Lo spettacolo del brigantaggio. Cultura visuale e circuiti mediatici fra Sette e Ottocento 9791254690130


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Lo spettacolo del brigantaggio. Cultura visuale e circuiti mediatici fra Sette e Ottocento
 9791254690130

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Indice

GIULIO TATASCIORE

Introduzione. Crimine, media e immaginari sociali nel lungo Ottocento

9

I. I ripari del crimine. lconogrqfia e scenari PlERRE FRANTZ Foreste inquietanti. I briganti e il loro mondo nel teatro della Rivoluzione francese VINCENZO

25

DE SANTIS

Trasformazione comica del brigante in Jocrisse chefdes brigands di Dumersan e Mede (1815)

37

GIOVANNA CAPITELLI

Il brigante: una tipologia della pittura di genere nella Roma cosmopolita del primo quarto dell'Ottocento

51

LISA RoscIONI

«Insulsaggini romantiche». Salvator Rosa, Lady Morgan e il paese dei briganti

77

SANDRO MoRACHIOLI

Giovanni Fattori e le immagini brigantesche (1860-1866)

89

Il. Il brigante su pagina. Editoria e romanzo JoELLEN DELucIA

Il gotico transmediale negli anni Novanta del Settecento. I banditti nei Misteri di Udolpho e nel «Gazetteen>

125

Lo spettacolo del brigantaggio

6

FRANCESCO DE CrusrOFARO

Quel brigante dell'innominato AGNESE Sn..VESTRI Briganti di carta: Stendhal, Sand, Balzac alle prese con il tipo

159

MEL~A ÙiANTAL SALERNO Figure iconografiche e letterarie del brigantaggio preunitario nella narrativa popolare

179

141

m. Briganti per tutti. Intrattenimento e spettacolo OLIVIER BARA Briganti d'opéra-comique e d'opéra-bouffe tra topos teatrale francese e immaginario culturale europeo (1830-1869)

201

Grur.,10 TATASCIORE

Briganti pop. La circolazione mediatica di un dramma romantico inglese

221

DANIELE D1 BARTOLOMEO

Il circo dei briganti. Rappresentazioni effimere nella Francia di metà Ottocento

249

HERNAN RooRiGUEZ VAR.GAS La spettacolarizzazione della guerra al brigantaggio: fotografia e giornalismo illustrato (1860-1870)

275

N. Dentro la caverna. Saperi e autorappresenta:ioni ALFONSO TORTORA

''Brigand", "Brigandaie", ''Brigander". Dall'Encyclopédie a Edouard Foumier

303

ANTONIO BUITIGLIONE

Il brigante-rivoluzionario calabrese. Icona romantica e modello radicale (1840-1852)

317

Indice

7

ALESSANDRO CAPONE

Un souvenir di Gasparone. Costruire la biografia di una celebrità criminale

337

SILVANO MoNTALDO

Uno sguardo cangiante. Lombroso e il brigantaggio

377

Indice dei nomi

397

Autrici e autori

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GIULIO TATASCIORE

Introduzione. Crimine, media e immaginari sociali nel lungo Ottocento

1. Transmedia Fxpress Alla base di questo libro c'è un presupposto che si può riassumere così: l'acclarata fortuna dei briganti, sullo scenario dell'età romantica, non è interpretabile al di fuori di quei meccanismi che, a cavallo tra Sette e Ottocento, rivoluzionano i sistemi di comunicazione pubblica su scala europea, se non globale. Si tratta di uno straordinario mutamento che, a conti fatti, segna il passaggio di testimone da una sorta di antico regime mediatico a una nuova e più moderna stagione del consumo culturale, caratterizzata da un significativo allargamento dell'audience, da straordinarie innovazioni tecniche e dalla centralità per molti aspetti inedita dell'elemento visuale. 1 Questa trasformazione, le cui ricadute in senso anche commerciale sono difficilmente sopravvalutabili, è simboleggiata dall'apparizione di supporti grafici - dal diorama alle litografie, dal dagherrotipo alle calotipie, dal taumatropio alle lanterne magiche - e imprese editoriali ad ampio spettro, a partire dai periodici illustrati fino ai romanzi d'appendice, alle enciclopedie popolari o agli almanacchi ameni. Tutti dispositivi che hanno una diffusione socialmente trasversale, ma che soprattutto fanno della complementarità tra testo e immagini un tratto marcante, e che sviluppano con le «idee ricevute» un rapporto 1. Per una panoramica e un'ampia bibliografia: G.L. Froci, A. Petrizzo, Visualità e grande trasformazione mediatica nel lungo Ottocento, in Il lungo Ottocento e le sue immagini. Politica, media, spettacolo, a cura di V. Fiorino, G .L. Froci eA. Petrizzo, Edizioni ETS, Pisa 2013. Cfr. poi A. Pinotti, A. Somaini, Cultura visuale. Immagini, sguardi, media, dispositivi, Einaudi, Torino 2016.

Giulio Tatasciore

interattivo, non meramente illustrativo.2 Ormai da tanto tempo la nozione di cultura visuale è entrata prepotentemente nello strumentario delle scienze sociali. Tramite approcci di taglio transdisciplinare, in effetti, le acquisizioni degli studi visuali hanno mostrato come questa proliferazione di materiali sia il sintomo di una più generale graphic revolution che percorre l'intero lungo Ottocento e prelude agli sviluppi successivi.3 A partire dalle stupefacenti possibilità di riproduzione seriale delle immagini e dal contestuale delinearsi delle categorie estetiche poste alla base della sensibilità romantica - il pittoresco, il sublime-, si attivano reticoli comunicativi marcati dal carattere ibrido dei linguaggi, dal profilo intermediale di supporti e contenuti, dalla natura transnazionale degli scambi culturali e di mercato. Negli ultimi decenni, i visual studies e la storiografia internazionale più aggiornata hanno insistito sul fatto che le radici di un'autentica era mediatica vadano rintracciate in senso genealogico nello scorcio finale del Settecento e durante la prima metà dell'Ottocento, quando in quella che sempre più appare una società di massa in embrione si assiste alla sovrabbondanza - declinabile a seconda dei contesti, con differenze anche rilevanti tra città e campagna, tra diversi ambiti nazionali - di materiali artistici e performativi orientati al racconto di vicende storiche, alla descrizione di luoghi remoti o all'utilizzo, talvolta sfacciato, della cronaca d'attualità. Materiali e artefatti di questo genere, del resto, si mostrano ben pronti a inserire nella loro costellazione di riferimenti anzitutto i grandi (e piccoli) personaggi del momento, instaurando un vero e proprio starsystem ottocentesco che va dalle celebrità mondane fino alle celebrità politiche, passando per un universo bizzarro di avventurieri, occultisti,freaks, 2. R. Amossy:, Les idées reçues. Sémiologie du stéréotype, Natruln:, Paris 1991. Sullo sviluppo dei supporti ottici:, cfr. G.P. Brunett~ Il viaggio dell'icononauta. Dalla camera oscura di Leonardo alla luce dei Lumière:, Marsilio:, Venezia 1997; L. Mannoni, La grande arte della luce e dell'ombra. Archeologia del cinemll:, Lindau:, Torino 2000; É. Imbeau, Lanterne magie~ Edizioni ETS:, Pisa 201 O. 3. D.J. Boorstin, Thelmage: A Guide to Pseudo Events in America, Simon & Schuster:, New York 1961. Si vedano:, tuttavia, P.Anderson, The Printedlmage ami the Transfonnation ofPopular Culture. 1790-1860:, Oxford University Press, Oxford 1991 e The NineteenthCentury Visual Culture Reader:, a cura di V.R. Schwaftz:, J.M. Przyblyski, Routledge:, New York 2004. Più in generale cfr. A History of Visual Culture. Western Civilization from the J8t)c to the 21 st Century:, Berg, Oxford-New York 2010; P. Burke:, Testimoni oculari. n significato storico delle immagini:, Carocct:, Roma 2017; W.J.T. Mitchelt Scienza delle immagini. Iconologia, cultura visuale ed estetica dei media:, Johan & Levi:, Milano 2018.

Introduzione

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uomini e donne che, magari al centro di chiacchierati scandali o eventi rimarchevoli, suscitano la curiosità e lo sdegno, l'ammirazione e la riprovazione.4 Al tempo stesso, però, a questa attenzione persino morbosa verso le personalità più sfavillanti e controverse si affianca una fascinazione non meno viva per i tipi esotici o ancora per i devianti sociali, in un impasto di realtà e immaginazione nel quale si mescolano saperi scientifici e identità collettive, ritratti di usi folcloristici e resoconti di accattivanti esplorazioni. Le modalità della messa in scena e in pagina del sociale finiscono per democratizzarsi, almeno in una certa misura; e questo accade attraverso l'attivazione di circuiti mediatici integrati che contribuiscono a strutturare un 'industria dello spettacolo ancora primordiale, eppure già indirizzata verso un pubblico per così dire medio o, quantomeno, generalista. 5 Pur senza voler esagerare la portata dei processi di "massificazione" delle pratiche e degli immaginari sociali, sta di fatto che di recente gli studi sui media novecenteschi e contemporanei guardano sempre più spesso a ritroso. Al punto che ne è risultata una sorta di archeologia mediale in ragione della quale il passaggio sette-ottocentesco, marcato dal fiorire delle forme pubbliche o private di fruizione, appare come un brulicante laboratorio dove si sperimentano pratiche e codici destinati a conoscere una lunga fortuna. 6 I tentativi di coinvolgimento immersivo dei pubblici, l'appello agli accenti melodrammatici e sensazionalistici, la ricerca di una totale identificazione in presa diretta tra lettorato e personaggi: si tratta di alcuni elementi cruciali che, impensabili senza il perfezionamento dei procedimenti tecnici e lo sviluppo dei mezzi a basso costo, consentono la formazione di nuove esperienze di intrattenimento. Al contempo, tutto ciò si lega inesorabilmente ai fenomeni di spettacolarizzazione della sfera politica, in un impasto ad alto tasso emotivo all'interno del quale i 4. H. Miller:1 Politics Personified. Portraiture, Caricature and Visual Culture in Britain, c. 1830-80:t Manchester Universicy Press:1 Manchester 2015; A. Lilti:1 The lnvention ofCelebrity. 1750-1850:t Policy Press:1 London 2017. 5. Cfr. I. Haywood:t The Revolution in Popular Literature. Print, Politics and the People. 1790-1860:t Cambridge University Press:1 Cambridge 2004; C. Sorb~ Teatro, politica e compassione. Audience teatrale, sfera pubblica ed emozionale in Francia e in Italia tra XVIII eXIX secolo:. in«Contemporanea»:1 3 (2009):.PP· 421-446;Presse, chanson et culture orale au ~ sièc/e. La parole vive au défi de l 'ère médiatique:1 a cura di E. Pillet e M.-E. Thérency, Nouveau Monde éditions, Paris 2012. 6. M.-E. Thérency:IA. Vaillant, 1836: /'an I de l'ère médiatique. Analyse littéraire et historique de la Presse de Girardin:. Nouveau Monde éditions, Paris 2001; J. Lyon-Caer1:, La Lecture et la Vie. Les usages du roman au temps de Balzac, Tallandier:1 Paris 2006.

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Giulio Tatasciore

cicli rivoluzionari e controrivoluzionari che si susseguono su scala globale forniscono una riserva sterminata di eventi, figure reali o immaginarie, parole chiave. Il caso del Risorgimento italiano, in questo senso, costituisce ormai da tempo un campo emblematico e privilegiato nel quale ricollocare la molteplicità delle forze in contrapposizione, oltre che il faticoso ma costante affermarsi delle agenzie di comunicazione e informazione, la mescolanza di registri estetico-artistici, la diffusione dei repertori di azione e dei canali di racconto del politico. 7 La visualità, il potere dello sguardo e della sensibilità ottica, è insomma uno degli elementi strutturanti di questa prima svolta mediatica che, poggiando sull'interrelazione di letteratura, teatro e pittura, oltre che sulla diffusione di oggettistica e di prodotti di proto-merchandising, dona alle fonti iconografiche uno statuto multiplo, dinamico. Se per un lato i media visuali possiedono un certo grado di autonomia, per altri versi tale specificità si inserisce in un confronto permanente con altri linguaggi comunicativi, in un intreccio sfaccettato tra testi, immagini, pratiche, dove gli aspetti discorsivi perdono a loro volta in termini di autosufficienza, mane guadagnano in dimensioni e quantità di livelli analitici. È evidente che, di conseguenza, salta pressoché qualsiasi gerarchia culturale di alto e basso.8 Come traspare, solo per esempio, dalle sale teatrali di epoca rivoluzionaria e poi ottocentesca, le forme di intrattenimento popolare convivono e operano in contiguità con riferimenti del mondo colto, producendo un gioco di rimandi e assimilazioni che hanno un esito significativo sul piano formale, a partire dalla rottura delle regole aristoteliche, 7. C:fr. almeno A.M. Banti:t La nazione del Risorgimento. Parentela, santità e onore alle origini dell 1Italia unita:t Einaudi, Torino 2000; Immagini della nazione ne/1 'Ita/ia del Risorgimento, a cura diA.M. Banti, R. Bizzocchi, Carocci:t Roma 2002; A. Zazzeri:t Donne in armi: immagini e rappresentazioni nell'Italia del 1848-49:t in «Genesis»:t V/2 (2006):t pp. 165-188; L. Riall, Garibaldi.L'invenzione di un eroe, Laterza, Roma-Bari 2001;Storia d'Italia. Annali 22. I/ Risorgimento, a cura diAM. Banti, P. Ginsborg, Einaudi, Torino 2007; S. Morachioli, L 'Italia alla rovescia. Ricerche sulla caricatura giornalistica tra il 1848 e l'Unii~ Edizioni della Normale, Pisa 2013; Culture visuali e forme di politicizzazione nel lungo '800 europeo, a cura di G.L. Fruci,A. Petrizzo, interventi di R. Reichardt, E. Francia, E. Giloi, in «Passato e presente»:t 100 (2017), pp. 25-54; I. Veca, R mito di Pio IX. Storia di un papa liberale e nazionale> Viella, Roma 2018; E. Francia, Oggetti risorgimentali. Una storia materiale della politica nel primo Ottocento> Carocci, Roma 2021. 8. C. Charle, La cultura senza regole. Letteratura, spettacolo e arti nell 1Europa de/l'Ottocento, Viella, Roma 2019; E. Francia, C. Sorba:t Politica/ Objects in the Age of Revolutions. Materiai Culture, National Identities, Politica/ Practices, Viel~ Roma 2021.

Introduzione

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ma anche nell'ambito del rinnovamento degli apparati scenici e, in generale, del dato ideologico. 9 Il trionfo della stampa illustrata - sintetizzato dalla prima generazione dei periodici enciclopedici, quella del «Penny Magazine» che apre i battenti a Londra nel 1832 ed è subito emulato in Francia, Germania o Italia10 - non condensa solo un effettivo ampliamento del pubblico che accede alla conoscenza :filtrata del mondo circostante, remoto o vicino che sia, e altrimenti inaccessibile. Più nel profondo, le strategie editoriali che puntano forte sul rapporto dialogico tra testo e immagine sono spia di una galassia multimediale lesta a trasformare in spettacolo gli eventi storici, i paesaggi naturali o sociali, i popoli esotici. 11 Parallelamente al successo dell'editoria illustrata, infatti, il moltiplicarsi degli optical toys più diversi, come il cosmorama, lo zootropio, il praxinoscopio e altri ancora, assicura una continua alternanza di socialità pubblica e privata, di pedagogia e passatempi ludici, di una fruizione individuale o di gruppo. Ne deriva un ulteriore tratto caratteristico e largamente inedito, ossia la sostanziale transmedialità con cui le rappresentazioni e le narrazioni viaggiano di supporto in supporto, acquisendo nuovi frammenti di senso in funzione delle fitte espansioni mediali, ma anche del coinvolgimento attivo dei destinatari. Anche qui, non va estremizzata la rilevanza di una sorta di «cultura convergente» ante-/itteram, pena l'anacronismo e una perdita di pregnanza della categoria, ormai classica, di narrazione transmediale. 12 Nondimeno, seppur con cautela gli studi sulla cultura di massa invitano a riflettere su quanto le attuali forme di estensione transmediale, incarnate dalla 9. S. Maslan, Revolutionary Àcts. Theater, Democracy, and the French Revolution, John Hopkins University Press Baltimore 2015; C. Sorb~ Il melodramma della nazione. Politica e sentimenti nell'età del Risorgimento, Laterz~ Roma-Bari 2015. 1O. J.-P. Bacot, Trois générations de presse illustrée au XIXe siècle, in «Réseaux», 111 (2002) pp. 216-234; La civilisation dujoumal. Histoire Ctflturelle et littéraire de la presse .françaiseauXIXe siècle,a curadiD.Kalifa, P. Régnier,M.-E. Thérenty A. Vaillant, Nouveau Monde éditions, Paris 2011 e La carta veloce. Figure, temi e politiche del giornalismo italiano dell'Ottocento, a cura di M. Corradi S. Valisa, FrancoAngeli, Milano 2021. 11. M. Samuels, The Spectacular Past. Popular Historyand the Nove/ in NineteenthCentury France, Comell University Press, lthac~ NY 2004; W. St Clair, The Reading Nation in the Romantic Period, Cambridge University Press, Cambridge 2007; S. Venayre, Panorama du voyage. 1780-1920. Mots,figures, pratiques, Les Belles Lettres, Paris 2012. 12. H. Jenkins, Convergence Culture: Where Old andNew Media Collide, New York University Press, New York 2006. Cfr., inoltre, M. Giovagnoli, Transmedia. Storytelling e comunicazione, Apogeo, Milano 2013 e P. Bertetti. Che cos'è la transmedialità, Carocci, Roma 2020. 1

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Giulio Tatasciore

serialità e dai mastodonticifranchise, siano in realtà una derivazione diretta di esperienze accumulate quantomeno dalla metà del XIX secolo, laddove per esempio intorno ai feuilleton popolari di maggior impatto si intravedono in filigrana processi artistico-commerciali che superano i confini delle operazioni, più tradizionali, di trasposizione e adattamento. 13

2. Briganti spettacolari Il brigante - e più in particolare il tipo del brigante italiano, intorno al quale ruota gran parte di questo volume - accede alla spettacolarizzazione della società lungottocentesca fin dalle sue origini. 14 Secolo della visualità e del colore, delle prime immagini in movimento, l'Ottocento è del resto anche il secolo del crimine. Ossia, è il lungo momento in cui si struttura, a partire dalla riflessione settecentesca sulla questione penale e sulla natura antisociale delle figure devianti, un discorso criminologico ben prima che la scientifìzzazione positivista e lombrosiana brevetti, in chiave biologica, i concetti di criminale-nato o di criminaloide, destinati a modellare la teoria dell'atavismo nelle sue variegate accezioni. 15 Il discorso criminologico, penetrando nella cultura di massa e anzi diventandone il protagonista assoluto (basti pensare alla centralità delfait divers e alla sua iper-drammatizzazione), si fa discorso pubblico sul crimine. 16 Questa nar13. U. Eco, Lector in fabula. La cooperazione interpretativa nei testi narrativi, Bompiani, Milano 1979; A.M. Banti, Wonderland. La cultura di massa da Walt Disney ai Pink Floyd, Laterza, Roma-Bari 2017; C. Scolari, P. Bertett~ M. Freeman, Transmedia Archaeology. Fantascienza, pulp, fumetti, Armando, Roma 2020. 14. Per una proposta d'insieme: G. Tatasciore» Briganti d'Italia. Storia di un immaginario romantico, Viella, Roma 2022. Sulle riattualizzazioni della mediatizzazione ottocentesca si parta da G .L. Fruc~ I briganti sono tutti giovani e belli?, in «Meridiana. Rivista di storia e scienze sociali», 99 (2020), pp. 9-27. 15. D. Meloss~ Changing Representations of the Criminal, in «British Joumal of Criminology»» 40 (2000), pp. 296-320; M. Gibson, Nati per il crimine. Cesare Lombroso e le origini della criminologia biologica, Bruno Mondadori, Milano 2004; S. Montaldo, Donne delinquenti. n genere e la nascita della criminologia, Carocci» Roma 2019. 16. Cfr. perlomeno M.-C. Leps» Apprehending the Criminal. The Production of Deviance in Nineteenth-Century Discourse, Duke University, Durham-London 1992; Media, Process, and the Socia/ Construction of Crime, a cura di G. Barak, Garland, New Yorlc-London 1994; A. Mazzacane, Letteratura, processo e opinione pubblica. Le raccolte di cause celebri tra bel mondo, avvocati e rivoluzione, in «Rechtsgeschichte», 3 (2003), pp. 70-97; D. Kalifa, Crime et culture auXIX' siècle, Perrin, Paris 2005; L 'historien, lejuge et

Introduzione

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razione plurale e dinamica, che elabora in molti modi un repertorio simbolico storicamente situato, risponde alle funzioni sociali più disparate e per larghi tratti divergenti, fornendo gli strumenti estetici alle prospettive di taglio moraleggiante, con chiari effetti catartici, o alimentando all'inverso il fascino e il desiderio "nero" di un altrove esotico, repellente e attrattivo, romanticamente maledetto. Cosicché intorno ai bassifondi sociali delle metropoli e delle campagne di tutta Europa si produce una nebulosa che rende il criminale un soggetto strutturante della mediatizzazione in corso. 17 Lo mostrano esempi paradigmatici come la filiera derivata dai Misteri di Parigi, il caso editoriale con cui Eugène Sue tra il 1842 e il 1843 detta lo standard del romanzo a puntate, o come il rimodellamento delle vicende di assassini celebri che transitano dai palcoscenici musicali e in prosa alle stampe, dagli aneddoti d'appendice alle raccolte enciclopediche, in un flusso abbacinante e ininterrotto. 18 Non è un caso che il prototipo del brigante italiano, tra le icone più pervasive dell'epoca romantica, sia incarnato dal personaggio eponimo di un altro successo mediatico a tutto tondo. Quando nel 1798, sulla scia lunga dei Masnadieri di Friedrich Schiller, il bibliotecario tedesco Christian August Vulpius pubblica un romanzo intitolato Rinaldo Rina/dini, storia di un brigante sublime ambientata in un'Italia di maniera, si innesca un ingranaggio complesso. In effetti il supporto originario si trasforma da subito nel fulcro di un reticolo comunicativo più ampio che include le trasposizioni teatrali e varie imitazioni nel formato-romanzo, ma che tracima ben presto con la produzione incontrollata di riedizioni piratate, traduzioni modificate o ancora riduzioni in supporti più agili, come l'economico chapbook. A catena, ed è ciò che va messo in rilievo, a partire dal medium di partenza - cui Vulpius dà una lista consistente di sequel e prequel, con l'idea scontata di cavalcarne il successo - si assiste all'apparizione di ulteriori prodotti che, espandendo l'universo diegetico, confezionano altri spin-off l'assassin, a cura diA. Rauche M. Tsilcounas, Publications de la Sorbonne, Paris 2012; F. Benigno, La mala setta. Alle origini di mqfia e camorra. 1859-1878, Einaudi, Torino 2015; A.-E. Demartini, Violette Nozière, lafieur du mal. Une histoire des années 'trente, Champ Vallon, Paris 2017. 17. D. Kalifa, Les bas-fonds. Histoire d'un imaginaire, Seuil, Paris 2013. 18. L'Italia dei misteri. Storia di vita e malavita nei romanzi d'appendice, a cura di R. Reim, Editori Riuniti, Roma 1989; D. Kalifa, L 'Encre et le sang. Récits de crimes et sociétés à la Belle Époque, Fayard, Paris 1995; S. Knight, The Mysteries ofthe Cities. Urban Crime Fiction in the Nineteenth-Century, McFarland, Jefferson (NC) 2012.

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e meta-narrazioni. A simili dinamiche partecipano nuovi lettori-autori che in questo modo si appropriano del mondo narrativo di Rinaldo Rina/dini e lo ampliano creativamente, in modalità che configurano una precoce, per quanto limitata, esperienza di fan fiction. 19 E qualcosa del genere, seppur in maniera meno eclatante, accade attorno ai grandi successi del romanzo gotico di marca britannica, popolarizzati da un'autrice famosa come Ann Radcliffe (J misteri di Udolpho, del 1794, sono un best-seller internazionale), ma penetrati presso un pubblico più ampio attraverso un sistema di comunicazione già capace di integrare media diversi, dai giornali di varietà alle arti figurative, passando per il teatro professionale e amatoriale. I briganti, o banditti, come li definiscono gli inglesi sulla scorta del modello pittorico di Salvator Rosa, restano una componente chiave del discorso gotico.20 Cosicché nella congiuntura tardo settecentesca, dominata dalle inquietudini del Romanticismo e della Rivoluzione francese, si presenta già un primo banco di prova per la mediatizzazione del brigantaggio, il cui protagonismo assume intanto sfumature politiche che, di li a poco, deflagrano durante le guerre rivoluzionarie e napoleoniche. A dire il vero, la politica è uno dei motori privilegiati di questa storia. Va da sé che ogni tipo criminale, come figura culturalmente costruita, sintetizza una forma di esteriorizzazione delle dinamiche sociali. Però la figura del brigante è immersa in un campo di rappresentazioni ad alta tensione, che è segnato decisamente dalla conflittualità politica e, in particolare, dalle alterne vicende risorgimentali. Si può dire, anzi, che il brigante è un attore permanente del conflitto lungottocentesco, sia in termini operativi e paramilitari, come la storiografia ha da tempo accertato, sia in vesti più sfuggenti, una sorta di cupo fantasma che volta a volta si concretizza nei panni dell'insorgente legittimista o, di contro, del patriota cospiratore.21 L'intreccio 19. Il caso di Rinaldo Rinaldini è dettagliato in M.H. Birkhold, Characters Be/ore Copyright The Rise and Regulation of Fan Fiction in Eighteenth-Century Gennany, Oxford University Press, Oxford 2019. 20. R. Miles, The Gothic Aesthetic: The Gothic as Discourse, in «Tue Eighteenth Century», 32/1 (1991), pp. 39-57. Vedi, in termini generai~ M. Lévy, Le roman "gothique" anglais. 1764-1824, Albin Michel, Paris 1995 e C.M. Davison, Gothic Literature. 17641824, University of Wales Press, Cardiff 2009. Sulle interazioni sovTanazionali del discorso gotico e dei relativi mercat~ si sfoglino D. Hall, French and German Gothic Fiction in the Late Eighteen Century, Peter Lang, Bern 2005 e P. Bridgewater, The German Gothic Nove/ inAnglo-German Perspective, Rodop~ Amsterdam-New Yode 2013. 21. Cfr. oggi le prospettive confluite in C. Pinto, La guerra per il Mezzogiorno. Italiani, borbonici e briganti. 1860-1870, Laterza, Roma-Bari 2019. Sul dibattito storiografico:A.

Introduzione

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tra questione criminale e questione politica è insomma un tratto costitutivo delle elaborazioni culturali relative ai briganti, italiani e globali. Questo dato emerge con chiarezza al tempo dei brigands rivoluzionari e controrivoluzionari, ma vive in maniera larvata già nella filosofia illuminista. Dopo il trauma del 1789, il campo semantico del brigandage si riconfigura e si sintonizza sulle frequenze ideologiche e lessicali di un mondo in rapido movimento.22 Come in passato, i briganti rimangono un catalizzatore delle ansie collettive e sono un emblema inesorabilmente ambiguo di una brutalità che appartiene alla violenza della guerra quanto all'efferatezza criminale. Però, il loro profilo si politicizza con accezioni polisemiche e secondo uno schema che, dalla Francia, si riprodurrà nello spazio italiano in ogni frattura istituzionale, dal triennio repubblicano alla crisi dell'unificazione. C'è un altro punto che vamesso in luce, e che fa da sfondo a tutti i lavori contenuti nel libro. Ovverosia la consapevolezza che l'immaginario sociale abbia una consistenza materiale. Come è stato di recente ribadito, lo stesso aggettivo "sociale" ha una valenza strategica, designandone al contempo la storicità - a lungo posta in discussione dalle letture empiriste - e la pluralità della sua produzione e ricezione.23 E se il dibattito sul carattere storico o meno degli immaginari può considerarsi (forse) chiuso, occorre insistere sul fatto che questi stessi immaginari si concretizzano materialmente in oggetti solidi e densi, in particolare nei prodotti tipici della cultura di massa: romanzi popolari, canzoni da cabaret, stampa illustrata, magazine, album litografici, collezioni, giocattoli,/ait divers, eccetera. Una tale materialità, opposta all'obiezione tradizionale secondo cui l'immaginario non sarebbe "reale", assicura un bacino sterminato di fonti e repertori ancora largamente da esplorare con approcci genealogici, transnazionali e transmediali. In questa diScirocco:, Il giudizio sul brigantaggio meridionale postunitario: dallo scontro politico alla riflessione storica:, in Guida allefonti per la storia del brigantaggio postunitario conservate negli Archivi di Stato:, 3 voll., Ministero per i beni e le attività culturali, Roma 1999:, vol. t pp. Xill-XXXVIII e A. Capone, R brigantaggio meridionale: una rassegna storiogrqfica, in «Le carte e la storia»:, 2 (2015), pp. 32-39. 22. M. MarioD:, Le Brigandage pendant la Révolution:, Plon, Paris 1934; V. Sottocasa, Les Brigands et la Révolution. Violences politiques et criminalité dans le Midi (1789-1802), Champ Vallon, Paris 2016. 23. A.-E. Dema.rtull:, L 'imaginaire socia/, à la vie à la mort, in di collocazione oggi sconosciuta, è stato battuto a un'asta il 30 maggio 2018 (fonte: Artnet).

Giovanna Capitelli

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molto prossimo avviene in un altro disegno di impianto e datazione simili, anche se più grande: lo Studio su di un brigante romano dell'austriaco K.arl Rahl il Giovane, eseguito a Roma tra il 1835 e il 1845 (fig. 2).2 Anche qui il brigante è riprodotto mentre aspetta di essere ritratto, nella posizione stabilita dall'artista. Sui due fogli qui presi in esame, pars pro toto, il brigante è mostrato dagli artisti per quello che è per loro, il che vale a dire, è evidente, almeno in quel momento, innanzitutto un soggetto pittorico. La cosa non è di poco conto, specialmente considerando quanto avventurosamente questo tema in pittura aveva preso avvio - e lo vedremo fra breve - fra narrative, leggende ed evidenze fattuali. Vero è che con il disegno di Friedlaender siamo già avanti nel secolo XIX, nel quinto decennio, quando cioè il tema del brigante, nelle sue molteplici avventure e compagnie, e nelle sue più varie declinazioni, è ormai diventato un vero e proprio filone del genere della pittura del popolo di Roma: un soggetto che molti artisti stranieri utilizzano per finanziare la propria permanenza in città, e che grazie ai collezionisti d'arte e ai Grand Tourists appassionati, conosce un sicuro successo di pubblico e di clientela. In questo saggio si tenta di fissare alcune delle prime tappe dell' evoluzione dell '"immagine del brigante" nelle stampe, in pittura e in scultura, tra Roma e l'Europa.

2. I tempi di un icona 1

Come è più volte ricordato nelle pagine di questo volume e com'è stato recentemente messo a fuoco con particolare perspicacia nel magnifico libro di Giulio Tatasciore, il tipo del brigante italiano è certamente una delle figure più pervasive dell'immaginario europeo tra la fine del Settecento e la metà dell'Ottocento: un'icona del Romanticismo, coltivata e resa popolare dalla letteratura, dal teatro, dall'opera, dalla periodistica e dalle arti :figurative, transmediale come poche altre. 3 Tuttavia, per moti2. Il foglio è ora all'Albertina di Vi~ 425 x 311 mm:, inv. 6207r. 3. Anche per un accurato e particolarmente ricco stato degli studi sui diversi aspetti dell'immaginario romantico del brigante italiano si veda G. Tatasciore:, Briganti d'Italia. Storia di un immaginario romantico, Viella=, Roma 2022; si vedano inoltre almeno: L. Riall:, Eroi maschili, virilità eforme della guerra:, in Storia d'Italia, Annate 22: Il Risorgimento:, a cura di A.M. Banti:, P. Ginsborg:, Einaudi:. Torino 2007, pp. 253-288 e C. Sorba=, Brigands

Il brigante: una tipologia della pittura di genere

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vi che qui non c'è spazio di richiamare ma che dipendono anche dalla scarsa reputazione di parte della cultura figurativa dell'Ottocento, la storia dell'arte non si è interrogata molto intorno a questo soggetto, e se lo ha fatto è stato solo all'interno delle monografie degli artisti che più si sono dedicati al tema (Bartolomeo Pinelli, Léopold Robert, Jean-Victor Schnetz), in cataloghi di esposizioni, a cominciare da quello della mostra napoletana del 1984, espressamente dedicata al soggetto, ma con un taglio eminentemente storico,4 fino a quello della rassegna diAjaccio del 2013 su Le peuple de Rome. Représentations et imaginaire de Napoléon à l'Unité italienne,5 in qualche occasione convegnistica, 6 e in alcuni contributi generalisti, come nell'utilissima raccolta iconografica di Renato Mammucari dal titolo I Briganti. Storia - Arte - Letteratura - Immaginario, del 20007 o, più recentemente, nel volume Anti/Modernitiit: Bilder des F.xotischen und des Paradieses aufErden in der ersten Hiilfte des 19. Jh. in Europa di Angel Valentinov Angelov, apparso nel 2019. 8 Al confronto con l'amplissima letteratura storica, con i numerosi studi sulla letteratura e sul teatro, con le indagini antropologiche ed etnografiche, può stupire come sul tema siano stati rari e sporadici anche gli interventi saggistici che utilizzano gli et bandits dans /es opéras de Giuseppe Verdi et dans l'Italie du Risorgimento, in Création, dissonance, violence. La musique et la politique, a cura di M. Pandolfi e L. McF alls, Éditions du Boréal, Montréal 2018, pp. 285-330. 4. M.A. Fusco, L 'iconogrqfia, in Brigantaggio, lealismo e repressione nel Mezzogiorno 1860-1870, catalogo della mostra, Macchiarol~ Napoli 1984, pp. 41-50. 5. Le peuple de Rome. Répresentations et imaginaire de Napoléon à l 'Unité italienne, catalogo della mostra (Ajaccio, Musée Fesch), a cura di O. Bonfait, Gourfouff Gradenigo, Montreuil 2013. Si vedano anche le recensioni: M.T. Caracciolo,Lecostume italien dans la peinturefrançaise du XVII} siècle.· Nicolas Vleughels (1668-1737), Jean-Baptiste-Marie Pierre (1714-1789), Jean Barbault (1718-1762), Jean-Baptiste Greuze (1725-1805), in «Les Cahiersd'histoire de l'art», 11 (2013),pp. 40-47 edEad.,Àpropos dupeuple deRome et d'une exposition du musée F esch d'Ajaccio, iv~ pp. 122-129. Si veda anche O. Bonfait, Images pour le Grand Tow, motift pittoresques ou représentations ? Le peuple romain au temps des ~umières, in Le Grami Tour et l 'Académie de France à Rome: XVl/1-XIX' siècles, a cura di E. Beck-Saiello, J.-N. Bret, Hennann, Paris 2018, pp. 213-233. 6. Si vedano gli interventi storico-artistici pubblicati in/ briganti del Lazio e l 'immaginario romantico, atti del convegno, a cura di F. e V. De Caprio, Luoghlnteriori, Città di Castello [2016]. 7. R. Mammucari, I Briganti. Storia, Arte, Letteratura, Immaginario, Edimond, Città di Castello 2000. 8. A V. Angelov, Anti/Modernitat.· Bilder des Exotischen und des Paradieses auf Erden in der ersten Halfte des 19. Jh. in Europa, edizione dell'autore, 2019.

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strumenti epistemologici della storia dell'arte. Fra questi vale la pena ricordare almeno il precoce testo di William Hauptman9 e il recente articolo di Jean-Roger Soubiran. 10 Eppure, o, meglio, ciononostante, sono sorti diversi musei intorno al racconto dell'immagine del brigante. 11 Il tema del brigante in pittura, come è stato già osservato, nasce molto gradualmente, e fino agli ultimi decenni del Settecento con un ritmo omeopatico. Non è semplice provare a censire la fase in cui l'iconografia emerge, né i generi della pittura e della grafica in cui si attesta. 12 Se nell 'immaginario popolare dei Bamboccianti e nell'orizzonte visivo di Salvator Rosa, e dei suoi seguaci, in pieno Seicento, qualche brigante o bandito (o, meglio, personaggi che sembrano tali all'occhio dell'Ottocento) compare all'interno delle composizioni, di certo nelle scene di assalto alla diligenza, o fuori dalle taverne, in spazi irriconoscibili perché volontariamente lasciati indefiniti, 13 nella seconda metà del Settecento il motivo pittoresco è meno frequente ma persiste nella pittura di genere di piccolo cabotaggio, soprattutto francese, e in quella inglese, nei paesaggisti che fanno proprio, apprezzandolo, il sublime alla Salvator Rosa.14 Ma non solo; l'interesse da parte dei pittori per un'umanità altra e irregolare, provata dalle esperienze più dure della vita, capace di crimini e di 9. W. Hauptman, Gleyre, Vernet, and the Revenge of "Les Brigands Romains", in «TheBulletin ofthe Cleveland Musewn ofArt», vol. 68, 1 (1981):, pp. 17-34. 10. J.-R. Soubiran, La postérité du thème des voleurs et brigands de Léopold Robert dans la peinturefrançaise entre 1840 et 1870, inAu voleur ! lmages et représentations du vol dans la France contemporaine (XIX'-XJe siècle), Éditions de la Sorbonne:, Paris 2014:, online: books.openedition.org/psorbonne/57659. 11. M. Cattaneo, Brigantaggio e patrimonio culturale. Una riflessione su alcune recenti tendenze museali e turistiche:, in a spese di Pompeo Magnaghi> Torino 184t pp.175-192. 22. Sulle reazioni degli intellettuali italiani all'opera di Morgan cfr. le acute osservazioni di Isabella> Risorgimento in esilio, p. 260 e sgg.> e di Tatasciore, Briganti d'Italia, pp. 164-165. 23. Lettere di Carlo Botta al conte Tommaso Littardi, Tip. del R. Istituto de' sordomuti, Genova 1873> p.106: Parigi> 23 dicembre 1827. 24. [Botta]> Mémoires sur la vie, p. 44.

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l'autrice! AvTebbe anche potuto aggiungere poetici secondo lo stile di certa scuola, verso la quale pare, che la nostra autrice penda con qualche predilezione. State a vedere, che noialtri poveri galantuomini abbiamo torto, ed i briganti ragione, perciocché noi siamo del tutto prosaici, e i briganti sono poetici, e pittoreschi. Datemi qua un buon corsaro, o Wl assassino: questi sì che sono da ammirarsi! Resta, che noi altri poveri prosaici ci lasciamo rubare, ed ammazzare di buon grado per far piacere alle muse inferme d' oggidì.25

Irritante anche l'ardita associazione tra i briganti e i nobili napoletani che, secondo Morgan, li capeggiavano, «sicché in quei luoghi, nobili, e plebei, tutti erano briganti». Un clamoroso falso storico, ricorda Botta, dato che «i baroni napolitani, la storia lo narra, ed il mondo lo sa, avevano combattuto, e combattevano, non per la libertà della patria, ma per la conservazione dei loro diritti feudali, e per poter continuare la loro detestabile tirannide sui popoli a loro soggetti». Morgan, insomma, aveva fatto una gran confusione e le sue pagine sull'adesione di Rosa alla rivolta di Masaniello sarebbero state bene «in capo ad un dramma per musica di Metastasio», ma in libro di storia erano sono «ornamenti disdicevoli». Della stessa opinione, ma da un'altra prospettiva culturale e politica, era anche Francesco Saverio Sal:fì, letterato e patriota moderato, che nella sua recensione dell'edizione francese sulle pagine della «Revue encylopedique»26 si era espresso con toni che rasentavano la più retriva misoginia. L'incipit rivela subito l'intento denigratorio: Lady Morgan, già nota per «la hardiesse et la singularité de ses productions littéraires» (l' allusione qui è al resoconto di viaggio lta/y, uscito tre anni prima e divenuto immediatamente un successo editoriale), credendo che gli italiani avessero fatto cadere Salvator Rosa nell'oblio, aveva deciso di resuscitarlo con un'opera che aveva la pretesa di restituire, per il tramite della biografia dell'artista, un'intera epoca. Seguiva quindi una lunga lista di strafalcioni e inesattezze storiche che si era potuta permettere grazie al «privilège de son sèxe» e alla «célébrité de son nom». In un'operazione simile si prodigarono anche altri recensori sulle pagine di riviste conservatrici come la «Cambridge Quarterly RevieW>> nella quale, pur riconoscendo l'indubbio interesse per la rivalutazione di Rosa come poeta proposta da Morgan, si contestava a quest'ultima l'aver «taking up her argument on the ground of patriotism, and endeavouring to 25. lvi:t p. 44. 26. «Rewe encylopédique», XXII (1824), pp. 109-121.

«Insulsaggini romantiche»

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establish the Painter's fame as a demagogue and a radicab>. 27 Nelle pagine dell '«Edinburgh Review» William Hazlitt esordiva dichiarando: We are not among the devoted admirers of Lady Morgan. She is a clever and lively writer- but not very judicious, and not very natural. Since she has given up making novels, we do not think she has added much to her reputation - and indeed is rather more liable than before to the charge of tediousness and presumption. There is no want, however, either of amusement or instruction in her late performances - and we have no doubt she would write very agreeably, if she was only a little less ambitious of being always fine and striking. 28

Noiosa e presuntuosa, la sua opera era per Hazlitt in gran parte «very fabulous and apocryphab>, basata su pochi dati certi e molte, troppe congetture e interpretazioni fantasiose. Un esempio tra tutti la descrizione del presunto stato d'animo cupo e malinconico di Rosa mentre si trovava prigioniero dei banditi che Morgan deduceva non da fonti sicure, ma dai paesaggi dipinti a lui attribuiti: Never, perhaps, in the deserts of the Abruzzi, in the solitudes of Otranto, or in the ruins of Paestum, did Salvator experience sensations of such utter loneliness, as in the midst of this gaudy and multitudinous assemblage; for in the history of melancholy sensations there are few comparable to that sense of isolation, to that desolateness of soul, which accompanies the :first entrance of the friendless on a world where all, save they, bave ties, pursuits, and homes. 29

Una pagina come questa, osservava Hazlitt, dava la percezione erronea che la storia fosse solo pura «effusion of sentiment»30 e non ricostruzione puntuale del passato sulla base di fonti certe. Leggendola si aveva l'impressione di sfogliare il «Mrs Radcliffe's lta/ian», oppure i Misteri di Udo/pho della stessa Ann Radcliffe, pubblicato a Londra nel 1794, nel quale si narravano le disavventure di Emily St. Aubert, vittima di terrori soprannaturali in un castello sugli Appennini e tipo dell'eroina gotica, oppressa qui dalle macchinazioni di un brigante italiano. 31 27. «Cambridge Quarterly Review». 1825, pp. 299-309. 28. W. Hazlitt, The Life and Times ofSalvator Rosa by Lady Morgan. in «Edinburgh Review», LXXX (luglio 1824). pp. 316-349. 29. Morgan, The /ife and the times. p. 174. 30. Hazlitt, The Life and Times. p. 336. 31. Sulla figura del brigante-condottiero nei Misteri di Udolpho. dr. Tatasciore. Briganti d'Italia. pp. 82-83 e il contributo di JoEllenDeLucia in questo volume, in.fra. pp. 125-139.

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L'attacco forse più violento contro il libro della Morgan fu però quello sferrato dalle pagine del quotidiano protestante e reazionario dublinese «Tue Moming Star and Fashionable World», nel quale, in un articolo a firma della direzione, si millantava di aver ricevuto una lettera di Ugo Foscolo (notoriamente amico della scrittrice) che contestava i «main facts» della biografia su Rosa e le pretese amicizie della Wild lrish Giri con nobili e intellettuali italiani, tra cui lo stesso Foscolo. Ma visto che quest'ultimo negava fieramente di aver mai scritto quelle parole, sostenendo che si trattava solo di un 'impostura, il giornale pubblicò allora la lettera, con tanto di certificati di autenticità allegati, che così esordiva: All'Editore del Dublin Star, Regent's Park, 24 febbraio 1824. Signore, Ho letto ultimamente nel suo giornale alctmi estratti della vita di Salvator Rosa scritta da lady Morgan. Mi permetta di dirle, signore, che è stata sempre la mia intenzione di pubblicare la vita di questo celebre artista il quale ha occupato esclusivamente la mia attenzione per molti anni. Ho studiato molto su questo soggetto, e le mie informazioni che ne ho ritratto derivano dalla più vera sorgente. Mi credo inoltre in dovere di dire che il fatto che V. S. dà come procedendo dalla penna di Milady Morgan non è sostenuto da alcuna prova autentica né da alcuna tradizione che possa farne fede, e che i fatti ivi descritti non possono essere che un masso d' invenzioni della sempre inesausta fonte d'immaginazione della nostra Milady. 32

L'affare finì in tribunale e alla fine il giornale fu costretto «a confessare che avevano lettere foggiate, imposture scherzose; e si rivelarono a un tratto fonerie degne di riso». 33 La questione però della mancanza di prove storiche e delle presunte «invenzioni» di Morgan toccava un punto sul quale Foscolo si era espresso, come è noto, in modo assai critico a proposito di alcuni best-seller della letteratura di viaggio, come i Classica/ Tours (1813) di John Chetwode Eustace (a cui per altro la stessa Morgan si era rifatta per il suo ltaly, seppur prendendone le distanze), che continuavano a riproporre stereotipi e pregiudizi sull'arretratezza della società e della cultura italiana. In effetti, molti di quei testi, compresi i libri di Morgan, rivelavano l'incapacità

32. Riportato in F. Viglione, Ugo Foscolo in Inghilterra, in «Annali della R. Scuola Normale Superiore di Pisa. Filosofia e Filologia», 22 (1910). p. 83. cui si rimanda per la ricostruzione di tutta la vicenda. Cfr. anche U. Foscolo.Epistolario, 9. 1822-1824, a cura di M. Scotti, Le Monnier. Firenze 1994. p. 361. 33. U. Foscolo. Lettera Apologetica, in Id .• Opere, V, Le Monnier, Firenze 1850, pp. 506-597. p. 597. cit. in Viglione. Ugo Foscolo in Inghilterra. p. 89.

«Insulsaggini romantiche»

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di molti viaggiatori del Grand Tour - soprattutto di quelli inglesi - di comprendere gli italiani e la loro storia, recente e meno recente. 34 Le pagine di Morgan sui banditi, seppur nei distinguo che aveva proposto, non contraddicevano quanto, qualche anno dopo la pubblicazione del suo libro su Rosa, affermava Charles MacFarlane nel suo The Lives and Exp/oits of Banditti and Robbers (1833). 35 Consapevole di come nessuna specie di narrazione, tranne forse quella dei naufragi, producesse un'impressione più profonda sulle persone di ogni età e condizione, MacFarlane avvalorava la sua storia dei briganti in base alla sua esperienza personale: Tue conviction, and the circumstances of my having passed a number of years in the south of Italy - the land of brigandism par excellence - and of having repeatedly visited the wildest parts of that country, and possessed myself there of some cw-ious details, induce me collect my own materials, and by uniting them to the authentic statements of others, to produce, for a winter evening amusement, a sort of history ofltalian banditti. 36

Morgan aveva sostenuto la causa italiana tanto da essere stigmatizzata dalla censura napoletana come fomentatrice di «carbonica indipendenza».37 Tuttavia, cercando di difendere gli italiani dai pregiudizi degli osservatori stranieri riguardo alla loro presunta e atavica arretratezza, aveva finito di fatto per confermarli, accontentando così i lettori e turisti che ancora visitavano il Sud della penisola italiana alla ricerca di quei briganti immaginati e letti nei romanzi o nelle guide di viaggio.

34. Sulla critica di Foscolo alla letteratura di viaggio cfr. Isabella, Risorgimento in e.silio. p. 253 e sgg. 35. C. MacFarlane. The Live.s and Exploits ofBanditti andRobbers in Ali Parts ofthe World, Edward Bull and J. Andrews, 2 voli .• London 1833. 36. Ivi, I, p. 5. 37. Così la nota riservata del 17 gennaio 1822 del Commissariato di Napoli che bloccava la circolazione di ltaly pubblicata in L. Causo, G.O. D'Orso, Lady Morgan: fomentatrice di "carbonica indipendenza 11 • in Miscellanea di studi "Mons. Grazio Gianfreda 11 , a cura di G.O. D'Urso. in «Note di storia e cultura salentina», :xxm (2013). pp. 120-136, in part. p. 124.

SANDRO MORACIIlOLI

Giovanni Fattori e le immagini brigantesche (1860-1866)

Macchiaiolo io? Piuttosto brigante. Nino Costa1

La diffusione del brigantaggio nel Mezzogiorno postunitario costituisce un'occasione formidabile per l'affermazione italiana della fotografia in carte de visite. 2 Tascabile e di basso costo, si tratta del formato perfetto per soddisfare le attese di un ampio pubblico desideroso di vedere dal vero i famigerati briganti. Nella produzione sono coinvolti grandi fotografi, come il francese Alphonse Bemoud, e una serie di oscuri artigiani dell'immagine, titolari di piccoli studi di provincia (Raffaele Del Pozzo a Salerno, i fratelli Santoro a Cosenza, Giuseppe Chiariotti a Benevento), specializzati e molto attivi al seguito delle forze di repressione. 3 Non è un caso che uno dei principali promotori dell'uso delle fotografie per la lotta al brigantaggio sia lo stesso generale Pallavicini di Priola: oltre a mostrare il vero volto e i costumi di personaggi resi leggendari da una narrazione giornalistica e letteraria martellante, le fotografie brigantesche svolgono infatti due fonda1. La citazione è tratta da E. Somaré, Storia dei pittori italiani dell'Ottocento:. L,Esame, Milano 1928, II, p. 46. 2. Sul contesto storico:. si veda C. Pinto, La guerra per il Mezzogiorno. Italiani, borbonici e briganti. 1860-1870:t Laterza, Roma-Bari 2019. Sulla rivoluzione della carte de visite, cfr. E.A. McCauley:t A.A.E. Disdéri and the Carte De Visite Portrait Photograph, Yale UniversityPress, New Haven-London 1985. 3. Secondo alcuni studiosi si tratta addirittura di wi nuovo «genere fotografico»; altri, più cautamente:. sottolineano quanto:. in realt~ questa fotografia sia debitrice di schemi iconografici preesistenti, di radice grafico-pittorica Cfr. U. Di Pace:, Raffaele Del Pozzo fotografo dei briganti:. inJ.J. Lichtensteiger, Quattro mesi.fra i briganti, 1865-66:.Avagliano:t Cava dei Tirreni 1984, pp. 107-176, in part. pp. 111-112. Una sottolineatura più marcata dell'importanza dell'iconografia pre-fotografica si trova in P. Morello:. lntroduzion~ in Id.:t Briganti, fotogrqfia e malavita nella Sicilia dell'Ottocento:, Sellerio, Palermo 1999, pp. 11-65.

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mentali funzioni pratiche nella lotta al brigantaggio.4 Aiutano a identificare i briganti e diventano ben presto degli importanti strumenti di propaganda. 5 All'interno di questa produzione emerge progressivamente un filone iconografico dotato di una sinistra autonomia: la fotografia dei briganti catturati, per lo più ripresi da morti. Si tratta di un filone tristemente fortunato: ancora sul finire del secolo, seduto su una comoda poltrona o al tavolino di un caffè, il lettore di una grande rivista tarata sui gusti della borghesia liberale come «L'Illustrazione italiana» poteva assaporare compiaciuto il brivido delle fotoincisioni di banditi uccisi dalle forze dell'ordine.6 Erano state proprio le fotografie di briganti morti a impressionare più a fondo il critico francese Jules Claretie, di passaggio a Napoli nel 1866. La sala allestita in via Toledo da Bemoud sfoggiava «la collezione più completa delle fotografie de' capibriganti e delle loro dame»-1 Claretie si era soffermato sulla «collezione di cadaveri» esposti al passeggio giornaliero: un «obitorio al collodio», una «galleria di atrocità» che, destinata al sollievo della borghesia napoletana, contrastava brutalmente con l'immagine folcloristica dell'ex-capitale borbonica.8 Apparentata alla pratica, ampiamente in uso durante la repressione del brigantaggio, di esporre sulla pubblica piazza i cadaveri dei nemici,9 questa branca della fotografia brigantesca documenta spietatamente i successi della campagna di contro-insurrezione guidata da Pallavicini. Al netto di estetizzazioni successive, che pure non sono mancate, si tratta di «foschi trofei, dimostrazioni spietate di una capacità di catturare e uccidere, prove testimoniali che debbono incutere terrore nel nemico e in chi lo sostiene. Anche aiutare carriere militari e scalate politiche» .10 4. Sin dal 1864 Pallavicini ingaggia al suo seguito il fotografo casertano Emanuele Russi e si preoccupa di inviare immagini fotografiche a «L,Emporio Pittoresco», giornale illustrato milan~e pubblicato da Edoardo Sonzogno. Cfr. Di Pace, Raffaele Del Pozzo, pp. 118-119. 5. E Di Pace a citare una vignetta di Casimiro Teja (pubblicata sul «Mondo in caricatura» del 1865) che ironizzava sulle forniture di fotografie in formato carte de visite ai soldati: ivi, p. 123. 6. Si vedano per esempio le fotografie dei cadaveri della banda Maurina o di Domenico Tiburzi pubblicati su «L ,Illustrazione italiana» nel 1894. 7. A. Goujon, Cronaca e/atti diversi, in «I/Indipendente», 1° febbraio 1866. 8. J. Claretie, La poudre au vent, Degorce-Cado~ Paris 1869, p. 204 (testo del 19 maggio 1866) epp. 216-217. 9. Su questo punto, vedi D. Forgacs, 1\lessaggi di sangue. La violenza nella storia d'Italia, Laterza, Roma-Bari 2021, pp. 53-60. 10. C. Bertelli, La fedeltà incostante. Schede per la fotogrqfia nella Storia d'Italia fino al 1945, in Storia d'Italia,Annale 2: L 'immaginefotogrqfica. 1845-1945, a cura di C. Bertelli e G. Bollati, vol. I, Einaudi, Torino 1979, pp. 57-198, in part.: 71.

Giovanni Fattori e le immagini brigantesche

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«Il brigantaggio è realistico»: la formula con cui Claretie sintetizzava l'impressione delle fotografie di briganti era per certi versi fascinosa. Secondo lo scrittore :francese, l'uso della fotografia cancellava di colpo gli errori, i miti, le finzioni iconografiche tradizionali sul brigantaggio. Offuscate le leggende romantiche e i loro più tipici attributi visivi, dal cappello a punta all'archibugio, i briganti si rivelavano simili «a volgari bracconieri della Beauce» o, se più affettati, a banali commessi di negozio armati di revolver.11 Gli studi recenti confermano che la fotografia riveste un ruolo decisivo nel cambio di paradigma della rappresentazione del brigantaggio: il suo uso nuovo e massiccio costituisce una delle prime avvisaglie del declino di un immaginario romantico e teatrale, in direzione di una «oggettivazione del crimine» che diverrà prevalente con il positivismo di secondo Ottocento. 12 Ma gli anni della guerra al brigantaggio non coincidono soltanto col momento in cui la fotografia "di massa" delle carte de visite inizia a imporre un paradigma realistico alla cultura visiva contemporanea. Questo è anche il periodo in cui, nel campo artistico italiano, gli artisti più avvertiti sondano le possibilità del realismo pittorico. È in questa fase che uno dei più grandi pittori dell'Ottocento europeo, il "macchiaiolo" Giovanni Fattori, realizza il primo, forse l'unico, quadro compiutamente realistico dedicato alla guerra al brigantaggio. Ma si tratta dello stesso realismo di cui parla Claretie? Questo saggio intende riflettere riflette sulle dinamiche di impatto della fotografia del brigantaggio nella cultura visiva italiana durante la "guerra per il Mezzogiorno". L'obiettivo è duplice. In primo luogo, approfondire un'analisi dei diversi linguaggi visivi e delle loro interrelazioni nel campo della rappresentazione dei briganti. 13 In secondo luogo, approfondire lo studio di un'opera tutto sommato poco indagata di Fattori, prestando particolare attenzione a come il pittore livornese rielabora i materiali visivi a sua disposizione. La convinzione di fondo è che proprio l'occhio e l' esperienza visiva di un grande artista come Fattori consentano di comprendere meglio le caratteristiche peculiari delle immagini brigantesche e, di riflesso, i posizionamenti del pubblico rispetto a esse. Il contributo si articola 11. Claretie:, La poudre au vent:, p. 217. 12. G. Tatasciore:, Rappresentare il crimine. Strategie politiche e immaginario letterario nella repressione del brigantaggio (1860-70):, in «Meridiana. Rivista di storia e scienze sociali»:, 84 (2015):, pp. 237-258:, in part.: 257-258; Id.:, Briganti d'Italia. Storia di un immaginario romantico:, Viell~ Roma 2022. 13. Punto di partenza imprescindibile rimane il catalogo della mostra Brigantaggio, lealismo, repressione nel Mezzogiorno, 1860-1870:, G. Macchiaroli:, Napoli 1984.

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su tre snodi. Il primo segue una cronologia relativamente precoce, intorno al 1861, e riguarda i rapporti, all'insegna della competizione, tra disegno e fotografia nella stampa illustrata satirica e di attualità. Il secondo ricostruisce alcune tappe cruciali nell'affermazione della fotografia dei cadaveri di briganti, tra il 1861 e il 1864. Il terzo snodo si concentra sul dipinto di Fattori intitolato Arresto di briganti (fig. 1), cercando di ricostruire la posizione del pittore livornese riguardo al fenomeno del brigantaggio e, in particolare, riguardo alle fotografie brigantesche.

1. Disegno contro fotografia: la stampa illustrata La possibilità di riprodurre i briganti in fotografia mette subito in fibrillazione gli operatori della stampa illustrata. I caricaturisti ingaggiano una singolare sfida con i fotografi: «Giovedì 4 Luglio 1861 pubblicheremo il ritratto preso da una fotografia del famigerato CIDAVONE, Feld. Maresciallo di sua bombesca Maestà. Arlecchino ha mandato espressamente nelle campagne di Sora un distinto artista fotografo»-1 4 Con questo annuncio, il giornale satirico napoletano «L'Arlecchino» stuzzica le attese di un pubblico affamato di ritratti dei briganti più temibili. Di lì a poco, Luigi Alonzi detto Chiavone diverrà il protagonista delle prime cartes de visite fotografiche e i principali capi briganti faranno il loro ingresso tra le celebrità contemporanee, guadagnando spazio negli album fotografici accanto a uomini politici, militari, attori e attrici di teatro, musicisti. 15 Intanto, però, il disegnatore di «L'Arlecchino» ha bruciato tutti sul tempo. Il risultato è un ritratto volutamente agli antipodi del realismo fotografico. La deformazione caricaturale è spinta ben al di là di ogni possibile verosimiglianza. Chiavone è una figura mostruosa in cui si fondono i tipici attributi del brigante romantico con la simbologia legittimista (fig. 10).16 Nel frattempo, all'interno della stampa illustrata "seria" si viene a innescare un altro tipo di competizione. Lo stile documentario della fotografia sfida le possibilità di caratterizzazione patetica del disegno. Emblematico è 14. La compilazione» Chiavone, in «L,Arlecchino»» 30 giugno 1861. Si veda anche 1' articolo Chiavone e i giornalisti, in «L,Arlecchino»» 4 luglio 1861. 15. Cfr. Brigantaggio, lealismo, repressione» pp.138-140. 16. La competizione con la fotografia è un filone su cui Melchiorre Delfico gioca spesso. Si vedano le sue F otogrqfie di capi briganti, in «L,Arlecchino»» 8 e 1O dicembre 1861.

