MANUALE DI ARCHIVISTICA 8829011207, 9788829011209


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Table of contents :
Archivistica
Introduzione
Il documento archivistico
Introduzione
1.2
La definizione di archivio
1.4
Le componenti del documento archivistico
i-5
Il documento archivistico nel contesto digitale
L’archivio in formazione
Il ruolo dell’archivio di deposito: aspetti teorici e problemi organizzativi di Lucilla, Garofalo
3*1
Introduzione
3.2
Definizione e natura
55 A
3-3
Regolamenti e prassi amministrativa
3-4
Patrimonio di conoscenza: da costo a risorsa
3-5 Bene culturale
3.6
Responsabilità
3-7
Funzione, attività e strumenti
3-9 Consultazione e accesso
3.10
Outsourcing: una scelta responsabile
3.11
Modelli conservativi a confronto
3.12
Verso nuovi modelli di conservazione
La selezione*
4.1
Premessa: che cosa è la selezione
4.2
La selezione nella letteratura italiana e internazionale
4-3
I nodi concettuali e organizzativi
4-4
La normativa italiana
Gli archivi storici in Italia: la mappa della conservazione di Linda, Giuva
5-1
Un’ introduzione sulle regole e le eccezioni
5-5
Gli archivi come “testimonianza materiale di civiltà”
L’ordinamento*
Premessa
6.2
Finalità dell’ordinamento
6.3
Ordinamento
6.4
Archivio e fondo. Versamento
6.5
Analisi strutturale dei fondi
6.6
Denominazione del fondo
6-7
Le articolazioni del fondo
La descrizione degli archivi nell’epoca degli standard e dei sistemi informatici di Stefano Vitali
7-i
Descrivere significa rappresentare
7-3
Dagli strumenti di ricerca ai sistemi archivistici
7.6
Gli standard descrittivi in Italia
La sedimentazione storica della documentazione archivistica di Marco Bologna
8.1
Il concetto di sedimentazione
8.2
La sedimentazione storica
8-3
Sedimentazione e scarto
8.4
Una storia della sedimentazione?
La consultabilità dei documenti
9.1
9.2
La disciplina attualmente in vigore
9-3
I segreti privati e la ricerca storica
9-4
Documenti riservati e segreto di Stato
Gli standard per la gestione documentale
Considerazioni introduttive
10.2
Il modello ISO 15489
IO.4
Ancora metadati: ISO 15836 (Dublin Core)
10.5
I requisiti funzionali ICA (iSO 16175)
10.6
Gli standard ICA per la descrizione archivistica
10.7
Non solo gestione: il problema della conservazione
10.8
MoReq
10.9
Il ruolo degli standard in Italia
La conservazione delle memorie digitali

Introduzione
11.3
Vincoli imposti dalla normativa vigente in Italia
11.4
Requisiti di natura archivistica, organizzativa e procedurale
La formazione degli archivisti
12.1
Premessa
12.2
La figura dell’archivista e i contesti di lavoro
12..3
Mestiere o professione ?
12.4
L’archivistica e le altre
12.5
I destinatari della formazione
12.6
I soggetti formatori e i percorsi
12.7 I contenuti didattici
12.8
Qualche annotazione sui metodi didattici
12.9 Conclusioni
Gli archivi tra comunicazione e rimozione
13.1
Premessa
13.2
Uno sguardo al passato
13.3
Uno sguardo sul presente
I sistemi informativi archivistici tra locale, nazionale e internazionale
14.1
Premessa
14.2
Da “Anagrafe” al SAN
15.1
Introduzione
15.2
II Consiglio internazionale degli archivi: perché e per cosa?
iS-3
L’ICA negli anni della guerra fredda e della decolonizzazione
15.4
L’ica dopo il 1989: le sfide dell'informatica
iS-5
L’ica dopo il 1989: la stagione dei diritti
15.6 Lo Scudo blu
15-7
La cooperazione nell’ambito della UE: EBNA ed E AG
15.8
La cooperazione internazionale nella formazione professionale
Città degli archivi, archivi territoriali: nuovi modelli di conservazione
Premessa
16.2
Memoria e identità: gli attori della memoria e il territorio
16.3
Città della memoria e dell’identità: l’intento memoriale
16.5
Vecchi e nuovi modelli di conservazione
16.6
I poli di conservazione e gli archivi territoriali
Il documento e le sue istituzioni. Archivi, biblioteche, musei di Giovanni Paoloni
17.1 Introduzione
17.2
Di cosa parliamo quando parliamo d’archivio?
i7-3
La parola e la cosa
17-4
Identità disciplinare e autonomia professionale
I7.6
Archivi, biblioteche e musei
Indice dei nomi
Gli autori
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MANUALE DI ARCHIVISTICA
 8829011207, 9788829011209

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Archivistica Teorie, metodi, pratiche

A cura di Linda Giuva e Maria Guercio

I lettori che desiderano informazioni sui volumi pubblicati dalla casa editrice possono rivolgersi direttamente a:

Carocci editore

Corso Vittorio Emanuele II, 2.2.9 00186 Roma telefono 06 42. 81 84 17 fax 06 42, 74 79 31

Visitateci sul nostro sito Internet: http://www.carocci.it

Carocci editore

1

Indice

Introduzione

15

di Linda. Giuva e Maria Guercio

1.

Il documento archivistico

19

di Luciana Duranti 19 20

1.4. 1.5.

Introduzione La definizione di archivio La definizione di documento archivistico e le sue caratteristi­ che 22 Le componenti del documento archivistico Il documento archivistico nel contesto digitale

2.

L’archivio in formazione

35

1.1. 1.2. 1.3.

25 27

di Monica Grossi ia ristampa, agosto 2014 ia edizione, gennaio 2014 © copyright 2014 by Carocci editore S.p.A., Roma

Finito di stampare nell’agosto Z014 da Grafiche VD srl, Città di Castello (PG)

2.1. 2.2.

La produzione di archivi: un bisognodi organizzazione La formazione e la gestione dell’archivio nei sistemi ammini­ strativi complessi 38

3.

Il ruolo dell’archivio di deposito: aspetti teorici e problemi organizzativi 53

35

ISBN 978-88-430-7128-9

Riproduzione vietata ai sensi di legge (art. 171 della legge 22 aprile 1941, n. 633) Senza regolare autorizzazione, è vietato riprodurre questo volume anche parzialmente e con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche per uso interno o didattico.

di Lucilla Garofalo 3.1. 3.2. 3.3. 3.4.

Introduzione Definizione e natura Regolamenti e prassi amministrativa Patrimonio di conoscenza: da costo a risorsa

7

53 54 56 58

INDICE

ARCHIVISTICA

3-53.6. 3-73.8.

3-93.10. 3.11.

Bene culturale Responsabilità Funzione, attività e strumenti La permanenza nel deposito: il piano di conservazione Consultazione e accesso Outsourcing: una scelta responsabile Modelli conservativi a confronto

60 62 64 67 69

6.

6.1. 6,z.

Verso nuovi modelli di conservazione

77

4-

La selezione

79

4-3-

6.4.

79 81 86

6.5.

La normativa italiana

146

Archivio e fondo. Versamento

6.6.

156

Archivio e fondo / 6.4.2. Versamento

Analisi strutturale dei fondi 6.5.1.

4.3.1. Fine, natura e criteri della selezione / 4.3.2. Strumenti e disposizioni di massima

4-4-

Ordinamento

6.4.1.

Premessa: che cosa è la selezione La selezione nella letteratura italiana e internazionale I nodi concettuali e organizzativi

Complessi documentari / 6.2.2. Processo di sedimentazione delle carte / Periodizzazione storica e contesto storico-istituzionale

6.3.1. Il metodo storico / 6.3.2. Vincolo archivistico e processo di tradizio­ ne delle carte / 6.3.3. Ordinamento diacronico e ordinamento sincronico / 6.3.4. Riordinamento fisico delle carte e ordine virtuale

di Maria Guercio 4.1. 4.2.

137 14°

Premessa Finalità dell’ordinamento 6.2.1. 6.2.3.

6.3.

3.12.

137

di Paola Canicci

7i 73

3.11.1. Modello nordamericano / 3.11.2. Francia

L’ordinamento

161

Fondo semplice / 6.5.2. Fondo complesso

Denominazione del fondo

166

6.6.1. Titolare del fondo o denominazione convenzionale / 6.6.2. Soggetto pro­ duttore / 6.6.3. Soggetto collettore

94

6.7.

Le articolazioni del fondo

170

6.7.1. Serie e categorie / 6.7.2. Unità archivistiche / 6.7.3. Unità di conser­ vazione

5-

Gli archivi storici in Italia: la mappa della conservazione

99

di Linda Giuva 5.1. 5.2. 5-35-4-

5-55.6.

Un’introduzione sulle regole e le eccezioni L’attuale sistema nazionale per la conservazione degli archivi storici Le origini del modello: il dibattito politico-culturale sugli ar­ chivi nell’Italia postunitaria Lo sviluppo della rete archivistica tra dimensione nazionale e memorie locali Gli archivi come “testimonianza materiale di civiltà” Dal policentrismo al pluralismo conservativo: nuove dissemi­ nazioni e nuove concentrazioni

7. 99

109 113

Per un pluralismo conservativo sostenibile: qualche considera­ zione finale

8

7.1. 7.2. 7.3. 7.4. 7.5.

116

5.6.1. Archivi di imprese / 5.6.2. Archivi dei partiti politici / 5.6.3. Archivi di persone

5-7-

di Stefano Vitali

102 105

7.6. 7.7. 7.8. 127

La descrizione degli archivi nell’epoca degli standard e dei sistemi informatici 179

Descrivere significa rappresentare Inventari, guide ed altri strumenti di ricerca Dagli strumenti di ricerca ai sistemi archivistici Gli standard del Consiglio internazionale degli archivi: un po’ di storia Gli standard del Consiglio internazionale degli archivi: caratte­ ri e contenuti Gli standard descrittivi in Italia Dai sistemi archivistici al Sistema archivistico nazionale Negli archivi non solo alberi: criticità e problemi di standard e sistemi descrittivi iog

9

179 185 189

196 2,01 2.03

ARCHIVISTICA

8.

La sedimentazione storica della documentazione archivistica

INDICE

211

11.3.

di Marco Bologna 8.1. 8.1. 8.3. 8.4.

9-

Il concetto di sedimentazione La sedimentazione storica Sedimentazione e scarto Una storia della sedimentazione?

La consultabilità dei documenti

211 217 220 223

Vincoli imposti dalla normativa vigente in Italia

294

n.3.1. Archiviazione sostitutiva dei documenti analogici / 11.3.2. Conserva­ zione dei documenti informatici / 11.3.3. Responsabile della conservazione / 11.3.4. Supporti di memorizzazione / 11.3.5. Riversamento sostitutivo / 11.3.6. Accreditamento dei depositi digitali / 11.3.7. Nuove regole tecniche per la formazione e la conservazione dei documenti informatici e degli archivi digitali

11.4.

Requisiti di natura archivistica, organizzativa e procedurale

301

11.4.1. Modello concettuale per la conservazione di archivi digitali / 11.4.2. Organizzazione dei depositi digitali / n.4.3. Processo di conservazio­ ne digitale

237

di Stefano Twardzik

9-5-

Questioni preliminari La disciplina attualmente in vigore I segreti privati e la ricerca storica Documenti riservati e segreto di Stato Gli Archivi di Stato e l’accesso agli atti processuali

2-37 239 2.46 252 2.58

io.

Gli standard per la gestione documentale

263

9.1. 9.2.. 9-39.4.

di Giovanni Michetti 263 265 269 273

IO.IO

Considerazioni introduttive Il modello ISO 15489 I metadati per la gestione documentale: ISO 23081 Ancora metadati: ISO 15836 (Dublin Core) I requisiti funzionali ICA (iSO 16175) Gli standard ICA per la descrizione archivistica Non solo gestione: il problema della conservazione MoReq Il ruolo degli standard in Italia Postilla

II.

La conservazione delle memorie digitali

287

10.1. 10.2. 10.3. 10.4. 10.5. 10.6. 10.7. 10.8. 10.9.

2-74 2-77 278 280 283 286

di Stefano Pigliapoco II.I. II.2.

Introduzione Requisiti di natura tecnologica e di sicurezza informatica 11.2.1. Requisiti dei sistemi di Storage management / 11.2.2. Requisiti dei formati elettronici/ 11.2..3. Requisiti di sicurezza fìsica e logica

IO

287 288

12.

La formazione degli archivisti

3ii

di Giorgetta Bonfìglio-Dosio

12.1. 12.2. 12.3. 12.4. 12.5. 12.6. 12.7. 12.8. 12.9.

Premessa La figura dell’archivista e i contesti di lavoro Mestiere 0 professione ? L’archivistica e le altre I destinatari della formazione I soggetti formatori e i percorsi I contenuti didattici Qualche annotazione sui metodi didattici Conclusioni

311 3i5 3i7 320 321 322 330 333 335

B-

Gli archivi tra comunicazione e rimozione

337

di Claudia Salmini 13.1. 13.2. 13.3.

Premessa Uno sguardo al passato Uno sguardo sul presente

337 340 343

13.3.1. Nelle scuole/13.3.2. Nelle mostre / 13.3.3. Nella rete/13.3.4. Nella ricerca

14.

I sistemi informativi archivistici tra locale, nazionale e in­ ternazionale

357

di Federico Valacchi 14.1. 14.2.

Premessa Da “Anagrafe” al san

357 359

II

INDICE

ARCHIVISTICA

Dietro ai dati: i modelli organizzativi e il Sistema archivistico nazionale 362. . I sistemi informativi nel contesto del web archivistico: natura, contenuti e finalità 367 . Il complesso sistema dei sistemi italiani: nel cuore di una transi­ zione 369 . Uno sguardo al panorama internazionale: verso i network Infor­ mation systems 373 . Dalle descrizioni agli oggetti: verso i sistemi informativi di se­ conda generazione 377

14.3 . 14.4

14.5 14.6

14.7

15.

i7-

Il documento e le sue istituzioni. Archivi, biblioteche, musei di Giovanni Paoloni

17.1. 17.2. 17.3. 17.4. 17.5. 17.6.

Il villaggio globale degli archivisti. Organizzazioni interna­ zionali e cooperazione tra gli archivi del mondo 381

Introduzione Di cosa parliamo quando parliamo d’archivio? La parola e la cosa Identità disciplinare e autonomia professionale Gli archivi agli archivisti Archivi, biblioteche e musei

435 439 443 448

Indice dei nomi

453

Gli autori

459

di Giulia Barrerà

15.1. 15.2. 15.3. 15.4. 15.5. 15.6. 15.7. 15.8.

