La lingua degli Ittiti. Grammatica, crestomazia e glossario 8820389894, 9788820389895

L'ittita è la lingua indoeuropea di più antica documentazione, parlata in Anatolia nel II millennio a.C. (1650-1180

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Italian Pages 240 [233] Year 2019

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La lingua degli Ittiti. Grammatica, crestomazia e glossario
 8820389894, 9788820389895

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Rita Francia Valerio Pisaniello

La lingua degli Ittiti

Collana di Lingue antiche del Vicino Oriente e del Mediterraneo

diretta da Franco D'Agostino

Franco D'Agostino, Maria Stella Cingolo, Gabriella Spada, Salvatore Monaco

La lingua di Babilonia Emanuele M. Ciampini

La lingua dell'antico Egitto Franco D'Agostino, Gabriella Spada, Angela Greco, Armando Bramanti

La lingua dei Sumeri Rita Francia, Valerio Pisaniello

La lingua degli Ittiti Gian Pietro Basello

La lingua elamita (in preparazione)

Mauro Giorgieri, Fabio Bastici

La lingua h1m-ita (in preparazione)

Rita Francia Valerio Pisaniello

La lingua degli Ittiti Collana di Lingue antiche del Vicino Oriente e del Mediterraneo diretta da Franco D'Agostino

EDITORE ULRICO HOEPLI MILANO

Copyright© Ulrico Hoepli Editore S.p.A. 2019 via Hoepli 5, 20121 Milano (Italy) tel. +39 02 864871 - fax +39 02 8052886 email [email protected]

www.hoepli.it Tutti i diritti sono riservati a norma di legge e a norma di convenzioni internazionali

Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effcuuate nei limiti dd 15% di ciascun volume/ fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall'art. 68, commi 4 e 5. della legge 22 aprile 194 I n. 633. Le fotocopie effet1uate per fìnalità di carauere professionale, economico o commerciale, o comunque per uso diverso da quello personale, possono essere effeuuate a seguito di specilìca autorizzazione rilasciata da CLEARedi, Centro Licenze e Autorizzazioni per le Riproduzioni Editoriali, Corso di Porta Romana 108, 20122 Milano, e-mail [email protected], siro web www.clearedi.org.

ISBN 978-88-203-8989-5

Ristampa:

4 3 2

o

2019

2020

2021

Realizzazione editoriale: Bold, Milano Copertina: Federico Gerli - Design Evolution Stampa: LegoDigit S.r.l., Lavis (Trento) Printed in Italy

2022

2023

Indice

Premessa Come è strutturato questo manuale

Cittita: storia, scrittura e fonetica 2 3 3

Abbreviazioni Sigle bibliografiche. Segni fìlologicL

I

2

Gli Ittiti: popolo, lingua e storia I. I La riscoperta degli Ittiri e l'interpretazione della lingua 1.2 I dibattiti successivi e le ripercussioni sulla cultura dell'epoca 1.3 La nascita dell'Ittitologia La scrittura

2.1 2.2

2.3 3

Come si presenta l'edizione di un resto irrita? La scrirrnra cuneiforme ittita 2.2.1 Segni sillabici 2.2.2 Sumerogrammi, accadogrammi e determinativi 2.2.3 La complementazione fonetica Traslitterazione e trascrizione

5 6

7 9

11 11 12 13 14

16 17 18 18 18 19

Fonetica e fonologia 3.1 I suoni dell'ittita 3.1.1 Le vocali 3.1.2 Le consonanti 3.2 [apofonia

21

Grammatica 4

Il nome e l'aggettivo 4.1 Parole variabili e parole invariabili 4.2 La formazione delle parole

25 25 25

Indice 4.3 4.4

4.5

La formazione dei nomi e degli aggettivL.......- - - - - ·........ . La declinazione del nome e dell'aggettivo ......... --·-·· ... .. 4.4.1 Genere e numero_. ___ ._ ....... ......................................... . 4.4.2 I casi: mo,fologia e sintassi ........... . 4.4.3 Il cosiddetto caso ergativo ____ 4.4.4 Mutamenti nel sistema dei casi.... Paradigmi nominali e aggettivali ............

4.5. 1 Temi in vocale ......... ................ . 4.5.2 Temi in consonante....... . 4.5.3 Temi irregolari 4.6

5

I numerali ..................................... .. 5.1 5.2 5.3

6

7

I gradi dell'aggettivo................. . 4.6.1 Il comparativo........... 4.6.2 Il superlativo ....

I cardinali Gli ordinali. I collettivi

26 27 27 27

35 36 36 37 41

45 46 46 47 49 49

50 50

I pronomi ....................... ............................ . 6.1 Il sistema pronominale ittita ..... 6.2 I pronomi personali.. .. 6.2. 1 I pronomi personali tonici di I e Il persona ... 6.2.2 I pronomi personali enclitici di I e Il persona 6.2.3 Il pronome personale enclitico di III persona 6.3 I pronomi riflessivi.. ........ 6.4 Pronomi e aggettivi possessivi 6.5 Pronomi e aggettivi dimostrativi 6.6 Il pronome e aggettivo interrogativo e relativo ...... 6.7 I pronomi e aggettivi indefiniti.....

52 52 52

Il verbo .................... . 7.1 Le categorie del verbo ittita .....

64 64

7.1.1 Le coniugazioni .....

7.1.2 /modi

7.2

7.1.3 I tempi. 7.1.4 La diatesi ............. 7.1.5 Persona e numero 7.1.6 Aspetto e Aktionsart 7.1.7 Il raddoppiamento... 7.1.8 I preverbi Le desinenze del verbo ..... 7.2.J I modi finiti ........ 7.2.2 Le forme nominali ...

53 54 54 55

55 58

60 61

65 65 65 66 66

66 69 70 70 70 72

Indice

7.3

7.4

7.5 7.6

La coniugazione in -mi.... - - - - - - -------····-··············· 7.3.1 Temi radicali in comonante con apofonia e/a ................. ----············· 7.3.2 Temi radicali in comonante con apofonia we/u ..........................••·•··-··············· 7.3.3 Temi radicali non apofonici........................ ____ 7.3.4 Temi derivati in comonante ......... ____ .•................••... 7.3.5 Temi in vocale con apofonia e/a.................... . .............................................................. 7.3.6 Temi apofonici in -iye/a-. 7.3.7 Temi apofonici a suffisso -ske/a-. 7.3.8 Temi apofonici in -a(i)....... .......................... 7.3.9 Temi derivati a mffisso -nu-........ 7.3.1 O Temi suppletivi . ____ 7.3.11 Verbi in-ego/ari. La coniugazione in -hi. .. ................... 7.4. J Temi in consonante 7.4.2 Temi in vocale -a-. 7.4.3 Temi in -Cw-/-Cu-/-Cuwa-......... .......................................... 7.4.4 Temi apofonici in -ai-.... 7.4.5 Temi in -a- e -i7.4.6 Verbi con coniugazione mista in -hi e -mi 7.4.7 Il verbo au(s)-/u(w)- 'vedere' La coniugazione del medio.... Costruzioni perifrastiche e fraseologiche

7. 6. I Il perfetto analitico..... 7.6.2 Le cosh·11zioni perifrastiche ingressive 7. 6.3 Le costr11zioni fraseologiche con i verbi pai- 'andare' e uc-/uwa- 'venire' 8

Gli avverbi. 8.1 La formazione degli avverbi 8.2 Gli avverbi di tempo. 8.3 Gli avverbi di modo 8.4 Gli avverbi distributivi. 8.5 Gli avverbi inrerrogativi 8.6 Gli avverbi di luogo e gli avverbi di luogo corrispondenti 8. 6.1 F11nzione avverbiale 8.6.2 Funzione posposizionale 8.6.3 F11nzio11e preverbale ..... .

9

Le particelle .. 9.1 Le particelle enclitiche. 9.1. I Le particelle locali 9.1.2 La particella -wa(r)-.... 9. I .3 La particella "riflessiva" -z(a)

73

74 75 76 78 79 80 82

83 84 84

85 86 86 88 90 90 92 94 94 95 96

96 97 97 99 99 .......... 100 ·········100 ...101 101 .....101 ...... 103 ...103 105 . ............. 108 108 ....108 ..... 109 .....................110

lndiu

9.2

9.1.4 La partice/lA -pat-·---·---····-···--····················•···••···················· 9.1.5 La posizione degli enclitici nelltt catena di inizio frase . • · Le particelle deittiche ktiJa, knJma e ktiJatta..... ...... · ·········· · ·····

10 Le negazio,...._·_ _ _ _ _ _ _ _ ···-······-···················•·•····•·········· 11 Elementi di sintassi _ __

I I. I Le congiunzioni ...·-···•·······-·········· ............................. . 11.1./ Lncongiunzionenu ........... 11.1.2 La congiunzione -(y)a ................ ··-··········· 11. 1.3 Le congirmzioni ta e su- ........... . 11. 1. 4 Le altre congiunzioni coordinanti. .............. 11.1.5 L'asindeto····-· 11.2 La struttura della frase ittita ........... . 11.2.1 Inversioni dell'ordine non marcato .. 11.3 La subordinazione ............. 11.3.1 Soggettive e oggettive .. 11.3.2 Interrogative dirette e indfrette. 11.3.3 Finali e consecutive 11.3.4 Causali. 11.3.5 Temporali....... . 11.3.6 Concessive... 11.3.7 Condizionali e periodo ipotetico 11.3.8 Relative.

......111 ...111 ... .112 .113 ....... 116 ....116 116 116 . 117 . .117 .118 118 ..119 120 120 121 122 122 122 123 123 124

Crestomazia Cr 1

Cr 2

Le Leggi ittite................. Un paragrafo delle Leggi ittite (CTH 291) Testi storici

Cr 2a Dall'iscrizione di Anitra (CTH 1). Cr2b Dall'edittodiTclipinu(CTH 19).. Cr 2c Dagli Annali di Mursili Il (CTH 61)

Cr 3

Cr 4

Trattati............................... ... ...

..129

129 134 134 136 139

Dal Trattato di Suppiluliuma I con Hukkana di Hayasa (CTH 42)

144 145

Lettere.. .... .... .. ... --· _ . . Cr 4a Una lettera di Adad-beli al sovrano (CTH 188) Cr 4b Una lettera della regina Puduhepa (CTH 180)

14 9 149 151

Indice ......................-.................... 154 ..............................................- - - 1 5 4 . ......................................-........ 157

Cr 5

Testi mitologici.... ............ . Cr 5a Dal mito di Illuyanka (CTH 321). Cr 56 Dal mito di Tclipinu (CTH 324)

Cr 6

Preghiere. . ......-...... -...... -.... 161 ........... 161 Da una preghiera di Mursili II relativa alla peste (CTH 378)

Cr7

Rituali. . ............................................. 166 Cr 7a Dal rituale di Paskuwatti contro l'impotenza (CTH 406) _ _ _ _ 167 Cr 76 Dal rituale di Mastigga contro le liti domestiche (CTH 404) ............ 170

Cr8

Pratiche oracolari... Da un oracolo relativo al culto di Pirwa (CTH 565)

Traduzioni dei testi presentati nella Crestomazia . Immagini dei testi presentati nella Crestomazia

_ _ _ .174 ············ .................. 175 .. .178 .185

Bibliografia . Grammatica .. Dizionari Scrittura Storia degli studi Scoria e cultura ... Testi

197 ..... 197 ....... 199 ·····• .. •·•· • ...200 ··········•··200 . .........201 ......... 201

Sillabogrammi. Segni consonante-vocale (CV) Segni vocale-consonante (VC) Segni consonante-vocale-consonante (CVC)

. 203 .203 .... 204 ......... .205

Logogrammi.. Sumerogrammi .... Accadogrammi Determinativi ..

. ··········..208 . ................... .208 ... .209

Nomi propri Nomi di persona Nomi di divinità Determinativi ..

.... ········ .. 211 ············.211 ................. .211 ..... 211

Glossario ..

················.210

···•···········.212

Premessa

Chi sono gli Ittiti? La risposta più semplice è: una popolazione di origine indoeuropea fiorita in Anatolia, nel cuore dell'odierna Turchia, tra il 1650 e il 1180 a.C. Ma gli Ittiti non sono, o meglio, non furono solo questo. Certamente la loro lingua, quella che percepivano come propria fin dalle origini e che chiamavano neJili 'la lingua di Ne.fa' o 'ncsita' (come è riportato sulla copertina di questo volume in scrittura cuneiforme}, dal nome della città di Nesa/Kanes, loro prima sede, appartiene alla famiglia delle lingue indoeuropee, come l'italiano, il greco, il latino, il tedesco, l'inglese, ecc., ma la loro cultura è molro più articolata e complessa. A qualunque ambito di questa civiltà ci si accosti, non si può fare a meno di osservare la composita e variegata stratificazione, arricchita dagli influssi delle civiltà coeve con cui essa venne in contatto. I.:originalità di questo popolo è la multiculturalità e la sua attualità i: testimoniata proprio dalla costante apertura verso le altre civiltà, la capacità

  • tuppiyant-, dì genere comune). In tal modo, l'allineamento sintattico dei nomi neutri rìsulra analogo a quello ergativo-assolutivo: il caso nominativo-accusativo funge da soggetto per i verbi intransitivi e da oggetto per i verbi transitivi, mentre la forma in -ant- funge da soggetto per i verbi transitivi, per es. GIS[uttanz=at tarnau, 'che la finestra lo lasci andare!' (KUB 17.10+ IV 10); mdn=an pahhuenanza arha warnuzi, 'possa il fuoco bruciarla!' (KBo 32.14 II 6-8); n=11i attai nepilanza EGIR-an tarna, 'padre cielo, lasciali andare!' (KUB 15.34 IV 31-32). A nostro avviso, però, non si può parlare di una forma appartenente alla flessione del nome (cioè di un vero e proprio caso della declinazione), ma piuttosto di un derivato nominale formato per mezzo del suffisso -ant-. Inoltre, dal momento che questo suffisso è talora documentato anche con temi di genere comune e con parole in caso nominativo con funzione di soggetto di verbo intransitivo, la definizione di ergativo risulta problematica.

    35

    4 Il nome e l'aggettivo

    4.4.4

    Mutamenti nel sistema dei casi

    Come si è detto, con l'evoluzione della lingua si assiste a un graduale impoverimento dello schema desinenziale. Desinem.e tipiche della lingua antica spariscono già nel corso nella fase media, come il gen.pl. -a11 e il dir. -a, che non sono pit1 produttivi (benché restino alcuni relitti di direttivo in forme consacrare dall'uso, per es. tuliya 'all'assemblea'). Il darivo-locarivo singolare, oltre alla desinenza -i, è espresso anche da -e fin dal medio-irrita, soprattutto con i temi in -11- (per es. affa11e). I remi in -a- mostrano talora una terminazione -ai, risultare dal mantenimento della vocale tematica -a-, che nella lingua antica cade davanti alla desinen1.a -i. Il vocativo viene sostiruiro del rutto dal nominativo. Un fenomeno interessante riguarda il nominativo e l'accusativo plurale dei nomi di genere comune. Sul modello della lingua luvia parlata a Harcusa, che non aveva desinenze discinte per questi due casi, anche l'ittita perde tale distinzione: nella gran parte dei temi, la desinenza -uJ, originariamente dell'accusativo, si estende al nominativo, tranne nei remi in -11- e in quelli in -t, che comprendono anche i participi in -ant-, dove è la desinenza -e/ del nominativo ad estendersi alt' accusativo. Alla luce di ciò, lo schema desinenziale della declinazione in ittita recente si presenta come segue: Singolare

    Nom.-voc.

    Neutro

    -i, -0

    -0,-11

    Genitivo

    Abl.-mum.

    4.5

    Comune -1,i,

    -i, ~(,z)n

    Neutro

    -ei, (-ns')

    -lii

    Dativo-locnivo Accusa1ivo

    Plurale

    Comune

    -0,

    ·Il,

    -i

    -ni

    -ya_. -ai, -e

    -lii -0,-11

    -11i, -ei, (-ns')

    -az(n), -(,ìt, -d/t,z

    -0,-11 . . ;

    -az(n), -(,')t. -d/111

    Paradigmi nominali e aggettivali

    Ora che abbiamo presentato la declinazione nelle sue linee generali, possiamo illustrare 1~ ~essione dei diversi temi nominali e aggettivali e alcuni fenomeni particolari che vi s1 riscontrano. In alcuni casi, le forme vengono presentate in grafia semi-logografica (sumerogramma o accad~gramma + ~om~le~ento fonetico), perché nei testi finora in nostro possesso non SI tro;a~o mai scrme m grafia sillabica ittita. Se invece non viene riportata alcuna forma, significa che essa non è finora attestata.

    36

    4.5 Paradigmi nominali e aggettivali

    4.5.J

    Temi in vocale

    In ittica si riconoscono temi nominali e aggettivali uscenti in vocale -a-, -i- e -u-. Di questi, i temi in -a- sono quelli più numerosi.

    • Temi nominali in -aLa declinazione si realizza con l'affissione delle desinenze al tema, secondo lo schema precedentemente fornito, per es. nom.sg. antuhia- + -I= ant11hiaI, ecc. Là dove la desinenza è in vocale, per esempio il dat.-loc. -i, la vocale tematica può cadere: antuhia- + -i = ant11hii.

    Genere comune: ant11hia- 'uomo' (sum. LU.U 19 .LU; UN), aruna- 'mare' (sum. A.AB. BA):

    Nom.

    Singolare arunaJ aru11ai

    fllllllhfflJ

    Gcn.

    a11111hiaJ

    Da1.-loc. Dir. Ace. Ahi. Srrum.

    fllllllhii

    Plurale a11111hieJ, a11111hJuJ a11t11hJaJ

    ar,mi

    flTllllaJ

    fllltllhiai

    llTl/11/l

    fllltllhit111

    llTlllllln

    m1t1thi11i

    fllllllhJflz

    nrrmaz

    UN'"ES-za

    arw11d

    .. ····-···-----

    1111111/J!et

    Voc.

    Genere neutro: petlan 'luogo, posto' (sum. KI, accad. A.SRU): Singolare

    Plurale

    Nom.-acc.

    péda11

    A.SRI"" ("péda)

    Gcn.

    péd,li

    pedai

    Dar.-loc. Ahi.

    pedi

    pédai

    pédaz

    • Temi aggettivali in -aLa declinazione degli aggettivi è uguale a quella dei nomi: arahzena- 'straniero': Singolare Nom. c.

    arahzmai

    Plurale arahze11ei, arahzenai, arahzen11i

    arnhzenm,

    arahze11a

    Gcn.

    al'flhzenai

    arahzenaJ

    Dar.-loc.

    arahzmi

    arahzemzJ

    Dir.

    arahzma

    Nom.-acc.

    Ace. c. Abl. Srrum.

    11.

    . arahze11a11

    arahzemd, arahze11aJ

    arahzenaza

    37

    4 Il nome e l'aggettivo • Temi in nominali in -i- e in -r,- non apofonici I temi in -i- e in -11-, sia nominali che aggettivali, presentano delle caratteristiche comuni e pertanto possono essere presentati insieme. In questa sezione presenteremo i temi in -i- e -u- che mantengono costantemente la vocale per tutta la flessione, senza alcuna modifica. Nella sezione successiva, invece, saranno presentati quei remi in -i- e -u- che mostrano il fenomeno dell'apofonia (v. 3.2). Davanti alle desinenze inizianti per -a (per es. il gen.sg. -as'ì, tra le vocali tematiche e le desinenze possono comparire delle semivocali di collegamento: y per i remi in -i-, ru per i remi in -u- (per es. gen.sg. halkiyaI, haIJrtwns"). Davanti alla desinenza -uI dell'accusativo plurale, questa semivocale w si dissimila in 111 (*-uwuI > -umus").

    Genere comune: per i remi in -i-, halki- 'grano'; per i remi in -u-, haHu- 're' (sum.

    LUGAL): Plurale hnlkiei, hnlkiynl, halkius halkiyai _ _~- ha/kiyaJ _ _ Gcn. halkiyai halki(a). . Dat.-loc. ___ haJkiuf, hnlk~i•af. halkiei halki11 Ace. ----------------··-- ---------------halki;•nz halkiyaz_ . Ahi. hnlkir ha/kit Strum. hnlk,111 " Coli. Sin~lar_c __

    Nom.

    ha/kiJ

    -

    Nom. Gcn. Dat.-loc. Ace.

    Singolare ha!JuJ haJfuwaJ ha!iui haJ/1111

    Ahi.

    LUGAL-waz

    Voc.

    haJiui, ha!iut

    Plurale LUGAL-ei, LUGAL-11, LUGALMEl.aJ, haii1rn•1111 LUGALMEl_llf LUGALMEl_,,,

    LUGAL-ei, LUGAL-11.i

    Genere neutro: iipantuzzi- 'vaso da libagione', t/1i1le11tu(wa)- 'palazw': S_ingolarc 9,a/mr,i 9,almfliruaJ 9,n/mr,iwi 9,alt11t111ua 9,alt11t11waz

    _l'Jo~n~~~C:_C: __ i!pamuzzi .... ___ _ iipa11Ntzziyai Gcn. Dac.-loc. Dir.

    Hpa11111zzi ..

    Ahi.

    iipa11!11zziyaz ilpamuzzit

    Scrum.

    38

    iip1111r11zzi Bp1111t11zz.iy,1.i

    Plurale "l11tlem1iwa EJ,,1/e11t1iwal

    LJ"tle,miwai

    4.5 Paradigmi nominali e aggettivali • Temi aggettivali in -i- non apofonici Presentiamo qui la declinazione dell'aggettivo in -i- non apofonico karuili- 'antico'. Tutti gli aggettivi in -u-, invece, mostrano apofonia e saranno presentati nella sezione successiva.

    Nom. c. Nom.-acc. n.

    Gcn. Da,.-loc. Ace. c. Abl.

    Srrum.

    Singolare kariiile! kariii/i k,mii/iya! karzii/i kariii/i11

    Plurale kariiiliel, karziili(y)a!, kartiiliu! kar,ii/iya, kar,ii/a kar,iiliya! karziiliya! kar11i/i,iJ, kar,ii/ia!

    kariiiliyaz karziilit

    • Temi nominali in -i- e -u- con apofonia Alcuni temi in -i- e in -u- presentavano originariamente un'alternanza vocalica (o apofonia) di due tipi: 0

    -ni-1-i- (/i11gni-l lingiya- 'giuramento'); -i-1-ni- e -u-l-m1- (NINDAharii-1 NINDAharJaya- 'pagnotta', heu-1 heyauwa- 'pioggia').

    Nel primo tipo, la forma -ai- era attestata nei casi nominativo, accusativo e vocativo, la forma -i- nei restami; viceversa, nel secondo, le forme -i- e -11- erano tipiche del nominativo e dell'accusativo, le altre si trovavano nel resto della declinazione. Tuttavia, con l'evoluzione della lingua, si osserva che le forme con e senza apofonia appartenenti al primo tipo tendono a mescolarsi in un'unica declinazione e, più in generale, i due tipi di temi tendono a confluire in una declinazione comune.

    Genere comune: per il tipo 1. lingai-llinkiya- 'giuramento'; per il tipo 2. NINDAhnrJi-l 'SINDAharJaya- 'pagnotta' e heu-1 heyauwa- 'pioggia':

    Abl.

    Singolare liugaiJ liukqa!, /iugayaJ liukiya, liugai /i11gai11 liukiyaz

    Nom.

    NINDAJJnrHf

    NINDAhariaii, NiNDAhnriif

    Gen.

    NINDA!Jar!aya!, NINDAl,ar!iya!

    NINDA!Jari,zya.I

    Da,.-Ioc.

    NINDAIJnrini. NINDAJ,n,ii

    NIN.DAJ,arfiya!

    Ace.

    NINDAhnrlùz

    N1NDAharii11J

    Nom.

