Linguaggio e tecnica cinematografica 8821518426, 9788821518423

Il mondo moderno, così violentemente condiziona­to dalla necessità di comunicare in modo rapido e di­namico, ha fuso l&#

270 50 5MB

Italian Pages 206/197 [197] Year 1995

Report DMCA / Copyright

DOWNLOAD PDF FILE

Recommend Papers

Linguaggio e tecnica cinematografica
 8821518426, 9788821518423

  • 0 0 0
  • Like this paper and download? You can publish your own PDF file online for free in a few minutes! Sign Up
File loading please wait...
Citation preview

Rodolfo

Tritapepe

linguaggio e tecnica cinematografica

./

SAN PAOLO

INTRODUZIONE

L'UOMO E IL LINGUAGGIO

Essenza e struttura della comunicazione umana

Gli antichi comunicavano per concetti: il linguaggio ideografico, cioè quello che esprimeva concetti a mez­ zo di un disegno, era quindi, e tale è rimasto se esclu­ diamo il gesto, la massima sintesi del pensiero umano. Si è poi passati gradatamente a comunicare median­ te segni grafici via via più semplici e brevi, e il lin­ guaggio alfabetico divenne espressione della massima analisi del pensiero milano'; Il mondo moderno, cosl violentemente condiziona­ to dalla necessità di comunicare in modo rapido e di­ namico, ha fuso i due fattori e cioè l'immagine (con­ cetto) e il suono (parola); ma non attraverso una sem­ plice somma (immagine più parola), bensl aggiungendo a ciascuno di essi i particolari requisiti dell'altro, sl che ne è scaturita una forma nuova di comunicazione nella quale l'immagine ha assunto il dinamismo e la mobilità della parola e questa la chiarezza e l'universa­ lità dell'immagine. Eliminati cosi i rispettivi limiti fisici di spazio, di tempo, di comprensibilità (l'immagine è chiara anche a chi non ode e il suono a chi non vede), il nuovo mezzo di comunicazione è venuto via via clliferenziandosi se­ condo le esigenze di utilizzazione e in rapporto della maggiore o minore carica emotiva capace di neutraliz­ zare in tutto o in parte le possibili interferenze e de .

-

7

formazioni tra l 'uomo, artefice e trasmettitore del mes­ saggio (e quindi soggetto-agente) e il suo simile e il gruppo (soggetto-reagente, che riceve la comunicazio­ ne) . È occorso cioè che il mezzo attraverso il quale si attuava il processo della comunicazione non fosse più strumento passivo e univoco, e quindi incapace di stabi­ lire un gioco psicologico tra uomo e uomo, ma s tru­ mento attivo, cap�ce di costringere il soggetto ricevente a impegnare una parte sempre più vasta del suo fronte sensoriale psico-fisico : la vista , l'udito, il cuore, il cer­ vello, la simpatia, l'interesse. È nata cosl una nuova arte del comunicare, sono nati gli audiovisivi, cioè gli strumenti del linguaggio totale.

Requisiti della comunicazione audiovisiva Segni mnemonici, miti, favole, apolo2:hi. similitu­ dini e parabole, con il loro essere sempre collegati a un'esperienza visiva vissuta intensamente furono in un certo senso gli antesignani della comunicazione visiva . E se anche in ognuno di questi casi la percezione visi­ va non fu , nei confronti della percezione uditiva, che la risultante di un riflesso condizionato introspettivo, fu pur sempre generatrice di un riflesso obbligato e quindi fu chiaramente attivazione di quegli stimoli e · di quelle reazioni volute e preordinate dal soggetto­ agente . Questa possibilità di tras fo rmare la percezione vi­ siva e uditiva in persuasione inconscia, ma non per questo meno profonda e durevole, è il fondamento pri­ mo degli audiovisivi e si attua ogniqualvolta la comu­ nicazione venga predisposta e· trasmessa tenendo pre­ sente che essa deve r i spondere a questi canoni essenziali: immediatezza dd rapporto sociale, chiarezza e s emp lic ità di esposizione,

obiettività incontes tabile, accessibilità della visu alizzazione, spontaneità di elaborazione interiore, carica di suggestione, forza di penetrazione, continuità dell'azione-reazione . Un cosciente attivismo del soggetto-agente nei con­ fronti del soggetto-reagente è pertanto condizione indi­ spensabile per mettere in moto la catena di reazioni che sono il fine ultimo della com' u nicazione audiovisiva. Di qui la necessità di un'adeguata preparazione psico­ sociale e professionale di coloro che dovranno dedicarsi alla realizzazione di film o di qualsiasi altro mezzo audio­ visivo o alla loro piena u tilizzazione nella scuola, come sussidio didattico di primaria importanza . Il problema di tale preparazione professionale pre­ senta innumerevoli aspetti, come hanno innumerevoli aspetti le industrie del cinema e della televisione. È ovvio che a un'u tilizzazione cosi poliedrica del mezzo audiovisivo deve corrispondere un'altrettanta va­ sta preparazione professionale di coloro che dovranno mettere in moto il meccanismo delle diverse cinemato­ grafie perché è evidente che la tecnica di realizzazione di un film spettacolare non è uguale a quella di un film didattico, né questa è identica a quella di un film pubblicitario .

Il cinema come fenomeno sociale

Ad ogni ora del giorno , nel b u io delle sale, milioni di spettatori di ogni età, razza e condizione sociale assistono alla proiezione di centinaia di film. Grazie alla pregnanza dell'immagine sul parlato e alla immediatezza del rappor­ to sociale che si stabilisce fra lo schermo e lo spettatore, il messaggio contenuto nel film valica paesi e frontiere e supera quelle barriere che arrestano l'efficacia di altri 9

messaggi troppo legati all'alfabetizzazione e alla partico­ lare cultura del recettore. Tutto ciò influenza profondamente, anche se incon­ sciamente, il modo di pensare, di vestire e persino di vivere di milioni di spettatori che assistono a quel partico­ lare film. Un fenomeno di tale. portata non manca di susci­ tare l 'interesse di studiosi e uomini politici; i primi per comprenderne le motivazioni e i secondi per uti­ Jizzarne ai propri fini il potere di suggestione� Nella sua Storia generale del cinema 1, il Sadoul rac­ conta che Lenin ebbe l 'intuizione immediata dell'enor­ me valore del mezzo cinematografico ai fini di una pro­ paganda d'urto marxista, tanto che già nel 1919, quan­ do cioè ancora scorreva nelle strade il sangue dei rivo­ luzionari e dei controrivoluzionari , ordinò al Commis­ sario del Popolo di requisire tutte le imprese cinema­ tografiche per metterle al servizio del partito. Inoltre stanziò milioni di rubli (in moneta di allora, quando l'unità d i misura era il centesimo) per la produzione di film colossali che dovevano servire alla propaganda interna e a quella da svolgersi , in favore del nuovo Stato, nei Paesi d'oltreconfine . Del resto, non è stato soltanto Lenin a puntualiz­ zare l'enorme importanza sociale della comunicazione visiva: anche Pio XII volle sottolineare le responsabi­ lità « dei preposti al nuovo mezzo », ai quali egli ha ricordato che « è un dovere far servire queste nuove tecniche alla diffusione della verità ». E successivamen­ te troviamo sulla stessa linea anche papa Giovanni il quale volle rkordare, nella Mater et Magistra, « le gra­ vissime responsabilità di quelli, educatori e operatori culturali, che hanno influenza in questo cawp_o )> in quanto « la dottrina sociale cristiana va diffusa con tutti i mezzi espressivi : cinema, radio, televisione ». T ali concetti sono stati ribaditi, chiariti e raffor­ zati in tempi recenti sia dal Concilio Ecumenico Vati1

10

2 voli., Einaudi, Torino 1965-67.

cano II nella I nter Miri/ica e dal papa Paolo VI nella Communio et Progressio (si vedano in particolare i nn. 20, 95) . Specialmente in quest'ultimo decreto la Chiesa ha puntualizzato l'efficacia degli audiovisivi nel campo dell'informazione, della propaganda e dell'edu­ cazione. Al n. 1 46, in particolare, si dice: « . . il lin­ guaggio delle immagini suscita infatti forti emoziom nell'uomo;· anche illetterato, e gli comunica più facil­ mente notizie. e motivi di riflessione ». .

Storia e preistoria del cinema

Fin dalle prime proieziom m pubblico dei fratelli Lumière nel lontano 28 dicembre 1895 , il cinema ha suscitato un vivissimo interesse da parte di tutta l'avan­ guard ia culturale. Canudo 2 definisce il cinema come « arte nuova, rappresentazione totale dell'anima e del corpo, dram­ ma visivo dipinto con pennelli di luce ». Anche· Delluc 3 parla della nascita di un'arte straor­ dinaria, anzi « della sola arte moderna ». Le citazioni atte a dimostrare il terremoto provo­ cato dalla nascita del cinema fra gli intellettuali del tempo sarebbero infinite : detrattori ed esaltatori si scambiarono accuse e contraccuse esaltandosi in una polemica che è viva ancor oggi. Noi preferiamo citare le parole del grande critico ungherese Béla Balàzs4 che nel suo libro Il film, evoluzione ed essenza di un'arte 2 Ricciotto Canudo (1879-1923), itala-francese, sa11gista e scrittore d ' arte legato all'avanguardia funcese. Fu tra i primi a intu ire che il ci n ema poteva essere un'arte. Fond ò nel 1921, a Pari gi , il primo cine-club. Sua opera p r incipale : L'officina delle immagini, Bianco .e Nero, Roma 1966. J Louis Delluc (1890-1924), scriuore e saggista francese, affiancò Ca­ nudo nelle battaglie a favore del cinema come espressione d'arte. Sua opera principale: Phologénie. • Béla Balàzs (1884-1949), autore e teorico cinematografico ungherese. Con i suoi saggi ha posto le basi per una teorica sull'arte cinematografica. Si veda il suo: Estetica del film, Editori Riuniti, Roma 1975.

11

nuova,

cost st esprime : « Milioni di persone s tudiano problemi d'estetica in letteratura e in pittura senza proporsi in prospe ttiva di dover applicare le nozioni apprese, e di dover leggere un l ibro o contemplare u n quadro . Eppure costoro vanno spesso a l cinema e, nel­ la loro ignoranza, assorbono tutto ciò che vien loro propinato . Nessuno si è mai preoccupato di insegnar loro come si giudica un film . « Nella nostra società chi non ha u n minimo di no­ zioni di musica e di letteratura non è considerato colto, e chi non conosce Beethoven e Michelangelo sarà guar­ dato con sufficienza; ma chi non ha mai sentito parlare di Griflith o di Asta Nelson è ugualmente considerato fra le persone colte, nonostante questa sua grave igno­ ranza di ciò che fa parte del nostro tempo. Di quest'arte, che Lenin considerava la più importante del secolo per­ ché capace di cambiare i valori spirituali e le credenze delle masse anche loro malgrado, l'uomo di oggi non sente il bisogno di conoscere nulla » (op. cit., Einaudi, Torino 1 9 5 5 , pp . 20-21). L'autore conclude osservando che il cinema dovreb­ be essere inserito in ogni trattato di Storia dell'arte e successivamente d ovrebb e essere considerato materia d'obbligo in ogni tipo di scuola, dalle medie all'uni­ versità. Inoltre egli accusa i dotti di aver mancato una gran­ de occasione : quella di s tudiare de visu il sorgere di una nuova arte, e conseguentemente di non averne po­ tuto verificare il rapido evolversi e le sue infinite possi­ bilità di inserimento in tutto il sistema di vita della società moderna . i

Ma il cinematografo è nato veramente con i fra­ telli Lumière o piuttosto non preesisteva già da mi­ gliaia di anni, almeno come esigenza fondamentale del­ l'animo umano ? Un'arte non nasce dal nulla, ma trae la sua origine e la sua forza da qualcosa di preesistente nello spirito degli uomini già dai primordi della crea­ ZIOne. Alcune scene di caccia graffite o dipinte sulle 12

rupi e nell'interno delle grotte, e che risalgono al pe­ riodo paleolitico, mostrano cervi e bisonti con otto o dodici zampe, con l 'evidente intenzione, da parte de­ gli oscuri incisori , di visualizzare il movimento . Risale forse a i tempi d el filosofo greco Platone (Atene 428-348 a . C . ) l 'idea di creare , ai fini di sugge­ stione politico-religiosa , delle ombre semoventi che so­ vrastano l'attonito pubblico . La più antica descrizione di immagini in movimen­ to la troviamo infatti nel settimo libro del dialogo La Repubblica, nel quale Platone allude a una caver­ na nel cui interno si trovano degli uomini incatenati fin dalla prima infanzia . Essi volgono il dorso all'aper­ tura e le catene non permettono loro di girare neppure le teste. Sopra e dietro di loro, a distanza , è acceso un fuoco, e fra essi e il fuoco c'è un muro simile a quello posto davanti ai burattinai. Immaginiamo ora che delle persone passino sopra il muro portando bam­ bole, pietre, figure di animali.: alcune parlano, altre camminano in silenzio . Immaginiamo poi che la ca­ verna abbia un 'eco . Le ombre dei passanti, fuse con gli oggetti che trasportano; si proietteranno sul fondo della caverna e rappresenteranno per i prigionieri l'uni­ ca realtà possibile . « Essi - scrive Platone - scambieranno necessa­ riamente quelle ombre con la realtà e soltanto se, spez­ zate le catene, riusciranno a evadere dalla grotta, po­ tranno contemplare , dopo aver assuefatto l'occhio alla luce del sole , le cose reali quali realmente sono ». Con quest'allegoria Platone volle dimostrare, con un esempio che avesse la massima evidenza, l 'apparen­ te contrasto fra la conoscenza sensibile che è la realtà quale essa ci appare, e la conoscenza intelligibile, cioè quella che realmente è nella dinamicità del suo divenire . C'è da domandarsi da dove Platone abbia preso questo chiarissimo esempio , e su quali esperienze si fosse basato. La cosa più probabile è che egli cono­ scesse il teatro delle ombre o che avesse assis tito ai misteri orfici o alle cerimonie di iniziazione al culto 13

misterico di Mitra nei quali i presenti, riumu m una grande sala fortemente illuminata da torce, invocava­ no l'arrivo della divinità in uno stato di crescente esal­ tazione mistica . A questo punto, le luci si spegnevano all'improvviso e la divinità appariva , avvicinandosi ai fedeli attoniti. Un quadro analogo a quello descritto da Platone ci viene offerto nella descrizione del Vamg-Giang, antica cerimonia religiosa giavanese durante la quale veniva acceso un gran fuoco e i narratori muovevano le loro figure nascosti alla vista del pubblico da un terrapieno . Anche Jean Przylinski precisa, sullo stesso argo­ mento : « Questo spettacolo faceva probabilmente par­ te di cerimonie religiose, come quelle che si celebra­ vano per l'iniziazione dei neòfiti nei misteri eleusini . . . S e questa interpretazione è giusta, il libro VII della Repubblica è senza dubbio il più antico testo che faccia allusione al teatro d'ombre ». Numerosi antropologi hanno descritto queste for­ me primitive di suggestione collettiva determinata dal­ la proiezione di ombre semoventi. Charles Magnin in Le origini del teatro antièo afferma: « È generalmente riconosciuto che durante i riti consacrati a Proserpina o a Ecate, sulle pareti della scura caverna si vedevano com­ parire degli spettri con teste di dragoni e mostri d'ogni specie ». Qui, come in altri esempi , troviamo uno degli elementi caratterizzanti la comunicazione visiva: il perce­ pire figure di grandezza diversa non come più grandi e più vicine, bensl come più importanti e più degne di atten­ zione. Nel Vang-giang infatti le marionette hanno tre dimensioni : la più grande per gli dèi, quella media per gli eroi e la più piccola per gli uomini normali, ma tutte vengono percepite come aventi pari grandezza . Qual­ cosa di simile lo troviamo nei No giapponesi dove l'at­ tore non si muove che in minima parte mentre lo sfondo viene man mano modificato e impicciolito o in­ grandito. Anche l'arte egizia ha fatto uso di questa tecnica : dèi e faraoni sono rappresentati con dimensio­ ni assai più grandi di quelle degli uomini comuni . 14

Del res to, a documentare un teatro d'ombre d'uso certamente familiare nel primo secolo d . C., sta il ritro­ vamento , fra le rovine di Ercolano, di una curiosa "sca­ tola" che rassomiglia in modo impressionante alla lan­ terna magica . Non è improbabile che, precorrendo i tempi , tale strumento servisse· alle ricche- famiglie di Ercolano semplicemente per giochi d'ombre . Ma non si può concludere questo brev issimo excur­ sus storico della parola quale richiamo all'immagine e viceversa, senza ricordare che, secondo la Bibbia, il più an tico e autorevole documento della storia religiosa, la stessa azione rivelatrice di Dio si è sempre avvalsa del­ la suggestione del metodo audiovisivo : Jahveh appare infatti a Mosè come un pruneto ardente dal quale esce una voce alta come tuono; e anche Gesù, nelle sue parabole e nelle sue simili tudini per farsi ben compren­ dere dalle anime semplici crea continue connessioni lo­ giche tra un fa tto fondamentale che aveva colpito gli occhi, l'udi to e la fantasia di chi ascoltava e un ele­ mento fondamentale del sup insegnamento: alla donna che attingeva acqua al pozzo, egli si defi nisce fonte d'acqua viva (Gv 4); dopo la moltiplicazione dei pani, pane di vita (Gv 6); agli Ebrei che passavano davanti ai candelabri accesi durante la festa dei Tabernacoli dirà di essere la luce del mondo (Gv 8 ) , mentre ai lavo­ ra tori dei campi dirà: « Io sono la vite, voi siete i tralci » (Gv 15), rendendo così possibile l'immedia­ tezza del rapporto sociale e comunicativo fra lui e co­ loro in mezzo ai quali e per i quali si era fatto uomo.

15

PARTE PRIMA

IL PROCEDIMENTO

CINEMATOGRAFICO

l

LA FASE LETTERARIA

La realizzazione di un film non comincia soltanto al momento delle riprese; anzi, a monte di esse sta un'attività estremamente impegnativa e determinante, e cioè la fase letteraria. Per ben capire l'importanza di questo momento produttivo occorre rendersi conto del fatto che il film, a differenza delle altre forme d'arte, non preesiste al suo finanziamento e alla sua lavorazione, ma è frutto del lavoro congiunto di decine di specialisti; e basterà che uno solo di essi non abbia recepito con chiarezza ciò che il regista vede con gli occhi della sua fantasia, perché l'utilità del suo apporto risulti fortemente di­ minuita o addirittura controproducente. Per questo il produttore ha bisogno di valutare in anticipo, e con la migliore approssimazione possibile, come sarà e che cosa occorrerà per realizzare il film che gli viene proposto , al fine di predisporre in tempo i mezzi necessari e quindi affidare al Direttore di pro­ duzione la stesura del piano finanziario e di quello di lavorazione, ambedue indispensabili alla stesura del preventivo (cioè del piano economico) e per avere qualcosa di concreto da sottoporre a una Casa di di­ stribuzione affinché assicuri in anticipo al film una dif­ fusione adeguata e quindi un incasso minimo garantito. Tu tto questo sarebbe impossibile senza un testo scritto che elenchi minuziosamente tutti gli avvenimen­ ti , tutte le occorrenze tecniche e di personale di ogni tipo e a ogni livello , i tempi di lavorazione, che cosa 19

si dovrà girare e gli spostamenti corrispondenti ; in­ somma : senza la descrizione analitica di tutto ciò che sarà indispensabile alla realizzazione materiale del film, dalla s tesura del soggetto alla stampa della copia defi­ nitiva . Il testo scritto che contiene tutto ciò è la sce­ neggiatura, ed è la tappa finale di un lungo processo lavorativo intellettuale, durante il quale il progetto prende via via la sua forma definitiva. Una sceneggiatura fatta male, approssimativa o po­ co chiara, può avere come conseguenza di far raddop­ piare inutilmente il costo di un film o di renderlo addirittura irrealizzabile. È consigliabile quindi dare alla sceneggiatura l'importanza che merita, affidandone il compito a uno specialista; il che, tutto sommato, si risolverà in una spesa dalla quale deriveranno notevoli economte. Come tutte le regole, anche questa ha però le sue eccezioni . Per i film di viaggi, per alcuni documenta­ ri , per film con animali allo stato selvaggio e in pochi altri casi è giocoforza accontentarsi di una descrizione sommaria dell'azione in quanto non è materialmente possibile prevedere ciò èhe accadrà e quali difficoltà si incontreranno durante l 'impresa, sia essa la scalata di una catena montuosa , o l'esplorazione di una terra ancora pressoché sconosciuta , o la documentazione di usi e costumi che costituiscono la motivazione del film.

IL

S OGGETTO

La prima tappa del processo lavorativo di un film è la stesura del soggetto, che ha lo scopo di suscitare l'interesse dell'eventuale produttore. Pertanto, in que­ sta prima stesura, sia l'arco narrativo sia .l'importanza degli avvenimenti narrati e i caratteri dei personaggi che entrano in gioco verranno in parte sacrificati, alte20

rati o gonfiati in funzione della massima possibile sug­ gestione immediata. Il soggetto dovrà essere sintetizzato in un raccon­ to di lunghezza variabile a seconda del tipo di argo­ mento . Di solito va contenuto nell'ambito di un mini­ mo di cinque a un massimo di venti cartelle. Per un film drammatico o basato su una " trovata", il soggetto potrà essere sintetizzato in poche pagine. Ad esempio : « Un condannato a morte viene ripor­ tato in patria per l'esecuzione. Sulla nave incontra una ragazza giunta all'ultimo stadio di una malattia mor­ tale. I due si innamorano l 'uno dell'altra e, nasconden­ dosi reciprocamente la verità, promettono di rivedersi di lì a un certo tempo ». Un film di avventure e una commedia possono ri­ chiedere, invece, una narrazione molto più estesa con un ampio sviluppo non soltanto dell'intreccio ma an­ che delle "gags " (trovate, risvolti narrativi) e delle ca­ ratteristiche somatiche e psicologiche dei personaggi . È bene tener presente che a volte basarsi soltanto su un'idea per quanto brillante o sviluppare il sogget­ to con enfasi troppo drammatica a scapito dei fatti può riserbare brutte sorprese nella successiva fase elabo­ rativa . Ricordo a questo proposito due fatti che possono costituire un esempio probante . Una casa cinemato­ grafica spagnola per la quale lavoravo acquistò i diritti di una nota commedia basata su un'idea abbastanza di­ vertente e che in teatro funzionava benissimo: quella di un avvocato che, appena laureato, va a esercitare in un villaggio dove tutti vanno d'amore e d'accordo. Gli amici lo prendono in giro, ma lui riesce in breve tempo a mettere ogni abitante contro il proprio vicino tanto che, in breve, il villaggio diventa sede di Corte d'Appello. Mi fu chiesto di farne la sceneggiatura ma, appena mi accinsi alla lettura del testo, mi si drizza­ rono i capelli e dovetti disilludere la produzione. Per tre atti non succedeva niente: solo parole, parole e ancora parole . 21

Un'attenta lettura prima di firmare il contratto e versare i diritti d'acquisto, invece di basarsi soltan­ to sui successi ottenuti a teatro, avrebbe evitato l'er­ rore. Cinema e teatro hanno infatti esigenze diverse: il primo si basa sui fatti visibili, mentre il secondo sulle parole. Non sempre, perciò, è possibile un trasfe­ rimento dall'uno all'altro mezzo espressivo. Il secondo esempio è invece tolto dalla mia espe­ rienza di autore. Avevo appena finito di abbozzare un soggetto; ne avevo buttato giù e sviluppato dramma­ ticamente soltanto i punti collegati all'idea di partenza. Si trattava della storia di un naufrago che, raccolto sfinito e delirante da un transatlantico, è portato in infermeria e med icato ma, appena sente il caratteri­ stico acciottollo dei ferri chirurgici grida in preda al terrore: - Aiu to! . . . v engono . . . vengono al tramon to! Sbarcato nel primo porto, continua a vaneggiare di tesori favolosi che uccidono, e di una mappa che ha nascosto nel fodero della giacca. Un gruppo di dispe­ rati se ne appropria e parte alla ricerca del tesoro. Lungo il v iaggio i nascenti confli tti si acquietano forza­ tamente perché ciascuno ha bisogno dell'altro; ma appena giunti in vista dell 'isola la cupidigia scatena la violenza omicida, e dei sette ne sopravvivono sol­ tanto due: Jim e Charles che, sbarcati sull'a tollo, rie­ scono a svuotare il sifone naturale in fondo al quale, secondo la carta, è custodito il tesoro. I due si calano sul fondo con una scaletta di corda: il tesoro è n a portata di mano. Jim accoltel la il com­ pagno, che però fa in tempo a gettare la scaletta oltre il bordo del pozzo. Jim è ora felice: l'oro è tutto suo. Fra poco sarà il tramonto e la marea, risalendo, riem­ pirà di nuovo il pozzo: basterà quindi lasciarsi galleg­ giare fino a raggiungere il bordo, e di qui nuotare fino a raggiungere la barca . Ma poco dopo sente una specie di strano scricchioHo me tallico, simile a quello che aveva suscitato gli accessi di delirio nel n aufrago e, contemporaneamente, vede con terrore uscire d agli anfratti del pozzo migliaia di granchi affamati che si avv icin ano alla pred a urtandosi l'un l'altro con i dorsi . . cona ce t. Jim cerca invano di arrampicarsi per mettersi in salvo ma le pareti, rese scivolose dalle alghe, lo fanno rica­ dere in basso, dove il corpo del compagno ucciso è 22

ormai quasi sommerso dagli as s al i tori famelici che ne divorano le carni. Le migliaia di granch i cominciano ora ad assalire an­ che lui, che inutilmente cerca di scrollarseli di dosso. Quando la prima ondata della marea supererà il bordo del pozzo, rimarra nno soltanto due scheletri spol pati che ghigneranno alla luna .

