse che non aveva mai conosciuto qualcuno più attento alla scelta degli argomenti da trattare e alla maniera di trattarli.77 Nel frattempo, il Cato Institute distribuì la versione scorretta del grafico stampata su carta originale del Marshall Institute — quella che riportava solamente la parte superiore del grafico di Hansen.78 Tenendo conto di tutti gli sforzi fatti dai climatologi per eliminare qualsiasi errore, sembrava poco plausibile che si trattasse di una semplice svista. Inoltre, al Marshall erano orgogliosi dei loro risultati. In una lettera del febbraio 1991, indirizzata al vice-presidente del American Petroleum Institute, Robert Jastrow si vantava che "la comunità scientifica sa che il rapporto Marshall è alla base dell'opposizione della amministrazione alla carbon tax e alle limitazioni dell'uso dei combustibili fossili". Citando la rivista New Scientist, sottolineò che il Marshall Institute "controlla ancora la Casa Bianca".79 Fred Singer avrebbe spinto questi sforzi ancora oltre.

L'ATTACCO A ROGER REVELLE 250

Mentre Jastrow, Seitz e Nierenberg continuavano a "dare la colpa al Sole", Fred Singer iniziava ad attaccare la scienza del clima da un'altra prospettiva, sostenendo che Roger Revelle aveva cambiato opinione sul riscaldamento globale. Revelle, oltre ad aver contribuito alla realizzazione del sistema di monitoraggio che avrebbe prodotto la curva di Keeling, aveva avuto un'altra parte di cruciale importanza nella storia della scienza del clima, come mentore di Al Gore. GoMentre Jastrow, Seitz e Nierenberg continuavano a "dare la colpa al Sole", Fred Singer iniziava ad attaccare la scienza del clima da un'altra prospettiva, sostenendo che Roger Revelle aveva cambiato opinione sul riscaldamento globale. Revelle, oltre ad aver contribuito alla realizzazione del sistema di monitoraggio che avrebbe prodotto la curva di Keeling, aveva avuto un'altra parte di cruciale importanza nella storia della scienza del clima, come mentore di Al Gore. Gore aveva infatti studiato con Revelle negli anni Sessanta a Harvard, e si sapeva che l'attenzione di Gore per i problemi del clima era il risultato della sua vicinanza a Revelle. Se davvero Revelle avesse smesso di preoccuparsi per il clima, la cosa sarebbe finita su tutti i giornali. E avrebbe imbarazzato Gore, che aveva incentrato la sua campagna presidenziale del 1992 sui problemi ambientali. Il 19 febbraio 1990, l'ottantunenne Revelle aveva presentato un paper dal titolo "What We Can Do About Climate Change?" al meeting dell'AAAS a New Orleans. In questo articolo scriveva che la ricerca e le misurazioni dei prossimi dieci o venti anni avrebbero dovuto "essere in grado di darci un'idea più precisa dell'entità del riscaldamento dell'atmosfera e dell'oceano nel XXI secolo".80 Nel frattempo, aggiungeva, esistevano sei possibilità per ridurre il riscaldamento futuro: preferire il gas rispetto al carbone e petrolio, risparmio energetico, sostituzione con fonti di energia diverse dai fossili, tecniche di sequestro dell'anidride carbonica tramite stimolazione del fitoplancton, aumento della riflettività dell'atmosfera con misure artificiali ed espansione delle foreste. Negli ultimi tempi Revelle si era interessato alla possibilità che le foreste boreali alle alte latitudini potessero espandersi a seguito del riscaldamento terrestre, e in tal modo, sottraendo anidride carbonica dall'atmosfera, avrebbero potuto rallentare il riscaldamento. Revelle pensava 251

che la crescita delle foreste avrebbe potuto rimuovere 2,7 miliardi di tonnellate di carbonio ogni anno, corrispondenti all'incirca a metà di quello immesso ogni anno dai combustibili fossili.81 Non era un ammontare trascurabile, e avrebbe potuto rappresentare proprio il feedback negativo che Charney e soci avevano cercato e non trovato — Revelle comunque riteneva che servissero molte altre ricerche. Le analisi di Revelle su strategie di mitigazione, risparmio, energia nucleare e foreste boreali non avrebbero avuto senso se egli non fosse stato convinto che c'era qualcosa da mitigare o ridurre. Letto attentamente, il suo discorso dimostrava che egli riteneva che uno dei primi passi dettati dalla prudenza fosse quello di passare al nucleare, all'uso del gas, al risparmio energetico, e nel frattempo proseguire con la ricerca. Come tutti i bravi scienziati era attento a non fare affermazioni roboanti. Sapeva, come tanti altri, che c'erano ancora notevoli incertezze, e forse perché era incuriosito dalla prospettiva che le foreste boreali potessero rallentare il riscaldamento in modo significativo, iniziò la sua presentazione con una frase potenzialmente ambigua: "Ci sono buone probabilità, ma non la certezza, che durante il prossimo secolo il clima possa diventare significativamente più caldo".82 Fred Singer colse l'occasione al volo. Avvicinò Revelle dopo il suo discorso e gli propose di collaborare alla redazione di un articolo per il Washington Post. La cronaca non ci dice esattamente di che cosa avrebbe dovuto trattare questo articolo; se Revelle fosse rimasto in salute avrebbe potuto lasciare qualche appunto. Di ritorno a La Jolla, Revelle subì un grave attacco cardiaco. Dall'aeroporto andò direttamente in ospedale, dove fu sottoposto a un triplo bypass. Revelle si riprese a fatica. Tornato a casa in marzo, dovette tornare in ospedale per un intervento urgente di ernia. Soffrì poi di un'infezione acuta e passò altre sei settimane in ospedale. Quando finalmente tornò a casa in maggio, era così debole che la sua segretaria personale, Christa Beran, e Justin Lancaster, un giovane laureato che aiutava Revelle nell'insegnamento, organizzavano il suo lavoro in modo che i suoi impegni non durassero mai più di mezz'ora. A Revelle, a suo tempo famoso per la sua energia, ora capitava di addormentarsi mentre dettava una lettera. Non stava per niente bene. 252

Il titolo dell'articolo che Singer pubblicò in seguito, in cui Revelle figurava come co-autore, era "What to do about Greenhouse Warming: Look Before You Leap". Considerate le condizioni di salute di Revelle, non è mai stato chiarito quanto sia riuscito a rivedere le varie bozze che Singer gli fece pervenire, né se abbia controllato che Singer avesse apportato le correzioni richieste. Revelle era una persona incapace di dire no; uno dei colleghi a lui più vicini, l'oceanografo Walter Munk, ammette che "spesso Roger accettava ancor prima di guardare".84 Dalla documentazione della Scripps risulta che Singer inviò a Revelle tre bozze dell'articolo in marzo, quando Revelle era ancora in ospedale. Sappiamo anche che Revelle era preoccupato da qualcosa nell'articolo. Christa Beran ricordò in seguito che, ogni qualvolta arrivava una bozza di Singer, Revelle la seppelliva sotto montagne di carte sul suo tavolo. Quando poi Singer chiamava, la stessa Beran era costretta a scavare nel mucchio per trovare il plico, ma poco dopo Revelle provvedeva a seppellirlo di nuovo. Beran era meravigliata da questo comportamento ma, come chiarì nel corso di una dichiarazione giurata, Revelle le disse: "Secondo alcuni Fred Singer non è un bravo scienziato".85 Singer si era reso impopolare nell'ambiente scientifico attaccando gli scienziati sulle piogge acide e sull'ozono. Dopo avergli detto di sì al meeting dell'AAAS a New Orleans, forse Revelle si era pentito e sperava che ignorando l'articolo Singer se ne sarebbe andato. Ma Singer non se ne andò. Mentre Singer cercava di far sì che Revelle esaminasse le bozze, pubblicò un suo articolo nella rivista Environmental Science and Technology, che recava praticamente lo stesso titolo: "What To Do about Greenhouse Warming". Singer riprendeva gli argomenti del Marshall Institute, assumendo che gli scienziati non sapessero quale fosse la causa del riscaldamento del XX secolo. "Esistono una forte incertezza e un notevole disaccordo sul fatto che questo aumento [della CO2] abbia prodotto un cambiamento climatico negli ultimi 100 anni; sostanzialmente le osservazioni non si conciliano con la teoria" insisteva. Naturalmente un disaccordo esisteva — era quello innescato dal Marshall Institute — ma non ce n'era traccia tra gli scienziati del clima. L'IPCC aveva chiaramente spiegato che un uso indiscriminato dei combustibili fossili avrebbe prodotto "un aumento della temperatura media globale nel 253

prossimo secolo al ritmo di 0,3 °C per decennio, un valore maggiore di qualsiasi altro verificatosi nei passati 10.000 anni".86 Singer rigettava questa tesi, asserendo che "la base scientifica [del riscaldamento da gas serra] è costituita da qualche fatto, da molte incertezze e da una notevole ignoranza". Infine concludeva enfaticamente: "Il fondamento scientifico del riscaldamento da gas serra è troppo debole per giustificare l'adozione di drastiche misure in questo momento".87 Era la stessa cosa che aveva detto sulle piogge acide e sulla riduzione dell'ozono. Era pertanto facile intuire perché così tanti scienziati non avessero in simpatia Fred Singer. Respingeva regolarmente le loro conclusioni, suggerendo che lui conoscesse le cose molto meglio di loro. Nel febbraio 1991 Singer passò in visita alla Scripps. In una riunione di diverse ore, Singer e Revelle esaminarono l'articolo del quale erano già pronte le bozze di stampa. Emerse almeno un punto di disaccordo tra i due, e si trattava di un aspetto molto importante: qual era la sensitività del clima all'anidride carbonica atmosferica? Le bozze che Singer fece vedere a Revelle riportavano: "Assumiamo quello che riteniamo il risultato più probabile: un modesto riscaldamento medio inferiore a un grado Celsius nel prossimo secolo, un valore ben inferiore alle normali oscillazioni annuali".88 Era una cosa in completa contraddizione con ciò che avevano detto i Jason, con ciò che aveva detto il gruppo di Charney, e con ciò che aveva detto l'IPCC: tutti i climatologi affermavano che il cambiamento climatico derivante da un incremento dei gas serra sarebbe stato diverso dalla normale variazione annuale, e in effetti anche l'IPCC aveva detto l'esatto opposto. Revelle cancellò "meno di un grado" e scrisse a margine "da uno a tre gradi". Non sembrava una grande differenza, ma in realtà lo era. L'intervallo da uno a tre gradi si situa entro la visione prevalente, ed è chiaramente fuori dell'intervallo della variabilità naturale degli ultimi secoli. Era questo il punto chiave: il riscaldamento ci avrebbe condotto verso una situazione climatica inedita, generata dall'uomo e diversa da tutte quelle verificatesi in passato? Revelle e centinaia di scienziati del clima dicevano sì, Singer diceva di no. Singer aggirò l'ostacolo omettendo i numeri. La frase che venne pubblicata recitava: "Assumiamo quello che appare il valore più probabile: un modesto 254

ri"scaldamento medio nel secolo prossimo ben al di sotto della normale variabilità annuale".90 L'articolo era in contrasto con quello che Revelle aveva scritto a margine del testo, e asseriva che con ogni probabilità non si sarebbe verificato alcun riscaldamento significativo. Un eventuale, lieve, cambiamento sarebbe stato difficile da distinguere dalle variazioni naturali. Era passata la tesi di Sincer, e sembrava che Revelle fosse d'accordo. L'articolo venne pubblicato qualche tempo dopo su Cosmos, la rivista del Washington Cosmos Club, un club fondato nel 1878 che aveva aperto alle donne solo nel 1988 a seguito della minaccia di una azione legale per discriminazione. Revelle risultava come secondo autore.91 Appariva anche un terzo autore: Chauncey Starr, il fisico incontrato nel capitolo 3 che aveva sollevato dubbi sulle piogge acide, e che come abbiamo visto nel capitolo 5, aveva avanzato l'ipotesi della ormesi della radiazione — cioè che le radiazioni erano benefiche per l'uomo.92 Ma Revelle era d'accordo sulla versione finale? Non lo sapremo mai con certezza, perché in luglio morì dopo un nuovo attacco cardiaco, ma è difficile credere che l'avrebbe accettata — almeno se fosse stato in salute e lucido — e neppure quelli che gli erano accanto lo pensavano. Gli scienziati sapevano dai dati paleoclimatici che il valore più basso possibile della sensitività climatica corrispondente a un raddoppio della CO2 era di 1,5 °C. Sappiamo dalle evidenze di natura geologica che le concentrazioni di CO2 sono cambiate nel passato, e che le temperature sono variate in maniera coerente a una sensitività complessiva non inferiore a 1,5 °C per un raddoppio della CO2. Revelle, di formazione geologo, lo sapeva molto bene. Assieme a Justin Lancaster aveva tenuto un corso alla Scripps con una parte sulle variazioni climatiche naturali. Lancaster in seguito ricordò che Revelle era imbarazzato quando vide l'articolo pubblicato su Cosmos.93 Ma Cosmos non era una rivista scientifica, non Sottoponeva a peer review gli articoli, e non era molto diffusa. Pochi scienziati avrebbero notato l'articolo, e ancora meno lo avrebbero preso in considerazione, quindi, anche se Revelle fosse stato ancora in salute, probabilmente avrebbe lasciato perdere. Forse, pensando che si trattava di spazzatura, lo avrebbe ignorato. 255

Ma la campagna elettorale del 1992 si avvicinava, e l'articolo di Cosmos non venne ignorato. Fu usato invece per attaccare il senatore Al Gore. Sembra che la prima salva sia stata sparata da Gregg Fasterbrook nel numero di luglio del New Republic, e replicata in agosto sull'Independent. Criticando il nuovo libro di Gore Earth in Balance, Easterbrook sibilò indignato che Gore aveva omesso di menzionare che "prima della sua morte l'anno scorso, Revelle aveva pubblicato un articolo che si concludeva con la frase 'il fondamento scientifico del riscaldamento da effetto serra è troppo incerto per giustificare l'adozione di misure drastiche al momento attuale'".94 In realtà, queste parole erano di Singer, non di Revelle. Singer le aveva già usate nel suo paper del 1990 e ancora nel 1991, in un capitolo di un libro che metteva in discussione l'esistenza del riscaldamento globale e attaccava l'IPCC.95 Revelle non aveva detto nulla del genere nel suo discorso all'AAAS. Inoltre, sia negli ambienti accademici sia in quelli giornalistici, la regola è di citare l'autore principale di un articolo. Che, nel caso in oggetto, era Singer. Easterbrook avrebbe inoltre potuto precisare che stava citando Chauncey Starr, co-autore anche lui. In ogni caso Easterbrook o era stato inaccurato, oppure stava approfittando di Revelle per scopi politici. Dopo tutto il mentore di Gore era Revelle, non Singer e neppure Starr. L'attacco di Easterbrook era stato ripreso dall'editorialista conservatore George Will, che lo aveva riportato in forma integrale in un articolo di fondo del 1992. "Gore sa che il suo precedente mentore a Harvard, Roger Revelle, morto l'anno scorso, aveva concluso che 'il fondamento scientifico del riscaldamento da effetto serra è troppo incerto per giustificare l'adozione di misure drastiche al momento attuale. Il rischio che si corre rinviando le risposte politiche è molto piccolo'".96 Da questo momento il tema entrò nella campagna per l'elezione del vice-presidente. L'ammiraglio in congedo James B. Stockdale, il compagno nella corsa di Ross Perot, attaccò Gore citando l'articolo di Singer del 1990. 97 La famiglia di Revelle, e anche i suoi colleghi alla Scripps, si infuriarono quando scoprirono che il nome di Revelle era stato usato per attaccare Al Gore. La figlia di Revelle, Carolyn Hufbauer, in un editoriale pubblicato il 13 settembre, poco prima del dibattito tra i candidati vice-presidenti, protestò contro l'attacco di Will.98 Due dei colleghi della Scripps più vicini a Revelle, 256

l'oceanografo Walter Munk e il fisico Edward Frieman, convennero con Hufbauer che la visione di Revelle era stata stravolta. Scrissero una lettera a Cosmos, ma la rivista rifiutò di pubblicarla, allora la inviarono alla rivista Oceanography, assieme al testo dell'articolo di Revelle dell'AAAS.99 (Ancora una volta le affermazioni non scientifiche erano circolate abbondantemente, mentre le contestazioni degli scienziati erano state divulgate solamente su media che normalmente venivano letti solo dagli stessi scienziati.) Munk e Frieman spiegarono che l'articolo di Cosmos non era stato scritto da Revelle. Dissero che "Singer aveva scritto il testo e che quale forma di cortesia [Singer] aveva aggiunto il nome di Roger come co-autore, perché voleva che questi vedesse l'articolo e fornisse spunti sulla questione dell'innalzamento del livello dei mari".100 Dopo più di un decennio, Munk era ancora arrabbiato per ciò che chiamava "il tradimento di Singer nei riguardi di Roger".101 Ma la persona che combatté la battaglia più lunga e più aspra per difendere l'eredità di Revelle — e che pagò il prezzo più alto — fu Justin Lancaster. Nell'ultimo anno di vita di Revelle, Lancaster praticamente lo aveva visto ogni giorno. I due avevano insegnato insieme, e condiviso anche l'impegno nelle questioni politiche. (Questo è qualcosa che non interessava alla maggior parte degli scienziati della Scripps; generalmente si occupavano solo di scienza.) Lancaster era convinto di conoscere le idee di Revelle come nessun altro. Lancaster e il relatore della sua tesi, Dave Keeling, scrissero una lettera a New Republic che smentiva l'articolo di Easterbrook, ma non fu mai pubblicata. Era la seconda volta che scienziati vicini a Revelle tentavano di correggere le distorsioni di cui erano state fatte oggetto le sue affermazioni, ma i giornali che avevano distorto le notizie adesso respingevano il loro tentativo di rimettere la questione sui giusti binari. A questo punto Lancaster fece ciò che avevano fatto Munk e Frieman: si rivolse alla comunità scientifica che egli immaginava avesse a cuore la verità. Lancaster in quel periodo faceva parte del comitato editoriale di un volume dal titolo A Global Warming Forum, su cui Singer voleva ripubblicare il pezzo di Cosmos. Lancaster tentò di convincere Singer a togliere il nome di Revelle dall'arricolo, ma Singer rifiutò. Ne derivò uno scontro tra Singer, Lancaster e il comitato editoriale che venne coinvolto in quanto Lancaster insisteva per la cancellazione del nome di 257

Revelle; quando il volume fu pubblicato nel 1993, era stata inserita una nota a piè di pagina nella prima pagina del testo, che rimandava i lettori all'articolo di Revelle scritto per 'AAAS, ora pubblicato su Oceanography.102 Nell'ottobre seguente, a Harvard venne organizzato un simposio in memoria di Revelle, lo stesso mese in cui il dibattito tra i vice-presidenti sulla disputa innescata da Cosmos salì alla ribalta nazionale. Originariamente gli organizzatori avevano previsto che Singer presentasse il suo famigerato articolo, ma contemporaneamente avevano anche invitato Walter Munk e la famiglia Revelle., Conoscendo le posizioni di Munk e della famiglia di Revelle, gli organizzatori cancellarono Singer dal programma, sperando di evitare lo scontro. Ma la manovra non riuscì. Singer si presentò egualmente. Walter Munk e Justin Lancaster criticarono l'articolo di Cosmos, Munk nella sua introduzione, e Lancaster in una dichiarazione che recita così: "Revelle non ha scritto l'articolo di Cosmos ed era riluttante ad accettare l'offerta di partecipazione. Fatto oggetto di pressioni piuttosto scorrette, in un momento di debolezza dovuta alla convalescenza dopo un'operazione al cuore, alla fine acconsentì alla proposta dell'autore principale". Il presidente del simposio permise a Singer di rispondere. Singer negò di aver fatto pressioni su Revelle, e insisté che l'articolo di Cosmos era basato sul lavoro presentato all'AAAS. Inoltre, attaccò Munk e Lancaster per "la falsa rappresentazione dei fatti ispirata politicamente".103 Singer omise di ricordare che la frase chiave dell'articolo di Cosmos — quella che era stata riportata con clamore dalla stampa — non era altro che una frase del suo articolo del 1990. Ma a Singer non bastò essere salito alla ribalta durante il simposio che era stato organizzato per celebrare la vita e il lavoro di Revelle. Poiché Lancaster continuava pubblicamente a contestare la posizione di coautore attribuita a Revelle, Singer presentò una querela per diffamazione contro Lancaster. Lancaster non disponeva del denaro e delle risorse per affrontare la causa, ma cercò comunque di opporsi a Singer insistendo che le cose erano andate come lui le aveva descritte. La sola persona che poteva confermare il racconto di Lancaster era la segretaria di Revelle, Christa Beran, e lo fece. Ma non bastò. Le tasche di Singer erano più capienti di quelle di Lancaster, e nel 1994 Lancaster accettò un patteggiamento che lo costrinse a ritrattare l'affermazione che Revelle non 258

era coautore, gli impose 10 anni di bavaglio e chiuse ogni contestazione davanti alla corte.104 (Nel 2007 accettò di rispondere a noi. Ora ha anche un sito web).105 Ma qual era in realtà l'opinione di Revelle sul riscaldamento globale nel 1991? Abbiamo esaminato attentamente i documenti di Revelle alla Scripps, e abbiamo trovato solamente una traccia del suo pensiero di quel periodo. Si tratta di una breve introduzione, apparentemente non pubblicata, a un meeting sulla variabilità climatica nel quale Revelle scriveva: Esistono buone ragioni per aspettarci che, a seguito dell'incremento dei gas serra in atmosfera, ci sarà un riscaldamento del clima. Quanto grande sarà tale riscaldamento... è molto difficile da dire. Probabilmente tra 2 e 5 °C alle latitudini degli Stati Uniti, probabilmente anche di più alle latitudini più elevate e di meno alle basse latitudini... In qualunque maniera si manifesti il cambiamento climatico, esso avrà profondi riflessi sulle risorse idriche.106 I documenti mostrano chiaramente che Roger Revelle non aveva cambiato idea. Era convinto che il riscaldamento globale fosse già in atto e che avrebbe prodotto gravi conseguenze sulle risorse idriche. Ciò, naturalmente, è quanto i suoi colleghi dicevano e continuano a dire ancora oggi. Revelle credeva poi che il modo migliore per affrontare il problema fosse modificare le nostre fonti di energia. In nessun punto definiva "drastica" una tale operazione. Abbiamo anzi l'impressione che egli considerasse tale azione maledettamente ovvia. Anche il resto del mondo era di questo parere, e i leader governativi e le ONG decisero di incontrarsi a Rio de Janeiro, in occasione dell'Earth Summit della Nazione Unite. Nel giugno del 1992, 108 capi di stato, 2.400 rappresentanti di organizzazioni non governative, e più di 10.000 giornalisti si radunarono a Rio, mentre altre 17.000 persone presero parte a un forum parallelo delle ONG, per affrontare il problema del cambiamento climatico antropogenico. Non era chiaro se il presidente George H. W. Bush avrebbe preso parte all'evento, ma all'ultimo minuto volò a Rio de Janeiro per firmare la UN 259

Framework Convention on Climate Change (UNFCCC), che impegnava i firmatari a evitare "pericolose interferenze antropiche sul sistema climatico".107 Bush promise di tradurre il documento in 'azioni concrete atte a proteggere il pianeta".108 Nel marzo del 1994, 192 paesi avevano siglato la convenzione quadro che entrò così in vigore. Analogamente alla Convenzione di Vienna sulla protezione dello strato di ozono, la UNFCCC non poteva stabilire vincoli o limiti alle emissioni. Era un accordo sui principi. I limiti effettivi sarebbero stati determinati più avanti, in un protocollo che venne poi firmato a Kyoto, in Giappone. E mentre la prospettiva delle regolamentazioni si faceva più concreta, i mercanti di dubbi raddoppiarono i loro sforzi.

IL SECONDO ATTACCO NEGAZIONISTA Malgrado gli sforzi di Jastrow, Seitz, Nierenberg e Singer per seminare dubbi, il dibattito scientifico sulla rilevazione del riscaldamento climatico stava volgendo al termine. Nel 1992, la denuncia di Hansen (risalente al 1988) che il riscaldamento era già in atto non sembrava più un azzardo. Sembrava piuttosto una premonizione. La sola questione ancora aperta era se si potesse ottenere la prova che il riscaldamento era causato dalle attività umane. Gli scienziati avevano ripetutamente sottolineato che le cause del cambiamento climatico erano numerose, e quindi la questione fondamentale era come fare per distinguere le varie cause. Ora che il riscaldamento era stato rilevato, sarebbe stato possibile attribuirlo in via definitiva alle attività umane? Gli "studi sul rilevamento e l'attribuzione" cercano di capire come il riscaldamento provocato dai gas serra possa differire da quello provocato dal Sole o da altre forzanti naturali. In particolare, si usano dei test statistici per confrontare i risultati dei modelli climatici con quelli delle situazioni reali. Per i cosiddetti scettici, questi studi erano molto minacciosi perché tiravano in ballo il concetto di causalità, con il problema sociale della responsabilità umana, oltre che con le regolamentazioni per controllare i gas serra. Quando questi studi cominciarono ad apparire sulla letteratura scientifica peer review, Singer e i suoi colleghi tentarono subito di metterne in dubbio la validità. Dopo essersi scaglia ti sul patriarca degli studi sul cambiamento 260

climatico, ora puntarono sull'astro nascente: Benjamin Santer, che lavorava al Model Diagnosis and Intercomparison Project presso il Lawrence Livermore National Laboratory. Santer aveva ottenuto il suo Ph.D. lavorando negli anni Ottanta al University of East Anglia, nel Regno Unito, dove aveva confrontato i risultati dei modelli climatici con i dati dalle osservazioni usando il cosiddetto metodo Monte Carlo per eseguire un'analisi statistica più rigorosa.109 Fino ad allora i confronti tra i risultati dei modelli venivano eseguiti per lo più in modo qualitativo. Gli scienziati osservavano le mappe prodotte dai modelli e le confrontavano con le mappe basate sui dati reali per identificare analogie e differenze. Santer e il supervisore al suo lavoro di Ph.D., Tom Wigley (direttore del Climate Research Unit alla East Anglia), erano convinti che un'analisi statistica potesse offrire più possibilità rispetto a una semplice analisi qualitativa. Inoltre, c'erano altri parametri — come configurazioni dettagliate della pressione in superficie, delle precipitazioni e dell'umidità — che potevano fornire dei test sui modelli migliori di quelli ottenuti con le sole temperature medie globali. A seconda del forcing considerato — gas serra, polveri vulcaniche o il Sole — sembrava ovvio attendersi cambiamenti sui parametri sopra citati.110 Finita la sua tesi di dottorato con Wigley, Santer fu invitato al MaxPlanckInstitut für Meteorologie di Amburgo. Uno dei direttori dell'istituto era Klaus Hasselmann, un fisico che aveva speso molto del suo tempo libero lavorando alla teoria della unificazione delle forze, quella cioè che prova a unificare le quattro forze fondamentali dell'universo in un solo campo ad altissime energie, come quelle che si presume esistessero nelle primissime fasi di vita dell'universo. Sembravano cose piuttosto lontane dalla scienza del clima, ma Hasselmann aveva anche dato importanti contributi in questo settore. Uno era un articolo del 1979 che proponeva una nuova tecnica di rilevamento e attribuzione chiamata "impronta digitale ottimale".111 L'idea era derivata dalla teoria dell'analisi dei segnali, e l'articolo era così tecnico, elegante e anche carico di matematica del campo dei tensori, che Santer all'inizio non lo prese in considerazione. Santer lo ricorda come "una vera bellezza. Ma era troppo in anticipo per i tempi, troppo complicato per poter essere capito".112 261

Hasselmann aveva intuito che gli scienziati del clima si trovavano di fronte gli stessi problemi che avevano gli ingegneri delle telecomunicazioni: come rilevare un segnale debole — al quale si è interessati — in mezzo a una gran quantità di rumore che non interessa. Nella scienza del clima, il rumore è generato da fenomeni interni al sistema climatico, come El Niño. Il "segnale" è qualcosa che viene generato da elementi esterni al sistema climatico della Terra: come il Sole, le polveri vulcaniche o i gas serra prodotti dall'uomo. Gli ingegneri hanno lavorato per un secolo per sviluppare delle tecniche matematiche per estrarre il segnale dal rumore, ma questi risultati erano pressoché sconosciuti agli scienziati del clima. È non erano neppure semplici da maneggiare. Santer aveva iniziato, ma i progressi erano lenti. I risultati ottenuti durante il suo lavoro al Ph.D. erano stati tutt'altro che incoraggianti. Lui e Wigley avevano mostrato che i modelli usati per il primo rapporto IPCC producevano grossi errori per le pressioni in superficie; si trattava di ciò che gli scienziati chiamavano "risultato negativo". Comunque, era stato importante evidenziare questi errori e, su questa base e sulla base del lavoro preliminare eseguito con Hasselmann, a Santer fu offerto di lavorare al Model Diagnosis and Intercomparison Project presso il Lawrence Livermore National Laboratory, in California. Il fondatore del programma, Lawrence Gates, riteneva che se i modelli dovevano essere usati per scopi che si intrecciavano con la politica — come era appunto il caso della politica del clima, essendo basata in parte sulle previsioni dei modelli — se ne doveva valutare l'affidabilità. Gates fu il precursore degli "esperimenti di riferimento" — in cui i centri di modellistica climatica sparsi nel mondo dovevano eseguire gli stessi calcoli sui propri modelli — per permettere agli scienziati di escludere che risultati differenti potessero essere ricondotti a differenze di progettazione dei modelli stessi. (A quel tempo l'idea di model benchmarking era considerata radicale; oggi è una procedura standard.) Gates inoltre volle che i risultati di questi test fossero pubblici, così che la diagnosi dei modelli potesse diventare una pratica di tutta la comunità della scienza del clima, e non solo di quella dei modellisti, che avrebbero anche potuto non essere del tutto oggettivi. In altre parole, si stava cercando di fare in modo che l'attività modellistica fosse più rigorosa, obiettiva e trasparente. 262

Santer arrivò al Livermore nel mezzo di uno dei primi grossi progetti di confronto di modelli. Inoltre, due suoi colleghi, Karl Taylor e Joyce Penner, stavano mettendo a punto dei modelli sperimentali che tenevano conto non solo dei gas serra, che causavano riscaldamento, ma anche del particolato atmosferico costituito da aerosol da solfati, che generalmente davano luogo a raffreddamento. Il lavoro di Taylor e Penner dimostrava con chiarezza che le influenze delle attività umane sul clima erano molto complicate: i cambiamenti apportati dalla CO2 e dagli aerosol da solfati avevano un'impronta digitale sul clima distinta. La cosiddetta "impronta digitale" si è dimostrata molto efficace per studiare le relazioni di causa-effetto. Fino a quel momento molte delle argomentazioni scientifiche circa le cause del cambiamento climatico seguivano questa logica: se i gas serra aumentano, ci si doveva aspettare un aumento delle temperature. Le temperature erano aumentate, e quindi le previsioni erano corrette. Il problema è che questa è una fallacia logica: il fatto che una previsione si dimostri vera non vuol dire che l'ipotesi che l'ha generata sia corretta. Altre cause possono aver prodotto lo stesso effetto. Per provare che i gas serra hanno causato il cambiamento climatico, occorre individuare degli aspetti del fenomeno che sarebbero differenti se l'origine del cambiamento fossero il Sole o i vulcani. Ciò di cui abbiamo bisogno è una traccia inconfondibile. Abbiamo visto nel capitolo 4 che V. Ramanathan, un eminente scienziato dell'atmosfera, ne aveva suggerita una: la struttura verticale della temperatura.113 Se il riscaldamento è causato dal Sole, dovremmo aspettarci che l'intera atmosfera si riscaldi. Se il riscaldamento è invece provocato dai gas serra, l'effetto sull'atmosfera sarebbe diverso e distinto. I gas serra intrappolano il calore nella parte bassa dell'atmosfera (che quindi si riscalda), e gli strati superiori ricevono meno energia dal basso (e quindi si raffreddano). Santer cominciò a esaminare le variazioni della struttura verticale della temperatura atmosferica in collaborazione con i colleghi del Max Planck e di altre sei istituzioni sparse in tutto il mondo.114 Prima ancora che avesse portato a termine il suo lavoro, a Santer venne proposto il ruolo di autore principale del capitolo 8 del secondo rapporto IPCC, capitolo dedicato al rilevamento e all'attribuzione delle cause del cambiamento climatico. 263

Oggi, dopo l'attribuzione del premio Nobel per la pace (condiviso con Al Gore), l'IPCC è un'istituzione di grande prestigio, ma ancora nel 1994 molti scienziati consideravano tale impegno una distrazione dal vero lavoro della ricerca, e infatti Bert Bolin faticò parecchio per trovare qualcuno che accettasse di coordinare il capitolo sul rilevamento e attribuzione. Nella primavera del 1994, mentre alcuni altri capitoli erano già in corso di elaborazione, Tim Barnett della Scripps chiamò Santer per chiedere se avrebbe accettato l'incarico. Barnett, che era stato uno dei due autori principali del capitolo equivalente nel primo rapporto dell'IPCC, convinse Santer che tale incarico sarebbe stato prestigioso e Santer accettò. Il lavoro del "autore coordinatore principale" consiste nel preparare una valutazione di alcuni aspetti della scienza del clima basati sulle più aggiornate "informazioni tecnico scientifiche".115 Ciò comporta il lavorare assieme agli altri "autori principali" e agli "autori contributori" per accordarsi sulla struttura e le finalità del capitolo in preparazione. Ai singoli scienziati sono poi assegnati gli incarichi per la redazione delle bozze delle diverse sezioni del capitolo. Una volta che le diverse sezioni sono state abbozzate, gli autori coordinatori preparano una bozza complessiva che possa essere approvata dall'intero gruppo. Il capitolo di Santer in definitiva aveva quattro autori principali, e tra questi il suo vecchio supervisore alla East Anglia, Tom Wigley, Tim Barnett oltre a 32 autori contributori — in altre parole 36 dei migliori scienziati del clima al mondo.116 Nell'agosto 1994 il gruppo di autori del capitolo 8 si riunì al Livermore, California, per definire le aree scientifiche da trattare. Al meeting parteciparono venti scienziati provenienti da Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Germania e Kenya. Dopo questo primo incontro la maggior parte delle discussioni avvenne via e-mail. Successivamente, tra ottobre e novembre, Santer prese parte alla prima delle tre sessioni di redazione delle bozze, alle quali partecipavano gli autori principali, e gli autori dei contributi di tutti i capitoli del WG1 (Working Group 1) dell'IPCC. La prima sessione si svolse a Sigtuna, in Svezia, e Santer dovette decidere se includere nel capitolo una discussione sulle incertezze dei modelli e delle osservazioni. Dal momento che l'argomento era già trattato in altri capitoli, alcuni autori ritenevano che fosse superfluo, mentre Santer era dell'opinione 264

che i lettori difficilmente sarebbero andati a cercare la questione negli altri capitoli, e comunque il comitato non era in grado di sapere in anticipo che cosa sarebbe stato riportato negli altri capitoli. La posizione di Santer prevalse e la versione pubblicata conteneva circa sei pagine di discussione sui modelli e le incertezze delle osservazioni. Qualche tempo dopo la conclusione del meeting di Sigtuna, il capitolo 8 fu oggetto di un primo giro di revisioni. La bozza "zero" fu inviata a circa venti scienziati esperti di rilevamento e attribuzione, a tutti i contributori scientifici del capitolo, oltre che agli autori principali degli altri capitoli del rapporto. Apportate le modifiche ai capitoli a seguito delle osservazioni dei revisori, gli autori principali dell'IPCC si incontrarono per una seconda sessione di esame delle bozze nel marzo 1995 nella località marittima di Brighton, nel Regno Unito. In maggio, la bozza completa del rapporto del WG1 dell'IPCC, e anche il Summary for Policymakers, furono presentati ai governi che prendevano parte all'IPCC per la revisione a livello nazionale. I governi scelsero i revisori — un misto di scienziati e legislatori — che si supponeva dovessero formulare delle osservazioni prima che si svolgesse la terza sessione di revisione delle bozze ad Asheville, North Carolina. La sessione ebbe luogo in luglio ma, poiché Santer era stato designato come coordinatore principale con molto ritardo, questo calendario non tenne conto del suo gruppo, tanto che Santer arrivò ad Asheville dopo che erano già pervenuti i commenti dei revisori indicati dai governi. AI meeting di Asheville Santer presentò i risultati del suo studio sull'impronta digitale relativa alla modifica della struttura verticale della temperatura che, a quel momento, era già stato sottoposto a Nature.117 Uno dei presenti al meeting riferì che la presentazione di Santer elettrizzò l'uditorio, e "lasciò sbalorditi parecchi scienziati".118 In diversi ebbero l'impressione che Santer e i suoi colleghi stessero presentando la prova decisiva dell'impatto dell'uomo sul clima. Dopo Asheville, tutti i capitoli furono rielaborati a seguito delle osservazioni dei paesi — tutti meno il capitolo 8, perché Santer stava ancora aspettando i commenti. Il passo finale di questo processo era costituito dalla riunione 265

plenaria dell'IPCC prevista a Madrid per il 27 novembre 1995. In ottobre le bozze del rapporto del WG1 e il Summary for Policymakers erano stati inviati a tutti i delegati governativi presenti a Madrid. Quando Santer arrivò a Madrid si ritrovò tra le mani un fascio di commenti — compresi quelli del governo degli Stati Uniti — che non aveva mai visto prima. Nel frattempo, a settembre era trapelata una bozza del rapporto del WG1. Il messaggio centrale del capitolo 8, l'annuncio che era stata trovata l'impronta digitale antropogenica, richiamò l'attenzione di tutti.119 Il New York Times segnalava in prima pagina "un'importante svolta nella valutazione scientifica. Gli esperti che informano i governi sul cambiamento climatico dicono per la prima volta che le attività dell'uomo sono la causa più probabile del riscaldamento globale dell'atmosfera". Ciò non corrispondeva al vero: gli scienziati già da tempo avevano detto che l'attività umana era la causa probabile del riscaldamento. Ora stavano dicendo che era stato dimostrato. Due settimane prima della sessione plenaria di Madrid, la maggioranza repubblicana al Congresso degli Stati Uniti lanciò un attacco preventivo. In una serie di audizioni tenute a novembre vennero ripetutamente messe in discussione le basi scientifiche del cambiamento climatico. Il protagonista di queste udienze era un noto scettico, Patrick J. Michaels, che aveva ottenuto il suo Ph.D. all'università del Wisconsin a Madison nel 1979, costruendo modelli che esaminavano l'influenza del cambiamento climatico sui raccolti agricoli. Nel 1980 era stato nominato climatologo dello stato della Virginia dal governatore repubblicano John Dalton (molti anni dopo Michaels fu costretto a rinunciare a questo titolo quando si scoprì che Dalton non aveva l'autorità legale per attribuirgli tale qualifica).121 Negli anni Ottanta, Michaels aveva pubblicato alcuni lavori scientifici sulla sensitività climatica di vari tipi di coltivazioni ed ecosistemi, ma dai primi anni Novanta si era fatto conoscere non per i suoi lavori scientifici, ma per i suoi punti vista contrari al consenso scientifico." Si era accodato a Fred Singer nell'attacco alla scienza sul buco dell'ozono, attacco portato avanti dalle colonne del Washington Times.122 Aveva anche realizzato un bollettino quadrimestrale chiamato World Climate Review, finanziato almeno in parte dall'ambiente dei combustibili fossili, e l'aveva usato come piattaforma per lanciare attacchi alla scienza del clima. Nel bollettino, inviato gratis ai membri della Society for Environmental Journalism, dichiarava che le sue affermazioni erano 266

largamente condivise.123 Nei primi anni Novanta era stato consulente della Western Fuel Association — un'industria mineraria — e aveva difeso l'idea che bruciare i combustibili fossili fosse un bene, perché l'incremento di CO, in atmosfera avrebbe aumentato la fotosintesi e quindi i raccolti.124 Nelle audizioni del partito repubblicano Michaels veniva presentato come un esperto molto più qualificato degli scienziati che agivano sotto l'egida dell'IPCC. Nella sua analisi delle differenze tra le previsioni modellistiche del riscaldamento da gas serra e le temperature atmosferiche desunte dai satelliti meteorologici della NOAA sosteneva che i modelli dell'IPCC prevedevano un riscaldamento esagerato e che quindi non potevano essere ritenuti attendibili. Si lamentava inoltre che, malgrado avesse espresso delle critiche ai diversi capitoli del rapporto dell'IPCC, i suoi commenti erano stati ignorati "senza lasciare traccia nei testi delle bozze dell'IPCC".125 Il membro del Congresso George E. Brown Jr., della California, chiese a Jerry Mahlman, direttore del NOAA-GFDL, di rispondere alle affermazioni di Michaels. Il modello contro cui Michaels si era scagliato era frutto del lavoro al GFDL di Syukuro Manabe — probabilmente il modellista climatico più autorevole al mondo, l'uomo che, assieme a Jim Hansen, aveva presentato i suoi risultati alla commissione Charney nel lontano 1979. Mahlman spiegò che l'analisi di Michaels conteneva un difetto elementare. Lo studio di Manabe era stato pensato per investigare l'impatto della CO, sul clima, e aveva omesso deliberatamente di considerare gli altri fattori come le polveri vulcaniche. In ogni caso, si erano verificate diverse grosse eruzioni nei primi anni Novanta, la più famosa delle quali era quella del Pinatubo nel 1992. Le misure satellitari ovviamente risentivano di questi eventi del mondo reale, quindi era naturale che risultassero differenti dai risultati dei modelli. "La questione di fondo", concluse MahIman, "è che non è logico confrontare direttamente il risultato di questi modelli sperimentali del GFDL con i dati satellitari o di qualsiasi altro dataset".126 Era invece legittimo confrontare i risultati dei modelli e le osservazioni quando i modelli e le osservazioni si riferivano allo stesso soggetto. A questo punto era ovvio perché l'IPCC aveva ignorato le lagnanze di Michaels. L'audizione di Mahlman non ricevette grande attenzione da parte della 267

stampa, non uscì niente sul New York Times, sul Washington Post e neppure sul Washington Times. Trai quotidiani maggiori, solo il Boston Globe riportò la notizia. A fine 1995 non era una novità che la maggioranza repubblicana al Congresso si opponesse alla protezione dell'ambiente; proprio in quell'anno si era discusso se abrogare il Clean Air Act, una delle pietre miliari del miglioramento della qualità dell'ambiente in America. Il fatto che la stampa non le avesse prestato attenzione non ebbe importanza, dato che l'audizione ebbe comunque l'effetto desiderato, rafforzando l'atteggiamento della maggioranza repubblicana, già decisa a non far nulla. In una lettera inviata a Fred Seitz dopo l'audizione, Nierenberg scrisse: "Dubito che il Congresso farà qualche follia. Aggiungo che almeno un consulente aziendale di alto livello ha informato la direzione che il tema è politicamente defunto. Buone vacanze".127 Santer presentò i risultati dei suoi studi nel capitolo 8 il 27 novembre 1995, il primo giorno di sessione plenaria (lo stesso giorno in cui Nierenberg aveva proclamato politicamente morta la questione nella sua lettera a Seitz). I delegati di Arabia Saudita e Kuwait si opposero immediatamente al capitolo 8. Il reporter del New York Times scrisse che gli stati petroliferi "avevano fatto causa comune con i lobbisti dell'industria americana per minare le conclusioni che emergevano dal capitolo 8".128 Il delegato unico del Kenya, ricorda Santer, "addirittura riteneva che non dovesse esserci un capitolo di rilevamento e attribuzione".129 Dopodiché il presidente del gruppo delle industrie dei fossili, la Global Climate Coalition, e i rappresentanti dell'industria automobilistica, monopolizzarono il resto del pomeriggio.130 Alla fine, il presidente dell'IPCC, il britannico Sir John Houghton, chiuse la discussione e costituì un apposito gruppo perché esaminasse il disaccordo e prendesse visione degli ultimi commenti espressi dai governi. Il gruppo comprendeva gli autori principali e i delegati di Stati Uniti, Gran Bretagna, Australia, Canada, Nuova Zelanda, Olanda, Arabia Saudita, Kuwait e il singolo keniano. Una parte di questo gruppo riuscì a trovare un compromesso su un linguaggio comune. Steve Schneider convinse il delegato keniano che esistevano le basi scientifiche per la conclusione centrale del capitolo, cioè che si era evidenziato che il riscaldamento climatico era antropogenico.131 I sauditi, però, non si presentarono alle riunioni del gruppo, e quando Santer 268

presentò la versione rielaborata, il capo della delegazione saudita protestò ancora in maniera decisa. Ci fu uno scambio piuttosto vivace e Houghton dovette intervenire con decisione per appianare la questione e perché il gruppo potesse completare il Summary for Policymakers. L'intera questione si riduceva a una singola frase, anzi a un singolo aggettivo, riportato da Santer nel testo del capitolo: "L'insieme delle evidenze suggerisce che esiste una [spazio bianco] influenza umana sul clima globale".132 Qual era l'aggettivo da usare? Santer e Wigley optavano per "apprezzabile". Il termine era inaccettabile per il delegato saudita, ed era troppo forte anche per Bert Bolin. Un partecipante ricorda che il gruppo prese in considerazione 28 parole differenti prima che Bolin suggerisse l'uso di "discernibile". La cosa funzionò, e dalla riunione di Madrid uscì la frase: "Il complesso delle evidenze suggerisce che c'è un'influenza umana discernibile sul clima globale".133 Questa frase sarebbe stata citata spesso negli anni a venire. Con il completamento del Summary for Policymakers, i singoli capitoli dovettero essere rivisti a seguito della ricezione degli ultimi commenti, e Houghton diede istruzioni agli autori principali di apportare i cambiamenti necessari dopo la riunione.134 Santer andò da Madrid all'Hadley Center di Bracknell, nel Regno Unito, dove apportò i cambiamenti operando a distanza in collaborazione con Wigley e Barnett. Il più significativo di questi cambiamenti era strutturale. La bozza del capitolo 8 conteneva i riassunti dei contenuti sia all'inizio sia alla fine del capitolo, ma i restanti capitoli avevano i riassunti solo all'inizio. Per uniformità col resto, a Santer venne richiesto di togliere il riassunto alla fine del capitolo di modo che avesse la stessa struttura degli altri capitoli. Questa decisione, ricordò Santer qualche anno dopo, si rivelò fatale, perché i critici lo accusarono di "aver eliminato del materiale".135 Perché fu a questo punto che Fred Singer partì all'attacco. In una lettera a Science del 2 febbraio 1996, quattro mesi prima dell'uscita formale del rapporto del WG1, Singer presentò una sequenza di lamentele. Il Summary for Policymakers, sosteneva, aveva ignorato i dati da satellite che mostravano "un'assenza di riscaldamento, e addirittura una leggera tendenza al raffreddamento". Su questa base affermava che i modelli climatici, che mostravano tutti un riscaldamento, erano errati. L'IPCC aveva violato una 269

delle regole fondamentali includendo il lavoro sull'impronta digitale umana, perché "la ricerca non è finora, secondo quanto mi risulta, apparsa sulla letteratura scientifica peer review". Il comitato ha pure ignorato un "autorevole rapporto governativo degli Stati Uniti" che ha trovato che il riscaldamento del XXI secolo potrebbe essere di solo 0,5 °C, quindi non rappresenterebbe un problema (Singer però non indicava quale fosse il rapporto). Infine, concludeva che "è un mistero come taluni insistano nel fare di un problema una crisi o una catastrofe — addirittura la sfida globale più grande alla quale è chiamato il genere umano".136 Tom Wigley rispose alle critiche di Singer in marzo. Respinse l'affermazione "non c'è riscaldamento", e sostenne che "questa asserzione non è supportata dai dati; la tendenza dal 1946 al 1995 è di +0,3 °C. Inoltre, come mostrato nel capitolo 8 del rapporto (figura 8.4), non c'è discordanza tra le rilevazioni delle temperature e le simulazioni dei modelli". Esistevano delle differenze tra le misure fatte da satellite e quelle ottenute con radiosonde — apparecchiature composte da un pallone a cui è collegata una radio che trasmette i dati a terra — ma i climatologi sapevano che le due serie di dati potevano mostrare una qualche differenza, e le ragioni erano spiegate nei capitoli 3 e 8 del rapporto. Wigley faceva infatti notare che "esistono dei motivi fisici per attenderci delle differenze tra questi due indicatori climatici", perché si trattava di misurare cose differenti in posti diversi. L'affermazione che gli studi sull'impronta digitale avevano violato le regole dell'IPCC era parimenti sbagliata per due motivi. Primo, spiegò Wigley, le regole dell'IPCC prevedevano che fosse possibile usare materiale non ancora pubblicato sulle riviste a patto che la documentazione fosse in possesso dei revisori, in modo da garantire che i rapporti fossero il più aggiornati possibile. Inoltre, il lavoro a cui faceva riferimento Singer "sulla crescente correlazione tra andamenti dei valori di gas serra e aerosol con i cambiamenti di temperatura osservati, è presente nella letteratura peer review".137 Singer, ancora una volta, stava confondendo le acque. "Singer riferisce che il Summary for Policymakers riporta che il riscaldamento globale è la 'maggiore minaccia globale che abbia mai affrontato il genere umano". Ma Wigley e i coautori precisarono: "Non sappiamo da dove abbia origine questa 270

affermazione: non compare in nessuno dei documenti dell'IPCC. E comunque si tratta di una di quelle affermazioni troppo forti che l'IPCC non avrebbe mai accettato".138 Wigley aveva ragione. L'IPCC non aveva definito il riscaldamento globale "la maggiore minaccia globale mai affrontata dal genere umano". Le parole attribuite da Singer all'IPCC non appaiono né nel rapporto del WG1 né nel Summary for Policymakers. Quindi Singer stava mettendo delle parole in bocca ad altri e poi usava quelle parole per gettare discredito su di loro. L'IPCC in realtà si era imposto di non usare un linguaggio troppo allarmista. Bert Bolin aveva volutamente scelto una linea di massima cautela, ne è testimone l'uso del termine "discernibile" al posto dell'iniziale "apprezzabile". L'opposizione delle delegazioni saudita e kuwaitiana aveva fatto sì che venissero usate solo le espressioni accettate all'unanimità, cosa che si traduceva in valutazioni molto prudenti sulla gravità del cambiamento climatico. Come reagì Singer quando le sue accuse vennero confutate? Fornì la fonte della sua affermazione che il riscaldamento del XXI secolo sarebbe stato di 0,5°C.139 L'IPCC aveva un contratto con la Cambridge University Press per pubblicare il rapporto del WGI, la cui uscita negli Stati Uniti era prevista in giugno 1996. In maggio, in un briefing alla Rayburn House Office Building a Capitol Hill, organizzato dall'American Meteorological Society (AMS) e dal US Global Change Research Program, Santer e Wigley presentarono il loro capitolo. I due scienziati dovettero confrontarsi con William O'Keefe dell'America Petroleum Institute e con Donald Pearlman, un lobbista e agente estero di diverse nazioni produttrici di petrolio.140 O' Keefe e Pearlman accusarono Santer e Wigley di "aver segretamente modificato il rapporto IPCC, sopprimendo il dissenso di altri scienziati, ed eliminando i riferimenti alle incertezze scientifiche".141 Pearlman chiese: "Chi ha modificato il capitolo? Chi ha autorizzato i cambiamenti? Perché erano stati fatti?". Santer ricorda: "Pearlman mi si avvicinò minaccioso, diventò rosso fuoco e cominciò a gridare". Il rappresentante dell'AMS Anthony Socci "finalmente si intromise ma Pearlman continuava a urlarmi contro".142 Santer spiegò che le procedure 271

dell'IPCC prevedevano che si apportassero i cambiamenti richiesti dai commenti e dalle discussioni di Madrid, e che il capitolo era sempre stato sotto il suo controllo. Ma questa semplice verità non bastò a calmare i suoi critici.143 Nel frattempo la Global Climate Coalition aveva fatto circolare un rapporto tra giornalisti, membri del congresso e alcuni scienziati, intitolato "The IPCC: Institutionalized Scientific Cleansing". Casualmente, un paio di settimane prima dell'uscita del rapporto del WG1 l'antropologa Myanna Lahsen aveva intervistato Nierenberg a proposito del suo scetticismo sul riscaldamento globale, e aveva visto che aveva una copia del rapporto della Coalition. Egli aveva evidentemente accettato la veridicità del rapporto della Coalition, sebbene non avesse avuto ancora modo di confrontare le sue affermazioni con il contenuto reale del capitolo 8 (che non era ancora stato pubblicato). Nierenberg aveva esposto le sue obiezioni alla Lahsen, dicendole che le revisioni "avevano semplicemente alterato il senso del documento. Senza il permesso degli autori". Inoltre, affermava che "tutto quanto fa riferimento allo stato attuale delle conoscenze è così scadente che non si può far altro che cancellarlo".144 Era chiaramente falso, dato che il gruppo di Santer aveva incluso sei pagine di discussione sull'incertezza nel testo finale. Ma a Bill Nierenberg interessava solamente ciò che poteva servire a denigrare il rapporto scientifico per motivi politici; forse stava seguendo il vecchio adagio che la miglior difesa è l'attacco. O forse era colpevole di un comportamento analogo a quello del Team B nel 1976, che aveva accusato la CIA di una condotta identica a quella che avrebbe tenuto... lo stesso Team B. Fred Seitz a questo punto passò all'attacco sui media. In una lettera pubblicata dal Wall Street Journal il 12 giugno 1996, accusò Santer di frode. "Nei miei 60 e più anni di partecipazione alla vita della comunità scientifica statunitense, e includo anche il mio ruolo come presidente della NAS e della American Physical Society, non ho mai visto un episodio di corruzione del processo di peer review più eclatante di quello che ha portato alla redazione del rapporto dell'IPCC". Seitz stava riprendendo le accuse della Global Climate Coalition, secondo cui erano state apportate delle modifiche non autorizzate al capitolo 8 dopo l'approvazione del documento a Madrid. Infine, lo stesso Seitz dichiarava: "Solo una piccola parte di queste modifiche erano degli affinamenti. Tutte le altre puntavano a eliminare gli accenni di 272

scetticismo che molti scienziati esprimono circa l'impatto delle attività umane sul clima e sul riscaldamento globale". Se l'IPCC non poteva far altro che seguire le proprie procedure, concludeva Seitz, era meglio abbandonare l'impresa e per queste importanti questioni i governi avrebbero dovuto rivolgersi a "fonti d'informazione più qualificate".145 Presumibilmente stava pensando al George C. Marshall Institute, del quale ancora presiedeva il comitato direttivo. Santer inviò immediatamente una lettera al Wall Street Journal, firmata anche da quaranta autori principali dell'IPCC. Nella lettera Santer spiegava che cosa era accaduto, come Houghton lo avesse incaricato di apportare i cambiamenti a seguito delle osservazioni ricevute dai governi tra l'ottobre e il novembre 1995, e per quale motivo le modifiche erano state fatte in ritardo. Inizialmente il WSJ non pubblicò la lettera. Dopo tre tentativi, finalmente Santer fu contattato dalla redazione, e ottenne che la lettera venisse pubblicata il 25 giugno. La replica di Santer venne però pesantemente modificata e i nomi dei quaranta co-firmatari furono cancellati. Ciò che il WSJ permise a Santer di precisare fu solamente che "i cambiamenti furono eseguiti in risposta a commenti scritti ricevuti tra l'ottobre e il novembre 1995 e provenienti da governi, singoli scienziati e organizzazioni non governative presenti alla sessione plenaria di Madrid". Era una peer review — una procedura che a Seitz doveva essere ben nota. Era stata però ampliata per includervi commenti e richieste di governi e ONG, oltre che di esperti scientifici. I cambiamenti non avevano comunque intaccato le conclusioni generali. Santer sottolineò inoltre che Seitz non era un climatologo, non aveva partecipato alla redazione del rapporto dell'IPCC, non aveva presenziato alla riunione di Madrid e non aveva preso visione delle centinaia di commenti e osservazioni alle quali Santer aveva dovuto rispondere. In altre parole, le sue affermazioni erano basate su dicerie.146 Anche Bert Bolin e Sir John Houghton risposero con una lunga lettera nella quale difendevano Santer e la procedura seguita dall'IPCC. La loro replica diceva esplicitamente che "l'articolo di Seitz è completamente privo di 273

fondamento, lancia delle gravi accuse, prive di riscontro nei fatti, contro l'IPCC e gli scienziati che hanno contribuito al lavoro. Inoltre, Seitz non cita la fonte del materiale e, secondo quanto ci risulta, non ha neppure controllato la validità dei fatti esposti né con l'IPCC né con gli altri scienziati del comitato".147 Questo è quanto i due volevano precisare, ma il WSJ modificò le loro affermazioni, e tagliò anche tre paragrafi che spiegavano in dettaglio il processo di redazione delle bozze. Ciò che il WSJ pubblicò fu solamente: ... in accordo con le procedure dell'IPCC, le modifiche delle bozze del capitolo 8 sono state eseguite sotto il controllo scientifico del suo autore principale, Benjamin Santer. Nessun altro avrebbe potuto eseguire questo compito meglio di lui e con maggiore cognizione e correttezza. Nella qualità di scienziati responsabili dell'IPCC, siamo completamente certi che le modifiche apportate nella versione riveduta sono state fatte con il solo fine di esporre in modo chiaro le valutazioni che la scienza è in grado di dare e che non sono state in alcun modo motivate da finalità politiche o di altro genere.148 Sappiamo che il WSJ ha rimaneggiato le lettere, perché l'attacco di Seitz, e la risposta pubblicata in forma parziale dal Journal, avevano offeso così tanto i rappresentanti della American Meteorological Society (AMS) e della University Corporation for Atmospheric Research (UCAR) da indurre i loro responsabili a pubblicare una "Open Letter to Ben Santer" sul bollettino dell'AMS. Nel testo le varie lettere venivano ripubblicate nella loro forma originale, dimostrando come il Journal le avesse pesantemente modificate. La lettera pubblicata sul bollettino si schierava a sostegno di Santer e metteva in evidenza gli sforzi di tutti gli autori per mettere assieme il rapporto, e rigettava in maniera categorica l'attacco di Seitz come "non concepibile in un dibattito scientifico su argomenti legati al cambiamento globale".149 Finalmente cominciarono a capire con chi avevano a che fare. Sembra che sia in atto uno sforzo combinato e sistematico da parte di alcuni individui per gettare discredito e minare il processo scientifico che ha condotto molti scienziati, impegnati nella comprensione del clima, a concludere che esiste una possibilità molto concreta che le attività umane 274