    Gcn. Dapalaumnili 'in palaico'. 0

    8.2

    Gli avverbi di tempo

    Gli avverbi di tempo precisano il tempo in cui si svolge un'azione o accade un evento: annifan 'prima', annaza 'prima', 'una volta', apiya 'allora, poi', knni 'un tempo', 'prima', 'molto tempo fà, huddk 'immediatamente', 'subito', knruwnriwar 'di prima mattina', kinun(a) 'orà, kuwapi 'quando', kuwnpikki OLI natta kuwapikki 'mai', kuwapiya 'sempre', kuitman 'nel frattempo', kuffan 'quando', non appena', 'ogniqualvolta', kuJJnnkn 'qualche volta', OL kuffanka 'giammai', !ammari/amni 'immediatamente', 'all'istante', lammnr lammar'da un momento ali' altro', lukkatta 'il giorno seguente', zilatiynl zilat1twa 'in futuro', 'successivamente', mdn 'quando', mahhan 'quando', 'come', nammn 'poi'. 'in seguito', 'infine', ndwi 'non ancora', nekuz mehztr 'di sera', nuwn11l111m1n11 'giammai', nziwa 'ancora', 'già', parhefni 'presto', tapesni 'provvisoriamente', handnisi mehuni 'a mezzogiorno', miitiliyn mehur (una fase del giorno), ifpnndaz 'di notte', U ..,'"\M_az 'di giorno', 1-anki 'all'istante', 'all'improvviso'. Anche gli avverbi corrispondenti (su cui ritorneremo più avanti in questo capitolo) ed altri formaci sulla base di questi, possono avere funzione di avverbi di tempo: dppa 'in seguito', appanda 'in seguito', 'poi', appezziyan 'in seguito', nppezzin 'in seguito', appafiwatti 'in futuro', katta 'successivamente', 'in fu curo', 'dopo', pemn 'prima', pemn parà 'quanto prima', 'precedentemente', 'provvisoriamente', peran iard 'in anticipo', 'per rempo', duwan parà 'fino ad ora'.

    8.3

    Gli avverbi di modo

    Gli avverbi di modo precisano il modo, la maniera in cui si svolge un'azione o un evento. In ittita si riconoscono: apeniffan 'così', 'come è stato detto', npadda(n)lapeda 'perciò', 'per quella ragione', arumma 'altamente', 'straordinariamente', enifian 'così', 100

    8.6- Gli avverbi di luogo e gli avverbi di luogo corrispondenti 'nel modo menzionato', 'in quel modo', imma 'effettivamente', 'realmente', kiJ!an 'cosl', 'in questo modo', kuwatka 'in qualche modo', 'forse', OL kuwatka 'in nessun modo', kuwatta kuwatta 'sotto ogni aspetto', 'da qualsiasi punto di vista', karii 'in realtà', 'realmente', 'sinceramente', ( OL) manka 'in qualche modo', 'ad ogni modo'. Tra gli avverbi corrispondenti, katta può avere il significato di 'di conseguenza'.

    8.4

    Gli avverbi distributivi

    Gli avverbi distributivi sono generalmente nomi in forme di caso fossilizzate, cioè non più parte di una declinazione e che hanno assunto una valenza avverbiale; la particolarità è che in questa funzione appaiono ripetuti due volte. Avverbi riconoscibili come originari nomi in caso dativo-locativo sono: wetti wetti (MU!KA.',IJ_ti MU!KAMl_ ti) 'di anno in anno', armi armi (ITU'KA.'11-mi ITU'KAMl_mz) 'di mese in mese', iiwatti iiwatti (U/ 10\.' 11-ti U./10'M 1-ti) 'giorno per giorno', iipanti iipanti (GE6-ti GE6-ti) 'notte dopo notte', i/ani i/ani 'gradualmente', uddani uddani 'parola per parola', palii palii (KASKAL-ii KASKAL-Ji) 'volta per volta'. Avverbi riconducibili a originari locativi adesinenziali sono lammar lammar 'momento dopo momento' e iiwat Jiwat (U/"'·'11-at U/"\.\ll_at) 'giorno per giorno'. Una forma di antico accusativo è 1-an 1-an 'uno per uno'.

    8.5

    Gli avverbi interrogativi

    Questi avverbi, non distinguibili dalle corrispondenti congiunzioni, introducono una domanda, cioè un'interrogativa diretta, ma anche un'interrogativa indiretta (subordinata): mahhan 'come?', 'quando?', kuwapi 'quando?', 'dove?', kuit 'perché?', kuwat 'perché?'.

    8.6

    Gli avverbi di luogo e gli avverbi di luogo corrispondenti

    Gli avverbi di luogo, per loro stessa natura, forniscono informazioni circa il luogo in cui un'azione si svolge o un evento accade. In ittita si sono individuati i seguenti avverbi di luogo: andurza 'all'interno', 'dall'interno', arha 'via', arhayan 'separatamente', 'a parte', arahza 'ali' esterno', 'dall'esterno', tiikaz 'fuori', apeda (apadda, apaddan) 'là', 'in quel luogo', apez 'da lì', edez 'dalla parte di', àppanda 'dietro', kà 'qui' (con la variante anticoittita kàni), kattanda 'all'ingiù', 'al di sotto', ket 'da questa parte', kez 'da qui', 'da questa parte', apiya 'là', kuwapi 'dove', 'verso dove', kuwapit 'dove', 'verso dove', kttwatta 'ovunque', kuwapiya 'ovunque', menahhanda 'di fronte', 'contro', maninkuwan 'vicino', 101

    8 Gli avverbi . 'Iatera Imente''I 'nelle vicinanze,' taprtia 'IateraImente,''Iungo,''daIla parte' , tapusza , ungo', 'dalla parte', dammeda 'altrove', tuwa 'a distanza', 'lontanamente', t11waz 'a distanza', 'lontanamente', d11w1111 ... d11wa11 'qui ... là'. Tra gli avverbi di luogo alcuni vengono definiti avverbi di luogo corrispondenti per alcune caratteristiche morfologiche: Avverbi stativi

    Avverbi direttivi andA

    'dentro (a)', 'lì', 'nel', 'insieme (a)'. 'al anda11 riguardo', 'inoltre', 'oltre (a)', 'di qua e · di là', 'tra', 'verso (di)'

    iippa11

    'dentro', 'insieme', 'in', 'nel', 'alla volta di'; 'a', 'tra', 'verso (di)', 'oltre (a)', 'lì', 'di qua e di là' '(da) dietro (a)', 'dopo', 'in eterno', '(in)dietro', 'dalla pane di'

    iippa

    '(da) dietro', '(in)dietro (a)', 'dopo', 'in Clcrno'

    kattA

    •sono', "giù', •a fondo', 'insieme', 'con'. katta(11) 'sono (a)', 'giìi', 'insieme (a)', 'con·. 'accanto (a)', 'presso', 'da'. 'dopo'. 'in seguito'. 'successivamente', 'in futuro' 'insieme a·, 'con' katti-

    parii

    '(più) avanti', 'oltre (a)', 'fuori (a)', 1 inohrc', 'davanti a', 'successivo à

    pera11

    '(d)avami (a)'. 'prima (di)'. 'per, 'a

    Iarti

    'sopra (a)', 'su (di)', 'verso l'alto'

    ser

    causa di' 'sopra (a)', 'su (di)', 'pcr(cii,)'. 'a favore di', 'riguardo a', 'a C,lllsa di'

    -

    .

    -----

    ..

    ---

    Come si può osservare dalla tabella, gli avverbi della colonna di sinistra terminano in -11, a cui corrisponde una forma in -11, nella maggior pane dei casi, o con desinenza -0 (solo in corrispondenza di iara) o in -i (solo in corrispondenza di katta), nella colonna di destra: proprio per questo morivo sono stari definiti "avverbi corrispondenti". Le forme avverbiali della colonna di sinistra, con uscita in -a, sono dette "direttive" o "di direzione" (ma anche "allative", "terminative", "di moto"), perché la loro funzione principale è di indicare una direzione; quelle della colonna di destra in -11, a desinenza -0 (ier) o in in -i (katti-), invece, sono dette "stative" o "di stato", perché la loro funzione principale è di indicare una stasi, anche raggiunta in seguito ad un moto, nello spazio o nel tempo, e dunque sono funzionalmente opposte a quelle in -a. Gli avverbi corrispondenti possono avere la funzione di avverbi, nel senso proprio del termine, ma anche di posposizioni o di preverbi: la loro funzione sintattica all'interno della frase è riconoscibile solo in base al contesto generale o anche in considerazione di particolari cambiamenti semantici o sintattici del verbo, come vedremo di seguito. La funzione di avverbi si ha quando essi non instaurano alcuna relazione né semantica né sinrarrica con nessun altro elemento della frase, quando cioè sono indipendenti; viceversa, quando sono in relazione ad un'altra parola della frase, che normalmente seguono, cioè sono ad essa posposti, hanno la funzione di posposizioni e formano con essa un sintagma posposizionale; sono invece preverbi quando formano un concetto unico con il verbo di frase, originando così un composto semantico (cioè incidendo signiflcarivamente sul significato di base del verbo); talvolta possono anche incidere sulla sintassi del verbo semplice (alterandone cioè la normale costruzione) dando così luogo 102

    8. 6 Gli avverbi di luogo e gli avverbi di luogo comspondenti

    ad un composto sintattico, e talora incidere sia sulla sintassi che sulla semantica del verbo, a prescindere dalla posizione che occupano all'interno della frase. Benché non possa a rigore definirsi un avverbio corrispondente, anche istarna 'tra' presenta alcune caratteristiche che in un certo qual modo lo accomunano a questi avverbi: per esempio l'alternanza con istarni- che, come katti-, è attestato nella costruzione con il possessivo enclitico, che tratteremo più avanti in questo capitolo (per es. istarni=summi'tra noi/ voi/loro'). Dal punto di vista funzionale, dunque, iltarna può svolgere la funzione di avverbio, posposizione e preverbo.

    8.6.1

    Funzione avverbiale

    Quando hanno funzione avverbiale, gli avverbi corrispondenti forniscono una generica indicazione locale, temporale ma anche di altro genere, per esempio possono specificare il fine o scopo o l'argomento: espressione del fine o scopo: kuitki NUMUN m.dLAMMA=ma kuit /NA KUR uRL; "I 0-tnHn LUGAL-iznani artari n=aita ser akd11, 'qualunque discendente di Kurunta che sta nella regalità del paese di Tarhuntassa, dovrà essere pronto a morirvi (= per )' (Bo 86/299 III 22-24); " espressione ddl'argomento: mtin=mu iitamkzi k11wapi mt=za=kan :irmalai=pat SA DINGIR11·•· 1 handandatar ser uikemm 'e se mai mi sono ammalato, allora, proprio da malato, ho visco la benevolenza della divinità al riguardo' (KUB 1.1+ I 44-45).

    8.6.2

    Funzione posposizionale

    In ittita si incontrano comunemente le posposizioni, in conformità al fatto che le parole nella frase normalmente si dispongono secondo l'ordine Soggetto - Oggetto Verbo. In pochi esempi, ma già nella lingua antica, gli avverbi precedono il costituente declinato a cui sono in relazione, quindi, a rigore, funzionano come preposizioni, ma queste costruzioni sono in numero nettamente inferiore rispetto alle altre e non alterano lo schema della lingua. Gli avverbi corrispondenti in funzione posposizionale specificano la dimensione spaziale o temporale genericamente espressa dal caso della declinazione, focalizzando con precisione il punto nello spazio o nel tempo in cui l'evento, l'azione o lo stato espresso dal verbo trova attuazione. La costruzione di questi sintagmi è interessata a sensibili cambiamenti nell'evoluzione dalla lingua antica a quella delle fasi successive. Nella lingua antica gli avverbi stativi tippan e kattan sono in relazione sintattica e semantica a costituenti in caso genitivo, andan e ier a costimenti in caso dativo-locativo, e peran sia a costituenti sia in caso genitivo che dativo-locativo, per es. LUGAL-wai appnn 'dietro al re', LUGAL-wni/LUGAL-i pernn 'davanti al re', E-ri nndan 'in casa', ÉRINME.S_ti ier 'sull'esercito'. Nelle fasi linguistiche posteriori all'antica, le costruzioni con il caso genitivo tendono a essere sostituite da quelle con il dativolocativo.

    103

    8 Gli avverbi Nella lingua antica alcuni di questi avverbi ricorrono in costruzione con i pronomi possessivi suffissi: pera11 e ier sono attestati con i possessivi suffissi in caso nominativoaccusativo neutro (per es. pera11=met 'davanti a me', 'per me', ier=iit 'su di lui', 'per lui'), mentre con katti- il possessivo suffisso è in caso dativo-locativo (per es. katti=ii 'con/ presso di lui'). Questa costruzione decresce sensibilmente già nella fase medio-ittita, per poi sparire quasi del tutto nella lingua di periodo imperiale, salvo alcune costruzioni consacrate dall'uso quale, per esempio, l'espressione del complemento di compagnia con katti-. Al posto del possessivo suffisso si trova il pronome personale tonico o enclitico in caso dativo locativo: ammukl-mu per1111 'davanti a me', aped11nil-ii ierlkattan 'sopra/sotto di lui'. Alcuni esempi di costruzioni posposizionali con gli avverbi stativi sono:

    • costituente in caso genitivo - avverbi stativi: kui[(i a)]mmel iippa11 LUGALui kiim·[i], 'colui che diventerà re dopo di me' (KBo 3.22 Ro. 22); 11episas ka[(tta11 u!iliikeddumat)] 'sotto il cielo verdeggiavate' (KUB 29.3 I 11 '); DAM L0GUDU 12 a11dan iiunai É-riiarh[(11l)]iyai per[a11 (arta)], 'la compagna del sacerdote unto dentro, nel tempio, sta dav[anti] ad una colonna' (KBo I 7 I 5 Vo.! 13'); t=an haJsiiJpera11 tianzi, 'e la(= pentola) mettono davanti al focolare' (KBo 17.18 II 8); • costituente in caso dativo-locativo - avverbi stativi: DUMU É.GAL LUGAL-i peran huwiii, 'il paggio di palazzo cammina davanti al re' (KBo 17.15 Vo' 18'); n[=ai A]NA LùMESEDUTIM hu111a11dii1 EGIR-a11 huwiii, '[egli] allora cammina dietro a tutte le (altre) guardie del corpo' (IBoT 3.1 I 34-35); 1111 UDU 11111111nzi n=an=kan Mu1 li: k11iiki ninikzi, 'nel momento in cui si celebrano gli dei, nessuno dovrà fare chiasso al cospetto degli dei' (KUB 40.60+ lll 17-18).

    I I.3.6

    Concessive

    Le subordinare concessive sono introdotte dalla congiunzione miin, talvolta unitamente a -(y)a, 'sebbene', 'quand'anche', 'anche se', 'seppure ... allora .. .', o anche da man mii11 ... -(y)a, per es. n=asta dlSKUR-zmni=ma mii11 iilfa! elta URUNefal LUGAL-uJ t.:Rt.: KuHami LU GAL-i x x x, 'ma sebbene fosse caro a Tarhunta, il re di Nesa al re di Kussara ... ' (KBo 3.22 I 3-4}; ABU=KA=wa=ta mii11 LUGAL-iznani OL-ya tittanuzi 1ik=ma=wa ruk=pat pahhaihi, anche se tuo padre non ti pone nella regalità, io ti proteggerò' (Bo 86/299 II 38-40).

    11.3.7

    Condizionali e periodo ipotetico

    Nella lingua antica le subordinate condizionali sono introdotte da takk11 'se', successivamente sostituita da miin 'se'. La condizionale irreale, ma che può esprimere anche il desiderio e la possibilità, è introdotta da man o da man=mii11 (scritto ma-am-ma-a123

    11 Elementi di si11tassi an, con assimilazione del nesso -nm-). Non sempre le funzioni di man e di miin sono tenute distinte dagli scribi. In una sequenza di condizionali, la prima può essere introdotta da una di queste congiunzioni oppure da naJn1. Le subordinate condizionali costituiscono la protasi nel periodo ipotetico. In ittita, come in italiano, si individuano tre tipi di periodo ipotetico: della realtà, della possibilità, della irrealtà. La loro costruzione è la seguente:

    • periodo ipotetico della realtà: la protasi si costruisce con takku o miin e un verbo al presente/futuro, l'apodosi con un verbo al presente/futuro o all'imperativo, per es. (protasi) takku LU.U 19 .LU-1111 ELLAM kuiiki d11Iuwahhi naima ZU 9 =SU liiki (apodosi) kan, 1 MA.NA KÙ.BABBAR pe!ker kimm=a 20 GfN KÙ.BABBAR PJii., 'se qualcuno acceca un uomo libero o rompe il suo dente, un tempo era solito dare una mina d'argento, ora darà venti sicli d'argento (KBo 6.3 I 16-18). Talvolta la congiunzione nella protasi può essere omessa. Come si può osservare dall'esempio proposto, se le protasi sono più di una, esse sono legate tra loro dalla congiunzione nafma 'o (se)', talvolta seguita da miin (nafma miin); • periodo ipotetico della possibilità: la protasi si costruisce con mdn o con la particella dell'irreale man e un verbo al presente/futuro, l'apodosi con miin o man e un verbo al presence/futuro, per es. (protasi) 1niin=wa=mu 1-an DUMU =KA paiiti (apodosi) man=war=af=mu LOMUTl=YA kiiari, 'se tu mi dessi un tuo figlio, egli diverrebbe il mio sposo' (KBo 5.6 III 12); • periodo ipotetico dell'irrealtà: la protasi si costruisce con miin, mtin man (anche mtimman) o man kuwapi e un verbo al preterito, l'apodosi con man e un verbo al presente o al preterito, per es. (protasi) man=kan 1niin ANA "'Attariiya huilueten (apodosi) kiiJtit=man tikten, 'se anche foste sopravvissuti ad Arcarsiya, sareste morti di fame' (KUB 14.1+ I 12); (protasi) ammuk=man=wa kuwapi DUMU=YA eita (apodosi) ammuk=man=wa ammel RAMANl=YA ammel=a KUR-eaJ tepnumm· tametani KUR-e hatramm, 'se mai io avessi avuto un figlio, avrei scrirco l'umiliazione della mia persona e del mio paese a un alrro paese?' (KBo 14.11 +, 53-54 / KBo 5.6 IV 1-2). Se le protasi sono più di una, la seconda può presentare il verbo al presente/futuro). Naturalmente vi sono anche periodi ipotetici misti, per esempio con protasi della possibilità o della irrealtà e apodosi della realrà.

    man e man servono anche per l'espressione del desiderio del soggetto o del parlante, con il verbo al presence/futuro per un desiderio al presente o al futuro, con il verbo al passato per un desiderio in un tempo passato (v. 7.1.2).

    ll.3.8

    Relative

    Le proposizioni relative della lingua ittita generalmente precedono la reggente; inoltre, le relative non sono inserite nella frase reggente, come invece accade nella lingua ita124

    11.3 La subordinazione liana. In ittita non troveremo mai un periodo del tipo: "l'uomo che ha catturato è mio padre". Lantecedente ('l'uomo') in ittita si trova inserito nella relativa e viene ripreso nella frase reggente da un pronome personale enclitico, da un pronome dimostrativo, oppure il nome stesso è ripetuto accompagnato dal dimostrativo. Il relativo si accorda pertanto al nome a cui si riferisce non solo in genere e numero, ma anche nel caso, che dipende dalla funzione sintattica che il nome svolge nella frase relativa, mentre il caso dell'elemento di ripresa sarà quello richiesto dalla frase reggente: •,111 LU-n11 k11i11 ;pra

    ll=flS dttaJ=mii

    L'uomo (ace.) che (ace.) ha catturato

    egli (nom.) (è) mio padre

    Per es. (relativa) mt DUMU-a,z k11in hukkiikemi (reggente) n=an SUM=SU témi, 'il bambino che io scongiuro, quello chiamo per nome' = 'chiamo per nome il bambino che scongiuro' (KUB 7.1 I 7). Alcuni periodi possono presentare una struttura più complessa, comprendente più frasi relative, per es. (relativa 1) nu ANA É.NA,.-ni k11iéi URU"LA piyante! (relativa 2) LU.ME.$BEL QATI k11iéi piynntei (relativa 3) LU.ME.$APIN.LAL LO.ME.$SIPA GU4 LO.ME.$sIPA UDU k11iéi piynntei (relativa 4) L1).ME.$/ariwa=Z11=knn k11iéi dantei ... (relativa 5) LU.Mr!.hilamméi=n kttiéi krmi ANA É.NA.t piyantei (reggente) na=at=kan Jahhan=za luzi=yn=ZII mwweJ niand11, 'i villaggi che sono stati dati alla Casa di Pietra, gli artigiani che sono stati dati, i contadini, i pastori di bovini e i pastori di ovini che sono stati dati, gli uomini Jarik11wa- che sono stati presi ... e i portieri che già erano stati dati alla Casa di Pietra, essi siano liberi dagli obblighi Jahhan e li,zzi' (KUB 23.21 I 2-6). Il pronome relativo occupa nella frase una posizione diversa, a seconda che richiami nozioni già note, perché menzionate precedentemente, oppure che ne introduca di nuove. Se il pronome rimanda a nozioni già note, allora ha un carattere determinato e nella frase si trova in una posizione diversa dalla prima, per es. ammel=wa LU MUTl=YA kttiJ éita n11=wt1r=ai=mtt=kan BA.VS, 'colui che era mio marito, egli è morto' (KBo 5.6 N 4-6). Se invece la nozione introdotta dal pronome relativa è del cucco nuova, ha un carattere indeterminato, e occupa la prima posizione nella frase, eventualmente preceduto solo dalla congiunzione e dalla catena degli enclitici di inizio frase, per es. k11iJ=ma=imai rmda weriyattari n=a11 wait11/li appnnzi, 'chi ha a che fare con loro, lo si riterrà colpevole' (Ieee. 'lo prenderanno nel peccato') (KUB 21.29 III 46'-48').

    125

    Crestomazia

    Crl

    Le Leggi ittite

    Il primo testo di questa crestomazia è un paragrafo tratto da una delle composizioni più antiche e più note del mondo ittita, le Leggi, che risalgono al periodo dell'Antico Regno. Non si trattava di un vero e proprio codice di leggi, cioè di un insieme completo e sistematico di norme, promulgato da un'autorità al fine di regolare tutti i casi possibili, ma piuttosto di una raccolta di norme scelte, relative a casi ritenuti, evidentemente, di particolare importanza. Sappiamo inoltre che il testo riflette una riforma del diritto, come mostra chiaramente il fatto che, in alcuni paragrafi, si stabilisce una contrapposizione tra la situazione precedente (kariì 'prima', 'un tempo') e quella attuale (kimm=a 'ma ora'). In generale, sembra che tale riforma prevedesse una riduzione delle pene previste per alcune violazioni. Il cesto è suddiviso in due serie, che prendono il nome dal!' incipit dei paragrafi iniziali di ciascuna: la prima serie è intitolata 'se un uomo' (takku LU-as'), la seconda, 'se una vite' (takku Gl>GESTIN-as'). Non sappiamo con sicurezza quale sovrano abbia emanato queste leggi, dal momento che il testo è sprovvisto di intestazione. La menzione di un 'padre del re' (AB! LUGAL), che si ritrova in altri testi databili al regno di Mursili I, sembrerebbe far propendere per una datazione ai primissimi sovrani del regno ittita (forse proprio Hatcusili I), benché alcuni studiosi prediligano una datazione più tarda, al regno del sovrano antico-ittita Telipinu.

    Un paragrafo delle Leggi ittite (CTH 291) (KBo 6.3 III 63-67) Nel breve paragrafo riportato, tratto dalla prima serie ('se un uomo'), si tratta il caso del ritrovamento di un animale domestico - un bue, un cavallo o un mulo - da parte di qualcuno che non è il legittimo proprietario. Trattandosi del primo testo di questa crestomazia, abbiamo ritenuto opportuno fornire, oltre alla traslitterazione, anche una trascrizione, nella quale il testo viene suddiviso in frasi (che, come si vedrà, non coincidono con le righe sulla tavoletta), un'analisi parola per parola e due traduzioni, una letterale e una più libera, che cerchi di rendere meglio in italiano il significato del testo. Consigliamo di usare tale metodo di analisi

    Crestomazia come modello per lo studio degli altri testi presentati in questa crestomazia, per i quali si forniranno soltanto la traslitterazione e alcune note di commento, limitate ai passaggi più complessi (le traduzioni sono invece riportate separatamente, alla fine della crestomazia).

    Traslitterazione Vo col. III § 71 63.

