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Italian Pages 592 [488] Year 1996
a cura di Alain Corbin
Lmvenzione del tempo libero 1850-1960
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Un viaggio storico attraverso i mille usi del tempo libero. Dalle escursioni in montagna alle vacanze al mare, dal tennis dell'alta società inglese al calcio di massa del Novecento, dal café chantant parigino di fni e secolo al turismo popolare organizza to dal fascismo, dal giardinaggio al bricolage, dalla lettura al cznema. Un libro pieno di stimoli e sorprese sulle trasformazioni della nostra mentalità e dei nostri gusti. .
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ISBN 88-420-5048-2
l 11 1111
9 788842 050483
In sovraccoperta: George Seurat, c La grande )atte> (parr.),
1884-1886. Chicago Art lnstitute.
Alain Corbin, dell'Uruversità di Parigi
I. Per i nostri tipi ha già pubblicato Ull villaggio di camzibali uella Franda
de/1'800
(1991)
e ha curato La viole1zza
sessuale tlell(t storia
(19932).
Julia Csergo, deU'EHESS, Parigi.
Jean-Ciaude Farcy, dell'Uruversità di Parigi X.
Roy Porter, del Wellcome Instirute for History of Medicine, Londra.
André Rauch, dell'Uruversità di Sn-asburgo Il.
Jean-Ciaude R ichez, dell'Uruversità di Metz.
Léon Strauss, dell'Uruversità di Scrasburgo ID.
Anne-Marie T hiesse, del CNRS, Parigi.
Gabriella Turnaturi, dell'Uruversità cLa Sapienza> di Roma.
Georges Vigarello, dell'Uruversità di Parigi V.
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>, vol. X, 1980, n. l , pp. 27-44 (v. le carte, p. 32). 89 B. Lecoq, Les sociétés de gymnastique et de tir dans la France républicaine (18701914), in «Revue historique>>, juillet-septembre 1986, pp. 159 e 165. 90 P. Goujon, Associations et vie associative dans !es campagnes au XIXe siècle: le cas du vignoble de Saone-et-Loire, in «Cahiers d'histoire>>, t. XXVI, 198 1 , n. 2, p. 1 15. 9 1 M.-D. Amaouche-Antoine, Les societés musicales dans !es villages de l'Aude durant la deuxième moitié du XJXe siècle, in «Annales du Midi>>, n. 154, 1 981, pp. 443 -4. 92 La Naissance du mouvement sportz/ associatz/ en France. Sociabilité et /ormes de pra tiques sportives, testi riuniti da P. Amaud e J. Carni, PUL, 1986, pp. 202 e 252. 93 Statuts de l'amicale des anciens élèves de l'école d'Orgères déclarée en septembre 1898 (A.D. Eure-et-Loir, 4 M). 94 Goujon, op. cit. , pp. 133-4. 95 M. Bozon, J.-C. Chamboredon, I.:organisation sociale de la chasse en France et la si gnification de sa pratique, in «Ethnologie française>>, vol. lX, 1980, n. l , pp. 65-88. 96 D. Tallon, Les Associations dans l'arrondissement de Coulommiers au XIX• siécle, mé moire de maitrise d'histoire, Université de Paris-1, 1974, p. 10. 97 H. Lussier, Les Compagnies de sapeurs-pompiers volontairs /rançais au XJXe siècle, thése de 3• cycle, Université de Paris-1, 1984. 98 Gerbod, I.:institution orphéonique cit., p. 34. 99 A. Prost, Les Anciens Combattants et la societé /rançaise, 1914-1939, PFNSP, Paris 1977. 100 M.-N. Jeminet, Le paysan et l'écrit. Le monde paysan et la lecture dans le Canta! au XJXe siècle, in Le Paysan. Actes du 2e Colloque d'Aurillac, Editions Christian, Paris 1989, pp. 2 13 -2 1 . 101 M . Lyons, Le Triomphe du livre. Une histoire sociologique de la lecture dans la Fran ce au XJXe siècle, Promodis, Paris 1987, p. 234. 1 02 A.-M. Thiesse, Mutations et permanences de la culture populaire: la lecture à la Bel le Epoque, in «Annales E.S.C.», 1984, n. l , pp. 70-9 1. 103 A. Sylvère, Toinou. Le cri d'un en/ant auvergnat, Plon, Paris 1980, pp. 46-7. ll pa-
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dre aveva svolto il ruolo di lettore prima di andare a suonare la fisarmonica di domenica alla locanda, per far danzare i giovani. 104 N . Richter, Bibliothèques et éducation permanente. De la lecture populaire à la lec ture publique, Bibliothèque de l'Université du Maine, Le Mans 198 1 , p. 33. 105 Baudrillart, op. cit. , p. 229. 106 A. N . , F22/341. Compte rendu des séances du Congrès international du repos du dimanche, p. 74. 107 Grenadou, Prévost, op. cit. , pp. 160-1 . 108 Les ouvriers des deux mondes cit., III serie, t. I, n. 94, pp. 159-60. 109 Weber, op. cit. , p. 357. 110 Michelet, op. cit. 1 1 1 Baudrillart, op. cit. , p. 1 18. 112 Tutto ciò è particolarmente manifesto nelle regioni del centro della Francia «ove l'abitudine di lavorare la domenica tende sempre più a generalizzarsi [. .. ] i piccoli pro prietari si dedicano tutti al lavoro domenicale». Cfr. L. Milcent, Le Repos du dimanche et l'agriculture, Paris 1900. m Les ouvriers des deux mondes cit., I serie, t. IV, n. 29, p. 42. 11 4 Guillaumin, op. cit. , pp. 1 18-99. 1 1 5 Y. Crebouw, Salaires et salariés agricoles en France des débuts de la Révolution aux approches du XX• siècle, thèse Paris-1, 1986, t. II, pp. 455 e 459. 1 1 6 lvi, t. I, pp. 366-9. 1 1 7 Hélias, op. cit., pp. 368-9. 11 8 F. Auclair, Les Lois ouvrières et l'agriculture, thèse de droit, Sirey, Paris 1909, pp. 220-4. 1 1 9 J. Valdour, I.:Ouvrier agricole. Observations vécues, A. Rousseau, Paris 1919, p. 36. 120 F. Dubost, Les sorties d'un bourgeois de village, 1864-1906, in «Cahiers d'Histoire», 1987, nn. 3 -4, pp. 405-12. 121 Julien-Labruyère, op. cit. , p. 272. 122 Goujon, op. cit. , pp. 1 10-1 . 123 J.C. Chamboredon, La diffusion de la chasse et la transformation des usages sociaux de l'espace rural, in «Etudes rurales», nn. 87-88, juillet-décembre 1982, p. 234. 124 Traimond, op. cit. , pp. 8 1 , 85 e 1 14. 125 G. Cholvy, La religion, lajeunesse et la danse, in Daumard, op. cit. , pp. 137-47. 126 G. Cholvy, Patronages et oeuvres de jeunesse dans la France contemporaine, in «Re vue d'histoire de l'Eglise de France», juillet-décembre 1982, pp. 235-56. 127 Varagnac, op. cit. , pp. 62-3.
Capitolo ottavo*
Fra gli anni immediatamente successivi al 1 880 e lo scoppio della Seconda guerra mondiale, la limitazione del tempo di lavoro diventa una delle rivendicazioni fondamentali dei militanti socialisti. In que sta prospettiva, «il secolo degli operai» è stato spesso presentato, non senza ragione, come quello di una conquista del tempo libero, con dotta a termine a spese del padronato. A dire il vero, la partita che si è giocata non può ridursi a questa «Storia-battaglia». n diritto al riposo, rivendicato dalla metà del di ciannovesimo secolo, acquista allora una nuova legittimità. A partire dal decennio che si apre col 1870, una valutazione più precisa della resistenza dei muscoli e del cervello, un calcolo più rigoroso dei bi sogni e dei limiti dell'individuo suggeriscono una ridistribuzione de gli impieghi del tempo. L'importanza attribuita allo studio della stanchezza e al calcolo dei rendimenti esprime una preoccupazione polimorfa che tende a im porre, un po' alla volta, l'allungamento delle sequenze di riposo. La scienza favorisce una conquista che va d'accordo, contemporanea mente, con le esigenze della produttività e con la dignità del lavora tore. n dibattito suscitato dal riposo domenicale rivela, con partico lare chiarezza, le implicazioni e le modalità di questa nuova divisione del tempo. A.C.
* Traduzione dal francese di Carla Patanè.
La stanchezza, il riposo e la conquista del tempo di A lain Corbin-:'
Le nuove figure della stanchezza e del riposo
Fra l'inizio del decennio 1 870 e l'alba degli anni trenta, la stan chezza diventa un oggetto fondamentale di ricerca, di..analisi e di di battito. Considerata fino ad allora un fenomeno inevitabile, conse guente a qualsiasi lavoro, se non addirittura una piacevole sensazio ne collegata alla riuscita di un compito impegnativo, viene a essere dolorosamente avvertita come una diminuzione delle capacità di azione, come un segnale d'allarme che indica la soglia del tollerabile. Meglio ancora, a partire dagli anni intorno al 1870, la stanchezza co mincia a essere considerata sostanzialmente patogena. La denuncia dei danni derivanti dall'esaurimento tende a sostituirsi a quella del l'inattività. La stanchezza appare da quel momento come «un fattore nocivo, parassita, che può e deve essere eliminato a qualsiasi costo»1. È dun que importante misurarla, procedere al calcolo delle resistenze e de terminare i tempi di riposo richiesti per il ripristino delle energie. Questa ricerca scientifica riguarda sia la fatica fisica che la fatica intellettuale. A dire il vero, la distinzione introdotta tra le due forme tende ad attenuarsi. La prima si sottrae a poco a poco agli schemi del la meccanica; sembra ormai riguardare meno i muscoli e di più i sen si e il cervello. La sottomissione dell'operaio alla macchina, l' accele razione dei ritmi e l'attenzione che questa impone suggeriscono la ne cessità di inventare nuove forme di riposo. La maggior parte degli studi di fisiologia e psicologia sperimenta le dedicati a quest'argomento riguarda la fatica industriale. Lo svi*
Traduzione dal francese di Carla Patanè.
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luppo di questa nuova scienza deriva dal desiderio di attenuare la mortalità e la morbilità operaia, di lottare contro gli incidenti, gli er rori di esecuzione, le «perdite di tempo». In funzione di questa serie di obiettivi, si raccomandano nuove forme di riposo. Questo movi mento scientifico accompagna la comparsa, poi la diffusione dell'in quietudine industriale, l'industriai unrest degli anglosassoni; vera e propria malattia sociale che si manifesta, nel lavoratore, con l'irrita bilità, l'agitazione, lo sciopero. Analizzare la stanchezza allo scopo di prevenirla significa, si pensa, contribuire alla salute dell'intero corpo sociale. All 'alba del ventesimo secolo, l'argomento è all'ordine del giorno dei congressi internazionali dedicati all'igiene, alla demografia e alle malattie professionali2• La guerra rende ancora più viva l'attenzione rivolta alla fatica. In Gran Bretagna, negli Stati Uniti, in Canada e in Francia si creano appositi uffici, si formano commissioni allo scopo di studiare il problema. Durante il decennio che segue la fine del con flitto, esso rimane di attualità. L'individuazione e la prevenzione del la stanchezza figurano sulla lista degli obiettivi dell'Ufficio interna zionale del lavoro (BIT) , accanto all'organizzazione e alla durata del lavoro, allo studio delle malattie professionali, all'analisi delle conse guenze della meccanizzazione3 • Negli anni intorno al 1870, la tradizione porta a distinguere tre ti pi di stanchezza. La prima è quella che deriva dallo sforzo fisico e che genera un bisogno di riparazione attraverso il riposo. La seconda na sce dall'eccesso di attività intellettuale, già denunciato dal dottor Tis sot. Si tratta di un malessere multiforme che è importante curare con l'aria pura e l'esercizio fisico. La stanchezza sessuale maschile, ana lizzata come il risultato di una perdita che è opportuno compensare con l'astinenza, o almeno con un attento calcolo delle dispersioni, co stituisce la terza categoria. In mezzo secolo ( 1880- 193 O), la fisiologia, la scienza del lavoro e la psicologia sperimentale trasformano profon damente questa trilogia. I motivi di quest'intensa attività scientifica sono molteplici. n de siderio di giustificare, per mezzo della scienza, la rivendicazione e poi l'applicazione della regola dei «tre-otto» (otto ore di riposo, otto ore di lavoro, otto ore di sonno) - cosa che non avevano saputo fare i teo rici del socialismo - pungola la ricerca. n confronto fra l'uomo e la macchina si fa più angosciante e impone nuovi interrogativi. Un'im pressione diffusa tende a comprendere il sovraffaticamento nella gamma dei flagelli che oscurano l'immagine della fine del secolo. In quest'epoca di «colpo di Stato medico»4, favorito dal trionfo delle
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teorie di Pasteur, il fisiologo e lo psicologo trovano, nello studio del la fatica, un mezzo per affermare l'autorità del loro messaggio e per accrescere la loro influenza. La fisiologia sperimentale fa da battistrada. Mentre i medici spe cialisti dell'isterismo studiano le patologie delle contratture e delle ri gidità muscolari, Hugo Kronecker5 si dedica, nel suo laboratorio di Lipsia, allo studio del movimento animale. Le ricerche condotte sul la rana gli permettono di determinare la curva di affaticamento di un muscolo che si contrae a intervalli regolari. I lavori di Hugo Kro necker e dei suoi colleghi sono consentiti o facilitati dal progresso de gli apparecchi di registrazione dovuto a Charles Ludwig, a Marey e, soprattutto, al fisiologo italiano Angelo Mosso. Questi costruisce un ergografo e, grazie agli ergogrammi tracciati da questo strumento a partire dal 1884, può elaborare delle curve della fatica delle dita. Nel frattempo, una serie di lavori permettono di modificare le rap presentazioni della stanchezza e di provare che essa rappresenta un processo chimico che riguarda il corpo nella sua totalità, e non sol tanto l'arto o l'organo che sembra colpito. Avvertita ormai come un accumulo di scorie all'interno dell'organismo, la stanchezza fisica vie ne assimilata a un avvelenamento6. n credito accordato a questa teo ria tossica influenza, nello stesso tempo, la riflessione dedicata alle at tività sportive. Qualsiasi sforzo muscolare violento, generalizzato e prolungato rischia, infatti, di provocare un'autointossicazione. Allo ra comincia a svilupparsi la critica dell'abuso sportivo, rafforzata da una serie di misurazioni quali la spirometria, la termometria, l'anali si della tossicità delle urine e lo studio del ritmo cardiaco. È dunque sbagliato continuare a concepire il corpo come una macchina 7• A differenza di questa, l'organismo è soggetto alle leggi dell'esaurimento, che «non cresce in proporzione al lavoro fatto»8. Una stessa fatica diventa più pesante per il corpo quando è già stan co. Il muscolo, in tal caso, è obbligato a «fare appello alle forze che teneva di riserva» e il sistema nervoso «a entrare in gioco più attiva mente». Inoltre, è importante distinguere la stanchezza misurabile, che si manifesta con una diminuzione della forza muscolare, dalla sensazione interna di stanchezza - la lassitude dei francesi, il weari ness degli inglesi, la Miidigket"t dei tedeschi - che sfugge alla misura zione. Queste sensazioni, distinte dallo sfinimento muscolare avver tito come un'intossicazione, generano un'altra figura dell'affatica mento, che viene percepito come una diminuzione dell'eccitabilità9. Tale abbattimento può essere considerato un sistema di difesa del-
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l'organismo e comporta un grave rischio: quello della diminuzione, quando non della perdita, della sensibilità alla fatica stessa. Le ricerche condotte dai fisiologi permettono di fissare alcune leg gi. La soglia di fatica si rivela molto diversa a seconda degli individui. Che si tratti di lavoro, di attività sessuale, di bere o di mangiare, la re sistenza all 'eccesso presenta forti variazioni. n che porta a conclude re che è diverso anche il bisogno di riposo. S'impone allora un'altra constatazione, questa volta meno banale: la «faticabilità fisica» e la «faticabilità intellettuale» variano in modo indipendente da un indi viduo all'altro. Esistono persone robuste che non possono sopporta re la lettura di un romanzo, o addirittura di un giornale, come non riescono a scrivere una lettera10. Una delle caratteristiche più intime con cui si definisce un individuo è proprio il modo in cui si stanca; tanto più che questo segno d'idiosincrasia si rivela costante. Una serie di fattori modificano la capacità di resistenza alla fatica. Questa è la seconda legge allora formulata. La stagione, la dieta ali mentare, la qualità e la durata del riposo, l'intensità delle emozioni, l'interferenza della stanchezza intellettuale hanno un peso notevole. Se si dorme male, se si digerisce male, le curve subiscono delle mo dificazioni. In compenso, l'allenamento - oggetto di innumerevoli esperimenti - accresce la resistenza dei muscoli e quella del cervel lo1 1 . Tale constatazione è alla base dell'esaltazione della 'forma', co me delle sue connotazioni di ordine etico. Diversa dallo stato di ri poso, quest'ultima nozione, derivata dagli studi dedicati alla stan chezza, giustifica nuove imposizioni e nuove rivendicazioni. Nel momento in cui cambia il secolo, stanchezza, 'forma', allena mento, riposo, entrano a far parte di un rapporto divenuto molto complesso. Si afferma la convinzione che esiste un tipo di riposo che può nuocere al lavoro e all'impresa sportiva: quello che viene a in terrompere dei periodi di allenamento. È il motivo per cui gli specia listi cercano di definire la durata dell'esercizio necessario all'acquisi zione della forma nei diversi sport. L'attività di ricerca nel suo insieme dimostra scientificamente la necessità di ritemprare periodicamente le forze. Ciò giustifica lo stu dio specifico della fatica industriale: «L'operaio che persiste nel lavo ro quando è già stanco, produce un effetto utile minore»12; gli è ne cessario il riposo. La macchina, si fa notare regolarmente nel periodo di cui ci occu piamo, non serve a ridurre la fatica dell'uomo, come per molto tem po si era sperato. n movimento dei volani e delle cinghie, il ritmo dei martelli e dei pistoni sono spesso in contrasto con quelli del corpo
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umano. La discordanza che si awerte tra un tempo meccanico e un tempo fisiologico costituisce una delle ossessioni del decennio suc cessivo al 1 890. L'uomo è condannato a seguire la macchina; ma que sta non ha bisogno di riposarsi e impone a chi la dirige o, più sem plicemente, la sorveglia, un'attenzione che dipende strettamente dal le condizioni fisiche in cui si trova. A lunga scadenza, con l'intensità delle stanchezze inedite di cui è causa, la meccanizzazione rischia di provocare una degenerazione della razza. Simili prospettive impon gono una ricerca fisiologica e psicologica che non possono compiere gli uomini politici o i teorici del socialismo, e nemmeno i filantropi. Nel campo dell'industria, osservano questi studiosi, «le leggi scientifiche del lavoro [ . . . ] sostituiscono all'abilità manuale ereditaria [ . ] procedimenti universali»13. Si awerte l'esigenza di organizzare razionalmente le forze umane, di sviluppare una scienza fondamen tale, in origine essenzialmente tedesca, che superi la semplice razio nalizzazione del lavoro proposta da Frederick Taylor nei suoi Princi pi di organizzazione scienti/z'ca delle fabbriche. Tale ricerca è per noi di fondamentale importanza, in quanto ha giustificato il riposo, gestito il calcolo delle soglie di stanchezza e determinato la durata del lavo ro e delle sue interruzioni. Gli studi di Taylor non si collocano esat tamente in questa prospettiva. Certo, egli ha dimostrato, soprattutto con esperimenti e osservazioni sul trasporto dei carichi, che gli ope rai non usano spontaneamente le loro forze in modo da raggiungere il minimo di affaticamento. Ma Taylor ha trascurato la funzione ri posante del movimento inutile e, inversamente, l'effetto stancante della monotonia. In una parola, il suo vero obiettivo è il tempo, non la stanchezza. Al contrario, la fisiologia industriale sperimentale ha lo scopo di determinare «il minimo di affaticamento a parità di produ zione o il massimo di produzione a parità di affaticamento»14. Essa si basa sull'esame degli effetti fisiologici e psicologici del la voro. L'analisi delle forme di stanchezza implica innanzitutto lo stu dio della respirazione15, della circolazione sanguigna - misurazione della pressione, conteggio delle pulsazioni -, della potenza muscola re e del metabolismo generale. Presuppone inoltre la considerazione delle periodicità, dei ritmi o, meglio, degli andamenti ritmici delle forme di affaticamento industriale. Tutte queste osservazioni per mettono di calcolare gli sforzi; che si tratti di camminare con o senza carico, di correre, di arrampicarsi, di maneggiare attrezzi - martello, sega, badile, cesoie - o di praticare uno sport. Quest'attività scientifica, che è di competenza della fisiologia, è accompagnata da ricerche di psicologia industriale. Quest'ultima . .
