La dottrina cristiana albanese di Luca Matranga
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MATTEO SCIAMERÀ

LA «DOTTRINA CRISTIANA» ALBANESE DI LUCA MATRANGA '■

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RIPRODUZIONE, TRASCRIZIONE E COMMENTO DEL CODICE BARBERINI LATINO 2434

CITTÀ DEL VATI CANO BIBLIOTECA APOSTOLICA VATICANA 1964

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STUDI E TESTI

121-126. M iscellanea 6 voi. ili.

Giovanni

M ercati.

1946.

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138-140. Hanssens, I. M ., S. I. Amalarii episcopi opera liturgica omnia. 1948-1950. voi. 3.

156. Cian, V . Un illustre nunzio pontificio del Rinascimento: Baldassar Castiglione. 1951. pp. xi, 340.

141. Devreesse, R . Essai sur Théodore de Mopsueste. 1948. pp. vii, 439.

157. M ercati, pp. 119.

142. M ercati, G., card. Osservazioni a proemi del Salterio di Origene, Ippolito, Eusebio, Ci­ rillo Alessandrino e altri, con frammenti ine­ diti. 1948. pp. [4 ], 167.

158. Mercati, G., card. Alla ricerca dei nomi de­ gli « altri » traduttori nelle Omilie sui Salmi di s. Giovanni Crisostomo e variazioni su alcune catene del Salterio. 1952. pp. vili, 248. 10 tav.

143. Levi D ella Vida, G. Documenti intorno alle relazioni delle Chiese orientali con la S. Sede durante il pontificato di Gregorio XIII. 1948. pp. vili, 191. 144. H oberg, H . Taxae pro communibug servitiis ex libris obligationum 1295-1455. 1949. pp. xix. 400.

A.

Dall’Archivio

Vaticano.

1951.

159. Rossi, E. Il « Kitab-i Dede Qorqut » ; rac­ conti epico-cavallereschi dei turchi Oguz tra­ dotti e annotati con « facsimile » del ms. Vat. turco 102. 1952. pp. 2, [364]. 160. Pertusi, A. Costantino Porfirogenito: De thematibus. 1952. pp. xv, 210. 3 tav.

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STUDI E TESTI ---------------

MATTEO

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SCIAMBRA

LA «DOTTRINA CRISTIANA» ALBANESE DI LUCA MATRANGA RIPRODUZIONE, TRASCRIZIONE E COAIMENTO DEL CODICE BARBERINI LATINO 3454

CITTÀ DEL VATI CANO BIBLIOTECA APOSTOLICA VATICANA 1964

1

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Imprimatur: t Fr. Petrus Canisius van Lierde, Vic. Gen. E Vicariatu Civitatis Vaticanae die 10 Aprilis 1965

TIPOGRAFIA POLIGLOTTA VATICANA - 1965

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A

P. GIUSEPPE VALENTINI MIO MAESTRO DI SCIENZA E DI VITA SACERDOTALE CON FILIALE AFFETTO E GRATITUDINE DEDICO

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P R E F A Z I O N E

Come avviene frequentemente nella storia delle letterature anche in quella della lingua albanese troviamo che i testi religiosi, anche nel senso ufficiale come i testi dottrinali e rituali, compaiono i primi. Difatti, anche trascurando altri minori documenti, troviamo che il primo grande testo della lingua albanese fu precisamente la tra­ duzione del Messale romano effettuato dal prete Don Domenico Buzuku, del quale l’unica copia si conserva anch’essa nella Biblio­ teca Vaticana, e la cui edizione critica è apparsa già in questa col­ lana di «Studi e testi» (N. 199) ad opera di ISTamik Ressuli. Ma del lavoro del Buzuku non sappiamo assolutamente nulla della storia della sua origine, se cioè esso sia stato commissionato al Buzuku da autorità ecclesiastiche o meno; anzi si propende a credere che sia stato effettuato per sua iniziativa personale, certo meritoria, ma che non abbia incontrato troppo favore presso le au­ torità sia perchè allora non si vedeva troppo di buon occhio la vol­ garizzazione della liturgia nel mondo ecclesiastico latino per le note ragioni storiche, sia forse perchè all’opera del povero prete, altri più addestrati di lui, o perlomeno, migliori teologi potevano certa­ mente muovere degli appunti. Invece dell’opera che qui presentiamo, sappiamo che essa, sorta per privata iniziativa dell’autore, sebbene nel clima di rinnovamento tridentino, ottenne, nonché VImprimatur, anche la pubblicazione a cura e spese delle autorità ecclesiastiche romane. Esso inizia così la nutrita e lunga serie delle pubblicazioni alba­ nesi romane che poi continuerà sotto il patrocinio e la cura della Sacra Congregazione di Propaganda Fide fin quasi a tre secoli dopo il Matranga, quando alle edizioni di Propaganda faranno seguito quelle numerosissime e accuratissime della Tipografìa del Collegio Pontificio Albanese di Scutari, anch’esso dipendente da Propaganda. Ben giustamente quindi la Biblioteca Vaticana conserva come un monumento dell’attività apostolica e culturale della Chiesa R o­ mana, anche i manoscritti che prepararono questa prima edizione romano-albanese; e altrettanto giustamente la collana «Studi e testi»

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V ili

Prefazione

della stessa Biblioteca Apostolica Vaticana ne cura oggi l’edizione critica con inalterato materno amore verso la Nazione Albanese. Valga anche questa testimonianza a dimostrare l’altra verità che il riconoscimento che la Chiesa ha sempre dato ai tesori culturali di tutte le nazioni e che attualmente il Concilio Vaticano II ha portato fino nel santuario della liturgia come in antico, non è sol­ tanto questione di ben intesa metodologia pastorale o di giusta so­ ciologia ecclesiastica, ma anche che i valori spirituali di cui ogni nazione è ricca sono veri doni di Dio, da elencarsi fra quelle gra­ zie che secondo S. Paolo sono distribuite variamente dallo Spirito Santo, ed è dovere della Chiesa riconoscere. Palermo, 6 dicembre 1964

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BIBLIOGRAFIA

FONTI Archivio della Cattedrale di Piana degli Albanesi. Registro dei batte­ simi, voi. I, anno 1568; voi. Ili, anno 1608; voi. IV, anno 1614. Archivio del Pontificio Collegio Greco, Cronaca di tutti i scolari del Col­ legio Greco dalla fondazione fino all’anno 1640, voi. I. C am a r d a D., Grammatica della lingua Albanese. Manoscritto inedito in possesso del Prof. Zef Schirò. Tesi di Laurea di Cusimano P., Uni­ versità di Palermo, anno 1962. F ig l ia N ., 1 Cristeu i Arbresc. Copia fotografica del manoscritto origi­ nale in possesso del Prof. X. Ressuli. M atban g a L., E mbsuame e kreshtere. Bibl. Ap. Yat. Barb. latino n. 3454. P arrin o P . M., In septem perpetuae consensionis libros Albanensis Ec­ clesiae cum Romana omnium Matre et Magistra, prolegomena. Mano­ scritto inedito dell’Archivio del Seminario Greco Albanese di Palermo (senza segnatura perchè in riordinamento). Visita Apostolica al Collegio Greco, agosto 1585. Bibl. Ap. Yat., Yat. la­ tino n. 5527. OPERE CITATE A shta K ., Shenime e v'èrejtje rreth gjuhes dhe leksikut te Lek'è Matrèng'ès,

in « Buletin i Universitetit shtetéror té Tiranés », Tirana 1957, n. 2, p. 83. B lanco F., Dictionarium latino-epiroticum, una cum nonnullis usitatio­ ribus loquendi formulis, per R. D. Franciscum Blanchum Epirotam. Romae 1635. B ogdani P., Cuneus prophetarum de Christo Salvatore mundi et ejus evan­ gelica veritate italice et epirotice contexta et in duas partes divisa a Petro Bogdano, Macedone. Patavii MDCLXXXV. B orgia N ., Pericope evangelica in lingua albanese del sec. XIV, Grotta­ ferrata 1930. — I Monaci Basiliani d’Italia in Albania, voi. I, Roma 1935. B uccola O., La Colonia greco-albanese di Mezzojuso, origine, vicende e progresso, Palermo 1909. B u d i P., Dottrina Christiana composta per ordine della fél. me. di Papa Clemente Vili, dal R. P. Roberto Bellarmino Sacerdote della Compa­ gnia di Giesìi. Tradotta in lingua albanese dal Rev. Don Pietro da Pietra Bianca. Roma 1664.

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X

Bibliografia

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Bibliografìa

XI

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X II

Bibliografia

— Sviluppi onomastico-toponomastici tribali delle Comunità Albanesi di Sicilia, in « Bollettino del Centro di Studi filologici e linguistici Siciliani », voi. Ili, Palermo 1955, p. 17, 18.

ABBREVIAZIONI Bd. Bl. Bg. Bs. Bz. CG. Cm. Ap. Cm. Gr. Cm. gram. CI. CI. C3. Cord. Fg. Gr. Kr. Fj. Kr. N.T. Lg. Lp. Lt. My. Sc. SG. Cs. SG. Ct. Sch.

B tjdi, Dottrina Cristiana... B lan co , Dictionarium latino-epiroticum... B o g d a n i , Cuneus prophetarum...

« Bessarione » (Rivista periodica di studi orientali). B tjzuktj, Il Messale... Cam a r d a G., Il Vangelo di S. Matteo... Cam ard a D., Appendice al saggio di grammatologia com­

parata... Cam a r d a D., Saggio di grammatologia comparata... Cam a r d a D., Grammatica inedita... M atran g a L., Dottrinacristiana, ms. copia n° 1. M atran g a L., Dottrinacristiana, ms. copia n° 2. M atran g a L., Dottrinacristiana, ms. copia n° 3. C o rd ig n an o P ., Dizionario Albanese Italiano... P ig lia N ., I Cristeu i arbresc... G io rd an o E ., Fjalor i Arbereshvet... K r ist o fo r id h i K ., Fjalor Shqip-Greqisht... K risto fo r id h i K ., Dhjata e re... L ogorezzi A., T’mledhunit Dotrins Kerscten... L a P ia n a M., Il Catechismo di Luca Matranga... L e o tti A., Dizionario Albanese-Italiano... M e y e r G., Etymologisches Wörterbuch... Tradizione ecclesiastica Scutarina S chirò G., Canti Sacri... S chirò G., Canti tradizionali... S chirò Mons. P., Té paret mèsime té kr'èshterit...

