192 79 27MB
Italian Pages 89 Year 2010
LfOmelia di Giacomo di Sarug sul Battesimo di Costantino Imperatore
Analecta Gorgiana
458 Series Editor George Anton Kiraz
Analecta Gorgiana is a collection of long essays and short monographs which are consistently cited by modern scholars but previously difficult to find because of their original appearance in obscure publications. Carefully selected by a team of scholars based on their relevance to modern scholarship, these essays can now be fully utilized by scholars and proudly owned by libraries.
LfOmelia di Giacomo di Sarug sul Battesimo di Costantino Imperatore
Edited and Translated by
Arthur L. Frothingham
1 gorgias press 2010
Gorgias Press LLC, 180 Centennial Ave., Piscataway, NJ, 08854, USA www.gorgiaspress.com Copyright © 2010 by Gorgias Press LLC Originally published in All rights reserved under International and Pan-American Copyright Conventions. No part of this publication may be reproduced, stored in a retrieval system or transmitted in any form or by any means, electronic, mechanical, photocopying, recording, scanning or otherwise without the prior written permission of Gorgias Press LLC. 2010
1
ISBN 978-1-60724-896-5
ISSN 1935-6854 Extract from (1882)
Printed in the United States of America
e la leggenda dì Costantino almeno nei suoi primi elementi esìsteva in una forma più o meno determinata fra 1 greci presso ai quali ebbe, come abbiamo detto, una forma media fra la storia e gli Atti. La presenza di questa tradizione popolare ci è provata dallo storico Sozomeno, (c, 443) ove dice ('): « Ov* àyvoà ih, iSe "iSllìjrss ¿«J'ovai; Konvarannov àveióna 11; ci. ecòv f'yyvi Ul'.o yevovg, xal t>o tìavmfp íiüUi:i'.)V tov èavtov Tiaiiòc; tivjinqà'iuviu, i¡ < / ai(¿:).r,tl xal re tot xrtüaouor xotvwGccGtìai ^ourárotú : i/i tpiloGÒtfty, xa x e'xsTrn xcclQOV regoli«5« TÍji flXwct'rov óracìfr/r,^ iòv ¿è ànotf-fraoBntfiqiéva xa6a(>jiòv fivea TWV TotovTtav à f t u o t v vvvcí iè iòv ¡HaGiXia èjiì tf¡ àjittyQùèVGtt, NSQI%V%{Tv smaxÓTtoie, oí ¡.acaroíif xal JICOTCÚF/jum VTCÌ,xóai, xal éav/ifitrm | » ioyfict, xal Xottrnayòv yetáóOai, xal wùg à(x°lM'mvS toi'm tiyayetv. Hjiul ih ioxtì, taviu nunXàaOta flK anovSá^ovdi %i¡v Xquftutvmv Oqipxsfav xuxi¡foqs¡v. Uranos pìv y a a, òt ov ciccai Kiàvat&vcTvov xa&agnov Í£r¡Út¡rai, 7 (o sìxoGt'tp htu éi¡-Xivt:i¡ a? li:-; ? ov n ai ùòg tjyefiovfag » etc. La leggenda alla quale egli si riferisce era stata già indicata un venti anni prima nella storia di Zosimo ( ' ) , ove viene affermato che, cercando invano Costantino di liberarsi dal delitto della morte di Crispo o Fausta, si presenta a lui un certo « Aegyptius » oriundo dalla Spagna e addetto al palazzo imperiale : egli diviene, per le promesso che gli fa, il mezzo della conversione dell'Imperatore. Questa idea di penitenza riviene anche nella nostra omelia dì Giacomo di Sarùg ove nel prologo, e in relazione a Costantino, egli dice cha la penitenza sarà soggetto principale dei suoi discorsi, e di essa nei versi anteriori dà esempì dal tempo di Adamo, Abraamo, etc. Ano" ad Ezechia. Si osserverà anche la corrispondenza dLelVJlyV7tTioe di Zosimo ( ;l ) e del di Giacomo « il capo degli schiavi » o sovrintendente del palazzo, i quali furono ambedue gii autori della conversione. Ambedue queste versioni, di Giacomo cioè e di Zosimo , sembrano rimontare ad una medesima sorgente, diversa da quella donde derivano gli Atti, sebbene in Giacomo di Sarùg trovisi uno sviluppo posteriore ove già è adottata parto degli Atti. (•) L. r, c. 5, ed. Ox. 1800, p. 28-20. — (•') L. II, c. 89, ed. Lipsia* 1184, p. 149-151. {'] '§iyvmu4 ri ; ó 'ipqQttpi il\ (i)v l'f.uhv iViiñy.
—
15 —
Pare esservi una lacuna d'un secolo incirca prima di giungere ad uno scrittore il quale accolga la leggenda per vera, ed egli pure era possibilmente sotto l'influenza di letterature orientali. Uiovanni Maiala di Antiochia, il quale secondo ogni probabilità fiorì nell'ultima metà, del V I " secolo la sostiene, nella sna
storia eccle-
siastica, ove aerea conciliare la leggenda colla storia, parlando prima della visione della croce, e della vittoria sopra Massenzio. Poscia aggiunge ( ' ) : « Kcà
nfifeùttces
xaì
q flrtt1jg
avrav
»ari/Pi¿¡¡antÌa&ìj 'EXa'vi] xetl nóvtei
virò StXpétrrgov, oi ¡fvyyéjwg
noXXmr 'JFVo/icttW, Kal ifévsm
émoxótiov
'PS/xtM avràg
cevrov, xcà ol tftloi
xgttftiaràg
è aihòg
avtov
KatnSravvtìmg
xaì
xm ;rlìji)-og fiatìiXsig.
