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Italian Pages 566 [286] Year 2016
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La committenza artistica dei papi a Roma nel Medioevo a cura di Mario D'Onofrio
viella
Copyright© 2016 - Viella s.r.l. Tutti i diritti riservati Prima edizione: settembre 2016 ISBN 978-88-6728-446-7
Indice
Il presente volume è stato realizzato grazie ad un parziale contributo finanziario della Sapienza Università di Roma, ricerca d'Ateneo 2009.
Mario D'Onofrio
Cura redazionale: Eleonora Chinappi.
Per un profilo della committenza artistica dei papi a Roma nel Medioevo
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Vinni Lucherini
Il IV secolo: da Silvestro I (314-335) ad Anastasio I (399-401)
51
Manuela Gianandrea Il V secolo: da Innocenzo I (401-417) ad Anastasio II (496-498)
73
Alessandra Guiglia Il VI secolo: da Simmaco (498-514) a Gregorio Magno (590-604)
109
Alessandro Taddei
Il VII secolo: da Sabiniano (604-606) a Sergio I (687-701)
145
Xavier Barrai i Altet
L'VIII secolo: da Giovanni VI (701-705) ad Adriano I (772-795) Mario D'Onofrio Leone III (795-816)
181 213
Ivan Foletti e Valentine Giesser
Il IX secolo: da Pasquale I (817-824) a Stefano V (885-891)
vie/la libreria editrice via delle Alpi 32 1-00198 ROMA tel. 06 8417 75 8 fax 06 85 35 39 60 www.vie/la.il
219
Giorgia Pollio
Il X secolo: da Benedetto IV (900-903) a Gregorio V (996-999)
239
Francesco Gandolfo
L 'XI secolo: da Silvestro II (999-1003) ad Urbano II (J 088-1099)
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La committenza artistica dei papi
Mario D'Onofrio
Peter Comelius Claussen Il XII secolo: da Pasquale II (1099-1118) a Celestino III (1191-1198)
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Valentino Pace Il XIII secolo: da Innocenzo III (1198-1216) a Bonifacio VIII (1294-1303)
299
Claudia Bolgia Il XIV secolo: da Benedetto XI (1303-1304) a Bonifacio IX (1389-1404)
331
Anna Cavallaro Il XV secolo: da Innocenzo VII (1404-1406) a Martino V (1417-1431)
361
Antonella Ballardini Stat Roma pristina nomine. Nota sulla terminologia storico-artistica nel Liber Pontificalis
381
Bibliografia
441
Indice dei luoghi e monumenti di Roma
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Per un profilo della committenza artistica dei papi a Roma nel Medioevo
1. Premessa Il presente volume intende richiamare l'attenzione su un tema che è certamente tra i più vasti e complessi della storiografia artistica sul Medioevo: la committenza papale a Roma. 1 Le coordinate di fondo a cui il tema viene qui ancorato ne chiariscono il senso. È noto come lo studio dei fatti artistici dal punto di vista della committenza contribuisca non solo a capirne il significato primario inerente alla loro genesi e alla loro funzione, ma anche a cogliere un'immagine speculare e pur complementare del contesto storico e socio culturale di cui in genere i fatti stessi sono di per sé un riflesso piuttosto fedele. Anche nel caso specifico dell'arte medievale a Roma, se si predilige come referente prioritario la figura dei singoli pontefici che se ne fecero promotori, vuol dire adottare una singolare prospettiva di studio, esaltata dal protagonismo di figure esclusive particolarmente eccellenti, ed evidenziare nello stesso tempo le valenze più sottili e recondite delle opere monumentali e figurative a quei personaggi connesse. Si arriva così alla definizione delle testimonianze artistiche in ordine alla loro essenza di base e alla dinamica della loro storia peculiare, ovverosia in rapporto agli schemi concettuali esemplari e ai sottintesi culturali che sono ad esse strettamente legati sin dalla fase progettuale. Inoltre, conoscere i singoli pontefici del Medioevo seguendoli nella loro reale attenzione nei confronti dell'arte a Roma aiuta non solo a calarsi più addentro nelle pieghe di un'epoca di cui essi stessi furono senza dubbio fra i più incisivi artefici, ma anche a mettere meglio a fuoco una situazione un po' atipica come quella romana in cui, forse più che altrove, tutto assume una connotazione particolare - passato e presente convivono, temporale e spirituale spesso si confondono - e in cui le realtà politico culturali allora emergenti sulla scena europea riconoscono pur sempre un imprescindibile termine di riferimento.