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comporta lo studio degli effetti della stanchezza nervosa e dell'atti vità intellettuale sull'intensità dell'attenzione. Rinnova anche l'antica igiene dei precepta attraverso l'analisi delle condizioni dell'uso dei sensi e del modo in cui questi svolgono il loro ruolo di regolatori dei movimenti. La psicofisiologia industriale analizza le forme di stan chezza sensoriali; a questo scopo prende in considerazione «l'azione del campo acustico»16, le modalità specifiche dell'usura nervosa del telefonista, gli effetti dell'attenzione visiva della sarta. Gli obiettivi di tale attività scientifica sono molteplici: si tratta, in nanzitutto, di «dosare le componenti del lavoro affinché i muscoli si contraggano senza dolore e senza eccessivo affaticamento locale»17• La psicologia del lavoro si propone di individuare le qualità mentali e le condizioni psicologiche che determinano il miglior rendimento. La sua ambizione è, in fin dei conti, riuscire a definire i mezzi educa tivi18 suscettibili di sviluppare al massimo le facoltà di cui hanno bi sogno l'industria e il commercio. La scienza industriale porta, in ef fetti, a raccomandare forme di educazione generale dell'operaio e procedimenti di selezione della manodopera basati sulla determina zione delle attitudini. Un esempio aiuterà a capire questo modo di procedere: Jules Amar, direttore del laboratorio di ricerche sul lavoro professionale istituito presso il CNAM [Conservatorio Nazionale Arti e Mestieri] , pubblica, nel 1914, un libro intitolato Le Moteur humain et !es bases scienti/iques du travail pro/essionnel. In esso, consiglia agli imprendi tori e agli ingegneri di variare le occupazioni «affinché non siano co stantemente sollecitati gli stessi centri nervosi». Sottolinea la neces sità di evitare la noia, di aumentare le distrazioni, gli spettacoli, i rac conti, le conferenze, di proporre «emozioni di un genere diverso» da quelle provocate dal tempo di lavoro. Chiede di sorvegliare le in fluenze morali a cui è sottoposto l'operaio. Mette in evidenza l'esi genza di soddisfazione, la funzione benefica del buonumore che fa dimenticare la stanchezza. Bisogna, consiglia ancora, adattare il tipo di lavoro alle attitudini di ogni individuo e, soprattutto, «evitare di contrastare le inclinazioni»19. Lo studio dell'affaticamento industriale non si riduce a questa lo gica selettiva. Al contrario, ha conseguenze fondamentali per ciò di cui stiamo parlando. Con un procedimento improntato a una prete sa modernità, si propone di fissare la durata dello stato di riposo ne cessario alla depurazione dell'organismo, all'eliminazione delle sco rie accumulate nei muscoli, nel sangue, nelle urine. L'interruzione settimanale del lavoro, per esempio, ha l'effetto particolarmente feli-
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ce di riposare, senza peraltro attenuare gli effetti benefici dell'allena mento. Questi studi si concludono con l'elogio del sonno e con la deter minazione delle sue caratteristiche ottimali. Esso deve durare alme no sette ore. È opportuno che abbia luogo di notte, lontano dall'agi tazione, «quando intorno tutto tace»20• Un modo restrittivo di consi derare il sonno, perché, contemporaneamente, altri scienziati sottoli neano che la sua funzione non può essere ridotta al recupero della forza lavoro. Quest'attività, sempre avvertita come misteriosa, ubbi disce a una legge di periodicità, d'intermittenza. Il sonno è in rela zione con la veglia e non necessariamente con la stanchezza. La stan chezza, infatti, impedisce molto spesso di prendere sonno21• L'attività scientifica sviluppata nel periodo di passaggio fra i due secoli accompagna e giustifica, insieme, l'evoluzione della durata del tempo libero e i cambiamenti del suo contenuto. Si armonizza col crescente bisogno di distrazione che si osserva nell'andamento degli svaghi cittadini22, come pure con la maggiore attenzione rivolta alla soddisfazione dei desideri individuali. La Prima guerra mondiale serve di stimolo allo studio della stan chezza industriale, in particolare tra gli Alleati. I protocolli di ricerca si precisano durante il conflitto, e l'immediato dopoguerra può esse re considerato l'età dell'oro di questa nuova branca del sapere, so prattutto oltreoceano. L'analisi quantitativa e seriale degli incidenti sul lavoro, lo studio delle «perdite di tempo» «evitabili e inevitabili» confermano i lavori di psicofisiologia sperimentale. Vengono elabo rate batterie di test che completano le ricerche effettuate in labora torio. Per esempio, Philip Sargent Florence23 analizza i tipi di affati camento e misura i risultati del lavoro svolto secondo i giorni della settimana, la natura dei compiti, il sesso, l'età e la razza dei lavorato ri, la durata, l'intensità e le condizioni dell'attività. Questo studio del le correlazioni è all'origine di una quantità di pubblicazioni che esal tano i vantaggi sociali della profilassi della stanchezza. Una buona co noscenza delle soglie dovrebbe permettere, si pensa, di evitare il so vraffaticamento e dunque lo spreco di forze umane. L'insieme di queste ricerche porta alla condanna del lavoro not turno. I loro autori sottolineano con insistenza i vantaggi del riposo di breve durata: quello del sabato pomeriggio e quello procurato dal le pause che vengono a interrompere le mezze giornate di attività im pegnativa. È pur vero che questo cumulo di ricerche e di conclusioni peren torie ha finito per attirarsi delle critiche. Test e statistiche aventi per
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oggetto la stanchezza sono stati sapientemente contestati, per esem pio, dal dottor Dhers. Questi rimprovera a coloro che se ne servono l'indeterminatezza delle definizioni e la sopravvalutazione del ruolo del lavoro nella comparsa dei segni di affaticamento. Denuncia, inol tre, l'imprecisione delle soglie e delle scale. Ai suoi occhi, i ricercato ri non hanno tenuto sufficientemente conto della varietà delle forme che assume la stanchezza. Hanno quindi confuso un normale mezzo di difesa dell'organismo con lo stato patologico e con il senso di sa zietà, segno di inefficienza funzionale. Quasi sempre capita che siano trattate allo stesso modo una stanchezza oggettivabile, che si manife sta con un calo anormale dell'eccitabilità, e un'incontrollabile sensa zione di disgusto, che deriva da un'interpretazione soggettiva. Molti ricercatori non si curano di distinguere la stanchezza dal dolore pro vocato da uno sforzo esagerato o maldestro. La determinazione del le sedi rimane imprecisa e il vocabolario usato per descrivere i sinto mi presenta forti variazioni a seconda degli individui. Coloro che hanno effettuato i test hanno trascurato troppo spes so i fattori di perturbazione, gli effetti di laboratorio, la variabilità dei risultati secondo le circostanze. n confronto con gruppi di individui non afflitti da stanchezza è generalmente assente in questi lavori. So prattutto, questo tipo di studi tende a ignorare il soggetto, la sua sto ria, le sue abitudini, le sue condizioni di vita, le sue convinzioni. Infi ne, agli occhi del dottor Dhers, «gli studi sulla fisiologia della stan chezza presuppongono una conoscenza preliminare della fisiologia del riposo»24. In realtà, quest'ultima è quasi inesistente. Come pre tendere, allora, di trattare separatamente un elemento che è oppor tuno comprendere nella prospettiva di processi biologici che si alter nano? Le riflessioni, i lavori, i dibattiti dedicati al 'sovraffaticamento' propriamente detto superano ampiamente il campo della scienza del lavoro. Fra il 1870 e il 1914, l'argomento è di grande attualità; fra il 1880 e la fine del secolo, non è esagerato dire che si trasforma in os sessione. n sovraffaticamento lascia allora la sfera in cui l'aveva col locato, un tempo, il buon dottor Tissot ed entra anch'esso nell'era della fisiologia e della psicologia sperimentali. «La stanchezza nervo sa», «l'esaurimento nervoso» e la nevrastenia sono le cause della mag gior parte «delle infelicità e delle miserie individuali e sociali»25. Ta le convinzione è, all'epoca, largamente diffusa. Si può vedere in que sto la lontana metamorfosi dell'inquietudine descritta da Jean De prun26, a proposito del diciottesimo secolo e il permanere del legame allora stabilito fra i progressi della civiltà e quello delle malattie ner-
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vose. Quest'ossessione esprime anche la pregnanza della noia, la cui storia resta ancora da fare, contrariamente a quella dell'acedia me dievale e della malinconia dei Tempi moderni. Solo gli studiosi di let teratura si sono preoccupati di analizzarla, spesso sotto forma di spleen e rigorosamente all'interno del campo di loro competenza. Per comprendere a fondo l'influenza del sovraffaticamento, è be ne anche tener conto della paura suscitata dallo spettro dell'intossi cazione, in una fine secolo su cui grava la minaccia dei tanti veleni del lo spirito27. A questo timore si aggiunge, inoltre, l'ansia provocata dai grandi flagelli sociali d'ordine biologico. Per esempio, il sovraffatica mento può contribuire a rendere manifesta una sifilide ereditaria e ad aggravare l'esaurimento nervoso che ne è la caratteristica. Può anche indebolire la resistenza del degenerato. I dibattiti nel corso dei quali ci si scaglia contro certe mode lette rarie, come il 'nervosismo', esprimono anch'essi l'attenzione ansiosa rivolta al sovraffaticamento del cervello, proprio nel momento in cui si prende coscienza dell'importanza degli intellettuali in seno alla so cietà francese28. Tutto ciò contribuisce a fare di questa forma di stanchezza un sog getto di indagine autonomo. Sarebbe troppo lungo enumerare qui l'immensa serie di lavori di psicofisiologia sperimentale, in gran par te germanici29, che le sono dedicati in quel periodo. Alcuni si basano sullo studio della respirazione, della forza muscolare, dei ritmi car diaci, degli scambi nutritivi nel corso dello sforzo cerebrale; altri sul le variazioni dell'intensità del lavoro intellettuale secondo la sua du rata o il numero delle pause. Una serie di test misurano quindi la ve locità nel fare le addizioni, la qualità dei dettati e delle letture ad alta voce, gli effetti della ginnastica e le variazioni della sensibilità tattile. Accontentiamoci di parlare, in questo caso, della Francia. Qui il dibattito tende a focalizzarsi sul sovraffaticamento scolastico, come dimostra la controversia che ha diviso l'Accademia di medicina fra il 17 maggio e il 9 agosto del 1887. Essa merita che ci si soffermi un istante, perché ha influito sulla storia delle vacanze e dei ritmi scola stici. Proprio nel momento in cui trionfa, la scuola repubblicana vie ne messa sotto accusa dall'Accademia di medicina. La commissione formata a questo proposito arriva alla conclusione che i ragazzi sono sottoposti a una fatica eccessiva30. Confortata, a detta del suo relato re, dal consenso dell'opinione pubblica, critica l'estensione dei nuo vi programmi giudicati «enciclopedici». Il sovraffaticamento - ter mine preso a prestito dalla medicina veterinaria - è concepito da que sti medici come una stanchezza cerebrale che prepara il terreno alla
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malattia. Anche la durata giornaliera delle lezioni è oggetto di severe censure. Il dottor Dujardin-Beaumetz considera uno sproposito che i bambini dai sei ai dodici anni passino sette ore al giorno a studiare. Il moltiplicarsi delle «vittime scolastiche», degli «sgobboni tuberco lotici», dei «mutilati dell'intelligenza» conferma quest'eccesso. Il dottor Peter propone una nuova entità nosologica: la «cefalgia scola stica». «Abbiamo le nostre donne istruite, riconosce nel corso del di battito, ma in compenso abbiamo la febbre tifoidea.» Per contenere i danni di questo «insegnamento omicida», che è di ostacolo alle carriere liberali, fa aumentare le patologie e predispone alle epidemie, sarebbe opportuno che i licei e le scuole secondarie sor gessero in campagna. Sarebbe bene, inoltre, migliorare l'aerazione e l'illuminazione delle aule, dare impulso all'educazione fisica e allun gare la durata delle ricreazioni, in spazi convenientemente esposti. Sebbene le ricerche di psicofisiologia dedicate al sovraffaticamen to siano state anch'esse severamente criticate, in particolare dai dot tori Binet e Henri, e sebbene oggi certi esperimenti possano suscita re l'ilarità3 1, questo tentativo di indagine ha nondimeno contribuito a precisare la nozione di stanchezza intellettuale. L'attenzione pre stata in questo caso ai ritmi individuali e alla storia del soggetto32, l'a nalisi puntuale delle impressioni e delle loro interpretazioni hanno arricchito le osservazioni cliniche precedentemente riunite sotto il concetto di idiosincrasia. Viene abbozzata allora una sociologia del sovraffaticamento che contraddice molti luoghi comuni, sottolinean do maggiormente, per esempio, la fatica eccessiva degli uomini poli tici, degli uomini d'affari e di tutti quelli che subiscono una pressio ne psichica, rispetto a quella degli «uomini di studio», che hanno la disponibilità del loro tempo, possono riposarsi e sono meno sogget ti all'imposizione di nuove regolarità. Una ricerca scientifica intensa e multiforme si è sviluppata in coin cidenza con l'espandersi del tempo libero e ha contribuito a sottoli neare la complessità dei processi. «L'umanità è diventata a un tempo più delicata e più resistente, più sensibile alla stanchezza e più pa ziente al lavoro, più impressionabile, ma anche più capace di sop portare potenti irritazioni»33 , osserva Angelo Mosso. Tale ricerca scientifica costituisce uno sfondo che aiuta a cogliere la logica delle argomentazioni, il tenore dei dibattiti e le forme dell'azione di tutti quelli che in quel momento si adoperano per la riduzione del tempo di lavoro.
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La riduzione pura e semplice del tempo di lavoro degli operai e degli impiegati non costituisce l'argomento centrale di questo libro34. Tuttavia, se non ne rievocassimo rapidamente le tappe, i capitoli che seguono rimarrebbero incomprensibili. È quindi opportuno riper correre, a grandi linee, quella che quasi sempre viene presentata co me una conquista del proletariato. Esistono però diversi sociologi che, al seguito di David Riesman, contestano la veridicità di que st' asserzione. Essi ritengono che l'aumento del tempo disponibile de rivi da una logica interna; che il tempo dominante del lavoro abbia generato da solo la propria riduzione35. In una parola, gli incremen ti di produttività, risultato di un'efficienza crescente, avrebbero avu to, ai loro occhi, un ruolo ben più determinante delle rivendicazioni e delle lotte. Checché se ne pensi, le rivendicazioni, i conflitti, l'ela borazione di una legislazione e la diffusione delle nuove regole che essa impone hanno contribuito a fare del tempo libero un nuovo tem po sociale e a delinearne la configurazione36• A questo proposito, il Regno Unito costituisce, ancora una volta, un laboratorio privilegiato. Nel 1836, il Comitato per la riduzione del tempo di lavoro fa affiggere un manifesto con cui invita a un'assem blea gli abitanti della città di Pudsey. «Scopo dell'incontro è ottene re del tempo per il riposo e per il gioco [ . ] , per l'educazione lette raria mediante le scuole serali e, soprattutto, per l'istruzione religio sa degli operai»37• A questo stadio della ristrutturazione dei tempi so ciali, la sostanza degli obiettivi che compongono la nozione di svago popolare all'interno della classe dirigente è già definita. Vent'anni do po ( 1 856), John Fitzgerald pubblica Il dovere di procurare più riposo alla classe operaia . . 38. E non è che un esempio. L'opuscolo riproduce la parte essenziale dell'elenco delle rivendicazioni contenute nel ma nifesto del 183 6. L'autore reclama la possibilità, per l'operaio, di go dere di tre tipi di tempo libero. Il primo sarà destinato all'esercizio fi sico, il secondo alla lettura e al perfezionamento intellettuale, il terzo al riposo completo, come dire, fondamentalmente, alle gioie della fa miglia e della conversazione. Con maggior chiarezza rispetto all' au tore del manifesto citato in precedenza, quello dell'opuscolo collega quest'insieme di rivendicazioni al rispetto della domenica e alla pos sibilità di attenerlo per mezzo della libertà del sabato pomeriggio. Di mostra in tal modo una precoce comprensione della logica dei nuovi tempi sociali. Bisogna dire che, in Gran Bretagna, lo sviluppo delle scuole domenicali, poi delle scuole di fabbrica, aveva permesso di ga..
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rantire già da parecchio tempo la promozione della cultura, la mora lizzazione e l'osservanza della domenica. L'attività dei Mechanic's In stitutes e delle società operaie di mutuo soccorso rispecchiavano lo stesso tipo di finalità. In Francia, il posto occupato nel corso del diciannovesimo secolo dalla rivendicazione del tempo libero all'interno del movimento ope raio è oggetto di discussione. Questo desiderio non aveva molto spa zio nel repertorio delle richieste operaie39. La maggior parte degli specialisti ne ha tratto la convinzione che i lavoratori francesi non at tribuissero molta importanza al tempo libero. Tale asserzione è sicu ramente troppo affrettata. Per valutare correttamente la relativa ti midezza di questa rivendicazione, bisogna tener conto della strategia dello sciopero, della coscienza di ciò che era più opportuno chiede re per conciliarsi l'opinione pubblica e piegare il padronato. In que sta prospettiva, reclamare del tempo libero poteva apparire impru dente. È bene dunque non arrivare troppo in fretta alla conclusione che si trattasse di una negligenza, a sua volta segno di una modicità del desiderio. Come si è imposto il tempo libero? Come viene distribuito nel cor so della giornata, della settimana, dell'anno? Un risultato globale per mette di misurare esattamente l'aumento del tempo disponibile. La tabella riguarda la Francia40.
1 850 1900 1 980
Durata annua del tempo di lavoro
Durata globale del lavoro nel ciclo di vita
Tempo totale di veglia (base 16 ore) secondo la speranza di vita
5 . 000 3 .200 1 .650
1 85 .000 ore 1 2 1 .600 ore 75 .550 ore
2 62.000 2 92.000 420.480
ore ore ore
ore ore ore
Tempo di lavoro nel tempo totale di veglia
70% 42% 18%
Quest'evoluzione risulta in parte dalla riduzione della giornata di lavoro. Si tratta di un processo abbondantemente studiato41 e che, ri petiamolo, non fa parte direttamente del nostro discorso. Ricordia mo tuttavia, a grandi linee, questa difficile conquista prima di attar darci sui dibattiti suscitati dalla domenica e dai suoi usi. In Inghilterra, il Ten Hours Act del 1847 istituisce la giornata la vorativa di dieci ore per le donne e i bambini impiegati nel settore tes sile. Tale beneficio si estende a poco a poco a tutti i rami dell'indu stria. Inoltre, a partire dal 1850 si diffonde lentamente l'uso della
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mezza giornata di vacanza il sabato. Alla fine del secolo, entrambe le consuetudini si sono generalizzate oltremanica. La giornata di lavoro di otto ore era stata invocata da Robert Owen già nel 183 3 . I lavoratori di Melbourne l'avevano ottenuta nel 1 856. Nel 1866 il congresso dell'ATT riunito a Ginevra aveva votato una risoluzione in tal senso. Questa rivendicazione provoca una gran de manifestazione a Chicago nel 1 886 e il National Labor Union ne fa allora il suo cavallo di battaglia. Nel 1889 il congresso socialista di Parigi adotta l'idea di un Primo Maggio internazionale destinato ad appoggiare la stessa richiesta. In seguito a questa campagna, i diversi paesi adottano, uno dopo l'altro, la regola dei «tre-otto». I più restii si decidono nel 1919, do po che il principio è stato riaffermato in occasione di una conferenza internazionale riunita a Washington. È questo il caso della Francia il 23 aprile 1919. Le tante proposte di legge formulate in questo senso tra il 1880 e il 1907 erano state tutte bocciate, e la giornata di lavoro di dieci ore, decisa in precedenza a Parigi col decreto del 2 marzo 1848 - ben presto abrogato -, si era generalizzata soltanto all'indo mani della legge del 4 luglio 1912. La storia della domenica va molto al di là del nostro tema. Essa ri flette la dissacrazione del tempo; accompagna l'evoluzione delle for me di socialità; esprime la modernizzazione degli usi del tempo libe ro; segue i modi di presentazione di sé e le metamorfosi del «corpo domenicale»42. Per questa sua dipendenza da diversi fattori, ha una sua specificità all'interno della gamma delle rappresentazioni e degli usi sociali del tempo. Due riferimenti ricorrono con insistenza. Nel corso dei dibattiti suscitati dal lavoro della domenica, si fa allusione continuamente al Regno Unito. Già nel 1891, una ricerca della Lord's Day Observance Society, effettuata secondo i rami di attività, dimostra che il riposo domenicale è largamente rispettato oltremanica43 . A dire il vero, que st'usanza appartiene qui al campo dell'inespresso. Durante i primi trent'anni del diciannovesimo secolo, la domenica rappresentava già uno dei bersagli principali dei metodisti. A seconda dei luoghi, i fe deli si vedevano proibire la passeggiata, salvo che in direzione del tempio, la lettura, salvo quella della Bibbia, e persino la visita ai pa renti. Insomma, «la terribile domenica vittoriana s'impose progressi vamente prima ancora che Vittoria nascesse»44• Alla fine del secolo, il cittadino a cui è consentito lavorare fa raramente uso di questa li bertà. Il riposo domenicale, si usa ripetere, è un'istituzione «che ha radici nell'anima della nazione britannica»45 • All'esterno, è awertito
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come uno dei pilastri della potenza inglese. Sul continente questa convinzione costituisce un argomento importante a favore dell'e stensione di questa forma di tempo libero. Già nel 1 848 lord Macauly collegava la prosperità britannica al riposo del settimo giorno, e si di ce che Gladstone si vantasse di averlo sempre rispettato. li riferimento alla situazione americana si rivela appena meno fre quente. Nel 1889, per esempio, Louis Sautter, una delle anime della lotta, assicura che oltreoceano le leggi che impongono il rispetto del la domenica (Sunday Laws) arrivano «persino a interrompere il traf fico, far chiudere gli stabilimenti e le officine, vietare la caccia, i gio chi e gli spettacoli»46• Questa legislazione, rigorosamente rispettata, risale alle origini della nazione americana. Fra il periodo immediatamente successivo al 1860 e il 1906, anno della legge che istituisce in Francia il riposo settimanale, quest'ultimo - molto spesso sotto forma di riposo domenicale - viene rivendicato con sempre maggiore fermezza. Esso concorda con le nuove conce zioni della stanchezza e con la crescente attenzione riservata alla di gnità del lavoratore. I protagonisti della lotta vengono da orizzonti diversi. Soprattutto in Francia, il clero cattolico si batte con accani mento, dall'inizio del Primo Impero, in favore del rispetto del giorno del Signore. Ancora prima del 1880, anno dell'abrogazione di una legge del 1 8 14 che obbligava - teoricamente - a sospendere il lavoro in quel giorno, una serie di scritti cattolici si erano proposti come obiettivo l'osservanza del riposo domenicale47. Negli ambienti pro testanti, la lotta era altrettanto ostinata. L'impulso è venuto dalla Sviz zera, e più precisamente dagli ambienti formati da quelli che sono sta ti chiamati imprenditori morali48• All'interno della Confederazione elvetica, abbondano le società costituite espressamente per questo scopo. A Ginevra, Losanna, Berna, San Gallo e Vevey, ma anche a Londra, a Rotterdam, a Copenaghen e a Parigi, alcune associazioni protestanti danno inizio ben presto alla battaglia49. Gli uomini politici sembrano meno decisi. In Francia, tuttavia, di versi riformatori sociali hanno anch'essi ingaggiato la lotta su questo terreno. Nasce un movimento composito, in cui Paul Leroy-Beaulieu e Jules Simon, il repubblicano, si trovano fianco a fianco con Frédé ric La Play, il difensore della famiglia tradizionale, e col senatore Bé renger, detto «papà pudore», infaticabile persecutore di tutte le for me di immoralità. Fra i militanti più attivi, si notano, cosa tutt'altro che imprevedibile, impiegati del commercio e alcuni operai dei set tori più direttamente interessati. All'interno del movimento operaio e tra i pensatori socialisti, l'atteggiamento è più morbido, almeno in
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Francia. Qui l'attenzione tende a concentrarsi sulla rivendicazione dei «tre-otto». Le ragioni di questa riluttanza sono diverse. Alcuni te mono che il riposo domenicale comporti una diminuzione del sala rio. Altri vi vedono un impedimento alla libertà del lavoro. L'obbligo di sospendere le proprie attività la domenica appare a molti come un provvedimento che fa parte del processo tendente a imporre alla ma nodopera una rigida disciplina. E ciò è sufficiente a creare preoccu pazione. Inoltre, esso sembra dover rafforzare l'influenza clericale, con grande timore dei militanti repubblicani ansiosi di promuovere la laicizzazione della società. Esistono tuttavia alcune eccezioni a questa ritrosia. Prima Augu ste Comte, che distingue il riposo dall'ozio, Pierre-]oseph Proudhon e Pierre Leroux, poi Camille Beausoleil, che dedica all'argomento una relazione dettagliata nel 1898, e Jean Jaurès hanno reclamato e giustificato il riposo settimanale - se non domenicale. n libro del se condo, intitolato De la célébration du dimanche considerée sous le rap
port de thygiène publique, de la morale, des relations de /amille et de cité, costituisce un'opera di riferimento in questi ambienti.
L'elenco degli argomenti presentati a sostegno del rispetto della domenica sembra più ricco e più vario di quello che raccomanda la diminuzione della durata del lavoro quotidiano. I dibattiti si rivelano più vivaci di quelli che, più tardi, saranno suscitati dalle ferie pagate. n libero esercizio del culto continua a essere un argomento di primo piano. All'interno del clero francese, non si contano le lettere e le pa storali episcopali, i sermoni e le omelie che hanno per oggetto il ri spetto della domenica. I questionari delle visite pastorali rispecchia no il timore della profanazione del giorno del Signore, spesso assimi lata alla bestemmia50. A questo proposito, il riferimento biblico è più preciso tra i protestanti. n riposo che Dio ha voluto concedersi il set timo giorno, ricorda per esempio il pastore Léopold Monod, sugge risce il modello della settimana dell'uomo. È questo che ha dato un senso alla creazione. Insieme alla necessità di interrompere il lavoro, e in pieno accordo con questo modello, è il bisogno di conferire un significato alla fatica degli altri sei giorni che crea la nobiltà e la sa cralità del riposo domenicale. Come il sonno della notte, questo è un tempo da benedire. Ma mentre il riposo notturno è solo quello del l'incoscienza, destinato a ritemprare le forze muscolari e nervose, la domenica offre «Un riposo in cui si coltivano le sante determinazio ni, in cui si sviluppa l'energia personale, in cui si forma il carattere»5 1 . Le considerazioni d'ordine civico appaiono poco nel dibattito; sal vo sotto l'aspetto economico. Il riposo settimanale viene spesso pre-
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sentato come un mezzo per accrescere la produttività e dunque per contribuire alla prosperità e alla potenza della nazione52• Ma ciò che conta è il primato degli argomenti relativi all'igiene e alla salute. n ri spetto della domenica concorda con la fisiologia e la psicologia della stanchezza. Già nel 1889, un medico di Basilea, Haegler, in un libro divenuto ben presto un riferimento indispensabile53 , sviluppa il se guente ragionamento. L'uomo ha bisogno di due tipi di riposo. n pri mo, di breve durata, è procurato dal tempo libero serale, dal riposo notturno e dalle pause che interrompono il lavoro. Questi «bisogni di ricreazione più immediati» giustificano la limitazione della gior nata lavorativa a otto ore. Ma esiste un altro riposo, destinato, que sto, a ristabilire «l'elasticità del corpo e della mente»; è quello della domenica. Interrompere il lavoro un giorno su sette risponde a una «legge naturale»; è proprio per questa ragione che, in Francia, è fal lito l'esperimento del decadì54• Anche i cavalli da fiacre rimangono nella scuderia un giorno alla settimana. n riposo settimanale dà la possibilità di ritemprare i polmoni, di ristabilire la circolazione sanguigna e la sensibilità sensoriale, di cal mare il sistema nervoso, di ripristinare la capacità di attenzione e di ragionamento logico. Il rispetto della domenica elimina il pericolo del sovraffaticamento. Previene il deperimento fisico, la comparsa delle infermità, gli incidenti sul lavoro, le catastrofi ferroviarie. Il la voratore riposato non ha bisogno di ricorrere all'acquavite. La do menica attenua quindi i rischi che corre la discendenza dell'operaio. n dottor Féré insiste, così, sulla virtù che ha il riposo settimanale di esorcizzare la degenerazione55. Ma i vantaggi di questa interruzione regolare del lavoro non sono solo questi. n rispetto della domenica comporta una diminuzione dei suicidi e dei delitti. Favorisce il risparmio. La serie degli argomenti di ordine sanitario si trasforma ben presto in un'arringa in favore di una morale sociale laicizzata. n diritto al riposo settimanale viene presen tato come un corollario del diritto al lavoro56. Esso contribuisce alla dignità dell'uomo, permette la soddisfazione dei «bisogni più elevati dell'essere» e «il ritorno regolare della forza morale»57• L'individuo deve avere il diritto di essere «padrone di una parte del suo tempo, delle sue membra e della sua persona»58. Questo bisogno diventa an cora più evidente con l'uso della macchina; di conseguenza, riguarda più l'operaio che l'artigiano, che dispone con maggiore facilità del suo tempo. Tutto questo richiede che il riposo domenicale possieda diverse caratteristiche. Innanzitutto dev'essere simultaneo e uguale per tutti.
