Istinto di morte e conoscenza 8864430156, 9788864430157

La vitalità è la reazione biologica, alla 24ª settimana di gravidanza, di un sé libidico del feto che, avendo rapporto c

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Italian Pages 345 [354] Year 2017

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Istinto di morte e conoscenza
 8864430156, 9788864430157

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I libri di Massimo Fagioli

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Massimo Fagioli

Istinto di morte e conoscenza

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Quattordicesima edizione maggio 2017 L’Asino d’oro edizioni

Prima edizione gennaio 1972 Seconda edizione aprile 1976 Terza edizione novembre 1977 Quarta edizione giugno 1978 Quinta edizione luglio 1980 Sesta edizione ottobre 1986 Settima edizione ottobre 1991 Ottava edizione giugno 1996 Nona edizione maggio 2000 Decima edizione luglio 2002 Undicesima edizione aprile 2005 Dodicesima edizione aprile 2007 Tredicesima edizione aprile 2010

Copyright © Massimo Fagioli L’Asino d’oro edizioni s.r.l. Via Ludovico di Savoia 2b, 00185 Roma www.lasinodoroedizioni.it e-mail: [email protected] ISBN 978-88-6443-015-7 ISBN ePub 978-88-6443-432-2 ISBN pdf 978-88-6443-433-9

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Istinto di morte e conoscenza

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27 novembre 2016

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I

Tell me where is fancy bred, Or in the heart or in the head? How begot, how nourished? Reply, reply It is engender’d in the eyes With gazing fed; and fancy dies In the cradle where it lies: Let us all ring fancy’s knell; I’ll begin it. Ding dong, bell Ding, dong, bell*.

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* Dimmi, dove nasce la fantasia, nel cuore o nella testa? Come si genera, come si sviluppa? Dimmi, dimmi. Dagli occhi si genera, si nutre dal guardare e muore nella culla dove vive. Suoniamo a morto la campana della fantasia. Din-don, din-don. W. SHakeSpeaRe, Il mercante di Venezia, atto III, scena II.

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La fantasia di sparizione

È noto a tutti coloro che esercitano la professione di psicoanalista che, frequentemente, sarebbe più giusto dire sempre, il problema, tra i tanti, che dobbiamo affrontare è quello della reazione dell’analizzando, comportamentale o semplicemente inconscia, alle sospensioni che l’analista fa delle sedute analitiche. L’analista si assenta1. Il paziente subisce una frustrazione.

L’“assenza” dell’analista prima di cercare di capire cosa dobbiamo intendere con la parola frustrazione vorrei rispondere ad una eventuale obiezione. Risposta che può servire a ribadire il concetto 1 Su questa parola torneremo poi per esaminare come possa trattarsi, oltreché di assenza fisica, anche di assenza psicologica quando l’analista non comprende o non interpreta esattamente.

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ISTInTO DI mORTe e COnOSCenza

di approccio globale al paziente in analisi e ad evitare una impostazione controtransferenziale incoerente. Intendo riferirmi all’obiezione che, quando si fanno riferimenti e discorsi di realtà, come appunto la comunicazione di una necessità dell’analista di assentarsi, ci si rivolge all’Io valido del paziente e con ciò si tratterebbe di un intervento extraanalitico. non penso che l’obiezione sia accettabile. Ritengo invece che tutto ciò che accade in analisi vada considerato nell’ambito della relazione globale, cosciente e inconscia, del paziente verso l’analista (transfert) e dell’analista verso il paziente (controtransfert). non credo che si possa concettualizzare un fenomeno per cui l’analista (o anche il paziente) pretenda, di punto in bianco, di mettere fuori dalla porta tutta la dinamica transferenziale e controtransferenziale o “dimenticarsene” per rivolgersi all’Io del paziente che, in maniera altrettanto improvvisa, dovrebbe mettere fuori dalla porta la sua dinamica inconscia transferenziale o dimenticarsene per rispondere con una normale accettazione di realtà ad un evento perturbante l’assetto ritmico dell’analisi stessa. L’imporre al paziente le necessità personali dell’analista (vedi anche ritardi, anticipi, ecc.) come puro fatto di realtà, senza considerarle dinamica analitica nell’ambito transferenziale e controtransferenziale, è, penso, un improvviso annullamento del paziente in toto con la sua dinamica cosciente ed inconscia. È appunto, come accennavo, una “assenza” dell’analista, è un analista che diventa improvvisamente silenzioso, un analista che non risponde, che non c’è, un analista, come vedremo, sparito, morto. Sono, in altre parole, improvvise incoerenze che permettono al paziente di confermare le realizzazioni interiori pa14

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La fanTaSIa DI SpaRIzIOne

tologiche di identificazioni e proiezioni di immagini (o oggetti) alterate. L’analista che, fissata l’ora della seduta, ad esempio alle 17, riceve il paziente dieci minuti più tardi, permette al paziente stesso di realizzare come realtà la proiezione di incoerenza. Il paziente fa, come ho potuto vedere più volte, il seguente pensiero più o meno inconscio: «L’analista, quando dice una cosa, ne intende un’altra. L’analista parla per enigmi». Ogni volta poi che questo analista interpreta, il paziente rimane con il dubbio, di cosa effettivamente, al di là della espressione verbale, avesse voluto dire l’analista. La Sfinge2, in tale situazione di incoerenza dell’analista, è nell’analista stesso. può essere evidenziato, da quanto detto, un fenomeno di rovesciamento della situazione psicoanalitica. Chi deve interpretare l’atteggiamento, e più in generale il modo di essere enigmatico dell’analista, è il paziente. ne deduciamo, quindi, che in quel momento di incoerenza, l’analista è assente, sparito. Concludiamo, quindi, dicendo che l’evento che interviene, come tutti gli eventi, ritardi o anticipazioni delle sedute, mancate interpretazioni o interpretazioni errate, silenzio del paziente o dell’analista, come anche l’inizio e la fine della seduta, sono manifestazioni dei partner della vicenda analitica, sono cioè comunicazioni, potremmo dire “libere associazioni” e come tali oggetto di interpretazione, oggetto di verbalizzazione coerente di come, nell’hic et nunc dell’evento, si sia verificata una specifica realizzazione di uno dei due partner con la relativa corrispondente realizzazione dell’altro.

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Vedi considerazioni sulla Sfinge, p. 268.

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ISTInTO DI mORTe e COnOSCenza

Il problema della “frustrazione” mi rendo conto del fatto che, anche se alcuni autori3 hanno studiato il problema “vacanze dell’analista”, l’attribuzione di significato di problema analitico al fatto dell’assenza dell’analista (concetto di assenza che noi abbiamo ampliato, estendendolo anche alla assenza psicologica nel senso di “vacanza” dell’analista interprete, pur essendo l’oggetto fisico analista presente) può presentarsi come una affermazione ingiustificata e oscura. Ritengo opportuno quindi premettere che, in un certo senso, tutto il seguito del libro può essere considerato come un lavoro inteso a chiarire e dimostrare questo concetto dell’“assenza”, che è anche un concetto di non essere, un concetto di sparizione. Dicevamo, all’inizio del capitolo, distaccando dal contesto del discorso le due frasi relative all’assenza e alla frustrazione, che l’analista si assenta, abolendo una o più sedute di analisi4 e il paziente sperimenta una frustrazione. Vedremo ora di intenderci il più possibile su questo termine. La frustrazione viene intesa, di norma, come un impedire, un opporsi alla soddisfazione di un desiderio o di una pulsione. Credo che limitarsi a dire ciò sia insufficiente. Se noi consideriamo una pulsione masochistica o genericamente autoaggressiva e ci opponiamo ad essa, possiamo dire che abbiamo frustrato il soggetto nella sua soddisfazione. ma la reazione spesso non è di odio, bensì di amore perché ab3 Vedi ad esempio, D. meLTzeR, Il processo psicoanalitico, armando, Roma 1971. ed, in verità, non hanno studiato niente. Hanno ripetuto, come sempre, ciò che aveva detto freud. Cfr. Inizio del trattamento, in S. fReuD, Opere, vol. VII, Boringhieri, Torino 1975, p. 337. 4 O, ribadiamo, non interpretando esattamente, cioè disinteressandosi del paziente (assenza psichica).

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La fanTaSIa DI SpaRIzIOne

biamo impedito al soggetto una realizzazione autoaggressiva, cioè genericamente non evolutiva. Quando invece impediamo una soddisfazione libidica o meglio di conoscenza o genericamente evolutiva verso una realizzazione più ampiamente umana nel senso di un plus tanto indefinito e vago, quanto sempre più precise e specifiche ci appaiono le realizzazioni umane cosiddette nevrotiche da modificare, allora non otteniamo uno sviluppo di libido ma odio e realizzazione nel senso di un minus, di vuoto, di disintegrazione, di perdita delle possibilità evolutive. ne consegue che non possiamo accettare il termine frustrazione nel senso di un semplice impedimento alla soddisfazione pulsionale. nel setting psicoterapeutico va considerata una situazione interpersonale specifica che, di norma, non viene invece valutata in altre situazioni di rapporto umano. La relazione di transfert e controtransfert si costituisce e si accetta nella situazione di contratto iniziale di trattamento psicoanalitico. Dopo di ciò sarà essa relazione, transferenziale e controtransferenziale, a costituire la base e la matrice di ogni interpretazione. I “dati di realtà” sono fuori della situazione analitica, condensati e sottintesi nel contratto iniziale5. La modificazione del contratto iniziale porta ad un inserimento di un “dato di realtà” nella situazione psicoanalitica e con ciò ad una “confusione”, cioè al mescolamento di realtà e fantasticherie nella dinamica interpersonale con pregiudizio nel raggiungimento del principio di realtà al quale miriamo. Visto in questa situazione di setting analitico, diciamo puro, il concetto di frustrazione comincia a rivelare il senso della sua complessità. 5

Si badi bene: non sono annullati.

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In questo ambito di concettualizzazione il termine frustrazione va considerato: 1. Come frustrazione, cioè contestazione di bisogni del paziente. 2. Come frustrazione, cioè contestazione di esigenze del paziente. I “bisogni” del paziente sono quelle pulsioni parziali ed isolate che tendono alla soddisfazione diretta. La matrice di esse è nella perversione dell’istinto. L’analista, nel setting analitico frustra, cioè si oppone, alla soddisfazione (diretta ed indiretta) dei bisogni istintuali del paziente. Quel che viene tollerato, perché il paziente riesce sempre a prendersi soddisfazioni sessuali indirette, è compreso nel contratto iniziale (sottinteso di realtà). Così dicasi della stretta di mano, del livello dell’onorario più o meno basso o alto, il guardare l’analista all’inizio e alla fine della seduta, le sospensioni dell’analisi comprese nel contratto iniziale. In questo caso il termine frustrazione va inteso nel senso di impedire al paziente la soddisfazione cieca dell’istinto sessuale e la realizzazione dell’istinto di morte. Cioè per un verso si intende frustrazione della bramosia (perversione dell’istinto sessuale) del paziente in quanto tale soddisfazione diretta lo porterebbe ad introiettare un oggetto fisico, lo porterebbe cioè alla identificazione proiettiva, ovvero al rapporto sadomasochistico con l’altro diventato fantasma persecutorio. per l’altro verso si intende frustrazione dell’istinto di morte, nella sua esplicazione di pulsione isolata, diretta contro l’analista, ad eliminarlo, renderlo non esistente o quanto meno diretta a svalutarlo, modificarlo nel senso di 18

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una alterazione di ciò che egli effettivamente è nella sua realtà umana e più specificatamente psicoanalitica. Opposizione e impedimento alla dinamica fondamentale per la quale dal rapporto sadomasochistico di identificazione introiettiva e proiettiva si giunge ineluttabilmente alla perdita della sessualità che, per quanto perversa (bramosia), una volta contenuta e trasformata, è preziosa matrice allo sviluppo del vedere, della conoscenza e del pensiero verbale. In questo ambito la non frustrazione (consolazioni, rassicurazioni, tolleranza sull’onorario, tolleranza sui “bisogni” del paziente di mancare le sedute) sarebbe una assenza, una aggressività, uno spingere l’analizzando verso una non realizzazione del sé in senso evolutivo, verso una regressione con defusione degli istinti e scissione. Come “esigenze” dell’analizzando si considerano qui le tendenze ad un rapporto oggettuale evolutivo, nel quale le pulsioni (sessuali e di morte) vengono contenute, orientate verso la fusione e l’integrazione, utilizzate per uno sviluppo della conoscenza e delle possibilità di pensare. In questo ambito di esigenze, pertanto, l’analista non dovrebbe essere mai frustrante. perché il nostro compito sta nel soddisfare le esigenze dell’analizzando di essere aiutato con l’interpretazione, e nel soddisfare il più e meglio possibile le sue esigenze di ascoltare e di assorbire l’attenzione, la cura e le parole dell’analista. In questo caso il paziente “contiene” i suoi desideri sessuali e noi dobbiamo soddisfarli e aiutarlo ad integrarli con l’introiezione dell’immagine e della qualità (pensiero) dell’oggetto-analista. In questo caso la non soddisfazione è frustrazione-aggressività, cioè assenza. Sono apparenti gratificazioni, ma in realtà sono frustrazioni-aggressività: 19

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1. L’esame di realtà in quanto si confonde il paziente sulla identità dell’oggetto-analista che guarda la realtà con occhi fisici e non vede il senso della comunicazione del paziente. 2. Ordini, consigli, incoraggiamenti, rassicurazioni in quanto si confonde il paziente sulla identità dell’analista che presenta un atteggiamento sadico di imposizione, coartazione, controllo dell’oggetto-paziente. 3. Comunicazioni di nozioni scientifiche in quanto si confonde il paziente sulla identità dell’analista che mette nel paziente astrazioni, cioè immagini di oggetti e oggetti non elaborati. Sono gratificazioni delle esigenze: le interpretazioni della comunicazione del paziente, il verbalizzare il senso, il significato della comunicazione, la verbalizzazione del rapporto di transfert che il paziente ha con l’analista. In questo caso cioè si dà al paziente, si soddisfano le sue esigenze a introiettare le parole, il sapere, le qualità dell’oggetto-analista. penso di dover però osservare che, in genere, il termine frustrazione è legato al sottinteso di aggressività verso l’oggetto. Cioè ha il senso di coartare, contestare confusamente e contemporaneamente le esigenze e i bisogni. Sotto l’apparenza della bonarietà e della gratificazione si possono dare al paziente le frustrazioni-aggressività elencate prima, per poi frustrare-aggredire le pulsioni sessuali e quelle di morte che si sono maggiormente scisse e sono meno contenute. Dalla rassicurazione (carezze-bacio) al rimprovero (colpire fisicamente l’oggetto o abbandonarlo). Dato che il termine frustrazione implica il riferimento ad un fattore evolutivo, rifiutiamo di usarlo per designare il rivolgersi verso l’altrui allorché questo sia comprensivo 20

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di una carica distruttiva. Quando il nostro modo di essere nell’approccio con l’altro sia inficiato dalla dinamica mors tua vita mea. Sarebbe assurdo, altrimenti, proprio nell’ambito terapeutico, concepire l’analisi come continuamente frustrante. Ciò perché noi, facendo l’analisi, interpretando, ci opponiamo a tendenze aggressive e disintegranti. Se invece il frustrare significasse rivolgersi verso l’altrui con una carica distruttiva, saremmo portati ad essere il più possibile non terapeuti, ad orientarci sempre di più verso interventi ed atteggiamenti non analitici, verso esami di realtà, bonarietà, consigli e incoraggiamenti; ad assumere, in altre parole, un ruolo di samaritano o di pedagogo6, e con ciò a ritornare all’approccio interumano basato sull’ignoranza del modo di essere inconscio e cosciente, cioè del modo di essere globale dell’individuo, approccio basato sullo splitting, sull’incoerenza, sull’ipocrisia, sulla lotta, sulla non accettazione dell’altro, sul mors tua vita mea. a questo punto può essere meno difficile accettare la stretta connessione tra il problema-fenomeno della frustrazione e il problema-fenomeno della “assenza”. La frustrazione intesa negativamente, come esplicazione di un moto d’animo controtransferenziale di aggressività (istinto di morte), fa capo, a guardar bene, ad una assenza dell’analista. assente è l’analista che rinuncia a comprendere e interpretare per assumere ruoli di samaritano o di pedagogo; assente è l’analista che ignora (o quanto meno svaluta) la situazione umana dell’analizzando, per soddisfare necessità personali. potremmo avvicinare tale analista ad una realizzazione umana di un soggetto che non con6 assistenza e repressione sono i due aspetti della violenza con cui si è sempre affrontata la realtà psichica umana.

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tiene i propri bisogni. ma un soggetto che non contiene i propri bisogni non può essere concettualizzato come terapeuta. In altri termini, in quel momento di frustrazione-aggressività, il terapeuta non c’è, è assente. Scompare, a questo punto, anche la distinzione tra assenza fisica e assenza psichica. L’analista che fisicamente si assenta dalla seduta, non è frustrante (aggressivo) per l’assenza fisica ma perché preferisce pensare a se stesso piuttosto che all’analizzando. Si disinteressa dell’oggetto esterno (o lo sottovaluta). e, contrariamente a quello che potrebbe sembrare, questo disinteresse (assenza) non è la mancanza di qualcosa ma l’esplicazione attiva di una pulsione (istinto di morte) diretta contro l’oggetto esterno7. È su quest’ultima affermazione che possiamo fermarci per concettualizzare il problema della frustrazione nel setting psicoanalitico. In primo luogo la frustrazione non deve essere l’esplicazione attiva di una realizzazione inconscia dell’analista, anche quando sia mascherata da dati di realtà. egli infatti agirebbe, senza esserne cosciente, una pulsione e non, come appare in modo manifesto, una astinenza o una neutralità. Con ciò il terapeuta non c’è più, propone all’altro quel fenomeno di assenza che è la prima e fondamentale “aggressività”. Tale realizzazione inconscia dell’analista non consapevole comprende, a sua volta, la ignoranza delle possibilità evolutive (trasformative) dell’altro. ed essa “ignoranza” non va intesa come possibilità o non possibilità di fare un esame di realtà (la diagnosi) ma come moto d’animo con7 Qui va sottolineato un fondamento del discorso. L’assenza, l’indifferenza, la neutralità “scientifica” non è mancanza, ma l’esplicazione attiva di una pulsione. essa scoperta permetterà (finalmente!) di individuare e chiarire la dimensione della pulsione umana di rapporto con la realtà e di porre fine alla rassegnazione. [1976]

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trotransferenziale attivo (pulsione isolata di istinto di morte) diretta a negare, annullare le possibilità dell’analizzando stesso. Ci resta, a questo punto, soltanto una soluzione per chiarire il concetto di frustrazione in analisi. Cioè che il terapeuta assuma un assetto controtransferenziale di non partecipazione ad un rapporto basato sulla tendenza alla soddisfazione di pulsioni isolate che l’analizzando dirige verso di lui. In questo caso la pulsione (sessuale e di morte) non viene aggredita e distrutta da un analista in un ruolo superegoico, ma rimane senza l’oggetto per la sua realizzazione. La strada che rimane è quella che l’analizzando reintegri la pulsione stessa8. anche in questo caso i termini frustrazione e assenza vengono a coincidere. però ora possiamo chiarire la differenza. frustrazione-assenza è aggressività quando corrisponde alla soddisfazione di un bisogno dell’analista, il che, a sua volta, corrisponde alla esplicazione attiva di una pulsione isolata nei riguardi dell’analizzando. frustrazione-assenza è comprensione e interesse verso l’analizzando quando corrisponde ad una non partecipazione alla soddisfazione di un bisogno dell’analizzando stesso, cioè alla esplicazione di una pulsione isolata nei riguardi dell’analista. non partecipazione che ha la sua possibilità di essere solo quando l’analista comprende la manifestazione (libere associazioni) dell’analizzando. per dire ancora meglio. nel primo caso è assente l’analista e presente l’oggetto parziale che soddisfa le pulsioni 8 Il riferimento al concetto di astinenza è abbastanza evidente, però va chiarito. esso è rifiuto attivo e cosciente nei riguardi delle dimensioni di rapporto scisse e parziali. non è quindi né indifferenza né neutralità “scientifica”. Cfr. in m. fagIOLI, La marionetta e il burattino, L’asino d’oro edizioni, Roma 2011, la dimensione di rifiuto.

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isolate. nel secondo caso è presente l’analista e assente l’oggetto parziale con cui soddisfare le pulsioni isolate. L’assenza fisica dell’analista fuori del contratto (incoerenza) è sempre, quindi, una frustrazione-aggressività in quanto, in quel momento, non c’è l’analista interprete ma un soggetto che permette la soddisfazione pulsionale dell’analizzando di non essere in rapporto con l’oggetto. Dopo quanto abbiamo detto sul concetto di frustrazione, la affermazione iniziale, secondo cui l’analista che si assenta fisicamente fuori del contratto frustra-aggredisce l’analizzando, appare più accettabile. L’analista, assentandosi, pretende dal paziente un comportamento e, ancor più, un atteggiamento inconscio maturo (adulto); vale a dire pretende che il paziente reagisca ad un avvenimento di realtà, che impone una frustrazione della libido (la sospensione della seduta), con una autoregolazione della stessa libido, ponendo un freno, una diga alla soddisfazione delle proprie pulsioni (ambivalenti), facendo leva sulla validità del proprio Io. L’analizzando deve cioè “comprendere”, vale a dire interpretare, il comportamento dell’analista. L’analista cioè, come dicevamo, è assente ed è presente un oggetto aggressivo esterno. La comprensione-interpretazione da parte dell’analizzando non può verificarsi per la stessa dinamica ambivalente della relazione transferenziale. L’analista è a priori, per lo stesso concetto di transfert, una immagine sadica o genericamente deteriorata. È cioè la proiezione di identificazioni del paziente realizzate su basi di ambivalenza attuale o pregressa. pertanto il distacco è un abbandono, vale a dire un comportamento aggressivo dell’analista, che non può essere accettato come accordo, ma viene vissuto, da parte del paziente, come violenza con implicite reazioni. 24

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Queste reazioni possono essere o semplicemente inconsce comportanti modificazioni delle proprie strutture interiori, o anche comportamentali (acting-out). Tali reazioni determinano un deficit dell’Io, una realizzazione interiore aggressiva o di oggetto interno cattivo con vissuto di inferiorità; fatto che, a sua volta, porta a non poter pretendere da se stessi una accettazione dell’evento di realtà frustrante facendo funzionare una propria diga o autoregolazione9. Si poneva quindi il problema dello studio di tali reazioni che possono essere in generale comprese nel grande problema della identificazione con l’aggressore10.

La reazione dell’analizzando all’assenza dell’analista anna freud parla di questo fenomeno dicendo che si tratta del passaggio da un ruolo passivo ad uno attivo mediante una combinazione particolare di introiezione e proiezione. 9 a titolo di esempio riporto un sogno di una paziente. Tornava a Roma a piedi dal luogo della villeggiatura. Si fermava ad una prima stazione che era abbandonata e vuota. In una seconda stazione c’era gente. Qui ritrovava il braccialetto e la catenina che portava al collo che aveva perduto. Ci metteva cinque ore. notai che erano passati cinque mesi di analisi dalla sospensione estiva. erano stati necessari cinque mesi di lavoro analitico per dare modo alla paziente di ritrovare la possibilità di rapporto con l’analista. La prima stazione era un periodo di assenze che la paziente aveva fatto per una malattia fisica. La seconda erano altri giorni festivi che la paziente aveva accettato come accordo, e dove, pertanto, recuperava la sua sessualità-affettività (la catenina cioè la bocca e il braccialetto cioè la mano). 10 Riteniamo incompleta e confusa questa formulazione. Il concetto di identificazione, che implica a sua volta il concetto di introiezione, è diverso dal concetto di rendersi uguale (e maggiore nel senso di un più, che poi è un concetto di maggiormente aggressivo) in cui non c’è una dinamica introiettiva dell’oggetto.

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L’accadimento esterno umano dello psicoanalista che comunica l’abolizione di una seduta, ha il suo corrispettivo in una modificazione interiore del paziente, basata su una realizzazione interiore fantastica onnipotente. Il paziente fa una “identificazione” con l’analista aggressore. Si rende cioè come l’analista, oggetto esterno intriso di aggressività, contenente aggressività, oppure essente aggressività. a questo punto credo sia necessario approfondire, per quanto è possibile, questo problema dell’oggetto esterno aggressivo (cattivo). per far ciò utilizziamo il famoso esempio che freud riporta in Al di là del principio del piacere, vale a dire quello del bambino che cambia la propria situazione di oggetto abbandonato (che subisce) per assumere il ruolo attivo di essere lui a far sparire e riapparire l’oggetto (rocchetto-madre). Si pensa che il bambino faccia una identificazione con la madre aggressiva che lo abbandona. Cioè che il bambino si renda come l’oggetto esterno aggressivo; diventi, si realizzi come tale oggetto e faccia come lui. ma noi non possiamo considerare l’oggetto esterno (madre) che esce di casa o lo psicoanalista che non può fare una seduta, come aggressivo, intriso di aggressività, come cattivo. ancora in maniera più incisiva, in caso di morte dell’oggetto esterno, noi non possiamo considerarlo come intenzionato a produrre nell’altro oggetto una lesione, il minus cui abbiamo accennato. ma per il bambino o il paziente, l’oggetto esterno che si assenta, che muore, è aggressivo. allora, per spiegarci questo concetto di oggetto esterno cattivo, dobbiamo ricorrere al concetto di tensione (ansia) nel rapporto oggettuale, ovvero al concetto, che poi vedremo comprenderà anche l’altro, del rapporto oggettuale sadomasochistico di base. L’oggetto esterno cioè, nell’ambito del rapporto ogget26

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tuale stesso, non viene vissuto nella sua realtà, per quello che è effettivamente. L’oggetto esterno è sempre la proiezione (o per lo meno anche la proiezione) di una propria identificazione attuale o pregressa fatta su basi di ambivalenza. Con l’evidenziare tale concetto, si evidenzia anche la conseguenza: ogni atto dell’analista-oggetto esterno che non sia interpretazione, non è realtà ma esplicazione di un moto d’animo (pulsione) dell’analista stesso contro l’analizzando. In particolare l’abbandono (sospensione della seduta) è atto aggressivo contro l’analizzando. per riprendere i concetti esposti prima, nel momento della sospensione della seduta, non c’è più l’analista ma un oggetto esterno che, esplicando una pulsione isolata di morte (disinteresse), permette all’analizzando di esplicare a sua volta una pulsione isolata di morte contro l’oggetto aggressivo. L’analizzando cioè non può subire l’atto aggressivo e reagisce assumendo un ruolo attivo. Il fenomeno si potrebbe esprimere così: «non sono io che vengo allontanato (fatto sparire) ma sono io11 che allontano, faccio sparire (ed eventualmente riapparire) l’oggetto». L’identificazione12 non avviene con l’oggetto reale (possiamo supporre che l’analista che sospende una seduta non voglia eliminare, far sparire il paziente), ma con una fantasticata e, dobbiamo dire, proiettata immagine inconscia dell’analista.

11 È questa la realizzazione del cosiddetto Io (hegeliano) come annullamento dell’altro, altro che è, in realtà, identificazione proiettiva (“negazione”): l’Io dell’anaffettività e della ragione astratta. [1976] 12 Il termine “identificazione” non è esatto. Lo lascio per poter anticipare che è un “rendersi uguale” all’oggetto fantasticato aggressivo. non viene considerata cioè una dinamica di introiezione dell’oggetto, ma una realizzazione inconscia contro l’oggetto.

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a questo punto, tenendo presente che il rapporto dell’analizzando è con l’immagine alterata dell’analista, introduciamo il concetto, noto a tutti, dell’angoscia di perdere l’oggetto. possiamo subito dire che non è una paura da pericolo reale ma una vera e propria angoscia. non c’è infatti nessun pericolo o danno reale in una sospensione di seduta o nella sospensione estiva o nella madre che esce per qualche ora. Cosa temono il bambino o il nevrotico? essi hanno bisogno dell’oggetto per rassicurarsi. Da che cosa? Riprendendo i concetti esposti, specialmente quello secondo cui il rapporto si svolge tra soggetto e immagine alterata dell’oggetto esterno, possiamo dedurre che il nevrotico (bambino, analizzando) teme non tanto il fenomeno in sé dell’assenza dell’oggetto, quanto l’esplicazione, da parte dell’oggetto esterno, di una pulsione di abbandono nei suoi riguardi. ma anche questa prima conclusione non ci spiega l’angoscia. non è una realizzazione aggressiva dell’oggetto esterno che può dare angoscia. Se accettassimo ciò rientreremmo nel concetto di pericolo reale, cioè di danno reale proveniente dall’oggetto esterno. allora, per forza di cose, dobbiamo pensare che ciò che il bambino teme veramente è la propria reazione interiore di fronte alla fantasticheria di essere aggredito (abbandonato, trascurato). Se, d’altra parte, riconsideriamo i due concetti di presenza fisica rassicurante e di immagine alterata dell’oggetto, possiamo dire che, nonostante l’oggetto esterno sia una immagine sadica, la presenza di esso serve a neutralizzare un’altra angoscia che non è quella implicita nel rapporto sadomasochistico con l’oggetto esterno. La ricerca di questa altra angoscia, cioè di questo altro pericolo, cioè di una possibilità di danno a derivazione da 28

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una realizzazione interiore del soggetto nel suo rapporto con l’oggetto esterno, ci conduce alla seguente formulazione. Un danno maggiore rispetto ad un rapporto sadomasochistico con l’oggetto può verificarsi soltanto in una realizzazione di un non rapporto con l’oggetto stesso. Il non rapporto con l’oggetto d’altronde non è dato dal fatto che è l’oggetto esterno a determinarlo allontanandosi, in quanto noi già sappiamo che il bambino non subisce in stato di passività l’evento ma assume un ruolo attivo di fronte all’evento stesso. Ruolo attivo e concetto che il problema sta nella assenza dell’oggetto esterno ci devono per forza condurre a pensare che ciò che il bambino teme è la sua reazione contro l’oggetto minaccioso (sadico), diretta a far sparire l’oggetto sadico stesso. La presenza fisica dell’oggetto è una realtà che permette all’analizzando di non realizzare come vera (onnipotente) la fantasticheria di essere stato lui a determinare l’evento: sparizione dell’oggetto. La reazione dell’analizzando in termini di fantasticheria inconscia di fronte all’evento “assenza” va considerata una pulsione di annullamento. L’oggetto esterno (seno, madre, padre, o qualsiasi oggetto libidico) è gratificante fin tanto che non permette al bambino di realizzare la pulsione di annullamento. È aggressivo quando permette ciò, cioè quando si assenta. In questo momento il bambino è preda della propria fantasia di eliminazione dell’oggetto. Si realizza aggressivo in toto, come suo modo di essere. In questo momento il problema dell’ambivalenza è oltrepassato, la eliminazione dell’oggetto è un vissuto di aggressività pura. La realizzazione inconscia è che l’assenza, la sparizione dell’oggetto è dovuta 29

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a lui, a una sua pulsione. La realtà, assenza dell’oggetto, ha favorito la realizzazione onnipotente della fantasticheria inconscia di sparizione.

Storia di un caso Il paziente giunge da me all’età di 34 anni. È teso; non riesce, anche se mostra un buon controllo comportamentale, a nascondere l’angoscia. Vuol fare l’analisi, dice, poi si lascia sfuggire: «Ho paura di essere schizofrenico». Dice che un altro analista, pur dando a lui il mio nome per una cura, gli ha detto di rassegnarsi a non guarire. So da un altro collega, che lo ha seguito in clinica, che ha disturbi schizofrenici. allucinazioni uditive, delirio di riferimento, depersonalizzazione. La storia della sua vita, nelle linee essenziali, è la seguente. Ricorda che due amici di famiglia, a otto anni circa, gli dissero, scherzando (?!), che «lui era nato perché a loro era morto un bambino». I suoi «lo avevano fatto nascere per reazione!». fa le scuole regolarmente. Viene preso in casa, in campagna, da un parente. a 18 anni perde il padre. Riesce a raggiungere la licenza di studi medi ma poi non continua. Sviluppa in pieno la malattia sotto forma di depersonalizzazione autoplastica, cioè deformazione corporea alle gambe e alle braccia. I disturbi risalivano ad alcuni anni prima con paura della guerra, di mutilazioni, di cecità. Ciò però non gli aveva impedito di proseguire gli studi. Verso i 25 anni le possibilità di fare qualcosa nella realtà sono praticamente nulle. È tutto preso dall’“idea delle gambe”. Inizia 30

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una psicoterapia che dura due anni e che viene interrotta con ricovero in clinica ed e.S. perché era diventato pericoloso e girava con un coltello. È appunto dopo altri ricoveri con cure intensive con e.S. che giunge al mio studio. L’approccio transferenziale si manifesta, fin dalle prime sedute, euforico ed esibizionistico. parla raccontando di sé, dei suoi problemi. Concetti di seno danneggiato, dipendenza dalla madre, oralità vengono esposti. Capisco subito che si tratta di nozioni ascoltate nella precedente psicoterapia senza nessuna elaborazione. Ho modo di mettere a punto un pericolo controtransferenziale di “contagio euforico” ed evito di prestarmi a rispondere con iperinterpretazioni a questa dinamica euforico-esibizionistica13. accetto la posizione depressiva di “essere accusato” intuendo che le accuse dovevano essere rivolte al precedente terapeuta che, per essere stato abbandonato, era diventato «Io dipendente e incriminato» (Racker). Tale accettazione del ruolo permette infatti al paziente di far filtrare, al di là dell’assetto esibizionistico-verbale, comunicazioni vere che mi permettono di iniziare una comprensione altrettanto vera del paziente stesso. Due punti essenziali vengono riassunti in due sogni: «Dal balcone di casa una donna in macchina si sfracella di sotto». «C’è una madre che ammazza un bambino per evitare che lo uccidano altri. poi lui spara e uccide alcune persone. poi lui doveva ammazzare il padre».

Comprendo che il paziente mi sta dicendo: 13 Recentemente in H. RaCkeR, Studi sulla tecnica psicoanalitica, armando, Roma 19762, p. 188, è messa a punto questa dinamica, cioè di come al transfert maniaco dell’analizzando corrisponda il controtransfert depressivo-paranoide dell’analista.

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a) che il rapporto oggettuale con la madre è rotto: dal balcone = braccia della mamma, lui cade e muore; b) che, pertanto, la sua identificazione con la madre è mortale perché ammazza il bambino e che quindi un transfert materno porterebbe ad angosce di essere ucciso dall’analista; c) che poi doveva uccidere il padre. Questo poi mi suggerisce che, “prima” deve essere esistita la possibilità di stabilire una identificazione valida con il padre, e che, se si fosse iniziata una analisi delle situazioni più primitive della vita, si sarebbe perduta anche questa identificazione con catastrofe totale14. passano così i primi mesi di analisi e intervengono le vacanze estive. Si riprende a settembre e non si notano particolari turbamenti. So ormai quale deve essere la strada da seguire: ricercare nell’inconscio la figura paterna. una identificazione valida che possa sostenere il transfert e quindi procedere alla interpretazione delle angosce più primitive. Il paziente infatti mi conferma la giustezza della impostazione con una maggiore calma e la scomparsa graduale dell’atteggiamento euforico-esibizionistico. Le sue comunicazioni vere, anche se rare, aumentano e mi permettono una sempre maggiore comprensione. Racconta della morte del padre a 18 anni. Il blocco negli studi. La crisi a 25 anni in relazione a interessi per una ragazza che lo portarono alla psicosi e alla clinica. Si addiviene alla conclusione che, per poter reggere nel 14 Il poi è fondamentale. esso si svilupperà nella distinzione della fantasia di sparizione alla nascita, che va a costituire la corazza di indifferenza e che contiene l’Io dell’inconscio mare calmo, dalla pulsione di annullamento che si realizza dopo il rapporto interumano contro l’identificazione proiettata, cioè dalla dinamica del rapporto sadomasochistico che finisce nell’anaffettività (schizofrenia). [1976]

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rapporto con una donna, è necessario qualcosa; questo qualcosa, sarà specificato poi, è la figura paterna non distrutta. La chiamiamo identificazione fondamentale. Senza di questa, con una donna, si muore. Contemporaneamente a questo lavoro di ricostruzione della figura paterna, o ricerca della identificazione di base (la piattaforma di base, dice il paziente), il paziente comincia a proporre il problema dei giorni festivi in cui non c’è seduta. appare, prima e dopo occasioni di festività, annoiato, chiuso, spesso salta qualche seduta. Dice che le cose vanno male. Ha la testa vuota, l’analisi è una rovina. È il problema dell’analista assente. Che succede? 1. Il paziente accusa l’analista di fargli del male. 2. non è l’analista presente ma l’analista assente quello che fa del male. perché? 3. non è l’abbandono dell’analista ad essere causa del male ma la reazione di aggressività del paziente stesso all’evento: assenza dell’analista. 4. Qual è la reazione aggressiva in termini di fantasia inconscia? non è l’oggetto esterno che va via ma sono io che lo faccio sparire. La causa del male è la pulsione di annullamento. Il bambino di fronte ad una realtà non gratificante volta la testa o chiude gli occhi. allontana da sé, fino a farlo sparire, l’oggetto esterno. 5. L’effetto della pulsione di annullamento onnipotente inconscia diretta verso l’esterno, è la realizzazione di: a) vuoto e buio interiore; b) negazione o sparizione del sé perché l’oggetto esterno è la proiezione di una situazione interiore del sé (identificazione con il padre).

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Questo era ciò che era accaduto in occasione della “assenza” cioè della morte del padre. Questo è ciò che accade ogni volta che l’analista si assenta per i giorni festivi. Il paziente risponde a queste interpretazioni, sempre più ampie e precise, portando la sua attenzione sul periodo di assenza del padre che andò a fare il soldato e lui rimase solo con la madre. Cioè stette con la madre in assenza del padre. «ed in quel periodo si masturbava», aggiungo. Il paziente ricorda che in un tempo di poco posteriore a questo periodo gli dicevano che era «cambiato», smagrito, spaventato, con gli occhi sempre spalancati «come a voler vedere tutto, sempre». Vale a dire, interpreto, lei ha realizzato la sua virilità e il piacere sessuale insieme alla fantasia di aver fatto sparire suo padre. Si è realizzato vuoto, aggressivo nel senso di totalmente aggressivo perché non rimaneva nulla in lei, come in fantasia non rimaneva nulla di suo padre. Con ciò lei ha realizzato la morte, il vuoto invece che la validità-virilità. Come le spighe mature che vedeva falciate dai contadini. Lei si sentiva maturo e forte per l’erezione e la libertà ma questo, per la pulsione di annullamento nei riguardi di suo padre, è diventato morte. Il paziente non vuole passare le vacanze con la fidanzata. non vuole ripetere la storia di rimanere con una donna, questa volta in assenza dell’analista. Riferirà poi, a settembre, che, quando per pochi giorni andò a trovarla, stava male. Senso di estraneità dal mondo e la fidanzata sentita cattiva, che lo odiava, che forse voleva ucciderlo per essere libera con gli altri. È appunto, ripeto interpretando, la relazione con la donna, che è mortale, se è vissuta in “assenza” del padre; vale a dire in assenza della identificazione fondamentale 34

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da lei annullata, quando, in occasione delle vacanze estive, ha fatto sparire me analista non accettando che l’analisi potesse essere procrastinata al mese successivo. L’anno successivo (1965-66) porta, sulla base di continue interpretazioni sulla fantasia di sparizione, che si verifica ad ogni giorno festivo come ad ogni fine seduta, annullando il lavoro fatto15, alla analisi della depersonalizzazione e della pubertà. aveva ripetuto, aggravata, la dinamica di quando era piccolo. Vale a dire: fantasia di abbandonare, far sparire il padre. aveva realizzato un distacco affettivo dal padre che era diventato un estraneo perché non più investito di libido; le assenze fisiche del padre erano sue sparizioni, annullamenti. Ricorda insistentemente un episodio di un ragazzino che, salendo su un campanile, si era attaccato ad una corda e, lasciatala, era precipitato. L’episodio viene interpretato come il suo distacco affettivo dal padre. La dinamica vera con il padre era ben coperta dall’angoscia di aver perduto, cioè non più visto, un professore delle scuole medie. Il paziente diceva di aver capito che doveva esserci la fantasia di sparizione nei riguardi del professore. ma non aveva capito abbastanza. Vale a dire che dietro la “sparizione” del professore c’era l’annullamento, la negazione, della persona e della personalità del padre che aveva “fatto sparire”, reso morto, inesistente, non amandolo più, e che tutta questa dinamica fantastica inconscia aveva avuto una base pulsionale particolarmente intensa non solo nella masturbazione, ma soprattutto nella prima eiaculazione che gli aveva fatto realizzare una trasformazione di sé che era poi diventata depersonalizzazione. 15

penelope?

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«ero completamente rovinato, dice, ed effettivamente pensavo fosse per la masturbazione». non proprio per la masturbazione, interpreto, quanto per la pulsione di annullamento che faceva durante la masturbazione. Il vissuto di smagrimento, imbruttimento, spavento di quando era piccolo, era diventato, per la eiaculazione con la realizzazione del cambiamento corporeo connesso a tale fenomeno fisiologico, “rovina fisica”, alterazione definitiva delle gambe e delle braccia. Il vuoto e il buio interiori, per la pulsione di annullamento, erano diventati alterazione e impotenza fisica. Successivamente si approfondisce l’interpretazione. per questa associazione, legata alla pulsione di annullamento contro il padre, tra virilità e morte o vuoto o aggressività, il suo pene era un coltello che poteva solo sventrare una donna e lo sperma era veleno. Si era addirittura realizzato un rovesciamento della pulsione sessuale. Dalla eiaculazione e dare lo sperma, a prendere i contenuti del ventre femminile. fa un sogno: «Davo coltellate nel ventre di una donna, da dove prendevo pezzetti d’oro».

Interpreto che, per la pulsione di annullamento diretta contro il padre, si era realizzato completamente aggressivo, il pene era coltello che sventrava; l’eiaculazione, mettere lo sperma nel ventre della donna, era prenderne le feci. penetrare la donna e dare lo sperma e i bambini, era diventato per lui uccidere e rubare. Ho modo di spiegare quindi perché, a 25 anni, il rapporto con la ragazza aveva significato per lui psicosi e clinica. Il desiderio sessuale verso la ragazza era vissuto da lui, come abbiamo detto, come ucciderla a coltellate, mangiarne le interiora e le feci, i bambini contenuti, secondo lui, in lei. 36

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L’altro campo di lavoro di questo periodo di analisi è condotto, nell’ambito di dinamiche transferenziali, sugli oggetti esterni distrutti in modo totale, fatti sparire, resi inesistenti, annullati. Si mette in evidenza che la problematica di relazione con l’oggetto esterno analista è, in primo luogo, che l’analista è quasi sempre “assente”, anche quando è presente, e, con ciò, pauroso, aggressivo, fantasma persecutorio, che egli “viene a controllare”. Soltanto la presenza attiva dell’analista che si interessa, comprende e spiega, riesce a volta a volta, seduta per seduta, a neutralizzare la fantasticheria inconscia. Viene alla luce, dicevo, che la relazione transferenziale con l’oggetto esterno, analista morto o fantasma, è duale. È come se fossero sempre due, se questo oggetto fosse duplice. Ora contemporaneamente terapeuta precedente e attuale, ora il parente e il padre vero, ora il professore delle medie, ora, e quando il transfert richiama questa fantasia l’angoscia diventa panico, gli amici di famiglia con il loro bambino morto prima della sua nascita. È quest’ultima fantasia, meglio detta realizzazione interiore, che costituisce il nucleo della catastrofe interna completa e che spiega il perché la precedente terapia, basata sul rapporto con l’oggetto parziale seno, avesse portato alla rottura e alla realizzazione maniacale ed esibizionistica del paziente. Il paziente, abbiamo detto, aveva realizzato, da piccolo, una autonomia-libertà-virilità con la fantasia di sparizione contro il padre, cioè con l’annullamento-sparizione della sua identificazione fondamentale cioè della strutturazione dell’oggetto totale-padre e con ciò aveva realizzato una regressione nell’utero materno. Si era masturbato vivendo fantasticherie orali di distruzione dell’oggetto parziale seno (era insieme alla madre da solo) e con ciò aveva reso 37

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la oralità, matrice del rapporto oggettuale, inaccettabile perché troppo distruttiva. «Sognava sempre incendi» cioè libido = fuoco che distrugge. La separazione dal padre, realizzata con la fantasia di aver fatto sparire il padre, aveva scatenato il processo: sparizione dell’oggetto totale, annullamento dell’Io, precipitare nel caos delle pulsioni dirette verso l’oggetto parziale senza il sostegno di un Io valido, cioè verso l’onnipotenza distruttiva. Libido-distruzione-fuoco. Il ricongiungimento col padre aveva poi bloccato il processo e permesso una certa, se pur in modo vago, ristrutturazione dell’oggetto totale vissuto però in modo persecutorio. Successivamente, quando sentì gli amici di famiglia che gli dissero che lui era stato concepito perché il loro bambino era morto, la dinamica regressiva si ripresentò per la realtà che confermava la fantasia. Cosa era accaduto? per comprendere è necessario specificare che la fantasia di sparizione, annullamento dell’identificazione fondamentale con l’oggetto totale, identificazione proiettata poi sul padre, si lega ad una fantasia di non essere, di non essere nato, di tornare al buio e all’onnipotenza della situazione intrauterina16. In questa realizzazione di base di fantasia di sparizionenon essere-essere nell’utero materno, l’onnipotenza della fantasia è assoluta. Le proprie fantasie aggressive possono distruggere la vita che era prima di lui, perché lui, da dentro l’utero della madre, l’aveva distrutta. Il pensiero bambino-pene-seno mi permise di intuire la chiave del problema del paziente. Se noi consideriamo che il bambino era, per l’inconscio, 16 Considerare il detto “venire alla luce” per indicare la nascita. Buio = fantasia di sparizione - chiudere gli occhi = regressione dentro l’utero materno.

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il pene del padre il quale, a sua volta ha la sua prima matrice nell’oggetto parziale seno, possiamo comprendere come il paziente, nella pulsione di annullamento contro il padre, in unione con lo “scherzo” degli amici di famiglia, avesse realizzato una distruttività totale e con ciò bloccato ogni sua possibilità di vita, cioè ogni sua possibilità di rapporto oggettuale perché aveva distrutto l’oggetto parziale seno prima di nascere. Viene confermata l’intuizione del primo sogno con la seguente spiegazione: la donna dentro la macchina è lui stesso, cioè lui “identificato” con la madre, che, dentro la macchina, cioè dentro l’utero materno per la pulsione di annullamento, non tiene più il rapporto oggettuale e, per le fantasie distruttive dette sopra, cade dal balcone (braccia della mamma) e si sfracella. Così anche il secondo sogno: la madre che ammazza il bambino. Lui stesso che si ammazza. perché? per evitare di essere ucciso da altri, per evitare che “lui uccida altri, cioè il padre e il pene del padre” e con ciò le sue identificazioni fondamentali. Si spiega anche il poi rilevato precedentemente. Il paziente aveva vissuto un periodo normale (più o meno normale) di rapporto con i genitori. aveva realizzato una identificazione col padre su base ambivalente. Le “assenze” (vita militare e morte) del padre, dal momento che il padre era anche la propria identificazione ambivalente proiettata sul padre reale, erano espressioni di “aggressività” del padre stesso. erano cioè scuse, pretesti che il padre prendeva per abbandonarlo, per esercitare nei suoi riguardi una pulsione tendente ad eliminarlo. a questo approccio del padre verso di lui, così vissuto, il paziente aveva reagito eliminando a sua volta, cioè realizzando che era lui a far sparire il padre. «passò da un ruolo passivo a uno attivo». 39

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Con ciò rimase con il buio e con il vuoto essendo, come abbiamo detto, il padre, anche la propria identificazione fondamentale proiettata all’esterno. fatta sparire questa identificazione, il paziente, oltre che buio e vuoto, era inesistente, non essente, non nato. era nella situazione di essere nel buio intrauterino del ventre materno. In questa realizzazione interiore, la masturbazione e le pulsioni sessuali dirette verso l’oggetto (seno, pene-bambino) erano distruttive. amore-distruzione (il fuoco). Quando sentì gli amici di famiglia dire che egli era nato perché era morto un bambino, realizzò che prima della nascita, nell’utero materno, le sue pulsioni sessuali avevano distrutto l’oggetto del suo rapporto sessuale (affettivo)17. fu l’intuizione di quel poi del sogno che mi portò a ritenere che “prima” ci doveva essere stata una identificazione strutturante e che poi era stata perduta. poi, quando? Quando ci furono i distacchi dal padre con realizzazione di una “attività”, pulsione di annullamento, e conferma di realtà (partenza per il militare e morte). poi conferma di realtà che anche le sue pulsioni sessuali (affettive) rimaste erano distruttive, quando sentì che la sua nascita era connessa alla morte di un bambino. allora egli si “ammazza” (abbandona), nega continuamente il bambino che cresce in lui nella situazione di rapporto con l’analista, per evitare che lo uccidano “altri”. Cioè per evitare che il padre lo abbandoni (che lui abbandoni il padre con la pulsione di annullamento) e con ciò ripetere la catastrofe descritta. È infatti uno dei temi fondamentali dell’analisi che il paziente “uccida” continuamente il proprio inconscio, rinne17 L’assoluto mors tua vita mea al di là del rapporto sadomasochistico. È il non rapporto, l’impossibilità di esso, la schizofrenia. Il concetto di causa nel rapporto interumano: egli era perché era morto l’altro. [1976]

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ghi i sogni in cui mostra una evoluzione e un legame oggettuale. Cioè nega e rinnega sempre se stesso, il bambino che è in lui. fino a che, in occasione di una sospensione di analisi, tenta il suicidio gettandosi da una finestra «per rompersi le gambe». esattamente allo stesso tempo di analisi cui corrispondeva il distacco dal padre nonostante fosse stato più volte interpretato. Cioè colpisce le gambe, dopo aver fatto sparire l’analista. So che le gambe, per esperienza di altri pazienti, corrispondono ad una realizzazione di identificazione con il seno. Quando c’è un disturbo alle gambe, si trova una problematica di distacco dal seno, nel senso di una perdita e di un vuoto. posso anticipare che corrisponde ad una pulsione di annullamento contro il seno, al momento dello svezzamento. un distacco cioè con mancata realizzazione di una immagine interiore. Il paziente quindi aveva ripetuto, nel transfert, la dinamica infantile. pulsione di annullamento contro l’analista, realizzazione di vuoto e buio interiore, essere non nato nel ventre materno. Di qui “rompe le gambe” cioè attacca e colpisce l’oggetto seno, e distrugge le sue realizzazioni di identificazione con esso. È confuso, in agitazione psicomotoria. Lo visitano vari psichiatri che diagnosticano stato dissociativo, schizofrenia, agitazione psicomotoria. aspetto che mi chiami, cosa che regolarmente avviene, e continuo le sedute analitiche in ospedale. Ha ucciso il bambino che avrebbe fatto sparire il padreanalista, interpreto. Il paziente è rabbioso e commosso insieme. non riesce a realizzare perché continuo a fargli l’analisi. per lui c’è una realtà interiore fantastica che è quella che il bambino dentro di lui non deve vivere e l’analista si oppone a ciò. È una lotta tra il suo mondo fantastico inte41

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riore, radicato, assoluto e la conoscenza e le interpretazioni dell’analista: «La luce e le tenebre», commenta il paziente. guarito dall’intervento chirurgico, continua regolarmente le sedute nello studio dell’analista. Comprendo ancora di più perché una terapia, come la precedente, portata subito sull’oggetto parziale seno, era stata fallimentare. era, come abbiamo detto, un oggetto parziale distrutto a priori. era necessario comprendere le tappe fondamentali dell’evoluzione della vita del paziente cioè la crisi masturbatoria infantile, per poter capire la distinzione tra la fantasia di sparizione e la pulsione di annullamento e la realizzazione della regressione nell’utero materno e di lì le fantasie masturbatorie della distruzione dell’oggetto parziale pene-seno poi completate dalla “realtà” della “morte del bambino” prima della sua nascita. attualmente il paziente sta elaborando il problema descritto ed è in lotta tra il ripetere la crisi dell’adolescenza con l’abbandono del padre, o non farla e maturare. maturare vuol dire superare la pulsione di annullamento e accettare l’analista e con ciò la sua identificazione fondamentale con l’oggetto totale padre. Sono ormai vari anni di analisi e l’interpretazione va sullo “scherzo”, la “battuta spiritosa” degli amici di famiglia. Interpreto la fantasia di sparizione, l’annullamento del padre e della sua identificazione proiettata, la sua regressione nell’utero materno e il suo vivere, in questa realizzazione interiore, la distruzione continua delle possibilità dell’analista di dargli qualcosa di valido. porta un sogno: «era come un lago: c’era dentro una donna che nuotava. uno versa latte che si spande nell’acqua».

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Interpreto: la donna nell’acqua rappresenta la sua affettività, il se stesso con possibilità di accettare l’aiuto dell’analista. ma è nell’acqua, cioè vive una situazione di buio per la fantasia di sparizione, come se fosse dentro il ventre materno, ancora non nata. Quello che l’analista dà a lei di vitale e fecondante, e che lei cerca di dare a se stesso, si perde nell’acqua. Quando sentì gli amici di famiglia che gli dissero che il loro bambino era morto prima che lei nascesse, realizzò una vita intrauterina, prenatale, come distruttiva delle sue possibilità di avere un buon rapporto con questo bambino (seno) quando sarebbe nato. allora non nasce; ha paura di nascere, perché pensa di non trovare un seno con cui aver rapporto18. prima ha fatto la fantasia di aver fatto sparire suo padre e con lui la sua realizzazione di uomo. poi lo rivide e si calmò in parte. Quando seppe del bambino morto, riprese la fantasia di non essere nato e la realizzò definitiva, perché aveva distrutto, da quella situazione, anche il figlio del padre, il pene, cioè la validità del padre da cui poteva trarre sostegno e vita. poco dopo porta un altro sogno: «avevo un rapporto sessuale con una donna ma non mi alzavo. Rimanevo lì».

Interpreto: lei accettando di riprendere in sé la sua affettività, comprendendo la fantasia di sparizione, realizza anche la possibilità di rapporto umano (sessuale) ma ancora non può pensare a separazioni, a distacchi. Teme di 18 La pulsione di annullamento, dopo il rapporto interumano sadomasochistico, annulla l’Io della nascita, il rapporto prenatale con il liquido amniotico... e l’uomo resta convinto che non siano mai esistiti. “non sono stato mai amato...”, e non è vero. Cfr. p. 97.

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realizzare di nuovo il distacco con la pulsione di annullamento, con il vuoto, il buio. ultimamente viene dicendomi che la moglie gli aveva detto che aveva pensato di portargli in casa un bambino del contadino vicino. Ricompare cioè la nascita, il nato, l’Io. Quella madre che gli aveva detto che il suo bambino era morto e lo accusava della sua nascita ora gli dice che è ricomparso. Cioè egli, accettando la sua affettività sessualità, acquista il potere di far ricomparire l’immagine dell’oggetto sparito.

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II

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Fantasia di sparizione e istinto di morte

È suggestivo rilevare che il discorso sull’istinto di morte inizia con il lavoro di Freud Al di là del principio del piacere1. È ancora più suggestivo rilevare che uno dei passi fondamentali da cui Freud prende spunto per il suo discorso, è il racconto del bambino che «non piangeva mai durante i periodi di assenza della madre»2 ma faceva il gioco del rocchetto, da tutti conosciuto, sul quale voglio soffermarmi con attenzione. Freud racconta e dice: «lo gettava con molta precisione sopra il bordo del letto, circondato da una rete, dove il rocchetto scompariva. A questo punto emetteva il suo invariabile “oh-oh-oh-oh”, ritirava il rocchetto nel letto, e, questa volta lo accoglieva con un gioioso “Ecco!”. Questo era un gioco completo, con una scomparsa e una riapparizione ma in genere si assisteva solo alla sua prima

1 È completamente falso. Esso inizia più di 10 anni prima con Adler e Stekel, e prima ancora con Tokarskij e Mečnikov. Cfr. H. F. EllEnbErgEr, La scoperta dell’inconscio, boringhieri, Torino 1972, p. 306. [1976] 2 S. FrEud, Al di là del principio del piacere, Standard Edition, vol. XVIII, p. 15; Opere, vol. IX, boringhieri, Torino 1977, pp. 200-202.

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ISTInTo dI MorTE E ConoSCEnzA

fase, instancabilmente ripetuta, mentre era evidentemente dalla seconda che il bambino traeva piacere»3.

la nota a questo punto mi sembra fondamentale: «una osservazione più approfondita confermò pienamente questa interpretazione. un giorno la madre, tornata dopo una assenza di alcune ore fu salutata con una esclamazione: “bambino oh-oh-oh-oh” che in un primo momento risultò incomprensibile. Ma ben presto ci si accorse che durante questa lunga assenza della madre, il bambino aveva trovato il modo di scomparire egli stesso. Avendo vista la propria immagine in un grande specchio che arrivava fin quasi al pavimento, si era rannicchiato e la sua immagine era scomparsa»4.

Parlare in termini di fantasia di sparizione mi sembra perfettamente attinente. Il bambino, e Freud lo dice chiaramente, non poteva subire l’abbandono. noi possiamo dire il perché. Perché la madre era laio che abbandonava il figlio allontanandolo da sé, con una fantasia inconscia di farlo sparire. la madre, per il bambino, era intrisa di tendenza a fare sparire lui, a eliminarlo, ed è per questo che il bambino non poteva sopportare la separazione; questa non era, per il bambino, sopportabile, perché la madre era nera, con una intenzione inconscia di farlo sparire. Al che egli reagiva facendo sparire a sua volta, assumendo un ruolo attivo. Ma quale? Quello della fantasia onnipotente assolutamente distruttiva di far sparire. E con ciò, come è ben chiaramente detto nella nota, faceva sparire se stesso. Aveva il buio, il vuoto interno, la impossibilità di soffrire. Era non esistente dentro. Aveva fatto sparire la propria 3 4

Ibid. (corsivi miei). Ibid.

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identificazione fondamentale con la madre, proiettata sulla madre stessa. Caratteristica e drammatica l’altra nota: «Il bambino ha poi perso la madre a cinque anni e nove mesi. Stavolta che davvero la madre era andata lontano (oh-oh-oh) il bambino non dava alcun segno di dolore»5.

Il rapporto sadomasochistico con l’oggetto e la fantasia di sparizione contro l’oggetto Freud dice: «l’identificazione è ambivalente fin dall’inizio; essa può essere orientata sia verso l’espressione di una tenerezza come anche verso un desiderio di eliminare qualcuno. Essa si comporta come un prodotto della prima fase di organizzazione della libido, nella quale l’oggetto cui si tende (si desidera) e si apprezza è mangiato e con ciò eliminato»6.

Il rapporto del bambino con i genitori (e dell’analizzando con l’analista) comprende, come fatto essenziale del rapporto interumano, una dinamica di proiezione di situazioni interiori di sé sull’oggetto esterno. le situazioni interiori di sé fanno capo, a loro volta, a identificazioni realizzate su basi di ambivalenza. Queste due premesse confermano l’assunto delle pagine precedenti, cioè il concetto che l’oggetto esterno, per il sog5

Ibid. (corsivo mio). S. FrEud, Psicologia delle masse e analisi dell’Io, Standard Edition, vol. XVIII, p. 105; Opere, vol. IX, boringhieri, Torino 1977, p. 293. 6

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getto (bambino, analizzando), è intriso di aggressività, di tendenze a danneggiarlo. Il rapporto, quindi, è un rapporto sadomasochistico. la sempre presente tendenza ad una indipendenza da questo rapporto è la caratteristica che domina la vita del bambino e dell’uomo con relazioni oggettuali basate su proiezioni, nell’oggetto esterno, di proprie situazioni interiori. Il sadismo dell’oggetto esterno e la connessa dipendenza masochistica si costituiscono come conflitto insolubile in quanto, per la proiezione, l’oggetto esterno è anche la propria situazione interiore libidica, la rappresentazione e il risultato del rapporto libidico attuale e pregresso con l’oggetto7. Il distacco dall’oggetto esterno come risoluzione della condizione umana di dipendenza masochistica si configura, nella psiche del soggetto, come eliminazione (sparizione) dell’oggetto stesso. una “logica” inconscia, connessa e derivata dalla proiezione, si organizza nella mente come pensiero del soggetto e perfeziona il meccanismo del rapporto con l’oggetto che, su base sadomasochistica, tende a darsi, e spesso si dà, una risultante di non rapporto. Tale logica è il pensiero che la colpa della propria situazione masochistica sia nell’oggetto esterno. Si formula cioè un concetto di causa, la cui derivazione da un non vedere ciò che è effettivamente la realtà appare evidente per il fenomeno della proiezione nel rapporto con l’oggetto. Il rapporto con l’oggetto, derivato da una ambivalenza primaria per la quale l’oggetto amato veniva anche eliminato dentro di sé, cioè mangiato e poi proiettato di nuovo sull’oggetto stesso, è un rapporto basato su una cecità nei confronti della realtà. non c’è distinzione tra ciò che 7 «l’identificazione è (ri)conosciuta dalla psicoanalisi come la prima espressione di un legame affettivo con un’altra persona». Ibid.

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è e ciò che si è proiettato, cioè messo, aggiunto alla realtà stessa. la cecità porta alla tendenza a risolvere la propria situazione di dipendenza masochistica (cioè di castrazione) mediante un aumento della cecità stessa, cioè con la eliminazione dell’oggetto esterno. Far sparire l’oggetto sadico, “causa” della propria condizione masochistica o di castrazione, è il pensiero “logico” derivato. la realizzazione dell’autonomia dall’oggetto mediante la pulsione di annullamento contro di esso, conduce alla eliminazione della propria realtà libidica, cioè quella che ha realizzato l’identificazione proiettata sull’oggetto. Conduce alla condizione di isolamento, di non rapporto oggettuale, alla realizzazione di un buio, di un vuoto interiore. Il bambino e l’inconscio di un adulto, se non sono completamente ciechi, intuiscono ciò, e tale situazione, che fa capo ad una non cecità, configura un conflitto, cioè una continua lotta tra il bisogno del rapporto masochistico e la tendenza alla rottura di tale rapporto. Penso che il comune gioco del “cucù-sette!” del bambino piccolo ed il gioco del nascondino dei ragazzini, si riferiscano alle dinamiche esposte. Il gioco di far fantasticamente sparire l’oggetto, farlo riapparire e gioirne, va intuito come fantasia di sparizione contro l’oggetto, realizzazione di autonomia-buio-cecità, superamento del vuoto interiore con la riapparizione dell’oggetto. Ma a noi, al momento, non interessano tanto le situazioni di rapporto sadomasochistico perché presuppongono l’esistenza e la predominanza del piacere, ma ci interessano «(...) tendenze poste al di là di questo principio, cioè tendenze da esso indipendenti e forse ancora più primitive»8. 8 S. FrEud, Al di là del principio del piacere cit., p. 17 (Standard Edition), p. 203 (boringhieri).

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Istinto di morte come fantasia Melanie Klein dice che l’uomo nasce con l’istinto di morte e, fin dall’inizio, è esposto alla innata polarità degli istinti. Il conflitto immediato tra istinto di vita e istinto di morte. l’Io del neonato deflette l’istinto di morte, in parte proiettandolo, in parte trasformandolo in aggressività. Proietta sulla mammella quella parte di sé che contiene l’istinto di morte. nello stesso tempo viene stabilito un rapporto con l’oggetto ideale. Come l’istinto di morte è proiettato fuori, così anche la libido è proiettata per cercare un oggetto capace di soddisfare la spinta istintiva dell’Io alla preservazione della vita9. noi, osservando la realtà, possiamo così ragionare. Il bambino nasce provenendo dal buio e dall’acqua della situazione intrauterina. Proviene (sembra logico!) da uno stadio precedente: «un istinto sarebbe solo l’espressione di una tendenza inerente ad ogni organismo vivente che lo spinge a riprodurre, a stabilire uno stato anteriore al quale, sotto l’influenza di forze perturbatrici esterne, era stato costretto a rinunciare»10.

di fronte alla costrizione di essere messo all’esterno, di fronte al bombardamento degli stimoli della nuova situazione che lo sconvolgono, il bambino reagirà desiderando e fantasticando il ritorno allo stadio precedente. 9 da H. SEgAl, Introduzione all’opera di Melanie Klein, Martinelli, Firenze 1968, p. 30. Il caos mentale che regna nella mente di queste gentili Signore non potrebbe essere espresso meglio di come è espresso in queste righe. la ragione di ciò, fondamentalmente, è nel fatto che non sospettano neppure, come Freud, che ci possa essere “qualcosa” al di là del sadismo. [1976] 10 S. FrEud, Al di là del principio del piacere cit., p. 36 (Standard Edition), p. 222 (boringhieri).

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Ma, a questo punto, penso si debba concettualizzare meglio. la tendenza (fantasia-desiderio) di tornare allo stadio precedente non può essere formulata solo in questi termini: dobbiamo concettualizzare contemporaneamente un annullamento, una sparizione della situazione attuale. Abbiamo così due concetti: 1. Fantasia-desiderio (di tornare allo stadio precedente). 2. Annullamento, sparizione della situazione neonatale. Il «ristabilire uno stadio anteriore» comprende quindi, evidentemente, un’altra realizzazione di senso diverso e addirittura diametralmente opposto, vale a dire quella del rendere non esistente la situazione attualmente vissuta. Se mettiamo in evidenza che la tendenza-desiderio11 di ristabilire uno stato anteriore può essere realizzata solo come fantasia, possiamo, ed evidentemente dobbiamo, concettualizzare che anche la realizzazione dell’annullamento della situazione attualmente vissuta viene realizzata come fantasia. Aggiungendo, a questo punto, il concetto che la fantasia è l’espressione mentale dell’istinto, noi possiamo formulare che, alla nascita, nell’ambito della tendenza a tornare allo stadio precedente, cioè nell’ambito della insorgenza nell’essere umano dell’istinto di morte, si realizza una fantasia di annullamento, una fantasia di non esistenza della situazione attualmente vissuta12. 11 lascio che i due termini restino insieme per evidenziare la ricerca. la possibilità di distinguere il desiderio dalla pulsione di annullamento e dalla pulsione di investimento sessuale può realizzarsi soltanto se si scopre la fantasia di sparizione come investimento. [1976] 12 Quanto queste teorizzazioni siano importanti può essere evidenziato ricordando come un esimio, rinomato e apprezzatissimo psicoanalista (lacan) predichi il ritorno a Freud; e come, in esso “ritorno”, raggiunga le eccelse vette

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da questa formulazione dell’istinto di morte come pulsione di annullamento, di rendere non esistente, ritengo che possiamo spingerci a ricavare anche l’altro termine, cioè la sparizione. Facciamo implicitamente riferimento, usando questo termine “sparizione”, ad una formulazione più specifica di quanto possa essere la dizione “fantasia di annullamento” o di “non esistenza”. usare il termine “sparizione”, suggerisce un nesso con la facoltà del vedere. Questa parola è stata scelta in quanto si vuole intendere che l’insorgenza nel neonato dell’istinto di morte e della fantasia di “aggressività” contro la nuova situazione dell’essere nato si esplica mediante l’uso di un potere facile e onnipotente cioè quello di fare buio con gli occhi. Vale a dire mediante l’uso della facoltà visiva in senso negativo, non cioè per vedere ma per non vedere. Se questo uso degli occhi per fare buio e non vedere e, ancora di più, per rendere non esistente la realtà circostante, è facilmente osservabile nel bambino che volge la testa o chiude gli occhi di fronte ad una persona che gli dà ansia, nel neonato può essere soltanto derivato da riflessioni intuitive. Seguendo l’indicazione offertaci dal modo del bambino più grande di rendere non esistente la realtà facendo il buio intorno a sé, pensiamo al neonato e consideriamo: a) nel neonato la situazione precedente, cioè quella dell’ambiente intrauterino, era caratterizzata dal buio; b) la situazione veramente nuova, prima assolutamente dell’astrazione e della dissociazione mentale insegnandoci così come la schizofrenia sia auspicabile cosa per la “liberazione umana”. Egli non sa che auspicare il “ritorno” è auspicare l’annullamento della realtà attuale e cadere in quel caos nel quale il desiderio è annullamento e viceversa, come anche è odio, rabbia, invidia e bramosia... è tutto! l’Assoluto astratto. [1976]

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e totalmente non esistente, è soltanto quella della luce13. Abbiamo detto quindi al punto b che la luce corrisponde alla situazione totalmente non esistente prima. Troviamo cioè la ragione della realizzazione dell’istinto di morte come fantasia di sparizione nel fatto che, nell’ambito del ristabilire lo stadio precedente, tale stadio precedente si caratterizza specificatamente per non avere una dinamica di rapporto oggettuale in cui vengono stimolati gli occhi. Il neonato, nella sua reazione di «passare da un ruolo passivo ad uno attivo», annulla la realtà aggressiva che lo sconvolge e realizza una onnipotenza di fantasia per la quale il buio intorno a sé della situazione intrauterina diventa una possibilità di determinare una specifica realtà fuori di sé. Vorrei sottolineare quanto deriva da quello che abbiamo detto. la specifica “realtà” che il neonato determina è una non realtà, una non esistenza di qualcosa14, una realtà di annullamento, di buio, di sparizione. l’annullamento della luce rende il buio una risultante della non esistenza della luce stessa. Cioè non più una realtà ma un annullamento di una realtà esistente (la luce). In questo passaggio, da una situazione di esistenza di una realtà di buio dell’ambiente intrauterino ad una situazione di non accettare la realtà extrauterina e di determinare fantasticamente un’altra “realtà”, credo possiamo in13 Tutti gli altri sensi (gusto, olfatto, tatto, cenestesi) hanno avuto, nell’ambiente intrauterino, la loro stimolazione. una riserva si può fare per l’udito nel senso che dobbiamo pensare che il feto non percepisca, “senta”, rumori. Ma vedremo poi come il vedere sia strettamente connesso all’ascoltare. Considereremo sempre, infatti, i due versanti del rapporto oggettuale, da un lato tatto-olfatto-gusto e dall’altro vista-udito. 14 Vedi anche la parola “negazione” che non adopero considerandola di significato psichico più evoluto, a livello cioè del rapporto parziale (cfr. cap. sull’invidia).