àllutv
». Devesi
osservare che Maiala non parla della lebbra, ma lascia intendere elle la conversione fu causata dalla visione celeste e non perchè l'Imperatore cercasse di esser guarito della sua informità corporale. Egli non pare aver attinto le suo notizia direttamente dagli Atti, ma aver adottato una forma media e quasi di conciliazione, ove concede pressoché ¡tutto alla storia; forma che fu seguita spesso in Oriente invece della Romana. Un altro autore, Leonzio di Gerusalemme, quasi contemporaneo di Maiala, nella sua opera contro i Monofisiti (*) cita un passo
della disputa cogli
Ebrei
sostenuta da Silvestro ; cosa importante perchè mostra ohe gli Atti avevano fin d'allora qualche considerazione in Oriente e potevano darsi come autorità. In appresso siamo forzati di scendere fino alla fine dell'VIII secolo per trovare (autori della leggenda.
Questa lacuna si pub forse spiegare per l'antagonismo fra
VOrieute e l'Occidente che impediva di accettare ciò che in Soma era ritenuto. Il risorgere poi della leggenda nella letteratura greca può benissimo attribuirsi, come ho accennato, alla lettera scritta da Papa Adriano I nel 786 per il settimo concilio generale tenuto a Nicea nel 787, quando le relazioni amichevoli furono ristabilite fra le duo chiese. Egli diresse questa lettera all' Imperatore Costantino VI, ed alla sua madre I r e n e ; in essa egli difende il culto delle immagini e cita le stesse parole degli Atti ove è raccontata l'apparizione degli apostoli all'Imperatore e la presentazione delle loro immagini fatta da s, Silvestro,
Quasi immediatamente
ciò troviamo le prime notizie della leggenda presso gli
dopo
storici bizantini. Teofane
( 7 8 5 - 8 1 8 ) è il primo a prendere il soggètto in considerazione. Da lui sono narrate ambidue le versioni, mostrando così che non era per dimenticanza del vero fatto elio egli favoriva la leggenda. Questa osservazione si applica a tutta la letteratura greca ove si sostiene una forma della leggenda che omette la circostenza
della
lebbra e dà in suo luogo ima causa morale; ma di ciò ragioneremo in seguito. Teofane (') adunque parla dell' apparizione della croce lucente durante la battaglia con Massenzio, d'una visione notturna del Signore: dopo ciò, secondo lui. l ' I m p e ratori! si mostra sempre zelante per la religione cristiana e distrugge i preti degli Idoli e gli indovini. Ecco le sue parole « Tovt(j> vip {tei-. Ss tjiaai sv 'Papfi Oìjfieqov
vnò ròv
StìÉBtfov pamuitijQtt
nvsg,
ipaatto&tj, i'xovBir
alla data A. M. 5 8 1 4 , cioè
Kiarff-taviTvos
ò ptsyas
àg vi xttià dg
iiv.mvoiuv
aiv
Kqhsittf
A. D. 3X4.
rrp vhp
aviov
ri;v TtQsajìV'iéQaìi *Ptijxi]V ftfyQi,
on
ènò
SA/9étìrgov
sv
'Pà/tf/
0 Ed. Domi 183!, p. 316 e 311. Lib. XIII. — (•) Mai, Sertpl. nel. T. VII, p. 134. — {•) Bonn. 183U, T. I, li». 24, 25.
1
ipanvttiihj, Ntxoprjthip
p t t à
v i p
tpaoìr
feftamia&ttv
è'v'J-cc
ipairstai avvov
vò
vrcò
Aavair,
avtòr
¿v
àwreOseis
neQtftotijoai.
-fravavov
(Scinz
'Puiprj
àsmrvmes
egli, ( p l l d o prese
ài
xatù
EvGsplov
iov
èpnì
nerrXatìjxtvai
èavvois,
» eie. S e
'Agiicevov rjv
tò
ài
xai
¡¡untidiij&étrtfQOV
ràs
t f r a t vote
ì] -tèv
«V
àraioXriv
yàg
notu/ty.
(IsfiarriioVmav'tór,
jiaÌ3iir> e del battesimo di Costantino primo re fedele, « della guarigione anche dalla piaga del suo corpo, della disputa coi dottori ebrei « mandati dalla Giudea i quali insieme ad Elena si radunarono avanti al re ed al « sonato di Roma ». Questa traduzione fu fatta sul greco, e ciò mostra quanto sia antica la redazione greca. Essendo poi versione letterale, non liavvi necessità darne estratti. Il Land però ha trascurato un'altra versione siriaca degli Atti contenuta nel cod. Adi. 12. 174 del Brit. M g Ne devo la comunicazione all'estrema bontà cj cortesia del prof. Wright. Essa non è completa tralasciando tutta l'ultima parte ove viene narrata la disputa di s, Silvestro coi dottori ebrei. Il titolo ne È: «sol LISJKIU^ LOAOLSAX UOISVL
T^L? •
LIVI•ose . jaaj^jk^cesia
LAI Ì^-VÌ:
JI—SJIÌ.
