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Italian Pages 320 [324] Year 1999
a cura di Pietro Bria e Fiorangela Oneroso
L'INCONSCIO ANTINOMICO Sviluppi e prospettive dell'opera di Matte Bianco
Psicoanalisi contemporanea: sviluppi e prospettive
FrancoAnp;eli
L'opera di lgnacio Matte Bianco (1908-1995), i cui concetti essenziali sono raccolti attorno alla fond~mentale scoperta della bi-logica, costituisce l'ultimo grande momento del pensiero psicoanalitico. Come già era avvenuto per il pensiero di Freud, questi concetti - in virtù della loro capacità di gettare nuova luce sui segreti più impenetrabili della mente - trascendono la pur importantissima sfera della clinica psicoanalitica, che rimane centrale, dischiudendo nuove e inattese prospettive alle discipline più diverse, a partire da quelle filosofiche (logica ed epistemologia, in particolare) e da quelle inerenti alle questioni dell'estetica (linguistica, retorica e teoria della letteratura). Il volume raccoglie organicamente i lavori di alcuni dei più significativi studiosi del pensiero di Matte Bianco a dimostrazione che l'Italia, scelta dal grande pensatore cileno come suo paese d'elezione, ha saputo coglierne la prodigiosa originalità, feconda com'è-di futuro, con spirito di auspicio per la sua prosecuzione ed espansione. Scritti di: Leonardo Ancona, Luciana Bon de Matte, Pietro Bria, Sergio De Risio, Antonio Di Benedetto, Doriano Fasoli, Margarete Durst, Klaus Fink, Aldo Giorgio Gargani, Alessandra Ginzburg, Giuseppe Maffei, Francisco Matte Bon, Cesare Milanese, Fiorangela Oneroso, Guido Paduano, Paolo Perrotti, Gabriele Pulli, Eric Rayner, Alberto Siracusano, Luigi Scoppola.
Pietro Bria, professore di Igiene Mentale presso l'Università Cattolica del "Sacro Cuore" di Roma e membro della Società Psicoanalitica Italiana, è il principale cultore in Italia (anche come curatore e traduttore) dell'opera di Matte Bianco. Fiorangela Oneroso, professore di Psicologia Generale presso l'Università di Salerno, ha dedicato al pensiero di Matte Bianco diversi studi, con particolare riferimento alle problematiche estetiche.
ISBN 88-464-1495-0
Il
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9 788846 414953
1215. Psicoanalisi contemporanea: sviluppi e prospettive Collana coordinata da: Anna Maria Nicolò Corigliano e Vincenzo Bonaminio Comitato di consulenza: Carlo Caltagirone, Antonello Correale, Antonino Ferro e Fernando Riolo La Collana intende pubblicare contributi sugli orientamenti, i modelli e le ricerche in psicoanalisi clinica e applicata. Lo scopo è quello di offrire un ampio panorama del dibattito attuale e di focalizzare progressivamente le molteplici direzioni in cui questo si articola. Come punti di intersezione di questa prospettiva vengono proposte opere italiane e straniere suddivise nelle seguenti sezioni: l. 2. 3. 4.
Metodologia, teoria e tecnica psicoanalitica Il lavoro psicoanalitico con i bambini e gli adolescenti Temi di psicoanalisi applicata Studi interdisciplinari
La Collana si rivolge quindi a psicoanalisti, psicologi, psichiatri e a tutti coloro che operano nel campo della psicoterapia e della salute mentale. L'ampia prospettiva in cui la Collana è inserita risulta di interesse anche per lo studioso di neuroscienze, linguistica, filosofia e scienze sociali.
I lettori che desiderano informarsi sui libri e le riviste da noi pubblicati possono consultare il nostro sito Internet: www.francoangeli.it o scrivere, inviando il loro indirizzo, a: "FrancoAngeli, viale Monza 106, 20127 Milano".
a cura di Pietro Bria e Fiorangela Oneroso
L'INCONSCIO ANTINOMICO Sviluppi e prospettive dell'opera di Matte Bianco
FrancoAngeli
In copertina: particolare trano da un disegno di Enrique Marin Grafica della copertina: Elena Pellegrini
Copyright© 1999 by FrancoAngeli s.r.l., Milano, ltaly
Edizione 5 6
I 2 3 4
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1999 2000 200 I 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
È vietata la riproduzione, anche parziale o ad uso interno o didattico, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, non autorizzata. Per la legge la fotocopia è lecita solo per uso personale purché non danneggi /'aurore. Ogni fotocopia che eviti l"acquisto di un libro è illecita ed è punita con una sanzione penale (art. 171 legge 22.4.1941, n. 633). Chi fotocopia un libro, chi mene a disposizione i mezzi per fotocopiare, chi comunque favorisce questa pratica commette un furto e opera ai danni della cultura. Stampa: Tipomonza, via Merano 18, Milano.
Indice
Introduzione. Verso un'epistemologia bi-logica, di Pietro Bria
pag. 11
Parte prima Bi-logica, riflessione filosofica ed esperienza estetica
I. Ignacio Matte Bianco e la cultura contemporanea. Estetica e »
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2. Antinomie dell'originario, di Cesare Milanese
»
44
3. Psicoanalisi e letteratura: dall'inconscio alla logica emotiva, -di Guido Paduano
»
54
4. Bi-logica e filosofia: un 'affinità elettiva, di Margarete Durst
» 68
5. Lingua, analisi della lingua e bi-logica, di Francisco Matte Bon
»
6. Pensare e sentire l'arte, di Fiorangela Oneroso
» 133
7. Pensare il sentire e pre-sentire il pensiero. L'esperienza estetica e musicale come esperienza bi-modale, di Antonio Di Benedetto
» I5I
8. Il problema del principi0 di simmetria, di Gabriele Pulli
»
166
9. Capogiri bi-logici nell'umorismo di Pirandello, di Pietro Milone
»
177
psicoanalisi, di Aldo Giorgio Gargani
5
88
Parte seconda Bi-logica e clinica psicoanalitica 1. La teoria bi-logica e le sue applicazioni cliniche, di Klaus Fink
·pag. 199
2. Bi-logica e terapia psicoanalitica, di Eric Rayner
»
214
3. Elementi di bi-logica nel lavoro clinico con bambini ed adolescenti, di Luciana Bon de Matte
»
228
4. La cristallizzazione edipica: un'applicazione clinica del pensiero di I. Matte Bianco, di Alessandra Ginzburg
»
239
»
248
6. Psicoanalisi, bi-logica, psichiatria, di Alberto Siracusano
»
260
7. Rigorosità, apertura e sorpresa nel pensiero teorico di I. Matte Bianco, di Giuseppe Maffei
»
269
8. Granum sinapis: una riflessione sulla relazione tra conoscenza psicoanalitica e conoscenza analogica, di Sergio De Risio
»
278
1. Incontro con I. Matte Bianco, di Doriano Faso/i
»
289
2. L'insegnamento di I. Matte Bianco, di Leonardo Ancona
»
295
3. Ricordo di lgnacio Matte Bianco, di Paolo Perrotti
»
304
Bibliografia
»
313
Gli autori
»
318
5. La lacunarità psicosomatica e la bi-logica di I. Matte Bianco, di Luigi Scoppola
Parte terza Testimonianze
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The two eyea are replaced by one big eye, Thia ■ uggeata that the artiat ia referring to both eyea 'put in one'. Thia, in lta turn1 auggeata the claaa which compriaea all eyea: it i ■ one, two and all eyea. The ca~acity for looking or propoaltional functlon of thia !21g_ eye-c~aaa ia that of all eyea. In other words,the picture auggeats a aymmetrizaticri of the claaa. On the other hand, the eyelida are repreaented by what looka rather like a palr of windows: eyelld • window: another aymmetrization. The eye i ■ blg in proportlon to the head, and thia aeems to suggeat alertneaa and penetrating .capacity: agaln a augge ■ tion of the whole ■ ymmettlzed claaa. When the lida are cloaed, lt
