Isaia. Capitoli 40-66. Traduzione e commento 8839401512, 9788839401519

Traduzione e commento al Deutero e Trito-Isaia, autori operanti rispettivamente al tempo della cattività babilonese e al

211 12 8MB

Italian Pages 522 [515] Year 1978

Report DMCA / Copyright

DOWNLOAD PDF FILE

Recommend Papers

Isaia. Capitoli 40-66. Traduzione e commento
 8839401512, 9788839401519

  • 0 0 0
  • Like this paper and download? You can publish your own PDF file online for free in a few minutes! Sign Up
File loading please wait...
Citation preview

ANTICO TESTAMENTO COLLABORATORI

Walter Beyerlin, Walther Eichrodt, Karl Elliger, Kurt Galling, H.W. Hertzberg t, Otto Kaiser, Martin Noth t, Norman W. Porteous, Gerhard von Rad t, Helmer Ringgren, Claus Westermann, Ernst Wi.irthwein, Walther Zimmerli a cura di ARTUR WEISER

VOLUME 19

ISAIA (capp . 4o-66)

PAIDEIA EDITRICE BRESCIA

ISAIA (capp . 40-66)

Traduzione e con1n1ento di CLAUS WESTERMANN Traduzione italiana d i ENZO GATTI Edizione italiana a cura di FELICE MoNT AGNINI

PAIDEIA EDITRICE BRESCIA

Titolo originale del l'opera:

Das Buch ]esaia (Kapitel 40-66)

Obersctzt u nd erklart von CLAUS WESTERMANN 2., durchgesehene Aufbge

Traduzione italiana Revisione di Felice © Vandenhoeek & © Paideia Editrice,

di Enzo Gat ti lVIontagnini Ruprecht, G ott ingen 1966,21 970 Brescia 1978 ·

È severamente vietata la riproduzione della traduzione del testo biblico, la quale è di esclusiva proprietà della Casa Paideia.

PIANO DELL,OPERA in 2 5 vo]umi

I. Walter Beyerlin, Introduzione all'Antico Testamento 2/4. Gerhard von Rad, Genesi 5. Martin Noth, Esodo 6. Martin Noth, Levitico 7. Martin Noth, Numeri 8. Gerhard von Rad, Deuteronomio 9 · Han') Wilhelm Hertzberg, Giosuè, Giudici, Rut

Io. Ha ns Wilhelm Hertzberg, Samuele II.

Ernst Wiirthwein, I

re

12. Kurt Galling, Ct·onache, Esdra, Neemia

I3· Artur Weiser, Giobbe

14. Artur Weiser, I salmi ( I-60 )

I5. Artur Weiser, I salmi ( 61-150) 16. Helmer Ringgren, Proverbi; Walther Zimmerli, Ecclesiaste; Helmer Ringgren, D cantico dei cantici; Artur Weiser, Le lamcntazioni; Helmer Ringgren, Ester

17. Otto Kaiser, Isaia ( 1 - 1 2 )

18. Otto Kaiser, Isaia ( 13-39) 19. Claus Westermann, Isaia (4o-66)

20. Artur Weiser, Geremia

( 1-25,14)

21. Artur Weiser, Geremia (2:J,I5·52,J4)

22. Walther Eichrodt, Ezechiele ( 1-18); Walther Eichrodt, Ezechiele ( I 9-48 )

23. Norman W. Porteous , Daniele

24. Artur Weiser, I dodici profeti minori ( 1) : Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea

25. Karl Elliger, I dodici profeti miDori (n): Naum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria, Malachia

Al professor D. Gerhard von Rad, DD. mio venerato maestro e collega per il suo 6j0 compleanno in segno di ringraziamento e stima

DEUTEROISAIA (Is. 40-.5.5 )

INTRODUZIONE

r.

Il tempo del Deuteroisaia

Il tempo dell 'attività del Deuteroisaia è determinabile con certezza : dopo la distruzione di Gerusalemme (5 8 7 ) e prima della caduta dell'impero babilonese ( 5 3 9 ) . Tutto induce a si­ tuare l'attività del profeta verso la fine di questo periodo, probabilmente dopo il 5 5 3 , all'inizio della campagna vitto­ riosa di Ciro. Qualcuno (Begrich) ha tentato di distinguere diversi periodi nell'opera del Deuteroisaia, ma la questione resta aperta ; i capitoli 40-5 5 tuttavia fanno pensare che essa si sia prolungata per un periodo piuttosto lungo, probabi1mente per alcuni anni . Gli eventi politici di questo tempo ci sono noti nelle loro grandi linee 1• 1 . L'impero babilonese si mantenne con Nabucodonosor (604-5 6 2 ) in tutto il suo splendore . Egli fu il massimo dei re babilonesi. Dopo la distruzione di Gerusalemme intrapre­ se altre campagne militari ad occidente. Nel 5 8 5 iniziò l 'as­ sedio di Tiro, che però non riuscì a conquistare, nonostante avesse protratto l'assedio per tredici anni . Secondo I er. 5 2 , 30, egli si diresse ancora una volta contro Giuda e questa campagna ebbe come conseguenza un'altra deportazione, del­ la quale tuttavia nulla sappiamo. Nel 5 8 6 Nabucodosonor intraprese una campagna contro l'Egitto . Dopo la sua morte si hanno i primi segni di decadenza . Dopo tre successori av1. Su quanto se gue dr. le Storie d'Israele di Martin Noth e John Bright, gli arti­ coli sulla storia d'Israele e sulla storia persiana e babil onese in RGG e EKL c la bibliografia ivi indicata. La trattazione pi ù esauriente di questo periodo di sto­ ria si ha in Sidney Smith, Isaiah Cb. XL-LV (Schweich Lectures) Academy Lon­ don 1944, Part n: Hi story of the years 556-539.

12

In traduzione

vicendatisi nel giro di soli sette anni, salì al trono Nabonide ( 5 5 6-5 3 9 ) , l'ultimo re di Babilonia . Questi era di origine sa­ cerdotale e devoto particolarmente della dea lunare Sin, di cui fece rinnovare il tempio di Haran . Ciò determinò con il potente ceto sacerdotale babilonese di Marduk quel contra­ sto che contribuì in modo decisivo alla caduta di Babilonia . Nabonide spostò la sua residenza all'oasi di Tema, nel deser­ to arabico ; là risiedette per otto anni, mentre il figlio Shesh­ bazzar governava a Babilonia. 2. Il più aspro nemico di Babilonia era divenuto l'impero dei Medi. Ciassare di Media era stato alleato di Babilonia nella distruzione dell'Assiria. Egli restaurò il suo impero, facen­ done capitale Ecbatana. Verso occidente l'impero si estese fino al fiume Halys, sui confini della Lidia . Il successore di Ciassare fu il figl io Astiage (58 5-553 ). Il suo vassallo Ciro , re di Anshan nell'Iran meridionale (l'antico Elam ), si ribellò a lui ed ebbe l'appoggio di Nabonide, che sperava in un inde­ bolimento della Media. Ma già nel 5 5 3 Ciro aveva conqui­ stato Ecbatana e si era costituito signore dell'impero dei Me­ di. A questo punto Creso, re della Lidia, si sentì minacciato e lo attaccò, ma senza arrivare a uno scontro decisivo. Dopo che Creso aveva sciolto le sue truppe, Ciro a marce forzate durante l'inverno si diresse verso Sardi, che cadde nel 546 (a ciò sembra riferirsi il Deuteroisaia in 41,2-3; 45 , 1-3). Ba­ bilonia si era legata con l'Egitto e con la Lidia in un comune patto di difesa ; dopo la caduta della Lidia Babilonia si sentì minacciata da vicino. Nei tre anni successivi Ciro ingrandì ancor più il suo impero. I documenti sono incerti nei parti­ colari . Soltanto a questo punto Nabonide tornò a Babilonia. Ma era troppo tardi. Le forze osti li nella sua stessa terra, so­ prattutto il clero di Marduk, non permisero al re di effettua­ re una mobilitazione di tutte le forze disponibili . I Babilonesi stessi attendevano Ciro come un liberatore (Cilindro di Ci­ ro) . Le regioni settentrionali dell'impero defezionarono; Go­ bryas (Gubaru), un generale babilonese, passò a Ciro ; si pre-

Il tempo del Deuteroisaia

13

sentò sul Tigri e inflisse una severa sconfitta ai Babilonesi , presso Ofis . Nabonide fuggl a Borsippa . Le truppe di Ciro, al comando di Gobryas, entrarono in Babilonia senza colpo ferire (5 3 9 ) . Il potente impero era caduto , come avevano annunziato il Deuteroisaia (specialmente Is. 47) ed altri pro­ feti (specialmente I er. 5 0-5 1 ). Tutto l 'impero babilonese pas­ sò sotto il dominio di Ciro. Se si considerano gli eventi della storia del mondo dal mo­ mento dell'apogeo della potenza dell'impero babilonese fino all'ora in cui la sua caduta segnò la rapida ascesa dell'impero persiano, non si può non restare sorpresi al vedere quanto il linguaggio del Deuteroisaia, nel quale si riflettono questi av­ venimenti, risponda a questo potente movimento, a questi poderosi ritmi di caduta e ascesa. Proprio perché non si at­ tende e non annuncia più il ruolo politico del suo popolo, il Deuteroisaia è in grado di vedere l'opera storica di Dio in quelle grandiose dimensioni che corrispondono all'evento del suo tempo : Ecco, i popoli sono come una goccia dal secchio ... Colui che annienta i potenti... Sono appena piantati, sono appena seminati ... che egli soffia ed essi appassiscono, il vento li trasporta via come stoppia.

3 . Israele è in esilio. Mentre gli eventi politici mondiali del tempo del Deuteroisaia ci sono chiaramente noti, scarse e in­ certe sono invece le nostre conoscenze su Giuda al tempo del­ l'esilio e sul destino degli esiliati. Non sappiamo quanti Giu­ dei furono esiliati nel 5 9 7, 5 8 7 e 5 8 2 . In ler. 5 2 ,28-30 vien dato il numero totale di 4. 6oo, ma non è certo se esso com­ prenda anche donne e bambini. Se questi non sono compu­ tati, si arriva a una cifra di 1 2- I 5 .ooo persone . È certo che una parte notevole della popolazione rimase in Giuda, e qui n­ eh anche una grande corrente della vita spirituale e religiosa continuò in Palestina. Ne fa testimonianza soprattutto la rac­ colta di 'lamentazioni' che sorse in Giuda dopo la caduta di

Introdttzione

Gerusalemme; ma anche l'opera storica deuteronomistica è sorta probabilmente in Giuda durante l'esilio. Nemmeno la profezia vi cessò del tutto. Ce lo dice tra l 'altro la raccolta di oracoli contro Babilonia (Ier. 5 0-5 r ) , sorta anche essa pro­ babilmente durante questo periodo nella terra di Giuda, che mostra alcuni parallelismi sorprendenti con il Deuteroisaia. Tuttavia i documenti più importanti di una sopravvivenza delle tradizioni d'Israele dopo la caduta di Gerusalemme so­ no sorti fuori di Giuda, presso gli esiliati di Babilonia, con l'attività profetica di Ezechiele e del Deuteroisaia. A Babilo­ nia erano state deportate solo le classi dirigenti. Sappiamo che già dopo la prima deportazione, quella del 5 97, gli Israe­ liti erano in grado di costruire case, praticare l'agricoltura, procurarsi altri mezzi di sostentamento, fondare famiglie (ler. 29 ,5 s . ) . Alcune notizie di Ezechiele ci informano con certezza che essi si erano insediati formando comunità indi­ pendenti ed erano in grado anche di condurre una certa vita comunitaria (Ezech. 3 , 1 5 ; 8 ,1; 1 4 ,1; 3 3 ,3 0 s. ). È naturale quindi che fossero possibili pure assemblee liturgiche, così che anche per gli esiliati le tradizioni cultuali del loro popolo non cessarono del tutto. Sia in Ezechiele che nel Deutero­ isaia non troviamo il minimo indizio che gli Israeliti in esilio fossero costretti a venerare gli dèi babilonesi. Al contrario, la predicazione del Deuteroisaia si trova in un rapporto cosl chiaro con la pratica liturgica delle lamentazioni comunita­ rie 2, da poter concludere con certezza che, in un modo o nel­ l'altro, la vita liturgica continuò. Poiché il sacrificio era scomparso , il peso maggiore nel cul­ to dovette cadere sulla liturgia della parola; l'ipotesi che il culto sinagogale abbia le sue radici, o una delle sue radici , nell'esilio è certo giustificata . Tuttavia alcune espressioni del Dcuteroisaia confermano quel che sappiamo anche da altre fonti , cioè che per molti Israeliti la caduta della nazione, la 2.

Come ha messo in evidenza soprattutto E. von Waldow, Anlass und Hinter­

J'IInd der Verkundigung Deutero;esa;as.

I'

Deuteroisaia: il profeta

distruzione del tempio e la fine della dinastia davidica signi­ ficavano anche la fine dell'opera di Jahvé a favore del suo po­ polo. Vincitori erano gli dèi di Babilonia, e il loro culto do­ vette esercitare un'influenza fortissima. Cosl l'antica fede si raffreddò e molti si rivolsero agli dèi allora dominanti. Questa situazione si riflette ancora in un tratto particolare del linguaggio del Deuteroisaia : esso ha, dall 'inizio alla fine. accenti di risveglio, di riscossa, di esortazione pressante, che risuonano soprattutto nell'accumularsi degli imperativi. Que­ ste caratteristiche rispondono alla situazione appena descrit­ ta. È cosl che il Deuteroisaia parla a quanti si sentono svi­ goriti nella fede e sono sul punto di lasciarsi traviare; così parla anche a quanti si tengono aggrappati al passato, ai qua­ li uno spirito conservatore nell'osservanza della tradizione non permette di attendersi qualcosa di nuovo da Dio. 2.

Deuteroisaia: il profeta

Di lui non sappiamo nulla ; non conosciamo neppure il suo nome. Solo una volta egli si presenta per un attimo nel pro­ logo (40,6-7) , con espressioni che alludono alla sua vocazio­ ne. Egli è raggiunto da una voce che lo esorta a predicare. Il profeta domanda : «Che cosa devo gridare ? » e motiva que­ sta domanda con la lamentazione sulla transitorietà della vi­ ta : «Ogni carne è erba . >>. La risposta che riceve conferma dapprima queste parole della lamentazione che fanno riferi­ mento alla situazione concreta ; ma poi aggiunge : «Ma la pa­ rola del nostro Dio rimane per sempre» . Questi limitatissimi elementi di una vocazione ci dicono tuttavia qualcosa di cer­ te sul profeta. I. Egli si considerava ·nella linea dei profeti preesilici, come mostra il fatto che il suo messaggio si fonda su una chiamata , e soprattutto il particolare che, a tutta prima, indietreggia spaventato innanzi alla chiamata, come già Isaia e Geren1ia. Ciò viene confermato da molti passi della sua opera , soprat..

16

Introduzione

tutto da 43 ,2 2-2 8 , dove si pone chiaramente nella linea dei profeti preesilici che annunciano il giudizio. 2. Il Deuteroisaia sta in piena solidarietà con il suo popolo. Infatti ciò che egli oppone all 'invito a predicare non è il la· mento suo personale, ma quello del popolo (come ha inteso giustamente la glossa : «Sì, il popolo è l'erba» ) . Egli è convin· to con i suoi fratelli dell'esilio che il giudizio di Dio («poiché l'alito di Jahvé soffia») ha causato la caduta della nazione e che ai rimasti non resta che dare atto a Dio della giustezza del suo giudizio, come dicono chiaramente i salmi di lamentazio­ ne di questo periodo. Per comprendere il Deuteroisaia è im­ portante sottolineare la sua solidarietà con il popolo. Ciò si­ gnifica che non è sta ta la sua più profonda conoscenza della situazione, la sua fiduciosa costanza nell'attendere una svolta o la forza della fede a fare di lui un profeta. I suoi sentimen­ ti erano quelli dei suoi fratelli d'esilio, dei quali condivideva la stanchezza e lo scetticismo . Fu una parola dall'esterno, un comando, che fece di lui un profeta, come era accaduto ai profeti prima di lui. Tutto quello che ha da dire dipende da questa parola ed è fondato su di essa. E «1a parola del no.­ stro Dio», ed essa sola, è destinata a non cadere nel vuoto (ls. 5 5 ,6- 1 1 ) . Poiché questa parola viene ancora pronunciata, per questo il Deuteroisaia può predicare. 3 . Perciò tutta la sua predicazione non è altro che la presen· tazione di questa parola che è pronunciata ora. È questo an· che il motivo per cui il profeta scompare completamente die­ tro alla sua parola. Egli dev'essere uno attraverso il quale Dio ora pronuncia la sua parola : è solo la voce. Si tratta di una sola parola : «Grida che il loro servizio è terminato» (40,2 ) . Tutte le espressioni verbali usate dal Deuteroisaia ruotano attorno a questa; di conseguenza, unica è anche la situazione in cui egli parla. Non è necessaria un 'occasione speciale, un particolare indirizzo ai diversi gruppi o rappre­ sentanti come nei profeti preesilici. Tutta quanta la predi­ cazione del Deuteroisaia è compendiata da quanto egli dice

Il messaggio del Deuteroisaia

I7

della parola di Dio all'inizio (4o,8 ) e alla fine ( 5 5 ,6- 1 I) del­ l'opera. 4 · Il lamento sulla caducità in 40,7 è prese dai salmi (per esempio Ps. 90 ) . Una delle caratteristiche essenziali �el Deu­ teroisaia consiste nella connessione della profezia con il lin­ guaggio dei salmi, con i quali il profeta doveva avere grande familiarità. Certamente i salmi ebbero una parte dominante nella liturgia dell'esilio, così che tutti quelli che ad essa par­ tecipavano potevano acquistare familiarità con essa, come il Deuteroisaia. Sorprende però che non vi sia traccia di que­ sto in Ezechiele, la cui predicazione è invece intessuta di un gran numero di forme linguistiche sacerdotali (Zimmerli) . È quindi del tutto possibile che il Deuteroisaia si trovasse in rapporto con i cantori del tempio, ai quali spettava special­ mente la cura della tradizione dei salmi . L'opera del Deute­ roisaia sarebbe in questo caso la conferma più bella che la cornice vitale dei salmi non va cercata nell'isolamento di una cerchi a cultuale, ma in mezzo al popolo di Dio, da dove essi penetrarono in tutti gli ambienti. Solo in questo modo era possibile al Deuteroisaia formulare il suo messaggio di sal­ vezza , che abbracciava tutta la vita del popolo, in un linguag­ gio tanto vicino a quello dei salmi . A parte 40,6-8 , nei capp . 40-5 5 non vi è nulla - se si pre­ scinde dal problema dell'interpretazione dei canti del Servo di Jahvé - che contenga cenni diretti al profeta e notizie su di lui . L'unico modo per noi di accostarlo è quello di met­ terei in ascolto del suo messaggio. 3.

Il messaggio del Deuteroisaia

Qui si suppone che Is. 40 .. 5 5 formi un libro a sé, conte­ nente la profezia di un profeta che ha svolto la sua attività tra gli esiliati durante l'esilio di Babilonia . Che questo Deu­ teroisaia vada distinto dal profeta Isaia, che ha operato nel sec. VIII (I s. 1 -3 9 ) è un fatto che oggi non occorre più dimo-

18

Introdt1zione

strare. Dopo che il Doderlein prospettò per primo la tesi nel 1 775 e Eichhorn ( 1 780-83) la fece sua, essa è stata progres­ sivamente assunta come un dato comune nell'ambito della scienza veterotestamentaria. Bernhard Duhm nel commento del 1 892 dal canto suo sostenne che la predicazione del Deu­ teroisaia si chiude con il cap . 5 5 e che i capitoli 5 6-66 appar­ tegono a un periodo che sta dopo la fine dell'esilio ; questo t-:segeta fu anche il primo a mettere in evidenza e a isolare i canti del Servo di Jahvé (42 , 1 -4 ; 49 , 1-6 ; 50 ,4-9 ; 5 2 , 1 3-5 3, 1 2 ). Duhm chiarpò l'autore di Is. 56-66 Tritoisaia . Anche questa tesi fu accolta da molti; ma sul rapporto dei capp. 5666 con i capp. 40-5 5 , e soprattutto sulla questione dell'unità e dell'ordine dei capp. 5 6-66, sussistono ancora notevoli di­ vergenze. Per la motivazione del mio modo di vedere la composizio­ ne e ] 'origine del libro del Deuteroisaia rimando al mio sag­ gio Sprache und Struktur der Prophetie Deutero;esa;as (Lin­ gua e struttura della profezia del Deuteroisaia) 3• Nella pri­ ma parte di questo saggio ho presentato una panoramica de­ gli studi finora compiuti riguardo alla struttura e composi­ zione di Is. 40-5 5 . La peculiarità della profezia del Deuteroisaia consiste nel fatto che egli nel suo tempo ebbe il compito di annunciare al popolo la salvezza, e niente altro che la salvezza, e che tut­ tavia sta nella linea di successione dei profeti preesilici che annunziano il giudizio. Egli è un profeta di salvezza che sta nella linea dei profeti di giudizio . La spiegazione è semplice . Il giudizio annunziato dai profeti dei secc. VIII e vrr si era ve­ rificato con la caduta di Gerusalemme. L'unica possibilità che aveva la profezia di sopravvivere era quella di diventare profezia di salvezza . Lo stesso cambiamento nella linea della profezia di giudizio si mostra anche in un altro posto : Eze­ chiele , che fino ad allora aveva annunziato solo il giudizio im-

Il messaggio del Deuteroisaia

19

minente, al momento della caduta di Gerusalemme divenne profeta di salvezza. Questa peculiarità del Deuteroisaia fa pensare a un tratto essenziale della profezia d'Israele in genere. Profezia non è predizione. Come i profeti di giudizio , al loro tempo, aveva­ no avuto il compito di pronunciare la parola annunciatrice del giudizio divino in una determinata situazione, nella quale essa era la parola di Dio, così il Deuterosaia, al suo tempo, &veva il compito di proclamare la parola di Dio valida al­ lora per una diversa situazione . L'ora in cui j profeti parlano appartiene inscindibilmente alla loro parot1 profetica. La pa­ rola di Dio al suo popolo non è sempre la stessa, anche se il Dio di cui i profeti annunciano la parola resta sempre lo stesso. Per cui la parola di Dio non potrà mai assumere i t carattere di una dottrina che, essendo indipendente dalla si­ tuazione, resta sempre la stessa. Essa resta parola viva, che in un tempo nuovo dice nuove cose. Come ha annuncia to il Deuteroisaia il messaggio di sal­ vezza affidatogli ? Occorre prima di tutto chiarire che nel Deuteroisaia si incontra soltanto una piccola parte della gran­ de quantità di tutte le possibili forme espressive e letterarie dei profeti. A parte l'annuncio profetico del giudizio, che non rientra nel suo compito, manca qualsiasi notizia, mancano parole rivolte ai singoli, a gruppi particolari e a rappresen­ tanti del popolo (che in esilio non esistevano), mancano ren· diconti di visioni ed ogni forma di discorso che riguardi il profeta stesso . Se tuttavia nel Deuteroisaia troviamo soltanto il settore limitato del linguaggio salvifico, meraviglia l'abbon­ danza e la ricchezza di sempre nuove possibilità di espres­ sioni che il profeta ha trovato per l'unica cosa che aveva da di re. Il centro del suo messaggio è l'oracolo di salvezza o la promessa di salvezza , fatta con l'esclamazione : «Non teme­ re», sotto cui sta la risposta di Dio che promette la salvezza alla lamentazione dell'individuo ; collegato con essa, ma an­ che a sé stante, si ha l'annunzio di salvezza presente, sia iso·

lO

Introduzione

lato sia connesso con diverse altre forme, in tutto il libro. Inoltre il Deuteroisaia può rivestire il suo messaggio di sal­ vezza anche con la lingua dei salmi di lode. In connessione intima con il messaggio di salvezza si ha anche l'oracolo di Ciro, al centro del libro. Espressioni indirette di salvezza so­ no le dispute e le contese giudiziarie contro Israele; esse in­ fatti contestano la presa di posizione di quanti respingono 11 messaggio di salvezza per pusillanimità o dubbio . Così an­ che queste si risolvono in espressioni di salvezza. Le contese giudiziarie contro le divinità dei popoli sono legate al mes­ saggio salvifìco in quanto in esse viene affermato che Jahvé è il Dio unico che, dopo la catastrofe, continuerà ad agire in favore del suo popolo. Annunzio indiretto di salvezza è an­ che l'oracolo dei popoli contro Babilonia nel cap. 47 (e il messaggio di vittoria sulla caduta degli dèi di Babilonia in 46, r -2 ) e i canti di lode o grida di giubilo presenti lungo tut� to il libro, nei quali si invita a gioire per la già avvenuta libe­ razione d'Israele. Fino al cap . 4 5 (oracolo su Ciro) le forme, finora nominate, di annunzio diretto o indiretto di salvezza si trovano isolate. Dopo il cap. 45 esse sono inserite per lo più in composizioni poetiche più ampie, nelle quali si tro­ vano unite insieme diverse forme. Il Deuteroisaia è unico in tutto l'Antico Testamento a pre� sentare tanta abbondanza di forme di annunci di salvezza . Una così ricca formulazione del messaggio di salvezza non si trova né prima né dopo di lui. I La promessa o l'oracolo di salvezza è nel Deuteroisaia la forma più caratteristica dell'annuncio 4• La caratteristica del­ la promessa di salvezza si fonda sulla sua origine liturgica. Con essa il Deuteroisaia si ricollega all'oracolo di salvezza sacerdotale (rapporto scoperto da Begrich) , che rappresenta .