^¡c (jjiiaik , iaJiji jootjo . .yetitiu» « Segue la storia del grande imperatore Costantino, fedele jìfevittorioso; come divenne degno di ricevere il santo battesimo da Silvestro papa della gran Roma, e come fu fatto imperatore e cominciò ad edili care chiese sante in ogni luogo». Questa versione è del tutto indipendente da quella pubblicata dal Land, ma mostra anch'essa di essere stata fatta sul greco: a parola non si corrispondono, ma non differiscono in quanto al senso; si può affermare, però, che quella del cod. 12.174 sia alquanto più diffusa e completa ('). Sembrerebbe che la prima forma della leggenda, che correva in Siria e Mosopotamia nella seconda metk del quinto secolo fosse fondata sopra una tradizione più locale e propria degli orientali, ove era omessa quella parte clic si riferisce a Roma e (il Pontefice, ai tratti ¡»line che la connettono coll'Oecidente, Ma iintroduzione degli Atti in Oriente modificò la traili/,ione locale, e gli scrittori siri posteriori seguono in gran parte questa degli « Acta ». Il primo a mostrare questa influenza è lo storico Dionisio dì Tellmahrè il quale fiorì verso la fino dell' V i l i secolo e sembra aver unito e cercato di concordare la tradizione locale con quella degli Atti; poiché egli narra che ('): « Costanzo « il vecchio e Elena la sua moglie erano fedeli e veneravano Iddio : ed in tutto il « « •< • « « • « « «
corso del loro ragno non fuvvi nessuna persecuzione Costantino però suo figlio non fu educato nella fede del suo padre, ma di continuo si mostrò porsecutore della fede cristiana. Anche dopo che una piaga maligna attaccò il suo corpo non cessò dalla violenza della persecuzione, rendendosi simile all' inferno p e r s a cutore per il suo zelo noli' idolatria. Mentre era cosi pieno di minaccio e morte contro tutti i cristiani, imprigionando, mettendo a morte, crocifiggendo e lapidando, la piaga della sua persona crebbe, ed una labbra coprì tutto il corpo. (In odore infetto come d'un sepolcri pieno di cadaveri la cui esalazione si propaga da ogni parte : così era egli. Un odore di corruzione da lui si spargeva ovunque. Per questa ragione incuteva minaccio e morte contro tatti coloro che. non adoravano CJ Mi risono di pubblicare in altra occasiono questo Uarto importanto. 1
Olmysii
ThehniMiariììisis
Ghmnici
Lib. prim.
ed. 0 , F. Tullborg. B e a i 1848, j>. I B I » M I
—
21
—
« gli Dei, aftinché essi dessero guarigione al suo corpo. Egli però vedendo olio « ogni giorno si faceva più putrido e corrotto il suo corpo per, la lebbra, mandò « a radunare tutti gli indonni, affascinatori, caldei,*e medici, quegli del suo impero « e quegli ohe non vi appartenevano». Qui viene introdotta la rubrica J»» «(Estratto) dalia storia del Gran Costantino ? e prosegue l'autore dicendo : « Poiché era coperto dalla lebbra lo consigliarono i suoi medici di radunare « e far venire trecento fanciulli per ucciderli e lavarsi nel loro sangue ». Del resto non harvi bisogno di riferire il rimanente del suo discorso poiché non fa che abbreviare gli Atti, narrando la pietà di Costantino pei fanciulli, l'apparizione di Pietro e Paolo, come fu cercato s. Silvestro il quale si era rifugiato nella caverna di un monte, le immagini degli apostoli, la penitenza dell'Imperatore per sette giorni, la sua guarigione e confessione di fede, la costruzione della chiesa Costantiniana, eh' egli per equivoco chiama una chiesa in Costantinopoli. Questi fatti, secondo Dionigi, ebbero luogo nel nono anno del regno di Costantino. , Dopo questo scrittore ci mancano altre citazioni nelle letterature orientali per molti secoli : poiché dopo Dionisio non fuvvi per molto tempo nessuno storico siro che trattasse quel periodo. La letteratura cristiana di Egitto non sembra aver adottato affatto la leggenda noi primi tempi : più tardi mentre la letteratura puramente ecclesiastica dell' XI e S I I secolo che si trova molto sotto l'influenza bizantina l'accetta, quella storica ritiene sempre la vera versione fino al XIII secolo. Di ciò Eutichio arcivescovo di Alessandria (c. 975) e Giorgio al-Makin (c. 1250 f l 2 7 3 ) sono due chiari esempi. Eutichio nella sua cronaca narra clic Costantino abbracciò il cristianesimo nella città chiamata Nicomedia nel duodecimo anno dei suo regno, e Giorgio al-Makin copia le sue parole quando dice che « l'imperatore Costantino si fece cristiano in Nicomedia nel duodecimo anno del suo regno » ('). Invece nel Sinassario della chiesa copta Alessandrina compilato da Michele vescovo di Atriba e di Màlig in Egitto (c. 1100) si legge, al 12 di Messori (agosto) che «Costantino è asserito esser stato, nell'undecime anno del suo impero, battezzato da s. Silvestro papa di Roma- ('). Sembra chiaro aver la letteratura storica di Egitto seguito le antiche fonti storiche poiché non vi fu mai tradizione popolare riguardo alla conversione ed il battesimo di Costantino ed era fuori dell' influenza del resto dell'Oriente e specialmente della Siria. Al contrario la letteratura puramente ecclesiastica si confermò moltissimo alla greca ed è probabile elio siasi a questo modo introdotta la leggenda dì Costantino. Per colmare la lacuna di cai abbiamo parlato potremmo addurre, oltre il Sinassario copto, anche i monei siri melehiti. ma essi non sono che semplici traduzioni dal greco e perciò di poco momento. Leggiamo p. e. nel ìueneo Melch. abbreviato (contenuto nel cod. gir. vat. 351, f. 259), al 21 del mese Aiar, la commemorazione di Costantino e di Elena ove occorre questo passo ('): U 50. — (') L'autore dice, Melchi-nkoh rua ciò è senza dubbio uno sbaglio, — (*) Il Förster lo crede «l'empereur Constantin donnant l'ordre de bapfcer plusieurs enfants»!