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serire il concetto di istinto e specificatamente quello di istinto di morte. La pulsione15 “aggressiva” contro la luce prende forma come una realizzazione psichica di fare buio, concetto che comprende quello di rendere non esistente, annullare la luce stessa. Mentre nella situazione precedente il buio era una realtà esterna, nella nuova situazione di “venire alla luce” il buio è una fantasia di “aggressività” contro la realtà stessa. Con ciò formuliamo l’istinto di morte e la relativa espressione mentale di esso, cioè la fantasia di annullamento della realtà esistente, come una fantasia di determinare l’opposto assoluto della realtà vera. E siccome abbiamo anche rilevato che la situazione assolutamente opposta a quella intrauterina si riferisce alla presenza della luce (la novità assoluta è la luce), diciamo che tale annullamento, tale rendere non esistente la realtà, tale determinazione fantastica dell’opposto (contrario) di ciò che è in realtà, si caratterizza come specifica fantasia di far sparire la luce, cioè di fare buio. Possiamo quindi definire la reazione di “aggressività” contro la nuova situazione di essere nato, come insorgenza dell’istinto di morte nella sua espressione mentale di fantasia di sparizione. Possiamo cioè ipotizzare che il bambino nasce con la fantasia di sparizione, di far sparire l’ambiente stimolante (oggetto esterno) e di far sparire se stesso nato, di annullare, e di annullarsi come essere vivente, desiderando e fantasticando di tornare al buio e all’acqua dello stadio intrauterino. Si può cioè ipotizzare che la prima fantasia dell’uomo è la fantasia di sparizione. 15 Il concetto di pulsione come investimento nel rapporto con la realtà è fondamentale anche perché è la dimensione che, non scoperta, ha fatto fallire Freud e seguaci che rimangono totalmente sepolti nel rapporto di introiezione-proiezione, girando in eterno su loro stessi. [1976]

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la fantasia di sparizione può essere la traccia mnesica dello stadio precedente? la frase detta nelle righe precedenti «il buio intorno a sé della situazione intrauterina diventa una possibilità di determinare una specifica “realtà” fuori di sé» ci propone delle riflessioni che non ritengo siano da trascurare. In particolare il verbo “diventa” potrebbe far pensare, come ipotesi, che il neonato abbia percepito il buio intrauterino e che poi faccia, di questa percezione, una possibilità di modificare la realtà nel senso opposto a quello che è. In questo caso si tratterebbe di una traccia mnesica e sarebbe implicita una dinamica di introiezione del buio intrauterino e di proiezione sulla luce dell’introiezione precedente. dobbiamo quindi mettere a punto il problema della percezione-introiezione del buio intrauterino. la prima riflessione che si presenta è che la percezione del buio deve avvenire mediante gli occhi, dato che il buio, pur essendo l’opposto della luce, riguarda sempre la percezione visiva. non possiamo pensare ad una dinamica di rapporto col buio mediante altri sensi (cute, orecchie, bocca, olfatto). Ma la dinamica di rapporto oggettuale occhi-oggetto esterno, nell’ambiente intrauterino, non esiste. gli occhi non funzionano. Il feto è fisicamente cieco e questa sua cecità, nel senso di assenza di una attività visiva fisica, corrisponde al fatto che non esiste uno stimolo esterno (stimolo che può essere solo la luce) che possa impegnare questa attività visiva fisica del feto. non c’è infatti luce all’esterno che possa eccitare gli occhi del feto. Abbiamo quindi buio esterno e cecità del feto. non essendoci una recettività vi57

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siva del feto non ci può essere percezione né introiezione di buio. Peraltro noi possiamo anche considerare che il buio è una assenza di luce. una non esistenza non si può effettivamente percepire e introiettare. Percezione e introiezione implicano, in altre parole, un rapporto oggettuale che, nell’ambiente intrauterino, nell’ambito del percepire con gli occhi, non esiste. nessun rapporto oggettuale visivo quindi e nessuna percezione-introiezione di buio16. la realtà esistente all’esterno non stabilisce una dinamica di rapporto oggettuale col feto. Più esattamente ancora il feto non stabilisce nessuna dinamica di rapporto oggettuale col buio circostante. la fantasia di sparizione alla nascita, il fare buio intorno a sé, non è quindi la proiezione sulla luce di una traccia mnesica introiettata precedentemente. Ma prima di concludere in questo senso, formulando la fantasia di sparizione alla nascita come situazione totalmente nuova del neonato, dobbiamo ancora considerare la possibilità che una traccia mnesica (pur non essendo certamente in una percezione di buio) possa essere invece in un altro elemento della situazione precedente alla nascita. dobbiamo cioè considerare la possibilità che la traccia mnesica si presenti nel ricordo di una situazione di non rapporto oggettuale visivo. Ma anche in questo caso non potremmo parlare di traccia mnesica perché un non rapporto non può dare ricordo in quanto in esso non si ha percezione. Vedremo, nelle pagine successive, che la traccia mnesica riguarda il rapporto libidico con l’oggetto esterno nel quale 16 nell’adulto una situazione di buio completo non si verifica mai. Si può avere solo in caso di cecità fisica e in caso di condizione artificiale di chiusura in un ambiente senza stimoli luminosi. Anche in questo caso possiamo considerare la situazione come assenza di percezione e di rapporto oggettuale visivo e non come percezione di “qualcosa” che è il buio.

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si ha percezione e recettività, e poi, alla nascita, creazione di una situazione interiore psichica, intuizione e percezione all’esterno di una realtà libidica (seno). la fantasia di sparizione alla nascita va intesa quindi come creazione di una realtà fantastica all’esterno di sé. Inseriamo con ciò il concetto di creatività nell’istinto di morte. Questo può sembrare un paradosso ma in effetti non lo è, in quanto la pulsione di rendere non esistente una realtà non è, da un punto di vista concettuale, necessariamente “distruttiva”. Vedremo nelle pagine successive come la distruttività sia legata soltanto alla direzione della fantasia di sparizione, cioè come si abbia solo quando la pulsione di morte è scissa dalla sessualità e diretta contro l’oggetto esterno. Quando invece è contenuta all’interno di sé, assume tutto il suo senso di creatività, di creare una nuova situazione, proprio dall’annullamento, dal rendere non più esistente una propria situazione attualmente vissuta.

la traccia mnesica dello stadio precedente la fantasia di sparizione-istinto di morte, pertanto, annulla, fa sparire, rende non esistente l’oggetto e la relazione oggettuale. Così dicendo voglio evidenziare che la relazione con l’atmosfera, luce, freddo, aria, viene considerata una relazione d’oggetto. Ma in questo caso dobbiamo ammettere che, anche nella situazione intrauterina, il feto ha una relazione d’oggetto: con l’acqua del liquido amniotico. 59

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Consideriamo allora la variazione della relazione oggettuale nel senso che l’oggetto con cui il bambino è in rapporto diventa eccessivamente stimolante e suscita eccessiva tensione. diventa cioè eccessivamente inanimato. Tale considerazione ci conduce a precisare che l’istinto di morte si esplica contro l’oggetto freddo e inanimato: contro la luce fredda e inanimata (luce lunare). nell’utero materno il liquido amniotico non era inanimato (o era relativamente inanimato) in quanto dava calore o omeostasi17. nell’utero materno la cute è la zona erogena di primo rapporto oggettuale, più che la bocca. dovremmo inoltre pensare: a) che il rapporto oggettuale è da ritenere tale anche per un semplice fenomeno di stimolazione tattile; b) che le dinamiche percettive-recettive implicite nel concetto di primo rapporto oggettuale possono verificarsi anche attraverso la cute. In questo secondo caso dovremmo studiare le dinamiche percettive-recettive con il liquido amniotico e ci si presenterebbe l’idea della esistenza di una prenatale realizzazione di una fantasia inconscia di un Sé, come un mare calmo e senza burrasche. Quest’idea non può essere accettata, anche se non contrasterebbe, ma anzi troverebbe molte conferme nei sogni dell’uomo, nella simbologia onirica di mare-inconscio e nelle teorie di un primordiale stato marino della specie umana. Se pensiamo le cose da questa prospettiva e ci spingiamo a considerare come accenni di un proto-istinto di morte una reazione del feto ad ogni pur minimo turbamento del 17 riprenderemo questi concetti nel capitolo Proiezione e intuizione, p. 219 e ss., quando considereremo l’intuito connesso alla vitalità e alla relazione con oggetti animati.

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liquido amniotico, resta il fatto che il feto non può fare immagini fantasticando la calma precedente al turbamento stesso. E il nostro discorso iniziale non cambia. È in ogni modo da ritenere che è al momento della nascita che va collocata la «tendenza-istinto a riprodurre, ristabilire, lo stato anteriore». È a questo punto che va collocata la pulsione-fantasia di non essere, di non essere nati, di essere al buio della situazione intrauterina. Ciò in particolare perché la tendenza a tornare allo stadio precedente facendo buio, rendendo gli occhi non stimolati, feriti dalla luce, può essere immaginata solo in questo momento. Può essere immaginata solo in questo momento cioè una realizzazione completa di fantasia di sparizione, di far sparire l’ambiente e se stesso, di annullamento totale dell’essere vivo, nel senso di non vedere, di fare buio. Sarà questo, poi, che per tutta la vita, l’uomo cercherà e combatterà. la tendenza a tornare al buio, al non vedere, al non sapere. Cercherà anche sempre la tranquillità, il rilassamento, l’allontanamento dagli stimoli, l’omeostasi fisica. Ma il suo conflitto maggiore verrà dalla tendenza a tornare al buio, a chiudere gli occhi, voltare la testa, ignorare, far sparire, annullare. rendersi cieco, non vedere. E sarà terrorizzato da questa tendenza, e lotterà per opporvisi e ci riuscirà quanto più l’avrà unita alla libido-piacere. Se accettiamo che l’inconscio mare calmo è la recezione della “calma” del liquido amniotico, dobbiamo anche dire che il feto nell’utero, attraverso la cute, aveva la capacità di realizzare, recependo le qualità dell’oggetto (calma, calore) l’esistenza dell’oggetto18. 18 Si approfondirà successivamente che il concetto di “esistenza” non è quello di “immagine”. lo specificheremo come realizzazione libidica di sé e di rapporto oggettuale. Ci distingueremo da bion nel concetto di “presentimento che esista un seno” in questo senso.

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Questo è un discorso che, penso, va sottolineato. In una situazione di cecità fisica il feto può, dalle qualità dell’oggetto, realizzare una esistenza-presenza dell’oggetto stesso. Il feto percepisce con le sue possibilità, che dobbiamo considerare libidiche, le qualità, le caratteristiche dell’oggetto e ne realizza l’esistenza. È un discorso che poi verrà ripreso a proposito della comunicazione adulta e matura sulla base dell’intuito e della comunicazione verbale. l’ascoltatore, in tale situazione, non si limita a una recezione delle parole (oggetti-immagini) ma ne coglie il significato nascosto; non si limita cioè ad una visione della “realtà fisica” dell’oggetto ma coglie il senso della comunicazione. È l’assetto dell’analista che, dalla comunicazione verbale, realizza una immagine interiore per poi trasformarla in comunicazione verbale diretta verso (ad investire) l’oggetto19. Come, precedentemente, abbiamo unito il concetto di istinto di morte, come tendenza a ritornare allo stato anteriore, al concetto di annullamento dello stato attuale, ora dobbiamo di nuovo unire il concetto di annullamento dello stato attuale al concetto di ritorno allo stato precedente. Quest’ultimo concetto implica quello di tendenza verso. Tendenza verso, che è la verbalizzazione di una realizzazione libidica. Perché, abbiamo detto, l’istinto di morte, in sé e per sé, è allontanamento dell’oggetto e dall’oggetto. Allora dobbiamo accettare che il bambino, alla nascita, 19 Quando anche, approfondendo l’osservazione, noi possiamo evidenziare come, nella seduta analitica, mentre il paziente parla e l’analista è silenzioso, pur non essendoci nessuna stimolazione dei sensi del paziente, noi sappiamo che egli percepisce la presenza dell’analista tanto più quanto più lo investe di libido (empatia). la non percezione dell’analista (oggetto esterno) si ha quando il paziente ha un assetto indifferente (angoscia di assenza dell’analista).

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ha già realizzato una relazione sensibile tattile con il liquido amniotico e, per quello che di tale realizzazione di tatto-libido resta valido, la fantasia di sparizione può essere mista ad una possibilità di riprendere in sé il se stesso intrauterino. ricreare il se stesso fetale per quel che aveva di realizzazione di libido-tatto-piacere. E probabilmente è così. È più reale immaginare una situazione in cui anche la più completa realizzazione della fantasia di sparizione non è poi assoluta nel senso dell’istinto di morte allo stato puro. Possiamo pensare che non ci sia mai nella vita umana, un momento in cui l’istinto di morte è totale e assoluto. la fantasia di sparizione, nel suo significato di annullamento di sé e dell’oggetto, per la realizzazione precedente del sé libidico intrauterino e per la carica libidica connessa che funziona come energia, si trasforma, alla nascita, in una realizzazione interiore di una immagine: la traccia mnesica dell’ambiente intrauterino. Avviene cioè che l’istinto di morte, per la esistenza di tale situazione libidica, costituisce la matrice dello sviluppo della vita psichica, della possibilità di fantasia e poi della possibilità di pensiero verbale e di parola. Concettualizziamo cioè la creazione dell’immagine (traccia mnesica) come fusione dell’istinto di morte con la libido. la dinamica di rapporto oggettuale con il liquido amniotico è una realizzazione di rapporto con l’oggetto, in cui, mediante la sensibilità biologica, si realizza l’esistenza dell’oggetto. Alla nascita, l’istinto di morte come fantasia di non esistenza del nuovo sé nato e in rapporto con la luce, conduce alla fantasia di esistenza dell’oggetto intrauterino come immagine di esso. Come memoria o traccia mnesica. Inconscio mare calmo. l’istinto di morte come fantasia comprende pertanto due creazioni: fantasia di non esi63

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stenza del sé nato e fantasia di esistenza, nell’immagine, dell’ambiente intrauterino20. Avevamo già parlato a p. 57 e ss. del problema della traccia mnesica del buio fisico intrauterino. Il neonato, con la sua fantasia di sparizione contro la luce esterna, crea intorno a sé il buio della situazione precedente, in cui, nella non esistenza della luce, mediante la relazione libidica con l’oggetto, percepiva la esistenza dell’oggetto stesso. l’annullamento dell’oggetto inanimato e come tale “aggressivo” e della propria relazione con esso conduce il bambino a un vedere interno, alla concezione interiore di una traccia mnesica. In altri termini l’abolizione del rapporto con l’oggetto inanimato fisico è la matrice della possibilità di vedere al di là della realtà fisica stessa. Il bambino, infatti, vede (intuisce) esattamente quando ricercherà, dopo il turbamento della nascita, la mammella gratificante (il concetto di speranza).

20 «Il primo atto di desiderio dovette essere un investimento allucinatorio del ricordo dell’appagamento. Questa allucinazione però, se non doveva essere mantenuta fino all’esaurimento, si dimostrò incapace di provocare la cessazione del bisogno, e quindi il piacere connesso all’appagamento. divenne così necessaria una seconda attività – l’attività di un secondo sistema, secondo le nostre espressioni – che non consentisse che l’investimento del ricordo procedesse fino alla percezione e con ciò vincolasse le forze psichiche; che invece dirottasse l’eccitazione proveniente dallo stimolo del bisogno su una strada indiretta, che alla fine modificasse, mediante la motilità volontaria, il mondo esterno in modo tale che potesse verificarsi la percezione reale dell’oggetto dell’appagamento. Abbiamo già seguito lo schema dell’apparato psichico fino a questo punto; i due sistemi sono l’embrione di ciò che abbiamo descritto come inc. e prec. nell’apparato completamente formato», S. FrEud, L’interpretazione dei sogni, boringhieri, Torino 1966, p. 545. [Questa nota è necessaria, perché il pensiero di Freud non ha nulla a che vedere con la scoperta e la concettualizzazione dell’inconscio mare calmo che, ora, posso affermare non essere mai stata fatta prima di questo lavoro. Freud, in particolare, non conosce la nascita né è mai uscito dalla confusione più totale tra desiderio, investimento, bramosia, ricordo, allucinazione. basta osservare attentamente la confusissima dizione freudiana citata. «Il primo atto di desiderio (sic!) dovette essere un investimento (sic!) allucinatorio (sic!) del ricordo» (sic!). (1976)].

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Se si limitasse a vedere la “realtà” della situazione vissuta immediatamente alla nascita, cioè il suo rapporto con oggetti inanimati, sbaglierebbe nel vedere il significato del suo essere venuto al mondo, cioè sbaglierebbe pensando che il senso del suo essere nel mondo stia in un rapporto con oggetti inanimati e non nel rapporto interumano. Se si limitasse cioè a vedere la realtà fisica della immediata situazione neonatale di essere all’aria e alla luce vedrebbe esattamente la realtà fisica ma sbaglierebbe completamente il significato del suo essere venuto al mondo. non solo. la situazione interiore libidica permetterà21 al bambino, nel suo successivo rapporto con il seno, di non essere un cieco divorante, ma di intuire le immagini e le qualità (calore, bontà, energia) del seno stesso. Il neonato cioè contrasta, con questa sua vita psichica di vedere-intuire le qualità, la dinamica libidica di mangiare l’oggetto fisico, che, isolata, lo condurrebbe alla perdita della stessa libido la quale, in uno stato di cecità psichica, diventerebbe trasformatrice di oggetti vivi in oggetti morti interni. libido cieca che porta ad una situazione contraria a quella intrauterina in cui il feto realizzava una esistenza-presenza di oggetto da un rapporto libidico diretto con l’oggetto (liquido amniotico). dopo la nascita, cioè nel rapporto con il seno, non c’è quello stato di cecità per cui una libido e un rapporto libidico condurrebbero ad una introiezione dell’oggetto per cui esso sparisce dentro di sé, diventa nero; ovvero al vuoto interiore, oggetto fatto nero, reso cattivo, morto.

21 Vedremo alle pp. 190-194 come anche la situazione interiore libidica subisca, alla nascita, una trasformazione.

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da quanto detto consegue un’altra riflessione. Il feto immerso nel liquido amniotico ha un rapporto-contatto con l’oggetto esterno-liquido amniotico realizzando una sensibilità senza avidità e senza guardare l’oggetto. da questa recezione-percezione delle qualità (calore, omeostasi) dell’oggetto egli realizza la presenza dell’oggetto. Sviluppa cioè la possibilità di percepire l’esistenza dell’oggetto mediante la sua sensibilità biologica. Poi, alla nascita, la fantasia di sparizione realizzata contro il mondo inanimato si accompagna alla creazione di un sé libidico e psichico (visivo). la intuizione-speranza che esiste un seno. Dopo ancora, nella dinamica di rapporto con lo stesso seno, la fantasia di sparizione contro di esso porta ad un contatto-rapporto di senso contrario. Quel contattorapporto, che, divorando l’oggetto-seno fisico, conduce a un buio, un vuoto interiore. Conduce cioè alla negazione della stessa libido che prende rapporto con l’oggetto o, quanto meno, ad una confusione tra amore e morte. Ma, ripetiamo, non possiamo considerare la fantasia di sparizione allo stato puro di istinto di morte. Pensiamo che il bambino trasformi soltanto, con la insorgenza della fantasia di sparizione, le proprie possibilità libidiche. Questa trasformazione diventa possibilità di intuire e introiettare le qualità dell’oggetto. Se non ci fosse la partecipazione libidica, si potrebbe addirittura pensare che il bambino non si attaccherebbe al seno. Tale concezione conduce anche alla riflessione che questo non completo annullamento del sé libidico, questo più o meno grande residuo di libido, prenda parte alla realizzazione e allo sviluppo delle possibilità libidiche del bambino stesso quando si attaccherà al seno. Egli cioè, come abbiamo accennato, intuirà la bontà e il calore del seno e, se troverà corrispondenza, le riconoscerà e potrà di nuovo 66

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stabilire il rapporto evolutivo con l’oggetto. Se non troverà corrispondenza ripeterà la fantasia di sparizione-istinto di morte.

la traccia mnesica della situazione endouterina come possibilità libidica che diventa desiderio Il concetto di bion di «presentimento che esista un seno»22, non trova nel contesto delle idee esposte, nessuna validità. Ci colleghiamo ad esso per approfondire il nostro discorso sulla dinamica dei due istinti alla nascita e sul come può svolgersi la prima realizzazione di rapporto fisico con l’oggetto (seno). Siamo infatti in possesso di due concetti fondamentali: 1. Il concetto di vitalità. 2. Il concetto di fantasia. la vitalità è la reazione biologica di un sé libidico del feto nell’utero che, avendo rapporto con l’oggetto (liquido amniotico) mediante la sensibilità biologica, ne realizza l’esistenza per le sensazioni date dalle qualità dell’oggetto. la fantasia è la realizzazione dell’istinto di morte che, in quanto fantasia di non esistenza del mondo esterno a se stesso, rende esistente nella traccia mnesica (capacità di immaginare), il sé endouterino, cioè il sé in rapporto con un oggetto. 22 W. r. bIon, Analisi degli schizofrenici e metodo psicoanalitico, Armando, roma 1970, p. 171. In verità il concetto è di M. Heidegger.

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In altre parole, ciò che non è più nella realtà, vale a dire il rapporto con il liquido amniotico, viene creato dalla fantasia di esistenza23 come immagine interiore dell’oggetto (inconscio mare calmo). Ciò che prima era fuori (liquido amniotico) viene ad essere dentro il neonato come traccia mnesica dell’oggetto perduto, traccia mnesica che comprende immagine dell’oggetto e possibilità di rapporto oggettuale. A questo punto ci si propone un quesito. Può il neonato rimettere all’esterno questa traccia mnesica? Possiamo cioè proporre il problema dell’inizio della dinamica proiettiva e introiettiva? la traccia mnesica realizzata in sé viene messa fuori di sé. Perché e come? la proiezione implica la introiezione. Allora dobbiamo pensare che la creazione della traccia mnesica, il rendere esistente in sé l’oggetto non più presente in realtà, comprenda una realizzazione di introiezione di immagine dall’esterno: cioè un rapporto orale visivo con l’oggetto. Ma questo, evidentemente, non può essere. Il rapporto con il liquido amniotico non è un rapporto visivo come non è un rapporto introiettivo ma, come abbiamo detto, un rapporto diretto cute-liquido amniotico e quindi di recettività cutanea e non orale. Allora dobbiamo concettualizzare, al posto di una proiezione di immagine o ricordo, una possibilità di rapporto oggettuale e un investimento libidico dell’oggetto. un concetto di speranza di oggetto con cui stabilire un rapporto oggettuale. È nel rapporto fisico con l’oggetto che la dinamica introiettiva e poi proiettiva entra in attività24. la bocca (libido 23 Parlo di “fantasia di esistenza” in quanto la realizzazione della traccia mnesica è una attività di fantasia, cioè psichica. È un vedere in sé ciò che prima veniva vissuto come rapporto libidico, cioè come attività di rapporto con l’oggetto, che, essendo perduta, viene creata come possibilità e attività psichica. 24 Cfr. pp. 190-194 il concetto della trasformazione della libido alla nascita.

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orale) introietta l’oggetto fisico seno, che, fondendosi alla traccia mnesica esistente nel neonato, viene poi proiettato insieme alla traccia mnesica stessa. ne deriva che, dopo il primo contatto, il seno è immagine e oggetto fecale. Si stabilisce il rapporto sadomasochistico di base su cui abbiamo insistito, il fenomeno della scissione in seno buono (seno immagine) e seno cattivo (seno nero). Cioè tra oggetto psichico e oggetto fisico, ecc. dal momento che l’istinto di morte alla nascita non riesce a distruggere questo sé libidico, ma al contrario, il sé libidico riesce a trasformarlo in fantasia di sparizione come traccia mnesica della situazione intrauterina, è questa situazione di realizzazione libidica del sé, secondo il nostro modo di vedere, nel senso di una possibilità interiore di libido indipendentemente dal rapporto diretto con l’oggetto, che porterà il bambino ad attaccarsi al seno che gli viene offerto, senza vivere una situazione di subire l’immissione di latte. non quindi propriamente un «presentimento che esista un seno» che farebbe pensare ad una immagine preformata (per quanto indefinita) di seno. l’immagine che abbiamo considerato di inconscio mare calmo, potrebbe confondere le idee. Ma insistiamo sul concetto che l’immagine dell’inconscio mare calmo è un fenomeno che si ha alla nascita. Il feto invece, attraverso le qualità dell’oggetto, realizza una possibilità primordiale interiore di libido e di rapporto oggettuale. non va considerato, alla nascita, un concetto di proiezione nell’ambiente esterno di una immagine interiore. la dinamica introiettiva e proiettiva entra in attività dopo la insorgenza dell’istinto di morte per la quale insorgenza, mentre da un lato si realizza la prima fantasia del neonato, si ha dall’altro, contemporaneamente, una trasformazione 69

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della libido che, dalla realizzazione interiore di possibilità libidiche, si trasforma in libido che investe di interesse la realtà umana (intuito) e che desidera. Si ha cioè la comparsa del concetto di desiderio. desiderio come possibilità libidica di tendenza neonatale verso l’oggetto. Traccia mnesica delle qualità dell’oggetto (liquido amniotico e ambiente intrauterino). la concettualizzazione si rivolge cioè all’evidenziazione di una realizzazione pulsionale (l’investimento sessuale) e l’attrazione verso (il desiderio) e non ad immagini od oggetti o quanto meno ad idee proiettate sul seno. la traccia mnesica dell’oggetto precedente non è una traccia mnesica dovuta a introiezione di una immagine (il feto, nell’utero, è cieco) ma ad una creazione neonatale interiore che non può essere proiettata per formare, all’esterno, una “idea di seno”25. la realizzazione è una realizzazione di recettività e di possibilità, una realizzazione di libido. È questa realizzazione che costituisce il “presentimento”. realizzazione di libido cioè di tendenza verso. la fantasia di sparizione-istinto di morte della nascita, pulsione diretta contro (rendere non esistente) è trasformata (rendere esistente) da questo sé libidico (l’esperienza materiale di rapporto diretto con il liquido amniotico), come controllata, trattenuta nel suo essere assoluto di allontanamento dell’oggetto, e viene a costituirsi come possibilità di distanziare l’oggetto, quanto basta per realizzare e mantenere un rapporto con esso. diventa, in altre parole, una possibilità di individuazione 25 Quanto sia lontana e opposta questa concettualizzazione da quella di Heidegger-bion può essere evidenziato dall’assoluta ignoranza dei due autori del fenomeno separazione-nascita. Il loro “presentimento” non può essere altro che a priori, idea innata prenatale, cioè anima spirituale e astratta, cioè non rapporto. l’inconscio mare calmo e l’investimento sessuale si basano, invece, sulla materialità, rapporto con la realtà materiale (il liquido amniotico) e trasformazione del rapporto. [1976]

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dell’oggetto stesso, individuazione che, a sua volta, permette il rapporto e con ciò l’identificazione da esso. una giusta distanza permette cioè lo scambio con l’oggetto, la possibilità di essere simili e autonomi insieme. Che la parola “identificarsi” abbia contemporaneamente il significato di essere come l’altro e distinguersi dall’altro, è abbastanza significativo26.

la fantasia di sparizione come realizzazione creativa dell’istinto di morte Ci soffermiamo però a considerare che la fantasia di sparizione-istinto di morte come fenomeno puro non è una tendenza verso, un desiderio di. non implica cioè una relazione d’oggetto o una tendenza alla relazione con l’oggetto. È invece distacco, annullamento dell’altro e di sé. Cioè anche annullamento e sparizione del rapporto, qualunque sia l’oggetto considerato, aria, seno. Insistiamo su questo perché è il concetto di base per considerare lo sviluppo delle immagini e del pensiero come perdita della situazione attualmente vissuta e realizzazione dell’immagine e rispettivamente del pensiero verbale di essa27. 26 È la contrapposizione radicale tra la realizzazione dell’identità e lo pseudo-essere per identificazione, ed è anche un bell’esempio di come i “sapienti” sappiano giocare con le parole per confondere. Cfr. La marionetta e il burattino cit. 27 E non annullamento della situazione attualmente vissuta (Hegel). Se c’è annullamento c’è indifferenza e ragione astratta e pensiero ideologico. Se c’è separazione-ricordo e fantasia c’è pensiero reale e investimento sessuale.

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Così il bambino perde la situazione reale di rapporto con il liquido amniotico e, se ha sufficiente libido, la fantasia di sparizione contro la nuova situazione di essere nato si trasforma in fantasia e traccia mnesica della situazione precedente. Così come, allo svezzamento, la perdita dell’oggetto fisico-seno porterà, se l’allattamento ha sviluppato sufficiente libido, alla traccia mnesica di esso e alla realizzazione interiore dell’immagine come oggetto totale. Così anche nella sparizione delle immagini, del mondo fantastico interiore, se c’è sufficiente libido, si svilupperà il pensiero verbale. Se non c’è sufficiente libido la fantasia di sparizione assumerà il suo aspetto di annullamento, istinto di morte, perdita totale con vuoto e buio interiore con le molte varie conseguenze di realizzazione “nevrotica”, di esibizionismo, depressione, masochismo, ricerca degli oggetti fisici perduti. Il concetto freudiano di istinto di morte come tendenza a tornare allo stato inorganico si lega a quello di fantasia di sparizione28 allorché si consideri questa allo stato puro senza cioè la fusione di essa con la libido. Senza libido infatti l’istinto di morte-fantasia di sparizione rende non esistente la realtà. non c’è nessuna possibilità di traccia mnesica, cioè non c’è possibilità di ricreare in sé una vitalità (intuito). Il rapporto col seno sarebbe impossibile mancando la pulsione, l’intuito e il desiderio. la tendenza alla morte e al disfacimento fisico avrebbe tutta la sua realizzazione. 28 Pia illusione. Il discorso freudiano non si spinge al di là del sadismo. Freud non ha neppure intuito la realtà e la dinamica dell’invidia e, pertanto, meno che meno quella della fantasia di sparizione. Con ciò egli è assolutamente fuori dalla possibilità di fare della psicoanalisi una dimensione trasformativa. Cfr. M. FAgIolI, Introduzione a r. SPITz, Il No e il Sì, Armando, roma 19752, ora ripubblicato in “Il sogno della farfalla”, 3, 2002, pp. 5-18, con il titolo Ideologia scienza e storia.

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le due frasi: a) sviluppo delle immagini e del pensiero come perdita della situazione attualmente vissuta; b) ricerca degli oggetti fisici perduti, ci conducono a riflettere ancora di più su quella che può essere una dinamica di evoluzione dell’individuo. nella concettualizzazione della fantasia interna come “tendenza verso”, abbiamo ritrovato una partecipazione della libido. In tale tendenza abbiamo ritrovato anche un desiderio di. ora, viceversa, troviamo che lo sviluppo, la evoluzione, si lega ad un allontanamento da una situazione attualmente vissuta, alla perdita di essa. In questo caso va considerato l’intervento dell’istinto di morte. Va considerato cioè (anche se sembra un paradosso) che l’istinto di morte è una spinta verso l’evoluzione. Il bambino che abbandona il seno fisico e la sua relazione con esso, allontana da sé l’oggetto fisico, se ne separa. Egli può realizzare l’immagine di esso in sé. Può, per le sue possibilità libidiche, cambiare la relazione con l’oggetto. da una relazione con l’oggetto esterno ad una relazione con l’immagine interiore dell’oggetto stesso. l’esplicazione della pulsione-istinto di morte nel rapporto con l’oggetto fisico conduce ad una più completa realizzazione psichica. In questo caso non si ricercheranno gli oggetti fisici perduti in quanto non si è realizzato di averli distrutti. nel caso invece che l’istinto di morte si sia realizzato come annullamento dell’oggetto esterno, allora si dovrà ricercare e recuperare all’esterno l’oggetto eliminato. Si specificano, così dicendo, due caratteristiche della pulsione-istinto di morte: 73

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a) il suo carattere di annullamento, sparizione, rendere non esistente l’oggetto esterno; b) la sua direzione contro l’oggetto esterno; cioè dall’interno verso l’esterno. In questo secondo caso c’è la realizzazione della perdita dell’oggetto esterno per averlo annullato, fatto sparire. C’è la realizzazione di un se stesso distruttivo, determinante la non esistenza dell’altro e, corrispondentemente, l’annullamento di se stesso come essere psichico. Il non essere nato, il ritorno nell’utero materno corrisponde, in tale dinamica, ad un totale annullamento del sé, senza poter realizzare, in questa pulsione-fantasia di annullamento del sé che vive una situazione attuale, un ritrovamento di un se stesso diverso, dotato di possibilità libidiche di rapporto con l’oggetto. Cioè la cecità assoluta. Cecità psichica nel senso di impossibilità di rapporto oggettuale, di vedere-percepire le qualità dell’oggetto. Questa riflessione ci conduce a pensare che, nel caso di una fantasia di sparizione con partecipazione libidica, la perdita non riguardi tanto l’oggetto esterno quanto una propria situazione interiore di rapporto con l’oggetto. In questo caso, la propria situazione interiore di rapporto viene trasformata in un’altra (più evoluta) situazione di rapporto con esso oggetto29. Come abbiamo detto, dal rapporto diretto fisico col seno si passa al rapporto con l’immagine del seno, con l’immagine della madre-seno, del padre-seno. 29 Si possono, a questo proposito, proporre riflessioni sui concetti di rimozione e negazione; come anche sui concetti di pulsione di morte contro identificazioni (oggetti) proiettate o non proiettate e contro (verso) la propria libido di legame oggettuale con l’oggetto esterno e con l’immagine interna dell’oggetto per giungere al pensiero verbale e all’investimento genitale dell’oggetto.

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In altre parole l’abbandono dell’oggetto è istinto di morte quando è relativo ad una carica di annullamento diretta contro l’oggetto; invece quando c’è partecipazione della libido è fantasia di sparizione verso una propria situazione interiore di relazione oggettuale, con trasformazione di essa relazione in un’altra più evoluta. Cercando di precisare. nell’istinto di morte abbiamo compreso: a) una tendenza a ritornare allo stato precedente; b) una perdita della situazione attualmente vissuta. la possibilità di perdere la situazione attualmente vissuta implica un concetto di tendenza verso, implica cioè la partecipazione libidica. Alla nascita, la perdita della situazione attualmente vissuta, determinata dalla fantasia di sparizione diretta ad annullare l’essere nato e la relativa relazione con l’atmosfera, implica una tendenza verso la situazione precedente che, connessa appunto alla fantasia di sparizione contro la situazione attuale, conduce alla fantasia-immagine cioè alla traccia mnesica e quindi al recupero del sé libidico intrauterino come situazione interiore del bambino di possibilità libidiche di rapporto oggettuale. Possibilità che si esplicheranno poi nel suo rapporto col seno. Viceversa, la fantasia di sparizione come istinto di morte senza partecipazione libidica, conduce ad una morte interiore; viene a mancare la realizzazione della immagine, cioè viene a mancare la realizzazione psichica. la fantasia di sparizione non comprende la memoria di. non essendoci realizzazione psichica non c’è evoluzione. Quando invece il bambino si distacca dalla situazione attualmente vissuta (ad esempio abbandona il seno) con la sua fantasia di sparizione, la tendenza a ritornare allo stato 75

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precedente va interpretata nel senso di tendenza verso, realizzazione di un se stesso senza quella attualmente vissuta relazione di oggetto. E così è infatti. Il bambino allo svezzamento ritorna allo stato in cui non ha rapporto col seno, ad esempio allo stato di essere appena nato. Entrambi i bambini cioè, il neonato e quello svezzato, hanno una situazione di non aver nessun rapporto con il seno fisico. Ma, ovviamente, non possiamo considerare che la situazione di vita di questi due bambini sia la stessa. Prescindendo dalle differenze di sviluppo fisico, ci rivolgiamo a comprendere le differenze psichiche. la dinamica di separazione dal seno del bambino allo svezzamento dovrebbe essere, per quanto abbiamo detto, un atto creativo del bambino stesso che (coadiuvato dalla madre che senza aggredire la pulsione parziale del bambino tende a proporre se stessa come oggetto totale) abbandona la propria pulsione parziale per integrarla ad un interesse per la madre come oggetto intero. Con ciò il bambino fa una fantasia di sparizione verso la propria situazione interiore di rapporto con l’oggetto, cioè verso un se stesso vissuto come bocca succhiante. Scompare, in questa dinamica interiore, il concetto di aggressività e di essere contro. una pulsione di fantasia di sparizione contro il seno deludente condurrebbe, invece, ad un vuoto interiore, ad una cecità, in quanto, come sappiamo, il seno frustrante e “aggressivo” è anche la proiezione di una identificazione del bambino sul seno stesso. la situazione del neonato alla nascita senza il rapporto con il seno è invece una situazione di fantasia di sparizione contro l’oggetto esterno (aria, luce). A questo punto dobbiamo proporci l’ipotesi che l’oggetto inanimato esterno rappresenti la proiezione di una situazione interiore inanimata del neonato. È una possibilità che 76

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non accettiamo in quanto il concetto di proiezione si lega a quello di introiezione. non riusciamo a trovare il concetto di introiezione di un oggetto inanimato per tre ragioni: 1. Il concetto di introiezione implicherebbe che il feto nell’utero abbia introiettato l’“inanimato” del liquido amniotico. Ci è difficile accettare questo “inanimato” del liquido amniotico perché il liquido amniotico è umano e animato in quanto intrinseco alla situazione vitale della madre. 2. Il concetto di introiezione implicherebbe una libido avida e bramosa, come anche un’attività di rapporto orale che non possiamo concettualizzare come esistente nella situazione intrauterina. Il feto non ha un rapporto orale con il liquido amniotico ma un rapporto cutaneo. 3. Il pensiero di un inizio di vitalità e di rapporto oggettuale mediante introiezione ci condurrebbe al concetto di un essere umano come matrice indifferenziata su cui l’oggetto esterno imprime le caratteristiche che accompagneranno l’individuo per tutta la vita. Sarebbe la concezione dell’uomo secondo l’idea di Freud che rifiutiamo30.

30 Ciò che potrebbe costituire una interessante ipotesi di lavoro è invece il problema: se una situazione inanimata del neonato (si può infatti pensare che nella vita intrauterina il feto abbia una incompleta situazione vitale), possa costituire la matrice dell’istinto di morte che si esplica alla nascita come fantasia di non esistenza. Cioè una situazione interiore di non esistenza (inanimato) che (non verrebbe proiettata) si trasformerebbe in pulsione e fantasia di rendere non esistente l’oggetto esterno per l’insorgenza della energiaistinto. In altre parole il concetto è quello di investimento pulsionale e non quello di proiezione. rimando il lettore a p. 67 e ss. in cui è discusso più ampiamente il problema della “proiezione” della traccia mnesica libidica alla nascita.

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Istinto di morte e conoscenza. Evoluzione e corsa verso la morte deriviamo e sottolineiamo, da quanto detto, alcune considerazioni. nella situazione intrauterina dell’essere umano noi concepiamo, nel feto, l’insorgenza di una vitalità che permette la realizzazione del rapporto con l’oggetto esterno (liquido amniotico). Tale insorgenza, d’altra parte, avviene per l’esistenza del rapporto stesso. Analogamente, alla nascita, noi abbiamo l’insorgenza, nel neonato, dell’istinto di morte: impulso ad annullare l’oggetto esterno e il se stesso nel rapporto con l’oggetto esterno (aria, luce). Anche questo impulso (pulsione) insorge all’interno del neonato. Ma anche in questo caso, come per la vitalità, tale insorgenza interna al neonato è in stretta relazione con l’esistenza dell’oggetto esterno, o meglio, con l’esistenza del rapporto-contatto con l’oggetto esterno stesso. In entrambi i casi non sappiamo se l’uno (oggetto esterno) determini l’altro (istinto) o se l’istinto ha insorgenza autonoma interiore. Ci è difficile concepire una insorgenza autonoma interiore dell’istinto indipendentemente dall’esistenza di un rapporto con l’oggetto. Anche nella concettualizzazione dell’istinto di morte come non rapporto con l’oggetto, abbiamo che questo non rapporto avviene nell’ambito di un rapporto con l’oggetto. Insorgenza interna dell’istinto e rapporto con l’oggetto. È l’una che determina l’altro o viceversa? non lo sappiamo e in un certo senso non vogliamo saperlo. non sappiamo di concetti di causa o di esattezza “logica” e non vogliamo saperne. non vogliamo saperne perché la psicoanalisi non è matematica: «l’argomento di cui si occupa la psicoanalisi non prevede alcun tipo di comunica78

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zione che sia in grado di dare informazioni sul problema in assenza del problema stesso»31. In altre parole noi, per sapere, e siccome il nostro sapere non prescinde dall’oggetto di studio, cioè implica un rapporto con l’oggetto stesso, preferiamo orientarci, piuttosto che verso le possibilità logiche dell’essere umano, verso possibilità creative. non deduzioni logiche che prescindono da dati di esperienza reale, quanto intuizione creativa di pensiero nell’ambito dell’essere in un rapporto interumano e viverlo. È come quando mi trovo a dover interpretare... l’enigma della Sfinge. Il paziente, nel ricevere l’interpretazione delle sue pulsioni orali a divorare l’oggetto fisico, dice: «l’analista (Io paziente che faccio l’analisi) non vuole il mio bambino interno che succhia e divora il seno. Allora non mi ama (non mi amo) perché non mi vuole (non mi voglio) così. Questo bambino divoratore deve scomparire (morire)». Ed accade frequentemente, nella pratica analitica, che, se l’interpretazione non è ben data, i pazienti fanno sparire, annullano il loro sé libidico sessuato e si rendono indifferenti ed esibizionisti. Apparentemente “stanno molto meglio”. non sono mai riuscito a spiegare “logicamente” il discorso. l’analista (meglio la situazione di rapporto analitico) tende a far sparire il bambino piccolo per averne uno più grande ed evoluto. «Ma allora lei (io) non mi accetta e non mi ama per quello che sono», dice il paziente. «no», dice l’analista, «io la accetto come è, ma... non la accetto come è». Effettivamente il discorso non è logico. Se l’atteggiamento è di accettare e conservare tale e quale l’oggetto, il 31 W. r. bIon, Analisi degli schizofrenici e metodo psicoanalitico cit., pp. 226227.

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rapporto con l’oggetto è un rapporto con un oggetto inanimato. Se uno ha una bella statua, non vuole che nessuno la modifichi. Ma questa non è libido. un genitore (analista) che accetta il bambino e lo ama tende contemporaneamente a modificarlo (e per essere più esatti ad accettarne le modificazioni) in senso evolutivo. Ciò “logicamente” implica un rifiuto dell’essere attuale del bambino. Ma nessuno pensa che un genitore che si rallegra di una modificazione del bambino (dei suoi primi passi, delle sue prime parole) rifiuti il bambino, non lo voglia, non lo accetti come è. Credo proprio che “logicamente” non troveremo mai una soluzione32. E d’altronde in quel “logicamente” si nasconde uno dei problemi maggiori che ostacolano una buona evoluzione analitica del paziente. un pensiero sempre presente e sempre inconscio nel paziente è il seguente. l’analista mi ha accettato (voluto) malato, oppure piccolo bambino. Come fa lo stesso analista ad accettarmi evoluto, cioè diverso? Siamo in presenza della proiezione sull’analista di una propria (del paziente) realizzazione statica, cioè di una propria realizzazione fatta con scarsa libido, che conduce alla paralisi del sé attualmente vissuto, il paziente statua. Il paziente ha indubbiamente rivolto verso l’oggetto esterno (madre-padre) una fantasia di sparizione nel senso dell’istinto di morte. Ha fatto sparire, o quanto meno paralizzato, la madre (padre) in un essere inanimato e con ciò ha reso se stesso inanimato e statua. la proiezione di essa rea-

32 non la troveremo mai fino a che la logica sarà logica anaffettiva derivata dall’annullamento e dalla negazione del rapporto reale con la realtà. la troveremo quando la logica sarà investimento sessuale e non “ragione” che si fonda sulla scissione tra corpo e anima-ragione. Cfr. Introduzione a r. SPITz, Il No e il Sì cit.

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lizzazione sull’analista, conduce a vivere l’analista stesso come “logico”, freddo e distaccato e a bloccare la propria evoluzione. Sarebbe cioè l’analista-madre (o padre) che parla sempre alla sua bambina, anche quando tale “bambina” ha vent’anni33. Allora, appunto, noi preferiamo una realizzazione umana creativa e intuitiva per cui non spieghiamo come logicamente avvenga il fenomeno, ma cerchiamo di portare il discorso su un piano di comunicazione in cui la componente intuito abbia una partecipazione essenziale; e molte cose diventano ovvie senza bisogno di spiegazione logica. Allora diventa anche ovvio che la “sparizione” del piccolo bambino, o del Pinocchio dell’uomo, non è morte ma, al contrario, dinamica evolutiva e creativa. Certo, il piccolo poppante di fronte al ragazzino è sparito (morto?) per sempre, ma appunto è ovvio che il concetto di sparizione non è distruzione, annullamento, ritorno allo stato inorganico, ma evoluzione e creatività. Allora si avrà che il bambino muore (sparisce) di fronte all’adolescente come l’adolescente muore di fronte all’adulto e l’adulto muore di fronte al vecchio (l’enigma della Sfinge)34. Ma così (e il discorso sembra proprio insolubile e drammatico) è anche ovvio che questa evoluzione-creatività di un essere sempre più evoluto (nel senso di un plus indefinito di cui accennavamo in precedenza) conduce alla morte, alla scomparsa dell’essere vivente stesso, al suo ritorno allo stadio inorganico. 33 Cfr. il concetto di frustrazione nelle prime pagine. Frustrazione astratta, aprioristica, che prescinde dalla realtà dell’altro (assenza) e frustrazione reale di rapporto vedente con l’altro. 34 È la possibilità della trasformazione umana, del cambiamento personale e sociale, tanto negato da Freud e seguaci. [1976]

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la successiva, ripetuta, indubbiamente vitale scomparsa del sé attuale per uno migliore ha come risultato (scopo?) la morte, il non essere. la morte è un discorso di risultato, cioè di esaurimento delle possibilità libidiche per cui la fantasia di sparizione del sé attualmente vivente assume sempre di più le caratteristiche dell’istinto di morte diretto ad annullare la vitalità e la libido? Forse. Senza vitalità la fantasia di sparizione non è più fantasia-immagine cioè realizzazione psichica. Ma forse la morte è anche lo scopo. Scopo contrastato dalla libido che trasforma l’istinto di morte in fantasia di sparizione verso la propria situazione interiore di essere attuale e con ciò impedisce, finché è attiva, la realizzazione dello scopo dell’istinto di morte. Scopo che si realizzerà, avrà il suo trionfo quando, nella vecchiaia, la libido non sarà più attiva. oppure il discorso è un discorso che va rivolto all’essere fisico dell’uomo, al substrato anatomo-fisiologico dell’essere umano. È quello che muore, che esaurisce le proprie possibilità di funzionare, mentre le realizzazioni psichiche, il pensiero, rimangono, non hanno possibilità di essere annullati. non possono essere annullati perché l’istinto di morte, che è una realizzazione psichica, fuso alla libido, non può più riprendere le caratteristiche di annullamento, di non essere, di buio. Cioè la creazione, la storia, rimane. riprendendo il discorso della conoscenza cerchiamo di sottolineare il concetto che la conoscenza implica la separazione dalla situazione attualmente vissuta. È questa “morte” del sé attualmente vissuto che porta ad una conoscenza. la fantasia di sparizione diretta verso la propria situazione attuale di rapporto oggettuale, conduce ad una realizzazione psichica. l’istinto di morte viene deviato dall’orientarsi contro l’oggetto esterno e diventa fantasia82

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immagine cioè creatività e poi pensiero verbale, facendo sparire una propria interiore situazione di rapporto oggettuale con il risultato (scopo) di creare un sé umano più evoluto. Questo è perché la libido, distaccata dall’oggetto, viene contenuta in sé e serve da base energetica per trasformare l’istinto di morte in fantasia di sparizione verso la libido stessa contenuta in sé. Cioè anche l’istinto di morte, con il contenimento della libido in sé, viene ad essere contenuto e agisce come modificatore di una situazione attuale facendola sparire per una diversa.

una riflessione sul concetto di identificazione Il far sparire, secondo quanto abbiamo detto nelle pagine precedenti, implica un concetto di allontanare da sé, di stabilire una distanza dall’oggetto (la fantasia di persone che, partendo in treno, allontanano l’oggetto fino a farlo sparire all’orizzonte), cioè il contrario del rapporto aggressivo con l’oggetto inteso nel senso di prendere ledendo, di colpire, di mordere. In quest’ultimo caso non c’è il concetto di annullare l’oggetto, ma quello di tentare di trasformare la relazione oggettuale. Ci interessa cioè chiarire che il concetto di aggressività è insufficiente per indicare l’istinto di morte e può condurre ad equivoci nello studio delle dinamiche di rapporto oggettuale e nella comprensione delle realizzazioni psichiche umane. Esiste cioè un’aggressività diretta ad annullare l’oggetto 83

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e il rapporto con l’oggetto che si esplica come pulsione di annullamento; ed esiste una “aggressività” nell’ambito della dinamica di rapporto con l’oggetto in cui l’oggetto (e se stesso) viene modificato. In questo secondo concetto di aggressività dobbiamo considerare una economia di libido che si lega all’oggetto. Anche l’introiezione dell’oggetto comprende aggressività e specificatamente l’aggressività intesa come sparizione dell’oggetto, ma in questo caso la sparizione è nel porlo fantasticamente dentro di sé. nella fantasia di sparizione di far sparire l’oggetto fuori di sé, allontanarlo da sé, non c’è il concetto di introiezione. Ciò può farci riflettere sul fenomeno del rapporto oggettuale e sulle realizzazioni psichiche che avvengono nel suo ambito e può spingerci a chiarire meglio il concetto di identificazione con l’oggetto35. nell’ambito di un rapporto oggettuale, il soggetto può identificarsi con l’oggetto per introiezione di esso, mangiandolo e facendolo sparire dentro di sé; e in questa dinamica di rapporto oggettuale lo proietta, cioè lo ricostituisce all’esterno, anche se modificato e alterato. In tale dinamica il rapporto oggettuale viene conservato. Invece, nell’ambito di un rapporto oggettuale, in cui il soggetto, mediante la pulsione di annullamento contro l’oggetto diretta ad annullarlo, rende non esistente, con la sparizione dell’oggetto, il rapporto oggettuale stesso, non c’è introiezione né proiezione, non c’è più dinamica di rapporto oggettuale perché non c’è economia libidica. C’è però un altro fenomeno che, se non ben studiato, può portare a confusione. Il fenomeno cioè per il quale il soggetto che fa la fantasia di sparizione contro l’oggetto stabilirebbe 35

cit.

Esso chiarimento è stato fatto nel cap. IV de La marionetta e il burattino

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una dinamica di aggressività contro aggressività. Il soggetto si può rendere più aggressivo dell’oggetto sadico. Si potrebbe parlare di identificazione con l’aggressore, ma ritengo che proprio ciò renda equivoco il termine identificazione. riserviamo il termine identificazione, seguendo le concezioni di Freud, alla situazione di rapporto con l’oggetto sulla base di dinamiche di introiezione e proiezione36. In questo caso di non rapporto con l’oggetto preferiamo cercare di concettualizzare una dinamica di rendersi uguale e più aggressivo dell’oggetto sadico37. nelle pagine precedenti abbiamo insistito sul rapporto sadomasochistico, in quanto è proprio nell’ambito di tale rapporto, quando esso sia molto intriso di aggressività, che sorge la pulsione di annullamento contro l’oggetto e l’annullamento del rapporto oggettuale. Vi abbiamo insistito perché la pulsione di annullamento contro l’oggetto, cioè la realizzazione massima di aggressività e di non essere, è in stretta relazione con l’intensità del sadismo vissuto nell’oggetto. E perché ci interessa evidenziare che la fantasia di sparizione alla nascita contro la luce può essere ugualmente considerata come reazione ad un rapporto con un oggetto aggressivo che colpisce il neonato perturbando la sua omeostasi. reazione contro un oggetto esterno luce che vuole imporsi, che investe con violenza il neonato e che determina la reazione che porterà il neonato alla cecità nei riguardi dell’oggetto annullato, la natura non umana38. 36

Vedi note 10, 11 e 12 alle pp. 25-27. Cfr. la negazione della negazione. 38 Questa formulazione dell’istinto di morte come “reazione” non inficia il concetto dell’insorgenza interna dell’istinto. non credo si possa concettualizzare la situazione del neonato che viene alla luce e così l’insorgenza dell’istinto come una situazione senza rapporto. l’esistenza umana, fin dallo zigote, è sempre in rapporto con. l’oggetto del rapporto può essere indifferente 37

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Il neonato cioè, aggredendo l’oggetto luce, non fa una identificazione con l’aggressore perché non introietta l’oggetto, ma al contrario si rende più aggressivo (indifferente) annullando la luce e facendo il buio fuori e intorno a sé. rendendosi ugualmente e maggiormente aggressivo rispetto all’oggetto, cioè attuando una dinamica di maggiore o minore aggressività, diventa completamente l’opposto dell’oggetto stesso39. la lotta con l’oggetto sulla base dell’aggressività conduce cioè ad un rendersi altrettanto e più aggressivo dell’oggetto, il che porta ad un essere diversi, alienati e lontani dall’oggetto stesso.

la “cecità” neonatale e il primo rapporto con il seno. la bramosia Istinto di morte. Il bambino nasce con l’istinto di morte. Certo. Ma non nel senso dell’accezione comune della parola distruggere, aggredire. Il concetto di aggressività nell’acce(aggressivo) come la realtà non umana e la fantasia di sparizione-istinto di morte si esplica contro tale oggetto. Ciò non implica però un concetto di causa ma un concetto di fenomeno dinamico. Come anche non implica un concetto di rapporto sadomasochistico. Sadismo e masochismo si riferiscono ad una dinamica con oggetti introiettati e proiettati. In questo caso, invece, si svolge una dinamica di pulsione-fantasia che rende non esistente una realtà inanimata e indifferente (aria-luce). 39 Alla nascita, la fantasia di sparizione contro l’inanimato conduce l’uomo ad essere completamente l’opposto dell’inanimato: la realtà umana trasformativa dell’inconscio mare calmo. dopo la nascita, se la fantasia di sparizione diventa pulsione di annullamento contro la realtà umana, conduce ad essere completamente l’opposto della realtà umana trasformativa: l’indifferenza astratta o anaffettività.

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zione usuale, va considerato, come abbiamo visto nel precedente paragrafo, nell’ambito di una dinamica di rapporto oggettuale nella quale l’oggetto viene introiettato e con ciò fatto sparire dentro di sé. Ma l’introiezione del seno è soltanto una dinamica parziale nell’ambito del rapporto interumano e non è istinto di morte, anche se è intrisa di istinto di morte. la realtà psichica neonatale è molto più complessa e non può essere ammessa una semplicistica riduzione di essa a generica “aggressività”. Il bambino che si attacca al seno (mammella) e trova il piacere della relazione oggettuale, ha la sua prima soddisfazione del desiderio. desiderio di rapporto umano, di succhiare, svuotare. Contemporaneamente egli realizza la sua realtà di essere umano, sessuato. la sua realtà di essere in rapporto con un altro. Ma, purtroppo, soddisfa anche la rabbia. “Mangia”, “divora”, introietta la mammella (seno), allorché venga deluso; specialmente se il seno-madre ostacola la soddisfazione del desiderio. È un vissuto confuso. Il primo rapporto fisico con il seno comprenderebbe anche la dinamica e il concetto di bramosia. Il bambino, dopo la prima poppata, è anche Saturno. noi possiamo, considerando la situazione, orientarci. Possiamo comprendere perché, poi 40, quando siamo in relazione con la psiche altrui cosciente e inconscia, abbiamo di fronte a noi Saturno. Saturno anche angosciato di questa sessualità fatta di desiderio e rabbia insieme, tendente a succhiare ma anche a mordere e mangiare il pene-seno dell’analista. Saturno che non riesce ad essere neanche Saturno e annulla, fa sparire questo se stesso sessuato-angosciato. 40

Cfr. il poi, a p. 32.

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È perché il bambino diventa sempre più cieco. diventa sempre più cieco quando fa la pulsione di annullamento. Quando ritrova in sé l’istinto di morte, la tendenza-fantasia di tornare nel buio della situazione intrauterina. nel momento in cui non realizza le immagini e le qualità dell’oggetto diventa cieco. Immagini che, a prescindere dal fatto fisiologico retinico, sono l’amore, l’attenzione, il capire, la “cura” della madre, le qualità umane della madre. Se non introietta le qualità, se non soddisfa il desiderio ma diventa bramoso e introietta il seno (l’oggetto), diventa cieco e sordo perché realizza, ma questa volta, diversamente dalla nascita, la pulsione di annullamento contro il seno “mangiato”, cioè introiettato e proiettato, annullando il se stesso vedente. Fa sparire quel se stesso che, abbiamo detto, aveva capacità di vita, capacità di vita psichica nel senso di realizzare l’esistenza dell’oggetto (primo nucleo del vedere psichico senza visione fisica dell’oggetto). Il bambino, pertanto, dopo la prima poppata, è anche un cieco divoratore. È scisso. la scissione fondamentale di due tendenze. Vedere e non vedere cioè negare. Mangiare nel senso di introiettare e proiettare gli oggetti. le due tendenze non hanno la stessa matrice e lo stesso significato. la tendenza istinto di morte, che ha la sua matrice nel guardare-vedere, non è un desiderio (lasciando a quest’ultima parola il significato di attrazione verso, desiderio di) ma una reazione di annullamento, di negazione dello stato attuale, dell’essere, tendente a far sparire l’hic et nunc dell’essere attuale. l’attrazione verso, il desiderio di, implica il concetto di libido tendente all’unione con l’oggetto.

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la scissione: l’oggetto fisico e l’oggetto psichico dicevamo che il neonato diventa scisso, alle prese con due tipi di istinti-tendenze. riportando le parole di Freud: «(...) quelli che portano la vita alla morte e quelli, gli istinti sessuali, che cercano incessantemente di rinnovare la vita»41.

Il neonato che diventa divoratore cieco ha la possibilità di riacquistare la “vista”, la possibilità cioè di realizzare le immagini, di costruire una vita psichica, soltanto attraverso una strada: la strada della relazione oggettuale, la strada che, attraverso la bocca-cute-olfatto, soddisfi il desiderio. la libido che permette la soddisfazione del desiderio è la libido che, alla nascita, è diventata inconscio mare calmo. È essa che, nonostante (e per) la fantasia di sparizione della nascita, permette la relazione oggettuale. È la libido che può e potrà, successivamente, neutralizzare la fantasia di sparizione-istinto di morte42. Ma se il desiderio viene deluso dall’altro, il neonato si scinde: il seno viene mangiato, diventa materia morta, inanimata, feci. Il desiderio si trasforma in bramosia. la fantasia di sparizione diventa pulsione di annullamento contro l’altro introiettato e proiettato. Ma non sarà soltanto così. nella misura in cui la libido, il rapporto, la soddisfazione del desiderio avranno neutralizzato la pulsione di annullamento, il bambino, invece di 41 S. FrEud, Al di là del principio del piacere cit., p. 46 (Standard Edition), p. 229 (boringhieri). Sottolineerei la dizione: quelli che portano la vita alla morte. 42 Vedremo alle pp. 190-194 il concetto della trasformazione della libido alla nascita.

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andare verso la cecità, “vedrà”, cioè assorbirà le qualità del seno-madre, assorbirà l’inconscio, l’immagine della madre. Allora potrà intuire sempre di più e ciò con cui avrà rapporto, nella poppata successiva, sarà sempre meno feci cioè materia inanimata; sempre meno oggetto parziale e sempre più totalità umana. Potrà sempre più avere relazioni, non con l’oggetto, ma con le qualità umane; il seno non sarà oggetto inanimato-feci ma oggetto-bontà, oggetto-calore, oggetto-piacere. Il bambino sarà sempre meno coprofagico e “vedrà” sempre di più. nella misura in cui la pulsione di annullamento della fine poppata sarà stata neutralizzata dalla libido, essendo così fantasia di sparizione, il bambino, invece di andare verso la cecità, aumenterà sempre più la possibilità di sognare e ricordare. realizzare la memoria-immagine del seno-madre e desiderare di nuovo, tendere verso di essa. Ad ogni poppata in cui, invece, si ripeta la dinamica: vedere-desiderio – poppata – delusione del desiderio – introiezione-mangiare-proiettare l’oggetto – fine poppata-pulsione di annullamento contro l’altro – buio esterno e interno, si avrà l’annullamento dell’altro e del sé. Il bambino aumenterà la coprofagia connessa all’aver mangiato l’oggetto a occhi chiusi, in stato di cecità, e con ciò reso feci, cosa inanimata. oggetto buono e oggetto cattivo. Il bambino ha in sé l’oggetto buono cioè le immagini-qualità dell’oggetto, cioè la memoria dell’esperienza vissuta. Ha in sé l’oggetto cattivo, fecale, non tanto per il colore delle feci (che, in verità, non sono nere, ma spesso vengono sognate nere), ma perché l’oggetto fisico, introiettato, sparisce dentro di sé. Cioè diventa nero, ha le caratteristiche di aggressività, di oggetto cattivo tendente ad attaccare il soggetto nel senso di 90

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negarlo, odiarlo. E il bambino lo elimina, se ne libera, lo defeca43. In questa alternanza continua di guardare-amare, introiettare-proiettare-far sparire, il bambino dovrebbe superare la scissione e sviluppare l’integrazione curiosità-libido, cioè il triangolo occhi-bocca 44. lo svezzamento che sopraggiunge quando il bambino non ha fatto questa integrazione e sviluppato il triangolo, può condurre alla pulsione di annullamento più totale e ad una anaffettività nel rapporto interumano. la possibilità di superare il “trauma” dello svezzamento sarà tanto maggiore quanto più il bambino avrà sviluppato le sue capacità visivo-immaginative. Quanto meno esse, invece, si saranno sviluppate, quanto più il bambino si troverà scisso, tanto più egli si sentirà vuoto, buio, conserverà una invidia e una bramosia accentuate. Potrà trovare, invece che una separazione come fantasia di sparizione e indifferenza, una pulsione di annullamento e una anaffettività che sarà la triste “soluzione” al rapporto sadomasochistico di introiezione e proiezione. gli altri saranno sempre aggressivi per la sua bramosia e il soggetto avrà bramosia perché non potrà apprezzare e realizzare le qualità-immagini e tenderà sempre alla introiezione fisica, più a prendere che ad apprendere45.

43 Vedi a pp. 67-71 il concetto di fusione dell’immagine interiore con il seno introiettato, la successiva proiezione dell’immagine e del seno nero, la scissione eccetera. 44 Vedi al capitolo successivo l’esposizione più dettagliata di questo concetto del triangolo. 45 la dinamica della scissione: la scissione alla nascita e la scissione allo svezzamento, è esposta più estesamente in M. FAgIolI, Teoria della nascita e castrazione umana, l’Asino d’oro edizioni, roma 2012, cap. IV.

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l’istinto di morte e la realizzazione di una vita psichica Svolgendo il concetto dell’istinto di morte come fantasia di sparizione, abbiamo riflettuto su quella che dovrebbe essere la dinamica ideale di esplicazione dell’istinto di morte. Per potersi costituire come elemento pulsionale di evoluzione psichica, esso deve realizzarsi nell’ambito di due fenomeni: a) reintegrazione della proiezione della propria identificazione con l’oggetto e con ciò recupero di tutte le proprie possibilità libidiche, le quali conducono al fenomeno che b) la fantasia di sparizione si volga verso la propria situazione interiore di rapporto con l’oggetto e non contro l’oggetto. le possibilità libidiche reintegrate fanno sì che l’istinto di morte, in quanto fantasia di sparizione verso proprie pulsioni parziali di rapporto con l’oggetto, si costituisca come matrice di una evoluzione psichica, utilizzando la stessa “sessualità”, non più legata all’oggetto fisico. Possiamo qui richiamare le considerazioni fatte prima a proposito della evoluzione come perdita della situazione attualmente vissuta. Avevamo detto infatti che l’istinto di morte come fantasia di sparizione interviene a determinare le “sparizioni” di proprie situazioni di rapporto con l’oggetto. E con ciò interviene a, diciamo così, annullare i rapporti libidici con l’oggetto stesso. Ciò può essere possibile se interviene la libido. Si avrebbe cioè il paradosso che la libido permette all’istinto di morte-fantasia di sparizione di distruggere la libido stessa; ma si tratterebbe della “di92

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struzione” di un particolare modo di essere della libido, nel senso che alla sparizione della libido attualmente vissuta (quella, ad esempio, attaccata alla gratificazione fisica) si sostituisce un’altra libido (quella, ad esempio, interessata all’immagine dell’oggetto). dobbiamo cioè accettare continue e ripetute morti-sparizioni di noi stessi in una data e attuale vicenda di vita e di rapporto oggettuale. Forse in questa impossibilità di fermarci sta la corsa verso la morte. non possiamo realizzare una situazione statica, ferma, immobile, perché sarebbe la morte. Allora ci muoviamo senza sosta per correre verso la morte. «l’analisi delle nevrosi da transfert ci aveva anzitutto messo di fronte alla contrapposizione tra gli “istinti sessuali”, orientati verso l’oggetto ed altri la cui esatta natura non siamo riusciti a comprendere e che abbiamo denominato, provvisoriamente, come “istinti dell’Io”»46. «noi abbiamo piuttosto cominciato con una separazione netta e precisa tra gli istinti dell’Io-istinti di morte ed istinti sessualiistinti di vita»47. «l’amore concentrato su un oggetto ci presenta un’altra polarità di questo tipo: amore in senso proprio (tenerezza) ed odio (aggressività). (...) non siamo forse autorizzati ad ammettere che questo sadismo non è altro, in termini rigorosi, che un istinto di morte che la libido narcisistica ha distaccato dall’Io e che riesce ad esplicarsi solo sull’oggetto?»48.