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I due occhi sono sostituiti da un grande occhio. Ciò suggerisce che l'artista si sta riferendo a entrambi gli occhi "messi in uno solo". Ciò suggerisce, a sua volta, la classe che comprende tutti gli occhi: essa è uno due e tutti gli occhi. La capacità di visione o della funzione proposizionale di questo grande occhio-classe è quella di tutti gli occhi. In altre parole.il disegno suggerisce una simmetrizzazione della classe. D'altra parte le palpebre sono rappresentate da qualcosa che somiglia a due finestre; palpebra=finestra: un'altra simmetrizzazione. L'occhio è grande in proporzione alla testa e ciò sembra suggerire capacità di penetrazione e di vigilanza: di nuovo capacità della classe simmetrizzata. Quando le palpebre sono chiuse l'occhio può guardare all'interno: capacità di estro-versione e di introversione... mondo esterno e mondo interno. D'altra parte l'occhio appare piazzato in profondità, all'interno della testa e ciò suggerisce non solo una capacità ma anche una propensione ad esplorare il mondo interno. Le braccia e le gambe assomigliano ad oggetti meccanici tenuti insieme da viti. Ciò è in accordo con la loro funzione essenziale: di tutte le parti del corpo esse sono quelle che possono essere più facilmente sostituite con apparecchi inanimati. D'altra parte esse, in qualche modo, somigliano a pesci che nuotano nell'aria e quest'impressione è anche rafforzata dal fatto che gli arti inferiori non sono attaccati al tronco. Il disegno, perciò, trasmette un 'altalena dall'arto all'oggetto inanimato ai pesci che nuotano: dalla vita alla non-vita, alla vita. La parte del corpo sotto la testa mi sembra simile alla superficie curiosamente modellata di un tavolo che, tuttavia, è parte del corpo stesso. Vi è su di essa qualcosa di simile ad una penna o allo strumento di un· incisore. Ciò suggerisce l'unità-indivisibilità dell'uomo e gli strumenti che egli usa per la sua creazione: suggerisce, cioè, il modo indivisibile. Il tronco, d'altra parte, è appena abbozzato e non ha nessun punto di attacco con la testa-tavolo. Le braccia e le gambe nuotano-volano nello spazio con grande facilità e libertà. Tutto ciò suggerisce la supremazia del pensiero-sentimento sugli aspetti materiali. Nel complesso, in un flusso del tutto spontaneo che proviene dal profondo dell'essere, questo disegno trasmette nel modo più creativo l'intimo intreccio tra i due modi di essere. Credo che potrebbe essere chiamato l'artista, lo psicoanalista, il filosofo: si accorda a tutti e tre. lgnacio Matte Bianco (Traduzione dall'inglese di Pietro Bria)
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Nota dei curatori Questo disegno è del noto pittore e incisore spagnolo Enrique Mario che ne ha fatto omaggio personale a Matte Bianco. Il commento - inedito è dello stesso Matte Bianco che lo aveva scritto per apporlo, insieme al disegno, come apertura di un volume che, sotto il titolo di "Internal World", costituiva la prima e creativa versione di quello che, nella definitiva edizione inglese, sarebbe diventato "Thinking, Feeling and Being". In questo disegno, nato dall'amicizia e dalla stima, Matte Bianco ravvisa, come già aveva fatto in un'altra occasione per un quadro di Magritte, l'espressione di quella "bimodalità" antinomica e costitutiva che, per Enrique Marin, era anche un modo di manifestare la sua "simpatia" verso l'autore della bi-logica. Pubblicando il disegno e il commento in apertura di questo nostro omaggio a Matte Bianco intendiamo anche ringraziare l'artista spagnolo.
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Desideriamo esprimere un ringraziamento particolarmente vivo a Gabriele Pulli che ha dato un contributo essenziale a tutte le fasi di questo lavoro, da quella ideativa a quella realizzativa. Un analogo ringraziamento va a Fernando La Greca per la sua consulenza nella soluzione dei problemi informatici. P. B. F. O.
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Introduzione Verso un'epistemologia bi-logica di Pietro Bria
Questo volume nasce da un incontro che, a più di vent'anni dalla pubblicazione de L'Inconscio come insiemi infiniti e mentre l'editore· Einaudi sta per pubblicarne la ristampa in una nuova collana, abbiamo promosso attorno alla figura e all'opera di Ignacio Matte Bianco. Scopo dell'incontro era quello di fare un bilancio di un percorso che, attraverso la riformulazione dell'inconscio freudiano, era approdato a qualcosa di molto più radicale che rappresenta una vera e propria sfida per l'epistemologia: la scoperta di una realtà antinomica annidata nel cuore stesso dell'essere e per la quale il mondo costitutivamente è o può essere visto allo stesso tempo come uno solo e indivisibile e come formato da aspetti o parti o punti di vista diversi tra loro. «Non vi è, nella nostra epistemologia, alcun modo di risolvere questa antinomia. Tuttavia, ciò non implica necessariamente che essa non sia risolvibile». Così si esprime Matte Bianco in uno dei suoi ultimi scritti, in quella lezione indimenticabile con cui riceveva dall'Università di Pisa la laurea honoris causa in Lingue e Letterature straniere. Introducendo la versione italiana di Thinking, feeling and being ho fatto anche notare come con essa egli si ricolleghi idealmente all'ultimo Freud, al Freud degli aforismi sullo spazio, sull'essere e sull'avere del I 938, ristabilendo con il pensiero e con l'eredità freudiana un rapporto di continuità che del resto aveva già segnato la sua opera fondamentale. Attorno a questo concetto nucleare che sorregge tutta l'impalcatura teorica del pensiero di Matte Bianco si sono, così, riuniti studiosi e allievi che in modi diversi nel corso della loro vita si sono imbattuti nella sua persona e nella sua opera e da varia prospettiva hanno utilizzato le sue idee o il suo insegnamento per interpretare più adeguatamente i fatti, siano essi i fatti della clinica o quelli della letteratura. E proprio dalla letteratura e dall'analisi testuale sarebbero arrivati - per lo meno in Italia - i primi importanti ricòscimenti per la psicoanalisi matteblanchiana. Da quei settori che, avendo già fatta propria la lezione freudiana 11
della Traumdeutung, erano in qualche modo pronti ad accettare quel mutamento di prospettiva che, rispetto alla versione «contenutistica» dell'inconscio fondata sulla rimozione, privilegiava l'anima strutturale della riflessione freudiana (presente nel primo e nell'ultimo Freud) che tendeva a ricondurre nell' «ordine logico» quegli aspetti «irrazionali» od «illogici» del comportamento e delle passioni umane che si presentavano agli occhi della Coscienza come dissoluzioni più o meno ampie della sua trama che è tessuto della logica e dei suoi principi - primo fra tutti quello di non contraddizione - ai quali la Coscienza umana appare vincolata. Nell'esporre le motivazioni per cui il Senato Accademico gli conferiva la laurea honoris causa, Guido Paduano esplicitava il tributo che all'opera di Matte Bianco veniva riconosciuto da ambiti culturali come la linguistica, l'arte e la letteratura, campi del sapere «in cui il doppio essere dell'uomo si manifesta con maggiore ricchezza dell'una e dell'altra delle sue forme e del loro equilibrio». «La struttura della comunicazione letteraria - proseguiva Paduano, in sintonia con i contributi già espressi in altra sede da Francesco Orlando ma anche da Stefano Agosti e da Cesare Milanese - ha infatti un carattere compromissorio e dialetticamente bilanciato in un campo di forze: da un lato è un sistema di significazione definito e controllato, cioè uno strumento per conoscere il mondo nelle sue articolazioni, nella chiarezza delle sue distinzioni e alternative; dall'altro, è una spinta verso l'assoluto, l'infinito, la totalità, una necessità inesauribile di arricchimenti e allargamenti. Essa si afferma nei cortocircuiti del pensiero creativo garantiti da nessi perfettamenti estranei ad una Weltanschauung razionale, e ancor di più nell'ambiguità delle connotazioni, nell'opacizzazione del rapporto tra significante e significato, nell'eccesso di senso che è in ogni figura, nelle identificazioni impossibili che si creano dalla folgorazione della metafora». Ai rapporti tra universo emotivo e letteratura e, all'interno della stessa opera, tra mondo della «totalità» simmetrica e mondo della «pluralità» asimmetrica Paduano ha dedicato la sua più recente ricerca di studioso. Mi riferisco all'innovativa lettura della poesia di Catullo in termini di emozioni infinite da cui essa è permeata ma, ancora di più, alla sua stimolante e provocatoria versione e interpretazione dell'Iliade di Omero dove l'universo emotivo del protagonista Achille con i processi di «infinitizzazione» e i continui rimandi delle «identificazioni simmetriche» che lo caratterizzano diventa il motore di tutta l'azione drammatica sino ad arrivare a comporsi in un equilibrio con l'universo storico della pluralità e del finito. Universo emotivo e processi di infinitizzazione. Non c'è dubbio che la teoria dell'emozione che Matte Bianco pone nel cuore della sua opera più importante, L'Inconscio come insiemi infiniti, e che senza dubbio costituisce
