Le aure della conoscenza. Un Atlante delle forme sociali 9788820745318, 9788820751944

In questo Atlante gli autori descrivono con immagini e parole le aure di comunicazione che si creano tra persone che int

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Italian Pages 104 [98] Year 2010

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Le aure della conoscenza. Un Atlante delle forme sociali
 9788820745318, 9788820751944

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Federico Casalegno Marco Susani

Le aure della conoscenza Un Atlante delle forme sociali

Liguori Editore

Scanner 2 Collana diretta da Derrick De Kerckhove

Federico Casalegno Marco Susani

Le aure della conoscenza Un Atlante delle forme sociali

Liguori Editore

Questa opera è protetta dalla Legge 22 aprile 1941 n. 633 e successive modificazioni. L’utilizzo del libro elettronico costituisce accettazione dei termini e delle condizioni stabilite nel Contratto di licenza consultabile sul sito dell’Editore all’indirizzo Internet http://www.liguori.it/ebook.asp/areadownload/eBookLicenza. Tutti i diritti, in particolare quelli relativi alla traduzione, alla citazione, alla riproduzione in qualsiasi forma, all’uso delle illustrazioni, delle tabelle e del materiale software a corredo, alla trasmissione radiofonica o televisiva, alla pubblicazione e diffusione attraverso la rete Internet sono riservati. La duplicazione digitale dell’opera, anche se parziale è vietata. Il regolamento per l’uso dei contenuti e dei servizi presenti sul sito della Casa Editrice Liguori è disponibile all’indirizzo Internet http://www.liguori.it/politiche_contatti/default.asp?c=legal Liguori Editore Via Posillipo 394 - I 80123 Napoli NA http://www.liguori.it/ © 2010 by Liguori Editore, S.r.l. Tutti i diritti sono riservati Prima edizione italiana Novembre 2010 Casalegno, Federico : Le aure della conoscenza. Un Atlante delle forme sociali/Federico Casalegno, Marco Susani Scanner Napoli : Liguori, 2010 ISBN-13 978 - 88 - 207 - 5194 - 4 1. Interaction design, social networking

2. Experience design

I. Titolo

II. Collana

III. Serie

Aggiornamenti: —————————————————————————————————————————— 10 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0 20 19 18 17 16 15 14 13 12 11 10

Indice 1

Prefazione

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Le aure della conoscenza. Un Atlante delle forme sociali

L’Atlante: forme 16

Il Ventre

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La Medusa

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La Farfalla

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La Margherita Intima

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I Petali

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La Cresta

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L’Anello

30

La Stella Infinita

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La Perla

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La Fiamma

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Il Girasole

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L’Uovo

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INDICE

L’Atlante: riflessioni 43

L’Atlante: riflessioni

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Meteorologia delle aure

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Lo spazio dell’aura e della persona

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La società delle aure: considerazioni

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L’era della conoscenza aurale

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Bibliografia

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Gli Autori

Prefazione

Le collaborazioni e i cortocircuiti fra l’architettura e la sociologia sono frequenti. Lo scopo di questo dialogo è sempre stato quello di capire come il territorio fisico e lo spazio costruito influenzassero lo spazio sociale e catalizzassero le relazioni sociali. Di recente, il dibattito e la collaborazione fra architettura e sociologia si è concentrato sulle trasformazioni introdotte dalla diffusione delle tecnologie digitali. L’ipotesi dominante che ne è scaturita è che la digitalizzazione abbia spostato le relazioni sociali in uno spazio alternativo e opposto a quello fisico: lo spazio virtuale. A questa ipotesi, dominante negli anni novanta, legata alla prima diffusione di internet e all’accesso attraverso personal computer, sono associate le teorie sulle comunità virtuali e quelle di un’interazione immersiva e alienante con lo spazio digitale. Questo libro è il tentativo di esplorare un’altra direzione: l’ipotesi che non ci sia separazione e dissonanza fra territorio fisico e spazi “virtuali”, ma che il vero territorio delle relazioni sociali sia oggi uno spazio che integri spazio fisico e spazio digitale, creando un “terzo spazio” fluido e ibrido. I segni di questa ibridazione sono evidenti con la diffusione delle tecnologie mobile wireless, il cui paradigma d’interazione è fortemente contestualizzato nell’ambiente fisico, e il cui ruolo nella catalizzazione di fenomeni sociali è particolarmente rilevante. Ci sembra che esista una magica coincidenza fra la diffusione di strutture sociali “tribali” che sono emerse negli ultimi venti

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PREFAZIONE

anni e la dominanza e originalità del mobile wireless rispetto al paradigma delle comunità virtuali e del personal computer. Il parallelo e la fertilizzazione incrociata fra mobile wireless media e strutture sociali tribali, tuttavia, sono ancora da chiarire in modo compiuto. La tesi di questo libro è che dietro a questi fenomeni si celi una trasformazione ancora più rilevante e interessante: che si sia cioè di fronte a un cambiamento quasi epocale, un passaggio dalla società dei mass media a nuove forme sociali strettamente legate alla diffusione dei mobile wireless media. In altre parole, la tribalizzazione della società, proprio in conseguenza di queste nuove tecnologie, sta raggiungendo solo ora la sua maturità. Tornando alla relazione fra società e territorio, l’ipotesi di questo libro è che questa trasformazione epocale della società sia legata all’emergenza di un nuovo paradigma spaziale, quello che definiamo “spazio delle aure”. Queste aure, completa ibridazione fra lo spazio fisico e quello immateriale delle relazioni, hanno caratteristiche spaziali molto originali che meritano di essere investigate: sono fluide, dinamiche e immateriali. Abbiamo scelto la forma dell’Atlante proprio per cercare di esplorare il carattere di questi spazi. Solo attraverso un esercizio di schematizzazione visiva, infatti, crediamo che un fenomeno di questo tipo sia analizzabile. In questo, sia l’architettura sia la sociologia figurativa hanno creduto da molto tempo. Federico Casalegno Marco Susani Boston, Gennaio 2010

Le aure della conoscenza. Un Atlante delle forme sociali It is not down on any map; the true places never are Herman Melville

Il territorio delle relazioni Ma sarà poi vero, come scrive Melville, che non vi è nessuna corrispondenza fra la mappa e il territorio, e che i veri luoghi non possono essere raffigurati? Questo Atlante mostra, in realtà, che noi crediamo alla corrispondenza fra mappa e territorio, in particolare a una corrispondenza esistente fra il disegno delle forme emergenti e polimorfe dei flussi di comunicazione e la loro comprensione. Ed è per questo che con competenze multidisciplinari cerchiamo di visualizzare le forme sociali che emergono dalle dinamiche di comunicazione rese possibili dai nuovi wireless media. Con questi nuovi media, infatti, siamo di fronte a un vero cambiamento di paradigma che riconfigura lo spazio delle relazioni sociali, lo spazio fisico e urbano e, infine, lo spazio delle informazioni. La sinergia fra questi tre spazi complementari costituisce l’oggetto centrale di questa ricerca.

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AURE DELLA CONOSCENZA.

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DELLE FORME SOCIALI

La tesi di partenza è che nelle nostre società esistano strutture invisibili di densità sociale, forme impalpabili di coesione legate alle nuove modalità di comunicazione.

Una società senza forma? In primo luogo, queste forme sociali emergenti non sono quelle che si svelano a noi quando osserviamo semplicemente l’infrastruttura tecnica delle reti (si pensi alle social network analisys o alle mappe dei nodi di accesso a internet). L’idea che la forma di una infrastruttura, la “forma senza forma” delle reti uniformi e amorfe, possa essere trasposta tale e quale come interpretazione delle relazioni sociali è superficiale e fuorviante. I flussi delle relazioni, infatti, si concentrano in forme che costruiscono aree di densità, gerarchie, tensioni, che stanno sopra questa infrastruttura amorfa. Esiste cioè uno strato di molteplici forme e aure di relazioni sociali che insistono sopra le reti diffuse. In secondo luogo, le analisi delle categorie sociali classiche non ci permettono di comprendere appieno la nostra società: strutture sociali come la famiglia, l’autorità, la religione, la comunità, ecc., non possono infatti farci capire da sole il cambiamento di paradigma in atto. La quantità e la complessità delle relazioni mediate è così alta che è impossibile pensare di comprenderle con gli schemi metodologici che ci hanno permesso di analizzare le società anteriori alla diffusione dei mobile wireless media. Infine, da un punto di vista architettonico, le interazioni sociali non avvengono più negli spazi urbani classici rappresentati dalle istituzioni che servivano una volta da infrastruttura alle relazioni sociali. La chiesa, la piazza,

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DELLE FORME SOCIALI

la scuola, il mercato, il municipio e il caffè non sono più i luoghi esclusivi delle relazioni sociali. Era intorno a queste istituzioni infatti che si formavano e mantenevano le società, che si definivano i ruoli sociali e consolidavano le identità di classe, che si trasmetteva la cultura e che prendeva forma il potere: luoghi che si potevano identificare con una certa chiarezza, e allo stesso tempo analizzare per comprendere le relazioni sociali. Così, questi tre elementi, cioè l’infrastruttura, le categorie sociali e gli spazi urbani, non sono più sufficienti a comprendere le nostre società. Un quarto elemento sembra più promettente: l’analisi e la rappresentazione dei flussi di relazione, sia che questi avvengano nello spazio fisico o in quello mediato della comunicazione. I flussi di relazione, infatti, sembrano meglio rappresentare le forme fisiche delle aggregazioni sociali, gli spazi quasi concreti ma intangibili, i veri territori in cui noi oggi abitiamo e che noi definiamo aure.

Aure In questo Atlante raffiguriamo le aure di comunicazione che si formano tra persone che interagiscono attraverso i wireless media: questi flussi di comunicazione densi e intangibili rappresentano l’intelligenza collettiva sociale e permettono di capire le forme emergenti di socialità. Ma in cosa queste analisi differiscono dalle classiche analisi sociali dei mass media? Da un punto di vista dell’analisi delle dinamiche di comunicazione, finora le ricerche si sono concentrate principalmente sull’analisi di modelli one-to-

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one, come nel caso del telefono, oppure sul modello one-to-many, come nei modelli di broadcast dei mass media o, infine, sui modelli dei many-to-many, come più recentemente per le comunità on-line. Nel nostro Atlante invece esploriamo tutti i modelli comunicativi intermedi, inclusi quelli più originali come few-to-few, one-to-few, few-to-many, any-to-many, che emergono come espressione dei wireless mobile media e dei social network. L’analisi dei flussi di relazione, però, si scontra con un problema metodologico fondamentale: la natura immateriale dei flussi li rende più difficilmente oggettivabili. Occorre dunque trovare metodi di rappresentazione sofisticati che permettano di descrivere al meglio le dinamiche di questi flussi, di diagrammarli e renderli intelligibili perché siano comprensibili.

Vedere l’invisibile Il problema non è nuovo: in contesti completamente diversi ci sono molteplici tipi di rappresentazioni che ricercano forme d’ordine all’interno d’infinite possibilità. Lo Yoga e il Kamasutra, a esempio, fra le infinite possibilità del movimento del corpo umano, congelano alcune forme e le definiscono in modo quasi “geometrico”. Il Cammello, il Piccione, il Pesce, la Barca, l’Aeroplano, posizioni armoniche nello yoga, sono forme armoniche anche dal punto di vista diagrammatico/visivo: simmetrie, strutture, equilibri sono forme di ordine che qualificano alcune posizioni come rituali. Queste selezioni non sono un modo per ridurre la complessità ma per “vedere” forme e pattern all’interno di geometrie complesse. Allo stesso modo, altri tipi di rappresentazione cercano di dare forma a

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DELLE FORME SOCIALI

modelli mentali piuttosto che rappresentare la realtà oggettiva costruita: le cosmologie e i mandala, a esempio, visualizzano e ritualizzano flussi e relazioni intangibili come le rappresentazioni di universi religiosi. Questo Atlante si propone di “visualizzare l’invisibile” per comprendere come le tecnologie in rete cambino le dinamiche sociali e il carattere dei “luoghi” nei quali socializziamo. Per la natura intangibile, ma diagrammatica, di queste nuove forme, l’Atlante che ne risulta è un Atlante di aure. La sostanza di questi diagrammi non è quella di rappresentare gli individui o le istituzioni sociali, le strutture architettoniche o gli spazi fisici, ma quella di rappresentare lo spazio vuoto e allo stesso tempo denso dei flussi di comunicazione, flussi che solidificandosi creano gli spazi di socializzazione. La novità di questa interpretazione è che le forme sociali vengono separate dall’infrastruttura sia spaziale (le stanze) sia dall’infrastruttura tecnica (le reti). Utilizzando uno dei metodi dell’architettura, infatti, rappresentiamo il vuoto denso dello spazio anziché i muri che lo definiscono, l’immaterialità dei flussi di relazione piuttosto che le infrastrutture che li rendono possibili. L’architettura, oltre che col “vedere l’invisibile”, si scontra anche con un altro paradosso: quello di “costruire l’immateriale”. Teorie rilevanti nella comprensione dell’evoluzione del tessuto urbano, come quelle di Gordon Cullen e Kevin Lynch, suggeriscono infatti di favorire la costruzione della città programmando flussi e tensioni negli spazi vuoti, piazze, spazi pubblici, strade, piuttosto che “costruendo” muri ed edifici. Le aure, come il tessuto urbano, si scontrano con lo stesso paradosso: sono una costruzione abitabile ma sono formate da una materia intangibile, sono la sovrapposizione dello spazio fisico, di quello sociale e di quello della comunicazione. I wireless media catalizzano un incremento esponenziale dell’ibridazione fra questi tre spazi.