Fermiamoci per riflettere su queste citazioni di Freud. Il sadismo (aggressività) è una situazione di rapporto 46 S. FrEud, Al di là del principio del piacere cit., p. 50 (Standard Edition), p. 236 (boringhieri). 47 Op. cit., p. 53 (Standard Edition), p. 238 (boringhieri). 48 Op. cit., p. 54 (Standard Edition), p. 239 (boringhieri).

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con l’oggetto e non di distacco dall’oggetto come si ha nella fantasia di sparizione. Il sadismo (aggressività) si ha quando l’oggetto è anche una identificazione del soggetto messa all’esterno, sull’oggetto stesso. In questa situazione di rapporto l’oggetto è sadico e il soggetto masochista. Ma è anche il contrario; il soggetto masochista è anche sadico contro l’oggetto in quanto lo introietta continuamente con aggressività cioè alterandolo sempre di più. Ciò accade perché la libido, legata all’oggetto fisico, lo introietta e lo fa sparire dentro di sé, lo rende nero, aggressivo, inanimato. la libido cioè si impregna di istinto di morte. «Il possesso amoroso coincide, nella fase orale dell’organizzazione della libido, con la distruzione dell’oggetto»49. Sempre nel cap. VI di Al di là del principio del piacere, Freud riporta il mito di Androgino di Platone e il mito di come il mondo fosse sorto dall’Atman (dall’Io)50. noi ci troviamo spesso di fronte al problema di dover far recuperare al paziente, che è da noi in analisi, la propria situazione femminile interiore, che, d’altra parte, il paziente fa chiaramente intendere (nei sogni e nelle associazioni) di voler recuperare, come ugualmente fa intendere di essere angosciato se ciò (cioè la realizzazione interiore della sua femminilità) accadesse. Freud: «Se domandiamo ad un analista quali formazioni psichiche dei suoi pazienti si sono rivelate meno accessibili alla sua influenza, la risposta sarà che nella donna è il desiderio del pene, nell’uomo la posizione femminile verso il proprio sesso che ha infatti come presupposto la perdita del pene»51. 49

Ibid. Op. cit., p. 57 (Standard Edition), p. 243 (boringhieri). 51 S. FrEud, Sommario di psicoanalisi, Editrice universitaria, Firenze 1957, p. 82; ora Compendio di psicoanalisi, in Opere, vol. XI, boringhieri, Torino 1979, p. 621. 50

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Sono riuscito a trovare la soluzione del problema quando ho considerato che questa posizione femminile da recuperare era anche in pazienti donne. Era appunto il “desiderio del pene” ed anche per l’uomo posizione femminile voleva dire “desiderio del pene”. Il problema stava nel dover recuperare, sia per gli uomini che per le donne, la propria situazione affettiva. la libido, in una condizione di cecità psichica, per le ripetute fantasie di sparizione, era cieca e veniva vissuta come bramosia dell’oggetto fisico. Perciò era rifiutata dall’analista in quanto avrebbe portato a confusione tra libido e morte, cioè a castrare l’analista e avere un oggetto cattivo interiore, pene fisico rubato e fatto sparire in sé per poi rimetterlo nell’analista rendendo esso cattivo o morto (una associazione: dargli una sbarra di ferro in testa). Per converso, alienare da sé la propria situazione affettiva e negarla, portava a realizzazioni continue di incostanza cioè di rottura di rapporti oggettuali e a continue realizzazioni di buio interno, depressione, esibizionismo. le cose sono migliorate da quando non mi lascio sfuggire l’occasione di interpretare la fantasia di sparizione come sparizione dell’oggetto analista e realizzazione di buio interno. da quando, dopo tale interpretazione, passo ad interpretare le pulsioni libidiche a prendere, vissute come un mangiare l’oggetto. Perché, appunto, notai, accadeva così: la fantasia di sparizione nel senso dell’annullamento dell’oggetto portava a cecità, vale a dire a non poter avere un rapporto psichico con l’oggetto e a vivere le cariche libidiche come bramosia di mangiare l’oggetto fisico. la bramosia (libido) veniva rifiutata come propria situazione interiore (“la femminilità”). Il concetto di ristabilire uno stato anteriore, nel senso che intende Freud utilizzando i riferimenti al mito di An95

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drogino e alla genesi del mondo dall’Atman, ritengo vada inteso, al contrario, come tendenza a recuperare l’immagine e la realtà libidica e sensibilità prima della fantasia di sparizione, a qualunque età essa si verifichi. Perché la fantasia di sparizione annulla il sé nel suo attuale rapporto con l’oggetto per immaginare lo stato anteriore di buon rapporto con l’oggetto. E questo da Freud non è stato neppure pensato. riprendiamo anche il concetto che «Eros è qualcosa che esercita la sua funzione sin dall’origine e che si oppone, fin dal momento in cui la sostanza vivente è animata, all’“istinto di morte” in quanto “istinto di vita”»52. È anche quanto dicevamo a proposito della fantasia di sparizione che viene frenata nel suo essere istinto di morte, dalle realizzazioni libidiche. È come se, dicevamo, paradossalmente, l’evoluzione consistesse nel recuperare lo stato precedente annullando la situazione attualmente vissuta. Proprio in questo “ritorno” l’individuo realizzerebbe l’evoluzione in quanto l’Eros si oppone a che il “ritorno” diventi regressione e annullamento totale di sé. Quando Eros non si oppone, la fantasia di sparizione diventa effettivamente morte e il ritorno per l’evoluzione rimane esclusivamente ritorno, regressione. Il paradosso cioè dell’evoluzione con realizzazione di morte interiore. l’individuo che, nelle varie tappe della vita, realizza una propria autonomia ed “indipendenza” mediante la fantasia di sparizione come istinto di morte, ovvero pulsione di annullamento, diretto contro l’oggetto realizza un isolamento dagli oggetti, una anaffettività, una impossibilità di rapporto oggettuale. Al distacco dall’oggetto non corrisponde nessuna realizzazione psichica, salvo quella di 52

S. FrEud, Al di là del principio del piacere cit., p. 246 (boringhieri).

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vuoto e buio interiore. A questo punto si può avere la ricerca della situazione di prima che corrisponde alla ricerca del proprio sé libidico perduto nel distacco dall’oggetto. la ricerca cioè della “femminilità”, del “desiderio del peneseno”. Il paziente, che afferma convinto di non essere stato mai amato (allattato), ci parla di questo problema. Egli non ha mai amato, dice, e non è vero. Sono le pulsioni di annullamento contro l’oggetto (allo svezzamento, o alla masturbazione) che hanno fatto sparire il sé libidico precedentemente vissuto. In questo caso di ricerca esistenziale di un oggetto esterno rappresentante la libido, dobbiamo appunto pensare ad una mancata realizzazione interiore di possibilità libidiche. nel distacco dall’oggetto, nella separazione appunto, si può perdere la situazione interiore di possibilità amorose. È il caso in cui non si realizza la memoria interiore della situazione perduta (meglio il ricordo della propria situazione interiore di rapporto libidico con l’oggetto) e quindi non si realizzano possibilità libidiche. nel distacco, la situazione fino a quel momento vissuta, diventa precedente. E la si ricerca con nostalgia, come situazione di vita di fronte alla situazione attuale di morte, dopo il distacco. Per la donna e l’uomo è lo stesso. l’uomo ricerca la “situazione femminile” di desiderio del pene (seno) e la rifiuta perché la delusione lo porterebbe ad una realizzazione di libido bramosa e castrante e con ciò alla castrazione cioè al rifiuto di simile realizzazione di libido. la donna rifiuta il desiderio del pene-seno per le stesse ragioni, cioè perché la delusione la porterebbe ad una realizzazione di mascolinità fisica (fecale) e con ciò alla castrazione cioè alla perdita della libido. È un conflitto tra esigenze e angoscia del desiderio. 97

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riprendiamo ancora quella specie di conclusione che Freud pone nell’ultima pagina del lavoro: «bene, sembra proprio che il principio del piacere sia al servizio degli istinti di morte!»53. Infatti, dicevamo, l’istinto di morte per essere fantasia di sparizione nel senso della realizzazione psichica, abbisogna della libido.

Il no e l’allontanamento dall’oggetto senza sparizione Il lavoro di Freud, La negazione54 del 1925, ci permette di portare il nostro discorso fino al punto di poter teorizzare una fusione completa degli istinti. riprendiamo il concetto di rifiuto: «noi ci rendiamo conto che questo è un rifiuto, attuato per mezzo della proiezione, di una idea appena affiorata. (...) In tal modo il contenuto di un’immagine o di una idea rimossa può aprirsi la via alla coscienza a condizione di essere negato. la negazione è un modo di prendere cognizione di ciò che è rimosso (...). Possiamo vedere come in ciò la funzione intellettuale sia separata dal processo affettivo».

Ancora: «un giudizio negativo è, così, il sostituto intellettuale della rimozione» e, in I due principî regolatori della vita psichica:

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Op. cit., p. 248. S. FrEud, La negazione, Standard Edition, vol. XIX, pp. 235-236; Opere, vol. X, boringhieri, Torino 1977, pp. 197-198. Intendiamoci: se lo si rifiuta e lo si critica in modo radicale. Cfr. Introduzione a r. SPITz, Il No e il Sì cit. 54

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«Al posto della rimozione, che privava della carica psichica una parte delle rappresentazioni al loro sorgere, in quanto erano dolorose, subentrò una imparziale attività giudicante, che doveva stabilire se una rappresentazione era vera o falsa, e cioè in accordo o meno con la realtà, e che decideva in proposito mediante le tracce mnesiche della realtà»55.

ne La negazione56: «la funzione del giudizio ha in genere a che fare con due tipi di decisione: essa afferma e smentisce il possesso, da parte di una cosa, di un particolare attributo; essa asserisce o contesta che una rappresentazione abbia esistenza nella realtà (...). Espresso nel linguaggio delle pulsioni più primitive, quelle orali, il giudizio suona così: “mi piacerebbe mangiare questo” oppure: “mi piacerebbe sputare questo”». «l’altro tipo di decisione propria della funzione del giudizio, quella relativa alla esistenza reale di qualcosa di cui c’è una rappresentazione (esame di realtà), è compito del definitivo Io fondato sul principio di realtà che si sviluppa a partire dall’iniziale Io fondato sul principio del piacere». «(...) tutte le rappresentazioni hanno origine da percezioni e sono ripetizioni di queste». «Ma è evidente che una precondizione all’instaurarsi di un esame di realtà è che siano stati perduti gli oggetti che un tempo apportavano una soddisfazione reale (...). la negazione in quanto erede dell’espulsione, appartiene all’istinto di distruzione (...)».

Si parte cioè da una considerazione di un rifiuto, dal pensiero di uno sputare. Il concetto di allontanare da sé l’oggetto. 55 S. FrEud, I due principî regolatori della vita psichica, in C. MuSATTI, Freud con antologia freudiana, boringhieri, Torino 1959, p. 122; S. FrEud, Precisazioni sui due princìpi dell’accadere psichico, in Opere, vol. VI, boringhieri, Torino 1974, p. 455. 56 S. FrEud, La negazione cit., pp. 236-239 (Standard Edition), pp. 198-200 (boringhieri).

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noi abbiamo inteso la fantasia di sparizione anche come un far sparire l’oggetto, allontanarlo da sé fino a farlo sparire. la pulsione (istinto), in questo caso, è quella di morte. nel rifiuto dell’oggetto e del rapporto con l’oggetto si realizza, invece, il «simbolo della negazione». noi abbiamo considerato che l’istinto di morte, di sparizione dell’oggetto si trasforma in fantasia-immagine, cioè in una prima immagine interiore, nella rievocazione in traccia mnesica dell’oggetto (stato) precedente. Come alla nascita l’allontanare l’oggetto (atmosfera) realizza la prima fantasia interiore, l’inconscio mare calmo, così alla formazione dei simboli la realizzazione è simbolizzata nella verbalizzazione del “no”. Possiamo considerare il “no” come la forma pura della creazione del simbolo e cioè del pensiero verbale. l’oggetto viene allontanato da sé, ma non viene fatto sparire. non c’è distruzione dell’oggetto perché c’è creazione del pensiero verbale. la fantasia di sparizione si trasforma nella simbolizzazione del rifiuto, dell’allontanamento dell’oggetto. rifiuto e allontanamento vengono simbolizzati. Parlavo, a proposito del no, di forma pura di pensiero in quanto non vi appare la formazione di un’immagine interiore dell’oggetto. Infatti non c’è, nel “no”, distacco dall’oggetto fisico. In questo caso del simbolo verbale “no”, sembra che la pulsione (istinto di morte) si trasformi direttamente in pensiero verbale. Consideriamo: a) alla nascita, la formazione della prima immagine interiore, cioè la traccia mnesica dello stato intrauterino; b) all’allattamento, la formazione, ad ogni fine poppata, dell’immagine del seno, in relazione al distacco dall’oggetto fisico seno; 100

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c) allo svezzamento, in coincidenza con la realizzazione dell’oggetto totale, la formazione dei simboli degli oggetti (mamma). Il no si riferisce al seno. Il bambino si diverte a scuotere spesso la testa nel senso del no prima di verbalizzare57. Però, se riflettiamo, possiamo considerare che questa manifestazione di rifiuto assume, potremmo dire, un senso generale di rapporto con l’oggetto. nelle altre situazioni, alla nascita, all’allattamento, il bambino attraverso la separazione, la sparizione dell’oggetto fisico, passa ad una realizzazione di un’immagine interiore dell’oggetto. Possiamo invece considerare il no come l’espressione verbale del rifiuto stesso. Cioè la simbolizzazione della stessa fantasia di sparizione come pulsione. Il no sarebbe cioè la verbalizzazione dell’istinto di morte. Sappiamo che l’istinto di morte per essere fantasia, realizzazione psichica, immagine e pensiero, abbisogna dell’Eros. la situazione interiore libidica impedisce alla fantasia di sparizione di essere istinto di morte, annullamento totale dell’oggetto e di sé. nel caso di distacco fisico dall’oggetto, svezzamento o separazione tra persone, la pulsione di annullamento diretta verso il rapporto con l’oggetto è, per il legame libidico con l’oggetto stesso, immagine dell’oggetto che può essere cosciente o non cosciente cioè rimossa. nel caso del no la dinamica è diversa. È evidente che uno dice no all’oggetto stesso senza separazione da lui, o quanto meno dice no all’immagine interiore dell’oggetto 57 Vedi r. SPITz, Il No e il Sì cit. nell’introduzione viene rivelato il pateracchio di Freud a proposito di negazione, proiezione, rifiuto.

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senza annullarla. Con ciò rileviamo che il no è rifiuto dell’oggetto o dell’immagine dell’oggetto senza separazione da esso. rifiuto e allontanamento dell’oggetto senza sparizione ed annullamento di esso, ma addirittura allontanamento mantenendo il legame con esso oggetto o immagine di oggetto. la dinamica che abbiamo pensato a proposito delle formazioni psichiche era: a) separazione fisica dall’oggetto, fantasia di sparizione verso il rapporto con esso e creazione interiore dell’immagine più o meno rimossa; b) separazione dall’immagine dell’oggetto e trasformazione di essa in simbolo verbale ugualmente mediante una fantasia di sparizione diretta verso il rapporto con l’immagine dell’oggetto. nel no verbale noi troviamo invece proprio la simbolizzazione dell’espressione pulsionale verbalizzata della fantasia di sparizione-istinto di morte diretta verso l’oggetto o l’immagine dell’oggetto. Siccome però sappiamo che l’istinto di morte-fantasia di sparizione perde la sua distruttività solo se fuso con la libido, dobbiamo pensare che, nella creazione di questo simbolo verbale, le cariche libidiche non siano legate ad un’immagine dell’oggetto e all’oggetto stesso, ma siano (non proprio libere ma) dirette verso l’oggetto. In altre parole dobbiamo pensare che nella verbalizzazione del no le cariche libidiche raggiungano il loro manifestarsi nel senso di essere dirette verso l’oggetto. Cioè il rapporto con l’oggetto, nell’espressione verbale no, non trarrebbe origine da libido avida e bramosa diretta ad introiettare l’oggetto o l’immagine di esso, ma da libido matura, genitale, diretta verso, diretta ad investire l’oggetto. 102

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Il no sarebbe l’espressione prima del rapporto maturo con l’oggetto nel senso di comunicare il pensiero verbale all’oggetto senza dinamiche di introiezione e proiezione che traggono la loro origine dal principio del piacere. E Freud lega, in due paragrafi uno dopo l’altro, i due opposti del negare nel senso di annullare la realtà come negli psicotici (cioè la fantasia di sparizione come istinto di morte) e del simbolo del rifiuto che, è da notare, è creato dalla partecipazione della libido e libero dal principio del piacere, cioè, noi abbiamo detto, libero dalla libido avida e bramosa: «la tendenza generale a negare, il negativismo manifestato da certi psicotici, deve forse essere considerato come un segno di una defusione degli istinti che si è affermata attraverso un ritiro delle componenti libidiche. Ma l’uso della funzione del giudizio non si rende possibile fintanto che la creazione del simbolo della negazione non ha dotato il pensiero di un abbozzo di libertà dalle conseguenze della rimozione e, con ciò, dalla compulsione del principio del piacere»58.

Il discorso della realtà e del giudizio come sostituto intellettuale della rimozione. Il giudizio, vale a dire il pensiero verbale, sostituisce la rimozione. la rimozione, quindi, va considerata connessa alla dinamica di introiezione dell’immagine dell’oggetto59.

58 S. FrEud, La negazione cit., p. 239 (Standard Edition), p. 201 (boringhieri). In verità Freud è ben lontano dal pensare al no come rifiuto dovuto a investimento sessuale della realtà (la frustrazione-interesse). Per lui la negazione è risultato della scissione ed è dominio astratto sull’inconscio di una ragione pressoché divina (derivata cioè dall’istinto di morte scisso). E non poteva essere altrimenti in quanto manca a Freud anche una pur vaga intuizione della nascita (inconscio mare calmo) e delle possibilità trasformative umane, cioè la possibilità di trasformare la compulsione del principio del piacere. 59 Pensiamo anche che l’identificazione proiettiva sia legata alla dinamica dell’introiezione dell’oggetto fisico. Cfr. p. 238 e ss.

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In altre parole la leghiamo alla relazione con l’oggetto sulla base dell’esplicazione di libido avida nei riguardi dell’oggetto. libido avida insieme alle possibilità di introiettare le immagini dell’oggetto, cioè libido orale e cutanea fusa ad una possibilità di vedere. In questa situazione l’immagine dell’oggetto introiettata viene rimossa, cioè privata delle cariche libidiche di tipo introiettivo che si liberano dall’immagine e tornano ad essere libere di esplicarsi verso l’oggetto per introiettare altre immagini. Quando le cariche libidiche di tipo introiettivo sono legate all’immagine, si verifica il fenomeno proiezione, cioè aggiunta dell’immagine interiore all’oggetto stesso. È necessaria la funzione del giudizio per «asserire o contestare che una rappresentazione abbia esistenza nella realtà». Invece è necessario un investimento di libido, non più introiettiva ma diretta verso l’oggetto (ad investire l’oggetto), per, possiamo dire, verbalizzare “la proiezione” sull’oggetto della propria immagine interiore e, quindi, distinguere la realtà esterna dalla proiezione. lo sputare o mettere dentro, ovvero negazione ed introiezione, discorso che viene subito dopo questo, non può quindi essere inteso come una situazione di corrispondenza, quasi di uguaglianza tra visione della realtà e realtà stessa. Se non c’è corrispondenza c’è separazione, che può essere realizzata sulla base della fantasia di sparizione: a) come annullamento dell’oggetto (non partecipazione della libido); b) come sparizione dell’oggetto fisico con creazione dell’immagine interiore (partecipazione della libido introiettiva); c) come il no, giudizio, pensiero verbale (partecipazione di libido genitale che investe l’oggetto). 104

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l’esame della realtà (principio di realtà) raggiunge la sua completa realizzazione nel terzo caso. Cioè quando la visione della realtà dell’oggetto non è disturbata dalla esplicazione di cariche introiettive dirette verso l’oggetto stesso. Cioè quando non si “prendono” dall’oggetto né cose fisiche né l’immagine di esso. In altre parole quando ci si interessa dell’oggetto investendolo di libido genitale e pensiero verbale: «Precondizione all’istaurarsi di un esame di realtà60 è che siano stati perduti gli oggetti61 che un tempo apportavano una soddisfazione reale»62.

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Per noi pensiero verbale. Per noi oggetto e immagine dell’oggetto. 62 Qui c’è tutto il senso della differenziazione da Freud. la frase letterale è identica per tutti: ma per Freud essa significa annullamento della identificazione proiettata e realizzazione della ragione anaffettiva e astratta (Hegel: negazione della negazione). Per me significa trasformazione della bramosia e del desiderio e realizzazione dell’investimento sessuale vedente: la separazione come nascita che Freud non conosce. [1976] 61

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III

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La fantasia di sparizione e l’ambivalenza orale. Curiosità e affettività

La scoperta della fantasia di sparizione e la sempre più estesa ed approfondita interpretazione di tale reazione inconscia mi misero di fronte a dinamiche transferenziali di tipo sessuale particolarmente intense. Cercai di studiare cosa stava succedendo e arrivai, nel corso di qualche anno, a una visione di insieme che ora cercherò di illustrare. Mi divenne sempre più chiaro che il bambino e l’inconscio di ogni persona adoperano la reazione “fantasia di sparizione” per risolvere la dinamica conflittuale con l’oggetto esterno. Questa dinamica conflittuale si può riassumere nelle seguenti proposizioni: 1. Relazione pulsionale ambivalente verso l’oggetto. 2. Introiezione e proiezione dello stesso oggetto su base pulsionale ambivalente. 3. La relazione oggettuale con l’oggetto è la relazione con la proiezione di una propria identificazione su base pulsionale ambivalente. 4. La relazione con l’oggetto esterno è sadomasochistica perché l’oggetto esterno ha caratteristiche di essere 109

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IstInto dI MoRte e ConosCenza

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più o meno nero, cioè più o meno intriso di aggressività. di fronte all’oggetto esterno che, per le dinamiche dette sopra, ha (o avrebbe) pulsioni dirette ad annullare, ridurre, allontanare, fino a far sparire il bambino e il sé umano e psichico dell’adulto, il bambino e l’inconscio dell’adulto reagiscono con una reazione di iperdifesa facendo sparire, con la fantasia inconscia onnipotente di annullamento, l’oggetto stesso. all’oggetto esterno viene attribuita la causa di ogni difficoltà nel proprio sviluppo; è lui che non mi vuole grande, bravo, forte, sessuato; pertanto, la fantasia di farlo sparire per ottenere l’indipendenza e la libertà trova la sua giustificazione. L’oggetto esterno è la proiezione di una propria identificazione; facendolo sparire si annulla la propria identificazione più o meno strutturante, più o meno fondamentale. se si fa sparire la persona che rappresenta una nostra identificazione fondamentale strutturante, si giunge all’annullamento del sé, si realizza il non essere, il non essere nato, l’essere al buio della situazione intrauterina.

Consideriamo queste dinamiche psichiche a due livelli: a) a livello edipico di relazione con l’oggetto totale-padre; b) a livello preedipico di relazione con l’oggetto parziale seno.

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La fantasIa dI sPaRIzIone e L’aMbIVaLenza oRaLe

a livello edipico Il bambino ha raggiunto il secondo, terzo anno di vita. Possiede tutte le possibilità dell’uomo, può camminare, parlare. È in relazione con il padre che rappresenta la sua identificazione proiettata sul padre stesso. siccome questa relazione è su basi di: 1. Guardare e far sparire. 2. Guardare e mangiare, e con ciò mettere il padre dentro di sé facendolo sparire, il padre sarà un violento e tenderà: 1. ad allontanare, abbandonare, liberarsi, far sparire il bambino. 2. a divorare il bambino1. a sua volta il bambino, giustificato dalla proiezione e sentendosi attaccato dal padre, troverà modo di riprendere le primitive dinamiche di relazione con il padre e: 1. Lo farà sparire: a) chiudendo gli occhi e facendo il buio; b) voltando la testa e annullandolo; oppure: c) usando gli occhi per microscopizzare il padre, rendendolo piccolo di dimensioni (micropsia), riducendone il volume; d) immobilizzandolo con gli occhi (paralisi); e) rendendolo oggetto freddo e inanimato, statua o oggetto metallico2. 1 Viene spontaneo il riferimento al mito di edipo il cui padre allontana, si libera, elimina, fa sparire il figlio, e di saturno che divora i figli. 2 Queste ultime tre realizzazioni-fantasie sono legate a quella che chiamerei una forma particolare di fantasia di sparizione. si tratterebbe di un uso degli

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2. divorerà il padre realizzando una identificazione “alterata” che proietterà di nuovo. nel primo caso la pulsione è diretta ad eliminare l’oggetto nel senso di allontanarlo da sé. si potrebbe dire che in questo caso la pulsione è diretta non verso l’oggetto ma contro l’oggetto. Possiamo considerare pertanto che il bambino ha con il padre e l’uomo con il suo simile: 1. Una relazione visiva (e anche uditiva). 2. Una relazione orale (e anche cutanea o olfattiva). Una relazione ideale bambino-padre potrebbe essere immaginata così. Il bambino guarda e ascolta il padre. L’interesse visivo e uditivo per l’umanità, per il modo di essere psichico del padre, per il suo sapere, trae le sue energie dalla matrice di libido-piacere della bocca e cute. Il bambino è integrato nelle sue possibilità affettive e curiose. si interessa, apprende. Introietta, visivamente e uditivamente, con piacere-amore, immagini. Introietta non l’oggetto, ma l’immagine e le qualità dell’oggetto. Il padre non è danneggiato né alterato (quando si tratta di immagini si può considerare soltanto relativamente alterato), allo stesso modo di quando si assimila l’immagine di un oggetto guardandolo con piacere e conservandone il ricordo, con la realizzazione di lasciare al suo posto l’oggetto fisico inalterato. noi abbiamo qualcosa di più nella mente, una immagine, un ricordo, e non abbiamo depauperato né danneggiato l’oggetto esterno. occhi verso l’oggetto tendente a togliere all’oggetto la vita, la vitalità; un guardare “mettendo” nell’oggetto l’anaffettività, mettendovi cioè una propria situazione “cattiva” non già in quanto specificatamente aggressiva, bensì in quanto più precisamente non vitale. Vedi il nesso con il concetto di invidia come devitalizzazione mediante il guardare con odio.

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Questo è anche ciò che noi proponiamo al paziente che viene in analisi. noi diamo l’interpretazione, termine che comprende l’umanità dell’analista, l’attenzione, la memoria, il capire, il parlare, lo spiegare, il prendere a cuore il paziente. Cioè proponiamo le qualità dell’oggetto esterno. abbiamo però di fronte edipo e saturno. edipo e saturno del paziente, edipo e saturno dell’analista. Il paziente viene da noi ed è saturno. Vorrà soddisfare la sua bramosia orale, vorrà sconti in denaro, comodità delle sedute. si sentirà sempre aggredito dagli “accordi” sull’andamento dell’analisi, si alzerà, ci volterà le spalle e farà la fantasia di sparizione. tornerà alla seconda seduta e l’analista sarà Laio che lo ucciderà o annullerà, farà sparire il bambino che è in lui. Per quanto ci avrà investito della fantasia di averci mangiato (castrato), sarà certo che sarà mangiato (castrato, figlio di saturno); per quanto ci avrà fatto sparire, sarà certo che sarà eliminato, allontanato, “guarito”. ad ogni fine seduta, e peggio ancora ad ogni sospensione di sedute, sarà presente edipo; ad ogni pagamento o non pagamento di onorario sarà presente saturno. dall’una e dall’altra parte. L’analista proporrà l’interpretazione. Perché nell’interpretazione sta la “umanità non alterata dell’analista”. solo l’interpretazione contrappone una realtà psichica non alterata alle identificazioni proiettive e alle proiezioni del paziente. Perché appunto nell’interpretazione sta la “cura”, cioè il prendersi cura, l’interesse, cioè l’interesse visivo-uditivo che trascina con sé la memoria, il capire, il parlare, lo spiegare, il dare. non farà, l’analista, esame di realtà; perché sarebbe edipo (o Laio, il che è lo stesso). non darà consolazioni, in113

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coraggiamenti, consigli, ordini, non sarà cioè un’autorità perché sarebbe saturno. Cioè non farà la psicoterapia che comprende questi due atteggiamenti. L’esame di realtà. L’analista che fa l’esame di realtà proietta inconsciamente sul paziente il proprio bambino cieco. Cioè il proprio bambino interno che ha fatto fantasie di sparizione e non ha più la possibilità del senso di realtà e dell’esame di realtà; cioè che non ha più capacità di attenzione fluttuante e di attenzione concentrata. Proiettando il proprio bambino interno cieco, l’analista ignora, annulla, fa sparire il bambino del paziente. È Laio che fa sparire, elimina, abbandona edipo, è edipo che elimina lo sconosciuto incontrato per caso. L’analista che consola, ordina, incoraggia, soddisfa la propria oralità-tatto, carezza e bacia e picchia il bambino, realizza la propria identificazione fisica con il padre, identificazione realizzata su base orale e tattile senza interessi visivi-uditivi, e come tale si rivolge agli altri per soddisfare la propria identificazione fisica proiettata sugli altri. È saturno che divora i figli. tendenza a mangiare (carezze e baci) e ad essere mangiato. e consolazioni e incoraggiamenti chiamano poi consolazioni e incoraggiamenti, fino a che si arriverà al morso cioè al rimprovero, alla punizione. fino a che arriverà la fantasia di sparizione diretta contro l’oggetto per annullarlo, per eliminare il “sadico” che fa soffrire. e si resta al buio e al vuoto, si ritorna alla non nascita, nell’utero materno. Perché appunto, dicevamo, l’oggetto esterno, anche se sadico, è una propria identificazione proiettata.

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a livello di oggetto parziale seno Il bambino viene alla luce e inizia il rapporto con il seno. Con la bocca e con il tatto introietta latte, seno, calore e probabilmente l’inconscio della madre. e proietta. Proietta il seno introiettato, più o meno distrutto a seconda della ambivalenza del rapporto. La realtà del seno gratificante e l’amore della madre ricostituiranno l’oggetto distrutto. Il bambino guarda la madre e il seno. Poi chiude gli occhi e il seno sparisce. Il bambino è onnipotente ed è lui che fa sparire il seno chiudendo gli occhi e regredendo alla situazione intrauterina. È sua la possibilità di togliersi dalla realtà, di far sparire il mondo-seno, di tornare allo stadio precedente. Ma ciò cui ritorna non è proprio la situazione precedente perché, soddisfacendo l’oralità e il piacere della bocca, ha ingerito il contenuto, l’immagine del seno e le qualità del seno. È nell’amore-piacere-libido del rapporto, cioè nella libido che realizza il legame oggettuale, che dobbiamo collocare la possibilità della memoria-fantasia e del “ricordo”. Poi si attacca ancora e introietta ancora. dormirà di nuovo. ogni volta sarà più grande, e cioè più valido nelle sue possibilità libidiche e nelle sue possibilità di vedere-ricordare e potrà sempre meno regredire con la fantasticheria di tornare nell’utero materno. I suoi occhi vedranno sempre meglio e di più, le sue orecchie (cute) sentiranno sempre meglio e di più. La madre non sarà soltanto seno che nutre, ma sarà sempre di più la madre che sorride, la madre che parla. Il bambino, attraverso l’amore-piacere della bocca-pelle-olfatto, userà sempre di più gli occhi e le orecchie e introietterà le immagini, le qualità dell’oggetto e sempre meno mangerà il seno o la madre intera. 115

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In altre parole consideriamo che gli occhi vengono neutralizzati nella loro pulsione (istinto di morte) a far sparire l’oggetto, dalla libido che permette la realizzazione di un’immagine interiore dell’oggetto3, della memoria di esso. tale realizzazione permette poi l’esplicazione, nel rapporto con l’oggetto, non di una libido-piacere cieca (diretta a divorare l’oggetto fisico con il vissuto di avere in sé un oggetto “sparito” e cioè nero e inanimato), ma di una libido vedente che cioè tende ad introiettare (anche) l’immagine e le qualità dell’oggetto. Poi si giunge allo svezzamento, al momento in cui il seno sparirà completamente e per sempre. se nel frattempo il bambino ha raggiunto l’integrazione completa occhi (orecchie)-bocca (cute-olfatto), non potrà realizzare la scomparsa del seno come dovuta ad una propria fantasia di sparizione nel senso di annullamento, eliminazione totale dell’oggetto senza immagine interiore di esso. non farà il vuoto interiore, non realizzerà la propria onnipotenza annullante e distruttiva. avrà bloccata la possibilità di isolarsi nella fantasia di far sparire, fare buio, regredire nell’utero materno, realizzare l’onnipotenza di un’indipendenza dal legame interumano mediante l’annullamento del mondo e del se stesso essente e vivente nella dinamica dei rapporti oggettuali. Ma talvolta o spesso così non accade. Il seno che scom3 «(...) tutte le rappresentazioni hanno origine da percezioni e sono ripetizioni di queste. Ma è evidente che una precondizione all’instaurarsi di un esame di realtà è che siano stati perduti gli oggetti che un tempo apportavano una soddisfazione reale». s. fReUd, La negazione cit., pp. 237-238 (standard edition), pp. 199-200 (boringhieri). È da ribadire ancora che, per freud, le rappresentazioni sono introiezioni (“ripetizioni”, cfr. lo sputare). L’ultima parte della frase significa che, per il suo esame di realtà, è necessario che la perdita degli oggetti sia annullamento e negazione di essi affinché sia la ragione che, nella sua onnipotenza astratta, “giudichi” la realtà. [1976]

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pare, allo svezzamento, è la realizzazione di una pulsione di annullamento del bambino, la realizzazione del primo grande vuoto, buio interiore. Il primo nucleo di angoscia, di disinteresse, di cecità, di non capire. Il primo fondamentale conflitto di scissione occhi-bocca, di rottura del triangolo-trinità4, di separazione tra interesse-comprensione (intelligenza) e amore-simpatia. La curiosità sarà poi sempre ambivalente perché il bambino guarderà, ma farà sparire. Ciò che guarda lo farà sparire, lo annullerà alla prima perturbazione interna. La sua affettività sarà sempre alle prese con l’angoscia della bramosia e dell’avidità; le persone amate saranno anche mangiate e defecate. Le cose viste e ascoltate saranno più o meno anche annullate, fatte sparire. Le cose amate saranno anche succhiate e morse. Le soddisfazioni introiettive andranno sempre soggette a parziale (più o meno grande) negazione. Ciò perché la bocca (pelle-olfatto) senza occhi-orecchie, implica sempre una introiezione di cosa fisica. La cosa amata e presa in sé implica il danneggiamento della cosa stessa. Ciò perché, mettendo un oggetto in sé fisicamente, esso sparisce. L’oggetto interno che ne deriva è più o meno grandemente aggressivo perché sparito (anche se dentro di sé), diventato nero. acquisisce cioè la caratteristica “aggressiva” della sparizione (istinto di morte), dell’annullamento, del non essere più. della morte. Cosa morta dentro. Ciò che di libido è diretta verso l’oggetto, a stabilire un rapporto, un contatto con l’oggetto, si unisce alla “sparizione” (aggressività-istinto di morte), annullamento dell’oggetto stesso. L’oggetto interno diventa ambivalente, un misto di libido e di aggressività. amore e odio stanno fusi nell’og4

Riprenderemo successivamente questi concetti.

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getto amato, desiderato e con ciò annullato e fatto sparire (dentro di sé). La pulsione è ora ambivalente, contemporaneamente diretta a contenere e ad espellere l’oggetto. Contemporaneamente intrisa di desiderio e repulsione, tendenza ad avvicinare e ad allontanare l’oggetto. amare, desiderare l’oggetto è insieme alla pulsione di far sparire, annullare l’oggetto stesso. La libido, quando non è completamente cieca, permette l’introiezione dell’immagine dell’oggetto (l’uso degli occhi permette non solo di “mangiare” ma guardare-mangiare), la quale, anche se sparita dentro di sé, ha la possibilità, perché integrata alla libido, di non essere completamente nera (sparita, annullata) e anche di essere proiettata, cioè ricreata all’esterno. La componente “aggressiva” connessa al mettere dentro di sé è legata più al mangiare che alla possibilità di vedere. Cioè sarà tanto meno aggressiva quanto più la libido sarà integrata agli occhi nel senso di introiettare con gli occhi l’immagine dell’oggetto e non di mangiare con gli occhi l’oggetto fisico stesso. L’oggetto interno cattivo è pertanto l’oggetto mangiato ciecamente che andrà poi defecato, cioè proiettato all’esterno. L’oggetto esterno, conseguentemente, sarà persecutorio (feci persecutorie), e rivolgerà verso la persona le stesse pulsioni e fantasticherie con le quali è stato introiettato. La dinamica interumana ha quindi, vista questa base, uno svolgimento sadomasochistico che spesso termina nell’annullamento, cioè nella fantasia di sparizione totale e con ciò nell’annullamento dell’oggetto esterno, nell’annullamento della propria identificazione più o meno fondamentale, nella realizzazione di regressione nell’utero materno, nel non essere, nell’ipocrisia, nell’esibizionismo.

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Una paziente venne da me in piena crisi psicotica. Mangiava in modo esagerato con conseguente ingrassamento che le rovinava il fisico. Praticava una sessualità frequente, senza remore di nessun genere, avendo rapporti sessuali al primo incontro fino a giungere a chiedere passaggi in auto, anche senza averne bisogno, proprio allo scopo di poter avere un rapporto sessuale anche fugace. Mi fece presto comprendere che era in continua lotta contro terribili crisi depressive che in parte riusciva a calmare mangiando e avendo rapporti sessuali. Un lungo lavoro interpretativo sul suo uso della fantasia di sparizione contro l’analista specialmente ogni volta che saltava le sedute di analisi (cosa che, all’inizio, accadeva spesso) la condusse alla realizzazione dei suoi attacchi visivi annullanti la persona dell’analista. Un sogno in cui c’era un robot che disintegrava, rendendo non esistenti, “come se non fossero mai esistiti” i nemici, con raggi che provenivano dagli occhi, costituì una base di lavoro proficuo. Contemporaneamente, l’interpretazione delle sue pulsioni sessuali verso l’analista le permise anche di accettare e contenere la sua sessualità. attualmente ha stabilito un rapporto costante con un ragazzo, contemporaneamente ad un’accettazione del transfert sessuale-affettivo verso l’analista. L’elaborazione attuale comprende appunto la dinamica: rapporto con l’analista oggetto sadico – frustrazione della sua affettività – pulsione di annullamento contro l’oggetto sadico frustrante – depressione-angoscia di vuoto e anaffettività – tendenza a ritrovare la propria situazione libidica mangiando e avendo rapporti sessuali. L’oggetto (ragazzoanalista) al quale la sua libido è legata è ancora intriso di “aggressività” ed è sufficiente che il ragazzo non si faccia vedere per un giorno (e corrispondentemente che l’analista 119

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faccia un giorno festivo) perché ella si senta aggredita, colpita dal disinteresse dell’altro nelle sue possibilità affettivo-sessuali, perché reagisca con una sua pulsione di annullamento contro l’oggetto e realizzi il vuoto e l’angoscia di anaffettività. Per poi, di nuovo, ricercare le sue possibilità affettivo-sessuali mangiando e avendo rapporti sessuali, cioè stimolazioni fisiche dirette5.

L’ambivalenza Prima di continuare il nostro discorso, che ha l’intento di arrivare alla esplicitazione delle tre dinamiche inconsce6 con cui un soggetto si mette in rapporto con l’oggetto, ritengo utile una riflessione sul concetto di ambivalenza. Il bambino ha un rapporto orale ambivalente con il seno. noi consideriamo che il bambino si attacca alla mammella utilizzando le possibilità libidiche che ha in sé. desidera l’oggetto, desidera avvicinarsi all’oggetto, desidera realizzare un contatto di piacere-libido. soddisfa questo piacerelibido e mette dentro di sé il seno, l’immagine del seno, e le qualità del seno. 5

Vedi il mito di androgino, p. 94 e ss. Questo intento si realizzerà nei due volumi successivi. Le tre dinamiche fondamentali di rapporto sono: 1. Rapporto di anaffettività-annullamento contro l’altro, altro che è anche l’identificazione proiettiva. 2. Rapporto di castrazione, ovvero di negazione-introiezione, invidia-bramosia, odio-rabbia. 3. Rapporto di investimento sessuale fluttuante (intuito-incertezza) e di desiderio. dinamiche che, trasformate, dovrebbero giungere alla quarta, ovvero al rapporto di investimento sessuale e di certezza. 6

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dobbiamo considerare due vissuti. La realizzazione della dinamica contatto-succhiamento e la realizzazione della dinamica fantastica di mettere dentro di sé l’oggetto fisico seno. In questo secondo vissuto l’ambivalenza può essere concepita come conflitto tra desiderio-amore per l’oggetto e distruzione-sparizione dell’oggetto dentro di sé. Poi il bambino defeca questo oggetto e lo mette nel seno. nel primo caso l’energia (libido) di contatto-succhiamento del seno porta ad un “uso” dell’oggetto con il suo svuotamento ed avvizzimento. Il bambino ha ottenuto la soddisfazione del suo piacere-libido “a spese” dell’oggetto. nel caso della fantasticheria di introiezione dell’oggetto fisico-seno, l’ambivalenza è legata al desiderare l’oggetto e al realizzare che questo desiderio-amore ha fatto sparire l’oggetto. In altre parole, in questo caso, la libido-desiderio legata ad un’attività di fantasia7 va incontro, nel rapporto con l’oggetto, all’ambivalenza di amore per l’oggetto e di distruzione dell’oggetto stesso. si può pensare che la realizzazione della sparizione-distruzione dell’oggetto sarà tanto maggiore quanto più intenso sarà il vissuto della propria fantasia di sparizione come istinto di morte, annullamento dell’oggetto e del rapporto con esso. 7 Qui si vuole iniziare il discorso, esplicitato nei volumi successivi, della differenza tra la fantasticheria di introiezione legata alla bramosia (libido cieca) e la dinamica reale di rapporto interumano di soddisfazione del desiderio di sostanza interna (latte-investimento sessuale dell’altro). Lascio intatti due errori della prima edizione (l’introiezione del seno non è desiderio ma rabbia-bramosia e non è fantasia ma fantasticheria masturbatoria) per evidenziare la ricerca e come la ricerca implichi la lotta e il rifiuto delle profonde menti dei “maestri” di psicoanalisi come freud e Lacan che sono convinti che l’oggetto del desiderio non esiste. Perfetta “logica” schizofrenica: il desiderio sarebbe annullamento dell’altro; l’oggetto del “desiderio”, una volta che sia stato fatto sparire, non esiste per il desiderio. Molto carino! [1976]

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se invece il bambino ha alte possibilità libidiche8, egli avrà la possibilità di guardare e vedere l’oggetto e l’oggetto diventerà memoria-immagine. In altre parole, invece di un oggetto nero (l’oggetto introiettato), il bambino avrà una immagine interiore, analogamente a quanto accade alla nascita allorché la fantasia di sparizione trasforma in immagine, in traccia mnesica, la realtà sessuale dello stadio precedente. La sua realizzazione di aggressività-distruttività è connessa alla fantasia di sparizione come istinto di morte. Così l’ambivalenza, nell’ambito del rapporto fantastico con l’oggetto è legata alla fantasia di sparizione come istinto di morte. Il superamento di essa sta nella trasformazione, in immagine interiore dell’oggetto, della fantasia di sparizione contro l’oggetto. È da considerare, in questo lavoro di concettualizzazione dell’ambivalenza, un problema di fusione e defusione degli istinti e forse anche un problema quantitativo. facendo capo alla fantasia di sparizione alla nascita, consideriamo che l’istinto di morte-fantasia di sparizione contro la nuova situazione del sé nato, sarà tanto più intenso e 8 Questa dizione si presta a fondamentali proposizioni sulla scienza. Il bambino ha sempre alte possibilità libidiche in quanto tutti i bambini hanno rapporto con il liquido amniotico. È il rapporto interumano successivo alla nascita che crea le differenze. e, anche allorché si voglia considerare che si possono fare realizzazioni diversamente ricche con il liquido amniotico (ad esempio un parto prematuro) e quindi si può nascere con un Io diversamente sviluppato, il rapporto interumano successivo alla nascita può ristabilire l’uguaglianza nel momento in cui la madre, in particolare, soddisfi il desiderio del bambino. ovvero allorché il rapporto al seno determini altre e ripetute nascite nelle separazioni della fine poppata che realizzino l’immagine-ricordo del seno-madre. Viceversa, anche allorché un neonato abbia fatto, alla nascita, una buona realizzazione di inconscio mare calmo, il rapporto interumano successivo può castrarlo nel momento in cui la madre deluda il desiderio. ovvero “scientificamente” il dato obiettivo può essere relativamente importante di fronte alla dinamica trasformativa del rapporto interumano. [1976]. Cfr. pp. 191, 237, 245.

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distruttivo quanto meno realizzazione libidica si sarà avuta nella vita intrauterina nel rapporto libidico di “vedere”-percepire le qualità del liquido amniotico. Cioè sarà la stessa realizzazione di un sé libidico valido a permettere la fusione dell’istinto di morte alla libido per trasformare la fantasia di sparizione in traccia mnesica e ritrovamento del sé libidico in se stesso. Quando poi il bambino ha il rapporto di contatto diretto col seno e l’introietta, l’intensità del vissuto di “sparizione” di esso dentro di sé è in stretta relazione con la realizzazione precedente di fantasia di sparizione nel senso di fare buio, nero, non essere. se tale fantasia di sparizione sarà stata molto istinto di morte, anche il seno introiettato sarà “sparito”, reso inesistente, buio, nero, e sarà oggetto cattivo. se invece la fantasia di sparizione alla nascita ha portato alla realizzazione di un’immagine interiore, ugualmente il seno con cui si è avuto rapporto si trasforma in immagine, traccia mnesica della situazione precedente, come realizzazione interiore psichica9. Il vissuto di vuoto, buio interno, o oggetto cattivo, nero, da espellere, sarà meno intenso. Il bambino, soddisfatto nella sua libido-piacere durante la poppata, abbandona il seno (fantasia di sparizione verso una propria situazione di rapporto oggettuale) per realizzare delle immagini interiori e per svilupparsi psichicamente. Invece il bambino deluso dal seno, lo abbandona con una fantasia di sparizione contro il seno diretta a renderlo non esistente e realizza il vuoto, il buio10.

9 Cfr. pp. 67-71 il concetto di fusione del seno introiettato con la traccia mnesica del sé libidico. 10 Cfr. p. 16 e ss. i concetti di frustrazione-interesse e frustrazione-aggressività.

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nel caso del vissuto di sfruttare, svuotare l’oggetto, l’ambivalenza è legata alla realizzazione di un proprio arricchimento e rafforzamento con impoverimento e indebolimento dell’oggetto. non si introietta l’oggetto ma si prendono le energie, la vitalità, le qualità (libido) dell’oggetto stesso. È un vissuto insito nel rapporto libidico (infantile) stesso. stare bene, raggiungere il benessere nel contatto-rapporto con l’oggetto. La soddisfazione della propria libido-piacere viene vissuta come legata ad un prendere energie dell’oggetto. Il bambino che si riempie lo stomaco di latte e calore raggiunge il benessere avendo “preso” latte e calore. Questa dinamica di rapporto oggettuale di soddisfazione della libido avida11 diretta a prendere le qualità dell’oggetto, cioè, come abbiamo detto, a svuotare l’oggetto della sua sostanza vitale, sembrerebbe a prima vista meno angosciante della dinamica di far sparire l’oggetto fisico dentro di sé. si potrebbe cioè pensare che la sparizione completa dell’oggetto implichi un vissuto più distruttivo dello svuotamento. Credo che sia una visione superficialmente logica del problema. se infatti approfondiamo la riflessione possiamo evidenziare una dinamica più nascosta e più angosciante. Le qualità dell’oggetto sono qualità interiori dell’oggetto stesso (come il latte e lo sperma). non si vedono pertanto con una visione fisica, ma si possono soltanto intuire con una visione intuitiva. Il soggetto che intuisce le qualità dell’altro esplica un vedere psichico, cioè una ricchezza psichica, una possibilità libidica di poter amare e capire l’altro; ma se le desidera con avidità, tende a togliere all’altro la vi11 nel contesto del libro il termine avidità sta per il desiderio della sostanza dell’oggetto mentre il termine bramosia sta per l’introiezione dell’oggetto fisico. Cfr. nota 21, p. 244.

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talità interiore. La succhia e la mette dentro di sé e con ciò la fa sparire dentro di sé. L’aggressività implicita nella avidità va a danneggiare il meglio dell’oggetto e contemporaneamente danneggia il meglio di se stessi cioè la possibilità di amare e vedere intuitivamente l’altro. Ciò che prima era presente nell’altro, e che il soggetto intuiva, scompare e scompare pertanto la possibilità del soggetto di vedere, cioè la possibilità di investire l’oggetto di libido. La buccia vuota di un’arancia è più angosciante dell’assenza materiale dell’arancia stessa. Possiamo infatti supporre che nella fantasticheria di mettere l’oggetto fisico dentro di sé si realizzi, in apparenza paradossalmente, una minore distruzione dell’oggetto in quanto anche le qualità interiori dell’oggetto restano dentro conservate. Ingoiare un’arancia intera senza alterarla può far pensare ad una minor distruzione di essa. Molte persone infatti prendono molte cose ma non sanno utilizzarle, come anche molte persone si circondano di molti amici senza utilizzarli. Il superamento di questa dinamica angosciosa di rapporto con l’oggetto va ricercato nelle possibilità di restituire all’oggetto ricchezza e calore. Ricostituire, ri-conoscere nell’altro ricchezza, calore e bontà. Questo può essere possibile soltanto nell’ambito della maturazione della libido avida in libido genitale che investe l’oggetto. Ricevere (ascoltare) i pensieri, l’umanità altrui per poi investire l’oggetto della propria libido genitale, per poi conoscere l’oggetto, il che è anche un ri-conoscere questa ricchezza nell’oggetto, un trovarcela12. 12 Vedi s. fReUd, La negazione cit., p. 237 (standard edition), pp. 199-200 (boringhieri): «Perciò il fine primo e immediato dell’esame di realtà è non già di trovare nell’atto specifico della percezione un oggetto che corrisponda a

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stiamo parlando, in sintesi, del problema dell’evoluzione della libido avida che si lega all’oggetto per prendere, della libido recettiva che si lega all’oggetto per ricevere, accogliere semplicemente ciò che viene dato e della libido genitale che investe l’oggetto per “dare”. Mi sono trovato, con alcuni pazienti, a dover risolvere questo problema. avevo esplicato un lungo lavoro di interpretazione nei riguardi della realizzazione fantastica di aver mangiato l’analista o il pene dell’analista e nei riguardi delle conseguenti identificazioni introiettive e poi proiettive nel rimettere nell’analista il pene reso feci. dovevo aspettarmi un miglioramento e invece mi trovavo di fronte a blocchi dei pazienti che non passavano a fare realizzazioni personali di elaborazioni e scoperte. scoprii poi che accadeva appunto questo. Il paziente, realizzate maggiori possibilità libidiche, era portato ad assorbire, fare propri i pensieri e le interpretazioni dell’analista. Viveva un’angoscia di sfruttare, svuotare, depauperare l’analista delle sue energie migliori per farsi forte, per sviluppare una propria attività di pensiero. sogni di analista vecchio (pelle avvizzita), fantasie di rubare la corrente elettrica, l’analista fantasticato “stanco” e particolarmente una paziente che provava molto piacere nel divertirsi a succhiare lunghi spaghetti facendoseli scivolare in bocca per ingoiarli quando aveva la bocca piena di un “gomitolo”, la scoperta che si trattava di una fantasia quello rappresentato ma di ritrovare tale oggetto per convincere se stessi che esso è ancora là». [Caratteristica e tipica la dizione freudiana. Rincorrere la realtà per convincersi (sic!) che esiste. Per noi è sufficiente non annullare la realtà cioè scoprire la fantasia di sparizione e l’inconscio mare calmo per essere certi della sua esistenza. Per di più l’inconscio mare calmo e l’investimento sessuale sono l’unico fondamento che permetta di uscire dalla trappola del desiderio cieco che avvizzisce (uccide) e che rende la bramosia e la scissione l’unico destino umano possibile. (1976)].

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di fellatio, con il piacere di riempirsi la bocca di sperma, ed altri dati, mi hanno permesso di collegare con il problema di ambivalenza, che ora cercherò di descrivere, il significato dei blocchi dei pazienti. desiderio-libido-danneggiamento nel senso di svuotamento dell’oggetto. Il paziente, come il bambino con il latte, assorbiva, faceva proprie le energie, le possibilità di uno sviluppo di pensiero, e più tale realizzazione era quella cui tendeva l’analista, quella appunto di sviluppare possibilità di pensiero autonomo del paziente, più il paziente si angosciava e si bloccava. Le interpretazioni e la “cura” dell’analista diventavano possibilità del paziente e l’origine veniva “dimenticata”. Una paziente: PazIente:

di cosa abbiamo parlato l’altra volta?

anaLIsta: (silenzio). PazIente: ecco, vede come mi succede (la voce diventa flebile), se non mi ricordo mi viene l’angoscia. Lei non mi aiuta, non mi dice quello di cui abbiamo parlato. È sempre così. Mi viene in mente una cosa e, se non mi ricordo dove l’ho vista e sentita, mi viene l’angoscia. anaLIsta: Lei cioè ha sempre bisogno di concretizzare le cose viste e udite. Rendere concrete le percezioni. PazIente: almeno sapere le conclusioni della seduta. altrimenti è come se non ci fossi stata. anaLIsta: Il suo non ricordare corrisponde cioè ad un vissuto di annullamento, di aver reso non esistente il rapporto con l’analista. PazIente: Mi viene l’angoscia perché mi sembra di averlo sempre saputo. Mi devo ricordare dove e quando l’ho sentito. anaLIsta: Vale a dire che se lei non riesce a concretizzare, nel ricordo, il rapporto con qualcuno, vive una situazione

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di onniscienza, di sapere, a priori da un rapporto interumano o con la realtà. tutto è presaputo indipendentemente da un rapporto con la realtà. PazIente: È così; mi sembra di essere pazza. anaLIsta: La pazzia come sapere senza rapporto interumano. Il suo essere sarebbe senza che ci siano stati rapporti umani, una sua relazione con gli altri. Una creazione dal nulla. senza genitori. PazIente: Ho pensato tante volte di non essere figlia dei miei genitori. anaLIsta: Ciò le accade perché lei dimentica quello che ha sentito da me. Lo sente come pensiero suo. Lei fa sue le mie parole e i miei concetti. PazIente: (protesta angosciata) Quando questo è, me lo ricordo! Le altre cose non le sento. anaLIsta: Lei sente tutto. È quando percepisce con maggior interesse, con un interesse più vissuto, che non riesce a ricordare. Riesce a ricordare quando non sente con piacere. PazIente: non riesco a capirla (è visibilmente angosciata). anaLIsta: Quando lei mi sente con interesse, è come se, ascoltando, prendesse da me. Mi svuotasse di sostanza vitale per riempirsi lei. È un vissuto sessuale, come a svuotarmi dello sperma. PazIente: (ridacchia) Il mio fidanzato dice che mi “incanto” quando lo masturbo e viene fuori “quella cosa”. anaLIsta: Lei si “incanta” perché è come spaventata, paralizzata, da questo suo potere di tirar fuori lo sperma. Ma è anche angosciata perché poi teme di averlo svuotato. PazIente: Il mio fidanzato è sempre nervoso, dopo. Litighiamo sempre. anaLIsta: tutto questo le accade anche in analisi. Lei, ascoltando, è come se tirasse fuori il meglio dell’analista, 128

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per farlo suo. Ricordando è come se mi restituisse qualcosa, è come se potesse riparare il vuoto fatto. PazIente: Io penso che lei è contento se mi ricordo quello che mi dice. anaLIsta: Questa sua fantasia corrisponde appunto al pensiero di restituire quello che ha preso. (La paziente non è più angosciata, anzi sorride mentre parla). ora lei non è più angosciata. PazIente: È vero (come sorpresa); prima mi sentivo molto male, pensavo di scappare. anaLIsta: È perché, con l’interpretazione, lei ha trovato e accettato il suo desiderio sessuale, che prima, nascosto, le sembrava danneggiasse me. La sua angoscia di non ricordare corrispondeva ad una realizzazione di usare la sua libido e contemporaneamente annullarla perché distruttiva. allora le rimaneva il vuoto. non accettava di aver preso da me, prendeva furtivamente, come a rubare, e con ciò negava le sue possibilità affettive e sessuali. Il suo sapere era scisso dal rapporto umano e con ciò onniscienza, pazzia13.

L’abbandono del desiderio e l’angoscia dell’anaffettività nel lavoro analitico con una paziente mi sono trovato a scontrarmi con un dubbio. La paziente aveva risolto il problema di mangiare l’analista e realizzare una mascolinità 13 ai due concetti di ambivalenza descritti (introiezione dell’oggetto e sparizione dell’oggetto dentro di sé; introiezione della sostanza dell’oggetto e depauperamento dell’oggetto) aggiungeremo, nel capitolo sull’invidia (pp. 183186), un terzo concetto: intuizione e negazione delle qualità dell’oggetto.

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fisica (fecale). esprimeva chiaramente che aveva realizzato che il mangiare il pene dell’analista era una realizzazione fantastica interiore. aveva realizzato di avere in sé l’“immagine” del pene dell’analista che avrebbe potuto trasformare in una situazione vitale. sogno: «Una donna incinta era tranquilla nella sua casa».

Le associazioni dicono che la paziente ha realizzato che ciò che è dentro la pancia non è un oggetto fisico (fecale), non è pene fisico mangiato. È una fantasticheria quella di aver preso la virilità al marito. «ed effettivamente, commenta la paziente, la donna, con la gravidanza, si realizza potente e produttiva. se uno capisce che è solo una realizzazione psichica, può essere tranquillo». non aveva nessuna voglia di procedere in analisi. «Ho capito che ciò che ho preso da lei è una realizzazione di potenza e di possibilità di trasformare questa potenza in qualcosa di vitale e vivo. Potrebbe bastarmi». La situazione mi riempiva di dubbi. La paziente si sentiva realizzata con possibilità e potenza. avrebbe potuto essere una analisi soddisfacente. Intuivo che ci doveva essere ancora un problema. Lo spunto venne quando mi accorsi della “sapienza” della paziente. Ricordava molto bene i concetti e le “verità” delle dinamiche psichiche, anche quelle sue personali. Troppo bene. sapeva troppo. era troppo gratificante. aveva “imparato” bene ed era “grata” all’analista della sapienza che aveva acquisito. se ricorda, pensai, tale e quale “a memoria” ciò che ha sentito, ne lascia però sempre la proprietà all’analista. se dimentica e sviluppa un suo pensiero personale, ruba le idee dell’analista. Le fa sparire dentro di sé. allora preferisce ricordare, cioè preferisce poter restituire all’oggetto le cose (idee) prese. Ciò potrebbe rientrare nel 130

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problema di ridare, cioè rimettere nell’oggetto le cose prese, cioè nel concetto della proiezione. Cosa l’angoscia? Perché preferisce tenere in sé le immagini e i ricordi che può sempre restituire? L’angoscia deve essere legata alla realizzazione di un pensiero personale. In questo caso la realizzazione era di prendere qualche altra cosa che non l’immagine. deve essere legata a prendere la sostanza dell’oggetto, le energie di esso. La sostanza vitale che le permetterebbe di essere lei stessa vitale. L’angoscia cioè è legata all’assimilazione delle possibilità psichiche dell’analista e non tanto alle idee. si angoscia se assorbe le energie, cioè la libido, cioè la possibilità di intuire e collegare. allora sono tre i vissuti da considerare: 1. Introiezione dell’oggetto fisico. 2. Introiezione dell’immagine dell’oggetto. 3. Introiezione della sostanza vitale, della libido dell’oggetto. Corrispondentemente: 1. Libido che mangia l’oggetto fisico. 2. Libido che introietta le immagini con gli occhi. 3. Libido che utilizza l’oggetto (sfrutta l’oggetto), che assorbe la libido dell’oggetto. Ripensiamo quindi alle dinamiche di passaggio nell’ambito di una evoluzione psichica: 1. distacco dall’oggetto fisico: fantasia di sparizione – introiezione fantastica di esso – proiezione – conservazione del rapporto con l’oggetto. 2. distacco dall’immagine dell’oggetto: fantasia di spa131

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rizione – realizzazione di perdere il rapporto con l’oggetto, ovvero annullamento dell’oggetto. È in questo secondo punto che l’angoscia di sparizione, di annullamento dell’oggetto è maggiore. nel primo caso qualcosa dell’oggetto rimane in sé: la immagine di esso, il legame sadomasochistico e la dinamica di relazione oggettuale sulla base dell’introiezione-proiezione. nel secondo passaggio non rimane nulla del rapporto con l’oggetto: si ha solo un pensiero personale autonomo e indipendente che, invece di derivare dalla separazione e dalla elaborazione del rapporto con l’oggetto (inconscio mare calmo), deriva dall’annullamento di esso rapporto. Come tale, invece di essere pensiero autonomo fuso a libido genitale diretta a investire l’oggetto, è perdita del pensiero, vuoto mentale assoluto14. La realizzazione di un rapporto libidico, invece, nel quale non ci sia scissione, è di trasformare la libido altrui in propria. Cioè far sparire in sé la libido altrui e sviluppare la propria. Qualsiasi residuo di istinto di morte connesso alla fantasia di sparizione porta a vivere un annullamento, una distruzione sia delle possibilità libidiche dell’analista sia 14 si propone qui la dinamica della scissione ad un livello diverso da quello della negazione-identificazione nei riguardi dell’altro. Il primo livello è negazione-identificazione dell’altro per cui alla negazione della totalità dell’altro si connette la introiezione-proiezione (identificazione proiettiva) dell’oggetto fisico come oggetto parziale. Questo secondo livello di scissione riguarda le manifestazioni dell’altro (immagine) come il comportamento e la parola. Viene negato il contenuto di esse manifestazioni-immagini e vengono introiettate come oggetti-cose e poi ripetute, cioè restituite-proiettate. Le espressioni dell’altro vengono cioè appiattite, rese tutte uguali, non vengono capite nel loro contenuto-significato ma apprese. Una volta restituite-proiettate l’annullamento di esse ripete la dinamica della fantasia di sparizione contro l’identificazione proiettata e realizzazione del nulla. Cfr. La marionetta e il burattino cit., cap. VI e Teoria della nascita cit., p. 259, il paragrafo intitolato La masturbazione mentale.

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delle proprie (la propria libido recettiva-avida), cioè un’angoscia di distruttività verso la vita e la vitalità. Perdere il desiderio è appunto l’angoscia maggiore. se consideriamo il triangolo occhi-bocca, possiamo trovare una possibilità di chiarimento. Realizzata l’unificazione occhi-bocca, l’interesse è diretto verso tutto l’oggetto. Gli occhi traggono la loro energia dalla libido della bocca. Con ciò, anche se non parliamo di bramosia (concetto legato alla libido cieca della bocca) dobbiamo pensare che abbiano una componente di prendere, nel senso di togliere qualcosa all’oggetto. Gli occhi cioè sono curiosi, guardano e vedono, ma in questo guardare e vedere c’è una dinamica di prendere attivamente l’immagine dell’oggetto. Questa dinamica di rapporto con l’immagine dell’oggetto, essendo la libido captativa e tendente a mettere dentro di sé, implica un’angoscia di alterazione dell’immagine dell’oggetto. e, come nel caso della bramosia e del mangiamento dell’oggetto in stato di cecità c’era un restituire l’oggetto fecalizzato mettendolo fuori di sé (identificazione proiettiva), così in questo caso c’è una restituzione. L’immagine interiore dell’oggetto può essere proiettata, messa fuori di nuovo. Ma, se si passa ad una ulteriore evoluzione, le dinamiche comprendono: sparizione dell’immagine dell’oggetto; passaggio da una libido orale captativa ad una libido semplicemente recettiva (accogliere quello che viene dato) e poi diretta ad investire l’oggetto15. In questo passaggio l’angoscia di anaffettività, la realizzazione della fantasia di sparizione come istinto di morte che distrugge le possibilità libidiche, è maggiore. Perché è 15 Cioè semplicemente vedere ciò che capita sotto gli occhi e semplicemente ascoltare ciò che viene detto. non essere più “curiosi” ma semplicemente recettivi. non “prendere” (domandare), ma ricevere quello che l’altro dà.

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come se la libido non fosse più attiva, cioè vitale. L’abbandonare la libido della bocca perché diventi libido delle orecchie (e della cute) che non hanno possibilità di “prendere”, si avvicina più di tutti al vissuto di anaffettività o, quanto meno, di passività. allora i pazienti, quando si arriva ad affrontare questo passaggio, si angosciano ed accentuano la libido della bocca. L’ascoltare, il fare proprio il pensiero altrui diventa un succhiare le parole e i concetti e la libido dell’analista. se stanno in silenzio, non riescono a realizzare “un sereno aspettare”, ma ricorrono a fantasticherie di libido orale, di succhiare il pene e lo sperma (latte). ne vengono angosce di sfruttamento, depauperamento, avvizzimento dell’oggetto. I sogni in cui compare la neve corrispondono a questa problematica. Il paziente si rende anaffettivo, cioè fa la fantasia di sparizione-istinto di morte contro la libido della comunicazione dell’analista e contro la propria diretta ad assorbire, intendere (succhiare) la comunicazione stessa. Il latte-sperma caldo diventa neve. Ciò per non assorbire, succhiare e far sparire in sé la linfa vitale, la vitalità, la libido dell’analista. Cioè si legano insieme il problema fantasia di sparizione-istinto di morte e la trasformazione della libido da “attiva” cioè avida, in recettiva, e questo legame fa vivere la recettività serena come anaffettività. si conserva allora la libido della bocca; questa è però succhiante e sfrutta, danneggia, svuota l’oggetto; allora si paralizza la comunicazione dell’altro (il latte-sperma), negando il contenuto di essa. Il problema, anche in questo caso, sta nel passaggio dall’introiezione delle immagini alla introiezione delle qualità dell’oggetto e nella trasformazione della libido da avida a recettiva.

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La difficoltà di rendere indipendente il paziente per l’angoscia dell’anaffettività nella realizzazione del simbolo verbale è implicita una dinamica di libido che conduce ad un rapporto con l’oggetto sulla base di recettività e investimento. si evidenzia un concetto di autonomia e non dipendenza dall’oggetto, una evoluzione da una libido avida, orale, legata a una fissazione del vissuto di sé come oggetto parziale, ad una libido semplicemente recettiva, integrata a tutto il corpo e all’essere nel mondo come oggetto totale. e, fatto ancora più interessante, si rileva la scomparsa del concetto di desiderio. Quattro sogni di una paziente che ha elaborato il concetto di fantasia di sparizione, le dinamiche occhi-bocca, introiezione dell’oggetto fisico e relativa identificazione proiettiva, introiezione di immagini e relativa proiezione. Primo sogno: «Camminavo per una strada in salita. C’era la neve. temevo di non riuscire a salire con la mia macchina. Ma poi pensavo che le ruote avrebbero fatto presa sulla neve. non avevo la merenda, un panino, ma non torno a prenderlo. domando a dei ragazzi che erano lì e mi dicono che tutta la strada è così, coperta di neve».