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il contributo più originale e completo sull'argomento nel panorama psicoanalitico e psicologico post-freudiano, è quella che forse ha avuto l'impatto maggiore su quanti hanno accolto ed utilizzato le sue idee. E ciò non fa meraviglia se si pensa che l'analisi dei processi emozionali da una parte rappresenta il punto di convergenza della riflessione sull'inconscio freudiano e di quella sull'Infinito e dall'altra viene a costituirsi come vero fondamento empirico per queste due strutture con cui lo spirito umano ha tentato nel corso dei secoli - per dirla con Matte Bianco - di catturare e di irreggimentare l'indivisibile o, il che è lo stesso, di pensare !'in-pensabile. Per tale fondamento che sta alla base e dà materia al pensare l'inconscio arriva a radicarsi nei vissuti più originari e marasmatici della corporeità e l'Infinito come era nei pensieri di Cantor - si collega alle inquietudini più profonde dell'uomo e al suo bisogno inappagato di assoluto! La logica dell'emozione, attraverso tale percorso, si lega attraverso uno stretto isomorfismo, alla logica dell'inconscio e alla logica dell'Infinito. E forse bisognerebbe parlare di qualcosa di più di un isomorfismo dal momento che, come ho scritto in un'altra occasione, l'Inconscio (e, quindi, l'Infinito) sembrano non essere altro che la «struttura cognitiva basica» dell'emozione stessa o meglio dei suoi livelli più profondi. Parlare di «logica dell'emozione» significa, così - cito Remo Bodei dal suo «Geometria delle passioni» dove accosta l'intuizione di Matte Bianco al pensiero di Spinoza- «smentire indirettamente la concezione diffusa secondo cui le passioni costituiscono energie incontrollabili e cieche». Esse, invece, non sono cieche, semmai stravedono, «extra-vedono» giacché debordano dal contesto. E in effetti - afferma ancora Bodei - «ogni persona, cosa o evento, in quanto oggetto di passione è sostanzialmente veicolo o occasione che rimanda all'universale, provocando la convergenza istantanea dell'intero genere sul singolo caso, ponendo con ciò in rilievo quel "sovrappiù", quel vistoso residuo, presente in tutte le passioni, che non cessa di scandalizzare la ragione per la "dismisura" evidente della reazione emotiva istantanea rispetto alla magnitudine della causa che l'ha generata». Siamo nel cuore della riflessione matteblanchiana: in quell'identità tra elemento e classe di appartenenza che è conseguenza del principio di simmetria per il quale «l'inconscio non conosce individui ma solo classi o funzioni proposizionali», punta verso l'infinito - quale è stato formulato dai matematici - e sarà, come vedremo, determinante per il discorso psicopatologico. Se c'è logica nell'emozione, nell'emozione c'è ragione. Qui Matte Bianco si distacca da tutta una tradizione partita da William James e si avvicina piuttosto al pensiero fenomenologico di Sartre. Ma egli aggiunge: la
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«ragione» emozionale segue percorsi - percorsi «inferenziali», aggiungerei io, seguendo Peirce - che non si esauriscono nel rispetto della sola logica aristotelica della non-contraddizione ma richiedono - per acquistare senso l'intervento di un'altra logica - la logica simmetrica - con cui Matte Bianco traduce logicamente e in positivo quelle violazioni dei principi della logica che portano all'identità tra parte e tutto e attraverso cui si esprime un aspetto o un modo dell'essere indiviso, quello stesso che cogliamo nelle nostre emozioni quando viviamo la classe totale trascurando o annullando ogni distinzione possibile all'interno di essa. L'identità tra parte e tutto o tra elemento e classe di appartenenza nel vissuto emotivo (per intenderci l'equazione e (elemento)= E (classe di appartenenza di e)), apre, come vedremo, le porte all'infinito e con ciò promuove nuove possibilità di comprensione per le dinamiche conflittuali della vita affettiva. È anche vero, però, che la loro mancata distinzione ha portato molta confusione ed imprecisione nel discorso psicoanalitico soprattutto da parte di quelle correnti di pensiero che hanno preteso di indagare e di esplorare - senza un adeguato bagaglio epistemologico - i livelli profondi inconsci del sentire e la dinamica del «mondo interno» e degli strani «oggetti» che lo abitano (il seno, il pene, la madre, il padre, il coito tra i genitori etc.) e che sono solo luoghi di mediazione in cui si esprime l'esperienza della classe totale (il Pene, il Seno, la Madre, il Padre etc.) che trascende di molto la realtà dell'oggetto individuale e concreto, proprio come 1/2 può essere il rappresentante e, in quanto tale, dà il nome ad una classe di equivalenza che contiene in sé infiniti elementi che hanno come valore 1/2. Da questo intreccio tra logiche - e quindi tra modi - incompatibili nascono percorsi bi-logici, nasce la bi-logica e, con essa, le strutture bilogiche - dell'inconscio, dell'emozione, dell'infinito - che sono espressione (logica) del fatto ontologico di base dal quale siamo partiti: l'antinomia fondamentale! Ne deriva che se l'inconscio è il regno delle strutture bilogiche e, in quanto tale, è il regno delle antinomie anche l'universo emotivo sarà un universo antinomico e saturo di infinito! Lo studio dei processi di inflnitizzazione che caratterizzano i livelli profondi del nostro essere emozionale si è rivelato molto importante per l'interpretazione dei fatti psicopatologici. Ciò riguarda entrambi i versanti di quello che Matte Bianco ha chiamato l'aspetto psichico dell'emozione:la «sensazione-sentimento» che lega l'emozione al corpo (il modo di «cogliere» gli inevitabili movimenti corporei che la costituiscono) e l'aspetto di ((pensiero» (stabilimento di relazioni) che la lega ali' oggetto (I' «oggetto» dell'emozione). Perché è proprio così: in ogni nostra emozione - e il discorso vale a maggior ragione per le emozioni più basiche come l'amore, l'odio,
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la rabbia, la paura - siamo al tempo stesso «corpo vissuto» e relazionati con il mondo! Per quanto riguarda la «sensazione-sentimento» essa ci riporta ai livelli arcaici del sentire (che sono livelli primitivi della relazione corpo-mente): i livelli «simmetrici» dell'esperienza marasmatica del corpo quando quest'ultimo occupa la scena con l'insieme disperso delle sue sensazioni che attendono di essere contenute, discriminate e rivèstite di significato. Questi livelli dell'esperienza sensoriale non più contenuti fanno irruzione nello stato di «panico» e arrivano a sopraffare la mente impedendone il funzionamento. Armando Ferrari (1992) ha parlato per questo livello «corporeo» di oggetto originario concreto la cui eclissi darà origine e sviluppo alla dimensione mentale. Il secondo aspetto dell'esperienza emotiva - quello che la lega al1' oggetto - dal momento che si traduce in un processo di «infinitizzazione» delle caratteristiche di quest'ultimo (l'oggetto amato, in altri termini, sarà infinitamente amato e l'oggetto odiato sarà infinitamente odiato) mi ha portato a riflettere sulla peculiare natura del conflitto psichico inconscio e ad affermare che l'infinitizzazione emotiva è fonte di «assoluta» incompatibilità quando interessa due opposti - come è il caso dell'amore e dell'odio su cui si fonda la dialettica pulsionale descritta da Freud. In effetti - come ho scritto altrove - nel mondo dell' «illimitato» in cui si muovono le emozioni inconsce, non ancora temperate dal pensiero, l'opposizione tra i «contrari infinitizzati» - e cioè tra amore (infinito) e rabbia (infinita) - riguardo allo stesso oggetto diventa incompatibile con il rispetto del principio di non contraddizione perché in questo livello «infinito» amare o odiare sotto certi aspetti diventa amare o odiare sotto ogni aspetto e diventa impossibile una competizione tra i due. Non solo, ma la coesistenza dei contrari sembra, a questo livello, puntare verso l'identità tra i contrari stessi (l'«identitas oppositorum» che è chiara violazione del p. di n. c.): quell'equazione amore= odio che è sentita oscuramente come incompatibile con la stessa sopravvivenza. Se seguiamo, poi, l'ipotesi kleiniana sullo sviluppo e il significato che questa attribuisce ai meccanismi di scissione con cui il bambino cerca di far fronte all'esperienza - necessariamente confusiva - per la quale lo stesso Seno è sentito come fonte di Bene e di Male (assoluto), possiamo ben dire che la Klein - al di là della validità globale delle sue ipotesi sulla mente del bambino - sembra cogliere un fatto fondamentale che si sviluppa come risultato dell'impatto tra l'esperienza emotiva inconscia infinitizzata e le operazioni embrionali ma necessariamente discrete della mente conscia. Per esso il bambino che arriva a costituire la "realtà interna schizoparanoide" del Seno Buono e del Seno Cattivo sta in effetti cercando di trattare una realtà