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il caso del giornale torinese Napoli 1861. 20. La Redazione, Tipi e scene del brigantaggio. 21. P. Paget, Une visite à Chiavon~ in «VI1lustration», 11 gennaio 1862. Su cui si veda: U.DiPace,Lafotogrqfia, in Brigantaggio, lealismo, repressione,p. 52 eld.,Rajfaele Del Pozzo:> pp. 144-145.

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stasia - «il più famoso capo dopo Chiavone, ucciso in un col suo luogotenente» - a fine agosto, a Pollena Trocchia. La «fucilazione dei sei principali istigatori e caporioni del brigantaggio», avvenuta a Somma a fine luglio. Nelle sue cronache De La Varenne appare misurato. Quando descrive il cadavere di Barone non esita a definirlo come «un giovanotto di :fisionomia intelligente e severa». 22 Nel caso poi dell'episodio della fucilazione di sei briganti catturati dai bersaglieri nelle boscaglie di Somma, descrive i fatti in maniera asciutta, non senza un tocco di umana compassione.23 Anzi, non si trattiene dal definire illegale e crudele l'esecuzione avvenuta «dopo un breve processo sommario», anche se «le deplorate vittime non erano davvero stinchi di santi». 24 Perfettamente in linea con il registro degli articoli, le illustrazioni fotografiche appaiono del tutto prive di intenti sensazionalistici. Del fotografo, un certo Roze, si sa pochissimo. Se non che si tratta di una «professionalità di tutto rilievo», attiva tra Roma e Napoli. 25 Purtroppo, conosciamo le sue fotografie di briganti soltanto nella traduzione grafica eseguita per «Il Mondo lliustrato».26 Con due eccezioni. La prima è rappresentata dall'originale usato per l'incisione realizzata su disegno del giovane Lorenzo Delleani,27 individuabile in una fotografia già appartenuta alla colle22. [L. De La Varenne], Tipi e scene del brigantaggio napoletano. Vincenzo Barone. Lettera alla redazione del Mondo Rlustrato, in «Il Mondo Illustrato», 21 settembre 1861. 23. [L. De La Varenne], Tipi e scene del brigantaggio napoletano. I briganti di Somma, in «Il Mondo Illustrato», 28 settembre 1861. 24. L'esecuzione, avvenuta il 22 luglio 1861, ebbe vasto clamore mediatico e suscitò diverse proteste, nel campo della stampa filo-borbonica, per l'uccisione arbitraria di «sei pacifici cittadini». Si veda per esempio: F. Proto Carafa, La verità sopra gli uomini e le cose del Regno d'Italia e mozione d'inchiesta, Stamperia Strada nuova Pellegrini, Napoli 1862; Id., The Motion oflnquiry on the State of the Two Sicilies, made in the Italian P arliament, W. Jeffe, London 1862, p. 24. Si vedano anche i documenti pubblicati in Brigantaggio, lealismo, repressione, p. 122. La vignetta della fucilazione di Somma viene ripresa, senza particolare indignazione, da «The Illustrated London News» del 12 ottobre 1861. 25. P. Becchetti, Lafotografia a Roma: dalle origini al 1915, Colombo, Roma 1983, p. 341. 26. La prima fotografia pubblicata rappresenta un milite della guardia mobile napoletana a cavallo, in vedetta, con una nuova uniforme. L'ultima ritrae Sabbato di Palma, discussa «guida» dei bersaglieri nelle missioni contro i briganti. La posa di quesf ultimo peraltro ricorda (e anticipa) in maniera significativa la fotografia di un'altra «guida» della repressione: Giuseppe Caruso, fotografato da un anonimo intorno al 1863: Brigantaggio, lealismo, repressione, p. 24 5. 27. Delleani aveva appena realizzato un disegno delle Mummie di Venzone pubblicato su «Il Mondo Illustrato» (agosto 1861). È probabilmente per questo motivo che è toccato a

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zione di Pietro Becchetti, che però la datava al 1865 (fìgg. 2 e 3 ). 28 I cadaveri del brigante Vincenzo Barone e del suo luogotenente stesi nel cortile di una caserma. Supini, uno a fianco all'altro. I tronchi accatastati dietro le loro teste danno profondità e rilievo alla composizione. La modalità di rappresentazione di questi coipi è ben diversa dai canoni che si imporranno negli anni successivi. A livello tecnico, la fotografia non è realizzata nel formato carte de visite che, di li a poco, si affermerà - in maniera quasi esclusiva29 - nel campo delle fotografie di briganti. Si tratta del medesimo formato stereoscopico, maneggevole e leggero, adottato da Alphonse Bemoud nel suo celebre reportage sul terremoto in Basilicata del 1857.30 Ma soprattutto, le immagini di Roze sono «fotografie di insolita dignità» nel campo della fotografia del brigantaggio.31 In esse prevale una volontà di asciutta documentazione. La seconda eccezione conferma la spiccata sensibilità di questo misterioso fotografo: è un'intensa fotografia relativa all'arresto di alcuni briganti da parte delle truppe francesi nello Stato pontificio (fìg. 4). Può essere utile raffrontarla con una litografia dall'impostazione sorprendentemente simile, pubblicata nel 1860 sul giornale satirico fiorentino «Il Lampione». Il caricaturista Adolfo Matarelli biasimava la liberazione dei carcerati pronti alla difesa della Santa Bandiera e della restaurazione borlui il macabro soggetto brigantesco. Su Delleani, si veda: Delleani e il suo tempo, a cura di G.L. M ~ Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo 2008 (in cui, tuttavi~ non sono presenti riferimenti all'attività giornalistica del giovane pittore). 28. Cfr. P. Becchetti. Fotogrqfi efotogrqfia in Italia, 1839-1880, Quasar, Roma 1978, taw. 260-261. 29. Sulla prevalenza quasi assoluta del formato carte de visite nella fotografia brigantesc~ cfr. Di Pace, Raffaele Del Pozzo, p. 116 e p. 129. 30. Sul reportage del 1857 di Bernoud, pubblicato su «I/Illustration», cfr. F. Speranz~ Alphonse Bernoud pioniere della fotogrqfia: luoghi, persone, eventi, in Alphonse Bernoud: pioniere della fotogrqfia: luoghi, persone, eventi, Arte'm, Napoli 2018, pp. 21-65, in part. pp. 34-36. Si può ipotizzare che Roze e De La Varenne siano entrati in contatto grazie alla mediazione di figure come lo stesso Bernoud, o comeAlberto Detken, libraio napoletano che aveva pubblicato un libro di De La V arenne (La mort de Napoleon III): intorno al 1860, il negozio di Detken a Largo di Palazzo (piazza Plebiscito), vantava un vasto rifornimento di fotografie stereoscopiche ed era frequentato da artisti e intellettuali. Sulla libreria Detken, cfr. M. Picone Petrusa, Linguaggio fotografico e "generi" pittorici, in Immagine e città. Napoli nelle collezioni Alinari e nei fotogrqfi napoletani fra ottocento e novecento, a cura di G. Galasso, M. Picone Petrosa e D. del Pesco, Macchiaroli, Napoli 1981, p. 36. 31. Oltre a Becchetti, 1' unico studioso a citare, seppur di sfuggita, queste immagini è Bertelli, Lafedeltà incostante, p. 71.

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bonica (fìg. 5).32 Al contrario, nella fotografia di Roze sono del tutto assenti intenti di stigmatizzazione e denigrazione. Più ambiguo è il caso dell'illustrazione delle fucilazioni di Somma pubblicata su «Il Mondo Illustrato» (fìg. 6). Nonostante la garanzia di De La V arenne - «il nostro fotografo ebbe il raro sangue freddo di rimaner presente alle sei esecuzioni e di coglierne sull'atto la immagine che qui riproduciamo» - la fotografia, di cui non si conosce l'originale, dev'essere stata notevolmente ridisegnata. L'impianto dell'immagine appare più pittorico che fotografico: lo schema compositivo risale come minimo alle Fucilazioni di Francisco Goya, la cui memoria sembra riemergere persino nella camicia bianca del fucilato. Tuttavia, rispetto all'enfasi patetica del pittore spagnolo, lo stile di questa illustrazione resta documentario, senza giudizio morale, e va già nella direzione delle successive sperimentazioni di Edouard Manet con la Fucilazione dell'imperatore Massimiliano del 1867.33 È importante, a questo punto, confrontare la vignetta delle Fucilazioni di Somma con un'immagine pubblicata qualche mese dopo sullo stesso giornale. Nel novembre del 1861, una delle ultime puntate della rubrica Tipi e scene del brigantaggio napoletano è dedicata a un Episodio del brigantaggio napoletano in Lauro. 34 Ma l'impostazione è radicalmente diversa dai numeri precedenti. L'articolo è firmato da Giuseppe Lazzaro, parlamentare e redattore del «Popolo d'Italia». Questa volta l'illustrazione non proviene da una fotografia, ma da un disegno originale di un giovane artista napoletano, Edoardo Dalbono (:fìg. 7). Il cambio di stile, rispetto alle fotografie di Roze, non potrebbe essere più drastico. Il disegno rappresenta in termini di straziato Romanticismo un episodio di violenza brigantesca. Un'estorsione ai danni di un ricco liberale, settuagenario, suo figlio maggiore e la moglie di quest'ultimo, «coraggiosa e bellissima». Il capriccio sadico dei briganti, tra impiccagioni, stupri, mutilazioni. Tutto questo davanti a un prete e a delle drude: «donne che corrotte nel cuore superano nella foiza del truce sentimento le stesse tigri più feroci». I redattori torinesi erano in dubbio sull'opportunità di pubblicare una scena «così truce». 35 Ma la volontà di 32. La visualizzazione del connubio tra il clero romano e il nascente brigantaggio diventa il modulo fondamentale:. ripetuto con una infinità di varianti:. con cui la satira politica italiana degli anni Sessanta affronta la questione del brigantaggio. 33. Sui rapporti pittura-fotografia in Mane~ si veda il classico A. Scharf:t Arte efotogr~ Einaudi:, Torino 1979. 34. La Redazione:, Tipi e scene del brigantaggio napoletano. 35. Ibidem.

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stampare l'immagine prevale. È necessario mostrare «quanto fossero giustificate le rappresaglie de' nostri soldati contro quei manigoldi [ ... ] stimolati dalle scellerate esortazioni dei malvagi preti, e mantenuti dall'oro iniquo della reazione». Il terribile disegno di Dalbono fornisce dunque una giustificazione visiva alla rappresaglia. Al suo cospetto, la fotografia delle fucilazioni di Somma non può che risultare troppo neutra. L'esperienza del «Mondo Illustrato» mostra che il linguaggio documentario della fotografia fatica a stabilizzarsi e, con l'innalzarsi dei toni dello scontro, ha la peggio nella competizione funzionale con il disegno. All'altezza del 1861 le fotografie documentano, testimoniano, ma non arrivano a «toccar l'animo col terrore». Non sono in grado di mostrare le brutalità dei briganti. Nelle fotografie di Roze, in particolare, il dato umano prevale su quello bestiale, che invece può essere evocato liberamente nel disegno, come mostrano le frequenti animalizzazioni di briganti che si trovano nella grafica satirica di questi anni. 36 Né, d'altra parte, la fotografia sembra essere in grado di valorizzare gli eroismi delle forze di repressione, a differenza del disegno. 37 La situazione cambia con l'avvento delle fotografie dei briganti catturati, che si affermano tra il 1862 e il 1864. È in questa fase che la fotografia riesce gradualmente ad appropriarsi di alcune delle funzioni ideologiche delle rappresentazioni grafico-pittoriche.

2. Cadaveri in posa: cronologia, ricezione, linguaggio delle prime fotografie macabre Il primo esemplare della lunga serie di cadaveri di briganti riprodotti in carte de visite non è una fotografia. È una litografia eseguita «dal vero» da un disegnatore anconetano, tal Giannantonj. Si tratta di un ritratto del legittimista spagnolo José Borges, «fucilato a Tagliacozzo coi suoi seguaci, d'ordine del maggiore Franchini li 8 dicembre 1861» (:fìg. 8). L'immagine suscita un notevole interesse, tanto che viene riprodotta fotograficamente 36. Il ritratto fotografico di Giuseppe Caruso, per esempio, viene crudamente impiegato dal caricatwista fiorentino Matarelli:t in un senso pseudo-scientifico, per dimostrare affinità tra uomini e animali (diabolici) con una metamorfosi uomo-gatto: Mata [Adolfo Matarelli]:t Studi animali: il brigante Caruso, in «Il Lampione», 2 gennaio 1864. 37. Un'illustrazione giornalistica melodrammaticamente virata sull, eroismo sabaudo si trova nel giornale «L'Esercito Illustrato», pubblicato a Torino nel 1864 dal gerente del «Fischietto», Carlo Voghera, con disegni di Cenni.

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in carte de visite e venduta, nel corso del 1862, dal fotografo napoletano Carlo Fratacci, una figura cruciale ma ancora poco indagata nell'ambito della produzione fotografica del brigantaggio.38 Il cadavere di Borges è a mezzo busto, visto di fronte, a petto nudo. Gli occhi sono chiusi. Le ferite d'arma da fuoco bene in vista mostrano che il proiettile è andato dritto al cuore. Unendo una rappresentazione individualizzata (il ritratto di Borges) alla registrazione di un fatto (l'avvenuta fucilazione), quest'immagine risponde efficacemente all'obiettivo di decostruire il mito dell'imprendibilità dei guerriglieri borbonici. Ma c'è un problema: gli echi pittorici e religiosi del disegno - tra una pietà e un ecce homo - appaiono da subito evidenti. Appena una settimana dopo la morte dell'avventuriero spagnolo, una caricatura di Melchiorre Delfico sull' «Arlecchino» li sottolinea, mostrando un lungo, implacabile fioretto, su cui sono infilzati a spiedo il «glorioso protomartire S. Giosuè Boryès e gli altri ventuno martiri del suo stato maggiore» (:fìg. 9).39 Borges è il primo da sinistra: il corpo dinoccolato e gli occhi chiusi della caricatura sono gli stessi della litografia post-mortem anche se, per farlo identificare dal pubblico del giornale, il caricaturista gli fa indossare un cappello donchisciottesco.40 Nell'evitare il rischio di trasformare i briganti in martiri, l'estetica meccanica e antipittorica della fotografia si rivela presto uno strumento assai più affidabile del disegno. Inoltre, garantisce un impareggiabile effetto di verità (nonostante i frequentissimi ritocchi). La svolta avviene nella seconda metà del 1863, quando i successi della repressione guidata da Pallavicini si fanno - e devono farsi - tangibili e visibili: è in questo momento che compaiono i primi scatti fotografici di briganti morti in carte de visite. 38. Vimmagine è stata pubblicata come una litografia nel catalogo del 1984, dove veniva definita, a mio parere erroneamente, di derivazione fotografica, cfr. Brigantaggio, lealismo, repressione> p. 134. Sul retro della carte de visite si trova il marchio della medaglia di prima classe ottenuta dal fotografo Fratacci alrEsposizione Universale di Londra. che si tenne da maggio a novembre del 1862. Per notizie su Fratacci> si veda Becchett~ Fotogrqfi efotogrqfia in Italia. p. 84. 39. Piccola posta. in «I/Arlecchino»> 15 dicembre 1861. L'immagine verrà riutilizzata con la significativa aggiunta di un cuscino> che fornisce un dignitoso letto di morte al legittimista spagnolo, nel volume di Juan Mané y Flaquer, Historia del bandolerismo y de la camorra en la Italia Meridional. Manero> Barcelona 1864> tavola fuori testo (Borges despues defusilado). 40. Era cost in effetti> che il legittimista spagnolo veniva rappresentato dai caricaturisti> quando non era ironicamente trasformato nel ricercatissimo Figaro del Barbiere di Siviglia.

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Fondamentale, in questo snodo, è il ruolo rivestito da Alexandre Dumas, allora residente a Napoli. La fotografia è un ingrediente nuovo e decisivo nel teatro della crudeltà architettato dal grande romanziere francese durante la lotta al brigantaggio.41 Merita di essere riportato per intero un trafiletto pubblicato a firma di Dumas sulle pagine dell'«Indipendente». Si riferisce alla crudele fotografia del cadavere del brigante Caprariello accanto a un bersagliere,42 realizzata nell'autunno 1863: Riceviamo una curiosa fotografia, terribile nella sua semplicità: uno dei nostri buoni amici ce l'invia da Cuneo. Ne lo ringraziamo sinceramente: tali doni ci sono troppo preziosi per 1' opera cui attendiamo. Quella fotografia rappresenta un vecchio muro, nudo e screpolato dagli anni. Contro quel muro un uomo in camicia, con le sole brache, larghe e di tela, è seduto sur una scranna. Un bersagliere sostiene per un ciuffo di capelli il capo sfigurato, che, senza quel sostegno, ricadrebbe sul petto: una palla fracassa la mascella che lascia spenzolar la lingua fuori la bocca. Il bersagliere ha 1'atteggiamento pacato dell'uomo assuefatto a quello spettacolo: non è quella una vendetta, è una giustizia. L'uomo è il famigerato bandito Nicola Napoletano di Nola detto il Caprariello, che, a furia di sveller occhi, e di troncar nasi, labbra ed orecchie, aveva anche acquistato il nome di Chianchiere. Egli uccise il sindaco di Ruffino, dopo avergli fatto soffrire mille strazi. Il supplizio del povero sindaco durò tre ore; trafitto da cinque palle, quello del Caprariello durò un minuto secondo. Manderemo la fotografia in Francia per farla incidere per gli associati dell 'Indipendente ed illustrarne il libro che abbiamo dedicato ali' esercito: Cento anni di brigantaggio nelle province meridionali d'Italia. Non possiamo raccomandare abbastanza a' nostri corrispondenti d'inviarci simili disegni. 43

L'allusione ai supplizi inflitti dal brigante al sindaco di Roffino è un tassello fondamentale nella prospettiva dumasiana. Fondamentale perché rende giusta un'immagine atroce e barbara. Era stato proprio il romanziere 41. Sul ruolo di Dumas nella creazione di immagini brigantesche da un punto di vista discorsivo:, politico e letterario, cfr. Pinto:, La guerra per il Mezzogiorno, p. 208 e G. Tatasciore, La fabbrica del criminale. Alexandre Dumas e le rappresentazioni del brigantaggio meridionale tra letteratura e politica, in «Società e storia»:, 156 (2017):, pp. 269-303. 42. Un esemplare è conservato al Museo Centrale del Risorgimento:, Roma. 43. A. Dumas:, Il brigante Nicola Napolitano, in «L'Indipendente»:, 24 ottobre 1863. La descrizione viene ripubblicat~ con qualche variante:, in Id., Naples, 8 novembre:, in «Le Petit Journal»:, 13 novembre 1863.

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francese, appena qualche mese prima, a farsi promotore della diffusione delle immagini di uomini mutilati dai briganti. Emblematico era stato l' episodio cruento di Matteo Ferrara, membro della Guardia Nazionale mobile di Migliano: «un uomo, cui una belva, detta Crescenzo Gravina, ha strappato le palle degli occhi e reciso il naso e le orecchie». 44 Lo stesso Dumas aveva ordinato a un fotografo - ancora Carlo Fratacci - la riproduzione in carte de visite di queste mutilazioni: Ora, perché son queste atrocità che in Francia sembrano incredibili ed alle quali son persuaso è d'uopo che la Francia creda, abbiamo noi stesso condotto quel misero presso l'esimio fotografo sig. Fratacci e abbiamo commesso a questo 500 fotografie che mercoledì partiranno per la Francia e l 'Inghilterra.45

Nulla si conosce della sorte o dell'effettiva esistenza di queste fotografie,46 ma è probabile che proprio a queste si riferisse un dialettale avviso pubblicitario del libraio ed editore napoletano Felice Perrucchetti, che nei primi mesi del 1864 metteva in vendita una ricca collezione di fotografie con tutti i ritratti dei capi-briganti «e tutte li mutilate da li brigante».47 Ad ogni modo, il decisivo ruolo di committente e "detonatore" di fotografie brigantesche svolto dal grande romanziere mostra un fatto fondamentale. A dispetto del loro effetto realistico - enfatizzato, come si è visto, da Claretie -, la messinscena, la :finzione e la sensibilità romantica sono ancora cruciali per comprendere le fotografie brigantesche e il loro successo. Occorre, per un momento, allargare lo sguardo. Durante la guerra al brigantaggio, i linguaggi, i tipi e le immagini provenienti dalla cultura romantica sono ancora prevalenti nella stampa a larga diffusione e condizionano profondamente gli usi della fotografia e le sorti dello stesso "realismo" fotografico. Esemplare, in tal senso, è il caso della stampa satirica, in cui ancora negli anni Sessanta prevale il tipo fisso ereditato dall'immaginario romantico (ciocie, cappello a punta, pugnale, immagini sacre), all'occorrenza rimpicciolito e moltiplicato infinite volte, qualora vi fosse bisogno di enfatizzare la spaventosa proliferazione del brigan11

44. A. Dumas,J/ mutilato di .i\ligliano, in «L Indipendente», 10 agosto 1863. 45. Ibidem. 46. Un riscontro è nell'articolo L 'Union et le brigandage, in «Le Charivari», 10 settembre 1863. Qui:t r orribile storia di Matteo Ferrara e le "prove,,, fotografiche di Dumas servono ad attaccare i giornali legittimisti che si schieravano contro le leggi "draconiane" piemontesi. 41. Novità:. in Firenze 2012>p. 17. 67. AP. Torresi> Giovanni Fattori e l'Accademia di belle arti a Firenze: documenti inediti, 1847-1908, Liberty House, Ferrara 1997, p. 67. 68. Si veda la scheda sulropera di Eugenia Querci in Fattori. catalogo della mostra (Padov~ Palazzo Zabarella)> a cura di F. Dini> F. Mazzocc~ G. Matteucc~ Marsilio, Venezia 2015> p. 198. VArrestodi briganti era in vendita al prezzo di350 lire> una cifra modesta se paragonata con le 2500 lire richieste dall'allora ben più celebre Gerolamo Induno per il Bivacco di garibaldini. dr.: Catalogo degli oggetti d'arte ammessi alla 23. esposizione aperta il 4 maggio 1864. Tip. DellaRealeAccademiaAlbertina> Torino 1864.

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non vuole inorridire. Né tantomeno vuole esaltare i trionfi della repressione. I suoi problemi sono in primo luogo di natura pittorica e narrativa. Il suo obiettivo principale è di realizzare un quadro credibile, in grado di produrre nell'osservatore l'effetto di una testimonianza oculare.69 In quest'ottica, la fotografia gli suggerisce un'ambientazione, un contesto visivo, un ricco materiale documentario. Ma non può sfuggire al pittore livornese la goffaggine, questa sì, quasi irrealistica, del cadavere acconciato e messo in posa per essere fotografato. Non è un caso quindi che nella posa del brigante seduto a terra, Fattori rielabori piuttosto alcune fonti grafico-pittoriche. Tra queste credo si possa menzionare uno studio del caposcuola della pittura moderna napoletana - il pittore abruzzese Filippo Palizzi- anche se non è facile stabilire se, come, quando Fattori può averlo visto (:fìg. 16). Noto col titolo Cappuccino conforta un brigante condannato al/a fucilazione, 10 lo studio, incompleto, mostra un frate chino a benedire un brigante seduto per terra.71 Il frate è dipinto mentre il brigante è soltanto disegnato a contorno. Appena abbozzata, alle loro spalle si intravede un'altra scena: un soldato in piedi di profilo trattiene la folla che si accalca per assistere all'esecuzione imminente. Lo studio palizziano si misurava a sua volta con un tema piuttosto battuto nella pittura di genere francese degli anni Trenta e Quaranta dell'Ottocento: il tema della confessione del brigante. Archetipo della serie è La confession d un brigand, un dipinto di Horace V emet, direttore dell 'Académie française a Roma tra il 1829 e il 1834. Il dipinto venne esposto al Salon parigino del 1831 insieme a un'altra opera di argomento brigantesco ( Combats entre /es brigands et /es dragons du pape, Baltimora, Walters Art Museum).72 Grazie alla sua riproduzione in incisione (con molte varianti) (fìg. 17), il dipinto di Vemet era molto noto in Italia (ed è probabile che non solo Palizzi, ma anche Fattori lo avesse ben presente). Al centro di una scena corale ambientata teatralmente in un paesaggio italiano, un frate è all'ascolto delle 1

69. Sul principio fattoriano della «testimonianza oculare tradotta in immagine», è illuminante il saggio di Hansmann. Giovanni Fattori e la pittura di avvenimenti contemporanei. pp. 231-254, in part. p. 247. 10. La donazione Palizzi. a cura diA. Spinosa,Arte m,Napoli, 2015, p.147. Il dipinto viene presentato all esposizione del 1984 con il titolo di La confessione del brigante. 71. Brigantaggio, lealismo, repressione. p. 268. 72. Presso il Walters Art Museum di Baltimora è conservato anche un altro disegno di V emet con un brigante impegnato in una dichiarazione d •amore a una donna di fronte ad un edicola votiva (1829). 1

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imprese delittuose di un bandito in punto di morte, coricato su un carro dopo l'arresto. 73 Nel descrivere il dipinto, i giornali italiani enfatizzavano la redenzione in articulo mortis del criminale. 74 Ancora dieci anni dopo, uno dei più importanti studiosi d'arte dell'epoca, il cattolico Pietro Selvatico, additava il dipinto di V ernet ai giovani pittori italiani come esempio di «toccante composizione». 75 Rispetto a questo immaginario di cattolica redenzione, Filippo Palizzi compiva uno scarto netto, virando verso una pittura di genere, si direbbe, tragicomica. Nel gesto del frate sembrano in effetti risuonare le parole che si potevano leggere nei giornali umoristici dell'epoca. La confessione di un brigante, per esempio, è il titolo di un dialogo satirico pubblicato su «L'Arlecchino» volto a dimostrare l' accondiscendenza clericale nei confronti del brigantaggio: Suvvia, caro figliuolo, / Narrami pur la causa, / Che ti procaccia così grave duolo; I (Qui succede una pausa) / -Ah sì! - mio confessore/ Per tante colpe è troppo il mio rossore - / Non abbi già paura, / Il Signore è clemente a dismisura-/ Ebben ... padre m'accuso I D'aver tagliato il muso/ A un povero prigione piemontese/ Dopo, ch'egli s'arrese -Ben fatto, invece, caro mio, ben fatto;/ Si terrà conto del tuo nobil atto [ ... ].76

Il dialogo prosegue nell'enumerazione di delitti sempre più orribili da parte del brigante, seguiti dalle sempre più convinte assoluzioni da parte del prete, fino a che il criminale non giunge alla confessione dell'unico 73. La verità dell espressione è sottolineata da G. Meli, Orazio Vemet, Clamis e Roberti, Palermo 1846, p. 11. 74. Belle arti. Esposizione di belle arti nelle sale del Louvre di Parigi, in «L Eco, giornale di scienze, lettere, arti, mode e teatri», 29 giugno 1831, n. 77. 75. P. Selvatico, Sull'educazione del pittore storico odierno, Tipi del Seminario, Padova 1842, p. 416. Su una linea di pentimento ed espiazione s'inseriva laBrigantessaferita del napoletano Luigi Rocco (Napoli, Palazzo Reale, 1837: cfr. Brigantaggio, lealismo, repressione, p. 103). Ambientato in una caverna - tipica dimora brigantesca almeno a partire dalle stampe secentesche di Jacques Callot - il dipinto presentava un frate benedicente una brigantessa in fin di vita, alla presenza del compagno, brigante anch egli, e della madre. Che si trattasse di una scena di redenzione era sancito dalla composizione di derivazione sacra certificata dalla presenza di una madre nel ruolo di Sanf Anna e dallo sguardo rivolto verso il cielo e il crocifisso della brigantessa, in cerca di perdono. L ambientazione nella grotta ritorna in quegli anni anche in un altro dipinto dal titolo Confession d'tm briganti italien, realizzato dal conte Auguste de Forbin, probabilmente degli anni Trenta. Il dipinto di Forbin è attualmente conservato al Musée Calvet di Avignone, in deposito dal museo di Quimper. 76. Cribio, La confessione di un brigante. Frammenti e memorie segrete raccolte dalle tasche di un teologo armonioso, in «L Arlecchino», 24 luglio 1863. I

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delitto inaccettabile per il confessore: l'uccisione di un prete. A ogni modo, è nella figura del brigante che Palizzi cerca un rapporto più diretto con la realtà giocando sul :filo dell'espressione psicologica. Se il volto del brigante di V emet non nascondeva un certo compiacimento nel raccontare le proprie gesta, l'espressione del brigante palizziano appare tutt'altro che pentita: lo sguardo è torvo e non lascia presagire alcun segnale di ravvedimento. È proprio su questa :figura di brigante che sembra concentrarsi Fattori per costruire il proprio dipinto. Le mani legate appoggiate sul ventre, le gambe leggermente divaricate con le suole delle scarpe bene in vista, persino la presenza di una corda, e la benda del brigante, che nel dipinto di Fattori si ritrova nel prigioniero di spalle. Sono tutti elementi che apparentano strettamente l'opera di Fattori e quella di Palizzi. Ma Fattori è più radicale nel tagliare i ponti con l'immaginario romantico. L'artista livornese agisce per sottrazione: nessuna gestualità drammatica o esemplare, nessun attributo folcloristico. Nessuna azione. Soltanto la marcia lenta, in lontananza, di due soldati, diretti verso una boscaglia. E un senso di istantanea stanchezza per quanto è già avvenuto: la battuta di caccia, la fuga e l'inseguimento, forse uno scontro a fuoco, di certo la cattura. Ma può succedere dell'altro. La benda del prigioniero di spalle non promette niente di buono. Nello studio palizziano la benda sulla testa aveva una funzione precisa: non si trattava dell'attributo folcloristico di un brigante (come accadeva invece nel quadro di Vemet). Era il segno distintivo di un uomo che sta per essere fucilato. Di li a poco, la benda sarebbe scesa sugli occhi del brigante. Nel quadro di Fattori, così, il prigioniero bendato fornisce un elemento di prefigurazione temporale. Presentando il possibile seguito dell'evento al di là del momento rappresentato,77 allude a un ineluttabile sviluppo del racconto visivo. E non si tratta di un lieto fine. L'esposizione di Torino del 1864 segnava l'apice quantitativo della presenza di temi relativi al brigantaggio nelle esposizioni italiane. 78 Una 77. Sulla capacità fattoriana di elaborare un racconto unitario, evitando la frammentazione aneddotic~ si vedano le osservazioni di Hansmann» Giovanni Fattori e la pittura di avvenimenti contemporanei, pp. 240 e 243. 78. Già all'esposizione nazionale diFirenze del 1861 veniva esposto unpaesaggio del fiorentino Luigi Corsi (Una selva nelle Calabrie) in cui erano dipinte «alcune piccole figurette di militi che conducono prigionieri dei briganti» (G.E.S., Una selva nelle Calabrie. Paese con.figure, in «I/Esposizione italiana del 1861», 14 novembre 1861). Nel 1862, a Torino, era presente solo una Scena del brigantaggio di Edoardo Raimondi, acquistata dal Gran Magistero dell'Ordine Mauriziano (cfr. L. Rocc~ Album della pubblica esposizione,

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vignetta di Casimiro Teja sul «Pasquino» ironizzava proprio sul fatto che «il brigantaggio, inseguito dai soldati e dalla Legge Pica, si ricovera nelle sale dell'esposizione. Ve n'è di tutti i colori e gusti».79 Dipinto fattoriano a parte, nessuna di queste opere è oggi nota, come non è ancora nota una parte cospicua dei dipinti di argomento brigantesco esposti nelle Promotrici italiane degli anni Sessanta. Alcuni quadri dedicati al brigantaggio, tuttavia, ricevono ampi consensi nelle recensioni della mostra.80 È probabile che rispondessero alle attese del pubblico sabaudo, desideroso di vedere i trionfali eroismi della repressione o le brutalità dei briganti. Nessuno dei recensori dell'esposizione, comunque, sembra accorgersi di Giovanni Fattori. Oltre all'A"esto di briganti, Fattori esponeva altri due quadri: Una perlustrazione di guide e una Veduta della nuova passeggiata lungo mare in Livorno. Tutti invenduti, tanto che Fattori esporrà due dei tre quadri torinesi alla Nuova Promotrice :fiorentina dell'anno successivo. La Nuova Promotrice era nata in seno alla Fratellanza Artigiana ed era politicamente Torino 1862). A Milano appaiono piuttosto rari i soggetti briganteschi, con un'eccezione: a Brera, tra 1863 e 1864, Paolo Riccardi espone rispettivamente un simile con Briganti prigionieri e un acquerello con Briganti catturati da bersaglieri. Sempre a Brera nel 1866, Silvio Lavezzari espone Una casa sospetta di reazione. 79. «Pasquino», 29 maggio 1864. All'esposizione di Torino del 1864 si poteva vedere il Drappello d'Usseri di Piacenza alle prese coi briganti (lire 80), acquerello di Giovanni Tosco;tre acquerelli di Tommaso Debelly con episodi del brigantaggio (lire 75 ciascuno). Su una fascia di prezzo decisamente più elevata - si tratta dunque di quadri più ambiziosi - erano le opere della signora Federica Giuliano Gervasoni (lire 700) e del milanese Silvio Lavezzari (800 lire). Nel 1863 il tema, per esempio, era assai meno battuto: a Torino si poteva vedere un acquerello di Carlo Borgia, La vita del brigante nei boschi (lire 300), un quadro di genere storico di Vittorio Benisson, Salvator Rosa caduto nelle mani dei briganti (lire 600), e Un episodio del brigantaggio del prof. Cesare Beseghi (lire 550), anche se proprio nel 1863 a Torino l'incasso della vendita di alcune opere era destinato a una sottoscrizione a favore delle vittime del brigantaggio (cfr. Catalogo degli oggetti d'arte ammessi alla 22. esposizione aperta li 8 giugno 1863, Tip. Della Reale Accademia Albertina, Torino 1863). Meno consistente del previsto, invece, è la presenza di opere brigantesche alle mostre della Promotrice napoletana durante gli anni Sessanta. 80. Silvio Lavezzari, per esempio, è lodato per aver «indovinato le pose dei bersaglieri». Ugualmente apprezzato è l'ambizioso Disastri del brigantaggio della signora Federica Giuliano Gervasoni (genovese, moglie del pittore storico Bartolomeo Giuliano). Cfr. G. Clementi,Appendice. La XXII Esposizione d'oggetti d'arte in Torino, in «L'Opinione», 18, 21, 22, 24, 25 maggio 1864. Nessun cenno a Fattori neppure in L.P., Esposizione del 1864 della Società Promotrice di Belle Arti, in «Gazzetta del popolo», supplemento al n. 135, 16 maggio 1864 (in cui pure ci si soffenna, polemicamente, su due pittori definiti urealisti" come Antonio F ontanesi e Vincenzo Cabianca).

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connotata a sinistra. Forse non a caso, in quest'occasione Fattori cambia ancora il titolo al dipinto brigantesco. Nel nuovo titolo, Un agguato contro i briganti, pare di scorgere una sfumatura più aggressiva. I briganti sono più esplicitamente presentati come vittime. Ma forse è solo una sfumatura. Anche in questo caso, comunque, le recensioni non vanno oltre qualche timida lode. L'Agguato e la Perlustrazione vengono giudicati «due buoni quadri [ ... ] se togli un po' di monotonia nel colore». 81 Forse, un racconto oggettivo sui fatti del brigantaggio non interessava al pubblico. D'altro canto, come sosteneva il macchiaiolo Telemaco Signorini in un'altra occasione, «il pubblico che ha bisogno del dramma e del moto, specialmente nel genere battaglie, passa indifferente davanti ai rari pregi dei soldati italiani dipinti dal Fattori e preferisce piuttosto certi turchi esposti in un fiero combattimento, dove la scimitarra ottomana fa salsiccia di greci».82 Di certo, in tempi di guerra, la retorica della verità e l'evidenza dei corpi esposti perpetrata dalla fotografia sono più funzionali all'innalzamento della temperatura emotiva dell'opinione pubblica. La rabbia e l'orrore trionfano troppo facilmente sulla ragione e sulla ricerca di una verità più profonda e umanitaria, al di là degli schieramenti contrapposti.

81. U. Mengozzi, Rassegna di belle arti, in «Rivista italica», luglio 1865. Mengozzi, che pure loda altri macchiaioli (il Chiostro di San Marco di GiuseppeAbbati è considerato un gioiello), dice di Fattori che «è una mano che può tener degnamente il pennello, purché non si trascuri tanto come ha fatto nell'altro quadro una Battaglia alla Madonna delle scoperte (seguito di quella di S. Martino), infelice nell'intonazione ben anche, come nel disegno. - L'arte ridotta a questo punto riuscirebbe moho facile, ma poco accreditata». 82. T. Signorini, Rivista artistica. Del congresso e della esposizione di Parma, in «Rivista Europea», II, 1870, 1/1, p. 196 (inHansmann, Giovanni Fattori, p. 246).

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Fig. 1. Giovanni Fattori> Arresto di briganti> 1864> collezione privata.

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F ig. 2. Lorenzo Delleani, n capo brigante Barone e il suo luogotenente, in «Il Mondo Illustrato», 21 settembre 1861. Fig. 3. Roze, Il capo brigante Barone e il suo luogotenente, 1861, collezione privata.

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Briganti catturati dalle truppe francesi nello stato Pontificio, 1861(?), colFig. 4. Roze,

lezione privata. Fig. 5.Adolfo Matarelli, J volontari dell 'esercito del Papa., in «Il Lampione»., 1860.

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Fig. 6. Fucilazione dei briganti di Somma. in «Il Mondo Illustrato», 28 settembre 1861.

Fig. 7. Edoardo Dalbono. Episodio del brigantaggio napoletano in Lauro, in in «L'Arlecchino»> 15 dicembre 1861.

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Fig. 10. Melchiorre Delfico:, Chiavone, in «L, Arlecchino», 4 luglio 1861. Fig. 11. Fortunato Dolfino, Caruso, in «Lo nuovo diavolo zuoppo e Polecenella>>, 21 febbraio 1864. Fig. 12. Gonsalvo Carelli:, n brigante Caprariello diNola:, 1863, Biblioteca Reale, Torino.

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Fig. 13. Fa~Arresto di briganti. particolare. Fig. 14. Ninco Nanco. carte de visitet 1864. Museo del Risorgimento. Roma. Fig.15. Giovanni Fattori. Paesaggio collinare con caset 1863. collezione privata. Fig. 16. Filippo Palizzit Cappuccino conforta un brigante condannato alla .fucilazionet [s.d.]. Accademia di Belle Arti. Napoli

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F ig. 17. W. Dawe (d, après Horace V emet). The Brigand 's confession. 183 3. collezione privata.

II

Il brigante su pagina. Editoria e romanzo

JoELLEN DELucIA

Il gotico transmediale negli anni Novanta del Settecento. I banditti nei Misteri di Udolpho e nel «GazetteeD> *

Figure popolari nella print culture britannica del secondo Settecento, i briganti animano tanto il lontano passato restituito dai romanzi gotici di maggior successo, quanto i resoconti delle guerre e rivoluzioni contemporanee proposti dai quotidiani durante gli anni Novanta del XVIII secolo. Le loro apparizioni, ricorrenti, sollevano molti interrogativi circa la relazione tra questi media così diversi e la più generale funzione simbolica da attribuire ai banditti, come era uso definirli in lingua inglese. Cosa implica che essi rappresentassero sia dei criminali provenienti da un'età cavalleresca tramontata da tempo, sia dei combattenti attivi sui campi di battaglia tardo-settecenteschi? Come si possono connettere i briganti presenti nella narrativa gotica ambientata nell'Europa meridionale della prima età moderna con quelli descritti negli articoli di attualità sull'Irlanda e sulla Francia in rivoluzione, oppure ancora sull'India coloniale? Proponendo una lettura incrociata dei Misteri di Udo/pho di Ann Radcliffe {1794) e delle notizie pubblicate dal «The Gazetteer and Daily Advertiser» sotto la direzione di suo marito William (dunque tra il 1790 e il 1793), questo contributo intende osservare i banditti in un'ottica transmediale. In tal modo, seguendo le tracce dei briganti non soltanto in supporti diversificati, ma anche attraverso i confini nazionali, si può restituire al tema una profondità e un'autonomia che altrimenti perderebbe, se guardato da una prospettiva storico-letteraria che enfatizzi singoli generi o tradizioni nazionali.

* Traduzione di Giulio Tatasciore.

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1. Spazi e tempi La stessa parola, banditti, sembra il prodotto di un immaginario che è intrinsecamente transnazionale. Secondo l'Oxford English Dictionary, il lemma "bandeto" appare per la prima volta nei testi in lingua inglese sul finire del Cinquecento: nel 1594 il romanzo picaresco di Thomas Nashe The Unfortunate Trave/ler, definisce infatti i «Bandettos» come «certain outlaws that lye betwixt Rome and Naples». 1 Ad ogni modo il nome collettivo banditti - una forma corrotta dell'italiano ''banditi" - non appare in inglese almeno fino al XVIII secolo, dapprima nelle moderne storie d'Italia e di Francia e, in seguito, nelle biografie criminali. Banditti, inteso come concetto o figura che rappresenta tutti i soggetti posti al di fuori della legge, a prescindere da specifiche collocazioni geografiche, prende quindi piede molto dopo il 1584, ovvero la data in cui Ann Radcliffe ambienta l'Udolpho, e non ricorre con una frequenza significativa che nell'ultima parte del Settecento.2 Al di fuori della legge e dello Stato, i briganti della narrativa della Radcliffe sono anche, per così dire, al di fuori della storia. La loro presenza nel discorso gotico prende allora senso soltanto se consideriamo il panorama mediatico, assai più largo, nel quale la scrittrice agisce. Pubblicati nel 1794, I misteri di Udolpho conoscono numerose edizioni inglesi e vengono tradotti in francese, tedesco e italiano nei primi anni dell'Ottocento.3 Seguono a stretto giro anche le imitazioni improntate a questo modello fondamentale del gotico, e molte di esse capitalizzano l'interesse verso le figure di briganti già nutrito dal pubblico dei nuovi lettori. Svariati romanzi britannici incorporano le parole banditti o bandi! fin dal titolo. Ne sono alcuni esempi i vari Norman Banditti; or the Fortress of Coutance di Felix Celia (1799), The Discarded Son; or Haunt of the Banditti di Regina Maria Roche (1807), The Bandit's Bride di Louise Sidney Stanhope (1807), Pyrenean Banditti di Eleanor Sleath (1811), The 1. Banditti, in Oxford English Dictionary, www.oed.com/view/Entry/l5l49?redirect edFrom=banditti#eid. 2. L,incremento nell'uso del lemma banditti, che conosce un picco intorno alla fine del secolo, può essere osservato tramite 1, analisi dei dati di ricorrenza delle parole fomiti dai grandi repertori digitali. Per questo contributo ho utilizzato sia le Eighteenth-Century Collections Online (ECCO), che ha digitalizzato 1'English Short Title Catalogue, sia la Bumey Newspaper Collection, che include più di un migliaio di pamphlet e giornali del XVII e del XVIII secolo. 3. D. Rogersi, Ann Radcliffe. A Bio-Bibliographyi, Greenwood Press, Westport 1996.

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Caledonian Bandit di Catherine Smith (1811 ). I briganti che appaiono nei romanzi gotici sono poi riadattati, estrapolati e imitati nei più brevi ed economicamente accessibili chapbooks, molti dei quali includono anche sgargianti illustrazioni (figg. 1 e 2). Elementi standard del paesaggio goticheggiante, i banditti sono frequentemente indicati come parte di una "formula gotica" al fianco di un repertorio composto da castelli in rovina, manoscritti ritrovati, passaggi segreti o forzieri blindati. Pressoché mai intesi come personaggi a tutto tondo, essi vengono elencati insieme a elementi inanimati del setting e del plot, ed è dunque negata loro la profondità e la complessità delle eroine che, di norma, sono state non a caso l'oggetto di indagine privilegiato di gran parte della critica letteraria. Di conseguenza, Markham Ellis legge i banditti come «stock properties of Gothic fiction» che «ex.ude a lawless sexual excitement» e «heighten Emily' s sens of ber imperiled virtue». 4 E.J. Clery vede in «smugglers and banditti>> una delle più «fertile sources of superstitious delusions» presenti nella narrativa della Radcliffe, ritenendo che essi attivino nel lettorato femminile britannico un senso di «estranged recognition» della propria posizione legale all'interno dello stato-nazione.5 Se interpretati dunque solo in relazione con il tipo dell'eroina, i briganti :finiscono sussunti nell'esame della psiche o delle sventure della stessa eroina, oppure finiscono per rappresentare una sorta di segno dell'esperienza di oppressione patriarcale vissuta in prima persona dalle donne-lettrici nella cornice della famiglia borghese. Simili letture, dal taglio sintomatico, sono state essenziali nello sviluppare il potenziale femminista del gotico. E tuttavia corrono il rischio di far diluire i banditti nell'ambito della metafora. Essi emergono cioè, da questi orientamenti della critica, come ingredienti fissi di una ricetta gotica che assume significato soltanto se osservata come una specie di codice rivelatore delle tirannie quotidiane, sperimentate nel concreto dalla readership femminile britannica. Il che, in qualche modo, oscura gli effettivi rapporti che il discorso gotico intrattiene con altri luoghi e altri tempi. In questa sede, invece, si tenta di porre i briganti della letteratura gotica di Ann Radcliffe in relazione con quelli menzionati sulle colonne del giornale 4. M. Ellisi, The History of Gothic Fiction, Edinburgh Universicy Pressi, Edinburgh 2000i,p. 59. 5. E.J. Clecya The Rise of Supernatural Fiction. 1762-18001> Cambridge Universicy Pressi, Cambridge 19951> p. 114.

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diretto da suo marito, William. I racconti frammentari forniti nelle notizie d'attualità restituiscono autonomia e spessore ai banditti della :finzione, e suggeriscono che i romanzi "neri", a lungo letti principalmente come elucubrazioni sui terrori domestici delle loro eroine e delle lettrici, impegnino e sviluppino scambi anche con un mondo sempre più globalizzato. Interpretare i banditti come banditti - e non come personificazioni o metafore del terrore domestico e dei traumi psichici delle eroine o, appunto, delle lettrici - ci consente di guardare alla :finzione gotica in quanto parte di una più vasta e crescente print culture transnazionale. 6 Il giornale, agli antipodi dei romantici e anacronistici romanzi gotici, rappresenta il formato a stampa moderno per eccellenza, e sul finire del Settecento è progettato per fornire aggiornamenti quotidiani sul crimine e sulla politica. Con lo sviluppo delle loro rubriche, su tutte le lettere al direttore, i quotidiani favoriscono l'auto-percezione dei lettori come membri di un pubblico più largo. Forse più di molti suoi contemporanei, Ann Radcliffe si confronta costantemente con l'universo delle news. Durante la redazione dell'Udo/pho, infatti, suo marito lavora come cronista parlamentare e in seguito come direttore del «Gazetteeo>, uno dei giornali londinesi più affermati e innovativi, pubblicato dal 1735 al 1797. L'attività giornalistica di William Radcliffe mette in luce nuovi legami tra i banditti della popolare romanziera e i coevi dibattiti sulla Rivoluzione francese e sulla British East India Company, restituendo ai briganti quelle sfaccettature che la critica letteraria del gotico ha loro negato. Le notizie riportate sul «GazetteeD> dipingono queste figure come un effetto secondario, quasi un sottoprodotto del processo di consolidamento degli stati-nazione europei e delle strutture imperiali. In quanto tali esse appaiono elementi molto più "moderni" che "premoderni". Accostare i banditti della narrativa gotica a quelli della stampa quotidiana illustra quanto gli schemi estetici possano in realtà migrare secondo direzioni transmediali, mostrando inoltre come questi modelli agiscano nell'organizzare le rappresentazioni collettive in un sistema di relazione diversificato e già globale. L'estetica gotica, in altre 6. Il mio approccio deve molto a nuove modalità analitiche che rinunciano ai modelli di interpretazione sintomatici e surface depth del testo letterario, ma che viceversa tendono a leggerlo in termini associativi. Per una panoramica su tali orientamenti si veda la sintesi di Stephen Best e Sharon Marcus: Surface reading. An lntroduction, in «Representations» 108 (2009), pp. 1-21. Per un esempio dell7applicazione della mia prospettiv~ cfr. J. DeLuci~ The Haunts of the Banditti: Transnationalism and Mediation in George Robinson 's Publishing Network, in «European Romantic Review» 30 (2019), pp. 43-61. 21

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parole, dà forma alle percezioni che il lettorato dei quotidiani ha circa gli imperi e le guerre in corso negli anni Novanta del Settecento, ma allo stesso modo le notizie di cronaca relative ai briganti informano le percezioni del lettorato del Gothic nove/. Sebbene pochi critici abbiano considerato i lavori della Radcliffe in una prospettiva transmediale, una più significativa attenzione è stata prestata alle qualità intermediali dei suoi prodotti. La scrittrice, del resto, fa un ampio riferimento alla poesia settecentesca sia nella diegesi che nei paratesti dei romanzi. Allo stesso modo, le frequenti citazioni di Shakespeare sono state lette come tentativo di incorporare il genere gotico nella graduale strutturazione del canone britannico. 7 Recentemente, Ahmet Suner ha mostrato l'intrinseca rilevanza della musica nella produzione radcliffiana. 8 Maggiormente segnalato è stato invece l'uso intensivo della pittura di Salvator Rosa e Claude Lorrain come punti di riferimento nelle approfondite descrizioni dei paesaggi che ricorrono nei romanzi radcliffi.ani, al punto da spingere Jayne Lewis a considerare la stessa romanziera una teorica estetica, a pieno titolo. 9 Proprio i dipinti di Rosa appaiono una pietra di paragone per il peculiare posizionamento dei banditti nello spazio e nel tempo. Uno dei primi accenni a questi ultimi, infatti, si riscontra nella descrizione fornita dalla voce narrante circa la reazione che il padre di Emily, cioè l'eroina dei Misteri di Udolpho, sperimenta di fronte ai Pirenei. Il lettore scopre che «this was such a scene as Salvator would have chosen, had he then existed, for bis canvas; St. Aubert, impressed by the romantic character of the place, almost expected to see banditti start from behind some projecting rock». 10 Il narratore in teiza persona attribuisce questa peculiare visione al personaggio di St. Aubert, il quale nel 1584, vale a dire l'anno in cui è ambientata la vicenda, non avrebbe potuto avere alcuna conoscenza dell'artista Rosa (nato nel 1615), né dei masnadieri che egli avrebbe notoriamente dipinto. Cosicché l'utilizzo dell'arte rosiana, da parte della Radcliffe, rivela una 7. D. Lyn~ Gothic Libraries and National Subjects, in «Studies in Romanticism», 40 (2001), pp. 29-48. 8. A. Suner, The Sublimating and Suspending Uses of Music in Ann Rade/i.Ife 1s Tue Mysteries ofUdolpho, in «Eighteenth-Centucy Studies», 53 (2020), pp. 447-461. 9. J. Lewis, "No Colour of Language": Radcliffe 1s Aesthetic Unbound, in «Eighteenth-Centucy Studies». 39 (2006), pp. 377-390. in part. p. 388. 10. A. Radcliffe, The Mysteries of Udolpho [1794], Oxford University Press. New York 2008, p. 30.

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sorta di cosciente appropriazione indebita di una figura esteticamente connotata al fine di restituire paesaggi inusuali agli occhi dei suoi lettori. Con una tale operazione, la scrittrice confonde intenzionalmente i piani dello spazio e della temporalità. I ricchi intertesti presenti nella finzione suggeriscono che Radcliffe fosse acutamente consapevole dei framework resi possibili dalle interazioni transmediali, e invitano a guardare più da vicino ai supporti mediatici che circolavano negli ambienti da lei frequentati. In effetti, questa modalità di lettura genera una confusione spazio-temporale assimilabile al rimescolamento già creato dalla natura intertestuale delle pagine radcliffiane. L'incontro più diretto che l'autrice ha con i banditti, nei prodotti a stampa, avviene plausibilmente tramite i periodici e i quotidiani tardo-settecenteschi, in particolare mediante i lavori del marito sul «Gazetteeo>. Il biografo Ricton Norton, con un certo grado di condiscendenza, ha descritto la scelta della scrittrice di dedicarsi alla stesura dei romanzi come un ingegnoso modo di tenersi ben occupata durante le serate, ossia nei momenti in cui il coniuge lavorava alla composizione del giomale. 11 SebbeneAnn, molto presto, superò William in quanto a fama, retribuzioni e popolarità, le loro carriere parallele di romanziera e di giornalista si svilupparono in tandem. La maggior parte dei romanzi che le valsero la fama - Romanzo siciliano (1790), Il romanzo della foresta (1791), I misteri di Udolpho (1794)-furono scritti durante il periodo del marito al «Gazetteer». Di contro, le colonne del giornale coprono molti degli spazi geografici che fanno da sfondo alle opere romanzesche. L'impegno di Radcliffe come curatore editoriale, polemista e traduttore delle notizie provenienti dalla stampa straniera permette quindi di ampliare le osservazioni di Angela Wright sull'impiego da parte di sua moglie Ann delle fonti francesi, ma anche di osservare il genere gotico come progetto letterario e culturale caratterizzato da una «long-standing reciprocity>>, coltivata tramite pratiche di «translation, adaptation, or unacknowledged plagiarism». 12 Wright si concentra principalmente sul riadattamento e i prestiti in particolare da Rousseau e Madame de Genlis. Cionondimeno, il supporto mediatico del newspaper fornisce un'ulteriore fonte di con11. R. Norto~ The Mistress of Udolpho. The Life ofAnn Rade/i.Ife, Bloomsbury, London 1999:.P- 64. 12. A. Wright, Britain1 France and the Gothic, 1764-1820. The Import of Terror:. Cambridge University Press, Cambridge 2013, pp. 11 e 10.

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fronto diretto con le politiche e le idee sviluppatesi tanto nell'Europa continentale, quanto nei territori coloniali.

2. L opacità deibanditti 1

William Radcliffe subentrò a James Perry nelle :funzioni di direttore del giornale nel 1790. Prima di questa data, tuttavia, lavorò come cronista politico del «Gazetteer», frequentando quindi il parlamento e sintetizzandone le sedute a beneficio dei lettori. 13 Lo stesso Perry difese esplicitamente il leader parlamentare radicale Charles James Fox, e la linea editoriale del successore preservò queste simpatie politiche. Quando Radcliffe diventò direttore, i suoi compiti si espansero. Rictor Norton ha ipotizzato che egli fu scelto verosimilmente per la sua esperienza da traduttore,14 una circostanza che gli avrebbe consentito di decifrare in presa diretta i dibattiti dell'Assemblea nazionale francese. 15 Nel giornale le responsabilità dell' editor, come ha notato Robert Haig, non erano definite precisamente, ma tra le sue mansioni erano di certo incluse la redazione di «a large portion ofthe news published» e, appunto, la traduzione dei «French papers which were of such great importance after 1789». 16 Pubblicato quotidianamente, «Tue Gazetteer and Daily AdvertiseD>, come indica il titolo, bilanciava le inserzioni pubblicitarie con il bollettino delle notizie interne e internazionali. Non diversamente dalla maggior parte dei giornali di fine Settecento, all'incirca la metà delle pagine erano dedicate ad annunci relativi agli spettacoli teatrali allestiti al Covent Garden o al Drury Lane, ai libri di recente pubblicazione, ai biglietti della lotteria, e poi a profumi, proprietà in affitto, assunzioni di domestici, aste imminenti. L'altra metà includeva i rapporti di Radcliffe sui lavori della Camera dei Lord e della Camera dei comuni, oltre che lunghi e simpatetici resoconti di quelli in corso all'Assemblea francese, in aggiunta alle già richiamate letters to the editor riguardanti i crimini avvenuti su scala locale e la politi13. Per una descrizione della storia del giornale e del contributo di Peny e Radcliffe come direttori, si veda R. Haig, The Gazetteer, 1735-1797. A Study in the Eighteenth-Century EnglishNewspaper, Southem Illinois University Press, Carbondale 1960. 14. Radcliffe tradusse dal francese The Natural History ofEast Tartary (1789) del botanico Carl Hablitz e l'anonimo A Journey through Sweden (1789). 15. Norton, Mistress o/Udolpho,p. 61. 16. R. Haig, The Last Years ofthe Gazetteer, in «Tue Library>>, 5, VII (1952), p. 247.

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ca nazionale. È ragionevole presumere che Radcliffe fosse completamente responsabile della traduzione dei resoconti dell'Assemblea parigina che vennero dati alle stampe durante il suo mandato, soprattutto se si tiene conto del fatto che dopo che egli si dimise - nel 1793 - il giornale istituì una nuova posizione specifica per un traduttore, dato che il nuovo direttore non parlava né leggeva il francese. 17 Tuttavia, sarebbe impossibile individuare con precisione quali specifici articoli scrisse di proprio pugno. Malgrado ciò, Haig ha ritenuto che Radcliffe «contributed abundantly to the paper», notando in modo particolare le eccessive «average monthly expenditures for "Pens for the Editor"» riportate nei registri contabili del giornale. 18 In uno studio sui quotidiani pubblicati a Londra sul finire del Settecento, Hannah Barker ha chiarito che «the editor' s role in forming a paper' s politics seems to have been ofprime importance», sicché sarebbe ragionevole ritenere che il «Gazetteer» rispecchiasse le personali inclinazioni politiche di William Radcliffe. 19 Malgrado le simpatie radicali del quotidiano,nelle sue colonne i banditti erano però associati con una miriade di posizioni politiche e localizzazioni geografiche diverse. Nelle pieghe di numerosi rapporti dell'Assemblea nazionale, sono incorporate storie di briganti ingaggiati o semplicemente supportati dai realisti francesi. In un resoconto, si legge che essi avrebbero persino «hoisted the white cockade», chiaro simbolo monarchico, «after routing Republican troops». 20 Queste bande agivano spesso negli interessi della fazione legittimista, eppure potevano anche, in senso contrario, incarnare le aspirazioni repubblicane e filo-rivoluzionarie. In una relazione del 1793, relativa a un dibattito tra Charles James Fox (qui supportato esplicitamente dal giornale) e l'esponente conservatore Edmund Burke, il «Gazetteeo> riporta la richiesta di F ox che il re avviasse dei negoziati con l'Assemblea francese per scongiurare le «miseries of war». 21 Burke reagì con veemenza contro tale linea, sostenendo che «the Convention is composed of men, who did not possess one shilling of property, and who, as they had nothing to lose, would not be very averse to war with this country». Per Burke, continua il resoconto, si trattava insomma di una vera 17. lvii' p. 250. 18. lvii' p. 249. 19. H. Barkerl' Newspapers, Politics, and Public Opinion in Late Eighteenth-Century Engla~ Clarendon Press. Oxford 19981' p. 59. 20. «Tue Gazetteer and Daily Advertiser»I' 17 luglio 17931' p. 1. 21. lvii' 15 dicembre 17931' p. 2.

