Isaia. Capitoli 1-12. Traduzione e commento 8839405593, 9788839405593

Decisiva in questo commento è la valutazione del co­siddetto memoriale del profeta Isaia, che si riferisce al suo ope­ra

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Italian Pages 368 [363] Year 1998

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Isaia. Capitoli 1-12. Traduzione e commento
 8839405593, 9788839405593

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ANTICO TESTAMENTO COLLABORATORI

W alter Beyerlin, Walter Eichrodt, Karl Elliger, Kurt Galling, Hans Wilhelm Hertzberg t, Otto Kaiser, Martin Noth t, Norman W. Porteous, Gerhard von Rad t, Helmer Ringgren, Claus Westermann, Ernst Wiirthwein, W alter Zimmerli a

cura di Orro KAISER

VOLUME 17

ISAIA

(capp. 1-12)

PAIDEIA EDITRICE BRESCIA

ISAIA (capp.

1-12

)

Traduzione e commento di Orro KAISER Traduzione italiana di PAOLA FLORIOLI Edizione italiana a cura di CoRRADO MARTONE

PAIDEIA EDITRICE BRESCIA

Per Gertrud

Titolo originale dell'opera:

Das Buch des Propheten]esaja (Kapiteli-12)

Ù bersetz und erklart von Orro KAISER 5 vollig neuhearbeitete Auflage Traduzione italiana di Paola Florioli Revisione di Corrado Martone .,

© Vandenhoeck & Ruprecht, Gottingen 1981 © Paideia Editrice, Brescia 1998

ISBN 8 8.394.0 5 59·3

PIANO DELL'OPERA in 25 volumi 1.

Walter Beyerlin, Introduzione all'Antico Testamento



Martin Noth, Esodo Martin Noth, Levitico

2/4· Gerhard von Rad, Genesi 6.

7· Martin Noth, Numeri 8.

Gerhard von Rad, Deuteronomio

Hans Wilhelm Hertzberg, Giosuè, Giudici, Ruth 10. Hans Wilhelm Hertzberg, Samuele I I. Ernst Wiirthwein, I re 12. Kurt Galling, Cronache, Esdra, Neemia 9·

Artur Weiser, Giobbe 14. Artur Weiser, I salmi (I-6o) I 5 · Artur Weiser, I salmi (61-I so) 16. Helmer Ringgren, Proverbi; Walter Zimmerli, Ecclesiaste; Helmer Ringgren, Il cantico dei cantici; Artur Weiser, Le lamentazioni; Helmer Ringgren, Ester 17. Otto Kaiser, Isaia (I-12) 18. Otto Kaiser, Isaia (IJ-39) 19. Claus Westermann, Isaia (4o-66} 20. Artur Weiser, Geremia (1-25,I4) 21. Artur Weiser, Geremia (25,15-P,J4) 22. W alter Eichrodt, Ezechiele ( r- I 8); W alter Eichrodt, Eze­ chiele ( 1 9-48) 23 . N orma n W. Porteous, Daniele 13.

24. Artur Weiser, I dodici profeti Amos, Abdia, Giona, Michea

minori

(1): Osea, Gioele,

2 5 . Karl Elliger, I dodici profeti minori {n): Naum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria, Malachia

-PREMESSA

Il presente commento segue un criterio di coerente critica re­ dazionale e di tendenza. Questo criterio è stato seguito per ol­ tre un decennio, giungendo a una visione del libro profetico che si discosta in modo essenziale dal giudizio letterario più usuale. Decisiva in questo commento è la valutazione del co­ siddetto memoriale del profeta Isaia, che si riferisce al suo ope­ rato al tempo della guerra siro-efraimita (6,1-9,6). Una volta riconosciuto che tale memoriale rappresenta una composizione finalizzata al superamento del destino dell'esilio, il resto viene quasi da sé. In base a questi presupposti si spiega la particolare attenzione riservata al commento di questi capitoli. Si è di con­ tro accennato soltanto di sfuggita a ciò che le considerazioni qui esposte riguardo alla composizione del libro d'Isaia comporta­ no per quanto concerne la comprensione dei capitoli IJ-]9, per i quali è necessario uno studio a parte. Faccio presente che at­ tualmente preferisco datare i passaggi fondamentali della com­ posizione all'età preellenistica. Lo spazio imposto dalla natura particolare di questa serie - spazio di cui non ho quasi tenuto conto al momento di metter mano al memoriale - ha posto dei limiti alla valutazione di opinioni diverse e ha reso pressoché impossibile anche solo una discussione dei passi citati. I!lettore che è a conoscenza dei risultati cui è giunta la ricerca saprà ri­ conoscere in. che misura sono debitore nei confronti di chi mi ha preceduto, e saprà comunque cogliere i riferimenti; potrà tran­ quillamente farne a meno chi invece non ha interesse per il lin­ guaggio tecnico. 1 I.

Posso solo deplorare che mi sia sfu gg ito G. Brunet, Essai sur l'lsai"e de l'histoire,

IO

Premessa

A questo punto è doveroso da parte mia ricordare il mio maestro di un tempo e amico paterno, A rtur Weiser, fino a ora curatore di questa serie. Fu lui vent'anni fa ad affidarmi il lavo­ ro su Isaia, mentre l'editore, Gunther Ruprecht, dimostrò al­ l'allora giovane docente di Tubingen la necessaria fiducia, che mi è stata rinnovata- è per me un vero piacere ricordar/o - dal di lui figlio e successore, Dr. A rndt Ruprecht. Devo inoltre rin­ graziare il Prof Dr. Hans-Christoph Schmitt, di Augsburg, per la revisione del manoscritto, e Christian Wildberg, di Flensburg, non solo per l'aiuto nella correzione delle bozze e nella revisio­ ·ne della cartina geografica allegata al commento di 10,28 ss. , ma anche per alcune riflessioni critiche sui passi fondamentali per la comprensione globale de/ libro. Se poi riservo un saluto par­ ticolare a due persone che tra le altre hanno seguito il mio ciclo di conferenze su Isaia a Marburg, il parroco Martin Rosch e Bernhard Wurfel di Lahr, nella regione di Baden, entrambi sanno bene perché li ricordo. Con altrettanta gratitudine vo·glio ricordare che la conclusione di quest'opera è stata resa pos­ sibile dal Ministero del culto dell'Assia, che mi ha concesso un anno di esonero dall'insegnamento a scopo di ricerca. Un ultimo ringraziamento pubblico è espresso dalla dedica alla mia amata moglie, senza la cui comprensione e incorag­ giamento costante quest'opera non sarebbe stata scritta. Marburg an der Lahn, estate 1 979·

Orro KAISER

Paris 1 975, e che finora non sia stato disponibile il secondo volume del vasto studio di Vermeylen.

... poiché nel giorno in cui J ahvé sul­ l 'Oreb vi parlò d'in mezzo al fuoco non avete visto alcuna figura. (Deut. 4,1 5b). ·

1, 1. r

Soprascritta, o della formazione del libro d 'Isaia

Visione d'Isaia, figlio di A mos, che egli vide su Giuda e Gerusal emme giorni dei re di Giuda Ozia, lotam, Ahaz ed E zechia.

nei

1 , 1 . In base a questa soprascritta si potrebbe credere che tutti i sessantasei capitoli del libro siano opera del profeta Isaia, figlio di Amos, attivo a Gerusalemme nella seconda metà dell'viii secolo a.C. Ma chi un tempo fece precedere dalla soprascritta i detti profetici da lui raccolti, solo indirettamente è responsabi­ le di tale impressione. Le raccolte anonime dei capp. 40- 5 5 e 5 666, chiamate rispettivamente Deutero- Isaia e Trito-Isaia per­ ché tradizionalmente accolte all'interno del libro d'Isaia, ven­ nero aggiunte in un secondo tempo alla raccolta dei capp . I -3 9, definita P roto-Isaia proprio in opposizione a queste. 1 N eppu­ re il �rot? - Isai�, tuttavia, può essere considerato un'unità let­ . teraria ong1nana. I. Come risulterà dall'esegesi che segue, alla base di questa sezione si può porre una raccolta di discorsi profetici più pic­ cola, redatta presumibilmente non prima dell'inizio del v seco­ lo, che subì l'influsso della teologia dell'opera storica deutero­ nomistica. 2 Essa ha inizio con gli oracoli più antichi contenuti nel cap. I e prosegue nel nucleo centrale dei capp. 28-3 1 . In pie­ na consonanza con la teologia deuteronomistica, questa raccol­ ta interpreta il crollo del regno di Giuda, la distruzione di Ge1. l termini proto-, deutero- e trito- sono di origine greca e indicano il primo, il se­ condo e il terzo, in questo caso Isaia. Cfr. anche Kaiser, Einleitung"', 202 ss. 205 . 2 3 9 2. Cfr. Kaiser, Einleitung"', 1 54 ss. ss. e 244 ss. ·

12

Soprascritta, o della formazione de/libro d'Isaia

rusalemme e la deportazione della famiglia reale e dell' aristo­ crazia nel 5 87 come conseguenza del rifiuto del popolo di con­ fidare, secondo l'esortazione profetica, in Jahvé anziché nell'E­ gitto, cfr. 3 0, 1 2 ss.; 3 0, 1 ss. e 3 I, I ss. Allo stesso tempo essa esor­ tava i sopravvissuti a non opporsi più a Jahvé, cfr. I ,2 s.4 ss. e .I 8 ss. Se le profezie che costituiscono il fondamento dei capp. �8-3 I fossero considerate fin dall'inizio patrimonio della tradi­ zione risalente a Isaia, oppure se siano state reputate tali solo successivamente, è questione che richiederà un prossimo chia­ rimento. L'attribuzione a Isaia di una profezia anonima degli ultimi anni del regno di Giuda che metteva in guardia dal con­ .fidare in un aiuto da parte egiziana, consentendo così al profe­ ta di gettare uno sguardo oltre il presente sul declino del regno, era possibile per la somiglianza, nei tratti essenziali, della situa­ �ione degli anni 703 -70 1 con quella del 5 89 - 5 87: alla fine del­ l'vnr secolo Ezechia (7 1 5 ?-697) era insorto contro il re assiro Sennacherib (70 5-68 1 ), e solo con la capitolazione aveva potu­ to salvare Gerusalemme già stretta d'assedio dai nemici. 3 Agli inizi del VI secolo Sedecia ( 5 97- 5 8 6) negò l'obbedienza al so­ vrano babilonese Nabucodonosor n (604- 5 62), pagando il suo atto con la caduta del trono e la perdita della libertà. 4 Una vol­ ta accertato che Isaia si trovava al fianco di Ezechia negli anni cruciali - come riferiscono i racconti relativi al profeta nel libro deuteronomista dei Re, capp. 3 6-39 - sarebbe stato facile sup­ porre che a suo tempo egli avesse ammonito dal seguire una po­ litica che alla lunga si era rivelata fatale per il regno e di cui a­ veva predetto le conseguenze come punizione di J ahvé. In que­ sto caso i racconti relativi a Isaia avrebbero legittimato la co­ stituzione dell'intera tradizione tramandata sotto il nome d�l profeta. Comunque siano andate le cose, in definitiva l'intero processo di tradizione conferì alla raccolta dimensioni sempre maggiori unicamente a motivo della carenza di personalità au3·

Cfr. ATD 1 8, 297 s. e 2 Reg. t 8, I J - I 6. Cfr. ad es. A.H.J. Gunneweg, Geschichte lsraels bis Bar Kochba (ThW 2 ) , Stuttgart 31 979, 1 2 2 ss.



/s. 1,1

IJ

torevoli nel giudaismo postesilico. A questo fatto si collegava l'accresciuta considerazione per ciò che era antico e in quanto tale d'importanza fondamentale e sperimentata. 2. Il nostro commento ritiene di aver fornito la prova che in 6,r-8,r8 il cosiddetto Memoriale del profeta Isaia sul suo ope­ rato al tempo della guerra siro-efraimita per parte sua presup­ ponga comunque l'identificazione delle profezie più antiche, contenute nei capp . 28-3 r, con detti d'Isaia stesso. D'altra par­ te coloro che lo composero subivano l'influenza della teologia deuteronomistica. Sulla base delle notizie contenute nel libro dei Re, essi riconobbero l'importanza che, per tutto il succes­ sivo sviluppo storico del regnò, ebbe la sottomissione sponta­ nea del re di Giuda Ahaz (734-71 5) al re assiro Tiglat-pileser III (74 5 -727) per la minaccia costituita da Israele e dal regno di Da­ masco nella cosiddetta guerra siro-efraimita (73 4-73 2). Ne tras­ sero dunque la conclusione che il profeta Isaia già allora avesse tentato di dissuadere il re da questa decisione empia predicen­ dogli che sarebbe stata la causa della caduta del regno. s In tal modo gli autori cercavano di convincere i contemporanei che nella catastrofe che aveva colpito il popolo nel 5 8 7 Jahvé si era di fatto rivelato signore della storia, per cui anche adesso con­ tinuava a essere signore di tutte le eventualità. Solo dopo la collocazione del memoriale nel rotolo origina­ rio la soprascritta poté assumere la forma attuale, situando l'o­ perato del profeta Isaia nel periodo compreso tra il re Ozia ed Ezechia. Così 6, r potrebbe aver costituito il punto d'avvio e i racconti su Isaia dei capp. 3 6-39 quello conclusivo. L'influsso diretto dell'opera storica deuteronomistica si riflette nella cor­ retta collocazione di lotam tra Ozia e Ahaz,6 nonché nel men­ zionare Giuda prima di Gerusalemme/ La soprascritta impie­ ga i termini per «visione» e «vedere», pazon e paza, in un mo­ do non particolarmente pregnante che denota la rivelazione ri5. Cfr. sotto, pp. 1 H ss. 6. Cfr. 2 Reg. I �,3 2 ss. 7· Cfr. la statistica di D. Jones, The Traditio of the Oracles of lsaiah of ]erusalem: ZAW 67 ( 1 9 5 5 ) 239 n. 6 1 ; si veda anche ad es. 2 Reg. 23 , 1 .24; 2 5 ,2 2 e sotto, p. 97 n. 1 2.

Soprascritta, o della formazione del libro d'lsaia

cevuta in termini molto generali, modo che si è ripercosso an­ che altrove nelle aggiunte alle soprascritte dei libri profetici più antichi e nei titoli dei più recenti, 8 allo scopo di non bollare co­ me visionari i profeti. 3· Il memoriale, come il nucleo centrale di 28-3 r, puntava sulla fede, la fiducia nel potere e nella fedeltà di J ahvé rivelati nella salvezza del suo po p olo, e in tal senso richiedeva uguale fede dal proprio tempo. E ragionevole pensare che questo an­ nuncio necessitasse di un'integrazione, che urgeva già nella me­ ditazione a posteriori sulle cause della catastrofe. Per la testi­ monianza profetica e la teologia deuteronomistica della storia, l'infedeltà e l'ingratitudine del popolo nei confronti del suo Dio si erano manifestate non soltanto in una politica priva di fede, ma anche - come pure poteva rammentare uno sguardo al presente - nel comportamento sociale e umano dell' aristocra­ zia, particolarmente responsabile della sorte del popolo. Si può quindi ben comprendere come il memoriale, al momento di es­ sere accolto nel rotolo del profeta, ricevesse un prologo e, per sottolineare il suo annuncio di giudizio, anche un epilogo. Il co­ siddetto cantico della vigna, 5,1 -7, fustigava la violazione del diritto e le sofferenze che questa provocava alla povera gente. I guai di 5 ,8-24+I o, 1 -3* concretizzavano il generalizzato rim­ provero del canto in modo tale che questo con quelli lasciava­ no riconoscere quali ulteriori cause fossero alla base della ca­ tastrofe passata, al temp.o stesso ponendo indirettamente la que­ stione del destino futuro del popolo. Nel poema della mano tesa dijahvé, scandito da un ritornello (9,7-20+5 ,26-29), l'epi­ logo, la cui visione a posteriori della storia delle sventure ri­ prendeva la posizione d'Isaia, intendeva il destino dei due re­ gni d'Israele e Giuda come giusta pu nizione di Jahvé, e d'altra parte faceva appello alla responsabilità comune di governanti e 8. Cfr. Am. 1 , 1 e Mich. 1 , 1; si veda anche lna Willi -Plein, Vorformen der Schriftexe­ gese innerhalb des Alten Testaments (BZAW 123), Berlin- New York 197 1, 15. 70 e 11 5. Inoltre Abac. 1 , 1 ; Abd. 1 e Nah. 1,1, ma anche !s. 1, 1 e IJ,I. Sui vocaboli cfr. A. Jepsen, ThWAT n , 811 ss.

fs. 1,1

governati. - A questa coscienza, sul versante sociale corrispon­ de in I, I o- I 7 l'insegnamento sul sacrificio, che stigmatizza l'in­ validità di quei sacrifici che non presuppongano un' obbedien­ za moralmente fondata che si fa carico del benessere di tutti i membri del popolo. Gli si affianca il lamento su Gerusalemme ( 1 ,2 1 -2Ja), la cui infedeltà si manifesta nel giudizio con la cor­ ruzione dei suoi capi; in questo caso al popolo è posto il problema del futuro della città. 4· La generazione successiva puntava già lo sguardo sul giu­ dizio universale, come suggeriva la fede nella prossima fine del ciclo cosmico, fede astronomicamente fondata e che stava pe­ netrando profondamente in Occidente.9 All'interno dei capp. 1 - 1 2 essa è ravvisabile solo in 2, 1 2- 1 7, l'annuncio del grande giorno di ]ahvé, e segna poi in particolar modo il nucleo cen­ trale della cosiddetta apocalisse d'Isaia, capp. 24-27.10 - All' om­ bra di questa attesa ne maturò un'altra sulla tempesta di popoli ·

che come sventura si sarebbe abbattÙta su Gerusalemme e Giuda, provocata dalla superbia e dall'ingiustizia dell' aristocra­ zia. Si giunge così all'ampliamento di 1 ,2 1 -23a con i vv. 2 3 b-

2 5 ; sulla scia dell'annuncio della tempesta di Dio che si sareb­ be scatenata sulla terra sopra ogni genere di orgoglio (J , 1 -4,1) è formulato il nuovo annuncio del giudizio, e i guai di 5 ,9 s. I 2. 14. 1 7. 1 9; r o,3 ricevono un'accentuazione corrispondente. Con­ temporaneamente furono certo inseriti anche i vv . 6, 1 2- 1 3aba; 7,23b. 24.25a; 8,I9-23a e presumibilmente anche 1 0,28-34::-, per cui questo annuncio a quel tempo veniva a trovarsi ancora su­ bito dopo 5 ,26-29. È poi possibile seguire il probabile svilup­ po passando da 22, 1 - 1 4::- fino all'interno dei capp. 28-3 1 , ove ad es. l'annuncio è ripreso in 29, 1 -4 e 3 2,9- 1 4. 5 . Ma la fede non poteva rassegnarsi all'idea che Jahvé aves­ se deciso di abbandonare per sempre il suo popolo per ritirarsi nel nascondimento delle origini e rinunciare alle promesse che 9· Cfr. B. L. van der Waerden, Das grosse ]ahr und die ewige Wiederkehr. Hermes So { 1 9 52) 1 3 0 ss., e Idem, Die Pythagoriier, Ziirich-Miinchen 1 979, 2 5 2 ss. Io. Cfr. ATD 1 8, 1 4 1 ss.

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Soprascritta, o della formazione del libro d'Isaia

aveva fatto. In 8, r 8 si trovò la dichiarazione profetica di fidu­ cia, l'annuncio della speranza nel Dio che abita sul monte Si o n. E nell'opera storica deuteronomistica, in 2 Sam. 7, vi era la pro­ messa fatta a Davide sulla durata eterna della sua dinastia. Co­ sì, una generazione più tardi, l'attenzione si spostò nuovamen­ te sull'azione salvi fica di J ahvé per il suo popolo, al di là della catastrofe futura, che supererà di gran lunga quella dell'anno 5 8 7. Le profezie dell'Emmanuele in 7, 14b- I 6ba::-; 7, 2 1 s.; 8,8 b::- . 9- I o e le profezie messianiche di 9, r -6 e I I , I - 5 sanno che nel periodo di calamità nascerà il salvatore, colui che rinnoverà la stirpe regale e fonderà il regno di pace eterno. 6. L'ammirazione e la stima per il passato, più vive col pas­ sare del tempo, rafforzarono i_ l tratto pseudepigrafico che co­ munque era fortemente personalizzato sin dalla composizione del memoriale posto a cornice del rotolo d'Isaia. La salvezza di Gerusalemme nel 70 I , presentata come antitipo della catastro­ fe del 5 87, 1 1 offriva ora la possibilità di parlare, senza destare sospetti all'esterno e in modo sufficientemente esplicito verso l'interno, della superbia di Assur, della minaccia che i popoli costituivano per Israele, nonché della loro distruzione e della salvezza della città, consentendo così di comprendere il crollo del potere del mondo e dei popoli che una volta ancora si pre­ cipitavano contro la città di Dio. Questa compilazione di As­ sur, con la quale dovremmo avere ormai raggiunto la fine del v secolo, ha inizio in ro, 5- r 5 ::- e prosegue nella sezione I 4,24-27, collocata in un secondo tempo nel punto in cui si trova attual­ mente. È possibile individuare il seguito di questo strato in r 7, I 2- 14, per giungere poi ai capp. 28-3 1 , segnatamente in 29, 5 -8; 3 0,27-3 3 e 3 1,4 s.8 s. 7. Le interpolazioni e intromissioni di natura particolarmen­ te storicizzante in 3, 8 s.; 5, I J . I 4:'". ( I 5 . I 6); 7, 1 ::- .4b. 5 b. 8b. I 6ba:'"�· 1 7b.r8a�:'".b�.2oa�::- ; 8,7a�.8aa::·.23 b e 9,8a�.2oa ( ?) sono con1 I. Cfr. O. Kaiser, Geschichtliche Erfahrung und eschatologische Erwartung: NZSTh 1 5 ( 1973) 272 ss . = Eschatologie im Alten Testament, ed. H.D. Preuss (WdF 480),

Darmstadt 1 978, 444 ss.

/s. 1,1

nesse a questa compilazione, oppure sono espressione di spiri­ to antiescatologico, come occasionalmente si suppone nell' ese­ gesi? Per prudenza preferisco lasciare aperta la questione. In li­ nea di massima questa tendenza potrebbe essere collegata all'in­ tento pseudepigrafico della compilazione di Assur. 8. Aggiunte come I ,26 e I ,27 s. compaiono sulla scia dell'atte­ sa escatologica universale, senza tradire l'appartenenza specifi­ ca a un determinato strato. Anche l'annuncio del giudizio con­ tro quanti prendono parte al culto della natura, I ,29-3 I , fa par­ te dei grandi processi di redazìone. Al di là di I 7,7 s. e 3 I ,6 s., si evidenziano qui connessioni che vanno oltre la raccolta del Proto-Isaia e presuppongono l'unione con quella del Trito­ Isaia, cfr. 5 7, 5 ; 6h3 b-4. 1 I - 1 2 e 66, 1 7. - L'interpolazione di 2,25 comportò l'inserzione della soprascritta di 2, I , che aveva la funzione di rivendicare per il profeta Isaia la promessa conte­ nuta anche nel libro di Michea. 11 Tuttavia il passaggio alla com­ posizione di 2, I o- I 7�· rendeva necessario anche il testo di 2,69:�. Esso costituisce nuovamente una visione a posteriori della storia delle sventure. Al tempo stesso forniva la possibilità di evidenziare chiaramente il carattere escatologico di 2, Io ss.::- , e di predire in 2, I 8-2 I la fine degli idoli e il crollo dei loro ado­ ratori, polemica di cui è evidente la dipendenza da detti quali 40, I 9 s.; 4 1 ,6 s.; 42, I 7; 44,9-20; 4 5 , I 6b.2ob; 46, 5 -8 e 48 ,22; que­ sta dipendenza per parte sua attesta l'unione del libro con la rac­ colta del Deutero-Isaia. 9· Chi ha scambiato la strofa finale del poema con ritornello sulla mano tesa di Jahvé in 5 ,26-29 con l'ultimo guai di I O, I -3 , facendo d i 5 ,2 5 un testo di transizione e conferendo così alla strofa un nuovo significato escatologico, si trovava anch'egli sotto l'influenza delle attese universali che collegavano l'idea di giudizio a quella di salvezza, se si può attribuirle anche 5 ,30. Con la sua trasposizione ha sciolto la connessione tra il cap. 5 e il memoriale, non solo separando più nettamente i primi cin­ que capitoli da ciò che segue, ma anche dotandoli di una vera e 12. Cfr. P.R. Ackroyd: ZAW 7S (1963) 320 s.

e

SVT 29 (1978) 32

s.

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Soprascritta, o della formazione de/libro d'Isaia

propria conclusione. Eppure 5 ,3 0, quasi sottovoce ed enigma­ ticamente, induce al tempo stesso a interrogarsi sulla sorte del nemico, rimandando in tal modo a ciò che seguirà. È stata pro­ babilmente la stessa mano a spostare anche I 4,24-27 dove si trova attualmente. Verrebbe da attribuirle anche 6, I 3 b�, e cer­ tamente a essa si deve la rielaborazione finale del poema con ritornello, al quale diede una nuova conclusione in I o,4. 1 o. Queste intromissioni fornirono evidentemente la base per elaborare 1 0, 5 -12,6 come piccola storia del tempo finale a sé stante, sempre tenendo conto di ciò che già esisteva. Ciò che di nuovo vi fu aggiunto va ovviamente ritenuto posteriore per lo stile musivo che utilizza espressioni tratte dal libro d'Isaia, da quello dei Salmi e infine dal cantico di vittoria di Ex. I 5 . Co­ sì in I o,20-23 risuona ancora una volta l'annuncio del resto, in I o,24-27 sono riassunti in una nuova ottica concetti tratti da 9, I ss. e 10, 5 ss., e in I I , ro- r 6 è tracciato un quadro dell'epoca messianica nella quale avrà luogo la restaurazione del regno davidico e il ritorno degli esiliati, il cui inno di ringraziamento in I 2, I -6 ha un tono profetico. Con l'inserzione di 1 0,24-27 si giunse al tempo stesso a una nuova comprensione di I O,J J- 34, dal momento che i versetti erano ora applicati agli attaccanti assiri anziché al popolo di Gerusalemme. Forse anche r o, 1 6I 9 è stato inserito solo a seguito di questi ampliamenti e mu­ tamenti d'esegesi. - Singolarmente isolata in questo contesto si trova l'idea della pace universale estesa a uomini e animali, così come è espressa in I I ,6-8 (9). I I. Nell'entusiasmo dell'attesa, dell'ansia per l'avvenire e della speranza nella salvezza che tale avvenire comporterà, si fa sentire la sobria voce di una sapienza che, sazia di un giudi­ zio di Dio sempre presente, con scetticismo appena celato - e in questo simile a Qohelet - guarda agli annunci escatologici e si esprime in 2, 22; 3 ,10 s. e 5 ,24. - Ma accanto a questa sapienza si trova un attesa escatologica che si riflette in 4,2-6, tanto fan­ tastica quanto, per i suoi intenti, realistica. Contrapponendosi alle parole dei saggi, essa documenta l'antagonismo tra il giudai'

fs. I,I

19

smo teocratico d'idee conservatrici e quello di tendenza esca­ tologica. Tale antagonismo, inaspritosi in età ellenistica a mo­ tivo del contemporaneo aprirsi degli ambienti conservatori al­ lo spirito greco, avrebbe in seguito portato alla crisi del perio­ do maccabaico. Ciò che faticosamente, passo dopo passo, si schiude allo stu­ dioso e al lettore, riflette in definitiva la storia interna del giu­ daismo gerosolimitano postesilico, alla quale il libro stesso del profeta deve la propria struttura attuale. Nel frattempo la figu­ ra del profeta Isaia, figlio di Amos, l'uomo il cui nome signifi­ ca «Jahvé ha aiutato)) 13 e il cui patronimico per esteso significa «Dio si è dimostrato forte», 14 pare ritirarsi nell'ombra di leg­ gende nel cui splendore egli divenne poi simbolo dell'aiuto di Dio per il suo popolo e la sua città. Ma là dove risuona la pa­ rola di un profeta non si è di fronte a una grandezza umana, o alla fortuna e alla miseria della personalità che la pronuncia; si tratta invece di Dio, che nel corso delle epoche desta uomini che, in quanto suoi messaggeri, impediscono che si spenga la luce della fede, del timor di Dio e della speranza, affinché gli uomini conservino la propria dimensione umana e affidino a Dio quel compimento della storia che essi stessi non sono stati in grado di attuare. Così, anche nel fallimento delle concrete aspettative riguardanti il futuro, Dio si libera dalla stretta del­ l'uomo, tornando ogni volta a farglisi incontro e attraendolo al contempo in un futuro di cui egli stesso resta Signore, anche là dove l'uomo scorge soltanto la morte e la fine, 2 5 ,Sa. Se ci si chiede quali uomini formino questa catena di testi­ moni nel libro d'Isaia, bisogna rivolgersi agli ambienti levitici dalle cui fila erano sorti il movimento deuteronomista e deu­ teronomistico. In quanto corporazioni di cantori, nell'età del secondo tempio essi avevano raccolto l'eredità dei profeti pre­ esilici addetti al culto, forse provenienti anch'essi dalla mede13. Cfr. M. Noth, Die israelitischen Personennamen im Rahmen der gemeinsemitischen Namengebung (BWANT III, 10}, Stuttgart 1928 = Hildesheim 1966, nr. 772 e p. 176. 14. Cfr. Noth, Personennamen, nr. 185

e

p.

190.

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Soprascritta, o della formazione de/libro d'Isaia

si ma classe. Un'attenta analisi della preistoria del movimento deuteronomista può dunque portare anche a un ritratto più pre­ ciso del profeta che ha dato il nome al libro. - Nella storia del­ le redazioni della raccolta del Proto-Isaia si può riconoscere il mutamento nel pensiero e nella speranza di queste corpora­ zioni di cantori, che si riflette anche nei salmi di Asaf e di Co­ re. 15 Essi sono da considerare gli eredi e amministratori delle tradizioni sacre del popolo. N o n deve dunque stupire se in tale ruolo familiarizzarono anche con il pensiero sapienziale, e se le loro parole sono debitrici non solo dello spirito del mo­ vimento deuteronomistico, della lirica liturgica e dello studio dell'eredità profetica, ma anche, e soprattutto all'inizio e alla fine, dello spirito sapienziale. Hanno trasmesso il libro del pro­ feta Isaia da una generazione ali' altra, e ogni generazione ha a sua volta perfezionato la parola ricevuta conferendole nuovi accenti. Attribuendo una durata di vent'anni a ciascuna di es­ se, la loro opera resta nell'ambito del quinto secolo a.C., come si è cercato di delineare in questo commento. 16 N el quarto se­ colo il pensiero escatologico, con una nuova apertura al gene­ re sapienziale e alla scienza antica, pare avvicinarsi all' apocalit­ tica, il cui sviluppo si è avuto comuqque nel terzo secolo. 17 L'a­ p ocalittica infranse il limite della morte, fino a qu�l momento rigidamente e assolutamente rispettato, 18 detronizzò il re degli inferi, il re dei terrori, Iob 1 8,1 4, e rese possibile ai testimoni del Risorto intendere le visioni ricevute come vittoria sul fal­ limento dell'uomo, dovuto alla sua finitezza e limitatezza col­ pevole, e sulla morte. 1 5· Cfr. Ps. so; 73 -80 con Ps. 42-49; 84-8 8*, inoltre Kaiser, Einleitung\ 3 1 4 s. e G. Wanke, Die Zionstheologie der Korachiten (BZAW 97), Berlin 1 966. 1 6. La datazione del cosiddetto «Libro dei Vigilanti» in Hen. aeth. 1-36 proposta da J.T. Milik, The Books of Enoch. Aramaic Fragments of Qumran Cave 4, Oxford I 976, 22 ss., e la riflessione su luogo e tradenti delle redazioni dei libri profetici, mi ha indotto a non sostenere più la datazione bassa, come in ATD 1 7 e 1 8. 1 7. Cfr. Milik, op. cit. 1 8 . Cfr. O. Kaiser e E. Lohse, Tod und Leben (Kohlhammer Taschenbiicher. Bibli­ sche Konfrontationen Iooi), Stuttgart 1 977.

fs. I,I

-21

Certo l e considerazioni precedenti e l'esegesi che seguirà pre­ sentano nuove difficoltà al lettore di oggi, abituato a prende­ re alla lettera le indicazioni relative all'autore di un libro. E il lettore potrebbe essere quindi tentato di considerare il proces­ so della tradizione qui abbozzato come il risultato di un fal­ so letterario.19 Una tale esegesi sarebbe tuttavia in contraddi­ zione con il concetto stesso di sacra scrÌttura, perché la santità di Dio e la veradicità della sua testimonianza sono inscindibi­ li. Chi si accosta alla letteratura veterotestamentaria e a quella orientale in genere deve distaccarsi da queste premesse che gli paiono ovvie, così da poter intendere un modo di pensare di­ verso cui è estraneo il concetto occidentale di autore, ereditato dai greci: il solo intento di scrivere in consonanza col pensiero dell'uo mo che ha dato il suo nome a un libro è ragione suffi­ ciente per usare questo nome per le proprie convinzioni. Que­ sto modo di ragionare, infatti, non tende all'individuo in quan­ to tale, bensì all'oggetto e al Dio che egli testimonia. E se così facendo creava nuovi fatti storici, come riteniamo sia il caso del memoriale, era solo perché traeva le conseguenze dai dati che possedeva. Così, in modo del tutto analogo allo storico moder­ no che pure lavora con criteri totalmente diversi, poteva essere convinto di aver appurato ciò che era realmente avvenuto. Un tale procedimento arriva ai limiti della poesia simbolica, come nel caso della presentazione dei figli d'Isaia. In base a ciò si evince che gli autori coinvolti nella riscrittura del libro d'Isaia avevano un rapporto con la storia che non prendeva in consi­ derazione il passato in quanto tale, bensì la sua forma tipica ideale e il suo valore per quello che di volta in volta era il pre­ sente. Questi autori dunque non consideravano i discorsi pro­ fetici tramandati un patrimonio intoccabile, bensì aperti nel corso del tempo a redazioni e interpretazioni sempre nuove. A un certo punto però il giudaismo si frantumò in sette rivali Cfr. W. Speyer, Die literarische Falschung im heidnischen und christlichen Alter­ tum. Ein Versuch ihrer Deutung (Handbuch der Altertumswissenschaft 1, 2), Miin ­

19.

chen

1971.

22

Soprascritta, o della formazione de/libro d'Isaia

tra loro che divulgarono i propri scritti nel mondo ellenistico interrompendo il processo di riscrittura protrattosi fino a quel momento da una generazione all'altra e le traduzioni destinate inizialmente al giudaismo della diaspora affiancarono i testi fondamentali: questi due fatti comportarono il distacco dell'e­ segesi dal testo dando vita al commento e all'omelia, come accade ancora oggi. Materialmente le due modalità della tradizione, riscrittura ed esegesi, hanno il medesimo compito: mantenere viva nel pro­ prio tempo la testimonianza divina dei padri della fede. E que­ sto processo continuerà finché vi saranno uomini conquistati dal contenuto di questi scritti e finché, grazie alla testimonian­ za di questi stessi scritti, riconosceranno in se stessi e nel loro mondo l'opera del Dio che racchiude in sé il mistero di ogni vita umana. Poiché il chiarimento delle circostanze storiche e degli intenti delle parole bibliche può rendere più compren­ sibile il rimando al Dio che agisce nel presente, l'arduo impe­ gno di seguire la formazione di questo libro nelle sue varie stratificazioni è giustificato in quanto compito teologico. Alla percezione di tale compito nell'orizzonte della chiesa corri­ sponde il fatto che la fede cristiana si annuncia nella sua attua­ le comprensione del mondo rielaborando la forza e la debo­ lezza della chiesa stessa; infatti, come allora anche oggi Dio può essere testimoniato e pensato solo a partire dal turbamento pre­ sente. In tal senso non vi è né una theologia perennis, una teo­ logia, cioè, legata a determinate verità e valida per sempre né, di conseguenza, un'esegesi valida una volta per sempre. Se i testimoni che ci parlano nei capitoli qui commentati ri­ uscissero a scuoterei con il loro richiamo alla parte di debito nei confronti del proprio destino e al futuro di Dio nell'oblio di sé e di Dio del nostro tempo, a relativizzare le nostre utopie alla luce delle loro, non svincolate dalla storia, e quindi a porci nuovamente la questione di che cosa propriamente sostenti e conduca a perfezione la vita umana, allora potrebbe darsi che in tal modo essi ci conducano in una radura in cui ci venga in·

/s. f,2-J

23

contro la figura di Gesù, l'uomo, il crocifisso e il risorto. Perché forse a noi manca la fiducia in Dio, e proprio in questa man­ canza essi individuarono la causa del declino del loro popolo. 1 ,2-3. Prologo. Figli stolti 2

3

Udite, cieli, e ascolta, terra; perché J ahvé dice: «Ho allevato e cresciuto figli, 1 ma essi hanno rotto con me ! Un bue conosce il suo proprietario e un asino la greppia del suo padrone.1 Israele non possiede conoscenza, il mio popolo non di mostra comprensione!».

1 ,2-3. Nettamente separati dalla soprascritta del versetto 1 e dal «guai» che ha inizio al v. 4, i vv. 2 e 3 si presentano formal­ mente come una piccola unità indipendente. La costruzione è semplice: all'invocazione rivolta a cielo e terra in 2aa e alla formula profetica di ·c itazione («dice il Signore») in 2a� segue, in 2b e 3, il detto di Jahvé. Con linguaggio figurato d'imme­ diata comprensione J ahvé paragona la propria esperienza con Israele a quella di un padre le cui premure sono state ripagate dai figli con la rottura del rapporto filiale. Il v. 3 evidenzia in modo pregnante la stoltezza innaturale di un simile atteggia­ mento del popolo contro il proprio Dio, contrapponendovi quello degli animali da lavoro nei confronti del padrone. 2a. Poiché la parola di J ahvé che gli è stata affidata non era mai

stata udita e non deve quindi restare senza eco in un mondo in cui il nome di questo Dio è noto solo in Israele, l 'autore esorta innanzi tutto il cielo e la terra- immagine che in ebraico indi­ ca il mondo intero3 - a prestare ascolto alle sue parole. Na­ turalmente i veri destinatari non sono il cielo e la terra, bensì 1.

Per la sintassi verbale cfr. Davidson § s 8a. Il plurale maiestatis potrebbe essere di origine redazionale per alludere a J ahvé. 3· Cfr. ad es. Gen. 1,1. 2.

24

Prologo. Figli stolti

la comunità che sta ascoltando l'annuncio del libro d'Isaia: di fronte alla solenne invocazione rivolta a cielo e terra, la comu­ nità deve ascoltare attentamente, quindi inorridire per la pro­ testa di Dio nei confronti dell'atteggiamento del suo popolo­ protesta singolarmente in bilico tra lamentela e accusa -, e ri­ conoscere poi nel paragone con gli animali la propria stoltez­ za. Se questo avviene, il figlio giunge alla giusta conoscenza del suo padre divino, conoscenza che include anche l'obbedienza che gli è dovuta. È semplice intendere ciò che si afferma in questa breve se­ zione; più difficile è invece cercare di definirne lo sfondo dal punto di vista della storia della tradizione. Per rendersi conto di questa difficoltà, è sufficiente chiedersi se il cielo e la terra vengano invocati come i soli testimoni rimasti per la parola di Dio, oppure perché aderiscano al giudizio sul popolo espresso al v. 3 b, come sarebbe ovvio presupporre. Vi sono passi a soste­ gnb di entrambe le interpretazioni: secondo Deut. 4,26 e 30,19 Mosè chiamò cielo e terra a testimoni della verità delle sue pa­ role. Stando a Ps. 50,4 Jahvé stesso li ha invocati come tali quando giunse a contesa con il suo popolo. Pertanto è possibi­ le interpretare 2aa come convocazione di testimoni, e 2b e 3 come accusa. 4 Da un punto di vista storico-religioso, cielo e terra sono invocati sì da sostituire gli altri dei, in osservanza alla pretesa di esclusività propria della fede in J ahvé, e questa sostituzione è messa in pratica tramite il ricorso alle due parti di cui è composto il mondo abitato secondo il pensiero pre- e protoscientifico. Per la storia della tradizione, poi, sotto alla semplice struttura della sezione andrebbe cercato un processo di stratificazione, il cui nucleo centrale è da ricercarsi nel for­ mulario dei trattati internazionali dell'Oriente antico, tra i cui garanti si trovano, oltre agli altri dei, anche quelli del cielo e del4· Cfr. L. Kohler, Deuterojesaja (jesaja 40-55) stilkritisch untersucht (BZA W 3 7), Gies­ sen 1923, 111 s.; J. Begri ch Studien zu Deuterojesaja (BWANT 77), Stuttgart 1938, 19 = ThB 20, Miinchen 1963, 27 e H.J. Boecker, Redeformen des Rechtslebens im Alten Testament (WMANT 14), Neukirchen 1964, 83 s. ,

/s. 1,2-3

la terra. 5 A questo formulario dei trattati internazionali corri­ spondeva in Israele quello d eli' alleanza, che dava valore vinco­ lante al rapporto tra il popolo e Dio.6 Sullo sfondo di questo modo d'intendere l'alleanza, si sarebbe poi sviluppata una procedura cultuale di controversia basata su uno schema in cui J ahvé accusava il suo popolo per bocca dei profeti/ - D'altra parte non passò inosservato che l'invocazione di cielo e terra aveva il corrispondente più vicino in Deut. 3 2, I. Anche se, a motivo di 3 I ,28, essa venne in seguito interpretata come con­ vocazione dei testimoni, non dovrebbero tuttavia esserci dub­ bi che cielo e terra furono in origine invitati all'ascolto per u­ nirsi alla lode a Dio, cfr. 3 2,3 b.8 Se questa esegesi è esatta, l'in­ vocazione di cielo e terra avrebbe lo scopo di far udire alle principali potenze del cosmo la parola di Dio affinché ne con­ fermino il giudizio.9 - Che la differenza sia effettivamente mi5. Se ne possono trovare diversi nelle opere citate qui appresso: il trattato del re ittita Mursilis II con Duppi-Tdup di Amurru, del XIV secolo a.C., in K. Baltzer, Das Bun­ desformular (WM ANT 14), Neukirchen 1964, 83 s.; il trattato tra Bargaja di KTK e Mati'el di Arpad, KAI 222 A7 ss., dell'viii secolo, e il trattato di vassallaggio del re assiro Assaraddon, del vn secolo a.C., in D.J. Wiseman, Vasa/1-Treaties of Esarhad­ don, London 195 8, 3 I s. 6. Cfr. in particolare G.E. Mendenhall, Ancient Orienta/ and Biblica/ Law: BA 17,2 (1954) 26 ss.; Covenant Forms in lsraelite Tradition: BA 17,3 (I954) 50 ss. = Recht und Bund in Israel und im Alten Orient (ThSt[B] 64), Ziirich I96o; K. Baltzer (n. 5); w. Beyerlin, Herkunft und Geschichte der altesten Sinaitradition, Ti.ibingen I96I, e D.J. McCarthy, Treaty and Covenant (AnBib 21 A), Roma 2I978, in particolare 277

ss.: quest'opera rappresenta il completamento di tutta la ricerca precedente. Per la discussione sullo sfondo di /s. in un rib-pattern in cui Jahvé chiede ragione al suo popolo, che gli è obbligato in ragione dell'alleanza, cfr. da ultimo Vermcylen 1, 50 ss.; come punto di partenza è sempre utile E. Wiirthwein, Der Ursprung der prophetischen Gerichtsrede: ZThK 49 (I952) I ss. = Wort und Existenz, Gottingen 1970, I I I ss., nonché le interpretazioni di Wildberger ad /oc. ; Schedi, Rufer des Heils, ad loc. come pure Hoffmann, lntention, 82 s. 8. Cfr. C. Steuernagel, HK I,J,I, Gottingen 2I923, ad loc. ; per la «formula iniziale di un insegnamento» cfr. H.W. Wolff, Dodekapropheton I (BK XIV, I), Neukirchen 1961, 12.2 s. e le conseguenze che ne ha tratto Ilse von Loewenc1au, Zur Auslegung von je­ saja 1,2-3: EvTh 26 (I966) 2.94 ss . Per la critica al supposto collegamento con il rfb­ pattern, cfr. Whedbee, lsaiah and Wisdom, 28 ss. 9· Cfr. lise von Loewenc1au, 305, il cui rimando al lamento è tuttavia eccessivamente unilaterale. 7·

Prologo. Figli stolti

nima lo dimostra una brevissima riflessione. Tal e differenza consiste essenzialmente nel presunto retroscena e nell'ulterio­ re valutazione del discorso di J ahvé. Se si intende v. 2aa. come convocazione dei testimoni, il passo va necessariamente inteso anche come accusa. Ma che un padre rinnegasse il fi glio era del tutto inaudito per gli antichi, esattamente come la richiesta fatta ad Abramo di lasciare la casa di suo padre per recarsi in una terra straniera e sconosciuta, Gen. 1 2, 1 . Se in Israele il pa­ dre falliva nei suoi tentativi di educare il figlio ribelle ammo­ nendolo e castigandolo, poteva richiedere che la disobbedien­ za del figlio venisse esaminata dal consiglio degli anziani della sua città, ed eventualmente punita con la morte, Deut. 2 I, I 8 ss. Ma quando un padre parla dell'ingratitudine dei suoi figli, ciò non deve necessariamente essere inteso come un atto d'ac­ cusa, poiché anche di fronte a un figlio degenere non è detto che in un padre vengano meno sentimenti e affanni paterni. E così entrambi i versetti rimangono in certo modo sospesi: pos­ sono essere intesi come un'accusa in grado di divenire giuridi­ camente esecutiva in qualsiasi momento. Come è lecito affer­ mare considerando i vv. 4 ss., J ahvé potrebbe senza preavviso colpire ancora e per l'ultima volta il suo popolo, annientando­ lo. Allora il cielo e la terra testimonierebbero la giustizia del suo operato, cfr. so,6.- Tuttavia queste parole possono e de­ vono essere intese anche come lamento del padre, che guarda addolorato la strada intrapresa dai suoi figli e narra di questo suo dolore, a patto che non si dimentichi che questo lamento comporta l'inflessibile pretesa della loro obbedienza.

2b-J. Quando Jahvé asserisce di aver allevato e cresciuto i suoi figli, tale dichiarazione non va suddivisa in due diversi mo­ menti - le cure prestate durante la crescita e la successiva siste­ mazione in una posizione decorosa e stimata -: i due concetti vanno invece considerati sinonimi, cfr. 23,4 e Ezech. 3 1 ,4. In pratica si intende che J ahvé ha fatto d'Israele il suo popolo par­ tendo da zero, e che gli ha donato la terra, cfr. Deut. 3 2,8 ss.

/s. 1,2-3

L'obbedienza del figlio nei confronti del padre e la considera­ zione per la figura della madre erano atteggiamenti scontati in Israele come in ogni comunità degna di questo nome, cfr. Prov. 2 3 ,22; lo stesso vale per il castigo da infliggere al figlio disob­ bediente e stolto, anch'esso considerato non solo un dovere ma addirittura un segno d'amore, Prov. 1 3,24; cfr. IJ, I . - Sor­ prende che Israele sia menzionato esplicitamente come l'in­ sieme dei figli di Jahvé, mentre questi non è detto loro padre. In questo riserbo caratteristico dell'Antico Testamento si scorge l'intento di mantenere il divario tra Dio e uomo, tra creatore e creatura, al fine di tutelarsi contro il monofisismo proprio del mondo circostante, per il quale tra dei e uomini non sussisteva alcuna differenza sul piano qualitativo, mentre su quello quantitativo tale differenza era enorme. Per la menta­ lità veterotestamentaria l'uomo non ha la stessa natura di Dio: di divino gli è stato donato solo il soffio vitale, Gen. 2,7; Ecci. I 2,7, ciò che non lo distingue neppure dagli animali, Ps. 1 04, 30; Ecci. 3 , 1 9 ss. In prospettiva profetica, Israele poteva essere considerato figlio di Dio sulla base della chiamata dall'Egitto da parte di Jahvé, cfr. Os. I I, I ; /er. 3 , 1 9 e Ex. 4,22. E quando J ahvé, stando alla tradizione di cui disponiamo, è chiamato per la prima volta in fs. 6J, I 6 «nostro padre», si sottolinea il suo intervento in favore d'Israele in quanto sostenitore legale che difende, come nel caso degli orfani, il suo popolo ridotto in schiavitù. Dal collegamento ideale tra la natura paterna e la natura creatrice di Dio nascono da un lato l'appello alla pater­ na pietà per le sue creature, cfr. fs. 64,7, dall'altro l'appello al dovere di solidarietà delle creatur"e sia tra di loro sia nei con­ fronti del creatore, cfr. Mal. 2, I0.10 La rottura dei rapporti con il padre era qualcosa di inaudito, un reato persegui bile. 1 1 Dai versetti seguenti emerge che Jahvé non ha ancora deciso di ri­ correre a un provvedimento estremo, benché una tale decisioIo. Cfr. H. Ringgren, ThWAT I, 16 ss. (= GLAT I, 33 s.). I I . Cfr. Deut. 2 1 , 1 8 ss. - Su questa espressione cfr. anche Os. 7, 1 3; /s. 43,27; ler. 2,8; 33,8 e Ezech. 2,3 ; per il concetto cfr. R. Knierim, THAT n, 490 (= DTAT n, 44 1 ).

Prologo. Figli stolti

ne sia sempre possibile. 12 Bisogna dunque evitare di abolire af­ frettatamente, mediante un'analisi degli elementi del discorso volta in maniera unilaterale alla storia delle forme, quell'ambi­ guità creata volutamente dall'autore. Il v. 3 rivela chiari collegamenti con la sapienza, dove il para­ gone con gli animali è abituale, cfr. Prov. 6,6 ss. e 3 0,24 ss. Dal punto di vista contenutistico e formale il v. 3 ha in Ier. 8,7 il suo corrispondente più prossimo, in cui l'intelligenza degli animali è contrapposta alla mancanza di comprensione del po­ polo per l'ordinamento di Jahvé. 13 Anche l'argomento relati­ vo a conoscenza e comprensione in tutte le loro sfumature è in origine sapienziale, 14 e presuppone che l'uomo sia in grado, con la ragione, di comprendere a sufficienza la sua posizione e il suo compito nel mondo. In tale argomento è assente l' op­ posizione moderna tra un patrimonio razionale limitato al cam­ po dell'esperienza relativa al mondo, e una conoscenza di Dio immediatamente e problematicamente sovrarazionale, basata su una rivelazione particolare. La seconda anzi comprende il primo, assicurando il giusto rapporto col mondo, cfr. Prov. I ,7; 9, I o e 1 5,3 3 . - Un popolo che non conosce né riconosce il pro­ prio Dio e padre è più stolto della bestia, la quale sa ben di­ stinguere il suo padrone e signore da ogni altra persona, e tor­ nando dal campo o dalla cavalcata ritrova sempre la strada per la stalla e la greppia. IS La stoltezza d'Israele è assurda, cfr. 29,9 s.; 5, I 3; 6,9 e 3 2,3 s., e mette in gioco la s.ua stessa esistenza. Il carattere prettamente letterario del prologo risulta dal fat­ to che le accuse in esso contenute rimangono prive di un effet­ tivo compimento, tanto che il lettore per comprenderle era in­ vitato a leggere il seguito, ossia lo strato fondamentale costitui­ to dai capp. 28-3 1 , che si trovavano in origine dopo I ,4-6:� e I , 3·

1 2 . Cfr. sotto, p . 35· I J . Cfr. Vermeylen I, 63 s. e anche sotto, p. 68 n. 34· 1 4. Cfr. ad es. Prov. 19,25; 29,7 e Iob 38,4. 1 5 . Sulla base dell'accadico abusu, AHw 1,9b, non bisogna limitarsi al termine grep­ pia, ma includere anche il ricovero per la notte, la stalla.