1. Questo libro prende lo spunto da una relazione sul tema da me tenuta a Parma (D'Onofrio 2011).
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L'obiettivo che si vuole raggiungere non è tra i più agevoli se si considerano la vastità dell'orizzonte d'indagine, la varietà e la molteplicità degli studi stratificati sul tema, l'esigenza di un criterio analitico interdisciplinare, la discontinua concatenazione fra loro delle singole committenze, la natura occasionale di molte di esse, l'indeterminatezza o il silenzio dei relativi dati documentari, la deformazione di alcune realtà imputabile talvolta alle fonti, nonché la scomparsa di non poche opere d'arte riconducibili all'argomento in oggetto. Tuttavia, a fronte di tale situazione complessiva gli autori che contribuiscono alla realizzazione del volume si fanno carico di analizzare a fondo le iniziative papali che si registrano nell'arco dei vari secoli del Medioevo. La sequenza dei contributi segue per comodità un rigido percorso diacronico, pur nella consapevolezza che nella genesi e nello sviluppo dei singoli aspetti del fenomeno in questione non esistono linee temporali d~ demarcazione netta. Una situazione non simile si creerebbe anche nel caso in cm si preferisse inquadrare la rassegna dei papi e delle loro iniziative in fatto d'arte nell'orbita dei grandi eventi e dei movimenti storico culturali del periodo medievale quali, ad esempio, la guerra greco-gotica, la discesa dei Longobardi, la nascita del dominio territoriale della Chiesa romana, le decisioni conciliari, lo scontro tra Roma e Bisanzio nella contrapposizione fra iconodulia e iconoclastia, la rinascenza carolingia, lo scisma d'Oriente, la cosiddetta lotta per le investiture, il movimento riformatore della Chiesa, il ruolo degli Ordini mendicanti o altri capitoli della storia ecclesiastica che comunque ricreano di per sé utili contesti d'inquadramento nello studio dei rispettivi fatti artistici. Il criterio cronologico adottato ai fini della ricostruzione - secolo dopo secolo, pontefice dopo pontefice - del panorama complessivo ha finito per prevalere, però senza ignorarlo, su quello di natura tematica, forse apparentemente più critico, ma pur tuttavia alquanto scomodo da gestire nelle fasi di passaggio dall'uno all'altro dei singoli eventi e pertanto anch'esso poco pratico nella strutturazione complessiva del volume. Compito del sottoscritto non è tanto quello di raccordare tra loro i contributi dei vari studiosi o elaborarne una sintesi complessiva badando a evitare il più possibile inutili ripetizioni, bensì risponde all'esigenza di far emergere - senza alcuna pretesa di esaustività e nel pieno rispetto delle posizioni critiche altrui - le questioni trasversali di maggior peso, insieme ad alcuni concetti di fondo e agli aspetti più funzionali alla costruzione di un profilo organico della committenza artistica dei papi a Roma in età medievale che nella sua articolazione di massima sia il più orientativo possibile e aperto nel contempo a ulteriori spunti e suggestioni. In merito alla struttura del volume occorre poi evidenziarne altri due aspetti. Il primo emerge dalla constatazione che vi si privilegia esclusivamente la committenza papale, mentre intenzionalmente non si riserva la dovuta attenzione ad argomenti affini come la committenza cardinalizia che, specialmente a cavallo tra XIII e XIV secolo, si inserisce significativamente e a pieno titolo sulla scia di qu Ila p ntificia, costituendone in alcuni casi l'antefatto, oppure la commit1 n~11 d li rdini m nastici e la committenza signorile o laica, che hanno inciso 11 11 ·h' , s nsibi lm nlc sul te suto di Roma medievale. La ragione di tale scelta r> irti '( lur , lo n •I fotl hc, pr prio in virtù della loro importanza e dell'ampiezza
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dei loro contenuti, i singoli argomenti or ora enunciati meritano anch'essi - al pari della committenza papale - adeguate monografie parallele, con mirati sbocchi editoriali. L'altro aspetto rinvia all'ultimo capitolo del libro, in cui è parso opportuno fornire utili chiarimenti sulla terminologia storico artistica desunta dalle biografie papali, spesso usata dalla critica con ampi margini di discrezionalità e con l'impiego di categorie che non è detto corrispondano sempre a quelle che erano in uso nel Medioevo. Solo un'analisi comparativa delle varie espressioni in uso allora e la ricerca di riscontri oggettivi operata nell'ambito delle testimonianze artistiche ad esse correlate, comprese le verifiche che derivano dalle indagini archeologiche, consentono di risalire compiutamente al senso di una terminologia univoca, inequivocabile e di ampia condivisione.2