stiano modificando il clima su scala globale. Anziché condurre un legittimo dibattito scientifico attraverso la letteratura peer review, queste persone stanno orchestrando una campagna sui media contro i risultati scientifici con i quali sono in disaccordo.150 Ma gli attacchi non erano terminati. L'11 luglio, il Wall Street Journal pubblicava altre tre lettere che riprendevano le accuse, una di Fred Seitz, una di Fred Singer e una di Hugh Elsaesser. (Elsaesser era un geofisico in pensione del Lawrence Livermore National Laboratory che a suo tempo aveva messo in discussione la presenza del buco dell'ozono. Aveva fatto poi parte del comitato scientifico del Marshall Institute a metà degli anni Novanta, e nel 1995 aveva scritto un rapporto per l'Heartland Institute dal titolo The Misuse of Science in Environmental Management.) Singer e Seitz semplicemente ripresero le accuse già smentite, ma Singer colse l'occasione per trasformare la cautela dell'IPCC in una nuova accusa. Come si è visto, l'IPCC aveva scelto una linea molto prudente, e i suoi membri avevano discusso a lungo per trovare l'aggettivo più accettabile — "discernibile". Ma Singer respinse la scelta dell'IPCC, bollandola come "incoerente", mentre nel contempo, e in modo del tutto illogico, insisteva nel dire che l'IPCC stava cercando di spaventare i politici facendo credere che la catastrofe fosse imminente.151 Santer e Bolin risposero ancora una volta agli attacchi contenuti nelle lettere del 23 luglio al Journal— cercando di parare le accuse di Singer.152 Stavolta il WSJ non pubblicò nemmeno la loro replica, mentre Singer le fece circolare per e-mail. AI che anche Santer rispose per e-mail. Singer continuava a sostenere che "non esiste alcuna evidenza di un trend di riscaldamento in atto". Secondo Singer il capitolo 8 era basato sostanzialmente su "lavori non pubblicati" di Santer e il comitato avrebbe dovuto invece designare come autore principale "il professor Patrick J. Michaels, che a quel momento era l'unico ad aver pubblicato un articolo scientifico sull'argomento" dell'impronta umana sul clima. Inoltre, veniva ripetuta l'accusa di "pulizia scientifica". Santer rigettò tutte le accuse di Singer. Il capitolo 8 era basato su più di 130 riferimenti bibliografici, non solamente sui due articoli di Santer. Anche l'affermazione che Michaels aveva pubblicato l'unico articolo con referee sull'argomento del "riconoscimento attraverso l'esame delle 275

configurazioni" prima della metà del 1995 era sbagliata. Il lavoro teorico di Hasselmann su questo argomento era stato pubblicato nel 1979, e Tim Barnett e Mike Schlesinger avevano pubblicato uno studio analogo riferito a un caso reale già nel 1987. Michaels era stato invitato quale autore contributore per il capitolo 8, ma si era rifiutato di partecipare. Infine, notava Santer, il capitolo 8 conteneva diversi paragrafi nei quali si discuteva del lavoro di Michaels, e quando Wigley aveva cercato di contattare Michaels perché fornisse i suoi commenti, "il professor Michaels non aveva risposto".153 Le affermazioni di Singer non solo erano false, ma era provato che erano false. Ciononostante, egli continuava a ripeterle. Adesso si lamentava che Fred Seitz era la vera vittima dell'intera questione. In novembre Singer firmò un articolo sul Washington Times dal titolo "Global Warming Disinformation?". Il rapporto IPCC era stato già pubblicato da mesi, e Singer avrebbe potuto constatare da solo che il capitolo 8 conteneva sei pagine di discussioni sui modelli e le incertezze delle osservazioni, così come Santer aveva più volte ribadito. Cionondimeno, Singer continuava a sostenere che il capitolo 8 era stato rimaneggiato per eliminare i cenni alle incertezze, e quindi asseriva che Seitz, "uno degli scienziati più stimati del paese, era stato attaccato per aver dimostrato che tale manomissione da parte dei capi dell'IPCC chiaramente alterava il senso del rapporto!"154 Assieme a Bill Nierenberg, Patrick Michaels e un nuovo alleato, il meteorologo del MIT Richard Lindzen, Singer passò poi ad attaccare la lettera aperta dell'AMS/UCAR. Dopo aver ripetuto l'accusa (già rigettata) di aver cancellato le incertezze, Singer rappresentò l'operazione di cancellazione come un complotto che ora Santer stava cercando di nascondere. "Santer... non ha voluto rivelare chi gli aveva ordinato di fare le modifiche e chi le aveva approvate dopo che erano state fatte. Comunque ha confessato in via confidenziale che la richiesta gli era stata fatta dal co-presidente dell'IPCC John Houghton". Per Singer e gli altri firmatari della lettera, ciò costituiva la prova di un'interferenza politica. E continuava: "Potreste non aver visto la lettera del 15 novembre del 1995 in cui il dipartimento di stato dava istruzioni a Houghton di imporsi sugli autori dei capitoli per far sì che modificassero il testo in modo da tener conto di quanto emerso dalle 276

discussioni di Madrid".155 Questa tesi, che fosse cioè in corso una specie di cospirazione clandestina, era assurda: Bolin e Houghton avevano già precisato da mesi che erano stati loro a dare le istruzioni a Santer. In una sua analisi del 1999, Myanna Lahsen definì il tentativo di Singer di "ammantare l'IPCC di un'aura di segretezza e inaccessibilità" come espressione delle retoriche di stampo conservatore, incentrate su complottismi e dietrologie.156 Come abbiamo visto nei capitoli precedenti, se c'era qualcuno che si era intromesso nelle valutazioni scientifiche e nella procedura di peer review era l'ala destra della politica, non la sinistra. Non era stato il Sierra Club che aveva cercato di fare pressioni sulla NAS per il Carbon Dioxide Assessment del 1983: erano stati i funzionari del Department of Energy dell'amministrazione Reagan. Non era stata Environmental Defense a manovrare con Bill Nierenberg per modificare l'Executive Summary dell'Acid Rain Peer Review Panel del 1983: era stato l'Office of Science and Technology della Casa Bianca. Ed infine era stato il Wall Street Journal a diffondere l'attacco di Singer contro lPIPCC, non Mother Jones. Gli attacchi a Santer, decisamente eccessivi, iniziarono a ritorcersi contro Nierenberg. In aprile, Nierenberg aveva invitato Tom Wigley a una conferenza sui costi-benefici del riscaldamento globale che stava organizzando alla Scripps nel novembre successivo, ma Wigley aveva sentito puzza di bruciato. "Ho deciso di ritirare la mia partecipazione al meeting di novembre" egli scrisse. "La ragione di tale decisione dipende dalla lettera che hai co-firmato e che è stata indirizzata al Bulletin of American Meteorological Society (BAMS). Non ho intenzione di collaborare con chi appoggia una tale raccolta di disinformazioni e distorsioni".157 Nierenberg arrivò alla piaggeria pur di convincere Wigley. "Non è facile da parte mia ammettere che il tuo lavoro, quello di Klaus [Hasselmann] e quello di [Bill] Nordhaus hanno avuto, e ancora hanno, molta influenza sulla mia visione del problema". Proseguiva lamentandosi delle fratture che si stavano aprendo nella comunità della scienza del clima, fratture causate dagli attacchi portati attraverso i media, ma poi, in linea con Singer, evocava una cospirazione, di cui sarebbero state responsabili le riviste scientifiche. "Ricordo una cosa che ti è successa, di cui ho saputo solo da voci di corridoio. Mi hanno detto che hai incontrato una forte opposizione al momento di 277

pubblicare il tuo articolo su Nature. Si tratta di una forte pressione esercitata nei tuoi confronti".158 Wigley non aveva ovviamente idea di quale articolo di Nature stesse parlando Nierenberg, e rispose: "sembra che tu non sei stato solo influenzato, ma che sei in disaccordo (o che non conosci) l'insieme del mio lavoro scientifico: in particolare quello della rilevazione, che la lettera al BAMS, che tu hai firmato, ha malamente, ingiustificatamente, non scientificamente e scorrettamente criticato". Wigley inoltre respingeva le insinuazioni su Nature. "A quale articolo ti riferisci? Ne ho pubblicati 22 su quella rivista. In ogni caso, non dovresti dare ascolto alle chiacchiere di corridoio o ai pettegolezzi". E concludeva: "Quindi Bill, le cose rimangono come ho detto nella mia precedente e-mail. La tua risposta del 17 aprile non mi induce a cambiare opinione, anzi l'opposto. La lettera al BAMS mostra chiaramente che tu pensi che il lavoro sul rilevamento che ho svolto con Santer per l'IPCC sia stato distorto per motivi politici. Mi sorprende pertanto che tu voglia che una persona come me prenda parte a un tuo meeting. Sono ancora convinto che la tua condotta sia ambigua, e sospetto anche di conoscerne i motivi".159 Wigley non era il solo che aveva iniziato a rendersi conto di che tipo era in realtà Nierenberg. Klaus Hasselmann gli aveva inviato una lettera: "Ho seguito gli attacchi che Santer ha subito quest'anno, e mi sono convinto che siano grossolanamente scorretti e chiaramente motivati da ragioni politiche. In una lettera che ho scritto al WSJ (che non è stata pubblicata, come molte altre lettere simili), ho fatto rilevare che è ridicolo sostenere che le conclusioni del capitolo 8 siano state alterate contro la volontà dei delegati della conferenza di Madrid".160 Hasselmann voleva partecipare a un meeting sui costi-benefici del riscaldamento globale — un tema che lo interessava molto — ma non aveva intenzione di prendere parte a una riunione con un'agenda politica prefissata. "Considerando la connotazione politica della lettera al BAMS, sono a questo punto convinto che la preoccupazione di Tom Wigley sia pienamente giustificata".161 Forse dopo tanti anni passati a manipolare e intorbidare le acque, Nierenberg non aveva capito che stavolta si era spinto troppo oltre. Malgrado non fosse uno sciocco, sembrava non aver capito che partecipando 278

all'attacco a Santer stava prendendo parte a un attacco a tutta la comunità dei modellisti climatici. Firmando la lettera di Singer, si era presentato come un attore politico, non un attore scientifico. Quando Nierenberg diceva che temeva la polarizzazione della comunità scientifica, mancava di obiettività ed esprimeva una visione ristretta; la comunità scientifica della scienza del clima era senza alcun dubbio sospettosa nei suoi confronti, ma ciò era il risultato dei comportamenti di Nierenberg e di quanti avevano creato un piccolo network di mercanti di dubbi. Si potrebbe essere tentati di ignorare l'intera storia, rubricandola come una guerra intestina alla comunità scientifica. Purtroppo, le affermazioni del Marshall Institute furono prese sul serio dalla Casa Bianca di Bush e vennero pubblicate dal Wall Street Journal, dove furono lette da milioni di persone di un certo livello culturale. Anche diversi membri del Congresso le presero seriamente. Uno di loro, Dana Rohrabacher, nel 1995 propose una legge per tagliare di oltre un terzo i fondi per la ricerca sul clima, definita "scienza alla moda sostenuta da politici liberal-di sinistra, piuttosto che buona scienza".162 Nel luglio 2003, il senatore James Inhofe definì il riscaldamento globale "la più grande truffa commessa ai danni del popolo americano".163 Nel 2007, nel corso di un'intervista televisiva, il vicepresidente Richard Cheney disse: "Lì dove non appare esserci accordo, e comincia a esservi incertezza, è sul fatto che [il riscaldamento globale] sia parte di un ciclo naturale anziché essere causato dall'uomo, dai gas serra". Era esattamente la questione che era stata chiarita da Santer un decennio prima.164 Come fu possibile che un gruppo così esiguo di persone riuscisse ad avere così tanto peso? Diamo per scontato che i grandi personaggi — come Gandhi, Kennedy, Martin Luther King — possano avere degli impatti positivi sul mondo. Ma siamo riluttanti ad ammettere che lo stesso sia vero per gli impatti negativi — tranne nel caso in cui gli individui siano dei mostri come Hitler o Stalin. In realtà, anche piccoli gruppi di persone possono avere degli impatti negativi assai pesanti, specie se sono organizzati, determinati e hanno accesso al potere. In virtù del fatto che erano i fisici che avevano vinto la Guerra fredda, Seitz, Jastrow e Singer avevano accesso alle stanze del potere, anche a quella della 279

Casa Bianca. Usarono questo potere a supporto della loro agenda politica, anche se ciò significava attaccare i loro colleghi scienziati, evidentemente convinti che il loro fine giustificava i mezzi. Forse questo atteggiamento era anche una conseguenza delle loro vicissitudini professionali. Durante il Progetto Manhattan, e per tutta la Guerra fredda, per motivi di sicurezza molti scienziati avevano dovuto celare la vera natura del loro lavoro. Tutti i programmi sugli armamenti erano segreti, ma lo erano anche i progetti relativi ai razzi, ai sistemi di lancio dei missili e di individuazione dei bersagli, ai sistemi di navigazione, acustica subacquea, geologia marina, batimetria, sismologia, modificazione artificiale del clima, e altro ancora.165 Questi programmi segreti erano celati sotto storie di copertura che gli scienziati potevano condividere con colleghi, amici, familiari. Talvolta queste storie erano vere solo in parte, altre invece erano completamente inventate. Dopo la fine della Guerra fredda la maggior parte degli scienziati furono felici di liberarsi dal peso del segreto e della disinformazione, ma Seitz, Singer e Nierenberg continuarono a comportarsi come se la Guerra fredda non fosse mai terminata. Quali che siano le ragioni o le giustificazioni dei nostri protagonisti, c'è un altro elemento cruciale nella nostra storia. E questo elemento è la complicità dei mass media — e non solo dei media conservatori come il Washington Times, ma della stampa in generale — che si sentirono obbligati a rappresentare questi argomenti come se fossero vere controversie scientifiche. I giornalisti erano costantemente fatti oggetto di pressioni perché dessero uguale spazio ai negazionisti di professione, e purtroppo lo fecero. Eugene Linden, a suo tempo reporter sulle questioni ambientali della rivista Time, scrisse nel suo libro Winds Of Change che "i membri della comunità dei media si trovarono a essere assediati da esperti che scambiavano la diffidenza scientifica con l'incertezza scientifica, e che inviavano lettere infuocate agli editori quando un articolo non includeva anche il loro dissenso".166 I direttori evidentemente cedettero a queste pressioni e il dibattito sulla scienza del clima negli Stati Uniti risultò orientato a favore delle posizioni degli scettici e dei negazionisti. Abbiamo già notato come la nozione di bilanciamento fosse insita nella Fairness Doctrine, e che tale provvedimento ha senso per le notizie di natura politica in un sistema bipartitico (ma non in uno multipartitico). In ogni caso 280

non si adatta al modo in cui opera la scienza. In un dibattito scientifico aperto possono esserci diversi punti di vista. Ma una volta che l'argomento viene chiarito, è valido un solo punto di vista. Immaginate di dover assicurare un bilanciamento a fatti come la rotazione della Terra attorno al Sole, la deriva dei continenti o la nozione che il DNA contenga le informazioni genetiche. Questi fatti sono conosciuti e assodati dalla comunità scientifica. Nessuno potrebbe pubblicare un articolo su una rivista peer review in cui afferma che il Sole ruota attorno alla Terra, e per lo stesso motivo non sarebbe possibile pubblicare un articolo che sostiene che non esiste il riscaldamento globale. Probabilmente anche dei giornalisti scientifici bene informati si rifiuterebbero di pubblicare una tale notizia. Ma i giornalisti normali lo hanno fatto più volte. Nel 2004, uno di noi ha mostrato che esiste un consenso tra gli scienziati sulla realtà del riscaldamento globale dovuto all'uomo, e che tale consenso si era già manifestato dalla metà degli anni Novanta. Ciononostante, per tutto questo tempo i mass media hanno presentato il riscaldamento globale come un fatto scientifico controverso e ancora fortemente dibattuto. Per la cronaca, un altro studio, anch'esso pubblicato nel 2004, ha analizzato le informazioni fornite dai media negli anni 1988-2002 sul riscaldamento globale. Max e Jules Boykoff hanno scoperto che gli articoli "bilanciati" — quelli che concedevano lo stesso spazio alle tesi della maggioranza degli scienziati del clima e alle tesi dei negazionisti — erano il 53% del totale. Un altro 35% corrispondeva ad articoli che riportavano correttamente la posizione della maggioranza degli scienziati del clima, ma comunque lasciavano pure spazio ai negazionisti.167 Gli autori concludevano che questa forma di informazione "bilanciata" era in realtà un'informazione "deformata", e che l'idea di dover garantire un bilanciamento portava i giornalisti a dare a una minoranza di negazionisti uno spazio maggiore di quanto in realtà meritassero. Questo divario tra livello effettivo della conoscenza scientifica e forma nella quale essa viene rappresentata dai principali media aiutò il governo a decidere di non fare nulla sul tema del riscaldamento globale. Già nel 1988 Gus Speth era convinto che il momento in cui la politica avrebbe preso dei provvedimenti decisi era assai vicino. A metà degli anni Novanta lo slancio politico era semplicemente evaporato. Nel luglio 1997, cinque mesi prima 281

dell'adozione del Protocollo di Kyoto, i senatori degli Stati Uniti Robert Byrd e Charles Hagel presentarono una mozione per bloccarne l'adozione.168 La proposta Byrd-Hagel passò al Senato con 97 voti favorevoli e 0 contrari. Se il riscaldamento globale era al momento un fatto scientificamente accettato, politicamente era morto.

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7. IL NEGAZIONISMO DI NUOVO IN AZIONE: L'ATTACCO REVISIONISTA E IL CASO RACHEL CARSON Rachel Carson è un'eroina in America — è una dorina coraggiosa che all'inizio degli anni Sessanta ha richiamato l'attenzione sui danni provocati dall'uso indiscriminato dei pesticidi. In Primavera silenziosa, un libro bellissimo su un argomento terribile, Carson spiegò come i pesticidi, accumulandosi nella catena alimentare, danneggiavano l'ambiente naturale, e mettevano in pericolo anche il simbolo della libertà americana: l'aquila calva (o dalla testa bianca). Sebbene i produttori di pesticidi abbiano tentato di farla passare per un'isterica, il suo lavoro venne convalidato dal comitato di consulenza scientifica del Presidente, e nel 1972 l'EPA stabilì che le evidenze scientifiche disponibili erano sufficienti a bandire il DDT negli Stati Uniti. Per molti storici, compresi noi che scriviamo, questa è la storia di un successo. Una portavoce determinata riuscì a portare all'attenzione dell'opinione pubblica un problema molto grave, e il governo statunitense prese la decisione giusta, seguendo il consiglio di esperti qualificati. Inoltre, il bando del DDT, che fu sancito da un'amministrazione repubblicana, ebbe un appoggio generalizzato sia da parte del pubblico sia della parte politica avversa.01 La misura prevedeva delle eccezioni, come per esempio la vendita del DDT alla World Health Organization e il suo impiego in quei paesi dove la malaria era endemica, e in situazioni sanitarie di emergenza anche negli Stati Uniti. Era quindi una misura che si dimostrava attenta alle necessità e basata su solide fondamenta scientifiche. Facciamo un rapido salto in avanti, al 2007. Internet è inondata di notizie come: la Carson era una omicida di massa, peggio di Hitler. La Carson ha ucciso più persone che i nazisti. Le sue mani sono macchiate di sangue ancora oggi. Perché? Perché Primavera silenziosa ha portato al bando del DDT e qualcuno sostiene che, senza tale prodotto, milioni di africani sono morti di malaria. Il Competitive Enterprise Institute — che abbiamo già incontrato nei precedenti capitoli come difensore del tabacco e scettico sul 283

riscaldamento globale — ora ci spiega che "Rachel si sbagliava". Sul sito dell'Institute si legge: "Milioni di persone nel mondo ora soffrono delle conseguenze dolorose e talvolta letali della malaria perché una singola persona ha lanciato un allarme falso. Questa persona è Rachel Carson".02 Altri circoli conservatori e libertari hanno lanciato attacchi dello stesso tenore. L'American Enterprise Institute afferma che il DDT "probabilmente è il prodotto chimico capace di prevenire una malattia più prezioso mai realizza to", ma è stato bandito senza motivo a seguito dell'isteria generata dall'influenza della Carson.03 Il Cato Institute ci informa che il DDT sta per tornare in auge.04 L'Heartland Institute ha diffuso un articolo scritto in difesa del DDT da Bonner Cohen, lo stesso soggetto che a metà degli anni Novanta aveva creato la newsletter EPA Watch per sostenere la Philip Morris.05 (Heartland continua a portare avanti programmi che contestano la scienza ufficiale del clima.)06 Le storie di cui abbiamo parlato fin qui hanno in comune la creazione del dubbio e la diffusione della disinformazione da parte di singoli o di gruppi con lo scopo di contrastare l'introduzione di regolamentazioni sul tabacco, sui CFC, sull'inquinamento da carbone e sui gas serra. Per farlo, contestano i fatti che dimostrano i danni provocati da questi prodotti o da alcuni inquinanti al fine di ostacolare l'introduzione di normative. A prima vista, il caso Carson sembra piuttosto differente da quelli citati, perché nel 2007 il DDT era stato già bandito da trent'anni negli Stati Uniti: perché quindi riaprire un dibattito chiuso da decenni? A volte, riaprire un dibattito di ieri può servire agli scopi di oggi. Negli anni Cinquanta l'industria del tabacco si era resa conto che era possibile difendere il proprio prodotto diffondendo il dubbio sulla scienza e sostenendo che i danni del fumo non erano provati. Negli anni Novanta si era convinta che, se fosse riuscita a far credere alla gente che la scienza non era infallibile, non sarebbe più stato necessario argomentare su ogni singola questione (in particolare su quella sul fumo passivo, che non aveva nessuna base scientifica). Mentre demonizzavano Rachel Carson, i sostenitori del libero mercato avevano capito che, se fossero riusciti a convincere l'opinione pubblica che un caso di successo come il bando governativo del DDT in realtà era stato un errore, sarebbero stati rafforzati tutti gli argomenti di quanti si 284

opponevano all'introduzione di normative in generale.

SILENT SPRING E IL SCIENCE ADVISORY COMMITEE DEL PRESIDENTE Il DDT fu inventato nel 1873, ma in pochi se ne accorsero fino a quando, nel 1940, il chimico svizzero Paul Müller, che lavorava per un'azienda chimica svizzera, lo sintetizzò di nuovo. Le prove in campo dimostrarono la sua efficacia contro numerosi infestanti, tra cui zanzare e pidocchi, e ci si rese conto che il DDT avrebbe potuto fermare la diffusione di malattie trasmesse dagli insetti come la malaria e il tifo.07 Il momento risultò propizio, perché le scorte del pesticida allora usato contro i pidocchi — il piretro, derivato dai piretri della Dalmazia — si stavano esaurendo e la sua domanda in tempo di guerra era alta. Nell'ultima fase della Seconda guerra mondiale il DDT venne usato su larga scala nelle campagne in Italia e Africa, e anche in talune aree del Pacifico. Secondo gli strateghi militari, il DDT avrebbe contribuito a salvare molte vite umane.08 Il DDT sembrava un prodotto miracoloso. Uccideva quasi tutti gli insetti con rapidità, e non sembrava avere effetti indesiderati sulle truppe. Era facile da usare, i soldati potevano applicarlo direttamente sulla pelle e sui loro vestiti, e lo si poteva miscelare con oli e irrorarlo dagli aeroplani. Era anche poco costoso. Nel 1948 Müller fu insignito del premio Nobel per la medicina per i risultati del DDT nel controllo della diffusione delle malattie.09 Dopo la guerra, l'uso del DDT si diffuse, specie in agricoltura. Il DDT era chiaramente meno tossico dei pesticidi a base di arsenico usati in precedenza, e la dispersione dagli aeroplani era molto meno costosa dei vecchi metodi di eradicazione, come il drenaggio delle paludi, l'eliminazione dei ristagni d'acqua vicini agli edifici e delle boscaglie.10 In tutti gli Stati Uniti i distretti incaricati del controllo degli infestanti passarono allo spargimento per irrorazione. Il governo centrale, le amministrazioni locali e i normali cittadini iniziarono a usarlo. Gli agricoltori cominciarono a impiegare il DDT e il governo degli Stati Uniti svendette gli aerei in surplus ai coltivatori, che iniziarono a disperdere l'insetticida sui loro campi.11 285

Tutti credevano che il DDT fosse innocuo. In un filmato d'epoca si vedono bambini che mangiano allegri le loro merende su tavoli da pieni mentre attorno a loro viene spruzzato il DDT.12 Ben presto cominciarono però a manifestarsi degli effetti avversi. Tra i primi a notarli vi furono i biologi del US Fish and Wildlife Service, presso cui Rachel Carson prestava servizio. Quando comincio le sue indagini, scoprì che dopo l'applicazione di DDT uccelli e pesci presentavano diversi danni. Iniziarono a emergere anche alcune evidenze di danni alle persone riconducibili all'uso di DDT e altri pesticidi. Ma, come nel caso delle piogge acide, la maggior parte di queste descrizioni erano state pubblicare in riviste pressoché sconosciute, come i rapporti del Fish and Wildlife Service o in riviste specializzate di biologia. In pochi conoscevano queste informazioni prima che Carson scrivesse Primavera silenziosa. Rachel Carson era un'abile scrittrice che aveva già avuto successo con il suo primo libro, The Sea Around Us, che era stato valutato positivamente dalla comunità scientifica. Mentre stava terminando di scrivere Primavera silenziosa, ne anticipò alcuni brani sul New Yorker, e quindi, quando il libro venne pubblicato nel 1962, il suo messaggio di base era già noto: il DDT non era affatto miracoloso. La Carson documentò con un gran corredo di dettagli ed evidenze scientifiche sistematiche che il DDT e altri pesticidi stavano causando dei danni molto gravi.13 Riferì di morie di pesci nelle regioni che erano state trattate per il controllo degli infestanti, di morie di uccelli nei campus universitari e nelle periferie urbane, e di campagne d'irrorazione in Michigan e Illinois che avevano causato la scomparsa degli scoiattoli e la morte degli animali da compagnia delle persone che avevano avuto la sfortuna di trovarsi all'aperto durante l'irrorazione oppure erano arrivate sul posto immediatamente dopo il trattamento. Oltre alle specie nocive, i pesticidi spazzavano via anche quelle utili. Quando il DDT era stato usato nel New Brunswick per salvare le sempreverdi dall'infestazione della larva del pino, erano morti anche gli insetti di cui si nutrivano i salmoni locali, e i pesci erano morti di fame. Il DDT distruggeva pure insetti la cui azione è vitale, come quelli che impollinano i fiori e le coltivazioni agricole.

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Primavera silenziosa non era incentrato solo sul DDT — era contro l'uso indiscriminato dei pesticidi in generale — ma per Carson e i suoi colleghi biologi il DDT dimostrava il fenomeno della bio-accumulazione. Altri pesticidi sparivano rapidamente nell'ambiente naturale, mentre il DDT era molto persistente e si accumulava nella catena alimentare. A causa della sua lunga persistenza continuava a concentrarsi nei tessuti degli animali e degli insetti che non morivano subito anche dopo che le campagne di trattamento si erano concluse — e quindi quando gli animali venivano mangiati gli effetti si propagavano nell'ecosistema. Uno degli effetti più allarmanti — l'azione sul sistema riproduttivo di aquile e falconidi — avveniva non per esposizione diretta, ma a seguito dell'ingestione di piccoli roditori che avevano subito l'azione diretta del DDT o che si erano alimentati con materiale trattato con DDT. Proprio a causa della sua efficacia, il DDT provocava degli squilibri negli ecosistemi. Quando era stato usato per impedire la diffusione della grafiosi dell'olmo (una malattia provocata da un fungo che colpisce questi alberi, ndT), il numero dei coleotteri era aumentato in quanto venivano sterminati i loro predatori naturali, che in precedenza contribuivano a tenerne stabile la popolazione.14 Un trattamento con DDT effettuato sulla Helena National Forest per proteggere gli alberi dalla larva del pino, aveva causato un'esplosione della popolazione degli acari della famiglia dei Tetranichidi, che a sua volta aveva danneggiato gli alberi (i Tetranichidi danneggiano anche agli uccelli che dipendono dalla popolazione di insetti della foresta).15 Carson aveva fatto notare che la popolazione aveva recuperato in una parte della regione poiché questa porzione era stata trattata solo una volta nel corso dell'anno; nella parte restante, sottoposta a trattamento continuo, le popolazioni degli insetti non si ripresero più. Cosa succedeva alle persone? I due insetticidi più usati allora erano l'aldrin e il dieldrin, e si sapeva già che ad alte dosi erano tossici per l'uomo e i mammiferi; pertanto, si poteva ragionevolmente supporre che il DDT potesse avere effetti analoghi. I topi di laboratorio alimentati con cibo contenente DDT davano covate più piccole, e la mortalità infantile era più alta rispetto ai soggetti di controllo. Anche se il DDT era perfettamente sicuro nel breve 287

termine, non si era certi della mancanza di effetti nel lungo termine, Gli storici hanno suggerito che Primavera silenziosa rappresentò per l'ambientalismo ciò che La capanna dello Zio Tom era stato per l'abolizionismo: la scintilla di una nuova consapevolezza nell'opinione pubblica.16 Eppure, non appena Primavera silenziosa venne pubblicato, l'industria dei pesticidi passò all'attacco. Secondo l'industria, Carson era isterica ed emotiva, e la scienza che aveva usato era basata su aneddoti, senza prove, inadeguata e sbagliata. L'editore del libro venne minacciato paventando cause legali.17 Naturalmente, non tutti gli scienziati erano d'accordo con Carson, in particolare i chimici, che tendevano a ritenere che, se usati appropriatamente, i pesticidi erano sicuri, e gli agronomi, che apprezzavano il contributo del DDT all'aumento della produttività agricola. Uno degli scettici era Emil Mrak, rettore dell'University of California, Davis, che testimoniò davanti al Congresso degli Stati Uniti e affermò che le conclusioni di Carson, sul fatto che i pesticidi "stavano alterando i sistemi biologici naturali e potevano influire sulla salute umana, non erano supportate dalle conoscenze scientifiche attuali".18 La maggior parte dei biologi comunque non era d'accordo con Mrak, e l'attacco personale alla Carson ebbe l'effetto contrario. La pubblicità causata dal clamore delle accuse fece sì che le vendite di Primavera silenziosa salissero alle stelle, e l'evidente sessismo implicito nel dare dell'"isterica" a una biologa esperta, nonché scrittrice di successo mondiale — in un periodo di crescente femminismo — indusse molti a correre in sua difesa. Anche il presidente John Kennedy parlò in tono ammirato del "lavoro di Miss Carson".19 Che ne era della scienza? Primavera silenziosa era ben scritto, ma le tesi di Carson erano corrette dal punto di vista scientifico? Per rispondere a questa domanda Kennedy si rivolse ai principali esperti che aveva a disposizione — cioè al President's Science Advisory Commitee (PSAC). Istituito nel 1955 e composto per lo più da fisici, fino ad allora il PSAC aveva trattato argomenti connessi con le armi nucleari e la guerra. Nel 1962, però, il presidente richiese ai suoi consulenti di dargli indicazioni sul DDT. All'inizio degli anni Sessanta, erano stati condotti pochi studi sistematici 288

sull'accumulo nell'ambiente del DDT, in parte perché il DDT era stato usato inizialmente come una tecnologia militare in condizioni di massima urgenza.20 Alcuni scienziati governativi avevano ammonito sui rischi del DDT, ma i loro studi per la maggior parte erano secretati, oppure erano stati seppelliti nei cassetti governativi; poche persone erano a conoscenza dei risultati. Dopo la Guerra le considerazioni relative alla sicurezza del prodotto vennero lasciate da parte quando il DDT si rivelò un successo e Müller venne insignito del Nobel.21 In ogni caso, in quegli anni la normativa sui pesticidi negli Stati Uniti prevedeva che ne venisse garantita l'efficacia, che si controllasse la presenza di eventuali residui negli alimenti, e non prendeva in considerazione gli impatti sull'ambiente. La produzione alimentare nel dopoguerra negli Stati Uniti è stata una storia di grandi successi — gli agricoltori americani producevano in quantità mai raggiunte prima, e a prezzi inferiori — quindi se il DDT ebbe un ruolo, fu quello di dimostrare i successi della chimica. Il compito del PSAC era pertanto difficile: controbilanciare i benefici conseguenti alla riduzione della diffusione delle malattie e all'incremento della produzione alimentare ottenuti con i pesticidi, con la valutazione di rischi per l'uomo e la natura ancora incerti nel lungo periodo, e scarsamente compresi. La commissione dovette poi affrontare una quantità di incertezze scientifiche. Queste aree nebulose comprendevano per esempio le differenze fra esposizioni acute (i cui rischi erano ben noti) ed effetti cronici; la mancanza di informazioni sugli effetti sinergici; la consapevolezza che i dati esistenti potevano sottostimare gli effetti avversi (in quanto i medici non erano addestrati a riconoscere gli effetti da avvelenamento dei pesticidi a bassa tossicità, e raramente lo fecero); e infine il problema ormai conosciuto della difficoltà di estrapolare risultati da animali di laboratorio alle persone.22 La commissione inoltre fa in difficoltà nel prevedere effetti di lungo termine avendo a disposizione solo pochi studi clinici.23 Malgrado tutte queste difficoltà, la PSAC pervenne a una conclusione netta: era giunto il momento di limitare l'uso del pesticida. L'evidenza di danni alla natura era chiara anche nei casi in cui le "operazioni erano state eseguite esattamente come previsto", e questi danni prima o poi si sarebbero estesi anche agli uomini.24 La PSAC concludeva secondo logica in questo modo: "I 289

pesticidi chimici sono progettati per uccidere o alterare il metabolismo di determinati organismi viventi, e quindi sono potenzialmente pericolosi anche per altri organismi. [...] I rischi derivanti dall'uso di questi prodotti imponevano di introdurre rapide misure di contenimento, nell'attesa che fosse messo a punto un programma per il controllo dell'inquinamento ambientale".25 Negli anni che seguirono il governo degli Stati Uniti sviluppò un programma di questo tipo. Grazie a una maggioranza bipartisan il Congresso approvò il Clean Air Act e il Clean Warer Act, e istituì alcune agenzie — come il National Institute for Environmental Health Sciences — che avevano il compito di esaminare le questioni ambientali. Questo sforzo culminò nell'istituzione nel 1970 della US Environmental Protection Agency (EPA). Nel 1972 — dieci anni dopo la pubblicazione di Primavera silenziosa e dopo almeno altre tre valutazioni scientifiche a livello nazionale — l'EPA, sotto la presidenza Nixon, bandì l'uso del DDT negli Stati Uniti.26 Non c'era stata fretta nel decidere sul DDT: erano state necessarie tre presidenze per sancire il bando. Questa prudenza non era da addebitare alla scienza ma alla volontà politica, ma i dati scientifici supportavano la decisione. Il rapporto della PSAC della presidenza Kennedy, dal titolo Use of Pesticide: A Report of the President s Science Advisory Committe, era degno di nota sia per quanto diceva sia per ciò che ometteva di dire. Gli scienziati non affermarono che i pericoli dovuti alla persistenza dei pesticidi fossero "provati", "dimostrati", "certi", o anche ben compresi; si limitarono a concludere che il peso delle evidenze era sufficiente ad autorizzare l'avvio di un'azione politica per controllare l'uso del DDT. Altre preoccupazioni relative all'ambiente potevano anche essere più serie, ma ciò non significava che l'attenzione degli scienziati rispetto a questo problema potesse essere allentata. Gli scienziati non scartarono soluzioni alternative ai pesticidi, come la lotta biologica agli infestanti, e non accusarono la Carson di perseguire dei fini nascosti. La scarsa conoscenza scientifica sui meccanismi dei pesticidi non impedì di accogliere le evidenze sperimentali presenti e, fatto ancora più importante, mentre sostenevano che fossero necessari ulteriori studi, non si misero in attesa: chiesero che si agisse. Il comitato pose l'onere della prova, o almeno di una parte sostanziale di 290

esso, a carico di chi sosteneva che i pesticidi persistenti fossero sicuri, e chiese esplicitamente che si adottasse la regola del dubbio ragionevole. La frase "dubbio ragionevole" suggerisce che i membri del comitato furono guidati dalla legislazione vigente, come quella definita dal decreto federale Food, Drug and Cosmetic Act (1938), che attribuiva ai fabbricanti l'onere di dimostrare la sicurezza dei loro prodotti, e quella del Miller Amendment a tale decreto (1954), che estendeva ai pesticidi tale obbligo.27 I produttori non avevano dimostrato la sicurezza del DDT, quindi i dubbi erano legittimi.28 Sia la scienza sia la politica fecero quello che si suppone debbano fare. Esperti scientifici indipendenti riassunsero le evidenze. I sondaggi dimostrarono che l'opinione pubblica era favorevole a una legislazione forte in difesa dell'ambiente.29 Gordon MacDonald, un membro del Council on Environmental Quality del presidente Nixon, ricordò che Nixon era favorevole alla istituzione dell'EPA non perché fosse un visionario ambientalista, ma perché sapeva che l'ambiente sarebbe stato un argomento importante nelle elezioni presidenziali del 1972. 30 I governanti agivano di concerto sia con la scienza sia con la volontà popolare. La storia era finita qui? No, come abbiamo anticipato, Carson divenne vittima di un massiccio attacco revisionista. "Rachel ha sbagliato" proclamava il sito web del Competitive Enterprise Institute." Un altro sito affermava: "Cinquanta milioni di morti".32 Un terzo: "Probabilmente anche di più [morti]".33 Il motivo? La malaria non era stata eradicata, come sarebbe successo se gli Stati Uniti non si fossero piegati all'isteria degli ambientalisti. Non esistevano evidenze scientifiche valide a supporto del bando del DDT, dicevano i critici, e il DDT era l'unico mezzo efficace per uccidere le zanzare che portano la malaria.34 Il bando si era rivelato "il peggior crimine del secolo".35 Nel suo bestseller L'ambientalista scettico, l'economista danese Bjorn Lomborg (indicato da Time nel 2004 come uno dei 100 personaggi più influenti del mondo) riprese l'accusa secondo cui gli argomenti di Carson erano più emotivi che razionali, e insistette nel dire che si erano salvate più vite con la riduzione delle malattie e con l'incremento della produzione di 291

cibo rispetto a quelle perdute a causa dell'uso del DDT. Thomas Sowell, uno scrittore conservatore socio della Hoover Institution, dal canto suo sostenne che "nell'ultimo mezzo secolo non c'è stato un eccidio che abbia provocato la morte di più esseri umani di quello causato dalle idee della tanto osannata Carson" .36 Altri ancora la paragonarono a Hitler e Stalin.37 Queste affermazioni velenose avrebbero anche potuto essere ignorate se non fosse che venivano continuamente ripetute su svariati giornali. Nel 2007, il San Francisco Examiner pubblicò un editoriale che sosteneva che Carson si era sbagliata e che "milioni di persone continuavano a pagare il prezzo dei suoi errori".38 Il Wall Street Journal sostenne che il lavoro della Carson aveva instillato la convinzione che "i controlli ambientali sono più importanti delle vite umane".39 Il New York Times pubblicò diversi articoli ed editoriali che mettevano in dubbio la correttezza delle azioni degli Stati Uniti nei confronti del DDT.40 Il titolo di un pezzo di un'edizione domenicale del New York Times Magazine del 2004 recitava: "What The World Needs Now Is DDT". L'articolo riportava che "nessuno tra coloro che si preoccuparono dei danni ambientali del DDT aveva intenzione di uccidere i bambini africani, ma ciò era successo comunque, perché Primavera silenziosa era ancora forte nell'opinione pubblica".41 Una delle voci contrarie alla Carson sul New York Times era quella del redattore scientifico John Tierney, che nel 2007 obiettò che Primavera silenziosa era "un'accozzaglia di scienza e scienza spazzatura" e che la persona che era nel giusto negli anni Sessanta era I. L. Baldwin, professore di batteriologia agricola dell'University of Wisconsin. Nessuno lo aveva ascoltato, sosteneva Tierney, perché Baldwin non spaventava nessuno. Il suo contegno compassato non poteva competere con "la retorica della Carson, che ancora sommerge la vera scienza".42 Chi aveva ragione? Tierney? Oppure Carson? Che cosa ci dicono la scienza e la storia? Ci dicono che Carson, il President's Science Advisory Committee e anche la US EPA erano nel giusto riguardo al DDT. Dopo il successo del DDT durante la Seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti e 292

l'assemblea della World Health Organization (WHO) lanciarono una campagna per la eradicazione completa della malaria (1955-1969). La campagna non era basata sull'irrorazione all'aperto su grande scala — pratica su cui si erano concentrate le accuse della Carson — ma soprattutto sullo spargimento del DDT (e del diedrin) sulle pareti e le superfici all'interno delle case. Lo US Center for Disease Control (CDC) ne riassunse i risultati in questo modo: "La campagna non ha conseguito il risultato che si era prefissa". La malaria endemica era stata eliminata nelle nazioni più sviluppate, come Europa e Australia, fortemente ridotta in India e parti dell'America Latina, ma la campagna aveva fallito in molte delle aree meno sviluppate come quelle dell'Africa sub-sahariana. Era stata poi interrotta nel 1969 - quattro anni dopo il bando del DDT negli Stati Uniti - quindi qualunque cosa fosse successa non era stata causata dal bando degli Stati Uniti. Allora che cosa era avvenuto?43 Nei paesi meno sviluppati l'eradicazione della malaria era fallita perché l'irrorazione da sola non bastava. A questa operazione devono essere associati buoni livelli nutrizionali delle persone, la riduzione dei terreni di coltura degli insetti, l'istruzione e la cura della salute. Ciò spiega perché la malaria fu eradicata in paesi come l'Italia e l'Australia, ma non nell'Africa sub-sahariana. Come quasi tutte le iniziative di salute pubblica, al programma servivano la cooperazione e la comprensione delle persone. L'applicazione dei prodotti nei locali al chiuso - una delle tecniche adottare funzionava perché l'insetticida rimaneva sulle pareti e i soffitti delle abitazioni. Ma ciò implicava che gli abitanti non dovessero lavare, verniciare o rifare gli intonaci e molti di loro non capirono queste prescrizioni in quanto erano in contrasto con molte delle istruzioni che riguardavano la salute pubblica che gli erano state impartite. Ad altri semplicemente l'idea non piaceva perché sembrava suggerire di tenere sporche le case. Ma il motivo principale del parziale insuccesso dei tentativi di eradicazione fu che le zanzare svilupparono resistenza. Negli Stati Uniti, il picco dell'uso del DDT si verificò nel 1959 - tredici anni prima del bando — perché in realtà aveva già cominciato a perdere efficacia. I microbi e i batteri sono la migliore dimostrazione del funzionamento della selezione naturale. Quando un insetticida spazza via parte di una popolazione, quelli che sopravvivono trasferiscono i loro geni ai nuovi nati, 293

ed è quindi solo questione di tempo perché la nuova popolazione si adatti all'ambiente irrorato di insetticida. La durata della vita delle generazioni di insetti va da qualche giorno a qualche mese, e pertanto l'evoluzione è molto rapida - molto più di quella delle specie a riproduzione lenta, come gli uomini e molti animali. Conseguentemente, possiamo osservare gli effetti della selezione naturale in intervalli molto brevi - talvolta in qualche anno. La resistenza degli insetti al DDT fu riscontrata la prima volta nel 1947, appena qualche anno dopo i successi clamorosi durante la Seconda guerra mondiale. Gli addetti al servizio di controllo delle zanzare a Fort Lauderdale riferirono che "la normale applicazione di una soluzione al 5% di DDT non ha avuto alcun effetto apprezzabile sulle zanzare delle lagune di acqua salmastra... la 'miracolosa polvere magica' ha perso la sua efficacia nei confronti delle orde di zanzare d'acqua salmastra presenti nelle lagune lungo la costa est della Florida".44 La resistenza si sviluppò con rapidità negli anni Cinquanta e presto molti dei distretti incaricati del controllo degli infestanti cominciarono ad abbandonare il DDT indirizzandosi verso delle alternative. Purtroppo, gran parte della resistenza degli insetti verso il DDT derivò dall'uso in agricoltura, e non dalle campagne per il controllo delle malattie. È vero, in questa storia c'è una tragedia, ma non è quella sbandierata dal Competitive Enterprise Institute. La responsabilità per lo sviluppo della resistenza degli insetti al DDT è prevalentemente da attribuire al tentativo di far crescere prodotti alimentari in modo più economico. Il fallimento del DDT nelle campagne per ridurre la diffusione delle malattie è dovuto al suo uso eccessivo nelle pratiche agricole. Questa è la realtà. La maniera più efficace di usare i pesticidi contro la diffusione delle malattie è quella di applicarli all'interno degli edifici - la pratica chiamata Indoor Residual Spraying, centrale nella strategia della World Health Organization (WHO). Usato così, il DDT è particolarmente efficace, in quanto una sola applicazione può durare anche un anno. E, cosa ancor più importante, la resistenza non si sviluppa rapidamente poiché gli insetti che entrano nelle case e subiscono l'effetto del DDT non sono molto numerosi. Il trattamento con DDT nei locali chiusi agisce su una piccola percentuale di insetti, come quella che è sufficiente a pungere gli abitanti e trasmettere le malattie, pertanto la pressione selettiva sulla popolazione degli insetti non è molto 294

elevata. In questo caso, la strategia appare decisamente ragionevole. Quando invece gli insetticidi vengono irrorati su vaste estensioni agricole, sterminano gran parte della popolazione degli insetti, ma i più resistenti si accoppiano con i sopravvissuti, e quindi la generazione successiva può manifestare resistenza. Quanto più estensiva è la pratica agricola, tanto più è probabile che gli insetti sviluppino rapidamente resistenza, quindi l'insetticida risulta meno efficace proprio quando ce n'è bisogno per combattere la diffusione delle malattie. Sappiamo che l'uso del DDT in agricoltura ha prodotto l'insorgere della resistenza negli insetti in 7-10 anni. Questa non è una considerazione fatta col senno di poi: Rachel Carson aveva discusso della resistenza degli insetti in Primavera silenziosa.45 Il DDT fu impiegato in maniera estesa in agricoltura anche in paesi dove veniva usato per la lotta contro la diffusione delle malattie, quindi perse di efficacia molto prima di quanto altrimenti sarebbe successo. Negli anni Cinquanta era noto che gli insetti si evolvevano rapidamente, ma l'evoluzione delle nostre istituzioni fu molto più lenta della loro. Gli eventi hanno dimostrato che il DDT da solo non era bastato a eliminare la malaria. Ma il DDT era davvero necessario? Era così indispensabile in quelle regioni dove la malaria era sotto controllo? Anche in questo caso la risposta è no. La maggior parte delle persone sembra aver dimenticato che nel XIX secolo la malaria era endemica negli Stati Uniti e costituiva una delle maggiori preoccupazioni per i coloni in Arkansas, Alabama e Mississippi.46 Anche la California combatteva con la malaria. Già negli anni Trenta, però, i distretti per la lotta alle zanzare in tutto il paese avevano messo sotto controllo la malaria prosciugando le aree di riproduzione e usando pesticidi diversi dal DDT.47 In Florida, per esempio, l'infezione malarica era andata diminuendo ogni anno dal 1935 in poi, quando il DDT non era stato ancora introdotto. Anche l'urbanizzazione aveva avuto la sua importanza, in quanto gli statunitensi si trasferivano in aree lontane dalle zone di riproduzione delle zanzare. Dopo la Seconda guerra mondiale il DDT divenne un altro mezzo utile a eliminare i casi restanti, che divennero quindi sempre meno numerosi. 295

Un altro caso degno di menzione è quello del Canale di Panama. Su iniziativa di Ferdinando di Lesseps (che guidò anche la costruzione del Canale di Suez), i lavori per il canale furono iniziati da una compagnia francese nel 1882, ma ben presto vennero interrotti a causa della febbre gialla e della malaria. Nel 1889 erano già morti oltre 22.000 operai a causa di queste due malattie, e i cantieri si fermarono. Nel 1904 il governo degli Stati Uniti subentrò nell'impresa, e designò William Crawford Gorgas come capo sanitario responsabile. Gorgas era convinto di quella che allora era un'ipotesi molto radicale: che il vettore di queste malattie fossero gli insetti. Prosciugò le paludi e gli acquitrini, eliminò i ristagni d'acqua attorno agli edifici, inviò squadre a distruggere le larve con petrolio e fece fumigare gli ambienti degli edifici. Fece anche attrezzare i dormitori con reti protettive. Tra il 1906 e il 1914, anno di completamento del canale, si verificò solamente un caso di febbre gialla e la mortalità della popolazione passò da 16,21 a 2,59 per mille abitanti nel dicembre 1909. 49 La febbre gialla fu completamente eliminata - 31 anni prima della scoperta delle proprietà insetticide del DDT di Müller. La malaria si dimostrò più resistente, ma comunque in molte zone venne messa sotto controllo con tecniche simili. La lezione della storia è chiara: il DDT da solo non è in grado di eliminare le malattie trasmesse dagli insetti, e queste malattie possono essere messe sotto controllo senza l'uso del DDT o con un suo impiego limitato.50 Quando gli Stati Uniti decisero di agire contro il DDT nel 1971, l'amministratore dell'EPA William Ruckenhaus mise in chiaro che il bando non si applicava fuori del territorio degli Stati Uniti. (Del resto, come avrebbe potuto farlo? I'EPA non aveva autorità sugli altri paesi.) Ruckenhaus spiegò ai fabbricanti che erano liberi di continuare a produrlo e venderlo per il controllo delle malattie all'estero, e che "l'agenzia non riteneva di dover intervenire sulle decisioni degli altri paesi". Qualunque cosa successe poi in Africa, la colpa non era da attribuire a Rachel Carson o a William Ruckenhaus. A proposito di Baldwin, lo scienziato che secondo John Tierney aveva ragione: il lavoro citato da Tierney non era affatto uno studio scientifico, era semplicemente la recensione di un libro. Baldwin riconosceva che Primavera silenziosa "era scritto in maniera superba e che era magnificamente 296

illustrato", e costituiva "uno studio esaustivo dei fatti che riguardano il problema".52 Baldwin inoltre ammetteva che l'approccio della Carson "contribuirà a far prendere coscienza del fatto che i pesticidi sono velenosi e che si dovranno stabilire dei controlli rigorosi sui vari passaggi nell'impiego dei pesticidi... in quanto ci sono dei seri rischi nel loro uso".53 Allora qual era il rimprovero di Baldwin? Che il libro era scritto in maniera appassionata anziché distaccata, e che sembrava scritto da un pubblico ministero. Era vero: Carson stava cercando di costruire un caso. Ma Baldwin soprattutto si lamentava che Carson avesse scritto il libro sbagliato. Voleva leggere la storia dello sviluppo dei prodotti chimici, pesticidi compresi, che avevano innescato "una rivoluzione chimica... che aveva avuto un forte impatto su ogni aspetto della nostra vita". Voleva un libro che raccontasse come la tecnologia aveva migliorato le condizioni di vita, enfatizzando il fatto che "la nostra aspettativa di vita si era ampliata molto; che i nostri vestiti erano composti di fibre sconosciute solo venti anni fa; che i nostri utensili casalinghi erano fatti di materiali nuovi e prima sconosciuti".54 Voleva che il libro parlasse dei benefici che la scienza e la tecnologia ci avevano portato, e non delle loro spaventose conseguenze. Forse anche Tierney la pensava allo stesso modo. Come praticamente tutti i critici della Carson che seguirono, Baldwin insisteva che i pesticidi erano la chiave per un'agricoltura moderna, e che erano essenziali per eliminare la fame nel mondo (molti scienziati dissentivano, sostenendo che il cibo era abbondante, e che il problema stava nella sua distribuzione iniqua). Anziché replicare alle tesi di Carson ed esaminare le prove che aveva presentato, Baldwin cambiava soggetto richiamando l'attenzione su ciò che di buono aveva comportato la tecnologia moderna, ed evitava di affrontare l'argomento centrale dei danni agli ecosistemi. Contrariamente a quanto fatto da Tierney, Baldwin ammetteva che la scienza di Carson era corretta. A somiglianza di quasi tutti i critici della biologa, compreso Tierney, la fede nella tecnologia e il suo antropocentrismo impedivano a Baldwin di comprendere il punto cruciale delle tesi dalla Carson. Nel 1962 le evidenze sulla mortalità umana attribuibili al DDT erano scarse. Carson lo ammetteva senza problemi. Malgrado avesse suggerito che il DDT 297

potesse causare il cancro, non affermò mai che l'insetticida avesse ucciso molte persone. Sottolineò invece i danni agli ecosistemi, convinta che questi danni prima o poi sarebbero arrivati fino a noi. Carson era convinta che avremmo perso qualsiasi guerra avessimo deciso di dichiarare alla natura. Uccelli e pesci sarebbero morti, mentre gli insetti, capaci di evolversi rapidamente, sarebbero diventati più forti che mai. Infine, e forse soprattutto, fu un errore assumere che i soli danni che contavano erano quelli fisici. Anche se il DDT non causava morti tra gli esseri umani, essi avrebbero sofferto anche di altre conseguenze: il nostro mondo sarebbe risultato più povero se la primavera fosse arrivata... in silenzio. Se i difensori del DDT avevano esagerato i suoi benefici, si può dire che i suoi detrattori ne hanno amplificato i pericoli? Se il DDT raramente danneggia gli umani e talvolta gli procura dei vantaggi, perché non reintrodurlo? Non ha ragione Bjorn Lomborg quando dice che almeno il DDT ha salvato delle vite malgrado i suoi costi? L'argomento è ancora una volta mal posto. Il DDT non fu bandito perché dannoso per gli uomini; fu bandito perché dannoso per l'ambiente. Le evidenze scientifiche su tali danni non erano state certificate soltanto dalla PSAC e dall'EPA: erano state confermate anche da numerosi studi dai quali risultava che il DDT e il suo metabolita Dde erano persistenti.55 Il DDT uccide uccelli, pesci, e insetti utili, e la sua azione continua per molto tempo dopo che la sua irrorazione è cessata. Anche oggi, gli uccelli dell'isola Santa Catalina mostrano segni di avvelenamento da DDT, probabilmente perché hanno mangiato dei pesci che si sono alimentati con materiale depositato sul fondo marino, e che è inquinato da residui di produzione vecchi di decenni.56 Cosa succede agli esseri umani? Tierney obietta che quando il DDT fu bandito "non c'era alcuna prova che fosse cancerogeno". Vero. Ma da allora abbiamo imparato molto sui rischi dei pesticidi, e ora ci sono chiare evidenze scientifiche sui rischi di questi prodotti per l'uomo. (Primavera silenziosa non era solamente contro il DDT ma contro i pesticidi in generale.) Le cancerogenicità di diversi pesticidi è stata dimostrata sin dal 1971, con studi pubblicati su riviste peer reviewed, sia su cavie sia sull'uomo.57

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Una rassegna apparsa su Lancet - la principale rivista medica al mondo concludeva che il DDT, quando usato nel dosaggio previsto per la lotta alle zanzare, aveva delle conseguenze significative sull'uomo, in particolare sulle funzioni riproduttive. (Il che non sorprende, dato che talune evidenze iniziali mostravano che il DDT influiva sulla riproduzione degli uccelli e dei topi). Numerose evidenze scientifiche avevano poi rivelato che il DDT interferiva con lo sviluppo dei bambini, oltre a provocare nascite premature, ridotto peso dei neonati e possibili malformazioni alla nascita. Elevate concentrazioni di DDT nel latte materno erano correlate con la riduzione del periodo dell'allattamento e dello svezzamento - a sua volta correlato con la mortalità neonatale e infantile.58 Quindi si sarebbero potute salvare delle vite usando il DDT, ma se ne sarebbero perse altre per lo stesso motivo. E per quanto riguarda il cancro? Qualche anno fa alcuni medici si sono resi conto che gli studi che avevano analizzato il rapporto tra esposizione al DDT e cancro al seno presentavano delle grosse pecche. Molti dei casi esaminati si riferivano a periodi nei quali l'uso del DDT era già in declino, o addirittura erano posteriori al bando, e le donne prese in esame erano state esposte a livelli molto bassi (o nulli), oppure avevano subito l'esposizione in una fase alquanto tarda della loro vita, quando il corpo risultava meno vulnerabile. Per sapere se il DDT aveva avuto o meno un effetto si sarebbe dovuto studiare donne che erano state esposte da giovani. In un notevole lavoro d'investigazione medica, Barbara A. Cohn e le sue colleghe hanno individuato delle donne che avevano partecipato a uno studio sulla gravidanza negli anni Sessanta, e che pertanto avrebbero potuto essere state esposte — come bambine o ragazze — quando il DDT era più diffuso, cioè negli anni Quaranta e Cinquanta. A quel tempo queste donne erano state sottoposte a prelievi di sangue, che ora poteva essere analizzato per individuare la presenza del DDT e dei suoi metaboliti. Nel 2000-2001 vennero misurati questi elementi nei campioni e si fece il confronto con i casi di cancro al seno. L'età media, al tempo dello studio originale, era di 26 anni; ora le stesse donne erano attorno ai 50-60 anni - un'età nella quale si manifesta con maggiore frequenza il cancro al seno. Lo studio evidenziò un aumento di cinque volte del rischio di cancro tra le donne che avevano un'alta concentrazione di DDT e dei suoi metaboliti.59 Il DDT provoca il cancro, danneggia la salute umana, ha un costo in vite umane. Rachel Carson 299

aveva ragione. È vero che secondo alcuni esperti di salute pubblica il DDT potrebbe contribuire al controllo della malaria in alcune regioni del modo, ma di sicuro non è la cura miracolosa propagandata da Lomborg, Sowell, Cohen e Tierney. Non ci sono prove scientifiche a supporto dell'affermazione secondo cui erano morte inutilmente milioni di persone, e esistono invece solide evidenze scientifiche del fatto che il bando ha evitato danni pesanti sia agli esseri umani sia alle altre specie con le quali condividiamo il pianeta. Allora cosa sta succedendo? Tutta questa gente è confusa? O è disinformata? È semplicemente ignorante? Oppure isterica? Magari fosse così. Abbiamo già visto come alcune persone hanno combattuto i fatti sui danni del tabacco, delle piogge acide, della riduzione dell'ozono, del fumo passivo, del riscaldamento globale. I loro dinieghi sembrano plausibili, almeno in parte, perché riguardano materie che sono ancora oggetto di indagine scientifica, nella quale, anche se il quadro generale diventa sempre più chiaro, i dettagli sono ancora incerti. Ma la costruzione revisionistica che ha per oggetto il DDT giunge fuori tempo massimo, perché si presenta così tanto tempo dopo che la scienza è giunta a conclusioni definitive, troppo in ritardo per poter sostenere che non c'è accordo, o che ancora è in corso un dibattito scientifico. Il gioco, come avvenuto in precedenza, consiste nel tentativo estremo di difendere l'ideologia del libero mercato. Ma nel caso in oggetto, costoro non contestavano la scienza. Contestavano la storia.