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Se nel mondo dell’architettura la città rappresenta lo spazio fisico e i rapporti di buon vicinato lo spazio sociale, in quello delle aure lo spazio e la forma si sovrappongono diventando uno spazio ibrido unico: le aure sono lo spazio sociale d’interazione. Lo scopo di questa ricerca è quello di definire le caratteristiche di queste aure, di trovare gli strumenti per la loro classificazione, e di introdurre alcune riflessioni su come interpretarne le dinamiche. La somma di tutte queste forme costituisce questo Atlante. Occorre tenere presente tuttavia che la vera immagine della nostra società non è definita dal semplice elenco di queste aure, ma dalla loro combinazione e dalle dinamiche delle loro complesse interazioni: ne risulta un’immagine molto ricca e complessa che definisce la società come un organismo dinamico, un ecosistema di relazioni, un sistema di aure, la cui interpretazione richiede sofisticati strumenti di lettura.

Networked Reality Siamo agli albori di un vero e proprio cambiamento di paradigma sia per quel che riguarda gli strumenti tecnologici sia per quel che riguarda le dinamiche di comunicazione. Siamo di fronte a un nuovo paradigma che definiamo networked reality. Da un punto di vista tecnologico, il paradigma classico d’interazione in cui l’utilizzatore era seduto di fronte allo schermo del computer, isolato e in un luogo chiuso, è ormai passato. Oggi, nuove tipologie d’interazione emergono insieme ai nuovi strumenti di comunicazione: noi oggi chiamiamo ancora “telefono” uno strumento con le funzioni di un computer, di una macchina fotografica, di una video-

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camera, di un’agenda elettronica, strumento che ci permette di ascoltare la radio e surfare su internet, di conservare immagini, suoni e video e d’interagire con banche dati in rete. Il fatto che non vi sia ancora un nome per identificare questo “oggetto” è molto indicativo. Forse il problema è che non si tratta di un “oggetto” ma di uno strumento che definisce territori d’interazione. Con questo strumento noi siamo connessi non solo alle altre persone e alle informazioni, ma anche allo spazio fisico che ci circonda. Lo spazio della networked reality è quello che riguarda le persone, il territorio fisico, lo spazio delle informazioni e della comunicazione. In questo Atlante, gli spazi di comunicazione sono una miscela fra “contenuto” e “comunicazione”, fra “informazione” e “annotazioni personali”. In passato ricevevamo un contenuto da un mass medium come la televisione, e lo commentavamo per esempio in una conversazione con i nostri amici. Le due fasi avvenivano in modalità diverse, e solo la prima era mediata da un mezzo di comunicazione. Oggi, invece, se mandiamo un file musicale digitale con il telefono cellulare, e lo annotiamo con un messaggio personale, o lo condividiamo su un sito di social network, ci troviamo di fronte a un paradigma di comunicazione nuovo, che sovrappone la comunicazione uno-a-molti (nel momento in cui scarico il file di musica digitale) a quella uno-a-uno (in quanto personalizzo con annotazioni personali il file musicale che a mia volta faccio circolare). Questa ibridazione è la vera novità che caratterizza le dinamiche comunicative emergenti: l’attore nella comunicazione annota le informazioni diventando autore, fa convergere forme di comunicazione sino a oggi separate creando una forma nuova di comunicazione, una forma di “annotated authorship”.

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Un metodo formista Le forme di comunicazione legate ai wireless media sono un fenomeno complesso e in costante evoluzione: le interazioni sociali che ne derivano sono estremamente dinamiche, così come dinamico è l’uso dello spazio urbano e geografico. Gli usi sociali s’inventano e reinventano quotidianamente e fanno eco alla rapida successione delle invenzioni tecnologiche e alla diffusione di nuovi prodotti e servizi. L’oggetto delle nostre investigazioni è quindi aleatorio e multiplo, contraddittorio e paradossale, sempre in movimento e caratterizzato da una tensione dinamica fra elementi eterogenei che si riconfigurano senza sosta. Così, la metodologia che ci sembra la più adatta a comprendere questo fenomeno è quella formista: è con essa che ci proponiamo di cogliere l’effervescenza sociale legata alle forme di comunicazione con wireless media senza ingabbiarla in schemi rigidi. Si tratta quindi di una metodologia che accarezza questa realtà complessa e dinamica senza sottometterla a schemi razionali e sintetici che la ridurrebbero. Con questa metodologia non vogliamo dare una spiegazione esaustiva all’infinita diversità dei fenomeni complessi che osserviamo, si tratta piuttosto di tratteggiare e dare forma alla realtà che immaginiamo. Usare quindi i fenomeni reali che osserviamo come punto di partenza per poi elaborare il nostro oggetto facendone un’astrazione. Come già scrisse Max Weber, gli idealtipi sono un quadro di pensiero, non la realtà storica e nemmeno quella autentica. Si tratta, in sintesi, di usare l’irreale per capire il reale.

L’Atlante: forme

Il Ventre

L’Anello

La Medusa

La Stella InÞnita

La Farfalla

La Perla

La Margherita Intima

I Petali

La Cresta

La Fiamma

Il Girasole

L’Uovo

14 Scala

Uno a uno

Micro

Tribale

Macro

Broadcast

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Forme

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DELLE FORME SOCIALI

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DELLE FORME SOCIALI

Flussi di comunicazione

Narrazione

Spazio

Memoria

Dinamiche

Uno a uno

Conversazione in tempo reale

Spazio della conversazione

Assente

Transienti

uno-a-uno uno-a-pochi io-a-te

Formati molteplici: . tracce . messaggi . conversazioni Pretesto senza testo

Spazio abitato decorato da tracce/presenze

Solida

Agitazioni

Dialetto cifrato: . criptico . codiÞcato . segreto . gergale Esperienze condivise

Territorio di appartenenza

Condivisa

Rizomatico

Micromiti quotidiani

Trasmissione orale: . virale . informale . imperfetta

InÞnito e frattale

pochi-a-pochi pochi-a-molti

molti-a-molti chiunque-a-molti

Permanente Spazio mentale della descrizione Risonanze

Ciclica Fluida

Diffusioni

Transiente Mitologie e leggende Sedimentazione

uno-a-molti

Authorship

Piramidale e gerarchico

Archivio

Broadcast

Il Ventre

Gino e Pina si conoscono da tempo, stanno bene insieme e sono fidanzati. Per motivi diversi sono spesso in viaggio, visitano posti lontani e località piene di fascino ma non sempre insieme. Nonostante questo, Gino e Pina mantengono tra di loro un contatto costante.

Gino e Pina si telefonano molto spesso, almeno una decina di volte al giorno: discutono su argomenti importanti o conversano su argomenti futili, oppure si scambiano semplici osservazioni sulla vita quotidiana o si inviano messaggi d’amore che mantengono sempre viva la sensazione di presenza. Fra di loro si forma e si mantiene vivace un filo di conversazione mediato, ma sempre in tempo reale.

Gino si trova a Rio de Janeiro: manda a Pina fotografie e descrizioni dei luoghi. Testi, video e messaggi vocali si combinano e creano il diario del suo soggiorno. Alla comunicazione in tempo reale si sovrappone così una comunicazione asincrona. Il loro spazio di comunicazione si popola di formati multipli: testi, immagini, suoni e filmati.

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DELLE FORME SOCIALI

Pina risponde con commenti e suggerimenti: aiuta Gino a trovare i migliori ristoranti di Rio e i negozi per lo shopping. Condivide Bookmark e fa seguire le email con i suggerimenti dei loro amici. Questo scambio periodico e simmetrico di messaggi e contenuti crea un rituale quotidiano che costruisce giorno dopo giorno la loro aura condivisa: uno spazio emozionale, personale, intimo.

Gino a volte la chiama senza motivo, le fa giungere un messaggino cifrato o, addirittura, fa un semplice trillo per fare comparire la sua foto sul cellulare di Pina. La loro sfera di comunicazione si arricchisce così di un importante canale “sotterraneo”, implicito e riservato: una forma di comunicazione meno esplicita della lingua parlata ma più intima, un codice silenzioso e invisibile dove la traccia è il messaggio.

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Tra i due inizia così a consolidarsi uno spazio di comunicazione veramente intimo e condiviso. La quantità, l’intensità e la varietà delle conversazioni formano una matassa di flussi di comunicazione che definisce uno spazio dinamico ma solido. I due vivono nel Ventre.

La Medusa

Rino e Tina sono amici da tempo. Hanno frequentato le stesse scuole e abitano ancora nello stesso quartiere. Si frequentano spesso e hanno molti amici in comune. Hanno vite molto diverse e lei ha sempre molto ammirato la sua passione e la sua conoscenza della musica.

Rino è un vero appassionato di musica: adora l’hip-hop, la lounge e il free jazz. È un vero esperto e si tiene sempre informato: conosce le novità sui gruppi, le canzoni, i video, i pettegolezzi. È sempre alla scoperta di notizie e privilegia il passaparola nei gruppi di discussione alle notizie ufficiali provenienti da televisione e riviste. Da qualche mese ha costruito il suo blog. Rino: topo di biblioteca nell’era dei network.

Tramite le sue connessioni con gruppi underground di Tokyo, clubber londinesi e musicisti emergenti neozelandesi, Rino costruisce una playlist di brani e li annota con notizie, immagini e con i suoi commenti personali. Ogni giorno popola il suo blog di regali musicali per Tina. Rino condivide con Tina non solo la musica ma l’intera sfera della conoscenza intorno a essa.

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Tina adora ricevere le musiche con le osservazioni e commenti di Rino. Quando deve scegliere una musica per fare un regalo a un amico, il blog di Rino è il suo punto di riferimento. Tina vede con gli occhi di Rino, e Rino è l’orecchio di Tina. Rino è un private publisher: l’esperienza musicale di Tina mediata dallo sguardo di Rino è l’esempio di experience mediated communication. Rino col suo blog costruisce progressivamente una sfera d’interessi, emozioni e esperienze condivise.

Aggiornare il blog, per Rino, diventa quasi un mestiere; la sua passione personale si trasforma in un ruolo professionale di publisher. Messaggi personali e conversazioni private si integrano agli scambi sui contenuti. I flussi di comunicazione tra Rino e Tina sono completamente integrati con i flussi di contenuto. La somma di questi flussi di comunicazione costruisce uno spazio condiviso asimmetrico in cui, a lungo termine, i contenuti divengono pretesto e struttura intorno alla quale si costruisce l’esperienza condivisa del loro mondo intimo.

Rino e Tina vivono nella Medusa.

La Farfalla

Gino e Pina si conoscono da tempo e sono fidanzati. Per motivi diversi sono sempre in viaggio: benché non viaggino sempre insieme, visitano luoghi distanti e affascinanti. E nonostante vivano esperienze diverse, Gino e Pina mantengono un flusso di comunicazioni che li unisce costantemente.