!s. 1,.2 -3

I 8 s. Esso infatti condivide questa caratteristica con I ,4 ss. e I , I 8 s., unità insieme alle quali introduceva il rotolo originario del libro. Tale supposizione è giustificata dalla ricerca della pa­ tria spirituale del suo autore: la concezione degli israeliti come figli ribe �li a J ahvé torna in 30, 1 , e il rimprovero per la stoltez­ za, o meglio l'accecamento, in 29,9 s. Il popolo come insieme dei figli del Padre divino inoltre è menzionato in modo più esplicito nel cantico di Mosè di Deut. 3 2. Qui, al v. 5, al popo­ lo inteso come insieme di figli è mosso un rimprovero che pur­ troppo !tOn è più possibile determinare chiaramente a causa del­ lo stato del testo; al v. 6 il popolo è definito stolto per la sua ingratitudine nei confronti del padre che lo ha creato. Per en­ trambi gli atteggiamenti, la premura paterna e l'ingratitudine del popolo, ai vv . 8- 1 8 è addotta una motivazione storica. L'ac­ cusa d'infedeltà, questa volta chiarissima, è nuovamente mossa ai figli al v. 20, e al v. 2 I è giustificata con l'idolatria. Infine, al v. 28 s. si torna sulla stoltezza del popolo, che non è in grado di comprendere come la sconfitta subita a opera di un nemico numericamente inferiore sia conseguenza dell'abbandono da parte di Jahvé, cfr. anche /s. J O, I 7. A ciò si aggiunge che la sorprendente circostanza per cui l'invocazione di cielo e terra al v. 2a del nostro prologo resta esclusa dal discorso di Dio, e quindi va considerata parola del profeta, trova una corrispon­ denza nel cantico di Mosè al v. 1, nonché nelle altre tre cita­ zioni di Deut. Si può quindi dedurre che l'autore del prologo sia sotto l'influenza del Deuteronomio, o addirittura attribuir­ gli una dipendenza letteraria diretta. 16 Se in precedenza, in ser6. Per il problema della datazione, studiosi meno recenti come K. Budde, Das Lied Mose 's Deut ] 2 , Tiibingen 1 920, ed E. Sellin, Wann wurde das Moselied Dtn 3.2 ge­ dichtet?: ZA W 43 ( 1925) 1 6 1 ss., proponendo il VI-V secolo potrebbero essersi avvici­ nati alla verità più di altri dopo di loro, come O. Eissfeldt, Das Lied Moses Deutero­ nomium 3 2, 1-4] und das Lehrgedicht des Asaph Psalm 78 (SSAW 1 04,5), Berlin 1 9 5 8, e G.E. Wright, The Lawsuit of God: A Form- Critical Study of Deuteronomy ] 2 , in Fs. James Muilenburg, lsrael's Prophetic Heritage, New York 1 962, 26 ss. Cfr. la cri­ tica di Vermeylen I, 68 . - La relazione tra 1 ,3 e ler. 3,8, insieme ad altri paralleli tra i due libri, merita uno studio a parte. Non è detto che Ier. 3 ,8 sia servito da modello

per questo passo.

.Ai sopravvissuti

30

de di commento ai capp. 2 8 - 3 1 , non ci siamo sbagliati nel co­

gliere nel loro nucleo centrale le tracce di una composizione risalente sia al periodo immediatamente precedente l'esilio sia all'esilio stesso, 17 sussistono allora buoni motivi per datare an­ che i versetti qui considerati al VI, o forse piuttosto ai primi anni del v secolo a.C. 1 8 Questo ordinamento dei dati a nostra disposizione non sminuisce il merito di chi, grazie alla poten­ za del linguaggio e al vigore delle antitesi, seppe creare un pro­ logo in grado d'imprimersi indelebilmente nella memoria del­ l' ascoltatore, continuando a interrogarlo lungo i secoli sulla qualità del suo rapporto con Dio, che, come Gesù, può chia­ mare Padre e nel quale può confidare. Forse può contribuire a restituire gravità biblica all'annun­ cio natalizio far notare in conclusione che il bue e l'asino, ani­ mali che per solito sono associati automaticamente alla raffi­ gurazione del presepio, sono stati inseriti nel paesaggio nata­ .lizio come profezia della nascita di Cristo sulla base dell' ese­ gesi di 3 a. 19 Sullo sfondo del prologo isaiano, essi ammonisco­ no gli uomini a non essere irragionevoli come bestie, a ricono­ scere il luogo in cui incontrano il loro Signore e in cui Dio, co­ me indica l'appellativo di Padre, si rivela loro degno di fiducia. 1 ,4-9. Ai sopravvissuti 4

Guai, massa di peccatori, popolo carico di colpa, razza di scellerati,

1 7. Cfr. ATD I 8, I 87; per 30,8 ss. pp. 233 ss. 1 8 . Cfr. Vermeylen I, 63 s. e 70 s. - Sulla dipendenza dal codice che forma il nucleo del Deuteronomio si è già soffermato L. Rignell, lsaiah Chapter I: StTh I 1 ( 1 957) I4 I s. Non mettendo in dubbio l'autenticità isaiana della precedente pericope del ca­ pitolo e delle pericopi successive, questo autore conclude che il Deuteronomio è più antico di Isaia. Cfr. anche Kaiser, Einleitung-4, 1 20 ss. 19. Cfr. Pseudovangelo secondo Matteo 14,1 ss. in Hennecke-Schneemelcher, Neute­ stamentliche Apokryphen I, Tiibingen 3 1 95 9, 306 e la raffigurazione della natività sul piccolo reliquiario da viaggio conservato nelle collezioni vaticane, proveniente dalla Palestina della fine del VI sec., in P. Hinz, Deus Homo I, Berlin (DDR) 1973 , tav. 1 29.

JI banda di corrotti, c h e hanno abbandon ato Jahvé, disprezzato i l Santo d ' Israele, si sono vo ltati indietro . C osa 1 vi si deve ancora colpire, voi che continuate a ribellarvi ? Tutta la testa è malata e infermo tutto 2 il cuore. 6 Dal capo alla pianta dei piedi in lui n o n v'è n u l l a d 'i l l eso,3 solo ferite e lividi e il segno di un colpo recente, non strizzato 4 e non fasciato . né alleviato con olio. 5

1

Il vostro paese - un deserto ! Le vostre città - arse dal fuoco! 6 L a vostra campagna - davanti ai vostri occhi la divorano degli stranieri ! 7 8 C osì la figlia di Sion è rimasta sola come un tetto di foglie in una vigna, come 8 una capanna nel campo di cocomeri, c come un rifugio nello stabbio' ! 9

7

9

S e J ahvé Sabaot non ci avesse lasciato un resto, 10 saremmo divenuti quasi come Sodoma, saremmo simili a Gomorra !

1 . Per la vocalizzazione del pronome interrogativo cfr. G-K 1 8 § 37 e. 3 · Per m"tom cfr. B-L 49 3 d. 4· Sulla forma passiva del qal cfr. G-K 18 § 67m; 5 2e o B-L 2 87 n S· Per la costruzione cfr. G-K 1 8 § 144 b 6. Sul parr. pass. allo stato costrutto davanti a un gen. di causa cfr. G- K 18 § 1 1 6l. 7 · « E la desolazione è come il rovesciamento di stranieri », o «di Sodoma», corretto secondo il senso del v. 9: è l'aggiunta di un lettore più tardo, sulla base di 9 s. 8. Cfr. tuttavia BHS. 9· T.M.: «come una città sorvegliata/custodita» non si adatta al contesto. Contraria­ mente a Duhm e Kaiser •-•, con Dillmann-Kittel e Wildberger ad loc. , dall'ebraico 'ir non si può ricavare il significato di «torre di guardia». Né serve il rimando di Marti a 2 Reg. 1 7,9. Perciò bisogna forse leggere ke 'e�er be�ira; cfr. inoltre l'arabo 'a�ar"n, «rifugio», e fira, «stabbio». I o. Si veda BHS. Per la costruzione cfr. Ps. 94, 1 7 . 2. Cfr. G-K zR § 1 2 7c.

.

.

Ai sopravvissuti

32

1,4-9. L'attacco con «guai» evidenzia che al v. 4 ha inizio una

riuova unità discorsiva che si conclude al v. 9, come indica l'avvio del v. I o. A un esame più attento, però, l'unità I ,4-9 si rivela decisamente una composizione a più strati. A un primo sguardo si sarebbe portati a separare 4-6 da 7-9 vedendo nel primo gruppo di versetti la parte figurata, nel secondo la parte concreta. Ben presto però ci si rende conto che i due gruppi non coincidono. Ai vv. 5 e 6, infatti, è presa in considerazione la condizione del popolo, mentre i successivi vv . 7 e 8 descri­ vono la situazione del paese e di Gerusalemme. Il v. 9 ha inve­ ce una collocazione particolare, dal momento che l'autore non ha più una posizione distinta dal popolo, ma è piuttosto parte di esso. La prima metà del versetto, inoltre, si accosta a Ps. 94, I 7, la seconda al v. I o. Possiamo dunque già distinguere il v. 9 come redazionale.11 Benché al v. 8 l'orizzonte si restringa a Gerusalemme, non è possibile dedurre con sicurezza che si tratti anche qui di u n aggiunta : tale ipotesi, tuttavia, può esse­ re ritenuta abbastanza probabile a motivo del discorso contro Gerusalemme di 2 1 ss.,12 che evidentemente opera la medesi­ ma restrizione e, come si vedrà, è anch'esso redazionale.'3 In questo caso anche il passaggio dal popolo al paese al v. 7 po­ trebbe essere un'integrazione. La sua dipendenza da Lev. 26,3 3 e il suo riecheggiare Deut. 2 8 , 5 I nel contenuto rendono verisi­ mile una datazione all'esilio. Che il versetto nella forma di h� sia stato ampliato ancora una volta per influsso dei vv. 9 o IO è ammesso dalla quasi totalità degli studiosi. La valutazione di 4b è problematica. La breve frase conclusiva pare essere un ampliamento molto posteriore '4 in base alla testimonianza dei LXX, la Bibbia greca, che la omette. È invece materia di di­ scussione se si possa escludere anche il resto, dal momento che '

1 I . Cfr. F. Criisemann, Studien zur Formgeschichte von Hymnus un d Danklied in lsrael (WMANT 3 2), Neukirchen 1 969, 163 s. e H. Barth, jesaja- Worte, 1 90 s. I 2.

Cfr. sotto, p. 6 I . I J . Cfr. Vermeylen I , 5 2, che però attribuisce i vv. 8 e 9 al medesimo strato. 1 4 . Cfr. 42, 1 7; Ps. 3 h4; 4o, q ; 44, 19; 70,3 e Ezech. 1 4, 5 .

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SI Inserisce in maniera non armonica tra 4a e 5 e rivela tratti prosastici. 1 s Si può supporre che in tempi successivi qualcuno abbia avvertito la necessità di una precisazione riguardo ai rim­ proveri mossi nella prima metà del versetto, e li abbia quindi integrati con elementi tratti dal repertorio deuteronomistico. 16 Tale sospetto è talmente forte da indurre a pensare anche in questo caso a un'esegesi posteriore. Se ci si interroga sull'ori­ gine del restante nucleo, che comprende 4a. 5 e 6:�, tornano alla mente J O, I e 9, ma anche 1 ,2b. Se non è da escludere che un tempo tale nucleo fosse inserito nel contesto di 28-3 1 , non è tuttavia possibile provarlo. Poiché, come in 1 ,2 s., i rimproveri non sono motivati, è probabile che anche il breve poema sia stato composto appositamente per la posizione in cui si trova attualmente. 17 All'accusa divina risponde ora una voce profe­ tica con un «guai» che ancora una volta è singolarmente in bi­ lico tra la minaccia, l'invettiva e il lamento. 1 8

1,4-6. Il popolo colpito e disobbediente. Qui l'oratore si sca­ glia con foga veemente contro il popolo per spezzare l'ostina­ zione dei sopravvissuti alla catastrofe del 5 8 7, i quali a suo pa­ rere non hanno ancora tratto la giusta conclusione dalla scon­ fitta subita e dal dolore, mentre ormai avrebbero dovuto rico­ noscere J ahvé come loro Signore, obbedendogli e confidando in lui incondizionatamente, cfr. 30,9 ss. Definendo peccatore e carico di colpa il suo popolo, l'autore richiama due concetti teo­ logici fondamentali dell'Antico Testamento, quello del pecca1 S·

Con Marti, Gray ad loc. e Donner, Israel unter den Volkern, 1 20. 1 6. Cfr. ad es. r Reg. 9,9 par. 2 Chron. 7,22; Os. 4,10 e Iud. 2, 1 2 s. o Num. 1 6,3o; Deut. J I ,2o e Ps. 74, 1 8; inoltre fs. 5>24. 1 7. Cfr. sopra, pp. 28 s., e Vermeylen 1, so ss. e 70. 1 8 . Cfr. Vermeylen 1, so ss. e sopra, p. 23 . Nella sua forma attuale 1 ,4-8 connette, in un modo affatto singolare che ricorda 1 ,2 s., elementi del detto di minaccia, dell'invet­ tiva e del lamento; prevale tuttavia il carattere dell'invettiva. Cfr. G. Fohrer, ]esaja 1 als Zusammenfassung der Verkundigung]esajas, in Studien zur alttestamentlichen Pro­ phetie (BZAW 93), Berlin 1967, 1 5 3 ; Vollmer, Geschichtliche Ruckblicke, 166 e W. Janzen, Mourning Cry and Woe Oracle (BZA W 1 2 5), Berlin - New York 1972, 56 s.

Ai sopravvissuti

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to e quello della colpa. Il verbo ebraico pata', che noi tradu­ ciamo con «peccare», possiede il significato originario di «fal­ lire», cfr. Iud. 20, 1 6. Sul piano del comportamento umano dà origine a un concetto di ordine ideale che implica un modo di vivere diverso, cfr. ad es. Prov. 1 9,2; ed è in base a quest' ordi­ ne ideale che si misura la trasgressione. In un mondo interpre­ tato in chiave religiosa tale trasgressione contraddice il com­ portamento imposto e atteso da Dio; diviene quindi mancanza oggettiva, o peccato. 19 Il significato del termine awon da noi tradotto con «colpa» ha avuto uno sviluppo analogo. Anche qui il verbo di base 'iwwa indica un cambio di movimento, poi­ ché significa «deviare, storcere, girare, incurvare» . Si può quin­ di trovare l'espressione in cui Jahvé letteralmente «capovolge» la superficie terrestre, 24, I . Il significato traslato si ricava quasi automaticamente quando il termine è applicato ad es. al rove­ sciamento della giustizia, Iob 3 3 ,27. Tuttavia il carattere in­ tenzionale dell'azione può essere evidenziato in modo partico­ lare dal contesto, in quanto nella parola è insito un certo ele­ mento :volontaristico. Il sostantivo «colpa» indica sia la colpe­ volezza sia la relativa pena, cfr. Lev. 5, 1 . L'azione di turba­ mento dell'ordine intrapresa dall'uomo non resta senza una risposta da parte di Dio.20 In questo caso, dunque, il minac­ cioso «guai» pende su un popolo che oggettivamente e sog­ gettivamente ha trasgredito il proprio Dio e deve quindi sop­ portare la propria colpa. Mediante la definizione di genia di malvagi, cfr. I 4, 20, e figli corrotti, è messa in evidenza la di­ mensione storica e sottolineata la responsabilità individuale: i figli persistono nell'atteggiamento dei padri.1 1 c

5-6. I vv. 5 e 6 paragonano la condizione del popolo a quella 1 9. Cfr. R. Knierim, THAT 1, 543 ( DTAT 1 , 47 1 s.). 20. Cfr. R. Knierim, THAT 11, 243 ss. ( = DTAT n, 2 1 9 ss.) e Idem, Hauptbegriffe fur Sunde im Alten Testament, Giitersloh 1 965, 23 5 ss. 2 1 . Per mere'im, «malfattori », cfr. anche Ps. 2 2, 1 7 e le analoghe espressioni in Ps. 26,5 e 64,3 . Per masbitim, «corruttori», cfr. anche Gen. I 8,28. =

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di un fi glio o di uno schiavo frustato per la continua indocili­ tà, cfr. JO, I .9 e anche Deut. 2 1 , 1 8 ss.22 Far assaggiare la verga al figlio era considerato strumento educativo indispensabile, Prov. 23 , 1 3 s.; 29, 1 5 e 1 3 ,24. Se le ripetute punizioni non lo inducevano alla sottomissione, i genitori potevano sottoporre il caso agli anziani e questi a loro volta decidere per l' eventua­ le lapidazione del figlio. Se la punizione corporale era ritenuta legittima nei confronti di un libero, a maggior ragione lo era nei confronti di uno schiavo. Se questi moriva a causa dei mal­ trattamenti solo il giorno seguente, il padrone non doveva es­ sere punito, Ex. 2 1 ,20 s. Secondo il diritto rabbinico, il padro­ ne che avesse ucciso uno schiavo israelita era esiliato come un padre che avesse ucciso il figlio, cfr. bMakkot 3 , 1 e 8b. 23 - Sot­ to l'aspetto medico c'è poco da dire: il corpo del colpito pre­ senta lividi o ematomi scuri, cioè con ristagno di sangue, gon­ fiori freschi, ossia essudanti siero, e ferite aperte. In un uomo percosso più volte nell'arco di poco tempo, testa e cuore risen­ tono ovviamente dei colpi: benché non compaia febbre trau­ matica, c'è comunque da aspettarsi un rilevante danno alla cir­ colazione. Ciò che sorprende nell'elenco dei mancati interven­ ti di soccorso è la loro successione, che si ripete identica anche in Le. 1 0,34 e nella quale la fasciatura precede l'unzione delle ferite incrostate affinché si ammorbidiscano. 2 � Il popolo con­ tro il quale il padre divino lancia la sua accusa, vv. 2 s., è già stato da lui castigato fino al limite delle possibilità. N o n c'è più spazio per ulteriori tormenti. Che Dio debba destinarlo alla morte, poiché neppure ora cessa di essere indocile ? - Per quan22. L'interrogativo del v. s a . a mio avviso esclude, contro Wildberger, l'interpreta­ zione di per sé possibile di makka, «colpo», come ((malattia», interpretazione attesta­ ta in passi quali Lev. 26,2 1 ; Deut. 28,59.6 1 e 29,2 1 . A ciò si aggiunga il collegamento logico con la punizione di un ribelle, cfr. anche 30, 1 e J I , I con Deut. 2 1 , 1 8 ss., im­ partita a colpi di bastone. 23. Cfr. anche D.M. MacDowell, The Law in Classica! Athens, Aspects of Greek and Roman Life, London 1 978, So s. e 1 29 ss. 24. Cfr. Joachim Jeremias, Die Gleichnisse ]esu, Gottingen 6 1 962, 202 s. {tr. it. Le pa­ rabole di Gesù, Brescia 1 1 973, 249).

Ai sopravvissuti

to concerne una collocazione storica di questo discorso, è pos­ sibile inserirlo dopo la grande catastrofe del 5 8 7, nella quale il corpo del popolo era stato effettivamente smembrato e il re­ gno distrutto.

Il paese devastato e occupato. Il redattore abbandona l'im­ magine e rammenta la situazione del popolo che in gran parte viveva ancora nel paese, dopo la deportazione in Babilonia per restarvi in cattività e dopo la dispersione soprattutto in Egitto, nella diaspora. 25 Esso doveva sopportare i patimenti di una vita sotto una potenza occupante e in una patria per lo più di­ strutta: nel paese, dopo l'assedio di Gerusalemme, durato un anno e mezzo, da parte del re babilonese Nabucodonosor, la si­ tuazione doveva essere ben peggiore rispetto a quella del 7o r / 6 quando il re assiro Sennacherib si vantava di aver conquistato quarantasei città fortificate e innumerevoli piccole località, e di averne deportato la popolazione. 2 7 N el 70 r Isaia avrebbe potuto parlare di devastazioni e di città distrutte dal fuoco so­ lo entro certi limiti. La questione è stata risolta mettendo in re­ lazione tra loro il versetto qui considerato e le informazioni riguardanti la cessione delle città conquistate ai re filistei di As­ dod, Ekron e Gaza, in modo tale che alla fine ne risultò una suddivisione dell'intero regno di Giuda a eccezione della capi­ tale. 2 8 Ma poiché nelle fonti non si trova traccia di tale misura è più che probabile che si tratti di una mera congettura. A pre­ scindere dal fatto che con la datazione del versetto qui pro­ posta le viene a mancare terreno, già in precedenza era stato proposto di riferire le conquiste e le successive divisioni terri­ toriali di Sennacherib esclusivamente alle città della Sefela, si­ tuata a ovest delle montagne di Giuda, e a poche altre rocca­ forti, cfr. Mich. r , r o ss. e 2 Reg. 1 9,8 par. /s. 3 7,8. In favore di 1 ,7.

2 5 . Cfr. E. Janssen, juda in der Exilszeit (FRLANT 69), Gottingen 1 9 56, 39 ss. 26. Cfr. Janssen, 42 ss. 27. Cfr. T G P nr. 39, 68; AOT \ 3 5 3 o ANET z·J, 28 8a. 28. Cfr. A. Alt, Die territorialgeschichtliche Bedeutung von Sanheribs Eingreifen in Palastina, in Kl. Schriften II, 242 ss.

37

questa ipotesi si può aggiungere che solo in Ios. 1 5 ,J 3 sono elencate trentanove località della Sefela di Giuda. 2 9 Al con­ trario, la distruzione del regno di Giuda e la sua trasformazio­ ne in provincia babilonese prima e persiana poi gettano le basi per l'accusa che menziona gli stranieri che davanti agli occhi del popolo divorano il raccolto dei campi. Oltre alle scorrerie dei beduini si potrà pensare alla requisizione di considerevoli porzioni di raccolto da parte delle potenze occupanti, nonché a vere e proprie espropriazioni di case e terreni, cfr. Lam. 5 ,2. 4·9 e /s. 62,8 s . ; 6 5 ,2 1 s.30 -

1,8. La capanna nel campo di cocomeri. La superba Gerusa­ lemme considerata inespugnabile, Lam. 4, 1 2, la capitale defini­ ta poeticamente figlia e chiamata Sion dal nome del monte del tempio, cfr. 1 0,3 2; 1 6, 1 e 2 Reg. 1 9,2 1 par. /s. 3 7,22/ 1 era stata duramente colpita dalla distruzione del conquistatore, che ave­ va aperto brecce nelle mura cittadine, aveva bruciato le porte, le abitazioni nobiliari e infine il tempio e il palazzo reale, cfr. 2 Reg. 2 5 , 8 ss. e Nehem. 2, 1 1 ss., ed era divenuta de facto una città aperta, inerme di fronte a ogni attacco predatorio. A tale situazione poté porre fine solo Neemia, governatore incarica­ to dalla Persia, che nella seconda metà del v secolo a.C. fece ri­ costruire le mura della città. Gli scavi diretti da Kathleen M . Kenyon sulla collina sudorientale di Gerusalemme hanno ri­ velato, nonostante il perimetro ridotto, che la distruzione delle mura che correvano ai suoi piedi causò un'erosione tanto accentuata da far slittare tutto il settore terrazzato della città posto su quel versante.32 Di devastazioni subite da Gerusalem29. Cfr. Y. Aharoni, The Land ofthe Bible, tr. A.F. Rainey, London 1 966 ( 1 967), 340; A .H.J. Gunneweg, Geschichte Israels bis Bar Kochba (ThW 2}, Stuttgart 3 1 979, 1 1 8; per l'esegesi di 2 Reg. 1 8,8 cfr. però anche J. Gray, I & II Kings (OTL), London

2 I 970, ad loc.

" Cfr. Kaiser, ATD 16, 1 98 1 , e C. Westermann, ATD 19, Gottingen 3 1 976 (tr. it. Isaia (capp. 40-66), Brescia 1 978), ad loc. 3 1 . Cfr. anche Mich. 1 , 1 3 ; 4,8. x o. 1 3; Soph. 3 , 1 4; ler. 4,3 1 ; 6,2 .23 e ad es. Lam. 2, 1 . 32. Cfr. K.M. Kenyon, Royal Cities of the 0/d Testament, London 1 97 1 , 148 ss. o 30.

Ai sopravvissuti

me nel 7o r non si hanno invece notizie.33 - . A questa situazio­ ne rivelata dall'archeologia corrisponde il paragone di Gerusa­ lemme, al v. 8, alle precarie capanne di frasche che offrono ri­ paro dalle intemperie a contadini e pastori, e che ancora oggi il viaggiatore può vedere nelle campagne del Medio Oriente, cfr. anche Ier. r o, 5 ; Iob 27, 1 8 e fs. 24,20.34 Facendo balenare da­ vanti ai loro occhi l'immagine della distruzione della loro cit­ tà, si chiede agli abitanti di Gerusalemme se desiderino vedere la rovina totale della città, di cui dovranno rispondere, o se preferiscano volgersi nuovamente a J ahvé e vederla risorgere.

1 ,4b. L'abbandono di Jahvé. L'aperta franchezza dei rimpro­ veri mossi in 4a indusse un lettore posteriore a rimediare a ciò che percepiva come una lacuna. Egli la colmò nello spirito del­ la teologia deuteronomistica, ispirata al libro del Deuterono­ mio, inserendo la formula dell'apostasia da Jahvé, vale a dire del suo abbandono per volgersi ad altri dei.3 5 La pericolosità di un simile atteggiamento è evidenziata dalla ripresa dell'ap­ pellativo «Santo d'Israele», espressione tipica del libro d'Isaia per indicare Jahvé.36 Israele ha presumibilmente ripreso dai cananei la definizione di Dio come santo, e in questo processo una funzione mediatrice potrebbero aver avuto tradizioni cul­ tuali preisraelite di Gerusalemme. 37 In quanto Santo d'Israele, J ahvé avanza la pretesa di possesso e obbedienza sul suo po­ polo e di fronte a esso, cfr. anche Ios. 24, 1 8. Stando a J O, I 1 e 5 , 19, l'ammonimento profetico a rispettare questa richiesta era Eadem, Digging up ]erusalem, London 1 974, 1 66 ss. e in particolare 1 70 s.; è consi­ gliabile consultare anche PEQ 94 ( 1 962) 72 ss. e 95 ( 1 963) 7 ss. 3 3 · Stupisce perciò che Vermeylen I, 5 5 dati provvisoriamente la pericope 1 ,4-7abt:X all'vi ii o meglio al VII secolo . .34· Cfr. G. Dalman, Arbeit und Sitte in Palastina 1, Giitersloh 1 92 8, 1 6 1 ; n, 1 93 2, 6 1 . 3 5 · Cfr. le dimostrazioni addotte sopr� , p. 3 3 n. 16. 36. Cfr. 5 , 1 9; 30, 1 1 s 1 5 ; 3 1 , 1 ; inoltre 5 ,24; 1 0,20; 1 2,6; 1 7,7; 29,1 9.23; 3 7,23 par. 2 Reg. 19,22; 4 1 , 1 4 ecc.; 5 8, 1 3 ecc.; ma anche ler. 50,19; s • , s ; Ps. 7 1 ,1 1 e 8 9, 1 9. 37· Cfr. W.H. Schmidt, Wo hat die Aussage: jahwe 'der Heilige ' ihren Ursprung?: ZA W 74 ( 1 962) 62 ss. .

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fs. 1, 1 0-17

accolto con derisione più o meno scettica. La leggerezza di un simile atteggiamento diviene particolarmente evidente alla lu­ ce della manifestazione del tre volte santo, illustrata al cap. 6. 3 8 1,9. Sopravvivenza come grazia. Se i versetti considerati sino a questo momento puntavano sulla situazione rischiosa, sulla collera divina minacciosamente incombente sul popolo, e quin­ di indirettamente sulla sua penitenza e conversione, un'ultima mano vi aggiunse l'intuizione confortante e insieme vincolan­ te per cui la sopravvivenza 39 stessa è segno della misericordia di J ahvé, cfr. Ps. 94, 1 7. Infatti, se le cose fossero andate solo se­ condo la giustizia e il diritto nessuno sarebbe scampato al giu­ dizio di Dio, come deduce lo scriba dalla storia a lui nota delle città di Sodoma e Gomorra, cfr. Gen. 19,24 s.,40 e dall'apostro­ fe rivolta ai capi e al popolo al v. 10.

1, r o- r 7. Obbedienza e sacri� ci Io

Udite la parola di Jahvé, voi capi di Sodoma, ascoltate l'insegnamento del nostro Dio, popolo di Gomorra: I I «Che cosa m'importa dell'abbondanza dei vostri sacrifici ?» dice Jahvé. «Sono sazio degli olocausti di montoni e del grasso di giovenchi ingrassati. Il sangue dei torelli ' 1 e dei capri non lo gradisco! I 2 Quando venite a 'veder eu il mio volto, '

3 8. Cfr. sotto, p. I 70, nonché H.-P. Miil1er, THAT n, 597 ss. (= DTAT n, 539 ss.). 39· Per questa espressione cfr. anche Num. 2 I ,3 5 ; Deut. 2,34; fos. 8,22; 2 Reg. I O, I I ; Lam. 2,22; fer. 3 I ,2 ecc. 40. Cfr. Deut. 29,22; fs. I J ,I9; fer. 49, 1 8; 50,40; Am. 4, 1 1 ; si veda anche fs. I , I o; 3 ,9; Lam. 4,6; Ezech. 1 6,46 ss., nonché Soph. 2,9 e Deut. 3 2,32. 1. G omette a ragione «e degli agnelli», che turba sia l'elenco degli animali a seconda della grandezza, sia il parallelismo a coppie rispetto a I I a� ed è quindi da considerare una glossa. 2. In luogo del ni. leggi lir'ot. La tradizione giudaica, ravvisabile anche in G e ·V, ha

Obbedienza e sacrifici 3

chi lo ha preteso da voi, 4 che calpestiate i miei cortili ? 1 3 Non portatemi più offerte inutili, incenso, che per me è un abominio. Novilunio e sabato, convocazioni di assemblee sacre ­ non sopporto delitto 5 e solennità! 14 I vostri noviluni e le vostre feste la mia anima li odia. 6 Sono per me un fastidio: sono stanco di sopportarli. I 5 E se stendete le vostre mani mi copro gli occhi davanti a voi. E se anche raddoppiate le preghiere non ascolto! Le vostre mani sono piene di sangue ! 7 1 6 Lavatevi, puri:ficatevi ! Togliete il male delle vostre azioni dalla mia vista! Smettete di fare il male, 17 imparate a fare il bene! Ricercate il diritto, �iutate l"oppresso'! 8 Rendete giustizia all 'orfano, difendete la causa dell a vedova!

I , I 0- 1 7. Questo testo - un insegnamento profetico, o torà, sul sacrificio - è uno dei discorsi del libro d'Isaia più significativi

e più discussi da un punto di vista storico-religioso. Fortuna­ tamente però è anche tra quelli di maggior effetto per la dram­ maticità poetica, motivo per cui troverà sempre lettori parte­ cipi e ascoltatori attenti al di là di ogni controversia scientifica. - Per l'esegesi di questo passo, il problema principale riguarda la sua origine: siamo di fr.onte a un fondamentale rifiuto del samodificato l'antica formula cultuale, divenuta sconveniente, nel rispetto di una con­ cezione di Dio posteriore che mantiene una rigorosa distanza dal mondo. 3· Per la presunta soppressione di un emistiçhio cfr. sotto, p. 4 1 . 4 · Lett.: «dalle vostre mani». 5 . In luogo d i «delitto)) G legge �o m , «digiuno». 6. Cfr. Brockelmann § 35 b. 7· I Qlsa completa: «le vostre dita nella colpa». 8. Con G, A, S, 8, V e T.M. leggi bamu,.

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crificio, e quindi a u n insegnamento generale, oppure a un rife­ rimento alla situazione cultuale contingente ? 9 È necessario, poi, porsi un'ulteriore domanda: vi sono sufficienti motivazio­ ni per attribuire la pericope al profeta Isaia, e collocarla dun­ que al primo o al tardo periodo del suo operato, secondo il parere unanime della ricerca sino a questo momento, oppure, come i due discorsi precedenti in I ,2 s. e I ,4 ss., essa risale a un autore profetico anonimo collocabile cronologicamente nella prima età postesilica e collegato al tempio ? Il testo risulta delimitato dall'attacco del v. I o, in cui si tro­ va la formula d'apertura di un insegnamento.10 I vv. I I - 1 7 proseguono col discorso di Dio, contrassegnato dal contenuto e dalla formula di citazione del v. I I aa e il profeta è presenta­ 2 to come l'intermediario di questo discorso. L'ulteriore formu­ la di citazione al v. I 8a indica che con questo versetto ha ini­ zio una nuova unità. - Nel discorso di Dio dei vv. I I - I 7 vi so­ no parecchie stranezze: in primo luogo al v. 1 2a manca un'e­ spressione parallela. Se si ipotizza che sia caduto un emisti­ chio, ne risulterebbe un poema a due strofe di nove stichi cia­ scuna, la cui prima strofa terminerebbe dopo il v. I 3· Ammet­ tendo tale struttura, risulta attenuata la seconda stranezza per cui all'inizio del v. 1 3 b e in I 4a compare il medesimo termine. È infine insolito che non vi sia parallelismo nel versetto for­ mato da I 5 b e I 6aa. Il grande manoscritto della grotta I di Qumran proprio dopo «le vostre mani sono piene di sangue» ha inserito «le vostre dita nella colpa» . 1 1 Questa aggiunta è tut­ tavia inopportuna dal momento che causa ulteriori scompensi nella composizione. Per comprendere la particolare forma, il contenuto e la si9. Cfr. da un lato Duhm; Marti; Gray e Eichrod t ad lo c. , e in particolare R. Hent­ schke, Die Stellung der vorexilischen Schriftpropheten zum Kultus (BZAW 75), Ber­ lin I 9 5 7, 94 ss.; dall'altro Feldmann; Procksch; Fischer; Kissane; Hertzberg; Stein­ mann; Herntrich; Penna; Fohrer; Kaiser '-4; Wildberger e Auvray ad loc. , e in partico­ lare E. Wi.irthwein, Kultpolemik oder Kultbescheid?, in Fs. Artur Weiser. Tradition und Situation, Gottingen I 963 , I I 5 ss. Wort und Existenz, Gottingen I 970, I 44 ss. 10. Cfr. sopra, p. 25 n. 8. 1 1 . Cfr. n. 7· =

Obbedienza e sacrifici

tuazione che P autore profeti co di fatto o idealmente presup­ pone, è necessario premettere alcune osservazioni di carattere generale. In Israele non è possibile immaginare l'azione dei sa­ cerdoti e quella dei profeti totalmente separate l'una dall'altra. L'attività di entrambe le categorie, seppur con un differente grado di esclusività, era legata al tempio come luogo della pre­ senza di Dio a cui la comunità si accostava per il sacrificio di supplica e di ringraziamento. Qui il sacerdote svolgeva il suo ministero quotidiano occupandosi del tempio in quanto casa di Dio; qui offriva il sacrificio per il popolo e per ciascuno dei suoi membri, ogni giorno e nelle occasioni appositamente pre­ viste. Negli atri del tempio istruiva il popolo sul sacrificio adat­ to, sulla purità e l'impurità, decideva in merito ai casi che gli venivano sottoposti ed emetteva il suo giudizio sui sacrifici e sulla purità delle persone. Riguardo all'accettazione o al rifiu­ to del sacrificio, e dunque all'esaudimento o meno della suppli­ ca a esso collegata, pare che nel corso del tempo l'oracolo ispi­ rato del profeta abbia sostituito quello sacerdotale di natura tec­ nica; ed era compito quindi dell'oracolo profeti co dare le ne­ cessarie informazioni relative al culto. In parecchi salmi di sup­ plica individuale si avverte un singolare mutamento d'umore, che comporta il passaggio dal lamento e dalla supplica all'inno di ringraziamento. La spiegazione migliore è che questi salmi costituiscano un formulario di preghiera nel quale, tra l'inno di supplica e quello di ringraziamento, sia stato lasciato lo spa­ zio per l'insegnamento sul culto, cfr. ad es. Ps. 6; 28 o 5 4 · L'as­ sunzione da parte dei cantori del tempio levitici del ruolo dei profeti cultuali in età postesilica non è certamente priva di uno sviluppo storico. l} Questi sono menzionati come poeti nelle u

1 2. Cfr. Wiirthwein, 1 2 5 s. = 1 5 4 s.; A.R. Johnson, The Cultic Prophet and lsrael's Psalmody, Cardiff 1 979, 2p ss. e 3 5 9 ss., si veda anche J. Begrich, Das priesterliche Heilsorakel: ZAW 5 2 ( 1 93 4) 8 ss. = Ges. Studien zum Alten Testament (ThB 2 1 ), Miinchen 1 964, 2 1 7 ss. e O. Ploger, Priester und Prophet [ZAW 63 ( 1 9 5 1 ) 1 5 7 ss.] in Aus der Spatzeit des Alten Testaments, Gottingen 1 970, 34 s. 1 3. Cfr. A .R. Johnson, The Cultic Prophet in Ancient lsrae/, Cardiff 2 1 962, 69 ss.; più cauto A. Cody,A History of O/d Testament Priesthood (AnBib 3 5 ), Roma 1 969, 1 86 s.

/s.

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1,10-17

soprascritte di un gran numero di salmi. È quindi molto pro­ babile che insieme alla custodia del patrimonio liturgico a essi spettasse anche la tutela dell'eredità spirituale del loro popolo. Sulla base di queste premesse è possibile attribuire la presa di posizione sul sacrificio in un libro profetico, quale è il caso della pericope in esame, al fatto che proprio ai profeti spettava il compito di dare un parere su di esso. Al contempo tuttavia la formula introduttiva d'apertura dell'insegnamento, v. I o, im­ pedisce di considerare la pericope un semplice parere. La torà, ossia l'insegnamento o istruzione, secondo ler. 1 8, I 8 era ri­ tenuta tipica del sacerdote quanto il consiglio lo era del saggio e il detto del profeta. Si può di fatto partire dall'ipotesi che fos­ se compito specifico del sacerdote dare informazioni su tutte le questioni inerenti all'esercizio del culto, come la vittima giu­ sta, la purità e l'impurità, cfr. Lev. I -7; I I - I 5 ; Ag. 2, 1 ss. e Mal. 2, 7. 1 4 - Ma oltre a ciò, e parimenti in origine, vi era la torà sa­ pienziale, basata sull'esame critico della tradizione alla luce del­ l'esperienza, cfr. ad es. Prov. J , r ; 6,2o; I J , I 4, il cui compito era quello di mostrare al «figlio» carnale o spirituale la via per una vita ineccepibile di fronte a Dio e agli uomini, lunga e felice grazie alla risposta di Dio all'onestà dell'uomo. 1 5 Che una vita ineccepibile di fronte a Dio rendesse anche necessario occupar­ si del sacrificio discendeva dali' importanza fondamentale per il rapporto con Dio tradizionalmente attribuita a quest'ultimo. 1 6 N el testo in esame confluiscono la tradizione sacerdotale, quella profetica e la tradizione sapienziale che si preannuncia già nell'introduzione: in un primo momento si può essere ten­ tati di spiegare questo fatto con la formazione sapienziale rice­ vuta dal profeta Isaia, come è accaduto più di una volta negli ul­ timi due decenni. 17 Al riguardo è possibile richiamare i paral-

14. Cfr. J. Begrich, Die priesterliche Tora (BZAW 66), 1 936, 63 ss. ThB 2 1 , 232 ss. e J. Jensen, The Use of tora by lsaiah. His Debate with Wisdom Tradition (CBQM 3 ), Washington 1 973, 6 ss. e 26 s. 1 5 . Sul termine tora cfr. anche G. Liedke - C. Petersen, THAT n, 1032 ss . (= DTAT n, 93 I ss.). 16. Cfr. sotto, pp. 50 ss. 17. Cfr. J. Fichtner, ]esaja unter den Weisen: ThLZ 76 ( 1 9 5 1) 75 ss. = Gottes Weisheit. =

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leli di questa pericope in Am. 5 ,2 I ss.; Os. 6,6; 8, I J ; ler. 6, 1 9 ss.; 1 4, 1 4 s. e Mal. I , 1 o; 2, I 3 ss. e considerarla dunque un discor­ so profetico genuino. 1 8 D'altra parte proprio una tale commi­ stione di tradizioni porta di necessità a porsi la domanda oppo­ sta: si è veramente di fronte a un detto profetico originariamen­ te orale, o non si tratta piuttosto, in accordo con i due testi pre­ cedenti, di un'opera scritta in età tarda, destinata fin dall'inizio a essere collocata ove si trova attualmente ? 19 È difficile che da un esame della terminologia sacrificale riguardante l' accettazio­ ne o il rifiuto dei sacrifici ci si possa aspettare un contributo chiarificatore, a motivo della marcata specializzazione di que­ sto linguaggio. È comunque degno di nota che l'introduzione alla domanda del v. I I compaia nuovamente nel detto di Ier. 6, 20, anch'esso critico nei confronti dei sacrifici. La dichiara­ zione di non gradimento che conclude il versetto ha invece un corrispondente non solo in Os. 6,6 ma anche e più esattamen­ te in Ps. 40,7 s., in cui ricorre addirittura la medesima sequen­ za di sacrificio e olocausto. 20 Maggiore importanza bisogna probabilmente attribuire all 'espressione all'inizio del v. I 2b, « cercare qualcosa dalle mani di qualcuno», in quanto essa ha come unico corrispondente un testo deuteronomistico, segna­ tamente 1 Sam. 2o, I 6.21 Seguendo questa pista si scopre che la formula «il male delle azioni» di I 6ab, difficilmente può essere fatta risalire ali ' vi i i secolo, mentre è attestata nel tardo vn e nel primo VI secolo a.C., e trova frequente applicazione nel li­ bro di Geremia, compresi i suoi strati deuteronomistici. 22 È Ges. Studien zum Alten Testament: AzTh n, J, Stuttgart 1 965, 1 8 ss.; W. McKane, Prophets and Wise Men (SBS I, 44), London 1 965 ( 1 966), 65 ss., che a dire il vero ve­

de il profeta impegnato in un confronto con la più antica sapienza, e J. Jensen {n. 6), 68 ss. e 1 22 ss. I 8. Cfr. Vermeylen 1, 5 7, ma anche 109. 1 9. Cfr. sopra, pp. 28 s. e p. 3 3 · 20. Su Ps. 40,7 ss. cfr. anche J. Becker, lsrael deutet seine Psalmen (SBS 1 8), Stuttgart 1 966, 70 ss. 2 1 . Cfr. T. Veijola, Die Ewige Dynastie: A ASF B 1 93 { 1 975) 82 ss. 2 2 . Cfr. Deut. 28,2o; Os. 9, 1 s; ler. 4,4; 2 I , I2; 2J,2.22; 24,2 ss.; 2 S , s ; 26,3 e 29, 1 7, non­ ché Ps. 28, 5 . - Sulle difficoltà di Os. 9, 10 ss. cfr. il tentativo di Ina Willi-Plein, Vorfor­ men der Schriftexegese innerhalb des AT ( BZAW 1 23), Berlin 1 97 1 , 1 78 ss., che tutta-

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sorprendente constatare c he i l doppio invito d i I 6b e I 7a rap­ 1 presenta l'esatto capovolgimento dell 'espressione presente in ler. 4,22 e I J ,2J . Merita inoltre considerazione la raccomanda­ zione di tutelare il diritto dell'orfano e della vedova in quanto si tratta di una parte importante del patrimonio intellettuale della teologia deuteronomista-deuteronomistica, 23 benché qui compaia la triade straniero, orfano e vedova. Bisogna infine te­ ner presente che la formulazione fondamentale secondo la qua­ le Jahvé preferisce l'obbedienza al sacrificio rientra nel mede­ simo contesto tradizionale, cfr. 1 Sam. I 5 ,22. 24 Queste osser­ vazioni, insieme a quanto più sopra accennato - e che sarà svi­ luppato più avanti - sull'influsso del pensiero sapienziale, pa­ iono giustificare la conclusione che anche la presente pericope sia un detto formulato nell'ambito della teologia deuterono­ mistica. In tal modo non risulta arduo individuare l'intento di un tale ampliamento nel prologo: in un'età in cui il giudaismo come comunità di culto si era costituito attorno al tempio di Gerusalemme e contemporaneamente doveva sopportare la condizione di privazione della libertà nel proprio paese dive­ nuto provincia persiana, era ovvio che si cercasse d'indurre Jahvé a intervenire in favore del suo popolo ricorrendo a un maggior numero di offerte sacrificali. Anche solo testi come 1 Sam. I 5 e Ps. 5 0 assicurano che in una simile situazione era forte la tentazione di trascurare i doveri morali di solidarietà a vantaggio di quelli cultuali. 15 - Se ci s'interroga sulla figura che via non pare averle risolte defi nitivamente. - Per la parte del libro di Geremia ricono­ sciuta come deuteronomistica cfr. il compendio di Kaiser, Einleitung ", 224 s. 23. In questa teologia ritroviamo la triade straniero, orfano e vedova in Deut. 1 0, 1 8; 1 4,29; t 6, I 1 . 1 4; 24, 1 7 ss.; 26, 1 2 s.; 27, 19; Ps. 146,9; per la formula cfr. ler. 7,6; 22,3; Ezech. 22,7 e, al plurale, Ps. 68,6. 24. Cfr. Veijola (n. 13), 102, e Idem, Das Konigtum in der Beurteilung der deuterono­ mistischen Historiographie: AASF B 1 9 8 ( 1 977) 8 8 . 2 5 . Poiché i l salmo di Asaf espone l e sue argomentazioni sullo sfondo della concezio­ n� di alleanza, vi è doppiamente motivo di ritenere che si tratti di un salmo postesili­ co. Per gli asafiti cfr. sotto, n. 46; sull'antichità del concetto di alleanza cfr. L. Perlitt, Bundestheologie im Alten Testament (WMANT 36), Neukirchen 1 969, 279 ss.; per la datazione di Ps. 5 0 cfr. anche A. Deissler, Die Psalmen, Dusseldorf 1 1 979, 204.

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con tanta maestria seppe comporre le differenti tradizioni sul­ la scia dell'eredità deuteronomistica, bisognerà ancora una vol­ ta pensare alla cerchia dei cantori del tempio, riconoscendo in essi coloro che in maggior misura amministrarono e amplia­ rono in età postesilica il patrimonio spirituale del popolo. Può dunque darsi che sia stato uno di loro a rendere più concreti in I , 1 o- I 7 i rimproveri di empietà rivolti al popolo che in I ,2 s.4 ss. e I 8 ss. erano stati espressi in termini tanto generali, to­ gliendo così la possibilità di obiettare a tutti coloro che di fron­ te a un culto fiorente li consideravano infondati. Ciò significa al te mp o stesso che la pericope in esame è stata accolta nel prologo più tardi dei detti appena citati. I , I O- I J . Delitto e assemblea sacra. L'anonimo autore inizia il

discorso d'invettiva e ammonimento, pronunciato in nome del Dio il cui culto è condiviso dalla comunità, e utilizza la medesima formula d'apertura di un insegnamento che compa­ re in I ,2a. Egli reclama attenzione per l'istruzione in nome di Jahvé che seguirà, cfr. anche 30,9 e 8, I 6. Parlando dei capi po­ litici, definiti «principi di Sodo ma» , 26 e degli uomini m alvagi che chiama «popolo di Gomorra», l'autore ha in mente i par­ tecipanti a un rito sacrificale, radunati, come era consuetudine, nel cortile interno del tempio. 2 7 In accordo con I ,2 s. e I ,4 ss. con ciò si riafferma che a tutto il popolo nella sua composi­ zione attuale è rivolto il giudizio di distruzione di J ahvé, così come un tempo esso aveva colpito le leggendarie città di So­ doma e Gomorra, cfr. Gen. 1 8,20 s. e I 9,24 S.2 8 E poiché non ci si limita all'accusa, ma a essa fa seguito un rimprovero posi­ tivo, da questa introduzione il discorso intero acqu ista il carat­ tere di un'energica omelia penitenziale, e si trasforma in una lezione su come il popolo votato allo sterminio può scampare una volta ancora al giudizio di Dio. 29 26. Per l'ebr. qa�in cfr. l'arabo qa�a, «decidere», e qaf/,i, «giudice», inoltre 3,6 s.; Mich. 3 , 1 .9; Ecclus 48,14; lud 1 1,6 e Dan. I 1 , 1 8. 27. Cfr. H.P. Riiger, B HH III, 2 1 1 9. 2 8 . Cfr. sopra, p. 39 e n. 40. 29. Cfr. H.W. Hoffmann, lntention, 9 5 · .

fs.

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I,Io-17

I I. L'interrogativo irato, retorico, che, come è usuale in que­ sto genere, attende risposta negativa e che costituisce al v. I I il

vero e proprio inizio del discorso di J ahvé, si contrappone a una concezione del sacrificio che dal punto di vista storico­ religioso può essere considerata sia atavica sia tarda e degene­ rata. In tale contraddittoria caratterizzazione, la storia della fe­ de in Dio e dell'animo umano si palesa in una maniera singo­ lare, simile alle eruzioni vulcaniche, proprio là dove si parla di sacrificio. La concezione del sacrificio qui ravvisabile è tardiva in quanto intende il sacrificio come offerta alla divinità. L'ori­ gine del sacrificio risiede certamente nell'esperienza che la vita è possibilè solo mediante la morte, e in tal senso il sacrificio è una reiterazione della morte del dio dal quale la vita era nata e continuava a nascere sempre nuova. 30 Il discorso di Dio si con­ trappone tuttavia a una concezione del sacrificio che è anche degenerata, dal momento che considera la moltiplicazione dei sacrifici in quanto tale un atteggiamento gradito a Dio. Una ta­ le concezione è inoltre atavica poiché, in base a una concezio­ ne di Dio superata, ritiene erroneamente che Dio abbia le stes­ se esigenze dell'uomo. E certamente è primitiva quando esige che il sangue in cui scorre la vita stessa sia asperso in espiazio­ ne sull'altare di Dio, restituendolo così al datore della vita, cfr. ad es. Lev. 1 7, 1 r ; Gen. 9,4. In un mondo mutato, il sacrificio, solo in quanto segno di offerta riconoscente e di rinuncia, po­ trebbe trovare giustificazione fino ad annullarsi nella rinnova­ ta superiore concezione primordiale di reiterazione della mor­ te di Dio, divenendo per ciò stesso superfluo, cfr. anche Hebr. 7 · - Il v. r I riporta i due tipi fondamentali del sacrificio israeli­ ta, il sacrificio cruento, zebap, e l'olocausto, 'ola. La vittima sacrificata era ripartita tra la divinità, il sacerdote e l'offerente. In quanto sacrificio di comunione ristabiliva la relazione di amicizia tra Dio e uomo, cfr. Lev. 3 e 7, 1 ss. L'olocausto, o sa­ crificio totale, era bruciato completamente a Dio sull'altare, a 30. Cfr. A .E. Jensen, Die getotete Gottheit (UB 90), Stuttgart 1 966, 1 1 5 de, Die Religion und das Heilige, Darmstadt 1 966, 377 ss.

ss. e

M. Elia­

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eccezione della pelle che spettava al sacerdote, cfr. Lev. 1 ss. Gli animali adatti al sacrificio erano torelli, montoni, arieti o colombe per quanto riguarda l'olocausto; bovini, pecore o ca­ pre per quanto riguarda invece il sacrificio cruento.3 1 Gli arieti e i giovenchi, come mostra la menzione del grasso riguardo agli ultimi citati, cfr. anche 1 Sam. I 5 , 22, vanno ripartiti tra i due tipi di sacrificio. Il grasso, infatti, era bruciato alla divinità insieme a reni e interiora in occasione del sacrificio di comu­ nione. L'accenno al sangue rimanda alle manipolazioni legate all'olocausto, cfr. ad es. Lev. I , 5 ; J , I J ecc.32 Tutto questo, co­ me dichiara J ahvé per bocca dei suoi intermediari, «io non lo gradisco». È qui ripresa un'espressione chiave che potrebbe ri­ salire alla dichiarazione sacerdotale riguardante l'accettazione o il rifiuto di un sacrificio da parte di Jahvé, e che da qui sareb­ be entrata nella critica alla prassi sacrificale, cfr. Os. 6,6; Mal. 2, I 7 e Ps. 40,7; 5 I , I 8. ·

1 2. Il v. I 2a sottolinea quanto dovesse suonare paradossale que­ sto discorso agli israeliti, dal momento che chiunque nel corso di pellegrinaggi e sacrifici poteva sostenere che era J ahvé stes­ so a pretendere che ci si presentasse al tempio a mani piene tre volte l'anno: in occasione della festa degli azimi, di quella delle settimane e di quella delle capanne.33 La formula «vedere il volto di Dio» proviene dalla terminologia cultuale preisraelita. Essa presuppone che nel santuario il pellegrino sia in grado di vedere il volto raffigurato del dio. Poiché in Israele non pote­ va esservi alcuna immagine di Dio, tale espressione divenne semplicemente un termine tecnico a indicare la visita al tem­ pio. Con ciò non ha tuttavia perso la sfumatura che possedeva occasionalmente nel linguaggio liturgico babilonese, per richie­ dere l'aiuto della divinità da cui ci si era recati, cfr. ad es. Ex. 31. 32. 33·

Cfr. F. Blome, Die Opfermaterie in Babylonien und lsrael, Roma 1 934, 4 1 5 Cfr. R. de Vaux, Studies in 0/d Testament Sacrifice, Cardiff 1 964, 27 ss. Cfr. Ex. 23,1 7; 34,2 J.2ob; Lev. 2 3

e Deut.