IL NEGAZIONISMO COME STRATEGIA POLITICA Ognuna delle storie riportate fin qui aveva per protagonisti una manciata di personaggi che cercavano in ogni modo di impedire l'introduzione di normative riguardanti determinati prodotti. Ma l'attacco sferrato nel XXI secolo contro Carson non aveva nulla a che vedere con la regolamentazione, in quanto la regolamentazione era stata già introdotta da tempo. È non si trattava neppure del tentativo di abrogare tale regolamentazione. La scienza, il governo e il settore agroalimentare sapevano da tempo che il DDT aveva perso efficacia negli Stati Uniti. Quindi a chi importava del DDT? Perché 300

attaccare una donna che era morta da quasi mezzo secolo? Nel capitolo 3 abbiamo visto come negli anni Sessanta stesse emergendo un diverso orientamento nell'ambito del movimento ambientalista, che abbandonava le posizioni "estetiche" per spostarsi verso un sistema di regolamentazioni legali. Carson era stata fondamentale in questo processo. In fin dei conti, qual era il valore di un parco nazionale se non c'erano più uccelli che cantavano? Se Carson si era sbagliata, significava che anche il nuovo ambientalismo si sbagliava. Sarebbe stato facile dimostrare che il movimento ambientalista contemporaneo era fondato su una credenza fallace, e quindi l'intervento regolatorio del governo sarebbe stato da respingere. Questa narrazione venne proposta da qualcuno che abbiamo già incontrato: Dixy Lee Ray. Nel libro Trashing the Planet, Ray cantò le lodi del DDT e costruì un corredo di "fatti" che hanno continuato a circolare incessantemente fino a oggi. Raccontò di come il DDT fosse stato abbandonato erroneamente in Sri Lanka, dove invece "le statistiche della salute pubblica... testimoniavano l'efficacia del trattamento". Il racconto inizia così: Nel 1948, prima che si iniziasse a usare il DDT, c'erano 2,8 milioni di casi di malaria [in Sri Lanka]. Nel 1963 se ne verificarono solamente 17. L'infezione si mantenne bassa fino verso la fine degli Sessanta, quando le accuse al DDT negli Stati Uniti convinsero i responsabili locali a sospendere l'impiego dell'insetticida. Nel 1968 c'erano già un milione di casi di malaria. Nel 1969 il numero raggiunse di nuovo i 2,5 milioni, come nel periodo pre-DDT. Inoltre, nel 1972 le accuse largamente inconsistenti contro il DDT da parte degli Stati Uniti, ne provocarono l'abbandono su scala mondiale. Questo racconto è vero? In parte, ma solo fino al 1963. Tra il 1948 e il 1963 il DDT funzionò bene e la malaria crollò in maniera drastica. Malgrado delle forme di resistenza si fossero manifestate già nel 1958, sembrò che l'eradicazione stesse procedendo bene. Nel 1963 la manciata di nuovi casi parve controllabile, e in effetti la malaria sembrava destinata a scomparire nello Sri Lanka. Ma è a questo punto che Dixy Lee Ray comincia a omettere alcuni fatti fondamentali. Nel 1968 la malaria esplose di nuovo e il DDT non 301

riuscì a contenerla, e questo nonostante gli abitanti spargessero DDT in quantità ancora maggiori, in aeree più vaste e con maggiore frequenza. Ma non si ottenne alcun risultato. In uno studio del 1976 sulla resistenza ai pesticidi, un comitato della WHO scriveva: Nel marzo 1975 in Sri Lanka ha avuto inizio un programma disegnato in base alle ridotte disponibilità finanziarie... L'uso di DDT, in quantità pari a 1 grammo per metro quadrato a intervalli di 4 mesi, particolarmente attento a coprire aree più estese, non ha dato esiti significativi in termini di differenza con aree con normale o minore copertura, e non si è avuto nessun miglioramento anche usando dosi di 2 g/m² ogni 4 mesi.61 Alla fine si adottò il Malathion, un prodotto meno costoso a cui le zanzare del la regione non si erano ancora adattate. Ciò ridusse di nuovo i casi di malaria, sebbene non ai livelli estremamente bassi del 1963. 62 In sostanza, lo Sri Lanka non smise di usare il DDT perché lo avevano fatto gli Stati Uniti. Il DDT aveva smesso di funzionare ma in Sri Lanka avevano continuato a usarlo. Possiamo immaginare il perché: dal momento che in una prima fase il DDT si era dimostrato efficace, i funzionari erano riluttanti ad abbandonarlo anche se la malaria aveva avuto una ripresa. C'è voluto del tempo per ammettere la sconfitta - le piccole zanzare sono più forti di noi. Come concludeva il rapporto della WHO del 1976: "Viene finalmente riconosciuto che la resistenza è l'ostacolo principale nella lotta contro le malattie a vettore animale e costituisce il principale ostacolo alla eradicazione completa della malaria in molti paesi".63 La resistenza non è mai menzionata nel racconto di Ray, omissione veramente sorprendente dato che era una zoologa. In un tipico esempio del bue che dà del cornuto all'asino, Ray accusò sia gli ambientalisti sia William Ruckenhaus di aver dato spazio alla pseudoscienza, creando "un'atmosfera nella quale l'evidenza scientifica viene messa in discussione dall'emotività, isteria e pressioni politiche".64 Ma in questo caso era lei che diffondeva isterismi, non Ruckenhaus. Ray non accusò Rachel Carson di omicidio di massa, ma presto lo fecero degli altri. Abbiamo incontrato Steve Milloy nel capitolo 5 come fondatore della 302

The Advancement of Sound Science Coalition, un'organizzazione supportata dalla Philip Morris e dedicata alla difesa di un prodotto che aveva causato e causava milioni di morti. Ben presto Milloy iniziò a far circolare il meme dei "milioni di morti" causati dal bando del DDT. Secondo quanto riportato dal rapporto annuale del 1997, iniziò a collaborare con J. Gordon Edwards, un entomologo della San Josè State University, al fine di compilare un resoconto dedicato alla controversia del DDT.65 Il resoconto di Edwards apparve nel 2004 sul Journal of American Physicians and Surgeons, pubblicato dalla Association of American Physicians and Surgeons. Quest'ultimo è un noto gruppo libertario legato all'Oregon Institute of Science and Medicine, un'organizzazione impegnata anche nella promozione dello scetticismo sul riscaldamento globale. Edwards sostenne che "su scala globale il bando del DDT da parte degli Stati Uniti ha provocato milioni di morti che avrebbero potuto essere evitate".66 Mentre precisava che il termine genocidio "era normalmente usato in contesti con un numero di morti simile", non faceva mai menzione dell'insorgenza della resistenza al pesticida, un'omissione molto grave per un entomologo. Milloy proseguì nella sua crociata antiscientifica anche dopo l'esperienza del TASSC, e continua ancora oggi. Per esempio, Milloy di recente ha scritto: "Per alcuni può essere facile accantonare i 43 anni di isteria sul DDT con un semplice 'non importa , ma occorre ricordare il sangue di milioni di persone che gronda dalle mani di WWF, Greenpeace, Rachel Carson, Environmental Defense Fund e altre organizzazioni pseudoscientifiche che hanno alimentato l'opposizione dal DDT".67 Milloy è conosciuto per i suoi attacchi alla scienza in tema di riscaldamento globale (che definisce una truffa), piogge acide (che sostiene rallentino il riscaldamento globale, sebbene dica che il riscaldamento globale non esiste), buco dell'ozono (che considera innocuo).68 Milloy gestisce il sito junkscience.com ma, come abbiamo visto nel capitolo 5, il termine junk-science ("scienza spazzatura") è stato inventato dall'industria del tabacco per gettare discredito sulla scienza non in linea con i suoi interessi. Il sito junkscience.com è stato istituito di concerto con il Cato Institute, che però ha interrotto i rapporti quando sono venuti alla luce i legami finanziari tra Milloy e l'industria del tabacco.69 La campagna di disinformazione continua tuttora sul web, con il supporto di organizzazioni e istituti che ormai sono ben noti a tutti. Dopo che Rush 303

Limbaugh ripeté pedissequamente l'accusa "Rachel ha sbagliato", il Competitive Enterprise Institute lo propose per il Nobel per la pace.70 Il Competitive Enterprise Institute condivide l'ideologia dell'American Enterprise Institute, che a sua volta pubblicizzò il lavoro di Michael Crichton. In Stato di paura, un romanzo del 2004, Crichton descrisse il riscaldamento globale come un imbroglio liberal finalizzato ad abbattere il capitalismo occidentale.71 Crichton prese anche posizione sul DDT facendo dire a un personaggio del libro: "Il bando del DDT ha ucciso più persone che Hitler... mentre era così sicuro che lo potevi anche mangiare".72 Il meme "Rachel si è sbagliata" è stato ripetuto con particolare enfasi dall'Heartland Institute, un gruppo che ha come obiettivo le "soluzioni di libero mercato per i problemi di natura economica".73 Il sito web dell'Heartland continua a sostenere che "ogni anno diversi milioni di africani, asiatici e latino-americani potrebbero essere salvati" se il DDT non fosse stato bandito dalla US Environmental Protection Agency.74 L'Heartland Institute è noto tra i climatologi per l'accanimento con cui mette in dubbio la scienza del clima, per la sua tendenza a dare spazio a persone che poco o nulla hanno pubblicato su riviste peer reviewed, e per aver sponsorizzato una conferenza a New York nel 2008 che ha sostenuto che il lavoro della comunità scientifica è un imbroglio.75 Ma l'attività dell'Heartland risale molto più indietro nel tempo, almeno agli anni Novanta, quando lavorava per la Philip Morris. Nel 1993, Richard C. Rue, un responsabile di progetto dell'Heartland Institute, scrisse a Roy E. Marden, manager del settore affari industriali della Philip Morris, per sollecitare la continuazione del supporto finanziario. Rue accluse una copia di un editoriale, evidentemente un estratto di un libro di prossima pubblicazione, scritto da Joseph Bast, presidente e CEO dell'Heartland. Nell'articolo venivano elencate le ultime iniziative, tra cui la pubblicazione di quasi 9.000 copie di un testo della Chemical Manufacturers Association, di cui 8.000 erano state mandate a "legislatori, a funzionari delle istituzioni e a importanti opinionisti".77 La Philip Morris si serviva spesso dell'Heartland per distribuire i propri rapporti (commissionati alla stessa Heartland). Nell'aprile 1997, Roy Marden scrisse a Thomas Borelli (che abbiamo incontrato nel capitolo 5) per discutere di un rapporto di una task force che avevano istituito assieme all'Association for Private Enterprise Education. Marden scrive: 304

... l'Heartland Institute, un gruppo politico dell'Illinois con il quale collaboriamo, è in procinto di pubblicare un riassunto di 24 pagine del documento-rapporto in forma di studio politico. Il riassunto verrà pubblicato la settimana prossima in almeno 3.000 copie (di cui metà andrà ai giornalisti, la parte restante a funzionari delle istituzioni di stato e alle imprese). Heartland avrebbe intenzione di stamparne 10.000 copie (in questo modo verrebbero ricompresi tutti i legislatori e membri del Congresso) se riesce a ottenere il finanziamento per le restanti 7.000. A breve provvederò a trasmettere via fax il costo previsto... e ritengo che dovremmo prendere in seria considerazione la richiesta.78 I funzionari dell'Heartland Institute spesso si incontravano con i membri del Congresso su incarico dell'industria del tabacco, tenevano dei briefing riservati, scrivevano degli editoriali e organizzavano delle interviste alla radio.79 Nel 1997, la Philip Morris diede all'Heartland Institute 50.000 dollari in supporto alle sue attività, ma questa era solo la punta dell'iceberg di un network che avrebbe dovuto essere composto da think tank indipendenti e non di parte. La sorprendente vastità dell'influenza della Philip Morris è rivelata da un documento di dieci pagine del 1997, che elenca i pagamenti erogati a diverse organizzazioni. A parte i 50.000 dollari all'Heartland Institute, erano riportati 200.000 dollari al TASSC, 125.000 al Competitive Enterprise Institute, 100.000 all'American Enterprise Institute, e altri ancora.80 I pagamenti andavano da 1.000 fino a 300.000 dollari, e molti erano destinati a gruppi che non avevano alcun interesse diretto con il tabacco, come il Ludwig von Mises Institute oppure l'Americans for Affordable Electricity. Numerosi documenri cestimoniano le iniziative destinate a minare il piano di riforma sanitaria di Clinton.81 Spesso, i documenti della compagnia definivano i finanziamenti come "filantropia", e siccome queste organizzazioni erano tutte non profit e non partisan, le donazioni erano tutte deducibili dalle tasse.82 L'immagine che segue rappresenta la prima pagina del documento di 10 pagine che mostra la politica di finanziamento alle organizzazioni della Philip Morris Corporation. È da notare che a quasi tutti i soggetti che venivano 305

classificati come aventi interesse sulle "libertà individuali", o sui "temi normativi" o entrambi, come il Cato Institute, l'American Enterprise Institute e il Competitive Enterprise Institute - tutte organizzazioni che mettevano in discussione il riscaldamento globale - arrivassero contributi a sei cifre. Da notare anche il contributo all'American Civil Liberties Union. Le altre pagine documentano i contributi a Frontier for Freedom Institute, all'Acton Institute, all'Alexis de Tocqueville Institute, e all'Independent Institute, fino a organizzazioni apparentemente di base - come Citizens Against Government Waste, l'Independent Women Forum, e l'Institute for Youth Development — e a gruppi universitari come George Mason Law and Economic Center, e la University of Kansas Law and Economics Center.

1997 Policy Payments for Slavit Fonte: BN:2078348138. Legacy Tobacco Documents Library

IL PROBLEMA ORWELLIANO La rete delle fondazioni conservatrici, le multinazionali che le finanziano e i giornalisti che fanno da grancassa alle loro affermazioni hanno creato un problema tremendo per la scienza negli Stati Uniti. Da uno studio condotto di recente risulta che, dei 52 libri di "scetticismo ambientale" pubblicati negli anni Novanta, il 92% è collegato a queste fondazioni di destra (negli anni Ottanta ne furono pubblicati solo 13 e il 100% era collegato alle 306

fondazioni).83 Gli scienziati hanno dovuto affrontare false rappresentazioni delle evidenze scientifiche e dei fatti storici, e sono stati inoltre qualificati come nemici pubblici — addirittura assassini di massa - il tutto sulla base di fatti inventati. C'è dell'ironia, amara, in questa situazione. Uno dei grandi eroi dell'anticomunismo — una delle voci più lucide e penetranti contro i rischi di un governo oppressivo - fu George Orwell, il cui famoso 1984 tratteggiava un governo che inventava delle storie per sostenere il proprio programma politico.84 Orwell coniò l'espressione "buco della memoria" per definire un sistema che cancellava i fatti scomodi, e chiamò "neolingua" il linguaggio costruito in modo da costringere il pensiero entro limiti politicamente precostituiti. Quelli di noi che erano bambini durante la Guerra fredda hanno imparato a scuola che l'Unione Sovietica provvedeva regolarmente a effettuare una sorta di pulizia storica, cancellando eventi e persone reali dalle storie e dalle fotografie ufficiali. La destra, che difende la libertà statunitense, sta facendo la stessa cosa. Il lavoro degli scienziati, le pronunce del Science Advisory Committee del presidente, l'accordo bipartisan che portò al bando del DDT, sono stati scaricati nel buco della memoria, insieme al fatto, ben documentato ma estremamente scomodo, che il motivo principale per cui il DDT fallì nell'eliminare la malaria era l'evoluzione degli insetti. Questa è la verità, una verità che chi ha una fede cieca nel libero mercato e una fiducia altrettanto cieca nella tecnologia semplicemente si rifiuta di vedere. La retorica della "scienza onesta" è egualmente orwelliana. La vera scienza — fatta dagli scienziati e pubblicata sulle riviste scientifiche - viene respinta perché "spazzatura", e viene sostituita da rappresentazioni artefatte e invenzioni. Nella "neolingua" di Orwell la scienza era completamente assente in quanto il concetto stesso di scienza era stato cancellato nella distopia creata dallo scrittore inglese. La cosa non sorprende perché, se la scienza consiste nello studio del mondo così come è — anziché come vorremmo che fosse — allora la scienza ha il potere di sovvertire lo status quo. Come fonte di conoscenza autonoma e indipendente la scienza è sempre una sfida alla capacità del potere di controllare le persone manipolandone le credenze. In effetti, la scienza minaccia chiunque voglia preservare, difendere e 307

proteggere lo status quo. Di recente, la scienza ci ha mostrato che la moderna civiltà industriale non è sostenibile. Per mantenere il nostro standard di vita servono modi per produrre energia e cibo meno dannosi per l'ambiente. La scienza ha dimostrato che Rachel Carson aveva ragione. Questo è il nocciolo della questione, ed è anche al centro del libro che state leggendo. Lo spostamento del movimento ambientalista statunitense da posizioni di estetica ambientalista a un ambientalismo delle regole non è solo questione di cambiamento di strategia politica. È la manifestazione di una consapevolezza cruciale: cioè che l'attività senza limiti delle aziende sta provocando danni reali, durevoli e pervasivi all'ambiente. È il riconoscimento che l'inquinamento è globale, non locale, e la soluzione all'inquinamento non consiste nella sua diluizione. Questa trasformazione era cominciata quando era emerso che il DDT aveva tempi di permanenza nell'ambiente molto lunghi. Si era poi rinforzata con le piogge acide e il buco dell'ozono, che avevano dimostrato che l'inquinamento poteva viaggiare per centinaia o migliaia di chilometri rispetto alla propria sorgente, danneggiando persone che non avevano avuto alcun beneficio dalle attività economiche che avevano prodotto le sostanze incriminate. Aveva poi raggiunto il suo acme quando il riscaldamento globale aveva messo in luce che anche il prodotto apparentemente più innocuo della industrializzazione — quella CO2 di cui si nutrono le piante — era in grado di generare un pianeta completamente diverso rispetto all'attuale. Riconoscere tutto questo significa capire che il capitalismo di mercato ha un punto debole: cioè che la libera impresa può provocare dei costi - anche molto alti — di cui il libero mercato non tiene conto. Gli economisti hanno ideato un termine per questi costi - un termine meno rassicurante dell'effetto di prossimità" proposto da Friedman: "esternalità negative". Sono negative perché non danno luogo a benefici, e sono esternalità perché si situano all'esterno del sistema di mercato. Chi trova difficile accettare questo concetto attacca il messaggero, in questo caso la scienza. Tutti accettiamo di pagare un costo ragionevole per i beni e i servizi dei quali riteniamo di poter beneficiare quando acquistiamo un oggetto, ma i costi esterni esulano dai benefici. Spesso, poi, questi costi vengono imposti a 308

persone che non hanno potuto scegliere i beni e i servizi, e neppure beneficiano del loro uso. Talora questi costi ricadono su persone che non godono neppure dei vantaggi delle attività economiche che sono servite a produrre i beni e i servizi. Il DDT ha imposto enormi costi esterni attraverso la distruzione degli ecosistemi. Le piogge acide, il fumo passivo, il buco dell'ozono e il riscaldamento globale hanno fatto la stessa cosa. In tutti questi casi, siamo di fronte a un fallimento del mercato. Si sono verificati dei danni seri, ma il mercato non sembra in grado tenerne conto, tanto meno di prevenire i danni. E quando questi si verificano, si invoca l'intervento del governo. È a questo punto che gli ideologi del libero mercato e i vecchi combattenti della Guerra fredda si sono coalizzati. Ammettere che gli scarti della civilizzazione industriale erano in grado di danneggiare in modo irreparabile l'ambiente globale equivaleva ad accettare il fallimento dell'economia di mercato. Cioè, a riconoscere l'esistenza di limiti al capitalismo del libero mercato. Orwell aveva capito che chi ha il potere cercherà sempre di controllare la storia, perché chi controlla il passato sarà poi capace di dominare il presente. Era questo il motivo per cui i combattenti della Guerra fredda - Fred Seitz, Fred Singer, Robert Jastrow, Bill Nierenberg e recentemente anche Dixy Lee Ray che avevano trascorso gran parte della loro vita a combattere il comunismo sovietico, si erano uniti con gli auto-proclamati difensori del libero mercato per screditare il messaggero e svalutare la scienza, al fine di negare la verità e trarre profitto dal dubbio. Quelli che avevano iniziato la propria carriera indagando i fatti, la terminarono denigrandoli. Evidentemente, accettando il principio secondo cui il fine giustifica i mezzi, mutuarono dal loro acerrimo nemico, il comunismo sovietico, quelle stesse tattiche che tanto avevano criticavano: la menzogna, l'inganno, la negazione della realtà. Ma perché uno scienziato avrebbe dovuto prendere parte a questa opera di manipolazione? Steve Milloy e John Tierney, affiliati al Competitive Enterprise Institute e all'Heartland Institute, furono tra gli ultimi a parteciparvi, e ripresero argomenti già elaborati da altri scienziati. Il nostro racconto ha inizio con gli anni Cinquanta, quando l'industria del tabacco aveva arruolato degli scienziati per sostenere la propria causa, si sviluppa con gli anni Settanta, quando Frederick Seitz si era aggiunto alla difesa del 309

tabacco e Robert Jastrow e Bill Nierenberg avevano iniziato a difendere la Strategic Defence Initiative. È poi continuato con gli anni Ottanta, quando Fred Singer sosteneva che non bisognava preoccuparsi per le piogge acide, e Nierenberg collaborava con la Casa Bianca di Reagan per aggiustare l'Executive Summary del comitato sulle piogge acide. È continuato con gli anni Novanta, quando il Marshall Institute, tramite Singer e Ray, aveva contestato l'evidenza della riduzione dello strato di ozono antartico e il riscaldamento globale attaccando personalmente eminenti scienziati come Sherwood Rowland e Ben Santer. Ma perché i vecchi combattenti della Guerra fredda hanno attaccato quella scienza alla quale avevano in precedenza dedicato l'esistenza? Forse perché credevano - come il generale Daniel O. Graham (uno dei membri del Team B e principale sostenitore del riarmo) quando invocava il preambolo della Costituzione degli Stati Uniti - di operare per "rendere sicura la benedizione della libertà".85 Se la scienza veniva usata contro questa "benedizione" - in modi che andavano contro la libertà d'impresa - loro l'avrebbero combattuta come avrebbero combattuto qualsiasi altro nemico. In realtà, la scienza stava cominciando davvero a mostrare come certe libertà siano insostenibili — prima fra tutte la libertà di inquinare. La scienza stava mostrando che Isaiah Berlin aveva ragione: la libertà dei lupi significa la morte degli agnelli.

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CONCLUSIONE — LA LIBERTÀ DI PAROLA E IL LIBERO MERCATO I Padri fondatori inserirono la libertà di stampa nel primo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti, perché la democrazia lo richiede. I cittadini hanno bisogno di informazioni per decidere, e la libertà di stampa è cruciale in questo processo. Due secoli dopo venne introdotta per legge la Fairness Doctrine e, anche se è stata smantellata negli anni di Reagan, il concetto di "tempo eguale" a tutte le posizioni è rimasto incastonato nel modo in cui oli statunitensi intendono la giustizia e il fair play. Ma vi possono essere posizioni che non sono né giuste né valide; le 'opinioni talvolta sono basate su credenze inaffidabili o su una cattiva informazione. Come abbiamo avuto modo di constatare in questo libro, alcune posizioni sono il frutto di disinformazione diffusa da interessi organizzati e mascherati, oppure derivano dalla negazione ideologica dei fatti. Anche una persona onesta e guidata dalle migliori intenzioni può essere confusa e indotta in errore su determinate questioni. Quando a ogni voce si riservano pari tempo e pari peso, il risultato che ne consegue non necessariamente va a vantaggio della collettività. Quando Alexis de Tocqueville scrisse La democrazia in America, si lamentava per la cacofonia che veniva scambiata per serio dibattito: "Un confuso clamore s innalza ovunque, e migliaia di voci si sovrappongono".01 Questo duecento anni fa. Oggi, il problema è molto peggiore. Con l'uso della radio, della televisione, e ora di internet, si ha l'impressione che ciascuno possa far sentire la propria voce, e possa essere sicuro che sarà riferita e citata, che dica il vero o il falso, cose sensate o ridicole, ben intenzionate o malevole. Internet ha creato un'informazione che assomiglia a una sala degli specchi, in cui ogni affermazione, non importa quanto assurda, può essere moltiplicata all'infinito. E in internet la disinformazione non muore mai. Un commentatore ha chiamato questa situazione "barbarie elettronica" — un ambiente in cui tutti navigano e non esiste un porto sicuro.02 Un pluralismo impazzito. 311

Il risultato è facilmente visibile. Un terzo degli statunitensi è convinto che Saddam Hussein era implicato nell'attacco dell'11 settembre.03 Quasi un quarto crede ancora che non esistano delle prove concrete che il fumo uccide.04 E non più tardi del 2007, il 40% degli statunitensi ritenevano che i climatologi avessero ancora dei dubbi sulla realtà del riscaldamento globale. A chi dobbiamo dare la colpa? Dovunque ci giriamo c'è qualcuno che obietta su qualcosa, e molte delle questioni importanti oggi si riducono a "lui ha detto, lei ha detto, lui ha detto, chissà chi ha ragione?". Dovremmo scusare chi è confuso. Questa cacofonia di affermazioni contrastanti è particolarmente dannosa quando c'è di mezzo la scienza, perché la scienza si basa su prove e dimostrazioni e non tutte le affermazioni sono egualmente valide. In questo libro abbiamo visto come per oltre quattro decenni un manipolo di uomini con buone credenziali scientifiche e forti legami politici abbia intenzionalmente distorto il dibattito, conducendo campagne che hanno disorientato l'opinione pubblica e negato valore alle conoscenze scientifiche. E abbiamo anche visto come molte delle affermazioni degli scettici siano basate sulla volontà di ignorare le evidenze. È una reale difficoltà, difficile da superare: come possiamo dimostrare che qualcuno ha volutamente ignorato qualcosa? Spesso è possibile dimostrare cos'è qualcosa, ma è molto più difficile dimostrare cosa non è. Ovviamente, ognuno ha diritto di parlare, ma il problema è: chi dobbiamo ascoltare? Per mezzo secolo l'industria del tabacco, i difensori della SDI, gli scettici sulle piogge acide, quelli sul buco nell'ozono e sul riscaldamento globale si sono battuti per "alimentare la controversia" e "tenere aperto il dibattito", rinfocolando obiezioni che andavano contro la mole delle evidenze disponibili e la valutazione degli esperti. Questi soggetti hanno continuato a proporre obiezioni che erano già state rigettate dalla letteratura scientifica, e i media sono stati complici in quanto hanno ripreso le affermazioni degli scettici trattandole come se fossero parte di un dibattito scientifico ancora in corso. Ad aggravare il tutto, spesso i media non informavano i propri lettori e ascoltatori che i presunti "esperti" avevano legami con l'industria del tabacco, o erano affiliati con think tank ideologicamente orientati e finanziati dall'industria del tabacco (o, più di recente, da quella dei combustibili fossili), o semplicemente erano contrari per partito preso, forse mossi dalla volontà 312

di ricevere attenzione portando avanti opinioni discordanti. Forse i giornalisti erano convinti che aggiungendo questo tipo di informazioni avrebbero semplicemente riportato un'informazione più bilanciata. O, magari, proprio non si rendevano conto di quello che stavano facendo. Molti giornalisti con i quali abbiamo parlato sono stati sorpresi dalle nostre rivelazioni, e in qualche caso si sono detti persino scettici, almeno fino a quando non gli abbiamo mostrato i documenti. Le ricerche che abbiamo svolto per questo libro hanno richiesto molto di più di qualche settimana, ed è quindi comprensibile che la maggior parte dei giornalisti non fossero a conoscenza di ciò che abbiamo scoperto in cinque anni di indagini. Ma le pressioni esercitate sul giornalismo contemporaneo non spiegano tutto quello che è successo perché, almeno nelle fasi iniziali della nostra storia, i media principali erano corteggiati dall'industria del tabacco. Arthur Hays Sulzberger, Edward R. Murrow e William Randolf Hearst jr, non erano di certo soggetti poco sofisticati, e nonostante questo accettarono che le versioni dell'industria del tabacco sui danni del fumo potessero avere lo stesso peso di quelle della comunità scientifica. Il che è piuttosto difficile da spiegare, salvo ammettere che probabilmente quei giornalisti, come forse anche molti di noi, erano riluttanti ad accettare informazioni che noi stessi vorremmo non fossero vere. Edward R. Murrow senza dubbio sperava che il fumo del tabacco non lo avrebbe ucciso. E chi tra di noi non preferirebbe che le piogge acide non fossero una minaccia, che il buco dell'ozono non esistesse, e che il riscaldamento globale fosse senza conseguenze? Un mondo simile sarebbe molto più confortante rispetto a quello nel quale viviamo. Messi di fronte a sfide di questa portata accettiamo con piacere le rassicurazioni di chi ci dice che tutto va bene. Forse preferiamo delle bugie, purché rassicuranti, rispetto a dei fatti preoccupanti. E i fatti negati dai nostri protagonisti erano più che preoccupanti. Erano assolutamente spaventosi. Qualunque sia la spiegazione, è chiaro che molti media continuarono a presentare il dibattito scientifico sul tabacco come ancora aperto anche dopo che gli scienziati erano giunti a conclusioni opposte. Nel 1999, Gail Kennedy e Lisa Bero, due ricercatrici dell'University of California a San Francisco, esaminarono la copertura dell'argomento "fumo passivo" su giornali e riviste, e trovarono che il 62% degli articoli pubblicati tra il 1992 e il 1994 affermava che la questione era ancora "controversa".06 E questo nonostante il fatto 313

che, come abbiamo visto nel capitolo 5, la comunità scientifica a quel punto fosse già concorde, e che l'industria del tabacco fosse già consapevole da tempo della pericolosità del fumo passivo. Negli anni Novanta successe la stessa cosa con le piogge acide: molti media scrivevano che le cause del problema non erano ancora definite - in realtà, erano note da almeno una decina d'anni - oppure riportavano che il costo per porvi rimedio era superiore ai vantaggi, la qual cosa era priva di qualsiasi riscontro.07 La stampa ha continuato a riportare, ben oltre l'inizio degli anni Novanta, che il buco dell'ozono era forse provocato dall'attività dei vulcani.08 Fino a poco tempo fa i mass media presentavano il riscaldamento globale come un dibattito aperto - dodici anni dopo che il presidente George H. W. Bush aveva firmato la UN Framework Convention on Climate Change (UNFCC), e venticinque anni dopo che la US National Academy of Science (NAS) aveva chiarito che non c'era motivo per dubitare che il riscaldamento globale fosse da attribuire all'uso dei combustibili fossili. Il "bilanciamento" era diventato una forma di squilibrio in quanto la copertura dei media era alterata a favore del punto di vista di una minoranza, che in qualche caso era un'estrema minoranza.09 In linea di principio i media dovrebbero agire come guardiani attenti, che tengono alla larga i ciarlatani e i venditori di patacche. Se anche ci hanno provato, la nostra storia dimostra che, almeno per la scienza, hanno completamente fallito. Come abbiamo visto, non si era trattato solamente dei media conservatori, che riportavano affermazioni false sul tabacco e altri temi. Anche la stampa più prestigiosa, quella ritenuta liberal, faceva lo stesso. Forse la marea sta cominciando a mutare. Nell'aprile 2008 il New York Times ha rivelato che molti dei generali in congedo che andavano in onda su reti di notizie via cavo, e che parlavano come esperti indipendenti sulla situazione della guerra in Iraq, non erano affatto indipendenti. Molti erano retribuiti da appaltatori che avevano interessi sugli armamenti usati nella guerra, altri erano al servizio della Casa Bianca. Diversi di questi generali erano stati istruiti dal Pentagono - alcuni erano in contatto diretto con il segretario alla difesa Donald Rumsfeld - per diffondere il messaggio che la guerra stava andando bene, malgrado le quotidiane evidenze che dimostravano il 314

contrario. Il Pentagono li chiamava "amplificatori della forza del messaggio", come se fossero una specie di tecnologia bellica. E in effetti lo erano, agivano da armi per la propaganda, una campagna volta a distorcere l'opinione del popolo statunitense. I media o non erano al corrente di queste macchinazioni, oppure non se ne curavano.10 Forse i media erano coinvolti poiché questi uomini erano effettivamente dei generali. Dopo tutto avevano credenziali importanti e presumibilmente ne sapevano parecchio sull'andamento della guerra, anche se non conoscevano tutti i dettagli. Il problema è che non erano indipendenti - rappresentavano un particolare lato di uno specifico interesse — e inoltre erano in congedo, quindi qualunque cosa sapessero circa la guerra in generale, non era necessariamente pertinente alla prosecuzione della stessa. La campagna dei generali a favore della guerra in Iraq non è che un esempio; ve ne sono molti altri. I media - così come tutti noi - sono stati ripetutamente vittime di campagne di disinformazione nelle quali degli "esperti" sono stati usati per vendere "fatti" che tali non erano, o per combattere "fatti" realmente esistenti. Ma la campagna dei generali ci fornisce l'occasione di evidenziare un utile parallelo, perché Jastrow, Seitz, Nierenberg e Singer erano tutti fisici in pensione — l'equivalente dei generali a quattro stelle della scienza statunitense della Guerra fredda — e, come i generali, sapevano cosa serviva per rendere credibili le loro affermazioni. In questo caso, la credibilità significava fare in modo che le loro affermazioni assomigliassero alla scienza vera.

UN VILLAGGIO POTEMKIN... SCIENTIFICO La strategia chiave delle campagne di disinformazione consisteva nello spacciare i propri proclami per affermazioni scientifiche.11 L'industria del tabacco aveva fondato il Tobacco Institute per sostenere la ricerca, ma il suo fine principale era quello di reclutare un gruppo di esperti ai quali rivolgersi in caso di necessità. L'industria aveva sponsorizzato anche conferenze e seminari i cui documenti potessero essere citati dall'industria stessa, e aveva creato degli altri istituti che potevano trattare argomenti apparentemente estranei, come il Center for Indoor Air Research, destinato a sviare 315

l'attenzione dal tabacco verso altre possibili cause dei disturbi polmonari.12 Lo storico Robert Proctor ha documentato la creazione di notiziari, periodici e riviste - comprese riviste apparentemente peer reviewed - nei quali pubblicare e citare le ricerche sponsorizzate dall'industria come se si trattasse di lavori indipendenti. Tale iniziativa comprendeva le riviste Tobacco and Health. Science Fortnightly e l'Indoor Air Quality Journal.13 Si trattava di un simulacro della scienza, non di vera scienza. Quando il George C. Marshall Institute cominciò a contestare le affermazioni della comunità scientifica sul buco dell'ozono e il riscaldamento globale, non fondò una rivista, ma pubblicò dei rapporti corredati da grafici, mappe e note bibliografiche. Almeno uno di questi rapporti venne letto alla Casa Bianca, dove fu preso in seria considerazione. In realtà, questi rapporti non erano soggetti a quel processo di peer review che costituisce il requisito di base di ogni lavoro scientifico. Se fossero passati attraverso una revisione dei pari, è molto probabile che non l'avrebbero superata, perché almeno uno di essi violava una delle regole fondamentali della correttezza scientifica, in quanto presentava solo una parte di un grafico. Se quel grafico fosse stato pubblicato nella sua interezza avrebbe contraddetto le tesi degli autori del rapporto. I personaggi di cui si parla in questo libro si servirono anche di tecniche che sono completamente estranee alla normale prassi scientifica. Gli scienziati discutono con i propri colleghi dei reciproci risultati nelle aule della scienza università, laboratori, agenzie governative, conferenze e seminari. Ma non organizzano petizioni, specialmente quando queste sono pubbliche e i firmatari possono anche non saper nulla dell'argomento in questione. Eppure, nel 1997 Seitz mandò in giro delle richieste di sottoscrizione di una petizione con la quale si chiedeva di "rifiutare" il riscaldamento globale.14 L'altro autore della petizione era un chimico di nome Arthur Robinson, che aveva assemblato un lungo testo che criticava la scienza del clima prevalente, e lo aveva impaginato come un articolo dei Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS). L'articolo, che non venne mai pubblicato in una rivista scientifica ma venne prontamente riassunto dal Wall Street Journal, ripeteva una varietà di affermazioni già smentite, tra cui quella secondo cui il riscaldamento globale semplicemente non esisteva.15 Questo pezzo è stato poi inviato a migliaia di scienziati statunitensi, accompagnato da una lettera, 316

firmata da Seitz, che invitava i riceventi a firmare una petizione contro il Protocollo di Kyoto.16 La lettera di Seitz sottolineava il collegamento con la National Academy of Sciences, e dava l'impressione che l'intera serie, lettera-articolo-petizione, fosse stata approvata dalla NAS stessa. Attraverso la scheda di risposta presente nel sito web, Seitz riuscì a raccogliere circa 15.000 firme, sebbene non ci fosse alcuna verifica per stabilire se queste firme fossero reali o, nel caso lo fossero, se appartenessero effettivamente a degli scienziati.17 Con una mossa del tutto inusuale, la NAS tenne una conferenza stampa per smentire la propria partecipazione e per prendere le distanze dall'iniziativa di Seitz. Ciononostante, ancora oggi molti media riferiscono della petizione come del risultato di una legittima controversia nell'ambito della comunità scientifica, forse convinti dal fatto che Fred Singer aveva elogiato l'iniziativa sul Washington Times, purtroppo nello stesso giorno che la NAS l'aveva rigettata!19 Fred Seitz è morto, ma il "Petition Project" è ancora attivo: il sito web afferma di aver raccolto 30.000 firme.20 Molte delle affermazioni degli scettici del riscaldamento globale sono state pubblicate sul Journal of Physicians and Surgeons, associato con l'Oregon Institute of Science and Medicine, che aveva sponsorizzato la petizione contro il riscaldamento globale.21 La rivista, precedentemente nota come Medical Sentinel, è l'organo della Association of American Physicians and Surgeons, che tra le altre cose è stata citata in giudizio da Rush Limbaugh quando era emerso che la sua documentazione medica era stata trafugata durante il suo processo per problemi di droga.22 Il Medical Sentinel ha pubblicato degli articoli che mettevano in dubbio il legame tra HIV e AIDS, e anche un commento di Michael Fumento, il giornalista incontrato nel capitolo 5 che era stato pagato da Monsanto per difendere i pesticidi.23 La rivista aveva pubblicato anche il testo di J. Gordon Edwards di cui abbiamo parlato nel capitolo 7 allorché, lavorando con Milloy, aveva contribuito a diffondere l'affermazione errata che il bando del DDT era costato milioni di vite umane. (Né Web of Science né MEDLINE/PublMed annoverano la rivista Medical Sentinel tra le fonti scientifiche peer reviewed). 317

Potremmo citare altri esempi, ma il punto è chiaro. Dietro a una facciata di scientificità, i mercanti di dubbi hanno venduto una storia plausibile sul dibattito scientifico. Hanno eretto una sorta di villaggio Potémkin, popolato soltanto in qualche raro caso da veri scienziati. (L'espressione "villaggio Potémkin" risale all'epoca del principe Grigori Alexandroviè Potémkin che, per impressionare Caterina II durante un suo viaggio in Crimea nel 1787, avrebbe fatto costruire dei villaggi lungo le rive del Dniepr, nei territori che erano stati conquistati all'impero Ottomano. I villaggi, realizzati in cartapesta, erano abitati da controfigure che fingevano di essere pastori che vivevano una vita in armonia con la natura, ndT.) Un normale giornalista, per non dire un cittadino qualunque, dovrebbe essere scusato per essersi fatto ingannare. Ma se non si trattava di dibattito scientifico, allora di che cosa si trattava?

LIBERTÀ DI PAROLA E LIBERO MERCATO Nel gennaio 1973 Emil Mrak, rettore in pensione della University of California, Davis, tenne una presentazione dal titolo "Some Experience Related to Food Safety".24 Nel corso di un lungo discorso, ricco di sfumature, raccontò delle sue esperienze a Washington D.C., dove aveva fatto parte di un importante comitato governativo. Mrak espresse la propria fiducia nei confronti del nuovo amministratore della EPA William Ruckenhaus, e anche dell'intero impianto normativo. Disse però di essere preoccupato per la tossicologia e l'oncologia, dove ancora predominavano le incertezze, sia per le tecniche analitiche, ancora inadeguate, sia per la tendenza diffusa a Washington a sopravvalutare i possibili rischi, anche in assenza di prove solide. In breve, Mrak stava considerando con attenzione ciò che era giusto e ciò che era sbagliato nelle procedure normative. Stava comunque esponendo in modo onesto e sincero entrambe le facce della questione — ma non lo stava facendo al pubblico, ma alla Philip Morris. Nello stesso anno in cui Mrak si rivolgeva alla Philip Morris, Richard Nixon sciolse il President Science Advisory Committee (PSAC). Fu una vergogna, perché quando la nazione dovette affrontare gravi questioni come le piogge acide, il buco dell'ozono, il fumo passivo e il riscaldamento globale non si trovò un PSAC che potesse mettere ordine nelle questioni scientifiche come era successo per il DDT. Ma forse non fu poi così rilevante, dato che le 318

campagne condotte per minare la credibilità della scienza furono così estese, sofisticate e ricche di finanziamenti che difficilmente il PSAC avrebbe potuto fare qualcosa per opporvisi. In questo libro abbiamo visto come la diffusione del dubbio è stata favorita da think tank ideologicamente determinati. Abbiamo documentato come alcuni di questi think tank erano collegati all'industria del tabacco. I giornalisti Chris Mooney, Ross Gelbspan e Bill McKibben hanno documentato come questi think tank sono stati a loro volta finanziati da fondazioni conservatrici come Scaife, Olin, Adolph Connors e da gigantesche multinazionali come Exxon Mobil.25 Nel 2005, per esempio, Chris Mooney ha documentato che, nel giro di pochi anni, la Exxon Mobil ha erogato più di 8 milioni di dollari a quaranta organizzazioni impegnate a contrastare le evidenze sul riscaldamento globale. Le organizzazioni finanziate non erano soltanto dei think tank conservatori ma anche "delle fonti quasigiornalistiche come TechCentralStation.com (un sito web che forniva notizie, analisi, ricerche e commenti, che nel 2003 ricevette 95.000 dollari da Exxon Mobil), un editorialista di Foxnews.com, oltre a gruppi religiosi e di difesa dei diritti civili".26 Mooney aveva anche notato come Lee Raymond, il precedente presidente e CEO della Exxon Mobil, aveva svolto la funzione di vice-presidente del consiglio di amministrazione dell'American Enterprise Institute, ricevendo 960.000 dollari di finanziamento da Exxon Mobil, mentre nel 2002 la stessa Exxon Mobile avesse esplicitamente dichiarato 60.000 dollari per attività legali svolte dal Competitive Enterprise Institute. Mooney descrisse quello che era successo quando gli scienziati avevano presentato l'Artic Climate Impact Assessment, che si concludeva con la notizia che l'Artico si stava riscaldando a una velocità doppia rispetto al resto del globo in linea peraltro con quanto gli scienziati del gruppo Jason avevano predetto già nel 1979. Il rapporto venne attaccato da Steve Milloy, ora editorialista di FoxNews.com e studioso aggregato del Cato Institute, che ricevette 75.000 dollari da Exxon Mobil. Il Washington Times riprodusse l'articolo di Milloy ma né FoxNews né il Washington Times dichiararono che Milloy aveva ricevuto denaro da Exxon Mobil: 40.000 dollari per The Advancement of Sound Science Center e 50.000 per Free Enterprise Action Institute - entrambi registrati all'indirizzo di casa di Milloy.27

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Il supporto di ExxonMobil alla campagna di disinformazione è inquietante ma non sorprendente. A sorprendere sono le dimensioni di questa rete, la sua organizzazione e la sua durata. Abbiamo già incontrato l'Heartland Institute nel capitolo 7, impegnato a denigrare Rachel Carson e a promuovere il mito dell'errore commesso con il bando del DDT. Abbiamo anche notato come l'Heartland abbia contestato l'evidenza del riscaldamento globale. Nel settembre 2000, con la collaborazione del meteorologo Richard Lindzen, Bill Nierenberg ha iniziato a organizzare un contro-rapporto per contestare il Third Assessment Report dell'IPCC. La morte di Nierenberg nello stesso mese ha lasciato l'idea nel limbo.28 Ma solo temporaneamente. Fred Singer l'ha ripresa infatti nel 2007 e ha presentato il Nongovernmental International Panel on Climate Change (NIPCC), un'iniziativa sponsorizzata dall'Heartland.29 L'Heartland ha sponsorizzato anche una conferenza nel 2008 che ha sostenuto che il riscaldamento globale non era e non sarebbe mai stato un serio problema.30 Ma le attività dell'Heartland sono molto più articolate e risalgono agli anni Novanta, quando l'Heartland lavorava per Philip Morris. Si è visto nel capitolo 7 che Heartland distribuiva rapporti, mandava fax e incontrava membri del Congresso per conto della Philip Morris. Lo stesso istituto sponsorizzava il National Journalism Center, che aveva lo scopo di "far acquisire ai giornalisti esordienti i principi politici ed economici del libero mercato".31 Philip Morris ovviamente sosteneva che le persone non dovessero essere dissuase dal fumare, e l'Heartland faceva causa comune con gruppi e individui impegnati a sostenere "la politica e l'economia del libero mercato". Forse è questo il motivo per cui nella documentazione dei think tank e delle organizzazioni finanziate dalla Philip Morris si trova un oscuro Ludwig von Mises Institute. Ludwig von Mises, un aristocratico austriaco, è uno dei fondatori della moderna economia del laissez-faire.32 E questo ci porta al punto cruciale della nostra storia, il perno attorno al quale ruotano tutti gli attori di cui abbiamo parlato. Il nesso che unisce l'industria del tabacco, i think tank conservatori e alcuni scienziati è la difesa del libero mercato. Attraverso il nostro racconto abbiamo visto come coloro che erano coinvolti domandassero di essere ascoltati, insistendo che noi - il pubblico - abbiamo 320

il diritto di udire le due versioni e che i media dovevano attenersi a questo obbligo. Sostenevano che era onesto e democratico. Ma volevano davvero preservare la democrazia? No. Non erano interessati alla libertà di parola, quanto piuttosto alla salvaguardia del libero mercato. Il governo aveva una funzione nel controllo del mercato. Era la regolamentazione. Quindi è bene che consideriamo quale fosse l'ideologia dei mercanti di dubbi - l'ideologia del laissez-faire in economia - prima di tornare al problema di come evitare di essere ingannati ancora.

IL FONDAMENTALISMO DEL MERCATO E IL LASCITO DELLA GUERRA FREDDA Nella seconda metà del XX secolo la politica estera statunitense era dominata dalla Guerra fredda, mentre la politica interna era caratterizzata dall'anti-comunismo. I protagonisti del nostro racconto — Fred Seitz, Fred Singer, Bill Nierenberg e Robert Jastrow — erano convinti anti-comunisti, e ritenevano che la scienza fosse fondamentale per contenere la diffusione del comunismo. All'inizio delle loro carriere, avevano contribuito alla produzione di armi e missili che avevano avuto un ruolo cruciale nel sistema di difesa nucleare degli Stati Uniti. In seguito, avevano sfruttato la loro esperienza e la loro autorevolezza per difendere ed espandere la politica nucleare, fornendo credibilità "scientifica" ad argomenti contrari alla distensione e favorevoli al riarmo continuo. Come si è visto nel capitolo 2, Jastrow, Nierenberg e Seitz crearono una lobby "scientifica" favorevole alle Star Wars, ottenendo in cambio un'enorme credibilità tra i "falchi" di Washington. Quando la Guerra fredda terminò, questi uomini cercarono una nuova minaccia. La trovarono nell'ambientalismo. Gli ambientalisti, a loro dire, erano come le angurie, verdi fuori e rossi dentro. Tutte le minacce all'ambiente di cui abbiamo parlato in questo libro sono stati dei fallimenti di mercato, in cui il libero mercato aveva provocato pesanti "effetti collaterali", potenzialmente letali e di portata globale. Per affrontarli i governi dovettero introdurre delle regolamentazioni, in qualche caso anche rigorose, per rimediare ai fallimenti del mercato. È questo era proprio quello che quegli uomini temevano e detestavano più di ogni altra cosa, dal 321

momento che consideravano la regolamentazione come una china scivolosa che avrebbe portato verso il socialismo, ovvero una forma strisciante di comunismo. Fred Singer svelò il suo gioco quando negò la realtà del buco dell'ozono, ipotizzando che gli scienziati che lavoravano su questo tema "probabilmente [hanno]... una propria agenda nascosta, e non intendono salvare l'ambiente, ma cambiare il nostro sistema economico... Alcuni di questi 'utopisti coercitivi' sono socialisti, altri sono dei luddisti che odiano la tecnologia; la maggior parte ha una gran voglia di imporre regolamenti su una scala quanto più vasta possibile".33 La stessa ansia emergeva nella sua difesa del fumo passivo: "Se non delimitiamo attentamente il ruolo del governo nell'introdurre regolamentazioni [sui rischi] ... praticamente non ci saranno più limiti a come il governo potrà controllare le nostre vite".34 Oggi il tabacco, domani la Bill of Rights. Milton Friedman diceva pressappoco la stessa cosa in Capitalismo e Libertà: che la libertà economica è importante quanto la libertà civile, perché se perdiamo l'una, prima o poi perdiamo anche l'altra.35 Occorreva quindi difendere il libero mercato con lo stesso vigore e la stessa attenzione con cui venivano difese la libertà di parola, la libertà di religione e la libertà di associazione. L'investitore miliardario George Soros ha coniato un termine per descrivere questa situazione: "fondamentalismo del libero mercato". Consiste nel credere non solo che il libero mercato sia il modo migliore per far funzionare un sistema economico, ma anche che il libero mercato costituisca il solo modo per evitare che le nostre altre libertà vengano distrutte. Soros ha scritto: "La dottrina capitalistica del laissez-faire comporta che il bene comune viene raggiunto più facilmente attraverso la libera ricerca dell'interesse individuale".36 Come il suo acerrimo nemico, il marxismo, anche il laissez-faire in economia, che si proclama scientifico e basato su immutabili leggi di natura, non ha resistito alla prova dei fatti. Se fosse stata una teoria scientifica, sarebbe stata scartata da tempo. Il fondamentalismo del libero mercato è solamente un articolo di fede. Il "socialismo scientifico" non era scientifico perché, quando l'esperienza dimostrava che le sue affermazioni principali erano sbagliate, i suoi sostenitori si rifiutavano di ammetterlo; per lo stesso motivo, anche il 322

fondamentalismo del libero mercato non può definirsi scientifico. Il principio basilare del laissez-faire, che "il Mercato libero e competitivo farà sì che domanda e offerta si pongano in equilibrio, e quindi provvedano ad allocare al meglio le risorse", è un assioma del tutto falso.38 I prezzi possono discostarsi dal loro punto di equilibrio ideale per lunghi periodi di tempo, come può testimoniare qualsiasi statunitense investito dalla crisi del mercato immobiliare. Anche Milton Friedman ha ammesso che ci possono essere dei costi esterni dei quali il mercato non riesce a tener conto - l'inquinamento è un esempio lampante. La regolamentazione è necessaria per affrontare il problema dei costi, sia per cercare di prevenirli sia per compensare le persone su cui vengono scaricati. Friedman credeva ciecamente nel mercato - era convinto che le esternalità raramente avessero una dimensione tale da giustificare l'intervento del governo. Ma la maggior parte di noi pretende che il governo ci protegga dai danni in modi molto diversi. Vogliamo che la polizia e i pompieri proteggano le nostre case, vogliamo essere sicuri che i cibi che mangiamo non siano contaminati e che l'acqua che esce dal rubinetto sia pura, vogliamo che i medicinali che comperiamo in farmacia non ci uccidano. Di recente, poi, abbiano visto quali possono essere le conseguenze dell'insufficiente regolamentazione dei mercati finanziari. Inoltre, l'idea che il libero mercato provveda autonomamente ad allocare le risorse in modo ottimale dipende dal fatto che gli interessati dispongano di una perfetta informazione. Ma uno dei tanti aspetti ironici del nostro racconto è che i suoi protagonisti hanno fatto di tutto per far sì che gli statunitensi non avessero una buona (tanto meno perfetta) informazione su argomenti cruciali. I nostri protagonisti, pur atteggiandosi a difensori del libero mercato, hanno distorto il mercato delle idee, ponendosi al servizio di fini politici e di interessi commerciali. I valori, tipicamente statunitensi, della correttezza e dell'importanza del dare ascolto ad "ambo i lati", sono stati distorti da personaggi che non volevano riconoscere la gravità degli impatti del capitalismo industriale. Forse i fondamentalisti del libero Mercato avevano convinzioni così forti perché avevano ben poche esperienze nel commercio e nell'industria. Gli 323

uomini di cui parliamo nel nostro libro avevano fatto carriera in istituzioni o in programmi che o erano stati creati direttamente dal governo federale, oppure erano prevalentemente finanziati dallo stesso. Robert Jastrow aveva passato la fase principale della sua carriera al Goddard Institute for Space Studies, appartenente alla NASA. Frederick Seitz e Bill Nierenberg avevano iniziato le loro carriere nei programmi di sviluppo degli armamenti nucleari, poi erano passati a università le cui attività di ricerca erano quasi completamente finanziate dal governo federale, quindi dai soldi dei contribuenti. Fred Singer aveva lavorato direttamente per il governo, prima al National Weather Satellite Service, poi al Department of Trasportation. Se il governo era il male e il libero mercato era il bene, perché non rifiutavano i finanziamenti governativi per le loro ricerche e non si rivolgevano al settore privato? Molte persone oneste che conducono un'attività da privati sono favorevoli a un sistema di regole governative che impediscano i comportamenti sbagliati come le frodi o l'inquinamento - almeno fino a quando le regole sono chiare ed eque, e quindi tali da produrre un contesto stabile in cui operare in maniera continuativa. Un'azienda che investe nel controllo dell'inquinamento spera di non trovarsi svantaggiata sul mercato per aver mantenuto una condotta corretta.39 Comunque, la critica più esplicita che è possibile rivolgere alla teoria del fondamentalismo del libero mercato è che i fatti hanno dimostrato che è semplicemente sbagliata. La storia ci dimostra che il mercato talvolta sbaglia, in alcuni casi in maniera spettacolare. Durante la Grande depressione il capitalismo era in crisi, e i cittadini delle più diverse idee politiche e concezioni morali accettarono il New Deal per salvarsi. L'alternativa, come quasi tutti intesero, era il completo collasso che avrebbe potuto condurre al comunismo, o a una qualche altra forma di totalitarismo.40 Nello stesso tempo, la comunità degli affari inventò e diffuse il concetto di "libera impresa" e la nozione di "via statunitense" come modo per esprimere l'ansia di perdere qualcosa di importante se il New Deal si fosse spinto troppo oltre.41 Gli sforzi richiesti per affrontare la Grande depressione e la Seconda guerra mondiale ridimensionarono il ruolo della "mano invisibile", e il New Deal concentrò nelle mani del governo federale un potere e un'autorità inimmaginabili per i Padri fondatori.