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INTRODUZIONE

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I. LA PERSONA DEL MATRANGA Luca Matranga è l’autore della Dottrina cristiana, che viene ritenuta il più antico documento letterario degli Albanesi d’Italia. La sua paternità viene espressamente indicata nei tre esemplari che compongono il manoscritto qui pubblicato. Il nome dei Matranga ricorreva in Albania e anche nelle diverse regioni della Grecia e delle sue isole1, e non mancò di propagarsi poi anche in Italia, prima e dopo la venuta degli Albanesi2. A Piana degli Albanesi, e probabilmente anche presso le altre comunità albanesi di Sicilia, i Matranga sembra appartenessero al gruppo degli emigrati provenienti da Corone e Modone 3. Il primo parroco della comunità greco-albanese di Palermo fu un Nicolao Matranga, il quale insieme con Nicolò Scramiglia e Matteo d’Amenzo, alba­ nesi provenienti dal Peloponneso, fondò ivi nel 1547 la parrocchia di S. Nicolò 4. Questo stesso Nicolao Matranga, dopo pochi anni, si trasferì a Piana degli Albanesi, dove alternò il suo apostolato con un altro sacerdote, il Bulgari5. Non sappiamo se il nostro Luca fosse legato da vincoli di parentela con questo Nicolao Matranga; è comunque certo che questi apparteneva al clero coniugato 6*8 . Si potrebbe anche supporre in base alla concordanza cronologica che l’autore della Dottrina cristiana fosse un congiunto dell’ex-parroco di Palermo. Purtroppo l’Archivio della Cattedrale di Piana, che solo ci potrebbe fornire qualche testimonianza di conferma, manca degli atti di battesimo del tempo in cui, presumibilmente, nacque il Matranga, perchè il più antico registro che ancora vi si conserva risale al 2 gennaio 1568. L’esame di quest’ultimo ci permette di rilevare soltanto la frequenza di battesimi amministrati a membri di questa numerosa famiglia. Anche oggi a Piana degli Albanesi il nome dei Matranga ricorre frequentemente. Lo Schirò, riferendosi 1 Cfr. V alen tini G., Sviluppi onomastico-toponomastici tribali delle Co­ munità Albanesi di Sicilia, p. 17, 18. 2 Schirò G., Te dheu i huaj, p. 81. 3 Schirò G., Canti tradizionali delle Colonie Albanesi di Sicilia, p. l x x x i v . 4 S ciam bra M., Indagini storiche sulla Comunità Greco-Albanese di Pa­ lermo, p. 109. 6 Archivio della Cattedrale di Piana degli Albanesi; Registro dei batte­ simi, voi. I, anno 1568. 8 S ciam bra M., Indagini storiche..., p. 19.

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XVI

Introduzione

al suo tempo, afferma effe i Matranga erano contraddistinti dai seguenti soprannomi: Matranga lulja, Matranga sbarra e Matranga galax. Questa famiglia così variamente suddivisa aveva propri stemmi, effe lo Seffiro ebbe la fortuna di osservare e di descrivere prima effe parecchi di essi fossero distrutti o si disperdessero per i restauri delle chiese nelle quali erano stati collocati. Fra quelli descritti dallo Seffiro 1 2 noi siamo riusciti a trovarne uno solo effe abbiamo fotografato. La famiglia Matranga dunque ebbe a Piana degli Albanesi una tradizione di rinomanza, sia per la nobiltà di sua origine effe per posizione economica. Le notizie biografiche su Luca Matranga sono molto scarse e incerte. Però attraverso gli stessi rari elementi, si possono ricostruire i momenti più importanti della sua vita. Il La Piana pone la data della sua nascita all’anno 1560 circa 3, ed erroneamente pensa effe la permanenza del Matranga nel Col­ legio Greco, dove fu mandato per prepararsi al sacerdozio, deve collocarsi entro gli anni 1577-1591. Però se egli avesse conosciuto il testo della ricostruzione della « Cronaca di tutti i scolari del Col­ legio Greco dalla fondazione sin all’anno 1640 » dove si legge « Luca Matragna (sic) da Monreale 4 di Sicilia di natione Albanese, fu d’in­ dole mediocre, studiò l’humanità Greca et Latina, poi per indispositione partì, essendo stato in Collegio cinque anni » 5 non avrebbe proposto dati biografici difficilmente conciliabili. K. Asffta, effe scrisse un articolo sul Matranga 6, non aggiunge nulla di nuovo, perchè dipende dal La Piana per la data della sua nascita (1560) e dal Eoques per la data precisa della sua entrata nel Collegio Greco. Il Eoques lascia nell’incertezza la data della nascita del Ma­ tranga, ma utilizzando un documento esistente presso la Biblioteca 1 Schieò G., Te dheu i huaj..., p. 81. Distinguere con un soprannome le fa­ miglie che provenivano da uno stesso ceppo, divenne una necessità anche presso le altre comunità. A Contessa Entellina la famiglia Sciambra si è talmente in­ grandita, che col passare del tempo, si sentì la necessità di distinguere i diversi rami della famiglia assumendo un tripice soprannome: Sciambra manjé; Sciambra taranjinè; Sciambra baxhanè; così fecero le famiglie: Cuccia, Schirò e Lojacono. 2 Schirò G., Te dheu i huaj..., p. 79-82. 3 L a P ia n a M., Il Catechismo albanese di Luca Matranga (1592), p. 4. 4 In questo posto viene adoperato il formulario del tempo, secondo cui per indicare la patria di origine si soleva nominare la diocesi. 5 Archivio del Pontifìcio Collegio Greco di Roma, voi. I, fol. 17v, n° 46. 6 A shta K ., Shènime e vèrejtje rreth gjuhès dhe leksikut tè Lelcè Matrèngés, p. 84.

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La persona del Matranga

X Y II

Vaticana 1, scoperto dal Korolevskij e pubblicato in « Stoudion » 2, afferma che il Matranga era presente nel Collegio Greco in occa­ sione della Visita Apostolica fatta eseguire da Papa Pio V nell’ago­ sto 1585 e che vi era entrato due anni prima (1582) 3. Sono due dati cronologici di particolare importanza per la storia del Matranga, e se aggiungiamo ad essi anche la notizia che ci fu tramandata dalla Cronaca del Collegio Greco, secondo cui il Matranga rimase in quel­ l’istituto « cinque anni », possiamo concludere che egli abbandonò il Collegio nel 1587, e poi probabilmente fece ritorno nel suo paese natio, Piana degli Albanesi. Non sappiamo con precisione quando egli ricevesse l’ordinazione sacerdotale, probabilmente verso il 1591, prima della pubblicazione della sua Dottrina cristiana. E tenendo conto che anche allora l’età canonica per ricevere il presbiterato era di 24 anni, potremmo appros­ simativamente fare risalire la data della sua nascita all’anno 1567. Il primo atto ufficiale della sua attività sacerdotale in Piana degli Albanesi, è del dicembre 1601. È un atto di battesimo, di cui diamo la riproduzione fotografica, trovato nell’Archivio della Catte­ drale di Piana del seguente tenore: Jo Don Luca Matranga Par­ roco di questa Ecc(lesi)a di Sancto Georgio ho Battizato uno fan­ ciullo nato alli X X X di Novembre proximo passato figlio di Antoni et Venera Zalapi et li fu posto nome Andrea li Patrini foro Fran­ cisco di not. Joseppi et Beatrici Guzetta et la commari fu Dominica figlia delli de(ti) not. Joseppi et Beatrici Guzetta moglie di Joanni Musacchia di questa terra della Piana » 4. Da questo documento si rileva che il Matranga era parroco della Chiesa di S. Giorgio, che, dopo quella dell’Odigitria, rappresentava il tempio più antico, essendo stato costruito nel 1493, ed ampliato nel 1494. La Chiesa di S. Demetrio, invece, fu terminata circa un secolo dopo e precisamente verso l’anno 1598 5. Il Matranga alternava la sua attività parrocchiale con P. Ciulla, con l’omonimo Giuseppe Matranga, con P. Borgia e con P. Fiocca. Ma in un atto di battesimo del 10 febbraio 1608, egli si firma per la prima volta « Ebdomadario di questa ecclesia di Sancto Dimitrio » 6. 1 Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. latino, 5527, fol. 36. 2 Stoudion, Roma, 1929-1930, p. 50-51. 3 R oqtjes M., Becherches sur les anciens textes albanais, p. 20. 4 Archivio della Cattedrale di Piana degli Albanesi, Registro dei batte­ simi, voi. Il i, atto 835, fol. 85. 6 S chirò G., Canti tradizionali..., p. l x x x i x . 0 Archivio della Cattedrale di Piana degli Albanesi, Registro dei batte­ simi, voi. Ili, anno 1608.

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X V III

Introduzione

A cominciare da questa data i sacerdoti che si alternarono nel­ l’amministrazione dei sacramenti si segnano nei registri con la qua­ lifica di Ebdomadario. Sembra pertanto probabile che essi dipen­ dessero da un Proestòs. Eoi non abbiamo testimonianze che ci confermino che il Matranga avesse ricoperto la carica di Proestòs del clero di Piana, perchè anche egli negli atti susseguenti continua a firmarsi ebdomadario. Il suo nome appare nei registri ad intervalli e ogni volta amministra una serie di battesimi, fino al 23 agosto 1614 1. Per completare i dati cronologici del nostro autore crediamo opportuno riportare il documento che lo Schirò scoprì nell’Archivio della Cattedrale di Piana. Egli scrive: « Il Matranga, fu certamente capo del Clero di Piana ed in tal grado morì nel 1619, come ricavasi dal seguente documento del 6 maggio 2a. Indit.ne di quell’anno, che conservasi nell’Archi­ vio Matriciale »: «... His mensibus praeteritis fuit nobis supplicatum ad instantiam D. Andrea Chisesi2 asserens quod in dieta Terra vacabat Archipresbyt. ob mortem D. Lucae Matranga et fuit prò concursu facta, per dictum Eev. Dominum Vicarium Generalem, electio dicti Archipresbyteri in personam dicti D. Andreae Chisesi virtute cuius fuerunt emanatae litterae per Curiam Archiepiscopalem Civ. Montis Eegalis, et per eum capta possessio dicti Archipresbyterati et postea fuerunt obtentae litterae per Suam Sanctitatem confirmationis... » 3. Dai dati sopra riportati possiamo ricostruire riassuntivamente la biografia del Matranga nella seguente maniera: Xascita presuntiva verso l’anno 1567. Entrata in Collegio Greco nel 1582, all’età di circa 15 anni. Abbandona il Collegio Greco dopo cinque anni, nel 1587, all’età di 20 anni circa. Completati gli studi filosofici e teologici per un tempo comunemente prescritto di cinque anni, avrebbe ricevuto l’ordinazione sacer­ dotale verso la fine del 1591 e i primi del 1592. Eisulta sicuramente documentato Parroco della Chiesa di S. Giorgio di Piana nel dicembre del 1601, e con la qualifica di « Ebdoma­ dario » della « Ecclesia di S.to Dimitri » nel febbraio 1608. Muore a Piana degli Albanesi nel 1619, con la qualifica di arciprete, all’età di 52 anni circa. 1 Archivio della Cattedrale di Piana degli Albanesi, Registro dei batte­ simi, voi. IV, anno 1614. 2 Lo stesso sacerdote appare nei registri della Cattedrale (Reg. battesimi, voi. IV, 30 dicembre 1613) col grado accademico di Dottore in Teologia. 3 Schirò G·., Canti tradizionali..., p. c x v i.