2. Il Liber Pontificalis e non solo Sarebbe operazione troppo lunga se in apertura del volume venissero passati in rassegna i numerosi studiosi che, interessandosi di Roma medievale sotto il profilo sia storico che storico artistico, hanno fornito contributi di carattere generale o parziale di una certa importanza e utilità, da cui non può prescindere chiunque intenda trattare del tema qui prescelto. Ciononostante, una menzione a parte in relazione all'indagine specifica che viene sviluppata in questo volume meritano Louis Duchesne e Richard Krautheimer. Com'è noto, all'abate francese si deve l'edizione critica del Liber Pontificalis apparsa in due volumi tra il 1886 e il 1892, con l'aggiunta di un terzo volume d'integrazioni a cura di Cyrille Vogel del 1957.3 Si è trattato di un'operazione particolarmente complessa e multiforme, dove la raccolta delle biografie dei vescovi di Roma a partire da san Pietro (42-67) ed estesa fino a Martino V (1417-1431) è commentata adeguatamente e arricchita di numerosi dati con rigore esemplare. Testi e commento costituiscono una miniera inesauribile d' informazioni, imponendosi, in questo caso specifico, come fonte primaria, anche se non esclusiva,4 la cui rilevanza scientifica all'interno della storiografia successiva sul Medioevo artistico romano e non solo è comparabile al ruolo esercitato dal papato medesimo nel mondo politico culturale di quei secoli. 5 Duchesne stesso faceva presente che di per sé il Liber Pontificalis «è 2. Si fa riferimento al saggio della Ballardini (infra) con relativa bibliografia. 3. L'opera viene citata nelle note di tutto il volume con la sigla LP. 4. Tra la letteratura di utile supporto alle biografie papali si rinvia per ora a: Platina 1560; Mansi 1759-1798; Potthast 1857; Grisar 1897; Regesta Pontificum Romanorum 1885-1888; Mann 1925-1932; Id. 1928; Caspar 1930-1933; CTCR 1940-1953; Gregorovius 1973; Kehr 1906-1975; Armellini, Cecchelli 1942; Seppelt 1954-1957; Bertolini 1970; Geertman 1975a; Andaloro 1976; The lives ofthe eight century popes 1992; The lives ofthe ninth century popes 1995; Piazzoni 19891990; EP 2000; ll Liber Pontificalis 2003; Geertman 2004; Schimmelpfennig 2006; Capo 2009; Lonardo 2012; Wickham 2013. 5. LP, I, Prefazione.
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tra i principali documenti della_ storia dei pa~i .e. sop~att_utto della st.or~a d~ R?ma medievale, dei suoi monumenti, delle sue cns1 mtenon, delle sue 1stltuz10m ~eligiose e politiche». 6 Ma, pur nel loro valore intrinseco, _sia la ~ac.~olt_a delle b10: grafie sia l'apparato di note che l'accompagna-trascorsi orm~1 p~u.d1 c~ntoventl anni dall'edizione a cura di Duchesne e oltre mezzo secolo dall ed1z1one mtegrata di Vogel - vengono oggi rivisitati alla luce dei risultati espos!i nella più rece~te letteratura critica ad essi connessa. Significativo in tal senso 11 progetto relativo al nucleo iniziale del Liber (secoli IV-IX) sostenuto da alcuni studiosi su impulso di Herman Geertman, dal titolo Il Liber Pontifìcalis come fonte per la storia e la cultura materiale tardoantiche e altomedievali. Progetto di ricerche collettive • • • sulle biografie dal 314 all'891. 7 Quanto a Krautheimer non si può fare a meno d1 ncordarne _non solo !l monumentale Corpus basilicarum christianarum Romae, 8 c?e de!le smgole ch1es~ analizzate riporta minuziosamente la rassegna delle fonti stonche, ma anche 11 fortunato volume Roma. Pro.filo di una città, 312-1308,9 pure questo uno strumento di riferimento quanto mai utile, in cui, in una felice sintesi, confluiscono tu~e le numerose conoscenze dell'autore su Roma medievale, intesa come «orgamsmo vivente» in continua trasformazione. Dall'architettura delle singole chiese alle opere d'arte in esse contenute, dai palazzi ~el P?te~e ecclesi~stico a_i monaster~, dalle dimore private duecentesche alle fortificaz10m, fino all e~pans1~ne urbam: stica in direzione dell'area vaticana, tutto è lì esposto con una sicura ncchezza d1 riferimenti storici, apporti e notizie, in stretta connessione con la realtà politica e con le ideologie dei papi, dei sovrani e degli stessi cittadini romani. Ma fo~se l'aspetto più rimarchevole del libro è che esso fornisce lo spunt? per ur~a nutnta serie di approfondimenti e per ulteriori indagini sull'argomen~o m 9-ue_st10n~. Reso il dovuto omaggio, ancorché fugace, ai due autorevoh stud1os1, se s1 concentra ora l'attenzione sul tema delle committenze artistiche dei papi nella Roma medievale, oltre che registrare la comparsa negli ultimi quarant~-cinquant' a~i di tanti altri contributi su aspetti pertinenti o comunque tangenzialmente affim, non si può non avvertire che esistono ancor~ ~mpi m~rgini ~'indagine in grado d~ dilatarne l'orizzonte, grazie anche alle nov1ta che d1 tanto m tanto affiorano nei vari ambiti di ricerca. Valga come esempio in tema di committenza l'importante testimonianza figurativa - su cui ritorneremo più avanti - affiorata di recente sulla facciata della chiesa romana di Santa Sabina. 10 Partendo dai dati testuali, comprese le caratteristiche formali dei singoli manufatti artistici e fissando l'attenzione su ogni altra testimonianza poco esplorata, è possibile ric~struire l'operato e la per~onalità di molti _Pontefici, sia di quelli ritenuti minori - considerati tali solo per ti loro breve pontificato, per la scarsezza . . 7. Gli obiettivi di quel progetto sono illustrati dallo stesso Geertman, in Il Liber Pontifica11s 2003, pp. 1-3 . 8. CBCR 1937-1980. 9. Krautheimer 1981a. 10. Gianandrea 2010; Ead. 2011. 6. Ibidem.