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e propria «republic of robbers, a hoard of banditti, a den of thieves, it was contagious to approach them, be shuddered at the idea, be deprecated it, bis blood ran cold in bis view as often as be thought of it». 22 In maniera assimilabile, il giornale descrive gli «Irish banditti» (come spesso i periodici inglesi definivano i repubblicani irlandesi) come individui pericolosi, «causing alarm» nelle «counties ofKilkenny and CarloW>>.23 In ultimo, la categoria di banditti pare funzionale a identificare le minacce interne alla legislazione e alla società britannica. Un resoconto del 7 marzo 1793 racconta appunto di «bandirti» penetrati all'interno della residenza di un architetto a Londra,24 eppure lo stesso termine è utilizzato anche in merito a soldati britannici sottoposti alla corte marziale, che una lettera al direttore dedicata proprio ai «broken officers» individua come soggetti che infestano le strade della capitale. 25 In tal senso, i briganti presenti nei resoconti parlamentari di William Radcliffe restituiscono ad Ann Radcliffe coordinate che rimangono contraddittorie nello spazio e anacronistiche nel tempo, lasciando presagire come i romanzi di quest'ultima si rapportino, in termini sottaciuti, da un lato con racconti "globalizzati", e, dall'altro lato, con l'ampia sfera della politica. I banditti della sua narrativa e quelli del popolare giornale del marito erano letti dal pubblico britannico in simbiosi, rendendo per un verso le gazzette parte del discorso gotico e, di contro, i romanzi "neri" curiosamente moderni. Se accostati, in effetti, echi e somiglianze si moltiplicano. In un resoconto del 23 marzo 1790, il «Gazetteer» descrive le «depredations committed» a Bruxelles «by banditti» che erano stati «raised and instigated» da quanti si stavano mostrando terrorizzati dalla diffusione della democrazia. 26 Il giornale descrive i briganti nell'atto di allestire le forche per gli esponenti democratici più noti, i quali sarebbero riusciti a lasciare la città di Gent appena in tempo.27 Anche Emily, la già richiamata eroina dei Misteri di Udolpho, incontra delle forche abbandonate nel corso del suo viaggio nei Pirenei, non a caso in uno «spot» che «seemed the very haunt ofbanditti». 28 La voce narrante 22. Ibidem. 23. Ivi, 25 gennaio 1793, p. 3. 24. Ivi, 7 marzo 1793, p. 3. 25. Ivi, 9 febbraio 1790, p. 6. 26. Ivi, 23 marzo 1790, p. 2. 21. Ibidem. 28. Radcliffe, The 1\lysteries ofUdolpho, p. 54.

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evoca allora «a gibbet standing on a point of rock near the entrance of this pass, and immediately over one of the crosses she had before observed», proseguendo nella descrizione di simili elementi del paesaggio come «hieroglyphs that told a plain and dreadful story». 29 Questi geroglifici non sono menzionati in seguito e restano più imperscrutabili che lineari al lettore. Eppure l'immagine delle forche innalzate per i democratici durante la Rivoluzione, richiamata dal «GazetteeD>, fornisce una parziale spiegazione degli stessi. Come i masnadieri degli anacronistici dipinti di Rosa, descritti dalla Radcliffe, i briganti del giornale agiscono come un riferimento o una lente che non solo fissa la peculiare temporalità interna al romanzo, ma trasforma i Gothic banditti da sintomi dell'oppressione sperimentata dall'eroina a figure dotate di autonomia narrativa, con le loro intricate vicende. Riflettendone la rappresentazione fornita all'interno delle notizie d' attualità, anche nel romanzo il profilo dei briganti è spesso difficile da identificare con assoluta chiarezza. Le storie che li riguardano sono contraddittorie, vaghe, e le loro identità sono di fatto impossibili da cristallizzare con precisione. All'inizio dell'Udolpho, il padre di Emily confonde il pretendente e futuro marito di quest'ultima con un ladrone e gli spara. Centinaia di pagine sono dedicate a discutere se il novello marito italiano della zia dell'eroina, il truce «Signor Montoni», sia un «captain of bandirti» o un gentiluomo che possiede legittimamente un palazzo a Venezia e un antico castello sugli Appennini. Anche prima che Montoni sposi la zia di Emily, la facoltosa vedova Madame Cheron, circola voce in Francia che costui non sia il legittimo proprietario di tali possedimenti. Tuttavia, la paura impedisce a questi rumors di diventare qualcosa di più che semplici dicerie. Non appena celebrate le nozze, Montoni trascina Madame Cheron ed Emily in Italia, imprigionandole infine nel maniero di Udolpho. Decine di uomini misteriosi ben presto raggiungono il castello, esprimendosi in quello che Emily definisce un «bad Italian>> e con una «singularity in their dress and a certain fierceness in the air».30 L'eroina rifiuta di chiamarli banditti, ma in un curioso momento di proiezione nell'ambito dell'estetica decide di «sketch them for banditti, amid the mountain-view of her picture».31 In questo frangente lavora quasi a ritroso, utilizzando un modello estetico a lei familiare per cercare di dare senso alla realtà che le si para innanzi. Per 29. Ibidem. 30. lvi:, p. 276. 31. Ibidem.

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molti versi, comunque, la lettura di tali figure elaborata da Emily sembra riflettere il processo cognitivo del lettorato settecentesco che, con ogni probabilità, imponeva le comici estetiche sviluppate nella fiction sull 'interpretazione dei giornali, e viceversa. Dopo che Emily ha dato la notizia dell'arrivo di questi strani uomini alla zia, Madame Montoni - senza le esitazioni della nipote - accusa il marito di tramare dei «designs» che non mirano a servire militarmente «the state», e gli domanda se egli sia un «captain of banditti [ ... ] plundering and laying waste to the surrounding country». 32 Come nella descrizione di Montoni fornita dai Aazsteri di Udo/pho, anche il «GazetteeD> fatica però a distinguere i briganti dagli attori militari e politici legittimi, rientranti nell'alveo poroso della legalità. L'opacità dei banditti risulta evidente non solo nei resoconti sulla Rivoluzione francese, ma anche nella copertura delle notizie provenienti dall'India, relative al controverso processo contro l'ex governatore generale Warren Hastings. L'8 marzo 1790 il giornale pubblicò una petizione del colonnello Williams nella quale questo ufficiale contestava il ritratto negativo del proprio ruolo che emergeva dagli articoli con cui era stato formalizzato l'atto di impeachment di Hastings. Tra i numerosi capi di accusa relativi alle brutali azioni militari dell 'East India Company e le sue pratiche di esazioni forzate nella provincia di Gorakhpur, il tredicesimo articolo del documento incolpava proprio il colonnello Williams di aver giustiziato senza processo il rajah Mustafa Kahn, un principe Moghul che avrebbe resistito agli ordini di Hastings e di cui si diceva fosse stato capace di sollevare circa diecimila uomini contro l'East India Company. Piuttosto che negare le sue azioni, la petizione di Williams insisteva sulla caratterizzazione di Khan non in quanto «man of rank», come era descritto appunto negli articoli pubblici e ufficiali dell'impeachment, ma all'inverso come «the head of a banditti that infested the district, a common robber>>.33 Lo status di Khan - da un lato un aristocratico rajah, o dall'altro un criminale senza rango né riconoscimento - determinava la legalità delle azioni del colonnello e la sua posizione all 'intemo della società britannica. La Camera dei comuni discusse nel merito la petizione di Williams, ma essa fu ritirata per difetti di tecnicalità. Le problematiche sollevate sull'effettiva condizione di Khan e le conseguenti relazioni con il potere statuale non furono affrontate. Malgrado la circostanza, però, il caso dell'esecuzione del rajah esemplifica bene come 32. Iv~ p. 305. 33. «The Gazetteer and Daily Advertisern, 8 marzo 1790, p. 2.

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l'estetica gotica contribuisca a forgiare delle inusuali connessioni transnazionali, legando insieme figure di principi indiani, rivoluzionari irlandesi e contadini francesi. Ad ogni modo, l'opacità dei banditti e il loro statuto legale, spesso indeterminato, consente di cancellare o rendere invisibili racconti o saperi culturali che non si adeguano alle narrative dell'incipiente stato-nazione e ai relativi progetti coloniali. Nella sua parte centrale, l'attitudine del romanzo della Radcliffe circa le distorsioni storiche e culturali è il risultato dell'espansione - e talora dell'applicazione forzata - del raggio di azione della categoria di banditti. Non appena si rafforza e si conferma la convinzione di Emily sul fatto che Montoni «had really commenced to be a captain of banditti», la voce narrante interviene così: «Emily's supposition, however natural, was in part erroneous, for she was a stranger to the state ofthis country». 34 Viene infatti spiegato al lettore che Montoni non è un capo di ladroni, ma un capitano di «Condottieri, [ ... ] a term formidable all over Italy, for a period which concluded in the earlier part of the seventeenth century». 35 La designazione di «condottieri» colloca il bieco Montoni e le sue truppe direttamente nel contesto bellico della prima età moderna, legittimandone il ruolo di leader riconosciuto di una forza mercenaria, sebbene l'anacronistica etichetta di banditti (meno connotata in senso nazionale) la segue a ruota e continua a denotarne le azioni per tutto il corso del romanzo. La voce narrante riconosce, in altre parole, la difficoltà di posizionare Montoni in un campo estetico e storico chiaramente leggibile: Montoni, though not precisely what Emily apprehended him to be- a captain of banditti - had employed his troops in enterprises not less daring, or less atrocious, than such a character would bave undertaken. They had not only pillaged [ ... ] the helpless traveller, but had attacked, and plundered the villas of severa! persons [ ... ]. In these expeditions, the commanders of the party did not appear, and the men, partly disguised, had sometimes been mistaken for common robbers, and, at others, for bands of the foreign enemy, who, at that period, invaded the country. 36

Risulta allora impossibile determinare la legalità delle scorribande di Montoni o le sue stesse relazioni con lo Stato di Venezia. Egli non è precisamente ciò che appare, e i suoi uomini sono spesso confusi per quel 34. Radcliffe, The Mysteries of Udolpho, p. 358. 35. Ibidem. 36. lvi, p. 397.

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che non sono. Nell'insieme, un simile gruppo armato compie imprese non identiche a quelle intraprese da veri e propri ladroni, ma al contempo esse risultano altrettanto audaci e atroci. Alla fine, Montoni viene arrestato dalle autorità veneziane. E tuttavia, dato che «nothing being discovered» per incriminarlo, costui langue nelle prigioni finché non viene misteriosamente avvelenato.37 In un romanzo famoso per produrre spiegazioni razionali ai più piccoli misteri, secondo il meccanismo del "sovrannaturale spiegato" tipico della Radcliffe, la vicenda di Montoni resta indeterminata. Dopo il suo avvelenamento, nel prosieguo del racconto la sua figura è dimenticata. Osservare i banditti nella narrativa radcliffiana e, insieme, nei giornali coevi consente di comprendere qualcosa in più rispetto alla portata e alla rilevanza dell'estetica gotica di cui la scrittrice fu pioniera, ma al tempo stesso aiuta a individuare la più generale funzione culturale e politica del romanzo gotico. Jacques Rancière, in The Politics ofAesthetics, difende l'idea dell'arte come chiave del cambiamento, affermando che «an aesthetic politics always defìnes itselfby a certain recasting of the distribution of the sensible, a reconfiguration of perceptual forms». 38 Le pratiche estetiche, specialmente quando sono reiterate attraverso svariate forme mediatiche, come nel caso dei briganti, possono riconfigurare le percezioni del tempo e dello spazio, illuminando alcuni modi di essere o nascondendone degli altri. Rancière individua nel realismo ottocentesco un tassello che ha condotto a un più democratico regime delle arti, rendendo le esperienze della gente comune un marcatore della "modernità". Dal canto suo, la narrativa gotica diede ai briganti una nuova visibilità, e la loro presenza fu amplificata e complicata attraverso la circolazione sui più diversi print media. Eppure, la forte associazione del gotico con essi li trasformò in figure fantastiche e storicamente distanti agli occhi del lettorato dei romanzi, secondo un effetto che deve essersi riprodotto in molti fruitori dei quotidiani coevi. L'interazione della fiction con le notizie d'attualità - che riguardassero rajah indiani, ex militari senza dimora a Londra o ancora ribelli irlandesi - restituisce i banditti come componenti strutturanti di un romantico e remoto mondo premodemo. Eppure, si trattava di figure a tutti gli effetti "moderne", frutto dello sviluppo dello stato-nazione e delle circolazioni transmediali rese possibili dalla crescente complessità e dall'ampliamento del panorama mediatico di fine Settecento. 37. Iv~ p. 569. 38. J. Rancière, The Politics ofAesthetics, Bloomsbmy, London 2006, p. 63.

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Fig. 2. The Cavern of Horrors; Or, the Mzseries ofMiranda.· A Neapolitan Tale, T. Hurst;. London 1802:, Sadleir-BlackCollection ofGothic Novels:,Albert and ShirleySmall Special Collections Library:, University ofVirginia.

FRANCESCO DE CRISTOFARO

Quel brigante dell'innominato

1. «Come quel/'osso giucava» C'è stato un momento, nell'«etemo lavoro» dei Promessi sposi, in cui la parabola dell'innominato - pur non trattandosi più, ormai, del Conte del Sagrato del Fermo e Lucia - è sembrata prendere una traiettoria un po' diversa da quella che tutti ricordano. Questa strada perduta, riconducibile a uno stadio redazionale tuttora negletto dagli studiosi (la fase intermedia tra prima minuta e Ventisettana), può evincersi dallo «schizzo più ampio della figura dell'innominato» che i primi editori critici del testo, Alberto Chiari e Fausto Ghisalberti, ritrovarono in un mucchio di carte "extravaganti" conservate nella contrada del Morone (fìg. 1).1 I dodici fogli, fittamente autografati, pongono il lettore di fronte al cupo determinismo delle esistenze bestiali: al pari di quello di Gertrude, il destino del personaggio risulta segnato a partire dalla sua stessa posizione sociale e dai primi stimoli della gioventù; così che a quella futura icona della conversione non vengo1. Cfr. A. Manzoni, I promessi sposi, in Tutte le opere, a cura di A. Chiari e F. Ghisalberti, Mondadori, Milano 1954, IIl/2, pp. 786-797. Le citazioni dallo «schizzo» (il cui autografo è interamente consultabile al link WW\v.alessandromanzoni.org/manoscritti/654) verranno però tratte dall,apparato della recente edizione critica della «seconda minuta»: Id., Gli sposi promessi. Seconda minuta (1823-1827), a cura di B. Colli e G. Raboni, Casa del Manzoni, Milano 2012, t. II, pp. 320-342. I relativi riferimenti saranno riportati direttamente a testo, con 1, abbreviazione SP e 1, indicazione della pagina. Segnalo infine che il testo fu riproposto anche in un volumetto allestito da Luca Toschi (Id., Quell'innominato, Sellerio, Palermo 1987) che allegava anche i brani del Fermo e Lucia e dei Promessi sposi ove si concentra la descrizione del personaggio, nonché un saggio postfativo del curatore.

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no concessi margini di manovra di qualche rilievo drammatico. L'innominato nasce «tiranno» (SP, p. 321): il «chinar riverente di facce bellicose», vale a dire il viscido servilismo dei domestici, fornisce perfino una sorta di attenuante al suo innato «talento feroce». Quando poi si scatena l'inseguimento dei giustizieri, anche a questi ultimi spetta un tratteggio zoomorfo. All '«orso» cui bisogna «metter la musoliera» si contrappongono il «bargello» connotato con «occhi cervieri» e altri sbirri che «ronzano in frotte nei contorni della città» (ivi, p. 326). La caccia all'uomo termina, secondo un collaudato modulo narrativo, con un agguato omicida e un riparo in convento; ed è proprio a questo punto che Manzoni introduce, per giustificare un'imminente digressione sulle «gride», una meta.lessi singolannente priva di alibi, che - specie nel cortocircuito col paradigma realista che veniva in quegli anni definendosi nella scrittura balzachiana - sprigiona senso: Vorrei poter risparmiare al lettore tutte queste notizie e riflessioni generali su le opinioni, gli usi, le istituzioni di que' tempi, e condurlo speditamente di fatto in fatto fino al termine della storia; ma i fatti che mi tocca di raccontare sono talvolta così dissimili dall'andare comune dei nostri giorni, così estranei alla nostra esperienza che a dar loro un certo grado di chiarezza, mi par pure indispensabile di spiegare alquanto lo stato di cose nel quale e pel quale potevano essere. Altrimenti, a quelli che non hanno fatto studii particolari sopra quell'epoca, sarebbe come presentare un osso d'uno di questi animaloni di razze perdute, senza dare tm po' di descrizione dello scheletro, o di quel tanto che se n'è potuto trovare, e mettere insieme, per la quale si vegga come quell'osso giucava (ivi, p. 329).

«Come quell'osso giucava»: mentre al demiurgo della Comédie humaine un singolo elemento basta (secondo il modello paleontologico di Cuvier) per risalire, con metodo indiziario, a un insieme autosufficiente, l'editore moderno della «storia milanese del secolo XVII» avverte il bisogno quasi ossessivo di restituire il quadro globale ove s'iscrivono in modo necessario le vicende che viene narrando. Sul piano cognitivo, il segmento scheletrico è in sé inerte; da esso deve muovere una procedura abduttiva, una ricostruzione intellettuale che conduca non già ad una sagoma soggettiva, ma alla "storia" stessa degli uomini. E proprio la predicazione, in luogo di quest'ultima, di una "preistoria" incognita e perduta costituiva la crepa più profonda di quel brano poi cassato e della riflessione teorica di fondo: lo scrittore stava parlando anche della propria frustrazione riguardo alla staticità cui uno zoomorfismo a tinte piatte rischiava di condannare i personaggi, e della sua aspirazione a dotarli invece di una consistenza

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(avrebbe detto il Forster di Aspects of the Nove!) «a tutto tondo»: di un arbitrio individuale, cioè, e di una effettiva capacità di sviluppo all'interno della fabula. Per rientrare nella metafora del brano riportato, si trattava insomma di rendere :finalmente «libero» quel «gioco» tra frammento e organismo, calando il primo dei due termini dentro il conflitto del tempo: al duplice scopo di render viva la rappresentazione e di conferire a quel frammento un senso - di irrverarlo. Come si vedrà, in quel palinsesto, che l'edizione critica pubblicata nell'ambito del progetto di Dante !sella consente ora di leggere con la dovuta attenzione filologica e testuale, s'incontrano altri passaggi capitali sul piano teorico e, per dir così, metodologico: esso risulta estremamente prezioso non solo per il manzonista (cui offre una prospettiva inedita e straniante per traguardare, dietro la figura proiettiva del «tiranno» romanzesco, il processo graduale e inquieto di "conversione" dello scrittore), ma anche relativamente alla domanda di ricerca che ha suscitato il presente volume; e, ancora più in generale, per comprendere in che modo si sia precisato, nel momento aurorale della stagione realista, il rapporto dialettico tra storia e romanzo. Si proverà dunque a compierne una lettura microscopica e variantistica, nella fiducia che possa contribuire a fondare, se non una genealogia, una tipologia storica.

2. Briganti birboni In una tradizione come quella del nostro Ottocento, che di briganti romanzeschi ne schiera masnade, l'innominato resta in effetti non solo il personaggio più fortunato e carismatico, ma anche quello maggiormente screziato da inquietudini: inquietudini, s'intende, tanto nel dipanarsi dell'intreccio per come lo conosciamo, per come è stato consegnato alla versione ne varietur del romanzo, quanto nella diacronia redazionale non a tre, ma a quattro tappe che va dal Fermo e Lucia agli Sposi promessi (la seconda minuta, composta tra il '23 e il '27), e successivamente dalla Ventisettana e alla Quarantana. Conviene partire dal più noto, vale a dire dall'ultima fase redazionale, e rilanciare subito una questione decisiva: chi, tra i personaggi dei Promessi sposi, può essere definito in modo pertinente «brigante»? In un saggio seminale sul Brigante nel romanzo storico, saggio che prendeva le mosse proprio dal personaggio dell'innominato, Sergio Romagnoli fu, al riguardo, tranchant

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I bravi, per intenderci, sia il più famoso di tutti, il Griso, sia il Grignapoco, il Biondino, Carlotto, il Montanarolo, lo Sfregiato, Squintemotto, il Tanabuso, il Tiradritto, tutti bravi di don Rodrigo, sia il Nibbio, capo della masnada al servizio dell'innominato, propriamente briganti non sono in quanto ad essi manca, per lo meno, una determinazione essenziale, quella del vivere alla macchia, né essi compiono precipuamente rapine a mano armata e nemmeno si può individuare in loro un'altra caratteristica atta ad identificarne la figura con quella del brigante: il vivere fuori legge. 2

I bravi non apparterrebbero alla schiatta dei briganti, in quanto privi di almeno tre caratteri originali del tipo. Eppure, la «condizione» termine che Manzoni finisce per preferire a «professione», già adoperato nel Fermo - di cui si parla nelle «gride» che vengono poi riportate nel testo è proprio quella di uomini «vagabondi» (in forma endiadica, per la precisione: «bravi e vagabondi»), responsabili di azioni criminose e ripetutamente condannati dalla giustizia, al punto da auspicarne un «esterminio».3 Al riguardo, uno storico d'indiscussa autorevolezza segnalò come nelle società di antico regime l'ambiguo statuto del «vagabondo» (che è «il marginale per eccellenza») lo collochi ipso facto «nel quadro della criminalità», giacché egli «sembra sempre suscitare paura e avversione da parte delle comunità organizzate».4 Nel caso specifico, anche la descrizione fisiognomica e «vestignomica» dei bravi manzoniani non può non richiamare i «banditti» gotici di Ann Radcliffe e prima ancora, risalendo alla fonte, il sublime-pittoresco di Salvator Rosa: modello, quest'ultimo, ben operante nella prima stagione della fortuna dei Promessi sposi, come provato da una miriade di illustrazioni delle edizioni d'epoca non autorizzate (fìg. 2). Risparmio al lettore le celeberrime righe manzoniane in cui si descrivono il Tiradritto e il Grignapoco; sarà più interessante affiancare la vignetta approntata da Francesco Gonin per la Quarantana e quella, ai più ignota, riprodotta nell'edizione "Sessantanovana" (fig. 3a e b ). L'antefatto è che i torchi di alcune immagini si erano consunti; così, il nuovo editore Rechiedei commissionò quelle sostitutive a due artisti ruggenti della Milano protoscapigliata, Luigi Borgomaine2. S. Romagnoli. n brigante nel romanzo storico italiano (1975). in Id., Manzoni e i suoi colleghi. Sans~ Firenze 1984, pp. 270-307. cit. ap. 271. 3. A. Manzoni, I promessi sposi, a cura di F. de Cristofaro et al., Rizzo li, Milano 2014. p. 94; p. 96. 4. B. Gereme~ Marginalità (1979), in Id., Uomini senza padrone. Poveri e marginali tra medioevo ed età moderna, Einaudi, Torino 1992.pp. 215-245, cit. a p. 227.

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rio e Tranquillo Cremona. 5 Quanto all'illustrazione del malincontro, il secondo scelse di rovesciarne la prospettiva e il modificarne il taglio, flagrantemente indulgendo all'estetica dell' «orrida bellezza» e mettendo dinanzi agli occhi del lettore-spettatore niente di meno che due «figurini di briganti che punteggiano i panorami alpini quasi fossero delle apparizioni luciferine». 6 Sembra insomma che l' imagery convenzionale del brigante agisca così profondamente nella costruzione figurale dei bravi manzoniani da rendere inessenziale il quesito circa la «professione» quale risulta dalla fabula. Vero è che Manzoni appare estremamente attento nell'impiego del termine «briganti», come si evince dalla variantistica tra V entisettana e Quarantana. Mi limito qui a richiamare due casi; i brani sono tratti rispettivamente dal sontuoso affresco della rivolta del pane e da un colloquio tra don Rodrigo e il conte Attilio: Addosso a quella stava ancor condensato il fondaccio, per dir così, della sommossa; una mano di briganti, che scontenti d'una :fine così fredda e così imperfetta di un tanto apparato, brontolavano, bestemmiavano, facevano consulta, per incoraggiarsi l'un l'altro a cercare se qualche cosa si potesse ancora intraprendere [ ... ] (I promessi sposi, cap. XIV, 1827). Accosto a quella stava ancor condensato il fondaccio, per dir così, del tumulto; un branco di birboni, che malcontenti d 'mia fine così fredda e così imperfetta d'un così grand' apparato, parte brontolavano, parte bestemmiavano, parte tenevan consiglio, per veder se qualche cosa si potesse ancora intraprendere [ ... ] (I promessi sposi, cap. XX, 1840). - Quel frate - continuò egli, - con quel suo fare di gatta morta, con quel suo parlare a sproposito, io l'ho per mi brigante e per un dritto (I promessi sposi, cap. XI, 1827). - Quel frate - continuò, - con quel suo fare di gatta morta, e con quelle sue proposizioni sciocche, io l'ho per un dirittone, e per un impiccione (I promessi sposi, cap. XI, 1840).

Si tratta di indizi esili, ma cristallini. Così come è cristallino, e decisivo, il fatto che nel testo dato infine alle stampe la parola «brigante» non 5. Per un primo sondaggio mi permetto di rinviare al mio I promessi sposi (di nuovo) alla prova nella "Sessantanovana", in «Intersezioni», XXXVII, I (2017), pp. 59-74, in part. pp. 64-65. 6. G. Tatasciore, I misteri del brigante italiano: alle origini di un tipo criminale, in «Storica», 73 (2019), pp. 13-52, cit. a p. 23.

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compaia mai: laddove di briganti lato sensu ce ne sono a iosa, e ce ne sono a iosa anche nelle illustrazioni che "don Lisander" commissiona, supervisiona e - alla lettera - impagina, vale a dire posiziona personalmente nello specchio tipografico. Ma se ne ricorderanno anche i moltissimi che in Europa si cimenteranno a visualizzare il romanzo nelle edizioni non originali, e finanche non autorizzate, degli ultimi due secoli: spesso e volentieri in chiave umoristica, con ricercato straniamento (fìg. 4). Va da sé che siamo al cospetto di personaggi minori o «caratteristi»,7 privi di psicologia, animaleschi ma tendenti a una betise basica più che alle vette delle caccia tragica, sovente anche comici: un po' come lo sono alcuni personaggi macchiettistico-bozzettistici del sorgivo romanzo storico di casa nostra, quello dei «figli di Walter Scott», e poi del cosiddetto «manzonismo degli Stenterelli»; per non dire dei briganti di peluche sulla scena qui descritti nel contributo di Pierre Frantz. Si potrebbe allegare un episodio dalla Battaglia di Benevento di Francesco Domenico Guerrazzi, annus mirabilis 1827, in cui il masnadiero Drengotto, ferito a morte e mutilo della mano in seguito a un'offesa al suo capo Ghino di Tacco, esala l'ultimo respiro mentre gli altri scherani giocano a dadi, e lo fa sussurrando parole paradossali circa la mano che vorrebbe seppellita insieme al cadavere per non esser poi costretto a ricercarla da morto: siamo evidentemente dalle parti della famigliaAddams. 8 Per restituire un'idea del peso del cliché nella caratterizzazione del personaggio brigantesco estrapolo invece un brano da un romanzo esattamente sincrono, Il castello di Trezzo di Giambattista Bazzoni, in cui agiscono tre briganti molto affini ai bravi di Manzoni, con tutta una frusta simbologia zoomorfa che spazia dalle fiere ai ragni, dai serpenti alle piovre:

7. Cfr. F. Portinari, Le parabole del reale. Romanzi italiani dell'Ottocento, Einaudi:, Torino 1976, p. 5 e passim. 8. Val la pena di riportare la scena madre, perché se ne apprezzi effetto:, insieme macabro e impacciato: «- Credo che sì, Beltramo; solo ti prego di una grazi~ e ti scongiuro a non rifiutarla alla nostra antica amicizia: - quando porteranno a seppellire il mio cadavere:, cercherai la mia mano che deve essere rimasta là in mezzo al bosco, e ti adoprerai di pormela accanto:, in modo:, che subito la possa trovare; però che quando l'Arcangelo ci chiamerà a quel giudizio - eh• io non ho mai avuto - possa presentarmi dei primi, e sapere subito il mio bene o il mio male; altramente, come vedi:. chi sa ove diavolo me la caccerebbero:, e quanto tempo dovrei frugare per rinvenirla~ - E qui rise:, ma quel suo riso fu 1:,ultimo, ché l'agonia lo sorprese»: FD. Guerrazzi:, La battaglia di Benevento. Storia del secolo XIII:, Manini:,Milano 1845, p. 175.

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Era costui un uomo a trent'anni, alto della persona, di fieri lineamenti forte adusti dal sole; sotto le larghe alaccie di un logoro cappello colla testiera a cono muoveva due occhi vivi ed agitati: aveva il mento coperto da folti peli nerissimi. Il suo vestire constava d'un rozzo giubbone di lana scura e di due ampie brache; le sue gambe erano nude, tranne i piedi calzati in grosse scarpe acuminate; teneva tra le mani uno stocco irrugginito, la di cui punta luccicava tuttavia; e due pugnali stavangli infissi ai fianchi entro larga coreggia di cuoio [ ... ] Costui era un fuoruscito, il quale si aggirava per que' dintorni con due suoi compagni a fine di svaligiare i viandanti; e pel suo viso abbronzato s 'avea avuto il soprannome di Tencio.9

Se il «codice vestimentario» risulta topicamente banditesco, l'aspetto selvaggio e soprattutto la confusione tra pelle umana e pelli (e peli) anima] i non possono non richiamare alcuni esiti del canone internazionale di quegli anni, dai Mohicani di James Fenimore Cooper agli Sciuani del primo Balzac.10Esiti in cui il ribelle e il bandito sembrano-giustaHobsbawm.11 -darsi la mano. Ma ciò che rende più interessante il personaggio di Tencio è che costui, quando si reca a Milano, si trova a vivere un'avventura non molto diversa da quella di Renzo: il bandito è anche un picaro. Per cui, mentre nella narrazione manzoniana una cortina di ferro separa assiologicamente e moralmente il primo dal secondo, qui i due tipi sembrano convergere, in ossequio alle origini cinque-secentesche (da Lazarillo de Tormes a Simplicissimus). Peraltro un simile nesso appare, prima ancora che immaginario, antropologico; e si condensa in una figura polimorfa e dalla formidabile e longeva fortuna quale è l'impostore. 12 9. G. Bazzoni, n castello di Trezzo. Novella storica :t Stella:, Milano 1830:t pp. 6-7. 10. Adduco un unico campione testuale: «Quelques-uns des paysans, et c'était le plus grand nombre, allaient pieds nus, ayant pour tout vetement une grande peau de chèvre qui les couvraient depuis le col jusqu' aux genoux:t et un pantalon de toile bianche très grossière, dont le fil mal tondu accusait 1, incurie industrielle du pays. Les mèches plates de leurs longs cheveux s'unissaient si habituellement aux poils de la peau de chèvre et cachaient si complètement leurs visages baissés vers la terre, qu' on pouvait facilement prendre cette peau pour la leur:t et confondre:t à la première vue:t ces malheureux avec les animaux dont les dépouilles leur servaient de vetement»: H. de Balzac:, Les Chouans:t in ld.:t La comédie humaine:t a cura di P.-G. Caste~ Gallimard:t Paris 1976 e sgg.:t t. VIIt p. 905. 11. Cfr. E. Hobsbawm, I ribelli. Forme primitive di rivolta sociale (1959):t Einaudi, Torino 1966:t pp. 19-40; Id., I banditi. Il banditismo sociale nell'età moderna (1969):t Einaudi, Torino 1971. 12. Cfr. ora I7indagine di G. Alfano, Fenomenologia de/l'impostore. Essere un altro nella letteratura moderna, Salerno Editrice:, Roma 202t in part. pp. 53-75.

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3. Un benefattore a mano armata

È tempo di passare al nostro eroe, che è poi l'unico del romanzo cui Romagnoli conferisca, pur con qualche riserva, la patente di brigante: l' innominato. Innominato che porta alle estreme conseguenze una strategia "anonomastica'' operante nel romanzo 13 ( e che nemmeno nel Fermo possedeva un autentico cartiglio anagrafico: era, senz'altro, il Conte del Sagrato, a causa della scena primaria della sua carriera criminale); e che ha ovviamente le sue conclamate fonti storiche, in particolare Francesco Rivola e Giuseppe Ripamonti: circostanza che rende tanto più degna di attenzione la spregiudicata metamorfosi del personaggio tra una redazione e l'altra. Il primo brano del Fermo meritevole di attenzione configura un'incongruenza narrativa: Quale divenisse il castello dopo la partenza di quei più facinoros~ il manoscritto non lo dice, né ci è venuto fatto di trovarne notizia altrove. Il nostro autore dice che il Conte andò ogni giorno ad abboccarsi col Cardinale finché durò la visita di esso in quei contorni: di un solo di questi abboccamenti egli riferisce le particolarità [«non riferisce alcuna particolarità di questi abboccamenti»], e il nome del Conte del Sagrato non ricompare poi più nel manoscritto. 14

Così il narratore dapprima afferma che, dopo un rabbuffo ai bravi, il Conte scompare di scena, protestando che l'anonimo non dice nulla o quasi circa il suo destino (né la variante qui riportata è priva di interesse); più avanti, però, muta avviso e ci mostra un brigante non soltanto ravveduto, ma volto al bene, avendo deciso di trasformare la propria dimora in ospizio per la «gente di nessuno». Con ogni evidenza l'archetipo è il Karl Moor schilleriano (palesi soprattutto le consonanze tra i discorsi agli antichi compagni di brigantaggio: «con ribrezzo depongo il bastone del comando», etc.); sebbene alle spalle ci siano, come gli studiosi non mancano di notare, il teatro di Shakespeare e, ancor prima, il dantesco Ghino di Tacco, Robin Hood e alcune figure del poema cavalleresco. Va da sé che il tipo del "ladro gentiluomo" viene appena sfiorato (quasi nessuno dei nove tratti pertinenti individuati 13. Per un inquadramento teorico della questione cfr. il mio Fuori registro. Esclusi, incogniti, innominati nel "mondo di invenzione" dei Promessi sposi, in J personaggi minori. Funzioni e metamoefosi di una tipologia nel romanzo moderno, a cura di S. Sbarra, Pacinilt Pisa20171t pp. 61-82. 14. Cfr. A. Manzonilt Fermo e Lucialt a cura di S.S. Nigrolt Mondadori, Milano 20021t p.433.

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da Hobsbawm per delinearne la «figura ideale»15 è qui rinvenibile). Tuttavia questo complesso di modelli pare convalidato da un inciso eroicomico e felice, una memoria del canone che cadrà nella Ventisettana: «Egli, come l'Ariosto sognò di Carlo in Parigi, di qua di là, non istava mai fermo: dava ordini, visitava posti, metteva a luogo quelli che arrivavano, governava ogni cosa; e dove nascesse qualche garbuglio, qualche contesa, si mostrava, e tutto era :fìnito».16 Abbiamo, cioè, un brigante che opera per il bene, ma in questo stadio redazionale risulta ancora potenzialmente offensivo: «Un tal uomo non avrebbe potuto considerare la sua casa come un asilo disarmato, un nascondiglio di paura, nè starsi con le mani in mano quando ad ogni momento poteva presentarsi un'occasione di menarle santamente» (dove l'ultimo sintagma di verbo e avverbio restituisce in scorcio umoristico la sua milizia cristiana); laddove, com'è noto, nei Promessi sposi Manzoni, a quest'altezza della narrazione, avrà ormai disarmato il bandito. Si osservi anche come nel Fermo e Lucia venga progressivamente enfatizzato, nella variantistica interna, il ruolo svolto da Borromeo in questa sorta di "seconda conversione": ruolo che peraltro nella biografia del Rivola risultava ancora maggiore (a differenza che nelle Historiae patriae del Ripamonti, vi si parlava di ripetute visite pastorali al Conte da parte del cardinale, e non viceversa). Il dato non è banale per quello che qui interessa: decidere poi, nei Promessi sposi, di far eclissare Borromeo, consegnando all'innominato tutta la responsabilità etica della scelta, significherà dotare questi di un inedito spessore tragico. Al pari di Cristoforo, come anche di tanti banditi della tradizione letteraria moderna europea, neanche il Conte sembra avere realmente bisogno dell'apparato ecclesiastico per convertirsi: il processo si svolge soprattutto nel «foro interno» della coscienza. In pagine acutissime Luca Toschi concluse che «il brigante, a suo modo, cercava Dio, ma ragionava male, indotto in quest'errore dalla cultura del tempo». 17 Per una genealogia ad ampia gittata geografico-temporale, invece, non posso che rifarmi a una pagina esemplare di Giovanni Getto: La figura tradizionale del brigante magnanimo, che risaliva al romanzo greco e che nella letteratura europea aveva trovato le sue più memorabili incarnazioni nelle figure di Ghino di Tacco nella novella 2• della giornata X del 15. Cfr. E. Hosba~J banditi, p. 37. 16. Manzoni, Fermo e Lucia, p. 638. Ibidem la cit. che segue. 17. L. Toschi, Il brigante, la vergine e lo scrittore~ Postfazione a Manzoni, Quell 'innominato, pp. 34-62, cit. a p. 53.

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Decameron e di Roque Guinart nel capitolo LX della seconda parte del Don Chisciotte, subiva una nuova, più complessa e inquieta interpretazione nel personaggio di Karl Moor. E l'età romantica doveva risentire acutamente il fascino del protagonista dei Riiuber e svilupparla, attraverso le derivazioni terrificanti dei romanzi di Radcliffe e di Lewis e sotto il segno di Milton (già operante in Schiller), in senso satanico, dando vita agli eroi di Byron, di Nodier e di altri ancora. Manzoni nel raccogliere la proposta tematica fondamentale che scaturiva dalla creazione di Schiller, lasciava cadere il particolare motivo satanico [ ... ] e approfondiva invece l'elemento religioso positivo che la tragedia non mancava di offrire. Sul tracciato schematico delle fonti storiche, Manzoni, pur facendovi confluire le derivazioni da altri testi, come quello di Robert le diable e le pagine dedicate a Strappacuori dell 'Historia del Cavalier Perduto, immetteva una corrente fantastica che sembra trarre il suo impulso iniziale soltanto dalla immagine di un' appassionata eloquenza dei Riiuber.18

Una genealogia, questa, che alcuni recenti studi consentono ormai di articolare in modo più preciso, ponendola finalmente a riscontro delle trasformazioni storiche: soprattutto in riferimento a quella stagione finesettecentesca di «banditti mania» la cui presa sull'immaginario è stata recentemente ricostruita da Giulio Tatasciore. Diviene così possibile riscattare le riprese del tipo da una prospettiva esclusivamente letteraria (quasi che il dialogo tra gli scrittori si limiti alla dimensione intertestuale e avulsa dalla realtà), indagando le declinazioni in chiave localistica, romantica e pittoresca operate dentro e dopo la Rivoluzione francese; e identificando, fra l'altro, quella «mistica del sublime e della maestosità nella sventura»19 che costituisce senza alcun dubbio l'humus ideologica e figurale del villain manzomano.

4. Morte al tiranno, viva il tiranno Vengo infine al caso di studio promesso in apertura: caso in cui una :filologia microscopica può aiutare a comprendere meglio la «Storia grande» (se è corretta l'ipotesi, a suo tempo formulata da Peter Burke, che 18. G. Getto, I promessi sposi e il teatro di Schiller (1963), in Id .• Manzoni europeo. Mursia,Milano 1971,pp. 181-226,cit. ap. 217. 19. G. Tatasciore, Briganti d'Italia. Storia di un immaginario romantico, Viella, Roma2022,p. 45.

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l'opera manzoniana sia anche un altissimo incunabolo della «storia sociale», in virtù di almeno tre caratteristiche condivise con tale tendenza degli studi sul passato, cioè l'interesse per la mentalità, per la microstoria e per il punto di vista dal basso). 20 In tal senso, considerata anche la cornice di questa ricerca, bisogna almeno accennare al fatto che lo Schizzo contiene alcuni passaggi cruciali nella messa a punto del metodo storiografico: quello da cui sono partito, ove si afferma la necessità di restituire con esattezza il contesto, per evitare di presentare un osso di uno di quegli «animaloni di razze perdute» senza dire «come quell'osso giucava»; e quello in cui si legge che «la storia, e massime quella dei costumi, è nei libri, come nei musei d' anticaglie, a pezzi e a bocconi, e troppo spesso principalmente nei libri, se ne trova di quelli che non possono mettersi insieme con altri pezzi e con altri bocconi, tanto da metterne insieme una figura, e da ricavarne una notizia» (SP, p. 333). Ma c'è di più. Nelle stesse pagine, applicando quel metodo, Manzoni produce una formidabile lettura anatomica del «corpo sociale», dapprima articolando l'antica metafora medica, poi mettendola a profitto nell'analisi degli specifici rapporti di forza governati dalle «gride d'impunità»: gride che nella sua lettura :finiscono per configurare connivenze e collusioni tra banditi (cfr. ivi, p. 331). Dopo aver letto queste righe, ci si chiede se l'espunzione dello Schizzo sia davvero il segno di una frustrazione del romanziere storico, che per l'appunto non riesce a «metterne insieme una figura», o ubbidisca piuttosto a ragioni di censura e soprattutto alla volontà di astrarre l'innominato dal suo tempo e dalla stirpe di Caino: di affrancarlo, cioè, dal banditismo sociale inteso come fenomeno storico, evitando ogni riduzionismo e rappresentando «a sbalzo»21 la sua natura eccezionale ed "eroica". 20. Cfr. P. Burke, J promessi sposi come storia sociale, in n romanzo. a cura di F. Moretti. voi. IV: Temi, luoghi, eroi, Einaudi. Torino 2003. pp. 163-183. 21. «La drastica riscrittura cui il ritratto viene assoggettato [ ... L oltre a eliminare digressioni sul governo spagnolo e sulle grida d, impunità [ ... ].pare costruita quasi a 'sbalzo', verso un incremento della dimensione misteriosa del personaggio, vero erede di una tipologia romantica: la cancellazione dei dettagli delle imprese criminose [ ... ] mira infatti a differenziarne la statura rispetto ai tanti signorotti seicenteschi [ ... ]. in modo da esaltarne la valenza di strumento della provvidenza in seguito alla conversione. Un modo. ancora una volta. per assicurare la coesistenza tra una illuministica fiducia nelle ricette di buon governo e la visione pessimistica di un genere umano vocato al male, la cui unica possibilità di redenzione poggia nell, intervento della grazia divina, come il 'sugo' dell, intera storia del

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Un sommario degli eventi narrati nello Schizzo aiuterà forse a spiegarsi meglio. In quelle pagine l'innominato veniva immediatamente designato come «tiranno»: tiranni, si affretta a spiegare Manzoni, > 13 a governi inadeguati e dispotici, non è senza conseguenze nell'accezione culturale successiva. Più di trent'anni dopo, infatti, sono proprio i passi del Du brigandage ad essere ripresi e largamente citati dal Grand Dictionnaire nella voce omonima. La politicizzazione del brigante era una 8. Du brigandage, in Stendhal, Voyages en Italie, a cura di V. Del Litto, Gallimard, Paris 1973, p. 1036. 9. Numerose espressioni stendhaliane sono analoghe a quelle di J.C.L.S de Sismondi, Histoire des républiques italiennes du Moyen Age, Treuttel et Wurtz, Paris 1818, vol. XVI, p.192. 10. StendhaL Du brigandage, p. 1039. 11. Les brigands en Italie, in Stendhal, Voyages en Italie, pp. 1234-1235. Il capitolo per volere dell'editore non trovò posto nella nuova edizione di Rome, Naples et Florence del 1826, e fu ceduto, con altri, al cugino Romain Colomb che lo pubblicò nel suo Journal d'unvoyage enltalie etenSuissependant l'année 1828(1833). 12. Les brigands en Italie, p. 1235. 13. StendhaL Du brigandage, p. 1036.

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possibile evoluzione di quella eroizzazione che lentamente s'impone a partire dal XVIII secolo e che vede affermarsi la figura del bandito d' onore, il raddrizzatore di torti con sfumature di contestazione politicosociale.14 Ma nel Grand Dictionnaire della seconda metà del XIX secolo è il solo brigante italiano a operare secondo una logica di dissenso dalle istituzioni socio-politiche, distinguendo in questo la sua fenomenologia da quella di tutti i suoi omologhi negli altri paesi, pure evocati. Indubbia appare la responsabilità di Beyle, perché sua è la ricostruzione che fornisce gli elementi al Larousse per illustrare l'intera parabola italiana, fino all'attualità: «En Italie il [le brigandage] ne cessa pour ainsi dire jamais; mais il prit une nouvelle recrudescence à la chute des républiques italiennes et eut dès ce moment une couleur d'opposition qu'il a gardée jusqu'à nos jours». 15 Tornando ai tratti che definiscono il brigante stendhaliano, colpisce come tra le figure rappresentative degli scritti odeporici e quelle romanzesche si perdano caratteristiche significative. Non trova più spazio alcuno il cannibalismo, pure raccontato a proposito delle gesta della banda dei Vardarelli; 16 né una ferocia primordiale e animalesca (il brigante Diecinove «encore plus altéré de sang que d'or» );17 né quella ispirata a risentimenti meschini o alla cupidigia. 18 Jules Branciforte prima e Ferrante Palla in seguito, nella Chartreuse de Parme (1839), fanno prova di un totale disinteresse personale, il secondo anche di una proverbiale onestà. Si è giustamente visto una sua prefigurazione nel brigante piemontese Rondino, tratteggiato da Stendhal in Les brigands en Italie, per le sue qualità di «honnete homme» che non deruba ma domanda, e poi restituisce il denaro che non gli è strettamente necessario alla soprav14. Dominique Kalifa ricorda per esempio le figure di Cartouche e Mandrin, di Robin Hood e Jack Sheppard: Les bas-fonds. Histoire d'un imaginaire, Seuil Paris 2013, pp. 97-101. 15. Brigandage, in Grand dictionnaire universel du XDl' siècle, p. 1270. 16. Stendhal, Rome, Naples et Florence en 1817 (1817) in ld. Voyages en Italie p. 158, ripreso in Les brigands en ltalie, ivi, p. 1242. 17. Stendhal, Les brigands en ltalie, p. 1240. 18. Come è il caso del barbiere e uomo di fiducia del brigante Parella che, invece di fargli la barba, lo decapita perché anni prima «il fut insolent avec [lui]»: Stendhal, Rome, Naples et Florence en 1817, p. 553, ripreso inLes brigands en ltalie, p. 1240, dove tra le motivazioni spicca ormai, oltre al «désir de se venger», l' «appat du gain» per la taglia posta sul brigante dal ministro Saliceti. Il Grand dictionnaire universel du XIX' siècle riproduce nella voce Brigandage il testo più antico (p. 1270). 1

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vivenza. 19 È però bene non dimenticare l'origine in realtà letteraria di tale figura. Mérimée, amico intimo di Stendhal, aveva infatti dedicato a Rondino una novella anni prima, 20 i cui materiali Stendhal con ogni evidenza rielabora, una prima volta nel testo di viaggio e una seconda nel romanzo. Branciforte e Ferrante sono inoltre colti - il secondo è persino un poeta geniale - ed entrambi temerari, più che feroci. Branciforte si copre del sangue delle vittime nelle azioni, ma prova «répugnance pour le pillage»21 e non sopporta lo spettacolo degli impiccati di cui il principe Colonna riempie la foresta per vendetta. Ferrante avvelena il tiranno per soddisfare il desiderio di ritorsione dell'irraggiungibile Sanseverina, ma la sua è più una prova d'amore che una vendetta di brigante e anche la motivazione politica sbiadisce un po' di fronte all'ardore sentimentale. Una tale selezione delle qualità del brigante, che è certo comprensibile in un'ottica d'ideaJizzazione dell'eroe romanzesco, lo è però assai meno quando a decadere sono degli aspetti pittoreschi che nulla toglierebbero alla grandezza o alla simpatia del personaggio. Se Stendhal salva la tipica devozione mariana - per l'evidente gusto di pervertirla, visti i risultati disastrosi nell'Abbesse de Cast:ro -, non c'è traccia del variopinto costume che identifica nell'Ottocento il brigante italiano secondo un'iconografia che Stendhal, ammiratore di Schnetz, conosce bene e che d'altro canto riceve nei suoi scritti di viaggio un'accurata descrizione. 22 Non che manchi l'attenzione all'aspetto vestimentario, ma Jules e Ferrante indossano stracci e addirittura abiti da donna il proscritto Missirilli di cui s'innamora l'eroina eponima di Vanina Vanini (1829). È vero che gli ultimi due sono carbonari e Branciforte vive nel Cinquecento, dove i banditi sono piuttosto soldati di ventura. Ma a voler imboccare la strada del tratto caratteristico, esisteva anche una 19. Rondino nutre un «profond mépris pour les assassins et pour les voleurs», «sa qualité de proscrit pouvait seule excuser à ses propres yeux le singulier métier qu, il exerçait», in Stendhal, Les brigands en Italie, p. 1245. 20. Apparsa anonima e senza titolo, come Feuilleton du 19 f'evrier, su «Le National» del 19 febbraio 1830. Mérimée non ha poi ripreso la novella nella raccolta Mosaiques (H. Foumierjeune, Paris, 1833). 21. StendhaL L 'Abbesse de Castro, in Id., CEuvres romanesques complètes, a cura di P. Berthier, Gallimard, Paris 2014, vol. III, p. 68. 22. StendhaL Les Brigands en ltalie, pp. 1237-1238. Stendhal dedica ai dipinti di Schnetz alcuni commenti di elogio nella critica d, arte del Salon che tiene nel 1824 per «Le Journal de Paris». In particolare, citando La/emme du brigand qui s 'enfouit avec son enfant, trova Schnetz «celui des jeunes peintres qui me semble l' emporter sur ses rivaux»: Stendhal, Salons, a cura di S. Guégan e M. Reid, Le Promeneur, Paris 2002, p. 87.

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tradizione iconografica sui banditti dei secoli precedenti, ritratti da Salvator Rosa - tornato peraltro allora di moda23 - e dai suoi imitatori settecenteschi. Stendhal se ne tiene però accuratamente distante, per gravare la questione dell'abbigliamento di un significato più propriamente sociologico: gli «habillements neufs et presque magnifiques»24 sono la rivalsa di Branciforte che, povero, aspira all'amore della ricca Hélène; l'indigenza dei panni di Ferrante è conseguenza delle sue scelte politiche che implicano l'emarginazione sociale del proscritto e una qualche forzata ascesi. Se Stendhal elimina dai suoi briganti romanzeschi quegli aspetti che troppo facilmente lo riconducono agli stilemi ormai imposti dal teatro e dalla pittura, è perché intende rivelare in questa figura quelle che per lui sono qualità di lungo periodo del carattere italiano: la persistenza delle emozioni e la selvaggia energia. La centralità della vendetta identifica in Stendhal l'italiano non meno del brigante: «jamais il n'oublia une offense», assicura nell'Abbesse de Castro: «Voilà une autre des différences capitales entre l'Italien et le Français». 25 Si capisce, allora, che il brigante finisca per "stingere" su altri personaggi: Fabrizio Del Dongo ha il coltello facile nelle discussioni in taverna, il carbonaro Missirilli - il cui nome ha per altro sonorità paronomastiche con quello del famoso brigante Mastrilli26 - uccide due carabinieri nella fuga, la Sanseverina prova un'autentica vicinanza emotiva con Ferrante solo quando questi le mostra un'eguale risolutezza nella vendetta: «Voilà le seul homme qui m' ait comprise».27 Ammiratore di Schiller, che aveva forse visto a Brunswick nel 18051806,28 Stendhal doveva essere ricettivo rispetto a quel che Pierre Frantz 23. Cfr. Lady Morg~ The Life and Tzmes of Salvator Rosa (1824) immediatamente tradotto in francese (Mémoires sur la vie et le siècle de Salvator Rosa); Wl Salvator Rosa di E.TA Hoffmann era stato tradotto e pubblicato nei suoi Contesfantastiques E. Renduel, Paris 1832, vol. II:> mentre alcuni estratti erano usciti nell ottobre 1829 sul «Mercure de France». 24. Stendhal, L 'Abbesse de Castro, p. 66. 25. Ivi, p. 51. 26. Stendhal racconta la storia di tale Giuseppe Mastrilli assoldato nel 1799 dal cardinale Ruffo, distinguendolo però dal più celebre brigante omonimo, morto nel 1750> di cui pure scrive: «En 1766, on voyait sa tete exposée sur la porte de Terrac~ du coté de Naples», in Les Brigands en ltalie, p. 1241. Hélène de Jacquelot ha rimarcato come alcuni comportamenti del carbonaro sono appunto quelli di un brigante> Stendhal e l I energia dei briganti> inl briganti del Lazio e l'immaginario romantico> p.159. 27. Stendhal, La Chartreuse de Panne in CEuvres romanesques complètes, vol. m, p. 479. 28. Cfr. de Jacquelo~ Stendhal e l'energia dei briganti>p. 158. 2

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definisce «un coté nieruchéen [... ] ou plutot vraiment sadien» del drammaturgo tedesco, il cui eroe affermava: «La loi n'a pas encore formé un grand homme, tandis que la liberté fait éclore des etres extraordinaires».29 La lettura stendhaliana della storia italiana medievale e del costo imposto dalla civmzzazione in tennini di autenticità emotiva ed energia nell'azione si orienta proprio verso quella direzione, mentre tutta una parte della tradizione letteraria che costruisce il personaggio del brigante lascia lo scrittore profondamente insoddisfatto. Appassionato lettore di Scott, già dal 1825 prende le distanze dal suo senso del pittoresco. 30 Partigiano della battaglia romantica in Francia, è però nemico di ogni enfasi nell'espressione delle emozioni: «le Jean Sbogar aux. phrases retentissantes du vaporeux. Nodieo> non è per lui nemmeno un buon esempio di quel che dovrebbe essere la letteratura della nuova scuola.31 La Radcliffe gli sembra infine una nordica poco adatta a comprendere la qualità della «passion italienne», quella che trae alimento solo da se stessa e non dalla preoccupazione del giudizio degli altri sulla nostra persona.32 Stendhal ne fa una questione di latitudine: spostandosi verso il nord, i sentimenti mutano come i paesaggi, ragion per cui i colori impiegati dal Canaletto, spiega, non possono essere quelli usati da Salvator Rosa. 33 29. P. F rantz:, Le crime devant le tribuna/ du théatre: les Brigands de Schiller et leur fortune sur /es scènes françaises:, in «Littérature classique»:, 67 >3 (2008)> p. 228:, nota 25 (la traduzione dal tedesco è dello stesso Frantz). 30. Cfr. P. Berthier:, «Notre père Walter Scott»: Stendhal ou le fils émancipé:, in Romanzo storico e romanticismo. Intermittenze del modello scottiano:, ETS-Slatkine, Pisa-Genève 1996:, pp. 69-86; X. Bourdenet:, «Notre père Walter Scott»: Stendhal, Walter Scott et la stratégie «romanticiste»:, in Stendhal romantique? Stendhal et les romantiques européens:, a cura di M.-R. Corredor:, UGA:, Grénoble 2016:, pp. 43-44. 31. StendhaL Le Classique au Romantique- Lettre I:, in Racine et Shakespeare (18181825) et autres textes de théorie romantique:, a cura di M. Crouzet:,Honoré Champion, Paris 2006:, p. 462. A esprimersi cosÌ:, nell'edizione del 1825:, che presenta una diatriba epistolare tra i personaggi di «Classico» e «Romantico», è il primo:, ma il secondo gli risponderà affennando che «personne en France n' a encore travaillé d" après le système romantique»: ivi, p. 469. 32. «Le comble du ridicule:, n' est-ce pas une dame anglaise [ ... ] hors d" état depeindre la haine et l" amour meme dans cette ile: MmeAnne Radcliffe donnant des noms italiens et de grandes passions aux personnages de son célèbre roman: Le Confessionnal des pénitents noirs?», in Stendhal., La Duchesse de Palliano ( 183 8):, in CEuvres romanesques complètes:, vol. III, p. 15. Philippe Berthier ricorda che Stendhal ammirava tuttavia r arte del paesaggio della Radcliffe: ivi:, p. 1187. 33. «Les paysages:, comme les passions:, comme la musique, changent aussi dès qu' on s' avance de trois ou quatre degrés vers le nord. [ ... ] À Paris [ ... ] nous croyons que l' aspect

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Rivendica insomma per sé una migliore comprensione del sentire italiano, di cui però il brigante sarebbe una fondamentale incarnazione, come mostra l'allusione non scontata al celebre pittore napoletano, da lui contrapposto al collega veneziano. Un paradosso sembra così prendere forma, perché se Stendhal conter sta lo stereotipo del brigante italiano, l'identificazione dell'italianità con il brigantaggio e con un'epoca eroica ma premodema finisce per partecipare dei luoghi comuni elaborati dall'Europa settentrionale sul Belpaese, in un approccio di cui la critica ha messo in luce tutta l'incomprensione per il movimento risorgimentale. 34 Nella misura in cui l'Italia stendhaliana si carica delle aspirazioni a liberarsi dal giogo delle costrizioni sociali, dai dubbi o dalle leggi che impediscono l'azione impulsiva - gloriosa e/o criminale-, il tema del brigante incrocia quello del selvaggio, in una dialettica che vede contrapporsi la natura alla civilizzazione, la profondità delle passioni alla superficialità o all'ipocrisia della commedia sociale. Anche se, in realtà, per l'articolazione della sua storia e per una differenza col mondo culturale francese che non è vera estraneità, l'Italia conciliava assai bene l'esotismo del selvaggio con la complessità che è ritenuta appartenere al mondo civilizzato. 35 Quel che preme infine rimarcare è che l'energia trasgressiva al centro della rappresentazione del brigante di Stendhal intrattiene per lui un rapporto con la forza creativa. L'interesse degli italiani delle classi meno abbienti per le vicissitudini dei briganti è indice di una loro partecipazione al sentire proprio dell'artista: «Ce qu' il trouve d 'hérorque dans ces histoires, ravit la fibre artiste qui vit toujours dans /es basses classes».36 Sembra dunque appartenere agli «Happy Few»37 l'insieme della plebe italiana, a scarso tasso di civilizzazione ma per ciò stesso custode di un patrimonio necessario a colui che crea. Nello sguardo condiscendente e ammirato del des forets et des plaines cultivés est absolument le meme à N aples et à V enise:t et nous voudrions que le Canaletto:, par exemple:t eut absolument la meme couleur que Salvator Rosa»: ivi:t p. 15. 34. E persino un orientamento «imperialista»: Stendhal non concepisce le rivendicazioni nazionali italiane e resta legato alla sola soluzione bonapartista. Cfr. F. Vanoosthuyse:t Romantisme et bonapartisme. L 'approche stendhalienne de la nation, de la langue et de la littérature italiennes après l'Empire:t in Stendhal romantique?, pp. 81 e 98. 35. M. Crouzet:t Stendhal et l'italianité: essai de mytho/ogie romantique:t J. Corti:, Paris 1982, p. 76. 36. Stendhal, L 'Abbesse de Castro, p. 50. 37. Com, è noto:, «To the Happy F ew» è la dedica che termina La Chartreuse de

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popolo italiano per il brigante, lo scrittore riflette allora il proprio ideale di libertà ed energia al servizio dell'arte.

2. Servirsi dello stereotipo: il brigante di Sand Chi invece si rallegra dell'esistenza del cliché piuttosto che contestarlo è George Sand: «Le chef de brigands qui a défrayé tant de romans et de mélodrames sous l 'Empire, sous la Restauration et jusque dans la littérature romantique» è ormai divenuto un «type classique» che appartiene ad ogni romanziere.38 Perché dunque privarsi del piacere d'inventarne uno, scrive nel 1853, fumando la nuova edizione del suo Piccinino (1847). Sorvegliata speciale del Secondo Impero con cui lei, che era stata in prima fila tra gli insorti della Repubblica del 1848, ha deciso di transigere, Sand vorrebbe ci si accosti a questo testo come a un «roman de faintaisie».39 In realtà, motivi ideologici di stampo rivoluzionario attraversano anche il Piccinino che parteggia apertamente «pour la liberté de ce pays malheureux»,40 cioè l'Italia. Scritto nel 1846, nel pieno della radicalizzazione ideologica della scrittrice, il Piccinino segue due romanzi a forte connotazione socialista utopica, Le meunier d'Angibault (1845) e Le péché de Monsieur Antoine (1846).41 Assieme al desiderio di proporre un soggetto di sicuro successo con «tous les acteurs d'un mélodrame classique»,42 c'è forse anche quello di concedersi una pausa esotica, per la quale sceglie la Sicilia che non ha mai visitato. A Sand preme smarcarsi dalla veridicità geografica senza doversi piegare a quella del romanzo storico: «Mon roman n'est qu'une faintaisie, avec cou38. G. Sand> Notice (22 avr. 1853)> in Piccinino. J_ Hetzel et Cie> Vietar Lecou. Paris 1855> voi. I. pp. 1-2. 39. lvi> p. 1. 40. Lettera all'editore Pierre-Jules Hetzel> 25 (?) novembre 1846> in G. Sand, Correspondanc~ a cura di G. Lubin. Gamier. Paris 1970> voi. VII. p. 540. Sui rapporti tra Sand e Mazzini> cfr. A. Pol~ L 'Italie dans la vie et dans l 'ceuvre de George Sand> Annand Colin, Paris 1960> p. 230-249; B. Diaz, «Un beau révede répuhliquefraternelle ... » George Sand et la Jeune Italie: du mythe romantique à l 'engagement politique> in «Cahiers George Sand»> 41 (2019)> pp. 161-178. 41. Dal 183 7 Sand ha stretto un importante sodalizio con il sansimoniano dissidente Pierre Leroux. Per completezza> Il Piccinino segue anche il primo dei romanzi cosiddetti «agresti», La mare au diable (1846). 42. Lettera all'editore Pierre-Jules Hetzel> 12 ottobre 1846, Sand, Correspondance, voi. VII» p. 527.