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Provenienza degli Albanesi in Italia

X IX

II. DATA E LUOGO DI PEOVENIENZA DEGLI ALBANESI IN ITALIA Da una serie numerosa di testimonianze storiche, linguistiche, onomastiche e toponomastiche, sembra accertato che gli Albanesi siano venuti in Italia da ogni parte dell’Albania; alcuni direttamente, altri invece dopo una più o meno lunga permanenza in Grecia e specialmente nel Peloponneso 1. Essi incominciarono la loro emigrazione a scopo militare nel 1450, per continuare in diverse altre ondate secondo lo spostamento dell’occupazione turca, fino alla presa di Corone e Modone verso il 1533. I profughi ricevettero tutti generosa ospitalità nel Segno di Napoli e in Sicilia 2. Quelli che si diressero verso le terre della Cala­ bria ancora oggi sono raggruppati nella circoscrizione religiosa della Diocesi di Lungro. Invece coloro che scelsero come sede la Sici­ lia sono, ancor oggi, sistemati nella Diocesi di Piana degli Alba­ nesi 3. Proprio per queste comunità albanesi profughe il Matranga scrisse la sua Dottrina cristiana, come appare dalla sua lettera de­ dicatoria 4. Egli che visse nel periodo immediatamente dopo il Con­ cilio Tridentino, che aveva dato grande impulso all’insegnamento della dottrina cristiana, subì indubbiamente l’influsso di quel mo­ vimento, che riempì il mondo cattolico di manuali di ogni tipo e di ogni estensione56 * e riconobbe che anche per gli albanesi fosse neces­ sario un testo di dottrina nella loro lingua. Per assolvere questo com­ pito il Matranga si servì del testo del Ledesma, in quel tempo molto diffuso in Italia e altrove in numerose altre traduzioni. Noi abbiamo potuto consultare un esemplare esistente nella Biblioteca Vaticana, stampato nel 1593 8, ma sembra che l’edizione più antica in lingua italiana edita a Soma, risalga al 1571, per quanto anche questa reca sul frontespizio « nuovamente stampata ». 1 V alen tini G., Sviluppi onomastico-toponomastici..., p. 26-28. 2 R odotà P., Dell’Origine, progresso e stato presente del rito greco in Italia, voi. I l i , p. 51-52. 3 Schirò G., Ganti tradizionali..., p. i x -c x x x v ii . Lo J acono S., Memoria sull’origine e fondazione della Comune di Contessa Entellina, p. 11-82. B uccola 0 ., La Colonia greco-albanese di Mezzojuso, p. 5-57. * 01 , ff! 1-4. 6 Cfr. T estore C., Catechismo, in Enciclopedia Cattolica, voi. Ili, col. 1118-1119.

6 Dottrina Christiana... composta per il D. Ledesima, Firenze MDXCIII.

2

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XX

Introduzione

Allo stato attuale delle nostre conoscenze, la Dottrina cristiana del Matranga deve considerarsi il primo e il più antico testo cate­ chistico composto in lingua albanese, che abbia visto la luce a stampa. È pertanto comprensibile quanta importanza esso abbia per gli albanesi, a cui principalmente viene indirizzato.

III.

IL MANOSCRITTO DELLA DOTTRINA CRISTIANA A) D e s c r iz io n e

d e l m a n o s c r it t o

Il Ms. Barb. Lat. 3454 della Biblioteca Vaticana contiene in triplice esemplare la traduzione albanese della « Dottrina Christiana » fatta da Luca Matranga da un testo del Ledesma. I tre fascicoletti in carta bombicina, qui riprodotti nello stesso formato sono così suddivisi: II primo fascicolo, di complessivi 51 ff., probabilmente scritto di proprio pugno dallo stesso Matranga contiene: a) ff. l r-4r, una lettera dedicatoria inviata il 20 marzo 1592 da Piana dei Greci al Cardinale Ludovico II Torres 1, Arcivescovo di Monreale; b) /. 5r, una Canzona Spirituale albanese con traduzione la­ tina; c) ff. 8r-47r, la Dottrina Christiana nella traduzione albanese intercalata con il testo italiano del Ledesma; sarà citata nel nostro lavoro con (71.; d) f. 48r, di altra mano la traduzione albanese dell’Angelus; a fine di pagina l’Imprimatur·, e) f. 48v, sempre con altra calligrafìa, in lingua albanese le indulgenze concesse dai Papi Pio V e Gregorio X III. Il secondo fascicolo, scritto con altra calligrafìa differente dal precedente contiene: a) f. 52r, titolo della Dottrina Christiana; b) f. 52v, in lingua albanese le indulgenze concesse dai Papi Pio V e Gregorio X III; 1 Questo Arcivescovo, ai tempi del Matranga, doveva godere le simpatie degli albanesi di Piana, perchè per ben due volte, il 20 giugno 1588 e dopo la sua elevazione a Cardinale, con lettere osservatoriali del 21 novembre 1606 confermò i Capitoli del 1488, inserendo l’intero testo del contratto rogato dal Not. Altavilla, in cui si riconoscevano tutti i diritti degli Albanesi e si pone­ va divieto ai non Albanesi di insidiarli (Cfr. Schisò Gl., Canti tradizionali p. l x x x v ).

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Il Manoscritto

XXI

c) ff. 53r-70r, il testo albanese della Dottrina Christiana, che da noi sarà citata con 02; d) f. 70r, a fine pagina la traduzione albanese dell’Angelus, che continua al f. 70*; e) f. 71v, traduzione albanese del titolo italiano già riportato al f. 52r; /) f. 72r, differenti noterelle. Il terzo fascicolo, con calligrafia ancora diversa dai due prece­ denti, contiene: a) f. 73r, titolo della Dottrina Christiana in albanese e in italiano; b) f. 73v, in lingua albanese le indulgenze concesse dai Pon­ tefici Pio V e Gregorio X III. c) ff. 74r-85v, testo albanese della Dottrina Christiana, che nel nostro studio sarà citata con G3; d) f. 85v, a fine pagina traduzione albanese dell’Angelus, che continua al f. 86r; e) f. 86r, a metà pagina l’Imprimatur·, f) f. 86v, si legge: « Originale dello stampato », 3518. Le pagine non menzionate devono considerarsi in bianco. B) L a

scoperta d e l

M a n o s c r it t o

Nessuno di coloro che si sono interessati del catechismo del Matranga ha dato una relazione particolareggiata della scoperta del manoscritto. Solo il La Piana, che deve considerarsi il primo scopritore di esso, ci lasciò scritto: « Da alcuni anni era venuto a nostra conoscenza un catechismo albanese manoscritto della Bi­ blioteca Vaticana. Era nostra intenzione darlo subito alla stampa, per metterlo alla portata di tutti gli studiosi albanofili, ma non sapevamo risolverci ancora a ciò per ragioni di varia indole e diversa importanza. Era nostro desiderio accompagnare il testo con delle note a mo’ di commentario, affinchè la nostra fatica non fosse opera di semplice esumazione di un documento restato sepolto per oltre quattro secoli; ma opportunamente venisse a portare il suo contri­ buto, per quanto tenue, all’edificio che, stentatamente purtroppo, nè sempre secondo regola di arte si va innalzando, di una lingua letteraria albanese » 1. Ma della Dottrina Cristiana, composta dal Matranga, si era fatto cenno già qualche anno prima dall’insigne albanologo Mons. Paolo 1 L a P ia n a M., Il Catechismo, p. 3.

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X X II

Introduzione

Schirò, Vescovo ordinante degli albanesi di Sicilia. Egli in una let­ tera indirizzata al Direttore del giornale « Dielli » 1 scrive: Te numeri 41 ditès 7 Janar tè letij viti, sglodha tele e para shtyllè, leu flet per Zgjimin: I pari libèr shqip i njohur... I njohur nga leush shleruan, por u Team tè shtonj, se para shumè tjerè libre tè motgmè edhe leemi: Dom Gjoni Buzuleu shlcruajti e botoi nè vitin 1555·, Lutea Matranga shtypi Doletrinèn... arbèrisht. U team bes se zotèria jote njehè leta libre gè edhe u leam, libre tè shtrejt e tè vejjshèm mjaft gè mbajèn gluhèn e motgmè » 2. Quindi senza volere arrecare torto al La Piana, a cui va, co­ munque, il merito della scoperta del manoscritto, si potrebbe sup­ porre che l’idea della ricerca del manoscritto gli sia stata suggerita dalla notizia che lo Schirò diramò attraverso il « Dielli » al mondo degd studiosi di cose albanesi. Ma ado Schirò, instancabile ricer­ catore e studioso di ogni materiale che si riferiva a documenti ine­ diti della lingua e letteratura albanese, fu facile individuare la no­ tizia ded’esistenza della Dottrina cristiana composta da un siculoalbanese. Lo Schirò, in quel tempo, era anche Rettore del Seminario Greco Albanese di Palermo, neda cui biblioteca rinvenne anche il manoscritto inedito di Papas Paolo M. Parrino, il quale, tra le opere albanesi pubblicate fino al suo tempo, mette in evidenza anche la Dottrina cristiana tradotta in lingua Albanese da Luca Matranga 3. 1 Contrariamente a quanto scrive il La Piana, a noi risulta che la lettera in questione fu pubblicata sul « Dielli » e non sul « Flamuri ». Le date sono cor­ rispondenti: scritta da Mons. Schirò da Palermo il 7 febbraio 1910 e pubbli­ cata il 10 marzo 1910. Non ci fu possibile trovare il « Flamuri » citato dal La Piana, mentre abbiamo sotto mano la copia del « Diedi » (18 marzo 1910, n° 51, voi. II). 2 Riportiamo la traduzione della lettera: « Nel numero 41 del giorno 7 gen­ naio di quest’ anno, lessi neda prima colonna, dove si parla del Risvegdo: il primo libro conosciuto... conosciuto da chi scrive, però io devo aggiungere che prima abbiamo molti altri libri antichi: Don Grjon Buzuku scrisse e pub­ blicò l’anno 1555; Luca Matranga stampò la Dottrina... albanese. Io credo che la Signoria Vostra conosce questi libri che anche io possiedo, libri preziosi e abbastanza pregiati che contengono le lingua antica ». 3 P aerino P. M., In septem perpetuae consensionis libros Albanensis Eccle­ siae cum Bomana omnium Matre et Magistra, prolegomena. Cap. IX .

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Il testo stampato

X X III

IY. IL TESTO STAMPATO Non ci fu possibile trovare il testo stampato della Dottrina Cri­ stiana del Matranga, che ormai è assodato essere stato pubblicato a Poma nel 1592, presso la stamperia di Guglielmo Facciotto. Per quanto si sappia, della edizione si è salvata una copia, che fino a qualche anno fa si conservava nella Biblioteca Apostolica Vati­ cana. Dovevano indubbiamente esisterne altre copie, specialmente in Sicilia, perchè sappiamo che il Parrino ne aveva vista una proba­ bilmente nella Biblioteca del Seminario Greco-albanese di Palermo. Sventuratamente la copia della Biblioteca Vaticana, qualche anno addietro fu trafugata da persona, i cui connotati forniti dal­ l’impiegato che la diede in lettura, la rendono, con molta probabi­ lità, individuabile, come rendono individuabile la fine del libro tra­ fugato, senza peraltro che la Vaticana stessa possa reclamarla. Esisteva pure una fotocopia, presumibilmente la stessa di cui abbiamo fatto cenno sopra, appartenente a Mons. Paolo Schirò, ereditata dal nipote Prof. Zef Schirò; ma essa dovette rimanere, assieme a molto altro materiale inedito riguardante opere albanologiche, in Albania al suo rientro in Italia nel 1949 ed ora giace presso la Biblioteca Nazionale di Tirana. Appartiene forse a questa fotocopia il frontespizio pubblicato nel I volume della Sistoria e letèrsisè shqipe 1, e lo stesso frontespizio nella Bibliografi e letèrsisè sè vjetèr shqipe 2 di D. Shuteriqi. Lo Schirò, con ogni verosimiglianza, doveva essere in possesso di una fotocopia dell’esemplare stampato, già dal lontano 1910, prima che il La Piana curasse l’edizione dei manoscritti. Lo stesso La Piana ne ebbe il sospetto perchè dopo avere riprodotto la lettera che lo stesso Mons. Schirò inviò al Direttore di « Dielli » da noi già riprodotta, si è affrettato ad iniziare ricerche in Sicilia, dove sperava trovare qualcosa. Egli infatti scrive: « Da queste parole risulterebbe chiaro che il catechismo di Luca Matranga sia stato una qualche volta stampato, e che Mons. Paolo Schirò ne sia in possesso di una copia. Ma non sappiamo che dire, poiché sono solo pochi giorni che un nostro amico, interrogato in proposito, ci scriveva da Palermo queste testuali parole: Ben mi consta che Mons. Schirò da molti anni lesse in un documento esistente nel Seminario che Luca Matranga stampò la 1 Historia e letèrsisè shqipe, Universiteti Shetèror i Tiranès, voi. I, p. 198. 2 Sh utebiq i D h ., Bibliografi e letèrsisè sè vjetèr shqipe, p. 149.