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dei loro dati biografici o per altra ragione - sia di quelli troppo sbrigativamente congedati dai loro biografi a motivo della notevole quantità delle opere a loro attribuite. Quest'ultimo è il caso di Onorio I (625-638), il cui biografo tralascia intenzionalmente di dettagliarne le iniziative intraprese giustificandosi col dire: «Sed et multa alia fecit quas enumerare longum est».11 Pertanto, se le biografie contenute nel Liber peccano spesso di incompletezza, oppure di imprecisione o unilateralità di vedute, ciò non significa che debbono essere relegate in secondo piano o dietro le quinte le figure di quei pontefici la cui partecipazione ai fatti artistici appare debole o solo ipotetica e quindi teoricamente non provata. Inoltre, dal momento che si chiamano in causa i personaggi ai vertici della gerarchia ecclesiastica, va pure evitato il rischio di basarsi sui cliché della letteratura celebrativa o agiografica su cui talora sembra far leva la raccolta del Liber Pontifìcalis, come traspare, ad esempio, dalla biografia tracciata per papa Zaccaria (741-752), particolarmente estesa e ricca di alti elogi per i suoi successi politici, oppure dalle biografie che vanno dal pontificato di Adriano I (772-795) a quello di Leone IV (847-855) in cui si elencano in dettaglio i doni offerti alle chiese romane, a sottolineare in un certo senso la liberalità e le capacità amministrative di coloro che hanno inteso rivolgere le loro committenze nel settore dell'artigianato. Molti vescovi di Roma, pur non ricevendo le dovute attenzioni da parte degli estensori delle loro biografie e pur non lasciando alcuna immagine di sé nei mosaici o nelle pitture delle chiese della città, hanno suggellato comunque, con altri espedienti e trasmettitori di memoria, la loro diretta e indiscussa partecipazione ai fatti salienti e più significativi della vita artistica, oltreché economica, dell'Urbe. Una figura rappresentativa, da questo punto di vista, è quella di papa Siricio (384-399), succeduto a papa Damaso (366-384). Senza entrare nel merito delle motivazioni o delle circostanze che ne dettarono la scarna biografia contenuta nel Liber Pontificalis - poche righe in tutto 12 - a quel pontefice non è assegnata alcuna iniziativa nel campo dell'edilizia religiosa, ma da altre testimonianze sappiamo invece che durante il suo pontificato si realizzarono a Roma edifici di culto molto importanti, sulla scia di quanto aveva compiuto Costantino a favore della religione cristiana. Infatti, nel caso della basilica ostiense, demolita la piccola chiesa martiriale sorta originariamente sulla tomba dell'apostolo Paolo e garantito - forse anche su una precedente richiesta di papa Damaso - l'appoggio finanziario necessario da parte degli imperatori Teodosio, Valentiniano II e Arcadio, ne fu costruita sullo stesso luogo, con l'orientamento invertito, una più monumentale rispecchiata in sostanza nella basilica attuale. Qui, per quanto debole sia l'indizio, il nome di Siricius episcopus ricorre su una colonna sita originariamente fra quelle delle navate laterali - ora riutilizzata, dopo l'incendio del 1823, nell'attuale portico settentrionale, detto portico gregoriano - a suggellare una qualche partecipazione del pontefice a quell'evento (fig. 1). 13 Inoltre, il 11. LP, I, p. 324. 12. Ibidem, p. 216. 13. CBCR 1937-1980, V (ediz. ital. 1980), p. 102; Cavalcanti 2000a, p. 375.