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È una questione di atmosfera. La vera domenica «ha bisogno del ve stito da festa»59• Presuppone un' «impronta generale di pulizia, di cal ma, di elevazione morale e spirituale», una possibile comunione de gli individui nella libertà. All'interno di tutti i gruppi favorevoli al ri poso settimanale, associazioni, opere benefiche o sindacati, si vuole vedere in esso un'occasione per rendere più stretto il legame socia lé0. In Francia, questo tipo di rivendicazione si accorda con le nuo ve abitudini sociali suscitate da un desiderio di ascesa più forte che in precedenza. n fatto di vestirsi a festa e passeggiare per i viali signi fica, per il lavoratore, godere di piaceri inerenti alla qualità stessa del la domenica. Inoltre, la simultaneità di questo riposo, si usa ripetere non senza qualche contraddizione, favorisce l'accesso alla bellezza, offre cioè la possibilità di praticare attività letterarie e artistiche. È importante infatti - e qui sta la seconda contraddizione conti nuamente reiterata dai sostenitori del riposo domenicale - che que sto settimo giorno sia occupato dalla buona ricreazione, che costitui sca una «scuola di moralità»61, una propedeutica del tempo modera to. La domenica impone dei doveri. Dev'essere un tempo di libertà, non di pigrizia. In quel giorno, il lavoratore eviterà, beninteso, «i pia ceri smodati», «l'inerzia totale, indolente, in abiti sudici, su un letto e in una camera angusta»62• Sarà opportuno che si scelga un"occu pazione' per evitare il vuoto e la noia. Questa dovrà essere, contem poraneamente, «facile, scelta spontaneamente, piacevole e allegra». La domenica, il lavoratore deve ricercare l'aria pura, la riserva di os sigeno. Altrimenti, trascorrerà il suo riposo «in abiti puliti, in una ca sa linda e ordinata»; il che presuppone la libertà del sabato pomerig gio, che gli consenta di fare il bagno, pulire la casa, fare il bucato, sti rare e accomodare la biancheria. I militanti che invocano il riposo settimanale lo concepiscono co me un tempo consacrato alla pienezza della vita familiare. Questa è un'argomentazione destinata a convincere l'opinione pubblica, con viene quindi rivestire la domenica di tutte le attrattive possibili. Jules Simon, d'accordo con Frédéric Le Play, esalta la passeggiata fatta in sieme da tutta la famiglia. Nel 1905 , il senatore Poirier, relatore del la legge sul riposo settimanale, decanta il piacere di «assaporare la gioia ingenua dei bambini». Bisogna che, in quel giorno, il lavorato re possa consigliare e guidare i suoi congiunti. In breve, la rivendicazione del riposo domenicale (o settimanale) si accorda, insieme, con la nuova influenza dei riti della vita privata all'interno delle classi popolari e con lo sviluppo di quelli che si in ventano nello spazio pubblico delle grandi città. Grazie a questo nuo-
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vo tempo di svago, assicurano i militanti, si attenuerà nel lavoratore il timore del matrimonio63 • Il numero dei divorzi calerà, mentre risa lirà quello dei concepimenti. In Francia, la domenica permetterà di prevenire «l'orgia del lunedì», e dunque «l'abbrutimento del mar tedì». Coloro che militano in favore del riposo domenicale se la pren dono, infatti, col lunedì non lavorativo. In quel giorno l'operaio non si riposa in famiglia; preferisce andare all'osteria dove, fra compagni, «si può parlare tranquillamente». Lo sfasamento del tempo di riposo all'interno della coppia fa sì che l'operaio lasci «sua moglie sola e sen za niente da fare la domenica»64, cosa che non è esente da rischi mo rali. Il riposo settimanale è visto, inoltre, come fattore di pace socia le. Evita che il lavoratore s'inasprisca, contribuisce a formare il giu dizio, favorisce l'accesso alla verità. Entra quindi nella lotta condot ta contro le idee rivoluzionarie e permette di evitare lo sciopero65. Ma il riposo domenicale ha anche i suoi avversari. L'ostilità è par ticolarmente forte all'interno delle camere di commercio. In Francia, in particolare, i proprietari delle panetterie, delle macellerie e dei ne gozi di lusso, si oppongono tenacemente al riposo settimanale. Biso gna dire che in questo paese l'ostilità ha radici nella tradizione; fa par te della difesa di certe particolarità nazionali. I francesi temono la do menica spenta e silenziosa, il noioso Sunday degli inglesi66. Il mante nimento dell'apertura delle pasticcerie, che consente di comprare il dolce, magari all'uscita dalla messa, ha valore di simbolo nazionale. In campagna come in città, è consuetudine fare gli acquisti la dome nica mattina. Molti proprietari sottolineano il rischio di veder calare la produ zione nazionale. Agitano il fantasma del riposo disonesto, tanto più che nella Francia del tempo gli usi della domenica si modificano. Il giorno del Signore tende a perdere la sua sacralità e ad apparire sem pre di più come un tempo destinato al piaceré7. Ci restano da esaminare i mezzi della lotta e le tappe della con quista del riposo settimanale, quasi sempre domenicale. Ancora pri ma della metà del secolo, si erano formate diverse 'associazioni' che avevano lo scopo di predicare l'interruzione del lavoro nel settimo giorno della settimana. In Gran Bretagna facevano parte della lotta condotta in favore delle «distrazioni razionali» e ricalcavano il mo dello del movimento per la temperanza. In Francia, assumevano, più decisamente, l'aspetto di organizzazioni clericali. Alcune di queste associazioni erano semplici sezioni di società con obiettivi più ampi, altre erano solo comitati temporanei, altre ancora costituivano delle
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autentiche «società domenicali», spesso di ispirazione confessionale, quasi sempre aperte a tutti i militanti. In seguito, queste associazioni cominciano a riunirsi. Nel 1876 si costituisce a Ginevra una Federazione internazionale. Da quel mo mento, i congressi o le conferenze internazionali si susseguono a sca denze regolari. Nel 1889, il Congresso internazionale sul riposo set timanale dal punto di vista igienico e sociale porta il problema all'at tenzione dell'opinione pubblica francese. Nel 1900, il senatore Bé renger, presidente della Lega popolare per il riposo della domenica in Francia, una delle tante leghe per la moralità che patrocina, pre siede un nuovo congresso internazionale riunito a Parigi. I mezzi di azione di questi militanti sono molteplici; le associazio ni in difesa del riposo domenicale partecipano alle Esposizioni uni versali. Il movimento ha la sua stampa. Nel 1889, il «Bulletin domi nical», stampato a Ginevra e redatto in francese, ha una tiratura di quindicimila copié8. A Basilea, «L'Amico della domenica», in lingua tedesca, ha una larga diffusione. A tutto questo si deve aggiungere una fitta serie di manifesti e volantini, per non parlare degli innume revoli opuscoli. I militanti tengono continuamente discorsi in pub blico. Sommergono di petizioni e iniziative le municipalità delle gran di città. Organizzano, qua e là, il boicottaggio domenicale dei nego zi. Qualche volta l'azione assume forme più brutali. In Francia, in particolare, certe botteghe vengono chiuse con la forza e si lanciano sassi contro le vetrine. I sostenitori del riposo domenicale si appellano all'etica indivi duale. Fénelon Gibon69 chiede, per esempio, ai suoi lettori di «non comprare niente, [di] non farsi consegnare niente, [di] non imposta re niente, [di] non far lavorare i propri domestici, i propri operai» la domenica. La lotta ha ormai un lungo elenco di bersagli: i negozi di lusso e gli empori, le ditte che effettuano consegne a domicilio, gli uf fici postali, le edicole di giornali, le stazioni e le caserme. I militanti denunciano, inoltre, l'abitudine di corrispondere per la domenica una paga maggiorata70. Nel 1889 viene posta ufficialmente la que stione del riposo settimanale dei proprietari. I risultati di quest'azione multiforme sono incontestabili. Già nel 1 877 è promulgata, in Svizzera, una legge che impone il riposo do menicale. Da quel momento, in Europa si delineano due blocchi71• I regni settentrionali, di tradizione protestante, quindi gli imperi cen trali adottano, uno dopo l'altro, misure atte a favorire o a imporre il riposo della domenica. Del tutto diversa è la situazione nell'Europa meridionale. In Italia, in Spagna72, in Portogallo, in Francia soprat-
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tutto, le consuetudini domenicali appartengono a un'altra ctÙtura. Così il riposo settimanale è istituito in Spagna solo nel 1904 (legge del 3 marzo) . A quell'epoca solo la Francia, con l'Italia, resiste ancora a questa marea montante. Questo fatto non può destare meraviglia og gi, se si pensa che la Francia è stata anche uno degli ultimi paesi a im porre la giornata di otto ore. D regime non si preoccupava molto di questo tipo di problemF3 . Lo stesso ritardo si ritrova nell'insieme della legislazione sociale. Nel 1806, il trionfo ufficiale della domenica sul decadì era stato avvertito da molti come una rinuncia al tentativo di laicizzazione del tempo e una vittoria di coloro che intendevano ripristinarne la sacralità dei rit mi. Quest'inserimento del riposo domenicale nel contesto della lotta che vedeva di fronte il clericalismo e l'anticlericalismo non fu di menticato. La legge del 18 novembre 1 8 14, che imponeva il riposo domenicale, era stata considerata, a buon diritto, un successo ripor tato dal clero. E, in realtà, fu applicata molto male. Si capisce, allo ra, come la Repubblica trionfante si sia affrettata ad abrogarlo (legge del 12 luglio 1880), nel momento in cui liberalizza va la stampa e cercava di laicizzare l'insegnamento. Quest'abrogazio ne viene avvertita, dai partigiani del regime, come una vittoria sim bolica. Proprio per questo era ancora più difficile per i repubblicani rinunciarvi. Da quel momento, solo i bambini impiegati nelle offici ne, nelle manifatture e nelle miniere ( 184 1 ) , le donne, i bambini e le ragazze minorenni che lavorano nell'industria (legge del 19 maggio 1874) beneficiano - in teoria - di un riposo settimanale che, dopo il 1892, il padrone può accordare in un giorno di sua scelta. Tuttavia, l'uso di abbassare la saracinesca di domenica progredi sce, col passare degli anni74. A Parigi, gli uffici postali, che prima smettevano di lavorare alle nove di sera, a partire dal 1890 chiudono le porte alle sei, poi alle quattro nel 1894. Alla fine del secolo, molti proprietari parigini decidono di non aprire più i loro negozi la do menica. In provincia, si diffonde l'abitudine di abbassare le saracine sche a mezzogiorno, o altrimenti, alle due o alle quattro del pome riggio. Nelle piccole città, una simile consuetudine presuppone un accordo tra i concorrenti. Certi proprietari di industrie, come Peu geot a Valentigney75, sperimentano la vacanza domenicale. Ma si trat ta sempre di una minoranza. Durante i primi anni di questo secolo, i dipendenti del commer cio si organizzano, secondo le branche di attività. Mentre diverse pro poste di legge abortiscono una dopo l'altra ( 189 1 , 1 896, 1897 , 1900) , monta l'agitazione nelle principali città del paese. 11 10 luglio 1906, la
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Camera dei deputati approva, in seconda lettura, il progetto di legge che istituisce il riposo settimanale. La legge non si applica ai dome stici, e neppure all'agricoltura o alla pesca. Prevede anche una serie di regimi eccezionali. I lavoratori degli alberghi, delle rivendite di be vande, dei negozi di generi alimentari e delle tabaccherie, degli ospe dali, degli ospizi e degli asili, del giornalismo e dello spettacolo come pure quelli dei trasporti hanno diritto soltanto a un riposo a rotazio ne. Inoltre, ogni prefetto si vede riconoscere la libertà di accordare delle deroghe. n caso francese dimostra in modo evidente la ricchezza del dibat tito suscitato dal riposo domenicale o settimanale e la confluenza de gli obiettivi che lo riguardano. Vi sono implicate la stanchezza, la sa lute, l'usura fisica e la relazione con l'ambiente. Il riposo della dome nica è anche un problema morale, e in quanto tale va a toccare l'an sia provocata dai flagelli sociali e dal rischio di degenerazione. Le di scussioni che genera rispecchiano i grandi conflitti che attraversano la società: che si tratti della lotta anticlericale, dell'azione in favore della cultura popolare o della difesa della libertà religiosa. Coinvolge la divisione tra sfera privata e spazio pubblico e il mantenimento del le forme di socialità tradizionale. In breve, ecco un dibattito in cui si mescolano inestricabilmente gli obiettivi politici di portata naziona le, gli interessi di categoria e quanto appartiene, nel suo significato più profondo, alla cultura del tempo. Note 1 V. Dhers (addetto al BIT), Les Tests de fatigue. Essai de critique théorique, Baillière, Paris 1914, pp. 5-6. Per quanto segue, v. l'articolo fondamentale di A. Rabinbach, I.:age de la/atigue: énergie et /atigue à la/in du XJXe siècle, «Urbi», n. 2, dicembre 1979, pp. XXXII XLVIII. Due pubblicazioni aprono quella che quest'autore chiama /. La varietà delle abitudini del pesce impone un'incessante acquisizione di conoscenze. Qualunque sia il suo livel lo, il pescatore deve «informarsi personalmente presso i competenti del posto»8• La pesca cosiddetta tradizionale si distingue per una complessa re lazione con lo spazio. Certo, si tratta di un'attività definita 'staziona ria'; cosa che le vale l'accusa di passività. I suoi detrattori si fanno bef-
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fe della sua immobilità, che la rende accessibile all'età avanzata9. Iro nizzano sulla «pesca degli invalidi» adatta a «consolare la vecchiaia». In realtà, anche quando opera in mezzo all'acqua, il conoscitore de ve saper «piazzare» la sua barca, a seconda della profondità e della natura del fondo. Questa pesca si pratica in acque tranquille, agitate al massimo da una leggera corrente. Richiede, quindi, un'acuta capa cità di percezione del posto10. Alla fine di una paziente osservazione del fiume, fatta nel corso di lunghe camminate, il pescatore con la len za deve scegliere «il punto giusto». È l'impossibilità di questo studio preliminare che fa la mediocrità del pescatore della domenica. Biso gna, infatti, «esplorare un po' le rive, esaminare la corrente, sceglier la piuttosto tranquilla, cioè evitare l'acqua stagnante come l'acqua che scorre troppo velocemente, stare lontani dagli alberi - che in tralcerebbero la lenza - [ . . . ] fare attenzione alle erbe [ . . . ] , cercare di mettersi nello stesso tempo al riparo dal vento e dal sole troppo for te, assicurarsi che il fondo sia uniforme e la profondità giusta»1 1 • n pescatore deve indovinare il pesce secondo la topografia; in una pa rola, ha bisogno di conoscere perfettamente la 'zona' in cui opera. Sa prà che il bottino, se ci sarà, sarà più abbondante vicino ai battelli at trezzati a lavatoio, in prossimità di sorgenti tiepide, di rimesse di bar che, di fogne. Poi, è necessario scandagliare bene e soprattutto pasturare a do vere; cioè preparare con cura il posto il giorno prima o, altrimenti, qualche ora prima di cominciare a pescare. È consigliabile, infine, ri spettare le convenienze ed evitare «il posto frequentato e pasturato da un [altro] pescatore»12. La pesca tradizionale «richiede un gran dispendio di tempo»13• Tra tutte le attività del tempo libero, è considerata quella che ne di vora di più. Penetrare il mistero delle acque presuppone una conca tenazione di deduzioni necessaria per decifrare l'enigma. È per que sta ragione che il «campagnolo» resta sempre un pescatore mediocre. A meno che non abiti una «regione di trote» (Alpi, Vosgi, Borgogna, Normandia . . . ), non ha dedicato abbastanza tempo al suo apprendi stato; la sua pesca, a detta degli autori di manuali, è quasi sempre sol tanto «un'abitudine atavica». Il pescatore con la lenza deve, certamente, rimanere sempre in ag guato; cosa che mantiene la sua «nervosità». Ciò nondimeno il suo passatempo è una scuola di pazienza. Certuni si chiedono del resto «se la vita sia tanto lunga e il tempo di così scarso valore da poterlo impunemente sprecare COSÌ»14. n problema di regolamentare un'atti vità che unisce fino a questo punto «abnegazione intellettuale» e «in-
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differenza fisica» è in armonia con la volontà di legittimare la pesca sportiva. Nel corso di questo dibattito, si manifestano concezioni an tagoniste degli impieghi e delle qualità del tempo. Per alcuni, questa pazienza eccessiva porta alla rassegnazione; deriva da una sorta di ab bandono, di rinuncia al desiderio. Altri, invece, come Cunisset-Car not, il grande maestro dell'inizio del ventesimo secolo, sottolineano la forza della fascinazione. n pescatore «pietrificato», incantato, ri mane là, «l'occhio inevitabilmente fisso sull'acqua che scorre, trasci na via e riporta al punto di partenza il suo pensiero che naviga insie me al galleggiante in un perpetuo andirivieni»15. Tutto questo collega la pesca al silenzio e alla solitudine. I cono scitori non amano pescare in società e «il pescatore solitario ha sem pre più successo di chi è in compagnia»16. Si deve andare da soli sul l'argine di buon mattino. n vero appassionato si sistema al suo posto al levar del sole17. È l'esatto contrario del nottambulo. Per tutto il giorno, rimane nell'isolamento18• Evita persino di portare il suo cane. Cerca di non parlare e, soprattutto, di non far rumore coi piedi. In una parola, questo è un passatempo individuale. Del resto i pescato ri mantengono fra l'uno e l'altro una giusta distanza, che corrispon de alla lunghezza della canna e della lenza. Saper valutare le condizioni del tempo è indispensabile per il pe scatore. Infatti, il pesce abbocca meglio «quando il tempo è umido, caldo e temporalesco piuttosto che dopo un periodo asciutto, caldo o freddo»; cosa che è dovuta, in particolare, alle variazioni della quantità di insetti nell'aria. Il pesce ha paura della luce intensa; è me glio, quindi, pescare nell'acqua torbida. Questa necessaria compe tenza meteorologica, questa sensibilità alle condizioni del tempo so no il motivo, talvolta, di lunghe serie di osservazioni. n campione Jho Pàle (J.-H. Perreau) afferma per esempio, nel 1910, di avere «per le mani gli appunti di un pescatore presi giorno per giorno, ora per ora» per dieci anni 19. Strettamente legata al ciclo cosmico, la pesca obbedisce a un ca lendario preciso. Di conseguenza, i manuali assumono spesso la for ma di almanacchi20. Questa pesca ha per oggetto molte razze di pe sci che si danno il cambio nel cestino dell'appassionato. D'inverno, pescare è sgradevole, le acque sono agitate, «il pesce si rintana». In primavera, i frequenti acquazzoni ingrossano i fiumi. Del resto, ver so il 15 aprile, la pesca è chiusa21• L'apertura, a metà giugno, è occa sione di vere e proprie feste, che oltrepassano di molto la cerchia de gli appassionati. Nel 1862 , «da Bezons fino a Bougival», si era for mato quel giorno «un vero e proprio banco di pescatori». Questi
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«stavano sulla riva del fiume, a distanza di quindici passi l'uno dal l' altro, chi in piedi, chi accoccolato. Alcuni pescavano al colpo, altri a fondo, altri anc"o ra a frusta. Dappertutto c'erano canne che si alza vano e poi si abbassavano. Alcune donne, sedute più indietro, legge vano o lavoravano a maglia; dei giornaletti illustrati formavano una tovaglia sul prato. Su una figura c'era del formaggio, su un'altra dei ravanelli [ ... ] Dei bambini raccoglievano margherite e, per non con sumare le esche di papà, mettevano quei fiori ai loro ami»22• Verso le sei, il banco dei pescatori si rompe, nel momento in cui le locande co minciano a offrire fritture e matelotes23 . Era il tempo della pesca ai bianchetti, l a più facile di tutte. Que sta fa la gioia dei nonni e i ragazzi in vacanza ci si dedicano con pas sione. Persino alcune donne della borghesia osano praticarla, quan do un corso d'acqua confina con la loro proprietà. Mentre nella 'pic cola pesca' s'insinuano a poco a poco i canoni della pesca sportiva, la pesca ai bianchetti permette l'ascesa sociale di un'attività tradiziona le. n processo è simile a quello che, da più di un secolo, fa sì che si in contrino sul bagnasciuga i piccoli pescatori a piedi e i borghesi rac coglitori di conchiglie24. In ambiente popolare, il mese di luglio è quello della pesca eroica, uno dei tempi privilegiati del racconto, che in questo caso rievoca la lotta con la carpa. Il mese di agosto, invece, corrisponde al regno del ghiozzo e della frittura, due dei simboli più importanti di questa 'pic cola pesca'. È sicuramente difficile essere un «perfetto pescatore di ghiozzi», uno di quegli «ammaliatori di ghiozzi» capaci di prendere, in media, cento di questi pesci in un'ora. Rimane il fatto che è una pe sca facile. Una «pesca da luna di miele»25. Quanto alla frittura, fa ve nire l'acquolina in bocca agli intenditori. Negli ambienti popolari, costituisce un pasto apprezzato, associato al sole, alla campagna e al vino bianco. Nelle file della borghesia serve piuttosto da aperitivo. Settembre è il momento della pesca alla trota, ci torneremo sopra. n calendario unisce allora la selvaggina al pesce, i discepoli di sant'D berta a quelli di san Pietro26. In ottobre, tempo di trofei, la pesca al luccio chiude il ricco programma della pesca. Questa è strettamente associata a tutto ciò che è appiccicoso, spor co, organico. Si avvicina alla cucina per la varietà delle sue prepara zioni e ha come principali ingredienti il sangue, la carne putrefatta, il pane, gli aromi. Comporta, inoltre, un piccolo allevamento di vermi. Per praticarla, occorre essere inaccessibili al disgusto27• È inevitabile maneggiare del sudiciume o qualcosa di organico brulicante di ver mi, quando occorre preparare le esche e soprattutto la pastura. Il san-
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gue raccolto da un macellaio quando fa a pezzi un bue, il pesce mor to, il cervello di pecora, il formaggio, il pane, il frumento, l'orzo, il mais, le fave sono tutti materiali usati come esca, a seconda delle for me di pesca e del gusto dei conoscitori. Le pallottole di creta mi schiata con larve di mosca, una volta che sono state impastate a lun go, costituiscono una buona pastura. Insomma, ripete ancora Cunis set-Carnot nel 1910, bisogna accettare la sporcizia. Tutt'al più, si sug gerisce l'uso di guanti di gomma28. Dalla metà del secolo, tuttavia, si fanno più vivaci in questi ambienti la condanna di tutto ciò che è ri pugnante, attributo ancora una volta associato a quello di 'popolare', e la diatriba contro i piccoli pescatori che si accalcano in vicinanza dei lavatoi, degli scarichi delle fogne e delle zone pestilenziali29. Questa pesca è anche quella dell'ineleganza. I «papà canna» sono soliti recuperare e riutilizzare. Rifiutano la specializzazione. Disde gnano l'oggetto lavorato e l'abbigliamento sportivo. Già nel 1836, il disegnatore Roehn contrappone lo sportsman vivace e distinto al pe scatore «stazionario», seduto vicino al suo litro di rosso e al tozzo di pane in cui ha infilato il coltello30. Anche gli autori di manuali non consigliano mai l'eleganza a coloro che praticano questo tipo di pe sca. Il 'piccolo pescatore' che si awia al posto che si è scelto appare ridicolo agli occhi di molti, impacciato com'è dal cestino, dalla bor sa, dal guadino, dalla scatola dei vermi e dalle esche. I suoi abiti stra vaganti attirano gli sguardi, tanto più che è appesantito dalle vetto vaglie, dato che deve portarsi dietro il pranzo. A differenza del gitante e del pescatore della domenica, il vero appassionato non è uomo da locanda. È vero che verso la fine del secolo, gli autori di manuali si sforza no di rendere presentabile il 'piccolo pescatore': gli consigliano or mai abiti di flanella prowisti di molte tasche, pantaloni da ciclista, grosse scarpe chiodate e l'adozione del mezzo casco di cuoio bollito al posto del tradizionale berretto3 1. Ma Jho Pale, nel 1910, continua a raccomandare il vecchio soprabito tagliato al ginocchio e la carta di giornale in cui il pescatore potrà praticare un buco, in caso di ac quazzone, per passarci dentro la testa e ripararsi dalla pioggia32. A detta dei vecchi pieni di esperienza, il vero conoscitore fabbrica da sé il proprio armamentario, cioè la canna e le lenze, che deve saper ag giustare sul posto33. Questa pesca tradizionale, quasi sempre sminuita dai membri del le classi dominanti, è però vivamente elogiata da quelli che cercano di promuoverla e qualche volta di trasformarla. Costoro vedono in
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essa il mezzo per accedere a una «felicità tranquilla»34, simmetrica mente opposta all'agitazione dei boulevards. Sulla riva del fiume si provano «emozioni profonde per quanto sono calme e pure». Là si può godere un piacere che non lascia dietro di sé «né un rimpianto né un rimorso»35. Questa figura dell'innocenza di un piacere assapo rato «lontano dalla turpitudine degli uomini»36 organizza la rete di topoi che contrappone la 'piccola pesca' al gioco e la riva del fiume all'osteria e al bordello. Ciò detto, questo piacere privo di immoralità nasconde un'autentica passione. Ripetiamolo: la 'piccola pesca' «ha sta a se stessa»37• Esclude la compagnia e la distrazione. A parte il gio co, nessuna attività «offre in modo così profondo, in modo così as soluto come questa, l'alternanza della speranza e della disillusione»38. Questa forza di attrazione si basa su una serie di emozioni. La più forte è quella provocata dallo «strappo» del pesce che abbocca, se gnale della battaglia, «memoria di piaceri atavici», sensazione del contatto diretto stabilito fra l'uomo e l'animale; quello che un appas sionato chiama «comunione intima, elettrica»39 col pesce, e un altro «telegrafia della lenza»40• Lo strappo procura «gioie ineffabili, deli zie sconosciute ai comuni mortali». «Dilata, fino a farlo scoppiare, il cuore del vero pescatore»41 . In tutt'altra prospettiva, la quiete della pesca con la lenza tradi zionale spinge, si dice, alla fantasticheria e all'emozione poetica. Va naturalmente d'accordo con la pittura di paesaggi. Daubigny, quan do si trova sulle rive dell'Oise, si mette indifferentemente in cerca del «posto giusto» e del buon punto di vista. Sono molti, si continua a di re, i musicisti e gli scrittori che sono anche pescatori: Walter Scott, Ambroise Thomas, Emile Augier, Jules Sandeau, Alphonse Karr, Jean Richepin, O etave Feuillet, Vietar Hugo e parecchi altri42• La 'piccola pesca' costituisce una figura molto accessibile dell'avventu ra; consente, senza eccessivo sforzo, la rappresentazione eroica di sé e la vanteria. Secondo Kresz il vecchio e secondo Charles de Marras, il resoconto dell'impresa e dei «vari incidenti» - come oggi quello dell'avventura automobilistica -, la descrizione del pesce, la stima delle sue dimensioni, la sua trasformazione in trofeo sul modello del la caccia fanno del racconto di pesca un genere autonomo già alla fi ne del diciottesimo secolo. La parte più importante dei numerosi scritti dedicati ai benefici della 'piccola pesca' è tuttavia diretta all'esaltazione delle sue virtù igieniche e terapeutiche43 , come pure delle sue qualità morali. Per l'operaio e l'impiegato, fa parte dell'igiene della domenica. Per chi non lavora, che sia benestante, proprietario o pensionato, costituisce