Il film non fu realizzato e forse non lo sarà ma1, perché il soggetto mancava di quella concretezza e di quella continuità di azione necessarie a sostenere circa due ore di spettacolo . Dov'è il punto debole di questa storia? Abbiamo un inizio pieno di fatti e di emozioni , e un finale altamente drammatico, il che fa venti o venticinque minuti di film. E il resto? In questa storia manca l'ossatura centrale e por­ tante, ossia chi sono questi delinquenti , come e perché si accordano, cosa succede durante il non breve viag­ gio , come riescono a prevalere l'uno sull'altro. . . Tutto il film è lì, e non soltanto in quell'inizio e in quella drammatica fine.

LE

FONTI DEL

S OGGETTO

Il sogge tto può essere tratto da fonti diverse, ognu­ na delle qu ali ha i suoi pro e i suoi contro. Il soggetto si dice originale quando è stato pensato e scrit to espressamente per essere realizzato cinemato­ graficamente. Si dice invece derivato quando è tratto da opere letterarie preesistenti o è desunto da fatti di cronaca, da episodi s torici , ecc . Vi sono grandi registi che hanno utilizzato quasi sempre opere letterarie preesistenti e altri , altrettanto grandi , che hanno preferito storie originali . Fra i primi possiamo citare Luchino Visconti (Os23

sessione, Le notti bianche , Il gattopardo, Lo stranie­ ro , Morte a Venezia); Alberto Lattuada (Giacomo l'idea­ lista, Il mulino del Po, Il cappotto, Il delitto di Gio­ vanni Episcopo, La tempesta); C. Th. Dreyer {La Pas­ sione di Giovanna d 'Arco, Dies i rre, Ordet , Gertrud) . M a mediare u n'opera letteraria preesistente per trar­ ne un film non è u n intervento di secondaria importan­ za. È il grande regista danese Dreyer (Copenaghen 18891 968) che scrive : « Il primo impulso creativo, quan­ do si fa un film , viene dall 'opera da cui si trae il soggetto. Comunque, a partire dal momen to in cui si getta questa base poetica , diventa compito del regista creare lo stile del film . Occorre capire l'autore fino in fondo e poi dimenticarlo, restargli fedele e al tempo stesso essere capaci di liberarsi di lui. La sceneggiatura vera e propria la fa il regista e nessun altro. È lui solo il vero mediatore fra il copione e lo schermo, ed è perciò lui che deve "vedere " le . scene, e non soltanto vederle a una a una, ma tu tte in sieme nel loro avvicen­ darsi e concatenarsi. E se non respi nge con tutte le forze le ingerenze altrui, �uol dire che non ha capito in che cosa consiste il suo lavoro » 1• Altri autori preferi scono trarre ispirazione dalla pro­ pria fantasia {Zavattini, Fe1lini ) , mentre alcu ni passano da una fonte di ispirazione all 'altra. Basti qui ricorda­ re De Sica (La ciociara, Il giardino dei Finzi Conti ni, Miracolo a Milano) . Ci sono altri regis ti , infine, come Rossi e il primo Rossellini, che preferiscono ispirarsi alla cronaca , men­ tre De Sica (Ladri di biciclette, I bambini ci guardano, Sciuscià , Umberto D, Il tetto) e Germi (Il ferroviere, L'uomo di paglia, Il cammino della speranza) hanno in genere preferito i grandi dra mmi della piccola gente qualunque. Quale sia la soluzione migliore è ancora oggi og­ getto di profonde dispu te, m a l a pratica dimostra che il valore effettivo di un soggetto non sta tanto nel 1

24

Cinq11e

tifm.

Einaudi, Torino 1967. p, 10, 379.

fatto di essere originale o derivato, bensì nella sua validità ai fini del livello di suggestione che saprà eser­ citare sugli spettatori . Il vero problema, quindi, non è l a fonte dell'ispirazione, ma seguire con onestà la pro­ pria ispirazione e tradurre in comunicazione visiva la propria poetica. Approvato il soggetto e decisa la realizzazione del film, ha inizio la vera e propria fase lavorativa .

LA

S CALETTA

Precedentemente abbiamo detto che, nel soggetto, tutto è sacrificato all'effetto immediato mentre nella sceneggiatura tutto deve essere descritto minuziosamen­ te e visivamen te. Una volta però che la realizzazione del film è stata decisa, si rende necessario riscrivere il soggetto in for­ ma oggettiva e schematica per valutare con assoluta certezza se il film c'è o no, e in conseguenza mettere ordine negli avvenimenti . Questo passaggio prende il nome di scaletta, la cui corretta stesura è fondamentale alla successiva redazio­ ne della sceneggiatura . Predisporre la scaletta vuoi dire predisporre nella forma più stringata possibile, ma in successione ordi­ nata, ogni avvenimento del film. Facciamo un esempio tratto dal copione "Cefalo­ nia ", il cui soggetto è noto : è la storia della Divisione Acqui di stanza a Cefalonia, ed è uno dei pochi casi nella storia di tutte le guerre (se si eccettuano le Fosse di Katin, nelle quali vennero uccisi tutti gli ufficiali polacchi), dello sterminio di un'intera divisione, elimi­ nata sis tematicamente, con metodo, cominciando dagli ufficiali superiori e poi giù giù, fino ai soldati semplici. Dato l 'orrore di questa immane tragedia e la sua 25

assurdità, ci trovammo di fron te a due problemi : uno metodologico, e cioè come impostare la storia, e ·l'altro di carat tere motivazionale, e cioè la ricerca e l 'esatta in terpretazione delle. ragioni che avevano spinto i te­ deschi, ad armistizio avvenuto, a compiere la spaven­ tosa carneficina. Scartato il film di avventure tipo "arrivano i no­ stri " , non restava che la fredda cronaca scandita dai tempi reali del dramma. Al secondo problema erano legati alcuni gravi in­ terrogativi dalle cui risposte sarebbe dipesa l 'impron­ ta stilisti ca da dare all'intero arco del racconto : perché Hitler la chiamò "Operazione vendetta " ? Perché ri­ chiamò dal fronte i Cacciatori delle Alpi, ordinando loro di sbarcare a Cefalonia e di non lasciare super­ stiti ? Perché il colonnello che comandava il contingen­ te tedesco di stanza nell'isola venne condannato dal proprio tribunale militare per connivenza con gli ita­ liani ? Perché i soldati e gli ufficiali italiani, che pur amavano il generale Gandin , cambiarono improvvisa­ mente idea e giunsero 3:_ minacciarne la vita ? Vi era inoltre un'altra considerazione ad entrare in gioco : il film doveva essere diretto dal l'ungherese Miklòs J ancsò, un regista più attento alle atmosfere e alle distorsioni che la politica opera sui senti menti uma­ n i , piuttosto che alle strategie spettacolari delle batta. glie e dell 'avventura . Cosa scegliere, e qu ale indirizzo preferire ? La risposta venne dall'esame della scaletta : ScALETTA

DI

"CEFALONIA"

l.- h . 18,15: Sala-radio del Quartier generale di Cefalonia: annuncio dell'armist izio. 2.- h. 18,18: Sala-radio del Quartier generale di Cefalonia: arriva Gandin. 3.- h. 18,30: Quartier generale: la notizia si diffonde. Rea­ zioni varie. 4.- h. 19,20: Strade di Cefalonia: scene di giubilo fra greci, tedesch i e italiani. Si abbracciano. Appaiono drappi alle finestre, come per una processione . Canti e danze. Alcuni hanno invece il viso scu­ ro, altri hanno un'espressione rabbiosa . 26

5 .- h . 20,21: Festa popolare spontanea presso lo spiazzo del­ la Casetta Rossa (evidenzi arla! Vi saranno fuci­ lati 600 italiani!) . Militari e civili improvvisano balli regional i . Il vino scorre. 6 . - h . 21,00: Passa il Generale Gandin: la popolazione e i militari lo applaudono . Nota: questo punto verrà successivamente spostato fra il 4 e il 5; messo qui spezza la progressione fra il 5 e 7, e perciò r isulta soffocato.

7 . - h . 2 1,30: Festa popolare presso la Casetta Rossa. La festa

è al culmine. Alla luce dei fuochi appaiono im­ provvisamente alcuni soldati armati di tutto pun­ to: sono le ronde. :È stato proclamato il copri­ fuoco . Stupore . Protesta. Gelo. I militari si rimet­ tono gi acche e divise. Tedeschi , greci, italiani: ognuno per proprio conto. 8.- h. 22,00: Italiani e tedeschi rientrano avviliti nelle pro­ prie caserme. 9. - h. 8,00: Soldati e ufficiali sputano su Gand in e mettono una bomba sotto la sua macchina. 10 .- h . 8,00: Alcune batterie italiane pun tano i cannoni sul proprio Quartier generale e un gruppo di ufficiali mi naccia il generale, imponendo cond izioni . . .

Dalla scaletta risulta evidente che le versioni uffi­ ciali dell'avvenimento presentano profonde lacune in quanto non è possibile che la festa sia stata interrotta dal coprifuoco senza un motivo valido (per esempio: un assalto all'armeria italiana , incidenti in città) . Inol­ tre, un cambiamento cosl radicale da parte dei soldati e degli ufficiali nei confronti del generale Gandin richie­ de più tempo e una giustificazione sufficiente (per una settimana alcuni ufficiali e un cappellano avevano so­ billato le truppe dicendo che Gandin li aveva venduti ai tedeschi) . Per risolvere questi e altri interrogativi, come quel­ lo del perché Hitler l'aveva chiamata "Operazione ven­ detta ", ho preso visione degli atti degli interrogatori dei superstiti, e la verità è apparsa chiara . Finché fos­ sero mancate le risposte ai "perché" evidenziati nella scaletta, la sceneggiatura avrebbe avu to dei risvolti oscuri o almeno semplicistici . La forma rigidamente schematica dei vari elementi 27

che costituiscono la scaletta ha due scopi principali : quello di evitare di caricare emotivamente i singoli pu nti affinché, riducendoli alPosso, si renda possibile controllare se Parco logico funziona, se gli avvenimen­ ti sono tutti u tili o se contengono delle lacune, quale sia il loro peso· nell'arco del racconto e se la succes­ sione dei fatti si snoda in modo correttamente conse­ quenziale, e, in secondo luogo , la stessa schematicità rende facile sopprimere o spostare l 'ordine numerico senza dover riscrivere tutto dal principio : con un paio di forbici si taglierà il paragrafo da spostare e lo si metterà in corrispondenza della sua nuova collocazione. Nell'esempio precedente la nota inserita dopo il punto 6 sta, appunto, a indicare che quanto fa parte del n. 6 dovrà essere inserito fra il 4 e il 5. Alcune volte le scelte sono più complesse perché coinvolgono l'essenza stessa del racconto . Per esem­ pio : scoperti i veri motivi del voltafaccia dei soldati e degli ufficiali nei confronti del generale Gandin, ci siamo chiesti se era il caso di spezzare la festa con P assalto all 'arsenale, e far, precedere i discorsi dei so­ billatori alle azioni contro Gandin. La decisione era difficile, ma ci è stato d'aiuto sapere che il regista Jancsò in questi continui passaggi fra il piano dei buoni e il piano dei cattivi (che egli vedeva ideologicamente ugua­ li), avrebbe preso la decisione estetica di sfruttare il concatenarsi e il confondersi dei fatti come scelta di stile .

IL

TRATTAMENTO

Una volta pienamente soddisfatti della scaletta si procede, attraverso una serie di successivi passaggi e ampliamenti, alla stesura del trattamento nel quale i vari numeri della scaletta, caratterizzati dall'unità di 28

tempo e di luogo, vengono raggruppati in un'unica scena secondo u n'unità narrativa ( tempo, luogo, azio­ ne), prescindendo dalla sua lunghezza . Ogni scena è costituita da u n insieme di inquadra­ ture nelle quali l 'azione si svolge senza soluzione di continuità temporale (unità di tempo) e nello stesso ambiente (unità di luogo). Per esempio : nella stesu­ ra del trattamento corrispondente ai numeri l e 2 del­ la precedente scaletta, essi verranno raggruppati in una unica scena se il Generale è presente fin dall'inizio nel­ la sala-radio indicata ai citati numeri l e 2; ma ver­ ranno separati in scene diverse se fra la comunicazio­ ne dell 'annuncio dell'armistizio e l'arrivo del Generale intercorre un certo lasso di tempo o se lo vediamo una volta nella sala-radio e l 'altra volta nel suo ufficio. La stessa cosa si può dire per i numeri 5 e 7 , che verranno trattati in scene separate se il numero 6 ri­ marrà nell'ordine iniziale o se fra l'una e l 'altra verrà inserito l'assalto all'armeria, mentre verranno raggrup­ pati in un 'unica scena in caso contrario . Sviluppiamo in trattamento alcune parti della sca' letta precedente: 4.

-

Impasto strade di Cefalonia - esterno sera.

In breve le strade si ani mano. Come per miracolo, alcu­ ne finestre si aprono e vengono esposte coperte e drappi coloratissi mi, come al passaggio della proces­ sione. Don ne, bambini e vecchi si rivers ano nelle strade. Chi canta, chi grida, chi piange, chi si abbraccia col primo passante. Un tedesco e un italiano continuano a darsi pacche sulla schiena, mu ti per l'emozione. Più in là tre giovani soldati coinvolgono delle ragazze in un allegro girotondo, guardati sorridendo da un gruppo di donne. Passa il Generale. Quasi nessuno lo nota, poi , ricono­ scendolo, un gruppo gli si fa incon tro. Timidamente un giovane marinaio gli chiede se è vero che si ritor­ na a casa. Qua e là, alcuni hanno invece il viso cupo scelle con tratte .

e

le ma­

29

I capannelli, quasi obbedendo a un tacito ordine, si dirigono ballando verso la collina che sovrasta la città.

5.

-

Piazzale antistante la Casetta Rossa - esterno sera avanzata.

Vari fuochi sono accesi . Greci , i t aliani e tedeschi si esibiscono in balli folcloristici improvvisa ti, al suono di una scassata orchestrina. Molti soldati sono senza giacca , altri la tengono sbottonata. Il vino scorre a fiumi . Le ragazze hanno i l viso rosso per l'ecci tazione . È u na magnifica kermesse di pace e di fratellanza . Staccato dal gruppo, un soldato osserva la festa. Ha accanto la moglie greca che si appoggia a lui e, dal­ l'altro lato, due bambini. Qua e là si vedono altri militari con le loro fidanzate o le mogli, sposate du­ rante i tre anni di permanenza sull'isola. Non tutti ballano: alcu ni conversano seduti sull'erba . Dall'ombra appaiono all'improvviso, dapprima inav­ vertite, delle ombre minacciose appena illuminate dal­ le fiamme dei falò: ronde in pieno assetto di guerra . Sono italiani e tedeschi . Man mano che l a gente s i accorge di loro, l e espres­ sioni dei visi si trasformano e un senso di angoscia pervade i presenti. I 'Canti e i balli si interrompono progressivamente. È stato ordinnto il coprifuoco. I soldati rientrino immediatamente. Su tutti incombe un pesante silenzio. La gen te sfolla lentamente in va­ rie di rezioni , raggruppandosi spontaneamente in gruppi razzia li. Non si guardano. Hanno la testa china come se si vergognassero. I soldati si ricompongono la divisa e istintivamente si incolonnano, a passo di marcia . ·

Il trattamento, detto anche presceneggiatura, con­ siste quindi in un'ampia descrizione, anche emotiva, di tutto ciò che accade nella scena. I dialoghi però vi sono appena accennati , e per lo più in forma indiretta. Qualche volta vi si trovano anche le prime indica­ zioni tecniche.

30

LA SCENEGGIATURA

La parte finale della fase letteraria prende il nome di sceneggiatura, che è la stesura molto ampia del trat­ tamento, nella quale ogni fatto e ogni sentimento deve essere chiaramente visualizzato . Anche per i cosiddetti film d'autore (quelli, cioè, ideati, scritti e realizzati da una sola persona), occorre una sceneggiatura precisa, in modo da poter sempre preventivamente valu tare i costi e predisporre ogni elemento del fabbisogno di scena. « Dal punto di vista della sua redazione formale, la sceneggiatura può scriver si in due modi diversi: all 'italiana (è il sistema in uso presso tutte le cinema­ tografie europee, tranne quella inglese) e all'americana (in uso presso le cinematografie degli USA e d'Inghil­ terra) . La sceneggiatura all'italiana viene redatta se­ condo un'ideale linea verticale, in due colonne: quella di sinistra contiene la descrizione dell'azione (il visi­ vo), e quella di de· s tra contiene il dialogo e ogni altra eventuale indicazione del sonoro . Inoltre le scene han­ no una numerazione sempre distinta da quella delle in­ quadrature, e ogni scena, con la relativa indicazione dell'ambiente in cui si svolge, viene sempre iniziata a capo della pagina . « La sceneggiatura all'americana, invece, viene re­ datta per linee orizzontali come nella comune narra­ tiva, con il solo accorgimento di inserire ogni battuta del dialogo, preceduta dall'indicazione del personaggio che la dice, al centro-pagina. Inoltre, le scene vengono scritte senza soluzione di continuità (cioè nel contesto della stessa pagina può finire una scena e cominciarne un 'altra) e, infine, la numerazione progressiva è unica tra scene e inquadrature, con possibilità di confusione al momento dello spoglio per chi non abbia ancora familiarizzato abbastanza con questo tipo di sceneg­ giatura. 31

« Della stesura definitiva di ogni sceneggiatura ven­ gono ciclostilate da 30 a 50 copie, che vengono distri­ buite ai collaboratori artistici e agli a ttori , oltre che al personale di produzione. Un certo numero di copie ser­ vono per le pratiche ministeriali , assicurative e bancarie . . « È u tile che i l produttore partecipi alle diverse s tesure della sceneggiatura, dando suggerimenti per eventuali modifiche, tagli, accentuazione di situazioni drammatiche e comiche, approfondimento dei carat­ teri dei personaggi . È opportuno inoltre che il produt­ tore, o in sua vece l 'organizzazione generale o il diret­ tore di produzione, si preoccupi affinché la lunghezza della sceneggiatura sia contenuta nei limit i della durata d i proiezione che si vuole dare al film. È infatti in quella sede che bisogna discutere con il regista e gli sceneggiatori, decidendo gli opportuni tagli, per evitare poi che decine di milioni, spesi inutilmente in più , vadano a finire nel cesto del montaggio con grave dan­ no, oltre che per il produ ttore, anche per il regista , perché u n taglio e u n felice attacco decisi in sede di sceneggiatura sono pref�ribili a un brutto rappezzamen­ to eseguito in sede di montaggio. « Per i film di maggiore importanza spettacolare, alcune sequenze o scene vengono spesso tradot te visi­ vamente, in una specie di vero e proprio racconto per immagini, inquadratura per inquadratura, a guisa di un fumetto o di u no "s tory board" . Tale sistema è di grande aiuto per la messa a punto sia dei problemi artistici che produttivi, perché permette di rendersi conto preventivamente, discutendone e apportando le modifiche del caso, sia dell'efficacia dei valori compo­ sitivi sia dei mezzi occorrenti per la realizzazione. In particolare, questo metodo di lavoro è assolutamente necessario quando occorre studiare inquadrature diffi­ cili da realizzare dal punto di vista tecnico come, ad esempio, quelle con presenza combinata di effetti spe­ ciali ottici e meccanici . « In merito alla sceneggiatura, può interessare inol­ tre un breve accenno al rapporto produ ttore-sceneggia-

32

tore. Lo sceneggiatore è un libero professionista ed è considerato dal legislatore tra i coautori dell'opera cine­ matografica. In conseguenza, è necessario che al mo­ mento della stipula del contratto, il produttore si cau­ teli al massimo grado per quanto riguarda-l'ampiezza dei diritti da acquisire, per evitare poi ogni turbativa alla libera circolazione del prodotto-film e ogni limita­ zione ai propri diritti di utilizzazione economica del­ l'opera. La cessione dei diritti dovrà essere, pertanto , la pi� ampia, assoluta ed esclusiva; deve espressamen­ te essere eseguita per tutti i paesi del mondo e senza limiti di tempo, deve comprendere non solo il diritto "esclusivo" dell'utilizzazione economica dell'opera cine­ matografica (e di ogni sua possibile elaborazione diretta e/o indiretta) , pur se incompiuta, in ogni sua "compo­ nente" e in ogni sua parte, in ogni possibile modo anche non necessariamente legato alla proiezione cine­ matografica , in qualunque lingua, in qualunque forma e/o formato, con qualsiasi procedimento presente o futuro (compreso televisione, videocassette, ecc . ) , ma anche tutti gli altri diritti su di essa, non necessaria­ mente connessi o discenden ti da e con quelli "princi­ pali" trasferiti. Il produttore deve inoltre espressa­ mente farsi riconoscere la capacità di apportare alla sceneggiatura, sia per quanto si riferisce alla trama e ai dialoghi, che alla pellicola finita, tutte quelle modi­ fiche, aggiunte, soppressioni , elaborazioni, sostituzioni, adattamenti parziali o totali che saranno ritenuti, a giudizio del produttore, opportuni e necessari . Qu esta clausola è di estrema importanza e va inserita, insie­ me con le altre, anche nel contratto con il regista per­ ché, nella prassi, il produttore può ricorrere spesso a tagli e modifiche, anche notevoli , sia in sede di mon­ taggio che successivamente, vuoi per esigenze di cen­ sura, vuoi per necessità di riduzioni televisive, vuoi per contenere il metraggio del film nell'orario normale di proiezione, vuoi per meglio accentuare le caratteri­ stiche commerciali del film. Naturalmente, poiché i di­ ritti morali degli autori sono inalienabili, occorre che 33

le modifiche apportate non creino pregiudizio all'ono­ re e alla repu tazione degli autori » 2 • Nella sceneggiatura deve essere indicato, nel modo più esplici to ed esauriente, tutto quanto si renderà necessario alla perfetta . realizzazione -dell'opera cinema­ tografica : ogni azione, ogni dialogo, ogni rumore signi­ ficativo, ogni movimento di macchina e ogni fabbiso­ gno devono esservi descritti nel modo più completo .