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nome di Siricio s'intreccia con le vicende delle chiese di Santa Pudenziana, San Clemente e dei Santi Marcellino e Pietro sulla via Merulana, come risulta dalle rispettive iscrizioni dedicatorie che lo ricordano.14 Ma, come per altri pontefici in situazioni analoghe, rimane difficile precisare ulteriormente il ruolo avuto da Siricio in quelle vicende, considerata peraltro la complessa natura del patronato artistico tra IV e VI secolo, in cui compaiono anche quei personaggi del ceto aristocratico che con i loro lasciti e le loro donazioni contribuiscono alla formazione e all'espansione del patrimonio ecclesiastico. Ciò a ulteriore conferma del fatto che, nonostante la sua indiscussa importanza, il Liber Pontificalis non va inteso come unica fonte d'informazione per ricostruire il quadro delle committenze papali, dal momento che anche nel caso di biografie particolarmente dettagliate si registrano omissioni e inesattezze che vanno colmate o corrette al confronto con altre fonti narrative, testi epigrafici, ovverosia con nuove risultanze di studio, come ha chiarito Ottorino Bertolini in un saggio del 1969, 15 e come pure hanno ribadito più di recente Federico Guidobaldi e Antonella Ballardini, rispettivamente a proposito delle fondazioni basilicali dei secoli IV-V 16 e a proposito della vita apparentemente esemplare di Pasquale I (817-824). 17 Come accennato in apertura, la ricognizione approfondita sulla figura di ogni singolo pontefice e l'attenzione particolare rivolta alla città di Roma non solo consentono di far luce sulle implicazioni di varia natura che ne compongono il tessuto culturale complessivo, ma aiutano anche a capire le cause di quelle zone d'ombra che si concentrano su alcuni secoli - quali il X e l'XI - al punto tale da farne i più bui in ordine al fenomeno della promozione storico artistica. Secondo il Liber Pontificalis, è soprattutto con il secolo XI che si crea a Roma una profonda cesura e sembra interrompersi bruscamente ogni sorta di committenza papale, nonostante l'esistenza di non pochi edifici riconducibili a quell'epoca (Santa Maria in Portico, detta poi Santa Galla, San Cosimato, Santa Maria in Via Lata, San Nicola in carcere, Sant'Urbano alla Caffarella), 18 comprese le incorniciature marmoree di alcuni portali d'ingresso (Sant' Apollinare, Santa Maria in Cosmedin, Santa Maria in Trastevere, Santa Pudenziana, Santo Stefano degli Abissini e porta ravenniana di San Pietro). 19 Le ragioni del silenzio possono essere molteplici: la particolare congiuntura politico religiosa segnata dall'interferenza del potere laico nell'elezione del pontefice; l'entrata in scena di antipapi intraprendenti; il degrado delle istituzioni ecclesiastiche occidentali; le istanze di rinnovamento della Chiesa promosse soprattutto dal monachesimo cluniacense; l'ascesa sul soglio di Pietro di cinque papi tedeschi; nonché l'assenza da Roma per vari anni di Urbano II
(1088-1099) e poi anche del suo successore Pasquale II (1099-1118). Il vuoto in materia di committenza che per tutto quel secolo si coglie nella raccolta delle biografie papali potrebbe imputarsi anche a un intenzionale orientamento della cancelleria pontificia, decisa a registrare gli eventi artistici di allora solo in subordine alle principali incombenze dei papi. Tra queste doveva apparire prioritaria la cura delle faccende interne della Chiesa, come bene si può intuire in particolare dalla biografia di Gregorio VII (1073-1085), ove l'estensore si limita ad accennare ad alcuni interventi operati dal pontefice in San Pietro nella zona del presbiterio, oppure registra la consacrazione delle chiese romane di Santa Maria in Portico e Santa Pudenziana. 2° Comunque, il vuoto che in relazione al patronato artistico si coglie nel Liber può essere compensato da fonti alternative di non minore importanza come, ad esempio, i regesti, le sillogi canonistiche, gli atti sinodali, le epistole, gli annali ecclesiastici, le cronache, le epigrafi latine cristiane e quant'altro. Tra queste, sempre in rapporto all'XI secolo, è utile citare un Legendarium contenente una Vìta beati Damasi che ricorda il rifacimento promosso da Giovanni XIX (1024-1033) dell'antica basilica di San Lorenzo in Damaso distrutta da un grave incendio (igne consumpta) e riconsacrata poi da papa Stefano IX (1057-1058). 21
14. Guidobaldi 1978; Id. 1992a, pp. 280-283, 304-307; Angelelli 2002; Ead. 2010. 15. Bertolini 1970. 16. Guidobaldi 2003. 17. Ballardini 1999. 18. Sull' edilizia religiosa a Roma nell' XI secolo basterà ricordare: Coates-Stephens 1997; Claussen 1992; Id. 2002 (limitatamente ai fatti architettonici accaduti nel secolo Xl). 19. Fratini 1996; Pace 1994; Claussen 2007; Id. 2008b.