Introduzione Il Consiglio internazionale degli archivi: perché e per cosa? L’ica negli anni della guerra fredda e della decolonizzazione L’ica dopo il 1989: le sfide dell’informatica L’ica dopo il 1989: la stagione dei diritti Lo Scudo blu La cooperazione nell’ambito della UE: ebna ed eag La cooperazione internazionale nella formazione professio­ nale 402

16.

Città degli archivi, archivi territoriali: nuovi modelli di con­ servazione 405

381 382 386 393 394 399 401

di llaria Pescini

16.1. Premessa 16.2. Memoria e identità: gli attori della memoria e il territorio 16.3. Città della memoria e dell’identità:l’intento memoriale 16.4. Istituzioni a rete: complessità nella produzione e sedimentazio ­ ne della memoria 414 16.5. Vecchi e nuovi modelli di conservazione 16.6. I poli di conservazione e gli archivi territoriali

12

429

405 407 409

419 422

13

429 430

Introduzione di Linda Giuva e Maria Guercio

Il volume, non diversamente dal lavoro pubblicato dai colleghi bibliotecari per la medesima collana - anzi avendo preso proprio quello a modello -, si presen­ ta come una proposta di manualistica per un settore disciplinare, l’archivistica, che, nella predisposizione di strumenti di rilievo didattico, richiede sempre di più l’approfondimento di questioni e temi diversificati la cui adeguata tratta­ zione necessita di specializzazione degli studi e molta esperienza. Un testo col­ lettivo, concepito con l’obiettivo di presentare i nodi teorici e metodologici da un lato e lo sviluppo e l’utilizzo di strumenti operativi dall’altro, è sembrato il modo migliore per affrontare con la qualità necessaria un’opera finalizzata a integrare e arricchire la formazione dei giovani che intendono intraprendere la professione, ma anche di coloro che già lavorano nel campo e sentono il bisogno di una riflessione aggiornata. Le diverse provenienze degli autori ci sono sembrate una garanzia per rappresentare la pluralità degli ambiti di ricerca e delle esperienze maturate. Pur nel rispetto dei punti di vista con i quali gli autori hanno affrontato e spiegato i temi dei diversi capitoli, non è venuto a mancare Io spirito uni­ tario dell’opera. Innanzitutto di essa tutti hanno condiviso l’impegnativo sforzo finalizzato a coniugare la specificità dei linguaggi e dei contenuti con gli obiettivi didattici del prodotto editoriale in questione. Inoltre, pur appar­ tenendo per età, formazione ed esperienza a tre generazioni diverse di stu­ diosi, il quadro di riferimento culturale e disciplinare è risultato largamente condiviso, grazie al richiamo ad una comune tradizione archivistica che, pur scontando qualche ritardo e diffidenza, ha affrontato le sfide del presente senza chiusure ma anche senza rinunciare ad affermare le specificità della disciplina, l’originalità della teoria italiana, purtroppo scarsamente conosciu­ ta all’estero, le particolarità dell’universo, sempre più ampio e “sconfinante”, degli oggetti archivistici. Ogni saggio del volume tratta l’argomento unendo la dimensione didattica e l’analisi teorica, con l’obiettivo di fornire contestualmente ai lettori le basi per un’aggiornata riflessione concettuale e metodologica e indicazioni per l’eser­ cizio della professione. L’equilibrio raggiunto varia, naturalmente, in ragione

iS

ARCHIVISTICA

INTRODUZIONE

dello specifico tema trattato. Si è voluto, inoltre, dare conto delle linee evolutive delle questioni trattate, del dibattito internazionale e, ove possibile, del con­ fronto con altre tradizioni. Nella successione degli argomenti si è cercato di rispecchiare un percorso organico che riconosce la centralità delle attività di formazione e gestione de­ gli archivi correnti, senza rinunciare alle questioni tradizionali della disciplina e alle necessarie integrazioni con nuovi contenuti. Si è partiti dalle funzioni del documento archivistico (Luciana Duranti); si sono analizzati i principi, i metodi e gli strumenti per la formazione dell’archivio (Monica Grossi); si sono trattate le questioni spinose (anche in ambito digitale) dell’archivio di deposito e dell’esternalizzazione dei servizi archivistici (Lucilla Garofalo) e della selezione (Maria Guercio), per affrontare successivamente i nodi della conservazione della memoria. A Marco Bologna è toccato il compito di ap­ profondire i nodi storici della sedimentazione archivistica e a Linda Giuva quello di disegnare la mappa della conservazione in Italia. I temi dell’ordi­ namento e della descrizione archivistica sono stati affidati rispettivamente a Paola Carucci e a Stefano Vitali. Il capitolo dedicato alla consultabilità e al complesso rapporto tra riservatezza, segreto e libertà di accesso è scritto da Stefano Twardzik, mentre il tema degli standard per la gestione documentale è stato trattato da Giovanni Michetti. Stefano Pigliapoco presenta il quadro concettuale e normativo relativo alla conservazione digitale, Federico Valacchi si occupa dei sistemi informativi per gli archivi storici, Uaria Pescini si misura con gli archivi territoriali e i nuovi modelli di concentrazione. Gli ultimi quattro saggi approfondiscono questioni non usuali per la letteratura manualistica di settore, ma essenziali per fornire strumenti più completi di orientamento per chi esercita la professione: la formazione degli archivisti (Giorgetta Bonfiglio-Dosio), la comunicazione (Claudia Salmini), la dimen­ sione internazionale degli archivi (Giulia Barrerà), le relazioni tra le istituzio­ ni della memoria (Giovanni Paoloni). La dimensione digitale è trasversale: è tenuta presente in tutti i saggi, anche se in alcuni svolge ovviamente un ruolo più centrale. Anche in questo caso gli autori concordano su alcune considerazioni di riferimento. In primo luogo, ri­ conoscono e tengono conto della pervasività delle tecnologie della informazio­ ne e comunicazione per tutti i settori dell’intervento archivistico (dall’archivio in formazione ai depositi e ai nuovi poli di conservazione e concentrazione, dal­ la selezione alla costruzione di sistemi informativi per la ricerca, dalle modalità di accesso ai documenti alle problematiche della comunicazione e promozione). In secondo luogo, si afferma la necessità di un quadro concettuale della disci­ plina unitario che sia in grado di sostenere la capacità di orientamento anche in contesti tecnologici avanzati, senza ledere l’autonomia, il confronto interdisci­ plinare, l’innovazione della ricerca.

In qualità di curatrici della pubblicazione, vogliamo infine ringraziare tutti gli archivisti che vi hanno contribuito, con un particolare riconoscimento per chi ha consegnato il proprio lavoro rispettando i termini originari e ha dovu­ to quindi intervenire più volte per aggiornare riferimenti e bibliografia, e per i colleghi che, operando nell’amministrazione archivistica, hanno accettato di partecipare nonostante i pesanti e ingrati compiti che gravano quotidianamente sulle loro spalle.

16

17

I

Il documento archivistico di Luciana, Duranti

i.i

Introduzione Il concetto di documento archivistico è stato non a caso al centro della ri­ flessione da parte della dottrina archivistica per più di un secolo. Le idee che gli archivisti hanno sulla natura dell’oggetto principale del loro lavo­ ro influenzano infatti in modo determinante le modalità in base alle quali svolgono le loro attività e definiscono il corpus specifico del loro patrimo­ nio conoscitivo e le scelte professionali che ne derivano. Benché sia incon­ testabile che la cultura in generale e il linguaggio in particolare abbiano un forte impatto sulla definizione di ciascun concetto, specialmente quando tale concetto costituisce lo snodo cruciale di una disciplina che appartiene alla duplice categoria delle scienze sociali e applicate come nel caso dell’ar­ chivistica, gli archivisti hanno cercato nel tempo di sviluppare il concetto di documento archivistico su un piano generale, descrivendone la natura, cioè le qualità o proprietà che esso assume fin dall’origine in ragione del fatto che anche la loro combinazione lo identifica in modo unico e lo distingue da altri oggetti, da altre entità di carattere informativo e da altri tipi di do­ cumento. Definire il documento archivistico secondo la sua natura è già di per sé una scelta teorica non condivisa da tutti gli archivisti, molti dei quali riten­ gono che sia più appropriato sviluppare una definizione basata sul suo utiliz­ zo o addirittura sugli interessi specifici di un ordinamento giuridico storica­ mente definito, considerando il documento archivistico appunto un oggetto d’uso. Tra questi ultimi è essenziale ricordare, anche per la diffusione che ha conosciuto, la definizione proposta dall’archivista americano Theodore Schellenberg, in base alla quale i documenti archivistici sono definiti in ra­ gione degli scopi di ricerca da parte di persone diverse dal soggetto che li ha prodotti e che ne guidano la conservazione permanente ovvero la selezione: in sostanza la selezione, in quanto esigenza prioritaria dell’intervento archi­ vistico in Nordamerica, doveva fornire gli elementi per la definizione stessa

19

ARCHIVISTICA

I. IL DOCUMENTO ARCHIVISTICO

di documento1. L’archivista inglese Hilary Jenkinson, nel recensire il libro di Schellenberg, espresse forti riserve in proposito, sottolineando innanzi­ tutto che in nessun caso l’uso di un oggetto per uno scopo diverso da quello originariamente definito potesse essere impiegato per identificare la natura dell’oggetto medesimo:

utile a tal fine considerare le definizioni elaborate da autori diversi, sia per l’e­ poca in cui sono vissuti che per l’ambito geografico e istituzionale in cui hanno operato. Si propongono qui solo alcune di queste definizioni che, pur nella dif­ ferenza di accento, presentano un dettato molto simile5:

il fatto che una cosa possa essere usata per uno scopo per il quale non fu mai intesa - un cappello, per esempio, per estrarne un coniglio - non è parte della sua natura e non dovrebbe, io ritengo, essere parte della sua definizione, anche se può ragionevolmente avere conseguenze per il suo trattamento1.

Chi scrive ritiene inoltre che le definizioni basate su interessi specifici non pos­ sono avere un’applicabilità generale, e perciò non possono essere prese in con­ siderazione in una riflessione di natura teorica. Per questa ragione in questo capitolo il concetto di documento archivistico sarà affrontato solo con l’analisi della sua natura originaria, cioè delle caratteristiche che lo identificano al mo­ mento della sua origine o produzione.

1.2 La definizione di archivio Non è possibile parlare della natura del documento archivistico senza affron­ tare in parallelo anche il tema della natura dell’archivio. I due concetti sono infatti interdipendenti: l’archivio è costituito di documenti archivistici, i quali a loro volta sono aggregati costituendo l’archivio. Questo significa anche che è difficile trattare del documento archivistico come di un’entità singola e ancor meno autonoma, tanto più quando si faccia riferimento ai documenti moderni e contemporanei, la cui identità dipende in gran parte dalla loro relazione con altri documenti presenti nello stesso archivio. Quando si usa il termine “archivio” ci si può riferire a un’istituzione, a un’or­ ganizzazione, o a un’unità all’interno di un ente che svolge funzioni archivistiche, o al luogo che la ospita, o al materiale documentario prodotto da un ente. L’oggetto di questa discussione è l’archivio come complesso documentario. È

l’insieme dei documenti, scritti, disegnati o stampati, ufficialmente ricevuti o redatti da un ente pubblico o da uno dei suoi funzionari, purché tali documenti debbano rimane­ re nella custodia di tale ente o di tale funzionarioi. 2*4. la raccolta ordinata degli atti di un ente o individuo, costituitasi durante Io svolgimento della sua attività e conservata per il conseguimento degli scopi politici, giuridici e cultu­ rali di quell’ente o individuo5.

tutti i documenti di ogni tipo che si accumulano naturalmente e organicamente come risultato delle funzioni e attività di un ente, di un’organizzazione o di un individuo [...] e che sono tenuti a scopo di riferimento6.

l’insieme dei documenti di qualsiasi natura che ogni ente, ogni persona fisica o giuridi­ ca, accumula automaticamente e organicamente a causa delle sue funzioni o delle sue attività (Canadian Working Group on Archivai Descriptive Standards, 198$).

Da tutte le enunciazioni ora presentate, si evincono le medesime caratteristiche: organicità, struttura, sedimentazione naturale, associazione a funzioni e attività e il requisito della tenuta e custodia da parte del produttore. Possiamo perciò definire l’archivio come l’insieme dei documenti redatti e ricevuti da una persona fisica o giuridica nel corso delle sue attività come loro strumento e residuo, e conservati per proprio riferimento da quella stessa persona o da un suo successore legittimo.

Una volta definita la natura dell’archivio come insieme di documenti e delle re­ lazioni che si stabiliscono reciprocamente, in rapporto al soggetto che li ha pro­ dotti e alle sue funzioni e attività, si può ora mettere più correttamente a fuoco il documento archivistico in quanto componente elementare dell’archivio.

i. T. R. Schellenberg, Modem Archives. Principles and Techniques, University of Chicago Press, Chicago 1956, p. 15. 2. H. Jenkinson, Modem Archives. Some Reflections on T. R. Schellenberg, in “Journal of thè Society of Archivists”, 1 Aprii 1957, pp. 148-9. Per un paragone tra il concetto di documento archivistico espresso da Jenkinson e quello espresso da Schellenberg, vedi T. Livelton, Archival Theory, Records, and thè Public, Scarecrow Press, Lanham (mn) 1996, pp. 63-83.

3. Per un excursus di diversi secoli di definizioni vedi E. Lodolini, Archivistica. Principi e Problemi, sesta edizione ampliata, Franco Angeli, Milano 1992, pp. 123-48. 4. S. Muller, J. A. Feith, R. Fruin, Manualfor thè Arrangement and Description ofArchives. Drawn up by Direction of thè Netherlands Association ofArchivists, Translation of thè Second Edition by Arthur H. Leavitt, H. W. Wilson Company, New York 1968, p. 19. 5. E. Casanova, Archivistica, Lazzeri, Siena 1928, p. 19. 6. M. Duchein, TheoreticalPrinciples and Practical Problems ofRespect desfonds in Archivai Science, in “Archivaria”, 16, Summer, 1983, pp. 64-82, p. 67.