4· Come composizione a sé in 4I,8-IJ.I4-r6; 43,1-4·5·7; 44,1-5, e di frequente in combinazione con altre forme o con risonanze presenti in altri brani; cfr. Sprache und Struktur. (op. cit.) II7-120 e più dettagliatamente Das Heilswort ..

bei Dtjes: EvTh 7 (1964) 355-373·

Il messaggio del De,.teroisaia

21

la risposta al lamento di un individuo trasmessa dal sacer­ dote, come si racconta in I Sam. 1 . La risposta veniva intro­ dotta con l'invito : «Non temere!» (cosl Lam. 3 ,5 7), e que­ sta assicurazione di salvezza veniva motivata da una frase al perfetto (o/e da una frase nominale) . Essa costituisce pro­ priamente la promessa di esaudimento ; il sacerdote dà l'assi­ curazione che Dio ha udito il lamento. Questa presuppone che Dio ha già preso la sua decisione, per cui è formulata al perfetto. Il Deuteroisaia ha staccato questo oracolo di sal­ vezza, che durante l 'esilio non era più possibile, dal suo am­ biente originario, facendone una promessa di salvezza già de­ cisa da Dio a favore d'Israele. A questa assunzione deli'oracolo di salvezza da parte del Deuteroisaia si devono tre aspetti caratteristici della sua pre­ dicazione . Essa si distingue da tutte le altre predicazioni di salvezza dell'Antico Testamento per il fatto che il nucleo è costituito dalla proclamazione di un fatto già avvenuto ; il Deuteroisaia annuncia la svolta verso la salvezza come un dato di fatto. E questo avviene non solo nei testi che noi, in base alla loro forma, definiamo come promessa di salvezza. Già il prologo inizia con questo perfetto : «Proclamate che è terminato il suo servizio, è assolto il suo debito» . Inoltre i canti di lode, gli inni, esprimono questo carattere di azione già avvenuta . La loro struttura semplice è un appello in for­ ma imperativa a lodare o a gioire con una motivazione al perfetto : «Poiché Jahvé ha liberato Giacobbe . . . » (44,2 3 ). Il �iubilo, al quale si è invitati in questi inni, è motivato dal fatto che qualcosa è già accaduto. Questi inni mostrano anche il secondo degli aspetti fonda­ rncntali del messaggio di salvezza del Deuteroisaia : la gioia . Il suo messaggio deve suscitare la gioia . Nell'ora dell'annun­ '.io del ritorno in patria, Sion-Gerusalemme diventa la mes­ saggera di gioia (40,9 ; 5 2 ,8) e costantemente, ad ogni passo, si invita al giubilo e alla gioia ; questo grido va al di là del­ )\,mhi to di quanti sono direttamente interessati all'evento

22

Introduzione

salvifico (41 , 1 6 ; 5 I , r r ; 5 2 ,9 ; 54, 1 ; 5 5 , 1 ) ; esso raggiunge i vicini (42 , 1 1 s.), i confini della terra (42 , r o ), il mare e le isole, il deserto e i suoi abitanti (42 , 1 0 s . ) , gli animali del deserto (43 ,20 ), cielo e terra, montagne e alberi (44,2 3 ; 49 , 1 3 ; 5 5 , 1 2 ) . Ma qui non bisogna menzionare soltanto questi inviti espliciti alla gioia; il messaggio del Deuteroisaia, infat­ ti, è strutturato in modo tale da suscitare la gioia, è esso stes­ so impregnato di gioia. Come questo secondo tratto fonda­ mentale derivi dal primo, può essere dimostrato dal racconto di Anna in I Sam. r. Al v . r o si dice : «Con cuore affranto supplicava Jahvé con molte lacrime» . Ricevuta la promessa di esaudimento «la donna se ne andò e mangiò, e il suo volto non era più triste» (v. r 8). Dio ha ascoltato il suo lamento, e ciò ha cambiato le sue lacrime in gioia. Un. semplice annun­ zio di salvezza suscita attesa, solleva ed incoraggia; ma non risveglia quella gioia immediata che si esprime in giubilo. L'ebraico non ha un termine corrispondente a «pregustamen­ to» ; nessun verbo nell 'ambito semantico di « rallegrarsi» ren­ de il nostro concetto di «gioire anticipatamente per qualco­ sa» . La gioia (come verbo e come nome) ha qui piuttosto solo il carattere di una reazione ad un avvenimento . Per questo la promessa di salvezza al perfetto giustifica il forte accento di gioia che caratterizza la predicazione del Deuteroisaia. Si évidenzia qui una corrispondenza col messaggio di sal­ vezza del Nuovo Testamento ; anche questo nel suo nucleo è espresso al perfetto . Per questo suscita in quanti lo accol­ gono la gioia, come mostrano il vangelo di Luca o la lettera ai Filippesi : «Ecco, vi annuncio una grande gioia . . . oggi è nato per voi il Salva tore . . . » . Una terza caratteristica fondamentale risulta dal fatto che la promessa di salvezza del Deuteroisaia ha come modello l'oracolo di salvezza rivolto al singolo. Ciò rende possibile il linguaggio così sorprendentemente personale di questo mes­ saggio. Il tono di appello personale domina ovunque. Già ri­ suona nella prima espressione : «Consolate, consolate il mio

Il messaggio del Deuteroisaia

23

popolo ! ». Prima del Deuteroisaia nessun profeta aveva par­ lato cosl a Israele. È un linguaggio che appartiene alla sfera personale, che fin dall'inizio permette di sintetizzare tutta la predicazione del profeta. In effetti, la sua predicazione si ri­ volge sempre a tutto il popolo ; tuttavia l'elemento personale, l 'appello rivolto al singolo, è cosl forte che si avverte ad ogni passo. Per la loro stessa natura di risposta alla lamentazione del singolo, queste promesse di salvezza parlano il linguag­ gio usuale in questi casi. L'appello «al vermiciattolo di Gia­ cobbe>> (4 1 , I 4) si rifà alla lamentazione di un individuo : > a «Uscite>> - può essere com­ presa rettamente solo se si considera la differenza di senso fra il termine ebraico «consolare» e la parola italiana che lo tra­ duce. La forma pi el della radice n lp m, in molti passi nei qua­ li il consolatore è un uomo, ha il senso del nostro «consola­ re>> e ricorre in contesti analoghi al nostro termine. Così, per es., in Gen. 3 7,3 5 , dove tutti i figli e le figlie di Giacobbe vo­ gliono consolare il padre che crede morto il figlio Giuseppe, o quando gli amici vanno da Giobbe per consolarlo (I oh 2 , I I ) . Ma non sempre il nostro termine traduce in pieno l 'ebrai­ co. Là dove viene usato in espressioni come > viene chia­ rito bene da I oh 7, 1 e 1 0 , 1 7 . L'eco di questo lieto messaggio, per cui la fatica d'Israele in un forzato esilio è finita, risuona per tutto il capitolo seguente. Ma per comprenderlo bene bisogna ascoltare contemporaneamente anche (in paralleli­ smo sinonimo ! ) l'altra parte, l 'altro aspetto : «Il suo debito è pagato» . La svolta del destino d'Israele si basa sul perdono di Dio. Ciò significa anche che per il Deuteroisaia il periodo della storia d'Israele che condusse al «servizio» è determi­ nato essefl?ialmente da un debito, un indebitamento. Questo implica due cose. Anzitutto è chiarissimo in tutta la predica­ zione del Deuteroisaia che non c'è ancora una divisione fon­ damentale tra evento politico ed evento religioso ; una visio­ ne della storia non religiosa, vale a dire non determinata da Dio o dagli dèi, è per lui ancora del tutto impossibile. Se Dio fosse privato della sua attività nella storia dei popoli , cioè del suo intervento negli avvenimenti politici, se egli fosse concepito in termini puramente «religiosi», non esisterebbe più . Dio e storia stanno in rapporto reciproco inscindibile, e perciò colpa e perdono interessano non soltanto i singoli uo­ mini, ma anche il popolo . In secondo luogo, con questa frase che, all'inizio del libro, compendia il suo messaggio di con­ solazione, egli si pone nella linea dei profeti di giudizio pre­ esilici , il cui compito principale era quello di indicare ad Israele questa montagna sempre crescente di colpa, c�e con­ dusse al «servizio» . Non basta quindi dire che il Deutero­ isaia è un profeta di salvezza a differenza dei profeti di giu­ dizio preesilici, o addirittura in contrasto con essi ; egli piut­ tosto si pone sulla stessa loro linea ; conferma il loro messag­ gio e non avrebbe mai potuto formulare il suo annuncio di salvezza se non avesse potuto costruire sul loro messaggio di giudizio . Questo è già del tutto chiaro all'inizio del prologo. Il parallelismo delle due frasi del v . 2b mostra con incisi­ vità quanto per il Deuteroisaia - come per tutto l'Antico Te­ stamento - salvezza e perdono sono correlate. Per il fatto che

Is. 40)I-II

'1

Dio si volge di nuovo al suo popolo in atteggiamento di per­ dono, tutto incomincia ad andar bene. Di qui, e soltanto Ji qui, dipende il cambiamento di rotta del suo destino, la fine del suo tempo di servizio. Da un'altra angolatura si può dire che il fatto che Dio si volge di nuovo verso il suo popolo e lo perdona ha effetti che vanno al di là del rapporto di Dio con il suo popolo nella storia del mondo ; di ciò parla già il versetto seguente (sulla costruzione della via). Così elementi e fatti personali, come peccato e perdono, stanno qui alla ba­ se di mutamenti nella storia del mondo : tanto è grande Dio per il Deuteroisaia. La frase del v. 2c in ebraico è introdotta dalla stessa con­ giunzione (kz) di 2b. Traducendo «Poiché essa ha ricevuto . . . », bisogna tener presente che la frase è propriamente subordi­ nata alla precedente, e quindi non può essere in senso stretto la frase principale. Che Israele abbia ricevuto dalla mano di Jahvé doppia pena per tutti i suoi peccati, non è da inten­ dersi alla lettera . Il Deuteroisaia pensa piuttosto alla condi­ zione reale di chi è stato colpito da questa punizione. Egli parla a persone che non resistono più sotto il peso di questo destino e dice loro : ce n 'è abbastanza, basta così; ora siamo alla fine. Ma con questo essi comprendono anche che ciò che ora è finito è stato la conseguenza delle defezioni d'Israele. Solo nella coscienza di queste defezioni era possibile per Israele continuare nella sua storia. 3-5 .

Il v. 3 , vago e misterioso, introduce qualcosa di nuovo : «Una voce grida» : intenzionalmente non si dice di chi sia questa voce. L'intenzione di lasciare nell'incognito colui che grida è così chiara, che possiamo rispettarla anche nel com­ mento. Si può dire : «Chi grida e il destinatario dell'appello son forze invisibili » (Volz) ; si può vedere qui un riferimento alla corte celeste (De Boer) ; l 'unica cosa essenziale è che nei vv. 3 -5 quello che importa è l'esecuzione dell'ordine dato da Jahvé nei vv. 1-2 . Il grido di Dio (consolate - parlate - con-

Consolate il mio popolo!

52

solate) è udito. Da chi, non ha importanza e deve restare im­ precisato. La voce che grida nei vv . 3-5 introduce l'esecuzio­ ne del comando dando essa stessa un ordine che il comando venga eseguito : Appianate la via. Nella successione dai vv . 3-5 ai vv. 1-2 inizia ciò che viene espresso alla fine del libro : «La mia parola non deve tornare a me vuota, deve operare . . . » . Se Jahvé ha gridato : Conso­ late il mio popolo, qualcosa deve avvenire . L'appello non può tornare a lui vuoto. Ma lascia sorpresi che l'esecuzione del grido di consola­ zione sia a sua volta un ordine che si costruisca una via. La consolazione - solo questo può essere il senso - deve iniziare con la costruzione della via . Ciò si comprende all'istante te­ nendo presente il senso, precisato sopra, della voce ebraica che traduciamo con «consolare» : una mutazione della soffe­ renza, che significa tra l'altro un soccorso, e quindi può com­ prendere un intervento per mutare il dolore. È proprio quan­ to si intende dire qui : nella preparazione della via inizia la consolazione d'Israele; poiché qui si parla dell,a strada che attraverso il deserto deve condurre Israele neUa sua patria. Circa la costruzione del v. 3 bisogna prima di tutto chia­ rire che la precisazione «nel deserto» non appartiene alle pa­ role che precedono («Una voce che grida»), ma al verbo «pre­ parate» . Ciò va affermato contro la traduzione dei LXX e la citazione del passo nel Nuovo Testamento in Mt. 3 ,5 (e par.) e in Io. 1 , 2 3. Se si legge il v . 3 nel testo ebraico non possono esserci dubbi sull'ordine delle espressioni, che viene confer­ mato anche dall'accentuazione, dal parallelismo e dal ritmo. Il v . 3 mostra una chiara successione di quattro espressioni con due accenti ciascuna preceduti da : «Una voce grida» : Nel desérto preparate Tracciate nella stéppa

il cammino per Jahvé una strada al nostro Dio.

A ciò si aggiungano gli argomenti contenutistici : il contesto esige che non sia la voce che riecheggia nel deserto, ma che nel deserto - che di fatto separa il popolo dalla sua patria -

Js. 401I-II

la strada sia preparata. Una «voce nel deserto» non trovereb­ be corrispondenza di senso nel Deuteroisaia, il quale invece è pieno della predicazione che riguarda la strada attraverso il deserto. Benché quindi dobbiamo rassegnarci al fatto che «la voce di un predicatore nel deserto » nell'applicazione a Giovanni Battista non risponde al testo veterotestamentario citato, tut­ tayia questa citazione non corrispondente al senso originario è istruttiva. Nelle citazioni dell'Antico Testamento da parte del Nuovo, per quanto riguarda il testo e il significato non possiamo !imitarci a confrontare il passo originario con la ci­ tazione, ma dobbiamo tener presente tutto il tragitto fatto dalle parole dell'Antico Testamento, attraverso la traduzione ed altri processi di trasmissione, fino al senso dato loro nel Nuovo . Per quanto riguarda l'idea del preparare una via, ci incon­ triamo con una peculiarità del linguaggio del Deuteroisaia che ritroveremo costantemente : esso mostra tracce di incon­ tro con il mondo in cui il profeta viveva, nell'ambito dell 'im­ pero e della metropoli di Babilonia . Negli inni babilonesi la «via» occupa un suo posto particolare; la posizione della cit­ tà stessa già mostra il significato delle grandi vie processio­ nali 2• Le vie degli dèi si incontrano con le vie dei re : «Dalla nemica Elam egli s 'introdusse in una via di giubilo , un sentiero di gaudio . . . di successo verso Su-an-na. Videro i popoli della terra la sua alta figura, il dominatore nel ( suo) splendore» 3• «Affrettati ad uscire, ( Nabu), figlio di Bel, poiché tu conosci le vie, e le usanze. Rendi bu ona la sua via, rinnova la sua strada, raddrizza il suo sentiero, scav a gli un passaggio» 4• 2. Stummer, Einige keilschri/tliche Parallelen zu Is. 40-66 :

JBL 45 ( 1926) 171-189;

H. Schm&kel, Ur, Assur und Babylon, 419;8, cap. XII, foto 3· Stummer, op. cit. , 172.

4· Secondo Ebeling, citato da Volz, Kommentar 4·

x x; s.,

I7I-189.

54

Consolate il mio popolo!

Anche in Babilonia dunque si parlava di vie di trionfo, di strade che venivano preparate e appianate davanti al Dio o al re che avanzava trionfante. E grazie alle scoperte archeo­ logiche possiamo farci un'idea immediata dello splendore e del senso di tali strade trionfali. Su questo sfondo, qui come in altri passi, dobbiamo ascoltare l'annuncio del Deuteroisaia. Per gli Israeliti esuli in Babilonia quelle vie imponenti erano segni che dimostravano la potenza di Babilonia, quella po­ tenza che aveva soggiogato Israele . Di qui si innalza il grido che comanda di costruire una via nel deserto : «Una via per Jahvé . . . nostro Dio » . Si indica - e questo si ch�arirà soltanto con lo sviluppo del motivo - la strada che rende possibile ad Israele il ritorno in patria attraverso il deserto. Essa però è indicata come.. «strada per Jahvé, nostro Dio», così come le strade trionfali di Babilonia erano strade per gli dèi. Il senso di questa strada per Jahvé viene chiarito maggiormente nel v. 5 : «E si manifesta la gloria di Jahvé». Anche questo va ascoltato sullo sfondo del mondo babilonese : la via proces­ sionale in Babilonia serviva proprio a rappresentare e a ren.. der visibile la potenza e maestà degli dèi nelle grandi proces­ sioni . Da questo sfondo però si eleva l'altra realtà di Jahvé : la sua «gloria» (kabod) non può essere manifestata allo stes­ so modo di quella degli dèi di Babilonia; manca ciò che nelle processioni babilonesi contribuiva a produrre l'effetto mae­ stoso, cioè le statue degli dèi. La gloria di Jahvé viene mani.. festata nella sua opera nella storia. Per questo la strada che dev'essere costruita attraverso il deserto è la via sulla quale Jahvé si mostra ora, in modo del tutto nuovo e impensato, nella sua opera storica : la via che conduce il suo popolo ver­ so la patria. Questa guida alla patria richiede l'intervento di Dio nella storia; la via attraverso il deserto presuppone la liberazione da Babilonia. Nei vv. 3-5 si intende parlare proprio di questo intervento come costruzione della via alla libertà, in sintonia con H carattere di tutto il prologo. Le espressioni riguardanti

Is. 40,i�zr ·

'' l a costruzione della strada nel deserto i n 40 ,3-5 sono quindi più figurate che letterali . Vedremo più tardi che questa se­ zione del prologo viene sviluppata nelle parti della predica­ zione che descrivono l'intervento di Dio nella storia, soprat­ tutto l'incarico a Ciro per quell'opera che rende possibile la liberazione d'Israele. Il v. 4 continua in forma iussiva l'imperativo del v. 3 ; esso chiarisce ancora di più che preparare la via significa prima di tutto eliminare gli ostacoli che rendono difficile o impedisco­ no il cammino ; proprio questa amplificazione allude alla real­ tà storica di quanto qui viene annunciato ; si parlerà quindi molto ancora degli ostacoli che si oppongono al ritorno del popolo. ;b. «Ed ogni carne insieme la vede» . La manifestazione del­ la gloria di Jahvé avviene davanti alla platea del mondo . Ma non con quella immediatezza con la quale davanti agli occhi degli Israeliti, nelle processioni degli dèi e nei cortei regali in Babilonia, «tutto il mondo >> vedeva, giubilava ed era im­ pressionato da questa > . È chiaro quindi che il Deuteroisaia ha voluto modificare l'antica me­ tafora, spesso usata per indicare la distruzione dei nemici , inserendovi la strana e inadatta immagine di «monti e col­ line» . Non ci può esser dubbio che ciò è un voluto riferi­ mento alle stesse parole che si trovano nel prologo ( 40,4 : «Ogni monte e colle sia abbassato»). Nel prologo montagne e colline costituiscono gli ostacoli che impediscono il ritorno d'Israele. Viene promesso che saranno appianati e trasfor­ mati in strade sulle quali il popolo possa tornare in patria ; tuttavia nel prologo non è Israele che elimina gli ostacoli. Se si considera l'aggiunta di . L'aggiunta corrisponde di fatto a quella del v. 2 3 a: riconoscerli come dèi significa prostrarsi e temere. Spiega bene Volz : «Gli dèi possono dunque dare � qualche segno di vita, così che ci meravigliamo» . E pro­ segue : . Nel lamento, e specialmente nell'accusa fat­ ta a Dio di essere cieco e sordo al destino del suo popolo, Israele si appellava al passato ; proprio in questo attaccarsi al passato consisteva la sua cecità e sordità. '"futto dipende dal fatto che egli si volga al futuro in atteggiamento di ascolto. Il pronome «questo» nel v. 2 3 a non si riferisce al v. 2 2 , cioè alla situazione attuale, ma a tutto il contesto dei vv. r 8-2 2 , cioè al fatto che Israele stesso è stato cieco e sordo e perciò Dio ha mandato su di lui il suo giudizio . Tenendo presente ciò egli deve ora guardare in avanti. 24.