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3. Committenza, patronato, protezionismo e mecenatismo Prescelta Roma come territorio d'indagine, l'ambito cronologico - circoscritto fra il pontificato di papa Silvestro I (314-335) e quello di Martino V (14171431) - abbraccia undici secoli di storia, un arco temporale particolarmente vasto che, nonostante la complessità e la disparità degli eventi che vi si succedono, lascia comunque intravedere, nel comportamento dei papi nei confronti dell'arte, atteggiamenti di attenzione pressoché costanti, tali da sfociare gradatamente nell'età dell'Umanesimo in vero e proprio mecenatismo. Il concetto di committenza (da committere), che comunemente rinvia all'incarico conferito ad una persona di eseguire un determinato lavoro o di svolgere un compito particolare, nel campo specifico dell'arte rimanda all'invito rivolto ad un artista di produrre una precisa opera, sostenendolo in alcuni casi con il relativo finanziamento. Come tale, trattasi di un concetto che attraversa un po' tutte le epoche storiche, ma che rappresenta solo in parte l'età di mezzo, specialmente l'alto Medioevo, per il quale appare forse più appropriato riferirsi all'idea di patronato artistico: un'idea, questa, più complessa, intorno a cui ruotano con20. LP, II, pp. 282-290. 21. Cecchelli 2009b, in particolare p. 283 . Quindi D'Onofrio 2009: colgo l'occasione della citazione del mio contributo su San Lorenzo in Damaso per segnalarne a margine la piccola svista che, a pagina 390, fa il nome di papa Stefano IX come "promotore del rifacimento della chiesa laurenziana", mentre, come è meglio precisato nello stesso saggio, il pontefice è colui che celebra la seconda dedicazione della chiesa stessa.
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tenuti che normalmente non sono contemplati entro i confini puri e semplici né del!a committenza, né del patrocinium, inteso quest'ultimo come protezione o assistenza - non necessariamente finanziata - concessa a favore di un artista di una ~ua inizia~iva o di un suo pr?getto. Rispetto ai significati di qualsiasi aÌtro t~rmme, q~el~~ eh~ co~gurano 11 concetto di patronato artistico appaiono dec~samente 1 pm art1colatI, nel senso che abbracciano un più variegato spettro di situazioni con più ampi margini di interpretazione e applicazione. Infatti, stando al ~iber Po_nti.(ìcalis, tra i di.versi aspetti del patronato che si legano all'impegno dei vescovi d1 Roma a partire dalla fase precostantiniana, si distingue in prima b~ttuta quello del protezionismo, dettato dal dominio, dal controllo, dalla ges~1o~e e d~l~a tutela_ dei soli beni iniziali acquisiti dalla Chiesa (proprietà, donaz~om, l~s~1tl e !end1te), contro la loro eventuale alienazione e contro le pretese d1 domm10 e d1 controllo reclamate sulle costruzioni religiose da parte dei laici fin~nz~ato~i: 22 Rient~a ~oi nell'id_ea_di patronato anche la riconversione degli edifici pnvat1 m luoghi d1 culto cristiano, 23 considerata operazione di non minore importanza rispetto a quella con cui il papa interveniva su edifici di pubblica p_roprie~à d?P~ a".'erne ottenut~ l'autorizzazione imperiale. 24 Comunque, in mento agh ed1fic1 d1 culto pagam che finivano per essere destinati alla Chiesa le procedure di passaggio da un soggetto all'altro avanzavano con lentezza: inf~tti, se nel 407/408 l'imperatore Onorio stabiliva la chiusura e la confisca di tutti i templi, la prima cristianizzazione di un tempio pagano si ha solo con il Pantheon, su richiesta di papa Bonifacio IV (608-615). La formazione, il mantenimento e la crescita del patrimonio artistico eccles~asti~o, a ~ui davano un fort~ e attivo contributo ricchi esponenti della nobiltà c1ttadm~, .dila~vano pro~r~ss1v~ente l'orizzonte degli oneri papali, compresa la soluz1?ne dei probl~m1 d1 ordme non solo finanziario ma anche giuridico. Ciò, pur considerando che 11 protagonismo evergetico della stessa classe aristocratica convertita al cristianesimo, rappresentata da presbiteri e laici intraprendenti e da facoltose matrone, sembrasse oscurare in alcuni casi, specie nei primi secoli, il ruolo del papa. Tuttavia è in particolare con la nascita del Patrimonium Petri verso la metà dell'VIII secolo, che il ruolo papale si consolidò e si definì più net~ tamente, dopo che gli impegnì e le responsabilità erano aumentati sensibilmente a ragione del fatto che i pontefici, oltre che sui beni ecclesiastici iniziali, si videro investiti di pari giurisdizione anche su tutti i monumenti antichi, cristiani e non cristiani, sorti o sopravvissuti nell'Urbe e nei vari territori di loro competenza. 2s Sicché, d'allora in poi chiunque avesse inteso prelevare da quei territori colonne o altri marmi antichi avrebbe dovuto chiedere l'autorizzazione al vescovo di Roma: è noto il caso di Carlo Magno, autorizzato da papa Adriano I, intorno al . 22. Cfr. al riguardo Ensslin 1955. Più recentemente: Arnaldi 1987, pp. 17-19 e 77; Pietri 1978; Richards 1979, pp. 58-59, 74-76; Angenendt 1993; Puza 1993; Sotinel 1996; Pietri 1981, pp. 435453 ; Marazzi 1998; Beuckers 2001 ; Hillner 2002; Capo 2009, pp. 32-34. 23. Krautheimer 1981a, p. 94; Brandenburg 2004, p. 250. 24. Lonardo 2012, pp. 80-81. 25. Herklotz 2000, pp. 76-77.