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I. IL DOCUMENTO ARCHIVISTICO

i-3 La definizione di documento archivistico e le sue caratteristiche

duttore sia libero da pregiudizi o che lo sia il loro contenuto, ma che le ragioni e il contesto della loro produzione assicurano la loro capacità di rivelare i fatti e gli atti di cui essi sono parte. Non tutti accettano l’imparzialità come un’inna­ ta qualità dei documenti archivistici, pensando che in tempi così storicamente consapevoli come il nostro alcuni autori potrebbero scrivere i propri documen­ ti pensando all’opinione dei posteri, ma le altre caratteristiche dei documenti archivistici sono in grado di garantire che anche in tale caso queste intenzioni siano rivelate". La seconda proprietà del documento archivistico è l’autenticità. Jenkinson connette l’autenticità dei documenti archivistici alla loro custodia continua da parte del produttore o di un legittimo successore. Ma questa proprietà, che vie­ ne riconosciuta dalla maggior parte degli autori di archivistica europei, ha per alcuni un significato più profondo. Per esempio, Giorgio Cencetti osserva che ogni documento archivistico, « a causa della sua provenienza, dovrebbe essere considerato autentico rispetto all’ente che lo produce». L’autenticità è ricon­ dotta esplicitamente alla relazione con il produttore". Le caratteristiche congiunte di imparzialità e autenticità implicano che i documenti archivistici siano affidabili come fonti di conoscenza del passato. Quando, come archivisti, sosteniamo la necessità di proteggere l’integrità dei documenti archivistici in quanto testimonianza di fatti e atti, aderiamo al profi­ lo dell’archivista delineato da Jenkinson:

Gli archivisti del secolo scorso che si sono formati con gli strumenti teorici della diplomatica classica - ovvero della disciplina che studia la genesi e la forma dei documenti che in epoca medievale avevano valore costitutivo o probatorio rispetto agli atti rappresentati - hanno in sostanza definito il do­ cumento archivistico al singolare, ma hanno sempre completato la definizio­ ne illustrando le caratteristiche del documento che non si potevano evincere dalla definizione stessa in quanto riconducibili ai contesti esterni di produ­ zione, gestione e conservazione7. Il caso più significativo, per la chiarezza con cui si esplicita quanto ora sottolineato, è quello di Hilary Jenkinson, allorché afferma che: un documento che può dirsi appartenere alla classe archivio è un documento scritto o usato nel corso di un’attività amministrativa o (che sia pubblica o privata) di cui esso stesso faceva parte; e successivamente tenuto in custodia per propria informa­ zione dalla persona o dalle persone responsabili di tale attività o dai loro successori legittimi8.

Altrettanto rilevante appare la prosecuzione, che Jenkinson identifica come il corollario della definizione ora riportata: Gli archivi non sono scritti nell’interesse o per informazione dei posteri9.

Questa aggiunta introduce la prima delle proprietà del documento archivistico che, derivando dalle circostanze della sua produzione, lo rendono diverso da qualunque altro documento: l’imparzialità, che si può considerare la più importante caratteristica del documento archivistico. Poiché i documenti ar­ chivistici sono prodotti come strumenti per condurre un’attività di cui sono anche il residuo, essi sono liberi dal sospetto di pregiudizio in relazione agli interessi per cui noi li usiamo10. Questo non significa che il loro autore o pro­

Il suo credo, la santità del suo valore di prova; il suo compito, la conservazione di ogni elemento di evidenza connessa ai documenti di cui è responsabile; il suo scopo, fornire, senza pregiudizio o secondo scopo, a tutti coloro che vogliono sapere, i mezzi per ac­ quisire conoscenza13.

La terza proprietà del documento archivistico è la naturalezza, nel senso che il documento archivistico è uno strumento per raggiungere uno scopo, un mezzo piuttosto che un prodotto, il risultato dell’attività del produttore che

7. Per le definizioni fornite da diplomatisti vedi L. Duranti, Diplomatics. New Usesfor an Old Science, in “Archivaria”, 28,1989, pp. 16-7. 8. H. Jenkinson, A Manicai ofArchive Administration, Clarendon Press, Oxford 192.2, p. 11. 9. Ibid. io. Ivi, p. 12.

11. T. Eastwood, What is Archivai Theory and Why is it Importanti, in “Archivaria”, 37, Spring 1994, pp. 122-30, p. 127. 12. G. Cencetti, Scritti archivistici, Centro di ricerca editore, Roma 1970, pp. 49, 51. Se in­ fatti un documento falso viene ricevuto o prodotto nel corso ordinario dell’attività dell’ente e inserito in archivio, tale documento è da considerarsi autentico rispetto all’ente stesso e all’atti­ vità di cui è parte materiale, un’autentica componente del suo archivio, anche se, come oggetto singolo, non lo è. 13. H. Jenkinson, The English Archivist. A New Profession, in Selected Writings of Sir Hilary Jenkinson, ed. R. H. Ellis and P. Walne, Society of American Archivists, Chicago 2003, p. 258.

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I. IL DOCUMENTO ARCHIVISTICO

esercita la sua funzione, che completa i suoi compiti, che comunica con il mondo che lo circonda. La conseguenza è il vincolo archivistico, la relazio­ ne cioè che ogni documento archivistico ha con i documenti archivistici che partecipano alla stessa attività e si accumulano nel corso delle funzioni del produttore. Questa rete di relazioni, che Jenkinson chiama interrela.ted.ness ed elenca tra le necessarie caratteristiche del documento archivistico'4, nasce quando il documento è inserito nell’archivio (fisicamente e/o intellettual­ mente, in particolare attraverso l’assegnazione di un codice di classificazione) e connesso ad un altro documento archivistico, ed è in continua formazio­ ne e crescita, come un tessuto connettivo, fino al momento in cui l’attività che lo ha prodotto è conclusa'5. Molti autori hanno elaborato il concetto di vincolo archivistico e identificato le sue proprietà. Secondo Cencetti, il vin­ colo archivistico è originario, poiché nasce quando il documento è prodotto (cioè generato o ricevuto e archiviato), necessario, poiché ogni documento archivistico presenta tale vincolo, e determinato, perché qualificato dalla fun­ zione del documento archivistico nel contesto dei documenti tra cui viene ad esistere'6. Il vincolo archivistico è espressione dello sviluppo dell’attività a cui il documento partecipa piuttosto che dell’atto di cui il documento è espressione, perché dimostra la relazione causa-effetto tra un documento e un altro e quindi tra un atto e un altro; perciò esso determina il significato del documento archivistico e ne è componente essenziale. Infatti, come scrive Elio Lodolini, il documento archivistico è costituito di un documento e delle sue relazioni'7. Perciò il vincolo archivistico può essere considerato la quarta proprietà del documento archivistico. Un’ulteriore proprietà del documento archivistico è l’unicità. Questa quali­ tà è strettamente associata al concetto di vincolo archivistico. Mentre è possibile avere due o più documenti identici, le relazioni di ciascun documento archi­ vistico sono diverse e quindi ciascun documento archivistico è unico nel suo contesto. Duchein mostra chiaramente la relazione tra vincolo archivistico e unicità quando scrive:

se è stato mantenuto al suo posto nell’insieme degli altri documenti che lo accompa­ gnano'8.

Il documento archivistico esiste nel cuore di un processo funzionale del quale costitui­ sce un elemento, per quanto piccolo possa essere. Non è mai concepito [...] come un elemento isolato. Ha sempre un carattere di utilità che può solo apparire chiaramente

1.4 Le componenti del documento archivistico Sulla base della definizione di documento archivistico fornita da Jenkinson si può sostenere che le componenti di ogni documento archivistico sono suppor­ to, contenuto, forma, atto, persone e vincolo archivistico. Le prime tre sono in­ fatti rese necessarie dal fatto che ogni documento archivistico è innanzitutto un documento, cioè informazione scritta memorizzata su un supporto di qualun­ que natura (legno, pergamena, carta, nastro magnetico o hard drive), in modo oggettivo, cioè indipendente da chi la legge o visualizza e organizzata secondo una determinata struttura. Un corollario del fatto che ogni documento contiene informazione è che ogni documento (compreso quello archivistico) viene prodotto con l’intento di comunicare un messaggio o attraverso lo spazio (da persona a persona, da siste­ ma a sistema) o nel tempo (per futuro riferimento). Infatti, nella classica defini­ zione di Samuel Johnson, informazione è «intelligence given»'9, un concetto che è impossibile tradurre letteralmente. Intelligence si riferisce a un messaggio comprensibile dal destinatario e dotato di significato, e. given si riferisce al fatto che tale messaggio è condiviso con qualcuno, o tenuto per futura comunicazio­ ne, reale o potenziale. In un documento, l’intento consapevole di comunicare un messaggio è reso evidente dal fatto che lo stesso è memorizzato in forma più o meno permanente. Pertanto l’idea di comunicazione, essendo intrinseca all’ ìdea di documento, è parte necessaria del concetto di documento archivistico10. Si è detto che l’informazione, che è il contenuto del documento, è memoriz­ zata secondo una struttura che facilita la sua comunicazione, seguendo regole di rappresentazione tipiche del contesto in cui il documento viene prodotto e usato. Queste regole prendono il nome di forma documentaria, che comprende sia l’aspetto esterno del documento, che la sua articolazione interna. Tale forma viene spesso definita in negativo, ovvero in quanto caratteristiche del documen­ to separabili dal contenuto, dalle persone e dai luoghi cui si riferisce. La forma è una componente del documento non solo necessaria alla sua esistenza, ma

14. Ivi, pp. 138-9. 15. L. Duranti, The Archivai Bond, in “Archives and Museum Informatics”, 11, 1997, p. 216. 16. G. Cencetti, Ilfondamento teorico della dottrina archivistica, in "Archivi”, s. il, Vi, 1939, PP- 7-13. P- 40. 17. Lodolini, Archivistica. Principi e problemi, cit., p. 143.

18. Duchein, Theoretical Principles and Practical Problems of Respect des fonds in Ar­ chivai Science, cit., p. 67, http://journals.sfu.ca/archivai7index.php/archivaria/article/ view/12648/13813. 19. S. Johnson,^ Dictionary of thèEnglish Language, W. Strathams, London 1755. 20. X.nAtcm, Archivai Theory, Records, and thè Public, cit., p. 62.

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anche essenziale alla determinazione della sua affidabilità e autenticità e del suo stato di perfezione e trasmissione (una minuta, un originale o una copia). Non a caso l’intera scienza della diplomatica si basa sullo studio della forma dei do­ cumenti21. Ogni documento archivistico nasce nel corso di un atto o come parte di un’attività. Un documento può essere prodotto per “mettere in atto” un’azio­ ne specifica che può solo avvenire tramite la sua redazione (per esempio, una domanda di registrazione, un ricorso, un verdetto, un contratto di vendita, una richiesta di informazioni), o per fornire prova di un’azione che è stata comple­ tata oralmente ma richiede evidenza scritta (per esempio, la registrazione di un matrimonio, la ricevuta di un pagamento, l’attestazione di un giuramento), o per essere di ausilio allo svolgimento di un’azione (per esempio, gli appunti di una lezione, una mappa geografica), o per informazione (per esempio, relazioni, messaggi informali, annotazioni per proprio uso), o per fornire istruzioni (per esempio, su come riempire un modulo, come suonare un pezzo di musica - lo spartito), o per rendere possibile la redazione di un altro documento (per esem­ pio, una collezione di dati, le imbreviaturae e i formulari notarili) ecc. Nessun documento può essere considerato archivistico per natura se non partecipa allo svolgimento di qualche attività22. Del vincolo archivistico come componente necessaria e identificativa del documento archivistico si è già parlato nel contesto delle proprietà del docu­ mento. Il vincolo archivistico non deve essere confuso con il concetto molto più ampio di contesto, che è esterno al documento, piuttosto che esserne una componente, ma è ugualmente importante, perché condiziona il significato del documento stesso, al punto che spesso si dice che in archivistica “il conte­ sto è tutto”23. Ogni documento archivistico ha molteplici contesti: il sistema giuridico-amministrativo, il soggetto produttore, la procedura amministra­ tiva cui partecipa e/o il processo di redazione che lo produce, l’archivio a cui appartiene, e l’ambiente tecnologico in cui è prodotto e/o mantenuto24. La conoscenza e la comprensione di ciascuno di tali contesti sono necessarie

I. IL DOCUMENTO ARCHIVISTICO

all’identificazione, al controllo, alla conservazione e alla comunicazione di qualsiasi documento archivistico.

i-5 Il documento archivistico nel contesto digitale Nell’ambiente digitale i documenti archivistici non sono immediatamente di­ stinguibili da altri tipi di oggetti digitali sulla base del fatto che si trovano in un archivio e fisicamente appartengono ad aggregazioni archivistiche come fa­ scicoli e serie. Essi possono esistere in sistemi e applicazioni di vario tipo che contengono una gran varietà di oggetti digitali. Quindi è essenziale identificare i documenti archivistici digitali concettualmente, per evitare di confonderli con dati, informazioni o altri documenti, l’aggregazione dei quali non sempre costi­ tuisce un documento archivistico. Le linee guida sulla gestione dei documenti elettronici pubblicate dall’ Inter­ national Council on Archives affermano che in ambito digitale i documenti archivistici sono informazioni redatte o ricevute nell’awiare, condurre o completare un’attività istituzionale o individuale, e che includono contenuto, contesto e struttura sufficienti a fornire prova di tale attività25.

La definizione tradizionale di documento archivistico è certamente capace di includere anche i documenti digitali, ma, per poterli riconoscere nell’ambito delle complesse tecnologie in cui esistono, bisogna specificare le caratteristiche del modo in cui si manifestano. Studi recenti delle proprietà e del comporta­ mento dei documenti archivistici digitali hanno messo in evidenza che, mentre è indubbio che le loro componenti necessarie siano le stesse che costituiscono i documenti digitali, è indispensabile specificare il loro ruolo, le loro qualità o le loro funzioni, cominciando dal supporto, che nei documenti analogici è fisicamente parte del documento e contribuisce al suo significato - anche se in­ dubbiamente meno nei nostri tempi che in passato, eccetto che per documenti giuridicamente rilevanti26. Rispetto ai documenti digitali, il supporto fa parte

zi. Per una discussione del concetto di forma documentaria in diplomatica, vedi Duran­ ti, Diplomatici, cit., pp. 6-24, http://journals.sfu.ca/archivar/index.php/archivaria/article/ view/11758/12708. 22. Per una discussione della relazione tra atto e documento, vedi Duranti, Diplomatici, cit., pp. 4-17, http://journals.sfu.ca/archivar/index.php/archivaria/article/view/116o5/12552 . Si veda inoltre P. Carucci, Il documento contemporaneo. Diplomatica e criteri di edizione, Caroc­ ci, Roma 1987. 23. H. Macneil, The Context ii All. Dacrihing a Fondi and iti Parti in Accordante with thè Ruletfor Archivai Detcription, inT. Eastwood (ed.), The Archivai Fondi. From Theory to Practice, Association of Canadian Archivists, Ottawa 1992, p. 203. 24. Duranti, The Archivai Bond, cit., p. 217.