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La Guerra fredda riportò in primo piano questi argomenti - gli abusi del potere sovietico erano evidenti anche ai sostenitori della sinistra - che da allora hanno ispirato l'ideologia dei conservatori. A Ronald Reagan viene attribuito il merito di aver rigettato il New Deal e la sua pretesa della necessità di una massiccia azione del governo, ma le tesi di Reagan erano già state anticipate da Friedman nel 1962 - l'anno della crisi dei missili di Cuba nel momento più critico della Guerra fredda. In realtà Friedman in seguito disse che le posizioni di Reagan erano identiche a quelle di Barry Goldwater; c'erano voluti semplicemente vent'anni perché qualcuno ne riconoscesse la saggezza.42 Bill Nierenberg era d'accordo. In occasione del 25° anniversario della University of California, San Diego, venne chiesto a Roger Revelle cosa pensasse della politica di Bill Nierenberg, e Revelle rispose: "Bill Nierenberg... ritiene che l'intero New Deal fu un errore".43 Dal momento che la Guerra fredda coincise con il ritorno dell'ideologia del libero mercato negli Stati Uniti, e assicurò il successo professionale agli scienziati protagonisti della nostra storia, non dovrebbe sorprendere che questi uomini abbiano in seguito etichettato i loro avversari come nemici della libertà. Come abbiamo già visto, Robert Jastrow, Fred Singer e Dixy Lee Ray - assieme ad agitatori politici come George Will e Rush Limbaugh - accusavano sistematicamente gli ambientalisti (e talvolta gli scienziati il cui lavoro contribuiva alla tutela dell'ambiente) di essere comunisti, socialisti o simili. Abbiamo detto che per George Will l'ambientalismo era "un albero verde con le radici rosse".44 Ma non era l'unico. Quando nel 1992 Dixy Lee Ray parlò alla conferenza della Foundation on Economic Progress sul tema "Global Warming and Other Environmental Myths", iniziò il discorso dicendo: "Credo nella libertà da e nella libertà di" (come se gli scienziati del clima la pensassero diversamente!). La storia del XX secolo è una storia di progresso, spiegò, fatta eccezione per il fatto che ora gli ambientalisti dicono che il progresso deve essere fermato. La sostenibilità sta sostituendo il progresso come leitmotiv di questo secolo, ed è un problema perché la libertà dipende dal progresso.45 Senza progresso economico non ci sarà crescita economica, e senza crescita il governo sarà costretto a limitare le risorse. E per controllare le risorse i governi dovranno 325

esercitare il controllo sui popoli. Lo spettro dell'espansione del controllo del governo veniva spesso associato alla minaccia di una governance globale. Questo tema emerse con forza dopo l'Earth Summit di Rio de Janeiro, tanto che la Ray e altri insinuarono che un trattato globale sul clima avrebbe potuto condurre a una riduzione della sovranità nazionale. Temevano inoltre che ciò si sarebbe potuto verificare non per necessità, ma sulla base di un disegno preciso. Ray concluse il suo discorso alla Progress Foundation insistendo esplicitamente che l'agenda dell'Earth Summit era di Ispirazione socialista, e il suo obiettivo era di "passare dall'attuale sistema di nazioni indipendenti... a una sorta di governo mondiale diretto dalle Nazioni Unite. Questo risultato poteva essere raggiunto anche sventolando il timore di crisi ambientali, vere o false che fossero".46 Ray riprese questi argomenti in un'intervista all'Acton Institute for the Study of Religion and Liberty. La domanda che le posero fu: "Con il declino mondiale del socialismo, molti soggetti pensano che il movimento ambientalista possa essere la prossima grande minaccia alla libertà. Lei è d'accordo?". Ray rispose: "SÌ... Il partito socialista internazionale, il cui intento è spingere i paesi verso il socialismo, è attualmente diretto da gente che sta all'interno delle Nazioni Unite". Ve ne sono nell'United Nation Environmental Program (UNEP), e sono quelli che hanno sponsorizzato il cosiddetto Farth Summit". Alla domanda: "Secondo lei gli ambientalisti radicali hanno molta influenza?", rispose: "Oh sì. Non c'è dubbio che i radicali siano all'opera".47 E chi era l'accompagnatore di Ray a Rio? Fred Smith, fondatore e direttore del Competitive Enterprise Institute.48 Ray non era la sola a insistere sul tema dell'Earth Summit come parte del fronte socialista. Anche Fred Singer scrisse sul Wall Street Journal che l'Earth Summit avrebbe incatenato il pianeta. Patrick Michaels aggiunse che "stiamo per giungere al punto in cui l'economia mondiale della produzione di energia sarà decisa a livello centrale sulla base della minaccia del riscaldamento globale".50 Steve Milloy attaccò ripetutamente la rivista Consumer Reports sulla base di quello che un commentatore aveva definito "socialismo, 326

sensazionalismo e incitamento al boicottaggio dei prodotti". Più recentemente Patrick Michaels, critico di lunga data della scienza del clima e politologo del Cato Institute, ha criticato il sistema Cap and Trade applicato al controllo dei gas serra, defìnendo "Obamunism".52 Forse il migliore esempio dell'ideologia che sta dietro la nostra storia è quello di Richard Darman, capo dell'Office of Management and Budget nell'amministrazione di George H. W. Bush. Nel 1990 Darman fece un discorso nel quale attaccò gli ambientalisti perché avevano perso fiducia negli Stati Uniti e accettato l'inevitabilità del declino della nazione. La bestia nera di Darman, secondo il New York Times, era il verde (forse sarebbe stato meglio dire la vegetazione), in quanto accusava gli ambientalisti di essere dei socialisti mascherati: "Gli statunitensi non hanno combattuto e vinto le guerre del XX secolo per costruire un mondo sicuro per le verdure e gli ortaggi".53 Tutto ciò ebbe delle conseguenze. Dopo la firma da parte di George H. W. Bush della UN Framework Convention on Climate Change (UNFCCC) preparata a Rio, il partito repubblicano cambiò indirizzo e guidò la carica contro il successivo Protocollo di Kyoto, che avrebbe dovuto fornire gli strumenti per l'attuazione dei principi generali stabiliti a Rio. La promessa del presidente Bush di intraprendere delle azioni concrete per proteggere il pianeta venne presto accantonata, assieme all'impegno di non introdurre nuove tasse. Non sarebbe stato un mondo più sicuro per "le verdure e gli ortaggi", ma neppure per gli orsi polari o per gli abitanti delle isole del Pacifico. Il politologo Peter Jacques e i sociologi Riley Dunlap e Mark Freeman hanno dimostrato sia che i libri "scettici" erano cresciuti di cinque volte negli anni Novanta rispetto al decennio precedente (anche se il consenso scientifico sulle tematiche ambientali si stava consolidando), sia che la svolta repubblicana contro l'ambientalismo era avvenuta malgrado il crescente supporto popolare al movimento ambientalista negli Stati Uniti. Queste osservazioni ci riportano all'inizio della nostra storia, al dibattito sulla SDI e sull'inverno nucleare. Come detto, dopo il collasso dell'Unione Sovietica i guerrieri della Guerra 327

fredda si misero alla ricerca di nuova grande minaccia. La trovarono nell'ambientalismo, che proprio in quel momento aveva individuato un argomento cruciale e di scala globale, che richiedeva una risposta globale. All'inizio degli anni Novanta, da previsione sul futuro il riscaldamento globale era diventato un fatto del presente. Il riscaldamento globale era anche l'argomento più trattato nei dibattiti sull'ambiente, perché era globale, e perché riguardava qualunque cosa e chiunque. Dato che le regole dell'attività economica costituiscono la preoccupazione centrale dei conservatori, il riscaldamento globale è cruciale, perché è una conseguenza del modo in cui produciamo energia, e l'energia è implicata in tutte le attività economiche. Sir Nicholas Stern, già capo economista e senior vice-presidente della World Bank dal 2000 al 2003, è l'autore principale della Review of the Economics of Climate Change, noto come Rapporto Stern, commissionatogli dal primo ministro del Regno Unito Gordon Brown. Secondo il Rapporto Stern il cambiamento climatico è "il più grande e più esteso fallimento del mercato mai visto".55 Non c'è dubbio che i difensori del capitalismo del libero mercato si saranno preoccupati. Il ritornello dei "rossi vestiti di verde" continua. Nel dicembre 2009, quando i leader mondiali stavano ancora cercando un accordo per controllare le emissioni dei gas serra - 17 anni dopo che la UNFCCC aveva richiesto che si impegnassero in tal senso - Charles Krauthammer dichiarava sul Washington Post che l'ambientalismo non era altro che socialismo, uno sfacciato tentativo per trasferire ricchezza dai ricchi ai poveri. "Con la morte del socialismo, il gigantesco furto ora proposto assume le sembianze di un'offerta sacrificale alla nuova religione: l'ambientalismo... La sinistra è andata alla deriva fino a che non ha intravisto una mossa brillante: la metamorfosi da rossa a verde". Indipendentemente dal fatto che a Copenaghen si riuscisse a raggiungere un accordo, Krauthammer sostenne che gli statunitensi avevano bisogno di guardarsi dal nuovo nemico: la EPA. "Dal momento che la nostra economia è basata in maniera prevalente sul carbone, l'EPA andrà presto a regolamentare qualunque cosa... e dalla creazione dell'Internal Revenue Service che non si vede un'agenzia con poteri di intrusione così ampi in ogni aspetto della vita economica... il Grande Fratello che ci sta spiando non ha il mantello della CIA. Bussa alla porta sorridendo, e indossa il cappellino dell'EPA".56

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Alcuni ambientalisti sono sicuramente socialisti, ma sulla base della nostra esperienza solo pochi climatologi lo sono. Inoltre, anche se tutti gli ambientalisti fossero socialisti, ciò non significa che il riscaldamento globale sia un mito. Uno può credere alla superiorità del sistema capitalistico e, per il problema dell'inquinamento, essere un fautore (come capita a molti) di soluzioni basate sul mercato, ma non significa che si debba dubitare della scienza solo perché dice che servono soluzioni urgenti. Le piogge acide, il fumo passivo, la distruzione dell'ozono stratosferico e il riscaldamento globale sono problemi reali, ma la questione vera è cosa fare per affrontarli. Negarli non significa farli sparire. Al contrario, quanto più ritardiamo, tanto più i problemi si aggravano e spingono i governi ad assumere misure sempre più drastiche, proprio ciò che i conservatori maggiormente temono. Nella nostra storia c'è un secondo risvolto paradossale. Uomini come Bill Nierenberg erano orgogliosi di quanto avevano fatto per difendere la libertà durante la Guerra fredda e intesero la loro attività come una prosecuzione di tale missione. Temevano che un allarme eccessivo sulle questioni ambientali avrebbe potuto giustificare la mano pesante del governo sul mercato e legittimare intrusioni nelle nostre vite private. Ciò poteva anche non essere del tutto irragionevole ma, negando l'evidenza scientifica e contribuendo alla strategia della dilazione, questi uomini favorivano l'instaurarsi della situazione che più temevano. Si consideri il caso di Gus Speth. Ne abbiamo parlato nel capitolo 3 quale membro del Council on Environmental Quality del presidente Jimmy Carter, dove era un sostenitore dell'azione contro le piogge acide. Speth non era un radicale. Nato nella Carolina del Sud, era un compassato gentleman meridionale: parlava bene, era ben educato e rispettabile. Aveva frequentato l'università a Yale, poi era andato a Oxford con una borsa Rodhes ed era quindi tornato a Yale per seguire la facoltà di legge. Durante la sua lunga carriera ha insegnato a Yale e Georgetown, è stato consulente del Presidente Carter, ha lavorato per le Nazioni Unite, e nel 1999 è tornato di nuovo a Yale come preside della School of Forestry and Environmental Study. Secondo Time è "una delle persone meglio informate che ci siano".57 Ma dopo quarant'anni di ambientalismo "dall'interno", e dopo aver assistito al fallimento dei tentativi di risolvere i problemi globali, Speth non è più 329

disposto ad accettare alcun compromesso. Attualmente sostiene che occorre un cambiamento radicale. Nel suo libro The Bridge at the Edge of the World sostiene che "l'economia globale si sta schiantando contro la Terra". Il degrado ambientale è generato dall'attività economica, quindi dobbiamo valutare se esiste un difetto di fondo nel nostro sistema economico. La sua conclusione è che "dopo molto indagare e con considerevole riluttanza abbiamo dedotto che la maggior parte del deterioramento ambientale è frutto di difetti insiti nel capitalismo di oggi, e che occorre apportare dei cambiamenti sostanziali alle caratteristiche fondamentali del capitalismo contemporaneo".58 I mercanti di dubbi hanno prodotto proprio l'effetto che più temevano. I gentiluomini del Sud si stanno accingendo a smantellare il capitalismo.

LA TECNOLOGIA CI SALVERÀ? Fin dagli anni Ottanta, l'amministrazione Reagan aveva chiarito alla National Academy of Sciences che "la tecnologia sarebbe stata la carta vincente per risolvere i problemi dell'energia e per proteggere l'ambiente".59 Molti accademici e liberal concordano sul fatto che senza cambiamenti nelle tecnologie di produzione dell'energia non sarà possibile risolvere il problema del riscaldamento globale. Il problema non sta nel chiedere o meno aiuto alla tecnologia, ma piuttosto se possiamo presumere che il libero mercato spontaneamente investirà nella realizzazione di queste tecnologie. La questione è anche se questo passaggio avverrà in tempo - dandoci la possibilità di dormire sonni tranquilli in attesa che ciò avvenga - oppure se dobbiamo alzarci dalle nostre poltrone e cominciare a darci da fare subito. Il credo che la tecnologia possa risolvere i problemi della società è centrale nella scuola di pensiero nota come Cornucopianesimo, promossa dall'economista Julian Simon. I Cornucopiani si considerano seguaci di Thomas Malthus, famoso per aver sostenuto che i poveri sono poveri perché hanno troppi figli, e che la credenza illuminista nel continuo progresso umano era sbagliata perché l'aumento incontrollato della popolazione avrebbe alla fine provocato l'esaurimento delle risorse naturali. Questo avrebbe fermato il progresso, provocando quindi una grossa dose di sofferenza agli esseri umani. In conclusione, la crescita della popolazione 330

deve cessare o ne soffriremo le conseguenze. (Malthus non era un liberal, e pensava che il modo migliore per frenare la popolazione fosse quello di ridurre i sussidi ai poveri.) I Cornucopiani - assieme agli storici della scienza e della tecnologia — riconoscono che le terribili previsioni di Malthus non si sono avverate soprattutto perché non aveva considerato che l'innovazione tecnologica può consentire di produrre di più con la stessa quantità di risorse (in qualche caso anche con quantità inferiori). Anche se oggi il mondo è molto più popolato di quando Malthus scriveva i suoi libri, siamo riusciti a sfamare molte di queste persone (se non tutte) proprio grazie all'innovazione tecnologica e alla rivoluzione verde.60 Comunque, i Cornucopiani hanno fatto un passo ulteriore rispetto agli storici, e hanno sostenuto che le cose andranno sempre così, almeno fino a quando la creatività umana e l'innovazione non saranno imbrigliate. Il modo migliore per evitare che ciò avvenga, essi suggeriscono, è quello di mantenere libero il mercato, in modo che gli innovatori possano innovare e raccogliere i frutti delle loro invenzioni. (A differenza di Malthus, i cornucopiani si oppongono al controllo delle nascite, perché sono convinti che l'ingegno umano sia la vera risorsa rinnovabile.) Essi insistono che l'ottimismo è la migliore risposta, perché la storia è fatta di continuo progresso, almeno nei tempi e nei luoghi ove i mercati sono stati lasciati liberi.61 Gli estimatori di Simon si compiacevano di chiamarlo "il killer delle previsioni funeste" per l'insistenza con cui affermava che gli scenari apocalittici erano sbagliati e che il futuro era ancora radioso. In The Resourceful Earth, un libro scritto nel 1984 assieme a Herman Kahn, Simon asseriva che, contrariamente a quanto sostenevano i membri del Council on Environmental Quality nel loro Global 2000 Report to the President (pubblicato nel 1980), il mondo futuro sarebbe stato "meno affollato... meno inquinato, economicamente più stabile, e meno vulnerabile alla riduzione delle risorse disponibili".63 Nel libro che seguì nel 1995, State of Humanity (autodefinito un esame "equilibrato" del problema), Simon esordiva con l'affermazione — degna di Pangloss — che il futuro sarebbe stato "ancora più felice", perché le condizioni erano migliorate in quasi tutte le aree esaminate, e che si accingeva a esaminarne altre.64 331

Molte delle storie che abbiamo raccontato in questo libro si intrecciano con la filosofia di Simon. Dixy Lee Ray si era data la missione di smascherare i "funerei oppositori del progresso".65 Bill Nierenberg aveva risposto al monito dell'amministrazione Reagan di non presentare scenari terrificanti dipingendo un futuro idilliaco simil-cornucopiano nel quale la tecnologia avrebbe risolto il problema del riscaldamento globale. E Fred Singer, ritenendosi vessato dalle previsioni apocalittiche già dal 1970, a un certo punto inviò un editoriale a Science nel quale avanzava l'ipotesi che gli scienziati stessero reagendo in maniera inconsulta a preoccupazioni come il riscaldamento globale. Nel 1970 ben pochi scienziati avevano anche solo pensato al riscaldamento globale, quindi Singer era chiaramente in anticipo. Con il senno di poi, possiamo dire che era andato persino oltre, e aveva affermato che il problema fosse già risolto. "Dopo molti anni di speculazioni e discussioni sembra sia stato chiarito l'effetto della combustione dei fossili sul clima", scriveva Singer nel 1970. "Malgrado sia attualmente in corso un aumento della concentrazione di CO2, il riscaldamento climatico da effetto serra è piccolo, o addirittura negativo, a causa del prevalente effetto di raffreddamento dovuto alle polveri presenti nell'atmosfera".66 Singer potrebbe aver avuto ragione sui motivi per cui in quel periodo non ci fu il riscaldamento: molti scienziati attualmente ritengono che ciò fu causato dall'azione contraria degli aerosol atmosferici, in prevalenza solfati prodotti dalla combustione del carbone (gli stessi che danno origine alle piogge acide). Singer comunque scartò l'ipotesi che con l'aumento della CO2 potesse manifestarsi il riscaldamento (come invece avvenne). Al contrario, era convinto che l'effetto raftreddante degli aerosol atmosferici avrebbe continuato a controbilanciare il riscaldamento dovuto alla CO2 e che tutto si sarebbe risolto. Pertanto egli concluse il suo editoriale invitando gli scienziati a non gridare "al lupo" senza motivo".67 Negli anni Ottanta Singer rilevava che gli argomenti dei Cornucopiani si basavano su una supposizione, quella per cui sarebbe sempre stata disponibile energia in misura adeguata e conveniente, ma in seguito lasciò cadere questa obiezione e si trasferì armi e bagagli nel campo dei Cornucopiani.68 Il suo libro del 1999 Hot Talk, Cold Science: Global Warming Unfinished Debate (con prefazione di Frederick Seitz) fu pubblicato 332

dall'Independent Institute, del quale Julian Simon era membro del consiglio e guida influente.69 Singer scrisse anche un capitolo del libro State of Humanity di Simon, assieme a Patrick Michaels, del quale abbiamo parlato nel capitolo 6 come negazionista del riscaldamento globale, e Laurence Kulp, presentato nel capitolo 3 come difensore della posizione dell'amministrazione Reagan sulle piogge acide. Di recente, le tesi dei Cornucopiani hanno ricevuto nuovo vigore grazie al politologo danese Bjorn Lomborg. Dei lavori di Lomborg hanno dato notizia i maggiori quotidiani mondiali, compresi il Wall Street Journal, il New York Times, l'Economist, il Los Angeles Times e il Boston Globe. È apparso molte volte in televisione sia negli Stati Uniti sia in Europa, in programmi quali 60 minutes, Larry King Live, 20/20 e alla BBC. Il suo libro più famoso, L'ambientalista scettico, segue fedelmente la linea dei Cornucopiani: il mondo sta gradualmente migliorando, e le affermazioni degli ambientalisti non sono altro che esagerazioni, se non complete distorsioni o falsità. L'ambientalista scettico si apre con questa citazione di Julian Simon: Questa è la sintesi della mia previsione di lungo periodo: le condizioni materiali della maggior parte delle persone andranno migliorando in quasi tutti i paesi, per quasi tutto il tempo, e indefinitamente. Entro un secolo o due, tutte le nazioni e la maggior parte dell'umanità avrà raggiunto o superato lo standard di vita attuale dei paesi occidentali. Purtroppo sono anche convinto che molti continueranno a pensare e dire che le condizioni di vita stanno peggiorando.71 L'ambientalista scettico ripete quelle che ormai sono diventate per noi affermazioni familiari: Rachel Carson ha sbagliato sul DDT, il riscaldamento globale non è un problema serio, le nostre foreste sono in salute. La vita in generale è molto migliorata per tutti, e "non c'è da preoccuparsi troppo per il futuro".72 Quindi perché gli ambientalisti si agitano tanto?"73 Il libro di Lomborg è stato criticato perché è un esempio da manuale di uso distorto delle statistiche.74 Nel 2002 quattro importanti scienziati hanno enùmerato sulla rivista Scientific American tutti i modi con cui Lomborg ha distorto la matematica. In Danimarca è scaturita una battaglia dopo l'uscita 333

del libro, e Lomborg è stato accusato di disonestà scientifica.75 Alla fine, il ministro danese della scienza, tecnologia e innovazione ha stabilito che Lomborg non poteva essere ritenuto colpevole di disonestà scientifica perché non era dimostrato che L ambientalista scettico fosse un testo scientifico!76 Indipendentemente da come si voglia considerare L'ambientalista scettico, gli argomenti che presenta sono viziati da due errori fondamentali. Per opporsi ad azioni decise contro il riscaldamento globale, Lomborg insiste che ci sono altri problemi più urgenti, come la fame nel mondo. Questa obiezione è una classica falsa dicotomia, perché non c'è alcuna ragione per non affrontare entrambi i problemi, e anzi, un cambiamento climatico incontrollato aggraverà certamente il problema della fame, perché le nazioni più povere dovranno affrontare situazioni sempre più difficili.77 Inoltre, come abbiamo già fatto notare, la fame nel mondo persiste per molte ragioni, ma non perché l'Occidente è di fatto impegnato a combattere il riscaldamento globale.78 Un secondo difetto nel modo di ragionare di Lomborg consiste nell'analizzare statistiche che riguardano quasi esclusivamente l'impatto sull'uomo (aspettativa di vita, calorie assunte...). Egli ammette esplicitamente di scrivere dal punto di vista delle necessità e dei desideri degli uomini; le sue statistiche trattano prevalentemente del numero di anni di vita umana vissuti e del numero di vite umane salvate dalle innovazioni tecnologiche e dai miglioramenti raggiunti.79 (Conteggia anche le vite presumibilmente perdute a causa del bando del DDT). Queste misure non dicono però nulla sull'impatto delle attività umane sulle specie non-umane, o sulle condizioni in cui lasceremo il mondo ai nostri figli. Potrebbe anche darsi che per noi sia possibile vivere in condizioni migliori, ma lasceremmo di sicuro un mondo impoverito ai nostri successori. Gli argomenti di Lomborg non dicono nulla neppure sulla qualità delle nostre vite, che è uno dei temi centrali in tutti i ragionamenti sulla conservazione della natura, e che resta uno dei punti fondamentali delle attuali preoccupazioni per l'ambiente. Rachel Carson non era indifferente alle sorti degli esseri umani — buona parte di Primavera silenziosa trattava della bio-accumulazione e del suo 334

impatto potenziale di lungo periodo sugli uomini — ma, anche se fosse provato che il DDT è innocuo per gli esseri umani, il suo messaggio rimarrebbe inalterato: il DDT è assai dannoso per la natura. I timori di Carson — condivisi da numerosi ambientalisti — avevano a che fare con le implicazioni etiche della distruzione della biodiversità (a prescindere dalla sua utilità all'uomo) e del lasciare ai nostri figli un mondo ecologicamente ed esteticamente impoverito. Un fiore raro può essere bello anche se il suo contributo alla formazione dell'ossigeno atmosferico è trascurabile; la venere acchiappamosche (una pianta carnivora, ndT) può emozionarci, anche se fa molto poco per proteggerci dalle zanzare portatrici della malaria. Come abbiamo spiegato sopra, Lomborg e i suoi seguaci fanno l'errore filosofico di pensare che se una cosa non ha valore per l'uomo allora non conta nulla.80 Lomborg è stato difeso dal Financial Times, dal Wall Street Journal, dall' Economist e da molti sostenitori dell'economia del laissez-faire, come il Center for the Defense of Free Enterprise.81 Inoltre, ha legami con molti dei think tank ideologicamente orientati che abbiamo già incontrato, come per esempio il Competitive Enterprise Institute, la Hoover Institution e l'Heartland Institute.82 La cosa non sorprende, perché la filosofia dei Cornucopiani sia connessa al fondamentalismo del libero mercato e all'idea che lo stato sia il problema, non la soluzione. Tra le sue varie attività l'Independent Institute sponsorizza il premio Sir John Templeton sul miglior saggio tra gli studenti dei college e delle facoltà universitarie. Il saggio del 2010 verteva sul seguente tema: "Ognuno vuole vivere a spese dello stato. Ma si dimentica che lo stato vuol vivere a spese di ciascuno di noi." Frederic Bastiat (1801-1850) Assumendo che l'attermazione di Bastiar sia corretta, quali idee o quali riforme potrebbero essere sviluppate per rendere i cittadini consapevoli del fatto che il governo vuole vivere a nostre spese?83 Naturalmente, i Cornucopiani non hanno del tutto torto. Alcuni governi in realtà si reggono a spese del popolo, e molti aspetti della vita moderna sono sicuramente migliori (almeno per molti di noi) di quanto lo siano stati nei 335

secoli passati. La loro visione ha però due problemi. Il primo consiste nella presunzione che i miglioramenti continueranno necessariamente. Se in realtà abbiamo raggiunto un tipping point, come molti scienziati temono, allora ciò che è successo in Passato non può essere una guida per il futuro. La maggior parte dei cambiamenti ambientali del passato erano di tipo locale e reversibile. Oggi le attività dell'uomo interessano tutto il globo. Stiamo cambiando il nostro pianeta in modo radicale, e non abbiamo ciò che ci serve per fronteggiare le sfide che abbiamo davanti, almeno senza dover andare incontro a forti disagi e a migrazioni forzate. Inoltre, alcuni di questi cambiamenti — come l'innalzamento del livello del mare e la fusione dei ghiacci artici — sono quasi certamente irreversibili. Il secondo problema dei Cornucopiani risiede nella loro asserzione che i progressi del passato sono il risultato del sistema del libero mercato, e che non sarebbe stato possibile altrimenti. È possibile dimostrare che questa affermazione è falsa.

IL TECNOFIDEISMO La storia della tecnologia non supporta la visione dei Cornucopiani sulle relazioni tra innovazione tecnologica e libero mercato. Molte delle principali tecnologie che hanno fatto progredire la civilizzazione sono state infatti inventate prima dell'avvento del capitalismo. Inoltre, l'Unione Sovietica, con tutti i suoi fallimenti, è sempre stata una società tecnologicamente innovativa. Tra i suoi risultati più famosi, il lancio di un satellite artificiale, lo Sputnik, prima degli Stati Uniti. Il problema dell'Unione Sovietica non era la mancanza di innovazione tecnologica, quanto il fatto che i benefici della stessa non andavano a vantaggio dei suoi cittadini. I Cornucopiani hanno una fede cieca nella tecnologia, che non trova però riscontro nella storia. Possiamo definirla "tecnofideismo". Perché continuano a mantenere questa credenza quando la storia ha dimostrato che non è vera? Torniamo a Milton Friedman e al suo saggio Capitalismo e Libertà, in cui si legge che "i grandi progressi della civilizzazione, dell'industria o dell'agricoltura non mai scaturiti dall'azione di 336

un governo centralizzato".84 L'affermazione farebbe sorridere gli storici della tecnologia, non fosse che è stata scritta (cinque anni dopo il lancio dello Sputnik) da uno dei più influenti economisti della seconda metà del XX secolo. La più importante tecnologia dell'era industriale è stata la capacità di produrre parti perfettamente identiche e intercambiabili. I fabbri e i meccanici da soli non erano in grado di farlo: gli esseri umani non sono bravi a eseguire compiti ripetitivi, qualunque sia la loro professione. Solo le macchine ci riescono. Fu l'Army Ordnance Department dell'esercito degli Stati Uniti a sviluppare questa capacità, realizzando macchine in grado di costruire parti di altre macchine, e per farlo impiegò quasi 50 anni, un periodo inconcepibile per qualsiasi azienda privata nel XIX secolo.85 L'Army Ordnance Department voleva armi che potessero essere riparate, subito e sul campo di battaglia, sostituendo le parti inceppate. Una volta che le tecnologie di base — le macchine utensili — vennero inventate, si diffusero rapidamente in tutti i settori dell'economia statunitense. Malgrado gli sforzi per impedirne l'esportazione, arrivarono rapidamente in Europa e in Giappone. I mercati diffusero in tutto il mondo la tecnologia delle macchine utensili, ma non la crearono. Il governo centrale, nel caso l'esercito degli Stati Uniti, fu l'inventore della moderna era delle macchine. Le macchine utensili non sono l'eccezione che conferma la regola; esistono numerosi casi di tecnologia finanziata dal governo che sono stati poi commercializzati arrecando benefici alla società. Quando Friedman stava scrivendo il suo libro, che sarebbe poi divenuto famoso, il computer stava cominciando a essere utilizzato al di fuori del sistema degli armamenti del governo degli Stati Uniti, per il quale era stato sviluppato. L'impresa privata ha trasformato tale tecnologia in un qualcosa che può essere usato e che è alla portata delle masse, ma è stato il governo degli Stati Uniti a renderne possibile lo sviluppo e la diffusione. Il governo ha avuto un ruolo fondamentale anche nello sviluppo della Silicon Valley.86 Negli anni più recenti, la rete da cui tutti dipendiamo — Internet, originariamente ARPANET - è stata sviluppata attraverso una complessa collaborazione tra università, agenzie governative e industria, ed è stata finanziata in larga misura dall'Advanced Research Project Agency (ARPA) del Defense Department. È stata poi estesa e ampliata attraverso il supporto governativo fornito dall'High Performance Computing and Communication Act del 1991, promosso dall'allora senatore Al Gore.87 337

In altri casi, le nuove tecnologie sono state introdotte da individui o imprenditori, ma c'è stato bisogno dell'azione e del supporto dei governi per trasformarle in prodotti commerciali disponibili sul mercato: aeroplani e transistor sono solo due esempi.88 (La produzione dei transistor è stata sostenuta dal governo degli Stati Uniti dopo che i militari si erano resi conto che i missili Minuteman dovevano avere un sistema di controllo a bordo e non uno remoto da terra e che, per realizzarlo, la tecnica basata sui tubi a vuoto era inadeguata.).89 Ci sono state altre tecnologie che sono state inventate da singoli individui, ma la loro diffusione è sempre stata favorita dalla politica dei governi. L'elettricità è stata estesa alle maggiori città degli Stati Uniti grazie a un programma di finanziamento federale garantito durante la Grande depressione.90 La rete delle autostrade interstatali, che nel dopoguerra ha dato origine agli Stati Uniti che conosciamo, fu un'idea del presidente Dwight Eisenhower, che comprese il ruolo che poteva svolgere sia per l'economia del paese sia per la difesa della nazione; ben presto divenne il modello di vari sistemi autostradali in tutto il mondo. E l'energia nucleare, che può contribuire a salvarci dall'incubo del riscaldamento globale, è una ricaduta della tecnologia che segna l'inizio della Guerra fredda: la bomba atomica. La relazione che intercorre tra tecnologia, innovazione e sistema politico-economico è assai articolata e complessa, e non può essere ridotta a un mero articolo di fede nelle virtù del libero mercato. Tutto ciò considerato, e per ritornare alla nostra storia, possiamo affermare che le campagne di disinformazione di cui abbiamo scritto non avevano come oggetto la scienza. Puntavano in realtà al ruolo del governo, in particolare alle azioni volte a rimediare ai fallimenti del mercato. Poiché la scienza sembrava suggerire che il governo dovesse intervenire sul mercato per combattere l'inquinamento e difendere la salute pubblica, i difensori del libero mercato si rifiutarono di accettare questi risultati. E i nemici della regolamentazione governativa si tramutarono in nemici della scienza.

PERCHÉ GLI SCIENZIATI NON SONO INSORTI? Se le argomentazioni dei protagonisti di questo libro non erano scientifiche — erano politica camuffata da scienza — perché gli scienziati hanno taciuto? 338

Perché la comunità scientifica è rimasta immobile? Con la rilevante eccezione della comunità degli scienziati dell'atmosfera che difesero Ben Santer, gli scienziati che combatterono furono davvero pochi. Ci sarebbe piaciuto raccontare storie eroiche di scienziati che sono riusciti a far emergere la verità — in qualche caso è in effetti successo. Gene Likens e i suoi colleghi cercarono aiuto presso la National Academy of Sciences quando la Casa Bianca interferì nella scrittura del loro rapporto sulle piogge acide. F. Sherwood Rowland tentò di correggere la distorsioni di Fred Singer del dibattito sull'ozono. Il modellista climatico Stephen Schneider, citato nel capitolo 3 nel dibattito sull'inverno nucleare, ha combattuto per molti anni contro le manipolazioni della scienza del clima, oltre che contro il problema del falso bilanciamento delle versioni nei media.91 Ma queste voci, sfortunatamente, sono isolate. Ovviamente, gli scienziati sapevano che molte delle affermazioni dei negazionisti erano false. Perché non hanno fatto di più per respingerle? Perché gli scienziati non hanno cercato di smantellare il villaggio Potemkin? Una delle ragioni ha a che fare con il complesso balletto che si svolge tra individui e gruppi nell'ambito della ricerca scientifica. Gli scienziati sono fortemente motivati dagli elogi e dal prestigio che consegue da una scoperta importante. Nel contempo, spesso non vogliono stare sotto alle luci della ribalta. La ragione è duplice. Primo, quasi tutta la scienza moderna è frutto di un lavoro di gruppo — un punto sul quale torneremo fra poco — secondo, la conoscenza è davvero scienza quando riflette il consenso degli esperti, anche se è originata dal genio o dalla creatività di un singolo. Nel mondo moderno, ogni scoperta scientifica quasi sempre è il risultato di uno sforzo collettivo che comprende diverse dozzine, in qualche caso centinaia, di ricercatori. L'IPCC attualmente cerca di sintetizzare il lavoro di migliaia di studiosi. Uno scienziato che salta su e parla a nome dei suoi colleghi ha paura di essere censurato, in quanto teme che i suoi colleghi potrebbero pensare che egli stia cercando di attirare l'attenzione su di sé. Le società scientifiche hanno cercato di risolvere questo problema preparando delle dichiarazioni formali sul cambiamento climatico che riflettono il sapere collettivo dei loro membri. Queste dichiarazioni, per usare un eufemismo, tendono a essere molto asciutte e risultano spesso 339

indecifrabili per una persona normale. Chi di noi ha letto il Summary for Policymakers dell'IPCC, che è comunque molto più breve delle migliaia di pagine del rapporto completo? Chi, sull'intero pianeta, ha davvero letto tutta quella roba? È già tanto se il cittadino medio sa che esiste la American Meteorological Society, e in pochissimi sanno che sulla sua home page possono prendere visione delle sue posizioni sul cambiamento climatico.92 Occorre quindi che qualcuno riassuma e provveda a comunicare. Qui sorge un'altra difficoltà. Gli scienziati sono degli specialisti che lavorano per sviluppare nuove conoscenze in ambiti molto specifici, ma di solito non sono preparati a comunicarle, specie al pubblico più vasto, e sono ancor meno preparati a difendere i loro lavori scientifici contro avversari determinati e ben finanziati. Spesso, non hanno né la predisposizione né la voglia di farlo. Fino a poco tempo fa la maggior parte degli scienziati non era particolarmente desiderosa di comunicare. Pensavano che il loro lavoro fosse quello di produrre conoscenza, non quello di divulgarla, e molti considerano queste attività come inconciliabili tra loro. Spesso prendevano in giro i loro colleghi che facevano divulgazione, dando loro dei "volgarizzatori". La dedizione degli scienziati nei confronti della competenza e dell'obiettività li pone in una posizione delicata quando si tratta di respingere affermazioni palesemente false. Se uno scienziato si getta in una discussione su un argomento politico contestato, può essere accusato di politicizzare la scienza e di mancare di obbiettività — come era capitato a Sagan quando aveva cercato di richiamare l'attenzione del pubblico sui pericoli dell'inverno nucleare. Gli scienziati hanno pertanto di fronte un paradosso comunicativo: la richiesta di essere obiettivi suggerirebbe di tenersi fuori da argomenti controversi ma, se lo fanno, nessuno potrebbe conoscere qual è la versione obiettiva e scientifica dell'argomento in questione.93 Gli scienziati temono di essere coinvolti perché hanno visto che cosa può succedergli. L'esperienza di Ben Santer purtroppo non è unica. Nel 2005, Michael Mann, ricercatore presso la Pennsylvania State University, ha subito un attacco furibondo da parte del membro del Congresso Joe Barton del Texas, che chiedeva che Mann fornisse informazioni dettagliate sulle fonti di supporto alle sue ricerche, sui server dove erano memorizzati tutti i suoi dati, e molto altro — e questo anche se i lavori scientifici oggetto dell'indagine 340

erano stati pubblicati in riviste peer review, e non c'erano prove che Mann avesse fatto qualcosa di sbagliato, fatta eccezione per il fatto che aveva fornito la prova inoppugnabile che la Terra si stava riscaldando rapidamente.94 Anche noi, mentre stavamo scrivendo questo libro siamo stati attaccati, nel nostro caso dal senatore James Inhofe dell'Oklahoma.95 A distanza di quindici anni dal primo attacco di Fred Seitz, Fred Singer e Bill Nierenberg, anche Ben Santer continua a essere bersaglio di accuse. Poco tempo fa Climate Audit, condotto da Steve McIntyre (un geologo canadese che ha legami con l'industria mineraria, e che in precedenza è stato coinvolto negli attacchi a Michael Mann), si è avvalso del Freedom of Information Act (FOIA) per richiedere informazioni dettagliate sulle ricerche di Santer. Il FOIA naturalmente è stato creato per permettere ai cittadini americani di sapere quello che fa il proprio governo, e non per aiutare degli stranieri a perseguitare i nostri scienziati.96 Peraltro, va sottolineato che il Lawrence Livermore Model Intercomparison Project, diretto da Santer, mette i propri dati e modelli a disposizione di qualsiasi scienziato voglia replicare il lavoro di Santer. Senza bisogno di invocare il FOIA. Questi attacchi hanno un effetto paralizzante. Nel corso di una conferenza un nostro collega ci ha riferito che, nelle discussioni dell'IPCC, alcuni scienziati sono riluttanti a presentare affermazioni troppo nette sulle evidenze scientifiche disponibili per paura che i negazionisti "possano attaccarli".97 Un'altra ha detto che preferisce riportare stime per difetto perché ciò la fa sentire più "sicura".98 Il biologo Kare Fog ha raccontato come molti scienziati danesi hanno smesso di correggere le false affermazioni di Bjorn Lomborg perché non vogliono che i loro lavori vengano distorti e perché temono di subire degli attacchi personali.99 Le campagne di intimidazione funzionano. Forse il motivo più comprensibile per cui gli scienziati non vogliono essere coinvolti nelle polemiche è perché amano la scienza, e pensano che la verità alla fine avrà il sopravvento. È il loro lavoro, un lavoro davvero eccezionale, quello di capire quale sia la verità. Qualcun altro è senz'altro più bravo a divulgarla e a comunicarla con maggiore efficacia. E se qualcuno va in giro a seminare spazzatura, che se ne occupi qualcun altro. In effetti sarebbe anomalo che gli scienziati perdessero il loro tempo per occuparsi di questioni così triviali. Come già detto, parlando del rapporto Changing Climate del 341

1983, uno scienziato assai stimato affermò: "Sapevamo che era spazzatura, l'abbiamo semplicemente ignorato".100 Disgraziatamente, la spazzatura non se ne va da sola. Qualcuno deve occuparsene, e questo qualcuno siamo noi, i giornalisti che danno notizia delle scoperte scientifiche, oppure gli organi professionali che rappresentano i diversi campi della scienza, e infine tutti noi come cittadini. Anche poco tempo, fa l'insigne economista Robert Samuelson ha ripetuto, prima sulle pagine del Washington Post e poi su quelle di Newsweek, gli stessi argomenti proposti da Bill Nierenberg venticinque anni fa: il problema del riscaldamento globale non può essere risolto e possiamo solamente adattarci.101 Ma le soluzioni esistono. Il riscaldamento globale è un problema enorme, ma per risolverlo dobbiamo per prima cosa smettere di prestare ascolto alla disinformazione. Roma forse non brucerà, ma la Groenlandia si sta fondendo, e noi ci stiamo ancora trastullando. Ciò di cui abbiamo bisogno è una conoscenza più precisa di ciò che è la scienza, dobbiamo sapere come riconoscere la vera scienza quando la incontriamo, e come dobbiamo fare per separarla dalla spazzatura.

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EPILOGO — UNA NUOVA VISIONE DELLA SCIENZA Immaginate un banchetto gigantesco. Centinaia di milioni di persone che mangiano. Mangiano e bevono spensierati — cibi più buoni e più abbondanti che nelle mense più ricche dell'antica Atene o di Roma, o dei palazzi dell'Europa medioevale. A un certo punto, arriva un uomo in giacca bianca, che chiede ai presenti a chi deve dare il conto. Neanche a dirlo, i commensali restano di sasso. Qualcuno comincia a dire che il conto non è per lui. Altri dicono che il conto neppure esiste. Altri ancora negano di aver partecipato al banchetto. Un commensale ipotizza che l'uomo in giacca bianca non sia un cameriere, e sta solo cercando di attirare l'attenzione su di sé, e vuole raccogliere i soldi per tenerseli per sé. Alla fine, i commensali decidono di ignorare il cameriere, convinti che così facendo se ne andrà. È quello che sta succedendo oggi con il problema del riscaldamento climatico. Negli ultimi 150 anni la civiltà industriale ha banchettato con l'energia immagazzinata nei combustibili fossili, e ora è arrivato il conto. Eppure, continuiamo a stare seduti attorno al tavolo e neghiamo che il conto ci riguardi, oppure mettiamo in dubbio la credibilità di chi ce lo sta presentando. Il grande economista John Maynard Keynes ha riassunto il succo di qualsiasi teoria economica con la frase: "Non esistono pranzi gratis". E aveva ragione. Abbiamo goduto di una prosperità senza eguali nella storia dell'umanità. Abbiamo banchettato a cuor leggero, ma ora qualcuno ci sta dicendo che il pranzo non era gratis. Non sorprende che molti di noi cerchino di negarlo. Dopo tutto, non sapevamo che si trattava di un banchetto e che alla fine sarebbe arrivato il conto. Ora lo sappiamo. Il conto comprende: piogge acide, buco dell'ozono e i danni prodotti dal DDT. Questi sono i costi ambientali dello stile di vita dei cittadini benestanti dei paesi sviluppati, dalla Rivoluzione industriale in poi. Ora ci si presenta l'alternativa: pagare il prezzo, cambiare modo di produrre, oppure entrambe le cose. Non c'è dubbio che i mercanti di dubbi abbiano avuto successo. Ci hanno indotto a pensare che avremmo potuto ignorare il cameriere mentre magari tiravamo sul prezzo. 343

Il fatto che gli Stati Uniti abbiano evitato di intervenire sul riscaldamento globale, e il lungo intervallo tra il momento in cui la scienza è giunta a conclusioni chiare e l'inizio delle azioni su piogge acide e buco dell'ozono, sono la dimostrazione pratica che la disinformazione funziona. La teoria delle decisioni spiega perché. Nel loro volume Understanding Scientific Reasoning, Ronald Giere, John Bickle e Robert Mauldin — con un'analisi ragionata basata sulla teoria delle decisioni — dimostrano che se il grado di conoscenza è incerto, l'opzione migliore consiste nel non far nulla. Fare qualcosa ha dei costi — finanziari, temporali o in termini di opportunità — e se si ritiene che questi costi non possano essere ripagati da futuri benefici, è meglio lasciare le cose come stanno. Inoltre, agire per prevenire danni in futuro significa rinunciare a dei benefici nel presente: benefici certi contro guadagni incerti. Se non avessimo saputo che il fumo era dannoso, mentre sapevamo che ci dava piacere, avremmo sicuramente continuato a fumare come hanno fatto milioni di americani prima degli anni Sessanta. L'incertezza favorisce lo status quo. Come suggeriscono Giere e i suoi coautori: "Non c'è da meravigliarsi se quelli che più si avvantaggiano dall'inazione siano proprio quelli che enfatizzano le controversie tra gli scienziati, e che sostengono che servono più ricerche".01 Secondo Giere, per cambiare la percezione del riscaldamento globale occorre fornire "la prova indiscutibile che non fare nulla conduce al riscaldamento, e che fare qualcosa potrebbe impedirlo".02 Ma come si è visto, qualsiasi prova può essere contestata da avversari sufficientemente determinati, ed è impossibile fornire prove tangibili riguardanti il futuro; occorre solamente aspettare e vedere. Quindi la questione diventa: perché dovremmo aspettare una prova indiscutibile? I protagonisti della nostra storia hanno diffuso il dubbio perché hanno capito — con o senza il supporto della teoria delle decisioni — che il dubbio funziona. Ma funziona anche perché noi abbiamo una visione sbagliata della scienza. Tendiamo a pensare che la scienza fornisca certezze, quindi se le certezze mancano, siamo portati a ritenere che la scienza sia in errore o incompleta. Questa visione della scienza come fonte di certezze è superata, ed è stata formulata dai positivisti del tardo XIX secolo, che coltivavano il sogno di una 344

conoscenza "positiva", nel senso di assolutamente e concretamente vera. Ma se abbiamo imparato qualcosa da allora, è che il sogno positivista era esattamente questo: un sogno. La storia ci mostra chiaramente che la scienza non dì certezze. E non dà neppure prove immutabili. Esprime solamente il consenso degli esperti, basato su un accumulo organizzato di evidenze sottoposte ad analisi continua. Prestare ascolto a "entrambe le parti" su un determinato argomento ha senso quando si dibatte di politica in un sistema bipartitico, ma questa modalità crea problemi nell'ambito scientifico. Quando si tratta di questioni scientifiche irrisolte, possono esserci tre, quattro o dozzine di ipotesi alternative che debbono essere verificate attraverso la ricerca. Oppure, può esserci una sola ipotesi che funziona, e che è generalmente accettata, pur con qualche distinguo o con delle differenze d'enfasi. Quando i geologi dibattevano della deriva dei continenti negli anni Quaranta, Marlin Billings presentava ai suoi studenti almeno 19 differenti possibili spiegazioni dei fenomeni a cui la teoria della deriva — poi chiamata poi tettonica delle placche — cercava di dare risposta. La ricerca produce delle evidenze che, con il tempo, possono dare una risposta alle varie domande (come accadde per la deriva dei continenti che si trasformò nella tettonica a placche e che, dagli anni Settanta, è diventata una teoria geologica accettata universalmente). A questo punto non ci sono più "parti" alternative. Resta solamente la conoscenza scientifica accettata. Può rimanere qualche particolare irrisolto — sul quale si concentrano gli scienziati — ma sulla questione cui è stata data risposta c'è il consenso esplicito degli esperti. Questo è ciò che si chiama conoscenza scientifica. Buona parte delle persone non lo capisce. Se leggiamo un articolo su un giornale che presenta due diverse posizioni presumiamo che potrebbero essere entrambe giuste e riteniamo sbagliato escluderne una. Ma spesso capita che una di queste posizioni sia sostenuta da un solo esperto o, come abbiamo visto nel nostro racconto, da un paio al massimo. Quando abbiamo trattato del riscaldamento globale, abbiamo visto che le tesi di Seitz, Singer, Nierenberg e una manciata di altri erano in contrasto con quelle di una collettività competente quale quella espressa dall'IPCC, un'organizzazione che raccoglie le idee e il lavoro di migliaia di scienziati di tutto il mondo — uomini e donne di diversa nazionalità, temperamento e orientamento politico. Ciò conduce a una constatazione molto importante: oggi la scienza 345

moderna è un'impresa collettiva. Per molti di noi la parola scienza non evoca scoperte scientifiche, quanto piuttosto degli scienziati. Ci vengono in mente grandi personaggi della scienza come Galileo, Newton, Einstein e li vediamo come eroi, spesso incompresi, che combatterono contro le convinzioni esistenti o contro le istituzioni prima di vedere riconosciute le proprie idee, nuove e radicali. A dire il vero, alcuni individui brillanti hanno avuto una parte importante nella scienza: uomini come Newton e Darwin meritano il posto che detengono nella storia della scienza. Ma se chiedete a uno storico della scienza "quando ha avuto inizio la scienza moderna?" non vi sentirete rispondere con Copernico o con Galileo. Più probabilmente vi dirà con la nascita delle istituzioni scientifiche. Sin dai suoi primordi, la scienza è stata associata a istituzioni — quali l'Accademia dei Lincei, fondata in Italia nel 1609, la Royal Society, fondata in Gran Bretagna nel 1660, o l'Académie des Sciences, fondata in Francia nel 1666 — perché gli studiosi (sapienti e filosofi naturali, come venivano chiamati prima del XIX secolo, quando venne introdotto il termine "scienziato") avevano compreso che per creare nuova conoscenza occorreva stabilire un modo per controllare le affermazioni degli altri studiosi. La cultura medioevale era basata in prevalenza sullo studio dei testi classici — con lo scopo di tramandare la saggezza antica e di apprendere dai testi rivelati — ma a poco a poco gli studiosi avevano iniziato a pensare che il mondo avesse bisogno di qualcosa d'altro. Si stava facendo strada la nuova conoscenza. Una volta aperta la porta alla possibilità di generare nuova conoscenza, non c'erano più limiti alle affermazioni che potevano essere presentate, e quindi fu necessario individuare un meccanismo per esaminarle. È questa l'origine alle strutture istituzionali che diamo per scontate nella scienza contemporanea: riviste, conferenze, peer review. In questo modo le affermazioni che vengono avanzate sono esposte in modo chiaro e vengono assoggettate a uno scrutinio rigoroso. La scienza è cresciuta in modo più che esponenziale dal XVII secolo, ma l'idea di base è la stessa: le idee scientifiche debbono essere supportate da evidenze e possono essere accettate o respinte. Le evidenze possono essere 346

sperimentali o frutto di osservazione; possono derivare da un ragionamento logico o essere basate su ipotesi teoriche. Ma, quale che sia il corpo delle evidenze, sia l'idea, sia l'evidenza supportata, devono passare il vaglio di una giuria di pari. Sino a che un'affermazione non passa l'esame — noto come peer review — è solo ed esclusivamente un'affermazione. Ciò che conta per la conoscenza è che le idee vengano accettate o respinte dalla comunità degli esperti (ecco perché i membri di queste società sono chiamati "soci".) Se l'affermazione viene rifiutata, uno scienziato corretto accetta il giudizio e si occupa di altro. Nella scienza non è normale restare abbarbicati a un argomento fino a che gli oppositori non si arrendono per sfinimento. Il giornalismo moderno, che spesso usa come fonti il "lui ha detto" o "lei ha detto", ignora questa regola fondamentale. Si pensa che se qualcuno non è d'accordo, sia giusto dargli la dovuta considerazione. Si ritiene sia una questione di correttezza. Ciò che risulta difficile da capire è che spesso questo "qualcuno" è già stato preso in considerazione dalla comunità scientifica. Quando Robert Jastrow e i suoi colleghi presentarono le loro affermazioni alla pubblica opinione, invece che alla comunità degli scienziati, si posero fuori dai protocolli istituzionali che da 400 anni vengono usati per testare la veridicità delle affermazioni scientifiche. Le affermazioni dei negazionisti sono state quasi sempre vagliate dalla comunità scientifica, che le ha bocciate. Queste tesi non possono essere considerate scientifiche, e i personaggi di cui abbiamo scritto in questo libro avrebbero dovuto passare ad altro. In un certo senso, sono dei perdenti di scarso valore. L'arbitro ha già emesso il verdetto, ma loro si rifiutano di accettarlo. Oltre a ciò, in gran parte dei casi questi negazionisti non hanno nemmeno tentato di sottoporre le loro affermazioni al vaglio scientifico. Infatti, molti di loro hanno smesso da tempo di svolgere attività di ricerca. Il nostro racconto inizia dagli anni Settanta, quando Fred Seitz si era già ritirato dalla Rockefeller University, e aveva cominciato a difendere la causa del tabacco, sebbene egli fosse un fisico dello stato solido, non un biologo, né un oncologo né un medico. La storia è continuata negli anni Ottanta, quando Seitz unì le sue forze a quelle di Robert Jastrow e William Nierenberg. Qual è stato il loro contributo alla ricerca sulla SDI, sulle piogge acide, sul buco dell'ozono, sul fumo passivo o sul riscaldamento globale? La risposta è: 347

pressoché zero. Una ricerca su Web of Science — un indice delle pubblicazioni scientifiche peer review mantenuto in funzione dall'Institute for Scientific Information — dimostra che Frederick Seitz ha interrotto la propria produzione scientifica attorno al 1970. In seguito ha pubblicato qua e là, ma quasi sempre recensioni di libri, editoriali, lettere ai giornali e qualche lavoro di storia della scienza. Allo stesso modo, in questo periodo Bill Nierenberg e Robert Jastrow hanno pubblicato molto poco su riviste peer review. Tra tutti, Fred Singer è quello che più corrisponde all'immagine dello scienziato che fa effettivamente ricerca. Negli anni Cinquanta e Sessanta aveva pubblicato un numero notevole di articoli di fisica e geofisica, di cui molti su riviste come Nature, Physical Review e il Journal of Geophysical Research. Ma, attorno al 1970, anche lui ha deviato e ha cominciato a scrivere un gran numero di lettere ed editoriali.03 Web of Science elenca alcuni di questi come articoli, ma è discutibile che questi testi costituiscano davvero un contributo originale alla ricerca. Un esempio è un pezzo di Singer del 1992, "Warming Theories Need Labels", pubblicato sul Bulletin of Atomic Scientists (che, non a caso, contiene una illustrazione dell'effetto domino — una reminescenza del suo anti-comunismo).04 Negli anni Ottanta Singer scrisse una serie di articoli per il Wall Street Journal sulle riserve di petrolio, malgrado non fosse né un geologo né un ingegnere petrolifero, e neppure un economista, e non avesse svolto quasi nessuna ricerca sull'argomento.05 Il fatto è che questi uomini non sono mai stati degli esperti degli argomenti sui quali scrivevano nei loro anni d'oro. Erano fisici, non epidemiologi, ecologi, chimici dell'atmosfera, o modellisti climatici. Per essere esperti di tutti i diversi argomenti che trattavano, avrebbero dovuto essere nello stesso tempo epidemiologi, ecologi, chimici dell'atmosfera e modellisti climatici. Nessuno oggi puo essere tutte queste cose. La scienza moderna è troppo specializzata, e richiede una tale concentrazione e attenzione che è già una scommessa riuscire a essere un vero esperto in un solo settore, figuriamoci in diversi campi contemporaneamente. Se non altro, ciò avrebbe dovuto costituire un indizio che questi uomini non potevano essere dei veri esperti. Un esperto a tutto campo è un ossimoro. I giornalisti sono stati tratti in inganno dalla levatura di questi personaggi, 348

anche perché è facile pensare che una persona brillante è brillante su qualsiasi argomento: i fisici sono stati consultati su qualsiasi cosa, dal collasso delle colonie di api, alla riforma della scrittura, alle prospettive della pace nel mondo.06 E, naturalmente, su fumo e cancro. Ma chiedere a un fisico di esprimere la propria opinione sul legame tra il fumo e il cancro è come chiedere a un comandante dell'aeronautica un parere sul progetto di un sottomarino. Può saperne qualcosa, ma anche nulla. In ogni caso, non è di sicuro un esperto dell'argomento. Allora che fare? Tutti noi ogni giorno prendiamo delle decisioni, e lo facciamo anche in presenza di incertezze. Quando comperiamo un'auto, una casa, o quando scegliamo un'assicurazione sanitaria o un fondo pensione, prendiamo delle decisioni, e non lasciamo che l'incertezza ci paralizzi. Possiamo infatti affidarci a persone che riteniamo possano aiutarci. Normalmente, ci sforziamo di prendere le decisioni sulla base delle migliori informazioni disponibili sull'argomento. Facciamo l'esempio dell'acquisto della macchina. Senza dubbio faremo dei test di guida, oppure chiederemo a qualche amico, specie a coloro che ne sanno di auto, e forse ci documenteremo leggendo qualche rivista che riporta dei test di valutazione. Benché anche le riviste possono sbagliare, e i prezzi e la disponibilità degli accessori possono variare, noi diamo per scontato che le informazioni che otterremo saranno ragionevolmente accurate e realistiche. Chiamiamolo realismo del guidatore. La metafora, tuttavia, non è molto adatta alla nostra discussione, perché alla fine l'acquisto di un'auto è del tutto soggettivo, e in larga misura è una scelta basata sul gusto. Posso decidere quale penso sia la macchina giusta per me, ma non esistono prove o osservazioni che mi permettano di stabilire quale sia la scelta giusta per gli altri. Non esiste quindi una risposta definitiva alla domanda, e in questa materia la verità non c'è. Allora prendiamo un esempio diverso. Una delle decisioni finanziarie di maggior importanza che la maggior parte di noi prende nella propria vita è l'acquisto di una casa. Quando lo facciamo consideriamo numerosi fattori: dimensione e ubicazione, distanza dal luogo di lavoro, zone commerciali e di ricreazione, sicurezza e protezione, qualità delle scuole locali, e naturalmente il prezzo. Il processo che ci porta a decidere di fare un'offerta può essere 349

impegnativo e coinvolgente, come nel caso della macchina, ed è collegato a una quantità di fattori soggettivi, ma di solito la somma in ballo è molto maggiore. Una volta che abbiamo deciso di fare un'offerta, comunque dovremmo fare un'altra cosa — qualcosa sulla quale molti di noi non riflettono abbastanza, considerando l'ammontare in gioco. Dovremmo fare una ricerca sul titolo della proprietà. O incaricare qualcuno di fare l'accertamento. Abbiamo bisogno di conoscere a che titolo la proprietà appartiene al soggetto che la sta vendendo, e se ci siano delle ipoteche o delle servitù che verrebbero a gravare su chi acquista l'immobile. Se la persona che abbiamo incaricato di fare la ricerca è incompetente o disonesta, potremmo andare incontro a un disastro finanziario. Ciononostante, dobbiamo credere al risultato della ricerca. Perché? La risposta è semplice: perché non abbiamo scelta. Qualcuno deve fare la ricerca e noi non abbiamo le competenze per farlo da soli. Riponiamo la nostra fiducia in qualcuno che è specializzato, autorizzato e ha l'esperienza per svolgere il compito che gli assegniamo. Il sociologo Michael Smithson ha evidenziato che tutte le relazioni sociali sono basate sulla fiducia. Affidiamo ad altre persone l'incarico di eseguire compiti che noi non possiamo o non vogliamo svolgere.07 Anche i contratti legali comportano un certo grado di fiducia, perché la controparte potrebbe sempre volare in Venezuela. Se non crediamo agli altri, o non vogliamo rinunciare al controllo diretto, possiamo anche fare da soli. Infatti possiamo cucinare il nostro cibo, pulire la nostra casa, pagare le tasse da soli, lavare la macchina e anche insegnare ai nostri bambini. Ma non possiamo fare scienza da soli. Quindi siamo a questo punto: dobbiamo affidarci agli scienziati perché non esiste un'alternativa credibile.08 E siccome nella maggior parte dei casi gli scienziati non hanno la qualifica scritta in fronte, dobbiamo prestare attenzione soltanto a coloro che sono effettivamente degli esperti, informandoci sulle loro credenziali, sulla ricerche attuali e pregresse, sugli organismi scientifici ai quali hanno sottoposto i loro lavori per lo scrutinio e sulle fonti di finanziamento della loro attività. Se una comunità scientifica deve dare un giudizio su una materia — come normalmente capita alla National Academy of Sciences — Oppure se questo 350

organismo si è organizzato appositamente per svolgere tale compito (come l'IPCC o l'Ozone Trend Panel) è ragionevole considerare il risultato dell'indagine serio e attendibile. Queste sono le linee guida della scienza moderna e della politica della ricerca. Non ha senso abbandonarle perché a qualcuno non piacciono. E ciò vale in particolare quando il rifiuto del parere degli esperti proviene da chi dissente per abitudine o per animosità personale, o da chi fa parte di un gruppo con un'agenda politica ben definita e con interessi politico-economici nascosti. Le decisioni ragionate vengono prese sulla base delle informazioni disponibili, e dobbiamo accettare che possono essere inesatte e possono essere riviste nel caso emergano nuove evidenze. Perché se è vero che la scienza moderna non dà certezze assolute, è vero anche che può vantare un numero considerevole di successi. Abbiamo mandato degli astronauti sulla Luna, inventato nuovi materiali, costruito macchine che ci risparmiano molto lavoro — tutto sulla base delle moderne conoscenze scientifiche. Anche se queste realizzazioni pratiche non provano che la nostra conoscenza scientifica è perfetta, ci dicono che la scienza moderna ci fornisce una base accettabile per poter agire. Nei primi anni Sessanta uno dei più importanti epidemiologi mondiali, inizialmente scettico all'idea che il tabacco potesse essere mortale, cambiò idea, accettando il peso delle evidenze che mostravano che lo era. In risposta a coloro che ancora dubitavano, e che insistevano che erano necessari ulteriori dati, egli replicò così: Il lavoro della scienza è sempre incompleto, che sia di tipo sperimentale o osservativo. Tutto il lavoro scientifico può subire un completo capovolgimento o una revisione a seguito del progresso della conoscenza. Ciò non ci autorizza a ignorare le conoscenze che abbiamo acquisito, oppure a rimandare le azioni che sono necessarie al momento. Come ha scritto Robert Browning, il mondo potrebbe finire stanotte. Vero, ma, per quanto ci risulta, la maggior parte di noi è pronta per andare al lavoro domattina alle 8:30. 09 Non vogliamo essere fraintesi. Gli scienziati non hanno titoli particolari per ciò che riguarda le decisioni di natura etica o morale; uno scienziato del clima 351

non ha più titoli per dare giudizi sulla riforma della sanità pubblica di quanto un fisico ne abbia per stabilire le cause del collasso delle colonie di api. Capìta spesso che quando si raggiunge una competenza approfondita in un determinato settore si resti ignoranti in molti altri. In certi casi gente comune come contadini, pescatori, pazienti e popoli indigeni possono aver avuto delle esperienze così importanti che gli scienziati hanno da imparare da loro. In effetti, di recente gli scienziati hanno cominciato a riconoscerlo: l'Arctic Climate Impact Assessment comprende delle osservazioni raccolte dalle popolazioni indigene.10 La nostra fiducia deve essere circoscritta e focalizzata. E deve essere di un tipo molto particolare. Tanto la fiducia cieca quanto il suo opposto possono metterci nei pasticci. Ma senza un certo grado di fiducia negli esperti che abbiamo scelto — uomini e donne che hanno dedicato la loro vita a studiare i gravi problemi del mondo in cui viviamo — saremmo paralizzati. In effetti non sapremmo neppure se prepararci per andare al lavoro domattina. Rimarremmo, come de Tocqueville riconobbe duecento anni fa, con nient'altro che un clamore confuso. Oppure, come suggerì Shakespeare secoli prima, con "una favola raccontata da uno sciocco, piena di strepito e furore, ma senza significato alcuno".11 C. P. Snow una volta disse che la fede sciocca nella autorità è nemica della verità. Ma lo stesso vale per il cinismo fine a sé stesso. Nello scrivere questo libro, abbiamo sfogliato centinaia di migliaia di pagine di documenti. Come storici, nel corso della nostra carriera ne avremo sfogliati sicuramente milioni. Spesso abbiamo capito che, per dare testimonianza di un fatto, è meglio lasciare parlare i documenti. Quindi concludiamo con le parole di S. J. Green, direttore delle ricerche della British American Tobacco, quando decise finalmente di riconoscere che quanto fatto dalla sua industria non era solo sbagliato moralmente, ma anche intellettualmente: "La richiesta di nuove prove scientifiche è sempre un espediente per giustificare l'inazione o il rinvio, e normalmente è la prima reazione di chi è colpevole. Il motivo per cui viene avanzata è dovuto al fatto che, in quelle circostanze specifiche, appare più che ragionevole".12 Oppure, come si espresse Bill Nierenberg in un momento di sincerità: "In cuor 352

tuo non puoi pensare che, gettando 25 milioni di tonnellate di solfati l'anno sul Nord-Est, non ci siano delle... conseguenze".13 Siamo d'accordo.