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787, a prelevare mosaici, colonne e altri marmi (musiva et marmora) dall'antico palazzo esarcale di Ravenna, divenuta nel frattempo una delle città del Patrimonium Petri, per abbellire la cappella palatina di Aquisgrana. 26 Sono dunque le incombenze derivanti da questo genere di situazioni che, mentre determinano il quadro specifico del patronato, ne fanno pure emergere le differenze rispetto alla categoria della committenza, di per sé alquanto generica. Quanto al mecenatismo introdotto nell'Antichità classica e ripreso poi diffusamente nel Rinascimento, si conviene come anch'esso risulti poco adeguato nelle sue forme più autentiche alla civiltà medievale, poiché nella definizione del termine è implicita una coscienza dell'arte come realtà autonoma, sostenuta e promossa all'insegna della più larga munificenza, nel presupposto di un rapporto disinteressato del committente mecenate con l'artista, senza alcuna interferenza dell ' uno sull'altro. 27 Nel Medioevo invece la libertà dell'artista, com'è noto, veniva relegata perlopiù entro i limiti della commissione pura e semplice, ovvero il singolo maestro - che nella maggioranza dei casi rientrava nella sfera dell'anonimato - pur potendo contribuire con qualche sua idea alla concezione complessiva di un'opera d' arte a lui affidata, pur potendone valutare il criterio compositivo da adottare ed esprimersi secondo il proprio stile, tutto sommato era tenuto ad operare nel rispetto dei dettami ricevuti, sulla scia (modo et forma) di modelli e schemi iconografici inderogabili, più o meno persistenti nello scorrere del tempo.28 Il pontefice committente poteva accentrare in sé una molteplicità di decisioni e funzioni: il suo rapportarsi all'arte, per quanto non direttamente esplicitato dalle fonti, gli consentiva di partecipare fattivamente al buon esito della committenza. Nel caso dei programmi decorativi di maggiore impegno egli poteva assumerne anche la veste di ideatore o concepteur. 29 Tutto ciò gli veniva riconosciuto a prescindere da ogni genere di competenza specifica - anche di natura tecnica - che personalmente egli poteva far valere nella promozione di questa o quella iniziativa artistica, dalla misura di una sua eventuale partecipazione finanziaria all'impresa e tanto meno dal numero delle chiese che veniva consacrando in Italia e al di là delle Alpi. In questo contesto, l'artista che veniva chiamato ad operare sotto l'egida del papato o della curia si sentiva da parte sua garantito e messo in condizione di poter portare a compimento l'opera intrapresa, anche nel caso in cui il committente fosse deceduto anzi tempo, poiché, come rileva Hetherington, quell'artista era «mantenuto dal successore» fino alla fine del lavoro.Jo In considerazione del fatto che il papato poteva essere in grado di implementare in qualche misura il variegato patrimonio artistico di Roma, assumerne il controllo, plasmarlo in conformità al suo pensiero, decidere e orientarne 26. MGH, Epistolae III, 1892, p. 614. 27. Haskell 1958, col. 940; Bagci 1994. 28. Brenk 1984; Id. 1994b; Id. 2003 ; Castelnuovo 2004, pp. V-XXXV. 29. Brenk 2003 . Ancora: Id. 1994a; Id. 1994b. 30. Hetherington 1983, p. 539; Jordan 1933-1934.