    64. 65. 66. 67.

    tdk-ku GU4-un ANSE.KUR.RA ANSE.GÌR.NUN.NA-nn ku-ii-ki ,i-e-mi-)'n-zi na-an rLUGAL 1 -nn n-ni-ka u-un-na-i tdk-ku ut-ni-yn-mn u-e-mi-)'a-zi nn-an LllMESSU.GI-ni hi-inkdn-zi na-nn-za tu-u-ri-ii-ke-ez-zi ma-n-nn-an ii-ha-ai-ii-in u-e-mi-yn-zi na-an-ui ia-ku-wa-aJ-ia-rn-nn da-a-i LllNi.ZU-nn nn-at-tn e-ep-zi tdk-ku-wa-an Lll.MESSU.GI-ni 0-UL hi-in-ga-zi nn-niLllNf.ZU ki-ia-ri

    Trascrizione e scansione in frasi 1. takku GU4-un ANSE.KUR.RA ANSE.GÌR.NUN.NA-an kwiiki wemiyazi 2. n=an LUGAL-an tiika 1innni 3. takku utniya=ma wemiyazi 4. n=an Lll.MESSU.GI-ni hinkanzi 5. n=an =za ttiriikezzi 6. màn=an iihni=iii=a wemiynzi 7. n=nn=za iakuwniiamn diii 8. LllNi.ZU-an natta epzi 9. takku(w)=an LC.MESSU.GI-ni ÙL hingazi 10. n=ai LllNi.ZU kiinri Analisi guidata takku

    congiunzione 'se'. Si tratta della congiunzione con cui si aprono generalmente i paragrafi delle Leggi ittite, che presentano una serie di circostanze ipotetiche. nome comune, accusativo singolare, 'bue'. Rappresenta il complemento oggetto della prima frase, insieme agli altri due animali che seguono. La lettura ittita non è nota: la complementazione fonetica suggerisce che si trattasse di un tema in -u (forse ~guwm,-, imparentato con il latino bos).

    ANSE.KUR.RA nome comune, accusativo singolare (anche se manca la complementazione fonetica), 'cavallo'. Il corrispondente termine ittita non è attestato, ma era probabilmente •ekku- (cf. latino equus).

    ANSE.GÌR.NUN.NA-an

    nome comune, accusativo singolare, 'mulo'. La lettura ittita non è nota.

    130

    Cr I Le leggi ittite kwifki

    pronome indefinito, nominativo singolare comune, 'qualcuno'. Rappresenta il soggetto della frase.

    wemiyazi

    verbo wemiye- 'trovare' (-mi), presente III persona singolare.

    n=an

    congiunzione nu + pronome enclitico di III persona, accusativo singolare. Il pronome si riferisce ali' oggetto della frase precedente.

    LUGAL-an

    nome comune, genitivo plurale antico-ittita, 're'. La lettura ittita è haJiu-.

    tiJka

    nome comune(?), direttivo, 'porta'. Il sintagma LUGAL-an (anche gen.sg. LUGAL-was1 tilka (o dat.sg. tiiki), 'alla porta dei re (o del re)', indica metonimicamente la corte del sovrano come luogo di giudizio.

    1innai

    verbo 1inna- 'condurre' (-h1), presente III singolare. congiunzione 'se'.

    takku 11tniya=ma

    nome neutro utne- 'paese', dativo singolare+ congiunzione contrastiva enclitica -mal-a. La congiunzione -mal-a si attacca generalmente alla prima parola della frase, ma, in antico antico-ittita, se in prima posizione si trovano le congiunzioni takku 'se', miin 'se', 'quando' o nafma 'o', essa si attacca alla seconda parola della frase, come in quesro caso (v. Gr 11.1.4). La presenza di -mal-a, con valore contrastivo, indica che il ritrovamento 'nel paese' (utniya), sotto la giurisdizione degli anziani del posto, rappresenta una circostanza diversa dalla precedente, che riguarda probabilmente il ritrovamento dell'animale nei pressi della capitale Hattusa, dove l'organo competente è invece la coree del re.

    wemiyazi

    verbo wemiye- 'trovare' (-mi), presente III persona singolare. Coggetto del verbo, sottinteso, è lo stesso delle frasi precedenti.

    n=an

    congiunzione + pronome enclitico di III persona, accusativo singolare. nome comune, dativo plurale, 'anziani'. Si noti che il plurale è chiaramente indicato dal determinativo Lù.MES_ La lettura ittita non è nota (sappiamo però che la controparte femminile di questo nome, MUNU5SU.GI, che compare in moltissimi testi rituali, corrispondeva all'ittita MUNUShaJawa-).

    LùMESSU.GI-af

    m,

    hinkanzi

    verbo hink- 'consegnare', 'presentare' (-mi), presente III persona plurale. Si può tradurre anche in forma impersonale, 'lo si presenterà'.

    n=an=za

    congiunzione nu + pronome enclitico di III persona, accusativo singolare + particella "riflessiva" -z(a). La particella "riflessiva" indica qui che l'azione espressa dal verbo viene svolta dal soggetto per i propri interessi (v. Gr 9.1.3). verbo ttiriye- 'imbrigliare', forma imperfettiva a suffisso -ikela-(-mi), presente III persona singolare. Il suffisso -!kela- suggerisce che l' a-

    t1irifkezzi

    131

    Crestomazia

    mtin=an ilhal":!il=a

    wemiyazi n=an=2A JakuwaJJaran

    dai

    LONf.ZU-an

    zione si svolge per un certo intervallo di tempo non determinato, verosimilmente fino a che l'animale resterà in custodia di chi lo ha trovato (v. Gr 7.1.6). congiunzione mtin 'se', 'quando' + pronome enclitico di III persona, accusativo singolare. nome comune iJha- 'signore' (qui meglio 'padrone'), nominativo singolare+ aggettivo possessivo enclitico -iif'suo' in caso nominativo singolare (in accordo con iJhns) + congiunzione contrastiva enclitica -mal-a, che si attacca alla seconda parola della frase perché la prima posizione è occupata dalla congiunzione mtin (si veda il commento a utniya=ma sopra). verbo wemiye- 'trovare' (-mi), presente III persona singolare. congiunzione nu + pronome enclitico di III persona, accusativo singolare + particella "riflessiva" -z(a). aggettivo, accusativo singolare comune. Rappresenta il predicativo dell'oggetto {espresso dal pronome enclitico -an). Il suo significato è 'intero', 'intatto', 'pieno', ma diverse sono le interpretazioni in questo contesto. Si può forse rendere con 'a pieno titolo' o 'legittimamente', intendendo che il padrone dell'animale potrà riprenderselo di diritto. verbo da- 'prendere' (-hi), presente III persona singolare. Il soggetto è il padrone introdotto nella frase precedente. Considerata la presenza della particella "riflessiva", si può tradurre 'se lo prenderà'. nome comune, accusativo singolare, 'ladro'. La parola ittita corrispondente è LOtayazila-. Ha funzione di predicativo dell'oggetto e si riferisce probabilmente a colui che ha ritrovato l'animale e l'ha ricevuto in custodia.

    natta

    negazione 'non'.

    epzi

    verbo epp-lapp- 'prendere' (-mi), presente III persona singolare. Il soggetto sembrerebbe essere il padrone dell'animale. congiunzione takku 'se'+ pronome enclitico di III persona, accusativo singolare. Si noti l'approssimante w che si sviluppa tra la vocale u della congiunzione e la a del pronome enclitico. nome comune, dativo plurale, 'anziani'.

    takku(w)=an

    LO.MESSU.GI-ai

    OL hingazi

    negazione accadica 'non', corrispondente all'ittita natta. verbo hink- 'consegnare', 'presentare' (-mi), presente III persona singolare.

    n=al

    congiunzione nu + pronome enclitico di III persona, nominativo singolare.

    LONf.ZU

    nome comune, nominativo singolare (nonostante manchi il complemento fonetico), 'ladro'. Ha funzione di predicativo del soggetto. verbo medio kiJ- 'diventare', presente III persona singolare.

    kiiari 132

    Cr1 Le leggi ittite Traduzione letterale 'Se qualcuno trova un bue, un cavallo, un mulo, lo condurrà alla porta dei re. Se (lo) trova nel paese, lo presenteranno agli anziani e lo imbriglierà. Quando il suo padrone lo troverà, se lo prenderà legittimamente. Non (lo) prenderà come un ladro. Se non lo presenterà agli anziani, egli diverrà un ladro'.

    Traduzione interpretativa 'Se qualcuno trova un bue, un cavallo (o) un mulo, dovrà condurlo alla porta dei re. Se (lo) trova nel paese, lo si presenterà agli anziani e potrà imbrigliarlo/aggiogarlo (fintanto che è in sua custodia). Quando il suo padrone lo troverà, potrà riprenderselo legittimamente. Non prenderà (colui che ha trovato l'animale) come un ladro. (Ma) se non lo presenterà agli anziani, allora egli diverrà un ladro'.

    133

    Cr 2 Testi storici

    Tra le tavolette cuneiformi rinvenute negli archivi della capitale Hattusa troviamo diverse tipologie di documenti di carattere storiografico, che sono di fondamentale importanza per la ricostruzione delle vicende politiche del regno. Tali documenti comprendono non solo gli annali e le res gestae dei sovrani, specificamente dedicati alla descrizione degli avvenimenti in ordine cronologico, ma anche gli editti reali, che spesso contengono sezioni storiografiche più o meno ampie, allo scopo di mostrare come la situazione politica a cui si è arrivati renda necessario l'intervento del sovrano, attraverso gli.specifici provvedimenti contenuti nella restante parre del documento. Sfortunatamente, per la fase più antica del regno, documenti di questo tipo sono pochi e spesso frammentari, motivo per cui permangono ancora oggi diverse incertezze sull'esatta successione di alcuni sovrani dell'Antico e Medio Regno e sulle vicende storiche che li videro protagonisti. Il materiale documentario è invece pii1 ricco per la fase imperiale: grazie agli ampi resoconti dei sovrani di questo periodo, infatti, siamo talora in grado di ricostruire il corso degli eventi anno per anno, benché molto resti comunque incerto.

    Cr2a

    Dall'iscrizione di Anitta (CTH 1)

    (KBo 3.22 Ro 36-Vo 5 I) Il testo che presentiamo qui è un documento fondamentale per la scoria ittita, perché i farti narraci risalgono a un periodo che precede di circa un secolo la fondazione del regno da parte di Hattusili I e il trasferimento della capitale da Kanes/Nesa a Hattusa. Anitta era il figlio del re Pithana, della dinastia di Kussara, che conquistò la città di Kanes/Nesa e vi si trasferì. Da qui partiranno le campagne di conquista di Anitta, ricordare nel documento in esame. Il resto sembra infatti essere costituito da varie iscrizioni dedicatorie, ciascuna fatta redigere dal sovrano, presumibilmente a Kanes, a conclusione di una campagna militare. Non sappiamo in che lingua fossero scritti originariamente questi documenti (forse in assiro): a noi è pervenuta esclusivamente la versione in lingua ittita, redatta in epoca antico-ittita, e successivamente copiata più volte nel corso del tempo e conservata negli archivi della capitale come memoria del passato.

    Cr2 Testi storici Nella sezione qui riportata, Anirra descrive la sua campagna militare contro la cirrà di Zalp(uw)a sul Mar Nero, colpevole di aver sorrracto da Kanes/Nesa la srarua del dio Siusummi, e quella contro la città di Hattusa (che all'epoca non era ancora la capitale irrita). Negli ultimi due paragrafi, Anitra distrugge Hattusa, vi semina il crescione, simbolo di infertilirà (un gesto analogo allo spargimento del sale per i Romani), e invoca la punizione del dio della tempesta contro chiunque era i suoi successori avesse osato rifondarla. Nonostante ciò, circa un secolo dopo, proprio Harrusa sarà scelta come nuova capitale del regno da Harrusili I (il cui nome significa infarri, letteralmente, 'quello di Hatcusa'), probabilmente per la sua posizione particolarmente strategica. Ro §10.

    36. 37.

    ttl-tl-tln nt1m-mt1 mpf-i-11-ui-ti-iiLUGAL [UR]UHa-at-ti u-[e-et] inr-di-ni-ia-an-na k11-in 1i-wa-te-et iu-ui URU.Sa-l[(am-p)i ... ]

    38. 39. 40. 4 I. 42. 43. 44.

    11t-ne-e h11-11-mn-an-dt1 URUZn-al-p11-az an-da a-ru-na-az [... ] kn-rn-1i "'U-uh-na-ni LU GAL URuZa-a-al-pu-wa d,Si-u-ium-m[i-in] [LR] uNe-e-Jn-az URU Za-n-al-pu-wa pé-e-d[a-as1 [np-pe1-ez-zi-ya-na '"A-ni-it-ta-ni LUGAL.GAL d.Si-u-ill[m-(mi-in)] I(L')Rl'Z]n-a-nl-p11-wa-az a-ap-pa URUNe-e-ia pé-e-[da-ah-hu-un] I'" H11 ]-11z-zi-yt1-nt1 LU GAL URUZa-a-al-p[ 11-wa] hu-slu-wa-an-ta-an] [ljllLNe-e-ia 1i-wa-te-n11-1m URUHa-at-tu-ia-ia'-mu? [i-da-a-lu na-at-ta]

    §12.

    45. 46. 47. 48.

    [td]k-ki-if-tn in-nn ta-a-ln-ah-hu-un ma-a-na-ni np-pé-ez-zi-ya-na ki-ii-tn-an-zi-nt-ta-at ia-an dHal-ma-sl11-it-ti] 1 • Si-i-11J-mi-ii pn-m-a pn-ii ia-an ii-pa-an-di nn-nk-ki-it da-a-ah-h11-11n pé-e-di-ii-ii-ma ZÀAH.Ll-an a-ni-e-[n11-1m]

    §13.

    49. 50. 5 I.

    1111 t:Rc Hn-at-tu-Ja-an

    §1 I.

    Vo

    k11-ii nm-me-el n-np-pa-nn LUGAL-11i ki-i-ia-r[i] a-ap-pa a-ia-a-i[i] nn-nn ne-pi-in-ni"l5KUR-ai ha-az-zi-e-e[t-t11]

    §10, 37: Jnr-di-af-Jt1-m1-nt1 = Jardian=iann=a, con assimilazione [ns] > [ss] (v. Gr 3.1.2). È incerto se inrdian sia da intendere come genitivo plurale con funzione partitiva {'quello era gli alleaci che ... ') o come accusativo singolare, che forse è preferibile, considerata la presenza dell'aggerrivo possessivo -fan (a meno che non si trarti di una forma di genitivo plurale). Si noti però che, nella principale, il pronome enclitico che riprende anaforicamente fardian è in accusativo _plurale (-ml

    §11, 38: in LJHUZalpunz anda ar11naz [... ], la lacuna rende incerta la correrra interpretazione del resto: una possibilità è che andn arnnaz vada inceso come apposizione di uiiuZalp11nz, 'Zalpuwa sul mare'; in alternativa, in URU Zalp11nz anda porremmo avere l'uso dell'ablativo con nnda per indicare la parte compresa tra il punto indicato dall'ablativo e il parlante, 'da questa parte rispetto a Zalpuwa'. In cal caso, si porrebbe forse 135

    integrare anda anche dopo arunaz, '[da questo lato) rispetto al mare', benché la presenza di un verbo sembri necessaria.

    39: d,5iuiumm[in]: si intende la statua della divinità. Il nome sembrerebbe essere composto dal tema iirl- 'divinità' (dalla radice indoeuropea *dyew-, da cui deriva anche il nome della divinità greca Zeus) e dall'aggettivo possessivo enclitico -iummi 'nostro', significando quindi, letteralmente, 'il nostro dio'.

    40: URUZtilpuwa è un direttivo. 41: [ap-pe1-ez-zi-ya-na = [app]ezziyan=a 'ma più tardi': appezziyan è l'accusativo singolare dell'aggettivo appezzi- 'ultimo', qui usato con valore avverbiale.

    43: hus1uwantan] è il participio presence in caso accusativo singolare del verbo huiJwai-l huiwai- 'essere vivo', qui con funzione predicativa dell'oggetto (Huzziya).

    44: URUHa-at-tu-ia-ia!-mu! = URUHattuiai=a=mu 'ma Haccusa a me'. §12, 45: [ta]kkiita è il verbo della frase che inizia al rigo precedente. I.:incegrazione [i-da-a-fu na-at-ta] non è sicura, ma plausibile. Il verbo takf- significa generalmente 'unire', ma con idalu si può tradurre con 'fare del male'. I pronomi enclitici in Ja-an (fu + -an) e ma-a-na-ai (miil1=as1 si riferiscono alla città di Hattusa.

    47: ilpandi è un dativo con funzione temporale. 48: nakkit è uno strumentale, 'con la forza'. pé-e-di-ii-fi-ma = pedi=iii=ma 'e al suo posto', costituito dapeda- 'posto' al dativo singolare e dall'aggettivo possessivo in accordo con esso. ZÀ.AH.Ll-an è una grafia pseudo-logografìca per l'accadico s11hl1i 'crescione' (ire. maraihanha-), simbolo di infertilità (si può rendere con 'erbaccia'). In questo conresro, il verbo an(n)iye- vale 'seminare'. §13, 49: ammel appan 'dopo di me': si noci che la posposizione tipp1112, in amico-ittita, regge il genitivo (v. Gr 8.6.2). 51: nepiiai è un genitivo che determina il successivo dlSKUR-ai (= Tarhuncas).

    Cr2b

    Dall'editto di Telipinu (CTH 19)

    (KBo 3.1 II 16-39) Uno dei documenti più importanti databili all'Antico Regno ittita è l'editto emanato dal sovrano Telipinu, che ci è giunco in doppia redazione, ittica e accadica. Telipinu sale al trono dopo un periodo di sanguinose lotte interne alla coree, in cui i sovrani e i legittimi eredi al trono erano continuamente spodestati e vittime di congiure. Il testo dell'editto descrive dettagliatamente - probabilmente non senza alterazioni - come dall'età dell'oro dei primi sovrani (Labarna, Hattusili I e Mursili I) si sia passati alla situazione caotica immediatamente precedente all'ascesa al trono di Telipinu, allo scopo di enfatizzare, propagandisticamente, il ruolo di restauratore dell'ordine acquisito dal nuovo sovrano. 136

    Cr2 Testi storici I paragrafi che qui si presentano fanno parte di questo lungo prologo e descrivono la situazione che Telipinu si trova a dover fronteggiare al momento della sua intronizzazione. La narrazione culmina con l'enunciazione della norma che dovrà regolare la successione reale, al fine di evi tare che si ricada nella sanguinaria anarchia del periodo precedente. Ro col. Il

    §24.

    16. 17. 18. 19.

    §25.

    20. 21. 22. 23. 24. 25.

    §26

    26. 27. 28. 29. 30.

    §27.

    31. 32. 33. 34.

    ma-a-r an 1 -fa-an m Te-li-pi-nu-ui J-NA GISGU.ZA A-BI-YA e-ef-ha-at nu URLI Ha-ai-fu-wa la-ah-ha pa-a-un nu URLI Ha-ai-fu-wa-an har-ni-ink11-11n ÉRJNMr-.S_za-mi-if-fa URLIZi-iz-zi-li-ip-pi e-ef-ta nu URUZi-iz-zi-li-ip-pi hu-ul-la-an-'za1 -iJ ki-Ia-at

    rma1 -a-na-pa LUGAL-ui URLILa-wa-az-za-an-ti-ya u-wa-nu-un '"La-ah-ha-af[-mzi ku-u-ru-uf] 'e' -ef-ta m, uRu La-wa-za-an-ti-ya-an wa-ag-ga-ri-ya-at na-an [DINGJRMES] ki-if-ia-1·i-mi da-a-ir rha1 -an-te-ez-zi-ya-ai-ia UGULA L(JMES Ll-/M"'J[10- ... ] "'Kar-ru-wa-ai UGULA Ltl.MESSÀ.TAM mJ-na-ra-ai UGULA i(niL,SAGI '"Ki-il-l[a-aiUGULA LlhtES ... ] "'·" 10-mi-im-ma-ai UGULA L(JMES GISGIDRU '"Zi-in-wa-ie-li-iJ Ù "'Le-el-li-[ii] me-eg-ga-e-ef nu mTa-m,-u-i LU GISGIDRU du-ud-du-mi-li pé-Pe1 -e[r] [LUGA]L-ui O-UL s1a-qa-a]h-[hu]-u-' un' 1 [nu-kdn] rmi [Htt]-u[z-zi]y[a-a]n ÙSESMES_SU an-d[a ku-en-nir] [m]a-a-an rLUGAL-us~ if-ta-ma-ai-iu-tm m, mTa-m,-wa-an "'Ta-hurwa-i-li-in m Ta-rn-' uh1 -i[u-un-na] 'ti'-wa-te-er nu-ui pa-an-ku-ui pa-ra-a hi-in-ga-ni har-ta LUGAL-zti-ia me-ma-ah-h11-1m [ku-wa-a]t-wa-re ak-kdn-zi nu-wa-ru-zti IGJHI.A_wa m11-1m-na-an-zi nu-11i LUGAL-zti kar-s1a-ui] [LllM]ESAPIN.LA i-ya-nu-un GISTUKULH'.A-ztJ-iu-tti-ta ZAG.LU-za daah-hu-zm nu-ui-ma-ai mai-du-[u!] pé-eh-h11-1m m, ial-la-ai-pdt ha-af-ia-an-na-ai e-ef-har pa-an-ga-ri-ya-rat'-ta-ti m, fJi-ta-p[a]-ri-y[a]-ai MUNUS.LUGAL BA.US EGlR-pa-ma u-et"'Am-m11-na-ai DUMU.LUGAL BA.US nuii-11-na-an an-tu-uh-fi-iI-!a tar-fP ik1 -kdn-zi ka-a-fa-wa URLI Ha-at-tu-fi e-eI-har pa-an-ga-ri-ya-atta-ti nu '"Te-li-pi-m1-ztiuRUHa-at-t11-Ii tu-li-ya-an hal-zi-ih-h11-11n ki-it pada-la-az URLI Ha-at-tu-Ii 137

    Crestomazia

    §28.

    35.

    ha-aJ-ia-an-na-aJ DUMU-an i-da-lu le-e ku-il-ki i-ya-zi nu-uf-Ji-Ja-an Gf R-an tdk-ke-ei-zi

    36.

    LUGAL-ui-fa-an ha-an-te-ez-zi-ya-aJ-pdt DUMU.LUGAL DUMURU ki-ik-k[(i-is1)-ta-ru tdk-ku DUMU'.LU[GAL) ha-an-te-ez-zi-il NU.GAL n11 rku1 -if ta-a-an pé-e-r da 1 -ai [(D U) ]MURU nu LUGAL-uJ a-pa-a-ai . ki-fa-ru ma-a-an DUMU.LUGAL-ma DUMU.NITA NU.GAL nu ku-il DUMU.MUNUS ha-an-te-ez-zi-if n11-uJ-fi-iJ-fa-an LOan-ti-ya-an-ta-an ap-pa-a-an-du nu LUGAL-uf a-pa-a-ai ki-s1 (a-ru)]

    37. 38.

    39.

    §24, 17: URUHaJf11wa è un direttivo, come anche la forma lahha: l'espressione lahha pai- significa 'andare in spedizione'. Il verbo hamink- 'distruggere' è il causativo a infisso -ni(n)- del verbo hark- 'perire'. 18: lagrafiasemi-logograficaÉRJNMES_za-mi-iJ-Ja cela probabilmente tuzziyanza =miii=a 'e il mio esercito'.

    §25, 20: r ma1 -a-na-pa = miin=apa, con la particella amico-ittita -(a)pa (v. Gr 9.1. l ). 22: ki-if-Ja-ri-mi = kiiiari=mi 'nella mia mano', dativo singolare con l'aggettivo possessivo enclitico concordato. Hantezziyai è un nominativo plurale: il termine significa 'primi', nel senso di ufficiali di alto rango (che vengono elencati subito dopo). UGULA LlJMES L/M, lett. 'sovrintendente (UGULA) di uomini (LlJMES) mille (accad. LIM)', ossia 'sovrintendente di un contingente di mille uomini'. 25: bisogna sottintendere efir 'erano' dopo meggaef. rinciso indica che i membri della congiura ai danni di Telipinu erano numerosi. LU GISGIDRU è attributo di Tanuwa.