Le regole fondamentali della sceneggiatura

Le sceneggiature, pur nella forma di impostazione grafica diversa (in colonne verticali · quella italiana e in l inee orizzontali quella americana) , hanno in comune alcuni elementi caratterizzanti e alcune norme-guida che sono : a) La divisione in scene con l 'uso dello stesso ter­ mine per indicare lo stesso ambiente ; e ciò allo scopo di evitare confusioni nella compilazione del piano di lavorazione e nello spoglio ; le indicazioni temporal i e d'ambiente (interno , esterno, interno-esterno, esterno­ interno) ; le condizioni di luce (giorno , notte, sera , notte illuminata, ecc . ) . Inoltre la trascrizione del testo va fatta soltanto nelle pagine dispari , mentre quelle pari sono lasciate bianche sia per consentire lo spoglio che per annotare le varianti di azione, di posizione di macchina e di dialogo, nonché per disegnare le pianti­ ne con la collocazione degli oggetti e degli attori du­ ·rante le riprese e per segnare il numero delle "battute" (ripetizioni) della stessa inquadratura , annotando le buo­ ne, gli scarti e le riserve . 2 L. DE LAURENTI I S , Tec11ica della produzio11e, Cent ro studi e Speri­ mentazioni C i ne-TV, Roma 1972 O i tografato ) , pp. 6-9.

34

b) La desc ri zi o ne delle az ion i viene sempre fatta al tempo presente anche quando vi è un flash-back, cioè un ritorno al passato . Perciò non s i scriverà mai : « . . . Gianni s i voltò, vide Maria e il suo cuore si riempl di amarezza » , b en­ sl : « Gianni si volta e vede Maria . Il suo volto si incupisce e i suoi occhi si velano di lacrime ». La pri­ ma forma è erra t a per l 'uso del passato e la descri­ zione astratta dei sentimenti . La seconda è invece cor­ rett a : uso del presente, sentimenti visualizzati. c) I d ialoghi vanno scritti nel linguaggio parlato e non in - que llo letterario, avendo cura che la frase r is u l t i fluida , senza di ffi c o l t à di pronuncia e senza caco­ fonie. Si e v i ter an n o sempre le parole difficili e quelle che possono dar luogo a equivoci . Allo scopo di rendere i dialoghi più spontanei sono ammesse i mper fez i on i grammaticali, purché siano di uso corrente e aderen ti al tipo di personaggio impersonato d all'a t t ore . È buona norma fornire i personaggi di particolari stru tture l ingui s t ic h e che li caratterizzino : il ricorso al dialetto pu ò essere molto utile per umanizzare un personaggio e determinare nel pubblico qu el le partico­ l a ri r e azi o ni g ene r a te da stereotipi culturali (siciliano geloso, milanese indaffarato, ecc. ) . ·

La novella cinematografica

La sceneggia t u r a può assumere fo rme diverse sia per il con t en uto che per la t ecn ic a . Per qu a n to riguarda i co n ten u t i , la differenza del­ la scelta fra l ' u na o l'altra forma dipende dal mo­ mento in cui viene si t u ato, concettualmente, il "mo­ mento creativo " , ossia l 'attimo magico n el quale l'auto­ re riesce a dare il meglio di sé. 35

Da una parte è la scuola che fa capo al famoso regista russo Ejzens tej n 3 ( 1 898- 1 948) , il quale sostie­ ne che il momento creativo è sul set (cioè nel luogo dove materialmente si gira) : « Nel momento della ri­ presa - scrive Ejzenstej n - il regista non deve es­ sere vincolato da niente, per evitare di essere condizio­ nato da apriorismi che farebbero impallidire il fuoco dell'ispirazione » . Per Ejzenstejn l a sceneggiatura non deve essere una guida, ma soltanto una fonte di emozioni e di contrasti, di ispirazione poetica . Deve quindi assumere la forma di novella cinematografica, e cioè deve limi­ tarsi a una semplice successione di appunti che potran­ no essere più o meno seguiti nella fase di lavorazione, e perciò sfrondati da qualunque annotazione tecn ica . Seguaci di questo indirizzo sono alcuni registi italiani come Roberto Rossellini e Federico Fellini . Analizziamo u n po' più a fondo cosa dicono gli estimatori e i detrattori di questa tecnica. « Nessuna sceneggiatura - dicono i primi - po­ trà mai darci le immagini del film. È quindi meglio non tentare di visualizzarle in anticipo, anche per evi­ tare che diventino una cosa fredda , morta, estranea all'autore » . « I l :film bisogna covarlo dentro e aspettare d i tro­ varsi fra le costruzioni vere e a contatto con la troupe vera . Nell 'apparente confusione e nell 'eccitazione del set è pi ù facile tenere i sensi all'erta ·e costruire il film minu to per minuto, scrutando sul viso dell'attore l'ef­ fetto delle proprie parole · e delle suggestioni che si in­ tendono provocare in lui » . Il pericolo insito in questa tecnica è quello d i fare un film confuso e squilibrato, nel quale l'immaginazio­ ne giochi un ruolo preminente rispetto alla logica e all'autocritica. La pratica ha dimostrato che i registi che hanno 3 S. M. EJZENSTEJN, Forma e tecnica del film e lezioni di regia, Ei­ naudi, Torino 1964 .

36

sapu to sfru ttare questa tecnica con vero successo sono quelli che avevano vocazione pittorica : Ejzenstejn era ingegnere edile e Fellini disegnatore caricaturista al "Mare' Aurelio " . Fra i pericoli più ovvi, che neppure il più bravo regista riuscirà mai ad evitare girando con una sceneg­ giatura di questo tipo, è l'enorme dilatazione dei costi e dei tempi di lavorazione . Ejzenstejn impiegò tredici mesi e 64 .000 metri di pellicola soltanto per effettuare i sopralluoghi di "Lampi sul Messico ". Il "Casanova" di Fellini è costato oltre sei miliardi e la sua lavora­ zione è durata un anno . Esaminiamo alcuni esempi di "novella cinemato­ grafica" : Da EJZENSTEJN : UNA TRAGEDIA AMERICANA 38•

·

22. E come la barca scivola nell'oscurità del lago, Clyde scivola nell'oscurità dei suoi pensieri . Due voci lot tano in lui ; l'un a : « Uccidi! uccidi ! )> , è quasi un'eco della sua nera risoluzione, il grido pazzo di tutto il suo desiderio di Sonc;lra e dell'alta società ; l'altra : « Non uccidere ! non uccidere ! », l'espressione della sua debolezza e delle sue paure, della sua compassione per Roberta e della sua vergogna davanti a lei . Nelle scene che seguono, le due voci nello sciacquio delle piccole onde provocate dai remi contro la barca, sussurrano nel battito del suo cuore, commentanoj in­ gigantendole, le memorie e le paure che gli attraver­ sano la men te ; ciascuna lot tando per dominare l'altra, acquistando predominio per poi indebolirsi dinanzi alla forza crescente della voce avversaria. Le due voci con­ tinuano il loro mormodo anche quando Clyde cessa di remare per chiedere : - Hai parlato con qualcuno, nell'albergo? - No. Perché me Io chied i ? - Niente. Pensavo che avresti potuto incontrare qualcuno. 23. Mentre Roberta sorride, le voci continuano a sus­ surrare . Ella scuote la testa in rispos ta e immerge

la S. M. EJZENSTEJN, Forma e tecnica del film Einaudi, Torino 1964.

e

lezioni di regia,

37

la mano nell'acqua agitandola e abbandonandola nel­ la scia della barca. - Non è affa tto fredda - dice. Clyde cessa di remare e anch'egli saggia l'acqu a. Ma ritira di colpo la mano come se avesse ricevuto una scossa elettrica.

24 . Mentre egli fotografa Roberta le voci s'impadro­

niscono di lui . Mentre consumano la merenda o rac­ colgono le ninfee, le voci lo posseggono. Mentre Clyde balza a terra un momento per posare la sacca da viag­ gio, le voci crescono d'intensità e lo tormentano. 25. « Uccidi . . . uccidi ! » e Roberta felice , rinfrancata dalla sua fede in lui, irradia gioia di vivere . « Non uccidere . . . non uccidere ! » e mentre la barca scivola quasi silenziosamente sotto gli alti pini scuri e il volto duro di Clyde indica la lotta che si svolge dentro di lui , il lungo, sonoro grido di un uccello acquatico si alza nell'ari a .

26 . « Uccidi . . . uccidi ! » trionfa, e la mente di Clyde è attraversata dalla memoria di sua madre . « B aby . . . baby » , dice l a voce della s u a infanzia e mentre i l « Non uccidere, non uccidere ! » aumenta di forza egli sente i l « Baby boy . . . baby boy » pronunciato dalla voce, cosl diversa, dj Sandra , e all'immagine di Sandra e di tu tto ciò che la circonda « Uccidi . . . uccidi ! » di­ venta più forte e più insistente e, con il pensiero di Roberta a disturbare quell'immagine, diventa più acu­ to e irritante, ma poi il vol to di Roberta adesso, splendente di fede in lui, e la sua tranquillità e la vista dei capelli che tanto egli amava accarezzare, e « Non uccidere . . . non uccidere ! » riprende vigore e dolcemente vince sull'altra e ora , calma, decisa e defi­ ni tiva, pone fine al con flitto. Sandra è perduta per sempre . Adesso egli non avrà mai, mai, il coraggio di uccidere Roberta. 27 . E ved iamo Clyde abbandonato alla sua dispera­ zione e all'agon ia della sua rinuncia. Clyde solleva il viso dalle mani raccolte. Un remo, non più impugnato da Clyde , galleggia sem i­ immerso e libero. Nella mano sinistra Clyde ha l a macchina fotografica . L a faccia di Clyde è cosl scon­ volta dal tormen to e cosl segnata dalla lotta che si è svolta in lui che Roberta gli si fa ansiosamente vici­ no e gli prende una mano nelle sue.

38

Da

Ros sELLINI :

ER A NOTTE A ROMA

4•

Casa di Eperia. - Notte.

Pemberton e lvan si guardano intorno, stupiti. Sono in una specie di soffitta che serve da cucina, da camera da pranzo e da camera da letto. La suora si toglie il mantello e la cuffia ( non ha i capelli tagliati corti) . Ordina a Pem­ berton col gesto di chiudere la porta e sposta il letto, scoprendo cosl un vano Fa cenno ai due di seguirl a . Pemberton e I va n si guardano senza capire, in terde tti . Non sanno cosa pensare . La suora si affac­ cia di nuovo e chiama, spazientita. Suora Aoh ! . . . Ma vi vo­ lete sbrigare? . . .

Rispetto alla sceneggiatura , Antoniani è apparente­ mente su una posizione intermedia. Nella prefazione al libro sulle sue sceneggiature 5 scrive : « La: sceneggia­ tura è una fase intermedia, necessaria ma transitoria . . . Sbaglia chi sostiene che ha u n valore letterario . . . Un film non impresso . sulla pellicola non esiste . I copioni presuppongono il film, non hanno autonomia, sono pa­ gine morte . . . Per me il film, mentre giro , deve colle­ garsi a quei momenti e a quelle sensazioni che mi hanno portato a scrivere quella sceneggiatura . . . Per venir bene ho bisogno di ri trovare quella carica . . . quel­ la convinzione ». È questo il momento magico creativo, e Antoniani lo pone addirittura a monte della sceneggiatura, che diventa cosl 'per lui uno strumento mnemonico che ha la sola funzione di rievocare atmosfere e sensazioni . Analizzando una breve sequenza di una sua sceneg­ giatura , il suo pensiero e la sua particolare poetica di­ verranno più evidenti :

1 09 .

4

R. RossELLINI , Era notte

� M . ANTONIONr, Sei

a

Roma, Cappelli, Bologna 1960, pp. 108-

film, Einaudi, Torino 1964,

p. x v m .

39

Da ANTONIONI : LA NOTTE 6 • Strade di Milano. - Esterno giorno.

Lidia cammina len tamente. Si vede che non ha una m èta . ·La strada è affollata. Tutti parlano, parlano, parlano . Il custode di un parcheggio che mangia un panino, interrompe di masticare per guardar­ le le gambe. Davan ti a un edificio tutto vetri e allumi­ nio, Lidia si sofferma a guardare una gran­ de fontana zampillante; quindi prosegue, pas­ sando in mezzo alla folla di impiegati che escono dall'edificio. Poi l a folla si di rada, l a città s i fa deserta. È l'ora del pasto. Due uomini, che passano ridendo di gran gusto, muovono al riso an­ che Lidia . Eppure lo stato d'animo in cui s i trova è tut t'altro. Le case moderne : fredde, con molto vetro. Gli interni del le case e degli u ffici vuoti. Il caldo.

In questo brano di sceneggiatura Antonioni ha oggettivato, attraverso le .cose come vengono percepite da Lidia , lo stato d'animo della protagonista, e cioè il suo vuoto interno contrapposto alla facciata esterna delle case, lucenti e fredde. In Antonioni il suono ha particolare importanza : questo fluire dal rumore, dalla folla, dalle risa , dai pa­ lazzi di vetro, alla periferia con i suoi ciuffi d'erba, il suo silenz io e le sue case vecchie e scrostate da gene­ razioni di esseri umani, esalta e commenta i sentimenti della protagonista. Lidia cerca invano, in questo viaggio, di ritrovare un suo ricordo perdu to : l a sua giovinezza , l'amo re che l'aveva legata al marito , le difficoltà quotidiane di al­ lora , e di capire come il successo e il benessere abbiano potuto allontanarli l'una dall 'altro , trasformandoli in fredde case di alluminio e vetro, piene di rumore. ' Idem, 40

p. 315.

La sceneggiatura alfamericana Uno sviluppo esasperato della novella cinematogra­ fica e in particolare della ' 'teoria dei conflitti dramma­ tici " di Ejzenstej n è quella cosiddetta sceneggiatura al­ Famericana che si sviluppa per "centri di attenzione" , prescindendo dalla divisione in scene e i n inquadrature. Tale tecnica, oltre a presentare notevoli difficoltà sul piano produ ttivo, col suo mescolare scene e inqua­ dra ture rende difficile anche il lavoro della regla, co­ stringendo l'autore a sceneggiare sul set costruendosi un sequenzario da predisporre all 'istante. Esaminiamo, a titolo di esempio , un brano di sce­ neggiatura all'americana tratto dal film di E. Dymitryk : LO SBARCO D I ANZIO

( 0 1 ) Titoli di testa : carrello a seguire l'eroe del film, Dick En­

nis, che attraversa , con le spalle curve la piazza deserta davanti al Palazzo reale di Napoli . Entra nel palazzo.

( 0 2 ) Stacco netto su Ennis che attraversa i saloni, le scale, le gallerie e le stanze affrescate del Palazzo. Verso la fine dei titoli udiamo crescere il rumore di una festa molto chiassosa . Ennis apre una grande porta . l . Balconata e lampadario.

Richardson. Soggettiva di Ennis.

Interno. Notte.

Un'improvvisa esplosione di luce · e di rumori lo investe . Zoom dalle spalle di Ennis. Un Ranger americano, Richardson , con l'elmetto in testa, si lancia dalla balconata attaccandosi a un enorme lampa­ dario. Vi rimane appeso dondolandosi .

2.

Palazzo reale. Festa dei Rangers. Interno. Notte.

Il Ranger Richardson , sempre dondolandosi , attira sotto di sé una folla di facce dure e strafottenti . Siamo entrati nel pieno di una festa di Rangers . Sono quasi tutti ubriach i, il loro modo di d i v ertirsi è violento : un dente rotto è un piacevole scherzo e un pugno in faccia un divertimento. I loro giochi sono ordalle. Il divertimento consiste nel buttar giù Richardson dal lam­ padario. Sempre dondolandosi, Richardson si toglie l'el­ metto res tando attaccato al lampadario con una sola mano. 41

( Scena 3 omessa) .

4.

Rangers e lampadario. Interno. Notte.

Macchina a favore di Doyle, un duro dalle spalle come un armadio. Egl i tira i ndietro il braccio. Doyie:

Richard ! Ecco ti la tua seconda medagli a alla memoria. P.P. di una lattina di birra nelle mani di Doyle.

Analizziamone ora le carat teristiche : a ) Il primo periodo (0 1 ) è una scena in esterni for­ mata da una sola inquadra tura . b) Il secondo periodo (02 ) è anch 'esso una scena , ma siamo passati in interni (probabilmente dal vero ) , e abbiamo una serie di inquadrature non legate fra loro e dette tecnicamente I mpasto o Tormentone . Il sonoro è incorporato nella descrizione del visivo . c) Come risulta dal testo , la l e la 2, l a 3. e l a 4, si svolgono nello stesso ambiente e durante la stessa festa, si tratta quindi di un'unica scena, ma oltre a essere divisa per centri d'attenzione (balconata, lam­ padario, festa, Rangers e lampadario . . . ) vi si descrive in modo appena accennato ciò che accade (siaino entrati . . . i loro giochi sono ordalle . . . ) . Non s i dice di quali ambienti si tratta, salvo che alla 2 e anche qui in modo generico , e cioè "Palazzo reale" e basta invece di "sa­ lone, feste, Palazzo reale - Napoli" che sarebbe il ter­ mine corretto applicabile alle quat tro inquadrature . La n . l potrebbe essere risolta con un'inquadratu­ ra , mentre la 2 ne presuppone almeno 5 o 6 per far capire al pubblico che cosa succede . È per questa ragione che la scena 3 è stata lasciata a disposizione della regla, mentre la 4 presuppone che il pubblico abbia già stabilito un rapporto fra Richard­ son e Doyle ; rapporto che è presupposto, ma i nespres­ so, all'ultimo paragrafo dell 'inql,ladratura 2 . U n altro difetto di questa tecnica è quello d i ren­ dere difficile la numerazione delle inquadra ture, e quin­ di i rapporti col montaggio. 42

La sceneggiatura di ferro Completamente diverso è il pensiero del regista russo Pudovkin ( 1 8 9 3 - 1 9 5 3 ) , sostenitore della sceneg­ giatura di ferro. Non fidandosi delle capacità rievoca­ rive di un foglio di carta , e volendo che tutto venga preparato e costruito come lo ha immaginato, egli scrive tutto fin nei minimi particolari. Per lui ogni cosa deve essere prevista in anticipo nei limiti del possibile, in modo da lasciare la fantasia del regista libera da tutti i problemi tecnici al momento della ripresa. Raccordi, at tacchi , movimenti di attori e di macchina : tutto sarà scritto prima . Con ciò né lui né coloro che , al pari di lui , sosten­ gono questa forma di sceneggiatura, vogliono porre limiti alle libertà creative dell'autore, che res ta in ogni caso sempre libero, non appena sul set, di modificare, togliere o aggiungere tutto quello che vuole . Per ca­ pire meglio la forma assunta da questo modo di sce­ neggiare, esaminiamo un brano di sceneggiatura del suo "V asili Bortnikov " . Da PunoVKrN : BORTN IKOV

7.

IL RITORNO DI VAS I L I

Scena XXVI I : Stanza di Cekan ov. - Interno giorn o .

65. P . A . S . ,., d i Cekan o v e Kantuare v. Ceka nov siede al tavolo insieme a Kantuarev . Appena sente i l rumore della porta che si aprç, guarda prima Vasili ( f .c.* * ) , poi con­ trolla l'orologio. Si alza. La macchina PANO­ RAMICA da destra a sinistra seguendo Ce­ kanov, inquadrato in P.A.S . che va i ncontro a Vasili. Cekan ov: Buongior­ no, compagno Bortnikov. Vasili: Buongiorno . 7 V. PunOVKIN, La se/lima arte, Ed i tori R iun i t i , Roma c 1 96 1 , p. 572ss. *

**

P.A.S. f.c.

=

=

piano americano scarso.

fuori campo:

l 'a t tore o l 'ogge t t o non è i nquadrato.··

43

Cekan ov: Prego, accomodatevi . Vasili e Cekanov prendono posto attorno al tavolo. L!} macchina li segue in PANORAMICA da sinistra a destra . Vasili stringe l a mano a Kantuarev. Cekanov resta in piedi . . . . . . Cekanov si alza in piedi. La macchina segue il movimento PANORAMICANDO dal basso in alto . . . . . . Cekanov prende il fascicolo i n mano e d esce di campo d a destra. Brevissimo carrello ava nti su Vasili.

66. C.M. * Finestra.

Cekanov entra in campo da sinistra. S i ferma in M.P.P. davanti alla finestra e sfoglia il fascicolo.

67. M.P.P. * * Vasili ( proseguimento della 65 ). Vasili discute anima tamente con Kantuarev.

Come si vede, in questo tipo di sceneggiatura si cerca di visualizzare al massimo come apparirà il film scena per scena, inquadratura per inquadratura . E ovvio però che tale tecnica è possibile soltanto nel caso che la sceneggiatura sia stata scritta con la diretta parteci­ pazione del regista, o addirittura dal regista stesso . Questo sistema offre numerosi vantaggi rispetto al pri mo : permette di graduare esattamente il peso e l'importanza di ogni singola inquadratura prevedendo in anticipq dove andrà inserita, evita il pericolo di di­ lungarsi su scene inutili che di conseguenza verrebbero poi soppresse in fase di montaggio e rende impossibile scavalcamenti di campo e altri errori banali che pos­ sono attenuare la tensione e diminuire l'attenzione del pubblico, e infine favorisce lo "spoglio" e la "progetta­ zione" degli ambienti. Tutto ciò è particolarmente importante in produ­ zioni scolastiche o amatoriali, a motivo delle ristret­ tezze finanziarie e di mezzi tecnici nelle quali si è co­ stretti a operare. *

**

44

C.M. = campo medio. M .P.P. = mezzo primo piano .

2 LA FASE PRODUTTIVA

Terminata la sceneggiatura definitiva, il Direttore di produzione provvede allo spoglio della sceneggiatura . È questa la prima fase della lavorazione del film ; fase delicatissima, dalla quale dipenderanno sia il piano · finanziario (cioè la previsione di quanto costerà e di quanto i ncasserà il film) , sia il piano di lavorazione (cioè l'ordine delle riprese e i relativi fabbisogni-scena) .

Lo S POGLIO DELLA SCENEGGIATURA

« Lo spoglio della sceneggiatura - scrive Luigi De Laurentiis - · è lo strumento principak a disposizione della produzione e della regla, oltre che dei collabora­ tori interessati, per prevedere correttamente e predi­ sporre tempes tivamente tutte le necessità occorrenti per le future riprese, dagli attori al fabbisogno-scena. « Si esegue attraverso un'attenta analisi della sce­ neggiatura e si presenta formalmente, nel risultato fi­ nale, in una serie di elenchi e di prospetti riepilogativi . « Non è u n lavoro difficile, ma richiede acume, in­ telligenza ed esperienza . « In fondo, il segreto per eseguire bene lo spoglio è assai semplice , e consiste nel s aper leggere la sceneg­ giatura : capacità che si acquista con lo studio e il tiro-

45

c1mo in quanto significa non soltanto capire la tra­ ma, e cioè il racconto esteriore nell'insieme e nelle singole scene, ma soprattutto saper cogliere i significati e i valori poetici , sociali, morali del film da realizzare ; significa saper cogliere i sentimenti e le intenzioni che ci sono sempre dietro la facciata · degli avvenimenti da raccontare ; significa saper individuare le caratteristi­ che fisiche e psichiche dei personaggi ; significa aver capito in ogni scena che cosa vuoi dire l'autore, e cosa e come il regista vorrà e potrà metterla in scena. « Saper leggere una sceneggiatura vuoi dire tutte queste cose , e ancora una cosa più semplice, almeno ai fini dello spoglio : significa, cioè, saper leggere e indi­ viduare quanto non è espressamente scri tto » 1 • Per comprendere quanto sia vero ciò che h a scritto De Lau rentiis , vediamo di tentare lo spoglio appros­ simativo di una scena appa rentemente semplice del film : Lo sbarco di Anzio) prodotto dalla De Laurentiis per l a regìa di E . Dymitryk : Scena 30 Banchina del porto. Arrivo Carson . Esterno. Notte.

del

generale

La jeep del generale Carson intralci sulla banchina affollata Napoli . La polizia mili tare i n scorta la jeep a sirene spiegate. di un conqu istatore .

passa senza del porto di motocicletta È l'avanzata

Scena 3 1 Banchina del porto. Altro punto. Campo rav vicinato. Jeep di Carson. Estern o. Notte.