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X X IV

Introduzione

dottrina in Albanese nel 1592, e quindi io e Mons. Scbirò due anni addietro abbiamo fatto ricerche e non abbiamo trovato nessuna copia. Certo se noi avessimo trovato almeno una copia ne avremmo ordinato la ristampa » 1. Noi non sappiamo come spiegare le parole che l’amico del La Piana scrisse in quella occasione, e siamo sempre propensi a rite­ nere che lo Schirò fosse realmente in possesso di una copia fotogra­ fica della Dottrina, fatta eseguire probabilmente con l’intenzione di farne una pubblicazione. È probabile che il fascicolo stampato sia stato ritrovato in occa­ sione delle ricerche eseguite nella Biblioteca Vaticana per rinve­ nire il Messale del Buzuku; infatti lo Schirò nella lettera abbina le due opere. Egli esplicitamente asserisce di essere in possesso della copia della Dottrina del Matranga e a questo proposito adopera l’espres­ sione: gè edìie u Team. Sicuramente se questa non fosse stata la sua intenzione avrebbe preferito ripetere l’altro verbo adoperato nella stessa lettera per il Direttore: njoh. L’affermazione dello Schirò deve riferirsi ad una copia fotografica, perchè qui collega i due autori: Buzuku e Matranga. Ora si sa che dell’opera del Buzuku è pervenuta a noi una sola copia stampata, esistente pure essa presso la Biblio­ teca Vaticana. Essa sembra sia la stessa che ereditò il nipote Prof. Zef Schirò, di cui abbiamo accennato sopra. Lo Schirò, meticoloso ed accurato studioso, sempre desideroso di perfezionare i suoi lavori, era molto lento a pubblicarli, per cui quando apparve lo studio del La Piana, considerando il suo lavoro ormai praticamente superato, avrà definitivamente abbandonato ogni ulteriore idea di mandarlo alle stampe. Ma il Boques 2, quasi a volere rivolgere un blando appunto a quelli che, interessandosi del Catechismo del Matranga, ritennero che esso non fosse mai stato pubblicato, così scrive: « Il était diffi­ cile de ne pas conclure des indications des copies B et C que cet ouvrage avait été livré à l’impression, et le P. M. Parrino au x v m e siècle paraissait en avoir vu un exemplaire imprimé; cependant on n’en retrouvait plus aucun et l’on en était arrivé à conclure que, pour une raison inconnue, l’impression n’avait pas eu lieu; la con­ clusion était erronée: j ’ai constaté la présence d’un exemplaire imprimé à la Bibliothèque Vaticane » 3. 1 L a P ia n a M., Il Catechismo, p. 6. 2 H oques M., jRecherches, p. 19. 3 R oques M., ibidem, ha questa indicazione: Rome, Guglielmo Facciotto;

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Il testo stampato

XXV

Abbiamo cercato di avere la riproduzione di qualche pagina della copia fotografica che si conserva presso la Biblioteca Nazio­ nale di Tirana, ma non ci fu possibile ottenerla. Per questo crediamo molto utile riprodurre quanto a questo proposito scrisse il Roques. Egli afferma che la Dottrina ha il seguente titolo: EMBSUAME | E CHRAESTERAE | BAEAERAE per tae Urtaenae Atae Ladesmae | sciochiaeriet Jesusit. | E prierrae laetireiet mbae gluchae tae | arbaeresciae paer Lecae Matraengnae | Imbsuam i Cullegit Graecae tae | Romaesae. | DOTTRINA CHRI­ STIANA | Composta dal Reuerendo P. Dottor Ledesma | della Compagnia di Giesù. | Tradotta di lingua Italiana nell’Albanese | per Luca Matranga alunno del Collegio Greco, | in Roma. — (Mar­ que: Christ au Calvaire.) In Roma, Presso Guglielmo Facciotto, 1592. | Con licenza de’ Superiori. In 12, 28 pages. P. I: p. 2: Avertissement: Scelti atae Paya Pio i pesaeti da caterzet dit ndaegliesae githae atireuae ceembsognaenae e atireuae ciae e zaenae ndaer mentae tae mbsuame tae chraesterae paer githae dit ciae tae baegnaenae per githae ata giegenae prata ciae te chuagnaenae e ciae tae ndihgnaenae atireuae ciae baen chrij. E Gregori Papa i traembaedietiti laefdoi e stoi eda tae tiera gnae chindit. Il n’y a ni épître dédicatoire, ni visa, ni imprimatur. P. 3: Catéchisme, texte albanais seul comme dans les copies B et G. Embsuame e chraesterae ciae prepsntae die ghithae i pistepsm i craestae... Le titre présente dans l’imprimé de menues différences avec celui des copies manuscrites et il en est sans doute de même pour le texte, que je n’ai pas pu collationner. La différence la plus grave pour nous, et due certainement au manque de lettres accentuées dans les casses de Pacciotto, est que Luca Matranga a renoncé à maintenir dans l’impression l’accent que, dans ses manuscrits, il avait mis « al modo greco letterato... sopra le dittioni, che molto gioverà per pronunciarsi bene ». Par contre il a conservé la notation par œ pour le son noté aujourd’hui ë , « un certo sono che si fa col naso, e pur non è ordinariamente vocale particolare cioè o a, o e, o u, ma alle volte solamente un sono che si fa, come ho detto col

un seul exemplaire, non signalé jusqu’ici, Biblioth. Vaticane R. G-. Teol. v. 1265 int. 2.

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XXVI

Introduzione

naso ». Cette graphie s’est longtemps conservée chez les Albanais d’Italie » h Non è stato possibile — per il motivo riferito — collazionare i tre manoscritti con l’esemplare a stampa. Perciò neppure si può decidere quale di essi sia stato utilizzato per la edizione, per quanto valida l’ipotesi del Riza secondo cui esso sarebbe stato il G3 1 2.

V. QUESTIONE DELLA COPIA ORIGINALE E DELLE ALTRE SU QUESTA ESEGUITE L ’esame dei tre esemplari della Dottrina cristiana del Matranga sorprese gli studiosi, perchè vi si trovarono differenze di contenuto: Gl risulta indubbiamente completa nel testo di fronte a G2 e G3 sensibilmente ridotte. A queste particolarità di contenuto si aggiun­ gono alcune differenze di carattere grafico, fonetico, morfologico, sintattico e lessicale, che se avessero migliorato il testo potevano essere considerate ripensamenti dello stesso autore, eseguite per impreziosire il contenuto, e nessuno avrebbe avuto nulla da ridire; ma siccome le differenze ebbero carattere spesso degenerativo, esse ci stimolarono ad approfondire il motivo per cui ci siano pervenute tre copie della stessa materia. La maggior parte degli studiosi che si interessarono della Dot­ trina del Matranga furono concordi nel ritenere Gl l’esemplare da cui dipendono le altre due copie; ma non diedero eccessivo peso alle differenze in esse contenute. Il La Piana, che nel suo lavoro non poteva far passare inosservate le differenze, sembra volere dare ad esse un rilievo puramente ortografico, e trascurò le altre 3. Il Rrota, il Roques e lo Ashta, non si occuparono direttamente della questione e, se fanno qualche generico accenno, dipendono piuttosto dal La Piana 4. Solo il Riza sembra avere avuto una esatta visione della questione della dipendenza delle tre copie e inquadra il problema con una certa chiarezza, pervenendo a conclusioni, che nella maggior parte noi con­ dividiamo. Egli deve ritenersi il primo autore che cercò di spiegare con ragionevole documentazione la dipendenza dei tre fascicoli5. 1 R oqtjes M., ibidem, p. 20. 2 R iza S., Disa teza..., p. 80. 3 L a P ia n a M., Il Catechismo..., p. 7. 4 R uota J., Shkrimtari ma i vjetri i iialo-shqyptarvet, Luke Matranga (1592), p. 505. R oques M., lìecherches..., p. 19-21. A shta K., Shénime..., p. 86. 3 R iza S., Disa teza mbi tre doréshkrimet e kateìcizmit tè Matrèngès, p. 78.

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La copia originale

X X V II

Ai rilievi del Eiza crediamo potere aggiungere ancora altri mo­ tivi che confermano maggiormente la sua soluzione. Riteniamo con il Riza che il Matranga ebbe in animo il propo­ sito di mandare alle stampe Cl, concordemente ritenuta la copia redatta da lui personalmente, infatti: 1) Egli non avrebbe preparato una copia ben articolata e ordi­ nata nelle sue parti, se essa doveva servire ai revisori ecclesiastici soltanto per comprendere agevolmente il testo albanese. Per ovviare a questa difficoltà i censori si potevano servire del medesimo testo italiano della Dottrina del Ledesma, in quel tempo molto diffuso. 2) Osservando, anche superficialmente, Cl, si resta subito sor­ presi della ricorrenza di alcuni segni divisori, che a prima vista sem­ brerebbero piuttosto dei comuni accenti, ma in realtà si tratta di veri commi, messi li dallo stesso Matranga, con l’evidente inten­ zione chè servissero di guida al compositore della tipografia, ignaro della lingua albanese, nel dividere nel giusto punto un vocabolo dall’altro. Lo stesso accorgimento adoperò anche il Buzuku che lo conservò anche nella stampa. Se il Matranga avesse avuto inten­ zione di mandare alle stampe il solo testo albanese nella redazione di C3, non si comprende perchè avrebbe dovuto usare questi artifici tipografici nella Cl. 3) La completezza di contenuto di Cl ci conferma che il Ma­ tranga volle in essa preparare un libretto secondo uno schema lo­ gico: Lettera dedicatoria con cui esprime la sentita necessità di un testo albanese, anche per gli altri albanofoni d’Italia; la canzone spirituale che, come notiamo in altra parte di questo nostro lavoro, doveva rappresentare un aiuto all’apostolato, era anch’essa impor­ tante nelle lezioni di catechismo. Se il La Piana non fosse stato for­ tunato di scoprire i tre esemplari del manoscritto, ci sarebbe man­ cato un documento molto importante per la letteratura albanese, quale era la prima poesia composta in quella lingua. 4) Complessivamente Cl ci sembra la copia migliore dal punto di vista della correttezza grammaticale e grafica, nonché della chia­ rezza calligrafica; per questo motivo crediamo che il Matranga dopo avere eseguito la traduzione del testo italiano del Ledesma in alba­ nese, trascrivendola in chiara calligrafia, la spedì a Roma alla per­ sona o all’ente che si era impegnato a finanziare e curare l’edizione stampata. Ma considerando che alcune parti della Dottrina si po­ tevano ritenere superflue, oltrecchè costose, si decise di eliminarle. Si eliminò così la Lettera dedicatoria e la Canzone spirituale. Il piano