25. International Council on Archives, Committee on Electronic Records, Guidefor Ma­ naging Electronic Recordi from an Archivai Penpective, ICA, Paris 1997, p. 21, http://www.ica. org/ en/node/30019. 26. L. Duranti, K. Thibodeau, The Concept ofRecord in Interactive, Experiential and DynamicEnvironmentt: The View oflnterPARES, in “Archivai Science”, 6,1,2006, pp. 13-68, http:// www.interpares.org/ipz/display_file.cfmidocMp2_book_appendix_o2.pdf. Vedi anche Appendix 1 del libro L. Duranti (ed.), The Long-Term Preservaùon ofAuthentic Electronic Recordi. Findingi o_f thè InterPARES Project, Archilab, San Miniato 2005, sul sito web del progetto Interpares (www.interpares.org): http ://www.interpares.org/book/index.cfm.



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del contesto tecnologico del documento e, mentre la sua presenza è necessaria all’esistenza del documento, che deve essere memorizzato su un nastro magne­ tico, un disco ottico, un hard drive o altro, non contribuisce al significato del documento e può essere sostituito con un altro supporto senza cambiare l’iden­ tità del documento17. Se il supporto fìsico non è significativo per i documenti digitali, il modo in cui un documento digitale è organizzato in termini di flusso di bit (bitstream) ha un ruolo analogo a quello del supporto nei documenti tradizionali: i bitstream che sono necessari per riprodurre un documento digitale e che richie­ dono misure specifiche di conservazione sono definiti “componenti digitali”. Il concetto di componente digitale è stato elaborato dal progetto InterPARES come conseguenza del fatto che non è letteralmente possibile conservare un documento digitale come un documento analogico18. Un documento digitale è infatti un oggetto che viene mostrato su un monitor quando richiesto da un intervento di una persona fisica o di un sistema, ma non può essere immagazzi­ nato nella forma in cui viene visualizzato o usato, a meno che non lo si trasformi in forma analogica, nel qual caso non sarebbe più un documento digitale. Il do­ cumento digitale viene immagazzinato come uno o più flussi di bit che devono essere elaborati dal computer per essere visibili o per essere usati di nuovo come un’unità. Perciò il progetto InterPARES ha concluso che la conservazione di un documento digitale consiste nella preservazione della capacità di riprodurlo. Un sistema che conserva documenti digitali deve essere in grado di identificare e localizzare tutte le componenti digitali di ciascun documento e applicare il software appropriato a ciascuna componente per riprodurre il documento ar­ chivistico. Una componente digitale può contenere un documento intero o parte di un documento o molti documenti con i relativi metadati (cioè dati informativi sul documento che permettono di identificarlo e gestirlo). Per esempio, un’e-mail che contiene un messaggio in forma di testo, una foto e una firma digitale ha almeno quattro componenti digitali: l’intestazione, che permette al sistema di dirigere e gestire il messaggio, il testo del messaggio, la foto, e la firma. Al con­ trario, un rapporto con quattro allegati testuali può essere composto di una sola27 28

27. Vedi L. Duranti, H. Macneil, The Preservati/)» oj thè Integrity ofElectronic Records. An OverView ofthè UBC-mas Research Project, in “Archivaria”, 42,1997, pp. 46-67, http://journals. sfu.ca/archivar/index.php/archivaria/article/view/12.153/13158. 28. Il progetto InterPARES (International Research on Permanent Authentic Records in Electronic Systems) è un progetto di ricerca interdisciplinare e internazionale che ha coinvolto nel corso degli anni più di venticinque paesi in cinque continenti. Il suo scopo è sviluppare teoria e metodi per la conservazione a lungo termine di documenti digitali autentici. Il progetto si è sviluppato in tre fasi. Per ulteriori dettagli vedi www.interpares.org.

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I. IL DOCUMENTO ARCHIVISTICO

componente digitale (un file pdf), o di cinque componenti digitali (un file di word processing che contiene il testo del rapporto e quattro altri file in formati differenti per gli allegati), o di due (il testo del rapporto e un file PDF relativo agli allegati). Altre varianti sono naturalmente possibili. Il progetto InterPARES ha anche rilevato che la relazione tra un documento digitale e un file può essere di uno a uno, di uno a molti, di molti a uno o di molti a molti; quindi, in un contesto digitale, non bisogna mai usare i termini “docu­ mento archivistico” e “file” come sinonimi. Inoltre, la stessa presentazione (o forma) documentaria di un documento archivistico può essere il risultato di una varietà di presentazioni digitali e, viceversa, da una presentazione digitale è pos­ sibile produrre una varietà di presentazioni documentarie. Il fatto quindi che un documento abbia una “forma fìssa” non implica che i suoi bitstream rimangano intatti nel tempo. Ritorneremo su questo punto nel contesto della discussione sulla forma dei documenti digitali. E, infine, possibile cambiare il modo in cui un documento archivistico è contenuto in un file senza cambiare il documento archivistico, con la conseguenza che il nome della forma documentaria di un documento archivistico (come lettera, rapporto, tavola, lista) non indica neces­ sariamente l’oggetto digitale ma solo il modo in cui si manifesta sul monitor. Con i documenti archivistici digitali, un concetto chiave da considerare è quello di “attributi”, ovvero le proprietà che, considerate nel loro insieme, iden­ tificano un certo documento o un suo elemento. Secondo le indicazioni della diplomatica un elemento è una parte costitutiva della forma documentaria di un documento e può essere estrinseco, quando fa parte del suo modo di presentarsi e ha per scopo la sua perfezione, come nel caso del sigillo, o intrinseco, allorché è parte della sua articolazione logica, come nel caso delle indicazioni di salu­ to. Un attributo (tra cui il nome dell’autore o del destinatario, la data, il nome dell’atto, o il vincolo archivistico in forma di codice di classificazione) può ma­ nifestarsi come uno o più elementi di forma. Per esempio, il nome dell’autore di un documento è un attributo che può essere espresso come intestazione o superscrizione o come sottoscrizione o firma, tutti elementi intrinseci di forma, cioè elementi del documento archivistico. Invece di essere visibile sul documento, un attributo, nei documenti analogici, può essere implicito, come il nome dell’ente produttore (che si deduce dal fatto che un documento si trovi nel suo archivio) o del supporto (che è visibile), ma nei documenti digitali tutti gli attributi de­ vono essere espliciti, anche se espressi esternamente alla forma documentaria. Normalmente non sono visibili a chi usa il documento perché prendono la for­ ma di metadati, dati informativi che sono inclusi o in un profilo o in un altro oggetto digitale connesso al documento, o nella documentazione del sistema o dell’applicazione in cui il documento viene prodotto. La differenza più importante tra un documento analogico e un documento digitale è che il documento analogico, essendo inestricabilmente connesso al

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suo supporto, ha forma fìssa e contenuto stabile. Invece, nel mondo digitale è possibile produrre un oggetto che, in apparenza, è un documento, ma non è me­ morizzato in modo permanente su un supporto identificato. Sistemi interattivi e dinamici possono manifestare o presentare informazioni che sembrano essere di natura documentaria senza contenere alcunché di esattamente corrisponden­ te a ciò che osserviamo. In teoria, non ci sono restrizioni al numero di forme documentarie o alla quantità di contenuto che un oggetto digitale può manife­ stare, ma, in quanto documento, deve essere un oggetto circoscritto: deve essere possibile determinare quali informazioni contiene o non contiene, specificare quale forma ha, e mostrare come il contenuto di tale forma costituisca con essa un insieme indivisibile. È molto importante riconoscere la differenza tra la forma in cui un docu­ mento digitale si manifesta a un utente e la forma in cui esso è digitalmente immagazzinato. Questa differenza è fondamentale per due motivi: distingue il documento digitale da quello analogico e rende necessario descrivere con pre­ cisione il documento e determinare se continua a esistere come tale attraverso i cambiamenti del modo in cui esso è memorizzato sul supporto digitale. Senza questa distinzione fondamentale non potremmo per esempio affermare che un documento mantiene la sua identità anche quando viene trasferito da un disco magnetico a uno ottico, o quando viene tradotto da un formato di word proces­ sing a HTML per essere pubblicato su un sito web. Per esempio, un documento che ha l’apparenza di una narrazione testuale può essere codificato in caratteri, come in un formato di word processing, o come un’immagine, ma né il valore numerico dei byte che corrispondono ai caratteri stampabili né i bit che sono proiettati come pixel in un’immagine hanno la stessa forma estrinseca del do­ cumento restituito a fini di visualizzazione. Queste differenze vanno estese ad altri aspetti formali, come l’organizzazione in paragrafi e la stesura della pagina. Anche il contenuto del documento codificato digitalmente è diverso da quello del documento predisposto per la visualizzazione perché include dati che indicano come il documento deve apparire, per esempio dove le righe si interrompono o dove va usato il corsivo. Esempi più complessi riguardano le specifiche necessarie per estrarre dati da tavole diverse in una banca dati, com­ binandoli con dati non variabili e presentandoli come una pagina. Ci sono mol­ ti elementi del contenuto delle componenti digitali di un documento che non sono visibili a chi legge. Se il documento visualizzato è adeguato a comunica­ re l’informazione voluta dal suo autore, gli elementi invisibili o impercettibili possono essere necessari a manifestare il documento, ma non si può dire che facciano parte del documento stesso. È utile distinguere tre tipi differenti di dati con cui un documento è digitalmente codificato: dati di contenuto, che costituiscono il contenuto del documento, dati di forma, che abilitano il sistema a riprodurre il documento nella forma documentaria corretta, e dati di compo­

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1. IL DOCUMENTO ARCHIVISTICO

sizione, che dicono al sistema quali dati di contenuto e di forma appartengono a quale documento. I dati di forma e di composizione determinano la struttura di un documento digitale, ma non sono equivalenti a tale struttura. I dati di forma impongono l’organizzazione visibile del contenuto di un documento, mentre i dati di composizione comunicano al sistema quali oggetti al suo interno devono essere correlati tra di loro per costituire il documento e li connettono ai vari elementi di struttura definiti dai dati di forma. I tre tipi di dati - contenuto, forma, composizione - possono essere trasmessi da una singola componente digitale o separati in componenti diverse. Ulteriori dettagli circa il modo in cui un documento predisposto per la visualizzazione può essere contenuto in un sistema digitale possono essere studiati in relazione a tipi specifici di documenti e sistemi. Ciò che è importante in questo contesto è capire che un documento digitale comprende fisicamente molto più di ciò che è visibile all’occhio umano e che la sua gestione nel tempo deve occuparsi di tutte le sue componenti digi­ tali e delle loro relazioni. Tornando ai requisiti imprescindibili di forma fìssa e contenuto stabile che caratterizzano ogni documento e devono perciò essere rispettati anche nei do­ cumenti digitali, si può riflettere sul fatto che tali requisiti non sono assoluti. Documenti analogici che hanno sofferto la perdita o la corruzione di elementi di forma o di contenuto a causa di fattori ambientali, del passare del tempo o del modo in cui sono stati trattati rimangono documenti se la perdita o corruzione non ha compromesso la loro natura. Queste alterazioni vanno considerate caso per caso. Per i documenti digitali in genere, il requisito di forma fissa non significa che la forma deve essere invariata, sempre identica a sé stessa. L’autore potrebbe usare intenzionalmente possibilità di variazioni offerte dalla tecnologia. In tali casi la forma è fissa nel senso che il disegno dei documenti permette solo certi tipi di variazioni. Per esempio, un documento potrebbe essere composto di dati statistici che possono essere visti come una lista, una tavola, o un grafico. Sia la tecnologia usata per visualizzare i documenti digitali in ciascuna loro occorrenza che le scelte diverse fatte dagli utenti che li leggono possono causare variazioni nella forma o nel contenuto visibili sul monitor anche quando non c’è variazione nei dati di­ gitali usati per generare il documento nella forma destinata alla visualizzazione. Per esempio, un inventario archivistico in forma digitale non è mai visibile nelle sua interezza, ma l’utente può avere accesso a quella parte di contenuto che risulta dalla sua ricerca o query. Ogni utente che pone al sistema lo stesso quesito deve ottenere lo stesso risultato. In questo caso il documento è l’inventario immagaz­ zinato nel sistema, non le sue parti visibili sul monitor. Tutto questo significa che le componenti digitali stesse possono costituire un documento o una serie di documenti. Le componenti digitali e il documento riprodotto da queste componenti possono essere documenti correlati ma distin­ ti: il documento immagazzinato e il documento manifesto predisposto per la

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I. IL DOCUMENTO ARCHIVISTICO

visualizzazione, che è la manifestazione del primo in una forma comprensibile ad una persona o a un altro sistema. Il documento immagazzinato non include solo i dati che permettono di riprodurre il documento visualizzato (dati di con­ tenuto, di forma e di composizione), ma anche le regole per processare tali dati, tra cui le regole che abilitano variazioni di contenuto o forma nel documen­ to stesso. Un altro motivo per differenziare il documento immagazzinato da quello da visualizzare è che una o più delle componenti digitali di quest’ultimo possono essere usate anche nel riprodurre altri documenti. Quindi, se l’oggetto immagazzinato è usato per riprodurre più di un documento da visualizzare, non può essere l’equivalente di nessuno di quei documenti. Inoltre, se una compo­ nente digitale in un gruppo usato per riprodurre un simile documento è usata nel generare documenti multipli indipendentemente dagli altri del gruppo, tale componente deve essa stessa essere considerata un documento. Benché questo possa sembrare strano, non è senza precedenti nel mondo analogico: basti pen­ sare ai formulari e alle imbreviaturae notarili. Certamente l’identificazione del documento tra gli oggetti che esistono in un sistema digitale è l’attività che presenta le difficoltà maggiori, essendo basa­ ta, come si è visto, sulla capacità di determinare l’esistenza di un supporto a cui l’oggetto è affìsso, la persistenza della sua forma e la stabilità del suo contenuto. Inoltre, l’esistenza di documenti destinati alla visualizzazione e immagazzina­ ti in modo reciprocamente correlato e funzionale all’esistenza e riproduzione dell’uno e dell’altro, ma non necessariamente corrispondenti perfettamente l’uno all’altro, rende ancora maggiore la difficoltà di tale identificazione. Tut­ tavia, una volta che l’identificazione sia avvenuta, non è poi difficile riconosce­ re tra i documenti digitali quelli che hanno natura archivistica. Come i docu­ menti archivistici analogici, il documento archivistico digitale è identificabile sulla base del vincolo archivistico, che in quest’ultimo deve essere reso espli­ cito attraverso un codice di classificazione o altri metadati che chiaramente lo collochino tra i documenti archivistici che partecipano alla stessa attività, che risultano dalla stessa funzione, e che risalgono allo stesso produttore, alla persona cioè giuridicamente responsabile per il sistema o applicazione o spazio digitale in cui tali documenti archivistici esistono. Perciò le componenti essen­ ziali dei documenti archivistici digitali sono le stesse dei documenti analogici già indicate nei paragrafi precedenti19. Molti studiosi di archivistica scrivono

che la realtà dei sistemi digitali dinamici e virtuali e l’uso dei “social media” nel condurre attività molteplici, spesso di natura amministrativa o di impresa, stanno cambiando drasticamente la natura dei documenti archivistici e perfino l’idea di provenienza e i principi ad essa connessi. Chi scrive non condivide questa posizione. Come dimostrato dalla ricerca sui sistemi digitali più avan­ zati, il loro uso e i loro prodotti, la robustezza della definizione di documento archivistico fornita dai padri della nostra disciplina e la forza concettuale dei principi derivati da tale definizione sono tali da poter facilmente accogliere e dar conto di tutte le manifestazioni documentarie dei nostri tempi e probabil­ mente dei tempi ancora a venire.