Gino è un cuoco esperto, e va a Parigi per un viaggio d’affari. In questo momento si trova al ristorante con qualche amico, e condivide l’esperienza della sua cena con Pina: le manda immagini dei piatti, un video che mostra l’atmosfera del ristorante e degli sms per descrivere ricette e sapori. Mentre il gruppo di amici al ristorante discute animatamente l’originalità delle ricette, Gino scarica articoli dal web trovando argomenti a favore del suo punto di vista, e li mostra ai suoi amici. E manda il tutto a Pina. Gino è il gusto di Pina.

Pina riceve le immagini da Parigi mentre si trova a Hong Kong. Lei è un’esperta di architettura, e si trova in Asia per studiare la cultura asiatica. Pina, in tempo reale, condivide immagini suoni e annotazioni sull’architettura cinese con Gino. Pina è gli occhi di Gino. A sua volta, però, Gino guida Pina nelle strade di Hong Kong e le suggerisce i ristoranti famosi che conosce. Leggono il menu insieme; Gino le consiglia l’anatra all’arancia e le chiede d’intervistare lo chef del ristorante per capire bene come prepara il piatto. Lui vive l’esperienza dell’architettura di Hong Kong grazie alle narrazioni di Pina; lei assapora la cucina francese grazie ai racconti di Gino.

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Storie, racconti, narrazioni e flussi di comunicazione creano uno spazio sociale tra Gino e Pina che si consolida nel tempo. Esperienze e memorie combinano immagini di luoghi distanti, unite a quelle più ordinarie di amici comuni, in una combinazione di storie transitorie e narrazioni personali. Gino e Pina incarnano un nuovo modello di autore che corrisponde a un modello narrativo innovativo e originale. Questo modello è in parte narrazione e in parte esperienza condivisa in tempo reale. I contenuti si mischiano alle conversazioni. Ognuno è, allo stesso tempo, autore e attore nella narrazione. Il nuovo autore è il guardiano del sapere in quanto distribuisce contenuti che trova, ma allo stesso tempo è un narratore, in quanto aggiunge le sue esperienze personali.

Tra Gino e Pina si crea una nuova aura, una comunicazione che è allo stesso tempo mediata e immediata, dove i due giocano un ruolo speculare: ognuno è gli occhi dell’altro. In questo spazio simmetrico creato dalla condivisione di spazi e situazioni, Gino e Pina combinano le loro esperienze. Il flusso costante di comunicazione fatto da conversazioni ordinarie, messaggi e video, arricchisce e nutre la loro relazione.

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I due sono immersi in uno spazio simmetrico che ha una dimensione intima che deriva dallo spazio consolidato delle loro esperienze, e allo stesso tempo una dimensione esterna che deriva dalla reciproca esperienze del mondo esterno. Essi vivono in un’aura chiamata Farfalla.

La Margherita Intima

Pina, timida e introversa, è sempre curiosa di quello che succede intorno a lei. Osserva il mondo e raccoglie informazioni, immagini, suoni e video. Pina è un’adolescente curiosa con un grande appetito per le scoperte; anziché partecipare attivamente nel mondo, lei lo osserva con apprensione e timidezza riservata.

Pina adora la musica, andare al cinema, ballare e l’abbigliamento. È in contatto costante con Tina, la sua migliore amica con la quale condivide attività e passioni. Va al cinema e ai concerti con alcuni compagni di classe. Con i suoi compagni di quartiere s’intrattiene e discute nei pomeriggi estivi. Questo gruppo d’amici e quasi come una seconda sfera d’intimità: i flussi di comunicazione con loro generano un mondo chiuso e introverso come il mondo in cui Pina vive.

Pina manda spesso sms per commentare la sua giornata e condividere le sue confidenze con il suo cerchio ristretto di amici. Con Tina discute dei suoi genitori troppo oppressivi; con Rino scambia sms per discutere dell’ultimo film trailer di Brad Pitt che ha appena scaricato da internet; con Gino si lamenta dei suoi professori; manda a Lina l’ultima foto del suo ragazzo, con un mp3 della loro canzone favorita. Questa dimensione comunicazionale è un’estensione della sua sfera intima, dei suoi pensieri, delle sue emozioni.

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Pina legge e rilegge i messaggi, accede e guarda le proprie immagini, ascolta e cataloga la musica, osserva le conversazioni passate pensando a quello che dirà in seguito. Più che essere interessata alla comunicazione, Pina è attratta dalla possibilità di accumulare contenuti e memorizzarli. Messaggi, immagini e musica funzionano come un filo di Arianna che connette la sua vita in una sorta di diario intimo. Il suo telefonino è come uno scrigno digitale, intimo e personale, dove sedimentano contenuti, comunicazioni ed esperienze che Pina raccoglie.

Il resto delle memorie condivise dà vita a uno spazio sociale centripeto che gravita intorno a lei. Il suo sguardo soggettivo su esperienze, emozioni e comunicazioni, domina.

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Pina vive nell’aura chiamata Margherita Intima.

I Petali

Pina condivide le sue esperienze quotidiane con Gino, Nino, Lina, Rino e Tina. Lei è il “capo pettegolezzo” e gioca un ruolo dominante nel gruppo.

Pina manda un sms a Nino per sapere se è vero che è stato al cinema con Lina e ha trovato il film noioso. Pina inizia sempre le conversazioni ed è sempre al centro dei dialoghi e delle comunicazioni con i suoi amici. I messaggi rinforzano il suo ruolo all’interno del gruppo.

Pina chiede a Tina se è vero che ogni volta che esce con Gino litigano perché lui vuole dividere il conto al ristorante; poi chiede a Lina se lei pensa che Rino sarebbe felice di uscire con lei per un appuntamento galante.

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Pina ora manda un sms a Gino per dirgli che Tina dice che lui non si diverte mai con Lina perché Lina non è mai soddisfatta di nulla; ogni volta che escono insieme, lei vuole discutere dei suoi problemi con i suoi genitori. Chiede a Nino se può inviarle la colonna sonora dell’ultimo film che hanno visto insieme. Poi manda in giro una foto fatta durante l’ultima cena di gruppo, con i suoi commenti sui momenti più esilaranti, e pubblica altre foto nel suo blog.

Ora Gino manda un sms a Tina per chiederle il video dell’ultima serata in discoteca, dicendo che è stata una serata proprio divertente e che forse ha trovato una nuova fidanzata. Nino manda a tutti il trailer di un nuovo film, dicendo che devono assolutamente andare a vederlo. Tina fa seguire una foto del trailer con i commenti su Brad Pitt. Il gruppo ora inizia a comunicare simultaneamente: flussi di messaggi, video, immagini creano un’aura d’energia cha configura le esperienze condivise del gruppo.

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Pina è al centro dell’energia comunicativa del gruppo; inizia le discussioni, anima e stimola le conversazioni. Il gruppo abita uno spazio comunicativo con una forma centrifuga e simmetrica. Il gruppo vive in un’aura chiamata Petali.

La Cresta

Gino, Pina, Nino, Lina, Rino e Tina sono una tribù urbana di ventenni che amano lo snowboard e l’hip hop.

Gino sa tutto di cinema, dai film più vecchi a quelli più recenti, dai film d’autore alle produzioni hollywoodiane; s’interessa alla vita privata degli attori e ne scopre i pettegolezzi. Non è mai soddisfatto delle informazioni che trova nei giornali o alla TV, quindi trova informazioni su internet e grazie agli amici che dal mondo intero lo informano sulle ultime novità.

Quando Gino trova informazioni su webzine on-line, o commenti in blog specializzati, le gira subito a tutti i membri della sua tribù. Ogni trailer o articolo che condivide con la tribù è annotato con commenti personali. Grazie a lui, i suoi amici sono sempre informati sulle ultime novità cinematografiche, sui film da non perdere, sulla vita degli attori e sulla cultura cinematografica emergente, sulla moda e sui posti in voga che le celebrità di Hollywood frequentano.

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DELLE FORME SOCIALI

Quando gli amici di Gino ricevono i suoi messaggi, aggiungono a loro volta commenti e annotazioni, aggiungendo commenti personali e collegando le informazioni che hanno appena ricevuto con le loro esperienze personali. Si consolida così un nuovo spazio comunicativo, una combinazione tra informazione altamente specializzata e filtrata dall’autore e commenti personali circa la vita del gruppo.

Lino è un fan musicale; in questo campo è lui l’esperto del gruppo. Rino è estremamente interessato a macchine e motori, mentre Lina è un’appassionata di computer e software. Ognuno di loro, come Gino, è a proprio turno un esperto autore per il resto del gruppo; è gli occhi della tribù che scrutano e filtrano il mondo esteriore, le orecchie che lo ascolta e la bocca che lo degusta. In ogni struttura di tribù urbana, ci sono capi tribù estemporanei: esperti con competenze specifiche che divengono a turno leader sociali del gruppo.

Il gruppo vive in un’aura chiamata Cresta.

L’Anello

Gino, Pina, Nino, Lina, Rino e Tina sono un gruppo di amici. Sono relativamente uniti e vicini, e si ritrovano spesso nella stessa città. È domenica pomeriggio, ognuno di loro è in un luogo diverso e iniziano a pianificare le attività per la sera.

Pina vede dall’agenda condivisa on-line che questa sera sono tutti liberi, tranne Tina che vuole uscire con il suo ragazzo. Così propone o di andare al cinema o di andare a vedere un concerto dal vivo. Il flusso di comunicazioni del gruppo diventa subito una sorta di agenda condivisa in tempo reale dal gruppo.

Nino riceve il messaggio di Pina e cerca su internet un luogo dove passare la serata. Lui adora l’hip-hop e scopre su un blog che un gruppo londinese si esibirà in un club vicino all’università. Scarica subito un mp3 del gruppo e lo manda a Rino, chiedendogli che cosa ne pensa.

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AURE DELLA CONOSCENZA.

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Rino riceve il messaggio ma conferma prima con Lina, perché Lina proponeva di andare al ristorante cinese. Allo stesso tempo, Rino è un appassionato di cinema, e riceve dalla sua mailing list preferita un video clip di Charlie Chaplin con una nota che dice che proiettano la versione integrale di Tempi moderni. Manda subito un video clip a Lina, con i sui commenti, e con una mappa per andare al cinema, con gli orari dei film.

Lina, quando riceve il messaggio di Rino, è già al ristorante cinese. Lei preferirebbe cenare e andare a casa presto, così convince Rino e manda un messaggio a Gino, aggiungendo una foto del ristorante e il menu. Il tam tam di comunicazioni, messaggi, video, foto e annotazioni è parte fondamentale della vita del gruppo, oltre che suo elemento fondatore. Vedersi e incontrarsi è quasi secondario rispetto al desiderio di parlare e comunicare, di mandare segni permanenti della propria presenza, condividere e commentare contenuti ed esperienze.

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Si crea uno spazio circolare dove tutti i membri del gruppo prendono parte allo scambio d’informazioni, dove tutti comunicano con tutti, anche se non necessariamente in modo diretto. In questa forma di comunicazione, più che lo scambio di contenuti, è importante il fatto di poter commentare i messaggi altrui. Si tratta di una conversazione collettiva, di uno spazio sociale emergente dove si sedimenta una conoscenza comune e condivisa. Gino, Pina, Nino, Lina, Rino e Tina vivono in un’aura chiamata Anello.

La Stella InÞnita

Gino, Pina, Nino, Lina, Rino e Tina sono un gruppo di amici parigini e passano le loro vacanze a Barcellona, visitando le Ramblas e i lavori di Gaudí, mentre la sera vanno fuori a godersi la vita notturna e le tapas.

Sparsi per Barcellona visitano amici diversi, e si scambiano foto e video dei posti che visitano. Si crea un flusso di comunicazione viva, un vortice di contenuti e informazioni che circolano in modo irregolare e confuso, che rimbalzano dall’uno all’altro e che vanno da un telefonino all’altro.

Le immagini, con i commenti scritti e le annotazioni vocali, sono pubblicati direttamente nel loro blog. Anche Rino e i suoi amici parigini pubblicano on-line commenti e suggerimenti su posti da visitare a Barcellona. L’esperienza condivisa di Barcellona si espande e coinvolge amici al di fuori del gruppo ristretto. L’esperienze di Barcellona si estende a Parigi.

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Dopo due settimane di vacanze il gruppo condivide immagini dei musei visitati e delle foto fatte in spiaggia, i video girati durante le lezioni di wind surf, le nuove canzoni ascoltate in discoteca con i file mp3 appena scaricati dal web. Quasi fossero trofei, il gruppo si scambia messaggi e foto delle ragazze conosciute in discoteca. Il flusso dei contenuti aumenta esponenzialmente e si sedimenta in un diario collettivo.