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leur locale>>,43 scrive all'editore Hetzel mentre lo sta ancora componendo, e precisa tuttavia che, nell'isola italiana, il "colore locale" corrisponde a «La misère la plus affreuse pour le peuple, le plus obstiné despotisme de la part du Gouvemement, la ruine et la persécution pour le parti national, [... ] des bandits qui font leurs affaires avec un certain air de patriotisme».44 Se Sand, lo si vede, mantiene una distanza critica nel giudizio politico sul brigantaggio, non è però meno sensibile al fascino romantico del tipo estetico del brigante di derivazione byroniana e schilleriana, che qui cerca di piegare alle proprie esigenze. Dieci anni prima, tale fascino gioca un ruolo anche in Mauprat ( 183 7) dove i modi selvaggi di Bemard, che ha «l'air d'un bandit» col suo «costume de braconnier>>,45 esercitano una potente attrazione sulla raffinata cugina. Bemard è l'ultimo nobile rampollo dell'esecrabile famiglia eponima. Tuttavia, in questo romanzo che è anche storico, seppure in una forma paradossale - perché schiva narrativamente i grandi eventi evocati -,46 i briganti sono soprattutto ciò che resta nel XVIII secolo dei feudatari medievali avvezzi all'abuso di potere, un residuo del processo di civilizzazione, insomma, destinato a essere travolto dai mutamenti socio-economici prima che dalla Rivoluzione francese. 47 Perché Sand si decida a giocare creativamente con il tipo del brigante, deve abbandonare il terreno troppo familiare della storia francese e proiettarsi in un altrove mitizzato. Sarà non a caso l'Italia, considerata patria dei briganti e che, soprattutto, per la romanziera equivale a un indistinto meridione europeo: «La scène de ce roman pourrait se trouver placée partout ailleurs, sous le ciel du midi de l'Europe».48 La collocazione al sud trascina subito con sé tutto un immaginario che guarda in realtà a Oriente, ove brillano lusso, voluttà, indolenza, astuzia, crudeltà. Nella sua prima misteriosa apparizione al ballo della principessa, il Piccinino potrebbe essere un «prince grec», un «attaché de l' envoyé égyptien», un «négotiant 43. 25 (?) novembre 1846 ivi> p. 539. 44. Ibidem. 45. Sand Romans a cura di J.-L. Diaz Gallimard Paris 2019 vol. t p. 715. 46. X. Bourdene~ entrambi in Re/ire Maupra~ a cura di F. Bercegot D. Philippot> É. Reverzy Gamier Paris 2020 pp. 317-330 e 331-348. 47. A. Silvestri Mauprat ou de lajustice en pays civilisé ivi pp. 351-366. 48. Sand Notice> in Piccinino p. 1. 2

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levantin».49 Certo, greco era anche l'ombroso Corsaro (1814) di Byron alle prese col pascià turco, che Sand conosce assai bene. Inoltre, nell'iconografia pre-ottocentesca il brigante veste all'occorrenza anche i panni del Saraceno. Ma il personaggio sandiano sembra in verità dover assai meno alla riattivazione di questo antico tratto, che al robusto innesto dell 'immaginario orientaleggiante quale esso si codifica nel XIX secolo. Il Piccinino sdraiato sul divano, «vetu avec une recherche extreme», bello del «type siculo-arabe», con «longs yeux noirs pleins de langueur, un sourire fin et paresseux, un charme tout féminin, une grace de chat» e con dita «effilés comme ceux d'un bédouin», è infido, sensuale e pericoloso.50 Dalla stessa fonte, coniugata però con la riserva immaginativa fornita dalla letteratura dei bassifondi, trae alimento la carica erotica perversa di cui è portatore il personaggio. Il Piccinino insidia la principessa Agathe con omaggi dietro cui la destinataria sempre paventa il rischio della violenza. Il brigante di Sand non è, come quello di Stendhal, un eroe positivo della passione amorosa, ma deve suscitare quell'ambiguo desiderio che nell'universo fantasmatico può associarsi alla paura. Se «la mode est aux traitres et aux assassins» - scrive Sand a Hetzel -, lei intende «[s']amuser à en faire un qui fftt voleur par dessus le marché, qui ne s 'excusat par aucun paradoxe philosophique, qui fftt pas mal méchant et dont pourtant la femme de l' épicier piìt etre amoureuse, la grande dame aussi peut-etre».51 Tra gli elementi eterogenei che concorrono al brigante sandiano, si ritrova anche il mito del Don Giovanni. Piccinino ne possiede l'empietà- nega l'esistenza di Dio e l'immortalità dell'anima52 -, mentre le capacità seduttive sono piuttosto appannaggio di suo padre il Destatore, anch'egli un brigante. La dichiarata ricerca del pittoresco coincide allora per Sand con una totale libertà inventiva che giunge paradossalmente a farle rinnegare uno dei tratti più tipici del brigante italiano, la devozione. Se il trattamento del tema amoroso e del rapporto con il colore locale è così distante da quello di Stendhal, Sand è però forse memore del legame da lui instaurato nell'Abbesse de Castro tra l'energia del brigante e le esplosive forze ctonie del vulcano laziale, poiché è sulle pendici dell'Etna che ne pone l'abitazione. 53 49. 50. 51. 52. 53.

lvi p. 80. lvi p. 234. 14 (?)novembre 1846 Correspondance. vol. Vlt p. 531. Sand. Piccinino. vol. t p. 249. lvi p. 229. 1

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Di diversa natura è invece l'investimento sul piano politico della figura. Piccinino ha ereditato dal padre la missione di battersi per la libertà della Sicilia. Quest'ultimo, principe patriota, si è per questo fatto brigante prendendo il nome evocativo di Destatore. Capace d'imprese gloriose e di nefandezze, è il vero erede di Karl Moor che, se non uccide fidanzate, vìola le donne, per sposarle e innamorarsene davvero quando è troppo tardi. Ed è interessante che Sand nel ricostruire una genealogia del tipo del brigante - «effrayant comme ceux de Byron, ou comme ceux de Cooper digne du prix Monthyon [sic]»54 -, ometta proprio I masnadieri di Schiller, su cui tuttavia medita a lungo nella sua autobiografia. L'autrice della gelidaLé/ia (1833), in collera con la società, è romanticamente ricettiva all' «reuvre de scepticisme et de douleur»55 del drammaturgo tedesco, alla sua poetica del brigante quale «bras armé de la justice divine». 56 In confronto, Robert, chef de brigands di La Martelière (1792) - che suo padre, soldato rivoluzionario, aveva messo in scena con gli amici- le sembra «une misérable imitation»,57 un «Charles Moor à l'eau de rose».58 La situazione del Destatore non è inoltre senza parentela con quella dell'eroe eponimo di Jean Sbogar, alias il virtuoso principe Lothario, pure votato all'indipendenza del suo paese natale, sebbene Sand non avesse nessuna stima del Nodier romanziere, che giudicava piattamente imitativo. 59 Se attraverso la figura del Destatore cerca di recuperare la 54. Sand Notice ivi. p. 1. Il premio Montyon, istituito nel XVIII secolo. era riservato a quelle opere letterarie che avessero promosso la virtù e la morale. La scrittrice sarà una critica attenta dell'opera di Cooper di cui coglierà la malinconica cattiva coscienza per la civiltà americana che avanza distruggendo (Sand, Fenimore Cooper. in «Le Journal pour tous». ottobre 1856 a cura di C. Barel-Moisan, in George Sand critique. 18331876, a cura di C. Planté Du Lérot, Tusson 2006, pp. 517-530. Tuttavia il suo brigante «moitié citoyen, moitié sauvage» (Piccinino vol. II, p. 230) gli deve poco anche se la banda del Destatore conta «les derniers bandits sérieux de la Sicile» (ivi p. 218). Ha forse qualche debito in più con il pirata di Byron, che Sand legge fin dall, adolescenza, ma dal cui mistero afferma aver voluto distanziarsi per creare un personaggio con cui il lettore potesse «faire connaissance peu à peu, comme avec un particulier»: Sand, Notice. in Piccinino, p. 2. 55. G. Sand. Histoire de ma vie, in CEuvres autobiographiques, a cura di G. Lubin, Gallimard, Paris 1971, vol. I. p. 167. 56. Ivi, p. 163. 57. Ivi, p. 161. 58. Ivi, p. 167. 59. Scriveva a Émile Paultre il 25 agosto 1832, «Nodier a fait des contes, des romans, de véritables pastiches sans invention, sans réalité, sans goiìt»: Sand. Correspondance. 2

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grandezza del crimine schilleriana, Sand tuttavia non resiste all'appello ideologicamente normativizzante e invita infine l'ambiguo Piccinino à «Compren[dre] donc mieux [sa] fonction de justicier d'aventure»,60 a guardare oltre l'orizzonte limitato della Sicilia connettendosi a un più vasto movimento emancipatore: «conspirez sous le soleil de l'humanité, au lieu de flibuster dans l' ombre de nos précipices»,61 gli fa ingiungere. Sand esita insomma tra le possibili direttrici semantiche del brigante e le variegate componenti del tipo letterario non riescono ad amalgamarsi in una figura artisticamente riuscita, che conservi l'ambiguità intrinseca al personaggio brigantesco, capace di generare disgusto e attrazione. È forse per questo motivo che la scrittrice moltiplica gli sdoppiamenti, senza gran costrutto estetico per la verità, a cominciare dalla coppia DestatorePiccinino, entrambi con potenzialità positive e negative e dunque secondo uno schema duale più complesso, va detto, di quello che per esempio oppone Vampa allo spregevole Cucumetto nel Conte di Montecristo di Dumas (1845). Piccinino ha inoltre una doppia vita e una doppia identità: per pura copertura è il contadino arricchito Carmelo Tomabene [sic] e, nel segreto, un brigante. Come se non bastasse, ha scelto nella banda una sua controfigura, più feroce e rozza, che ne interpreti il ruolo per la popolazione e la polizia. Infine, possiede un fratellastro, perché suo padre ha generato lui da un 'unione consensuale con una fiera villana, mentre ha dato vita al figlio Michel-Ange usando violenza alla principessa Agathe. Nella ripartizione dei ruoli politici immaginata da Sand, Michel-Ange, successore legittimo del nobile ribelle, mette a disposizione della guerra d'indipendenza italiana i suoi averi e il suo potere, ma non eredita la funzione rivoluzionaria patema. Questa è invece appannaggio del Piccinino, figlio dell'amore e della libertà di scelta, frutto della mésal/iance sociale, proprio come la sua creatrice. vol. II, p. 147. Su Nodier cfr. però M.-C. Huet-Brichard, Brigandage et apories de l 'histoire: Jean Sbogar de Charles Nodier, in Les Brigands. Criminalité et protestation politique (1750-1850), a cura di V. Sottocasa, Presses Universitaires de Rennes, Rennes 2013, pp. 65-76, e i recenti atti in rete Autour de Jean Sbogar (Actes de l'atelier du XIXe siècle). a cura di É. Pézard e M. Sukiennicka, 2019: serd.hypotheses.org/5243 (consultato il 15 giugno 2020). 60. Sand, Piccinino, vol. II, p. 186. «Justicier d,aventure» era riniziale titolo del romanzo: cfr. Lettera a P.-J. Hetzel, 14 (?) novembre 1846, in Ead., Correspondance, vol. VII, p. 530. 61. Sand, Piccinino, vol. II, p. 187.

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3. Balzac e il brigante alla prova della storiafrancese Complessa, importante e ancora poco indagata dalla critica appare la presenza della figura del brigante nell'opera di Balzac. Per la mole e larilevanza delle questioni eh' essa sembra porre, in questa sede ci si limita ad alcune prime osservazioni. Nella Comédie humaine, il confronto iniziale avviene sul terreno della storia francese ed è mediato attraverso il prisma di Scotte di Cooper. Les chouans ou La bretagne en 1800 (1829) conta infatti, tra le iniziali ipotesi per il titolo, Le dernier chouan ou La Bretagne il y a trente ans. 62 Gli chouans, definiti «brigands» dai rivoluzionari che li combattono, sono infatti per Balzac «des Sauvages qui servaient Dieu et le Roi, à la manière dont les Mohicans font la guerre». 63 Il romanzo si fa eco degli usi polemici dell'appellativo nel contesto politico della Rivoluzione francese, ma il giudizio di Balzac sulla chouannerie è ambivalente e lascia intendere un maggiore apprezzamento politico del movimento vandeano: «si la Vendée fit du brigandage une guerre, la Bretagne fit de la guerre un brigandage. La proscription des princes, la religion détruite ne furent pour les Chouans que des prétextes de pillage».64 A guidare l'insurrezione degli chouans, Balzac pone sì l'aristocratico e irreprensibile Montauran, che si dissocia da ogni atto di puro brigantaggio, ma il resto degli insorti fa bella mostra di ferocia, avidità, bassezza, non solo di temerarietà e coraggio. Il pittoresco non è certo assente da questo romanzo - si pensi alla descrizione iniziale dei «requisitionnaires» arruolati dai soldati della repubblica, tra pelli di capra, zoccoli e rosari appesi al collo-, ma esso non ha nulla a che vedere con quello riguardante la figura tipizzata del brigante italiano al centro del nostro interesse. È subito dopo aver dato alle stampe Le dernier chouan che Balzac si confronta più direttamente con essa, prendendone velocemente le distanze, ma anche subendone il fascino. Il romanzo breve La vendetta, composto tra gennaio e aprile 1830, testimonia della seduzione di modelli pittorici e letterari, oltre che di un'arte romanzesca ancora decisamente in 62. Il riferimento naturalmente è a Cooper, The Last of the Mohicans (1826) e poi a Scott, Waverley, or 'Tis Sixty Years Since (1814). 63. Balzac, Les chouans ou La Bretagne en 1799, a cura di L. Frappier-Mazur, in La Comédie humaine, a cura di P.-G. Castex, Gallimard, Paris 1977, vol. VIII, p. 920. 64. Ivi, p. 919. Balzac non riuscirà a scrivere Les Vendéens che avrebbe dowto confluire, con gli Chouans, nelle Scènes de la vie militaire della Comédie humaine: cfr. la sua Préface de l'édition Fume (1845), ivi, p. 903.

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formazione. Ambientato in Corsica, ha come protagonista non proprio un brigante, quanto un proscritto. Luigi Porta è infatti un soldato napoleonico all'indomani di Waterloo, che si nasconde nell'atelier dove dipinge la volitiva Ginevra del Piombo. I due appartengono a famiglie implicate in una faida e pagheranno il loro legame sentimentale con il ripudio del padre di lei e una miseria omicida. Nel tema tragico dell'oppositore politico nascosto e appassionatamente amato, la critica ha riconosciuto l'influenza di Vanina Vanini, 65 ma sono numerosi gli elementi che tratteggiano l'Italia nella :filigrana dell'ambientazione corsa. Il cognome dell'eroina è un omaggio a Sebastiano del Piombo, quello dell'innamorato ad un altro pittore, Bartolomeo della Porta. Ginevra è spesso nel testo «l 'Italienne», e se è vero che tale denominazione all'epoca non è inusuale per i corsi,66 la ragazza possiede però anche «une tournure italienne»,67 «les graces italiennes» e persino «1' abandon des beautés lombardes» ;68 s'innamora quando scopre in Luigi, «une ame italienne», assieme alla sensibilità per la vendetta e la devozione per Napoleone. 69 Per esigenze di "colore locale" linguistico, Balzac ha voluto introd111Te locuzioni e parole straniere. Ma nella Vendetta si parla curiosamente italiano, invece che corso.70 Si può inoltre aggiungere che, nelle edizioni successive, l 'intertesto dei riferimenti iconografici orienta il lettore verso la rappresentazione pittorica dei briganti italiani. Se fin dalla composizione iniziale l'atelier ricorda quello dipinto nel 1822 da Horace Vemet,71 in seguito, quando Ginevra «croqu[e] à la sépia la tete du pauvre reclus», esso appare «un chef-d' reuvre digne de Salvator Rosa», 72 mentre la madre della ragazza 65. Sono tuttavia variegati gli apporti, tanto da fonti biografiche che letterarie, e con giustezza si è notato che non è certo il tema della vendetta e dei costumi corsi a strutturare il racconto: cfr. B. Lyon-Caen, Le passé dérouté: autour de La Vendetta de Balzac, in «Littérature», 179, 3 (2015), p. 7 e sgg. 66. P. Jeoffroy-Faggianelli» L 'image de la Corse dans la littérature romantique française: le mythe corse, PUF, Paris 1979, p. 231. 67. Balzac,La Vendetta» a cura di A.-M. Meininger, in La Comédie humaine, a cura di P.-G. Castex, Gallimard, Paris 1976, vol. I, p. 1036. 68. lvi, p. 1047, var. a, del manoscritto, il secondo tratto rimarrà anche nell'edizione Fume del 1842. 69. lvi» p. 1057. 70. A guisa di confronto, nella novella di grande successo di Mérimée, Mateo Fa/eone (1829), di ambientazione corsa, la sola lingua impiegata è il francese. 71. A.-M. Meininger,lntroduction, in Balzac, La Vendetta, p. 1025. 72. lvi» p. 1052-1053, var. b, aggiunta nell'edizione del 1835.

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«ressemblait parfaitement à ces vieilles femmes que Schnetz met dans les scènes italiennes». 73 Tale elogio della pittura di genere non esclude affatto la decisa avversione di Balzac per la tipizzazione letteraria del brigante. Essa gli sembra infatti tradire quella vocazione al realismo sociale coltivato dal romanziere con sempre maggior chiarezza. Significativo, in tale prospettiva, appare l'affondo senza appello contro l' Hernani {1830) di Hugo. Per carattere dei personaggi e intuizione di cosa accade sulla scena della storia, il dramma presenta agli occhi di Balzac una «rare accumulation d' invraisemblances».74 Per di più, non vi sarebbe alcuna originalità nella concezione del personaggio del brigante. L'opera è bollata come «un pastiche»: «rien n 'y est neuf. Hemani brigand et prince est une faute: s'il n'eiìt été que brigand, il n'en aurait pas été plus neuf; prince, il ressemble à tout». 75 Balzac insiste sull 'usura degli elementi letterari e le due dimensioni - il disinteresse per i dati del reale e l'assenza di creatività artistica - sono da lui poste in relazione: «tous les ressorts de cette pièce sont usés». 76 È tra l'altro possibile cogliere, nella critica al personaggio di Dona Sol, un riferimento alla ben altrimenti intraprendente Vanina di Stendhal: «Elle répète, depuis la première scène jusqu' à la demière, qu' elle veut son cher brigand, et ne sait pas faire un pas pour unir sa destinée à la sienne».77 È in seguito con verve comica che Balzac prende di mira il tipo del brigante italiano. Nel Fragment d'un roman publié sous /'Empire par un auteur inconnu {1833 ),78 il personaggio è l'esempio di una caratterizzazione da paccottiglia, buona forse per un successo da vaudeville, spiega, 73. Ivi, p. 1069 var. b del 1842 ant. «Schnetz et Fleury». Balzac e Schnetz si conoscevano bene: nel 1833 Schnetz chiese con insistenza, ma invano, a Balzac di poter realizzare un suo ritratto. Del pittore:, Balzac ammirava in particolare Le v. 28 I banditi veri non sono dunque quelli che abitano sulle montagne, in lontane contrade. Per concludere, ricordiamo il famoso coro dei carabinieri lanciatisi alla ricerca dei banditi. Allorché i briganti si nascondono cantando piano «J' entends un bruit de bottes, de bottes, de bottes ... », i carabinieri si lamentano: «Nous sommes les carabiniers, / La sécurité des foyers; / Mais, par un malheureux hasard, / Au secours des particuliers / Nous arrivons toujours trop tard».29 Alla fine della parodia offenbachiana degli opéras-comiques di Scribe eAuber, non è allora l'ordine sociale e morale che trionfamalgra26. 27. 28. 29.

Gautier. Critique théatrale. vol III. p. 80. Meilhac. Halévy. Les brigands. atto t scena 2. p. 156. lvi. atto t scena 6 p. 173. lvi. atto I. scena 11. p. 190. 1

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do la rinuncia finale di Falsacappa al brigantaggio. Come è stato giustamente notato, questa «conversion finale n' est bien sftr qu 'une pirouette des librettistes qui ont imaginé une pièce totalement amorale: le vol est présenté dans Les Brigands comme un principe qui structure la société, non comme une aberration». 30 Sei anni dopo, alla fine dell'atto II dell'opera di Bizet, Carmen canta con i contrabbandieri: Comme e' est beau, la vie errante, Pour pays l 'univers, pour loi ta volonté, Et surtout la chose enivrante, La liberté! La liberté!31

Nel 1875 larappresentazione del banditismo nell'opéra-comique francese assume così un nuovo significato, meno buffo, più libertario, amorale e dotato di una potente suggestione esistenziale, ricca di fascino.

30. Yon, JacquesO.lfenbach~P- 390. 31. Meilhac~ Halévy, Carmen~ atto Il~ scena 6, p. 446.

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Fig. 1. Les Brigands~ opéra-boujfe de Meilhac, Halévy et Ojfenbach, partition chant et piano, Colombier~ Paris 1870~ Bibliothèque Nationale de France~ Paris.

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Fig. 2. Henri Émy. Marco Spada, opéra-comique de Scribe et Auber'il manifesto. Meissonnier'/1 Paris 1852'/I Bibliothèque Nationale de France'/1 Paris.

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Fig. 3. S.a. (d'après Horace Vemet), Confession d'un chef de brigands italiens, ca. 1831-1835, collezione privata. Fig. 4. Fra Diavolo, bozzetto della scenografia del III atto, scene 2 e 3, 1830, Bibliothèque Nationale de France, Paris. Fig. 5. Pierre Luc Charles Cicéri, La sirène, bozzetto della scenografia del II atto, 1844, Bibliothèque Nationale de France, Paris. Fig. 6. Costume di Anna Thillon nel ruolo di Catarina in Les diamants de la couronne, Paris:t 1844, Bibliothèque Nationale de France, Paris.

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Fig. 7. Costume di Henri nel ruolo di Rebollédo in Les diamants de la couronne. Paris s.d .• Bibliothèque Nationale de France:. Paris.

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Fig. 8. Nadar:1 Mr. Delaquerrière dans Fra Diavolo, 1893:. Bibliothèque Nationale de Fran-

ce:, Paris.

GIULIO TATASCIORE

Briganti pop. La circolazione mediatica di un dramma romantico inglese

Nel 1829 il drammaturgo inglese James Robinson Planché ottiene un successo eclatante e duraturo con The Brigand, un «romantic drama» musicale liberamente ispirato alla figura di un noto capobanda degli Stati papali, Alessandro Massaroni. Questo spettacolo si configura come un momento di svolta, dal punto di vista tanto estetico quanto mediaticocommerciale, nella storia dell'immaginario sociale relativo al tipo del brigante italiano. 1 Adattato da un vaudeville :francese, infatti, Ine Brigand compie un deciso salto di qualità in termini di adesione alla moda delle scene storiche e nella ricerca di un intrattenimento melodrammatico caratterizzato da contenuti etnografici e genericamente pittoreschi, seguendo così l'influsso del romanzo storico alla maniera di Walter Scotte dei suoi numerosi derivati su palcoscenico. La chiave del successo dello spettacolo, come segnala unanimemente la critica coeva e come non mancherà di rilevare lo stesso Planché, risiede tuttavia nella straordinaria potenza visuale della performance, garantita da un'attenzione inedita ai dettagli scenici - i costumi, ma anche i fondali - e alla caratterizzazione folcloristica dei personaggi. Planché attinge alle tecniche scenografiche più all'avanguardia, discostandosi dalla matrice originaria. Ed è soprattutto l'inserimento degli innovativi tab/eaux vivants ad avere un ruolo determinante nel trionfo di Ine Brigand e delle sue innumerevoli repliche, trasformando il dramma in uno dei primi e più riusciti esempi di quello che viene identificato ben presto come pictoria/ theatre. 1. Per un,analisi più generale mi permetto di rimandare a G. Tatasciore, Briganti d'Italia. Storia di un immaginario romantico» Viella, Roma 2022, da cui del resto queste pagine - al netto di alcune integrazioni - derivano.

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Accusato di offrire un'immagine oltremodo edulcorata del mondo dei bassifondi, che ne tradirebbe il messaggio borghese e benpensante, The Brigand è anche qualcosa di più. Vale a dire: l'asse portante intorno al quale si produce una vorticosa circolazione di testi, oggetti e immagini che, travalicando lo spettacolo in sé, si inserisce a pieno titolo nella nascente industria culturale e nella transizione da una sorta di antico regime mediatico a un nuovo sistema di comunicazione pubblica. 2 Nella prima metà dell'Ottocento, del resto, si assiste all'apparizione a getto continuo di dispositivi narrativi e prodotti commerciali - libri o periodici illustrati, esposizioni d'arte o diorami, lanterne magiche o taumatropi - orientati alla spettacolarizzazione delle vicende storiche e di stretta attualità. Si tratta di un circuito lesto a integrare all'interno dei propri riferimenti non solo i tipi sociali e regionali di cui il brigante è espressione e intorno al quale la curiosità si fa morbosa, ma anche i personaggi pubblici, i protagonisti delle lotte politiche e, va da sé, le celebrità criminali. Intorno alla metà degli anni Venti e poi, in forme deflagranti, negli anni Trenta e Quaranta la moltiplicazione dei prodotti a trazione visuale raggiunge ormai un'audience socialmente e culturalmente diversificata, permettendo di illuminare un passaggio verso la moderna «era mediatica». 3 I briganti e, nello specifico, i briganti spettacolarizzati partecipano a questa effervescente stagione e inseguono le tendenze che, a conti fatti, ne favoriscono la capillarità sul piano delle nozioni condivise, dei luoghi comuni, di un gusto per !'altrove pienamente romantico. Considerando la messa in scena teatrale di The Brigand non solo come oggetto letterario, ma anche e soprattutto come pivot di un reticolo comunicativo connotato dalla transmedialità, dall'ibridazione di linguaggi e da forme primordiali di merchandising, questo intervento intende anaUzzare la funzione del dramma in quanto ricettore, mediatore e divulgatore di stereotipi culturali e rappresentazioni della figura del brigante italiano in età romantica e ricostruire la dinamica dei trasferimenti che, di supporto in supporto, lo rendono un caso di notevole importanza ai fini dello studio 2. R lungo Ottocento e le sue immagini. Politica, media, spettacolo, a cura di V. Fiorino:. G.L. Froci eA. Petrizzo, Edizioni ETS, Pisa 2013. 3. Cfr. almeno 1836: l'an 1 de l'ère médiatique. Analyse littéraire et historique de la Presse de Girardin, a cura di M.-È. Thérenty e A. Vaillant Nouveau Monde Éditions, Paris 2001; P. Mainardi:t Another World. Nineteenth Century Illustrate Print Culture, Yale University Press, New Haven 2017 e W.J.T. Mitchell, Scienza delle immagini. Iconologia, cultura visuale ed estetica dei media:t Johan & Levi:, Milano 2018.

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di strategie commerciali, forme visuali e percorsi espressivi pienamente immersi nella costruzione delle identità sociali.

1. Intrattenimento pittoresco Nei decenni centrali del XIX secolo, all'apogeo del romanticismo e della curiosità per i costumi o i tipi esotici, l'immaginario del brigantaggio italiano si nutre della tensione costante tra etnografia, storia e letteratura. Ma il brigante è anche una maschera, figura dai tratti folcloristici che sul panorama europeo è percepita come autentico elemento saliente del disordine sociale e politico della penisola, soprattutto del Regno delle Due Sicilie e dello Stato pontificio. Un punto di svolta in questa direzione può essere individuato a cavallo tra gli anni Venti e Trenta, quando una serie di trionfi teatrali a soggetto pittoresco produce una brusca accelerata nella spettacolarizzazione dei briganti. In Francia, dove la tradizione del mé/o di epoca rivoluzionaria ha dato corpo a personaggi inquietanti e sublimi, si assiste alla rielaborazione in chiave leggera o macchiettistica, se non propriamente comica, del tipo del brigand italien. 4 Anche a Londra, però, nello stesso periodo il drammaturgo e raffinato antiquario Planché sta ottenendo un successo clamoroso con le innumerevoli repliche di The Brigand che, dopo aver debuttato il 18 novembre del 1829 al Drury Lane tra accorate grida di acclamazione, continua a registrare l'apprezzamento pressoché unanime di critica e pubblico. Planché - la cui fama si deve al libretto dell'Oberon, un'opera di Carl Maria von Weber composta nel 1826 e centrata sul mitologico re delle fate e degli elfi- immette i briganti italiani al crocevia di codici artistici e culturali che ne cristallizzano il carattere intrinsecamente esotico. Il che contribuisce a fare di The Brigand un vero e proprio fenomeno di costume. Lo si nota già nei primi mesi, quando lo spettacolo è programmato settimanalmente in alternanza ad altri affermati titoli del melodramma di evasione, come Rob Roy, William Teli o Davy Jones, il leggendario fantasma dei mari.5 Inserito in una costellazione di riferimenti condivisi, il dramma resta per almeno un 4. Sullo slittamento di registro nel contesto francese rimando ai saggi di Olivier Bara e Vincenzo De Santis contenuti in questo volume: supra pp. 201-219 e pp. 37-50. 5. Theatrica/ Journa/ -Drury Lane in «Dramatic Magazine» II (12 febbraio 1830) pp. 27-28. 2

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quarantennio una presenza costante nei cartelloni di lingua inglese tra Gran Bretagna, Stati Uniti e Sud Africa, viene ripreso dalle compagnie professionali e amatoriali, adattato ad altri formati, rimaneggiato a seconda dei contesti e delle produzioni (fig. 1). L'allestimento originale, tradotto subito in tedesco, fa decollare l'attore che interpreta il ruolo principale, il talentuoso James Wallack, rendendolo un divo acclamato dalla stampa e scritturato dalle schiere di impresari che cercano di bissare la riuscita di Planché. E il tutto accade mentre personalità eminenti come l'afroamericano Ira Aldridge, destinato alla celebrità da interprete delle tragedie shakespeariane, si fanno le ossa portando il dramma nei teatri provinciali o cantandone, a grande richiesta, i brani più noti nelle serate salottiere, quando i pezzi finiscono riarrangiati per arpa o piano in vivaci duetti improvvisati.6 Eppure, osservato nella struttura formale, The Brigand non presenta enormi novità. Il protagonista è un «Robin Hood d'Italia» che, in linea con i codici del teatro melodrammatico, incarna la figura del bandito nobile. Un ladro bello, passionale, dannato, le cui oscure origini sono bilanciate dal carattere altruista e generoso. Si tratta di una versione edulcorata, esasperatamente sentimentale, del Karl Moor immortalato da Friedrich Schiller nei Masnadieri, a suo tempo. In circa un'ora e quaranta di frenetici avvenimenti gli spettatori non hanno mai dubbi sulla bontà dell'eroe. E, quindi, sulla scelta di campo da fare. Al brigante, alla devota moglie e alla sua comitiva fa da contraltare un vil/ain particolarmente sgradevole, il principe Bianchi, il governatore di Roma che, con i suoi sfarzosi abiti austriacanti e la sua prossimità alle alte sfere della curia, propone un'immagine rapace del potere temporale del papa e, più in generale, di una società cattolica subdola e corrotta. Viceversa, il primo atto fa largo uso di espedienti familiari ai lettori di romanzi e diari di viaggio- come il rapimento di due artisti francesi, caricaturizzati mentre ricercano paesaggi «alla Salvator Rosa» e criminali pittoreschi - per descrivere in forme tipizzate la comunità dei briganti, autentici raddrizzatori di torti. In seguito la scena si sposta nella villa principesca, dove il protagonista si infiltra tra gli aristocratici durante un ballo in maschera. Per la gioia della platea, il fuorilegge più ricercato della campagna romana si burla del governatore, umiliandolo alle carte proprio mentre si vanta falsamente di avere in pugno il temibile out/aw. Ma il brigante viene infine riconosciuto e deve scappare. Ad aiutarlo inter6. B. Lindfors:,IraA/dridge. The Vagabond Years, 1833-1852:, University ofRochester Press:, Rochester 201 t pp. 43-44.

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viene Ottavia, figlia del principe, innamoratasi del misterioso ospite che, da parte sua, non ha disdegnato le attenzioni, malgrado la dichiarata fedeltà del cuore alla propria donna. Sia come sia, nella rocambolesca fuga l'eroe si imbatte in un dipinto nascosto da un velo. Preso da un vago sentore, il brigante lo scopre e vi riconosce il ritratto della compianta madre, fiera popolana identificata attraverso una miniatura da lui conservata gelosamente. Ma non c'è tempo, la catastrofe è vicina. Le guardie scovano il fuggiasco e lo feriscono. In un'atroce agonia, con il pubblico che ha capito tutto ed è all'apice della commozione, il brigante rivela anche all'ignaro principe lo sconcertante segreto. Dopo una clamorosa e straziante agnizione, costui realizza di aver ucciso il figlio illegittimo, perduto ma mai dimenticato. Niente di tutto ciò è inaudito. Ma allora, cosa rende l'apparizione di The Brigand un fatto saliente? Per rispondere a questa domanda bisogna fare un passo indietro e, contestualmente, fare caso ai nomi che il sagace Planché ha assegnato ai protagonisti del dramma_ Partiamo dall'eroe, che in effetti si chiama Massaroni. Come accennato, si tratta della rivisitazione mitizzata di un personaggio storico, il capobanda Alessandro Massaroni, attivo sulla frontiera pontificia nei primi anni della Restaurazione. Icona del brigantaggio, noto per i sequestri eclatanti e in odore dianti-papismo liberaleggiante a causa dell'attività lungo il confine napoletano durante la rivoluzione del 1820, il bandito è una figura ormai familiare al pubblico generalista inglese. Sia le cronache sulla stampa che i resoconti dei viaggiatori ne hanno raccontato in lungo e in largo le gesta atroci ma mirabili. E soprattutto grazie alla produzione dell'incisore e artista trasteverino Bartolomeo Pinelli, colui che più di ogni altro si spende nella raffigurazione dei costumi popolari di Roma e dintorni, che Massaroni si è guadagnato un posto nel pantheon dei grandi criminali europei (:fìg. 2). Le affascinanti acqueforti di Pinelli conoscono una fortuna che cammina in parallelo con il riconoscimento dell'artista romano quale erede di Salvator Rosa.7 Ad associarli, oltre alla fama di personalità turbolente e romantiche, c'è infatti la predilezione per i soggetti in senso lato briganteschi. Soggetti che Pinelli inserisce nella cornice descrittiva della pittura di genere, ben centrata sul racconto folcloristico della vita quotidiana e dei suoi tipi peculiari. Sicché, nel pieno dell'espansione delle rotte turistiche e dei circuiti di souvenir a esse legati, il pittoresco brigante Massaroni, giustiziato nel 1821, diventa il 7. Ma si vedano qui i testi di Lisa Roscioni e Giovanna Capitelli, supra, pp. 77-87 e pp. 51-75.

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protagonista di biografie illustrate e series ofp/ates che, allestendo un dinamico racconto in immagini, fanno il giro di tutta Europa e in particolare di Londra, dove sguardi compiacenti verso gli ltalian banditti ne assicurano un successo travolgente.8 Questo per quanto attiene il protagonista di The Brigand. Poi c'è la controparte femminile, anche lei dal nome significativo: Maria Grazia. In linea con le rappresentazioni correnti, Planché adotta qui il tipo della brigand's wife, la fedele compagna del capobanda che ne segue le imprese e accudisce la progenie, assicurando anche la continuità del gruppo etnosociale dei briganti. Il legame tra donne e criminali rappresenta un cardine della narrazione romantica. Questa versione disciplinata della temuta femminilità deviante, non per caso, si riflette nel trattamento edulcorato che ne fa Planché, ben lesto a recepire non solo i tratti della bellezza pittoresca insita nel personaggio di Maria Grazia, ma pure la funzione profonda del ruolo confidatole sul piano metanarrativo. Nata «figlia di brigante», sostiene con fierezza, la donna è destinata a morire «moglie di brigante». È evidente che, in questo motto, si riverbera un repertorio di codici culturali formulati nel corso del decennio appena trascorso, quando la /emme du brigand è divenuta un soggetto pittorico e culturale in una qualche misura autonomo. Le donne dei briganti catturano da tempo l'attenzione degli artisti di stanza a Roma. Alcune, in particolare le sorelle Maria Grazia e Teresa Boni, veraci popolane originarie del villaggio di Sonnino, avviano un'intensa carriera da modelle e si tramutano in celebrità pubbliche. Trapiantate nelle stanze dell'Accademia di Francia o nei saloni dell'ambasciata, le due si muovono con disinvoltura tra feste in maschera e liaisons dangereuses, incantando gli invitati con i loro modi schietti e con un carattere che i frequentatori di Villa Medici ricorderanno come un «primitivo», incantevole retaggio ancestrale. Secondo il pittore Léopold Robert in Maria Grazia risiede una dignità selvaggia, un misto «italiano» di semplicità e nobiltà. «Superba» in statura e profilo, la sua modella prediletta è forte, fiera, una sorta di icona figurativa della «libertà».9 Le «due sonninesi» 8. A opera di Pinelli cfr. almeno Events of the Life of Massaroni, an ltalian Bandit., Colnaghi & co .., London 1823 e A Series ofPlates: with Descriptive particulars ofthe Most Interesting F acts Connected with the Life of the Celebrated Brigand Chief, Massaroni, who, with a Gang of Robbers, Infested the Road Between Rome and Naples in the Year.s1818-1822., Kraus., London 1823. 9. F. F euillet de Conches., Léopold Robert. Sa vie, ses auvres et sa correspondance., Goupil., Vibert et Cie., Amyot., Bureau de la Rewe des Deux Mondes., Paris 1848., pp. 58-59.

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come divengono universalmente note grazie alla stampa e al profluvio di aneddoti che imperversano sui periodici di mezza Europa - ridefiniscono i canoni della femminilità esotica. Cosicché posano anche per tele di soggetto storico e biblico, o diventano fiere protagoniste di busti in bronzo o in marmo (:fìg. 3). Si tratta di amazzoni e, insieme, di compagne devote che garantiscono la riproduzione del gruppo sociale dei briganti. Queste donne incapsulate nel ruolo di mogli o concubine, amorevoli eppure orgogliose nutrici di una prole destinata al delitto, sono una componente ineludibile dell'universo :figurativo del brigantaggio. Il che ci conduce all'ultimo tassello del mosaico. Dieci anni prima del trionfo di Planché, il giovane pittore Charles Eastlake, futuro presidente della Royal Academy e direttore della National Gallery, ha infatti preso parte alla frenetica attività di quel gruppo di artisti di fama internazionale ribattezzato a posteriori Brigand school ofart. 10 Al tempo Eastlake si è già fatto un nome nel campo della pittura storica. Ma è nel soggetto pittorico dei banditti che trova la sospirata occasione di combinare l'intensa passione per il paesaggismo con un necessario tocco di realismo pittoresco. Si tratta, allora, di seguire un istinto estetico e, al contempo, di assecondare il gusto di un «pubblico più largo» che è incuriosito dalle stampe di Pinelli e dalla produzione dei suoi numerosi epigoni, attivi nelle accademie di belle arti romane ed europee. 11 Il vero salto di qualità avviene però quando Eastlake, dichiarato ammiratore della tecnica rosiana e del genere scottiano, si presenta alle esposizioni della British Institution del 1823 e del 1824 con una serie di otto scene di briganti il cui impatto è a dir poco eclatante. Il filo narrativo implicito che lega insieme tele come The Wounded Brigand Protected, con un fuorilegge e la moglie braccati dai gendarmi pontifici, o The Dying Brigand, raffigurante la fine dello stesso personaggio tra le bracLa lettera del 3 ottobre 1822 al collega e amico Heinrich Franz Brandt prosegue insistendo sugli intenti di riprodurre con il massimo della «verità» queste figure:, i loro costumi e usi «rimarchevoli>>:, gli abiti «pittoreschi e selvaggi». Per un profilo biografico delle sorelle e sulla professionalizzazione come modelle si veda S. Waller:, The lnvention ofthe Model. Artists and Models in Paris, 1830-1870, Burlington,Ashgate 2006:, in part. pp. 96-100. 10. Maria Grazia and the Brigand School of Art, in «Bulletin oftheAmericanArtUnion»:, 6 (settembre 1850):, pp. 88-90. Cfr. tuttavia The Brigand Chief and His Wife:, in «Tue Portfolio ofAmusement and Instruction, in History:, Science, Literature:, the Fine Arts, &c.», 32 (23 dicembre 1826), p. 49. 11. Memoir of sir Charles Lock Eastlake, in Contributions to the Literature of the FineArts, J. Murray, London 1870, pp. 101-102.

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eia della compagna, conferisce all'insieme un dinamismo romanzesco che evoca avventurose storie di vendette, amori contrastati e terribili ingiustizie. Capita, così, che raffinati intenditori di ceto benestante e lungimiranti mercanti d'arte si accaparrino per cifre esorbitanti questi episodi di genere cui Eastlake affianca tipi di pastori laziali o contadine abruzzesi, in ciò che si propone esplicitamente come un ricco, ambizioso e articolato studio antropologico. Davanti ai quadri di Eastlake, concepiti come una sorta di corrispettivo visuale della narrativa di Scott, persino la critica più esigente ammette di essere colpita dalla «precisione» di abiti, luoghi e fìsionomie. 12 Tutto ciò è ancora fresco di memoria quando - e torniamo, :finalmente, al 1829 - Planché si trova per le mani una sceneggiatura intrigante, ma fallimentare. Quella di Le bandit, un piccolo dramma di Emmanuel Théaulon rappresentato senza grandi riscontri al Théatre des nouveautés appena due mesi prima di The Brigand. Al contrario, le litografie ricavate dalla famosa serie di Eastlake vanno ancora a ruba nei print-shop inglesi, dove sono disponibili a prezzi accessibili. Oppure sono trasferite negli eleganti album che passano di mano in mano nelle serate conviviali in ambienti non necessariamente altolocati. 13 Come rivendicherà lo stesso Planché, è proprio la diffusione straordinaria e incontrollata di stampe e litografie a suggerirgli di riadattare il testo di Le bandit, dotandolo di un originale e molto più potente allestimento scenografico. 14 Puntando sull'accuratezza di costumi e decori, basati sulle stampe alla moda, il drammaturgo decide di ricorrere 12. Eastlake 's Brigands, in «La BelleAssemblée, or Court and Fashionable Magazine; containing Interesting and Originai Literature and Records of the Beau Monde», XXX (agosto 1824). p. 90. 13. Per esempio. saranno inserite nella raccolta dei classici della scuola inglese di George Hamilton, destinata al mercato britannico e francese, in cui lo storico dell arte descrive le incisioni di William Say, prese da Eastlake. indugiando sulle «infelici circostanze», politiche e social~ che rendono i briganti soggetti degni di compassione: The English School. A Series of the Most Approved Productions in Painting and Sculpture, Executed by British Artists from the Days of Hogarth to the Present Time, Selected, Arranged, and Accompanied with Descriptive and Explanatory Notices in English and France, Engraved in Outline upon Steel, Bossange-Barthés-Lowell, London-Paris 1831. 14. The Recollections and Rejlections of James Robinson Planché. A Professional Autobiography, Tinsley Brothers, London 1872. 2 voli., I. pp. 152-153. Le diverse varianti litografiche degli Eastlake 's brigands, come diventa uso definirli colloquialmente. sono raccolte e discusse in D. Robertson, Sir Charles Eastlake and the VictorianArt World, PUP, Princeton 1978, pp. 17 e sgg. Sulle scelte scenografiche di Planché cfr. però M. Meisel, Realizations. Narrative, Pictorial, and Theatrical Arts in Nineteenth-Century England, Princeton University Press, Princeton 1983. in part. pp. 111-115. I

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a un'innovativa tecnica assai in voga nei teatri tedeschi, il tableau vivant. Si tratta di un artificio spettacolare che, in un colpo solo, riesce a esaltare la fruizione collettiva dell'esibizione, ne potenzia ai limiti estremi la carica immersiva e restituisce con inedito realismo i tipi raffigurati immobili sulla scena. L'azione di The Brigand è allora introdotta, intervallata e chiusa da tre «visioni» ricavate proprio dalla serie di Eastlake, rispettivamente An ltalian Brigand Chief Reposing, The W-ife of a Brigand Chief watching the Result of a Battle e The Dying Brigand, ben conosciute dal pubblico in platea e riprodotte dal vivo in un silenzio estatico, spezzato solo dallo scrosciare degli applausi (fig. 4). Il risultato è un dramma storico sapientemente audience-oriented, tra i primi e meglio riusciti esperimenti del teatro pittorico sui palcoscenici ottocenteschi. La chiave del suo successo risiede nella potenza visuale della perfonnance, garantita da un'attenzione inedita ai dettagli scenici e alla caratterizzazione folcloristica dei personaggi. Del resto, la prosa viene intervallata da espressioni gergali pronunciate in italiano e dirette ad aumentare l'immedesimazione della platea. Come ribadiscono molti recensori, l'operazione di Planché riesce dove altri hanno fallito, ossia nell'approntare un'ambientazione realistica credibile e accurata che rende il romantic drama un vettore di esplorazione culturale. Con il Massaroni teatrale ci si diverte e ci si commuove, certo, per via di contenuti morali lineari, edificanti. Ma in più si esce dalla sala avendo familiarizzato con usi e costumi remoti. Si impara cioè qualcosa tramite il ritratto «completamente riuscito» della «classe dei briganti» che, collocata all'incrocio tra spettacolo e saperi etnografici, soddisfa una curiosità per i tipi regionali sempre più fervida, seduttiva e, dettaglio non secondario, socialmente trasversale. 15

2. Fuori dal teatro

The Brigand è insomma un prodotto commerciale, deputato all'intrattenimento leggero e orientato ad accendere la curiosità di un pubblico medio, senza paura di strizzare l'occhio alle tematiche e ai personaggi in voga. Ed è, inoltre, un'espressione tra le più audaci e consapevoli di un nuovo sistema mediatico all 'intemo del quale l'ibridazione delle strategie comuni15. Drama. Drury Lane. The Brigand, in «The London Literary Gazette», 670 (21 novembre 1829), p. 765.

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cative e delle reti di trasmissione tocca un grado di pervasività dirompente. I briganti italiani si trovano allora proiettati nel vortice di quella che è una cultura di massa in embrione, dove il moltiplicarsi di supporti, esperienze sensibili e contenuti narrativi riconfigura su una scala inedita i rapporti 1ra le modalità di entertainment e gli immaginari sociali. Nel tempo in cui l' ossessione visuale prende concretezza si apre una stagione di profondo rinnovamento delle pratiche di consumo culturale marcate da accenti di spettacolarizzazione e, in certa misura, di transmedialità. Restando al fortunato dramma, il suo primo effetto consiste nella penetrazione del soggetto in un primordiale circuito che sviluppa e integra, seppur in forme parziali, la narrazione proposta all'interno del dispositivo originario. Tra gli strumenti più rilevanti di tale archeologia mediale c'è il toy theatre, quei teatrini di carta che, stampati su tavole da ritagliare, colorare, assemblare, permettono l'allestimento di versioni in miniatura delle opere teatrali in contesti domestici, nelle serate in famiglia o in compagnia, magari nelle festività. Venduti al proverbiale penny plain or two pence coloured, questi accattivanti kit contengono i libretti semplificati delle opere alla moda e accendono l'immaginazione della gioventù vittoriana, imponendosi nel corso del XIX secolo come remunerativa forma d'arte e collezionismo. 16 Il negozio specializzato di William West, dove ci si procura a prezzi ragionevoli tutta un'oggettistica fatta di theatrical portraits e altri gadget legati al mondo dello spettacolo, appronta una riduzione in versione giocattolo di The Brigand già nel 1831. Sarà però la più affermata ditta M. & B. Skelt, assorbita in seguito del leggendario Benjamin Pollock's Toy Shop, a dominare a lungo il mercato deljuveni/e drama, cui partecipano attivamente dei fruitori che ricevono e, insieme, producono tasselli di senso. I figurini sfavillanti di Massaroni o Maria Grazia continuano a vivere altre vite, stavolta sotto forma di piccoli cartonati personalizzabili, gli ingegnosi Ske/t s characters, senza nulla perdere del loro seducente e sognante esotismo (fig. 5). Con i suoi fondali e i suoi personaggi, il teatro giocattolo costituisce una forma di apprendistato al romantico non solo nell'ambito del gioco d'infanzia, ma in generale nel quadro dei media popolari. 17 L'altro feno1

16. G. Speaigh~ The Brigami in the Toy Theatre, in «Tue Saturday Boole», 29 (1969), pp. 204-215 e N. Sherilco,PatchworkP/ay: Nineteenth-Century Toy Theater andParticipatory Media Culture, in «Nineteenth-Century Studies», 30 (2017-2018), pp. 25-43. 17. S. Rahn, Rediscoveries in Chi/dren 's Literature, Routledge, New Y ork-Abingdon 2011, e inpart. il capitolo Wild Mode/s ofthe Wor/d: The Lure ofthe Toy Theatre, pp. 23-38.

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meno che la proto-industria del teatro ingenera è l'attivazione di una rete collaterale, fatta di impresari, mestieranti e illustratori di seconda linea. L'intuizione brillante di Planché - fondare il dramma sulla potenza visuale, a partire da prodotti già noti al pubblico di riferimento - produce una ulteriore ondata litografica che ravviva le vecchie scene di Eastlake e ne determina la mobilità verso segmenti di consumatori relativamente larghi, comunque ben al di là dei confini toccati dai saloni di belle arti. Il profilo di un'audience mediana, nella Londra dei primi anni Trenta dell'Ottocento, coinvolge un panorama sociale vario e disposto ad accaparrarsi per prezzi non esorbitanti articoli o memorabilia legati alle esibizioni a trazione scenografica come quelle del moderno Drury Lane, uno snodo chiave del melodramma popolare la cui sala, ricostruita dopo l'ennesimo incendio, ha nel 1812 una capienza di oltre tremila posti e viene ulteriormente ampliata negli anni successivi. 18 Così, all'indomani della prima di The Brigand, circolano subito stampe e incisioni prese dai quadri di Eastlake, ma dedicate agli attori del cast e in particolare al protagonista, il già richiamato Wallack. Classe 1794, figlio d'arte, cresciuto nel vivace distretto di Lambeth, l'attore è un professionista del teatro romantico attivo tra Londra e gli Stati Uniti, e capace di districarsi ugualmente nei generi di varietà come nelle tragedie shakespeariane. La parte di Massaroni lo porta nella cerchia delle personalità pubbliche universalmente note, al punto da rendergli complicato l'ingaggio per ruoli diversi da quello del brigante sentimentale su cui scommettono gli stage manager. Negli anni Wallack fatica a liberarsi dell'iconico personaggio, diventando facile bersaglio di caricature taglienti e immediati riferimenti colloquiali, ma garantendosi un posto nello star-system del tempo.1 9 Del resto, fin dalle iniziali repliche del dramma si innesca un sistema di sfruttamento delle immagini, esemplificato dalle varianti litografiche che ritraggono il cast negli abiti di scena, con cui i periodici illustrati e gli editori di stampe si combattono fette di mercato (fig. 6). Wallack è oggetto di vari ritratti in posa plastica, impreziositi da oleografici panorami italiani, che sono un tassello nelle collezioni di figurini delle variopinte celebrità del momento (fig. 7). 18. P. Thomson, Drury Lane, Theatre Royal. in The Cambridge Guide to Theatre. a cura di M. Banham, Cambridge UniversityPress. Cambridge 1995. pp. 309-311. 19. Miss Benimble's Tea-anti-Toast. in cit. a p. 135. 26. H. Burstin, Rivoluzionari. Antropologia politica della Rivoluzione francese> Laterza> Roma-Bari 2016. 27. Ho consultato la trascrizione del manoscritto nell, edizione critica pubblicata in appendice al volume di Barr~ Michele Pezza detto Fra' Diavolo.

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Napoli, nella quale egli è descritto come una sorta di nuovo Masaniello attorniato da una massa di «lazzaroni» adoranti.28

3. Il bandito e il circo A meno di due anni dell'esecuzione del brigante di Itri, alle prime ricezioni giornalistiche e letterarie fa seguito immediatamente la pubblicazione del libretto di uno spettacolo circense del Cirque Olympique: la pantomima equestre intitolata Fra Diavolo, ou Le Frère-Diable, chef de bandits dans /es Alpes, scènes équestres en 2 parties (1808). 29 Ne sono autori Henri Franconi, il figlio cadetto del capostipite e fondatore Antonio (1737-1836), 30 e il drammaturgo Jean-Guillaume-Antoine Cuvelier.31 Quando va in scena il Fra Diavolo è già da un anno che il circo è diretto in prima persona da Henri (che si dedica maggiormente alla regia e alla scrittura) e da suo fratello maggiore Laurent (che si specializza sulla parte equestre) (figg. 4 e 5). Essi sono succeduti al padre, attivo a Parigi sin dal 1793 quando era subentrato nella gestione di uno stabilimento (composto da un anfiteatro e da un'arena all'aperto) al Faubourg du Tempie di proprietà di Philip Astley, il grande scudiero inglese che da alcuni anni aveva portato a Parigi i suoi famosi spettacoli a cavallo. 32 Nel 1802 Antonio Franconi si trasferisce poco lontano, nell'ex convento dei Cappuccini, un luogo dove si tenevano anche altre esibizioni effimere, dando vita così ad uno spazio ibrido caratterizzato dalla contaminazione di generi. A partire 28. La confession dufameux brigand Frère-Diable. Ses crimes, ses forfaits, ses atrocités. La manière horrible dont il traitait les religieux et les religieuses. Ses exploits comme chef de guérillas contre les armées françaises sous les ordres du cardinal Rujfo. Son arrestation, sa mise en accusation, sa condamnation à la peine de mort. Les dernières paro/es qu 'il a prononcées au moment de son exécution. s.e .• Paris 1835, pp. 6-8. 29. H. Franconi, J.-G.-A. Cuvelier. Fra Diavolo, ou Le Frère-Diable, chefde bandits dans /es Alpes, scènes équestres en 2 parties. De 1,Imprimerie de Hocquet, Paris 1808. 30. T. Rémy, Antonio Franconi dans l'Enclos des Capucines. in «Le Cirque dans 17Univers».17 (1954);Id.• Quelquesnotes sur AntonioFranconi. in«Le Cirquedans 17Univers». 4 (1962). Ma si veda ora Hodak. Du théatre équestre au cirque. p. 125 e sgg. 31. Per un elenco delle pièces di Henri F ranconi: F. Hillemacher. Le cirque Franconi. Détails historiques sur cet établissement hippique et sur ses principaux écuyers recueillis par une chambrière en retraite,- avec quelques portraits gravés à l'eau-forte. Impr. Alf. Louis Perrin et Marine~ Lyon 1875. pp. 65-69. 32. Hodak. Du théatre équestre au cirque. pp. 35-125.

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dal 1807, quando viene classificato come "teatro delle curiosità",33 sotto il nome di Cirque Olympique si succedono tre strutture: la prima presso la rue du Mont-Thabor aveva 2700 posti (1807-1816);34 la seconda, di nuovo al Faubourg du Temple, con una capienza di 1219 posti (1817-1826) (fìg. 6); la terza {1827-1862), costruita ex novo al Boulevard du Temple dopo la distruzione del precedente teatro causata da un incendio, poteva ospitare circa 2250 spettatori (figg. 7 e 8).35 Il circo era composto da un palcoscenico teatrale e da un'arena dove si svolgevano i giochi equestri. In entrambi gli spazi c'era posto per il pubblico. 36 Henri e Laurent Franconi prendono parte alla rappresentazione del Fra Diavolo, ou Le Frère-Diable rispettivamente nel ruolo di Fra' Diavolo e del co-protagonista, il colonnello della fanteria francese Saint-Léon. Il «MoniteUD> ne annuncia con enfasi la prima, che si tiene il 17 agosto 1808 in attesa dell'ormai imminente rappresentazione della battaglia di Aboukir,37 la famosa vittoria conseguita da Napoleone in Egitto nel 1799 prima del suo fatidico rientro in Francia. 38 Ad allargare questa costellazione di riferimenti condivisi, nello stesso quotidiano parigino si annunciava, tra le altre cose, l'esposizione di un panorama della città di Napoli, il luogo dove era stato giustiziato Fra' Diavolo. 39 La scena dello spettacolo equestre si svolge in un castello dove il signor Marcassino, tutore della giovane e bella Rosa, accoglie un contingente militare francese a cavallo, comandato da Saint-Léon e venuto, 33. Diventerà "teatro secondario" nel 1811. 34. «La piste de 50 pieds occupe f'emplacement du parterre (15 mètres); elle est entourée par deux cercles de quatorze colonnes qui soutiennent le plafond:, et la salle peut accueillir entre 2500 et 2700 spectateurs. La scène, située dans son prolongement, peut supporter les man~uvres de la cavalerie; elle a 18 mètres de profondeur. Adjacente à une grande cour:t on trouve une écurie pour plus de 30 chevaux»: D. Roche, Histoire de la culture équestre, XVJ'-~ siècle, vol 2:t Connaissance et passion, Fayard:t Paris 2015:t p. 339. 3 5. Sui cambiamenti di denominazione del circo e sui suoi direttori:, si veda N. Wil~ Dictionnaire des théatres parisiens au XIX' siècle. Les théatres et la musique, Aux Amateurs de livres:t Paris 1989:t pp. 79-85. 36. A. Donnet, Architectonographie des théatres de Paris, ou Parallèle historique et critique de ces édifices considérés sous le rapport de l 'architecture et de la décoration, Didot, Paris 1821. 37. «Moniteur»:t 17 agosto 1808, p. 908. 38. J-B.-A. Cuvelier:t La Bataille d'Aboukir, ou Les Arabes du désert, action militaire en 2 parties, représentée, pour lapremièrefois, à Paris, au Cirque Olympique, le 7 septembre 1808, Barb~ Paris 1808. 39. «Moniteur»:t 18 agosto 1808, p. 912.

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come recitava un cartello esposto sul palcoscenico, per «exterminer les bandits des Alpes». Saint-Léon e Rosa si piacciono e, per via del rifiuto da parte della donna delle avances del signor Laurenzzi, un altro suo pretendente, quest'ultimo sfida a duello il militare francese. Interviene giusto in tempo Marcassino a separare i rivali, che gli chiedono entrambi la mano di Rosa. Il tutore prende tempo, rinviando al giorno seguente la decisione. È qui che entra in scena Fra' Diavolo, travestito da eremita e seguito dai suoi uomini, intenzionati a saccheggiare il castello ma ignari di quanto stesse succedendo al suo interno. Il piano prevedeva che il capo-brigante chiedesse ospitalità insieme a un altro bandito e che poi nottetempo aprisse le porte del maniero per far entrare i complici. L'escamotage riesce e i briganti, ancora all'oscuro della presenza dei francesi, iniziano l'assalto. Rosa viene rapita da Fra' Diavolo e Saint-Léon è fatto prigioniero. Le truppe francesi si mettono in marcia, guidate da Laurenzzi, alla volta del covo dei briganti: inizia così uno spettacolare inseguimento a cavallo, che richiama l'episodio della caccia al vero Fra' Diavolo da parte delle truppe napoleoniche (fig. 9). La seconda parte della rappresentazione si svolge allora nei pressi della dimora dei briganti: La Théatre représente la retraite de Fra-Diavolo, dans un site désert et affreux, sur le sommet des Alpes. Dans le fond à droite, un rocher élevé avec une porte taillée dans le roc vif; à gauche, à 1'avant-scène, une porte de fer qui conduit à un cachot; vis-à-vis à droite, au premier pian, une issue cachée par des rochers; cette issue est secrète et conduit dans les souterrains.