19. Come indicato nel progetto InterPARES, in aggiunta alle persone necessarie all’esisten­ za di ogni documento archivistico, cioè il produttore, l’autore, lo scrittore e il destinatario, nei documenti archivistici digitali, appare necessario identificare anche originator, cioè la persona a cui appartiene lo spazio digitale in cui il documento è prodotto: InterPARES, l’Authenticity task force report del Progetto InterPARES (traduzione a cura di M. Grossi), in “Archivi & Computer”, xil, 1002, 2, pp. 8-32.

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L’archivio in formazione di Monica. Grossi

Where is thè wisdom we have lost in knowledge ? Where is thè knowledge we have lost in information? T. S. Eliot, The Rock (1934)

2.1 La produzione di archivi: un bisogno di organizzazione L’archivio è il complesso dei documenti prodotti e acquisiti da un soggetto nell’esercizio delle sue attività. La definizione scelta è volutamente generi­ ca e scarna, poiché nasce dal bisogno di individuare confini ampi, capaci di ricomprendere qualunque tipologia di archivio, comunque formatasi, senza tuttavia ignorare quegli elementi quali l’ordine interno, la fisionomia del suo soggetto produttore, la rilevanza giuridica dell’archivio e le sue modalità di sedimentazione che sono stati analizzati e, di volta in volta, sottolineati dalla letteratura archivistica con l’intento di elaborare una definizione di archi­ vio scientificamente coerente, genericamente applicabile e sufficientemente condivisa dalla comunità di riferimento1. Quello che qui preme sottolineare, come elemento distintivo di qualunque archivio, è la sua natura organica, il suo essere costituito da più oggetti (i documenti) legati tra loro da relazioni complesse (espresse nel vincolo archivistico che lega le singole parti al tutto) e fondamentali per la piena comprensione di questo bene culturale vulnerabile e multiforme, crocevia di interessi pratici, giuridici e storici di una comunità eterogenea e diacronica. L’archivio è [...] una tecnologia della memoria [...] risposta all’emergere di esigenze pratiche di gestione, controllo amministrativo e attestazione giuridica che solo tecni­ che di registrazione e comunicazione formalizzata delle informazioni e di loro conser­ vazione organizzata nel corso del tempo rendono praticabili12.

1. Si veda in proposito quanto scrive Luciana Duranti nel CAP. 1. 2. L. Giuva, S. Vitali, I. Zanni Rosiello, Il potere degli archivi. Usi del passato e difesa dei diritti nella società contemporanea, Bruno Mondadori, Milano 2007, p. 106.

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Da questa definizione di Stefano Vitali emergono gli aspetti più significativi dell’archivio: l’esigenza pratica da cui esso nasce, la natura amministrativo-ge­ stionale e giuridica di tale esigenza e, soprattutto, il ricorso a tecniche di for­ malizzazione e di organizzazione che sono implicite nella sua stessa natura. La formazione di un archivio, dunque, è direttamente collegata alla necessità dei soggetti di conservare memoria della propria attività in modo stabile e affidabi­ le. Il contesto di produzione e le scelte operate nell’organizzazione dell’archivio durante la fase della sua formazione incidono profondamente sulla qualità, sul­ la sopravvivenza e sull’affidabilità delle fonti archivistiche nel tempo e quindi sulla possibilità che soggetti terzi possano attingere alle informazioni in esse contenute. In sostanza, come sinteticamente ricordava Leopoldo Sandri, «le fonti documentarie per la storia nascono e si difendono nell’archivio in forma­ zione»5. Alle precedenti considerazioni se ne aggiunga un’altra legata alle più recenti modalità di produzione dei documenti: le organizzazioni pubbliche e private hanno progressivamente introdotto nel proprio contesto di lavoro documenti generati con strumenti digitali, che si sono giustapposti - piuttosto che inte­ grarsi - ai documenti prodotti su supporto tradizionale {documenti analogi­ ci, secondo la terminologia recente), trattandoli con sistemi informatici più o meno capaci di assicurare il controllo sull’intero ciclo di gestione. L’inno­ vazione tecnologica ha sensibilmente modificato, dal punto di vista culturale e - naturalmente - amministrativo, normativo e tecnologico, sia il rapporto concettuale tra supporto e testo del documento, sia quello tra la sua forma e il suo contenuto (non più indissolubilmente connessi e non più destinati alle medesime scelte di conservazione), come pure la relazione tra il documento, il suo autore e i processi di formazione, gestione e conservazione degli archivi34.

3. L. Sandri, L’archivistica, in “Rassegna degli Archivi di Stato”, 1967, xxvii, 2-3, pp. 41126, ora in Antologia di scritti archivistici, a cura di R. Giuffrida, Ministero per i Beni culturali e ambientali - Ufficio centrale per i beni archivistici, Roma 1985 (Pubblicazioni degli Archivi di Stato. Saggi, 3), pp. 9-25: p. 11. Utile ricordare in questa sede i concetti interconnessi di memoriaautodocwnentazione e di memoria-fonte elaborati da Isabella Zanni Rosiello per distinguere le due valenze, ugualmente rilevanti e complementari, degli archivi: da una parte quella legata al processo di produzione, che avviene sempre per soddisfare la necessità di mantenere traccia delle proprie azioni e memoria di come queste siano connesse ad altre azioni e ai relativi documenti (memoria-autodocumentazione); dall’altra, il successivo uso della memoria documentaria, con finalità di studio e ricostruzione degli eventi del passato (memoria-fonte), che risente sempre del processo di scelta della documentazione da affidare alla conservazione permanente, operato dal soggetto produttore o da altri soggetti interessati, al fine di rappresentare all’esterno la propria immagine: I. Zanni Rosiello, Archivi e memoria storica, il Mulino, Bologna 1987. 4. Per l’illustrazione puntuale dei temi relativi al documento digitale si rimanda nuova­ mente al CAP. 1.

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Il passaggio al digitale garantisce indubbiamente una più ampia e veloce diffu­ sione attraverso sistemi distribuiti dei contenuti informativi, ma espone anche i documenti al rischio di corruttele da parte di terzi; permette di reperire ve­ locemente le informazioni, ma rende necessario esplicitare formalmente tutti i legami esistenti tra i documenti di un medesimo complesso archivistico e tra questi e i loro responsabili, per evitare la perdita di informazioni importanti ai fini della ricostruzione del contesto di provenienza; e, infine, velocizza la pro­ duzione di un documento, ma ne compromette la sopravvivenza qualora non si provveda a definire, fin dal momento della sua nascita, il tempo di tenuta e le relative strategie di conservazione. Mantenendo dunque una specifica attenzione alle nuove forme documen­ tarie e a ciò che accade all’incrocio tra norma, tecnologia, mercato e sentire sociale, esamineremo in primo luogo i requisiti per una corretta formazione dell’archivio sottolineando una caratteristica tipica del periodo attuale, vale a dire l’esistenza di sistemi documentari ibridi, costituiti da documenti cartacei e digitali, di norma gestiti con strumenti informatici. Tenteremo anche di af­ frontare i quesiti più delicati e sfuggenti del perché e del come si formano gli archivi, quali elementi di riflessione scaturiscano dall’osservazione del processo di tradizione degli archivi del passato e come il bisogno di trasparenza dell’azio­ ne amministrativa nei confronti della collettività presente e, ancora, quello di conservazione degli archivi come testimonianza da trasmettere alla collettività futura siano fortemente influenzati dalle scelte di coloro che operano all’inter­ no degli archivi in formazione. Convenzionalmente la teoria archivistica italiana distingue tre archivi o, me­ glio, tre fasi nel ciclo di vita dell’archivio: l’archivio corrente, costituito dalle pratiche relative ad affari in corso di trattazione; l’archivio di deposito, in cui si conserva ciò che non è più necessario alle esigenze quotidiane dell’ente, ma che comunque continua ad esplicare le proprie valenze giuridiche e amministrative, e che viene periodicamente sottoposto a un’attività di manutenzione al fine di individuare mediante un processo di selezione ciò che può essere avviato a di­ struzione (tramite scarto) e ciò che sarà successivamente oggetto di versamento nell’archivio storico; e l’archivio storico, costituito dall’insieme delle pratiche concluse da tempo (in Italia, di norma, da più di quarant’anni) e destinate alla conservazione permanente5. Oggetto di questo capitolo è l’analisi delle attività che avvengono nella prima fase: quella che è il frutto della volontà di un determinato soggetto (individuo

5. Per una lettura organica dei temi di carattere generale dell’archivistica, arricchita da ampi riferimenti bibliografici, si veda P. Carucci, M. Guercio, Manuale di archivistica, Carocci, Roma 2008.

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° gruPP°’ privato o pubblico) di generare un insieme strutturato di documen­ ti, prodotti e acquisiti nell’esercizio della propria attività (di qualunque genere essa sia), e che in ambito anglosassone costituisce, insieme alla successiva fase di gestione dell’archivio di deposito, parte del processo di records management. E bene tenere presente che la capacità di rappresentazione della realtà attra­ verso l’archivio è direttamente collegata a due fattori: la volontà del produttore di trasmettere certe informazioni e la capacità maggiore o minore di strutturare l’archivio in modo che il documento sia accolto all’interno del suo contesto di produzione e collegato alle altre parti che partecipano del medesimo processo (cosa che permette la piena comprensione della realtà rappresentata, seppure sempre mediata dall’occhio e dalla volontà di chi l’ha prodotta). Il vero valore informativo di un archivio, il valore aggiunto rispetto a quello rappresentato dal contenuto dei singoli documenti, sta non tanto negli oggetti, ma nelle relazioni che legano gli oggetti tra di loro: questa dimensione relazio­ nale deve essere esplicitata e salvaguardata con la massima cura perché ad essa è collegata la capacità presente e futura di percepire la valenza del documento stesso e il suo significato all’interno del processo più ampio cui esso partecipa. La piena percezione della realtà si ottiene infatti non attraverso la somma delle singole istanze, ma dalla visione complessiva e d’insieme, che permette di co­ gliere le correlazioni e i rapporti di causa-effetto tra gli oggetti documentali, e tra questi ultimi e i soggetti che li hanno prodotti, usati, conservati o distrutti.

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tendenza, la produzione e la gestione dei documenti negli archivi correnti e di deposito è di fatto rimasta a lungo appannaggio esclusivo dei soggetti produt­ tori, anche nel caso di amministrazioni - pubbliche e private - complesse e con una forte rilevanza sociale, ed è stata spesso affidata a figure prive di adegua­ ta consapevolezza del ruolo ricoperto e di specifica formazione professionale. Per contro, gli addetti a tali attività non sono stati adeguatamente riconosciuti come portatori idonei di una funzione correttamente individuata né si è svilup­ pata una teoria a sostegno del ruolo politico e sociale adempiuto dalla gestione degli archivi in formazione, attività comunemente avvertita come supporto alla funzione istituzionale dell’ente produttore con meri fini strumentali al perse­ guimento dei propri obiettivi amministrativi e, per questo motivo, scarsamente tenuta in considerazione una volta soddisfatto tale bisogno primario. Ancora oggi, purtroppo, l’intervento dello Stato, previsto dalla normativa di tutela e riconosciuto dalle disposizioni sulla gestione informatica dei documenti, dif­ ficilmente riesce a garantire sul nascere l’adozione di corrette procedure archi­ vistiche, e spesso è limitato alla sola partecipazione al processo decisionale con cui si dispone la destinazione finale dei documenti non più necessari ai bisogni ordinari del servizio7. Diverso il percorso nei paesi anglosassoni, in cui la gestione degli archivi

6. Fin dal 1894 la commissione incaricata dello studio degli archivi correnti dei ministeri italiani e «di proporre un metodo di registrazione e di archiviazione delle carte dei dicasteri centrali» (la cosiddetta Commissione De Paoli) sottolineò l’importanza della classificazione nella tenuta dell’archivio corrente, valutando anche la possibilità di adottare un titolano di clas­ sificazione unico, ma l’ambizioso tentativo venne abbandonato per timore che rallentasse ecces­ sivamente i lavori (la citazione è tratta dal decreto istitutivo emanato dal ministero dell’interno il 3 ottobre 1894; l’attività della commissione portò nel 1900 - con il regio decreto n. 35 - alla

Approvazione del regolamento per gli uffici di registratura e archivio delle Amministrazioni centra­ li}-, ebbe maggior fortuna l’iniziativa del ministero dell’interno che nel 1897 elaborò un titolano unico per i comuni italiani, applicato pressoché ovunque negli anni successivi; anche le numero­ se riforme avviate tra gli anni venti e cinquanta del Novecento si dedicarono al tema, sempre con scarsi risultati: cfr. M. Grossi, Luoghi e metodi per la gestione degli archivi dellAmministrazione del Regno d’Italia (1875-1908), in “Archivi per la storia”, 2003, 2, pp. 171-98. 7. L’intervento dello Stato sugli archivi correnti e di deposito si esplica mediante le com­ missioni di sorveglianza e le Soprintendenze archivistiche. Le commissioni di sorveglianza sono organi compositi (costituiti da un rappresentante dell’amministrazione archivistica, un rappresentante dei ministero dell’interno e dal responsabile dell’ufficio presso cui si insedia la commissione, con compiti di presidente, coadiuvati da un segretario), regolamentati dal D.Lgs. 42/2004, art. 41 e dal D.P.R. 37/2001: operano in tutti gli uffici statali, fino a livello provin­ ciale, con compiti di indirizzo sulla produzione e la tenuta degli archivi correnti e di deposito e sullo scarto periodico della documentazione. Il ruolo di indirizzo svolto dalle commissioni di sorveglianza, molto più ampio di quello meramente funzionale a realizzare lo scarto d’archivio, risale al 1963 e ha richiesto molto tempo per affermarsi nel sentire comune degli archivisti e, probabilmente, ne richiede ancora per essere pienamente percepito dalle amministrazioni stata­ li. Gli enti pubblici non statali svolgono le medesime attività.con l’intervento delle diciannove Soprintendenze archivistiche, organi periferici del ministero per i Beni e le Attività culturali con sede in tutti i capoluoghi regionali, fatta eccezione per la Soprintendenza archivistica per il Pie­ monte e la Valle d’Aosta con sede a Torino. Gli articoli 67-69 del D.P.R. 445/2000 (Testo unico sulla documentazione amministrativa) ribadiscono l’obbligo per le amministrazioni pubbliche di operare sulla propria documentazione nel rispetto della vigente normativa di tutela dei beni culturali.