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RINGRAZIAMENTI Molte persone ci hanno generosamente concesso il proprio tempo e la propria competenza per aiutarci a cercare, scrivere e controllare quanto riportato in questo libro. Siamo enormemente grati a varie persone che hanno condiviso con noi parte o l'intera storia trattata nel volume, parlandone, oppure leggendo parti del manoscritto: Henry Abarbanel, Richard Ayres, Chris Bernabo, Edward Frieman, Stanton Glantz, Justin Lancaster, James Hansen, Donald Kennedy, Gene Likens, John Perry, Sherwood Rowland, Ben Santer, Anthony Socci e Richard Somerville; e anche ai nostri colleghi di studi storici che ci hanno aiutato a perfezionare la comprensione di questa storia e della scienza in generale: Keith Benson, Richard Creath, Max Bojkoff, Nancy Cartwright, Riley Dunlap, James Fleming, Dale Jamieson, Myanna Lahsen, Mary Morgan, Jane Maienschein, Minakshi Menon, Robert Proctor, Narendra Subramanian, Paul T'hacker, Spencer Weart, Peter Westwick e Zuoyue Wang. Questo progetto non si sarebbe realizzato senza la documentazione della biblioteca del Legacy Tobacco Documents, e senza il contributo del professor Stanton Glantz e dei suoi colleghi dell'Università della California a San Francisco. Siamo anche grati a Walter Munk perché ci ha aiutato a ottenere i rapporti preliminari dei Jason sul cambiamento climatico, a John Mashey per l'entusiasmo che ha profuso su questo progetto, perché ha difeso la nostra onorabilità in Internet e per la lettura dell'intero manoscritto aiutandoci in un momento cruciale; grazie anche a Mott Greene che ci ha aiutato a intendere il concetto di ricerca del titolo di proprietà. Nessuno storico potrebbe svolgere un lavoro come questo senza l'esistenza degli archivi e il supporto degli archivisti. Grazie allo staff incaricato degli archivi della Scripps Institution of Oceanography, in particolare a Deborah Day e Carolyn Rainey; Janice Goldblum della National Academy of Sciences; agli archivi del Massachusetts Institute of Technology: la biblioteca presidenziale Lyndon B. Johnson e la biblioteca presidenziale George H. W. Bush. Siamo stati fortunati per aver ricevuto l'aiuto di eccezionali assistenti alla 354

ricerca come Benjamin Wang, Afsoon Foorohar, Karin Marchett, Matthew Crawford, Matthew Shindell, Kryscal Tribbett e soprattutto l'infaticabile Charlotte Goor, senza la quale questo libro non avrebbe potuto essere completato, in quanto avremmo prima ceduto alla frustrazione. Grazie anche a Holly Hodder, già di Westview Press, per aver compreso per prima che questo progetto avrebbe potuto tradursi in un libro, alla nostra agente Ayesha Pande che ha fatto suo il nostro progetto fin dall'inizio, e agli impiegati della casa editrice Bloomsbury Press, Peter Ginna e Pete Beatty, i cui consigli sono stati sempre chiari, intelligenti, completi e gentili. Erik Conway ringrazia Blaine Baggett e Sthephen Kulczychi del Jet Propulsion Laboratory a Pasadena per aver autorizzato il periodo di aspettativa che gli ha permesso di portare a termine il suo contributo al presente libro, e anche per il modo in cui viene gestito il JPL e il Caltech facendo sì che il personale possa coltivare i propri interessi compatibilmente con il servizio. Conway è anche grato a Eric Fetzer, Frederick W. Irion, John T. Schofield e David Kass per le tante discussioni riguardanti le scienze dell'atmosfera. Naomi Oreskes ringrazia Christopher Patti per la consulenza legale, Lynn Russell, Richard Somerville e Larry Armi per l'ininterrotto supporto morale, Tony Heymett per il suo impegno nel mantenimento della correttezza accademica, la University of California, San Diego, per il costante supporro alla libertà accademica, e Shannon Sloan per la sua vigile protezione contro le minacce quotidiane alla vita accademica. Oreskes ringrazia il suo amato marito, Kenneth Belitz, che si compiace di dire di non aver avuto bisogno di leggere il libro, perché lo ha vissuto assieme ai loro figli, Hannah e Clara Belitz, che a loro volta hanno sportivamente tollerato di essere trascurati per molti mesi dalla mamma.

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PERMESSI Alcuni brani del capitolo 4 sono tratti dal libro di Conway J., Atmospheric Science at NASA: a History, The John Hopkins University Press, Baltimore 2008. Alcune sezioni del capitolo 6 sono tratte da Oreskes N., E. Conway, M. Shindell, "From Chicken Little to Dr Pangloss: William Nierenberg, Global Warming, and the Social Deconstruction of Scientific Knowledge", Historical Studies in the Natural Sciences, 38, 1: 109-152, autorizzazione concessa. Alcune sezioni del capitolo 7 sono tratte da Oreskes N., "Science and public policy: What's proof got to do with it?", Environmental Science and Policy, 7, 5: 369-383. Parte delle conclusioni sono tratte da Oreskes N., "The scientific consensus on climate change: How do we know we're not wrong?", in Di Mento ]. F. C., P. Doughman, Climate Change: What it Means for Us, our Children, our Grandchildren, MIT Press, Cambridge, Mass., 2007, 65-99. Autorizzazione MIT Press concessa.

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NOTE Nota sulle fonti Questo libro è in larga misura basato sui documenti portati alla luce dalle cause legali sul tabacco degli anni Novanta. I documenti sono custoditi presso la University of California a San Francisco e sono disponibili online sul sito della Legacy Tabacco Documents Library (legacy.library.ucsf.edu). Il database online è costituito da oltre 50 milioni di pagine di testo, e ogni documento ha uno specifico numero identificativo chiamato Bates Number (BN). Poiché la biblioteca contiene molti documenti con nomi simili, nelle note che seguono abbiamo scelto di indicare prevalentemente il Bates Number quale mezzo più semplice per ricercare singoli documenti. Abbiamo ritenuto di omettere gli indirizzi URL in quanto avrebbero richiesto molto spazio e perché potrebbero cambiare in futuro.

INTRODUZIONE 01 Masoni et al. vs. Environmental Protection Agency et al., no. 05-1120, Washington, D.C., 29 novembre 2006 (www.supremecourtus.gov/oral_arguments/argument_transcripts/05II20.pdf); Rosner D., G. Markowitz, "You say Troposphere, I say Stratosphere", The Pump Handle Crowd Blog, 8 gennaio 2007 (thepumphandle.wordpress.com/2007/01/08/you-say-tro posphere-i-saystratosphere/). 02 Science and Environment Policy Project, "The IPCC Controversy" (www.sepp.org/Archive/controv/ipcccont/ipeccont.html). 03 Seitz F., "A Major Deception on 'Global Warming", Wal! Street Journal, 12 giugno 1996, Op-Ed, Eastern edition, A16. 04 Santer B., et al., "Letter to the editor", Wall Street. Journal, 25 giugno 1996, Eastern edition, A15. 357

05 Avery S. K., et al., "Special insert: An open letter to Ben Santer", UCARUniversity Corporation for Atmospheric Research, Communications Quarterly, 1996. 06 Ibidem. 07 Edwards P. N., S. H. Schneider, "The 1995 IPCC Report: Broad Consensus or Scientific Cleansing", Ecofable/Ecoscience I, 1, 1997: 3.9. 08 Singer S. F., "Letter to the editor", Wall Street Journal, 11 luglio 1996, Eastern edition, A15. Per una ricostruzione dettagliata dell'intera vicenda si veda Edwards P. N., S. H. Schneider, "The 1995 IPCC Report". 09 DuHamell., "The Assumed Authority — The IPCC Examined", Realists Blog (prima CO, sceptics), 29 maggio 2008 (climaterealists.com/index.php? id=1368); "The IPCC Controversy", Science and Environment Policy Project. 10 American Liberty Publishers, "IPCC Global Warming Report", (www.amlibpub.com/essays /ipcc-global-warming-report.html). 11 Schwartz]., "Philip Morris Sought Experts to Cloud Issue, Memo Details", Washington Post, 9 maggio 1997, A02 (www.washingtonpost.com/wpsrv/national/ longrerm/tobacco/ stories/second.htm). 12 Leroy Chapman R., "A Case Study of the US Weather Satellite Program: The Interaction of Science and Politics", Ph.D. thesis, Syracuse University, 1967. 13 Singer F. S., K. Jeffreys, he EPA and the Science of Environmental Tobacco Smoke, Alexis de Tocqueville Institution, University of Virginia, T994, BN: TICT0002555; BN: TI31749030, Legacy Tobacco Documents Library. 14 Bad Science: A Resource Book, 26 marzo 1993, BN: 2074143969, Legacy Tobacco Documents Library. 15 Seitz F., R. Jastrow, W. A. Nierenberg (a cura di), Global warming: What Does the Science Tell Us?, The George C. Marshall Institute, Washington, D.C., 1989. Il Marshall Institute lo ha ripubblicato come Scientific Perspectives on the Greenhouse Problem nel 1989, 1990 e nel 1991. Si veda Jastrow R., W. 358

Nierenberg, F. Seitz, Scientific Perspectives on the Greenhouse Problem, George C. Marshall Institute, Washington, D.C., 1989. 16 Roberts L., "Global Warming: Blaming che Sun", Science, 246, 4933, 1989, 992-993. 17 S. Fred Singer vs. Justin Lancaster, Mass. Civil Action 93-2219, 2 agosto 1993; Taubes G., "The Ozone Backlash", Scierce, 260, 1580-1583; Rowland F. S., "President's Lecture: The Need for Scientific Communication with the Public", Science, 260, 1573-1576; Singer S. F., "Letter to the editor and Rowland response", Science, 261, 1101-1103. 18 Lahsen M., "Experiences of Modernity in the Greenhouse: A Cultural Analysis of a Physicist 'Trio' Supporting the Backlash against Global Warming", Global Environmental Change, 18, 2008, 204-219. 19 Nel 2007, quando il Fourth Report dell'IPCC aveva dichiarato che il riscaldamento era "inequivocabile", il New York Times ancora citava il dissenso di Fred Singer. Si veda Dean C., "Even Before Its Release, World Climate Report Is Criticized as Too Optimistic", New York Times, 2 febbraio 2007 (www.nytimes.com/2007/02/02/science/02oceans.html? scp=i&sq=Fred+Singer&st=nyt).

1. IL DUBBIO È IL NOSTRO PRODOTTO 001 Executive Summary, 1987, Bates Number (BN): 507720494, Legacy Tobacco Documents Library; A Discussion of Tobacco Industry and R. J. Reynolds Industries" Support of Biomedical Research, BN: 504480429. Legacy Tobacco Documents Library. 002 "Frederick Seitz to H. C. Roemer", 1 maggio 1978, BN: 504480670, Legacy Tobacco Documents Library. 03 "Executive Summary", 1987, BN: 507720494; si veda anche William D. Hohbs to J. Paul Sticht, RE: Corporate Support of Biomedical Research, 29 maggio 1980, BN: 504480340, Legacy Tobacco Documents Library; e A Discussion of Tobacco Industry and R. J. Reynolds Industries' Support of Biomedical Research, BN: 504480429, Legacy Tobacco Documents Library. 359

04 The AMINCO-Bowman SPF: Special Spodights, Atabrine and New Pharmacology (history.nih.gov/exhibits/bowman/SSatabrine.htm). 005 Executive Summary, BN: 507720494, Legacy Tobacco Documents Library. 006 Ibidem. 007 In seguito questi esperimenti gli procurarono parecchi problemi. Si veda Wade N. "Gene Therapy Caught in More Entanglements", Science, 212, 4490, 1981, 24-25. 008 Seitz F., On the Frontier. My Life in Science, American Institute of Physics Press, New York 1994. 009 Si veda, per esempio, Colin Stokes, Chairman of R. J. Reynolds Industries to G. Barry Pierce, MD, 2 novembre 1978, BN: 503036338, Legacy Tobacco Documents Library. 010 Le prime due citazioni compaiono in William D. Hobbs a J. Paul Sticht, BN: 504480340, Legacy Tobacco Documents Library; l'ultima citazione in Colin Stokes, RJR ; Support of Biomedical Research, International Advisory Board, Draft II: Presentation Prepared by RIR Managerial Employee for Review and Approval by RJR In-house Legal Counsel, maggio 1979, BN: 50480518, Legacy Tobacco Documents Library; si veda l'altro documento, quasi uguale, in Stokes C., RJR Support of Biomedical Research, International Advisory Board, maggio 1979, BN: 504697359. Legacy Tobacco Documents Library. 011 William D. Hobbs a J. Paul Sticht, BN: 504480340, Legacy Tobacco Documents Library. 012 Ibidem. 013 Stokes C.. RJR's Support of Biomedica! Research, BN: 504480518, Legacy Tobacco Documents Library. 014 Ibidem. 015 Ibidem.

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016 Ibidem. 017 Proctor R. N., The Nazi War on Cancer, Princeton University Press, Princeton, N.J., 1999. 018 Frederick Seitz a John L. Bacon, Director-Corporate Contributions, 24 ottobre 1984, BN: 508455343, Legacy Tobacco Documents Library. In almeno un'occasione, Prusiner ha cenato con dirigenti dell'industria del tabacco. Si veda Memorandum to J. Tylee Wilson, BN: 505628702G, Legacy Tobacco Documents Library. 019 Wynder E. L., et al., "Experimental Production of Carcinoma with Cigarette Tar", Cancer Research, 13, 1953, 855-864. 020 Stanton A., Glantz S. A., et al, The Cigarette Papers, University of California Press, Berkeley, 1996. 021 Proctor R. N., Nazi War; Proctor R. N., Cancer Wars: How Politics Shapes What We Know and Don't Know about Cancer, Oxford University Press, New York, 2001; Davis D. L., The Secret History of the War on Cancer, Basic Books, New York 2007. 022 Questo capitolo si basa su diversi resoconti sugli sforzi dell'industria del tabacco per mettere in dubbio le ricerche scientifiche, oltre che su ricerche condotte dagli autori su documenti interni dell'industria. Le fonti includono: Glantz S. A., et al., The Cigarette Papers; Proctor R. N., Nazi War and Cancer Wars; Brandt A. M., The Cigarette Century: The Rise, Fall, and Deadly Persistence of the Product that Defined America, Basic Books, New York 2007; Davis, War on Cancer; Michaels D., Doubt Is Their Product: How Industry Assault on Science Threatens Your Health, Oxford University Press, New York 2008; Rampton S., J. Stauber, Trust Us, Were Experts! How Industry Manipulates Science and Gambles with Your Future, Tarcher, New York 2000. 023 Background Material on the Cigarette Industry Client, 15 dicembre 1953, BN: 280706554, Legacy Tobacco Documents Library. 024 US Department of Justice, Civil Division, Litigation Against Tobacco Companies, www.usdoj.gov/civil/cases/tobacco2/index.htm; US complaint 361

against the tobacco industry, presentato il 22 settembre 1999; United States of America vs. Philip Morris, R. J. Reynolds, et al. (www.usdoj.gov/civil/cases/tobacco2/complain.pdf); United States of America vs. Philip. Morris USA Inc., et al., Closing Arguments, vol. 115, CA9902496, (Washington, D.C., June 9, 2005), BN: DOJDCS060905, Legacy Tobacco Documents Library. 025 Solo Liggett e Myers — produttori delle Larks e delle Chesterfields — decisero di non partecipare, pensando fosse meglio ignorare tutto. Cos'era questo "tutto"? Si trattava della crescente quantità di prove che dimostravano che il tabacco uccideva. Su questi argomenti si veda Background Material on the Cigarette Industry Client, 15 dicembre 1953, Exhibit 2 (www.tobacco.neu.edu/box/BOEKENBox/hkwaxman.html); A Frank Statement to Cigarette Smokers, 1 gennaio 1964, Legacy Tobacco Documents Library, BN: TINY0001786. Il sito web Boeken Box presenta diversi documenti chiave del processo del 2001 Boeken vs. Philip Morris, che in prima battuta aveva condannato la Philip Morris a pagare un risarcimento danni di 3 miliardi di dollari contro il convenuto (comunicazione via e-mail Ray Goldstein a Charlotte Goor, 3 dicembre 2009). Per i lettori interessati, le "prove" nel Boeken Box corrispondono ai seguenti numeri Bates nella Legacy Tobacco Documents Library: Exhibit 1, BN: TINY0001772; Exhibit 3, BN: TINY0001776; Exhibit 4, BN: TINY0001786; Exhibit 5, BN: TINY0001788; Exhibit 6, BN: TINY0001792; Exhibit 7, BN: TINY0001800; Exhibit 8, BN: TINY0001805: Exhibit 9, BN: TINY000i828; Exhibit 10, BN: TINY000183G; Exhibit 11, BN: TINY0001841; Exhibit 12, BN: TINY0001848; Exhibit 13, BN: TINY0001852; Exhibit 14, BN: TINY0001859 (Exhibit 2 non è un documento della Legacy Tobacco, è un MN A.G. Trial Exhibit 18905). I documenti del processo Boeken sono stati citati anche nelle audizioni del Congresso guidate nel 1994 dal membro della Camera Henry Waxman, che hanno portato al rapporto The Hill and Knowlton Documents, Waxman Report: How the Tobacco Industry Launched its Disinformation Campaign, À Staff Report, Majority Staff, Subcommitte on Health and the Envinvironment, 26 maggio 1994, US House of Representatives, Committee on Energy and Commerce, 00BN: TINY0001756-1770, Legacy Tobacco Documents Library. 026 Background Material on the Cigarette Industry Client. 027 United States of America vs. Philip Morris, R. ]. Reynolds, et al., 1999, 362

pagina 3. 028 Background Material on the Cigarette Industry Client; si veda anche United States of America vs. Philip Morris, R. J. Reynolds, et al, Final Opinion, CA-02496 (17 agosto 2006), www.usdoj.gov/civil/cases/tobacco2/ORDERFINAL.pdf; Amended Final Opinion, CA99-02496, 8 settembre 2006 (www.usdoj.gov/civil/cases/tobacco2/amended%20opinion.pdf). 029 Ibidem. 030 United States of America vs. Philip Morris, R. ]. Reynolds, et al., 1999, e altri documenti citati nel seguito. 031 The Hill and Knowlton Documents, Waxman Report: How the Tobacco Industry Launched its Disinformation Campaign, À Staff Report, Majority Staff, Subcommitte on Health and the Environment, 26 maggio 1994, (www.tobacco.neu.edu/box/BOEKENBox/Waxman%201994% 20HinKnowlton/HK%20Conspiracy%20Waxman%20Report.pdf). 032 Waxman Report, How the Tobacco Industry Launched Its Disinformation Campaign, 8, 12. Si veda anche Conferences with LIFE and Reader Digest, July 17-18, 1956, Exhibit 14 (www.tobacco.neu.edu/box/ BOEKENBox/W axman%201994%20HillKnowlton/Waxman14.pdf, BN: TINY001859, Legacy Tobacco Documents Library). 033 Glantz S. A., et al., The Cigarette Papers; Brandt A. M., The Cigarette Century, 247-248, 275-276, 364, 379. 034 Snell G. D., "Clarence Cook Little", Biographical Memoirs v. 46 (Washington, D.C., National Academies Press, 1974), 240-263). Litele guidò il Tobacco Industry Research Committee dal 1954 al 1969. 035 Waxman Report, How the Tobacco Industry Launched Its Disinformation Campaign, 7. 036 Parascandola M., "Public Health Then and Now. Cigarettes and the US Public Health Service in the 19505", American. Journal of Public Health, 91, 2, 2001, 196-205, 198. 363

037 Tobacco Institute Research Council, A Scientific Perspective on the Cigarette Controversy, 1954, BN: 946078469, Legacy Tobacco Documents Library. 038 Hill and Knowlton, Public Relations Report to the Tobacco Industry Research Committee. 14 febbraio 1956, Exhibit 13, BN: TINY0001852, Legacy Tobacco Documents Library. 039 Hill and Knowlton, Preliminary Recommendations for Cigarette Manufacturers, 24 dicembre 1953, Exhibit 3, 5-6 (www.tobacco.neu.edu/box/BOEKENBox/Waxman%201994%20HillKnowlton/Waxmano3.pdf), BN: TINY0001775, Legacy Tobacco Documents Library. 040 Hill and Knowlton, Preliminary Recommendations for Cigarette Manufacturers, 5-6. 041 Glantz S. A., et al., "Tobacco Industry Sociological Programs to Influence Public Beliefs About Smoking", Social Sciences and Medicine, 66, 4, 2008, 970981. 042 Kessler D. A., A Question of Intent: A Great American Battle with a Deadly Industry, Public Affairs, New York 2002; Brandt A. M., 7he Cigarette Century; Rampton S., J. Stauber, Trust Us, Were Experts!; McGarity T. O., W. Wagner, Bending Science: How Special Interests Corrupt Public Health Research, Harvard University Press, Cambridge, Mass., 2008. 043 Museum of Broadcast Communications, Fzirness Doctrine: US Broadcasting Policy (www.museum.tv/archives/erv/F/htmlF/fairnessdoct/fairnessdoct.htm). 044 Schuman L. M., "The Origins of the Report of the Advisory Committee on Smoking and Health to the Surgeon General", Journa/ of Public Health Policy, 2, 1981, 19-27; Brandt A. M., The Cigarette Century; Glantz S. A., et al., The Cigarette Papers. 045 Waxman Report, How the Tobacco Industry Launched Its Disinformation Campaign, 7, 1994, 79. 364

046 Halberstam D., The Powers That Be, University of Illinois Press, UrbanaChampaign, 2000, 38. 047 Hill and Knowlton, Report on TIRC Booklet "A Scientific Perspective on the Cigarette Controversy", 3 maggio 1954, Exhibit 6 (www.tobacco.neu.edu/box/BOEKENBox/Waxman%201994%20HillKnowlton/Waxrnano6.pdf), BN: TINY0001792, Legacy Tobacco Documents Library. 048 Tobacco Industry Research Committee: Council for Tobacco Research, BN: 2015002362, Legacy Tobacco Documents Library. 049 Ibidem. 050 Tobacco Industry Research Committee: Council for Tobacco Research, BN: 2015002362. Legacy Tobacco Documents Library. 051 Ibidem. Sulle origini del comitato del 1964 si veda Schuman L. M., "Origins of the Report". 052 Schuman L. M., "Origins of the Report", 19-27. 053 Stanton Glantz sottolinea che l'industria era terrorizzata dalla prospettiva di ciò che i gruppi sanitari avrebbero fatto con il rapporto, ma i gruppi non reagirono in modo così forte come l'industria si aspettava. Si veda Glantz S. A., et al, The Cigarette Papers, 50-52. 054 Brandt A. M., The Cigarette Century, 220, 228-230. 055 Parascandola M., "Public Health Then and Now", 196-205. 056 Parascandola M., "Two Approaches to Etiology: The Debate over Smoking and Lung. Cancer in the 19505", Endeavour, 28, 2, 2008, 81-86, 85. 057 Davies D. F., "A Statement on Lung Cancer", CA, A Cancer Journal for Clinicians, 9, 6, 1959, 207-208. 058 Glantz S. A., et al, The Cigarette Papers, 15, 32; si veda anche Kessler D. A., A Question of Intent, per una discussione sui suoi sforzi di regolare la 365

nicotina come una droga, e sull'opposizione dell'industria negli anni Novanta. 059 Glantz S. A., et al., The Cigarette Papers, 29. 060 Ibidem. 061 Schuman L. M., "Origins of the Report", 19-27. 062 Parascandola M., "Public Health Then and Now", 196-205; Blum A., et al, "The Surgeon General's Report on Smoking and Health 40 Years Later. Still Wandering in che Desert > Lancet, 363, 9403, 2004, 97-98; National Library of Medicine, "The Reports ot the Surgeon General: The 1964 Report on Smoking and Health", Profiles in Science (profiles.nlm.nih.gov/NN/Views/Exhibit/narrative/ smoking.html). Si veda anche Centers for Disease Control and Prevention. History of the Surgeon General' Report on Smoking and Health (www.cdc.gov/Tobacco/ datastatistics/sgr/history/index.htm); Tobacco.org, 1964: The First Surgeon General'; Report (www.tobacco.org/resources/history/1964_0111_ist_sgr.html). 063 Centers for Disease Control and Prevention. History of Surgeon General Report on Smoking and Health. 064 Glantz S. A., et al., The Cigarette Papers. 50. 065 Tobacco Industry Research Committee: Council for Tobacco Research, BN: 2015002362, Legacy Tobacco Documents Library. 066 Glantz S. A., et al., The Cigarette Papers. 51. 067 Ibidem, 53-54. 068 Ibidem, 45. 069 Press Release: From the Council for Tobacco Research-USA, 2 marzo 1964, BN: 961009573, Legacy Tobacco Documents Library. 070 Tobacco News Summary no. 31, Condensed from Public Sources by Hill 366

and Knowlton, Inc., 31 marzo 1965. BN: 680280682, Legacy Tobacco Documents Library. 071 US Department of Health, Education and Welfare, The Health Consequences of Smoking — A Public Health Service Review, US Government Printing Office, Washington, D.C., 1967 (profiles.nlm.nih.gov/NN/B/B/K/M//nnbbkm.pdf). 072 Ibidem. 073 Company Statement on Smoking and Health, 12 maggio 1967, BN: 282001858 Legacy Tobacco Documents Library. 074 The Original Ed Gibbs Newsletter of the Beer, Wine and Liquor Industries, 7 febbraio 1969, BN: TI558426o8, Legacy Tobacco Documents Library. 075 Sulla posizione dell'industria a proposito dell'impatto della Fairness Doctrine, si veda Glantz S. A., et al, The Cigarette Papers, 262. Sulla mancata opposizione dell'industria al bando, si veda idem, 256, 258. 076 Glantz S. A., et al., The Cigarette Papers, 256. 077 Newsletter of the Beer, Wine and Liquor Industries, BN: TI55842608, Legacy Tobacco Documents Library. 078 U. S. Department of Health, Education and Welfare, Smoking and Health: Report of the Advisory Committee to the Surgeon General of the Public Health Service, U. S. Government Printing Office, Washington, D.C., 1964 (profiles.nlm.nih.gov/NN/B/B/M/Q/-/nnbbmq.pdf). Per le statistiche sul numero di medici fumatori si veda Foulds J.. 'How Many Medical Doctors Smoke?", Healthline (www.healthline.com/blogs/smokingcessation/labels/medical.html); Smith D. R., P. A. Leggat, "An International Review of Tobacco Smoking in the Medical Profession: 1974-2004", BMC Public Health, 7,115, 2007 (www.biomedcentral.com/1471-2458/7/115); sulle citazioni dei rappresentanti dell'industria comparse sul New York Times si veda Hoyt C., "The Doctors Are In. The Jury Is Out", New York Times, 17 febbraio 2008 (www.nytimes.com/2008/02/17/opinion/17pubed.html). 367

079 Annual Report, 1969, R. J. Reynolds Tobacco Company, BN: 500435078, Legacy Tobacco Documents Library. 080 Glantz S. A., et al., The Cigarette Papers, 7. 081 Altria, History of Tobacco Litigation: 1954-1978 (www.altria.com/media/03_0_06_01_02-01-1954-1978.asp). Un documento dell'industria indica che nel 1979 l'industria pagò 794 milioni di dollari in accise sulle sigarette. Stokes C., RJR Support of Bio medical Research, Draft III, maggio 1979, BN: 504480518, Legacy Tobacco Documents Library. 082 Glantz S. A., et al., The Cigarette Papers, 19. 083 Ibidem, capitolo 7, 241-247. 084 Summary, Re: Research Funding, BN: 502370120, Legacy Tobacco Documents Library. 085 Stokes C., RJR's Support of Bio medical Research. 086 Summary, Re: Research Funding. 087 Stokes C., RJR's Support of Bio medical Research. 088 Biography of Frederick Seitz, novembre 1985, BN: 87697430, Legacy Tobacco Documents Library. 089 Seitz F., Draft of Presentation to the Intemational Advisory Committee-R. J. Reynolds Industries, 9 maggio 1979, BN: 503955384, Legacy Tobacco Documents Library. Si veda anche Stokes C., R/R5 Support of Bio medical Research. 090 Roemer H. C., et al., Proposal for Profit, Expenditure, or Policy Change: Financial Support of Research Efforts of Rockefeller University, 11 settembre 1975, BIN: 502521448, Legacy Tobacco Documents Library. 091 Seitz F.. On the Frontier. 092 Murph Goldberger, comunicazione personale con Naomi Oreskes, 24 368

gennaio 2008. Si veda anche Wang Z., In Sputniks Shadow: The President Science Advisory Committee and Cold War America, Rutgers University Press, New Brunswick, N.J., 2008. 093 Seitz F., et 41, "Eugene Paul Wigner", Biographical Memoirs v. 74, National Academies Press, Washington, D.C., 1998, 364-388; "Wigner, Eugene P.°, New World Encyclopedia (www.newworldencyclopedia.org/entry/Eugene_P._Wigner). 094 Seitz F., On the Frontier. 095 Seitz F., Draft of Presentation to the International Advisory Committee, BN: 503955384, Legacy Tobacco Documents Library. 096 Seitz F., Presentation to Operating Committee R. ]. Reynolds Industries, Inc., 8 agosto 1979, BN: 504779244, Legacy Tobacco Documents Library. 097 Ibidem. 098 Ibidem. 099 Ter-Pogossian M., et al., "Radioactive Oxygen 15 in Studies of Kinetics of Oxygen of Respiration", American journal of Physiology, 201, 1961, 582-586. 100 Seitz E., On the Frontier. 101 Le sue memorie includono diversi commenti sulle condizioni deplorevoli della cultura popolare, specialmente dei film hollywoodiani. Riconduce inoltre l'elitarismo di William Schockley — e successivamente il suo razzismo — all'influenza di Hollywood. 102 Seitz F., On the Frontier. 103 Aetna InteliHealth: Health A to Z, Emphysema (www.intelihealth.com/IH/ihtIH/WSIHW000/9339/10600.html). 104 Bartholomew K., "Century at Stanford", Stanford Magazine, luglio/agosto 2003 (www.stanfordalumni.org/news/magazine/ 2003/julaug/dept/century.html). 369

105 US Department of Energy, Chronic Beryllium Disease (www.energy.gov/saferyhealth/cbd.htm); si veda anche Natural Resources Defense Council, Settlement ofthe Contempt Action against the Department of Energy: Joint Stipulation and [Proposed] Order (www.nrdc.org/nuclear/9812doe.asp). Il governo statunitense ha messo a punto delle regole per prevenire le malattie derivanti dalla contaminazione da berillio, si veda Chronic Beryllium Disease Prevention (io CFR 850); e Michaels D., C. Monforton, "Beryllium's Public Relations Problem: Protecting Workers When There Is No Safe Exposure Level", Public Health Reports, 123, 2008, 79-88 (Www.defendingscience.org/upload/Berylliums_PR_Problem.pdf). 106 Seitz F., On the Frontier. 107 Murph Goldberger, comunicazione personale con Naomi Oreskes, 24 gennaio 2008. 108 Frederick Seitz a Colin Stokes, Meetings of the R. J. Reynolds Advisory Committee in Bermuda, 7 novembre 1979, BN: 502742718, Legacy Tobacco Documents Library; si veda anche il commento di Seitz pubblicato su Vanity Fair Hertsgaard M., "While Washington Slept", Vanity Fair, 5 maggio 2006 (www.vanityfair.com/politics/features/2006/05/warming200605). 109 Per un'analisi dei finanziamenti del progetto, si veda BN: 504697359, Stokes C., RJR's Support of Biomedical Research, International Advisory Board, maggio 1979, BN: 515449696, R J Reynolds Industries Support of Biomedical Research, 12 settembre 1979, BN: 508265593, Executive Summary of the RJR Nabisco, Inc. Biomedica! Research Grants Program To 1987, BN: 5304480340, William D. Hobbs a J. Paul Sticht, Corporate Support for Biomedical Research, 29 maggio 1980, BN: 503137602, si veda anche F. Seitz a H. C. Roemer, 19 giugno 1979, BN: 502443876, Frank G. Colby a Alan Rodgman, Information for Dr. Laurene Weekly Meeting with. Mr. Hobbs, 17 ottobre 1979. 110 William D. Hobbs a J. Paul Sticht, Corporate Support for Biomedical Research, 111 Dickson D., "NIH Censure for Dr. Martin Cline", Nature, 2091, 4, 1981, 369; 370

Wade N., "Gene Therapy Caught in More Entanglements", 24-25. 112 Dickson D., "NIH Censure", 369. 113 Ibidem. 114 Deposition Transcript of James J. Morgan, 17 aprile 1994, BN: 2063670882, Legacy Tobacco Documents Library; Deposition Transcript of Martin J. Cline, 20 maggio 1997, BN: 516969762, Legacy Tobacco Documents Library, a pagina 55 per un'analisi della cessazione del fondo per le ricerche a Cline. 115 Norma R. Broin et al. vs. Philip Morris Incorporated-Further Readings (law.jrank.org/pages/12908/Broin-et-al-v-Philip-Morris-Incorporated-etal.html); si veda anche Deposition Transcript of James J. Morgan, BN: 2063670882, Legacy Tobacco Documents Library. 116 Colin Stokes, presidente del Consiglio di amministrazione di R. J. Reynolds Industries, a G. Barry Pierce, M.D., BN: 503036338, Legacy Tobacco Documents Library. 117 Deposition Transcript of Martin ]. Cline, BN: 516969762, Legacy Tobacco Documents Library, 19-21. 118 Ibidem, 20. 119 Ibidem, prima citazione alle pagine 23-24; la seconda a pagina 46. 120 Joint Defendants' Initial List of Fact Witnesses, US vs. Philip Morris Inc., et al. CA99-CV 02496 (GK), 18 gennaio 2002, BN: 9469287, Legacy Tobacco Documents Library. La lista dei testimoni inizia a pagina 3, Prusiner viene citato a pagina 12. Si veda anche un documento anteriore, del 1988, che menziona il suo lavoro: Combined Exhibit List Additions, agosto 1998, BN: 2084317019, Legacy Tobacco Documents Library; United States' Final Proposed Finding of Facts, US vs. Philip Morris Incorporated et al, CA99-CV 02496 (GK), 1 luglio 2004 (www.library.ucsf.edu/sites/all/files/ucsf.assets/uspm.pdf). Sugli accordi dell'industria del tabacco con i governi si veda Tobacco Settlement Agreements, Government Relations, PhilipMorrisUSA 371

(www.philipmorrisusa.com/en/cms/Responsibility/Government_Relations/TSA/MSA_10yr 121 US Department of Justice, Civil Division, Litigation Against Tobacco Companies, La citazione degli Stati Uniti contro l'industria del tabacco, presentata il 22 settembre 1999, è United States of America vs. Philip Morris, R. J. Reynolds, et al.; United States of America vs. Philip Morris USA et al, Closing Arguments, vol. 115, CA99-02496, BN: DOJDCSo060905, Legacy Tobacco Documents Library. 122 Amended Final Opinion, CA99-02496, presentata l'8 settembre 2006. 123 Glantz S. A., et al, The Cigarette Papers, 289-339. 124 A Discussion of Tobacco Industry and R. ]. Reynolds Industries® Support of Biomedical Research, BN: 504480429, Legacy Tobacco Documents Library. Anche altre aziende perfezionarono questa strategia: si veda Glantz S. A., etal., The Cigarette Papers, 44. L'eufemismo "progetti speciali" indicava frequentemente gli sforzi "destinati a trovare scienziati e medici che potessero testimoniare a favore dell'industria in cause legali o davanti ai tribunali", Memo from Ernest Peoples to J. E. Edens, Chairman. and CEO of Broun&Williamson, 4 aprile 1978, citato in Glantz S. A., etal., The Cigarette Papers, 44. 125 Kessler D. A., A Question of Intent: Mundy A., L. Etter, "Senate Passes FDA Tobacco Bill", Wall Street Journal, 12 giugno 2009 (online.wsj.comf/article/5SB124474789599707175.html); US Department of Health and Human Services, "FDA Seeks Public Input on Tobacco Regulation", FDA: News and Events, 30 giugno 2009 (www.fda.gov/NewsEvents/Newsroom/PressAnnouncements/ucm169853 .htm). 126 BBC News Online, Smoking-The Health Effects, 8 febbraio 2003 (news.bbc.co.uk/I/hi/health/medical-notes/473673.stm). 127 Brownson R.C., et a/., "Demographic and Socioeconomic Differences in Beliefs About the Health Effects of Smoking", American Journal of Public Health, 82,1, 1992, 99-103 (www. pubmedcentral.nih.gov/ picrender.fcgi? artid=169441&blobrype=pdf). 372

128 Berg Flexner S., E. F. Shewmaker (a cura di), The Random House Dictionary of the English Language, Random House, New York, 1973, 235. 129 Smoking and Health Proposal, 1969, BN: 680561778, Legacy Tobacco Documents Library; si veda anche "Doubt of Tobacco Hazard, Ads Goal", Indianapolis Star, 7 luglio 1981, BN: 690834753. Legacy Tobacco Documents Library; Press Query, 2 July 1981, BN: 170012852, Legacy Tobacco Documents Library; Michaels, Dowbt Is Their Product. 130 Seitz F., On the Frontier.

2. LA SDI, LA FALSIFICAZIONE DEI FATTI E LA CREAZIONE DEL GEORGE C. MARSHALL INSTITUTE 001 Rubin H.. "Walter M. Elsasser", Biographical Memoirs. v. 68, National Academies Press, Washington, D.C., 1995, 103-166. 002 Alexander Holtzman a Bill Murray, Subject: Fred Seitz, 31 agosto 1989, BN: 2023266534, Legacy Tobacco Documents Library. 003 Philip Mirowski P., D. Plehwe, The Road from Mont Pelerin: The Making of the Neoliberal Thought Collective, Harvard University Press, Cambridge, Mass., 2009. 004 George C. Marshall Institute, "Remembering Frederick Seitz", 4 marzo 2008 (www.marshall.org/article. php?id=579). 005 Citato in Cahn A. H., Killing Détente: The Right Attacks the CIA, Pennsylvania State University, College Station 1998. 006 Ibidem. 007 L'interpretazione di Teller è riportata in Cahn A. H,, Killing Détente, 125 008 Central Intelligence Agency (CIA), Nationa) Intelligence Estimate, NIE 113/8-75: Soviet Forces for Intercontinental Conflict, Through the mid-1 980s, Volume 1, Key Judgments and Summary, Advance Dissemination, 17 novembre 1975, CIA, 40 (www.foia.cia.gov/browse_docs.asp? 373

doc_no=0000268110). 009 L'ufficiale del servizio segreto citato qui è George Carver. Si veda Cahn A. H., Killing Détente, 130. 010 Cahn A. H., Killing Détente, 132-135. 011 Ibidem, 126-127. 012 Su Wolfowitz si veda Cahn A. H,, Killing Détente, 147-152. 013 Central Intelligence Agency (CIA), Intelligence Community Experiment in Competitive Analysis, TCS 889140-76, Soviet Strategic Objectives: An Alternative View, Report of Team "B", 5 dicembre 1976 (www.foia.cia.gov/browse-docs.asp?doc-n0=0000278531). 014 Ibidem, 13-14. 015 Ibidem, 45-46, grassetto nell'originale. 016 Ibidem, 47. 017 Ibidem, 32. 018 Lewis C. S., The Four Loves, Harcourt Brace, San Diego 1960, 60. 019 Ibidem, 61. 020 CIA, Soviet Strategic Objectives, 34. 021 Cahn A. H., Killing Détente, 176-179. 022 Ibidem, 189. 023 Citato in Fitzgerald F., Way Out There in the Blue: Reagan, Star Wars, and the End of the Cold War, Simon and Schuster, New York 2000, 207. 024 Ibidem, 179-182. 025 Slayton R., "Discursive Choices: Boycotting Star Wars between Science 374

and Politics", Social Studies of Science, 37, 1, 2007, 27-66. 026 Abbiamo ricavato la cifra di 8.000 testate dalla figura 3 da Schwartz S. I. (a cura di), Atomic Audit: The Costs and Consequences of US Nuclear Weapons Since 1940, Brookings Institution Press, Washington, D.C., 1998, 23. 027 Davidson K., Carl Sagan: A Life, John Wiley and Sons, New York 1999, 358359. 028 Slayton R., "Discursive Choices", 27-66. 029 Galison P., B. Bernstein, "In Any Light: Scientists and the Decision to Build the Superbomb, 1942-1954", Historical Studies in the Physical and Biological Sciences, 19, 2, 1989, 267-347. 030 Slayton R., "Discursive Choices", 27-66. 031 Schwartz ]., "Robert Jastrow, Who Made Space Understandable, Dies at 82", New York Times, 12 febbraio 2008 (www.nytimes.com/2008/02/12/ science/space/12jastrow.html). 032 Henry Arbanel, comunicazione personale con Naomi Oreskes, 17 settembre 2009. 033 Moynihan D. P., "Reflections: The Salt Process", New Yorker, 19 novembre 1979, 136. 034 Ibidem, 159. 035 Era il missile MX. 036 Moynihan D. P., "Reflections", 162. 037 Jastrow R., "Why Strategic uperiority Matters", Commentary, 75, 3, 1983, 27-32. 038 Ibidem, 32. 039 Cahn A. H., Killing Détente, 167. 375

040 Burr W., S. Savranskaya (a cura di), "Previously Classified Interviews with Sovier Officials Reveal US Strategic Intelligence Failure over Decades", Nuclear Vault, National Security Archive, 11 settembre 2009 (htrps://nsarchive2.gwu.edu/nukevault/ebb285/). 041 Fitzgerald F., Way Out There in the Blue, 498. 042 Alvarez L. W., Alvarez: Adventures of a Physicist, Basic Books, New York 1987, 252-258. 043 Turco R. P., et al., "Nuclear Winter: Global Consequences of Multiple Nuclear Explosions", Science, 222, 4630, 1983, 1283-1292; si veda anche Ehrlich P. R., et al., The Cold and the Dark: The World after Nuclear War, W.\W. Norton and Company, New York 1984, 83-85. 044 Turco R. P., et al., 1292. 045 Ehrlich P., et al, The Cold and the Dark, XII-XVII. 046 Il "debutto" dell'inverno nucleare sarebbe dovuto avvenire prima, il 9 dicembre 1982, con la presentazione di un paper a un meeting della Geophysical Union. L'Ames Research Center fece in modo di bloccarlo temporaneamente, perché non era stata completata la revisione interna. Questo generò l'accusa secondo cui la NASA avrebbe tentato di sopprimere la verità, ma l'Ames predispose una review apposita per il paper a cui destinò dei fondi aggiuntivi. Si veda Badash L., "Nuclear Winter. Scientists in the Political Arena", Physics in Perspective, 3, 1, 2001, 85. 047 Ehrlich P., et al, The Cold and the Dark, XIII-XVII. 048 Sagan C., "The Nuclear Winter", Parade Magazine, 30 ottobre 1983, 4-6; Badash L., A Nuclear Winter Tale: Science and Politics in the 19805, MIT Press, Cambridge, Mass., 2009. Badash era d'accordo sul fatto che Sagan "si fosse fatto prendere dalla fretta con il suo articolo su Parade", ma non ravvisava alcuna violazione dei prorocolli scientifici. 049 Sagan C., "Nuclear War and Climate Catastrophe: Some Policy Implications", Foreign Affairs, 62, 2 1983/1984. 376

050 Carey W. D., "A Run Worth Making", Science, 222, 4630, 1983, 1281. 051 Si veda, per esempio, Badash L., Scientists and the Development of Nuclear Weapons: From Fission to the Limited Test Ban Treaty, Humanities Press, Adantic Highlands, N.J., 1995. 052 Covey C., et al., "Global Atmospheric Effects of Massive Smoke Injections from a Nuclear War: Results from General Circulation Model Simulations", Natwre, 308, 1984, 21-25; Thompson S. L., S. H. Schneider, "Nuclear Winter Reappraised", Foreign Affairs, 64, 1986, 981-1005. Si veda anche Schneider S. H., Science as a Contact Sport: Inside the Battle to Save Earth Climate, National Geographic, Washington, D.C., 2009, 95-108. 053 Maddox I. "What Happened to Nuclear Winter?", Nature, 333, 1988, 203: Thompson 5. L., S. Schneider, "Simulating the Climatic Effects of Nuclear War", Nature 333 1988, 221-227; Maddox attaccò l'"allarmismo ambientale" in un libro che ebbe un norevole successo, Maddox ]., The Doomsday Syndrome, McGraw-Hill, New York 1972. 054 Turco R. P., et al., "Climate and Smoke: An Appraisal of Nuclear Winter", Science, 248, 4939. 1990, 166-176: si veda anche il precedente articolo sottoposto a peer review di Thompson S. L., S. Schneider, "Simulating the Climatic Effects", 221-227. 055 Peter Westwick, comunicazione personale con Erik Conway, 1 ottobre 2009. 056 Emanuel K. A., "Towards a Scientific Exercise", Nature, 319, 6051. 1986, 259. 057 Covey C., et al., "Global Atmospheric Effects", 21-25. 058 Covey C., "Nuclear Winter Debate", Science, 235, 4791, 1987. 059 Sull'attivismo di Sagan, si veda Badash L., "Nuclear Winter: Scientists in the Political Arena", 76-105. 060 Draft Proposal for the George C. Marshall Institute, 12 dicembre 1984, William A. Nierenberg (WAN) Papers, MC13, 75, 6, Scripps Institution of 377

Oceanography (SIO) Archives. 061 Union of Concerned Scientists, Founding Document: 1968 MIT Faculty Statement (www.ucsusa.org/about/founding-document-1968.html). 062 Richard L. G., H. A. Bethe, "Anti-Ballistic Missile Systems", Scientific American, 218, 3, 1968, 21-31. 063 A proposito del Safeguard, John Mashey, che a quel tempo lavorava per i Bell Labs (e contribuì allo sviluppo del sistema operativo UNIX), ricorda: "Il Safeguard fu sviluppato dai Bell Labs, e quando entrai nei BTL nel 1973, dal progetto Safeguard venivano fuori parecchi ragazzi in gamba che si davano da fare in altri settori, incluso il dipartimento per cui avevo iniziato a lavorare io. Tutti dicevano: 'È stato davvero difficile, però abbiamo soddisfatto le specifiche e possiamo tirar giù un missile... ma una cosa così non verrà mai usata in guerra. Abbiamo comunque imparato un sacco di cose sull'ingegneria del software...'. In ogni caso non erano solo gli altri fisici a pensare che il Safeguard sarebbe stato inutile, erano le stesse persone che l'avevano costruito". John Mashey, comunicazione via e-mail con gli autori, 1 ottobre 2009. 064 Kevles D. J., The Physicists: The History of a Scientific Community in Modern Day America, Knopf, New York 1995, 406-407. 065 Jastrow R., "The War Against Star Wars", Commentary, 78, 6, 1984: Fitzgerald F., Way Out There in the Blue, 246-247. 066 Robert Jastrow a Robert Walker, 1 dicembre 1986, WAN papers, Accession 200101-21: file label "George Marshall Institute 9/86-1/88", SIO Archives; sul ruolo delle fondazioni nella promozione del movimento conservatore si veda Judis J. B., The Paradox of American Democracy, Pantheon Books, New York 2000, 109-136, Blumenchal S., The Rise of the Counter-Establishment: From Conservative Ideology to Political Power, Crown, New York 1986, 67. 067 Draft Proposal for the George C. Marshall Institute, 12 dicembre 1984, MC13, 75: 6, SIO Archives.

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68 Robert Jastrow a Robert Walker, "George Marshall Institute", WAN papers. 69 Jastrow R., How To Make Nuclear Weapons Obsolete, Little Brown, Boston 1985; Carter A. B., Directed Energy Missile Defense in Space, OTA-BP-ISC-26, Washington, D.C., Office of Technology Assessment, aprile 1984; US Congress, Office of T'echnology Assessment, Ballistic Missile Defense Technologies, OTA-ISC-254, Washington, D.C., settembre 1985; gli studi dell'UCS sono raccolti in Tirman ]. (a cura di), The Fallacy of Star Wars, Vintage Books, New York 1984. 70 Robert Jastrow a Robert Walker, "George Marshall Institute", WAN papers. 71 Il numero ridotto di licenze dipendeva dall'impossibilità di controllare, con le tecnologie allora disponibili, le frequenze degli emittenti e dei riceventi: per evitare interferenze, le frequenze delle radio e quelle delle televisioni dovevano essere distanti tra loro, e quindi quando le bande radio e TV vennero definite negli anni Trenta non fu possibile assegnarne molte alle diverse stazioni emittenti. Negli anni Ottanta, i miglioramenti delle tecnologie resero possibile un controllo molto più fine, e il numero delle stazioni esplose. In seguito, la diffusione dei cavi, che possono trasportare molti più canali rispetto alle trasmissioni aeree, ha infine permesso di superare la limitatezza della banda di trasmissione. 72 Inizialmente c'era una quarta persona, Karl Bendetsen, che faceva parte di un gruppo di consulenti di Ronald Reagan che aveva le autorizzazioni di sicurezza per conoscere gli sviluppi delle armi come i laser a raggi X. Si veda Richardson K., "The Bohemian Grove and the Nuclear Weapons Industry: Some Connections", 1987 (http://www.sonic.net/kerry/bohemian/grovenukes.html). Bendetsen ha trascorso la prima parte della sua carriera nel War Department, dove ha ricoperto i ruoli di assistente segretario dell'esercito nel 1950-1952 e di sottosegretario dell'esercito nel 1952. Il ruolo più importante che ha avuto è stato forse quello di direttore dell'evacuazione e del ricollocamento, nel 1942, di persone di origini giapponesi in campi di internamento. Bendetsen appare in alcuni dei primi materiali del Marshall Institute, ma poi non si trovano più sue tracce. Harry S. Iruman Library and Museum, "Oral History Interviews with Karl R. Bendetsen" 379

(www.trumanlibrary.org/oralhist/bendet.htm#bio); Narvaez A. A., "Karl R. Bendesten, 81, Executive and High-Ranking US Official", New York Times, 30 giugno 1989 (www.nytimes.com/1989/06/30/obituaries/karl-r-bendetsen81executive-and-high-ranking-us-ofticial.html). 73 Jastrow R., George Marshall Institute Program Summary, 1985-1986, WAN papers, Accession 2001-2001, 21: file label "George Marshall Institute 9/861/88", SIO Archives. 74 James Frelk a William Nierenberg, 2 dicembre 1986, e anche la lettera allegata, Robert Jastrow a Robert Walker, 1 dicembre 1986, WAN papers, Accession 2001-2001, 21: file label "George Marshall Institute", WAN papers. 75 Ibidem. 76 Ibidem. 77 James Frelk a William Nierenberg, allegato di un estratto della Strategic Defense Initiative del 19 febbraio 1986, WAN papers, Accession 2001-2001, 21: file label "George Marshall Institute 9/86-1/88", SIO Archives. 78 Adolph Coors Foundation, "Grant Proposal Information" (www.adolphcoors.org/criteria.cfm). 79 Robert Jastrow a Robert Walker, 1 dicembre 1986, WAN papers, Accession 20012001, 21: file label "George Marshall Institute", SIO Archives. 80 Ibidem. 81 Ibidem. 82 Sulla Olin Foundation, e sul suo supporto alla destra conservatrice, si veda mediatransparency.org/funderprofile.php?funderID=7. La Olin Foundation è chiusa, e il link non è più attivo; si veda Source Watch, "John M. Olin Foundation" (htpp:// www.sourcewatch.org/index.php?title=John M. Olin Foundation); Right Web, "John M. Olin Foundation" (www.rightweb.irconline.org/ profile/John M. Olin Foundation). 83 Simon W. E., A Time for Truth, McGraw-Hill, New York 1978, 221. 380

84 Scitz R., lettera all'editor, Foreign Affairs, 62, 1984, 998-999; Seitz R., "In from the Cold: 'Nuclear Winter Melts Down", National Interest, 5, 1986, 3-17. 85 Seitz R., "In from the Cold", 3. 86 Ibidem, 4. 87 Ibidem, 4. 88 Ibidem, 5. 89 Ibidem, 5. 90 Ibidem, 9. 91 Ibidem, 7. 92 Dyson F. J., Infinite in All Directions: Gifford Lectures Given at Aberdeen, Scotland, April-November 1985, Harper and Row, New York 1988. 93 Dawdoff N., "The Civil Heretic", New York Times, 25 marzo 2009 (www.nytimes.com/2009/03/29/magazine/29Dyson-t.html); MacDonald G., et aL, Long Term Impact of Atmospheric Carbon Dioxide on. Climate, Jason Technical Report JSR-7807, 1979, XIII. 94 Seitz R., "In from the Cold", 8. 95 Citato in Broad W., N. Wade, Betrayers of the Truth, Simon and Schuster, New York 1982, 12. 96 Seitz R., "In from the Cold", 12. 97 Broad W., N. Wade, Betrayers of the Truth, 213. 98 I lavori di Wade vengono menzionati in diversi documenti dell'industria del tabacco. Si veda per esempio Victor Han a Ellen Merlo, Subject: Burson/ETS, Memorandum, 22 febbraio 1993, BN: 2023920035; Victor Han a Tom Humber, Subject: Op Ed, Memorandum, 23 novembre 1992, BN: 2021173510. L'industria lo seguiva perché dai suoi commenti sembrava che 381

Wade pensasse che la stampa fosse orientata a favore dei gruppi ambientalisti. Inoltre, l'industria del tabacco pensava che Wade avrebbe potuto sostenerla. Si veda, per esempio Shaw D., "Dose of Skepticism Enters Coverage on Environment, Los Angeles Times, 11 settembre 1994, BN: 500805874; Shaw D., "Nuclear Power Coverage Focused Morbidly on Risk", Los Angeles Times, 13 settembre 1994, BN: 500873034; Wade N., "The Editorial Notebook: The Titanic Lesson", New York Times, 4 settembre 1985, riportato a pagina 62 di Environmental Tobacco Smoke and Indoor Air Quality in Modern Office Work Environments, 25, 1, BN: 507967179, tutti in Legacy Tobacco Documents Library. 99 Seitz R., "In from the Cold", 12. 100 Ibidem, 13. 101 Russell Seitz si riferiva a questo apparato come all'Office of the Presidential Science Adsiser. Il suo nome effettivo era President's Science Advisory Committee, or PSAG; Herken G., Cardinal Choices: Presidential Science Advising from the Atomic Bomb to SDI, Oxford University Press, New York 1992, 179-181. 102 Seitz R., "In from the Cold", 14. 103 Teller E., "Defensive Weapons Development", Science, 223, 4633, 1984, 236. 104 Teller E., "Widespread After-Effects of Nuclear War", Nature, 310, 1984, 621-624. 105 Singer S. F., "On a Nuclear Winter", Science, 227, 4685, 1985, 356; Seitz R., "Nuclear Winter Debate", Science, 235, 4791, 1987, 832. 106 Kerry Emanuel, comunicazione personale con Naomi Oreskes, 16 settembre 2009. 107 Peter Westwick ha condiviso i seguenti passaggi da una lettera che Edward Teller ha inviato a Joseph Coors. Il contesto è che Teller ha saputo da George Keyworth che Bob Jastrow è stato raccomandato per succedere a Keyworth come consulente scientifico. Teller scrive a Coors: Conosco Bob da 382

più di trent'anni. È un buon scienziato, e sono molto affezionato a lui. Ha fatto un ottimo lavoro nella SDI. Eppure, credo che le sue credenziali non siano sufficienti per assegnargli il lavoro. Inoltre, se dovesse diventare consigliere scientifico del presidente, la nomina verrebbe criticata come politica. Bob è qualificato, ma non a livelli altissimi. Credo che questa scelta darebbe ai nostri avversari un sacco di argomenti. Quando ho discusso la situazione con Jay, mi ha suggerito fortemente di rendere note le mie opinioni, e vorrei approfittare di questa opportunità per farlo [dai Teller Paper dell'Hoover Institute, Teller a Joseph Coors, 6 gennaio 1986, Teller, 275: Coors]. Successivamente, Teller inviò un elenco di nomi a William Wilson, il plenipotenziario del Vaticano: Frederick Seitz, William Nierenberg e Harold Agnew (Teller a William A. Wilson [il plenipotenziario del Vaticano], 14 febbraio 1984, Teller, 286: Wilson) Su Nierenberg come potenziale candidato per il ruolo di consulente scientifico, sappiamo da vari documenti sui giornali (SIO WAN, collezione MC13) che il suo nome era stato preso in considerazione nel 1980. Westwick suggerisce che egli venne considerato una seconda volta, quando Teller anche raccomandò Dixy Lee Ray (Peter Westwick, corrispondenza e-mail con Naomi Oreskes, 16 maggio 200), dalla parte disorganizzata dei Teller paper). 108 Reiss E., The Strategic Defense Initiative, Cambridge University Press, Cambridge 1992, 105. 109 Seitz R., "In from the Cold", 7. 110 Seitz R., "An Incomplete Obituary", Forbes, 159, 3, 1997, 123; Michael Crichton Official Site, "Aliens Cause Global Warming", 17 gennaio 2003, Speeches (il link al sito ufficiale di Michael Crichton non è più attivo. La trascrizione della conferenza può essere scaricata qui: htrps://stephenschneider.stanford.edu/Publications/PDF_Papers/Crichton2003.pdf, n4R). 111 Friedman M., Capitalism and Freedom, Chicago University Press, Chicago 1962 (Friedman M., Capitalismo e libertà, IBL Libri, Torino 2016). 112 Ibidem. 113 Seitz R., "The Melting of Nuclear Winter", Wall Street Journal 5 novembre 383

1986, 1; si veda anche Seitz R., Wall Street Journal, 29 gennaio 1987, 1. Qualche anno dopo Seitz avrebbe difeso il fumo passivo su Forbes; si veda Seitz R.. "Making the World Safe for Cigarette Smokers", Forbes, 160, 5, 8 settembre 1997, 181. 114 Barry Goldwater, discorso di accettazione della nomination come candidato del partito Repubblicano per la carica di presidente degli Stati Uniti, 1963; si veda The Quotation Page, (www.quotationspage.corn/ quote/34605.html); e "Barry Goldwater: Extremism in the Defense of Liberty" (https://www.youtube.com/watch?v=RVNoClu0h9M).