1 6, 1 6.

ss.

fs.

49

11 10-17

23 , 1 5 . 1 7;

Deut. 1 6, 1 6; Ps. 42, 3 e

8 4 ,8.34 Considerata la situa­

zione del popolo, di fatto ciò che si chiedeva a J ahvé era dive­ nuto un peso per Dio, cfr. v. 1 4; i pellegrini, fossero ricchi o poveri, erano divenuti una visita indesiderata il cui accalcarsi è sprezzantemente definito un calpestare gli atri del tempio. H

1 3. Il v. 1 3 proibisce perciò la pratica cultuale nel suo com­ plesso motivando tale divieto. Il v. 1 3 acx è espresso in forma di divieto, nello stile di una proibizione divina assoluta quale ci è nota ad es. dal decalogo, l'elenco dei dieci comandamenti, cfr. Ex. 20, 1 3 ss. - Il v. 1 3 a�, invece, parlando di abominio ci in­ troduce in un campo terminologico in cui il pensiero legalisti­ co e quello sapienziale di fatto coincidono,36 e sottolinea in tal modo l'invincibile avversione di Jahvé per un meccanismo cul­ tuale svuotato di ogni significato. Di conseguenza ogni ulte­ riore presentazione 37 di offerta 3 8 risulta vana e dannosa.39 L'in­ censo, che si pensa sia gradito a Dio e in grado di placarne l'ira, cfr. ad es. Gen. 8, 2 1 e Lev. 1 ,9; 3, 5 , in realtà è per lui un abominio.40 Lo stesso vale per solennità ricorrenti quali il no­ vilunio, giorno in cui per la prima volta si torna a vedere la fal­ ce della luna, Ecclus 43 8 ; il sabato, cfr. Ps. 8 1 ,4; le feste peniten­ ziali e del ringraziamento indette a tempo debito. 41 In I 3 b è chiarito il motivo della proibizione in modo tagliente e indi,

34· Cfr. F. Notscher, «Das Angesicht Gottes schauen» in biblischer und babylonischer Auffassung, Darmstadt 1 1 969, 88 ss.; cfr. anche 72 ss. 3 5 · Cfr. Ps. 84, 1 1 . 36. Cfr. ad es. Lev. 20, 1 3 ss. e Deut. 17, 1 ; 22,5 con Prov. 6, 16; 1 5 ,8 ; 1 1, 1; si veda an ­

che J. Jensen (n. 6}, 74 ss. e 76 n. p . 37· Per l'uso tecnico di hebi', «offrire», nel linguaggio sacrificale cfr. ad es. Gen. 4,3 s.; Lev. 4,4 ss. e 5 ,6 ss. 3 8 . minba, «dono», e q��oret, «incensamento », forse sono qui da intendere in senso ge­ nerale e non specificamente per le offerte d'incenso e di cibo. Ma cfr. Feldmann ad loc. 39· Per saw', «Vanità», cfr. ad es . ler. 2,Jo; Ps. 6o, I 3 ; Os. I 0,4 e Deut. 5 ,2o; cfr. con cautela anche J.F.A. Sawyer, THAT n, 882 ss. (= DTAT n, 796 ss.). 40. Per Jahvé è una to 'eba, un abominio, tutto ciò che egli emotivamente rifiuta e che rende chi lo compie meritevole di sterminio, cfr. ad es. Lev. I 8,22.26 ss.; Deut. 1 2 , 3 I ; Prov. J ,J I s. e 6,1 6 ss.; inoltre E . Gerstenberger, THAT n , 1 0 5 I ss. (= DTAT II, 948 ss.). 4 1 . Cfr. Num. I o,2.7 e Wildberger ad loc.

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menticabile: la commistione e l'accostamento tra un compor­ tamento nocivo alla comunità, cfr. anche 1 0, 1 ; Mich. 2, 1 e Prov. 6, 1 8,'�2 e le assemblee sacre ridotte in tal modo a un pio quanto vano affacendamento è cosa insopportabile 43 a J ahvé. Questa critica al culto non va ricondotta a un genuino im­ pulso profetico, ma ha una lunga preistoria nel movimento spirituale detto sapienziale che è possibile ritrovare in Egitto e in Asia anteriore fin dal I I I millennio. Si tratta di una scuola di pensiero che riflette sull'utilità e le finalità delle cose di questo mondo e svolge dunque un'azione chiarificatrice collegando sempre le proprie iniziative all'esperienza maturata. Così il principio secondo il quale l'obbedienza vale più del sacrificio, che trova in 1 Sam. I 5,22 la formulazione più precisa, è già presente nella sapienza egiziana della fine del terzo millennio a. C. nella cosiddetta Dottrina per Merikare. Qui, alle righe 1 27 ss. si può leggere: « Rendi bella la tua residenza in Occidente, ed eccellente la tua dimora nella necropoli, mediante la rettitu­ dine e compiendo ma 'at (ossia ciò che è conforme all'ordina­ mento primitivo del mondo). Questo è ciò in cui può confida­ re il cuore di un uomo. Risulta infatti più gradita la virtù del­ l' onesto che non il bue sacrificato da chi ha commesso il pec­ cato». Ma già la frase successiva riporta l'equilibrio mostran­ do che il termine « migliore» non intende sopprimere la prati­ ca del sacrificio ma cerca un atteggiamento di fondo che ne ren­ da possibile l'accettazione: «Fai qualcosa per Dio - prosegue il saggio - affinché egli faccia lo stesso per te, con offerte sostan­ ziose che riforniscano abbondantemente l'altare e con iscri­ zioni. In questo modo il tuo nome si conserverà. Dio conosce colui che compie qualcosa per lui».44 - La medesima concezio42. Cfr. K.-H. Bernhardt, ThWAT I, 1 5 1 ss. ( = GLAT I, 299 ss.). 43· Sulla 'a�ara cfr. E. Kutsch: VT 2 ( 1 9 5 2) 65; propriamente «riposo dal lavoro». 44· Cit. secondo A. Volten, Zwei altagyptische politische Schriften: AAeg 4 ( 1 9 54) 3 ss., in H.H. Schmid, Wesen und Geschichte der Weisheit (BZAW 1 0 1 ) , Berlin 1 966, 2 1 5 ; cfr. anche AOT 1, 3 5 , e ANET l·J, 6 1 7h; si veda anche H. Brunner, Grundzuge einer Geschichte der altiigyptischen Literatur, Darmstadt 1 966, 3 7 ss.

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1,10-17

ne è ravvisabile anche nella sapienza veterotestamentaria dei Proverbi. Già il primo degli esempi riportati sopra, infatti, Prov. 1 5 ,8 con il suo parallelo in Prov. 2 I , 3 , evidenzia l'ideale prossimità al presente detto, in cui si afferma che per J ahvé il sacrificio dell'empio è un abominio, mentre la preghiera del giusto gli è gradita:u In questo stesso solco ideologico si pone la constatazione di Prov. 2 I , 3 secondo la quale Jahvé al sacrifi­ cio preferisce la pratica della giustizia e dell'equità. - Se ci si volge all'estremo limite cronologico dell'Antico Testamento e oltre, si nota che per Qohelet l'ascolto nel tempio è migliore del sacrificio dello stolto, Ecci. 4, I 7. Il Siracide pone su uno stesso piano obbedienza e sacrificio riconoscendo il vero culto nell'obbedienza, nella riconoscenza e nella misericordia, 3 5 , I ss. e sottolineando al contempo che praticare queste virtù non esime dal dovere di presentare le offerte dovute, 3 5 ,6 ss. An­ che alla fine del Ps. 5o è sostenuto un atteggiamento simile. Il salmo è attribuito ad Asaf e dunque a una corporazione di can­ tori del tempio che probabilmente esisteva già durante il pri­ mo tempio e pare aver avuto il suo periodo di massimo splen­ dore in età postesilica, segnatamente nel v secolo.46 In questo salmo, ai vv. 8 ss., si nega che Jahvé dipenda in qualche modo dai sacrifici dell'uomo, tuttavia al v. 1 4 vi è l'esortazione a of­ frirgli sacrifici di lode e a sciogliere a lui i propri voti. 47 No n sarà inutile gettare uno sguardo, oltre che sull'Egitto antico, an­ che sulla Grecia, di poco più recente, dove gli spiriti migliori elaborano una concezione analoga. Così ad es. Platone spiega­ va ai suoi concittadini «che per l'uomo retto il fatto di sacrifi­ care e aver relazione sempre con gli dei con le sue preghiere e offerte, con tutto il culto loro rivolto, è ciò che vi è di più bel-

4 5 · Cfr. ] . Jensen (n. 6), 74 s. 46. Cfr. H. Gese, Zur Geschichte der Kultsanger am zweiten Tempel, in Abraham unser Vater. Fs. Otto Miche/ (AGSU 5 ), Leiden 1963, 222 ss. = Vom Sinai zum Zion (BEvTh 64), Miinchen 1974, 1 4 5 ss. 47· Per l'esegesi di Ps. 50, 1 4 cfr. Ch.A. Briggs, The Book of Psalms 1 (ICC), Edin­ burgh 1 906 ( 1 969), ad loc. Su Ps. 5 1 , 1 8 ss. cfr. Idem, 11, 1 907 ( 1 969), ad loc.

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lo e migliore e più efficace per rendere felice una vita e più con­ veniente; per il malvagio tutto il contrario si dà per natura. Il malvagio infatti ha impura l'anima, il buono invece è puro; e non è mai cosa corretta che un uomo giusto o un dio accolga doni da mani macchiate. È vana, dunque, la molta fatica di pre­ gare gli dei per chi è empio, è quanto mai opportuno solo a chi è santo» (Leggi 4,7 1 6d-7 1 7a).48 Teofrasto, discepolo di Aristo­ tele, stando al De abstinentia di Porfirio, deve essersi espresso in maniera analoga: la divinità guarda più l'animo dell' of­ ferente che la quantità delle cose offerte» (2, 1 5 ). Ovunque gli uomini abbiano riflettuto autonomamente su Dio sono giunti alla conclusione che le pratiche cultuali non dispensano dal­ l' obbedienza morale, e che la semplice disponibilità d'animo è più gradita a Dio di una grande quantità di sacrifici. «

•••

1 , 1 4-17. Del giusto c u l to Se la prima strofa insisteva sulla ne­ gazione, il rifiuto di una devozione che si esaurisce nel culto esteriore e non è accompagnata da un retto agire nei confronti della comunità, cfr. anche 29, r 3 s., la seconda, dopo aver riba­ dito il rifiuto anche della preghiera e aver rafforzato l'accusa al v. 1 5 , dà l'indicazione positiva di come deve comportarsi il po­ polo per risultare effettivamente gradito a Dio. A questo riguar­ do, la collocazione della preghiera nel rifiuto divino mostra con la massima efficacia che argomento di tutta la pericope non è un rigetto di fondo del ritualismo, bensì un rifiuto legato alla situazione contingente. La preghiera, infatti, non è un ingre­ diente qualsiasi della fede in Dio al quale egli potrebbe anche rinunciare, ma ne è l'espressione vitale di fondo. Dalla fermez­ za e costanza del credente è possibile comprendere se questi fac­ cia realmente affidamento su Dio e sulle sue possibilità d'in­ tervenire attivamente in un mondo in divenire, oppure se la sua fede sia in realtà solo la conclusione logica di un mondo .

48. Opere di Platone in otto volumi, ed. G. Eigler VIII, 1, trad. K. Schopsdau, Darm­ stadt 1 977, 259 [Platone, Opere complete VII, trad. C. Giarratano, A. Zadro, F. Ador­ no, Bari 1976, 1 3 3].

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53

che gli fa paura nella sua immensa infinitezza, e dunque Dio sia per lui solo un'idea del divino.49 Ma fintanto che la comunità crede di poter distinguere tra i suoi doveri immediati nei confronti di Dio e i doveri verso i bisognosi che vivono al proprio interno, o finché essa ha in ef­ fetti un tale atteggiamento, l'intera esibizione di culto nel tem­ pio di Gerusalemme, ivi compresa la preghiera, risulta odiosa a Jahvé.

14. Nel rifiuto dei giorni di festa e delle solennità, cfr. Lev. 23,2, che da inizialmente passivo diviene in seguito attivo, tali gior­ ni sono definiti un peso per Jahvé, cfr. Ps. I I , 5 ; Am. 5 ,2 I e Deut. I , I 2, il quale è stanco di sopportarli; ciò dimostra che nel cor­ retto rapporto dell'uomo con Dio ci si gioca nientemeno che la propria vita, dal momento che Dio, se si stanca di una per­ sona o di una cosa, ha il potere di liberarsene ponendole fine, cfr. Ier. I 5 ,6. 1 5· Dopo il rifiuto del sacrificio del v. I I h, al v. I 5 a si trova quello delle preghiere. L'autore riprende qui il linguaggio litur­ gico, lasciando in tal modo intendere che Dio agisce in modo contrario a quanto si aspettava l' orante presentatosi davanti a lui con le mani tese: 50 anziché volgere su di lui il suo sguardo per vedere la sua tribolazione, Dio serra gli occhi, Ps. I o, 1 , e anziché ascoltarne i lamenti si tura le orecchie, Lam. 3 , 5 6. 5 1 Forse in queste parole risuona ancora una volta l'informazio­ ne rituale su sacrificio e preghiera. 51 - È impossibile non nota­ re il rifiuto della credenza superstiziosa secondo la quale la po49· Cfr. F. Heiler, Das Gebet, Basel J 1 969, I ss. 50. Cfr. ad es. Ex. 9,29; r Reg. 8,22; sulla questione della preghiera pronunciata in piedi o in ginocchio cfr. R. Ap-Thomas, Notes on Some Terms Relating to Prayer: VT 6 ( 1 956) 2 2 5 ss. 5 1 . Cfr. Deut. 3 3 ,7; Ps. I 7,1 .6; 27,7; 28,2; 30,I I; 39,I 3; S •h4; 6I ,2; 84,9; 102,2; I I 9, I 49; 1 30,2 e I43, 1 , nonché Ps. 65,3 e 69,34. 5 2. Cfr. ler. 7, I 6; 1 1, 14; 1 4, 1 2; si veda anche Wiirthwein {n. I), 1 2 1 = I SO.

54

Obbedienza e sacrifici

tenza della preghiera dipenderebbe dalla sua lunghezza e la sua efficacia dalla frequenza con cui è ripetuta, cfr. anche Ecc/. 5, I e Mt. 6,7. - Al v. I 5 b è menzionata la ragione del rifiuto di sa­ crificio e preghiera, ed è probabile che vi sia anche un' allusio­ ne alla situazione della comunità offerente dalle cui mani gron­ da il sangue degli animali immolati, come nel proverbio nume­ rico di Prov. 6, I 6 ss. secondo il quale per Jahvé sono un abomi­ nio coloro che versano sangue innocente. Tale proverbio chia­ rifica il senso sotteso al passo in esame: una comunità le cui ma­ ni sono macchiate dall'assassinio5 3 non rispetta neppure le con­ dizioni indispensabili per varcare la soglia del tempio, Ps. 24,4. È infatti oggettivamente impossibilitata a svolgere il culto, e doppiamente votata alla morte: primo, perché J ahvé vendica il sangue innocente versato, cfr. Ps. 9, I 3 e Gen. 4, I ss., e secon­ do, perché all'atto stesso di varcare il cortile interno del tem­ pio ne ha resa impura l'intera superficie.

16- 1 7. L'invito a lavarsi e purificarsi,54 come dimostra il segui­ to, vale per le mani macchiate dalla colpa, non dal sangue dei sacrifici, e ha perciò carattere metaforico, cfr. Ps. 5 I , I 2. All'im­ perativo che spiega tale invito imponendo di smettere di fare il male 55 segue, in netta opposizione, la duplice esortazione a non agire più male in futuro per imparare invece a fare il bene, cioè a venire in aiuto dei deboli. Dal punto di vista letterario, essa ha lo stesso effetto di ler. 4,22 e I J ,2J , ove l'espressione è esat­ tamente rovesciata. Che l'oggetto dell'esortazione non siano cose generiche e scontate come l'aiuto quotidiano tra vicini di casa si evince dalla successiva duplice intimazione a ricercare la- giustizia, v. I 7a�, e a soccorrere l'oppresso. Il comando fi­ nale diviene concreto e mostra ciò che agli occhi dell'autore si interpone tra Dio e i sacrifici e le preghiere del suo popolo: l'approfittarsi di quanti non sono in grado di difendersi da soli S 3 · Cfr. Ex. 22,1 s.; Os. 4,2; Mich. 3 , 1 0 e Abac. 2, 1 2. 5 4· Cfr. J. Jensen (n. 6), 78, e ad es. Ps. 5 8, 1 1 ; Job 29,6 e Ex. 2,5 o Ps. e Ps. 1 1 9,9· S 5 · Cfr. gli esempi addotti sopra, n. 21.

73 , 1 3 ;

Prov. 10,9

/s. I,Io-17

in giudizio e dipendono quindi da un'onesta assistenza legale: vedove e orfani, esempi classici di personae miserae nel mondo orientale antico 56 che erano considerati particolarmente biso­ gnosi di protezione, affidati in modo speciale alla custodia di dei e re. Già nella cronaca del re sumero Urukagina di La gas h, XXIV secolo a.C., al fine di sottolineare la sicurezza raggiunta in campo giuridico grazie alle sue riforme, è scritto: «L'orfano e la vedova non subiscono più ingiustizia da parte del poten­ te» . 57 Nell'epilogo del famoso Codice di Hammurabi, re babi­ lonese del XVIII secolo a.C., il sovrano non trascura di ricorda­ re che ha provveduto affinché il forte non opprima il debole, e all'orfano e alla vedova sia resa giustizia. 5 8 Anche in Egitto è possibile trovare accenni alla protezione legale per la vedova e l'orfano negli insegnamenti regali. 59 Nella Ugarit cananea, inol­ tre, la capacità di governo del re si manifestava nella tutela del diritto di vedove e orfani. 60 Ovviamente anche in Israele non ci si comportava diversamente. Anche qui nei doveri del re ri­ entrava l'ascolto delle richieste delle vedove e provvedere affin­ ché nessuno opprimesse vedove e orfani, cfr. 2 Sam. 1 4, 1 ss. e ler. 22,3 . La tentazione di scavalcarne i diritti, sfruttando la loro situazione disperata fino al punto di prenderne come schia­ vi i figli, cfr. 2 Reg. 4, 1 ss., evidentemente era tanto grande che queste dovevano ricorrere alla protezione particolare di J ahvé, cfr. Ps. 68,6 ed Ex. 22,2 1 ss. Viceversa era preciso dovere della persona giuridicamente capace aiutarli affinché fosse resa loro giustizia, cfr. Deut. r o, r 8; ler. 7,6; /s. 1 ,23 e 1 0, 1 s., come pure 5 6. Cfr. E. Hammershaimb, On the Ethics of the 0/d Testament Prophets (SVT 7), Leiden 1 960, 75 ss. e F.Ch. Fensham, Widow, Orphan and the Poor in Ancient Near East Lega/ and Wisdom Literature: JNES 2 1 ( 1 962) 1 29 ss.; più in generale H. Bolke­ stein, Wohltatigkeit und Armenpjlcge im vorchristlichen Altertum, Utrecht 1 939. Sul v. 1 7b cfr. anche Ps. 82,3 . 5 7· Citato da H. Schmokel, Das Land Sumer (UB 1 3), Stuttgart 1 9 5 5 , 6 5 . s8. XXIV r n ss.; AOTZ, 402, e ANET l·J, 1 78a. 59· Cfr. Insegnamento per il re Merikare e Insegnamento di Amenemhet, ANET 2·J, 4 1 sa e •P 8b. 6o. Cfr. CTA 1 9, I, 20 ss.; 1 7, v, 4 ss.; 1 6, VI, 32 ss. e 39 ss. -

L 'appello alla decisione

Ps. 82,3 . Anche il divieto di Prov. 2J , I 0 61 d'invadere il campo degli orfani e delle vedove trova corrispondenza nell'In segna­ mento di A menofi 7, 1 4 s./2 ciò che dimostra che anche que­

st'idea faceva parte della sapienza.63 L 'ingiustizia che in modo aperto o velato è tacitamente tollerata nella società e colpisce quanti non sono in grado di difendersi e tutelarsi, agli occhi di questo sobrio autore del v secolo è la causa della divisione tra D io e il suo p opolo, di cui rende vani i sacrifici e le preghiere. A sostegno gli si affianca la testimonianza dei libri di Amos, Osea, Geremia e Malachia/4 che interpellano ancora oggi i cre­ denti sul modo in cui intendono comportarsi a questo riguar­ do . Questi testimoni non avrebbero sicuramente accettato che i problemi che ponevano venissero evitati in favore dell'alter­ nativa, che si presumeva adeguata al tempo, tra fede in Dio e aiuto attivo al prossimo minacciato nei suoi diritti. Erano in­ fatti convinti che proprio avere la massima considerazione di Dio dia all'uomo la forza per l'onestà morale e quindi anche per la disponibilità all'aiuto disinteressato. I , I 8 -20.

L'appello alla decisione

1 8 «Venite dunque e questioniamo insieme ! »

dice Jahvé. «Se i vostri peccati sono come abiti splendenti 1 sono contemporaneamente2 candidi come la3 neve ?

6 1 . Per il testo cfr. anche B. Gcmser, HAT 1, 1 6, Tiibingen 1 1 963 , ad loc. 62. Cfr. !rene Grumach, Untersuchungen zur Lebenslehre des Amenope: M ASt 23 ( 1 972) s6; AOTZ, 40 e ANET 2-1, 422b. 63 . Cfr. J. Jensen (n. 6), 82 s. 64. Cfr. Am. s ,2 1 ss.; Os. 6,6; 8,I J ; ler. 6, 1 9 ss.; 14,1 I ss. e Mal. I , Io; 2, 1 J ss. 1 . Il plurale attestato dal T.M. potrebbe riferirsi agli abiti tinti, e valere come lectio difficilior di fronte al singolare tràdito anche da I Q I s a . 2 . Sulla posposizione dèl cosiddetto imperfetto a indicare azione simultanea cfr. Bob­ zin § 7, I b. - Se si comprende rettamente la struttura sin tattica, è inutile ogni ulteriore discussione suWinterpretazione del versetto. Il problema che resta aperto, se cioè le frasi vadano interpretate come constatazioni o come domande, è di fatto irrilevante. 3· Per l'uso dell'articolo nel paragone cfr. G-K 28 § 1 260.

fs.

57

1, 18-20

Se sono rossi come porpora4 . sono contemporaneamente2 come la3 lana? 19 Se volete e ascoltate, con ciò 2 mangerete il meglio del paese. 20 Ma se vi rifiutate e vi opponete, nello stesso tempo 2 s arete divorati 'dalla spada' ! » .s Sì, lo ha detto la bocca di Jahvé. I , 1 8-2o. Ai vv. I9 e 20 i due principali concetti del breve di­

scorso di Jahvé, che prende a modello un processo giuridico di accertamento, 6 hanno una chiara impronta deuteronomistica. Il detto non può quindi essere attribuito al profeta Isaia, vissu­ to nell'viii secolo/ p oiché il movimento deuteronomista pare aver avuto inizio solo nel VII secolo.8 L'evidente connessione di questo discorso con 28,7 ss ., cfr. v. I 2, e con 3 0,8 ss., cfr. vv . 9 e 1 s , è particolarmente evidente al v. 1 9a. È quindi opinione generalmeQte condivisa che vada attribuito alla medesima ma­ no, come anche 1 ,2 s. e 1 ,4 ss. All'ammonimento indiretto se­ gue ora quello diretto, come era già accaduto ai vv . 1 6 s. dopo l'inserzione di I , I o ss.: il popolo è posto di fronte alla decisio­ ne tra obbedienza a Jahvé e vita, oppure disobbedienza e mor­ te, cfr. anche Deut. 30, 1 9 s. Nel presente contesto si concretiz­ za l'appello di 1 , 1 7, e indirettamente anche 1 , 2 1 ss.: l'obbedien­ za a Jahvé dovrebbe manifestarsi nella giustizia resa ai membri più deboli del popolo. Come già in I ,2 s. e I 4 ss., anche in questo caso ci si trova di fronte alla forza poetica del profeta e predicatore, che impiega sapientemente un linguaggio figurato particolarmente incisivo, composto da rappresentazioni vivaci e potenti antitesi che sgorgano dalle domande retoriche. L'am­ biente. vitale dell'autore, come già in 1 ,2 s. 4 ss. I o ss. e 2 I ss., è il libro stesso. ,

4· Per l'impiego concreto del termine cfr. Lam. 4, 5. 5· Leggi con I Qls 3 bapereb; cfr. però anche G-K zB § I 2 I C. 6. Cfr. H.-J. Boecker, Redeformen des Rechtslebens im Alten Testament (WMANT 1 4), Neukirchen 1964, 68 s. 7· Cfr. Th. Lescow, Die dreistufige Tora: ZA W 82 ( 1 970) 3 73, e J. Vermeylen I, 5 8 ss. 8. Cfr. ad es. Kaiser, Einleitung \ I 20 ss. e I 5 5 s�.

L 'appello alla decisione

1 8a. In questo detto, Jahvé affronta come un avversario i suoi ascoltatori, con i quali ha in corso una disputa, esortandoli a presentarsi con lui al giudizio di un tribunale.9 Il carattere fittizio della situazione emerge già dal fatto che gli uomini alla fine non avrebbero alcuna possibilità d'imporre una propria valutazione della causa divergente da quella di Dio, cfr. Iob 9, 1 ss. Non sarebbe infatti concepibile un giudice in grado di porsi al di sopra di J ahvé. Per cui p er procedere contro Dio essi potrebbero fare appello, come Giobbe, unicamente a Dio. Eppure questa situazione di contesa non è un semplice espe­ diente stilistico. Riprende invece l'accusa diffusa tra il popolo riguardante la sua propria sventura, ritenuta un'ingiustizia cau­ sata da Jahvé, e dà voce all'accusato perché risponda e conduca il popolo a comprendere e a convertirsi. L'accusa del popolo può riferirsi concretamente solo alla sorte che gli era toccata nel 5 8 7 in conseguenza del crollo del regno davidi co. 10

1 8b. Il duplice interrogativo del v. 1 8 b Il stabilisce irrefutabil­ mente che i peccati, 1 2 brillanti come una stoffa cremisi tinta con il succo estratto dalle uova e dal corpo di una minuscola specie di cocciniglia, 1 3 non possono essere al contempo candidi come neve o bianchi come lana naturale, cfr. anche Ps. 5 1 ,9 . Un po­ polo peccatore non può essere al tempo stesso senza p eccato; un popolo colpevole non può aspettarsi che ci si comporti con lui come con uno innocente. - Si è pensato di potere scorgere 9· Sul significato del verbo jakap cfr. Boecker, 4 5 ss.; se ne trovano esempi in fs. 2,4; 1 1 ,4; 29,2 I e 37,4, come pure ad es. in Ps. 5o,8 .2 I ; Os. 4,4; Am. 5 , I 7; Mich. 4,8; Ezech. 3,26; Prov. 3, 1 2; 9,8; Iob 6,2 5 ; 1 3 3 e I 9,5. 10. Cfr., contra, G. Sauer, Die Umkehrforderung in der Verkundigung ]esajas, in Fs. Walther Eichrodt. Wort-Gebot-Glaube: AThANT 5 9 ( 1 970) 292 s. Cfr. Hoffmann, lntention, I OJ . I l . Per la frase interrogativa priva d'introduzione cfr. G-K 18 § I 50a. 1 2. Su per, «peccato», cfr. 3 1 ,7; 3 8 , 1 7 e ad es. Deut. 1 5 ,9; 1 9, 1 5 ; 2 1,22.26; 23 ,22; 24 , 1 5 . 1 6 ; 2 Reg. 10,29 e 1 4,6. 1 3 . Cfr. H. Gradwohl, Die Farben im Alten Testament: ZAW 83 ( 1 963) 73 ss. - Quan­ to alla cocciniglia, si tratta di Coccus ilicis L. ,

fs. 1, 1 8-20

59

in una notazione talmudica lo sfondo di questo paragone: stan­ do a bjoma 6,8 all'epoca del tempio, nel grande giorno dell'e­ spiazione, alla porta dell'atrio si sarebbe affisso un nastro di lana rosso cremisi destinato a divenire bianco quando il capro espiatorio fosse giunto nel deserto e il popolo fosse quindi stato purificato, cfr. Lev. 1 6,20 ss. 14 Bisogna tuttavia chiedersi se effettivamente così si usasse, o se questa non fosse una de­ duzione dei rabbi dal passo citato. 1.9-20. In ogni caso l'autore non vede in manipolazioni rituali la strada per eliminare la colpa che si frappone tra Jahvé e il suo popolo, bensì nell'obbedienza concreta. Se il popolo ade­ rirà all'annuncio divino di questo libro con tutta la sua forza di volontà, 1 5 gli si aprirà la via per una vita libera e felice. Il v. 19b va compreso in opposizione a 1 ,7b: il popolo docile tor­ nerà a essere padrone nella propria terra, e in segno di questo evento potrà gustare nuovamente il meglio di quanto essa pro­ duce. 1 6 Se però respinge l'annuncio di Jahvé perseverando nel­ la ribellione contro di lui/7 andrà incontro alla rovina totale causata dal coinvolgimento in nuove guerre. 18 L'autore sotto­ linea con forza la gravità di questo appello alla decisione con­ cludendo con una rara formula di citazione che rileva in modo particolare l'autorità divina di quanto annunciato: la bocca di Jahvé ha p arlato, cfr. 40, 5 e 5 8,14.

I 4· Cfr. R. Press, Das Orda/ im alten Israel: ZAW 5 1 ( I 9 3 3 ) 24 I ss. 1 5 . Sull'uso formulare della coppia di verbi «voler ascoltare» cfr. 28,12; 30,9. I 5 , come pure Lev. 26,2 1 ; Deut. 23,6; 1 3 ,9; Ios. 24,10; Iud. 1 9,2 5 ; 20, 1 3 ; 1 Reg. 2o,8; Ezech. 3,7 e 20,8. 16. Per questa formula cfr. Gen. 4 5 , 1 8; Deut. 6,1 1 ; 2 Reg. 8,9; Esdr. 9, 1 2 e Ps. 27, 1 3 . 1 7. S u «rifiutarsi» cfr. ad es. l Sam. 8, 19; Os. I 1 , 5; ler. 5,3; 8 , 5 ; 9, 5; I I , Io; Ex. 1 6,28 e Nehem. 9, 1 7; su «essere ribelli>> cfr. ad es. I Sam. 1 2, I 5; Num. 20,24; 27, 14; Deut. I ,26. 43; 9,7.24; 3 I ,27; 1 Reg. 1 3 ,26; ler. 4, I 7; Os. I4,4; Lam. 1 , 1 8 .2o; 3,42; Ps. S , I I e I05,2 8 . 1 8. Per la formula nella forma attiva cfr. ad es. Deut. 32,42; 2 Sam. 2,26; Ier. 2,30; Os. 1 1 ,6; Nehem. 2 , 1 4 e /s. 3 1 ,8; si veda anche Kaiser, ThWAT n, 1 73.

.1 ,2 1-28. La purificazione di Gerusalemme 2 1 Ahimè, come divenne una prostituta

la città fedele, che era piena di 1 giudizio, nella quale dimorava giustizia, 2 ora invece assassini.3 2 2 Il tuo argento è divenuto litargite, . la tua bevanda è stata adulterata con acqua.3 23 I tuoi nobili - ribelli e complici di ladri ! Ognuno di loro 4 ama regali e ricerca doni di benvenuto. 5 Non rendono giustizia all'orfano e la causa della vedova non giunge davanti a loro. 24 Perciò risuona il detto del Signore Jahvé Sabaot,

il Potente6 d'Israele: «Ah, mi sazierò dei miei oppressori e mi vendicherò dei miei nemici 25 e volgerò la mano contro di te 7

e pu�ificherò la tua litargite 'nella fornace'8 ed eliminerò tutto il tuo piombo. 26 Allora ti darò dei giudici come in principio

e dei consiglieri come all'inizio. Dopo ti si chiamerà rocca della giustizia, città fedele! ».

27 Sion è riscattata secondo9 il giudizio, 1. Sulla forma poetica del femm. st. constr. con il c.d. jod-compaginis cfr. B-L 526k. .z.

Sull'uso del c.d. imperfetto a indicare azione simultanea cfr. Bobzin § 7, 1 b. 3 · Che questi termini costituiscano una glossa emerge dal contenuto e dal fatto che tur­ bano il metro. Al v. 22b è evidentemente spiegata un'espressione poco frequente, mentre il v. 2 I b opera una classificazione tesa a differenziare i fedeli dai loro nemici, cfr. Ps. 94,6 e 62,4; cfr. inoltre Vermeylen I, 71 s. 4· Per la costruzione cfr. Davidson § I 16 R. 5 · Cfr. l'accadico sulmanu, «saluto, dono (uf�ciale)», AHw I 268a. 6. 'abir in quanto definizione di Dio è una derivazione artificiale di 'abbir. 7· Cfr. sotto, p. 63 . 8. Con Marti leggi bakkur in luogo di kabbo.r, «come la lisciva». 9· Si può essere incerti se considerare la giustizia il prezzo, in base a Ex. I J , I J , o lo

/s.

61

1,2 1-.2 8

2.8

e quanti tornano a lei 1 0 secondo9 l a giustizia. Ma i colpevoli e i peccatori sono 'infranti' 1 1 insieme, mentre1 periranno quanti hanno abbandonato Jahvé.

1,2 1 -28. Benché i vv 2 1 -28 abbiano in comune il tema del de­ stino presente e futuro di Gerusalemme, è tuttavia difficile che costituiscano un'unità originaria. Ai vv 2 1 -23 si trova un'im­ precazione contro le classi dominanti della città, ripresa da un compianto funebre profano. Il grido di lamento introduttivo «Ahimè, come», 1 2 la contrapposizione tra la splendida condi­ zione di un tempo e quella miserabile di adesso 1 3 nonché l'a­ dozione di un ritmo asimmetrico (3+2 o 4+3 accenti ritmici), sono tutti elementi che rimandano alla qina o compianto fu­ nebre. Nella letteratura esegetica più recente si è soliti consi­ derare quèsto tipo di poesia all'interno di un libro profetico come un inno funebre profetico. Gli esempi più noti, oltre alla presente pericope, sono Am. 5 ,2 s. e /s. 1 4,4b ss. - In base al contenuto si può affermare che i vv 2 I -2 J. presentano le carat­ teristiche di un'imprecazione o di un'accusa. Il v. 23b invece non rientra nella struttura metrica del poema. Da un punto di vista contenutistico l'emistichio corrisponde a 1 , 1 7b e potreb ­ be quindi essere stato aggiunto successivamente. Una tale ag­ giunta sarebbe stata operata al fine di stabilire una relazione con 1 , I o ss. 1 4 e al tempo stesso per conferire al poema nella sua estensione attuale, comprendente i vv . 2 1 -26, il medesimo numero di cinque stichi alle due parti che lo compongono, consistenti nei vv. 21 -23 e 24-26. Anche se la ricerca più recen­ te ha considerato i vv 24-26 il proseguimento originario del­ l'imprecazione, bisogna almeno chiedersi se questo corrispon.

.

.

.

strumento, come presuppone la nostra traduzione e in conformità a Nehem. 1 , 10. Cfr. Vermeylen I , 1 06 s. I O. G: «la loro prigionia». L'ebraico sabeha può riferirsi tanto ai convertiti quanto ai reduci. T.M. inserisce entrambi i termini. Stando a 3 5 , 1 0 la traduzione proposta è la più probabile; cfr. anche Vermeylen I, 106. I 1 . Leggi wesubbtru, cfr. G e T.M. 1 2. Cfr. ad es. 2 Sam. 1 ,25; Lam. 1 , 1.; 2,1 e 4, 1 . 1 3 . Cfr. Hedwig Jahnow, Das hebraische Leichenlied im Rahmen der Volkerdichtung (BZA W 36), Giessen 1923, 92 ss. 1 4. Cfr. Vermeylen I, 73 ·

La purificazione di Gerusalemme

da al vero oppure se la pericope nel suo insieme non abbia avu­ to uno sviluppo più complesso. Per chiarire questo problema è necessario premettere alcune considerazioni che prendono le mosse da lontano. In primo luogo, è sorprendente che al v. 24a il passaggio alle parole di minaccia o all'annuncio del giudizio spezzi la continuità dal punto di vista metrico, e che il v. 26b gli si adatti a stento. Se anche in 24a si potesse ipotizzare un successivo ampliamento della definizione divina, cfr. ad es. 3 , 1 e 10, 1 6, i dubbi non sarebbero comunque dissipati, poiché a quelli formali se ne affiancherebbero altri più rilevanti inerenti al contenuto. In base a 3 , 1 ss., infatti, è improbabile che l'idea di un giudizio di purificazione emesso su Gerusalemme faccia parte dello strato più antico, quello cioè che riguardante la sorte della città. È tuttavia quasi superfluo dimostrare che esso è presente ai vv. 24 e 2 5 , e con chiarezza ancora maggiore al v. 26. Ora, sorprende che la coppia di termini «oppressore e ne­ mico» del v. 24b a indicare gli avversari di Jahvé abbia solo tre paralleli, quattro se si considera anche la congettura in Nah. I , 8. Tra questi, uno, Mich. 5,7, si riferisce espressamente solo ai popoli, mentre nei rimanenti, /s. 5 9 , 1 8 e Nah. 1 ,2.8, potrebbe esservi anche l'allusione ai nemici all'interno del popolo. 1 5 Se si prende in considerazione anche Deut. 3 2,4 1 , un versetto che pare aver influito sul passo in esame, è chiaro che con i nemici si intendono ancora i popoli. Sarà quindi opportuno collegare la dichiarazione del v. 24b non soltanto all'aristocrazia di Ge­ rusalemme che viola il diritto, ma anche e soprattutto ai po­ poli di cui ci si attende r annientamento quando sferreranno il loro attacco escatologico contro Gerusalemme, cfr. 66,6; Ioel 4,9 ss. 1 6 - Se poi si osserva che nel testo originario i vv. 2 5 e 26 iniziano con il medesimo termine, non è escluso che il v. 2 5 aa · 1 5 . Cfr. C. Westermann, ATD 19 (tr. it. Isaia (capp. 40-66), Brescia 1 978), e K. Elli­ ger, ATD 2 5 , ad loc. 1 6. Vermeylen I, 94, nota il collegamento tra il v. 24 e Deut. 32>4 1 , ma identifica espressamente i nemici solo con l'aristocrazia di Gerusalemme.

/s. 1,.2 1-28

rappresenti un aggiunta posteriore. 1 7 L'emistichio mancante potrebbe essere stato omesso da un copista, come nel caso di 1 , 1 2a. Le parole ripetute, quindi, potrebbero invece richiama­ re l'attenzione sul carattere secondario del v. 26 rispetto ai vv. 24 e 2 5 . L'aggiunta ancora più tarda dei vv. 27 e 28 · si evince poi dal giudizio di purificazione, che, così come è annuncia­ to con crescente chiarezza ai versetti 2 5 e 26, è divenuto un giu­ dizio selettivo che colpisce unicamente i peccatori, cfr. anche Ezech. 9,3 ss. - Se questa ricostruzione non manca di fonda­ mento, si può dire che la pericope 1 ,2 1 -28 si è sviluppata in quattro tappe successive: al nucleo dei versetti 2 1 -23a vennero aggiunti in un primo tempo i versetti 24 e 2 5 per chiarire l'an­ nuncio del giudizio in essi contenuto. Allo scopo di garantire che al giudizio di purificazione avrebbe poi fatto seguito un'età di salvezza, un'altra mano aggiunse il versetto 26, e quindi an­ che il versetto 23b per equilibrare il numero di righe nelle stro­ fe. Infine, un ultimo redattore formulò la dichiarazione di prin­ cipio dei versetti 27 e 28. ;p

I ,Z I -2J. Per quanto riguarda il detto di base, che comprende i

vv. 2 1 -23a, è altamente probabile che, contrariamente all'opi­ nione quasi unanime della ricerca più recente, si tratti non di un discorso del profeta Isaia, bensì di un detto reda z ionale, come si evince non solo dal contesto ma anche dai rapporti con la teologia deuteronomistica, ravvisabili anche in precedenti pas­ si del prologo. 18 Può effettivamente risultare discutibile l'idea di considerare Deut. 1 6, 1 8 ss. modello dell'ideale di giudice che sta alla base dell'imprecazione, '9 poiché quanto si esige appare fin troppo ovvio. Deve tuttavia fare riflettere che la sequenza dei termini rettitudine e giustizia, così come è fissata al v. 2 1 , si ripete identica in Deut. 1 6, 1 9 s., mentre il divieto di accetta­ re regali, presente al v. 23a e in Deut. 1 6, 1 9, può essere consi1 7. Cfr., contra, Duhm; Fohrer e Wildberger a d loc. ; Vollmer, Geschichtliche Ruck­ blicke, I 5 6 e Vermeylen I, 74 s. 1 8. Cfr. sopra, p. I I . 1 9. Cfr. Vermeylen I, 95 ss.

La purificazione

di Gerusalemme

derato un concetto tipicamente deuteronomico. 20 Se poi si ri­ tenesse superfluo il rimando a Deut. 2 I , I 8 ss. per il termine chiave relativo alla ribellione presente al v. 23, dal momento che compare già in I , 5, bisognerebbe tener presente che il ter­ mine raro scelto a indicare una qualche bevanda alcolica ha un p arallelo riconoscibile (a motivo della radice impiegata) nel rimprovero di Deut. 2 I ,20 al figlio bevitore. Non è quindi e­ scluso che anche l'idea della prostituzione sia stata suscitata dal­ l' altro rimprovero, mosso sempre in Deut. 2 I ,zo, relativo alla sfrenatezza. - Come nelle pericopi precedenti, anche in questa è da ammirare la forza poetica del compositore, da collocare p referibilmente nel v secolo avanzato.

I ,� 1 -23. Gerusalemme, città rinnegata. L'autore profetico di I ,2 I -2Ja inizia il suo compianto funebre sulla città di Gerusa­ lemme con un «Ahimè, come», annunciandole così la rovina p er aver dimenticato la fedeltà iniziale a Jahvé ed essersi tramu­ tata in una prostituta. Definendo prostituta la città, l'autore riprende una metafora che fin dal tempo di Osea era stata im­ piegata per descrivere il rinnegamento di J ahvé da parte del po­ polo ed era stata poi applicata a Gerusalemme, cfr. Os. J, I ; 4, I 2 ss .; Ier. 2,20 ss. e J , I ss. con Ezech. I 6, I 5 ss. In questo passo, tut­ tavia, alla metafora è conferita un'accezione diversa in quanto è collegata all'incertezza del diritto diffusa nella città. Al v. 2 I b si delinea un quadro idealizzato del passato di Gerusalemme, alquanto difficile da verificare per lo storico. Verisimilmente non vi è qui riferimento al periodo di governo di un singolo re di Giuda, come ad es. Salomone, cfr. 1 Reg. 3,5 ss. 1 6 ss.; Ps. 72; ma anche 1 Reg. I I , I ss., bensì a tutto il periodo del regno di Giuda all'incirca fino a Ezechia, anche se è tacitamente escluso il periodo di governo dei sovrani che avevano ricevuto un giu2.0. Ex. 23,8 non è ben collocato nel contesto. Sarebbe necessario approfondire se ciò sia dovuto semplicemente a uno spostamento posteriore, come presume J. Halbe, Das Privilegrecht ]ahwes Ex ) 4, 10-26 (FRL ANT 1 1 4), Gottingen 1 97 5 , 434 s. - Cfr. Deut. 10, 1 7; 16, 1 9; 27,2 5 ; 1 Sam. 8 ,3 e gli esempi citati sotto, n. 2 5 .

/s.

1,.2 1-2 8

dizio negativo nella storiografia deuteronomistica.21 È tuttavia possibile che, come già il Cronista, anche il nostro autore ab­ bia sistemato le cose in modo da far ricadere la colpa della ro­ vina solo sugli ultimi tre re, cfr. 2 Chron. 3 6, 5 ss.9 ss. e I I ss. ­ I due termini che traduciamo con «diritto» e «giustizia» in e­ braico confluiscono singolarmente l'uno nell'altro quanto a significato. «Diritto», mispat, definisce dapprima la decisione del giudice adeguata alla circostanza, cfr. ad es. Deut. I 6, 1 8; /er. 5 ,28 e Zach. 7,9, in seguito però anche il corrispondente diritto, cfr. ad es. Ex. 23 ,6; Deut. 24, I 7 e /s. 1 0,2, e la condi­ zione giuridica, cfr. ad es. /s. I 6, 5 ; Os. 2,2 I ; Ps. 3 3 , 5 e Gen. 1 8, 1 9.22 « Giustizia», �edeq, è la condizione che tutela i diritti del­ la comunità, cfr. ad es. Ps. 40, I o s.; 72, I ss. e Os. 2,2 I , ma an­ che il retto comportamento nei confronti della comunità, cfr. ad es. Is. 26,9 s.; I I ,4 e 3 2, 1 . 2 3 - Al v. 22 l'autore lascia da parte l'immagine proposta al v. 2 1 a sostituendola con altre due me­ tafore, il cui significato è rivelato dalla collocazione dopo il v. 2 I : l'argento divenuto litargirio, vale a dire una scoria nella la­ vorazione d eli ' argento, nonché la bevanda mescolata con ac­ qua rappresentano la giustizia perduta. In che modo l'argento ricavato da un procedimento chimico possa successivamente trasformarsi in scoria è un interrogativo che il lettore non de­ ve porsi, così come non ha interessato l'autore. 24 Questi infat­ ti si è accontentato della formulazione che più poteva colpire e spaventare, adatta a sottolineare il rovesciamento di situazione da un passato esemplare a un ben triste presente. - Al v. 23 , la stigmatizzazione diretta proprio contro i «principi» non infi2 1 . Cfr. 1 Reg. 1 4,2 1 ss.; 1 5 , 1 ss.; 2 Reg. 8, 16 ss.25 ss.; 1 6, 1 ss.; 2 1 , 1 ss. e, per l'ultimo passo citato, 2 Chron. 3 3,9 ss. 22. Cfr. G. Liedke, THAT II, 1004 ss. (= DTAT II, 902 ss.). 23. Cfr. K. Koch, THAT II, 507 ss. (= DTAT n, 456 ss.). 24. Non si può tuttavia trascurare che è ancora poco chiaro il modo in cui si svolge que­ sto procedimento. Cfr. lo studio di L. Kohler, Sig, sigim = Bleigli:itte: ThZ 3 ( 1 947) 232 ss., insieme a quello di R.J. Forbes, Studies in Ancient Technology VIII, Leiden 1 964, 228, nonché la prudente trattazione di S. Abramski, «Slag» and « Tin» in the First Chapter of lsaiah : Eretz-lsrael 5 ( 1 9 5 8) 89::·.

66

La purificazione di Gerusalemme

eia la datazione postesilica della pericope, in quanto il termine preso a prestito dall'accadi co, la lingua di babilonesi e assiri, in­ dicava non solo il funzionario regale, ma anche il capo responsabile di un'istituzione o di un gruppo. Così ad es. in Esdr. 8,29 si parla dei «principi» di sacerdoti e capifamiglia, cioè i più anziani dei vari clan, in Nehem. 3 ,9 ss. dei capidistretto e in Nehem. 7,2 del comandante della cittadella di Gerusalemme. Questo riflesso dell'uso linguistico postesilico dimostra che si tratta di cittadini investiti di una qualche responsabilità. Chia­ mati a essere custodi del diritto e dell'ordine, essi in pratica si rendono complici di ladri, cfr. Prov. 1 , 1 o ss., dandosi alla cor­ ruzione, male ereditario delle amministrazioni orientali e orientalizzate, e decidendo non secondo il diritto ma a secon­ da dei doni ricevuti. Un tale atteggiamento agli occhi dell'au­ tore rappresenta una vera e propria ribellione contro J ahvé, cfr. Os. 9, 1 5 ; /s. 1 , 5 ; JO, I , che dai giudici umani si aspetta che ·siano incorruttibili quanto lui, cfr. Deut. 1 0, 1 7 con Deut. 1 6, 1 9.15 La città e i suoi capi decaduti possono dunque immagi­ nare la fine che li aspetta. - Riprendendo il v. 1 7, al v. 23b sono poi menzionati gli orfani e le vedove come esempio dei mem­ bri più deboli del popolo, giuridicamente incapaci e vittime delle violazioni del diritto. 1 ,24-2 5. La purificazione di Gerusalemme. Chi ai vv . 24 e 2 5 fa sentire la propria voce è convinto che il giudizio destinato ad abbattersi su Gerusalemme non ne comporterà l'annienta­ mento definitivo, bensì la sua liberazione dai gruppi dominan­ ti che la sfruttano e la mandano in rovina.26 Con voluta solen­ nità l'autore introduce l'annuncio del giudizio del v. 24 con la formula usata per gli oracoli divini. La formula è insolitamenJ , I I ; /s. 5 ,23; 3 3 , 1 5 ; Ezech. 22, 1 2; Ps. 26, 1 o; 1 Reg. 1 5 , 1 9; 2 Reg. 16,8; /s. 45 t 1 3 ; Prov. 6,34 s.; Ezech. 1 6,3 3 ; Prov. 17,8 e 2 1 , 1 4. 26. L'indipendenza dei versetti 24 ss. rispetto ai versetti 2 1 ss. è stata sottolineata an­ che da E. Robertson, lsaiah Chapter I: ZAW 5 2 ( 1 934) 234 s., il quale però ai vv . 24 s. ha aggiunto anche il v. 26.