Nella caverna, luogo topico dell'immaginario romantico, Fra'Diavolo insidia Rosa mentre il colonnello, incatenato, si dimena invano per cercare di difenderla. 40 A questo punto va in scena la scontro tra le truppe francesi e i briganti, che si svolge in entrambi gli spazi del teatro, dunque sia sul palco che nella pista: Un coup de feu part; les brigands s' élancent des souterrains avec des flambeaux allumés; mélée générale en scène, et à cheval dans le cirque, pendant laquelle on brise la porte de fer, et l'on délivTe le jeune colonel Français: celui-ci croit trouver un rivai dans Laurenzzi, mais bientot il 1' embrasse en ne voyant plus en lui qu'un généreux défenseur.41

40. Fra Diavolo, ou Le Frère-Diable'# pp. 5-16. 41. Iv~ pp. 19 e 22.

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Sancita l'alleanza con il rivale, Saint-Léon uccide Fra' Diavolo, libera Rosa e ottiene la sua mano. Il mimodramma celebra così la vittoria francese in Italia ricorrendo alla metafora del cotp0 di una donna contesa,42 dapprima nella forma del duello interrotto tra Laurenzzi e Saint-Léon e poi dello scontro violento, di natura allegorica, tra il colonnello innamorato e il rapitore spregiudicato, con l'intento di criminalizzare la resistenza all'occupazione napoleonica e di enfatizzare l'adesione consensuale dei territori italiani. Questi stessi temi torneranno al Cirque Olympique nel 1822 con il mimodramma L 'attaque du convoi di cui si è parlato all'inizio. Anche in questo caso l'opera, a firma del solito Cuvelier, è traboccante di immagini pittoresche. Ambientata sulle Alpi, mette in scena lo scontro tra alcuni soldati francesi e una banda detta dei Banderolli, che vede al centro ancora una disputa amorosa e che si conclude nuovamente con la vittoria della Francia. Stavolta, però, vista la distanza temporale dagli eventi politico-militari che avevano ispirato il Fra' Diavolo di Franconi e Cuvelier, a risaltare non è tanto la rappresentazione in chiave spettacolare e simbolica della resistenza anti-francese in Italia quanto il processo attraverso il quale la figura del brigante da attore politico-militare diventa una maschera teatrale, un prodotto commerciale che assurge allo status di tipo sociale: un personaggio negativo che serve a identificare non un nemico esterno, ma un pericolo intemo.43 Tornando al Fra Diavolo, ou Le Frère-Diable è interessante osservare come in questo mimodramma si realizzi un déplacement che mescola eventi e territori diversi, spostando la scena dal meridione italiano, il controverso e spinoso teatro delle insorgenze anti-:francesi, alle Alpi, luogo simbolo dell'ingresso trionfale e della conquista napoleonica dell'Italia. A proposito di luoghi e mescolanze, la scelta di ambientare la scena finale dello spettacolo circense nel covo dei briganti è ispirata al melodramma La caverne (1793), verificandosi così anche un'ibridazione di genere. Un giornale dell'epoca evidenziò anche la forte similitudine con la pantomima intitolata Les mique/ets (il cui autore è non a caso sempre Cuvelier)44 andata in scena per la prima 42. K. Lambert, La "bande de Pourrières" en procès: genre, micro-histoire et brigandage en Provence., in Les brigands. Crimina/ité et protestation po/itique (1750-1850). a cura di V. Sottocasa, Presses universitaires de Rennes., Rennes 2013, pp. 35-49. 43. Cuvelier, L 'attaque du convoi, mimodrame militaire en 3 actes. 44. «Cette pièce, qui a eu assez de succès., es~ à peu de chose près, la pantomime de la Cavern~ ou les Mìque/ets»: .i\1emorial dramatique, ouAlmanach théatra/, pour l'an 1809., Roquet-Barba., Paris 1809., p. 238.

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volta all'indomani del 18 brumaio al teatro dell'Ambigu Comique.45 Anche quest'opera, ambientata sui Pirenei, vede come protagonista una giovane di nome Rosina, contesa tra Don Pedro, il tutore che la tiene rinchiusa da anni in una stanza del suo castello, e Saint-Charles, un ufficiale francese di cui lei ricambiata si è invaghita. Infuriato, Don Pedro sfida a duello il rivale, il quale però lo batte rispanniandogli la vita. Quando Saint-Charles e Rosina riescono finalmente a fuggire a cavallo, ecco che vengono rapiti da una banda di briganti (i miquelets) e condotti a forza nel loro covo, una lugubre caverna dove il capo dei banditi, il crudele Barbamo, cerca invano di costringere la ragazza a diventare la sua donna. È qui che si svolge, come nel caso del Fra Diavolo, ou Le Frère-Diable, lo scontro tra i briganti e gli uomini radunati dal tutore, che si conclude con l'uccisione di Barbamo per mano del militare francese e con l'accettazione da parte di Don Pedro dell'unione tra Saint-Charles e Rosina. Il tema del tutore che tiene segregata la donna amata che non lo corrisponde rivela l'influenza su quest'opera del Barbiere di Siviglia di B~ awnarchais, la cui protagonista come è noto si chiama anch'essa Rosina. 46 Numerose furono le rappresentazioni dello spettacolo circense di Henri Franconi e Cuvelier, anche in provincia,47 per diversi anni e con nuove versioni e adattamenti.48 Queste performance spesso andavano in scena insieme a episodi che omaggiavano la Rivoluzione e gli altri trionfi napoleonici,49 scelti non a caso, come La prise de la Basti/le et le passage du Mont Saint Bernard,50 Le passage du pont de Lodi,51 o l'entrata dei 45. J-B.-A. Cuvelier, Les miquelets ou le repaire des Pyrénées, pantomime en trois actes, représentée pour la première fois sur le théatre de l 'Ambigu Comique le 30 brumaire an 8. Barba, Paris an VIII (1799). 46. B. Innocenti, Scontri ed incontri di civiltà sui palcoscenici del teatro napoleonico, inLeyendas negras e leggende auree, a cura di M.G. Profeti e D. Pini. Alinea, Firenze 2011, pp.327-335.p.330. 47. Hodak, Duthéatre équestreau cirque, p. 154. Cfr. anche: www.theatrecirque.com/ carte-toumees-des-franconi. 48. Nel 1837 andò in scena al Cirque des Champs-Elysées wi'altra rappresentazione equestre del brigante italiano intitolata Fra Diavolo ou le brigand des Abruzzes. a cui fece seguito nel 1848 a Tolosa la «grande pantomime historique» rAuberge isolée oules brigands Calabrais: «Le Figaro». 23 luglio 1837; «La Gazette du Languedoc», 5 settembre 1848. p. 4. 49. Samuels. The Spectacular Past. pp. 117-118. 50. A. Chateauminois. Le Cirque olympique: un théatre duXIXe siècle. Etude du répertoire (1830-1862). Mémoire de Master 2 uHistoire des sociétés occidentales contemporaines", Université Paris I Panthéon Sorbonne. année 2018-2019, pp. 94-100. 51. H. Franconi, Le passage du pont de Lodi, action mémorable en une partie. Barba, Paris 1810. Il «Moniteur» del 6 maggio 1810 (126) annuncia che al Cirque Olympique andranno in scena in successione quesf opera e il Fra' Diavolo. 11

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francesi a Madrid. 52 Basti pensare che all'inaugurazione dello stabilimento del Mont-Thabor fu rappresentata la pantomima La lanterne de Diogène in cui si omaggiava l'Imperatore.53 Nel 181 O i Franconi allestirono addirittura uno spettacolo in occasione del matrimonio di Napoleone con Maria Luisa d'Austria intitolato Le génie de la paix, ou La France et l 'Autriche réunies, féte-pantomime militaire et allégorique. 54 Il personaggio di Fra' Diavolo sopravvive alla morte di Napoleone e nel 1830 le gesta del brigante italiano raggiungono l'apice del successo con l'uscita del celebre Fra Diavolo ou L 'hotel/erie de Te"acine, con musiche di Daniel Auber e testi di Eugène Scribe, che andò in scena all'OpéraComique di Parigi (fig. 10).55 Una rappresentazione che ricolloca le gesta di Michele Pezza nella sua terra d'origine, ma ne cambia totalmente il significato presentandolo come un semplice ma astuto brigante alle prese con un rocambolesco tentativo di rapina ai danni di due viaggiatori inglesi, con un brigadiere di nome Lorenzo promesso sposo di Zerlina, la figlia dell'oste di Terracina, il proprietario della locanda dove si svolge la gran parte del racconto. Vale la pena notare che gli studiosi si sono molto occupati di quest'opera e delle altre fonti letterarie connesse alla figura di Fra' Diavolo, ma hanno lasciato da canto la versione circense, che invece è molto rilevante non solo perché precede di molti anni l' opéra-comique, ma anche perché raggiunge un pubblico più eterogeneo socialmente e ha molteplici versioni e variazioni, anche in provincia. In tal senso, non è un caso se nel marzo del 1829, a meno di un anno dalla prima rappresentazione del Fra Diavolo di Auber e Scribe, è ancora il Cirque Olympique a dettare la linea mandando in scena uno spettacolo a tema brigantesco intitolato Les Tétes rouges, ou Les bandits du Ho/stein, un mimodramma ispirato ai Masnadieri di Schiller. 56 52. J-B.-A. Cuvelier, La belle espagnole ou l 'entrée triomphale des Français à Madrid, scènes équestres, militaires et historiques, à grand spectacle, en trois parties, représentées pour la première fois, à Paris, au Cirque Olympique, le 14 janvier 1809, Barba, Paris 1809. Anche in quest'opera la protagonista femminile si chiama Rosina. 53. Hodak,Du théatre équestre au cirque, pp. 143-144. 54. Tra il 1808 e il 181 O Cuvelier e Henri F ranconi scrissero diverse pièces a tema storico e militare dedicate alle gesta dell'esercito francese e di Napoleone: ivi, pp. 144-145. 55. Su questo spettacolo vedi però il contributo di Olivier Bara, infra, pp. 201-219. 56. L'annuncio della prima in «Le Figaro», 10 marzo 1829, p. 4. Lo stesso giornale, due giorni dopo, ne rende conto in termini positivi, prevedendo che «cette pièce peut fournirune longue carrière au Cirque-Olympique»: ivi, 12 marzo 1829, p. 3.

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A un certo punto della scoppiettante carriera letteraria di Fra' Diavolo, scopriamo non solo che da un genere si passa all'altro, ma anche che si può tornare a quello precedente, come dimostra nel 1843 la notizia apparsa su un giornale di Nantes di un adattamento dell'opéra-comique diAuber e Scribe sotto forma di performance equestre. 57 In questo stesso periodo, a conferma del vivace processo di mediatizzazione a cui è sottoposta nel XIX secolo la figura di Fra' Diavolo, va in scena al Cirque Olympique della famiglia Loyal58 una pantomima equestre intitolata Rinaldo Rina/dini ou La grotte mystérieuse (1841),59 ispirata al romanzo di grande successo dello scrittore tedesco Christian August Vulpius, uscito nel 1799.60 Dalla locandina scopriamo che i nomi e i ruoli dei personaggi rimandano pedissequamente alla rappresentazione di Auber e Scribe, mentre il riferimento all'inseguimento a cavallo del brigante evoca quello del Fra Diavolo di Cuvelier e Franconi (fìg. 11). Il che contribuisce a configurare un'ibridazione e, insieme, un'imitazione della sceneggiatura dell'opéra-comique e della rappresentazione equestre dei fondatori del Cirque Olympique. Come nel caso del personaggio di Auber e Scribe, del resto, il Rinaldo Rina/dini del 1841 si traveste da marchese. 61 La scena si svolge in un ostello dove alloggiano due viaggiatori inglesi (dal cognome simile a quello dei protagonisti dell 'opéra-comique), il cui proprietario ha una figlia di nome Serline (una variante di Zerline, la figlia dell'oste di Terracina). A completare il quadro, anche qui troviamo un brigadiere di nome Lorenzo. 57. Si tratta di Fra Diavolo ou L 'h6te/Ierie de Terracine, grarule scène équestre en plusieurs tableauxpar tous les sujets. Vedi Cirque national, Piace Bretagne, in «I/Rennine. Joumal de la Bretagne et de la Vendée»:, 29 luglio 1843. 58. La famiglia Loyal. un cui membro in passato aveva lavorato con i Franconi:, nel 1826 fonda un circo itinerante. che annovera tra le sue rappresentazioni anche un Fra Diavolo e un, altra pantomima di ambientazione brigantesca intitolata Le bandit des Abruzzes: L. Frediani:, Monsieur Loya/. Histoire de la famil/e de Cirque Loyal. Éditions Arts des 2 Mondes.Aulnay-sous-Blois 2007, pp. 32-37 e 57. 59. Rinaldo Rina/dini ou la Grotte mystérieuse. Grande pantomime équestre età combats entre la bande de Rinaldo et /es soldats Italiens. Poursuite de Rinaldo sur 8 chevaux sans selle. la cui prima è il 13 dicembre 1841. 60. Sul1 impatto europeo del romanzo e dei suoi derivati vedi Tatasciore. Briganti d'Italia. pp. 66-72. 61. Ha notato giustamente il biografo della famiglia circense Loyal, con riferimento a quesf oper~ che «comme la plupart des pantomimes de 1, époque, celle-ci puise son inspiration dans des événements politiques et des batailles militaires auxquels peut s, identifìer le public (batailles napoléoniennes:, crimes ou intrigues célèbres, pièces de théatre à succès. etc.)»: Frediani:, Monsieur Loyal. p. 39. 2

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4. Conclusione Il caso di Fra' Diavolo e dei briganti italiani rappresenta un interessante esempio di circolazione transmediale che tiene insieme cronaca giornalistica, romanzi, (auto)biografie, rappresentazioni visive, pantomima equestre, mimodrammi, melodrammi, opéra-comique, teatro e racconti storici. Il proliferare di opere basate sulla spettacolarizzazione circense dei briganti e il successo di pubblico e critica dimostra la rilevanza che andavano assumendo simili forme di racconto di tipo performativo basate sulla rappresentazione, certo stilizzata, decontestualizzata e risemantizzata, ma nondimeno "realistica" e immersiva dei fatti della cronaca e della storia recente. Oltretutto, nel caso dei Franconi è interessante sapere che il capostipite presenziò in prima persona con i suoi cavalli alle cerimonie e alle feste rivoluzionarie, partecipando così in presa diretta a quegli eventi dell'attualità e alla loro celebrazione simbolica che poi avrebbe contribuito a rievocare e spettacolarizzare dentro il suo circo. 62 A tal proposito, è eloquente questo brano di Heinrich Heine, risalente alla metà degli anni Trenta dell'Ottocento, in cui il grande poeta riporta un suo dialogo con un grognard, ovvero con un veterano dell'armata napoleonica afliitto dalla nostalgia dei tempi gloriosi, di ritorno da uno spettacolo proprio del Cirque Olympique: Mon voisin, le vieux grenadier, est assis aujourd'hui tout pensif devant sa porte; il lui arrive parfois de commencer quelqu 'un de ces vieux refrains bonapartistes, mais l' émotion lui coupe la voix; ses yeux sont rouges, et, selon toute apparence, le vieux grognard a pleuré. C'est qu'il est allé hier chez Franconi, où il a vu la bataille d'Austerlitz. À minuit, il a quitté Paris, et les souvenirs dominaient tellement son ame, qu 'il a passé presque toute la nuit à marcher en état de somnambulisme; il s 'est trouvé tout étonné d' arriver ce matin au village. Il m' a exposé tous les défauts de la pièce; car il était en personne à Austerlitz, où le froid était si rude que son fusil gelait à ces doigts: à Franconi, au contraire, la chaleur était insupportable. Il a été très content de la fumée de la poudre qui était bien rendue, et aussi de l' odeur des chevaux. Seulement il assure qu'à Austerlitz la cavalerie n'avait pas d'alezans aussi bien dressés. Il n'a pu vérifìer si les manreuvTes étaient exactes parce qu'à

62. Roche:. Histoire de la culture équestre:1 vol. 2:. p. 338.

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Austerlitz, comme dans toute bataille, la fumée était si épaisse qu' on voyait à peine ce qui se passait dans le voisinage.63

In quegli stessi anni e precisamente nel febbraio del 1831 circolava a Parigi una suggestiva caricatura che raffigurava due militari, un vecchio caporale e un giovane soldato, davanti al manifesto dello spettacolo L 'Empereur, allora in scena proprio al Cirque Olympique (fìg. 12).64 L'anziano ufficiale, che aveva combattuto con Napoleone, sprona il soldato Pacot a cercare il suo nome nella lunghissima lista dei protagonisti: Oh! vertueux Pacot! consolation des anciens, toi qui tu sais écrire, vois donc si dans le 5e régiment, 3e bataillon, 6e compagnie, tu ne lirais pas en effet Jean-François Brutignon, dit le Crane, - Volontiers, l'ancien .. Àprès cinq minutes d 'attente : - En bien, Pacot ? - De quoi, mon ancien? Eh bien, m' astu trouvé, mon ami? -Non, caporal, je suis encore qu'à la première ligne, où il y a l'Em...pé .... l'E:tv.lPEREUR. -Le Chef de file d'abord, c'estjuste. 65

La scena è una raffigurazione formidabile del passato recente come presenza vivida nell'immaginario sociale e una testimonianza credibile di come anche i ceti "inferiori'' partecipassero, tramite la frequentazione del circo, alla rielaborazione della memoria dell'età rivoluzionaria e napoleonica.66 La litografia, inoltre, evidenzia in modo plastico l'assottigliamento del confine tra memoria privata e rappresentazione pubblica del passato, tra realtà e spettacolo e la confusione di ruoli tra il testimone (il reduce delle campagne napoleoniche, in questo caso) e l'attore. 67 63. H. Heine> De la France> Lettres cor,tìdentielles adressées à M August Lewald. Cinquième lettr~ Michel Lévy frères> Paris 1872, pp. 278-279. 64. Samuels> The Spectacular Past> p. 122. 65. De la liberté dramatique-Du Droit d'affiches -Du romantisme des rues- Comme quoi Pacot n 'étant pas assez grand pour comprendre, en fut réduit à monter sur /es épaulettes de son Caporale. in «Caricature morale> religieuse, littéraire et scénique». 5 febbraio 183t p. 109. La litografia (n. 29) è firmata da Nicolas-Toussaint Charlet> mentre il testo esplicativo è di Eugène Morisseau. Sul tema della caricatura: La Caricature entre République et censure. L 'imagerie satirique en France de 1830 à 1880: un discours de résistance?. a cura di P. Régnier et alii. Presses universitaires de Ly~ Lyon 1996. 66. Con riferimento specifico al culto di Napoleone> tra le tante pubblicazi~ si segnalano due interessanti studi recenti: A. Arisi Rota, n cappello dell'imperatore. Storia, memoria e mito di Napoleone Bonaparte attraverso due secoli di culto dei suoi oggetti, Donzelli. Roma 2021 e V. Criscuolo, Ei fu. La morte di Napoleone. il Mulino, Bologna 2021. 67. P. Friedland, Politica/ Actors. Representative Bodies and Theatricality in the Age ofthe French Revolution. Comell University Press, Ithaca and London 2002.

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Prendendo spunto da questo andirivieni tra generi e spazi scenici, si può abbozzare una riflessione conclusiva sul ruolo peculiare giocato dalle rappresentazioni equestri nel circuito mediatico tra fine Settecento e metà Ottocento, e in particolare dal Cirque Olympique. 68 I Franconi ebbero qualche problema con le autorità e con i teatri tradizionali concorrenti poiché tendevano a valicare i limiti imposti a un circo, cioè l'obbligo di non spingersi oltre il mimodramma. 69 Malgrado i divieti, però, la famiglia mescolava i generi, il palcoscenico e l'arena (che a volte venivano collegati tramite un ponte), i dialoghi e le manovre a cavallo. Pantomima e melodramma quindi convivevano, producendo uno spettacolo di tipo ibrido e immersivo, svolto in spazi diversi dove il pubblico si confondeva con gli attori. Lo spettacolo veniva fruito dalla gente in modo non univoco, ma da punti visuali differenti, prestandosi così a forme plurime di contaminazioni e ri-signifìcazioni. 70 A tal processo contribuiva anche un'altra peculiare caratteristica del circo, un luogo dove si poteva assistere a più spettacoli, con soggetti diversi, quasi contemporaneamente. Presso il circo equestre si concretizzava così, attraverso l'opposizione e la congiunzione tra il palcoscenico e la pista, un dialogo mobile tra realtà e :finzione, tra pubblico e attori, tra diversi tipi di attori. Si trattava di rappresentazioni immaginifiche, ma allo stesso tempo rese profondamente realistiche grazie all'uso dei cavalli. 71 Spettacoli rapidi e sfuggenti, esperienziali e non letterari, sensoriali, dinamici, itineranti, effimeri. Ed è così che il circo equestre partecipa alla manutenzione e alla creazione dell'immaginario sociale del brigantaggio, ma allo stesso tempo, proprio per via della tendenza alla commistione e alla decontestualizzazione, esso contribuisce anche alla costruzione di altri immaginari, alla creazione di ulteriori e nuovi contenuti in un mercato dello spettacolo che coinvolgeva un numero sempre crescente di persone.

68. J.-C. Y on, Le Cirque-Olympique sous la Restauration: un thélitre à grand spectacle, in «Orages. Littérature et culture 1760-1830», 4 (2005):, pp. 83-98. 69. Wild, Dictionnaire des thélitres parisiens au XIX' siècle:, pp. 79-85. 70. Sul circo come luogo di ibridazione di generi frequentato da ceti sociali differenti, si vedaRoche, Histoire de la cultwe équestre:, vol. 2:, pp. 324 e 331. 71. Samuels, The Spectacular Past:, p. 120; J.-C. Yon, La légende napoléonienne au thélztre 1848-1869, inNapoléon1 de l'histoire à la légende, Éditions In-Forma, Maisonneuve & Larose, Paris 2000, p. 315-344:, in part. p. 315.

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Fig. 1. Jean-Démosthène Dugourc. Vue du Cirque Olympique de MM Franconi. s.d.., Musée Camavalet. Paris. Fig. 2. Cirque olympique: L 'attaque du convoi., manifesto. 1822. Bibliothèque Nationale de France., Paris.

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Fig. 3. B. Nardini, Les exploits et les amow-sde FrèreDiable1 Général de l'arméedu Cardinal Rujfo chez Ouvrier Paris an IX 180t frontespizio. 2

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Fig. 4. Jean-Démosthène Dugourc Exercices des Chevaux de MM Franconi s.d. Musée Carnavalet, Paris. Fig. 5. Philibert Louis Debucourt Exercice de Franconi, 1806, Musée Carnavalet Paris. 1

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Fig. 6. Plans et coupes des deux premières versions du « Cirque O/ympique » des Franconi: le Cirque O/ympique du Mont-Thabor et le Cirque Olympique du Faubourg-duTemple-a in A. Donnet, Architectonographie des théatres de Paris1 ou Parallèle historique et critique de ces édifices considérés sous le rapport de l 1architecture et de la décoration-a P. Didot l'ainé-a Paris 1821.

Il circo dei briganti

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Fig. 7.Alphonse Testard. Le Cirque olympique. 1837. Bibliothèque Nationale de France. Paris. Fig. 8. Panorama. Démolition du Cirque Olympique et du théatre de la Gaité, boulevard du Tempie en 1862. Musée Carnavalet. Paris.

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Daniele Di Bartolomeo

Fig. 9. Auguste Poulet-Malassis:, La poursuite de Fra-Diavolo (Exercices équestres de Franconi par la troupe de Bastien Gillet-Franconi):, ca. 1855:, Centre national des arts du cirque:, collection Jacob/William, Chalons-enChampagne. Fig. 1O. Louis Maleuvre Costume de l 'acteur Cholet dans le role de Fra Diavolo:, 183t Musée Camavalet Paris. :, 2

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Il circo dei briganti

Fig. 11. Rinaldo Rinaldini ou la Grotte mystérieuse. Grande pantomime équestre et à combats entre la bande de Rinaldo et les soldats Italiens. Poursuite de Rinaldo sur 8 chevaux sans selle (13 décembre 184l)'JI manifesto. Bibliothèque Nationale de France, Paris. Fig. 12. Nicolas-Toussaint Charlet'JI Le fusillier Pacot déchiffre sur /es épaules de son caporal l 'affiche du Cirque Olympique où l'on représente «L 'Empereur»'JI 1831. Musée Camavalet. Paris.

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HERNAN RooRiGUEZ VARGAS La spettacolarizzazione della guerra al brigantaggio: fotografia e giornalismo illustrato (1860-1870)

1. Sulle orme dell'esperienza in Crimea Per le sue caratteristiche politiche, militari e tecnologiche, come per le sue conseguenze sociali e culturali, il conflitto di Crimea fu la versione ottocentesca delle guerre totali della prima metà del XX secolo. La portata del conflitto su larga scala implicò la formazione di nuovi sistemi di collaborazione internazionale, spaccando la vecchia alleanza fra l 'impero russo e quello asburgico, e aprendo la strada alla nascita di nuovi stati nazionali fra i quali l'Italia, la Romania e la Germania. Dal punto di vista tecnologico fu la prima guerra moderna, con l'impiego di navi a vapore, ferrovie, sistemi di comunicazione inediti come il telegrafo e un diffuso ricorso alla stampa. 1 A determinare una novità nella conduzione del conflitto fu il cambiamento nella diffusione delle informazioni, che in quel contesto vide l'impiego di disegnatori, fotografi e reporter di guerra, conosciuti da allora in avanti come war artists. Il termine fu utilizzato per la prima volta sul «The Illustrated London News» per far riferimento agli artisti che, partecipando alla guerra, contribuirono alla raffigurazione scritta e visuale degli avvenimenti. Anche se nel lungo Ottocento questa fu un'attività comune agli artisti e cronisti di guerra sin dalla fine Settecento, la novità dell'utilizzo del termine va collegata alla velocità con cui viaggiava l'informazione attraverso i nuovi canali e alla rapida diffusione dei registri iconografici, i quali facevano diventare il lavoro di questi 1. O. Figes, Crimea, l'ultima crociata, Einaud~ Torino 2011;A. Gouttman,La Gue"e de Crimée 1853-1856. Perrin, Paris 1996; D. Goldfrank. The Origins ofthe Crimean War, Routledge, London 1994.

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artisti veri e propri reportage in termini di immediatezza con la quale le news arrivavano al pubblico. L'impiego dei fotografi, rispetto alla loro partecipazione in conflitti precedenti, come la guerra messicano-statunitense del 1848 e la resistenza della Repubblica romana del 1849,2 si inserì nel conflitto non solo con l'intenzione di superare il registro memoriale dell'esperienza vissuta, ma con il compito di aggiornare in modo sistematico un vasto pubblico sempre più interessato al conflitto. 3 In questo modo la collaborazione tra war artists e staffartists nei giornali illustrati più importanti come l' 194 (29 dicembre 1860), p. 417. 22. «The Illustrated Times», 328 (12 gennaio 1861), p. 21. 23. Pinto> La guerra per il Mezzogiorno, pp. 191-200. 24. C. Y riarte, Les Picciotti, bandes parcourant les abruzzesi' in «Le Monde Illustré», 16 febbraio 186t p. 106. 25. Da sottolineare una differenza nell'utilizzo di queste immagini: mentre il giornale italiano utilizza il disegno dell'amante del capobanda del brigantaggio per arricchire la narrazione su Vincenzo Pasquale Barone («Il Mondo Illustrato», 35 [21 settembre 1861], p. 180), il giornale inglese inserisce la fotografia del «napolitan brigand Vincenzo Cibolla» per completare la sequenza del racconto in tre immagini: la scena della fucilazione> il ritratto di un altro brigante inviato in carcere e l'esposizione dei corpi dopo la fucilazione: , 985 (11 gennaio 1862), p. 27. 32. «L'Illustration. Joumal Universeb>, 988 (1 febbraio 1862), pp. 67-68. 33. Brigantaggio, lealismo e repressione, p.134. 34. «Malgrado gli indizi offerti dalle fonti, ad oggi nessuna delle immagini dei briganti conservate sia presso pubbliche istituzioni come l'Istituto per la Storia del Risorgimento di Roma, il fondo fotografico della Civica Raccolta Bertarelli di Milano, il Museo Nazionale del Risorgimento italiano di Torino, la Fototeca Storica del Museo di San Martino e il Fondo Piccirilli della Biblioteca Nazionale di Napoli, sia presso privati collezionisti reca un riferimento esplicito a Bemoud»: Speranza, Alphonse Bernoud pioniere della fotogrqfia, p. 41.

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e degli ufficiali superiori dell'esercito, la collezione già completa delle fotografie de' capobriganti e delle loro dame [ ... ]. Nessun inglese lascerà Napoli oramai senza arricchire il suo album di una collezione tanto preziosa [ ... ] per la modica somma di ventisei franchi. 35

Già nel 1864 si diffondevano come prodotto dello studio di Bernoud una serie di dispense settimanali intitolate L'Italia Contemporanea. Grande Album di celebrità artistiche, letterarie, diplomatiche, politiche e militari,36 ciascuna contenente un ritratto fotografico in formato carte-devisite e una nota biografica redatta da Pietro Coccoluto Ferrigni (noto sotto lo pseudonimo di Yorick), con lo scopo «di costituire una galleria di personalità italiane della politica e della cultura, prendendo spunto dal celebre Panthéon Nadar».37 L'album conteneva inoltre una convincente pubblicità: «ogni dispensa costa una lira italiana, [ ... ] una lira spesa bene. Per una lira qui c'è un ritratto fatto da Bemoud, che vuol dire un buon ritratto ... ».38 La prima fotografia e la rispettiva biografia sono di Alfonso La Marmora, nella quale Yorick collega abilmente e attraverso una dettagliata ricostruzione storica la campagna in Crimea al presente risorgimentale. 39 Dal punto di vista commerciale e della promozione è interessante evidenziare come, oltre la grande diffusione di queste fotografie, si dissociarono i personaggi risorgimentali dai briganti, le cui immagini, sebbene alimentassero un grande mercato e un crescente interesse sensazionalistico, non potevano condividere lo stesso spazio delle grandi celebrità dell'unificazione. Si tratta di una dinamica condivisa dai giornali illustrati che dedicarono molte tirature alla biografia delle più celebri figure risorgimentali e dei membri dell'esercito - come nel caso dei vari «Il Museo di Famiglia», «L'Illustrazione Universale», «Il Romanziere Illustrato» o «L'Universo Illustrato» - mentre, al contrario, riservarono uno spazio minore alle narrazioni sul brigantaggio e alle singole figure dei briganti. Da questo punto di vista i dettagliati reportage su Borges e su Chiavone, che godevano di grande prestigio internazionale, rappresentano un'eccezione. 35. A. Goujon, Cronaca e fatti diversi, in «L ,Indipendente», anno VII> 1° febbraio 1866>p. 3. 36. Y orick, A. Bemoud> L'Italia Contemporanea. Grande Album di celebrità artistiche, letterarie, diplomatiche,politiche e militari> coi tipi di E.V. Sardi>Livomo, 1864. 31. Speranza,AlphonseBernoudpionere dellafotogrqfia> p. 43.

38. Ibidem. 39. Yorick, Bemoud,L 'Italia Contemporanea.

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All'interno di questa logica, la separazione nei codici di rappresentazione e circolazione delle immagini fra le celebrità italiane e i briganti fece crescere ancora di più su queste ultime l'aspetto spettacolarizzante. Negli anni successivi disegnatori e fotografi realizzeranno scene sempre più calcolate, adeguandosi sia alle esigenze del mercato che, come nel caso dei fotografi che accompagnarono gli eserciti nelle campagne, alle esigenze di promozione da parte dei committenti, che includevano la sottomissione e la demonizzazione del nemico.

3. Fotografia, giornalismo illustrato e repressione (1863-1870) Mentre nel periodo compreso fra il 1861 e il 1862 l'interesse per la guerra contro il brigantaggio fu condivisa dal giornalismo illustrato internazionale e da quello italiano, incluso quello satirico, che sin dall'iniziò ridicolizzò i Borbone, il loro esercito e i briganti legittimisti, nel periodo successivo l'attenzione del giornalismo illustrato internazionale diminuì notevolmente, lasciando lo spazio dei fatti briganteschi alla produzione di romanzi e cronache romanzate illustrate.40 Gli sforzi della stampa illustrata italiana si concentrarono nel promuovere il Risorgimento, la nuova famiglia reale, e nel presentare il fenomeno del brigantaggio come un problema di criminalità del quale si occupavano le forze dell'ordine. A questo proposito i più importanti giornali illustrati italiani furono «L'Emporio Pittoresco», «Il Giornale Illustrato» e «L'Esercito Illustrato», che per ovvi motivi fu il più insistente nell'elencare e illustrare sistematicamente sia le vittorie, in chiave eroica, che le sconfitte, in chiave di martirologio, dell'esercito italiano nella repressione del brigantaggio. 41 Mentre su «Il Giornale Illustrato», in aggiunta ai diversi reportage scritti in chiave sensazionalistica, compariva regolarmente ogni settimana e in maniera più distaccata dalle emozioni del pubblico la «Cronaca d'Italia», 40. G. Tatasciore:t Rappresentare il crimine. Strategie politiche e immaginario letterario nella repressione del brigantaggio (1860-70), in «Meridiana. Rivista di storia e scienze sociali»:t 84 (2015):t pp. 237-261 e ld.:t L'invenzione di un 'icona borbonica: il brigante come patriota napoletano?:t in «Meridiana. Rivista di storia e scienze sociali»:t 95 (2019), pp. 169-1?4. 41. E interessante notare come molte delle illustrazioni di questo giornale fecero parte inoltre del volume illustrato di G. Oddo:t n Brigantaggio o l'Italia dopo la dittatura di Garibaldt Giuseppe Scorza di Nicola, Milano 1863.

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una sezione dedicata agli aggiornamenti politico militari e nella quale i lettori potevano seguire lo svolgimento della repressione. Ne è un esempio la Cronaca del mese di luglio del 1864: Napoli: [ ... ] - la brigantessa Maria Andreoli da Pesano fu arrestata nei dintorni di Vasto [ ... ] Melfi: - Il ritorno del generale Pallavicino ha ravvivato lo spirito della popolazione del Melfese. Potenza: - Preso Montepetroso, la banda Croceo perdette sei briganti in nno scontro con i bersaglieri ...42

Per quanto riguarda le notizie brigantesche, anche «L'Emporio Pittoresco», tra il settembre del 1864 e l'aprile del 1865, dedicò una serie di reportage illustrati ale campagne del generale Pallavicini.43 Infatti, tra le figure militari di spicco che ebbero un luogo importante all'interno del giornalismo illustrato e che configurarono un vero e proprio star system marziale fu Emilio Pallavicini a prendere le lezioni più preziose sull'impiego della fotografia e dei reportage illustrati ai fini della promozione dell'esercito italiano e della delegittimazione dei briganti. Una volta promosso a tenente generale dopo l'episodio dell'Aspromonte, assunse l'onere di affrontare il brigantaggio e, dando inizio alle operazioni militari nel settembre del 1863, continuò nel suo lavoro ininterrottamente fino al 1874. Divenne in questo periodo «il protagonista della repressione, il principale teorico della contro insurrezione italiana»,44 e l'artefice di un programma che comprendeva la difesa e il coinvolgimento della popolazione civile, la repressione dei fiancheggiatori, l'incoraggiamento delle defezioni e del pentitismo, così come il controllo delle risorse locali ed infine l'impiego dei meccanismi di promozione politica. Consapevole dell'importanza di conquistare il consenso della popolazione, Pallavicini introdusse l'implementazione di dispositivi di adesione tra i quali i bollettini sistematici che dovevano esporre «il numero dei briganti morti, catturati o costituitosi, ed il nome di quei comandanti di forza 42. «Il Giornale Illustrato»:. 6 (dal 9 al 15 luglio 1864) p. 43. 43. Come ad esempio: Campagna del generale Pallavicino col suo Stato Maggiore, e l'interrogatorio d'un cafone sospetto d'intelligenza con i briganti:, in «L'Emporio Pittoresco». 3 (18-24 settembre 1864); Scene del brigantaggio nelle province meridionali. ivi:. 5 (2-5 ottobre 1864); Il capobanda Schiavone, e gli ultimi suoi compagni. ivi. 19 (8-14 gennaio 1865); Arrivo a Frosinone di nove briganti, fatti prigionieri nei dintorni di Veroli:. ivi. 23 (4-11 febbraio 1865); Tre brigantesse. ivi. 34 (22-29 aprile 1865). 44. C. Pinto:, La dottrina Pallavini. Contro insurrezione e repressione nella guerra del brigantaggio (1863-1874):. in «Archivio Storico perle Provincie Napoletane». CXXXII (2014) pp. 69-97:, cit. a p. 69. 1

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e di quegli individui militari, che si fossero particolarmente distinti nella persecuzione dei malfattori»; così come l'esibizione dei nemici uccisi che poteva stimolare gli avversari «alla resa o alla defezione, ma anche rassicurare gli amici e avvisare gli indifferenti».45 Alcuni di loro erano anche fotografati. In questa logica, tali immagini avevano la doppia funzione di rassicurare la popolazione sugli esiti delle campagne militari e di avvertire i propri nemici sul loro destino all'interno di quelle persecuzioni. Anche se non è possibile definire con certezza la quantità di fotografi che si arruolarono come parte delle campagne di Pallavicini, ci è pervenuto il registro di tre di loro, utile alla comprensione della produzione e circolazione delle immagini dei briganti come parte delle attività e dell'esito delle operazioni militari. Si tratta di Giuseppe Chiariotti, Emanuele Russi e Raffaele Del Pozzo. Dei primi due si sa ben poco. Di Chiariotti si sa che, oltre ad essere anche pittore, aveva lo studio fotografico a Benevento e che realizzò due fotografie di Michele Caruso nel carcere di Benevento; una in cui il brigante posa in mezzo ai boschi sostenendo un'arma e un'altra mentre è costretto a indossare la camicia di forza (fìg. 4). La prima fotografia riguarda la pratica ricorrente tra questi war artist di creare una scenografia adatta alle caratteristiche brigantesche che si vogliono mettere in evidenza, mentre la seconda rientra nello sforzo di distanziamento fra la raffigurazione romantico-pittoresca risalente alla seconda metà del Settecento e l'esigenza di una narrativa «più realistica» del nemico dell'Unità. Del casertano Emanuele Russi invece si conserva una quantità più consistente di fotografie e si sa che il generale Pallavicini mise a sua disposizione «una locomotiva ed un vagone perché si recasse sul Monte Cavallo per ritrarre i briganti uccisi o arrestati». 46 Tra il 1864 e il 1870 partecipò alle campagne a Monte Pizzuto, Monte Morrone, Bracigliano e realizzò alcune fotografie nel carcere di Caserta. Si tratta dell'artista di cui si conservano più fotografie di carattere poliziesco, in attività che vanno dalle campagne militari fino alla cattura dei briganti, a differenza di altri artisti, fra i quali Del Pozzo, che occupavano la maggior parte del tempo nel 45. Infatti le istruzioni di Pallavicini disponevano che «I cadaveri dei briganti caduti in uno scontro saranno sempre trasportati nei paesi:t ad oggetto di convincere maggiormente le popolazioni:t incredule sempre quando trattasi di vantaggi ottenuti dalla truppa»: Istruzione teorica ad uso delle Truppe destinate alla repressione del Brigantaggio, p. 7, cit. ivi:t p. 71. 46. Brigantaggio, lealismo, repressione, p.104.

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creare o ricreare nelle fotografie le scene dopo la cattura dei briganti. In questo contesto non c'è dubbio che le fotografie eseguite per conto delle forze dell'ordine fossero accuratamente preparate, sin dall'ideazione, allo scopo della promozione dell'esercito.47 In questa direzione bisogna fare anche riferimento alla serie fotografica di Bemoud dedicata alle «posizioni marziali» dei bersaglieri risalente al 1864, in cui gli presenta come dei veri combattenti gentiluomini, contraddistinti oltre che dalle grandi capacità guerresche dall'eleganza dei costumi e della posa; cioè un tipo di raffigurazione completamente opposto a quello dei briganti (:fìg. 5). Infine Raffaele Del Pozzo è l'artista del quale si conservano più riferimenti.48 Si sa infatti, che per «quasi un decennio, dal 1864 al 1873, al seguito delle Sottoprefetture e dell'esercito aveva ripreso quasi tutti i briganti Picentini e degli Alburni». 49 L 'anuolamento di Del Pozzo come fotografo al servizio delle forze dell'ordine ebbe a che fare con il fatto che molti degli acquirenti e dei frequentatori del suo studio erano militari e le sue zone di lavoro sono tutte nel salemitano, in luoghi come Persano, Acerno, Postiglione e Montecorvino. La maggior parte delle fotografie che si conservano di Del Pozzo sono dei briganti fotografati in carcere e quelli ritratti dopo le esecuzioni, dimostrando che «l'alleanza tra l'esercito e la nuova tecnologia serviva in primo luogo a sgonfiare agli occhi delle popolazioni il mito tanto diffuso allora che i briganti erano imprendibili, [ ... ] e rispondeva, dall'altra parte, all'esigenza di screditare visivamente la falsità di tali credenze» .50 Fra il corpus di immagini sui briganti catturati e non, vivi o morti, quelle che circolarono su «L'Emporio Pittoresco» furono realizzate da un fotografo del quale non si conosce l'identità. Le immagini in questione, inviate al giornale dallo stesso Pallavicini, sono due cartes de visite (:fìg. 6a) della banda di Schiavone realizzate nel carcere di Melfi. La prima immagine riguarda gli uomini della banda fucilati nel novembre del 1864 (fig. 7), mentre la seconda riguarda «tre brigantesse». Nello stesso ordine le immagini furono pubblicate nel gennaio e nell'aprile del 1865, e fanno parte della serie di reportage in cui il grande protagonista è lo stesso generale Pallavicini.

47. P. Morello» Briganti, fotogrqfia e malavita nella Sicilia dell'Ottocento, Sellerio» Palermo 1999. 48. J.J. Lichtensteiger, Quattro mesi.fra i briganti, 1865-66, con un saggio su Raffaele del Pozzo fotografo dei briganti» a cura di U. Di Pace, Avagliano Editore» Salerno 1984. 49. lvi» p. 117. 50. lvi» p. 122.

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Queste immagini e il loro utilizzo nei giornali illustrati hanno una triplice importanza. In primo luogo, perché una volta inserite all'interno del giornale la loro interpretazione dipende dal testo scritto. In secondo luogo, perché si tratta di immagini che riportano nel retro descrizioni diverse rispetto a quelle realizzate dal giornale. Infine, perché la descrizione all'interno delle cartes de visite, anche se l'autore rimane anonimo, richiama la legge di proprietà dei fotografi del 1865 sui propri lavori, la quale continuamente veniva trasgredita a causa delle dinamiche del mercato delle immagini. Sull'utilizzo delle fotografie di questi briganti all'interno del giornale si può far riferimento a quello che facevano i giornali illustrati inglesi durante la Guerra di Crimea nel raffigurare gli «alleati d'Oriente». 51 Si tratta della pratica di abbruttire attraverso la tecnica xilografica e attraverso la narrazione le immagini riportate dai fotografi, accentuando i tratti demon1zzanti e veicolandoli attraverso l'utilizzo di numerosi aggettivi dispregiativi. Della banda di briganti il giornale dice: «il 29 del passato novembre venivano catturati e tosto fucilati in Melfi questi arditi briganti che erano il perno d'una delle più feroci bande che festassero le provincie Meridionali». 52 Mentre per quanto riguarda il reportage delle «tre brigantesse», il giornalista insistendo sulla ferocia della banda aggiunge «piuttosto che orrore destano quasi compassione codeste infelici le quali [ ... ] si resero forse complici involontarie delle malvagie azioni ... ». 53 Di contro, le cartes de visite di riferimento, inizialmente appartenenti ad «un commissario della polizia a riposo»,54 riportano sul retro il nome, l'età e una descrizione meno spettacolarizzante degli stessi briganti in questione (:fìg. 6b). La possibile appartenenza delle fotografie all'ex commissario della polizia spiega inoltre come alcune di queste hanno delle brevi relazioni sui soggetti catturati e deceduti. Ma in ogni caso l'utilizzo di queste fotografie all'interno dei giornali illustrati divenne 51. Come nel caso dell, articolo Croats Àt The Seat Of War sul «The Illustrated London News». 29 dicembre 1855. p. 754. realizzato a partire di una fotografia di Fenton.Altro esempio è il giornale satirico «The Punch» nella prima edizione del gennaio del 1855 in cui raffigura 1, atteggiamento razzista degli inglesi nei confronti dell'alleato turco. 52. «L'Emporio Pittoresco». 19 (8-11 gennaio 1865). 53. Ivi. 34 (22-29 aprile 1865). 54. Lo scrittore Salvatore Di Giacomo racconta come ha ottenuto questa raccolta miscellanea da un rivenditore in via Costantinopoli e. nella descrizione. si possono evidenziare molte delle immagini che oggi appartengono alla raccolta del Museo di San Martino. a cui lo scrittore ha fatto la donazione. ma anche ad altre raccolte italiane. come quella conservata alla Biblioteca Nazionale di Napoli e al Museo Centrale del Risorgimento a Roma: S. Di Giacomo. Per la storia del brigantaggio nel Napoletano. Osanna edizioni. Venosa 1990.

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sempre oggetto di modifiche a fini sensazionalistici e politicizz.anti. Ne è un esempio una delle fotografie di Maria Oliviero dopo la sua cattura, inviata da Alexandre Dumas allo staff del giornale. Quest'immagine servì nel giugno del 1864 ad arricchire tra l'altro una narrazione a puntate dello stesso Dumas intitolata Storia di Pietro e Maria di Monaco per «Il Giornale Illustrato». 55 Nell'immagine l'artista risalta la condotta fiera e l'atteggiamento maschile nella posa e negli abiti della donna. Attraverso quest'ultimo esempio si completa il quadro di una complessa relazione all'interno dei giornali illustrati nella circolazione delle news sulle campagne della repressione contro il brigantaggio e che oscillarono fra l' informazione e l'intrattenimento. Infatti, all'interno dei giornali analizzati è possibile evidenziare le tre modalità con cui si diffondevano le notizie sulle campagne dell'esercito italiano contro il brigantaggio. Quelle di taglio meramente informativo, composte da una o due frasi descrittive. Alcune relazioni più dettagliate sulle azioni dell'esercito e dei briganti, molte volte realizzate da un corrispondente o direttamente da un membro delle forze dell'ordine. Infine, i racconti più spettacolarizzanti i quali durante tutto il decennio postunitario definirono il profilo barbarizzante dei membri delle bande dei briganti, un elemento che si riscontrava anche nei giornali satirici e nei quadri delle mostre d'arte delle diverse esposizioni di tutta la penisola. In questo modo anche se molte delle fotografie realizzate ebbero come primo scopo esaltare i meriti della repressione, potevano finire con il tradire tale proposito e restituire al brigante un'immagine fiera o farlo diventare un martire; questa eroica teatralità inoltre poteva derivare dalla persistenza di schemi iconografici precedenti e di lunga durata che «avevano assorbito le topiche del brigante come eroe positivo, che fa la guerra ai potenti per aiutare i più deboli».56 Non a caso, anche se gli stessi giornali illustrati evitarono di pubblicare le fotografie più sconvolgenti, esse trovarono un grande spazio di diffusione nelle gallerie all'interno degli studi fotografici che funzionavano anche come vere e proprie sale d'esposizione, e che lasciavano le porte aperte a numerose interpretazioni. Come ricorda Jules Claretie nel 1869: La foule regarde cette morgue comme nos fianeurs de la rue Vivienne les portraits de M Pierson. Je me rappelle encore 1'impression que nous fìt cette rencontré, un matin que nous prenions l' air, tout entiers à ce mouvement coloré 55. «Il Giornale Illustrato»:, 5 (2-8 luglio 1864). 56. Morello:, Briganti,fotogrqfia e malavita nella Sicilia dell'Ottocento:, p. 48.

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de Naples, à cette foule turbulente et gaie dont M Auber a si bien rendu le caractère dans les choeurs du marché de la Muette. Cette collection de cadavres ainsi exposés jetait une note un peu soudre dans l'allegro. Des fonts troués, des poitrines ouvertes, des machoires pendantes, une galerie d' atrocités.57

4. Fotografie brigantesche: usi e consumi In effetti, oltre agli usi iconografici studiati, in buona misura eredi dei codici di rappresentazioni avviati durante il conflitto in Crimea, all'interno del rapporto tra fotografia, giornalismo illustrato e le campagne di repressione, ci furono molteplici forme di fruizione delle immagini realizzate sia dai fotografi analizzati che da numerosi fotografi anonimi o meno noti. Alcuni nelle vesti di war artists e altri attraverso la divulgazione e la commercializzazione. Utilizzi che vanno al di fuori delle inteipretazioni delle immagini veicolate dalle relazioni militari e dalle ulteriori narrazioni giornalistiche a scopo informativo e di promozione, in chiave fìlounitaria, commerciale e spettacolarizzante, allo scopo di vendere il maggior numero possibile di copie. Si tratta di vere e proprie costellazioni discorsive di carattere disomogeneo e variegato. Alcuni di questi usi riguardano lavori di ricerca esistenti e ancora in corso, come l'uso delle fotografie a scopo segnaletico, a scopo scientifico, in cui i casi più emblematici sono gli studi frenologici, 58 e le ricerche di Cesare Lombroso avviate negli anni Settanta. 59 Nel caso degli studi frenologici, in molti processi di brigantaggio queste tesi venivano riprese sia dalla difesa che dall'accusa, 60 da cui l'utilizzo delle fotografie al servizio di queste dimostrazioni. Risulta importante segnalare anche l'utilizzo inedito di queste immagini fotografiche, alcuni anni prima che la polizia francese 57. J. Claretie, La poudre au vent. Notes et croquis. Portraits. Deux mois en Italie, Degorce-Cadot, Paris, 1869, p. 204. 58. B. Miraglia,Parerefrenologico suifamosidelinquenti Cipriano e Giona La Gala, Domenico Papa e Giovanni D'Avanzo, con un cenno sulle prigioni di S. Maria Capua Vetere, Aversa 1864. 59. M. Gibso~ Nati per il crimine. Cesare Lombroso e le origini della criminologia biologica, Mondadori,Milano 2004; S. Monta.Ido, DonneDelinquenti, il genere e la nascita della criminologia, Carocci, Roma 2019; M. Carli, N. Pugliese, Artificial Man. Cesare Lombroso and the Construction of the Physical Traits of Atavism, in «Contemporanea. Rivista di storia delr800 e del 900», 3 (2021), pp. 537-552. 60. Brigantaggio, lealismo, repressione, p. 207.

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si attrezzasse con un laboratorio fotografico nel 1872 e dell'apparizione dell'antropometria criminale di Lombroso (1876) e di quella segnaletica del francese Alphonse Bertillon (1879). Altri usi invece riguardano un grande spazio di questioni aperte sulle quali ci sono importanti indizi all'interno dei manuali di fotografia e nei cataloghi delle diverse mostre in cui vengono presentati in maniera miscellanea, ma che ben potrebbero rappresentare studi a sé. Uno di questi elementi riguarda lo sforzo per definire le molteplici forme di circolazione e i meccanismi del mercato delle fotografie brigantesche: ovvero, come attraverso i fotografi internazionali e i numerosi scrittori europei, 61 le immagini raggiungevano nuovi pubblici ed entravano ad ingrossare vecchi immaginari o ne creavano di nuovi, a partire da quelli riguardanti le classificazioni dei «tipi» e i diversi sguardi etnografici,62 non solo durante il decennio postunitario ma anche negli anni successivi. Infine, un ulteriore aspetto riguarda la questione dei falsi-fotografici, cioè la manipolazione che i fotografi potevano realizzare del proprio lavoro in quattro direzioni: nell'alterazione dei soggetti ritratti; nella modificazione del contesto; nel travestire modelli per farli passare per briganti nella dinamica ottocentesca del gusto per il pittoresco e per le fotografie di popolani in costume -, e infine nella falsificazione dei negativi attraverso la sovrapposizione di immagini. Sintetizzando, «non vi è, dunque, una corrispondenza precisa tra funzioni e schemi iconografici. La stessa fotografia poteva assolvere scopi diversi», 63 e come si è visto avere un valore diverso a seconda dell'uso che se ne faceva. Infatti, ancora oggi molte di queste fotografie sono utilizzate e manipolate al di fuori dal proprio contesto o a partire da un'analisi superficiale di esso, hanno finito per trasformarsi nell'iconografia della controstoria risorgimentale, la quale ha trovato sul web e sui social nuovi canali per veicolare dei miti della variegata collettività neoborbonica,64 utilizzando queste immagini come mezzi per «la canonizzazione del brigante come 61. F. Liv~ Le voyage en Italie. Les photographesfrançais en ltalie: 1840-1920. La Manufacture, Lyon 1989. 62. M. Miragli~ La documentazione etnogrqfica sul Mezzogiorno italiano. in Lo Specchio Infedele, materiale per lo studio dellafotogrqfia etnogrqfica in Italia, a cura di F. Faeta, A. Ricci. Ministero per i beni culturali e ambientali. Roma 1997. pp. 155-187. 63. Morello. Briganti,fotogrqfia e malavita nella Sicilia del/ 'Ottocento. p. 40. 64. G.L. Froci, I briganti sono tutti giovani e belli?, in «Meridiana. Rivista di storia e scienze sociali». 99 (2020). pp. 9-27.

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martire della comunità di sangue». 65 Ecco quindi l'importanza di restituire a queste fonti iconografiche la propria storia, attraverso lo studio accurato sulle forme di produzione e i circuiti di comunicazione sul piano italiano e transazionale. A tal proposito, risultano utili come nel presente caso anche le indagini in chiave comparata, non solo per quanto riguarda i conflitti che hanno preceduto la guerra per il Mezzogiorno, come nel caso della guerra di Crimea, ma anche indagini sull'impiego degli stessi media in conflitti che hanno in comune con la guerra civile italiana sia l'elemento della guerra d'opinione, che la capacità di produrre memorie e identità contrastanti, come nel caso dei confederati nella coeva guerra civile americana e dei carlisti nel conflitto spagnolo tra 1872 e il 1876.66

65. Tatasciore, L'invenzione di un'icona borbonica, p.169. 66. E. Gonzalez Calleja, C. Pinto, Cause perdute. .i\lemorie, rappresentazioni e miti dei vinti, in «Meridiana. Rivista di storia e scienze sociali», 88 (2017), pp. 9-17.

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Fig. 1. Alphonse Bemoud:t Gruppo di ufficiali borbonici del Battaglione Cacciatori presso i tavolini di un cafe et glacier nel Boschetto della Villa Reale:. 1859:t Collezione Fulvio de lnnocentiis:t Napoli.

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Fig. 2. Alphonse Bemoud, Il principe Eugenio di Savoia-Carignano con il suo Stato Maggiore all'assedio di Gaeta, 1861, Istituto Mazziniano, Genova.

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1U,1181'8A'dl) maa.

-----·-.------Fig. 3. TheNeapolitan Brigand, in «Illustrated Times»a 12 ottobre 1861.

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Fig. 4. Giuseppe Chiariotti, Michele Caruso in camicia di forza. 1863. Museo Centrale del Risorgimento. Roma. Fig. 5. Alphonse Bemoud. Ritratto di bersagliere in posizione alla carica in ginocchio. 1864. Palazzo Orfei - Musei Civici Veneziani. Venezia.

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Hemall Rodriguez Vargas

Fig. 6a e b. Banda Schiavone nel carcere di Melfi (fronte e retro), 1864, Museo e Real Bosco di Capodimonte, Napoli.

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Fig. 7. Scene del brigantaggio nelle provincie Meridionali, in «L'Emporio Pittoresco»~ 19, 8-14 gennaio 1865.

IV

Dentro la caverna. Saperi e autorappresentazioni

ALFONSO TORTORA

"Brigand", "Brigandage", "Brigander". Dall 'Encyclopédie a Édouard Fournier

1. Ne//1Encyclopédie: "Brigand

11 ,

"Brigandage"

«Brigantaggio, banditismo,jacquerie - notava Giuseppe Galasso in un convegno del 1983 - sono, in effetti, connotati antichi della realtà storica del Mezzogiorno» d 'Italia. 1 In seguito a questa affermazione Galasso proponeva (nel più generale quadro argomentativo oggetto del convegno e relativo alla questione del brigantaggio meridionale esploso come problema all'indomani dell'unità d'Italia)2 una disamina del fenomeno, partendo dall'osservazione storica dei «bassi strati» della popolazione meridionale - nella sostanza i contadini - che soprattutto tra secondo medioevo e prima età moderna (p&riodo di notevoli rivolgimenti politici, economici, sociali e religiosi dei popoli del bacino del Mediterraneo e non solo) si agitavano, muovendosi in bande annate contro l'oppressione feudale e la miseria endemica, in cui si ritrovavano per condizione cetuale. 3 Lo storico napoletano, attingendo dalle osservazioni di Rosario Villari sulla «matrice del banditismo» che risied&rebbe in «una crisi sociale ed economica di larga portata» e in «una multifor1. G. Galasso, Unificazione italiana e tradizione meridionale nel brigantaggio del Sud, in Il brigantaggio postunitario nel Mezzogiorno d'Italia, Convegno di studi storici, Napoli, 20-21 ottobre 1984, in «Archivio Storico per le Province Napoletane», III s., XXI (1983), pp. 1-15, cit. a p. 1. 2. Sulle finalità di questo convegno, cioè il superamento della interpretazione storiografica classista d, ispirazione gramsciana del fenomeno del brigantaggio post-unitario, si è di recente soffermata Marcella Marmo nella Presentazione del volume di G. Mazza, Tra storia e storie. Banditismo, brigantaggio e milizie civili nel meridione d'Italia dal XVI al XIX secolo,Aracne editrice, Roma 2015, pp. 15-20. 3. Sulle motivazioni politiche che portarono a una recrudescenza del banditismo nella Calabria del primo Seicento cfr., ora, G. Brancaccio, Calabria ribelle. Tommaso Campanella e la rivolta politica del 1599, FrancoAngeli, Milano 2019, pp. 230 e sgg.