3. SEMINARE DUBBI: LE PIOGGE ACIDE 01 Likens G. E., "The Science of Nature, the Nature of Science: Long-term Ecological Studies at Hubbard Brook", Proceedings of the American Philosophical Society, 143, 4, 1999, 558-572. 02 Sulle "piogge viola" nel Rinascimento, che secondo alcuni studiosi erano ricollegabili all'inquinamento, si veda Garber M. D., "Alchemical Diplomacy: Optics and Alchemy in the Philosophical Writings of Marcus Marci in PostRudolphine Prague, 1612-1670" (tesi di dottorato, University of California, San Diego, 2002), 278-314. Altre fonti che analizzano fenomeni meteorologici inusuali, che secondo alcuni potrebbero essere innescati dall'inquinamento, includono Fleming J., R. Goodman (a cura di), International Bibliography of Meteorology from the Beginning of Printing to 1889, Diane Publishing, Upland, Penn., 1994; Jankovic V., Reading the Skies: A Cultural History of the English. Weather 1650-1820, Manchester University Press, Manchester, UK, 2000. Si veda anche Golinksi J., British Weather and the Climate of Enlightenment, Universi ty of Chicago Press, Chicago 2007. 03 Scott S., The Enduring Wilderness: Protecting Our Natural Heritage through the Wilderness Act, Fulcrum Publishing, Golden, Colo., 2004. 04 Likens G. E., F. Herbert Bormann, "Acid Rain: A Serious Regional Environmental Problem", Science, 184, 4142, 1974, 1176-1179. 05 Ibidem, 1176. 384

06 Ibidem, 1177; Herrick C., "Predictive Modeling of Acid Rain: Obstacles to Generating Useful Information", in Sarewitz D., R. A. Pielke Jr., R. Byerly Jr. (a cura di), Prediction: Science, Decision Making, and the Future of Nature, Island Press, Washington, D.C., 2000, 251-268. 07 Si veda per esempio Beamish R. J., H. H. Harvey, "Acidification of the La Cloche Mountain Lakes, Ontario, and Resulting Fish Mortalities", Journal of the Fisheries Research Board of Canada, 29, 1972, 1131-1143; e i lavori di Svante Odén: Odén S., T. Ahl, Sartryck, Ur Yrner Arsbok, 1970, 103-122; Odén S., "The Acidity Problem-An Outline of Concepts", Water, Air, and Soil Pollution, 6, 2-4, 1976, 137-166. 08 Lear L., Rachel Carson: Witness for Nature, Houghton Mifflin Harcourt, New York 2009; Seigel Watkins E., On the Pill: A Social History of Oral Contraceptives, 19501970, Johns Hopkins University Press, Baltimore, Md., 1998. 09 Bolin B. (a cura di), Report of the Swedish Preparatory Committee for the US Conference on the Human Environment, Norstedt and Soner, Stockholm 1971; si veda anche Van Gelder L., "Aroused Europeans Try to Stem Industrial Pollution", New York Times, 11 gennaio 1971, 41. 10 Bolin B., et al, Air Pollution Across National Boundaries: The Impact of the Environment of Su fnr in Air and Precipitation, Sweden* Case Study for the United Nations Conference on the Hunian Environment, Royal Ministry for Foreign Affairs and Royal Ministry of Agriculture, Stockholm 1971. 11 Bolin B., et 44, Air Pollution Across National Boundaries, p. 85. Henning Rodhe pubblicò un contributo fondamentale su Tellus, una delle più importanti riviste nel settore della geofisica, in cui analizzava le fonti di zolfo in Europa. Lo studio dimostrò che le fonti di zolfo antropiche avevano superato quelle naturali, che lo zolfo poteva essere trasportato per più di mille chilometri prima di depositarsi, e che in Svezia circa la metà dello zolfo presente nelle piogge acide era causato dall'inquinamento all'estero, mentre l'altra metà era di provenienza svedese e da fonti naturali. Le piogge acide non erano quindi causate dai vulcani o dall'aerosol marino, e potevano superare i confini internazionali: Rodhe H., "A Study of the Sulfur Budget for the Atmosphere over Northern Europe", Tellus, 24, 1972, 128-138. Lennart 385

Granat pubblicò i risultati del campionamento in Europa, con oltre mille stazioni di rilevazione in Scandinavia, Gran Bretagna e settentrionale e centrale — l'European Atmospheric Chemistry Network. Olanda e Belgio erano in realtà i paesi più colpiti: anche se la maggior quantità di analisi sulle piogge acide erano state effettuate dagli scienziati svedesi, c'erano in realtà altri paesi che erano stati colpiti più gravemente: Granat L., "On the Relation Berween pH and the Chemical Composition in Atmospheric Precipitation", Tellus, 24, 1972, 550-560; Granat L., "Deposition of Sulfate and Acid with Precipitation over Northern Europe", Report AC-20, Institute of Meteorology, University of Stockholm, marzo 1972, 30, con appendici. 12 USDA Forest Service, Workshop Report on Acid Precipitation and the Forest Ecosystem, General Technical Report, NE 26, 1976. 13 Matheson D. H., F. C. Elder (a cura di), "Atmospheric Contribution to the Chemistry of Lake Waters, First Specialty Symposium of the International Association for Great Lakes Research, Supplement 1 to Vol. 2", Journal of Great Lakes Research, Longford Mills, Ontario, Canada, 1976. 14 Beamish R.J., "Acidification of Lakes in Canada by Acid Precipitation and the Resulting Effects on Fishes", Wazer, Aîr, and Soil Pollution, 6, 2-4, 1976, 501-514. Nel 1970, il Canadian Federal Department of Indian Affairs aveva denunciato le compagnie minerarie per i danni ai laghi e alle foreste in una riserva indiana. Anche se questo caso era stato poi risolto dalla corte, indica che già nel 1970 le popolazioni indigene avevano iniziato a osservare, almeno per qulache tempo, gli effetti dell'acidificazione. 15 Leivestad H., I. P. Muniz, "Fish Kill at Low pH in a Norwegian River", Nature, 259, 1976, 391-392. 16 Likens G., "Acid Precipitation", Chemical! and Engineering News, 22 novembre 1976, 29-44. 17 Ibidem. 18 Herbert Bormann F., "Acid Rain and the Environmental Future", Environmental Conservation, 1974, 270. Bormann propendeva per l'ultima conclusione, a differenza della gran parte dei suoi colleghi. 386

19 Per un'analisi dell'utilizzo degli isotopi stabili del carbonio per dimostrare che l'incremento dell'anidride carbonica nell'atmosfera è di origine antropica si veda "How do we know that recent CO, increases are due to human activities?", Real Climate, 22 dicembre 2004 (www.realclimate.org/index.php/archives/2004/12/how-do-we-knowthatrecent-cosub2sub-increases-are-due-to-human-activities-updated/). 20 Nriagu J. O., R. D. Coker, "Isotopic Composition of Sulphur in Atmospheric Precipitation around Sudbury, Ontario", Nature, 274, 1978, 883-885. Le tracce erano particolarmente chiare, perché il nickel è inusuale dal punto di vista geologico, essendosi formato alle temperature eccezionalmente alte del periodo pre-Cambriano. 21 Johnson N. M., "Acid Rain: Neutralization within the Hubbard Brook Ecosystem and Regional Implications", Science, 204, 4392, 1979, 497-499; Johnson N. M., et al., "Acid Rain, Dissolved Aluminum and Chemical Weathering at the Hubbard Brook Experimental Forest, New Hampshire", Geochimica et Cosmochimica Acta, 45, 9, 1981, 1421-1437. 22 Likens G. E., et al., "Acid Rain", Scientific American, 241, 4, 1979, 43-51. 23 Bell J. N. B., "Acid Precipitation — a New Study from Norway", Mature, 292, 1981, 199-200. 24 US Department of State, Long-range Transboundary Air Pollution, Convention between the United States of America and Other Governments, Ginevra, 13 novembre 1979, Treaties and Other International Acts Series 10541. Per una revisione delle misure di implementazione di questa convenzione, si veda United Nations, Economic Commission for Europe, 7he State of Transboundary Air Pollution, Air Pollution Studies No. 5, Geneva, Switzerland, 1989. Anticipando quello che sarebbe successo in seguito, gli Stati Uniti non ratificarono il protocollo del 1985. 25 Il protocollo del 1985 è stato firmato da Canada, Svezia, Norvegia, Danimarca, Finlandia, Repubblica Federale di Germania, Svizzera, Austria e Francia. 26 Speth S., The Sisyphus Syndrome: Air Pollution, Acid Rain and Public 387

Responsibility", Proceedings of the Action Seminar on Acid Precipitation, Nov 1st to 3rd, 1979, A.S.A.P. Organizing Committee, Canada 1979, 170. 27 Ibidem, 164. 28 Ibidem, 171. 29 Irving P. M. (a cura di), Acidic Deposition: State of Science and Technology: Summary Report ofthe US National Acid Precipitation Assessment Program, 1990 Integrated Assessment Report, Office of the Director, National Acid Precipitation Assessment Program, Washington, D.C., 1991; si veda anche Herrick C., "Predictive Modeling"; Likens G., "The Role of Science in Decision Making: Is Anybody Listening? When Does Evidence-Based Science Drive Environmental Management and Policy?", 2009 Cary Conference, per la submission in Frontiers in Ecology and the Environment, seconda correzione inviata il 12 agosto 2009; sul valore della NAPAP nelle policy per il decision making, si veda Bernabo C. J., "Improving Integrated Assessments for Applications to Decision Making", in Schneider T. (a cura di), "Air Pollution in the 21st Century: Priority Issues and Policy", Studies in Environmental Science, 72, Elsevier, Amsterdam 1998, 183-197. 30 Herrick C., "Predictive Modeling", 252. 31 Royal Society of Canada, Acid Deposition in North America: A Review of Documents Prepared under the Memorandum of Intent between Canada and the United States of America, 1980, on Transboundary Air Pollution, 11, Technical Report, maggio 1983. 32 Ibidem, II-11. 33 Ibidem, II-11. 34 Ibidem, II-9. 35 Ibidem, II-7. 36 Ibidem, II-8. 37 Environment Canada, The Acid Rain Story, Ministry of Supply and Services, 388

Ottawa 1984. 38 Chris Bernabo, conversazione telefonica con Naomi Oreskes, 17 aprile 2009. Sulla presentazione dell'Interagency Task Force Report on Acid Precipitation, si veda Marshall E., "Acid Rain Researchers Issue Joint Report", Science, 220, 4604, 1983, 1359. 39 Bernabo J. C., "Global Climate Change: A Second Generation Environmental Issue", Air and Waste Management Association, for Presentation at the 82nd Annual Meeting and Exhibition, Anaheim, California, 25-30 giugno 1989; Bernabo J. C., "Communication Among Scientists. Decision-Makers and Society: Developing Policy-Relevant Global Climate Change Research", Climate Change Research: Evaluation and Policy Implications, in Proceedings of the International Climate Change Research Conference, Zwerver S., et al., (a cura di) Elsevier, Amsterdam 1995, 103-117: Bernabo J. C., "Improving Integrated Assessments", 183-197. 40 Chris Bernabo, conversazione telefonica con Naomi Oreskes, 17 aprile 2009; Gene Likens, conversazione telefonica con Naomi Oreskes, 29 aprile 2009. 41 Gene Likens, conversazione telefonica con Naomi Oreskes, 29 aprile 2009. 42 Richard Ayres, comunicazione via e-mail con Naomi Oreskes, 15 aprile 2009; Schmandt J., J. Clarkson, H. Roderick (a cura di), Acid Rain and Friendly Neighbors: The Policy Dispute Between Canada and the United States, Duke University Press, Charleston, N.C., 1989; Alm L. R., Crossing Borders, Crossing Boundaries: The Role of Scientists in the US Acid Rain Debate, Praeger, Westport, Conn., 2000; Likens G. E., The Ecosystem Approach: Its Use and Abuse, Ecology Institute, Germany 1992. 43 Schindler D. W,, Atmosphere-Biosphere Interaction: Toward a Better Understanding of the Ecological Consequences of Fossil Fuel Combustion, Committee on the Atmosphere and Biosphere, Board on Agriculture and Renewable Resources, Commission on Natural Resources, National Research Council, National Academy of Sciences, Washington, D.C., 1981. 44 Reinhold R., "Acid Rain Issue Creates Stress berween Administration and 389

Science Academy", New York Times, 8 giugno 1982, C1. 45 "Clearing the Air", editoriale, Washington Post, 12 giugno 1982, A14. 46 Tra Frank Press e William Nierenberg ci fu un confronto abbastanza duro su questo tema; si veda William A. Nierenberg (WAN) papers, MC13, 140: 9, Scripps Institute of Oceanography (SIO) Archives. 47 Schindler D. W., Atmosphere-Biosphere Interaction; citato in 'Dropping Acid", Washington Post, 16 ottobre 1981, A26. 48 Discusso in "Acid Rain Is Caused Mostly by Pollution at Coal-Fired Midwest Plants, Study Says", Wall Street Journal, 2 novembre 1982, 2; un secondo report dell accademia uscito all'inizio del 1983 confermò queste conclusioni. Si veda Calvert J., Acid Deposition: Atmospheric Processes in Eastern North America: A Review of Current Scientific Understanding, Committee on Atmospheric Transport and Chemical Transformation in Acid Precipitation, Environmental Studies Board, Commission on Physical Sciences, Mathematics, and Resources, National Research Council, National Academies Press, Washington, D.C., 1983. 49 Nel gennaio 1981 Nierenberg ricevette una lettera da E. Pendleton James, direttore del personale presidenziale, che lo informava che il suo nome era stato preso in considerazione per una posizione nella nuova amministrazione. William A. Nierenberg, corrispondenza personale, WAN papers, MC13, 35: 8, SIO Archives. 50 William A. Nierenberg al generale Alexander Haig, 17 dicembre 1980, WAN papers, MC13, 43: 3, SIO Archives. 51 Corrispondenza personale di William A. Nierenberg, WAN papers, MC13, 35: 8, SIO Archives; si veda anche WAN papers, MC13, 35: 13, Personal, Jan.Dec. 1982. 52 Si veda Oreskes N., et 4/, "From Chicken Little to Dr. Pangloss: William Nierenberg, Global Warming, and the Social Deconstruction of Scientific Knowledge", 53 Historical Studies in the Natural Sciences, 38, 1, 2007, 109-152; Oreskes N., 390

"My Facts 54 Are Better than Your Facts: Spreading Good News about Global Warming", in Morgan M., P. Howlett (a cura di), How Do Facts Travel?, Cambridge University Press, 55 Cambridge 2011; si veda anche il capitolo 6 di questo libro. 56 lownes C., W. Munk, "Obituary, William Aaron Nierenberg", Physics Today, 54, 6, 2001 (scitation.aip.org/journals/doc/PHTOAD-ft/vol-54/ iss_6/74_z.shtml). 57 Oreskes N., Science on a Mission: American. Oceanography in the Cold War and Beyond, University of Chicago Press, Chicago, in preparazione; Oreskes N., R. Rainger, "Science and Security before the Atomic Bomb: The Loyalty Case of Harold U. Sverdrup", Studies in the History and Philosophy of Modern Physics, 31 B, 2000, 309369; Rainger R., "Constructing a Landscape for Postwar Science: Roger Revelle, che Scripps Institution and the University of California, San Diego", Minerva, 39, 3, 2001, 327-352; Rainger R., "Science at the Crossroads: The Navy, Bikini Atoll, and American Oceanography in the 19405", Historical Studies in the Physical and Biological Sciences, 30, 2, 2000, 349-371; Rainger R., "Adaptation and the Importance of Local Culture: Creating a Research School at the Scripps Institution of Oceanography", Journal of the History of Biology, 36, 2003, 461-500; Hamblin J. D., Oceanographers and the Cold War: Disciples of Marine Science, University of Washington Press, Seattle 2005; Hamblin J. D., Poison in the Well: Radioactive Waste in the Ocean at the Dawn of the Nuclear Age, Rutgers University Press, New Brunswick, N.J., 2008; Oreskes N., "A Context of Motivation: US Navy Oceanographic Research and the Discovery of Seafloor Hydrothermal Events", Social Studies of Science, 33, 2003, 697-742; Nierenberg W., Oceanography: The Making of Science, People, Institutions, and Discovery. Oral History interview with Naomi Oreskes, Office of Naval Research, Oral History Project, 10 febbraio 2000. 58 Gene Likens, commento su una bozza di un capitolo inviato per e-mail a Naomi Oreskes, 15 giugno 2009; Sherwood Rowland, comunicazione personale con Naomi Oreskes, 7-8 settembre 2005.

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59 Nierenberg W., Report of the Acid Rain Peer review Panel, July 1984, White House Office of Science and Technology Policy, Washington, D.C., 1984, v. 60 Ibidem, III-3, III-7. 61 William A. Nierenberg a John Marcum, Office of Science and Technology Policy, 18 marzo 1982, WAN papers, MC13, 140: 4, SIO Archives, e anche una lettera da Nierenberg a A. M. Rosenthal, 9 novembre 1982, MC13, 140: 2, SIO Archives: "Tranne uno, ho scelto personalmente tutti i membri del comitato". Una versione abbreviata venne pubblicata sul New York Times, il 5 dicembre 1982 (sec. 6, 174), e il commento su quanti membri erano membri dell'accademia venne ripetuto in una lettera al Washington Post del 2 luglio 1982, "Acid Rain Fallout." 62 Newell H., "Beyond the Atmosphere: Early Years of Space Science", The Academy of Sciences Stakes a Claim, capitolo 5, NASA History Series (www.hq.nasa.gov/office/pao/History/SP-4211/ch5-1.htm). La sezione in questione è alle pagine 52-53 del capitolo 5. 63 Newell H., "Beyond the Atmosphere", 50-53; Sullivan W. S., Assault on the Unknown: The International Geophysicist Year, McGraw-Hill, New York 1961, 78. 64 Conway E. M., Atmospheric Science at NASA: A History, John Hopkins University Press. Baltimore, Md., 2008, 34. 65 Il suo lavoro sul riscaldamento globale — di cui si parla nel capitolo 6 — forse è quello che gli ha procurato il maggior numero di nemici, in particolare quando ha attaccato personaggi della caratura di Roger Revelle e Jule Charney. Una sera di alcuni anni fa, Singer ha chiamato uno di noi (Naomi Oreskes) a casa, dicendo che era amico di uno scienziato molto famoso, un uomo che era stato amico intimo e collega di Roger Revelle. Il mattino dopo, Oreskes chiamò quello scienziato, un uomo che dopo sessant'anni in America conserva ancora il suo accento viennese, che rispose: "Ohhhhh... non potrei definire Fred Singer 'un amico". Poi ha proseguito raccontando la storia di come "Singer avesse tradito Roger". Si veda il capitolo 6.

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66 Singer S. F. (a cura di), Global Effects of Environmental Pollution: A Symposium Organized by the American Association for the Advancement of Science, Springer-Verlag, New York 1970, 206. 67 Singer S. F. (a cura di), /s There an Optimum Level of Population?, McGraw-Hill, New York 1971, 4. 68 Singer S. F. (a cura di), Is There an Optimum Level of Population?, 157. 69 Ibidem, 256. 70 Nel 1984, Singer scrisse un contributo per il libro The Resourceful Earth, uno dei testi di riferimento dei Cornucopiani, curato da Julian L. Simon e Herman Kahn (Blackwell, New York 1984). Simon era considerato uno dei principali sostenitori della scuola dei Cornucopiani, oltre che l'ispiratore dello scienziato politico danese Bjorn Lomborg, autore di Ze Skeptical Enivironmentalist. Quando The Resourceful Earth venne pubblicato, Simon aveva il ruolo di fellow alla Heritage Foundation — uno dei principali think tank conservatori/libertari. Quanto Singer scrise nel suo capitolo, "World Demand for Oil", rivela appieno il suo Cornucopianesimo: "I consumi di energia... non sembrano porre alcun tipo di limite alla futura crescita economica, e nemmeno una qualunque interruzione. Contrariamente all'opinione diffusa, non ci sono problemi di disponibilità per il petrolio". Il capitolo di Singer è alle pagine 339-360. 71 Singer S. F., "Cost-Benefit Analysis as an Aid to Environmental DecisionMaking", Report M77-106, MITRE Corporation, McLean, Va., 1979, 3. 72 Ibidem, 126. 73 Singer S. F., "Cost-Benefit Analysis". 74 Reinhold R., "13 Experts Named to Councel [sic] Reagan's Adviser for Science", New York Times, 18 febbraio 1982 (query.nytimes.com/gst/fullpage.html? res=980DEED8123BF93BA25751C0A964948260). Sull'interesse di Singer per un impiego nell'amministrazione, con il suo CV allegato, si veda Singer a E. È. David, 21 novembre 1981, WAN papers, MC13, 49: 12, file label "'S° Misc.", 393

SIO Archives. Nel suo CV sono elencate diverse affiliazioni all'area repubblicana, incluso un ruolo come Life Member del Republican National Committee, come membro dell'RNC Advisory Council Subcommittee on International Economics diretto da William Casey (in seguito direttore della CIA), come consulente del Segretario del Tesoro William Simon su International Oil and Resource Problems, e come Faculty Advisor all' University of Virginia Young Republicans; si veda anche WAN papers, MC13, 3o: 1, Misc. 1982, SIO Archives. 75 Ibidem. 76 Singer S. F., "The World's Falling Need for Crude Oil", ritaglio, senza fonte; Singer S. F., "The Price of World Oil", Annual Review of Energy, 8, 1983, 451508. Entrambi i ritagli sono stati trovati nella corrispondenza personale di Nierenberg, 1981, WAN papers, MC13, 35: 10, SIO Archives; si veda anche Singer S. F., "Oil Pricing Blunders Now Have Saudis in a Jam", Wal Street Journal, 28 maggio 1981, 24. 77 Singer S. F., "The Coming Revolution in World Oil Markets", Wall Street Journal, 4 febbraio 1981, 26, ritaglio nella corrispondenza personale di Nierenberg, 1981, WAN papers, MC13, 35: 10, SIO Archives. 78 S. F. Singer a E. E. David, 21 novembre 1981, WAN papers MC13, 35:10, SIO Archives. 79 S. F. Singer a Joseph Ryan, Personnel Office, the White House, 15 giugno 1981, WAN papers MC13, 35: 10, SIO Archives. 80 William Nierenberg a John Marcum, 18 marzo 1982, WAN papers, MC13, 140, 4, SIO Archives; si veda anche Biographic Data for Acid Rain Group, 18 marzo 1982, WAN papers, MC13,140, 4, SIO Archives. La lista battuta a macchina contiene più dettagli, e non include Singer; Scientific Problems of Weather Modification: A Report of the Panel on Weather and Climate Modification, Committee on Atmospheric Sciences, NAS-NRC Publication, 1236, National Academies Press, Washington, D.C., 1964. 81 William Nierenberg a John Marcum, 18 marzo 1982, WAN papers, MC13, 140, 4, SIO Archives; Biographic Data for Acid Rain Group, WAN papers. 394

82 Ibidem. 83 Ibidem; si veda anche Peterson R. W., "Laissez Faire Landscape", New York Times, 31 ottobre 1982, SM27. 84 Ben Lieberman B., N. Loris, "Five Reasons the EPA Should Not Attempt to Deal with Global Warming", Heritage Foundation, Issues: Energy and Environment, 23 aprile 2009 (www.heritage.org/Research/ EnergyandEnvironment/wm2407.cfm). 85 Singer a Nierenberg, 19 gennaio 1982, WAN papers, MC13, 50, I, SIO Archives. 86 William Ackerman a John Robertson, Review of Subject, notes, 4 febbraio 1983, WAN papers, MC13, 140, 9, SIO Archives. 87 Minutes of the January 27, 28, and 29 meeting of the Acid Rain Peer review Panel, WAN papers, MC13, 140, 9, 1983, SIO Archives. 88 Una copia del comunicato stampa, datato 27 luglio 1983, è presente nei documenti di William Nierenberg, General Comments on Acid Rain: A Summary of the Acid Rain Peer review Panel for the Office of Science and Technology Policy, comunicato stampa (bozza), 17 giugno 1983, WAN papers, MC13,140, 12. Una copia del report è disponibile in WAN papers, MC13, 141, 4, SIO Archives. 89 "Reagan-appointed Panel Urges Big Cuts in Sulfur Emissions to Control Acid Rain", Wall Street Journal, 28 giugno 1983, 6. 90 General Comments on Acid Rain, WAN papers, MC13, 140, 12, SIO Archives. 88. Ibidem, discussione a pp. 1-2. 91 Ibidem, 1. 92 Ibidem, 4. 93 Singer S. F., Overall Recommendation of the Acid Rain Peer review Panel, bozza di Singer al panel, 4 giugno 1983, ricevuta da Nierenberg il 10 giugno 1983, WAN papers, MC13, 140, 12, SIO Archives. 395

94 Ibidem, 2. 95 Chauncey Starr a George Keyworth, 19 agosto 1983, e anche altre lettere nei WAN papers, MC13, 141. 1, SIO Archives. 96 Starr a Keyworth, 19 agosto 1933. 97 Fred Singer all'Acid Rain Peer Review Panel, Acid Effect an Forest Produce and Political Solutions to the Acid Rain Problem, 1 novembre 1983, WAN papers, MC13,141 1, S10 Archives. 98 Fred Singer all'Acid Rain Peer Review Panel, Assessment of Crop Losses from Ozone. 31 ottobre 1983, WAN papers, MC13, 141, 1. SIO Archives. 99 Fred Singer a William A. Nierenberg, 27 luglio 1983, lettera al terzo DraftAcid Rain Peer Revue Panel, 2 agosto 1983, WAN Papers MC13 141, 2, SIO Archives. Sulla bozza ci sono annotazioni di Singer; la lettera di presentazione chiarisce che i cambiamenti sono di Singer, e che sono stati condivisi con Nierenberg. 100 Golden F., "Storm over a Deadly Downpour", Time, 6 dicembre, 1982, 8485. 101 Gene Likens a Tom Pestorius, 19 aprile 1983, \WAN papers, MC13,140: 10, SIO Archives. 102 Critiche al documento dell'NRC, "On Atmosphere-Biosphere Interactions, Set, 98. Environmental Research and Technology, Inc.", e critica di David Schindler (battuta a machcina), WAN papers, MC13 140-7, SIO Archives. 103 Fred Singer a John Robertson, lettera e allegati, 15 febbraio 1983, WAN papers, MC 13, 140, 7, SIO Archives. 104 Fred Singer a John Robertson, Global Environment, Resources, and Population Issues Federal Policy in the 1980s, 15 febbraio 1983, WAN papers, MC13, 140, 7, SIO Archives. Citazioni alle pagine 3 e 4. 105 Gene Likens, conversazione telefonica con Naomi Oreskes, 19 aprile 2009.

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106 L'annotazione dimostra che per Nierenberg le piogge acide erano un problema serio. Nel gennaio 1983, per esempio, quando si riunì il primo panel, Nierenberg inviò delle note a Gene Likens e Ruth Patrick che, pur sottolineando l'importanza delle incertezze, precisava che era opportuno farlo nel contesto di una 'discussione i cui scopo è evitare che le incertezze e le lacune ci impediscano di riconoscere la gravità del problema e la necessità di adottare politiche che attenuino le possibili gravi conseguenze dell'acidificazione ambientale. Inoltre, pretendere che i problemi derivanti dalle precipitazioni acide vengano trattati in un'ottica di economicità assoluta differirebbe notevolmente dalle procedure adottate per altri importanti problemi nella società. Nel trattare i problemi ambientali, oltre a quelli legati all'istruzione, all'energia, al welfare e alla difesa nazionale, facciamo il meglio che possiamo con la base di conoscenze disponibile. La prudenza ci impone di non andare troppo oltre questa base, ma impone anche di non stare fermi". Bozza inviata a Gene Likens e Ruth Patrick, 12 gennaio 1983, WAN papers, MC13, 140, 9, SIO Archives. 107 William Nierenberg a Fred Singer, 26 luglio 1983, WAN papers, MC13, 141, 3, SIO Archives. Una lettera, spedita a Ruckelshaus pochi mesi più tardi, lo conferma, nell'ambito di una discussione sulle incertezze collegate a determinate riduzioni delle emisioni: "Spero che tu capisca che, nel mio tentativo di chiarire le cose, non ho sostenuto che le riduzioni delle emissioni siano necessarie". Lettera di William Nierenberg a William Ruckelshaus, 4 novembre 1983, WAN papers, MC13, 141, 6, SIO Archives. 108 LaRue S., "Early Action Urged in Fight on Acid Rain", Sax Diego Union, 8 agosto 1984, B-2. 109 Su Ackermann si veda Hall W. J., et 41, "William C. Ackermann", in Memorial Tributes, National Academy of Engineering, 4, National Academies Press. Washington, D.C., 1991, 1-8 (books.nap.edu/openbook.php? record_id=1760&page=3). Gli economisti stavano sviluppando dei sistemi per quantificare il valore dei laghi e delle foreste, ma era al di là della responsabilità e delle competenze del panel il farlo. 110 Fred Singer al presidente dell'House Committee on Science and Technology, 30 settembre 1983, WAN papers, MC13, 141, 10, SIO Archives. 397

111 Memorandum for Acid Rain Peer Review Panel, 3 dicembre 1982, WAN papers, MC 13, 140, 2, SIO Archives. 112 Peterson R. W., "Laissez Faire Landscape", New York Times, 31 ottobre 1982: Barney G. O., The Global 2000 Report to the President: Entering theluwenty-First Century, Prepared by the Council on Environmental Quality and Department of State, US Government Printing Office, Washington, D.C., 1980. 113 Singer S. F., Report of the Acid Rain Peer review Panel, Final Report, July 1984, Office of Science and Technology Policy, US Government Printing Office, Washington, D.C., 1984, appendice 5. 114 Ibidem, appendice 5, A5-2. 115 Ibidem, appendice 5, A5-8. 116 Il Titolo IV del Clean Air Act Amendments del 1990, conosciuto anche come Acid Deposition Control Program, prevedeva degli incentivi basati sul mercato per il controllo delle emissioni di anidride solforosa derivanti dalla generazione di elettricità — un sistema di Cap and Trade — un approccio che molti ora considerano un modello per la riduzione delle emissioni di gas serra. Questo sistema introdusse anche la nozione di 'obbligatorietà flessibile" — con cui si potevano scambiare e vendere i permessi — piuttosto che un approccio basato sul comando e il controllo. Nel 1998, una valutazione post hoc ha concluso che "i benefici quantificabili potrebbero essere relativamente ampi nei settori della salute umana e della riduzione dello smog [e] i potenziali benefici derivanti da queste due aree da sole potrebbe superare i costi [della obbligatorietà]"; Herrick C., "Predictive Modeling". 252. 117 Friedman M., Capitalism and Freedom, Chicago University Press, Chicago 1962 (Friedman M., Capitalismo e libertà, IBL Libri, Torino 2016). 118 Ibidem. 119 Singer F., appendice 5, Report of the Acid Rain Peer review Panel, Final Report, A5-8. 398

120 Ibidem, p. AS-10. 121 Citato in Peterson R. W., "Laissez Faire Landscape", New York Times, 31 ottobre 1982. La stima di 6.000 dollari è riportata in "The 30% Club", Time, 2 aprile 1984 (www.time.com/time/magazine/article/ 0,9171,954196.00.html). 122 Press Conference with Allan MacEachen, 11 aprile 1983, trascrizione in WAN papers, MC13, 140,10, "OSTP Acid Rain Review Group 1983", SIO Archives; si veda anche Shapely D., "Acid Rain Settlement in Sight?", Nature, 301, 1983, 274. 123 Conferenza stampa con Allan MacEachen, WAN papers. 124 G&M, "Acid Rain Report Suppressed before US Vote, Group Says", 13 settembre 1984, ritaglio di stampa nei WAN papers, MC13, 141, 4, SIO Archives. 125 "Polluted Air and Acid Rain: A Missing Link?" Newsweek, 2 settembre 1985, 25. 126 "Impurities from Heaven", New Republic, 190, 10, 1984, 8-9. 127 Budiansky S., "Acid Rain: Canada Must Act Alone", Nature, 307, 5953, 1984, 679. 128 Brown W. M., "Maybe Acid Rain Isn't the Villain", Fortuze, 109, 1984, 170174. 129 Katzenstein A. W., "Acidity Is Not the Major Factor", Wal! Street Journal, 28 giugno 1984, 28. 130 John S. Baton, lettera all'editor, Wall Street Journal, 5 settembre 1984, 33 (mera viglia il fatto che questa lettera sia stata pubblicata con tanto ritardo). 131 Katzenstein A. W., Bates Number (BN): TI01942387, Legacy Tobacco Documents Library; si veda anche Source Warch, "Alan W. Katzenstein" (www.sourcewatch.org/index.php?title=Alan_W._Katzenstein). 132 Wines M., "Acid Rain Must be Sharply Curbed Soon, Controversial White 399

House Report Warns", Los Angeles Times, 18 agosto 1984, A10; Franklin B. A., "Legislators Say White House Suppressed Acid Rain Report", New York Times, 18 agosto 1984, 10. 133 Sun M,, "Acid Rain Report Allegedly Suppressed", Science, 225, 4668, 1984, 1374. 132. "Acid Rain Report Suppressed", G&M, WAN papers. 134 William A. Nierenberg ai membri dell'Acid Rain Peer Review Panel, WAN papers, MC13, 140, n, SIO Archives. 135 Tom Pestorius a William A. Nierenberg, Acid Rain Panel Report-Executive Summary, 21 maggio 1984, WAN papers, MC13, 141, 6, SIO Archives. Si veda anche Rahn K. A., Memorandum to Members of the OSTP Acid Rain Peer Review Panel, 13 settembre 1984, con copie accluse degli Executive Summary originali e riviste, WAN papers, MC13, 141, 4, SIO Archives. 136 Alm L. R., Crossing Borders, Crossing Boundaries, 66. 137 Rahn K. A., Memorandum, WAN papers, I. 138 John Robertson all'Acid Rain Panel, 24 febbraio 1984, WAN papers, MC13,141, 6, SIO Archives. 139 Ibidem. 140 Robertson J., Memorandumi/or the Acid Rain Peer Review Panel, 2 marzo 1983, WAN papers, MC13, 140, 7, SIO Archives. 141 Rahn K. A., Memorandum, WAN papers, a pagina 2 della lettera, frase finale. 142 Rahn K. A., Memorandum, WAN papers, 2. 143 Ibidem, 3. 144 Gene E. Likens a William A. Nierenberg, 17 settembre 1984, WAN papers, MC13, 141, 4, SIO Archives. 145 Mal Ruderman a William A. Nierenberg, 5 ottobre 1984, WAN papers, 400

MC13, 141, 4, SIO Archives. 146 Rahn K. A., Memorandum, WAN papers, 3. 147 William A. Nierenberg a Mal Ruderman, 24 ottobre 1984, WAN papers, MC13 141, 4, SIO Archives. 148 Tom Pestorius, OSTP, lettera a Mal Ruderman, 22 ottobre 1984, WAN papers, MC13 141:4, SIO Archives. Inoltre, il sommario rivisto conteneva una frase molto rilevante: "La deposizione acida rientra in una classe molto importante di problemi sociali che sembrano essere risolvibili solo con una somma di soluzioni tecnologiche e legislative. Questo è ingannevole. Piuttosto, questa classe di problemi non viene risolta con un'unica mossa, ma deve essere trattata progressivamente: a mano a mano che aumenta la conoscenza, vengono intraprese le azioni che appaiono più efficaci ed economiche". La frase avrebbe potuto essere vera, ma non compariva nell'originale. Suggeriva che il problema delle piogge acide fosse fondamentalmente insolubile: ci si doveva convivere e fare il meglio possibile per affrontarlo nel tempo. Era più o meno la stessa cosa che Nierenberg aveva scritto l'anno precedente, nella frase di apertura del report sul riscaldamento globale: "Esiste un'ampia classe di problemi che non hanno una 'soluzione' nel senso di una linea d'azione concordata capace di risolvere il problema". Nierenberg era l'unico membro comune a entrambe le commissioni, quindi o queste erano le sue parole, o era stata la Casa Bianca a inserirle. Si veda Changing Climate: Report of the Carbon Dioxide Assessment Committee, Board on Atmospheric Sciences and Climate, Commission on Physical Sciences, Mathematics, and Resources National Research Council, National Academies Press, Washington, D.C., 1983, XIII. 149 Mal Ruderman a William A. Nierenberg, 7 novembre 1984, WAN papers, MC13, 141, 4, SIO Archives. 150 Gene Likens, conversazione telefonica con Naomi Oreskes, 29 aprile 2009. 151 Changes Wanted by Keyworth, copia del 21 maggio 1984, WAN papers, MC13,141: 9, SIO Archives. Si veda anche la copia non segnata del 21 maggio 1984 in WAN papers, MC13, 141, 6, SIO Archives.

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152 Vernon Ehlers a William A. Nierenberg, 1 luglio 1983, WAN papers, MC13, 36, 4. 153 William A. Nierenberg a Carol Lynch, OSTP, 8 settembre 1983, WAN papers, MC 13, 36, 4, SIO Archives. 154 C. Stark Draper a Donald T. Regan, capo dello staff del presidente, 5 dicembre 1985, WAN papers, MC13, 36, 8, SIO Archives. 155 This Week with David Brinkley, Sunday, 26 agosto 1984, trascrizione in WAN papers, MC13, 141, 4, SIO Archives. 156 Brown W. M., "Maybe Acid Rain Isn't the Villain", 170-174. 157 Havas M., et al, "Red Herrings in Acid Rain Research", Environmental Science andTechnology, 18, 6, 1984, I76A-86A. 158 "With a Gun at Its Head, the EPA Turns Activist", Busizess Week, 5 novembre 1984, 35158; "Acid Rain: How Great a Threat?" Consumers' Research Magazine, 1986, 11-15. 159 Brown W. H., "Hysteria about Acid Rain", Fortune, 113, 1986, 125-126. 160 Seligman D., 'April Fooling", Fortune, 11 maggio, 1987, 153. 161 Woods F. W., "The Acid Rain Question: Making Decisions Today for Tomorrow", Futurist, 1987, 37. In realtà, questo articolo non contesta le evidenze scientifiche. Un box a corredo del testo, firmato da William Brown, però, lo fa. 162 Krug E. C., C. R. Fink, "Acid Rain on Acid Soil: A New Perspective", Science, 221, 4610, 1983, 520-525. 163 Galloway J. N., et al, "Acid Precipitation: Natural versus Anthropogenic Components", Science, 226, 4676, 1984, 829-831. 164 Krug E. C., "Fish Story: The Great Acid Rain Flimflam", Policy Review, 52, 1990, 44-48.

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165 Anderson A., "Acid Test", Reason, 1992; "The EPA vs. Ed Krug" (www.sepp.org/Archive/ controv/controversies/epavskrug.html). 166 Krug E. C., "Save the Planet, Sacrifice the People: The Environmental Partys Bid for Power", Imprimis, 20, 7, 1991, 1-5: The Skeptic Tank (Www.skepticfiles.org/conspire/kr91part.htm). 167 Per esempio, l'Heartland Institute ha promosso un libro di Bast J. L., et 4/, EcoSanity: A Common-Sense Guide to Environmentalism, Heartland Institute, Madison Books, Lanham, Md., 1994 (www.heartland.org/bin/media/ publicpdf/23043a.pdf); si veda anche Aldrich S., J. Lehr, "Acid Rain, Nitrogen Scares Debunked", Environment and Climate News, 1 febbraio 2007, Heartland Institute (www.heartland.org/publications/environment%20climate/article/ 20522/Acid_Rain _Nitrogen_Scares_Debunked.html); Kulp J. L., "Acid Rain: Causes, Effects, and Control", Regulation: The CATO Review of Business and Government, 1990, 41-50 (Www.cato.org/pubs/regulation/ regv13n1/v13n15pdf); Sanera M., "Environmental Education in Wisconsin: What the TextbooksTeach", Wisconsin Policy Research Institute Report, 9, 5, 1996, 1-39, Competitive Enterprise Institute (cei.org/gencon/025,01843.cfm). 168 Anderson W. L., J. W. McLellan, "Newspaper Ideological Bias or 'Statist Quo"? The Acid (Rain) Test", American Journal of Economics and Sociology, 65, 3, 2006, 473-495, Business Services Industry, BNET, findarticles.com/ p/articles/mi_m0254/is_3_65/ai_n27009297/pg_5/. 169 Seligman D., "Our Government Fails an Acid Test, How to Buy Politicians, California Conspiracies, and Other Matters", Fortuze, 123, 1991, 145-146. 170 Singer S. F., "Environmental Strategies with Uncertain Science", Regulation: The Cato Review of Business and Government, 13, 1990, 65-70 (www.cato.org/ pubs/regulation/regv13n1/v13n1-8.pdf). Cita la frase sul miliardo di dollari a pagina 68. 171 Likens G. E., "Is Anybody Listening?", 8-9. 172 Charles Drake (deceduto), comunicazioni personali con Naomi Oreskes, 1995-1996. Si veda anche Numbers R. L., 7e Creationists: From Scientific 403

Creationism to Intelligent Design, Cambridge, Mass., Harvard University Press, 2006, 184-192. 173 Shabecoff P., "Government Acid Rain Report Comes Under Sharp Attack", New York Times, 11 settembre 1987 (www.nytimes.com/1987/09/22/science/governmentacid-rain-report-comesunder-sharp-attack.html? pagewanted=all). 174 US Environmental Protection Agency, "Air Trends: Sulfur Dioxide" (www.epa.gov/air/airtrends/sulphur.html). Nonostante poi si sia spostato su posizioni scettiche sul riscaldamento globale (si veda il capitolo 6), George Will incoraggiò i conservatori ad accettare le evidenze scientifiche sulle piogge acide, sottolineando che "le piogge acide cadono anche sui campi da golf". Si veda la trascrizione in This Week with David Brinkley, Sunday, 26 agosto 1984, riportata in WAN papers, MC13, 141, 4, SIO Archives; Energy Information Administration, "Annual Energy Review 2008", tabella 8.10, "Average Retail Prices of Electricity, 1960-2008", 26 giugno 2009 (www.eia.doe.gov/emeu/aer/elect.html). 175 Likens G. E., "Is Anybody Listening?", 12; Office of Management and Budget, Informing Regulatory Decisions: 2003 Report to Congress on the Costs and Benefits of Federal Regulations and Unfunded Mandates on State, Local, and Tribal Entities, 8 (www.whitehouse.gov/omb/inforeg/2003_costben_final_rpt.pdf). 176 Begley S., "Is It AII Just Hot Air?", Newsweek, 20 novembre 1989. 177 Likens G. E., "The Science of Nature, the Nature of Science", 558-572; si veda anche Likens G. E., "Some Aspects of Air Pollutant Effects on Terrestrial Ecosystems and Prospects for the Future", Ambio, 18, 3, 1989, 172-178; Likens G. E., The Ecosystem Approach, 166. 178 Likens G. E., "The Science of Nature, the Nature of Science", 567. 179 Likens G. E., J. F. Franklin, "Ecosystem Thinking in the Northern Forest — and Beyond", Bioscience, 59, 6, 2009, 511-513. Si veda anche Likens G. E., "Is Anybody Listening?".

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180 Likens G. E., J. F. Franklin, "Ecosystem Thinking", 511. 181 Ibidem, 512. Si veda anche Randorf G., "Environmental Advocacy, the Adirondacks and Air Quality", Environmental Science and Policy, I, 3, 1998, 175-178. 182 Likens G. E., J. F. Franklin, "Ecosystem Thinking", 512. 183 Salmon J., Are We Building Environmental literacy? A report by the George C. Marshall Institutes Independent Commission on Environmental Education, 15 aprile 1997, 9. Si veda anche Cushman J. H. Jr., "Critics Rise up Against Environmental Education", New York Times, 22 aprile 1997 (www.nytimes.com/1997/04/22/us/critics-rise-up-against-environmentaleducation.html?pagewanted-all). 184 Taylor M., E. S. Rubin, D. A. Hounshell, "Regulation as the Mother of Innovation: The Case of SO, Control", Law and Policy, 27, 2, 2005, 348-378.

4. LA COSTRUZIONE DI UNA CONTRO-NARRATIVA: LA BATTAGLIA SUL BUCO DELL'OZONO 01 MIT, Man s Impact an the Global Environment: Report of the Study of Critical Environmental Problems, MIT Press, Cambridge, Mass., 1970. 02 Ibidem, 100-106. 03 Halstead H., "Stratospheric Ozone with Added Water Vapor Influence of High Altitude Aircraft", Science, 170, 3959,1970, 734-736. 04 McDonald cita Urbach F. (a cura di), The Biologic Effects of Ultraviolet Radiation, with Emphasis on the Skin, Pergamon Press, New York 1969; Hollaender A. (a cura di), Radiation Biology, McGraw-Hill, New York 1965; Blum H. F., Carcinogenesis by Ultraviolet Light, Princeton University Press, Princeton 1959, anche per le sue fonti sui legami tra UV e tumori della pelle. 05 Conway E., High-Speed Dreams: NASA and the Technopolitics of Supersonic Transportation 1945-1999, Johns Hopkins University Press, Baltimore, Md., 2005, 63. 405

06 Dotto e Schiff discutono approfonditamente la conferenza. Si veda Dotto L., H. Schiff, 7be Ozone War, Doubleday, Garden City, N.Y., 1978, 39-68. 07 Crutzen P., "The Influence of Nitrogen Oxides on the Atmospheric Ozone Conrent", Quarterly Journal of the Royal Meteorological Society, 96, 1970, 320-325. 08 Ci sono due resoconti diversi di questa sequenza. Il primo è di Dotto e Schiff The Ozon War, 59-68. In un articolo di retrospettiva pubblicato nel 1992 Johnston dì una versione un po' diversa, ricavandola dai suoi abbondanti appunti: Johnston H. J "Atmospheric Ozone", Annual Review of Physical Chemistry, 43, 1992, 1-32 AU usato entrambe le fonti, e ci siamo basati su quella di Johnston in a di CA [nota mancante] 09 Conway E., High-Speed Dreams, capitolo 5. 10 Dotto L., H. Schiff, The Ozone War, 68-70. 11 Ibidem, 70. 12 Ibidem, 83 13 Ibidem, 86. Si veda anche Donahue T., A. J. Grobecker, "The SST and Ozone Depletion", lettera all'editor, Science, 187, 4182, 1975, 1142 e 1145. 14 Questo è stato quasi certamente sollecitato da tre scienziati dell'agenzia che pensavano che lo Shuttle potesse avere problemi: Robert Hudson del Johnson Space Center, James King del JPL e I. G. Poppoff di Ames. Si veda Dotto L., H. Schiff, The Ozone War, 127. Secondo Stolarski, Hudson gestì il contratto tra Stolarski e Cicerone. La valutazione dello Shuttle compare in Cicerone R. J., et al., Assessment of Possible Environmental Effects of Space Shuttle Operations, NASA CR-129003, 3 giugno 1973. 15 Richard Stolarski, intervista con Erik Conway, 26 aprile 2001; Johnston H. J., 'Atmospheric Ozone", 26-27. 16 Ellis E., "Anthropocene", in Gulledge J., (a cura di), Te Encyclopedia of Earth, Environmental Information Coalition, National Council for Science and the Environment, Washington, D.C.. 2008 406

(www.eoearth.org/ariicle/Anthropocene). 17 Molina M. J., F. S. Rowland, "Stratospheric Sink for Chlorofluoromethanes: Chlorine Atom Catalyzed Destruction of Ozone", Nature, 249, 1974, 810-812; si veda anche Rowland F. S., M. J. Molina, "Chlorofluoromethanes in the Environment", Reviews of Geophysics and Space Physics, 13, 1975, 1-35. 18 F. Sherwood Rowland, comunicazione via e-mail con Erik Conway, 17 settembre 2009; Panel on Atmospheric Chemistry, Halocarbons: Effects on Stratospheric Ozone, National Academies Press, Washington D C., 1976, V-VI. 19 ParsonE., Protecting the Ozone Layer: Science and Strategy, Oxford University Press, NewYork 2003, 32; Senate Committee on Aeronautical and Space Sciences, Stratospheric Ozone Depletion: Hearings before the Subcommittee on the Upper Atmosphere, 94th Congress, 8 settembre 1975. 20 Dotto L., H. Schiff, 7he Ozone War, 149. 21 Ibidem, 150. 22 Parson E., Protecting the Ozone Layer, 35. 23 Ibidem, 37. 24 Dotto L., H. Schiff, 7he Ozone War, 201. 25 Ted Caims, il responsabile scientifico di DuPont, scrisse più volte a Handler cercando di convincerlo a riservare un trattamento favorevole al report; anche Hal Johnston, che sembrava in rapporti amichevoli con Handler, scrisse più volte: si veda per esempio Ted Caims a Philip Handler, 19 gennaio 1976, Committee on Impacts of Stratospheric Change: Panels: Atmospheric Chemistry: Report, National Academies Archive: Harold S. Johnston a Philip Handler, 2 febbraio 1976, Committee on Impacts of Stratospheric Change: Panels: Atmospheric Chemistry: Report, National Academies Archive. Schiff approfondisce un episodio che ha per protagonista uno dei membri del panel, Hans Panofsky della Penn State, che parlò con leggerezza del rapporto con un giornalista e finì al centro di un'indagine; Dotto L., H. Schiff, The Ozone War, 266-270. 407

26 Citato in Dotto L., H. Schiff, The Ozone War, 156. 27 Ibidem, 157. 28 Ibidem, 214. 29 Ibidem, 157. 30 Ibidem, 218. 31 Ibidem, 225. 33 Ibidem, 227. 34 Parson E., Protecting the Ozone Layer, 76; Dotto L., H. Schiff, The Ozone War, 228. 35 Dotto L., H. Schiff, 7he Ozone War, 249. 36 Parson E., Protecting the Ozone Layer, 38. 37 Committee on Impacts of Stratospheric Change, Ha/ocarbons: Environmental Effects of Chlorofluoromethane Release, National Academy of Sciences, Washington, D.C., 1976, 7. 38 Russell Peterson, citato in Parson E., Protecting the Ozone Layer, 39. 39 Dotto L., H. Schiff, The Ozone War, 287. 40 Western Aerosol Information Bureau citato in Dotto L., H. Schiff, The Ozone War, 280. 41 Robert T. Watson, intervista con Erik Conway, 14 aprile 2004. 42 Conway E. M., Atmospheric Science at NASA; A History, John Hopkins University Press, Baltimore, Md., 2008. 175. 43 Roan S. L., Ozone Crisis: The 15 Year Evolution of a Sudden Global Emergency, Wiley&Sons, New York 1989, 131. 408

44 Parson E.. Protecting the Ozone Layer, 84-85; Christie M., The Ozone Layer: A Philosophy of Science Perspective, Cambridge University Press, Cambridge 2001, 44-45; si veda anche Conway E., Atmospheric Science at NASA, 173. 45 Roan S. L.. Ozone Crisis, 132. 46 Roan S. L., Ozone Crisis, 173-179; Shell E. R., "Weather versus Chemicals", At lantic Monthly, maggio 1987. 47 Shell E. R., "Weather versus Chemicals". 48 Si veda per esempio l'introduzione al documento di missione dell'AAOE: NASA, Airborne Antarctic Ozone Experiment, Ames Research Center, MS 2455, luglio 1987, 1-2, da NASA HQ History Office, file Airborne Antarctic Ozone Experiment, Tuck A. F., et al.. "The Planning and Execution of ER-2 and DC-8 Aircraft Flights Over Antarctica, August and September 1987", Journal of Geophysical Research, 94: DI, 1989. 11181-11222. 49 Parson E., Protecting the Ozone Layer. 141. 50 Ibidem. 121-122. 51 Ibidem. 142-144. 52 Conway E., Atmospheric Science at NASA, 185-187. 53 Watson R. T., F. S. Rowland, J. Gille. Ozone Trends Panel Press Conference, NASA Headquarters, 15 marzo 1988, Langley Research Center, doc. CN157273,1988: 54 Parson E., Protecting the Ozone Layer, 156. 55 Turco R., A, Plumb, E, Condon, "The Airborne Arctic Stratospheric Expedition: Prologue". Geophysical Research Letters, 17, 4, 1990, Supplement, 313-316; Brune W. H., et al., "In Situ Observations of CIO in the Arctic Stratosphere: ER-2 Aircraft Results from 59N to 80N Latitude", Geophysical Research Letters, 17, 4, 1990, Supplement, 505-508; McKenna D. S., et 4/1, "Calculations of Ozone Destruction during the 1988/1989 Arctic Winter", Geophysical Research Letters, 17,4, 1990, Supplement, 553-556; 409

Proffitt M. H., et a/., "Ozone Loss in the Arctic Polar Vortex Inferred from High-Altitude Aircraft Measurements", Nature, 347, 6, 1990, 31-36. 56 Parson E., Protecting the Ozone Layer, 206. 57 Taylor R. E., "Advice on Ozone May Be: 'Wear Hats and Stand in Shade", Wall Street Journal 29 maggio 1987, Eastern edition, sec. A, 1. 58 Judis J. B., Ze Paradox of American Democracy, Pantheon Books, New York 2000. Sugli aspetti anti-ambientalisti del conservatorismo del tardo XX secolo, si veda Hays S. P., Beauty, Health, and Permanence: Environmental Politics in the United States 1955-1985, Cambridge University Press, Cambridge 1987, 491; Rothman H. K,, Saving the Planet: The American Responses to the Environment in the Twentieth Century, Ivan R. Dee, Chicago 2000, 158. 59 Judis J. B., Te Paradox ofAmerican Democracy, 125. Si veda anche Edwin J. Feulner Jr., intervista con Adam Meyerson, "Building the New Establishment", Policy Review, 58, 1991, 6-16 60 Judis J. B., le Paradox of American Democracy, 125. 61 Singer S. F., Ph.D Professional Background", WWW.SEpp.org. 62 Singer S. F., "Ozone Scare Generates Much Heat, Little Light", Wall Street Journal, 16 aprile, 1987, 1. 63 Ibidem. 64 Ibidem. 65 Singer S. F., "Does the Antarctic Ozone Hole Have a Future?", EOS, 69, 47, 1988, 1588. 66 Ibidem. 67 Ramanathan V% "The Greenhouse Theory of Climate Change: A Test by an Inadvertent Global Experiment", Science, 240, 4850, 1988, 293-299.

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68 Committee on Energy and Natural Resources, Hearing on Greenhouse Effect and Global Climate Change, 100th Congress, 1st sess., 9 novembre 1987, U. S. Government Printing Office, Washington, D.C., 1987, 53; si veda anche Hansen J., et al., "Global Climate Changes as Forecast by Goddard Institute for Space Studies Three-Dimensional Model", Journal of Geophysical Research, 93, D8, 1988, 9341-9364. 69 Singer S. F., "My adventures in the ozone Layer", National Review, 30 giugno 1989, 34-38, citato da 36. 70 Ibidem. La discussione di Dobson è a pagina 37; la citazione sui CFCs è a pagina 38. 71 Si veda Roan S. L., Ozone Crisis, capitolo 11. 72 Christie M., The Ozone Layer, 46-47. 73 Il principale sostituto dei CFC nei beni di consumo, l'HFC-134a, "ha un efficienza sul ciclo complessivo comparabile. Inoltre, gli standard di efficienza energetica adottati per i frigoriferi nel 1990 hanno in effetti portato a una considerevole riduzione dei consumi di energia nonostante l'utilizzo di refrigeranti privi di CFC". Si veda Sand J. R., etal., Energy and Global warming Impacts of HFC Refrigerants and Emerging Technologies, US Department of Energy, Washington, D.C., 1997, 22. 74 Nel 1990 Singer scrisse a Roger Revelle delle lettere su carta intestata del Washington Institute: si veda Singer a Revelle, 2 marzo 1990, Revelle Papers, MCGA, 150: 10 Scripps Institute of Oceanography (SIO) Archives. 75 I collegamenti di Wigner con la Unification Church vengono discussi in Seitz F., et al., Eugene Paul Wigner-Biographical Memoirs, v. 74, National Academy Press, Washington, D.C., 1998, 364-388. 76 Singer S. F., C. Crandall, "Misled by Lukewarm Data", Washington Times, 30 maggio 1991, edizione finale, sez. G; Singer S. F., "The Science Behind Global Environmental Scares", Consumers' Research Magazine, 74, 10, ottobre 1991, 17. La citazione è dall'articolo pubblicato sul Washington Times. 411

77 Ray D. L., L. Guzzo, Trashing the Planet: How Science Can Help Us Deal with Acid Rain, Depletion of the Ozone, and Nuclear Waste (Among Other Things), HarperPerennial, New York 1990, 12; originariamente pubblicato da Regnery Gateway, 1990. 78 Ibidem, 45. 79 Ibidem, 175; si veda anche Singer S. F., Global Climate Change. 80 Maduro R. A., "The Ozone Layer that Won't Go Away", 21st Century Science and Technology, 2. settembre/ottobre 1989, 26; Maduro R. A., "The Myth Behind the Ozone Hole Scare", 2/st Century Science and Technology 2, luglio/agosto 1989, 11. 81 Rogelio A. M., R. Schauerhammer, The Holes in the Ozone Scare: The Scientific Evidence that the Sky Isn't Falling, 21 st Century Science Associates, Washington, D.C., 1992, introduzione e capitolo 1. Per un'altra analisi della loro "fattualità", si veda Christie M., 7he Ozone Layer, 185-202. 82 Ray D.L., L. Guzzo, Environmental Overkill: Whatever Happened to Common Sense?, Regnery Gateway, Washington, D.C., 1993, 35. 83 Taubes G.. "The Ozone Backlash", Science, 260, 1993, 1580-1583. 84 Rowland F. S., "Presidents Lecture: The Need for Scientific Communication with che Public", Screrce, 260, 1993, 1571-1576, a pagina 1573. 85 Ibidem, 1574. 86 Johnston D. A., "Volcanic Contribution of Chlorine to the Stratosphere: More Significant to Ozone than Previously Estimated?", Science, 209, 4455, 1980. 491-493. 87 Rowland F. S., "Presidents Lecture", 1574. 88 Singer S. F., "The Hole Truth about CFCs", Chemistry&Industry, 21 marzo 1994, 240. Si veda anche Singer S. F., "Bad Science Pulling the Plug on CFCs?", Washington Times, 22 febbraio 1994, edizione finale, sez. A.