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con-fusiva che sente come incompatibile con la propria sopravvivenza affermando, per la prima volta, con un movimento del pensiero, un principio di incompatibilità che pone a difesa della sua salute mentale. Questo principio vuole che lo stesso Seno non può essere portatore al tempo stesso di bene e di male e, quindi, amato e odiato. Il che vuol dire: non possono darsi al tempo stesso e sotto il medesimo riguardo due opposti rispetto allo stesso oggetto. Mi sembrano qui risiedere - comè più volte ho affermato - i presupposti affettivi per la nascita di un principio logico, quello di non contraddizione che, nell'accezione aristotelica, è principio di incompatibilità tra gli opposti con cui l'uomo sembra difendersi dall'irruzione dell'infinito e, quindi, dell'indivisibile e garantire la natura oppositiva e dialettica del reale su cui il pensiero opera. Credo che lo sforzo dell'analisi matematica che nell'800 è arrivata a formulare il concetto di limite con cui ha pensato di padroneggiare l'infinito (da qui la risoluzione apparente dei paradossi di Zenone sul movimento) oltre che agli ovvi problemi da risolvere imposti dalla realtà risponda anche alle esigenze di questa realtà interiore che Zenone traduceva attraverso i suoi paradossi che denunciavano un insanabile conflitto tra ragione ed esperienza. Si delinea, così, nella concezione matteblanchiana della «mente inconscia», influenzata dal concetto di infinito, una topologia pluristratificata del conflitto nella mente. Questa parte dai livelli più superficiali (nei quali modello per il conflitto è il contrasto tra forze o «attrattori» (Thom), ben noto alle scienze fisiche utilizzato da Freud per il suo modello pulsionale e vincolato al rispetto del principio di non-contraddizione) e perviene ai più profondi dove si viene a contatto o ci si immerge nel «regno delle infinitizzazioni» dei vissuti emotivi che danno luogo ad «incompatibilità assolute» laddove erano ancora possibili compatibilità o competizioni dialettiche. E questa zona dell'incompatibilità assoluta sembra come sospesa su una zona muta dell'essere psichico aliena all'idea stessa di conflitto perché qui non si dà opposizione alcuna ma sola vige - seppur inevitabilmente e variamente circoscritta - la legge dell' «identità simmetrica» che richiama - come ha qualche volta suggerito lo stesso Matte Bianco - la strana «calma» di alcuni stati schizofrenici. Questa visione del conflitto - che ricaviamo dal suo pensiero - riveste particolare importanza quando interessa quei «sistemi motivazionali di base» che funzionano come sistemi di «opposti» (è il caso del sistema attaccamento-esplorazione) fondamentali per la costruzione della sicurezza e della stabilità del sé. A questo punto possiamo dire, con Matte Bianco: l'infinito è entrato di diritto nella scienza psicologica per restare! E su questi livelli infinitizzati dell'esperienza emotiva il pensiero umano - con la sua attività relazionale e
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sollecitato anche dalla realtà - trova sin dagli inizi la materia prima per il suo operare e la giustificazione per la sua nascita e il ~uo sviluppo. Ma il suo compito sarà purtroppo destinato a rimanere insaturo perché - come ha affermato più volte lo stesso Matte Bianco - «è nell'essenza del pensare uno scarto incolmabile con l'essere omogeneo che non può essere mai colto nella sua totalità e nella sua essenza»! «Per il resto - aggiunge Matte Bianco - non resta_ che viverlo ma la qualità e la adeguatezza del vissuto dipenderà dalla capacità della mente-pensiero di trattare con la realtà emotiva che è sua matrice: il che, nella visione di Matte Bianco, sarà anche capacità di saper oscillare armonicamente- nei posti e nei tempi giusti - tra i vari livelli della «struttura polistratificata» che costituisce la mente. Gran parte della psicopatologia dipenderà dal fallimento - che rimanda a complessi fattori bio-ambientali - di questa funzione di «contenimento» e di «modulazione» (funzione asimmetrica di traduzione o di dispiegamento, nei termini di Matte Bianco) che il pensiero non riesce ad assolvere. Lo studio delle strutture bi-logiche inaugurato e sviluppato da Matte Bianco ha trovato applicazioni nella clinica psichiatrica (vedi quelle sul pensiero ossessivo e su quello schizofrenico avviate dallo stesso Matte Bianco e punto di partenza della sua indagine sull'inconscio freudiano ma anche la formulazione della struttura bi-logica cortocircuitata rilevata nel delirio di Schreber) e nella terapia psicoanalitica (mi riferisco qui brevemente alla proposta avanzata da Matte Bianco nei suoi ultimi scritti sulla terapia riguardo le possibilità di trasformare strutture bi-logiche non-vitali in strutture bi-logiche vitali isomorfe alle prime: una proposta che attende di essere sviluppata). Si può, però, dire di più: lo sviluppo della ricerca sulle strutture bi-logiche attraverso cui trovano espressione quelle che a ragione possiamo chiamare le «categorizzazioni affettive» potrà senza dubbio contribuire a costruire un fecondo rapporto - con effetti inevitabili per la terapia - tra la psichiatria clinica e le più avanzate proposte che provengono dalle neuroscienze (mi riferisco, ad esempio, alle ricerche di Edelman sui processi di categorizzazione percettiva che sembrano muoversi in un'ottica parallela o, quanto meno, compatibile con questa). E così arriviamo a un territorio che è stato sempre centrale nella riflessione matteblanchiana sulla mente: quello dei rapporti tra spazio e mente che occupa gran parte degli ultimi contributi di Matte Bianco e che rappresenta un campo di studio per il futuro della psicoanalisi e della conoscenza in generale. La riflessione sullo spazio nella mente ci riporta ai suoi antichi Studi di Psicologia dinamica (1954) quando analizzando la struttura del testo onirico - via regia verso l'inconscio - e utilizzando il concetto di spazio multidimensionale egli arriva ad affermare: «il sognatore (e !_'inconscio) si
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comporta come un geometra che adopera un numero di variabili superiore a tre ma è costretto ad usare nella sua rappresentazione uno spazio di dimensioni non superiori a tre». Questo processo di «tridimc;:nsionalizzazione» e cioè di «dispiegamento immaginativo» di qualcosa (la realtà multidimensionale dell'inconscio) che in sé sarebbe alieno all'immagine e alla rappresentazione, applicato al sogno e al «lavoro onirico» che lo fa venire alla luce capovolge, di fatto, tutta l'ottica prevalente nella Traumdeutund freudiana fondata sulla rimozione e configura il testo del sogno come una struttura bilogica affatto particolare cui Matte Bianco dà il nome di Struttura Bilogica Tridimensionalizzata. Questo percorso viene esplicitamente affermato dal nostro autore in un suo intervento alla Fondazione Cini di Venezia (1982) dove, proponendo una ipotesi di topologia dell'onirico, egli ne espone i presupposti in termini di dinamica tra spazi di dimensione diversa. E cosl nella sua riflessione il sogno, nel suo contenuto manifesto, sembra non più e non solo - come voleva Freud nel suo programmatico capitolo terzo dell'Interpretazione dei sogni - il risultato del «mascheramento» difensivo del desiderio latente o inconscio quanto piuttosto il prodotto della coscienza immaginativa che cerca di attrarre e di tradurre o dispiegare nello spazio che le è proprio - che è spazio tri-dimensionale - la «multi-dimensionalità» che è propria del desiderio inconscio e che in sé sarebbe aliena all'immagine e alla rappresentazione come bene intul Magritte, pittore e geometra dell'onirico. Con questi strumenti concettuali ne L'inconscio come insiemi infiniti Matte Bianco aveva rivisitato il principio di non contraddizione proponendone una interpretazione geometrica che apriva enormi possibilità di comprensione per i fatti psicologici. «Il principio di non-contraddizione - egli affermava - deve essere considerato nei termini dello spazio preso in esame o nei termini delle corrispondenze biunivoche che si possono stabilire tra asserzioni e punti di quel particolare spazio». Se si può concepire un numero infinito di spazi, si possono concepire un numero infinito di leggi di contraddizione, ciascuna delle quali corrisponde a un determinato spazio e non ad altri. E il rispetto del principio di non contraddizione in un determinato spazio (non p e non-p) potrebbe non valere più se passiamo ad uno spazio di dimensioni superiori (p e non-p, dove non-p è il corrispondente, in uno spazio di dimensione maggiore, del punto p). Viceversa ciò che è contraddittorio in un determinato spazio potrebbe non esserlo in uno spazio di dimensione maggiore. Come Alice nel paese delle meraviglie assistiamo a uno sconvolgente ma anche affascinante mutamento di prospettiva quando abbandoniamo i limiti della tri-dimensionalità e ci lasciamo andare nel mondo della multidimensionalità dove scopriamo paure e terrori ma anche nuove