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me e contraddittoria spinta rivoluzionaria contro il potere, contro l'autorità e contro la cultura ufficiale», suggeriva di porre attenzione sia al tema delle rivolte, sia al tema del banditismo.4 Due questioni decisamente distinte, ma che avrebbero consentito di comprendere almeno le radici storiche di un fenomeno che, dopo la grande azione antibanditesca svolta dal marchese del Carpio tra il 1683 ed il 1687 (il quinquennio del suo viceregno), trasformò il Mezzogiorno d'Italia da paese di banditi in paese di briganti. 5 La comprensione della fenomenologia di un'antica patologia sociale, che storicamente passa da rivolta a banditismo e da banditismo a brigantaggio, appare un fenomeno già consolidato - sotto il profilo lessicale e semantico - nelle fonti a stampa a partire dalla prima metà del Settecento. Lo documenta, tra le altre fonti, 6 il secondo volume dell'Encyclopédie apparso nel 1751. Alla voce «Brigand», singolare maschile, che sul piano lessicologico rinvia a un'espressione linguistica cristallizzatasi nella «Histoire moderne», leggiamo: «vagabond qui court les campagnes pour piller & voler les passans». 7 4. Galasso:t Unificazione italiana e tradizione meridionale p. 3. Ma sul punto cfr. R. Vill~ Mezzogiorno e contadini nell'età moderna Laterz~ Roma-Bari 1977 pp. 5 e sgg.; Id, Introduzione al volume Banditismi mediterranei (secoli XVI-XVII} a cura di F. Manconi Carocci:t Roma 2003 pp. 15-21 e le attente pagine diAM. Rao Rosario Vi/lari e la storia delle rivolte in «Studi storici»:t 54 (2013) pp. 288-307 :t importante messa a punto storiografica sui dibattiti all interno dei quali si è mossa la ricerca di Villari su questi temi a partire dal secondo Novecento. 5. Galasso:t Unificazione italiana e tradizione meridionale, p. 9. Su Gaspar de Haro y Guzman. VII marchese del Carpio cfr. A. Anselmi, El Marqués del Carpio y e/ barrio de 2

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la Embajada de &pana en Roma (1677-1683), inLa monarquia de las naciones: Patria, nation y naturaleza en la monarquia de Espafla a cura di A. Alvarez-Ossorio Alvarifio, B.J. Garda Garci~ Madrid:t Fundacion Carlos de Amberes, 2004, pp. 563-596. Per la più specifica politica antibanditesca del Carpio cfr. F. Gaudioso, n potere di punire e perdonare. Banditismo e politiche criminali nel Regno di Napoli in età moderna, Congedo editore Galatina 2006, nello specifico pp. 1O1-111. Inoltre, sulle diverse ulegislazioni bannitorie adottate nel Mezzogiorno d Italia tra medioevo ed età moderna, cfr. ancora Id. R banditismo nel Mezzogiorno moderno tra punizione e perdono, Congedo editore Galatina 2001. 6. Nel Grantl Dictionnaire géographique, et critique ... di Bruzen LaMartiniere (Jean Baptiste Pasquali, Venezia 1737) il «Brigand» è definito «[ ... ] comme un homme sans justice & sans cervelle, né pour troubler l ordre du Monde, & pour détruire une partie du Genre humain». Cfr. Tome Cinquième p. 81. 7. Encyclopédie, ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers, par une société de gens de lettres [ ... ], tome Second Briasson David Le Breton, Durand Paris 1751, p. 420. 2

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Appare interessante soffermarsi sul lemma ''vagabondo". Vagabond è termine che troviamo in letteratura storica, giuridica e politica francese

a partire dal 1382 (sotto il regno di Carlo VI di Valois, re di Francia dal 1380 al 1422). La parola si incontra, inoltre, nella Institution chrétienne di Calvino8 e in Le Cosmopolite (1750)9 del picardo Fougeret de Monbron con un significato grossomodo univoco. Il vagabondo è personaggio che vive senza fissa dimora, vive di espedienti, di accattonaggio, è disorientato (quindi sbandato), si muove in maniera scoordinata. Per l'insieme di questi caratteri egli, dunque, è assimilato al criminale e al bandito, ma anche all'animale randagio. Tutti elementi che, come mostra la voce ora trattata da Paul-Henri Mallet (come meglio vedremo tra poco), ci aiuta a definire un codice linguistico che passa e si struttura attraverso le più allusive combinazioni di significati. Tra retorica ed etica, il brigand eredita il significato di uomo disorientato, indisciplinato, animalesco, che vive senza regole e, per questo, entra nella categoria dei fuorilegge. 10 Ma a questa prima definizione l'autore della voce già richiamata, l 'abate Mallet, studioso, tra l'altro, di storia e di filosofia e parte operativa del primo nucleo degli enciclopedisti,11 aggiunge un 'ulteriore enunciazione: «On donne quelquefois ce nom aux soldats mal disciplinés qui desolent les pays où ils font des courses, & qui n'attendent point l'ennemi pour le combattre». 12 La voce si nutre poi di ulteriori notizie a vantaggio del lettore. Per una migliore comprensione del termine Mallet, senza rompere

8. J. Calvin, Institution de la religion chrétienne, Librairie de Ch. Meyrueis et Compagnie> Genève-Paris 1859, Livre I, p. 104; Livre IV> pp. 338, 346> 349> 35t 374. Nella Préface si coglie l'esatto significato che Calvino attribuisce a «brigandage», «brigand», «briganderie»: cfr. pp. XLIV, LI, L ~ CII. 9. [Fougeret de Monbron]> Le Cosmopolite, ou le citoyen du monde. Patria est uhicwnque est bene, Londres 1753> p. 22.; Per il nome qell'autore cfr. A.A. Barbier, Dictionnaire des ouvrages anonymes [ ... ]> Paul Daffis> Libraire-Editeur> Paris 1872> col 780. 10. Cfr. E.J. Hobsbawm> I banditi. R banditismo sociale nell'età moderna> Einaudi, Torino 1971, ma cfr. anche Id.> lntroduction, in Bande armate, banditi, banditismo e repressione di giustizia negli stati ewopei di antico regime, a cura di G. Ortalli, Jouvence, Roma 1986> pp. 13-18 e quanto scrive nel Postscript della riedizione di Bandits, Tue New Press> New York 2000, pp. 167-199. Per approfondire alcuni importanti aspetti delr«itinerario di ricerca» di Hobsbawm utile il contributo di A.M. Rao, Transizioni. Hobsbawm nella modernistica italiana> in «Studi storici»> 54 (2013), pp. 761-789> importante anche per cogliere i rapporti tra la cultura accademica italiana e lo storico inglese. 11. Cfr. F. Venturi>Le origini dell'Enciclopedia, Einaudi> Torino 1977> pp.44-50. 12. Encyclopédie, p. 420.

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la coerenza della comunicazione, trasmette informazioni a livello di corrispondenze storiche di notevole peso, e tali da aggiungere ulteriori elementi alla caratterizzazione della voce. Scrive Mallet: Ainsi les Hordes des Tartares, & ces pelotons d' Arabes qui insultent les voyageurs dans le Levant, ne sont que des troupes de brigands. On prétend que ce mot vient originairement d'une compagnie de soldats que la ville de Paris arma & soudoya en 1356, pendant la prison du roi Jean; que toute cette troupe étoit armée de brigandines, sorte de cote d' armes alors usitée; & que les desordres qu'ils commirent leur acquirent le nom de brigands, qu'on appliqua ensuite aux voleurs de grand chemin. Borel le dérive de brugue, autre espece d'armure ancienne faite de lames de fer jointes, & dont ces brigands se servoient comme de cuirasses. Juste Lipse le fait venir de bragantes, qui étoient des fantassins. Fauchet en trouve la racine dans brig ou brug, vieux mot Gaulois ou Tudesque, qui signifie un pont; parce que, dit-il, les ponts sont des lieux où l' on détrousse communément les passans. D' autres le tirent d'un nommé Burgand, qui désola la Guienne du tems de Nicolas premier. Et d' autres enfin de certains peuples appellés Brigantins ou Brigands, qui demeuroient sur les bords du lac de Constance, & pilloient tout le monde indifféremment, amis ou ennemis. 13

Questo livello d'informazione, in linea con il programma editoriale pensato da Diderot e d' Alembert come direttori della nascente Encyclopédie a partire dal 1747, tendeva ad offrire al lettore delle comunicazioni in cui si contenevano sintetiche divulgazioni sui sensi della parola brigand (si pensi ai diversi concetti offerti da Mallet sulla significazione di questo lemma). Si trattava di notizie che venivano disseminate come parti di una tematica che poteva tranquillamente trascendere i periodi sto13. lbidem. Nella versione italiana del secondo volume del Dizionario universale delle arti e delle scienze ... , curata dall'enciclopedista Ephraim Chambers, Giambattista Pasquali, Venezia 1748 ( ed. orig. Cyclopaedia, or an Universal dictionary of arts and sciences James and John K.napton, London 1728), alla voce «Brigada», p. 117, leggiamo la seguente postilla: among others- to which they were responding and within which they generated their sometimes very different and centrifugai dynamics» (p. 1002). Inoltre> si aggiunge: «At present> only a small - if vociferous - minority of historians maintain the unity of the Enlightenment project. Most authors stress its plural and contested character: Enlightenments» or- as the French term> in wise anticipation» has framed it since the eighteenth century - les lumières» (p. 1004» il corsivo è nel testo). Per un più classico approccio al tem~ invece» utile il confronto Jonathan Israel e con J. Robertson> The Case for the Enlightenment: Scotland and Naples, 1680-1760> Cambridge University Press:t Cambridge 2005» anche per cogliere le differenze (lsrael) e le similitudini (Robertson) dell'Illuminismo» oltre alle diverse periodizzazioni> rilevate in Scozia e in Napoli tra la fine del Seicento e la metà del Settecento. 19. Ven~ Le origini dell'Enciclopedia» p. 35. 20. lvi» p. 37.

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A conferma di quanto ora affermato si noti, ad esempio, la differenza. tra le due voci «Brigand» e «Brigandage». Esse vennero redatte, rispettivamente, da un abate (per l'aspetto storico), non proprio definibile come illuminista, ma sicuramente espressione di un cattolicesimo svincolato da alcuni limiti dogmatici (e non solo), a cui si aggiungeva un certo grado di spregiudicato pedagogismo scolastico;21 e da un avvocato (di cui abbiamo già parlato), che come illuminista dette un suo specifico contributo (anche attraverso la sua attività di pubblicista e scrittore) alla crescita e all' affermazione di una nuova opinione pubblica, il cui nuovo carattere fu una lenta, ma inesorabile indipendenza dalla Chiesa e dallo Stato nella Francia del secondo Settecento.22 La voce «Brigand» di Mallet ha il tono ed il fine della comunicazione, cioè contiene anche annotazioni che si configurano come nozioni. 23 La seconda, invece, è connotata dal suo valore di informazione fattuale e, perciò, si presta ad essere decifrata in immagini.24 La rappresentazione del termine «Brigandage» in Toussaint si rende concreta, attingendo al proprio presente storico e circoscritto nello spazio di una realtà, in cui vive quotidianamente immersa quella pubblica opinione orientata verso una maggiore presa di coscienza critica, alla quale si presentava in quegli anni (siamo nel 1751) come punto di riferimento intellettivo l'Encyc/opédie. Dopo il rinvio alle voci «Filouterie» (Inganno) e «Larcin» (Furto), Toussaint infatti precisa che si parla di «Brigandage» anche «dans un sens figuré, d' extorsions ou concussions dont les particuliers ne peuvent pas se défendre: ainsi l' on dira en ce sens, qu 'un gouvemeur de province, un traitant, a commis des brigandages crians».25 In questo modo, nucleo generatore di una realtà, quella del brigante, raffigurabile mediante la coincidenza di immagine e concetto, si presentava alla mente del lettore settecentesco come movimento dentro e fuori del testo. Misurandosi con la parola scritta e cercando un inedito contatto con il lemma proposto dall'Encyclopédie, il lettore moderno affinava le sue competenze, si appropriava delle sue facoltà cognitive, dovendo egli per21. Ivi. p. 45. 22. Cfr. G. Charlier:t Un encyclopédiste à Bruxelles: Fr.-V. Toussaint, l'auteur des «Moeurs»:. in «Annales Prince de Ligne». XVII (1937):. p. 5-22. 23. Su ciò. in generale. cfr. C. Segre. Awiamento all'analisi del te.sto letterario> Einaudi. Torino 1985> pp. 5 e sgg. 24. lbidem. 25. Encyclopédie. p. 420.

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cepire quel complesso senso intenzionale, di cui l'autore era il portatore. Così, nella realtà verbalizzata dal Toussaint, si sistemava la metafora del brigante, che avrà una sua lunga storia nel corso del Settecento e dei secoli seguenti. Ma il connubio tra lo strumento metaforico e il senso letterale delle parole costituivano le antiche armi, su cui si era metodicamente organizzata, sul piano storico (come ci ha spiegato Paolo Grossi), la ragione del diritto. E di quest'arma aveva fatto uso molto prima di Toussaint un altro giurista, vissuto tra Quattrocento e Cinquecento, di cui occorre velocemente parlare.

2. "Brigander,, in Édouard F ournier e Nicolas de La Chesnaye (padre) Come esperto di diritto, nel trattare le voci attinenti alla giurisprudenza nei primi due volumi dell'Encyc/opédie, Toussaint si muoveva su un terreno di contiguità lessicale, il cui valore d'informazione fattuale mostra un interessante antecedente storico. Il verbo intransitivo «Brigandeo>, da cui deriva brigand, viene attestato in un lavoro teatrale composto tra il 1503 ed il 1505 da Nicolas de La Chesnaye (padre),26 ma pubblicato tra il 1507 ed il 1508 a Parigi, dedicato alla Condamnation de Banquet. 21 Si tratta di una pièce che ritroviamo in tutte le maggiori storie del teatro medievale francese «comme le représentant le plus célèbre du genre dramatique de la moralité» 28 e riflesso di quella stagione storica del «préhumanisme en France». 29 Nell'edizione critica del 1872 di questo lavoro teatrale (la seconda edizione è del 1880) il curatore dell'operetta, l'intellettuale Édou26. Cfr. É. Foumier., Le théatrefrançais avant la Renaissance, 1450-1550. Mystères, moralités,farces., Laplace & Sanchez & Cie., Paris 1880., pp. 216-271 e la più recente edizione a stampa di N. de La Chesnaye., La condamnation de Banquet., a cura di J. Koopmans eP. Verhuy~Librairie Droz., Genève 1991, pp. 7., 25., 28-30., 51. 27. La commedia venne originariamente pubblicata a Parigi dall., editore e libraio Anthoine Vérard nel 1507 in una raccolta di quattro operette in prosa con il titolo La Nef de Santé, avec le gouvernail du corps humain, et la condamnation des Banquetz à la louenge de diepte et sobrieté, et le traictié des passions de l 'ame»: cfr. P .-L. Jacob., Recueil de farces soties et moralités du quinzième siècle [ ... ]., Gamier Frères., Libraires-Éditeurs., Paris 1882., p. 267. Perun.,aggiomata nota bibliografica di questa operetta e le sue ulteriori ristampe cfr. La Chesnaye., La condamnation de Banquet., pp. 12-15. 28. lvi., p. 7. 29. Recensione a de La Chesnaye., La condamnation de Banquet., in «Bibliothèque de récole des chartes»., t. 151 (2/1993)., pp. 455-456., cit. ap. 456.

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ard Foumier, si sofferma sull'espressione «Brigandeo>, 30 inserendo nella edizione cinquecentesca una singolare iconografia del Banquet raffigurato come dissipatore, rapinatore e, dunque, brigante (:fìg. 1).31 Immagine che si renderà ancora più esplicita nella edizione della Condamnation de Banquet di Pau1-Louis Jacob contenuta nella Recueil de farces soties et mora/ités du quinzième siècle del teatro francese, pubblicata nel 1882, in cui il lemma «Brigandeo> viene presentato in questi termini: «commetre de brigandages». 32 Ritenuto per diverso tempo medico alla corte di Luigi XII di ValoisOrléans, oggi sappiamo che Nicolas de La Chesnaye era un professore di diritto (professor utrisque juris), di diritto civile e di diritto canonico, ma anche esperto dei principi della medicina, al punto che - nota Foumier l'avrebbe potuta insegnare, così come si mostrava molto esperto nell'arte culinaria.33 Nell'introduzione di questa raccolta di testi teatrali Foumier spiega il fine che intende perseguire e che, nella sostanza, possiamo sintetizzare, tra gli altri, in questi due punti: il primo, restituire al lettore le fonti del teatro medievale francese nella loro integrità dopo un'attenta ed accurata selezione dei testi sparsi in diverse raccolte; il secondo, prestare molta cura nello spiegare «les allusions aux choses et aux faits du temps, les détails de moeurs, de modes, etc.».34 Tra questi dettagli e modalità dei costumi un'attenzione specifica Foumier la pone alle parole usate nei diversi lavori teatrali collezionati. Tra queste parole, figura appunto «BrigandeD>. 30. Cfr. Fournier:, Le thélitrefrançais avant la Renaissanc~ p. 244. 31. Ivi, dopo p. 218. Cfr. fig. 1, dove la postura diBanquet pone in evidenza le possibilità di un reciproco condizionamento fra la descrizione e 1.. immagine del brigante ottocentesco:, secolo in cui visse Foumier. In sostanz~ credo si possa affermare che questa immagine propone un esempio di come letteratura e arti pittoriche siano abilitate a trasferire le loro frontiere culturali a vantaggio dell'individuazione di sistemi rappresentativi di oggetti ed esseri umani simultaneamente giustapposti nel tempo e nello spazio:, su cui cfr. J. J~ Les arts rivaux. Littérature et arts visuels d 'Homère à Huysmans, Classiques Gamier, Paris 2018. Per un'indicativa rappresentazione fotografica e iconografica del brigante cfr. n brigantaggio meridionale, a cura di A. De laco, Editori Riuniti, Roma 1976 e il più recente E. Ciconte, Banditi e briganti. Rivolta continua dal Cinquecento all'Ottocento:, Rubbettino, Soveria Mannelli 2011. Comunque, il tema investe anche il concetto di «shared culture», ali' interno del quale si percepisce la contestuale presenza di vari livelli culturali presenti in una data società, su cui cfr. i saggi avvertimenti di O. Niccoli:, Cultura popolare: un relitto abbandonato?:, in «Studi storici», 4 (2015):, pp. 997-1010, nello specifico pp. 1003 e sgg. 32. Cfr. Jacob:, Recueildefarces, p. 361, nota 4. 33. Fournier:, Le thélitrefrançais avant la Renaissance:, p. 216. 34. Ivi, pp. II-III.

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La permanenza di Nicolas de La Chesnaye alla corte di Luigi XII, chiamato re del popolo, molto probabilmente accende in lui l'idea di mettere in scena i riflessi di quelle tavolate (idea che, sembra, sia stata sollecitata dallo stesso monarca e da sua moglie, Anna di Bretagna)35 e di interpretare, attraverso la pièce teatrale, ciò che fra dame e cavalieri si usava discutere. La Chesnaye ha il merito di aver dato spettacolarità a un tema suggestivo, il peccato di gola, la sregolatezza a tavola, l'irriverenza verso norme sociali e morali non necessariamente codificate, la cui iconografia è già presente all'interno del tema della festa rinascimentale e il cui specifico costume si può ritenere inalterato dal tardo medioevo al pieno Settecento, come ha mostrato Norbert Elias. 36 Ammirevole a riguardo è l'interessante messa in opera delle tappezzerie di Arras, che ebbe luogo nel corso tra i secoli XV-XVI, che ci forniscono, con costumi di diversi colori, un'iconologia completa degli orrori perpetrati da Banquet. Foumier ha ritenuto che l'interesse nutrito da La Chesnaye verso gli orrori commessi da Banquet sia stato sollecitato anche dal fatto che l 'insegnante dei due diritti, quello civile e quello ecclesiastico, non voglia ritrovarsi sul «trono degli imputati» di fronte alle sregolatezze dettate dalla tavola. 37 Il contesto della commedia, in cui si cala questa espressione, è emblematico e ben esprime il significato da attribuire alla parola «Brigandeo>. In primo luogo va precisato che questa Condamnation è una commedia balletto composta da 3644 versi, che come prassi dei secoli XV e XVI, rispondeva alla 35. Jacob=- Recueil defarces: «Le prologue en prose, que nous croyons devoir réimprimer ici=- nous apprend seulement quel 'acteur avait été requis est sollicité par plus grantl que soy de mettre la main à la plume et de rédiger en forme de moralité son ouvrage diététique autant que poétique. On peut supposer que Nico le de la Chesnaye=- qui a dédié son recueil à Louis XI1=- désigne ce roi et la reine Anne de Bretagne=- en disant qu' il a été contraint de se faire poete, non-seulement pour complaire à aucuns esprouvez amys=- mais pour obéir à autres desquelz /es requestes lui tiennent lieu de commandement» (p. 268=- il corsivo è nel testo); ma sul punto cfr. anche p. 270. 36. N. Elias=- processo di civilizzazione, il Mulino, Bologna 1988. Appare opportuno ricordare con Antonio Roversi, autore dell'Introduzione all'edizione italiana di quest'oper~ che questo ponderoso studio di Elias era stato anticipato da alcuni studi dedicati al rapporto tra artisti e pubblico in età moderna: cfr. p. 11. Per recenti, acute osservazioni sull'attualità di questo libro cfr. A. Linklater e S. Mennell=- Norbert Elias, The Civilizing Process: Sociogenetic and Psychogenetic lnvestigations: an Overview and Assessment=- in Fayard>Paris 2014. I saggi raccolti in ConstructingCharisma. Celebrity, Fame, and Power inNineteenth-Century Europe> a cura di E. Berens~ E. Giloi, Berghahn Books> New York 2010 e in Celebrity across the Channel, 1750-1850> a cura di A. Pédron. C. Siviter, University ofDela\\rare> Newark 2021 offrono un tentativo di comparazione tra le pratiche legate allo sviluppo della celebrità negli spazi mediatici in cui il fenomeno giunse più precocemente a maturazione. 3. MCRR, b. 349> fase. 25, Lazzarini ai triumviri. 4. lbidem. 5. F. Della Perut~ I democratici e la rivoluzione italiana, Feltrinelli> Milano 1958> pp. 295-329. 6. G. Tatasciore, I misteri del brigante italiano: alle origini di un tipo criminale, in «Storica»> 73 (2019)> pp. 43-44.

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Clelia il temibile Gasparo, «Cesare dei banditi di tutte le età», rinchiuso dalle autorità pontificie nel forte di Civitavecchia, viene infatti liberato su ordine del papa per combattere i rivoluzionari, ma finirà per schierarsi al fianco dei repubblicani in odio al governo clericale, rivelandosi un audace capo paramilitare.7 Le cose andarono però diversamente. Intendendo mostrare all' opinione pubblica di poter contare sulle «braccia di generosi figli», 8 il governo repubblicano respinse l'offerta, impegnato com'era nella difesa di una rivoluzione nazionale che i conservatori di tutta Europa denunciavano come una serie di violenze criminali commesse ai danni della religione, della proprietà e dell'ordine. 9 Gasbarrone e i suoi rimasero in carcere. Dopo la caduta della repubblica, i prigionieri furono trasferiti per ordine dei francesi nella rocca di Spoleto, poi nella fortezza di Civita Castellana. Qui restarono fino all'annessione di Roma all'Italia nel 1870, quando il governo unitario decise di mettere in libertà i pochi superstiti della banda. L'anziano capo fu destinato alla Pia casa degli incurabili di Abbiategrasso, dove morì nella primavera del 1882. Malgrado il fallimento, l'istanza portata alla luce dalla relazione di Lazzarini riveste un notevole interesse. Essa mostra la capacità di un gruppo banditesco tipico della società rurale di antico regime di proporsi come attore del conflitto politico e militare attorno alle forme della sovranità e della cittadinanza, adattandovi il proprio profilo e le proprie pratiche. Ma c'è di più. La relazione ci consegna l'immagine di un leader deciso a investire sul proprio carisma nella congiuntura bellica, mettendolo al servizio della rivoluzione insieme all'esperienza accumulata negli anni del brigantaggio. Al netto dell'enfasi e dell'opportunismo che impregnavano la domanda, la fiera rivendicazione di un carisma dallo straordinario potere mobilitante riposava sulla consapevolezza di beneficiare di una celebrità 7. G. Garibaldi. Clelia, ovvero Il governo del monaco (Roma nel secolo XIX). Romanzo storico-politico. Fratelli Rechiede~ Milano 1870. p. 203. 8. MCRR., b. 349. fase. 25:t Lazzarini ai triumviri. 9. Cfr. G.L. Froci. La bonne et la mauvaise République. Regards croisés entre Paris, Rome et Venise en 1849. in Constitutions, républiques, mémoires. 1849 entre Rome et la France. a cura diL. Reverso. L Hannattan. Paris 2011. pp. 291-310. La lettura criminalizzante della violenza politica repubblicana trovò spazio in ricostruzioni di ispirazione legittimista=, come Rome en 1848-1849-1850. Correspondance d 1un officier .français de l armée expéditionnaire d ltalie publiée par l abbé T. Boulangé. Barbou frères:t Limoges 1851. 1

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alla cui costruzione Gasbarrone e compagni avevano essi stessi contribuito durante la prigionia. 10 Ristretti nelle carceri pontificie, gli ex banditi furono tutt'altro chetagliati fuori dal mondo. Dialogando con i visitatori attirati in cella dalla fama delle loro gesta criminali e confrontandosi con le stratificazioni discorsive accumulate attorno alla figura del brigante italiano, essi presero parte alla costruzione sociale del suo immaginario. Raccontarono al pubblico la propria storia, rimodulandola a contatto con attese e cliché diffusi nella cultura europea. Le conferirono una forma e un senso, fissandola in oggetti e in manoscritti che circolarono all'esterno dello spazio carcerario, fino a entrare nei circuiti editoriali ufficiali quando l'attenzione per il brigantaggio fu rinfocolata su scala europea dalla guerra italiana per il controllo del Mezzogiorno. 11 Tutto ciò fu possibile grazie alla rara circostanza che permetteva alla banda di contare sul sapere di un brigante alfabetizzato, Pietro Masi. Questi raccolse le memorie di Gasparone e dei suoi compagni, vendendole ai curiosi che visitavano la banda in carcere. Nella seconda metà degli anni Sessanta, i testi di Masi apparvero nei cataloghi delle librerie francesi, in due pubblicazioni che contribuirono a rilanciare l'idea, influenzata dalle rappresentazioni letterarie del crimine, che il brigantaggio fosse una tenebrosa setta di malfattori, in grado di rodere le fondamenta dell'ordine sociale.12 La storia delle gesta di Gasbarrone scritta da Masi è oggetto di queste pagine. Seguire le tracce dei manoscritti, sondarne i contenuti e ricostruirne gli usi fino all'edizione delle memorie di Gasbarrone negli anni Sessanta dell'Ottocento offre un'insolita occasione per indagare la relazione stabilita da un gruppo di banditi con il multiforme discorso sul brigantaggio e con le pratiche sviluppatesi attorno alla celebrità criminale. 1O. Sui nessi tra celebrità, carisma e leadership armata cfr. DA. Bell. Men on Horseback. The Power of Charisma in the Age of Revolutio~ Farrar. Strauss and Giroux. New Yorlc2020. 11. C. Pinto. La guerra per il Mezzogiorno. Italiani, borbonici e briganti. 1860-187O. Laterza. Roma-Bari 2019. 12.A. Paul. Les Mal-Vivants, ou le Brigandage moderne en ltalie. Librairie Centrale. Paris 1866; Le Brigandage dans /es États pontificaux. Mémoires de Gasbaroni, célèbre chef de bande de la provirzce de Frosinone. Rédigés par Pierre Masi, son compagnon, dans la montagne et dans la prison. Traduits, d 'après le manuscrit origina/, par un officier d 'état-major de la division d'occupation à Rome. Dentu. Paris 1867. Su queste opere cfr. G. Tatasciore. Rappresentare il crimine. Strategie politiche e immaginario letterario nella repressione del brigantaggio (1860-1870). in«Meridiana. Rivista di storia♦♦ienze sociali». 84(2015). pp. 255-256 e Id.• Briganti d'Italia. pp. 288-289.

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1. Celebrità criminale e turismo carcerario Attivo sin dagli anni Dieci nei gruppi di Luigi Masocco, Giuseppe De Cesaris e Alessandro Massaroni, dopo la cattura di quest'ultimo nel 1821 Gasbarrone si era affermato come capo indiscusso delle bande che infestavano la frontiera tra lo Stato pontificio e le Due Sicilie. L'ascesa di Gasbarrone dischiuse opportunità nuove a un banditismo abituato a sfruttare i periodi di instabilità politica e la morfologia del confine. 13 Il capo consolidò la propria leadership manovrando abilmente nelle complesse lotte di potere che segnavano un territorio sul quale si giocava l'atto decisivo del confronto tra la monarchia amministrativa e le antiche famiglie baronali, come i Colonna di Sonnino. 14 Inserita in queste dinamiche, la banda poté contare su una rete di protettori e clienti articolata ed efficiente, mettendo a segno colpi sempre più audaci, che consacrarono la fama del capo dei briganti. 15 Le scorrerie di Gasparone :finirono nel settembre del 1825, quando il governo mise le mani sulla banda inducendola a consegnarsi tramite la mediazione del vicario generale di Sezze, padre Pietro Pellegrini, per beneficiare dell'impunità. La trappola riuscì, e per i briganti, condotti a Roma e interrogati sommariamente, ma non condannati, si aprirono le porte della prigione, prima a Castel Sant' Angelo, poi a Civitavecchia.16 13. Cfr. Confini. Costruzioni, attraversamenti, rappresentazioni, a cura di S. Salvatici, Rubbettino, SoveriaMannelli 2005; Movimenti e corifini. Spazi mobili nell'Italiapreunitaria, a cura di L. Di Fiore, M. Meriggi, Viella, Roma 2005; L. Di Fiore, Allafrontiera. Confini e documenti di identità nel Mezzogiorno continentale preunitario, Rubbettino, Soveria Mannelli 2013; M. Meriggi, Racconti di cor,tine. R Mezzogiorno nel Settecento, il Mulino, Bologna 2016. 14. D. Armando, Lafeudalità nello Stato pontificio alla.fine del Settecento, in «Studi storici», 45 (2004), pp. 781-782 richiama rattenzione sui legami tra poteri baronali, banditismo, milizie feudali e mobilitazione armata controrivoluzionaria, con riferimento anche al caso di Sonnino. Ma cfr. i saggi ora raccolti in Id., Quasi sovrani o semplici privati. Feudalità, giurisdizione e poteri nello Stato pontificio dall'antico regime alla Restaurazione, Aracne, Canterano 2020 e, per la persistenza del potere dei Colonna dopo l'abolizione formale della feudalità, Id., Barone, vassalli e governo pontificio. Gli stati dei Colonna nel Settecento, Biblink, Roma 2018. 15. A. Colagiovanni, Il triangolo della morte. Il brigantaggio di confine nel Lazio meridionale tra Sette e Ottocento, il Calamo, Roma 2000. 16. Sulla costituzione e gli interrogatori cfr. L. Topi, Processo Gasbarrone (1825): la fine di un brigante, la.fine di unfenomeno. L'epilogo del brigantaggio nello Stato pontificio, in Governo della Chiesa, governo dello Stato. n tempo di Leone XII, a cura di R. Regoli,

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Sullo sfondo del successo di narrazioni che proponevano al pubblico versioni più o meno folklorizzate del brigantaggio, la notizia dell' arresto della banda Gasparone fu largamente ripresa dalla stampa europea. 17 L'interesse per il banditismo, suscitato dal suo protagonismo politico, si intrecciava con l'emergere della sensibilità romantica, con la formazione di nuovi saperi scientifico-amministrativi e con il gusto per la classificazione delle identità sociali, trovando nel portato della grande trasformazione mediatica i canali per una diffusione capillare. 18 Teatro delle scorrerie di Fra' Diavolo nelle guerre dell'età rivoluzionaria e napoleonica, la frontiera pontificia era già, insieme alle Calabrie, lo spazio simbolico sul quale più si concentravano i processi di elaborazione dell'immaginario del brigante italiano. L'instabilità della Restaurazione e la comparsa della banda Gasparone li rinfocolarono. L'ordine di punire Sonnino radendola al suolo, impartito dal governo pontificio nel 1819 e rapidamente ritirato per le proteste del clero e del notabilato, contribuì a consacrare il paese di frontiera come quartier generale del brigantaggio nell'opinione pubblica internazionale, sempre più attenta alle condizioni dello Stato pontificio, ventre molle dell'ordine continentale. 19 I. Fiumi Sermattei, M.R. Di Simone, in «Quaderni del Consiglio regionale delle Marche», 24 (2019), pp. 421-437. 17. Cfr. per esempio le corrispondenze da Roma pubblicate sulla stampa francese e britannica. tra cui quelle in «Le constitutionneb>. 5 ottobre 1825; «Joumal du Cher», 8 ottobre 1825; «Joumal du Gard», 12 ottobre 1825; «Morning Herald», 10 novembre 1825; «Star». 25 agosto 1826. 18. Su tutto ciò si rimanda agli studi di Giulio Tatasciore. di cui si veda ora la monografìaBriganti d'Italia. Sui nessi tra cultura di massa, immaginari criminali. pratiche sociali e discorso politico si vedano i lavori di Dominique Kalifa. in part. Crime et culture au XIX' siècle. Perrin, Paris 2005 e Les bas-fonds. Histoire d'un imaginaire. Seuil, Paris 2013. Sul caso italiano. cfr. F. Benigno, La mala setta. Alle origini di mqfia e camorra. 1859-1878, Einaudi. Torino 2015. 19. Cfr. per esempio, sulla stampa britannica, l articolo ltalian Banditti, in «Morning Post», 27 settembre 1819, e gli aggiornamenti pubblicati nelle corrispondenze apparse in «The Public Ledger», 27 settembre 1819; «Moming Post», 13 ottobre 1819; «Oxford University and City Herald», 16 ottobre 1819. Sulla stampa francese, cfr. la corrispondenza del 2 febbraio nel «Joumal des débats», 25 febbraio 1820 e quella del 20 agosto nella «Gazette de France», 1° settembre 1824. Ma sull'interesse per il brigantaggio della campagna romana al crocevia tra letteratura di viaggio, fiction, iconografia e critica del governo pontificio nelr età della Restaurazione si vedano Tatasciore. Briganti d'ltalia,pp. 130-135 e J briganti del Lazio e l'immaginario romantico. a cura di F. e V. De Caprio, Luoghlnteriori, Città di Castello 2016. 1

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Tale contesto favorì l'investimento mediatico sulla figura di Gasparone. Promossa attraverso le pratiche della produzione di massa, dell'intrattenimento e del consumo culturale, essa divenne oggetto di continue reinterpretazioni, espresse tramite molteplici mezzi e supporti comunicativi. Le gesta della "banda dei Sonninesi" furono popolarizzare da un profluvio di materiali che inondarono il mercato, alimentando l'ibridazione di registri diversi e la circolazione intermediale di elementi topici che legavano l'immagine di Gasparone alla rappresentazione esotica del banditismo italiano. Contribuirono a questo processo cronache giornalistiche, articoli di costume, melodrammi e farse teatrali, memorialistica e letteratura di viaggio, incisioni riprodotte e imitate più volte come quelle di Bartolomeo Pinelli, romanzi e quadri di ispirazione accademica. In un impasto di realtà e :finzione, di gusto pittoresco e postura etnografica, Gasparone era assurto a icona di un fenomeno criminale radicato nelle forme di vita della penisola italiana e destinato a scomparire con l'ineluttabile avanzata del progresso. 20 Nel frattempo, la produzione iconografica seriale aveva contribuito a saldare l'immagine del brigante e quella del sonninese, portando a compimento un processo di identificazione territoriale e di folklorizzazione i cui esiti erano ben visibili in opere molto commercializzate come l'album Costumi di Roma e suoi contorni. In una versione di questo album pieghevole di figurini colorati a stampa, di formato tascabile, più volte riedito dall'incisore e fotografo Tommaso Cuccioni tra gli anni Trenta e gli anni Cinquanta, il tipo del sonninese sfoggiava accessori - il cappello a punta, il fucile - che rimandavano ali' identità brigantesca, quasi a suggerire l'inquietudine per la natura ambigua di una popolazione nei cui costumi era consustanziata la disposizione al crimine (figg. 1 e 2).21 Alla fine degli anni Quaranta, quando scoppiò di nuovo la rivoluzione, la celebrità di Gasparone era al culmine. L'esplosione mediatica verificata20. Cfr. Tatasciore, Briganti d'Italia, pp. 201-206. 21. Grazie all'amichevole disponibilità del direttore Giuseppe Lattanzi ho potuto consultare l'esemplare conservato dal Museo delle Terre di confine di Sonnino. Da tale esemplare, privo di frontespizio e indicazioni di stampa, sono tratte le :fìgg. 1 e 2. Altri esemplari sono reperibili nelle collezioni della Ingalls Library presso il Cleveland Museum of Art e della Biblioteca di archeologia e storia dell arte di Roma. In questi esemplari non compare il Sonninese riprodotto in:fìg. l. Cfr. rispettivamente ingallslibracy.on.worldcat.org/search/detail/1139 4276?queryString=costumi%20di%20roma&clusterResults---uue&stickyFacetsChecked=tru e&baseScope--wz%3A784&groupV ariantR.ecords=false&scope--w.zO/o3A784 e iconos-biasa. librari.beniculturali.it/RariRoma/Libri/RRD486.pdf (consultato il 6 luglio 2022). 2

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si attorno alla metà degli anni Trenta ne aveva segnato la definitiva consacrazione. Mentre si moltiplicavano ritratti biografici come quelli tracciati da Romain Colomb, 22 dal feuillettonista Joseph Méry23 e dalla duchessa d 'Abrantès,24 nei teatri parigini veniva rappresentata l'opera in un atto Gasparone, musicata da Victor Rifaut su libretto di Jules-Henri Vernoy de Saint-Georges e Louis-Émile Vanderbruch, accolta da una parte delle riviste specializzate come un «petit manifeste des idées religieuses», annuncio di una «réaction catholique» incipiente nei teatri reali e destinata a diffondersi in quelli privati.25 Oltremanica, qualcuno aveva persino dato il nome del brigante della campagna romana a un cavallo da corsa che si distingueva sulla scena sportiva inglese. 26 Il rapporto tra Gasparone e altre figure chiave dell'immaginario brigantesco, in particolare quella di Fra' Diavolo, era frequentemente giocato nei termini del superamento da parte di autori che vedevano nel sonninese il simbolo di un mondo tanto selvaggio quanto affascinante, in via di disfacimento.27 Per il pittore Chatillon, sequestrato nel 1817 e autore di una vita romanzata di Gasparone che aveva a lungo circolato inedita nella Parigi mondana degli anni Trenta, il nome del capobanda di Sonnino offuscava la fama di tutte le icone criminali dell'epoca.28 Rispetto alla figura di Fra' Diavolo, quella di Gasparone presentava aspetti che la rendevano più sedu22. R Colomb, Journal d'un voyage en ltalie et en Suisse pendant l'année 1828, Verdière, Paris 1833, pp. 249-250, sulla scorta di materiali fomiti all'autore dal cugino Stendhal. 23. J. Méry,Antonio Gasperoni, in «Revue de Paris», 1° febbraio 1835, pp. 240-251:, poi confluito in Id., Scènes de la vie italienne, Montagne du Pare, Bruxelles 183 7, vol. II, pp. 184-203 e ripreso in «Lloyd's Companion to the Penny Sunday Times, and People"s Police Gazette», 10 (14 novembre 1841). 24. L. Junot d'Abrantès, Mémoires sur la Restauration, ouSouvenirs historiques sur cette époque, la révolution de 1830, et /es premières années du règne de Louis-Philippe, Hemy, Paris 1836, vol. II, pp. 200-216, pubblicato a parte come Gasparone, in «R.ewe étrangère de littérature, des sciences et des arts», 18 (1836), pp. 288-296. 25. Théatrede l'Opéra-comique, in «Le monde dramatique», 1835, pp. 155-157. Cfr. «Le courrier», 18 gennaio 1836; «L'indépendant» Furet de Paris, littérature, beaux-arts, théatre, librairie, industrie et annonces», 17 gennaio 1836; «Gazette des théatres», 17 gennaio 1836. 26. Cfr. i notiziari ippici in«Sun», 29 settembre 1838, p. 3 e 27 maggio 1839, edizione serale, p. 2; «Moming Herald», 10 luglio 1839, p. 3. 27. Sul contesto cfr. Tatasciore, I misteri del brigante italiano, pp. 32-40, in riferimento anche al racconto di Méry. 28. Cfr. Gasparone, in «Rewe du Havre et de la Seine-inférieure», 6 febbraio 1842:t p. 6, estratto da C. de Chatillon, Quinze ans d'exil dans /es États romains, pendant laproscription de Lucien Bonaparte, Berquet et Pétion, Paris 1842, vol. Il.

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cente agli occhi del pubblico. Più del capomassa controrivoluzionario, che si era mosso tra gli universi del crimine rurale, del banditismo politico e dell'esercito regolare,29 Antonio Gasbarrone poteva apparire come l'ultima incarnazione dell'irregolarità italiana, restia a piegarsi davanti all'incedere della modernità. Soprattutto, Gasparone era vivo e ben disposto a soddisfare loquacemente la curiosità del variegato mondo attratto nella cella di Civitavecchia, e più tardi a Civita Castellana. I meccanismi della celebrità avevano modificato gli itinerari del viaggio nello Stato pontificio, rendendo la visita a Gasparone e ai suoi compagni in carcere una tappa obbligata per intellettuali e artisti che attraversavano la campagna romana. Non si poteva essere stati di passaggio a Roma senza aver visto Gasparone, o perlomeno senza raccontare di averlo fatto. Attestata da numerose fonti - tra cui la corrispondenza di Stendhal negli anni del suo consolato a Civitavecchia, la già citata testimonianza di Méry e quella di Alexandre Dumas, che vide il brigante nel 1835 ricavandone un fantasioso ritratto confluito nel Co"icolo e l'ispirazione per il personaggio di Vampa nel Conte di Montecristo-, la visita a Gasparone divenne tra gli anni Trenta e Quaranta una pratica codificata di cui davano conto le più popolari guide turistiche. 30 L 'impasto tra celebrità criminale, cultura di viaggio e letteratura di consumo contribuì in modo decisivo all'incessante riproduzione di aneddoti della vita di Gasparone. Ne scaturi una fioritura di racconti di visite che si aprivano invariabilmente con la descrizione dell'ambiente carcerario e del suo ospite più famoso, proseguendo con il resoconto di colloqui nei quali Gasparone si soffermava su episodi della sua carriera criminale, sui costumi e le pratiche dei briganti, sui metodi di foraggiamento, sui rapporti con la società e con i sostenitori della banda. La corrispondenza tra Stendhal e il suo segretario Tavernier mostra il farsi della pratica. Nel 1833, in occasione del passaggio a Civitavecchia del vecchio maresciallo napoleonico Emmanuel de Grouchy, che «désirait vivement voir Gasparone et le fort», Tavernier si era rivolto al delegato apostolico Mario Felice Peraldi, ottenendo per Grouchy l'autorizzazione a visitare la prigione «et tout ce qu'elle contenait de curieux». Il 29. F. Barra, .i\lichele Pezza detto Fra, Diavolo. Vita, avventure e morte di un guen-igliero dell'Ottocento e sue memorie inedite~Avagliano, Cava de Tirreni 1999. 30. Su tutto ciò cfr. Tatasciore, Briganti d'Italia, pp. 202-205 e Id., Lafabbrica del criminale. Alexandre Dumas e le rappresentazioni del brigantaggio criminale tra letteratura e politica~ in «Società e storia», 156 (2017)~PP- 281-282. 11

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segretario aveva inoltre pregato il pittore Pierre-Joseph Dedreux-Dorcy, allora a Civitavecchia, di procurare a Grouchy «le plaisir de porter à Paris le portrait de Gasparone, mais il était occupé avec les caisses à bord». Le buone relazioni tra il consolato e le autorità pontificie - commentava Tavernier - avevano permesso di ottenere, a Civitavecchia, «ce qu'on refuse à tout le monde». 31 Emergeva dunque la consapevolezza del carattere straordinario di un'esperienza che permetteva ai viaggiatori di accedere al luogo chiuso per eccellenza, nascosto agli sguardi del pubblico, per vedere dal vivo colui che nel sistema mediatico si andava trasformando nell'idealtipo del brigante italiano. Stava nascendo, insomma, una forma di turismo carcerario dal forte impatto emotivo, nella quale potevano combinarsi la fascinazione romantica per la prigione, il gusto dell'esotico e dell'eccezionale, l' osservazione sociale e la denuncia liberale dell'abiezione morale del governo pontificio, espressa dal suo sistema penale. 32 I vecchi briganti colsero l' occasione offerta dalla celebrità, diventando attrazioni turistiche e promuovendo la propria immagine.

2. Pietro Masi e i suoi manoscritti Ogni attrazione turistica produce i suoi gadget. Gasparone e i suoi uomini non furono da meno. Il viaggiatore che lasciava la cella di Civitavecchia portava con sé piccoli ricordi dell'indimenticabile incontro, venduti a volte dagli stessi detenuti per integrare il magro soldo versato loro dalle autorità pontificie. Poteva esserci la lista delle centinaia di omicidi attribuiti a Gasparone, un elemento sul quale insistevano la gran parte delle nar31. Lysimaque Tavemier a Heruy Beyle, Civitavecchia, 9 gennaio 1833, in Stendhal, Corre.spondance générale, a cura di V. Del Litto, Honoré Champion, Paris 1999 t. IV p. 584. 32. Fondamentale seppur in un'analisi limitata allacultura letteraria alta, V. H. Brombert, The Romantic Prison. The French Tradition Princeton University Press, Princeton 1978. Ma si vedano per la rilevanza politica degli immaginari carcerari associati ai governi dispotici della penisola italiana, le ricerche di Elena Bacchin, di cui cfr. Politica/ Prisoners ofthe ltalian Mezzogiorno. A Transnational Que.stion in the Nineteenth Century in «European History Quarterly», 50 (2020) pp. 625-649. La pratica della visita ai luoghi carcerari meriterebbe ulteriori approfondimenti, sulla scorta del rinnovato interesse per il turismo unero": cfr. The Palgrave Handbook of Dark Tourism Studies a cura di P. R. Stone, R. Hartmann T. Seato~ R. Sharpley, L. White, Palgrave Macmillall:, London 2018. 1

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razioni, a simboleggiare la violenza ferina di cui era capace il capobanda.33 Il parlamentare inglese Sir Thomas Fowell Buxton, attivo nel movimento abolizionista e impegnato nella riforma penale, scrisse di aver acquistato tre berretti fabbricati dai briganti,34 che altre fonti ricordano occupati a lavorare a maglia. 35 La pratica di acquistare ritratti di Gasparone sembra piuttosto diffusa - se ne conoscono almeno due, opera del pittore controrivoluzionario napoletano Filippo Balbi, a lungo attivo negli ambienti della corte pontifìcia36 - ma spesso, come vedremo, erano i visitatori a eseguire sul posto bozzetti e disegni del prigioniero. 37 In tale contesto, proprio come souvenir, nascono le vite di Gasparone scritte da Pietro Masi. La padronanza della scrittura da parte di Masi emerge, in effetti, sin dagli interrogatori condotti dalle autorità pontificie nel novembre 1825. Unitosi alla banda Gasbarrone nel 1824, Masi disse che proprio per questa sua capacità i compagni lo tenevano d'occhio, concedendogli penna e calamaio solo quando era necessario rivolgere messaggi per iscritto a protettori e complici.38 Il ritratto più dettagliato di Masi durante la prigionia ci è offerto dalla prefazione ali' edizione delle memorie di Gasbarrone apparsa in Francia nel 1867 a cura di un anonimo ufficiale in servizio dal 1862 presso lo stato maggiore del corpo di occupazione francese a Roma. Questa edizione, presentata come «traduction :fìdèle» di un manoscritto redatto da Masi stesso in un «mauvais français» infarcito di italianismi,39 era piuttosto la revisione stilistica di un lungo testo che il curatore affermava di aver ricevuto in prestito dal propri~ 33. E. About, Rome contemporaine., Michel Lévy frères., Paris 1861., pp. 351-352. Cfr.., per r enfasi sul numero di omicidi., Roman Banditti., in «Moming Chronicle»., 7 gennaio 1830., p. 3; E.C .., Les brigands romains> in «Revue de Paris»> 1 (1844). pp. 403-405. 34. Cit. in Tatasciore. Briganti d'Italia. p. 204. 35. Cfr. M.-J. de Géramb., Voyage de la Trappe à Rome> Librairie d"Adrien Le Clère. Paris 1838., p. 129 e Correspondance d'ltalie, Civita-Vecchia, 14 avril> in «La mode». 1839. p.102. 36. F. Petrucci., Un raro ritratto del brigante Gasbarrone di Bartolomeo Pinelli a Palazzo Chigi in Ariccia: www.aboutartonline.com/un-raro-ritratto-del-brigante-gasbarronedi-bartolomeo-pinelli-a-palazzo-chigi-in-ariccia/#_ftnrefl 0 (consultato il 6 luglio 2022). 37. Cfr. E.C .• Les brigands romains. p. 403; A. Dumas> lmpressions de voyage. Le corricolo [1843]> Michel Lévy frères> Paris 1851. vol. I. p. 280. 38. Cfr. Archivio Apostolico Vaticano. Segreteria di Stato> Interni. b. 703., ff. 87-91., costituto del 28 ottobre 1825> parzialmente trascritto in appendice a G. Giammaria, Pietro Masi daPatrica. n brigante che divenne scrittore> in«Latium»> 32-33 (2015-2016). p.135. 39. LeBrigandagedans /es Étatspontificaux> pp. 2-3.

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tario, «officier au 4me régiment de Hussards». 40 Già alfabetizzato prima della cattura, in carcere Masi si era infatti dedicato allo studio, acquisendo un'istruzione variegata e una discreta capacità di leggere e scrivere in francese. La sua cella presentava i segni di queste attività: accanto al letto, un piccolo scrittoio e una tavola su cui si accumulava «un amas de livres qui forment sa bibliothèque», rimpinguata grazie al ricavato della vendita degli scritti di Masi ai visitatori.41 La prigione aveva trasformato il bandito «en écrivain, en philosophe et en moraliste», dandogli quell' aspetto di «un honnete notaire de village», dall'aria triste e riflessiva, dalla veste nera e dal «chapeau de citadin», che tanto strideva con la :fisionomia energica e lo sguardo :fiammeggiante del vecchio Gasbarrone, «coiffé de son chapeau de brigand, le seul insigne que lui reste de son ancienne profession!».42 Secondo l'ufficiale di stato maggiore francese, da un certo momento in poi Masi aveva affiancato alla scrittura delle storie di Gasbarrone in italiano la stesura di versioni in francese, destinate ai turisti e ai soldati dell'esercito di occupazione che presidiava lo Stato pontificio dal 1849. Le difficoltà incontrate nel vendere il manoscritto francese, dovute al costo elevato e ai difetti stilistici che rendevano poco scorrevole la lettura, avevano ben presto spinto Masi a ridurre notevolmente il testo, ricavandone «petits résumés qu'on lui achetait plus volontiers en raison de la modicité de leur prix».43 Le ricerche sin qui condotte hanno permesso di individuare sei esemplari delle vite redatte da Masi, cinque dei quali conservati in biblioteche e archivi romani. 44 Quattro esemplari, tutti in italiano, riportano la versione completa della vita di Gasbarrone. Gli altri due, in francese, riportano la versione abbreviata, che occupa poco più di una ventina di facciate. Benché non sia stato sinora possibile trovare alcun esemplare recante la versione francese completa, l'esistenza di questi riassunti conferma, almeno a grandi linee, il ricorso a una pratica che mostrava la capacità del brigante-scrittore di adattarsi alle aspettative e alle esigenze del pubblico con cui i detenuti entravano in contatto attraverso le visite, con un rudimentale utilizzo dei circuiti commerciali 40. lvii' p. 3. 41. lvii' pp. 15-16. 42. lvii' pp. 91' 16. 43. lvii' p. 3. 44. Per una descrizione materiale dei manoscritti conservati a Roma si veda, con cautela, Giammaria, Pietro Masi da Patrica, pp. 97-104.

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attivati dalla celebrità e dal turismo. Il riassunto conservato alle Archives nationales de France e appartenuto adAl:fred Chanzy, tra il 1861 e il 1864 tenente colonnello nel corpo di occupazione francese nello Stato pontificio, conferisce ulteriore sostanza al racconto contenuto nella prefazione del 1867, attestando la circolazione delle vite di Gasbarrone tra gli ufficiali dell'esercito occupante. È facile immaginare l'esistenza di ulteriori versioni, che avranno seguito il destino dei viaggiatori e dei loro archivi.45 Si riportano, nella tabella 1, le indicazioni bibliografi.che relative ai manoscritti individuati, attribuendo a ciascuno di essi abbreviazioni che saranno utilizzate per maggiore comodità nei richiami in nota. Tabella 1. I manoscritti di Pietro Masi Abbre,riazione

Titolo e indicazioni di frontespizio

Casanatense> 1854

Istoria di Antonio Gasbaroni da Sonni- Roma no Famigerato Brigante nella Provincia Biblioteca Casanatense di Frosinone, e dell'intero Brigantag- Ms. 3872 gio. Redatta da Pietro Masi da Patrica Compagno del Medesimo. Parte Prima Edizione Prima. Nel forte di Civita Castellana l'Anno 1854

Collocazione

(430 facciate numerate sul recto e sul verso> inserti) Besso> 1855

Storia di Antonio Gasbaroni da Sonnino Roma Famigerato Brigante nella Provincia di Biblioteca Marco Besso Frosinone e dell'intero Brigantaggio. G 2 L 21 Redatta da Pietro Masi da Patrica Compagno del Medesimo. Parte 1°> Civita Castellana 1855 (547 facciate numerate sul recto e sul verso» inserti)

45. In W. Kennet, Alto Lazio. Guida a una terra da scoprire, Erre Emme, Roma 1993, p. 314, si riferisce di un manoscritto - che non sono riuscito a rintracciare - ancora in possesso degli eredi del medico irlandese Evory Kennedy, che lo avrebbe acquistato nel 1859 in occasione di una visita al capobanda.

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Abbreviazione

Titolo e indicazioni di frontespizio

Collocazione

San Paolo, 1858

Storia di Antonio Gasbaroni da Sonnino. Famigeratissimo Capo dei Malviventi nella Provincia di Frosinone dipendente dal Dominio Pontificio. Redatta da Pietro Masi da Patrica, Compagno del medesimo nella Malvivenza, e nella Prigionia. Parte I, Civita Castellana 1858

Roma Abbazia di San Paolo fuori le Mura, Archivio storico Istituto S. Anselmo, Ms. 23 D

(404 facciate numerate sul recto e sul verso, inserti) MC~1861

Pierre Masi, Biographie d'Antoine Gasbaroni de Sonnino Chefde Brigands très rénommé dans la Province de Frosinone, F ort de Civita Castellana, 1861

Roma Museo Centrale del Risorgimento Ms. 587

(23 facciate numerate sul recto e sul verso, inserti) ANF,1861

Biographie d'.Antoine Gasbaroni de Son- Pierrefitte-sur-Seine nino Chef de Brigands très rénommé, (Paris) 1861 Archives nationales de France, .Archives privées (24 facciate numerate sul recto e sul ver- 270AP (Papiers Alfred so, inserti) Chanzy), lA, dossier 2

Alessandrina, 1862 Storia di Antonio Gasberoni da Sonnino Roma Famigerato Brigante nella Provincia Biblioteca Alessandrina di Frosinone, e del intiero Brigantag- Ms. 343 gio redatta da Pietro Masi da Patrica. Compagno di Gasberoni. Forte di Civitacastellana 1854. Copiata fedelm. da F.D. 1862 (326 facciate numerate sul recto e sul verso, inserti)

Gli esemplari lunghi a nostra disposizione imitano tutti la formalibro, a ulteriore riprova della familiarità di Pietro Masi con essa: tutti i volumi contengono un frontespizio che fornisce, all'interno di una cornice lineare, il titolo, il nome dell'autore e le indicazioni sul luogo e sulla data di scrittura (fìg. 3); la materia è ripartita in due parti, di 10 e 20 capitoli rispettivamente, precedute da un indirizzo al lettore e da un

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capitolo preliminare e accompagnate da un indice, posto dopo l'indirizzo al lettore46 o alla fine del racconto. 47 Annotazioni e cartigli inseriti nei manoscritti forniscono informazioni sulle modalità della loro circolazione, della loro acquisizione e, talvolta, del loro assemblaggio. Il testo con la datazione più alta, oggi in possesso della Biblioteca Casanatense, era appartenuto a monsignor Vincenzo Tizzani, dal 1850 cappellano maggiore dell'esercito pontificio e come tale incaricato della cura spirituale dei detenuti.48 Su uno dei fogli lasciati bianchi all'inizio del volume, Tizzani scrisse di aver ricevuto il libro «il giorno 24 Ottobre 1854 dal Segretario di Antonio Gasbarroni chiamato Pietro Masi alla presenza dello stesso Gasbarroni e di tutti i compagni del brigantaggio detenuti nel forte di Civita-Castellana».49 Il libro si apre con una lettera dedicatoria, in cui Masi scrive di voler offrire al destinatario «un divertimento» in occasione del suo passaggio a Civita Castellana. 50 L'omaggio era un segno di deferenza e, probabilmente, anche di gratitudine per l 'intercessione di Tizzani, che alcuni anni prima aveva permesso agli ex banditi di ottenere il pagamento degli arretrati della pensione loro concessa. 51 L'esemplare successivo, risalente al 1855, è giunto alla Fondazione Marco Besso attraverso il lascito di Giovanni Battista Goretti, sindaco di Sutri che donò le proprie collezioni alla biblioteca nel 1926. 52 Non è stato possibile ricostruire le vicende che portarono la storia di Gasbarrone nelle mani di Goretti, ma un sondaggio nei cataloghi della Fondazione mostra come il brigantaggio fosse un tema ben rappresentato nella biblioteca di questo notabile provinciale intriso di cultura nazional-patriottica.53 Nella serie Istituto 46. Come in Casanatense:1 1854, cc. 1-16 e inAlessandrina, 1862, dalla c. 5. 47. Come in Besso, 1855, cc. 533-547 e in San Paolo, 1858, cc. 399-404. 48. Sul personaggio cfr. la voce di G M. Croce in Dizionario biogrqfico degli italiani, Istituto della Enciclopedia italiana:. Roma 2019, vol. 95. 49. Casanatense:1 1854:t c. non numerata. 50. lvi, c. non numerata. 51. Sulla vicenda cfr. G. M. Croce, Introduzione a V. Tizzani:1 Effemeridi romane, a cura di G.M. Croce, Gangemi. Roma 2015. vol. I. p. CXCIX. 52.A. Ferro. La Biblioteca della Fondazione Marco Besso:1 in «MinervaWeb». 57 (2020): www.senato.it/4800?newsletter_item=8801&newsletter_numero=801 (consultato il 29 luglio 2022). 53. Appartenevano tra l'altro alla raccolta Goretti:Adolfo Rossi:.Nel regno di Tiburzi. Perino:t Roma 1893; Memorie autentiche del famoso brigante Domenico Tiburzi lasciate da lui stesso:. Perino, Roma 1896; Carlo Bartolini:1 Il brigantaggio nello Stato pontificio: cenno storico-aneddotico dal 1860 al 1870, Stabilimento tipografico dell'Opinione:. Roma 1897;

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Sant 'Anselmo dell'Archivio storico dell'abbazia di San Paolo fuori le Mura

esiste un altro esemplare del manoscritto, appartenuto a qualcuno che lo aveva ricevuto in dono da un certo Francesco Buccelli, il quale lo aveva comprato «al prezzo di paoli trentacinque nelle stesse carceri di Civita Castellana dove ancor vive il Gasbaroni, e sotto gli occhi di cui e quasi su dettatura fu scritto».54 Mentre le copie del 1854, del 1855 e del 1858 sono autografi di Masi, scritti evidentemente dalla stessa mano, l'esemplare in possesso della Biblioteca Alessandrina è una copia della versione del 1854, eseguita nel 1862 da un non meglio identificato «FD.», come indicato nel frontespizio. 55 Tutti i manoscritti reperiti risalgono alla detenzione a Civita Castellana, ma una nota appuntata da Chanzy in margine alla propria versione sembra suggerire che Masi avesse iniziato a scrivere già ai tempi di Civitavecchia: la copia era stata «faite textuellement sur le manuscrit de Pierre Mazi [ ... ] redigé en français pendant le séjour des bandits au bagne de Civita-Vecchia». 56 Probabilmente l'ufficiale aveva copiato o fatto copiare il testo durante i propri anni di servizio nello Stato pontificio, a partire da una versione da cui dipendeva largamente anche l'esemplare breve oggi conservato al Museo Centrale del Risorgimento di Roma.57 Il confronto tra i disegni colorati a tempera di Gasparone e della sua compagna Geltrude Demarchis che figurano in questo esemplare (figg. 4 e 5) e lo schizzo accluso alla copia di Chanzy (:fìg. 6) conferma la relazione diretta o mediata tra i due manoscritti. Redatti in più esemplari da Pietro Masi anche a distanza di più anni, i manoscritti erano acquistati da visitatori dal profilo vario e circolavano in reti informali, attraverso cui potevano essere conosciuti, riprodotti e manipolati da chi ne entrava in possesso. Tizzani intervenne più volte sulla sua copia, registrandovi eventi significativi o accludendovi materiali collegati: nel 1882, allegò un ritaglio di giornale che, in occasione della morte di Gasbarrone, annotata sul manoscritto, riproponeva l'arFrancesco Cascella, n brigantaggio: ricerche storiche e sociologiche, con pref. di Cesare Lombroso,Aversa, Noviello, 1907. 54. San Paolo. 1858, cartiglio incollato sul piatto della coperta. 55. Alessandrina. 1862. 56.ANF. 1861,. f. 1. Questa trascrizione è riportata in Wl quaderno di «Notes diverses» sul Séjour dans les Etats pontificaux du mois d'octobre 1861 au mois de mai 1864. Su Chanzy dr. Dictionnaire des parlementaires français comprenant tous les membres des Assemblées françaises et tous les ministresfrançais depuis le 111 mai 1789jusqu 'au l" mai 1889. a cura di A. Robert» E. Bourloton, G. Cougny. Bourloton, Paris 1890, vol. II, pp. 4 3-45. 57. Cfr. MCRR, 1861.