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89 House Committee on Science, Subcommittee on Energy and the Environment, Hearing on Scientific Integrity and Public Trust: The Science Behind Federal Policies and Mandates: Case Study I— Stratospheric Ozone: Myths and Realities, Singer S. F. testimony, 104th Congress, lst sess., 20 settembre 1995, US Government Printing Office, Washington, D.C., 1996, 5064, citazioni a p. 50 ("ingannato") e p. 52 ("sbagliate"). 90 Ibidem, 54. 91 Nobelprize.org, "The Nobel Prize in Chemistry 1995" (nobelprize.org/nobelprizes/chemistry/laureates/1995). 92 Singer S. F., "Ozone Politics with a Nobel Imprimatur", Washington Times, 1 novembre 1995, edizione finale, sezione A15. 93 Stevens W. K., "G.O.P. Bills Aim to Delay Ban on Chemical in Ozone Dispute", New York Times, 21 settembre 1995, A20 (www.nytimes.com/1995/09/21/us/gopbills-aim-to-delay-ban-on-chemical-inozone-dispute.html). 94 Singer S. F., "My Adventures in the Ozone Layer", 36. 95 Dati da Science and Environmental Policy Project IRS Form 990 per il 2007 (righe 8d e 21), 15 maggio 2008. 96 Singer S. F., "My Adventures in the Ozone Layer", 36-37. 97 Singer S. F., 'Global Warming: Do We Know Enough to Act?", in Chilton K., M. Warren (a cura di), Environmental Protection: Regulating for Results, Westview, Boulder, Colo., 1991, 45. 98 Singer S. F., "Global Warming: Do We Know Enough to Act?", 45-46. 99 Citato in Revkin A., "Lets Be Sensible on Global Warming", Christian Science Monitor, 30 giugno 1992; Will G., "Chicken Little: The Persistence of Eco-Pessimism", Washington Post, 31 maggio 1992, C7. 100 Seitz F., Global warming and Ozone Hole Controversies: A Challenge to Scientific Judgment, George C. Marshall Institute, Washington, D.C., 1994), 413

16-17, 22. La frase recita: "Sembra che questa sia destinata a rimanere una questione aperta ... Un pallone riempito di gas freon è molto più pesante dell'aria". La nostra copia arriva dal database della Legacy Tobacco Documents Library, BN: 2025479245. 101 Michaels P. J., "Perils Up in the Air", 12 aprile 2000, Cato Institute (www.cato.org/pub_display.php?pub_id=4736); Seitz F., Global warming and Ozone Hole Controversies; Michaels P., "Apocalypse Machine Blows Up", Washington Times, 1 novembre 1991, edizione finale, sez. F; Michaels P., "More Hot Air from the Stratosphere", Washington Times, 27 ottobre 1992, sez. F, 1. 102 Singer S. F., "Letters to the Editor. Bad Climate in Ozone Debate", Wall Street Journal, 17 giugno 1993, Ai; Zd., "Letters to the Editor Ozone, CFCs and Science Fiction", Wall Street Journal, 24 marzo 1993, A15; Zd., "Letters to the Editor: The Dreaded Ozone Hole", Wall Street Journal, 10 marzo 1992, A19; Id., "Bookshelf: Environmental Fearmongers Exposed", Wall Street Journal, 28 aprile 1993, A18; Jd., 103 "Letters to the Editor. Nobel Politicized Award in Chemistry", Wall Street Journal 3 novembre 1997, 23. 104 Jeffreys K., "Too Many Holes", Wall Street Journal, 11 febbraio 1993, 15.

5. CHE COS'È LA CATTIVA SCIENZA? CHI LO DECIDE? LA BATTAGLIA SUL FUMO PASSIVO 01 Yach D., A. Bialous, "Junking Science to Promote Tobacco", American Journal of Public Health, 91, 11, 2001, 1745-1748; Kessler D. A., A Question of Intent: A Great American Battle with a Deadly Industry, Public Affairs, New York 2002; Glantz S. A., et al., The Cigarette Papers, University of California Press, Berkeley 1996. 02 US Department of Health and Human Services, Centers for Disease Control and Prevention, The Health Consequences of Involuntary Exposure to Tobacco Smoke: A Report of the Surgeon General, US Government Printing Office, Washington, D.C., 2006 414

(www.surgeongeneral.gov/library/secondhandsmoke/report/fullreport.pdf); US Department of Health and Human Services, The Health Consequences of Involuntary Exposure to Tobacco Smoke: A Report of the Surgeon General, Office of the Surgeon General (www.surgeongeneral.gov/library/secondhandsmoke/factsheets/factsheeti.html). 03 Glantz S. A., et al., The Cigarette Papers, cap. 10. 04 Ibidem, 402-403. 05 Koplin A. N., "Anti-Smoking Legislation: The New Jersey Experience", Journal of Public Health Policy, 2, 3, 1981, 247-255. 06 Ibidem. 07 White J. R., H. F. Froeb, "Small-airways Dysfunction in Nonsmokers Chronically Exposed to Tobacco smoke", New England Journal of Medicine, 302, 13, 1980, 720-723. 08 Glantz S. A. et al., The Cigarette Papers, 429. 09 Questo era cruciale perché quando si studiavano gli effetti del fumo non si potevano semplicemente confrontare i tassi di mortalità dei fumatori con quelli dei non fumatori, ma si doveva confrontarli anche con quelli dei non fumatori che non erano stati esposti al fumo passivo (ETS). Quando venne fatto, divenne chiaro che gli effetti del fumo erano persino peggiori di quelli precedentemente ipotizzati. 10 Hong M., L. Bero, "How the Tobacco Industry Responded to an Influential Study of the Health Effects of Second Hand Smoke", British Medical Journal, 325, 2002, 1413-1416; Glantz S. A., et al.. The Cigarette Papers, 413-416. 11 Glantz S. A., et al., The Cigarette Papers, 414. 12 Citato in Glantz S. A., et al. The Cigarette Papers, 415. 13 Michaels D., Doubt Is Their Product: How Industry» Assault on Science Threatens Your Health, Oxford University Press, New York 2008, 80: si veda anche 7, he Health Consequences of Involuntary Smoking: A Report of the 415

Surgeon General, US Government Printing Office, Washington, D.C., 1986 (profiles.nlm.nih.gov/NN/B/C/P/M/_/nnbcpm.pdf=). 14 Glantz S. A., et al., The Cigarette Papers, 308 (lo fecero nel 1988). 15 US Department of Health and Human Services, The Health Consequences of Involuntary Smoking, 1986. 16 Ibidem, VIII. 17 National Research Council, Committee on Passive Smoking, Board of Environmental Studies and Toxicology, Environmental Tobacco Smoke: Measuring Exposures and Assessing Health Effects, National Academy Press, Washington, D.C., 1986; US Environmental Protection Agency, Office of Health and Environmental Assessment, Respiratory Health Effects of Passive Smoking: Lung Cancer and Other Disorders, Washington, D.C., 1992. 18 Ellen Merlo, Vendor Conference Draft, dicembre 1993, Bates Number (BN): 2040863440, Legacy Tobacco Documents Library. 19 Glantz S. A., et al., The Cigarette Papers, 366. 20 Ibidem, 251, 299-300, 305-313. 21 Glantz S. A., et al., The Cigarette Papers; Kessler D. A., A Question of Intent; Michaels D., Dowbt Is Their Product. 22 Diversi brani sono presenti in Bad Science: A Resource Book, 26 marzo 1993, BN:2074143969, Legacy Tobacco Documents Library, per esempio Peter Brimelow e Leslie Spencer, "You Can't Get There from Here" Forbes, 6 luglio 1992, 59-64, alle pagine 120-125 di Bad Science. Si vedano anche gli articoli alle pagine 181, 217, 225 in Bad Science. 23 Briefing of Ralph Angiuoli Chairman, Executive Committee The Tobacco Institute, Comments: Excise Taxes, 24 maggio 1989, BN: TI51541478, Legacy Tobacco Documents Library; Regional Corporate Affairs, 1991, 2, BN: 2501146354, Legacy Tobacco Documents Library; Landman A., "Beware Secondhand Rhetoric on Cigarette Taxes", PR Watch.org (www.prwatch.org/node/8271). 416

24 Nonsmokers Rights Association, The Fraser Institute: Economic Think tank or Front for the Tobacco Industry?, aprile 1999, app. A, trascrizione del documento giudiziario originale, "Proposal for the Organization of the Whitecoat Project", 18, BN: 2065228563, Legacy Tobacco Documents Library; si veda anche Deposition of Steven Parrish in the United States of America vs. Philip Morris Incorporated et al., CA99-CV-02496, 25 giugno 2002, BN: PARRISHS 062502, Legacy Tobacco Documents Library. 25 Merlo, PM USA Vendor Conference, Legacy Tobacco Documents Library. 26 The ETS Program for 1991, 1990, BN: 2023856052, Legacy Tobacco Documents Library. 27 Ibidem. 28 US Environmental Protection Agency, "Fact Sheet: Respiratory Health Effects of Passive Smoking", Smoke-free Homes and Cars Program, gennaio 1993 (www.epa.gov/smokefree/pubs/etsfs.html). 29 US Environmental Protection Agency, Respiratory Health Effects of Passive Smoking, 1-4. 30 Ibidem, da 1-6 a 1-7. 31 National Research Council, Risk Assessment in the Federal Government: Managing the Process, National Academy Press, Washington, D.C., 1983. 32 US Environmental Protection Agency, "Risk Assessment Portal" (www.epa.gov/risk/). 33 US Environmental Protection Agency, Respiratory Health Effects of Passive Smoking, 1-2. 34 Ibidem, 2-6. 35 EPA, "Fact Sheet", 1993. 36 A Review of the Final Version of the Report: "Links between Passive Smoking and Disease: A Best Evidence Synthesis", A Report of the Working 417

Group on Passive Smoking, coordinated by Frederick Seitz, 14 aprile 1989, BN: 512781113, Legacy Tobacco Documents Library. 37 Ibidem. 38 Science and Environmental Policy Project (www.sepp.org/). 39 Tom Hockaday a Ellen Merlo e altri, Opinion Editorials on Indoor Air Quality and Junk Science, memorandum, 8 marzo 1993, BN: 2021178205, Legacy Tobacco Documents Library; Singer S. F., Junk Science at the EPA, 8 marzo 1993, BN: 2021178206, Legacy Tobacco Documents Library. 40 Singer S. F., Junk Science at the EPA, Legacy Tobacco Documents Library. 41 Bad Science: A Resource Book, BN: 2074144197, Legacy Tobacco Documents Library. 42 Ibidem. 43 Paul D. Thacker, "Pundit for Hire: Smoked Out", New Republic, 6 febbraio 2006, 13-14. 44 Bad Science: A Resource Book, BN: 2074144197, Legacy Tobacco Documents Library. 45 Competitive Enterprise Institute, "About CEI" (cei.org/about). 46 CEI Science Policy Clips and Highlights, January I 993-April 1994, BN: 2023585726, Legacy Tobacco Documents Library. 47 Craig L. Fuller a Jim Tozzi, 13 luglio 1993, BN: 2046597569, Legacy Tobacco Documents Library. 48 Mooney C., "Paralysis by Analysis: Jim Tozzi's Regulation to End All Regulation", Washington Monthly, maggio 2004; Id., The Republican War on Science, Basic Books, New York 2005; si veda in particolare il capitolo 8 per un'analisi del ruolo di Tozzi nel Data Quality Act. 49 Memorandum da James Tozzi a Jim Boland, 29 dicembre 1993, BN: 418

2024207141, Legacy Tobacco Documents Library. 50 Craig L. Fuller a Tom Borelli, er al, Subject: "Investors Business Daily/JEPA", 28 gennaio 1993, BN: 2023388137, Legacy Tobacco Documents Library. 51 "Thomas J. Borelli", SourceWatch (www.sourcewatch.org/index.php? title=Thomas_J.Borelli). 52 Victor Han a Ellen Merlo, Subject: Burson/ETS, memorandum, 22 febbraio 1993, BN:2023920035, Legacy Tobacco Documents Library. 53 Una ricerca su Rush Limbaugh nella Legacy Tobacco Documents Library ha prodotto oltre cinquecento documenti, tra cui uno sulla ETS Strategy da Craig Fuller a Jim Boland e altri intitolati Getting Rush Limbaugh on the Issue (23 gennaio 1993, BN: 2047908408, Legacy Tobacco Documents Library), oltre a una lettera, datata 13 sercembre 1996, in cui la New York State Association of Wholesale Marketers and Distributors ringrazia Limbaugh per il suo programma sugli "irragionevoli attacchi dei fanatici anti-tabacco", BN: 621965403, Legacy Tobacco Documents Library. 54 Victor Han a Ellen Merlo, Subject: Burson/ETS. Si veda anche ETS Media Strategy, febbraio 1993, BN: 2023920090, Legacy Tobacco Documents Library. 55 Victor Han a Ellen Merlo, Subject: Burson/ETS. 56 56.New Project, aprile 1993, BN: 2046662829, Legacy Tobacco Documents Library; EPA Watch Undertakes "Risk Assessment" on Danger of Showering, EPA Watch 1, 2, 16 marzo 1992, BN: 2021174568, Legacy Tobacco Documents Library. 57 Victor Han a Ellen Merlo, Subject: Burson/ETS. 58 Committee for a Constructive Tomorrow, "About CFACT" (www.cfact.org/about/1549/About-CFACT). Secondo il sito di Greenpeace, Frederick Seitz aveva fatto parte del consiglio del Committee; si veda Exonsecrets.org, "Factsheet: Frederick Seitz" (www.exxonsecrets.org/html/personfactsheet.php?id=6#src12); 'Biography: Bonner R. Cohen" (prfamerica.org/biography/Biography-Cohen-Bonner.html). 419

59 Victor Han a Ellen Merlo, Subject: Burson/ETS. 60 Ibidem. 61 Thacker P. D., "The Junkman Climbs to the Top", Environmental Science and Technology Online News, maggio 2005; Thacker P. D., "Smoked Out: Pundit for Hire", 13-14; "Steven J. Milloy: The 'Junkman' Exposed", febbraio 2006, Americans for Nonsmokers' Rights (www.nosmoke.org/pdf/stevenmilloy.pdf). 62 In seguito Neal Cohen, il vice presidente dell'APCO, si vantò parlando di una strategia più ampia. Si veda Fritsch J., "Sometimes, Lobbyists Strive to Keep Public in the Dark", New York Times, 19 marzo 1996 (query.nytimes.com/gst/fullpage.html? res=9505E1DC1739F93AA25750C0A960958260&sec=&spon=&pagewanted=print). 63 Rampton S., J. Stauber, Trust Us, We're Experts! How Industry Manipulates Science and Gambles with Your Future, Tarcher, New York 2000, 239, 248-249. 64 Rampton S., J. Stauber, "How Big Tobacco Helped Create 'The Junkman'", PR Watch, 7, 3, 2000, 5-15; PR Watch.org, Center for Media and Democracy (www.prwatch.org/prwissues/2000Q3/junkman.html). 65 Rampton S., J. Stauber, "How Big Tobacco Helped Create "The Junkman"", 5-15. 66 John Lenzi a Ellen Merlo, Subject: TASSC Update, memorandum, 13 dicembre 1993, BN: 2046553280, Legacy Tobacco Documents Library. 67 Ibidem; John Lenzi a Vie Han, et al., Subject: TASSC, 22 febbraio 1994, BN: 2078848225, Legacy Tobacco Documents Library; Tom Hockaday e Neal Cohen a Matt Winokur Re, 7howghts on TASSC Europe, 25 March 1994, BN: 2024233595, Legacy Tobacco Documents Library; si veda anche Monbiot G., "The Denial Industry", Guardian, 19 settembre 2006 (www.guardian.co.uk/environment/2006/sep/19/ethicalliving.g2). 68 Garrey Carruthers, presidente del TASSC e governatore del New Mexico, a Richard Lindzen, Invitation to Join TASSC, 12 maggio 1993, BN: 2046989059, Legacy Tobacco Documents Library. 420

69 Craig L. Fuller a Michael A. Miles, January Monthly Report, 23 febbraio 1994, BN: 2048212857, Legacy Tobacco Documents Library. 70 Steven J. Milloy a Sharon Boyse, Grant Request from TASSC, 22 settembre 1997, BN:190204008, Legacy Tobacco Documents Library. 71 Statement of Garrey Carruthers, 20 dicembre 1995, BN: 2047070949, Legacy Tobacco Documents Library. 72 Dowie M., "Whats Wrong with the New York Times Science Reporting?", azion, 267, 1, 6 giugno 1998, 13-19; "Gina Kolata", SourceWatch (www.sourcewatch.org/index.php?title=Gina_Kolata). 73 Si veda la discussione in Yach e Bialous, "Junking Science to Promote Tobacco", 1745-1748; Inventory of Comments Received by the Tobacco Institute on the Costs and Benefits of Smoking Restrictions: An Assessment of the Smoke-Free Environment Act 0/1993 (H.R. 3434), agosto 1993, BN: 2047232462, Legacy Tobacco Documents Library. 74 The Tobacco Institute 1995 Proposed Budget, 11 ottobre 1994, BN: 91082676, LegacyTobacco Documents Library. 75 Singer S. F., Jeffreys K., The EPA and the Science of Environmental Tobacco Smoke, Alexis de Tocqueville Institution, maggio 1994, BN: TI31749030, Legacy Tobacco Documents Library; The Tobacco Institute 1995 Proposed Budget, Legacy Tobacco Documents Library. 76 Jeffreys K., Who Should Own the Ocean?, Competitive Enterprise Institute, Washington, D.C., 1991, 17-18; Jeffreys K., 'Rescuing the Oceans", in Bailey R. (a cura di), [he True State of the Planet, Free Press, New York 1995; "Kent Jeffreys", SourceWatch (www.sourcewatch.org/index.php? title=Kent_Jeffreys). 77 Science, Economics, and Environmental Policy: A Critical Examination, 11 agosto 1994, 1, BN: 92756807, Legacy Tobacco Documents Library. 78 Ibidem, 7. 421

79 Memorandum from Samuel D. Chilcote.Jr. to The Members of the Executive Committee, 11 agosto 1994, BN: 980193761, Legacy Tobacco Documents Library. 80 EPA, Respiratory Health Effects of Passive Smoking. 81 Lettera spedita a William K. Reilly, amministratore dell'EPA, dai membri dello Science Advisory Board, Subject: Science Advisory Board's Review of the Office of Research and Development Document: Health Effects of Passive Smoking, 19 aprile 1991, 2, BN: 2023989358, Legacy lobacco Documents Library; e anche a pagina 44 del rapporto princiale, EPA Science Advisory Board, Review of Draft Environmental Health Effects Document, aprile 1991, EPA-SAB-IAQC-91-007, US Environmental Protection Agency. 82 EPA Science Advisory Board, Review of Draft, EPA-SAB-IAQC-91-007,47-48, 83 Ibidem, 45. 84 Ibidem, 48. 85 Ibidem, 49. 86 EPA Science Advisory Board, Review of Draft Passive Smoking Health Effects Document. Respiratory Health Effects of Passive Smoking Lung Cancer and Other Disorders, novembre 1992, EPA-SAB-IAQC-93-003, 27, BN: 2023989067, Legacy Tobacco Documents Library. 87 Ibidem, 1-2. 88 Ibidem, 21-22. 89 È molto difficile trovare una spiegazione chiara di questo fenomeno, perché i libri di statistica sono pieni di test utilizzati per respingere le "ipotesi nulle". Gli errori di tipo 1, "falsi positivi", portano ad accettare (erroneamente) come vera un'ipotesi sbagliata (positiva al test). Se invece è vera 'l'ipotesi nulla" significa che il test è negativo. Se si rigetta erroneamente l'ipotesi nulla (non c'è effetto, ma questa ipotesi viene respinta) e si ritiene che ci sia un effetto, quando in realtà non c'è, si è nella stessa condizione del falso positivo. La miglior analisi di questo tema, e di quello, collegato, della 422

significatività statistica, oltre che della confusione e dei giudizi di valore implicati, è quella di McCloskey D., S, Ziliak, The Cult of Statistical Significance: How the Standard Error Costs Us Jobs, Justice, and Lives, University of Michigan Press, Ann Arbor 2008. 90 Riflette una lunga tradizione nella storia della scienza che valorizza lo scetticismo come antidoto al fanatismo. È per questo, a nostro avviso, che gli scienziati temono così tanto gli errori di tipo 1. 91 Easton V.J., J. H. McColl, "Type I Error", Statistics Glossary (www.stats.gla.ac.uk/steps/glossary/hypothesis_testing.html#Ierr). 92 HyperStat Online Contents, "Type I and II Errors" (davidmlane.com/hyperstat/A18652.html). 93 Il principio di precauzione, ampiamente applicato in Europa, è un tentativo di correggere questa situazione esonerando le vittime dall'onore della prova e chiedendo più cautele quando vengono riconosciuti i danni potenziali. Il fatto che gli Stati Uniti non abbiano adottato questa posizione è del tutto coerente con la storia raccontata in questo libro. 94 McCloskey D., S, Ziliak, 7be Cult of Statistical Significance. 95 U. S. Environmental Protection Agency, Setting the Record Straight: Secondhand Smoke is a Preventable Health Risk, Smoke-Free Homes and Cars Program, giugno 1994 (www.epa.gov/smokefree/pubs/strsfs.html). 96 US Environmental Protection Agency, National Center for Environmental Assessment, National Research Council, Risk Assessment in the Federal Government — Guidelines for Carcinogen Risk Assessment (2005) (ctpub.epa.gov/ncea/cfm/recordisplay.cfm?deid=116283). 97 Judith Graham, e-mail a Naomi Oreskes, 6 agosto 2007. Graham si riferisce a EPA, Guidelines for Carcinogen Risk Assessment (2005). 98 Per un'analisi recente, si veda Hayes D. P., "Nutritional Hormesis" European Journal of Clinical Nutrition, 61, febbraio 2007, 147-159. 99 L'intera sezione è da EPA, Setting the Record Straight. 423

100 Ibidem. 101 L'industria ha sostenuto massicciamente questa idea in Europa, attraverso una sua organizzazione di facciata, l'International Center for a Scientific Ecology. A una conferenza organizzata nel maggio 1993 sulla domanda se "la relazione lineare tra dose ed effetto era ancora un modello valido per valutare il rischio correlato a basse dosi di agenti cancerogeni", Fred Singer discusse dell'emendamento Delaney e delle sue conseguenze sul sistema regolatorio negli Stati Uniti, mentre Aaron Wildasky (uno scienziato politico) si chiese se "gli studi sui roditori potevano predire i tumori umani". Si veda The International Center for a Scientific Ecology, BN:85012622, oltre che Ron Tully alla National Manufacturers Associations. Subject: International Center for a Scientific Ecology Meeting, 27 aprile 1993, BN: 2028385382, Legacy Tobacco Documents Library. Nel 2008 sul sito del Marshall Institute comparve un articolo pubblicato il 7 settembre 1999 e intitolato "Paracelsus to Parascience: The Environmental Cancer Distraction". Scritto da Bruce N. Ames e Lois Swirsky Gold, riprendeva gli stessi argomenti per un gran numero di tossine e sostanze canceogene (www.marshall.org/article.php?id=73). 102 Chauncey Starr a George Keyworth, 19 agosto 1983, e altre lettere in William A. Nierenberg (WAN) papers, MC13, 141: I Scripps Institution of Oceangraphy, (SIO) Archives; si veda anche Chauncey Starr, "Risk Criteria for Nuclear Power Plants: A Pragmatic Proposal", Risk Analysis, 1, 2, 1981, 113120; Starr C., "Risk Management, Assessment, and Acceptability", Risk Analysis, 5, 2, 1985, 97-102. 103 Conferenza di Emil Mrak presso i Philip Morris Laboratories, "Some Experiences Related to Food Safety", 16 gennaio 1973, Emil M. Mrak Collection D-96, MSS, box 8, Special Collections, Shields Library, University of California, Davis. 104 Ibidem. 105 Feinstein A. R., "Scientific Standards in Epidemiological Studies of the Menace of Daily Life", Science, 242, 4883, 1988, 1257-1263. 106 "Tobacco Sales Light Up Philip Morris Earnings", USA Today, 26 gennaio 424

1995; si veda anche "Philip Morris's Net More than Tripled in 4th Quarter, Aided by Tobacco Sales", Wall Street Journal, 26, gennaio 1995, entrambi ritagli presenti in FYI: Directors Edition, 1 febbraio 1995, BN: 2041128878, Legacy Tobacco Documents Library. 107 "Five Bargain Blue Chips that Offer Towering Gains", Money: Wall Street Newsletter, febbraio 1995, ritagli in FYI: Director Edition, Legacy Tobacco Documents Library. 108 La Philip Morris teneva traccia di tutte le notizie favorevoli; si veda FYI: Directors Edition, Legacy Tobacco Documents Library. 109 "Profiles: FOREST", Tobaccodocuments.org, Tobacco Documents Online (tobaccodocuments.org/profiles/forest.html); si veda anche Brotchie L., "UK: Scottish Report Exposes Tobacco Tactics", Tobacco Control, 14, 6, 2005, 366. 110 Air Chief Marshal Sir Christopher Foxley-Norris, 27 novembre 1978, BN: 2025024182, Legacy Tobacco Documents Library. 111 Confidential Conference and Research Proposal, 1997, BN: 516860591, Legacy Tobacco Documents Library; vari altri documenti, più di tremila, sono stati analizzati da FOREST, Freedom Organization in Legacy Tobacco Documents Library. 112 Confidential Conference and Research Proposal, 1997. 113 Ibidem. 114 Wikipedia, "Ralph Harris, Baron Harris of High Cross" (en.wikipedia.org/wiki/Ralph_Harris_Baron_Harris_of_High_Cross). Non siamo stati in grado di individuare la citazione esatta, ma di frequente negli scritti di Lord Harris compariva la metafora della "mano invisibile"; si veda King J. E., "Ralph Harris. Ralph Harris in His Own Words: The Selected Writings of Lord Harris", History of Economics Review (estate 2008), BNET (findartides.com/p/artides/mi_6787/is48/ai-n316G1 1565/?tag=content;col1); Daily Telegraph, "Lord Harris of High Cross", Obituaries, ottobre 2006 (www.telegraph.co.uk/news/obituaries/1531862/ Lord-Harris-of-HighCross.html); Times Online, "Lord Harris of High Cross: Free-Market Thinker 425

Who Served 25 Director of Institute of Economic Affairs for Three Decades", 20 ottobre 2006 (www.timesonline.co.uk/tol/comment/obituaries/article606521.ece). Su Harris e il British Institute of Economic Affairs, si veda Mirowksi P., D. Plehwe, The Road from Mont Pelerin: The Making of the Neoliberal Thought Collective, Harvard University Press, Cambridge, Mass., 2009, 45-97. 115 Luik J. C., Zbrough the Smokescreen of "Science": The Dangers of Politically Corrupted Science for Democratic Public Policy, 1, BN: WAW3, Legacy Tobacco Documents Library. 116 Ibidem, 1. 117 Ibidem, 2. 118 Singer F. S., K. Jeffreys, The EPA and the Science of Environmental Tobacco Smoke, 2. 119 Simon W. E., A Time for Truth, New York, Reader's Digest Press 1978, 221. 120 Sulla Olin Foundation, e il suo sostegno all'ideologia di destra, si veda mediatransparency.org/funderprofile.php?funderID=7. Il link non è più attivo, dopo che la Olin Foundation ha chiuso. Si veda "John M. Olin Foundation", SourceWatch (www.sourcewatch.org/index.php? title=John_M._OlinLFoundation); "John M. Olin Foundation", Right Web (https://rightweb.irc-online.org/profile/john_m_olin_foundation/) 121 Seitz R., "Making the World Safe for Cigarette Smokers", Forbes, 160, 5, 1997, 181, (www.forbes.com/forbes/1997/0908/6005181a.html). 122 Ibidem. 123 Lt. General Daniel Graham a William A. Nierenberg, 27 dicembre 1984, WAN papers, MC13, 43:17, SIO Archives. 124 Berlin I., Liberty: Incorporating Four Essays on Liberty, Oxford University Press, New York 2002. 125 Luik, Trough the Smokescreen of "Science", Legacy Tobacco Documents 426

Library. 126 Ibidem, il "sentore di totalitarismo" è citato a pagina 3, il resto della citazione a pagina 2. 127 Ibidem, 3. 128 Comparative Substance Use III: Pleasure and Quality of Life, 28 settembre 1993, BN:2029104002, Legacy Tobacco Documents Library. 129 Academic Contact List, BN: 502563475, Legacy Tobacco Documents Library. 130 Luik, 74rough the Smokescreen of "Science", Legacy Tobacco Documents Library.

6. IL NEGAZIONISMO SUL RISCALDAMENTO GLOBALE

01 Roach J., "2004: The year global warming got respect", National Geographic News: Reporting Your World Daily, 29 dicembre 2004 (news.nationalgeographic.com/news/2004/12/1229_041229_climate_change_consensus.h 02 Intergovermental Panel on Climate Change, Summary for Policy Makers in Climate Change 2007. The Physical Science Basis, Contribution of Working Group I to the Fourth Assessment Report of the Intergovernmental Panel on Climate Change, Cambridge University Press, Cambridge 2007, 8 (www.ipcc.ch/pdf/assessment-report/ar4/wg1/ar4wgl-spm.pdf). 03 Oreskes N., "Behind the Ivory Tower The Scientific Consensus on Climate Change", Science, 306, 5702, 2004, 1686. 04 "Poll: Americans See a Climate Problem", Tie, 26 marzo 2006 (www.time.comi/time/nation/article/ 0,8599,1176967,00.11113-11).I risultati di questo sondaggio vanno messi a confronto con l'Intergovernmental Panel on Climate Change Third Assessment Report, che dichiara inequivocabilmente che le temperature globali sono cresciute: Climate Change 2001, Contribution of Working Groups I, II, and IMI to the Third Assessment Report of the International Panel on Climate Change, Cambridge 427

University Press, Cambridge 2001 (www.ipcc.ch/ipccreports/tar/ vo4/english/index.htm). 05 Langer G., "Poll: Public Concern on Warming Gains Intensity: Many See a Change in Weather Patterns" ABC News, 26 marzo 2006 (abcnews.go.com/Technology/GlobalWarming/story?id=17504928page=1). Per un sondaggio simile, si veda Pew Research Center for the People and the Press, "Little Consensus on Global Warming: Partisanship Drives Opinion", 12 luglio 2006, Survey Reports (people-press.org/reporu/280/little-consensuson-global-warming). Per i risultati di Pew, si veda "Fewer Americans see Solid Evidence of Global Warming", 22 ottobre 2009 (pewresearch.org/pubs/1386/ cap-and-trade-global-warming-opinion). 06 Fleming J. R., The Callendar Effect: The Life and Times of Guy Stewart Callendar (1898-1964), The Scientist Who Established the Carbon Dioxide Theory of Climate Change, American Meteorological Society, Boston, Mass., 2007; J4., Historical Perspectives on Climate Change, Oxford University Press, New York 1998: Weart S. R., The Discovery of Global warming, Harvard University Press, Cambridge, Mass., 2008. 07 Revelle R., er al., "Atmospheric Carbon Dioxide", app. Y. 4, in President's Science Advisory Committee, Panel on Environmental Pollution, Restoring the Quality of Our Environment: Report of the Panel on Environmental Pollution, The White House, Washington, D.C., 1965. 08 Ibidem, 9. 09 Johnson L. B., "Special Message to Congress on Conservation and Restoration of Natural Beauty", 8 febbraio 1965, American Presidency Project (www.presidency.ucsb.edu/ws/index.php?pid=27285). 10 MacDonald G., er al, The Long Term Impact of Atmospheric Carbon Dioxide on Climate, Jason Technical Report JSR-78-07, SRI International, Arlington, Va., 1979, 1. 11 Finkbeiner A. K., The Jasons: The Secret History of Science Postwar Elite, Viking, New York 2006. Sulla personalità dei fisici associati ai Jason nel periodo iniziale, si veda anche Lahsen M., "Experiences of Modernity in the 428

Greenhouse: A Cultural Analysis of a Physicist Trio" Supporting the Backlash against Global Warming", Global Environmental Change, 18, 2008, 204-219 (sciencepolicy.colorado.edu/admin/ publication.files/resource-25902008.05.pdf). 12 MacDonald, et al., The Long Term Impact of Atmospheric Carbon Dioxide, 1. 13 Ibidem, III. 14 White R. M., "Oceans and Climate — Introduction", Oce4nus, 21, 1978, 23. 15 John S. Perry a Jule Charney, 9 maggio 1979, MC184, 364:11, National Academies Archives. 16 Chamey J., et al, Carbon Dioxide and Climate: A Scientific Assessment, Report of an Ad Hoc Study Group on Carbon Dioxide and Climate, Woods Hole, Massachusetts, July 23-27,1979. to the Climate Research Board, National Research Council, National Academies Press, Washington, D.C., 1979, 2. 17 Ibidem, 2. 18 Suomi V. E. in Chamey J., et 41, Carbon Dioxide and Climate, VIII. 19 Chamey J., et al., Carbon Dioxide and Climate, 10-11. 20 Henry Abarbanel, comunicazione personale con Naomi Oreskes, 26 ottobre 2006. 21 Suomi V. E. in Chamey J., et al, Carbon Dioxide and Climate, VIII. 22 Ibidem. 23 Richard Meserve a Vemer E. Suomi, 5 ottobre 1979, Assembly on Mathematical and Physical Sciences, Climate Board: Review Panel on Carbon Dioxide and Climate: General, 1979-1981, collection, National Academies Archives. 429

24 Schelling T. C., Climate Research Board Collection, 18 aprile 1980, National Academy of Sciences, National Academies Archives. 25 Ibidem. 26 Ibidem, enfasi nell'originale. 27 Perry J. S., "Energy and Climate: Today's Problem, Not Tomorrow's", Climatic Change, 3, 3, 1981, 223-225. 28 Ibidem, 223-224. 29 Citato in Perry J. S., "Energy and Climate", 224. 30 Weart S. R., Ze Discovery of Global warming. 31 Abraham Ribicoff a Philip Handler, 30 ottobre 1979, Climate Research Board Study Group on Stratospheric Monitoring, Ad Hoc: Meeting: Agenda, Assembly on Mathematical and Physical Sciences, William A. Nierenberg (WAN) papers, MC13 88: file label "National Academy of Sciences, Energy Security Act Text, August 1979", Scripps Institute of Oceanography (SIO) Archives. 32 John Perry ai membri del Climate Research Board, 3 agosto 1979, National Academy of Sciences, Assembly of Mathematical and Physical Sciences, Climate Board: Review Panel on Carbon Dioxide&Climate, General 1979-1981 collection, National Academies Archives. 33 William Nierenberg a John Perry, 10 agosto 1979, National Academy of Sciences, Assembly of Mathematical and Physical Sciences, Climate Board: Review Panel on Carbon Dioxide&Climate, General 1979-1981 collection, National Academies Archives. 34 Revelle R. R., "Probable Future Changes in Sea Level Resulting from Increased Atmospheric Carbon Dioxide", in Nierenberg W., et al, Changing Climate: Report of the Carbon Dioxide Assessment Committee, National Academies Press, Washington, D.C., 1983, 441-442. 35 Ibidem. 430

36 Ibidem. 37 Nierenberg W., et al, Changing Climate, 87. 38 Va notata che la stima (all'estremo inferiore) di 337 ppm era già stata superata nel 2000. 39 Nordhaus W. D., G. W. Yohe, in Nierenberg W., et aL, Changing Climate, 151. 40 Schelling T. C., "Climate Change: Implications for Welfare and Policy", in Nierenberg W., et al, Changing Climate, 449. 41 Ibidem, 452. Retrospettivamente, si può dire che l'argomentazione di Schelling secondo cui il problema non è la CO, ma i cambiamenti climatici è chiaramente sbagliata. L'acidificazione degli oceani, e i suoi effetti sugli ecosistemi marini, dimostrano che l'aumento della CO,, di per sé, è un problema, se anche non producesse il riscaldamento globale. I cambiamenti della chimica dell'atmosfera cambiano quella degli oceani, e questo potrebbe essere più importante per la biosfera persino dei cambiamenti della temperatura atmosferica. 42 Nierenberg W., er al, Changing Climate, 3. 43 Ibidem, 53. 44 Weinberg A. M., "Global Effects of Man's Production of Energy", Science, 186, 4160, 1974, 205. 45 Weinberg A., Comments on NRC draft Report of the Carbon Dioxide Assessment Committee, luglio-agosto 1983, WAN MC13, 86: file label "BASC/CO", SIO Archives. 46 Anonimo, Chapter Reviews, pp. 5 e 8, WAN papers, MC13, 86: file label "Chapter reviews of Draft CO, Assessment Committee Report, July 1983, 1 of 2", SIO Archives. 47 Edward Frieman, comunicazione personale con Naomi Oreskes, 16 marzo 2007. 431

48 Shabecoff P., "Haste of Global Warming Trend Opposed", New York Times, 21 ottobre 1983, sec. A, 1; Seidel S., Can We Delay a Greenhouse Warming? The Effectiveness and Feasibility of Options to Slow a Build-Up of Carbon Dioxide in the Atmosphere, Office of Policy and Resources Management, Office of Policy Analysis, Strategic Studies Staff, US Government Printing Office, Washington, D.C, 1983; Hoffman J. S., et al., Projecting Future Sea Level Rise: Methodology, Estimates to the Year 2100, and Research Needs, US Environmental Protection Agency, Office of Policy and Resource Management, US Government Printing Office, Washington, D.C., 1983). 49 Jay Keyworth a Ed Meese, OSTP Monthly Report for October 1983, 28 novembre 1983, George A. Keyworth Collection, 6: file label "OSTP Monthly Report 1982-1984 [1 of 4]", Reagan Presidential Library Archives, Simi Valley, Courtesy of Josh Howe, Stanford University. 50 Shabecoff P., "Haste of Global Warming Trend Opposed", 1. 51 Climate Board, Carbon Dioxide Assessment Committee, Fourth Session, 28-29 September 1981. Washington, D.C., WAN papers, MC13, 90: 7, file label "NAS Climate Research Board/CO, Committee", SIO Archives. 52 Ibidem. 53 John Perry al Carbon Dioxide Assessment Committee, 27 settembre 1982, 3, WAN papers, MC13, 91: 1, file label "NAS Climate Research Board/CO, Committee, Aug-Sep 1982", SIO Archives. 54 Senate Committee on Energy and Natural Resources, Greenbouse Effect and Global Climate Change: Hearing Before the Committee on Energy and Natural Resources, 100ch Congress, lst sess., 9 novembre 1987 (Washington, D.C., US Government Printing Office), 52. 55 Senate Committee on Energy and Natural Resources, Greenbouse Effect and Global Climate Change: Hearing Before the Committee on Energy and Natural Resources, 100ch Congress, lst sess., 23 giugno 1988, pt. 2 (Washington, D.C., US Government Printing Office), 1. 56 Ibidem, 39. 432

57 Senate Committee on Energy and Natural Resources, Greenbouse Effect and Global Climate Change, 100th Congress, lst sess., 23 giugno 1988, pt. 2, 48; Senate Committee on Energy and Natural Resources, Greenhouse Effect and Global Climate Change, 100th Congress, lst sess., 23 giugno 1988, pt. 2 (Washington, D.C., US Government Printing Office), 52. 58 Shabecoff P., "Global Warming Has Begun, Expert Tells Senate", New York Ttmes, 24 giugno 1988, sec. A, 1. 59 Kerr R. A., "Hansen vs. the World on the Greenhouse Threat", Science, 244, 4908, 1989, 1041-1043. 60 Bolin B., A History of the Science and Politics of Climate Change: The Role of the Intergovernmental Panel on Climate Change, Cambridge University Press, Cambridge 2007, 49. 61 Si veda Bolin B., A History of the Science and Politics of Climate Change, 50-51; Houghton J. T., G. J. Jenkins, J. J. Ephraums (a cura di), Climate Change: The IPCC Scientific Assessment, Cambridge University Press, New York 1990, III e IV. 62 Balzar J., "Bush Vows 'Zero Tolerance' of Environmental Polluters", Los Angeles Times, 1 settembre 1988, sec. A. 63 Committee on Earth Sciences, Our Changing Planet: A US Strategy for Global Change Research, US Government Printing Office, Washington, D.C., 1989. 64 Senate Committee on Commerce, Science, and Transportation, National Global Change Research Act of 1989, 101st Congress, lst sess., 22 febbraio 1989, US Government Printing Office, Washington, D.C., 1989, 1-4. 65 Gus Speth, intervista con Naomi Oreskes, 3 agosto 2007. 66 Jastrow R., W. Nierenberg, F. Seitz, Global warming: What Does the Science Tell Us?. George C. Marshall Institute, Washington, D.C., 1989. 67 Roberts L., "Global Warming: Blaming the Sun", Science, 246, 4933, 1989, 992-993. 433

68 Ibidem. 69 Ibidem. 70 Jastrow R., et al, Global warming: What Does the Science Tell Us?, 30-31, 48-57. 71 Ibidem, 56-57; Roberts L., "Blaming the Sun", 992-993. 72 Hansen J., et al, "Climate Impact of Increasing Atmospheric Carbon Dioxide", Science, 213, 4511, 1981, 957-966, figura a pagina 963. 73 Schneider a Albert Hecht, 1 settembre 1989, riprodotta in Stephen H. Schneider, Global warming: Are We Entering the Greenhouse Century?, Vintage, New York 1990, 329. 74 Houghton J. T., et al., (a cura di), he IPCC Scientific Assessment, XI; si veda anche Weisskopf M., W. Booth, "UN Report Predicts Dire Warming; Break with US Seen in Thatcher Response", Washington Post, 26 maggio 1990, sec. A, 1. 75 Houghton J. T., et al., (a cura di), The IPCC Scientific Assessment, 63. 76 Bolin B., A History of the Science and Politics of Climate Change, 72. Nierenberg ha illustrato la stima sulla sensitività climatica del Marshall Institute in Nierenberg W., "Global Wanning: Look Before We Leap" New Scientist, 9 marzo 1991, 10. 77 Deborah Day, comunicazione personale con Naomi Oreskes, 2008. 78 Bill Kristol a Sam Skinner, et al, Attachment-Chart B, 23 aprile 1992, Jeffrey Holmstead, file "Global Warming Implications", OA/ID CF01875, Counsels Office George H. W. Bush Presidential Library, College Station, Texas. 79 Robert Jastrow a Terry Yosle, 22 febbraio 1991, WAN papers. Accession 2001-01 60 file label "Marshall Institute Correspondence, 1990-1992", SIO Archives. 80 Revelle R., "What Can We Do About Climate Change?", Presented at the 434

AAAS Annual Meeting, New Orleans, 9 febbraio 1990, Revelle Papers, MCGA 165-9, SIO Archives. 81 Ibidem. 82 Ibidem. 83 Affidavit di Christa Beran, S. Fred Singer vs. Justin Lancaster, Mass., CA932219 (2 agosto 1993). 84 Walter Munk, comunicazione personale con Naomi Oreskes, 10 gennaio 2005. 85 Affidavit di Christa Beran, S. Fred Singer vs. Justin Lancaster. CA93-2219. Gran parte dei materiali più rilevanti sono disponibili sul sito internet di Justin Lancaster, "The Real Truth about the Revelle-Gore Store", The Cosmos Myth (home.att.net/-espi/Cosmos_myth.html), inclusa la deposizione di Fred Singer (home.att.net/-S-F-Singer Deposition.pdf). 86 Houghton J. T., et al., (a cura di), The IPCC Scientific Assessment, XI; si veda anche Weisskopf M., W. Booth, "UN Report Predicts Dire Warming", 1. 87 Singer S. F., "What to Do about Greenhouse Warming", Environmental Science and Technology, 24, 8, 1990, 1138-1139. 88 Lancaster J.. "The Real Truth", The Cosmos Myth, con le bozze allegate. 89 Ibidem. 90 Singer S. F., R. Revelle, C. Starr, "What to Do about Greenhouse Warming: Look Before You Leap", Cosmos, 1, 1, 1991, 28-33; ripubblicato come S. F. Singer, R. Revelle, C. Starr, "What to Do about Greenhouse Warming: Look Before You Leap", in Geyer R. A., (a cura di), A Global warming Forum: Scientific, Economic, and Legal Overview, CRC Press, Inc., Boca Raton, Fla., 1991, 347-356. 91 Ibidem. 92 Singer S. F., et al., "What to Do about Greenhouse Warming." 435

93 Justin Lancaster, intervista con Naomi Oreskes, 20 ottobre 2007. 94 Easterbrook G., "Has environmentalism blown it? Green Cassandras", New Republic, 207, 2, 6 luglio 1992, 23-25. 95 Singer S. F., "Global Warming: Do We Know Enough to Act?", in Chilton K., M. Warren (a cura di), Environmental Protection: Regulating for Results, Westview Press, Boulder, Colo., 1991, 29-49. La frase è ripetuta a pagina 30, l'attacco all'IPCC è alle pagine 33-35. 96 Will G. F., "Al Gore 's Green Guilt", Washington Post, 3 settembre1992, final edition, A23. 97 "The 1992 Campaign: In Dispute Quayle and Gore Battle Devolves into a Handto Hand Fight about 4 Issues", New York Times, 14 ottobre 1992, sec. A, 19. 98 Revelle Hufbauer C., "Global Warming: What My Father Really Said", Washing ton Post, 13 settembre 1992, final edition, sec. C. 99 Affidavit of Defendant Justin Lancaster, S. Fred Singer vs. Justin Lancaster, Civil Action 93-2219. 100 Revelle R., "What Can We Do About Climate Change", Oceanography, 5, 2, 1992, 126-127; Walter H. Munk W. H., E. Frieman, "Let Roger Revelle Speak for Himself", Oceanography, 5, 2, 1992, 125. 101 Walter Munk, comunicazione personale con Naomi Oreskes, 10 gennaio 2005. 102 Singer S. F., et al., "Look before You Leap", 347; Revelle R., "What Can We Do About Climate Change", 126-127. 103 Singer S. F., Statement Made at Revelle Symposium at Harvard on October 23, 1992, Biographical Information Files, 22: Roger Revelle, SIO Archives. 104 "Global Warming Lawsuit", 25 febbraio 1994, Living on Earth (www.loe.org/shows/shows.htm?programID=94-P13-00008#feature1); 436

Lancaster J., "The Real Truth", The Cosmos Myth. 105 Lancaster J., "The Real Truth", The Cosmos Myth. 106 Revelle R., The Science of Climate Change and Climate Variability, 15 novembre 1990 (rivisto 20 dicembre 1990), Revelle Papers, MCGA, 165: 11, SIO Archives. 107 United Nations, United Nations Framework Convention on Climate Change, 1992, (http://unfccc.int/resource/docs/convkp/conveng.pdf). 108 Bush G. H. W., "Address to United Nations Conference on Environment and Development in Rio de Janeiro, Brazil", 12 giugno 1992 (bulk.resource.org/gpo.gov/papers/1992/1992_voll_925.pdf); Z4., "Address to the United Nations Conference on Environment and Development in Rio de Janeiro, Brazil", 12 giugno 1992, in Public Papers of the Presidents of the United States, George Bush, 1, 1992, US Government 109 Printing Office, Washington, D.C., 1993, 924-925. 110 Benjamin Santer, intervista con Erik Conway, 20 febbraio 2009; si veda anche Stevens W. K., The Change in the Weather: People, Weather, and the Science of Climate, New York, Delacorte Press 1999, 218. 111 Hasselmann K., "On the Signal-to-Noise Problem in Atmospheric Response Studies", in Shaw D. B. (a cura di), Mereorology Over the Tropical Oceans: The Main Papers Presented at a Joint Conference Held 21 to 25 August 1978 in the Rooms of the Royal Society, London, Royal Society, Bracknell, Berkshire, 1979. 112 Benjamin Santer, comunicazione via e-mail con Naomi Oreskes, 3 ottobre 2009. 113 V. Ramanathan, "The Greenhouse Theory of Climate Change: A Test by an Inadvertent Global Experiment", Science, 240, 4850, 1988, 293-199. 114 Santer B., eta, "Signal-to-Noise Analysis of Time-Dependent Greenhouse Warming Experiments. Part 1: Pattern Analysis", Climate Dynamics, 9, 1994, 267-285; Id., "Ocean Variability and Its Influence on the Detectability of 437

Greenhouse Warming Signals", Journal of Geophysical Research, 100, C6, 1995. 10693-10726; Z4., "Towards the Detection and Attribution of an Anthropogenic Effect on Climate", Climate Dynamics, 12, 2, dicembre 1995, 77-100: J4., "A Search for Human Influences on the Thermal Structure of the Atmosphere", Nature, 382, 6586, 1996, 39-46. 115 Le fonti sono le procedure IPCC per la preparazione, la revisione, l'accettazione, l'approvazione e la pubblicazione dei suoi report (Annex 2, copia in possesso di Ben Santer). In seguito le procedure sono state pubblicate online, si veda International Panel on Climate Change, Procedures for Preparation, Review, Acceptance, Adoption, Approval and Publication of IPCC Reports, adopted at the 15th session (San Jose, 15-18 April 1999) amended at the 29th session (Paris, 19-21 February 2003) and 21st session (Vienna, 3 and 6-7 November 2003), Annex1 (www.ipcc.ch/pdf/ipccprinciples/ipcc-principles-appendix-a.pdf). 116 Santer, intervista con Conway, 20 febbraio 2009; Houghton J. T., et al., (a cura di), Climate Change 1995. The Science of Climate Change, A Report of the Intergovernmental Panel on Climate Change, Cambridge University Press, Cambridge 1996. 117 Santer B., et al., "A Search for Human Influences on the Thermal Structure", 3946. Santer scrive: "Ho verificato. Abbiamo sottoposto il nostro paper a Nature nell'aprile 1995*. Benjamin Santer, comunicazione via e-mail communication con Naomi Oreskes, 4 ottobre 2009. 118 Michael Oppenhcimer citato in Stevens W, K., Ze Change in the Weather, 226. 119 Stevens W. K., Ze Change in the Weather, 227; Id., "Global Warming Experts Call Human Role Likely", New York Times, 10 settembre 1995. 120 Jaquith W.. "Does Virginia Really Have a State Climatologist?" 10 agosto 2006, cvillenews.com (www.cvillenews.com/2006/08/10/state-climatologist/). 121 Michaels P. J., "Climate and the Southern Pine-Beetle in Atlantic Coastal and Piedmont Regions", Forest Science, 30, 1, 1984, 143-156; Id., "Price, Weather, and 'Acreage Abandonment' in Western Great Plains Wheat 438

Culture", Journal of Climate and Applied Meteorology, 22, 7, 1983, 12961303. 122 Michaels P. J., "Apocalypse Machine Blows Up", Washington Times, 1 novembre 1991, edizione finale, sez. F; /4., "More Hot Air from the Stratosphere", Washington Times, 27 ottobre 1992, sez. F. 123 New Hope Environmental Services (www.nhes.com); si veda l'analisi di Gelbspan R., The Heat Is On: The High Stakes Battle Over Earth Threatened Climate, AddisonWesley Publishing Company, Reading, Mass., 1997, 41-43: Oreskes N., "My Facts Are Better than Your Facts: Spreading Good News about Global Wanning", in Morgan M., P. Hewlett, How Do Facts Travel? (a cura di), Cambridge University Press, Cambridge, in stampa. Secondo Gelbspan, la pubblicazione di Michaels cominciò come World Climate Review, e poi divenne World Climate Report. 124 Oreskes N., "My Facts Are Better than Your Facts". 125 Mouse Committee of Science, Scientific Integrity and Public Trust: The Science Behind Federal Policies and Mandates: Case Study 2 — Climate Models and Projections of Potentrial Impacts of Global Climate Change, Hearing before the Subcommittee on Energy and Environment, 104th Congress, Ist sess.. 16 novembre 1995, US Government Printing Office, Washington, D., 1996, 33. 126 Ibidem, 1071. 127 Bill Nierenberg a Fred Seitz (scritto a mano), 27 novembre 1995, WAN papers, Accession 2001-01, 70: file label "Frederick Seitz, 1994-1995", SIO Archives. 128 Stevens W. K., The Change in the Weather, 228. 129 Santer, intervista con Conway, 20 febbraio 2009. 130 Gelbspan R., Ze Heat Is On: The Climate Crisis, the Cover-Up and the Prescription. Basic Books, Reading, Mass., 1998, 38. Si veda anche www.heatisonline.org. 439

131 Schneider S. H., P. N. Edwards, "Self-Governance and Peer Review in Sciencefor-Policy: The Case of the IPCC Second Assessment Report", in Edwards P. N., C. A. Miller (a cura di), Changing the Atmosphere: Expert Knowledge and Environmental Governance, MIT Press, Cambridge, Mass., 2001, 219-296. 132 Bolin B., A History of the Science and Politics of Climate Change, 113; Stevens W. K., The Change in the Weather, 229; Santer, intervista con Conway, 20 febbraio 2009. 133 Bolin B., A History of the Science and Politics of Climate Change, 113; Houghton J. T., et al., (a cura di), Climate Change 1995, 5. 134 Bolin B., A History of the Science and Politics of Climate Change. 135 Santer, intervista con Conway, 20 febbraio 2009. 136 Singer S. F., "Climate Change and Consensus", Science, 279, 5249, 1996, 581-582. 137 Wigley T. M. L., "Climate Change Report", Letters, Science, 271, 5255, 1996, 1481-1482. 138 Ibidem. 139 Singer S. F., "Climate Change Report", Letters, Science, 271, 5255, 1996, 1482-1483. 140 Sulla Global Climate Coalition, si veda Gelbspan R., The Heat Is On, e Leggett J.. Ze Carbon War: Global Warming and the End of the Oil Era, Routledge, New York 2001. Su Pearlman, Gelbspan R., The Heat Is On, 119120. 141 Stevens W. K., The Change in the Weather, 231. 142 Santer, intervista con Conway, 20 febbraio 2009. 143 Ibidem.

440

144 Lahsen M., "The Detection and Attribution of Conspiracies: The Controversy over Chapter 8", in Marcus G. E. (a cura di), Paranoia within Reason: A Casebook on Conspiracy as Explanation, University of Chicago Press, Chicago 1999, 111-136. 145 Seitz F., "A Major Deception on 'Global Warming", Wal! Street Journal, 12 giugno 1996, Ai6. 146 Santer B. D., lettera all'editore, Wall Street Journal, 25 giugno 1996; Avery S. K., et al., "Special Insert: An Open Letter to Ben Santer", UCAR — University Corporation for Atmospheric Research, Communications Quarterly, 25 luglio 1996, Attachment 2 (www.ucar.edu/communications/quarterly/summer96/insert.html), A15; "Open Letter to Ben Santer", Attachment 2, Bulletin of the American Meteorological Society 77 (settembre 1996): 8, 1961-1962, 1963-1965. 147 Avery S. K., et al., "An Open Letter to Ben Santer", e Attachment 2; Bulletin. 148 Avery S. K., et al, "Open Letter", e Attachment 3, Bulletin. 149 Avery S. K., et al., "Open Letter", 1961-1962, 1963-1965. 150 Ibidem, 1961; si veda Bolin B., A History of the Science and Politics of Climate Change, 129. 151 Singer S. F., lettera all'editor, Wall Street Journal, luglio 1996, sec. A, 15; si vedano anche le lettere di Frederick Seitz e Hugh Ellsaesser nella stessa sezione. Sul board del Marshall Scientific Advisory si veda Seitz F., Global warming and Ozone Hole Controversies: A Challenge to Scientific Judgment, George C. Marshall Institute, Washington, D.C., 1994, BN: 2501355990. Sul report dell'Heartland si veda Heartlander by Mail: Report on December 1995 Activities. 9 gennaio 1996, BN: 2046851463, Legacy Tobacco Documents Library. 152 Santer B. D., "Global Warming Critics, Chill Out", Wall Street Journal, 23 luglio 1996, sec. A, 23; si veda anche la lettera di Bert Bolin e John Houghton nella stessa sezione. 441

153 Gelbspan ha pubblicato questo scambio di e-mail. Si veda Gelbspan R., The Heat Is On, 230-236. 154 Singer S. F.. "Disinformation on Global Warming?", Washington Times, 13 novembre 1996, sec. A. 155 Singer S. F.., et al, "Comments on an Open Letter to Ben Santer", Bulletin of the American Meteorological Society, 78, 1, 1997, 81-82; Singer S. F., et al., "Letter to the Bulletin of the AMS", Science and Environmental Policy Project Archives, gennaio 1997 (www.sepp.org/Archive/controv/IPCCcont/AMSltr.htm). 156 Lahsen M.. "The Detection and Attribution of Conspiracies: The Controversy over Chapter 8°, 111-136. 157 Tom M. L. Wigley a William A. Nierenberg, 14 aprile 1997, WAN papers, Accession 2001-01,18: file label "EPRI", SIO Archives. 158 Ibidem. 159 Wigley a Nierenberg, 24 aprile 1997, WAN papers, Accession 2001-01, 18: file label "EPRI", SIO Archives. Dai paper di Nierenberg si può desumere che il paper a cui si stava riferendo fosse Wigley T. M. L., R. Richels, J. A. Edmonds, "Economic and Environmental Choices in the Stabilization of Atmospheric CO, Concentrations", Nature, 379, 1996, 240-243. 160 Klaus Hasselmann a William A. Nierenberg, 18 aprile 1997, WAN papers, Accession 2001-01,18: file label "EPRI", SIO Archives. 161 Ibidem. 162 Copia fax della dichiarazione in Edward Frieman papers, MC77,123: 7, SIO Archives; si veda anche Mooney C., The Republican War on Science, Basic Books, New York 2005, 62-64. 163 Inhofe J. M., "Climate Change Update: Senate Floor Statement by US Senator James M. Inhofe", gennaio 4, 2005, Floor Speeches (inhofe.senate.gov/pressreleases/climateupdate.htm). 442

164 Intervista di Richard Cheney con Jonathan Karl, ABC News, trasmessa il 23 febbraio 2007; trascrizione disponibile a "Exclusive: Cheney on Global Warming" (abcnews.go.com/Technology/ story?id=2898539&page=1). 165 Seidel R. W., Los Alamos and the Making of the Atomic Bomb, Otowi Press, Los Alamos, N. M., 1995; Edwards P. N., The Closed World: Computers and the Politics of Discourse in Cold War America, MIT Press, Cambridge, Mass., 1997; Sontag S., C. Drew, A. L. Drew, Blind Man% Bluff: The Untold Story of American Submarine Espionage, Public Affairs, New York 1999; Craven J. P., The Silent War: The Cold War Battle Beneath the Sea, Simon and Schuster, New York 2001; Westwick P. J. The National Labs: Science in an American System, 1947-1974, Harvard University Press, Cambridge, Mass., 2003; Oreskes N.. Science on a Mission: American Oceanography in the Cold War and Beyond, University of Chicago Press, Chicago. 166 Linden E., The Winds of Change: Climate, Weather, and the Destruction of Civilizations, Simon and Schuster, New York 2006, 222-223. 167 Boykoffand M. T., J. M. Boykoff, "Balance as Bias: Global Warming and the US Prestige Press", Global Environmental Change, 14, 2004, 125-136. 168 McCright A. M., R. E. Dunlap, "Defeating Kyoto: The Conservative Movements Impact on US Climate Change Policy", Social Problems, 50, 3, 2003, 348-373; ByrdHagel Resolution, 105th Congress, 1st sess., July 25, 1997, National Center for Public Policy Research (www.nationalcenter.org/ KyotoSenate.html).