La Macchina è mon tata dietro la jeep con la schiena di Carson i n primo piano. Accanto a lui è il generale Lesley, comandante del­ l'impresa di Anzio. Carson saluta meccan ica­ mente e fa regal i ai soldati . La Polizia Mili· rare si schiera lungo la banchina , creando un fitto cordone lungo tutta la fiancata del­ la nave-comando. 1

46

L. DE LAURENTI I S , Tecnica della produzione, cir., p . 1 1 .

Anche a una prima lettura si comprende che deve necessariamente trattarsi di due scene diverse , in quan­ to le due azioni, apparentemente simili , sono state dif­ ferenziate anche per la diversa posizione della Macchi­ na da presa : nella prima si ha infatti un totale della banchina, mentre nella seconda la m a cchina è collo­ cata sul retro della jeep . I noltre, per creare un preciso distacco fra le due scene , gli au tori hanno volutamente aggiunto Lesley sulla jeep, invece di farlo trovare ai piedi della scaletta della nave-comando. Da ciò si de­ sume la necessità di differenziare i due spogli, per evi­ tare che il pubblico istintivamente u nisca le due scene . Per quanto riguarda i vari fabbisogni , alcuni di essi sono facili a prevedere in qu anto chiaramente indicati sulla sceneggiatura : la jeep , le motociclette della Poli­ zia Militare, le loro divise, ecc . Altre invece, e altret­ tanto indispensabili , va r mò intuite in base all'attenta osservazione di tutti gli elementi che compongono la scena . Per esempio : le palette della Polizia Militare per dirigere il traffico, le clip-board per i fogli d'im­ barco , il materiale da caricare sulle navi , le munizioni, le provvi ste, i pezzi di rica m bio , le sigarette, i fiammi­ feri (che devono essere non soltanto americani , ma an­ che dell'epoca) , gli accendisigari , le caramelle, le tavo­ lette di cioccolata, i blocchi, le matite e le macchine fotografiche dei giornalisti (anch 'esse dell 'epoca) , le ar­ mi ( tenendo presente che gli ufficiali americani fino al grado di capi tano non portano la pistola, ma la cara­ bina) , i fischietti in dotazione alla M. P . , le ambulan­ ze, i mezzi da sbarco , i veicoli di scena , le comparse , il reggiment � delle guardie scozzesi da scritturare nel­ la patria d 'origine in quanto il loro modo di marciare, di suonare e di gestire è inimitabile . . . Se s i fosse trattato d i u n a scena d i battaglia , le com­ plicazioni si sarebbero mol tiplicate per cen to .

47

GLI ELEMENTI DELLO

S POG LIO

Quali sono dunque gli elementi costi tutivi dello spoglio ? Eccoli :

l ) Elenco dei personaggi principali e secondari ; 2 ) elen­ co degli ambienti, sudd ivisi in esterni e interni e raggruppati per blocch i ; 3 ) il sequenzario; 4) il fabbi­ sogno-scen a ; 5) il fabbisogno-costum i ; 6) il fabbiso­ gno tecn ico; 7 ) i prospetti riepilogativi dell'intero spo­ glio, per ogn i ambiente. Analizziamo ogni singolo elemento : Tutti i personaggi do­ vranno essere elencati e numerati progressivamente rag­ gruppandoli i n : principali, secondari , piccoli ruoli e figurazion i speciali . È opportuno predisporre anche un secondo elenco con le caratteristiche fisiche e psichiche di ogni personaggio . l.

Elenco dei personaggi.

-

2 / a . Elenco degli ambienti. Tutti gli ambienti do­ vranno essere numerati progressivamente, con l 'indica­ zione delle scene che vi saranno girate . Quest'elenco è indispensabile per la stesura del piano di lavorazione in quanto il film si gira per ambienti e per posizioni di Macchina, e non secondo l'ordine narrativo come avviene, i nvece, in fase di montaggio . -

2/b. Elenco dei luoghi che sono · stati scelti per le riprese (e che molto raramente corrispondono a quelli

dove i fatti narrati sono realmente accaduti) . - Questo elenco viene compilato di solito soltanto dopo i sopral­ luoghi e quindi in sede di piano di lavorazione . Spesso non conviene (o non è materialmente possibile)"' girare nei luoghi dove si è svolta l'azione nella realtà . Ad esempio : nella realtà le truppe alleate che sbar­ carono ad Anzio erano partite da Napoli, mentre le scene 30 o 3 1 sopra riportate furono girate nel porto mili tare di Taranto, che si era rivelato molto più somi48

gliante alla situazione d i allora, e quindi più funzio­ nale ai fini del film .

3 . Predisposizione del sequenzario . Il sequenza­ rio è una scaletta della sceneggi atura e viene redat to in ordine di sequenze o . di scene, secondo l'ordine pro­ gressivo e cronologico del racconto . In esso vengono descri tti, in modo completo e preciso , gli ambienti, l 'illuminazione , le azioni principali e i personaggi, cia­ scu no con il riferimento alle corrispondenti pagine del­ la sceneggiatura . Ha lo scopo di mantenere chiara nel­ la mente dei realizzatori la successione cronologica dei fatti e il ritmo narrativo del film . Consente inoltre di seguire durante la lavorazione i progressi del film e di valu tarne il "girato" . -

4 . Fabbisogno-scena. Il fabbisogno-scena si desu­ me dai prospetti riepilogativi dello spoglio ed è suddi­ viso in fabbisogno generico, specifico e obbligato . -

a) Il fabbisogno generico non è legato a una pre­ cisa azione, e pertanto non è determinante : può quin­ di, al ' limite, essere cambiato D soppresso a volontà . b) Il fabbisogno · specifico invece, essendo legato a un'azione (per esempio : un apparecchio telefonico da usarsi ai fini dell'azione), dovrà essere chiaramente mes­ so nell'elenco del fabbisogno specifico, in quanto non può essere sos tituito da niente altro . c) Il fabbisogno obbligato comprende tutto ciò che dovrà essere usato in più scene. Per esempio : se nella scena 3 0 c 'è un soldato che suona un'armonica e un altro che ha in mano u n paio di calze, e poi nella scena seguente (o in un'altra scena, anche lontanissi­ ma dalla prima ) , i due soldati avranno ugualmente in mano l 'u no l 'armonica e l'altro le calze, tali oggetti dovranno essere i nseriti nell'elenco del fabbisogno ob­ bligato, altrimenti ne risulteranno errori psicologici che disorienteranno il pubblico . Analogamente andrà indi­ cata nel fabbisogno obbligato la radio portatile del radiotelegrafista Andy in quanto per tutto il film non 49

se ne separerà mai, e cosl la pipa di Ennis, dato che lui la fuma in continuazione . Invece la scatola dei cioccolatini che alcuni soldati si divideranno fra loro sulla nave dovrà risultare obbligata soltanto per al­ cune scene .

5 . Fabbisogno-costumi. Ogni costume, e i relativi accessori, dovrà essere numerato , con l 'elenco di tu tte le scene nelle quali è obbligato . -

6. Fabbisogno tecnico. Nel fabbisogno tecnico vanno elencati tutti i mezzi tecnici occorrenti per ogni singola scena, dal registratore magnetico alle ottiche speciali, dai carrelli ai dollies , d alla gru ai diversi ca­ valletti, e cosl via. -

7. Prospetti riepilogativi. - Tali prospetti servono a dare un'idea generale di tutto ciò che servirà durante le riprese, al fine di provvedere in tempo al loro repe­ rimento e alla loro tempestiva messa a disposizione . Lo spoglio va esegui to per ambien ti. Si raggrup­ pano cioè tutte le scene che si svolgono in quel deter­ minato ambiente che, di solito, non si abbandona per passare a un altro se non quando si sia girata l'ultima inquadratura relativa a quel luogo particolare . S e ci siamo dilungati sullo spoglio è perché, pur­ troppo , è una fase assai trascurata nel cinema semipro­ fessionale, amatoriale o nella produzione · a carattere didattico, con conseguenze spesso irreparabili sulla qua­ lità dei risultati e sul costo delle riprese. Ricordo, a questo proposito, il mediometraggio Paestum da me girato nella piana omonima : durante le riprese siamo andati incontro a una serie di inter­ ruzioni impreviste in quanto la produ zione non aveva considerato la necessità di una bombola di DDT per liberare dai moltissimi insetti le magnifiche s tatue de­ gli ultimi scavi (sfido chiunque a girare una bellissima Venere con una mosca che passeggia sul naso e sugli occhi ! ) , nqnché i fìltri polarizzatori e i drappi bianchi (spunglass) da mettere davanti alle luci . so

IL

PIANO DI

LAVORAZ IONE

Completato lo spoglio e formata la troupe, si pro­ cede a stendere il piano di lavorazione, che rappresen­ ta una delle fasi più delicate della preparazione di un film o di un cortometraggio. Il piano di lavorazione viene elaborato di solito dal Direttore di produzione in accordo col regista, e deve tener conto di mille elementi che vanno dalla rapidità del regista o del Direttore della fotografia alle difficol tà oggettivamente imprevedibili quali, ad esem­ pio, la presenza di bambini o di animali, la necessità di dover girare determinati effetti speciali ( scoppi, fan­ tasmi, crolli, ecc . ) , o le possibili variazioni meteorolo­ giche stagionali . Stabilito i l numero e l'ordine delle inquadrature da girare in un determinato ambiente, si riporta il tutto su u n apposito grafico : ciò consente di abbrac­ ciare con un solo colpo d'occhio l'intera situazione nel suo insieme, come risulta daL piano di lavorazione (vedi tavola fuori testo : Piano di lavorazione del film Un

borghese piccolo piccolo ) . Sulla base del piano d i l avorazione s i preparano in seguito gli "ordini del giorno" attraverso i quali tutto ciò che era stato preventivato in modo generale viene previsto nei minimi dettagli esecutivi .

L'ORDINE

DEL

GIORNO

L'ordine del giorno non è che un ordine di servi­ zio con il quale si comu nica a tutti i partecipanti al film, a qualsiasi titolo (cast, troupe, tecnici e mae­ stranze), il programma di lavoro del giorno successivo indicando gli ambienti, le scene, le inquadrature, le 51

. località, gli orari di convocazione, i fabbisogni di ogni tipo, e quant'altro possa essere u tile a portare a buon fine il programma previsto per la giornata. Comunque sia formulato (sullo stampato apposito o dattiloscritto) , l 'ordine del giorno può essere ideal­ mente diviso in sei parti : a ) Indicazione di dove e che cosa si girerà , elen­ cando le inquadrature , ove possibile, nell'ordine di rtpresa ; b) Gli orari di convocazione, diversi da persona a persona, da reparto a reparto e includendo, per quanto riguarda gli attori, l 'ora in cui devono farsi trovare pronti (in stand-by) ; c) I fabbisogni-scena (tutto ciò che si vedrà m ripresa) ; d ) Il fabbisogno tecnico (ciò che servirà alla n­ presa) ; e ) I particolari da mettere m evidenza agli occhi dei capireparto; f) I movimenti degli automezzi per il prelevamen­ to del personale e degli attori e del matetiale tecnico necessario alle riprese della giornata ; i cestini per il pranzo, ecc. Per chiarezza, rimandiamo a ll ' o rdi n e del giorno, o programma di lavoro, riportato nella tavola fuori testo . Anche nel caso di riprese non professionali i pro­ blemi, pur essendo minori, andranno affrontati con uguale coscienza e serietà, predisponendo una versio­ ne semplificata ma in ogni caso completa ed esauriente dell'ordine del giorno. I potizziamo che si tratti di riprese da effettuare nell'ambito della scuola : tenendo presente che il cine­ ma (e anche il cinema minore) , è sempre un lavoro di équipe, se non si predispone l 'ordine del giorno 52

sarà impossibile far sì che i diversi comp1t1 assegnati a ciascun gruppo si svolgano in modo reciprocamente complementare come è nella natura del film, col rischio di suscitare in alcuni studenti la noia di lunghe attese "senza saper cosa fare" mentre altri studenti (e in genere i più aggressivi e i più dotati di spirito di iniziativa) "fanno tutto loro" o si scelgono il lavoro più avvincente, prevalendo sui più deboli e remissivi. Viceversa con i quotidiani "ordini del giorno" sarà possibile fissare i turni e le rotazioni dei compiti, per­ mettendo così a ogni partecipante di affrontare perso­ nalmente (e razionalmente) tutta una gamma di espe­ rienze diverse che, fra l 'altro, consentiranno al docente o capogruppo di individuare le peculiari attitudini in­ dividuali che dovranno essere incentivate o stimola­ te, e che molto probabilmente non sarebbero emerse a causa della timidezza o per non essersi offerta l'occa­ sione di dar prova delle proprie capacità. Evidentemente vi saranno ruoli, come quello del regista e degli attori , che non sono intercambiabili nell'ambito dello stesso lavoro in atto ; ma nella mag­ gior parte delle altre mansi oni la rotazione è non sol­ tanto possibile ma auspicabile, in quanto permetterà a ogni membro del gruppo di acquisire una pluralità di esperienze convergenti assai diverse fra loro . Il lavoro di squadra, cosi come sempre si attua nella realizzazione di un film, ha l'enorme pregio di risultare contemporaneamente individuale e collettivo, e pertanto è fra i più educativi che si possano mettere in atto nella scuola moderna in quanto, per la sua stessa natura, stimola in ciascu n giovane la volontà di impe­ gnarsi sempre di più nello spirito di una concreta colla­ borazione, accentuandone al tempo stesso il senso di autocontrollo e la responsabilizzazione personale.

53

3 LA TROUPE

Un film, sia esso un grande film spettacolare o un modesto documentario, non può essere realizzato da una sola persona in quanto il cinema è per antonoma­ sia l avoro di gruppo , nel quale ognuno ha responsa­ bilità e mansioni diverse e specifiche, ma tutte stretta­ mente interdipendenti e complementari . È ovvio che, in una produzione di tipo scolastico o ama toriale, è possibile sommare più responsabilità in un 'unica persona o attribuirne diverse a ciascuno dei gruppi che, nella classe, costituisce un'unità . Per comodità di esposizione, raggrupperemo le va­ rie componenti in blocchi che, nella pratica , sono in­ teragen ti e confluenti .

LA

PRODUZIONE

L'organizzazione della produzione, detta per bre­ vità "produzione " , raggruppa tutti coloro che si occu­ pano della parte organizzativa e amministrativa del film. Al vertice è il Produ ttore : a lui spetta d i reperire i fondi necessari alla realizzazione dell 'opera , scegliere il soggetto , assumere il Direttore di produzione, il Re­ gista e prendere gli accordi con la Distribuzione , cioè 55

con una Casa che si assumerà la diffusione del film nelle sale di proiezione . Alcuni produttori possono essere considerati coau­ tori del film, in quanto avocano a sé ogni decisione , sia artis tica che tecnica e produttiva. Al Direttore di produzione spetta il compito di stendere il piano di produzione, stilare i contratti e scegliere il personale subalterno di sua spettanza. Al­ cune volte gli vengono affidati numerosi compiti del produ ttore ; in tal caso egli prende il nome di Produt­ tore esecu tivo o di Organizzatore generale. Diretti collaboratori del Direttore di produzione so­ no uno o più Ispettori di produzione, ai quali viene affidata la parte esecu tiva del lavoro organizzativo : sta­ bilire gli ordini del giorno, curare l'esecuzione del programma della giornata , predisporre tempestivamen­ te tutto ciò che costituirà i fabbisogni d 'ogni genere . per i giorni successivi, badare alla disciplina e al be­ nessere della troupe (cestini, generi di conforto, ecc . ) . A loro volta, gli Ispettori di produzione sono coa­ diuvati nel loro lavoro d� u no o più Segretari di produ­ zione, ai quali spetta di rilevare gli attori dal loro domicilio accompagnandoli al luogo delle riprese e prelevare dai vari stabilimenti o depositi il materiale occorrente per il lavoro in programma nella giornata ; curare i rapporti e mantenere i collegamenti fra il set e la produzione ( Segretario di scena) , portare il "girato" (cioè la pellicola che giornalmente è stata u tilizzata per le riprese) allo stabilimento di sviluppo e stampa, fis­ sare la proi�zione dei "giornalieri" cioè la proiezione del materiale che di giorno in giorno risulta sviluppata e stampata e che pertanto viene sottopos ta al controllo della regia e dei principali interessati. Oltre a queste persone, che sono direttamente in­ teressate alla produzione, ne esistono al tre che elen­ cheremo sommariamente in quanto non si tratta di personale specializzato, bensi di quel tipo di personale che è comune ad ogni impresa economica : autisti, datti­ lografe , cassiere, amministratore, personale di fatica, ecc . 56

LA REGÌA

Il Regista è il principale autore dell'opera cinema­ tografica. Sulle sue spalle grava la totale responsabilità artis tica e tecnica del film . Nella fase preparatoria egli deve partecipare alla sceneggiatura del film, o almeno dare a essa il suo benestare. Nei film detti d 'Autore, è la stessa persona che prende su di sé tutti i compiti di carattere artistico e letterario, dall'ideazione o redazione del soggetto alla sceneggia tura finale e alla regla. Al regista spetta la scelta dei collaboratori artistici e artistico-tecnici : l'Architetto scenografo , il Direttore della fotografia, l 'Autore delle musiche, gli Attori, gli Sceneggiatori , l'Aiuto regista , il Montatore , la Segre­ taria di edizione e, spesso , i macchinisti . In ripresa, egli cura non soltanto la recitazione , ma anche le posizioni di Macchina, l a scelta delle ottiche, . 1 campi, 1 ptam, ecc. . In Italia vi è in genere la cattiva abitudine di tra­ scurare, sia in fase di sceneggiatura che in fase di ri­ presa, i ruoli secondari , !asciandone la scelta agli aiuti o a1 captgruppo. Ciò non accade in altri Paesi , dove anche il gene­ rico è scelto dal Regista con cura, in modo da ben caratterizzare la parte. Alle dirette dipendenze del Regista vi sono due o più persone chiamate gergalmente "di bassa regla" : sono l 'Aiuto regista e l a Segretaria d i edizione . L'Aiuto regista è un po' il factotum e il braccio destro del Regista, e i suoi compiti sono di conseguen­ za i più svariati : dal sedersi pazientemente accanto all'attore smemorato per verificare se ricorda perfetta­ mente la parte, fino a controllare che ogni cosa sia stata predisposta per le riprese che dovranno aver luogo nel giorno successiv o ; dal sostituire nell'azione e nei dialoghi l'attore fuori campo (in modo da consentire .

.

.

.

57

al partner che invece è in campo di muoversi e reci­ tare con la dovuta naturalezza) , fino a dirigere le riprese di semplici scene. Sulla Segretaria di edizione, che può considerarsi l 'altro braccio del Regista, si assommano numerose re­ sponsabilità di estrema delicatezza che formano, tutte i nsieme, la "memoria del regista". Suo è il compito di ricordare ogni particolare dell'inquadratura girata a volte settimane prima, e che deve raccordarsi con quel­ la che si sta girando in quel momento. A tale scopo deve riempire giornalmente uno speciale foglio detto foglio di continuità} sul quale vanno riportati tutti i raccordi, la piantina del set, le eventuali variazioni di battuta, le modifiche dell'inquadratura, le inquadra­ ture buone} gli scarti e le riserve di ogni inquadratura girata , l 'ottica usata, la posizione (o le posizioni) della o delle Macchine da presa : insomma , deve prendere nota di tutto e ricordare tutto quello che avviene sul set . È inoltre compito della Segretaria d i edizione ripor­ tare le stesse note e indicazioni su un'apposita copia della sceneggiatura, le cui pagj-ne così modificate ven­ ' gono via via inviate al Montatore unitamente al fo­

glio-pellicola. Il foglio-pellicola (o bollettino di edizione) , è com­ pilato in più copie, delle quali una va allo stabilimen­ to di sviluppo e stampa affinché si sappia che cosa va stampato (ed è per questo che sul bollettino la Segre­ taria scrive "buona", "scarto " o "riserva" ) , un'altra al Montatore, perché verifichi ciò che lo stabilimento ha stampato, e u n'altra alla Produzione, come docu­ mentazione nel caso di eventuali contestazioni. Questa parte del suo lavoro esige, da parte della Segretaria di edizione, un grande senso di responsa­ bilità e una costante attenzione che non consente erro­ ri , se si pensa che durante le riprese si girano dai ventimila ai trentamila e- più metri di pellicola, dei quali soltanto da cinque a diecimila sono buoni e van­ no al montaggio, dove verranno ulteriormente ridotti a tremila metri circa, cioè al metraggio normale di 58

un film. Se il produttore dovesse pagare l a stampa di · tutto il girato, i costi salirebbero in modo notevole; e questo spiega perché in stabilimento si stampano sol­ tanto le "buone" . Compito della Segretaria d i edizione è anche quello di curare gli interessi della Produzione . A tale scopo compila il diario di lavorazione sul quale riporta tutto quello che accade sul set : i consumi, le rotture, i tempi morti, ecc . , indicandone le relative responsabilità . (Vedi tavole fuori testo : vari esemplari di bollettini operativi) .

Gu

S C ENOGRA F I

Il reparto scenografi com prende : l 'Archi tetto sce­ nografo che, letta la sceneggiatura , progetta e super­ visiona le costruzioni ; reperisce, facendo i sopralluoghi con il Regista, gli ambienti dal vero nei quali si girerà , nonché sovri ntende al lavorò degli arredatori e dei costumisti. Per quanto riguarda le costruzioni e i modellini, egli ne affida l'incarico a uno Scenotecnico di sua fidu­ cia, il cui lavoro è assai più complesso di quanto si creda, dato che spesso il progetto va modificato in rap­ porto alle esigenze particolari del tipo di ripresa : cosa che va fatta a occhio, sulla base dell'esperienza, e non ha niente a che vedere con la realtà matematica dei rapporti geometrici . Per esempio : durante la l avorazione del film La Bibbia fu necessario costruire oltre sei arche di Noè , delle quali tre in grandezza naturale e le altre in scala decrescente . È curioso notare che queste ultime, per sembrare uguali alle prime (cioè per sembrare sempre la s tessa arca), dovettero essere costruite con rapporti interni totalmente differenti sia rispetto alle prime che fra loro. 59

Per le costruzioni, lo Scenotecnico si avvale dei macchinisti di costruzione, che sono operai altamente specializzati . Al momento opportuno, l'Architetto sce­ nografo affiderà l'arredamento dandone i criteri di ba­ se a un Arredatore che reperirà o farà costruire quan­ to necessario all'ambiente. Sul set il materiale verrà affidato a un apposito gruppo di macchinisti attrez­ zisti detti gergalmente "Props". All'Architetto scenografo spetta inoltre il compito di scegliere il Figurinista che dovrà disegnare i costu­ mi che successivamente verranno realizzati dalle Sarte. Ciò accade, ovviamente, soltanto per particolari film e attori o per particolari ruoli. In casi normali , i co­ stumi vengono presi i n affitto presso ditte specializzate. Una o più Sarte di scena seguiranno la lavorazione del film (unitamente ai truccatori e ai parrucchieri) , e avranno in custodia i costumi, gli accessori e le cal­ zature. Nell' ambi to del Reparto scenografi viene predispo­ sto, se serve, anche il set tore degli Effetti speciali sce­ nografìci che provvede alla realizzazione di miniature , fondali e costruzioni adatte per simulare crolli, incendi e cosl via : niente è impossibile a questi specialisti che, in genere, sono talmente bravi da ottenere risultati migliori della stessa realtà .