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Mario D'Onofrio
i contenuti simbolici, viene subito spontanea la domanda se quel patrimonio possa essere considerato espressione diretta del suo potere effettivo, della sua gestione, sua prerogativa esclusiva, ovverosia come arte papale tout court. Il quesito sembrerebbe presupporre una risposta a sostegno di questo tipo di scenario. Ma analizzando attentamente il Liber Pontifìcalis - ove lo si volesse considerare non tanto come emanazione diretta del papato, come suggerisce una corrente di pensiero, bensì come portavoce dell'alto clero romano31 - si evince che il clero in virtù di alcuni suoi privilegi poteva approvare o disapprovare l'operato dei papi in rapporto ai propri specifici interessi, mirando così al controllo del papato stesso. Nonostante le loro prerogative, i pontefici potevano vedersi ridotta o attenuata la pienezza della gestione del patrimonio ecclesiastico in caso di sfruttamento o utilizzo improprio del medesimo derivante da una loro eventuale complicità. Ne è prova l'episodio secondo il quale il clero romano si oppose al progetto di «monasticizzazione» del palazzo del Laterano avviato da papa Gregorio Magno e da alcuni suoi seguaci. 32 Inoltre, quando papa Gregorio VII (1073-1085) fece la proposta al clero romano di impiegare i beni ecclesiastici per combattere l'imperatore Enrico IV e l'antipapa Guiberto di Ravenna col nome di Clemente III, il clero stesso gli si oppose, richiamandosi alla tradizione in base alla quale gli oggetti consacrati potevano essere venduti solamente per nutrire i poveri e per riscattare i prigionieri. 33 Cionondimeno, a parte questo tipo di restrizione emersa dagli episodi appena ricordati, nulla impediva che sull'arte che si stava producendo a Roma, compresa quella di committenza non pontificia, il papato potesse esercitare una sorta di supervisione o esprimere un parere di massima, assecondando in tal modo un articolato processo di omologazione che facesse continuo riferimento alle soluzioni consolidate dalla tradizione, che favorisse la costante ripresa - nel campo della pittura - di precisi temi e schemi iconografici34 e accordasse la preferenza a maestranze locali autoreferenziate come, ad esempio, i marmorari della famiglia dei Cosmati e dei Vassalletto. 35 Complessivamente si ha proprio l'impressione che la maggior parte dell'arte romana del Medioevo fosse diretta da una regìa silenziosa, larvatamente occulta, riconosciuta unanimemente all'istituzione pontificia la quale, in virtù della sua carica, assorbì più avanti nel tempo anche il controllo urbanistico della città tramite i suoi diretti collaboratori tra cui, ad esempio, i magistri viarum o i magistri aedifìciorum Urbis. 36
31. Richards 1979, pp. 263-268. 32. Capo 2009, p. 102. 33. Di Carpegna Falconieri 2002, p. 66, che riporta l'episodio narrato da Bonizone vescovo di Sutri, nel Liber ad amicum (MGH, Libelli, 1, 1891, pp. 571-620). 34. Si pensi all'esempio analizzato da Serena Romano relativo alla scena del martirio di san Lorenzo: Romano 2000a, inpart. pp. 155-159. 35. Sull'attività dei Cosmati e Vassalletto, cfr. in particolare Claussen 1987; Id. 2002, 2008a, 2010. 36. Cfr. Fedele 1909; Jokilehto 1999, pp. 29-32; Vecco 2007, pp. 35-37.
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4. Pontifex maximus In riferimento al paragrafo precedente, non è poi così peregrina l'idea secondo la quale il patronato artistico promosso a Roma costituiva in effetti una sorta di prerogativa pressoché esclusiva della massima autorità religiosa della città. Ma non solo: tale prerogativa a partire da papa Damaso (366-384), con la rinuncia dell'imperatore Graziano (376-383), venne a comprendere anche il titolo imperiale di pontifex maximus, tuttora riservato al capo della Chiesa cattolica romana. Questo titolo con il relativo ufficio imponeva l'obbligo non solo di garantire la stabilità della pax cristiana, di governare il culto religioso ed esaltarne i valori racchiusi nella tradizione, ma anche di promuovere con una certa generosità strutture o quant'altro si ponesse a beneficio della collettività di cui il papa era a capo. Forse anche per quest'ultimo motivo alcuni pontefici che nel Liber Pontifìcalis sono presentati nella veste di patroni, committenti o donatori, risultano in effetti di manica larga. Vi compaiono come grandi spenditori, con l'intento specifico di dotare le singole chiese di suppellettili e arredi sacri, paramenti, veli, tovaglie per gli altari, lumi e altri oggetti, consapevoli di investire a sostegno del patrimonio ecclesiastico cifre anche notevoli, il cui volume rispetto all'economia della città o a un ambito commerciale più vasto è stato pure oggetto di approfonditi studi.37 Del resto, la munificenza pubblica era virtù essenziale nel mondo classico, sia per gli imperatori che per le aristocrazie urbane, per cui poteva essere naturale per i vescovi di Roma, eredi di quel tipo di cultura evergetica, adeguarsi in qualche misura ad essa, avviare committenze adeguate e mettere in atto iniziative (gesta) durevoli nel tempo attraverso il loro contributo più concreto e visibile alla conno- ~~\,)ssisc~~ ' ' ' d'1 Rorna.38