Ogni membro del gruppo, alle fine delle vacanze, ha nel suo cellulare l’intera memoria multimediale dell’avventura spagnola, con foto, video, musiche e messaggi. Nel loro blog ci sono anche le foto e i commenti dei loro amici parigini, e dei nuovi amici appena incontrati in Spagna.

Il gruppo vive in una Stella infinita.

La Perla

Gino è un fan di calcio e condivide la sua passione con Nino. I due sono membri del club della loro squadra del cuore.

Gino pubblica su youtube un video che presenta il nuovo acquisto del club, un talento ancora poco conosciuto ma molto promettente. Manda immediatamente il video a Nino con commenti entusiasti. Nino, a sua volta, lo gira a Rino.

Rino gira il messaggio a Tino, membro dello stesso club, aggiungendo il link del sito web dove trovare ulteriori informazioni sul neoacquisto. Tino aggiunge anche un messaggio personale dicendo che il giocatore è un puro talento, ne registra un video con commenti personali e fa circolare il messaggio.

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Pino riceve il messaggio e a sua volta lo fa circolare aggiungendo testi e opinioni personali. Il messaggio circola senza sosta, e più circola e più si arricchisce con informazioni e commenti personali, con contenuti testuali e multimediali.

Come nel caso della perla che acquista consistenza e forma strato dopo strato, così nel nostro caso il primo messaggio diviene il seme di una nuova sequenza di commenti e di annotazioni che gli si sedimentano intorno. Il gruppo di amici è in uno spazio sociale simile a una catena, continuo e lineare, strutturato dai contenuti che transitano e sedimentano.

Il gruppo vive in una Perla.

La Fiamma

Gino ha tre amici: Pina, Nino e Lina.

Gino ritrova un video con le immagini incensurate del backstage della cerimonia musicale del Festival di Sanremo. Manda il video immediatamente a Pina, Nino e Lina.

Pina, Nino e Lina ricevono il video, commentano e ne discutono insieme. Ognuno di loro invia il video ai propri amici. Ogni persona che riceve l’informazione la condivide immediatamente con i membri ristretti della propria comunità, ma diviene anche membro di una comunità più ampia che si forma istantaneamente intorno alla condivisione di questo video.

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A una velocità incredibile, l’informazione gira e il video si diffonde in mille direzioni diverse. Il gruppo di persone che condivide l’informazione cresce esponenzialmente. La struttura mantiene due livelli; quello della comunità ristretta e quello di una comunità episodica. La prima preserva le sue caratteristiche ma è rinforzata dalle conversazioni intorno ai contenuti. La seconda, su scala più generale, si consolida intorno a un fenomeno sociale costituito dall’istantaneità della circolazione del messaggio.

La comunicazione accelera e l’informazione si propaga rapidissimamente; come una fiammata, si espande tra comunità diverse. Il fenomeno raggiunge il suo apice e si forma una comunità istantanea. Da questo momento in poi, con l’esaurimento dell’interesse in quel contenuto che ha sinora circolato, la comunità potenzialmente si dissolve.

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Questa comunità fenomenica vive in un’aura chiamata Fiamma.

Il Girasole

Gino, Pina, Nino, Rino, Lina e Tina sono appassionati di musica e di rave parties. Come loro, un’intera comunità di giovani condivide la passione per la musica elettronica e per i rave parties.

Gino dice che ci sarà un rave party e manda un messaggio a Pina, Nino, Rino, Lina e Tina. Dice che si devono ritrovare a mezzanotte nel posteggio dello stadio e da lì andranno al rave party. Tutti coloro che ricevono l’informazione la fanno circolare con una dinamica virale, mandandola ad amici e appassionati che condividono la stessa passione per musica elettronica e rave party. Si crea una comunità tra persone ancora fisicamente distanti, ma già interconnesse nel mondo digitale, che s’incontreranno fisicamente tra breve per partecipare al rave party.

Tra gruppi diversi di amici si crea una catena; scambiano informazioni sul luogo dell’incontro, e scaricano sui cellulari le mappe con le indicazioni su come arrivarci. Circolano informazioni sugli organizzatori del party, pettegolezzi sui deejay e sui partecipanti, link per scaricare le musiche, e sui blog si possono vedere foto e memorie dei rave passati. Con l’avvicinarsi dell’evento, una comunità si consolida intorno a un gruppo ancora disperso. Siamo di fronte a una comunità pre-esperienziale.

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Gino, Pina, Nino, Rino, Lina, Tina, e tutti gli altri arrivano al rave party. La musica è forte: si canta, balla e fa festa. In un periodo molto breve, catalizzata da un evento, si è creata una nuova comunità formata da persone che erano disperse e invisibili sino a poco prima dell’evento.

Tutti i partecipanti, ora nello stesso luogo fisico, continuano a scambiarsi messaggi. La musica è fortissima e non possono sentire voci e suonerie, così comunicano via sms, vibrazioni, foto e video che appaiono nei cellulari. All’evento fisico del rave party, si aggiunge un altro livello di comunicazione: alla comunicazione faccia a faccia e alla co-presenza fisica si aggiunge una meta-comunicazione mediata e tattile.

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L’aura nella quale il gruppo è immersa si chiama Girasole.

L’Uovo

Gino è pronto per partire per la Love Parade di Berlino. I suoi amici lo invidiano e gli chiedono di mandare loro foto in tempo reale. L’intera città è sottosopra e Gino comunica con i suoi amici inviando immagini di ciò che sta accadendo downtown.

La Love Parade inizia e le strade di Berlino si riempiono di gente che festeggia. Gino comincia a prendere foto dell’evento dalle strade e a pubblicarle sul suo photoblog. Il suo photoblog diventa il luogo dell’esperienza condivisa con i suoi amici lontani, che a loro volta iniziano a fare domande, a chiedergli di registrare musiche, e di fare foto specifiche. I suoi amici iniziano anche a “dirigerlo” in altre zone di Berlino perché fanno da ponte fra lui e altri photoblog che altri partecipanti alla Parade pubblicano in tempo reale. Subito dopo, gli amici iniziano a fare i reporter, mandando foto e video dalla scena. La gente intorno non si conosce, ma tutti iniziano a comunicare con gli altri in modo non pianificato ma coordinato.

Gino e tutti gli altri partecipanti alla Love Parade iniziano a guardare i loro photoblog in tempo reale dai loro telefonini dalla strade stesse. Ciascuno di loro diventa allo stesso momento un publisher, perché prende le foto e le condivide in tempo reale, e parte dell’audience, perché guarda in tempo reale i photoblog degli altri.

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Gino comincia a dividere il suo tempo fra il vissuto dell’esperienza fisica dalla Parade e la condivisione dell’esperienza, i photoblog. Lo scambio in prossimità fisica e l’attività di street-blogger di tutti i partecipanti alla Parade cominciano a consolidare una comunità “immediata” basata sull’evento. Tutti i membri della comunità sono in effetti presenti fisicamente nello stesso luogo, partecipano in tempo reale alle stesso evento, tuttavia quello che li lega, in questo primo momento, è il filo delle narrazioni attraverso i telefonini.

Giorni dopo la Love Parade Gino, tornato a casa, continua a scambiare informazioni e annotazioni sia di persona, conversando con i suoi amici, sia attraverso il suo photoblog. Continua anche a consolidare la comunità di quelli che “io c’ero” intorno alla Love Parade. Solo ora, in effetti, la comunità dei partecipanti alla Love Parade si coagula. Dopo l’evento, la diffusione delle esperienze delle persone che erano “lì” crea due tipi di comunità; la prima è la comunità di coloro che ha ascoltato le storie, e vissuto i reportage in modo mediato, mentre la seconda comunità, “a posteriori”, è creata da coloro che hanno vissuto l’esperienza in diretta, una solida comunità di “veterani” che continua a pubblicare e commentare quell’evento all’unisono anche se oramai è fisicamente dispersa.

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Gino, gli altri “veterani” della Love Parade, e tutte le tribù che da lontano hanno vissuto l’esperienza mediata, vivono in un’aura chiamata l’Uovo.

L’Atlante: rißessioni

L’Atlante: rißessioni Le dodici forme aurali appena illustrate coprono l’intero spettro delle forme di comunicazione comprese tra la struttura narrowcast dell’uno-a-uno e quella broadcast dell’uno-a-molti. Nuovi paradigmi, a metà strada tra questi due estremi, si situano fra la comunicazione interpersonale, legata all’evoluzione del medium telefono, e il broadcasting, evoluzione di mass media come la televisione. Più che dare un nome a questo fenomeno – Post-broadcast? Networked media? – è importante comprendere i nuovi paradigmi di comunicazione e la loro portata sociale. La metodologia figurativa utilizzata in questo Atlante ci ha permesso di descrivere, attraverso le aure, le forme sociali legate a questi nuovi paradigmi di comunicazione. Di conseguenza, come al modello dei mass media classici come telefono e televisione corrispondeva la società dei mass media, così ai molteplici paradigmi di comunicazione che abbiamo descritto può corrispondere una società aurale. Nelle prossime pagine, classificando e organizzando le forme aurali in tre diverse categorie, cercheremo di fare chiarezza sulla natura di questa società aurale. Le categorie utilizzate si riferiscono a tre diverse scale sociali: quella individuale, cioè lo spazio microsociale uno-a-uno, quella tribale, lo spazio intermedio dei gruppi ristretti e, infine, quella macrosociale, vale a dire lo spazio di comunicazione broadcast fra comunità di grandi dimensioni.

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Micro-figure della mobile wireless communication Le prime quattro aure della wireless mobile communication riguardano l’evoluzione della dinamica di comunicazione uno-a-uno, spaziando dal semplice scambio interpersonale al dialogo interiore o a quello intimo. Queste quattro forme hanno le stesse caratteristiche della comunicazione telefonica convenzionale one-to-one, ma le forme narrative si arricchiscono della molteplicità dei formati e dell’estensione a una sfera ancora più intima e implicita di comunicazione. La narrazione si basa su tracce, messaggi, conversazioni, e a volte è addirittura un “pretesto senza testo”, uno scambio vuoto di messaggi che tuttavia consolida i rapporti. I flussi comunicativi si riducono a semplici tracce, come i trilli di suoneria senza conversazioni: presenze discrete, non necessarie ma dense di senso. La mera manifestazione della presenza rinforza il rapporto anche quando in linea di principio il contenuto della comunicazione, il “messaggio”, è banale se non addirittura assente. Lo spazio di queste aure è la combinazione tra lo spazio fisico, lo spazio delle informazioni e lo spazio popolato dalle conversazioni. È intimo, e può essere più o meno aperto al resto del mondo: si tratta di uno spazio decorato dalle tracce o dalle presenze delle conversazioni. Inoltre, è lo spazio mentale delle descrizioni che si crea fra gli attori della comunicazione. In queste forme microsociali, la permanenza delle informazioni ci dà inoltre la possibilità di accedere ai diversi contenuti e rielaborare le informazioni che archiviamo in memoria. Da un punto di vista quantitativo non ci sono differenze notevoli con il paradigma delle conversazioni faccia a faccia. Da un punto di vista qualitativo, invece, la permanenza delle informazioni e la possibilità di me-

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morizzarle permette la nascita di dinamiche sociali completamente nuove. Mentre le conversazioni faccia-a-faccia sono caratterizzate da una narrativa informale e da una dimensione temporale transitoria, una chat testuale, pur mantenendo la stessa dimensione narrativa informale, può essere anche memorizzata e diventare parte di un diario permanente. La struttura orale della comunicazione faccia a faccia viene arricchita dalla solidità della cultura scritta, senza che la spontaneità ne venga stravolta. Le quattro figure di questo spazio sono: Il Ventre, la Medusa, la Farfalla, la Margherita Intima.