Per aiutare i suoi interlocutori a guardare in avanti, ad asco l tare qualcosa di nuovo, il profeta chiede ancora (la do­ manda del v. 24 corrisponde a quella del v. 1 9 ) : Chi è quel Dio ? che Dio è quello che ha riversato su di voi il suo giu­ dizio ? (« saccheggio» e «predoni» corrispondono al lamento del v. 2 2 ) . Quanto segue è difficile, poiché per due volte si ha il cam­ biamento di persona. La frase seguente : «Non è forse contro Jahvé che abbiamo peccato ? » pur nella forma interrogativa dà la risposta giusta, quella intesa dal Deuteroisaia; essa è in pieno accordo col messaggio di questa composizione. Stupisce soltanto il fatto che venga data in prima persona e quindi rappresenti una confessione, che ci si aspetterebbe piuttosto dal popolo che dal profeta. È possibile che il profeta qui si unisca al popolo nella confessione dei peccati; ma sarebbe un caso unico nel Deuteroisaia . Occorre quindi vagliare l'altra possibilità, che cioè anche qui si tratti di un 'aggiunta tardiva, fatta da un lettore che avrebbe dato la risoosta voluta dal profeta, ma in modo tale da inserire se stesso tra coloro che avrebbero dovuto fare questa confessione dei peccati. Non si può dire quale delle due possibilità sia la migliore. È chiaro invece che la frase successiva del v. 24 è un'aggiunta, come

Non temere!

indica già il linguaggio in prosa. Poiché si trova alla terza persona, non può aver nulla a che fare con ciò che precede («Non è forse contro Jahvé che abbiamo peccato ? ») ; essa si adatta al senso della successiva (v. 2 5 ) . Poiché inizia con un «e» o con un > . Non si 6. Citato da Muilenburg e altri.

r 86

Satira sulla costruzione d�gli idoli

può quindi negare che per lo meno qui si ha una rozza esa­ gerazione . Ciò si spiega con l'essenza stessa della satira, alla quale non interessa in primo luogo di comprendere, quanto piuttosto di distruggere deridendo. Non si può neanche ne­ gare che il linguaggio delle cpntese giudiziarie tra Jahvé e gli dèi è tutto diverso. Qui la religione dei popoli viene pre­ sa con tanta serietà, che i loro dèi vengono citati in giudizio. Vengono invitati a portare le loro prove e quindi si dimostra che la loro pretesa divinità non è nulla. Non si può negare che nelle contese giudiziarie sugli dèi il linguaggio è diverso da quello della satira di 44 ,9-2 0 . E neanche si può pensare che questa aspra satira sia stata pronunciata o messa in iscrit­ to neli' ambito della potenza babilonese. La conclusione del poema, che si rifà all'inizio (v. 9), fa suo un proverbio, del quale però è conservata solo la pri­ ma parte del proverbio. (Duhm fa notare che una citazione del genere nel Deuteroisaia non ricorre altrove ): «Chi si pasce di cenere . . . » ; la seconda parte, alterata, probabilmente suonava: « . . . il suo cuore è ingannato», o qualcosa di simile. Duhm ne dà il significato appropriato : pascersi di cenere «descrive un 'attività stupida e inutile>>. Un'espressione ana­ loga si trova in Os. 1 2 , 2 : > : questi due predicati divini descrivono una linea di rapporti reciproci, una storia : la storia di Dio con il suo popolo. ·

24h. «lo, Jahvé, faccio tutto . . » {letteralmente : lo [ sono ] Jahvé, che faccio tutto) . La parola rivolta ad Israele da par­ te di colui che l'ha plasmato e redento inizia con l 'autoesal­ tazione di Dio che si proclama creatore di tutto , esemplifi­ cata nell'opera fondamentale della creazione del cielo e della .

Is. 44,24-28j 4J1I-7

191

terra, mentre viene sottolineato anche l'« Io » : Io solo ! Il modello a cui si ispira il testo è una forma letteraria pecu­ liare, che ritorna in 4 5 , j («I o, Jahvé, e nessun altro» ) : quel­ la usata da un dio che esalta ed onora se stesso . Questa for­ ma non è chiaramente individuabile nell'Antico Testamento prima del Deuteroisaia ; nel Deuteroisaia però essa ricorre con una frequenza sorprendente, soprattutto nelle contese giudiziarie e nell'oracolo di Ciro. Possiamo dire con certezza che egli l'ha assunta dal mondo babilonese in cui viveva, do­ ve (come anche in Egitto) era una forma corrente. Ecco un esempio : Mio padre mi ha dato il cielo, mi ha dato la terra ; io sono la padrona del cielo ! C'è qualcuno, qualche dio, che vuoi misurarsi con me?

7

Alcune composizioni di questo genere, nelle quali l'uso della prima persona può passare in quello dell'appello, forma usua­ le dell'inno di lode, mostrano che si tratta del genere parti­ colare della lode in cui l'esaltazione del dio (o della dea) è posta sulla loro stessa bocca. Nell'assunzione di questo ele­ nlento avvertiamo qualcosa dell'arditezza di linguaggio del Deuteroisaia. Infatti ogni autoesaltazione degli dèi babilonesi esprime in modo particolare ed evidente il politeismo : un dio si gloria nei confronti di un altro per la sua grandezza e potenza. Il Deuteroisaia ha chiaramente davanti agli occhi questa concorrenza spietata degli dèi tra di loro e la spinge all 'assurdo, contrapponendo a questa concorrenza colui che solo può gloriarsi di essere Dio ; di qui l'accento posto sul­ l'avverbio «soltanto» nel v. 2 4 . Egli si dimostra l'unico , non solo né prima di tutto perché è ancora più grande e potente degli altri, ma perché è colui che resta («Io sono il primo e l'ultimo» ) e tale si dimostra nella continuità di una storia 7. Canto di !nanna, Falkenstein-von Soden, Sumerische und Akkadische Hym.. nen und Gebete, 1953, 67. ·

192

L1oracolo di Ciro

·nella quale le sue parole e azioni stanno tra loro in rapporto veritiero. . 2 5 . Il tema è sviluppato nei due versi successivi . Che Dio è il solo creatore, lo dimostra il suo dominio sulla storia. An.. che nei popoli , anche in Babilonia si fanno predizioni in mol.. te forme; ma esse non si verificano, si risolvono nel nulla. Ciò che il Deuteroisaia qui afferma ci è confermato grazie alla conoscenza dell'abbondante letteratura babilonese del tempo. Della quantità enorme di oracoli sui re di Babilonia e d'Assiria non ce ne è stato tramandato neppure uno che an· nunci il loro completo e definitivo sfacelo. Si tratta quasi sol� tanto di oracoli di salvezza ; ma essi si dimostrarono futili in base agli eventi che condussero alla caduta di Assur e quindi a quella di Babel. 26a. Questo è in contrasto con il modo in cui le parole dei profeti d'Israele (messaggeri di Dio, servi di Dio) venivano verificate. Qui si intende far riferimento sia ai profeti di giu­ dizio prima deli' esilio sia alla predicazione del Deuteroisaia. Il nostro passo è importante per la storia della profezia in Israele. Il Deuteroisaia non avrebbe certamente potuto par­ lare in questo modo se non avesse constatato il verificarsi degli annunci di giudizio fatti dai profeti pl'eesilici . Se parla con tanta sicurezza dell 'azione di Dio nella storia, è perché alla base di essa c'è la profonda esperienza acquisita durante i terribili anni della caduta di Gerusalemme, nella quale Dio ha mostrato di prendere sul serio quanto aveva detto e che le parole di sventura dei profeti erano parole del Dio vivo. 26b. Ciò sta alla base della proclamazione che Gerusalemme sarà restaurata ; è questa la prima volta che ciò vien detto direttamente con la menzione del nome della città. Dio si dimostra come Signore della storia in quanto la sua azione s'accorda con la sua parola . Egli ha reso concreta e vera la

193

sua parola di giudizio; realizzerà e renderà vera anche la sua parola di salvezza. s. La sintesi conclusiva (signore della creazione - signore della storia) pone una accanto all'altro un'opera del creatore, che con il suo intervento è in grado di mutare l'aspetto del creato (allusione, forse, al racconto del diluvio ; il termine tradotto con «profondità» o «abisso» ricorre solo qui) e un'opera del reggitore della storia, che nella sua azione è in grado di ordinare qualcosa di nuovo ed inaudito. Così la con­ clusione di 44 ,24-2 8 conduce direttamente all'oracolo di Ci­ ro, che . sta per iniziare. 27

45 ,1-7.

Il vero e proprio oracolo di Ciro è contenuto nei vv. 1-4; i vv . 5 e 7 fanno parte dell'autopredicazione di Jahvé, che incornicia tutta la composizione in 44,24-45 ,5 .7 (v. so­ pra). Il v. 6 aggiunge una nota sullo scopo della composizio­ ne : «Così che l 'uomo riconosca che . . . » . Questo oracolo di Ciro nei vv. 1-4 si ricollega strettamente al linguaggio e al rito di intronizzazione, che nello stereotipo rituale regale ve­ niva costantemente ripetuta per confermare il re nella sua regalità . Tale rituale si nota anche nei Pss. 2 e I 1 0 . Tutta una serie di studi recenti su questi salmi ha dimostrato che parole e azioni del rituale regale in Israele devono molto ai popoli vicini ; cfr. il commento di H.J. Kraus ai due salmi e la bibliografia iv i indicata . Tutti i commenti di 4 5 , I -7 riman­ dano al Cilindro di Ciro , una iscrizione su un cilindro di creta risalente a circa il 5 3 8 , che presenta un parallelismo quanto mai sorprendente con questo testo. In esso Ciro de­ scrive l'occupazione di Babilonia fatta senza colpo ferire e la fa risalire a un intervento del dio babilonese ( ! ) Marduk, il «Signore degli dèi», che si è adirato per il cattivo governo dell'ultimo re babilonese e quindi è intervenuto per compas­ sione verso gli oppressi :

1 94

L'oracolo di Ciro

Egli passò in rassegna tutte le terre, guardò se qualcuno veniva e cercò un dominatore giusto secondo il suo cuore, del quale avrebbe preso la mano. Ciro, re della città di Anhan : egli pronunciò il suo nome, lo chiamò a dominare su tutto il mondo. La terra di Quti (Gutium ), tutta la fascia dei guerrieri di Wanda [pose ai suoi piedi. Le genti col capo nero, u che egli pose nelle s e mani, con diritto e giustizia egli si comportò con essi. Marduk, il gran signore, il protettore dei suoi uomini, guardò con gioia alle sue azioni misericordiose e al suo cuore Gli diede ordine di andare contro la sua città, Babilonia, [ giusto . e gli fece prendere la strada per Babilonia, mentr'egli l'accompagnava come un amico e camerata 8•

Anche qui un dio (Marduk) sceglie Ciro come suo incaricato, gli dona il successo nelle sue conquiste, lo chiama ad esser signore del mondo intero, si compiace in lui, lo guida nel cammino verso Babilonia e gli sta al fianco. All'atto dell'in­ tronizzazione fanno riferimento anche le frasi che ricorrono in 4 5 , 1 - 7 : Dio lo prende per mano e pronuncia il suo nome. Questo cilindro risale chiaramente a dopo la presa di Babilo­ nia, e quindi il Deuteroisaia non ne può dipendere. Tutti e due i testi presuppongono il rito di intronizzazione e l 'ora­ colo regale che di esso fa parte. Ciò che sorprende è che lo stesso avvenimento storico, la presa di Babilonia da parte di Ciro, vien fatto risalire in entrambi all'intervento di un dio non persiano, il quale sceglie Ciro e lo mette in grado di com· piere questa impresa. Dell'azione di Jahvé nei confronti di Ciro vengono fatte le seguenti affermazioni : Ciro è l'unto di Jahvé Questi tiene la sua destra lo chiama per nome gli dà ti toli onorifici lo cinge 8. Testo secondo K. Galling,

(v. I ) ( v. I )

(vv. 3b e 4 ) (v. 4b) (v. _5b)

Textbuch zur Gesr.hichte Israels, 19,0, 71 .

195

Tutte queste frasi si riferiscono ad azioni del rituale regale e come tali sono testimoniate sia in Israele che al di fuori. La più sorprendente e, per gli ascoltatori del Deuteroisaia , più sconcertante, è la prima frase : Jahvé parla a Ciro, suo unto ! Anche in Ps. 2 l 'unzione è in connessione con la intronizza­ zione : « . . .contro il Signore e il suo unto » . Ma qui si tratta di un re d'Israele. È evidente che qui maszap non ha tutto il signifiçato che avrà più tardi, quando equivarrà a salvatore. Il termine nell'Antico Testamento viene usato solo e sempre per un re attualmente regnante. L'atto dell'unzione significa l'abilitazione ad agire (qui a fare il re) . L'atto di prendere la mano significa la conferma del re nella sua funzione regale . Il gesto della mano e la proclamazione del nome si trovano nel cilindro di Ciro nello stesso contesto (v. sopra). Il fatto che il re intronizzato riceve titoli onorifici è testimoniato ab­ bondantemente, anche in Egitto. N.ell'Antico Testamento questa azione è supposta nell'elenco dei nomi onorifici, che il re atteso per il tempo della salvezza riceve in Is. 9,6 . L'at­ to di cingere il re fa parte dell'investitura. In questi gesti risuona la parola rivolta al re. Oltre che in Is. 4 5 , 1 , la solenne parola di Dio al re ricorre anche in Ps. 2 , 7 («Egli mi dice . . . » ) , e in Ps. 1 1 0 (introdotto come oraco­ lo regale : «Oracolo di Jahvé al suo dominatore» ) . La parola rivolta a Ciro contiene un ufficio e una promes­ sa. Il compito è anticipato in 44,2 8 : «Egli realizzerà tutto ciò che voglio». A questa frase corrisponde nel Cilindro di Ciro l'espressione : «A lui piacque di condurlo contro la sua città, Babilonia» (v. sopra ). La promessa è duplice : Dio as­ sicura a Ciro che egli stesso andrà da lui e appianerà il suo cammino ( ? ) . Questa vicinanza di Dio si realizzerà nel suc­ cesso della campagna di conquista : sottomissione di popoli e re apertura di porte porte spezzate e chiavistelli frantumati assegnazione di tesori nascosti

(v. Ih) (v. Ih) (v. 2b) (v. 3a).

L'oracolo di Ciro

La sottomissione dei popoli viene promessa al re anche in Ps . 2 ; analoga affermazione si ha nel Cilindro di Ciro . Al­ l'eliminazione degli ostacoli corrisponde una frase in un ora­ colo di Nini ad Assurbanipal ; in un oracolo ad Asaraddon ricorre la frase : « lo camminerò davanti a te» . È chiaro che la promessa fatta qui a Ciro è modellata su frasi coniate da una tradizione antica e diffusa. Non occorre quindi preoccu­ parsi di interpretare ciascuna di queste espressioni riferen­ dola a determinati avvenimenti della campagna di conquista di Ciro. Nei versetti seguenti l'oracolo di Ciro continua, ma è inframmezzato da frasi che affermano chiaramente e inten­ zionalmente i limiti che Jahvé si pone nell'intronizzare Ciro. Prima di tutto dobbiamo affrontare una difficoltà testuale : nel testo ebraico, all'inizio del v. 3b, si ha : «Affinché tu ri­ conosca . . . » (che io . . . ). Queste parole sono incerte per molti motivi e vengono eliminate da alcuni commentatori. Il ver­ setto è troppo lungo e quello successivo inizia con le stesse parole; e questo non accade mai altrove nel Deuteroisaia. Il testo ebraico è stato rispettato nella traduzione, perché l'eli­ minazione di queste due parole non trova giustificazione né nei manoscritti né nelle versioni. Ci si deve però guardare dal trarre conclusioni eccessive da queste parole incerte. In ogni caso esse non possono influenzare il senso dei versetti successivi . I limiti dell'ufficio di Ciro stanno prima di tutto nel fatto che esso è in funzione d'Israele (v. 4a) . Per questo Israele viene chiamato servo di Dio ed eletto, cioè servo eletto di Dio. Bisogna notare che Ciro nel Deuteroisaia viene chiamato unto di Jahvé, ma mai suo servo . E questo semplicemente perché «servo » indica la stabilità di un rapporto reciproco. Il che non è il caso di Ciro, che in una situazione particolare ha ricevuto un ufficio momentaneo; per questo compito egli viene «unto». Questa limitazione viene ancora più sottoli4-5 .

1 97

neata nei versetti successivi; v. 4b : «Ti conferisco il titolo d'onore senza che tu mi conosca» ; v . .5b : «lo ti cingo e tu non mi conosci» . La ripetizione di questa frase «e tu non mi conosci» sottolinea la sua importanza. Nel discorso a Ciro queste frasi sono paradossali ; e lo sono volutamente. L'in­ carico dato a Ciro insieme con la relativa promessa è moti­ vato dali' amore per Israele, n on in vista della carriera di Ciro né del popolo persiano. Questo risulta dal fatto che Jahvé, servendosi di Ciro come suo eletto, non stabilisce un rapporto stabile con lui. Il Deuteroisaia dunque non ha rite­ nuto - come pensano alcuni commentatori (specialmente Volz ) - che Ciro si convertirà a Jahvé diventandone servo . Anzi, si dice esplicitamente che questo non accadrà . Se il Deuteroisaia avesse veramente detto e inteso dire ciò, la sua parola a questo punto avrebbe mancato completamente il se­ gno ; egli risulterebbe un falso profeta in un punto decisivo . 6 . Lo scopo, di cui ora parla il profeta esplicitamente, non è la conversione di Ciro o dei Persiani a Jahvé; esso è più re­ moto e anche superiore : che tutti sulla terra riconoscano che Jahvé solo è Dio. Come questo venga inteso, risulta chiaro da altri passi : ciò che accade ora ad Israele, coinvolto com 'è nella storia del mondo, il miracolo per cui il patto di un po­ polo con il suo Dio sopravvive alla distruzione della nazione, sarà testimoniato da questo popolo ad altri, e uomini di altri popoli si volgeranno a questo Dio (cfr. 44,5 ) . Come spiegare però che tale riconoscimento d i Dio al di fuori d 'Israele debba esser suscitato proprio mediante l'inca­ rico dato a Ciro ? Il senso dell'oracolo di Ciro può esser visto solo sullo sfondo della storia della monarchia israeli tica. Alla monarchia d'Israele era affidata una grande promessa ( 2 Sam . 7 ) . Se Dio può dichiarare Ciro suo unto, cioè suo re, per un'opera determinata, cioè per la liberazione d'Israele, allora l'opera politica mediante la quale Jahvé aiuta il suo popolo viene staccata dalla monarchia davidica, e di conseguenza da

198

L'oracolo di Ciro

una qualunque monarchia israelitico-giudaica. Ciò che Dio ha operato un tempo attraverso il re d'Israele lo può fare ora mediante un re straniero e di altra fede . Con ciò si opera la separazione radicale tra potenza politica e popolo di Dio . Con l 'oracolo di Ciro Israele ha cessato di essere, come popolo di Dio, un popolo dotato di potenza politica . Il distacco del po­ polo di Dio dal potere politico non si è verificato soltanto con Cristo ; si attua già qui. 7.

Come l'oracolo di Ciro nel Deu teroisaia costt tutsce un limite insuperato, cosi succede per gli attributi di Dio, con i quali l'oracolo si chiude. Lo stile dell'autopredicazione in queste frasi riveste questo senso profondo : solo Dio può pronunciare simili frasi; come «affermazione su Dio» esse non potrebbero mai sostenersi. È difficile spiegarsi come mai i commentatori non si lascino turbare da questo versetto . Es­ so è introdotto dalla frase, frequente nelle contese giudizia­ rie (43 , 1 I ; 44,6b) : und die «Vie­ it-n», ein Beitrag zu ]es. 53, in Festschr. W. Rudolf, 1961, 97-108; H.H. Rowley, 'l'be Servant of the Lord .. . , London 1952; S. Mowinckel, He that cometh, Ox­ tnrd 1959, 1 87-26o; Tbe Servant of the Lord; ]. Scharbert, Stellvertretendes Siih­ lll'lciden in den Ebed-]ahwe-Liedern utrd in altorientalischen Ritualtexten: BZ 1958, 190-2 13 . .

. \'truttura Il quarto canto del Servo è costituito da due parti : nel­ l'ambito di un oracolo divino (5 2 , 1 3- 1 5 e 5 3 , 1 Ib- 1 2 ) viene inserito il discorso di un gruppo (53 , 1 - I I a); tutte e due le parti parlano del Servo in terza persona. L'oracolo che fa da cornice ha il carattere di un annuncio sul Servo, e una specie 6. In luogo di 'aiir ( «con i ricchi») leggere 'ose rac

=

con

i malfattori.

7. Invece che b11motaw leggere bét moto. 8. Leggere, con Elliger, dakka'o in luogo di dakk11'o, e poi ( con Begrich) hel;elim ·�t-Jam. 9· Aggiungere, con i l .XX, 'or; ciò che segue è oscuro.

Quarto canto del Servo

308

di rapporto sul Servo è anche la parte centrale . Le due parti sono connesse tra loro in quanto ambedue parlano della umi­ liazione e dell 'esaltazione. annuncio dell'esaltazione ampliamento dell'annuncio r 4: prima: molti hanno infierito contro di lui (umiliazione), r5: ora: re e popoli si meravigliano della sua esaltazione 5_3,r�rra: sofferenza ed esaltazione del Servo introduzione: aspetto inaudito di questa notizia I: sofferenze del Servo 2-9 : 2: crebbe assetato e senza significato 3 : fu disprezzato 4-6: la sua sofferenza fu causata dalla nostra colpa 4: egli (portò) - noi (lo ritenemmo ) 5: egli (colpito) - noi (per i nostri peccati) 6: noi (le nostre vie) - egli ( J ahvé fece cadere su di lui le nostre colpe) 7: egli soffrì pazientemente (fu portato via sen­ za giudizio) 8: fu ucciso (per i nostri peccati fu messo a morte) 9: sepolto coi malfattori (benché senza colpa) IO-Ira; salvezza del Servo r oa: Dio si rivolse a lui ( si compiacque) rob: Dio intervenne per il Servo (lo salvò) roc.r ra: conseguenza dell'intervento per il Servo (al futuro) 53 ,1 I b-1 2: oracolo divino {continuazione di 52 ,1 3-15) r rb: il mio Servo procurerà la giustizia, porterà i peccati, 1 2a : gli darò una ricompensa per i l suo lavoro, 1 2b: per aver dato l� sua vita alla morte e alla vergogna r 2c: egli portò i peccati e divenne intercessore. I

.

La cornice

In 5 2 , I 3- I 5 Dio annuncia il successo deli'opera del suo Servo (v . 1 3a) , che procurerà a questi l'esaltazione (v. I 3b) . I vv. I 4 s. con tengono l'annuncio che egli sprofonderà in un

IJ. ,2,IJ-)J,I2

grande dolore, cosl che molti inveiranno contro di lui (v. 1 4 ) ; rna in seguito re e popoli si meraviglieranno per la sua esal­ tazione (v. 1 5 a) e ascolteranno qualcosa di inaudito (v . 1 5b ). In 5 3 , 1 rb-r 2 questo annuncio viene continuato; ora si dice in che cosa consiste il successo e l'esaltazione : il Servo (così annuncia Dio) porterà la giustizia a molti e porterà i loro peccati (v . I rh) ; Dio gli darà una ricompensa per il suo lavoro («parte» e «bottino»), perché egli ha sacrificato la v i ta diventando così intercessore per i molti (v. I 2 ) . Questo oracolo divino si aggancia direttamente alla desi­ gnazione del Servo in 42 , I -4 e ne realizza l'intenzione. 2.