Interpreto: La stRada In saLIta:

è il cammino che lei sta facendo in

analisi. La neVe:

è latte e sperma freddo. È freddo senza affettività proprio perché lei “è in macchina”, cioè perché con135

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serva una realizzazione interiore di fantasia di sparizione, di chiusura in sé, chiusura nell’utero materno. non è proprio buio, ma è un assetto interiore di non completa apertura verso gli altri, un assetto di riserva mentale. Le RUote fanno PResa sULLa neVe: lei può utilizzare le mie parole latte-sperma, perché ha in sé una affettività, quella non compromessa dalla fantasia di sparizione che, come annullamento, non è totale, che le permette di ascoltareassorbire le mie parole. La libido orale sta passando all’ascoltare, recepire le parole, ma ha ancora una caratteristica di oralità, di prendere, di succhiare. non è ancora passata completamente alle orecchie, all’ascoltare nel senso di recepire senza “prendere”. Ciò perché lei “è ancora in macchina”. Le due situazioni si legano l’una all’altra. Il residuo di fantasia di sparizione in senso distruttivo, di annullare, anche se minimo, nel senso che non la porta al buio, si lega ad una realizzazione di libido orale; questa, a sua volta, per la sua caratteristica di prendere, succhiare, svuotare, avvizzire, stancare l’analista, la porta a racchiudersi parzialmente, a non realizzare una completa disponibilità verso gli altri. IL PanIno: lei ha infatti abbandonato la libido orale a introiettare, mangiare l’oggetto fisico; è passata ad assorbire la “sostanza” dell’oggetto (latte, sperma), ma ancora non ha realizzato la “recezione del pensiero altrui”. non ascolta solo con le orecchie ma anche con la bocca. doManda a deI RaGazzI: è la sua relazione del rapporto con gli altri-fratelli cui chiede il pensiero, il loro “sapere”. Come vede, anche qui c’è un suo “chiedere”, desiderare, tirar fuori dall’oggetto. non c’è la situazione in cui gli altri le parlano e lei ascolta. La stRada È tUtta Così: è il suo pensiero nei miei riguardi. Lei pensa che tutto il lavoro dell’analista, lei lo utilizzerà 136

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così. Vale a dire che in tutto il lavoro di analisi lei utilizzerà la libido orale più o meno intensamente e con ciò avrà un residuo di “riserva”, di esibizionismo. Infatti, quando non ci sarà più nessun residuo, lei sarà libera, con tutta la sua disponibilità di pensiero e non ci sarà più “psicoanalisi” con lo “psicoanalista”. La volta successiva porta il secondo sogno: «battevo a macchina alcuni scritti di mio padre. Ma rimanevo senza fogli. Li cerco. Mio padre mi dà molti fogli bianchi».

Interpreto: batteVa a MaCCHIna: lei riferisce ad altri ciò che apprende da me, ma “meccanicamente” anche se in modo ordinato e pulito. Ciò che apprende da me non riesce a farlo suo. ne migliora la forma e l’aspetto. È capace di ripetere questi concetti di analisi meglio di me, ma la sua ripetizione è meccanica. È lo stesso problema dell’altra volta. non riesce ad assorbire, fare di ciò che sente un suo pensiero personale. non riesce a “dimenticare” ciò che sente da me ed avere un suo pensiero personale da questa assimilazione-dimenticanza. Per lei “dimenticare” ha ancora l’aspetto di far sparire nel senso di annullare, perdere per sempre ciò che ha sentito. allora non lo assimila, non lo rende suo. È come se conservasse l’immagine delle mie parole in sé, il ricordo mnemonico cioè. Perdere il ricordo vuol dire ancora vuoto mentale. fa difficoltà a trasformare il ricordo in pensiero personale. Il motivo sta nella sua realizzazione libidica nel rapporto con me, nella quale realizzazione lei conserva una soddisfazione sessuale di piacere genitale e orale. allora esercita sulle mie parole-sperma una fantasia di sparizione

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nel senso, potremmo dire, di paralizzarle così come sono. La cosa fisica (latte, sperma) messa dentro di sé sparisce veramente, realmente. diventano rappresentazioni interne che lei restituisce alla carta con la sola elaborazione di averle “ordinate”, “ripulite” dal nero e dal disordine che acquistano se lei le succhia invece di “ascoltarle”. sUo PadRe Le dà I foGLI bIanCHI: lei sente che io le do la possibilità di comunicare agli altri. Le do la possibilità di intuire in se stessa e negli altri la capacità di ricevere-recepire il pensiero. Lei intuirà, troverà il “buono” negli altri, tanto quanto riuscirà a realizzare la sua recettività di ascoltare senza avidità e quindi senza riserve. Cioè quando non succhierà più le mie parole. allora anche gli altri non saranno “succhiatori”, non bocche che succhiano e svuotano, ma “fogli bianchi” che ricevono soltanto senza prendere, come le orecchie che ascoltano. Infatti, poi, io sono ancora suo padre, e questo significa che lei proietta in me una immagine introiettata guardando-vedendo e cioè soddisfacendo la libido orale per quanto ben integrata agli occhi. L’introiezione dell’immagine implica sempre una proiezione di essa. L’ascoltare e anche il leggere, senza succhiare, porta invece ad una assimilazione senza proiezione. La volta successiva racconta un terzo sogno: «C’era mia sorella, sta per andar via, poi rimane e io le parlo».

Interpreto: Lei stava per realizzare la fantasia di sparizione nel senso di annullare, far sparire l’immagine di sua sorella. sorella che è la rappresentazione della sua situazione interiore di rapporto libidico con soddisfazione orale-genitale 138

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con me. Infatti sua sorella si è sposata da poco ed è tutta presa in piaceri sessuali. Poi invece le parla. Cioè ha capito che l’evoluzione non sta nel far sparire, annullare, rendere non esistente, questa “sua sorella” ma nell’aiutarla a realizzare un ascoltare e un pensiero verbale. spiegare cioè, a questa se stessa con pulsioni orali-genitali verso di me, le sue possibilità libidiche che può contenere in sé per lo sviluppo del pensiero. non soddisfarle subito con l’analista non vuol dire farle morire, ma renderle sorgente di ricchezza psichica. Come vede, lei ha anche sostituito l’identificazione fisica con me del precedente sogno in cui io ero suo padre, con una realizzazione psichica. ora lei cioè, interpreta alla se stessa infantile le pulsioni non integrate. Quarto sogno: «ero con mio fratello. nevicava. Lui diceva che c’era un ruscello caldo sulla montagna e che per questo la neve non sarebbe più caduta».

Interpreto: eRa Con sUo fRateLLo:

è la rappresentazione della sua identificazione con il fratello che è anche il pene del padre, come è anche il seno di sua madre. neVICaVa: lei, quando si masturbava, realizzava di succhiare e svuotare il pene di suo padre, ma raffreddava e spezzettava lo sperma, come con me raffredda e spezzetta le mie parole. La ragione sta nel fatto che dicevamo, cioè che lei è avida e succhiatrice delle mie parole come dello sperma di suo marito. si angoscia di questa sua libido avida che svuoterebbe e avvizzirebbe la persona e la raffredda, ne annulla il desiderio. IL fRateLLo dICeVa CHe C’eRa Un RUsCeLLo CaLdo sULLa Monta139

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Gna:

è la rappresentazione delle sue possibilità libidiche non avide. Il ruscello sgorga spontaneamente dalla terra come la sua affettività nasce da lei per investire gli altri. È questa infatti che non farà più nevicare. La montagna sta per il seno e per il pene dove lei mette queste possibilità. Ma non è che specificatamente sono mie queste possibilità. Io sono montagna-seno-pene che dà calore e vita quando lei mi investe della sua libido non avida, quando può quindi intuire-recepire le mie possibilità e sentire che le mie parole e il mio interesse possono non far cadere più la neve.

Un caso clinico Mi collego ad un momento di esperienza analitica per derivare da essa riflessioni sulla problematica curiosità-sessualità e integrazione occhi-bocca, fino a poter evidenziare il concetto di triangolo (occhi-bocca). L’importanza di questo concetto è basilare per poter comprendere la dinamica di fusione degli istinti, per poter seguire l’evoluzione dell’individuo da una realizzazione di sé come oggetto parziale a quella come oggetto totale e per poter intuire la contemporanea maturazione della libido da bramosa e avida, a recettiva e investente l’oggetto. Il paziente, fin dal primo incontro, mostra una preoccupazione per l’onorario. desidera uno sconto. Lo informo che ha un rimborso dall’ente mutualistico e che quindi non è il caso di preoccuparsi. Mi dirà, successivamente, di aver agito l’angoscia-fantasia di essere castrato informandosi presso l’Istituto di Psicoanalisi degli onorari degli analisti. La dinamica di approccio: divorare (castrare), essere di140

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vorato (castrato) è fin troppo evidente. La dinamica saturno-paziente, saturno-analista era già in gioco e successivamente venne in evidenza che il paziente l’aveva resa “reale” in seguito all’“informazione” sul rimborso dell’ente. La interpretazione della dinamica inconscia fu la seguente. L’analista soddisfa le mie pulsioni cannibaliche per poter soddisfare le sue. In termini di identificazione: il paziente mi aveva mangiato (castrato) fisicamente e, proiettando tale identificazione su di me, mi viveva come se volessi mangiarlo (castrarlo, derubarlo). Perché l’identificazione su basi orali conserva, proiettata, la caratteristica della pulsione originaria. La persona mangiata, cioè la propria identificazione con l’oggetto, fatta su basi di oralità cieca, proiettata, mangerà (castrerà) a sua volta. L’inconscio del paziente sa già il perché di questa dinamica sadomasochistica; porta infatti due sogni: «andava a trovare in una stanza la tomba del padre, che trovava disadorna». «C’era il padre che era preoccupato perché lui, il paziente, aveva una malattia mortale».

Interpreto: Lei ha sempre dato la colpa a suo padre delle sue difficoltà e delle sue angosce; così come ora dà la colpa a me delle sue difficoltà economiche. PazIente: Certo, prima ero più tranquillo perché avevo maggiori possibilità. anaLIsta: La sua era la tranquillità della morte interiore, del non essere vivo. PazIente: È vero, soffrivo sempre di vuoto, salvo quando mi innamoravo. anaLIsta: Il vuoto è la sua malattia mortale. La noia. 141

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L’inerzia. Lei dà la colpa a me delle sue difficoltà di rapporto umano e ha la tendenza ad eliminarmi, farmi sparire. Con ciò lei annulla se stesso, fa il vuoto in sé. Come se non esistesse più. PazIente: e con mio padre? (Il paziente aveva perduto il padre). anaLIsta: Lei rivive con me la sua relazione con suo padre. ora vuol sapere cosa accadrebbe se l’analista morisse come suo padre. Il bambino, e l’adulto nella sua situazione con l’analista, fanno sempre la fantasia di far sparire la persona con cui si sentono in difficoltà. La realtà della esistenza dell’altro, nonostante la fantasia di sparizione, blocca la fantasia stessa. Ma quando la realtà non è favorevole, e si allea alla fantasia inconscia, la realizzazione di aver fatto sparire e il vuoto, il non essere interno, sono completi16. PazIente: La malattia mortale sarebbe questo far sparire. anaLIsta: La malattia mortale è la pulsione di annullamento. Quella cosiddetta soluzione dell’essere umano, che, quando ha angoscia di fronte a qualcuno, chiude gli occhi o volta la testa dall’altra parte per non vedere. Il paziente si dilunga a raccontare le sue difficoltà negli studi. non è riuscito a fare gli studi universitari, ha avuto difficoltà al liceo e alle medie e alla prima elementare. nelle sedute successive evidenzia una fantasia che l’analisi debba durare due anni. ne è sempre stato convinto. deduco che a due anni deve aver vissuto un problema di distacco. Glielo comunico. PazIente:

no, di due anni non ricordo nulla; a quattro

16 Questa è l’interpretazione fondamentale della dinamica del “superamento” del rapporto sadomasochistico mediante la regressione all’onnipotenza della pulsione di annullamento e dell’anaffettività. [1976]

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anni mia sorella si operò di appendicite; vidi “il vermicello” che aveva messo in un vaso. anaLIsta: Questa è la fantasia della donna, che sarebbe tale perché castrata. Lei, a due anni, deve aver visto sua sorella nuda ed ha pensato che il genitale di sua sorella fosse il risultato del taglio di un pene. Passano alcune settimane in cui il paziente parla della sua adolescenza. Compare il problema della masturbazione. Interpreto le fantasie masturbatorie di soddisfazione passiva orale di succhiare e mangiare il pene del padre. sogno: «Un uomo nudo mette il pene in bocca ad un ragazzino». anaLIsta:

L’uomo nudo è l’uomo fatto sparire che, non avendo niente da insegnare perché reso vuoto e disinteressato dalla fantasia di sparizione, dà piacere fisico al bambino. È ciò che lei vive nei miei riguardi perché mi ha investito della fantasia di sparizione in occasione delle vacanze, reso nudo, senza nulla da dare. È anche la sua situazione di padre nei riguardi dei suoi figli che, sentendosi vuoto e nudo per la fantasia di sparizione, riempie di tenerezze e regali ma senza vero interesse. PazIente: Giorni fa ero a giocare con mio figlio, lui si è arrabbiato. Io gli ho detto: «sto con te perché ti voglio bene». Mio figlio mi ha risposto: «Ma tu non sei andato mai a parlare con la maestra». anaLIsta: appunto, suo figlio le ha fatto rilevare la sua difficoltà ad interessarsi a lui come persona che impara, che esercita una attività visiva-uditiva. Perché lei ha rinnegato il se stesso curioso perché gli occhi li ha adoperati per far sparire, specialmente quando si masturbava. Lei pensa che suo figlio sia come lei, desideroso soltanto di piaceri fisici. 143

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La volta successiva porta un sogno: «C’era la sua bambina morta. Lui con la moglie andavano a prenderla ma non era la loro. era grande con il vestito della prima comunione. La loro invece era piccola, di un anno circa; poi la trovano, la prendono e in un’auto devono passare la frontiera. Il finanziere invece di guardare il portabagagli, guarda il cofano motore». PazIente:

Perché la bambina piccola era mia, l’altra non

era mia. anaLIsta: Lei mi vuol dire che il problema di realizzarsi bambina avida e passiva e l’aver fatto morire questo se stesso affettivo-sessuale perché inaccettabile, non è tanto avvenuto alla pubertà, alla prima comunione quando lei ha realizzato questa affettività-sessualità mangiando materialmente l’ostia, ma prima. PazIente: Prima quando? anaLIsta: non saprei. forse a due anni. PazIente: Mia madre mi ha detto che ho preso il latte fino a quattordici mesi. anaLIsta: Lei ha vissuto lo svezzamento con un annullamento; non ha realizzato una situazione di rendersi autonomo ricordando l’immagine del seno e sviluppando una sua attività psichica personale per poi interessarsi agli altri, sua madre, suo padre, sua sorella per quel che essi erano e per quello che potevano insegnarle. Lei non ha accettato la realtà del distacco e ha fatto la fantasia di far sparire il seno. Con ciò ha compromesso le sue capacità visive di utilizzare gli occhi per imparare, per arricchirsi di immagini, ha fatto il buio, il vuoto dentro di sé. PazIente: (sta in silenzio). anaLIsta: Il suo silenzio è dovuto al fatto che lei si lascia andare a fantasie passive e sessuali nei miei riguardi come se volesse piaceri fisici.

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PazIente: no, pensavo ad una donna nuda. anaLIsta: Pensava a sua sorella che deve aver visto nuda pochi mesi dopo lo svezzamento, appunto verso i due anni. PazIente: sì, la donna a cui pensavo era senza peli. anaLIsta: nonostante la apparente realtà del ricordo di una donna esterna a lei, la donna nuda senza peli è la rappresentazione della sua situazione interiore; lei si vive animato da tendenze orali succhianti e castranti come a due anni quando ebbe modo di proiettarle su sua sorella che diveniva donna castrata e castrante e quindi da eliminare, da abbandonare. PazIente: Ma io mi sono sempre innamorato delle donne. anaLIsta: Lei ha sempre idealizzato le donne, le ha desessualizzate e messe sull’altare. Lei, tempo fa, fece un sogno in cui c’era l’immagine della madonna con il viso dipinto da prostituta. PazIente: È vero. anaLIsta: sotto la donna idealizzata c’è la prostituta, cioè quella che prende i soldi, cioè toglie il pene all’uomo. PazIente: tutto è derivato dallo svezzamento. anaLIsta: È la prima fondamentale fantasia di sparizione, la prima realizzazione di “cecità” e la prima realizzazione della affettività-sessualità come avida e castrante.

Il paziente, oltre a difficoltà negli studi, andava incontro a “innamoramenti” in cui dichiarava il suo amore alla donna, tipo “dolce stil novo”. Questo accadeva in particolar modo quando la moglie si assentava da casa per qualche periodo. assenze che spesso il paziente provocava per ripetere la dinamica: 1. distacco-svezzamento. 2. fantasia di sparizione. 145

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3. Vissuto di libertà e autonomia perché si era “liberato” del legame interumano, ma in realtà vissuto di vuoto, di cecità psichica, di non essere. 4. Realizzazione di tendenze affettive-sessuali cieche di tipo orale. 5. Proiezione su una estranea e con ciò negazione, annullamento del sé affettivo. 6. attrazione per l’estranea sede dell’amore. 7. angoscia dell’estranea perché l’amore di lei lo avrebbe succhiato-castrato. 8. Idealizzazione della ragazza cioè negazione, annullamento della affettività-sessualità della donna. nel paziente compariva, con sufficiente chiarezza, il meccanismo patogeno della scissione occhi-bocca. Come cioè la compromissione delle capacità visive per l’uso della fantasia di sparizione senza realizzazione di immagini interiori (fantasia di sparizione = istinto di morte) portasse a vivere le proprie possibilità affettive come oralità mirante alla soddisfazione diretta con angosce di passività e di aggressività verso l’oggetto fisico che sarebbe stato utilizzato per una introiezione con fantasia di oggetto fisico interno cattivo, perché mangiato e fatto sparire e con ciò reso aggressivo, di quella aggressività legata al fenomeno sparizione. Insisterei molto su questo concetto di oggetto sparito (nero) e di fantasia di sparizione. La fantasia di sparizione va intesa in due modi. Come fantasia di sparizione pura, cioè pulsione diretta a far sparire l’oggetto esterno, annullarlo, fare il buio, che ha la sua manifestazione nel chiudere gli occhi del bambino. Come fantasia di sparizione legata alla introiezione orale dell’oggetto fisico, con il risultato di avere in sé un oggetto più o meno intensamente nero e con ciò aggressivo; che, se 146

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non sarà tenuto dentro per la componente libidica connessa che permette di “contenere” in sé l’oggetto cattivo, porterà alla possibilità più o meno facile di proiezione: negazione e identificazione proiettiva. Proiettando tale oggetto cattivo la dinamica sadomasochistica conseguente può condurre alla pulsione pura di annullamento dell’oggetto e alla conseguente realizzazione del vuoto, del non essere, del non essere nato, di essere nel ventre materno. non parlerei, in questo caso, di distruttività o aggressività nel senso comune di danneggiare l’oggetto perché ciò implica una tendenza verso l’oggetto. Questo ultimo concetto lo riferirei alla dinamica orale di rapporto oggettuale in cui l’oggetto può essere distrutto, frammentato, spezzettato e poi espulso all’esterno, ma sempre in una dinamica di esistenza del rapporto oggettuale stesso. Parlerei proprio di sparizione nel senso di vedere e non vedere più. solo dopo aver considerato tale fantasia di sparizione, ritengo si possa esaminare la dinamica orale come ambivalente nel senso che amare, desiderare, introiettare, significa mangiare, cioè far sparire dentro di sé. se la fantasia di sparizione è stata intensamente vissuta come istinto di morte, ne può derivare una negazione dell’affettività-oralità e un’anoressia mentale affettiva nel rapporto con gli altri.

Curiosità e sessualità La curiosità ci porta a pensare ad un approccio con l’oggetto e al modo in cui questo approccio si configura come rapporto. L’approccio con l’oggetto può realizzarsi nei seguenti modi: 147

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a) guardare e non guardare, cioè guardare e far sparire; b) guardare per espellere, per mettere nell’oggetto “qualcosa”; c) guardare e mangiare; d) guardare e vedere; e) guardare, intuire e svuotare o negare; f) vedere e intuire e sapere. Caso a)

È la situazione in cui si esplica la fantasia di sparizione nel senso dell’istinto di morte. si annullano l’oggetto e il rapporto con l’oggetto e si realizzano il buio e il vuoto interiore. È la realizzazione di anaffettività. È anche, però, e il collegamento è interessante, la situazione in cui si realizza l’evoluzione psichica. Vale a dire che, se la fantasia di sparizione è intrisa di possibilità libidiche, il far sparire non è una pulsione di morte contro l’oggetto e conduce ad una realizzazione psichica. si fa sparire, contenendo in sé la fantasia di sparizione, il se stesso che esplica tendenze sessuali parziali e si ignora, si rende senza interesse, l’oggetto fisico per realizzarne l’immagine interiore. si fa sparire l’immagine interiore e si realizza il pensiero verbale. nel primo caso agisce l’istinto di morte, nel secondo caso la libido serve agli occhi, per una loro realizzazione psichica. distaccandosi dall’oggetto, la libido nutre le possibilità psichiche della visione; l’oggetto fisico “sparisce” dal rapporto oggettuale e si ha l’immagine dell’oggetto come fantasia-ricordo17. 17 Per la distinzione tra immagine come fantasia-ricordo (la nascita) e immagine come introiezione delle espressioni-manifestazioni dell’altro, dopo la scissione tra contenente e contenuto, cfr. pp. 131-132. nell’ambito di questa distinzione e, in genere, nell’ambito del problema della scissione, il seguente passo di freud è di estremo interesse in quanto dimostra come il fondatore della psicoanalisi non sia mai uscito da essa scissione. s. fReUd, La negazione cit., p. 237 (standard edition), p. 199 (boringhieri):

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Potremmo anche dire che, nel caso della sparizione per l’istinto di morte, c’è una mancanza di libido che prenda rapporto con l’oggetto, mentre nel caso dell’abbandono dell’oggetto fisico per la creazione dell’immagine c’è un ritiro della libido dall’oggetto. Così nel caso del ritiro della libido dall’immagine c’è la scomparsa dell’immagine e la libido si trasforma in libido genitale, con la comparsa del pensiero verbale e lo stabilirsi del principio di realtà. Caso b) È la situazione in cui il rapporto con l’oggetto è di tipo identificazione proiettiva. La libido è “molto cieca”, il rapporto con l’oggetto è del tipo divorare l’oggetto fisico. Il meccanismo di espellere ciò che si è introiettato è intenso, perché gli oggetti, e così anche le immagini, sono resi molto bui, neri, cattivi. Caso c) È la situazione in cui il rapporto con l’oggetto è di tipo identificazione introiettiva: la libido bramosa riesce ad essere accettata. La curiosità è vissuta in maniera conflittuale, con sensi di colpa. La curiosità si limita a prendere, cioè a introiettare la realtà fisica delle cose. L’oggetto materiale è preso in sé, come mangiato. si tende a ricostruire l’oggetto all’esterno sotto forma di “interesse” per gli altri, «L’antitesi tra ciò che è soggettivo e ciò che è oggettivo non esiste fin dall’inizio; essa viene posta in essere soltanto in seguito al fatto che il pensiero possiede la capacità di portare ancora una volta davanti alla mente qualcosa che un tempo era stata percepita riproducendola come una rappresentazione, senza, cioè, che ci sia il bisogno del persistere della presenza dell’oggetto esterno». esso dimostra cioè come una frase presa a sé, isolata dal discorso globale, sia accettabilissima. Ma, letta nel contesto del pensiero freudiano essa è totalmente errata. L’inizio, per freud, è dopo la nascita per cui la capacità di portare davanti alla mente qualcosa che un tempo era stata percepita non si riferisce alla dinamica della nascita e del ricordo-fantasia dell’inconscio mare calmo, che freud non sospetta neppure. La non presenza dell’oggetto si riferisce alla introiezione dell’oggetto parziale, e la riproduzione come rappresentazione, alle fantasticherie masturbatorie. freud considera soltanto l’allucinazione come possibilità della mente umana (e non è errore da poco!). Cfr. nota 62, p. 105. [1976]

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ma con il solo scopo di avere concretamente oggetti intorno a sé. È la realizzazione del rapporto bramoso con l’oggetto. Caso d) È la situazione in cui la libido è avida, ma può essere contenuta in sé perché diretta ad introiettare l’immagine. Il soggetto è ricco di “ricordi”. Molto curioso, si interesserà sempre a molte cose. È la realizzazione del rapporto libidico-visivo con l’oggetto. si è costituito un rapporto oggettuale sulla base del triangolo occhi-bocca, ma manca la profondità della visione e pertanto la libido sarà sempre avida perché ha una fonte orale. si “paralizzano” le immagini introiettate con occhi avidi e si tende a restituire i ricordi sotto forma di nozioni. Caso e) È la situazione in cui la libido ha dato la possibilità agli occhi di vedere in profondità, di intuire al di là della realtà fisica, ma è ancora avida e tende a prendere la sostanza vitale, il senso dell’oggetto. se la libido avida non viene accettata, si ha il guardare, vedere e negare, cioè il rapporto invidioso con l’oggetto. Caso f) È la situazione in cui la libido non è più avida ma semplicemente recettiva e si trasforma in libido genitale diretta ad investire l’oggetto. si vede e si dà, si “ama” e si “dà”. si investe l’oggetto di libido e si cerca di trovare la libido anche nell’altro. È la realizzazione del rapporto genitale con l’oggetto. La conoscenza come investimento sessuale. Curiosità e sessualità ci propongono specificatamente la concettualizzazione del rapporto oggettuale sulla base della realizzazione del triangolo occhi-bocca, vale a dire della integrazione libido-vedere. È, in altri termini, il problema della fusione dei due istinti, sessuale e di morte, la cui integrazione è indispensabile per raggiungere una visione di realtà (principio di realtà). 150

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I due seni diventano due occhi solo quando la realizzazione è di tre elementi. Cioè quando c’è la realizzazione del triangolo, la trinità occhi-bocca. La duplicità degli occhi serve a realizzare la profondità del vedere. non si vivono separati, nessuno ha il vissuto di guardare con due occhi (vedrebbe doppio!). Questa unificazione degli occhi può essere solo quando c’è il terzo elemento del triangolo, la bocca, cioè la realizzazione libidica di sé, il contenimento della libido dentro di sé. se ciò non è, il rapporto con l’oggetto totale è difettoso; un occhio per lo meno è sempre difettoso, l’individuo appunto vedrà doppio; vedrà l’oggetto e la propria identificazione proiettiva. Perché l’occhio cieco porterà ad una libido parzialmente cieca che divorerà l’oggetto fisico che poi sarà evacuato. Quando invece la libido sarà contenuta in toto nel bambino, e può essere contenuta quando dalla bocca si è diffusa a tutto il bambino intero, gli occhi, come l’oggetto, saranno uno e trino, accettato e considerato in profondità.

Il distacco dall’oggetto fisico e la posizione depressiva di M. Klein Lo svezzamento è da considerare una tappa di base, in quanto non solo vi si verifica il passaggio dall’oggetto parziale all’oggetto totale, ma anche il fenomeno della cessazione della gratificazione orale diretta con il seno fisico. Con ciò la libido si distacca dalla soddisfazione di mangiare l’oggetto fisico, e il bambino può evitare una eccessiva proiezione di feci, può diminuire la scissione e può quindi contenere in sé la libido e devolverla alla introiezione-vedere 151

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le qualità psichiche dell’oggetto-madre. tappa fondamentale perché corrisponde allo sviluppo del pensiero verbale. In tale fenomeno, penso, dobbiamo considerare la dinamica descritta alle pp. 115-118. La libido non è più legata alla soddisfazione di mangiare l’oggetto fisico. L’oggetto fisico mangiato non viene più messo fuori di sé. non c’è più proiezione di feci e di libido introiettiva. non c’è più scissione tra seno cattivo e seno buono e idealizzazione del seno buono. Il bambino non si impoverisce di libido. I due seni, senza scissione, diventano uno. si ha, cioè, l’unificazione dei seni in una sola entità. La madre diventa intera cioè un oggetto totale. si ha contemporaneamente l’unione degli occhi nella visione bioculare; la sovrapposizione delle due immagini dà la profondità del vedere psichico. La bocca è essa stessa “contenuta” nel bambino e fa da sorgente energetica e libidica alla visione degli occhi. Il bambino, come la madre, diventa uno e trino, entrambi vengono ad essere integrati in oggetto totale. La madre, non più alterata dalle proiezioni del bambino, è ciò che è; non è più per metà idealizzata e per metà distrutta e ignorata. L’acquisizione del senso della realtà, la possibilità di sapere-intuire ciò che è in realtà senza deformazioni proiettive, ritengo vada considerata nell’ambito di questa dinamica. La fantasia di sparizione verso la propria situazione di rapporto, allo svezzamento, viene a costituire così la realizzazione base per lo sviluppo del pensiero verbale, contemporaneamente alla costituzione dell’oggetto totale esterno, contemporaneamente alla integrazione del bambino in oggetto totale, nella unificazione bocca-occhi, nella integrazione libido-vedere. abbandonare il seno, allo svezzamento, realizza pertanto una fantasia di sparizione in cui il bambino con il buio fatto 152

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all’esterno, sull’oggetto fisico18, con la realizzazione di una cecità fisica, si rivolge verso un vedere psichico, in sé, l’immagine dell’oggetto. non vedendolo più nella realtà, lo realizza in sé. Utilizzando la libido, aumentata in sé dal non dover più proiettare il seno fisico mangiato, unifica le immagini, seno buono e seno cattivo e raggiunge quella integrazione che Melanie Klein, fantasticando assurdamente un contenimento dell’ambivalenza, chiama posizione depressiva. Posizione depressiva che, invece, noi intendiamo come momento nell’ambito del superamento della identificazione proiettiva, cioè della fantasia di sparizione verso la propria situazione di rapporto orale con l’oggetto fisico ed elaborazione psichica delle immagini dell’oggetto. Lavoro di lutto, potremmo dire, che sarà tanto più efficace quanto più la gratificazione del desiderio e l’arricchimento libidico del bambino saranno stati intensi durante l’allattamento. Quando, in altre parole, il bambino non avrà succhiato il seno in una situazione di cecità, ma avrà anche guardato e visto il seno, introiettandone le qualità di bontà, calore, ricchezza, capacità di dare benessere agli altri.

La perdita dell’immagine dell’oggetto e la creazione del simbolo verbale È in questa situazione che le immagini non restano più tali ma hanno nomi, è in questa situazione che si sviluppa il pensiero verbale. La mamma e la pappa non sono più solo 18 non nel senso di far sparire l’oggetto fisico per una fantasia di sparizione contro di esso, ma nel senso di fare una realizzazione di fantasia di sparizione verso la propria situazione interiore di rapporto con l’oggetto fisico.

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oggetti, o immagini interiori, ma anche parole. si potrebbe dire che prima c’è l’oggetto, poi l’immagine dell’oggetto, poi il nome dell’oggetto. Come un passaggio, una integrazione occhi-orecchie, un passaggio da bocca per mangiare a bocca per parlare19. se noi riflettiamo su quanto abbiamo detto a proposito del contenimento da parte del bambino di tutta la sua libido, potremmo pensare che è nella situazione di tenere tutta la libido dentro di sé che si verifica il fenomeno del passaggio dalla bramosia e desiderio di mettere dentro di sé, introiettare, alla libido diretta verso l’oggetto. Gli occhi che vedono diventano orecchie che ascoltano; le orecchie che ascoltano ricevono parole, non più immagini; le parole recepite non vengono trattenute da libido avida, ma vengono date all’oggetto. si legano all’immagine interiore dell’oggetto per subito trasformarsi in parola pensata e detta. È quanto accade nel colloquio analitico. L’analista ascolta le parole del paziente; queste inducono immagini nell’analista che subito trasforma le immagini in parole e la libido recettiva in libido genitale verso l’oggetto. In questo lavoro l’analista trova il significato del racconto del paziente. trova cioè la comunicazione, l’investimento libidico del paziente verso l’analista, nelle immagini che il paziente induce nell’analista. Il passaggio quindi da una recezione uditiva di simboli, alla creazione di immagini interiori, a dare l’espressione verbale di tali immagini. trasformazione quindi di parole in immagini e di immagini in parole. In ciò la scoperta del senso. Cioè la scoperta del rapporto 19 ovvero la simbolizzazione è intrinseca al processo del passaggio dal desiderio all’investimento sessuale. all’orgasmo. [1976]

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oggettuale del paziente e del modo con cui il paziente realizza il rapporto oggettuale. Ciò si ha quando l’analista contiene tutta la sua libido in sé, quando il paziente è quello che è, una realtà, non è né idealizzato né fecalizzato. Come nel bambino che ha raggiunto l’integrazione in oggetto totale e contiene tutta la sua libido. Le considerazioni precedenti sul bambino che ascolta, che lega la parola all’immagine, che perde l’immagine ed ha la parola da esprimere, si esaurirebbero qui se non ricorressimo di nuovo al concetto di fantasia di sparizione. In questo fenomeno di verbalizzazione si perde l’immagine, l’immagine sparisce. da questa sparizione (il termine distrugge non mi sembra esatto) deriva un’altra acquisizione psichica, il pensiero verbale. L’acquisizione di simboli. La libido, senza immagine, diventa energia di legame con l’oggetto nel senso di investimento libidico dell’oggetto. Cioè si ripete, ad un altro livello, quanto era accaduto alla nascita con la fantasia di sparizione che aveva creato l’immagine della situazione intrauterina. Questa volta la sparizione dell’immagine porta alla creazione del pensiero verbale. anche in questo caso rileviamo che il pensiero verbale trae la sua matrice dall’istinto di morte. Ma va tenuto presente l’intervento della libido. La fantasia di sparizione diventa creatrice di immagini e di pensiero verbale se è frenata, dicemmo, dalla libido. non solo frenata, ma trasformata da tendenza alla disintegrazione verso l’inorganico in tendenza alla vita psichica di pensiero. La fantasia di sparizione senza libido rende non esistente l’esistente. Integrata alla libido rende esistente, nell’immagine, il non più esistente nella realtà e, infine, nel pensiero verbale rende esistente l’oggetto, cui il pensiero 155

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stesso si rivolge, per quello che è (principio di realtà). La libido, a sua volta, integrata alla fantasia di sparizione, si trasforma da recettiva in genitale che investe l’oggetto ed è diretta verso di esso e con ciò la bocca da succhiante e divorante si trasforma in parlante. dagli occhi alle orecchie, dicevamo, cioè con l’intervento del suono, le immagini si trasformano in simboli. La recezione acustica si aggiunge alla recettività visiva. Le immagini interiori acquistano una qualità in più, hanno cioè un suono. Possiamo pensare che soltanto sulla base di una realizzazione interiore di oggetto totale, di contenimento della libido, di profondità di vedere, la percezione e l’aggiunta del suono possano permettere alla fantasia di sparizione di agire non come annullamento di immagini, ma come trasformazione di esse in segnali. L’immagine si trasforma in segnale e la libido, liberatasi dall’immagine interiore, investe l’oggetto. Un’altra creazione. Come quando la fantasia di sparizione si attua nella percezione dell’ambiente atmosferico e, attuandosi, più che annullare l’ambiente e particolarmente la luce, realizza una immagine di ambiente diverso e un vedere psichico, la memoria-fantasia dell’ambiente intrauterino, così alla formazione del pensiero verbale, l’ascoltare la parola, cioè la stimolazione esterna, viene trasformata dal bambino nel senso che questi vi aggiunge la propria situazione e possibilità libidiche, le riproduce, ma diverse da prima per il significato. La mamma dice la parola al bambino per insegnare, dare qualcosa, il bambino la riproduce per chiamare l’oggetto. Gli cambia il significato, il senso, potremmo dire il verso. Perché ci mette la sua libido tendente ad avvicinare l’oggetto a sé. La parola va intesa quindi con la vicenda pulsio156

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nale di chi la usa, per dare e insegnare, per intimidire, per costituire una barriera tra sé e gli altri. si tratta, specialmente in analisi, di vedere-intuire il senso della comunicazione verbale, il significato; cioè comprendere la vicenda pulsionale e immaginativa di chi ce la rivolge, e poi trasformarla in interpretazione. La libido recettiva, trasformata, porta la bocca a parlare, a dirigere verso l’oggetto il lavoro, la libido della bocca. ed è proprio in questo parlare per dare che non c’è più né oggetto (identificazione proiettiva) né immagine dell’oggetto (proiezione) da mettere fuori di sé nell’altro.

oggetto totale come oggetto pieno a tre dimensioni Il rapporto con l’oggetto sulla base del triangolo occhibocca comprende l’integrazione di dinamiche e di pulsioni: a) una dinamica di introiezione dell’oggetto; b) una dinamica di introiezione dell’immagine dell’oggetto; c) una dinamica di assorbimento delle qualità, energia, libido dell’oggetto. nel caso a la libido è scissa dagli occhi ed è diretta a mangiare l’oggetto fisico. nel caso b la libido è recettivo-captativa ed integrata agli occhi, ed è diretta a introiettare l’immagine dell’oggetto. nel caso c la libido è diretta a prendere la libido dell’oggetto. In questo terzo caso è come se gli occhi, apparente157

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mente, fossero di nuovo scissi dalla bocca. non c’è però bramosia, come nel caso a, tendenza a mangiare l’oggetto fisico. dobbiamo cercarne il perché. dobbiamo pensare che gli occhi non sono ciechi di una cecità totale fisica e psichica, ma non tendono più a guardare e introiettare l’immagine manifesta dell’oggetto. allora pensiamo che si interessino della sostanza dell’oggetto, del “senso delle cose”, mirino più in profondità. Intuiscono cosa c’è dietro l’apparenza e tendono a guardare-vedere al di là della realtà fisica che cade sotto gli occhi fisici. Perché ciò accada è necessario che ci sia stata una integrazione libido-curiosità, che gli occhi si siano unificati, abbiano acquistato il senso della profondità. In altre parole che sia stato raggiunto il rapporto con l’oggetto nel senso di percepirlo anche con la dimensione di profondità (oggetto solido e non piatto). In questa situazione il guardarevedere tende ad andare in profondità, ad essere acuto, si dice. Ignora, si disinteressa della realtà manifesta, non guarda per introiettare l’immagine, ma va a cercare il senso, il “significato nascosto” delle cose. a questo punto viene l’angoscia di depauperare l’oggetto, di togliergli la sostanza essenziale, il senso, la forza vitale. allora dobbiamo pensare che la libido sia ancora captativa e avida, cioè di origine orale, che abbia un legame con una parte del corpo, sia legata a un oggetto parziale e, ancora meglio, sia legata ad una realizzazione parziale di se stessi. ne consegue che il rapporto con l’oggetto e la realizzazione di sé comprendono un momento nel quale viene integrato il triangolo, in cui si ha una unificazione occhi-bocca, ma ancora come realizzazione piatta. Manca in questo primo momento la realizzazione dell’oggetto a tre dimensioni. Quello cui bisogna arrivare è di avere un rapporto con l’og158

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getto vivendo la profondità dell’oggetto stesso. a questo punto la libido, se non è trasformata da captativo-avida in recettiva, trasformazione che si integra alla distinzione tra sostanza fisica (sperma) e senso psichico cioè significato delle cose, determina angosce di svuotare l’oggetto, di sfruttarlo, di depauperarlo della vita, della sostanza vitale, della libido, delle possibilità e in particolar modo delle possibilità di intuito e di collegamento. Il raggiungimento dell’oggetto totale completo non è quindi propriamente il raggiungimento della integrazione occhi-bocca, ma il passaggio da una visione intera dell’oggetto ad una visione profonda dell’oggetto. Per questo occorre che la libido lasci la bocca-oggetto-parziale, nella quale la libido conserva caratteristiche di avidità, di prendere, e si diffonda, possiamo dire, a tutta la persona, si integri con tutto l’essere esistente. a questo punto potrà essere solo recettiva (non avida) e genitale, diretta a investire l’oggetto. In questa situazione le orecchie potranno ascoltare senza succhiare le parole e gli occhi vedere senza “captare” le immagini20. Il passaggio (e la fantasia di sparizione connessa) consisterebbe nel trasformare la visione intera ma piatta dell’oggetto, in una visione intera di un oggetto solido. far sparire l’immagine del triangolo e trasformarla in un solido. Mettiamo una piramide triangolare. In questo esempio si 20

In altre parole: 1. L’integrazione del triangolo avviene ma l’oggetto è ancora piatto. si ha l’introiezione dell’immagine. agisce ancora la scissione (cioè la castrazione = invidia-bramosia, negazione della sostanza-introiezione dell’immagine). 2. L’integrazione del triangolo avviene ma l’oggetto è sostanza. si ha l’introiezione della sostanza (desiderio cieco). agisce ancora la scissione (cioè la castrazione = invidia-bramosia, negazione dell’immagine-introiezione della sostanza). Il rapporto con l’oggetto totale (investimento sessuale) conduce invece alla realizzazione dell’immagine come memoria-fantasia (non c’è introiezione) che comprende sé, l’altro e il rapporto. [1976]

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può notare che il triangolo non scompare nel senso che viene distrutto, che non è più esistente, ma scompare come entità a sé di triangolo e viene a costituire una componente integrata ad un’altra entità, la piramide. Possiamo anche dire che l’entità triangolo, legandosi e venendo a far parte di un’altra cosa, collegata e integrata ad altri elementi, scompare come figura geometrica a se stante, con il suo valore, e si ha un’altra entità. La libido, in questa dinamica-realizzazione, si deve trasformare da recettivo-captativa in recettiva-investente l’oggetto. siccome però anche la libido recettivo-captativa prende rapporto con l’oggetto, in un certo senso ha una componente di investimento dell’oggetto (nel concetto del legame con esso oggetto), dobbiamo pensare che ciò che deve perdere, nella trasformazione, è la caratteristica di prendere attivamente. allora si possono spiegare le angosce dei pazienti quando stanno per realizzare il pensiero verbale. Perché se il trasformare la libido che prende attivamente si lega a qualsiasi, anche minimo, residuo di fantasia di sparizione come istinto di morte, la recettività senza “prendere attivamente” diventa passività e inerzia e la serenità nell’ascoltare diventa indifferenza (anaffettività) e incapacità a interessarsi. Ricordo che l’analista non deve essere curioso e “domandare” al paziente, ma deve assumere un atteggiamento di “attenzione fluttuante”. Ciò non vuol dire silenzio, analista specchio. sarebbe la stessa confusione tra indifferenza e calma, tra assenza di libido e libido recettiva non avida. anzi, al contrario, nella situazione di recettività si colgono tutte le comunicazioni anche minime del paziente che possono essere comprese nel loro senso e interpretate. Credo che sia questo il concetto. non guardare, non avere libido 160

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avida nei riguardi del paziente, non curiosare, ma aspettare ciò che il paziente dà, vedere ciò che il paziente è. Guardare-vedere al di là delle apparenze, in profondità quindi, ma senza derubare l’oggetto dei suoi contenuti. La perdita di questa “attività” della libido si lega ad angosce di passività e di anaffettività. È necessario proprio che la fantasia di “far sparire” questa attività non abbia nessun residuo di istinto di morte, nel senso di annullarla, renderla inesistente. fantasia di sparizione solo nel senso di trasformare la captatività-avidità della libido in recettività attiva. due parole ancora su questo concetto di investimento libidico e di rapporto con l’oggetto sulla base della profondità della visione. L’intrusione, nella concettualizzazione, di esempi e similitudini geometriche, triangolo, piramide, suggerisce una problematica di fantasia di sparizione con residui di istinto di morte, nel senso di rifarsi a schemi geometrici. sarebbe una trasformazione delle immagini e ricordi di ciò che si è visto e udito, con l’intervento di una fantasia di sparizione intrisa di istinto di morte che porterebbe a schemi astratti, inanimati, o anche solidi materiali. sarebbe, in un certo senso, come “paralizzare” il pensiero. La nostra meta è invece il pensiero verbale, la concettualizzazione con l’intervento della libido che trasforma i ricordi e le immagini delle cose viste e udite in pensiero verbale. Il concetto che ci interessa mettere in evidenza è quello di una visione completa dell’oggetto e di un rapporto completo con esso. Una recezione-investimento della globalità dell’oggetto, come accennavamo nella premessa. Integrazione occhi-bocca, ma non soltanto. L’integrazione occhibocca costituisce la base (che sarebbe la base della piramide) su cui si sviluppano la libido oggettuale-genitale e il pensiero verbale. 161

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In un tentativo di riassumere, possiamo dire: la prima integrazione è occhi-bocca, cioè guardare e vedere per introiettare immagini e sostanza con corrispondenti proiezioni nel rapporto con l’oggetto. su questa base, superato il guardare-vedere fisico (la realtà dell’oggetto che cade sotto gli occhi fisici) ci si interessa della profondità dell’oggetto e, se non ci sono conflitti dovuti ad una libido fissata alla bocca, si coglie il senso, il significato della realtà apparente.

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IV

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La fantasia di sparizione e l’invidia

Nello studio di questo tema partirei da tre proposizioni: 1. L’invidia non è un affetto (emozione). 2. L’invidia non è un rapporto con l’oggetto ma non è una rottura di rapporto. 3. L’invidia è diretta verso (contro) le qualità psichiche dell’oggetto (bontà, bellezza, potenza, creatività). Melanie Klein ritiene che l’invidia sia l’espressione sadico-orale e sadico-anale di impulsi distruttivi. Noi arriveremo invece a dire che l’invidia è l’espressione “sadico”-visiva di impulsi distruttivi.

La “cecità” neonatale e la scissione tra buono e cattivo «Sappiamo che difficilmente una struttura psichica va soggetta a distruzione totale. Dipende perciò soltanto dalla tecnica psi-

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ISTINTo DI MorTe e coNoSceNza

coanalitica se noi riusciremo a portare completamente alla luce ciò che è nascosto»1.

Noi dicevamo che la fantasia di sparizione, alla nascita e pertanto anche successivamente, non è mai assoluta, cioè mirante al ritorno allo stato inorganico, ma parziale, mirante al ritorno nel buio e nell’omeostasi della situazione intrauterina. con ciò mettevamo in evidenza come l’istinto di morte fosse essenzialmente fantasia di sparizione in quanto si caratterizzava non tanto per una tendenza alla disgregazione fisica, quanto piuttosto per la reazione alla pressione del canale del parto o dell’atmosfera diventati improvvisamente violenti. Dicevamo che, di per sé, l’istinto di morte-fantasia di sparizione mirerebbe all’annullamento totale dell’essere e, in quanto tale, sarebbe istinto di morte come tendenza al ritorno allo stato inorganico. Ma in quanto il bambino ha realizzato in sé la traccia mnesica libidica dell’essere stato nell’omeostasi gratificante del liquido amniotico, l’istinto di morte diventa fantasia di sparizione contro la nuova situazione, fantasia di ritorno nell’utero materno, annullamento del “venire alla luce”. La traccia mnesica dell’essere stato nel liquido amniotico, questa prima realizzazione libidica di benessere, frena, per così dire, l’istinto di morte dalla sua espressione più assoluta, lo limita, potremmo dire, nel tempo e nello spazio. In questo senso leggiamo ciò che dice Freud, cioè che difficilmente una struttura psichica va soggetta a distruzione totale. È partendo da questa idea che noi consideriamo il bambino nella sua relazione oggettuale col seno. 1 S. FreuD, Costruzioni in analisi, Standard edition, vol. XXIII, p. 257; Opere, vol. XI, Boringhieri, Torino 1977, p. 544.

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La FaNTaSIa DI SparIzIoNe e L’INVIDIa

abbiamo visto che il bambino, attraverso questa traccia mnesica, l’inconscio mare calmo, può investire2 di una certa libido il seno e le braccia della madre e attaccarsi al seno e realizzare questo sé libidico nel rapporto oggettuale. In questo rapporto col seno, con le braccia della madre, con i vestiti caldi e soffici, il bambino introietta insieme oggetto e qualità dell’oggetto. L’introiezione dell’oggetto è una dinamica di oggetto fisico introiettato, fatto sparire dentro di sé e, in quanto appunto fatto sparire, reso feci, oggetto inanimato, inorganico. L’espulsione di esso è, concetto da sottolineare, una identificazione proiettiva; cioè non solo una dinamica di oggetto messo fuori di sé ma anche messo nell’oggetto con cui si ha rapporto. Tutto ciò che viene “mangiato” e proiettato si trasforma in oggetto inanimato, inorganico (statua, bambola ecc.), in oggetto nero, in feci. Vale a dire che il risultato del rapporto oggettuale basato sulla soddisfazione orale pura, scissa dalla visione-audizione3, è sempre un oggetto inanimato, fecale. credo sia questo il concetto puro di bramosia, cioè tendenza orale, diretta alla acquisizione dell’oggetto fisico materiale da mettere dentro di sé. In base a questo concetto il discorso di H. Segal che «nella bramosia la distruzione è un fatto accidentale nella spietata acquisizione del buono»4 si rivela, ancora una volta, sconnesso e assurdo. Il bambino che succhia il seno e che ha rapporto con le braccia e il corpo della madre, introietta pertanto l’oggetto 2

Investire e non proiettare, come è specificato a p. 67 e ss. ritorniamo sul concetto che visione-audizione prescindono dall’organo fisico occhi-orecchie anche se successivamente troveranno l’espressione in essi organi. Visione-audizione in senso psichico come possibilità di recepire le qualità dell’oggetto, le legheremo poi alla intuizione. 4 H. SegaL, Introduzione all’opera di Melanie Klein cit., p. 50. 3

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e le qualità dell’oggetto. e proietta. La proiezione dell’oggetto materiale mangiato e quindi rimesso sul seno, rende il seno stesso oggetto inanimato, fecale. Il bambino rifiuta la coprofagia e, per attaccarsi al seno, scinde l’oggetto mangiato e defecato dalle qualità dell’oggetto (bontà, calore, morbidezza, ecc.) e fa (ed in questo senso rifiutiamo il concetto kleiniano) il seno buono e il seno cattivo. Il seno cattivo è quello mangiato e defecato, quello fatto sparire dentro di sé e reso inanimato, inorganico. È quello nero. Il seno buono è quello sul quale il bambino intuisce le qualità, le immagini del suo rapporto, il piacere e la bontà del suo rapporto oggettuale. Il seno cattivo è rifiutato, allontanato da sé. È sempre quello con cui, ad ogni poppata, il bambino non ha rapporto. È sempre l’“altro”! ed è qui, nel suo rapporto col seno buono, con il seno su cui il bambino ha intuito le qualità psichiche, che nasce il problema dell’invidia.

Il rapporto invidioso con l’oggetto “buono” e a questo punto possiamo riportare di nuovo H. Segal: «L’invidia si mette in moto non appena il bambino diventa consapevole della mammella come sorgente di vita e di esperienze buone. La gratificazione reale che egli sperimenta al seno materno, rinforzata dall’idealizzazione, così potente nella prima infanzia, gli fa sentire che la mammella è la sorgente di ogni conforto fisico e un serbatoio inesauribile di cibo e di calore, di amore, di comprensione e di saggezza. L’esperienza beata della soddisfazione che questo oggetto meraviglioso può

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La FaNTaSIa DI SparIzIoNe e L’INVIDIa

dare aumenterà il suo amore per esso e il suo desiderio di possederlo, conservarlo, proteggerlo, ma la medesima esperienza muove anche in lui il desiderio di essere egli stesso la sorgente di tale perfezione; egli sperimenta penosi sentimenti d’invidia, i quali portano con sé il desiderio di guastare le qualità dell’oggetto che può dargli tali sentimenti penosi»5.

Noi non ci accontentiamo della apparentemente meravigliosa descrizione del fenomeno ma ci domandiamo il perché di questo sorgere dell’invidia. Il concetto di costituzionale suscita in noi un timore proporzionato al dubbio che comporti una rinuncia alle capacità di aumentare le nostre conoscenze, specialmente quando tali conoscenze si appellano per buona parte a quest’intuito che, prescindendo dalle capacità visivo-auditive fisiche, si rivolge alle possibilità di “vedere” al di là delle funzioni degli organi fisici, si rivolge cioè alle possibilità di percepire la psiche e l’umanità altrui. ciò perché questa “percezione” ha basi libidiche e può essere realizzata solo nell’ambito di un legame libidico con l’altro. ci teniamo pertanto a questa “percezione”, che è poi comprensione intuitiva, perché pensiamo che possa essere l’unico fondamento della conoscenza dell’uomo6. 5 Op. cit., p. 51 (corsivi miei). [Si pianga pure senza ritegno sulla stupidità e violenza con cui si tratta il desiderio! (1976)]. 6 un paziente mi portò un sogno: «Mentre manovrava un registratore, l’orologio che aveva scoppia. un amico che era vicino a lui, di fronte alla sua confusione, dice: “È perché i quadri sono messi male”». Il paziente taceva: «Non capisco» disse poi. Non c’era nessun “collegamento” tra il registratore, l’orologio che scoppia e i quadri messi male. Ma l’intuizione venne. Il manovrare il registratore era il suo modo di vivere l’analisi. L’orologio era il tempo dell’analisi. La spiegazione stava nel fatto che i quadri messi male significavano il suo attaccamento al danaro. Quadri tenuti per il loro valore venale e non per la bellezza delle immagini. era questa bramosia che lo portava a fare l’analisi in fretta (fino a far scoppiare l’orologio) per risparmiare denaro. L’analista non aveva nessuna base di visione-

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cercando quindi il come e il perché del sorgere dell’invidia riprendiamo il filo dei concetti esposti a proposito di: a) b) c) d)

introiezione delle qualità dell’oggetto; divoramento e sparizione in sé dell’oggetto fisico; proiezione dell’oggetto fisico reso feci inanimate; scissione tra seno cattivo, quello escluso dal rapporto, e seno buono cioè quello in cui si sono intuite le qualità psichiche e con il quale si prende rapporto.

Questo rapporto con il seno buono è disturbato dall’invidia. Noi abbiamo detto che consideriamo l’invidia non come espressione di impulsi sadico-orali e sadico-anali ma come espressione di impulsi sadico-visivi. ora cerchiamo il perché. La scissione tra seno cattivo e seno buono corrisponde alla scissione tra tendenze orali e pulsioni visivo-auditive. Questo concetto, così sottolineato, può essere già dedotto da quanto abbiamo detto nelle pagine precedenti, ma, indubbiamente, richiede una discussione più ampia e approfondita. Le tendenze orali sono vissute in modo tanto più distruttivo dell’oggetto quanto più il rapporto oggettuale è realizzato in uno stato di cecità. In questa situazione la proiezione-defecazione sarà intensa e massiccia. La proiezione-defecazione implica uno svuotamento del soggetto, cioè una impossibilità di contenere in sé le identificazioni realizzate nel rapporto con l’oggetto. L’impoverimento del soggetto, dal momento che le introiezioni esigono la partecipazione di libido, riguarda pertanto anche le possibilità libidiche del soggetto. audizione fisica. Doveva intuire il significato nascosto in qualche elemento del sogno. L’intuizione venne quando l’analista pensò: «I quadri hanno anche un valore economico».

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La FaNTaSIa DI SparIzIoNe e L’INVIDIa

Ne deriva che la realizzazione e il contenimento di un sé libidico è in relazione al modo con cui il soggetto accetta il suo piacere-oralità-libido. L’accettazione, a sua volta, di questo suo piacere-oralità-libido o sé libidico, è in connessione strettissima con il vissuto di distruggere, annerire l’oggetto fisico mangiato. più l’oralità è vissuta come un rendere nero, inesistente, far sparire l’oggetto dentro di sé, più la defecazione-proiezione sarà massiccia e intensa e più il bambino si sentirà povero di libido, con difficoltà a realizzare un rapporto con l’oggetto sulla base del piacere-libido. ciò perché, evidentemente, nella proiezione, nel mettere fuori di sé l’oggetto fisico mangiato, il bambino proietta, mette fuori di sé le proprie possibilità libidiche. per quanto in stato di cecità, il rapporto con l’oggetto (succhiare, mangiare) ha la sua base nell’esplicazione di possibilità libidiche, di realizzazione di piacere-tatto-libido. L’oggetto interno, risultato di questo rapporto, è una acquisizione interiore, una realizzazione che ha la sua matrice in un vissuto di rapporto con l’oggetto e con ciò ha la sua matrice in possibilità libidiche. L’oggetto interno che, per la cecità, è diventato sparito dentro, cioè nero e cattivo, con caratteristiche di morte, non vita, viene espulso, messo fuori. In questo processo va considerata indispensabile la partecipazione libidica come era indispensabile nel processo di introiezione. La ragione di ciò sta nel concetto che per avere e tenere un rapporto oggettuale è necessaria la libido. Quindi, essendo la proiezione (o identificazione proiettiva) un rapporto con l’oggetto, come l’introiezione, perché tale fenomeno si verifichi è necessaria la libido. In altre parole, essendo anche la proiezione un legame con l’oggetto, perché tale legame sussista e si esplichi è necessaria la libido.

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Il bambino mette nell’oggetto esterno il suo oggetto interno cattivo e nero. Si priva di qualche cosa di sé per metterlo fuori di sé. L’oggetto interno, per quanto nero, con la più grande “sparizione” concepibile, “non esistenza”, è sempre in ogni modo esistente in sé. Se è esistente, concetto implicito nel fatto che il bambino lo proietta, cioè lo mette fuori, una componente libidica ci deve essere, cioè ci deve essere una componente di esistenza cioè di vita e con ciò di libido. Infatti l’oggetto cattivo è ambivalente e non essenzialmente “aggressivo”. Il concetto di aggressività pura, la fantasia di sparizione-istinto di morte contro l’oggetto, non implica una dinamica introiettiva e quindi non implica una dinamica proiettiva. consideriamo quindi, nella proiezione, nel mettere fuori di sé l’oggetto cattivo (ambivalente), una alienazione da sé della componente libidica. Viene messa fuori di sé, insieme all’oggetto, inteso quale risultato e realizzazione interiore di un rapporto oggettuale e con ciò di esplicazione di libido, anche la componente di possibilità libidiche (di rapporto e di introiezione) che tornano sull’oggetto esterno stesso. La proiezione-defecazione dell’oggetto fisico mangiato comprende, come sappiamo, la dinamica della scissione tra buono e cattivo con alienazione e annullamento dell’oggetto cattivo. Il soggetto cioè fa una fantasia di sparizione contro l’oggetto fecale, lo rende non esistente e si mette in rapporto con l’oggetto buono. collegati così questi concetti, noi possiamo dire che, essendo l’oggetto cattivo quello mangiato e defecato, l’oggetto buono deve essere per forza quello non mangiato in uno stato di cecità, cioè quello con cui si è vissuto un rapporto diverso da quello introiettivo orale-cutaneo-olfattivo cieco. a questo punto quindi dobbiamo dire che tale rapporto può essere soltanto quello visivo-uditivo. 172

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L’oggetto buono quindi è quello visto, intuito e ascoltato. L’oggetto buono è l’oggetto-immagine e l’oggetto qualità. potremmo dire, riprendendo un concetto già esposto, che l’oggetto buono è l’oggetto psichico. Il rapporto con l’oggetto buono va visualizzato pertanto su una base di guardare-vedere-ascoltare. Vedere-ascoltare che sarà tanto più recettivo di immagini e qualità quanto più il soggetto sarà ricco di libido. Quanto meno cioè avrà defecato e proiettato l’oggetto fisico mangiato e con esso le proprie possibilità di piacere-libido. cioè, ab origine, quanto meno l’oggetto sarà stato annerito nel metterlo dentro di sé, ovverosia quanto meno intensamente vissuta sarà stata, dopo la nascita, la fantasia di sparizione come istinto di morte.

Invidia e identificazione proiettiva L’inverso della situazione precedentemente descritta si avrà quando il bambino, avendo realizzato troppo massicciamente e intensamente il fenomeno bramosia e il fenomeno proiezione-defecazione dell’oggetto mangiato e reso nero e inanimato, andrà incontro a difficoltà a fare questa introiezione di qualità-immagini. Il suo guardare sarà un guardare con scarse possibilità recettive, cioè con scarse possibilità di vedere. Sarà un guardare aggressivo, un guardare che danneggia l’oggetto. Sarà appunto un guardare per mettere, come dice la Klein7, ciò che è cattivo, e soprattutto 7

M. KLeIN, Invidia e gratitudine, Martinelli, Firenze 1969, p. 18.

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i cattivi escrementi e le parti cattive del Sé, nella madre e in primo luogo nel seno allo scopo di danneggiarlo e di distruggerlo. Nel senso più profondo ciò significa distruggere la sua creatività. Seguendo le citazioni della Klein veniamo a trovarci di fronte, pertanto, a tre concetti che riteniamo talmente importanti da richiedere ogni sforzo possibile per chiarirli. I tre concetti, riassumendoli, sono: 1. Il concetto di invidia. 2. Il concetto di identificazione introiettiva e proiettiva. 3. Il concetto di creatività. Iniziamo le nostre riflessioni da questo ultimo. La creatività, distrutta dall’invidia, dovrebbe essere intesa, secondo le formulazioni kleiniane, che legano il concetto di invidia a quello di proiezione8, come introiezione di immagini e qualità buone dell’oggetto, proiezione di esse e successiva introiezione. una dinamica, cioè di assorbire-introiettare le qualità dell’oggetto, migliorarle con la propria libido, proiettarle rendendo l’oggetto migliore e più ricco per poter di nuovo introiettare immagini e oggetti e qualità migliori e così via. Ma simile discorso fa troppo riferimento, evidentemente, ad una libido bramosa e avida e al concetto di idealizzazione dell’oggetto (proiettare in esso le cose buone). possiamo considerare tale dinamica di rapporto con l’oggetto (allorché si tratti di introiezione di sostanza) evolutiva ma non propriamente creativa. Il rapporto con il seno, basato su introiezione e proiezione conduce ad uno svi8 «una differenza essenziale tra avidità (bramosia) e invidia (anche se non è possibile fare una netta distinzione dato il loro stretto rapporto) potrebbe essere di conseguenza questa: che per lo più l’avidità (bramosia) è connessa con l’introiezione e l’invidia con la proiezione». Ibid.

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luppo del bambino ma non per questo il seno (tanto più se inteso come oggetto parziale) è creativo. La creatività va riferita alla elaborazione psichica del proprio rapporto con l’oggetto9 e, in questo senso, la creatività va riferita piuttosto al bambino che si libera gradualmente di proprie passività e ambivalenze nel rapporto con l’oggetto10. Intendiamo cioè la creatività come creatività psichica, creatività di immagini, creatività di un sé psichico umano. creatività di pensiero. La realizzazione creativa di sé e, corrispondentemente, la relazione creativa con l’oggetto va intesa pertanto nell’ambito della recettività e dell’investimento pulsionale: investimento di fantasia di sparizione verso proprie situazioni interiori, investimento di libido verso oggetti esterni. prima di passare al primo dei tre concetti indicati, quello dell’invidia che distrugge la creatività, dobbiamo puntualizzare il secondo: l’identificazione introiettiva e proiettiva. come abbiamo ritenuto errata l’idea della Klein che lega l’invidia al meccanismo della proiezione in quanto l’invidia sarebbe una proiezione intesa a distruggere la creatività, così ora pensiamo che formulare il concetto di invidia come “mettere cose cattive (feci e urine) nel seno” dia origine a confusione. Simile formulazione dell’invidia infatti non si distingue da quella della identificazione proiettiva (mettere parti del Sé nell’oggetto). e che invidia e identificazione proiettiva siano la stessa cosa non è accettabile. L’identificazione proiettiva è una dinamica connessa e derivata direttamente dal rapporto bramoso con l’oggetto 9 Qui viene affrontata l’ignoranza-cecità-confusione kleiniana (e freudiana) a proposito di introiezione, sviluppo, creatività. [1976] 10 Vedi concetto di fantasia di sparizione verso una propria situazione interiore di rapporto con l’oggetto.

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fisico divorato in stato di cecità che viene poi proiettato cioè messo nell’oggetto. L’invidia invece è una dinamica distruttiva delle qualità (creatività) dell’oggetto ma senza l’utilizzazione della identificazione proiettiva. È un guardare per non vedere. guardare per lasciare fuori di sé. una paziente, da qualche tempo, mi porta due problemi. Da un lato il fatto di vivere una situazione di indifferenza verso le possibilità sessuali del marito. Sogna di essere nella vasca da bagno e di commentare, di fronte ad un uomo con i testicoli gonfi e cianotici: «affar suo, se li tenga». Dall’altro mi racconta della frenesia di strizzare i foruncoli altrui. «Vale a dire, interpreto, che lei è eccitata e desiderosa di svuotare il pus e il materiale infetto ma è indifferente di fronte alla possibilità di godere nel ricevere lo sperma altrui. cioè lei ride e prende in giro le possibilità dell’uomo di dare lo sperma, e poi, quando ha realizzato che la sua svalutazione invidiosa ha guastato lo sperma trasformandolo in pus, si affretta a riparare strizzando foruncoli». un altro paziente che si trovava in difficoltà nella esplicazione delle sue possibilità di scrivere, possibilità che sentiva in sé come valide, ricevette da me l’interpretazione che lui si auto-inibiva per paura che l’analista lo potesse invidiare e danneggiare se realizzava queste sue possibilità. Individuata, dopo le consuete difficoltà, la fantasticheria dell’analista invidioso, passai alla interpretazione che il fantasma dell’analista invidioso era direttamente creato dai suoi vissuti invidiosi nei miei riguardi ed in particolare nei riguardi dello stile delle mie interpretazioni. La volta successiva porta un sogno: «ero in un giardino di una villa, tutto era secco e decadente. ad un certo punto era come se venisse il sole e tutto era verde

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e c’erano bellissime piante di aranci. poi tutto torna come prima, secco e decadente».

Interpreto che lui era venuto in analisi con un pensiero di lavoro inutile. «Beh, infatti», commenta il paziente, «non pensavo si potessero scoprire tante cose. Sono venuto tanto per non essere solo e avere qualcuno con cui parlare». «aveva un animo di invidia a priori verso la figura dell’analista», aggiungo, «anche prima di vedermi». pazIeNTe: avevo letto libri di psicoanalisi, Freud in particolare, ma mi veniva da pensare che erano tutte chiacchiere. aNaLISTa: Lei pensava di non poter mai utilizzare per sé il pensiero di Freud. poteva servirsene solo per scrivere articoli “culturali”11. pazIeNTe: È così. Ho sempre creduto che la mia situazione fosse irrisolvibile. aNaLISTa: Quando le ho interpretato la fantasia di sparizione contro suo padre in occasione della morte di lui, lei ha visto la luce, il sole e la possibilità di vita. Ma poi è stato subito preso dall’invidia per le mie possibilità di vedere, sapere e dire a lei la verità.

Il paziente piange in silenzio. poi dice: «era un momento terribile; mi sentivo morto, finito. Lei mi ha detto cose ancora più terribili. Lei ha detto che la verità umana è che io ho eliminato mio padre, che la morte reale è una scusa per sentirsi vittime e non colpevoli. Lei parlava con calma, non 11 Qui va chiarito. Il pensiero di Freud rende l’invidia (negazione della psicoanalisi) verità. esso serve veramente per scrivere soltanto articoli “culturali”. Tutto è “secco e decadente”. La psicoanalisi come trasformazione umana inizia con l’interpretazione della fantasia di sparizione. cfr. righe successive. [1976]

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sapevo bene se considerarla pazzo o cattivo ma sapevo che quella era la verità e che mi stava salvando. Io so che è quella calma che mi permetterebbe di scrivere bene, ma non ce l’ho, non ce l’ho, non ce l’ho!». Dice queste ultime parole con apparente calma ma piene di odio gelido. aNaLISTa: Queste ultime sue parole sono piene di invidia. È come quando, nel sogno, tutto torna secco e decadente.

Ho raccontato queste due situazioni di analisi, perché entrambe ci permettono di riflettere sulla dinamica dell’invidia. all’inizio del capitolo la terza proposizione ci diceva che l’invidia è diretta contro le qualità psichiche dell’oggetto. In entrambi i pazienti infatti si aveva una dinamica che comprendeva due momenti: 1. percezione delle qualità dell’oggetto. 2. Invidia contro le qualità dell’oggetto. Se riflettiamo su quanto abbiamo detto, dobbiamo riferire la percezione delle qualità dell’oggetto ad una percezione intuitiva. In entrambi i casi le qualità non si potevano percepire con una visione fisica ma con una visione che doveva sorpassare l’apparenza per intuire ciò che c’era dentro l’oggetto. Nel primo caso era necessaria l’intuizione dello sperma dentro i testicoli; nel secondo caso era necessaria l’intuizione della “calma”, cioè della libido che investiva il paziente di interesse, dentro le parole. percezione basata su quello che abbiamo chiamato vedere psichico che porta alla comprensione-intuizione del senso delle cose. contemporaneamente o immediatamente successivo si ha l’attacco di invidia. Si ha cioè la rovina, il guasto di queste possibilità dell’oggetto. Lo sperma diventa pus e le foglie diventano secche, cioè le parole diventano chiacchiere. 178

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Si rende evidente che l’attacco di invidia mira a guastare l’affettività, le possibilità dell’oggetto di avere un rapporto con investimento di libido genitale. Non sono quindi, gli attacchi di invidia, attacchi sadico-orali e sadico-anali ma attacchi sadico-visivi12. Il rapporto in cui si esplica l’invidia è un rapporto di percezione visiva (uditiva) e meglio ancora un rapporto in cui si esplica quel vedere psichico che abbiamo chiamato intuizione. e la reazione invidiosa è quindi una reazione di invideo, di guardare con odio, guardare e distruggere, guardare e mettere la morte dove era la vita13.