LA FOTOGRAFIA

Le maggiori responsabilità artistico-tecniche di que­ sto settore ricadono sul Direttore della fotografia . A lui spetta di creare l 'atmosfera suggestiva (drammatica, brillante, ossessiva, pittorica) , voluta dal Regista per quel determinato film. È lui che, attraverso il tipo di illuminazione e l'uso sapiente delle caratteristiche del­ la pellicola scelta, ne interpreta visivamente la volontà. 60

Diretto collaboratore del Direttore della fotografia è l 'Operatore alla Macchina, al quale spetta la respon­ sabilità di inquadrare e seguire l'azione in modo da polarizzare l 'attenzione del pubblico nella direzione vo­ lu ta . Egli è coadiuvato da un Assistente operatore che ha il compito di regolare fuochi e diaframmi dell 'obiet­ tivo, di pulire, caricare e far scaldare la Macchina da presa, predisponendo tutto quanto attiene al suo fun­ zionamento . Il Direttore della fotografia è materialmente affian­ cato da una squadra di "Elettricisti" dei quali è respon­ sabile il "Capo elettricista" , mentre il gruppo dei "Mac­ chinisti" col loro "Capo macchinista" per le loro parti­ colari funzioni sono particolarmente legati all'Operato­ re di Macchina e alla regìa. È il macchinist;:�. infatti che sposta il carrello sul quale è posta la Macchina da presa portandolo avanti e indietro, in alto o in basso in modo che venga a trovarsi sempre nella pos1z10ne più favorevole per i nqu adrare l 'azione.

l

F O N I C I

Da circa cinquant'anni il cinema non è più muto : occorre quindi, a completare la troupe, il reparto che provvede a registrare i rumori e i dialoghi che accom­ pagnano l 'azione che si svolge sul set . Il principale responsabile del reparto sonoro è i l Fonico , che ha i l compito di registrare nel modo più fedele tutto ciò che farà parte in seguito della colonna sonora . È coadiuvato nel suo lavoro dal Microfonista o Giraffista . La colonna sonora, che viene registrata dal Fonico su nastrino magnetico , verrà successivamente trascrit ta su pellicola perforata magnetica e, in sede di montag­ gio, accoppiata in sincrono al visivo corrispondente . 61

Nella maggior parte dei Paesi esteri tale colonna verrà u tilizzata così come è stata registrata (in presa diretta ) , mentre in I talia si preferisce usarla come guida (la colonna-guida) per il doppiaggio, durante il quale gli attori che hanno particolari doti vocali dop­ pieranno se stessi, mentre per gli altri la voce dell'at­ tore sarà sosti tuita da quella di un doppiatore pro­ fessionista .

IL

MONTAGGIO

Responsabile di questo reparto è il Montatore che, attraverso un paziente lavoro , trasformerà nel fìlm com­ piu to il materiale che gli è giunto nell'ordine di ripresa . Il suo compito non si limita però a l solo montag­ gio meccanico della copia di lavorazione, ma prosegue nella successiva edizione del fìlm . Sbaglierebbe chi pensàsse che il lavoro del Mon­ ta tore si limiti a "mettere insieme" le v ari e inquadra­ ture girate in modo da farle risultare consequenziali allo snodarsi del racconto . È invece u n lavoro di gran­ de responsabilità, che esige senso artistico, una note­ vole conoscenza della psicologia e un forte senso del ritmo . È noto, infatti, l'episodio del fìlm La corazzata Potemkin (di Ejzenstejn , Russia 1 926) che, venduto ai norvegesi , diventò, mediante un abile montaggio, invece che u n fìlm della rivoluzione, u n film della restau­ razione. Nel suo lavoro, il Montatore è coadiuvato dal­ l'Aiuto montatore, che taglia materialmente la pelli­ cola con una macchina detta "pressa" o "giuntatrice" e la dispone, attraverso successive " giu n te " , nell'ordi­ ne richiesto dal Montatore . Anche l'Aiuto montatore ha un collaboratore di62

retto, che è l 'Assistente al montaggio, il quale prov­ vede a numerare , scrivendo il numero del ciak, piede per piede sui chilometri di pellicola che via via giun­ gono al reparto dallo stabilimento di sviluppo e stam­ pa ; esegue materialmente le giunte , riordina il mate­ riale e lo rimette nelle apposite scatole che egli stesso ha ritirato (e successivamente restituirà) dallo stabi­ limento. La prima fase della lavorazione del film si conclude in questo reparto col montaggio della "copia lavora­ zione" che servirà in tutte le successive fasi di lavora­ zione : il doppiaggio, la registrazione delle musiche e rumori , il taglio del negativo e la stampa i n serie del­ le copie sonore. Anche nell'ambito scolastico o di u n gruppo che intenda realizzare seriamente un'opera ci nematografica , sia essa un semplice documentario o un filmato a sog­ getto, è bene cercare di riprodurre, anche se in pic­ colo , la composizione di una troupe regolare. Ciò al fine di consentire un organico evolversi del l avoro , di responsabilizzare ogni singolo collaboratore affidando­ gli mansioni specifiche , ed esal tando cosl , attraverso il lavoro di squadra , senza il quale il cinema non esi­ sterebbe , il concretarsi di sempre più stretti rapporti interpersonali e di interessi comuni .

63

PARTE

S ECONDA

LA GRAMMAT I CA DEL F I LM

L'A. ri ngrazia vivamente la Di rezione del Ce n t ro Studi e Sperimentazioni C ine-TV di R o ma e il prof. Romano Migl iori ni per aver consen t i to di derivare la struttura della seconda parte d i questo libro dagli opuscoli li­ tografati: Il lingwggio cinematogra/ico, 9: Il visivo del film, 1 1 : Il so· noro del film; nonché il prof. Niso Ramponi per l'ut ilizzo de i d isegn i .

l

L'INQUADRATURA

Ogni film è composto da una serie di immagini in continua evoluzione dette inquadrature. Per inquadratura si intende tanto la porzione di spazio (detto campo) inquadrata dalla Macchina da presa cosl come appare allo spettatore, quanto una ripresa ininterrotta, cioè il pezzo di pellicola impres­ sionata dal segnale "motore" allo "stop". Un film si compone di centinaia di inquadrature, dinamicamente e artisticamente legate fra loro per mezzo del montaggio. . Per ognuna di esse è stato necessario scegliere la Posizione di Macchina più adatta a evidenziare i sog­ getti, l'azione e il set (l'ambiente che si riprende) in quel momento specifico della narrazione. Spesso l'in­ quadratura viene chiamata erroneamente scena . Per scena invece si intende un'unità di tempo e di luogo. Nella sceneggiatura le scene e le inquadrature han­ no numerazioni separate . Se nel ripetere un'inquadratura si modifica qual­ cosa come la lunghezza dell'azione, l 'ottica o l'angola­ zione, si parla di "nuova inquadratura" e non di "nuo­ va battuta" (si chiama "battuta" la ripetizione di una medesima inquadratura) ; perciò in questo caso alla numerazione già predisposta e trascritta sul ciak verrà aggiunta una lettera che servirà ad indicare al mon­ taggio che, pur essendo simile alla precedente, qual­ cosa è cambiato (vedi tavola fuori testo del ciak: 67

il numero a sinistra è l'inquadratura, quello di destra la battuta) . Ogni volta che ci si accinge a girare un'inquadra­ tura occorre porsi due domande : quanto spazio si deve includere nel fotogramma e a che distanza devono tro­ varsi i personaggi per ottenere la massima chiarezza e il massimo effetto. La Macchina da presa partecipa alla vicenda del film come un testimone invisibile. Può penetrare inav­ vertita in ambienti ermeticamente chiusi o proibiti e può mostrare un personaggio in un deserto dando la sensazione che sia veramente solo . Le inquadrature di questo tipo, registrate da una presenza inavvertita, si chiamano oggettive e si defi­ niscono reali se effettuate da punti accessibili all'occhio umano, mentre si definiscono irreali se riprese da punti apparentemente inaccessibili quali da dietro il fuoco di un camino, in una stanza chiusa, ecc. La Macchina da presa può essere collocata in modo da corrispondere agli occhi di un personaggio della vi­ cenda� sostituendosi a esso. e dando allo spettatore la sensazione di vedere attra verso lui e di "essere" lui . Queste inquadrature prendono i l nome d i soggettive. Per ottenere alcuni vantaggi drammatici dalla sog­ gettiva senza subire le limitazioni e gli inconvenienti che tal genere di inquadratura impone al montaggio ( tempi , angolazioni, movimenti reali ) , si preferisce a volte far ricorso alla pseudosoggettiva o punto di vista (p.d.v . ) che è il limite delle oggettive : il punto di rottura oltre il quale l 'inquadratura da oggettiva diven­ terebbe soggettiva . In questo caso la Macchina dovrà essere posta ad altezza d'occhio, il più vicino possibile al personaggio che è invisibile, ma che si suppone debba vedere, parlare e ascoltare. Nel caso di "vis-à-vis" l'attore che fronteggia la Macchina non dovrà guardare nell'obiettivo (come suc­ cede nella soggettiva ) , ma leggermente di lato, e cioè a filo del paraluce della Macchina. I vantaggi del p.d.v. non si limitano a rendere più 68

agevole "montare" l'inquadratura secondo ritmi nar­ rativi artistici e non semplicemente reali, ma si esten­ dono alla possibilità di trasformare facilmente tale in­ quadratura in una normale oggettiva . Basterà, ad esem­ pio, che il personaggio invisibile faccia un passo avanti per risultare in campo, e quindi liberare la ripresa da ogni vincolo.

l . LA

D I S TANZA CINEMATOGR AFICA

La distanza cinematografica è il primo elemento che condiziona l 'inquadratura . Con questo termine si intende la distanza apparente fra il pubblico e il centro di interesse. È determinata non soltanto dalla distanza reale, ma anche dalle caratteristiche dell'obiettivo uti­ lizzato (cioè dalla lunghezza focale) . Infatti per creare lo stesso campo di ripresa utilizzando due obiettivi di lunghezza focale diversa, sarà sufficiente allontanare o avvicinare la Macchina da p resa.

La scelta dell'ottica: gli obiettivi In base alla loro capacità di ingrandimento gli obiet­ tivi si dividono in tre categorie : normali, grandangolari e teleobiettivi. Si intende per normale un'ottica capace di ripro­ durre le distanze e la prospettiva cosl come appaiono all'occhio umano. Tale ottica non riproduce però lo stesso campo, in quanto l'occhio umano abbraccia una latitudine di circa 1 80 gradi, mentre l'angolo abbrac­ ciato da un obiettivo normale non supera i 40 gradi in orizzontale e i 30 in verticale, con un rapporto di 4 a 3 . T ale proprietà dipende dal formato del foto69

gramma: un obiettivo è normale quando la sua focale è pari alla diagonale del formato stesso. Man mano che la lunghezza focale si allo ntana da questa diagonale, l'obiettivo allontana o avvicina dò che riprende. Gli obiettivi che aumentano la distanza apparente del soggetto si dicono grandangolari o corti fuochi ; quelli che invece la diminuiscono si chiamano teleobiet­ tivi o lunghi fuochi. Come regola generale, minore è la lunghezza fo­ cale, maggiore è il campo abbracciato. Sembrerebbe quindi indifferente, per ottenere la stessa distanza ap­ parente, spostare la Macchina da presa oppure inse­ rire un obiettivo con focale più lunga ; ma le cose non stanno cosi : in proiezione i risultati saranno diversi. _

Osserviamo lo schema seguente :

La Macchina in A monta un fuoco lungo e quella in B un grandangolare. Come risulta evidente dall'illu­ strazione, a parità di distanza apparente dal personag­ gio cambia la porzione di sfondo alle sue spalle. 70

Se si dovesse ricostruire un'inquadratura identica alla precedente usando un grandangolare, si dovreb­ bero ridurre le distanze che separano dallo sfondo la Macchina , la colonna e la ragazza, mentre usando il teleobiettivo si dovrebbe aumentarle. Riassumendo : col diminuire della lunghezza focale aumentano le deformazioni prospettiche, il campo ab­ bracciato, la profondità di campo (zona nitida entro la quale tutto è a fuoco), mentre diminuisce la profondità di fuoco (zona nitida davanti e dietro al piano focale) e si accentuano gli spazi fra i vari piani . Proprio per questo i grandangolari trovano ampia utilizzazione quando si vuole dare imponenza alle co­ struzioni esaltandone le prospettive e aumentandone l'area e il volume apparente. Per una riprova si osservino con attenzione alcuni spettacoli musicali televisivi che sembrano realizzati in ambienti vastissimi. Basta notare come i ballerini rie­ scono a coprire le distanze con pochi passi per com­ prendere le reali dimensioni delle scenografie, defor­ mate dall'uso del grandangolare. Un altro effetto si verifica quando il soggetto è in mov imento : a lu nghezza focale minore corrisponde una maggiore velocità apparente delle azioni, purché il movimento avvenga nella direzione della Macchina da presa, cioè, come si dice nel cinema, "in asse". Per sottolineare le sensazioni di moto in una corsa o in un'azione scattante, è sempre consigliabile l 'uso del grandangolare. Il contrario accade con le focali lun­ ghe. L'intervallo fra i soggetti lontani e quelli. vicini risulta compresso, e quindi inferiore alla distanza reale. Inoltre, i movimenti in asse con la Macchina sembra­ no ritardati . Per averne la prova, basta osservare l'arrivo di una corsa ciclistica ripresa col teleobiettivo. Al vorticoso roteare delle gambe degli sprinters, corrisponde un'im­ pressione di · avanzamento lentissimo. Per i movimenti trasversali invece, i lunghi fuochi producono una sensazione di aumento di velocità : se71

guendo una corsa con un tele, gli sfondi scorrono rapi­ damente, accentuando il ritmo della fuga. La scelta dell'ottica da usare dipenderà, conseguen­ temente, oltre che da fatti oggettivi (spazio disponi­ bile, profondità di campo voluta, ecc . ) , anche dalla forma del set, dal movimento relativo del soggetto e dalle necessità narrative e drammatiche di quell'inqua­ dratura. Il diaframm a da scegliere non dipende dalle condizioni di luce, ma è l 'intensità luminosa che dovrà variare, in base al diaframma necessario a quella ripre­ sa, in relazione alla maggiore o minore velocità e allo spazio di azione. In linea generale, e prescindendo dall'ottica scelta , è bene che i movimenti avvengano a circa 45 gradi perché tale angolazione favorisce u n migliore sviluppo prospettico del divenire dell'azione e consente di an­ nullare in parte le alterazioni apparenti di velocità do­ vute all'ottica scelta . Per donne e bambini, salvo le necessità narrative esposte nel paragrafo precedente, si usano focali lun­ ghe e diaframmi molto aperti allo scopo di ammorbi­ dirne i tratti. Le focali corte , invece, si �doperano per alterare e, al limite, per rendere mostruosi i tratti del­ la persona ripresa. Il regista Jacopetti, nel suo lungometraggio Africa addio, ha usato focali cortissime e piani ravvicinati per rendere mostruosi e repellenti i visi dei negri e focali lunghe unite al rallentatore per rendere angelici e tersi i visi delle ragazze e dei bambini bianchi .

Campi

e

piani

Stabilito che la distanza reale ha nel c in em a un significato relativo, la pratica professionale ha intro­ dotto una classificazione convenzionale basata sulla di72

stanza apparente del centro di interesse dal pubblico : i ca m pi e i piani. La divisione in campi si riferisce all'ambiente , men­ tre quella in piani si riferisce alla figura umana.

A) I c a m p i a) Campo lunghissimo (C.L.L. ) oppure Extreme long shot (E.L.S.).

-

Very long shot,

I l campo lunghissimo corrisponde a l maggior spa­ zio disponibile abbracciato dalla Macchina da presa (MdP) in esterni e a visuale completamente libera . Si presta meglio a inquadrature statiche che non a qu el le in movimento.

J

____:_ :_ _

____

Nel C.L.L. la panoramica pu ò essere usata s oltant o se serve ad aumentare l'interesse dell'inquadratura o a puntualizzare meglio il pr og red ire dell'azione in corso. Se girato da un punto alto guadagna in suggestione e significanza. Si usa normalmente per stabilire ed evi­

denziare la geografia dell'ambiente. ·

73

b) Campo lungo (C.L.) Long shot (L.S . ) . Il C.L. s i usa nelle inquadrature i n esterni nelle quali il centro di interesse, molto lontano dalla MdP, risulta inserito nelPambiente generale. -

---'.. :..:.:: -==..� ·- .

Può includere una strada , una casa, un . cortile : qualunque luogo insomma dove avverrà l'azione. Nor­ malmente è usato per evidenziare gli elementi impor­ tanti di quella determinata fase del racconto, in modo che il pubblico sappia chi è di scena e dove si dirigono le persone (o gli animali, o le macchine) che man mano s1 muovono . In televisione il C.L. trova poche applicazioni sia per il limitato formato dello schermo che per la scarsa risoluzione (chiarezza di immagine) del tubo catodico . Per questo al C.L. la televisione preferisce il Campo medio. c) Campo medio o Mezzo campo lungo (C.M.) Medium long shot (M.L.S.).

-

Il C.M. è un'inquadratura di media ampiezza che tende a porre in evidenza sia il centro di interesse che l'ambiente. 74

Il C.M. e la figura intera {vedi sotto) possono es­ sere considerate inquadrature di passaggio in quanto rappresentano la transizione fra campi e piani . Sono inquadrature che consentono il raggruppa­ mento di più personaggi e di evidenziarne non sol­ ·tanro 'le ·N�ationi emotive, tfia anche il rapporto con l'ambiente. È l'inquadratura preferita dai registi televisivi e da quelli dei film commerciali . Nella gamma di queste due inquadrature gli ame­ ricani preferiscono il Two Shot o il Three Shot · (C.M. riferentesi a due o a tre personaggi in campo) , in quanto piaz:z;a il pubblico abbastanza vicino da poter seguire bene le reazioni dei protagonisti, ma abbastan­ za lontano da poter seguire perfettamente anche lo svolgersi generale dell'azione . B) I p i a n i

a) Figura intera (F. I . ) Full length shot (F.L.S . ) . La figura umana sfiora con i piedi il margine inferiore del quadro (vedi pagina seguente) . -

75

b) Piano americano ( P .A . ) Medium shot (M.S . ) . La figura umana è tagliata alle ginocchia dal margine inferiore del quadro . -

76

c) Mezzo primo piano (M.P.P.) o Piano medio (P.M . ) Medium close up (M.C.U. ) . La figura umana è tagliata a mezzo busto . -

\ _ �, \

\

l_

·�

-

-' _

_ .

\ d) Primo piano (P.P.) Close up (C.D.) . L'inqua­ d ratura comprende la testa e le spalle della figura umana . -

77

e) Primissimo Piano {P.P.P.) Very close up {V.C.U. ) . La sola testa riempie lo schermo. -

Denominazioni che non considerano la distanza cinematografica Vi sono alcune denominazioni che non tengono conto della distanza cinematografica. Sono il totale e il dettaglio .o particolare. In questi casi l'interesse del­ la regìa, e quindi dello spettatore , è centrato sul tutto o su una parte del tutto .

a ) Campo totale (C.T.) Full shot (F.S. ) . Il C.T. non si riferisce alla distanza apparente, ma al fatto che l 'intero ambiente viene compreso entro i confini del­ l 'inquadratura . ·

78

b) Dettaglio o Particolare - Extreme dose up, op­ pure : Split shot (S.S . ) . La MdP si avvicina fino a sottolineare una parte del soggetto . -

La scel ta di un particolare campo o piano non deve essere casuale, bensl determinata da precise narrative . In generale , i piani più ravvicinati hanno maggior for­ za emotiva mentre i campi più �asti permettono di col locare l 'azione in una giusta geografia . Occorre precisare, prima di procedere oltre, che parlando di campi e di piani ci riferiamo alle distan­ ze , e non a porzioni di figura ; infatti una testa vista alla distanza apparente di cinque metri sarà in F.l . e non in dettaglio , men tre una persona vista tutta intera ma sedu ta, sarà probabilmente in P . A . Gli americani , invece , generalmente usano deno­ minazioni che spesso non tengono conto della distanza (come nel caso del Two shot e Three shot) , e non fan­ no distinzione fra campi e piani.

79

2. POS IZIONI DELLA MACCHINA DA PRE S A

L'ultimo elemento che determina l'inquadratura è la posizione della MdP rispetto all 'orizzonte e/o all 'asse ottico . La scelta del "punto di vista" (angolazione) , può mutare talmente un oggetto familiare da renderlo irri­ conoscibile : un cubo o una sigaretta ripresi frontal­ mente diventano un quadrato e un disco marrone.

l

r \

\ ) / Inclinazione del quadro

Rispetto alla linea d 'orizzonte, le inquadrature pos­ sono essere classifica te in : 80

l . Normali, quando l'orizzonte è parallelo al mar­ gine superiore e inferiore del quadro . Tale posizione si ottiene mediante una livella a bolla d 'aria, posta nella testata che sorregge la MdP.

IDJ liD m ___IL � ' Il

J.-----

� -- 1

Mettere la MdP in bolla è di estrema importanza in quanto, nella vita reale, il nos tro cervello tende a radd rizzare le immagini . In proiezione invece , tale processo non può aver luogo in quanto ci giungono contemporaneamente due informazioni contrastanti : l'orizzonte e il bordo dello schermo . Ne seguirà un continuo pencolare fra l'una e l'altra informazione, con risultati estremamente fasti­ diosi e distraenti .

2. Ineli nate a destra, quando la ripresa viene effet­ tuata con la Macchina piegata a sinistra . In proiezio­ ne l'orizzonte scende verso déstra (vedi pagina seguente) .

81

iJ

lJ

[]

3 . Inclinate a sinistra, quando la ripresa viene ef­ fettuata con la Macchina piegata a destra . In proiezio­ ne l 'orizzonte scende verso sinistra .

82

Le inquadrature inclinate sono di uso poco fre­ quente. Si adottano per particolari effetti fotografici e particolarmente negli shorts pubblicitari o per sotto­ lineare uno strato di squilibrio del protagonista. Guardandoci intorno ci accorgeremo facilmente che, pur guardando con la testa inclinata, vediamo il mon­ do circostante nelle sue linee diritte. Le inquadrature inclinate rendono impossibile que­ st'aggiustamento in quanto creano un contrasto fra il bordo dello schermo, che è orizzontale e il loro essere inclinate. 4. Capovolte, quando il limite delle inclinazioni del quadro è il rovesciamento della MdP.

D D D Di uso molto raro, si adottano per effetti speciali o, il più delle volte, nel caso di soggettive di perso­ naggi a testa in giù . Per esempio : nei trucchi , in realtà molto semplici, di gente che cammina sulle pareti e sul soffitto, o di piloti in rovesciata.

83

Angolazione del quadro

Rispetto all 'angolazione dell 'asse ottico, le inqua­ drature possono essere classificate in:

Orizzontali, quando l'asse ottico è orizzontale e la MdP è in piano. l.

·

2 / a . Oblique dal basso, quando la MdP guarda dal basso verso l'alto . Si utilizzano per ingigantire i personaggi o per accentuarne l'importanza o la forza del carattere .