Il Ventre Un flusso di comunicazioni continue tra due persone crea uno spazio intimo e condiviso. I diversi formati di comunicazione, dagli sms ai messaggi vocali, dalla condivisione delle immagini alle musiche e ai diversi contenuti fanno di questo spazio un luogo estremamente ricco. Inoltre, la possibilità di tenere questi contenuti in memoria crea uno spazio permanente tra due persone. Non siamo di fronte a semplici conversazioni transitorie che rimbalzano fra una coppia d’interlocutori, ma ci troviamo in uno spazio, contemporaneamente fisico e digitale, che contiene le nostre memorie. Elemento importante del Ventre è la possibilità di localizzare e di dare una presenza spaziale al nostro corrispondente, in quanto siamo in grado di sapere dove si trova fisicamente. Oppure, possiamo capire la sua disponibilità al dialogo solo grazie al fatto che sappiamo se mantiene il canale di comunicazione aperto o chiuso, e questo senza avere necessariamente bisogno di parlarci.

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La sola localizzazione spaziale e la disponibilità al dialogo sono sufficienti. Si tratta di comunicare per scambiare presenze e lasciare tracce con un significato implicito molto forte fra gli interlocutori. In questo flusso di comunicazioni e scambi, chiamare l’altro può essere un pretesto senza testo, un segno per confermare una presenza più che per parlare. Si tratta quindi di dinamiche stagnanti, di mondi che si costruiscono e distruggono in tempi brevi fra coppie o amici, e che esplodono per ricomporsi altrove. La traccia è un misto fra lo spazio fisico (che si riassume nella presenza dell’altro, sperimentare la sua presenza) e lo spazio narrativo (le conversazioni, la condivisione di contenuti come la musica). Infine, la possibilità di condividere le esperienze è resa possibile o, almeno, è significantemente amplificata, dal fatto che le informazioni e i diversi contenuti multimediali possono essere archiviati in memoria. La permanenza di contenuti in uno spazio condiviso originale e nuovo genera una “vera” mediazione: non un semplice transito di messaggi dall’uno all’altro ma la sedimentazione, la memoria e la costruzione di un’esperienza condivisa. Qui, in una successione di chiamate, gli interlocutori iniziano a condividere informazioni, poi si inviano sms, poi immagini, poi s’instaurano tra di loro codici segreti e condivisi, emerge una comunicazione implicita e sotterranea, e il tutto crea un’aura che unisce due persone in uno spazio intimo e costante. Il Ventre.

La Medusa La Medusa è una forma asimmetrica nella quale, tra due interlocutori, uno è attivo e dominante nella narrazione, mentre l’altro si lascia trasportare

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dal racconto del primo, dalla descrizione del mondo visto attraverso i suoi occhi, filtrata dalla sua esperienza vissuta. La Medusa è legata alla conoscenza, è conoscenza mediata, e fra gli interlocutori vi è un rapporto di dipendenza. Questo spazio che si crea e che condividiamo, benché simile al Ventre, diventa uno spazio aperto al mondo esterno, ma che allo stesso tempo può rinchiudersi nel calore intimo dello scambio personale. Da quando i telefoni cellulari ci permettono di trasmettere testi e suoni, di raccogliere immagini e filmati, ci permettono di mediare la nostra conoscenza della realtà. I nuovi telefoni cellulari producono una meta-narrazione dei luoghi e delle conoscenze. Quando due interlocutori iniziano il dialogo, diventa importante situare il corrispondente in un luogo geospaziale: nella comunicazione mediata dai telefoni cellulari si domanda “dove sei” prima di chiedere “come va”.

La Farfalla Due persone possono vivere separatamente ma condividere una stessa realtà grazie alla loro comunicazione costantemente arricchita d’immagini, suoni e descrizioni multimediali delle loro esperienze distanti. Lo spazio che condividono, l’aura che si crea con la Farfalla, diventa uno spazio simmetrico che permette loro di vivere una duplice esperienza. In questo scambio, le memorie che si condividono e transitano durante le loro corrispondenze restano disponibili e accessibili anche in futuro. Nella Farfalla non siamo più, come nella Medusa, in una forma di conoscenza condivisa, ma è l’esperienza a essere condivisa. Ogni individuo assume il ruolo di narratore/reporter per il suo partner: gli descrive i luoghi

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e le atmosfere che incontra aggiungendo commenti personali basati sulla sua propria esperienza, sentimenti, impressioni. Se un nostro amico ci manda una foto del suo viaggio, condivide con noi un’esperienza: noi vediamo, nel momento presente in cui riceviamo il messaggio, il mondo “attraverso i suoi occhi”. Questa visione è filtrata dal suo sguardo e dalla sua esperienza. Siamo nella experience mediated communication: per dirla con Walter Benjamin, il narratore aderisce alla narrazione come la mano del vasaio al coccio di terra. Descriviamo le nostre esperienze e allo stesso tempo le diamo un contesto preciso e le situiamo geograficamente. Siamo quindi a confronto con dinamiche descrittive, più che in un contesto di rappresentazioni; descriviamo i luoghi che visitiamo, i posti nei quali ci soffermiamo, ciò che vediamo. La Farfalla è la forma più completa di spazio condiviso tra due partner: è un modo di costruire, insieme, uno spazio di senso comune e una “memoria condivisa”. Gli interlocutori arricchiscono reciprocamente lo spazio dello scambio che li unisce.

La Margherita Intima Gli strumenti di comunicazione diventano l’equivalente di un diario intimo e personale. Possiamo mantenere le memorie personali degli scambi con i nostri amici (i messaggi, le immagini, le musiche che ci scambiamo per esempio) e questo crea una sorta di diario intimo personale. Inoltre, i telefonini, essendo sempre con noi, sono finalmente degli strumenti “personali” e ubiqui, che ci permettono di raccogliere varie forme di contenuti in dinamiche molto più intime di quelle che ci permettevano i personal computer nel passato.

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Qui, la memoria e la permanenza delle informazioni è più importante della comunicazione stessa. Il nostro strumento diviene uno “scrigno digitale personale” grazie al quale raccogliamo esperienze personali, manteniamo in memoria esperienze vissute e significative, e le condividiamo con i nostri amici intimi nutrendo con loro un flusso di comunicazione denso: restiamo al centro di questo flusso creando un’aura intima e condivisa. Si tratta di una forma di comunicazione chiusa, centripeta, nella quale il senso della comunicazione si organizza intorno alla persona che distribuisce e raccoglie le comunicazioni. La centralità e il suo punto di vista soggettivo e circolare la trasforma in autore del proprio diario. L’autore ha un modello spaziale del suo entourage, del suo ambiente relazionale: si raffigura i suoi rapporti sociali come gli antichi oratori s’immaginavano dei “palazzi della memoria” per costruire una mappa semantica di ciò che dovevano ricordare. Qui trova senso la forma sociale dell’“asociale”: la Margherita Intima si riferisce all’adolescente diffidente, timido o introverso, che guarda il mondo da osservatore attento ma non lo condivide con gli altri. Un mondo egocentrico, in una forma simmetrica e centripeta della comunicazione. Le comunicazioni che l’adolescente riceve dall`esterno hanno un’importanza relativa, ma l’apertura con l’esterno avviene quando “aspira”, cataloga e colleziona informazioni che, anche se per altri potrebbero sembrare superflue, per lui hanno un’importanza fondamentale. Il classificare non ha solo una valenza di ordine, ma vi è altresì un aspetto quasi maniacale: riordinare oggetti, immagini e informazioni provenienti dal mondo esterno aiuta a interiorizzare questo mondo e i suoi valori e, allo stesso tempo, accresce la persona rinforzando il suo mondo interiore. La “sacralizzazione” delle informazioni che provengono dall’esterno, mantenute in memoria e

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ordinate, rinforza il mondo interiore della persona. Le informazioni sono importanti in quanto sono registrate e restano “a futura memoria”. Questa dinamica di accumulo delle informazioni significative esiste da sempre, ma è solo da pochi anni che le tecnologie digitali consentono nuove e sorprendenti modalità per costruirsi memorie personali. I computer negli ultimi anni hanno prodotto enormi cambiamenti, così come internet e le reti di comunicazione, ma con l’uso dei nuovi telefoni portatili queste dinamiche divengono estremamente personali. Tenere in memoria un sms (se ne possono tenere solo un numero ristretto, quindi c’è bisogno di una selezione accurata) è diverso dal conservare una email (in pratica, possiamo tenerle tutti in memoria). Inoltre, il telefonino è un oggetto estremamente personale e intimo, costantemente insieme alla persona e personalizzato secondo i propri gusti.

Figure tribali della mobile wireless communication La seconda categoria della mobile wireless communication riguarda i gruppi ristretti d’utilizzatori, la dimensione sociale tribale, in un ambiente postmoderno in cui dinamiche arcaiche si sposano con le nuove tecnologie. I nuovi telefoni cellulari favoriscono la rinascita di forme tribali di comunicazione few-to-few e few-to-many: rivitalizzano la scala della piccola comunità di amici, dei gruppi di persone che sono in contatto costante, scambiano informazioni e passioni, condividono immagini e musica. Gli spazi sociali delle tribù urbane sono definite dai flussi di comunicazione fra piccoli gruppi che catalizzano fenomeni di multiappartenenza e, allo stesso tempo, d’iscrizione territoriale del gruppo di appartenenza. Siamo

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di fronte a un fenomeno che potremmo definire tribe cast: non è l’individuo che comunica con il suo interlocutore o con un partner privilegiato, e nemmeno il grande diffusore che invia informazioni a una massa indefinita di ascoltatori passivi, ma un flusso denso di scambi in un cerchio ristretto di amici. Lo spazio delle relazioni tribali, sovrapposizione dello spazio fisico e del “territorio digitale d’appartenenza”, segue una geometria orizzontale, senza gerarchie formalizzate, creando figure rizomatiche. Nel modello del tribe cast, inoltre, gli utilizzatori danno vita a pettegolezzi e al chiacchiericcio, amplificano le informazioni e i messaggi costruendo una memoria condivisa: in una fabulazione del mondo, descrivono eventi e fatti particolari per condividerli con la tribù d’appartenenza creando micromitologie quotidiane. Diversamente dai media di massa, in cui miti, eroi e figure emblematiche sono istituzionalizzate e statiche, nelle aggregazioni tribali la dimensione mitica è fluida, ciclica e condivisa. L’esperienza narrativa del gruppo si cristallizza in una forma di risonanza dei flussi di comunicazione: la densità dei messaggi, la matassa di flussi di comunicazione, collegano e legano fra loro i membri della tribù. Ci si chiama e ci si richiama, ci si accorda e organizza tramite uno scambio di messaggi che s’intensifica gradualmente: in un vortice di comunicazioni ci si mette d’accordo sul luogo e l’ora dell’incontro sino al momento in cui non ci si ritrova nel luogo prefissato, e mentre siamo ancora al telefono con il nostro interlocutore. Le quattro figure di questo spazio sono: i Petali, la Cresta, l’Anello e la Stella Infinita.

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I Petali All’interno di comunità ristrette vi sono ruoli sociali che emergono, dando forme diverse allo spazio sociale abitato dalla tribù stessa. In alcuni casi, all’interno della tribù vi sono persone più attive di altre: sono loro che attivano le conversazioni e spronano gli altri a interagire. Questo spazio di comunicazione diventa centrato intorno alla persona che agisce come mediatrice sociale e polo di gravità intorno al quale ruota il gruppo. Siamo di fronte a una dinamica centrifuga: la persona risucchia le informazioni dal di fuori, le personalizza e le mette in circolazione fra il gruppo di amici. È lei che agita il gruppo, che stimola e lo innaffia con i suoi contenuti. Se la geometria della Margherita Intima era centripeta, quella dei Petali è centrifuga. In questa figura c’è una forma sociale fondamentale, il chief gossiper, che è colui o colei che organizza la disseminazione delle informazioni, fa lo spammer, il publisher. È una forma speculare rispetto all’Anello, nella quale vi è l’assenza del centro e della sua figura, mentre nei Petali vi è una figura centrale rinforzata. Il chief gossiper ha potere, nel senso che può far circolare le informazioni e i pettegolezzi che più gli piacciono. È quindi una forma di broadcaster, valida i contenuti delle informazioni che circolano, ed esercita il suo potere, consapevolmente o meno, oltre che esprimere una dinamica emergente di authorship. Si tratta di una forma di potere classica: può vedere e dire di tutto, osserva e controlla tutti, e si trova fisicamente al centro di una forma a panopticon. In una struttura a network, in cui tutti comunicano con tutti, emergono ruoli sociali indipendenti dalla struttura.