Il concetto di aggressività; la “morte” nel rapporto oggettuale un paziente, realizzata una situazione interiore di maturità affettiva, decide di partire per andare a trovare il fratello cui era morta una persona cara. al ritorno, esaminando la vicenda umana vissuta e la connessa sua realizzazione, dice che, in fondo, il lutto si potrebbe anche considerare come una questione di educazione formale. «effettivamente, commenta, bisogna adeguarsi alle regole sociali, così si evi12 anche il termine “sadico” nell’invidia non è esatto. Vedremo nelle pagine successive come si tratti di aggressività nel senso di rendere non esistente (negazione) e non di rapporto sadico che implica il concetto di identificazione ambivalente con l’oggetto. Vedi pp. 195-198. 13 Nel libro Invidia e gratitudine (p. 18) M. Klein accenna al legame tra invidia e uso degli occhi in senso distruttivo, anche riferendosi alla radice latina del verbo invideo “guardare con sospetto, malignamente, con odio”. gettare il malocchio. Ma poi capovolge e mistifica, secondo l’ortodossia freudiana, ogni discorso.

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tano prese di posizione personali che, in fondo, danno sempre fastidio». che stava dicendo il paziente? Quali prese di posizione personali era meglio non prendere? Il non andare al funerale oppure l’andarci con vera partecipazione al dolore altrui? Scelsi subito questa ultima ipotesi. Il paziente aveva evitato di prendere una posizione personale di realizzazione umana completa nel senso di vivere una disponibilità per gli altri senza secondi fini di vantaggi materiali o di vantaggi psicologici. Fu chiaro successivamente con quale meccanismo interiore avesse degradato la sua realizzazione umana di vero interesse nell’andare dal fratello. aveva pensato: «Non pago le sedute mancate all’analista così il viaggio non mi costa nulla». Furbescamente, aveva trasformato la realizzazione di maturità affettiva di interesse verso il fratello in «un viaggio di piacere pagato dall’analista». L’interesse di questo episodio di analisi sta tutto nella dinamica di trasformazione della libido. Da libido genitale che investe l’oggetto (fratello) a libido bramosa che prende i soldi all’analista. Il perché di questa trasformazione sta nel fatto che il paziente ha avuto paura di mantenere una realizzazione di maturità affettiva. ricordando ciò che abbiamo detto, vale a dire che il “nemico” della libido genitale è l’invidia, dobbiamo pensare che il paziente ha avuto paura dell’invidia dell’analista. allora abbandona la sua situazione di maturità affettiva e regredisce a “malato” furbo e bramoso di cose materiali. Ho voluto aggiungere questo terzo caso ai primi due per poter fare un discorso più completo. Nei primi due casi gli attacchi visivi si esplicavano ren180

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dendo cattive (aggressive) le qualità dell’oggetto (sperma = pus; parole = chiacchiere); nel terzo caso il paziente cambia la propria situazione in una diversa (più “cattiva”) per paura dell’attacco invidioso dell’analista. Il rendere diversa la situazione libidica (qualità) dell’oggetto va riferito pertanto ad una dinamica di aggressività concettualizzata come un fare una verità diversa dalla realtà. L’attacco di invidia va inteso cioè come una aggressività di fantasia, una aggressività nel rapporto con l’oggetto che si esplica sulla base del vedere (intuire) e cambiare (distruggere) la realtà (ciò che è) in qualcosa di diverso. Il concetto di aggressività nell’invidia è legato quindi oltre che al rapporto psichico (e non fisico) anche al concetto di vedere (e non vedere) e al concetto di fantasia14. Questo potere di fare una verità diversa dalla realtà mediante fantasia aggressiva può raggiungere un livello di onnipotenza quasi assoluto allorquando si perda il momento dell’intuizione di ciò che è (realtà)15. perduto l’investimento libidico dell’oggetto (intuizione) la verità che si determina è l’unica situazione che il soggetto realizza. ciò che è, è ciò che lui ha determinato. Non c’è rapporto con la realtà che viene resa diversa dalla fantasia del soggetto. L’onnipotenza dell’attacco invidioso viene realizzata dal soggetto come determinante realmente una distruzione (negazione) della realtà. esiste solo la verità del soggetto invidioso agente. 14 Il rapporto aggressivo in termini di sadismo e masochismo è diverso in quanto, implicando esso una dinamica di introiezione e proiezione dell’oggetto, implica anche un concetto di rapporto fisico che si lega al concetto di piacere-dolore. 15 Nel nostro dire adoperiamo i termini verità e realtà in modo diverso. riteniamo che siano effettivamente diversi. La realtà è ciò che è, indipendentemente da un soggetto in rapporto con essa; la verità implica un soggetto agente che vede la realtà.

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al momento poi, in cui un soggetto, per aver realizzato le proprie possibilità libidiche (vedi il terzo caso riferito), teme l’invidia altrui, essa è onnipotente cioè ha il potere di negare la sua realizzazione. allora il soggetto previene l’attacco invidioso cambiando egli stesso la propria situazione e si degrada (degrada la propria libido). Si rende diverso per non essere negato dall’invidia altrui. cioè preferisce regredire, scindere la affettività dal vedere, diventare lui invidioso piuttosto che subire l’invidia. possiamo quindi evidenziare nella dinamica dell’invidia: a) una defusione della libido dagli occhi (orecchie); b) un ritorno della libido alla bramosia di cose materiali: libido cieca; c) un vissuto di occhi che guardano per guastare. ci soffermiamo su questo terzo punto per approfondire il problema dell’aggressività nel guardare. La libido entrata nella dinamica della bramosia viene spesa nel circuito mangiare-defecare-proiettare. gli occhi, analogamente, vengono coinvolti nel circuito guardare e mettere. Mentre nel caso della bramosia la dinamica di mettere riguarda il mettere feci e urine nell’oggetto, nel caso degli occhi abbiamo detto che la dinamica riguarda un rovinare, guastare la vita, la vitalità delle altrui espressioni (sperma, parole). allora possiamo dire che è un mettere la morte dove era la vita. gli occhi guardano mettendo la morte, la non vita. gli occhi intrisi di istinto di morte (occhi furbi), mettono una bugia, una non verità sulla realtà vera. Il togliere la vita e il mettere la morte è quindi un dire a se stesso e agli altri una bugia. Dire e pensare l’opposto di quello che è. L’attacco invidioso è una non verità. Bugie e ignoranza, cioè in fondo cecità. Non saper vedere e, vedendola, non sa182

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per accettare la verità. evidentemente è questa l’aggressività, la morte nel rapporto oggettuale. Superbia, stupidità e ignoranza sono strettamente connesse all’invidia.

Invidia e investimento pulsionale dell’oggetto Siamo giunti, pertanto, nei paragrafi precedenti, a separare la dinamica della identificazione proiettiva (mettere urina e feci nell’oggetto) che implica una introiezione cieca dell’oggetto, cioè un impegno di libido orale-cutanea-olfattiva nel rapporto oggettuale, dalla dinamica di rapporto invidioso con l’oggetto che esclude invece l’introiezione dell’oggetto e delle qualità dell’oggetto e mette la morte dove c’era la vita. Nel rapporto invidioso con l’oggetto, il soggetto mette la non verità, mette il cattivo dove è il buono. Questo concetto di mettere, apparentemente, è analogo al concetto di identificazione proiettiva, ma in realtà è fondamentalmente diverso. L’identificazione proiettiva comprende un momento di identificazione introiettiva e con ciò comprende un rapporto oggettuale in cui è impegnata la libido diretta a prendere. L’attacco di invidia contro le qualità, e fondamentalmente contro la affettività, contro la libido con cui un individuo investe i suoi oggetti, è invece un mettere il cattivo, l’aggressività fuori di sé. Il concetto di guastare il buono fuori di sé. Ma ancora ci troviamo in difficoltà in quanto, anche con 183

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questa formulazione, possiamo far pensare ad una non distinzione dal mettere fuori di sé qualcosa che prima era dentro di sé, cioè una dinamica analoga alla identificazione proiettiva. possiamo chiarirci le idee pensando che nel caso del mettere nell’oggetto feci e urine (identificazione proiettiva) si tratta di “oggetti” precedentemente messi dentro di sé (introiettati). Nel caso dell’invidia non ci sono “oggetti”, cioè identificazioni più o meno parziali, ma solo pulsioni che investono l’oggetto e le qualità dell’oggetto. possiamo chiarirci le idee, cioè, solo concettualizzando che si tratta, nel caso dell’invidia, di un investimento pulsionale aggressivo dell’oggetto. evidenziamo con ciò che la dinamica è per un verso analoga, per un altro verso opposta (dal momento che riguarda una pulsione aggressiva) a quella dell’investimento libidico dell’oggetto esterno. Nell’ambito di una realizzazione libidica di rapporto, l’investimento libidico è connesso all’intuito. ed infatti abbiamo visto come l’attacco invidioso comprenda una intuizione delle qualità che sono dentro l’oggetto. proponiamo con ciò, anche in questo caso, una dinamica di ambivalenza (e con ciò un concetto di ambivalenza nel rapporto invidioso) nel senso detto, cioè che la dinamica dell’invidia comprende un momento di intuizione delle qualità psichiche (affettive) dell’oggetto per immediatamente sviluppare una fantastica rovina di esse mettendo la non verità nella verità-realtà della libido16. 16 collegando questo concetto di ambivalenza con quanto detto a p. 120 e ss., possiamo riassumere il significato di tale termine in tre dinamiche essenziali: 1. ambivalenza nel rapporto bramoso con l’oggetto. Il rapporto è di appropriazione dell’oggetto e, in esso rapporto, l’oggetto sparisce fantasticamente dentro di sé. 2. ambivalenza nel rapporto avido con l’oggetto. Il rapporto è di desiderio della sostanza interna dell’oggetto, di averla, farla sparire dentro di sé e alterare l’oggetto nel senso di impoverirlo, devitalizzarlo.

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accettando il concetto di investimento pulsionale dell’oggetto, il termine proiezione non trova più posto nella dinamica dell’invidia. come anche, per essere maggiormente esatti, non troverebbe posto neppure il termine “mettere” che andrebbe sostituito con “cambiare”, trasformare nel contrario, ciò che è. Il termine proiezione comprende sempre un precedente rapporto con l’oggetto, nel quale rapporto si sia verificata una introiezione (cioè un prendere) di oggetto o di immagine dell’oggetto. Nel caso dell’invidia, guardare con odio, tale odio o pulsione aggressiva ha una fonte interna al soggetto; ha una insorgenza istintuale, evidentemente nell’istinto di morte. Dobbiamo qui richiamare la concezione secondo cui l’istinto di morte trova la sua esplicazione nell’ambito del rapporto visivo con l’oggetto. Non possiamo trascurare l’importanza di questo concetto in quanto ci porterà, nelle pagine successive, a fare un discorso sull’intuizione che è, al contrario dell’invidia, un rapporto di investimento libidico dell’oggetto, un vedere e capire la verità, e non un guardare e realizzare l’opposto della verità cioè la non verità. Dobbiamo cioè ricordare di aver già detto che, alla nascita, l’espressione dell’istinto di morte consiste nel fare buio dove è luce; nel fare cioè una fantasia di opposto (contrario) alla realtà-verità. Questa prima realizzazione bugiarda dell’uomo non comprende la dinamica di proiezione in quanto non c’è una precedente dinamica di introiezione. Il feto, nell’utero materno, non ha introiettato il buio. Il buio è una realtà fuori 3. ambivalenza nel rapporto invidioso con l’oggetto. La pulsione è di investimento libidico dell’oggetto (non c’è desiderio), intuizione delle qualità dell’oggetto, cui segue immediatamente rovina, negazione di esse qualità per investimento di “aggressività”.

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del feto senza rapporto col feto stesso. abbiamo detto che invece nella vita intrauterina il feto ricava, dal rapporto libidico, la possibilità di “vedere” nel senso di percepire dalle qualità dell’oggetto esterno la presenza-esistenza dell’oggetto stesso. ed anche in questo caso di recezione delle qualità dell’oggetto, abbiamo considerato che ciò è possibile soltanto nell’ambito dell’esistenza di una sensibilità biologica, a partenza dal feto, che è in quanto il feto è in rapporto diretto con l’oggetto liquido amniotico. Venendo alla luce, il neonato fa (crea) fuori di sé quello che non c’è. Non proietta cioè una immagine di buio precedentemente introiettata. La dinamica è invece che, nell’ambito dell’insorgenza dell’istinto di morte come tendenza al ritorno allo stadio precedente, il neonato fa buio intorno a sé. Investe di morte, cioè di non verità, la verità-realtà circostante17.

L’impossibilità di essere come l’oggetto H. Segal: «L’invidia mira all’essere buono come l’oggetto, ma quando ciò è sentito impossibile, essa mira a guastare la bontà dell’oggetto, ad eliminare la sorgente dei sentimenti invidiosi. È que17 Sarebbe anche da pensare che il neonato, facendo il buio intorno a sé come fantasia legata all’insorgenza interna dell’istinto di morte, in fondo ricrea una situazione di buio reale precedente. avendo escluso che possa essere una dinamica di proiezione, ci si propone il problema della coincidenza tra la nuova situazione creata dal neonato e la realtà precedente. Non approfondisco la discussione per evitare di perdere il problema specifico dell’invidia di cui stiamo trattando.

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sto aspetto devastante dell’invidia che è tanto lesivo per lo sviluppo, perché proprio la sorgente di tutto ciò che è buono, dalla quale il bambino dipende, è resa cattiva così che non è possibile compiere introiezioni buone. L’invidia, sebbene sorga da primitivo amore e ammirazione, ha una componente libidica meno forte della bramosia ed è soffusa di istinto di morte. poiché attacca la sorgente della vita, può essere considerata come la più precoce esternalizzazione diretta dell’istinto di morte»18.

Noi accettiamo che l’invidia sia soffusa di istinto di morte, come abbiamo detto, ma pensiamo che la più precoce esternalizzazione di esso sia nella fantasia di sparizione alla nascita. Ma ci chiedevamo il modo con cui il seno è vissuto come pieno di qualità buone. Da quanto detto precedentemente, sappiamo che il disturbo, nel fenomeno invidia, è più nel senso di non poter introiettare, per cui resta maggiore l’orientamento del soggetto verso (contro) l’oggetto. Il problema di non poter introiettare non può però diventare chiaro se non consideriamo che l’invidia non è una realizzazione isolata del soggetto ma è connessa alla dinamica della bramosia. ciò che viene compromesso nella dinamica di bramosia e relativa introduzione in sé dell’oggetto materiale e defecazione-proiezione, è il sé libidico del bambino. Il sé libidico necessario perché il bambino possa realizzarsi con capacità introiettive non distruttive, non annerenti l’oggetto. Ma il bisogno, l’uso di una massiccia proiezione dell’oggetto fisico-feci, priva il bambino delle possibilità introiet18 H. SegaL, Introduzione all’opera di Melanie Klein cit., p. 51 (corsivo mio). Vedi concetto di intuito nell’invidia. [È importante non stancarsi nel rilevare e ripetere che la cecità e l’ignoranza dei testi fondamentali (kleiniani e freudiani) è assoluta. «L’invidia mira all’essere buono come l’oggetto (...)» (sic!). È esattamente il contrario; l’invidia nega e uccide la bontà dell’oggetto. (1976)].

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tive, di vedere, cioè di contenere la libido dentro di sé. Il bambino, nel momento in cui faccia uso di una massiccia e intensa proiezione per espellere da sé l’oggetto fisico reso cattivo dalla sparizione dentro di sé, farà anche uso di proiezioni intense delle qualità psichiche dell’oggetto il quale sarà ricchissimo in confronto al sé povero (impoverito dalla proiezione) del bambino stesso. ancora meno ci spieghiamo la frase di H. Segal: «L’invidia mira all’essere buono come l’oggetto, ma quando ciò è sentito impossibile, essa mira a guastare la bontà dell’oggetto».

ci troviamo quindi di fronte a questo concetto di “impossibilità ad essere buono come l’oggetto”. ritengo che sia uno degli elementi fondamentali della dinamica dell’invidia e lo studio di esso ci può permettere di chiarire meglio questa dinamica indubbiamente molto complessa. un concetto che ci può aiutare molto è quello che l’invidia, se pur possiamo riuscire ad isolarla teoricamente come fenomeno dinamico di rapporto oggettuale, in pratica, nei rapporti interumani, è strettamente connessa alla bramosia. allora potremmo cominciare a dire che il bambino sente impossibile il poter essere buono come l’oggetto perché per espellere l’oggetto fisico mangiato ciecamente ha dato la prevalenza alla proiezione, al mettere fuori di sé. con ciò si è impoverito di possibilità libidiche. una volta entrata in gioco la proiezione anche il rapporto con il seno buono avrà questa dinamica e il bambino proietterà le proprie qualità psichiche con il risultato di sentirsi inferiore e molto differente dall’oggetto; a questo punto proietterà anche questa sua “inferiorità” (aggressività) e invidierà l’oggetto buono mettendo in esso le sue cose cattive. 188

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Ma un discorso di questo genere peccherebbe in vari punti. Sarebbe semplicistico e liquiderebbe con superficialità una dinamica che a noi appare molto più complessa. Sarebbe da un lato una psicologizzazione adultomorfa della psiche infantile, dall’altro peccherebbe di ignoranza nei riguardi delle dinamiche pulsionali. In terzo luogo si cadrebbe nella confusione, precedentemente indicata, tra identificazione proiettiva e invidia. cercando di fare meglio, consideriamo: a) la fantasia di sparizione alla nascita e l’inconscio mare calmo; b) il rapporto bramoso con l’oggetto e la relativa dinamica di identificazione proiettiva; c) la scissione in buono (seno) e cattivo (seno) e la fantasia di sparizione contro il seno-feci; d) il rapporto con il seno buono; e) la libido impegnata in questo rapporto con il seno buono. Dei primi quattro punti abbiamo parlato nei paragrafi precedenti. ora dobbiamo studiare il punto e, cioè la libido impegnata nel rapporto con l’oggetto buono. La paziente che amava strizzare foruncoli mi permise di mettere in luce la dinamica libidica. La prima interpretazione che venne, dallo studio di questa “passione”, fu che lei poteva strizzare foruncoli perché con questo non toglieva all’altro qualcosa di buono da prendere in sé. Non ricavava cioè nessun vantaggio personale da questa operazione. Lo faceva a fin di bene. per “amore” dell’altro. poteva essere interpretato un annullamento del desiderio di avere per sé lo sperma-parole dell’uomo. ed ecco che compare l’altro concetto. Annullamento (negazione) della libido orale avida. 189

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allora nel rapporto con l’oggetto buono noi consideriamo una libido orale avida e una libido che investe l’oggetto vedendone le cose buone. La libido orale avida viene annullata. perché? È necessario ricorrere a quanto abbiamo detto prima. Dobbiamo considerare contemporaneamente la dinamica della bramosia cieca. Nella fantasia di sparizione contro il seno-feci il bambino annulla l’oggetto feci e il suo rapporto bramoso con tale oggetto. annulla cioè la possibilità di esplicare una dinamica di libido orale introiettiva che mette dentro di sé l’oggetto. con ciò annulla anche la possibilità di desiderare e introiettare la sostanza dell’oggetto (latte-sperma-parole). Il concetto di impossibilità ad essere come l’oggetto diventa più chiaro. Il bambino, senza libido introiettiva, non può avere la sostanza dell’oggetto e non può diventare come lui. ciò è sentito impossibile. a questo punto sorge l’invidia. e, anche in questo caso, invece di fermarci considerando il discorso esaurito, riprendiamo i due concetti dell’invidia: a) come rapporto con l’oggetto psichico e b) come rapporto ambivalente, vale a dire di intuizione delle qualità dell’oggetto e di rovina di esse qualità. Il rapporto invidioso come rapporto con l’oggetto psichico ora diventa più evidente. È stato abolito il rapporto con la sostanza fisica (latte-sperma) dell’oggetto. rimane il rapporto con le qualità psichiche dell’oggetto (affettivitàlibido). Il concetto di ambivalenza è implicito nello stesso concetto di invidia. Si guastano le qualità che si vedono (intuiscono). allora dobbiamo considerare una libido che investe l’oggetto. Ma la libido che investe l’oggetto non ha possibilità di introiettare. La libido oggettuale permette di vedere ma non di “prendere per sé” le qualità dell’oggetto esterno. 190

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Nel concetto di impossibilità ad essere come l’oggetto vanno considerati pertanto due fenomeni essenziali: 1. Inesistenza di una libido avida che possa “prendere” le sostanze buone dell’oggetto. 2. una dinamica di vedere il buono (la libido) dell’oggetto per l’esistenza di una libido oggettuale investente l’oggetto. possiamo, a questo punto, permetterci di ampliare e approfondire le riflessioni. Dicemmo della dinamica istintuale del bambino alla nascita. Dicemmo cioè che il bambino, con l’insorgenza dell’istinto di morte, facendo la fantasia di sparizione contro l’oggetto esterno (aria-luce), realizza il suo rapporto precedente con il liquido amniotico come fantasia-ricordo, l’inconscio mare calmo. Le possibilità libidiche del bambino, a insorgenza da questa prima fantasia-ricordo, al di là della fantasia di sparizione che aveva annullato il mondo, si realizzano come investimento sessuale fluttuante (intuito, incertezza, speranza). Queste possibilità libidiche devono avere, perché si abbia lo sviluppo, un rapporto gratificante con il seno-madre. Dal rapporto di libido-tatto-piacere con l’altro il bambino sviluppa l’Io originario della nascita (l’inconscio mare calmo), e questo permette agli occhi di essere sempre meno ciechi (incerti) e alla fantasia di sparizione di non ripetersi come istinto di morte contro l’oggetto umano. Ma se l’istinto di morte è particolarmente intenso e la relativa fantasia di sparizione molto vissuta, e se il desiderio che si realizza nel rapporto con il seno viene deluso, il rapporto con il seno diventa introiezione massiccia dell’oggetto fisico seno e con ciò distruttività dell’oggetto. La proiezione del seno mangiato e reso feci nere e la con191

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seguente abolizione del rapporto con il seno-feci priva il bambino delle possibilità di succhiare, cioè desiderare e avere la sostanza del seno buono. Il bambino guarda, vede e non può avere tale sostanza e bontà, cioè non può introiettare la libido del seno buono. Ha perduto il desiderio di. In questa situazione il bambino invidia (nega) tale bontàlibido e “pensa” che sia cattiveria-odio. guasta il latte che diventa, per lui, veleno. Ho ripreso questi concetti per arrivare a questo problema di trasformazione del latte in veleno e della libido in odio. Il verbo “pensa”, messo appunto tra virgolette, è evidentemente un adultomorfismo. ragionando in termini pulsionali dobbiamo concettualizzare questa trasformazione come gioco di cariche istintuali. pensiamo cioè che la libido oggettuale realizzata nell’ambiente intrauterino, quella cioè che permetteva al feto di recepire le qualità dell’oggetto esterno, una volta intervenuta la fantasia di sparizione alla nascita, non sia più sufficiente per recepire le qualità del seno buono. Ne rimane tanta quanta è necessaria per intuire tali qualità ma senza nessuna possibilità di prendere per sé la libido stessa. Mentre, nell’ambiente intrauterino, al rapporto libidico immediato con l’oggetto esterno, corrispondeva una recezione delle qualità dell’oggetto, ora al vedere-intuire le qualità del seno non corrisponde più una possibilità recettiva. Non abbiamo difficoltà a risolvere il problema rilevando che, alla nascita, interviene un elemento nuovo nella dinamica istintuale del neonato, cioè l’istinto di morte che investe l’oggetto esterno di “aggressività” ed in particolar modo di annullamento della verità-realtà della luce. La trasformazione del sé libidico del bambino alla nascita, per l’insorgenza in lui dell’istinto di morte, si caratterizza, corrispondentemente, per una trasformazione del 192

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rapporto sessuale diretto (immediato) feto-liquido amniotico, in rapporto di libido come investimento fluttuante della realtà. Vale a dire è necessaria una concettualizzazione di una trasformazione della libido che non so se chiamare regressiva. La mia resistenza ad usare il termine “regressiva”, è dovuta al pensiero che tale trasformazione, di per sé, conduce ad una necessità di rapporto con l’oggetto. È come se potessimo pensare ad una autosufficienza19 del feto nell’utero, autosufficienza che scompare alla nascita per l’insorgenza dell’istinto di morte e per la trasformazione della libido. Non ci piace il termine “regressiva” per il suo significato antievolutivo. Mentre noi consideriamo questa crisi della nascita come tutt’altro che antievolutiva. Il fenomeno umano comprende una meta di autonomia (ma non di autosufficienza) che può però essere raggiunta soltanto attraverso una lunga relazione oggettuale dipendente dai propri simili. e se pensiamo che tutto ciò avviene per l’insorgenza dell’istinto di morte e che nell’istinto di morte-fantasia di sparizione sta lo sviluppo del pensiero, possiamo ben avere difficoltà ad usare il termine “regressivo”. L’insorgenza dell’istinto di morte pertanto, conduce la libido ad una trasformazione massiccia per cui il rapporto col seno diventa di incertezza-speranza. perché l’Io del neo19 «un bell’esempio di sistema psichico escluso dagli stimoli del mondo esterno che può soddisfare da solo autisticamente (secondo il termine di Bleuler) i suoi bisogni di alimentazione, è dato dall’uccellino rinchiuso nel guscio dell’uovo con la sua provvista di alimento, e per il quale la cura materna si limita alla produzione di calore». S. FreuD, I due principî cit., p. 121; Precisazioni sui due princìpi cit., p. 455. [anche per questa citazione è necessario un chiarimento (è difficile conservare qualcosa di Freud! Il veleno della negazione della realtà umana impregna tutti i discorsi). per Freud significa che il feto non ha rapporto né vitalità. per noi significa che non ha desiderio in quanto non ci sono differenze].

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nato si dinamizzi in senso evolutivo, è necessario di nuovo il rapporto diretto, fisico con l’altro in cui si sviluppi e si soddisfi il desiderio. La perdita, invece che lo sviluppo, delle possibilità libidiche, che si verifica in questo rapporto, allorché la risposta dell’altro sia deludente, si ripercuote sul rapporto con il seno buono nel quale rapporto il vedere-intuire, non legato ad un desiderio della sostanza dell’oggetto, si trasforma immediatamente in vedere e negare, nel fare una fantasia di opposto alla verità umana: non c’è la risposta dell’altro, il desiderio non può essere soddisfatto. Investimento pulsionale di morte nel rapporto oggettuale visivo col seno. Il latte e l’amore diventano veleno e odio. L’attacco di invidia inaridisce la fonte della vita20.

20 Questo paragrafo propone grandi problemi. Se la trasformazione della libido alla nascita viene concettualizzata come realizzazione dell’inconscio mare calmo, dell’investimento sessuale fluttuante (intuito) e del desiderio della sostanza, dobbiamo dire che la degradazione del desiderio in rabbia-introiezione-identificazione proiettiva e pulsione di annullamento contro tale identificazione dipende dalla realtà umana (madre) che si mette in rapporto con il bambino e che delude il desiderio. La colpa della castrazione del bambino (negazione-identificazione), la causa della pazzia è dell’adulto-madresocietà. Ma anche se consideriamo che, in ogni modo, la degradazione della libido, alla nascita, giunge alla negazione-rabbia-bramosia in quanto il desiderio non può essere immediatamente e totalmente soddisfatto per “realtà-natura”, il discorso fondamentale umano non cambia. La responsabilità dell’altro, della madre-società umana deve portare a che il rapporto di investimento sessuale della madre guarisca il bambino dalla negazione-identificazione. Il fatto che una madre-società anaffettiva non frustri la negazione ma la confermi rendendola verità non deve alterare la mente umana. Il desiderio può essere soddisfatto. Si confronti a quale abbrutimento di rassegnazione conduca il discorso freudiano e, in particolare, quello lacaniano. «L’oggetto del desiderio non esiste». [1976]

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L’identificazione con l’oggetto invidiato «Il paziente, dicevamo nelle pagine precedenti, aveva paura di un analista invidioso delle sue possibilità di vivere un rapporto maturo con realizzazione di libido genitale investente l’oggetto di interesse». così scrivendo davamo come per sottintesa l’accettazione di un concetto di proiezione sull’analista di una realizzazione invidiosa del paziente. Questa dinamica di proiezione di una propria situazione interiore invidiosa sull’oggetto esterno non può invece essere data per scontata. Noi abbiamo sostenuto che la relazione invidiosa con l’oggetto è una relazione di investimento pulsionale dell’oggetto e più precisamente delle qualità dell’oggetto. D’altro canto il fenomeno del fantasma dell’analista invidioso delle possibilità del paziente è sempre presente nella dinamica di transfert psicoanalitico (e anche nei rapporti extraanalitici!). Dobbiamo per forza considerare che una identificazione del paziente venga proiettata sull’analista. Sembra che il concetto di proiezione, dopo tanto lavoro, rientri di diritto nella dinamica di rapporto invidioso con l’oggetto. Ma noi teniamo fermo il concetto di rapporto visivo con l’oggetto e insistiamo sulla parola invideo (guardare con odio); ciò esclude una introiezione e pertanto anche una proiezione. ci fermiamo sulla parola “identificazione” per trovare una luce che ci permetta di proseguire la strada della maggior possibile chiarezza. “Identificazione” è un termine che indica qualcosa di più che una semplice introiezione di sostanze energetiche (latte-libido). Indica un rapporto con l’oggetto che comprende, per lo meno, una introiezione di una immagine dell’oggetto stesso. 195

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La realizzazione invidiosa comprende allora una introiezione di immagine dell’oggetto. comprende cioè un rapporto con l’oggetto sulla base del triangolo occhi-bocca. In questa situazione dobbiamo per forza pensare ad una introiezione di immagine dell’oggetto che, proiettata, fa l’analista invidioso. Ma perché invidioso? L’introiezione, con la sua componente di sparizione dentro di sé, conduce alla proiezione di un oggetto sadico che esplica la sua aggressività verso il soggetto nel senso della violenza fisica. Il sadico è essenzialmente un violentatore sessuale, cioè un oggetto ambivalente, possiamo dire un oggetto fecale, ma non si caratterizza per essere invidioso. L’analista invidioso è invece una situazione psichica che non vuole avere un rapporto sessuale violento con il paziente, ma guasta la libido del paziente negando ad esso possibilità libidiche. È il fantasma dell’analista che non vede la verità della situazione psichica del paziente. È quello, come dicevamo, che pensa e dice bugie (interpretazioni sbagliate). L’analista invidioso è in ogni modo una proiezione, anche quando la proiezione si colloca su un dato di realtà. D’altra parte il rapporto invidioso è un rapporto in cui, come abbiamo detto, il paziente guasta la verità fuori di sé, cioè nega il sapere e l’interesse dell’analista senza fenomeno di introiezione, ma per un fenomeno di investimento di morte. credo che non possiamo uscire da questo dilemma se non consideriamo che nel rapporto di transfert non esiste soltanto una dinamica di invidia per la sapienza-libido dell’analista, ma si svolgono contemporaneamente altre dinamiche come il guardare e introiettare l’immagine (inizio e fine seduta) e il prendere (mangiare) l’oggetto fisico (pagamento onorario, stretta di mano). 196

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Se teniamo presente la globalità della situazione di rapporto e in particolare l’introiezione dell’immagine dell’analista (guardare e mangiare), le cose diventano più chiare. Tenendo da parte il problema della bramosia cieca (rubare l’onorario) ci soffermiamo sulle due dinamiche: a) inizio e fine seduta; guardare e introiettare l’immagine dell’analista; è in atto la funzione del triangolo occhi-bocca; b) comunicazione verbale fuori dalla vista fisica, in cui lo scambio è di dire e ascoltare parole. La possibilità di un rapporto invidioso allo stato puro si verifica solo in questo secondo caso. In questa situazione il paziente può ascoltare-introiettare le parole-sapienza-libido dell’analista, o, viceversa, può intuire (vedere psichico: non c’è vedere fisico) e svalutare, negare, guastare le parole. cioè invidiare. una volta che il paziente abbia reso le parole dell’analista chiacchiere (veleno, pus) potrebbe mangiarle-introiettarle, cosa che non avviene perché il paziente le sputa o tutt’al più le vomita o, come anche accade, non le riceve in sé. Il rapporto con l’analista, in questa problematica di invidia, non comprende introiezione né proiezione. c’è appunto una invidia delle parole dell’analista e la dinamica si ferma a questo punto. Non si può ascoltare nulla perché tutto è pus, le parole sono velenose e cattive. Ma, alla fine della seduta, il paziente introietta l’immagine dell’analista. Seno pieno di veleno, pene pieno di pus. Introiezione che poi proietterà sull’analista stesso che offrirà a lui, nella seduta successiva, pus-veleno che il paziente non potrà assorbire-ascoltare. Salvo che non faccia come la mia paziente che veniva in seduta a “riparare” con le fantasie di strizzare foruncoli-pene-seno pieni di pus; 197

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ma solo per “fare un piacere a me, per curare me del mio male”. analogamente il bambino diventato invidioso del seno, dopo aver guastato il latte-amore, può fare una introiezione-identificazione per introiezione dell’immagine di esso. con ciò avrà una identificazione invidiosa che potrà poi, nella vita, proiettare sugli altri. e avrà paura dell’invidia degli altri e annichilirà se stesso e le sue possibilità per evitare di essere denigrato o svalutato e ucciso dagli altri.

Invidia e idealizzazione un passaggio, in questo nostro ragionare, che mi sembra ancora non chiaro è il problema della idealizzazione dell’oggetto. racker dice: «prima di invidiare qualcuno noi abbiamo posto in lui una parte grande o piccola del nostro eros, della nostra libido, perché quello che noi invidiamo è sempre qualche cosa che anche apprezziamo21. Questo porre la libido nell’oggetto è ciò che in determinate circostanze impoverisce l’Io e lo lascia esposto ad una maggiore influenza di Tanatos, che si esprime con sofferenza e ansia, nei sentimenti di svuotamento, perdita di valore e distruzione dell’Io. così avviene che l’oggetto idealizzato viene inconsciamente sentito come fortemente distruttivo e persecutorio»22.

racker mette in evidenza questo concetto. L’oggetto idealizzato è persecutorio non per proiezione di aggressi21 cfr. il concetto di intuire e negare, che però racker non pensa. cfr. il “porre” successivo. 22 H. racKer, Studi sulla tecnica psicoanalitica cit., p. 119.

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vità, ma per il contrario. per proiezione della libido (che è introiettiva); e noi aggiungiamo delle proprie possibilità e qualità psichiche. L’invidia trae il suo sostentamento da questa proiezione. Il bambino, per liberarsi dall’oggetto nero fecale, proietta una quantità più o meno grande di Sé, e, se per un verso riesce a liberarsi dell’oggetto cattivo interno collocandolo nel seno con cui non ha rapporto, per l’altro verso si trova in una situazione di seno idealizzato in cui sono tutte le qualità buone ma lui è impoverito e vuoto. e se non gli sarà rimasto abbastanza sé libidico, per aver fatto una proiezione troppo intensa e massiccia, non potrà amare e vedere nel senso di introiettare le qualità dell’oggetto e invidierà l’oggetto. Non potrà, senza qualità libido, contenere gli oggetti fisici cattivi non espulsi e continuerà a guastare anche l’oggetto idealizzato. È, ritengo, da mettere in evidenza che la proiezione sul seno delle possibilità libidiche riguarda una proiezione di possibilità libidiche avide tendenti a prendere, introiettare l’oggetto e l’immagine dell’oggetto. Il concetto di idealizzazione, se pur connesso a tale “arricchimento” di libido dell’oggetto, come dice racker, non va considerato separato dal concetto di persecuzione da parte dell’oggetto idealizzato. e ciò non solo per la dinamica di arricchimento fuori, impoverimento dentro, ma anche (direi soprattutto) perché l’oggetto è arricchito di libido avida che tende a prendere, cioè quella del bambino. Il bambino assume, insieme a uno stato d’animo di ammirazione, un atteggiamento di paura e di timore di fronte all’oggetto idealizzato. Deve sempre “dare” ad esso perché in fondo lo sente divoratore. Dà per non essere divorato del tutto. e se si vuole trovare una “logica” inconscia, si può anche dire che, nel mettere nell’oggetto idealizzato, per gua199

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starlo, i suoi oggetti cattivi, il bambino soddisfa questa avidità, riempie la bocca avida del dio. Il pensiero delle feci e urine come “dono”, ritrovabile nel bambino e nell’inconscio dei pazienti, può essere ricordato. È di pratica quotidiana assistere al fenomeno dell’idealizzazione o dell’ammirazione per l’analista. L’analista è tutto, il sapiente, il ricco, la persona matura e felice. È la situazione più pericolosa in analisi perché poi, prima o dopo, arriverà l’attacco di invidia. e allora l’analista è superbo, astratto, esibizionista, avido di denaro, arrivista, non umano perché senza sofferenza, e facilone. e se l’idealizzazione è stata eccessiva e intensa, l’attacco di invidia può assumere la forma più pura di annullamento dell’oggetto-analista e del rapporto con l’oggetto: il paziente lascia l’analista attuando la fantasia di sparizione e annullando l’analista e la sua identificazione fondamentale di validità psichica proiettata sull’analista stesso. cioè l’attacco di invidia può arrivare alla sua matrice primitiva di fantasia di sparizione-istinto di morte. Non c’è più il freno della libido e non c’è più intuizione e negazione, né il mettere cose cattive nell’oggetto. c’è l’annullamento, la sparizione dell’oggetto e del rapporto con l’oggetto. come dire l’istinto di morte allo stato puro. allontanamento, sparizione dell’oggetto. c’è la sparizione del proprio sé libidico e della possibilità di avere rapporti oggettuali. Nell’invidia è bloccata la possibilità introiettivo-visiva perché il bambino ha esaurito le sue possibilità di oralitàlibido-piacere. È alle prese con il bisogno di espellere, mettere fuori di sé gli oggetti neri cattivi fisici, fatti sparire dentro di sé. corrispondentemente guarda e nega la libido dell’oggetto, guarda guastando, rovinando l’oggetto. guarda con istinto di morte. gli occhi, meglio il guardare (inteso più in senso psichico che non fisiologicamente visivo), ha la ca200

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ratteristica di allontanare da sé, aumentare sempre di più la distanza dall’oggetto fino a giungere, abbiamo detto, ad allontanarlo completamente, nel senso di farlo sparire. e con ciò gli occhi diventano ciechi23. Se viene ridotta l’introiezione di libido il bambino perde sempre di più la possibilità di sviluppare il “vedere”. e noi possiamo dire il perché. Senza il vedere non si ha l’introiezione di sostanza. La negazione della sostanza conduce alla bramosia, cioè al mettere dentro di sé l’oggetto fisico; e con ciò, nella soddisfazione dell’introiezione dell’oggetto si ha anche la distruzione della stessa libido in quanto l’introiezione dell’oggetto rende l’oggetto stesso inanimato, feci. Vale a dire che sono due fenomeni che si nutrono a vicenda. La bramosia aumenta l’invidia e l’invidia aumenta la bramosia. L’affamato di cose materiali è sempre più cieco, il cieco psichico è sempre più affamato di cose materiali. Ma il cieco non è cieco assoluto, guarda ma non vede. anzi guarda guastando la realtà, cioè mettendo nella realtà la non verità.

L’attacco di invidia contro l’oggetto totale con libido genitale un caso che può essere considerato interessante per molti aspetti, sia perché può essere difficile intuire in esso un 23 Il fatto corrisponde anche al fenomeno fisico che gli occhi, se non vengono usati, ma tenuti al buio, perdono la capacità di vedere. e, fatto ancora più interessante, sembra che non si noti nessuna atrofia pur persistendo la cecità.

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problema di invidia, sia perché può portare a riflessioni sul problema del transfert e controtransfert sessuale, è quello in cui una paziente cerca di suscitare nell’analista desideri sessuali verso la sua persona fisica. Ho attualmente in analisi una giovane ragazza che, dopo anni di analisi, ha accettato una propria situazione di femminilità ed ha con me un transfert fondamentalmente positivo comprendente stima, affetto, desiderio di conoscere e sviluppare la sua personalità. Il problema che si presenta spesso è quello dei suoi desideri sessuali che chiedono soddisfazione. Si rende chiaro che i suoi approcci con altri ragazzi hanno, in fondo, come motivo fondamentale, quello di suscitare la gelosia dell’analista e smuoverlo dalla sua “impassibilità”. La cosa viene considerata comprensibile, in quanto se la sua libido è tutta orientata verso la persona dell’analista, è anche comprensibile che le relative eccitazioni sessuali chiedano soddisfazioni dall’analista stesso. La situazione sembra perfettamente normale. La paziente ha realizzato una propria situazione di possibilità di rapporto oggettuale su base libidica, di amore e simpatia per l’altro ed è ovvio che tale relazione su base libidica comprenda desideri sessuali che chiedono soddisfazione. Sarebbe da ricorrere ad un discorso di professione e di etica professionale, ma, come dice Freud24, mi trovo nella fortunata condizione di poter sostituire, senza che il risultato pratico cambi (io direi che invece cambia e cambia in meglio), il precetto moralistico con la osservanza della tecnica analitica. accade infatti che, approfondendo la situazione, si scopre che, se è pur vero che il desiderio verso l’analista è ses24 S. FreuD, Amore di transfert, in c. MuSaTTI, Freud con antologia freudiana cit., p. 267; S. FreuD, Osservazioni sull’amore di traslazione, in Opere, vol. VII, Boringhieri, Torino 1975, p. 366.

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suale e perciò accettabile, tale desiderio sessuale viene utilizzato per soddisfare una dinamica di invidia. La paziente vuol mettere in me una eccitazione sessuale di desiderio di contatto fisico con la sua persona. perché? Tenta di guastare la mia serenità di poter considerare e parlare delle sue fantasie sessuali nei miei riguardi senza esserne turbato. cioè lei sente che il suo rapporto con me, se pur affettuoso, non è completamente maturo e sereno. percepisce che l’interesse dell’analista per la sua personalità psichica e il suo relativo sviluppo è un qualcosa di più evoluto e maturo che non “l’innamoramento”. Lei pensa di non poter arrivare a tale serenità di rapporto, perché le viene l’angoscia di una realizzazione di indifferenza e di anaffettività, e allora cerca di rendere l’analista come lei. Mettere in lui una libido non completamente contenuta e maturata. e, per essere più precisi, non mettere una libido quanto provocare, indurre nell’analista una trasformazione in senso... regressivo, cioè nel senso di un desiderio di piacere contatto fisico. È in questo tentativo di modificare, trasformare l’approccio libidico dell’analista, che può essere visto un problema di invidia. Questo tentativo comprende infatti un vissuto di impossibilità ad essere come l’oggetto, per una difficoltà a recepire un assetto interno di libido in cui la pulsione sessuale diretta al contatto fisico è completamente integrata all’Io, tanto da realizzarsi in maniera armonica con il senso di realtà senza dover andare incontro a negazioni o proibizioni. cercai infatti di spiegare alla paziente il concetto di sessualità come desiderio o come stare insieme all’altro: e che questo secondo è il concetto di maturità sessuale che si integra al principio di realtà. Il discorso mi è sembrato da riportare per due ragioni principali: 203

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1. perché è difficile trovarvi un problema di invidia. 2. perché si tratta di sessualità al servizio dell’invidia. cioè non propriamente mettere “aggressività-morte” nell’altro, quanto soltanto provocare una situazione “diversa” da quella che è. In fondo, anche se non è un mettere la morte è sempre un non vedere e accettare la verità. Inoltre anche perché fa riferimento al problema della ricerca incessante di essere come l’oggetto (o rendendolo come se stesso, o cercando di diventare come l’oggetto) e al problema del “superamento” di certe situazioni interiori di sé nel proprio rapporto con l’oggetto e la relativa angoscia che, “facendo sparire” la situazione libidica attualmente vissuta, si perda, si faccia morire, la libido stessa25.

gratitudine e riconoscenza. La dipendenza depressiva dall’oggetto idealizzato e la libertà Il dizionario della lingua italiana diretto da giorgio cusatelli riporta: «Gratitudine: sentimento dell’animo grato». «Grato: che ricorda i benefici ricevuti ed è disposto a ricambiarli. Sinonimo: riconoscenza». «Riconoscenza: si riferisce a gentilezze rice-

25 È l’odio-invidia per il rapporto di investimento sessuale che è creativo. Il rapporto di desiderio è evolutivo e non creativo. allorché il passaggio-trasformazione del desiderio in investimento sessuale si pensi impossibile, si deve distruggere (negare) l’investimento sessuale stesso.

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vute. Sinonimo: grato». «Riconoscere: esaminare con attenzione. ravvisare in base ad un indizio una persona o una cosa per quello che è; identificare, distinguere».

Se noi studiamo il significato delle parole, non possiamo non notare che gratitudine è uno “stato d’animo” di chi “ricorda i benefici” ed è disposto a “ricambiarli”. Non possiamo non riflettere e considerare. gratitudine è un concetto affettivo, un affetto (emozione) di uno che ricorda. Qualcuno che tiene in sé cose avute da un altro. La propria realizzazione umana è legata all’aver preso doni (benefici) da un altro. Il riferimento, in queste formulazioni, a dinamiche di oggetti, o quanto meno a immagini introiettate, diventa evidente. Ma noi sappiamo che la dinamica di rapporto oggettuale, in cui si realizzano queste fantasticherie, comprende sempre un danneggiamento (castrazione o svuotamento) dell’oggetto. come comprende, analogamente, la realizzazione di avere in sé immagini e oggetti alterati. L’oggetto da cui si sono avute queste “cose” (il che nell’inconscio equivale ad “a cui” si sono tolte queste cose) viene idealizzato, cioè reso più o meno astratto, lontano, estraneo a sé perché intrinsecamente aggressivo. La possibilità del ricordo è legata ad una possibilità di contenere questi oggetti e immagini in sé per quanto alterati (anneriti) per l’introiezione essi siano. In questa situazione la libido di chi ha “preso” è abbastanza valida da poter evitare proiezioni e identificazioni proiettive (cosa molto dubbia). e allora il soggetto “ricorda”, riesce cioè a sopportare il senso di colpa relativo. accetta, in altre parole, una posizione depressiva. però è “disposto a ricambiare” questi “benefici”, vale a dire è pronto alla identificazione proiettiva anche se in forma sublimata di portare “doni” (feci e urine) all’oggetto idealizzato. 205

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ISTINTo DI MorTe e coNoSceNza

È un assetto cioè, quello della persona grata, di uno che riesce a mantenere una relazione con l’oggetto idealizzato, contenendo gli attacchi di invidia, cioè contenendo l’invidia dentro di sé e il relativo Superio invidioso. può essere un assetto umano auspicabile (?)26, ma forse c’è di meglio. e questo meglio lo troviamo studiando la parola riconoscenza. già il vocabolario parla di “gentilezza” e non più di “benefici”, parola, questa seconda, che ha un sottinteso di oggetti materiali. Ma poi ci dice che riconoscere è ravvisare una persona o una cosa per quello che è. Quest’ultima dizione, per quello che è, ci interessa. Noi abbiamo studiato e visto che il rapporto interumano deve tendere a una relazione psichica di scambio di immagini e di pensiero. Il bambino e l’uomo devono tendere al superamento del principio del piacere cioè al superamento della soddisfazione della bramosia nel loro rapporto con l’oggetto. Il mantenimento di un rapporto umano sulla base di soddisfazione per introiezione di oggetti fisici, porterà sempre a invidia e identificazioni proiettive o quanto meno, a depressione cioè al mantenimento di un conflitto interno. Meglio allora la strada della riconoscenza. realizzare cioè uno scambio psichico con l’oggetto, sulla base della introiezione delle immagini-qualità dell’oggetto; ma ciò implica ancora la proiezione dell’immagine. La situazione cui dobbiamo tendere è soprattutto quella della visione dell’oggetto per quello che è, vale a dire quella dell’investimento libidico dell’oggetto con libido genitale. Il rapporto è di fare propri i pensieri dell’altro, elaborarli e sviluppare una propria attività di pensiero e poi riconoscere nell’altro le stesse capacità di pensiero. In questa maniera possiamo 26 Sono i discorsi schizofrenici della Klein. Come se il rapporto di invidia e identificazione introiettiva potesse magicamente tenersi in sospeso senza che si verifichi l’identificazione proiettiva. [1976]

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La FaNTaSIa DI SparIzIoNe e L’INVIDIa

anche riconoscere, nel senso di identificarci per contemporaneamente distinguerci (vedi dizione del vocabolario)27. La gratitudine non può essere separata dal rendere grazie, cioè ingraziarsi una persona temuta, perché ad essa si è tolto, rubato qualcosa. Meglio conoscenza (riconoscenza) che vuol dire accettazione dell’altro, amore e interesse per l’altro, identità psichica e distinzione.

27 Questa parola, identificarsi, rivela tutto il suo interesse allorché si evidenzi la furbizia di una cultura basata sulla scissione, sull’invidia e la negazione, che tende, con giochini di parole apparentemente irrilevanti, a confondere e paralizzare. Identificare, identificarsi da significa separazione e identità. Identificarsi con significa delirio e perdita dell’identità. cfr. La marionetta e il burattino cit.

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Proiezione e intuizione

«Un’altra difficoltà in cui ci si imbatte è costituita da quei momenti in cui l’analista viene colpito da una intuizione e poi lascia che si dilegui per sostituirla con ciò che egli ha appreso dalla lettura o dalle precedenti esperienze analitiche. È ben noto quanto facilmente ciò si verifichi e quanto sia difficile combattere l’abitudine a farlo, una volta presa quest’abitudine: gli effetti che essa esercita sull’intuito psicoanalitico all’inizio sono soltanto negativi, ma, se si insiste, in seguito diventano disastrosi. occorre perciò che l’analista si lasci assorbire da quell’insieme di situazioni che permettono di “vedere” ciò che sta succedendo e allora le realizzazioni analitiche si imporranno da sole con la conseguenza che le diversità di osservazione tra un analista e l’altro assumeranno proporzioni molto più modeste»1. 1 W. R. Bion, Analisi degli schizofrenici e metodo psicoanalitico cit., p. 234. Queste citazioni vanno considerate in maniera analoga a quanto ho detto alle pp. 164-165 a proposito de La negazione di Freud. Prese a sé sarebbero accettabili ma, allorché si consideri che Bion non conosce l’io del ricordo-fantasia né tampoco l’investimento sessuale, non si comprende più di quale “intuito” possa parlare né di quale “vedere”. Bion non esce mai dalla concettualizzazione del rapporto interumano come dinamica contenente-contenuto. non si muove cioè dalla dinamica di identificazione introiettiva e proiettiva. Essa dinamica è, in verità, una delle tre fondamentali (fantasia di sparizione, invidia, bramosia). Bion non fa altro che girare in tondo su un elemento confusamente intuito da Freud: l’identificazione. non può quindi che parlare di intuito per parlare del suo contrario: la negazione. [1976]

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istinto di moRtE E conoscEnza

negazione e proiezione La paziente chiede l’analisi perché è molto angosciata. «Quello che penso, succede» dice come motivo principale della sua angoscia. Lei pensa una parola e poi la sente dire, o la trova scritta. a questo punto è come se non sapesse più chi è, dove sta; viene presa da grande angoscia. «non è che non sappia effettivamente chi sono e dove sto nella realtà, ma è come se non lo sapessi. non so come spiegarglielo». È che lei la cerca la parola pensata o fa in modo che gli altri la dicano, interpreto successivamente. se non le riesce si rassicura, ma se le riesce entra in angoscia. se la realtà è diversa da ciò che ha pensato si rassicura, se è uguale si angoscia. ciò non è perché lei sa della realtà, non è perché lei sa prima ciò che succederà, ma perché è convinta che ciò che pensa succederà. Vale a dire è il suo pensiero a determinare l’evento. a questo punto lei si angoscia e si sente come perduta, non esistente. Lei è convinta che riesce a mettere nella realtà, negli altri, il suo pensiero. con ciò lei nega la realtà, la rende inesistente per ciò che è e automaticamente rende inesistente se stessa per ciò che è; non sa chi è e dove sta. La paziente dice che nella sua vita non c’è mai niente di nuovo, solo le crisi di angoscia. «tante volte le desidero perché almeno mi sembra di vivere», dice. Questo è perché, interpreto gradualmente seduta per seduta, lei oscilla tra due situazioni. Per un po’ mantiene uno stato d’animo di isolamento e disinteresse dall’ambiente e dagli altri; quando si spaventa di questo isolamento e menefreghismo, che, per un po’, le sembra una difesa dall’angoscia, e prende rapporto con gli altri, si interessa a loro ma per mettere in loro i suoi pensieri e i suoi stati d’animo. 212

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PRoiEzionE E intUizionE

Porta un sogno: «Eravamo in seduta: c’era lei, analista, che mi diceva: “ora vedo nel libro e poi le spiego”». anaLista: Lei preferisce pensare che le spiegazioni che io le do siano state da me lette in un libro. Perché? È che lei ha paura della mia possibilità di comprensione e spiegazione diretta. PaziEntE: come fa lei a capire un sogno se non l’ha mai studiato su un libro? sono invenzioni sue quelle che mi dice... però è vero che sui libri non ci può essere scritto tutto! anaLista: Quest’ultima sua frase significa che lei percepisce che io comprendo direttamente le sue comunicazioni per quel che significano, però ha immediatamente paura e dice che sono invenzioni. Fantasie personali mie che io voglio mettere in lei. Questo è il suo modo di fare con gli altri. Lei non comprende gli altri ma mette in loro le sue fantasie e i suoi stati d’animo. Lei, sognando che io, per poterle dare la spiegazione, devo leggere il libro, cerca di negare la mia possibilità di comprendere-intuire i suoi problemi, cioè di comprendere lei. Lei ha odio verso queste mie possibilità di intuizione-comprensione.

È il concetto e la dinamica dell’invidia. La paziente ammette di essere invidiosa e di avere una terribile paura dell’invidia degli altri. «sono sempre falsa e ipocrita; non dico mai quello che penso. dico sempre ciò che ritengo faccia piacere agli altri. Faccio sempre i complimenti; se poi qualcuno mi dice che sono bella o brava o che ho un bel vestito, mi viene il terrore». «io penso, dice, che tutti ce l’abbiano con me anche se non lo danno a vedere».

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istinto di moRtE E conoscEnza

anaLista: Pensa cioè che anche io sia invidioso di lei. PaziEntE: nooo! che dice, non di me, lei sarà invidioso dei colleghi, di quelli più bravi di lei. anaLista: se lei pensa che io abbia un problema di invidia, lo sentirà rivolto verso di lei. sentirà che quello che io le dico è per farla arrabbiare, per spaventarla. sentirà che io voglio buttare dentro di lei qualche cosa di me che mi disturba: rabbia, paura, disinteresse. PaziEntE: certo! tante volte è lei che mi fa arrabbiare! anaLista: Questo, lei, lo realizza perché mi nega l’interesse e l’affettività impliciti nel fatto che mi occupo di lei. PaziEntE: ma l’analista non è freddo e distaccato? io ho sempre sentito così. anaLista: L’analista “freddo e distaccato” è quello in cui è stato messo il problema del vuoto affettivo, che si realizza predicatore ed esibizionista, astratto, che fa lezioni e non spiega perché non comprende i problemi del paziente.

La volta successiva la paziente porta un sogno: «nella stanza dell’analisi entra sua moglie, una signora bionda, gentile, le dà un pacco. Lei lo apre: c’è un orsacchiotto di peluche, giallo, che lei dà a me e che io abbraccio». anaLista: La “signora bionda” è la rappresentazione dell’affettività-interesse dell’analista di cui parlavamo l’altra volta. Lei ha la possibilità di ricevere qualche cosa di morbido se non toglie alle interpretazioni la loro caratteristica di affettività con cui vengono date. ma questo qualche cosa, anche se morbido e se dà la sensazione di calore, è ancora inanimato. Perché lei ha percepito la tenerezza e il calore dell’analista ma non ancora le interpretazioni. Questo è perché lei, in lei stessa, comincia a percepire l’affettività ma nel senso di tenerezza e calore umano. il giallo si riferisce all’urina, cioè ai genitali, cioè al piacere fi-

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PRoiEzionE E intUizionE

sico, al suo interesse per gli altri per ricercare carezze, piacere fisico. La paziente si agita un po’ sul lettino, sembra angosciata. Questo muoversi mi fa pensare ad una masturbazione. continuo: questa comparsa dell’affettività in analisi la angoscia, perché lei la vive come scambio di piacere fisico. ciò accade perché lei vive la sua affettività come affettivitàsessualità infantile, come bisogno di carezze e di baci. PaziEntE: Pensavo a quando, da piccola, andavo in braccio a mio padre, ma mio padre mi mandava sempre via. anaLista: non era suo padre “che la mandava via”; era lei che non riusciva a sopportare questa se stessa alla ricerca di affetto-piacere sessuale, appunto perché era scisso dall’interesse per ciò che sapeva o diceva e per ciò che era, come uomo, suo padre. Per lei suo padre era un oggetto fisico da cui ricavare piacere. PaziEntE: ma che dice! Le bambine pensano queste cose!? anaLista: La sua ignoranza, il suo non sapere ciò, deriva dal fatto che, vivendo la sua affettività come ricerca di solo piacere fisico, lei poi è sempre stata portata a negare, annullare questa se stessa affettiva e sessuata. senza affettività il suo interesse e curiosità per gli altri è sempre stato aggressivo nel senso di mettere negli altri i suoi problemi invece di ascoltare e imparare dagli altri, invece di guardare e vedere per mettere in sé le immagini. Lei guardava e non vedeva, guardava per liberarsi dei suoi problemi, guardava per mettere invece di guardare per introiettare, per ricevere e arricchirsi di immagini. Lei era guardante e non vedente. Fisicamente ci vede bene, psichicamente è cieca, non vede. PaziEntE: E questo è per l’affetto. anaLista: sì, perché gli occhi senza affettività sono aggressivi, guardano e fanno sparire, guardano e rovinano. 215

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istinto di moRtE E conoscEnza

La volta successiva porta un sogno: «stavo ad una finestra. avevo una pila di quelle tascabili, faceva una luce intensa nella strada buia, ma avevo paura che, se illuminavo una persona, la luce le potesse far male». anaLista: La pila che fa luce è ciò che lei ha acquisito, ma anche fantasticamente preso, in analisi. Lei, nelle sedute, e specialmente in queste ultime in cui viene con uno stato d’animo di affettività, realizza di ascoltare-guardare, ma anche di prendere qualcosa di fisico. il pene fisico, e non solo le possibilità, la potenza psichica dell’analista. allora si ritrova con possibilità di fare luce, ma con un oggetto materiale in mano e la luce che lei fa può essere dannosa. Questo perché il prendere, insieme all’apprendere, implica un vissuto di aggressività. La fantasticheria di mettere in sé non solo la mia psiche, il mio sapere, la mia attenzione, costanza, le mie qualità umane in genere, ma anche il mio pene fisico, implica che lei lo faccia sparire dentro di sé (la pila era nera) e con ciò diventa oggetto inanimato e nero. cioè le sue possibilità di comprendere diventano nulle o inanimate, cioè non vitali; cioè non possono dare. i raggi non servono solo per vedere e togliere il buio ma possono far male. Perché lei li butta fuori di sé, contro gli altri alla stessa maniera di come ha messo fuori di sé il pene fisico diventato pila. È la stessa cosa di quando le dicevo che lei guardava per mettere i suoi problemi negli altri e non per “vedere” e capire gli altri. così negava, annullava la realtà-verità degli altri e li guastava mettendoci i suoi problemi. Le sue possibilità, la sua potenza diventano forza fisica, senza vita e vitalità psichica, lei non può dare, può solo mettere.

tenni presente, poi, nel lavoro analitico successivo, il problema che la proiezione impoverisce l’io delle possibi216

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lità libidiche. sessualità cieca – bramosia – proiezione (identificazione proiettiva) dell’oggetto fisico mangiato – perdita del desiderio → invidia. interpretai: lei non sapeva ciò che avrebbe detto l’altro perché non poteva esercitare l’intuito. metteva nell’altro un suo pensiero, poi provocava l’altro e lo conduceva a dire la parola. così realizzava che il problema legato alla parola non era suo, ma dell’altro. Però con questo lei realizzava uno svuotamento di sé perché metteva tutto nell’altro, anche ciò che poteva esserci di affettività anche se questa affettività era sessualità diretta a prendere. cioè desiderio del pene, bramosia di prendere e mettere dentro di sé il pene, bramosia di riempirsi fisicamente. ma mettendo tutto nell’altro lei si privava anche del desiderio che è affettività, libido, ed è la radice e matrice delle possibilità del rapporto umano. interpretai anche alla paziente l’integrazione affettivitàcuriosità, l’integrazione desiderio-interesse per la personalità psichica altrui. sapevo, fin da quando aveva portato il sogno dell’analista che legge il libro, che aveva avuto un punto di fissazione allo svezzamento. insieme a quel sogno, infatti, ne aveva fatto un altro: «tirava fuori dalla sua bocca pezzettini di vetro».

Erano evidentemente morsi dati alla bottiglia del biberon. E la sua bocca era diventata piena di pezzettini di vetro e la sua libido-bocca-piacere del rapporto umano era vissuta come perduta. aveva fatto, evidentemente, una pulsione di annullamento contro il seno perduto nello svezzamento, e, diventata cieca psichicamente, poteva attaccarsi al biberon solo con avidità e rabbia; non poteva sopportare 217

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il distacco dal biberon, ovviamente, alla fine della poppata, perché la privazione del piacere fisico, unico rimasto dopo la cecità psichica realizzata per la pulsione di annullamento, la portava a non avere più niente, a non essere più niente come nelle crisi di angoscia: «non sapeva dove era e chi era»2. La paziente ha fatto pochi mesi di analisi. si sta «levando i pezzetti di vetro dalla bocca» e comincia a realizzare ed accettare le possibilità di comprensione-intuito dell’analista, come, corrispondentemente, accettando l’affettività, anche se ancora vissuta come sessualità recettivo-captativa e perciò ambivalente, ritrova le sue possibilità di comprensione, di guardare e vedere. il problema di questa paziente era particolarmente evi2 È quello che accade quando i pazienti non sopportano le vacanze dell’analista o addirittura la fine della seduta. È perché sono ciechi, il rapporto con l’analista è basato su fantasticherie di piacere fisico. E loro, essendo ciechi, ne hanno bisogno, perché tolto quello, rimangono senza nulla o con un vissuto di rabbia atroce. cosa che li porterà poi sempre di più a negare ed alienare la propria affettività-libido vissuta come rabbia dannosa per l’oggetto. negazione e alienazione che, a loro volta, renderanno la cecità psichica incurabile. È la ragione per cui non tardo mai a interpretare la fantasia di sparizione fin dalle primissime sedute, non appena il paziente me ne dia il minimo spunto, cosa d’altronde che tutti i pazienti fanno, perché i pazienti in analisi portano il problema della cecità, sempre. “sanno” che quello è il trauma fondamentale e che senza l’analisi della cecità psichica non c’è una cura ma solo sostegno, consolazione, incoraggiamenti, carezze e baci. so che molti analisti si sono interessati del problema separazione dall’analista, con interpretazioni insistenti sul distacco di fine settimana, sui problemi del “paziente del lunedì” ma non ho mai letto della interpretazione specifica della fantasia di sparizione fatta con gli occhi e della relativa cecità psichica, morte psichica, del connesso concetto che far sparire l’analista è far sparire la identificazione proiettata sull’analista. come anche che l’identificazione proiettiva più o meno massiccia, conseguente al distacco, è in relazione al vissuto della propria affettività-sessualità come bramosa cioè come diretta all’introduzione dell’oggetto fisico che viene immediatamente messo fuori di sé, nell’oggetto stesso. È anche la ragione per cui ho considerato come maturazione essenziale per un buon lavoro psicoanalitico, l’accettazione controtransferenziale del transfert affettivo-sessuale-infantile-ambivalente dei pazienti e l’attenzione messa nell’interpretazione di tale transfert sessuale in modo che la verbalizzazione di esso non venga sentita come necessità di eliminazione di tali pulsioni ma come necessità di integrarle all’interesse psichico.

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dente nella dinamica proiezione-intuito. mi interessò, appunto, il primo sogno evidente di transfert (il sogno dell’analista che legge il libro prima di rispondere) in cui veniva colpita la sapienza dell’analista nel suo aspetto particolare di comprendere direttamente, intuitivamente, la psiche altrui. La situazione psicoanalitica descritta si inserì facilmente pertanto in un interesse particolare nato dal fatto che stavo elaborando la conoscenza delle dinamiche relative al comprendere, al nozionismo, al parlare esibizionistico, quello cioè fatto per mettere negli altri e non per dare. E aumentò il mio interesse per il concetto di proiezione-intuizione. il vedere negli altri non ciò che c’è, ma ciò che ci si è messo. oppure, viceversa, il vedere negli altri ciò che c’è anche se “nascosto”.

il concetto di intuizione La vitalità dicevamo, in una nota (n. 17, p. 60) nelle pagine precedenti, che avremmo ripreso il concetto del vedere psichico, concetto che ora possiamo chiamare del sapere intuitivamente della psiche altrui. E qui possiamo notare anzitutto che il discorso sull’intuizione riguarda un rapporto interumano o quanto meno un rapporto tra oggetti animati. il discorso non si pone se un elemento del rapporto è un oggetto inorganico, una cosa dotata soltanto di materia. È cioè necessaria la esistenza della vita, o più esattamente, della vitalità. noi sappiamo ormai che nella esistenza umana è presente l’istinto di morte che si oppone alla vita. noi sap219

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piamo anche che la realizzazione dell’istinto di morte, della non vita, si ha nella fantasia di sparizione, che non ha fatto immagine-memoria nella realizzazione del ritorno ad uno stadio precedente, nell’utero materno. abbiamo considerato che il freno all’istinto di morte, inteso teoricamente come ritorno allo stato inorganico, è dato dal rapporto che il feto ha avuto con l’ambiente intrauterino, con il liquido amniotico caldo e mantenente l’omeostasi. abbiamo considerato questo il primo rapporto e dobbiamo considerarlo in ambiente buio, vale a dire senza esplicazione della visività fisica. al buio fisico, chiamiamolo così. ma non alla non vitalità. il feto negli ultimi tre mesi di gravidanza è vitale anche se non vivo. abbiamo detto vitalità ma non vita. Questo ci permette di fare un’altra riflessione. il feto nell’utero materno è vitale ma non vivo. diventa vivo alla nascita in coincidenza con la realizzazione della fantasia di sparizione, cioè in coincidenza con la realizzazione e l’esplicazione (attività) dell’istinto di morte. cioè: la vita comprende nel suo stesso concetto l’esistenza e l’attività dell’istinto di morte. siccome noi sappiamo che l’istinto di morte diventa fantasia di sparizione e realizzazione di immagini interiori soltanto quando è integrato al sé libidico attivo, noi allora consideriamo che il concetto di vita è un concetto di vita psichica.