Sofferenza ed esaltazione del Servo

Questo resoconto è connesso con l'oracolo divino che gli fa da cornice, in quanto descrive l'opposizione tra umiliazione ed esaltazione del Servo ( vv. I 4 e I 5 ) , che sviluppa l'annun­ cio del v. I 3 : i vv. 2-5 corrispondono al v. I 4 ; i vv . IO- I I a corrispondono al v. I 5 . Inoltre la conclusione dei vv. I 3- I 5 , l'aspetto inaudito di questo evento (v. I 5c) , fa da introdu­ zione al racconto vero e proprio, che inizia nel v. 2. La sua struttura nelle due parti principali (vv. 2-9 e vv . I O- I r a ) è quella del salmo di ringraziamento (salmo di lode dichiara­ tiva) del singolo (così Begrich ), al cui centro si trovano le stesse parti : descrizione dello stato di bisogno, descrizione della salvezza. Tuttavia la forma letteraria dei salmi , cui ri­ mandano anche molti vocaboli, ha un'importanza solo secon­ daria . Essa ha subito due mutazioni : non è il salvato stesso che racconta, ma di lui si parla in terza persona ; coloro che parlano del dolore e della salvezza del Servo sono quelli per i quali egli, grazie a quanto gli è successo, è diventato fonte di salvezza. La parte informativa di 5 3 , I - I I a contiene anche una seconda linea strettamente connessa con il racconto : questo è anche una professione dei salvati. Questa seconda linea risalta specialmente nei vv. 4-6 ; coloro che parlano del-

3 Io

Quarto canto del Servo

l 'umiliazione

ed esaltazione del Servo riconoscono che la sua sofferenza fu causata dalla loro colpa . Questa confessione tor­ na poi ripetutamente. Il racconto vero e proprio delle sofferenze del Servo si svolge secondo una linea chiara. Il Servo crebbe nell'aridità e nel disprezzo (vv. 2-3 ), fu colpito da dolori e malattie (vv. 4-.5) , soffrì pazientemente (v. 7: fu condotto in giudizio ? ) , fu ucciso e sepolto ignominiosamente ( vv . 8-9 ) . Questa linea si discosta ulteriormente dal racconto dei salmi di lamenta­ zione e di ringraziamento : in questi la sofferenza è sempre ben definita e viene fatta presente a Dio ; qui invece il rac­ conto abbraccia un'intera esistenza : crebbe . . . fu sepolto. Questa linea corrisponde puntualmente alla professione di fede della comunità cristiana, quale si ha nel Credo aposto­ lico : nacque - soffrì - morì - fu sepolto . Questa identità di struttura (anche nel Nuovo Testamento si tratta di una pro­ fessione di fede dei salvati) riveste maggior importanza che non certe citazioni occasionali di Is. 52 s. nel N.T. Il racconto della salvezza (vv. 1 0-1 1a) è strutturato , come spesso avviene, in due momenti : dapprima si dice che Dio si volge con attenzione (Dio si compiacque ) e interviene (lo guarì) ; poi si descrive la conseguenza di questo intervento divino : il Servo vede la salvezza. A questo punto ecco il ter­ zo nesso con l 'oracolo divino di 5 2 , 1 3- 1 5 ; il verbo col quale inizia il v. 1 3 torna nuovamente : «Ciò che piace a Jahvé si effettuerà per mezzo suo». La parola divina conclusiva (vv . 1 1b- 1 2 ) conferma nel­ l'oracolo ciò che i convertiti avevano espresso nella profes­ sione di fede : «Portò i pecca ti di molti e intercedette per i malfattori» . prime parole sono una chiara eco della designazione del Servo in 42 , 1 -4 . Essa iniziava : «Ecco il mio Servo , che io proteggo . . . » ; con (bircut6) . I vv. I ob e I I a dico­ no chiaramente che il Servo, in seguito all'intervento di Dio, acquista «vita» nel senso veterotestamentario, cioè un'esi­ stenza piena, sazia, felice. I Ib-12. Conclusione dell'oracolo divino (continuazione di 52 , 1 3 -1 5 ) . L'oracolo introduttivo di 52 , 1 3- 1 5 aveva annun-

ciato, dopo l'umiliazione , l'esaltazione del Servo, tra la me­ raviglia di molti. A questo annuncio si collega direttamente 53, I I h- I 2. Il testo del primo emistichio è incerto . Per lo più viene tradotto : «Essendo giusto, il mio Servo procurerà giustizia a molti» ; ma questa disposizione dei termini non è possibile in ebraico . Al contesto, e anche al testo, si adatta meglio la spiegazione di Mowinckel (che in I I a considera come soggetto "abdl) : «il mio Servo si mostrerà giusto (ja�­ diq causativo interno), (e così starà) come giusto davanti a molti» . In altre parole : apparirà giusto davanti a molti, poi­ ché ne portò i peccati. Si parla dunque di Dio che giustifica, dichiara giusto il Servo, che prima era condannato alla vergo­ gna : egli viene riabilitato da Dio, reintegrato nel suo onore.

1 2 . Dopo la riabilitazione, la riparazione, espressa anche que­ sta in termini generici, tradizionali . Colui che era stato spo­ gliato di tutti i beni ora ne riceve in abbondanza. La riabilitazione e la restituzione dei beni viene motivata in I 2be. Nel v. I 2h la parola di Dio conferma per l'ultima volta l'opera del Servo, in I2C la stessa parola ne enuncia le conseguenze. Queste frasi conclusive hanno una grande im­ portanza : «La sofferenza vicaria viene espressa in questo ora­ colo divino con non meno di cinque frasi ! » (Volz) . Il I 2b compendia la sofferenza e la morte del Servo in un solo atto, ma ne riafferma pure chiaramente i due aspetti : la sua è una morte nella vergogna. La traduzione della prima frase po­ trebbe anche essere : «perciò, poiché egli ha versato il suo sangue (nefes) nella morte» . L'espressione fa perciò pensare al sacrificio espiatorio, in corrispondenza col termine sacrifi­ cale 'asam (sacrificio per una colpa) nel v . I o . Questi due chiari riferimenti a un sacrificio di espiazione, che vogliono spiegare il senso della sofferenza e della morte del Servo, me­ ritano particolare attenzione. Non vanno intesi come una re­ vi viscenza di qualcosa che rassomigli al sacrificio umano, an­ che se ciò non sarebbe stato proprio un assurdo per i con-

Quarto canto del Servo

temporanei dell'autore; non molto prima Geremia aveva pro­ testato contro la ripresa dell'uso di sacrificare i bambini. Que­ sti riferimenti all'aspetto sacrificale delle sofferenze e della morte del Servo vanno intesi piuttosto nella linea della cri.. tica profetica del culto. Poiché il dolore e la morte del Servo sono qualcosa di assolutamente unico , lo stesso vale per il suo sacrificio espiatorio : essendo un atto unico, che ha luogo una volta per tutte, esso prende il posto del sacrificio espia­ torio offerto in continuità e lo abolisce. Certamente qui non si pensa a questa conseguenza; ma ciò che la Lettera agli Ebrei esprime con l'avverbio semel (Èq>a:7taç) è valido già an­ che qui, con tutte le sue conseguenze. Ne viene anche una ra­ dicale desacralizzazione del sacrificio, dal momento che, in un uomo disprezzato e sfigurato dal dolore, la sua morte nel­ la vergogna e la sua sepoltura tra i malfattori si possono spie­ gare come sacrificio espiatorio. «E si è fatto annoverare fra i peccatori» : la forma rifles­ siva è preferibile a quella passiva, poiché la formulazione del v. I 2h suggerisce che in questa parola divina conclusiva de­ v 'essere sottolineato il mon1ento attivo del Servo nell'opera compiuta attraverso la sua sofferenza . Non ha opposto resi­ stenza, ha accettato di essere annoverato tra i malfattori. Questa frase si capisce appieno solo se si pensa ai salmi di lamentazione, nei quali la divisione tra pii e malvagi ha una parte cosl importante. La particella «eppure», con cui inizia quest'ultima frase, presuppone un pensiero che qui non è espresso : sl, egli si è lasciato annoverare tra i malfattori ; ma in realtà non era un malfattore . . . In due brevi frasi , molto importanti, viene com­ pendiato il senso dell 'opera del Servo, come affermazione conclusiva di tutta la composizione. «Eppure egli portò i pec­ cati di molti» . Qui sta la meraviglia vera e propria della vita, sofferenza e morte del Servo : la vita profana, colpita dal do­ lore, disprezzata, di un uomo ordinario che si rivela capace 12c.

Is. 54,r-ro

di assumere su di sé, nella sofferenza da lui sopportata, i pec­ cati di altri e quindi di stornare da essi il giusto castigo . La stessa cosa viene espressa nell'ultima frase con l'idea di sosti­ tuzione vicaria o intercessione. La forma hifil di paga' ( incon trarsi con qualcuno) significa fare incontrare (dr. 5 3,6 ) ; con la preposizione be (in una richiesta} significa far pres­ sione su qualcuno, sollecitare (dr. Ier. 3 6,25 ) . In senso as­ soluto significa «intervenire » (cfr. Is. 59,1 6 ) . Da tutto que­ sto il senso risulta chiaro : «Egli intervenne per i malfattori» . Con questo non si vuoi dire che egli fece preghiere di inter­ cessione per essi (come interpretano alcuni commentatori) , ma che, con la sua esistenza, con il suo soffrire e il suo mo­ rire, si è messo al loro posto e ha subito in luogo loro la punizione . =

.5 4 ,r - r o : Rallégrati, sterile ! 1

Rallégrati, sterile, che non partorivi, erompi in giubilo e gioisci, tu che non soffrivi le doglie : poiché sono più i figli dell'abbandonata che i figli della maritata, dice Jahvé. 2 Allarga lo spazio della tua tenda, 'distendi le tue coperte' e), senza risparmio. Allunga le cordicelle, fissa bene i pioli. 3 Infatti ti dilati a destra e a sinistra, i tuoi figli ereditano nazioni, popolano città deserte. 4

Non temere, perché non dovrai più vergognarti! Non essere confusa, perché non dovrai più arrossire! Dimenticherai infatti l'onta della tua giovinezza, non penserai più al disonore della tua vedovanza. 5 Poiché tuo sposo è il tuo creatore, Jahvé Sabaot è il suo nome, e il tuo redentore è il Santo d'Israele; Dio di tutta la terra viene chiamato. 6 Poiché come la donna abbandonata, abbattuta, egli ti chiama [c e come la sposa della giovinezza, poi ripudiata, , e) ti parla Jahvé, tuo Dio. I. Leggere, con

i LXX , wzr2'ota;ik batti. ' 2. Dopo amar leggere jhwh.

Rallé:rati, sterile! 7

Per un istante ti ho abbandonata, ma con grande amore ti raccolgo. 8 Nell'eccesso di collera ho nascosto il mio volto a te per un istante ; ma con eterno affetto ho pietà di te, dice il tuo salvatore Jahvé. 9 Mi succede come ai tempi di Noè: come ho giurato che le acque di Noè non avrebbero più sommerso la terra, cosi giuro di non adirarmi più con te, di non minacciarti più. 10 Infatti, anche se i monti vengono meno e le colline vacillano, la mia grazia non ti mancherà e il mio patto di pace non vacilla , dice il Signore che ti ama.

L'arte del Deu teroisaia risplende in modo particolare in questa composizione ; ma si tratta di un poema che è tutto e solo annuncio, e questa completa unità di poesia e annuncio conferisce al brano il suo splendore. Ma ascoltarlo in tutta la sua pienezza è possibile solo se si conosce bene il Deutero­ isaia. Tutta una serie di motivi concorre qui a formare una nuova composizione in cui confluiscono l'inno di lode ( ) e l'annuncio di salvezza («La mia grazia non ti mancherà . . . » ). Vediamo alcuni tratti. Il doppio imperativo del v. 1 ( «Rallé­ grati», «gioisci») è una risorsa stilistica frequente nel profe­ ta e ha un suo riscontro in un altro doppio imperativo (v. 4) : «Non temere» , «non essere confusa» . La motivazione di que­ sto appello è ad un tempo il cambiamento della sofferenza in gioia (moltiplicazione dei figli e ampliamento della tenda nei vv. I h. 2. 3 ) e la cessazione della vergogna per la sofferenza (colei che era stata abbandonata viene riaccolta ; vv . 4-6 ). Questo cambiamento trova la sua ragione ultima in Dio stes­ so, poiché è lui che ha cambiato la sua ira in un nuovo atteg­ giamento di misericordia, ormai stabile ed eterno (vv. 7-8 ) . Qui la composizione potrebbe terminare; m a vi è un compie.

Js. J4,I-IO

mento nei vv. 9- I o , che pongono il tutto in rapporto con un evento analogo precedente : il mutamento che avvenne col passaggio dal diluvio al tempo successivo. Il complemento (vv. 9- I o ) è in armonia con la natura eccezionale del cap . 54, confrontato con quanto precede : qui la promessa di Dio non ha come oggetto un 'azione di Dio, ma la nuova situazione di salvezza, conseguente a tale azione. I vv. 9- I o si collegano chiaramente, da un punto di vista terminologico, con quanto precede, poiché tutt'e due le parole conclusive dei vv. 8 e I o si trovano in parallelismo : «Dice il suo salvatore Jahvé», «dice il Signore che ti ama» . Le tre parti del poema ( vv . I - 3 . 4-6 . 7- 1 0 ) appaiono strutturate in unità in quanto ad esse fan­ no da sfondo i tre membri della lamentazione : l'accusa con­ tro Dio (v v. 7- r o : perché ci hai abbandona t o? nascondi il tuo volto da noi ? perché la tua ira divampa contro di noi? ), la lamentazione in prima persona (vv. I -3 : la donna senza figli, come Gerusalemme nelle lamentazioni), il lamento per la vergogna causata dalla sofferenza, come in molte lamen­ tazioni collettive (vv. 4-6) . Ancora una volta quindi, in que­ sta promessa conclusiva, il lamento d'Israele viene trasfor­ mato in un grido di gioia. 1-2.

Il grido iniziale : «Rallégrati . .. erompi in giubilo e gioi­ sci ! » hanno corrispondenti negli inizi degli inni di lode (44,2 3 ; 49 , 1 3 ; 5 2 ,9 ); in questi il grido di giubilo ha una funzione responsoriale, antifonica, mentre qui è posto in pa­ rallelismo con la promessa di salvezza (v. 4), per mostrare che il grido che trasforma la sofferenza d 'Israele ed annuncia che Dio si è di nuovo rivolto al suo popolo deve suscitare la gioia, il giubilo clamoroso . In 44 , 2 3 e 49, 1 3 le creature come tali vengono invitate a gioire per l'attività salvifica di Dio nei confronti d'Israele, qui invece è Israele stesso : tutto questo mostra chiaramente che, come il salterio invita alla lode e alla gioia tutte le creature, cosl qui il grido dà ali 'invi to la tnassima risonanza. In questo invito alla gioia viene in tcr. . .

32.8

Rallégrati, sterile!

pellata la « sterile, che non partoriva . . . , che non soffriva le doglie . . . » . L'antico lamento della donna sterile (cfr. il lamen­ to di Rebecca) è trasferito a una collettività, alla città pri­ vata dei suoi abitanti o dei suoi uomini, come nelle Lamen­ tazioni : «Come siede solitaria la città . . . » ( 1 , 1 ). Non basta tuttavia dire che qui il Deuteroisaia userebbe la stessa im­ magine della città personificata; egli fa sue espressioni ed immagini delle lamentazioni che si facevano veramente ed erano familiari agli uditori del profeta che frequentavano le celebrazioni penitenziali della comunità esilica . Il Deutero­ isaia fa sua l'immagine in modo totale, per trasformarla com­ pletamente. Il grido : «Rallégrati, sterile . . . » doveva risuonare come un duro paradosso per gli uditori; il termine caqara, sterile, fa pensare a qualcosa che si spegne senza possibilità di ritorno alla vita. Come si poteva invitare alla gioia una sterile? Era senza senso, e anche crudele. Ma il Deuteroisaia, riprendendo questa immagine, intende proprio provocare questo trauma, poiché ha da annunciare qualcosa di inaudito e assolutamente incredibile. L'appello del v. Ib è giustificato dalla promessa divina alla sterile, che avrà molti figli. Ma questa motivazione non suona più impossibile agli uditori, poiché nelle loro liturgie essi hanno già lodato Dio «che fa della sterile, senza figli, madre gioiosa di molti figli» (Ps. I I 3 ) . Un bell'esempio di come il Deuteroisaia fa risuonare non solo la lamentazione, ma anche motivi dei salmi di lode . La serie degli imperativi nel v. 2 («allarga . . . distendi. . . allunga . . . ») è un esempio eloquente dell'esagerazione tipica del Deuteroisaia e caratteristica della sua profezia. Da un punto di vista formale questi appelli sono paralleli a quelli del v. 1 ; di fatto però essi giustificano l'appello alla gioia : tu puoi proprio rallegrarti, poiché presto dovrai ampliare le tue abitazioni, presto tornerai a crescere. Ma il profeta ha tal­ mente fretta di mostrare ad Israele la realtà di questo glo­ rioso futuro, che fin d'ora invita ad ampliare le abitazioni , 2-3.

ls. )4,I-IO

come a dire che ciò è richiesto dalla gioia del rinnovamento . La motivazione vera e propria si ha solo nel v. 3 , che però giustifica l'invito ad ampliare la tenda. Si tratta - e qui l'am­ piezza dei motivi teologici e linguistici del Deuteroisaia non può non meravigliarci - dell'antica promessa del gran nu­ mero di figli , ben nota dai racconti sui patriarchi e ripresen­ tata dal profeta in tutta la primitiva freschezza. Anche l'im­ magine della tenda si capisce, anche se Israele viveva in case ormai da lungo tempo : il Deuteroisaia si riferisce cosciente­ mente ai tempi antichi, quando la promessa di una numerosa figliolanza era tanto importante. È chiarissimo che il cap. 54 amplia la promessa : alla liberazione s'aggiunge la benedi­ zione, nella forma particolare di promessa di moltiplicazione e di crescita . Anche questo si trova in parallelismo con l'ini­ zio della storia d'Israele in Ex. 3 ,7 s. : insieme con la salvezza e la liberazione dall'Egitto viene promessa ad Israele la be­ nedizione; qui tuttavia non sotto forma di prole numerosa ma di promessa della terra. 4-6 . Con la sofferenza viene tolta ad Israele anche la vergo­ gna. L'abbondanza dei verbi (v. 4a) e nomi (v. 4b) esprimenti vergogna, ignominia e umiliazione può essere apprezzata so­ lo se si pensa che in Israele, come nel mondo circostante, sof­ ferenza e vergogna sono considerati come l'aspetto interiore ed esteriore di un medesimo fenomeno . Così avviene a pro­ posi to della sofferenza della donna senza figli : non è un certo tipo di condotta, per esempio un atteggiamento immorale, che procura vergogna alla donna senza figli, ma la sterilità in quanto tale. Lo stesso si verifica a proposito di un popolo colpito : umiliato, esso ha perduto l'onore. In questa vergo­ gna disperata risuona il grido «Non temere», penetra la pro­ messa di salvezza, che elimi.na non solo il dolore ma anche la vergogna. La svolta verso la salvezza nei vv. 5 s . riprende l'immagine dei vv . I ss . ; ancora una volta si sottolinea la nuova situazio-

Rallégrati, sterile!

3 30

ne di salvezza : la donna abbandonata, abbattuta, viene riac­ colta, ha di nuovo un marito. Lo stato di abbandono, di soli­ tudine e di vergogna è passato , la solitaria e abbandonata ha ritrovato la felicità e l'onore della donna sposata.

7-8. Si noti che la metafora dei vv. 1 -6 non ritorna più. Nei vv. 7-8 , che indicano il motivo vero e proprio del cambia­ mento radicale, il Deuteroisaia parla direttamente, senza me­ tafora di sorta. Ma ciò che i vv. 1 -6 esprimevano con la con­ trapposizoine di due situazioni, nei vv. 7 ss. è detto con un motivo preso dai salmi e nei vv. 9 s. mediante il confronto con il patto di Noè. Nei salmi di lode la gioia di un salvato trova espressione nel fatto che questi, ripensando al suo dolore, ha l'impres­ sione che esso sia durato poco, mentre l'esistenza rinnovata dall'intervento salvifico di Dio gli sembra proiettarsi lontano nel futuro libero da ogni pena (Ps. 3 0 ,6 ) : Poiché la sua ira dura un istante ; ma la sua benevolenza tutta una [vita ; a sera torna il pianto, ma al mattino c'è il giubilo.

A questo motivo si rifà il Deuteroisaia; solo, qui esso è tra­ sformato in discorso di Dio : «Per un istante ti ho abbando­ nata . . . ». Così, nell'annuncio dell'ira di Dio, si sottolinea l'ele­ mento durevole e perenne della salvezza : «Ma con eterno affetto ho pietà di te . . . » ; anche questo motivo ha il suo cor­ rispondente nei salmi di lode : « . .poiché eterna è la sua pie­ tà» . In 54, r - r o , i vv. 7-8 appaiono come il punto culminante anche dal punto di vista del ritmo linguistico. Qui viene det­ to l'essenziale. Qui sta il nocciolo dell'annuncio del Deute­ roisaia : la svolta si è verificata presso Dio, in Dio stesso, e per questo tutto è soggetto a trasformazione. L'ira di Dio si è trasformata . Egli si rivolge di nuovo ad Israele nella sua misericordia . E con questo tutto ricomincia ad andar bene. Qui si ha ancora l'eco dei primi versetti del prologo . Queste espressioni, che segnano l'apice dell'ultima grande composi.

Is. J4,I-IO

331

zione del Deuteroisaia, mostrano anche quanto il linguaggio della sua predicazione sia quello dei salmi : è questo passag­ gio di Dio dall'ira alla misericordia che importa agli aranti dei salmi di lamentazione; e negli inni di lode si narra l'espe­ rienza di questo cambiamento . Proprio perché prendono vita dal linguaggio della preghiera, queste espressioni assoluta­ mente semplici rendono in parte l'intimo rapporto d'Israele col suo Dio e quindi anche la concezione che il popolo ebbe della sua esistenza . È il rapporto semplicissimo che lega il de­ stino di un gruppo di uomini , inserito nel tessuto complesso e immenso della storia mondiale, con l'azione di Dio. Il v. 9 stabilisce un confronto con quanto è stato detto nei vv. 7-8 . La svolta che si sta verificando è confrontata con un 'altra, avvenuta precedentemente. Il v. 1 0 motiva questo confronto assicurando che la nuova salvezza perdura e con­ clude l 'intero poema, il quale avrebbe potuto terminare an­ che col v. 8 . 9-10.