—
28
—
Norfs Card. Hearicus, ¡¡istoria Donalist. 1681, op. T. I T , p. 630. Pagittarins Christ. Dissert. Bist do ßmstantino Magno. Jan. 1650. Tontzol (W. E.) Exercit, seleelae ecc. Lipsiae et Franeof. 1691, p. 290-59!). Excreitatin octam jiui Examen Fubulae Horn, de Duplici Bap. Gonstanüni Magni adoersus defensionem Gl. v. D. Emun. a Sohelstrate. Pagi Anton, Grit, historico-chron. in Ann. Baranti, ad an. 333-324. Ginevra 1705. Bini Serotini, Notae ad notiliam Libri Ponlißcalis (Vita di Silvestro) Migne, Patr. Lat. T. V i l i , pp- 705-800. Fabiiciùs I. A. Salutaris Lux Evangelii, Hamb. IT31 ; a lo opero ivi menzionate, p. 200-285. Fuhrmann M a t t i a , [Ustoria saura de Baplismo Gonstanlini Max. Aug. Colloquiis familiaribus digestii, eompleclens verum ac unicum Magni htijus Imperaloris Bapiismuiu floimnuin : 9 tom. Bo:.uae 1742 et Yiennae 17-16. Mamachius Thom. Maria, Orig. et anliq. Christ. T. II, p. 232 sgg. Roma 1750-S4. Dällrager Joli. Jos. Ign. von Die Papst-Fabeln des Mittelalters: Mönchen 1863 (p. 52 egg.). Manry, Essai sur les légendes pieuses au Moyen-Age. Paris p. 65 occ. Bock canon. Christliche Kunstblätter 1860 J a n . Feh. Frciburg-in-Breisgan. Die Kirche des hl. Pobjeuht in Conslanlinopel. Ducheane Abbé L. Etude sur le Liber Ponlißcalis. Bib. des Écoles Franç. d'Athènes et de Rome fase. I. Paris 1877, p. 165-173 ecc. Guidi Ignazio, La descrizione di Koma nei Geografi Arabi. Borna 1877 a cura delia Soc, Romana di Storia Patria, p, 43-46 ( 1 ),
Descrizione dei Manoscritti. L ' O m e l i a di Giacomo di S a r ù g s u l b a t t e s i m o di Costantino è c o n t e n u t a in s o l i c o d i c i {'), i l V a i . S i r i a c o
due
1 1 7 ( • ) , cioè, ed i l B r i t . M u s e u m 8 0 3 ( a d d . 1 4 5 8 8 ) | ) ;
oltre q u e s t i d u e testi n e t r o v i a m o u n f r a m m e n t o nel Cod. 1 5 3 della B i b l . B o d l e i a n a a O x f o r d ("). I l t e s t o V a t i c a n o è i n t i e r o od è q u e l l o c h e s e g u i a m o n e l l a n o s t r a p u b b l i c a z i o n e : esso
occupa i fogli 542, a 2 —
ziosa c o l l e z i o n e
5 4 6 , b 2 , d e l c o d i c e il q u a l e
di omelie. Q u e s t o codice non
contiene una
pre-
è stato mai sufficientemente descritto,
nò l a s u a e t à p r e c i s a m e n t e d e t e r m i n a l a : c e r c h e r e m o p e r c i ò
di
ciò
else
ne è stato detto da A s s e m a n n i e coloro i quali
fatto generalmente
che
copiare consiste
le
sue
p a r o l e , c o m e M a s i n g e r ( E ),
non hanno
Abbeloos (7)
d i 5 5 9 fogli a t r e colonne e non di 5 5 5 c o m e
ed
supplire altri.
asserisce
Il
a
manoscritto
l'Àssemanni,
nè
(') Dì tutto queste opere, Io antiche non mi hanno giovato che coll'indicazione di qualche fonte; fra le moderne, poi, nello quali la questione viene trattata criticiiinente, non havvene veruna che abbia sostenuto l'origine greca della leggenda come m i sono sforzato di fare, — (') Ho trovato clic il cod. Vat. 116, nel quale, di 20 omelie di Giacomo di S;irùg che prima leggevansi, non rimangono ora che le quattro ultime, conteneva la nostra Omelia: questo apprendiamo dall'indico, al fui, 42, ove leggiamo: U s ì ^ l a ^ a o j » o u J j l J j » c u » " V i . k-tói«,» « quindicesima omelia sopra Costantino imperatore lebbroso ». Il codice è dell'anno 857 (cfr. Assemani, Calai. T. I l i , p. 86-87) ed è forse uno degli antichi codici che servirono alla compilazione del cod. 117. — (") J. S. Asacmanni, Calai. T. I l i , p. 87; cfr. Bibl. Orioni. T. I, p. 328 ecc. — (') \V. Wright, Catalogne of the Syriae MSS. of the Brit. Mus, p. 807. — (') E. Payne-Smitli, Cod. Mrnusc. Bib. Bodleian. Pars testa, cod. Syr. ecc. p, 497. — {') Mununv.nta Sijriaca, OBuip, 1869, T. I. —; (') Op. cit. p. XY-XVII.
2!) — di 5 5 8 come indica l a paginazioni
a lui p o s t e r i o r i
poiché
nella
prima
non
si
principiò la paginazione ai p r i m i fogli, o nella seconda, p e r e r r o r e , f u omessa l a cifra 2 4 1 . Ogni colonna contiene ila 42 a 4 9 righe.
Il numero
dei
di 52 di dieci fogli ciascuno, ciò che d a r e b b e 5 2 0 fogli solamente primitivo. Difatti i m esame
quinterni
è
al manoscritto
attento ci m o s t r a essere stati inseriti nella
legatura
parecchi fogli provenienti da a l t r i mss. Ciò è specialmente evidente pei fogli 1 1 0 - 1 1 4 contenenti la vita di s. Giacomo scritta da u n suo
discepolo Giorgio ('), ore
tro-
viamo u n a s c r i t t u r a delicata ed irregolare, ed u n a carta p i ù sottile e r u v i d a , G cent, meno l a r g a che quella del r i m a n e n t e del v o l u m e . Gli a l t r i fogli inseriti sono più difficili a distinguersi, m a p a r e che si trovino nei q u i n t e r n i »»
. Jà. mentre,
al
contrario,
,~
e ..>=••
ne manca uno n e i q u i n t e r n i U e ,
fca
, ¡-a
F i n a l m e n t e la data del codice non era stata t r o v a t a ; l ' A s s e m a n n i lo crede s c r i t t o verso il 1 1 0 0 , altri lo dicono del X I I secolo. Essa p e r ò può essere precisata dal codice stesso. Sul verso d e l l ' u l t i m o foglio {del quale daremo in appresso l'iscrizione centrale), troviamo nell'angolo inferiore di destra ima m u t i l i s s i m a
iscrizione Ìli mi
circoletto del diametro di 0 cent. Essa consisteva d i dieci righe : l a m e t à p i ù non r i m a n e : da qiiel che vediamo possiamo leggere ^ l ) - « (¿l^sj!
r
k,\lti
esterna -wo . . .