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il più salubre dei passatempi. La pesca, che permette di dimenticare l' osteria44, è scuola di pazienza e di abilità; sviluppa lo spirito di os servazione. La denuncia di nuove minacce conferma le sue virtù te rapeutiche. La pesca, si continua a ripetere, è il rimedio sovrano con tro il sovraffaticamento e la nevrastenia. Compensa la vita frenetica e l'accelerazione dei ritmi. Più ancora dell'equitazione e meglio del sonno, procura, «in questo tempo di nevrosi»45, un arresto benefico del funzionamento del cervello. Permette di assaporare la calma, la tranquillità, la quiete. La pesca tradizionale è anche percepita come una forma di svago strettamente associato alla libertà e all'uguaglianza. Ancora nel 1903 , «si va lì [sulla riva del fiume] come a casa propria, senza chiedere niente a nessuno»46• Questa pesca permette di liberarsi dalle idiosin crasie. I comportamenti che ispira variano a seconda dei tempera menti. Mentre alcuni appassionati non riescono a rimanere fermi per più di quaranta minuti, altri, che amano la solitudine e il riposo, pos sono, senza annoiarsi, restare da otto a dieci ore sull'argine, con la lenza in mano47. È l'attaccamento alla «più innocente delle nostre li bertà»48 che determina, all'alba del ventesimo secolo, la vivacità del l'opposizione all'introduzione della licenza di pesca. Altrettanto insistente è allora il riferimento all'uguaglianza. L'e saltazione della 'piccola pesca' fa parte di una serie di rivendicazioni che si richiamano a una mitica società egualitaria, all'interno della quale ciascuno può liberamente disporre dei prodotti della natura vi sti come altrettante res nullius. La questione della pesca è dunque as sociata a quella della caccia e a tutti i dibattiti provocati dai molti di ritti d'uso a cui gli abitanti delle campagne francesi si dimostrano molto attaccati. Questa pesca tradizionale, le cui abitudini sono insi diosamente legate a quelle del bracconaggio, invoca inoltre, in sua di fesa, tutti gli argomenti che appartengono alla tentazione di un ille galismo diffuso. Già all'alba della Rivoluzione, è stata riconosciuta l'uguaglianza del diritto di pesca. Questa è stata sancita dalla legge del 14 fiorile anno X, poi, a parte alcune riserve riguardanti il rispet to delle proprietà private e la protezione delle specie, da quelle che si sono succedute nel corso del secolo (15 aprile 1829, 3 1 maggio 1865 ). Se si riuniscono i principali caratteri che definiscono questo pas satempo - radicamento nella tradizione, reale o supposto, abilità ac quisita con l'esperienza autonoma, rivendicazione dell'uguaglianza dei diritti, connessione con l'illegalismo, passione riconosciuta come innocente e salubre - si può apprezzare con quale forza questa pesca
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comune si fa componente dell'identità di coloro che la praticano. Ma qui superiamo lo stretto ambito del nostro argomento. La pesca sportiva o il difficile trasferimento di un nuovo uso del tem po È col proposito di semplificare l'analisi che abbiamo isolato que
sto tipo di pesca. Infatti, dalla metà del diciannovesimo secolo si pro spetta un altro modello, che tende un po' alla volta a imporsi all'in terno del gruppo degli specialisti. I commercianti hanno svolto, in questo campo, un ruolo decisivo di mediazione. I negozianti di arti coli da pesca importano infatti alcuni prodotti da oltremanica. Li imi tano. Li raccomandano nei loro scritti. Arrivano ben presto a sugge rire un tipo di attività basato su valori diversi da quelli della pesca tra dizionale. il personaggio di Kresz il vecchio può servire a illustrare questo modo di procedere. Oltre a essere un campione, egli è un commerciante e un maestro. Pratica la sua attività favorita dal 1 802 . Sedici anni dopo, segue l'esempio degli inglesi e s'inizia alla pesca sportiva che descrive sommariamente già nel 1 836. Nella nuova edi zione del suo Pecheur/rançais, apparsa nel 1 847, dedica, per la prima volta, un lungo capitolo alla «pesca alla mosca artificiale alla superfi cie dell'acqua». In quell'anno, Kresz il vecchio propone ai suoi clienti parigini più di cento modelli di canne da pesca i cui prezzi variano da uno a cen to franchi. Alcune sono di giunco, altre di bambù americano, altre an cora di legno di hickory. Kresz possiede, in negozio, quasi seicento dozzine di mosche realizzate riproducendo più di cento modelli na turali. Gli occorrono non più di ventiquattr'ore, assicura, per fabbri care degli esemplari artificiali, minuziosamente imitati, delle mosche che gli vengono inviate. In compenso, gli ami che vende sono impor tati direttamente dall'Inghilterra. Nel 1852 e nel 1858, Charles de Marras scrive due libri sulla nuo va pesca. Bisogna dire che in Gran Bretagna, alla stessa epoca, essa ha ispirato un'intera biblioteca. Da quel momento, gli autori di ma nuali si sentono in dovere di dedicare ampio spazio alla novità. Così comincia a operarsi il trasferimento che, a poco a poco, avrebbe fini to per sottomettere l'antica consuetudine al nuovo modello nato in Inghilterra. La pesca allora importata appartiene alla gamma dei rural sports, che si è formata all'alba dei Tempi moderni tra la gentry. Fa parte del la serie di exercises all'aria aperta destinati a combattere la malinco nia49. The Complete Anger (il perfetto pescatore) di Isaac Walton,
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pubblicato nel 1653 , aveva ottenuto un immenso successo50• Nel cor so dei due secoli successivi, la pesca alla trota - e secondariamente al salmone - si adatta all'evoluzione dei modi di apprezzamento della natura, a quella dei codici estetici dominanti e alle nuove forme di tu rismo e di villeggiatura che questi portano con sé. La pesca alla mosca artificiale si basa su una lunga abitudine al con tatto con gli elementi naturali acquisita nel corso delle passeggiate (strolls), delle marce (walks) , delle cure d'aria e delle cacce; e insieme su forme di diletto associate alla moda del giardino inglese e al gusto per la paesaggistica. È anche in armonia con le convinzioni scientifi che dominanti e in particolare con l'insegnamento di Sydenham. In fine, si tratta di un'attività che trae la sua legittimità dai riferimenti al l' antichità. Ovidio e Marziale vengono regolarmente citati dagli auto ri di manuali. La pesca sportiva è destinata a rimanere incomprensi bile a chi non tenga conto di questa complessa genealogia. Essa richiede, in primo luogo, la capacità di valutare il tempo (weather) nella sua variabilità. In una parola, presuppone una minu ziosa previsione meteorologica; se non altro per decidere il tipo di mosca da usare. Questa sensibilità al temporale, alla natura e alla di rezione del vento, alla probabilità della bonaccia, determina, come pure la stima della trasparenza dell'acqua, la scelta della riva lungo la quale è meglio operare. Tocchiamo qui uno degli aspetti essenziali de gli usi del tempo libero: quello che collega queste attività all' apprez zamento sensoriale dei fenomeni meteorologici. La pesca alla mosca artificiale si accorda anche con una certa con cezione del mondo animale51 . Questa impone, in tutta equità, di la sciare almeno una possibilità al pesce di cui il pescatore si è proposto di studiare le abitudini. Esige anche che costui restituisca la libertà alle prede troppo piccole. Quest'attività si propone come insepara bile dalla ricerca di spazi di fantasticheria, o addirittura di medita zione all'interno di un paesaggio. Entra a far parte del turismo, come dimostra l'abitudine dei fishing trips52• Il turista pescatore ha i suoi territori di elezione: la Scozia, l'Irlanda, la Normandia, la Svizzera; più tardi il Canada e gli Stati Uniti. Egli studia i costumi degli abi tanti. Nello stesso tempo in cui si dedica alla sua passione, si ferma per ammirare le antichità. Quest'attività di natura aristocratica è strettamente legata alle for me dell'ospitalità. L'autore di un'opera dedicata alla pesca non man ca mai di enumerare gli ospiti che gli hanno consentito di acquisire la sua esperienza53 . Nella stessa prospettiva, questo sport implica il ri-
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corso a una servitù specifica: chi lo pratica si fa generalmente ac compagnare da un ragazzo che porta il guadino, a meno che non lo ingaggi sul posto. In Francia, lo scherno dei pescatori con la lenza prende di mira la natura sociale del nuovo passatempo. Verso la metà del secolo, il pescatore alla mosca artificiale che varca la soglia di una locanda si vede chiamare mylord dal proprietario ossequioso, sotto l'occhio divertito dei clienti. Coloro che praticano questa pesca sportiva vogliono che abbia un'apparenza scientifica. Sebbene non escluda l'apprendimento au tonomo, essa si basa su un sapere diffuso dai canali più nobili della volgarizzazione. Gli appassionati tengono molto all'alto livello di per fezionamento dei costosissimi attrezzi che impiegano, la cui legge rezza dipende da un desiderio di lusso e da una preoccupazione di ef ficacia. Le canne di legno verniciato, le canne da viaggio, le canne re trattili, i fili invisibili, il mulinello - che viene continuamente miglio rato - costituiscono ai loro occhi altrettanti strumenti indispensabili. Di conseguenza, la pesca cosiddetta sportiva è strettamente lega ta all'industrializzazione. Rappresenta un mercato considerevole che mantiene un complesso circuito commerciale. È indissociabile dalla proliferazione dei negozi di articoli da pesca e, come abbiamo visto, dal commercio internazionale di questi stessi prodotti. Le modalità di apprezzamento della natura che ispirano la pesca sportiva richiedono che venga eliminata, per quanto è possibile, qual siasi manipolazione del sudiciume, tutta quella cucina brulicante e fe tida su cui si basa la competenza dei «papà canna». n contrasto tra le due attività è lo stesso che distingue il materiale organico da quello artificiale. Ciò che conta, in materia di esca, dipende dunque dall'a bilità nell'imitare l'insetto. La Flying Fish rifiuta la passività della pesca stazionaria a vantag gio del movimento. In questo concorda con ciò che aveva provocato, in precedenza, la comparsa dei rural sports e del turismo. L' appassio nato apprezza le correnti forti. Pratica la pesca nel vento, in mezzo al le acque agitate. In certo qual modo, la nuova moda si avvicina a quel la del «bagno fra i cavalloni». Lo stesso pescatore rimane in perpetuo movimento. Nel corso della giornata, compie una lunga escursione. La pesca alla mosca dipende anche, esattamente come lo yachting, dal piacere di superare l'ostacolo meteorologico. Nella stessa prospetti va, l'appassionato deve pescare «lontano e bene». La perfezione del gesto in questo caso è essenziale. Il lancio ha un'eleganza «che non aveva mai avuto il pescatore col verme di terriccio, col grano cotto o
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con le larve di mosca»54. Un sottile amalgama di elasticità e di forza caratterizza questa «pesca nobile e intelligente»55. L'eleganza del gesto va d'accordo con quella dell'abbigliamento e dell'attrezzatura. li primo dev'essere adatto, specializzato e comodo. La seconda è leggera e «poco ingombrante». «Chi pesca alla mosca artificiale, afferma Kresz il vecchio già nel 1847, ha pochissime cose da portare con sé; non è neanche obbligato a scavare la terra, a pa sturare; può percorrere diverse leghe senza mai sporcarsi le dita, con un portafoglio di mosche artificiali in tasca, una canna leggera in ma no e un cestino». In questi ambienti, «si parte per la pesca come se si andasse a fare una passeggiata, senza che nessuno possa sospettarlo, e si può pescare per tutta la giornata senza stancarsi, tanto è leggera la canna»56• La pesca alla mosca è uno sport e colui che la pratica uno sports man, quasi sempre socio di uno di quei club la cui principale attività consiste nell'organizzare gare di lancio. Questa formalizzazione e questo desiderio di competizione contrastano con le abitudini errati che della pesca tradizionale. Ciò che distingue le due attività non può non ricordare, in un campo completamente diverso, il fossato che se para, lungo la Senna e i fiumi dell'Ile-de-France, i canottieri tradizio nali dai membri dei nascenti rowing clubs. Fra gli adepti di ognuno dei due modelli, l'irrisione è reciproca. La pesca alla mosca artificiale è considerata a lungo ridicola, in Fran cia. Ho già ricordato i lazzi a cui è sottoposto il mylord, accompa gnato o meno dal suo portaguadino. Lo sportsman suscita persino ostilità: i fittavoli normanni gli rimproverano di «pestare» la loro er ba; i proprietari di mulini di rubare le «loro» trote nella «loro» ac qua57. La maggioranza degli autori di manuali assume tuttavia un at teggiamento diverso. Secondo una serie di stereotipi elaborati a par tire dalla metà del diciannovesimo secolo, contrappongono la pesca «stazionaria» e sporca di vecchi francesi ridicoli a quella dell'inglese scattante, pwito, elegante, raffinato analista delle condizioni del tem po e buon tecnico. La loro preferenza va, dunque, all'uomo della clas se agiata. Nella pratica tuttavia, la resistenza all'influenza inglese si rivela te nace58. All'interno delle stesse classi dominanti, la nobiltà della caccia ostacola la legittimazione della pesca sportiva; questa non gode del prestigio dell'equitazione né di quello dello yachting. Per questo mo tivo, capita, in quest'ambiente, che il pescatore alla mosca si travesta da cacciatore. I negozianti vendono allo scopo delle custodie a forma di fucile, in cui si può infilare una canna da pesca. «Questa pesca ha
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pochissimi adepti da noi, dichiara un tecnico nel 1883 , e su cento pe scatori che potrete incontrare, non ce ne saranno neanche due arma ti di canna per l'esca artificiale»59. Questo sport si pratica lungo i Ga ves60, la Sorgue e il Loir. La pesca alla trota si fa nel Giura, nell'Ain, in Saintonge, in Normandié1 , ma piuttosto poco nei dintorni di Parigi, cosa che diminuisce la visibilità delle nuove abitudini. All'inizio del secolo, la pesca cosiddetta sportiva comincia tutta via ad andare di moda. Alcuni aristocratici parigini hanno deciso di convertirvi i loro amici. ll libro La Peche sportive, pubblicato nel 1913 dal visconte Henry de France con prefazione del principe Pierre d'A renberg, è una prova di questa adesioné2. In quell'anno, il Casting club di Francia, che ha sede in place de la Concorde, pubblica un an nuario e un bollettino; inoltre è dotato di una biblioteca specializza ta. L'elevato ammontare delle quote -50 franchi a Parigi, 25 in pro vincia - dimostra che appartenervi è un segno di distinzione. Il Fi shing club e il Casting club organizzano gare di distanza e di preci sione del lancio. Nel corso degli anni queste competizioni, il cui mo dello è importato dagli Stati Uniti e dall'Inghilterra, fanno apprezza re «l'eleganza dei movimenti, l'abilità, la scioltezza o la forza che ri chiedono». Le gare organizzate dal Casting club sono riservate ai di lettanti; il che equivale a escluderne i commercianti e i fabbricanti di articoli da pesca. In questi ambienti mondani, lo sforzo organizzativo è incoraggia to dal desiderio di proteggere le trote e i salmoni. È accompagnato inoltre dalla volontà, venata di sufficienza, di trasformare la vecchia pesca, definita passiva, per «renderla attiva e dipendente dall'abilità, semplificare il suo materiale, farne qualcosa di pulito e di piacevo le»63, come auspica Henry de France. In una parola, si tratta di so stituire al segreto, al trucco, all'esperienza un'abilità del tutto sporti va. Il trasferimento si compie un po' per volta. Una serie di fattori ha contribuito a questo successo. Lo sviluppo del circuito commerciale ha svolto un ruolo determinante. L'efficacia e la comodità dell'at trezzatura a poco a poco si sono fatte valere. Un'intensa «propagan da» - pubblicità - ha fatto conoscere l'articolo da pesca. È bene a questo proposito sottolineare il peso decisivo che ha l'attrezzatura sulle abitudini. Lo spirito di competizione imposto dalle gare a spe se dello svago e del gioco ha favorito la penetrazione della pesca al lancio. Grazie al moltiplicarsi dei club e delle società, questo sport di venta il mezzo per inserirsi in un gruppo di specialisti. È parte del grande movimento di associazione caratteristico di questo tempo.
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Nei piccoli paesi, il negozio di articoli da pesca diventa centro di dif fusione di un'attività e nucleo di una nuova società. È opportuno fermarsi un momento su quest'ampio movimento as sociativo, strettamente legato a quello che struttura la caccia attra verso tutto il paese. Dai primi anni del diciannovesimo secolo, cre sceva la sensazione di uno spopolamento dei corsi d'acqua, che la le gislazione e la regolamentazione non erano sufficienti ad arrestare. Quest'impressione si trasforma in certezza durante l'ultimo quarto di secolo. A partire da quel momento, si avverte vivamente il bisogno di agire sul potere politico allo scopo di rallentare la distruzione e di or ganizzare il ripopolamento dei fiumi grandi e piccoli. n movimento associativo, in questa prospettiva, è la dimostrazione di una presa di coscienza dei pericoli corsi dalla fauna e attesta l'efficacia delle nuo ve procedure di allarme. Esprime l'attrazione esercitata da forme di socialità inedite, ma non può essere una prova dell'estensione dei comportamenti. La storia dello sport è in parte fondata su questo fe nomeno di origine umana; o, se si preferisce, su questo 'effetto fon te' . Per dirla altrimenti, la nuova produzione di documenti scritti a cui danno luogo le società di pesca non deve portare a sottovalutare l'ampiezza delle abitudini precedenti, che non erano soggette ad al cun sistema di registrazione. In ogni caso, l'ansia stimola la diatriba. I pescatori accusano64, contemporaneamente, «l'avvelenamento industriale», le «deiezioni» urbane, l'eccesso dei lavori di pulitura e di arginatura, la regolazione dei letti che fa sparire le anse, il moltiplicarsi dei canali e delle dighe, l'irrigazione, i battelli che rasentano le rive e distruggono le uova, l'impiego di reti sempre più devastanti e la frequenza della pesca di frodo. Nel 1889, la Società centrale di acquacultura e pesca inizia la battaglia. Cinque anni più tardi, sono un centinaio le società che ten tano di ripopolare i corsi d'acqua. Già nel 1885 , cinquantamila trote erano state gettate nella Senna, nella Marna e nei loro affluenti65• Nel 1909, per la prima volta il Fishing club ottiene la condanna di un in dustriale che ha avvelenato un fiumé6• È allora che per indicare que sto danno si comincia a usare correntemente la parola «inquinamen to», che da quel momento tende a imporsi a spese del vocabolario tossicologico. n moltiplicarsi delle gare tiene dietro alla diffusione delle società in tutte le regioni francesi. Come quella di Thouars, organizzata per la prima volta nel 1 88667, queste competizioni assumono ben presto l'aspetto di feste locali o regionali, simili a quelle che accompagnano le riunioni di comizi agricoli.
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Era necessario ricordare brevemente la complessità del trasferi mento culturale che si è operato a poco a poco nel campo della pesca con la lenza. La forza del modello che ha profonde radici nella ri vendicazione delle libertà e nel sentimento egualitario ha ostacolato per molto tempo la penetrazione delle nuove abitudini sportive. Fi no alla metà del ventesimo secolo, l'antica pesca dei «papà canna», conoscitori di «buoni posti», detentori di trucchi, spregiatori del my lord, ha continuato a ispirare gli appassionati. L'apporto esterno ha dovuto essere riorganizzato, adattato a una consuetudine che con servava il sapore di un'arte popolare di cui è difficile valutare l'e stensione e la forza di seduzione. In ogni caso, la pesca con la lenza si afferma come l'attività più facilmente identificabile con le figure maschili di un tempo per sé, così come esso ha potuto essere vissuto all'interno del popolo. n giardinaggio, tanto esaltato, tanto studiato, sembra essere, a questo proposito, molto meno significativo. Qual è esattamente il suo posto in una riflessione dedicata agli usi del tem po disponibile? È quello che ci accingiamo a esaminare adesso. La felicità in giardino
L'idea che il giardinaggio possa essere considerato un'attività di svago, o addirittura una distrazione è una scoperta tardiva negli am bienti popolari. È importante, a questo proposito, non confondere questo piacere con quello che procura lo stare in giardino, abitudi ne aristocratica e borghese, le cui gioie sono state analizzate minu ziosamente già da molto tempo. Il rischio qui è tanto più forte in quanto, all'interno delle classi dominanti, simulacri di giardinaggio e di allevamento sono stati compresi, ben presto, fra le delizie della campagna. Nel corso del periodo che ci riguarda, quest'assimilazione del giar dinaggio con una forma di svago ha incontrato, tuttavia, una forte adesione popolaré8• Coltivare fiori o ortaggi è stato percepito a po co a poco come un'occupazione scelta, come un modo per riempire il tempo libero che non sia un prolungamento dell'attività professio nale. All'inizio degli anni settanta, quando si comincia a porsi delle domande sull'argomento, la sociologa Françoise Dubost interroga al cuni giardinieri dilettanti sulla natura del loro piacere. È «per tener mi occupato», è un «passatempo», è «per riempire il tempo libero», «che cosa vuole che faccia?», si sente risponderé9. Ma è meglio non prestar fede a questi discorsi un po' disincantati, che tendono a pre-
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sentare il giardinaggio come un semplice mezzo per combattere il vuoto delle ore. Può darsi, infatti, che le persone interrogate abbiano pensato che fosse più accettabile definire così la loro principale atti vità di svago piuttosto che confessare piaceri la cui futilità rischiava di esporli al sarcasmo dell'intervistatrice. Comunque sia, la lettura dei molti lavori dedicati al giardinaggio popolare porta a pensare che, in un ambito dato, creato dall'altro - che si tratti dei giardini operai o dei lotti annessi a villini -, il giar diniere dilettante, in funzione delle sue curiosità, dei suoi desideri e della sua nostalgia, ha saputo inventare o riorganizzare delle forme di produzione, di consumo e di scambio, come pure dei modi di espres sione di sé. Fra il 1 860 e il 1950, ciò che si verifica è proprio una «in venzione del giardinaggio in ambiente popolare»70. È facile capire, quindi, quanto siano necessarie le precauzioni e l'attenzione alle sfumature. «Il giardinaggio offre un riassunto di tut te le ambiguità delle 'culture popolari': è insieme piacere e obbligo, passatempo e mezzo di sostentamento. Il giardino, spazio di produ zione, è anche uno spazio proprio, dove sentirsi bene e stare tran quilli»7 1. È il luogo di piaceri molteplici, e tuttavia difficili da indivi duare nella misura in cui, in proposito, qualsiasi tentativo di regi strazione si scontra, da parte del giardiniere, con la tendenza a iro nizzare sulla sua stessa gioia72. Dentro l'orto, si può coltivare ciò che si ama consumare e, al bisogno, fare concessioni alla nostalgia, conti nuando a produrre verdure di una volta. Chi lavora (chi si diletta?) nel proprio giardino può decidere liberamente della disposizione. Sta a lui creare un ordine, definire uno stile. I riquadri, le file, le aiuole, le macchie e le bordure sono altrettanti segnali di cui può disporre e che assicurano la leggibilità delle sue opzionF3 . Agli occhi del suo ideatore, come a quelli dello spettatore, il giardino si offre alla valu tazione estetica e morale del lavoro svolto. Procura il piacere di ve der crescere delle belle verdure. Propone anche godimenti più inti mi, la cui profondità va al di là del semplice passatempo addotto dal giardiniere dilettante. Costui fa sì che s'incontrino il tempo degli uo mini e il tempo vegetale. In questo, osserva Pierre Lepape, il giardi naggio è il contrario del gioco. È inserimento di una totalità in un campo attribuito allo svago74. È così che può spiegarsi il carattere ir reprimibile del desiderio di far crescere qualcosa, considerato da Ri chard Hoggart una delle componenti della cultura del povero75. Quindi, il giardinaggio è un'attività solitaria. «Si fa giardinaggio da soli», come si pesca da soli. «Il piacere del giardino presuppone
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una relazione personale, esclusiva, fra l'inventore e la materia di cui cura la crescita»76• La socialità, qui, appartiene al prima - il prestito del seme o del progetto, il consiglio - e al dopo - il commento, il com plimento, il rimprovero; ma l'atto più propriamente creativo esclude ogni vera partecipazione. È questo che permette di vedere l'orto co me la firma dell'individuo che ne è responsabile. Tuttavia, studiare il giardino nella prospettiva di un tempo per sé porta ad accorgersi, co me vedremo, che i piaceri che comporta vanno ampiamente al di là di quelli del giardinaggio propriamente detto. Parleremo qui della Francia. La scelta può apparire strana, perché il giardino popolare non è una specificità di questo paese, tutt'altro. I modelli, in questo campo, sono stati la Danimarca, il Belgio e la Ger mania. Nel 1926, gli Schreber-Gà'rten sono quattrocentomila oltre il Reno; sono dunque di più che in Francia; e, secondo Richard Hog gart, cinquecentomila lotti sono ancora coltivati in Gran Bretagna a metà degli anni cinquanta, sebbene quest'attività sia in continuo de clino da diversi decenni77• Quasi tutti i governi, si legge nel rapporto della Conferenza internazionale sull'impiego del tempo libero degli operai riunita nel 1924, hanno a cuore i pezzetti di terra, i giardini, i piccoli allevamenti78. Nei paesi nordici e germanici, il giardino ha acquistato prestissi mo lo status di dotazione sociale79• È servito da embrione per la resi denza secondaria. Per chi ne aveva il godimento, era importante so prattutto disporre di uno spazio privato che favorisse l' appropriazio ne del tempo libero. Sembra che in Francia il giardino popolare sia stato immediatamente dotato di uno status simbolico più autonomo. Esso è parte, inoltre, di uno dei miti fondanti dell'identità nazionale; il suo successo è rivelatore di una delle caratteristiche tipiche di un territorio all'interno del quale ci si immagina di poter far crescere tut to, dappertutto80. Rimane il fatto che gli analisti del giardino popolare si dimostra no eccessivamente disinvolti rispetto alla genealogia delle rappresen tazioni e delle consuetudini, come se fossero decisi a negare, in que sto campo, gli scambi culturali; a dimenticare che l'individuo che ap partiene al popolo intravede il parco del castello, passeggia nel giar dino pubblico e talvolta lo visita, passa quotidianamente accanto al l' orto del borghese, a cui, molto spesso, ha accesso. li modello del giardino popolare non è una creazione ex nihilo; fa parte di una lun ga storia che è anche quella degli usi dello sguardo, delle forme del l' architettura, delle letture del paesaggio, delle modalità del potere politico e sociale.