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X X V III

Introduzione

di ridurre al minimo l’edizione della Dottrina, convinse ancora i curatori romani ad accorciare ulteriormente l’originale, eliminando anche il testo italiano che il M. aveva avuto cura di intercalare con la traduzione albanese. In pratica non potendo apportare tagli a un manoscritto tracciato su recto e verso dei fogli, bisognava tra­ scrivere tutto l’albanese, il che per uno che non conoscesse la lingua poteva essere pressoccbè impossibile; forse anche occorreva prati­ care qualche emendamento suggerito dal revisore Raggio, come per es. nel caso di termini albanesi che potevano suonare nuovi in mate­ ria teologica, come: faqe per ngóaomov. Per eseguire la riduzione bisognava cercare la persona che co­ noscesse l’albanese e a questo proposito si potrebbero prospettare due ipotesi. La prima è collegata al revisore ecelesiastico della Dot­ trina, Tommaso Raggio della Compagnia di Gesù già visitatore apostobco nei Balcani1. Non sappiamo se egli conoscesse l’albanese; non probabile, perchè era di Forlì. Egli fece qualche viaggio in Al­ bania, ma dalle lettere scritte al P. Generale dei Gesuiti, che ancora si conservano, non è possisibile desumere se egli l’avesse imparata. È comunque certo, come si può rilevare da Cl e C3 23 , che egli fu incaricato della revisione della Dottrina del Matranga. Dalle seguenti parole Inane doctrinam... in albanensem linguam traslatam, nos una cum italico textu contulimus diligenter, nec in ea quidquam nisi catholicum et pium invenimus 3 — che lo stesso Raggio appose come nihil obstat dopo l’Imprimatur del Vicegerente — sembra che egli ne sapesse qualcosa e che fosse in grado di potere affermare: contulimus cum italico textu diligenter. Ma si potrebbe anche supporre che il Raggio si fosse fatto aiutare da qualcuno di quei sacerdoti che egli reclutò per la Compagnia di Gesù a Ragusa e a Cattaro, come si rileva dalle lettere inviate al Generale Claudio Acquaviva4. Come allora capitava a Ragusa e specialmente a Cattaro, era frequente fra quelle genti trovare chi conoscesse e parlasse l’albanese, e quindi avrebbe potuto aiutare il revisore, non solo per esaminare la tradu­ zione della Dottrina, ma avrebbe potuto anche effettuare la ridu­ zione dell’originale CI al solo testo albanese. Dna seconda ipotesi potrebbe essere collegata al Collegio Greco, che nello stesso tempo del Matranga accoglieva anche allievi prove­ nienti dal Vicino Oriente e specialmente dalla Cimarra. Nel 1576 1 V. Pastor, Storia dei Papi, Gregorio X III, cap. 11. 2 Cl, fol. 48, 11; C3, fol. 86, 7. 3 Cl, fol. 48, 9; C3, fol. 86, 8. 4 Archivio generale della Compagnia di Gesù, Lettere al P. Generale.

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La copia originale

X X IX

fu alunno di quell’istituto un Andrea Yrana 1 e condiscepoli del Matranga furono Giovanni Aleksi e Geremia StefanacM2 nonché Giovanni di Nicolò della Cimarra 3. Nello stesso tempo furono alunni del Collegio anche italo-albanesi, i quali avrebbero potuto eseguire il lavoro di riduzione, ma l’immissione di qualche voce greca, non necessaria, ci fa credere che esso ebbe come autore qualche cimarriota o qualche altro, proveniente dal Peloponneso. Il riduttore, probabilmente, eseguì il suo lavoro confrontandolo con il testo italiano del Ledesma. Si spiegherebbero così alcune aggiunte praticate, da altra mano, su Gl. Sembra infatti che il Ma­ tranga, in questa prima copia, non abbia tenuto conto dei sotto­ titoli che dividevano in argomenti il testo e che pure compaiono nel­ l’esemplare del Ledesma del 1593. Esaminando 02 appare evidente che la traduzione dei sottotitoli fu improvvisata, denotando evi­ denti incertezze e qualche errore, come in: e tè tjeravet yarakalesi ndè tè thèrresèmè sìiejtevet4 dove evidentemente manca: cillat, dopo ndè tè. Il non identificato riduttore incominciò però ad inserire alcuni di questi sottotitoli in Gl a cominciare dal fol. 32. Tutte le aggiunte sembrano eseguite dalla stessa mano che compilò C2, per cui facil­ mente si può opinare che la riduzione di quest’ultima copia sia stata operata direttamente da Gl. Ma, certamente, G2 non brilla per chiarezza di grafia, anzi sono assai le incertezze a cui va incontro. La lettura di essa riesce diffi­ cile anche ad uno che conosce la lingua albanese. Si deve forse attri­ buire a questo inconveniente la decisione di eseguire una copia in bella scrittura che la rendesse più leggibile. Confermerebbe questa nostra supposizione il fatto che soltanto CI e C3 ebbero apposto 1’« Imprimatur » e l’autorizzazione ecclesiastica. 5) Altro motivo assai importante per cui si presume che il Ma­ tranga non avesse avuto alcuna parte nella stesura di G2 e C3 e che ambedue fossero state eseguite a sua insaputa, lo possiamo ri­ cavare dalle ricorrenti differenze, non solo di contenuto, ma anche grafiche, fonetiche, grammaticali, sintattiche e lessicali. Le va­ rianti introdotte sono in contrasto con le regole della lingua alba1 L e g r a n d E., Bibliographie hellénique, voi. I l i, p. 166-172, 289. 2 K o r o l e v s k ij C., Documenti inediti per servire alla storia delle Chiese

italo-greche, p. 132. 3 Risulta nella lista degli Alunni del Collegio Greco compilata dal Visi­ tatore Apostolico in occasione della visita effettuata nel 1586, Ms. Vat. Lat., 5527, fol. 26. * Cl, fol. 32, 9.

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XXX

Introduzione

nese, e il Matranga diffìcilmente le avrebbe adottate, come sem­ brano evitate in Gl. Ci limiteremo a segnare qui soltanto alcuni casi, a solo titolo dimostrativo, perché tutte le varianti sono state da noi messe in ridevo nella trascrizione del testo albanese di Gl, a cui rimandiamo il lettore. a) Differenze grafiche e fonetiche. Queste, dal La Piana 1 e dal Eiza 2 sono considerate dei miglioramenti e sono: Cl Andei caa tae vignae tae cgiucognae tae cgialaetae... (Gl, 12, 4) Falerni e chxiruame... (Gl, 21v, 6 ) Tae chxipuritae e xaenmaerijsae... (Gl, 47, 7)

C3 Andei caa tae vignae tae qiucoqnae tae qialaetae... (G3, 75, 6 ) Falerni e chiruame... (03, 78, 8 ) Tae chipuritae e scemmaerij sae... (G3, 85^, 13)

Tuttavia non sappiamo se questa semplificazione di grafìa si debba considerare un miglioramento. È certo cbe il Matranga aveva una sua particolare sensibilità fonetica, e se egli si decise ad usare l’accoppiamento di due, tre e qualche volta quattro lettere, nella sua intenzione vi era sempre qualche tentativo di volere esprimere qualche suono, che a lui che scriveva alla fine del 1500, quando l’alfabeto della lingua albanese non aveva alcuna stabilità, doveva riuscire estremamente difficile. Comunque è certo che la lettera x adoperata in Gl per l’attuale sh, in G2 viene adoperata con estrema incertezza, perchè nei primi fogli essa rimane invariata, mentre nei fogli successivi viene ade­ guata alla maniera italiana se·, in C3 essa diventa semplicemente s, es. Christi per Krishti-, istae per ishtè, e soltanto qualche volta anche se. b) Differenze grammaticali. Cl pse etireia ixtae peraendia e chiélvet... (Gl, 42, 10) si baen ti tae loiasuritae e xpirm .. . (Gl, 27, 9)

C3 spe itireia istae peraendia i chiélvet... (G3, 84, 16) si baen ti tae loiasuritae tae spirtitì... (G3, 79v, 22)

1 L a P ia n a M., Il Catechismo, p. 7. 2 E iza S., Disa teza..., p. 79.

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La copia originale

XXXI

c) Differenze sintattiche. CI Si ianae xumae conismae tae xaenmaerijsae (Gl, 23, 9). tae iapx tae chxaanae tae vabaecghiet (Gl, 44, 9).

C3 Si ianae sciumae tae scaemaerijsae conismae (G3, 78v, 10). tae iaps tae chaanae tae vabegut (G3, 84T, 20).

Abbiamo voluto accennare soltanto a qualcuna di quelle diffe­ renze, e possiamo affermare che il Matranga non sarebbe caduto, nel suo lavoro, in errori che riscontriamo in C2 e G3. Egli seguendo semplicemente la parlata della sua patria d’ori­ gine, avrebbe sicuramente evitato quelle incertezze, come del resto furono evitate in Gl. Esse devono considerarsi opera di chi non co­ nosceva bene l’albanese, oppure di chi si apprestò a ridurre con svogliatezza e con grande faciloneria il testo albanese. d) Differenze lessicali. Queste hanno una importanza particolare, perchè spesso si tratta di innovazioni arbitrarie e irragionevoli sostituzioni di voci tipica­ mente albanesi, del resto già esistenti in Gl, per dar luogo a voci greche. CI e extravet Hireve (Gl, 26, 7). se saado tae ieenae trij fachie (Gl, 14v, 11 ). e treta fachie e xeitsae triadae (Gl, 17, 1). tae mathtae (Gl, 33, 15).

C3 e lipsana e estra tae tae sceitevet (G3, 79v, 8 ). se saado ianae tria prosopata (G3, 75v, 20). trito prosopo e sceitsae triadae (G3, 76v, 7). perifanij (G3, 81v, 16).

L ’uso di queste voci greche al posto di quelle albanesi adope­ rate dal Matranga con più proprietà, denuncia la presenza di altra persona diversa dal nostro autore. Ciò confermerebbe che la per­ sona deve individuarsi in qualcuno proveniente dalle comunità della Morea o della Cimarra, a cui doveva essere familiare la lin­ gua greca, e presso cui era sconosciuto l’uso di voci appartenenti ad altre lingue, come oggi capita agli italo albanesi con l’uso di voci siciliane e calabresi, se non si vuole tenere conto che il cambiamento sia stato suggerito dal Raggio per non innovare termini entrati ormai nella tradizione teologica, come ngóctamov, vnóaxaaig.

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X X X II

Introduzione

Concludiamo colle parole del Riza: « Xoi siamo convinti che le differenze grafiche, linguistiche e di contenuto del manoscritto A B (e anche G) dal manoscritto A del primo catechismo albanese co­ nosciuto, nè furono approvate nè conosciute da Luca Matranga, ma furono fatte arbitrariamente da qualche altro » 1. Queste considerazioni in un certo senso riabilitano il Matranga, perchè lo scagionano della responsabilità degli errori, che fino ai giorni nostri furono attribuiti a lui. Indubbiamente il lavoro del Matranga non è un modello di arte letteraria, però rimane sempre uno sforzo di traduzione di un testo che presentava innegabili difficoltà. Se si tiene conto del tempo in cui esso venne eseguito, si può considerare opera altamente meritoria e acquista un particolare valore, nonostante i numerosi difetti. La scoperta del La Piana fu veramente provvidenziale, perchè agli studiosi venne proposto il lavoro così come realmente venne ideato e redatto dal Matranga. Infatti scrive sempre il Riza: « Ci rimane da constatare che, per una causa o per un’altra, il manoscritto G venne pubblicato con errori di stampa talmente numerosi e talmente gravi che il libro stampato uscì in più parti quasi irriconoscibile; ciò che forse spiega la non dif­ fusione del catechismo del nostro autore presso gli albanesi d’Italia. Comunque sia, è un fatto che noi l’opera di Luca Matranga l’avremmo conosciuta troppo monca nelle sue parti componenti e nello stesso tempo trasformata nella sua presentazione grafica, linguistica e di contenuto, se ci fosse pervenuta soltanto nel libro stampato secondo il manoscritto G e non contemporaneamente anche nel manoscritto autografo e autentico del nostro autore, cioè nel manoscritto A » 2.