Della data non manca ohe il millesimo e forse l ' i m i t i ;
possiamo quindi supplire con certezza ^ t s ^ l o
«^Lltoo a S . )
l'anno 1230 dell'èra
dei Greci, cioè A. D . 919. Supponendo elio m a n c h i l ' u l t i m a cifra p o t r e m m o p r o l u n g a r e l'epoca possibile fino al 927, anno in cui f u fatto a b b a t e il famoso Mose di Nisibi. U n a conferma i n d i r e t t a si ricava
da
u n . ms. del Brifc Mus, oriundo dal m e -
desimo m o n a s t e r o di Mar Bestrai, il quale ci m o s t r a che un J u h a i m a n b a r Macarios era a b b a t e nel 894 A. D. ; ora u n J ù h a n n a n è dato precisamente come a b b a t e n e l l ' a n notazione del nostro codice: può essere il medesimo, poiché non è inverosimile che fosse ancora in vita nel 919. L 1 iscrizione centrale occupa quasi intieramente q u e s t ' u l timo f o g l i o ; essa contiene l'invocazione dello s c r i t t o r e ; racconta la sua entrata n e l m o n a s t e r o : il desiderio espresso d a l l ' a b b a t e p e r c h è scrivesse i l c o d i c e : e l ' u s o che fa l ' a m a n u e n s e p e r il suo lavoro di antichi manoscritti già esistenti nel m o n a s t e r o ; ciò che era g i à stato commemorato d u e volte nelle annotazioni ai fol. 117 e 5 0 1 . T e r m i n a menzionando l ' a b b a t e , l ' e c o n o m o ed i monaci allora viventi nel monastero. Assemanni ( ' ) p r e t e n d e dare t u t t o ciò che è leggibile di quest'annotazione, m a no fa u n compendio ove non m e t t e che lina
terza parte
delle parole
esistenti, e
f r a altre, tralascia i nomi di sei dei 2 3 monaci compreso anche l ' a b b a t e , cambiandone inoltre l'ordine e prendendo come nome proprio le sono p r e c e d u t e da un p u n t o annoverato
e principiano
u n ' invocazione
parole
le quali
a Cristo. I l Mosè
qui
è p r o b a b i l m e n t e Mosè di Nisibi, il quale entrò nel monastero nel 9 0 7 .
D a r e m o l'annotazione
p e r intero, p e r
questo foglio, ove m o l t e p a r o l e
mancano
quanto lo p e r m e t t e lo stato a t t u a l e di affatto ed a l t r e sono assai
incerte : le
parole in p a r e n t e s i sono q u e l l e c h e si possono con q u a l c h e certezza supplire, sia d a l senso, sia dal compendio delI'Assemanni, al t e m p o del q u a l e esistevano m o l t e p i ù parole. ['] Pubblicata dall'Abbeloos, op. cit, p. 21 a 84. — {') dalai, T. Ili, cod. 111, p. 87 e sogg, E
-
, ..
li-m. ]«i>7
>f
«oj oa .
30
-
U-**» o () IJL^^ìsoo [ben S jo "^o ^ÌO .. ^„..o Jj^jjti^,) i^sii-al,) . Ijì^.cub.3
o»(io liajo lai») .......... "»{-»lo t-.o? ]f(a6-)o
]L=>Jy ti-UI^Jot
(Jot=/)o
SfAÌ.0 . l i ^ - J Ì Ji-fii «i». 'kàjjiU l^o«. )J w l ^ t J(»t-)jE 1. (i « i UfiS-ìlio òli» ]i-.in. (Ijsi'? l i - . j f i ! oiO| • J>..(*j)ft y ì® f)b.),ni5> kwu 'i-«.ìo JaXi (?) et» ok-iiU. otii. . . . (Ila^nm «Voi Jtotiojt UaXio o o j ù Uj^aiko/l? J U j ^ ^.jaaj J^ . , . UJÌSJ-»- «ito? ^DOta ^ o i ^ b o . JotiJ» J l ^ u s JI(,^e)o . .aVilsao v ^ f 3 1 ó»^! ^ Jjiili-X loÌS-ats» WOO/ ^ o a A ^
ì
/
u
(?) ^ l-J^? ^pOijs Ììclmj ••.-in , • •»»••'» ^ J. r>i (guijauf «alo*.© Oticjtis O I Ni» ^-Ijsiss y] ótS i VI S (t Li-.j) ouxu) o . Jw=eaus . , . ioo Imi» ... « ^.(t y.N• ja.,».o 'Kiiaokjti' miij» •^!» S a ,( t .s>o)(?) Ul UaJ(j»)&/ ^ sio^toli ) jsv^ti» ^.s» j (?) J;..;^. W i k>Hk. V o (?) )
N^CLJiU. ^sj ^QAl V l u J O ^S* JjtQJiD (?)Utoi_a va.(j/>5,Oi_a_>
JjOtS
(otiti'
(Jtj)^*/ ^CO OJ j^OOjii .^^s^oiiU JlmN-o
-^o^o ^J ^nikO
Il Codice 803 del Rrifc. Museura è della medesima età del Vatic. anzi il cliiar. prof. W. WrigM crede clie possa essere, forse, anche del IX secolo: è scritto in carattere estrangolft, mentre il Vai lo è in Sortì. Questo codice è alquanto monco nella parte contenente la nostra Omelia, ove mancano nn foglio in principio ed altri due o tre nel corso del testo. Perciò, quantunque la lezione sia probabilmente migliore, non ne abbiamo potuto fare la basa del testo. Esso fu per noi collazionato dal prof. W. Wrighfc, il quale, con somma gentilezza, ha voluto adoperarsi
— 31 — per farne un lavoro accuratissimo come, è
inutile
dirlo, sono tutti i BUOI lavori :
glie ne prosentiamo ora i nostri più ealdi ringraziamenti. Ne noteremo le eolla lettera M ; eccetto nei oasi ove la differenza è semplicemente
I l gran numero dei luoghi ove i due codici ci danno una narrazione diversa mostra
varianti
ortografica ( ' } . radicalmente
quanto incerto sia il testo, ed è anche ima indicazione della popo-
larità e propagazione del testo. I l Codice Sìr. 1 5 3 della Bili. Bodleiana di Oiford contiene, ai foL 1 3 - 1 6 una composizione intitolata: y ^ i s )
+
*
Omelia sul Battesimo del re vittorioso Costan-
j ^ j f |Lvi-?