2/b. Oblique dall'alto, quando la MdP guarda ver­ so il basso . Si utilizzano per sminuire i personaggi, per metterli in stato di sottomissione e di inferiorità . 84

3 . Verticali, quando l'asse della MdP è perpendi­ co1 are al piano . Tali inquadrature si differenziano i n : a) Supine, quando la MdP è puntata verso l'alto. Di uso non comune, queste inquadrature producono effetti visivi insoliti . Famosi i p iedi della ballerina ri­ presi attraverso il vetro nel film Entracte di Réné Claire, o la soggettiva dalla bara nel funerale di Vampyr di D re y e r .

85

b) A piombo, quando la MdP è puntata verso il basso . Queste inquadrature sono u tilizzate in genere per effetti speciali o per sottolineare movimenti coreografici : quando, cioè, più dell'individuo contano i movimenti di assieme, la folla . Ha anche alcune applicazioni mozzafia­ to come la sequenza dell'asta della bandiera in cima al grattacielo nel film di Harold Lloyd, quella del testi­ mone sospeso nel baratro aggrappato al braccio del poliziotto e la soggettiva dal trentesimo piano dell'aspi­ rante suicida o dello scalatore.

E evidente che, a giudizio del regista, sono possi­

bili altre posizioni di Macchina, risultanti dalle combi­ nazioni fra angolazioni e inclinazioni. Immaginando il centro di interesse circondato da un numero infinito di sfere sovrapposte come le pelli­ cole di una cipolla, la MdP può essere collocata in ogni 86

punto di questi strati . In pratica, però, uno soltan­ to di tali punti sarà corretto agli effetti del racconto. Se non vi sono particolari ragioni determinate dal­ Ia necessità di dare più forza al racconto, un buon regista non cerca l'inquadratura strana, ma quella che riesce a dare maggiore evidenza a quella fase partico­ lare della vicenda . Fra la Macchina e l'azione esiste una stretta interdipendenza che non può essere impu­ nemente spezzata , pena il cadere nel più trito dilet­ tantismo. 1?. anche importante tener presente che, nel cine­ ma, conta l'effetto, e non il modo come è stato rag­ giunto ; per cui un'inquadratura sarà orizzontale sol­ tanto se è recepita in tal modo dal pubblico . Occorre ovviamente stare attenti a che gli elementi obiettivi dell'inquadratura non contrastino con l'effetto che si vuole raggiungere . Per esempio : nel film I cannoni di Navarrone g1 i eroi si arrampicano su una ripida parete di roccia, ri­ schiando di sfracellarsi a ogni istante data la mancanza del sia pur minimo appiglio. Ma l'effetto è purtroppo sciupato dal fatto che armi e martelli pendono ortogo­ nali al corpo degli attori, rivelando che essi , in realtà , sono sdraiati sul pavimento .

3 . INQUADRATURE

IN

MOVIM ENTO

(movimen ti di Macchina)

Nell'inquadratura sia la MdP che i soggetti della ripresa possono essere fissi come per una fotografia, ma nella maggior parte dei casi o i soggetti, o la Mac­ china, o tutti e due sono in moto . In questo caso l'inquadratura va concepita come un elemento dina­ mico nel quale i piani e i campi di ripresa variano con lo svolgersi dell'azione. 87

Se si sposta soltanto il soggetto, la MdP va piaz­ zata in modo da cogliere i suoi movimenti in tutta la loro successione o, meglio , in modo che i movimenti essenziali siano messi nel massimo rilievo. In altri casi , gli stessi risultati si possono ottenere facendo muo­ vere la sola MdP o, contemporaneamente, soggetto e MdP.

Panoramica Si ottiene una panoramica quando l a MdP ruota in­ torno al proprio asse. La testata dei cavalletti profes­ sionali è concepita in modo da consentire l'uniformità e la morbidezza di tale rotazione. Le testate professionali più note, sono quelle giro­ scopiche, a olio , a profili e a manovelle. Secondo il tipo di rotazione impresso alla MdP le panoramiche si dis tinguono in : a) Verticali quando, placcata l'orizzontale sulla te­ stata del cavalletto , la MdP ruota verso l 'alto o verso il basso . b) Orizzontali quando , bloccata la verticale sulla testata del cavalletto, la MdP ruota verso sinistra o verso destra . c) Oblique quando l a testata del cavalletto è com­ pletamente sbloccata e la MdP è cosl libera di ruotare in qualsiasi direzione . La panoramica per lo più assolve al compito di seguire un oggetto in movimento che , altrimenti, usci­ rebbe dal campo visivo . In linea di massima, non è con­ sigliabile in questi casi montare focali corte per evita­ re "distorsioni" delle immagini o fastidiosi "sfarfalla­ menti".

Nel cinema contemporaneo l a panoramica in fun­ zione descrittiva dell'ambiente trova un'applicazione 88

sempre minore i n quanto non permette l'analisi detta­ gliata dei punti intermedi e provoca un tale rallenta­ mento del ritmo generale da consigliarne l'impiego sol­ tanto quando si vogliano creare delle pause nel rac­ conto . Qualche volta la panoramica descrittiva , che in fondo potrebbe essere risolta -con un'angolazione più ampia, viene usata al fine di guadagnare metraggio , spe­ cie nei documentari nei quali il met raggio minimo è obbligato . Viceversa la panoramica in funzione narrativa può essere molto efficace perché stabilisce un rapporto fra il punto di partenza e quello d'arrivo collegandoli attra­ verso il suo movimento, dando così una precisa rela­ zione spaziale e scoprendo , al termine del suo percorso , un elemento nuovo ed essenziale del racconto. Un caso particolare è la panoramica a schiaffo, che è tanto veloce da unire la partenza all'arrivo senza rendere percepibili le immagini intermedie. In essa non conta tanto il rapporto spaziale quanto l 'effetto di sorpresa . Un classico esempio di panoramica a schiaffo è quello che dà inizio alla famosa sequenza dell'assalto degli indiani nel film Ombre rosse (USA, 1 9 3 9 ) di John Ford : la diligenza esce dal canyon e tutti tirano un sospiro di sollievo : il pericolo di u n 'imboscata è pas­ sato ! Segue il C.L.L. dall 'alto della diligenza che si lancia nella pra teria e, d 'improvviso, u na panoramica a schiaffo verso l 'alto : gli indiani ! Data la forte carica emotiva di questo tipo di solu­ zione, occorre farne un u so estremamente parsimonio­ so, e soltanto in quei casi in cui la narrazione lo richieda veramente. La panoramica deve avere in testa e i n coda u n "fermo" d i lunghezza adeguata, deve accelerare pro­ gressivamente fino a raggiungere la velocità ottimale e decelerare altrettanto progressivamente fino al fermo 89

finale. La sua velocità deve essere proporzionata al­ l 'ottica usata e alla distanza cinematografica dei sog­ getti . Occorre evitare, infine, di avere più piani di ri­ presa , dato che la velocità apparente è proporzionale alla distanza . In conseguenza, le focali lunghe si useranno sol­ tanto quando il soggetto rimane equidistante dalla Mac­ china per tu tta l'azione, tanto più che il rapido scorrere dei fondi aggiungerà pathos alla corsa e il perdere o guadagnare rispetto ai bordi del fotogramma verrà interpretato come un rallentamento o un'accelerazione. Anche le focali corte sono poco consigliabili per­ ché sfarfallano; e ciò in quanto le deformazioni pro­ spettiche dei grandangoli creano un effetto di ingran­ dimento e riduzione man mano che il soggetto si muove dal bordo al centro e viceversa, con risultati ancor più evidenti nei casi di soggetti chiari e dai bordi regolari . Normalmente, una panoramica in movimento non si può tagliare, né si devono operare ritorni, a meno che si tratti di una soggettiva . L'arrivo deve essere pulito e sicuro : è meglio arri­ vare inquadrando male che indugiare alla ricerca di un 'inquadratura persa. Non si deve mai sbandierare (veloce ondulazione) in partenza o in arrivo .

Carrellata

La carrellata si ottiene muovendo nello MdP che, in questo caso, viene montata su sita piattaforma detta Carrello. I carrelli , a seconda del tipo di terreno fetto che si vuole ottenere, sono montati gommate o su binari . 90

spazio la un'appo­ e .dell'ef­ su ruote

Se il pavimento è perfettamente liscio si possono usare le ruote gomma te che perme ttono una maggiore varietà di percorsi ; ma a volte , se il movimen to è molto semplice, possono essere sos tituite da "s telle a ruote", che sono piccoli sos tegni triangolari sui quali viene ancorato il cavalletto per non farlo scivolare . I bi nari invece consen tono una grande precisione . La carrellata può essere effettuata mediante una serie di movimenti di Macchina .

l . Si ha il movimento di carrello avanti quando la MdP si avvidna al soggetto che diventa cosl via via più grande, escludendo progressivamente gli elementi posti ai lati . del campo . Serve per evidenziare alcuni particolari e per concentrare l'at tenzione dello spetta­ tore su un particolare dell'inquadratura . 2 . Si ha il movimento di carrello indietro quando la MdP si allontana dal soggetto, che diventa cosi via via più piccolo, includendo progress ivamente gli ele­ menti esterni al campo . Serve a distogliere l'attenzio­ ne dal punto iniziale, mettendolo in rapporto con i nuovi elementi subentranti.

3 . Un tipo particolare di carrelli nel senso dell 'asse ottìco sono quelli a precedere) a seguire e ad accompa­ gnare e si usano quando tanto i soggetti che la MdP sono in movimento . Il carrello a precedere è in favore dei personaggi che conservano sempre la loro distanza dalla Mac­ china . Il carrello a seguire, è, invece , in favore dell 'am­ biente. ·

4. Si ha il movimento di carrello trasversale quan­ do la MdP si muove trasversalmente o lateralmente al proprio asse. Si utilizza per le descrizioni ambientali o per segu ire soggetti in movimen to . 5 . Un caso a sé è il camera car} cioè la ripresa effet91

tuata con una MdP montata su un apposito automez­ zo . Serve per seguire azioni veloci e sottolineare u n effetto d i fuga . L o sfilare dei fondi che viene accen­ tuato dall'uso di ottiche lunghe e l'evidenziare in P.P. in sapiente alternanza lo sforzo del soggetto, consen­ te effetti par t ico l armen te drammatici .

Gru

e

dolly

La gru e dolly sono costituite da un basamento for­ temente stabile piazzato su una piattaforma munita di ruote e che sostiene un braccio mobile alla cui estre­ mità viene fissata la MdP che in tal mo do può alzarsi , abbassarsi e ruotare di 360 gradi, permettendo cosl tutte le possibili combinazioni di movimento . Tecnicamente possono appartenere a ciascuna delle ca tegorie nelle quali si di stin gu ono i carrelli. Di con­ seguenza valgono per queste complesse at trezzature le stesse limitazioni e le stesse possibilità dei movimenti di macchina descritti precedentemente e che in questo caso risultano ancor più accentuati dalle infinite pre­ stazion i del mezzo . La differenza essenziale fra il dolly e la gru sta nella diversa grandezza del braccio : un dolly infatti arriva a un massimo di quattro metri di altezza, men­ tre alcune gru possono superare i quindici metri . Sia nel do ll y che nella gru l'Operatore alla mac­ china e il Regista (oppure l'Assistente operatore) sie­ dono all'estremità del braccio dove è posta la Mac­ china . Esiste anche un piccolo dolly il cui braccio non supera i due metri di altezza . Non è però praticabile all'Operatore e si usa nei casi in cui è necessario alza­ re la Macchina al massimo di un paio di metri duran­ te l'azione. Rispetto agli altri dolly ha il vantaggio di 92

pesare molto meno e di essere assai maneggevole : per questo trova il suo impiego ottimale particolarmente nei film scientifici e nelle documentazioni di interventi

chi rurgici .

Correzioni di Macchina

La correzione di Macchina si differenzia dai movi­ menti indicati in precedenza in quanto dovrebbe dare un risultato completamente inavvertito dallo spetta­ tore e si attua con morbidi accomodamenti della MdP per variare il centro di attenzione, per riequilibrare l'inquad ratura venu ta a sbilanciarsi in seguito a un movi mento del soggetto o per preparare psicologica­ mente il pubblico all'entrata in campo di un perso­ naggio inaspettato . Questo tipo di movimento è forse il più importan­ te e il più difficile di tutti : perfettamente eseguito, dà sapore al film e lo rende fluido. Per attuarlo con otti­ mi risultati occorre una perfetta padronanza della MdP, nonché un adeguato studio, esercizio, conoscenza del­ la psicologia dello spettatore e conseguente capacità di dosarne con oculatezza il grado di attenzione . Un ottimo esercizio per acquisire la totale padro­ nanza delle correzioni di Macchina è quello di stu­ diare i grandi maestri della pittura . Essi, non potendo dipingere il movimento, era no costretti a crearlo attra­ verso le linee di fuga, gli sguardi , il colore e i contrasti . Di estrema utilità è anche lo studio dei pittori giapponesi, dato che molti di loro hanno l'abitudine di dividere lo spazio del quadro in inquadrature.

93

Trasfocatore (o zoom)

Gli effetti di allontanamento e di avvtcmamento che si vedono frequentemente, specie in televisione, non sono dati da movimenti di Macchina, bensì da un obiettivo che può variare la sua lunghezza focale. Naturalmente il risultato è ben diverso da quello ottenu to col carrello che conserva, nel movimento, il senso di profondità e varia in modo naturale le pro­ spettive, facendo sì che il punto di osservazione si sposti continuamente e gli clementi scenografici scor­ rano lungo la linea di fuga . Il trasfocatore si limita invece a ingrandire o a impiccolire il soggetto centrato . Non sposta quindi il punto di osservazione, ma soltanto il rapporto pro­ spettico ; il che dà in generale un senso di fastidioso artificio. Il suo uso è però indispensabile in alcune riprese sportive o di attualità, quando occorre portare in pri­ mo piano persone o cose lontanissime dal punto di osservazione : per esempio un giocatore mentre segna il goal ed è ripreso dalla tribuna-stampa, o un oratòre che arringa la folla ed è ripreso da un balcone situato nella parte opposta della piazza. Il trasfocatore trova il suo migliore impiego nei movimenti veloci che richiedono una concentrazione immediata dell 'attenzione , ma nei casi normali è da sconsigliare l'abuso . Dopo gli iniziali entusiasmi in cui si pensava che lo zoom potesse sostituire il carrello, si è costatato che il suo impiego ottimale è quello di un normale obiettivo, usando di volta in volta le varie focali se­ condo le necessità . Ciò è dovuto al fatto che gli attuali zoom, grazie anche alla riduzione dell 'escursione focale ( l x 6 contro gli l x 20 dei precedenti ) , hanno raggiun­ to una qualità praticamente pari a quella delle altre ottiche professionali . È comunque da tener presente che oggi nelle riprese di attualità , e in parte anche nel 94

·

cmema spettacolare, si preferisce usare con sempre maggior frequenza la Macchina a mano, la cui minor precisione è compensata da un senso di verità e dalle possibilità di compiere combinazioni di movimenti che con lo zoom sarebbero impossibili . In sceneggiatura i movimenti d i Macchina s i scri­ vono sempre maiuscoli : PANORAMICA - CARRELLO . . . La Macchina d a presa h a sempre l a M maiuscola .

4.

COM POS IZIONE DEL QUADRO

E MECCANICA DEL L ' ATTENZIONE

Il teorico del cinema Béla Balàzs scrive :

«

Contra­ riamente a quanto accade per un dipinto, il contenuto della fotografia cinematografica, prima di essere proiet­ tato sullo schermo, esisteva nella realtà finita e visi­ bile . Perché allora vedremo cose che in un teatro di posa non avremmo mai visto ? Qual è quel quid che il film non riproduce, ma produce ? Io non sono in grado di separare a occhio nudo i particolari dal tutto . . . Sarà dunque l'inquadratura a dar forma alle cose . . . La Macchina da presa guida il nostro sguardo : è come se vedessimo ogni cosa dal di dentro . » 1• Questo processo psicologico si chiama identifica­ . .

zione.

La proiezione sullo schermo viene quindi conce­ pita dal pubblico soltanto apparentemente come un tutto unico . Nella realtà , invece, l'occhio tende a ve­ dere un solo particolare per volta, trascurando ciò che non interessa . Questo richiamo può essere, s e ben guidato, tal­ mente forte da lasciare inavvertita ogni altra · cosa in campo. 1 BÉLA BALÀzs, I l film, evoluzione e d essenza d i un'arie nuova, Ei­ naudi, Torino 1964, pp. 50-53 .

95

La compos1z10ne non deve quindi trarre ongme da pure valutazioni estetiche, ma da una scelta ragio­ nata di quegli elementi narrativi inseriti volutamente in quei punti preferenziali sui quali si vuole richiamare l 'attenzione. Va considerato che l'immagine cinematografica, a differenza della pittura, non è composta da immagini statiche che si offrono per tutto il tempo che si desi­ deri all'attenzione e all'analisi dello spettatore, ma è formata da una successione di immagini dinamiche in continuo divenire e che si alternano, si moltiplicano, guizzano e restano immobili a seconda del ritmo narra­ tivo della vicenda . Vi è inoltre da considerare che il cinema, per il fatto stesso di rappresentare una realtà in atto, non consente generalizzazioni o teoricismi: ciò che accade si svolge lì, in quel momento, e si applica solamente a quel caso . L'Arpa birmana (Giappone 1 9 5 7 ) , per citare un esempio, è la storia di "quel" soldato giap­ ponese che compie "quel" determinato atto di pietà e non la storia di ogni soldato giapponese. Lo scopo principale di una buona composizione è quello di evidenziare gli elementi di maggiore impor­ tanza nello snodarsi di "quella" azione e per "quella" inquadratura, di consentire l'avvicendarsi fluido e na­ turale dei movimenti e di rendere ben riconoscibili i soggetti, esaltandone le caratteristiche peculiari .

Nell'inquadratura di sinistra è impossibile compren­ dere la forma dell'oggetto ripreso lateralmente ; ripreso 96

angolato, rivela le sue caratteristiche e la sua relazione spaziale con gli oggetti circostanti . La natura , gli oggetti, le persone non offrono, nel loro aspetto generico , nessuna particolare caratteristica espressiva ; l 'acquistano solo se viste da una certa ango­ lazione e tagliate dai margini del quadro in u n certo modo predeterminato dalle necessità narrative . Una buona inquadratura deve essere sempre "ben bilanciata " , e perciò gli elementi plastiCi che la com­ pongono devono essere disposti con equilibrio e crite­ rio all'interno del fotogramma, tenendo presente che per "ben bilanciata" non si intende una composizio­ ne stereotipa , ma qualcosa di dinamico e di funzionale, atto a guidare l'attenzione e a stimolare il processo iden tificativo nello spettatore . Ciò è tanto vero che, per contrasto, è proprio un apparente sbilanciamento che permette a volte di rag­ giungere i massimi risultati positivi. Nel film L'asso nella manica (USA, 1 9 5 1 ) di Billy Wilder, l'inquadratura del penultimo colloquio fra Dou­ glas e Ja moglie del messicano sepolto vivo è chiara­ mente sbilanciata a destra : la donna sta cucendo se­ duta sulla sponda del letto e a destra vi sono le forbici , poste volutamente in u n punto morto dell'inquadra­ tura . Ed è proprio per questo sbilanciamento che il pubblico ne registra inconsciamente la presenza, e suc­ cessivamente, nel drammatico colloquio che segue alla morte del marito, sarà istintivo , per lo stesso pubbli­ co , capire che lei, dopo essere stata schiaffeggiata; ha preso le forbici per colpire Douglas . Se l'inqu adratura fosse stata regolare, il regista avrebbe dovuto spezzare l'unità della sequenza inse­ rendo un primo piano della mano che afferra le forbici e un altro delle forbici che colpiscono il giornalista . Anche i pieni e i vuoti sono legati da un rapporto non casuale ; l'aria creata intorno ai soggetti deve esse­ re la conseguenza di una scelta accurata, determinata dalla velocità delle azioni , dalla distanza cinematogra­ fica , dalla posizione e dai movimenti di Macchina . 97

I personaggi sono disposti troppo in alto .

_/

Inquadratura corretta : i pieni e i vuoti sono armo­ nicamente ripartiti.

98

Inquadratura scorretta : troppa ana in testa .

Inserendo un elemento scenografico ( "plastico" ) nel­ l 'aria eccessiva , l 'inquadratura risulta bilanciata .

99

Un personagg io decentrato, con aria alla nuca, è generalmente poco estetico e crea la sensazione che debba sopravvenire un'azione alle spalle del perso­ naggio.

È corretto lasciare maggior aria laterale di fronte

al personaggio, a meno che non si voglia deliberata­ mente ingannare lo spettatore facendo inaspettatamen­ te entrare in campo , da davanti, un altro personaggio .

Dovendo effettuare la ripresa di una scritta incli­ nata, -è consigliabile che i caratteri salgano da sinistra verso destra, al fine di renderne più agevole la lettu­ ra ; il che avviene nel caso indicato nella fig. a sinistra (vedi pagina seguente) . 1 00

(correi/a)

(non corre/la)

Effetti prospettici

Rispet t o agli effetti prospettici le inquadrature si possono classificare secondo alcune regole pittoriche basilari : a ) A triangolo (sotto) : le figure si possono iscri ­ vere i n u n triangolo . I n questo caso l 'attenzione del pubblico va al vertice della figura.

101

h) A doppio triangolo (sotto) : le figure si posso­ no iscrivere in due triangoli col vertice in comune. In questo caso l 'attenzione è al vertice. Si usa di solito quando si vuole spostare l'attenzione da un gruppo a un altro, mantenendo però fisso il centro di attenzione .

c) In diagonale a destra o a sinistra (v. pag. seg. ) : l'attenzione corre lungo una diagonale che va da u n an­ golo in alto all'angolo opposto in basso. La diagonale ha due scopi principali , uno pratico e uno estetico : disponendo attori ed elementi plastici in profondità, si rende possibile il loro muoversi e in­ teragire in modo spontaneo e fluido ; si crea, contem­ poraneamente, il senso della profondità, cioè lo spazio scemco. La composizione in diagonale è spesso usata a sco­ po drammatico, per separare due mondi in conflitto entrambi presenti al di qua e al di là della diagonale;

102

oppure , uno presente in campo e l'altro intuito nel campo che prosegue al di là dello schermo {fig. sotto) .

Un'altra regola che risponde agli stessi motivi del­ la precedente è quella detta dell'esse: dovendo far at­ traversare a un gruppo compatto il campo, è opportuno disporlo secondo una linea a esse, al fine di evitare l'impressione di moto meccanico . 1 03

Regola dei terzi

Si indica, con l'espressione regola dei terzi, un fe­ nomeno in base al quale l'attenzione preferenziale del­ lo spettatore va nei punti di incrocio di due righe oriz­ zontali e due verticali , parallele ai bordi che dividono il fotogramma in nove rettangoli : l'incrocio preferen­ ziale è quello in alto a sinistra .

L'estensione di tale area di attenzione vana con l 'interesse.