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possibilità creative e un rapporto più profondo con le cose e con gli esseri che ci circondano! All'interno di questo riferimento multidimensionale e di questa dialettica dimensionale Matte Bianco esplora in Pensare, sentire ed essere, come mai aveva fatto prima e con un continuo rimando ai fatti clinici, la vita del mondo interno ( «Internal world» era, ricordo bene, il titolo originario del suo volume poi modificato), la natura degli oggetti spesso strani o «bizzarri» che popolano la mente e il loro metabolismo ( «introiezione», in quale spazio?, si interroga Matte Bianco). In sintonia con un altro grande psicoanalista, R. Wilfred Bion, che verso la fine della sua vita, in Memoria del futuro, si avventura anch'egli nei tortuosi e strani labirinti dell'interiorità cosparsi di paradossi - che sono anche «paradossi della temporalità» Matte Bianco ci offre in quest'opera, accanto alla sua grande esperienza clinica, una illuminante meditazione sulla natura dell'oggetto psichico che si apre verso il futuro della scienza psicoanalitica. Per essa l'oggetto interno quale ci viene descritto dalla clinica psicoanalitica appare come uoa realtà cosparsa di paradossi - che sono paradossi bi-logici - risultato della strana «topologia» che vige nell'inconscio. Per essa l'oggetto (come oggetto concreto tri-dimensionale) è sentito come interno al sé ma al tempo stesso, in quanto classe, è sentito come qualcosa di più generale che sembra piuttosto contenere il sé: una «simmetrizzazione della relazione contenuto-contenitore che in un mio lavoro su Bion ho posto alla base del suo·concetto di «cambiamento catastrofico». Tutto ciò - afferma Matte Bianco - è conseguenza del fatto che «ci sono fatti essenziali a proposito della mente e delle relazioni tra l'individuo e gli altri individui (seno, madre, padre, mondo) che semplicemente non possono essere colti in termini di antitesi tra esternointerno ... ma si riferiscono agli aspetti non-tridimensionali che sono essenziali per gli esseri umani e rappresentano l'espressione dell'esperienza del!' indivisibilità, essa stessa parte della natura umana (e alla base del suo essere emozionale) ... Il pensiero cerca frequentemente di concepire questi aspetti in termini di spazio ma il miglior risultato che può raggiungere in tale tentativo è quello di usare il concetto di infinito e di spazio di infinite dimensioni». Ho parlato poéo fa di «paradossi della temporalità» e proprio con il problema del tempo vorrei concludere questa mia introduzione necessariamente incompleta al pensiero di Matte Bianco perché mi permetterà di aprire un altro varco verso l'antinomia costitutiva. Parto da una citazione di Freud tratta dalla trentunesima lezione delle sue Lezioni Introduttive alla Psicoanalisi: «Nulla si trova nell'Es che corrisponda all'idea di tempo, nessun riconoscimento di uno scorrere temporale e - cosa notevolissima e che attende un'esatta valutazione filosofica - nes-
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sun'alterazione del processo psichico ad opera dello scorrere del tempo. Impulsi di desiderio che non hanno mai varcato l'Es, ma anche impressioni che sono state sprofondate nell'Es dalla rimozione, sono virtualmente immortali, si comportano dopo decenni come se fossero appena accaduti. Solo quando sono divenuti coscienti mediante il lavoro analitico essi possono venir riconosciuti come passato ... e su ciò si fonda, e non in minima parte, l'effetto terapeutico del trattamento analitico. Ho costantemente l'impressione che da questo fatto accertato al di là di ogni dubbio, dell'inalterabilità del rimosso ad opera del tempo, noi abbiamo tratto troppo poco profitto per la nostra teoria. Eppure qui sembra aprirsi un varco per penetrare in profondità. Purtroppo nemmeno io sono andato oltre su questo punto». In linea con queste affermazioni Freud nel suo lavoro L'inconscio del 1915 aveva già parlato di processi inconsci in sé a-temporali enunciando a sua insaputa come più volte Matte Bianco ha rilevato - una antinomia che vuole l'inconscio - in quanto processo - immerso nel tempo ma anche al di fuori del tempo: antinomia che Matte Bianco fa propria e risolve in positivo nella sua riformulazione bi-logica dell'inconscio freudiano. Nel 1988 Aldo Giorgio Gargani scrive l'autobiografico Sguardo e Destino che si annuncia come una svolta nel suo percorso di uomo e di scrittore. Matte Bianco, a lui legato affettivamente, coglie il senso di questo mutamento e prepara uno scritto per la presentazione del volume che, pur in non perfetto stato di salute, tiene a comunicare personalmente a Gargani. Trovo questo piccolo saggio inedito, mosso com'è dall'affetto, profondamente ispirato. In esso, partendo da alcune affermazioni dell'autore, Matte Bianco ritorna forse per l'ultima volta sul problema del tempo e attraverso le intuizioni di Freud e dei filosofi presocratici (Parmenide ed Eraclito) getta di nuovo lo sguardo sull'antinomia costitutiva quale si esprime nel profondo dell'essere in una struttura bi-logica pluritemporale. E con le sue parole vorrei concludere questo piccolo saggio introduttivo al suo pensiero: «Mi sembra che nella sottile analisi della coscienza che ritorna su se stessa - avere coscienza, avere coscienza.di avere coscienza, avere coscienza di avere coscienza di avere coscienza ... - egli (Gargani) si confronta con un problema inquietante: esiste per noi una realtà indipendente da noi stessi, esseri che pensano, sentono e ricordano? Alternativamente, non sarà forse che tutto ciò che consideriamo reale, come per es. i ricordi della nostra infanzia, non sia soltanto che quell'aspetto del passato che è sempre rimasto in noi, non come un semplice ricordo passivo bensì come una realtà a se stante e attiva, che agisce su molti e diversi aspetti della nostra vita di ogni giorno (Struttura bi-logica pluritemporale)? Se fosse così, allora bisognerebbe concludere che non esiste il passato bensì soltanto il presente. Ma il presente si definisce in rapporto a passato e futuro. Allora non si può dire «soltanto il presente». Forse sarebbe più accurato dire che non esiste il tempo. Eppur... esiste. Esiste e non
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esiste. E se la formuliamo così, allora stiamo davanti ad una antinomia che Freud ha definito senza chiamarla con questo nome... Penso che tale conclusion~. dell'esistenza di un'antinomia fondamentale dell'essere, costituisca un'importante comprensione della natura del mondo. E ciò apre nuove porte, sia alla psicoanalisi che alla filosofia. Quando Gargani dice «come se un tempo sterminato si fosse contratto in un istante» troviamo una conferma del suo sforzo per accettare l'a-temporalità senza far scomparire la temporalità, poiché un istante è sempre una porzione di tempo. In altre parole, egli non riesce a rinunciare a nessuna delle due. Così facendo si colloca nel. mezzo dell'antinomia fondamentale, che sarebbe l'espressione della coesistenza di due logiche - aristotelica e simmetrica - che sono incompatibili tra di loro. Questa antinomia porta a sua volta alla concezione anch'essa antinomica dei due modi dell'essere: da un lato l'essere è uno solo e indivisibile; dall'altro gli esseri sono molti ... E ci accorgiamo che il nostro autore, senza dirlo in queste parole, si trova nella stessa atmosfera di pensiero quando scrive: «siamo diventati figli di un padre che è divenuto nostro figlio, che ora Io sappiamo anche noi, che era vero, ma non era vero; che è vero, ma non è vero».