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La Cresta Un aspetto molto interessante delle nuove dinamiche delle aggregazioni tribali è la condivisione di contenuti che un membro del gruppo recupera in ambienti esterni alla tribù stessa e condivide: per esempio, scaricare file di musica digitale o siti web, e farli circolare all’interno del gruppo, nutre la tribù e catalizza una forma di conoscenza condivisa. Il ruolo dell’esperto è fondamentale all’interno della tribù, e lo spazio della comunicazione che si forma in questa dinamica si definisce intorno ad asimmetrie che gravitano intorno ai diversi esperti che, a seconda dei contenuti di cui si tratta, assumono il ruolo di leader della tribù. Ogni membro della tribù ha passioni e competenze, che spartisce nello spazio condiviso della tribù. La cresta permette l’emergenza di una figura importante: come i dj professionisti hanno iniziato a produrre compilation di musica d’autore, così colui che immette le informazioni nella tribù assume un ruolo particolare di leader carismatico e di esperto competente rispetto agli altri membri della comunità. È animatore, redattore e autore. E come catalizzatore è perno e punto di riferimento all’interno della tribù. È colui che va alla caccia di informazioni in ambienti esterni e di cui ci si può fidare, ha competenze ed è affidabile. Fertilizza la tribù aumentando così le competenze dei membri interni. La sua presenza e le informazioni che mette in circolo diventano fondamentali e fondanti per il gruppo: avere accesso alle sue informazioni è a volte più importante del contenuto stesso del messaggio che si riceve. Siamo di fronte a figure cangianti e mobili: nella tribù si assume a turno il ruolo di esperto. Il capo carismatico è una figura di leadership distribuita: a seconda delle competenze e degli argomenti chiunque può assumere temporaneamente un ruolo dominante e centrale.

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L’Anello La mobile wireless communication ha rinvigorito la comunicazione all’interno delle piccole comunità. In un certo senso, i telefoni cellulari hanno stimolato l’emergenza di “tribù urbane”; il gruppo resta in connessione costante non solo per comunicare ma anche per collaborare, che si tratti di una tribù urbana che organizza una serata oppure di un gruppo di lavoro che condivide informazioni per un progetto specifico. Lo scambio circolare d’informazioni crea un Anello che collega i membri delle stessa tribù in un’aura caratteristica. L’Anello è una forma di comunicazione remota combinata alla presenza fisica in un movimento circolare della comunicazione, corrispondente al rincorrersi fisico. Al rincorrersi via sms fa eco il seguirsi in spazi fisici, e all’occupazione dello spazio psicologico digitale corrisponde un’occupazione fisica e geografica. Un aspetto sociale fondamentale della figura dell’Anello è l’assenza del capo-pettegolezzo, il chief gossiper, figura sociale predominante dei Petali. Nell’Anello, al contrario, ci troviamo di fronte a una serie di publishers, tutti capi-pettegolezzo. È una figura circolare, figura che assomiglia alla Stella Infinita ma su scala ridotta. Nonostante quest’assenza di ruoli, all’interno del gruppo vi è un iniziatore della catena dei messaggi, colui che attiva il tam-tam della comunicazione. Se l’iniziatore persiste e consolida progressivamente il suo ruolo di iniziatore, allora può trasformarsi in esperto della tribù. L’Anello è una figura interessante in quanto forma una comunità particolare, è una “Perla chiusa” dove non tutti, pur condividendo le informazioni necessarie, comunicano direttamente con tutti. L’Anello può anche essere considerato una Fiamma piegata su se stessa, una comunità chiusa che non cresce esponenzialmente come la comunità Fiamma.

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La figura dell’Anello è una figura astratta e sempre presente in forma ibrida, che si combina sistematicamente con altre forme.

La Stella Infinita La Stella Infinita è una struttura sociale equilibrata in cui tutti i membri possono parlare con tutti e avere lo stesso ruolo. Struttura equilibrata e senza ruoli, anche se vi sono ruoli temporanei, eventi e attività comunicative costituiscono “densità” sociali e ruoli definiti, “publishers” che generalizzano questa struttura creando tensioni, polarizzazioni e forze d’attrazione transienti. Possiamo definire questo modello di comunicazione come una specie di “micro-publishing”: questa dinamica si situa tra la struttura comunicativa uno-a-uno (con tutte le caratteristiche della comunicazione informale legata al pettegolezzo o alle informazioni tacite per esempio) e il broadcast (con l’enorme potenza di diffusione che ci permette di raggiungere una vasto pubblico). Il micro-publishing è il modello più innovatore e su misura per una tribù. Rappresenta, inoltre, la forma più potente di rinforzo sociale della generazione peer-to-peer. La comunità tribale diventa un’entità comunicativa in sé, un centro di trasmissione e produzione di messaggi e contenuti: la tribù “parla” all’unisono, diventando un polo di comunicazione in se stessa. Per la prima volta nella storia dei mezzi di comunicazione ci troviamo immersi in un universo a forma orizzontale e simmetrica, figura frattale ripetuta all’infinito. A differenza dei mass media classici, infatti, nella rete tutti possono comunicare e diventare produttori d’informazioni.

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L’infrastruttura di una rete è uniforme, nel senso che tutti i punti del sistema comunicano con tutti i punti. Tuttavia, su questa infrastruttura stabile e omogenea, i flussi di comunicazione e le relazioni formano nel tempo “condensazioni” sociali, poli differenziati di attrazione, gerarchie, punti di riferimento, generando densità sociali dinamiche. Capi tribù si alternano a seconda dei consensi che raccolgono: un giorno il mio blog può essere quello più visto e frequentato, il mese dopo sarà il turno di un altro membro della tribù. A differenza del passato, dove la figura sociale statica delle classi rispecchiava letteralmente la struttura fisica del network broadcast, oggi all’infrastruttura distribuita e uniforme della rete non corrisponde un’ipotetica società altrettanto distribuita e uniforme, ma sulla rete si condensano molteplici strutture sociali transienti e grumose, entità flessibili, cangianti e “deboli”: le tribù.

Macro-figure della mobile wireless communication Nella categoria della macro-figure la portata dei messaggi ha la potenza, la forza e la scala dei media di massa. Comunità dinamiche, fluide e aperte, possono infatti espandersi all’infinito. Tuttavia le modalità di accesso, elaborazione e diffusione delle informazioni sono completamente diverse da quelle che definiscono i mass media: forme virali di narrazione basate su strutture many-to-many e any-to-many seguono piuttosto i meccanismi della cultura orale. Queste strutture sono lontane dal modello di broadcast in quanto nessuno ha il ruolo di diffusore unico: tutti sono potenzialmente dei broadcaster. In questa dinamica di comunicazione, il contenuto si espande progres-

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sivamente col circolare dei messaggi, da persona a persona e da gruppo a gruppo. Come nella cultura orale, queste macro-figure sono imperfette: come nella conversazione così nelle forme virali non si può essere “sicuri” né della fonte che invia il messaggio né dei contenuti stessi del messaggio. La figura accreditata dell’autore – il giornalista –, così come la sua credibilità, certificata dall’istituzione – il quotidiano –, scompaiono. Di contro, si possono avere delle certezze sul fatto che le informazioni contengono e raccolgono commenti e note generate dalla comunità (grassroot). Questi meccanismi virali di trasmissione all’infinito creano spazi sociali altrettanto infiniti, frattali, in quanto infinitamente moltiplicati. Questi spazi infiniti tuttavia non creano forme sociali generiche e indefinite, ma piuttosto comunità “lampo”, just-in-time, strutture sociali fluide e transienti. A queste strutture sociali corrisponde una memoria altrettanto fluida e transiente, ma non per questo meno rilevante. Dissolte le comunità lampo, rimane la sedimentazione delle loro conversazioni sociali, del passaparola, delle loro relazioni, che costruiscono una forma di memoria paragonabile a quella della cultura orale, fondata su mitologie e leggende. Le quattro figure sono: La Perla, la Fiamma, il Girasole, l’Uovo.

La Perla Le dinamiche che osserviamo nella Perla sono iniziate con l’email e i personal computer: il modello del “pettegolezzo infinito” è oggi uno dei modelli più diffusi di trasmissione di contenuti e d’informazioni. Un messaggio

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è inviato a un amico, che a sua volta lo fa seguire a un altro amico, che a sua volta lo ritrasmette ad infinitum; questa dinamica fa parte dei meccanismi forti e radicati della cultura orale. L’aspetto più interessante del pettegolezzo e del passaparola come forme di trasmissione di saperi è quello che ogni partecipante aggiunge, a ogni intervento, la sua opinione o la sua esperienza ai contenuti che riceve. A ogni rinvio il contenuto si sedimenta intorno al primo “grano” d’informazione che diventa più consistente e rilevante via via che si arricchisce delle testimonianze ed esperienze della comunità che lo ha annotato. Così, esattamente come nelle dinamiche delle culture orali, il contenuto originario si accresce e si trasforma in senso comune o in mitologia (leggenda urbana, mito, …). La Perla è una forma di comunicazione lineare ma non necessariamente ordinata: i partecipanti possono assumere un ruolo “passivo” come elementi di una catena che semplicemente arricchisce e fa circolare l’informazione, ma allo stesso tempo possono assumere il ruolo di capofila iniziando una nuova catena.

La Fiamma La Fiamma rivela al meglio i meccanismi della comunicazione virale propri della wireless communication, che diffondono informazioni per vie infinite e incontrollabili, estendendole a una comunità molto vasta. La forma della Fiamma è esplosiva e centrifuga: essa crea comunità istantanee a partire da un evento reale, permettendo per la prima volta nella storia dei media e della comunicazione di realizzare viral reportage o instant journalism.

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Comunicazioni e contenuti dilatandosi e diffondendosi come in una fiammata, creano uno spazio frattale infinito. Il carattere sociale di questo spazio frattale infinito è completamente diverso dalla forma classica dei mass media tradizionali. Mentre il publisher e il broadcaster erano forme sociali stabili di potere, la pubblicazione a riceventi multipli definisce la forma di diffusione anyone-to-many: chiunque può essere un publisher temporaneo.

Il Girasole I wireless mobile media sono utilizzati spesso in situazioni di prossimità fisica: messaggi e informazioni non sono destinati a individui distanti ma a persone che si trovano negli stessi luoghi fisici. Lo scopo della mediazione non è quello di colmare una distanza fisica, ma di aprire un canale di natura diversa: una comunicazione sotterranea dove circolano informazioni che non sarebbero mai esplicite negli scambi faccia-afaccia. Si pensi all’intimità di alcuni messaggi sms che, in situazione di compresenza, non sarebbero così espliciti o diretti, oppure alle svariate forme di pettegolezzo anonimo che ci si guarderebbe dall’esprimere in prima persona. Questi caratteri esaltano lo spazio fisico rendendolo più ricco e profondo. In una classe, a esempio, gli adolescenti sovrappongono allo spazio formale e istituzionale dell’aula quello privato e informale delle loro comunicazioni via sms. Questa dinamica crea sinergie nuove e potenti. D’altro canto, le recenti flash mobs sono un esempio esplicito di questa forma emergente di aggregazione comunitaria. Nelle flash mobs si formano comunità ad hoc dove l’appropriazione spaziale urbana diventa elemento chiave. È una forma este-

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tica per eccellenza, dove l’appropriazione delle spazio urbano assume anche una caratteristica sociale forte: siamo di fronte a forme comunitarie di graffiti umani con una polifonia di significati. Ancora, i rave party sono un altro esempio eclatante di comunità di persone disperse che in un lasso di tempo ridotto convergono in un luogo geografico predeterminato. Una volta in loco, inoltre, non smettono di comunicare ma, al contrario, la comunicazione via wireless media assume connotazioni particolari creando una sorta di metacomunicazione che si sovrappone alle comunicazioni sul posto.