VI. FORTUNA DELL’OPERA L ’eco della fortuna iniziale dell’opera, del Matranga ci è giunta attraverso le espressioni che egli stesso ci tramandò nella lettera dedicatoria, dove si legge: «... che certo è meraviglia che per le strade nostre altro non si senta, che voci di fanciulli recitando la dottrina in lingua albanese. Di tutto sia gloria a N. S. dal quale priego a Yossig.ria Ill.ma e Rev.ma ogni colmo maggiore delle sue gratie » 3. Questa fortuna, probabilmente, deve essere durata almeno fino 1 R iza S., ibidem, p. 80. 2 R iza S., ibidem, p. 81. 3 G l , 4\ 4.

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La lingua

X X X III

al tempo del Parrino il quale, dopo un secolo e mezzo circa, fu il primo a farcene menzione. Dopo questa notizia la Dottrina del Matranga rimane in perfetto oblio. Ne la trasse Mons. Paolo Schirò, con quella nota lettera indirizzata al Direttore di « Dielli » x. È pro­ babile che egli si proponesse di farne una edizione per gli studiosi, ma lo prevenne il La Piana, che avendo scoperto il manoscritto nella Bibboteca Vaticana, dove lo Schirò aveva probabilmente rinvenuto il testo stampato, ne fece un’edizione critica con com­ mento in « Roma e l’Oriente » 1 2. Più tardi Mario Roques aggiunse altri particolari a quanto già si sapeva dei manoscritti; ma poiché ebbe la fortuna di scoprire l’esemplare stampato, aggiunse alle precedenti notizie anche quede che si riferivano a questo stesso, rivelandone le caratteristiche e facendo il confronto con i manoscritti3. Con ciò l’opera del Matranga fu di dominio comune e il suo nome acquistò nella serie dei primi scrittori albanesi, il posto che gli com­ peteva. VII. PREGIO LINGUISTICO DELL’OPERETTA DEL MATRANGA La Dottrina del Matranga fu pubbdcata appena 37 anni dopo l’opera ded’dlustre benemerito deda lingua albanese Gjon Buzuku. Come il Messale di costui ridette lo stato deda lingua albanese in Albania nel 1555, così il Catechismo del Matranga è il ridosso delle parlate italo-albanesi e particolarmente di quede in uso in Sicilia alla tìne del 1500. Allo stato attuale, pertanto, la Dottrina deve considerarsi il più antico documento scritto degd italo-albanesi. Esso contiene materiale di confronto di grandissimo interesse, che noi abbiamo messo in risalto nel glossario, confrontando la lingua del Matranga con le parlate italo-albanesi e con le opere similari di autori siculo albanesi come il Figda e il Vescovo Schirò 4. 1 D ie lli, 18 marzo 1910, n° 5. 2 R o m a e l’ O riente, anno II, fase. X V III-X X III, aprile-settembre 1912, Grottaferrata. 3 R oques M., R ech erch es..., p. 19.

N., I ehristeu i A r b r eso ... Le citazioni contenute nel nostro lavoro si riferiscono a questa pubblicazione, però nel determinare la più esatta ver­ sione del testo ci siamo anche serviti di una copia del manoscritto originale. S c h i r ò M o n s . P., T é par'èt m èsim e tè krèsh terit... La pubblicazione è ano­ nima, ma è notorio che essa fu composta da Mons. Paolo Schirò, su cui pesava, per altro, la pubblicazione di « Piala e t’In Zoti » edita a Palermo. 4 P ig l ia

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X X X IV

Introduzione

Una delle risultanze più sorprendenti che scaturisce da questo confronto è costituita dalla rassomiglianza della lingua adoperata dal Matranga con quella degli scrittori albanesi antichi. Questa rassomiglianza viene variamente valutata dai cultori della lingua albanese dei documenti più antichi. Il La Piana, in un lavoro sulle parlate siculo-albanesi pubblicato dopo molti anni dall’edizione del Catechismo scrive: « Il fondo comune delle parlate siculo-albanesi è sotto molteplici rispet­ ti affine al dialetto tosco dell’Albania meridionale; ma se ne distingue per notevod particolarità fonetiche, morfologiche, e talune anche lessicali, Ed oggi, dopo il ritrovamento dell’opera di Buzuku, si rileva che, specialmente per molte particolarità morfologiche, il siculo albanese nella fase più antica (L. Matranga) e in buona parte ancora nella fase attuale, è molto più vicino al dialetto ghego usato dal Buzuku, che non al tosco moderno. E poiché, salvo alcune riserve, Buzuku rappresenta in gran parte la continuazione dell’albanese unitario, quale esso era anteriormente alla suddivisione nelle due grandi branche del ghego al Xord, e del tosco la Sud, dobbiamo infe­ rirne che i dialetti siculo-albanesi continuano anch’essi un antico dialet­ to tosco ancora molto vicino al comune albanese»1. Il Camaj, invece, nel suo lavoro sul Bnznkn, sembra escludere questa rassomiglianza quando con espressioni piuttosto recise scrive: « D’altronde non mi convince neanche una eventuale ipotesi che questa disuguaglianza, specie morfologica, sia caratteristica di un alba­ nese in fieri, dove varie forme si trovassero intrecciate e commiste, per così dire, in uno stadio ancora embrionale della lingua. Questa ipotesi sarebbe inverosimile, perchè già nel secolo xvi l’albanese era abbastanza differenziato. La lingua del « Messale », che in prevalenza rappresenta la fase arcaica delle parlate nord-occidentali dell’Albania etnica è già lontana dal tipo albanese, espressamente tosco, usato da Luca Matranga nel suo Catechismo del 1592 » 2. Le due opinioni sembrano in contrasto fra loro. Xoi crediamo di non errare se affermiamo che ambedue hanno una parte di ragione: il La Piana nel riscontrare molte reali rassomiglianze tra la lingua del Matranga e siculo-albanese con quella del Buzuku; il Camaj nel rileva­ re già differenze sostanziali, come per es. quella sulla formazione del futuro, che nel Buzuku comincia già ad essere quello del dialetto ghego odierno, mentre in Matranga e nelle parlate « arbèreshè » attuali si forma con il verbo ausiliare Icani (ho) aggiunto al congiuntivo pre­ sente: ka te vinjè tè gjukonje (01, 12, 4). 1 L a P ia n a M., Studi linguistici Albanesi. I dialetti siculo-albanesi, p. 40. 2 Cam aj M., Il « Messale » di Gjon Buzuku, p. 33.

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La lingua

XXXV

Xoi, sulla scorta della lettura del testo del Matranga messo a confronto con le parlate attuali e con molte rassomiglianze che co­ stantemente riscontriamo nella prosa del Bogdani, tenendo la via di mezzo, affermiamo che non possiamo negare che la lingua del Matranga e, presumibilmente, delle parlate del suo tempo, era molto più vicina foneticamente e morfologicamente a quella adoperata dal Buzuku di quanto non siano le attuali parlate siculo albanesi con il dialetto ghego moderno. Per tornare al nostro Autore, dobbiamo subito notare che egli, forse per adeguarsi meglio alle parlate italo albanesi volle evitare l’uso caratteristico della parlata odierna di Piana degli Albanesi, della pronunzia della « Il » fatta in modo simile alla r (della pronuncia parigina) per es. gjelle pronunziata gjer 1. Ma per essere più sistematicamente ordinati, crediamo fare cosa utile ai nostri lettori, esponendo qui di seguito le caratteristiche più salienti della lingua adoperata dal Matranga, nella grafia, nella fonetica, nella grammatica, nel lessico, e mettendo in risalto le note stilistiche del testo della Dottrina. A) GRAFIA

Xon sappiamo se il Matranga, restando alunno del Collegio greco per cinque anni, abbia mai avuto in visione il Messale albanese del Buzuku, stampato qualche anno prima (1555), o altra opera mano­ scritta o stampata della lingua albanese. 1 La Piana ritiene che il « tentativo di ricondurre il suo vernacolo a forme più generalmente intese », dipendesse dal « suo desiderio di divulgare il cate­ chismo anche fra le altre Colonie », p. 10. Tuttavia dobbiamo notare ohe il Brancato, posteriore al nostro Matranga, nei suoi scritti è esente da questo particolare uso fonetico di Piana. Invece appare in tutta la sua estensione nella traduzione albanese del Vangelo di S. Matteo eseguita da G. Camarda nel secolo scorso (Londra 1868). Noi invece pensiamo che, o il fenomeno realmente non esistesse ai tempi in cui scriveva il Matranga e il Brancato, oppure dobbiamo ritenere che essi, riconoscendo che il fenomeno rappresentasse una degenerazione fonetica locale, avessero consi­ derato dannoso inserirlo nelle loro composizioni. G. Camarda, invece, che si era proposto di riprodurre, con la sua pubblicazione, fedelmente la parlata di Piana degli Albanesi, non ebbe scrupoli di adoperarlo abbondantemente nella sua traduzione. Anche il Vescovo Schirò, mentre in « Fjala e t’In Zoti », pub­ blicata con il preciso intento di presentare ai fedeli di Piana degli Albanesi un Vangelo in conformità alla loro parlata, continuò l’uso del fenomeno degene­ rativo locale, nelle altre sue opere, come si può notare nella recente pubbli­ cazione della traduzione albanese della Liturgia di S. Giovanni Crisostomo (edita nel 1964) eliminò senz’altro la particolarità di Piana. 3

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XXXVI

Introduzione

È, comunque, certo che egli volendo scrivere la sua Dottrina albanese, dovette affrontare problemi di non facile ed agevole ri­ soluzione, e primo fra tutti quello dell’alfabeto. Da alcune epigrafi che si conservavano a Piana degli Albanesi, sembra che in quella Comunità esistesse una tradizione di scrittura albanese, che merita attenzione. Xoi non abbiamo potuto vedere, le due iscrizioni, che per fortuna ci furono trasmesse dallo Schirò G. Lo stesso illustre poeta non ci indica la data precisa delle due iscrizioni, ma sembra che fossero molto antiche e probabilmente contemporanee al nostro Matranga 1. Sella incertezza della data, non possiamo affermare se questa tra­ dizione abbia influenzato la grafia del Matranga o se non sia stato 10 stesso Matranga a iniziare a Piana questa tradizione. In ogni modo, noi troviamo alcuni fonemi identici a quelli che 11 Matranga adoperò nella sua Dottrina, come: ae, per e; s, per z; eh, per k; x, per sh, che ci indicano un sicuro legame, sia che si voglia dare al Matranga la paternità della tradizione grafica in Piana, sia viceversa. Egli, per primo, si sganciò completamente dall’alfabeto misto: latino e di altra lingua (greco o slavo); d’altra parte non poteva di­ portarsi diversamente, perchè egli si rivolgeva a fedeli di modesta cultura e di ambiente occidentale, addestrati soprattutto nella cono­ scenza della lingua italiana o latina e del suo alfabeto. Per la ripro­ duzione di alcuni particolari fonemi egli si ispirò sicuramente all’alfabeto latino, come il gruppo consonantico th, adoperato dagli scrittori occidentali per rappresentare la d greca; per molti altri invece si ispirò all’alfabeto della lingua italiana come gl·, chi; gn; ecc. Per maggiore comodità del lettore riproduciamo nel seguente prospetto l’intero alfabeto adoperato dal Matranga, mettendolo in confronto con quello oggi in uso presso gli scrittori albanesi. 1 La prima iscrizione si trovava accanto allo stemma dei Matranga, sul limitare della porta a sinistra di olii sale lo scalone della casa ancora apparte­ nente in parte ai Brancato, ma che fn già dei Matranga, nella Piazza V. E.: as truarae gaesuarae: « non raccomandato, consolato »; la seconda iscrizione si trova in una epigrafe nel Duomo di S. Demetrio, sul sepolcro dei Dorangrichi (Cappella del Sacramento): cwitou se chee tae vdech, tae silex botae, « ricordati che devi morire e ritornare in polvere i> (Schirò G., Canti tradizionali..., p. evi).