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Parte prima Bi-logica, riflessione filosofica ed esperienza estetica
1. lgnacio Matte Bianco e la cultura contemporanea. Estetica e psicoanalisi di Aldo Giorgio Gargani
Nel confronto fra un'analisi informata alla logica ordinaria, asimmetrica, rispettosa del principio di non contraddizione da un lato e una logica invece simmetrica, che assume l'identità della parte con il tutto al quale appartiene, consegnata al principio di contraddizione e dunque all'infinitizzazione di tutti i possibili asserti, l'opera di Matte Bianco coglie un aspetto fondamentale della problematica estetica quale si è venuta delineando a partire dalla Critica del Giudizio di Kant fino ai più recenti dibattiti 1• Tale aspetto si riferisce a quella modalità dell'esperienza estetica che ha una relazione con un'unità indeterminata e oscura della realtà psichica totale, della quale non possiamo avere un concetto, né una definizione formale, né una presa intellettuale esaustiva. La teoria psiconalitica per Matte Bianco è quella disciplina che analizza il processo nel quale una logica basata sul principio di non contraddizione e sul principio dell'asimmetria cerca di strappare al mondo infinito dell'inconscio le relazioni asimmetriche che vi sono potenzialmente depositate. A questo intreccio di logica asimmetrica, fondata sul principio di non contraddizione, e di logica simmetrica Matte Bianco dà il nome di bilogica. La psicoanalisi trascorre dal mondo eterogeo, distinto, asimmetrico della logica ordinaria al mondo simmetrico, omogeneo, indiviso e infinito dell'inconscio per restituire un'intelligibilità di quest'ultimo, senza perallro poter mai raggiungerlo e risolverlo nelle proprie formule finitarie. «La psicoanalisi sta facendo con l'essere psichico reale, che è l'uomo, quello che la matematica ha fatto con il suo oggetto, l'essere psichico ideale: sta scoprendo complessità e sottigliezze sempre crescenti. È una funzione di traduzione: "strappar via" dagli infiniti simmetrici molte delle relazioni asimmetriche in essi implicite potenzialmente. Ma è un modo peculiare di strappar via, poiché la fonte rimane distante dall'asimmetria e non toccata da essa. La funzione di traduzione è, assai para1 Sulla problematica estetica aperta da Kant, cfr. Pietro Montani, Estetica ed Ermeneutica, Lnterza, Roma-Bari 1996, pp. 3 e sgg.
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dossalmente, simile ad un'immagine speculare di qualcosa che in sé non ha nessuna forma e struttura, ma che potenzialmente suggerisce un numero infinito di forme e di strutture: è la creazione di un numero (potenzialmente) infinito di immagini di qualcosa che da solo non è capace di essere riflesso» 2. Da Kant a Heidegger l'esperienza estetica, intesa in un senso lato, dunque non più semplicemente ed esclusivamente come dottrina del bello e della forma, ma come paradigma di ogni processo conoscitivo, costituisce una condizione esemplare di quel processo psichico nel corso del quale l'uomo esperisce un sintomo inesprimibile dell'infinito, un presagio dell'indicibile. Matte Bianco ravvisa precisamente il tratto specifico dell'esperienza estetica nella circostanza che essa contiene e significa una varietà pressoché illimitata di simboli in forma implicita. Dunque l'esperienza estetica come tale si manifesta nel suo rapporto strutturale e costitutivo con l'infinito e con l'ineffabile. «Un tratto costitutivo e distintivo della creazione artistica del suo prodotto, l'opera d'arte, è di dire molto di più di quanto dice esplicitamente. In altre parole, ogni opera d'arte ha attorno a sé un alone di significati apparentemente non visibili ma tuttavia presenti e costitutivi della natura dell'arte» 3• La teoria psicoanalitica di Matte Bianco nel suo complesso, da L'inconscio come insiemi infiniti fino a Pensare, sentire, essere 4 si inserisce in questa tematica. Quell'unità indeterminata e oscura rappres~nta l'emozione infinita in cui, secondo Matte Bianco, consiste l'inconscio. «Il meno che si possa dire su emozione e inconscio è che sono molto simili, se non identici. L'emozione viene espresa nei termini delle stesse violazioni della logica che osserviamo nell'inconscio. Nessuno dei due è una pura espressione del mondo indivisibile, ma entrambi ne sono altamente saturi. Così possamo anche dire che l'inconscio, che rispetta così poco le leggi del pensiero logico, è ciononostante il padre del pensiero logico» 5• La concezione della bi-logica coglie la relazione di un pensiero e di un linguaggio logico, basato sul principio di non contraddizione e di asimmetria, che deve fronteggiare l'impatto di un pensiero e di un racconto che si sottrae a quella strategia logica, che emerge e si dispiega nel flusso caoti2 I. Matte Bianco, L'inconscio come insiemi infiniti. Saggio sulla bi-logica, Introduzione di Pietro Bria, Einaudi, Torino, 1981, p. 333. 3 I. Matte Bianco, «Riflessioni sulla creatività artistica», in Filmcritica Argomenti, 1986, p. 256. 4 I. Matte Bianco, Pensare, sentire, essere, Einaudi, Torino, 1995. 5 lvi; op. ci t., p. 113.
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co di relazioni simmetriche, nelle quali i termini sono invertibili (parte-tutto, padre-figlio e simili), in cui il finito si infinitizza, il membro di una classe, un suo sottoinsieme, si identifica con la classe alla quale appartiene, per esempio un seno viene identificato con la classe di tutti i seni. In questi termini la dottrina di Matte Bianco riesce a decifrare l'aspetto infinito e universale dell'oggetto estetico per se stesso contingente, particolare, determinato dalle intemperie dello spazio e del tempo. «Un tratto distintivo dell'opera d'arte sarebbe di offrire al suo contemplatore qualcosa che appare come più o meno circoscritto e di insinuare dentro questo qualcosa, in modo armonioso e più o meno invisibile, molte o tutte le classi cui l'oggetto o situazione concreta in questione appartiene» 6• La bi-logica di Matte Bianco combinando pensiero logico ordinario, asimmetrico, fondato sul principio di non contraddizione, definito su parametri spazio-temporali 7 da un Iato e logica simmetrica, basata sulla contraddizione, fuori del tempo e dello spazio - che è la logica dell'inconscio e dell'emozione infinita - dall'altro rende ragione di quella condizione esistenziale e di quella condizione emotiva in cui l'uomo esperimenta il limite insuperabile e intrascendibile della sua domanda di senso 8 • In questo senso, l'uomo deve continuare a cercare instancabilmente, senza mai arrestarsi, la parola autentica che gli restituisca parti del suo Sé. Questa parola suscita in lui l'esperienza dello stupore perché Io sorprende, perché Io inizia a quello che egli è, ma che al tempo stesso deve anche diventare attraverso la parola e l'espressione. Le parole dunque sorprendono noi stessi e ci insegnano qual è il nostro pensiero. Samuel Beckett nel terzo volume della sua Trilogia, L'innominabile chiarisce la condizione di questa scoperta. «Bisogna continuare, bisogna dire delle parole, intanto che ci sono, bisogna dirle, fino a quando esse non mi trovino, fino a quando non mi dicano, strana pena, strana colpa, bisogna continuare, forse è già avvenuto, forse mi hanno detto, forse mi hanno portato fino alla soglia della mia storia, davanti alla porta che si apre sulla mia storia, ciò mi stupirebbe, se si apre, sarò io, sarà il silenzio, là dove sono, non so, non lo saprò mai, dentro il silenzio non si sa, bisogna continuare, e io continuerò,/. 6
I. Matte Bianco, «Riflessioni sulla creatività artistica», cii., p. 271.
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Ricordiamo che il principio di non contraddizione prevede vincoli spazio-temporali, in quanto esso stabilisce che una proprietà non può essere e non essere predicata di un oggettosotto il medesimo riguardo e nel medesimo tempo. 8 Su questa tematica cfr. ancora P. Montani, op. cit., pp. 5 e sgg. 9 S. Beckett, L'innominabile, in Id., Trilogia, a cura di A. Tagliaferri, Einaudi, Torino, 1996. p. 464.