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n giardino del Rinascimento, soggetto all'araldica, progettato se condo un simbolismo floreale e olfattivo che va d'accordo con i bla soni dei castelli, entra in questa lontana ascendenza che è importan te, qui, richiamare brevemente. Lo stesso può dirsi del giardino ari· stocratico del diciassettesimo secolo, associato a un ordine architet tonico che proclama il dominio dell'uomo sulla natura, il trionfo del la ragione, il centralismo monarchico e rende possibile lo svolgimen to dei rituali che definiscono la società di corte. Basta pensare all'or dine che regna all'interno del giardino del presbiterio rurale, rigoro samente sottolineato dalle sue bordure di bosso, per awertire l'in fluenza dei modelli antichi. Lo stesso giardino inglese, nelle sue molteplici categorie - il giar dino paesaggistico, il giardino pittoresco, il giardino costruito -, in fluisce sull'elaborazione delle forme successive, secondo filiazioni tal volta inaspettate. Progettato in funzione di una meccanica dello sguardo imposta dalla moda dell' aerismo, questo paesaggio fatto ad arte, soggetto alla valutazione della qualità dell'aria e del vento, reso pittoresco dalla varietà delle scene che hanno lo scopo di riflettere quella degli stati dell'anima sensibile, ha contribuito anch'esso a pre parare gli ulteriori modelli di apprezzamento. n parco paesaggistico, in cui i limiti imposti alla visione nonostante l'ingannevole apertura sulla natura simboleggiano la chiusura sociale di coloro che ne godo no, è stato trasferito in Francia all'inizio del diciannovesimo secolo. Da quel momento il modello si sviluppa anche qui, secondo un pre ciso scarto temporale. Ben più importante, ai fini della comprensione del giardino po polare del diciannovesimo secolo, è l'esigenza di tener conto della grande divisione che si compie allora fra spazio pubblico e spazio pri vato. I grandi parchi ideati per abbellire le città sotto il Secondo Im pero sono una dimostrazione del permanere degli obiettivi «aeristi». Più ancora di quelli che li hanno preceduti, sono soggetti al primato della visione81. Qui il cespuglio di fiori non ha ormai altra funzione che introdurre macchie di colore nel tracciato curvo dei viali. Vasti spazi si offrono ai procedimenti di distinzione e di ostentazione, che corrispondono alle nuove abitudini della città e ai nuovi usi sociali del tempo. Sono questi ultimi che conferiscono tutto il suo significato al giar dino privato di dimensioni più ridotte, un po' frettolosamente defi nito borghese, la cui concezione risulta a sua volta dalla confluenza di più modelli. La tradizione aristocratica e clericale del giardino di fiori, la preoccupazione di autosostentamento che è stata a lungo
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quella di molti «proprietari», certe consuetudini popolari introdotte dal giardiniere concorrono a quest'apparenza composita. Soprattut to, il giardino, in quest'ambiente, tende sempre più a integrarsi nella sfera privata, a diventare il prolungamento dell'interno. Gli enormi vasi di fiori, le vasche, la panchina, il pergolato, la serra, la pulizia dei viali, il rispetto per l'aiuola, l'esigenza della sarchiatura si armonizza no con i canoni che governano l'interno della casa. Allora, il giardino borghese si costruiva contro la strada. È spazio protetto, che ha lo scopo di soddisfare il bisogno d'intimità, il desiderio di lettura soli taria, lo sfogo amoroso. Si ritrova in questo microcosmo l' «ingabbia mento del desiderio» che caratterizza il parco aristocratico. Al ripa ro da sguardi indiscreti, vi si possono svolgere, inoltre, forme di so cialità che sono la continuazione dei rituali del salotto82• Se non si tie ne conto di questo modello, è difficile cogliere esattamente l'emerge re del giardino collegato al villino. Certe caratteristiche del giardino popolare rispecchiano l'influen za di quello che è chiamato il giardino del curato - e questo non è che un esempio. Questo spazio destinato parzialmente a facilitare l'ad dobbo della chiesa, in particolare quello dell'altare della Vergine, ha contribuito, a suo modo, a mantenere e a far apprezzare, soprattutto nelle campagne, la coltivazione dei fiori e la tecnica della decorazio ne floreale83 . In modo ancora più netto, il giardino popolare sembra collocarsi alla confluenza di altri tre modelli, distinti qui in maniera un po' ar tificiosa. Il primo è rappresentato da quello spazio piccoloborghese di cui il «giardino del benestante» è diventato il prototipo. A tutta una categoria di individui prossimi alla vecchiaia, esso offre l' espe rienza inedita di un'azione esercitata sulla natura vegetale. Di fatto, l'ascesa di questa categoria sociale e di quest'abitudine corrisponde all'epoca che ci riguarda84• Si tratta però di un'esperienza incomple ta. Il piccoloborghese appassionato di giardinaggio85, che sia o meno benestante, si fa aiutare generalmente da un uomo del popolo. È que st'ultimo che zappa, pianta, pota, strappa e brucia. n proprietario of fre episodicamente il suo contributo. Annaffia, la sera. Al bisogno, se mina e raccoglie. L'orto è per lui anche il luogo di una continua le zione pratica impartita ai bambini. Per questi ultimi, il giardino che protegge dalla strada86 compensa il suo isolamento con la rivelazione dei fenomeni della natura. La sarchiatura delle aiuole è utile, da par te sua, per imparare a mantenere l'ordine; tiene inoltre lontana la noia durante il tempo delle vacanze estive. In un simile giardino possono svolgersi dei giochi - noi diremmo delle attività - di cui la pianta, il
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fiore, e persino l'animale rappresentano gli elementi principali. Il giardino operaio è una creazione sociale i cui autori avevano ricevu to, secondo ogni probabilità, questo tipo d'insegnamento. Questo li ha spinti a riproporre, a beneficio dell'altro, la configurazione di pia ceri che avevano in precedenza sperimentato. L'orto del contadino e dell'artigiano rurale costituisce un model lo del tutto diverso. Sfortunatamente, dopo la Rivoluzione, non è sta to oggetto di molti studi87. Sebbene corrisponda a un obiettivo di au tosostentamento, è impegnato molto più apertamente del preceden te nel circuito commerciale e allarga la gamma dei prodotti che il col tivatore intende destinare alla vendita. n giardino di questo tipo è spesso difficilmente distinguibile dalla coltura in aperta campagna. Non sempre è recintato e, poiché i suoi prodotti, poco protetti, sono esposti ai piccoli furti, favorisce l'apprendistato di un tipo di tra sgressione giovanile. L'orto contadino è spesso diviso in due. Vicino alla casa, come prolungamento della cucina, si coltivano le insalate, le erbe aromatiche, le piante medicinali, i fiori che si desiderano ave re a portata di mano; come pure i prodotti precoci o delicati che, co me i pomodori e certi ortaggi freschi, hanno bisogno di una sorve glianza particolare. Questo giardino, come l'aia, è il regno delle don ne. Più lontano dall'abitazione, c'è un altro orto, questa volta ma schile, dove si coltivano prodotti che si conservano a lungo, in parti colare carote, cavoli, fagioli e patate88. Il modello proposto da questo giardino contadino è stato succes sivamente esaltato, temuto e schernito dai promotori del giardino operaio. Questi ultimi, spinti dal timore che gli immigranti venuti dalla campagna si staccassero completamente e in maniera troppo brutale dalla terra e dai suoi valori, hanno in un primo tempo auspi cato il mantenimento delle consuetudini familiari. In esse vedevano un antidoto all'esodo rurale e un mezzo per placare le proprie ansie. Ma, molto presto, è sembrato loro che il perpetuarsi di una simile abi lità potesse ritardare l'inserimento nella città. Il «piccolo allevamen to», che peraltro continua a essere raccomandato da molti difensori del giardino popolare fino alla metà del periodo fra le due guerre, na scondeva anch'esso delle minacce. Contribuiva al proliferare delle conigliere e al moltiplicarsi dei furti di animali. Incoraggiava la co struzione di capanni. Lo spettro del tugurio rurale e della bidonville si profilava nella mente di molti di questi filantropi, contrari alla tra sformazione del «pergolato» del giardino operaio in habitat perma nente. Aggiungiamo che questi persuasori hanno intuito che era me glio non soprawalutare il vantaggio di aver conosciuto in preceden-
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z a il lavoro della terra. Coltivatore non vuol dire giardiniere. n primo si accontenta, in generale, di tecniche di coltivazione estremamente semplici. Le sue conoscenze botaniche sono mediocri. Gli obiettivi che lo spingono a impiantare un orto al centro di vasti spazi non cor rispondono esattamente a quelli che gli fanno coltivare l'infimo ap pezzamento di cui è fatto un giardino operaio. Nei terreni disponibili della periferia, il giardino popolare si ac costa all'orticoltura89. I conflitti che nascono da questa vicinanza so no stati sottolineati già da molto tempo. Gli orticoltori, a differenza dei giardinieri dilettanti, possiedono un'abilità di tipo artigianale che assume la forma di un'arte applicata. Gli spazi su cui coltivano pro dotti destinati al circuito commerciale sono molto più vasti delle mi nuscole porzioni di terra che si dividono i loro concorrenti. Tuttavia, i conflitti che esplodono qua e là non devono far dimenticare il mec canismo delle influenze, l'evidenza degli scambi, la molteplicità del le imitazioni, anche se rielaborate. n modello articolo insegna al di lettante le tecniche della coltura intensiva o, se si preferisce, le forme di una meticolosità che va di pari passo con una produzione quanti tativamente importante. Gli orticoltori diffondono il culto della pre cocità, il prestigio delle primizie. Sotto l'influenza di questo modello, il buon giardiniere tende a essere concepito come colui che, in pri mavera, comincia a raccogliere prima degli altri. Inoltre, gli orticol tori divulgano tecniche di coltivazione che puntano su una verticalità molto adatta alle piccole dimensioni del giardino operaio. Gli alberi da frutto a spalliera, i fagioli rampicanti, che non sono certo scono sciuti ai coltivatori delle campagne, trovano qui un nuovo terreno d'elezione. Le metamorfosi del «pezzetto di terra»
Dopo aver ricordato le diverse influenze che pesano sul giardino popolare, è bene tentare di abbozzare una tipologia. n giardino ope raio propriamente detto - che non va confuso col precedente di cui è soltanto una forma - è stato oggetto di svariati lavori. Noi lo esa miniamo qui come esempio di svago raccomandato, allo stesso titolo della lettura, dell'arte popolare, e della pratica sportiva. Fa parte del catalogo incessantemente ripetuto in occasione delle ricerche dedi cate all'«utilizzazione del tempo libero dei lavoratori», soprattutto al l'indomani dell'approvazione della legge che istituisce la giornata di otto ore ( 1919). Evidentemente, è forte il rischio di concentrare l'at-
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tenzione su attività auspicate da altri. Ma sarebbe altrettanto sbaglia to squalificare certi piaceri popolari col pretesto che sono stati sug geriti, organizzati, o addirittura imposti dall'esterno. Gli obiettivi così come le tattiche dei promotori degli svaghi del lavoratore sono stati chiaramente enunciati fin dall'inizio. Per esem pio, Borderei e R. Georges-Picot dichiarano in proposito nel 1925 : «È una petizione di principio supporre che lo svago esista in sé, in conseguenza di una diminuzione del tempo di lavoro e indipenden temente da un'organizzazione dell'esistenza in cui possa essere ap prezzato come tale [ ... ] Nella vita operaia, divisa generalmente fra il lavoro, la distrazione esterna e il riposo completo, lo svago reale, cioè una semiattività libera, personale - si riconosce qui una trasposizio ne del modello dell'otium o una regolare vita di società non trova posto, perché non ha uno spazio o ha degli spazi riprovevoli [ ... ] [Bi sogna dunque] organizzare questo spazio che egli [l'operaio] riem pirà da solo secondo i suoi gusti e il grado della sua evoluzione intel lettuale e morale . . . ». Di fatto, «gli svaghi della classe operaia non sa ranno mai diversi da quelli che il suo genere di vita e le sue abitudini intellettuali e morali le permettono di assaporare»90. Sarebbe inutile offrirgliene di un genere a cui non fosse preparata. Il giusto modo di procedere non consiste dunque nel ricercare ciò «che potrebbe esse re a priori interessante creare per lei, ma adattare e correggere a po co a poco quello che apprezza abitualmente». È del tutto compren sibile che, almeno in una prima tappa, quella che inaugura la «lenta modificazione delle abitudini», il giardinaggio appaia come la forma di svago che merita di essere raccomandata prima di qualsiasi altra. Il giardino rappresenta, per questi teorici dell'apprendistato del tempo libero, uno dei mezzi migliori per acquistare il senso dello sva go, preliminare indispensabile per la nuova «organizzazione dell'esi stenza» proposta ai lavoratori. Spesso la descrizione si trasforma in idillio. «Mai, aggiunge Georges-Picot, la vita è sembrata così dolce, l'umanità così buona, o Parigi così bella come da questo pergolato dei giardini operai»91. Questi costituiscono dei microsistemi progettati secondo un im maginario sociale oggi ben conosciuto. Nel 1903 , la Lega del pezzet to di terra e del focolare, fondata sei anni prima dal sacerdote demo cratico Jules Lemire92, conta, fra i suoi ottocento aderenti, ecclesia stici, filantropi, politici, per la maggior parte democratici cristiani, medici, professori. Quest'analisi dei componenti fa chiaramente in travedere la configurazione sociale della cerchia iniziale all'interno della quale è stata elaborata, in Francia, questa forma di svago. Lo -
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storico, in questo caso, è sommerso dai documenti93 • Il giardino ope raio si presenta come una selva di punti di vista fra cui manca, o qua si, quello del protagonista principale: il giardiniere operaio. Questo silenzio deriva da un doppio ordine di motivi. Innanzitutto, non gli è stata offerta molto spesso la possibilità di parlare. Inoltre, come ab biamo già visto e come accade anche ai giorni nostri, al dilettante rie sce molto difficile parlare della propria attività. La variabilità del vo cabolario botanico a seconda delle località, sommata alla volontà de liberata di svalutazione e di autoderisione, contribuiscono a spiegare tale opacità. Su quest'inesauribile loquacità delle fonti istituzionali, le scienze umane hanno costruito, da circa vent'anni, un altro edificio di paro le. Quest'ultimo è stato dettato in parte dal desiderio di smascherare un proposito di dominio che, molto spesso, era confessato dagli ini ziatori dell'istituzione94, in parte da quello di scoprire, nell'intreccio delle attività giornaliere, le tracce di una cultura operaia o di una cul tura del povero più o meno autonoma95• Tutto ciò risveglia oggi la sensazione di una duplice imposizione e, di conseguenza, di una dop pia espropriazione. Pertanto, s'impone l'esigenza di un'ottica com prensiva o, se si preferisce, di un atteggiamento di ascolto delle emo zioni, dei piaceri e delle sofferenze dei principali protagonisti. Negli ambienti borghesi preoccupati di organizzare il tempo libe ro dei lavoratori, il giardino operaio è apparso dunque come il mo dello dell'attività «libera e responsabile» del «lavoro intelligente e personale»96. Il desiderio di vedere il dilettante dedicargli i pomerig gi delle sue domeniche spingeva inoltre il clero cattolico a considera re questo passatempo un' «occupazione» e non un lavoro. In questa stessa logica, era importante che il giardino operaio non fosse colle gato al circuito commerciale. Un complesso sistema di rappresentazioni determina la figura di questa forma di svago. Subisce prima di tutto l'influenza dell'intento igienista e sanitario. Coltivare il proprio giardino costituisce il meto do migliore per prendere un po' d'aria, lontano dai miasmi della città. L'orto ha la funzione di arginare tre grandi flagelli biologici rappre sentati dall'alcolismo, dal pericolo venereo e dalla tubercolosi. Le Sa natorium à domicile par les jardins ouvriers è il titolo di un libro pub blicato dal dottor Louis Lancry. Secondariamente, agli occhi dei suoi promotori, per la maggior parte cattolici, il giardino awicina il lavo ratore a Dio. Impone la sottomissione ai ritmi cosmici e biologici. Permette di ammirare la creazione. Può trasformarsi in luogo di me ditazione. Il giardino operaio ha anche la funzione di garantire sim-
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bolicamente il mantenimento di un ordine antico. Ricorda un passa to prossimo, che si va cancellando. Distoglie dalla rivoluzione e dal le teorie sovversive, a vantaggio di un sentimento di amore e di con cordia sociale. «Ognuno dei nostri gruppi di giardini, dichiara quin di Georges-Picot, costituisce una solida isola di difesa sociale e na zionale»97. N ella cerchia di don Lemire, il giardino operaio è visto inizial mente come una via di accesso alla proprietà. Esso procura «l'illusio ne di una casa propria»98. Va d'accordo con l'ideologia del ritorno al la terra, col movimento «terrianista» che mira al mantenimento o piut tosto alla trasposizione dei valori della comunità rurale, di cui si ac centua il carattere tradizionale. In una prospettiva vicina, il giardino è presentato come un efficace strumento di moralizzazione della clas se operaia. Ha la funzione di combattere l'osteria, il bordello, la riu nione pubblica e lo sciopero. La solitudine in giardino non può che favorire, si pensa, la coscienza di sé e il pieno sviluppo dell'individuo. Così com'è immaginato, questo luogo di preservazione è strettamen te associato all'intento di favorire il consolidamento della famiglia che anima l'ambiente a cui appartengono i suoi promotori. La riunione fa miliare in giardino costituisce un immancabile topos di tutte le opere che gli sono dedicate. Va detto anche che, al bisogno, l'orto può di ventare scuola di economia domestica. Si consiglia alla moglie del giardiniere di prendere nota di tutte le economie realizzate grazie a questo benefico passatempo99. Fra le due guerre, l'orto operaio è spesso presentato come un rimedio alla vita diventata troppo cara. Questo giardino destinato al povero e che appare, almeno inizial mente, come un'opera di assistenza, favorisce le manifestazioni di ca rità e di solidarietà. Il buon giardiniere ha il dovere di zappare l' ap pezzamento del suo vicino malato o della vedova con figli a carico. La Lega del pezzetto di terra e del focolare non è la sola organiz zazione di questo tipo. Sono molti i giardini delle fabbriche che cor rispondono all'obiettivo, apertamente riconosciuto, di fissare e per petuare la manodopera. «Un altro felice risultato [di quest'istituzio ne] , si legge in un rapporto presentato nel 1922 che riguarda i giar dini operai di Montluçon, è stato di stabilizzare l'operaio, che si affe ziona alla sua fabbrica e al suo giardino. Esistono poche località in cui l'operaio sia altrettanto stabile; qui, ogni anno vengono conferite molte medaglie al merito del lavoro; generazioni di operai si succe dono nella stessa fabbrica . . . »100. Le compagnie minerarie, le società ferroviarie, alcune industrie metallurgiche cercano di promuovere questa forma di svago. Mettono a disposizione dell'operaio un giar-
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dino attiguo alla sua casa o gli propongono di affittarne uno nelle vi cinanze. Nel 1922 , il numero dei giardini operai coltivati, calcolati sull'insieme del territorio, è stimato in centosessantamila. Ottantot tomila appartengono a compagnie minerarie e sedicimilaottocento settantasei sono stati creati da ottantanove imprese elencate dal mi nistero del Lavoro101. Il giardino operaio è regolamentato102. All'interno del suo spazio, rigorosamente segnalato, gli appezzamenti sono numerati. Gli orga nizzatori fanno esporre le loro prescrizioni. I responsabili sorveglia no i comportamenti e, se necessario, infliggono delle sanzioni. Nel mettere a coltura i terreni vanno rispettate norme precise. Il giardi niere ha il dovere di vestirsi in modo rispettabile, di mantenere buo ni rapporti con i vicini e di contribuire alla manutenzione delle parti comuni. Lo spirito di emulazione è alimentato da gare periodiche ri guardanti la qualità degli ortaggi, la sontuosità della decorazione flo reale, la tenuta dei viali, la bellezza dei 'pergolati'. Queste competi zioni forniscono l'occasione per piccole feste. Talvolta, un esperto di orticoltura impartisce lezioni ai giardinieri dilettanti. Volantini e opu scoli sono distribuiti gratuitamente dagli organizzatori. Insomma, la storia dei giardini operai è innanzitutto quella di un'opera benefica, costruita sulla base dei documenti abituali per questo tipo di istitu zione. Questa relativa abbondanza di tracce rischia di indurre a so pravvalutare l'importanza di questa forma di assistenza, che rappre senta solo uno degli elementi del giardino popolare; ci torneremo so pra in seguito. Altrettanto dicasi, su tutt'altra scala, dell'importanza che le è attribuita nell'ambito delle inchieste internazionali promos se dal BIT. Abbiamo parlato del giardino auspicato, organizzato, sorvegliato. Rimangono da considerare il giardiniere e il giardinaggio, come pure il destino di queste opere benefiche. In Francia, queste appaiono ne gli anni immediatamente successivi al 1 860, ma, a quell'epoca, ri mangono strettamente localizzate103 . Quindi, la fondazione della Le ga del pezzetto di terra e del focolare è considerata generalmente il vero punto di partenza. Il numero dei giardini aumenta lentamente fino all'introduzione della giornata lavorativa di otto ore ( 1 919). In seguito, cresce moltissimo, prima di stagnare, in conseguenza della crisi, durante il decennio che precede la Seconda guerra mondiale. Gli anni del conflitto corrispondono a un nuovo periodo di crescita, a cui segue un declino regolare104• L'evoluzione della quantità è accompagnata da una trasformazio ne della natura dell'istituzione. Fra il 1896 e il 1950, il giardino ope-
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raio diventa, a poco a poco, «il giardino degli operai» 1 05. Nel perio do fra le due guerre, i possessori di appezzamenti si emancipano da gli obiettivi moralistici iniziali, mentre i promotori, e lo stesso don Le mire, abbandonano la figura del giardino operaio per quella di un giardino familiare 106. I protagonisti si riconoscono ormai come mem bri di un'associazione e non più come assistiti di un'opera di benefi cenza. Il giardino e il giardinaggio sono sempre più chiaramente con cepiti come un luogo e un'attività di distensione 107. È difficile, attraverso i documenti dell'opera benefica, avere un'i dea esatta di ciò che avviene realmente all'interno degli appezza menti. In che modo l'accettazione delle prescrizioni, la loro ignoran za o il rifiuto che viene loro opposto, hanno suggerito un nuovo uso del giardino e provocato lo sviluppo di forme inedite di svago? Le ri cerche orali, purtroppo posteriori di qualche decennio al periodo che ci riguarda, permettono, pur con qualche rischio di anacronismo, di prospettare alcune ipotesi. In questi giardini - come in un certo nu mero di altri giardini popolari - le tecniche di coltivazione sono ba sate su una conoscenza di forma enciclopedica, fatta di ricette giu stapposte 108. Questo fatto contribuisce a spiegare l'inerzia degli usi, la forza di resistenza che il giardino popolare ha opposto per molto tempo al progresso scientifico; e ciò, malgrado i tentativi di insegna mento dell'orticoltura. Il giardinaggio rimane, in questi ambienti, un'attività sessualmen te indecisa. Tende tuttavia a mascolinizzarsi nel corso degli anni. Al l'indomani dell'approvazione della legge che introduce la giornata di otto ore, stando a un'inchiesta realizzata dal ministero del Lavoro fra il 1920 e il 1923 , si presenta anzi come un'attività caratteristica degli uomini adulti. I giovani gli preferiscono lo sport, l'apprendistato, le passeggiate in bicicletta, le «ricreazioni artistiche» e la ricerca del partner sessuale l ll'>. Sono, per la maggior parte, degli operai padri di famiglia quelli che, dopo il lavoro, se ne vanno in bicicletta a lavora re nel giardino. Il sabato, vi si riuniscono per coltivare i loro ortaggi, ma anche per giocare a bocce, fare una partita di belote 1 10 e bere un goccio sotto il pergolato; quest'ultimo si sostituisce al caffè. Come la pesca con la lenza, la coltivazione del giardino non ha nulla di eroti co; anzi è spesso presentata, ripetiamolo, come un antidoto alla de pravazione. Il giardinaggio prepara dei buoni mariti, mentre consola o rallegra i vecchi. All'epoca, il circuito di distribuzione delle verdu re fresche continua a essere piuttosto povero, al di fuori delle grandi città. Per il padre di famiglia, il giardinaggio costituisce, di conse guenza, una forma di partecipazione nutritiva che si colloca simme-
Jean Metzinger, Al velodromo ( 1914). Fondazione Peggy Guggenhei m , Venezia.
9. Ger tManche). - Cyc o • ·
Passeggiata in bicicletta. Le vincitrici Jel concorso di biciclette e rimorchi fioriti al Bois de Boulogne, nell897.
•
Partita di calcio a Charterhouse, marzo 1892.
Copertina del settimanale sportivo «La vie au grand air» (1914).
Copertina del «Miroir des sports» (1933).
Il mercato di place de la Halle a Louviers, intorno all900. Partita di carte tra baschi. Danza bretone in occasione di un matrimonio.
Pesca domenicale con la lenza a Charenton-St. Maurice, nel canale. Pesca a Rouzat. Autocromo di Jacques-Henri Lartigue.
Montmartre, la casa col tetto di paglia, detta «di Enrico IV», intorno al 1900.
Copertina del primo numero del settimanale «Système D» (1924).
Cartolina della «Ligue fran;aise du Coin de Terre» (1911).
Campeggio popolare all'epoca della repubblica di Weimar.
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tt
l'artenza di una nave Kra/t durch Freude per la Norvegia (1938).
••
Manifesto di Pierre Joubert per gli scout francesi ( 1 950). Manifesto di Raymond Gid per il Club Méditerranée ( 1 96 1 ). Il fascino del campeggio nel bosco ( 1 939).
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tricamente rispetto agli acquisti femminili. Nello stesso tempo, la ma nipolazione e l'impiego dei prodotti dell'orto favoriscono l'appren distato culinario delle ragazze111• Ma non è certo questo l'essenziale. Il giardino operaio, come altri giardini popolari, procura piaceri che vanno molto al di là del sem plice giardinaggio11 2• Fornisce l'occasione di un'espressione della personalità che è, nello stesso tempo, resistenza al prodotto standar dizzato. Permette lo sviluppo di forme di socialità basate sulla convi vialità e su una gastronomia in qualche modo immediata. n prestigio dei «prodotti dell'orto» è costitutivo della cultura sensibile dei fran cesi. Gli scambi di semi, di piante, di attrezzi, di consigli, di sguardi critici, i raccolti in comune e gli aiuti reciproci sanciscono forme ine dite di vicinato. Nel periodo fra le due guerre, la vecchia gita familia re in campagna viene qui rielaborata secondo la figura delle «belle do meniche». In un luogo privato, questa volta, ma conviviale, situato in prossimità dei sentieri che portano al bosco o sulle rive di uno stagno, è possibile «fare i matti, fare chiasso, ridere e cantare»113, al riparo dal la sorveglianza della parentela e dai pettegolezzi del quartiere. La pre senza di un piccolo allevamento è un buon motivo, se occorre, per an dare in giro per i prati a raccogliere «l'erba per i conigli». Ma, si sarà capito, questi nuovi piaceri del giardino operaio sono gli stessi del giardino del villino, di cui adesso dobbiamo occuparci. Sappiamo quanta importanza questo abbia, ancora oggi, fra le at tività del tempo per sé. Sfortunatamente, a causa della sua comples sa genealogia114, è molto difficile da individuare. Accontentiamoci di parlarne a grandi linee. È importante ricordare, innanzitutto, un pe riodo di anarchia e di confusione, indispensabile per la sua com prensione. Molti abitanti delle città e dei borghi, che ignorano le isti tuzioni del giardino operaio, conoscono tuttavia il giardinaggio. Dob biamo fare attenzione a non minimizzare la diffusione di un'abilità radicata nella trasmissione orale, confortata dall'esperienza persona le, perfezionata attraverso la scuola115 e la lettura delle tante opere scritte sull'argomento che meriterebbero uno studio sistematico. Con l'estendersi delle periferie, queste conoscenze hanno avuto modo di manifestarsi. A Limoges, nelle zone suburbane dove vanno a vivere gli operai delle fabbriche di porcellana venuti in qualche ca so dalla campagna, lo sviluppo di questo nuovo giardinaggio cittadi no risale alla metà del diciannovesimo secolo116• Nella regione di Pa rigi, è caratteristico del periodo fra le due guerre. I giardinieri dilet tanti cominciano a utilizzare, in modo effimero o talora intermitten te, dei terreni abbandonati o in attesa di lottizzazione. Beneficiano,
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in questa circostanza, di una temporanea tolleranza che permette un'espansione anarchica del numero degli appezzamenti, in contrad dizione col rigore dell'organizzazione del giardino operaio. Un mosaico di orti e frutteti, il cui aspetto varia secondo la condi zione sociale del dilettante che se ne occupa, secondo i suoi gusti e le tradizioni locali, nasce all'interno e nelle vicinanze delle città e dei borghi. Questi spazi coltivati hanno ciascuno una propria denomi nazione: giardino modello del maestro, giardino del curato, già ri cordato, giardino del casellante, che si allunga, sfilacciandosi, lungo i binari117, giardino del doganiere, inizialmente situato vicino alle barriere del dazio, giardino di marinaio, giardino operaio. Tutte que ste denominazioni, di cui è difficile sapere in che misura corrispon dano a tecniche di coltivazione diverse, sono una prova, per la loro stessa varietà, di una 'età dell'oro dell'orto', che il giardino del vill i no propriamente detto è venuto a chiudere tardivamente. Quest'ultimo non ha la stessa autonomia del precedente; ha lo sco po di circondare la casa. Viene costruito in funzione di essa. Rispet to al giardino operaio, si rivela molto più influenzato dai modelli sug geriti da una stampa specializzata. È più luogo di espressione di sé che di dimostrazione di un'abilità. Nel corso dei decenni, tende ad affermarsi una divisione dello spazio in quattro parti, che potrebbe essere letta come una compressione paradossalmente complicata del lo spazio del giardino borghese. Siamo così indotti a distinguere, nel terreno che incornicia il villino, un giardino lavorato, un giardino abi tato, un giardino contemplato e un'area di disordine indispensabile per la manutenzione delle altre tre118. Gli obiettivi che determinano il disegno di questo giardino porta no a relegare l'orto, o addirittura a nasconderlo, sul retro della casa. La logica ostentatoria della composizione spinge, talvolta inconscia mente, a una svalutazione delle tradizioni popolari del giardinag gio119, a vantaggio di segni di modernità che indicano un nuovo rap porto sociale. La zona davanti al villino è riservata a un lavoro del l'apparenza. n prato - tardivo -, la siepe decorativa e il muretto, so stituti del muro del giardino cittadino della borghesia, la profusione o addirittura la ressa delle piante di prestigio- fra cui l'immancabile cedro azzurro -, il pozzo finto, i minuscoli mulini, i pneumatici colo rati, i nani formano uno spazio accuratamente progettato che deve costituire un piacevole spettacolo, osservato dall'interno, e un presti gioso segno della posizione sociale, visto dall'esterno. L'esiguità del lo spazio impone qui una miniaturizzazione che era già caratteristica del capanno e del 'pergolato' del giardino operaio.