Il confronto con il patto di Noè è un'aggiunta particolare, anche se è opera dello stesso Deuteroisaia; essa si stacca dal contesto anche perché è quasi in prosa, mentre il v. I O ritor­ na al linguaggio ritmico dei versetti precedenti. Il v . 9 è come un confronto storico, il cui contenuto è estremamente diverso da quanto precede e da quanto segue; ciò trova espressione anche nel linguaggio, che presenta modalità par­ ticolari. Questo confronto costituisce per il pensiero o per la teologia veterotestamentaria un coraggioso balzo in avanti : il Deuteroisaia che guarda al passato e si chiede se ci fu mai un evento decisivo comparabile con quella svolta che Israele sta vivendo ora, trova che nella storia del popolo esso non si trova; perciò deve andar oltre, fino a quella svolta storica dei tempi primitivi che pose fine ad una catastrofe di proporzio­ ni mondiali. Anche Muilenburg interpreta così il passo : «gli eventi imminenti sono in sostanza dello stesso ordine del la 9·

3 32

Rallégrati, sterile!

promessa fatta a Noè dopo il diluvio universale» . Nessun altro passo del Deuteroisaia dice più chiaramente che la svol­ ta storica che egli proclamava aveva una portata che andava molto al di là d'Israele stesso e riguardava il mondo intero. Questo confronto è da vedere nel contesto di quei numerosi passi nei quali il Deuteroisaia sottolinea che il redentore di Israele è il creatore. Nei vv. 9 s. la promessa di salvezza ha chiaramente in vi­ sta una nuova e stabile situazione. Nulla rende la cosa così chiara come il confronto con il patto di Noè; infatti è pro­ prio qualcosa di stabile, di duraturo ciò che Dio promette dopo il diluvio (Gen. 8 , 2 2 ) . Questo dice il concetto di berzt salom, patto di pace, nel v. I O . Il termine salom è proprio della benedizione ed esprime una realtà duratura : esso signi­ fica propriamente la situazione salvifica di una comunità . Ad esso corrispondono i verbi « non venir meno» , «non vacil­ lare » ; anche cosi viene rafforzato l'aspetto di stabilità della nuova salvezza . In questo contesto va inteso anche il con­ cetto di alleanza, qui e in 55,3 , i soli due passi del Deutero­ isaia in cui esso si trova. Viene quindi usato dal profeta solo là dove si parla della salvezza di Dio come di una situazione, di uno stato. Qui appare qualcosa di importante per la teo­ logia veterotestamentaria : l'atto salvifico vero e proprio di Dio nei confronti del popolo è la liberazione, non la stipula­ zione del patto. Il concetto di alleanza per l'opera salvifica di Dio non è una motivazione, ma una conferma. Partendo da questi due passi del Deuteroisaia risulta chiaro che il nuo­ vo rapporto instaurato tra Dio e il popolo, fondato sull'azio­ ne salvifìca, trova conferma e garanzia nel patto . Questo si verifica anche, in modo esattamente uguale, in Ex. 3 4 e Ios. 24 : il nuovo rapporto tra Dio e il suo popolo, creato dalle precedenti azioni salvifiche, viene confermato, vale a dire trasformato in un rapporto stabile mediante l 'alleanza. Que­ sto significato del patto, per cui un evento diventa una situa­ zione stabile, viene espresso in 5 5 ,3 con l'espressione «patto

fs. )4,II-I7

333

eterno», in 54,9 col verbo «giurare», usato due volte. In Gen. 8 s . viene usato sia dallo Jahvista che dal Codice Sacer­ dotale, segno questo del libero uso che veniva fatto delle tra.. dizioni . Dio qui giura di non adirarsi più con Israele, pro­ mette che la sua grazia non gli mancherà più e che la pace, la situazione di salvezza, durerà per sempre: ebbene, questa promessa va molto al di là della realtà storica. Siamo costret­ ti a dire, senza riserve, che questa promessa non si è realiz­ zata dopo l'esilio. Ma essa va anche molto al di là del suo compimento in Cristo . Questa promessa di una ininterrotta situazione di salvezza, fatta dal Deuteroisaia, va molto al di là della storia e del cammino percorso dal popolo di Dio . 54,1 1-1 7 : La nuova salvezza 11

e ) afflitta, percossa, sconsolata ! Ecco : ricompongo le tue pietre con diaspro, le tue fondamenta con zaffiri, 1 2 faccio i tuoi merli di rubino e le tue porte di cristallo e tutta la tua cinta di pietre preziose, 13a e tutti i tuoi 'costruttori' ( 2 ) saranno istruiti da Jahvé ; 14a sulla salvezza starai fondata ( 3 ) l3b e grande sarà la pace dei tuoi figli. Hb Sarai lontana dall'angustia, poiché non devi temere, e lungi dallo spavento, poiché esso non ti si avvicina. 15 Ecco: qualcuno ti assedia - non è da parte mia ( ? ) , chi ti attacca cade contro di te (4), 16 Ecco : io creo il fabbro , che soffia sui carboni di brace, che trae armi per il suo scopo; e creo il distruttore per annientare. 17 Nessun'arma forgiata contro di te avrà successo. • • •

·

I.

Prima del v. 1 1a probabilmente è caduto

2. Leggere

un

emi stichi o.

bonajik in luogo di banajik. 3. � meglio leggere il v. 14a prima di 13 b. 4· Invece d i me'oti leggere me"itti, e 'otak in luogo di 'ittak

La nuova salvezza

3 34

Farai condannare ogni lingua che si eleva in giudizio contro di te. Questa è la parte di eredità dei servi di Jahvé e la loro salvezza da parte mia: oracolo di Jahvé.

L'oracolo contiene due parti indipendenti : i vv. I I - I 3a de­ scrivono la nuova e bellissima Gerusalemme e i vv. I 3 h- I 7 promettono a Sion , o Israele, pace e sicurezza per il futuro . Anche in questa seconda parte del cap . 54 , oggetto della pro­ messa non è la salvezza o la restaurazione, ma la nuova situa­ zione di salvezza; in ciò consiste la sorprendente peculiarità di questo brano e delle sue due parti. Non è possibile stabi­ lire con certezza se esse costituiscano una unità (così Elli­ ger, _ per il quale i capp. 54 e 55 sono del Tritoisaia) o siano due brani separa ti ; in ogni caso sono connesse con i vv. I - 1 o, dato che parlano non di un evento salvifìco ma del tempo della salvezza. 1 1 - 1 3a. Questa parte è simile a 5 I ,2 I -2 3 e strutturata in modo analogo . Anche là viene interpellata Sion : « . . . tu mi­ sera . »; ma là l'appello è preceduto da questa espressione : « Perciò ascolta questo, misera . . » . È probabile che qui una introduzione analoga sia caduta. L'appello fa pensare alle la­ mentazioni di Gerusalemme distrutta . Qui viene promessa non solo la restaurazione (come per es . in 49,8b ) ma in più anche uno splendore meraviglioso. È sorprendente come in questa descrizione non sia la grandezza, né la sicurezza o la stabilità ad avere una parte importante, ma lo splendore lu­ minoso delle costruzioni . In proposito non occorre sapere se, come il testo suggerisce, si pensi veramente che i merli siano fatti di rubini e le porte di cristallo (le singole indica­ zioni delle pietre preziose non possono essere precisate ol­ tre) , oppure se si pensi che queste pietre facciano solo da ornamento . Conta che qui viene esaltato solo lo splendore della città. In Israele si parla di bellezza e splendore di co­ struzioni solo per mostrare la ricchezza e la potenza del do. .

.

minatore. Ma tale splendore viene per lo più giudicato nega­ tivamente dai profeti. Le cose stanno diversamente per il tempio; ma qui il Deuteroisaia non parla affatto di tempio ! Che significa allora lo splendore della nuova Gerusalemme ? Può voler dire soltanto che la nuova Gerusalemme è città di Dio in un senso completamente nuovo e che il suo splendore indica direttamente la maestà divina. Così si capisce anche l'ultima frase : i costruttori della nuova Gerusalemme saran­ no istruiti da Jahvé stesso; sono il piano di Dio e la sua vo­ lontà che fanno sorgere questa costruzione. È possibile che il Deuteroisaia abbia presente un elemento preso dalle iscrizioni regali di Babilonia; J. Stummer 5 dice: «Si pensi come i re neobabilonesi, soprattutto Nabuccodo­ nosor, dicano spesso di aver eretto questo e quest'altro edi­ ficio in pietre preziose. Spesso si menziona in particolare la pietra unknu, cioè il lapislazzuli o pietra azzurra. Di fatto si trattava di mattoni del tutto normali, ricoperti di pasta di vetro azzurra» . Ma la descrizione del Deuteroisaia va molto oltre ; Stummer dice : «le pietre menzionate nel passo di Isaia non sono lapides pretiosi, ma gemmae» . Vuole forse dire che «la nuova Gerusalemme supererà in splendore la straordina­ ria magnificenza di Babel ? » (Stummer) . Ciò potrebbe forse trovarsi in linea con le contese giudiziarie, dove Jahvé dimo­ stra agli altri dèi che lui solo è Dio. Tuttavia questa descri­ zione della nuova Gerusalemme nel contesto del Deutero­ isaia resta un fatto sorprendente; si tratta di una descrizione della salvezza, di cui non c'è quasi traccia nell'opera del no­ stro profeta. 1 3 h- 1 7. In questa sezione il Deuteroisaia si serve di una for­ ma letteraria di cui conosciamo con certezza la provenienza. Si tratta di una promessa di benedizione, che altrove è fatta solo all'individuo. La forma, poi, è stereotipa, e deve richia5· Einige Keilschriftliche Parallelen

zu

]es. 4o-66: ]BL 45 ( 1926) 17I·I89.

La nuova salvezza

marsi a qualche particolare atto di culto. La si trova in Pss. 9 1 ; 1 2 1 e Iob 5 , 1 7-2 6 ; cenni se ne hanno anche in altri passi. Al v. r 4b corrispondono Ps. 9 1 ,5a. r o ; Iob 5 ,9b; mentre 54, r 3 h è simile a Ioh 5 ,2 5. Occorre distinguere la promessa di benedizione da quella di salvezza o dali'oracolo salvifico : l'oracolo è la risposta di Dio ad una lamentazione e promette la fine del dolore; la promessa, invece, assicura la stabile compagnia, il soccorso, la protezione e la benedizione di Dio . Essa viene utilizzata dal Deuteroisaia una sola volta, riferita ad Israele, e solo qui, nel cap . 54, dove si tratta della situa­ zione di salvezza. La struttura è semplice . I vv . r 4a e 1 3b sono una promessa generica di benessere per gli interpellati e i loro figli. Il v. r 4b promette la sicurezza di fronte ad ogni angustia e timore. Ciò viene sviluppato nei vv. 1 5 . 1 7 : colui che attacca fallirà (v. 1 5 ) : ciò è possibile perché Dio control­ la le sue armi e i suoi piani di distruzione. Il v. r 7a ritorna al v. r 4b : nessun'arma o accusa in giudizio avranno successo contro gli interpellati (cfr. Iob 5 ,2 3 ) . Il v. 1 7b conclude con le parole : «Questa è l'eredità dei servi di Jahvé . . . » . Nella promessa originale di benedizione il destinatario è l 'uomo pio, che confida in Dio (Ps. 9 1 , r 4 ). Anche da questo risulta chiaramente che si tratta di una promessa di benedizione al singolo (per es . «la lingua che si erge contro di te» ; cfr. Iob 5 ,2 r : «dalla sferza della lingua sei protetto» ) . Di qui anche il plurale «servi di Jahvé» che nel Deuteroisaia ricorre solo qui. Non è possibile quindi interpretare le singole espressioni di questa promessa di benedizione in riferimento alla situa­ zione attuale d'Israele e a quella immediatamente successiva . La promessa liturgica di benedizione è stata applicata dal Deuteroisaia ad Israele quasi tale e quale, per dire che il nuo­ vo atteggiamento di benevolenza di Dio (54 ,7-8 ) significa non solo la fine del dolore, ma anche un nuovo tempo di benedi­ zione; di fatto egli non descrive concretamente questo tempo di benedizione, ma al suo posto fa pervenire ai suoi uditori la ben nota promessa di benedizione personale.

JS. J),I·)

337

Un tratto caratteristico della profezia del Deuteroisaia ri salta con particolare chiarezza nel cap .5 4 · Oltre alla pro­ messa di salvezza, in questo capitolo si vuoi dire anche che con essa e per essa inizia per Israele un nuovo tempo salvi­ fico ; il fatto che Dio si rivolge nuovamente ad Israele con la sua grazia (v. 8} significa l'inizio di una nuova condizione che durerà per sempre. Ma l'interesse del profeta si concen­ tra sull'aspetto teologico di questa nuova situazione salvifica ; il vertice è chiaramente l'annuncio dei vv. 7 s. : la nuova sal­ vezza significa per Israele che Dio si volge a lui con miseri­ cordia. Per quanto riguarda Israele, il Deuteroisaia pone tut­ to l'accento sul fatto che Sion è liberata dalla sua solitudine (vv. 1 -3 ), e dalla vergogna che ne deriva (vv. 4-6) . Nella de­ scrizione positiva del nuovo tempo di salvezza usa un lin­ guaggio riservato; si limita a riprendere dati tradizionali, sen­ za quasi toccarli ; si tratta di quei dati che parlano della nuo­ va gloria (vv. 1 1-1 3a) e della nuova pace (vv. 1 3h- I 7 ), piut­ tosto che di una descrizione concreta di questa gloria e pace. Ma proprio questo depone a favore (contro Elliger) dell'au­ tenticità del cap .54· Esso è del Deuteroisaia ; solo il Trito­ isaia è interessato a descrizioni concrete e colorite del nuovo tempo di salvezza. ..

.

.

,;,I-; : Venite tutti, voi che avete sete!

1 Orsù , voi tutti che avete sete, venite all'acqua ! Anche chi è senza denaro, venga ! Comprate e mangiate, venite e comprate, senza denaro e senza prezzo, vino e latte. 2 Perché spendete denaro per il pane che non è buono, il salario della vostra fatica per un nutrimento che non sazia? Ascoltate, ascoltate me, cosi che abbiate qualcosa di buono da e la vostra anima si diletti del grasso. [ mangiare 1 Porgete l'orecchio, venite a me, ascoltate, cosi che viva il vostro cuore !

Voglio sigillare con voi un patto stabile sulle infrangibili promesse fatte a David.

Venite tutti, voi che avete sete!

4 Ecco : lo rendo testimone per i popoli, principe e padrone delle nazioni. 5 Ecco : un popolo che non conosci tu lo chiami, un popolo che non ti conosce corre a te per Jahvé tuo Dio, per il Santo d'Israele, perché egli ti onora. Bibliografia. O. Eissfeldt, Tbe Promises of Grace to David in Isaiah JJ,I-), in Israel's Propbetic Heritage (Muilenburg-Festschrift) New York 1962, 1 96-207.

I capp . 54 e 5 5 sono strettamente connessi ; gli imperativi dei vv. I-3a succedono a quelli di 5 4 , I ·4 e a quello, proba­ bilmente caduto, che stava prima del v. I I . Qui, con questa particolare accumulazione di imperativi (vv. I -2 a : venite e comprate; 2b-3 a : venite e ascoltate ) si introduce un annun­ cio di salvezza (v . 3 h), che viene sviluppato poi con un dop­ pio «eccolo ! » ; il primo (v. 4) si rifà all'antico patto davidico, il secondo (v. 5a) contrappone quel patto al nuovo , in cui le «grazie di David» vengono promesse ad Israele per sempre. Così l'annuncio di salvezza vero e proprio (v. 3 h) viene for­ mulato nella prima persona (intervento di Dio) , lo sviluppo nel v . 5 sotto forma di indirizzo rivolto ad Israele (conse­ guenza dell 'intervento) : lo scopo da raggiungere (v. 5b) è l'affermazione che tutto avviene per amore di Dio, del Santo d'Israele. 1 -3a. Queste parole iniziali sono uniche e sorprendenti per la predicazione del Deuteroisaia . Da un punto di vista forma­ le esse concordano con le diverse introduzioni all'imperativo, la cui caratteristica, anche nel Deuteroisaia, è la ripetizione dell'imperativo stesso per due o più volte (4o , I ss. ; 5 I ,9 ss . ) . Particolare e sorprendente è · che s i comanda di comprare e di mangiare. Certamente gli imperativi dei vv. I -2 a sono da prendersi in senso metaforico ; in senso proprio è da prendere l'invito ad ascoltare ( vv . 2b .3a ) ; tuttavia anche questo, para­ dossalmente si �irebbe, ha come scopo ultimo quello di sa-

Is. 55,r-5

33 9

ziarsi e di dilettarsi. Questa peculiarità dei vv. I -3a è dovuta al carattere particolare dei capp. 54 s . che, come si è mostrato nel commento, usano il linguaggio della benedizione. Ciò cui sono invitati e per cui sono interpellati gli Israeliti non è pri­ ma di tutto un evento salvifìco, ma un nuovo stato di sal­ vezza. Questo mettere la salvezza e la benedizione in rap­ porto con la promessa risale ai primissimi tempi; ricorre già nella promessa di Ex. 3 ,7 s., dove si promette l'esodo e, con esso, anche l'introduzione nella «buona terra» in cui «scorre latte e miele» . Sulla forma letteraria dei primi versi Begrich offre una spiegazione illuminante : «La forma di 5 5 , I- 5 è forse un invito della sapienza ad essere commensali al suo banchetto ? Esso inizia con il caratteristico invito pubblico rivolto agli affamati ed assetati perché vengano (Prov. 9 ,5 ; Ecclus 24, I 9 ) e prendano cibo e bevanda con lei, alla sua mensa, dove non si paga né l'uno né l'altra . . . Si noti che, co­ me in Pro v. 9, I I , questo invito culmina in una promessa di vita» . Non ho niente da dire contro questa spiegazione ; mi chie­ do solo se le esclamazioni del v. 2a non abbiano il loro mo­ dello (almeno altrettanto probabile) nelle grida dei venditori di acqua e di altri che reclamizzavano le loro mercanzie sui mercati ; certo, essi usavano formule fisse, familiari agli udi­ tori . Questa ipotesi avrebbe il vantaggio di eliminare, per quanto riguarda i vv. r -2a, tutti i tentativi fatti dalla mag­ gior parte degli esegeti per appianare il testo con cancella­ ture e trasposizioni ; con essa non vi sarebbe da cambiare proprio nulla. La ripetizione degli imperativi «venite>> e «comprate» sarebbe in questo caso intenzionale, ad imita­ zione delle grida dei venditori. Se si fa un confronto con l'in­ vito della sapienza nei passi nominati da Begrich, si vedrà che la forma originaria appare estremamente forbita e stilizzata , cosl che è improbabile che il profeta l'abbia fatta propria . Si aggiunga che in realtà il grido di un venditore sul merca to non differisce dall'invito a un banchetto.

3 40

Venite tutti, voi che avete sete!

Qual è il senso di questo invito clamoroso, «da mercato? » . Lo possiamo cogliere se notiamo la sorprendente tensione tra protasi e apodosi in 2b e 3 a : «Ascoltatemi, cosl che possiate saziarvi» ; «porgete l'orecchio, così che viva il vostro cuore» . Bisogna ancora una volta sottolineare che mai, prima, il Deu4 teroisaia aveva motivato in questo modo gli appelli urgenti ed appassionati ad ascoltare il suo messaggio . Qui egli dice veramente qualcosa di diverso da quanto ha detto finora. E qualcosa che credo incomprensibile per noi, se manteniamo la nostra distinzione tra anima e corpo. Non mi sembra che Volz colga il senso del testo quando spiega il v. r nel modo seguente : «Il profeta dice nel nome del suo Dio : non a ttac­ cate il vostro cuore alla realtà terrestre . . . cercate piuttosto ciò che è spirituale, invisibile, eterno . . . ! » (anche altri, per es. Muilenburg e North, rifiutano una simile distinzione e divi­ sione ). Mi sembra invece che la traduzione di North indichi la strada per una giusta interpretazione : «così che possiate avere la vita nella sua pienezza» . Ciò che il Deuteroisaia ha annunciato finora per incarico di Dio era in sostanza la libe­ razione da Babilonia e il ritorno in patria. Ora egli aggiunge : vi attende la pienezza della vita. Alla salvezza di Dio si ag­ giunge la benedizione ; la pienezza della divina benedizione efficace vi attende, se accettate l'invito rivoltavi dalla sua pa­ rola di salvezza . Che il testo orienti verso questa interpreta­ zione risulta evidente anche dal climax ascendente delle mo­ tivazioni : dalle cose essenziali per la vita, acqua e pane (v. r a : l'imperativo «comprate » è un denominativo di grano e significa propriamente «comprate grano» ), a ciò che è super­ fluo : vino e latte. Per l'altra metafora, «pane che non è buo­ no» (letteralmente «non-pane»), «nutrimento che non sazia», il senso preciso è difficile da individuare ; poiché nel v. 2 h comprare (il nutrimento buono o cattivo) è interpretato come ascoltare, il v. 2a sembra avere in mira delle voci opposte a quella del profeta. Più chiaro è l'appello nel v. r a : sono in4 terpellati coloro che hanno fame e sono in stato di bisogno;

ls. )),I-)

34 '

ciò corrisponde ali' appello usuale nella proclamazione deu tc­ roisaiana della salvezza, che interpella Israele in esilio con espressioni simili (allusione al lamento della comunità all'ini­ zio della proclamazione ). Tenendo presente tutto ciò, si può intendere 2a in senso più generale : il profeta parla di ogni sforzo che si fa per liberarsi dalle privazioni dell'esilio.

3b-5 . Ora viene l 'annuncio, vale a dire, ciò a cui si invita nei vv. 1-3a e che 2b e 3 a chiamano ad ascoltare. Dio vuole sti­ pulare con il suo popolo un patto stabile, il cui contenuto è indicato nella frase successiva : la comunicazione stabile del­ le grazie garantite a David (2 Sam. 7,8- 1 6 ; 2 3 ,5 ; Ps. 8 9 ,2 83 8 ) . Ciò che si intende dire qui è espresso concisamente, in forma quasi allusiva ma chiara : le promesse di grazia fatte a David nell'oracolo di Natan (2 Sam. 7 ) vengono ora fatte a Israele. È stato soprattutto Volz a sottolineare questo ra­ dicale mutamento della profezia di Natan o del patto davidi­ co : « Quello che sorprende nel nostro passo è il trasferimento della promessa di David al popolo d'Israele » . Von Rad sot­ tolinea l'importanza teologica di questo fatto (Theologie II , 254) : « Il Deuteroisaia ha interpretato diversamente il senso dell'antica promessa e intende la promessa di David come fatta al popolo. In esso , cioè in tutto Israele, si realizzeranno le promesse fatte a David» . Per comprendere il nostro passo sono importanti, oltre a 2 Sam. 7,8-1 6 , anche i passi di I Re 8 ,2 3-2 6 ; 2 Sam. 2 3 ,5 ; Ps. 8 9 . (North fa notare i molti punti di contatto tra Ps. 89 e Is. 5 3 ,3 s . ; lo stesso fa Eissfeldt . ) Qui la lamentazione collettiva (probabilmente composta du­ rante l'esilio ) accusa Dio di aver violato le promesse fatte con giuramento a David. Il Ps. 89 mostra quanto questa vio­ lazione impressionasse Israele, rimettendo tutto in questione (cfr. anche Lam. 4). Da essa nacquero due nuove speranze o annunci . La prima era che dalla casa di David sarebbe venuto un re nuovo e diverso (il «rampollo», il Messia) ; la seconda era questa trasformazione dell'antica profezia ad opera del

Venite tutti, voi che avete sete!