L’Uovo L’Uovo è una forma di comunicazione few-to-many nella quale le poche persone che partecipano a un evento lo raccontano pubblicandolo su scala di massa. È una forma in cui il modello del broadcast e il suo opposto, il modello del passaparola, convivono e si ibridano. Il black out che ha colpito la città di New York nell’agosto 2003 è stato il primo evento documentato su scala di massa e in diretta dalle strade attraverso telefoni cellulari e macchine fotografiche digitali. In tempo reale queste immagini apparivano sui photoblog. L’evento ha catalizzato tre tendenze ancora inespresse anticipando la forma di comunicazione “uovo”; per la prima volta una moltitudine di occhi ha visto e documentato un evento; le persone hanno sentito il desiderio e hanno avuto la possibilità di esprimere le loro esperienze vissute; la narrazione si fa dalla strada e senza mediazioni. La coincidenza di questi tre fenomeni, combinata con la maturità delle tecnologie wireless, ha permesso per la prima volta di creare un cortocircuito

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fra un evento e la sua narrazione e pubblicazione di massa, molto più che in una diretta televisiva. Infatti, mentre la diretta televisiva ha già annullato l’intervallo di tempo fra l’evento e il suo broadcast, per la sua natura di mass medium non ha comunque mai cancellato i molteplici strati successivi di mediazione: dall’“interpretazione” del reporter al “punto di vista” del cameraman, dalla riformattazione della regia televisiva al “branding” del canale che trasmette, la diretta televisiva non ha mai collegato “direttamente” un evento con la sua audience. Lo street blogging, in cui i molteplici punti di vista dei “few” che vivono un evento vengono trasmessi “puri e vergini” ai “many”, è invece privo di mediazioni, oltre che in tempo reale. La narrazione dello street blogging è “immediata” perché scompare la mediazione della professionalità del reporter e della struttura produttiva della televisione. Dal tempo reale della diretta televisiva del broadcast si passa all’immediatezza senza mediazioni dello street blogging. L’uovo rappresenta una forma comunitaria esclusiva ma allo stesso tempo aperta: non è il few-to-few del tribe cast, nella quale piccole tribù parlano ad altre tribù, ma è una forma di risonanza collettiva immediata in cui un gruppo in prossimità fisica di un evento lo vive, lo racconta e pubblica. Come tale, è comunicazione da massa piuttosto che comunicazione di massa. I molteplici occhi della “strada” costruiscono la storia attraverso un’esperienza condivisa contestualizzata, dentro il mondo, e sostituiscono la singola voce del giornalista, fuori dal mondo. È in questo senso una comunità a posteriori ma istantanea. Il potere auto-elettivo delle persone, come partecipanti nel flusso della comunicazione o come eroi di leggende urbane, è una vera novità caratteristica di questa forma.

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Nella forma dell’Uovo, al contrario degli incontri o delle discussioni rese possibili su web, si è consapevoli di essere una comunità a posteriori e a partire da un evento reale. Comunità che nascono in luoghi fisici remoti per poi convergere in uno spazio fisico comune e di vicinanza, hanno un equivalente speculare in comunità che si formano grazie a un evento particolare e in seguito vivono grazie a quell’evento. L’evento precede la comunità, e i flussi di comunicazione la rendono tale a posteriori. L’Uovo è una forma caratterizzata anche da una struttura temporale particolare: il gruppo che partecipa all’evento in principio è legato solo dalla coincidenza di trovarsi nello stesso luogo allo stesso momento, ma il fatto di testimoniare le esperienze li lega già in una comunità inconsapevole. Sulla scia dell’evento, seguendo il filo delle narrazioni, questa comunità effimera e inconsapevole si trasforma in una comunità solida e conscia. Più che di comunità just-in-time si può parlare di comunità just-after-time. Infine, queste comunità a posteriori generano dei meccanismi di mass celebrity: i blog più letti, i messaggi più condivisi e le comunicazioni più rilevanti creano eroi o personaggi centrali. Si crea così una figura d’autore e publisher “malgré lui” in quanto la celebrità del publisher più che essere desiderata gli è attribuita dalla comunità di lettori.

Meteorologia delle aure Le aure come figure sociali Questo Atlante tratteggia una “libreria” di forme, un primo elenco di spazi sociali aurali. Rappresenta un primo tentativo di definire per scenari relativamente astratti e sintetici i molteplici fenomeni sociali catalizzati dai nuovi mobile wireless media. Un tentativo di mettere ordine e di rendere intelligibile una realtà fluttuante e dinamica. Nella realtà quotidiana, infatti, molteplici aure coesistono e si compenetrano, e determinano fenomeni d’influenza reciproca, risonanze, interferenze. Sono le molteplici aure che circondano ognuno di noi, spazi sociali di diversa scala e natura, e molteplici aure che circondano gruppi d’individui ognuno con le proprie aure. Un completo e maturo modello interpretativo di questi fenomeni sociali dovrebbe aggiungere all’Atlante la definizione di questi fenomeni d’interferenze. Inoltre, la necessità di “vedere” e descrivere le aure ha generato un modello statico. Nella realtà quotidiana, le aure che “abitiamo” sono in continuo cambiamento, sono dinamiche e immateriali. Un completo e maturo modello interpretativo dovrebbe considerare anche questo aspetto: dovrebbe interpretare, analizzare e descrivere le forze e le dinamiche che formano e regolano le aure. Infine, l’Atlante si occupa solo marginalmente del lato fisico di queste aure, spazi ibridi che comprendono sia il territorio dell’architettura

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della città sia il territorio digitale degli spazi di comunicazione. Anche in questo caso un modello interpretativo maturo e accurato dovrebbe rivolgere ancora più attenzione alla correlazione fra “materiale e concreto” e “intangibile e dinamico”. Fra gli strumenti a nostra disposizione per comprendere il mondo possiamo, in realtà, trovare alcune scienze in grado di descrivere tipologie di fenomeni come quelli che abbiamo descritto. La meteorologia, a esempio, studia fenomeni fisici non controllabili, vaghi e difficilmente prevedibili nella loro estensione effettiva, e cerca di captare fenomeni invisibili per renderli visibili. La meteorologia è in grado di comprendere: – – – – –

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fisici ma non tangibili; prevedibili con approssimazione ma non controllabili; invisibili ma con forme definite; molteplici fortemente correlati fra di loro; altamente dinamici.

Se le forme sociali sono aure, allora la sociologia è la meteorologia delle aure. Questa sorta di “meteorologia sociale” può essere infatti il migliore sistema interpretativo per portare in superficie i molteplici fenomeni sociali catalizzati dai nuovi wireless mobile media e coglierne tutte le caratteristiche impalpabili e dinamiche. Le scienze sociali avrebbero così a disposizione [1] un sistema interpretativo di fenomeni complessi, immateriali e fortemente correlati fra loro; [2] un sistema interpretativo che fonde l’analisi di fenomeni di comunicazione, sociali e spaziali; [3] un sistema di costruzione laddove lo studio delle scienze umane e sociali si uniscono all’architettura in una tensione costruttiva non costruita.

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Questo sistema interpretativo sarebbe in grado di descrivere il cambiamento sociale in atto con più precisione delle semplici analisi del territorio, dello spazio urbano o delle analisi sociali che si focalizzano sulle istituzioni.

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Lo spazio dell’aura e della persona Il territorio come interfaccia Nella prima fase dello sviluppo di internet, le comunità virtuali offuscavano la dimensione geofisica e territoriale delle comunità. Lo spazio sociale di queste comunità del villaggio globale, in completa opposizione all’idea di luogo, era “anywhere”: spazio qualunque, generico e neutrale, astratto dal territorio fisico. Con la prima ondata della diffusione delle reti wireless lo spazio della città ha rischiato di perdere il suo ruolo di luogo sociale, dove le persone s’incontrano e interagiscono con lo spazio pubblico: quando telefoni cellulari e computer wireless possono collegare le persone alla loro sfera d’informazione privata e remota, queste sfere d’informazione individuale rischiano di separare le persone dalla spazio materiale della città, da qualunque spazio pubblico condiviso di qualità – il bar, l’ufficio, la piazza. La sovrapposizione sinergica tra le informazioni digitali e il territorio fisico e sociale crea uno spazio ibrido, più ricco e originale per le interazioni sociali. Le interazioni in questo spazio avvengono, a diverse scale, fra le persone e le loro comunità, gli artefatti fisici e lo spazio stesso, e sono fortemente contestualizzate. Emerge quindi un “terzo spazio”, creato dalla sinergia tra

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spazio fisico e spazio digitale, ma che ha caratteristiche diverse da entrambe: è fluido, dinamico, intangibile ma “abitabile”, e serve come catalizzatore delle relazioni sociali. Due sono le ragioni che rendono possibile questo cambio di paradigma: la diffusione dei location based wireless e l’interazione con strumenti handheld. In sintesi, i wireless media sono: 1 – Personali e individuali: oggetti che portiamo sempre con noi e che personalizziamo a piacere, interazioni integrate nel nostro vissuto quotidiano e dense di carica emotiva. 2 – Mobili: oggetti che, a differenza del personal computer, sono sempre con noi e attraversano ogni situazione sociale, professionale o familiare. Interazioni non immersive, periferiche, più compatibili col contesto fisico di una strada, una piazza, un casa. 3 – Integrati: l’integrazione fra comunicazione e l’accesso alle informazioni crea una narrativa ibrida. Lo stesso mezzo permette sia di accedere alle informazioni sia di gestire le comunicazioni interpersonali. Alla diffusione dei wireless mobile media corrisponde una trasformazione del paradigma d’interazione con gli strumenti di comunicazione. L’interazione con i personal computer era in origine centrata sul fare (scrivere un documento, fare di calcolo con uno spread sheet …) ed era concentrata su un singolo individuo completamente isolato dal contesto fisico seduto di fronte allo schermo del computer. Oggi, l’integrazione di tecnologie di telecomunicazione e computer e la diffusione dei network wireless, suggeriscono un paradigma completamente diverso: computer, telefonini e reti non sono più solo strumenti per fare. Sono innanzitutto mezzi di comunicazione per con-

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nettere persone, spazi collaborativi dove incontrarsi, strumenti per accedere a informazioni dinamiche e distribuite. L’interazione con mobile wireless media ha caratteristiche intrinsecamente diverse di quella col computer: è centrata sulla comunicazione, è intrinsecamente sociale e, essendo mobile, è altamente contestualizzata. Quando i wireless media integrano comunicazione, creazione e diffusione di contenuti multiformato (immagini, video, musica, testi), il modello mentale d’interazione è basato in primis sulla socializzazione e poi sul fare. I wireless media inoltre non sono intrusivi: facilitano la relazione sociale di prossimità senza interferire nelle modalità prossemiche. L’interazione con i wireless hand-held è fortemente contestualizzata: a differenza del personal computer, con un telefonino posso accedere a servizi on-line da ogni luogo. Inoltre, l’evoluzione delle tecnologie d’interazione con i wireless mobile media, e le possibilità di dialogo fra questi e l’ambiente costruito, aumentano esponenzialmente la contestualizzazione: bluetooth, smart environments, Rfid e wi-fi, Gps e location based services e, nel futuro, possibili interazioni collettive con larghi schermi in luoghi pubblici rendono ancora più forte la relazione fra le informazioni e lo spazio fisico.