    §26, 28: l'espressione parli hingani har(k)- significa 'condannare a morte'. 29: [ku-wa-a]t-wa-re va segmentato kuwat=war=e ed è composto dalla congiunzione interrogativa kuwat 'perché', dalla particella del discorso citato -wa(1·)- e dal pronome enclitico di terza persona -e, con funzione di nominativo plurale comune (tipico dell'antico-ittita). respressione IGJ'il.A_wa (= itt. Jakuwa) mum1ai- significa letteralmente 'coprire gli occhi', ma la sua esatta interpretazione è discussa: secondo alcuni alluderebbe a un accecamento o addirittura alla morte e sarebbe un'interrogativa come la precedente ('perché devono coprire i loro occhi (= accecarli/ucciderli)?'), secondo altri, invece, si tratterebbe piuttosto di un comando del sovrano, una pena alternativa alla morte, forse un allontanamento ('si coprano i loro occhi(= li si tolga dalla vista)!'). 30: c,sTUKULHI.A_uJ-fu-uJ-ta = c,sTUKULHI.A_u./'=it1./'=(s")ta, con l'aggettivo possessivo -fui e la particella -(a)./'ta, che indica separazione. ZAG.LU-za = paltanaz(a) è un ablativo.

    138

    Cr2 Testi storici §27, 31: haiiannaJ (< *haJJatnas? è il genitivo singolare di haJJatar'famiglia'. La 'grande famiglia' (lai/ai haiiannas? è la famiglia reale. Si noti anche la forma di genitivo Ja/JaJ in luogo del regolare iallayai.

    32: la frase EGIR-pa=ma uet ... BA.US contiene il verbo uwa- 'venire' con funzione fraseologica, per il quale v. Gr 7.6.3. Il sumerogramma BA.US corrisponde all'ittita akkii o akta 'è morto/a'. La forma iùman è un genitivo plurale con desinenza -an, propria dell'antico-ittita. 33: tariikkanzi è l'imperfettivo a suffisso -ike- del verbo te-I tar- 'dire'.

    34: kit padalaz è un avverbio, 'da ora in poi'. 35: haJiannni DUMU-an 'un figlio della famiglia', si sottintenda 'reale'. Il verbo takisignifica 'unire', ma con GfR-an come oggetto vale 'brandire il coltello'. §28, 36: La particella -pat ha la funzione di focalizzatore e in questo contesto può essere reso con 'soltanto' o con 'nello specifico' (v. Gr 9.1.4). Il verbo kikkif- è la forma raddoppiata, con funzione imperfettiva, di kii- 'diventare' (v. Gr 7.1.7). In questo caso il contrasto tra kikkiJ- al r. 36 e kii- alle rr. 38 e 39 è evidente: il primo è contenuto nell'enunciazione della norma generale, quella che deve essere applicata sempre (valore imperfettivo abicuale), mentre le forme senza raddoppiamento si riferiscono ai casi eccezionali, che si applicano solo in circostanze specifiche (l'assenza di un principe di primo rango e l'assenza di un erede maschio).

    37: il sumerogramma NU.GAL significa 'non c'è'. 39: il 1.Camiyant-, lett. 'entrato dentro' (< anda 'dentro' e iya- 'andare'), rappresentava un particolare tipo di istituzione matrimoniale, una sorta di adozione, in cui lo sposo entrava nella famiglia della sposa e poteva diventare erede legittimo della nuova famiglia.

    Cr 2c

    Dagli Annali di Mursili II (CTH 61)

    (KBo 3.4+ II 7-32) L:ultimo brano che presentiamo in questa sezione della crestomazia è tratto da una delle composizioni forse più note del mondo ittita, gli Annali di Mursili II. A questo sovrano si devono alcune delle composizioni di carattere storiografico più importanti per la ricostruzione delle prime fasi dell'età imperiale: Mursili, infatti, oltre ai suoi stessi Annali, fece redigere anche le res gestae di suo padre, Suppiluliuma I, che per noi rappresentano una fonte imprescindibile per la ricostruzione storica del regno di questo sovrano. Gli Annali di Mursili II comprendono in realtà due distinte composizioni, che gli ittitologi chiamano solitamente "Annali decennali" e "Annali completi": i primi descrivono, in maniera piutrosto sintetica, gli eventi relativi ai primi dieci anni di regno del sovrano, mentre i secondi trattano, con maggiori particolari, un periodo di tempo 139

    Crestomazia molto più ampio. Il brano qui riportato appartiene agli Annali decennali e descrive pane degli eventi rdativi al terzo anno di regno di Mursili Il. In particolare, viene desericeo l'inizio di quella che è generalmente considerata la più grande impresa di Mursili II, ossia la conquista dell'Anatolia occidentale (il 'paese di Arzawa'), governata dal re Uhhaziti.

    Ro col. II §13. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. §14.

    15. 16. 17.

    18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26.

    140

    nam-ma URUPal-hu-il-ia-az EGIR-pa l-NA URUKÙ.BABBAR-ti 1i-wanu-*ras.*-1m m,-za ÉRJNMl'.S ANSE.KUR.RAMF.S 11i-11i-in-ku-11n nam-ma a-pé-e-dani MU-ti I-NA rKUR1 Ar-za-11-wa i-ya-an-ni-ya-nu-un-pdt A-NA "'U-uh-ha-LU-ma u)TE.cMA u-i-ya-nuzm n11-uJ-Ji ha-at-ra-a-nu-un ARADME!._YA-wa-at-tdk-kdn ku-i-e-ei an-da u-e-er mt-wa-ra-ai-ta EGIR-pa ku-it 1i-e-wa-ak-ki-nu-11n nu-wa-ra-ai-mu «EGIR-pn>> EGIR-pa 0-UL pa-ii-ta nu-wa-m11-za DUMU-la-an hal-ze-ei-ie-eJ-ta nu-wa-mu-za te-ep-1111-uJ-ke-et ki-nu-na-wa e-hu nu-wa za-ah-hi-ya-11wa-ai-ta-ti nu-wa-an-na-afdlO BE-Li-YA Dl-NAM ha-an-na-a-zi ma-ah-ha-an-ma i-ya-ah-ha-at 1111 GlM-an I-NA m:R.SAG la-wa-fa a-arhu-un 1111-za d10 NIR.GAL EN-YA pa-ra-a ha-an-da-an-da-a-tar te-ek-ku-uiJa-nu-ut nu GISkal-mi-Ja-na-an Ji-Jfl-a-it 1111 ciskal-mi-Ja-na-an am-me-el KARASHI A_ YA uJ-ke-et KUR URUAr-za-u-wa-ya-an uJ-ke-et m, ciskal-mi-Ja-11a-aJ pa-it nu KUR t;RUAr-za-11-wa GUL-ah-ta SA "'U-11b-ba-LU-Ja LRLA-pa-a-Jaan URU-an GUL-ah-ta "'U-11h-ha-LU-na gi-nu-uJ-Ju-uJ a-Je-eJ-ta na-af ir-ma-li-ya-at-ta-at nu ma-ah-ha-an "'U-uh-ha-LU-ii GIG-at na-af-mu nam-ma za-ah-hiya me-na-ah-ha-an-da 0-UL u-it nu-mu-kdn *ras.• "'SUM-madLAMMA-an DUMU-SU QA-DU ÉRJNMf.S ANSE.KUR.RA~IF.S me-na-ah-ha-an-da pa-ra-a naeJ-ta na-ai-mu I-NA 10A-aJ-tar-pa l-NA URUWa-al-ma-a MÈ-ya ti-ya-at na-an dUTU5' za-ah-hi-ya-nu-un nu-mu •1UTU uRu A-ri-in-na GASANYA . dMe-ez-zu-11/-ln-aJ DINGIRMES_ya hu-u-ma, BE-Ll-YA d 10 NI R.GAL an-te-eJ pé-ra-an hu-i-e-er

    Cr2 Testi storici 27.

    28.

    29. 30. 31. 32.

    mt-za "'SUM-ma-dLAMMA-an rDUMU mu-uh-ha1-LU Q,t-DU ÉRJNMES_5u ANSE.KUR.RAME.5_5u tar-ah-hu-un 1 r na -an-kdn k11-e-nu-1m r nam1 -ma-an rEGIR-an 1 -pdt AS-BAT nu-kdn 1-NA KUR uRuAr-za-u-wa [pdr]-ra-an-da p~-a-un nu 1-NA URuA-pa-a-ia A-NAURU= SA "'U-uh-ha-LU an-da-an pa-a-un nu-mu mU-uh-ha-LU-ii 0-UL maaz-za-ai-ta na-ai-mu-kdn r: 1hu-11-wa-ii na-ai-kdn a-ru-ni pdr-ra-an-da :gzll"-ia-11-wa-na-an-za pa-it na-aI-kdn a-pi-ya an-da e-ei-ta

    §13, 7: in URuKÙ.BABBAR-ti, il complemento fonetico indica la lettura ittita Hatti. Nel verbo alla fìne del rigo, tra i segni nu e un, si vedono le tracce di un altro segno, successivamente cancellato.

    8: l'espressione ÉRJNMES ANSE.KUR.RAME.5 indica l'esercito ittita, letteralmente 'soldati (e) cavalli', vale a dire 'fanti (e) carri da guerra'. Dato che gli Ittiti non erano soliti combanere a cavallo, ANSE.KUR.RAME.5 non può che indicare, per metonimia, i carri da guerra (come dimostra anche il fatto che, nei testi in lingua accadica prodotti nella capitale ittita, l'espressione corrispondente è ÉRJNME.5 IÌ GISGJGJRME.5, 'fanti e carri'). 9: il verbo iya11niyamm ha qui, probabilmente, valore ingressivo, 'mi misi in marcia'. La particella -pat ha valore focalizzante, 'mi misi appunto in marcia'. la grafia semilogografìca "'Uhha-LU corrisponde al nome Uhhaziti, un nome luvio (il termine luvio per 'uomo', rappresentato dal sumerogramma LU, è ziti-). l'Anatolia occidentale era infatti abitata prevalentemente da popolazioni di lingua luvia. IO: ARAD~ 1E'=YA=wa=tta=kkan kuiii anda uir è una frase relativa. Si noti che, in ittita, il nome a cui si riferisce il pronome relativo si trova all'interno della relativa stessa, in accordo con il pronome relativo (che è dunque, propriamente, un aggettivo relativo: ARAD~ 1ES= YA kuiéi, 'i quali miei servi'} e viene poi ripreso, nella principale, da un pronome enclitico (nu=wm·=nl=ta al rigo 11) (v. Gr l 1.3.8). Dunque, traducendo letteralmente otteniamo: 'i miei sudditi che sono venuti da te, poiché te li chiedevo indietro', che potremmo anche rendere, in italiano, con 'poiché ti chiedevo indietro i miei sudditi che sono venuti da te'.

    11: kuit vale 'poiché' e indica che la frase è una subordinata causale (v. Gr l 1.3.4). Wewakkimm è la forma imperfettiva a raddoppiamento del verbo wek- 'chiedere'; la si può rendere con un imperfetto. Alla fìne del rigo, va espunto, perché lo scriba l'ha scritto erroneamente due volte. 12: DUMU-Lm, 'ragazzo', è predicativo dell'oggetto (rappresentato dal pronome enclitico -mu); halzeiia- è l'imperfettivo del verbo halzai- 'chiamare', che qui ha valore abituale, 'eri solito chiamarmi "ragazzo"' o, semplicemente, 'mi chiamavi "ragazzo"' (v. Gr 7.1.6). Attualmente non si conosce la lettura ittita del sumerogramma DUMU.

    13: tepnuike- è la forma imperfettiva (anch'essa con valore abituale) del verbo tepnu-, 'umiliare', 'sminuire', un causativo a suffisso -mt- derivato dall'aggettivo tep11- 'poco'. La 141

    Crestomazia forma ehu ha solitamente valore di interiezione, 'su', 'orsù', ma viene anche usata come imperativo del verbo uwa- 'venire'. Zahhiy11uwalt11ti è una forma media con valore reciproco, 'combattiamo (l'uno contro l'altro)'.

    14: DINAM hamuiu è una figura etimologica; corrisponde infatti all'ittita hanneJJar (= accad. DJNAM) hannau, 'giudichi il giudizio!'. §14, 15: iyahhatè una forma del verbo medio iya- 'andare', 'marciare'. 16: parii handandiitar, 'potere divino' o 'giustizia divina', è un nome astratto in -atnr derivato da parii handant-, il participio del verbo parii handai-. 17: il termine GISknlmiJana- indica solitamente i ceppi di legno ardenti nel focolare (si noti il determinativo GIS per gli oggetti in legno). In questo contesto, però, indica qualcosa che viene scagliato (iiye-) su una città dal dio della tempesta, vale a dire qualcosa che cade dal cielo. Si tratta dunque, molto probabilmente, di una meteora (interpretazione che va preferita a quella più tradizionale di 'fulmine', data l'eccezionalità dell'evento e la maggiore somiglianza con i ceppi del focolare). Si noti la ripetizione del possessivo in ammelKARAS"1'\=YA, lett. 'di me il mio esercito'.

    18: 11ike- è l'imperfettivo a suffisso -ike- del verbo au(s1-!uwa- 'vedere'. KUR URUAr-zau-wa-ya-an = KUR URVArzauwa=ya=an, dove il pronome enclitico -an riprende anaforicamente GISkalmilana-. 19: la città di Apasa, che qui è indicata come 'la città di Uhhaziti', è Efeso, situata nella regione anticamente nota come Lidia. 20: mU-uh-ha-LU-na = "'0hha-LU-n=a (il nome Uhhaziti è in caso accusativo). Canalisi della sequenza gi-nu-zli-iu-ui è incerta: genu- 'ginocchio' è un nome neutro, ma -fui potrebbe essere un aggettivo possessivo enclitico in caso accusativo plurale comune, che suggerirebbe a un'analisi ginui=Iui, con ginuI come accusativo plurale comune. Per ovviare al problema del genere, alcuni studiosi ritengono che gimliizli, da leggere unitariamente, sia l'accusativo plurale di un sostantivo genuJiali-, derivato da gemi-, il cui significato sarebbe comunque 'ginocchio'. Altri, tuttavia, ritengono che la parola in questione sia proprio genu- e che, semplicemente, sia passata dal genere neutro a quello comune nel corso dell'evoluzione della lingua. Il verbo aieJ-signifìca 'far sedere', 'porre', ma insieme a ginuiiui si può tradurre 'fece cadere sulle ginocchia' o 'piegò sulle ginocchia'. /rmaliyattatè una forma media.

    21: zahhiya è il dativo-locativo singolare del nome zahhai-. 22: menahhanda regge il pronome -mu al rigo precedente: 'contro di me'. La sequenza nu-mu-kdn è stata erroneamente scritta una seconda volta dallo scriba e, quindi, cancellata. Il nome del figlio di Uhhaziti, celato dietro alla grafia semi-logografìca "'SUMma-dLAMMA è Piyamakurunta. Come nel caso del padre, si tratta di un nome luvio: piyam(m)ali- è il participio luvio del verbo pai-lpiya- 'dare', corrispondente al sumerogramma SUM, mentre Kurunta è la divinità tutelare, scritta con il sumerogramma

    dLAMMA. 23: parii nai- significa 'inviare' (lett. 'volgere avanti'). 142

    Cr2 Testi storici 24: MÈ-ya = zahhiya (si veda il r. 21).

    25: dUTUs, corrisponde ali' accadico 'Sua Maestà'.

    SAMSi, lett.'il mio Sole', che si può rendere con

    25-26: la dea Sole di Arinna (dUTU uRuArinna) era una delle divinità principali del pantheon ittita. I.:espressione -m11 ... peran huier, lett. 'corsero davanti a me', significa 'accorsero in mio aiuto'. 28: visto quello che si dice nelle frasi successive, il verbo kwen- non può significare qui 'uccidere' in senso letterale, ma piuttosto figurato; si potrebbe rendere con 'l'ho distrutto', 'l'ho praticamente ucciso'. Namma=an EGIR-an=pat ASBAT, lett. 'poi lo presi anche dietro', vale a dire 'poi lo inseguii anche'. ASBAT è la prima persona singolare del preterito accadico, corrispondente all'itt. eppun. 29: parmnda pai- significa 'andare oltre', quindi 'attraversare'. /NA URUApiila ANA URUuM 'ad Apasa, la città': il nome di città, al caso dativo-locativo (rappresentato da un sintagma preposizionale con INA), è seguito da un'apposizione in accordo con esso, quindi in caso dativo-locativo (ancora rappresentato da un sintagma preposizionale, ma conANA). 31: la forma lm-11-wa-if, 'fuggì', sembra essere preceduta da un Glossenkeil o 'cuneo di glossa', un segno costituito da uno o due cunei obliqui (indicato nella traslitterazione con i due punti, :), che, era le diverse funzioni che aveva, nei testi di età imperiale marcava soprammo le parole luvie. Più raramente, però, poteva accompagnarsi a parole indubbiamente ittite e serviva per indicare che la forma in questione era inusuale, errata o arcaica. In questo caso, la forma verbale hziwaif è certamente ittita: dal momento che il verbo lmwai-l lmiya- presenta tanto forme appartenenti alla coniugazione in -mi, quanto forme appartenenti a quella in -hi, la presenza del Glossenkeil potrebbe dipendere dal fatto che lo scriba sentiva come inusuale la forma hiiwaif, propria della coniugazione in -hi. È anche possibile, però, che ciò che si vede prima di hiewail non sia un Glossenkeil, ma siano solo le tracce di un segno poi cancellato. 32: :gurJauwammza, preceduto da un Glossenkeil, è parola luvia. Si tratta del dativolocativo plurale (con desinenza luvia -nza) di un nome eteroclito in -rin-, guriauwar, gzerJauwan-, 'isola'. Apiya anda èJta si può rendere con 'stette lì'.

    143

    Cr3

    Trattati

    In tutte le civiltà, antiche e moderne, la diplomazia svolge un ruolo essenziale per il mantenimento di relazioni amichevoli tra gli stati e la risoluzione pacifica di eventuali controversie. Nel mondo vicino-orientale, per scongiurare il pericolo di guerre e rinsaldare i rapporti tra i diversi stati, si stipulavano trattati, e le divinità dei paesi contraenti venivano invocate come testimoni, cosa che rendeva gravissimo contravvenire alle clausole inserite nel documento. La maggioranza dei trattati noti per il Vicino Oriente antico proviene proprio dagli archivi di Bogazkoy; i termini ittiti per designarli erano iihiul- 'legame', 'vincolo' (accad. riksu o rikiltu) o lingai- 'giuramento' (accad. mtimit11 o nii ili). Questi stessi termini, però, indicavano anche dei documenti che contenevano una serie di istruzioni e norme di comportamento per i funzionari del regno, come per esempio i cosiddetti cesti di Istruzioni, con cui effettivamente presentano molti tratti in comune sul piano formale e strutturale. La differenza consiste nel fatto che, mentre i cesti di istruzione erano documenti propri dell'amministrazione interna, i trattati internazionali riguardavano invece la politica estera e i rapporti con gli stati vicini, tanto quelli subordinati al regno di Hatti quanto le grandi potenze vicino-orientali indipendenti. Infatti, all'interno dei trattati ittiti, si possono distinguere due grandi gruppi: (1) i trattati conclusi era gli Ittiti e gli stati vicino-orientali indipendenci, chiamati trattati paritetici, poiché coinvolgono due contraenti di pari rango; (2) i trattati stipulati era gli Ittiti e gli stati vassalli sottomessi al regno di Hatti, chiamati trattati di subordinazione. Nel caso dei craccaci paritetici, i due contraenti avevano doveri reciproci ed erano entrambi vincolati dal giuramento, mentre nel caso dei trattati di subordinazione, sembra che il trattato venisse emanato esclusivamente dal sovrano ittita, che ne decideva i contenuti, senza che il vassallo avesse voce in capitolo.

    Cr3 Trattati

    Dal Trattato di Suppiluliuma I con Hukkana di Hayasa (CTH 42) (KBo 5.3+ I 1-40) J;ampio brano che qui si riporta proviene dal trattato stipulato tra il sovrano ittita Suppiluliuma I e un personaggio di nome Hukkana, originario di Hayasa, una regione situata nell'Anatolia nord-orientale, corrispondente grosso modo all'attuale Armenia. Non sappiamo molto di questo personaggio e delle circostanze storiche che portarono alla stipula del trattato, se non quello che si evince dal trattato stesso, dato che non vi si fa cenno nelle Res gestae di Suppiluliuma I, che rappresentano la principale fonte per le vicende storiche del regno di questo sovrano. Hukkana non è mai designato con il titolo di re, anzi, nell'incipit del trattato viene presentato come nettamente inferiore al sovrano ittita e appellato come "ultimo cane". Nonostante ciò, per ragioni a noi ignote, Suppiluliuma decise di affidargli il governo del paese di Hayasa, vincolandolo sia mediame la stipula di un trattato sia attraverso un legame matrimoniale {una pratica usuale nel Vicino Oriente antico), dandogli cioè in sposa sua sorella. Rocol. I §1.

    1.

    2. 3. 4.

    5.

    §2.

    6. 7.

    8.

    9. 10. 11.

    §3.

    12.

    [ll]M-MA "UTus, mS11-11p-pi-l11-li-11-m11 LU GAL KUR URUHa-r at-ti1 k11-11-ill tu-11k "'H11-11q-q11-na-a-an ap-pé-ez-zi-in ruR.Gl 71 -an fa-ra-a da-a-ah-h11-11n n11-11t-ta SlG 5-in ri-ya-n11-1m 1 'nit '-ut-r tdk1 -kdn URU Ha-at-tu-Ji A-NA U)MES URU Ha-ya-Ja-ya af.fu.r li1 ii-tar-na te-ek-k11-11J-Ja-n11-n11-11n n11-ut-ta a[mF me-e/ NlN1 -YA A5-5U[M] 'DAM-UT-TIM AD-DIN 1111-1,t-ta KUR URU Ha-at-ti hu-u-ma-an-za KUR ruRui [Ha-y]a-Ja KUR.KURMF->.ya hu-11-ma-an-te-ei a-ra-ah-zé-né-ei an-tu-11-ri-[e-e]s ar-ha ii-ta-ma-a!'ser' r11111 -za zi-ik "'H11-11q-qa-na-a-afdUTus1.rpdt AS-SUM BE-LU-TIM Ja-a-rak' DUMU-YA-ya k11-in dUTUs, te-mi k11-11-1m-wa-za h11-11-ma-11n-za Jaa-ak-du na-an-kdn ii-tar-na te-rek1-ku-ui-Ja-mi 1111-za zi-iq-qa "'/f11-11q-qa-na-aai a-p11-11-1m Ja-a-a[k] nam-ma-ma k11-i-e-ei am-me-el DUMUMES_yA SESMES.SU am-me-el-la

    SES~llé.>_[ YA] 13. 14.

    na-af-za ai-fo-li A5-5UM SES-UT-TIM ù AS-SUM LO TAP-PU-UT[TIM] Ja-a-ak nam-ma-ma-za da-ma-in BE-LAlvl ku-i-e-Ja-ai k11-i/ [UN-aI] 145

    CrtStomllZia

    15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. §4.

    22. 23. 24.

    25. 26. 27. 28. 29. 30. §5.

    31. 32. 33. 34.

    §6.

    35.

    36. 37. 38.

    39. 40.