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Anziché una soggetivizzazione dell'esperienza estetica, Matte Bianco attraverso la connessione fra psicoanalisi ed estetica, fra logica del conscio e logica dell'inconscio - ristabilisce la dimensione conoscitiva della poesia, delle arti e della letteratura e restituisce la dimensione ontologica dell' esperienza estetica. Questa dimensione ontologica si riferisce ad un dato di realtà, l'emozione infinita dell'inconscio che è la voce dell'altro presente nel pensiero conscio della veglia, regolato dai principi della logica ordinaria. Il pensiero non è la riduzione della realtà alla misura della coscienza o ad una rappresentazione della realtà entro il teatro della coscienza, ma è la coscienza che si illumina allorché un evento, un processo interiore si compiono e con una estremità terminale si estendono e arrivano fino a lei, la «zona chiara», diurna dell'interiorità umana. Come scriveva Robert Musi!, «Il pensiero non è qualcosa che osservi qualcosa di accaduto interiormente, ma è questo stesso accadere interiore. Noi non ci mettiamo a pensare su qualcosa, ma qualcosa emerge in noi pensante. II pensiero non consiste nel fatto che vediamo chiaramente qualcosa che si è sviluppato in noi, ma nel fatto che uno sviluppo interno si estende fino a questa zona chiara» to_
Nel confronto delle due modalità di pensiero, nel cui intreccio consiste secondo Matte Bianco l'effettività del pensare umano, si origina la condizione o lo stato psichico di un'emozione fondamentale all'origine del sapere e che è precisamente lo stupore. Lo stupore è infatti l'apertura di orizzonte che l'uomo esperimenta di fronte al dato finito e contingente che però fa segno alla struttura di una realtà infinita, in cui consiste per Matte Bianco l'inconscio. Il tema dello stupore rappresenta qualcosa di più di una nuova dottrina sulla verità, e precisamente un mutamento di paradigma. Intendo per paradigma di verità qualche cosa di più importante, di più vasto e di più comprensivo di quanto possa essere una specifica teoria della verità. Un mutamento di paradigma rappresenta un nuovo orizzonte di significato e di verità, una nuova prospettiva o una nuova grammatica all'interno delle quali si aprono dottrine della verità alternative fra loro, che nondimeno condividono un comune orizzonte (per esempio la nozione di verità come corrispondenza fra parola e cosa, fra proposizione e fatto, oppure la verità come coerenza fra le proposizioni, o ancora la verità come verifica sperimentale e simili). Vorrei dire che, in fondo, noi ritroviamo il concetto di stupore in un'epoca in cui questo tema era stato disertato da quella che è stata una cultura che ha finito per collocare al centro della sua attenzione e della sua analisi 10
R. Musil, Tagebiicher, Rowohlt, Hamburg, 1976, Heft 24, pp. I 17-18; tr. it. di E. De Angelis, Einaudi, Torino, 1980.
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quella «fallacia della centralità dell'io» che l'opera di Matte Bianco ha sottoposto ad una severa revisione critica. In sostanza, l'assunto di quella fallacia, che secondo Heidegger avrebbe inizio con Platone, consiste nella riduzione della conoscenza della realtà alla misura delle facoltà umane. È ovvio che la conoscenza se è umana non potrà che essere ricondotta alla misura delle facoltà umane, ma altra cosa è invece assumere che la realtà sia soltanto quella che l'uomo conosce, che essa consista soltanto in ciò che è, per così dire, posseduto secondo la misura delle facoltà umane. Questo atteggiamento è ciò che è stato definito da parte di certe scuole del pensiero contemporaneo come una forma di logocentrismo. Ossia un sapere dominato dall'ansia o dalla brama di dominio e di controllo da parte dell'uomo e che inoltre, proprio come tale, finisce per cancellare quell'apertura in cui consiste propriamente l'esperienza, anche emotivamente significativa, dello stupore, della meraviglia, COI) la quale Aristotele saluta l'origine del filosofare, e in cui Heidegger ravvisa la tonalità emotiva fondamentale della filosofia 11. La parola greca per designare la verità è A-létheia. Alétheia indica, con l'alfa privativa, qualcosa di nascosto che comincia a manifestarsi, ovverosia, svelatezza o, se preferite, dis-nascondimento, qualche cosa che in parte si rivela e in parte si sottrae e che, quindi, può essere la scaturigine della fondamentale condizione intellettuale ed emotiva dello stupore. In effetti, se la verità diventa la verità nel senso di ragione, di calcolo, secondo il quale l'uomo può produrre le conoscenze in conformità alle sue facoltà, ecco che la verità non è più questo dis-nascondimento, che essa cessa di indicare questa svelatezza, questo parziale ri-velarsi (nel doppio senso di manifestarsi e di nascondersi) della realtà, e diventa un oggetto che è totalmente illuminato e controllato da una ragione perfettamente rischiarata, la quale sancisce il primato dell'uomo, il primato, appunto, antropocentrico e logocentrico. Secondo questa concezione che sarebbe inaugurata da Platone, la realtà è idea, cioè la realtà è ciò che si manifesta nella visibilità intellettuale, ciò che si mostra e si fa vedere alle facoltà cognitive umane. Dice Heidegger che da quel momento metafisica e umanismo sono andati di pari passo, mano nella mano, nel senso che la realtà si riduce ad una collezione di oggetti subordinati al controllo dell'uomo e alla sua brama di di potere. La cultura scientifico-filosofica e letteraria contemporanea ha proceduto ad una destrutturazione radicale di questa centralità dell'io. Ernst Mach parlava di «das unrettbare lch», dell'io insalvabile 12 , ossia dell'esigenza di rompere con 11 M. Heidegger, Domande fondamentali della filosofia, a cura di Ugo Maria Ugazio, Mursia, Milano 1988, p. 115. 12 E. Mach, Analisi delle sensazioni e il rapporto fra fisico e psichico, a cura di L. Sosio,
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l'assunto dell'io come asse di riferimento centrale del mondo. Robert Musi! dirà che la dissoluzione del primato antropocentrico è cominciata con la rivoluzione di Copernico ed è pervenuta in epoca contemporanea alla dissoluzione dell'io, alludendo alla psicoanalisi, alle topiche di Freud secondo le quali l'io viene spodestato dalla sua centralità o, quanto meno, l'io non esaurisce l'intero mondo della psiche, ma diventa una delle istanze della nostra vita interiore. Wittgenstein riduce il termine «io» ad un puro strumento della lingua per predicare qualche cosa di noi, ma non come il nome che designa il centro insondabile dell'universo, fino allo scrittore austriaco Thomas Bemhard che ha dichiarato: «Das ganze Leben: ich will nicht ich sein, /eh will sein, nicht ich sein» (per tutta la vita: io non voglio essere io, lo voglio non essere io) 13 spodestando appunto la fallacia della centralità dell'io. Ritrovare lo stupore è proprio la condizione di questo spodestamento. La dottrina della bi-logica di Matte Bianco, attraverso il suo assunto di una molteplicità di piani della realtà, presenta una forte analogia con la definizione che Heidegger formula per esempio nelle Domande fondamentali della filosofia, che è il testo di un corso del 1937-38 svolto a Friburgo, secondo la quale lo stupore è «la dismisura dell'indecisione tra quel che un ente nella sua totalità è in quanto ente e quel che si spinge avanti come ciò che non ha stabilità, non ha struttura e che costantemente è trascinato via, ossia, qui, nel contempo, ciò che subito si sottrae» 14. Un regime di verità a mezza luce costituisce la matrice dello stupore in quanto contiene l'indicazione chiara di ciò che è. nascosto, lontano o assente. Mi viene in mente a questo proposito il passo di Montaigne che scriveva: «Perché Poppea pensò di nascondere le bellezze del suo volto, se non renderle più preziose agli occhi dei suoi amanti?» 15 • Nell'assenza, nella lontananza, perfino nella dissimulazione, nell'impossibilità di tutto vedere e di tutto conoscere c'è una forza misteriosa che porta la mente verso l'inaccessibile. È il carattere proprio del mistero, sottolinea Starobinski, quello di indurre la mente umana a sacrificare tutte le sue conquiste, tutto ciò che ha, per accedere a ciò che è nascosto, in quanto il mistero fa apparire vacuo e futile tutto ciò che non ne favorisce l'accesso. «L'ombra ha certo il potere di farci abbandonare tutte le prede, per il solo fatto che è ombra e che suscita Feltrinelli, Milano, 1975, pp. 53-4: «L'io non è un'unità immutabile, determinata, nettamente delimitata ... È impossibile salvare l'io. In parte questa convinzione, in parte il timore che essa suscita conducono alle più singolari assurdità religose, estetiche e filosofiche, pessimistiche e ottimistiche ... Si perverrà così ad una concezione più libera e radiosa della vita, che ci eviterà l'errore di disprezzare l'io degli altri e di sopravvalutare il nostro». 13 T. Bemhard, Amras, Suhrkamp, Frankfurt a. Main 1985, p. 64. 14 Domande fondamentali della filosofia cii., p. 114. 15 M. De Montaigne, Saggi, a cura di E. V. Enrico, Mondadori. Milano 1986.