Sedimentazione Se lo scenario del “territorio come interfaccia” diventa realtà, allora lo spazio diventa la principale struttura per navigare e interagire: lo spazio dell’interazione mediata è la somma di spazi sociali digitali e spazi fisici pubblici. La maturità dei mobile wireless media trasformano l’esperienza della mobilità da “anywhere, anytime” a “in questo luogo, in questo momento, per questo

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individuo”, e la comunicazione si ricollega con la forma del territorio, e col genius loci. Il tessuto urbano torna a essere un contenitore e una scenografia per le esperienze sociali e individuali, un sistema di relazioni sociali in tempo reale e in “spazio reale”, e in parte anche una memoria collettiva che permette di sedimentare queste esperienze in un passaparola condiviso, collettivo e contestualizzato. Questo scenario sembra più sintonizzato con l’identità urbana del territorio europeo. In effetti, la più rapida diffusione in Europa, rispetto agli Stati Uniti, dei mobile wireless media può essere legata alla natura diversa del rapporto tra le relazioni sociali e il tessuto urbano nel Vecchio continente. La crescita e l’evoluzione lenta della città europea è avvenuta per strati successivi. Questo sviluppo ha creato un tessuto urbano e geografico in cui la sedimentazione fisica e quella sociale si sono integrate profondamente. All’interno dell’ecosistema del centro storico della città europea è impossibile separare la qualità dello spazio fisico, la piazza, il cortile, dalla “qualità sociale” a questo legato, le relazioni di vicinato, i rapporti interpersonali. La bellezza di una piazza è direttamente connessa al benessere delle relazioni sociali al suo interno. Questo legame inscindibile fra la forma sociale e la forma della città deriva dalla crescita lenta che ha caratterizzato il territorio europeo. Questa densità di rapporti sociali connessi al tessuto urbano europeo assume connotazioni ben diverse nel contesto nord-americano, dove l’insediamento urbano e lo sviluppo delle città sono molto più recenti, sono avvenuti con ritmi accelerati, e si sono sviluppati contemporaneamente all’insediamento dell’automobile. Negli Stati Uniti il territorio urbano è molto più esteso, e metropoli come

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Los Angeles sono l’archetipo della non città: luoghi di vita senza abitazione, periferie senza tessuto urbano. Il territorio a bassa densità di rapporti sociali è fondato sulla mobilità dell’automobile e manca l’indispensabile catalizzazione sociale del centro storico, della piazza. La Main Street prende il posto del centro città: ed emergono così il commercio e il business pianificati dal nulla in contrapposizione con l’ecosistema di rapporti sociali della piazza, i suoi caffè, la chiesa, il club sportivo e il partito. Nel contesto nord americano, quindi, viene a mancare, o si manifesta con toni nettamente inferiori, questa densità di rapporti sociali legati al tessuto urbano propria all’Europa. Qui, i rapporti solidi di vicinato, i legami basati sull’appartenenza territoriale al quartiere e al rione, e i rapporti quasi tribali neo-familiari, sono ancora profondamente radicati nel territorio, anche se talvolta ci si lamenta della loro progressiva sparizione dove il tessuto urbano è stato distrutto. In questi due contesti culturali così opposti, lo sviluppo delle reti di comunicazione prende sfumature assai diverse. La cultura americana ha applicato il proprio paradigma di urbanizzazione alla definizione delle reti di comunicazione: in assenza del tessuto urbano, ha applicato il modello mentale delle autostrade a internet, e ha associato a queste “Information Superhighway” il modello di rapporti sociali astratti dal territorio, “inventando” le comunità virtuali. Le autostrade stanno alla metropoli senza qualità urbana come internet sta alle comunità virtuali. La densità sociale del territorio europeo e la preponderanza del senso del luogo, hanno costituito, al contrario, il contesto ideale per la diffusione dei wireless media. La piazza sta al centro storico come gli sms stanno alle tribù urbane.

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La resistenza alla trasformazione del territorio fisico in Europa è una delle ragioni per cui il paradigma delle comunità virtuali non è mai stato dominante. Il territorio, lo spazio fisico e insieme sociale, sono un ecosistema inestricabile in cui un elemento si nutre dell’altro: luoghi del sapere, spazi della conoscenza.

La società della aure: considerazioni Socialità e aure Nelle cosiddette società occidentali la struttura sociale non è più quella “rigida” dell’800, con ruoli stratificati e gerarchie formalmente definite. A questa succede una società più aperta e fluida, in cui si rielaborano radicalmente le nozioni di famiglia, stato, religione, comunità. In quest’ottica, il significato profondo dell’“appartenenza” sociale assume connotazioni completamente nuove. Ed è proprio per questa mobilità sociale, per i fenomeni di multi-appartenenza trasversale e di ridefinizione della divisione del lavoro che le società nelle quali viviamo oggi sono nettamente più fluide. Ferdinand Tönnies in Comunità e società, già nel 1887, differenziava Gemeinschaft (comunità) da Gesellschaft (società). La comunità alla quale si riferiva era quella rurale basata su rapporti interpersonali calorosi e semplici, in cui vigevano relazioni basate sulla compresenza fisica. Per opposizione, la società propria alla città moderna è caratterizzata da rapporti sociali spersonalizzati, freddi e meccanici, Questo discorso potrebbe ritrovarsi, ai giorni nostri, in quella differenziazione fra società moderna e tribù post-moderna (Les temps des tribus di

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Michel Maffesoli). Nella società moderna l’individuo ha una funzione statica che esercita all’interno delle istituzioni, è strutturato e definito da una tecnostruttura che lo trascende. Al contrario, il tribalismo post-moderno oppone all’individuo autonomo l’idea di persona che non ha funzioni prestabilite all’interno delle griglie rigide della società alla quale appartiene, ma esercita svariati ruoli all’interno dei diversi gruppi ai quali aderisce. Se l’individuo ha funzioni, la persona recita ruoli. Se l’individuo si fonda su un contratto che lo lega alla comunità per realizzare i suoi progetti, la persona ha diversi ruoli che esprime con la pluriappartenenza trasversale ai diversi gruppi sociali, laddove il legame che mantiene uniti i membri non è quello del contratto ma piuttosto le libere scelte, fondate su una condivisione di emozioni e varie forme di empatia. Siamo di fronte a nuove viscosità sociali, e la passione, in senso esteso, diviene il collante sociale. La tribù, inoltre, è un evento fluido, una cristallizzazione temporale più che un gruppo statico, rigorosamente e strutturalmente definito. Da un punto di vista sociale, “l’era delle aure” conferma ed enfatizza la struttura tribale emergente. In un certo senso, completa il passaggio dalla modernità alla post-modernità dando uno spazio concreto di realizzazione alle tribù postmoderne. Le persone che vivono nello spazio sociale che abbiamo definito “spazio aurale”, hanno maschere e interpretano ruoli cangianti all’interno di una costellazione di appartenenze sociali trasversali. Assumono e impersonificano ruoli fluidi anziché funzioni in strutture gerarchizzate e immobili. L’aura, per la sua struttura intrinsecamente immateriale, permette alle persone di attraversare quotidianamente molteplici spazi sociali, di appartenere a molteplici gruppi sociali. Lo spazio aurale consente al tribalismo di esprimersi in tutte le sue di-

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mensioni, come se quest’ultimo avesse atteso questo nuovo spazio sociale per sbocciare completamente. I sistemi istituzionali e burocratici non impongono il gruppo di appartenenza, ma sono le persone stesse che definiscono i loro cerchi di relazioni in funzione delle emozioni e le esperienze che condividono, sviluppando forme nuove di socialità.

Politica e aure Come si esercita il potere in una società fluida come quella aurale? Quali sono i nuovi modelli e i nuovi esercizi del potere? Come in tutti i periodi di evoluzione sociale e di accelerazione tecnologica, le istituzioni hanno difficoltà a mantenere il passo e restare aggiornate con i cambiamenti storico-culturali, e non sembrano più in grado di dare risposte adeguate. Queste transizioni possono avvenire in modo omogeneo, lineare, con tempi lunghi, oppure precipitare con “strappi” violenti, come nel caso delle rivoluzioni che impongono nuovi modelli istituzionali. Oggi esiste una società aurale di fatto, che però non ha ancora consolidato forme di rappresentanza politica e istituzionale, mentre la forma delle istituzioni presenti è costruita a immagine di una società che non esiste più. In questo periodo di transizione, il discorso sulle nuove modalità di rappresentanza politica di una società fluida, aurale restano quanto mai aperte e incerte. Probabilmente, non sarà il modello classico di delega dei mass media, e forse non sarà nemmeno il modello della partecipazione diretta, legata all’illusione e all’astrazione che le reti sottendano una società amorfa,

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completamente distribuita, omogenea e uniforme, in cui tutti i nodi sono collegati a tutti i nodi, e in cui non vi siano forme eterogenee di aggregazione sociale. La vera essenza della società aurale è che vi sono sia densità sociali con forme definite, le aure, sia forme eterogenee di aggregazione sociale. Assistiamo a un cambiamento sociale importante in cui si affermano le modalità tribali che abbiamo discusso, alle quali non corrispondono ancora istituzioni equivalenti, o gli elementi che rimpiazzeranno o sostituiranno le vecchie istituzioni, per supportare e convivere con questa socialità tribale. Sulle geometrie sociali ad hoc delle tribù si formano nuove geometrie di potere altrettanto ad hoc dove le istituzioni stesse sono transienti, flessibili, cangianti e deboli: il potere all’interno di queste comunità non si basa sui ruoli e le posizioni dei suoi membri, ma è catalizzato da eventi e flussi.

Estetica e aure L’estetica assume una duplice dimensione nel nostro discorso. In primo luogo, i legami sociali che emergono all’interno dello spazio aurale hanno un carattere estetico, nel suo senso originario di “passione”: le tribù postmoderne si aggregano a partire da comportamenti fondati sulla condivisione di passione (aisthesis, estetica), sentimenti, emozioni. In secondo luogo, poiché le aure hanno una forma, possiamo applicare a queste le leggi della geometria: nelle forme aurali ci sono simmetrie, asimmetrie, equilibri, dissonanze e all’armonia nel disegno della forma corrisponde un’armonia nella socialità che queste rappresentano, vi è una relazione armonica, quasi geometrica, fra le persone che abitano queste aure. Esiste

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un’estetica grafica delle aure che corrisponde all’estetica dell’esistenza all’interno delle aure. Le aure sono tangibili e visibili, sono il segno dei rapporti sociali, del loro equilibrio e possono diventare i diagrammi dei rapporti di forza e delle dinamiche sociali all’interno dei gruppi. Infine, alle aure si applicano le leggi dell’estetica. Come nel caso della piazza italiana, se le aure sono belle e sono armoniose allora “abitarle” è bello e piacevole.

Sapere e aure La dinamica che porta gli attori della comunicazione ad arricchire le informazioni che ricevono con dei contenuti personali per poi rimetterle in circolazione crea forme di sapere basate su dinamiche di risonanza sociale I flussi di comunicazione che sottendono le aure sono in realtà anche i promotori di nuove forme di sapere e conoscenza. Le forme sociali che abbiamo discusso infatti stimolano e creano forme di conoscenza che si basano su meccanismi interpersonali, forme di sapere che si cristallizzano per risonanza. Amplificare e arricchire le informazioni, deformarle e annotarle con contenuti personali, come nel caso del passaparola nella Perla, genera nuove forme di conoscenza nelle quali, a scapito della “purezza” dell’informazione, il sapere è più ricco e ha un contenuto sociale più intenso rispetto alle modalità del broadcast. Questa forma di sapere è certamente più simile alle forme di circolazione della cultura orale: come questa, la cultura aurale è fondata sulle interazioni costanti e permanenti fra le persone.

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A differenza della cultura orale, però, la trasmissione della conoscenza per aure è amplificata e consolidata dalla viralità delle tecnologie in rete. Le aure, infine, sono un vero e proprio spazio sociale d’interazione nel quale si solidificano forme nuove di conoscenza e sapere. La conoscenza e le informazioni sono diffuse e veicolate nelle aure, condensate intorno alle relazioni interpersonali, ai ruoli sociali, al luogo fisico.

L’era della conoscenza aurale Molteplici tendenze, dalla diffusione del blogging alla maturità delle tecnologie peer-to-peer, dall’emergenza della società tribale alla penetrazione dei mobile wireless, segnalano la crisi del modello dei mass media basato sul broadcast. In questo libro abbiamo raccolto questi segnali e abbiamo cercato di dare loro consistenza e forma. Al di là dei singoli fenomeni transitori emerge un vero cambiamento di paradigma: prende forma l’immagine di una società e di una trasmissione della conoscenza che ha tutto il potenziale di soppiantare l’era dei mass media. Dopo l’era della conoscenza fondata sulla cultura orale, e dopo l’epoca dei mass media fondati sul modello del broadcast, l’era della conoscenza aurale ci introduce ad un mondo nuovo dove strutture sociali tribali finalmente mature si fondono con sistemi di mobile wireless media.

Bibliografia essenziale

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Gli Autori Federico Casalegno è direttore del MIT Mobile Experience Lab, e direttore associato del MIT Design Laboratory al Massachusetts Institute of Technology. Specializzato in scienze delle comunicazioni, s’interessa all’impatto sociale delle tecnologie in rete. Federico Casalegno insegna e dirige ricerche al MIT, creando e sperimentando nuovi media interattivi. Ha lavorato in precedenza in Motorola e Philips Design. Nel 2000 ha conseguito un dottorato di ricerca all’Università Sorbonne di Parigi in sociologia della cultura e comunicazione. Marco Susani è architetto e product e interaction designer. Come vicepresidente del Global Digital Design di Motorola ha sviluppato le interfacce utente per gli smartphones di nuova generazione centrati sul social networking. Nel corso della carriera ha elaborato gli scenari futuri per la comunicazione via cellulare, nonché soluzioni interattive innovative per Motorola, NTT, Philips, Xerox, Logitech e altre aziende. Dopo gli inizi con Ettore Sottsass e un periodo presso Domus Academy Research Center, è oggi a capo del Marco Susani Design Studio.