    146

    A-NA dlJTUSI EGIR-an ar-ha le-e ku-i11-ki Ja-a-ak-ti JUTU 51-i(n-zapdt] r1a-a-ak1pa-ah-ii-ya-an dlJTU51 11u dlJTU51 ma-ah-ha-an tu-uk "'Hu11q-qa-[11aj-fa-an1 [SIG 5-in] i-ia-1111-,m zi-ga 111a-a-an mH11-uq-na-a-aI JUTus, rzila1-ti-ya [I-NA EGI)R.rU/M1 aJ-Ju-li 0-Ul pa-ah-ha-aJ-ti nu-11t-ta ma-a-an rtu-e/ ma1-ah-ha-an SAG.DU-Ki! na-ak-ki-ii m1-11t-ta ma-a-an SAG.DU dUTUs, QA-TAM-MA 0-Ul na-ak-ki-if pé-m-an-11a-[a)t-ta SA dUTUS1 0-Ul wa-ah-1111-an har-zi nu-za 111a-a-a11 tu-W ma-ah-ha-a11A-NA SAG.DU-Ki! ZI-Ki! Ù A-NA RA-MA-NI-Kil ge-en-zu har-Ji SUHI.A_11I-za a-ra-ah-za-an-da har-H 1111111a-a-an ANA SAG.DU dUTUS/ ZI dUTus, RA-MA-A-ANdUTUSI ge-cm-ZII *ras.* QA-TAM-MA 0-V[L] har-Ii SUHI.A_r.Ki1 1 -ya-r111111 a-ra-ah-za-an-da QA-TAM-MA U-Ul har-ii pé-ra-a11-na-at-ta SA JUTUS1 0-Ul wa-ah-n11-w11-11n h111·-zi na-aJ-ma-kdn 111a-a-an dUTUs, k11-e-d11-ni 1111-da i-da-11-/11 ii-ta-11111-aiti na-at-mu-kd11 ma-a-an Ja-an-11a-11t-ti 1111-at-mu 0-Ul me-11111-at-ti a-pu-u-un-na-mu an-tu-uh-ia-an 0-Ul te-ek-ku-ui-ia-1111- ·ras. •-si na-an an-da im-ma m11-11n-n11-a-ii nu zi-ik "'Hu-uq-qa-na-a-aJdlJTUS1-pdt ai-!11-li pa-ah-ii EGIR-pa-1111na A-NA dlJTUS1-pdt ar-hu-ut nam-111a-ma-za t!A-ma-a-in le-e ku-in-ki sa-a-ak-ri 1111-ut-ta dUTUs1-ya ai-ili-li pa-ah-ha-aJ-hi kat-ta-ma-at-ta DUMU~ff.S_Ki! pa-ah-ha-111-hi kat-ta-ma tu-e/ DUMU~11"-A1A) amme-el DUMU-YA pa-ah-Ja-ri

    r11111 [ma-a-a]n rs1G5-in ku 1-wa-pi rii-Ja1-at-ti nu rd1 [UTur1 ai-iu-li pa-ah-ha-aJ-ti rnu 1-ut-ta dUTU 51 kat-ta-ya A-NA DUMU~IF-~-Ki! rsILIM 1.BI i-ya-mi nu am-me-el DUMU-YA DUMUMF..S_Ki!-ya kat-ta ai-iu-li pa-ah-ia-ri dUTU 51-ma tu-uk pa-ah-ha-al-hi nu-11t-ta ka-a-Ja ke-e ud-da-a-ar .SA-PA[L] NI-IS DINGIRLIM rte'-eh-hu-un nu ka-a-Ja ke-e-da-ni r ud-da-ni'-i l/-lM DIN G I RMF..S tu-rti'-ya hal-zi-u-en

    Cr3 Trattati §1, 2: appezzin UR.Gl1-an è apposizione di Hukkana e ne sottolinea la condizione di inferiorità rispetto al re di Hacti.

    3: SIG 5-in iye- significa 'trattare bene'. 4: l'espressione iftarna tekkuJJanu-, lecc. 'mostrare in mezzo', si può forse rendere con 'presentare pubblicamente'. Il dativo aiiuli, lecc. 'nel bene', ha valore avverbiale, 'in modo favorevole'.

    5: si noci la ripetizione pleonastica del possessivo in amme!NlN=YA, lecc. 'di me mia sorella'. I..:espressione accadica ASSUM DAM.-UTTIM ADDIN corrisponde all'ittica DAM-anni pehhi, 'ho dato in sposa'. §2, 7: arha iitamaii- significa 'sentire di (qualcuno)'. 8: il focalizzacore -pat ha qui valore di focus esclusivo, 'solo Sua Maestà'. ASSUM BELUTIM significa 'per quanto riguarda la signorià e si può dunque rendere con 'come signore'. Le forme del verbo iak-l!ek- 'sapere' che ricorrono in questo paragrafo e nei seguenti si devono rendere con 'riconoscere'.

    9: DUMU = YA=yn kuin JUTUSI temi è una frase relativa che, letteralmente, significa 'e mio figlio che (io). Sua Maestà, dico', ma che va intesa come 'e mio figlio del quale (io), Sua Maestà. dico', cui segue un breve discorso diretto.

    §3, 12: si tratta di una frase relativa nominale: nella traduzione, si deve sottintendere il verbo 'essere', 'coloro che (sono) .. .'. Come al rigo 5, anche qui il possessivo viene ripen1to in n111111el D UMUME.~ =YA e ammell=a SESMES= YA. SESMES_SU, 'i suoi fratelli', si riferisce agli altri figli di Suppiluliuma, che sono appunto i fratelli dell'erede designato.

    13: il dativo aiiuli ha valore avverbiale, 'con benevolenza'. ASSUM SES-UTTIM U ASSUM LtTAPPUTTIM, lett. 'relativamente alla fratellanza e alla compagnia', si può rendere con 'come fratelli e compagni'.

    14: kuief=t1i kuif UN-af significa letteralmente 'qualunque persona (possa) egli (essere)'.

    15: ANA •1UTU 51 EGIR-an 'dietro Sua Maestà', cioè 'alle spalle di Sua Maestà'. 16: pa-ah-ii-yn-an = pahii=ya=an. Si noti che l'oggetto dell'imperativo pahii (JUTUS~ è dislocato a destra e anticipato dal pronome enclitico -fin. Mahhan vale qui 'come'. 17: ziilltiya è una parola luvia e significa 'in futuro'.

    18: INA EGIR.U/ 11 corrisponde all'ittita appaiiwatti, 'nei giorni a venire' (il sumerogramma ricalca la forma del composto ittita, che letteralmente significa 'giorno dopo'). 18-20: il periodo che parte da m1-11t-ta è piuttosto complesso e richiede una spiegazione. Esso è costituito da due frasi nominali, entrambe introdotte dalla congiunzione ipotetica mdn 'se': (I) nu=tta mdn tue! mahhan SAG.DU=JG4 nakkiJ, 'se (mdn) come (mahhan) per te (-tta) la tua persona (tue! SAG.DU=JG4) è importante (nakkis1'; (2) nz1=ttt1 mdn SAG.DU dUTUs1 QATAMMA OL nakki!, 'se (mdn) per ce (-tta) la persona di Sua Maestà (SAG.DU JUTUs~ non è importante (OL nakkis1 allo stesso modo 147

    Crestomazia

    (QATAMMA)'. Ricomponendo il periodo, si può quindi tradurre, più liberamente (e invertendo l'ordine delle due frasi): 'se per te la persona di Sua Maestà non è così importante quanto la tua persona'.

    20-21: perann=a=tta ... OL wahnuan harzi significa letteralmente 'non ha girato davanti a te', vale a dire 'non ha per te la precedenza'. SA dUTU5' si può rendere con '(ciò) che riguarda Sua Maestà'. I.:apodosi del periodo ipotetico non è espressa, ma si può sottintendere 'le divinità ti puniscano!' o qualcosa di simile. §4, 22-25: il periodo ha la stessa struttura di quello incontrato in precedenza alle righe 18-20: si tratta di due strutture ipotetiche che corrono in parallelo, presentando gli stessi termini, prima riferiti a Hukkana (al quale ci si rivolge con il pronome di seconda persona) e poi a Suppiluliuma (indicato come 'Sua Maestà'). I..:espressione genzu har(k)- significa 'avere a cuore', mentre SUHI.A arahzanda ha1{k)- significa 'tenere le mani intorno (a qualcuno)', un'espressione che indicava protezione.

    26: per questa frase si veda il commento alle righe 20-21. Anche qui bisogna sottintendere un'apodosi come 'le divinità ti puniscano!'.

    27: idiilu iftamaiti 'vieni a conoscenza di un'azione malvagia'. 29: il verbo tekkuJianu- si può tradurre qui 'denunciare'.

    30: imma significa 'anzi', 'addirittura'.

    §5, 32: il verbo medio ar- significa 'stare'. 33-34: nelle ultime due frasi del paragrafo, katta sembra significare 'dopo', 'in seguito'. §6, 36: anche qui e al rigo successivo katta significa 'dopo'. Il sumerogramma SILIM.BI ha lo stesso valore di SI G~-in.

    38: 5APAL NIS DINGIRLIM significa 'sotto giuramento della divinità'. 40: tuliya hakai- significa 'chiamare in assemblea'.

    148

    Cr4

    Lettere

    Dagli archivi della capitale Hattusa e da quelli di importanti centri periferici - primo tra tutti Ma§at Hoyiik/Tapigga - provengono numerose lettere, che ci offrono un quadro molto vivido tanto delle relazioni diplomatiche tra i sovrani ittiti e le piccole e grandi potenze internazionali, quanto dell'amministrazione interna al regno, non senza inattesi momenti di vita quotidiana. Cepistolografìa ittita risente moltissimo del modello mesopotamico, come mostra la formula introduttiva con i nomi del mittente e del desrinatario, redatta completamente in accadico. Lo schema è generalmente il seguente: ANA (destinatario + eventuali apposizioni) Q!Bi=MA; UMMA (mittente+ eventuali apposizioni): 'A (destinatario+ eventuali apposizioni) parla! Così (dice) (mittente+ eventuali apposizioni)'.

    Cr4a

    Una lettera di Adad-beli al sovrano (CTH 188)

    (HKM 46) La lettera qui presentata proviene dal sito di Ma§at Hoyiik, l'antica città di Tapigga, situata ad est della capitale Hattusa. Tra le rovine di questa città sono state ritrovate numerose lettere di epoca medio-ittita, relative tanto a questioni di amministrazione interna quanto, soprattutto, ai problemi causati dai Kaska, popolazioni tribali stanziate nel nord della penisola anatolica. Nella lettera, il funzionario Adad-beli informa il sovrano (Arnuwanda I o Tuthaliya III) proprio di un'incursione, potenzialmente ostile, di due tribù kaskee, richiedendo aiuto e illustrando le contromisure adottate.

    A-NA dUTusr BE-a-YA Qf-Bf-MA UM-MA m.d I 0-BE-Lf ARAD-Ki:1-MA

    §1.

    I. 2.

    §2.

    3.

    ka-a-ia-kdn LllKUR pa-an-ga-ri-it

    4.

    2 AS-RA za-a-i[s1 mt-kdn I-ii

    5.

    la-at-ti-if 1-NA uaulf-te-m-wa za-a-if 1-if-ma-kdn la-at-ti-iJ 1-NA uauZi-ii-pa za-i!

    6. 7.

    Crestomazia

    §3.

    8. 9.

    13. 14.

    na-aJ-kdn ma-a-an 1-NA KUR HUR.sAGSa-kad-du-nu-wa pa-re-e-an pa-iz-zi ma-a-an EGIR-pa ku-wa-at-ga wa-ah-nu-zi na-aJ-kdn KUR-ya an-do u-ez-zi nu-ul-I; EGIR-an na-u-i ku-it-ki te-ek-ku-111-Ii-ya-iz-zi

    15. 16. 17.

    ma-an-kdn dlJTUSi BE-Li-YA BE-LU ku-in-ki pa-ra-a na-it-ti ma-an! KUR-i LOKDR 0-UL dam-mi-iJ-ha-iz-z;

    18.

    am-mu-ga-kdn

    10.

    11. 12.

    §4.

    §5.

    19.

    SA KASKAL GfD.DA LO.M~Nf.ZUTIM

    20.

    HUR.SAGHa-pid-du-i-ni an-da Ia-Ia-an-na pé-e-i-iJ-ke-mi nu-mu ma-ah-ha-an me-mi-an EGIR-pa u-do-an-zi HUR.SAG-ai-wa SA LOKDR 11d-da-na-za pd1·-k11-iJ nu-kdn URUTa-pi-ig-ga-za GU/1.A UDUHI.A kat-ta QA-TAM-MA tar-Ii-ik-ke-mi nu dlJTU51 BE-Li-YA QA-TAM-MA [s1a-a-ak

    21. 22.

    23. 24. 25. 26. 27. b.i.

    l.

    2.

    §1, 1-2: Il modulo iniziale è quello tipico della tradizione epistolografica mesopotamica, come mostra l'abbondante presenza di accadogrammi. Il modulo comprende: (1) il nome del destinatario (in questo caso dlJTU51 = accad. SAMSi 'il mio Sole' = 'Sua Maestà', seguito dall'apposizione BELI=YA 'mio signore') preceduto dalla preposizione accadica ANA; (2) il verbo accad. Q/Bi=MA (imperativo II sg. di QABO 'parlare'); (3) l'avverbio accadico UMMA 'così' (che sottintende una forma verbale come 'parla' o 'dice') seguito dal nome del mittente (qui Adad-beli) e dall'apposizione ARAD=lV'l=MA 'tuo servo', che indica che il mittente ha un rango inferiore a quello del destinatario. §2, 3: la particella kti.fa indica che l'azione si svolge presso il parlante (nella traduzione si può rendere con 'qui'). Sul piano temporale, conferisce al preterito zdif un valore perfettivo compiuto (v. Gr 7.1.6 e 9.2).

    4: il verbo zai- significa 'attraversare, oltrepassare': va sottinteso 'il confine'. 5: il termine latti- indica un contingente militare. §3, 8-14: il paragrafo contiene due proposizioni condizionali introdotte da mdn 'se': (1) n=ai=kan mdn /NA KUR llUR.SAGSakaddunuwa parean paizzi; (2) mdn EGIR-pa kuwatga wahnuzi. La frase che segue - n=ai=kan KUR-ya anda 11ezzi - si può intendere in due modi: o come apodosi del periodo ipotetico contenuto alle righe precedenti, 150

    Cr4 Lettere oppure come frase coordinata alla seconda condizionale con man (e quindi anch'essa dipendente da man). In questo secondo caso, l'apodosi del periodo ipotetico sarebbe costituita dalla frase nu=ifi EGIR-an nawi kuitki tekkuJJiyakzi. Si noti l'uso regolare di nawi 'non ancorà con il presente indicativo, che nella traduzione italiana va reso con un passato, 'non ha ancora mostrato' (v. Gr 7. 1.3).

    §4, 15: La particella man (da non confondere con man, con vocale lunga) conferisce all'enunciato una sfumatura eventuale o desiderativa, 'se inviassi' o 'se potessi inviare' (v. Gr 7.1.2). Il sostantivo accadico BELU significa 'signore', ma qui vale piuttosto 'comandante'.

    16: il verbo nai- significa 'volgere, volgersi', ma con il preverbo para assume il valore di 'inviare'. 17: KUR-i = utni, che in questo contesto è da intendere come accusativo singolare (normalmente utne). §5, 18: da segmentare come ammug=a=kan, dove la congiunzione -a ha valore contrastivo, 'quanto a me'. 19: SA KASKAL GfD.DA Lù.MESNf.ZUTIM ='esploratoria lungo raggio', letteralmente 'esploratori (LOtE>Nf.zurrM, con complementazione fonetica accadica) della strada (SA KASKAL) lunga (GfD.DA)'. Va inteso come complemento oggetto dipendente da peiikemi. 21: I.:infìnito iaianna (da ief- 'dormire, passare la notte') è retto dapeilkemi, forma imperfettiva a suffisso -ike- (con valore progressivo) del verbo peiya- 'inviare'. 23-24: HUR.SAG-ai=wa ... parkuif: si tratta di una frase nominale, che rappresenta le parole degli esploratori. 26: GU., 111 -' UDUHU: sono da intendere come accusativi plurali.

    27: tariikkemi è la forma imperfettiva a suffisso -Jke- del verbo tarna- 'lasciare'.

    b.i., 2: QATAMMA [i]dk, lett. 'Sappi in questo modo!'. Si può intendere: 'Sappi (che le cose scanno) così!'.

    Cr4b

    Una lettera della regina Puduhepa (CTH 180)

    (KUB 23.85 Vd 3'-14')

    Il testo che qui si presenta è un postscriptum, cioè una nota riportata in calce a un'altra lettera, sfortunatamente non conservata: all'inizio della tavoletta, infatti, si leggono solo due righe frammentarie di quello che doveva essere il messaggio principale, quasi certamente inviato dal sovrano ittita (segue quindi il postscriptum, dopo un ampio paragrafo lasciato in bianco).

    151

    Il destinatario di questa lettera, Tattamaru, è un personaggio di alto rango attivo durante il regno di Hattusili III e Tuthaliya IY, cosa che permette di identificare la regina autrice del postscriptum con Puduhepa, la sposa di Hattusili III. Il contenuto del messaggio non è del tutto chiaro, anche a causa della frammentarietà del testo. Si evince che Tattamaru era sposato con la defunta nipote di Puduhepa e viene accusato dalla regina di aver rinnegato la propria parentela con lei dopo la morte della moglie. Non sappiamo con esattezza cosa abbia fatto Tattamaru - potrebbe, per esempio, essersi macchiato di qualche reato che ha leso all'immagine della famiglia reale - ma sembra difficile che si sia trattato di un esplicito disconoscimento dei rapporti di parentela con la regina.

    Vo1 §1.

    3'. 4'.

    UM-MA MUNUS.LUGAL-MA A-NA mTa-at-ta-ma-ru Qi-BI-MA

    [z]i-ik-za mTa-at-ta-ma-ne-ui DUMU.MUNUS NIN-YA DAM-an-ni da-a-an [ha]r-t[a] 6'. [ n] u-ut-ta dGul-ia-ai HUL-ah-da na-ai-tdk-kdn BA. 7'. [kii-a] n-ma ku-wa-at me-ma-an-zi ak-kdn-ta-ai-wa Lù HA-TÀ-NU 8'. [s]11-wa-ru-pdt Lù HA-TA-NU zi-ik-ma-m11-za Lù HA-TA-NU e-ei-ta 9'. [am]-m[e-e]l-ma-za :p11r-pur-ri-ya-ma-an 0-UL ia-ak-ti 10'. [... ]x-x-x rU-UL ku-in-ki ia-ak-ti am-me-el-ma-ai-ma-ai 11 '. [... ]x-x-te LOMES ÉRJNMES EGIR-zi-ii-Ja 12'. [... -]x-ma-mu-za LùHA-TA-NI-YA e-ei-ta 13'. [... ]x-x-x-x-Ja U 4• l KAM.ya 14' [ ... ]X X X X (la tavoletta si interrompe quz)

    §2.

    5'.

    Os

    §1, 3'-4': per l'intestazione della lettera si veda il commento al brano precedente. §2, 5': DAM-anni da- significa 'prendere in sposa' (DAM-anni è il dativo singolare del nome astratto DAM-atar, la cui lettura ittita non è nota). 6': dGu!Jai è un nominativo singolare, ma di solito i testi ittiti parlano di dGu/Jei, al plurale. Si tratta delle dee del fato, corrispondenti alle Parche del mondo greco. Secondo alcuni studiosi, il segno GUL sarebbe da intendere come sumerogramma: il nome andrebbe dunque trascritto dGUL-Ja-, la cui lettura ittita sarebbe d[(uwania-. HULahda = idalawahda. La sequenza na-ai-tdk-kdn si analizza come n=ai=ta=kkan, dove il pronome enclitico -ta è un dativo etico.

    7': il verbo memanzi 'dicono' si può rendere in forma impersonale, 'si dice' (v. Gr 7.1.3). Il discorso diretto che introduce (segnalato chiaramente dalla particella -wa) era con tutta probabilità un proverbio. Il participio akkantai è in caso genitivo singolare e determina LOHATANU. Quest'ultimo termine accadico indica un parente acquisito

    152

    Cr4 Lettere in seguito a un matrimonio (il genero o il cognato), ma qui lo si può anche rendere semplicemente con 'parente'. 8': Juwaru è un avverbio, 'pienamente', 'a tutti gli effetti'. Il proverbio è espresso da una frase nominale, nella quale si può sottintendere il verbo 'essere' o 'restare': 'il parente di un defunto (è/resta) davvero a tutti gli effetti un parente'. 9': :purpurriyaman è un nome luvio il cui significato è, probabilmente, 'legame', che qui va inteso come 'vincolo di parentela'. Il verbo Jak- 'sapere' si può rendere qui e al rigo successivo con 'riconoscere'. 11': EGlR-zi-iJ-Ja = iippezziII=a 'anche gli ultimi'.

    153

    Cr5

    Testi mitologici

    Numerose tavolette rinvenute negli archivi di Bogazkoy contengono narrazioni di carattere mitologico, che hanno per protagoniste le divinità del pantheon ittita. Tali racconti non erano fine a sé stessi, ma potevano avere un valore fondativo per lo svolgimento di determinati rituali o rappresentare l'antefatto mitico di una vicenda storica. In passato, si era soliti suddividere i miti ittiti in miti di origine anatolica, comprendenti quelle narrazioni mitologiche prodotte localmente in Anatolia, per lo più legate al mondo hattico, e miti di origine straniera, che includono il patrimonio mitologico di origine mesopotamica (sumerica e accadica), siriana e hurrica. Una tale bipartizione, tuttavia, risulta artificiale e inadeguata, e sminuisce ingiustamente il ruolo svolto dagli Ittiti nella raccolta e trasmissione di tale patrimonio mitologico. Se infatti è vero che molti dei nuclei narrativi che troviamo in queste composizioni mitologiche avevano origine non ittita, è anche vero che la cultura ittita ha rappresentato un importante fìltro, che ha selezionato, mescolato e rielaborato in maniera del tutto originale questi materiali, dando vita a qualcosa di veramente nuovo.

    Cr Sa Dal mito di Illuyanka (CTH 321) (A: KBo 3.7 I 9-29; B: KUB 17.5 I 6'-18') Il racconto dello scontro tra il dio della tempesta e il serpente (~ 1r..;'ill11yrmkn- in ittita) veniva narrato, scando al proemio del testo, in occasione della festa del p11mlli-, un'importante festa celebrata probabilmente in primavera fin dall'epoca amico-ittita. Il mito è tramandato in due diverse versioni, accompagnate da una sezione rituale. Entrambe le versioni iniziano con la sconfitta del dio della tempesta da parte del serpente. Il brano che si riporta qui di seguito è tratto dalla prima versione del mito, nella quale si descrive il piano architettato dalla dea lnara con l'aiuto di un umano, Hupasiya, finalizzato a rendere inoffensivo il serpente e consentire così al dio della tempesta di sconfiggerlo. Ro col. I §3. 9. 10.

    ma-a-an dlSKUR-ai MUSj/.rlu 1 -ya-an-ka-ai-Ja 1-NA URUKi-iJ-ki-lu-uJ-Ja ar-ga-tP i-e1 -er

    Cr5 Testi mitologici 11.

    nu-za MU~il-lu-ya-an-ka-aidISKUR-an [(tar-u)]h-ta

    §4.

    12. 13. 14.

    dJSKUR«-ai»-ta-ai-Ia DINGIRMES_na-ai hu-u-ma-a[n-d(u-u)]I mu-u-ga-et an-da-ma-pa ti-i-ya-[a]t-te-en nu-za dJ-na-ra-af EZEN4-an i-e-et

    §5.

    15. 16. 17. 18.

    me hu-11-ma-an me-ek-ki ha-an-da-et

    'G ESTIN1-aJ DUGpal-hi mar-nu-wa-[a] n-da-af DUGpal-hi [wa-a] l-hi-ya-af DUGpal-hi [nz, DU]G 'pal-ha'-al a[n-d]a-an i-ya-a-da! 1i'-[e-et]

    §6.

    19. 20.

    nu 1' 11 [I-na-ra-af I-NAURU Zji-ig-ga-ra-at-ta pa-it m, "'Hu-11-'pa-Ii-ya'-an LlJ.U 19.LU u-e-mi-et

    §7.

    21. 22. 23.

    UM-MA dI-na-ar "'Hu-u-pa-Ii-ya ka-a-Ia-wa ki-i-ya ki-i-ya ztt-tar i-ya-mi n11-wa-m11-11i-ia-an zi-ik-ka4 har-ap-h11-ut

    §8.

    24. 25. 26.

    UM-1vfA "'Hu-11-pa-ii-yaA-NA dJ-na-ar ma-a-wa kat-ti-ti ie-ef-m[i] [n]u-'wa 1 11-wa-mi kar-di-ai-ta-ai i-ya-mi [n(a)-af (kat-t)]i-ii Ie-ei-ta

    §9.