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in noi un'attesa senza nome» 16 • L'indagine psicoanalitica, secondo W. Bion, «rappresenta solo l'inizio di un'indagine. Essa stimola la crescita del campo che indaga... Dedicare tempo a ciò che è stato scoperto significa concentrare la propria attenzione su qualcosa di estremamente secondario. Ciò che importa è l'ignoto, e è su questo che lo psicoanalista deve concentrare la propria attenzione» 17 • Lo stupore di fronte all'ignoto diventa il pensiero che allarga il campo stesso che va indagando, e in questo senso lo stupore guida verso l'infinito. Lo stupore è la condizione emotiva in cui il soggetto umano, spogliandosi delle sue identificazioni proiettive, si rimette alle cose e al tempo stesso consente una remissione delle cose a se stesse. Ma questo senso di stupore implica un'energia interpretativa infinita, senza limiti. E sarà questa la ragione per cui una conoscenza che si pretende completa ed esaustiva di un oggetto in realtà appiattisce l'oggetto e ne ostacola una apprensione più profonda. Non sarà dunque paradossale affermare che laddove conosciamo troppo, laddove pretendiamo di dominare a perdita d'occhio un oggetto ne smarriamo al tempo stesso la cognizione. A questa condizione fa segno la dottrina centrale di Matte Bianco dell'emozione infinita. È una parte fondamentale del discorso dello stupore - una parte in cui è difficile entrare e poi anche sostare - prendere atto che ciò che importa, ciò che alla fine è veramente rilevante non è la conformità di un processo intellettuale o esistenziale in via di svolgimento con l'idea precostituita che ne abbiamo fin dall'inizio, bensì il riconoscimento di ciò che effettivamente ne risulta, che ci sorprende e ci sorpassa. Questo è l'autentico termine di confronto dello stupore. Lo stupore è anche e soprattutto forse lo stato di una remissione a quello che ne diviene di noi, in luogo del controllo strategico che l'io pretende di estendere sulla sua esperienza totale. Dalla religione alla psicoanalisi, dalla filosofia alla poesia, lo stupore si coniuga all'evento dell'impensato., ossia all'inconscio strutturato nei termini della dottrina di Matte Bianco come insieme infiniti. Lo stupore costituisce una vera e propria iniziazione all'evento nel tempo e nello spazio del discorso: «Ma in sé la sensazione-sentimento è sperimentata come un'unità indivisibile, non come una sequenza e come tale essa è al di fuori della successione o tempo e non si presta al lavoro della coscienza; che si sposta nel tempo, con considerazioni successive prima di un aspetto e poi di un altro. Il pensiero accade o si dispiega, la sensazione è» 18• 16 J. Starobinski, L'occhio vivente, Studi su Comeille, Racine, Rousseau, Stendhal, Freud, trad. it. di G. Gugliemi, Einaudi, Torino, 1975, p. 5. 17 Cfr. W. Bion, Attenzione e Interpretazione, Armando, Roma 1987, p. 94. 18 L'inconscio come insiemi infiniti, cit., p. 261.
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L'esercizio del pensiero dischiude l'orizzonte dell'altra faccia della presenza-contingente, determinata e finita di un oggetto o di un evento e apre al senso e all'emozione dell'infinito. Il.movimento del pensiero-evento, di cui parla Matte Bianco, costituisce la matrice del pensiero declinato nel tempo e nello spazio, è il motivo del discorso, nel senso estetico di passaggio da una parola all'altra, da un significato ad un altro significato, e nel senso etico in quanto motivo inteso come motivazione. Il soggetto patologico e catatonico non ha il coraggio di parlare perché non ha più la forza di elaborare il passaggio da una parola all'altra. Per questo ripete con monotonia sempre la stessa parola, sempre lo stesso termine. Parlare è, in qualche modo, un atto di coraggio e di rischio. È un movimento, precisamente il dirigersi verso l'oggetto, una disposizione ad «aprirsi» verso quell'oggetto infinito, che è l'inconscio, per ascoltarlo. In questo senso direi che per Matte Bianco parlare è anche sempre ascoltare. Invece, l'aspetto estetizzante dell'effetto artistico nella sua immediatezza o istantaneità è l'esperienza di un valore estetico consegnato alla sua immediatezza, ancora subordinato ad un gioco dell'io che non ha la cosa stessa, che non conosce alterità e dunque nessuna realtà. Come dirà Schoenberg, il pubblico si attiene per lo più alla sensazione, all'impressione sensoriale della cosa, anziché alla cosa stessa 19 • La convergenza di strutture concettuali, di riflessioni psicoanalitiche e di considerazioni matematiche nell'opera di Matte Bianco esprime il progetto di oltrepassare l'estetica per ritrovarla in una serie di situazioni psichiche, intellettuali ed esistenziali dove non venivano sospettate. L'estetica, la letteratura, l'arte Matte Bianco le ha investigate non semplicemente in un nuovo modulo formale, ma nella scoperta di un diverso modo di esperienza, ossia nella scoperta di nuovi piani della realtà. Matte Bianco connette pensiero scientifico-filosofico ed esperienza artistica nella relazione in cui la grande scoperta di un nuovo, inaudito pensiero è coinvolta nell'incontro tra processi consapevoli e processi inconsci della sfera interiore. Musi) ha dato voce a questa combinazione di un nucleo logico lucido e di uno sfondo oscuro della psiche in cui consistono i pensieri vivi. «Anche se un pensiero è entrato nella nostra mente molto tempo prima, esso prende vita solo nel momento in cui qualcosa, che non è più pensiero, che non è più logico, si combina con esso, così che noi sentiamo la sua verità, al di là di ogni giustificazione, come un'ancora che lacera la carne viva e calda ... Ogni grande scoperta si compie solo per metà nel cerchio illuminato della mente cosciente, per l'altra metà nell'oscuro recesso del nostro essere più interiore» 20. 19
Cfr. A. Schonberg, Analisi e pratica musicale, Einaudi, Torino 1974; Id., M{JJluale di Annonia, Il Saggiatore, Milano 1973; Id., Stile e Idea, Feltrinelli, Milano 1980. 20 R. Musi!, Die Verwirrungen des ZveglinKS Toerless. in Id., Gesammelte Werke cit., B