L’istinto sessuale e la sua fonte all’interno dell’uomo dicevamo quindi che ci interessa la vitalità. Quella vitalità indubbiamente esistente negli ultimi tre mesi di vita intrauterina, come dimostra il fatto che i bambini nati prima del termine possono condurre una vita psichica normale. ma noi sappiamo che sono al buio fisico. La capacità di 220

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realizzare l’esistenza dell’oggetto, di vivere un primo sé vitale deve essere per forza legata ad un’altra possibilità che non sia il vedere fisicamente (o l’ascoltare con le orecchie). dobbiamo pensare pertanto ad una sensibilità senza occhi, di realizzare una presenza senza usare fisicamente gli occhi, solo attraverso la cute, il tatto. ma noi consideriamo e accettiamo che non è sufficiente la stimolazione esterna perché il feto percepisca, perché accetti in sé qualche cosa di realizzazione interiore. se non c’è una attività del feto la sensibilità non ci può essere3. Questa attività-recettività del feto può essere ritrovata soltanto nello sviluppo del sé libidico del feto stesso, nella comparsa nel feto di vitalità, che pertanto noi ora intendiamo come comparsa di libido che permette un rapporto. che corrisponda più o meno al periodo del 180° giorno di esistenza intrauterina, che abbia cioè una corrispondenza con la possibilità di vita fisica, questo non è il nostro problema. a noi interessa considerare la comparsa (o l’esistenza fin dallo zigote) di una vitalità che coincide con la possibilità di rapporto oggettuale. Pertanto abbiamo: vitalità = libido = possibilità e costituzione di rapporto = percezione = “vedere”. non consideriamo soltanto che il feto viene investito da calore e omeostasi e realizza un calore libido e una omeostasi per questo fatto. consideriamo che il feto ha un rapporto sessuale diretto con l’ambiente esterno a lui, e con ciò e per-ciò può recepire ed aumentare le sue realizzazioni e possibilità libidiche dato che l’ambiente esterno corrisponde alla sua attività di rapporto. 3 sottolineo questo concetto: se non c’è una attività del feto la sensibilità non si può avere. Esso fa cadere il discorso del narcisismo neonatale e il discorso dell’identificazione come formazione dell’io: ovvero il discorso freudiano.

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arriviamo quindi a rapportare questo “vedere”, questo recepire, al rapporto libidico nei riguardi dell’oggetto esterno. La sensibilità nei riguardi dell’oggetto esterno (liquido amniotico) è legata alla vitalità del feto. nell’ambiente intrauterino l’oggetto esterno corrisponde al rapporto del feto e, dato che corrisponde, il feto percepisce ciò che ha sentito“visto”. non ci sono contraddizioni, non ci sono modificazioni. Potremmo dire che si tratta di una percezione esatta. ma, dopo la nascita, c’è una seconda possibilità: l’oggetto esterno non corrisponde alla percezione-investimento libidico e il bambino deve andare incontro ad una modificazione di ciò che percepisce. non percepisce ciò che ha visto, l’oggetto esterno non è uguale all’investimento-vedere. Può essere più buono, può essere più cattivo, nel senso di essere più o meno ricco di libido. Vale a dire l’oggetto esterno può tendere ad aumentare l’omeostasi e il benessere del bambino oppure può tendere a diminuirli. nel primo caso sarà un oggetto buono, nel secondo caso un oggetto cattivo. nel primo caso il bambino sarà costretto a correggere il suo investimento-vedere nel senso di diminuire il suo malessere. nel secondo caso sarà costretto a correggere il suo investimento-vedere nel senso di aumentare il suo malessere e diminuire il suo benessere. il fine, se così possiamo chiamarlo, va ricercato in una tendenza o se vogliamo in una dinamica di essere uguale all’oggetto. o forse il diventare uguali va considerato come risultato di questa dinamica di rapporto oggettuale. in ogni modo sottolineiamo il concetto: essere uguale all’oggetto. modificazione di se stessi per (o con il risultato di) essere uguale all’oggetto. La funzione di questa dinamica può essere vista sotto l’aspetto cui accennavamo precedentemente. Ricerca-risultato di una percezione-intuizione esatta. se il bambino non ristabilisce, modificandosi, questa 222

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uguaglianza, ne viene di conseguenza che il percepire-intuire è diverso dalla realtà esterna. sembra che l’uomo non possa sopportare questa diversità. La ricerca di ideali comuni, di mentalità comuni, l’associazione in gruppi di lingua e di origine comune può essere qui accennata. ma noi proseguiamo il nostro discorso e consideriamo questa necessità umana di essere uguale all’oggetto. il non riuscire a rendere uguale se stesso all’oggetto con cui si è in rapporto implicherebbe una situazione di crisi, che, se viene considerata nei suoi termini essenziali e primordiali, può essere rappresentata come segue. il feto realizza in sé la possibilità di rapporto libidico, il che significa anche poter percepire, significa realizzare in sé una vitalità, significa un primordiale “vedere” nel senso di realizzare una presenza4. È ciò che, dopo la nascita, permetterà di vivere psichicamente e forse in genere vivere. ma questo percepire-“vedere” non può essere non valido, vale a dire deve essere esatto, vale a dire l’oggetto esterno, la realtà, deve corrispondere a ciò che si vede-percepisce. se non corrisponde, il bambino modifica se stesso perché corrisponda. ciò che è necessario salvare ad ogni costo è questo vedere perché esso è, come abbiamo detto, vitalità, vivere poi, dopo la nascita, percependo e vedendo, è rapporto oggettuale, è investimento libidico. Fino a che il feto vive il suo ambiente intrauterino, l’oggetto esterno è buono, favorisce l’omeostasi; la realizza4 abbiamo specificato, nel secondo capitolo, come non si tratti di immagine, ma di realizzazione di esistenza, di rapporto-contatto diretto (immediato). È la realtà della carica libidica originaria (cfr. Teoria della nascita e castrazione umana cit., cap. iii). L’immagine vera e propria è la traccia mnesica dell’ambiente intrauterino che si ha con l’intervento della fantasia di sparizione, alla nascita.

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zione libidica è di “vedere” esattamente, conservare e aumentare le proprie possibilità libidiche. il feto potrebbe avere cariche ambivalenti per turbamenti legati allo sviluppo fisico e degli organi interni, ma sia che si tratti di sensazione esatta cioè che l’ambiente esterno corrisponda alla sensazione-“visione” cioè sia anche esso turbato, sia che si tratti di dover modificare se stesso, questa modificazione si può pensare nel senso di diminuire il malessere e aumentare il benessere perché il liquido amniotico tende alla omeostasi del feto. il “vedere”-sentire, nel senso detto di percepire recependo esattamente ciò che è, perché ciò che è corrisponde all’attività di rapporto del feto, è salvo e non turbato. si realizza una situazione in cui al buio fisico c’è un percepire-“vedere”. cecità fisica completa e “vedere”-intuizione massima (tiresia)5.

Alla nascita la vitalità si esplica come intuizione nel rapporto col seno alla nascita. nello sconvolgimento e turbamento del venire nell’ambiente atmosferico, alla luce, il bambino si trova a dovere improvvisamente “sistemare” la sua percezione-vedere, a dover trovare una uguaglianza con l’ambiente esterno, a dover salvare il suo sé libidico-vedente. dicevamo che la prima fantasia del neonato è la fantasia di sparizione. infatti. il bambino in questa situazione tende a far sparire se 5 Precisiamo pertanto: il rapporto feto-liquido amniotico è vitalità. non si può, in questo rapporto, a rigor di termini, parlare di psichico. Lo psichico si ha dopo la nascita allorché la vitalità, fusa alla fantasia di sparizione, diventa inconscio mare calmo e intuizione. si stabilisce cioè un rapporto tra l’io e l’altro che comprende una separazione, una distanza. allorché, poi, si annulli il rapporto interumano e si “torni” (in verità non si torna mai) al rapporto cieco (sessualità cieca-bramosia) la distanza si perde e si ha l’introiezione del seno. [1976]

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stesso nato, tende ad annullare il se stesso nuovo. nella fantasia di sparizione-ritorno allo stadio precedente il bambino rifiuta di vedere e percepire fisicamente il nuovo ambiente, vuole ritornare al buio fisico della situazione intrauterina. Fantasia di sparizione nel senso dell’annullamento del suo nuovo percepire-vedere fisico (occhi). non vuole dati di realtà inanimata (aria, luce, cioè i dati di realtà che lo costringono a modificare se stesso nel senso del malessere e della riduzione delle possibilità libidiche) perché non corrispondono al suo investimento libidico. Vuole rendersi cieco e sordo, non urlante, non respirante, perché nella cecità fisica, nell’annullamento delle nuove percezioni fisiche c’è la tendenza al ritorno allo stadio precedente, cioè alla percezione esatta e al ritrovamento del sé libidico. nella sparizione della nuova situazione di essere al mondo, nell’annullamento di essere alla luce, il bambino realizza la fantasia-immagine6 dell’ambiente intrauterino in cui “vedeva-percepiva” esattamente con realizzazione di un sé di benessere e di accordo. in altre parole nella fantasia di sparizione, di annullamento del sé nato e dell’ambiente atmosferico il bambino ritrova7, nella propria immaginazione, il sé vitale che sentiva esattamente l’oggetto esterno. Ritrova in sé, nelle proprie possibilità di immaginare, la vitalità e le possibilità di “vedere psichicamente” l’oggetto, coglierne le qualità, il senso, il significato8. 6 Qui la parola immagine trova il suo posto esatto. L’immagine dell’ambiente intrauterino è tale (cioè immagine) nel ricordo (traccia mnesica) che si ha con l’insorgenza dell’istinto di morte-fantasia di sparizione. 7 anche in questo caso può essere utile una rilettura de La negazione di Freud nel senso di vedere quanto egli sia lontano da queste concettualizzazioni. 8 Qui trova il suo posto esatto anche la parola psichico (vedere psichicamente, intuire, investimento sessuale); ed in particolare la parola pulsione: pulsione di annullamento, pulsione di investimento sessuale fluttuante. [1976]

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allora siamo costretti a fare un’altra riflessione. È la fantasia di sparizione, l’istinto di morte che permette al bambino di ritrovare il sé libidico perduto alla nascita, nella situazione di distacco fisico dall’oggetto, nella creazione del ricordo-immagine di esso. come d’altronde è la conservazione del sé libidico che permette alla fantasia di sparizione di non essere istinto di morte nel senso di ritorno allo stato inorganico. c’è quindi un rifiuto della relazione fisica con l’atmosfera, fantasia di sparizione contro l’oggetto fisico nuovo. Una realizzazione di istinto di morte nei riguardi dell’oggetto-atmosfera. in questo rifiuto della realtà nuova c’è però anche la realizzazione di una possibilità di immaginare psichicamente un “oggetto buono”. che sarà poi quello che il bambino andrà a ricercare nella realtà e nei rapporti umani per poter sempre ritrovare una situazione di vederepercepire esattamente. Lo cercherà al di là delle apparenze, lo intuirà anche in situazioni in cui sembra molto nascosto. contrariamente alle situazioni di identificazione proiettiva e di invidia, il soggetto cercherà e intuirà nell’altro la libido che cercherà di mettere in evidenza e sviluppare nel suo rapporto con l’altro. come precipuamente fa l’analista nel suo rapporto con il paziente9. dicevamo che la fantasia di sparizione-istinto di mortetendenza a ritornare allo stato inorganico veniva frenata dalla realizzazione libidica del sé intrauterino. ora abbiamo ampliato il concetto di sé libidico intrauterino perché l’abbiamo considerato libidico-“vedente” recettivo di qualità dell’oggetto (calore, omeostasi). La realizzazione libidica del feto nell’utero, che frena l’istinto di morte-tendenza a 9

cfr. pp. 62-64. È la ricerca-scoperta-sviluppo dell’io umano.

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ritornare allo stato inorganico, non va considerata puro piacere libidico di benessere ma anche “visibilità”, capacità di sentire le qualità (il senso, il significato) dell’oggetto. Possiamo pensare che, alla nascita, sarà poi la creazione della traccia mnesica libidico-percettiva che porterà il bambino alla ricerca della mammella (anche se in termini fisiologici chiamiamo questa ricerca riflesso alla suzione). sarà in altre parole l’intuito (trasformazione della carica libidica originaria intrauterina) a far cercare al bambino la mammella, a succhiarla, assorbirne (ritrovare) il calore, la bontà, nel senso di ottenere il benessere dal rapporto con l’oggetto esterno (come era il rapporto con il liquido amniotico). E se l’oggetto-seno corrisponderà alla visione libidica-investimento del bambino, o meglio costringerà il bambino a modificare se stesso nel senso di aumentare il benessere e diminuire il malessere, il bambino riprenderà il ciclo evolutivo delle sue realizzazioni libidiche nel senso che aumenterà, introiettando10 le qualità dell’oggetto, la possibilità di creare immagini interiori e si arricchirà psichicamente sempre di più. Potrà investire l’oggetto con sempre maggiore libido e ricchezza di qualità-immagini. arriverà all’età adulta con possibilità di investire-intuire la libido negli altri, la cercherà finché non la troverà per far corrispondere la propria immagine-libido interiore alla realtà esterna. tenderà, in altre parole, a cercare, sviluppare la libido e le possibilità psichiche altrui; farà cioè l’opposto di colui che fa fantasie di sparizione annullando gli altri, o dell’invidioso che guarda per negare la vitalità negli altri11. 10 Qui il termine introiettare è esatto in quanto nel rapporto col seno si è già verificata la trasformazione della libido in avidità-desiderio. 11 da qui deriva la proposizione attiva dell’analista, la frustrazione-interesse, il rifiuto della proposizione freudiana che procede in senso opposto ovvero all’annullamento e alla negazione dell’altro. [1976]

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La dinamica analista-paziente come interrelazione tra soggetto agente (bambino) e oggetto passivo (seno) Riportavo nelle pagine precedenti il sogno di un paziente che non riusciva a trovare il collegamento tra il maneggiare un registratore e l’orologio che esplodeva e i quadri messi male. interpretai che i quadri messi male volevano significare quadri tenuti per il loro valore venale e non per la bellezza delle immagini. interpretai che le sue fantasie di risparmiare in analisi facendo il confronto con onorari più alti di altri analisti, di cui aveva avuto notizia, e con ciò di trarre un vantaggio economico e di soddisfare fantasticherie masturbatorie di prendere cose materiali, lo portavano a far scoppiare l’orologio mentre registrava, vale a dire a saltare le sedute o a tendere a fuggire dalla seduta. in questo caso il collegamento trovato dall’analista era legato ad un investimento libidico sul paziente. apparentemente, ad un guardare-vedere “la realtà”, a limitarsi ad osservare le immagini, non c’era nessun collegamento. associazioni del paziente non ce n’erano. ma l’interesselibido dell’analista, investendo il paziente, ha visto-ritrovato il collegamento che il paziente aveva fatto nel sogno e che poi si era perduto nella rappresentazione delle immagini. il paziente non credeva di avere questa possibilità di collegamento (a base libidica). L’intuito dell’analista l’ha cercata e trovata ed ha fatto diventare il paziente più uguale a lui in questa possibilità. Ha aumentato le possibilità libidico-intuitive del paziente e contemporaneamente ha confermato-aumentato le proprie. Ha reso la propria percezione-investimento esatta aiutando il paziente a modificarsi, trovando in sé una possibilità libidica in più. 228

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in fondo questo accade ogni volta che accettiamo un paziente in analisi. Evidentemente, se lo accettiamo, è perché abbiamo “fiducia” che il paziente realizzi le sue possibilità. con ciò noi percepiamo-intuiamo qualche cosa da poter sviluppare. cioè investiamo il paziente di interesse-libido e intuiamo, al di là della realtà (quale “realtà” abbiamo per accettare o meno un paziente?), le possibilità. ignoriamo la realtà fisica del paziente nella sua espressione di storia o sindrome clinica, ci accechiamo fisicamente per esercitare un vedere psichico nel rapporto con l’altro. “Vedere” che è possibile soltanto se è legato all’interesse per il paziente, cioè all’investimento libidico sull’altro.

La dinamica paziente-analista come interrelazione tra soggetto agente (bambino) e oggetto passivo (seno) E il lettino di Freud? conservato intuitivamente da tutti gli analisti? non è ugualmente un togliere al paziente qualsiasi gratificazione dello sguardo fisico (guardare e mettere, guardare e mangiare l’oggetto fisico analista) per costringerlo a rivolgersi ai suoi sogni, a comprendere-intuire il significato, il senso delle cose, cioè vedere veramente la propria realtà umana? il paziente non guarda l’analista, riceve, percepisce soltanto le parole e l’interesse di lui. attraverso questo sentire-percepire sviluppa le sue immagini e il suo pensiero. dalle qualità dell’oggetto (parole, interesse) sviluppa la sua attività psichica. È come prendere energie senza poter mangiare l’oggetto (o peggio ancora mettere nell’oggetto con gli occhi, cose cattive). Riduciamo cioè il paziente ad una cecità fisica per poter sviluppare un vedere psichico. 229

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F. corrao12 insiste sul concetto di deprivazione sensoriale del paziente in seduta analitica. il concetto di deprivazione sensoriale è elemento essenziale nella concettualizzazione del setting analitico, ma mi sembra non puntualizzi esattamente la funzione del lettino analitico. La deprivazione sensoriale non è completa sia perché il paziente nella comodità del lettino spesso soddisfa la propriocettività e il tatto. sia perché invece, al contrario, la sensibilità auricolare (scambio di parole) viene portata al massimo grado fino a costituire l’essenza del rapporto stesso (salvo a voler ritornare al concetto di analista silenzioso, che invece possiamo ormai catalogare tra gli equivoci maggiori della situazione analitica). il concetto di deprivazione sensoriale è essenziale, dicevamo, ma ritengo necessaria la specificazione: deprivazione sensoriale della visione fisica nel rapporto con l’oggetto (analista). Ho accennato ad un esempio di lavoro analitico per poter fare una riflessione più generale. il concetto di maieutica dell’analista potrebbe essere pensato, evitando equivoci di sadica scoperta di un problema o di un difetto del paziente da mettere in evidenza con tono di rimprovero, come un cercare e ritrovare, far realizzare al paziente le possibilità che ha pensato perdute: possibilità immaginative libidiche e di pensiero. E non solo nel senso di farle corrispondere alla percezione-investimento dell’analista sul paziente ma anche di provocare una modificazione nel paziente nel senso di aumentare il suo benessere-libido-possibilità per corrispondere all’oggetto analista. L’analista nella sua funzione provocatoria. costringere 12 comunicazione verbale. [sbaglietto freudiano? confondere la frustrazione delle pulsioni parziali con la paralisi e la negazione dell’analizzando? (1976)].

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il paziente a modificare il suo status di vuoto, di invidia, di passività, di rabbia, di stupidità perché nella sua relazione oggettuale con l’analista anche lui deve obbedire alla legge dell’uguaglianza. E se non sarà l’analista a rendersi come il paziente (consideriamo che non accada) invidioso, stupido, vuoto, passivo e rabbioso, sarà il paziente a modificarsi nell’altro senso. È appunto ciò cui tendiamo.

La legge dell’uguaglianza abbiamo detto di questa “legge” del rapporto interumano, e forse non è superfluo cercare di esplicitare meglio questo fenomeno-dinamica-risultato del rapporto oggettuale. che questo fenomeno esista sembra evidente. nel caso dell’invidia, la negazione della libido dell’altro porta l’altro ad essere come se stessi. si crea nell’altro un minus per compensare la differenza, ridurre il proprio minus (istinto di morte) mettendolo nell’altro. nel caso che uno modifichi se stesso per essere come l’altro nel senso di un plus, di trovare in sé altre possibilità, ugualmente la tendenza-risultato è un essere come l’oggetto. anche nel caso della fantasia di sparizione-istinto di morte allo stato puro di annullamento, rendere non esistente l’oggetto, possiamo trovare una situazione di uguaglianza in quanto la fantasia di sparizione diretta contro l’altro conduce ad un non essere, cioè ad un annullamento del sé. dicevamo che una delle “motivazioni” di tale fenomeno poteva essere trovata nella necessità assoluta di conservare efficiente, cioè vitale, la capacità di “vedere psichicamente”, 231

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cioè di sapere (intuire) al di là della realtà fisica. Perché ciò corrisponde alla conservazione della propria vitalità (libido) cioè alla possibilità di mantenere un rapporto con l’oggetto. Riprendiamo il concetto di impossibilità di essere come l’altro. Esso è alla base dell’invidia, cioè è alla base dell’investimento dell’altro di istinto di morte. in questa situazione consideriamo quindi: a) la impossibilità di essere come l’altro; b) investimento dell’altro con una pulsione-fantasia aggressiva cioè di negazione della verità-realtà con cui si ha rapporto. La prima proposizione a) ci conduce ad evidenziare che questa impossibilità di essere come l’altro fa capo alla cecità psichica, cioè alla realizzazione di fantasie di sparizione contro l’altro, all’annullamento del rapporto e con ciò alla realizzazione in sé di un buio, vuoto interiore. Evidenziamo questo concetto in quanto esso ci porta alla considerazione che con tale realizzazione di buio e vuoto si realizza anche una impossibilità di introiettare le qualità dell’altro13. in questa situazione, dal momento che senza possibilità introiettive non si può modificare se stessi, l’essere come l’altro può verificarsi soltanto mediante la modificazione della realtà-oggetto esterno cioè mediante il mettere nell’altro il proprio istinto di morte, cioè la cecità. E questo deve essere fatto in quanto, soltanto in questo modo, si può conservare il rapporto con l’altro cioè si può conservare una propria possibilità libidica di vitalità. Perché? Perché se non ci fosse questa modificazione il 13

Vedi capitolo sull’invidia; la perdita del desiderio.

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soggetto non potrebbe conservare il rapporto, non potrebbe avere nulla dall’altro, mancando ad esso capacità introiettive, meglio capacità recettive, cioè possibilità di recepire la immagine e le qualità dell’oggetto. modificando, mettendo nell’altro proprie situazioni interiori il soggetto può sapere dell’altro, può conoscerlo. La possibilità di vedere e sapere al di là dell’apparenza è così salva. il paziente che provoca l’analista per indurre in lui uno stato d’animo di noia, indifferenza o rabbia, obbedisce ad una propria necessità di sapere dell’analista. L’analista che appare calmo, sicuro, interessato, è una situazione che il paziente non comprende. cioè è una situazione che il paziente non vede. dovrebbe allora realizzare una propria cecità e buio più o meno totale, ma non può farlo perché significherebbe impotenza e morte interiore. significherebbe realizzare una situazione di assenza di libido cioè di assenza di vitalità. inducendo (mettendo) nell’altro rabbia, indifferenza o stupidità, il paziente conosce, sa dell’altro e con ciò può mantenere il rapporto, può realizzare di sapere e vedere. Può cioè, in fondo, amare l’altro o illudersi di amarlo.

La proiezione come rendere l’oggetto uguale a se stessi nel periodo di festività natalizie, i pazienti portano frequentemente pensieri e associazioni che, non è difficile comprendere, fanno capo ad un problema di abbandono. interpreto:

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«Lei si sente giù, depresso, ha il vuoto mentale perché i prossimi giorni sono festivi e non c’è la seduta, l’analista è assente. non è tanto la mancanza delle sedute in sé, come fatto di realtà, che fa il problema, quanto il suo pensare che l’analista prenda a scusa e a pretesto la giornata festiva per realizzare uno stato d’animo di menefreghismo, di disinteresse nei suoi riguardi. Lei pensa che l’analista prenda a pretesto la festività per realizzare una fantasia di sparizione nei suoi riguardi. L’analista chiuderebbe gli occhi, o volterebbe la testa per non vederla. È questo vissuto di analista disinteressato, che la investirebbe di una fantasia di sparizione, che lei non può sopportare». La situazione in occasione del natale è vissuta più intensamente e drammaticamente perché viene vissuta e interpretata come festa della vita, dell’accettazione della vita e dell’esistenza altrui; come festa della nascita. «Lei pensa che l’analista stia con i suoi familiari, con i suoi figli. Lei pensa che l’analista accetti la vita degli altri e non la sua vita e la sua esistenza. Perché l’analista esplicherebbe proprio nei suoi riguardi uno stato d’animo di disinteresse, farebbe una fantasia di sparizione? ciò che lei intuisce dello stato d’animo dell’analista non è un cogliere e comprendere ciò che è naturale. È un mettere nell’analista un suo stato d’animo di disinteresse che ha vissuto e realizzato più volte. L’ambivalenza di accettare la vita e l’esistenza dell’analista, con fantasie di non accettarla, è il suo problema. non lo realizza come suo e lo mette nell’analista. Pensa che sarebbe stato lei con le sue fantasie di sparizione, legate a sue sedute mancate, a provocare, mettere nell’analista un risentimento nei suoi riguardi, risentimento che vuol dire ostilità, tendenza al disinteresse, alla fantasia di sparizione. Una tendenza a colpire, annullare 234

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la sua vita, la sua vitalità, le sue possibilità affettive. come se l’analista colpisse e annullasse la sua nascita. Lei si sente colpito, annullato nelle sue possibilità di relazione oggettuale affettiva (libidica) con me14. il suo mettere nell’analista un suo problema personale, la porta a non vedere come stanno realmente le cose. Lei nega e proietta e non intuisce uno stato d’animo. con ciò lei si toglie la possibilità di vedere-capire la realtà, cioè il senso del rapporto analitico e vede invece ciò che lei ci mette e che le sembra “naturale”. mettendo nell’analista un suo problema toglie all’analista le possibilità di libido-interesse per lei e contemporaneamente perde le proprie». i pazienti fanno difficoltà a realizzare che l’analista non ha fantasia di sparizione nei loro riguardi15 o più genericamente che non sia risentito, arrabbiato verso di loro. i pazienti dicono spesso: «Possibile che lei non se la prenda mai, è come se fosse di ghiaccio. dovrei pensare che lei non è un essere umano». interpreto: «Lei fa difficoltà a realizzare la calma dell’analista. Lei fa difficoltà a distinguere la calma dall’anaffettività. Questo è 14 È l’interpretazione della fantasia di sparizione-istinto di morte come annullamento dell’io, della nascita. ma va ribadito che non è la fantasia di sparizione altrui che annulla l’io, ma la propria. [1976] 15 È un passo nel quale si può cogliere il mio rifiuto di essere considerato come colui che annulla l’io altrui, ovvero come colui che non conosce la fantasia di sparizione e che, conseguentemente, la agisce contro l’altro. mi proponevo, pertanto, come “diverso”, cioè come persona che aveva superato la fantasia di sparizione-istinto di morte. superato, in quanto non avendola ricevuta da altri come conoscenza acquisita, potevo, evidentemente, conoscerla soltanto come scoperta, risultato di un lavoro di analisi personale. il diverso stava in questo fatto; e l’analizzando doveva annullarmi per rendermi uguale. se si considera che ciò significa aver sconfitto l’unica pulsione che può annullare l’io dell’uomo (l’inconscio mare calmo) e propone veramente la possibilità di una analisi personale, si può comprendere la difficoltà. [1976]

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perché lei si trova, quando io le spiego le sue fantasie, come di fronte ad un bivio: o accettarle e sentirsi lei molto malato e cattivo, e l’analista tutto sano e buono, o eliminarle, annullarle, farle sparire. Per lei superarle è uguale a distruggerle. Pertanto si ribella e rifiuta di eliminarle e farle sparire perché si sentirebbe buio e vuoto, senza psiche. Per questo deve pensare non solo di avere le fantasie, ma che esse fantasie siano valide, potenti, cioè abbiano effetto. devono avere effetto nella realtà, per lei, perché è così che lei vive il legame interumano. Pensare che non abbiano effetto su di me, per lei, vuol dire fantasie senza potenza, senza energia, senza libido, senza affettività. Vuol dire sue fantasie e suo psichismo senza vitalità, cioè inesistenti. Quindi deve realizzare che anche l’analista è come lei, uguale a lei, con tutti i problemi di disinteresse, invidia, rabbia. Ecco il bivio: o sentirsi lei con problemi di disinteresse e rabbia, e ciò la porterebbe all’invidia per tutto il bello e buono che è nell’analista o annullare questo se stesso malato e cattivo. superare, accettare il sé e farlo evolvere, per lei significa eliminare, far sparire, far morire questa sua realtà interna invidiosa e passiva. il problema è quello di farlo sparire nel senso di farlo crescere, renderlo diverso. La “sparizione” non è un annullamento, un rendere non esistente, ma un trasformare la realtà invidiosa e passiva in una più matura. certo, quello che lei attualmente vive “non ci sarebbe più”, ma non è nel senso della morte, ma della evoluzione. nel senso di ricavare, da una situazione, un’altra più integrata ed evoluta16. È cioè la terza strada. L’elaborazione di questo se stesso, misto di affettività passivo-rabbiosa e di fantasticherie, 16 Far sparire una propria situazione interiore di rapporto con la realtà vuol dire rendersi diverso.

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nella comprensione verbale, nello sviluppo del sapere, del pensiero. sarà la stessa affettività che ora lei vive come passiva, rabbiosa, avida a costituire l’energia libidica che, legandosi alle fantasie, trasformerà, trasformandosi essa stessa in libido genitale diretta verso l’oggetto e non a prendere l’oggetto, le fantasticherie in pensiero». il problema è che il paziente vive le proprie fantasticherie e realizzazioni di identificazione con l’oggetto come onnipotenti17, vale a dire modificatrici dell’oggetto stesso. ciò perché le realizzazioni di rapporto con l’oggetto hanno sempre una dinamica introiettiva dell’oggetto o dell’immagine dell’oggetto e con ciò una dinamica di identificazione proiettiva e di proiezione dell’immagine dell’oggetto sull’oggetto stesso. Riprendersi i propri oggetti messi nell’analista, implica una dinamica di trasformazione dell’oggetto in immagine interiore di esso. Riprendersi la immagine dell’oggetto proiettata significa trasformare tale immagine interiore in pensiero verbale. in entrambi i casi occorre l’intervento della fantasia di sparizione nel senso di far sparire il legame con l’oggetto fisico per trasformarlo in legame con l’immagine e far sparire il legame con l’immagine per realizzare il pensiero verbale. Formulazione che precedentemente abbiamo precisato essere meglio esplicitata nel concetto di fantasia di sparizione diretta verso la propria situazione di rapporto con l’oggetto e con l’immagine dell’oggetto, e non specificatamente fantasia di sparizione diretta contro l’oggetto o l’immagine dell’oggetto. il paziente invece vive la sua fantasia di sparizione come 17 cfr. il concetto della trasformazione della libido che, quando diventa bramosa, acquista una attività di fantasticheria onnipotente: l’introiezione del seno, pp. 121, 192, 243.

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istinto di morte. il suo far sparire è un annullare con conseguenze di buio e di vuoto. Per questo ritengo necessaria l’interpretazione continua della fantasia di sparizione come istinto di morte. il paziente ha perduto la possibilità di separarsi dagli oggetti e dalle immagini degli oggetti con la realizzazione di una evoluzione psichica. Le proiezioni e le identificazioni proiettive lo impoveriscono sempre di più di libido e la fantasia di sparizione è sempre di più istinto di morte.

identificazione proiettiva, proiezione e investimento pulsionale dell’oggetto Necessità di distinguere tra identificazione proiettiva e proiezione da quanto detto credo che sia anche comparsa la distinzione tra identificazione proiettiva e proiezione. infatti è venuto spontaneo considerare la identificazione proiettiva come un mettere nell’oggetto le proprie cose cattive, che sono poi gli oggetti mangiati e resi feci. La proiezione come un applicare all’oggetto l’immagine di esso introiettata. nel primo caso, quello dell’identificazione proiettiva, si tratta di un rapporto con l’oggetto sulla base della cecità e della bramosia (divoramento dell’oggetto fisico). nel secondo caso, quello della proiezione, si tratta di rapporto con l’oggetto con introiezione di immagini dell’oggetto, cioè un rapporto sulla base di libido captativa ma 238

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con possibilità di vedere. Le due stanno, in ogni modo, sempre insieme. il discorso pratico è un discorso di prevalenza dell’una o dell’altra. Un paziente mi disse: «Bisogna odiare la fantasia di sparizione». Un altro mi disse: «Bisogna vederle le proprie fantasie». avevano entrambi detto giusto. odiare la fantasia di sparizione significa rivolgersi a una propria realizzazione psichica interna, alla prima fantasia, con un impulso di origine “affettiva” e pertanto legato al rapporto oggettuale. È necessario cioè investire di “affetti” le proprie fantasie, anche la fantasia di sparizione fino a vederle, come diceva l’altro paziente. soltanto mediante questo investimento la fantasia di sparizione può trasformarsi in rapporto oggettuale, per quanto ambivalente, fino a che, corrispondentemente, la libido diventa genitale, diretta verso l’oggetto e le fantasie diventano pensiero, interesse verso l’oggetto. i pazienti quindi fanno difficoltà a capire, anzi è da considerare inevitabile un più o meno lungo periodo di analisi, anzi forse tutta l’analisi, implicato in una situazione di vivere nell’analista i propri problemi. dico tutta l’analisi in quanto una volta che la realizzazione del paziente sia completa, nel senso di un completo sviluppo delle sue possibilità di pensiero verbale e di libido genitale, il trattamento psicoanalitico non avrebbe più ragione di essere. il rapporto oggettuale dei pazienti è tale che deve per forza comprendere la proiezione, il mettere nell’analista i propri vissuti. altrimenti dovremmo considerare, se pur è possibile considerarlo nella realtà, un assetto puramente vegetativo senza nessuna dinamica psichica. Una situazione in cui la fantasia di sparizione-istinto di morte abbia potuto annullare qualsiasi possibilità libidica. i pazienti, dicevamo, non possono reintegrare le proie239

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zioni fatte sull’analista se non gradualmente nella misura in cui la propria (del paziente) fantasia-libido si trasforma in pensiero verbale18. non possono. certamente. La loro libido è avida e bramosa e come tale ambivalente diretta a introiettare l’immagine dell’oggetto e l’oggetto stesso. Pertanto devono proiettare, rimettere l’oggetto fisico introiettato, all’esterno, nell’oggetto fisico stesso. devono, per così dire, ricrearlo all’esterno. nel ricrearlo all’esterno proiettano l’oggetto mangiato, reso feci, inanimato e proiettano le qualità e la libido dell’oggetto. scindono, fanno il seno buono e il seno cattivo, la madre buona e la madre cattiva, il padre buono e il padre cattivo. si rivolgono al padre-seno buono, escludendo il cattivo. Escludendo, allontanando il cattivo usano la fantasia di allontanamento-sparizione che avrà la sua esplicazione in questo vissuto e possono rivolgersi al padre-seno buono con tutta la loro libido. introiettano. introietteranno più libido e qualità quanto meno la visività sarà stata compromessa da una eccessiva carica di allontanamento-sparizione. Perché quanto più la libido-piacere sarà vedere, tanto più sarà ridotta la realizzazione di mangiare l’oggetto, e tanto più sarà accentuata la introiezione delle qualità vitali, libidiche e psichiche dell’oggetto stesso. si seguirà cioè la strada dello sviluppo della introiezione-proiezione delle immagini-qualità dell’oggetto, e non dell’introiezione dell’oggetto stesso perché ciò porterebbe a una progressiva maggiore proiezione e a una progressiva riduzione delle possibilità introiettive. Fino al blocco e all’anoressia mentale. noi impostiamo infatti il setting psicoanalitico sullo 18 Per buona parte il transfert si basa su questo rapporto oggettuale fatto di proiezioni-introiezioni.

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scambio psichico, transfert e controtransfert, mirando costantemente allo sviluppo del pensiero verbale, cioè alla interpretazione. Evitiamo che il paziente si prenda soddisfazioni consolatorie e di incoraggiamento ed evitiamo accuratamente che il paziente possa prendere qualsiasi cosa materiale (vantaggi economici, prestiti, tempo in più). nell’ambito della relazione transfert-controtransfert noi accogliamo ed accettiamo le proiezioni del paziente, ciò che il paziente mette in noi, regrediamo e ci “nevrotizziamo” per trasformare le immagini che il paziente ha messo in noi, in pensiero verbale e diamo l’interpretazione. Facciamo, in altre parole, continue “regressioni” verso una libido recettiva delle comunicazioni e della psiche del paziente, apprendiamo ciò che ci comunica il paziente, cioè lo vediamo, per subito procedere alla trasformazione di tale libido in libido genitale, verso l’oggetto paziente, e delle immagini recepite-indotte in noi in pensiero verbale. ci rivolgiamo verso il paziente con libido genitale e diamo l’interpretazione, cioè il pensiero verbale. ma lo studio fatto fino a questo momento sulle dinamiche in gioco nel rapporto analitico, ci permette, oltre che un discorso sintetico e riassuntivo, anche l’evidenziazione di singole dinamiche e il collegamento tra di esse. in particolare, i fenomeni dinamici che, nonostante la loro intrinseca complessità, possono venire isolati, sono: a) l’identificazione introiettiva e proiettiva; b) l’introiezione e la proiezione; c) l’investimento pulsionale dell’oggetto. È ovvio che noi dobbiamo poter percepire, nell’ambito della situazione analitica, la simultanea presenza di tutte le dinamiche; ma è anche ovvio che noi dobbiamo poterle 241

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isolare dal contesto complesso della relazione analitica, per poterle interpretare volta per volta, ora singolarmente una, ora l’altra, nell’ambito della percezione intuitiva del “polso” della relazione di transfert che si basa sul noto assetto di attenzione fluttuante che permette di percepire gli elementi nascosti della situazione psichica del paziente, come le sue possibilità recettive, il livello di rimozione della fantasia, l’intensità delle cariche in gioco, ecc.

Identificazione introiettiva e proiettiva L’identificazione introiettiva e proiettiva, come abbiamo più volte detto, si riferisce alla fantasticheria di introiezione dell’oggetto fisico in uno stato di cecità psichica. ma è essa stessa un rapporto fantastico. È una fantasticheria che il seno fisico sia messo dentro di sé. Lo studio di questa dinamica ci porta a considerare che questa realizzazione fantastica di rapporto con l’oggetto avviene sulla base di una libido orale che non vede l’oggetto. il rapporto sessuale di tatto-piacere comprende la fantasticheria di introiezione dell’oggetto fisico. il rapporto sessuale, cioè, scisso dagli occhi, non permette un contatto senza che simultaneamente si verifichi una introiezione dell’oggetto. La concettualizzazione dell’istinto sessuale comprende cioè un pensiero di impossibilità di differenziazione dall’oggetto toccato. Una impossibilità di individuazione. il perché sta nel fatto che la libido cieca non ha possibilità di allontanare l’oggetto da sé. oggetto fuori di sé, toccato, è uguale a oggetto dentro di sé. Questa impossibilità di allontanare l’oggetto da sé o, dicendo meglio, di stabilire una distanza dall’oggetto, di poter realizzare un vedere ciò che è fuori e ciò che è dentro, si 242

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lega al concetto (esposto a p. 67 e ss.) che il neonato, il quale non ha ancora avuto un rapporto fisico con l’oggetto umano, non può proiettare la traccia mnesica esistente in sé. introiezione e proiezione si hanno soltanto dopo il contatto fisico con il seno. Prima di esso contatto c’è soltanto intuizione (speranza). il primo “oggetto” della nascita (aria, luce) è stato infatti annullato dalla fantasia di sparizione contro di esso. La traccia mnesica che è contemporaneamente realizzazione libidica di sé e possibilità di vedere, è all’interno del neonato e realizza soltanto la possibilità di rapporto con l’oggetto e non un vero e costituito rapporto con l’oggetto. Potrebbe essere obiettato che il neonato cieco è quello che ha fatto una massiccia fantasia di sparizione e quindi è in possesso di intense cariche di istinto di morte che allontanano l’oggetto da sé. invece sta proprio in questo concetto la conferma che la libido cieca non ha possibilità di allontanare l’oggetto da sé. La fantasia di sparizione non permette al neonato di vedere l’oggetto. Le possibilità percettive di esso sono legate al contatto, in particolare alla stimolazione della mucosa orale. in questa situazione toccare e mangiare sono la stessa cosa19. si potrebbe ancora obiettare che il feto, nell’utero, non esercita nessuna attività visiva, mentre noi abbiamo detto che non introietta l’oggetto-liquido amniotico ma sente le qualità di esso. Rispondiamo ricordando che abbiamo detto che il neonato, alla nascita, è in una situazione di aver creato lo stadio precedente. La differenza fondamentale è che nel feto la situazione è materiale, immediata; nel neonato è fantasia-ri19 interessante può essere l’osservazione che gli occhi sono l’unico organo di senso che non può essere toccato.

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cordo interno. E abbiamo detto20 che, alla nascita, si ha una trasformazione della libido da carica di rapporto-contatto diretto in investimento sessuale fluttuante (incertezza)21. ma fino a questo momento il discorso sembra più descrittivo che dimostrativo. dobbiamo approfondire il pensiero considerando che, nell’ambito del fenomeno della trasformazione della libido, c’è l’intervento dell’istinto di morte come fantasia (di sparizione). allora possiamo spiegarci perché la libido, trasformata in investimento sessuale fluttuante, acquisti caratteristiche di fantasia. Fantasia come speranza che esista un seno, che, allorché si abbia la degradazione dell’intuito e desiderio a bramosia, diventa fantastica introiezione dell’oggetto per cui l’oggetto toccato è fantasticamente messo dentro di sé. È che la libido non è più quella di prima della nascita. La libido, alla nascita, nel diventare investimento sessuale, nel trasformarsi, acquista, per l’insorgenza nel neonato dell’istinto di morte come fantasia di far sparire, fare buio, una possibilità di rapporto fantastico con l’oggetto. si potrebbe obiettare ancora che il feto, nell’utero, recepisce e realizza la presenza di un oggetto. ma la situazione è diversa. innanzitutto il feto recepisce e mette realmente dentro di sé calma e calore. non è che fantastichi di ricevere dentro di sé il liquido amniotico, cioè l’oggetto esterno. Riceve le qualità dell’oggetto e non fantastica di introiettare l’oggetto esterno. diciamo questo per due ragioni fondamentali. Perché la relazione con il liquido amniotico è una relazione cutanea in cui è difficile concettualizzare un mettere dentro di sé 20

Vedi pp. 70, 192, 236-237. Vedi anche la distinzione tra bramosia e avidità alle pp. 120-125. La bramosia riguarda un rapporto fantastico con l’oggetto. L’avidità un rapporto reale (succhiare latte, sperma, parole). 21

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l’oggetto. si sa che la cute, se pur serve al contatto con gli oggetti, serve contemporaneamente a separare sé dagli oggetti. Pensare che il rapporto del feto con il liquido amniotico sia un rapporto orale è ben difficile. anche se, fisiologicamente, si può considerare una ingestione orale di liquido amniotico e un parziale funzionamento del tubo digerente e dell’apparato renale, il fenomeno va considerato del tutto collaterale e secondario. Un funzionamento intestinale e renale fermerebbe lo sviluppo del feto per alterazione del liquido amniotico. La seconda ragione è più specificatamente di nostra competenza: vale a dire che, se ammettessimo una attività introiettiva e proiettiva del feto, verrebbe a cadere il nostro pensiero sull’istinto di morte alla nascita. Questo in fondo può anche essere contestato, ma non può essere contestato il concetto che la vita umana è tale per il rapporto oggettuale con i propri simili. non può essere contestato, che, alla nascita, si ha un cambiamento fondamentale dell’essere umano che passa da una situazione d’impostazione prevalentemente autosufficiente di se stesso, ad un modo di essere di necessità essenziale del suo simile per poter sopravvivere. se possiamo ipotizzare una gravidanza in provetta (come sta accadendo in tempi recenti) non possiamo ipotizzare una vita umana senza rapporto con un altro essere umano. La possibilità che questa fantasia ha di svolgersi come rapporto reale o come rapporto fantasticamente irreale è legata al rapporto stesso. La fantasia interna (l’inconscio mare calmo) e l’investimento sessuale fluttuante (incertezza, intuizione, speranza) nel momento in cui trovino conferma (il seno-madre che risponde) diventano realtà: realtà di rapporto interumano, realtà di soddisfazione reale del desiderio. 245

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nel momento in cui, al contrario, non ci sia risposta, il neonato resta senza oggetti in quanto il primo oggetto (aria, luce) è stato reso non esistente dalla fantasia di sparizione. il neonato si degrada così alla fantasticheria dell’identificazione introiettiva e di lì all’indifferenza nel rapporto interumano; e ciò (non può essere contestato) è irrealtà. nell’identificazione introiettiva il concetto fondamentale è quindi: cecità nel rapporto con l’oggetto e libido bramosa che introietta l’oggetto fisico con cui si mette in rapporto. La fantasticheria di introiezione corrisponde poi alla fantasticheria di proiezione, cioè di rendere il seno, feci. il bambino continua a vivere un rapporto di cecità nei riguardi dell’oggetto che (ovviamente non è feci) per lui, è nero e fecale. Rileviamo anche in questo caso che il bambino non vede la realtà ma ciò che egli mette nella realtà. L’identificazione proiettiva nega la realtà e rende realtà esterna una identificazione del soggetto. Possiamo, a questo punto, specificare meglio alcuni concetti che abbiamo esposto nel contesto di tutto il libro. in particolare rileviamo: a) il concetto di bramosia; b) il concetto di identificazione introiettiva. studiando questi due concetti nel loro essenziale significato dobbiamo rilevare, in primo luogo, che nel concetto di identificazione introiettiva è compreso quello di fantasticheria pura. il rapporto con il seno sulla base della bramosia per la quale il rapporto con l’oggetto si caratterizza per l’identificazione introiettiva dell’oggetto stesso, comprende una realizzazione di rapporto fantastico con l’oggetto come comprende una realizzazione fantastica di sé, 246

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che si potrebbe verbalizzare così: «io metto il seno dentro di me». toccare e introiettare il seno corrisponde a un rendere inesistente il seno fuori di sé e ad un rendere esistente il seno dentro di sé22; ma corrisponde anche ad un far sparire l’oggetto esterno dentro di sé e con ciò alla realizzazione di buio interiore, vuoto o “aggressività”. nel concetto di identificazione introiettiva esiste cioè la dinamica di ambivalenza per la quale l’oggetto introiettato, e quindi messo in sé, cioè reso esistente in sé, è anche simultaneamente fatto sparire. La fantasticheria di identificazione introiettiva comprende una dinamica di ambivalenza consistente nel rendere inesistente la realtà per rendere esistente in sé l’immagine dell’oggetto perduto. all’interno, si rende ugualmente inesistente la realtà di un vuoto (il seno fisico non viene messo dentro realmente) per rendere esistente una fantasia o immagine di seno interno. La creazione interiore dell’immagine del seno può essere però compresa appieno se si riprende il concetto dell’immagine del sé intrauterino che si crea alla nascita con la fantasia di sparizione che rende esistente in sé la situazione libidica intrauterina, come inconscio mare calmo. il concetto di fusione del seno fatto sparire in sé con l’immagine del sé libidico va tenuto presente. La libido bramosa (cieca) farebbe, dell’oggetto esterno toccato e quindi percepito e introiettato, una realizzazione di vuoto e buio interiore. La confusione tra percezione, libido e sparizione in sé sarebbe completa se tale percezione-rapporto-soddisfazione libidica non si fondesse con il vedere in sé e pertanto con l’esistenza interna di una immagine-realizzazione libidica (inconscio mare calmo). 22 appare evidente come ritorni il concetto delle due accezioni della fantasia di sparizione come rendere non esistente la realtà esterna per rendere esistente in sé la traccia mnesica del sé intrauterino. cfr. p. 63.

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nella identificazione proiettiva la dinamica si ripete. il mettere il seno introiettato nella realtà significa rendere non esistente la realtà stessa e contemporaneamente rendere esistente, all’esterno, una fantasticheria interiore23. ciò che, in questo caso, si mette nella realtà è, non ciò che si è visto, ma ciò che si è fantasticato avere in sé.

Introiezione e proiezione nella concettualizzazione della introiezione e proiezione comprendiamo, analogamente a quanto abbiamo fatto per l’identificazione introiettiva e proiettiva, due concetti: a) quello di avidità; b) quello di introiezione. Questa dinamica di introiezione e proiezione riguarda, abbiamo detto, l’immagine dell’oggetto. il fondamento di essa è nella relazione con l’oggetto sulla base del triangolo occhi-bocca. il soggetto guarda l’oggetto e, utilizzando una libido avida, introietta l’immagine di esso. L’immagine introiettata viene poi proiettata. si può facilmente notare che parlando di introiezione, definiamo implicitamente la libido come avida e non più come bramosa. La ragione di questa distinzione sta nel fatto che nel rapporto avido con l’oggetto e nella relativa dinamica di introiezione va compresa una situazione di modificazione fisica del soggetto (percepire l’immagine-modificazioni retiniche 23 interessante può essere il collegamento con la dinamica della fantasia di sparizione alla nascita. in quel caso si verifica un rendere inesistente la realtà-luce esterna e, simultaneamente, per l’intervento della libido, rendere esistente una traccia mnesica interna (possiamo dire luce interna?).

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e cerebrali) ed un concetto di influenza dell’oggetto esterno sul soggetto. nella identificazione introiettiva, invece, non potevamo considerare questi due concetti in quanto l’identificazione introiettiva e proiettiva, come abbiamo detto, si riferisce ad un rapporto con l’oggetto sulla base di realizzazioni fantastiche pure. in altre parole nella avidità-introiezione il triangolo occhi-bocca esiste ma come triangolo piatto. si ha ancora una scissione tra immagine e sostanza per cui l’introiezione dell’immagine è introiezione del contenente24.

Investimento pulsionale dell’oggetto il terzo punto, l’investimento pulsionale dell’oggetto, comprende a sua volta: a) la fantasia di sparizione contro l’oggetto; b) l’attacco di invidia contro le qualità dell’oggetto; c) l’investimento libidico dell’oggetto e delle qualità dell’oggetto. dei primi due punti abbiamo già parlato. L’investimento libidico dell’oggetto e delle qualità dell’oggetto richiede che si sia verificata la fusione tra istinto di morte e libido. tale fusione dà la possibilità di mantenere con l’oggetto una distanza, permette cioè un legame autonomo con l’oggetto, come, contemporaneamente, permette di vedere l’oggetto per quello che è. Lo studio del rapporto con le qualità (sostanza) dell’oggetto ci conduce ad evidenziare che in questo rapporto si può verificare la dinamica della identificazione introiettiva. 24

cfr. nota 20, p. 159.

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Questa si ha quando il paziente fantastica di succhiare latte e sperma. Quando realizza cioè una fantasticheria pura di introiezione di sostanza fisica in assenza di tale sostanza, svolgendo la stessa dinamica che abbiamo visto nel concetto di identificazione con il seno. d’altro canto abbiamo considerato anche una dinamica di introiezione. se seguiamo i due concetti esposti a proposito di questa dinamica (quello della modificazione fisica e quello della influenza dell’oggetto esterno sul soggetto), troviamo che essi si possono evidenziare nel paziente che ascolta le parole. nell’ascoltare c’è infatti una modificazione fisica dell’apparato acustico e una attività modificatrice dell’oggetto esterno. in questo caso il paziente può essere avido o recettivo. se è avido di parole, cioè se le succhia come se fossero sperma-latte, realizza contemporaneamente una attività di prendere e una fantasia di avere in sé latte e sperma. siccome però non è una fantasticheria pura di introiezione di oggetto ma una fantasia che si lega ad un substrato di realtà fisica (suono-parole), parliamo di avidità e non di bramosia come parliamo di introiezione e non di identificazione introiettiva. La recettività invece non comprende il prendere attivamente, cioè non c’è per un verso un rapporto cieco con l’oggetto o un prendere l’immagine dell’oggetto o la sostanza dell’oggetto; per l’altro verso non c’è fantasticheria di introiettare ciò che non si introietta nella realtà. si sentono le parole e non c’è fantasia di mettere in sé ciò che non si mette in sé, cioè latte o sperma. credo pertanto sia importante teorizzare i tre concetti di bramosia, avidità, recettività. il primo si lega ad una realizzazione fantastica di sé: introiezione (e proiezione) del seno, che, è da notare, indichiamo con il termine di identi250

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ficazione introiettiva. il concetto di identificazione cioè si lega ad un concetto di fantasticheria pura, ad un concetto di realizzazione psichica, di oggetto psichico dentro di sé. come anche si evidenzia che la identificazione è una dinamica di attività del soggetto verso l’oggetto in cui quest’ultimo si presta soltanto come oggetto passivo di rapporto libidico. L’introiezione, invece, perde questo carattere di purezza in quanto l’oggetto esterno ha una attività (parole) e il soggetto viene modificato e influenzato. conserva in parte le caratteristiche fantastiche di rapporto oggettuale (le parole sono succhiate e mangiate come latte), ma non più allo stato puro come nella bramosia e identificazione introiettiva. nella recettività e investimento libidico non c’è più fantasticheria perché non c’è più pulsione bramosa cieca. Le parole sono ciò che sono. Parole ascoltate. L’importanza di isolare e teorizzare questi concetti ha, d’altronde, un riferimento clinico e terapeutico. Precedentemente abbiamo distinto la concettualizzazione dell’identificazione introiettiva e proiettiva da quella dell’invidia. ora, dopo queste altre precisazioni, possiamo meglio evidenziare, ad esempio, che le urine sono latte succhiato e digerito, cioè sostanza fisica dell’oggetto desiderata, amata, introiettata e proiettata. dinamica di libido avida che tende ad avere la sostanza dell’oggetto per sé. L’attacco di invidia, invece, guasta, nega la libido delle parole-sperma che diventano pus. La dinamica di introiezione della sostanza guastata l’abbiamo spiegata nel capitolo dell’invidia, come introiezione dell’immagine dell’oggetto cui si è guastata la libido in un precedente attacco di invidia. La distinzione, ad esempio, tra urine, pus, e veleno ci permette di cogliere il momento del disturbo fondamen251

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tale del paziente. È ovvio che il giallo (l’orsacchiotto giallo della paziente dell’inizio del capitolo) riguarda una dinamica con l’analista in cui si esplica una libido avida di latte, ed è ovvio che nel transfert la paziente riesce a soddisfare la libido senza annullarla. La prognosi di questa paziente sarà senz’altro più positiva di un’altra che parli di problemi di veleno. Perché il veleno è latte invidiato e non succhiato. come anche, in caso di pus, noi possiamo pensare che il disturbo non è nel rapporto con il seno ma nel rapporto con il pene del padre perché il pus è sperma invidiato e non latte invidiato. come anche possiamo orientarci pensando che il disturbo è legato ad una crisi masturbatoria infantile e adolescenziale. se, di fronte ad una fantasia di urina, interpretassimo l’invidia sbaglieremmo, come sbaglieremmo se in caso di pus interpretassimo una problematica di invidia del seno (latte) invece che invidia del pene (sperma).

L’“isolamento” dell’analista e la sua dinamica libidica abbiamo detto a p. 241 che l’analista trasforma le immagini e le possibilità psichiche del paziente che non solo ha recepito ma che il paziente ha indotto in lui. Lo abbiamo detto perché consideriamo la situazione transferenziale inscindibile da una situazione controtransferenziale. Le possibilità di comprensione dell’analista sono legate alla sua recettività libidica che sarà tanto maggiore quanto più l’analista avrà superato la bramosia di prendere cose ma252

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teriali, o l’avidità nell’introiettare le immagini25. in questa situazione non proietterà nulla, ma potrà trasformare tutto ciò che recepisce in pensiero verbale. ciò perché la libido recettiva non dovrà defecare oggetti materiali mangiati, e l’analista non metterà nel paziente le proprie proiezioni ma comprenderà e darà pensiero verbale cioè l’interpretazione. L’analista potrà realizzare la propria libido recettiva se essa è diretta ad ascoltare e non ad introiettare immagini (il paziente non fa vedere immagini ma parla). La recettività dell’analista è un concetto fondamentale e indispensabile in quanto non è possibile concepire l’analista in un approccio di solo pensiero verbale e libido genitale. in questo caso gli mancherebbe l’osservazione, cioè l’ascoltare, il vedere il paziente, cioè la recezione della comunicazione del paziente. Lo spettro del nozionismo, della conferenza teorica a tutti e a nessuno sarebbe inevitabile. sarebbe un non vedere il paziente, sarebbe una cecità psichica. cercando di chiarire ancora possiamo condurre il discorso al fatto che, in fondo, la comunicazione tra analista e paziente è solo verbale. Gli analisti che siedono dietro il lettino escludono anche la visione del paziente. in questo caso ciò che riceve l’analista sono solo le parole. si esclude la contemporanea introiezione dell’immagine fisica del paziente. con ciò l’analista riceve ciò che “produce” il paziente 25 cfr. il concetto di Bion «(...) in psicoanalisi non c’è posto per i desideri: come non c’è posto per i ricordi in quanto fondati o inseparabili da desideri connessi ad attività del passato che non hanno nulla a che vedere con la psicoanalisi». W. R. Bion, Analisi degli schizofrenici e metodo psicoanalitico cit., p. 237. [Rileviamo ancora una volta, la confusione e con essa la negazione del discorso e del lavoro psicoanalitico. se è giusto che l’analista non abbia desideri nei confronti dell’analizzando, è totalmente errato che non debba avere ricordi. senza ricordo-fantasia e connesso investimento sessuale dove si colloca l’analista se non in una dimensione astratta-eterea, avulsa dalla realtà per fantasia di sparizione contro di essa? È il vecchio “metodo” freudiano: una dizione esatta viene negata da una dizione errata. (1976)].

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cioè il risultato della trasformazione delle immagini in parole. L’analista si trova cioè nella stessa situazione del paziente che riceve le interpretazioni. Pertanto la dinamica è sulla matrice dello scambio di latte o sperma. il latte e sperma vengono trasformati in immagini interiori che, a loro volta, vengono trasformate in pensiero verbale (latte o sperma). L’angoscia e il conflitto sorgono quando il bisogno di piacere-libido orale è ancora presente nell’inconscio, come corrispondentemente è presente il legame con la sostanza fisica: l’avidità. in questo caso il sentire le parole è legato ad una angoscia di svuotare, sfruttare l’oggetto. Quando invece c’è il raggiungimento della realizzazione dell’oggetto totale, triangolo occhi-bocca, e l’aggiunta del suono per la simbolizzazione verbale, come anche la diffusione della libido a tutto il corpo, il sentire non è più una soddisfazione orale diretta e non c’è più il vissuto di sentire-succhiare. Quello che viene dato (detto) è recepito e non preso e succhiato e la fantasia di svuotare l’oggetto perde il suo valore. L’orecchio non ha capacità di “prendere”. dicevamo che si può considerare che un assetto interumano in cui un soggetto si rivolge all’altro con libido genitale e dando il pensiero sia (in teoria perché poi in realtà recettività e investimento coesistono: un soggetto parla ma vede l’interlocutore) una situazione, per il soggetto che dà, di non recettività nel senso che non è in atto, nel rapporto oggettuale, libido recettiva. Qui non è inopportuna la considerazione di come spesso si confondano due situazioni di isolamento. L’isolamento, la non recettività per uno sviluppo e un assetto di pensiero verbale e libido genitale in cui il soggetto comunica il pensiero e investe l’oggetto di libido ge254

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nitale26; e l’isolamento del soggetto che ha bloccato più o meno parzialmente la libido e si rivolge all’oggetto non investendolo di libido, ma, parlando nozionisticamente e astrattamente, mette una barriera tra sé e l’altro, una incomunicabilità. a questo punto una lettura del testo freudiano I due principî regolatori della vita psichica è utile. Freud considera che «ogni nevrosi ha l’effetto (e si tratta probabilmente di una tendenza tipica della nevrosi) di espellere l’ammalato dalla vita reale, di renderlo estraneo alla realtà»27.

noi riferiamo questo discorso a quanto dicevamo sull’assetto di comunicare mediante un atteggiamento esibizionistico e astratto. Poi consideriamo con attenzione particolare la nota successiva: «Voglio cercare di completare la esposizione schematica data nel testo con alcune considerazioni: giustamente si può obiettare che una simile organizzazione, posta alla mercé del principio del piacere e ignorante la realtà del mondo esterno, non potrebbe mantenersi in vita neanche per un breve momento, cosicché essa non avrebbe potuto affatto esistere. La utilizzazione di una finzione di questo genere si giustifica però con l’osservazione che il neonato, sol che si prescinda dalle cure materne, realizza pressappoco un tale sistema psichico (...). Poiché le cure del neonato rappresentano il primo modello del successivo allevamento del bambino, il dominio del principio del piacere può propriamente cessare soltanto con il completo svincolamento psichico dai genitori»28.

Le considerazioni di questo passo di Freud, che più ci interessano, sono quelle in cui rileva che un sistema psichico 26 27 28

cfr. la dimensione di rifiuto ne La marionetta e il burattino cit. s. FREUd, Precisazioni sui due princìpi cit., p. 453. Op. cit., pp. 454-455.

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escluso dagli stimoli del mondo esterno non avrebbe potuto esistere. Le utilizziamo a conforto di quanto detto a proposito del feto quando, vitale, trascorre gli ultimi tre mesi di esistenza intrauterina. ci interessa inoltre che, secondo Freud, il neonato «realizza pressappoco un tale sistema psichico». Utilizziamo questo per proporre un problema di annullamento e di negazione della separazione e della nascita. con tale annullamento diventa impossibile distinguere le due dimensioni: quella di assetto libidico genitale con investimento sessuale dell’altro e di comunicazione di pensiero, e quella di isolamento indifferente e di barriera29. invece una differenza c’è ed è sostanziale. nel caso di isolamento indifferente, c’è implicata la fantasia di sparizione contro l’oggetto che, portando il soggetto alla cecità psichica e con ciò alla impossibilità a introiettare le immagini o qualità psichiche dell’oggetto, rende la libido bramosa di cose materiali, cioè dell’oggetto stesso. introiezione significa mangiare l’oggetto. Una realizzazione fantastica di tal genere porta, come sappiamo, a proiezioni massicce fuori di sé, cioè ad intenso vomito o defecazione. a questo punto le possibilità libidico-recettive sono perdute, e il soggetto può soltanto isolarsi dall’oggetto, mettere una barriera più o meno massiccia alla comprensione, all’ascoltare, a introiettare le qualità dell’oggetto, lo distanzierà, allontanerà da sé in modo più o meno intenso fino ad ignorarlo del tutto, ad annullarlo, farlo sparire. ciò perché “lo sguardo” senza libido, diventa allontanante l’oggetto fino a farlo sparire. 29 Questo è uno dei punti cardine che porteranno, nei volumi successivi, alla denuncia del fallimento di Freud e alla teorizzazione che, per fare psicoanalisi, è indispensabile rifiutare Freud e il freudismo. La denuncia dell’imbroglio “scientifico” che Freud abbia costruito la psicoanalisi trova infatti il suo fondamento nella mancata scoperta della fantasia di sparizione e dell’inconscio mare calmo. [1976]

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annullare, far sparire l’oggetto significa, in fondo, far sparire il proprio sé libidico. diversa è la situazione di libido genitale e di dare il pensiero. anche in questo caso (almeno in teoria) c’è una mancanza di introiezione, c’è una non recettività. ma non c’è un approccio con l’oggetto sulla base di una assenza di libido recettiva-introiettiva. La libido non è stata annullata dalla fantasia di sparizione, ma questa, legata ad essa, introiettando gradualmente più la sostanza che l’oggetto materiale, si è trasformata in pensiero verbale e la libido, a sua volta, legata allo sviluppo ed elaborazione delle immagini, è diventata libido genitale che investe l’oggetto. investire l’oggetto in senso puramente economico (secondo la terminologia della meta-psicologia freudiana) senza proiettare immagini interiori. Parlare all’oggetto. La libido non negata trasforma le immagini interiori in espressioni verbali. La possibilità dell’evoluzione della primitiva fantasia di sparizione in immaginazione e poi in pensiero verbale (fatto a sua volta legato alla vitalità della libido) permette alla libido di evolvere da una captatività di oggetti materiali (seno) a una recettività del senso e significato della comunicazione dell’oggetto, per poi volgersi di nuovo all’esterno come energia-libido di rapporto umano, di interesse-amore per l’oggetto. si volge di nuovo all’esterno, verso l’oggetto perché non è più trattenuta dal legame alle immagini interiori. L’immagine è ormai un simbolo, un nome e la libidoenergia è libera di volgersi verso l’oggetto. La paziente che negava le mie possibilità di intuito e comprensione diretta, di spiegazione diretta senza consultare libri, colpiva questa possibilità di trasformare la libido recettiva che aveva ascoltato il sogno, in libido che investiva lei, e la possibilità di trasformare l’immagine che lei con il 257

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suo racconto aveva indotto in me, in pensiero verbale. colpiva cioè questa possibilità di passare dall’uno all’altro status psichico di recettività e donazione. colpiva cioè la situazione vitale di rapporto umano. comprendere e parlare. Questa è la ragione per cui parlavamo di possibilità psichiche che il paziente aveva indotto nell’analista. non si tratta soltanto di considerare una recettività generica, ma uno status nuovo che l’“altrui” determina, o forse anche che noi ci determiniamo per accogliere l’“altro”; status di recettività. trasformiamo il nostro status psichico non in senso regressivo perché non è il termine adatto, ma in un altro senso da quello libidico genitale e di pensiero verbale. Per poi ritrasformarlo più o meno rapidamente nell’altro status. ciò implica una accettazione della propria dinamica libidica. implica una accettazione della propria libido. implica, infine, il distacco della libido dalla bocca per essere una libido delle orecchie. E la paziente colpiva e non riusciva ad accettare la libido dell’analista perché ciò l’avrebbe portata a realizzarsi invidiosa. E infatti, se nel capitolo sull’invidia abbiamo detto che «l’invidia è diretta verso le qualità psichiche dell’oggetto», ora possiamo precisare e dire che «l’invidia è diretta contro le possibilità libidiche dell’oggetto» ed in special modo contro l’investimento sessuale. il paziente, avendo realizzato ripetute fantasie di sparizione dopo la nascita contro l’oggetto umano, non può avere con l’analista, all’inizio, altro che un rapporto ambivalente. ambivalenza intesa non nel senso di succhiare, ma di guardare (e negare) e mangiare. Egli, per le fantasie di sparizione, è più o meno grandemente cieco e con ciò è un divoratore-distruttore. il suo rapporto con l’oggetto può essere salvato solo mediante la scissione tra buono e cattivo, scissione però che, 258

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per la connessa proiezione della cosa cattiva, lo priverà di una parte più o meno grande di libido. Proiezione anche di libido, abbiamo detto, ma di libido avida e bramosa perché la sua è tale. E se la proiezione sarà grande per le grandi cose cattive che deve espellere, anche il seno buono sarà meno buono, perché potrà diventare esso stesso, invece che donante, avido e bramoso. il paziente avrà allontanato, ignorato, fatto sparire il seno cattivo e si troverà di fronte al seno buono che non è più buono ma avido. sarà il seno a mangiare il paziente. soltanto quando, ripetiamo, la proiezione non è massiccia, il paziente conserva le sue possibilità libidico-recettive, il seno rimane con le proprie qualità libidiche donanti. soltanto in questo caso l’invidia del paziente, il suo guardare di morte, può essere neutralizzato dal suo vedere, cioè dalla introiezione di immagini buone. in altre parole non distruggerà la libido dell’analista, ma la farà anche sua. si adeguerà, si renderà uguale all’oggetto, e lo farà riempiendosi di latte, calore e benessere. L’analista proporrà sempre una situazione di accettazione e di dinamica della propria libido. ascolta, recepisce e trasforma la propria libido in un volgersi con interesse verso il paziente e trasforma le sue immagini interiori in interpretazione. Propone cioè continuamente se stesso qual è, spingendo il paziente ad accettare le sue possibilità libidiche anche se avide, e piene di bramosia. Lo spinge ad accettarle perché il paziente ne ha bisogno, perché se se le toglie, proiettandole sull’analista, realizza una propria incapacità libidica-introiettiva e una bramosia dell’analista. L’analista che si caratterizza per essere quello “che porta via i soldi”. La dinamica di rapporto con l’analista può giungere, una volta che il paziente si sia privato del sé libidico, ad una si259

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istinto di moRtE E conoscEnza

tuazione di blocco. il paziente “ci mette tutta la sua buona volontà” ma non riesce a fare realizzazioni evolutive. sembra proprio che sia incapace di dinamizzarsi nel rapporto con l’analista. Potremmo rassegnarci e fare una “diagnosi” di “carattere” ma se osserviamo più a fondo scopriamo che l’incapacità è il risultato di una dinamica di conflitto.

il “non posso” come situazione di conflitto spesso, nell’analisi della fantasia di sparizione dei pazienti, mi imbatto nella espressione “non posso” del paziente stesso. Faccio rilevare che il termine “non posso”, anche nel linguaggio comune, significa, sia non potere per incapacità, sia non poter fare una cosa perché la si sente proibita a se stessi. La realizzazione interna, come l’espressione verbale, non è distinta. sono espressioni che si riferiscono ovviamente alle realizzazioni analitiche, al capire, al progredire in analisi. «non posso farcela». il rilievo che la dizione si riferisce sia ad una incapacità effettiva sia ad una autoproibizione, colpisce il paziente e gli dà modo di riacquistare una certa fiducia in sé. Prospetto al paziente, in altre parole, che non è detto che la sua “incapacità” sia veramente una incapacità, ma potrebbe essere anche una situazione di conflitto, di autoproibizione. Quando è che il “non posso” viene realizzato come incapacità? Quando è in gioco la pulsione di annullamento. 260

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interpreto così. Quando lei nei giorni festivi o alla fine della seduta, o in occasione delle vacanze estive, realizza in sé una fantasia di sparizione, ritornando a quel meccanismo infantile di chiudere gli occhi o voltare la testa dall’altra parte, di fronte ad una persona vissuta come aggressiva, e fantastica di avermi fatto sparire, realizza un vuoto, un buio interno. ciò accade perché l’analista rappresenta la situazione interiore valida di se stesso che lei ha messo nell’analista stesso. con la fantasia di sparizione nei miei riguardi lei fa sparire, annulla anche questa situazione valida di sé e resta un vissuto di impossibilità. Un “non posso” vissuto come incapacità. in verità la sua realizzazione di impossibilità è legata a questa fantasia di perdita della situazione valida di se stesso che lei ha fatto sparire insieme all’analista. con questa impostazione di discorso, interpretando la fantasia di sparizione, ripropongo al paziente di riprendersi la propria situazione libidica, quella che gli ha permesso di fare una identificazione su base libidica e di proiettarla poi sull’analista. solo quando il paziente si riprende questa situazione libidica anche se avida e divorante, il “non posso” può essere sentito come conflitto, come autoproibizione a introiettare, prendere, succhiare e non come incapacità effettiva. Possiamo anche dire che in questa maniera noi trasformiamo la fantasia di sparizione che è annullamento, buio, isolamento totale, in rapporto bramoso con l’oggetto-analista, che è sempre rapporto oggettuale anche se intriso di aggressività. La fantasia di sparizione di annullamento dell’oggetto, si trasforma in rapporto con l’oggetto in cui la libido è bramosa e avida e il guardare è solo parzialmente vedere. ma è già un progresso. Poi si passerà all’analisi del rap261

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porto bramoso. il paziente non vive più una incapacità effettiva, ma un senso di colpa per il suo rapporto con l’analista con meccanismi di guastare l’analista, rovinarlo, farlo arrabbiare o sfruttare ecc. ma già a questo punto la situazione analitica può essere considerata avviata. La situazione più difficile non è da considerare il rapporto invidioso, che, per quanto intenso, è pur sempre un rapporto di transfert. il più insidioso e pericoloso è l’atteggiamento di anaffettività, spesso ben mascherato da situazioni di facili discorsi, facili associazioni, finanche facili sogni che, se non assumono grossolane forme di recitazione, possono trarre in inganno. sono i pazienti “produttivi in analisi”, quelli di tutta tranquillità, puntuali, esatti, di estrema soddisfazione per un analista poco accorto. Pericolosi perché, magari dopo anni di analisi, si ritrovano come prima o, peggio ancora, con un bel corredo di concetti psicoanalitici. Entrambi, paziente e analista, hanno recitato la loro parte e realizzato la loro nevrosi. il paziente facendo lo scolaro diligente, l’analista il maestro conferenziere. il tutto, se nessuno dei due esagera e sta ad un gioco corretto, può essere vissuto come un bel periodo di vita30.