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Questa parte del giardino offre il destro a una forma di svago, di stinta dal bricolage e totalmente consacrata all'espressività. Il giardi no del villino dà sfogo al desiderio di addomesticare lo spazio con l'aiuto di segnali, spesso effimeri. Questi possono sembrare strava ganti, grotteschi o addirittura mostruosi, nella misura in cui, almeno inizialmente, sembrano sfuggire a qualsiasi canone estetico ed espri mere solo maldestri tentativi di ricerca delle forme120• Un'altra porzione dello spazio ha la funzione di prolungare il vil lino. La sua creazione risponde allo stesso desiderio che ha portato, in Francia, alla proliferazione del pianoterra soprelevato, moda ar chitettonica che permette, in particolare d'estate, di abbandonare il piano nobile e di trasferire la vita quotidiana al livello del sottosuolo. Prima ancora che i negozi specializzati impongano le nozioni di «an golo giardino» e di «salotto da giardino», sotto l'influsso di modelli venuti da oltreoceano, il retro della casa consente, quand'è bel tem po, di mangiare all'aria aperta senza essere spiati dalla strada. È pos sibile, al bisogno, accendervi un fuoco sistemato in modo approssi mativo - il barbe cue è più tardivo. Questa parte dello spazio riserva ta allo svago familiare è anche un'area di gioco per i bambini. Nel pe riodo tra le due guerre, quando il bricolage, nella sua preistoria, si ba sa sul recupero, questo spazio conviviale entra in competizione con un'area di accumulo, di accantonamento e di riparazione, il cui ap parente disordine è causa di tensioni all'interno della coppia. Quanto all'orto, relegato dietro alla casa, il suo arretramento non è affatto compatto e lineare. La sua diffusione nel corso e all'indo mani della Seconda guerra mondiale, anche all'interno del giardino borghese, dimostra la sua forza di resistenza; ed è difficile misurare quale effetto abbia avuto su di esso l'aumento del numero di pensio nati durante la prima metà del secolo. Come in precedenza quella del giardino operaio regolamentato, ma in modo più surrettizio, la qua lità dell'orto di questo giardino continua a determinare la collocazio ne del suo proprietario nella gerarchia morale che si forma all'inter no del quartiere. La ricompensa gustativa è solo uno dei vantaggi del giardino ben tenuto. Ce ne sono altri, simbolici. ll ritardo e il falli mento delle colture continuano a essere altrettanti segni di disonore, quando non costituiscono indizi di fannullaggine. Ma tutte queste sono soltanto considerazioni molto imprecise, che appartengono più a un programma di ricerca che a un bilancio. S'im pone tuttavia una conclusione: qualunque sia lo scarto fra gli obietti vi dei promotori del giardino operaio e le abitudini del giardinaggio popolare e quale che sia l'opacità di queste ultime, esse costituiscono
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in ogni caso uno dei dati fondamentali dell'invenzione degli usi del tempo libero. n giardinaggio popolare si presenta come un argo mento di un'estrema ambiguità. Per gli uni attiene ai rapporti con la divinità e a considerazioni di ordine etico, per altri, ai procedimenti di distinzione e di ostentazione, per altri ancora, alle forme del do minio, reale o simbolico. Fa parte, contemporaneamente, della storia del lavoro e di quella dello svago, della lotta contro la noia, delle tat tiche di asservimento del desiderio e di ricerca del piacere. Ma esiste un denominatore comune. All'interno della recinzione del giardino, qualunque esso sia, si presenta una figura della felicità intima che rientra sicuramente nel campo dei comportamenti regressivi, dipen de cioè dalla convinzione che, in queste attività che si riallacciano ai piaceri dell'infanzia, possa essere riscoperto qualcosa di autentico.
Il bricola ge: dall'arte delfo colare al sa crz/icio del tempo Trattare del bricolage in uno studio che ha come argomento il tem po libero comporta un rischio di anacronismo, che è tanto più gran de in quanto la forma di questo tipo di attività si è evoluta molto ra pidamente. Qui tenteremo dunque di rintracciare l'emergere di que sta nozione e di ripercorrere a grandi linee le tappe che scandiscono la sua storia. Anche questa volta ci atterremo al caso francese, pur sforzandoci di scoprire le influenze che ha subìto. L'uso dei termini bricole [lavoro saltuario] e bricoleur [chi lavora saltuariamente] ha preceduto, di molto, quello di bricola ge . n Trésor de la Lan gue /ran çaise rileva, inoltre, l'impiego di bricoler già nel1 859. Questo verbo significa allora eseguire, senza grande cura e secondo i propri bisogni, minuti lavori, il cui risultato è di scarso valore. Quan do diventa di uso corrente, negli anni venti, il termine 'bricolage' ere dita questi riferimenti impliciti all'irrilevanza e all'intermittenza che lo colorano in senso peggiorativo. 'Bricoler' vuoi dire allora lavorare senza perizia, «da dilettante»; l'impiego metaforico di questo termi ne nelle scienze umane si è caricato, in seguito, di questa tonalità di spregiativa; il «bricolage intellettuale»- come qualsiasi altro bricola ge- ha ricevuto di recente le sue patenti di nobiltà nella misura in cui è associato all'immaginazione, all'inventiva, alla personalizzazione di una ricerca, e non più solo all'incertezza concettuale. Nel corso degli ultimi decenni- ciò esula dal periodo qui preso in esame-, l'aggiun ta della nozione di falsificazione è venuta a complicare il suo signifi cato. È in questo senso che oggi i giovani parlano di 'bricoler' [truc-
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care] un motorino. Dalla metà del diciannovesimo secolo, l'intermit tenza che squalifica i lavori del «dilettante», del «toccatutto» che pra tica il bricolage ha ispirato, al contrario, il riconoscimento di una cer ta abilità e di un'innegabile capacità di adattamento ai problemi che si presentano nel corso della vita quotidiana. Questa semantica complessa ha le sue funzioni. Fa parte, inizial mente, delle tattiche di discredito che prendono di mira il dilettanti smo e la mobilità, quando entrambi riguardano l'uomo del popolo. Lo stretto legame stabilito fra il bricolage e l'attività manuale attiene, inoltre, all'etnocentrismo e conforta l'immaginario sociale delle clas si dominanti. È logico e rassicurante raffigurarsi l'operaio, fuori dal suo lavoro, come un individuo che si dedica spontaneamente, anche se in forma degradata, a un tipo di attività che definisce la sua intera esistenza121. Questa spontanea inversione dei segni del lavoro può sembrare, ancora meglio del giardinaggio, un rimedio adeguato ai ri schi insiti nel girovagare senza scopo. Durante il periodo fra le due guerre il bricolage beneficia, tra l'al tro, della crescente dignità riconosciuta al lavoro operaio122 e della ri cerca di tutto quanto appartiene a una cultura considerata popolare. Di conseguenza, l'incertezza fra svalutazione ed esaltazione, insom ma l'ambiguità, si accentua. Ciò si avverte particolarmente durante gli anni quaranta. Apriamo, a titolo d'esempio, un libriccino pubbli cato dalle Editions ouvrières e destinato agli adolescenti membri del la Joc [Gioventù operaia cristiana]. Si intitola: Viens bricoler.' e fa parte di una serie che comprende altre opere dedicate al canto, allo sport, al gioco, al campeggio. li bricolage vi mantiene la sua colora zione peggiorativa: «Forse hai sentito tuo padre o degli operai dire parlando di qualcuno: 'quello è un bricoleur'. Intendevano dire un ti po senz'arte né parte, uno che sa far tutto e niente. Nella vita, non es sere un bricoleur; impara un mestiere, un vero, un buon mestiere - dieci mestieri= undici miserie (sic) . Ma, per il momento, il giovedì o la sera dopo la scuola con i tuoi amici, impara a bricoler, cioè a fa re ogni specie di cose con delle sciocchezze»123; e questo per essere in grado più tardi di organizzare il tempo libero familiare in vista del raggiungimento della felicità domestica. Nei decenni successivi, il bricolage acquista a poco a poco la sua attuale nobiltà, mentre la sua figura e i modi in cui viene praticato si modificano profondamente. All'alba degli anni ottanta arriva a rap presentare un vero e proprio stile di vita. È questa serie di meta morfosi che costituisce il nostro obiettivo. È una forzatura voler inserire questa storia in una riflessione sulle
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rappresentazioni e sugli usi del tempo libero? È quello che dobbia mo esaminare. Tutti coloro che, fra le due guerre, si sono atteggiati a organizzatori del tempo libero dei lavoratori hanno riconosciuto che il bricolage apparteneva a questa categoria; ci torneremo sopra più avanti. D'altra parte, per l'«artigiano della domenica» o per il diri gente che esegue piccoli lavori in casa, quest'attività costituisce, ai giorni nostri, un indiscutibile cambiamento. Il tempo che le dedica no differisce radicalmente da quello del loro lavoro. Tuttavia, al termine di una ricerca realizzata oralmente nel1985, Philippe Jarreau contesta la legittimità dell'attribuzione del bricola ge al tempo libero124• Gli individui che ha interrogato vedono i lavo ri fatti per migliorare la casa come un obbligo, un'imposizione, un do vere e, soprattutto, un sacrificio di tempo. Ai loro occhi, significano un «momento di distensione sacrificato», addirittura vacanze massa crate. La pressione temporale che si esercita su di loro- in modo mol to più pesante che sui 'dilettanti' di una volta - impedisce di consi derarli altrimenti. «Il bricolage, assicurano parecchi intervistati, sa rebbe un piacere se si avesse più tempo». Questa sensazione di co strizione mantiene vivo il sogno del «quando sarà finito». n bricola ge si associa solo molto indirettamente allo svago: tutt'al più permet te di realizzare delle economie grazie alle quali diventa possibile «per mettersi delle vacanze». Detto questo, i sentimenti qui sono più con fusi di quanto potrebbe far pensare questa serie di risposte. n fai da te rimane una nozione molto ambigua. Alla domanda: «Perché si pra tica il bricolage?», il 51 % degli uomini e il 27% delle donne a cui è stata rivolta rispondono che si fa «per piacere», il 64% e il 30% per volontà di economia, il1 8% e il 6% per desiderio di qualità, il1 8 % e il lO% per un'esigenza di rapidità. Il che dimostra la promozione di quest'attività nell'ordine delle rappresentazioni e la nuova impor tanza attribuita ai ritmi temporali. C'è un'altra maniera di mettere in discussione il legame che unisce il bricolage e lo svago: è quella di rifiutare di assegnare il primo a una precisa sequenza temporale. Agli occhi di alcuni125, il bricolage è un modo di essere che monopolizza il tempo. Il vero «ap{>assionato di bricolage» lo pratica anche in fabbrica o nell'officina. E animato da una «disposizione di spirito» che gli permette di trasformare, con temporaneamente, il tempo di lavoro e il tempo domestico in un tem po per sé. «Il 'vero' bricolage è una maniera di vedere il mondo che si acquisisce per tutta la durata dell'infanzia operaia.» Presuppone un addestramento dell'occhio, pronto a individuare l'oggetto recupera bile. Implica l'abitudine a non usare mai cose nuove. Richiede una co-
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noscenza precoce degli attrezzi e di certe tattiche di disposizione. Isti tuisce un rapporto speciale con l'oggetto fabbricato che è una sfida ai vincoli e ai limiti che esso impone. E desiderio di differenziarlo da tut ti gli altri oggetti della stessa specie e di personalizzarlo. Cosa che por ta a smontarlo e a dar prova, in questo modo, di una totale assenza di feticismo nei suoi riguardi. n fai da te così concepito va molto al di là della semplice attività manuale. «L'esperto di bricolage calcola, con fronta i prezzi»; legge riviste; «disegna [ ... ], elabora progetti che ri producono il sistema attuale e abbozzano quello futuro»126• Ancora più chiaramente del giardinaggio, il bricolage è un modo di manife stare dei gusti e, pertanto, di distinguere l'individuo. «Fare del brico lage vuol dire innanzitutto maneggiare dei simboli»127. La distanza è così grande fra il bricolage degli anni venti, periodo in cui il termine si è diffuso, e quest'attività capace di monopolizzare il tempo così com'è stata analizzata nel1991 , che s'impone la neces sità di tracciare almeno uno schema di questo complesso percorso. Consideriamo ciò che scrivono coloro che, fra le due guerre, sot tolineano l'imperativo di un'organizzazione razionale del tempo li bero dell'operaio, al fine di evitare l'inattività128, preludio al vaga bondaggio e all'abitudine del vizio. «La maggior parte [degli operai], scrive per esempio Edmond Labbé nel 1928, sente la mancanza di una scienza dei nobili passatempi. L'uomo che non ha niente da fare, che rimane in casa a fantasticare e si annoia, awerte di essere privato di ricchezze sconosciute. Basta che se ne presenti l'occasione e sco prirà, come un meraviglioso reame, i piccoli mestieri che permettono di abbellire la casa, il giardino, un gioco all'aria aperta, le arti, i bei li bri»129. I membri delle istituzioni internazionali che si confrontano con questo problema nel corso degli anni venti si trovano davanti a un dilemma. La volontà di organizzare lo svago altrui si scontra con la volontà, manifestata con vivacità da certi governi, in particolare quello del Regno Unito, di evitare ogni controllo eccessivo. Si tratta di rispettare il lavoro «spontaneo e libero», compiuto «per piacere», «come distrazione fisica o esercizio dello spirito»130, pur condan nando il lavoro supplementare, svolto all'uscita dalla fabbrica o dal l'officina. La soluzione sembra essere quella di incoraggiare la coltivazione del giardino e la sistemazione dell'abitazione. n desiderio di vedere quest'ultima attività occupare le «ore di libertà» ispira gli esperti. In ogni modo, si continua a ripetere, la casa basta a escludere ogni uso reale del tempo libero. n bricolage che viene raccomandato è di un tipo adatto a quest'ideologia. Esso costituisce il versante maschile
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dell"arte del focolare', l'equivalente incompleto di quell'arte dome stica il cui apprendistato «dovrebbe essere il principale svago e dilet to della fanciulla»131 e il cui esercizio può «fornire alla donna il sen so della sua vita»132• Certo, il bricolage maschile non assume una si mile importanza. Rimane il fatto che, anche per l'uomo, la «scienza del focolare» appare fondamentale. «L'organizzazione razionale dei giorni e delle ore di riposo» presuppone, contemporaneamente, «cu ra dell'andamento domestico, manutenzione della mobilia, sistema zione dell'abitazione, coltivazione del giardino»133• Riguarda dunque entrambi i componenti della coppia. Questo bricolage va d'accordo con le rappresentazioni dell'abita zione operaia ideale che cercano di realizzare e poi di diffondere, in Francia, l'Ufficio pubblico degli alloggi a buon mercato e diverse fon dazioni private create dai Rothschild e da Jules Lebaudy. Questo ten tativo si basa su un postulato più volte ribadito: «All 'operaio piace accrescere, durante le sue ore di libertà, la comodità e la gradevolez za della sua casa e della sua esistenza. Può farlo, sia ingegnandosi di imitare ciò che rappresenta l'arte, sotto questo aspetto, per il bor ghese colto, sia sforzandosi di seguire una tradizione che gli è pro pria, quella dell'arte popolare del suo paese o della sua regione»134. In questa prospettiva, un po' idilliaca, è opportuno «interessare il lavoratore alla costruzione di piccoli mobili dalle belle linee: lo sca f fale , il tavolo da lavoro, la s crivania . Restituirgli l'amore per il legno massiccio che si può intagliare; la possibilità di lucidare, incerare, ver niciare, tappezzare, dipingere, eccetera [ ... ] Che qualcuno gli insegni, poiché non lo sa più, il colore che sta bene su un muro [.. ]. Deve ama re le facciate fiorite, i gerani che ricadono a grappoli, le petunie dai fiori di velluto»135• «Bisogna crearvi, scrive da parte sua Edmond Labbé a proposito di quest'abitazione, un ambiente autenticamente operaio, non un arredamento di lusso, capace di suggerire idee sba gliate»136. Anche in questo campo, la nozione di cultura operaia de ve molto a questo tipo di progetto, che gli analisti hanno tentato a lungo di smascherare, anche quando si sentivano in dovere di con fermare la validità di ciò che aveva lo scopo di produrre e ciò che ave va effettivamente prodotto attraverso un meccanismo di adesione al l'immagine imposta. Un bricolage di questo genere, pensano alcuni, potrebbe gettare un ponte fra «i mestieri e le classi». Lo stesso Labbé esalta, in questa prospettiva, «il banco da lavoro di certi intellettua li», esempio tipico del talento coltivato per diletto che è bene racco mandare137. Se si legge il «Rapport sur l'utilisation des loisirs ouvriers» pre.
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sentato alla sesta sessione della Conferenza internazionale sul lavoro riunita a Ginevra nel1924, ci si rende conto chiaramente che certi go verni sperano di fare dell'abbellimento dell'ambiente domestico (ho me ) e dei «piccoli lavori in casa»- è questo il senso del bricolage una nozione in grado di raccogliere suffragi. Molti rappresentanti al la Conferenza sembrano spinti dal desiderio di vedere l'operaio pre so dall'ossessione della sua casa. La seconda metà del diciannovesi mo secolo aveva, in precedenza, nutrito lo stesso sogno. In Francia, dal 1 880, una ricca letteratura popolare cerca di diffondere le «arti della casa»138. In particolare Georges Roux, l'autore dell'Habitation, si dedica a quest'impresa. Nei suoi Petits manuels du foyer à l'u sa ge de s /amille s et de s écoliers, che costituiscono una collezione a buon mercato, esalta gli animali che tengono in ordine la loro tana. Sono citati come esempi gli uccelli, i castori, le api e le formiche. L'autore si riferisce anche alle prime età del mondo, alla cura che mettevano gli uomini primitivi nella decorazione delle loro caverne. n bricolage, che quindi dipende dall'istinto, assume nondimeno una portata etica: l'operaio ha il dovere di «usare il suo tempo libero per il maggior bene della sua famiglia»139. Questa imposizione va d'accordo con la figura del popolo virtuoso che attraversa tutta la let teratura sociale del diciannovesimo secolo, a fronte dello spettro del le classi lavoratrici e pericolose. A Parigi, in seno al Comitato nazio nale per il tempo libero, funziona un Ufficio per la decorazione del la casa. Una serie di riviste e opuscoli, fra cui «La Maison Sociale», diffondono lo stesso tipo di progetto. n compito dell'uomo che ap partiene a un «ambiente autenticamente operaio» è creare, decorare, abbellire, evitando il lusso. Nel corso degli anni trenta, questa politica dello svago casalingo porta a esaminare quale legame sia opportuno stabilire fra il bricola ge e l'arte popolare. A questo proposito, si arriva facilmente a un pun to d'accordo: l'operaio che esegue piccoli lavori, che deve evitare il lusso, deve anche guardarsi dalle cianfrusaglie, da tutto ciò che è imi tazione di qualcos'altro e dall'«articolo da bazar»140• Per evitare que sto rischio, gli si offre una possibilità: visitare le esposizioni. «Duran te le ore di libertà, dichiara ancora Edmond Labbél41, bisogna in durre a usare il morsetto, il tavolo da lavoro, gli attrezzi da rilegatore o da corniciaio», ma anche a visitare le esposizioni di mobili tipo o di case modello. Sarà stata notata di passaggio l'importanza attribuita alla rilegatura, attività che presenta il vantaggio di essere lavoro arti gianale e ponte gettato verso la cultura classica. n 1 5 maggio 1935, nell'ambito dell'Esposizione universale di
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Bruxelles e del Congresso internazionale sul tempo libero del lavora tore che si tiene in quell'occasione, viene inaugurata un'Esposizione internazionale del tempo libero. Com'è normale per l'epoca in que sto tipo di manifestazioni, ci si preoccupa non tanto di indagare sul tempo libero dei lavoratori - anche quando si ha la pretesa di farlo quanto di mostrare quello che dovrebbe essere. Uno stand è dedica to al «mobilio modello» e all' «arte del focolare». Vi si può contem plare «l'arredamento di una sala comune di una casa a buon merca to». li visitatore scopre anche uno «Stand di esposizione di oggetti di bricolage, artistici e di uso pratico, fatti da lavoratori nel tempo libe ro». Ha la possibilità di ammirarvi oggetti «in vetro soffiato, scultu re, pitture, apparecchi di TsF [Telegrafia senza fili], lavori femminili, eccetera»142. In quel periodo sono portate a esempio le realizzazioni della pro vincia belga dello Hainaut. In questa regione, mentre si sviluppa un programma di costruzione di quindicimila alloggi operai, viene idea to e fabbricato un mobilio standardizzato, tipo «svaghi operai» (sic) . Lo scopo è quello di tenere il lavoratore che pratica il bricolage lon tano dall'imitazione degli interni borghesi. «L'operaio della miniera, dell'industria metallurgica è un operaio rude. Gli servono mobili so lidi»143. Diverse esposizioni itineranti di questo mobilio standard percorrono la provincia. Lezioni, conferenze, vendite di vasellame e di oggetti fatti a stampo, una «mostra dell'arte in casa e del tempo li bero dell'operaio», oltre a mostre locali «di oggetti con caratteristi che d'arte, fabbricati da operai durante le ore di libertà e in grado di servire alla decorazione dell'abitazione», contribuiscono a stringere il legame stabilito fra l'obiettivo utilitaristico e il progetto artistico. L'Esposizione internazionale del tempo libero organizzata a Bruxel les, infatti, offre lo spunto per una riflessione sul bricolage o, piutto sto, sulla definizione stessa di cultura popolare. La distanza che se para l'idea che ci si fa di quest'ultima dalle abitudini dell'operaio è avvertita e denunciata. Le vestigia che vengono allora erette ad arte popolare e tradizionale, associata alla costruzione del patrimonio del le regioni e delle nazioni, riguardano, si fa osservare, il pastore, l'a gricoltore, l'artigiano. Interessano poco l'operaio. Tutto considerato, non ispirano molto chi pratica il bricolage. Quanto alla ricerca con dotta dall'IICI nel1934 e dedicata all'arte popolare, si conclude rac comandando «la creazione di piccoli musei di arte locale», la visita a musei e l'organizzazione di giochi, danze, feste tradizionali, gare, la boratori, evitando però di «creare artificialmente la spontaneità»144 e
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con la consapevolezza che «l'arte del lavoratore dev'essere adatta ai suoi gusti, alle sue concezioni e alle sue possibilità tecniche». Questa vaga coscienza di un'inadeguatezza ci rimanda all'esame dei comportamenti. In assenza di una ricerca sociologica, è giocofor za, ancora una volta, tentare di desumere la loro comparsa servendo ci di una letteratura con intenti didascalici destinata, in questo caso, a chi pratica il fai da te e non più al lavoratore che si vuole spingere alla fabbricazione di oggetti per la casa o all'arte popolare.