Deuteroisaia. Dobbiamo ritenere che lamentazioni come quel­ le di Ps. 89 fossero ben note al nostro profeta e anche che la prova causata dalla violazione dell'antica promessa facesse parte di questo dolore, a cui il profeta risponde proclaman­ do il suo messaggio di consolazione. Per questo era indispen­ sabile che, nell'ambito del suo messaggio, egli dicesse una parola al riguardo. Ciò che egli dice qui è quanto mai corag­ gioso. Contrariamente alle profezie messianiche, egli non cer­ ca di consolare il popolo parlandogli di un re meraviglioso che verrà nel futuro a portare la salvezza. Invece osa annun­ ciare che questa azione salvifica di Dio che sta per aver luogo trasferisce ad Israele le grazie garantite a David. Queste pa­ role vengono direttamente contrapposte alla lamentazione per la rottura del patto davidico . Qui risulta ancora una volta chiarissimo che nei capp. 54 s . si parla di qualcosa di stabile, duraturo, imperituro . Per questo vengono menzionati i due patti di Noè e di David, che implicano le promesse di benedizione. /

Per comprendere i vv. 4 s . , che sviluppano il v. 3b, è im­ portante notare che il Deuteroisaia è stato coraggioso nel re­ interpretare le promesse davidiche, ma diventa estremamen­ te riservato dovendo sviluppare l'argomento. Dopo l'intro­ duzione dei vv . 1-3a ci si attenderebbe, parlando della novità che il profeta promette con accenti tanto clamorosi, che ven­ ga descritta la pienezza della benedizione. Di fatto già le pro­ messe fatte alla casa di David valevano anche per il popolo, poiché in esso il re è il mediatore delle benedizioni e per mez­ zo suo la nazione riceve benedizione, pace e pienezza di vita. Ma di tutto questo lo sviluppo del tema nei vv. 4 s . non dice nulla ; il che ci sorprende. Invece il trasferimento delle gra­ zie del re (di David) al popolo viene dimostrato in un solo punto ; ed è proprio quest'unica e minuscola parte della pie­ nezza di vita e di benedizione promessa al popolo mediante il re che risulta quanto mai significativa per il Deuteroisaia . 4-5 .

343

Già parlando della composizione si era detto che la particella «ecco» (ben) all'inizio dei vv . 4 e 5 opera una contrapposi­ zione voluta . Il v. 4 infatti è uno sguardo retrospettivo alle grazie di Dio a David, mentre solo il v. 5 parla della nuova promessa trasferita ora sul popolo . Dio ha fatto David «prin­ cipe e padrone delle nazioni>> . In Ps. 1 8 ,44 traspare la mera­ viglia per questo fatto : «Mi hai posto a capo dei popoli, e genti che io non conoscevo mi furono sottomesse» . Mentre nel v. 4h il Deuteroisaia riporta solo un dato storico, nella prima designazione di David (v. 4a) aggiunge una sua inter­ pretazione : «Lo rendo testimone per i popoli» . Questo vuoi dire che con le sue vittorie e conquiste David ha reso te­ stimonianza alla potenza del Dio d'Israele e al suo intervento a favore del suo popolo. L'attuale promessa ad Israele si rea­ lizza in misura che solo pallidamente rassomiglia a quella di David. Israele diventa testimone di Dio tra i popoli in un modo del tutto nuovo : «tu chiami un popolo che non cono­ sci . . . un popolo che non ti conosce corre a te » . Il riferimento alla lettera di Ps. 1 8 ,44 sottolinea la corrispondenza con l'azione di Dio a favore di David. I verbi fanno pensare al­ l'introduzione dei vv. 1 -3a; lo stesso modo di procedere : in­ vito e accoglienza dell'invito va oltre Israele, per raggiungere terre lontane e straniere, in modo del tutto analogo a 4 5 ,2o25 e 44,5 · Nella benedizione, secondo una concezione antichissima, rientra la prosperità (crescita) e la vittoria sui nemici (per es. Gen . 24,60). Uno dei due aspetti è sviluppato nel cap. 54 e ripreso poi nell'introduzione di 5 5 , 1-3a; l'altro, la vittoria sui nemici, subisce una trasformazione radicale : al popolo salvato da Babilonia non vengono promesse nuove vittorie e la sottomissione dei popoli , ma una crescita dovuta ai lontani popoli stranieri che vengono a lui e a lui vogliono apparte­ nere per amore del Dio d'Israele. 5 b. Così si chiude questa parte. Con Israele viene stipulato

La parola che esce dalla mia bocca

344

il patto nuovo ed eterno, «per amore di Jahvé, tuo Dio». Si tratta solo e completamente di un atto di bontà divina nei confronti d 'Israele; non si parla di un dovere che Israele abbia verso Dio. In questo patto è all'opera il «Santo d 'Israe­ le» (44,5 ; 45 , 1 9 ; 49,7 ), che cosl si gloria nel suo popolo (in 49 ,3 lo stesso verbo è riferito al Servo) . Un particolare ac­ cento è posto su questa frase, che vuoi glorificare Dio per tutte queste cose (e per amore suo) . A questa glorificazione invitano a gran voce i vv 1 -3a. Ma solo nei vv 4.5a diventa chiaro che si intende parlare di una gloria diversa da quella che Israele s 'era assicurato un tempo col regno di David e le sue vittorie. La promessa di un regno politico è eliminata; passa al popolo d'Israele. Che sia vera e autentica, se ne avrà la prova quando Israele crescerà in modo del tutto nuovo e diventerà per gli altri popoli testimone della meravigliosa azione di Dio. .

.

l

5 5 ,6- I I :

La parola che esce dalla mia bocca

6 Cercate Jahvé, poiché egli si lascia trovare, invocatelo, poiché è vicino. 7 Abbandoni il malvagio la sua via e l 'uomo iniquo i suoi pensieri e ritorni a Jahvé, cosi che abbia pietà di lui, al nostro Dio, poiché è ricco di misericordia. 8

Poiché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, né le mie vie le vostre vie, dice Jahvé. 9 Ma quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie e i miei pensieri i vostri pensieri.

10 ·

Poiché come la pioggia e la neve discendono dal ciek> non vi tornano, ma irrigano la terra, la fecondano e la fanno germogliare, così che essa dia seme al semina tore e pane a chi mangia, e

fs. 55,6-II 11

cosl è la mia parola, che esce dalla mia bocca. Essa non torna a me vuota, ma opera ciò che io voglio, e realizza ciò per cui l'ho inviata.

Prima della promessa conclusiva ( vv I 2- I 3 ) , questo è il brano di chiusura vero e proprio ; lo si può chiamare anche epilogo, dato che il riferimento al prologo, soprattutto a 40, 6-8 , è palese. Molti commentatori lo notano . La struttura è semplice : gli imperativi del v. 6 (gli ultimi di tutta una serie rivolta a Israele) e la motivazione in due parti che compen­ dia e raccoglie tutte le altre motivazioni. I vv. 8-9 danno ra­ gione della promessa contrapposta alle dubbiose domande di Israele sulla elevatezza dei pensieri e delle vie di Dio; i vv. I o- I r motivano la certezza del successo che avrà la parola salvifica di Dio rivolta ad Israele . Dopo queste due parti del­ la motivazione conclusiva dell'appello a lodare la salvezza di Dio (come dopo 40 , I 2-3 I ) , si ha, anch'essa divisa in due parti, la lode descrittiva che esalta Dio in quanto maestoso e in quanto si volge misericordioso verso il popolo. Che la pericope di 55 ,6- I I sia una sintesi conclusiva, si vede anche nei concetti : i vv. 8-9 contrappongono sinteticamente i pen­ sieri e le vie di Dio a quelli degli uomini; i vv I O- I I raccol­ gono ciò che Dio ha detto a Israele, le sue promesse e la pro­ clamazione di salvezza nell'espressione «la parola di Dio», con una sin tesi che si ritrova solo nel prologo ( 40,8 ) . .

.

L'appello «cercate Jahvé» nel brano finale ha in sostanza lo stesso senso che presenta alJ. 'inizio dei profeti scrittori, in Amos ( 5 , 6 ) o Geremia ( 2 9 , 1 2 s.) . Alla base di esso si ha un appello cultuale ad avvicinarsi a Dio, a cercarlo col sacrificio e la preghiera nel tempio. Già in Amos l'appello non è più legato al tempio, ma assume il significato più ampio di un invito a volgersi a Dio . Lo stesso senso ha qui, dove ripren­ de 5 5 , I-3a (anche in Ier. 2 9 , I 2 s. all'appello viene associata la promessa . . . : «così vivrete») . Se Is. 5 5 ,6 ss è un brano sin6.

La parola che esce dalla mia bocca

tetico e conclusivo, allora questo versetto non può essere in­ teso come un'esortazione generica (come fanno Volz, Begrich e North) a cercare Dio e a invocarlo, ma come l'invito di 5 5 , 1 -3 a : adesso, in quest'ora, viene offerta a te, Israele, la sal­ vezza, la misericordia di Dio, il ritorno in patria, la nuova vita. Ora Dio si lascia trovare, è vicino ! In questa conclu­ sione, che parla volutamente un linguggio generico, l'offerta della salvezza ad Israele viene compendiata in un appello cul­ tuale che ha appunto un carattere generico e atemporale . Il Deuteroisaia dà a questa offerta una forma solenne, che in quest'ora importante deve far ben capire a Israele di che cosa si tratta . La motivazione dell'appello, sviluppata poi nei vv. 8- I I , è già accennata nel v. 6 : egli si lascia trovare, è vicino. Quindi . . . I l v. 7, nell'interpretazione data, presenta notevoli diffi­ coltà . Se si leggono i vv 6-7 come un'unità a sé (come fa Be­ grich ) si ha un'esortazione generica, atemporale, che come tale non starebbe in rapporto col messaggio del Deuteroisaia e con l'appello alla conversione; non parlerebbe un linguag­ gio pertinente alla situazione concreta. Le obiezioni di Duhm contro la posizione che il v . 7 occupa nel contesto attuale sono ancora valide. Soprattutto le «vie» e i «pensieri» degli uomini hanno nel v. 7 un senso completamente diverso dal v. 8 : nel primo caso si tratta dei pensieri e delle vie del mal­ vagio, nell'altro delle vie e dei pensieri d'Israele, piene di dubbi e poca fede, che si contrappongono ai pensieri e alle vie di Dio. La causale «poiché» del v. 8 motiva bene il v. 6, ma non il v. 7 · Bisogna quindi considerare il v. 7 come un'aggiunta fatta da un lettore o alla voce «pensieri e vie» del v. 8 , o come complemento del v. 6, inteso come un'esortazione generale. Non si può però neanche escludere che l'esortazione, in sé compiuta, dei vv 6-7 sia anteriore al Deuteroisaia e che egli la citi qui, ponendo però l'accento sul v. 6. 7.

.

.

347

8-9. «Pensieri» non ha il senso di riflessioni ma, come spesso nell'Antico Testamento, di piani o progetti . Si tratta di ciò che Dio ha in mente di fare e conduce in porto. I termini generici «pensieri e vie» rendono possibile il bel parallelo Dio-uomini, in cui la contrapposizione risalta in modo gran­ dioso. Questi vv. 8-9 sono nell'espressione caratteristica del modo biblico di parlare di Dio e dell'uomo . La Bibbia non può parlare di Dio se non usando concetti e rappresentazioni umane, in modo antropomorfico : Dio ha i suoi pensieri, co­ me li hanno gli uomini; percorre le sue vie come gli uomini percorrono le proprie. Solo in questo modo è possibile espri­ mere il contrasto tra Dio e gli uomini : «Quando il cielo so­ vrasta la terra . . . » . Il discorso biblico intorno a Dio non esce mai da questa polarità. La contrapposizione tra pensieri e vie di Dio e degli uomi­ ni appare dapprima in termini generali; ma ciò si giustifica col carattere stesso di questo brano conclusivo. Tuttavia, an­ che se l 'espressione risulta generica, da un lato si pensa a un ben definito piano di Dio e alla sua esecuzione, dali ' altro a un determinato modo di pensare e di agire dell'uomo : il piano salvifico di Dio per Israele in quest'ora storica e, per contra... sto, la stanchezza e rassegnazione di Israele di fronte alla si­ tuazione presente. Che questo sia il senso è confermato dai vv. I O- I 1 , che sono in sintonia con 40 ,6-8 . Affermando con viva passione che i pensieri e le vie di Dio non sono quelli degli uomini, ma li sovrastano quanto il cielo sovrasta la ter­ ra, o sono da essi lontani quanto è lontano il cielo, il profeta si avvicina molto a 40, 1 2 -3 1 , dove, in contrasto con la rasse­ gnazione e stanchezza di Israele (40 ,2 7), esalta Dio e lo ma­ gnifica come creatore e signore della storia. La stessa cosa si verifica qui. Indicando gli orizzonti vastissimi, superiori ad ogni immaginazione umana, dei pensieri e delle vie divi ne, infonde fiducia agli uditori nelle possibilità di Dio , quelle possibilità che essi non sono più in grado di percepire.

La parola che esce dalla mia bocca I O- I I .

A ciò si aggiunge che della parola di Dio ci si può fi­ dare. Questo concetto è formulato anch'esso in termini gene­ rici, i quali comunque si riferiscono alla parola salvifica che Dio rivolge a Israele in quest'ora storica, e nella quale Israele può ben riporre fiducia, poiché essa realizza ciò che Dio in­ tende quando la pronuncia. Il peso dell'espressione prende risalto dal paragone entro il quale essa è posta e che di solito si usa per esprimere l'efficacia della benedizione. Per sé i due fatti accostati e confrontati non sono della stessa natura. La parola pronunciata espressamente in una situazione partico­ lare, che incontra la fede o l 'incredulità, che è compresa o meno, è qualcosa di totalmente diverso dalla pioggia o dalla neve, che sono fenomeni naturali. Tuttavia (come avviene per le parabole di Gesù) proprio questa differenza rende pos­ sibile il confronto, poiché esso intende dire che queste due realtà cosi diverse hanno, tuttavia, una cosa in comune : in tutt'e due i casi qualcosa si realizza, uno scopo viene rag­ giunto. Questo elemento che associa i due processi deve ap­ parire al Deuteroisaia tale da caratterizzare l'essenza e la comprensione della parola : è per mezzo di questa che qual­ cosa passa da chi parla a chi ascolta. La parola non ha prima di tutto un contenuto, ma è uno strumento col quale si rea­ lizza un fine. La parola di Dio è operante : quando Dio parla qualcosa si verifica. Questa idea domina tutta la profezia e viene espressa per primo da Geremia; ma è anche la conce­ zione fondamentale della parola sia nell'Antico che nel Nuo­ vo Testamento. Si capisce come questa concezione della pa­ rola di Dio raggiunga un'espressione classica nel Deutero­ isaia, al termine dell'epoca aurea della profezia e, nel profeta stesso, nel brano conclusivo del suo messaggio . La peculiarità della parola di Dio annunciata dai profeti consisteva nella mancanza di qualcosa che le desse sicurezza, sciolta com'era dai modelli della tradizione istituzionale e basata solo sulla missione di ciascun messaggero . Come tale essa poteva venir messa in dubbio, disprezzata e persino costretta al silenzio.

]s. Jj,6-II

3 49

Proprio da questa mancanza di salvaguardia istituzionale ed esterna emergeva al meglio il suo carattere di parola pura­ mente personale e di puro evento. Ma questo è solo un aspetto di quanto vien detto qui sul­ la parola di Dio. L'altro aspetto è la certezza che quanto è annunciato si verificherà. Qui si intende parlare di quella pa­ rola salvifìca che è presente in tutta la predicazione del Deu­ teroisaia e ne costituisce il centro, nella forma di promessa e di annuncio di salvezza . A questo punto bisogna guardarsi da un malinteso. Nei commenti si dice spesso che qui la parola di Dio è diventata quasi (o interamente) un'ipostasi, una potenza a sé stante, che opera e produce qualcosa. Ma non si nota che la parola salvifica rivolta ad Israele, di cui si parla qui in primo luogo, non opera direttamente la salvezza, ma raggiunge uomini che la possono o accogliere o rifiutare . Resta quindi una parola del tutto personale, per la quale si verifica qualcosa tra per­ sona e persona . La parola di Dio non opera magicamente un nuovo stato di salvezza, ma produce ciò che Dio intende solo mediante l'ascolto e l 'accoglimento del messaggio salvifico ; i vv . I O- I I motivano l'invito del v. 6 ad accoglierlo. Proprio cosl però l'assicurazione dei vv. I O s. prende spic­ co . Si tratta di un'assicurazione di un coraggio inaudito, che riprende il motivo delle contese giudiziarie con gli dèi : il rap­ porto certo, assolutamente attendibile, tra l 'annuncio (di Dio) e il realizzarsi di ciò che viene annunciato («Non ve l 'ho forse annunciato prima? ») . Israele veniva chiamato a testimone che della parola di Dio ci si può assolutamente fidare. Ora il Deuteroisaia conclude il suo messaggio con l'assicurazione che questa storia continua. Con il suo messaggio è stata pro­ nunciata una nuova parola di Dio . Anch'essa raggiunge il suo scopo, la sua pienezza; ciò che egli ha annunciato deve rea­ lizzarsi. Le generazioni future potranno testimoniare che si è verifica to. Si tratta di un'assicurazione tanto coraggiosa, poiché il

Uscite con gioia!

350

profeta stesso non sa che cosa avverrà in futuro. Egli an­ nuncia, ma non predice. Si tratta di una distinzione fonda­ mentale . Qualcosa non si è verificata come l 'ha annunciata il Deuteroisaia, presentando una parola di Dio. Il ritorno de­ gli Israeliti non fu simile ad una processione trionfale attra­ verso un deserto trasformato in giardino. Si può prendere 1 'una o l'al tra delle sue espressioni e dire che le cose non so­ no andate cosl. Questo però non cambia la validità della parola di Dio espressa in 5 5 , 1 0 s. Evidentemente noi dobbiamo leggere questi versetti alla luce di ciò che i vv. 8 s. dicono sul piano di Dio e sulla sua opera. I pensieri e le vie di Dio restano sempre lontani da quelli dell'uomo quanto il cielo dista dalla cerra, anche per quanto riguarda il compimento delle sue pro­ messe. Il compimento, quando diventa storia concreta, può apparire diverso dall'annuncio . Assolutamente certo è l'arco che si stende dalla promessa al compimento : la parola non torna a Dio vuota. Ma il Dio che compie le promesse resta colui che ha pensieri e vie distanti da quelli deli 'uomo quan­ to il cielo dalla terra. L'affermazione dell'oracolo conclusivo del messaggio del Deuteroisaia ha gettato un ponte tra l'esilio e un nuovo ini­ zio in Gerusalemme; ma non ha precisato come queste pro­ messe si sarebbero compiute. 5 5 , 1 2-1 3 : Uscite

con

gioia!

12

Poiché con gioia uscirete e nella pace sarete guidati, monti e colli eromperanno in giubilo davanti a voi e tutti gli alberi della pianura batteranno le mani. 13 Invece di spine spunterà il cipresso, invece delle ortiche crescerà il mirto. Questo avviene a gloria di Jahvé a segno eterno, incancellabile .

Dopo il brano finale vero e proprio (l'epilogo di 5 5 ,6- I r ) ,

II. ,,,ll·IJ

v iene ancora una volta il semplice e diretto annuncio del­ l 'uscita e del ritorno in patria . Dopo le ripetute variazioni della profezia di salvezza, che culmina in 5 5-6- 1 I , risuona ancora una volta il motivo basilare, semplice e a una voce. Il l >euteroisaia vuole dire che tutto ciò ch'egli aveva da annun­ ciare porta all'ora della partenza, alla gioia del ritorno in 1)atria. 1 2 - I Ja. La gioia alla quale il profeta invitatava i suoi con­ cittadini negli inni di lode che accompagnavano la sua pre­ dicazione, il giubilo al quale chiamava coloro che ancora era­ no in cattività, tagliati fuori da ogni futuro di speranza e di salvezza - e a questa gioia solo una fede che anticipasse il futuro poteva associarsi (inno di lode «escatologico ») - di­ venta ora la reazione semplice, ovvia e necessaria di coloro che stanno intraprendendo la via del ritorno in patria, dopo essere stati per tanto tempo in terra straniera. Ma qui l' aper­ tura della strada che conduce alla patria è un evento che «scuote il mondo» in modo tale che non solo tocca la storia mondiale in profondità (Ciro ), ma addirittura la creazione . Poiché il liberatore d'Israele è il Signore della storia, il po­ polo può uscire con gioia ; ma egli è anche il creatore, e per­ ciò la gioia dei liberati raggiunge anche la creazione ed è possibile usare l'immagine esagerata e grandiosa di tutti gli alberi della pianura che battono le mani. È in questo modo che nei salmi il giubilo dei redenti diventa appello rivolto a tutte le creature perché lodino Dio . Il modo di parlare è esagerato, ma si fonda sulla fede, valida per tutta la Bibbia, che dal punto di vista di Dio considera storia e creazione come un'unità inscindibile. 1 3b. L'ultima frase del libro passa dalla liberazione al libe­ ratore : la sua gloria è lo scopo finale di tutto quello che si verifica, cosl come è per essa che tutto il creato esiste.

.

INTRODUZIONE

Il tempo del Tritoisaia Nel 5 3 8 Ciro emanò l'editto di ricostruzione del tempio di Gerusalemme ; inol tre, diede agli I sraeliti il permesso di tornare in patria e restituì gli utensili del tempio asportati al momento della conquista della città. Il testo di questo editto è conservato in Esdr. 6 ,3-5 . Esso è «del primo anno del re Ciro», cioè del primo anno dell'occupazione di Babi­ lonia. Nell'anno successivo ( 5 3 7) un gruppo di Israeliti tor­ nò da Babilonia a Gerusalemme. Poco tempo dopo furono gettate le fondamenta del tempio (Esdr. 5 , 1 4- 1 6) ; ma si re­ stò alle fondamenta ; la costruzione non progredì. Ag. r , r - 1 I spiega il fatto : la situazione era così incerta e minacciosa, il travaglio economico così grave, da non permettere la prose­ cuzione di una simile opera collettiva. Ma nel 5 2 2 Cambise morì senza eredi e il regno passò a Dario ; turbamenti in tutto l 'impero furono l 'occasione per una nuova sommossa a Ge­ rusalemme . A questo punto entrò in scena il profeta Aggeo con il suo messaggio : il progresso e la prosperità dipende­ vano dalla costruzione del tempio . I lavori furono ripresi verso la fine del 5 2 0 (Ag. r , r 2- 1 4 ) . Anche la predicazione di Zaccaria si colloca in questo contesto e in questo periodo. Dario ben presto si assicurò il potere e favorì la ricostruzione del tempio. Nel 5 r 5 fu consacrato il santuario . Tuttavia non si giunge ad un vero cambiamento della situa­ zione in senso positivo , come avevano annunciato Aggco c Zaccaria. Il profeta Malachia, la cui attività s'aggira attorno ad un periodo (470 ? ) su cui non abbiamo altre notizie oltre

Tritoisaia

a queste, descrive vivacemente quanto difficile e disordinata fosse la situazione anche dopo ricostruito il tempio. Una vera svolta si verificò solo con la riforma di Neemia e Esdra, che iniziò nel 445 · L'attività del Tritoisaia cade con certezza nel periodo tra il 5 3 7 e il 4 55 . La complessa discus­ sione intorno alla possibilità di precisare meglio, entro que­ sto lasso di tempo, il periodo in cui operò il nostro profeta, ebbe le sue ragioni, in quanto non si era ancora arrivati a precisare gli strati da cui è nata la raccolta. Se il problema si affronta partendo dal nucleo certamente riconoscibile costi­ tuito dai capp. 6o-62 , risulta che il periodo della predicazio­ ne del Tritoisaia è da ricercarsi all'inizio dell'arco di tempo indicato, cioè fra il 5 3 7 e il 5 I 5 , che in Ag. I , I - I I viene descritto proprio in termini che possono essere desunti dalle promesse contenute nei capp . 6o-62 . Poiché secondo 6o , I 3 il tempio non è ancora costruito, si può arrivare a un tempo anteriore a Aggeo-Zaccaria, quindi a prima del 52 I . Il Tri­ toisaia ha quindi operato tra il 5 3 7 e il 5 2 I , o verso il 53 o; per quanto tempo, non ci è possibile dirlo; certamente per pochi anni, forse per meno di un anno. Non si può invece stabilire il tempo di composizione degli altri strati, più recenti, della collezione dei capp. 5 6-66 ; lo strato che permette di riconoscere una divisione tra buoni e cattivi dev'essere di poco posteriore al Tritoisaia, poiché esso mostra chiaramente come nacque tale divisione.