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ticolo pubblicato nel 1870 da Ugo Pesci sul «Corriere della Sera» sulla liberazione del capobanda ali' arrivo delle truppe italiane a Civita Castellana. 58 Ma la curiosità poteva spingere a riunire insieme materiali testuali e visuali diversi, che dialogavano con la narrazione, la rafforzavano, ne espandevano i significati o cercavano di piegarli in una direzione specifica, rinfocolando la mitopoiesi del brigantaggio. Colui che aveva ricevuto in dono da Francesco Buccelli la copia datata 1858 vi unì i pochi fogli manoscritti di una tarantella sulle gesta di Gasbarrone, avuta nel 1859 tramite Romeo Tittoni. 59 Questa tarantella, che si presenta come una trasposizione del contenuto della storia in versi a rima baciata, probabilmente composti all'esterno del carcere, fu rilegata in coda al volume insieme a un opuscolo a stampa contenente una canzone sulla morte di un bandito trentino. 60 Ritroviamo la stessa tarantella su Gasparone unita a un abrégé del 1861 61 e trascritta nel manoscritto del 1862 posseduto dalla Biblioteca Alessandrina. 62 Quest'ultimo, pur seguendo sostanzialmente la versione della storia di Gasbarrone riportata dagli altri manoscritti, è l'esemplare che presenta il maggior numero di interventi sulla composizione, operati probabilmente dal copiatore. Tali interventi rispondevano a più obiettivi. La presenza di elenchi dei briganti attivi nel 1799-1825 e dei loro nemici intendeva offrire uno strumento di consultazione che rafforzava l'interesse documentario del manufatto. 63 Questo si configurava come un prodotto multimediale, in cui la narrazione storico-memorialistica era integrata dall'apporto di altri linguaggi: oltre alla tarantella, il volume accoglie un ricco apparato iconografico, del quale sopravvivono un disegno e tredici litografie interpolate nella vita di Gasparone. Ciò rendeva il manoscritto più accattivante, ponendolo in rapporto con le rappresentazioni visuali sul tema del brigantaggio grazie alla giustapposizione tra lo scritto e le illustrazioni, che raffiguravano episodi e personaggi della storia, ma an58. Gasparone, in «Il Messaggero», 4 aprile 1882, allegato a Casanatense, 1854. 59. San Paolo~ 1858~ cartiglio sul piatto. 60. Tarantella di Antonio Gasbaroni e La sciagurata e vituperosa morte di Arrigo Gabertinco assassino di strada il quale ammazzò 964 persone con 6.figliuoli nel Territorio di Trento~ s.1.~ aprile 1860~ San Paolo~ 1858~ cc.1-18 dopo la storia di Gasbarrone e cc. non nwnerate. 61. Tarantella di Antonio Gasbaroni, MCRR 1861, cc. 1-18 dopo le memorie. 62. Tarantella di Antonio Gaberoni [sic], Alessandrina~ 1862, cc. 291-304. 63. Alessandrina, 1862, cc. 279-284~ 285-288.

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che tipi di briganti e sonninesi eseguiti da diversi incisori sul modello pinelliano (figg. 7 e 8). Tra questi, il Brigante rappresentato da Ferrari (fig. 9) dovette sembrare a chi copiò il manoscritto particolarmente adatto a completare visivamente la descrizione contenuta nel testo, per la resa dell'iconico cappello a punta, della chioma fluente e dei ricchi dettagli del vestiario. 64 L'intera operazione non era politicamente neutra. Composto al culmine delle tensioni tra l'Italia e lo Stato pontificio, esacerbate dal brigantaggio borbonico alla frontiera, il manoscritto del 1862 intendeva esaltare il papato, capace di emergere vittorioso dalla rivoluzione e di aver ragione del banditismo nell'età della Restaurazione. L'obiettivo, annunciato già nel programma visuale da alcune litografie raffiguranti ritratti e scene allegoriche dei papi da Pio VII a Gregorio XVI, è portato a compimento dai due inserti testuali che chiudono il volume. L'ultimo di questi si presenta come un'integrazione del racconto che giustifica le iniziali difficoltà del governo pontificio nel combattere il banditismo, non dissimili da quelle incontrate degli occupanti francesi in tutta la penisola, e indica il momento di svolta nella cooperazione stabilitasi tra le polizie degli stati italiani dopo la Restaurazione. 65 Ancora più significativo appare l'altro inserto, una curiosa appendice intitolata Dispiaceri e lamenti di Gasparone a/forte di Civitavecchia minutamente narrati da chi nefu testimonio.66 Una nota chiariva che Gasparone era stato «il più grande Assassino che si sia conosciuto prima del giorno 16 luglio 1846»: si trattava di una velenosa allusione all'amnistia concessa quel giorno dal neoeletto Pio IX, interpretata dall'autore come anticamera della rivoluzione, simbolo delle scellerate concessioni liberaleggianti che avevano segnato i primi tempi del pontificato. Nel lamento, una prolissa requisitoria antirepubblicana, il brigante esprimeva il rimpianto per il declino della «triste celebrità»67 che lo aveva confortato nelle durezze della prigionia. Tale fama pareva ormai destinata a svanire, soppiantata da quella di ladri e assassini ben più grandi, i capi e i fautori della Repubblica romana del 1849, capaci di accumulare tesori immensi grazie alla rivoluzione. Il ricordo delle visite ricevute in cella offriva l'occasione per una disani64. 65. 66. 67.

Cfr.Alessandrina:. 1862. cc. 32-33. Cap. Xfol. 114. Gli Assassini:. Alessandrina:. 1862. cc. 315-326. lvi:. cc. 305-311. lvi:t c. 306.

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ma della celebrità, che spingeva «il fanatismo dei viaggiatori» al punto da chiedere brandelli della veste o ciocche dei capelli di Gasbarrone, «come farebbesi con un Beato od un Santo». 68 Cogliendo in tale pratica il segno del trasferimento di un carisma profano in oggetti corporei trasformati in veicoli di una sacralità immanente, il cenno sfociava nella denuncia della celebrità come nuovo fenomeno sociale che poteva portare a eroicizzare, popolarizzare e idolatrare i protagonisti della rivoluzione. Una dinamica che lo pseudo-Gasbarrone vedeva già in atto nell'ammirazione internazionale per le figure degli esuli: Adesso peraltro, quand'anche giungano forestieri, niuno più ricerca di Gasparone. E perché? Questi Eroi, ai quali è riuscito di sgabellarsela, vagando vanno in varie parti del mondo ed ovunque attirano su di sé quella specie di ammirazione che già fu mio patrimonio, e dopo tante dimostrazioni che han fatto fare per consumare la ribellione contro il Pontefice ora essi medesimi dimostrano ad evidenza che alla fin :fine io non era una cosa rara. Il cappello però e le fasce tricolori degli Sterbini, degliAvezzana, e di tanti altri lor simili e soprattutto del duce loro Mazzini valgono assai meno dei cenci miei. Questi puzzano ancora di polveri.69

3. La versione del brigante Non è questa la sede per un dettagliato confronto dei manoscritti. Basti dire che il contenuto narrativo delle versioni lunghe è sostanzialmente lo stesso, con varianti nella disposizione della materia all'interno della struttura in capitoli, nella riformulazione di alcuni passaggi, nell'aggiunta o nell'espunzione di dettagli, episodi e commenti che non alterano la trama né il senso del racconto. Le versioni brevi ne costituiscono una sintesi fedele. Masi ricorreva, oltre che alla memoria personale e quella della banda, a una pluralità di fonti, che includevano «i fogli», 70 cioè giornali 68. Ivi, cc. 306-307. 69. Ivi, c. 307. Sulla celebrità degli esuli risorgimentali cfr. G.L. Froci, The Two Faces ofDaniele Manin. French Republican Celebrity and ltalian Monarchie ]con (18481880)> in «Joumal ofModernitalian Studies»> 2 (2013)> pp. 157-171; E. Bacchm.Jtalofilia. Opinione pubblica britannica e Risorgimento italiano (1847-1864) >Carocci., Roma 2014; P.-M Delpu> L 'affaire Poerio. Lafabrique d'un martyr révolutionnaire européen (18501860)a CNRS éditions> Paris 2021. 70. Casanatense> 1854> c. 180.

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e periodici, «e la pubblica voce»,71 ma anche atti ufficiali. Dalla versione del 1855, il racconto è integrato da editti e notificazioni delle autorità pontificie, che il detenuto dice di essere riuscito ad avere «per fare una cosa che potesse dirsi esatta»,72 e che vengono perciò trascritti nel corpo della parte narrativa. Dopo il capitolo preliminare, dedicato alla condizione fisica e morale del bandito, ali' organizzazione e ai costumi delle bande, ai rapporti con la società e alle pratiche criminali, la narrazione si dipana dall'infanzia di Gasbarrone alla cattura del 1825. Una vita segnata dall'omicidio del fratello della donna amata in gioventù commesso per vendetta da Gasbarrone, datosi per questo al brigantaggio insieme ad Alessandro Massaroni e Bartolomeo Varroni. I tre costituirono il nucleo di una piccola banda, ingaggiata nel 1815 dalle truppe austriache impegnate nell'assedio di Gaeta per colpire i possidenti liberali che garantivano l'approvvigionamento della cittadella. Dopo la guerra, Gasbarrone tornò al crimine fino al suo internamento a Cento, borgo della legazione di Ferrara. I manoscritti descrivono diffusamente la vita dell'esilio e le rocambolesche vicende che avrebbero portato il brigante a fuggire, raggiungere la banda Massaroni, sconfinare con essa nel Regno delle Due Sicilie e partecipare alla sorveglianz.a della frontiera pontificia per conto delle truppe costituzionali napoletane del generale Carrascosa nella guerra del 1821. La morte di Massaroni, catturato nel giugno 1821 in un'operazione congiunta degli eserciti austriaco, napoletano e pontificio, favorì l'ascesa di Gasbarrone. I manoscritti seguono le sue gesta al comando della banda, narrando imprese ardite - come i sequestri dei certosini di Frascati e di un colonnello austriaco, oppure il colpo alla diligenza di Piperno-, la violenza efferata contro spie e traditori, gli epici scontri con i delegati apostolici, in un crescendo drammatico che culmina nel dettagliato racconto dell'inganno finale. Tra i testi qui analizzati, solo in quello risalente al 1858 il racconto si espande alla detenzione, rievocata in un capitolo aggiuntivo che accennava alle visite e ai doni ricevuti «dai Signori Forestieri di tutte le Nazioni».73 11. Ibidem. 72. Cfr. Besso. 1855:, c. 1. dove Masi annuncia di aver copiato 8 editti della Segreteria di Stato e 16 notificazioni della Delegazione apostolica di Frosinone (che diventano 17 in San Paolo:, 1858:, c. 1). 73. Conclusione. Prigionia di Antonio Gasbaroni principiando da/1'anno 1825fino al giorno d'oggi:, San Paolo:, 1858:, cc. 388-396, c. 394 per la citazione.

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Masi non intende fare della storia di Gasparone un'apologia del brigantaggio. Al contrario, la narrazione è peivasa dalla malinconia per il ricordo delle azioni criminali che hanno condotto il suo autore alla perdizione e alla prigionia. Il tono dolente e moralistico del racconto è annunciato dal monito che Masi rivolge al lettore, avvertito che «è meglio mille volte morire che d'essere proscritto, che d'essere Brigante».74 I briganti di Masi non sono figure eroiche, ma uomini un tempo comuni, spinti dalla collera a commettere un primo omicidio, in seguito al quale, incapaci di fronteggiare la prospettiva del carcere e della reiezione, si pongono al di fuori della società, intraprendendo la vita criminale che li avrebbe irrimediabilmente condannati a subire le «pene fisiche» e le «pene dell'animo» minutamente esaminate nella prima parte del capitolo preliminare.75 Distante sia dall'immaginario del ribelle in lotta contro l'ordine sociale per un sublime anelito di libertà, sia dai criminali scanzonati della tradizione pittoresca e comica, il brigante di Masi resta comunque circonfuso di un'aura romantica, come figura di dannato, costretto a una vita di sofferenze e pericoli, accettati con una filosofica rassegnazione che non riusciva però a soffocare il rimpianto: L'uomo montato che sia in collera altro non vede che vendetta; quando poi ha commesso il delitto, quando si è sfogato, allora gli cade dagli occhi la benda ed altro non vede che pene e disgrazie [ ... ] Ognuno dei Briganti si è trovato nel caso descritto dopo essersi fatto reo del primo delitto; quindi credendo sollevare quella pena coll'unirsi alla Malvivenza, e dopo fatto quel secondo passo mille volte più funesto o spaventevole, allora sì che diveniva quasi filosofo [ ... ] Credevo io, al vedere allegri e festevoli alcuni Briganti anziani> che quelli veramente non curassero più la loro libertà perduta, e che non calcolassero affatto le pene ed i pericoli di quella vita nefanda. Ne restai presto disingannato, vedendoli spesse volte tristi e malinconici, specialmente quando cadeva il discorso sopra cose di libertà, o sentivasi cantare tranquillamente qualche villano nel suo podere, essi mandavano fuora dei profondi sospiri loro malgrado dicendo: beato lui! Era proibito in quel maledetto mestiere farsi vedere afflitto o richiamare la libertà perduta, onde si doveva divorare quella pena in silenzio.76

Tali considerazioni sono riprese da Masi nel racconto dell'omicidio e della fuga che lo avevano condotto a entrare nella banda Gasbarrone.

74. Casanatense» 1854» c. 17. 75. Ivi., cc. 17-22» riprese con lievi modifiche nel primo paragrafo del capitolo preliminare in Besso. 1855» San Paolo. 1858» Alessandrina. 1862. 76. Casanatense» 1854» cc. 20-21.

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Interrompendo bruscamente la descrizione del proprio cuore «oppresso e addolorato» dal peso dei rimorsi, il narratore scrive: «Io tralascio qui di parlare di me solo e fo ritorno a parlare della generalità, altrimenti non sarebbe più la Storia del Brigantaggio, ma bensì le Confessioni di Pietro Masi come quelle di Gian Giacomo Rousseau». 77 Nella rapida allusione alle Confessioni di Rousseau non affiorava solo la cultura libresca di Masi, che costella il racconto con citazioni dalle Sacre Scritture, dai classici latini, ma anche da autori contemporanei e da opere a carattere scientifico, come quella del naturalista Buffon, chiamato in causa per descrivere le montagne abruzzesi.78 La celebrità di Rousseau79 aveva raggiunto persino la cella di Masi, che scorgeva in lui il rappresentante per antonomasia di un nuovo genere di letteratura, dedicato all'analisi della soggettività e dei moti dell'animo. Un solco nel quale, dunque, l'opera dell'antico brigante si collocava consapevolmente. Masi tiene conto di episodi e temi diffusi nella produzione letteraria riguardante le avventure di Gasparone, stabilendo con essa una sorta di contrappunto. La pratica delle visite ai briganti in carcere favori la circolarità tra le narrazioni provenienti dall'esterno e quelle provenienti dal racconto dei prigionieri, che si richiamavano reciprocamente, in un gioco di rimandi all'interno del quale sarebbe superfluo distinguere il racconto del vero dalla trasposizione mitografica, mediata dalla relazione con l'immaginario sociale. Il racconto del rapimento dei seminaristi di Terracina80 e delle superstiziose pratiche devote dei briganti,81 temi ai quali la letteratura aveva dato risalto, offrono esempi significativi di tale circolarità. Ma il rapporto tra la storia scritta da Masi e l'immaginario sociale sul brigantaggio si svolge in una sfera più ampia di quella definita dalla produzione letteraria. Masi attingeva a congerie di rappresentazioni trasmesse da media diversi, tra cui spiccava quello visuale. La concezio77. lvi. cc. 314-315. identico in Alessandrina, 1862. parte II. cap. 15. Maggiori dettagli sul delitto commesso da Masi inBesso. 1855. cc. 377-383 e San Paolo.1858. cc. 290293. nei quali però manca il cenno a Rousseau. 78. Casanatense. 1854. c. 243. 79. Studiata in Lilti. Figurespubliques. pp. 153-219. 80. Cit. in J.-H. de Santo-Domingo. Tablettes romaines. Lecointe. Paris 1824. p. 97; Colomb. Journal d'un voyage enltalie,, p. 144; Casanatense,, 1854,, cc. 210-214. 81. Cfr. Géramb Voyage de la Trappe à Rome,, pp. 126-129 e Besso. 1855 cc. 33-34. dove il tema è sviluppato maggiormente rispetto agli ironici cenni sulla superficialità della religione brigantesca presenti negli altri manoscritti. 1

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ne intermediale della narrazione è rivelata chiaramente dalla descrizione del tipo del brigante, direttamente collegata all'immagine resa popolare da innumerevoli figurini: Io avevo desiderato di porre al frontespizio di questa Storia il figurino rappresentante il Brigante vestito ed armato com'era, ma non mi è riuscito di averlo, ond'è che mi accingo di farlo in iscritto. Ognuno portava il cappello alto di fondo colle falde strette, alla punta del quale legavano delle fettucce di diversi colori, ma senza nessuna idea repubblicana perché in quel tempo in cui io ero in montagna né pure sapevasi cosa fosse repubblica. I Capelli si lasciavano crescere tutti, quali poi si dividevano da un'orecchia ali' altra; la parte di dietro si legava in treccia, e quelli davanti si ripartivano di nuovo, una parte si faceva calare nell'orecchia destra, e l'altra nella sinistra, attorti come costumano fare le donne, ed erano lunghi sino al petto. Alle orecchie si portavano grossi pendenti d'oro che si facevano fare appositamente, pochi erano quelli che avevano la barba, ma chi l'aveva la lasciava crescere tutta. 82

Masi aveva ovviato al mancato reperimento del :figurino inserendo nella storia il proprio ritratto (fig. 3) o i disegni di Gasbarrone e Geltrude Demarchis (fìgg. 4 e 5). Egli stesso aveva illustrato il manoscritto del 1858 con capilettera che raffiguravano briganti, dal cappello a punta e dalle tipiche ciocie, intenti nelle loro azioni criminose (fìgg. 10 e 11). Come si è visto, la mano a cui si deve la copia del 1862 conservata alla Biblioteca Alessandrina aveva provveduto a integrare il manoscritto con una propria personalissima selezione di litografie, in cui non mancavano :figurini di briganti. Ma la descrizione dell'abbigliamento della banda Gasbarrone fornita da Masi si rifaceva soprattutto alle rappresentazioni rese canoniche dalle fortunate litografie di Bartolomeo Pinelli,83 con gli alti cappelli ornati di nastri, i capelli lunghi divisi e raccolti in trecce, i tratti quasi femminei, l'assenza delle lunghe barbe che sarebbero apparse nei ritratti di Gasbarrone in tarda età. Il nesso non sfuggì all'acuto sguardo di Vincenzo Tizzani, che inserì nel manoscritto in suo possesso una famosa stampa di Pinelli raffigurante la consegna della banda Gasbarrone al padre 82. Casanatensel' 18541' cc. 43-44. Cfr. con Besso, 18551' cc. 28-30; San Paolol' 18581' cc. 23-26; Alessandrina, 18621' capitolo preliminare, paragrafo 7. 83. Sulla cui opera cfr. almeno V. Marianil' Bartolomeo Pinel/il' Olympusl' Roma 1948 e il catalogo della mostra Bartolomeo Pinel/i e il suo tempo. 1781-1835, a cura di M. F agiolo, M. Marinil' Rondanini, Roma 1983.

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Pellegrini nel 1825 (fig. 12).84 Il sequestro della matrice, disposto dalle autorità pontificie, non era valso a impedire la diffusione della litografia, che circolò attraverso molte riproduzioni, contribuendo a fissare il tipo del brigante e a screditare il governo del papa, incapace di domare il crimine senza ricorrere al tradimento. 85 Misurandosi con l'immaginario diffuso dai media, Masi se ne appropria, lo integra in alcuni punti, oppure sceglie di prenderne le distanze, come nel brano della descrizione del costume in cui viene negato il significato repubblicano condensatosi attorno all'elemento iconico del cappello a punta Così, egli si dimostra capace di giocare con le rappresentazioni del brigantaggio, sfruttando la celebrità per intervenire nella loro elaborazione. Questo tratto emerge anche in più punti del racconto delle gesta di Gasbarrone, abile nel modellare le pratiche della banda in :funzione della promozione della propria leggenda attraverso i circuiti comunicativi della società locale. Limitiamoci a un esempio. Nel novembre 1821, avuta notizia della pubblicazione di un editto del delegato apostolico di Frosinone, monsignor Zacchia, che chiamava alle armi la popolazione per distruggere il brigantaggio definendo Gasbarrone con la tradizionale formula di «nimico dell 'uman genere»,86 il capobanda decide di mettere in atto un gesto dimostrativo, cogliendo l'occasione offerta dalla grande fiera che si svolgeva a Veroli il giorno della festa di Sant'Andrea. La notte della vigilia, dopo aver arringato i suoi raccomandando disciplina, Gasbarrone conduce la banda all'osteria di Alatri, affollata di viandanti e commercianti che si recavano alla fiera con le proprie famiglie. L'apparizione dei briganti, riconosciuti per l'armamento e «lo strano vestire»87, atterrisce gli avventori, in preda a una silenziosa paura per la propria vita, le proprie sostanze e l'incolumità delle donne. Ma Gasparone 84. La stampa era allegata al manoscritto, dal quale è stata estratta per essere conservata nel fondo Incisioni della Biblioteca Casanatense, dove ora si trova alla collocazione 20.B.II.166. 85. Una nota apposta da Tizzani in calce alla stampa la definisce «rarissima essendo stata soppressa da Leone XII». La matrice era stata sequestrata dallo zio di Tizzani, Carlo Bedoni, alla cui custodia era rimasta affidata. Alla morte di Bedoni, Tizzani la cedette alla Segreteria di Stato, che ne dispose il passaggio alla calcografia della Reverenda camera apostolica (dr. Bibl. Casanatense, ms. 4872, f. 98, Tizzani al cardinale Giacomo Antonelli, 28 aprile 1864, e f. 99, Antonelli a Tizzani, 30 aprile 1864, entrambe cit. in Croce,Introduzione, p. CXCIX). La matrice è conservata ora a Roma, in Istituto centrale per la Grafica, Calcoteca, M-615. 86. Casanatense, 1854, c. 252. 87. lvi, c. 253.

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fa prontamente sfoggio di generosità e piacevolezza, ostentando sicurezza e cavalleria con i ricchi signori, le signore e alcuni militari che il brigante invita a cenare al proprio tavolo e gratifica con una somma di denaro. Fattosi mandare qualcuno che sapesse scrivere - Masi non era ancora nella banda il capo detta una beffarda lettera a Zacchia, sfidandolo e ringraziandolo per gli appellativi affibbiatigli. Il racconto, che compare in tutte le versioni della storia, anche in quelle brevi, descrive l'effetto della scena sulla folla, scandendo con gustosi particolari l'evoluzione degli stati d'animo, dal terrore alla curiosità degli avventori che si intrattengono con i briganti, all' entusiasmo delle donne che, affascinate da Gasparone, non cessano di parlare di lui. La notizia dello straordinario avvenimento è trasportata dalle voci, moltiplicate e diffuse capillarmente dalla fiera. Nella scelta di una simile occasione si coglie la volontà del brigante di amplificare la propria fama orchestrando la messa in scena della propria figura attraverso i canali tradizionali della comunicazione in antico regime, che aveva nella locanda e nel mercato due snodi cruciali per la circolazione dell'informazione. Commenterà Masi: La generosità mostrata da Gasbaroni in quella notte aveva il suo perché, quale gli riuscì ottimamente: io stesso mi trovai il giorno di S. Andrea a Veroli, in cui vi era un grandissimo mormorio del passaggio suddetto, ed intesi chi diceva: «ha Gasbaroni una bella :fisionomia, non sembra assassino», altri che dicevano «bisogna convenire che quelli che uccide Gasbaroni gli avranno fatto prima del male». 88

Ma cos'era dunque il brigantaggio secondo Pietro Masi? Per l'autore della storia di Gasbarrone, esso non andava confuso con la comune criminalità rurale. Masi, anzi, denunciava i «Crassatori occulti» che, semplici ladroni, «approfittavano del nome dei Briganti, togliendo ai Viandanti anche pochi Paoli».89 Più che una pratica delinquenziale radicata nella società contadina, il brigantaggio era, per Masi, un'associazione organica e ramificata, dotata di strutture organizzative gerarchiche e di ben definiti codici morali e operativi. Era cioè «la Malvivenza», un termine ricorrente nel racconto di Masi, 90 che proveniva però dal lessico impiegato dai briganti già prima della detenzione per riferirsi alle compagnie 88. Ivi. c. 255. Per il racconto delrintero episodio cfr. ivi. cc. 252-255; Besso» 1855» cc. 297-305; San Paolo, 1858, cc. 232-236; Alessandrina» 1862, parte Il» cap. 9. 89. Besso:t 1855, c. 305. 90. Per es. in Casanatense» 1854, cc. 20, 197-198 e nel titolo di San Paolo, 1858. Ma il termine è impiegato largamente in tutte le versioni.

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banditesche attive alla frontiera pontificia nel primo quarto di secolo. Lo stesso Gasbarrone lo utilizzava correntemente in questo senso, come indicano gli interrogatori del capo studiati da Luca Topi. 91 Tale circostanza induce a ritenere che Masi abbia mutuato il termine servendosene per sistematizzare in un quadro coerente l'insieme delle pratiche adottate dall'articolato gruppo che faceva capo a Gasbarrone. In tal modo, il brigante-scrittore assecondava l'immaginario della setta diffuso dalla letteratura criminale con cui possiamo ritenere fosse entrato in contatto, se non direttamente, almeno attraverso le sollecitazioni dei visitatori che ne erano imbevuti. In ciascun manoscritto il capitolo preliminare descrive dettagliatamente la struttura e le pratiche del brigantaggio, collocandole però in specifici contesti geografici, politici e socioeconomici. Cosicché la divisione delle bande in «Briganti anziani» e «novizi», soggetti a stringenti regole di ammissione, non pare un elemento atemporale, derivando piuttosto dalla necessità di proteggersi dal pentitismo e dai tradimenti incoraggiati dalla nuova legislazione varata dal governo pontificio all'indomani della Restaurazione.92 Dalle caratteristiche del terreno e delle strategie repressive dipendevano anche le norme pratiche che regolavano le marce, le cure mediche, i rifornimenti, le azioni criminali e la spartizione del bottino. Malgrado l'amara condizione esistenziale descritta altrove da Masi, quella che egli definiva la «Società dei Briganti»93 non rappresentava una contro-società, ma viveva in simbiosi con la società civile, da cui dipendeva per coperture e logistica. Di qui l'importanza dei sequestri di persona, che costituivano la principale attività dei briganti, dediti anche a estorsioni e rapine. Il flusso di denaro ricavato dall'economia dei sequestri, preparati con cura grazie alla collaborazione di complici e spie di estrazione medio-bassa, era essenziale per alimentare la banda e per remunerare una complessa rete di manutengoli, che Masi distingueva in «manutengoli di primo ordine»94 - i grandi proprietari - e figure minori come massari, coloni e mandriani, in grado di fornire protezioni e risorse a livello locale. 95 Cfr. in particolare quello cit. in Top~ Processo Gasbarrone. p. 433. Casanatense, 1854, c. 23. lvi. c. 17. lvi. cc. 37-38. 95. Cfr. su tutto ciò i capitoli preliminari in Casanatense, 1854; Besso. 1855; SanPaolo. 1858; Alessandrina. 1862, ripresi o rifusi anche in MCRR. 1861 eANF.1861. In tutte le 91. 92. 93. 94.

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Le origini di questa particolare organizzazione criminale si facevano significativamente risalire alle lotte tra fazioni locali, interpreti del conflitto politico innescato anche in Italia dalla rivoluzione. Il «Brigantaggio» nello Stato pontificio era nato, secondo Masi, «colla rivoluzione del 1799», nella contrapposizione tra «il partito amante della libertà» e quello che «si diceva difensore del Trono», apparentemente opposti «ma tutti e due tendenti allo stesso fine, cioè ad arricchirsi col pescare nel torbito», derubando e massacrando i possidenti bollati come nemici. La spirale di violenza politica che aveva insanguinato quella stagione aveva prodotto una turba di «facinorosi», unitisi in compagnie di briganti per sfuggire alla repressione da cui fu segnato il tentativo di ritorno all'ordine avviato dalle autorità francesi e proseguito dal governo papale.96 La dimensione politica del brigantaggio veniva dunque letta da Masi come un elemento funzionale alle strategie criminali delle bande. Nate nel contesto dell'instabilità scaturita dalla guerra tra rivoluzione e controrivoluzione, le bande armate erano attori criminali che operavano secondo logiche autonome, intessendo fitte relazioni con la società locale e cogliendo le opportunità eventualmente offerte dal coinvolgimento nel conflitto politico. La partecipazione della banda Massaroni-Gasbarrone alle guerre del 1815 e del 1821, prima sul fronte controrivoluzionario, poi in appoggio dell'esercito costituzionale napoletano,97 si colloca in questa cornice, così come la proposta trasmessa dall'antico capobanda al governo rivoluzionario del 1849.

versioni si ritrovano le espressioni testuali citate nelle note precedenti, facendo riferimento esclusivamente al manoscritto 1854 per praticità. 96. Casanatense:p 1854:p cc. 50-51:. dacfr. conBesso, 1855:. cc. 36-39; SanPaolo, 1858:. cc. 26-27;Alessandrina, 1862:. parte I, cap. 1. MCRR., 1861:. c. 1, riassume nel suo francese incerto: «Le Brigandage commença dans la Province de Frosinone avec la fameuse Révolution du 1799 par les deux Partis apparemment opposés run à r autre, mais tendent run l,autre au meme but qu,était cellui de venger des injures personnels:. et de s'enrichir. Ces deux Partis s' appellaient l,un Papiste:. et l' autre Républicain; aux yeux du premier tous les riches étaient Jacobins:. auxyeux du second étaient tous Papistes et contraires à la liberté de Peuple. Le premier sous prétexte de defendre les droits du Trone:p et le second de redonner à l'Italie la liberté perdue:p l'un et l,autre se chargerent de crimes:p tuant les riches et pillant leurs Maisons», da cfr. conANF:. 1861:. prima facciata. 97. Vicende confermate dall'interrogatorio di Gasbarrone citato in Topi:. Processo Gasbarrone:. p. 429 e dalla ricostruzione di Colagiovanni, Il triangolo della morte, pp. 285-302.

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4. Si va in stampa I caratteri con cui il brigantaggio era descritto nel racconto di Masi, con la dimensione associativa che lo distingueva dalla criminalità rurale e la strumentalità dei suoi rapporti politici, ebbero probabilmente un'importanza decisiva nel riportare in auge i manoscritti negli anni Sessanta e nel determinarne la pubblicazione. L'unificazione italiana, la questione romana e lo scatenarsi di un brigantaggio controrivoluzionario che le autorità papali erano accusate di sostenere ravvivarono l'interesse per la figura di Gasbarrone. Si è visto come, nel 1862, il compilatore del manoscritto conservato presso la Biblioteca Alessandrina avesse trasformato la storia del brigantaggio dell'età della Restaurazione in un'apologia del governo pontificio, ponendo nella bocca del celebre capobanda una dura condanna della rivoluzione liberale. Ma fu soprattutto il fronte opposto a investire su Gasbarrone, servendosi del racconto delle sue gesta per denunciare l'arretratezza del potere temporale, promuovere l'unificazione nazionale italiana e giustificare la repressione del brigantaggio da parte delle autorità del nuovo regno. Il segnale lo aveva dato il giornalista EdmondAbout, che in Rome contemporaine aveva dedicato ampio spazio al racconto del suo incontro con Gasbarrone nel carcere di Civita Castellana, attribuendo al detenuto una forte critica del governo pontificio. 98 Notiamo, en passant, che l'incontro è preparato dalla narrazione del viaggio attraverso la campagna romana, durante il quale sfilano davanti al viaggiatore i protagonisti dell'epopea brigantesca resa celebre dalla pubblicistica della prima metà del secolo: About si imbatte prima in un ex brigante della banda Gasbarrone; si reca poi in visita a Sonnino, dove incontra nientemeno che Maria Grazia Boni, la popolana che era stata, insieme alla sorella Teresa, la principale modella per la raffigurazione del tipo della donna del brigante nella pittura accademica.99 Ancora nel 1865, la stampa inglese ricordava gli exploit di Gasbarrone per spiegare la persistenza del brigantaggio nelle impervie terre della frontiera pontificia. 100

98. Abou~ Rome contemporaine, pp. 349-352. 99. lvi:t pp. 323-324 per rincontro il brigante:t pp. 328-334 per il racconto di Maria Grazia sulr esperienza di modella per i pittori Victor Schnetz e Léopold Robert. In proposito cfr. Tatasciore, Briganti d'ltalia:t p. 133-134. 100. Cfr. Southern ltaly, corrispondenza del 31 luglio:t in «Moming Herald»:t 14 agosto 1865:t p. 5.

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Il coinvolgimento delle truppe :francesi che dal 1849 occupavano lo Stato pontificio nella lotta al brigantaggio favorì il riemergere dei manoscritti di Pietro Masi. Gli ufficiali dell'esercito :francese, che manteneva peraltro una guarnigione a Civita Castellana, si fecero intermediari culturali, partecipando attivamente alle pratiche delle visite ai briganti detenuti nel forte e diffondendo nelle proprie reti amicali i manoscritti di Masi. L'intreccio editoriale che portò alla loro edizione non è nitido, ma chiama certamente in causa quel cenacolo piuttosto ristretto di intellettuali e giornalisti francesi accomunati dalla condivisione di ideali liberal-democratici e dalla simpatia per la causa italiana, ma anche dalla tendenza a impastare, nella propria attività, registri e linguaggi espressivi diversi. Attraverso un amico che aveva visto Gasbarrone a Civita Castellana, un manoscritto francese datato 1856 era giunto nelle mani di Adrien Paul, 101 redattore dell'influente quotidiano repubblicano «Le Siècle», sulle cui pagine si occupava di cronache d'arte. 102 Considerato vicino a Maxime Du Camp,103 il poliedrico intellettuale noto per la partecipazione alla rivoluzione parigina del 1848 e alla spedizione garibaldina in Sicilia, ma anche per i racconti e le foto di viaggio che avevano contribuito a diffondere il gusto orientalista, 104 Adrien Paul era attivo sin dagli anni Trenta come autore e traduttore di feuilleton e romanzi d'avventura. 105 Dopo la convenzione franco-italiana del settembre 1864, che poneva le basi del ritiro delle trllJ?pe francesi, nel 1865 Paul pubblicò il manoscritto sotto lo pseudonimo di Emile Normanci, in un volumetto economico a caratteri di piccolo formato, disposti su due colonne, diffuso dalla stamperia del «Siècle» con un sottotitolo che presentava l'opera come una raccolta di episodi sul brigantaggio negli Stati di Roma e Napoli.1°6 L'anno dopo lo stesso testo apparve a firma di Paul in un volume di maggiori dimensioni e con una notevole variante nel titolo, Les Mal-vivants, ou le brigandage moderne en Jta/ie. 101. Paui:. Les Mal-vivants, p. 4. 102. Cfr. A. PauL Beaux-Arts: Salon de 1863: les refusés, in «Le Siècle», 19 luglio 1863. 103. F. Desnoyers, Salon des rejùsés. La peinture en 1863, Azur DutiL Paris 1863, p. 62. 104. Cfr. T. Poyet, Maxime Du Camp: l'autre romancier, K.imé, Paris 2013 e Maxime Du Camp polygraphe, a cura di Id., Classiques Gamier, Paris 2019. 105. Cfr. l'elenco dei suoi lavori in data.bnf.fr/14558717/adrien_pauL' (consultato il 2 agosto 2022). 106. É. Normand [A. Paul], Les Brigands, épisodes del 'histoire du brigandage dans le Royaume de Naples et les États romains, Paris, Bureau du Siècle, 1865.

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La duplice pubblicazione si inseriva nel solco di quella ricca produzione di studi, reportage, memorie e documenti che dal 1860 aveva inteso, in Francia come in Italia, esporre i caratteri del fenomeno banditesco che sembrava risorgere nella penisola, minandone l'unificazione politica. Rievocando la figura e le gesta del più celebre bandito del passato, Paul si distingueva da chi ne aveva trattato in precedenza per l'obiettivo di contrastare la rappresentazione edulcorata del brigantaggio e di valorizzare il racconto di Masi per mettere in luce la brutalità del fenomeno. 107 Ma l' opera perseguiva anche un altro scopo, evidente nella variazione del titolo, che nel 1866 riprendeva il termine di «Malvivenza» impiegato da Masi, imprimendogli un mutamento concettuale e trasformandolo in chiave di lettura dell'intera narrazione. Le norme, le pratiche e i rituali che Masi aveva descritto, preoccupandosi di riferirli al particolare contesto storico in cui aveva operato il gruppo criminale di Gasbarrone, diventavano, nella rilettura di Adrien Pau1, gli oscuri codici di una misteriosa setta di assassini, la cui esistenza affondava le radici nella corrotta natura delle plebi dell'Italia meridionale, ostili al progresso e alla civilizzazione che la monarchia liberale stava faticosamente costruendo. La versione edita nel 1867 dall'anonimo ufficiale francese compiva un ulteriore passo in tale direzione. Essa condivideva con la versione di Adrien Paul sia i propositi demistificatori e filoitaliani, sia il dichiarato intento etnografico e tassonomico. Il confronto tra queste pubblicazioni e i manoscritti di Masi mostra che tanto Paul quanto l'ufficiale aderivano alla versione del brigante, seguendone la trama e le scansioni narrative, riprendendone anche alla lettera interi brani, dettagli e commenti moraleggianti. Questi elementi erano tuttavia rifusi in una differente cornice interpretativa, all'interno della quale il racconto di Masi acquisiva il valore di una testimonianza diretta, utile alla sedimentazione di un sapere propedeutico all'estirpazione del brigantaggio. Nella sua prefazione, l'ufficiale francese scrisse di voler spogliare il brigante dell'aura mitica di cui era stato rivestito «dans le domaine de l' imagination et des fictions romantiques», mostrando al contempo «dans leur sauvage et sinistre réalité» i costumi suoi e «des populations qu'il exploite». 108 Impegnato insieme alle truppe italiane nell'ingrato compito di combattere i successori di Gasbarrone, l'esercito francese, schiacciando il brigantaggio, avrebbe 107. Cfr. Nonnand [Paul], Les Brigands, pp. 235-241 e Paul, Les Mal-vivants, pp. 3-35. 108. Le Brigandage dans /es États pontificaux. pp. 1-2.

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contribuito a risollevare le sorti «de régions plus sauvages, de races humaines plus sanguinaires, et d'un état socia! plus barbare et moins siìr que dans la Kabylie elle-meme». 109 Desideroso di accreditare l'autenticità della propria riscrittura, l 'uf::fi.ciale sottolineò di averla sottoposta all'approvazione dello stesso Masi durante una visita in carcere. no In quell'occasione, egli aveva incontrato anche Gasbarrone, riconoscendovi «le type classique et parfait d'un chef de brigand». m L'espressione rivelava il peso che le tipizzazioni elaborate dalle rappresentazioni transmediali del crimine continuavano a esercitare nel sistema di riferimenti culturali di chi dava mostra di accostarsi all' osservazione del brigantaggio con intenti oggettivi. E in realtà, dal preteso rigore scientifico dell'operazione condotta in porto dall'anonimo ufficiale risultava enfatizzata, cristallizzata e, in fin dei conti, decontestualizzata la dimensione associativa del brigantaggio, secondo una prospettiva mediata dalla letteratura criminale che aveva alimentato la costruzione dell'immaginario della setta. Il brigantaggio appariva ormai come «una institution vivace, honorée et impérissable», cui il celebre capobanda aveva dato «les règles» e «un prestige ineffaçable» nello Stato pontificio, proprio come Fra' Diavolo aveva fatto nel Regno di Napoli. 112 Le velleità analitiche delle pubblicazioni del 1865-1867 annunciavano un nuovo modo di guardare al brigantaggio, influenzato dal clima positivista e ripreso dalla moderna antropologia criminale. Non a caso, ai Mémoires del 1867 attinse a piene mani Cesare Lombroso nel suo studio su Gasparone, il cui cranio gli era giunto tramite Camillo Golgi, tra il 1872 e il 1875 in servizio come chirurgo primario nell'ospizio di Abbiategrasso dove il vecchio capo dei briganti era morto nel 1882.113 Come notato da Giulio Tatasciore, le rappresentazioni prodotte nell'alveo dei saperi posi109. Ivi, p. 23. 110. Ivi, p. 16. 111. lvi, p. 9. 112. lvi, p. 5. 113. C. Lombroso Gasparorze in «Archivio di psichiatria> scienze penali ed antropologia criminale per servire allo studio delruomo alienato e delinquente»> 3 (1882) pp. 269-280. Sull antropologia criminale lombrosiana si vedano almeno M. Gibs~ Nati per il crimine. Cesare Lombroso e le origini della criminologia biologie~ Bruno Mondadori Milano 2004; S. Montaldo Cesare Lombroso. Gli scienziati e la nuova ltalia il Mulino Bologna 201 O; ld. Donne delinquenti. n genere e la nascita della criminologia Carocci Roma 2019; MT. Milicia> Lombroso e il brigante. Storia di un cranio conteso Salerno editrice Roma 2015. 2

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tivisti per fondare su basi scientifiche la spiegazione e la repressione del fenomeno criminale continuavano a dialogare con la straordinaria riserva di tipi e simboli costituita dall'immaginario letterario e visuale di età romantica.114 All'elaborazione di tale immaginario Gasparone e i suoi briganti avevano partecipato da autentici protagonisti. Beneficiando di una peculiare forma di celebrità criminale fiorita tramite i circuiti comunicativi e turistici del tempo, essi vi si inserirono, ibridando rappresentazioni e autorappresentazioni e mettendo in circolazione artefatti culturali destinati a essere manipolati e ulteriormente ricodificati nel contesto dei conflitti politici della seconda metà del secolo. Le molte vite di Gasparone non ebbero però fine con la sua morte, e agli adolescenti dell'Italia liberale poteva capitare di imbattersi nel loro racconto, cui la letteratura economica per ragazzi avrebbe dato un'inedita diffusione di massa.m

114. Tatasciore~ Briganti d'Italia, pp. 310-312 e, per r analisi del saggio di Lombroso su Gasparone~ pp. 298-300. 115. Cfr. Vita di Antonio Gasbaroni terribile capo di briganti. Scritta in carcere da Pietro Masi di Patrica~ Perino, Milano 1887, più volte riedita, e n masnadiero Antonio Gasparoni detto il Principe dei Monti. Memorie narrate da lui stesso a Gaetano Croce e pubblicate con prefazione e note per cura di Felice Venos~ Carlo Barb~ Milano 1873~ più volte riedito. Quesf ultimo inaugura un secondo :filone di memorie, raccolte da Gaetano Croce nell" ospizio di Abbiategrasso. Gli episodi narrati corrispondono largamente a quelli del :filone risalente ai manoscritti di Masi~ distanziandosene soprattutto per l'enfasi sugli aspetti più avventurosi e truculenti e per la mancanza della sistematica descrizione dell" organizzazione del brigantaggio.

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Fig. 1. Sonninese» in Costumi di Roma e suoi contorni» presso l'editore Tommaso CucciOW» Roma s.d.• Museo delle Terre di Confine» Sonnino. Fig. 2. Uomo di Sonnino» ivi.

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Fig. 3.Istoria di Antonio Gasbaroni da Sonnino, 1854, ritratto di Masi e frontespizio, Biblioteca Casanatense, Roma, ms. 3827.

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Fig. 4. Antonio Gasbaroni di Sonnino> 186t Museo Centrale del Risorgimento> Roma, ms. 587. Fig. 5. Antoine Gasbaroni, et Geltrude Demarchis Sa Maitresse> 1861, Museo Centrale del Risorgimento, Rom~ ms. 587.

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Fig. 6. Schizzo di Gasbarrone inserito nella biografia del capobanda trascritta nel diario del tenente colonnello Alfred Chanzy. Archives Nationales de France. Paris. 270AP. lA. dossier 2. Séjour dans /es États pontifìcaux du mois d 'octobre 1861 au mois de mai 1864.

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Fig. 7. Brigante di Sonnino. Ferrari fece. 1824. Biblioteca Alessandrina. Roma. Fig. 8. Sonninese. Roma presso Gio. Obinari. s.d.• Biblioteca Alessandrina. Roma. Fig. 9. Brigante. Ferrari fece. 1824. BibliotecaAlessandrina» Roma.

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Fig. 11. lvi:, c. 26.

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Fig. 1O. Storia di Antonio Gas baroni da Sonnino 1858 Archivio storico delr Abbazia di San Paolo fuori leMur~ Rom~ Istituto SanfAnselmo ms. 23 D c. 19. 2

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Fig. 12. Bartolomeo Pinelli:, L'arciprete Pellegrini di Sezze persuade Gasbarrone ed i suoi Compagni ad an-endersi a descrizione del Governo come infatti seguì la resa di tutti i Briganti:, 1825:, Biblioteca Casanatense:, Roma.

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Uno sguardo cangiante. Lombroso e il brigantaggio

1. «Sembra incredibile» «Sembra incredibile ma la più grande "fossa comune" di Briganti meridionali che esiste al mondo si trova in Piemonte, nelle viscere del Museo di Antropologia Criminale "Cesare Lombroso" dell'Università di Torino». 1 Con queste parole inizia un articolo della «Gazzetta del Mezzogiorno» che può essere visto come il punto d'innesco di una lunga vicenda politica, giudiziaria e mediatica. Alla base, l'assunto che Cesare Lombroso abbia collezionato i resti dei "patrioti" che avevano combattuto contro la conquista del Mezzogiorno da parte dei Savoia, e che l'Ateneo torinese, apprestandosi ad aprire al pubblico il museo da lui creato, intendesse realizzare una macabra esposizione per celebrare i centocinquant'anni della vittoria del Piemonte sul Regno delle Due Sicilie. A chi altri potevano appartenere le centinaia di crani presenti nel museo subalpino, inaugurato il 27 novembre 2009 e ben presto meta di manifestazioni di protesta da parte delle associazioni neoborboniche che ne chiedevano la restituzione per dar loro degna sepoltura, e che spesso risalivano la valle del Chisone per omaggiare le vittime del lager di Fenestrelle, dove sarebbero stati fatti morire di stenti quarantamila soldati napoletani, irriducibilmente fedeli a Francesco 11?2 1. M. Ingrosso» I briganti meridionali nella «fossa comune» del museo Lombroso » in «La Gazzetta del Mezzogiorno»» 2 novembre 2009, www.lagazzettadelmezzogiomo.it/ news/home/14 263 9/i-briganti-meridionali-nella-fossa-comune-del-museo-lombroso.html (consultato il 20 aprile 2022). 2. S. Montaldo» La ''fossa comune" del .1.\luseo Lombroso e il "lager" di Fenestrelle: il centocinquantenario dei neoborbonici» in «Passato e presente»» 87 (2012)» pp. 105-118. In particolare» sulla leggenda nera della fortezza sabauda cfr. A. Barbero» J prigionieri dei Savoia. La vera storia della congiura di Fenestrelle, Laterz~ Roma-Bari 2012.

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Sulla contestazione contro il Museo Lombroso e sull'iter processuale di cui è stato oggetto il cranio di Giuseppe Villella (1802-1864)-rivendicato nel 2012 dall'amministrazione di Motta Santa Lucia, in Calabria, ma rimasto all'interno della collezione lombrosiana per sentenza, nel 2019, della Corte Suprema di Cassazione3 - sono disponibili numerosi interventi che ne hanno approfondito contesto e matrici ideologiche. 4 Si è trattato di una tessera non piccola all'interno dell'ampio mosaico allestito dal variegato movimento neomeridionalista per cercare di riscrivere, già negli anni 3. C. Cilli, S. Fo~ G. Gastaldi, G. Giacobini, D. Jalla, G. Malerba, MT. Milicia, S. Montaldo, Al Museo Lombroso di Torino il caso del cranio di Giuseppe Ville/la: un patrimonio in beni culturali, la sua vera storia, le tappe giudiziarie, le implicazioni giwidiche e museologiche, in «Museologia scientifica», nuova serie, 13 (2019), pp. 139-150. 4. Montaldo, La ''fossa comune"; Id., R cranio, il sindaco, l'ingegnere, il giudice e il comico. Unfeuilleton museale italiano,. in «Museologia scientifica». nuova serie, 1-2 (2012), pp. 137-146; MT. Milicia, Lombroso e il brigante. Storia di un cranio conteso, Salerno editrice, Roma 2014; Ead. La protesta No Lombroso sul web. Narrative identitarie neomeridionaliste, in «Etnografia e Ricerca Qualitativa». 2 (2014}. pp. 265-286; S. Montaldo, Sudismo: guen-e di crani e trappole identitarie, in «Passato e presente».. 93 (2014) . pp. 5-18; M T. Milicia, Noi contro tutti. La solidarietà aggressiva nella web communitas No Lombroso. in «EtnoAntropologia», 3 (212015}. pp. 165-177; Ead... Nel laboratorio sociale dell'odio: un annodi ordinario razzismo suFacebook,. in«Voci.Annuale di Scienze Umane», XIII (2016), pp. 124-147; Ead. Postcolonialismo o Postmeridionalismo? Riflessioni sulla teoria postco/oniale a partire dalla ricerca sul campo "Into the Heart of Italy", in «From the European South», 1 (2016) . pp. 295-303, europeansouth.postcolonialitalia.it (consultato il 24 aprile 2022); P J. Y stehede,. Contested Spaces: On Crime Museums, Monuments and Memorials, in 'I'he Oxford Handbook ofthe History ofCrime and Crimina/ Justice, a cura di P. Knepper,A. Johansen, Oxford University Press,. Oxford 2016,pp. 338-352;A. Garlandini,. S. Montaldo, The Lombroso Museum in Turin. A Rejlection on the Exhibition and Scientific Study ofHuman Remains, in Museums, Ethics and Cultura/ Heritage, a cura di B.L. Murphy, Routledge,London-NewYodc2016,pp. 319-321;MT.Milicia,Ritornoalfutw-oRegno delle Due Sicilie/Retour Vers Le Futur Royaume Des Deux Siciles, in Le due civiltà. Settentrionali e meridionali nella storia d'Italia> Laterza> Roma-Bari 2000, pp. 89-109. 44. Su Levi, autore di un dramma teatrale ambientato durante la Repubblica partenope~ cfr. A. Grazi, Prophet of Renewal. David Levi: a Jewish Freemason and Saint-Simonian in Nineteenth-Century Italy> Brill, Leiden-Boston 2022, pp. 66-68. A. De Francesco, La palla al piede. Una storia del pregiudizio antimeridionale, F eltrinelli, Milano 2012, pp. 35-121. Lettere di De Zerbi a Lombroso, 15 ottobre 1880 e 7 ottobre 1889; lettera di Turiello a Lombroso, 16 ottobre 1882. Cesare Lombroso, Turiello, Governo e governati, Bologna, Zanichel/i, 1881-1882> in «Archivio di psichiatri~ scienzepenali ed antropologia criminale per servire allo studio dell,uomo alienato e delinquente», a. III (1882), pp. 4724 74. Su Vincenzo Maggiorani, il cui padre Carlo fu importante nella carriera di Lombroso> cfr. Lombroso, L'uomo delinquente, pp. 166, 333> 363; FM. Lo Faro, Tra antropologia e clinica medica. Le considerazioni di Carlo e Vincenzo Maggiorani sulla Sicilia degli anni '60, in Carlo Maggiorani. Politica e medicina nel Risorgimento, a cura di C. Canonici, G. Monsagrati> Gangemi Editore, Roma 2004, pp. 99-122. 45. S. Montaldo, Célébrer Cesare Lombroso (1906-1909). Jubilé et funérail/es du pèrede l'anthropologiecriminel/e, in «Revued,histoire des scienceshumaines»> 36 (2020), pp. 63-78, joumals.openedition.org/rhsh/4606 (consultato il 2 maggio 2022). 46. Lettere di Mosca a Lombroso> 27 marzo 1898> 11 agosto 1900> 3 settembre 1902> 26 febbraio 1909; lettere di Fortunato a Lombroso, 17 ottobre e 29 ottobre 1898, 2 aprile, 13 maggio e 16 luglio 1907. 47. Lettere di Lombroso aPitrè, 17 giugno, 8 agosto> 29 novembre 1876, 17 gennaio 1879> 15 dicembre 1888, 12 e 28 gennaio, 28 febbraio 1889, 9 marzo 1890> 10 aprile, 29 maggio 1899, 10 aprile 1900, 22 febbraio 1909 e s.d.; lettere di Pitrè a Lombroso, 27 agosto 1876, 28 febbraio 1890. G. Pitré, C. Lombroso, I gesti nei criminali, in «Archivio di psichiatri~ scienze penali ed antropologia criminale per servire allo studio dell,uomo

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do alla luce la diffusione del malandrinaggio in Sicilia, non era animato da «sprezzo, né odio», bensì da vero proprio amore che vuol scoperte le piaghe perché si riparino. La Sicilia ha uomini che superano in ingegno tutti gli altri d'Italia- e credo che non vi sia ora che l'Emilia che le possa star a fronte, anche per uomini politici - ma è in stadio di evoluzione sociale arrestato per le condizioni - e bisogna che si metta all'unisono - e perciò occorre che ci mettiamo tutti d'accordo - noi nel rivelare voi nell'aiutare a curare. Ma primo passo della cura è 1' avvertenza del male - e voi altri, se non eccetto che lei e forse nemmeno lei - siete di nna singolare permalosità - che del resto credo sia ad una ad una come tutte le regioni d'Italia. Guai se a un Piemontese si dica che vi è Cretinismo in Piemonte più che altrove, etc.; guai se a un Melfese dite che la Basilicata è il paese più infrollito d'Italia - ed io ho sul tappeto un lavoro sui Sardi (che credo derivati da popolazioni negre) che io non ho coraggio di pubblicare per timore di vedermi alzar contro tutti i sardi come un sol uomo.48

4. «Descrivendo le gesta di questi delinquenti, noi descriveremo l'agonia del brigantaggio italiano»49 Quali che fossero le reali intenzioni di Lombroso, è indubbio che l' «Archivio di psichiatria» tese a configurare la questione meridionale soprattutto come questione criminale. Oltre ai temi della criminalità comune, la rivista rivolse un'attenzione specifica al crimine organizzato, approfondito però quasi esclusivamente attraverso l'aspetto che questo assumeva, nel Mezzogiorno e sulle isole, nelle forme emergenti di mafia e camorra.50 Invealienato e delinquente», IX (1888), pp. 565-569; G. Pitrè, L 'omeri~ ivi, a. X (1889), p. 1-7; Id., Gli spiritati, ivi, pp. 67-69. 48. Lettera di Lombroso a Pitrè, 17 giugno 1876. 49. A.G. Bianchi, G. Ferrero, S. Sighele, Il mondo criminale italiano. Con una prefazione de/Prof Cesare Lombroso.1889-1892, L. Omodei Zorini, Milano 1893, p. 206. 50. La camorra in Napoli, del Cav. Abatemarco, Procuratore del Re in Napoli, in «Archivio di psichiatria, antropologia criminale e scienze penali per servire allo studio delruomo alienato e delinquente», a. I (1880), pp. 60-66; La mqfia in Sicilia. Lettera del cav. R Lestingi, Procwatore del Re, ivi, pp. 362-366; R. Garofalo, La camorra secondo gli ultimi processi, ivi, pp. 367-373; Id., Marchese V. Cimino, Breve saggio sulle origini della camorra napoletana (dal Giornale Napoletano, gennaio 1881), in «Archivio di psichiatria, scienze penali ed antropologia criminale per servire allo studio dell'uomo alienato e delinquente», a. II (1881), pp. 253-255; L.B., Camorra in Calabria, ivi, a. IV (1883),

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ce il brigantaggio ebbe sempre meno spazio sulle pagine della rivista lombrosiana, per lo più attraverso saggi a carattere storico ed etnografic51 in cui si sottolineava la distanza. che ormai separava il tempo presente dall'epoca di quei briganti che, ormai rari e innocui anziani rinchiusi nei bagni penali52 e prossimi a essere scalzati dalla modemapicciotteria anche in Calabria,53 p. 295; C. Lombroso> Aw. S. Pucci, Schizzo monografico sulla camorra nelle Provincie meridional~ Matera, 1882, ivi, a. V (1884)> pp. 371-373; F. Lestingi, L'associazione della.fratellanza nella provincia di Girgenti> ivi> pp. 452-463; G. Alonzi [Alongi], Maffia. Appunti di uno studio sulle classi pericolose della Sicilia, ivi> a. VI (1885), pp. 430-440; a. VII (1886)> pp. 131-150; S. O.> Cavalleria camorristica, ivi> a. IX (1888), pp. 556-557; De Paoli, Gergo dei camorristi, ivi> a. X (1889)> pp. 271-276; A. Zerboglio>Alongi Giuseppe, La Camorra. Studio di Sociologia criminale, Torino, Fratelli Bocca Editori, 1890, ivi, a. XI (1890), pp. 576-577; A. De Blasio, R tatuaggio dei camorristi e delle prostitute di Napoli. Note del Dott. A. De Blasio> ivi, a. XV (1894), pp. 185-204; Id.> La letteratura e le belle arti nelle carceri di Napoli. Appunti del dott. De Blasio Abele Coadiutore di Antropologia nella R. Università di Napoli, ivi> pp. 346-358; Id., Ulteriori ricerche intorno ai tatuaggi dei camorristi napoletani. Studio di Abele De Blasio. Coadiutore di Antropologia nella R. Università di Napoli e Direttore dell'Ufficio antropometrico nella R. Questura di Napoli> ivi, pp. 510-529; Id., Usanze camorristiche, ivi, a. XVI (1895), pp. 562-564; Id., I geroglifici criminali ed i camorristi in carcere> ivi> a. XVII (1896)> pp. 147-151; C. Lombroso, O'scuru O' scuro. Sonetti, con disegni di Giovanni Martoglio, Catania, 1895> ivi, a. XVII (1896)> pp. 339-340;A. De Blasio, La superstizione nei camorristi, ivi, a. XVIII (1897), pp. pp.341345; Id., Nuovi caratteri nei camorristi, ivi> a. XIX (1898), pp. 154-158; S. Ottolenghi, A. Cutrera, La mafia ed i mafiosi, origini e manifestazioni, Palermo, A. Reber, 1900, ivi, a. XXII (1901)>PP· 140-141; Camorra in Calabria, ivi, pp. 334-335; U. Lombroso> Tatuaggio in maffiosi> ivi, a. XXIII (1902)> p. 343; U. Fiore> Tipi criminali-nati nel processo Cuoco/o, ivi, a. XXVIII (1907)> p. 588; Il «Frièno» ossia lo statuto fondamentale della camorra, ivi, a. XXX (1909), pp. 236-239. 51. R. Peccei, Nicola Misasi, Il gran bosco d'Italia, Sandron, 1900, in «Archivio di psichiatria, scienze penali ed antropologia criminale per servire allo studio dell'uomo alienato e delinquente», a. XXII (1901), pp. 141-142; C. Leggiardi-Laura, Brigantaggio e Società Segrete nelle Puglie (1817-1828). Dai Ricordi del Generale Chtuch, Firenze, Barbera Ed., 1899, ivi, pp. 273-277; M. Carrara, Cascella Proj Francesco, Il brigantaggio. Ricerche sociologiche ed antropologiche, Aversa, Noviello, 1907, in «Archivio di psichiatria, scienze penali ed antropologia criminale per servire allo studio dell'uomo alienato e delinquente»> a. xxvm (1907)> pp. 405-406; C. Tovo, DeBlasio, Brigantaggio tramontato, Napoli, Pansini, 1908> ivi> a. XXX (1909), p. 502. 52. L. Tomellini, Biogrqfia di due vecchi briganti pel Dott. Luigi Tome/lini, Assistente> in «Archivio di psichiatria, scienze penali ed antropologia criminale per servire allo studio dell'uomo alienato e delinquente»> a. xxvm (1907)>PP· 320-327. 53. C. Tovo, E. Morselli e S. De Sanctis, Biogrqfia d'un bandito. Giuseppe Musolino di fronte alla psichiatria ed alla psicologia, Milano, Fratelli Treves, 1903, in «Archivio di psichiatria, scienze penali ed antropologia criminale per servire allo studio dell'uomo

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stavano ormai scomparendo. Brigantaggio moribondo è infatti il titolo della quarta parte del primo volume del Mondo criminale italiano, pubblicato nel 1893 con una prefazione del maestro, nell'ambito di un'iniziativa giornalistica volta a sfruttare in senso commerciale un'opinione pubblica appassionata al tema del delitto. 54 I tre autori si esprimevano così: Questa criminalità romanzesca, fantastica, e - diciamolo pure - artistica nella sua selvaggia brutalità, va scomparendo per lasciare il posto a una criminalità non meno pericolosa, ma più civile, più aristocratica, più gesuitica. La desolata campagna romana è deserta di briganti col cappellaccio sugli occhi e col fucile in ispalla: la capitale invece formicola di briganti in guanti gialli e in cilindro. Fra' Diavolo è stato sostituito dai Cuciniello. 55

Molto spesso, negli scritti di Lombroso e seguaci, si sottolineava la cesura tra un 'Italia antica, sopravvissuta per poco alla nascita dello Stato nazionale, poi rivelatosi incapace di migliorare le condizioni di vita di quelle popolazioni marginali che, nell'epos del brigante, vagheggiavano epoche non ancora colpite dalla crisi dell'agricoltura e dall'emigrazioalienato e delinquente», a. XXIV (1903), pp. 135-136; E. Audenino, M L. Patrizi, La fisiologia di un bandito (Musolino). Esperimenti e commenti, Torino, Fratelli Bocca, editori, 1904, ivi, XXV (1904), p. 169; G. Angiolella, Les germes ethniques et psychologiques de la camorra et du brigandage par le docteur et professeur Gaetano Angiolella, Vl° Congrès Intemational d'Anthropologie Criminelle, Turin, 1906, ivi, a. xxvm (1907), p. 333. 54. I tre capitoli che componevano questa parte erano: Un paese di delinquenti-nati, non firmato ma certamente opera di Scipio Sighele, che ne aveva pubblicato una versione precedente nel voi. XI (1890), delr «Archivio di psichiatria», sul caso di Artena, nel frusinate, dove era stata scoperta una vasta organizzazione a delinquere; Tiburzi, Ansuini e compagni, non fumato ma probabilmente scritto dallo stesso Lombroso; e La banda maurina, ancora di Sighele. Cfr. Bianchi, Ferrero, Sighele, Il mondo criminale italiano. Con una prefazione del Prof. Cesare Lombroso, pp. 208-274. Era prevista una continuazione di Brigantaggio moribondo nel secondo volume (A.G. Bianchi, G. Ferrero, S. Sighele, n mondo criminale italiano. Seconda serie (1893-1894), L. Omodei Zorini, Milano 1894), con un capitolo sui sequestri in Sicilia, ad opera di Sighele, che poi non venne realizzato. Sulr ideazione, la progettazione e la diffusione delr opera si veda la lettera di Bianchi a Lombroso, 18 maggio 1893 e, presso i Guglielmo F errero Papers, Butler Libracy, Rare Book & Manuscript Libracy, Columbia Universrty, New York: b. 9, lettere di Bianchi a F errero, 1Ofebbraio, 2, 9, 18, 21 e 25 marzo, 8 aprile, 18, 20 e 31 maggio, 1° e 26 luglio, 3, 8 e 12 settembre 1893; b. 50, lettere di Sighele aFerrero, 24 dicembre 1892, 28 febbraio, 8 e 18 marzo, 5 luglio, 28 e 31 agosto, 6, 16 e 26 settembre 1893. 55. Bianchi, Ferrero, Sighele, Il Mondo Criminale Italiano. Con una prefazione del Prof. Cesare Lombroso, p. 207. Cfr. P. Martucci, Le piaghe d'Italia. I lombrosiani e i grandi crimini economici nell'Europa di.fine Ottocento, Milano, FrancoAngeli 2002, pp. 75-124.