2 5 . Cfr. Prov. 1 7,23; Ps. 1 5 ,5; Mich.

fs. I;,2 1-2 8

te collocata all'inizio, e «Jahvé» è rafforzato da «il Signore»27 che precede e da «Sabaot, 2 8 il Potente d'Israele» che segue. Que­ st'ultima definizione di Dio è una variazione arcaicizzante del­ l'antica espressione «il Potente di Giacobbe», cfr. Gen. 49,24; /s. 49,26; 6o, 1 6 e Ps. I J 2 ,2. 5 . 29 Questi ampliamenti intendono rammentare la forza che si cela dietro le parole di J ahvé. Quan­ do questi si vendicherà dei propri nemici, ci dovranno credere anche gli infedeli signori di Gerusalemme. Tuttavia, per colpi­ re loro Jahvé dovrà volgersi contro l'intera città.30 Stimolato dalla metafora del v. 2 2 a nonché dall'idea del giudizio di puri­ fi.cazione propria dei salmi di supplica, cfr. Ps 1 7, 3 ; 26,2; 66, r o, e fors'anche da Prov. 2 5 ,4 s.; I 7 ,J ,31 egli paragona il giudizio atteso al processo di purificazione in cui il prodotto, difettoso nella prima fase di lavorazione, è fuso una seconda volta per eli­ minare il piombo che aderisce all'argento, cfr. anche ler. 6, 2 7 ss. A differenza di quanto troviamo in Ezech. 22, 1 7 ss., il pro­ cesso di fusione non è messo in relazione con l'annientamento in maniera indifferenziata. Tuttavia il profeta si ferma all'an­ nuncio dell'eliminazione del piombo, ossia della classe dirigen­ te infedele, senza spingersi con lo sguardo oltre il giudizio ver­ so la successiva età di salvezza. Si può dunque cogliere un rife­ rimento a 6, 1 3 ab a, nonché a J , I ss. .

1,2.6. Gerusalemme, città della rettitudine. Per il redattore che punta già lo sguarçlo al tempo di salvezza, il giudizio atteso co­ stituisce esclusivamente una tappa indispensabile per liberare la città dai cap i egoisti e ridarle come un tempo giudici e con­ siglieri retti. E lecito chiedersi se qui egli indulga all'ideale di certi ambienti deuteronomistici, ostili all'istituzione monar­ chica,32 o se non miri piuttosto alla monarchia rinnovata pre27. Cfr. 3 , 1 ; 1 0, 1 6.33 e 19,4. 28. Cfr. sotto, p. 1 70 commento a 6,3. 29. Cfr. A .S. Kapelrud, ThWAT 1, 43 ss. (= GLAT 1, 87 ss.). 30. Per il significato negativo del v. 2 5 acx cfr. i paralleli in /er. 6, 1 9; Ezech. 3 8, 1 2; Am. I,S; Zach. 1 3 ,7 e Ps. 8 1 , 1 5 . J I . Cfr. inoltre Prov. 27,2 1 . 3 2 . Quali sono ravvisabili nelle aggiunte del Nomista deuteronomistico, DtrN, cfr. T.

68

La purificazione di Gerusalemme

annunciata da 9, 1 ss. e I I , I ss. In tal caso i componenti della nuova dinastia andrebbero ricercati tra i giudici e fors'anche tra i consiglieri.33 - Questi futuri capi di Gerusalemme gover­ neranno in modo tanto equo d.a farle onore e meritarle il titolo di «cittadella della giustizia e città fedele», in perfetto ribalta­ mento di ler. 6,Jo,34 cfr. anche 62,2.4. I 2 e Zach. 8,3 . 1 ,z7-.18. Il rifiuto di false speranze. L a visione dell'età di sal­ vezza offerta dal v. 26, insieme alle parole di giudizio espresse nei versetti precedenti e riguardanti esclusivamente la sorte del­ l' aristocrazia di Gerusalemme, hanno indotto un lettore pre­ occupato a impedire che si nutrissero false attese, come se il re­ sto del popolo in patria e in terra straniera fosse fondamental­ mente escluso dall'imminente vendetta di Jahvé contro i suoi nemici. Al v. 26, dunque, è formulato il principio secondo il quale l'azione di Jahvé comporterà la liberazione del suo po­ polo: Jahvé libererà secondo giustizia sia gli abitanti di Geru­ salemme 35 sia coloro che dalla terra straniera faranno ritorno in patria/6 cfr. Ezech. 34, I 6; Ps. I I 2, 5 . Il significato di questa affermazione è sviluppato al v. 28: tutti quelli che hanno inter­ rotto il loro rapporto con Jahvé, cfr. I ,2b, perseverando nel pec­ cato, cfr. 1 ,4a, come pure coloro che si sono apertamente al­ lontanati da lui, cfr. I ,4b, periranno, cfr. 8 , I 5 e 28, I 3 . In base a J J , I 4 è possibile raffigurarsi Jahvé che come un fuoco divora­ tore annienta i suoi nemici in Sio n. Così il pastore d'anime cui Veij ola, Das Konigtum in der Beurteilung der Deuteronomistischen Historiographie: AASF B I 98 ( I 977) I 19 ss. 3 3 · Vermeylen 1, 90, individua l'epoca ideale del v. 2 1 nel periodo dei giudici, trascu­ rando che a quel tempo Gerusalemme non faceva parte del territorio israelita. 34· I paralleli sorprendentemente numerosi tra Is. I ,2 ss. e singoli oracoli del libro di Geremia causano stupore nel lettore, che si chiede se le parti poetiche di Geremia sia­ no veramente più antiche rispetto alle prediche deuteronomistiche, o se si tratti di ag­ giunte successive, che prendono almeno in parte come punto di riferimento il libro di Isaia. Uno studio esauriente sui testi paralleli potrebbe chiarire tutti i dubbi. 3 5 · Cfr. Ps. 25,22; 44,27; I Jo,8; Ier. J I , I 1; fs. 29,22. 36. Cfr. /s. J S ,I o; 5 I,I r; Esdr. 2, I ; 3,8; 8,3 5 ; Nehem. 8 , 1 7 e Ps. 1 26, t .

/s. 1,29-3 1

si deve questa aggiunta esorta i suoi lettori a un esame di co­ scienza per sapere se potranno scampare al giorno del Signore, cfr. Mal. 3 ,2. 1 ,29-3 1 .

La fine degli idolatri

29 Sì, essi 1 periscono a causa delle querce

30

31

che voi apprezzate, E voi siete svergognati a causa dei giardini che prediligete. Poiché divenite come un terebinto il cui fogliame avvizzisce, e come un giardino a cui manchi l'acqua. Allora il forte 1 diviene stoppa e il suo operato3 scintilla, affinché entrambi brucino insieme senza che nessuno spenga.

1,2.9-3 1 . La breve pericope 1 ,29-3 1 costituisce l'ultimo amplia­ mento del discorso che era iniziato con I ,2 I e che a sua volta si era sviluppato su più livelli fino a giungere alla sua estensio­ ne attuale:� Essa si ripropone di colorire maggiormente il rim­ provero contenuto in·v. 28b relativo al rinnegamento di Jahvé, cfr. anche v. 4b. Per quanto riguarda l'oggetto del detto, a mo­ tivo della sua polemica contro i culti della natura provenienti dalla religione cananea, esso si pone sulla linea di detti quali 5 7, 5 ; 6 5 ,3 b-4. 1 I - I 2 e 66, I 7 s Non è dunq u e escluso che faccia .

1. In tutto il v. 29 G ha la terza plur. masch., V solo al v. 29a; T.M. in genere propen­ de per la seconda plur. masch., in accordo con alcuni manoscritti ebraici. La terza plur. si riaggancia a 1 ,2 8 tradendo così il carattere redazionale degli oracoli. In tal senso cfr. anche Barth, ]esaja-Worte, 292 n. 44· - Per l'allungamento de1la vocale pre­ formativa cfr. G-K 1 8 § 72h. 2. Come al v. 29aa, i vari testimoni hanno ricercato un equilibrio. 1 Qls a ha un'inte­ ressante lezione conflata, che va tuttavia letta, come mostra il seguito, posntkem, « la vostra forza». C'è da chiedersi se qui sia l'autore a giungere faticosamente alla fine o se al v. 3 1 sia all'opera ancora una volta una mano diversa. 3· Per la forma difettiva cfr. B -L 5 82 u'. •· Cfr. sopra, pp. 6 1 s. S· Cfr. ad es. J. Becker, lsaias, 47·

La fine degli idolatri

parte del medesimo strato di composizione. 6 Ne consegue che l'argomento del v. 29 non è tanto il tentativo di appro­ priarsi del frutteto di chi è socialmente più debole, cfr. 5 ,8; 1 Reg. 2 I , I ss., quanto il darsi a pratiche cultuali che si svolgono nei boschi e non sono quindi rivolte a Jahvé. Secondo Os. 4, 1 2 ss. e Ier. 3 , 1 3 , nel nord del regno sarebbe stato diffuso un culto collegato a riti sessuali che si svolgeva sotto alberi verdi. Stando a ler. 2,27, l'albero sarebbe stato chiamato «padre mio», e la pietra « madre mia». fs. 5 7,5 menziona l'idolatria sotto gli alberi verdi insieme al sacrificio di fanciulli, ciò che riporta alla mente i boschetti in cui i cartaginesi immolavano i loro bam­ bini alla dea Tannit.7 Se questa dea è identificabile con Ashera sposa di El, padre degli dei del pantheon cananeo, 8 non sareb­ be errato individuare sullo sfondo di questa polemica un culto consacrato proprio ad Ashera, cfr. Deut. 1 6,2 1 e ad es. fs. 27, 9 .9 Il procrastinarsi di un intervento di Jahvé che capovolgesse le sorti del giudaismo aveva con tutta probabilità reso vulnera­ bile ro il popolo della tarda età persiana alla fascinazione di cul­ ti la cui divinità credeva di esperire nelle forze della natura ga­ rantendosi in tal modo un aiuto immediato nella vita quoti­ diana. Ma la fede in J ahvé non tollera compromessi con la fede in altre forze che a pari diritto governino al suo fianco. Il Dio d 'Israele non sopporta accanto a sé altri dei che ne sminuisca­ no il diritto di possesso e dominio sul suo popolo, esige anzi che il popolo serva lui solo, cfr. Ex. 20,3 par. Deut. 5 ,7; 1 1 , 1 6 -

6. Così Barth, op. cit. 7· Tertulliano, apol. 9· Cfr. O. Kaiser, Salammbo, Moloch und das Tophet. Erwiigun­ gen zum Kinderopfer der Karthager. Die Karawane I9 ( I 978) 1j2, 3 ss. 8. Cfr. F.M. Cross, Canaanite Myth and Hebrew Epic, Cambridge, Mass. I 973, 2 8 ss., ma anche R.D. Barnett: PEQ I I I (I 979) I s. 9· Cfr. K. Galling, s.v. Aschera, BRL \ I 2 s., e H. Gese, Die Religionen Altsyriens (RM 1 0,2), Stuttgart I 970, I 5 I s. - Per questa interpretazione presupponiamo che 29a è 29b vadano intesi come sinonimi, prescindendo dunque da un riferimento ai giardini di Adone. Su questi cfr. ATD 1 8 a /s. I 7,9- I I , pp. 67 ss. 10. Per l'uso dei verbi pamad e bapar a esprimere la scelta arbitraria di dei stranieri cfr. anche 44,9; 4 I ,24 e 66,3 .

/s. 2, 1

s.26 ss. E se tutti gli altri popoli alzavano gli occhi ad adorare le stelle, questo accadeva certo a seguito di una precisa dispo­ sizione di J ahvé, che si era scelto Israele per sé, cfr. Deut. 4, 1 9 s.; 3 2,8 s. - Chi dà il proprio assenso a questo Dio può e deve sapere che, in ultima analisi, qualunque cosa avvenga, avrà sem­ pre a che fare con lui. Quindi il rinnegarlo non può non avere conseguenze, e deve essere chiaro che quanti gli divengono infedeli periranno proprio a causa della loro idolatria. 1 1 Nel­ l'immagine adottata, coloro che si aspettano una vita migliore in virtù delle potenze divine degli alberi otterranno esattamen­ te l'opposto: come in un albero le cui foglie avvizziscono per­ ché il giardino non è più annaffiato è sicuramente possibile interpretare insieme le due metà del v. 30 così anch'essi sono votati alla rovina, cfr. Ier. 8, 1 3 ; fs. 64, 5 e Ps. 1 ,3 ; !s. 5 8, 1 1 . La forza che si pensava di aver acquisito, dunque, si rivelerà causa di debolezza e di morte; chi partecipa a questi culti, infatti, an­ ziché migliorare la propria vita si procura la morte. Forse l'au­ tore, ricolmo di zelo per il suo Dio, si è lasciato inconsapevol-· mente influenzare dall'immagine del fuoco che accompagna Jahvé, cfr. ad es. Ps. 5 0,3 . 1 2 Egli ha però modificato tale imma­ gine raffigurando l'iniziato, considerato il forte, come la stop­ pa prodotta dalla pettinatura della canapa, che era usata per ac­ cendere il fuoco a motivo della sua estrema infiammabilità, cfr. Iud. 1 6,9/ 3 e la sua idolatria come la scintilla che lo infiamma consumandosi inevitabilmente con lui. 14 -

-

2, r .

La so p rascritta: parola d'Isaia 1 La parola che Isaia, figlio di Amos,

vide riguardo a Giuda e Gerusalemme.

�, I . La soprascritta di 2, 1 ripete le formulazioni di I , I a, ma menziona la «parola» anziché la «visione» . Se si trattasse effetu. Per questa coppia di termini cfr. Ps. 3 5 ,4.26; 40, 1 5; 70,3; 71 ,24 e 8 3, 1 8. 12. Cfr. Lam. 2,4; si veda anche ATD 16, 198o, ad loc. 1 3 . Cfr. G. Dalman, Arbeit und Sitte in Paliistina v, Giitersloh 1 93 7, 2 8 . 14. Per l a formula cfr. Am. 5 ,6; ler. 4,4; 2 1 , 1 2; s i veda anche ler. 7,2o.

Il pellegrinaggio dei popoli al monte Sion

tivamente del principio di una delle raccolte più antiche, come comunemente ritenuto dalla ricerca, ci si dovrebbe aspettare che si parli «delle parole», cfr. ad es. Am. 1 , 1 e ler. 1 , 1 . A pre­ scindere dal fatto che i capitoli successivi paiono smentire que­ st'ipotesi non contenendo a nostro avviso i detti più antichi di Isaia, è opportuno considerare questa soprascritta una rivendi­ cazione esplicita per il profeta del detto seguente, che trovia­ mo lievemente variato anche nel libro di Michea, riferito al pel­ legrinaggio dei popoli verso il monte Si o n. 1 5 2,2- 5 .

Il pellegrinaggio dei popoli al monte Sion

accadrà: in giorni futuri starà saldamente eretto 1 il monte della casa di J ahvé sulla cima 2 dei monti e più elevato di colli. · Allora affluiranno a lui tutti i pagani 3 e verranno molti popoli e diranno: «Venite e saliamo al monte di Jahvé alla casa del Dio di Giacobbe, perché ci insegni le sue vie e camminiamo sui suoi sentieri ! ». Poiché da Sion uscirà istruzione e la parola di Jahvé da Gerusalemme. 4 Allora egli giudicherà tra i pagani e informerà molti popoli. Allora forgeranno l e l oro spade in aratri e le loro lance in cesoi e. Un popolo non alzerà mai più la spada contro un altro popolo, né si imparerà più come guerreggi are. :z.

E

5

Casa di Giacobbe, venite e camminiamo nella luce di Jahvé.

1 5 . Cfr. in tal senso P.A. Ackroyd, A Note on Isaiah 2, I : ZAW 75 { 1 963) 3 20 s. e Idem, Isaiah I-XI1: Presentation of a Prophet (SVT 29}, 1 978, 32 s. I . Il raffronto testuale con Mich . 4, I - 5 non rientra nei compiti di critica testuale di

questo capitolo. Cfr. ad es. I Sam. 9,22; I Reg. 2 1 ,9 e Nah.

:z. .

J , I o,

nonché Dillmann-Kittel ad loc.

/s. 2,2 -5

73

2,2- 5. Il problema letterario di questa raffigurazione della sal­ vezza nasce dal fatto che la si ritrova anche in Mich. 4, 1 -4. Le due versioni si differenziano sostanzialmente per la diversa di­ sposizione delle parole. Il testo di Michea, inoltre, è più lungo di una riga, due se si considera la formula in cui si dice che la bocca di Dio ha parlato. Entrambi gli oracoli salvifici hanno una diversa appendice liturgica, diretta alla comunità, cfr. fs. 2, 5 con Mich. 4, 5 . A un più attento esame, il testo di Michea dà l'impressione di essere più compatto, se non nei particolari al­ meno nel suo complesso: è metricamente più equilibrato 3 ed effettivamente più compiuto grazie alla raffigurazione positiva al v. 4a della condizione di pace attesa. Tuttavia gli studiosi non hanno ancora trovato una risposta unanime 4 al problema ri­ guardante l'appartenenza originaria del versetto alla profezia. Entrambi i testi si concludono con un'aggiunta che riferisce le conseguenze della promessa alla propria comunità. Mich. 4, 5 sottolinea il contrasto tra il vagare dei popoli dovuto al poli­ teismo e l'obbedienza eterna d'Israele, mentre /s. 2, 5 , a motivo della critica mossa al popolo di Dio nel cap. 1 , esorta la casa di Giacobbe ad avere una condotta adeguata. Se si cerca di definire il rapporto di dipendenza tra i due te­ sti, ci si trova davanti a quattro possibilità fondamentali. Le pri­ me due si possono escludere dopo una breve riflessione. Il let­ tore che non ha dimestichezza con la ricerca sull'Antico Testa­ mento potrebbe pensare che i due detti siano stati ispirati in­ dipendentemente l'uno dall'altro sia al profeta Isaia sia al pro3 · Cfr. i] giudizio di Th.H. Robinson, HAT I , 1 4, Tiibingen 2 1 954, 1 40, e Ina Willi­ Plein, Vorformen der Schriftexegese innerhalb des Alten Testaments (BZAW 1 23), Berlin - New York 1 97 1 , 83, tenendone presenti anche le osservazioni di critica te­ stuale alle pp. 84 s., con quello di A.S. van der Woude, Micha, De Prediking van het Oude Testament, Nijkerk 1 976, 1 2 8 e n. 3 p. 273· 4· Cfr. la valutazione positiva di K. Marti, KHC XIII, Tiibingen 1 904; Robinson, HAT 1, 14 e A. Weiser, ATD 24, Gottingen s 1 967, ad loc. con quella negativa di B. Duhm a fs. 2,4; Wildberger, 77; Sh. Talmon, Typen der Messiaserwartung um die Zeitwende, in Fs. G. von Rad. Probleme biblischer Theologie, Miinchen 1 97 1 , 5 79 e v. d. Woude, Micha, 1 37 con quella cauta di W. Rudolph, KAT 2 XIII, J, Giitersloh 1 975, 8 1 .

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Il pellegrinaggio dei popoli al monte Sion

feta Michea. Ma contro questa ipotesi, sostenibile esclusiva­ mente nel quadro di una rigida fede nell'ispirazione, vi è tutto quello che oggi noi sappiamo sull'origine dei testi biblici. Que­ st' eventualità, dunque, va subito esclusa dalla discussione scien­ tifica. Al contrario si potrebbe benissimo ipotizzare che la pro­ messa risalga al profeta Isaia o al profeta Michea, e che solo successivamente sia stato ripresa dalla raccolta di oracoli del­ l'uno e inserita in quella dell'altro. Di fronte al risultato criti­ co-redazionale di entrambi i libri, d'altronde, contro questa ipotesi sussistono seri dubbi. Indipendentemente dalla solu­ zione che si dà al problema dell'autore di /s. I e 2,6-4, I ,5 è chia­ ro che 2,( I )2 ss. interrompe l'idea guida che caratterizza il capi­ tolo nel suo complesso, riguardante il giudizio futuro su Ge­ rusalemme e Giuda. Il v. 5 rivela anzi l'intento di compiere una interpolazione e spronare la comunità a obbedire alla volontà di Jahvé mostrando le la gloria futura della città di Dio in vista del giudizio imminente. Sulla base di questa considerazione, non è fuori luogo supporre che la pericope in esame sia sta­ ta accolta nel libro d'Isaia per motivi esclusivamente redaziona­ li, senza con questo volerne dedurre l'autenticità isaiana. Nel­ l' attuale dibattito su datazione e origine, ha ovviamente un cer­ to peso anche la complessa questione inerente al tempo della teologia di Sion e il suo rapporto con il tema della lotta tra i popoli e del pellegrinaggio delle nazioni. Essa potrà trovare una risposta definitiva solo nel quadro di una ricerca sui salmi più raffinata dal punto di vista metodologico e di una storia glo­ bale della redazione dei libri profetici. 6 Comunque già oggi si può sostenere che un universalismo salvifìco quale quello qui 5· Cfr. sopra, pp. I 1 ss., e sotto, pp. 9 1 ss. 6. Cfr. ad es. W. Nowack, HK 111, 4, Gottingen 1 903 , 223 s. E. Cannawurf, The Au­ thenticity of Micah 4, 1-4 : VT 1 3 ( 1 963) 26 ss., e, in contrasto con lui, H. Wildberger, Die Volkerwallfahrt zum Zion, Jes 2, 1-5 : VT 7 ( 1 9 5 7) 62 ss. e BK x, 1, 76 ss.; affinché anche questo parere sia sostenuto almeno da due voci diverse, cfr. anche G. von Rad, Die Stadt auf dem Berge: EvTh 8 ( 1 948/49) 439 ss. Ges. Studien zum Alten Testa­ m en t (ThB 8 ), Miinchen " 1 97 1 , 2 1 4 ss. e Idem, Theologie des Alten Testaments n, Miinchen 1 1 968, 306 {tr. it. Teologia dell'A ntico Testamento n, Brescia 1 974, 3 5 1 ). =

/s. 2,2-5

75

presentato compare solo nella profezia del Deutero-Isaia (/s. 40- 5 5 ) , vale a dire non prima della tarda età esilica.7 - Bisogne­ rà tuttavia avanzare dei dubbi anche per quanto riguarda l'at­ tribuzione del detto al profeta Michea di Moreset-Gat, con­ temporaneo d'Isaia: già in base a Mich. 3 , 1 2 e ler. 26, 1 8 è im­ probabile che lo stesso profeta che prediceva la distruzione del tempio di Gerusalemme ne potesse annunciare al tempo stesso anche l'importanza universale senza rischiare di sminuire la gravità del suo annuncio di giudizio. 8 A questo proposito oc­ corre distinguere la profezia originaria, che si colloca in ma­ niera vitale al centro del proprio tempo e della responsabilità storica del popolo, e quella posteriore, scritta, di spirito esca­ tologico, che, dopo la divisione del popolo, agisce al di fuori della storia in modo politicamente attivo. Soltanto la rielabo­ razione teologica del destino legato all'esilio ha offerto lo sfon­ do per l'attesa di un'azione di D\o che mediante un nuovo giu­ dizio portasse alla salvezza, attesa cui si deve la collocazione del detto nei due libri profetici. Ma anche il materiale letterario del libro di Michea non conforta l'ipotesi di una paternità mi­ cheana del testo: al profeta infatti si possono attribuire esclu­ sivamente i detti presenti nei primi tre capitoli e in 6,9 ss.9 Que­ sta conclusione non muta neppure se si considera che il colle­ gamento tangibile tra Mich. 3 ,9- 1 2 e Mich. 4 ,1 -4 è molto più stretto rispetto a quello tra fs. 1 ,2 1 ss.27 s.'0 e /s. 2,2 ss. Ciò po­ trebbe però far pensare che la profezia sia stata accolta prima nel libro di Michea, e successivamente riportata a memoria in quello d'Isaia. A favore di questa supposizione si può argo­ mentare che è più probabile che un testo sia ripreso da un li7· Cfr. ATD 1 8 , 7 1 n . 8. - Come segno che il giudizio critico-letterario su /s. 40-5 5, che pareva essersi esaurito, è invece in fase di rinnovamento cfr. ora H.Chr. Schmitt,

Prophetie und Schultheologie im Deuterojesajabuch. Beobachtungen zur Redaktionsgeschichte von ]es 40-55: ZAW 9 1 ( 1 979) 43 ss. 8. Cfr. v. d. Woude, 1 28 s. 9· Cfr. lna Willi-Plein, 70 ss. e 82 ss., nonché B. Renaud, La formation du livre de Michée. Tradition et actualisation (EtB), Paris 1 977, 3 8 3 ss. 10. Per 1 ,29 ss. cfr. sopra, pp. 69 ss.

Il pellegrinaggio dei popoli a l monte Sion

bro meno significativo e inserito in uno più apprezzato, che non viceversa. I I È stata infine avanzata l'ipotesi che la breve raffigurazione della salvezza . abbia circolato in origine indi­ pendentemente dai due libri, e solo successivamente sia stata collocata in entrambi. 11 - La vicinanza ideale agli inni di Si o n composti dai figli di Core, corporazione !evitica di cantori del tempio la cui ascesa pare aver avuto slancio nel passaggio dal v al IV secolo a.C./3 a nostro avviso giustifica l'ipotesi che que­ sta profezia abbia avuto origine se non proprio all'interno della corporazione almeno sotto l'influsso del suo patrimonio ideale. I4 Per parte sua l'inserzione di 2, 1 - 5 comportò che l'an-

Cfr. lna Willi-Plein, 83. 1 2 . }. Becker, lsaias, 47, solleva la questione se in entrambi i libri la raffigurazione

I I.

della salvezza sia stata collocata dal medesimo glossatore. 1 3 . Cfr. H. Gese, Zur Geschichte der Kultsanger am zweiten Tempel, in Abraham unser Vater. Fs. Otto Miche/, Leiden I 963, 229 ss. Vom Sinai zum Zion (BEvTh 64), Miinchen 1 974, 1 5 4 ss. e G. Wancke, BZAW 97, 23 ss. 14. Cercheremo qui di dare al lettore un'idea della discussione sviluppatasi sulla pa­ ternità del testo. A favore dell'autenticità isaiana si sono espressi tra gli altri: Duhm; Dillmann-Kittel; Hans Schmidt; Sellin; H. Gressmann, Der Messias (FRLANT 43), G()ttingen 1 929, 207; Feldmann; Procksch; Fischer; v. Rad (cfr. n. 4); Wildberger: VT 7 ( 1 9 5 7) 62 ss. e BK x, I ; R. Martin-Achard, lsrael et les nations (CTh 42), Neuchatel e Paris I 95 9, 57 s.; Eichrodt; H. Junker: TThSt I S (Bischof Wehr Fs.) 4 ( 1 962) 26 ss.; R. Rehm, Der Konigliche Messias im Lichte der lmmanuel- Weissagungen des Buches Jesaja, Eichstatter Studien N.F. 1 , Kevelaer 1 968, 247 s.; J. Jensen, The Use o[ tora by lsaiah (CBQM 3), Washington D.C. 1 973 , 84 ss.; Rudolph e A.S. v. d. Woude. Pro­ pendono invece per una datazione prossima all'età esilico-postesilica ad es . B. Stade: ZAW I ( 1 8 8 1) I6I s.; Marti; Gray; Guthe; Nowack; Robinson; R.H. Pfeiffer, lntro­ duction to the O/d Testament, New York 1 94 1 ( I 94 8), 439 e 593i A . Weiser, Einlei­ tung in das Alte Testament, Gottingen 4 I 9 5 7, I 54 = li I 966, I 7 1 ; Fohrer ad loc. ; J. Lind­ blom, Prophecy in Ancient lsrael, Oxford 1 962, 390; Cannawurf: VT I 3 ( 1 963) 3 1 ss.; O. Eissfeldt, Einleitung in das Alte Testament, Tiibingen 3 1 964, 427 s. e 5 54 (tr. it. Introduzione all'A ntico Testamento I I I , Brescia 1 982, 37 s. e 1 89 s.); B. Renard, Struc­ ture et attaches littéraires de Michée IV-v (CRB 2), Paris 1964, 9 1 ; S. Herrmann, Die prophetischen Heilserwartungen im Alten Testament (BWANT 8 5 ), Stuttgart I 965, 1 4 1 ss.; ]. Becker, Isaias, 47i Auvray ad loc. e R. Smend, Die Entstehung des Alten Testaments (ThW I ), Stuttgart 1978, I 50 (tr. it. (sulla 4a ed. I 9 89] La formazione del Nuovo Testamento, Brescia 1 993, 1 90 s.). - Vermeylen I, I 2 I ss., ha mostrato chiara­ mente la difficoltà di attribuire al profeta il testo nel quadro di una valutazione piut­ tosto tradizionale del contributo isaiano ai capp. 1 -39. Se poi si debba condividere la sua opinione, secondo la quale l'oracolo sarebbe stato composto in relazione alla cen=

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fs. 2,2-5

nuncio del giudizio sul mondo di 2, IO- I 7:} avesse come nuova cornice i vv . 2,6-9. I L I 9-2 1 . Così al v. 6 fu ripreso da 2,5 an­ che il tema della casa di Giacobbe, e l'antico testo relativo al giudizio fu commentato applicandolo al popolo di Dio. 2a. La raffigurazione della salvezza è introdotta da un'indica­

zione temporale che è solitamente resa con l'espressione « ne­ gli ultimi giorni>> fin dal tempo della traduzione greca dei LXX e di quella latina di Gerolamo detta Vulgata. r s Si tratta di un adeguamento - estraneo al pensiero veterotestamentario vero e proprio - alla concezione tardogiudaica relativa alla fine del­ l'attuale mondo spazio-temporale. Tale concezione è in rela­ zione con la dottrina delle età del mondo, basata sull' astrono­ mia e astrologia babilonese, che fin dalla metà dell'ultimo se­ colo a.C. si andava espandendo fortemente verso Occidente. 16 L'espressione ebraica che abbiamo tridotto sopra con «in gior­ ni futuri » alla lettera andrebbe resa con «sul retro dei giorni» . Qui s i riflette u n orientamento temporale opposto alla nostra logica linguistica: per l'ebreo ciò che è già avvenuto gli è da­ vanti, mentre ciò che deve ancora avvenire è alle sue spalle. 17 Che l'espressione « in giorni futuri» possa indicare in primo luogo un qualsiasi momento in un futuro più o meno impreci­ sato è ampiamente dimostrato da passi quali Gen. 49, I; Num. 24, 1 4; Deut. 3 1 ,29 e ler. 23,20. Di conseguenza, l'anonimo profeta che qui prende la parola, in armonia con le attese dei suoi precursori fino al D eutero-Isaia, non si aspetta la fine ma il compimento della storia. - Neli'affermazione sul tempio di tralizzazione del culto operata con Giosia, è certo una questione diversa. Per la relati­ va problematica cfr. E. Wurthwein: ZThK 73 ( I 976) 395 ss., nonché il più succi nto Kaiser, Einleitung \ I 2 3 s. Per datazioni differenti cfr. Rehm, Konigliche Messias, 244 e C. Schedi, Rufer des Heils, 5 I . I 5 . Cfr. G.W. Buchanan, Eschatology and the 'End of Days ': JNES 20 ( I 96 I ) I 8 8 ss. I6. Cfr. B.L. van der Waerden, Das grosse ]ahr und die ewige Wiederkehr. Hermes So (I 9 5 2) I 29 ss. e in particolare I 3 8 ss. 1 7. Cfr. Th. Boman, Das hebraische Denken im Vergleich mit dem Griechischen, Got­ tingen s I 977, I 04 ss. -

Il pellegrinaggio dei popoli al monte Sion

G erusalemme che è saldamente fondato e quindi non vacillerà, emerge il legame con l'immagine dei popoli che simili al mare ribollono contro il monte Sion, cfr. Ps. 46,4.7; /s. 1 7, 1 2 ss.; 5 , 3 0 con Ps. 93 , 1 ss.; 24, 1 s.; 96, 1 0 par. 1 Chron. 1 6,30. Se poi giungiamo con lo sguardo fino a Ps. 48,9 possiamo certo affer­ mare che nelle tempeste causate dall'ultima invasione storica di popoli scatenati contro di lui, il monte del tempio si è dimo­ strato saldamente fondato e dunque inespugnabile. Sullo sfon­ do di questo mito escatologico vi è l'antica concezione dei ca­ nanei riguardo al monte divino, dimora del dio delle tempeste, contro il quale vanamente si scaglia il mare iroso. 1 8 Stando allo stesso Ps. 48, tale concezione è stata trasferita dalla montagna del nord, il monte Zafon, con lo splendido palazzo tra le nu­ vole di Baal, al monte Sion, di cui il v. 3 esalta le rocce calcaree, modeste se paragonate ad altre montagne della regione, come vetta dello Zafon, v. anche Ps. 68, 1 6 s.19 Grazie al tempio che si ergeva sul monte, luogo in cui il palazzo celeste e quello ter­ reno di Dio si sfiorano misteriosamente, 10 l'intera città poteva godere di essere controparte della città celeste di Dio. Il profe­ ta che qui si esprime si aspetta dunque che il detto mitico si av­ veri, che il monte del tempio effettivamente divenga il più alto di tutti e che sia infine rivelato al mondo intero che qui si tro­ va il santuario del vero Signore del cielo e della terra. 2.b-3 . Di fronte alla grandiosa trasformazione di tutta la terra che ciò comporterà, l'intero mondo delle nazioni 2 1 non avrà bisogno di particolari esortazioni o insegnamenti. Compren­ derà il linguaggio di Dio nella natura, con il quale egli ha reso 1 8. Cfr. H. Gese, Die Religionen Altsyriens (RM 10,2), Stuttgart 1 970, 5 9 ss. oppure O. Kaiser, Die mythische Bedeutung des Meeres in Agypten, Ugarit und lsrael (BZAW 78), Berlin 1 I 962, 44 ss. 1 9. Cfr. R. Hillmann, Wasser und Berg. Kosmische Verbindungslinien zwischen dem kanaanaischen Wettergott undjahwe, Diss. Halle 1 965, 1 6 1 ss. 2.0. Cfr. M. Metzger, Himmlische und irdische Wohnstattjahwes: UF 2 ( 1 970) 1 39 ss. 2. 1 . Sul senso inclusivo e non esclusivo dell'ebr. rabbim, «molti», cfr. Joachim Jere­ mias, ThWNT VI, n6 ss. e in particolare 5 3 7, Io ss. (= GLNT x, 1 329 ss.; I J 3 2- 1 334).

/s. .z,.z -5

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nota la propria divinità e ha affermato nel tempio il vero cen­ tro del mondo. In ogni caso di bisogno o di controversia si ri­ volgerà ora non più agli dei di un tempo ma al monte di J ah­ vé 22 e al Dio di Giacobbe che vi dimora,23 cfr. anche Deut. 1 7, 1 I e 24,8, con ciò rispettando l'usanza degli antichi, che in tut­ te le questioni decisive per la vita si rivolgevano a un dio in cerca consiglio.14 L'autoesortazione posta sulle labbra dei po­ poli con la quale essi manifestano il loro proposito corrispon­ de alla supplica con la quale il pio israelita si rivolgeva a Jahvé chiedendo che gli indicasse la via da seguire, cfr. Ps. 27, 1 I e 86 , I I . 2 5 Per sapere come questo fosse concretamente inteso biso­ gna rammentare passi quali Ex. I9, 5 s. e /s. 6 I , 5 s. che destina­ no Israele al ministero sacerdotale tra le nazioni. Tuttavia con torà, o insegnamento, e con parola di Jahvé non si dovrà in­ tendere esclusivamente l'appianamento e il chiarimento di casi controversi od oscuri mercé il ricorso alta decisione dell'ora­ colo; al contrario, tenuto conto della relazione, ovvia per gli an­ tichi, tra contaminazione cultuale e sventura che si abbatte su popolo e paese bisognerà prendere in considerazione, oltre al­ l'istruzione cultuale-rituale, vista la presunta età di composi­ zione della profezia, anche quella ricavata in base alla legge mo­ saica scritta. 26 Ciò conduce di fatto a includere tutti i popoli nella teocrazia gerosolimitana.

4· Il seguito al v. 4 dimostra che tale affermazione non è esage­ rata: si tratta effettivamente di risolvere e appianare le contro22. Solo Mich. 4,2; Ps. 24,3 e /s. 30,29. 23. Solo 2 Sam. 23, 1 ; Ps. 20,2; 46,8. 1 2; 75,10; 76,7; 82,2.5; 84,9; 94,7, cfr. anche Ps. 1 14, 7 si veda anche Wanke, BZA W 97, 54 ss. 24. Cfr. Wildberger ad loc. con documentazione, nonché ad es . H.W. Parke, The Or­ acles ofZeus. Dodona. 0/ympia. Ammon, Oxford 1 967, 2 5 3 ss.; G. Roux, Delphi. Ora­ kel und Kultstatten, Munchen 197 1 , 7 1 ss. e O. Kaiser, Das Orakel als Mittel der Rechtsfindung im Alten Agypten: ZRGG 10 ( 1 9 5 8 ) , 1 93 ss. 2 5 . È da notare che Ps. 86,9 s. allude al pellegrinaggio delle nazioni. 26. Sull'impiego linguistico di tora cfr. Os. 8 , 1 2; r Chron. 1 6,4o; 22, 1 2; Ecclus 4 1 ,4; Os. 4,6; Soph. 3,4; ler. 1 8, 1 8; /s. 1 , 1o; 8,16.2o; 30,9 s.; per l'impiego della parola di Dio nel senso di legge scritta cfr. Ex. 20,1 ; 24,3; 34,1 ss.

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Il pellegrinaggio dei popoli al monte Sion

versi e sorte tra le varie nazioni, cfr. Deut. I 7,8 ss.; Ps. 96, I 3 e 98,9. Considerata l'autorità indiscussa di Jahvé, si può giunge­ re a un disarmo assolutamente privo di pericoli. La pace uni­ versale presuppone il riconoscimento universale di Dio e la sot­ tomissione al suo giudizio. Solo quando questo accadrà l'u­ manità potrà pensare di distruggere tutti i suoi armamenti sen­ za che questo la metta in pericolo; nell'orizzonte di una socie­ tà contadina preindustriale, questa condizione è espressa nel­ l'immagine delle armi forgiate in attrezzi agricoli. Le spade diverranno vomeri/7 le lance coltelli da vignaioli. 28 - In consa­ pevole contrasto con il v. 4b, in loel 4, I O si esortano i popoli a ricavare spade dai vomeri e lance dai coltelli da vignaioli, af­ finché trovino fine certa affrontando Gerusalemme nella valle di Giosafat. 29 Inoltre i passi di Ioel 4, I 7 e I 9 mostrano, se ce ne fosse ancora bisogno dopo questa macabra ironia, il carat­ tere esclusivo dell'attesa nel libro di Gioele, che mira a esclu­ dere gli altri popoli dalla salvezza. Proprio di fronte a una pro­ fezia come questa, carica di odio per i popoli a motivo delle s9fferenze da essi provocate, la nostra profezia assume un si­ gnificato particolare che nel libro d'Isaia sarà superato soltan­ to da I 9, I 9 ss. e soprattutto da I 9,24 s. Questo significato è te­ stimone di una speranza che non vuole tenere Dio tutto per sé, per paura ed egoismo, ma attende che egli realmente diven­ ga il Signore di tutti i popoli. - Si diceva che la pace universale ci sarà soltanto quando Dio sarà universalmente riconosciuto. Una tale pace ha luogo in una società viva, in cui Dio stesso 27. Cfr. BRLZ, 59 con ili. 17 e 25 5 con ii i . 66. 2 8 . Cfr. BRLZ, 20 1 con ili. 47 e K. Galling, 3 3 a. 29. Cfr. H.W. Wolff, BK xrv,2, Neukirchen 1 969 ad loc. ; ripreso da Wildberger, BK x, 1 , 87 e W. Rudolph, KAT1 X I I I , 2, Giitersloh 1 97 1 , 8 3 . - Sulla concezione biblica di pace cfr. H. Gross, Weltherrschaft als religiose Idee im Alten Testament (BBB 6), Bonn 1 9 5 3 , I I 8 ss.; J.J. Stamm e H. Bietenhard, Der Weltfriede im Alten und im Neuen Testament, Ziirich s.d. ( 1 959); O. Kaiser, Krieg und Frieden in der Sicht des Alten Testaments, Anstosse 1 964, 4, 1 5 5 ss. e H.H. Schmid, ialom. «Frieden» im Al­ ten Orient und im Alten Testament (SBS 5 r ), Stuttgart 1 97 1 (tr. it. salom La pace nell'antico Oriente e nell'Antico Testamento, Brescia 1 977).

fs. 2,2-J

81

sia mediatore e nella quale cadano i confini delle lingue, delle razze e delle classi. Ma probabilmente a questo punto ci siamo lasciati alle spalle anche questo profeta ponendo il suo annun­ cio alla luce del vangelo, rivolto a tutti i popoli e che certamen­ te lascia a Gerusalemme la sua superiorità storica in quanto luo­ go della rivelazione di Cristo, senza però più venerarla come luogo attuale di rivelazione né attendendone più la glorificazio­ ne futura, perché ora Dio vuole essere adorato in spirito e ve­ rità, Io. 4, 1 9 ss. e Hebr. I J , I 4. In prospettiva evangelica, sof­ frire nel mondo diviene soffrire per il mondo, a imitazione di Gesù come suoi discepoli.

5· Con il v. 5 il profeta, o forse piuttosto il redattore che ha in­ serito il detto nel rotolo d'Isaia, si rivolge direttamente alla sua comunità, alla quale si sente affine per condizione e compito. Si rivolge a essa solennemente chiamandola casa Ji Giacobbe, richiamandosi all'espressione del v. 3 relativa al Dio di Gia­ cobbe. Il redattore rammenta in tal modo alla comunità i mo­ desti inizi del popolo con i dodici figli del patriarca, il quale personalmente poté passare solo una parte della vita nella terra promessa trascorrendo il resto dei suoi giorni parte nella terra tra i due fiumi parte in Egitto. Dai suoi figli, grazie alla fedeltà di J ahvé alla promessa, ebbe origine il popolo di Dio. 30 E ora, benché una buona parte anziché in patria viva nella gola me­ sopotamica o nella diaspora egiziana, il popolo può rallegrarsi per la presenza salvifica del suo Dio e per la potenza delle sue promesse, così come gli sono state donate con il tempio e nella sua parola, cfr. Abac. 2,20 e Ps. 1 1 9, 1 0 5 . E dunque già ora esso può camminare alla luce del suo volto, ossia della sua grazia, Ps. 8 9 , 1 6 ,3 1 sebbene sia ancora in potere di padroni stranieri, cfr. Mich. 7,8; Ps. 27, 1 . Questo tuttavia comporta anche l'obbligo, 30. Sulla formula « casa di Giacobbe» cfr. 2,6; 8,17; 10,20; 14, 1 ; 29,22; 46,3 ; 48, 1 ; 5 8, 1 ;

ler. 2,4; 5,2o; Ezech. 20,5; 39,2 5 ; A m. J , I J ; 9,8; Abd. 1 7 s.; Mich. 2,7; 3,9; 4,2 e Ex. 1 9,3· 3 1 . Cfr. F. Notscher, 'Das Angesicht Gottes schauen ' in biblischer und babylonischer Auffassung, Darmstadt J 1 969, 144·

Il

giorno di Jahvé

imposto dalla segreta presenza di Dio, non solo di attendere che i popoli, dunque gli altri, gli obbediscano, ma di essergli obbedienti di persona fin da oggi, Ps. 1 1 9, 1 3 5 ·

2,6-22. Il giorno di Jahvé 6

Sì, tu l as c i asti cadere il tu o popo l o, l a casa di G i acobbe,

perch é e s s i erano pi eni d i ' i n d ovin i ' 1 orientali e d ' in c a ntatori come i fi l i s t e i, mentre 2 s ' in c h i n avano a fi gli d i s tranieri;

7 e il suo p aese era pieno di argento e oro

e senza fine i suoi tesori; il suo paese era pieno di caval l i e s e n z a fi n e i s u o i carri; 8 e il suo p aese era pieno di idoli, mentre2 si ado rava l ' opera d e l l e proprie mani, 3 ciò che h a n n o fatto le prop rie dita. 9 A l l o ra l ' ess ere um ano si è s ottomesso Ma tu n o n perd o n are loro ! 4 [e l'u omo si è fatto piccolo. 1 0 Va' nella roccia e nasconditi nella polvere davanti al terrore di Jahvé e al suo splendore sublime, 'quando si solleverà sì da far tremare la terra' ! 5 n Gli occhi orgo gliosi dell'uomo 'si abbasseranno'6 e l ' alteri gia degli uomini si pi egh erà. Ma J ahvé, lui s o l o , sarà esaltato in quel gi orno ! 12. Sì, viene un giorno per J ahvé Sabaot contro ogni superbo e altero e contro ogni illustre ed 'eminente'/ e

1. Prima di miqqedem inserire qostmzm, che potrebbe essere caduto per aplografia. Cfr. però le radicali considerazioni di D.W. Thomas: ZAW 7 5 ( 1 963), 88 ss . a propo­ sito della presunta forma primitiva del v. 6b. 2.. Sull'impiego del c.d. imperfetto a indicare azione simultanea cfr. Bobzin § 7, 1 b. 3 · Per la sintassi cfr. Davidson § 1 1 6 R 1 . 4 · Stando a 5 , 1 5 , i n origine qui si sarebbe dovuta trovare l a frase: «gli occhi dei superbi non si abbassarono». 5· Integrato con G; cfr. vv. 17 e 2 1 . 6. Leggi tispalna, cfr. 1 Q Is 7· Anziché «e misero», non senza motivo per un aristocratico, leggi con G wtgaboah . a.

!s. 2, 6-22

I 3 e contro tutti i cedri del Libano

'

'8

e tutte le querce del Basan, e contro tutti gli alti monti e contro tutti i colli elevati, I s e contro ogni alta torre e contro ogni ripi do muro, 16 e contro tutte le navi di Tarsis e contro tutte le navi con beni di lusso. 17 Allora si piega l'orgoglio dell'uomo e si fa piccola l 'alterigia degli uomini. Ma Jahvé, lui solo, sarà esaltato in quel giorno! I 8 M a gl 'idoli svaniran n o9 tutti q u anti ! 19 Allora si rifugiano nelle c averne delle rocce e nei buchi nella p olvere d avanti al terrore di J ahvé e al suo splendore subli me, quando si solleverà sì d a far tremare l a terra! I4

p

d'argento 10 i suoi idoli d 'oro , 1 0 c h e s i sono costruiti ciascun o 1 1 da s é p er ado rarl i, 'ai topiragno) l 2 e ai pipistrel li, 2 1 per t rovare scampo nei crepacci delle rocce e n e l l e spaccature delle rupi d avanti al terrore d i J ahvé e al suo splendore s u b l i m e, quando si sol leverà sì d a far tremar e l a terra.

20 In quel giorno l ' uomo getterà vi a i suoi ido e

22

Lasciate dunque perdere l'uomo, è solo un soffio, per cosa stimar/o, allora?

2,6-22. Bernhard Duhm, eminente studioso d'inizio secolo, de­ finì il poema sul giorno di J ahvé il «peggio conservato di tutto 8. Il v. 1 3 a va espunto in quanto glossa tratta dal v. 1 4. Con I Qls a e le traduzioni antiche leggi il plurale jabalopu. Io. Cfr. Davidson § 24 R 2. I 1. Cfr. Davidson § I 16 R 1 . 1 2. Leggi labaparparot. C'è da chiedersi se con tale termine si intendano realmente i topiragno, amanti del buio, o non piuttosto una precisa specie di pipistrelli, come sup­ pone Liebermann sulla base di HAL 327b. 9·

Il giorno di]ahvé

il libro» . Effettivamente il passo presenta all'esegeta molteplici difficoltà: un testo a volte trascritto senza cura, tracce d'inter­ venti che ne stravolgono il significato, indizi di almeno un ri­ facimento in piena regola, per non parlare dell'ambigua glossa conclusiva aggiunta da un lettore. Ma l'esegesi del poema ha anche sofferto poiché, prima di essere commentato così come è stato tramandato, vi sono state ricercate le parole del profeta Isaia per poi smembrarlo nelle sue ipotetiche parti. Infine, quin­ di, la potenza linguistica di singole pericopi, come in partico­ lare l'evidente nucleo dei vv . 1 2- 1 7, parve decisiva per l'attri­ buzione al profeta dell'viii secolo. - Per non cadere nel mede. simo errore, inizieremo con un'esegesi del poema basata su una suddivisione esclusivamente contenutistica, senza prende­ re in considerazione i versetti che paiono ritornelli. In questo modo, una volta compreso il poema nella forma in cui è stato tramandato, le considerazioni conclusive sulla sua origine, che necessariamente resteranno ipotetiche, non potranno comun­ que causare danni eccessivi. 2,6-9 . L'abbandono del popolo. In modo piuttosto singolare,

il poema ha inizio con un breve lamento indirizzato a Jahvé, accusato di aver abbandonato il popolo che si era scelto nel patriarca Giacobbe-lsraele/ 3 agendo dunque in modo esatta­ mente contrario a come ci si poteva aspettare in base a 1 Sam. 1 2,22 e Ps. 94, 1 4. Se si consultano i passi dell'Antico Testamen­ to che parlano dell'abbandono del popolo da parte di Jahvé si nota che tale abbandono si concretizza nella vittoria e nel do­ minio dei nemici, cfr. Iud. 6, 1 3 e 2 Reg. 2 1 , I 4. 1 ..

·9a. Di conseguenza, non si dovrà sorvolare troppo rapidamen­ te sul v. 9a, ma bisognerà tener presente che esso è ripreso in 5 , I 5 per indicare che le parole di minaccia di 5, I 3 e I 4 si sono 13. 14.

Gli esempi relativi alla «Casa di Giacobbe» sono stati riportati sopra, p. 8 1 Cfr. anche ler. 2 J ,J 3 ·3 9·

n. 30.

fs. 2,6-22

adempiute con la distruzione di Gerusalemme nel 5 8 7 e con l'esilio. rs Al v. 9, l'accenno a questa sconfitta insieme al tema di tono sapienziale riguardante l'essere umano e l'uomo in gene­ rale è tanto conciso, 1 6 quanto è determinante per la compren­ sione non solo dei primi quattro versetti ma dell'intero poema. Questo infatti guarda evidentemente alla grande catastrofe pas­ sata, ma al tempo stesso, come indicano già i successivi vv . I O ss., n e attende un'altra ancora maggiore e più estesa, che certo non sarà limitata al popolo di Dio e quindi giustifica l'impiego del termine generico «uomo». 6b-8. La motivazione della catastrofe di un tempo, che trovia­

mo ai vv. 6b-8, intende probabilmente assicurare al lettore che, se dovesse cogliere nel paese una condizione analoga nel pro­ prio tempo, giungerà anche l'atteso giudizio univerble. Che la nostra ricostruzione del v. 6ab sia o meno appropriata, 1 7 tro­ viamo in ogni caso in principio un accenno a pratiche manti­ che. Per quanto vi siano certo state anche in Israele, cfr. ad es. 1 Sam. 28,18 in età postesilica esse erano sicuramente conside­ rate inconciliabili con la fede in J ahvé, 19 cfr. Deut. 1 8,9 ss. In base, poi, a 2 Reg. 2 I , I ss. cfr. v. 6, furono proprio le pratiche mantiche una delle cause del crollo del regno di Giuda. Che pratiche mantiche di ogni tipo fossero penetrate nella provin­ cia di Giuda dai paesi limitrofi lo si può dedurre dalla polemi­ ca contro i culti della natura in 1 ,29 ss.; 5 7,7 ss. e 6 5 ,J s. Pos­ siamo solo immaginare la ragione del collegamento tra filistei e evocazione dei morti:20 potrebbe esservi la combinazione d'influssi dall'Egitto e dal mondo egeo. Al v. 6b l'espressione poetica generica rende arduo decidere se intenda l'accresciuta presenza di stranieri in generale,- oppure la mescolanza di san­ gue. Da Nehem. I J ,2 3 ss., cfr. Esdr. I O, risulta che i matrimoni I5.

Cfr. sotto, pp. 148 s.