    27. 28. 29. 6'.

    nu '' 11-na-ra'-ai "'Hu-' u1 -p[a-ii-ya-an p(é-e-h)]tt-' te'-[(e)]t 'na'-[an mu-u-zm-n)a-'it' [(dJ-na-ra-af-ia-az)) '1i'-[(nu-11t-ta-at na-ai-ta MUSi/-lu-ya-an-k)a-an] 'ha' -an-te-ei-na-az ia-ra-a kal-li-ii-ta ka-a-ia-wa EZENçan i-ya-mi 'nu-wa' a-da-an-na a-ku-wa-an-na e-hu

    T. 8'.

    IO'. 11'. 12'.

    na-af-ta ~Mi/-lu-'ya1-an-ka-a1 QA-DU [DUMUMES_SU] 'Ja'-ra-a 1i-e-er nu-za e-te-er e-k11-e[r] [(n))a-aP ta DUG'pal-ha-an hu-11-ma-an-'da1 -an e-k[u-er] [(n))e-za I ni1 -in-ke-e-er

    §11.

    13'. 14'. 15'. 16'.

    [(n))e nam-ma ha-at-te-ei-na-ai kat-ta-an-d[a) 'nu'-11-ma-a-an pa-a-an-zi '"Hu-u-pa-ii-ya-a1-s1(a 11-et)) nu MuS;f-/11-ya-an-ka-an iJ-hi-ma-a[(n-ta)] ka-le-e-li-e-et

    §12.

    17'. 18'

    dJSKUR-aJ u- 1et' nz1-ktin MuS;f-lu-y[(a-a)n-k(a-an)] ku-en-ta DINGIRMF.S_Ja kat-ti-il-ii e-ie-er

    §10.

    9'.

    155

    Cmtomazia §3, 9: dJSKUR è grafia logografìca per Tarh1mta-, il nome del dio della tempesta. MuS;/_ rtu1 -ya-an-ka-ai-!a = MUS;lluyankai!=a. Jlluyanka- non è un nome proprio, ma un nome comune che significava 'serpente' (generalmente presenta il determinativo MUS) ed è forse composto dagli stessi elementi che si trovano nella parola latina anguilla (ma in ordine invertito).

    11: tar-uh-ta è una forma del verbo tai·h- 'vincere, sconfiggere', da cui deriva anche il nome del dio della tempesta, Tarhunta. §4, 12: DINGIRMES_na-ai = iiunai, accusativo plurale. 13: an-da-ma-pa ti-i-ya-[a]t-te-en = anda=ma=pa tiyatten. Si tratta di un discorso diretto (nonostante manchi la particella -wa) che contiene la richiesta d'aiuto fatta dal dio della tempesta. Il verbo tiyatten è un imperativo. §5, 15: l'aggettivo mekki 'molto', 'grande' ha qui valore avverbiale, 'in abbondanza'. 16-18: DUGpalhi- è il nome di un recipiente (si può tradurre genericamente 'vaso') e i genitivi che lo precedono indicano delle bevande: GESTIN è il vino, mencre ci sfugge l'esatto significato di marnuwant- e di walhi-. La frase DUGpalhni nndnn iytida iet significa letteralmente 'e dentro i vasi (dat.pl.) fece l'abbondanza', che potremmo rendere con 'riempì i vasi fino all'orlo'. §6, 20: LU.U 19.LU è apposizione di mH,ipniiyan. §7, 21-22: la dea lnara spiega il suo piano a Hupasiya. La frase ktiin=wn ki=yn ki=J'tl uttar iyami si può rendere con 'ora sto per fare questo e quesr'alrro fatto' (si noti l'uso di kiiia con il presente).

    23: haraphutè la seconda persona singolare dell'imperativo medio del verbo hnrp-, che al medio vale 'unirsi a', 'prendere le parti di' e regge qui il pronome enclitico di prima persona -mu. §8, 25-26: ma-a-wn è una variante per mtin=wa; kat-ti-ti = kntti=ti 'insieme a re' (e, al rigo successivo, kat-ti-ii = kntti=ii 'insieme a lei'; v. Gr 8.6.2). La frase 1m=1un 11wami kardiai=tai iyami contiene una costruzione fraseologica con il verbo uwn- 'venire' (v. Gr 7.6.3). I.:espressione kardiai=tfli iynmi significa letteralmente 'farò (ciò che è) del tuo cuore (gen.sg.)', vale a dire 'esaudirò il ruo desiderio'. §9, 28: dJ-na-ra-ni-ia-az = d[naraii=(a)z, dove -z è la particella "riflessiva" -z(a).

    29: unuttat è una forma media. 6': hanteinaz è l'ablativo del nome hanteiiar (un rema eteroclito in -rin-), variance di hatteiiar (cfr. il rigo 13'), derivato dal verbo hatt- 'bucare'. 7': anche qui si noti l'uso di kiiia con il presente con funzione progressiva (v. Gr 7.1.6). 8': adnnna e akuwanna sono due infiniti dipendenti da ehu, qui usato come imperativo del verbo ue-1 uwa- 'venire'. §10, 9': QADU è una preposizione accadica che significa 'con', 'insieme a'. 156

    Cr5 Testi mitologici

    12': ne-Zll = n(u) =e=za. §11, 13': ne= n(11)=e. §12, 13': hattefnaf è un genitivo singolare recco da kattanda. 14': la negazione mimtin indica un desiderio negacivo del soggecco della frase (numdn ptinzi = 'non volevano andare'). 15': ifhimantn è lo scrumencale del nome ifhiman(a)- 'cordà.

    Dal mito di Telipinu (CTH 324)

    Cr5b

    (KUB 17.10+ I 5'-31')

    Il mica di Telipinu fa parte del gruppo delle narrazioni micologiche relative alla scomparsa di una divinità e al suo successivo ritrovamenco. Il mito inizia con Telipinu che, adirato per ragioni non precisate, se ne va e si nasconde. La scomparsa della divinità provoca una sowersione dell'ordine naturale, chiaramence illustrata nei primi paragrafi del brano riportato. Per poter ripristinare l'ordine, si rende necessario ritrovare la divinità e pacificarla: varie encità, anche divine, incraprendono quindi la ricerca di Telipinu, ma senza successo. Benché la sezione finale della ricerca del dio sia perduta, sulla base di altre versioni del mito sappiamo che a riuscire nell'impresa sarà infine un'ape. Segue quindi il rituale di pacificazione della divinità, con il conseguente ripristino dell'ordine. Roco!. I

    §4.

    5'. 6',

    7'. 8'.

    9'. §5.

    I O'. 11 '.

    12'. 13'.

    14'. 15'.

    c, 1'[u-11t-ta-a-uf kam-ma-ra-a-af IS-BAT É-er r ttih-hu-if' [ti-i-s1 u_r ri-ya-

    ta'-ti 'l'-NA GUNNl-ma kal-mi-i-Ie-ni-if ti-i-iu-11-ri-ya-an-ta-t[i ... ] DING[RMES ti-i-Iu-u-ri-ya-an-ta-ti 1-NATÙR an-da UDUHI.A KI.MIN 1-NA 'É.GU.j 1 a11-da-an GU./'u 1i-i-fu-u-ri-ya-an-ta-ti UDU-ui-za SILA.i-SO mi-imma-af GU,-ma AMAR-SU mi-im-ma-af Te-li-pi-nu-ia •ras.• ar-ha i-ya-an-ni-if hal-ki-in dim-mar-ni-•ras.* -in Ja-al-hi-an-ti-en ma-an-ni-it-ti-en iI-pi-ya-tar-ra pé-e-da-af gi-im-ri '1i 1 -e-el-l11-i mar-mar-a! an-da-an d Te-li-pi-nu-Ia pa-it mar-mar-ri anda-an 1i-li-ii-ta Ie-e-m-af-Ie-if-Ia-an ha-le-en-zu h11-11Ja-i-if m, nam-ma hal-ki-i!ZfZ-tnr 0-UL ma-a-i nu-za nam-ma GU/ 1"' UDUHI.A DUMU.LU.U, 9 .LUMES 0-UL • ar-ma-ah-ha-an-zi ar-ma-11-11Ja-an-te-Ia ku-i-ei mt-Zll a-pé-ya U-UL ha-af-Ia-an-zi

    .i

    157

    Cresto'ITIIIZÌIJ

    §6.

    16'. 17'. 18'. 19'.

    [HU]R.SAG 01 ou.HI.A ha-a-te-er GISHI.A_ru ha-a-az'-ta na-a!-ta pdr-aidu-ui 0-UL ru1 -e-ez-zi ,,-e-la-e-e! ha-a-te-er TULHl.A ha-a-az-ta nu KUR-ya an-daan [k]a-a-a!-za ki-i-!a-ti DUMU.LU.U 19.LUMES DINGIRMr~-e! '-!a ki-i!ta-an-ti-it har-ki-ya-an-zi GAL-i!-za dUTU-1d EZENçnn i-e-et m,-za 1 LI-IM DINGIRMES halza-i-i! e-te-er

    §7.

    20'.

    ne 0-UL i!-pi-i-e-er e-ku-i-e-er-mn ne-za 0-UL ha-a!-J[i-i]k-ke-er

    21 '.

    nu-za dISKUR-a! dr Te' -li-pi-nu-un DUMU-5 U knp-p11-11-e-et J Te-li-pinu-1ti-wa [DU]MU-YA an-da-an NU.GAL Ja-a-i-it-wa-ra-nJ-za nu-wa- 1az' hu11-ma-an a-nJ-Ju pé-e-ta-nJ [DIN]GIRMES GAL.GAL DINGIRMES TUR "Te-li-pi-1111-1111 Ja-an-hii!-ke-u-wa-an da-i-er JUTU-11! 1ha1 -a-ra-na-an~IUSEN le-e-li-wa-nn-da-an 15-PUR i-it-wn-m-aI-tn pdrgn-mu-ui HUR.SAGDIDLI.HI.A In-a-ah

    22'. 23'. 24'. 25'. §8.

    26'. 27'.

    ha1 -a-ri-i-ui-kdn hal-lu-[(w)]a- 1mu 1 -ui ia-11-ah h11-wa-a11-h11-eJ-Jm·kdn ku-wa-a-li-u Ja-a-ah 1ha1 -a-ra-ns"'AUSfN pa-it [(n)]a-nn 0-UL u-e-mi-ya-at 1111 EGIR-pn 1

    dUTU-i ha1 -/u-kdn pé-e-da-a! 0-UL-wn-m-an 11-e-mi-ya-1111-1111 "Te-li-pi-1111-1111

    28'.

    1

    29'.

    rna1 -nk-ki-in DINGIRLAM dISKUR-nJJNIN.TU-ni te-e-et mn-a-nh-hn-

    30'.

    an i-ya-u-e-ni 1ki1 -ii-ta-an-ti-it hnr-ku-e-ni DINGIR.MAH dISKUR-ni te-et i-ya kuit-ki

    31 '.

    1

    dISKUR1 -nJ nu i-itdTe-/i-pi-1111-un zi-ki-/a Ia-nn-ha

    §4, 5': La frase É-er tuhhuii wiiuriytati pone qualche difficoltà, perché il verbo wiiuriye'soffocare' ha, al medio, valore intransitivo (come nelle righe successive), menrre qui bisognerebbe supporre un valore transitivo: 'il fumo soffocò la casa'. Per ovviare a cale problema, si potrebbe considerare É-er (ice. *per) un locativo adesinenziale, recuperando una frase - 'in casa, il fumo soffocò' - perfettamente parallela a quelle che seguono, tutte inizianti con un locativo. Tuttavia, anche cale soluzione presenta dei problemi: infatti, al di là di una cerca difficoltà sul piano semantico, che la frase possa essere legata a quella precedente (GIS/uttiiui kammariii ISBA1) piuttosto che a quelle successive sembrerebbe garantito da un parallelo poco più avanti nel testo. Infatti, quando il dio Telipinu torna a casa e l'ordine viene ristabilito, si legge GIS/uttai kammarni tarnai É-er tuhhui! tarnai, 'la nebbia lasciò la finestra, il fumo lasciò la casa'.

    158

    Cr5 Testi mitologici 6': sulla base di alcuni passi paralleli, nella lacuna alla fine del rigo si può forse integrare iJtananaI anda, 'sugli altari'. 7': KI.MIN corrisponde al nostro 'idem': veniva usato per indicare la ripetizione di qualcosa detto in precedenza (in questo caso, il verbo wiiuriyantati).

    §5, 1O' -12': tra le cose che Telipinu ha portato via con sé, molte hanno nomi di origine luvia: immarni- 'fertilità' (qui divinizzata), Ialhianti- 'crescita', mannitti-, dal significato ignoto (indica, evidentemente, qualcosa di positivo). Iipiyatar è il sostantivo verbale del verbo iipai-liipiye- 'saziarsi'; significa dunque 'sazietà'. Gimri wellui marmarai andan, sebbene seguano il verbo pedai, si riferiscono probabilmente ad esso: rappresenterebbero infatti i luoghi nei quali Telipinu ha portato ciò che viene elencato prima. Il sostantivo marmar(r)a- 'palude', il cui genere è sconosciuto, deriva dalla stessa radice indoeuropea del latino - e quindi italiano - mare.

    12'-13': nella frase "Telipinui=a pait marmarri andan uliita, il verbo pai- ha funzione fraseologica (v. Gr 7.6.3). La sequenza ie-e-ra-ai-Ie-ii-ia-an si analizza come Jer=t1=Iie=Ji11n, 'e sopra di lui'. Il verbo huwai-l huiya-, lett. 'correre', si può rendere qui con 'crescere rapidamente'. Nelle frasi negative che seguono, namma si può rendere con '(non) ... più'. 14': ZfZ-tnr corrisponde probabilmente all'itt. hattar. 15': 11r11111hh-, 'restare incinta', è il fattitivo a suffisso -ahh- del verbo armai-, 'essere incinta'. il cui participio è attestato subito dopo. La sequenza a-pé-ya si analizza come ape=;•n, dove il pronome ape riprende il nome che funge da punto di attacco della frase relativa precedente.

    §6, 16': hnter e hazta sono rispettivamente il preterito III plurale e il preterito III singolare (con desinenza -sta) del verbo hat- 'inaridire', 'seccarsi'. Si noti il nome neutro plurale G[SI-IIA_rn (itt. taru) in accordo con un verbo al singolare. 17': uezzi, !etc, 'viene', si può rendere qui con 'spunta'. Wésaei è il nominativo plurale del sostantivo weii-. 18': kdiza, ossia [kastsl, è il nominativo singolare del sostantivo kait-1 kilt-. Dallo stesso tema deriva anche il sostantivo knitant-1 kiitant-, attestato poco pit1 avanti al caso strumentale. 20': ne= n=e 'ed essi'. §7, 21': il verbo kappuwai- si deve probabilmente rendere qui con 'preoccuparsi'. 22': Ia-a-i-it-wn-ra-ni-za = idit=war=ai=za.

    23': il sumerico poteva esprimere il plurale mediante la reduplicazione di un nome o di un aggettivo; quindi, GAL.GAL è il plurale di GAL 'grande'. Sanhiikeuwan dnierè una perifrasi ingressiva, 'iniziarono a cercare' (v. Gr 7.2.2).

    159

    Cmtomazill

    24'-25': nella frase it=war=nlta pargam11J HUR.SAG 01 DLI.HI.A iiih, la forma imperativa it ha funzione fraseologica, 'va a esplorare ... !' (v. Gr 7.6.3). Pargamui è l'accusativo plurale dell'aggettivo park11- 'alto'. §8, 28'-29': 0-UL-wa-ra-an = ÙL=wt1r=a11. dTe/ipmm nakkin DINGIRLAM è l'oggetto dislocato a destra del verbo wemiyt111u11, anticipato dal pronome enclitico -an (v. Gr 11.2.1). 29': dNJN.TU-ni = itt. Han11ahan11i, in caso dativo (la stessa divinità compare anche al rigo successivo, nella grafia DINGIR.MAH). La frase mtihhan iyaweni va intesa come interrogativa: 'come faremo?'.

    31': dJSKUR-nJ è un nominativo con funzione di vocativo. Anche in questa frase, l'imperativo it ha funzione fraseologica: it ... ianha 'va' a cercare!'.

    160

    Cr6

    Preghiere

    Il termine più comune con cui gli Ittiti designavano la preghiera era il sostantivo verbale arkuwar, che vari scudi hanno mostrato essere un termine giuridico, che indicava la presentazione di un caso davanti alla corte, per lo più in forma di supplica o difesa contro un'accusa (il verbo ittita arkuwai- è infatti etimologicamente connesso con il verbo latino arguo). In effetti, gli Ittiti concepivano la preghiera non come un inno di lode alla divinità (benché diverse preghiere si aprano con una sezione innodica, di tradizione mesopotamica), ma proprio come un processo di fronte a una corte divina, nel quale il singolo individuo (generalmente il sovrano), che rappresentava l'imputato, era chiamato a confessare i suoi reati ai danni della divinità offesa, che rappresentava l'accusa, di fronte all'assemblea degli dei, spesso per mezzo di un intermediario divino, che faceva le veci dell'avvocato. Oltre all'eventuale inno introduttivo e alla supplica alla divinità, le preghiere comprendevano anche l'invocazione della divinità tramite offerte (che veniva designata con tre verbi sinonimici, mugai-, talliye- e farti huittiye-) e una specifica richiesta alla divinità (itt. wekuwar). Ovviamente, per poter rimediare alle violazioni commesse contro la divinità, confessare i propri peccati non era sufficiente, ma bisognava anche eseguire delle cerimonie rituali per la divinità offesa. Pertanto, dobbiamo immaginare che le preghiere fossero recitate pubblicamente (come sembrerebbe evincersi da alcuni indizi presenti nei testi) all'interno di una più ampia cornice rituale, benché raramente si trovi, in questi testi, una descrizione della cerimonia.

    Da una preghiera di Mursili II relativa alla peste (CTH 378) (KUB 14.8 Va 10'-36') Durante il regno di Suppiluliuma I, una terribile pestilenza (itt. henkan) scoppiò nel paese di Hatti, portata dai prigionieri di guerra egiziani catturati ad Amqa, nel corso delle campagne del sovrano ittita contro l'Egitto. La pestilenza durò più di vent'anni e fece moltissime vittime, anche a corte, tra le quali lo stesso Suppiluliuma e suo figlio e successore Arnuwanda. Dopo la morte di Arnuwanda, mentre la pestilenza era ancora in corso, salì al trono un altro figlio di Suppiluliuma, Mursili, che fece di tutto per

    Cmtomazia placare l'ira delle divinità e liberare il paese dalla malattia. Al di là infatti della causa materiale dello scoppio dell'epidemia, che pure viene riconosciuta, la motivazione ultima dei mali che affliggevano il paese non poteva che essere, secondo la concezione del mondo irrita, l'ira della divinità, provocata da una qualche colpa attribuibile al sovrano. Dunque, per poter liberare il paese dalla pestilenza, era necessario innanzitutto individuare la natura esatta di questa colpa e porvi rimedio. Attraverso una lunga indagine oracolare e una ricerca negli archivi della capitale, Mursili riesce ad individuare due possibili cause dell'ira divina, imputabili a Suppiluliuma I, ossia la mancata celebrazione del rituale per il fiume Mala e la violazione del trattato di Kurustama, che regolava i rapporti tra il paese di Harri e l'Egitto. Tutte queste informazioni sono contenute nella cosiddetta "secondà' preghiera di Mursili II relativa alla pestilenza, di cui presentiamo qui solo un breve estratto. Questa preghiera fa parte di un gruppo di cinque diverse preghiere del sovrano che trattano la stessa tematica e che testimoniano quanto il problema fosse grave e richiedesse continui appelli alla divinità da parre di Mursili. Nella sezione che presentiamo, Mursili, pur ammettendo le colpe di suo padre Suppiluliuma, ribadisce con forza la sua innocenza e chiede pietà alla divinità.

    Vo §11.

    10'. 11'.

    12'.

    13'. 14'. 15'. 16'. 17'. 18'.

    19'.

    §12.

    20'. 21'.

    162

    dJSKUR uRuHa-a[(t-ti DINGIRMES BE)]-Ll.JMES_yA ki-ik-ki-ii-ta-a-r[(i QA-TAM-M)]A wa-ai-te-ei-kdn-zi m1A-BU-YA-y[(a wa-ai-t)]a- 1al' 1mt 1-[(kdn .)J]A '1ISKUR lJRllHa-at-ti EN-.Y[(A me-m)]i-ya-an za-a-i-ii am-mu-uk-ma 10-UD ku-it- 1ki1 [(wt1)]-t1i-da-ah-'h11-11n 1 nu ki-ik-kii[(i-t)]a-a-1ri1 QA-TAM-MA SA A-BU-SU-kdn 1wa1-ai-tti!A-NA DUMU-SO 1t1 1-1·i 11[(11-ka")]n mnm11-uq-qa S[(A)] A-Bl-YA wt1-ai-t1U a-ar-ai na-at-za-kdn ka-a-ia A-NA dl0 URur Ha 1-a[t-(t)Ji EN-YA Ù 1A1[(N)]A DINGIRMES BE-lfP1ES-YA pé-m-an Itar1-na-an I httr1-mi e-ei-zi-ya-at I i 1-[ (y) Ja-11-e-na-at n[(u-z)]a-kdn SA A-Bl-YA ku-it wa-ai-tiU tar-na-an bar-mi nuA- 1NA 1 dl0 URUHa-at-ti EN-YA I Ù A 1 -NA DINGIRMES 1BE'-LfP1ES-YA Zl-an-za nam-ma wa-ar-ii-ya-ad-du nu-mu ge-en-zu nam-ma da-a-at-tén 1111-kdn IS-TU KUR uRu Ha-at-ti [(h)Ji-in-kdn ar-ha nam-ma u-Pya1-at-tén nu-kdn ke-e-ui ku-i-e-ei LO.Mf..SNINDA.GUR.i.RA- 1/IS~ LO.ME!.ii-pa-an-tu-uz-zi-ya- 1li1-ui te-e-pa-11-e-ei a-ai-ia-mz-te-ei na-atr mu 1 [(le-e ak-ka)]-an-zi nu-r,a ka-a-ia A-NA dJSKUR EN-YA hi-i[(n-g)Ja-ni ie-er ar-ku-u-waar e-ei-ia-ah-h[ (t)] nu-mu d 10 URU Ha-at-ti EN-YA ii-ta- 1ma 1 -ai nu-mu bu-ii-m1-11t n11-11ttd[k-k)dn .1 ki1-[ii-ia-an ... ]

    Cr6 Preghiere 22'. 23'.

    24 '. 25'.

    26'.

    27'. 28'. 29'.

    30'.

    3 I'. 32'. 33'. 34 '. 35'. 36'.

    MUSEN-ii-za-ktin GIStnp-ta-ap-pa-an EGIR-pa e-ep-zi na-an GIStap-ta,np-pa'-ai bu- 1u1 -[iI-nu-zi] nn-ai-ma ma-a-nn A-NA ARAD 71 ku-e-da- 1ni1-ik-ki ku-it-ki na-a[k],ki'-ya-ah-ha-a[n] nu-za A-NA EN-SU ar-ku-wa-ar i-ya-az-'zi1 na-an EN-SU ii-' ta'-maai-zi m,-' ui-ii ge1 -[en-zu ... ] ku-it na-ak-ki-yn-ah-hn-an na-at-ii 'SIG 5'-ah-zi na-ai-ma ma-a-an A-NA ARAD 71 k11-e-da-'ni-ik-ki1 wn-ai-t1il wa-ai-tul-ma-az-za-kdn A-NA PA-NI E[N-SJ U tar-na-a-i na-nn EN-SU ku-it n-pi-yn i-e-ez-zi nn-nn i-e-ez-zi wa-ai-tul-ma-za-k[dn] 'A'-[N]A PA-NIEN-SU ku-it tar-nn-a-i 1111 A-NA EN-SUZI-an-za wa-ar-ii-ya-az-z[i nu EN]-SU a-pu-u-un AR.AD'°n EGIR-pa 0-UL kap-pu-u-ez-zi [n]m-mu-uk-za-kdn SA A-Bl-YA wa-ai-tul 'tar-na1-(ah-hu-un] 1a1-iaa-nn-nt i-ya-m,-na-at [mn-n-a]n inr-ni-ik-ze-el ku-ii nu a-pé-[e-ez hi-in-ga]-na-az ka-ru-1i-ya ku-it me-ek-ki [... ]x x[ ... ]x !S-TUKUR ruRu 1Mi-iz-ri ku-in rLO.MES 1[SU].DAB u-wate-,·r NA.M.RA 111 "-ya ku-in [... EG IR-p ]a-ma ku-[i] t URuHn-at-t11-in-ai h[i-i] n-ga-na-az inr-ni-ikta nn-nt 20-nn-ki [U-UL k]n-'ru-1i n1 -pé-e-ni-iI-in-an ki-in-ri n[u] 'A'-NA dJSKUR L "'- Hn-nt-ti EN-YA [Ù A-N]A DINGIR~IF..S BE-LU-1ES-YA Zl-an-za 0-UL-pdt wn-'ar1-Iiya-nt-tn-ri na-ai-mn-kdn ma-n-nn [mn-m]11-11k-mn ku-it-ki inr-ni-ik-ze-el hn-nn-ti ii-hi-yn-at-te-ni [nn-n] t-mu te-ei-hn-nz me-mi-ei-tén m1-1ti-mn-in-at pé-eh-hi

    § 11, 10': "ISKUR URUHatti e DINGIRMES BEL[JMES=YA hanno funzione di vocativo.