Struttura e composizione

dei

capp. 56-66

I Molti sono d'accordo nel riconoscere che i capp. 6o-62 co­ stituiscono il nucleo del messaggio del Tritoisaia, che essi riportano il messaggio di un profeta postesilico e costitui­ scono un'unità anche dal punto di vista letterario. Le carat­ teristiche principali che permettono di affermare questo so-

l 11troduzione

no due. I capp . 6o-62 sono un puro messaggio di salvezza, e questo indica che provengono dal Deuteroisaia o che si ispi­ ravano ad esso. A queste due caratteristiche si aggiunge un'al­ tra serie di indizi. Limitiamoci comunque, per ora, a questi due e chiediamoci con quali altri passi essi si accordino ; altri tre brani si rivelano così come appartenenti al nucleo del mes­ saggio : 5 7 , 1 4-20 ; 65 , r 6b-2 5 ; 6 6 ,6- 1 6 . Anche queste tre pe­ ricopi sono un messaggio di salvezza, e anche in esse è pre­ supposto il messaggio del Deuteroisaia. Non si vuoi dire, con questo, che non vi possano essere anche altri testi apparte­ nenti al nucleo del messaggio tritoisaiano, ma metodologi­ camente è più sicuro partire solo da quei testi che apparten­ gono con certezza a questo nucleo. Possiamo ora definire più da vicino gli aspetti generali di questo messaggio salvifico. I . La situazione in cui vennero pronunciati è riconoscibile dalla lettura stessa di questi brani. Le parole di salvezza non sono dette in esilio e a degli esuli, ma dopo il ritorno, in Giuda-Gerusalemme. Tuttavia il ritorno dei primi esuli dopo il 5 3 7 non ha portato a quella poderosa e radicale svolta ver­ so la salvezza che ci si sarebbe potuto aspettare ascoltando il messaggio del Deuteroisaia. La svolta salvifìca vera e propria viene attesa anche ora per il futuro . I rimpatriati sono in una situazione di povertà, di bisogno e di oppressione. Essi sono così pochi, che uno dei temi es­ senziali dell'annuncio di salvezza del Tritoisaia è il ritorno di coloro che si trovano ancora in esilio. La salvezza , lo splen­ dore della gloria di Dio sul suo popolo ( 6o, 1 s.), cambierà una situazione, che ora è caratterizzata dai bisogni economici (60, 1 7 ; 62 ,8-9), dall'insicurezza politica ( 6o, r o . I 8 ), da ro­ vine e distruzione ( 6 1 ,4) e ancor più da un perdurante stato di vergogna (6 1 ,7 ; 62,4). 2. È caratteristico ciò che in questo annuncio di salvezza vie­ ne detto ai popoli . Il profeta li associa intimamente al m u ­ tato destino d'Israele : essi partecipano alla grande convcr-

Tritoisaia

sione che l'avvento di Dio realizzerà con l'avvento della sal­ vezza. Popoli e re accorrono alla luce che risplende sul po­ polo di Dio (6o , 3 ) ; essi riportano i dispersi figli d'Israele (6o,4b .9b.66 , r 2 ); recano i loro tesori e i loro beni a Geru­ salemme (6o,9b) ; devono riconoscere le grandi azioni di Dio ( 6o,6 ; 6 r ,9 ; 6 2 , 2 ) . La loro disponibilità a servire alla nuova situazione di salvezza d'Israele e il modo in cui , direttamente o indirettamente, servono a glorificare Jahvé attribuisce loro una parte positiva, anche se limitata, in questa svolta salvi­ fica; le espressioni negative quali si trovano, per es ., là dove gli oppressori di un tempo vengono a prestare omaggio (6o, 1 4 ), passano quindi in secondo piano. In ogni caso non bi­ sogna dimenticare che la grande svolta salvifica per Israele non significa l'automatica distruzione dei suoi nemici . È pos­ sibile che questa posizione nei confronti dei popoli risalga al Deuteroisaia, anche se il Tritoisaia attenua in misura consi­ derevole il coraggioso universalismo del suo predecessore. 3 · La promessa di salvezza è destinata ad Israele , al quale è rivolta. nel suo insieme e come unità. La forza di questo an­ nuncio sta nella possibilità di interpellare il popolo di Dio in seconda persona singolare : «Alzati, rivéstiti di luce, poi­ ché viene la tua luce . » (6o , r ) . È questo uno dei punti più importanti in cui le promesse di salvezza del Tritoisaia con­ cordano con quelle del Deuteroisaia : è per Israele nella sua totalità che valgono queste promesse . La promessa è incondi­ zionata, come nel Deuteroisaia, non è legata a un comporta­ mento del popolo. E c'è un altro fattore : in nessun passo di questo nucleo del messaggio tritoisaiano vien fatta una divi­ sione all'interno del popolo, in base alla quale la salvezza annunciata spetterebbe solo a un gruppo . 4 . Il culto e i sacrifici sono presupposti per il tempo della salvezza, ma non particolarmente sottolineati. Cosi in 6o,6 s., dove i tesori portati dai popoli servono anche per il nuovo culto . Essi portano incenso, le loro pecore e montoni salgono sugli altari e la casa di Dio ne riceve gloria (6o,7 . r 3 ; (5 2 ,9 ) . . .

Ttztroduzione

Per il resto il culto non viene menzionato ( 6 I ,6 ha un altro senso) ; non si può dire che il Tritoisaia ponga un accento par­ ticolare sull 'aspetto cultuale della salvezza che sta per venire. 5 · La salvezza annunciata è tutta terrena; la grande svolta porta ad uno stato che resta entro i confini dell'esistenza sto­ rica. La scena in cui essa si verifica è Gerusalemme, dove ciò che è distrutto dev'essere ricostruito (6 1 ,4), anche le mura e le porte ( 6o, r o . I I . I 8 ) . Israele tornerà in possesso della sua terra (6o,2 I ), il popolo crescerà (60,2 2 ) , ma resterà un po­ polo tra gli altri (6 I ,9- I I ) vivendo del lavoro delle sue ma­ ni ( 6 2 ,8 s . ; 65 ,2 I -2 3 ) . Sarà vita benedetta e pacifica ( 6 5 ,9 ; 66 , I 2 ), piena di esultanza e di gioia ( 6 5 , I 8 ) , di sicurezza ( 6 5 ,2 3 ), di gloria e onore, di ricchezza e pienezza; ma tutto questo non va al di là delle condizioni dell'esistenza storica. In alcuni passi, tuttavia, questo limite viene superato e la salvezza assume dei tratti che risultano impossibili nell'am­ bito dell'esistenza storica. Si tratta di 6o, I 9-20 (Dio sarà luce eterna per Sion, che non avrà più bisogno del sole e del­ la luna) e delle due espressioni che incorniciano 6 5 , I 6b-2 5 (il v . 1 7 parla del nuovo cielo e della nuova terra, e il v. 25 della pace tra gli animali, come Is . r I ) . In ambedue i casi bisogna pensare a un'amplificazione posteriore ; ma anche se queste espressioni appartenessero alla predicazione del Tri­ toisaia , non ne colgono la caratteristica . 6 . Solo nell'ambito del nucleo tritoisaiano, di cui abbiamo indicato le linee di fondo, e cioè in 6 I , I - 3 e 6 2 , I . 6, si trova un accenno alla persona del profeta . Il passo di 6 I , I -3 è la proclamazione del messaggero, che spiega ai suoi uditori co­ me egli sia stato autorizzato e messo da Dio in grado di an­ nunciare il messaggio della salvezza che sta per venire ; 6 2 , 1 .6 aggiunge che egli non tacerà fin che questa salvezza non sia venuta . Da questi passi possiamo dedurre con certezza che lo sconosciuto che chiamiamo Tritoisaia è certamente una persona singola, un profeta del periodo immediatamente suc­ cessivo . all'esilio, il cui compito particolare consiste nel ri sve-

3 6o

Tritoisaia

gliare il messaggio salvifico del Deuteroisaia nella generale delusione seguita alla fine dell'esilio e al ritorno in patria di un piccolo gruppo . Di lui non sappiamo altro ; ma i passi ci­ tati ci mostrano un uomo tutto preso dal suo compito, uno che si considerava messaggero di Dio e che, come i profeti preesilici, indicò un messaggio di salvezza, nonostante ogni apparenza logica, in un tempo di deprimente rassegnazione. Per quanto ne sappiamo, egli fu l'ultimo in Israele che disse di esser stato inviato da Dio come messaggero al suo popolo. 7 . Il rapporto con il Deuteroisaia risulta da quanto abbiamo detto. Il Tri toisaia fu un suo discepolo (cosa sottolineata e motivata soprattutto da Elliger) . Egli intende rinnovare la predicazione del suo maestro e renderla attuale per il suo messaggio . Egli non può collegare con la stessa chiarezza del Deuteroisaia la venuta della salvezza con un determinato evento ; gli esuli ricondotti in patria non rappresentano più, per lui, l'attesissimo miracolo del ritorno, ma la continua­ zione e il rafforzamento di ciò che già è iniziato . I precisi an­ nunci di eventi storici concreti diventano promesse più gene­ rali, più astratte e colorite. La promessa di salvezza al per­ fetto, che costituisce il cuore del messaggio del Deuteroisaia, nel Tritoisaia manca totalmente ; l'annuncio diventa spesso descrizione ; la situazione di salvezza prende il sopravvento sull'evento salvifico. Analogamente, l'emozione poetica non è in riferimento alla nuova e meravigliosa azione di salvezza (il nuovo esodo), quanto piuttosto allo splendore straordina­ rio del nuovo che presto farà irruzione ; il Tritoisaia ha sem­ pre nella penna le parole glorificare e glorificazione. Come nel Deuteroisaia, anche in lui ha una grande importanza l'eco della gioia, del giubilo e della lode. II La predicazione del Deuteroisaia era in chiaro rapporto con la lamentazione, a cui risponde l'oracolo di salvezza; an-

Introdu1.ione

che l 'annuncio salvifico fa un riferimento ad una lamenta­ zione precedente. Anche questo ha un corrispondente nel Tritoisaia; ma in lui la connessione tra annuncio e lamenta­ zione è leggera e superficiale. Il nucleo del suo messaggio (capp. 6o-62 ) si trova tra due lamentazioni (capp. 5 9 e 6 3 s . ). Con questa cornice si vuoi porre in rapporto l'annuncio con il lamento del popolo ; in esso vien data risposta alla comu­ nità che si lamenta presso Dio. Anche se il rapporto non è più studiato e vario come nel Deuteroisaia, è possibile porre in relazione precisa il vertice del salmo di !amen tazione in 63 , 1 9b (> . Il passaggio dal singolare al plurale mostra che il testo è cor­ rotto. Anche la contrapposizione dei pii ai malvagi, frequente nei salmi, non è del tutto chiara. Qui importa notare che tutt'e due gli oracoli di giudizio (5 7,3-6 e 7- I 3 ) sono incor­ niciati entro espressioni prese dai salmi; ciò significa che alle parole che introducono il lamento per il prevalere dei mal­ vagi corrisponde ( 5 7 , I 3c) un 'espressione sui buoni presa dai salmi : «Ma chi confida in me erediterà la terra, possiederà il mio santo monte» . In questa avversativa, che contrappone 2.

Figli della strega.'

il buono al cattivo, rientrano anche i frammenti di 5 7 , 2 . Que­ sto incorniciare gli oracoli di giudizio in parole sui buoni e sui cattivi prese dai salmi è senz'altro intenzionale. È questa la linea lungo la quale gli oracoli di giudizio preesilici sono arrivati a far parte della collezione postesilica. 57, 3 -6 : Figli della strega! 3 Ma venite qui, figli delia strega, progenie di un'adultera e 'fedifraga' e): 4 Di chi vi beffate? verso chi aprite la bocca e allungate la lingua? Non siete figli del malvagio, razza menzognera? 5 Voi, che spasimate fra i terebinti, sotto ogni albero verdeggian te, che uccidete i bambini nelle valli, fra i crepacci delle rocce ! 6 Le pietre del torrente della valle tu scegli e> : esse, esse sono la tua porzione ! Anche ad esse tu hai offerto libagioni, ' ( 3 ). hai portato offerte sacrifi.cali ! '

Anche 5 7,3-6 è un oracolo di giudizio in sé completo : gli imputati (v. 3 ) sono invitati a presentarsi al giudice, e l'ac­ cusa ha in parte la forma di un'inchiesta. Struttura : il v . 3 è la citazione che contiene già l 'accusa ; i vv. 4-5 presentano i capi d'imputazione. Lo stile - frasi concise, brevi accuse ap­ passionate e gioco di parole tra accusa e annuncio di giudi­ zio è anche qui quello dei profeti di giudizio preesilici. -

La citazione, che è anche l'incriminazione dei convocati, presenta l'accusa ben nota dai profeti preesilici : magia (cosi

3-4 .

1. Leggere con

le traduzioni.

2. Letteralmente «presso le pietre lucenti della valle

è la tua parte»; il gioco di parole del testo ebraico è reso seguendo Kessler. 3· Secondo la proposta della Biblia Hebraica, l'ultima frase va spostata alla fine del v. 7· Sui vv. 5 s. cfr. M. Weise ]esa;a 57,5 s. : ZAW 72/ 1 ( 1 960) 25-32. ,

Is. 57�3-6

Is. 2 6 ; Mich. 5 , I I ; Ier. 2 7 ,9 : sempre lo stesso termine ) e prostituzione (spesso in Osea e Geremia), probabilmente in senso traslato per idolatria. In questo modo, dice il v. 4, ave­ te peccato contro Jahvé ! È prorio questo il senso della do­ manda di Is. 3 7,23 : «Chi hai tu dileggiato e disprezzato? Contro chi hai parlato irosamente . . . ? Contro il Santo d'Israe­ le ! » . In entrambi i testi l'accusa di dileggio di Dio è fatta in forma di inchiesta . Il verbo hitannag è usato in senso diver­ so ( divertirsi per, prendersi gioco di ) da 5 8 , I 4 ; 66, I I . I gesti di aprir la bocca e allungar la lingua di solito son fatti all'indirizzo di uomini (per es . Ps. 3 5 ,2 I ) ; qui invece indi­ cano un disprezzo grossolano di Dio, come in Is. 3 7 ,2 3 . Que­ ste forti espressioni sono del tutto possibili nell'oracolo pro­ fetico ; il disprezzo indica la realtà della ribellione orgogliosa contro Dio . L'ultima frase del v. 4 fa come un bilancio. Nel­ la grande maggioranza dei casi i profeti preesilici indicano con pesa« la ribellione contro Dio (Ier. 2 , 8 ) ; allo stesso mo­ do va in tesa l'espressione «razza menzognera », che è fre­ quente in Geremia. ,

=

5 · Un'altra accusa è mossa colla descrizione tipica e frequen­ te del culto sulle alture, accompagnato da sacrifici di bambi­ ni (Ezechiele, Geremia, e strato C di Geremia). Può darsi ma non è certo, che il versetto sia tardivo (cosl Duhm e Volz) . 6 . Finalmente

viene annunciato il giudizio : . a

1 2-1 3 . L'annuncio del giudizio è molto più breve dell'ac­ cusa : un semplice accenno . L'intervento di Dio nel v. I 2 è di un'ironia sferzante (l'assonanza con le parole dei salmi : «voglio annunciare la tua giustizia» potrebbe anche essere intenzionale) : io porterò in piena luce la tua «giustizia» e le tue «azioni», e allora nessuna cosa più ti salverà : né le tue azioni, cioè tutti gli sforzi che hai fatto per cercare sicurezza presso altri dèi (vv. 9 s.), né queste stesse divinità, queste abominazioni. · 1 3h. Il v . I 3h fa parte della cornice . È un'espressione presa dai salmi, una promessa per coloro che sono fedeli a Jahvé ; si veda a 5 7 , I-2 In conclusione : 5 6 ,9-5 7 ,I 3 è una piccola collezione, in sé completa, di oracoli di giudizio del tempo preesilico. La cor­ nice, costituita da versetti presi dai salmi ( 5 7 , I -2 e I 3h ) spie­ ga perché queste parole siano state inserite nel Tritoisaia (v. sopra). Qui sono conservati solo tre testi preesilici, i quali per contenuto e per forma sono uguali agli oracoli dei profeti che conosciamo. Di quale profeta essi siano non è possibile •

39 1

dire, così come non è che siano tutt'e tre di uno stesso pro­ feta. Essi mostrano però che, al di fuori dei libri profetici giunti a noi, durante e dopo l'esilio gli antichi oracoli veni­ vano trasmessi anche per al tre vie, serit te od orali. L'assunzione di questa piccola collezione nel Tritoisaia è quindi importante per conoscere la tradizione dei libri pro­ fetici. Gli oracoli di giudizio dei profeti preesilici assunsero, dopo l'esilio, un senso nuovo e aggiorna to; l'accusa fu rivol­ ta alla condotta dei malvagi, degli «empi», dai quali 1 pu, o giusti, dovettero sempre più separarsi. 5 7 , 1 4-2 1 :

Pace, pace ai lontani e ai vicini!

14 Ed egli dice : Selciate, selciate! Preparate la via ! Eliminate ostacoli dalla via del mio popolo � 15

Poiché cosl dice colui che è eccelso e sublime, che troneggia in eterno, lui che ha nome il Santo: Nell'altezza e santità io abito, e agli afflitti e umili 'guardo' ( 1 ), per far rivivere lo spirito degli oppressi, per far rivivere il cuore degli afflitti.

16

Poiché io non alterco in eterno e non mi adiro per sempre; poiché davanti a me 'vi' (2) manca lo spirito e il respiro che io ho creato. 17 Per 'i suoi' peccati mi adirai 'un istante' (3) l'ho colpito, nascondendomi nella mia ira; smarrito se ne andò per le vie da lui scelte ( 4); 18 io ho visto le sue vie. Ma voglio guarirlo e 'dargli pace' (5) ricompensarlo con consolazione.

e I.

Aggiungere 'er'eh. Leggere ru�am. 3· Leggere be'aw6n6 rega' . 4· A. Rubinstein: VT 4/2 ( 1954) 200. l.

5· Leggere wa'ani�ehtJ.

39 2 19

Pace, pace ai lontani e ai vicini!

Per i suoi afBitti io creo un frutto delle labbra: Pace, pace a chi è lontano e a chi è vicino, dice Jahvé - e io lo guarisco ( ? ).

20 I malvagi invece - come il mare sconvolto, quando non può calmarsi. Mota e fango riversano le sue acque (6). 21 Non c'è pace - dice Jahvé - per i malvagi. Bibliografia. W.W. Cannon: ZAW 52/I, N.F. I I ( 1934).

Per la prima volta nel Tritoisaia troviamo un esplicito te­ sto di salvezza, precisamente, un annuncio, anche se questa forma non è così lineare con1e nel Deuteroisaia. Questo bra­ no mostra due cose : che proviene dal Deuteroisaia e che ne differisce. È quindi un esempio ideale per confermare quan­ to afferma W . Zimmerli , Zur Sprache Tritojesajas (Schwei­ zer. Theol. Umschau Nr. 3 /4 [ 1 95 9 ] 1 - 1 3 ) : le citazioni o affinità con il Deuteroisaia nei capp. 5 6-66 mutano il senso di questi passi. A proposito del rapporto di 5 7 , 1 4 con 40,3 ss. Zimmerli afferma (p. 6) : «L'appello a preparare una strada, che nel Deuteroisaia ha ancora il suo senso diretto e lette­ rale, qui è inteso in modo improprio, fa parte della generica parenesi devota» . Struttura. L'appello a preparare la via (v. 1 4 ) viene moti­ vato nei vv. 1 5- 1 9 con una parola divina (introdotta come tale nel v. 1 5 a) e precisamente con un annuncio di salvezza. Propriamente esso inizia nel v. 1 6 ; all'introduzione dell'ora­ colo nel v. 1 5a, ampliato dai predicati di Dio , segue (v. 1 5bc ) un ampliamento di questi predicati divini fatto con frasi che hanno la forma della lode descrittiva e sono rese in prima persona . L'oracolo di salvezza dei vv. r 6- 1 9 è diviso in due parti : i vv. 1 6- 1 7 guardano al tempo dell'ira di Dio, ora fini­ to ; i vv. 1 8- 1 9 annunciano il nuovo intervento, di consola­ zione per gli afflitti e di pace. I vv. 20 s . aggiungono che que­ sta pace non è per i malvagi . 6. ].A. Montgomery: IAOS 55/3 ( 1935) : R.as Shamra Notes IV.

393

14. La fortnula che introduce l 'oracolo ; proprio così inizia la seconda parte della promessa al condizionale nel v. 9b : « Se tu . . . allora . . . » (v. I ob). I vv 9b- I 2 sono dunque promesse condizionate, quali si trovano specialmente nei discorsi degli amici di Giobbe, per es. I I , I 3 - 1 9 . Questo ci porta lontano da un discorso profetico vero e proprio, come risulta anche dallo stile : dal v. 8 in avanti si parla di Dio solo alla terza persona, mentre l'inizio è formulato come discorso di Jahvé. Questa variazione risulta evidente anche se si nota che la pro­ messa di salvezza nei vv. 8-9a e I ob- I I prende in considera­ zione solo il singolo e che la promessa ai pii è simile ai d i ­ scorsi degli amici di Giobbe : a rigar di termini , è una pro­ messa di benedizione. Diverso è solo il v. I 2 , che protneuc la ricostruzione ; solo questo verso si riferisce a tutto I sral.'lc , sebbene a questo sia rivolto il discorso (v. I ) . Il cap. 5 8 è dunque un insieme complesso . Contiene molti elcn1cn t i d i ­ sparati, dei quali solo alcuni sono un discorso profctico. })a t o .