1 6. Cfr. ad es . Prov. I 2, I 4; 19,22; 24,30; 30,2; Ps . 49,3 e 62f I o,; inoltre Wildberger ad lo c. 1 7. Cfr. sopra, p. 82 n. I . 1 8 . Questo testo è stato rielaborato in base di Deut. 1 8. 1 9. Cfr. 8, 1 9 s. 2o. Cfr. KB L 72 1 s.v. 'nn.

86

Il giorno di ]ahvé

misti con non ebrei hanno costituito un problema in determi­ nati periodi. Né certamente nel paese vi erano commercianti solo fenici, cfr. Nehem. 1 3 , 1 6 ss.; loel 4,4 ss. e Gen. 3 7,2 5 . 7· Il v. 7a ha un parallelo sorprendente, benché non di medesi­ mo significato, in Nah. 2, 1 0. La ricchezza di metalli nobili, car­ ri e cavalli, che qui è considerata in modo critico forse in base a Deut. 1 7, 1 6, ha un corrispondente nella tradizione solo nel­ l'immagine ideale del regno di Salomone, cfr. I Reg. 9,28; 1 0,7. ro s. 14 ss. 26 ss., a meno che non si voglia giungere sino al tem­ po dei Tolemei. Leggendo la descrizione della ricchezza di Sa­ lomone, non si può fare a meno di tener presente anche il ca­ pitolo successivo in cui si parla delle sue numerose mogli e dell'idolatria che esse favorirono, 1 Reg. 1 I , I . Relazioni inter­ nazionali e ricchezza conducono all'idolatria: non si tratta tan­ to di una combinazione intesa in senso puramente storico, quant? di una focalizzazione dei pericoli e delle minacce del propno tempo.

8. Così, in modo del tutto logico il v. 8 prosegue accennando

agli dei che un tempo avevano il sopravvento nel paese, sebbe­ ne stupisca che il tema non sia trattato insieme a quello dell'ar­ te manti ca. L'opera delle proprie mani è un «nulla», definizio­ ne usuale sorta in ambiente deuteronomista-deuteronomistico e intesa in senso esplicativ0.2 1 Essa suppone la semplice iden­ tificazione dell'immagine con il dio e colpisce quindi tutt'al più la superstizione popolare. Negli idoli gli uomini adorano le proprie creature anziché il loro creatore: ecco la sostanza del rimprovero. D'altra parte, dalla ripresa della polemica con­ tro gli idoli in età postesilica si evince che qui abbiamo a che fare con un male specifico di questo periodo, cfr. Ps. I o 5 ,4; I 3 5 , 1 5 ; /s. 40, 1 9 s.; 4 I ,6 s.; 42, 1 7; 44,9-20; 4 5 , 1 6 s.2ob; 46, 5 -8; 48, 2 2 nonché I 7,8 e 3 1 ,7. 2 1 . Cfr. Lev. 26, 1 ; Ps. 96, 5 ; 97,7; fs. 1 0, 1 0 s.; 1 9, 1 3 ; 3 1 ,7 e Mich. 5 , 1 2; Deut. 4,2 8 ; 27, 1 5; 2 Reg. 19, 1 8 par. fs. 37, 1 9; 2 Reg. 22, 1 7, come pure fer. 2 5 ,6 s.; 3 2,30.34 e 44,8.

/s. 2,6-22

9a. L 'eccessiva penetrazione dell'elemento straniero nel popo­ lo provocò il rinnegamento di 1 ahvé, che ebbe come conse­ guenza l'abbandono in potere dei nemici e sfociò ovviamente nella profonda umiliazione 22 di tutti coloro che prima aveva­ no provato orgoglio per la loro ricchezza e i loro idoli. 9b. Il v. 9b, 23 generalmente considerato un'aggiunta, dimostra che questa esegesi in cui si evidenzia la duplice prospettiva del poema non è lontana dal vero. N ella critica al passato si cela la critica al presente. Infatti l'invito rivolto a 1 ahvé di non perdo­ nare coloro che agiscono nel modo descritto, presuppone che il lettore cui si deve l'aggiunta ritrovasse nel proprio tempo gli abusi contro cui si scagliava . .1,10- 1 9. Il giorno futuro di J ahvé. Parlando dell'uomo in ge­ ll:erale alla �aniera sapienziale individu �lizza�te., l' esortazi �f e riguardante Il tempo stesso del compositore e rivolta a un In­ dividuo e, in lui, a ciascuno. Tutti sono spronati a mettersi tem­ pestivamente in salvo in rocce e aperture della terra, cfr. Ier. 4, 29 e inoltre /s. 29,4,. perché è imminente l'apparizione tremen­ da della grandiosa maestà di Jahvé,24 il momento in cui egli si ergerà a giudice dei popoli z s facendo tremare di spavento la ter­ ra, cfr. Ps. 76,9 s. e I O, I 2. I 8; Soph. 3,8. I I . Allora l'orgoglio degli uomini sarà definitivamente spezza­

to, Ps. I 8,28; /s. I J , I I , e sarà manifesto che Jahvé solo è eccel­ so, 3 3 , 5 ; 1 2,4; Ps. 148, 1 J . La posposizione di «in quel giorno» è di grande effetto e rimanda già al v. I 2a. 1 2a. Con questo versetto ha inizio l'annuncio vero e proprio 22. Cfr. Prov. 1 4, 1 9 e 29,23 , nonché r Sam. 2,7; Ps. 1 47,6; 29,4; 1 0,3 3 e 2 5 , 1 I s. 23. Cfr. sopra, p. 82 n. 4· Osserviamo per inciso che I Qlsa omette questa breve frase. 24. Per l'espressione «spavento di Jahvé» cfr. 1 Sam. 1 1 ,7; 2 Chron. 1 4, 1 3 ; 1 7, 1 0; 1 9,7; 20,29; Ps. 36,2 si veda anche fs. 24, 1 7. 25. Cfr. Ps. 44,27 e 82,8, e all'interno del lamento individuale Ps. 3,8; 7,7; 3 5 , 2 e 1 7, 1 S ·

88

Il giorno dijahvé

del giorno di J ahvé. Si tratta del giorno scelto da J ahvé per il proprio intervento, quando manifesterà davanti al mondo in­ tero il suo potere, cfr. 34,8; I J ,6·9 e Ezech. J O, J . 26

Jl.b-16. Nei successivi versetti I 2b r 6 l'autore descrive in die­ ci parallelismi la distruzione di tutto ciò che può impressiona­ re l'uomo per la sua grandezza. Senza accennarvi esplicita­ mente ci fa vivere una tempesta terribile che si scatena sul pae­ se da nord a sud, spargendo il terrore davanti a sé e lasciandosi alle spalle solo devastazione. Sullo sfondo vi è la descrizione di una teofania nella bufera simile a quella del Ps. 29. Il v. I 2b menziona in forma generale ciò che è poi illustrato ai vv. 1 3 1 6: il giorno di Jahvé che sta per venire colpirà ogni superbia e grandezza umana, cfr. anche Ezech. 2 1 ,3 2. Per primi dovran­ no credere a questa realtà i possenti cedri del Libano, cfr. Ps. 29, 5; sarà poi il turno delle querce del Basan, all'incirca il ter­ ritorio delle attuali alture del . Golan/7 cfr. Ps. 29,9; Nah. I ,4; Zach. 1 1 , 1 s. Monti e colli non sono trascurati, facendo così assumere alla catastrofe una dimensione cosmica, cfr. Ier. 4,24 ss.; Nah. r , 5 ; Abac. J ,6 e Ezech. 3 8,20. È abbattuto tutto ciò che promette rifugio sicuro all'uomo, le alte torri e i ripidi muri, cfr. 30,2 5 oltre a Ezech. 3 8 ,20 e a ler. 2 5 , 1 2. Né sono ovviamen­ te dimenticate le navi commerciali che fanno ritorno da terre lontane cariche di merci preziose, cfr. anche Ps. 48,8 . Sono chiamate navi di Tarsis come l'antica meta dei viaggi oltremare delle navi fenicie verso la penisola iberica. I sovrani di Giuda devono aver preso in gestione questa traversata, insieme a Ti­ ro, I Reg. 1 0,22, 2 8 e a Elat, I Reg. 22,49; 2 Reg. 1 4,22. Alla fi­ ne il lettore si chiede se dietro la tempesta che abbatte e distrug-

-

26. Cfr. loel I , I s ; 4, 1 4; Soph. 1 ,7. 14, nonché Am. s , I 8 .2o; /oe/ 2, 1 .2. 1 x; J ,4; Zach. I4, 7; Mal. 3,23 e infine Soph. 2,2. Per la discussione sulla derivazione storico-religiosa dell'idea di Giorno di Jahvé cfr. ATD I 8, I6. 27. Cfr. B. Reicke, BHH 1, 203 s. 28. Cfr. ATD 1 8, 1 3 3 s.; E. Wiirthwein, ATD I I /I , 1 26 e K. Galling: ZDPV 88 ( I 973) 1 ss. e 1 40 ss. Cfr. comunque anche W. Helck, Die Beziehungen Agyptens und Vor­ derasiens zur Agais bis ins l· ]ahrhundert v. Chr. {Ertdige der Forschung 1 20), Darm­ stadt I 979, I 5 8 s.

/s. 2, 6-2.2

ge tutto ciò che è grande non si celino i nemici provenienti da settentrione per prendere d'assalto il monte Si on, cfr. Ier. 4, I 5 ss.; /s. r o,28 ss.; I 3,2 ss.; Soph. I ,2 ss., e se le tinte cosmiche delle apparizioni che accompagnano la teofania di J ahvé non intendano un evento storico-terreno. 1 7. Ma la generalizzazione dei vv. I 2h e I 7 mostra per certo che

l'autore di questi versetti è ancora ben lungi da questa precisa­ zione e che pensa genericamente al momento in cui ogni gran­ dezza terrena, ivi compreso naturalmente tutto il potere dei popoli, sarà annientata dal Dio che si manifesta. Ovunque gli uomini entrino direttamente in contatto con Dio, la loro su­ perbia e la loro tracotanza sono abbattute. Solo dopo questo crollo Dio si rivela in tutta la sua solitaria magnificenza. 1 8- 1 9.

È poi evidente che al v. I 8 un lettore commenta che in

tal modo avviene al tempo stesso la fine degli idoli.19 Agli uo­ mini resta un'unica cosa da fare: nascondersi negli anfratti tra le rocce e nelle spaccature della terra per non essere distrutti dalla maestà del Dio presente. A differenza di 3 3 , I 4 ss., l'auto­ re non distingue tra giusti e peccatori. Ci si può chiedere an­ cora una volta se per lui la salvezza dell'uomo retto era tal­ mente scontata da non ritenere necessario neppure di menzio­ narla, oppure se non volesse inculcare il terrore di Dio a tutto il suo popolo per indurlo così alla penitenza. O era forse in contrasto con il proprio tempo e insieme schierato dalla parte di Dio, e talmente convinto della catastrofe che si andava pre­ parando come necessità cosmica, da porre unicamente que­ st' attesa al centro dei suoi pensieri ? Le generalizzazioni paio­ no corroborare una tale ipotesi, ed è quindi lecito vedere qui l'annuncio dell'imminente giudizio universale. Tale annuncio si riflette in 24, I ss. e I 3 ,9 ss., e sulla sua scia è sorta poi anche l'attesa del giudizio che avrà luogo alle porte di Gerusalemme, cfr. anche 5 , I 4. I 7; 6, r 2- I 3 aba e 7,23 -2 5 * . 29.

Cfr.

sotto, p. 93·

11 giorno

di]ahvé

2,20-2 1 . Il lettore odierno può anche rinunciare alla raffigura­ zione di ciò che accadrà «in quel giorno» agli idoli, preziose statuette di dei realizzate in argento e oro. Tuttavia deve esser­ ci stato certo un motivo se il tema iniziato ai vv 8 e 9a, ripreso e quindi concluso al v. 1 8, è nuovamente trattato e portato a termine nell'elaborazione dei vv 1 0 e 1 9. Per comprendere ef­ fettivamente il v. 20 bisogna sapere che gli animali qui men­ zionati, a quanto risulta dal pipistrello che è nominato per se­ condo, erano considerati impuri e quindi visti con ribrezzo, cfr. Lev. I I , I 9 e Deut. 1 4, 1 8 .30 Nel tentativo di nascondersi il più rapidamente possibile nelle caverne e nelle spaccature delle rocce davanti alla distruttiva maestà di J ahvé nella sua epifania, gli idoli di metallo prezioso che fino a quel momento erano stati adorati in ginocchio saranno gettati nelle tenebre, cfr. an­ che 3 1 ,7, ove trovano rifugio gli animali impuri, risultando in tal modo profanati. La presenza di Dio non solo aggiusta le prospettive in ambito umano, ma insegna anche a giudicare correttamente le cose del mondo distruggendo l'idolatria re­ ligiosa o pseudoreligiosa di cui sono fatte oggetto. .

.

22. Si può dare ormai per sicuro che il v. 22 costituisca l'aggiun­ ta di un lettore. C'è ancora discussione, invece, su ciò che il versetto intenda dire. Alcuni vi vedono un monito conclusivo che completa il poema e invita a non confidare negli uomini.31 Esso sarebbe in consonanza con passi quali 7,9; 2 8, 1 6 e JO, I 5 · D i fronte all'imminente giorno di Jahvé, dunque, l'importante sarebbe non affidarsi a idoli né a uomini ma solo a Dio, e scam­ pare così al giudizio. - Forse però è preferibile l'opinione di altri esegeti che possono richiamarsi alle reminiscenze del lin­ guaggio tipico dell'inno di supplica individuale, nel quale l'ac­ cenno alla transitorietà dell'uomo rientra nei motivi che devo­ no indurre Dio ad avere compassione di lui, cfr. ad es. Ps. 3 9, JO. Cfr. sopra, p. 83 n. 1 2. 3 I . Cfr. ad es. Marti; Fohrer; Kaiser1"4 ; Eichrodt e Schedi, Rufer des Hei/s, ad loc.

/s. 2, 6-22 1 3 s.; Am. 7, 5 e

Iob 7, 1 6.31 Nel versetto essi scorgono il sospi­

ro di un lettore che, rivolto ai maestri escatologici, non tiene in gran conto l'escatologia e le sue attese relative al giorno di J ahvé ed esprime la propria riprovazione per il poema esortan­ do a non rendere ancora più difficile al mortale la sua già bre­ ve vita con tali incubi. Da un punto di vista teologico, questa voce è prossima a Qohelet, che guardava con scetticismo insu­ perabile l'attesa di un cambiamento nel mondo e di una vita fu­ tura, cfr. Ecci. I ,9 s. e J , I 9 ss., nonché Ps. 22, 3 ob T.M.

�,6-22.. Il problema letterario. Dopo aver spiegato la profezia nella sua attuale forma, è ora opportuno porsi il problema del­ la sua origine. Le osservazioni che seguono evidenziano che non si tratta di una composizione dovuta a un'unica mano. Per prima cosa sorprende che al v. 6atX ci si rivolga immediata­ mente a J ahvé come se dovesse poi seguire una preghiera; al suo posto, ai vv 6a�-9, · si trova uno sguardo retrospettivo sul­ le cause della sventura, e ai vv I 0-2 I una profezia; secondaria­ mente, al v. 9b, è certamente un'aggiunta la ripresa del discor­ so diretto riferito a Jahvé, oltretutto espresso come un cosid­ detto vetitivo, ossia dissuasione sapienziale; in terzo luogo neppure il v. 2 2 è originario, comunque s'intenda il versetto; quarto, il v. I I insieme al v. I 7 ricorda un ritornello, ma que­ sta supposizione è invalidata dalla successione speculare dei vo­ caboli ai vv. 10 s. e I 7+ I 9, cosicché ne risulta immediatamente una composizione circolare; quinto, è singolare che, malgrado determinate varianti, i vv 9a. I I a. I 7a corrispondano a 5 , I 5 , i vv I I b. I 7b a 5 , I 6, e infine che il v. I O sia ripreso anche in I 9. 2 I . 5 , I 6 va comunque inteso come una variante redazionale de­ stinata alla sua collocazione attuale;33 sesta considerazione: fa difficoltà l'inserzione del v. I 8 tra i vv I 7 e I 9; il versetto, inol­ tre, è in concorrenza con i vv 20 e 2 I , identificabili come ag­ giunta grazie alla formula introduttiva «in quel giorno» . Ma .

.

.

.

.

.

32..

Cfr. ad es. Duhm e Wildberger ad loc.

33·

Cfr.

sotto,

p. 1 49.

92

Il giorno di]ahvé

anche se si esclude il v. I 8, il v. I 9 si colloca in modo ben stra­ no dopo 1 7b, in quanto l'annuncio dell'esclusivo splendore di Jahvé posto in fine esclude continuazioni. Se come settimo e ultimo punto osserviamo che il v. 6a�y e il v. 8, trattando di tra­ sgressione di carattere religioso, dovrebbero anch'essi risultare affiancati se originali, la complessità dell'insieme è sufficiente­ mente delineata. No n sorprenderà constatare che a essa corri­ spondono i tentativi della ricerca più recente di chiarire l' origi­ ne della pericope, tentativi che finiscono per escludersi a vicen­ da.34 Tali tentativi concordano, in ultima analisi, esclusivamen­ te su due punti, come confermerà l'esame che segue: che i vv. I 2- I 7 vanno comunque intesi unitamente, e che - come si ve­ drà, in contrasto con le riflessioni precedenti - possono essere considerati isaiani. Per quanto riguarda invece l'individuazio­ ne dell'inizio e fine della pericope, i risultati ancora una volta differiscono. Evidentemente il quadro offerto dal poema è co­ sì sconcertante che non vi può essere un'unica spiegazione del brano, ma sempre e solo tentativi modesti di gettare luce sul­ l'ipotetica storia delle sue origini. La nostra analisi prende le mosse dai versetti finali: a prescin­ dere dal v. 22, la cui posizione particolare è confermata dall'e­ segesi, volgendo subito l'attenzione ai vv . 20 e 2 I è evidente che entrambi sono un'integrazione indipendente da quanto li precede. Dal punto di vista formale, ciò emerge dal nuovo at34· Proponiamo qui una scelta delle analisi proposte nell'ultimo secolo. Duhm ha in­ dividuato tre frammenti di «impetuosi discorsi giovanili)) del profeta in 2,6- I o. 1 8-2 1 ; 2, 1 1 - 1 7 e 5 , I 5- 16. Marti h a ricostruito u n poema con ritornello con l a seguente suc­ cessione di versetti: 2, 10.6-8.9* (= I I a}. 1 1 b. 1 8 . Io. 1 9b�. 1 2- 1 8. Fohrer ha accostato 6acx. 7. 8. 1 1 . 1 2- I 7 e 1 9-2 1 . Wildberger ha individuato quattro frammenti isaiani in 2,6; 2,79a( 1 8); 2, 1 2- 1 7 e 2, 19; Fey, Amos undjesaja, 77 ss. ha isolato come nucleo principale 6-7. 1 1 . 1 2- 1 7. 1 9. Hoffmann, lntention, 107 ss. ha intuito giustamente che in 7. 8a.9a ­ tra Sa e 9a individua una lacuna - abbiamo uno sguardo storico retrospettivo, e lo ha unito a 1 2- 17. 1 9. Vermeylen 1, 1 3 3 ss., ha distinto tra 2, 1 2- 1 7 come nucleo isaiano e 6a7·9a + Mich. 6, 9b - 1 1 . 1 3 come poema, scomposto nelle sue parti attuali, insieme alle redazioni restanti. Barth, ]esaja- Worte, 222 s., ha riconosciuto il legame tra I o e 1 21 7, e contrariamente alla sua tendenza a scartare i calcoli basati su frammenti ne in­ dividua uno proprio in 7-8a.9a.

93

/s. 2,6-22

tacco con la formula profetica di rimprovero «in quel giorno»; sotto l'aspetto contenutistico, di contro, lo si evince dalla di­ pendenza dall'annuncio del giorno di J ahvé. N o n è facile de­ cidere se essi riprendano il tema dell'idolatria dal v. 8 oppure se lo abbiano trattato precedentemente a questo versetto. Si può tuttavia propendere per la prima ipotesi e supporre che il poe­ ma originario in I 0. 1 2- 1 7 fosse già stato ampliato con la retro­ spettiva di storia delle sventure dei vv 6-8 . Che questa a sua volta non sia di un'unica mano emerge dalla motivazione che spinge J ahvé ad abbandonare il popolo che in v. 6a�yb previe­ ne quella del v. 8 . Poiché i vv 7 e 8 costituiscono un'unità com­ piuta, il v. 6a�yb deve essere considerato un ampliamento suc­ cessivo della retrospettiva storica che fa da testo di collegamen­ to tra 2,2- 5 e 2, I o ss. =�. È evidente che il v. 9a si richiama al v. 1 7a. L'emistichio, tenuto conto del v. 6aa, per quanto riguarda le idee non fa necessariamente parte della retrospettiva, ed è quindi probabile che anch'esso sia stato inserito solo in un se­ condo tempo per dare al testo di collegamento una conclusio­ ne simile al poema originario e fors'anche alla strofa di com­ pletamento. Il v. 9b, dal canto suo, ha il compito di mediare tra la retrospettiva così completata e la successiva minaccia di giudizio. Forse questo emistichio è stato composto dalla stessa mano che ha inserito anche il v. 1 8 . Quanto al v. I I, la versio­ ne della prima riga, così ampollosa rispetto a 5 , I 5 b, fa nascere il sospetto che esso per parte sua sia un'aggiunta che presup­ pone v. 9a e v. I 7. Il v. I 9 a sua volta potrebbe imitare il v. 2 1 . È possibile dunque, a nostro giudizio, ricostruire la seguen­ te stratificazione letteraria: il nucleo centrale del poema sul­ l'imminente giorno di Jahvé di IO. I 2- I 7 in un primo processo redazionale fu ampliato con l'inserzione di 6aa. 7- 8 come testo di collegamento con la pericope 2,2- 5 appena accolta nel roto­ lo d'Isaia. Nello stadio successivo fu aggiunta la profezia dei vv 20 e 2 1 riguardante il comportamento degli idolatri nel giu­ dizio escatologico. Per conferire maggior peso alla retrospetti­ va storica di fronte all'annuncio che sarebbe seguito, le fu an.

.

.

94

Crollo e anarchia

nesso in seguito il v. 9a, corrispondente al v. I 7a. Il v. 9b cerca quindi di annullare l'evidente tensione che si viene in tal modo a creare tra retrospettiva e profezia. Forse si deve alla stessa mano che ha inserito questo emistichio anche l'interpolazione del v. 1 8. Per entrambi si tratta di brevi glosse che parteggiano per Jahvé. Il v. 6a�yb potrebbe essere stato aggiunto alla retro­ spettiva già prima dell'inserzione di 9a, senza che in questo ca­ so, come in quello dei vv I I e I 9, risulti una chiara successio­ ne nel processo redazionale. Non è tuttavia da escludere che il v. I 9 sia stato unito al poema originario ancora prima del v. I 8; in caso contrario, infatti, bisognerebbe ammettere che il redattore non abbia notato che grammaticalmente gli idoli no­ minati al v. I 8 sono soggetto del v. 1 9. La posizione peculiare del v. 22 è stata analizzata più sopra - Se ci si interroga sul­ l' origine del poema sul grande giorno di J ahvé dei vv I o. I 2I 7, che forma il nucleo di tutta la pericope, è opportuno innan­ zi tutto rilevare che nel quadro dei risultati del presente studio manca ogni premessa per considerarlo un frammento isaiano. L'attesa del futuro giudizio universale che in esso si rispecchia, storicamente appartiene non all'viii secolo a.C. ma al periodo persiano. Con questo già si afferma che i versetti sono presumi­ bilmente opera di un redattore del rotolo d'Isaia, i cui inter­ venti possono essere individuati fino al cap. 3 2.3 5 La retrospet­ tiva sulla storia delle sventure intende rafforzare l'attesa del giudizio rammentando la catastrofe del 5 87. Con la motiva­ zione che le fornisce, tale retrospettiva dal canto suo provoca l'ampliamento dell'annuncio del giudizio con il detto di mi­ naccia contro gli idolatri. .

.

J, I - 1 1 .

1

Crollo

e

anarchia

Poiché ecco, il Signore

J ahvé Sabaot

allontana da Gerusalemme e da Giuda

3 5 · Cfr. sopra, pp. IJ s. e ATD 1 8 a 32,9 ss.

/s. J,I-11

2. 3 4

6

7

8

95

sostegno e bastone, 1 ogni soste�no di pa'? e e ogni sostegno d'acqua, 2 mercenano e guernero, giudice e profeta e indovino e anziano, capo di cinquantina e notabile e consigliere e sapiente nell'arte magica e l'esperto d'incantesimi. 2 Allora farò loro principi dei ragazzi per cui la spavalderia 3 dominerà su di loro. 4 Allora il popolo sarà oppresso, l'uno dall'altro e ognuno dal suo compagno, così che il giovane assale l'anziano, e il disprezzato la persona stimata. Se (poi) uno afferra suo fratello nella casa di suo padre: s «Tu hai 6 un mantello ! Sii nostro capo, e questo mucchio di rovine sia sottoposto alla tua mano !». In quel giorno egli comincerà e dirà: «N o n voglio essere dominatore/ e nella mia casa non vi è pane né1 vestito. Non potete farmi capo del popolo! » . Sì, Gerusalemme ha inciampato e Giuda è caduto; 8 poiché la loro lingua e le loro azioni erano contro ]ahvé, per sfidare apertamente il suo onore.

1 . Per l'accostamento di un termine maschile e uno femminile a indicare universalità cfr. Davidson § 1 7 R 5 . 2. . Per l e aggiunte dovute a rielaborazione cfr. i l commento. 3· L'abstractum rappresenta il concretum, la qualità rappresenta chi la possiede. 4· Sull'impiego del c.d. imperfetto a indicare azione simultanea cfr. Bobzin § 7, 1 b. 5· Marti e Kissane col1egano il «mantello», iimla, a quanto precede, e risolvono Jeka come «orsù», imperativo ampliato di halak. 6. Per la grafia piena di un pronome suffisso cfr. G-K 18 § 103g. 7· G traduce àpx:rry oc;, V medicus. - Cfr. HAT 278a s.v. �abas e Iob 34, 1 7. 8. A motivo dei suoi abitanti Giuda è considerato maschile, cfr. anche G-K 28 § 1 22 e Joiion § I 3 4 g. - Sulla possibilità d'intendere le forme del cosiddetto perfetto come un perfectum confidentiae, cfr. G-K 18 § 1o6n; Meyer J § 1 0 1 ,43, nonché W. Fischer, Grammatik des klassischen Arabisch, Wiesb3den 1977, § 1 8 2. Resta tuttavia possibile intendere i vv. 8 e 93 come sguardo retrospettivo. Cfr. Wildberger ad loc.

Crollo e anarchia 9

·

10 11

l/ loro riguardo della persona9 ha testimoniato contro di loro ed essi hanno ostentato il loro peccato come Sodoma, [non lo hanno nascosto! Guai a loro! Attirano da soli la sventura su se stessi! 'Beato' 10 il giusto, lui sta certo bene, poiché essi assaporano il frutto delle loro azioni ! Guai al malvagio, a lui va male, perché è ripagato secondo l'opera delle sue mani !

3,1-4,1 . In J , I -4, 1 si trovano diversi termini che riguardano un futuro giudizio di Jahvé su Gerusalemme e Giuda. La loro de­ terminazione risulta tuttavia difficile poiché i versetti, pur es­ sendo idealmente collegati, presentano singolari interruzioni di stile oppure appaiono frammentari. 3,1 - 1 1 . Questo è evidente già in J , I - I I : i vv 9b. I o e I I , d'im­ postazione sapienziale, segnano una chiara interruzione, ben­ ché da un punto di vista tematico vi sia un legame con i vv 8 e 9a da una parte e con il v. I 2 dall'altra. Ma neppure la restan­ te pericope J , I -9a è priva di problemi: qui non solo al v. 4 ha inizio in modo assolutamente imprevisto un discorso di Dio, · ma anche i vv. 8 e 9a sono formulati in modo tale che non è chiaro se si tratti di una nota integrativa, come 5 , 1 5 s., o di una profezia che esprime certezza assoluta. L'evidente aggiunta in 1 b indica che potrebbero esservi ulteriori interpolazioni. Dal metro zoppicante della qina o compianto funebre, palesemen­ te voluto, possiamo individuar le in 2b e 3 b, ove hanno ruolo di disturbo. E benché il metro in v. 6ab si faccia più ampio e inquieto, in base a 1 b al v. 7a è possibile individuare un'ulte­ riore aggiunta. Il redattore da una lato pensava alla carestia, che avrebbe portato alla capitolazione, dall'altra, in consonan­ za con 2,6a, sottolineava la presenza nel paese di discutibili mi­ nistri religiosi. - I vv 6 e 7, come 4 e 5, introducono un'idea che completa il discorso precedente, e ci si può quindi chiede­ re se la pericope J , I -9a non abbia avuto origine in quattro sta.

.

.



ptnéhem è gen. subiectivus.

1 o.

Leggi 'afre.

97

/s. 3,1-11

di. Alla profezia di 3, I -3 sull'allontanamento di tutti gli uomi­ ni necessari a difendere e amministrare il paese, infatti, sono uniti in 4- 5 un detto sull'anarchia che ne deriverà, e in 6-7 uno sull'impossibilità di trovare una persona disposta a farsi carico degli affari di governo e in grado di farlo. In 8 -9a segue quindi l'accenno alle cause del crollo. Tenendo conto di tutto il ma­ teriale disponibile in questo capitolo è tuttavia possibile affer­ mare che 3 , I -9a sia dovuto a un'unica mano, benché non pro­ prio sicura quanto alla forma. Già il fatto che al v. 1 il ki introduttivo, «poiché», sia inclu­ so nel metro indica che, per quanto riguarda la pericope 3, I ss., nonché, come si vedrà, le restanti unità del capitolo, si è davan­ ti a composizioni letterarie. Per 3 , I ss. tale giudizio è tuttavia confortato anche da motivi più rilevanti. Bisogna innanzi tut­ to osservare che i vv. 1 -3 imitano visibilmente 2, 1 2- I 6, elencan­ do in cinque coppie quanti saranno colpiti dal futuro giudizio di J ahvé; anche qui, poi, troviamo al principio una coppia ge­ nerica che ingloba le altre quattro. In secondo luogo ci si può soffermare su un uso linguistico relativamente pittoresco, che però, nonostante l'originalità della descrizione ai vv. 6 e 7, non è originario. Nel materiale menzionato nella nota, due con­ cordanze meritano particolare attenzione: la probabilità che in I a sia stato ripreso il verbo di I ,2 5 b, e che 8b, linguisticamente piuttosto contorto, dipenda da I , 1 6.2o e 6,3 . Se in v. 9a il ter­ mine Sodoma è originario, si avrebbe poi un ulteriore riman­ do a 1 , I o. 12 La menzione del gibbor, l' «eroe» o, secondo la 11

-

I I . Vermeylen 1 , 145 ha considerato aggiunte i vv . 4-7. - Sui dati dei passi discussi, 3 , 1 2 ss. 1 6.3 3 e zs ss., cfr. sotto, pp. ICS ss. I 10 e 1 14 s. 1 2. Per l'introduzione di una profezia per mezzo di hinne, «ecco», e di un participio retto da Jahvé come soggetto, cfr. I 0,33 ; 1 7, 1 ; 19, 1 ; 24, I ; z6,2 1 e 3 0,27. L'uso di men­ zionare Gerusalemme e Giuda in quest'ordine, sorta probabilmente prima dell'esilio, si ritrova ad es. in /s. 5,3; 22,2 1 ; 44,26; ler. 2 5 , 1 8; 34, 1 9; 40, 1 ; Lam. 1 ,7 e 2,4 s., mentre l'inverso, Giuda e Gerusalemme, ricorre ad es . in Mich. 1 , 5 .8; ler. 7, 1 7; I 1 ,6; I 7,26 ecc. L'ipotesi che durante l'età monarchica Gerusalemme sia stata costituzionalmente superiore a Giuda non trova alcun sostegno nei libri dei Re, là dove si parla dei re del regno del Sud come dei re di Giuda che regnavano a Gerusalemme, cfr. ad es. 1 Reg. 14,2 1 e 2 Reg. 1 6, 1 s.; 23,1 . - Per la coppia di termini « mercenario e guerriero� cfr.

Crollo e anarchia

nostra traduzione meno carica di pathos, il mercenario, e dello 'is milpama, il guerriero o appartenente alla leva del popolo, 13 pare contrastare l'ipotesi che 3 , 1 -9a sia un'opera redazionale postesilica che ricalca 1 , 1 0- 1 7 e 1 ,2 1 -2 5 e per di più in parte dipendente nella struttura da 2, 1 2 ss. Dobbiamo tuttavia con­ siderarla tale in base all'esame condotto in precedenza su que­ sti testi. 14 L'argomento, del res�o, non è così determinante poi­ ché i governatori della provincia persiana di Giuda, 1 5 eviden­ temente provenienti quasi senza eccezione da famiglie ebrai­ che, disponevano a sufficienza di soldati propri, per quanto po­ chi essi fossero, nonché di un comandante per la difesa della città e di una guardia cittadina composta da persone del popo­ lo. Questo, almeno, se nel caso di N eemia non si sia trattato di un provvedimento d'emergenza successivamente abolito, cfr. Nehem. 4, 1 0 e 7, 1 ss. Contrariamente al quadro che si può deli­ neare dell'età postesilica, stando a Nehem. 4,7, Neemia poté chia�are in difesa della città una leva popolare armata, strut­ turata per famiglie, in cui si potrebbe vedere addirittura uno sviluppo della chiamata alle armi che si svolgeva un tempo nel regno di Giuda. Così si spiega che in un testo posteriore possa Ezech. 39,20, nonché r Sam. I6, I 8 e Nehem. I I , 14. Di «giudice e anziano» si parla in sequenza inversa e al plurale solo in Deut. 2 I ,2. Per il «notabile», termine con cui abbiamo tradotto sopra n�fu ' panim, cfr. 9, I4; !oh 22,8; 2 Reg. 5 , 1 e Deut. 2 8,50. - Il .v. 4b ha un evidente parallelo in Ps. 19, 1 4. Per il v. 5aa è consigliabile fare un con­ fronto con Deut. I 5 ,2; il v. sa� riprende una formula, cfr. Iud. 7,22; 1 Sam. 1 4,20; /s. 1 9,2; ler. 9,4 e Zach. 8, x o. Per il v. sb si vedano Prov. 6,3 e ler. 16, 1 4 o 23,9. Il v. 7b trova rispondenza in lud. I I , I I . È opinabile se per la formula «inciampare e cadere» al v. 8a si debba risalire a un modello letterario. Si può comunque fare un confronto con 8,I 5; 3 1 ,3 si veda anche Ps. 72,2; ler. 46,6. 1 2. 1 6; 50,32; Dan. I I , 1 9; Prov. 24, 1 6 s., nonché ler. 6, 1 5 e 8,1 2. Il v. 8b si chiarisce in base a 1 , 16.20 e 6,3, ma va anche posto a confronto con Ps. 78,J6. 1 7. Il v. 9acx riprende il rimprovero da Deut. I , 1 7; 16, I 9; Prov. 24,23 e 28,2 1 , avendo certo in mente 1 , 1 7 e 23. Per l'espressione 'ana b e cfr. Deut. 1 9, 1 6; 2 Sam. 1 , 1 6; fs. 59, 1 2 e Os. 5.5· Il v. 9a� merita di essere confrontato con Ps. 3 8, I 9 e, per l a composizione formulare dei verbi, anche con r Sam. 3, I 8 ; lo h I 5 , 1 8 e infine los. 7, 19. 1 3 . Cfr. R. Knierim: ZAW 73 ( 1 96 1 ) I 69. 14. Cfr. sopra, pp. 44 s. 6 1 s. e 94· 1 5 . Cfr. N. Avigad, Bullae and Seals from a Post-Exilic ]udean Archive (Qedem 4), Jerusalem 1976, 3 2b ss.

/s. 3, 1-11

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fi gurare anche il sar !Jamissim, il capo o comandante di cin­ quantina, 1 6 il quale può aver mantenuto le sue antiche funzio­ ni militari o avervi rinunciato del tutto a favore dell'incarico, ricevuto in tempi posteriori, di giudice all'interno del clan fa­ miliare, cfr. Ex. I 8,2 1 h.25b con ad es. 2 Reg. 1,9 ss. 1 7 L'intento di questo testo si ricava facilmente dalle pericopi di rimprove­ ro: grazie all'imitazione formale di 2, I 2 ss. esso si rivela un ten­ tativo d'esegesi concreta dell'annuncio di distruzione nel giudi­ zio universale di quanto è eccelso e superbo. Il concentrarsi sul­ la sorte di Gerusalemme e Giuda 18 rientra in pieno nella pro­ spettiva di I, I o ss. e r ,2 I ss., dove pure la fine riservata alla clas­ se dirigente era stata messa in primo piano. Di conseguenza J , I ss. con le relative aggiunte, che giungono fino a 4 , I, tratta del destino di Gerusalemme e Giuda nel giorno del giudizio. J , I -3· Il popolo privato dei suoi capi. Con l'accentuata sotto­ lineatura del potere del Dio d'Israele, definito «il Signore» 1 9 e «Jahvé Sabaot» ,20 ha inizio l'annuncio riguardante il destino di Gerusalemme e Giuda nel giudizio finale: anche se pare che il Dio d'Israele si sia da tempo ritirato dalla scena della storia mondiale, in realtà egli è tuttora Signore dei signori, cfr. Deut. 1 0, 1 7, e ha potere di mettere in azione tutte le forze del cielo e della terra. Egli le impiegherà per eliminare dal popolo tutti co­ loro che potrebbero offrirgli sostegno e aiuto, cfr. anche Ps. I 8, 19 e 2 Reg. I 8,2 I par. fs. 3 6,6. L'affermazione generica si con­ cretizza innanzi tutto nella menzione del soldato e della leva popolare, segno evidente che il giudizio imminente comporte­ rà per l'ennesima volta una totale disfatta militare nonché la conquista di Gerusalemme, cfr. anche vv . 2 5 s. In questo m o1 6. Cfr. Ex. I 8,2 I .2 5 ; Deut. 1 , 1 s; 2 Reg. 1 ,9. 1 1 e 2 Chron. 8,ro. 1 7. Cfr. Knierim: ZAW 73 ( 1 96 I ) 160 ss. e G. Chr. Macholz: ZAW 84 ( 1 972) 3 23; si veda anche CD I 2, 1 9- I 3,2. I 8. Per gli esempi riguardanti l'ordine in cui sono menzionati cfr. sopra, pp. 97 s. n. I 2. 1 9. Cfr. 1 ,24; Io, I 6.33; 19,4; Mal. J , I e Ex. 2.J, I 7; 34,23; v. anche O. Eissfeldt, ThWAT 1, 62 ss. (= GLAT I, 1 2 5 ss.). 20. Cfr. sotto, p. 1 70, a 6,3.

1 00

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do l'attesa del giudizio universale è al tempo stesso ricondotta dalla sua dimensione cosmica a quella pseudostorica dell' assal­ to di Gerusalemme da parte delle nazioni; questa dimensione si rispecchierà poi in modo particolarmente chiaro nello strato .di Assur della raccolta del Proto-Isaia ( 1 -39)/ 1 ma a nostro giu­ dizio si intravedeva già in 1 ,24. 2 2 - Le tre coppie successive, che menzionano giudici e anziani, capi di cinquantina e nota­ bili, consiglieri ed esperti, indicano che l'attesa catastrofe col­ pirà, come quella del 5 87, anche tutta l'amministrazione auto­ noma civile e tutti gli uomini che per diritto di nascita eserci­ tano una certa influenza 23 o che grazie al loro sapere potreb­ bero fornire un aiuto competente. Tuttavia si lascia immagina­ re al lettore quanto questo sia dovuto a esecuzioni capitali, cfr. 2 Reg. 2 5, I 8 ss.; Lam. 5 , 1 2, o a deportazioni, cfr. 2 Reg. 24, I 2 ss.; 2 5, I 1 s.; Ier. 5 2,28 ss. e Zach. I 4,2 s., cfr. anche Zach. I I ,4 ss. Che in tale contesto il re non sia menzionato può essere considerato un ulteriore indizio, che va ad aggiungersi a quelli già addotti, per avvalorare l'ipotesi di una datazione posterio­ re. - Il redattore che prende la parola in I b immagina che la pre­ sa della città avvenga per fame, concordando in questo con 2 Reg. 2 5 ,3, cfr. anche 2 Reg. I 8,27 par. fs. 36, I 2 e fs. 22,9 ss. Il suo modo di parlare, che a noi appare alquanto artificioso, al­ meno nella prima parte potrebbe essere inteso in senso assolu­ tamente realistico con riferimento al bastone di un panettiere su cui sono infilate pagnotte a forma di anello, spettacolo che si può vedere ancora oggi nelle viuzze delle città mediorienta­ li. 24 Se non considerava adempiuta la profezia nella catastrofe del 5 87, nel senso dei vv. 8 s., in questa aggiunta si rispecchia la fiducia nell'inespugnabilità della città, ritrovata con la co­ struzione del muro intrapresa da Neemia. 2 1.

Cfr. 1 4,24 ss.; 1 7, 1 2 ss.; 29, 1 ss. e 30,27 ss.

22. Cfr. sopra, pp. 61 s. 23. Cfr. 9, 1 4; Iob 22,8; 2 Reg. 5 , 1 . 24. Cfr. L. Kohler, Kleine Lichter, Ziirich 1 94 5 , 25 ss., che ha richiamato i n particolar

modo l'attenzione sui bastoni appoggiati su cesti di vimini piatti, in cui sono infilate pagnotte a forma di ciambella, come usavano fare i venditori di pane anche in Italia.

ls. 3,1-11

. IOI

3,4- 5. Il governo dell'arbitrio. Come conseguenza dell'attesa eliminazione della classe dirigente dalla città e dal paese, l' au­ tore prevede l'anarchia che, lungi da ogni concezione utopisti­ ca, si realizza nella storia come bellum omnium contra omnes, e dunque condizione d'illegalità totale. In tale situazione ven­ gono a cadere tutti gli impegni e le attenzioni naturali e civili che in una società sana i giovani sono tenuti ad avere nei con­ fronti degli anziani, cfr. Lev. 19,3 2; Prov. 1 6,3 1 ; 20,29, e i sem­ plici cittadini nei confronti di coloro che si sono resi beneme­ riti nella comunità. S'impone invece unicamente il governo ar­ bitrario di coloro che si arrogano il diritto del più forte. In tempi simili quelle che si spacciano per autorità autoproclama­ ta sono spesso esclusivamente bande giovanili che spadroneg­ giano nelle città. Ma se i vv . 6 e 7 costituiscono un'aggiunta posteriore, il v. 4 sottintenderebbe un esercito d'emergenza co­ stituito da giovani che per inesperienza finirebbero per impor­ re volta a volta le decisioni della maggioranza, provocando tra il popolo più danni che vantaggi, cfr. Ecci. 1 0, 1 6; Ecclus 1 0,3; CD 1 4 ,6 ss. e Platone, Leggi 6,78 5 b. 3,6-7. La situazione disperata. La condizione generale del pae­ se e della sua capitale si rispecchia nel fatto che, a differenza di tempi normali, non si trova nessuno disposto a porsi a capo del popolo. Neanche con la violenza si riesce a costringere qual­ cuno ad assumersi una carica, nemmeno se a spingerlo sono membri della tribù o del popolo, cfr. 2 Sam. 1 9, 1 3; Lev. 1 9, 1 7. Come requisito può essere sufficiente anche solo il possesso di un mantello, e dunque di un capo di vestiario abbastanza rap­ presentativo. Ma chi risponde a tale requisito rifiuterà il di­ scutibile onore d'indossare la fascia dell'autorità e negherà re­ cisamente di possedere mantelli per evitare l'ingrata incomben­ za. A tal punto il paese è saccheggiato, cfr. 3 3 , 1 s.; Zach. 1 4,2, e disperata la situazione.25 2 5 . Che il ricusare una carica possa anche essere una virtù particolare del dominatore è stato fatto giustamente osservare da Platone, Politeia 7,5 2od.

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1 02

3,8-9a. La caduta e le sue cause. Come già accennato, non si può affermare con certezza se questi versetti siano da conside­ rare una profezia o una constatazione di qualcosa di già avve­ nuto. È emerso chiaramente dall'esempio del v. I h che i ritoc­ chi ai vv. 1 -3 e 7 possono essere intesi come una preparazione all'aggiunta che nel crollo del regno di Giuda nel 5 87 vedeva già l'adempimento dell'annuncio. È lecito domandarsi se la menzione del profeta accanto agli indovini ai vv . 2 ss. sia indi­ ce del calo di considerazione del primo, come si evince da Zach. I 3 ,3 ss. - In una tale constatazione di adempimento potrebbe emergere una singolare tendenza a neutralizzare l'annuncio e­ scatologico, tendenza che in modo diverso pare presente nelle aggiunte sapienziali di 2,22 e 3 , 9 b 1 2. Potrebbe però essere in­ terpretata anche come conseguenza della convinzione di tro­ varsi davanti a una profezia isaiana dell'viii secolo; non è infi­ ne da escludere una storicizzazione consapevole tendente a ma­ scherare l'annuncio agli occhi dei persiani che controllavano la vita religiosa degli ebrei. Mentre la retrospettiva storica di 2, 6 9 dà un peso maggiore alla profezia successiva accentuando la situazione attuale analoga a quella di un tempo, la constatazio­ ne di adempimento la mette da parte, cfr. anche Lam. 4, 22a. Che si tratti, come pensiamo, effettivamente di una constata­ zione di adempimento o invece al contrario di una profezia assolutamente certa del proprio avverarsi, è comunque chiaro che la causa della catastrofe va ricercata nella ribellione a J ahvé che si esprime apertamente in parole e azioni, cfr. anche 5, I 8 s. e 30,9 s. In accordo con I , I 7 e 1 ,2 1 ss., cfr. anche I O, I s., la di­ sobbedienza alla volontà di Jahvé si manifesta nella parziali­ tà delle sentenze giuridiche, decise in base all'importanza della persona, cfr. ad es. Deut. 1 6, 1 9 e Prov. 24,23 , e non ai diritti effettivi. In tal modo si compromettono i semplici e si fa vio­ lenza a loro e a quanti in materia giuridica dipendono dall' aiu­ to altrui. 26 L'autore che fa sentire qui la propria voce trova scan-

-

26. Delitzsch e Kaiser 1"4 non hanno riconosciuto l'uso linguistico formulare, e lo han­ no collegato a un'infamia scritta sul volto degli empi.

fs. J,I-1 I

I OJ

daloso che ci si possa comportare in tal modo alla luce del giorno, senza neppure curarsi di nasconderlo. Questo atteggia­ mento è dunque paragonato al peccato dei sodomiti, che non temevano di manifestare apertamente le proprie voglie a di­ sprezzo del diritto dello straniero, cfr. Gen. 1 9,4 ss. - Se qui ci si trova effettivamente di fronte alla motivazione di una sven­ tura ancora lontana, dal punto di vista storico-religioso ci è stato dato un quadro dei conflitti sociali nella tarda età persia­ na, insieme alla crisi della fede in Jahvé che a essi si accompa­ gnava, cfr. anche Nehem. 5 , 1 ss. - A tutt'oggi merita comunque considerazione la crisi di una società che rispecchia al tempo stesso anche una crisi del suo rapporto con Dio. N e consegue che la prima non può essere risolta indipendentemente dalla seconda, per quanto possa contestarlo una filosofia materia­ listica della storia che negli sconvolgimenti religiosi vede solo il riflesso di crisi economiche. In realtà, in entrambi i casi si tratta dell'uomo che conosce se stesso, della sua autocompren­ sione e dell'opera che da questa risulta. Bisogna riconoscere che la realtà dell'uomo nell'ambito di un orizzonte artificial­ mente ridotto non può essere intesa come realtà di un sempli­ ce individuo; è vero, invece, che l'uomo è sempre inserito in costellazioni fatidiche, transoggettive e transindividuali.

3,9b- I I. La dottrina sapienziale. Esprimendo la certezza che ogni uomo è artefice della propria sorte, i vv. 9b- 1 1 si inseri­ scono nella tradizione sapienziale e partecipano al consolida­ mento che in essa si può constatare durante l'età postesilica e che infine ha portato alle obiezioni di Giobbe e di Qohelet. 27 Il v. 9b permane comunque nell'ambiguità che caratterizzava anche i precedenti vv . 8 e 9a. Il lamento può essere dunque con­ siderato sia riferito al passato, alle vittime della catastrofe del 5 8 7, sia rivolto al futuro e inteso dunque come monito. Se si privilegia la prima ipotesi, non è escluso che si possa identifica27. Cfr. ad es. H.H. Schmid, Wesen und Geschichte der Weisheit (BZA W 1 0 1 ), Berlin 1 966, 1 5 5 ss. e 1 73 ss.

Crollo e anarchia

re l'autore del v. 9b con quello dei vv 8 e 9a. In tal caso, egli a­ vrebbe sicuramente trovati già pronti i successivi vv I O e I I e ne avrebbe applicato l'insegnamento alla storia, definendo il crollo del regno di Giuda, con tutte le sue conseguenze, una sventura provocata per propria colpa. La forma del lamento gli sarebbe stata dunque suggerita dal v. I I , mentre il contenuto poteva rifarsi alla tradizione, cfr. Prov. 1 I , I 7a. .

.

1 0- 1 1 . I vv. IO e I I riprendono l'idea della differente sorte che spetta al giusto e all'empio, idea che aveva origine nel patri­ monio sapienziale di sentenze e nelle suppliche individuali in parte influenzate dal questo pensiero.1 8 Su questa stessa linea, il giusto è elogiato 19 perché può esser certo di meritare una vi­ ta lunga e felice grazie al suo agire, cfr. Prov. 1 I ,30 s. La vita del­ l' empio, al contrario, è commiserevole perché le sue stesse azio­ ni ricadranno su di lui procurandogli una vita infelice e breve e una fine spaventosa, cfr. Prov. I 1 ,3 1 . È lecito chiedersi se i due versetti, collocati dopo la profezia escatologica di 3 , 1 -7, non intendano semplicemente ribadire che nel giudizio immi­ nente la connessione tra modo di agire e destino finale non sa­ rà annullata. In tal caso, avrebbero il compito d'interpretare il giudizio come un evento selettivo che annienterà soltanto i malvagi. L'altra possibilità prevederebbe un autore legato al pensiero sapienziale che con questi versetti si contrapporrebbe alle attese escatologiche per richiamare l'attenzione sul giudi­ zio di Jahvé, attivo in ogni momento e che dà sempre a ogni uo­ mo ciò che gli spetta. In questo modo il redattore va a collo­ carsi vicino agli ambienti d'ispirazione teocratica, che nella co­ stante presenza di J ahvé e nel suo particolare dono a Israele di un culto in grado di operare espiazione avevano trovato un compenso per la perdita dell'indipendenza nazionale.

28. Cfr. ad es. Prov. 10,7. 1 1 . 16; 1 I ,Jo; Ps. 7, 1o; 1 1 ,2 s. 5 s.; 37,2 5 .2 8 s. 29. Cfr. ad es. Prov. J , I J ; 8,34; 28, 14; /s. JO, I 8; 5 6,2; Ps. 1 , 1 ; 2, 1 2 .

3 , 1 2- 1 5 . J ahvé

I2

I3 I4

1s

disputa con i capi del suo popolo

«Popolo mio, - ognuno dei suoi patroni 1 è un saccheggiatore,2 e 'usurai' 3 lo dominano! Popolo mio, le tue guide sono seduttori che confondono la strada che dovresti percorrere! ».4 J ahvé è pronto per la causa, si presenta a questionare 'per il suo popolo'. s J ahvé viene al giudizio con gli anziani del suo popolo e i suoi capi: «E voi,6 voi avete brucato7 la vigna; ciò che avete sottratto al vinto è nelle vostre case ! Cosa c'è che non va, dal momento che opprimete il mio popolo e calpestate il volto dei vinti ?». 8 Oracolo del Signore9 Jahvé Sabaot.