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ne definitiva. 56 Fu questo il punto di arrivo del ruolo del brigante nel pensiero di Lombroso: se prima della fondazione dell'antropologia criminale, durante la guerra del brigantaggio, questa era stata l'occasione, per l 'uffi.ciale medico, di sollecitare un ampio intervento riformatore secondo i precetti della scienza moderna, fiducioso nelle doti demiurgiche del governo liberale, nella seconda metà degli anni Settanta la scoperta della forza delle organizzazioni mafiose, assai più del brigantaggio, aveva indotto il criminologo a invocare misure draconiane, compresa la sospensione delle garanzie statutarie e un federalismo penale che mantenesse una legislazione d'emergenza nelle province meridionali. 57 Infine, nell'ultima fase, quella del Brigantaggio moribondo, la questione era un'occasione sia di sfruttamento commerciale sia di polemica contro l'inadeguatezza della classe dirigente liberale, per un Lombroso che aveva abbracciato il nuovo credo socialista.

56. Peccei,, Nicola Misasi,, p. 142. Cfr. Tatasciore,, Briganti d'Italia. pp. 310-311. 57. Lombroso,, Sull'incremento del delitto. pp. 83-84. Cfr. A. Mulas,, n regionalismo nell'opera di Cesare Lombroso e della sua scuola. in «Archivio storico sardo». XXXII (1981). pp. 311-347.

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Figg. 1-8. Vita e biogrqfia del flebotomo dei briganti (Foggia). 1863. Santo Stefano - Bagno penale, Museo di antropologia criminale "Cesare Lombroson dell'Università di Torino.

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Indice dei nomi

Abbati, Giuseppe, 111 About, Edmond, 210,347, 364 Abrantès, Laure Junot, duchessa d,, 344 Adhémar, Abel d,, 236 Alatri, Paolo, 322 Alaux, Jean, 67 Albany, contessa d,, vedi Stolberg-Gedem, Louise Maximilienne Caroline Emmanuelle Aldridge, Ira, 224 Alembert, Jean-Baptiste Le Rond d', 306 Alfano, Giancarlo, 147 Alfieri, Vittorio, 55 Alimena, marchese, 327 Alinari, fratelli, 278-279 Alongi, Giuseppe, 386,390 J}Jonzi, Luigi, 92, 94, 283-284 Alvarez-Ossorio Alvariiio, Antonio, 304 Amante, Bruno, 251 Amossy, Ruth, 10 Anderson, Patricia, 1O Andreoli, Maria, 286 Andriès, Lise, 26, 27 Angelov, Angel Valentinov, 53, 61 Angiolella, Gaetano, 391 Aniello, Tommaso, 79,84,257 Anna di Bretagna, regina di Francia, 312 Annicchiarico, Ciro, 188-190, 192 Ansel, Yves, 161 Anselmi, Alessandra, 304 Antonelli,Giacomo,360

Antonielli, Livio, 64 Antonini, Giuseppe, 386 Archambault, Louis-François, 4 5 Arisi Rota, Arianna, 265 Aimando, David, 341 Arouet, François-Marie, 38, 41, 308 Assoun, Paul-Laurent, 42 Astbucy, Katherine, 4 5 Astley, Philip, 257 Auber, Daniel-François-Esprit, 202-203, 205-207,209,212,262-263,291 Audenino,Edoardo,391 Audiffret, H., 249 Auer,Anna, 279 Avezzana, Giuseppe, 355 Bacchin, Elena, 346, 355 Bacot, Jean-Pierre, 13 Badin, Donatella, 78 Baker, Keith Michael, 254 Balbi, Filippo, 347 Baldinucci, Filippo, 79 Balzac, Honoré de, 20, 30, 142, 147, 173178, 253 Bandiera, fratelli, 320, 328 Banham, Martin, 231 Banti,Alberto Mario, 12, 14, 52, 330 Bara, Olivier, 21, 49,202,223,262 Barak, Gregg, 14 Barbero, Alessandro, 377 Barbier, Antoine Alexandre, 305

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Lo spettacolo del brigantaggio

Barca, Ferdinando, 324 Barker, Hannah, 132 Barone:, Vincenzo Pasquale, 93-95:, 281-283 Barra, Francesco:, 181, 250-251, 256:, 345 Barruel-Beauvel't:,Antoine Joseph, conte di, 42 Banyte:, Bemard, 54 Bartholdy, Jacob Salomon, 189-190 Bartolini, Carlo, 351 Baudelaire:, Charles:, 56 Bauer, Dominique, 252 Bayly:, Thomas, 232 BazzoW:, Giambattista, 146-147 Beaumarchais, Pierre-Augusbn:, 34, 261 Becchetti,Pietro, 94-95, 98, 277 Beck-Saiello, Émilie, 53 Bedoni:, Carlo, 360 Bell, David Alexander:, 340 Bellabarba, Marco, 314 Bellay, François:, 64 Belmondo, Jean-Paul:, 25 Bénichou:, Paul:. 38 Benigno, Francesco, 15> 342, 385 Benisson, Vittorio:, 11 O Bercegol, Fabienne:, 169 Berchtold> Jacques> 26 Berenso~Edward, 338 Berlioz:, Hector, 209:, 237 Bemetti, Tommaso, 64 Bemieri, Cesare> 33 7 Bemoud>Alphonse> 89-90:,93, 95> 105-106> 278-284:, 288 Berselli, Aldo> 383 Bertelli, Carlo, 90:, 95 Bertetti, Paolo, 13-14 Berthier, Philippe, 161, 164, 166,208 Bertillon, Alphonse, 292 Bertini, Mariolina, 175 Beseghi, Cesare:, 11 O Besl:, Stephen, 128 Betts, Abigail, 232 Beyle, Hemy, 20, 68, 159-167, 170, 175177, 253, 344-346 Bianchi,Augusto Guido, 389:, 391 Bianchi, Quirino:, 102

Birkhold, Matthew H., 16 Bizet, Georges:, 201, 213 Bizzocchi, Roberto, 11 Bodinier, Guillaume, 67 Bollati, Giulio, 90 Bonfail:, Olivier, 53-54 Bongrain, Anne, 209 Boni, Maria Grazia, 67, 226, 364 Boni, Teresa, 67,226,364 Bonnefond, Claude, 67 Bonofiglio, brigante, 328 Boor5tm:, DanielJ., 10 Borges, José, 97-98, 283-284 Borgia, Carlo, 110 Borgomainerio> Luigi, 144-145 Borrelli, Gian Giotto> 79>81 Borromeo> Carlo> 149 Bosio>Andrea, 387 Botta, bersagliere, 104 Botta, Carlo, 82-83 Bourdenet, Xavier, 161,166, 169 Bourdin, Philippe, 39, 40 Bourguign~ Louis-Dominique> 25 Bour~Antoine-Jean, 43 Bourloto11:, Edgar:, 3 52 Brady:, Mathew B., 282 Brancaccio> Giovanni> 303 Brandt, Heinrich Frantz> 227 Br~ Jean-Noel 53 Bridgewater, Patrick, 16 Brombel't:, Victor H., 346 Brown, Gregoiy S.> 39 Brown, Howard G., 251 Brunet, F rançois, 208 Brunetta, Gian Piero, 1O, 252 Bruzen de La Martinière, 304 Buccelli, Francesco, 352-353 Bucholc, Maria, 312 Buff~ Georges-Louis Leclercde, 358 Burke,Edmund:, 132-133 Burke, Peter, 10, 150-151 Burkhalter, Sarah, 62 Burstm=, Haim, 256 Buttiglione, Antonio, 22, 319:, 323, 325, 327

Indice dei nomi

Byro~ George Gordon Noel, 150, 160, 170171, 177-178, 318 Cabianca, Vincenzo, 110 Callot, Jacques, 108 Calvino:, Giovanni:, 305 Calzolari:, Monica, 64 Cammarano, Michele:, 101 Campanella, Tommaso:, 322 Camuccini, Vincenzo, 69 Canal, Giovanni Antonio:, 166 Canaletto, vedi Canat Giovanni Antonio Canonici:, Carlo:, 388 Capitelli, Giovanna, 19:, 68, 225 Capomazza:, Carlo, 186-187, 190 Capone:,Alessandro:, 17,22:,58 Caprariello:, vedi Napolitano:, Nicola Caracciolo, Maria Teresa, 53 Carafa:, Michele, 202 Cardosi:, Aldo, 58 Carelli, Gonsalvo:, 101, 106 Carli:, Maddalena, 291:, 3 82 Carlo V d'Asburgo:, imperatore del Sacro Romano Impero Germanico:, 162 Carlo VI di Valois:, re di Francia, 305 Carrara, Mario, 381:. 387, 390 Carrascosa, Michele, 356 Carrino:, Annastella:, 318 Cartouche, vedi Bourguignon, Louis-Domuuque Caruso,Giuseppe,94,97 Caruso, Michele:, 101, 105:, 287 Cascella, Francesco:, 352 Castagnola, Stefano, 185 Castellan, Antoine Laurent, 5 5 Castex, Pierre-George:, 14 7, 173-174 Cattaneo:,Massimo:,54 Causo:, Lucio, 87 Cava, Leopoldo, 326 Cavaliero, Roderick:. 78 Cavicchioli:, Silvia, 276 Ceglie:, Simonetta, 54 Celia, Felix:. 126 Cenni, disegnatore:, 97 Chambers:, Ephraim:, 306

399

Chang:, Dominica, 253 Chanzy:,Alfred:,349:,352,372 Charle:, Christophe:, 12, 239:, 252 Charlet, Nicolas-Toussaint, 265 Charlier, Gustave, 309 Charlto~ David, 203 Chateauminois, Alexis:, 261 Chatillon:. Charles de, 61:, 344 Cherubini, Luigi, 28 Chiari, Alberto:, 141 Chiariotti, Giuseppe:, 89:, 287 Chiavone, vedi Alonzi, Luigi Chollet, Rolland:, 175 Church, Richard:, 189 Ciampi, Ignazio, 62 Cibolla, Vincenzo, 281 Cicéri, Pierre-Luc-Charles:, 209 Ciconte:, Enzo, 311 Cilento, Pietro, 331 Cilli, Cristina, 378-379, 382 Cingari, Gaetano, 324 Clapisso~ Louis:, 202 Claretie:, Jules, 90-91, 100,290 Clementi:, G •:, 11 O Clery. E.J.• 127 Coccoluto Ferrigni:, Pietro:, 2 79, 284 Cogniet, Léon, 67 Colagiovanni, Antonio:, 58:, 341:, 363 Colella, Gaetano, 185 Colletta:, Pietro:, 186 Colli:, Barbara, 141 Colli:, brigante, 381 Colomb:, Romain, 162:, 344, 358 Colonna, famiglia, 164:, 341 Colosimo, Saverio, 328 Conflenti:,Alessandro:, 330 Conrad, Lorenz, 308 Consalvi:, Ercole, 63 Constable, John:, 81 Conti:, Fulvio, 385 Cooke, Tom, 232 Cooper, James F enimore:, 147, 160, 171, 173, 178 Corbin:,Alain, 17 Comeille:, Pierre, 3 7

400

Lo spettacolo del brigantaggio

Corradi1Morena, 13 Corredor, Marie-Rose, 166 Corsi, Luigi, 109 Costa, Nino, 891 277 Coudroy-Saghar1Marie-Hélène, 209 Cougny1Gaston, 352 Couleau, Cristèle, 169 Courvoisier1Fritz1 67 Cozzolino1Antoniol 105 Cremona, Tranquillo1 145 Criscuolo, Vittorio1265 Critelli, Maria Pia, 27 6 Croceo, Carmine1 1851 286 Croce, Benedetto, 255-256 Croce, Gaetano1 368 Croce, Giuseppe Maria, 35 t 360 Crouzet1MicheL 166-167 Crupi, Isodiana, 319 Cuccioni1Tommaso, 343 1369 Cuciniello1Vincenzo, 391 Cursi, Marco1 154 Custodero1Gianni, 315 Cuvelier, Jean-Guillaume-Antoine1205, 2491 257-258, 260-263 1

D Alessandri,Antonio 278 D Ambrosio,Pasquale1 330 D Amore, Fulvio, 58 D Autilia, Gabriele, 277 d Azeglio,Massimo1 69 D Urso, Giuseppe Orlandol 87 Dalbono, Edoardo, 96-97 Datta, V enita, 17 Davison, Carol Margaret1 16 De Blasio,Abele, 3151 387,390 de Broca, Philippe125 De Caprio1Francesca, 53 1 161,342 De Caprio1Vincenzo, 531, 161, 342 De Ceglia, Francesco Paolo1379 De Cesaris, Giuseppe1341 de Christeni. Emile Théodulei. 278 De Cristofaro, Emesto1379 de Cristofaro1Francesco, 20, 145, 148 De Dominici, Bemardo1791 81 De Francesco,Antonio, 388 1

1 1

1

1

1

De Jaco1Aldo, 311 de Jacquelot, Hélène, 165 De La Varenne1Louis, 93, 95-96 De Lorenzo, Renata, 324 De Roc~ Rinieri, 386 De Rossi1 Carlo, 77 De Santis, Vincenzo, 191 25,39 1223 de Sterlich, C. 157 DeZerbi1Rocco, 388 de Sivo1Giacinto, 278 Dean1David, 379 Debelly1Tommaso, 110 Dedreux-Dorcy, Pierre-Joseph, 346 Dei, Fabio, 384 Déjaure1Jean-Élie Bedène128 Del Litto1Vittorio, 1621 346 del Pesco1Daniela1 95 Del Pozzo, Raffaele, 89, 287 Delaquerrière, Louis, 209 Delavignel Germainl 202 Delestre-Poirson1Chades-Gaspard, 4 3 Delfico!, Melchiorre, 92, 98 Delicati1Pietro1 57 DellaPeruta, Franco, 338 della Porta1Bartolomeo1 174 Delleani, Lorenzo, 94-95 Delporte, Christian, 17 Delpu, Pierre-Marie, 355 DeLucia, JoEllen, 20, 85, 128 Demarchis1Geltrude, 359,371 Demartini, Anne-Emmanuelle, 15 1 17 Deplano, Valeria, 379 Dercy, Paul, 28 130-31 Desnoyers1Femand, 365 Detken, Alberto195 Di Bartolomeo1Daniele121, 205 1 233,253 Di Fiore1Laura, 341 Di Giacomo1Salvatore, 191,289 Di Pace, Ugo, 89-90193 1 95,288 di Palma, Sabbato194 Di Simone1Maria Rosaria, 58, 342 Diaz, Brigitte, 168 Diaz, José-Luis, 169 Dickens1Charles1234 Diderot, Denis1306-307 I

Indice dei nomi

Dinacci, Marcello, 253 Dilli, Francesca, 103, 106 Dilli, Piero, 103 Dolfi, Giuseppe, 102 Dolfino,Fortunato, 101 Donnet, Alexis, 258 Dorvigny, vedi Archambault,Louis-François Du Camp, Maxime, 365 du Crest, Stéphanie Félicité, 130 Dubourg, John, 238 Duckett, William, 249 Ducray-Dwninil, F rançois-Guillaume, 28 Ducrow,Andrew, 233 Dudson, Andrew, 240 Dudson, James, 239 Dugy, attore, 43 Dumaniant, vedi Bourlin, Antoine-Jean Dumas, Alexandre, 99-101, 172, 280, 290, 318,345,347 Dumersan, Théophile Marion, 43-46, 49-50 Dup~ Amantine Aurore Lucile, 20, 159, 160, 168-172, 177 Durbé, Dario, 102-104 Eastlake, Charles, 68-69, 227-229, 231 Eco, Umberto, 14 Edelstein, Dan, 254 Eggli, Edmond, 40 Egron, Adrien-César, 254 Elias, Norbert, 312 Ellis,Markham.,127 Espagne, MicheL 49 Eugenio di Savoia-Carignano, pnnc1pe, 280 Eustace, John Chetwode, 86 Fabbri, Nancy Ras~ 78 Fabre, François-Xavier, 55 Faeta,Francesco,292 Fagiolo delrArco, Maurizio, 56,359 Falco, Domenico, 330-333 Falconieri, Carlo, 59-61 Fanelli, Giovanni, 106 F arinella, Vincenzo, 102, 105 Fattori,Giovanni,19,91,102-107, 109-111

401

Fazio, Mara, 39, 41, 47, 50 Fenton, Roger, 279,283,289 Ferdinando I di Borbone, re delle Due Sicilie, 187 Ferrara, Matteo, 100 Ferrari, incisore, 354,373 Ferrero, Guglielmo, 389, 391 Ferro, Antonella, 351 Feuillet de Conches, Félix-Sébastien, 62, 66, 226 Figes, Orlando, 275 Fillette-Loreaux, Claude-François, 28 Fino, Lucio, 56 Fioravanti,Maurizio,314 Fiore,Antonio, 385 Fiore, Umberto, 390 Fiorino, Vinzia, 9,222,278, 318 Fiumi Sermattei, Ilaria, 58, 342 Flaubert, Gustave, 253 F oà, Sergio, 3 78 F ontanesi, Antonio, 11 O F orb~ Auguste de, 108 F orgacs, David, 90 F orgeot, Nicolas-Julie~ 28, 30, 202 Fomacciari, Francesco, 55 Fomasari diVerce, Ettore, 386 F orster, Edward Morgan, 143 Forti, Luigi, 183 Fortunato, Giustino, 388 Foscolo, Ugo, 82, 86-87 Fougeretde Monbro~ Louis Charles, 305 Foumier, Édouard, 310-312, 314 Fowell Buxto~ Thomas, 347 Fox, Charles James, 131-132 Fra, Diavolo, vedi Pezza, Michele Francatrippa, vedi Pisano, Giacomo Francesco II di Borbone, re delle Due Sicilie, 185, 187,277-278,283,377 Franchetti, Leopoldo, 383-384, 388 Franchini, maggiore, 283 Francia, Enrico, 12 Franco, Bemard, 40 Franco, Domenico, 315 Franconi,Antonio,257,264 Franconi, famiglia, 205 249, 262-264, 266 11

402

Lo spettacolo del brigantaggio

Franconi, Henri, 257-258> 260-263 Franconi, Laurent> 257-258 Frantz, Pierre, 19> 26> 28> 39> 40> 46-47, 146,165,202 Frappier-Mazur, Lucienne> 173 Fratacci, Carlo> 98, 100 Frediani> Lorenzo> 263 Freem~ Matthew> 14 Friedlaender> Julius, 51-52 Friedland> Paut 265 Froci, Gian Luca, 9, 12> 14, 222, 278> 292, 318,337,339>355 Fusco> Maria Antonella, 53 Gagliardi, Tommaso, 238 Galart de Montjoie> vedi La Touloubre, Christophe F élix Louis Ventre de Galasso,Giuseppe,95>191,303 Gallotti, G. Carlo> 1O1 Garda Garda, Bernardo J.> 304 Garibaldi, Giuseppe> 102, 337-339 Garlandini, Alberto, 378 Gamier> Charles> 278 Garofalo, Raffaele> 386-387> 389 Gasbarrone, Antonio, 22, 58, 61, 63, 337341, 345, 347-349, 351-353, 355-358, 359-367, 372, 375, 381-382 Gasparone, vedi Gasbarrone, Antonio Gassier, Pierre, 65-66 Gastaldi, Germana, 378 Gaudioso, Francesco, 251,304 Gauffier, Louis, 55 Gautier, Théophile, 208, 212 Gay, Sophie, 175 Genette, Gérard, 49 Gentile, Pierangelo, 3 82 Geoffroy, Julien Louis, 41 Géramb, Marie-Joseph de, 34 7, 358 Gerardi, Filippo, 60-61 Gemsheim, Alison, 252 Gemsheim, Helmut, 252 Gerra, Luigi, 384 Gerso~ Stéphane, 17 Getto,Giovanni, 149-150 Ghino di Tacco, 146, 148-149

Ghisalberti> Fausto> 141 Ghislanzoni, Antonio, 154 Giacobini>Giacomo>378-379 Giammaria, Gioacchino, 347-348 Giannantonj> disegnatore, 97 Giardina, Roberto, 181 Gibso~ Maiy, 14, 29t 367 Gilardi, Ando> 277 Giloi, Eva, 12,338 Gilpin> William, 79, 81 ~ Emilio> 323 Ginsborg> Paul> 12, 52 Gioacchino Murat, re di Napoli> 185 Giordano, Michele, 93 Giovagnoli>Max>13 Girodet de Roussy-Trioson, Anne-Louis, 65 Giuliano Gervasoni, Federica, 11 O Giuliano> Bartolomeo> 11 O Giuseppe Bonaparte, re di Napoli> 185 Godechot, Jacques, 250 Goldfrank, David, 275 Golding, Viv, 378 Golgi, Camillo, 367, 381 Gollmick, Cari, 236 Go~ Francesco, 144 Gonzalez Calleja, Eduardo, 293 Goretti, Giovanni Battista, 3 51 Goujon,Adolphe, 90, 280, 284 Gouriev, Nikolaj Dmitrievich, 57, 60-61, 66 Gouttm~Alain, 275 Goya, Francisco, 96 Gradner, Alexander, 282 Graham, Maria, 69 Gravina, Crescenzo, 100 Grazi, Alessandro, 388 Greco,Tommaso,329 Gregorio XVI, papa, 354 Grienier, Pascal, 62 Grossi, Paolo, 31 O Grouchy,Emmanuelde,345 Guégan, Stéphane, 164 Guerrazzi, Francesco Domenico, 146 Guignet, Adrien, 54, 62, 77 Guise, René, 175

Indice dei nomi

Hablitz> Carl, 131 Haig> Ro~ 131-132 Halévy, Ludovic, 201:. 203-204, 206, 212213 Hall, Daniel, 16 Hamilton, George, 228 Hansmann,Martina:,104, 107>109, 111 Haro y Guzmm1:, Gaspar de, marchese del Carpio, 304 Hartmam1:, Rudi, 346 Hastings> W arrer1:, 13 5 Haudebourdt-Lescot, Hortense, 56 Hauptman, William, 54 Haywood, lan, 11 Hazlitt, William> 85 Heine, Heinrich:. 264-265 Hérold, Louis-Ferdinand, 202-203 Hetzel, Pierre-Jules, 168-170 Hilaire, Michel, 55 Hillemacher, Frédéric, 257 Hobsbawm> Eric J.> 147-148> 305, 317 H ~ Caroline, 252,257, 261-262 Hoffmam1:, Emest Theodor Amadeus, 7980, 165,208 Huet-Brichard, Marie-Caroline, 172 Hugo, Léopold, 204 Hugo,Victo~30>175,204>234,330 Imbeau, Éloide, 1O Incisa della Rocchetla:, Giovanni> 56 Induno, Gerolamo, 106 Ingres, Jean-Auguste-Dominique, 57 Ingrosso. Marisa, 3 77 Innocenti, Barbara, 45, 261 Ionescu, Silvan, 279 lrving, Washington, 61 Isabella>Maurizio,80,83,87 !sella, Dante, 143 Israel, Jonathan, 308 Jaccard, Paul-André, 62 Jacob, Paul-Louis, 310-312 Jalla, Daniele, 378 Jallonghi,Ernesto,251 Jenkins,Hemy, 13

403

Joanne, Adolphe, 21 O Johanser1:, Anja, 378 Julian, Thibaut, 39 Julvécourt, Paul, 236 Jurt, Joseph, 311 Kahll:, Mustafa, 135 Kalifa, Dominique, 13-15, 163,234,342 Kennedy, Evory, 349 Kennet, Wayland, 349 Knepper, Paul, 378 Knight, Stephen, 15, 234 Koliopoulos, John S., 317 Koopmans, Jelle. 31 O Kreutzer, Rodolphe, 28 La Chesnaye, Nicolas de, 310-313 La Farina, Giuseppe, 184 La Gala, banda, 101 La Gala, Giona, 381 La Harpe, Jean-François de, 41 LaMannora,Alfonso, 277,284 La Martelière. Jean-Henri-Ferdinand:, 28:, 30,34,40:,42,44, 171 La Masa, Giuseppe, 324 La Touloubre, Christophe Félix Louis Ventre de, 42 Labanca, Nicola, 318, 378 Labbé, François, 34 Lacan, Emest 279 Lacombe, Hervé, 211 Lacoste-Veysseyre, Claudine, 208 Lacretelle, Charles de> 41-42 Lady Callcott, vedi Graham, Maria Lady Morgan, vedi Owenson, Sidney Laloue, Ferdinand, 249 Lam~ Karine, 260 Langer, Laurent, 62 Langlois, Jean-Charles, 279 Lanson, Gustave. 49 Lanzetta, Letizia, 59 Larousse, Pierre, 1591-60 Laveissière, Sylvaill:, 77 Lavezzari, Silvio, 11 O Lazzarini, Giovita, 337-339

Lo spettacolo del brigantaggio

404

Lazzaro, Giuseppe 296 Le Gray, Gustave 105 Le Sueur, Jean-François 228 2 30-3 t 202 Lebreton, 252 Lecchi, Stefano2276 Lefebvre, Georges2 27 Leggiardi-Laura2C., 390 Legrand2Marc-Antoine 23 8 Legrand2Raphaelle, 208 Lenox, Frederick, 235 Leone XIl2papa, 60 Leone 2Rosella, 56 Leonetti2brigante2328 Lepore 2llari~ 3 8 Leps 2Marie-Christine, 142234 Lero~ Pierre, 168 Lerra,Antonio 2 191 Lesage 2Alain-René 228-29, 202 Lesage 2Blandine2 64 Leslie 2Charles Robert281 Lestingi, Ferdinando, 390 Levea~Alphonse, 44 Levi 2David2388 Lévy, Michel 2 16 Lewis 2Jayne 2 129 Lewis2Matthew Gregory, 150 Lichtensteiger2Johann Jakob, 89, 288 Lilti,Antoine2 11,278, 337 2 358 Lindfors 2Bemth, 224 Linklater2Andrew2312 Littré2Émile 227 Livi, François2 292 Lloyd2Edward2240 Lo Faro2Francesca M. 2388 Loaisel de Tréogate2Joseph-Marie, 28, 30 Lombroso, Cesare2 222 291-2922 352 2 367368, 377, 379-392 Lombroso, Ugo 2390 Lonardi, Gilberto, 153 Longobucco 2Antonio 325 2 330 Lord Byron, vedi Byron, George Gordon Noel L o ~ Claude2 129 Loubino~ Gérard, 39 Louve~ Jean-Baptiste 228 2

2

Loxto~ Howard2 233 Loya.L famigli~ 263 Lub~ George, 168, 171 Luciani 2Sebastiano, 174 Lucio Anneo Floro2328 Lucrezio Monticelli, Chiar~ 64 Luigi XII di Valois-Orléans, re di Francia, 311-312 Luigi XIV di Borbone, re di Francia, 25 Luigi XV di Borbone2re di Francia, 26, 45 Luigi XVI di Borbone2 re di Francia, 342 42 Lumbroso, Giuseppe 2387 Lupo, Salvatore, 384 Luvarà, Francesco Saverio, 278 Lyn~ Deidre, 129 Lyon-Caen, Boris2174 Lyon-Caen, Judith, 11 Macchia, Giovanni, 38, 56 MacFarlane, Charles287 Madame de Genlis, vedi du Crest, Stéphanie F élicité Maggiorani, Carlo, 388 Maggiorani, Vincenzo, 388 Magnanimi,R.,386 Mainardi, Patrici~ 222 Maione 2Domenico2253 Maira, Daniel 161 Malerb~ Giancarl~ 378-379 Malesci, Giovanni 2 104 Mallet, Paul-Henri, 305-309 Mammone, vedi Colella, Gaetano Mammucari, Renato, 53 258 Manconi 2Francesco2304 Mané yFlaquer, Juan 298 Manes, Salvatore, 328 Manet2Edouard296 Mangiameli, Rosario 23 83 Mannoni, Lauren~ 1O Manzoni 2 Alessandro 2 20 2 141-142, 1441452148-1492152-153 Marchand 2Sophie2 40 Marchi2Vittorio, 381 Marcus 2Shar~ 128

Indice dei nomi

Maria Carolina d,Asburgo-Lorena, regina di Napoli, 181 Maria Luisa d,Asburgo-Lorena, imperatrice dei francesi, 262 Maria Sofia di Baviera, regina delle Due Sicilie, 278, 281 Mariani, Valerio, 359 Marien, MaryWamer, 276,279,282 Marini,Maurizio, 56,359 Marion, Marce!, 17 Marmo,Marcella,303 Marsollier des Vivetières, Benoit-Joseph, 29,43 Martelli, Diego, 102-103 Martelli,Sebastiano, 161 Martin,Roxane,47 Martucci, Pierpaolo, 391 Maix, Karl, 253 Masaniello, vedi Aniello, Tommaso MascilliMigliorini, Luigi, 385 Masi, Pietro, 340, 346-352, 355-368, 370 Maslan, Susan, 13 Masocco, Luigi, 341 Massari, Giuseppe, 185-186 Massaroni, Alessandro, 58, 61, 221, 225, 229,231-232,234,240-241,341,356, 363 Mastrilli, Giuseppe, 82, 165 Matarelli,Adolfo, 95, 97 Matteucci, Giuliano, 104, 106 Maurens,Jacques,37 Mauro,Domenico, 318-320, 324,326,330 Mayno, Luigi, 182, 184, 189, 192 Mazza, Barbara, 106 Mazza, Gaetana, 303 Mazzacane, Aldo, 14 Mazzini,Giuseppe, 168,355 Mazzocca,Fernando,106 Mazzocchi, Domenico, 64 McCauley, Elizabeth Anne, 89 McFalls, Laurence, 53 Méhédin, Léon-Eugène, 279 Méhul, Étienne-Nicolas, 28, 202 Meilhac, Henri, 201,203-204, 206, 212-213 Meininger, Anne-Marie, 174

405

Meisel, Martin, 228 Melai, Maurizio, 48 Mélesville, drammaturgo, 202-203 Meli, Giuseppe, 108 Mellone, Viviana, 319 Melossi, Dario, 14 Meluso,Giuseppe,328 Meluso, Salvatore, 328 Mengozzi, U ., 111 Ménissier, Constant, 249 Mennell,Stephen,312 Meriggi, Marco, 341 Mérimée, Prosper, 164,174,201 Merle, Jean-Toussaint, 44, 46, 49-50 Méry, Joseph, 344 Metastasio, Pietro, 84 Michallon, Achille-Etna, 63-64, 240 Michaud,Joseph-François,81 Miles, Robert, 16 Milicia, Maria Teresa, 367,378,381 Miller, Hemy, 11 Minghetti, Marco, 3 83 Miraglia, Biagio, 291, 318-322, 328, 331, 333 Miraglia, Marina, 292 Mitchell, William John Thomas, 1O, 222 Molière, vedi Poquelin, Jean-Baptiste Mollier, Jean-Yves, 17 Monnier,Marc,280,282 Monsagrati, Giuseppe, 388 Montaldo, Silvano, 14, 22, 291, 367, 377379, 382,388 Monti, Raffaele, 104 Morace, Aldo Maria, 319 Morachioli, Sandro, 12, 19 Moran, Thomas, 77 Mordini, Antonio, 385 Morello, Paolo, 89, 288, 290, 292 Moretti, Franco, 151 Morgan, Alison, 240 Morgan, William, 237 Morichini, Carlo Luigi, 64 Morisseau,Eugène,265 Mosca, Gaetano, 388 Motte, Charles Etienne Pierre, 64

406

Lo spettacolo del brigantaggio

Mulas>Antonello, 392 Muiioz> Antonio> 56 Murgia, Camil~ 252 Murphy, Bernice L., 3 78 Musi, Aurelio, 191 Musolino> Benedetto> 318-319, 322, 326, 331 Musolino> Giuseppe> 381 Nadar> vedi Tournach~ Gaspard-Félix Nadeau, Mart~ 45 Napoleone I Bonaparte, imperatore dei frances~ 41, 45> 159> 174> 176> 181, 188,204,262>265,328 Napolitano> Nicola> 99> 101 Nappi> M.R., 82 Nardini, Bartolomeo, 254-256 Nashe> Thomas, 126 Nerlic~ Michael 161 NervaL Gérard de 2208 Nesselrode 2Maria di Leuchtenberg, contessa di, 67 Niccoli 2Ottavia> 311 Niceforo, Alfredo 2386 Nicotera, Giovanni, 386 Nicotri> Gaspare> 386 Nigro> Salvatore Silvano, 148, 152-153 Ninco Nanco, vedi Summa, Giuseppe Nicola Nodier, Charles2 150, 166> 171-172 Normand, Émile, vedi Paul 2Adrien Norton, Rict~ 130-131 Oddo, Giacomo, 285 Offenbach, Jacques 2 201, 203-204> 206207, 212 Oliviero2Maria, 290 Ortall~ Gherardo, 305 Ottolenghi, Salvatore2 390 Owenson, Sidney> 61 278 2 80-87> 165 Ozzola, Leandro, 78 Paccagnini2Ermanno,153 Padu~ Vincenzo, 318-321, 327 Pagès2Alain, 49 Paget, Pierre2 93, 282-283

Palianti> Louis, 203 Palizz~ Filippo, 107-109 Pallavicini di Priola, Emilio 2 89-90> 98 2 102-103,277,286-288 Pandolfi, Mariella, 53 Pascoli> Lione 2 79 Passer~ Giovanni Battista, 79 Patty, James S., 54, 77-78 Paul Adrien, 340, 365-366 Paultre2Émile 2171 Pavia,Angelo Vittorio 2 386 Peccei, Roberto, 390,392 Peckett Prest, Thomas, 240-241 Pédron, Anais 2338 Pellegrini2Pietro2 360,375 Pellicer2Laure, 55 Perald~ Mario Felice> 345 Penucchett~ F elice2 100-1 O1 Peny, James 2 131 Pesci, Ugo, 353 Pessina, Giovanni, 154 Petraccone2Claudia, 388 Petrella> Errico> 154 Petrizzo,Alessio, 9, 12, 2222 278> 318, 337> 382 Petrucc~ Francesco, 58> 347 Petrusewicz, Marta, 319 Pézard, Émilie> 172 Pezza, Michele 2 21> 82, 180-181, 185, 1922 204-205, 210-211, 250-2522 254-2592 262-263,342,344>367>391 Philippot, Didier, 169 Piave, Francesco Maria, 332 Picone Petrusa, Mariantonietta, 95 Pierre 2252 Pillet, Elisabeth, 11 Pilone> vedi Cozzolino2Antonio Pinelli, Bartolomeo, 53, 55-61, 225-227 2 343>359,375 Pinelli, Carlo, 79 Pinna, Giovanni 2379 Pinotti, Andrea, 9 Pinto, Carmine, 16> 89> 99, 192, 277 2 281, 286>293,3402379 Pio IX, papa, 186, 1902 325> 329, 354

Indice dei nomi

Pio VII, papa, 63, 354 Pisani, Bruno, 330 Pisano, Giacomo, 187-188 Pitrè, Giuseppe, 384-385, 387-389 Pixérécourt, René-Charles Guilbert de, 28, 30,33,46 Pizzo,Marco,277 Planard, Eugène de, 202 Planché, James Robinson, 69, 221, 223229, 231-232, 240-241 Plancy, Jacques Albin Simon Collin de, 179 Planté, Christine, 171 Podesti, Francesco, 69 Poirson, Martial, 40 Poli, Anna, 168 Pomarède, Vincent, 64 Pomba, Giovanni, 93 Poquelin, Jean-Baptiste, 29 Portinari, Folco, 146 Poyet, Thieny, 365 Profeti, Maria Grazia, 261 Proietti, Andrea, 3 84 Proppo, Vladimir, 307 Proto Carafa, Francesco, duca di Maddaloni, 94 Protonotari, Francesco, 383 Przyblyski, JeanneneM., 10 Pu~ Gordon, 240 Pugliese, Angelo, 383 Pugliese, Giovanni Francesco, 328 Pugliese, Giuseppe Alberto, 386 Pugliese, Nadia, 291, 382 Querci, Eugenia, 106 Raboni, Giulia, 141, 152 Racine, Jean, 37-38 Radcliffe, Ann, 16, 85, 125-130, 133-134, 137-138, 144,150,160,166 Radcliffe, William, 125, 128, 130-133 Raggi, Oreste, 58-60 R.ahl, Karl, il Giovane, 52 R.ahn, Suzanne, 230 Raimondi, Edoardo, 109 Rancière, Jacques, 13 7

407

Rao, Anna Maria, 251, 304-305 Rauch, André, 15 Razgonnikoff, Jacqueline, 39 Redenti, Francesco, 1O1 Régnier, Philippe, 13,265 Regoli,Roberto,58,341 Reichardt, Rol( 12 Reid, Martine, 164 Reim, Riccardo, 15 Rémy, Tristan, 257 Renaud, Emest, 249 Reverso, Laurent, 339 Reverzy, Éleonore, 169 Rial!, Lucy, 12, 52, 280 Ricasoli, Bettino, 184 Riccardi, Paolo, 11 O Ricci, Antonello, 292 Ricci, Federico, 236 Ricciardi, Giuseppe, 326 Richter, Mario, 39 Ries,Ferdinand,237 Riffaut, Adolphe Pierre, 77 Ripamonti,Giuseppe, 148-149 Rivola, Francesco, 148-149 Robert, Adolphe, 352 Robert, Alfred, 66 Robert, Aurèle, 66-67 Robert, Léopold, 53, 61-66, 68, 226, 364 Robertson, David, 68, 228 Robertson, James, 252, 279 Robertson, John, 308 Robespierre, Maximilien de, 159 RobinHood,30,56, 148,206,224 Rocca, Luigi, 109 Rocco, Luigi, 108 Roche, Daniel, 258, 264, 266 Roche, Regina Maria, 126 Rodriguez V argas, Heman, 21 Rogers, Deborah, 126 Romagnoli, Sergio, 143-144, 148 Roncoroni, Luigi, 381 Rosa, Salvator, 16, 19, 54, 59, 62, 77-79, 81-86, 129, 134, 144, 165-166, 174, 204, 207, 224-225 Roscioni, Lisa, 19, 225

Lo spettacolo del brigantaggio

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Rose:t Margaret A., 48 Rossi, Adolfo:> 3 51, 386 Rossi, Virgilio, 386 Roulet de Mézerac, François, 64 Roulin, Jean-Marie:t 161 Rousseau:> Jean-Jacques, 35, 130:1'358 Ro~ Onorato, 69 Roversi, Antonio, 312 Roze, fotografo, 93-97 Ruffo:t Fabrizio, 165 Rumohr, Cari Friedrich von:t 61 Russi, Emanuele=> 90:t 287 Sade:t Donatien-Alphonse-François de, 31,

35 Sagliano:t Francesco:> 101 Salathé:t F riedrich, 61 Salerno, Melissa Chantal, 20 Salfi:t Francesco Saverio:> 82:t 84 Salfi:t Pietro, 323 Salvatici:> Silvia, 341 Samuels:tManuel, 13, 253-254:1'261, 265-266 Sand:t George, vedi Dupin,Amantine Aurore Lucile Sangiovanni:t Benedetto:> 239 Sanna Salaris, Giuseppe:> 386 Santo-Domingo:> Joseph-Hippolyte de, 358 Santoro, fratelli, 89 Saxon,Arthur H., 233 Say, William, 228 Sbarra, Stefania, 148 Sbriccoli, Mario, 314 Scharf, Aaron, 96 Schiavone, banda, 288 Schiller, Friedrich, 15:t 28, 30, 33:t 40:t 44:t 48-49, 148, 150, 160, 165, 171, 204, 224,250,262,318 Schneider:t Herbert, 211 Schnetz, Jean-Victor, 53, 64, 67, 164, 175, 364 Schogl, Uwe, 279 Schwartz, Vanessa R.,1 O Schwerhoff, Gerd, 314 Scirocco,Alfonso,17:t324:t327 Scolari:> Carlos, 14

Scott, Walter, 20, 146:t 166:t 173, 22t 228 Scotti:> Mario, 86 Screpanti, Ernesto, 180 Scribe, Eugène, 43, 202-209:t 211-212:t 262263 Seal, Graham, 318 Seaton, Tony:t 346 Sebastiano del Piombo, vedi Luciani, Sebastiano Secousse, Denis-François, 307 Segre, Cesare=> 309 Seidet M~ 104 Selvatico, Pietro=> 108 Servières, Joseph, 45 Settembrini=> Luigi, 319 Settimelli:t Wladimiro, 277 Sevaistre, Eugenio=> 105 Shaftesbury, Anthony Ashley-Cooper m:t conte di, 79 Shakespeare:tWilliam, 129:,148 Sharpley,Richard=,346 Sheriko:t Nicole:t 230 Sidoni, dram.maturgo=,45 Sighele:t Scipio:t 389:t 391 Signorini, Telemaco, 111 Silvestri, Agnese, 20, 169 Sirinelli, Jean-François, 17 Sismondi, Jean Charles Léonard Simonde de, 162 Siviter:t Claire:> 338 Slatta, Richard W., 318 Sleath, Eleanor:t 126 SmithAllen, James:t 101 Smith,Al~ 235 Smith, Catherine:t 127 Smith, Sidney, 181-182 Somaini, Antonio:> 9 Somaré:t Enrico:> 89 Sonetti, Silvia:> 323:t 379 Sonzogno,Edoardo,90 Sorba, Carlotta, 11-13, 52-53, 329 Sottocasa, V alérie, 17, 172, 251, 260 Soubiran, Jean-Roger, 54 Soulavie, Jean-Louis, 42 Soulié,Frédéric,234

Indice dei nomi

Spadolino:. Stefano, 56-58 Spagnolo, Carlo, 318:. 3 78 Spallett~ Ettore> 104 Speaight, George:t 230 Speranza> Fabio:. 95:t 282-283 Spinosa:.Aurora:t 107 Spooner:t William, 237 St Clair:t William:. 13 Stanhope,Sidney, 126 Stef~ Chiar~ 64 Stef~ Giuseppe, 93 Stef~ Guglielmo, 93 Stendhal, vedi Beyle:t Henry Sterbini:. Pietro, 355 Stolberg-Gedem, Louise Maximilienne Caroline Emmanuelle:t 55 Stone, Philip K.:t 346 Strauss, Jill, 3 79 Stumpo:t Luigi:. 323 Sue:t Eugène, 15 Sukiennicka, Marta:. 172 Summ~ Giuseppe Nicola, 102, 105-106, 185 Sunderland:t Jo~ 79 :t 81 Suner:tAhmet, 129 Talarico:t Giosafatte, 327-328 Tam.assi~ Arrigo, 385 Tammeo:tGiuseppe:1386 Tappero, Paolo:. 379 Tatascior~ Giulio, 14, 21:. 52, 54:t 78, 83, 85:t 91, 99, 125:t 145, 150, 160:t 192:t 221, 250,263,285,293,318,337-338,340, 342-345,347,364,367-368,381,392 Tavemier,Lysimaque,345,346 Tej~ Casimiro, 90, 110 Tesauro, Emanuele, 313 Théaulon, Emmanuel, 228 Thérenty, Marie-Ève, 11, 13, 222 Thévenin, Charles, 64 Thillon, Anna, 208 Thomas, Antoine Jean-Baptiste, 67-68 Thomasseau, Jean-Marie, 7 Thomson, Clive, 49 Thomson, Peter, 231

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Thuillier, Jacques, 77 Thuring, Henri Josep~ 43 Tiburzi, Domenico:. 90, 105:t 381 Titt~ Romeo:. 353 Tizzani, Vincenzo, 351-352, 359-230 Tom~ Gioacchino, 101 Tomellini, Luigi:. 390 Top~ Luca, 58:. 60, 34t 362-363 Torres~ Antonio P-:. 106 Tort0ra:, Alfonso, 21 Toschi,Luca,141,149 Tosco,Giovanni, 110 Tosi,Alessandro, 55 Tourbat, Pierre:t 42 Tournachon, Gaspard-Félix:. 284 Toussaint, François-Vincent, 307-31 O Tovo:t Camillo, 387,390 Tristany:t Rafael, 278-279 Trousson, Raymond:. 41 Tsikounas, Myriam, 15 Tur~ Gabriele, 251 Turiello, Pasquale, 388 Turr:t lstvan, 280 Ubersfeld, Anne:t 48 Ulloa Cal~ Pietro, 278 Vachon, Stéphane, 176 V aillant, Alain, 1 t 13:t 222 Valisa, Silvi~ 13 Vanderbruch, Louis-Émile, 344 V annucci, Settimi~ 105 V anoosthuyse, F rançois, 167 Vardare~ ban~ 163 Varroni, Bartolomeo, 356 Ve~ Ignazio, 12 V enayre, Sylvain, 13 Venturi, Franco, 305-308 V érard, Anthoine, 31 O Verd~ Giuseppe, 330 V erhuyck Paul, 31 O Vemet, Horace, 67, 107-109, 159, 174, 203204 V emoy de Saint-Georges, Jules-Henri, 202, 208,344

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Lo spettacolo del brigantaggio

Vieusseux, Giovan Pietro, 83 Viganò,Francesco, 182 Viglione, Francesco, 86 Villari, Pasquale, 383, 385 Villari, Rosario, 303-304 Villella, Giuseppe 378,380 Visconti, Francesco Bernardino, 152 Vitali, Lamberto, 277 Voghera, Carlo 97 Volonino, Michele 104 Volpi, Caterina, 77-78 Voltaire vedi Arouet, François-Marie Vulpius, Christian August, 15, 263 1

1

White, Leanne, 346 Wild, Nicole, 203,208,258,266 Wilkie,David,68 Williams colonnello 135 Williams,Penry,68 Wilson, Robert, 282 Woolf, Daniel, 253 Wrigh~Angela, 130 Wyslobocki, Tomasz, 41 1

1

1

1

Walklate,Jane,378 Wallack, James, 224, 231-232 235, 240 W aller, Susan, 227 Walz, Robin, 17 Weber, Carl Maria von, 223 W emer, Michael, 49 Wes~ William 230 1

1

Yon, Jean-Claude, 203,212,266 Y orick, vedi Coccoluto Ferrigni, Pietro Y riarte, Charles, 281 Y stehede, Per fargen, 378 Zacchia, Giuseppe, 360-361 Zara, Vincenz~ 189-190 Zazzeri,Angelica, 12 Zerboglio, Adolfo, 390 Zoller, Edmund, 65 Zorzi, Andrea, 314

Autrici e autori

OLIVIER. BARA insegna Letteratura francese del XIX secolo all'Università Lumière Lyon 2 ed è directeur adjoint delPinstitut d'Histoire des Représentations et des Idées dans les Modernités (IHRIM). Si occupa in particolare di teatro e opera nell'Ottocento, e più in generale dei legami tra letteratura romantica, spettacolo, idee ed esperienze sociali. Recentemente ha curato l'edizione critica dell'Angelo, tyran de Padoue, di Victor Hugo (Gallimard, 2022). è borsista di ricerca al Politecnico di Milano. Le sue ricerche riguardano la politicizzazione delle aree rurali, le forme politiche e cospirative della borghesia liberale e radicale in Italia meridionale e il brigantaggio tra il Decennio francese e il 1848. Tra le sue pubblicazioni: 1848. Sfera pubblica, movimenti popolari e borghesia radicale nelle Calabrie in rivoluzione, in «Società e Storia», 167 (2020) e "Tra le selve in latitanza". Monarchia, rivoluzionari e brigantaggio nelle Due Sicilie durante il regno di Ferdinando II (1830-1847), inRe e Briganti. Monarchia borbonica, controrivoluzione e brigantaggio politico nel Mezzogiorno d'Italia (1799-1895), a cura di E. Gin e S. Sonetti (Rubbettino, 2021). .AN-roNio BUTIIGLIONE

G!ovANNA CAPITELLI insegna

Museologia e storia della critica d'arte all 'Università Roma Tre. Studia la Roma cosmopolita delle arti e la cultura figurativa del Seicento olandese. Fra le sue pubblicazioni recenti: la riedizione del volume di Sandra Pinto su La promozione delle arti negli stati italiani preunitari. Dalle riforme all'Unità (Einaudi, 2022); con M.P. Donato, C. Mazzarelli, I. Miarelli Mariani e S. Meyer, la cura di Le lettere d'artista. Per una storia transnazionale dell'arte. XVIII-XIX sec. (Silvana Editoriale, 2021) e, con O. Santovetti, la cura di Lettrici italiane tra arte e letteratura. Dall'Ottocento al Modernismo (Campisano Editore, 2021).

Lo spettacolo del brigantaggio

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ALE~ANDR.o CAPONE è assegnista di ricerca in storia contemporanea all 'Università di Salerno. Si interessa alla storia politica, militare e culturale dell'Ottocento. Le sue pubblicazioni più recenti riguardano attori, pratiche e linguaggi del brigantaggio e della mobilitazione legittimista e aspetti dell'ultima occupazione francese nello Stato pontificio, alla quale sta dedicando una monografia. Per i nostri tipi ha curato La prima guerra italiana. Politiche e pratiche della lotta al brigantaggio nel Mezzogiorno (in corso di stampa). FRANCESCO DE CIUSTOFAR.O è professore associato di Letterature comparate all'Università di Napoli "Federico II". È autore di saggi di teoria e storia letteraria, fra i quali Zoo di romanzi. Balzac, Manzoni, Dickens e altri bestiari (Liguori, 2002). Ha diretto un'edizione commentata dei Promessi sposi (Rizzoli, 2014) e curato Letterature comparate ( Carocci, 2014). Insieme a Giancarlo Alfano coordina, per 1' editore Carocci, 1' opera Il romanzo in Italia. JoEILEN DELuCIA insegna Letteratura inglese alla Centrai Michigan University. Si occupa in particolare di scrittura femminile, narrativa di viaggio, letteratura romantica e pensiero illuministico. Tra i suoi lavori: A F eminine Enlightenment: British Women s Writing and the Philosophy ofProgress, 1759-1820 (Edinburgh University Press, 2015). 1

VINCENZO DE SANTis è professore associato di Letteratura francese all'Università di Salerno. Si occupa principalmente di teatro francese del lungo Settecento e di teoria e prassi della traduzione. Tra i suoi lavori: Le théatre de Louis Lemercier entre Lumières et romantisme (Classiques Garnier, 2015). DANIELE D1 BARTOLOMEO è professore associato di Storia moderna ali 'Università di Teramo. Si occupa in particolare di uso e scrittura della storia nell'età delle rivoluzioni. Il suo ultimo libro, scritto a quattro mani con F. Benigno, è La magie du passé. L idée de répétition historique dans la Révolution française (Les Perséides, 2021 ). 1

PIERRE FRANTz è professore emerito di Letteratura francese alla Sorbonne di Parigi. Specialista del teatro nel secolo dei Lumi, si è occupato di storia ed estetica teatrale e dei rapporti tra teatro e politica nel lungo Settecento. Tra i suoi lavori si segnalano: L esthétique du tableau dans le théatre du XVIII• siècle (PUF, 1998) e 1' edizione critica del teatro di Voltaire, di cui dirige attualmente la pubblicazione (Classiques Gamier). 1

SILVANO MoNTALDO è professore ordinario di Storia del Risorgimento all 'Università di Torino ed è presidente del Sistema Museale di Ateneo. Tra i suoi lavori: Donne delinquenti. Il genere e la nascita della criminologia (Carocci, 2019) e la curatela del catalogo del Museo di Antropologia criminale "Cesare Lombroso" dell'Università di Torino (Silvana Editoriale, 2015).

Autrici e autori

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SANDRO MoRACHIOLI insegna Storia dell'arte contemporanea all'Università di Napoli "Federico II". La sua ricerca si concentra sulle connessioni tra linguaggi artistici, media e sistemi culturali nel XIX e nel XX secolo. Tra i suoi lavori: L 1talia alla Rovescia. Ricerche sulla caricatura giornalistica tra il 1848 e l'Unità (Edizioni della Normale, 2013). HERNAN RooRiGuEz VARGAS è borsista di ricerca all'Istituto Italiano per gli Studi Storici ''Benedetto Croce". La sua ricerca si occupa del rapporto fra la cultura visuale e la formazione di identità e memorie all'interno di alcuni dei conflitti più importanti a livello transnazionale della seconda metà dell'Ottocento. Ha pubblicato Las Armas, las letras y el Compas (Ed. Javeriana, 2018) ed è in corso di pubblicazione Siete Mitos de la Independencia de la Nueva Granada (Ed. Javeriana). LISA Rosc10NI insegna Storia moderna alla Sapienza Università di Roma. È autrice e conduttrice di programmi radiofonici per RadioTre su temi storico-sociali e letterari. Tra le sue aree di recente interesse vi sono i rapporti tra storia e letteratura, storia della giustizia e delle sue rappresentazioni, storia della follia e della psichiatria. Tra i suoi lavori: Il governo della follia. Ospedali, medici e pazzi in età moderna (Bruno Mondadori, 2011 ); La badessa di Castro. Storia di uno scandalo (il Mulino, 2017).

MEussA CHANrAL SALERNO è dottoressa di ricerca in Storia dell'Europa mediterranea dall'antichità all'età contemporanea e insegna materie letterarie nelle scuole secondarie di I grado. Tra le sue pubblicazioni: La Costituzione nella "Voce del popolo" (1820-21), in«Lyceum», 57 (2019) e Per una lettura del periodico «L 'Amico della Costituzione» (1820-21), in Tra Parigi e Napoli. Editoria e pubblicistica in Età napoleonica, a cura di A. Lerra (Lacaita editore, 2020). AGNESE Sn.VESTRI insegna Letteratura francese all'Università di Salerno. Si interessa alle relazioni tra creazione letteraria, memoria storica e ideologia. È specialista del romanzo dell'Ottocento, con particolare riferimento all'opera di Balzac e George Sand. Ha pubblicato Il caso Dreyfus e la nascita dell 'intellettuale moderno (FrancoAngeli, 2012). Di recente ha curato, con B. Diaz, il numero monografico L 'utopie sociale dans la littérature française du XlX8 siècle, in «Francofonia», 89 (2021) e ha curato l'edizione in italiano del Leone Leoni di George Sand (Siké, 2022). Gruu:o TATASCIORE è assegnista di ricerca alla Scuola Normale Superiore di Pisa e insegna Storia del Risorgimento all'Università Roma Tre. Si occupa di storia culturale e politica del lungo Ottocento. Per i nostri tipi ha recentemente pubblicato Briganti d'Italia. Storia di un immaginario romantico (2022).

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Lo spettacolo del brigantaggio

ALFoNso TORTORA è professore associato di Storia moderna all'Università di Sa-

lerno. Si occupa di storia sociale e religiosa dell'età moderna, con particolare attenzione alla presenza valdese nel Mezzogiorno italiano. Tra le sue pubblicazioni recenti: Valdesi. Dal Piemonte alla Calabria (secc. XIV-XVII} (Carocci, 2020); L'eruzione vesuviana del 1631: una storia di età moderna (Carocci, 2021).