Gestione de lle ore e s istema degli oggetti A dire il vero, il termine 'dilettante' resta allora quello più fre quente, quando si tratta di definire chi si dedica all'attività di cui ci stiamo occupando. È l'opposto della qualifica di professionista. Chi intende rivolgersi a colui che pratica il bricolage vuole quindi diffe renziarsi dalla letteratura dei mestieri. «La maggior parte dei manua li che hanno per oggetto le diverse specialità professionali, dichiara zio Joe nel suo A B C du bricolage, testo fondamentale apparso nel 1925, sono stati scritti da artigiani; e il dilettante, in mancanza di una lunga pratica e di attrezzature costose, spesso non può trame alcun beneficio»145• Si rende necessaria una letteratura specifica. È questo che determina il successo della collezione Baudry de Saunier. Un ti tolo basterà a farne comprendere il progetto: Comment un amateur peut traiter les métaux à la main [Come un dilettante può lavorare a mano i metalli]. Questa letteratura prende dunque le distanze dal meccanismo della svalutazione e dell'incessante riqualificazione at traverso l'acquisizione autonoma di conoscenze, già allora imposto alla classe operaia. Meccanismo che introduce un costante rinnovar si dei desideri e delle soddisfazioni. In questa letteratura, l'obiettivo dichiarato del bricolage è quello di produrre qualcosa di utile, divertendosi. Beninteso, le attività sug gerite sono strettamente legate ai cicli dell'usura e alle rappresenta zioni del rifiuto. «Bisognerà dunque, è il comandamento di zio Joe, prima di buttare nella pattumiera una qualsiasi scatola vuota, un qua lunque utensile rotto, bisognerà dunque chiedersi: 'non può servire a qualcosa?'»146. In questo periodo in cui comincia a essere praticato, infatti, il bri colage si basa essenzialmente sul recupero. Questo esprime non tan to un desiderio di creazione quanto una preoccupazione di salva guardia dell' «oggetto rovinato»147• L'affermarsi dell'abitudine della
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riparazione accompagna allora la crescente diffusione dell'oggetto fabbricato. Questo bricolage dei primordi ha innanzitutto lo scopo di evitare, per quanto è possibile, di comprare cose nuove. «Il gran de vantaggio che presenta la pratica del bricolage, assicura zio Joe, è che si può fare a meno [anche] di acquistare materiali»148. Il bricola ge è in primo luogo una resistenza dichiarata all'accelerazione dei rit mi dell'usura, «alla continua sostituzione degli oggetti domestici» e alle «spese ripetute»149 che questo rinnovamento comporta. Viene presentato come il contrario dell'acquiescenza al consumo. Inoltre, si continua a ripetere, la riparazione non è completamente slegata dal la creazione. E si rivela tanto più benefica in quanto rafforza l'attac camento all'oggetto. Questa riluttanza all'acquisto provoca un'incessante raccolta; questa presuppone la libera disponibilità di uno spazio e la costitu zione di una riserva di oggetti eterogenei che non sono direttamente in rapporto col progetto del momento. È bene avere sottomano un tesoro composto da tutto ciò che un giorno potrà servire. A questo stadio, ciò che conta non è l'attività manuale, ma l'accumulo di una collezione dal disordine più apparente che reale. Questa riserva ha allora una sua fisionomia particolare, che cleri va dalla gamma dei materiali di recupero. La loro lista determina qua si sempre il piano delle opere che costituiscono la nostra raccolta. L'e poca fra le due guerre corrisponde, in questo caso, al regno della cas sa di legno. Questa rappresenta il materiale fondamentale del primo periodo del bricolage, che è anche quello dello scaffale e della scato la per gli attrezzi. In nessun caso, allora, chi pratica il fai da te deve buttare le sue casse. Se abita in un appartamento, dovrà - ordina zio Joe- farle sparire «SOtto i letti O sopra gli armadi»150. li tempo di que StO primo bricolage è anche quello delle scatole di conserva di latta151 - come oggi nei paesi in via di sviluppo - e del fil di ferro. Il recupe ro riguarda anche lo spago, con cui si possono fare dei tappeti, delle suole, il cartone pesante, quello delle scatole da cappelli o dei calen dari, le carte da imballaggio e gli oggetti di cartapesta. Certi materia li più elaborati suggeriscono anch'essi degli sviluppi generalmente più limitati: il linoleum, la gomma, soprattutto i pneumatici fuori uso, la lamiera ondulata e, più timidamente, il fibrocemento. Per il momento, chi pratica il fai da te sembra doversi acconten tare di un «piccolo tavolo da falegname» o di un modesto capanno dal tetto di cartone incatramato o di fibrocemento, se abita in cam pagna152. Gli si consiglia di rinunciare all'acquisto di una borsa dei ferri, nello stesso modo in cui si raccomanda al pescatore con la len-
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za di accontentarsi di una canna fatta con le sue mani. Come la pic cola pesca, il bricolage si basa sul trucco153, la «dritta» elargita da un individuo d'esperienza che non ha nulla del tecnico. Chi pratica il bri colage deve saper fronteggiare le evenienze e dimostrare una «natu rale capacità di cavarsela», scrive Braudy de Saunier nel1924154. Co me quello della pesca con la lenza, l'apprendistato del bricolage si ba sa su rapporti stabiliti fra un maestro e il suo discepolo. La costitu zione di una raccolta di documenti e della «piccola biblioteca»- nel le classi popolari la biblioteca non può che essere piccola - è la più elaborata di queste attività che rientrano nel campo dell'apprendi mento autonomo. Chi pratica il bricolage deve imparare a ritagliare gli articoli che lo riguardano nei «periodici che si occupano di divul gazione scientifica»155. Deve ordinarli in cartelline di carta da imbal laggio con i titoli ben visibili, apposti per mezzo di un tampone con le lettere di gomma. Deve in seguito catalogarli in funzione dei suoi progetti e dei suoi bisogni. Zio Joe raccomanda con mille particolari l'elaborazione metodica di questa documentazione che riempie a po co a poco l'interno di casse il cui legno serve anche a fabbricare i ri piani della 'piccola biblioteca'. Le radici di questo sapere sono molteplici. Checché ne dicano gli autori di libri dedicati agli appassionati di bricolage, questi at tingono ai manuali tecnici destinati all'insegnamento professionale. Le collezioni popolari Garnier, in particolare la «Bibliotèque d'uti lité pratique», una raccolta di opere intitolate l'Art du o les Arts et métiers du .. favoriscono questo trasferimento dal professionista al dilettante156• Ma quest'apprendimento può anche basarsi su una letteratura ete rogenea che fa da collegamento fra i grandi temi della divulgazione di una volta e una cultura tecnica radicata nella modernità. La colle zione Baudry de Saunier, edita da Flammarion, propone così ai suoi lettori, nel1924, «Les Véritables Clés des songes» [Le vere chiavi dei sogni], un manuale, La Canceptian dirzg,ée [. .] l'en /ant à v alanté [il concepimento guidato ... il bambino a comando], erede dell'antica callipedia- arte di fare dei bei figli -, Le Mécanisme sexuel, illustrato da quarantuno stampe, libri dedicati al bricolage dell'automobile, della bicicletta, della TsF, come pure opuscoli che già s'ispirano al «Fatelo da voi», come l'opera di Albert Touvy, Man électricien , c'est m ai [il mio elettricista sono io] (1930) o quello dello stesso Baudry de Saunier, M an peintre , m an décarateu r; m an vitrier; c'est m ai! [il mio pittore, il mio decoratore, il mio vetraio sono io]. L'influenza anglosassone e, più precisamente, americana agisce . . .
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evidentemente su questa scienza del bricolage fin dalla sua appari zione. È chiaramente awertibile nel dizionario dello zio J oe, come la scia supporre lo pseudonimo usato. In questo tipo di opere si trova allora sempre la stessa rete di riferimenti a «Popular Mechanics», pubblicato negli Stati Uniti a partire dal1902, al suo supplemento in titolato «Shop Notes», a «Popular Science», a «Science and Inven tion»157, nonché alla rivista inglese «Wood Worker». Zio Joe sugge risce come modello un barile-culla ideato in California e cita, nel ca pitolo dedicato alla pelle, The ]olly Art o /Box Cra /t. Diverse riviste francesi, come «Le Petit Inventeur», riflettono la stessa influenza, adattata ai bisogni e ai gusti dei dilettanti francesi_ Insomma, il dizio nario dello zio Joe non è l'unica opera che tenti di dare una forma en ciclopedica alla scienza del bricolage, come altre a quella del giardi naggio o all'arte culinaria158. Certi giochi, più o meno direttamente i spirati da oltreoceano, contribuiscono anch'essi, sicuramente, alla pedagogia del fai da te. n Meccano e diverse scatole di costruzioni po trebbero essere considerate in quest'ottica, sebbene siano destinate innanzitutto ai ragazzi di famiglie agiate. Munito di solide conoscenze, l'aspirante esperto di bricolage può decidere, a detta dei nostri autori, di «utilizzare qualsiasi oggetto» che giace «in fondo agli armadi, in vecchie casse, sulle mensole degli stanzini da sgombero»159. Non si parla qui delle soffitte, che riguar dano un altro ambiente sociale. Nella sua prima fase, il bricolage si awicina all'arte culinaria di utilizzare gli avanzi. Si basa sull"acco modatura', quella delle porte delle stanze che cedono, dei cassetti che non scorrono, delle serrature che cigolano, delle poltrone che «si scollano in basso», delle sedie da ritappezzare, dei parquet che pre sentano delle crepe160. Nell'ordine della creazione, e non più della riparazione, l'esperto di bricolage deve saper fare tutto con niente. L'associazione di questi termini è allora fondamentale. L'immaginazione deve continuamen te suggerire metamorfosi. Per far questo, taglia, sega, assembla, in stalla, sistema specchi, mensole, scaffali, ripiani. n vertice di que st'arte creativa si raggiunge con l"incorniciatura a giorno'_ Questa figura del bricolage alimenta una pedagogia. La Libreria della Gioventù operaia pubblica Bricolage, un manuale destinato a coloro che non hanno ancora l'età per far parte di quest'organizza zione. L'autore dispensa al giovane i suoi consigli. «Devi utilizzare tutto. Per esempio, potrai usare il legno di una cassa da imballaggio per eseguire lavori di carpenteria, costruire giocattoli per Natale, ec cetera. Per recuperare il legno di questa cassa, ti armerai di un mar-
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tello, di una tenaglia e di una pinza, se ce l'hai...»161. n giovane letto re scopre in questo libro il sistema per fabbricare cornici a giorno, co me pure quello per tagliare il compensato, «di sicuro uno dei più pia cevoli passatempi» che ci siano. I manuali di bricolage sono ispirati da un'etica che è la stessa che abbiamo individuato all'inizio a proposito del giardinaggio: «li 'bri coleur'- si noterà l'uso, questa volta, del termine costitutivo di un'i dentità- acquisisce un'abilità manuale che è sempre utile possedere. Resta a casa invece di frequentare il caffè. Le cose che fabbrica sono necessariamente semplici e rustiche; se le ama- e come potrebbe non amarle dal momento che sono opera sua (sic) -, comincerà ad ap prezzare la vita semplice»162• In compenso, in questa letteratura di dascalica che risale al periodo fra le due guerre, contrariamente a quanto si può osservare nel caso del giardinaggio, non si fa parola di rete o di solidarietà163. Non c'è allusione alla visibilità di un'attività confinata sotto una tettoia, all'interno del «piccolo laboratorio», o addirittura nelle vicinanze del tavolo da lavoro. Il bricolage è de scritto come un esercizio di stile individuale - appena familiare - or ganizzato secondo un vero e proprio sistema degli oggetti. A modo suo, il laboratorio-rifugio d� chi pratica il fai da te si avvicina a quel lo del pittore, e l'arte del bricolage assomiglia per certi aspetti ai pri mi passi di una vita di artista164. Ma forse questa nozione è il risulta to di un semplice effetto fonte. Può darsi che una ricerca sul campo, realizzata a quel tempo, avrebbe permesso di attribuire una portata sociale più ampia a quest'attività in via di formazione. Le privazioni della Seconda guerra mondiale e dell'immediato do poguerra rafforzano la necessità della conservazione, del recupero e del reimpiego. Si tratta, in quel momento, di prolungare per quanto è possibile la durata di utilizzazione degli oggetti, di immaginare e fab bricare dei succedanei. È il tempo dei «maestri nell'arte di arrangiar si»165, l'apogeo del 'sistema D'166. In Francia questo è avvertito come una delle peculiarità del carattere nazionale. Diventa mito compensa torio della sconfitta. Esorcizza, al bisogno, i rimorsi del mercato nero. Lo si addita all'ammirazione dei bambini. Ispira financo i fumetti167. Nel1943, L. Besset pubblica, a Parigi, il suo Mille et une recettes du
système D. Dictionnaire des trucs et astuces. Con /ectionner. Entretenir. Conserve r. Réparer [Mille e una ricette dell'arte di arrangiarsi. Dizio nario dei trucchi e delle astuzie. Fabbricare. Mantenere. Conservare. Riparare]: «Nelle presenti circostanze, scrive nella prefazione, è asso lutamente necessario saper trarre il massimo da ogni cosa»168. Della stessa collezione fa parte un libro intitolato Faites quelque choses avec
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des riens . Utilisez v as ferrailles [Fate qualcosa con niente. Usate i vo stri rottami]. Nasce così un'altra leggenda ambigua, quella del robi vecchi arricchito dell'immediato dopoguerra, industriale esperto del recupero, un po' imbroglione, o addirittura ex profittatore di guerra. Tra i bambini, la ricerca prestigiosa dei cuscinetti a sfera fa parte allo ra di questa fascinazione. Una rivista pubblicata a Parigi, «Le Systè me D», costituisce un'autentica enciclopedia periodica del bricolage. n recupero si trasforma in frenesia. La diffusione sociale di que st'attività tiene dietro a quella della privazione. n libro, edito nel1946 da Bloud et Gay e intitolato T'Hélène et ses amies. Le bricolage au ser vice de taetion sociale. Petits travaux manuels [Zia Hélène e le sue ami che. n bricolage al servizio dell'azione sociale. Piccoli lavori manua li], rispecchia questo processo. S'inserisce, inoltre, nella tradizione femminile e mondana di quelle «mille cose da nulla» che alimentano le vendite di beneficenza. L'opera è scritta da un'«ex bambina alleva ta nei pregiudizi ... » e si propone esplicitamente di diffondere la no zione di bricolage nella sfera del «lavoro sociale». Zia Hélène e le sue amiche recuperano gli stracci, la carta, le scatole, gli spaghi, la rafia, i pennini, gli imballaggi, la carta da pacchi, le conchiglie e le alghe. Im parano a utilizzare le casse, a trasformarle in mobili improvvisati. In tere pagine sono dedicate a questi oggetti di legno. Zia Hélène cerca di mettere il ricamo al servizio della riparazione. Grazie a quest'arte raffinata, si possono allungare i vestiti e i grembiuli, nascondere gli strappi e le macchie, e tutto questo nell'atmosfera gioiosa delle riu nioni femminili che fanno parte degli usi mondani. Insomma, il bri colage ispira un insolito progetto di trasferimento culturale. Quest'epoca è anche quella del recupero del nastro isolante, del la celluloide e soprattutto dei pneumatici. Brouillart pubblica, nel 1947, un libro intitolato Réutilisez v as vieux pneus. Modèles d'objets
utiles /aits sans peine avec de vieilles enveloppes et viellzés chambres [Riutilizzate i vecchi pneumatici. Modelli di oggetti utili fatti senza fatica con vecchi copertoni e vecchie camere d'aria]. Ne propone ot tantacinque usi diversi. Lavorare i vecchi pneumatici vuol dire, ai suoi occhi, fare del bricolage «distraendosi» e dar prova del «più ef ficace senso civico». Ma, prestissimo, si accentua l'influenza degli Stati Uniti che tende a trasformare in merce il bricolage e che cancella a poco a poco quel la resistenza al circuito commerciale che un tempo lo definiva. Ciò che conta, da quel momento, non è più la riserva, il tesoro, il recupe ro, l'immaginazione. Non sono più il trucco e il suggerimento. Chi
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pratica il bricolage non deve più aver l'occhio fisso agli oggetti scar tati. Smette di essere ossessionato dall'usura. Deve acquisire la scien za di un «Fatelo da voi» già costituito, dotarsi di un armamentario di attrezzi specializzati che gli è espressamente destinato, comprare ma teriali preparati per lui e piegarsi a modelli largamente diff usi. Co mincia allora il tempo del bricolage consistente in lavori di installa zione e di rifinitura, che ben si accorda con la ricostruzione delle zo ne sinistrate e poi con l'edificazione massiccia di nuovi alloggi. «Popular Mechanics» è tradotto in francese dal mese di giugno 1946, col titolo di «Mécanique populaire». Comincia a uscire la rivi sta «Tout faire». Già nel1947- e non è che un esempio- Oudin pub blica, per le Editions Jeune rurale, il suo libro intitolato Petites in stallations de la maison . Contrariamente ai manuali di prima della guerra, questo consiglia: «Non indietreggiate di fronte all'acquisto di questi arnesi [da bricolage] dicendovi che fino a oggi ne avete fatto benissimo a meno: è un calcolo sbagliato, troppe cose facili da fare non sono state fatte, troppe cose facili da riparare sono state lasciate in abbandono»169. È ormai indispensabile procurarsi un «armamen tario per il bricolage» e comprare scatole di attrezzi. Non si parla più, qui, di casse rappezzate. L'essenziale dei lavori riguarda non più de gli oggetti, ma i muri, gli armadi, i guardaroba, gli «angoli toilette», e l'elettricità. n bricolage si lascia assillare dalla smania dell'«ordine» e della modernità. Chi pratica il fai da te deve ormai dimostrarsi «ag giornato» e sapersi «organizzare». Secondo Oudin, il bricolage pre suppone una scrivania - almeno un tavolino -, un blocco promemo ria, una rubrica di indirizzi, dei raccoglitori e delle cartelle di carta. Quest'attività riorganizzata rientra nel campo della gestione. Consideriamo, a titolo di esempio, due numeri di «Mécanique po pulaire», datati giugno e dicembre 1953. La divulgazione scientifica è onnipresente. Poco tempo prima, si era imposto il successo di «Sé lection» - del «Reader's Digest» - e della rivista «Science et vie» fra gli studenti della scuola secondaria. Ogni numero di «Mécanique po pulaire» contiene una rubrica dedicata all'«angolo del bricoleur». Non vi si parla più molto di immaginazione, di spontaneità. Una sot tosezione è intitolata «Novità nell'utensileria». Qui s'impara come servirsi di una piallatrice e si può leggere la descrizione di una sega elettrica a mano, di un «tosaerba azionato dal motore di un trapano elettrico», di un «laboratorio portatile per radiotecnici principianti». Gli obiettivi proposti a chi pratica il bricolage sono, alla rinfusa, un modello ridotto del piroscafo United States, la costruzione di un «piccolo organo elettronico», la realizzazione dell'«Oie sauvage, pie-
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colo rimorchio per i week-end», la fabbricazione di un «tavolo pie ghevole per i picnic». Uno degli articoli è intitolato «Costruitevi da soli la porta per il garage»... Basta. L'American way o / li/e fa irruzio ne, contemporaneamente al culto dell'hobby170. La storia di cui si parla in questo libro s'interrompe a metà degli anni cinquanta. n periodo successivo non ci riguarda. Poche parole permetteranno tuttavia di cogliere la distanza che separa il bricolage contemporaneo da quello del periodo fra le due guerre. Il primo, che trae vantaggio dalla diffusione di nuove microtecnologie, continua a essere incentrato sul rituale, sul racconto, sulle tecniche dell'installa zione. È sempre assillato dal sogno inaccessibile della rifinitura, co stitutivo dell'identità di chi pratica il fai da te. La rifinitura, come una volta la freccia di Zenone, ha la particolarità di non arrivare mai alla fine, proprio perché è scelta di vita perpetuamente rilanciata da un progetto di ricevimento o di socialità. n bricolage contemporaneo so gna grandi soggiorni adatti a riunire, camere per ospiti e barbecues171• Di fatto, la diffusione dei negozi specializzati comporta una perma nente sofisticazione delle tecniche che, sicuramente, abolirà col tem po il concetto stesso di bricolage. Ma, l'abbiamo ricordato, a fronte dell'installazione e della rifini tura, fedeli al sogno nutrito in precedenza dagli organizzatori dello svago dei lavoratori, si sviluppa un altro bricolage suscitato dal desi derio di personalizzare l'oggetto, strettamente associato all'espedien te e inserito nella discendenza del sistema D. Quest'altra attività con tinua a puntare sul recupero. Presuppone l'esistenza di una rete di so lidarietà non perfettamente soggetta alle regole del mercato. Un si mile bricolage, basato sul ricorso ai parenti, agli amici, ai compagni del lavoro nero e che accetta la sottile gerarchia dei mestieri, conti nua a mantenere una socialità estremamente vivace172. La ricchezza dell'evoluzione delle figure del bricolage, la molte plicità delle sue forme, gli effetti a cascata che produce sull'insieme delle sfere della vita quotidiana173, suggeriscono il desiderio di ap profondire la storia di una delle modalità più ricche della ricerca di un tempo per sé staccato dagli antichi modelli dell' otium e della re
creafio . Note 1 J. Dwnazedier, A. Ripen, Le loisir et la ville, Seuil, Paris 1966, p. 75 .
2 Questo studio si basa su una quarantina di opere di questo tipo, principalmente in
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lingua francese, ma anche in lingua inglese. Diamo i riferimenti di quelle da cui abbiamo tratto delle citazioni. 3 C. de Massas, Le Pecheur à la mouche arti/icielle et le pecheur à toutes lignes, 2" edi zione Oa l' è del 1852), Paris 1858, Introduzione, e N. Guillemard, La Peche à la ligne et au filet dans !es eaux douces de la France, Hachette, Paris 1857, p. 4. 4 Cfr. A. Moriceau, Le Guide et !es droits des pecheurs à la ligne, pubblicato dall'auto re, fabbricante di attrezzi da pesca, Paris 1870, p. 14; v. anche l'opera citata alla nota se guente, p. 84. 5 L. Reyrnond, La Peche pratique en eau douce à la ligne et au filet, Firmin-Didot, Pa ris 1883, pp. 29 e 84-5. L' autore descrive la figura emblematica del «papà pagello» di Asnières. Ogni mattina d'estate (p. 30), partiva con un immenso ombrello di cotone az zurro, che piantava per terra quando stava in pieno sole. Abitava in uno strano tugurio a Saint-Ouen, lungo l'alzaia e si fabbricava l'esca in camera. È morto annegato, con la lenza in mano. 6 C. Kresz il vecchio, Le Pecheur /rançais, 5' edizione, pubblicato dall'autore, Paris 1847, pp. 390 sgg. 7 de Marras, op. cit., p. 246. 8 E. Poisson, Bavardages sur la peche à la ligne en eau douce, pubblicato dall'autore, Parmain 1910, p. 38. 9 de Massas, op. cit. , pp. 6 e 139. 1 0 Nozione essenziale nella storia dei modi di apprezzamento e degli usi della natura. 1 1 Moriceau, op. cit. , p. 5 1 . V. anche Reyrnond, op. cit., pp. 26-9. 12 lvi, p. 1 1 . 1 3 Cfr. Cunisset-Camot, La Peche, Pierre Lafitte, Paris 1 912, p. 2 . 1 4 de Massas, op. cit. , pp. 4-5. 15 Cunisset-Carnot, op. cit. , p. 9. 1 6 A. René, C. Liersel, Traité de la peche à la ligne et au filet dans !es rivières et dans !es étangs, Lefèvre, Paris 1882, p. 7. 1 7 V., in proposito, E. Désoudin, La Peche à la ligne, Bertinet, Verdun 1883, p. 54. 18 Cfr. Cunisset-Carnot, op. cit. , che sottolinea particolarmente (p. 1 1) che «le signore sono decisamente [. . .] inutili per la pesca». «La miscela formata dal loro nervosismo e dal la loro emotività è funesta per i fili». Anche in questo campo, si esprimono le rappresen tazioni dominanti della donna. 19 ].-H Perreau (Jho Pale), redattore capo di La Peche moderne, La Peche pour tous, Guide du petit pecheur, Nilsson, Paris 1910, pp. 3 1-2. 20 In questo, c'è una parentela fra il pescatore e il pastore; cosa che sottolinea l' appar tenenza di questo tipo di pesca all'arte popolare. Per quanto lega quest'ultima ai pescato ri, cfr. i lavori in corso di Daniel Fabre. 2 1 Molte sono le opere che si occupano della legislazione sulla pesca in Francia. A ti tolo esemplificativo, v. l'articolo 'pesca' in A. Picard, Le Bilan d'un siècle, Exposition uni verselle de 1900, t. III, lmprimerie Nationale, Paris 1906, e H. Petit, Code de la peche spé cialement établi à l'usage des pecheurs à la ligne du département de la Marne, Chalons-sur Marne 1900 (molto preciso). 22 C. de Massas, Des Règlements sur la peche à la ligne en France, Albessard et Bérard, Paris 1862, pp. 32-3 . 23 Piatto tipico di pesce cotto col vino [N. d. T ] . 24 A . Corbin, Le Territoire du vide. I.:Occident et le désir du rivage. 1 750-1840, Aubier, Paris 1988, Flammarion, Paris 1990, pp. 225-64 [trad. it. I.:invem:ione del mare. I.:Occi dente e ilfascino della spiaggia (1750-1840), Marsilio, Venezia 1990, pp. 255-300]. 25 Cfr. F. Laffon, Le Monde des pecheurs (serie di articoli apparsi sul «Petit Journal»), Librairie illustrée, Paris 1888, p. 74. 2 6 lvi, p. 1 10. 27 Kresz il vecchio, Moriceau, Désoudin, Reyrnond, Cunisset-Carnot, app. citt., spie gano tutti il sistema per procurarsi o allevare vermi e larve di mosca, nonché il modo di impastare la pastura.
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I.:invenzione del tempo
libero. 1850-1960
28 Cunisset-Carnot, op. cit. , p. 63.
29 P. Mille, redattore del «Temps», Prefazione al citato libro di Cunisset-Carnot, p. X. 30 Sujets de peche. Dessins d'après nature et lithographies par Roehn. Notice par C. Kresz
l'ainé, Paris 1836. 3 1 Jho Pale (Perreau), op. cit., pp. 45-6, e P. Bonnefont, La Peche anecdotique, Mame, Tours 1893, p. 29. 32 Jho Pale, op. cit., p. 48. 33 Stessa opinione in A. Dubois, La Peche à la ligne en eau douce, Imprimerie de l'ar morial français, Paris 1894, p. 2 1 . 3 4 La Peche à la ligne, conseils pratiques par u n ex-pecheur vierzonnais, Imprimerle J aillet, Vierzon 1893, p. 4, come pure la citazione che segue. 35 Reymond, op. cit. , Prefazione, p. IV. 36 Poisson, op. cit. , p. 95. 37 La Peche moderne. Encyclopédie du pecheur, Larousse, Paris 192 1 , Introduzione di H. Fouquier, p. IV. 38 Poisson, op. cit. , p. 57. 39 Reymond, op. cit., p. 180. V. anche, a questo proposito, Cunisset-Carnot, op. cit. , pp. 198-200. 40 Poisson, op. cit. , p. 100. 4 1 Reymond, op. cit., p. 180. 42 Cfr. Bonnefont, op. cit., p. 14. Per quanto riguarda i pittori: La Peche moderne cit., p. IX. 43 Cfr. il panegirico della pesca fatto da E. Blanchard, dell'Institut de France, in La N che. . . par un ex-pecheur vierzonnais cit., p. 4. 44 Ehret, il fondatore della Federazione delle associazioni di pescatori con la lenza, a cui nel 1910 si decide di erigere un monumento, non ha mai smesso di insistere su questo argomento, cfr. Jho Pale, op. cit. , p. 12. 45 E. Renoir, La Peche mise à la portée de tous, Librairie illustrée, s.d., pp. l e 23. 46 A. Chene, Au bord de l'eau. Con/zdences d'un vieux pecheur, Chàteau-Thierry 1903, p. 123 . 47 Laffon, op. cit., p. 76. 4 8 Chene, op. cit. , p. 122. 49 Stesso processo per quanto riguarda il bagno. Per quanto segue, cfr. Corbin, Le Ter ritoire du vide cit., passim [trad. it. cit.] Gli autori, per quanto concerne la pesca, sottoli neano anche l'importanza dello scienziato chimico H. Davy e del suo libro, Salmonia or Days o/Fly-Fishing in a Serie of Conversations, pubblicato a Londra nel 1823. 50 I. Walton, The Complete Angler or Contemplative Man's Recreation, being a Di scourse on Fish and Fishing, London 1653. 5 1 Cfr. K. Thomas, Dans lejardin de la nature, la mutation des sensibilités en Angleter re, Gallimard, Paris 1985. 52 Per citare alcuni esempi di manuali, per il periodo che ci riguarda: ]. Bickerdyke,
The Book o/allround Angler. A Comprehensive Treatise on Angling in Both Fresh and Salt Water, L. Upcott Gill, London 1888; F. Francis, Book on Angling... (trad. fr. La peche à la ligne, Paris 1886). Per quanto riguarda il turismo a scopo di pesca: C.F. Orvis, Fishing with the Fly: Sketches by Lovers o/the Art, Vermont, Manchester 1883, serie di notizie sulla pe sca negli Stati Uniti. Opera infarcita di riferimenti letterari a Omero, Oppiano, Thomson, Byron, eccetera, P. Geen, What I Have Seen While Fishing and How I Have Caught my Fi sh, T. Fisher Unwin, London 1905. Libro caratteristico, che è una prova del legame esi stente fra il turismo e la pesca. L'autore è stato, per ventisei anni, presidente della Angler's Association, a Londra. Gira l'Irlanda e la Scozia. L. Clements, Shooting and Fishing Trips in England, France, Alsace, Belgium, Holland and Baveria, Chapman and Hall, London 1876, t. Il. 53 A titolo di esempio, de Massas, op. cit., pp. 268 sgg. 54 Jho Pale, op. cit., p. 125. 55 Kresz il vecchio, op. cit. , p. 3 13 ; Guillemard, op. cit. , p. 254.