J,I z- I 5· La breve pericope J , I 2- 1 5 condivide la sua singolarità letteraria con le altri parti di questo capitolo, trattandosi di una unità redazionale composta in modo relativamente libero. Ha inizio al v. I 2 con un lamento di J ahvé sul suo popolo, che nel­ la seconda metà è interpellato direttamente. In un prosegui­ mento ideale il v. I 3 annuncia che Jahvé interverrà in giudizio in favore del suo popolo. Con il v. I4 la scena passa dalla si­ tuazione che precede il giudizio al giudizio stesso. Il v. I 4a chiama come avversari nel processo gli anziani e i capi. In 14b Cfr. G-K zR § I4 5l, ma anche § 1 24k. - I Qls a legge ngiw. 2. Per il significato cfr. Zorell, 6o2b s. v. ' 'Il poel. - Per la discussione cfr. Wildberger ad loc. e Vermeylen I, 1 4 7 3· T.M.: nasim, donne. - Leggi w�nosim, come esige il predicato posposto della terza masch. plur. Cfr. T e G. 4· Per la soluzione dell'espressione «cammino dei tuoi sentieri» cfr. Wildberger ad loc. 5 . Con 'ammo G ha mantenuto il senso corretto rispetto al contesto, diversamente da T.M. e dalla tradizione che lo segue, che leggono 'ammim, «popoli». Il T.M. ha volu­ to successivamente garantire che il giudizio sui capi del popolo sarebbe avvenuto nel contesto del giudizio sui popoli. 6. Cfr. G-K 2 8 § I 54 b. 7· L'incertezza della traduzione di b 'r 1, «incendiare», o II, «brucare completamente», si riflette già nelle traduzioni, cfr. G con S e V. La nostra opzione si basa su 5, 5 . 8 . Sull'impiego del c.d. imperfetto a indicare azione simultanea cfr. Bobzin § 7, 1 b. 9· 1 Qlsa riporta 'adonaj; G omette, mentre S, V e T sono a favore di T.M. Potremmo trovarci di fronte a un successivo adattamento al v. 1 . 1.

.

106

jahvé disputa con i capi del suo popolo

e r 5a

fa quindi seguito una breve accusa, che si conclude al v. 1 5 b con la formula tipica dell 'apostrofe divina. Il continuo cam­ biamento di forme e destinatari non deve indurre a suddivide­ re ulteriormente la pericope, né a ritenere che siano stati riela­ borati dei frammenti. Da una parte, infatti, nonostante il viva­ ce avvicendarsi degli elementi formali, il collegamento ideale permane, e dall'altra l'esame dell'uso linguistico rivela il carat­ tere redazionale del detto. A esso spetta il compito di motiva­ re ulteriormente l'annuncio di J , I ss. relativo all'eliminazione della classe dirigente. 10 La vivace rappresentazione a fine peri­ cape, ottenuta riprendendo il discorso del giudizio, rientra ne­ gli strumenti stilistici di cui si avvale l'autore del nucleo cen­ trale della composizione, vv . J , I -4, I , cfr. 3 ,6 s. e 4, 1 .

1 2. L'accusa di Jahvé. Quel Dio di cui è certa la sentenza inflessibile contro il suo popolo non è però un Dio cui piaccia punire e privo di pietà per la sua creatura. E così il poeta, cer­ to autorizzato a questo da I ,2, gli fa intonare un lamento sul popolo, che vede condotto alla sventura per colpa dei suoi ca­ pi. Questi governano per il proprio esclusivo tornaconto, spo­ gliando il popolo di ogni suo avere. Chiamati a promuovere ciò che è meglio per il paese, essi si comportano come sorve­ glianti che incitano spietatamente degli stranieri a lavorare, cfr. Ex. 3 ,7; 5 , 5 ss. Così finiscono per depredarlo come non è leci­ to fare neppure con la propria vigna, la cui spigolatura spetta ai poveri e ai forestieri, cfr. v. 14b e Lev. I 9, r o; Deut. 24,2 r . Il

Io. Il v. ua deve essere stato composto guardando al v. 4b, il v. ub invece a 9, 1 5 . Per I 2h� bisogna tener presente anche lob 6, 1 8 . Il v. 1 3 a trova corrispondenze in Ps. 82, 1; 74,22; /s. p ,2 2 ; ler. 50,34 e p ,36; il v. 1 3 h in Deut. 3 2,36; Ps. 1 3 5 , 1 4 e, stando alla ter­ minologia, anche in Ps. 50,4 e Mich. 6,2. Il v. I 4a� va confrontato con Iob 22,4, il v. I 4b con fs. 5 , I ss. s , inoltre con 6, 1 3a e 1 0,2, nonché Lev. 5 ,23; Ezech. 1 8, 1 6; 3 3 , 1 5 e Ps. 3 5 , I O. Il modo caratteristico di rivolgersi a qualcuno ponendo domande si ritrova anche in Ps. so, I 6; Mich. 6,6 e Ps. 82,2. Sul rimprovero mosso in v. I sa� cfr. Ps. 94, 5 · I I . Quese accusa si ripete nei secoli, comunque s i modifichino i rapporti d i potere e si avvicendino gli imperi. Cfr. ad es. le lamentele di Gregorio Nazianzeno nel IV secolo d.C. sulla situazione nella parte orientale dell'impero romano in K. Christ, Die Ro­ mer. Eine Einfuhrung in ihre Geschichte un d Zivilisation, Miinchen I 979, 200.

fs. J,I2 -IJ

Secondo Ex. 22,24 e Deut. 2 3,20 s., all'interno del proprio po­ polo erano proibiti l'usura e il prestito a interesse. Tuttavia nel v secolo tali pratiche erano talmente diffuse nella provincia giu­ daica da costringere il governatore Neemia a intervenire con un condono generale dei debiti per impedire lo smembramen­ to del popolo, cfr. Nehem. 5 , 1 ss. A quel tempo i ricchi e i fun­ zionari avevano sfruttato vergognosamente la condizione di­ sperata dei più poveri, provocando ne in tal modo l'eccessivo indebitamento su case e terreni; i figli venivano dati in pegno ed erano infine venduti come schiavi. - Questa inclinazione malvagia di solito non resta limitata alla classe dominante ma si diffonde anche fra il popolo che guarda a essa imitandola; l'avidità egoistica, infatti, è propria di chi pensa di dover con­ durre con le proprie forze una vita destinata a finire, e quindi i mp egna ogni mezzo per la propria conservazione e sicurezza. Nel lamento di Jahvé sul popolo traviato dai capi è compresa sia la critica a un popolo che si lascia traviare anche se avrebbe potuto scegliere diversamente e meglio, cfr. Mich. 6,8; Rom. 2, 1 . 1 2 ss., sia la critica a coloro che, in quanto guide, a moti­ vo del loro maggiore potere hanno anche la responsabilità più grande.

1 3-1 5· Il giudizio. Alle spalle dell'umanità sconcertata, dei po­ poli come del singolo, vi è sempre Dio, la cui potenza fa fallire i colpevoli a motivo della loro colpa in continuo aumento, af­ fermando la propria divinità. Questo modo di sistemare le co­ se da parte di Dio è una controversia a favore e contro l'uomo, come dimostrano i vv . 1 3 e 14 s.: l'assistente legale del suo po­ polo deve chieder conto delle loro azioni ai governanti, cioè a coloro che hanno la responsabilità, ma se esegue una pena tutti ne saranno colpiti. - L'idea che Dio si confronti con i ca­ pi del popolo in un dibattimento giuridico ha radici nella con­ cezione che Israele in particolare sia un suo possesso privato, 1 2

108

Jahvé disputa con i capi del suo popolo

ma al tempo stesso potrebbe essere stata favorita dalla conce­ zione deuteronomistica del rapporto contrattuale o di alleanza tra 1ahvé e il suo popolo, cfr. Ps. 5 0,4 s. 1 3 Con quell'inizio che pare estrapolato da un contesto più ampio, l'accusa lascia inten­ dere che 1 ahvé si preoccupava da tempo della condizione del suo popolo e ora finalmente si decide a intervenire. 1ahvé ha infatti compreso che quanti sono al potere hanno depredato e­ goisticamente il popolo loro affidato come se si trattasse di una vigna, cfr. 5 , 1 ss. e in particolare 5 , 5 . Secondo quanto spiegato sopra relativamente al v. 1 2, ciò significa in concreto che essi hanno sfruttato la condizione disperata dei piccoli contadini per impegnarne le sostanze e quindi impossessarsene. L'irata domanda del v. 1 5 lascia intendere la leggerezza di un tale at­ teggiamento, che non si cura di un'eventuale risposta da parte di Dio provocando in tal modo la catastrofe. - Violare la soli­ darietà umana in ogni forma e circostanza è sintomo dell'o­ blio di sé dell 'uomo, il cui esserci si definisce in quanto con­ esserci, e che riceve se stesso non solo fisicamente ma anche spiritualmente dagli altri, dipendendo dal fatto che altri lo ac­ cettino, agiscano e si facciano garanti con lui e per lui. 14 Chi rifiuta di accettare l'altro come uomo lo degrada a puro ogget­ to ferendolo così nella sua personalità. Ciò si ripercuote con l'isolamento e l'odio per chi ha opposto il rifiuto. Si dà così l'avvio a un moto vorticoso che finisce per travolgere tutta la comunità. Non sta all'uomo rispondere o meno alla chiamata del suo essere. Perciò il fallimento dipende dalla sua leggerez­ za e quindi dal Dio che lo condanna, Rom. 7,23 s. - La vita che ha origine nella redenzione donata in Gesù Cristo consiste 1 3 . Cfr. la bibliografia menzionata sopra, p. 2 5 note 6 e 7, nonché H. Huffmon, The Convenant Lawsuit in the Prophets: JBL 78 ( 1 959) 2 8 5 ss. e J. Harvey, Le «Rib­ Pattern», requisitoire prophétique sur la rupture de I'Alliance: Bib 43 ( 1963) 1 72 ss. ­

Ricordiamo che il v. 1 3b può essere tradotto anche con «per giudicare il suo popolo», cfr. Ps. 50,4. 1 4. Cfr. M. Heidegger, Sein und Zeit (Gesamtausgabe 1,2), FrankfurtfMain 1 977, 1 5 7 ss. ;:: Halle-Tiibingen 1 927/1 976, 1 1 7 ss. (tr. it. Essere e tempo. L 'essenza del fonda­ mento, Torino 1969, rist. 1 978, 203 ss.).

/s. ),16-24

1 09

nella forza di perdonarsi a vicenda anche questo, di accogliersi reciprocamente dando la possibilità a ciascuno di essere ciò che realmente è. In tal modo si apre sempre e di nuovo una via per vivere insieme. Avere la massima considerazione di Dio signi­ fica avere al contempo la massima considerazione di se stessi e del prossimo. Questo rende possibile evitare di fallire l'uno per causa dell'altro, con la forza della speranza nella presenza di Dio che non avrà mai fine. J , 1 6-24.

La fine delle orgogliose donne di Gerusalemme

1 6 E Jahvé

disse: «Poiché le figlie di Sion sono superbe 1 'e procedono'1 a collo teso e gettano sguardi con gli occhi,! vanno in giro impettite camminando a piccoli passi 4 mentre 5 fanno tintinnare i loro 6 piedi, 17 il Signore scioglierà7 il cranio delle figlie di Sion e Jahvé denuderà 8 la loro 6 fronte». 18 In q uel giorno il Sign ore toglierà l' ornamento di fibb ie, nastri e lunette, I 9 di orecchini, braccialetti e veli, 2 0 d i fasce, cavi gl iere, cinture, di boccette per il profumo e amu leti, 2 I di sigilli e an elli da n aso, 2 2 di abiti per l a festa, mantelli e b orse, 2 3 di nastri per l e ci ntu re,9 fazzoletti, 1 0 veli per la testa e s c i alli. 1 . Per i l significato stativo cfr. anche Bobzin § 6,3 . 2. Leggi wttelakna. La forma è retta da ki, cfr. Bobzin § 9,4b .1. 3 · Cfr. G e V. - In linea di massima è possibile anche tradurre «e dipingono i loro oc­ chi». Cfr. Jastrow II, I 02 I a s. v. iaqar II pi.; si veda anche R. Payne Smith, Compen­ dious Syriac Dictionary, Oxford 1 903 ( 1 957) 3 89a s.v. sqr b); ma anche a Pa. - Il pa­ rallelismo è a favore della tradizione. 4· Lett.: «Un procedere e camminare a piccoli passi». 5. Sul1 'impiego del c.d. imperfetto a indicare azione simultanea cfr. Bobzin § 7, 1 b. 6. Per la sostituzione colloquiale del suffisso femminile con uno maschile cfr. G-K l R § 1 3 5 0. Per un fenomeno analogo nell'arabo volgare cfr. A. Wahrmund, Praktisches Handbuch der neu-arabischen Sprache, Giessen I 898, 2 2 5 . - Tuttavia cfr. I Qlsa. 7· Per il significato di iapap cfr. G.R. Driver: VT I ( 1 95 I) 24 1 s. nonché V e T. - Tra­ dizionalmente si mette in relazione con mispapat, «crosta», e si traduce quindi con «rendere tignoso», cfr. KBL 928 s.v. iapap . 8. Per questa forma cfr. Meyer3 § 74, 1 b. 9· Cfr. Jastrow 1 248 s. s. v.

I lO 24

La fine delle orgogliose donne di Gerusalemme

E ciò avverrà: anziché profumo ci sarà fetore di marcio e anziché la cintura la corda, e anziché abili I I arricciature la calvizie e anziché vesti eleganti il sacco stretto in vita, sì, anziché bellezza 'la vergogna'. 1 1

3, 1 6-�4. Iniziando con l e parole «e 1ahvé disse ... l a pericope 3 , 1 6-24 con il suo annuncio del giudizio contro le superbe don­ ne di Gerusalemme si presenta come una continuazione della scena iniziata al v. ( I 2) I 3. Ali' accusa contro la classe dirigente maschile fa ora seguito la resa dei conti con le donne. Se già la prima era risultata parte della composizione redazionale che aveva inizio con 3 , 1 ss. e si concludeva con 4, I , anche questo poema va inteso nel medesimo senso. Con la sua struttura al­ quanto libera rammenta 3 , I ss. I 2 ss. e 2 5 ss. Già al v. I 7 non solo si mette da parte il metro caratteristico della qina o com­ pianto funebre, ma si dimentica anche che la profezia era ini­ ziata come discorso di 1 ahvé, cfr. anche 3, 1 ss. con 3 ,4. - Che la prosa dei vv. I 8-23, inaugurata dalla formula profetica di rim­ provero «in quel giorno», rappresenti l'aggiunta di un uomo che guardava con particolare avversione la mania femminile di eleganza, oggi può essere ormai considerato un dato univer­ salmente riconosciuto. Ma anche i restanti vv. I 6 s. e 24, stan­ do al nucleo centrale della composizione J, I -4, 1 e contro l'opi­ nione ancora oggi largamente dominante, possono difficilmen­ te essere attribuiti al profeta Isaia. 1 3 Il tema dell'umiliazione dei superbi da parte di 1 ahvé, che è »,

I o. Cfr. Jastrow II 957a s. v. I I . Per la correlazione di tipo apposizionale cfr. G-K 28 § 1 3 1 b. 1 2 . Integrare con 1 Qls a boset, cfr. anche Wildberger ad loc. 1 3 . Nell'orizzonte di una letteratura biblica di stampo maschile, lo studio dell'impie­ go linguistico non dà grandi risultati, né si può formulare un giudizio in base ai nu­ merosi hapax legomena. Tuttavia mette conto di ricordare che delle figlie di Sion si parla oltre che in J , I 6 s. solo in 4,4 e Cant. J , I I , e che la frase introdotta da «poiché», «perché», seguito da rimprovero ha il parallelo più prossimo in Ezech. 28,2; J I , z o; per !,impiego del verbo cfr. anche Ezech. 28,5 . 1 7; 2 Chron. 1 7,6; 26, 1 6 e 32,2 5 .

/s. ],1 6-24

III

alla base del detto, era stato genericamente anticipato da 2, I o ss. Questo tema ha radici nell'idea che Jahvé aiuta chi si abbas­ sa mentre umilia gli occhi orgogliosi, idea che trova formula­ zione classica in Ps. I 8,28 e ha origine nella letteratura sapien­ ziale, cfr. Prov. 2 I ,4 e Iob 22, I 9. Al v. 16 essa è applicata alle donne di Gerusalemme, che camminano orgogliosamente a te­ sta alta gettando intorno a sé sguardi provocanti o alteri, cam­ minano a brevi passi, impedite dalle catenelle alle caviglie, cfr. v. 20, facendo risuonare le fibbie che portano ai piedi, cfr. v. I 8 . A differenza di A m. 4 , I ss. lo sfondo sociale non è precisato. Così non è certo che l'autore profetico dell'invettiva abbia in mente qualcosa di diverso dalla mania femminile per i gioielli e dalla vanità, che, insieme a un orgoglio eccessivo, sono per lui motivo di scandalo.

17+.24. Conformemente all'idea di fondo, l'annuncio del giu­ dizio fa sperare in un capovolgimento delle circostanze attuali: lo stesso J ahvé denuderà il cranio a queste superbe signore, per le quali sarebbe soggettivamente e obiettivamente una vergo­ gna mostrarsi in pubblico senza velo sulla testa e davanti al volto. Ciò però significa solo che esse sono degradate a schia­ ve prigioniere di guerra. 14 - Dal momento che nessuno tiene in casa schiave maleodoranti, 1 5 il v. 24 potrebbe riferirsi al per­ corso delle donne condotte in prigionia, lungo il quale esse, sporche e depredate dei loro magnifici abiti, con i capelli rasati in segno del mutamento di padrone, vanno incontro a un de­ . . Incerto. stino 1 8-.23. Il catalogo inserito ai vv. I 8-2 3, che elenca tutto quello che più piaceva a una donna ebrea, per quanto oscuro sia rimax4. Cfr. con G.R. Driver: VT I, 242, il § 40 del codice medioassiro in G.R. Driver e J. Miles, The Assyrian Laws, Oxford 1 93 5, 1 27 ss. o R. Haase, Die keilschriftlichen Rechts­ samml. in deutscher Obersetz. , Wiesbaden 1 963, 1 04 o AOT\ 4 1 8, o ANET 2-3, 1 8 3b. I 5 . A ogni modo si veda quanto riferisce J ohann W il d, fatto prigioniero dai turchi, nella sua Reysbeschreibung eines Gefangenen Christen Anno 1 604 (Bibliothek Klassi­ scher Reiseberichte), Stuttgart 1 964, 48 s. e 5 3 ·

1 12

La fine delle orgogliose donne di Gerusalemme

sto il significato di singoli termini, 16 ci fornisce un importante . q uadro storico-culturale. Vediamo infatti le donne ebree che, con coppie di anelli alle caviglie, spesso anzi con vari anelli sovrapposti: 7 camminano a piccoli passi per le vie della città, con la fronte ornata semplicemente da nastri di lana tessuta e ritorta o, nel migliore dei casi, da preziose lamine d'oro tratte­ nute da fasce. 1 8 N o n mancano certo gli amuleti a forma di mez­ zaluna, portati da soli o appesi a preziose collane, quelle stesse lunette dalle quali ci si aspettava sì protezione dagli spiriti mal­ vagi ma anche l'abbellimento del proprio aspetto esteriore. 19 Ai lobi delle orecchie sono appesi anelli con pendenti a forma di · goccia o a più elementi, cfr. anche Iud. 8,26. 10 Alle braccia scin­ ·t illano bracciali le cui estremità aperte finiscono in teste di ani­ mali, realizzati in bronzo o addirittura in oro puro massiccio.11 •Veli tenuti fermi da un turbante rendono più alta la figura, cfr. anche fs. 6 1 , 1 0; Ezech. 24, 1 7.11 Le catenelle alle caviglie favori­ scono la civettuola andatura a piccoli passi tipica delle signore, cfr. anche Iudith 1 0,4.13 Una cintura stretta attorno ai fianchi, Prov. J I , I 7, qui forse addirittura una fascia pettorale, cfr. an­ che ler. 2,3 2, offriva un'ulteriore occasione di sfoggio.14 Pro­ babilmente non mancava neppure la boccetta per il profumo, in sottile ceramica o in vetro, conservata in una piccola borsa. Bisogna comunque sottolineare che la traduzione della parola ·c he è alla base di questa esegesi è assai incerta e potrebbe inten­ dere un amuleto denominato «casetta dell'anima>> . 15 La donna israelita, come quella moderna, era restia a rinunciare all'anel­ lo al dito. L'anello che serviva da sigillo, munito di un cilindro o di un marchio o di uno scarabeo, poteva essere segno della 16. Cfr. fondamentalmente H.W. Honig, Die Bekleidung des Hebraers, Diss. theol. Ziirich I957, specialmente I 16 ss. 1 7. Cfr. Helga Weippert, BRL\ 2 89a. I 8. Op. cit. , 287b. I 9. Cfr. K. Galling, BRL\ I I a e Helga Weippert, op. cit. , 2 8 7a. 20. Cfr. Helga Weippert, op. cit., 2 8 5 b s. e ili. 7 5 · 2 1 . Op. cit. , 2 84 s. 22. Cfr. G. Fohrer, BHH III, 1 702. 2 3 . Cfr. F. Notscher, Biblische Altertumskunde, HSAT.E 111, Bonn 1 940, 67 s. 24. Cfr. KBL s. v. e Notscher, 59· 2 5 . Cfr. Wildberger ad loc.

I IJ

condizione elevata della donna e della sua capacità giuridica.1 6 Neanche il naso rimaneva privo d eli' ornamento di un anello aperto, che poteva essere infilato anche nel lo bo dell'orecchio, cfr. Ex. 3 1 ,2.17 Oltre a ciò vi erano tutti i tipi di abito, dal man­ tello fi no alla sottoveste simile a una camicia, per non parlare dei vari scialli multicolori e sontuosi. - Solo un misogino può osservare con soddisfazione un corteo di fanciulle e donne che, spoglie di ogni attrattiva, marciano in fila, con zoccoli di le­ gno, brache consunte e vesti sporche a forma di sacco. Ma il monito neotestamentario rivolto alle donne affinché il pudore, la riservatezza e le opere buone siano il loro ornamento più bello, 1 Tim. 2,9 ss., merita invece di essere ricordato quando il desiderio mondano di piacere e l'ambizione paralizzano la ragione dell'uomo rendendolo schiavo. L'espressione greca (J.ll­ òè:v &yav, il «niente di troppo», anche qui indica il giusto mez­ zo. Dà ai sensi ciò che è dei sensi e all'intelletto ciò che è del­ l'intelletto. È necessario tuttavia buon gusto. - Resta comun­ que vero che ogni ornamento e gingillo è effimero e sfuma in tempi di bisogno e nelle sconfitte militari. E se sulla base del­ l'idea di giudizio si svela la responsabilità dell'uomo per ciò che provoca con le proprie azioni, anche in questo campo vale la pena di riflettere sulle conseguenze sociali del proprio compor­ tamento come pure sulla propria precarietà. A che pro presen­ tarsi in ghingheri davanti a Dio ? J ,2 5 -4, 1 . .1 s

.16

L'abbandono di Gerusalemme

I tuoi 1 uomini cadono di spada e i tuoi mercenari in battaglia . Allora si lamentano e sono in lutto le sue1 porte, ed essa 3 siede abbandonata per terra.

.16. Cfr. Helga Weippen, BRL\ .1 8 5 a e P. Welten, op. cit., .199b e JOJa .

.17. Helga Weippert, BRLZ, .1 8 5 b. 1 . Il pronome suffisso della seconda sing. feinm. si riferisce alla Gerusalemme perso­ nificata, la vergine Sion . .1. Il pronome suffisso della terza sing. femm. si riferisce ancora a Gerusalemme.

l i4

4, 1

L'abbandono di Gerusalemme

Allora sette donne afferrano un uomo solo in quel giorno4 e dicono: «Mangeremo il nostro pane e indosseremo il nostro mantello ! Soltanto, su di noi sia pronunciato il tuo nome! Toglici la nostra vergogna! »:

J,2 5-4,1 . I versetti 3 ,2 5 -4, 1 sono formalmente uniti dal metro asimmetrico della qina o compianto funebre, e contenutisti­ camente dall'annuncio di una sconfitta militare, v. 2 5 , con re­ lative conseguenze, vv. 26 e 4, 1 . Sorprende che il v. 2 5 si rivol­ ga direttamente a una donna - a Gerusalemme, se consideriamo contesto e tematica - mentre il v. 26 altrettanto direttamente parli in terza persona della sorte della città, concentrandosi quindi in 4, 1 sul destino che attende le donne sopravvissute alla sconfitta. Siamo di fronte a un insieme di frammenti o a una unità interamente redazionale ? L'esame linguistico dei vv. 2 5 e 26 è nettamente a favore del carattere redazionale. s La vivida raffigurazione della sorte riservata alle donne sop ravvissute, v. 4, I , ricorda 3 ,7 s. e potrebbe essere anch'essa redazionale. Ciò che si intuiva in 3 ,2a è ora esplicitamente confermato: ancora una volta Gerusalemme va incontro a una sconfitta militare. Così il breve annuncio del giudizio conclude la composizione redazionale del cap. J , che prendeva in considerazione l'affli­ zione escatologica di Gerusalemme e Giuda; al contempo esso conclude i primi tre capitoli nel loro complesso, ai quali, al tempo della redazione di quest'aggiunta, mancavano ancora le aggiunte salvifico-escatologiche di I ,26. 2 7 e 28, e 2, I- 5 . 2 5. In base al v. 2 5 si evince che la breve e immotivata invet­ tiva deve interpretare il capitolo 3 come un'unità. Questo ver3. Si potrebbe rendere anche con «tu siedi», e vedere qui la seconda singolare femmi­ nile anziché la terza. 4· La mancanza della formula profetica di rimprovero in G, che turba la metrica, è a favore del suo carattere di glossa. 5· Per metim, «uomini», al v. 25 cfr. con Vermeylen I , 1 5 2, Deut. 2,)4; J,6; 4,27; 28,62 e ler. 44,2 8; per il v. 26a cfr. anche ler. 1 4,2.

115

so, infatti, dichiarando esplicitamente che gli uomini di Geru­ sal emme cadranno in battaglia,6 offre per dir così il commento a J , I ss. e J , I 6 ss. Rispetto a J , I .8, ma in accordo con J , I 6 ss., si giunge a restringere l'orizzonte a Gerusalemme, come si con­ viene all'importanza della città che in età persiana era centro della vita religiosa del giudaismo nonché delle sue attese esca­ tologiche/

26. Il v. 26 abbozza il quadro della città spopolata, e prende quindi in considerazione, come il successivo v. 4, I , le conse­ guenze della catastrofe. - È evidente l'analogia del breve p oe­ ma con le Lamentazioni: 8 anche qui il lamento riguarda la città abbandonata, orbata dei suoi figli, cfr. Lam. I , I . I 5 . Quasi fa­ cendo eco a Lam. I , I e 2, I o si dice che essa se ne sta solitaria, seduta in terra, e riecheggiando non solo Ier. I 4,2 ma anche Lam. I ,4 e 2,8 si parla delle sue porte/ che si lamentano e sono in lutto, cfr. anche I 9,8. 4, 1 . In 4, 1 la superbia delle donne, biasimata in 3 , 1 6, si tra­ sforma nel suo contrario per quelle sopravvissute alla rovina del popolo: rimaste senza protezione e prive di diritti a causa della perdita dei mariti e dei loro parenti di sesso maschile, dimenticheranno ogni orgoglio e in sette, disposte a pagare qualsiasi prezzo compresa la rinuncia al dovere di manteni­ mento spettante naturalmente al marito, 10 fanno di tutto per sposare un unico uomo.1 1 L'importante è trovarne uno dispo6. Sui numerosi esempi dell'espressione «cadere di spada» cfr. Kaiser, ThWAT 111, 167. 7· Cfr. sotto, p. 1 20, a 4,3 . 8. Cfr. D. Jones, The Traditio of the Oracles of /saiah of ]erusalem: ZAW 67 ( 1 9 5 5 ) 242 s. 9· Su petap, «apertura», a indicare la porta della città cfr. ad es. Gen. 3 8, 1 4 con los. 8,29. 10. Per la questione riguardante la eventuale conoscenza di un contratto matrimonia­ le scritto nel giudaismo, cfr. F. Notscher, Biblische Altertumskunde (HSAT.E 1 1 1 ) , Bonn 1 940, 79· Per l'impiego della coppia «pane e mantello» a indicare l'aiuto eco­ nomico cfr. Deut. Io, I 8 . 1 1 . Cfr. anche Prov. 7, 1 3 e Zach. 8,23; sull'ultimo passo citato cfr. K . Elliger, ATD 2 5 .

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La nuova Gerusalemme

sto a dare loro il proprio nome, atto giuridico conclusivo delle trattative matrimoniali con il quale le riconosca pubblicamen­ te come sua proprietà e le ponga sotto la propria tutela 1 1 to. gliendole dalla condizione vergognosa in cui si trovano. Per una donna israelita costituiva particolare vergogna l'essere sen­ za figli, cfr. Gen. 30,26; 1 Sam. I ,6, lo stupro, cfr. 2 Sam. I J , I J , ma anche rimanere nubile o essere ripudiata, con la conse­ guente infertilità, cfr. 54, 1 .4. L'essere abbandonate prive di di­ ritti in un tempo in cui regna l'anarchia, cfr. 3 ,4 ss., nonché la mancata maternità sono certamente le due condizioni dispera­ te alle quali, dopo la catastrofe prevista dal poeta, le donne possono sfuggire esclusivamente superando il loro pudore e il loro naturale riserbo. La poliginia o poligamia in tali dimen­ sioni poteva essere considerata segno di estremo stato d' emer­ genza, e se ne deduce quindi che per il giudaismo d'età persia­ na essa non aveva più valore della normale forma coniugale, senza per questo suscitare scandalo, cfr. Deut. 2 I , I 5 . 13 - Per concludere giova ricordare che 3 , 1 6 ss. e 3,2 5 -4, 1 assumono una posizione simile a 3 2,9 ss., in cui il detto sulla tribolazione escatologica è parimenti rivolto alle donne.14 Si ha come l'im­ pressione che il giudizio di Dio, che annienterà completamen­ te la malvagità e la superbia sia del popolo di Dio sia del mon­ do intero, abbia avvolto il pensiero dell 'autore profetico in una sorta di oscuro velo ineluttabile, impedendogli di vedere un futuro più prodigo di salvezza. 4,2-6.

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In quel giorno ciò che J ahvé fa germogliare

1 2. Su questa consuetudine giuridica cfr. anche H .J. Boecker, Redeformen des Rechts­ lebens im Alten Testament (WMANT 14), Neukirchen 1964, 1 67 s. 1 3 . Sul tema cfr. W. Plautz, Monogamie und Polygynie im Alten Testament: ZAW 75 ( 1 963) 3 ss . e R. de Vaux, Le istituzioni dell'Antico Testamento, Casale Monf. 1 964,

34 ss. - Sul motivo storico dell'incoraggiamento alla poligamia nella predicazione di Maometto cfr. W.M. Watt, Muhammad at Medina, Oxford 1956 ( 1 962), 274 ss. 14. Cfr. ATD 1 8, 2 5 9 ss.

/s. 4,2 -6

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diverrà ornamento e vanto, e il frutto della terra sarà di magnificenz� e ornamento per l 'Israele scampato. 3 E avverrà che chi era rimasto in Sion ed era sopravvissuto in Gerusa­ lemme sarà chiamato santo, ognuno che è iscritto per la vita in Gerusa­ lemme. 4 Quando il Signore avrà lavato via la sporcizia delle figlie di Si o n pulendo 1 d'in mezzo a loro la colpa di sangue con uno spirito di giudizio e con uno spirito di sterminio,2 5 allora Jahvé creerà su ogni punto del monte Sion e sul luogo delle loro assemblee una nube di giorno, e fumo e il bagliore del fuoco di notte, perché un manto è steso sopra ogni gloria. 6 E vi sarà una tettoia per l'ombra di giorno contro la calura e come rifugio e riparo dai temporali e dalla pioggia. 4,.1-6. Si deve certamente alla funzione liturgica del rotolo di Isaia nel culto giudaico se agli annunci del giudizio imminente di Dio di 2,6-4, I fa ora seguito una profezia salvifica. Questa ha il compito di rafforzare con la speranza il coraggio degli a­ scoltatori affinché obbediscano alla volontà di Jahvé, cfr. 2, 5 con 4,3 . L'ultima parola di Jahvé sul suo popolo non è il giu­ dizio ma la sua volontà salvifica, e il giudizio è anzi lo stru­ mento per realizzarla. La piena salvezza, infatti, si ha esclusi­ vamente là dove gli uomini sono saldamente fondati sulla pro­ pria umanità. Dunque Jahvé con i suoi giudizi di purificazione porta a compimento la propria opera di salvezza. Osservazioni di ordine formale e contenutistico corrobora­ no l'ipotesi che la pericope non sia dovuta a un'unica mano ma sia il risultato almeno tre elaborazioni successive: mentre il v. 2 con la sua struttura metrica caratterizzata da due stichi, ciascuno composto da due membri paralleli/ è chiaramente in poesia, dal v. 3 si passa alla prosa. E mentre il v. 2 parla della fertilità della terra, i vv. 3 ss. si volgono al futuro glorioso di Gerusalemme. Ma anche questi ultimi non paiono un'unità: il 1. Per l'impiego dell'imperfetto a indicare azione simultanea cfr. Bobzin, § 6, 1b. 2. Per la lezione di I Qls3 «spirito dell'uragano» cfr. Wildberger ad loc., che fa rife­ rimento al più frequente ricorrere dell'espressione in Ezech. 1 ,4 ecc.; Ps. 107,2 5 . 3 · Cfr. Kaiser, Einleitung 4, 290 ss.

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6 riprende, ampliandola, la spiegazione di 5 a fornita in 5 b. Così l'immagine della presenza di J ahvé sul monte Si o n, che ripara e al tempo stesso è tenuta celata, è resa più completa ma anche più grossolana dall'annuncio di una vera e propria tet­ toia che si stenderà a coprire la città. Con l'espressione «in quel giorno» il v. 2 riprende 2, 1 2 ss. e 2,2, nonché 4, 1 ; J , I 8 .7, rivelando in tal modo il proprio carat­ tere redazionale e, quindi, quello dell'intera pericope. La da­ tazione della profezia può essere stabilita solo in linea di mas­ sima; è comunque più recente di 2,6-4, 1 e 2,( 1 )2- 5 . È evidente il richiamo a 3 , 1 6 ss., in netta antitesi con il v. 4, più lieve con il v. 2, cfr. 3 , 1 7 e 24. Il v. 4, inoltre, pare tener presente 1 , 1 5 s. - Il motivo della nube che rivela la presenza di 1 ahvé, nube dalla quale di notte si sprigiona un bagliore di fuoco, subisce una rielaborazione per cui la nube diviene fonte d'ombra e il­ luminazione per Gerusalemme: segno questo di uno stadio pro­ gredito nella storia della tradizione. Parrebbe dunque di po­ tervi cogliere un'indicazione sulla datazione della pericope: la tarda età persiana se non addirittura la prima età ellenistica. Le elaborazioni progressive mostrano che si tratta dell'opera di scribi . v.

L'autore della descrizione salvifica al v. 2 considera pari­ menti il grande giorno del giudizio di Jahvé una svolta decisi­ va nel destino d'Israele. Porrà infatti termine al tempo dell'in­ giustizia che è anche il tempo della sventura. 1 ahvé potrà così manifestare tutta la sua misericordia agli israeliti scampati alla catastrofe ultima.4 Allora non si vanteranno più delle loro va­ ne opere e azioni, né delle loro inutili cianfrusaglie, ma solo delle grandi cose che Dio opera nella sua creazione e con le quali esalta in modo visibile il proprio nome di fronte al mon­ do intero, testimoniando la sua presenza in Israele con la fer­ tilità del paese. Infatti, contro l'esegesi messi ani ca che si in.2..

4. Per l'espressione «salvezza d'Israele» cfr. 1 0,20 s.; 37,3 I s. = 2 Reg. 1 9,30 s.; Ezech. 1 4,22; Abd. 1 7; Esdr. 9,8. 1 3 ss.; Nehem. 1 ,2 e loel J , 5 ·

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contra in primo luogo nel Targum, la traduzione e attualizza­ zione in aramaico dell'Antico Testamento,5 l'espressione « ger­ moglio di Jahvé» non va intesa come in ler. 23, 5 ; 3 3 , 1 5; Zach. 3,8 e 6, 1 2, ove indica il re di stirpe davidi ca 6 del tempo salvifi­ co se non addirittura il resto santo d'Israele/ Considerata in­ fatti la menzione parallela del frutto della terra, essa indica semplicemente ciò che J ahvé farà crescere nel paese. 8 Si trova dunque qui la stessa attesa dell'inesauribile fertilità della terra nel tempo salvifico che ricorre anche in altre profezie escato­ logiche.9 Nel pensiero veterotestamentario essa non va disgiun­ ta dalla perfezione etico-religiosa del popolo. Per verificare questa strettissima connessione è sufficiente leggere il Ps. 72, ove un retto governo del paese è collegato alla fecondità di po­ polo e paese, cfr. Ps. 72,3 . 1 6, oppure Deut. 28, 1 ss., ove il Deu­ teronomista promette a un Israele docile alla volontà di Dio una benedizione che si estende anche alla cantina e alla cucina. La fertilità della terra nel tempo salvifico rispecchia dunque la nuova giustizia d'Israele. L'ovvia premessa ideale di queste a­ spettative è la concezione del mondo come un'unità compren­ dente natura e storia. In essa, conformemente al comando di Dio, a ciò che l'uomo compie, sia in bene sia in male, il cielo e la terra rispondono con salvezza o sventura. 10 Se il mondo è in­ tegro nell'uomo, l'uomo diviene integro. Ignorando queste premesse, il lettore moderno non sarebbe in grado di comprendere la coerenza con cui chi ha operato l'integrazione del v. 3 assicura la santità di quanti in Gerusa3·

S· T: «In quel tempo ] •Unto del Signore sarà per la gioia e la gloria, e quanti osserva­ no la legge saranno a gloria e prezzo d i quanti in Israele sono scampati». 6. In contrasto con Herntrich e altri. 7· In contrasto con Reuss. 8. Così la maggior parte degli esegeti più recenti, come ad es. Duhm, Marti, Gray c infine Fohrer, Wildberger e Auvray ad loc. 9· Cfr. 29, 1 7; 30,23 ss.; ler. 3 I , I 2; Ezech. 34,29; 47, I ss., Os. 2,23 s.; loel 4, 1 8; .-l m. 9, 1 3 s.; Zach. 1 4,8 e Mal. 3 , I I s. 1 0. Cfr. O. Kaiser, Dike und Sedaqa: NZSTh 7 ( 1 965) 25 I ss. _

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lemme sono sopravvissuti alla catastrofe. Il v. 4 interpreta poi questa santità come pulizia da ogni impurità e ingiustizia, cfr. anche 29,23 . - Come se fosse scontato, l'autore profetico cerca nella sola Gerusalemme il resto scampato al giudizio. In que­ sto si riflette l'importanza che aveva assunto la città come cen­ tro religioso del giudaismo dopo la perdita di sovranità sotto i re persiani. 1 1 Stando alle attese, nella città dovrebbe realizzarsi la glorificazione di J ahvé di fronte a tutti i popoli della terra, il cui attacco contro la città divina sarà vanificato da Dio. 1 2 Tale attacco eseguirebbe al contempo anche il suo giudizio sul po­ polo. Ma il profeta sa che scamperanno solo quelli il cui nome è scritto nel libro celeste della vita. Resta aperto il problema se tale espressione vada intesa in senso predeterminista, in con­ sonanza con Ps. 1 39, I 6, o in senso giuridico come Ps. 69,29; Ex. 3 2,3 2 ss.; lub. 30,22 e 3 6, I o. Nel primo caso Dio avrebbe predestinato un certo numero di persone alla giustizia e alla vita nel tempo salvifico. 13 Sullo sfondo vi sarebbe allora, per quanto riguarda l'aspetto storico-religioso, una fede di tipo a­ strologico nel destino propria dei babilonesi, secondo la cui convinzione ogni anno nel primo giorno dell'anno gli dei de­ terminavano il fato di ogni uomo scrivendolo sulle tavole del destino. 14 - Nel secondo caso, l'autore avrebbe espresso la pro­ pria convinzione che durante il giudizio J ahvé sterminerà pro­ grammaticamente i malvagi a motivo delle loro azioni . 1 5 Die­ tro la concezione del libro della vita potrebbe dunque esservi il memoriale redatto dagli antichi sovrani orientali, nel quale 1 1 . Cfr. Wildberger ad loc. 1 2. Cfr. O. Kaiser, Geschichtliche Erfahrung und eschatologische Erwartung: NZSTh 1 5 ( 1 973 ) 28 1 ss. Eschatologie im Alten Testament, ed . H.D. Preuss (WdF 48o), Darmstadt I 978, 4 56 ss. 1 3 . Cfr. ad es . anche Phil. 4,3; Le. 10,10 e Apoc. 1 ),8. - Per la concezione del libro ce­ leste cfr. fondamentalmente H. Bietenhard, Die himmlische Welt im Urchristentum und Spatjudentum (WUNT 2), Tiibingen 1 9 5 1 , 23 1 ss. 1 4. Cfr. B. Meissner, Babylonien und Assyrien 11, Heidelberg 1 9 1 5 , 1 24 s. 1 5 . Cfr. ad es. Hen. aeth. 98,7 s.; 104,7; 108,7 e Apoc. 3., 5 . Incerta è la collocazione di Dan. 1 2, 1 . =

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venivano trascritti sia i messaggi provenienti da tutto l'impero sia eventi particolari. 1 6 Sorprende che la diffusione di questa fede in un libro che si collegava al giudizio dei morti fissando tutte le azioni degli uomini sia rintracciabile nella seconda me­ tà dell'ultimo secolo prima di Cristo dall'Iran fino in Grecia, senza per questo dover ipotizzare un'originaria dipendenza reciproca di tali concezioni. 17 Questa idea del libro della vita potrebbe inserirsi nel quadro di un pensiero che non ha anco­ ra elaborato una fede nell'aldilà.

4· La menzione dello spirito del giudizio o della giustizia in 28,6 pare giustificare la scelta di tradurre nel medesimo modo l'espressione ebraica che è alla base del v. 4/ 8 evitando «tem­ pesta del giudizio», possibile esclusivamente in base al signifi­ cato del termine. Ammettendo un nesso ideale con il v. 3, il v. 4 intende per certo affermare che Jahvé stesso nell'estremo pe­ ricolo provvederà mediante il suo spirito alla conversione de­ cisiva, qui descritta come purificazione rituale. 19 Ovviamente non bisogna immaginarsi le donne di Gerusalemme, qui espres­ samente menzionate riecheggiando J, 1 6 ss., effettivamente im­ brattate con i loro stessi escrementi. Questa forte espressione andrà invece intesa come drastica raffigurazione di massima degenerazione religiosa, rituale e morale, cfr. ad es. Lam. 1 ,8 s. e Ezech. 23,36 ss. Analogamente, la colpa di sangue, che certo non è più addossata alle figlie di Sion in particolare ma a tutti gli abitanti di Gerusalemme, non è più strettamente riferita a veri e propri omicidi, cfr. ad es. Ex. 22,2, bensì a ogni mancan­ za che contraddice la volontà di Jahvé ed è quindi meritevole 1 6. Cfr. Esth. 6, 1 ss.; Ep. A r. 298 s. e K. Elliger, ATD 2 5 a Mal. 3,16. - Per il tentativo di derivare tale concezione dalla lista degli abitanti delle città cfr. Wildberger ad loc. 1 7. Come esempio tratto dal mondo greco cfr. Euripide fr. 506 si veda anche A. Die­ terich, Nekyia, Leipzig-Berlin 2 1 9 1 3 Darmstadt 3 1 969, 1 26 n. 1 . 1 8 . I n contrasto con Kaiser •·-4 cfr. anche Wildherger ad loc. 19. Oltre a 1 , 1 6 cfr. anche Prov. 30, 1 2; per il linguaggio rituale cfr. Ex. 29,-4; 40, 1 .2; Lev. 8,6, nonché Ezech. 40,3 8 e 2 Chron. 4,6. =

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di morte, cfr. Lev. 1 7,4 e /s. 1 , 1 5 s.; Mich. 3 , 1 0. Tali mancanze riguardano l'ambito rituale e giuridico ma soprattutto quello religioso, e in particolare l'idolatria, cfr. Ezech. 22,3 sS.20 5· Non è chiaro il senso del v. 5 a. In base alla tradizione ci si do­ vrebbe attendere che la nube sia segno della presenza di J ahvé sulla sua città santa di giorno, e che il fuoco lo sia di notte, co­ me doveva essere accaduto durante l'esodo quando la nube e il fuoco sostavano al di sopra della tenda del convegno, cfr. Num. 9, 1 5 ss.; poi Ex. I 3 ,2 I . In relazione a ciò in Is. 6o, I 9 s. e 24,2 3 si trova la speranza che J ahvé illuminerà la città con la sua pre­ senza. Tuttavia, nel passo in esame si fa una netta distinzione tra J ahvé da un lato, e la nuvola e il fuoco avvolto dal fumo dall'altro, entrambi opera sua. C'è dunque da chiedersi se 5 b e 6 non siano da considerare continuazione di 5 a proprio come intendeva il suo autore. La nube in tal caso riparerebbe dalla calura, mentre il fuoco rischiarerebbe la notte. In 5 b lo splen­ dore che merita protezione non indicherebbe più la gloria di Jahvé celata dalla nube, cfr. Ex. I 6, I o ecc., bensì la magnificen­ za della Gerusalemme liberata e del suo tempio riccamente or­ nato, così come ci si immaginava sulla base di /s. 6o,6 ss. anti­ cipando il futuro.

6. La tettoia o capanna sognata da un uomo desideroso di po­

ter camminare nella Gerusalemme liberata senza dover temere i capricci atmosferici, dal canto suo è una variazione singo­ larmente scarna della speranza che ha il salmista di potersi ri­ fugiare in tempi difficili nella capanna di Jahvé, ossia nel suo santuario. Ma chi ha sperimentato la calura di un giorno estivo o la violenza di uno scroscio di pioggia nelle vie di una città mediorientale comprenderà facilmente che il redattore avreb­ be desiderato per la città divina un riparo all'ombra ventilata di una tettoia. e H. Christ, Blutvergiessen im Alten Testament, Diss. Ba­ ed . B. Reicke 1 2, Basel 1 977, 40 s.

20. Cfr. Wildberger ad loc.

sei, Theol. Dissertationen

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Una vita in una regione fertile, una vita senza colpa nella comunità della città divina, con il sicuro riparo preparato e ga­ rantito da Dio stesso, - è questa la speranza che qui ha trovato espressione e che in tale formula potrebbe forse dare voce an­ che alla nostra nostalgia, cfr. Apoc. 2 1 ,3 ss.2 1 5 , 1 -7. 1

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Il cantico della vigna di jahvé

Canterò per il mio amico un canto del mio amore per la sua vigna: il mio amico possedeva una vigna sopra un fertile poggio. Egli l'aveva zappata e sgombrata dai sassi e vi aveva impiantato una vigna. In mezzo a essa aveva costruito una torre e vi aveva scavato anche un torchio; sperava infatti che avrebbe prodotto uva, ma produsse agresta! Or dunque tu, abitante di Gerusalemme, e tu, uomo di Giuda: siate giudici fra me e la mia vigna! Che cosa restava da fare per la mia vigna che non le avessi fatto ? Perché speravo che avrebbe prodotto uva e ha prodotto agresta? Ora vi farò sapere cosa farò per la mia vigna: Togliere 1 la sua siepe perché divenga pascolo! Abbattere 1 il muro di cinta perché sia calpestata! Così la abbandono alla devastazione:2 non sarà potata e non sarà zappata così che vi crescano rovi e cardi ! E alle nuvole comando di non farvi più piovere sopra! -

Sulla trasformazione simbolica della città nel linguaggio biblico cfr. J. Hempel, Wis­ senschaftliche Zeitschrift der E.M. Arndt Universiciit Greifswald 5, 1 9 5 5/5 6, 1 2 3 ss. I. Per l'impiego dell'inf. ass. in luogo di una forma verbale finita all'interno di un di­ scorso concitato cfr. G-K zB § 1 I J Z. 2. Per il significato cfr. HAL 1 5 9 h s.v. bata.

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Il cantico della vigna dijahvé

Sì, la vigna di J ahvé Sabaot è la casa d'Israele, e l'uomo di Giuda è il suo parco. Egli attendeva la sentenza, ed ecco violazione del diritto; che ci si potesse fidare,3 ed ecco grida di dolore! 5,1 -7. Il cosiddetto «cantico della vigna» in 5 , 1 -7 è tra i capola­ vori poetici dell'Antico Testamento. Esso invita il lettore a tra­ sferirsi idealmente su una piazza o in una via di Gerusalemme, in mezzo alla cui folla chiassosa improvvisamente si fa sentire un cantore con l'annuncio del suo canto, così che tutto attor­ no a lui il brusio di voci gradatamente si smorza e la gente in silenzio gli si raccoglie intorno colma di aspettativa. Non sarà certo una comune storia di contadini quella che sta per ascol­ tare. Non sarebbe adatta al canto. Dietro la vigna potrebbe in­ vece celarsi una fanciulla, e allora si tratterebbe del tragico a­ more dell'amico per la sua promessa sposa, cfr. Cant. 8, 1 2. - Il lettore può domandarsi se l'amico sia J ahvé, e il popolo di Dio la sua sposa infedele e la vigna, come si può evincere in base all'importanza della sua collocazione all'interno del libro pro­ fetico. 4 Ma anch'egli dovrà unirsi all'ascoltatore, il quale non ha più tempo per tali ipotesi né per trovare una risposta alla domanda su dove abbia già sentito le parole «Aveva una vi­ gna... », cfr. Cant. 8, 1 1 a. L'ascoltatore è infatti immediatamen­ te e interamente coinvolto con la sua competenza di contadino o possessore di giardino. Solo dalla cadenza tragica del ritmo asimmetrico, ripreso dal compianto funebre, può capire che quanto gli è cantato non è uno scherzo, ma va tenuto nella dovuta considerazione. N o n può neppure soddisfare la curio­ sità di sapere chi si nasconda dietro l'amico del cantore. Deve 7



·Lett.: «la giustizia». 4· Cfr. Ier. 2,2. 32; 3,6 ss.; Os. 2,4 ss. nonché Ier. 2,2 1 ; 5 , 1 o; 8,1 3; 1 2 , I o; Os. 10, 1 s.; Ezech. 1 5 , 1 ss.; 1 7,6 ss.; 1 9, Io ss.; /s. 3 , 1 4; 27,2 ss. e non ultimo Ps. 8o,9 ss.; si veda an­ che Vermeylen I, 1 62 s.

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attendere, e lasciarsi trasportare dalla storia narrata finché essa stessa non gli rivelerà l'arcano.