30 il paragrafo ribadisce ed esplicita la necessità di una analisi basata sulla interpretazione della fantasia di sparizione. nell’uomo si ha una radicale, inconscia convinzione: l’impossibilità della trasformazione umana. L’“unica soluzione” che si è sempre prospettata all’uomo è il passaggio dal rapporto sadomasochistico all’indifferenza. L’interpretazione della fantasia di sparizione è l’unico mezzo per trasformare l’incapacità come impossibilità e rassegnazione in conflitto e quindi in speranza e lavoro. cfr. Introduzione a R. sPitz, Il No e il Sì cit. il “principio di realtà” una volta che essa realtà sia stata divinizzata dalla fantasia di sparizione. [1976]

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L’intuito dell’analista come elemento fondamentale del lavoro di psicoanalisi invece è necessario che l’analista intuisca. certo, non ha nessun dato di realtà per non accettare simile situazione, non ha nessun “sintomo” per proporsi un lavoro diverso. in realtà, nella situazione di analisi detta sopra, noi consideriamo che l’analista si è lasciato indurre a una situazione interiore di disinteresse e di vuoto libidico. Ha accettato la proiezione, ha lasciato che il paziente mettesse in lui l’istinto di morte, cioè la realizzazione di una negazione della propria affettività. Questo ipotetico analista si è negato la possibilità di realizzare una situazione recettiva della reale situazione del paziente perché evidentemente questo analista aveva dubbi sulle proprie possibilità di trasformarsi da recettivo in pensatore libidico genitale. Perché evidentemente la recettività di questo analista era molto cieca, cioè molto legata a prendere l’oggetto (soldi dell’oggetto) e l’immagine dell’oggetto (guardare la “realtà” fisica o clinica) e quindi non realizzabile come situazione personale interiore. La recettività negata viene agita come bramosia. L’analista in causa “ruberà” l’onorario in quanto simili rapporti umani sono rapporti di convivenza sociale e di conversazioni amichevoli che non implicano un pagamento di onorario. non c’è, si potrebbe dire, il concetto di “lavoro dell’analista”. Perché ci sia “il lavoro” è necessario l’intuito dell’analista e non lo scambio di proiezioni. occorre cioè che l’analista: a) recepisca la personalità psichica del paziente trasformando la propria situazione libidico-ideativa; 263

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b) la elabori in sé trasformandola in pensiero verbale; c) investa il paziente di libido genitale e interpreti. appare evidente che, perché ci sia il lavoro analitico, è necessaria la partecipazione libidica al rapporto con il paziente. E su questo concetto ci basiamo per dare importanza fondamentale all’intuito nel lavoro di analisi. intuito nel senso di capire la vera situazione psichica del paziente, al di là di ciò che cade sotto i nostri occhi fisici. noi, attraverso la presenza fisica del paziente e la sua comunicazione verbale, cioè per mezzo dell’ascoltare, percepiamo, meglio intuiamo, un vuoto, un’angoscia, una rabbia. non ci limitiamo neppure a sentire le parole per quelle che sono ma ne cerchiamo il senso, il significato31. È da pensare che è soltanto mediante il “vedere psichico” di cui parlavamo, mediante la possibilità di percepire gli stati psichici altrui da piccoli segni che cadono sotto i nostri sensi fisici, che noi possiamo trovare il concetto di intuito. cioè il concetto di intuito può essere legato soltanto a una matrice libidica. E l’intuito sarà tanto più esatto quanto più la matrice libidica non sarà intrisa di aggressività, cioè di tendenze a recepire nel senso di prendere (succhiare o divorare) perché ciò porta a mettere fuori di sé, sovrapporre o mescolare quello che è fuori a quello che noi ci mettiamo di nostro, cioè alla proiezione. Quanto più la nostra situazione interiore avrà tendenze ad espellere tanto più noi proietteremo e non intuiremo. Quanto più saremo disposti a recepire-vedere tanto più il nostro intuito sarà valido. in fondo, noi intuiamo sempre la caratteristica dell’af31 non bisogna confondere il concetto di intuito con quello di telepatia. il primo implica la presenza dell’oggetto. il secondo potrebbe essere considerato una idealizzazione astratta dell’intuito quando questo non possa essere esercitato. in altre parole al di là non vuol dire in assenza di.

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fetto (rabbia, angoscia, depressione) del paziente. intuiamo cioè il fondamento pulsionale della comunicazione. se il paziente ci dice che la prossima volta non può venire perché ha un impegno, noi intuiamo la fantasia di sparizione-istinto di morte. se il paziente alla fine della seduta (e spessissimo non ha orologio!) si mette a parlare precipitosamente impedendoci di chiudere la seduta, noi intuiamo la bramosia, l’attaccamento libidico alla persona fisica dell’analista e l’angoscia che il desiderio di piacere fisico venga frustrato. noi non intuiamo né le immagini del paziente né il suo comportamento. se ciò dovesse sembrare, credo sia da ritenere un ricordo di qualche atteggiamento precedente, cioè una proiezione, un presapere. non possiamo ad esempio intuire quale sarà un sogno del paziente. intuito, quindi, che va inteso nel senso di percezione dello stato d’animo del paziente, percezione della energia nella sua forma di libido o di istinto di morte. non quindi percezione delle immagini del paziente, il che potrebbe essere proiezione, quanto percezione della pulsione. che poi ciò possa suscitare in noi una immagine, cioè che noi possiamo avvertire una immagine che può corrispondere più o meno a quella del paziente, ciò è ammissibile e può anche essere osservato. ma non vuol dire che abbiamo percepito l’immagine, bensì lo stato d’animo da noi trasformato in immagine nostra32. il perché è evidente. L’immagine implica l’uso dei sensi fisici, implica una traccia mnesica di rapporto oggettuale in cui sono stati usati i sensi fisici. L’intuito lo riferiamo invece alla percezione della pulsione. Possiamo usarlo ed esserne sempre più sicuri quanto meno i nostri istinti sa32 Ripetendo un processo di nascita per il quale il rapporto precedentemente vissuto viene trasformato in immagine interiore.

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ranno soggetti a conflitto, cioè non saranno compromessi. ciò significa anche dire che l’intuito è utilizzabile bene, non confuso con la proiezione, quando sarà stata completa l’integrazione occhi-bocca. Quando libido e curiosità saranno integrate. Quando sarà fatto il triangolo, la trinità. Quando la parola interesse per, sarà la situazione di base del nostro approccio con l’altro. in questa situazione di interesse per, le possibilità di recepire, “sentire”, più nel senso di intuire che non di ascoltare, sono al massimo livello. ciascuno dei due partner può oscillare dalla situazione recettiva che accetta senza riserve perché non implica il mangiamento dell’oggetto materiale, alla situazione di pensiero parola-libido genitale, al dare. non c’è proiezione perché non c’è niente di oggetto materiale mangiato da mettere fuori di sé, nell’oggetto, come non c’è un prendere le immagini dell’oggetto. non c’è conflitto, non c’è scissione e divisione di oggetto cattivo e oggetto buono. tutto ciò che è stato recepito sarà trasformato in pensiero verbale e in comunicazione verbale. La libido è libera di investire l’oggetto e di intuire gli stati d’animo, cioè le pulsioni dell’oggetto. Quando, come spesso accade in analisi, la possibilità di interesse per, è solo dalla parte dell’analista, l’investimento libidico che l’analista fa sul paziente dovrebbe portare alla rinascita degli investimenti libidici del paziente stesso. noi abbiamo considerato che alla nascita, quando la fantasia di sparizione può essere considerata assoluta, non è ugualmente assoluta, in quanto esiste una vitalità, un sé libidico prenatale. È come dire che nell’uomo c’è sempre una possibilità di intuito, di percezione libidica della libido altrui. Ed è poi da questa possibilità di intuito che sorgono le immagini, il vedere e la realizzazione di un 266

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mondo di fantasie interiori, e da ciò, come abbiamo detto, lo sviluppo contemporaneo della libido e del pensiero verbale. È che il paziente (fondamentalmente) per più o meno ripetute fantasie di sparizione contro il padre, la madre, spesso purtroppo confermate da partenze o morti, contro proprie identificazioni più o meno fondamentali proiettate all’esterno, ha realizzato la perdita di questo suo sé con possibilità libidiche-introiettive. il nostro compito è di ri-istituire queste possibilità che il paziente ha realizzato di aver perduto. ci sarà allora l’investimento libidico sull’oggetto paziente. ci serviremo dell’intuito per cogliere le pulsioni libidiche del paziente stesso. È sottinteso, intuitivo, che se il paziente viene dall’analista ha possibilità libidiche di rapporto oggettuale. sarà necessario allora rivolgersi alla fantasia di sparizione con interesse, interpretandola. Ed è questa fantasia di sparizione che va intuita, perché potrà essere solo intuita, perché il paziente non ce la comunicherà mai. Perché, per se stessa, essa non ha immagini33 e non può essere comunicata ai sensi fisici. Quindi noi non la conosceremo mai, se aspettiamo che cada sotto i nostri sensi fisici. È necessaria un po’ di “speculazione pura” come dice Freud34, è necessario cioè ser33 La non esistenza dell’oggetto è infatti “fantasia”, cioè creazione psichica ma non immagine nel senso comune della parola. 34 «Quanto segue deve essere considerato come speculazione pura, come uno sforzo per innalzarsi al di sopra dei fatti, sforzo che ciascuno potrà seguire con simpatia o ritenere indegno della sua attenzione, a seconda della propria mentalità». s. FREUd, Al di là del principio del piacere cit., p. 24 (standard Edition), p. 210 (Boringhieri). con la solita differenza fondamentale (ovvero all’opposto) che, per Freud, speculazione pura vuol dire pensiero astratto, conseguenza della scissione tra corpo e mente; scissione che porta al pensiero come negazione che... non scopre niente. cfr. Introduzione a R. sPitz, Il No e il Sì cit. [1976]

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virsi dell’intuito. soltanto investendo l’altro di libido possiamo sapere che sotto-intesa c’è la fantasia di sparizione. interpretando questa, proprio nei termini e vissuti infantili di quando il bambino chiude gli occhi e dice “non ci sono”, noi aiutiamo il paziente a non vivere la sua situazione di vuoto, di cecità psichica come impossibilità e gli ridiamo la possibilità di guardare-vedere le sue fantasie, la possibilità di comprendere e pensare. È da pensare che soltanto attraverso questa strada l’uomo può assumere la responsabilità del proprio inconscio. man mano che il paziente riacquista le sue possibilità libidiche e quindi di vedere, aumenteranno le sue possibilità di simpatia con l’analista. Le realizzazioni di immagini diverranno sempre maggiori e più valide e con ciò le possibilità di vivere la propria libido, la quale, a sua volta, renderà gli occhi sempre più vedenti e sempre meno guardanti con invidia. in altre parole, ancora sempre meno proiezioni e sempre più intuizioni.

La sfinge L’analista, in altre parole, nel suo lavoro, deve proporsi di affrontare la sfinge. Essa distrugge se stessa quando l’enigma viene risolto. La comunicazione enigmatica e furba della sfinge viene tradotta in interpretazioni, in pensiero verbale da Edipo. a questo punto la sfinge è distrutta35. 35 Veramente non è vero. L’interpretazione di Edipo è parziale ed Edipo si identifica, cioè rimane castrato. cfr. Teoria della nascita e castrazione umana cit., p. 231 e ss.

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La sfinge è il paziente che viene dall’analista, che parla per enigmi ed è furbo. ogni paziente ha una situazione interiore di base di essere nel ventre materno; perché ogni paziente ha in sé fantasie di sparizione non risolte, non trasformate in immagini e in sapere. da questa situazione interiore di base è furbo e parla per enigmi. È furbo e ipocrita. Recita sempre una parte, è esibizionista, risultato inevitabile di situazioni più o meno grandi di buio interiore, di vuoto, di anaffettività. cioè è anche superbo, comunica per cimentare, per provocare reazioni nell’analista, alterazioni della sua personalità psichica. cioè per “mettere” nell’analista un problema, indurre l’analista alla nevrosi, in particolare alla cecità psichica e al menefreghismo. a ridurlo come lui, con vuoti mentali e di libido. se ciò non accade, si scatena invidia e odio. È l’aspetto del mostro insito nell’uomo, per quella situazione interiore che nasce dall’incesto della madre con il figlio, incesto inteso nel senso della fantasia di sparizione con ritorno nell’utero materno. È questa unione figlio-madre che dà origine alla sfinge. Verrà distrutta dalla ricerca della verità, dalla trasformazione del vuoto, buio interno, in immagini e pensiero verbale. «La sfinge costituisce una immagine simbolica condensata che contiene in sé la spiegazione e il mistero della conoscenza»36.

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F. coRRao, Intervento su La gioventù moderna, in “Psiche”, V, 1968, p. 42.

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il dare un soggetto ai propri pensieri. il recupero della libido Bion dice: «Esistono pensieri senza un soggetto (...). La sensazione di un numero infinito di oggetti viene sostituita dalla sensazione che ne esistono solo tre e lo spazio da infinito diventa finito. i pensieri che erano senza un soggetto vengono ad acquistare (o ad essere acquistati da) un soggetto». «Un paziente affetto da quelli che di solito si chiamano disturbi del pensiero darà esempi comprovanti che ogni interpretazione che l’analista gli fornisce è in realtà un pensiero che apparteneva a lui; lascerà capire che i libri, gli articoli scritti da altri, in primo luogo naturalmente dal suo analista, sono stati in realtà rubati a lui (...). nella misura in cui egli considera la propria persona come creatore di se stesso egli è uscito dall’infinito»37.

il bambino in situazione schizoparanoide nel suo rapporto con l’oggetto parziale riempie l’ambiente di oggetti infiniti, i seni mangiati e fatti sparire dentro di sé e poi evacuati. La frammentazione infinita di tali oggetti è legata al vissuto infantile continuo di introiezione di oggetti in un continuo infinito rapporto col seno. non ogni poppata, ma ogni deglutizione di una boccata di latte (e più in una stessa deglutizione) comprende oggetti e immagini di oggetti ingerite e poi proiettate. se questo è vero, non è vero che esistano pensieri senza un soggetto. L’impostazione ideologica astratta del freudismo (a derivazione hegeliana), il dominio dell’istinto di morte, si infiltra in ogni discorso. L’io umano, l’uscita dall’onnipotenza astratta, può essere acquisito soltanto con la 37

W. R. Bion, Analisi degli schizofrenici e metodo psicoanalitico cit., p. 250.

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scoperta della memoria-fantasia (l’inconscio mare calmo). scoperta che può essere possibile soltanto allorché sia preceduta e accompagnata dall’altra scoperta, quella dell’istinto di morte come fantasia di sparizione. L’uomo resuscita se stesso (non si crea da se stesso; si crea delirantemente da se stesso quando pensa di poter essere per fantasia di sparizione contro il mondo) allorché, al di là delle distruzioni di un rapporto interumano violento e perverso, ritrova il se stesso della nascita. il se stesso che ha fantasia interna e non proietta. il se stesso che non riempie il mondo di oggetti, di fantasmi. L’uomo esce dall’infinito quando, liberatosi dall’istinto di morte, potrà avere il rapporto reale con la realtà mediante l’investimento sessuale. il paziente che viene da noi in assetto esibizionistico, che sa parlare e dire ma non vive, può sembrare “pensieri senza soggetto”. Egli ha alienato, ignorato la situazione interiore libidica di sé. dobbiamo cercare di restituirgliela. Fare in modo che egli, pensieri senza soggetto, dia un soggetto ai propri pensieri senza vita.

cotRonE: Gli angeli possono come niente calare in mezzo a noi: e tutte le cose che nascono dentro sono per noi stessi uno stupore. Udiamo voci, risa; vediamo sorgere incanti figurati da ogni gomito d’ombra. sordità di ombra non possiamo soffrirne. Le figure non sono inventate da noi; sono un desiderio dei nostri stessi occhi. 271

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istinto di moRtE E conoscEnza

cotRonE: se lei, contessa, vede ancora la vita dentro i limiti del naturale e del possibile, l’avverto che lei qua non comprenderà nulla. noi siamo fuori da questi limiti, per grazia di dio. a noi basta immaginare, e subito le immagini si fanno vive da sé. Basta che una cosa sia in noi, in noi ben viva, e si rappresenta da sé, per virtù spontanea della sua stessa vita. È il libero avvento di ogni nascita necessaria. al più, al più, noi agevoliamo con qualche mezzo la nascita38.

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L. PiRandELLo, I giganti della montagna, atto ii e atto iii (corsivi miei).

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La Violenza Invisibile Quaranta anni dopo

2010. Quaranta anni. Nella primavera del 1970 la vita del corpo era giunta ad una elaborazione del pensiero talmente forte che, da dentro, spingeva la mano destra a scrivere per renderla verbale. Avevo detto molte parole da quando, interpretando le immagini oniriche che mi venivano descritte, trasformavo in linguaggio articolato le forme incomprensibili di un pensiero senza coscienza. Alla fine del 1959 avevo lasciato Venezia ed il posto di ruolo di medico di sezione dell’Ospedale psichiatrico. Dal 2 gennaio 1960 lavoravo all’Ospedale psichiatrico di Padova e, nella primavera crebbe, dentro, una spinta che portò alcuni mesi dopo, a quel movimento rapido del braccio che scrisse ciò che avevo “visto” oltre le parole Percezione delirante e Psicoterapia di gruppo. Ed ora, come accade spesso quando ricordo il passato, vengono alla mente parole che dicono qualcosa di invisibile con una voce sconosciuta, soltanto mormorando suoni indistinti. “Lasciare Venezia, lasciare Roma, lasciare Pisa, lasciare Fabriano, lasciare Monte Giberto”. Quest’ultimo è il paese dove sono nato. Poi lasciai anche Padova, lasciai Kreuzlingen, lasciai la Società di psicoanalisi freudiana. E 273

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IStINtO DI MORtE E cONOScENzA

la parola con i suoi suoni disse sempre «Separazione»; ed ora so che altre, silenziose perché fatte da immagini incomprensibili, dicono sempre memoria-fantasia dell’esperienza vissuta. E so che sono parole nate dalla trasformazione del pensiero senza coscienza che non ha suoni che possono muovere la membrana del timpano. Le leggo nelle ultime righe della prima premessa. Poi, alla fine del 1970, la spinta che era diventata esigenza di dire, fece muovere velocemente il braccio e la mano per rendere visibile, con il pensiero verbale scritto, il linguaggio misterioso delle immagini silenziose. Avevo letto tanti libri che, diversamente dal ragazzino de La storia infinita, non parlavano del nulla. Dicevano spesso la parola pulsione ma sentivo che era un fantasma senza corpo che si metteva una maschera diversa a seconda che vagasse nell’aria francese, inglese, tedesca: pulsion, drive, trieb. Pensai che non aveva immagine e che al suono della parola, nella mente, non compariva nessuna figura di cosa percepita. Non compariva... nulla. Forse, pensai, era soltanto un sentire, un sapere del corpo. Ma notai che spesso compariva il termine Non: non c’è. Una cosa prima percepita, poi non veniva più sentita: non c’è più, è sparita. E, nel primo capitolo, racconto che un malato si aggiunse alla ricerca e, dalle sue parole, io intesi che mi diceva: “Lei mi ha fatto del male perché non c’era”. Ed io concettualizzai che la violenza non era soltanto sadismo, lesione della realtà materiale. Era “non essere presenti” che diventò, in breve, non avere interesse per l’altro, non comprendere la realtà dell’altro, non “vedere”. Il pensiero sullo scotoma che emerse negli anni venti, era stato stroncato da Freud nel Feticismo del ’27 quando uscì Essere e tempo di Heidegger, con la parola rimozione che era un pensiero che derivava dal rapporto con lo spazio: togliere una cosa da un luogo e porla in un 274

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LA VIOLENzA INVISIbILE

altro luogo. Era un pensiero legato soltanto alla percezione della realtà materiale e Freud lo legò al ricordo cosciente che va via dalla mente ovvero si dimentica. La sparizione del rocchetto nel gioco del nipotino non gli aveva dato nessuna intelligenza sulle parole sparizione-riapparizione. E non so da dove venne il pensiero che mi fece dire al malato “non sono io che sono sparito anche se non ero fisicamente presente; è lei che mi ha fatto sparire”. E le parole vennero dal profondo della mente e non dicevano di avere come madre, l’immagine onirica; erano già nel pensiero senza coscienza le lettere che sorsero, chiare e definite dalla mano, come piccole linee contorte, nella scrittura: annullamento trascinò con sé nella luce, la parola pulsione e la possedette con la gioia della conoscenza: pulsione di annullamento. Stavo tentando di curare i malati e mi chiedevo quali fossero le cause della malattia mentale. Avevo conosciuto, dalle vecchie cartelle cliniche dell’Ospedale psichiatrico di Venezia, la parola stolidità e, alla scoperta della pulsione di annullamento, che non rende inesistente la realtà materiale ma le realtà non materiali invisibili, venne il nesso con la parola assenza che fece emergere, dal buio di un profondissimo pensiero sconosciuto, la parola anaffettività. Mi resi conto che avevo portato la clinica psichiatrica oltre l’osservazione delle manifestazioni percepibili della malattia della mente. Forse avevo compreso l’immobilità del pensiero detto ragione di fronte alla realtà umana del pensiero silenzioso del sonno. Poi, fuori dal lavoro come psichiatra, la mente si chiese quando, nel corpo umano, compariva la pulsione. tornavo, con il pensiero, all’infanzia e mi fermai al momento della nascita perché comparve la parola: separazione. Vidi il feto che diventava bambino; sapevo che la radicalità 275

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IStINtO DI MORtE E cONOScENzA

del distacco conteneva in sé la parola comparsa del nuovo e, certamente o forse, la parola trasformazione. E così, nella nascita vidi che c’era, insieme, la parola vita. Andai ancora oltre perché, al pensiero, si unirono le parole fantasia, sparizione, reazione. La certezza dell’esistenza della realtà biologica che, non viva, aveva possibilità di vita disse che la reazione alla luce era, nel fare “inesistente” il mondo naturale, rendere esistente il rapporto interumano: non è soltanto pulsione di annullamento; alla nascita, per la vitalità, il feto diventa neonato con la fantasia: fantasia di sparizione del mondo. E come formiche che escono da un cratere invisibile della mente, le parole diventano visibili apparendo una dietro l’altra. Fantasia di sparizione e capacità di immaginare sorgono dalle parole “creatività della realtà biologica umana che fa comparire da se stessa un nuovo, qualcosa che prima non c’era”. Guardo il vecchio libro sgualcito e perplesso, forse turbato, leggo la prima premessa e gli occhi si fermano su poche righe. “Forse riusciremo a battere meglio il nemico «nevrosi di controtransfert» che implica indubbiamente, ed anche come problema fondamentale, la fantasia di sparizione nel senso dell’istinto di morte, istinto che non si trasforma cioè in immagine dell’oggetto e poi in pensiero verso l’oggetto”. E l’emozione partorisce il pensiero verbale che dice una sola parola: sapevo. Quaranta anni fa scrissi ciò che sapevo da anni: forse dieci, forse venti. Ed ora, scrivendo, distinguo sempre la separazione con la fantasia di sparizione che, ricreando la nascita, fa la memoria-fantasia che non è cosciente, dalla separazione con la pulsione di annullamento che fa l’anaffettività e, talora, il ricordo cosciente. Sono coloro che non riescono a ricreare la nascita perché hanno perso la vitalità.

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LA VIOLENzA INVISIbILE

Ma ora è necessario pensare che, per dare realtà alla parola pulsione, la separazione con fantasia di sparizione e rifiuto senza annullamento o negazione, va realizzata anche nei riguardi di una cultura millenaria che aveva deciso ed imposto che l’identità umana stava soltanto nella parola: ragione. Essa diceva che, l’altro tempo della vita, quando coscienza e parola non c’erano, non era realtà umana. Era forse animalità, forse pazzia, forse spirito, forse anima, yuc´ h. E sono stati sempre certi che era una realtà inconoscibile. Era razionalità non occuparsene e, meglio, ritenere che non esistesse perché lo spirito era oggetto di fede e non di ragione. così la ragione senza fantasia nascose la carenza d’amore per l’umano degli esseri umani che l’aveva resa impotente ad ottenere la conoscenza della realtà non direttamente percepibile, ed il movimento veglia-sonno e sonno-veglia non fu più un mistero da comprendere, e l’intelligenza invecchiò e si seccò nel pensare soltanto alla contrazione muscolare. La parola separazione rimase ad essere un monile disprezzato perché legata soltanto alla rabbia e all’odio del litigio. Realizzai invece che, nel confronto con la cultura e la scienza del corpo dell’essere umano, essa assumeva una forza che portava a comprendere, in modo diverso, le parole esistenza e non esistenza che, separandosi dalla parola distruzione, portavano la violenza ad una inconoscibilità che la rendeva mostro invisibile. La parola distruzione indica, infatti, il cambiamento di una cosa percepibile in senso peggiorativo, ovvero un cambiamento della sua forma che va verso il brutto essere. Ma la parola distruggere non indica il termine sparizione. E così penso che la separazione da una cultura millenaria fu la base per giungere a far emergere parole, esistenza e non esistenza che trascinano con loro, nel pensiero più pro277

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IStINtO DI MORtE E cONOScENzA

fondo, quelle che sembrano sorelle e dicono, filosoficamente, essere o non essere. Esse si unirono al termine pulsione che realizzò la sua identità legandosi, come fratello siamese, alla parola annullamento. così comparve, nella mente, la parola violenza che non aveva più l’identità di prima quando era legata alla distruzione. Una forza che non portava una cosa al brutto o frammentato essere, ma alla sparizione di esso, come se non fosse mai esistito. E vidi subito che non sparivano le cose materiali; sapevo che il sintomo, per cui una cosa che non veniva percepita, come se non esistesse, era detto scotoma e faceva parte dell’isteria perché non c’era nessuna lesione organica. Era un credere nella non esistenza di un senso attivo nella veglia, ovvero della percezione; gli organi di senso funzionavano ma la sensazione non giungeva alla sostanza cerebrale per fare immagini e pensiero. Ma poi, osservando la mente sconosciuta perché fuori dalla coscienza, vidi che la “sparizione” di un oggetto materiale era credenza, fede senza nessuna realtà di assenza e mancanza di qualcosa. La cosa restava nella sua esistenza. Quando la credenza nella non esistenza di una realtà materiale diventava pensiero cosciente, si parlava di delirio. Era un pensiero verbale senza immagine perché la percezione della cosa veniva simultaneamente annullata e... “la cosa non esisteva”; era una percezione delirante nei riguardi di una realtà materiale percepita come esistente e, simultaneamente, annullata ovvero resa non esistente. Ma, anche se il soggetto era convinto che la cosa non era stata percepita perché non era davanti agli occhi, non la chiamò mai con la parola malattia perché, ad una seconda percezione, i sensi funzionavano di nuovo e la cosa veniva riconosciuta. Ed io pensai che era la perdita momentanea del ricordo cosciente. Ma quello che vidi, ascoltando, osser278

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vando e comprendendo la descrizione delle immagini oniriche, non era una dimenticanza, non era una perdita o assenza di un ricordo cosciente. Era reale sparizione di qualcosa che non era realtà materiale. La cosa sparita non tornava alla ulteriore percezione, per il semplice fatto che non era risultato di una percezione; non era ricordo cosciente. così scrivendo, torna il ricordo delle cose lette come giovane psichiatra: “Il bambino, accucciandosi davanti allo specchio, faceva sparire se stesso”. Stava nel lavoro di Freud Al di là del principio del piacere del 1920. Parlava di istinto di morte ma io vidi subito l’inganno. Freud pensava soltanto al ricordo cosciente e alla sua perdita detta dimenticanza. E la ragione è ovvia perché l’immagine allo specchio ricompare quando l’essere umano si pone, di nuovo, davanti ad esso. Divenne presto ovvio l’inganno freudiano perché fu evidente che Freud non conosceva il pensiero senza coscienza perché considerava le immagini oniriche idee innate, allucinazioni, ovvero immagini inesistenti, e il pensiero del sonno, ovvero i sogni, manifestazione della più feroce pazzia. Ed ora un altro ricordo dice che, a sviluppare la ricerca, fu l’angoscia di alcune donne che dissero «Non mi riconoscevo allo specchio». Ed io pensai, immediatamente, alla favola delle Metamorfosi di Ovidio in cui Narciso non si riconosce in uno specchio d’acqua, ed agli animali che “pensano” di fronte alla loro immagine che ci sia un altro animale nascosto dietro lo specchio e, come faceva la scimmia di Darwin, lo cercano con la zampa. così fu naturale ricordare l’osservazione conosciuta che il bambino, dopo alcuni mesi di vita, si riconosce allo specchio e, non avendo visto mai, prima di quel momento, il proprio volto, è ovvio che 279

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IStINtO DI MORtE E cONOScENzA

riconosce una immagine che non è ricordo cosciente di una percezione. Ha, pensai, un’immagine che non è lo stimolo di un oggetto che fa la percezione, ma è creata dalla mente del soggetto; la vede all’esterno di sé ed è contento. Lacan l’aveva chiamata “fase giubilatoria”. così, dall’osservazione e comprensione del pensiero inconscio dei malati di mente e dal ricordo dell’osservazione dello sviluppo mentale fisiologico del bambino, dedussi che la nascita umana non era pazzia e che il primo anno di vita senza parola non era animalità, il non essere della realtà umana. E, dopo aver scritto il primo capitolo con la narrazione della cura di uno schizofrenico, scrissi il secondo capitolo in cui si verbalizza la conoscenza che avevo fatto della dinamica della nascita dell’essere umano. L’emergenza della pulsione si ha per lo stimolo luminoso che non è percezione di un oggetto che può essere definito materia; la rètina dell’occhio, che è tessuto cerebrale, mette in movimento l’encefalo e, dal corpo, emerge la pulsione invisibile che, alla nascita, è fantasia di sparizione del mondo esterno al neonato. Non è pulsione di annullamento. E così tradussi in parole le “cose” che non si percepivano direttamente; le “cose” che non erano realtà materiale da descrivere. E l’osservazione che un feto, prima di ventiquattro settimane da quando si è formata la prima cellula detta zigote e si sia impiantata nella parete dell’utero, non ha nessuna possibilità di vita anche se viene all’esterno e viene stimolato dalla luce, portò al pensiero “se non c’è possibilità di vita non è vita”. E la parola possibilità chiamò, dal buio e dal silenzio in cui era stata segregata, la parola vitalità che tolsi dalla percezione dell’agilità degli animali scattanti e veloci. così, poi, dissi sempre che, dopo ventiquattro settimane di gravidanza compare, nel corpo del feto, la vitalità. È possibilità di vita perché, a ventiquattro settimane 280

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LA VIOLENzA INVISIbILE

si forma la rètina dell’occhio, e non è vita perché, nel buio endouterino non viene stimolata dalla luce. Ora, dopo quaranta anni da quando scrissi, dopo più di cinquanta anni da quando mi misi a fare lo psichiatra, posso pensare che non avevo né annullato né negato la realtà biologica dell’essere umano che, evidentemente, nell’evoluzione, si è differenziato dagli animali. E sono riuscito a comporre il nesso e la dinamica tra realtà biologica e realtà mentale che non è materia, non è scissa dalla materia perché è legata al suo funzionamento e cessa di essere quando la realtà biologica non ha più il movimento invisibile del pensiero. così, dopo quasi quaranta anni dalla comparsa della prima edizione non so se, con questa appendice, ho reso la comprensione più facile o... più difficile. coloro con cui ho condiviso la ricerca dicono che il mio scrivere ha confermato sempre le intuizioni e le scoperte sulla realtà umana, pensate cinquanta o sessanta anni fa. Ma il modo con cui ne scrivo è diverso, meno intellettuale e più immaginifico. Spero che il passato, che è diventato molto passato, sia ancora di più memoria-fantasia delle esperienze vissute.

Roma, marzo 2010

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Premessa alla prima edizione

Presentarsi con un libro, ai colleghi e al pubblico sempre più ampio di cultori di psicoanalisi, richiede indubbiamente coraggio. La psicoanalisi attualmente ha raggiunto un approfondimento e una estensione tali di sapere e di concetti che è estremamente difficile tener dietro a tutti gli studi e le comunicazioni degli Autori. A questo sforzo di continua partecipazione al lavoro psicoanalitico attuale si deve aggiungere quello, essenziale, del continuo riesame ed elaborazione dei testi fondamentali. Aggiungersi a coloro che, invece di limitarsi ad ascoltare ed imparare, desiderano essere ascoltati, ritenendo di avere qualcosa da dire, è effettivamente, a priori, una cosa criticabile. La giustificazione di questo atto, che potrebbe facilmente venir relegato tra le cose inutili e fastidiose, sta essenzialmente in due motivi: 1. Nel rilievo che ho avuto modo di dare ad una fantasia inconscia, che non ho visto mai esplicitata chiaramente nei testi né nelle discussioni tra colleghi, anche se molti, anzi moltissimi concetti fondamentali psi283

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istiNto di morte e coNosceNzA

coanalitici vi fanno riferimento. intendo riferirmi a quella che ho chiamato fantasia di sparizione. 2. il secondo motivo, più difficile da spiegare, comprende, da un lato, il desiderio e la necessità di avere una piattaforma di base, cioè un discorso organico, consequenziale e il più possibilmente coerente, sul quale poter poi discutere ed elaborare singoli problemi, cosa che può essere fatta soltanto con un lavoro di esposizione al livello di un libro; d’altro lato c’è il desiderio di manifestare un orientamento di studio e di terapia diretti verso una visione globale della psiche umana. Questo orientamento porta ad un approccio con il paziente ugualmente globale, con l’utilizzazione di concetti come il controtransfert, lo splitting, l’identificazione proiettiva. conseguentemente ne deriva la tendenza all’interpretazione attiva, non potendo più, con ciò, lo psicoanalista, limitarsi a considerare principale il problema della rimozione, e dovendo relegare quindi in secondo piano l’atteggiamento aspettante e silenzioso. con questo orientamento lo psicoanalista preferisce in altre parole, esercitare una funzione attiva e integrativa e strutturante, piuttosto che aspettare che sia il paziente, che, dai suoi ricordi, ricavi le sue dinamiche inconsce difettose passate e le corregga, cosa penso difficile da realizzare se non addirittura impossibile. si può, con tale impostazione, giungere a rifiutare come terapeutiche le “libere associazioni” intese come imposizione al paziente di un pensiero incoerente e frammentario, considerando invece “libere associazioni” tutte le comunicazioni che il paziente stesso fa, con il suo modo di essere verbale ed extraverbale. La conoscenza della fantasia di sparizione porta ad avere una luce, nel rapporto con la psiche altrui, che ci può gui284

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PremessA ALLA PrimA edizioNe

dare alla ricerca di una uscita dal... ventre della balena. Non essere coinvolti cioè dalle fantasie di sparizione che il paziente fa ad ogni fine seduta, ad ogni intervallo, nel senso di annullare ogni lavoro fatto, ma poter porre un freno all’istinto di morte trasformandolo quindi in conoscenza. È come poter avere un filo più solido di coerenza e consequenzialità nel rapporto con gli altri. Forse riusciremo a battere meglio il nemico “nevrosi di controtransfert” che implica indubbiamente, e anche come problema fondamentale, la fantasia di sparizione nel senso dell’istinto di morte, istinto che non si trasforma in immagine dell’oggetto e poi in pensiero verso l’oggetto, e quindi si dovrà definire come pulsione di annullamento. tale atteggiamento, appena sommariamente accennato, ma penso inteso dai colleghi perché oggetto attualmente di interesse continuo, è d’altronde il solo che possa permettere la scoperta della fantasia di sparizione cui ho accennato, di interpretarla, e con ciò di mettere in moto, nel transfert, tutte le dinamiche che altrimenti rimarrebbero bloccate, essendo la fantasia di sparizione, per se stessa, fuori dalla possibilità di essere portata alla coscienza dall’io dell’individuo. ciò perché, come vedremo, tale fantasia, oltre ad essere un fenomeno completamente inconscio che può, quando non legato a una contemporanea carica libidica che permette la realizzazione dell’immagine dell’oggetto, non essere mai stato cosciente, è anche una dinamica di relazione oggettuale che porta ad un vuoto, una lacuna, un annichilimento, o anche, nei casi più gravi, ad un annullamento più o meno totale dell’io. Questo atteggiamento richiede indubbiamente maggiore sforzo, diciamo lavorativo, nella attività analitica e, contemporaneamente, una impostazione personale di maggiore responsabilizzazione della propria funzione di psicoanali285

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sta. tale responsabilizzazione si può considerare possibile soltanto quando si può effettivamente curare, quando progredendo la preparazione, la maturazione e le conoscenze dell’analista, egli può essere più sicuramente attivo nel suo lavoro di interpretazione. Può cioè relegare sullo sfondo il valore dell’abreazione e del sostegno interumano benevolo e tollerante (che, ad uno studio più approfondito, possono risultare anche elementi criticabili)1. il silenzio dell’analista come atteggiamento analitico terapeutico e l’atteggiamento aspettante si legano molto facilmente al problema della deresponsabilizzazione e della non accettazione delle dinamiche transferenziali inconsce del paziente, vale a dire ad un problema di incoerenza (l’analista ha ovviamente “accettato” il paziente in analisi a livello cosciente!). responsabilizzazione che va ben chiaramente disgiunta dal problema di sentirsi in colpa, fenomeno patologico, legato alla dinamica di relazione umana sulla base della identificazione proiettiva. impostazione quindi di approccio globale di tutta la personalità dello psicoanalista nella cura del paziente e con ciò di responsabilizzazione. concetti che si legano a quello del potere terapeutico dell’analista che, per essere sempre maggiore, necessita di sempre più approfondite conoscenze delle dinamiche psichiche umane. il libro, infine, credo trovi la sua ragione di essere, seguendo questo concetto di globalità nell’approccio col paziente, nel fatto che la fantasia di sparizione, che probabilmente rientra nella ricerca sulle pulsioni fino a poter permettere legami suggestivi con l’istinto di morte, non può essere considerata isolatamente da altre dinamiche psichiche e modi di essere dell’uomo. mi riferisco in particolare 1

H. rAcker, Studi sulla tecnica psicoanalitica cit., p. 59.

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PremessA ALLA PrimA edizioNe

al problema dell’esibizionismo e del vuoto interiore, delle immagini inconsce o precoscienti degli oggetti interni, dello splitting e della proiezione, dell’identificazione libidica del sé, del non essere, dell’incoerenza, della depressione e del masochismo ecc., fino a poter considerare, forse con qualche dato in più, quel problema diventato fondamentale per tutta la psicoanalisi moderna e cioè il problema dell’invidia. ma ancora, ed è un elemento fondamentale, la fantasia di sparizione si lega al problema del sapere e del pensiero. Quella sfinge misteriosa «spiegazione e mistero della conoscenza» forse può diventare meno misteriosa. i lavori di Bion portano in modo incisivo il discorso della psicoanalisi sul problema della conoscenza. L’averlo scoperto quando ormai lo studio della fantasia di sparizione durava da anni, mi ha convinto che aspettare ancora ad esprimere i pensieri ricavati dal lavoro e dalle letture, sarebbe stato un errore, ancora una volta avrebbe funzionato l’inibizione ad andare verso la realizzazione di un pensiero personale, frutto di un proprio lavoro di elaborazione delle percezioni, per la paura di perdersi nel buio2. La pena sarebbe stata l’affanno continuo a sforzi mnemonici di nozioni altrui con le inevitabili conseguenze di difficoltà di rapporto con l’“altro”. i colleghi che hanno seguito con simpatia questo mio lavoro mi chiedono di esplicitare il criterio usato nella esposizione dei casi clinici. effettivamente, riguardando il libro, posso notare come le varie situazioni di analisi non sono esposte secondo un criterio univoco3. 2 il capoverso rivela la sua verità latente allorché si legga: «vista la confusione, la ripetizione, l’astrattezza, il pressoché totale trionfo dell’istinto di morte, mi sono convinto...». [1976] 3 si passa infatti dal primo caso, nel quale sono riassunte le dinamiche di base di una analisi durata più anni, alla esposizione di sedute di analisi riferite come se fossero state registrate fedelmente nelle espressioni verbali dei due

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istiNto di morte e coNosceNzA

in verità non esiste nessuno schema al quale mi sia riferito nel fare queste esposizioni. Nel momento in cui, nel corso della elaborazione teorica, mi tornava in mente l’evento analitico dal quale la concettualizzazione aveva preso a formarsi, mi veniva spontaneo riferire l’evento analitico stesso. come tale evento analitico, man mano che si svolgeva aveva dato a me la possibilità di elaborare pensieri, così mi è venuto spontaneo restituire al lettore la base fenomenica dell’accaduto affinché potesse rivedere con me come e quanto la conoscenza teorica derivi dalla dinamica vissuta del rapporto interumano. il problema della fedeltà a quanto è realmente accaduto nella vicenda analitica e a quali siano state le esatte espressioni verbali, si lega a quello della comunicazione della verità del rapporto interumano stesso. essa verità è tale allorquando vengano considerati non soltanto i dati obiettivi della realtà sensibile, ma anche l’imponderabile e il soggettivo della vicenda interumana stessa. È ovvio che la possibilità di comunicare ciò, si può avere soltanto quando l’evento viene recepito, “dimenticato” e ricreato dalla memoria-fantasia dell’autore. Possiamo affermare la verità di questa ri-creazione se teniamo presente che il modo di essere dell’analizzando, che è l’evento da riferire, è tale nella sua realtà dinamica in quanto è in rapporto con l’analista e che l’evento dinamico stesso non è concettualizzabile come realtà a sé avulsa da un rapporto oggettuale. partner; e, tra questi due estremi, si hanno esposizioni variamente riassunte di periodi di analisi più o meno lunghi. Possiamo verbalizzare il senso del primo caso come elaborazione controtransferenziale dell’analista per la ricerca di un fenomeno umano, l’istinto di morte nella sua espressione di fantasia di sparizione. ciò vale anche per i casi riferiti nelle pagine 126-129 per la ricerca del problema della avidità della sostanza dell’oggetto. i casi esposti nel capitolo sull’invidia obbediscono invece più ad un motivo dimostrativo delle dinamiche illustrate che non ad un significato di comunicazione del lavoro di elaborazione controtransferenziale.

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PremessA ALLA PrimA edizioNe

La relazione dell’evento vero, pertanto, può essere fatta con fedeltà solo nella partecipazione psichica di uno dei due partner che, nel momento in cui memorizza l’avvenimento, rende l’altro partner e il rapporto duale “memoriafantasia” della propria osservazione.

roma, dicembre 1970

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Premessa alla seconda edizione

«... richiede indubbiamente coraggio...» È difficile, a distanza di cinque anni, riuscire ad esprimere quanto, allora latente, è diventato pian piano manifesto. Si è svolta, in esso tempo, e si sta svolgendo tuttora, la scoperta del valore e del significato della scoperta. Pulsione di annullamento contro l’identificazione proiettata. La castrazione umana, il rapporto interumano sadomasochistico, trova la sua “soluzione” nell’anaffettività schizofrenica. La scoperta iniziale e centrale del libro viene candidamente proposta. L’iniziale sorriso benevolo dei “sapienti” di fronte al lavoro scompare ben presto per dar luogo alla smorfia dell’odio e all’annullamento e alla negazione più eclatanti. È difficile comprendere. Sostituisco un primo periodo di sorpresa con un periodo di ricerca che ben presto si trasforma in lotta. Divenne infatti rapidamente chiaro che i più anziani cultori di Freud volevano far sparire la scoperta 291

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iStinto Di morte e conoScenza

e il nuovo discorso psicoanalitico, fino a tentare di impedire la pubblicazione del volume. era voler annullare la scoperta della dinamica fondamentale della pazzia umana. non c’è forse tragedia più grande del fatto che il fondatore della psicoanalisi abbia fallito la psicoanalisi. il fallimento nella ricerca dell’inconscio e sull’inconscio umano si costituisce come condanna dell’uomo. La condanna ad un destino nel quale il violento e l’ignorante dominano e uccidono il non violento. il non pensare ad un’altra soluzione al di là dello Scilla e cariddi della dinamica rapporto sadomasochistico-anaffettività, conduce l’uomo alla disperazione più profonda, tentato sempre, portato spesso, al “superamento” dell’irrazionalità del caos borghese mediante l’ordine e la “ragione” del nazismo più manifesto. Scoprire, interpretare, frustrare la pulsione di annullamento fa vivere all’uomo l’angoscia della pazzia e del suicidio. togliendo all’uomo l’illusione di essere Dio, eterno ed immutabile, egli vede soltanto il rapporto sadomasochistico, l’odio e la rabbia, l’inconscio perverso che, non più dominato dal dio della ragione astratta o dal dio esterno istituzionalizzato in una chiesa, porterebbe l’uomo alla distruzione reciproca. allora non si può scoprire, interpretare, frustrare la pulsione di annullamento. ma il dio istupidisce l’uomo e lo rende perverso. allora bisogna scoprire, interpretare, frustrare la pulsione di annullamento. ma non soltanto. Bisogna scoprire, interpretare, sviluppare l’inconscio mare calmo; l’io interno dell’uomo. L’io che deriva dal rapporto della pelle di tutto il feto con il liquido amniotico. Bisogna scoprire, interpretare, sviluppare la nascita dell’uomo. La verità umana, quella verità che dice che l’uomo non nasce pazzo, narcisista, creta, è oscurata con tutti i mezzi. 292

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PremeSSa aLLa SeconDa eDizione

La verità umana per cui l’uomo diventa pazzo, perché l’ignorante e il violento dominano il non violento è ostacolata in tutti i modi nel suo venire alla luce. tutti lo sanno e tutti nascondono accuratamente il proprio io. La storia lo dice. Sempre, il bambino, la donna, l’operaio sono stati annullati, negati, violentati da chi non è bambino, non è donna, non è operaio. Da chi non è. il non essere dell’uomo, il disumano, domina l’umano, l’essere. Far nascere il bambino, l’io dell’uomo, l’inconscio mare calmo è la morte certa. certamente si verrà uccisi. Ho rischiato, continuo a rischiare. Perché non c’è, forse, tragedia più grande che fallire la psicoanalisi. Perché non c’è tragedia più grande di quella che porta l’uomo, per paura di essere ucciso, a suicidarsi. a istupidirsi. ad annullarsi e negarsi per paura di essere annullato e negato. a far finta di pensare per non pensare e impedire agli altri di pensare; a far finta di fare l’amore per masturbarsi e impedire agli altri di fare l’amore; a far finta di vivere e impedire agli altri di vivere. e non c’è forse, tragedia più grande di quella della ribellione del pazzo. Della ribellione nazista e fascista: la pulsione di annullamento contro l’identificazione proiettata. Quella di non scoprire, ritrovare, sviluppare la rivoluzione: il rifiuto dell’io umano, il no dell’uomo. La rivoluzione che si può chiamare scientifica allorché la scienza non sia più ragione astratta scissa dagli istinti ed espressione dell’istinto di morte. La rivoluzione che il bambino, la donna e l’operaio sapranno fare quando non crederanno più nella pulsione di annullamento, nell’altrui potere divino di poter annullare la realtà aggressiva, quando non crederanno più che l’anaffettività sia una “soluzione”. Perché allora si potrà sapere. Potremo sapere la psi293

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iStinto Di morte e conoScenza

coanalisi e fare sapendo che cosa facciamo e perché lo facciamo. non esiste la storia, la società, esistono uomini che fanno la storia e la società. Bisogna allora conoscere queste realtà umane che fanno questa storia e questa società. Bisogna conoscere la fantasia di sparizione, la negazione, il sadismo. aver paura della stupidità, della violenza di Freud che ha fatto finta di fare la psicoanalisi, è suicidarsi. credendolo e idealizzandolo si va incontro a morte certa, il suicidio.

istinto di morte e conoscenza La conoscenza, ovvero il sapere è evidentemente rapporto. La conoscenza, ovvero il rapporto è creazione. Fare di ciò che è ciò che non è, di ciò che non è ciò che è. È prassi, è trasformazione. Perché l’uomo possa conoscere deve riuscire a vincere la pulsione di annullamento contro la realtà esterna. È necessario che, capovolto, si rimetta dritto sui piedi; che acquisisca veramente la stazione eretta. rovesciare, raddrizzare il suo vivere capovolto come se fosse ancora nell’utero materno, o sollevarsi alla stazione eretta dal suo stare e camminare a quattro gambe, significa rovesciare la dinamica per la quale dall’essere schiavo dell’istinto di morte, l’uomo diventa padrone di esso istinto di morte. Liberarsi del primo e fondamentale delirio che fa credere all’uomo, nato, di essere ritornato nell’utero materno; del delirio che riesce ad annullare la verità dell’uomo nel suo essere per il rapporto sessuale. La stregoneria, la religione, la schizofrenia, per la quale 294

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l’uomo riesce ad annullare e paralizzare l’io dell’uomo e il suo sviluppo può essere vinta allorché egli ritrovi la sua verità e non si limiti allo pseudoessere della materialità senza fantasia e pensiero. il corpo del neonato che è tutt’uno con l’inconscio mare calmo. La trasformazione reale che allora l’uomo può compiere rendendo ciò che è qui ed ora ciò che non è più qui e ora, ma che è stato, è conseguenza dell’aver ritrovato la propria verità: la prassi materiale di rapporto non cieco, l’intelligenza del vedere mediante l’io dell’investimento sessuale, la conoscenza che deriva dalla prassi di tutto il corpo con la realtà, come una volta il rapporto di tutto il corpo con la realtà del liquido amniotico diede all’uomo la prima conoscenza della propria storia, l’inconscio mare calmo. L’uomo diventa autore della propria vita, della propria storia nel momento in cui passa dall’onnipotenza di “pensare” di fare di ciò che è ciò che non è mediante l’annullamento, a ciò che è per la fantasia di sparizione contro la realtà, alla prassi sessuale di rapporto reale di tutto il corpo con la realtà. il momento primo nel quale l’affetto si fonde alla conoscenza è il momento della nascita. conoscenza di sé e del mondo umano; “conoscenza” del mondo non umano. il primo e fondamentale affetto nel rapporto dell’uomo con il mondo non umano è l’indifferenza. e l’indifferenza è sapere che il mondo non umano non esiste: fare di ciò che è ciò che non è. il primo e fondamentale affetto nel rapporto interumano è l’investimento sessuale e la speranza. abbiamo così, ora, davanti agli occhi il momento primo della conoscenza e della non conoscenza, momento che si costituisce come rapporto di affetti. il rapporto primo di 295

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iStinto Di morte e conoScenza

non conoscenza è l’anaffettività, il rapporto primo di conoscenza è la sessualità interumana. La psicoanalisi fonde così il sapere agli affetti del rapporto. L’istinto di morte che si oppone al rapporto si oppone anche alla conoscenza. ma subito il sapiente propone e impone al neonato la confusione. La madre è pronta a presentare se stessa come realtà non umana: sembra ma non è. Propone la sua realtà fisica, la sua presenza, ma è una assenza, un non essere. Propone l’indifferenza, la bugia, la violenza. il neonato che “sapeva” dell’esistenza di una realtà umana, viene deluso. e così l’uomo inizia la vita convinto di essere pazzo. ciò che conosceva, la realtà umana, non esiste, ciò che non conosceva, la realtà non umana, esiste. ma non è la realtà non umana, il vento, la luce, il freddo. È una realtà umana... non umana; un pasticcio. Poi, per tutta la vita, restiamo nel pasticcio, e facciamo il pasticcio perché è la confusione la verità della realtà umana. rifiutare il pasticcio è essere pazzi. È da pazzi pretendere di non essere pazzi, di avere un io che vede e distingue. È da pazzi rifiutare Freud, dire che non ha capito la psicoanalisi, che ha fatto una psicoanalisi che non è psicoanalisi, che sembra ma non è. come dire che la madre è anaffettiva e invidiosa del bambino. «caSSio: ma, amico, egli sovrasta lo stretto mondo come un colosso e noi omuncoli passeggiamo sotto le sue enormi gambe e scrutiamo attorno per trovarci tombe disonorate. Gli uomini, ad un certo momento, sono padroni dei loro destini: la colpa, caro Bruto, non è nelle nostre stelle, ma in noi stessi se noi siamo degli schiavi»1.

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W. SHakeSPeare, Giulio Cesare, atto i, scena ii.

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il pappagallo dei pirati cinque anni sono trascorsi sull’orlo del burrone del fallimento. nel momento in cui un lavoro psicoanalitico non si accompagni ad un rapporto, ad una dinamica di rapporto tra sé e l’altro, esso è fallimento. nel momento in cui, al contrario, esso lavoro si costituisce come rapporto e dinamica di rapporto, esso è realtà umana. nel momento in cui essa dinamica di rapporto comprende la sconfitta dell’annullamento, e della negazione e del sadismo, essa evidentemente è verità umana. «L’intelligenza senza lavoro non esiste» è scritto nella copertina di Per una psicoanalisi politica. e lavoro è la frustrazione e la lotta contro l’istinto di morte e lavoro è la scoperta e il superamento del proprio istinto di morte. «chi prova più piacere nel rapporto sessuale, l’uomo o la donna?» chiesero a tiresia. «La donna», rispose tiresia. e fu accecato da Giunone. Giustamente, diciamo noi, perché aveva detto una panzana. nel rapporto interumano non c’è misura metrica. c’è realizzazione umana nell’ambito del rapporto. La vergine che si lascia deflorare gode nell’orgasmo della sua trasformazione allo stesso modo dell’uomo che entra in lei in una “uguaglianza” che non è identificazione. L’uguaglianza che fa del bambino che nasce un essere umano “uguale” alla madre nel momento in cui entrambi si separano dal passato. ciò che era non è più, ciò che non era, ora è. il pappagallo che lascia la sua pelle mostra la sua flagellazione allo stesso modo con il quale la macchia di sangue 297

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iStinto Di morte e conoScenza

della vergine denuncia l’assurdità e la stupidità della verginità della donna, l’assurdità e la stupidità dell’anaffettività e dell’invidia dell’uomo per l’uomo. Se cinque anni sono trascorsi per dimostrare che il rapporto uomo donna è possibile, non è molto. Se cinque anni sono trascorsi per dimostrare che una donna, il sottoscritto, nonostante le violenze freudiane, è riuscita a fare un bambino e farlo crescere; e per dimostrare che una donna che abbia ritrovato il proprio io può “costringere” il maschio a diventare a sua volta donna che si lascia deflorare e fecondare, non è molto. avevo scritto, nel dattiloscritto del gennaio 1971, «in verità gli autori sono più di uno», volendo con ciò accennare al pensiero che il lavoro, allorché non voglia essere anaffettività o masturbazione, è sempre situazione e dinamica di rapporto. Poi, di fronte all’odio e al disprezzo di molti colleghi, cancellai rapidamente. ora la verità, che non annulla il rapporto esistito, può essere formulata così: il libro fu scritto nonostante i molti con i quali avevo avuto rapporto. nonostante Freud e la cultura psicoanalitica tradizionale, il cosiddetto training freudiano, il silenzio analitico, le interpretazioni violente. ora la verità, che non annulla la realtà di essere stato l’autore delle scoperte e del libro e che si costituisce come realtà parziale, è che gli autori della scoperta e del lavoro analitico sono più di uno. non sarei riuscito se, nel caso specifico, l’autore dei due volumi citati non avesse voluto che il nuovo discorso psicoanalitico riuscisse. Se non avesse intuito, al di là degli strati di indifferenza «che sotto forma di strato corticale, di difesa contro gli stimoli, fanno l’organizzazione speciale che fa da mediatrice tra l’es e il mondo esterno (...) cui la298

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PremeSSa aLLa SeconDa eDizione

sciamo il nome di io»2, l’io reale umano, l’io interno, l’inconscio mare calmo. ed è esso io che, nel riconoscimento dell’originalità della scoperta, rende l’origine, rapporto. Pur non trovando ad essa un prima, trova però un nesso, al di là dell’annullamento e della negazione freudiana, il nesso con l’interesse di marx per l’uomo, il nesso con un altro che, nonostante duemila anni di pensiero umano scisso e tendente all’annullamento e alla negazione dell’uomo, riesce a rifiutare la menzogna, riesce a proporre verità umane. Poi, troppi pappagalli hanno fatto finta di essere marxisti. Seducenti nelle loro penne colorate, simpatici nel loro masticar parole, accoppiano il serpente con la donna: Freud con marx. L’uomo, che è riuscito ad essere donna, si ripropone con un pene, l’investimento sessuale, la conoscenza, e “costringe” le vergini al rapporto. costringe a guardare ciò che è evidente, costringe a non dire bugie, a non confondere e violentare con la “cultura”. «Questi due mi danno l’angoscia»3. L’uomo che è riuscito ad essere donna costringe l’uomo a ritrovare il se stesso che ebbe rapporto con il liquido amniotico, il se stesso che ebbe rapporto con il latte della madre. costringe all’angoscia di perdere il pene della ragione astratta, alla paralisi di vivere il desiderio della sostanza interna dell’altro, al terrore di essere nato.

roma, marzo 1976 2 S. FreuD, Sommario di psicoanalisi cit., p. 14; ora Compendio di psicoanalisi cit., p. 573. 3 È il titolo di un articolo di S. rossetti comparso sul settimanale “L’espresso” il 15 febbraio 1976.

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Premessa all’edizione francese

Condensare in poche pagine un metodo di ricerca e scoperte psicoanalitiche che si costituiscono come fondamenti di tutto il discorso, comprende obiezioni di fronte alle quali potrebbe essere difficile argomentare logicamente. Spiegarsi rivendicando una propria dimensione personale di essenzialità e concisione può non essere sufficiente, ed è effettivamente insufficiente allorché si consideri che essa dimensione si fonde in senso proprio con un metodo di ricerca e con un rapporto specifico con la realtà costituita. Quando cioè, nel 1970, esponendo un discorso, costruito nel passato, come proposizione di rifiuto dell’ideologia dominante, la freudiana, era necessario, oltreché proprio al metodo e alle scoperte, non esporre zone di scarsa resistenza, zone di discorsi diluiti, incerti, zone di tentativi di ricerca invece che ricerche coerenti e precise. Il fatto che a tutt’oggi, dopo più di sette anni (fatto salvo il solo caso citato nella seconda premessa) non ci siano state manipolazioni e mistificazioni del discorso, dimostra che l’impostazione fu esatta anche se, per converso, la reazione, alla presenza, invece di essere stata di appropria301

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IStInto dI morte e ConoSCenza

zione e frammentazione, è stata di annullamento e di silenzio. ora, nella presentazione del volume al lettore francese, è indubbiamente opportuno e giusto esplicitare più diffusamente la proprietà e la necessità del metodo in modo che diventino più chiare le argomentazioni con le quali inizia il discorso. mi riferirò pertanto alle prime pagine del volume che contengono nella loro esposizione, apparentemente introduttiva, proposizioni metodologiche precise. Il primo capitolo si costituisce su quattro paragrafi e su di essi poggia la struttura metodologica del lavoro. ad essi fanno da introduzione poche righe nelle quali sono condensate: 1. Una proposizione di arte poetica. 2. Una ovvietà: la notorietà del problema dell’assenza fisica. 3. Il sempre del problema che lascia, come ipotesi di lavoro, una possibilità, ipotetica, che una volta possa non accadere. 4. La reazione dell’analizzando nei suoi due aspetti: di modificazione psichica o di comportamento. 5. La proposizione e l’estensione dell’assenza ad una accezione più profonda che non la lontananza fisica. 6. La frustrazione. La vaga allusione dell’artista non trova, nello scienziato, ottuso nel suo interesse per la notorietà dei fatti evidenti, la recettività sufficiente a connettere il nesso. La scissione pregressa tra fatti materiali e fatti psichici impedisce la visione e l’ascolto e la cecità dello scienziato fa ripetere all’uomo il calcolo positivista del fatto materiale lasciando 302

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PremeSSa aLL’edIzIone franCeSe

l’artista nel mondo strano della percezione e dell’intuizione, mondo simile e vicino a quello dei matti. L’ignoto inglese si porge al noto nell’offerta sessuale di una donna sempre annullata e negata dall’uomo positivista, amante osceno dei fatti materiali. da sempre. L’istante di illusione voluta prima di giungere al sempre, vuole dire il fuggevolissimo momento in cui l’essere umano che fa il nesso vorrebbe negare la conseguenza della solitudine, la maledizione di aver tradito il potere dell’uomo; assoluto, da sempre. Vorrebbe negare che la proprietà del metodo frontale e radicale è la necessità di resistere e sopravvivere alla ineluttabile reazione dei sacerdoti dei fatti materiali. ma la reazione altrettanto ineluttabile dell’analizzando che indica la psicosi manifesta nel comportamento dissociato non ammette incertezze. essa costringe all’approfondimento e alla scoperta del latente. Costringe alle due proposizioni nette: assenza uguale delusione. Lo scontro è aperto, il metodo è frontale e radicale. Così postosi, nel subitaneo rovesciamento della propria storia di analista violento, sicario di una società che vuole annullare l’inconscio, l’abilità pone in nota l’interpretazione graduale dell’oltreché, dell’al di là. Servono prima alcune pagine che, nella storia, saranno anni di lavoro dialettico, in cui si svolge il rifiuto e la denuncia della incoerenza e della dissociazione di una realtà materiale divinizzata nel suo essere assoluto, senza oltreché. Una realtà materiale che perde se stessa nella propria idealizzazione. Soltanto dopo verranno la scoperta-affermazione dell’assenza come esplicazione attiva di una pulsione e l’altra nota che contiene lo scontro: nell’uomo, nella realtà psichica umana non c’è mancanza, non c’è assenza. Il rifiuto di accettare la negatività come realtà immodifi303

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IStInto dI morte e ConoSCenza

cabile e destino pone il lavoro fuori e contro la cultura dominante con un capovolgimento all’opposto: dalla misteriosità, incomprensibilità, incurabilità, alla scientificità, comprensibilità, guaribilità della malattia mentale umana. Il contenuto latente dell’analista che coglie l’assenza non si svolge nella gioia della scoperta, nell’euforia del successo, nel trionfo dell’intelligenza. esso si incardina in una identità costretta a manifestarsi e nominarsi nel fatto concreto che la scoperta è immediato confronto con la pulsione attiva di annullamento, che la scoperta è certezza di soluzione. essa stessa. Perché è conseguenza della storia e del metodo che non permette di ipotizzare un non, conseguente alla scoperta stessa. Il non successivo, il suicidio dopo la scoperta è l’astratto ipotetico, reso inesistente dal discorso che il nulla non crea nulla, che il non conseguente può trarre le sue origini da un non precedente che non avrebbe permesso la scoperta: in assoluto, in quanto se si intende realmente il potere della pulsione di annullamento e si riesce a pensare, si sa che una pulsione di annullamento per quanto rimossa, in quanto rimossa, non permette mai la scoperta della pulsione di annullamento. La teoria chiara, il metodo coerente, la resistenza e l’abilità costante nel fare che si svolgono poi, nel tempo degli anni, sono già, in potenza, nelle poche righe che introducono i paragrafi. Sono già nel fermare l’assenza come violenza. Perché nel fermare l’assenza ci si fa presenti, si afferma la realtà dell’essere, la derivazione dell’essere dall’essere, il rifiuto del nulla che è realtà creata dall’uomo alienato. Si costruiscono così i quattro pilastri, le fondamenta: l’assenza dell’analista; il problema della frustrazione; 304

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PremeSSa aLL’edIzIone franCeSe

la reazione dell’analizzando all’assenza dell’analista; il caso clinico: cioè la prassi di confronto dialettico. L’immediatezza delle proposizioni del primo paragrafo, la sua essenzialità propongono il metodo del rapporto con la realtà senza masturbazioni. «ritengo che tutto ciò che accade in analisi vada considerato nell’ambito della relazione globale, cosciente e inconscia, del paziente verso l’analista (transfert) e dell’analista verso il paziente (controtransfert)». Inammissibili cioè non soltanto “assenze” dell’analista ma neppure scissioni tra coscienza, inconscio e comportamento. Coscienza, inconscio, comportamento: la triade così fusa è la sola che possa opporsi all’opposta triade psicotica dell’anaffettività, dell’invidia, della bramosia. e concludiamo rapidamente, senza tante discussioni, viene detto. La possibilità di affrontare la malattia mentale chiede che ad affrontarla ci sia un non malato mentale; che all’anaffettività e alla dissociazione si opponga l’interesse e la fusione. La contrapposizione dialettica al negativo dell’uomo chiede un metodo proprio, abbiamo detto, ed una coerenza teorica precisa. La triste realtà di essere sempre trascinati in un rapporto sadomasochistico su oggetti sempre più parziali, obbliga ad una resistenza e ad un rifiuto che si stabiliscono, in primo luogo, nell’essere dell’analista. ed in primo luogo, paradossalmente al di là e prima del rifiuto del rapporto sadomasochistico, nella resistenza a quanto c’è di più latente, di più invisibile nella realtà pulsionale umana: la resistenza alla pulsione di annullamento, la resistenza, al di là della violenza più o meno manifesta, all’anaffettività umana. La realtà materiale rifiutata prima, nella sua pazzia di 305

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IStInto dI morte e ConoSCenza

essere assoluto in assenza di realtà psichica, torna ora, risanata dal matrimonio con la realtà psichica, come protagonista della cura della dissociazione ponendosi come coerenza e scienza: «Verbalizzazione coerente di come nell’hic et nunc dell’evento si sia verificata una specifica realizzazione di uno dei due partner con la relativa corrispondente realizzazione dell’altro». Soltanto dopo, completando la certezza dell’essere con la sicurezza e l’abilità chirurgica, si può svolgere una dinamica e una ricerca tendente a dialettizzare, in modo specifico, la prima proposizione di essere costituitasi nella resistenza al massimo negativo dell’uomo: la dialettica della contestazione specifica dei “bisogni” di soddisfare pulsioni parziali di rapporto. ma non soltanto. «Come esigenze dell’analizzando si considerano qui le tendenze ad un rapporto oggettuale evolutivo...». Si adombra il secondo capitolo, si dice che la frustrazione non è fine a se stessa. ancora il metodo. Il suggerimento di un fine, nel confronto, evita il masochismo del paziente anche se pone l’analista nella responsabilità di sapere, anche quando nulla è ancora visibile e accertabile, che c’è un meglio, un plus, un positivo. La responsabilità di proporre, anche contro il fatto di una non risposta generalizzata, continua, ripetuta, la realtà di un Io interno derivato da una esperienza materiale di rapporto: la intuizione-speranza che esiste un seno. Il rifiuto di ogni neutralità è sapere. La responsabilità di sapere il negativo, la responsabilità di nominarlo, la responsabilità, nel nominarlo, di rifiutarlo, comprendono la responsabilità, enorme, di sapere cosa accadrà... poi. La conquista all’uomo della realtà psichica, l’inconscio mare calmo. e non c’è nulla che, nel rapporto analitico, possa aiutare 306

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PremeSSa aLL’edIzIone franCeSe

l’analista. Il pensiero che altri, in altre realtà, fanno cose simili gli permette di avere quanto non è permesso avere, la consolazione. Le immagini del rivoluzionario e del chirurgo che rifiutano, tolgono, trasformano senza sapere esattamente cosa accadrà poi, gli permette di sentirsi superbo nel suo sapere che tolta all’uomo l’anaffettività, tolta all’uomo la castrazione emergerà, per forza, qualcosa; qualcosa di più e di meglio, qualcosa che non potrà mai essere peggio dell’anaffettività e della castrazione: perché il peggio sarebbe nulla. Vedere e parlare comprendono, nell’interpretazione che cura, l’essere dell’analista che non nomina il male per la rassegnazione di tutti, come può fare, per piccole parti di male, il sadismo, colui che non è, ma per la rivolta di tutti. L’analista pretende un atteggiamento contro il male dando in cambio la non solitudine: il transfert positivo. Perché «... la frustrazione non deve essere l’esplicazione attiva di una realizzazione inconscia dell’analista, anche quando sia mascherata da dati di realtà. egli infatti agirebbe, senza esserne cosciente, una pulsione e non, come appare in modo manifesto, una astinenza o una neutralità. Con ciò l’analista non c’è più...». L’analista deve sapere ciò che fa e perché lo fa: coscienza, inconscio, comportamento. Perché altrimenti sarebbe “ignoranza” delle possibilità trasformative ed evolutive dell’altro: ignorare = pulsione di annullamento. ma, in genere, l’“analista” preferisce ignorare e pretende un comportamento maturo (adulto). Lo terrorizza anche soltanto l’ipotesi di un transfert positivo, che nel paziente sorga una speranza che esista un seno, un oggetto del desiderio. oggetto che, ovviamente, non può essere altri che lui. e siccome, per essere oggetto del desiderio e rispondere ad esso occorrono inconscio, coscienza e comporta307

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IStInto dI morte e ConoSCenza

mento, pietosamente, l’“analista” terrorizzato preferisce essere lui il paziente e lasciare che sia l’altro a comprendere e ad avere un comportamento maturo (adulto). Si attua il rovesciamento. Cadere nel rovesciamento della situazione analitica è la fine, fin dall’inizio, di ogni analisi e di ogni possibilità di fare analisi. Con distruzione reciproca. Il paziente sviluppa quanto era venuto a curare, l’onnipotenza dell’anaffettività; l’“analista” perde quanto poteva avere di possibilità e di speranza. Perché non è sufficiente la speranza per affrontare l’istinto di morte che non uccide il corpo. non sono sufficienti possibilità più o meno vaghe, tenute in potenza in sé, più o meno nascoste. La certezza della propria realtà umana concreta, fuori da astrazioni che nascondono un non essere, è l’unica base di partenza che permette l’analisi nel suo metodo proprio di confronto immediato, frontale, come momento di inizio dialettico, come interpretazione prima, di quanto è più latente e più invisibile nell’uomo: l’anaffettività umana, la pulsione di annullamento. Gettare la certezza dell’essere, che l’analista dovrebbe avere e non ha, nell’altro, realizza la schizofrenia di un ruolo ottenuto per investitura. Si innesca così, nel dare all’altro l’onnipotenza, quel meccanismo di “guarigione” nel quale il paziente in un rapido annullamento del transfert e del conflitto, cancella la castrazione. accade infatti che la reazione del paziente all’offerta che l’analista freudiano fa di tutto se stesso, seguendo l’indicazione del maestro, è diversa da quella prescritta. L’analizzando non divora il corpo e l’anima dell’analista per diventare come lui. Un tempo, di fronte alla madre anaffettiva che, allattando, guardava il soffitto il neonato può aver introiettato il seno e la madre intera. allora la realtà 308

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PremeSSa aLL’edIzIone franCeSe

del bisogno materiale di sopravvivenza costringeva il neonato a mangiare. ma ora l’“analista” ignora che l’analizzando è esperto di molti rapporti sadomasochistici. Vi è coinvolto da sempre, è la norma. Hegelianamente supera il maestro che riproporrebbe di nuovo l’identificazione, in una realizzazione di aggressività pura, guarendo nell’indifferenza astratta, annullando il persecutore con la fantasia di sparizione contro l’identificazione proiettata e gestita dall’“analista” terrorizzato dalla sola possibilità di poter essere chiamato a rispondere al desiderio. L’analizzando rifà così la nascita nell’annullamento della realtà persecutoria. ma quanto fu reale un tempo nell’annullamento del mondo non umano, è mostruoso ora nell’annullamento dell’analista nevrotico che è terrorizzato dalla possibilità di un desiderio altrui. e lo stupido analista che furbescamente pensava di fabbricare marionette, si ritrova addosso il nazista che per sperimentare la sua ritrovata potenza comincerà ad eliminare lui, il nevrotico. nei due versanti: come intellettuale astratto che pontificherà di psicoanalisi, come positivista guarito che ha finito per sempre di occuparsi di realtà psichica. L’uomo ancora bambino teme il danno maggiore rispetto al rapporto sadomasochistico, l’uomo non più bambino sa che il danno maggiore è potere e dominio sugli altri. L’indifferenza astratta ovvero l’anaffettività è fascino incomprensibile per gli altri confusi che correranno a sottomettersi1. a cercare, gabbiani ingenui2, il potere dell’istinto di morte, quel profondissimo e inquietante potere che fa di ciò che è ciò che non è, e di ciò che non è ciò che è: il potere della fantasia di sparizione. 1 2

Si legga L’indifferente di Proust. Si legga Il gabbiano di Čechov.