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La lingua

X X X V II

Prospetto comparativo dell’ alfabeto del Matranga con quello Albanese Matranga Albanese

Osservazioni

a b

a b

at, -i: padre. besé, -a: fede.

c cc

5, k

z

c

d

d, dh

e ae

e è

f g. fe1 gh cg cgh cgi

f g

Questo duplice gruppo di consonanti lo troviamo variamente adoperato nei ma­ noscritti, con qualche evidente incertezza: La Gl preferisce usare cc per l’albanese g specialmente quando vuole esprimere una più marcata forza esplosiva, come cciae, per gè. La G2 e C3 preferisce invece una sola c, quindi ciac, per gè. La medesima consonante troviamo ado­ perata indifferentemente nei tre manoscritti per indicare la comune consonante alba­ nese k, come in cloft per kloft·, caetae per kètè. Anche per questa consonante il Matranga sembra incerto, perchè usa z per esprimere l’albanese c come in zillatè per cillatè, e la medesima consonante per esprimere z che corrisponde alla £ greca come zot, -i, (si­ gnore). Per questa consonante dentale il Matranga tradisce una sua incapacità di espri­ mere i due suoni che nell’albanese noi tro­ viamo frequentemente. Infatti egli usa indifferentemente d per dite, a (giorno) e per db, come in dhe, u, (terra). extravet = esbtravet, (delle ossa) aemae·, a = èmè, -a (la madre); aemblae — èmblè, (dolce). falerni, (salutiamo). grusbt, -i, (pugno).

gj 1

La varietà di questi gruppi di consonanti per esprimere l’unico fonema: gj, che oggi viene adoperato nel comune albanese, denota nel Matranga la solita incertezza, ma nello stesso tempo anche una reale sensi­ bilità fonetica, per cui risalta il suo forte desiderio di esprimersi con la migliore per­ fezione possibile, anche se apparentemente possono sembrare accorgimenti contradittori. Es. virgiaerae = virgjèrè, (vergine); xengbi

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X X X V III

Introduzione

Prospetto comparativo dell’ alfabeto del Matranga con quello Albanese Matranga Albanese

Osservazioni = shengj, (segno); cgiallaet = gjallèt, (i vivi); cghiellae = gjellè, (vita); cgiucognae = gjuTconjè, (giudico).

ex chx eh

h

i

Mi)

c eh

k

1

1

gl

Ij

1

m n gn o P r r (rr)

11

m n nj 0

P r rr

Valgano anche per questo gruppo di consonanti le considerazioni fatte per il fonema precedente. Dobbiamo però aggiun­ gere l’equivoco a cui può andare incontro colui che non sapesse bene l’albanese, per­ chè lo stesso Autore usa il medesimo gruppo eh, alla maniera italiana, per esprimere l’attuale albanese le. Es. caxa = Ttaha (da); mbacxetae — mbahetè, (si tiene); xochaenae = shohènè, (vedono); cxhipi = hipi, (salì). Bi­ sogna però notare che in C2 e C3, troviamo una semplificazione, per cui invece di mba­ cxetae si incontra mbachetae·, invece di cxhipi si riscontra chipi ecc. Gli esempi potrebbero continuare numerosi. ixtae = ishtè, (è); xeit, i = shejt, -i, (santo). Spesso il Matranga adopera alla maniera ita­ liana la j, quando vuole raddoppiare la vo­ cale i come in: chijr = hir, (grazia); gnerij — njeri, (uomo). Abbiamo sopra notato che il Matranga adopera questa consonante con la comune c: cam = Team, (ho); chemi = Itemi, (ab­ biamo). Per l’uso particolare di questa consonante liquida vedi il N° 10 del paragrafo sulla fonetica di questo capitolo. Es. leerae — lérè, (nato); mbaegliedurit = mbèljedhurit, (raccolta); baiaci = ballei, (fronte); egielae = gjellè, (vita). Quest’ultima, dal Ma­ tranga viene sempre usata con una sola l. miextaer = mjeshtèr, (maestro). neve, (a noi). gnerij = njeri, (individuo). ofchieli - ofqieli, (estrema unzione). Pisae = Pise, (inferno). ruaiti — ruajti, (custodì). Il Matranga non adopera quasi mai que­ sta doppia consonante liquida quando si trova all’inizio di parola come: rognae —

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X X X IX

La lingua

Prospetto comparativo dell’ alfabeto del Matranga con quello Albanese Matranga Albanese

s

s

s sci

sb

X

t th u

t th u

V

V —

X



y xh



Osservazioni ronjè per la comune pronunzia odierna rronje, forse perchè contrario all’uso dell’alfa­ beto italiano. Quando invece si trova nel mezzo della parola, egli si mostra incostante, qualche volta ha: Parrajsi, (il paradiso) e qualche volta invece marème per il più co­ mune siculo-albanese marrèmè. sosae = sose, (termino). Bisogna però notare che il Matranga adopera quasi sem­ pre s per z, quindi guise — njize per njize, (subito). In C2 riscontriamo incostanza nell’uso della consonante spirante, perchè all’inizio essa viene rappresentata come in Gl: a?; ma in seguito riprende l’uso di s, come troviamo in C3, alternato con il fonema sci più frequente in ambedue le copie G2 e G3. Es. iaps = japsh, (dai); vesgnaes = veshnjèsh, (vestire); sciaerbes = shèrbes, (cosa); sciemul = shemull, (esempio). In Gl, invece, troviamo costantemente x. Es. traxegognae = trashgonjè, (godere); xaerbegnae = shèrbenjè, (servire). tete, (otto). thom, (dico). urdher, (ordine). vinjè, (vengo). Viene sostituito con z oppure da s. Viene sostituito dalla comune i. Supplisce in alcuni casi la g del Matranga (quando si tratta nell’alb. comune del suono g).

B) FONETICA

1. La vocale a -. Nella lingua usata dal Matranga la pronunzia di questa vocale è costantemente adoperata come in italiano e quasi mai in funzione di a nasale comune nel ghego, invece della è muta del tosco. Troviamo però una sola volta il vocabolo Icambe1 invece 1 Gl, 17, 16.

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XL

Introduzione

di Tcèmbè della parlata odierna, adoperata a quanto sembra, dal Matranga con la a nasale. Ashta, a questo proposito, fa questa considerazione: « questa è la sola forma che richiama quella ghega, però questo fenomeno si riscontra in un antico documento tosco, nella Pericope: ma Jcejq (r. 11). Forse in questa forma abbiamo l’influenza della voce ita­ liana: gamba·, tutte le altre volte scrive regolarmente con la è: bèmja 194, me (ma) 50, beri 50, lefdij 111 » 1. Noi invece siamo propensi a credere che qui si tratti di un errore materiale del Matranga, perchè non abbiamo nessuna conferma di à nella parlata odierna siculo-albanese. Gli altri due manoscritti G2 e C3, anche se non volessimo tener conto di quanto abbiamo scritto sulla loro origine, non ci possono servire, perchè in questo punto hanno la voce: avikar2. Piuttosto si potrebbe portare un altro esempio, molto interes­ sante, che ci lascia perplessi, ma che viene a confermare ancora una volta la spiegazione che noi, precedentemente, abbiamo dato dell’origine e della dipendenza delle tre copie del manoscritto del Matranga. Infatti, esaminando attentamente i manoscritti, siamo in grado di formulare le seguenti osservazioni. In CI il Matranga adopera la voce èmblè34 , che in G2 e G3 prende forma diversa, presumibilmente con la à nasale: amblei. Ma nella stessa preghiera, appena qualche rigo appresso, viene ripetuta la medesima voce, ma in questa maniera: CI resta inva­ riata: èmblè5, mentre G2 e G3 presentano un’altra versione che ci lascia perplessi se dobbiamo considerarle un ripensamento oppure un banale errore nella grafia: umblè6. Quando il Matranga scrive della grandezza del precetto della carità, ripete il medesimo vocabolo, ma ci troviamo di fronte a nuove varianti, perchè mentre Gl rimane costantemente ferma nella versione di: èmblè7; e C2 ripete anch’essa la versione precedente: umblè8, C3 contiene una nuova variante: amblé9. Tenendo conto 1 A shta K., S h èn im e ..., p. 89. 2 C 2 , 56* 6; C 3 , 76* 14. 3 G l , 24*, 4. 4 C 2 , 60, 9; C 3 , 79, 1. 6 G l , 24*, 13. 8 G 2 , 60*, 3; G 3, 79, 9. 7 G l , 32, 7. 8 C 2 , 63*, 17. 9 G 3, 81, 19.

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La lingua

XLI

della prassi odierna del siculo-albanese, dobbiamo considerare CI la copia più esatta, esattezza confermata dalla costante ripetizione della versione: èmblé. La costanza d’uso della stessa versione in CI è indice, ancora una volta, della serietà con cui essa venne composta, e ci fa pensare anche che se le altre due copie C2 e C3, fossero state ridotte dallo stesso Matranga (cosa che già noi abbiamo preceden­ temente escluso), non avremmo avuto tante varianti di versioni a poche righe di distanza l’una dall’altra. Queste discordanze devono pertanto considerarsi opera di altro autore, e incertezze di amanuensi imperfetti conoscitori della lingua albanese. Per tornare alla questione della nasale nella lingua adoperata dal Matranga e, in genere nelle parlate siculo-albanesi, possiamo affermare che essa è assente in quella maniera che oggi si riscontra nel dialetto ghego, però è probabile che, almeno in questa voce e in qualche altra, si sentisse la presenza di qualche lieve sfumatura di suono nasale. Lo stesso Matranga ce ne da il sospetto, perchè non sapendo come meglio rappresentarla graficamente, si decise di ado­ perare la ae (è), però dopo avere fatto nella sua lettera dedicatoria la seguente osservazione: «V. S. Ill.ma saperà che l’albanesi quasi a ogni parola hano un certo sono che si fa col naso e pur non è ordi­ nariamente vocale particolare cioè a, o e, o u, ma alle volte sola­ mente un sono che si fa, come ho detto, col naso ». Come facilmente si può osservare, non è escluso che, al tempo del Matranga, il suono nasale di alcune nasali fosse maggiormente sentito mentre influssi posteriori abbiano poi affievolito notevol­ mente il fenomeno.2 2. Vocali lunghe

Nella grafia della Dottrina notiamo che il Matranga adopera una doppia a quando vuole dare a questa vocale il valore di lunga: paa (senza); saa (quanto); praa (poi). Nella nostra trascrizione, conforme a un deliberato del Congresso di Monastir, che fu poi seguito solo dai gheghi settentrionali, che soli conservano la lunghezza delle vocali, abbiamo voluto segnare la doppia aa con l’accento acuto sopra una sola d. Valga anche per ee, e; ii, í; uu, ú (solo è lunga, èè). A questo proposito occorre osservare che ai tempi del Matranga, il valore della vocale lunga si sentiva molto più marcatamente di quanto non lo sia oggi. Nella pronunzia moderna attuale dei siculo­ albanesi non si fa più eccessivamente caso della lunghezza delle vocali; però ascoltanto i più anziani non è raro il caso di percepirlo