Ua^»
l~ai U ^ » !
Jwek»
tino; di Mar Ephraem il Siro, dottore e colonna della chiesa orientale. Questo fu pubblicato dall'Overbeck O
sotto il
nome
di s. Ephraem,
ma
il
prof. B i c k e l ! liei suo « Conspectus rei Syrorum lìtterariae » aveva già. notato che non dovevasi a lui attribuire non essendo scritto nel metro da lui adoperato, ma nel metro dodecasillabo quello, cioè, di Giacomo di Sarug. Ora troviamo ohe questa composizione non è altro che un frammento della nostra Omelia. l ' e r r o r e del trascrittore ielFassegnarla a s. Ephraem pub essere stato cagionato
dal
fatto
che si
conosceva aver egli scritto sopra Costantino, come viene accennato nella vita anonima del Santo pubblicata dall'Assemanni e riprodotta nella Crestomazia dell' Ohlemann, la quale se non è contemporanea, poiché vi si parla già degli Stiliti, è almeno del V secolo. I l testo del Codice Bod. è quasi identico in generale con q u e l l i del B r i t M u s . , e quando ne differisce segue il V a i . : in qualche
passo, però ha un carattere spe-
ciale. Esso si estonde dai versi 4 9 4 a 6 8 6 del Cod. Y a t . e le varianti sono indicate colla lettera B .
"Versione Araba. N e l Codice S i r . Yat. 199, scritto in Karsùnì, trovasi una versione Araba dell' Omelia : essa è peri) moderna, e forse non molto più antica del codice
stesso,
cioè del 1 5 4 5 . I n quanto , allo stile, il desiderio del traduttore di aggiungere abbellimenti e fioriture ha reso questa composizióne molto più diffusa e noiosa dell'originale. Non ne daremo perciò ohe un breve squarcio, che sceglieremo come saggio di stile : osso corrisponde ai versi 8 5
J.+Z
CJ?òJl
°
jJWi
°
1
s ^ J i
(') o. g.
a 112 del testo siriaco.
l
O
:
=
seltcla, Ox. 1805, p. 335-01.
,
J
'
0
V
à
.
J
t ^ j s •= t
1
-^
5
— (') s• Eflmmi
;
)ijo>l
:
'^J1
Suri; mulete ecc. Opera
;
\Jbj
J L
j L j J t
X£=UÌ\
:
ÌÀ.
jùli»^
^
I V ^
^
(?)
;
u ^ J J
\jj£j
j^oóji^
^oJi
o j ^
le
cdUl
J j ì ì j
U ,
:
J
i j A
W
;
o^jj
y e y i
t - J j U j
;
ù y i
db
ìj'ì :
j-A
5
^
*
C'C^ìJ
x-jl
1
—
;
UjAÌ
o J i
¡^¿x)
\Ji\jj
I
j*^1"^ 11
;
ilj-a. &JJ
( Si avvide l'Imperatore stesso e non seppe che dire,
di tutto ciò che accadeva,
« Ecco che il
riguardi) se
mio padre ha ucciso i medici
ed i
« dotti, e non havvi 1111 solo medico che presso di me non abbia chiamato, ma non « ho ricevuto giovamento alcuno. Clio cosa farò contro questo flagello della lebbra, « che mi affligge, e contro il segno odioso che è sulla mia fronte che mi dà doloro ? « Oli! se a l m e n o ' l a lebbra fosse in qualche parti! nascosta del corpo ! ma manifesta « come una stella m i sta davanti, è il
discorso
delle
mie labbra
che contamina
« tutta l'aria e il p u w o della lebbra ohe mette in fuga chiunque a me s'avvicina. * Qual mai peccato ho io commesso che fin dal ventre materno di lebbra io sia per« cosso? Ovvero che cosa ho fatto contro gli Dei che essi abbiano a tormentare la « mia vita? l'orse ohe mio padre non ha offerto sacrifici e aromi eletti, o elio non « abbia celebrato per essi feste od olocausti? Non vi sono medici i quali possano « risanare questa odiosa l e b b r a : alcuni sono fuggiti, alcuni furono uccisi ed alcuni « lapidati». L ' I m p e r a t o r e avendo detto queste cose, deliberò di mandare all'istante 175 nelle (varie) regioni: « F o r s e hacvi qualche niedieo il quale scampò dal mio padre e non. gustò la morte : incantatore o caldeo che sia qui venga ». Percorrendo le provinole quei che furono mandati andarono e giunsero a Babilonia, la madre delle incantazioni, ed ivi narrarono 1' affare per il quale erano stati mandati, per causa, cioè, della lebbra del grande imperatore Costantino. Alcuni di essi sentirono dagli incantatori e dai caldei ( Ì, ohe c i o è : « Qui soavi nomini pariti « nell'arte, abili e molto versati n e l l ' a r t e salutare ». Annunziarono
all'Imperatore
che, se egli volesse, verrebbero questi presso Ini o senza ambagi monderebbero la lebbra dalle sue membra. Tosto giunse all'Imperatore la lettera che era stata mandata dagli inviati ch'erano partiti. L'apri, la lesse e vi trovò scritto così; «Ecco, « abbiamo viaggiato nelle (varie) provincie come
ci hai comandato: arrivammo a
« Babilonia madre di ogni arte delle incantazioni,
ed ivi narrammo por qual causa
« eravamo mandati.