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56 Moriceau, op. cit. , p. 10. 57 de Massas, op. cit., p. 1 14. 5B Guillemard, op. cit. , p. 5 . 5 9 Reymond, op. cit. , p. 101. 6° Corsi d'acqua dei Pirenei a regime torrentizio [N. d. T]. 6 1 Cfr. Laffon, op. cit. , p. 1 17. 62 Visconte H. de France, La Peche sportive, Lucien Laveur, Paris 1913 . Le precisazioni sui club e le gare, pp. 202-12. 63 lvi, p. XIX. 64 Cfr. Dubois, op. cit. , p. 6. 65 Nel 1886, quarantamila (più ventiduemila giovani salmoni della California); nel 1887, quarantamila. Laffon, op. cit. , p. 300. 66 N.-E. Bonjean, Fishing Club de France. Conservation et protection des eaux super/i cielles et souterraines; projet de loz; [. . . ] enquete en vue de san application, Bibliotèque du Fishing Club de France, Paris 1910. La decisione del tribunale di Saint-Dié e della corte d'appello di Nancy riguarda un datore di lavoro e due operai condannati a due mesi di pri gione col beneficio della condizionale e a quattromila franchi di multa per aver scaricato prodotti chimici nella Meurthe. 67 Laffon, op. cit. , pp. 3 18-2 1 . 68 M . Pluvinage, F. Weber, Les Jardins populaires: pratiques cultura/es, usages de l'espace, enjeux culturels, ministero della Cultura, Paris 1992, p. 87. 69 F. Dubost, Lesjardins de Créteil, «Traverses», 5-6 ottobre 1976, p. 197. 70 Pluvinage, Weber, op. cit. , p. 13 . 7 1 lvi, p. 3 . 7 2 Su questa difficoltà del giardiniere ad ammettere il proprio piacere, v. ].-R. Hissard, F. Portet, Lesjardins ouvriers de Belfort, «Traverses» cit., p. 180. 73 Pluvinage, Weber, op. cit. , p. 13 . 74 P. Lepape, La pensée de p/ate-bande, «Traverses» cit. 75 R. Hoggart, The Uses o/ Literacy, Chatto and Windus, London 1957 [trad. it. Pro letariato e industria culturale, Officina Edizioni, Roma 1970, p. 330]. 76 Lepape, art. cit. , p. 34. 77 Hoggart, op. cit. [trad. it. cit., p. 330]. La relativa inferiorità francese in questo cam po è avvertita e sottolineata da G. Bouthoul, La Durée du travail et l'utilisation des loisirs, Giard, Paris 1924, p. 125. Pluvinage, Weber, op. cit. , p. 96. 78 «Rapport sur l'utilisation cles loisirs ouvriers», Conférence internationale du travail, 6• sessione, BIT, Genève, giugno 1924, p. 93 . 79 Pluvinage, Weber, op. cit. , pp. 96-7. 8° Cfr. l'intervento di Christophe Charle al seminario «Histoire sociale et culturelle», Università di Paris-I, giugno 1994. 8 1 Per quanto riguarda quelli delle grandi città francesi: L.-M. Nourry, Lesjardins pu blics en province: un élément de la politique de l'espace du Second Empire, tesi, Università di Paris-I, 1995. 82 A. Corbin, Le Miasme et lajonquille. I.:odorat et l'imaginaire social (XVIW-XIX• siè cles), Aubier, Paris 1982, pp. 223-9, Flammarion, Paris 1986 [trad. it. Storia sociale degli odori. XVIII e XIX secolo, Mondadori, Milano 1986, pp. 268-76]. 83 Una rievocazione romanzesca di quest'importanza, in E. Zola, Il fallo dell'abate Mouret. Nelle regioni più osservanti, questo tipo di cultura floreale si lega alle cerimonie e alle esposizioni dell'ostia consacrata del Corpus Domini. Tutto ciò costituisce una lon tana discendenza decaduta del 'giardino liturgico' che Durtal, l'eroe del Converso, il ro manzo di].-K. Huysmans, tenta di ricreare. 84 Osservazioni interessanti sul legame esistente fra pensione e spazio rurale in B. Du mons, G. Pollet, Le retraité, une identité sociale nouvelle? Le cas de la région lyonnaise au début du siècle, Ethnologie /rançaise (in corso di pubblicazione), confermate dalla tesi di B. Dumons, Retraite et retraités (/in XIX•-début XX• siècle). Les retraités sous la Troisième
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I:Invenzione del tempo libero. 1850-1960
République, Lyon et sa région (1880-1914). Populations, modes de vie et comportements, te si Lyon-11, 1990. 85 Un esempio: J. Pizzetta, Les loisirs d'un campagnard, Hennuyer, Paris 1889. 86 Rivelatrice, a questo proposito, l'infanzia di P. Loti nel giardino recintato della casa dei suoi genitori a Rochefort. 87 Con l'eccezione del bell'articolo di J.-C. Farcy, Lesjardins dans la France rurale au XIX" siècle (in corso di pubblicazione); alcuni cenni in G. Garrier, Paysans du Beaujolais et du Lyonnais. 1800-1970, PUG, Grenoble 1973, pp. 144 e 659. 88 Sulla gamm a relativamente ridotta delle verdure di questi orti in aperta campagna: P. Leshauris, Ceux de Lagraulet, la vie quotidienne d'une /amille de paysans landais (18701914), Eché, Toulouse 1984, pp. 77-9. 89 Pluvinage, Weber, op. cit. , pp. 805 sgg. e M. Pluvinage, Les pratiques cultura/es et l'opposition entre savoir paysan et savoir marafcher, «Colloque consacré aux jardins fami liaux», 3 -4 dicembre 1993. Maurice Agulhon ha, in precedenza, sottolineato questo tipo di conflitto a Bobigny. 90 J. Borderei, R. Georges-Picot, I:Utilisation des loisirs des travailleurs, Alcan, Paris 1925, pp. 6-7, così pure le due citazioni che seguono. 9 1 lvi, p. 22. 92 Cfr.J.-M. Mayeur, I:Abbé Lemire (1853-1928), un pretre démocrate, Casterman, Paris 1968, in particolare pp. 3 79 sgg. e pp. 57 6 sgg. Quanto segue deve molto a quest'opera. 93 Che hanno permesso la realizzazione della tesi di B. Compte-Cabedoce, I:CEuvre de la Ligue du coin de terre et du foyer, les jardins ouvriers du département de la Seine, 18961952, tesi Paris-11, 1984, sotto la direzione di M. Agulhon. 94 Cfr. L. Murard, P. Zylberman, Le Petit Travailleur in/atigable ou le proletaria! régénéré. Villes-usZnes, habitat et intimités au XIX" siècle, «Recherches», Fontenay-sous Bois 1976. 95 Cfr. il complesso dell'opera di M. Verret o di R. Hoggart. 96 Mayeur, op. cit. , p. 579. 97 Borderei, Georges-Picot, op. cit., p. 2 1 . 98 lvi, p. 16. 99 lvi, p. 18. A p. 21 si può leggere: «Se una sera vi portassi con me, sareste sicuri di trovare tutta la famiglia in giardino: il padre è corso a casa appena finito il lavoro, lì ha tro vato la madre che già prepara su un fornelletto la cena per la famiglia; i bambini fanno i compiti all'ombra del pergolato o aiutano il padre nei lavori di giardinaggio. . . ». 100 M. Pallaud, Les jardins ouvriers à Montluçon, «Bulletin du ministère du Travail», 1922, pp. 3 1 1 sgg. 10 1 Riportiamo qui i risultati della ricerca condotta dal ministero del Lavoro nel 1922. Lesjardins ouvriers depuis la guerre, «Bulletin du ministère du Travail», Enquete sur l'uti lisation des loisirs créés par lajournée de huit heures, 1922, pp. 408 sgg. 102 Per quanto segue, cfr. Compte-Cabedoce, op. cit. , e ]ardins ouvriers et banlieue: le bonheur aujardin?, in A. Faure (a cura di), Les Premiers Banlieusards, Créaphis, Paris 199 1 , p p . 249-80. Fra le fonti, G. Etienne, Utilisation des loisirs des travaZlleurs, Belin, Paris 1935, pp. 25 sgg. Brevi osservazioni in E. Labbé, Les loisZrs ouvrZers, Librairie de l'enseignement technique, Paris 1928. 1 03 Cfr. il caso di Montluçon, citato supra. 1 04 Mayeur, op. cit., p. 577. Pluvinage, Weber, op. cit. , pp. 96 sgg. 105 lvi, p. 50. 1 06 F. Dubost, Le choZx du pavzllonnaZre, in Faure (a cura di), op. cit. , p. 197. 1 07 Compte-Cabedoce, op. cit. , p. 279. 1 0 8 A questo proposito, Lepape, art. cit. , p. 33. Interessanti osservazioni sul «pensiero relativo ai giardini>>. 1 09 Les jardZns ouvrZers depuZs la guerre, «Bulletin du ministère du Travail>>, 1922, p. 408 e F. Weber, Le jardin éloigné ou le jardin ouvrier come espace domestique masculin, «Colloque» cit., 3-4 dicembre 1993. 110 Gioco di carte [N.d. T ] .
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Compte-Cabedoce, op. cit. , p. 268. Cfr. Hissard, Portet, art. cit. , passim. m Dubost, art. cit., p. 200. 11 4 Di cui fanno parte il cabanon dei marsigliesi e il mazet della regione di N!mes. 115 R. Thabault, 1848-1914. I.:Ascension d'un peuple. Mon village, ses hommes, ses rou tes, son école, PFNSP, Paris 1982, p. 168. Sottolinea il ruolo del maestro, a Mésières-en-Ga tine, nella diffusione delle tecniche di potatura e d'innesto degli alberi da frutto. 116 A. Corbin, Archaisme et modernité en Limousin au XJXe siècle, Rivière, Paris 1975. 1 1 In 7 proposito, G. Ribelli, Les jardins cheminots: histoire d'une institution corporati ve spéci/ique, «Colloque» cit., 3 -4 dicembre 1993. 1 18 Cfr. Pluvinage, Weber, op. cit. , p. 1 2 1 . 1 19 Da parte sua, ].-C. Chamboredon (Les usages urbains de l'espace rural: du moyen de production au lieu de récréation, «Revue française de Sociologie», XXI-X-1980, pp. 791 19) analizza il discredito delle arti popolari del giardino tradizionale, sottolinea l'ingom bro provocato dall'eccesso di piante, il moltiplicarsi dei segni di 'provenzalità' e il prima to della spettacolarità nello spazio rurale vicino alle città del Sud-Est. 120 J.-P. Martinon, Les espaces corrigés, «Traverses», cit., p. 147 . 1 2 1 :p. Carn, Le bricolage un art pour l'art, «Critiques sociales», maggio 1991, p. 33. 1 22 E importante, a questo proposito, sfumare le affermazioni; gli ultimi trent'anni del diciannovesimo secolo corrispondono a un periodo in cui, soprattutto nella scuola ele mentare, viene esaltato il lavoro artigianale, in particolare quello dell'artigianato rurale. 12 3 Viens bricoler1, Editions ouvrières, Paris s.d., pp. 5-6. 12 4 Per quanto segue, P. Jarreau, Du bricolage: archéologie de la maison, CCI, Centre Georges Pompidou, Paris 1985, passim, in particolare pp. 94-7, 99, 103 e 174. 125 Per quanto segue, oltre al complesso dell'opera di M. Verret, Carn, art. cit., passim. 126 lvi, p. 33. 1 12
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Ibid.
A titolo d'esempio, «Rapport sur l'utilisation des loisirs ouvriers» cit., passim. Labbé, op. cit. , p. 12. 1 0 3 «Rapport sur l'utilisation des loisirs ouvriers» cit., pp. 90- 1 . 13 1 Etienne, op. cit. , p. 19. 1 2 3 Labbé, op. cit., p. 12. 1 3 3 Etienne, op. cit., p. 15. 1 34 R. Dupierreux, I.:art et !es loisirs du travailleur, «Les Loisirs du travailleur. Rapports présentés au Congrès international des loisirs du travailleur, Bruxelles, 15-17 juin 1935», BIT, «Etudes et documents», serie G, n. 4, Genève 1936, p. 30. 13 5 Etienne, op. cit., p. 28. I corsivi sono nostri. 1 6 3 Labbé, op. cit. , p. 12. 137 lvi, p. 13 13 8 In proposito, Jarreau, op. cit. , pp. 79-90 e 160 sgg.; G. Roux, I.:Habitation. «Ma mai san», généralités et conseils, A. Colin, Paris 1912. 13 9 Etienne, op. cit., p. 29. 14 0 Società delle Nazioni, Istituto internazionale di cooperazione intellettuale (IICI), «Art populaire et loisirs ouvriers», ricerca effettuata su richiesta del BIT, Paris 1934, pp. 13 1 e 133 (rapporto di G. Julien, riguardante la Francia). 41 1 Labbé, op. cit. , p. 12. 142 «Les Loisirs du travailleur» cit., p. VII. 1 43 Come pure la citazione che segue, rapporto di P. Pastur sulle commissioni provin ciali per il tempo libero in Belgio, ivi, pp. 80- 1. 1 4 4 IICI, «Art populaire et loisirs ouvriers» cit. , pp. 37, 44-8 e 83 . 14 5 Oncle Joe, ABC du bricolage, un guide pour !es amateurs de 'bric à brac', Delagrave, Paris 1 925, p. 1 1 . 6 14 lvi, p. 5 . 1 47 A. Poussart, Les Mille Trucs pour conserver e t réparer !es mille objets d'un ménage, Garnier, Paris 192 1 , Prefazione. 1 29
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Oncle Joe, op. cit. , p. 5. Poussart, op. cit., Prefazione, pp. 5-6. 1 50 Oncle Joe, op. cit., p. 5 . 15 1 Per esempio, A. Planès-Py, Pour tout /aire vous-meme, /ormules, recettes et tours de main pratiques, Béziers s.d., cap. II. 15 2 Oncle Joe, op. cit., pp. 8-9. 15 3 Cfr. il titolo dell'opera citata di A. Poussart. 154 Baudry de Saunier, Mon peintre, mon décorateur, mon vitrier, c'est moi.', Flamma rion, Paris 1924, Prefazione. 1 55 Oncle Joe, op. cit. , p. 1 1 . 156 I tantissimi libri pubblicati da H. de Graffigny (Raoul Marquis) provano chiara mente questa influenza; per esempio, Industries d'amateurs .. (1889), una serie di Manuels pratiques... , una Petite Encyclopédie électro-mécanique (1896) o Petits travaux de mécani 1 49
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que et d'électricitépouvant etre exécutés avec un outillage restreint par les jeunes gens et les amateurs, venduto a tredici franchi e cinquanta. 157 A titolo d'esempio, un po' dopo, G. Brouillart (Réutilisez vas vieux pneus. Modèles d'objets utiles /aits sans peine avec de vieilles enveloppes et vieilles chambres, Paris 1947) si ispira anche lui a «Popular Mechanics» e a «Science an d Invention». 15 8 Citiamo, per esempio, i Travaux de l'amateur, opera interamente dedicata al bricolage. 15 9 Oncle Joe, op. cit. , Prefazione. 160 lvi, pp. 144 -5. 161 Bricolage, Librairie de la Jeunesse ouvrière, Paris s.d., pp. 2 e 14. 162 Onde Joe, op. cit., Prefazione, pp. 1-2. 16 3 Con l'eccezione dell'opera destinata ai giovani non ancora in età di aderire alla J OC (Jeunesse ouvrière catholique), in cui si fa allusione ai 'compagni'. 164 A questo proposito, P. Bourdieu, Invention de la vie d'artiste, «Actes de la recher che en Sciences Sociales», 2 marzo 1975. V. anche ]. Borderei, I.:habitation, in Borderei, Picot, op. cit., pp. 1 1 sgg. Quest'ultimo auspica, da parte sua, che il lavoratore che si de dica al bricolage disponga di un >, giugno 1965, pp. 65-102. 70 J. Walvin, Leisure and Society, 1830-1950, Longman, London 1978, p. 142. 7 1 R. Hoggart, 33 Newport Street, Gallimard-Editions du Seuil, Paris 1991, p. 132. 7 2 Moyer, op. cit. , pp. 4 1 -6. V. lo studio dell'attività della sezione viaggi della commis sione nazionale per il lavoro culturale socialista (Reiseabteilung des Reichsausschusses /iir sozialistische Bildungsarbeit) in Keitz, op. cit., pp. 200-6. 73 Moyer, op. cit., pp. 20- 1 , tratto da «Siemens Mitteilungen>>, n. 15 1 , luglio 1934, p. 1 13 . Questa ricerca è ricordata anche da C. Sachse, Freizeit zwischen Betrieb und Volksge meinscha/t. Betriebliche Freizeitpolitik im Nationalsozialismus, «Archiv fiir Sozialge schichte>>, 33, 1993 , pp. 305-28. 74 Tuttavia Keitz, op. cit., afferma che il turismo di massa era già nato in Germania sot to la Repubblica di Weimar. La sua tesi si basa essenzialmente sulle statistiche delle loca lità di accoglienza che attestano un flusso significativo di operai (10% dei vacanzieri in cer te località come Coblenza), favorito dall'awnento della pubblicità turistica pubblica e pri vata, dalla creazione di treni speciali completi diretti sulle Alpi bavaresi o verso le spiagge del Nord, dallo sviluppo della rete dei pullman e dall'offerta imponente di «viaggi popo lari>> organizzati a prezzi contenuti dalle sempre più nwnerose agenzie di viaggio. Deve però riconoscere, pp. 206-7, che i nuovi gruppi di turisti erano rappresentati fondamen talmente da «colletti bianchi>> e insegnanti. 75 Moyer, op. cit., p. 125, tratto da «Arbeitertwn>>, 15 dicembre 1935, p. 6. 76 lvi, p. 179, tratto da Deutsche Arbeit Front, Schatzamt, , 1937, p. 7. 77 Spade, op. cit., p. 300. 78 L. Auscher, Vacances pour tous, vacances en toutes saisons, «La Revue du Touring Club de France>>, 1936, p. 246. 79 «Esprit>>, giugno 1959, pp. 966-8. 80 R. Trempé, A. Boscus, Les premiers congés payés à Decazeville et à Mazamet, «Le Mouvement social>>, n. 150, gennaio-marzo 1990, p. 75. 8 1 R. Kaes, Une conquete ouvrière, «Esprit>>, giugno 1959, p. 900. 82 Trempé, Boscus, op. cit., p. 72. 83 Parent, op. cit., p. 1 1 . 84 Cfr. in/ra A . Corbin, I primi passi di un tempo per sé. 85 G. Lefranc, Le Mouvement syndical sous la Troisième République, Payot, Paris 1967, pp. 322 sgg. 86 «L' Enchainé>>, 3 1 luglio 1936, citato in C. Boussemart, I.;Echappée belle, 1936, les Ch'tis à l'assaut des loisirs, Publi-Nord, Lille 1986, p. 235. 87 J.-C. Richez, L. Strauss, Tradition et renouvellement des pratiques de loisirs en milieu ouvrier dans l'Alsace des années trente, «Revue d'Alsace>>, 1987, pp. 2 17-3 7. 88 «Mia moglie e io c'eravamo comprati una bicicletta ciascuno [. .. ] . La mattina, an davamo sui Vosgi, con lo zaino in spalla e il pranzo dentro lo zaino [ . . . ]>>, testimonianza ri ferita dal quotidiano «L'Alsace>>, 23 agosto 1936. 89 Richez, Strauss, op. cit. , pp. 79-105. 90 Nella Germania nazista, le imprese erano invitate a sostenere una parte delle spese che comportavano le partenze per le vacanze: per esempio, Dussel, Frese, op. cit., p. 96,
]. -Cl. Richez e L. Strauss
Un tempo nuovo per gli operai
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citano una ditta di Weinheim (Baden) che raddoppiava il denaro economizzato dai suoi operai per finanziare dei viaggi Kraft durch Freude. Sulla precedenza data alla casa ri spetto alle vacanze nei bilanci popolari tedeschi degli anni cinquanta, v. n. 1 1 1 . 9 1 Cribier, op. cit., p . 43 . 92 «L'Alsace>>, 23 agosto 1986, ricorda i treni speciali organizzati dalla CGT per gli ope rai della fabbrica Bugatti di Molsheim con destinazione Gérardmer. 93 Citato in Cribier, op. cit. , p. 48. 94 Cifre calcolate sulla base delle notizie fornite da A. Braun, I.:Ouvrier alsacien et l'expérience du Front populaire, Sirey, Paris 1936; «Le Cheminot unifié>>, 15 agosto 1937; «Le Travailleur du livre>>, 1 1 luglio 1936; «Sport ouvrier>>, maggio 1937. 9 5 Parent, op. cit., pp. 136-7. 96 Moyer, op. cit., p. 120, tratto da «Der Deutsche>>, 20 febbraio 1934. 97 lvi, p. 120, tratto da «Viilkischer Beobachter>>, 2 marzo 1934. 98 Spode, op. cit., p. 3 1 1 . 99 Moyer, op. cit., p . 123 , da «Der Deutsche>>, 6 marzo 1934. 100 lvi, p. 124, tratto da «Deutsche Arbeits-Front, Deutsche Arbeits-KorrespondenZ>>, 6 marzo 1936. 1 0 1 lvi, p. 125 , da «Kraft durch Freude 'Gau Sachsen', Urlaubsfahrten 1936>>, p. 8. 102 Sugli ostelli della gioventù in Francia, L. Heller-Goldenberg, Histoire des auberges dejeunesse en France, des origines à la Libération (1929-1945), tesi di Stato, Nice 1985; Ory, op. cit., pp. 776-87. La rete del Centro laico degli ostelli della gioventù, fondato nel 1933, godeva dell'appoggio della CGT, della Lega dell'insegnamento e delle municipalità socia liste. 103 Sullo scoutismo, H. Van Effenterre, Histoire du scoutisme, PUF, Paris 1947; Ory, op. cit., pp. 772-6, e le opere citate in R. Fabre, Les mouvements dejeunesse dans la France de l'entre-deux-guerres, «Le Mouvement social>>, n. 168, luglio-settembre 1994, pp. 1 1 -2. 1 04 Nella Germania federale, solo dal 1963 l'automobile supera il treno come mezzo di trasporto per gli spostamenti delle vacanze. Schildt, op. cit., p. 399. 105 Sulla storia del campeggio, v. L. Montagné, Le Camping, PUF, Paris 1975 ; ].-J. Bous quet, Le Camping, évasion vers la nature, Editions Vigot, Paris 1945; C. Ward, D. Hardy, Goodnight Campers, The History o/ the British Holiday Camps, 1986. 106 Moyer, op. cit., p. 132, tratto daJ. Schaffner, Volk zu Schifi, Hamburg 1936, p. 65. 1 07 Fino agli anni sessanta, è lecito chiedersi quanto tempo i vacanzieri degli ambienti popolari potessero riservare alla vita sessuale e, più generalmente, all'intimità delle cop pie, a tal punto la promiscuità è evidente. 1 08 Moyer, op. cit. , p. 133 , tratto da «Der Angriff>>, 1 1 marzo 1934, e Bundesarchiv, R58/947. 109 Moyer, op. cit., p. 133, che cita W. Bayles, Caesars in Goose Steep, London 194 1 , 2" edizione. 110 Parent, op. cit., p. 184. 1 1 1 Espressione presa a prestito da A. Prost, Frontières et espaces du privé, in P. Ariès, G. Duby (a cura di), Histoire de la vie privé, t. V, Editions du Seui!, Paris 1987, p. 100 [trad. it. Storia della vita privata, t. V, Laterza, Roma-Bari 1987, che però non comprende questo saggio]. 1 1 2 P. Belleville, Une Nouvelle Classe ouvrière, Julliard, Paris 1963 , p. 7. 1 13 Così sono chiamati gli anni dal 1945 al 1975, quelli del boom economico [N. d. T]. 1 1 4 Sulle ferie pagate e i viaggi nella Germania federale durante gli anni cinquanta, Schildt, art. cit. , pp. 395-401, in attesa della pubblicazione della sua tesi di abilitazione (Freizeit-Massenmedien-Zeitgeist. Studien zur sozialkulturellen Modernisierung der west deutschen Gesellschaft der 1950er Jahre, Hamburg 1992). 1 15 Cribier, op. cit. , p. 56. 11 6 A. Rauch, Les Vacances, PUF, Paris 1993 , p. 108. 11 7 Peel, op. cit., p. 148. 1 1 8 C. Peyre, Y. Raynouard, Histoire et légendes du Club Méditerranée, Editions du Seui!, Paris 197 1 .
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[;invenzione del tempo libero. 1 850-1960
1 1 9 Lanquar, Raynouard, op. cit., p. 10. 120 H. Raymond, Hommes et dieux à Palinuro, observations sur une societé de loisirs, «Esprit», giugno 1959, pp. 1035-6. V. dello stesso autore, [;utopie concrète. Recherches sur un village de vacances,