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X L II

Introduzione

ancora con una certa chiarezza. Gli scrittori italo-albanesi, tranne qualche raro caso moderno, hanno sempre cercato di segnare la lunghezza delle vocali con una certa esattezza. Il Figlia, altro scrit­ tore antico siculo-albanese, è molto attento a mettere in risalto il valore delle vocali. Il Matranga, bisogna riconoscerlo, nella sua Dottrina dimostra una certa costante esattezza nella grafia delle vocali lunghe, giungendo ad accorgimenti di una indubitata sotti­ gliezza, come quando alla fine della parola, venuta a cadere la è allunga la vocale accentata, o ugualmente quando viene a cadere la sillaba finale: graat(è), Maeriis(e)·, Ghraeshtee. Non sappiamo se il Matranga per allungare le vocali con il rad­ doppiamento di esse sia stato ispirato da qualche autore prece­ dente, che egli aveva sotto mano per consultazione; possiamo solo affermare che il Buzuku, prima di lui, usa la medesima grafìa quando intende allungare una vocale. In seguito anche gli altri scrittori, Budi, Bogdani e tra gli italo-albanesi, perfino Crispi Glaviano, ultimo scrittore di Palazzo Adriano, adoperarono la stessa grafia. Il Matranga, per allungare la i, invece di raddoppiarla come per le altre vocali, si limita ad aggiungere solo una j, es. fuchijxim (fuqisJiim)·, Xpijrt (Shpirt); oìiijr (hir) ecc. La stessa grafia, in seguito, verrà adoperata dal Budi, Bogdani, Bardhi, e presso gli italo-albanesi anche dal Figlia, il quale scrive: Gavrijl: Mrij·, xhijr ecc. e dipende dall’uso italiano di adoperare la j oppure ij per una specie di raddoppiamento reale o presunto che fosse della i, nei plurali come « oratori], seminari]' » ecc.3 3. La semivocale y, che nell’attuale alfabeto albanese corrisponde alla turbata u dei linguisti, non sembra che al tempo del Matranga avesse un suono particolare, perchè essa non appare nella grafìa del nostro autore. Egli adopera indiscriminatamente la vocale i anche colà dove gli albanesi attuali d’Albania usano la semivocale y con la notata par­ ticolare pronunzia, es. hriet per kryet-, dimbèdhjetè per dymbèdhjete. Il Matranga, che mostra una certa sensibilità, avrebbe sicuramente notato con qualche segno particolare la sua speciale pronunzia come del resto fa il Buzuku, benché non senza qualche imbarazzo qua e là. Del resto questa particolarità fonetica manca anche nelle par­ late siculo-albanesi odierne, e secondo la testimonianza dello Ashta anche in alcune parlate di Albania. Egli scrive: « La rassomiglianza della parlata del Matranga con quella della Ciamuria e della Labéria, specialmente con quella di Argirocastro, trovasi anche nel cambia-

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La lingua

X L III

mento di y in i... Così anche la Pericope: t'u mbillet vani... r. 8 ; per quanto Buzuku me him (f. 24 r. 74) l’ha usato poco. La i per y l’adopera sempre anche la Mirdita, Dibra e sporadi­ camente anche le parti di Scutari » 1. Da queste osservazioni si deduce che l’assenza di una partico­ lare pronunzia della turbata y nelle parlate siculo-albanesi, non è un fenomeno degenerativo, ma probabilmente una caratteristica locale, che ha però riscontro anche presso usi locali di svariate parti dell’Albania. 4. Cambiamento di è in i Lo Ashta rimane sorpreso della frequente ricorrenza della vocale muta è del comune albanese che nel Matranga diventa i. Il feno­ meno è continuamente riscontrabile nella 3“ persona singolare del verbo « essere »: ishtè invece di èshtè. Presso gli albanesi di Sicilia il cambiamento sembra di uso molto antico, come viene documen­ tato dal Matranga, dal Figlia e dagli altri scrittori fino alle parlate odierne. Il sullodato Ashta nota ancora: Questo fenomeno è comune alla Ciamuria, come si osserva nelle favole raccolte da Pedersen e in Muhamet Qami: husìi isìi'i urte e akil prej hiqaet tè mene pjesè 23 . Spesso però troviamo il fenomeno inverso: la i del comune alba­ nese in Matranga e nel siculo-albanese viene mutata in è. Es. shin cambiata in shèn; nji cambiato in njè ecc. Qabej osserva che: «... il ghego del tempo del Buzuku conosceva una è marcata come il tosco odierno al posto dell’attuale ghego nji»3. 5. La vocale u Questa vocale dal Matranga viene adoperata in maniera dif­ ferente: a) Frequentissimo l’uso di u invece di è: kuqiashit4 invece di kèqiashit; palcune 5 invece di pakènè) vuljen6 invece di vèljen· perundia 7 invece di perèndia. Come si vede però, la cosa si nota in G2 e G3. 1 A s h t a K ., Shènime..., p. 88. 2 A s h t a K ., Ibidem , p . 88.

3 Qa b e j E., Gjon Buzuku. 4 0 2 , 58v, 4. 5 0 2 , 64, 10; 0 3 , 8P, 4. 6 0 2 , 66v, 1; 0 3 , 82v, 19. 7 0 2 , 68v, 18; 0 3 , 84-% 9.

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XLIV

Introduzione

Questa diversità fonetica, nell’attuale parlata siculo-albanese è un fenomeno assolutamente insolito e forse anche ignoto. B per la verità il nostro Matranga nella nAf

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[fol. 1 ]

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Havendo io con esperienza conosciuto la tanto buona, anzi segnalata incli­ natione che il. S. per sua misericor­ dia si è degnato concedere a Y. S. 111.ma e E.ma per aggiuto dell’anime in univer­ sale et in particolare de’ suoi Vassalli albanesi, ho pensato ch’harebbe fatto cosa molto a sua sodisfatione, se io havessi pigliato qualche travaglio giovevole alle anime per de’ vassalli che ha in questa sua terra de’ greci Albanesi. Onde sapendo che V. S. Ill.ma E.ma fa tanto conto che i fanciulli e fanciulle siano instituiti nella dotrina X.na ho voluto

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C s d e S x . ctù u s tu a /ìlcas can/um f* ¿velanti' S/am tita rta ^ n a f S jì x 'r f a C/ûÿ/fut e r s t, ¿} te f u a j U a s* ana/U-, f “ atUi/ euMudalpre e¿aúf ÿyt¿fa / retn / V AaS*r»t JusefyS nry? S **r*r.

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e trascrizione della copia 1

1 1

[fol. 5] Canzona Spirituale

Gjithève u thères, hush do ndèlesè Tè mire tè hrèshté bura, e grà Mbè fjalèt tè tinèzot tè shihi meshè Se s'ishtè njeri nesh gè mhatè s'hà E lum hush e hujton se ha tè vdesè E mentè bashhè mbè tènèzonè i ha Se Krishti ndè parrajsit i ben pjesè E bèn pèr bir tè tij e pèr vèlia.

[Tutti vi chiamo, chiunque vuole in­ dulgenza, Buoni cristiani, uomini e donne; Per le parole di Nostro Signore che ascoltiate messa, Chè non c’è alcuno di noi che peccato non abbia; E beato chi ricorda che ha da morire E il pensiero, insieme verso Nostro Signore lo ha; Chè Cristo nel paradiso gli fa parte, Lo fa come figlio suo e come fratello.]

Versio

O qui culparum veniam tibi poscis ab alto Huc ades; obtentam crede, puella, puer. Te divina vocant; ecquis peccasse negabit? Accedere ad haec, mortuus ibis ovans. Es felix, cuius tua mens coniuncta tonanti Nam tua magna tibi portio Christus erit. O te quanta manent, quantis cumulabere donis In fratrem, in natum suscipere suum.

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e trascrizione della copia 1

[fol. 8 v] M. çë shërbes ishtë i krështé. Im. Ishtë i mbsuam i krishtit pse tue klënë pakzuarë pistepsn e bën gjithë atë çë thot nomi i tij. M. çë ndlëgon ti se ishtë krishtif hn. ishtë i vërtetë inzot e i vërtetë njeri

15

[fol. 8V] M. che cosa è christiano ? D. è discepolo di christo cioè che es­ sendo batezatto crede e fa professione nella sua legge. M. che intendete voi che sia christo? D. è vero dio et vero homo.

* Le righe sono quelle della riproduzione fotografica. r. 5-02, 53, 6; 03, 74, 6. i msuam. r. 5-02, 53, 6; C3, 74, 6, tue klunè. r. 6-02, 53, 7; 03, 74, 7. pisteps. r. 7-02, 53, 7; 03, 74, 7. thote. r. 10-02, 53, 8; 03, 74, 9. endlégon.

[fol. 9] M. dii ishté shengji i tè krèshterit? Im. ishtè shengji i kriqsè shejtè gè bènetè tue vene dorènè ndè ballèt ndè barkut pra ndè krä­ het tè diathètè e tè shtèmènkètè e thote emèrite e t'et e tè birit e tè shpirtit shejt. amin.

[fol. 9] M. quale è il segno del christiano? D. è il segno della santa croce che si fa metendo la mano al ca­ po et al corpo et poi alla spalla sinistra et destra dicendo in nome del padre del figliolo et dello spirito santo amen.

r. 2-02, 53, 10; 03, 74, 11. shengji i krèshterit. r. 9-03, 74, 12. i kriqisë. r. 10-02, 53, 12; 03, 74, 13. endë. r. 11-02, 53, 12; 03, 74, 13. endënë krahëruart e pd(sic) ende krahèt. r. 12-02, 53v, 1; 03, 74, 15. shtëmëktënë.

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e trascrizione della copia 1

[fol. 10 v] Im. katër, besë pandohi të dashurë e të bëëme të mirë. M. çë pistepsn ti për besët. Im. gjithë atë çë pistepsn e mbd klisha shejtë katholilcë e romësë e mëë parë atë çë mbahetë ndë pistevot.

[fol. 10v] D. quatro cioè fede speranza charità et buone opere. M. che credete voi per la fede? D. tutto quello che crede e tie­ ne la santa chiesa catholica Romana et principalmente ciò che si contiene nel credo.

r. 12-02, 54, 2; 03, 74v, 16. katholilcë e apostolikë.

[fol. 11] M. thuaj pistevonè.

19

r. 14-02, 54, 3; 03, 74v, 17. endè.

[fol. 11] ditte il credo.

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e trascrizione della copia 1

[fol. 13 v] Im. ishtë ai çë beri e qeverisn dhénë e qiellë e gjithë zotëron. M. pse thuhetë Inëzot i fuqishim? Im. pse me një të vetëmë vlemë të tij e fuqî të pâ sosme mëndë bënjë e të zbënjë gjithë qish.

25

[fol. 13'] D. È creator et governator del cielo et della terra et signore del tutto. M. perchè si dice dio onnipotente? D. perchè con sua sola [volontà] et potenza infinita può fare e disfare ogni cosa.

r. 4-03, 75v, 9. zoteron. r. 11-02, 55, 7; 03, 75v, 12. la risposta è molto confusa, perchè i copisti di esse erroneamente aggiungono una parte di altra risposta in Cl, 14, 6; tria prosopata e n jè i vètém é inèzotot (sic). Per conseguenza omettono anche tutte le domande e risposte sulla SS. Trinità in f. 14, 1-6.

[fol. 14] M. çë pistepsn ti se ishtë Shejtë Triadhë? Im. ishtë Inëzot Ati i biri Shpirti Shejt tri faqe një i vetëmë Inëzot. M. Ati ishtë Inëzot? Im. éj Zot. M. i Biri ishtë Inëzot?

AI. che credete voi che sia la santissima trinità? [fol. 14] D. è l’isteso dio padre figliolo spirito santo tre persone un solo dio. M. il padre è dio? D. segnor si. M. il figliuolo è dio?

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