1-2. Orbene, l'amico del cantore aveva una vigna situata in po­ sizione favorevole su un monte 5 in una terra fertile: premesse fondamentali per sperare in una buona crescita e in una matu­ razione al sole. Naturalmente, prima d'impiantare le viti aveva provveduto ai necessari lavori zappando il terreno per rom­ perne la crosta, strappando le erbacce, raccogliendo i sassi ve­ nuti alla superficie con la pioggia e il dissodamento e ammas­ sandoli sul bordo del campo fino a formare un muro di cinta, cfr. v. 5 . 6 Nel terreno così approntato venne quindi impianta­ ta l' «uva vermiglia», una qualità apprezzata ancora oggi nel Vicino Oriente per i grossi grappoli, cfr. anche ler. 2,2 1 . 7 I la­ vori successivi lasciano intendere che il proprietario pensava di destinare in permanenza il campo a vigna e che contava su un buon raccolto; infatti, invece delle precarie capanne che ve­ nivano solitamente costruite nel periodo del raccolto, cfr. I ,8, egli edificò subito una solida torre per la sentinella. Scavò inoltre nel terreno un torchio, attrezzo in cui si usava pigiare i grappoli con i piedi, cfr. 63 ,3, in modo da far colare il succo dai canaletti appositamente scavati nel terreno fin dentro i re­ cipienti per la chiarificazione e la fermentazione. 8 Ma al mo­ mento del raccolto ecco la grande delusione: ogni sforzo com­ piuto nei preparativi si rivelò vano, perché i tralci 9 invece de-

S· l:: interpreta «in cornu in medio olivarum». - Visto il passo preso ad es., singolare in tale utilizzo, per qeren bisogna forse far riferimento anche all'arabo qurnat"n, «angolo sporgente, angolo, canto», Wehr 678a. 6. A. Giglioni, Nuova versione di 'SQL ' in /s. 5,2; 6r, ro: RivBiblt I 5 (1 967) 3 8 5 ss. in base a Vermeylen r, 164, sostiene il significato concreto di «costruire un muro in pie­ tra». Cfr. però anche Jastrow n 102ob s. v. 7· Sulla qualità dell'uva cfr. R. Gradwohl, Die Farben im Alten Testament (BZAW 83), Berlin 1963, 2 1 n. 146. 8 . Cfr. J. Pritchard, Gibeon Where the Sun Stood Stili, Princeton 1962, 69 ss. e K. Galling, BRL \ 362 s . 9 · Il lettore occidentale non deve immaginarseli legati bene in alto sulle viti. Si ar-

Il cantico della vigna diJahvé

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gli attesi grappoli dai grandi acini succosi presentavano solo agresta, un tipo di uva ad acini piccoli e fibrosi, con poco suc­ co aspro che allega i denti di chi la mangia, cfr. Ier. 3 1 ,29 e Ezech. I 8,2. Con il v. 3 assistiamo a una svolta nel cantico. Sparisce l'in­ termediario e prende la parola in vece sua il proprietario stesso della vigna. Il proprietario si rivolge agli ascoltatori chiaman­ doli solennemente e ufficialmente abitanti di Gerusalemme e uomini di Giuda, sequenza che dimostra la preminenza di Ge­ rusalemme in quanto centro del giudaismo postesilico, 10 e li e­ sorta giudicare tra le pretese della vigna, evidentemente non espresse, e quelle, note, del suo proprietario. La situazione è in tal modo portata al di là del puro gioco. Un contadino a un altro contadino avrebbe chiesto un consiglio, non una deci­ sione, e analogamente si sarebbe comportato chi possiede un giardino. Gli ascoltatori cominciano dunque a rendersi conto che qui non si tratta semplicemente dell'insuccesso del padro­ ne di una vigna. Contemporaneamente si delinea la scena del giudizio che determina la struttura del cantico dall'inizio alla fine. 1 1 I vv I h e 2 contengono l'accusa costitutiva, ai vv 3 e 4 segue l'appello ai testimoni perché confermino l'innocenza del­ l'accusatore. Ai vv 5 e 6 è poi il proprietario stesso a pronun· ciare il verdetto, scoprendo a poco a poco il proprio segreto. Il v. 7, infine, svela il carattere di parabola del cantico. 1 2 - Già ora, 3·

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rampicavano invece tra alberi di olivo e di fico oppure crescevano come cespugli ri­ gogliosi, cfr. anche G. Dalman, Arbeit und Sitte in Pa/astina I, Giitersloh 1928, 69. Io. Cfr. sopra, p. 97 n. 1 .2. 1 1 . Cfr. Vermeylen I, 1 60 s. 1 2 . Per R. Bultmann, Geschichte der synoptischen Tradition (FRLANT 29), Gotti n­ gen 3 1 957, 1 8 8, la peculiarità della parabola è che «trasforma in racconto il contesto che serve da paragone». A favore di una considerazione del cantico come parabola piuttosto che come favola si è espresso W. Schottroff, Das Weinberglied]esajas: ZAW 82 ( 1 970) 68 ss. Una favola è un racconto che trasferisce nel regno animale o vegetale le relazioni umane. A una tale definizione applicata al cantico si oppongono due fat­ tori: primo, diversamente dalla favola questo non si presta a più interpretazioni, e se­ condo, l'evento non si svolge all'interno del mondo animale o vegetale, ma coinvolge l'uomo e la pratica della coltivazione. Schottroff si rifà al contenuto di fiabe risalenti

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1 27

e prima ancora di riconsiderare tutto il cantico nel suo comples­ so in base alla sua conclusione, qualche ascoltatore avrà perce­ pito, che la domanda del proprietario su quali misure abbia tra­ scurato in favore della sua vigna e sul perché questa abbia de­ luse così amaramente le aspettative, sottintende il ben diverso problema riguardante il perché un popolo ingrato rifiuta di obbedire al proprio Dio, cfr. ler. 2,4 ss. e Mich. 6,2 ss. 1 3 5· I testimoni che, in imbarazzato silenzio, cominciano a in­ tuire di essere essi stessi gli accusati, ascoltano il verdetto del padrone che ha intenzione di togliere la siepe di protezione frangivento e il muro di cinta 1 4 contro gli animali perché la vigna sia divorata e calpestata dalle bestie selvatiche, r s - meta­ fora facilmente comprensibile del popolo che sarà abbandona­ to ai nemici, cfr. Ier. 1 2,9 ss.

6. Il proprietario non presta ora, ovviamente, più alcuna cura alla vigna, non la fa più potare 16 né sarchiare, tanto che ogni cosa è invasa e soffocata da cespugli di rovi e dai cardi. N el paese saccheggiato dai nemici e depredato dei suoi abitanti, erbacce e cespugli crescono sui campi incolti impedendo l'ac­ cesso all'uomo. 17 Il racconto metaforico non punta sulla sola idea della speranza delusa e del conseguente abbandono, ma possiede tratti allegorici propri, suscettibili di un'esegesi a se stante. Ai vv. 5 e 6a tutto ciò che il proprietario afferma resta sul piano della realtà terrena, determinata dall'oggetto della parabola, in 6b, invece, egli stesso si manifesta agli ascoltatori in tutta la sua maestà e potenza divina, come signore delle nu­ vole e della pioggia, cfr. Iob 3 7, 1 2 s.; Ps. 1 47,8 e 104,3 · In tal fino all'età sumerica, nelle quali una controversia tra animali e piante era risolta gra­ zie all'intervento di una divinità. Cfr. W.G. Lambert, Babylonian Wisdom Literature, Oxford I 96o, I 50 s. 1 3 . Cfr. Vermeylen I , I63. I4. Cfr. Ps. So, I 3· I 5 . Cfr. 3 , I 4; 6, I 3 e 7,2 5; 28, 1 8; I o,6; Mich. 7, 1 5 e Ps. 80, 1 4. 1 6. Cfr. I 8,5 . Secondo Dalman, A rbeit und Sitte I, 264, le vigne vengono zappate in gennaio e febbraio e potate in marzo. 17. Cfr. 7,23 -2 5 ; 9,1 7; 27,4 e 3 2, 1 3 .

Il cantico della vigna dijahvé

modo diviene chiaro a tutti che, come alla fine svela il v. 7, il proprietario della vigna altri non è che l'onnipotente 1 ahvé Sabaoe 8 stesso, e la vigna il suo popolo Israele/9 segnatamente il popolo del sud, Giuda. Per la preferenza accordata a Giuda rispetto al fratello del nord, testimoniata nella sua storia, cfr. Ps. 78,67 ss., 1 ahvé sperava in una particolare fedeltà di cui si sarebbe molto compiaciuto;10 questo suo desiderio è però ri­ masto insoddisfatto. Infine, nella doppia allitterazione e rima finale l'autore ribadisce a chi sta ascoltando o leggendo che il p opolo di Giuda non ha realizzato le aspettative del suo Dio, il quale desiderava un popolo che giudicasse in modo retto e perciò prosperasse pacificamente. Ma anziché giuste sentenze vi è stato spargimento di sangue contrario alla legge;1 1 in luogo del dominio della giustizia 11 equa, garante della salvezza del paese, si sono avute grida di oppressi, dei quali 1ahvé è il ven­ dicatore, cfr. Ex. 22,22; Ps. 9, 1 8 e Iob 34,28. Malgrado l'incisività che la caratterizza, quest'accusa ge­ nerica necessita di una motivazione concreta. La ritroviamo nei sette «guai» che hanno inizio in 5 ,8. È dunque giustificata l'ipo­ tesi che il cantico ne rappresenti l'introduzione letteraria. In contrasto con la situazione fittizia del cantico, la domanda che lo muove non è che cosa farà 1 ahvé al popolo del regno del f,I -7.

1 8. Per questo appellativo cfr. sotto, p. 1 70, a 6,3 . 1 9. Della «casa d'Israele» si parlerà ancora in fs. 1 4,2 e 46,3 ; tale espressione

è tutto �ommato meno frequente di quanto ci si possa aspettare. Nel Pentateuco la si incon­ tra solo in P, cfr. Ex. 40,3 8; Lev. 1o,6; Num. 20,29, cfr. anche los. 2 1 ,43· Nell'opera storica deuteronomista essa compare in I Sam. 7,3; 2 Sam. 1 , 1 2 ; 6, 5 . 1 5 ; 1 2,8; 1 6,3 ; I re 1 2 ,2 1 ; 20,J i i si veda anche in Am. 5 , 1 ; 6, 1 4; 7,9; Os. 1 ,4.6; 5 , 1 ; 8, 1 ; 9,4 e 1 2, 1 ; Mich. 3, 1 .9 e parecchie volte nei libri di Geremia e di Ezechiele. Cfr. il posteriore Ps. 1 1 5, Io. - 'is lhuda, «uomo di Giuda», nel libro d'Isaia compare solo in questo passo, al­ trove in /er. 3 2,3 2; 1 1 ,2; 1 6, 1 2; I 8, 1 1 ; 44,26 s.; 2 Reg. 23,2 e 2 Chron. I J , 1 5 ; 2o,27; J4,30· - Sull'uso linguistico del cantico cfr. Vermeylen 1, 1 63 ss. 20. Cfr. ler. 3 1 ,20. 2 I . Seguiamo qui la tradizionale derivazione della parola mispap proposta da Gese­ nius-Buhl e Zorell s. v. Diversamente in KBL 5 7 1 a s. v. Cfr. Wildberger ad loc. 22. Per la coppia di termini «diritto e giustizia» cfr. Am. 5,7.24; 6, 1 2; /s. 1 ,27; 5, 1 6; 28, 1 7; 32,16 e 33,5· Per questo cfr. anche sopra, p. 6 5 .

fs. 5, 8-24

1 29

Sud dei davididi, quanto perché gli ha fatto ciò che qui pro­ nuncia come sua sentenza. In altre parole, contro l'opinione generale degli studiosi, il cantico della vigna in 5 , 1 -7 non è una profezia isaiana bensì, come ritiene Vermeylen, una teologia della storia che guarda al passato, interna al movimento deute­ ronomistico. 2 3 L'oratore si avvolge nel manto profetico e ri­ sponde in tal modo alle domande dei suoi connazionali di Ge­ rusalemme e Giuda sulle cause che hanno portato alla perdita della libertà e al crollo del regno davidico. Non l'impotenza di Jahvé è responsabile dell'esilio toccato in sorte alla nazione, bensì la colpa del popolo. 5 ,8-24.

8

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12

Il grande �guai�

Guai a coloro che aggiungono casa a casa, che uniscono campo a campo finché non vi sia più spazio e voi soli dimoriate nel paese! N elle mie orecchie J ahvé Sabaot: 1 «In verità,2 molte case d iverran no deserto, grandi e belle senza ahi t an ti . Poiché dieci iugeril di vigna diverranno solo un secchio4 e u n carico d'asino di seme produrrà solo uno staio ! » .5 Guai a coloro che al mattino presto vanno in cerca di bevande inebrianti, e che tardi, col vento della sera, il vino fa avvampare. Là vi è cetra e arp a, ti mpano e flauto e vino al loro banchetto .

2 3 . I, 163 . - Per un'analisi letteraria del cantico, oltre allo studio di Schottroff citato (n. 1 2), cfr. H. Junker, Die literarische Art von Is 5, 1-7: Bib 40 ( 1 9 5 9) 2 59 ss. e D. Lys, La vigne et le double je. Exercice de style sur Esa 'ie V 1-7 (SVT 26), Leiden 1974, 1 ss. 1 . Cfr. 22, 1 4 e sotto, p. 1 44. 2. Cfr. G-K 28 § 149e. 4· Lett.: «un bat». S· Lett.: «un'efa». 3· Cfr. G-K 1 8 § 93m.

I JO

13

·

14

Is 16 I7 I8 I9

Il grande

«guai»

Ma non badano all 'azione di Jahvé e non vedono l 'of era del l e sue mani ! Perciò si allontanò il mio popolo privo di comprensione, I suoi nobili 'indeboliti'7 dalla fame, la sua plebe riarsa dalla sete. Perciò gli inferi spalancano le fauci 8 e aprono la bocca smisuratamente, così che vi scende la sua9 nobiltà e la sua9 plebe, il suo frastuono e ciò che in essa esulta. 10 Allora il maschio si è sottomesso e l'uomo si è fatto piccolo, allora gli occhi dei superbi si sono abbassati. Ma ]ahvé Sabaot è stato esaltato nel giudizio e il Dio santo si è mostrato santo nella giustizia. Allora gli agn elli pascol eran no come sul l oro pascolo 11 e pecore grasse12 brucheranno le rovi ne. Guai a coloro che si tirano addosso la colpa 'con corde da buoi ' 1 3 e il peccato come funi da carro, 14 che dico n o : «Venga in fretta l 'opera sua, affinché p ossi amo vederla ! S i avvi cini e si compia i l piano del San t o d 'Israele, affinché lo c onosciamo ! » ,

6. Cfr. sotto, p . I49 e so p ra, p. 9 5 n. 8. 7· Leggi secondo il parallelismo, con molti esegeti da Hitzig a Wildberger, m'zé, cfr. Deut. 3 2,24. 8. hirbiba sostituisce un originario tarbib. Cfr. sotto, p. I 33· 9· Cioè di Gerusalemme. 10. Sulla modifica di J.A. Emerton: VT I 7 ( I 967) I 3 S ss., che propone di leggere wt­

'oz libbah, «e la forza del suo cuore», ossia «la sua ostinazione», cfr. Wildberger ad loc.

1 I . Oppure, se si intende questa forma come infinito con suffisso di dabar, «come vogliono». 1 2 . H.W. Hertzberg, BZA W 46, Berlin 1 936, 1 1 2, ha ritenuto che garim, «stranieri», fosse da intendere come esegesi posteriore relativa ai dominatori stranieri del paese, cfr. anche 1,7. Questa interpretazione, ripresa da Vermeylen I, 1 73, merita forse di es­ sere preferita rispetto a quella proposta da G.R. Driver: JThS 38 ( 1937) 3 8 s., secondo il quale garim va considerato un errore di trascrizione della glossa g'dim, «capretto». 1 3 . Leggi hassor in luogo di hassaw ', «con la malvagità». 14. Poiché i buoi venivano attaccati davanti a un carro, una modifica in questo caso è superflua.

/s. j,B-24 �o

�3 21 22 24

-IJI

Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che rendono la luce tenebra e la tenebra luce, che cambiano l'amaro in dolce e il dolce in amaro; che assolvono per un regalo i colpevoli privando 1 5 i giusti del loro diritto. 1 6 Guai a coloro che sono saggi ai loro propri occhi e si reputano intelligenti ! Guai ai gagliardi nel bere vino e agli uomini che sono valorosi nel mischiare le bevande inebrianti! Perciò, come una fiamma divora la paglia e il fieno 17 crolla 1 8 nella vam p a, così la loro radice sarà come marciume e la loro fioritura volerà via come polvere. 1 8 Poiché hanno disprezzato la legge di J ahvé e rigettato la parola del Santo d'Israele.

s,8-.14+ I O, I -4· In s,S-24 e IO, I -4 si trova una composizione di sette «guai». L'ultimo è stata sganciato dal suo contesto origi­ nario e collocato in uno nuovo mercé un intervento redazio­ nale.19 Al suo posto si trova l'ultima strofa del poema sulla ma­ no tesa di Jahvé che ha inizio in 9,7, cfr. 5 ,2 5 ss., sostituita a sua volta dal «guai» in esame. Sull'intento che ha ispirato tale scam­ bio si avrà modo di riflettere in sede di commento a 5 ,2 5 ss. 20 Uno sguardo al secondo « guai» ai vv. 1 1 - I 9 mostra subito che anche gli altri sei non presentano più la loro forma originaria ma hanno in parte subito ampliamenti successivi e interpreta­ zioni diverse. Per riuscire a risalire questo processo è neces­ sario partire da un'analisi storico-formale dell'origine e della I 5. Sull'impiego del c.d. imperfetto a indicare azione simultanea cfr. Bobzin § 7, 1 b. 1 6. Per l'uso di un suffisso sing. riferito a un plurale cfr. Davidson § I I 6R. 1 . 1 7. L'ebr. basai corrisponde al nostro imprestito linguistico hashish. 1 8 . Sull'impiego del c.d. imperfetto a indicare azione simultanea cfr. Bobzin § 7, 1 b. · 1 9. Cfr. sotto, p. I p . - Diversamente Donner, Israel unter den Volkern, 66 ss.; Fey, Amos und ]esaja, 83 ss. e W. Janzen, Mourning Cry and Woe Oracle (BZAW 1 2 5), Berlin - New York 1 972, 50 n. 23. 20. Cfr. sotto, p. 1 5 1 .

132

Il grande

«guai»

struttura fondamentale del «guai» profetico. Esso pare aver origine dall'imprecazione del compianto funebre. Per i morti si innalzava a seconda del sesso e della posizione sociale il compianto «Ahi, fratello mio ! », «Ahi, sorella mia ! » o «Ahi, Signore !», cfr. ler. 22, 1 8 s.; 34,4 s. e 1 Reg. I J , J 0. 1 1 Nell'ese­ cuzione di un compianto funebre, il « guai ! » poteva introdurre anche la maledizione dell'omicida. 22 Tale formula, applicata a un vivente, implicava quindi la minaccia di morte. Il « guai» in sé non necessita né di un'accusa a parte né di una motivazione che consideri le conseguenze della colpa: l'accusa è compresa nell'indicazione del reo, la motivazione nell'imprecazione che ne annuncia la morte. Se ora, in base a ciò, si torna ai «guai» in questione, si nota che questa forma fondamentale ricorre nella prima, nella seconda e nella settima strofa, cfr. vv. 9 s. 1 3 ss. e I O,J . Bisogna dunque chiedersi se questi ampliamenti, che d'al­ tronde non interessano in egual misura tutte le imprecazioni, siano originari; si può indubbiamente passare oltre e doman­ d arsi se anche la differente lunghezza della descrizione dei col­ pevoli non sia segno di un rimaneggiamento. Tale sospetto ri­ ceve nuovo slancio dall'osservazione che il testo, nella sua for­ ma attuale, occulta la chiara disposizione originaria. Questa si d elinea nettamente non appena ci distacchiamo dali' elaborazio­ ne concreta per porci unicamente il problema del rimprovero dei singoli «guai» dal punto di vista tematico. Diviene eviden­ te in tal caso che questi formano una composizione circolare: il primo, il quarto e il settimo riguardano violazioni di diritti, il secondo e il sesto coloro che eccedono nel bere, il terzo e il quinto la leggerezza che ignora Dio.

23. Riconoscere questo schema giustifica già il primo interven­ to di critica letteraria che colloca il v. 23 prima del v. 20. 2 3 Lo spostamento è evidentemente avvenuto in seguito al distacco 2 I . Cfr. H.-J. Krause, «hoj» als prophetische Leichenklage uber das eigene Volk: ZAW 8 5 ( I 973) I 9 ss. 22. Cfr. Janzen (n. I ), 27 ss. 23. Cfr. Fey, Amos und]esaja, 57 ss. e Wildberger ad loc.

133

fs. 5, 8-24

del settimo «guai » ( I O, I ss.) per poter concludere il versetto mu­ tilo con un'accusa chiara e di un certo peso.

1 1 - 1 7. Nella forma tramandata, lo schema della composizione è celato da ampliamenti e aggiunte disposti irregolarmente. Ta­ li aggiunte e ampliamenti giungono alla contraddizione nel se­ condo � guai» comprendente i vv I 1 - I 7. .

14+ 1 7. Un'analisi accurata porta al seguente risultato: i vv . 1 4 e I 7 in realtà vanno letti insieme, e annunciano la futura di­ struzione totale di una città che non è menzionata. Il riferi­ mento è evidentemente a Gerusalemme, come in 3 ,2 5 s. Il pa­ rallelo corrobora l'ipotesi che i due versetti, come in J , I -4, I ; 6, I 2- I J aba e 8,2 I -23a, siano un annuncio di sventura escatolo­ gica che prevede un giudizio finale di annientamento. Tratto ca­ ratteristico di questo redattore, come mostrano principalmen­ te 3 ,2 5 s. e 8,2 I ss., è di non tenere sufficientemente conto del contesto. Si può lasciare per ora in sospeso se ciò accada per­ ché egli è eccessivamente assorto nelle sue idee e nelle sue atte­ se, oppure se citi direttamente una fonte diversa. La sua opera dimostra che per lui le accuse espresse nei « guai» si adattavano anche al suo tempo. La tensione verso il futuro dei due verset­ ti, nonché la loro esegesi, sono però ravvisabili con chiarezza solo al v. I 7· 1 3. In base al v. I J , si può intendere il v. I 4aa come uno sguar­ do retrospettivo: deportazione ed eccidio erano conseguenza della condotta stigmatizzata ai vv I I e I 2. Il « guai» si è adem­ piuto nella catastrofe del regno di Giuda, e in particolare nella conquista di Gerusalemme a opera dei babilonesi nel 5 8 7. For­ tunatamente, tuttavia, chi in un secondo tempo prepose il v. I J ai vv. 14 e 1 7 intervenne solo superficialmente nella sostan­ za del v. 1 4. Contrariamente alla regola fondamentale della sin­ tassi verbale ebraica, inserì al v. 14a un perfetto storico, lascian­ do però invariato in v. I 4a il cosiddetto perfectum consecuti.

1 34

Il grande «guai»

vum che definisce un'azione futura. Si tratta presumibilmente

dello stesso redattore cui si deve l'inserzione di 5 ,2 5 ss.14

1 s + I 6. La sua diversa esegesi della minaccia, che diviene una constatazione storica, rese poi possibile inserire i vv I 5 e I 6, ispirati a 2,9. I 1 . 1 7, che interrompevano il collegamento tra v. I 4 e V. 1 7. z s .

9+ 1 0. Il fatto di un'esegesi escatologica successiva ravvisabile ai vv I 4 e 1 7 induce necessariamente a domandarsi se si devo­ .

no alla medesima mano anche ulteriori aggiunte o se essa si sia limitata al secondo «guai». Esaminando anche la prima in que­ sta prospettiva, emerge subito che 9a trova la migliore rispon­ denza in 22, 1 4, ove serve parimenti a introdurre un giuramen­ to divino.26 Sorprende poi il ragionamento ai vv 9 e I O: la de­ solazione del paese può essere connessa alla devastazione a o­ pera dei nemici, cfr. 7, I 7. I 8 s.; 8,7 s. e, riguardo alla formula­ zione, anche 6, I 1 .17 Ma come giunge l'autore (v. I o) all'idea di collegarla alla sempre minore fertilità della regione, intesa co­ me causa o, com'è più probabile, come ulteriore afflizione ? Ina­ spettatamente la risposta è fornita da un'occhiata a 5 ,6: il v. I O è un'esegesi di 5 ,6b che prende alla lettera tale dichiarazione, cfr. anche 24,6 s. Si ha dunque sufficiente motivo per supporre che anche in 9 e I O ci si trovi di fronte a un successivo amplia­ mento del «guai». .

24. Cfr. sotto, p.

I p.

2 5. Se il glossatore al quale si deve l'integrazione - che forse può essere identificato con quello di 2,6-9 - ha modificato il perfectum consecutivum posto all'inizio del v. I 7, è perché la sua sensibilità linguistica per l'ebraico subiva già l'influenza dell'aramaico; cfr. ad es. H. Bauer e P. Leander, Grammatik des Biblisch-A ramiiischen, Halle 1 927 = Hildesheim - New York 1 969, 77a e 79n, nonché R. Degen, Altaramiiische Gram­ matik, Abhandlungen fur die Kunde des Morgenlandes 3 8 ,3, Wiesbaden I 969, 74· 26. Per il giuramento divino introdotto dal semplice 'im lo ', «se non», cfr. ler. I 5 , n ; 49,20; 50,4 5 ; Ezech. 36,5 .7 e Mal. J,Io, o a l contrario ad es. Ezech. 1 7, 1 9; 20,3 3 · 27. Cfr I ,7. .

/s. 5,8-24

135

1 2.+ 1 9. B enché già lo strato più antico del libro d'Isaia conosca

la forma ampliata del « guai», cfr. 30, 1 ss. e 3 r , r ss., non si an­ drà lontano dal vero estendendo il risultato ottenuto nell'esa­ me condotto sino a questo momento anche all'ampliamento delle accuse ai vv. 1 2. 19 e 1 0,3 .

IO,J . Ci si potrà richiamare, in ogni caso, alla forma scarna del quinto e sesto «guai» ai vv . 21 e 22. Riguardo al v. I 2, l'inizio costituito da un wehaja, «e c'è», è un argomento formale a fa­ vore dell'ipotesi che si tratti di un ampliamento posteriore.2 8 Anche in questo contesto, dal punto di vista del contenuto, va preso in considerazione un riferimento ad A m. 6, 5 -6 19 e se ne può ipotizzare uno a Ps. 28, 5 . Il tema dell'indurimento in 6, I o e quello dell'accecamento in 29,9 s. sono qui variati in funzio­ ne del giudizio ultimo che sta per giungere. - Il v. I9 tratta il tema dell'opera e del progetto di J ahvé, tema il cui contenuto riceve significato dal contesto testuale in cui di volta in volta è inserito, cfr. Ps. I o6, I J ; non si può negare che tale versetto si riferisca in questo caso allo scetticismo della classe dirigente di Gerusalemme nei confronti dell'annuncio escatologico, cfr. an­ che 2 8,2 1 s. Bisogna tuttavia ammettere che la decisione vera e propria è presa in base ai dati precedentemente trattati. - Ri­ guardo a r o,3, l'esegesi escatologica è giustificata se si conside­ rano il parallelo terminologico di Mich . 7,4 e contenutistico di 2, 1 2 ss. Nucleo centrale risulta dunque la composizione circolare 5 , 8 . I I . I 8 . 20.23 . 2 1 .22 e I o, I -2. Esso consiste di semplici « guai» che mantengono la forma fondamentale. Il collegamento con 5 , I -7 è stabilito dal v. 8b, in cui ci si rivolge direttamente agli ascol­ tatori, cfr. v. 3· Suo compito è dimostrare l'accusa di violazio­ ne del diritto mossa al v. 7· È difficile stabilire con certezza se la serie di sette «guai» abbia una propria preistoria o se sia sta2.8. In JO,J le cose stanno chiaramente in modo diverso. Cfr. Fey, Amos und ]esaja, 7 ss.; per il materiale in Am. 6, 1 ss. cfr. H.W. Wolff, BK XIV,2., ad loc. , ma anche Whedbee, lsaiah and Wisdom, 90 ss.

2.9.

Il grande «guai»

IJ6

ta composta per la sua collocazione attuale. Forse a favore del­ la seconda ipotesi si può sottolineare l'affinità tra i vv . 20 e 23 da una parte e Am. 5 ,7. 10. 1 2 dall'altra/o nonché la menzione in 1 0,2 delle vedove prima e degli orfani poi; tale sequenza non è tuttavia quella usuale nell'Antico Testamento. 3 1 Insieme a 5 , 1 ss., i «guai» avevano un duplice scopo: quello d'integrare la mo­ tivazione data alla catastrofe del regno di Giuda dal memoria­ le 3 2 e dallo strato più antico del libro d'Isaia percepibile nei capp . 29-3 1 che attribuivano la rovina alla mancanza di una fede in Dio intesa nel senso dell'annuncio profetico del giu­ dizio nel libro di Amos e nella teologia della storia di scuola deuteronomistica - con il richiamo alla violazione del diritto, e quello di essere d'aiuto alla società contemporanea per un più concreto autoesame. -

24. L'inserzione del v. 24 è conseguenza dello scambio tra l'ul­ timo «guai» ( r o, r ss.) e la strofa finale del poema di 5 ,26 ss.33 Dopo che, tramite l'interpolazione del v. 1 3 e il collegamento del v. 2 5, in contrasto con l'elaborazione escatologica, i «guai» erano stati ricondotti al loro significato originario, qu�llo, cioè, di motivare il giudizio del 5 8 7, il redattore ritenne opportuno sottolinearne la validità permanente. La storia dei « guai» ri­ specchia quindi in piccolo non solo la storia della raccolta isa­ iana ma anche quella delle correnti spirituali e delle controver­ sie presenti a Gerusalemme nel giudaismo d'età persiana. s,S. I 1 . 1 8.20-.lJ+ IO, I -.1. Il «guai» ripetuto sette volte. I sette « guai» che costituiscono il nucleo centrale della composizione 5 , 8-24+ 1 o, r -4:� rispecchiano una classe dirigente che, con scia­ gurata leggerezza e arroganza incurante di Dio, unisce un'avi30. Cfr. Fey, Amos und]esaja, 57 ss.; su Am. 5 , 1 ss. H.W. Wolff, BK XIV,2 ad loc. 3 1 . La sequenza vedova-orfano ricorre solo in Ex. 22,2 1 ; Zach. 7, 1 0 e Mal. 3,5; l'or­ dine inverso è presente oltre che in /s. 1 , 1 7.23 anche in Deut. 1 0, 1 8; 1 4,29; 1 6, I 1 . 14; 24,1 9.20.2 1 ; 26, 1 2 . 1 3 ; 27, 1 9; ler. 7,6; 22,3; Ezech. 22,7; Ps. 68,6; 1 09,9 e 1 46,9. 32. Cfr. sotto, pp. 1 5 5 ss. 33· Cfr. sotto, p. 1 p .

/s. 5, 8-24

137

dità illimitata alla ricerca del piacere vivendo così alle spalle del­ la povera gente, di cui viola i diritti con sentenze corrotte pri­ vandola, in modo apparentemente legale, delle basi per vivere.

5,8. Il primo «guai» in 5 ,8 attacca innanzi tutto la prassi d'in­ grandire le proprietà immobiliari e fondiarie ricorrendo al po­ tere economico: si sfruttavano i piccoli contadini e gli artigia­ ni, ridotti allo stremo da malattie, cattivi raccolti, carestie o im­ poste eccessive, si concedevano loro prestiti, se tardavano nel ­ la restituzione se ne impegnavano i beni mobili, quindi si ac­ cettavano in pagamento i loro figli che in tal modo divenivano schiavi, e infine ci si impossessava della loro abitazione e del terreno, cfr. Nehem. 5 , 1 ss. come pure 2 Reg. 4, 1 ss. Tale modo di agire contravviene in primo luogo alla convinzione che è Jah­ vé il vero proprietario del paese ed è lui a concederlo in presti­ to ai suoi abitanti come affittuari, Lev. 2 5 ,2 3 ;34 secondariamen­ te infrange l'ideale, conservato fin dalle origini del popolo, che la terra debba rimanere di proprietà del clan sì che questo man­ tenga la propria forza economica e il fondamento vitale. Que­ ste due idee confluirono nella più tarda teoria secondo la qua­ le le tribù ricevettero la loro terra in sorte da Dio, cfr. Num. 26, 5 5 s.; 3 6,2 ss. e los. 1 4,2.3s Resta comunque da chiarire se nel periodo arcaico d'Israele la terra che apparteneva a una co­ munità, vale a dire a un'associazione di clan, fosse occasionai­ mente suddivisa a sorte tra i vari componenti, cfr. Ps. 1 6,6. 3 6 A ogni modo, la consuetudine giuridica di assegnare, in caso di eccessivo indebitamento o per qualsiasi altro motivo, il diritto di p relazione ai parenti di sesso maschile, i quali inizialmente 34· Cfr. oltre a K. Elliger, HAT 1,4, Tiihingen I 968, 3 54, anche F. Horst, Das Eigen­ tum naeh de m Alten Testament, in Gottes Recht (ThB I 2), Miinchen I 961 , 2 I 5 ss. Per il racconto di 1 Reg. 2 I , più volte citato in questo contesto, cfr. E. Wiirthwein, Naboth-Novelle und Elia- Wort: ZThK 75 ( 1 978) 375 ss. e in particolare 3 84 s. 3 5. Cfr. M. Wiist, Untersuchungen zu den siedlungsgeographischen Texten des Alten Testaments I (Ostjordanland, Beihefte zum Tiibinger Atlas des Vorderen Orients B

9), Wiesbaden I 975, 2 1 0 ss. 36. Cfr. A. Weiser, ATD 1 4/1 5 {tr. it. I Salmi, Brescia 1 984), ad loc.

138

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«guai»

erano i soli eredi legittimi, celava l'intento di assicurare sosten­ tamento ai clan, cfr. Ruth 4, 1 ss.; Ier. 3 2,6 ss. e Lev. 2 5 ,2 5 ss. 37 - È comprensibile che la realtà contrastasse con l'ideale, che dif­ ferenti capacità unite a destini diversi annullassero l'eventuale parità di possesso, e che tale processo fosse favorito da una mo­ narchia basata su una sorta di feudalesimo e successivamente dagli interessi dell'amministrazione provinciale. 38 In età post­ esilica, l'estensione del diritto ereditario alle figlie creò nuovi problemi, cfr. Num. 27,8 ss. con Num. 3 6. La legislazione reli­ giosa tentò di ovviare alla decimazione delle famiglie contadi­ ne libere mediante un condono dei debiti che ricorresse ogni sette anni, Deut. 1 5 , 1 ss., oppure mediante un giubileo procla­ mato ogni cinquant'anni nel quale ogni proprietà indebitata o venduta doveva tornare al proprietario originario, Lev. 2 5 , 1 3 ss. Tale tentativo non ha tuttavia lasciato tracce i n età vetero­ testamentaria,39 e può dunque essere considerato utopistico. 40 Ciò che nella prassi economica è ritenuto sviluppo inevitabile e conseguenza necessaria della disparità umana, secondo que­ sto «guai» non sfuggirà di mano al Dio che ama la giustizia. In questo senso la giustizia va intesa come il diritto e la possibili­ tà di vivere che spettano anche al membro più debole della comunità. Il primo «guai» intende tutelarne l'autonomia riget­ tando una concentrazione di potere economico in illimitata espansione, ancorché perseguita in nome di associazioni e fe­ deralismi privati, politici o statali. Questo «guai», infatti, rico­ nosce la radice dell'antica rovina nei disagi sociali del passato, 3 7· Cfr. K. Elliger, HAT 1,4, 3 54 ss. 3 8 . Cfr. A. Alt, Der Anteil des Konigstum an der sozialen Entwicklung in den Rei­ ch en Israel und ]uda (Kl. Schriften 111}, 348 ss. e H . Donner, Die soziale Botschaft der Propheten im Lichte der Gesellschaftsordnung in Israel: OrAnt 2 ( 1 963) 229 ss. 3 9· Nehem. 1 0,29 mostra tutt'al più che nel IV secolo si era cercato di far valere queste disposizioni. Per il materiale cfr. S. Mowinckel, Studien zum Buche Ezra-Nehemia III (SNVAO 11,2}, Osio 1 965, 142 ss. e in particolare 1 5 2 ss. - Per l'attuazione della norma che prevede la liberazione dello schiavo israelita dopo sette anni, cfr. Ex. 2 1 ,2 ss. con Deut. 1 5 , 1 2 ss . e Lev. 2 5 ,39 ss.44 ss., v. anche ler. 34,8 ss. e Nehem. 5 , 1 ss. 40. Cfr. R. de Vaux, Le istituzioni dell'A . T. , Casale Monf. 1964, 1 82 ss. e 195·

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e scorge le cause di u n nuovo crollo nel loro permanere nel­ l'età attuale. Le parole che interpretano il passato alla luce del­ la fede sono al tempo stesso profondamente legate al presente.

Il secondo « guai». Il v. 1 r riguarda gli ubriaconi che pas­ sano l'intera giornata a bere. Da un punto di vista di storia della tradizione, questo passo si ispira al pensiero sapienziale, cfr. Prov. 2 J , J 0.41 Negli ambienti dei saggi si sapeva come dipin­ gere a tinte fosche i pericoli dell'alcolismo e del consumo esa­ gerato di vino: l'alcool ottunde i sensi, rende spregevole colui che gli è dedito invischiandolo in guai e litigi, Prov. 2 3 ,29 ss., cfr. anche /s. 28,7, distruggendone il benessere, Prov. 23 ,20 s., e impedendogli di recuperarlo, Prov. 2 1 , 1 7 . Se il superiore in­ dulge al bere sin dalle prime ore del mattino, ciò si riflette ne­ gativamente sui suoi sottoposti, Ecci. r o, 1 6b. - Scisso dall'ese­ gesi successiva che si trova al v. 1 2, questo secondo « guai» è per il momento a se stante: tutti quelli che si permettono que­ sto stile di vita e il cui interesse si concentra sulla soddisfazio­ ne delle proprie brame sono votati alla morte. In passato si so­ no resi corresponsabili della caduta del regno di Giuda, e an­ che nel presente non resteranno impuniti, in quanto non si fan­ no carico della responsabilità di ciascun individuo nei confron­ ti della collettività. In tal modo, essi non si comportano certo meglio dei profeti e dei sacerdoti descritti in 28,7 ss., se mai la predicazione penitenziale riesce più a sfiorarli. Sullo sfondo del primo « guai», il secondo induce a domandarsi a spese di chi sia condotta una tale vita di lusso e di dissolutezza, cfr. anche Am. 6,6 e 2,8; 4, 1 . 5, 1 1 .

5, 1 8. Il terzo «guai)). Al v. r 8 il terzo « guai» riguarda coloro

che con la loro condotta si attirano inevitabilmente la puni­ zione di Jahvé, così come il carro segue le funi con cui è assi4 1 . Cfr. J. Fichtner, ]esaja unter den Weisen (195 r), in Gottes Weisheit (AzTh II,J ), Stuttgart 1 965, 2 1 ss. e Whedbee, lsaiah and Wisdom, 93 ss. e specialmente 98 ss.

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curato al bue da tiro;P Il «guai» colpisce quanti apertamente e sventatamente vanno contro la volontà di Dio. In relazione al­ le due he precedono e a quelle che seguono, bisognerà pensa­ re sia a li speculatori fondiari che rilevano le terre dei contadi­ ni, sia ag ubriaconi cui non importa la sorte del loro popolo, e infine anche ai giudici corrotti, cfr. 3,9.

� ·

5,20 e 23. Il quarto «guai». Il «guai» dei vv . 20 e 23 43 è rivolto, come il primo, contro l'avidità priva di scrupoli. La sua am­ piezza mostra già quanto stesse a cuore all'autore la corruzio­ ne dei giudici qui stigmatizzata. Non è possibile, del resto, non dargli ragione, trattandosi di un cancro che affligge ogni stato. L'istituzione statale deve avere come suo fondamento la tutela della giustizia. - Invece di compiere il loro dovere, che consiste nel ricercare la verità ascoltando ed emettendo ver­ detti, individuando il colpevole e assolvendo l'innocente, i giu­ dici corrotti e parziali distorcono la verità secondo il loro in­ teresse, cfr. v. 20 con Am. 5 ,7 e 6, 1 2. Il giudice che si lasci vin­ colare da un regalo nella sua libertà di emissione del verdetto, o che tenga conto di un suo qualsiasi interesse personale, di­ viene egli stesso una delle due parti in causa, cfr. 1 ,23 . - Anche sullo sfondo di questo «guai» vi sono considerazioni e valu­ tazioni di tipo sapienziale: per i saggi era scontato che 1 ahvé disprezzasse colui che assolveva il colpevole e condannava l'in­ nocente, Prov. 1 7, 1 5 · L'accettare bustarelle e regali era dunque segno di empietà, Prov. 1 7,23 . Se era poi un governante ad a­ dottare questa prassi contraria al suo mandato, era colpito dal­ le maledizioni e dalle imprecazioni del popolo, Prov. 24,24. Al­ la base del quarto «guai» vi è quindi la convinzione di fondo che 1 ahvé punisca chi abusa a proprio vantaggio del suo inca­ rico o della sua mansione a danno di chi è debole e indifeso. Nulla scuote più a fondo la fiducia nello stato e nella società 42. Per l'applicazione del giogo cfr. i riferimenti offerti sotto, p. 275 n.

43 ·

Per il legame che unisce i due versetti cfr. sopra, p.

1 32 .

3 7·

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dell'evidente violazione del diritto e la conseguente sospensio­ ne della certezza nella giustizia.44 Perciò chi desidera la caduta di entrambi - stato e società - cerca di diffondere la sensazione che siano dominati da interessi di classe e non dall'idea del di­ ritto che assegna a ciascuno la sua parte. Respingere quest' ac­ cusa è l'alto compito di ogni giudice e di ogni politico. Il pri­ mo con i suoi verdetti è chiamato ad accrescere il senso di fi­ ducia nella giustizia; il secondo a promuovere la continua ela­ borazione di leggi che consentano di realizzare, in condizioni sempre nuove, il principio secondo il quale a ciascuno va attri­ buito quanto gli spetta per il suo contributo a favore della col­ lettività. - Dove noi, in tempi di secolarizzazione, diagnosti­ chiamo lo svuotamento del senso di appartenenza e il disfaci­ mento di stato e società a causa di una sempre minore coscien­ za giuridica e quindi di una fiducia nella giustizia anch'essa in calo, l'Antico Testamento scorge all'opera Dio stesso, essendo convinto che colui che si arricchisce ingiustamente è destinato a fallire così come la società che tollera l'ingiustizia. - Resta co­ sì definito che noi, esseri destinati a vivere in collettività e da questa condizionati, possiamo essere veramente salvi solo in una collettività destinata alla salvezza. Ne consegue che dob­ biamo lottare per avere un mondo teso alla salvezza. Affinché non venga meno la spinta a una tale lotta è necessaria, pur in un mondo che rifiuta la salvezza, una fede escatologica consa­ pevole di non poter rivendicare per sé nessun bene da Dio, ep­ pure in grado di continuare a confidare in lui, restando così nel novero di coloro che credono nella sua signoria e sperano nel suo regno futuro.

5,2 1. Il quinto «guai». Il quinto « guai» al v. 2 1 tradisce l'ori­ gine sapienziale già nelle sue semplici parole. Reputarsi sapien­ ti è segno di stoltezza, cfr. Prov. 26, 1 2. r 6; 28, r r , per chi sa che temere Jahvé è l'inizio della sapienza, Prov. 3 ,7; 1 ,7.4s Il super44. Su questo tema cfr. anche G. Radbruch, Rechtsphilosophie, ed. Erik Wolf, Stuttgart 6 1 963, 1 68 ss. e 196 ss. 4 5 · Cfr. Whedbee, 1 05 ss.

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bo è quindi destinato alla rovina, Prov. r 6, 1 8, ed è proprio que­ sto il senso del «guai» in esame. Letto in relazione agli altri sei, questo esorta quanti cercano il proprio interesse a chieder­ si se non {p ossano trovarlo proprio sottomettendosi alla vo­ lontà e ali � sapienza di Dio, e quindi, consci del suo giudizio, tenendo conto dei diritti e del benessere di tutti e prendendosi cura dei più deboli.

Il sesto «guai». Il sesto «guai» al v. 22 ha per oggetto gli uomini che si vantano della loro resistenza al bere e dell'abili­ tà nel preparare bevande alcoliche. - Chi è eroe soltanto quan­ do beve, anziché coraggio dimostra unicamente una deplorevo­ le mancanza d'intelligenza e dominio di sé. E chi si vanta solo perché sa preparare bevande inebrianti con miele ed estratto di birra concentrato,46 senza curarsi del benessere e della salute del proprio popolo, è un esempio lampante dello stolto che si reputa saggio, attirandosi inevitabilmente il male che incombe su di lui. 5,22.

IO, I -.1. Il settimo «guai». Il settimo «guai» in I O, I -2 riprende in conclusione il tema della violazione del diritto. N o n è chia­ ro se essa per sentenze oppressive intenda un mutamento del di­ ritto vigente nel senso di uno sblocco del commercio d'immo­ bili e terreni che non tenga conto degli interessi della collettivi­ tà cianica, oppure se si riferisca a singole sentenze redatte per iscritto che calpestano il diritto di vedove e orfani, bisognosi di un'assistenza legale esterna, cfr. 1 ,7 e 1 ,23 .47 Non è poi escluso che l'autore del «guai», a cui il pensiero sapienziale è evidente­ mente familiare, pensasse all'eccessiva pressione fiscale del suo tempo, per far fronte alla quale vedove e orfani si vedevano co­ stretti a vendere l'eredità, cfr. Nehem. 5 ,4. - Si può optare a fa­ vore dell'una o dell'altra ipotesi, ma in ogni caso alla base di questi «guai» vi è la convinzione che la divinità assiste giuridi46. Al riguardo cfr. E. Huber, RAL n, 25 ss.; K. Galling, BRL', 1 I I e D. Kellermann, BRL 1 , 48 s. 47· Al riguardo cfr. sotto, pp. 298 s.

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camente tutti coloro che non sanno difendere e imporre la pro­ pria causa, cfr. Prov. 22,22 s. e Ex. 23,6.4 8 Beato il popolo nel quale la fede nella giustizia divina che go­ verna il mondo ancora non è morta e nel quale i potenti sanno che sopra di loro vi è qualcuno più potente. Ma beato anche quel popolo nel quale i miseri non si lasciano accecare dall'in­ vidia, ma riconoscono i meriti e il successo altrui compren­ dendo che una tirannide dal basso si ripercuote sulla comunità in modo tanto dannoso quanto il dispotismo dall'alto. Il gover­ no della giustizia si manifesta nel fatto che tutti noi dobbiamo rispondere alle sue esigenze per non fallire, e perciò tutti noi siamo chiamati a non oltrepassare la misura e a mantenere il gtusto mezzo.

5,9-10. 1 2..14. 1 7. 1 9 e IO,J. L'esegesi escatologica posteriore. I n origine i sette « guai» riguardavano l a motivazione della cata­ strofe che si era abbattuta sul popolo. Il loro autore si era mes­ so nei panni di Isaia, conoscendo tuttavia già l'esito della sto­ ria. Si tratta quindi in definitiva di vaticinia ex eventu, profe­ zie basate sul già accaduto, le quali interpretano la rovina del popolo come castigo di Jahvé e al tempo stesso rispecchiano il presente. A tale funzione corrisponde la loro collocazione tra il cantico della vigna di 5, 1 ss. e il memoriale che ha inizio in 6, 1 . Va comunque detto che ancora nel quinto secolo esse erano interpretate in senso escatologico, ossia con lo sguardo rivolto a un'azione di giudizio definitiva di J ahvé che avrebbe deter­ minato in modo decisivo l'ulteriore corso della storia del po­ polo. Per come è menzionato, l'atteso castigo per le accuse dei «guai» - che dimostrano di essere comunque attuali - consi­ sterà in un capovolgimento della situazione presente. -

5,9- 10. La proprietà immobiliare e fondiaria era concentrata nelle mani di pochi ma non certo mantenuta vuota o improdut­ tiva e poteva essere in parte occupata da appartenenti al clan, 48. In proposito cfr. anche Whedbee, 1 07 ss.

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in parte data lucrosamente in affitto o coltivata da braccianti. T al e proprietà, nell'imminente giudizio finale su Gerusalem­ me, cfr. v i e I 0,3, perderà di significato. Ciò che, in base a 6, I I , Isaia vette preventivare, e cioè un indurimento del popo­ lo fino a quando le città non fossero divenute deserte e i campi desolati, è evidentemente ancora in atto: persistendo l'indurì­ mento, l'annuncio del giudizio era dunque ancora valido. Il suo compimento, tuttavia, doveva ora passare oltre ciò che era ac­ caduto in occasione della conquista di Gerusalemme da parte dei babilonesi. Questa volta i nuovi superbi edifici dovevano davvero restare vuoti e abbandonati e offrire l'immagine spet­ trale di una città morta, cfr. anche Deut. 28,30. Facendo poi se­ guire il v. I O come motivazione, come avviene nelle traduzioni antiche, l'assenza di esseri umani risulta essere conseguenza di una carestia di dimensioni immani, cfr. Ioel I , I o ss. e Deut. 28, 2 3 s. come pure 24,6 ss. Probabilmente, tuttavia, le cose sono state aggiustate in modo tale da far seguire alla conquista, illu­ strata in 3,2 5 ss. e I o,3 , la grande carestia che dà il colpo di gra­ zia ai sopravvissuti rimasti nella città e nella campagna. L'au­ tore protoapocalittico si immaginava la diminuzione di produt­ tività del terreno agricolo secondo lo schema della decimazio­ ne presente anche in 6, 1 3a e in modo ancora più evidente in A m. 5 ,3 . La carestia avrà effetti assolutamente distruttivi: uno iugero di vigna, la superficie, cioè, che una coppia di buoi è in grado di arare in una giornata e che stando alle indicazioni tal­ mudiche può essere valutato in circa 2000 mq, produce solo un bat, ossia 3 2 litri di vino, mentre u n carico d'asino di sementi, ossia 2 I 8 litri, produce solo un'efa, ossia 2 1 ,8 litri di grano.49 Di cosa vivranno, dunque, uomini e animali se il raccolto arri­ va a un decimo del seme gettato, anziché moltiplicarlo dalle trenta alle cento volte, Mc. 4,8 ? L'ineluttabilità, o per meglio dire la sciagura di quest'attesa è fissata dall'autore protoapoca­ littico in una rivelazione che gli si è manifestata come giura­ mento di Dio, cfr. anche 22, 14. Poiché tale giuramento impli-



49· Su pesi e misure, in parte problematici, cfr. Gotz Schmitt, BRL\

204 ss.

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ca una maledizione da parte dello stesso onnipotente Jahvé Sa­ baot so che domina il cielo e la terra, e conseguentemente l'ab­ bandono della creazione al caos, la profezia non potrebbe es­ sere garantita con maggior forza. Che l'idea sia stata ripresa da 5 ,6b è già stato detto sopra. Si crea evidentemente una diffe­ renza sostanziale tra la derivazione di un concetto e la certez­ za che lo sostiene, non appena si abbandona il piano del conte­ nuto e l'ambito di ciò che si coglie guardando da distanza, per attingere il piano delle relazioni personali. Di questo fanno parte anche il rapporto con Dio e quello di Dio con il mondo in risposta a come esso è percepito dall'uomo. Questa certezza comporta inevitabilmente il rischio di una valutazione errata, perché per il vivente non vi è una determinazione definitiva ma solo la promessa di mantenere la parola data ad altri e la pro­ pria. Un uomo può quindi giurare sul proprio comportamen­ to futuro solo se è disposto a limitare la sua libertà ed eventual­ mente ad agire contro le proprie idee e convinzioni. - La pre­ sunzione di chi ritiene di aver ascoltato il giuramento di Dio si evidenzia nell'indifferenza della storia rispetto al suo contenu­ to se ci si attiene all'attesa concreta in esso espressa. Si può con­ fidare nella presenza di Dio che non ha mai fine e sapere che egli vota al fallimento la sfiducia nei suoi confronti con l'in­ successo della collettività umana e con la lotta per avere le basi naturali per vivere. Dal momento che è Dio stesso a rendere possibile la vita in un mondo salutare, anche la natura gli resta ovviamente sottomessa nella sua ambiguità che sarà superata solo con la fede escatologica nella salvezza. 5,1 2.. Quanti si dedicano esclusivamente al piacere sono incate­

nati con tutte le loro aspirazioni a ciò che è vano, come ha già rimproverato il redattore al v. I 2 forse senza conoscere ancora Am. 6, 5 s., cfr. anche /s. 22, 1 2 ss. Allora con il suo scarno elen­ co sarebbe certo in ritardo rispetto al modello: nei banchetti di so.