Tecniche di spostamento dell'attenzione

La carica di attenzione che il regista deve provo­ care nello spettatore come stimolo alla suggestione, non dipende soltanto dalla composizione del quadro, ma anche dalla velocità e dal verso dei movimenti, dal piano di ripresa (si pensi all'enorme carica dramma­ tica del P.P.), e anche da alcune semplici norme am1 04

piamente collaudate e che possono essere sintetizzate nel principio fondamentale che in ogni inquadratura non possono coesistere più centri di attenzione. Quanto al problema di spostare l'attenzione dello spettatore da un punto all'altro dell'inquadratura , e tenu to conto della reciproca interdipendenza che lega la MdP al centro di interesse, valgono , come linea ge­ nerale, le seguenti norme : a) Posizione del soggetto: l'attenzione si dirige ver­ so il soggetto domi nante nel contesto generale della composizione . Perciò si dirige sulle persone più vici­ ne se ve ne sono altre lontane , su quelle isolate se le al tre sono in gruppo, su quelle . di fronte se le altre s on o di spalle o di profilo, e viceversa.

b) Movimento del soggetto: l 'attenzione si dirige su chi si muove se gli altri stanno fermi , sui movi­ menti e sui cambiamenti di direzione improvvisi , su un moto che contrasti con la massa, e sui movimenti in asse c on la Macchina se gli altri si muovono tra­ sversalmente. c) Per mo vimento di Macchina: l'attenzione si di­ rige sul soggetto verso il quale la Macchina si muove e corregge . d ) Per fuoco selettivo: l'attenzione si dirige su un soggetto messo a fuoco se il resto è flou e viceversa .

e ) P e r contrasto di illuminazione: l'attenzione si dirige sulle figure più illu minate se la scena è in om­ bra, o su quelle che contrastano con lo sfondo . f ) Pe r contrasto di colore: sui soggetti dai colori più vivi o su quelli più contrastanti con il resto del­ l'inquadratu ra.

g) Per contrasto sonoro: l'attenzione si dirige su chi parla o su chi emette un suono i mprovviso e ina tteso . È importante ricordare che, in ogni caso , l'area percepita dallo spettatore è inversamente proporzw­ nale all'intensità della sua attenzione. 1 05

_5 .

RELATIVITÀ

DELLA

RIPRE S A

Nel cinema ciò che conta è l'effetto in proteziOne e non la tecnica con la quale si è o ttenuto . Pertanto , stabilito che esiste una stretta e reciproca interdipen­ denza fra il soggetto e la Md P, in mancanza di punti di riferimento , sia che si muova la macchina o che si sposti l'oggetto, il risultato è lo s tesso . Il concetto è ancora più evidente nel caso d'inqua­ drature in movimento . È infatti possibile, ove non si disponga di molto spazio o di una forte illumina­ zione , riprendere un soggetto che sembri avvicinarsi alla Macchina , semplicemente avvicinando la Macchi­ na al soggetto invece che il soggetto alla Macchina : il risultato è identico . L'applicazione è abbastanza frequente nel caso di riprese di quadri , purché non si "sfori " sulla cornice , o nel caso di oggetti troppo piccoli , come nella macro e microcinematografia . Nel caso opposto, e cioè quando si debbano effet­ tu are riprese su oggetti molto grandi ( treni, navi, ecc . ) , basterà carrellare indietro, e il pubblico li vedrà come se fossero in movimento. Occorre però aver cura, in questi casi, di non inquadrare contemporaneamente og­ getti che invece si suppongono fermi , come le nuvole o le colonne della stazione . Lo stesso "cinema di animazione" sarebbe impos­ sibile senza il principio della relatività del la ripresa. Qui la Macchina è saldamente ancorata al pavimento mediante una colonna di acciaio e sono i personaggi e gli sfondi che scorrono orizzontalmente sui vari piani che si muovono a veloci tà diversa a seconda della supposta distanza relativa. Come tutti i sistemi par ticolarmente efficaci, la relatività della ripresa presenta numerosi trabocchetti all 'incau to regista che non ne sia totalmente padrone. Un esempio tipico di cattiva applicazione di que­ sta proprietà è lo scavalcamento di campo, nel quale 106

i personaggi risultano in opposizione rispetto alle po­ sizioni precedenti Capiterà così di vedere , al controllo della proie­ zione, una persona che, uscita da destra , rientra dallo stesso lato come se tornasse indietro, oppure due per­ sone che nella realtà oggettiva dovrebbero ven i r si in­ con tro e invece si inseguono o addirittu ra . si allon­ tanano . Le possibili combinazioni della relatività in ripresa sono infinite ma , se non si vogliono commet­ tere errori , una sola è, in quella data situazione, quel­ la giusta. È proprio il cattivo uso della relatività della ripre­ sa che porta a certi errori macroscopici così frequenti in televisione, dove l'uso di tre telecamere operanti con temporaneamente moltiplica il rischio , abbastanza frequente, di persone che , pur essendo "vis-à-vis" nel­ la realtà oggettiva , parlano fra loro senza guardarsi in facci a, o di personaggi che , avviandosi verso l 'uscita , sembrino sparire attraverso l a finestra , o di treni che si scon trano con se stessi . Una relatività bene sfru ttata può consen tire invece cose altrimenti impossibil i : · allu ngare una strad a , tra­ sformare due pareti in una stanza completa , lega re fra loro , inserendo un finto punto di riferi mento, ambienti diversi facendoli sembrare uno solo . Mantenendo fissa · la Macchina e facendola ruotare solidarmen te al "se t " si p u ò rendere credibile e irrefu tabile che l 'attore salga lungo i muri , traversi i soffitti e scenda dall'altra parte . .

1 07

2

I L MONTAGGIO

La continuità dell'azione sullo schermo è costituita da una serie di inquadrature collocate in successione logica . L'operazione mediante la quale si uniscono queste i nquadrature si chiama montaggio. Il racconto cinematografico prende materialmente vita proprio in questa fase. Ejzenstejn afferma : « Due pezzi di film di qual­ siasi genere, posti uno accanto all'altro, esprimono u n nuovo concetto e acquistano u n carattere nuovo che deriva dalla loro giustapposizione » 1 • Questa costata­ zione è alla base della scoperta del montaggio . Grazie al montaggio, il cinema può operare nel tempo e nello spazio creando tempi e spazi ideali, ritmi e sensazioni di una profondità mai su pposta, consen­ tendo al pubblico un'identificazione totale e una serie di fenomeni proiettivi. La lunghezza minima di un'inquadratura, perché l'immagine sia almeno percepibile, è stata fissata dal­ lo Spottiswoode 2 in cinque fotogrammi, ma il May 3, in sede sperimentale e in particolari condizioni di ritmo eccezionalmente veloce, ha verificato che ne bastavano S . EJZENSTEJN, Forma e tecnica del film, cit . , p . 36s. RICHARD SPOTTISWOODE (n. 1 9 1 3 ), inglese, teorico del cmema. Sua opera pr i nci p ale è una Grammatica del film. 3 RENATO MAY ( 1 909-1965), teorico e tecnico cinema tografico italiano. · Sua opera principale: Il linguaggio del #m. 1

2

109

tre. Alcuni psicofisiologi sostengono poi che anche un numero inferiore di fotogrammi è percepito in via su­ bliminale, anche se non a livello di coscienza . Ogni film e ogni inquadratura sono casi a sé stanti . Non è possibile, perciò, porre regole generali che per­ mettano di stabilire in astratto quando un'inquadra­ tura debba essere interrotta per passare alla successiva, in quanto nel mon taggio entrano in gioco elementi artistici di sensibilità degli autori che impostano lo sviluppo del ritmo secondo le loro particolari esigenze . Alcuni tecnici hanno più volte affermato che « u n ' in ­ quadratura va tagliata prima che decresca l'interesse dello spettatore » . Ma non è facile stabilire questo mec­ canicamen te, perché l 'interesse non è tanto legato alla lunghezza dell'inquadratura quanto al momento narra­ tivo , e cioè all'azione dei soggetti . I n linea di massima si può quindi affermare che l'u nico caso in cui il taglio è obbligato si verifica quan­ do l 'elemento più importante della narrazione non è con tenuto nel quadro né è recuperabile con movimenti di Md P o di scena . Anche il ritmo interno dell'inquadratura è u n con­ cet to relativo , in quanto dipende dalla velocità delle azioni , dalla "cadenza" della ripresa (numero dei foto­ grammi al secondo) , dall'eventuale movimento della MdP o dei personaggi nel quadro, e anche dalle carat­ teristiche dell'ottica usata. Inoltre, se inserita fra pezzi lungh i , un'i nquadratura può apparire lenta e viceversa . I n generale, una classificazione del ritmo di taglio porta a ritenere che una successione di pezzi lunghi dia un ritmo lento, una successione di pezzi brevi dia un ritmo concitato, di pezzi sempre più lunghi un ri tmo calante e infine una successione di pezzi sempre più brevi dia un ritmo crescente. Con ciò non si deve intendere, però, che una sequenza ben ritmata debba essere necessariamente costruita con pezzi corti . Il con­ cetto di ri tmo è legato all 'equilibrio, all 'armonia geneI lO

rale e al particolare contenuto narrativo del film ; e ognuno di questi requisiti va tenuto sempre presente nella fase di montaggio. Il termine montaggio ha u n significato molto vasto che pertanto richiede varie distinzioni .

l . MONTAGGIO A POS TERIORI

È la fase conclusiva del vtstvo del film e si effet­ tua alla moviola.

Nel caso di materiale di repertorio, di attualità o in alcuni particolari documentari , il montaggio può co­ struire la narrazione, inventare analogie e contrasti . La piena libertà di scelta consente di ritenere questo mon­ taggio un vero e proprio momento creativo . Se invece il montaggio a posteriori è la conclusione di un film solidamente costrui to fin dal primo momento , la liber­ tà di scelta viene vincolata e l 'operazione acquista un valore più tecnico che artistico . Ma, anche in questo caso , non va sottovalutata l 'opera del Montatore : mal­ grado il montaggio risponda a regole precise , resta sempre un arco di scelta notevolmente vasto. Un buon materiale mal sfruttato in fase di mon­ taggio, può dare risu ltati assai mediocri , mentre u n filmato scadente può, a volte, essere salvato d a u n giusto intervento di forbici. Si tratta di scegliere fra decine di chilometri di pel­ licola , tenendo presente non solo il fluire meccanico dell'azione ma anche il peso di ogni singola inquadra­ tura nei riguardi dell'insieme e di quelle che precedono e seguono : il ritmo della scena (ritmo meccanico) e quello della sequenza (ritmo artistico-narrativo) .

Ill

2 . MONTAGGIO A PRIORI

Viene effettuato in sceneggiatura e in ripresa ed è la previsione delle inquadrature da montare.

a) I n sceneggiatura Già in fase di sceneggiatura il racconto cinemato­ grafico viene costruito per mezzo di inquadrature pre­ disposte alla fu tura unione e rispondenti a precise re­ gole che ne permettano una corretta successione. In questo caso il momento creativo è anticipato ed è per questo motivo che la legge prevede, come coau tori dell'opera cinematografica, il Soggettista, lo Sceneggiatore, il Compositore delle musiche e il Regista . Durante la fase letteraria del film, la previsione delle inquadrature è sempre approssimativa, anche nel caso di sceneggiature di ferro che, del resto, sono or­ mai in disuso. Viceversa, vengono indicate dettaglia­ tamente le scene, cioè la divisione degli ambienti e dei tempi nei quali si svolge la narrazione. I n ripresa, le singole inquadrature vengono girate non soltanto tenendo conto della loro suggestione, ma prevedendo il loro perfetto accostamento in sede di montaggio . Nascono così in concreto tempi e spazi cinematografici, che sono diversi da quelli della realtà oggettiva. In entrambi i casi però, l'au tore descrive fin nei minimi dettagli le posizioni della Macchina nel modo in cui egli le ha previste con gli occhi della fantasia ; e ciò in quanto il film si gira in u n ordine particolare che potrebbe generare confusione. Vi sono registi come Ejzenstejn, che hanno addi­ ri ttura inventato degli strumenti musicali affinché la loro forma potesse corrispondere anche visivamente al suono immaginato . È molto importante che il Regista abbia questa 1 12

visione globale del film , con i suoi tempi , i suoi tagli, i l suo ritmo e, appena è possibile, le sue musiche. Fin dalla sceneggiatura il racconto comincia a pren­ dere forma, anche se soltanto dal punto di vista del­ la struttura grafica : sequenze, scene e inquadrature vengono ordinate e predisposte in modo da favorire il loro futuro accoppiamento. Tutto deve rispondere a regole ed esigenze tecniche e artistiche, se si vuole che il film diventi un tutto organico ben strutturato e facilmente montabile in moviola . Ovviamente, qualunque sia la tecnica di sceneg­ giatura usata, si tratta pur sempre di un montaggio di previsione, i n quanto nessuna sceneggiatura potrà ren­ dere visivamente come sarà l'inquadratura : due sce­ neggiature identiche, ma date in mano a registi diver­ si , dànno luogo a film totalmente diversi .

b) l n ripresa Sol tanto la ripresa darà · origine al film definitivo, e cioè quando il Regista , appunto in sede di ripresa, avrà tenuto con to non soltanto della suggestività di ogni singola inquadratu ra, ma anche di come essa potrà legarsi con quella che la precede e con quella che la segue . È in questa fase che nasceranno i tempi e gli spazi cinematografici, cioè quegli elementi che forme­ ranno il quid caratteristico dell 'opera cinematografica. Tutto però deve essere sottoposto al v aglio del­ l'aderenza al tema - poiché il film può esprimere soltanto concetti precisi e definiti - e al ritmo inte­ riore della sequenza . Grazie a l montaggio a priori noi siamo in condi­ zione di operare sul tempo e sullo spazio : possiamo dilatare o ridurre a piacere i tempi di un 'azione, e così possiamo, attraverso l'unione di più inquadrature ri­ prese in luoghi e tempi diversi , costruire una donna ideale o un luogo immaginario. 113

Un'analoga situazione si verifica nei confronti del­ lo spazio : l'unione di più inquadrature riprese in luo­ ghi diversi, permette di creare nuovi ambienti anche se inesistenti . Se, . per esempio, si raccorda un personaggio che esce da una porta e successivamente lo si fa entrare da una porta corrispondente in un luogo qualsiasi, e anche all'esterno, possiamo creare una geografia idea­ le, vera per lo spettatore ma che non ha nessuna corri­ spondenza con la realtà oggettiva. Tipica è l'esperienza compiuta dal gruppo Kula­ ciov-Pudovkin : « . . . Compii un esperimento complesso girando due attori in punti differenti di Mosca . I due si vedo­ no, si sorridono e si vengono incontro. Si incontra­ no poi sul Precis tenkkij Bou lvd (3° luogo ) , si strin­ gono la mano davanti al monumento di Gogol (4° luo­ go) , guardano f.c. la Casa Bianca di Washington (re­ pertorio) e proseguono il loro giro salendo i gradini della Cattedrale del S . Salvatore (5° luogo) . Per il · pubblico , essi salgono quelli della Casa Bianca . « Quando proiettammo il film, tutti furono con­ vinti che questi luoghi facessero parte di un unico ambiente, benché io non avessi fatto ricorso a nessun trucco né a doppie esposizioni. La scena servl a dimo­ strare l'incredibile forza del montaggio. C'è da aggiun­ gere che la scena dell'incontro fu girata con a ttori differenti, che però indossavano i cappotti dei nostri protagonisti . . . « Avevamo creato una geografia ideale : sarebbe allora stato possibile creare anche una donna ideale? Fotografammo allora una ragazza mentre si trucca da­ vanti allo specchio, e con il solo aiuto del montaggio mostrammo una ragazza v i va , ma inesistente : le lab­ bra erano di una , le gambe di un'altra e cosi via . . . « Decidemmo allora d i passare a u n terzo esperi­ mento : c h i edem m o a u n n o to attore cinema tografico di immaginare due s i t u az i o n i to r a l m en t e diverse : quel1 14

la di un prrgtoniero che sta morendo di fame e al quale portano da mangiare, e quella di un prigioniero sazio che sogna l a libertà e la campagna, e tutto ciò si avvera. Le due espressioni saranno uguali? Decidem­ mo di girare le due inquadrature utilizzando la stessa espressione, ed anche in questo caso il pubblico vide ciò che il montaggio aveva voluto che vedesse » 4• Questa possibilità di operare sul tempo e sullo spazio dà la misura delle enormi possibilità offerte dal­ la giustapposizione di due inquadrature e di quanto siano importanti e impegnative le scelte della regla . Per montare una sequenza e una scena non è indi­ spensabile girare molte inquadrature, dato che è possi­ bile ottenere gli stessi risultati grazie al contempora­ neo muoversi di attori e Macchina da presa. Sarà la reciproca dipendenza fra questi due elementi che de­ terminerà lo spostarsi dei centri di attenzione, dei cam­ pi, dei piani e delle angolazioni. Tale tecnica prende il nome di montaggio interno e trova uso frequente in ripresa specialmente i n certi registi di grande valore come Jancs6, Wyler, Chaplin, Ford e Dreyer . Col montaggio interno il racconto procede fluido , non si corrono rischi di scavalcamenti di campo, né di salti o di altri errori del genere. Sembrerebbe inol­ tre che , girando più inquadrature contemporaneamen­ te, debba guadagnare non soltanto la recitazione de­ gli attori , ma anche la velocità di ripresa. Perché allora l'unico esempio di film girato inte­ ramente con tale tecnica è The Rope (Nodo alla gola Cocktail per un cadavere ) , girato da Hitchcock con una sola inquadratura apparente? Se è vero che questa tecnica presenta una rara effi­ cacia e dà l'impressione di un vivo realismo, è però altrettanto vero che le enormi difficoltà e i rischi ·



V. PuooV KIN, La settima arte, c i t . , pp. 36-37.

1 15

con nessi a l l a s u a a t tu azione ne co n sig l i a no l ' uso sol­ t a n t o a ch i è ve r a mente esperto , e l i mi t a t a m e n t e a u n t em p o r i s t re t to . Per p o t e r rea l i zzare un'inq u adra t u ra con la tecnica del m o n tag g i o i n t e rn o o ccor re i n fa t t i di s p o r re d i una t roupe composta d a profes s i o n i s t i part icol armente b ra ­ v i s i a sotto l ' a s p e t to artis tico che te c n i c o . Tu t to deve essere pr ed i s p o s to al milli metro , e prov a t o e r i pro v a ­ te affi nché at tori e tecn ici si muovano come orologi : basta u n fuoco in r i t a r do , u n p a ss o più in là del do­ v u to , o b as t a dimen ticare che i n qu e l l ' i s ta n te si è i n p r i m o piano e che perciò o cco r re ral lentare i mov i · m e n t i , perché s i debba ricomi ncia re tu t to d a cc a p o .

C'è anche da agg i u ngere che , con i l mo n t a gg i o i n ­ non si possono creare tempi e spazi cinem a to­ grafici se non i n l i m i t i b e n defin i t i : fa t to che , al l a l u n g a , p o t r e bb e a n noiare i l pubbl ico , dando u n senso di l e n t e z z a e di s t a t ici tà . terno,

3.

MoNTAGG io coNTI N uo

Le azion i fi l m i ch e che proseguono senza i n terru­ z i o n e di tempo r i c h ie d o n o u n montaggio continuo. Tale mo n t a ggi o è tecnicamente corre t to q u a n d o le a z i on i , pur e s se n d o composte d a varie i n q u ad r a t u re , appaio­ no a l l o spetta tore com e u n ' i nquadra tura u n i c a . Se ques ta con t i n u i t à fra l e inquadra ture v i e n e in­ te r ro t t a , s i ha un salto di montaggio che d i so ri e n t a lo spetta tore i n te r r o m p end o n e il r ap p or t o con lo schermo .

I l salto d i m on t a gg io può essere provoca to da d i ­ v er s i fattori come : variazioni i m provvise del tono fo­ t og r a fi co , cambi amen to d i cos t u m i o di trucco , cambio d i ve l oc i t à o di d i r ez ion e dei movimen t i , i nc o m ple ­ tezz a d ei mov i m e n t i s t ess i , e rr a t e pos i zi o n i d i Mac11 6

china o ingiustificati spostamenti dal centro di atten­ zione. Ciò basta a far comprendere quanto sia importan­ re in ripresa la previsione del l 'accostamento fra le in­ quadrature, poiché proprio in questa fase nasce la mag­ gior parte di quegli errori che non possono essete cor­ retti né col montaggio a posteriori , né in sede di stampa .

La forza espansiva deWinquadratura

Ogni inquadratura è dotata di una forza espansiva che supera i limiti dello schermo . Nel buio di una sala cinema tografica, lo spettatore si trova immerso in un mondo che prosegue oltre i bordi del quadro , e ha la sensazione di osservare la realtà cinematografica come attraverso una finestra aper­ ta su li 'infinito . Grazie a questa caratteris tica , è possibile inqua­ drare una parte per il tutto e collegare fra loro am­ bien ti e persone girate in tempi diversi e in località diverse. Per esempio : un portone fa supporre che esi­ sta l'intera cos truzione e una tolda spazzata dalle onde che esista l'intera nave nel mare in tempesta, ecc. La forza espansiva comporta inoltre che ogni in­ quad ratura contenga un'allusione a elementi fuori cam­ po, determinati per direzione e distanza . Ad esempio : la ripresa di una persona che guarda verso l'alto chia­ mando qualcuno ad alta voce, esige che nell'inquadra­ tura successiva la posizione della persona chiamata sia in accordo a quella precedente ; e ciò sia rispetto alla lon tananza che come posizione . Ci troviamo di fronte a una realtà dialettica : da un lato non esiste niente al di fuori dell'inquadratura, e dall 'altro vi è la certezza i nconscia dello spettatore di trovarsi in un mondo che va ben oltre la finestra del 1 17

Campo . Il tutto si umsce m una sintesi che consente alla Macchina di balzare qua e là cercando la posizio­ ne migliore per osservare quel particolare momento dell 'azione. Scelta quindi l'inquadratura di partenza, le altre vengono condizionate da questa se si vuole otte­ nere una corretta succession e di attacchi . :È quindi di particolare importanza la scelta del­ l'inquadratura di partenza . Il mon taggio interno è stato il primo a essere ado­ perato nel nascen te cinema, e ciò non solo per la con­ cezione ancora teatrale della posizione di Macchina, ma anche perché non erano ancora state sperimentate le possibilità di espandersi fuori del quadro e di operare su tempi parallel i . Per questa scoperta si dovrà aspet­ tare il regista americano D. Griffith ( 1 875- 1 9 48 ) . An­ che i film di Chaplin sono realizzati con mon taggio i n terno . Con la scoperta degl i attacch i e delle possibilità srrabili anti del montaggio per este r ni sembrò che il mon taggio interno si riducesse a uno sparu to Carrel lo e a una piccola Correzione di Macchina . Ora è stato ri scoperto e ribattezzato Piano sequenza e osa nnato come una delle più grandi conquiste m9derne . Alla base del montaggio per estern i vi è il con­ cetto di attacco.

Gli attacchi Per attacco si intende la giustappos1z1one fra due inquadrature, unite in modo tale che il pubblico le recepisca come una unica . Più precisamente, l 'attacco è la risultante di un complesso di elemen ti predeterminati in sede di rea­ lizzazione e riferentesi all'ampiezza del campo , alla posizione di Macchina, ai movimenti dei personaggi , ecc . La Md P , per un attacco corretto , non va piazza ta 118

a caso : la pratica suggerisce, in proposito, alcuni prin­ cìpi u tili per evitare grossolani errori e conseguenti salti di montaggio .

a ) Attacco suWasse

L'attacco sull'asse è un attacco il cui centro di at tenzione rimane nello s tesso punto dello schermo nelle due inquadrature. Permette l'ingrandimento e la riduzione della distanza cinematografica che ci separa dal soggetto mediante spostamenti di Macchina in avan­ ti e indietro lungo l'asse ottico dell'obiettivo o me­ diante cambiamenti della focale. Si possono riprendere le due inquadrature in tempi e luoghi diversi, purché le due riprese ricostruiscano la stessa realtà apparente. Si u tilizza l'ingrandimento quando si vuole sotto­ lineare un particolare che, in un campo troppo ampio , potrebbe sfuggire. Per esempio : un personaggio sta giocando a poker e scopre le sue carte. Nell'inquadra­ tura seguente la Macchina si avvicina a dettagliare il punteggio.

Si utilizza invece la riduzione quando si vuole inse­ rire il soggetto in un contesto ambientale più vasto, oppure si vogliono introdurre elementi nuovi come, ad esempio, quando il P.P. di un personaggio dal volto contratto si allarga in una seconda inquadratura nella quale si scopre che è legato e prigioniero .