Siamo vomiti cercando uomini molto versati nell'arte (medica)
« affinchè mondino la lebbra dell' Imperatore. Risposero essi, subito che ciò ebbero « u d i t o : noi monderemo
senza ambagi la lebbra del grande imperatore,
per cui
(') G i a c o i » fa venire gV incantatovi ila Babilonia come so fosse sempre il contro del magiamo, g l i A t t i gli fanno venire dalla Persia, o Mosè (li Khotene dalla Persia e dall'India, Questa incertezza stessa sembrerebbe forse un indizio dell' origino non orientale della leggenda.
— 37 — « cagione siete stati inviati ». Scrisse e mandò tosto una lettera l'Imperatore comandando ohe senza indugio a con ogni diligenza venissero qnesti nomini {'). Giunse il comando ai Babilonesi e li sollecitò; gl'incantatori pure acconsentirono e tutti unitamente si apprestarono. Entrarono innanzi all' Imperatore tutti gì' inviati, e gli 200 narrarono chiaramente tutto ciò ch'ora avvenuto. « Andammo, o signore, a Babilonia, madre degl' incantesimi e abbiamo con« dotto degli uomini versati nell' arte medica. Comanda, o signore, che entrino « e ti espongano la loro arte, poiché, sono periti e molto abili nell'arte salutare ». Comandò l'Imperatore che entrassero innanzi a Ini questi uomini, gì' incantatori coi Caldei, e stettero nel suo cospetto. Apri egli la bocca e parlò affabilmente con essi, dicendo : « Come e con che può guarirsi la lebbra della mia persona ? Codesta « odiosa lebbra che con me nacque fin dal ventre materno. Avete voi il potere di « guarirmi o no ? Dite la verità : non desidero una menzogna, poiché innanzi alla « regia maestà, una menzogna non conviene ». Essi dissero: « Ora è sera, accordaci « tempo, o signore, fino alla mattina, che rallegra la terra col suo fulgore », Or perchè chiesero da lui un indugio se non per imparare da Satana ogni errore ? Entrarono e si nascosero a sera e presero cibo, ed in mezzo della notte invocarono il loro padre, il figlio delle tenebre, affinchè egli insegnasse loro tutta la malizia dell'arte sua, perchè in lui ogni malizia fu fin dal principio. « Vieni, o Satana, e •< con te reca l'Errore, tuo padre. Questo è il tempo di mnorer guerra contro i fan« ciulli ! Vieni, mostra prestamente la tua prodezza! che per te tutto il partito del « male ( ! ) sia glorificato. L'Imperatore cederà.® si darà a te. Sorgi nella pugna, ed 225 « ottieni la corona del valore. Vieni subito, sta con noi e fatti a noi simile ! allora « saremo per te figli che generano prava iniquità. Sii dunque a noi padre 0 poniti « alla nostra testa fortemente, e ti saremo figli che generano falsità e menzogna; ti « ascolteremo e non ci opporremo ai tuoi comandi, perchè a noi si conviene di * prestar obbedienza alle tue volontà. Con te venga pure il tuo compagno l'Errore « che potrà ingannare l'Imperatore col falso, e con noi venga ». Ascoltò il toro Signore, colui che' insegna ogni specie di menzogna , ciò che avevano detto questi discepoli pieni d'iniquità, e si accinse tosto a compiere la loro volontà, ed a condurre a termine nel fatto, ciò che essi desideravano. Chiamò il suo padre l'Errore malvagio ed esso lo accompagnò per modo che , se mancasse qualche piccola cosa, esso vi supplirebbe. Entrò Satana accompagnato dall'Errore presso agli incantatori: aprì la bocca e parlò con loro dicendo: « Non siate tristi ' ( ' ) L à versione araba dice a questo punto cosi : « Quando ciò ebbe udito l'imperatore, ne ebbe molta gin] a, e mandò un suo legato a cercarli
con una sua lettera, ove diceva : «e Da Costantino
« imperatore a tutti i medici clic sono nella città ili Bagdad : il nostro saluto inviamo a voi. Dacché •< ci è pervenuta una lettera da parte dei medici, i quali vi dicono che essi posson fare ciò che in « riguardo di noi hanno udito; so la cosa è vera, che si presentino prestissimamente : saranno bene « accolti e regalati di molti doni : che vengano dunque senza tardare », Questo è un esempio del modo in cui la
versione
araba h a amplificato 111 molti luoghi il
testo sirìaco. f ) È ben conosciuta questa espressione Jlsajo & > o t
t a ^ , « l a parte di quegli di sinistra » che
si riferisci alle parole di Nostro Signore quando parla dei giorno del giudùiQ ( M a l i c. X X V , 3 1 - I t i ] .
6
—
38
—
« quando entrerete presso l'Imperatore, perchè io sarò coti voi e lo commuoverò « eoa gran timore. Parlate avanti all' Imperatore e giurate, e- lasciando ogni timore « sia ferma la vostra mente ». Parlò l'Errore ai figli di ogni menzogna: « Io sarò 250 « il voalro corroboratore, fatevi animo ! siete miei figli e miei discepoli fin dal \ j i \ i j j
J
oli.