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2.2 La formazione e la gestione dell’archivio nei sistemi amministrativi complessi In passato gli archivisti, per ragioni culturali ma, soprattutto, per la difficoltà di interagire efficacemente con le amministrazioni durante la fase di produzio­ ne e di prima organizzazione dell’archivio, anche a causa dell’assenza di una normativa che prevedesse adeguate sanzioni per i soggetti inadempienti, han­ no privilegiato la cura degli archivi storici, dedicandosi prevalentemente alla conservazione e alla valorizzazione delle fonti del passato6. Per effetto di questa

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correnti e di deposito (records management) si è affermata da anni come at­ tività distinta dall’organizzazione e dal mantenimento degli archivi storici (archives), e dove dalla fine degli anni novanta la comunità archivistica si è impegnata a ricondurre nella percezione comune le due attività a una mede­ sima radice8. Una delle principali emergenze archivistiche del nostro paese, oggi, è re­ cuperare il valore che la corretta gestione dell’archivio in formazione assume, nell’ottica dell’ottimizzazione delle risorse economiche e umane (l’azione am­ ministrativa costa meno se si può fare affidamento su un patrimonio di cono­ scenze pregresse disponibili e facilmente accessibili), della tutela dei diritti delle persone, della trasparenza dell’azione amministrativa, e della conservazione di lungo termine dell’archivio stesso. «L’organizzazione di un archivio corrente, prima ancora di costituire una questione di carattere tecnico, è una questione di natura politica e di cultura amministrativa», ricorda Paola Catucci9, e creare nelle amministrazioni una corretta percezione del ruolo dei professionisti che si occupano dell’archivio corrente e di deposito è un obiettivo strategico per la conservazione di lungo termine delle memorie documentarie del presente, tanto quanto lo è definire i requisiti funzionali per un idoneo sistema di gestione dei flussi documenta­ li, soprattutto alla luce della normativa di settore che prevede una figura pro­ fessionale specifica, dotata di adeguata preparazione tecnico-scientifica, alla guida del servizio per la gestione informatica del protocollo, dei flussi docu­

mentali e degli archivi nelle amministrazioni pubbliche10. Se correttamente in­ teso in tutta la sua ampiezza, il ruolo dell’archivista nella fase di formazione dell’archivio si estende fino ad assumere quello di terza partefidata, capace di manifestare, di rappresentare con la necessaria trasparenza l’operato delle am­ ministrazioni, e di coniugare le esigenze interne con quelle degli interlocuto­ ri esterni in un processo di costruzione e gestione democratica della memoria pubblica. Professionalità aggiornate e consapevoli del proprio ruolo istituzionale, re­ gole esplicite, attività definite e strumenti efficaci sono elementi fondamentali e ugualmente necessari per realizzare un sistema di gestione documentale affida­ bile, portatore di innegabili vantaggi, quali: - il reperimento e il riuso di informazioni relative ad attività svolte in prece­ denza daH’amministrazione; - il trattamento della documentazione in accordo con la normativa di settore e con altre norme correlate (ad es. la normativa sull’accesso, sulla trasparenza dell’azione amministrativa, sul rispetto della riservatezza dei dati personali); - il corretto impiego delle risorse disponibili finalizzato al perseguimento del migliore risultato possibile nell’azione amministrativa (il recupero veloce delle informazioni garantisce risparmio di tempo; lo scarto di documentazione non più occorrente ai bisogni del servizio garantisce risparmio di spazio, sia nei lo­ cali di deposito sia nei sistemi informativi). Al contrario, un sistema di gestione documentale non appropriato: - comporta il rischio di prendere decisioni inadeguate a causa dell’acquisizio­ ne di informazioni incomplete; - genera perdite economiche dovute al fatto di non disporre di prove docu­ mentali affidabili; - può provocare un danno di immagine dell’amministrazione per incapacità di applicare adeguatamente i dettami della norma e soddisfare i bisogni dei cit­ tadini; - rende incapaci di gestire le informazioni riservate con il livello di sicurezza necessario; - non permette la salvaguardia delle informazioni vitali per il mantenimento delle attività fondamentali dell’amministrazione;

8. Nello statunitense Code of Federai Regulations (cfr), title 36, paia 12.2.0.18, il records management è definito come «thè planning, controlling, directing, organizing, training, promoting, and other managerial activities involved with respect to records creation, records maintenance and use, and records disposition in order to achieve adequate and proper documentation of thè policies and transactions of thè Federai Government and effettive and economical management of agency operations» (www.ecfr.gov). Nella definizione proposta dagli Archivi nazionali britannici: «records management is about controlling records within a comprehensive regime made up of policies, procedures, Systems, processes and behavioursl Together they ensure that reliable evidence of actions and decisions is kept and remains available far referente and use when needed, and that thè organisation benefits from effective management ofone ofits key assets, its records» (www.nationalarchives.gov.uk/informationmanagement/projects-and-work/implementation-guides.htm). Negli ultimi anni, tuttavia, il processo di costruzione di regole condivise tra archivisti e records managers ha subito un rallentamento per ragioni che sarebbe opportuno approfondire in una più ampia riflessione sul rapporto tra figure e competenze professionali contigue nel mondo archivistico nazionale e internazionale. 9. P. Carucci, Le norme sulla trasparenza del procedimento amministrativo nel quadro dell’archivistica contemporanea, in Gestione dei documenti e trasparenza amministrativa. Atti del convegno intemazionale. Fermo, 6-8 settembre 1993, a cura di O. Bucci, Università di Macerata, Macerata 1994, pp. 63-78; la citazione è tratta dalle pp. 66-7.

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10. D.P.R. 445/2000, art. 61: «1. Ciascuna amministrazione istituisce un Servizio per la tenuta del protocollo informatico, della gestione dei flussi documentali e degli archivi in ciascu­ na delle grandi aree organizzative omogenee individuate ai sensi dell’articolo 50. Il Servizio è posto alle dirette dipendenze della stessa area organizzativa omogenea. 2. Al Servizio è preposto un dirigente ovvero un funzionario, comunque in possesso di idonei requisiti professionali o di professionalità tecnico archivistica acquisita a seguito di processi di formazione definiti secondo le procedure prescritte dalla disciplina vigente».

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- costituisce un considerevole spreco di risorse economiche, in quanto i docu­ menti sono conservati più a lungo di quanto necessario; - comporta uno spreco di risorse umane, poiché il personale sarà costretto a occuparsi di problemi già definiti in passato, senza poter ricorrere al patrimonio di conoscenze deU’amministrazione". In ambito internazionale, il processo di definizione di linee guida per il re­ cords management è andato di pari passo con l’introduzione di sistemi informa­ tici per la gestione documentale: dall’esperienza australiana nasce nel zooi lo standard ISO 15489-1:1001, Information and Documentation - Records Mana­ gement. Parti: General e il relativo technical report iso/tr 15489-1:2001, Infor­ mation and Documentation - RecordsManagement. Part2: Guidelines'- mentre, nel contesto europeo, sempre nel 1001 il dlm Forum ha pubblicato il Model Requirementfor thè Management ofElectronic Records - MoReq, giunto oggi alla sua terza versione13, ma la ricerca di modelli per governare il cambiamento imposto dalle nuove tecnologie ha interessato i paesi occidentali almeno dai primi anni novanta14. In Italia, dal 1998, il legislatore ha introdotto nella normativa di settore (il D.P.R. 418/1998 poi integrato nel testo unico approvato con D.P.R. 445/1000) il concetto di sistema di gestione deiflussi documentali per indicare l’insieme di regole e strumenti che disciplinano la formazione e la tenuta dell’archivio nel-

n. Le opportunità di una corretta gestione documentale e i rischi che si corrono disatten­ dendo le buone prassi sono ben illustrate in una serie di piccole guide orientative pubblicate sul sito degli Archivi nazionali britannici: www.nationalarchives.gov.uk/information-management/projects-and-work/implementation-guides.htm. 12. Lo standard è stato tradotto in italiano: UNI ISO 15489-1: 2006, Informazione e documen­ tazione. Gestione dei documenti di archivio (record). Principi generali e uni iso/tr 15489-2:2007. 13. Per l’occasione l’acronimo è stato risolto in una nuova denominazione: Modular Requirementsfor Records Systems (www.dlmforum.eu). Per un’analisi del modello e della sua evo­ luzione si veda M. Guercio, Archivistica informatica, Carocci, Roma 2.010, pp. 100-44; Ead., MoReqi, MoReqz e MoReq 2010: raccomandazioni e prove tecniche di certificazione per la gestione informatica dei documenti, in “Archivi”, 2011,1, pp. 7-23. 14. Fin dal 1993 il Dipartimento della Difesa statunitense, raccogliendo l’esperienza teorica dell’università del British Columbia di Vancouver, ha avviato l’elaborazione del Design Crite­ rio Standardfor Electronic Records Management Software Application (DoD 5015.2), pubblicato nel 1997 e adottato anche dall’amministrazione archivistica statunitense (www.archives.gov/records-mgmt/initiatives/dod-standard-5015-z.html); l’Australia ha pubblicato nel 1996 la versio­ ne ufficiale àPKAustralian Standardfor Records Management AS 4390 e promosso la creazione di uno standard ISO sulla gestione dei documenti destinato a sostituire nel 2002 la stessa norma nazionale (as iso 15489, www.naa.gov.au/records-management/strategic-information/standards/ASISOstandards.aspx); sempre agli anni novanta risalgono gli studi ramp dell’uNESCO (www.unesco.org/archives/new2o1o/en/ramp_studies.html); si veda infine la sezione dedicata a standard e raccomandazioni dell’International Council on Archives - ica (www.ica.org).

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la sua fase corrente e di deposito. Questa attenzione all’organicità dell’insieme documentario (un sistema, appunto) e al flusso documentale visto nel suo dive­ nire dinamico, piuttosto che ai singoli oggetti che lo compongono, come pure la scelta del termine gestione (che presuppone la successione di una serie di attività), rappresentano le caratteristiche principali di un approccio innovativo: la visione di sistema, in primo luogo, determina una nuova valenza delle attività che si svol­ gono all’interno della funzione di gestione documentale e attribuisce a ciascuna fase/attività un ruolo che viene giocato in maniera integrata rispetto alle altre. Analizzeremo dunque come, all’interno di un sistema di gestione documen­ tale, le diverse attività compiute sui documenti ne garantiscano la completa usa­ bilità ma, prima di tutto, sottolineeremo la necessità che ciascuna organizzazione elabori delle regole per la gestione documentale e le definisca in un documento specifico: in Italia il dpcm 31 ottobre 2000 prevede che le amministrazioni pub­ bliche predispongano un manuale digestione, che descriva il sistema di gestione e conservazione dei documenti e fornisca le istruzioni per il funzionamento del servizio per la tenuta del protocollo informatico, per la gestione dei flussi docu­ mentali e degli archivi all’interno di ciascuna Area organizzativa omogenea’5. Il manuale ha la funzione di illustrare nel dettaglio le attività in cui si arti­ cola la gestione documentale e raccoglie, in allegato, gli strumenti archivistici adottati e i documenti utili a comprendere il contesto amministrativo di riferi­ mento: i piani di classificazione, di fascicolazione e di conservazione, l’organi­ gramma della struttura amministrativa, i moduli per il versamento della docu­ mentazione nell’archivio di deposito, i moduli per la richiesta di autorizzazione allo scarto. Così redatto, il manuale riveste una duplice valenza: da una parte rappre­ senta lo strumento attraverso il quale la politica archivistica dell’ente si traduce in attività pratiche di organizzazione e gestione, con riferimento alle procedure adottate e alle responsabilità definite, assicurando l’omogeneità dei comporta­ menti all’interno della struttura amministrativa di riferimento; e, contempo­ raneamente, costituisce testimonianza utile per ricostruire, anche a distanza di tempo, le condizioni in cui si è costituito l’archivio corrente e la volontà del soggetto produttore. Per inserire il documento nel sistema e renderne possibile il trattamento ar-

15. La definizione di Area organizzativa omogenea (aoo) come «un insieme di funzioni e di strutture che opera su tematiche omogenee e che presenta esigenze di gestione della documen­ tazione in modo unitario e coordinato» si trova nel medesimo dpcm 31 ottobre 2000 (Regole tecniche per il protocollo informatico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 ottobre 1998, n. 428). Mentre scriviamo sono in corso di approvazione le regole tecniche emanate ai sensi dell’art. 71 del Codice dell’amministrazione digitale che, peraltro, confermano e arricchiscono le disposizioni del decreto citato.

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chivistico, si procede alla sua identificazione e acquisizione-, mediante la cattura di alcuni elementi capaci di descriverlo, si definisce l’oggetto (cartaceo o digitale) e gli si attribuisce un identificativo univoco e progressivo in una data sequenza, che lo contraddistinguerà in tutte le fasi di vita all’interno del sistema stesso. L’identificazione può avvenire mediante la registrazione di protocollo, mediante forme di repertoriazione diverse previste - in alcuni casi dalla norma, in altri da una prassi amministrativa consolidata - per il trattamento di specifiche tipolo­ gie documentarie (ad esempio, le deliberazioni e le determinazioni, i contratti, la documentazione contabile) o, in ambito digitale, mediante la registrazione sequenziale di ciascun oggetto facente parte del sistema di gestione informatica dei documenti, con finalità di gestione e recupero dell’oggetto nel suo contesto16. L’identificazione del documento svolge funzioni diverse a seconda del tipo di registrazione adottato: in particolare, la registrazione di protocollo è esplicita­ mente prevista nella normativa italiana al fine di certificare in modo pienamen­ te attendibile (il registro di protocollo è un atto pubblico, valido fino a querela di falso) il momento in cui un determinato documento sia entrato a far parte del sistema documentario del soggetto produttore d’archivio ovvero sia stato da questo rilasciato all’esterno (mediante l’indicazione della data di registrazione in entrata o in uscita), collegandolo anche al suo produttore o destinatario e garantendo l’identificabilità e il recupero del documento nel tempo (mediante l’attribuzione del numero di protocollo). L’art. 53, c. 5 del D.P.R. 445/2000 rende obbligatoria la registrazione dei documenti ricevuti e spediti dall’ammi­ nistrazione e di tutti i documenti informatici, escludendo le gazzette ufficiali, i bollettini ufficiali e i notiziari della pubblica amministrazione, le note di rice­ zione delle circolari e altre disposizioni, i materiali statistici, gli atti preparatori interni, i giornali, le riviste, i libri, i materiali pubblicitari, gli inviti a manifesta­ zioni e tutti i documenti già soggetti a registrazione particolare17.