7. IL NEGAZIONISMO DI NUOVO IN AZIONE: L'ATTACCO REVISIONISTA E IL CASO RACHEL CARSON 01 Oreskes N., "Science and Public Policy: What's Proof Got to Do with It?", Eyvironmental Science and Policy, 7, 5, 2004, 369-383; Dunlap T. R., DDT: Scientists, Citizens, and Public Policy, Princeton University Press, Princeton, N.J., 1981; Russell E., War and Nature: Fighting Humans and Insects with Chemicals from World War I to Silent Spring, Cambridge University Press, Cambridge 2001; Wang Z., "Responding to Silent Spring: Scientists, Popular Science Communication, and Environmental Policy in che Kennedy Years", 443

Science Communication, 19, 2, 1997, 141-163; Lear L., Rachel Carson: Witness for Nature, Henry Holt, New York 1998. 02 Rachelwaswrong.org, 2009, project of the Competitive Enterprise Institute (rachelwaswrong.org). 03 Bate R., "The Rise, Fall, Rise and Imminent Fall of DDT", Heal} Policy Outlook, 14, 2007, 2-9, AFI Outlook Series, American Enterprise Institute for Public Policy Research (Www.aei.org/outlook/27063). 04 "DDT Makes a Comeback, featuring Richard Tren", Cato Daily Podcast, 22 serrembre 2006, Cato Institute (www.cato.org/dailypodcast/podcastarchive.php?podcast_id=125).

05 Cohen B. R., "Uganda Will Use DDT to Fight Malaria", 1 aprile 2007, Environment and Climate News, Heartland Institute (www.heardand.org/policybot/results/20807/Uganda_Will_Use_DDT_to_FightMalaria.htm 06 Heartland.org, "Global Warming: Was It Ever Really a Crisis?", News (www.heartland.org/events/NewYork09/news.html); "Global Warming Facts", Heartland Institute (www.globalwarmingheardand.org); si veda anche Revkin A. C., "Skeptics Dispute Climate Worries and Each Other", New York Times, 8 marzo 2009 (www.nytimes.com/2009/03/09/science/earth/09climate.html). 07 Russell E., "The Strange Career of DDT: Experts, Federal Capacity, and Environmentalism in WWII", Technology and Culture, 40, 4, 1999, 770-796; Russell E., War and Nature. 08 Russell E., "The Strange Career of DDT". 09 "Paul Muller — The Nobel Prize in Physiology or Medicine, 1948", Nobel Lectures, Physiology or Medicine 1942-1962, Elsevier Publishing Company, Amsterdam 1964, Nobelprize.org (nobelprize.org/nobeLprizes/ medicine/laureates/1948/muller-bio.html). 10 Dunlap T. R., DDT: Scientists, Citizens, and Public Policy. 11 Russell E., War and Nature. 444

12 The American Experience: Rachel Carson' Silent Spring, DVD, prodotto da Neil Goodwin (WGBH/PBS, 1992); Russell E., "The Strange Career of DDT", 770-796; Id., War and Nature. 13 Silent Spring venne originariamente pubblicato a puntate sul New Yorker. "Rachel Carson, A Reporter at Large, 'Silent Spring", 16, 23 e 30 giugno 1962. Venne poi pubblicato come Carson R., Silent Spring, Houghton Mifflin, Boston, Mass., 1962 (Carson R., Primavera silenziosa, Feltrinelli, Milano 2016). 14 Carson R., Primavera silenziosa. 15 Ibidem. 16 Wang Z., "Responding to Silent Spring", 141-163; le relazioni tra lo sviluppo del DDT e la guerra chimica sono state illustrate in Russell E., War and Nature. 17 Wang Z., "Responding to Silent Spring", 141-163; Te American Experience: Rachel Carson $ Silent Spring. 18 Wang Z., "Responding to Silent Spring", 156. 19 CBS Reports: The Silent Spring of Rachel Carson, trasmesso per la prima volta il 3 aprile 1963 dalla CBS. 20 Russell E., "The Strange Career of DDT", 770-796. 21 Russell E., War and Nature. 22 President's Science Advisory Committee (PSAC), Use of Pesticides. A Report of the President Science Advisory Committee, 15 maggio 1963, US Government Printing Office, Washington, D.C., 1963, 1-2. 23 PSAC, Use of Pesticides, 9. Uno studio del 2007 ha indicato che le donne esposte al DDT negli anni Cinquanta e Sessanta, quando cioè erano ragazze, avevano più probabilità di sviluppare tumori al seno. Gran parte degli studi precedenti non avevano rilevato la cancerogenicità del DDT perché avevano trascurato il periodo dell'esposizione alla sostanza. 445

24 PSAC, Use of Pesticides, 10. 25 Ibidem, 4. 26 Dunlap T. R., DDT: Scientists, Citizens, and Public Policy; Lear L., Rachel Carson; Wang Z., "Responding to Silent Spring"; PSAC, Use of Pesticides; Presidents Science Advisory Committee, Restoring the Quality of Our Environment, A Report of the Environmental Pollution Panel. November 1965, US Government Printing Office, Washington, D.C., 1965; National Academy of Sciences, Report of Committee on Persistent Pesticides, Division of Biology and Agriculture, National Research Council, to the US Department of Agriculture, maggio 1969; Mrak E. M., Report of the Secretary" Commission on Pesticides and Their Relationship to Environmental Health, US Department of Health, Education and Welfare. December 1969, US Government Printing Office, Washington, D.C., 1969. 27 Questa in realtà è una questione molto complessa. Lo storico della scienza Zuoyue Wang sottolinea che all'epoca in cui fu scritto il rapporto del PSAC non era chiaro su chi dovesse ricadere l'onere della prova. Era, per esempio, legalmente possibile registrare un pesticida "sorto reclamo": in sostanza, un produttore avrebbe potuto comunque registra re e commercializzare un pesticida pur non essendo stato ammesso dall'USDA per la registrazione. Nel suo rapporto, il PSAC raccomandava l'eliminazione delle registrazioni "sotto reclamo", ma questo non era bastato per spostare l'onere della prova interamente sui produttori (PSAC, Use of Pesticides, 15). Inoltre, raccomandava di potenziare le risorse e i programmi di ricerca governativi per regolamentare i pesticidi, innanzitutto per definire una base per la regolamentazione, ma anche per affrontare le cause legali. Ancora più importante per il PSAC era forse la trasparenza del processo regolatorio, a prescindere dalla questione dell'onere della prova. Pertanto, il PSAC sosteneva che "dovessero essere pubblicati tutti i dati utilizzati come base per la concessione della registrazione e per la definizione dei limiti di tolleranza, in modo che il pubblico e la comunità scientifica potessero sottoporre le ipotesi a revisione critica e verificare la validità e l'affidabilità dei dati". Zuoyue Wang, comunicazione personale con Naomi Oreskes, 19 gennaio 2010. I "dati" includevano sia quelli forniti dai produttori sia quelli delle agenzie regolatorie. Quindi è forse meglio non suggerire che il PSAC abbia spostato l'onere della prova dal governo ai produttori, quanto 446

piuttosto che abbia innalzato l'asticella, così che il ragionevole dubbio poteva bastare per negare la registrazione di un prodotto soggetto a ricorso, oltre che la commercializzazione di qualsiasi prodotto non autorizzato. Si veda anche Wang Z., In Sputnik 5 Shadow. The President Science Advisory Committee and Cold War America, Rutgers University Press, New Brunswick, N. J., 2008, 205-207. 28 A prescindere dalla tradizione legale, il PSAC potrebbe essere stato influenzato dal principio medico "primo, non fare del male". Zuoyue Wang fa notare che il panel del PSAC era composto da James Hartgering e Peter S. Bing (entrambi medici esperti), mentre il capo del panel era Colin MacLeod, professore di medicina alla NYU Medical School (si veda il capitolo 5). Inoltre, gran parte dei membri del PSAC avevano poca fiducia nelle soluzioni tecnologiche e nei loro sostenitori, memori forse delle lunghe battaglie risalenti all'epoca della corsa agli armamenti nucleari. Il DDT e gli altri pesticidi sembravano far parte della stessa categoria, quella delle soluzioni facili, e avrebbero potuto avere, i membri del PSAC lo sapevano, conseguenze non previste. Si veda Wang Z., In Sputnik s Shadow. 29 Whitaker]. C., "Earth Day Recollections: What It Was Like When the Movement Took Off°, EPA Journal, luglio-agosto 1988, US Environmental Protection Agency (www.epa.gov/history/topics/earthday/io.htm); NASA Glenn Research Center, Earth Day Committee (earthday.grc.nasa.gov/history.html); MacDonald G., "Environment: The Evolution of a Concept", in Yesterday, Today and Tomorrow. The Harvard Class 0/1950 Reflects on the Past and Looks to the Future, Travers Press, Arlington, Mass., 2000. 30 MacDonald G., "Environment: The Evolution of a Concept". 31 Rachelwaswrong.org. 32 Andrew Kenny per mezzo di Tim Blair, "The Green Terror", A Stitch in Haste Blog, postato il 9 giugno 2005 (kipesquire.powerblogs.com/posts/11 18329320.shtml). 33 Seavey T., "The DDT Ban Turns 30 — Millions Dead of Malaria Because of Ban, More Deaths Likely", 1 giugno 2003, American Council on Science and 447

Health (www.acsh.org/healthissues/newsID.442/healthissue_detail. asp). 34 Rachelwaswrong.org. 35 Kenny, "The Green Terror". 36 Sowell T., "Intended Consequences" Jewish World Review, 7 giugno 2001 (www.jewishworldreview.com/cols/sowello60701 .asp). 37 The Maverick Conservative Blog, "Environmentalists with Blood on Their Hands: Flying Fickle Finger of Fate Award: Rachel Carson", commento postato il 29 febbraio 2008 (the-maverick-conservative.blogspot.com/2008.02.01 .archive.html); Lomborg B., The Skeptical Environmentalist: Measuring the Real State of the World, Cambridge University Press, New York, 2001, 215-216 ( Lomborg B., L'ambientalista scettico, Mondadori, Milano 2003). 38 Logomasini A., "Silent Spring" was Wrong, Sen. Coburn is Right", Commentary, Examiner, 28 maggio 2007, Examiner.com (www.examiner.com/a-751059-Angela_Logomasini_Silent_S pring_was_wrong_Sen_Coburn_is.right.html). Logomasini è direttore per il Risk and Environmental Policy al Competitive Enterprise Institute e gestore di Rachelwaswrong.org. 39 Font P., "Plus Ca (Climate) Change: The Earth was warming before global warming was cool", 21 febbraio 2007, dal WSJ Opinion Archives: Outside the Box, Wall Street Journal Online (www.opinionjournal.com/columnists/ pdupont/?id=110009693). 40 Rosenberg T., "What che World Needs Now Is DDT", New York Times Magazine, 11 aprile 2004 (www.nytimes.com/2004/04/11/magazine/whatthe-world-needsnow-is-ddt.html); Tierney J., "Fateful Voice of a Generation Still Drowns Out Real Science", New York Times, 5 giugno 2007 (www.nytimes.com/2007/06/05/science/earth/05tier.html? _r=2&8dpc&coref=slogin). 41 Rosenberg T., "What the World Needs Now Is DDT". 42 Tierney J., "Fateful Voice of a Generation". Per l'articolo originale, si veda Baldwin I. L., "Chemicals and Pests — Silent Spring by Rachel Carson (book 448

review)", Science, 137, 3535, 1962, 1042-1043, 43 Centers for Disease Control and Prevention, "Malaria: Vector Control" (www.cdc.gov/malaria/ control_prevention/ vector_control.htm). 44 Patterson G., The Mosquito Crusades: A History ofthe American AntiMosquito Movement from the Reed Commission to the First Earth Day, Rutgers University Press, New Brunswick, N. J., 2009, 182. 45 Carson R., Primavera silenziosa, capitolo 16. 46 Valentius C. B., The Health of the Country: How American Settlers Understood 1 hemselves and Their Land, Basic Books, New York 2002. 47 Il libro di Patterson G., The Mosquito Crusades, è il racconto affascinante degli sforzi degli Stati Uniti per debellare le zanzare. Si veda anche Humphreys M., "Kicking a Dying Dog: DDT and che Demise of Malaria in the American South, 1942-1950", Isis, 87, 1, 1996, 1-17. 48 Patterson G., Ye Mosquito Crusaders, 156. 49 Centers for Disease Control and Prevention, 'Malaria: The Panama Canal" (www.cdc.gov/malaria/history panama.canal.htm). Una storia completa della costruzione del canale può essere trovata in McCullough D., The Path Benveen the Seas: The Creation of the Panama Canal 1870-1914, Simon and Schuster, New York 1977. 50 Centers for Disease Control and Prevention, "Eradication of Malaria in the Uni red States (1947-1951)" (www.cdc.gov/malaria/history/eradication_us.htm). 51 "Ruckelshaus, Sweeney, and DDT", Jaworowski 2003: A Cornucopia of Misinformation, part 1, Monday Bristlecone Blogging (www.someareboojums.org/blog/?p=62). La fonte originale è /n the Matter of Stevens Industries, Inc. et al, IFS&R. Docket Nos. 63 et al. (Consolidated DDT Hearings), Opinion of the Administrator, Decided June 2, 1272, a p. 26 (www.someareboojums.org/blog/wp-content/images/ddt/ead.pdf); pubblicato in seguito in Notices, Environmental Protection Agency [I.F&R. Docket Nos. 63, et al.J, Consolidated DDT Hearings, Opinion and Order of the 449

Administrator, 30 June 1972, Federal Register 37, 131 (July 7,1972): 13369-76 (www.epa.gov/ history/topics/ddt/DDT-Ruckelshaus.pdf). 52 Baldwin I. L., "Chemicals and Pests", 1042. 53 Ibidem. 54 Ibidem. 55 US Environmental Protection Agency, "DDT", Persistent Bioaccumulative and Toxic (PBT) Chemical Program (www.epa.gov/ pbt/pubs/ddt.htm); United States Geological Survey, "DDT", Toxic Substances Hydrology Program (toxics.usgs.gov/definitions/ddt.html); Eskenazi B., et 41, "The Pine River Statement: Human Health Consequences of DDT Use" Environmental Health Perspectives, 117,9, 2009, 1359-1367. 56 California vs. Montrose Chemical Corp. of California, 104 F.3d 1507 (9th Gir. 1997), Lewis and Clark Law Schools Environmental Law Online (www.elawreview.org/summaries/environmental_quality/hazardous_waste/ california_v_montrose_chemical.html). 57 Tina Adier, "Keep che Sprays Away?: Home Pesticides Linked to Childhood Cancers", Environmental Health Perspectives, 115, 12, 2007, A594; D'Amelio M., et al., 'Paraoxonase Gene Variants Are Associated with Autism in North America, But Not in Italy: Possible Regional Specificity in Gene-Environment Interactions", Molecular Psychiatry, 10, 2005, 1006-1016; Davies D. R., et al, "Chronic Organophosphate Induced Neuropsychiatric Disorder (COPIND): Results of Two Postal Questionnaire Surveys", Journal of Nutritional and Environmental Medicine, 9, 2, 1999, 123-134. 58 Rogan W. J., A. Chen, "Healch Risks and Benefits of bis (4chlorophenyl)-1,1,1-trichloroethane (DDT)", Lancet, 366, 9487, 2005, 763-773. 59 Cohn B. A., et al, "DDT and Breast Cancer in Young Women: New Data on the Significance of Age at Exposure", Environmental Health Perspectives, 115, 10, 2007, 1406-1414; Weiss R., "Long Hidden Dangers? Early Exposure to DDT May Raise Risk of Breast Cancer", Washington Post, 9 ottobre 2007, sec. F, 1 (wWww.washingtonpost.com/wp-dyn/content/article/2007/10/05/AR20071 450

00502253.html). 60 Lee Ray D., L. Guzzo, 7; rashing the Planet: How Science Can Help Us Deal with Acid Rain, Depletion of the Ozone, and Nuclear Waste (Among Other Things), HarperCollins, New York 1992, 69. 61 World Health Organization, Resistance of Vectors and Reservoirs of Disease to Pesticides, WHO Expert Committee on Insecticides, World Health Organization, Geneva 1976, 68-69. 62 World Health Organization, "Malaria Situation in SEAR Countries: Sri Lanka" (www.searo.who.int/EN/ Section10/Section21/Section340_4026.htm). 63 World Health Organization, Resistance of Vectors and Reservoirs of Disease to Pesticides, 7. 64 Lee Ray D., L. Guzzo, 7rashing the Planet, 74. 65 Steven J. Milloy ai TASSC Members, Re: Annual Report, 7 gennaio 1998, Bates Number (BN): 2065254885. Legacy Tobacco Documents Library. 66 Gordon Edwards J., "DDT: A Case Study in Scientific Fraud", Journal of American Physicians and Surgeons, 9, 3, 2004, 83-88. 67 Citato in James Hoare, "Greenpeace, WWF Repudiate Anti-DDT Agenda", 1 aprile 2005, Environment and Climate News, Heartland Institute (www.heartland.org/Article.cfm?artld=16803). 68 Sul riscaldamento globale si veda "Global Warming/Climate", JunkScience.com (wwwjunkscience.com/#GWS); sulle piogge acide si veda "Cleaner Air Means a Warmer Europe", 15 aprile 2008 (junkscience.com/blog_js/2008/04/15/cleaner-air-means-a-warmer-europe). Sottolinea che i solfati hanno un'azione raffreddante — vero, ma se non è preoccupato dal riscaldamento globale perché si interessa di questa cosa? Al momento il link è inattivo, ma è presente negli archivi dell'aprile 2008 di JunkScience (www.junkscience.com/apr08.html); sull'ozono si veda "The 'Ozone Layer — What's Going On?", JunkScience.corn (www.junkscience.com/0zone/ozone.seasonal.html): si veda anche Mooney C., "Some Like It Hot — Special Reports: As the World Burns", Mother Jones, 451

30, 3, maggio/giugno 2005, 36-94 (www.motherjones.com/environment/2005/05/some-it-hot). 69 Thacker P. D., "Pundit for Hire: Smoked Out", New Republic, 6 febbraio 2006, 13-14; Thacker P. D., "The Junkman Climbs to the Top", Environmental Science and Technology Online News, maggio 2005; "Steven J. Milloy: The 'Junkman' Exposed", febbraio 2006, Americans for Nonsmokers' Rights (www.no-smoke.org/pdf/stevenmilloypdf); "Steven J. Milloy", SourceWatch (www.sourcewatch.org/index.php?title=Steven_]._Milloy); Milloy S. ]., Junk Science Judo: Self-Defense Against Health Scares and Scams, Cato Institute, Washington, D.C., 2001; Milloy S. J., Science Without Sense, Washington, D.C., 1996. 70 Berlau J., "Rush Limbaugh for the Nobel Peace Prize", 30 maggio 2007, Competitive Enterprise Institute (cei.org/gencon/019,05942.cfm). 71 Sul libro e sull'invito con cui l'AEI propone a Crichton di tenere un discorso, si veda Evans H., "Crichton's Conspiracy Theory", BBC News (news.bbc.co.uk/2/hi/uk_news/magazine/4319574.stm). Gli associati all'CEI sono sempre stati dei convinti sostenitori di Crichton; si veda per esemio la recensione di Iain Murray, "Science Fiction: Michael Crichton Takes a Novel Approach to Global Warming Alarmism", 20 dicembre 2004, Competitive Enterprise Institute (cei.org/gencon/019,04342.cfm). 72 Crichton M., State of Fear, HarperCollins, New York 2004, 487 (Crichton M., Stato di paura, Garzanti, Milano 2004). 73 "Welcome to che Heartland Institute", Heartland Institute (www.heartland.org/about/).

74 Merdock D., "DDT Key to Third World's War on Malaria", 1 luglio 2001, Environment and Climate News, Heartland Institute (www.heartland.org/publications/environment%20climate/article/10415/DDT_Key_to_Thi 75 Sul supporto dell'Heartland a Crichton, si veda Bast J. L., "Michael Crichton Is Right!", 1 gennaio 2005, News Releases, Heartland Institute (www.heartland.org/Artide.cfm?artld=16260). Nel 2008 sponsorizzarono una conferenza in cui asserivano che il cambiamento climatico non si stava 452

verificando, e che se anche si stava verificando, poteva essere risolto lasciando fare interamente al mercato: "The 2008 International Conference on Climate Change, March 2-4, New York, USA", Heartland.org (www.heartdland.org/NewYork08/newyork08.cfm). 76 "Joseph L. Bast-2008 Resume", 1 gennaio 2008, Heartland Institute (www.heartland.org/policybot/results/ 1282 5/Joseph_L_Bast_2008_Resum%E9 html). 77 Rue R. C., project director dell'Heartland Institute, a Roy E. Marder [sic] Manager dell'Industrial Affairs, Philip Morris, 3 agosto 1993, BN: 2024211094, Legacy Tobacco Documents Library; si veda anche Roy Marden a Thomas Borelli, et al., RE: CA 22 April 1997, BN: 2075574228B, Legacy Tobacco Documents Library; per numerosi altri documenti si usi la stringa di ricerca "search: Heartland Institute", Legacy Tobacco Documents Library (legacy.library.ucsf.edu/action/search/ advanced?sq[o].f=org&sq[o] q=heartland-inst&csg[o].op=AND &ps=10&df=er&fd=1&rs=false&cath= true&drf=ndd&sd=1990&ed=2008 &asf=ddu&p=12&ef=true). 78 Roy Marden a Thomas Borelli, et4/., RE: CA, 22 aprile 1997, BN: 2075 9742260, Legacy Tobacco Documents Library. 79 Fedsuit Actions/Marden, 26 ottobre 1999, BN: 2077575920A, Legacy Tobacco Documents Library; si veda anche FET Update, 28 gennaio 1994, BN: 2046554465, Legacy Tobacco Documents Library. 80 Policy Payments for Slavit, 1997, BN: 2078848138, Legacy Tobacco Documents Library. 81 David P. Nicoli a Buffy, 8 marzo 1994, BN: 2073011685; Merrick Carey, presidente, Alexis de Tocqueville Institution, a David P. Nicoli, 8 febbraio 1994, BN: 2073011666 Legacy Tobacco Documents Library. 82 Nel 2008, il programma dell'Heartland Institute annoverava Roy Marden nel consiglio di amministrazione: "2008 Annual Report", About the Heartland Institute (www.heartland.org/about/PDFs/HeartlandProspectus.pdf). 83 Jacques P. J., et 2, "The Organisation of Denial: Conservative Think Tanks 453

and Environmental Sceptism", Environmental Politics, 17, 3, 2008, 349-385. 84 Orwell G., 1984, Harcourt Brace, New York 1949 (Orwell G., 1984, Mondadori, Milano 2002). 85 Lt. General Daniel Graham a William A. Nierenberg, 27 dicembre 1984, William A. Nierenberg papers, MC13, 43: 17, Scripps Institute of Oceanography Archives. 000086 ### CONCLUSIONE — LA LIBERTÀ DI PAROLA E IL LIBERO MERCATO

CONCLUSIONE — LA LIBERTÀ DI PAROLA E IL LIBERO MERCATO 01 Tocqueville A., Democracy in America, Perennial Classics, New York 2000, 242 (Tocqueville A., La democrazia in America, Rizzoli, Milano 1999). 02 Ophuls W., Requiem for Modem Politics: The Tragedy of the Enlightenment and the Challenge ofthe New Millennium, Westview Press, Boulder, Colo., 1997. La frase "ambiente in cui tutti navigano" è ispirata ai testi dello scrittore Thomas Babington Macaulay, che visse nell'Ottocento. 03 Myers S. L., M. Thee, "Americans Feel Military Is Best at Ending War", New York Times, 10 settembre 2007 (www.nytimes.com/2007/09/10/washington/10poll.html). 04 Krosnick].A., et a/., "The Effects of Beliefs About the Health Consequences of Cigarette Smoking on Smoking Onset", Journal of Communication, 56, S1, 2006, S18-537. 05 Leiserowitz A., "American Opinions on Global Warming: A Yale University/Gallup/Clear Vision Institute Poll", 2007 (environment.research.yale.edu/documents/downloads/ag/AmericansGlobalWarmingReport.pdf). 06 Kennedy G. E., L. A. Bero, "Print Media Coverage of Research on Passive Smoking", Tobacco Control, 8, 1999, 254-260. 454

07 Si veda la discussione nel capitolo 3. 08 "How the Ozone Story Became a Volcano Story", The Donella Meadows Archive: Voice of a Global Citizen, Sustainability Institute (www.sustainer.org/dhm_.archive/index.php?display_article=vn504ozoneed). 09 Boykoff M. T., J. M. Boykoff, "Balance as Bias: Global Warming and the US Prestige Press", Global Environmental Change, 14, 2004, 125-136. Si veda anche Antilla L., "Climate of Scepticism: US Newspaper Coverage of the Science of Climate Change", Global Environmental Change, 15, 2005, 338-352, e l'analisi in Jacques P. J., et a/., "The Organisation of Denial: Conservative Think Tanks and Environmental Scepticism", Environmental Politics, 17, 3, 2008, 349-385. Sul perdurante problema del "falso equilibrio", si veda Mooney C., "Sadly, False Balance in the New York Times", The Intersection Blogs, Discover Magazine, 26 febbraio 2009 (blogs.discovermagazine.com/intersection/2009/ 02/26/sadly-false-balancein-the-new-york-times/ ). 10 Sappiamo anche che in alcuni casi i giornalisti hanno subito pressioni da parte degli editori perché presentassero "entrambe le versioni". Si veda per esempio Linden E., The Winds of Change: Climate, Weather, and the Destruction of Civilizations, Simon and Schuster, New York 2006. Ovviamente, i ciarlatani infestano anche la televisione, come il CEO di "WeatherAction" — un sito che vende previsioni meteo a un anno — apparso sulla CNN nell'estate del 2007 (la teoria del caos dimostra che è impossibile avere previsioni meteo affidabili oltre una settimana, ecco perché quelle a 5 giorni sono ubique. Chiunque sostenga il contrario vi sta ingannando, e se vi chiede dei soldi è un ladro). 11 Michaels D., Doubt Is Their Product: How Industrys Assault on Science Threatens Your Health, Oxford University Press, New York 2008: Michaels D., C. Monforton, "Manufacturing Uncertainty: Contested Science and the Protection of the Public's Health and Environment", American Journal of Public Health, 95, S1, 2005, 539-548. 12 Center for Indoor Air Research, Position Description: Executive Director, maggio 1987, Bates Number (BN): 2023555600, Legacy Tobacco Documents Library; The Tobacco Institute, Inc., Minutes of Meeting of the Executive 455

Committee, 10 dicembre 1987, BN: TIMN0014390 Legacy Tobacco Documents Library; si veda anche "The Tobacco Institute's Center for Indoor Air Research (CIAR)", TobaccoFreedom.org (www.tobaccofreedom.org/issues/documents/ets/cia_center/). 13 Proctor R., The Golden Holocaust (in revisione). Si veda anche Center for Indoor Air Research, Position Description, BN: 2023555600, Legacy Tobacco Documents Library. 14 "Global Warming Petition Project", www.petitionproject.org. 15 Robinson A. B., Z. W. Robinson, "Science Has Spoken: Global Warming Is a Myth", Wall Street Journal 4 dicembre 1997. 16 Robinson A. S., Baliunas, W. Soon, Z. Robinson, Environmental Effects of Increased Atmospheric Carbon Dioxide, Oregon Institute of Science and Medicine, Cave Junction, Ore., 1998 (www.oism.org/pproject/s33p36.htm); ripubblicato in seguito come Robinson A. S., N. E. Robinson, W. Soon, "Environmental Effects of Increased Atmospheric Carbon Dioxide", Journal of American Physicians and Surgeons, 12, 3, 2007, 79-90; si veda anche "Global Warming Petition", Petition Project (www.oism.org/pproject/). 17 Malakoff D., "Climate Change: Advocacy Mailing Draws Fire", Science, 280, 5361, 1998, 195. 18 Bolin B., A History of the Science and Politics of Climate Change: The Role of the Intergovernmental Panel on Climate Change, Cambridge University Press, Cambridge 2007, 155; Stevens W. K., "Science Academy Disputes Attack on Global Warming", New York Times, 22 aprile 1998. 19 Singer S. F., Kyoto Accord Protest Quickening", Washington Times, 22 aprile 1998. 20 "Global Warming Petition", Petition Project; si veda anche Global Warming Petition Project (www.petitionproject.org/). Abbiamo ricevuto molte e-mail da persone che citano questa petizione come prova dell'esistenza di un dibattito scientifico ancora in corso. Si veda anche "Letter from Frederick Seitz, Research Review of Global Warming Evidence", Petition 456

Project (www.oism.org/pproject/s33p41.htm). 21 Journal of American Physicians and Surgeons, Association of American Physicians and Surgeons (www.jpands.org/). 22 "Doctors Group: Limbaugh Medical Records Seizure Unlawful", PRNewswire, 22 febbraio 2004, Newsmax.com (archive.newsmax.com/archives/articles/2004/2/21/141518.shtml). 23 Fumento M., "AIDS — A Heterosexual Epidemic?", Medical Sentinel, 2, 3,1997 (www.haciendapub.com/v2n3.html). 24 MrakE., Some Experiences Relating to Food Safety, Philip Morris Laboratories, Richmond, Virginia, 16 gennaio 1973, MSS, 8: Emil M. Mrak Collection D-96, Special Collections, Shields Library, University of California, Davis. 25 Gelbspan R., 7he Heat Is On: The High Stakes Battle over Earth Threatened Climate, Addison-Wesley, Reading, Mass., 1998; Gelbspan R., Boiling Point: How Politicians, Big Oil and Coal, Journalists, and Activists Are Fueling the Climate Crisis — and What We Can Do to Avert Disaster, Basic Books, New York, 2004; si veda anche Adam D., "ExxonMobil Continuing to Fund Climate Sceptic Groups, Records Show", Guardian (UK), 1 luglio 2009 (www.guardian.co.uk/environment/2009/jul/01/exxon-mobil-climate-changesceptics-funding); Mooney C., "Some Like It Hot — Special Reports: As the World Burns", Mother Jones, 30, 3, maggio/giugno 2005, 36-94 (www.motherjones.com/environment/2005/05/some-it-hot); McKibben B., "Climate of Denial — Special Reports: As the World Burns", Mother Jones, 30, 3, maggio/giugno 2005, 34-35 (www.motherjones.com/ politics/2005/05/climate-denial); Leggett J., The Carbon War: Global warming and the End of the Ot Era, Penguin, London 2000; Hoggan J., R. Littlemore, Climate Cover-Up: The Crusade to Deny Global warming, Greystone Books, Vancouver 2009. 26 Mooney C., "Some Like It Hot", 36-94. 27 Ibidem.

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28 William Nierenberg, e-mail a Richard Lindzen, 7 settembre 2000, William A. Nierenberg (WAN) papers. Accession 2001-01, 7: file label "Lindzen, Richard", Scripps Institute of Oceanography (SIO) Archives. " 29 Heartland Institute, "NIPCC Report: Table of Contents" (www.heartland.org/publications/NIPCC%20report). Secondo l'IRS Form 1099 (un modulo fiscale dell'Internal Revenue Service. nd4R) compilato da Singer per il Science and Environmental Policy Project nel 2007, l'Heartland ha pagato $143.000 per questo lavoro. 30 Heartland.org, News, "Global Warming: Was it Ever Really a Crisis?" (www.heartland.org/events/NewYork09/news.html); Heartland Institute, Global Warming Facts (www.globalwarmingheartland.org/); si veda anche Revkin A. C.., "Skeptics Dispute Climate Worries and Each Other", New York Times, 8 marzo 2009 (www.nytimes.com/2009/03/09/science/earth/ 09climate.html). 31 Tobacco Strategy, marzo 1994, BN: 2022887066, Tobacco Legacy Documents Library. 32 The Concise Encyclopedia of Economics, Library of Economics and Liberty, "Ludwig Von Mises" (www.econlib.org/library/Enc/bios/Mises.html). 33 Singer S. F., "My Adventures in the Ozone Layer", Naziona! Review, 30 giugno 1989, 34-38, citazione alle pagine 36-37. 34 Singer S. F., K. Jeffreys, The EPA and the Science of Environmental Tobacco Smoke, 2, Alexis de Tocqueville Institution, maggio 1994, BN: TI31749030, Legacy Tobacco Documents Library. 35 Friedman M., Capîitalism and Freedom, Chicago University Press, Chicago 1962 (Friedman M., Capitalismo e libertà, IBL Libri, Torino 2016). 36 Soros G., "The Capitalist Threat", Atlantic Monthly 279, 2, 1997, 45-58 (www.theatlantic.com/issues/97feb/capital/capital.htm). 37 Sull'influenza del fondamentalismo di mercato sulle business school, si veda Holland K., "Is It Time to Retrain B-Schools?", New York Times, 15 marzo 2009. 458

38 Soros G., "The Capitalist Threat", 45-58. 39 Siamo grati a John Mashey, ex chief scientist della Silicon Graphics, per questo passaggio. 40 Parker R., "An Overview of the Great Depression", Economic History Encyclopedia, EH.Net (eh.net/encyclopedia/article/parker.depression); Wall W., Irventing the "American Way": The Politics of Consensus from the New Deal to the Civil Rights Movement, Oxford University Press, New York 2008, 20. 41 Wall W., Inventing the "American Way". 42 Friedman M., Capitalism and Freedom, XIII, "Preface 1982" nell'edizione 2002 (Friedman M., Capitalismo e libertà, IBL Libri, Torino 2016). 43 UCSD 25th Anniversary Oral Histories, RSS 52, 1: 8, file label "Revelle, Roger", 147, University of California, San Diego, Mandeville Special Collections Library. 44 Citato in Revkin A., "Lets Be Sensible on Global Warming", Christian Science Monitor, 30 giugno 1992; Will G., "Chicken Little: The Persistence of Eco Pessimism", Washington Post, 31 maggio 1992, C7. 45 Lee Ray D., "Global Warming and Other Environmental Myths: The Economic Consequences of Fact vs. Media Perception", An Address to the Progress Foundation International Economic Conference, 21 settembre 1992, Hotel Savory Baur en Ville, Zurich, Switzerland, citazione a pag, 1. Ovviamente, ci sono ambientalisti che respingono la nozione di progresso, ma questo non prova in alcun modo che il riscaldamento globale sia un mito. 46 Ibidem, 4. 47 Lee Ray D., "Science and the Environment", Acton Institute (www.acton.org/publications/randl/rl_ interview_52.php); discusso anche in Jacques P. J., et al., "The Organisation of Denial", 349-385. 48 Su Smith, si veda Smith F. L., Jr., presidente e fondatore, Competitive 459

Enterprise Institute (cei.org/people/fred-l-smith-jr); sull'affiliazione di Ray con Smith, si veda Jacques P. J., "The Organisation of Denial", 349-385. 49 Singer S. F., "Earth Summit Will Shackle Planet, Not Save It", Wall Street Journal, 19 febbraio 1992, A14, citato in Bad Science: A Resource Book, 26 marzo 1993, BN: 2074143969, 49, Legacy Tobacco Documents Library. 50 Michaels P. J., "Give Industry a Bigger Science Role", Roanoke Times and World News, 29 dicembre 1992, A7, citato in Bad Science: A Resource Book, 152, Legacy Tobacco Documents Library. 51 'About Consumer Distorts", Consumer Distorts: The Consumer Reports Watchdog (www.junkscience.com/consumer/consumer.about.html); si veda la discussione in Sheldon R., J. Stauber, "How Big Tobacco Helped Create "The Junkman"", PR Watch, 7, 3, 2000, PR Watch.org (www.prwatch.org/rwissues/2000Q3/]unkman.html). 52 Michaels P. J., "Cap-and-Trade Is Dead. Long Live Cap-and-Trade", 18 settembre 2009, Cato Institute (www.cato.org/pub_display.php? pub_id=10558). 53 Wade N., "The Editorial Notebook; Mr. Darman and Green Vegetables", New York Times, 14 maggio 1990, A16. 54 Jacques P. J., "The Organisation of Denial", 349-385. 55 Stern N., Stern Review: The Economics of Climate Change — Executive Summary, I (www.hm-treasury. gov.uk/d/ Executive_Summary.pdf). 56 Krauthammer C., "The New Socialism", Washington Post, dicembre 2009 (www.washingtonpost.com/wp-dyn/content/article/2009/12/1 0/AR2009121003163.html). 57 Speth J. G., Ze Bridge at the Edge of the World: Capitalism, the Environment, and Crossing from Crisis to Sustainability, New Haven, Conn., Yale University Press, 2008, XI. 58 Ibidem, 9. 460

59 John Perry al Carbon Dioxide Assessment Committee, 27 settembre 1982, 3, WAN papers, MC13, 91: 1, file label "NAS Climate Research Board/CO, Committee, Aug/Sep 1982, SIO Archives. 60 Sul padre della Rivoluzione verde, che morì nel 2009, si veda Gillis J., Norman Borlaug, Plant Scientist Who Fought Famine, Dies at 95", New York Times, 13 settembre 2009 (www.nytimes.com/2009/09/14/business/energyenvironment/14borlaug.html). In alcuni necrologi si sottolinea come, dopo i successi iniziali, divenne sempre più difficile conseguire ulteriori guadagni, in parte a causa delle condizioni sociali in regioni con infrastrutture scadenti, mercati del lavoro instabili e scarsa qualificazione professionale. Gli spettacolari risultati conseguiti in Asia non vennero replicati in Africa. 61 Molti storici ammetterebbero che ci sono stati guadagni e perdite, e che se anche è vero che molte persone godono di livelli di comfort materiale molto superiori che in passato, non è ancora chiaro se la condizione umana sia, complessivamente, migliorata. Una di noi (N. O.) la mette così: viviamo più a lungo e abbiamo più cose, ma siamo più felici? Difficili da dire. 62 Regis E., "The Doomslayer", Wired.com (www.wired.com/wired/archive/5.02/ffsimon_pr.html). 63 Simon J. L., H. Kahn (a cura di), The Resourceful Earth: A Response to Global 2000, Blackwell, New York, 1984, 1. 64 Simon J. L. (a cura di), The State of Humanity, Wiley-Blackwell, Cambridge, Mass., 1995. 65 Lee Ray D., L. Guzzo, 7rashing the Planet: How Science Can Help Us Deal with Acid Rain, Depletion of the Ozone, and Nuclear Waste (Among Other Things), HarperPerennial, New York 1992; pubblicato originariamente da Regenry Gateway, 1990. 66 Singer S. F., "Will the World Come to a Horrible End?", Science, 170, 3954, 1970, 125. 67 Ibidem. 68 Ibidem. 461

69 "Board of Advisors — About the Institute", Independent Institute (www.independent.org/aboutus/ advisors.asp). 70 "Biography", Bjorn Lomborg (www.lomborg.com/about/biography/). 71 Mashey J., "Lomborg and Playing the Long Game", The Way Things Break, postato l'8 gennaio 2009 (thingsbreak.wordpress.com/2009/01/08/lomborglong-game/). La citazione è dal libro di Julian Simon 7%e Ultimate Resource, Princeton University Press, Princeton, N.J., 1996). La "ultimate resource" (la risorsa definitiva, che dà il titolo al libro, n4R), è l'ingegno umano. 72 Pimm S., J. Harvey, "No Need to Worry About the Future — Book Review: The Skeptical Environmentalist", Nazure, 414, 2001, 149-150 (www.nature.com/nature/joumal/v414/n6860/full/414149a0.html). Sulle affinità tra il pensiero di Lomborg, quello di Julian Simon e quello di vari think tank per il libero mercato si veda Mashey J., "Lomborg and Playing the Long Game", oltre che la biologa danese Kàre Fog, "When Lomborg Became a So-Called Skeptical Environmentalist"", Lomborg Errors, The Lomborg Story (www.lomborg-errors.dk/lomborgstory2.htm). 73 Pimm S., J. Harvey, "No Need to Worry About the Future", 149-150. 74 Rennie],., et 4/., "Misleading Math About the Earth: Science Defends Itself Against The Skeptical Environmentalist", Scientific American, 286, 1, 2002, 6171 (www.scientificamerican.com/article.cfm?id=misleading-math-about-the). 75 Frank L., "Scholarly Conduct: Skeprica/ Environmentalist labeled 'Dishonest", Science, 299, 2003, 326 (www.sciencemag.org/cgi/reprint/299/5605/326b.pdf); Revkin A. C., "Environment and Science: Danes Rebuke a 'Skeptic"", New York Times, 8 gennaio 2003 (www.nytimes.com/2003/01/08/world/environment.andscience-danes-rebuke-a-skeptic.html). La biologa danese Kàre Fog ha dedicato un intero sito web agli "errori di Lomborg": www.lomborg-errors.dk/. 76 Si veda "Biorn Lomborg: Danish Writer Cleared of 'Scientific Dishonesty", 18 dicembre 2003, Center for the Defense of Free Enterprise (www.eskimo.com/-rarnold/lomborg.cleared.htm); Biorn Lomborgs Klage 462

Over Udvalgene Vedrorende Videnskabelig Uredeligheds (UVVU) Afgorelse af 6 Januar 2003, 17 dicembre 2003 (www.dr.dk/nyheder/htm/baggrund/tema2003/striden%200m%20lomborg/ images/87.pdf); si veda anche Arsberetning 2005: Udvalgene VedrOrende Videnskabelig Uredelighed, novembre 2006, p. 27 (www.fi.dk/publikationer/2006/aarsberetning-2005-udvalgenevidenskabeliguredelighed/aarsberetning-2005-udvalgene-vedro rende-videnskabeligu.pdf). Ringraziamo il professor Kasper Eskildsen della Roskilde University per la sua traduzione di parti rilevanti del brano. Gli scienziati danesi si sono inoltre lamentati per la distorsione dei risultati; si veda Abbott A., "Social Scientists Call for Overturnine of Dishonesty Committee", Nazure 421, 6924, 2003, 681. 77 Si veda per Stern N., Stern Review — Executive Summary, così come Perry M. L., et al., (a cura di), Contribution of Working Group Il to the Fourth Assessment Report of the Intergovernmental Panel on Climate Change, Cambridge University Press, Cambridge 2007 (www.ipcc.ch/publications.and.data/ publications_jpcc_fourth_assessment_report_wg2_report_im pacts_adaptation._and_vulnerability.htm). 78 Naomi Oreskes e Bjorn Lomborg, "'Er klimaskeptikere nu domt ude?' [Have climate skeptics been ruled out of bounds?] A debate with Biorn Lomborg, moderated by Morten Jastrup", Politiken (Copenhagen), 5 dicembre 2004, p. 2, sec. 4. 79 Biorn Lomborg, The Skeptical Environmentalist: Measuring the Real State of the World, Cambridge University Press, New York 2001, II (Lomborg B., L'ambientalista scettico, Mondadori, Milano 2003). 80 Oreskes N., "Science and Public Policy: Whafs Proof Got to Do with It?", Environmental Science and Policy, 7, 5, 2004, 369-383. 81 "Bjorn Lomborg: Danish Writer Cleared of 'Scientific Dishonesty", Center for the Defense of Free Enterprise. 82 Mashey J., "Lomborg and Playing the Long Game." 83 "The 2010 Sir John M. Templeton Fellowships Essay Contest", Academic 463

Programs, Independent Institute (www.independent.org/students/essay/). 84 Friedman M., Capitalism and Freedom, 4 (Friedman M., Capitalismo e libertà, IBL Libri, Torino 2016). 85 Hounshell D. A., From the American System to Mass Production. 18001932: The Development of Manufacturing Technology in the United States, Johns Hopkins University Press, Baltimore, Md., 1984, 4-5; e specialmente Smith M. R., Harpers Ferry Armory and the New Technology: The Challenge of Change, Cornell University Press, Ithaca, N.Y., 1977. 86 Sulla storia della Silicon Valley, si veda Lécuyer C., Making Silicon Valley: Innovation and the Growth of High Tech, 1930-1970, Cambridge, MIT Press, Mass., 2007; Blank S., "The Secret History of Silicon Valley", Lecture, Google TechTalks, 18 dicembre 2007 (Www.youtube.com/watch?v=hFSPHfZQpIQ). 87 Abbate J., Inventing the Internet, MIT Press, Cambridge, Mass., 1999, 4382. Si veda anche Greene T. C., "Net Builders Kahn, Cerf Recognise Al Gore", 2 ottobre 2000. Register (www.theregister.co.uk/2000/10/ 02/net_builders_kahn.cerf-recognise/). In questo post, Vint Cerf e Bob Kahn, due scienziati che hanno avuto un ruolo centrale nello sviluppo di Internet, riconoscono che Al Gore ha contribuito all'approvazione dell'High Performance Computing and Communications Act nel 1991. Nelle loro parole: "Gore stava parlando e promuovendo Internet molto prima che la maggior parte della gente iniziasse a prestare attenzione". 88 Bilstein R. E., Flight in America: From the Wrights to the Astronauts, Johns Hopkins University Press, Baltimore, Md., 1994, illustra il ruolo del governo nello sviluppo dell'aviazione. 89 John Mashey, comunicazione via e-mail con gli autori, 1 ottobre 2009. Mashey, uno dei primi sviluppatori del sistema operativo UNIX, lavora nel consiglio del Computer History Museum nella Silicon Valley. 90 David E. Nye, E/ectrifying America: Social Meanings ofa New Technology. 1880 1940, MIT Press, Cambridge, Mass., 1990, 287-335. 91 "Stephen H. Schneider", stephenschneider.stanford.edu/ ; Schneider S. H., 464

"Mediarology", febbraio 2007 (sephenschneider.stanford.edu/Mediarology/MediarologyFrameset.html); Z4., Science as a Contact Sport, National Geographic, Washington, D.C. 2009, 203-232. 92 Estratto da Oreskes N., "The Scientific Consensus on Climate Change: How Do We Know We're Not Wrong?", in Di Mento ]J. F., P. Doughman (a cura di), Climate Change: What It Means for Us, Our Children, and Our Grandchildren, MIT Press, Cambridge, Mass., 2007, 65-99. 93 Stephen Schneider ha sostenuto una tesi simile; si veda Stephen H. Schneider, 'Mediarology". Schneider era preoccupato dal fatto che gli scienziati, in alcune occasioni, potessero essere costretti a focalizzarsi sugli aspetti più terrificanti per avere attenzione. Questa tesi è stata spesso decontestualizzata per insinuare che Schneider stesse suggerendo che per gli scienziati fosse accettabile essere disonesti se l'entità del problema lo richiedeva. La citazione completa è questa: "Da una parte, come scienziati siamo eticamente vincolati al metodo scientifico, avendo in effetti promesso di dire la verità, tutta la verità, nient'altro che la verità — il che significa che dobbiamo menzionare tutti i dubbi, i caveat, i se', gli "e" e i "ma". Dall'altra, però, non siamo solo scienziati, ma anche esseri umani. E come gran parte delle persone, vorremmo che il mondo fosse un posto migliore, aspirazione che dal nostro punto di vista si traduce nell'impegno per ridurre il rischio di cambiamenti climatici potenzialmente disastrosi. Per farlo, abbiamo bisogno di supporto, dobbiamo catturare l'immaginazione del pubblico. Questo, ovviamente, implica avere parecchia copertura dai media. Quindi dobbiamo presentare degli scenari allarmanti, dobbiamo rilasciare dichiarazioni semplificate e clamorose, e dobbiamo sorvolare sui dubbi che potremmo avere. Questo "doppio legame etico", in cui ci troviamo spesso, non può essere risolto con una regola valida una volta per tutte. Ognuno di noi deve decidere quale sia il giusto equilibrio tra l'essere efficaci e l'essere onesti. Io spero che sia essere entrambe le cose." Citato in un'intervista per Discover Magazine, ottobre 1989, 45-48; per l'originale, assieme al commento di Schneider sulle distorsioni che ha generato, si veda anche Schneider S. H., "Dorit Bet AIl Environmental Changes Will Be Beneficial", American Physical Society, APS News 5, 8, agosto/settembre 1996. 94 Ignatius D., "A Bid to Chill Thinking: Behind Joe Barton's Assault on 465

Climate Scientists", Washington Post, 22 luglio 2005 (www.washingtonpost.com/wpdyn/content/article/2005/07/21/AR200507210286.html). 95 "First 'Four Pillars'"", Senate Floor Statement by US Senator James M. Inhofe (R-Okla.), 8 aprile 2005, Floor Speeches (inhofe.senate.gov/pressreleases/pillar.htm). 96 Regaldo A. "In Climate Debate, che 'Hockey Stick Leads to a Face-Off", Wall Street Journal, 14 febbraio 2005, A1; Appell D., "Behind the Hockey Stick", Scientific American, 992, 3, 2005, 34-35 (www.scientificamerican.com/article.cfm?id=behindche-hockey-stick); Le Page M., "Climate Myths: The 'Hockey Stick Graph has Been Proven Wrong", New Scientist, settembre 2009 (www.newscientist.com/article/dn11646); North G., et al, Surface Temperature Reconstructions for the Last 2000 Years. Board on Atmospheric Sciences and Climate, National Academies Press, Washington, D.Q., 2006); Santer B., "The MSU Debate, Climate Auditing, and Freedom of Information", presentato al AEED Seminar Lawrence Livermore National Lab, 10 dicembre 2008, Doc. No. LLNL-PRES-409614. 97 Stefan Ramstorf, comunicazione personale con Naomi Oreskes, marzo 2009, Copenhagen, Denmark, alla conferenza su "Climate Change: Global Risks, Challenges and Decisions", Copenhagen, 10-12 marzo 2009. 98 Comunicazione riservata tra un oceanografo e Naomi Oreskes, marzo 2009, Copenhagen, Denmark, "Climate Change: Global Risks, Challenges and Decisions". 99 Kare Fog, "The First Debate in Denmark", Lomborg-Errors, The Lomborg Story, www.lomborg-errors.dk/lomborgstory3.htm. 1000 Edward Frieman, comunicazione personale con Naomi Oreskes, 16 marzo 2007. 1011 Samuelson R. J., "Global Warming's Real Inconvenient Truth", Washington Post, 5 luglio 2006 (www.washingtonpost.com/wpdyn/content/article/2006/07/04/ AR2006070400789.html); Z4., "A different View of Global Warming" 466

(www.msnbc.com/id/20226462/site/newsweek/print/1/displaymode/1098).

EPILOGO — UNA NUOVA VISIONE DELLA SCIENZA 01 Giere R. G., et al, Understanding Scientific Reasoning, Thomson Wadsworth, Belmont, California, 2006, 299, 02 Giere R. G., et al, Understanding Scientific Reasoning, 299. 03 Ci sono pochi articoli nelle riviste con peer review, e Singer non è l'autore principale. Si veda per esempio Douglass D. H., B. D. Pearson, S. F. Singer, "Altitude Dependence of Atmospheric Temperature Trends: Climate Models Versus Observation", Geophysical Research Letters, 31, 2004, 113208. 04 Fred Singer S. F., "Warming Theories Need Warning Labels", Bulletin of Atomic Scientists, 48, 5, 1992, 34-39 (books.google.com/books? Pid=kQsAAAAAMBAJ&pg=P A34&ipg=PA34&dq=Singer+ Warming+Theorieseed+Waming+Labels&rsource=bl8cot s=q0fV8Bn732&sig=gP|4434dsCtZKild8262nqaFZXk&hl=engcei=CubMSrvgJoH8t QPo7eiVAQ&sa=X&coi=book_result8cct=result&resnum=1 #v=onepage &q=&f=false). Riprende inoltre le sue vecchie tesi sulle piogge acide: "Ha senso sprecare 100 miliardi di dollari all'anno per quella che è ancora una minaccia fantasma?", Singer S. F., "Warming Theories Need Warning Labels", 39. 05 Si veda Singer S. F., "World Demand for Oil", in Simon J.L.. H. Kahn (a cura di), The Resourceful Earth: A Response to Global 2000, Blackwell, New York 1984, 339-360, e le citazioni lì riportate. 06 Si veda per esempio Reilly J. J., "Richard Feynman and Isaac Asimov on Spelling Reform", Journal of the Simplified Spelling Society, 25, 1999/1, 31-32 (www.spellingsociety.org/joumals/j25/feynman.php #feynman). 07 Smithson M., "Toward a Social Theory of Ignorance", Journal for the Theory of Social Behaviour, 15. 2, 1985, 151-172; si veda anche Smithson M., "Social Theories of Ignorance", in Proctor P., L. Schiebinger (a cura di), Agnotology: The Making and Unmaking of Ignorance, Stanford University Press, Stanford, California, 2008, 209-229. 467

08 Per un'analisi approfondita di questo tema, si veda Evans R., "Demarcation Socialized: Constructing Boundaries and Recognizing Difference", Science, Technology, et Human Values, 30, I, 3-16. 09 Hill A. B., "The Environment and Disease: Association or Causation?", Proceedings of the Royal Society of Medicine, 58, 5, 1965. 295-300. 10 Symon C., L. Arris, B. Heel, Arctic Climate Impact Assessment, Cambridge University Press, Cambridge 2005. 11 Shakespeare W., Macbeth, Atto V, Scena V. 12 Green S., Smoking Associated Disease and Causality, BN:1192.02, Legacy Tobacco Documents Library. Una versione anteriore, leggermente diversa, risale al 1976; si veda Green S., Cigarette Smoking and Causal Relationships, 27 ottobre 1976, BN: 2231.08, Legacy Tobacco Documents Library. La figura di Green viene discussa in Kesslefs D. A., A Question of Intent: A Great American Battle with a Deadly Industry, Public Affairs, New York 2002, 228. 13 LaRue S., "Early Action Urged in Fight on Acid Rain", San Diego Union, 8 agosto, 1984.

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Table of Contents MERCANTI DI DUBBI

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Prefazione 4 IL MERCATO DEL DUBBIO 8 STORIE DA CONOSCERE PER NON PERDERE ALTRO TEMPO 15 note 19 INTRODUZIONE 21 1. IL DUBBIO È IL NOSTRO PRODOTTO 31 2. LA SDI, LA FALSIFICAZIONE DEI FATTI E LA CREAZIONE DEL 63 GEORGE C. MARSHALL INSTITUTE LA NASCITA DEL TEAM B 65 GUERRE STELLARI: LA STRATEGIC DEFENSE INITIATIVE 71 DALLA DIFESA STRATEGICA ALL'INVERNO NUCLEARE 77 IL GEORGE C. MARSHALL INSTITUTE 85 UN ATTACCO SU VASTA SCALA ALLA SCIENZA 91 3. SEMINARE DUBBI: LE PIOGGE ACIDE 99 L'AZIONE POLITICA E LA SPACCATURA STATI UNITI107 CANADA LO SCETTICISMO ALLA CASA BIANCA DI REAGAN 109 OTTENERE UN'OPINIONE INDIPENDENTE 112 IL COMITATO DI NIERENBERG PER LA PEER REVIEW 117 SULLE PIOGGE ACIDE LA MANOMISSIONE DELLA PEER REVIEW 135 4. LA COSTRUZIONE DI UNA CONTRO-NARRATIVA: LA 150 BATTAGLIA SUL BUCO DELL'OZONO LA GUERRA DELL'OZONO 156 I BUCHI NELLO STRATO DELL'OZONO 162 STABILIRE UNA REGOLAMENTAZIONE ADATTABILE 166 UN BUCO DELL'OZONO SULL'ARTICO? 168 LA COSTRUZIONE DELLA CONTRO-NARRATIVA 170 CHE COSA È AVVENUTO IN REALTÀ? 180 5. COS'È LA CATTIVA SCIENZA? CHI LO DECIDE? LA 183 469

5. COS'È LA CATTIVA SCIENZA? CHI LO DECIDE? LA BATTAGLIA SUL FUMO PASSIVO BREVE STORIA DEL FUMO PASSIVO INCOLPARE IL MESSAGGERO: L'ATTACCO DELL'INDUSTRIA ALL'EPA USARE IL TABACCO PER DIFENDERE LA LIBERA IMPRESA 6. IL NEGAZIONISMO SUL RISCALDAMENTO GLOBALE 1979: UN ANNO CRUCIALE PER IL CLIMA L'ORGANIZZAZIONE DEL RITARDO: LA SECONDA E LA TERZA RELAZIONE DI VALUTAZIONE DELL'ACCADEMIA L'EFFETTO SERRA INCONTRA L'EFFETTO "CASA BIANCA" INCOLPARE IL SOLE L'ATTACCO A ROGER REVELLE IL SECONDO ATTACCO NEGAZIONISTA 7. IL NEGAZIONISMO DI NUOVO IN AZIONE: L'ATTACCO REVISIONISTA E IL CASO RACHEL CARSON SILENT SPRING E IL SCIENCE ADVISORY COMMITEE DEL PRESIDENTE IL NEGAZIONISMO COME STRATEGIA POLITICA IL PROBLEMA ORWELLIANO CONCLUSIONE — LA LIBERTÀ DI PAROLA E IL LIBERO MERCATO UN VILLAGGIO POTEMKIN... SCIENTIFICO LIBERTÀ DI PAROLA E LIBERO MERCATO IL FONDAMENTALISMO DEL MERCATO E IL LASCITO DELLA GUERRA FREDDA LA TECNOLOGIA CI SALVERÀ? IL TECNOFIDEISMO PERCHÉ GLI SCIENZIATI NON SONO INSORTI? EPILOGO — UNA NUOVA VISIONE DELLA SCIENZA RINGRAZIAMENTI PERMESSI NOTE INTRODUZIONE 470

183 183 199 217 225 226 231 242 245 250 260 283 285 300 306 311 315 318 321 330 336 338 343 354 356 357 357

1. IL DUBBIO È IL NOSTRO PRODOTTO 2. LA SDI, LA FALSIFICAZIONE DEI FATTI E LA CREAZIONE DEL GEORGE C. MARSHALL INSTITUTE 3. SEMINARE DUBBI: LE PIOGGE ACIDE 4. LA COSTRUZIONE DI UNA CONTRO-NARRATIVA: LA BATTAGLIA SUL BUCO DELL'OZONO 5. CHE COS'È LA CATTIVA SCIENZA? CHI LO DECIDE? LA BATTAGLIA SUL FUMO PASSIVO 6. IL NEGAZIONISMO SUL RISCALDAMENTO GLOBALE 7. IL NEGAZIONISMO DI NUOVO IN AZIONE: L'ATTACCO REVISIONISTA E IL CASO RACHEL CARSON CONCLUSIONE — LA LIBERTÀ DI PAROLA E IL LIBERO MERCATO EPILOGO — UNA NUOVA VISIONE DELLA SCIENZA

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