.

.

.

.

400

Un digiuno che piace al Signore

che inizia con l'appello ai profeti perché accusino Israele c termina con una promessa di benedizione condizionata, si ve­ de che il discorso profetico si salda con quello liturgico-cul­ tuale, che corrisponde al mutamento intervenuto nella pro­ fezia postesilica. I.

In questo comando si sente l'eco di due espressioni pro­ fetiche antiche : Os. 8 , 1 («La tromba alla bocca, poiché . . . ») e Mieh. 3 ,8 («Per dichiarare a Giacobbe le sue trasgressioni e a Israele i suoi peccati» ) . Questo inizio inoltre ha la stessa funzione di Mich. 3 ,8 ; esso fa capire che colui che parla lo fa perché autorizzato da Dio. L'uso di espressioni che ripren­ dono quelle di profeti anteriori o che le richiamano chiara­ mente (sarebbe possibile anche un richiamo implicito a Is. 40,9) è importante per i profeti postesilici, rilevabile anche in Zaccaria e Malachia (Muilenburg « raramente . . . o quasi mai i profeti preesilici prendono in questo modo dai loro colle­ ghi») ; essi si considerano successori dei profeti precedenti, di cui hanno a disposizione il dato tramanda to al quale si rifanno coscientemente e volentieri . Di conseguenza l'inizio del v. I non s 'adatta completamente a tutto il discorso che segue, come hanno notato molti commentatori (per esempio Duhm). Di fatto c'è un contatto tra 5 8 , I e 6 I , I - 3 , dove co­ lui che proclama le parole salvifiche di Dio dei capp . 6o-62 si presenta come suo incaricato . Anche là si fa questo ricor­ rendo ad espressioni tradizionali, e ci si può chiedere se l'ini­ zio simile dei due passi non significhi che l 'autore è lo stesso . In ogni caso tutt'e due gli inizi indicano l'attività orale di colui che parla, anche se il cap. 5 8 dev'essere stato concepito sin da principio come opera scritta. Volz : «Tutto fa pensare che questa guida profetica parlasse apertamente, forse nella sinagoga, durante un'assemblea di digiuno» . 2-3a. L'inizio stesso si rivela differente dalla predicazione di giudizio dei profeti preesilici, che il v. r sembra introdurre ;

Is. 58)�-I2

40 1

invece dell'accusa aspra, dura e senza compromessi , colui che parla si introduce con un «è vero - ma» che addolcisce subito la rampogna. Non si può negare - dice l'oratore - che si cer­ chi Dio con un certo impegno e si desideri conoscere le sue vie ; cfr. Am. 5 ,4 e 6 : cercare Jahvé per ricevere da lui istru­ zione e risposta . «Le mie vie>> sono quindi le vie che Dio in­ dica. «Giustizia e diritto » è detto dell'agire umano , come in 5 6 , 1 . L'ultima riga contiene un 'altra variazione; sa'al corri­ sponde a daras del v. 2a: «Desiderano avvicinarsi a Dio» come in Ps. 7 3 ,28 . Tutte queste espressioni indicano azioni liturgiche, un comportamento nei confronti di Dio che ha molteplici aspetti . Ma è chiaro che questo è solo una parte : tutte queste espressioni si riferiscono alle parole usate nel culto , alle istruzioni (e risposte) che partono da Dio per la vita della comunità e del singolo. Sono pochi i passi nei quali tutto ciò viene sviluppato minuziosamente come qui; si può quindi vedere quanto la cosa dev'essere stata importante per Israele. In questo passo, come in tutto il cap . 5 8 , manca ogni riferimento al culto sacrificale o al tempio ; bisogna quindi ritenere che questo brano è stato composto prima della rico­ struzione del tempio . L'attenersi a Dio visto come un inter­ rogarsi sulla sua volontà mostra che la comunicazione della volontà divina, viva, immediata e fatta a voce doveva essere ancora determinante . Essa poteva aver luogo attraverso sa­ cerdoti o profeti ; ma secondo Ezechiele, Aggeo, Zaccaria , Ma­ lachia e il Tritoisaia sembra che, durante e subito dopo l'esi­ lio, il ruolo più importante nella comunicazione della parola di Dio fosse svolto dai profeti. L'enumerazione dei vv. 2-3a termina con una concreta domanda (stando al contesto, fatta da un profeta) a Dio ; essa viene citata : «Perché noi digiu­ niamo e tu non vedi ? » . Sappiamo da Zaccaria (7,3 e 8 , 1 8 ) che il problema del di­ giuno ha creato molte perplessità nella comunità postesilica . I giorni di digiuno, che erano sostanzialmente celebrazioni penitenziali e di lamentazione, furono ripresi dopo la cata-

402



Un digiuno che piace al Signore

strofe del 5 8 6 , come attestano in modo particolare le Lamen­ tazioni; esse divennero una istituzione fissa e assegnata a de­ terminati giorni (Kissane nomina le quattro date : giorno del­ l'inizio dell'assedio, della presa della città, dell'incendio del­ la città e del tempio, dell'uccisione di Godolia) . Col passar degli anni questa celebrazione fissa e determinata era stata messa in questione e aveva portato anche ad abusi (vv. 3b-4) ; a Zaccaria viene chiesto (dopo la ricostruzione del tempio ) se i giorni devono essere ancora osservati . È probabile che anche questo testo del Tritoisaia abbia contribuito a far ces­ sare queste celebrazioni.

3h-4 . Ma la risposta comunicata da Dio mediante il profeta .fa risuonare, in una situazione mutata, una vera e propria parola profetica chiara e viva, che non è affatto una piatta imitazione, ma contiene tutta l'acutezza, la chiarezza e la li­ bertà degli oracoli degli antichi profeti. L'accusa dei vv . 3h-4 corrisponde a parole come quelle di Amos ( 2 ,8 ) , nelle quali la messa in questione di un culto divenuto spurio si associa a quella di carattere sociale . Non si rimprovera la celebrazio­ ne dei giorni di digiuno in quanto tali; si presuppone anzi che essi possano > (così anche Duhm) . Anche qui bisogna preferire il testo masoretico : «per i con­ vertiti dall'apostasia di Giacobbe» . Tuttavia le due lezioni sono concordi neli'affermare che l 'azione liberatrice di Dio opera una spaccatura. Mentre il primo emistichio del v . 20 intende dire propriamente che la venuta del Signore significa liberazione e salvezza per tutto Israele, nel secondo emisti­ chio questa liberazione viene limitata ai convertiti dali' apo­ stasia, o (secondo i LXX) consiste nel purificare Israele dai malvagi . Sorprende che solo nei due emistichi di I 5 b� (v. so­ pra) e 2ob l'epifania sia messa in riferimento con l'accusa pre­ · cedente e con la descrizione dei malvagi ; a parte questo, l 'in­ tera descrizione è intatta, come viene dalla tradizione, la qua­ le parla di Dio che viene a liberare Israele dai nemici politici . Anche in questo capitolo si vede come colui che parla fac­ cia tutto il possibile per attualizzare le antiche tradizioni, nel­ le quali il popolo, nella sua totalità e unità, si lamenta con ·Dio e viene chiamato in causa tutto quanto dall'accusa pro­ fetica . Ma la situazione del popolo a cui si parla ora costrin­ ge a praticare un taglio in queste antiche tradizioni e a far sl che le parole dell'accusa vengano riferite solo a un gruppo; l'accusa diviene così una descrizione dei malvagi, mentre la confessione dei peccati presenta, in tono di lamento, la situa2 0. I LXX

42 1

zione provocata dai malvagi. Infine, la situazione presente fa sì che la promessa di intervento di Dio, presente nella descri­ zione epifanica, si sdoppi, prendendo in considerazione gli empi e «i convertiti dalla apostasia in Giacobbe» . 2 1 . I l v. 2 1 per stile e contenuto si nota dai vv . 1 -2 o ; non è possibile che in origine appartenesse a questo testo. Di que­ sta opinione sono quasi tutti i commentatori. Esso è invece cosi vicino ai versi conclusivi del libro (66,2 2-24 ), che può benissimo provenire da quel passo.

Capitoli 6o-62 Con molti commentari recenti, possiamo considerare que­ sti tre capitoli come il nucleo della collezione dei capp. 566 6 . Essi costituiscono il corpo di un messaggio di salvezza in sé completo , che da un lato si stacca chiaramente dal Deute­ roisaia e dall'altro ha con esso numerosi riferimenti. La pos­ sibilità di parlare di un profeta Tritoisaia risale soprattutto al corpo di questi tre capitoli, leggendo i quali possiamo en­ trare in contatto con l'eredità di un ben determinato profeta vissuto in Giuda-Gerusalemme non molto dopo la fine del­ l'esilio. Ciò è confermato anche dalla proclamazione di un messaggero che al centro di questo corpo ( 6 1 , I - 3 ) parla di sé dicendo che Jahvé lo ha mandato ad annunciare a Sion la sal­ vezza. Questa introduzione personale viene ripresa in 6 2 , 1 . I tre capitoli sono dall'inizio alla fine un annuncio di sal­ vezza ; essi non contengono annunci di giudizio né per i po­ poli (a parte il versetto 6o, 1 2 , che è un 'aggiunta ), né per un gruppo (per i malvagi ) in Israele. Sono germinalmente u n annuncio di salvezza, di una salvezza che verrà presto ; alcun i passi la descrivono in arrivo . Quella annunciata è sostanzial­ mente una svolta salvifìca all'interno della storia; ma questa non consiste, come nel Deuteroisaia, in un evento storico concreto, bensì in un cambiamento dell'attuale oppressione

Su, risplendi!

422

e povertà, che Dio capovolge in maniera meravigliosa. Una chiara disposizione all'interno dei tre capitoli non si vede. È tutta un'esposizione fluente e spontanea del mutamento in meglio, nella quale un tratto succede all'altro per associazio­ ne di idee. Al più si può dire che, in corrispondenza coi tre momenti della lamentazione, si accentua il nuovo modo di parlare dei nemici (cap. 6o : i popoli vanno a Sion), la la­ mentazione collettiva (cap. 6 1 : una maggiore personalizza­ zione; v. Kessler), e l'intervento di Jahvé (cap. 62 ). Ma que­ sto non spiega tutto . 60, 1-2 2 : Su, risplendi ! 1

Su, risplendi, poiché viene la tua luce, e la gloria di Jahvé viene sopra di te ! 2 Poiché, ecco : 'la. tenebra' (1) ricopre la terra e l'oscurità i popoli; ma su di te sorge Jahvé e la sua gloria brilla sopra di te. 3 Dei popoli camminano alla tua luce e dei re allo splendore tra cui sorgi. 4 Volgi intomo gli occhi e guarda! Tutti costoro si radunano, vengono a te! I tuoi figli 'essi portano' (2) da lontano e le tue :figlie vengon recate in braccio. 5 Allora vedrai e risplenderai, batterà e si dilaterà il tuo cuore ; poiché l'abbondanza del mare si riverserà sopra di te, il patrimonio dei popoli a te verrà. 6 Una fiumana di cammelli ti coprirà, dromedari di Madian e di Efa; vengono tutti da Saba, portano oro e incenso ed annunciano le gloriose gesta di Jahvé. 7 Tutti i greggi di Kedar si radunano in te, i montoni di Nebaiot ti servono, I.

2.

Cancellare l'articolo di l_;osek (dittografia). Leggere jabi'u.

salgono 'come' offerta gradita 'sul' (l) mio altare, e io rendo onore alla gloria della mia casa. 8

Chi sono costoro che come nubi volano, come le colombe alle loro colombaie? 9 Per me 'si radunano le navi' (4) , e per prime le navi di Tarsis, per portare da lontano i tuoi figli, il loro argento e oro con essi; a gloria di J ahvé, tuo Dio, del Santo d'Israele, poiché egli ti onora. 10 Gli stranieri costruiscono le tue mura e i loro re ti servono; poiché nella mia ira ti ho colpito, ma nella mia benevolenza ho avuto pietà di te. 11 Le tue porte 'restano' (5) stabilmente aperte, spalancate di giorno e di notte, perché ti si porti il patrimonio dei popoli ' sotto la guida' (6) dei loro re. u Poiché il popolo e il regno che non ti serve andrà in rovina, e i popoli saranno annientati. 13 Lo splendore del Libano verrà a te, cipressi, platani, olmi, per abbellire il mio luogo santo, e glorificare il luogo dove poggio i miei piedi. 14 Vengono a te, prostrati, i figli dei tuoi oppressori e scherni tori ' ' (1) , e ti chiamano città di Jahvé, la Sion del Santo d'Israele. 15 Invece che derelitta, odiata e senza 'soccorritore' (8), io ti rendo orgoglio duraturo, gioia di generazione in generazione. 3· Leggere l'ra�on 'al (con le traduzioni). 4 · Leggere [ijjtm ;iqqawu. 5· Leggere w'nift'/pu (con le traduzioni). 6. Leggere nohagem. 7 . Le parole : «Essi si prostrano ai tuoi piedi» vanno cancellate (con i LXX). 8. Leggere 'ozer (LXX ) .

Su, risplendi! 16

Succhierai il latte dei popoli, il 'seno' ( 9) di re succhierai, ed esperimenterai che io, Jahvé, sono il tuo soccorritore, e il tuo salvatore, il forte di Giacobbe.

17 Invece di bronzo porto oro, invece di ferro, argento, invece di legno, bronzo, invece di pietre, ferro. A tua custodia pongo la pace, come tuoi capi la giustizia. 18 Più non si sente violenza nella tua terra, flagello e rovina nei tuoi confini. Chiamerai le tue mura salvezza e gloria le tue porte. 20

Il tuo sole non tramonterà più, e la tua luna non calerà più ; J ahvé sarà per te una luce eterna, e finiranno i giorni del tuo lutto .

19 Non sarà più il sole tua luce di giorno, né 'la notte' (1°) ti illuminerà il chiaror della luna; sarà Jahvé la tua luce in eterno, saranno finiti i giorni del tuo lutto. 21 Il tuo popolo : son tutti giusti ( ammessi alla salvezza), in eterno possiederanno la terra, una piantagione 'di Jahvé' (11 ) ricca di germogli opera 'delle sue' ( 12 ) mani, per glorificarsi. 22 Il più piccolo diventerà un migliaio, il minimo un popolo forte. Io, Jahvé, 'l'ho detto' ( 13), a suo tempo compirò presto la mia opera. Bibliografia. G. von Rad, Die Stadt auf dem Berge, in Ges. Stud. z. A. T., 19,8, 214-224; P. Grelot, Un parallèlc babylonien . .. : VT 7/3 ( I 957 ) 319-321 . 9·

Leggere w'lad. Io. Aggiungere hallajla (con le traduzioni e I I . Leggere ma!!a' . I 2 . Leggere iadaw (con le traduzioni). 13. Aggiungere dibbarti.

I

Qls) .

ls. 6o,I-22

Il cap. 6o è un testo in sé compiuto e unitario ; in 6 1 , 1 , dove uno dice di essere incaricato da Dio, inizia una nuova unità. Dal primo all'ultimo verso l'oggetto dell'annuncio a Sion è la salvezza che sta per venire. La prima parte (6o , 1 -9 ) è costruita sugli imperativi iniziali del v. 1 , su quello del v. 4 e sulla domanda del v. 8 . Già in questo avvio si può ricono­ scere una risorsa stilistica appresa dal Deuteroisaia ; il secon­ do inizio (v. 4) è preso da lui alla lettera (49 , I 8 ) . In questa prima parte domina il movimento : dapprima (vv. 1 -3 ) si ha il sorgere della luce, con Jahvé che viene a Israele, poi (vv 4-7 e 8-9 ) la venuta dei popoli a Israele e a Sion . Nella seconda parte ( vv. I o-2 2 ) predomina la descrizione del nuovo stato di salvezza, anche se risuona ancora il movimento della pri­ ma parte. Questa sezione non è ben strutturata come la pri­ ma; parla della riedificazione di Gerusalemme ( vv I o- I 4), della trasformazione di Si on ( vv . I 5- r 8), che nei vv. I 9-2 2 si estende anche al cosmo . L'insieme del capitolo associa l'an­ nuncio (nella prima parte) con la descrizione della salvezza (che predomina nella seconda ). .

.

1 -3 . Queste belle espressioni, con la forza delle loro imma­ gini, mettono in mostra il linguaggio della promessa biblica . Il posto preminente dato loro nella liturgia dell'avvento fa giungere fino a noi qualcosa della forza di cui era impregnata la liturgia comunitaria giudaica postesilica, che per prima in­ tese queste parole. Dietro a questi versetti sta l'antico mo­ tivo dell'epifania di Jahvé (per es . Iud. 5 ,4-5 ; Ps. I 8 , 8- I 6 ; v . anche 59, I 5b-2o), che però è fortemente mutato . I toni militareschi mancano del tutto, e dei fenomeni concomitanti l'apparizione di Jahvé è rimasto solo lo splendore della luce ; così l 'antica concezione epifanica è fortemente spiritualizzata e le espressioni sono vicine a quelle che si usano nel Nuovo Testamento (specialmente nel Vangelo di Giovanni ) per par­ lare di luce e tenebre. Questo dissolversi del dato concreto e storico si spiega in quanto il Tritoisaia non annuncia più ad

Su) risplendi!

Israele (come aveva fatto il Deuteroisaia) l'avvento di Jahvé in un determinato evento storico. Per lui la venuta di Dio e il tempo della salvezza che con essa ha inizio si trova ancora nel futuro ; questo tempo infatti, che tutto trasforma e da tutti è riconoscibile, per quanto gli è dato vedere, con il pri­ mo ritorno degli esuli da Babilonia non è ancora iniziato . Ma poiché il Tritoisaia, rinnovando e attualizzando il messaggio salvifico del Deuteroisaia, non può riferirsi ad un determi­ nato evento storico, in lui l'avvento di Dio è molto più net­ tamente dissociato dalla storia. Il ritorno in patria di quanti ancora si trovano in esilio non è quindi, come in 40 ,9- I I , identificato con l'avvento di Dio, ma viene incluso in quel movimento dei popoli verso Sion che segue all'avvento sal­ vifico di Dio e è descritto nel v. 3 e ampliato nei vv. 4-9 . L'introduzione (vv. I-3) non è un annuncio vero e proprio, ma un appello a Sion (solo questa è nominata; le traduzioni aggiungono «Gerusalemme» ) , motivato dall'annuncio della salvezza. Esso corrisponde ai molti pressanti appelli del Deu­ teroisaia, che anche là sono l 'invito ad accogliere gioiosamen­ te il messaggio . Il primo appello : « SU» {lett. «sorgi ! » ), come in 5 I , I 7, invita a smetterla con la stanchezza di quanti si la­ mentano ; il secondo ( «risplendi ! » ) implica l'invito alla gioia. Lo splendore a cui si pensa è quello del volto . Questo impe­ rativo del verbo «diventare chiaro », «risplendere» non ha paralleli ; corrisponde però alla preghiera nei salmi, per es. Pss. I 3 ,4; 2 7 , 1 . Mentre il Deuteroisaia in questi appelli usa sempre il doppio imperativo dello stesso verbo, il Tritoisaia usa due verbi diversi . Luce e gloria sono in parallelismo an­ che in 5 8 , 8 . Nel vv . I e 2h i verbi venire e risplendere ( sorgere di un astro) si succedono in modo caratteristico : «la tua luce viene», «la gloria di Jahvé sopra di te» , «Jahvé sor­ ge» (solo qui in tutto l'Antico Testamento) , «la sua gloria brilla sopra di te» . L'antica concezione dell'epifania, che pre­ suppone un vero e reale venire di Jahvé, è quasi del tutto oscurata dall'immagine del sorgere di un astro, in armonia =

col linguaggio tritoisaiano, che mette sullo stesso piano l'av­ vento di Dio e della salvezza (56, 1 ; 5 9 , 1 1 ; 6o , r ; 62 , 1 1 ; 6 3 , 4 ; 6 6, 1 5 ; nel Deuteroisaia cfr. 40 , 1 0 e 5 0 ,2 ), ma lo lascia oscillante, senza agganciarlo alla storia ; la cosa è detta con forza ancor maggiore mediante l'immagine del sorgere della luce. A questo inizio del cap. 6o s 'accosta Is. 9 , 1 ss . : anche qui viene promessa al popolo, che giace nelle tenebre, una luce che risplenderà su di lui. L'avvento della luce su Sion lascia il resto del mondo nelle tenebre (v. 2 ) ; di conseguenza popoli e re (spesso associati nei salmi , per es . Ps. 1 02 , 1 6) si volgono > (Th. Robinson; sulla profezia di

fs. 6z,I-J

437

salvezza in Mich. 3 ,5-8 , Die zwolf kleinen Propheten ) . Que­ ste parole mostrano che il Tritoisaia ha una viva coscienza della vocazione; in esse diventa chiaro che dopo l'esilio l'an­ nuncio profetico di salvezza riprende vigore. Gli aspetti mes­ si in evidenza sono due: il Tritoisaia sa che, nel compiere il suo ufficio, si trova nella linea del Deuteroisaia ; ma nel mo­ do con cui designa questo compito manifesta anche quanto si scosta dal grande predecessore. La distanza è evidente nel­ l'insieme (cfr. Is. 40 ,6-8 ) e anche nelle particolarità, nell'uso stesso dei medesimi vocaboli. Il Tritoisaia sa di essere inviato «a portare la lieta novella ai poveri» . Il verbo bisser ricorre in 40,9 e 5 2 ,7 ; ma qui il vocabolo è usato nel senso proprio, di annuncio di un evento che già si è verificato ; soggetto del verbo, poi, non è il profeta, ma le sentinelle. Osserva giu­ stamente Duhm : « Il Tritoisaia scambia gli evangelisti con i profeti» . Con il messaggio il profeta deve guarire ferite e por­ tar la libertà ai prigionieri. Nelle parole «fasciare i contriti di cuore» spicca l'immagine piuttosto barocca. Si pensa forse a 42,3 ? Riguardo alla liberazione dei prigionieri non bisogna pensare agli esiliati, ma a una detenzione punitiva per debiti o cose simili, come in 5 8 ,6 . Con l'irrompere del tempo della salvezza annunciato dal profeta, con la grande trasformazione (cap . 6o) verrà mutata anche la sofferenza personale di tutti coloro che ora soffrono . Così questa parola può essere acco­ stata al grido dell'araldo che annuncia agli indebitati ridotti in schiavitù la loro liberazione (ler. 34 ,8 ss. ; Ezech. 46 , 1 7 ; Lev. 2 5 , 1 0) . La vicinanza di «anno» e «giorno» nel v . 2 a mo­ stra che non si ha in vista un determinato evento, ma un cam­ biamento generale della situazione. Con le parole > . Il termine «abominio» (dera'on) ri­ corre solo ancora in Dan. 1 2 ,2 , e ciò fa pensare che l'aggiunta sia molto recente. La Masora indica che, nella lettura sinagogale, dopo il v. 24 bisogna tornare a leggere il v . 2 3 ; anche alcuni manoscritti ripetono il v. 2 3 dopo il 24