Jioi
L ? j \ * a > j \ ,J-C- i — ¿ - J ^
: Uo!
iS'cS\
;i
J
LJ. .
-
^rS'^
w
d ' A )
\
Cli^i J ^ ^ i i
;
:
L
JSLful
* l
« Si sparge nelle varie provincia la notizia c-lve dovessero essere radunate le madri primipara ed « i loro figliuoli, e cadde timore e spavento sopra tutti i Cristiani, ed essi che erano disprezzati « n'ebbero maggior dispregio: t u t t i i cristiani si nascosero, ed i sacerdoti ed i sommi sacerdoti; e
_
.10
—
(l'animo) contro il Maligno e contro l'Imperatore, o combattè fortemente como un atleta. Nel frattanto entrarono tutte le madri innanzi all'Imperatore portando nel 325 seno i loro diletti, TI prefetto degli schiavi vide la grande bellezza di questi iunocenti pargoletti, innalzò gli occhi, dalle pupille fé' scorrere lagrime, e cominciò ad invocare -tristamente il Signore del cielo. « Deh ! o Signore, se tal' è la tua volontà, « salva questi fanciulli. Non lascia, o Signore, che quest' Imperatore sia da Satana « sedotto ! Risplenda la tua luce, si allieti la terra, e che il Maligno sia svergognato ». Scrisse una lettera il prefetto dagli schiavi e la mandò alla madre fedele dell' imperatore Costantino, dicendo : « Quast' è l'ora per te di combattere contro « il Maligno, poiché il tuo figlio si prepara ad infliggere una orrìbile calamità alle « m a d r i ! Sorgi e prega, o non ristarti dal supplicare! Portami a.¡uto, ed io sarò « con te innanzi a Dio ». Tutto ciò mandò il prefetto degli schiavi alla madre dell' Imperatore (' ) affinchè ambedue facessero insieme guerra al Maligno. Subito che la prudente (Imperatrice) ebbe ciò inteso, solleva in alto le pupille, versa lagrime, e prega tristamente, facendo un' orazione piena di mestizia pei fanciulli. « 0 Ottimo ! tu che scendesti dal Padre per redimere il genero umano, abbi « pietà delle immagini che le tue mani han formate affinchè non periscano ! I l « Maligno sta Der infliggerò una orribile calamità alle madri : deh ! che si diffonda « la tua misericordia sopra i loro diletti affinchè non perdano speranza! « Oh! qual grata preghiera ñi quella che fece la madre dell' Imperatore, e mandò a Dio in favore dei fanciulli ! Poscia scrisse e mandò al prefetto dogli schiavi (dicendo) : 350 « lo sarò con te in questa lotta, non turbarti! ma sorgi, o generoso, ed ottieni « la corona di tua prodezza! ed io da parte mia supplicherò il tuo Signore con « dolore e tristezza ». Ricevè il servo la lettera mandata dalla madre dell' Imperatore , e si allietò sentendo che essa sarebbe con lui avanti Iddio. Entrò il servo col cuore pieno d ' u n grande dolore, e si prostrò innanzi al grande Imperatore con ira estrema : alzò gli occhi e mirò gl' incantatori ed i caldei, e si fa di un aspetto pieno d ' i r a contro loro. Aprì la bocca l'ottimo servo o parlò con lui e cominciò
« verni« sapra loro u n i grande angustia. Udì questa grande rosa uno dei capi dei servi dell'Imperatore, « il cui nome era Giusto: e sorse questo servo fedele e nobile » ecc. Questo rum» di Giusto ò probabile perù elle non abbia esistito nel testo siriaco, poiché la versione araba introduce tanti cambiamenti nella » a m a r n e :t questo punto ohe può aver fatto anche questo. Di questo prefetto degli «chiavi non-si parla che in i documenti orientali della leggenda corde in Ebn-al-Athlr, però ne vediamo chiaramente il confronto in un dooumifflto assai anteriore a Giacomo di garúe, nel Jtphtus éiui di Zoeimo, confronto del quale abbiamo già ragionato e d i e móstra ajref esistito un tale personaggio nella forma popolare della leggenda che Üori nel V° secolo in Oriente ed in Grecia. {'I Yaiie sono le opinioni che correvano nel medio evo sul tempo della conversione dell'Imperatrice Elena al cristianesimo. Secondo gli Atti, ella propendeva al giudaismo, però molti doeucumonti, oltre Giacomo di Sarùg la fanno cristiana prima della conversione del suo tìglio. Così il Libdlus de Sanata Heléna ecc., pubblicato dal Heydeniéicb, Bererigosio, De Laude el Tmilntione Sanatile Crucis (Xl°), Ugo Flaviniacense, nella sua Cronaca; qüesti documenti la fanno cristiana fin dalla nascila. Nella prefazione ai canoni arabi del concilio di Nicea (Labbe, Condì, voi. II, coi. 391 e seg.) dicesi nata a Edessa e convertita mentr'era assai giovane! cfr. Coen, Di una leggenda ecc., di Costanti/ io Magno. Arch, Koc. Rom. di Storia Pàtria voi. XV, p. IX 0 12,
— 41 — ad intercédere in favore dei fanciulli, affinchè non fossero uccisi : « Non muoiano, « o Signore, questi pargoletti, se tale è la tua volontà! poiché il sangue dei fanciulli « non possiede l a virtù di mondare la lebbra. Mesciamo le acque del battesimo, « scendi, e immergili in asse, ed io ho in Dio la speranza ohe esso ti monderà: « non solo la lebbra delle tue membra monderà esso, ina anche l ' i n i q u i t à che « lo tue mani hanno fatto. Possiede questa celebrata virtù il battesimo ; fa mira« coli e prodigi e meraviglie. Di eiù mi è testimone la veste di Aezio il quale « era in Antiochia {'): poiché quando Simeou Pietro la ebbe fatta in dodici parti,