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RIQUADRO 2.1 Elementi descrittivi minimi di un documento oggetto di registrazione di protocollo (D.P.R. 445/2000, art. 53)

• • • • •

Numero di protocollo Data di registrazione (in entrata o in uscita) Mittente del documento (se in entrata) o destinatario (se in uscita) Oggetto (descrizione del contenuto) Impronta (se il documento è informatico e trasmesso per via telematica)

Contemporaneamente, si appone o si associa al documento una segnatura di protocollo- una stringa contenente le informazioni riguardanti il documento stesso e che consente di identificarlo in modo inequivocabile.

riquadro 2.2 Informazioni minime previste nella segnatura di protocollo (D.P.R. 445/zooo, art. 55)

• • •

Numero di protocollo Data di registrazione Identificazione sintetica deU’amministrazione o delI’AOO

E, se già disponibili: • Codice identificativo dell’ufficio assegnatario o che ha prodotto il documento • Indice di classificazione Ogni altra informazione utile o necessaria

16. Il vigente D.P.R. 445/2.000, art. 1, definisce il sistema di gestione informatica dei docu­ menti come «l’insieme delle risorse di calcolo, degli apparati, delle reti di comunicazione e delle procedure informatiche utilizzati dalle amministrazioni per la gestione dei documenti». Secon­ do lo standard uni-iso 15489 - RecordsManagement, «lo scopo principale della registrazione è di provare che il documento è stato prodotto o acquisito nel sistema documentale; inoltre, questa operazione ne facilita il recupero. Essa implica la memorizzazione di una breve descrizio­ ne del documento o dei metadati, e l’attribuzione al documento di un identificativo univoco. La registrazione formalizza l’acquisizione del documento all’interno del sistema documentale». 17. Si intende per registrazione particolare qualunque altra forma di registrazione o di re­ pertoriazione adottata per norma o per prassi dell’Area organizzativa omogenea e definita espli­ citamente nel manuale di gestione. Indubbiamente ancora utile - nonostante le evoluzioni della normativa di settore e l’avvento della gestione informatica dei flussi documentali - la consulta­ zione del volume di A. Romiti, Le principali sentenze sulprotocollo delle pubbliche amministra­ zioni. Casistica, commento e note sentenza per sentenza, Sai Editoriale, Viareggio 1995.

Successivamente, con l’attribuzione del documento al responsabile del suo trat­ tamento {assegnazione'), si collega l’oggetto documentale ad un soggetto che ne curerà la gestione in modo funzionale al perseguimento dell’attività cui il docu­ mento partecipa o si riferisce. Questo nesso tra documento e attività è sancito in modo definitivo con la classificazione: attraverso l’apposizione di un indice di classificazione si collega il documento stesso ad una delle voci logiche di cui si compone 'Apiano di classificazione o titolano adottato dall’organizzazione: il documento risulta, da quel momento in poi, associato all’uso che l’organiz­ zazione ne fa, a prescindere dal suo contenuto. La classificazione è un’attività strategica essenziale per la gestione dei documenti archivistici, soprattutto nel caso di organizzazioni molto strutturate, ed è usata per collegare il documento e il fascicolo all’attività amministrativa o all’affare cui essi si riferiscono: il suo ruolo non è solo quello di rendere il documento reperibile e correttamente ge­ stibile, ma anche di rendere esplicito il suo valore d’uso all’interno del sistema amministrativo che lo accoglie (o lo produce) e lo usa, e di accumulare i docu­

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menti in serie omogenee, composte da gruppi di documentazione che facciano riferimento al medesimo tipo di attività. L’obiettivo primario è costruire un sistema documentale che rifletta fedelmente - nel modo e nella sequenza con cui sono aggregati i documenti - come l’ente produttore ha operato, e che sia dunque rappresentazione della realtà amministrativa che lo ha generato. Attraverso la definizione di un piano di classificazione (e del relativo pia­ no di fascicolazione, di cui si dirà tra poco) si definiscono regole univoche e condivise da tutta l’organizzazione per gestire i documenti di qualunque tipo (analogici e digitali; documenti inviati e ricevuti a mano, per posta ordinaria, per posta elettronica - certificata e non -, via fax; documenti interni che non varcano mai le soglie dell’amministrazione e dunque spesso non sono protocol­ lati), con l’obiettivo di: - garantire che i responsabili delle diverse attività amministrative organizzino i propri documenti condividendo il medesimo criterio organizzativo e parteci­ pino alla costruzione di un archivio che sia percepito come patrimonio di cono­ scenza dell’intera amministrazione e non come proprietà di chi lo ha prodotto o usato; - assicurare il controllo sulla sopravvivenza della documentazione, sottraen­ dola al rischio che si corre quando essa è affidata alla discrezionalità di chi la gestisce materialmente; - garantire la gestione unitaria dell’archivio, anche nel caso in cui si adottino soluzioni di decentramento e distribuzione delle responsabilità sulla tenuta fisi­ ca della documentazione. Nonostante il suo ruolo fondamentale e il fatto che se ne trovi traccia nelle numerose iniziative di riforma dell’amministrazione italiana volte a migliorare l’efficienza degli uffici pubblici, la funzione organizzatrice della classificazione è stata poco valorizzata prima dell’avvento del documento digitale, e questo ha causato una tardiva condivisione della sua funzione, con esiti gravi sulla for­ mazione degli archivi contemporanei. Raffaele De Felice, il primo che abbia affrontato la dimensione teorica della classificazione dedicando ad essa uno stu­ dio monografico, adotta il termine classificazione sistematica di competenza per distinguere la classificazione d’archivio da altre forme di classificazione adottate da discipline diverse (in particolare la biblioteconomia, la documentazione e la scienza dell’informazione), e per eliminare le ambiguità che eventualmente si presentino nell’uso di un termine che, indubbiamente, assume accezioni diverse a seconda del contesto in cui lo si usa. Collegando la classificazione alla neces­ sità di rappresentare l’attività svolta da un determinato soggetto produttore, lo studioso sottolinea che chi si accinge a formulare un titolano di archivio [...] deve comprendere che stabilire un quadro di classificazione significa rendere soprattutto evidente, attraverso la sua lettu­

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2.

l’archivio in formazione

ra, i fini che l’ufficio è chiamato a raggiungere nell’applicazione di norme di leggi e di regolamenti che condizionano e guidano una determinata branca dell’azione ammini­ strativa, nonché i mezzi dei quali tale azione si avvale’8.

riquadro 2.3 Le attività di classificazione e fascicolazione nella direttiva del presidente del Consiglio dei ministri 2.8 ottobre 1999, Gestione informatica deiflussi documentali nelle pubbliche ammi­ nistrazioni

Principi base in materia di classificazione efascicolazione dei documenti La classificazione si presenta come uno schema generale di voci logiche, articolate in modo tendenzialmente gerarchico e stabilite in modo uniforme, che identificano le funzioni e le attività di ciascuna amministrazione. Tali voci non dovrebbero identificarsi con la struttura organizzativa in quanto quest'ultima può essere soggetta a trasformazioni. Tra le finalità perseguite dalla classificazione, vi sono: - la definizione dei criteri di formazione e di organizzazione dei fascicoli, dei dossier e delle serie di documenti tipologicamente simili (circolari, verbali, registri contabili ecc.); - il reperimento dei documenti in relazione all’insieme della produzione documentaria riferita ad una specifica attività o ad un procedimento amministrativo; - la realizzazione delle operazioni di selezione dei documenti archivistici ai fini della loro conservazione ovvero della loro distruzione. Nell’ambito di un’amministrazione o di Aree organizzative omogenee della medesima, il sistema di classificazione può prevedere, secondo modalità uniformi: - voci che corrispondono alle funzioni caratterizzanti l’area stessa (voci di primo li­ vello); - voci che identificano le attività per ciascuna funzione (voci di livello successivo); - collegamento con i tempi e le modalità di conservazione dei fascicoli ai sensi dell’art. 19, comma 1, del D.P.R. n. 428 del 1998; - eventuale riferimento alle modalità di accesso nel rispetto della tutela dei dati per­ sonali. I livelli finali così definiti costituiranno l’elemento logico di aggregazione di tut­ ti i documenti attinenti ad una medesima tipologia di attività, organizzati in fascicoli relativi a materie, procedimenti, singoli affari nei quali si esplica in concreto l’attività identificata.*

Negli ultimi venti anni gli studi di Mariella Guercio e di Giorgetta BonfìglioDosio, in particolare, e l’attività dell’amministrazione archivistica e della Scuola superiore della pubblica amministrazione hanno posto la classificazione al cen­ tro dello sviluppo di modelli di gestione documentale, soprattutto per quanto riguarda la gestione degli archivi ibridi e il recupero teorico del legame esistente

18. R. De Felice, L’archivio contemporaneo. Titolano e classificazione sistematica di competen­ za nei moderni archivi correnti e privati, Carocci, Roma 1988, p. 19.

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ARCHIVISTICA

2.

tra gli archivi formati e le nuove sfide poste dalla nascita dei sistemi informatici di gestione documentale1920 . L’attività di classificazione è strettamente connessa alla successiva ricondu­ zione del documento a un’aggregazione archivistica complessa, V unità archi­ vistica, che raccoglie tutti i documenti relativi ad una specifica, singola istanza di cui si compone una determinata attività (fascicolazione)-0. Nel caso dei do­ cumenti cartacei, la fascicolazione è un’attività logica che si traduce nell’inse­ rimento fisico del documento in un raccoglitore (carpetta, camicia}, mentre in ambito digitale si realizza nel collegamento del documento all’unità archivistica corrispondente; in entrambi i casi, tuttavia, l’attribuzione dei documenti al fa­ scicolo dovrà essere stabilmente conservata dal sistema di gestione documenta­ le quale elemento fondamentale per attestare in qualsiasi momento (nella fase corrente, di deposito o storica) quali documenti siano stati usati per portare a termine un determinato processo amministrativo e in che ordine siano stati prodotti o acquisiti dal responsabile del processo. Oltre ai fascicoli per affare o intestati al nome di un soggetto (individuo o ente), talvolta possono essere funzionali accorpamenti di documenti omogenei per tipologia (contratti, deliberazioni, fatture, circolari): in questo caso la docu-

RIQUADRO 2.4 Gli elementi descrittivi per la corretta gestione del fascicolo

19. Nell’ormai abbondante bibliografìa in materia si segnalano due saggi; il primo, per la sua precocità che non inficia la capacità di delineare temi divenuti, negli anni successivi, materia di dibattito e di elaborazione scientifica da parte dell’intera comunità archivistica, di M. Guercio, Gli archivisti italiani e la sfida dell’automazione. Archivi correnti e nuovi do­ cumenti, in “Archivi per la storia”, 1992, 2, pp. 39-51; il secondo, per l’equilibrio tra l’aderenza alla tradizione e l’intento innovativo di tradurre le riflessioni teoriche in corrette prassi quo­ tidiane, di G. Bonfiglio-Dosio, Una moderna concezione dell’archivio, in Titulus 97. Verso la creazione di un sistema archivistico universitario nazionale (22-23 ottobre 1998), a cura di G. Penzo Doria, Padova 1999, pp. 37-46. In seno alla Scuola superiore della PA, inoltre, ha ope­ rato per anni un gruppo di lavoro dedicato alla gestione documentale negli archivi correnti delle pubbliche amministrazioni; i risultati del progetto sono stati pubblicati in due volumi: Presidenza del Consiglio dei ministri, Scuola superiore della pubblica amministrazione, La gestione integrata dei documenti nelle pubbliche amministrazioni. Un progetto per la definizio­ ne di linee guida e di modelli di classificazione, Scuola superiore di pubblica amministrazione Roma 2002 e La metodologia per la definizione di piani di classificazione in ambiente digitale, a cura di E. Aga Rossi e M. Guercio, Scuola superiore della pubblica amministrazione, Roma 2005 (Collana “Testi e strumenti”, 3). Dal canto suo, la Direzione generale per gli archivi del ministero per i Beni e le Attività culturali ha dato vita a numerose iniziative dedicate agli ar­ chivi di enti non statali, elaborando piani di classificazione e di conservazione per specifiche categorie di soggetti: aziende sanitarie e ospedaliere, regioni, province, comuni, case editrici: si rimanda al sito www.archivi.beniculturali.it. 20. Per una visione complessiva dei temi legati alla creazione e alla gestione dei fascicoli in ambito cartaceo e digitale si veda IIfascicolo elettronico. Atti del Convegno 9 luglio 2010. Roma, Accademia dei Lincei a cura di S. Pigliapoco, Fondazione siav Academy, Roma 2010.