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Con il quarto paragrafo è come se avessi voluto rispondere, in essenza e in anticipo, a quanto, più volte, dopo qualche anno, trapelò al di là del muro dell’annullamento e della negazione. evidentemente la fiducia che, prima o poi, sarebbe comparsa la domanda che poi emerse – “come hai fatto?” – mi spinse a sintetizzare una prima risposta al desiderio, a costruire un primo oggetto alla dimensione allora assolutamente ignota e imprevedibile: una domanda che non fosse inquisizione, un avvicinamento che non fosse per uccidere. La storia delle tre melarance insegnava, la storia di narciso ammoniva. Il bello, la psicoanalisi, la scoperta della fantasia di sparizione e dell’inconscio mare calmo, non poteva ripetere la stupidità del ragazzo fortunato che si lascia cogliere di sorpresa dal desiderio del neonato, non poteva, è nei fatti, essere superba in una astrazione impossibile alla stessa scoperta. Il confronto pratico con la malattia mentale, di molto precedente la verbalizzazione scientifica della teoria, stabilisce da solo la ricerca sulla realtà di un metodo esistente prima della scoperta stessa. Una piattaforma di base che esclude l’essere per identificazione e la coazione a ripetere; ovvero esclude l’identificazione proiettiva e la pulsione di annullamento contro l’identificazione proiettata. accetta, al contrario, un primo anno di vita senza parola ma con resistenza e fantasia, e lo rivendica. rivendica la base concreta dell’emergenza del linguaggio in una realtà materiale prima della nascita, in una realtà psichica dopo la nascita. Le realtà umane deboli che non hanno possibilità di esprimersi, condotte al macello dai loro stessi bisogni di sopravvivenza, in una società priva del buono, del caro, dell’affettuoso, arida come è di sessualità soddisfatta. e di qui, come il bambino che per assicurarsi la soddi310

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PremeSSa aLL’edIzIone franCeSe

sfazione dei bisogni materiali, ascolta, vede e coglie il senso della comunicazione del comportamento umano, la seconda, terza e quarta risposta: nell’ascoltare e vedere quello che dice il malato, come lo dice, come egli si comporta. Inconscio, comportamento, coscienza è la risposta che si oppone alla malattia mentale allorché sia completata dalla elaborazione di quanto vissuto, la fantasia-ricordo dell’esperienza passata, dalla scoperta del latente, dalla verbalizzazione. La possibilità di cogliere il punto dell’essere nato per reazione alla morte si fonda, ancora una volta, sull’assetto personale e sul metodo di un fondamentale rifiuto della norma. La norma per la quale gli esseri umani fanno i bambini per “cura”; per vincere il proprio vuoto interiore, per salvarsi dalla psicosi manifesta. fanno quanto è molto facile e normale fare, il fatto materiale del far nascere un bambino realizzando un assurdo alibi di creatività che curerebbe la pazzia, in una sintesi, frequente nell’uomo, di intuizione geniale: la creatività che cura la pazzia, e di disfacimento macilento in un atto meccanico di fecondazione materiale. Per poi lasciare il carico della resistenza e della cura al neonato che dovrebbe resistere e rispondere all’impazzimento positivistico dei genitori caduti nell’assenza di una realtà psichica creativa. La possibilità di cogliere i punti successivi, dal balcone, al suicidio preventivo per evitare di essere ucciso da altri, al poi, ecc., fino alla formulazione fondamentale dell’assenza che fa del male, può essere intesa soltanto se la si comprende inserita in una recettività propria ad una ricerca psichica. ricerca specifica dai primi giorni in cui posi piede nel manicomio quando, circondato da malati passivi e inerti, meravigliato, dissi a me stesso: «ma dov’è l’aggressività nel malato di mente? Qui non si muove mai nes311

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suno!». ricerca generica sulla norma che nascondeva la non norma, dall’adolescenza. Così ho fatto. ascoltando, senza avere il normale terrore di essere distrutto dalla malattia mentale. È la situazione controtransferenziale indicata e riassunta nella frase: «Comprendo che il paziente mi sta dicendo». L’essere che non ha eliminato la nascita e il primo anno di vita per sopravvivere, pertanto, in primo luogo, per riconfermare quanto detto, pone la base della ricerca psichica essendo impossibile, con accorgimenti tecnici, evitare le reazioni inconsulte e dissociate dell’“analista” terrorizzato dall’istinto di morte che non ferisce il corpo. fondare la ricerca psichica sul superamento dell’alibi giuridico «Io non c’ero, quindi sono innocente» significa affermare che la nascita della psichiatria è reale soltanto nel superamento di una norma, più o meno giuridica, che considera solo i fatti evidenti: il sadismo manifesto. Questo potrà essere il dopo della psichiatria, dopo che essa avrà fatto la sua nascita e il suo sviluppo. Il punto di partenza è il contrario della norma: colui che fa del male è chi non c’è. Chi non c’è materialmente quando deve esserci, ma essenzialmente e fondamentalmente la causa della pazzia è in chi non c’è essendo materialmente presente. Il superamento della limitatezza umana del poter pensare la violenza soltanto come sadismo manifesto è il superamento della stupidità umana di realizzare se stessi soltanto come rapporto positivistico con la realtà propria e altrui, come pazzia religiosa di rapportarsi agli altri nell’assistenza ai bisogni umani di sopravvivenza. La ripetizione di quanto accadde in passato nel ricatto mostruoso, ma normale, della madre anaffettiva, ineccepibile nel soddisfare i bisogni del figlio che chiedeva in cambio, silenziosamente, l’anima, è il punto di scontro, arduo, stretto come 312

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PremeSSa aLL’edIzIone franCeSe

il canale del parto, nel quale la psichiatria può rischiare lesioni irreversibili nel momento in cui per evitare il materialismo ottuso dell’uomo fisiologico debba cadere nell’ascetismo che sacrifica il corpo.

roma, luglio 1979

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Premessa alla quinta edizione

Ancora quattro anni. Il confronto aspro, limitato in un primo tempo ad ambienti cosiddetti specializzati, si è esteso a zone culturali generali più ampie, manifestandosi esso, nel mezzo di un silenzio pervicace, nel dover affrontare punte di aggressioni caratterizzate da stupidità e meschinità. Si fa finta di non aver capito e di non capire. Ma la finzione nasconde, forse, la verità di un difetto di comprensione. La difficoltà di comprendere la ricerca e la scoperta umana che porta alla crisi, la difficoltà di percepire, intuire, vedere, proporsi un al di là della crisi. La mente umana costruita sull’annullamento della nascita e quindi onnipotente nel suo capire, non ammette la frustrazione di essere smentita da una concretezza e da una prassi costante di alcuni esseri umani che non credono nell’intelligenza storica attuale come punto massimo dello sviluppo del pensiero e della ricerca scientifica. Il rifiuto della ragione storica raggiunta in millenni di evoluzione umana, determina le usuali reazioni di aggressività secondo la coazione degli uomini di distruggere sempre, come primo impulso, il nuovo che si presenta da315

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IStInto dI Morte e conoScenzA

vanti ai loro occhi. Ma, questa volta, determina reazioni non usuali di stupidità. reazioni strane, incomprensibili. Le facies del silenzio, del non conosco, del non so, una volta incrinate, mostrano livori personali, le smorfie dell’odio, gli annullamenti e le negazioni più eclatanti. È difficile comprendere. nel sostituire un primo periodo di sorpresa con un periodo di ricerca e di lotta, può diventare rapidamente chiaro che “i più anziani cultori di Freud” vogliono far sparire la scoperta e il nuovo discorso psicoanalitico, fino a tentare di impedire che i volumi diventino pubblici. Vogliono annullare la scoperta dei fondamenti della scienza della realtà psichica. non c’è forse tragedia più grande del fatto che gli uomini non abbiano mai capito nulla della propria e altrui realtà psichica. Il fallimento della ricerca dell’inconscio sull’inconscio si costituisce come condanna dell’uomo. La condanna ad un destino nel quale il violento e lo stupido dominano e sottomettono il non violento. “I più anziani cultori di Freud”, i padroni del potere culturale hanno ottenuto il loro potere in modo facile: senza la grande fatica di mettere in crisi la loro realtà inconscia. Invece, al contrario, hanno ottenuto il loro potere in modo facile adoperandosi per non mettere in crisi la realtà inconscia degli uomini; la propria, l’altrui. e discorrono, hanno sempre chiacchierato mettendo insieme quel tanto di astrazione, quel tanto di esibizionismo, quel tanto di parzialità che fanno i rapporti normali tra gli uomini. Forti del consenso delle zone paraculturali dei mezzi di comunicazione di massa, propongono e ripropongono coattivamente una norma di negatività e di ripetizione. Più furbi e più abili degli altri, di una massa sconosciuta 316

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PreMeSSA ALLA quIntA edIzIone

nella sua entità non avendo avuto mai, essa, possibilità di essere e di manifestarsi, sono diventati i gestori di un potere che condiziona tutti riuscendo a far leva su quanto di astratto e di dissociato è negli esseri umani. e hanno diffuso la cultura, hanno esteso il sapere, hanno provocato la conoscenza. Hanno informato la gente di quanto esiste, di quanto è esistito, di quanto... deve sempre esistere. di quanto, appunto, non va mai cancellato dalla mente degli uomini: l’astratto e il dissociato. e, con ciò, hanno ottenuto il potere sulla mente umana, quel potere che calma le angosce più profonde, le angosce del caos delle pulsioni parziali di rapporto. Innanzitutto le proprie. trovare, nella cultura, i mezzi per sostenersi e dominare le angosce più profonde del caos delle pulsioni parziali, conduce alcuni a fare dei concetti esistenti un potere che condiziona gli altri, che rende la maggioranza dipendente e passiva di fronte a coloro che, meglio di altri, sanno gestire quel tanto di astrazione, quel tanto di esibizionismo, quel tanto di parzialità che fanno i rapporti normali tra gli uomini. consolatori delle angosce proprie, diventano consolatori delle angosce altrui e, se pur fondamentalmente odiati, ricevono gratitudine da coloro che temono la crisi della realtà psichica normale. campioni dell’assistenza dell’uno nei riguardi dell’altro, lasciano latente l’omicidio delle possibilità dei deboli, ammantati dall’alibi di una bontà per il prossimo e di un amore universale che nasconde l’annullamento del confronto tra gli uomini. troppo difficile, per loro, la comprensione della dialettica, troppo pesante il conflitto di sentirsi cattivi nel momento del rifiuto. troppo lontano, da loro, l’interesse per gli altri, troppo povero l’amore per volere una realtà degli uomini diversa dall’attuale. 317

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Il mondo dell’inconscio, sconosciuto appunto come dice il suo nome, è alieno alla conoscenza, fuori di essa, contro di essa. L’impossibilità di comprendere, concettualizzare, sistematizzare gli affetti e le rappresentazioni, i rapporti e le dinamiche psichiche che si svolgono tra gli esseri umani, ha condotto, sempre, a quella alienazione che fa dell’uomo un violento nei riguardi dei propri simili. «Il non essere dell’uomo, il disumano, domina l’umano, l’essere». ora viene proposta, sostenuta, rivendicata l’esistenza e la realtà di una scienza della psiche umana. «Abbiamo così, ora, davanti agli occhi il momento primo della conoscenza e della non conoscenza, momento che si costituisce come rapporto di affetti. Il rapporto primo di non conoscenza è l’indifferenza, il rapporto primo di conoscenza è la sessualità interumana». Ma non viene recepita, non viene accolta, non viene accettata, non viene riconosciuta. “I più anziani cultori di Freud” fanno del tutto per eliminare una esistenza che mette in crisi una irrazionalità di caos borghese ma che non permette ancora, evidentemente, di percepire, intuire, proporsi, un al di là della crisi. Perché, questa volta, non si tratta, superato il primo momento pulsionale di distruzione del nuovo, di acquisire una conoscenza in più da aggiungere alle precedenti, di aumentare il sapere, di approfondirlo e ampliarlo rispetto al passato. Si tratta di crisi della realtà psichica umana fondata su una norma di scissione in cui la scissione stessa permette di controllare quanto è rimosso. La scissione tra coscienza e inconscio in cui la coscienza, superba del suo corredo scientifico di conoscenza del mondo materiale, ritiene di poter dominare in eterno il mondo psichico. e la coscienza non ha i mezzi né metodologici né teorici 318

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per controllare o spiegarsi il fenomeno per il quale l’inconscio, sempre dormiente, si sveglia alla vita. costruita sull’annullamento della nascita, entra in crisi di fronte alla nascita di una realtà psichica non perversa che, pertanto, non c’è ragione di controllare. entra in crisi quel tanto di psichico che la mente umana, in qualche modo, è riuscita ad afferrare. quindi, questa volta, la reazione immediata, usuale, di negazione del nuovo che viene poi compensata dalla appropriazione di esso, non c’è stata. non c’è stato il rapporto usuale di identificazione con quanto, ogni tanto, nella storia, emerge dagli uomini. La proposizione normale del rapporto di castrazione con la realtà si è trovata, evidentemente, di fronte a qualcosa che non era negabile e non era suscettibile di appropriazione. qualcosa che rendeva il rapporto usuale di castrazione debole e precario. La nascita, quindi, rende il rapporto di castrazione debole e precario. La coscienza normale degli uomini, basata sulla negazione e appropriazione, non riesce a confrontarsi con la nascita. Alla nascita si può contrapporre soltanto l’annullamento: la pulsione che rende inesistente ciò che è esistente. e così è stato, per nove anni. “I più anziani cultori di Freud” fanno finta di non aver capito e di non capire. Ma la finzione nasconde, forse, la verità di un difetto di comprensione. La difficoltà di comprendere la nascita della realtà psichica dell’uomo, la difficoltà di proporsi, al di là della percezione-intuizione del nuovo manifesto, una sapienza profonda sulla psiche degli uomini. e violentano, con la stupidità e la meschinità di chi non capisce la prassi costante di alcuni esseri umani che non credono nell’intelligenza storica attuale come punto mas319

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simo dello sviluppo del pensiero e della ricerca scientifica. Hanno violentato, per nove anni, dapprima con il silenzio pervicace, ora con punte di aggressioni caratterizzate da stupidità e meschinità. Ma la riproposizione continua di quanto non può e non deve essere annullato dalla stupidità e meschinità dei “più anziani cultori di Freud”, racconta qualcosa che si scontra con un difetto di comprensione. La difficoltà di comprendere il come e il perché una realtà psichica, da sempre inconscia, ora, questa volta, non viene dominata dal non essere. una realtà psichica che insiste nell’essere, nel proporsi, nel ripresentarsi con una continuità e una costanza che non sono proprie del debole e del precario. evidentemente, dobbiamo dedurre, la nascita, questa nascita, ha potenzialità di confronto con ciò che non è nascita molto più elevate di quanto potevano supporre coloro che l’avevano data per perduta. La scienza esistente, quella della coscienza, non ha saputo vedere al di là delle proprie ipotesi di distruzione, al di là di previsioni logiche basate sui canoni di pensiero usuali di un positivismo che non coglie la concretezza di una realtà psichica che, nascendo, porta con sé la forza della sua origine materiale. Il difetto di comprensione è nella enorme difficoltà di comprendere la possibilità della vitalità e della resistenza di fronte ad una reinfetazione pervicace, per nove anni. Perché non si comprende la scoperta scientifica. Il bambino che nasce si sottopone alla sua propria alienazione per salvare la propria mente, la propria fantasia, le proprie possibilità di comprendere, poi, nel tempo, le sue relazioni con i propri simili; le proprie possibilità di stare con i propri simili, di vivere, di essere felice, di creare. così la fisiologia della nascita degli esseri umani ha il 320

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suo debole nella sua sorte di prole inetta. e, in genere, l’inconscio mare calmo del neonato viene distrutto dalla coscienza degli uomini che vedono soltanto il fatto materiale avendo perduto, da tempo, la percezione inconscia di quanto è latente nell’altro. Viene distrutto dalla pulsione di annullamento che la coscienza degli uomini ha nei riguardi del latente della realtà umana. La coscienza non percepisce, non intuisce, non vede, non conosce, non sa dell’inconscio mare calmo. e l’ignoranza degli uomini nei confronti della realtà psichica del neonato scinde, frantuma, rovina il fondamento della conoscenza degli uomini nei riguardi dei propri simili. e gli uomini restano con la castrazione, con la negazione e appropriazione come unica possibilità del loro rapporto con la realtà, come massima evoluzione della loro conoscenza. evidentemente, dobbiamo dedurre, il neonato ha bisogno di essere conosciuto, il neonato ha il desiderio di essere amato. Fare la fantasia di sparizione alla nascita per realizzare e salvare la propria fantasia espone l’uomo al pericolo di essere pazzo per sempre. di essere fatto impazzire. e, in genere, così accade. e questa nascita degli uomini, per la dinamica che si svolge tra la nascita e la coscienza degli altri, rende impossibile la conoscenza della realtà psichica umana. La castrazione è impossibilità di conoscenza. Ma questa è una scoperta scientifica. realizzazione umana di mettere al mondo qualcosa di debole e di precario di fronte alla violenza della coscienza. e la violenza della coscienza si è esplicata ignorando l’esistenza del neonato, come al solito, come sempre. e la scoperta scientifica sarebbe dovuta andare incontro, secondo i canoni di pensiero usuali, alla scissione, alla frantumazione, alla rovina. Invece, al contrario, essa si esplicita, si chiarisce, si svi321

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luppa. Manifesta quanto, alla nascita, era latente, lo dice, lo racconta. Lascia che gli uomini abbiano il loro tempo per iniziare a percepire, intuire, comprendere. Ma, in effetti, quelle poche pagine, da sole, sarebbero andate incontro alla loro scomparsa; il mondo della cultura le aveva annullate. Perché la cultura non accetta nessun bambino che non sia, per lo meno, castrato. tutto quanto è scisso, astratto, oggetto materiale per le masturbazioni degli uomini, è ammesso e riconosciuto dalla cultura. non è ammesso quanto pretende di rivendicare la propria identità senza scissioni. È proprio come con i bambini. I pochi che dovessero voler sostenere una identità senza scissioni vengono guardati con sospetto di anormalità. devono essere, come gli altri, oggetto di trastullo per una settimana di noia. Alibi di creatività per esseri umani che non sanno creare, vengono buttati, appena nati, fardelli troppo pesanti per uomini fiacchi, senza vitalità. e i neonati devono obbedire, devono sottomettersi alla alienazione degli autori per sopravvivere, mantenuti materialmente da case editrici economicamente provvide. Se così non è, vengono dati per non esistenti perché potrebbero mettere in crisi la settimana di noia degli uomini che non amano i bambini; perché sono fiacchi, senza vitalità. non sanno rispondere al desiderio di loro, non sanno seguire il loro sviluppo. e i neonati, di fronte all’annullamento, diventano trastulli perché, per realizzare la propria fantasia, si sono sottoposti alla propria alienazione. così è sempre accaduto, così sempre accade. ora la riproposizione continua di quanto non può e non deve essere annullato dalla stupidità e meschinità dei “più anziani cultori di Freud” racconta qualcosa che si scontra con un difetto di comprensione. 322

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evidentemente, dobbiamo dedurre, il mondo degli uomini, della cultura, della scienza, quindi, ha colto la nascita e, come sempre, ha pensato che essa fosse soggetta all’onnipotenza dell’istinto di morte, soggetta alla scissione, alla frantumazione, alla rovina. non ha colto che era una scoperta scientifica. non ha colto la sapienza ed ha pensato soltanto all’intuizione; come accade al neonato dell’uomo. e l’intuizione, di fronte alla certezza della coscienza, va incontro alla scissione, alla frantumazione, alla rovina. non ha colto quella certezza scientifica che il neonato non ha avendo, egli, una conoscenza che è soltanto incertezza-speranza che esiste un seno. Ma il pensiero uscito nel mondo nove anni fa, invece di aver realizzato la propria fantasia per un annullamento del mondo esterno a lui, ha parlato ad esso di quanto gli uomini non hanno mai voluto vedere. Bambino che si confronta con quanto lo uccide e contro il quale, a lui che parla della violenza degli uomini, si rivolge la stessa violenza denunciata. zittito per nove anni, riparla ora con una insistenza che somiglia alla coazione a ripetere ma che, in verità, è l’esatto opposto di essa. ridire, ripetere, riproporre, rispiegare, rinnovare. La violenza della coscienza, quindi, questa volta, non ha avuto la sua onnipotenza. Il difetto di comprensione sta, quindi, in primo luogo, in una percezione che non fu scoperta scientifica; non ci fu la scoperta del valore e del significato della scoperta. Il difetto di comprensione sta nella coazione degli uomini ad annullare quanto, appena percepito, è misterioso e incomprensibile per loro. e, pertanto, non hanno capito le possibilità della vitalità e della resistenza di fronte ad una reinfetazione pervicace, 323

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per nove anni. e, pertanto, non hanno capito la scoperta scientifica. non hanno capito il mistero di una nascita che parla, immediatamente, di istinto di morte; e, pertanto, non è soggetta all’istinto di morte. La coscienza non capisce, infatti, la vitalità esistente prima della nascita. non capisce una fantasia interna umana che parla appena nata. certa, nella sua superbia di conoscenza, prende il linguaggio per suoni inarticolati come quelli del neonato. La coscienza non capisce la scoperta scientifica che nasce dagli uomini, dalla concretezza della loro realtà materiale. La coscienza non scopre quanto, invece, è ovvio per la scienza della realtà psichica: che prima della nascita ci deve essere stata qualche altra cosa. La concretezza della realtà materiale umana: rapporti sessuali, una gravidanza. ovvero una prassi di confronto dialettico, concreto, materiale con la pulsione di annullamento, con la perversione inconscia degli uomini. ci deve essere stata la resistenza alla alienazione religiosa che fa abortire ogni possibilità di trovare l’origine materiale della nascita; della propria, di quella altrui. La coscienza non scopre la forza della realtà materiale umana che riesce a non impazzire nella astrazione della mente. non riesce a capire una nascita che parla, immediatamente, di istinto di morte; e, pertanto, non è soggetta all’istinto di morte. L’inconscio degli uomini può percepire e intuire una nascita come rievocazione remota di una memoria perduta, la propria nascita, ed assimila ad essa ogni nascita. Pertanto ogni nascita è alienata dall’istinto di morte ed è soggetta, quindi, all’istinto di morte. e “i più anziani cultori di Freud”, i più furbi, i più abili, i più “sapienti” in proposito, sono certi dell’onnipotenza del 324

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silenzio, dell’onnipotenza del non, dell’onnipotenza del pensiero negativo, delle parole e dei discorsi che fanno leva su quel tanto di astrazione, quel tanto di esibizionismo, quel tanto di parzialità che fanno i rapporti normali tra gli uomini. e fanno finta di non aver capito e di non capire. Ma la finzione nasconde la verità di un difetto di comprensione. La difficoltà di comprendere una nascita non alienata dall’istinto di morte, la impossibilità di comprendere una prassi di resistenza all’istinto di morte, prima, quando ancora non era stato scoperto. e pertanto non cedono, non rinunciano al potere dell’annullamento e della negazione. Per un difetto di comprensione. Perché non riescono a comprendere che l’onnipotenza dell’istinto di morte è direttamente legata alla nascita degli uomini, è direttamente legata alla ignoranza degli uomini, al fatto che il neonato dell’uomo non ha, nella sua nascita, il linguaggio atto a nominarlo. Ma questa è una scoperta scientifica. realizzazione umana di mettere al mondo qualcosa di debole e precario di fronte alla violenza della coscienza. e la coscienza ha solo quel tanto di psichico che la mente umana, in qualche modo, è riuscita ad afferrare. e la coscienza degli uomini non riesce a pensare ad altro che alla vaga intuizione del rapporto di identificazione. uno uguale all’altro per averlo divorato in un momento di rabbia, per aver realizzato un attimo di “sanità” mentale di fronte all’anaffettività. questo è il quanto di psichico che la mente umana, in qualche modo, è riuscita ad afferrare. La donna che mette al mondo il bambino, al meglio, si identifica con lui. Fa del bambino la propria nascita, il proprio venire al mondo. e la coscienza sa, furbescamente, che la realizzazione debole e precaria non resiste all’annulla325

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mento e sparisce insieme all’Io del neonato di fronte all’anaffettività degli uomini. evidentemente, dobbiamo dedurre, la scoperta scientifica non fu identificazione. Fu, al contrario, separazione. realizzazione di identità autonome e separate in una “uguaglianza” che non è identificazione. L’uguaglianza che fa dell’opera compiuta un essere “uguale” alla madre nel momento in cui entrambi si separano dal passato. ciò che era non è più, ciò che non era, ora è. La violenza della coscienza, quindi, questa volta, non ha avuto la sua onnipotenza. non l’ha avuta anche se, dopo il 1976, l’ha esplicata di nuovo. Ancora quattro anni. Il difetto di comprensione persiste dopo nove anni. quel difetto di comprensione insito nell’onnipotenza della pulsione di annullamento, quel difetto di comprensione che sta nella enorme difficoltà di comprendere la possibilità della vitalità e della resistenza di fronte all’annullamento della nascita. quel difetto di comprensione che sta nella “sapienza” della coscienza che ha escluso da sé quanto nomina come inconscio. cosa non conosciuta e non conoscibile, cosa in sé. concetto di inconscio che ha escluso e annullato, da sempre, il concetto e il fatto del termine: realtà psichica. Invece, il non conosciuto mondo di realtà materiale, affetti, rappresentazioni, linguaggio crea una coscienza che si oppone insistentemente e pervicacemente alla coscienza di coloro che ritengono non conoscibile il mondo dell’uomo definito inconscio. Ma la coscienza che si fonda sull’onnipotenza dell’annullamento di quanto non comprende, è debole e precaria. quindi, questa volta, non ha avuto la sua onnipotenza. non l’ha avuta dal momento che non ha mai conosciuto una realtà materiale umana fusa ad affetti, rappresentazioni, 326

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linguaggio. dal momento che, sempre, si è rivolta a quanto non comprende con l’annullamento e il dominio senza ricerca. dal momento che non ha mai trovato in sé una speranza-certezza che esiste un seno. e quanto ha chiamato sempre inconscio ha resistito alla sua onnipotenza. È restato, non è scomparso e ridice, ripete, ripropone, rispiega, rinnova. e, poi, in verità, esplicitando quanto la coscienza non comprende, una sapienza dell’inconscio che non si ferma all’intuizione, bisogna, forse, chiedere perdono. Si è lavorato, approfittato, giocato; si è strumentalizzata, utilizzata, ci si è serviti della stupidità dei “più anziani cultori di Freud” per non essere uccisi da loro. Perché c’è un trucco, un piccolo ma fondamentale trucco; ho cambiato la data di nascita nel tempo. quando fu rivelata aveva già sei anni. non più suscettibile di annullamento. e l’annullamento che le è piombato addosso non aveva più, quindi, la sua onnipotenza. e gli uomini che hanno percepito la nascita in quanto fatto manifesto, non hanno capito il significato della scoperta. Perché “i più anziani cultori di Freud” non capiscono la realtà materiale umana, non capiscono la vitalità, la resistenza, la fantasia. non capiscono il sapere dell’uomo della pulsione di annullamento. nascosti dentro la loro indifferenza, protetti dalla loro mancanza di affetti, cadono nel trucco di una abilità dialettica che è parte integrante della scienza della realtà psichica umana. essi svolgono la loro reazione di annullamento, imperterriti, per anni, e poi, nel momento in cui, in qualche modo, qualcosa trapela nonostante, ecco la dinamica successiva: quella sadomasochistica. dopo il silenzio “analitico”, le “interpretazioni” violente. Accade così che alla prima esistenza, alla prima intui327

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zione di un discorso coerente, gridano al potere. La scienza della realtà psichica sarebbe repressione, coartazione, proibizione. La lunga lotta dialettica contro la violenza viene, di nuovo, annullata, viene negato il rifiuto scientifico della distruzione psichica. “I più anziani cultori di Freud”, i più furbi, i più abili, i più “sapienti” si fanno vittime conoscendo la pietà degli uomini per i deboli e gli oppressi. e quanto fu ed è resistenza, vitalità, fantasia nell’opporsi alla violenza, vengono chiamate esse stesse violenza; si dà all’opposto lo stesso nome dell’opposto. L’essere viene detto non essere. evidentemente, dobbiamo dedurre, la scoperta scientifica, con la sola sua esistenza, si pone come frustrazione. Si pone come rifiuto di quanto, nell’uomo, è disumano. e alcuni la vogliono negare dicendola proibizione. Si fa finta di non aver capito e di non capire. Ma la finzione nasconde, forse, la verità di un difetto di comprensione. Perché, infatti, è difficile che alcuni capiscano quanto, ad un ragionamento cosciente, potrebbe somigliare a quanto aborriscono. La deprivazione della propria libertà di pensare ogni cosa nei riguardi dei propri simili. Arroccati in una libertà di pensiero che è caos di pulsioni parziali nei riguardi dei propri simili, sono spaventati e rabbiosi e pieni di odio di fronte a chiunque si ponga come colui che toglie il giocattolo masturbatorio: il proprio simile. «... i termini frustrazione e assenza che vengono a coincidere...», potrebbe permettere la negazione. Ma la negazione è basata sull’annullamento delle righe successive: sull’annullamento della differenza. L’assenza dell’oggetto parziale con cui soddisfare le pulsioni isolate, viene etichettata come anaffettività, come repressione, come annullamento. I furbi diventano interpreti dell’annullamento che han328

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no sempre gestito, della negazione che hanno sempre esercitato. di quell’annullamento e di quella negazione di cui non hanno mai parlato, che non hanno mai spiegato, che ha reso sempre inconscio la realtà psichica umana. e ora? tutti sapienti di annullamento, lo gettano addosso a chi non ha creduto nell’intelligenza storica attuale come punto massimo dello sviluppo del pensiero e della ricerca scientifica. Pazzia o delinquenza? Pietosamente, “i più anziani cultori di Freud”, i padroni del potere culturale, terrorizzati, preferiscono essere loro gli analisti e lasciare che siano sempre gli altri a non comprendere e ad avere un comportamento astratto e dissociato. Si attua il rovesciamento. cadere nel rovesciamento del rapporto che l’uomo ha con la realtà è la fine, fin dall’inizio, di ogni coscienza, di ogni possibilità di fare conoscenza. Senza nessuna distruzione reciproca. Il mondo della realtà materiale, degli affetti, delle rappresentazioni, del linguaggio, vede chiaramente la fine dell’onnipotenza della coscienza, la fine del potere culturale che ha sempre saputo gestire quel tanto di astrazione, quel tanto di esibizionismo, quel tanto di parzialità che fanno i rapporti normali tra gli uomini. chiaramente, con falso evidente, si vuole equivocare, si vuole sostituire quanto è nuovo con quanto è trascorso, con l’assenza di dialettica preilluministica, con l’assolutizzazione di una imposizione di fede religiosa. Perché, infatti, la certezza nei confronti della realtà psichica umana è stata sempre annullamento di essa. Ma è la coscienza, pazza e delinquente, che fa finta di non capire nascondendo un difetto di comprensione, che chiama certezza aprioristica quanto è sapienza della realtà psichica umana. 329

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e aborrire la sapienza e la possibilità della sapienza è la condanna a non sapere mai nulla di essa, è aborrire la speranza, è dichiarare che non può esistere una scienza della realtà psichica umana. Aprioristicamente, per quella coazione a ripetere propria dell’istinto di morte. È un divieto, pertanto, una opposizione lucida, paranoica, all’esistenza e, più ancora, alla possibilità dell’esistenza di una scienza della realtà psichica. Il passaggio semplice, dall’aborrire al verificare qui, nei riguardi di questa nascita, non è ancora accaduto. Per cui, nel mezzo di un silenzio pervicace, si hanno reazioni caratterizzate da stupidità e meschinità. rivelazione, certamente, di quanto si vuole difendere, la libertà di pensiero e di parola, esse ci dicono di un caos di pulsioni parziali della mente umana che, afferrato un oggetto, tiene con esso il suo rapporto con la realtà realizzando un alibi di sapere e di linguaggio che consola il terrore del nulla, del vuoto della mente. rivelazione, certamente, di quanto si vuol difendere, il potere di pochi sui molti, i pochi che sanno gestire meglio quel tanto di astrazione, quel tanto di esibizionismo, quel tanto di parzialità che fanno i rapporti normali tra gli uomini. La violenza psicotica che i genitori rovesciano sul neonato, la manipolazione che fanno di lui, il condizionamento che stabiliscono nella paranoia della loro scienza della coscienza, svolgono il rapporto normale interumano ottenuto in secoli di storia. e si vuole difendere il rapporto normale tra gli uomini intendendo la trasformazione di esso come regressione al medioevo prima dei lumi della ragione e della scienza. Per un difetto di comprensione. quel difetto di comprensione che capisce soltanto la società borghese come punto massimo possibile di evolu330

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zione della società degli uomini, perché non capisce nessuna sanità mentale al di là del momento di rabbia che faccia una identificazione. non capisce il superamento dell’unico affetto trovato, la rabbia, perché sparito quello, sarebbe l’anaffettività. non si capisce, quindi, proprio quella dialettica che si dichiara assente. La coscienza è nell’impossibilità di capire il confronto tra gli uomini che conduce alla loro trasformazione. non può capirlo nel momento in cui conosce soltanto, al di là dell’indifferenza, il caos di pulsioni parziali e al di là del caos di pulsioni parziali, l’indifferenza. Innanzitutto la propria. Il ragionamento semplice della coscienza è stupido; stupido perché indifferente nei riguardi degli altri, perché non ha rapporto reale con gli altri, non ha mai avuto una dialettica con i propri simili. quella dialettica che, ora presente, viene ancora annullata dall’onnipotenza della coscienza. Perché la coscienza non la ritiene possibile, scopribile e realizzabile; non ritiene che possano esistere esseri umani che rifiutano l’intelligenza storica attuale come punto massimo dello sviluppo del pensiero e della ricerca scientifica. Proporre la trasformazione della realtà psichica si scontra con quel difetto di comprensione che non comprende l’al di là della crisi, riuscendo, al massimo, a intuire il proprio caos di pulsioni parziali non più dominabili dall’indifferenza. ovvero la coscienza non capisce la nascita, non capisce che al di là della rabbia, esiste un desiderio. Perché non capisce la creatività interumana: fare di ciò che è ciò che non è, di ciò che non è ciò che è. e, pertanto, fa difficoltà a comprendere la ricerca e la scoperta umana che porta alla crisi, fa difficoltà a percepire, intuire, proporsi un al di là della crisi.

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La crisi della “piattaforma di base”, ovvero dell’essere per identificazione con il padre, la crisi di quel tanto di psichico che la mente umana, in qualche modo, è riuscita ad afferrare, conduce, immediatamente, alla regressione nell’utero materno. di lì l’irruzione della alienazione religiosa, il caos di pulsioni parziali, l’assolutizzazione della ragione astratta, distruggono l’unico oggetto del desiderio che può mantenere la vita della nascita. dopodiché si “pensa” che non si può nascere, che la nascita non può avvenire, si afferma “scientificamente” convinti che la nascita non esiste. La rozza stupidità di alcuni che sostengono il ritorno al medioevo per la regressione nell’utero materno per la crisi della realtà attuale, non è di altri i quali, anche se non sanno, possono sapere di una nascita dell’uomo in quanto seppero, un tempo, della propria nascita. Ma questi non riescono a comprendere la possibilità e la realtà di continuare a vivere dopo la nascita. e la rozza stupidità di alcuni sa gestire quel tanto di cecità, quel tanto di incertezza, quel tanto di angoscia che fanno i rapporti normali tra gli uomini. L’assenza, sempre presente nella storia, di un oggetto del desiderio, è certezza scientifica di morire appena nati. ripetere la tragedia di ogni essere umano che muore nei primi giorni di vita. Per l’istinto di morte. Per la frigidità della donna che dovrebbe soddisfare il desiderio del bambino. Il difetto di comprensione è nella enorme difficoltà di comprendere la possibilità della vitalità e della resistenza di fronte alla negazione del desiderio. Allora, logicamente, l’alleanza tra l’anaffettività della madre e quel tanto di cecità, di incertezza, di angoscia del neonato per la pulsione di annullamento della sua fisiologia della nascita, fa sparire 332

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per sempre quell’Io che è memoria-fantasia dell’esperienza del rapporto materiale immediato precedente alla nascita. L’identificazione con il seno, con la madre, con il pene del padre, con il padre impedisce che l’uomo rischi il desiderio di succhiare una sostanza interna la cui assenza determinerebbe la castrazione e la pazzia della dissociazione mentale. La cura immediata della dissociazione è l’introiezione del contenente in assenza di contenuto. Indubbiamente meglio della regressione completa nell’utero per indifferenza totale, ovvero per l’anaffettività. non si è alluso, nella scienza della realtà psichica umana, ad altro che a questo: all’identificazione. L’istinto di morte, dimensione propria dell’uomo nel suo rapporto con la realtà, ha sempre impedito all’intelligenza umana di andare oltre la cura degli affetti della castrazione mediante l’elaborazione psichica di essi che fa una uguaglianza degli uomini nel mettere gli altri dentro di noi. Annullamento della nascita, della vitalità e della fantasia umana; negazione del desiderio che deve essere degradato a rabbia e identificazione con l’altro. Le due pulsioni più inconsce e invisibili del rapporto interumano hanno sempre reso impossibile la scienza della realtà psichica, hanno reso sempre religione la “cura” della mente umana basata sulla scissione. ora viene proposta, sostenuta, rivendicata l’esistenza e la realtà di una trasformazione della realtà psichica umana. Ma non viene recepita, non viene accolta, non viene accettata, non viene riconosciuta. “I più anziani cultori di Freud” la chiamano religione. uscire dal dominio dell’istinto di morte che ci impedisce di essere felici, implica la distruzione della piattaforma di base che ci rende civili. quindi la finzione di non capire 333

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nasconde un difetto di comprensione reale. La convinzione che, in effetti, la rivolta al freudismo porterebbe il ritorno del medioevo. La coscienza che non ha mai compreso la realtà psichica non può vedere un al di là della crisi del caos di pulsioni parziali che emergerebbe in modo manifesto una volta caduta la piattaforma di base dell’identificazione con l’altro. Jung, reich, Klein, Lacan. L’abbandono manifesto o latente del padre evidenzia, di volta in volta, l’emergenza dell’uomo religioso, le orge masturbatorie, l’oppressione della madre iperprotettiva, la perdita di ogni umanità nella filosofia assurda di una disperazione totale. Masse di giovani e adulti sbandano e si dividono raccogliendosi alcuni nelle sette religioso-orientali, altri ritrovandosi a fare continue ripetizioni del Sessantotto, altri ancora si radunano a piazza san Pietro protetti dall’immagine bianca e immacolata come la neve, ed altri infine riempiono riviste e giornali di discorsi dissociati la cui confusione è pari all’astrattezza di chi li pronuncia. Le quattro configurazioni storiche della ribellione al padre si pongono come uniche libertà di scelta e di gestione di una propria identità fuori dal potere assoluto dell’autorità scientifica che ha portato la ricerca a quelle dimensioni di approccio con l’umano che sono andate al di là dell’annullamento cosciente completo di ogni realtà psichica inconscia. e, pertanto, il massimo della conoscenza è basato sulla negazione, il massimo del vedere è guardare con un solo occhio, il massimo del sapere è dire dell’esistenza senza poter più andare alla realtà e alla verità dell’uomo. quanto risulta alla coscienza è quanto detto: il peggioramento della “scienza” freudiana, il deterioramento della 334

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proposta di essere per identificazione con il padre. La coscienza non vede, infatti, il latente; essa constata il manifesto, e l’attualità e la storia sono i fatti evidenti. Ma i fatti evidenti sono anche i fatti parziali che non danno la storia reale degli uomini. non danno il perché gli esseri umani siano convinti, nelle varie epoche storiche, di questo o di quello, il perché preferiscano, nelle varie epoche storiche, fare questo o quest’altro. Ma, in particolare, la coscienza e i fatti evidenti non danno la spiegazione della ricerca degli uomini di una propria identità. Gestire il potere culturale facendo leva su quel tanto di astrazione, quel tanto di esibizionismo, quel tanto di parzialità che fanno i rapporti normali tra gli uomini, rende gli autori ancora più ciechi di quanto non lo siano stati all’inizio, quando hanno scelto, per la propria angoscia del caos di pulsioni parziali, di manipolare la coscienza degli altri. Allora, in verità, esplicitando quanto la coscienza non comprende, bisogna, forse, chiedere perdono. Si è lavorato, approfittato, giocato; si è strumentalizzata, utilizzata, ci si è serviti della stupidità dei “più anziani cultori di Freud” per non essere uccisi da loro. Perché c’è un trucco, un piccolo ma fondamentale trucco; quanto appare nel volume, il primo capitolo, come attività medico-professionale, per il modo della coscienza di capire soltanto i fatti evidenti e parziali, è, in verità, la storia di, per lo meno, cent’anni di storia. «Si costruiscono così i quattro pilastri, le fondamenta: l’assenza dell’analista; il problema della frustrazione; la reazione dell’analizzando all’assenza dell’analista; il caso clinico: cioè la prassi di confronto dialettico». 335

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«La contrapposizione dialettica al negativo dell’uomo chiede un metodo proprio, abbiamo detto, e una coerenza teorica precisa». quanto veniva contestato, nella seconda metà dell’ottocento, ovvero la naturalità, l’eternità, l’affermazione e la convinzione dominante della società borghese come società ideale, venne contestato con un difetto di teoria e di metodo. La denuncia dell’assenza dell’analista, ovvero dell’interprete della storia, fu tentata molto tempo fa, più di cento anni appunto, nell’opposizione a Hegel. L’opposizione al massimo storico raggiunto dalla logica astratta degli uomini. Logica astratta che nasconde il caos di pulsioni parziali e l’incoerenza. Ma in questa opposizione ci fu una assenza: l’assenza di opposizione a quanto era latente e sosteneva la logica astratta: la pulsione di annullamento degli uomini nei riguardi dei propri simili. ovvero il problema della frustrazione, il problema del rifiuto, ovvero della dialettica, il problema della contestazione scientifica del negativo degli uomini. L’inserimento, nella teoria e nel metodo di “dati di realtà” materiale, i bisogni della sopravvivenza e del benessere fisico, ha portato ad una “confusione”, cioè al mescolamento di realtà e fantasticherie nella dinamica interumana con pregiudizio nel raggiungimento del principio di realtà al quale miriamo. essi devono essere ben considerati, come sottinteso di realtà, ma in un contesto di esigenze degli uomini ad un rapporto oggettuale evolutivo nel quale le pulsioni (sessuali e di morte) vengono contenute, orientate verso la fusione e l’integrazione. È che, appunto, «in primo luogo la frustrazione non deve essere l’esplicazione attiva di una realizzazione inconscia dell’analista anche quando sia mascherata da dati di real336

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tà... La triste realtà di essere sempre trascinati in un rapporto sadomasochistico su oggetti sempre più parziali, obbliga ad una resistenza e ad un rifiuto che si stabiliscono, in primo luogo, nell’essere dell’analista». Senza di questo si finisce con il pretendere dal proletariato, dalle donne, dai giovani, un comportamento e, ancor più, un atteggiamento inconscio maturo (adulto). e non si può pretendere, perché senza l’essere dell’analista, in verità, la reazione dell’analizzando all’assenza dell’analista, in termini di fantasia inconscia di fronte all’evento assenza di teoria e di metodo, va considerata una fantasia di sparizione. così accade che masse di giovani e adulti sbandano e si dividono raccogliendosi alcuni nelle sette religioso-orientali, altri ritrovandosi a fare continue ripetizioni del Sessantotto, altri ancora si radunano a piazza san Pietro protetti dall’immagine bianca e immacolata come la neve, ed altri infine riempiono riviste e giornali di discorsi dissociati la cui confusione è pari all’astrattezza di chi li pronuncia. oltre a questo, nella storia accadde che fu inteso che quanto veniva contestato, nella seconda metà dell’ottocento, ovvero la naturalità, l’eternità, l’affermazione e la convinzione dominante della società borghese come società ideale, poteva correre il pericolo di entrare veramente in crisi. era necessario costruire un pilastro di rinforzo per assicurare ai posteri quanto si considerava il massimo costruttivo che l’uomo avesse raggiunto. convinzione legata ad un difetto di comprensione della ricerca umana, difetto di comprensione di un al di là della crisi. e l’operazione fu indubbiamente abile. Aggiungere al materialismo borghese quel tanto di scienza della realtà 337

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psichica che potesse porre la stessa scienza borghese nel vanto di essere più evoluta del marxismo che non dedicava alla psiche degli uomini nulla di più che l’epiteto di illusione. La realtà materiale liberalizzata dalla borghesia, rivendicata nella sua violenza trasformativa dal marxismo trovava così il controllo “scientifico” di una realtà psichica che era riuscita a mettere insieme la tolleranza liberale e l’ordine sano di un dominio razionale degli istinti che non costringe violentemente e irrazionalmente gli uomini a non essere, ma spiega loro che non possono essere. essi devono preservare la loro umanità, raggiunta dopo millenni di evoluzione della specie, ma che conserva per sua natura, scientificamente e darwinianamente dimostrata, tutto il mondo animale da cui proviene e nel quale, se non segue la ragione dei lumi, può sempre ricadere. Il gruppo, il collettivo, la massa fanno emergere con facilità gli istinti animaleschi appena sopiti. e Freud, storicamente consono alle domande della conservazione, si occupa per primo, dopo che era da tempo stato nominato, “scientificamente” di inconscio perverso. Scienziato obiettivo ci parla, senza proposizioni politiche, della realtà quale essa è. La scienza positivistica della realtà non comprende, nelle sue proposizioni, i concetti di attività e di trasformazione. e si propone così come padre buono che rende i figli e gli incolti accorti sui pericoli di una giungla umana in cui bestie e malattie uccidono facilmente. tutti noi, eredi culturali del trapasso del secolo, eredi e sfruttatori dei progressi scientifici dell’illuminismo per la nostra sicurezza materiale, siamo legati al passato che liberandoci dalla paura della morte fisica per malattia, ci impedisce di vedere il prezzo che paghiamo per vivere la no338

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stra vecchiaia. diventare vecchi subito, appena dopo la nascita. Prevenuti nei riguardi delle infezioni batteriche che ci ucciderebbero, siamo diventati prevenuti anche nei riguardi degli altri esseri umani. e l’igiene del corpo ha reso sterili anche i rapporti tra gli uomini. La distanza obiettiva e razionale che impedisce a tutti di infettarsi di castrazione. L’identificazione con il padre doveva servire, in effetti, a preservare l’individualismo borghese da una socializzazione degli uomini proposta, con l’autorità della storia, negli ultimi anni del secolo scorso e nei primi di questo secolo. La rivolta del proletariato operaio andava ad incidere, in potenza anche se non esplicitamente, nella strutturazione familiare, “cellula della società”, come proposizione invisibile della rivolta dei figli e delle donne. Ma qui, nella famiglia, il pugno alzato ad indicare il riscatto disgregava gli affetti dei ribelli, si configurava come distacco per disamore, libertà dal padre ottenuta “non amandolo più”. La donna perdeva il legame con la creatività comune, i figli perdevano l’orgasmo per un abbandono senza sessualità. La rivolta al padre si scontra con una storia, con il ricordo del mantenimento materiale che il padre ci ha fornito permettendoci di sopravvivere e di crescere fisicamente. Si scontra, ancora di più, con l’insegnamento sui pericoli del mondo umano che il padre ci ha impartito. È così che anche la più limitata e banale libertà da questo padre ha fatto impazzire la ricerca sulla realtà psichica umana. Jung, reich, Klein, Lacan hanno rincretinito decenni di storia di scienza psichica. Perché così, nel padre, che oltre a mantenerci per la nostra sopravvivenza ci dà anche un insegnamento sui pericoli del mondo psichico, si 339

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assomma il massimo dell’autorità assoluta che non ammette la minima possibilità di guardare con i propri occhi. Perché la rivolta al padre che ci dà la sopravvivenza fisica è rischio di uccidere e morire nel corpo, ma la rivolta al padre che ci dà la sapienza della realtà psichica è rischio di impazzire. e l’uomo teme di più la pazzia che la morte fisica, evidentemente. teme di più di sopravvivere senza la vita che perdere la vita stessa. Infatti. Ha sempre rischiato e perso la vita per vivere meglio. nell’incapacità di discriminare il reale manifesto da quanto c’è di latente nell’uomo, facciamo il distacco per annullamento della realtà attuale e regrediamo nell’utero materno. e troviamo che gli uomini si dividono in religiosi, masturbatori, legati e dipendenti dalla madre, intellettuali astratti. Ma non trovano la loro identità. non sanno fare la separazione dal padre discriminando il bene dal male, quanto è realtà parziale, quanto è verità. quanto la solerzia nel soddisfare i bisogni nasconde l’onnipotenza del dominio sulla realtà psichica, quanto l’insegnamento del padre ancora più buono di altri nasconde l’accecamento che l’insegnamento dell’inconscio perverso sull’inconscio produce sulle possibilità attive e trasformative degli esseri umani. La nostra impotenza infantile, quando dovevamo accettare tutto quanto ci veniva dato senza poter scegliere, ci rimane anche quando, da grandi, potremmo discriminare nella ricerca degli oggetti del desiderio. nella ricerca che ogni uomo dovrebbe fare nei riguardi dell’unico oggetto del desiderio che nessuno ci può togliere: la storia dell’uomo. I tentativi che l’uomo ha sempre fatto, il lavoro che ha sempre svolto, la ricerca che ha sempre compiuto per togliersi il disumano che è in lui. Per curarsi della pazzia 340

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che lo ha preso fin dai primi giorni della sua nascita, nelle sue prime delusioni del desiderio. Fare la prima scoperta che l’uomo ha sempre cercato di curarsi della pazzia anche quando sembra, manifestamente, che pensi soltanto alla propria sopravvivenza. essa è la prima soddisfazione del desiderio; la scoperta del latente dell’uomo. quel latente, il nascosto assoluto che, una volta scoperto, soddisfa il desiderio di avere esseri umani simili a se stessi. Al di là del manifesto. Al di là del perverso degli uomini. Fare la scoperta che gli uomini, anche se non lo sanno e non lo dicono, non vogliono soltanto sopravvivere; non sono mai riusciti ma hanno sempre tentato. Andare oltre e al di là di coloro che non vogliono farti riuscire. “I più anziani cultori di Freud”, coloro che, al di là del silenzio pervicace, manifestano aggressioni caratterizzate da stupidità e meschinità, ci pongono di fronte al confronto dialettico di scoprire e opporsi ad un annullamento che li rende ciechi o ad una invidia che li rende cattivi. confronto dialettico difficile, lacerante, nel momento in cui dobbiamo stabilire se e quanto sono stupidi, se e quanto sono violenti. Se fanno finta di non capire e quanto la finzione nasconda la verità di un difetto di comprensione. confronto dialettico difficile, lacerante, nel momento in cui la violenza dell’annullamento fa intendere la disperazione dell’incurabile, dell’escluso dalla ricerca della vitalità e della fantasia. Allora anche il pensiero di un disonesto calcolo inconscio di fare una psicoanalisi che non è psicoanalisi, di far finta di pensare per non pensare e impedire agli altri di pensare, di far finta di fare l’amore per masturbarsi e impedire agli altri di fare l’amore, di far finta di vivere e impedire agli altri di vivere, trova, negli uomini, la pietà per 341

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il proprio simile minorato nei sensi e negli organi della sessualità e della creatività. La pietà per il poveretto che non avendo neppure la possibilità della speranza, ha cercato di accecare tutti sulla realtà psichica degli esseri umani. non ha scoperto l’istinto di morte. Ha fatto una psicoanalisi senza scoprire la pulsione di annullamento. Ha annullato la nascita dell’uomo, ha negato il desiderio rendendolo castrazione. Il misfatto orrendo trova nella pietà inconscia degli uomini l’impedimento alla decapitazione del reo. Gli uomini, come i bambini e le donne, preferiscono suicidarsi piuttosto che punire, “uccidere” il padre che, se pur impotente, ha provveduto al sostentamento materiale di loro per la loro sopravvivenza. La separazione dal padre che non conduca alla regressione nell’utero materno, pretende di scoprire, interpretare, frustrare la pulsione di morte per non cadere nel suicidio di una separazione che è annullamento e anaffettività, pazzia e caos di pulsioni parziali. Ma non soltanto. Bisogna scoprire, interpretare, sviluppare l’inconscio mare calmo; l’Io interno dell’uomo. L’Io che deriva dal rapporto della pelle di tutto il corpo del feto con il liquido amniotico. Bisogna scoprire, interpretare, sviluppare la nascita dell’uomo. ridire, ripetere, riproporre, rispiegare, rinnovare. Ma non soltanto. La separazione dal padre che non conduca alla regressione nell’utero materno pretende che si trovi, al di là del rapporto con il padre, un primo oggetto del desiderio, un bambino-seno-pene cui legarsi per la soddisfazione del desiderio. Per non precipitare nella regressione nell’utero materno e di lì distruggere quella storia che è l’unico oggetto del desiderio possibile. Pretende che l’uomo ritrovi quel primo proprio bambino che è la 342

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possibilità di avere una ricerca e un desiderio nei riguardi di se stesso e dei propri simili al di là dei fatti evidenti e parziali. La società borghese, punto massimo di evoluzione del consorzio umano, motivo di progressi tecnici e di benessere fisico, ha posto l’uomo in uno stato di gratitudine nei confronti dei padri illuministi per non dover morire più, per merito loro, di peste e di vaiolo. e siamo rimasti così, con un pugno alzato e una gamba sollevata, bloccati nel cammino verso un «... plus tanto indefinito e vago, quanto sempre più precise e specifiche ci appaiono le realizzazioni umane cosiddette nevrotiche da modificare». Siamo rimasti a Marx, ideale illusorio di una umanità migliore, ma siamo rimasti paralizzati dalla possibilità e realtà di una regressione nell’utero materno. L’odio che ciascuno conserva per una speranza delusa è motivo di malattia mentale. nel momento in cui ci venga detto che noi siamo così perché un bambino è morto prima della nostra nascita, l’angoscia diventa panico. Al di là del padre, dal quale ci distacchiamo per trovare una realizzazione migliore, troviamo la donna che ci accusa della nostra nascita non avendo trovato ella il proprio bambino per averlo perduto nel momento in cui ha abbandonato la ricerca sulla realtà psichica degli esseri umani. 1845, L’ideologia tedesca. «La norma per la quale gli esseri umani fanno i bambini per “cura”; per vincere il proprio vuoto interiore, per salvarsi dalla psicosi manifesta» ha colpito anche Marx nel momento in cui la visione positivistica dei rapporti interumani ha cancellato quanto aveva tentato di emergere nell’età giovanile. Fece quanto è molto facile e normale fare, il fatto materiale di far nascere un bambino di una 343

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economia politica che avrebbe dovuto assicurare il benessere fisico e la realizzazione umana. e questo ha permesso che il serpente, mefistofelicamente furbo, si avvicinasse alla realtà materiale per farci diventare figli della donna e del “diavolo”. e viene detto che i due grandi che dominano la cultura moderna, sono Marx e Freud. «Ma questi due mi danno l’angoscia». La prassi materiale di confronto con l’esistente chiede il prezzo del tempo necessario per fare in modo che il difetto di comprensione dell’al di là del manifesto si tolga dalla mente di coloro che possono, nel momento in cui hanno conservato il rapporto con la realtà materiale, trovare la realtà psichica degli uomini. Se nove anni sono trascorsi per dimostrare che una donna, nonostante una storia biblica da combattere ripetuta sempre, fino ad eventi storicamente recenti, è riuscita a fare un bambino e a farlo crescere; e per dimostrare che si riesce a nascere nonostante un bambino che non è riuscito a nascere con Marx, non è molto. non è molto se si pensa che il destino di essere perché non c’è quel bambino-seno-pene che è l’oggetto del desiderio degli esseri umani è la condanna alla coazione a ripetere un rapporto interumano continuamente violento. essere nonostante non ci sia stato, nella storia delle nostre madri, il bambino-seno-pene, nonostante abbia sempre dominato la cecità e l’indifferenza nei riguardi delle esigenze degli uomini, significa togliersi dall’onnipotenza di aver determinato la stupidità umana quando, ancora non nati, saremmo stati in grembo a dio. La guarigione dalla propria pulsione di annullamento è il punto di partenza di ogni possibilità di fare scienza della realtà psichica degli uomini. Il punto di partenza è togliersi 344

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dall’onnipotenza di un pensiero astratto derivato dall’annullamento della realtà materiale umana. Il punto di partenza è la separazione dal padre senza cadere nella colpa di aver annullato la storia, la realtà materiale di quanto è accaduto in passato. essere nonostante significa fare quell’oggetto del desiderio che non c’è mai stato, significa riportare al rapporto interumano quanto è accaduto nel rapporto dell’uomo con la natura non umana. cercare, nonostante il selvaggio e il violento, l’oggetto del desiderio che permetta agli uomini di vivere come, nei riguardi della natura, l’uomo ha cercato e trovato l’oggetto che gli ha permesso di sopravvivere. Forse è più difficile, più superbo. Ma appunto, per questo, nel momento in cui si riesca, è più efficace.

roma, maggio 1980

345

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Indice

I

La fantasia di sparizione

13

L’“assenza” dell’analista, 13. Il problema della “frustrazione”, 16. La reazione dell’analizzando all’assenza dell’analista, 25. Storia di un caso, 30. II

Fantasia di sparizione e istinto di morte

47

Il rapporto sadomasochistico con l’oggetto e la fantasia di sparizione contro l’oggetto, 49. Istinto di morte come fantasia, 52. La fantasia di sparizione può essere la traccia mnesica dello stadio precedente?, 57. La traccia mnesica dello stadio precedente, 59. La traccia mnesica della situazione endouterina come possibilità libidica che diventa desiderio, 67. La fantasia di sparizione come realizzazione creativa dell’istinto di morte, 71. Istinto di morte e conoscenza. Evoluzione e corsa verso la morte, 78. Una riflessione sul concetto di identificazione, 83. La “cecità” neonatale e il primo rapporto con il seno. La bramosia, 86. La scissione: l’oggetto fisico e l’oggetto psichico, 89. L’istinto di morte e la realizzazione di una vita psichica, 92. Il No e l’allontanamento dall’oggetto senza sparizione, 98. III

La fantasia di sparizione e l’ambivalenza orale. Curiosità e affettività

109

A livello edipico, 111. A livello di oggetto parziale seno, 115. L’ambivalenza, 120. L’abbandono del desiderio e l’angoscia dell’anaffettività, 129. La difficoltà di rendere indipendente il paziente per l’angoscia dell’anaffettività, 135. Un caso clinico, 140. Curiosità e sessualità, 147. Il distacco dall’oggetto fisico e la posizione depressiva di M. Klein, 151. La perdita dell’im-

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magine dell’oggetto e la creazione del simbolo verbale, 153. Oggetto totale come oggetto pieno a tre dimensioni, 157. IV

La fantasia di sparizione e l’invidia

165

La “cecità” neonatale e la scissione tra buono e cattivo, 165. Il rapporto invidioso con l’oggetto “buono”, 168. Invidia e identificazione proiettiva, 173. Il concetto di aggressività; la “morte” nel rapporto oggettuale, 179. Invidia e investimento pulsionale dell’oggetto, 183. L’impossibilità di essere come l’oggetto, 186. L’identificazione con l’oggetto invidiato, 195. Invidia e idealizzazione, 198. L’attacco di invidia contro l’oggetto totale con libido genitale, 201. Gratitudine e riconoscenza. La dipendenza depressiva dall’oggetto idealizzato e la libertà, 204. V

Proiezione e intuizione

211

Negazione e proiezione, 212. Il concetto di intuizione, 219. La legge dell’uguaglianza, 231. La proiezione come rendere l’oggetto uguale a se stessi, 233. Identificazione proiettiva, proiezione e investimento pulsionale dell’oggetto, 238. L’“isolamento” dell’analista e la sua dinamica libidica, 252. Il “non posso” come situazione di conflitto, 260. L’intuito dell’analista come elemento fondamentale del lavoro di psicoanalisi, 263. La Sfinge, 268. Il dare un soggetto ai propri pensieri. Il recupero della libido, 270.

La Violenza Invisibile Quaranta anni dopo

273

Premessa alla prima edizione

283

Premessa alla seconda edizione

291

Premessa all’edizione francese

301

Premessa alla quinta edizione

315

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I libri di Massimo Fagioli

Istinto di morte e conoscenza La marionetta e il burattino Teoria della nascita e castrazione umana Bambino donna e trasformazione dell’uomo Storia di una ricerca. Lezioni 2002 Una vita irrazionale. Lezioni 2006 Das Unbewusste. L’inconoscibile. Lezioni 2003 Fantasia di sparizione. Lezioni 2007 Left 2006 Left 2007 Il pensiero nuovo. Lezioni 2004 Left 2008 L’uomo nel cortile. Lezioni 2005 Left 2009 Settimo anno. Lezioni 2008 Left 2010 Religione Ragione e LIBeRTà. Lezioni 2009 Left 2011 L’Idea della nascita umana. Lezioni 2010 Left 2012 Materia energia pensiero. Lezioni 2011 Left 2013

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Finito di stampare nel mese di aprile 2017 presso la tipografia O.Gra.Ro. vicolo dei Tabacchi 1, 00153 Roma

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