    Le forme impcrfcrrive kikkiitnri e waiteiknnzi hanno probabilmente valore abituale: 'succede sempre così: si pecca'.

    11 ': il verbo zai- 'oltrepassare' significa qui 'trasgredire'.

    13': nella traduzione, si può omettere il pronome possessivo accadico in ABU=SU=kdn. Il verbo nr- 'giungere' si può rendere con 'ricadere'.

    SA

    14': il pronome enclitico -at si riferisce a waitul. 15': il verbo tnmn- 'lasciare' significa qui e al rigo successivo 'confessare'. La frase eizi=yn=nt significa letteralmente 'e ciò è'; si può rendere con 'ed è così' oppure 'le cose scanno così'. La forma kuit vale qui 'poiché'.

    16': ZI-nnza (= irr. iitnnza) è una forma inusuale di nominativo singolare della parola iitanza(n)- 'anima', il cui nominativo è solitamente iitnnzai. 163

    CrestomllZÙI

    17': la parolagmzu indica una parte del corpo, probabilmente l'addome, ma l'espressione genz11 da- ha il significato idiomatico di 'avere pietà'.

    18'-19': le varie forme con desinenza -ul ed -eJ che si incontrano nella frase relativa sono da intendere come nominativi plurali. La forma tiJJanteJ è il participio in caso nominativo plurale del verbo eJ-laJ- 'essere'. Nella frase principale, si noti il dativo etico -mu, che indica il coinvolgimento emotivo del sovrano rispetto alla circostanza descritta. §12, 20': nel sintagma hingani Jer, Jer significa 'riguardo a'. l.:espressione m·ki,war iye-1 ella- significa 'fare una supplica'. 21': iltamai e b11iJn11t sono due imperativi; nu-ut-td[k-k]dn = nu=tta=kkan. 22': lippa epp- significa 'ritirarsi' e regge l'accusativo di direzione c.,staptappan. 23': nakkiyahhan è il participio neutro in caso nominativo singolare (il soggetto è kuitki) del verbo nakkiyahh- 'rendere pesante', 'dar peso a', derivato dall'aggettivo nakki- 'pesante' per mezzo del suffisso fattitivo -ahh-. Lo si può rendere con 'ha un gran peso', che può essere inteso sia in senso negativo ('è problematico') sia in senso più neutrale ('è di grande importanza'). 24': nu.r ui-ii ge1 -[en-zu .. . ]: va probabilmente integrata una forma del verbo da- 'prendere'. Si può quindi tradurre 'e ha pietà di lui'.

    25': SIG 5-ah-zi = lazziyahzi 'mette in ordine', 'sistema'. 25'-26': ANA ARAD" kuedanikki waitul è un dativo di possesso (si sottintenda il verbo 'essere'): 'a un qualche servo (è) una colpa' = 'un qualche servo ha colpa' (oppure 'è colpevole', 'ha commesso un peccato'). 26': anche qui tarna- significa 'confessare'. 26'-27': il periodo n=an EN-SU kuit apiya iezzi n=an iezzi è di difficile resa: letteralmente significa '(ciò) che il suo signore fa di lui allora, fa di lui', che si potrebbe rendere, molto liberamente, con 'a quel punto il suo signore potrebbe fare di lui ciò che vuole'. 27': kuitvale qui 'poiché'.

    28': ZI-anza è il soggetto del verbo wariiyazzi. Il verbo kappuwai- significa 'contare', 'calcolare', 'stimare'; qui può corrispondere all'espressione idiomatica italiana 'fare i conti con'. Si intende che il signore non chiederà nuovamente (EGIR-pa) al servo di rendere conto della sua colpa. 29': aitin=at iyanun=at costituiscono due frasi distinte, la prima composta solo dal participio neutro del verbo ei-laf- 'essere' - che vale 'esistente' e dunque, in questo contesto, 'vero' - e dal pronome enclitico neutro -at, la seconda dal verbo iyanun e dal pronome enclitico neutro -at. Si può quindi tradurre: 'ciò (è) vero, l'ho fatto'.

    30': man Jarnikzel kuif è una frase nominale (nella traduzione, si deve soccintendere il verbo 'essere'); il pronome relativo si può intendere come indefinito: 'se (c'è) un qualche risarcimento'. La frase che segue è meno chiara, perché il verbo, che doveva trovarsi 164

    Cr6 Preghiere all'inizio del rigo 31 ', si è perso. Kuit vale probabilmente 'poiché', mentre mekki può avere valore avverbiale, 'molto'.

    31': il rigo contiene due frasi relative coordinate tra di loro, ma non sappiamo quale sia il nome a cui si riferiscono, che doveva trovarsi all'inizio del rigo. Si trattava probabilmente di un nome di genere comune (il pronome relativo è kuin) che si riferiva alla pestilenza. I LùMr~sU.DAB sono i prigionieri (itt. LOappant-, participio del verbo epp-1 app- 'prendere') e rappresentano il soggetto della prima relativa. Quanto alla seconda, il soggetto è probabilmente NAM.RNll.A, che indicava la popolazione civile deportata come bottino di guerra. Il verbo è perduto, ma si trattava forse di uwater, come nella relativa precedente. 32'-33': kuit vale probabilmente 'poiché'. Segue una frase sulla quale non c'è accordo tra gli studiosi. Si propone qui l'interpretazion~ forse più probabile, come frase interrogativa, letteralmente: 'ciò (-at) non avviene (UL ... kiiari) già (kani) così (apenillan) venti volte (20-anki)?'. 34': OL=ptit si può rendere con 'non ... affatto'.

    35': l'avverbio han ti 'di fronte' si può rendere qui con 'conforme', 'adeguato', 'adatto'.

    165

    Cr 7 Rituali

    I rituali magici (itt. aniur, sum. SISKUR/SiSKUR) rappresentano certamente il gruppo più cospicuo di testi rinvenuti negli archivi ittiti. Essi comprendono tanto rituali di origine anatolica - non solo specificamente ittita, ma anche palaica, luvia, hattica e hurrica - quanto rituali di origine mesopotamica, sebbene questi ultimi siano in numero molto ridotto. Buona parte di questi documenti consiste in rituali di contro-magia, che avevano lo scopo di liberare il "paziente" (designato logograficamente come EN/ BEL SISKUR/ SfSKUR, 'signore del rituale') dall'impurità (irr. papratmJ causata da pratiche di magia nera (itt. alwanuitar) eseguite contro la sua persona. Ovviamente, anche i membri della famiglia reale potevano cadere vittima di tali pratiche e sono infatti conservati diversi rituali specificamente rivolti al re e alla regina. Vi erano davvero rituali per ogni occasione: contro le malattie, contro i disturbi di natura sessuale (v. Cr 7a), contro le sconfitte in battaglia o, viceversa, per favorire la vittoria contro il nemico; rituali di parto, rituali di purificazione, rimali contro l'invasione delle cavallette, contro i litigi familiari (v. Cr 76); rituali per la fertilità delle piante, per la fondazione di edifici e molti altri ancora. Dal punto di vista formale, gran parre dei rituali presenta una struttura suddivisibile in quattro sezioni: (1) l'incipit, comprendente solitamente il nome dell'operatore rituale (per lo più secondo la formula UMMA mifN, 'così (parla) N'), la sua eventuale qualifica professionale e/o la sua provenienza e la motivazione per la quale si svolge il rituale; (2) l'elenco della materia magica, ossia dei materiali impiegati per lo svolgimento del rituale; (3) la descrizione delle azioni rituali e delle formule recitate durante il loro svolgimento; (4) eventuali indicazioni conclusive. Gli operatori rituali potevano essere sia uomini sia donne. I.:officiante che ricorre con maggiore frequenza è la 'vecchia' (itt. haiawa-, ma quasi sempre designata tramite il sumerogramma MUNussU.GI); altri operatori rituali sono il sacerdote AZU, l'indovino (LllHAL), il medico (U)A.ZU) e l'augure (U)MUSEN.DÙ). Data la vastità e la complessità dell'argomento, non è possibile trattare in questa sede tutti gli aspetti dei rituali ittiti (benché alcuni emergeranno certamente dai due resti riportati di seguito). Rimandiamo pertanto alla nota bibliografica, che contiene alcuni suggerimenti per approfondire questa tematica.

    Crl Rituali

    Dal rituale di Paskuwatti contro l'impotenza

    Cr7a

    (CTH406) (KUB 9.27

    +

    KUB 7.8 I 1-29)

    Il primo brano che presentiamo in questa sezione è un estratto del rituale di Paskuwatti di Arzawa (una regione situata in Anatolia occidentale), che aveva come scopo la cura di un uomo con problemi relativi alla sfera sessuale. resatto problema non è però del rutto chiaro: nell'incipit, infatti, si parla solo dcli' assenza di haJ!atar, che va forse inteso come 'capacità di procreare', e del fatto che l'uomo in questione 'non è un uomo davanti a una donna'. Gnterpretazione tradizionale, che qui si accoglie, è che si tratti di un rituale contro l'impotenza, ma alcuni studiosi hanno suggerito che possa trattarsi invece di un rituale per scongiurare l'omosessualità maschile. Tuttavia, non è forse da escludere che rituali di questo tipo potessero avere una portata più generale ed essere dunque adattati alle varie circostanze in cui, secondo gli Ittiti, un uomo non si comportava come raie nei confronti di una donna. Si riportano qui i primi quattro paragrafi di questo rituale, comprendenti l'incipit, l'elenco dei materiali necessari per lo svolgimento del rituale e parte del procedimento, che culmina con un'azione simbolica molto chiara: il "paziente" viene dapprima dotato di un fuso e di una conocchia, emblemi della femminilità, che simboleggiavano la sua condizione di "non uomo"; successivamente, dopo un passaggio purificatorio sotto una porta, il fuso e la conocchia gli vengono tolti e gli vengono dati in cambio un arco e delle frecce, a simboleggiare l'abbandono della sua precedente condizione di effemminatezza e il recupero della virilità. Ro col. I I. 2. 3.

    §1.

    §2.

    4.

    5. 6.

    'UM'-MA rpa1-k11-wa-at-ti MUNUS URUAr-za-wa e-e!-zi-[ma-as-s1a-an 'l'-NA i..:Ru Ptir-ai-Ja ma-a-an LU-ni k11-e-da-ni ha-a1-[s1a-tar NU.GAL nrt-af-ma-ai MUNUS-ni me-na-ah-ha-an-da 0-U[l L]U-ai n11-11J-Ji J U-li-li-ya-aJ-Ji-in Ji-ip-pa-an-ta[h]-hi na-an 1-NA U.1.3KA."1 mu-11-ga-a-mi ha'-an-ti-iz-zi 'U/-ti ki-if-Ja-an i-ya-mi 1 NINDA.ÉRINMES har-pa-an-za nu-uf-s[a]-an kattll

    7. 8. 9. 1O.

    11. 12. 13.

    ki-i ha-a-an-da-an 3 NINDA.GUR.i.RA.HIA Zl.DA DURU 5 KU7 [t]ar-na-ai Gi5pts GISGESTIN HAD.DU.A kal-la-ak-tar pdr-hu-e-na-[a]J .SA DINGIRLIM me-ma-al kze-it-ta pa-ra-a te-p11 ruou, i-ya-an-da-aJ SIGhu-ut-tu-ul-/i , , [l DJUGKlJ.KlJ-UB GESTIN 'a1-pé-el-la LU-aJ SA BE-El S[I]SKUR [TùGBAR.TEH]IA.af na-as-ma TOGGU.È.A na-at-!a-an [A-N]A NINDA.ÉRINMES [ki-i]t-ta

    167

    Crestomazia §3.

    14. 15. 16. 17. 18.

    §4.

    19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. 27. 28. 29.

    [na-a]t rouMU1.MUNUS !u-up-pé-eJ-Jar-a! kar-ap-zi EN SlSK[UR-m]a [wa-a]r-pa-an-za na-aJ EGIR-an i-ya-at-ta-r rP [... ]-az wa-ar-pa-an-za na-at gi-im-ri dam- 1me-li1 [pé-d]i pé-e-tum-me-e-ni nu ti-ya-u-e-ni NINDA.ÉRJNME.S_[m]a [DUMU.MUNUS-pa1t kar-pa-an har-zi nu KA.GAL HI.A-TIM SA GJrHI.A i1-ya-mi [nam-m)a-at /5-TUSfG SAs SfG BABBAR an-da iJ-hi-ii-[k)i-i-mi [nuA-N]A EN rsfSKUR1 GIS 1hu-u-i1-Ja-an Gl 5hu-u-la-li-y[a) [SU-i] an-da te-eh-hi na-aJ-kdn KA.GALHI.A-TIM kat-t[a]-an [ar-ha) u-iz-zi na-a!-kdn GIM-an KA.GALH'-A-TIM [pa-r]a-a ti-ya-zi nu-uJ-Ji-iJ-Ja-an G'5hu-u-e-Ja-[an] [G 15]hu-u-la-li-ya ar-ha da-ah-hi nu-uJ-Ji GISPAN [GJHLAJ [p]i-ih-hi na-aJ-ta an-da ki-ii-Ja-an me-ma-ah-hi ka-a- 1Ja-wa1 -tdk-kdn MUNUS-tar ar-ha da-ah-hu-un nu-wa-at-ta EGIR-pa LU-tar pi-ih-hu-un nu-wa-[za MUNUS-ns1 Ja-ak-li-in ar-ha [n]am-ma pé-eJ-Ji-[ya-at] nu-wa-za Ja-ra-a LU-aJ s1a-ak]-li-in [da-at-ta]

    §1, 1: e-eJ-zi-[ma-aJ-s1a-an = eizi=ma=ffnn, dove il verbo 'essere' vale 'risiedere, vivere'. La frase precisa che l'operatrice rituale, originaria di Arzawa, vive in un'altra città. 2: il complemento fonetico in LU-ni chiarisce che si tratta di un dativo singolare della parola ittica peina- 'uomo', in accordo con il dativo del pronome relativo (kuedani), che qui ha valore indefinito, 'a un qualche uomo' (o semplicemente 'a un uomo'). Il nome astratto haJJatar, derivato dal verbo haJJ- 'generare', significa qui probabilmente 'capacità di procreare'. Si noti la costruzione con il dativo di possesso: 'se a un uomo la capacità di procreare non è (NU.GAL)' = 'se un uomo non ha capacità di procreare'. 3: na-aJ-ma-aJ (= naJma=aJ 'oppure egli') ... 0-U{L L]U-aJ è una frase nominale: per tradurla in italiano è necessario aggiungere il verbo 'essere'. §2, 4: il verbo Iip(p)ant- 'fare offerte', 'sacrificare', 'libare' regge qui l'accusativo dUfiliyaJJin, che rappresenta il nome della divinità destinataria delle offerte.

    5: l'avverbiale di tempo INA U~.3KAM vale qui 'per tre giorni', come emerge chiaramente dalle frasi successive. A seconda del contesto, la medesima espressione poteva anche significare 'in tre giorni' o 'nel terzo giorno'.

    6: harpanza è il participio presente in caso nominativo singolare del verbo harp- 'unire', 'mettere insieme', 'assemblare', qui riferito al 'pane delle eruppe'. Si può tradurre quindi 'un pane delle truppe (è) messo insieme' o, più liberamente, 'si mette insieme un pane delle eruppe'. I.:avverbio katta si può tradurre qui con 'insieme'. 7: handan è il participio in caso nominativo singolare neutro del verbo handai- 'ordinare', 'disporre', in accordo con ki. Si può rendere 'e insieme questo (è) disposto'. 168

    Cr7 Rituali La sequenza NINDA.GU~.RAHI.A ZÌ.DA DURU5 KU7 tarnaJ è da intendere come 'pagnotte (NINDA.GU~.RA"'.A) di farina (ZÌ.DA) fresca (DURU5) dolci (KU7) di un tnrna- (un'unità di misura)'.

    8: GISGE5TIN HAD.DU.A significa 'uva passa'. Non è invece chiaro che cosa fossero il kal(/)aktar e il parhuena-, che ricorrono spesso insieme nei testi. Per kal([)aktar è stato proposto un confronto con il greco gala(kt)- 'latte', ma non tutti concordano su tale corrispondenza. 9: kuitta pani tep11 significa 'di ciascuna cosa un poco'; indica cioè che, di tutto ciò che è stato elencato prima (fichi, uva passa, ecc.), ne serve un po' ai fini del rituale, senza che l'esatta quantità venga specificata. Il pronome kuitta è la forma neutra di kuiJia, composto dal pronome relativo e dalla congiunzione -(y)a.

    10: formalmente, 1.muiyant- è il participio del verbo iya- 'andare', ma, come indica il determinativo UDU, come sostantivo significa 'pecora' (non è però chiaro se si tratti del nome generico per pecora o se piuttosto identifichi un tipo specifico di ovino). Un parallelo di quest'uso si può osservare in greco antico, dove uno dei termini per indicare la pecora (ma anche il bestiame in generale) è probaton, dal verbo probdino 'avanzare'. 11: il genitivo apell=a LU-ai indica il possessore delle vesti menzionate al rigo successivo. SA BEL SfSKUR precisa che l'uomo di cui si sta parlando è il "signore del rituale", ossia il paziente che si sta trattando. §3, 15: warpanza è un participio presente in caso nominativo singolare. 16: [ .. . ]-az è probabilmente ciò che resta di un nome in ablativo, indicante lo strumento con cui l'uomo viene lavato. Il pronome -at nella frase successiva è riferito ai materiali usati per il rituale. 17: petummeni è il presence I plurale del verbo peda- 'portare (via)'; tiyaweni è probabilmente una forma del verbo dai- 'porre', riferita ai materiali impiegati per lo svolgimento del rituale (sebbene manchi un pronome enclitico). Il verbo tiya- 'avanzare', infatti, non sembra appropriato in questo contesto. 18: la particella focalizzante -pat sottolinea che la ragazza è proprio la stessa menzionata all'inizio del paragrafo. §4, 19: il pronome anaforico -atsi riferisce alle porte. Il verbo imperfettivo anda iJhiJkeha probabilmente una sfumatura continua e si può rendere in italiano con la perifrasi 'andare avvolgendo'.

    20: GrShu-u-la-li-y[a] = GIShzi!ali=y[a]. 21-22: KA.GAL 111 J\-l1M kattan arha tdzzi, letteralmente 'viene via sotto le porte', si può anche rendere semplicemente con 'passa sotto le porte'.

    24: arha da-, letteralmente 'prendere via', significa 'togliere'.

    25: anda mema- significa 'parlare contemporaneamente (allo svolgimento di una qualche azione)' e indica che le parole riportate alle righe successive vengono pronunciate 169

    Crestomazia dall'operatrice rituale proprio mentre sta togliendo il fuso e la conocchia al paziente per dargli l'arco e le frecce.

    26: ka-a-rJa-w,i-tdk-kdn = kiiia=wa=ta=kkan. MUNUS-tar è un astratto in -atar/ -ann- derivato dal nome ittita per 'donna' (la lettura ittita è incerta), in contrapposizione a LU-tar (itt. peinatar) 'virilità' nel rigo successivo.

    27: !aklin è l'accusativo singola.re del nome Jaklai-. 28: farà da- si può rendere qui con 'assumere'.

    Cr7h

    Dal rituale di Mastigga contro le liti domestiche (CTH 404)

    (KBo 39.8 I 1-4, 18-43)

    Il secondo rituale che presentiamo in questa sezione della crestomazia, attribuito ad un'operatrice di nome Mastigga, fa parte di un ampio gruppo di rituali provenienti dal paese di Kizzuwacna, situato nell'Anatolia sudorientale, corrispondente grosso modo alla regione che in epoca più tarda sarà chiamata Cilicia. Lo scopo del rituale, dichiarato nell'incipit, era quello di eliminare i dissensi era i membri di una famiglia. Come si potrà vedere leggendo i paragrafi riportati di seguito, il rituale prevedeva, oltre alla recitazione di formule, lo svolgimento di una serie di azioni basare sul principio dell'analogia: trattando in un certo modo la materia magica, gli stessi effetti si sarebbero prodotti sui mali da esorcizzare.

    Ra col. I §1.

    1.

    2.

    3. 4.

    [UM-MA rMa-a!-ti-ig-ga MUNUS URUKi-iz-zu-wa-at-n]a ma-a-11a-aita ~A-!1U (DUMURll)-ya na-ai-ma wMU-DU DAM-S0-ya) 1111-ai-11111 SES N[l]N-ya [(hal-lu)-wa-an-zi na-ai ki-ii-!a-an] a-ni-ya-mi [(nu) ki-i da-a] h-hi

    [I §§2-5 (rr. 5-17), piuttosto frammentari, contengono l'elenco dei materiali impiegati per il rituale]

    §6.

    18.

    19.

    20. 21.

    170

    nu MUNussU.GI 2 [(BE-EL SfS))KURA-NA SiSKUR ti-[(i)t-ta-1111-zi) nu MUNussU.GI 1 [(NINDA.GUR.i.RA EM)]-SA SA UP-Nl 1 GA.K[(IN).AG] I DUGKlJ-KU-UB GESTIN da-a-i na-at rA 1-NA BE-EL SfSKURTIM pa-m-[a (e-e)]p-zi nu-uPJ,t1-an [(Q)]A-TAM ti-an-zi

    Cr7 Rituali §7.

    22. 23.

    24. 25. 26.

    §8.

    27. 28. 29.

    30.

    §9.

    3 I.

    nu 1 [(NINDA.GU)]R.i.RA GA.KIN.AG-ya pdr-Ji-ya GESTIN-y[(a)] Ji-pa-an-ti I nu ki-is"-Ja-an te-ez-zi dlJTU-i ii-ha-a-mi ka-a-Ja-wa-at-ta pa-ra-[(a)] ti-it-[(t)]a-nu-nu-un ma-an-ta-al-li-i-e-el EMEHLA_e; nu-wa-aJ-ma-aJ ka-a- 1Ja1 ke-e-da-ni U 4-ti dUTlJ-i 'kat1-[(ta-an)] EMEH 1-A 'a 1-[(m)]-ya-an-zi nu MUNussu.[(G)]I i[(J-n)]a-[(a.l)] 'ALAMlHI.A 2 ALAM GIS TUG wa-aJ-Ja-an-da na-at-kdn SAG.[(DUHIA)]-SU-NU ka-ri-ya-an-te-e1 nu-uJ ,1-NA 2 BE-EL SfS[(KUR G)]ÌRHI.A_aJ pé-ra-an kat-ta da-a-i 2 SU [1 1] 1,\-aJ-ma-aJ-kdn 2 EME 111 A i[(J-na-as')] 1-NA SAG.DU-SU-NU da-a-i

    32.

    tu-eg-ga-Ja-aJ-m[a-ai-ka1n SfG ZA.GÌN SfG SAs Ju-u-il an-da i-ya-az-zi na-[(at-i}]a-ma-aJ-kdn da-a-i

    §10.

    33. 34. 35. 36. 37.

    nu SfG mi-it-ta-' an1 da-a-i na-at-Ja-' ma1 -[aJ-(kdn J)]S-TU GfR Je-er ar-ha ku-er-zi m, ki-iJ-Ja-an me-ma-i a-pé-da-ni-wa-aJ-ma-aJ-kdn U., -ti ku-it ha-aJ-[i]i-ik-ke-dtt-ma-at ki-ntt-na-wa-aJJ ma1 -ai-kdn kn:a-[s1a a-pé-da-[a]J U 4-aJ EMEHI.A dA-an-da-a-li-ya-aJ '/S-TU' GIR kar-aJ-[t]a na-an-kdn ha-aJ-li-i [pé-e]i-li-ya-az-zi

    §] I.