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• • • •

l’archivio in formazione

Numero identificativo (numero di repertorio oposizione} Indice di classificazione Data di apertura del fascicolo Data di chiusura del fascicolo

mentazione sarà ordinata in sequenza cronologica, eventualmente aggregata in base alla materia di riferimento11. L’indice di classificazione riportato sulle unità archivistiche complesse (fascicoli), o collegato ad esse (nel caso di fascicoli informatici), ne permetterà l’accorpamento fisico e logico in serie archivistiche contenenti documenta­ zione relativa alla medesima attività/competenza. La sedimentazione (posi­ zione) dei fascicoli all’interno delle serie e i relativi criteri di ordinamento, le tipologie di fascicolo che possono essere create nell’ambito di ciascuna voce del piano di classificazione, il loro contenuto di massima e le modalità di incremento sono definiti nel piano di fascicolazione, uno strumento che rap­ presenta il modo in cui le attività articolate e descritte nel piano di classifica­ zione si traducono nell’archivio reale. Indice di classificazione e posizione del fascicolo compongono la segnatura archivistica con la quale ogni singola unità archivistica è univocamente individuata all’interno del fondo archivistico di appartenenza. Le attività di classificazione e fascicolazione dei documenti e la creazione di serie omogenee, in quanto composte da aggregazioni documentarie costitui­ te con riferimento all’attività cui partecipano, facilitano anche la gestione dei documenti nelle fasi di vita successive (archivio di deposito e storico). Il bene­ ficio diventa decisamente tangibile con l’integrazione tra il sistema di classifi­ cazione adottato e lo strumento che assicura la successiva attività di manteni­ mento e di selezione dei documenti: ilpÀtzzo di conservazione definisce i tempi di tenuta di ciascun fascicolo (la selezione a livello di singolo documento è

21. Oltre che daifascicoli, ai quali si è data particolare rilevanza in questa sede in ragione del­ le particolari caratteristiche che ne determinano il ruolo fondamentale nella gestione dei docu­ menti digitali, si ricorda che le serie archivistiche possono essere costituite da un’altra tipologia documentaria, quella dei registri, «generati da una pluralità di atti di registrazione in sequenza (secondo modalità predefinite, di massima cronologiche) in un’unica entità documentaria (re­ gistri di protocollo, libri mastri e altri registri contabili ecc.)»: cfr il capitolo di M. Guercio dedicato all’archivio in formazione in Catucci, Guercio, Manuale di archivistica, cit., pp. 201-23: p. 213.

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RIQUADRO 2.5 Esempio tratto da un piano di classificazione e fascicolazione integrato con un piano di conservazione

Indice di classifi­ cazione IO

Denominazione della voce I Livello

II Livello

Denominazione fascicolo

Descrizione voce e contenuto dei fascicoli

Validità Amministrativa Destinazione ->

III Livello

Sistemi infor­ mativi c comu­ nicazione

IO.I

Normativa, circolari e direttive

anno

Il fascicolo contiene: la normativa; le 40 anni (io anni in archi­ circolari; le risoluzioni; le risposte a vio corrente + 30 in archi­ Archivio quesiti. vio di deposito) di Stato

IO.2

Rapporti con il pubblico

anno

Il fascicolo contiene: le istanze di ac­ io anni (1 anni in arch. cesso; infomative e comunicazioni; corrente + 9 anni in arch. informazioni; U.R.P.; accesso archivio; di deposito) indagini di Customer Satisfaction.

10.3

Iniziative di comu­ nicazione

anno

La documentazione contenuta in fa­ io anni (3 anni in arch. scicoli relativi alle singole attività, ad corrente + 7 anni in arch. esempio: divulgazione di nuove proce­ di deposito) dure per attività istituzionali (es. nota di deposito), svolgimento cerimonia inaugurale anno giudiziario tributario ecc.

Pianificazione sistemi informativi

anno

o

10.4

Indice di classifi­ cazione

Denominazione fascicolo

Denominazione della voce I Livello

II Livello

Il fascicolo si compone dell’attività di io anni (3 anni in arch. pianificazione del sistema informativo corrente + 7 anni in arch. (comunicazioni del DF, comunicazioni di deposito) della Sogei).

Descrizione voce e contenuto dei fascicoli

-> Scarto

Scarto

Scarto

Validità Amministrativa Destinazione -»

III Livello

-> Scarto

10.5

Gestione sistemi informatici

anno

Il fascicolo si compone dell’attività di io anni (3 anni in arch. gestione del sistema informatico (ri­ corrente + 7 anni in arch. chieste di interventi hardware e softwa­ di deposito) re, ricevute di consegne materiale in­ formatico ecc.), nonché di istruzioni e circolari inerenti il sistema informatico.

10.6

Commissione per lo scarto degli atti di archivio

anno

A Il fascicolo contiene: normativa, circo­ 40 anni (io anni in archi­ lari, direttive; il decreto di costituzione vio corrente + 30 in archi­ Archivio di Stato e rinnovo della Commissione per lo vio di deposito) scarto degli atti di archivio; il carteggio con la Prefettura e l’Archivio di Stato; l’elenco degli atti e documenti destina­ ti al macero e quelli da versare all’Archivio di Stato; le convocazioni della Commissione; i verbali di riunione.

10.7

Gestione archivio & protocollo

anno

Il fascicolo contiene: i modelli che io anni (2 anni in archivio tracciano i trasferimenti dei fascicoli corrente + 8 anni in archi­ dall’archivio corrente all’archivio di vio di deposito) deposito e a quello storico; i modelli di prelievo e misura atti; monitoraggio dei fascicoli; stampe del registro di pro­ tocollo. Il fascicolo può essere organiz­ zato in sottofascicoli per ciascuna delle attività previste.

-à Scarto

ARCHIVISTICA

3

da evitare) e, nei casi in cui sia opportuno lo scarto, le modalità di distruzio­ ne da adottare11. Integrare lo strumento per la classificazione con quello per la conservazione permette di definire per ciascuna tipologia di aggregazione do­ cumentale, fin dalla sua fase iniziale di vita, quale sarà il suo percorso, a quali attività di manutenzione sarà sottoposta, per quanto tempo vivrà e quale sarà la sua destinazione finale (la conservazione di lungo termine o la distruzione). Strumenti integrati permettono, se inseriti in un sistema di gestione informa­ tico dei flussi documentali, di avvalersi della possibilità di automatizzare le procedure preliminari alla selezione e allo scarto della documentazione, senza ovviamente sostituirsi alla discrezionalità e alla capacità decisionale del respon­ sabile del processo, ma agevolandone i processi decisionali e le conseguenti at­ tività pratiche. Tutte le informazioni legate alla gestione documentale - che in ambito archivistico tradizionale sono apposte sul documento e registrate in appositi strumenti di gestione che prendono il nome di strumenti di corredo coeve' (lo stesso registro di protocollo, il repertorio dei fascicoli, lo scadenzario, vari tipi di rubriche) - in un sistema informatico possono essere governate dai diversi moduli di cui esso si compone, dovrebbero essere memorizzate in modo stabile e generare un profilo dell’oggetto archivistico (documento, fascicolo, serie) che accompagni costantemente l’oggetto stesso e si arricchisca in modo dinamico in relazione alle attività di manutenzione compiute su di esso, raccogliendo i rela­ tivi metadati, vale a dire gli elementi descrittivi dell’oggetto e delle sue relazioni: numero di protocollo del documento e identificativo del fascicolo e della serie, oggetto, ufficio o soggetto responsabile, indice di classificazione, parole chiave per l’indicizzazione, note di gestione che collegano l’oggetto archivistico al pro­ cesso amministrativo, oltre alle annotazioni relative ai tempi di conservazione e alla eventuale presenza di informazioni riservate che ne limitino l’accesso. Que­ sto insieme di informazioni sarà di fondamentale rilevanza nel momento in cui si procederà alla valutazione delle parti componenti del sistema documentale e alle successive operazioni di selezione.

Il ruolo dell’archivio di deposito: aspetti teorici e problemi organizzativi di Lucilla, Garofalo

3*1 Introduzione L’aumento della produzione di documenti che ha caratterizzato la seconda metà del secolo scorso, assumendo i caratteri di una vera e propria “esplosione documentaria”, rappresenta una sfida molto impegnativa non solo per le isti­ tuzioni pubbliche ma anche per i soggetti privati, che in relazione alle attivi­ tà che svolgono e alla loro stessa esistenza producono una grande quantità di documenti e per motivi amministrativi e giuridici devono per qualche tempo conservarli1. I periodi e le modalità di conservazione variano a seconda delle normative nazionali, della natura giuridica dei soggetti e delle tipologie docu­ mentarie, ma in generale, finché il periodo minimo di conservazione prescritto non sia trascorso, esistono precisi obblighi conservativi per masse crescenti di documentazione. Nel settore pubblico, in particolare, le norme sull’accesso1, sui beni cul-

2.1. Nel nostro paese questo principio è sancito dal D.P.R. 445/2000, art. 68, comma 1: «Il servizio per la gestione dei flussi documentali e degli archivi elabora ed aggiorna il piano di conservazione degli archivi, integrato con il sistema di classificazione, per la definizione dei criteri di organizzazione dell’archivio, di selezione periodica e di conservazione permanente dei documenti». Per i necessari approfondimenti si rimanda al CAP. 4 di Maria Guercio. 23. Per l’illustrazione puntuale degli strumenti di corredo coevi alla formazione dell’ar­ chivio si rimanda al par. 12.5 di M. Guercio in Canicci, Guercio, Manuale di archivistica, cit., pp. 214-5.

1. Cfr. E. G. Franz, The Archivisi and thè Inflation of Contemporary Records. Preliminary Report, Conférence Internationale de la Table ronde des archives, 22. Citta, Bratislava, 17-20 Oct. 1983; M. Guercio, La sfida delle quantità. Archivi intermedi e strategie di conservazione dei documenti archivistici, in Per la storiografia italiana del xxi secolo, Ministero per i Beni culturali e ambientali, Roma 1998, pp. 38-54, http://www.archivi.beniculturali.it/pdf.php ?fìle=Saggi/ Saggi_46.pdf; S. Vitali, Abbondanza 0 scarsità? Le fonti per la storia contemporanea e la loro selezione, in Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia, Storia d’Italia nel secolo ventesimo. Strumenti efonti, a cura di C. Pavone, voi. I, Elementi strutturali, Ministero per i Beni e le Attività culturali, Roma 2006, pp. 21-50, http://www.archivi.beniculturali.it/pdf . php?file=Saggi/Saggi_86.pdf. 2. Legge 7 agosto 1990, n. 241, Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi come modificata dalla legge n febbraio 2005, n. 15, Modifiche ed integrazioni alla legge 7 agosto 1990, n. 241, concernenti norme generali sull’azione amministrativa e il relativo regolamento approvato con D.P.R. 27 giugno 1992, n. 352 come mo­ dificato dal D.P.R. 12 aprile 2006, n. 184, Regolamento recante disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi.

S2-

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ARCHIVISTICA

3. IL RUOLO DELL’ARCHIVIO DI DEPOSITO: ASPETTI TEORICI E PROBLEMI ORGANIZZATIVI

turali3 e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro4 hanno reso ormai ineludibile il controllo efficace sui documenti prodotti, da realizzare attraverso interventi generali di razionalizzazione e miglioramento della gestione. Pertanto, anche se di ciò non sembrano ancora pienamente consapevoli i soggetti produttori, il problema della gestione della documentazione semiattiva rappresenta oggi una questione cruciale.

locati. Si tratta in genere di una massa più 0 meno consistente di documenti, che è stata tradizionalmente connotata solo in senso negativo, in quanto pri­ va sia delle caratteristiche che sono proprie della documentazione in uso, che forma l’archivio corrente, sia di quelle riferite alla documentazione selezionata per la conservazione permanente e destinata a far parte dell’archivio storico. Tuttavia, l’archivio di deposito mantiene per il soggetto che l’ha prodotto un valore che deriva dalla possibilità che i documenti, pur essendo relativi ad affari conclusi, possano essere nuovamente utilizzati per intraprendere nuove attività che sono connesse alle precedenti in quanto si riferiscono alle stesse persone, oggetti, luoghi o procedure: la pubblicazione di una norma, per esempio, po­ trebbe comportare la revisione dell’attività svolta; potrebbero sorgere contestazioni e ricorsi o semplicemente potrebbe essere utile esaminare un “prece­ dente” per verificare come si è proceduto in casi analoghi o quale decisione si è assunta. Considerando che questo valore si affievolisce con il tempo, è possibi­ le considerare il deposito come un «luogo di decantazione di effetti e vincoli giuridici»6. Nei paesi anglosassoni, con riferimento al ciclo di vita dei documenti e so­ prattutto all’uso che si fa di essi, questo stato della documentazione viene consi­ derato un periodo di semiattività, durante il quale cioè le consultazioni da parte del soggetto che l’ha prodotta diminuiscono progressivamente. In Francia si fa riferimento al valore scarso ma non insignificante che i documenti hanno per l’amministrazione in questa fase detta “intermedia”. L’archivio di deposito ha dunque carattere temporaneo e quindi instabile, poiché i documenti si trovano in una condizione provvisoria, destinata a durare fino alla valutazione sulla loro destinazione finale in termini di distruzione o di conservazione permanente. In astratto l’archivio di deposito può essere considerato

3.2 Definizione e natura La definizione classica di archivio di deposito si deve a un archivista americano che lo descrive come un luogo appositamente designato per la ricezione e la gestione dei documenti archi­ vistici che non sono sufficientemente attivi da essere tenuti negli uffici amministrativi, ma troppo attivi per essere trasferiti all’archivio storico o per essere distrutti5.

Un luogo che è possibile immaginare figurativamente come Giano bifronte: da un lato guarda verso gli uffici da cui provengono i documenti; dall’altro è rivol­ to verso l’archivio storico, dove saranno conservati per sempre i documenti di interesse storico. In Italia con l’espressione “archivio di deposito” si indica non solo un luogo fisico di conservazione ma anche l’insieme dei documenti che vi sono stati col-

3. D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, Codice dei beni culturali e delpaesaggio come modificato dal D.Lgs 24 marzo 2006, n. 156, Disposizioni comitive ed integrative al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in relazione ai beni culturali. 4. Il D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, che ha abrogato il D.Lgs. 626/94, stabilisce all’art. 62 che si intende per luogo di lavoro ogni «luogo di pertinenza dell’a­ zienda o dell’unità produttiva accessibile al lavoratore nell’ambito del proprio lavoro». 5. La definizione di H. E. Angel è riportata in L. Duranti, 1 documenti archivistici. La gestio­ ne dell’archivio da parte dell’ente produttore, Ministero per i Beni culturali e ambientali, Ufficio centrale per i beni archivistici, Roma 1997, p. 115. Sull’archivio di deposito oltre il testo della Du­ ranti, in particolare le pp. 115-25, cfr. E. Lodolini, Archivistica. Principi eproblemi, Franco Angeli, Milano 1995, pp. 57-64; E. Fregni, L’archivio di deposito. Gestione e relazione con gli altri uffici, in La gestione dell’archivio comunale. Problemi eprospettive, a cura di D. Ferrari, G. Arcati, Mantova 1994; Id., L’organizzazione dell’archivio corrente e di deposito comunale. Sul rapporto tra classifi­ cazione, selezione e archiviazione, in Labirinti di carta. L’archivio comunale. Organizzazione e gestione a 100 anni dalla circolare Astengo, Atti del Convegno nazionale, Modena, 28-30 gennaio 1998, Ministero per i Beni e le Attività culturali, Roma 2001, pp. 120-35; A. Romiti, L’archivio di deposito nelle pubbliche amministrazioni, Civita Editoriale, Lucca 2008.