1 19

Nell'attacco per ingrandimento o riduzione, la MdP può essere piazzata in qualsiasi punto dell'asse otti­ co AB . I l soggetto principale viene ad avvicinarsi o ad allontanarsi, conservando la stessa pos i zione ne I I ' i n ­ quadratura.

È bene chiarire che il più delle volte tale attacco non è recepito dal pubblico come avvicinamento o allontanamento materiale , bensl come una concentra­ zione o un allargamento dell 'a ttenzione . La definizione teorica di questo attacco è valida soltanto se il soggetto è perfettamente centrato come nella fig. sopra ; ma nella pratica ciò non accade mai . Avvicinandosi lungo l'asse ottico il soggetto di ri­ presa balzerà di fianco , proporzionatamente alla varia­ zione della distanza cinematografica .

1 20

La Macchina piazzata in A i nqu a d ra il personag­ gio decentrato a destra . Se spostiamo la Macchina lun­ go l'asse fino alla posizione B, il personaggio risulta esclu so dal campo di ripresa .

In questi casi la Macchina non dovrà avv1cmarsi o · allontanarsi sull 'asse, ma sulla linea CD congiungen­ te l 'obiettivo e il soggetto (fig. a pagina seg . ) . In tale spostamento , l'asse ottico deve rimanere parallelo a quello del l ' i nquadratura precedente.

121

Conservando la direzione, l a Macchina si sposta l u ngo la li nea CD congiungente con il soggetto, men­ tre l 'asse ottico ( N ) rimane parallelo a quello del l'in­ quadratura precedente (A) : il personaggio risulta in­ grandito e occupa esat tamen te l 'identica posizione de­ cen trata a destra dello schermo. Ovviamente, si suppone che si sposti la Macchina senza modificare l 'ottica usata precedentemente . Qua­ lora però si debba cambiare l 'ottica , il problema si complica : la Macchina va allora piazzata sul prolun­ gamen to di A ; cioè nel punto P della figura di pagina seguente. È bene tener presente che, perché l'attacco fun­ zioni, la linea CB deve unire la Macchina col centro di attenzione. In caso contrario, tutti gli elementi di riferimento ( sguardi e posizione nel quadro) risulteran­ no al terati. 1 22

c

Come risulta evidente dal disegno, in questo caso stato necessario alzare la Macchina oltre che spo­ s tarla a destra sul prolungamento di N con P.

è

b) Attacco per angolazioni contigue Si definiscono contigue due i n qua d ra ture delle qua­ li l ' un a risulti la prosecuzio ne spaziale dell'altra .

Il caso più elementare di in quad r ature contigue è . rappresentato da due persone "vis-à-vis" riprese di profilo · e che guardano in senso opposto .

123

L ' inquadra t u ra C può essere divisa correttamente negli ingrandi men ti A e B . Questa coppia d i angolazioni è raramente utiliz­ za ta per dia logh i , perché i personaggi sono ripresi m modo poco favorevole e cioè di profilo. Le inquadrature contigue sono caratterizzate dal parallelismo degli assi o ttici e dalla costanza dell'ango­ l azione del movi mento del personaggio.

1 24

Normalmente ci si serve delle angolazioni contigue q uando vi sono soggetti in movimento che, col pro­ gredire dell 'azione, vengono a u scire dal campo . Se il movimento è continuo e il personaggio è l o stesso , fra le due inquadrature deve esi stere uno spazio vuoto (D) che il pubblico sintetizzerà come spa­ zio percorso . Ciò consentirà di creare un percorso idea ­ l e o di sintetizzare spazi e tempi morti .

Come risulta dal disegno , le inqu adrature contigue possono avere una porzione di spazio in comune op­ pure no. In quest 'ultimo caso l asciano la più ampia possibilità di scelta per la creazione di quegli spazi e tempi necessari al racconto , e inoltre permettono di operare una sintesi e di inventare ambienti con dimen­ sioni nuove . Per esempio : facendo passare varie volte un personaggio davanti a una finestra alternata a muri , si può trasformare una s tanza dando l'impressione di un corridoio. Condizione essenziale è però che, al momento del­ l'attacco , la velocità del moto sia sempre la stessa . 125

Le uscite e le entrate del soggetto debbono essere raccordate in modo esattamente inverso . E cioè : A un 'uscita a sinistra deve corrispondere un'entra­ ta a destra e viceversa ;

\. . ,',

(·: . : _ ,·:, _rr .

"._ ·- .��- - - - - .

·.,

, ..

' ., . ' \ . .

: . . . ·.j,', _ : . '" · ' .

· �--�---�� 8 a un'uscita verso l 'alto deve corrispondere un 'en­ trata dal basso e viceversa ;

all 'angolazione dell'usci ta deve corrispondere la spettiva angolazione dell'entrata , ecc.



�------� 8

1 26

c) Controcampo e scavalcamento di Campo Per Controcampo si intende letteralmente un'inqua­ dratura opposta alla precedente che ne conserva la direzione, ma ne inverte il senso . Tale attacco presenta l'inconveniente di sconvol­ gere la geografia dell'ambiente, invertendone gli ele­ menti . Gli oggetti che si trovano a destra passano , nella seconda inquadratura, a sinistra e viceversa.

La donna che occupa la postzlone di sinistra nel­ l'inquadratura A , passa a destra nella B, e analoga­ mente il vecchio, che nella A era a destra , passa a sini­ stra . Inoltre, il fondo cambia totalmen te . Quest'attac­ co disorienta lo spettatore . Più accentuato si fa il difetto se i soggetti sono in movi mento . In questo caso viene capovolto il sen­ so del moto, e una persona che segue un 'altra sembra andargli incontro, mentre due persone che si vanno incontro sembrano inseguirsi (vedi figura di pagina seg.) . Il gruppo ripreso da A va a destra. Portando la Macchina nella posizione B, in controcampo, il gruppo va verso sinistra , non dando la sensazione di un movi1 27

men to che continu a , ma piut tosto di a l tra gente che va i ncon tro a quella del l ' i nqu adra tura precedente .

I d u e esempi esaminati nelle figu re sono veri e propri sca valcamenti di Campo, e rrori d a evi tarsi in q u a n to lo spettatore non percepi sce lo spostamento della Macch i n a , m a . p i u t tosto uno sconcerta n te capo­ volgimento dei pu n t i d i r i feri mento e del moto dei sogge t t i . Sembrerebbe q u i nd i che u n Con t rocampo rigoroso s i a i n u t i l i zzabi le . I nvece esistono a l cu n i casi in cui la pratica h a di mostra to possibile tale forma di a ttacco . La p r i m a s i t u azione si veri fica quando un sog­ getto avanza verso l a MdP fino a scavalca rl a o a co­ prire l ' i n te ro Campo . Nel l e i nquadra t u re successive il sogget to si a l l o n ta n a d a l l a parte opposta , dando l a sensazione di avere a t t raversato l a Macch i n a stess a . « L'Attacco bizzarro è corrett issimo, non solo i n quanto d i s t rugge l a presenza fisica della Macchina da Presa e nello stesso tempo denuncia chiaramente l'in­ versione del senso e l 'i nvariabi l i tà del1e direzioni, ma anche perché l ' a t tore , i ngrandendo smisu ratamente sul­ lo schermo fino a coprire l 'obiettivo col proprio corpo , sostanzial mente esce dall ' i nquadratura così come so1 28

s t < mz i al men te en tra nella seconda per il processo op­ posto. Nell'istan te i n cui passa sullo schermo la giunta del l ' a t tacco , l ' a t tore è dunque praticamen te "Fuori Campo" » ( R . May) .

Nell'i nquadratura A i l personaggio avanza fino a copri re i l Campo . . . . Nel la B si a l l ontana i n senso op­ posto.

1 29

« Nella giunta che raccorda un Controcampo di que­ sto tipo si condensa idealmen te il tempo che l'attore impiega ad attraversare la MdP ; essa va dunque ese­ guita al limite di visibilità fotografica . « Supponiamo ora che si voglia ottenere un pas­ saggio di questo genere , avendo per oggetto della ri­ presa un treno in corsa : questi dovrà impiegare un tempo sensibilmente superiore a passare dall'altra par­ te e cioè un tempo proporzionalmente corrispondente alla visibile velocità e lunghezza del treno stesso . Biso­ gna dunque, in questo caso, lasciare tra i due pezzi di montaggio una serie di fotogrammi neri che tradu­ cano questo tempo . « Il tempo impiegato dal passaggio di questi fo to­ grammi neri sullo schermo non corrisponde ovviamen­ te a quello che il treno impiegherebbe effettivamente ad a ttraversare la MdP : un oggetto Fuori Campo sfug­ ge alle leggi del tempo, così come a quelle dello spazio . E il tempo che trascorre fuori dai limiti dell'inquadra­ tura non è percepito dirett amen te. Esso diviene invece valu tabi le, i n senso cinema tografico , in quanto scan­ dito in accordo o disaccordo col ritmo generale del­ la scena » ( R . May) . Perché questo attacco funzioni corre ttamente oc­ corre che le due inquadrature siano opposte sia per illumi nazione che per angolazione di movimento , e che il moto abbia la stessa velocità al momento del raccordo . Una seconda situ azione di Con trocam po si trova nel caso di angolazioni soggettive.

d) An?,olazioni soggettive e pseudosoggettive Abbiamo già esaminato le oggettive e le sogget­ tive a proposito dell'inquadratura . Lo spettatore ha ormai tal mente assimilato il lin­ guaggio del le immagi ni che può riconoscere una sog1 30

gettiva (vista attraverso gli occhi di un personaggio) anche da una sola inquadratura presa a sé, purché vi sia qualche riferimento . Gli esempi sono numerosis­ simi : una strada che avanza rapidamente e ripresa dal posto di guida di un'auto ; pugni verso l 'obiettivo ; sfocature o avanzamenti incerti di Macchina a mano per soggettivare anche lo stato d'animo del personag­ gio, ecc . Il caso limite è rappresentato dal film Lady in the Lake (di R. Montgomery , 1 94 7 ) interamente realizzato in soggettiva del protagonista che si scorge una sola volta, quando si guarda nello · specchio. Normalmente, si può capire se un'inquadratura è ogget tiva o soggettiva osservando quella che la pre­ cede o quella che la segue. Ad es . : la Panoramica sul­ la facciata di un palazzo è oggettiva ; ma se si fa prece­ dere o segu ire da un personaggio che la osserva , solle­ vando lo sgu ardo , risulta "come vista" dal personaggio stesso. Le combinazioni possibili per un normale passag­ gio da una soggettiva a una ogget tiva , o viceversa, sono tre :

l ) Se la prima inquadratura è oggettiva e la se­ conda è sogget tiva , si taglia quando l'attore guarda nell 'obiet tivo . Nella seconda inquadratura la Macchi­ na viene messa al posto dell'attore. Lo sguardo nel­ l 'obiet tivo , grammaticalmente esatto, oggi in pratica non è più necessario , data l'evoluzione della capacità di percezione dello spettatore . 2 ) Un caso meno comune del precedente è quando un'inquadratura soggettiva deve succederne una og­ gettiva : lo spetta tore capirà che si tratta di una sog­ gettiva soltanto quando apparirà la seconda inquadra­ tu ra, con il personaggio che guarda in Macchina .

a

3 ) Qualora si abbiano due soggettive consecutive , i personaggi di tutte e due guardano in Macchina . I Campi debbono essere uguali. 131

Nel caso di due soggettive , l'asse Macchina deve essere s u l l a congiu ngente degli sguardi .

È chiaro che ci trovi amo . d i fronte a u n secondo caso di con trocampo corretto . Per i nciso bisogna ricor­ dare che , essendo le soggettive dotate di notevole carica dramma tica , queste coppie di angolazio n i non vanno u ti l izzate per un normale dialogo , ma piu t tosto per momen ti di tensione (es . : due personaggi che si affrontano i n un duello ) . Proprio per questa sua estrema carica che ident i fica i l pubbl ico con l 'attore f.c. , si deve ricorrere a tale tecnica di ripresa con pars i mo n i a . Un eccessivo alternarsi di oggettive e sogge ttive può sconcertare . creando u n decad ere della tensione . Nel l e soggettive deve inol t re ri s u l tare non sol tan­ to ciò che i l personaggio vede e sen t e , ma come vede e sen te. Se, ad esempio, il personaggio viene colpi to e scivol a a terra senza sensi , sa remo cos t re t t i a ripro­ du rre l 'effetto facendo precipi tare la MdP , oscu rando i mmed i a tamen te dopo la visione o sfoca ndo . Può dar­ si che ciò sia dannoso per il prosieguo del raccon­

1 32

w

e che un ' ogget ti v a non basti a dare al trettanta rensione alla sce n a . Si ricorr e al lora a un terzo tipo d i inquadratura : la pse ud osogget t i va o , come d icono gli ame r i ca n i , "Poi n t of view " ( punto di v i s t a } . L a pseudosogge tt i va r ip r ende l a scena quasi dal p u n to di vista de ll ' a t t o re f.c. È infatti l ' a ngolazi one

o gge tt iva il più possibile vicino alla soggettiva . La MdP va piazzata di fianco al personaggio fuori campo a l l ' a l tezza dei suoi occhi, idealmente vicino alla s u a guancia . Lo spettatore non vede gli avven imenti a t traverso lui, ma come se stesse al suo fianco . L'uso comune di questa tecnica è pe r i dialoghi, in quanto stabil isce una stret ta relazione fra i due interlocu tori . I n ques to caso, qu e l lo che è in Campo non deve guar­ dare in M a cchi na, ma a filo del l 'obiettivo o, meglio , del paraluce .

e) Angolazioni corrispondenti o simmetriche Le angolazioni corrisponden ti o simmetriche sono

i nquadra t u re con trappos t e in cui ogni elemento del

Campo conserva la sua posizione (quelli di sinistra res tano a sinistra, e quelli di destra a des tra ) , evitan­ do gli i n conve n ienti già esaminati nel Controcampo. I nfatti , nel gergo ab i tu a le del cinema, per Controcam­ po si intendono proprio le corrispondenti. Nel caso di scene statiche e in particolare in quelle di dialogh i , questo tipo di attacco è il più comune­ mente adoperato perché riflette il maggior nu mero pos­ sibile di combinazioni . Il primo caso di corrispondenti comprende tutti e due gli interlocutori in Campo nella coppia di inqua­ drature . Come è evi dente dal disegno (pag . seg . ) , l a MdP è collocata in posizione opposta e simme t rica in modo da formare angoli uguali rispetto all'asse dell'azione 1 33

(rappresentata dalla congiungente in riessun caso deve scavalcarlo. "

>-.

due personaggi ) e

'

-- -��;V ��-

Nella A l'uomo è di spalle e la donna di fronte. L'inverso accade nella B ; ma l 'uomo conserva sempre l a posizione di sinistra e la donna quella di destra , malgrado le inquadrature siano opposte. Le coppie di inquadrature corrispondenti sono pra­ ticamente infinite : possono andare dalle pseudosogget­ tive al limite delle contigue. Nelle varie combinazioni è di uso comune ripren­ dere anche un solo personaggio per volta, con regole iden tiche a quelle sinora esposte . È questo il secondo caso possibile .

1 34

Gli sguardi dei personaggi ripresi singolarmente debbono essere opposti e simmetrici . Se il primo guar­ da verso destra , l 'altro deve guardare verso sinistra .

La corrispondenza degli sguardi vale, naturalmen­ te, anche in direzione verticale. Così , se il primo per­ sonaggio guarda verso l 'alto a destra , il secondo deve gu ardare verso il basso a sinistra .



[_l

J

]1 l

La distanza delle due figure isolate, che deve essere

inferiore a quella effettiva in ciascuna inquadratura, risul terà costruita al montaggio approssimativamente come la somma delle due distanze cinematografiche. Ma la casistica di tale tipo di attacco è ancora più vas ta . Si possono operare sulle due inquadrature in­ grandimenti e riduzioni, ricordando sempre che a ogni variazione nella prima deve corrispondere un'analoga e inversa variazione sulla seconda . Anche in questo caso la distanza apparente non deve superare quel­ la reale. 1 35

f ) Tecniche per il corrett o sca valcamento di Campo Abbiamo v i s t o che le rip rese , per ev i ta r e diosi scav alcamenti di Campo, devono sviluppa rsi pre d a l lo s tesso lato dell ' asse d i at tenzione. Può de r e abbas tanza frequentemente che i 1 8 0° gradi sposizione d ivengano i n s u fficienti e che tale asse scavalcato per esigenze d i racco n t o .

fasti­ sem­ acca­ a di­ vada

Ci s o n o sistemi pra t ici p e r i l passaggio dall'al t ro l a to, senza confondere l a geografia del l 'ambiente .

l ) Per movimento di Macchina e di personaggi. -

I l caso p i ù se m p l ice è p assa re dall'altro l a to d el l 'asse d i a t tenzione senza cambi o di i nq u ad r a t u ra , med i a n t e u n carrello. \

\

\ '

l l l

• l

l

136

l

l

La MdP si sposta in carrello dalla posizione l alla 2, venendosi a trovare dall'altro l ato dei personaggi . Lo stesso risultato si può ottenere facendo muo­ vere uno dei personaggi e seguendolo in Panoramica .

'

\

.

�-- - - - --- -�

Il personaggio si sposta dalla posizione B alla posi­ zione C. La MdP lo segue in Panoramica venendo a trovarsi dall'altro lato dei soggetti.

-

2) Per spostamento di sguardo. Per la forza espan­ siva dell'inquadratura , quando la Macchina inquadra un solo personaggio, la posizione di quello f.c. è de­ terminata dalla direzione dello sguardo del primo . Ba­ sterà che questi sposti lo sgu ardo perché l ' asse di atten­ zione risulti corrispondentemente variato, permetten­ do cosl alla Macchina di passare dall'altro lato. 1 37

/

/

�' c

3

La l inquadra il personaggio in A , mentre la 2 , per angolazione corrispondente, quello i n B . Facendo ruotare lo sguardo di B come se seguisse un movi­ mento f.c . , potremo ritrovare l 'altro personaggio in C con la nuova angolazione corri spondente 3 , che risulta posta dall 'altro lato della linea di attenzione. Altro mezzo abituale per un corretto scavalcamento di Campo sono l 'inserto e l'impallamento. 1 38

g) Angolazioni arbitrarie Al di fuori degli schemi illus trati , esistono molti altri attacchi possibili dett ecc . 5 ) Cartelli

e

grafici

Un netto passaggio si ottiene anche premettendo alla nuova sequenza un cartello o un grafico . Generalmen te ques to sistema piu ttosto banale in146

traduce una data o una località, magari con l'ausilio di una carta geografica . È evidente che il realizzatore del @m può escogi­ tare altri modi diversi di passaggio da una scena al­ l 'altra , e tu tti più o meno suggestivi . Si sono visti passaggi con l'immagine che sfoca e rimette a fuoco nell'ambiente successivo, e passaggi con panoramica a schiaffo che muta situazione dalla partenza all'arrivo. Molti ancora se ne possono i nventare, ricordando però che non debbono essere fine a se stessi, ma collegati col tono generale e con lo stile del racconto . Grande importanza ha l 'uso appropriato del sono­ ro in quanto una variazione improvvisa della musica o dei rumori sottolinea fortemente i passaggi per mon­ taggio discontinuo. Anche l 'attacco sonoro può essere adoperato con analogie e con trasti , come il ticchettare di una mac­ china da scrivere che dissolve sulle raffiche di una mi tragliatrice , e distorsioni che aiutano l'imbocco di un sogno o di u n ricordo . Più semplice ancora è l ' utilizzazione del dialogo . Una battuta appropriata permette salti di tempo e di spazio, tagliando i punti morti dell'azione. Gli esem­ pi sono infiniti : una Giuria pronuncia la sentenza "Colpevole" , e l 'inquadratura successiva coglie l 'im­ pu tato al patibolo , oppure un individuo scrive una lettera , é la sua parola continua sul personaggio che la riceve e la legge, ecc. Il cinema più recente ha, in qualche caso, antici­ pato musiche ed effetti della sequenza che dovrà ve­ nire, preparando allo stacco lo spettatore . I n conclusione, a nche con la colonna sonora si possono trovare nuovi sistemi, affidati come sempre all'inventiva e alla creatività dei realizzatori dell'opera filmica .

147

3 · rL SONORO

Proprio ai grandi registi come René Clair, Frie­ drich W. Murnau, King Vidor, Sergej Ejzenstejn, Vse­ volod Pudovkin e Grigorij Alek�androv che si erano oppos ti al sonoro, spetta il merito di averlo adottato per primi con notevoli risultati narrativi . A pochi anni di distanza dal manifesto che lui stesso aveva firmato, Pudovkin scriveva : « . Ora che ho finito Il Disertore sono persuaso che il film sonoro è, in potenza, l 'arte dell'avvenire. Non è una creazione orchestrale o teatrale dominata dall'attore , simile all'opera lirica, ma è una sintesi di elementi vocali, visivi , filosofici che ci dànno la pos­ sibilità di trasfigurare il mondo, con tutte le sue linee d'ombre, in una nuova arte che è succedu ta e che sopravvivrà a tutte le altre, poiché costituisce il mezzo più importante col quale potremo esprimerci oggi e domani » 1 • Attualmente il problema è superato . Lo spettatore partecipa alla proiezione con i sensi della vista e del­ l ' udito, né si pone più la questione se il sonoro trovi una collocazione legittima nella settima arte . Visivo e sonoro sono due elementi di pari dignità, indissolu­ bilmente lega ti nell'opera filmica contemporanea . I timori dei vecchi maestri non erano però del tutto infondati . Il mu to aveva di mostrato che si po.

1

.

V. PuoovK I N , La se/lima arie, c i t . , p. 1 57 .

149

teva narrare agevolmente una s toria senza l 'ausilio del­ la parol a . Addirittura nelle opere più mature, erano state bandite le didascalie e si riusciva ugualmente a mettere in evidenza non soltanto l'azione, m a anche le più sottili sfumature psicologiche . Ad esempio , in L'ultima risata (Der Letze Mann, di F. W. Murnau, 1 92 4 ) si esponeva la crisi di un por­ tiere d'albergo (Emil Jannings ) che, a causa dell'età, veniva destinato al servizio nelle toilettes e doveva ri­ nunciare alla divisa di cui era fiero . Variazioni di senti­ menti e valori simbolici , specchio della Germania del­ l'epoca , uscivano palesemente in un'appropriata narra­ zione che rifiutava le didascalie, con la sola eccezione di un cartello prima del finale ottimistico, aggiunto per fini commerciali . « Tu tto ciò che si doveva dire, veniva raccontato attraverso la Macchina da presa. Nessuna parola scritta o parlata era necessaria per la completa comprensione degli avvenimenti . Grazie a un gioco di sottintesi sa­ pientemente psicologici, ogni azione suggeriva u n'idea al pubblico , ogni angolazione creava un clima di ine­ quivocabile e trasparente significato . L'ultima risata è stato uno degli esempi più perfetti di narrativa cine­ matografica nella sua forma più pura, un esempio del­ la composizione e del ritmo più tipici del film » 2 • Per contro, non esiste racconto , per quanto com­ plesso, che non si possa comunicare con il tradizio­ nale mezzo della parol a . Ne sono un quotidiano esem­ pio le trasmissioni radiofoniche. I l cinema, dunque; si trova a disporre di due ele­ menti autosufficienti che vengono a sovrapporsi . Qual­ siasi momento narrativo può essere risolto in modo autonomo, sia dall'immagine che dalla parola. Per indi­ care un caso : se dovessimo spiegare che un perso­ n aggio ha deciso di partire, sia che lo mostriamo nel­ la su a stanza che prepara i bagagli o che glielo faccia2

72-73.

1 50

P. RoTH