    38. 39. 40. 41. 42. 43.

    'nu ~iL::-;ussU.GJl KU6 da-a-i na-an-kdn A-NA 2 BE-EL SfSKUR [ta1k-Jn-an Je-er ar-ba wa-ah-ntt-zi nu ki-il-Ja-an me-ma-i kn-a-nJ-wa KU6-zd a-m-na-ai GU4.MAH-aJ ntt-wa-kdn ka-a-aJ KU6 [m]a-a-ah-ha-an a-n,-na-[a]z tuh-hu-uJ-ta-at ki-m,-na tuh"h-Ja-an-du [a-p]é-da-aJ U 4-aJ EME[HJI.A hu-u-ur-ta-a-zd n11-kdn KU6-un [ha-aJ]-Ji-i pé-eJ-Ji-ya-az-zi

    §1, 1: ma-a-na-ai-ta = mtin=aita. 2: in DUMURC, il complemento fonetico accadico indica la lettura MARU. In DAMpronome possessivo accadico di terza persona maschile: la forma di cale pronome è solitamente -SU, ma, in accadico, quando si trovava a contatto con determinate consonanti, andava incontro a processi di assimilazione.

    SU, -SU è il

    3: il verbo an(n)iye-, in questo contesto, significa 'trattare magicamente'. §6, 18: il sumerogramma MUNussu.GI indica, letteralmente, la 'vecchia', che nei testi magici ha il ruolo di operatrice rituale (e pertanto viene spesso tradotta 'magà). La lettura ittita è haiawa-. Il sintagma ANA SfSKUR tittan11- sì può rendere con 'disporre per il rituale'. 19: I NINDA.GUR1.RA EMSA SA UPNI = 'una pagnotta acida di (una misura) upnu (Ieee. 'pugno')'. 171

    Crr:stomazitJ 20: da-a-i è qui una forma del verbo da- 'prendere'. [espressione parii epp- significa 'porgere'. 21: nu-uJ.f/a1-an = nu=llan, dove la particella -lan indica che i due "signori del rituale" impongono le mani sopra le pietanze rituali fornite dalla vecchia.

    §7, 22: pariiya è la terza persona singolare del presente medio, ma si può tradurre in forma attiva, 'spezzà.

    23-24: dlJTU-i ilhii=mi sono vocativi, e l'apposizione ilhii è seguita dall'aggettivo possessivo enclitico di prima persona singolare. Ka-a-la-wa-at-ta = kiila=wa=tta (si noti il significato perfettivo compiuto che veicola kiila in combinazione con il preterito tittanunun). Il pronome enclitico -ta è retto da parii, 'davanti a te'. Il significato dell' aggettivo manta/li-, qui in accusativo plurale, riferito alle 'lingue', non è chiaro e varie sono le proposte degli studiosi, motivo per cui preferiamo non fornire alcuna traduzione. Si tratta comunque di una proprietà negativa. 25: EMEHI.A.ef sono le 'lingue' (itt. ude!) e rappresentano l'oggetto del verbo tittanumm. Nei testi magici, la lingua rappresenta solitamente la calunnia, che va estirpata mediante lo svolgimento del rituale. In questo contesto, le lingue fanno riferimento alle discussioni e ai litigi tra i membri della famiglia. 25-26: kiila conferisce al presente aniyanzi un valore progressivo, 'stanno trattando' (o, eventualmente, 'stanno per trattare'). dlJTU-i kattan = 'con il dio Sole', ossia 'con l'aiuto del dio Sole'. §8, 27: la frase è priva del verbo, ma si può sottintendere 'prende'. L:assenza del verbo rende però meno chiari i confini della frase; le possibilità sono: (I) 'la vecchia (prende) statuette di pasta (e) due statuette di legno vestite con una veste' (dove waiianda è inteso come participio neutro plurale); (2) 'la vecchia (prende) statuette di pasta (e) due statuette di legno. Sono vestite con una veste' (dove wailanda è inteso come presente III plurale medio}; (3) 'la vecchia (prende) statuette di pasta. Due statuette di legno sono vestite con una veste'. TUG wailanda è una figura etimologica, dato che il sumerogramma TUG corrisponde all'ice. waipa-, etimologicamente connesso con il verbo well-lwail-. 28: n=at=kdn SAG.DUHI-A=SUNU è un'apposizione partitiva, letteralmente 'esse (le statuette), le loro teste'. Si sottintenda un verbo 'essere' dopo kariyantel. 29: anche ANA 2 BEL SfSKUR GÌRHI.A.aJ è un'apposizione partitiva, letteralmente 'ai due "signori del rituale", ai loro piedi', vale a dire, 'ai piedi dei "signori del rituale"'. §9, 31-32: tu-eg-g'!•la-nj-ma-al-kdn = tueggal=(a)Imai=kan, dove tueggal è un dativo plurale. SfG ZA.GIN SIG S~ lùil anda iyazzi: letteralmente 'fa (iyazzi) insieme (anda) lana blu (e) lana rossa (ZA.GÌN SfG SA5) un fìlo (lui/)', che si può rendere con 'unisce in un filo lana blu (e) lana rossa'. §IO, 33: na-at-la-ma-al-kdn = n=at=l(a)mal=kan. Si noti che il pronome enclitico -at, neutro singolare, si riferisce a SfG mittan, di genere comune.

    172

    Cr7 fatua/i 34:

    il pronome enclitico -Jmai ha valore reciproco, 'tra di voi'.

    35: hnliikked11mat è la seconda persona plurale del preterito medio del verbo haJJikke-, forma imperfettiva a suffisso -ikela- del verbo hanna- 'giudicare', che in questo contesto vale 'discutere', 'litigare'. Si noti che in ittita tale verbo era transitivo: kuit haJiikkedumat, letteralmente *'(ciò) che litigavate', che dovremmo rendere con '(ciò) per cui litigavate'.

    36: apednl U~-ai è un genitivo plurale. 37: il pronome enclitico -an si riferisce alla lana rossa.

    §11, 39: takian ha valore avverbiale, 'insieme'. 40: in kiiJ=wa KU6-ui si sottintenda il verbo 'essere'. Il sintagma arunaJ GU4.MAH-ai è apposizione del pesce. 41: mtihhan vale qui 'come' e introduce una similitudine. Tuhhuitat è una forma media. Lo stesso verbo, all'imperativo, si trova anche nella frase successiva, serino con la particolare grafia t11h-11h-, che gli studiosi sono soliti traslitterare tulJ'h __

    173

    Cr8

    Pratiche oracolari

    Per assicurare il benessere del sovrano e, di conseguenza, dell'intero paese, era fondamentale mantenere buoni rapporti con le divinità, la cui ira poteva avere conseguenze funeste. Il verificarsi di una qualche sciagura era infatti sicuro indice di ira divina e bisognava correre ai ripari, placando la divinità offesa. A quel punto, però, si poneva il problema di individuare con esattezza quale fosse la causa dell'ira divina, in modo da poter rimediare nel modo più efficace. Le ragioni potevano essere le più varie - la mancata o errata celebrazione di una festa, il furto o la distruzione di arredi cultuali, e molto altro ancora - e, per poterle determinare, era necessario interrogare la stessa divinità. Per questo, gli Ittiti avevano a disposizione diverse pratiche oracolari, come I' aruspicina (l'osservazione del volo degli uccelli), l'extispicina (l'analisi delle viscere di un animale), l'osservazione dei movimenti di un serpente in un bacino d'acqua, ecc., e tali pratiche potevano anche essere combinate tra loro. La consultazione dell'oracolo implicava spesso lo svolgimento di un'indagine tra gli addetti al culto della divinità adirata, allo scopo di individuare eventuali mancanze o inesattezze nello svolgimento delle pratiche cultuali. Si procedeva poi a interrogare la divinità, presentando le problematiche riscontrate e chiedendo conferma che quelle fossero davvero il motivo dell'ira. Se la divinità dava segnali che confermavano quanto richiesto, la consultazione terminava e si poteva iniziare a porre rimedio. Ma se la risposta della divinità era negativa, era necessario ripetere la consultazione a oltranza, fino a quando tutte le cause dell'ira divina non venivano individuate. Sul piano formale, non si tratta di testi di facile comprensione: erano documenti pratici, non pensati per essere conservaci, talora redatti di fretta ed estemporaneamente, nel corso della consultazione oracolare. Il ductus non è particolarmente curato (talora è decisamente corsivo) e vi sono spesso errori e cancellature, i sumerogrammi abbondano e si ricorre talora ad abbreviazioni. Insomma, documenti di questo tipo mettono spesso a dura prova anche gli ittitologi più abili - del resto, siamo alla fine di questa crestomazia, e si sa, in cauda venenum - ma ci è parso importante includere un testo di questo tipo, per dare un assaggio dell'eccezionale varietà di documenti prodotta da questa antica civiltà.

    Cr 8 Pratiche oracolari

    Da un oracolo relativo al culto di Pirwa (CTH 565) (KBo 14.21 Ro 121'-41') I paragrafi qui riportati rappresentano parte di una più lunga consultazione oracolare di tipo KIN (sumerogramma poco chiaro, che può corrispondere all'itt. aniyatt- 'lavoro' o all'itt. aniur 'rituale'), la cui esatta procedura ancora sfugge - non abbiamo documenti che la descrivono - ma che sembra consistesse nell'uso di simboli (forse incisi su delle pedine) che venivano interpretati in base alle configurazioni che assumevano (ma non sappiamo bene come questi simboli fossero manipolati). l'.oggetto della consultazione è una serie di inadempienze rituali ai danni del dio Pirwa. Nel primo paragrafo si descrivono le offerte che, da protocollo, la divinità è solita ricevere per una certa festa e si chiede all'oracolo di confermare con un esito favorevole (SIG 5) che tutto si stia svolgendo alla perfezione. Sfortunatamente, l'esito della prima consultazione è sfavorevole (NU.SIG 5), non corrisponde cioè a quanto richiesto: evidentemente, qualcosa non sta andando per il verso giusto. Si procede allora con una seconda consultazione, che consiste innanzitutto nell'interrogatorio di un sacerdote, il quale rivela che l'anno prima, una tale Palla aveva preso e ucciso due arieti destinati alla divinità. Si chiede pertanto alla divinità se, oltre a rimpiazzare i due arieti, sia necessario un ulteriore risarcimento in pane e birra, ma l'esito risulta nuovamente sfavorevole. Si chiede allora se sia lo stesso Palla a dover risarcire la divinità con i due arieti, il pane e la birra. A questo punto, la risposta del dio è affermativa e la consultazione termina. Ro I §4.

    21'

    [A-/V]A .ipp;r1 -wa MUNUS.LUGAL-y[a ... ] rA 1 -NA EZEN4 MUKA.\I

    24' 25'

    1 GU, 9 [U]DUrlll,ll [S]À.'BA1 1 M.AS.GAL SA rd1 7.7.Bl 10 NINDA.GU~.RAHI.A SÀ. 'BA1 1 rNINDA' .GU~.RA ha-zi-la-aJ [ ... ]x NINDA ha-az-zi-la-a12 ME NINDA.GU~.RA GAL 12 DUG KAS 1 m;GNAM-MA-AN-DU [ ... ]x u;SANGA JS-TUÉ-S[U] pé-ei-ke-ez-zi *ras.* [nu] m[a)-fa1-[a]n tu-ukA-NA DINGIRw,, ku-u-tm EZEN 4 ITlJK,IM

    26' 27'

    ia-ra-a ti-ya-an-ta-an 'e-ei1 -[f]a-an-zi kat-ta-kdn 0-UL ku-it-ki da-a-li-ii-kdn-zi rnu 1 KIN [S]IG 5-ru a-al-izt ME-an na-at-kdn DINGIRUM kar-pi

    22' 23'

    GAR-ri NU.SIG 5 §5.

    28' 29' 30'

    'ki-i1 kzt-r it1 da-a-li-ya-u-wa-ar SixSA-at nu LllSANGA pu-m1-zti-iu-11-

    en • 'UM-MA SU-MA' *ras.* A-NA JPi-ir-wa-wa-kdn 2 UOU.NITA iirki'-yn-an-te-eJ re-ei-Jir' GIM-an-ma-wa EZEN4 rMU1KAM ki-!a-ri m1-wa-ra-aJ A-NA dPf-ir-wa

    Crestomazia 31' 32' 33' 34' 35'

    §6.

    r iJ-kdn1 -zi MU.IM.MA.-ma-wa-[r)a "'Pal-la-aJ LU ruau,An-ku-uJna 'ap1-pa-at-ri-ya-at m1-wa-r[a)-ai-kdn k11-~11-ta-pdt .. [k)i-nu-na pa-a-an-zi u-ni-uJ 2 UDU[.NI)TA *ras.• LLSANGA *ras.* ta-ma-a-uJ EGIR-pa pa-a-' i1 • 'kat1 -ta-a11-na za-an-ki-la-tar I[S-71 U NINDA KAS pi-an-zi DINGIRWM_za KI.MIN har-ti 1111 KIN SI[G 5)-ru HUL-lu ME-an nukdn [E]GIR-pa d!QAG-' ti' NU.'SIG 51

    36'

    'ki1-i k11-it «ku-it» NU.SIG 5-ta 1111 pa-a-an "'Pal-la-ai-ia 2

    37'

    UDU.NfTA 'A-NA DINGIRlllM EGIR-pa !ar-ni-ik-' zi1 kat-ta-an-na za-an-' ki1-la-

    38' 39' 40' 41'

    tar [l]S-TU NINDA KAS pa-a-i d11-11d-d[11-1111-w)a-a11-zi-a11 DINGIRWM_za 'KI.MIN 1 har-ti 1111 KIN SIG 5-m 'DINGIRMESi GUB-irTl-tar da-a-i[r n)a-at 'pa 1 -a11-ga-11-r i1 *ras.• pii-'e1-er INA u~.2KA.\I 'a1 -aJ-Ju ME-an n11-k[d11 EGl]R-pa ·1DAG-' ti' 1-NA U 4 .3'KA.'-n HUL-/11 ME-an [n)u-kdn an-da SUD-l[i12 SIG 5)

    §4, 21': ANA EZEN4 MUKA.'1: 'per la festa dell'anno/annuale'. MU 11"A~II è il sumerogramma corrispondente all'itt. wett- 'anno'.

    22': SÀ.BA = 'tra i quali'. I MAS.GAL SA d7.7.BI 'un capro dell'Eptade divina': la grafia d7.7.BI (o dJMIN.IMIN.BI) corrisponde probabilmente all'ice. Seppitt11- e indica un gruppo di sette divinità, spesso erroneamente identificate con le Pleiadi. I NINDA. GU~.RA hazilai = 'una pagnotta di un hazzila- (un'unità di misura)'. 23': 2 ME= 200 (ME è il sumerogramma per il numerale I 00). 24': peikezzi è un imperfettivo a suffisso -ike- con valore abituale, 'è solito offrire' (v. Gr 7.1.6).

    25': tuk ANA DINGIRLIM è un dativo che si può rendere con 'per te, o divinità'. Lespressione iarti tiyantan è predicativa dell'oggetto (kim EZEN,, ITU""\.' 1), ma si può rendere avverbialmente con 'completamente'. 26': éJianzi e diiliikanzi sono, rispettivamente, l'imperfettivo a suffisso -Ha- del verbo iye- 'fare' (in questo caso, 'celebrare') e l'imperfettivo in -ike- del verbo da/a-I d11liye- 'lasciare' (con katta, 'trascurare'). Entrambi i verbi hanno qui valore progressivo ('scanno ... -ndo'). 27': la frase nu KIN SIG 5-m (itc. lazziyattaru) rappresenta la richiesta fatta alla divinità: '(se ... ), allora il KIN sia favorevole!'. Segue il procedimento di consultazione, piuttosto oscuro: tiiiu ME-11n n=at=k11n DINGIRUM k11rpiGAR-ri: 'il bene è stato preso (ME-1111

    176

    Cr 8 Pratiche oraco/,ari = itt. dan, participio neutro di da- 'prendere') e giace (GAR-ri = itt. kittar1) presso l'ira della divinità'. Lesito è NU.SIG 5 'sfavorevole' (NU è un prefìsso negativo in sumerico).

    §5, 28': ki kuit dtiliyauwar SlxSA-at si può rendere con 'in considerazione del fatto che è stata stabilita (SlxSA-at = ice. handaittat) un'inadempienza'. Diiliyauwar è il sostantivo verbale del verbo da/a-I daliye- 'lasciare'.

    29': UMMA SU=MA: 'così egli', sottinteso 'ha detto'. 30': eiiir è l'imperfettivo a suffisso -ifa- di iye- 'fare, preparare', qui con funzione abituale. Nella sequenza nu-wa-ra-ai (nu=war=as"), il pronome -ai è un accusativo plurale e si riferisce agli arieti. 32': -pdt si può rendere qui con 'soltanto'. 33'-34': è possibile che le frasi siano da intendere come interrogative, anche se non è necessario. Laccusativo 11niui 2 UDU.NfTA può essere reso con 'quanto ai suddetti due arieti, ... ' (per asi-luni- v. Gr 6.5). In questo contesto, l'avverbio kattan signifìca 'inoltre' e l'espressione kattann=a zankilatarsi può tradurre con 'ulteriore risarcimento'.

    35': DINGIR11·· 11-za KI.MIN harti significa letteralmente 'o divinità, avrai/terrai nello stesso modo?', ma non è ben chiaro cosa voglia dire: il sumerogramma KI.MIN, infatti, si usa generalmente per evirare di ripetere una porzione di testo già scritta in precedenza (corrisponde sostanzialmente all'uso del latino idem in italiano), ma nelle righe precedenti non si trova mai la frase scritta nella sua forma completa. Nella frase nu=kan EGIR-pa .iDAG-ti il verbo non è espresso: si può intendere 'cd (è stato posto) dietro al Trono (.IDAG-ti = Halmaiiuitti)'. §6, 36': le doppie parentesi uncinate in indicano un'espunzione: lo scriba ha erroneamente ripetuto la parola kuit, che va pertanto ignorata nella traduzione. NU.SIG,-ta = 'ì: risultaco sfavorevole'. 37': d11-11d-df.11-rm-w]a-an-zi-an = d11dd1muwanzi=an, dove il pronome enclitico si riferisce a Palla. 39': pangawi è il dativo di panku- 'assembleà. 40': /NA U1 .2K"~1 ... INA U1 .3MM = 'nel secondo giorno ... nel terzo giorno .. .'.

    41': mt=kan anda SUD-li 'ed (è stato posto) dentro al vuoto (SUD-li 12 = iannapi/i)'.

    177

    Crestomazia

    Traduzioni dei testi presentati nella Crestomazia Cr 1

    Un paragrafo delle Ler,gi ittite (CTH 291)

    §71. 6l-64Se qualcuno trova un bue, un cavallo (o) un mulo, dovrà condurlo alla porta dei re. Se (lo) trova nel paese, lo si presenterà agli anziani 65 e potrà imbrigliarlo/ aggiogarlo (fintanto che è in sua custodia). Quando il suo padrone lo troverà, 66potrà riprenderselo legittimamente. Non prenderà (colui che ha trovato l'animale) come un ladro. 67 (Ma) se non lo presenterà agli anziani, allora egli diverrà un ladro.

    Cr 2a §10.

    Dall'iscrizione di Anitta (CTH 1)

    Poi, una seconda volta, v[enne] Piyusti, il re di Hacri, 17e il suo alleato che aveva portato, li [ ... ]a Salamp[a].

    36

    §11. ' 8Tutti i paesi da Zalpuwa sul mare(?) [... ]. 39 -1°Un tempo, Uhna, il re di Zalpuwa, aveva port[ato] (la statua del) dio Siusumm[i] da Nesa a Zalpuwa. •H 2Ma più tardi (io), Anitta, il gran re, ho ripo[rcato] indietro Siusu[m]mi da [Z]alpuwa a Nesa ◄>-l 5e ho condotto a Nesa [H]uzziya, il re di Zalp[uwa], v[ivo). Ma Haccusa [non] mi [f]ece [del male] §12. ed io la lasciai in pace. Ma quando ◄6-ISpiù tardi soffrì la fame, Siusummi la consegnò a Halmasuit e io la presi di notte con la forza e, al suo posto, semi[nai] erbaccia. §13.

    49

    Chi diventerà re dopo di me 50e rifonderà Hattusa, il dio della tempesta del cielo lo colpi[sca!]

    Cr2b

    Dall'editto di Telipinu (CTH 19)

    16

    §24.

    Quando io, Telipinu, sedetti sul trono di mio padre, ';andai in spedizione a Hassuwa e distrussi Hassuwa. 1811 mio esercito era a Zizzilippa 19e a Zizzilippa ci fu una sconficca.

    §25.

    20 25 • Quando

    io, il re, venni a Lawazantiya, Lahha [mi] era [ostile] e fece ribellare Lawazantiya. [Le divinità] la posero nella mia mano. I "primi", (ossia) il sovrintendente di un contingente di mille uomini, [Tarhu- ... ], Karruwa, il sovrintendente dei tesorieri, Inara, Il sovrintendente dei coppieri, Kill[a, il sovrintendente dei ... ]. Tarhumimma, il sovrintendente degli araldi, Zinwaseli e Lclli - (erano) numerosi - inviarono in segreto a Tanuwa, l'araldo.

    §26.

    26

    Io, [il r]e, non (lo) s[ap]e[v]o. [Essi uccisero H]u[zzi]y[a] e i suoi fratelli.

    27 28 •

    Quando io, il re, (lo) venni a sapere, portarono qui Tanuwa, Tahurwaili e Taruhs[u]. I.:assemblea li condannò a morte, ma io, il re, dissi: 29·'°"[Perch]é devono morire? Si copriranno i loro occhi!" Ed io, il re, li ho resi sempl[ici a]ratori, ho preso le loro armi dalle (loro) spalle e ho dato loro i cep [pi]. 178

    Traduzioni dei testi presentati nella Crestomazia 31 33 • 11

    §27.

    sangue della stessa famiglia reale è diventato numeroso: lstapariya, la regina, è morta, e poi ne è seguito che Ammuna, il principe, è morto. Anche gli "uomini delle divinità" vanno dicendo: "Qui a Hattusa il sangue è diventato numeroso". 3~· 35 Io, Telipinu, ho convocato l'assemblea a Hattusa. Da ora in poi a Hattusa nessuno faccia del male a un figlio della famiglia (reale), (nessuno) brandisca il coltello contro di lui!

    §28.

    36 39 • Oivenga

    re un figlio, nello specifico un principe di primo rango! Se non c'è un princi[pe] di primo rango, divenga re quello che (è) figlio di secondo rango! Ma se non c'è un principe maschio, si prenda uno sposo antiyant- per quella che è la figlia di primo rango e quello divenga re!

    Cr 2c

    Dagli Annali di Muriili II (CTH 61)

    Poi da Palhuissa tornai a Hatti 9 •9e mobilitai fanti (e) carri. Poi, in quell'anno, mi misi appunto in marcia per il paese di Arzawa. Ma inviai un messaggero a Uhhaziri 10e gli scrissi: "i miei sudditi che sono venuti da te, 11 • 12 poiché te li chiedevo indietro e non me li hai restituiti, e mi chiamavi "ragazzo" 13e mi umiliavi, ora vieni! Combattiamo! 14 Il dio della tempesra, mio signore, giudichi il giudizio per noi!".

    §13.

    7

    § 14.

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    Cr Sa Dal mito di Illuyanka (CTH 321) §§ 10-12 B: KUB 17.513'-18'

    191

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    Cr 5b Dal mi10 di Tclipinu (CTH 324) KUB 17.10+ I 5'-31'

    192

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    Immagini dei testi presentati nella Crestomazia

    Cr 6 Da una preghiera di Mnrsili II rclariva alla pesce (CTH 378) KUB 14.8 Vo !0'-36'

    193

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    Sillabogrammi

    Segni consonante-vocale-consonante (CVC)

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    bai bab/p bar bas

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    kum,gum

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    kul,gul

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    kad/t, gad/t gaz

    kul

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    kas, gas

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    kab/p, gab/p

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    kan, gan

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    kùr,gur

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