Per questo appellativo divino cfr. sotto, p. 1 70, a 6,3.



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allora no otevano mancare la lira e l'arpa (o liuto ?), � � i tim­ pani e i fl ti 52 che con le loro melodie - piuttosto monotone .a giudica dalla musica orientale conservata fino a oggi - e i ritmi violenti catturavano sensualmente la persona sino a farle !dimenticare la vita quotidiana. N el mondo dei sogni non vi è p osto per la gravità del quotidiano e per l'invito divino che es­ so racchiude a dare un senso pieno alla vita. All'uomo che vi è imprigionato resta quindi celata l'azione di Dio nella storia, la quale gli risulta composta esclusivamente di una serie di momenti quotidiani. H Ma chi non bada alla sua azione celata è em­ 'Pio, colpevole e votato al giudizio, Ps. 28, 5 ; 64, 1 0. - La conse­ guenza di questo oblio di sé e di Dio è l'inevitabile morte. L'autore protoapocalittico si fa poeta là dove descrive gli in­ feri 54 simili a un'immensa bestia che spalanca tanto le fauci da non paterne più distinguere le estremità, al fine d'inghiottire, quando «scendono» s s a lei, tutto lo sfarzo e la folla che riem­ piono Gerusalemme con il chiasso e lo strepito spensierato. Tal e immagine ha in ogni caso radici nella mitologia cananea. Nel poema epico di Baal proveniente da Ras Shamra - Ugarit è detto che il dio Mot, la cui figura singolarmente si identifica ora con il signore degli inferi ora con gli inferi stessi, s 6 con un -

5 I. Cfr. F. Ellermeier, Beitri:ige zur Fruhgeschichte altorientalischer Saiteninstrumen­ te, in Archaologie und Altes Testament. Fs. Kurt Galling, Tiibingen I 970, 75 ss. 5 2 . Cfr. H.P. Riiger, BRL\ 234 ss. 5 3 · Per l'agire di Jahvé cfr. Ps. 28,5 ; 64, Io; Ps. 95,9; Abac. 3,2; Ps. 44,2; 77, I 3; 1 I I,J e in particolare Abac. 1 , 5 ; per l'opera delle sue mani cfr. Ps. 28,5; 64, 10; I I 1 ,7; I I 8, 1 7; 1 07,22; fs. 28,2 1 ; Io,u; 29,23; 6o,2 1 e ler. 5 I , Io, si veda anche G. v. Rad, Das Werk ]ahwes, in Studia biblica et semitica Th. Ch. Vriezen ... dedicata, Wageningen 1 966, 290 ss. = Gesammelte Studien zum AT II (ThB 48), Miinchen I973 , 236 ss. 54· Per la derivazione di questo termine cfr. anche N.J. Tromp, Primitive Concep­ tions of Death an d the Nether Wor/d in the O/d Testament: BibOr 2 I ( I 969) 2 I ss. e L.I.J. Stadelmann, The Hebrew Conception of the World (AnBib 39), Roma 1970, 1 6 5 ss. - Per le concezioni collegate agli inferi cfr. anche O. Kaiser in O. Kaiser e E. Lohse, Tod und Leben, Biblische Konfrontationen, Stuttgart 1 977, 25 ss. 5 5 . Per jarad, «scendere giù», come espressione del trapasso nel regno dei morti, cfr. /oh 7,9; Ezech. J 1 , 1 5 ; Ps. 22,30; 28, 1 ; 8 8,5; fs. 3 8 , I 8 ; Ezech. 26,2o; 3 1 , 1 4 ss.; 3 2, 1 8 ss. e Ps. I I 5, 1 7. s 6. Cfr. CTA 4 (Gordon 67) VIII, I ss. con CTA 5 (Gordon p) II, I ss. - Sulla quali-

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labbro arriva a toccare la terra, con l'altro il cielo fino alle stel­ le, CTA 5 (Gordon 67) II, I ss. - Ciò che è certo per ogni uo­ mo, che andrà cioè a ingrossare le fila del possente esercito dei morti in continuo aumento, sarà il destino finale di Gerusalem­ me, cfr. vv . 9 s., e la città rimarrà deserta. 57 Certo, al presente l'autore protoapocalittico con la sua fosca previsione non tro­ va che derisione in coloro che a suo parere con la loro condot­ ta si sono resi responsabili della sorte della città, v. I 8; ed essi in­ vitano ironicamente il tanto invocato Santo d'Israele 58 a realiz­ zare finalmente l'opera che aveva preannunciata, cfr. v. I 2, e il progetto che a quanto si dice ha in mente. Gli scettici esigono una prova, che giunge tuttavia sempre come indesiderata di­ mostrazione della potenza di Dio nel · giudizio. - Alla base della concezione relativa al piano di J ahvé vi è l'esperienza che l'uomo, in definitiva, non ha potere sulla riuscita dei suoi pro­ getti, ma dipende sempre dal favore di una situazione imper­ scrutabile e in fondo imprevedibile. In questa negazione di se stesso da parte dell'uomo, circostanza che emerge da quanto detto e dal suo essere vincolato eticamente a sé e alla collettivi­ tà, la fede riconosce la potenza di Dio e il suo progetto, cfr. Prov. I 9,2 I , per quanto a volte questo gli possa apparire oscu­ ro, Ioh 3 8,2. 59 Solo donandosi con fiducia a Dio l'uomo può acquisire la certezza che le intenzioni di Dio nei suoi confron­ ti, in definitiva, sono buone, Ps. 73 ,24. Il rovescio della meda­ glia è che nel giudizio il dispotismo incurante di Dio si sgreto­ la perché va contro il suo progetto e la sua volontà rivelati nel­ la legge, Ps. 1 0 , 7 . I I; 1 o6, 1 3 · - L'autore protoapocalittico è quin­ di convinto che la rovina di quanti disprezzano Dio rientri nel fica del dio Mot come signore della maturazione dei cereali cfr. H . Gese, Die Reli­

gion Altsyriens (RM 10,2), Stuttgart 1 970, 1 36.

5 7· Cfr. l'enfatizzazione in I J ,l.O s. 5 8. Per questa definizione di Dio cfr. sopra, p. 38 commento a 1,4. 59· Per l'accentuazione del senso di enigmaticità che si prova davanti all'agire divino nel mondo cfr. O. Kaiser, Die Sinn(es)krise bei Kohelet, in Rechtfertigung, Realismus, Universalismus in biblischer Sicht. Fs. Adolf Koberle, Darmstadt 1978, 3 ss.

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piano di Jahvé, e che questi nel giudizio rivelerà di essere il santo, come ha affermato il redattore che più tardi ha preso la parola nel v. 1 6. - L'idea che al di là del giudizio vi sia un de­ stino-di salvezza, e che Jahvé utilizza quello per promuovere in­ fine questa, appartiene al livello successivo del pensiero esca­ tologico, cfr. 1 4 26; Mich. 4, 1 2; /s. 1 9, 1 7; 2 5 , 1 e 2 8,29. 60 Mette conto di notare il crescendo del v. 1 9 rispetto al v. 1 2: vi è dif­ ferenza tra il non badare a Dio quando si è preda dalla sen­ sualità e il negarlo beffardamente professando il principio che . tutto ciò che piace è anche lecito. Tuttavia tale differenza non ha effetti attenuanti o aggravanti: per l'autore protoapocalittico entrambi i gruppi sono egualmente votati alla morte. Rendersi debitori di fronte a Dio non è un fatto soggettivo ma oggetti­ vo. Chi non è con lui è comunque contro di lui. In 1 0,3 a quanti violano i diritti dei più deboli si chiede cosa faranno per sal­ varsi nel giorno della prova divina, quando i popoli verranno da lontano, cfr. 5 ,26; 1 3,4 s., simili a una tempesta, cfr. 2, 1 2 ss., per assalire Gerusalemme e portare a compimento il giudizio di J ahvé; tale domanda precisa ulteriormente il quadro dell'attesa dell'autore protoapocalittico. Essendo rivolta a chi sta leggen­ do o ascoltando, essa ricorda a tutti ciò che li attende. Non ci si appella alla possibilità della penitenza e della conversione. Il giudizio agli occhi di quest'uomo è come una sciagura inelut­ tabile che colpirà il popolo, la cui classe dirigente è prigioniera nella propria dimentica cecità nei confronti di Dio. ,

f,IJ.I 5. 16. Le interpretazioni storicizzanti posteriori. Sulle discussioni interne e fors'anche sui circoli che potevano con­ tribuire alla continuazione della stesura del libro d'Isaia nel giu­ daismo postesilico può gettare un improvviso raggio di luce la singolare tendenza a far risalire parole intese in senso escato­ logico o al tempo in cui viveva il profeta come nei capp. 7 e 8 o alla cad� ta di Gerusalemme nel 5 87, come si può osservare 6o. Cfr. J. Fichtner, ]ahwes Pian in der Botschaft des ]esaja: ZAW 63 ( 1 9 5 1 ) 16 ss. Gottes Weisheit (AzTh II, 3), Sruttgart 1 965, 27 ss.

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in 3 , 8 s. e nel passo in esame. Non si sa con certezza se in que­ sta pratica si debba vedere l'inizio di un'esegesi storicizzante dei profeti o l'intento di togliere efficacia a tali tremende mi­ nacce relegandole nel passato. 1 3 . Il v. 1 3 , che forse è stato piegato in tal senso solo in un se­

condo tempo, stabilisce dunque che la minaccia espressa ai vv. 1 4 e 1 7 si è già avverata nell'esilio degli abitanti di Gerusa­ lemme, e che la deportazione è avvenuta a motivo del popolo che non ha voluto riconoscere l'opera di J ahvé. In questo mo­ do il redattore si attiene strettamente alla teoria dell'indurimen­ to di 6,9 ss. Costretti in ginocchio dalla fame e dalla sete, cfr. 2 Reg. 2 5 ,3; Lam. 2, 1 1 s. 1 9 s.; 4, 5 .7 ss.; 5 , 1 0 e Lev. 26,27 ss., ari­ stocrazia e popolo andarono in esilio, cfr. anche A m. 6,7. 1 5+ 1 6. Un altro redattore ha certamente visto in questa sorte ri­

servata a Gerusalemme l'umiliazione dei superbi a opera di jah­ vé, come illustrato in 2,9 e in applicazione di 2, 1 r . 1 7, e al tem­ po stesso la rivelazione della sua maestà e potenza esclusive. Jahvé ha infatti rivelato di essere quel santo davanti al quale non può sussistere alcunché di profano, cfr. Lev. 1 9,2; /s. 6,3 . 5 , punendo i colpevoli secondo giustizia. 5,.2.4. L'esegesi attualizzante posteriore. A testimonianza di un vivo antagonismo nella storia della fede vi è che i redattori sto­ ricizzanti trovarono opposizione in un altra persona che, con­ siderando il proprio tempo e la volontà di Jahvé espressa nella legge e nel libro profetico, si convinse che, finché gli uomini se ne sentivano colpiti, i «guai» mantenevano la loro validità. Dal cantico di Mosè di Ex. 1 5 ,7 riprese il paragone per la rapidità dell'annientamento che li attende, sempre che non lo derivasse da considerazioni proprie.6 1 L'idea del castigo che si abbatte all'improvviso sugli empi è parte in quanto tale del patrimo61.

Cfr. /s.

47, 1 4; Nah. x , xo; Abd.

1 8; /oe/ 2,5 e Mal. 3,19, nonché la ripresa in /s.

JJ,I I .

Il popolo che

viene da lontano

nio sapieiiZìà-k, cfr. Prov. 6, 1 5 ; 29, 1 ; Iob 22, 1 o; Ps. 73 , 1 9 e 6, I I . Dal medesimo patrimonio lo scriba ha ripreso anche il se­ condo paragone, adducendo il primo per spiegare che la radice e la fioritura, ossia l'intera pianta, scompaiono interamente, cfr. Iob 1 8, 1 6. Lo scriba intende dire che all'improvviso e senza lasciare traccia spariranno anche gli empi che non hanno tenu­ to conto della parola del Santo d'Israele 61 rivelata nella legge e nella parola profetica, cfr. 1 ,4; 30,9 e soprattutto A m. 2 ,4. 63 5 ,2 5 -J O.

2. 5

2. 6

2.7

2.8

2.9

Il popolo che viene da lontano

Perciò è divampata la collera di J ahvé contro i l suo p opolo, cosicché egli h a teso la sua mano contro di lui e lo h a colpito, e i monti han n o tremato e dei l oro cadaveri è avvenuto come al sudiciume in mezzo alle strade. Con tutto ciò non si è calmata la sua ira, la sua mano è rimasta ancora tesa. Così dà un segnale ai popoli lontani 1 e fischia loro dall'estremità della terra! ­ Ed ecco, avanza rapido e in fretta: nessuno fra loro è stanco e inciampa, n o n si stanca e non si addormenta, 1 nessuno a cui si sciolga la cintura, e nessuno a cui si rompa il legaccio dei calzari ! Le sue frecce sono acuminate e tutti i suoi archi consumati. 3 Gli zoccoli dei suoi cavalli sono 'simili a ciottoli'4 e le sue ruote considerate s bufera! Il suo ruggito è simile al leone che 'ruggisce' 6 come i leoncelli

62. Per questo appellativo divino cfr. sopra, p. 3 8, a I ,4. 63 . Cfr. Vermeylen 1, I74 s. contro J. Jensen, The Use of tora by Isaiah (CBQM 3), Washington D.C. I 973, 95 ss. e per 24b anche Banh, ]esaja-Worte, I I 5 s. 1 . Leggi [rgoj mimmerpaq, cfr. ler. 5, 1 5 e v. a� . 2. Glossa redazionale isolata; cfr. Ps. 1 2 1 ,4. 3 · Cioè «tesi». 4· Leggi ka��or in luogo di ka��ar, «come il nemico»; Zaqep qaton va spostato a questo punto. 5 . Con Proksch il verbo va posto in fine versetto. 6. Leggi w'jii'ag e cfr. Bobzin § 9,5 .

/s. J,2J-JO

30

e brontola e afferra la preda mettendola al sicuro, - non vi è salvatore!. E brontola7 su di lui in quel giorno come il fragore del mare. E se gu arda verso la terra regnano tenebre oppressive; 8 l a luce si è infatti oscurata nelle sue9 nubi !

5,2. 5-30. In base a due caratteristiche esteriori si comprende che la pericope 5 ,26-29 è una continuazione del poema sulla mano tesa di J ahvé di 9,7 ss.: la prima è l'anticipazione del ritornello al v. 2 5 , cfr. 9, 1 I . I 6.2o; 1 0,4; la seconda è il numero delle righe corrispondente alla struttura delle strofe. ro A queste indica­ zioni fa riscontro la necessità effettiva che il poema a ritornel­ lo, ideato come sguardo retrospettivo sulla storia delle sventu­ re, si concludesse con una strofa su Jahvé che colpisce ancora il suo popolo in un modo che superi e concluda le prove sof­ ferte sino a quel momento. Poiché la strofa xo, I -4, che un tem­ po era l'ultima, è sostanzialmente un « guai», e dal momento che questa pericope è preceduta dalla serie dei « guai» che han­ no inizio con 5 8 si può concludere che è avvenuto in un se­ condo tempo lo scambio dell'ultimo «guai» con la strofa con­ clusiva del poema a ritornello. Tale scambio ebbe luogo dopo che i « guai» erano già stati ampliati a minaccia di perdizione escatologica e prima che fossero nuovamente attualizzati con l'inserzione di 5 ,24. 1 1 ,

,

.1 5. È controverso se il v. 2 5 dal canto suo racchiuda una strofa del poema o se, in concomitanza con lo spostamento, sia stato redatto per consentire il passaggio redazionale dai «guai» al­ l' annuncio del giudizio presente in 5,26 ss. Né sarà possibile risolvere in modo definitivo il problema a motivo del materia­ le complessivo del poema. È ammissibile tuttavia il sospetto 7· Il tempo del verbo si spiega con } ,imitazione redazionale. e la ripresa di wejinhom dal versetto precedente. 8. Spostando Zaqep qaton leggi �ar w e ,or. 9· Il suffisso si riferisce al precedente n ehama. 10. Cfr. sotto, pp. 289 s. r r. Cfr. sopra, p. 1 7.

I 52

Il popolo che viene da lontano



che il tto sia stato composto dal redattore: la formula se­ condo la quale la collera di 1 ahvé è divampata contro il suo po­ polo trova riscontro soprattutto nella storiografia deuterono­ mistica.11 1ahvé che tende la mano per colpire è forse un'espres­ sione semplicemente ripresa dal poema. Che i monti tremino è modo di dire usuale nelle descrizioni di teofanie, cfr. Ps. 1 8, 8 . 1 3 Non si fa tuttavia concreto riferimento a u n terremoto; 1 4 s i è piuttosto di fronte a una descrizione della potenza di 1 ahvé al­ l'atto di compiere il giudizio. Durante un terremoto le perso­ ne sarebbero rimaste sepolte sotto le macerie delle case. 1 5 Bi­ sognerà dunque pensare a quanti furono uccisi dai nemici pe­ netrati nelle città di Giuda e in Gerusalemme, e i cui cadave­ ri giacevano abbandonati nelle strade, cfr. Ier. 1 6,4; Ps. 1 8 43 ; Lam. 2,2 1 . Il redattore lascia intendere che i «guai » si sono avverati nella catastrofe del 5 8 7, ma ciò non ha placato la col­ lera di Jahvé. Essa si abbatterà invece su Gerusalemme e Giu­ da con un ultimo colpo, l'attacco dell'esercito dei popoli. ,

2.6. Se in origine al v.

26 si parlava di un unico popolo lontano, con un semplice passaggio dal singolare al plurale, il redattore è riuscito a compiere una differente esegesi: con il popolo l'e­ sponente della teologia della storia che aveva indossato il man­ tello del profeta Isaia intendeva i babilonesi; nei popoli ricono­ sciamo ora l'esercito del giudizio universale, cfr. Zach. 14,2; /oel 4, 1 ss. 30. L'aggiunta del v. 30, che ripetendo l'espressione «e bronto­ la» del v. 29 preannuncia la rovina, presenta, ovviamente in fiI 2. Cfr. Num. I I ,J J ; 2 Reg. 2J ,26; Ex. J2,I I; Num. 2 5 ,J; J2, I J ; Deut. 6, I s ; 7,4; I I , I 7; J I , I 7; los. 7, 1 ; 23, 1 6; Iud. 2, I 4.2o; 3,8; Io,7; Os. 8,5, come pure ad es. Marti a.d /oc. ; ma anche Barth, jesaja-Worte, I Io n. 39· 1 3 . Cfr. ancora ad es. Ps. 77, 19; Ex. r 8, r 8 ; Iud. 5,4; /s. I J, I J ; 63, 1 9 e /oe/ 4, I 6; si veda anche Jorg Jeremias, Theophanie (WMANT Io), Neukirchen 2 I 977, 7 ss. 14. Cfr. forse Am. 8,8 e /oe/ 2,Io s. I 5. Con Marti ad loc. ; cfr. anche Wildberger ad loc.

ls. J,2J -JO

1 53

ne, la prospettiva della salvezza per il popolo di Dio: l'attacco dei popoli contro Gerusalemme è realmente l'ultima prova che Jahvé impone al suo popolo. Al culmine del pericolo, quando tutto pare ormai perduto, cfr. v. 29b; 1 7, I 4; 29, 5 ss., Jahvé in­ terviene ad aiutare e soccorrere: se gli attaccanti mugghiavano come il mare, I 7, r 2, ora il fragore è su di loro ed essi saranno colpiti e annientati da Jahvé in un oscuramento cosmico, cfr. 8,22; Iob I 8,6 e Ioel 4, I 5 s. A questo punto si comprende il motivo che ha indotto il redattore a scambiare la collocazione dell'ultimo «guai» e della strofa finale del poema: così facendo ha dato una chiara conclusione ai primi cinque capitoli del li­ bro d'Isaia, portando all'apice e quindi completando il dram­ ma escatologico cui si continuava ad alludere fin da I ,24. 16 26-29. Nel contesto originario i

vv. 26-29 preannunciavano l'attacco di un popolo: secondo l'opinione tradizionale e uni­ taria si trattava del profeta Isaia che prediceva la calata degli assiri. A nostro parere si tratta invece di un teologo della sto­ ria del v secolo che, facendosi passare per il profeta, annuncia la distruzione che si abbatterà sul regno di Giuda a opera dei bab ilonesi. 17 In contrasto con i vari punti oscuri che altrimenti caratterizzano il poema, 1 8 l'ultima strofa spicca per chiarezza e pregnanza poetica: Jahvé ci è presentato come il Signore che comanda misteriosamente sui popoli. Egli farà esporre un se­ gnale di attacco, cfr. I 3,2/9 per il nemico che volutamente è indicato in modo enigmatico semplicemente come popolo lon­ tano, essendo l'autore ancora estraneo alla prescienza del pro­ feta, cfr. Ier. 5 , 1 5; Deut. 28,49; lo farà venire dall'estremità del­ la terra, Deut. 28,49,10 chiamandolo con un fischio, come fa l'apicoltore con le sue api in base a 7, 1 8. Il suo richiamo è ir­ resistibile, tanto che il nemico si metterà immediatamente in cammino a marce forzate 11 avvicinandosi alla meta con costan1 6. Cfr. Becker, Isaias, p. 1 7. Cfr. sopra, pp. 1 3 s. 1 8. Cfr. sotto, pp. 29 1 s. 19. Cfr. ATD r 8, 77 a r 8,3. 20. Cfr. sotto, p. 233 n. 1 2. 2 1 . Sull'espressione «in fretta e furia» cfr. anche Deut. 28,20 e /oe/ 4,4·

1 54

Il popolo che viene da lontano

za e compattezza tremende, incurante della perdita di uomini o materiali. Nessuno dei suoi soldati è stanco/1 nessuno crol--ta:-t· 3 3 s.; inoltre A m. 9, 1 . 56 In tal modo ottiene l'effetto che secondo la tradizione provo­ cava l'apparizione di Jahvé stesso.57 Con la ripresa di questo motivo l'autore mette in risalto la distanza infinita che separa l'uomo non solo da Dio ma anche dagli esseri celesti, i quali a loro volta non sono in grado di guardare in faccia J ahvé. Contemporaneamente, il locale del tempio si riempie di fumo; Dio è in tal modo celato agli occhi umani affinché il profeta non perisca ma sia posto nella condizione di assistere a ciò che sta accadendo. I due tratti presi a prestito dalla tradizione ·rela­ tiva alla teofania, l'apparizione di Jahvé, non sono quindi ripreSS·

E. Brunner, Vernunft und Offenbarung, Ziirich 1 1 96 1 , 59· s 6. Per gli aspetti architettonici cfr. Busink, Tempel I, 1 86 ss. con le ili. 57 e s 8; pp. 204 ss., inoltre cfr. sopra, p. 1 68 n. 3 8; K. Galling e H. Rosei, BRL\ 348 s. con ili. 8 8. 5 7· Cfr. Ex. 1 9, 1 8; Iud. 5,4; Ps. 68,9; cfr. anche Ps. 1 8,8; 77, 1 9 e 1 04,) 2.

/s. 6, 1-13

1 73

si per se stessi, ai fini di una raffigurazione il più possibile effi­ cace; sono anzi strettamente subordinati all'intento teologico di chi racconta. 5 8

6, 5-7. La purificazione. Invece di presentarci il profeta sopraf­ fatto dalla visione e prostrato in adorazione giubilante, l'auto­ re lo fa prorompere in un terrorizzato « ahimè» che tradisce la paura di fronte a una sventura che si sta ineluttabilmente av­ vicinando. 59 Essendo uomo dalle labbra i mpure e appartenen­ te a un popolo dalle labbra impure, al profeta non è concesso unirsi al canto di lode celeste. 6° Ciò che è impuro, in quanto tale non deve avere alcun contatto con ciò che è santo; un uo­ mo impuro e un popolo impuro sono un abominio per Jahvé, Lev. 1 I ,4 3 s. Il concetto d'impurità implica in primo luogo la contaminazione per contatto; ma in età posteriore include an­ che l'ambito etico-religioso, cfr. Ezech. 22,4; Iob I 4,4; 4, 1 7; 2 5 ,4; Ag. 2, r o ss. e /s. I , I 5 s. Le labbra impure designano l'im­ purità della persona intera, di cui esprimono condizione e di­ sposizione d'animo, Mt. I 5 , I 8 ss. Di fronte al Dio santo, che un'infinita distanza separa dagli angeli e dalle creature mortali, un uomo o un popolo si presentano nella loro impurità: è dun­ que chiaro che pagheranno con la morte. In questa consapevo5 8 . Cfr. Gen. I 5 , 1 7; Ex. 19, 1 8; 20, 1 8 e inoltre sopra, p. 168 n. 3 3 · Il fumo ha qui la me­ desima funzione che ha altrove la nuvola, cfr. Ex. I J ,2 I ; I 6, I o ; 1 9, 1 6; 24, 1 5 s.; 40,34; Num. 9, 1 5 ss.; I Reg. 8, 10 s. 1 2; Ezech. 1 ,4; 10,3 s.; Nah. I,J; Ps. 97,2 e fs. 4, 5 . È con­ troverso se questo fumo derivi da un'originaria teofania vulcanica o cultuale. Per la prima eventualità cfr. J. Jeremias, Theophanie (WMANT I o), Neukirchen 1 1 977, 207 ss., per la seconda W. Beyerlin, Herkunft und Geschichte der iiltesten Sinaitraditio­ nen, Tiibingen 1 96 1 , 1 77 s. La nuvola va evidentemente connessa con il carro di nu­ vole e il palazzo di nuvole del dio cananeo del temporale, di cui J ahvé ha rilevato le funzioni, cfr. Ps. 48,3. Cfr. R. Hillmann, Wasser und Berg. Kosmische Verbindungs­ linien zwischen dem kanaaniiischen Wettergott und jahwe, Diss. Halle 1 965, 1 27 ss. 1 7 1 ss. e 1 75 ss. 59· Cfr. con G. Wa n ke , hoj und 'oj: ZAW 78 ( 1 966) 2 1 6 s. Num. 24,23; I Sam. 4,7 s.; /s. 24, 1 6; ler. 4, 1 J .3 1 e 6,4. 6o. Il termine tradotto con «devo tacere» si può anche rendere con «sono perduto» o espressioni analoghe. Cfr. E. Jenni, ThZ 1 5 ( 1 9 5 9) 322, ma anche HAL 2 1 6b s.v. dmh I I I e ad es. R. Knierim, The Vocation of lsaiah: VT 1 8 ( 1 968) 5 6.

La vocazione d'Isaia

1 74

lezza del profeta è già fissato che il suo mandato avrà lo scopo di eseguire il verdetto di colpevolezza emesso da Jahvé nei con­ fronti del suo popolo.61 La contemplazione dell'onnipotente re celeste61 non deve indurre la creatura peccatrice a provare un gioioso senso di sicurezza, ma provoca al contrario la sensazio­ ne colpevole di essere votata alla morte, cfr. /oh 42, 5 s. - Dio è tuttavia libero di rendere suo strumento chi è effimero e colpe­ vole. La purificazione si ottiene in realtà con l'esperienza della maestosa superiorità e della purezza del santo e grazie all'am­ missione della propria fallibilità.6J L'autore la immagina inve­ ce come un atto compiuto da uno dei serafini, e questo in con­ sonanza con la propria concezione rituale e cultuale del rap­ porto tra Dio e il mondo. È appena il caso di osservare che il serafino non agisce di propria iniziativa ma su incarico supe­ riore. Con una molla afferra un carbone ardente dall'altare dei profumi nella sala del tempio, altare su cui il sommosacerdote del secondo tempio bruciava ogni mattino e ogni sera l'offerta dell'incenso, Ex. 30, 1 ss.7 s., cfr. anche Lev. 1 6, 1 2 s./4 allo sco­ po di acquietare J ahvé, placarlo e renderlo di umore benevolo. 65 Il carbone, che arde come fuoco, possiede un'energia purifica­ trice, Num. 3 1 ,22 s.66 L'azione stessa è spiegata dalle parole di remissione del serafino: toccando le labbra con il tizzone è tol-

6 r . Cfr., contra, l'esegesi di R. Knierim, VT 1 8 ( 1 96 8J"�l1 �s.: siamo dell'avviso che il carattere di giudizio risieda non nella teofania in quanto tale, ma nella condizione di colui al quale essa è diretta, e in quella del popolo al quale questi è inviato. 62. Cfr. ad es. Ps. 24,7; 29, 10; 47,3 ·7·9; per la doppia radice storico-religiosa della re­ galità di Jahvé, radicata nella regalità del dio creatore El e in quella del dio della tem­ pesta Baal, cfr. W.H. Schmidt, Konigtum Gottes in Ugarit und Israel (BZAW So), Berli n I 966, 66 ss. So ss. e Idem, Alttestamentlicher Glaube in seiner Umwelt, Neukirchen 3 1 979, 142 ss. 63. Cfr. Platino 6,9(9),27 s. 64. La tesi esposta d a j. Wellhausen, Prolegomena zur Geschichte lsraels, Berlin-Leip­ zig 6 1 927, 64 s., secondo cui nel tempio preesilico non vi era alcun altare dei profumi nel hékal, l'atrio del tempio, è stata riproposta da Busink, Tempel 1, 2 8 8 s. Diverso è il parere di V. Fritz, Tempel und Zelt (WMANT 47), Neukirchen 1 977, 5 3 s. - Per la particolare offerta d'incenso nel tempio cfr. M . Haran, Temples and Temple-Seruiccs in Ancient lsrael, Oxford 1 978, 24 1 ss. 65. Cfr. Fritz, 54· 66. Per i riti di purificazione cfr. anche W. Roberton-Smith, Die Religion der Semi­ ten, Tiibingen I 899 Darmstadt 1967, 3 26 ss. 2

=

fs. 6, 1-IJ

1 75

ta la colpa ('awon) e coperto il peccato (ha��a't). Linguaggio e concetti appartengono all'ambito cultuale: con la sua straordi­ naria azione espiatrice, la creatura celeste compie ciò che il sa­ cerdote realizza in ogni sacrificio espiatorio e il sommosacer­ dote nel grande giorno dell'espiazione, per sé, per la propria famiglia e per Israele, cfr. Lev. 4,26.3 5 e Lev. I 6, 1 7.67 Tuttavia kipper, «coprire», non significa che in tal modo il peccato sarà celato agli occhi di Dio, ma che il colpevole sarà protetto dalle conseguenze, altrimenti inevitabili, delle proprie mancanze. 68 Tale procedimento separa Isaia dal proprio popolo colpevole, di modo che egli può osare prendere la parola nel consiglio ce­ leste per offrirsi a Dio come strumento nelle sue mani.

6,8- 1 1 . Il mandato. L'intervento spontaneo nel consiglio cele­ ste del profeta, che senza esitare si dichiara pronto ad assumer­ si l'incarico annunciato, suona come un superamento del tema del rifiuto, tipico dei racconti vocazionali.69 Isaia risulta quin­ di l'uomo che, istruito dall'apparizione divina sui reali rappor­ ti di potere in questo mondo, cfr. anche 8, I I , si è posto riso­ lutamente al fianco di Dio senza chiedersi quali conseguenze gliene deriveranno. D'altra parte la scena della purificazione lo mette al riparo dall'accusa d'impertinenza, in quanto non per­ segue altro scopo se non quello di eliminare il peccato che lo escluderebbe dalla relazione con Dio. Risulta dunque naturale che ora Isaia prenda la parola per rispondere alla domanda del suo Dio, apparentemente formulata in modo del tutto generi­ co ma che in realtà, considerando quanto precede, è rivolta spe67. Poiché niente dice che effettivamente vi fosse un simile rito in Israele, contraria­ mente a Wildberger ad loc. mi pare discutibile che si possa considerare presupposto un tale rito. Ciò non significa che io lo ritenga fisiologicamente impossibile. In tal senso basti fare un confronto con quanto riferito da E. Graf, Das Rechtswesen der heutigen Beduinen (Beitrage zur Sprach- und Kulturgeschichte des Orients 5 ), Wall­ dorf-Hessen s.d., 56 ss. sull'ordalia praticata leccando una spada rovente. 68. K. Elliger, HAT 1, 4, 7 1 . - Cfr. anche la tabella in R. Knierim, Die Hauptbegriffe der Sunde im Alten Testament, Giitersloh 1 965 , 44 ss. 69. Cfr. sopra, pp. 1 64 s. con gli esempi riportati alla n. 1 8.

La vocazione d'Isaia

cificamente a lui. N el dialogo le parole del profeta si limitano ogni volta all 'essenziale, mantenendo così quella distanza che comunque sussiste tra Dio e uomo. Secondo l'autore, la loqua­ cità non si addice all'uomo quando dialoga con Dio, Mt. 6,7. Nel breve colloquio con Jahvé, l'autore fa conservare al profe­ ta la medesima riservatezza con cui ai vv. I e 8 evita di pronun­ ciare il nome di Dio sostituendolo con «il mio Signore». Ri­ guardo all'oggetto della duplice domanda di J ahvé 70 in Sa, si tratta di una trasformazione della formula tipica per la chiama­ ·ta e l'assegnazione di un mandato: «Va', io ti mando ! ». Una tale formula si ritrova in Ex. J , I o e, in forma mutata, in ler. r , 7 e Iud. 6, 1 4, cfr. anche /os. 1 , 1 6 e Ezech. 2,3 s.71 Che essa abbia radici in ambito terreno lo dimostra Gen. 3 7, 1 3 . La rispo­ sta d'Isaia che si dichiara disponibile, «eccomi ! », non chiarisce se il profeta si creda interpellato direttamente o indirettamen­ te, cfr. Gen. 27, 1 . 1 8 /1 È fondamentale che egli si dichiari pron­ to a espletare l'incarico di Dio. 9- 1 0. Con la formula «Va' e di'»,73 in 9a Jahvé assegna al pro­ feta l'incarico per «questo popolo». In tale definizione del po­ polo non si può non percepire un giudizio distaccato e sfavo­ revole in tutti i passi citati del libro d'Isaia.74 - L'assegnazione vera e propria dell'incarico ai vv. 9b e 1 0;-�e già sottolinea7o. È questione controversa se tradurre Linu con «per noi» o «di noi», e come inter­ pretare il plurale. Poiché non si parla della corte celeste in quanto tale, e sono men­ zionati esclusivamente i serafini, più che a un'allusione a questa è preferibile pensare a un cosiddetto plurale deliberationis, un plurale di considerazione; cfr. G-K 1 8 § 1 24g n. 3. Su questa base è possibile mettere in dubbio anche il diritto di parlare di parte­ cipazione del profeta al consiglio di Jahvé. 7 1 . Cfr. W.H. Schmidt, BK n, fase. 2, Neukirchen 1 977, 1 2 5 . 72. Cfr. Gen. 22, 1 . 1 1 ; J I , I I ; 46,2; Ex. 3,4, ma anche I Sam. 3,4 ss. 1 6. 73 · Cfr. Ex. 3 , 1 6; 7, 1 5 s.; 2 Sam. 7, 5 par. I Chron. 1 7,4, come pure 2 Sam. 1 8,.1 1 ; I Reg. 1 8,8. 1 1 . 14. 74· Cfr. 6, 1o; 8,6. 1 1 . u; 9, 1 5; .18,1 1 . 14 e 29, 1 3 s.; Mich. 2, u ; Ag. 2, 14; Zach. 8,6 e al ri­ guardo J. Boehmer, «Dieses Volk»: JBL 45 ( 1 926) 1 34 ss. Nel libro di Geremia questa espressione ricorre in misura sorprendente con una sfumatura per lo più, anche se non esclusivamente, negativa.

/s.

6, 1-IJ

1 77

to,75 non riguarda il contenuto dell'attività del profeta ma il suo effetto. E che si tratti dell'esito soprattutto dei suoi discor­ si è dimostrato dalla stilizzazione, che rammenta l'istruzione impartita a un messaggero. Benché ascolti attentamente, il po­ polo non capirà, e se guarda con attenzione non comprenderà. Se comprendesse e capisse rettamente, il suo cuore, ora insen­ sibile, guarirebbe nuovamente. Solo grazie al mandatario divi­ no e a uno sguardo a 8, I r ss. possiamo dedurre che il popolo è malato a motivo di uno scarso timor di Dio e di un inadeguato timore dell'uomo, con tutte le conseguenze pratiche che ne de­ rivano, cfr. anche I , 5 s. Quello che in Ier. 5 ,2 1 può essere age­ volmente spiegato nel contesto dell'invettiva, e in Deut. 29,3 nello sguardo retrospettivo alla storia del popolo, va qui com­ preso per deduzioni, esponendosi così al sospetto di basarsi sui passi citati/6 L'incomprensione, già presente a motivo di r ob, è destinata a rafforzarsi e non a scomparire con la comparsa del profeta. Il profeta non apre per Dio il cuore del popolo,77 non ne dischiude orecchie e occhi/ 8 ma lo deve ingrassare per­ ché, ancora più pigramente, tenga il suo vecchio ritmo 79 e lo de­ ve rendere inoltre sordo e cieco, cfr. Zach. 7, I 1 e 3 2,3 . I sensi e l'intelletto del popolo non percepiranno nell'azione e nelle pa­ role del profeta la chiamata di Dio, e il popolo stesso dovrà lan­ guire e infine morire - ecco l'inespressa conseguenza di r ob. Dio completa l'insensibilità di chi si ostina. E chi è insensi­ bile è trascinato più profondamente in tale condizione dalla chiamata alla conversione. Con questa verità l'autore introdu­ ce, interpretandolo, il destino del popolo, al quale fa sì che tramite il profeta Dio mostri l'abisso, allo scopo di salvaguar- · dare nel presente la potenza di Dio e la libertà del suo popolo. Occorre tener presente questa preoccupazione di tipo pastora75. Cfr. sopra, pp. 1 60 s. 76. Cfr. però F. Hesse, Das Verstockungsproblem im Alten Testament (BZAW 74), Berlin 1 9 5 5, 6o ss. 77· Cfr. Ps. 1 3 ,6; 28,7; J J,2 I e p , 1 2. 78. Cfr. Ps. 40,7; /s. 50t4 s.; Prov. 20, 1 2 e Ps. 1 1 9, 1 8. 79· Cfr. Hesse, 2 1 ss.

La vocazione d'Isaia

le so per non perdersi in lambiccamenti di fronte ai misteri di Dio. Di fronte a Dio, infatti, il pensiero stesso si frantuma e­ videnziando, se la voce della libertà dell'uomo si ribella, che non è innocua la frase secondo la quale la gloria di questo Dio riempie la terra. Nello spezzarsi e nel fallire pare esservi l'esal­ tazione della sua potenza, e le imprecazioni e le grida dei mo­ renti gli danno ulteriore testimonianza. Ma di fronte a questo passo biblico anche il teologo odierno deve guardarsi dal be­ stemmiare, e, anziché porre ulteriori domande, deve rinviare al­ la croce; questa infatti nell'annuncio pasquale è in grado di ri­ spondere al problema che avvenimenti tanto terribili pongono a chi grida invocando l'aiuto di Dio. 8 1 1 1 . Al v. 1 1 a la domanda del profeta, «fino a quando, Signore ?»,

che trova un corrispettivo nel genere del lamento, 82 si riferisce non tanto alla durata dell'azione divina, che accelererà l'insen­ sibilità, quanto a quella dell'insensibilità stessa. Si evidenzia in tal modo una volta di più che il narratore si spinge con lo sguar­ do oltre il tempo d'Isaia fino alla catastrofe del 5 8 7. 8 } Dal mo­ mento che il memoriale introdotto dal cap. 6 sfocia in una di­ chiarazione di speranza, cfr. 8 , 1 7, la risposta di Dio contempla un termine per l'insensibilità e quindi H implicita possibilità di un nuovo inizio della sua storia. 84 Entr�mbe queste prospetti­ ve sono da attendersi solo al di là di un �rollo completo in se­ guito al quale le città saranno deserte, 8 5 le case 86 prive di ahiSo. Cfr. sopra, p. 1 64. 8 r . Per la ripresa di questo passo nel Nuovo Testamento in Mt. I J , I 4 s.; Mc. 4, 1 2; Le. 8,10; lo. 1 2,40; Act. 2 8,26 s., nonché in Mc. 8, 1 8 ; Io. 9,39 e Rom. u,8 che ne ripren­ dono il senso, cfr. Hesse, 64 ss. 82. Cfr. Ps. 1 3 ,2; 74, 1o; 79,5 ; 8o, s; 89,47; 90, 1 3 e A bac. 1 ,2. 83. Kaiser • -4, supponendo che con questa domanda il profeta si fosse addossato la carica profetica d'intercessore, tentava di psicologizzare non avendo compreso il ca­ rattere letterario del racconto. 84. Come ha sottolineato Delitzsch ad loc. , questa interpretazione è richiesta da 'ad 'aser 'im, in cui 'im ha mantenuto il suo valore condizionale. Cfr. Gen. 2 8, 1 5 e Num. J 2, I 7· 8 5 . Cfr. ler. 4,7; 26,9; 34,22; 44,22; inoltre Deut. 28,2 1 .63 .

/s. 6, I-IJ

1 79

tanti, cfr. 5 ,9, la campagna devastata/7 cfr. 1 ,7; 7,23 ss.88 Il sen­ so di questa storia per la comunità cui è narrata è che, se confi­ da nel santo e onnipotente Jahvé Sabaot, può sperare nella svol­ ta salvifi.ca che egli opererà.

6,12- I J. Aggiunte. Chi ha inserito il v. 1 2 sentiva la mancanza al v. 1 1 di un'allusione precisa alla deportazione del popolo.89 Può darsi, benché non ci possa essere assoluta certezza, che si tratti della stessa mano cui si deve l'ulteriore aggiunta di 1 3 aba. Di fronte alla mancata conversione del giudaismo postesilico e sotto l'impressione dell'annuncio dell'imminente giudizio uni­ versale, il redattore ha ritenuto opportuno ricordare ai soprav­ vissuti che stavano andando incontro a un nuovo giudizio di­ vino che li avrebbe decimati.90 Questa decima parte, forse pro­ verbiale anche in ebraico, cfr. A m. 5 ,3 e 6,9/1 è paragonata a un ceppo che emette nuovi germogli o ai palloni appena spuntati di un grande albero abbattuto, segnatamente una quercia o un terebinto/2 Iob 1 4,7, che sono divorati e quindi definitivamen­ te distrutti dalle pecore e specialmente dalle capre, cfr. 5 , 5 .93 In base al v. 1 1 e a 8 , 1 7 si può comprendere come la prospet­ tiva del giudizio escatologico comportasse anche quella della successiva salvezza. Così un'ultima mano che contribuì alla re86. Cfr. fer. 3 2,43 ; 33, 10. 1 2. 87. Cfr. Lev. 26,3 3 ; fer. 4,27; 1 2, 10 s.; 32,.1-3; Ezech. 6, 14; 1 2,20 e 3 3,28 s.; inoltre Ier. 6,8; 9, 1 o; 34,22 e fs. 1 7,9, e infine 7, 1 6. 8 8 . Forse il narratore si immaginava il paese completamente disabitato sulla base di 2 Reg. 2 5 , 1 1 .26. - Per ]•enormità di distruzioni e devastazioni a opera dei babilonesi durante la conquista del paese nel 5 87 cfr. K.M. Kenyon, A rchaeology in the Holy Land, London 3 1 970, 2 1 9 ss. e Idem, Digging up Jerusalem, London I 974, 1 69 ss. 89. Per questo significato del termine ribaq cfr. ]•impiego del hi. in fer. 27, 1 0; Ezech. 1 1 , 1 6 e foe/ 4,6; si vedano anche gli esempi dell'uso del pi. in fs. 26, I 5 e 29, 1 3. 90. Cfr. 8,2 I s. 9 1 . Per ]•origine, posteriore ad Amos, di Am. 6,9 cfr. H.W. Wolff, BK XIV, 2 ad loc. 92. Questi alberi compaiono in sequenza inversa in Os. 4, 1 3 ; cfr. anche fs. 1,30 e 2, I J . 93· In proposito, e per le possibili identificazioni, cfr. J. Feliks in fsrael. Geography (lsrael Pocket Library), Jerusalem 1 973 , 1 39 s. - Per le discussioni suscitate dalle le­ zioni di I Qlsa cfr. i testi in HAL 5 87h s.v. ma��ebet, nonché Wildberger ad loc.

x 8o

L 'ora della fe de

dazione del capitolo al v. 1 3b� rovesciò il significato di 1 3btX: il ceppo che getta nuovi germogli non sarà divorato interamen­ te dagli animali, in quanto costituisce il seme santo del nuovo Israele e sostituisce il vecchio seme dei malfattori, annientati nel giudizio di Dio, I ,4. Essendo esso stesso santo, cfr. anche 4,3 , e santificando i l nome del Santo d'Israele, cfr. 29,2 3 , non peri­ rà e diverrà un albero nuovo. 7, 1 -9. L,ora della fede 1 E avvenne nei giorni di Ahaz, figlio di lotam figlio di Ozia, re di Giu­ da, Rezin, re d'Israele, salì verso Gerusalemme per muoverle guerra, ma non riuscì a prenderla;1 2 fu dunque annunziato alla casa di Davide: «A­ ram è schierato in Efraim! ».2 Allora tremò 3 il suo cuore e il cuore del suo popolo come gli alberi della foresta fremono3 per la tempesta. 3 Al. lora Jahvé disse a Isaia:4 «Esci incontro ad Ahaz, tu e tuo figlio Searia­ . sub, fino al termine del canale della Vasca Superiore, sulla strada del campo del gualchieraio, 4 e digli: Bada di restare tranquillo! Non teme­ re, e il tuo cuore non si avvilisca per questi due avanzi di tizzoni fu­ manti, 'per la vampa d'ira' 5 di Rezin e di Aram e del figlio di Rome­ lia. 5 Poiché Aram 6 trama il male contro di te, Efraim e il figlio di Ro1. Per i problemi riguardanti l'esegesi storicizzante cfr. sotto, pp. 1 82 s. e pp. 227 s.

�. La forma verbale na�a può essere intesa o come terza femm. sing. del cosiddetto perfetto di nua� con Aram come soggetto femm., come ad es. in 2 Sam. 8,5 s., oppu­ re come terza masch. sing. di na�a, «condurre», con Aram come soggetto masch., co­ me ad es. in 2 Sam. x o, 1 8 . Poiché il verbo na�a nell'Antico Testamento è attestato so­ lo unito a un oggetto, e poiché 'al che segue, a motivo dello 'el del v. 3 , non può esse. re considerato un suo sostituto, è preferibile la derivazione da nuap, «posarsi»; cfr. an­ che Gen. 8,4 e 2 Sam. 2 1 , 1 0. La traduzione tiene conto di un'espressione tecnica mili­ tare, altrimenti non frequentemente attestata. 3· Per le forme di nua' cfr. G-K lB § 72t e q. 4· La proposta sostenuta ad es. da Duhm e Donner, /srael unter den Volkern, 7, che in luogo di «Isaia» leggono 'elaj, «a me», poggia su un'errata comprensione del carattere letterario del racconto. 5 · Leggi con S mebori- 'ap; cfr. anche ler. 5 1 ,45· 6. È questione dibattuta se unire i vv. 5 s . al v . 4 i n funzione esplicativa, così a d es. M . Saebe, Formgeschichtliche Erwagungen zu ]es ?,J -9 : StTh 14 (1 96o) 5 6 ss., o al v . 7 come motivazione, secondo l'interpretazione consueta. - L'ebraico ja 'an ki, «poiché, perché», fondamentalmente può essere riferito a una frase antecedente, cfr. /s. 6 1 , 1 ; 65, 1 2 o 66,4, ma anch� a una proposizione successiva, cfr. /s 8,6; 3 , 1 6; 29, 1 3 ; 30, 1 2 e 3 7,29. I paralleli in /s. 1-3 9 e l'argomentazione di tipo storico-formale, per cui il det.

[s. 7, 1-9

181

melia: 6 Marciamo contro Giuda, intimoriamolo7 e conquistiamocelo, e insediamoci come re il figlio di Tabeel ! 8 7 Così dice il Signore J ahvé: Ciò non durerà e non continuerà a lungo/ to di minaccia del v. 7 dovrebbe essere preceduto da una motivazione, sono a favore della consueta unione tra i vv. 5 s. e il v. 7, in accordo con H.W. Wolff, Friede ohne Ende (BSt 3 5), Neukirchen 1 962, 2 1 ; R. Kilian, Die Verheissung Immanuels (SBS 3 5 ), Stuttgart 1 968, 23; Wildberger ad loc. e Huber, Volker, 1 4. 7· Derivando uneqi�enna dal verbo qu�, non altrimenti attestato, sorgono difficoltà sul significato da assegnare al verbo seguente in base a 2 Reg. 3,26. È quindi consigliabile spiegare con Wildberger la forma come hi. del verbo qu�, «disgustarsi, temere». Se si nutrono dei dubbi al riguardo, è preferibile tornare alla congettura proposta da Gese­ nius e, ad es., Duhm e Huher, Volker, 12 n. I 1, ossia ne�fqenna, «e incalzarlo». 8. La vocalizzazione masoretica Tabe'al è tendenziosa e mira a dare al nome la sfu­ matura di «buono a nulla». Per la pronuncia primitiva Tabe'el cfr. G, V, e non ultimo Esdr. 4,7. 9· In base alla tradizione attestata soprattutto da G, i] v. 7 è di norma inteso come fra­ se autonoma, riferita ai vv. 5 e 6 e tradotta con «Ciò non avvenga e non accada! » . I vv. Sa e 9a forniscono quindi la motivazione. A sostegno di questa esegesi si può rin­ viare al relativo impiego di qum in 8 , 1 o; 14,24; 46, 1 o; ler. 44,28 ; p ,29 e Prov. 1 9,2 1 . Questa soluzione presenta però una doppia difficoltà: in primo luogo alla motivazio­ ne dei vv. 5 e 6 non corrisponde un detto di minaccia, come ci si aspetterebbe a moti­ vo della forma del detto profetico; cfr. in tal senso O.H. Steck, Rettung und Verstok­ kung. Exegetische Bemerkungen zu ]esaja 7,3-9: EvTh 33 ( 1 973) 8 1 ; sorgono in se­ condo luogo difficoltà di ordine contenutistico. I vv. Sa e 9a, infatti, o hanno per te­ ma il mantenimento dello status quo politico dei due regni nemici alleati, cosa che si­ curamente non rientra nelle intenzioni del narratore, cui è noto lo sviluppo della si­ tuazione, oppure bisogna pensare che si tratti di una frase ellittica, che non esprime automaticamente l'idea di fondo. In quest'ultimo senso abbiamo le argomentazioni ad es. di Procksch ad loc. e E. Wiirthwein, ]esaja J, 1-9. E in Beitrag zum Tbema Pro­ phetie und Politik. Fs. Karl Heim, Hamburg 1 954, 6o s. = Wort und Existenz, Gottin­ gen 1 970, 140: ma allora l'idea dei vv. Sa e 9a andrebbe estesa al re della casa di Davi­ de, Gerusalemme e Giuda. Un'esegesi di questo tipo dei vv. 8a e 9a è proposta da W. Vischer, Die lmmanuel-Botschaft im Rahmen des koniglichen Zionsfestes (ThSt[B] 4 5), Zollikon-Zurich 195 5 , 1 8, il quale, superando i due autori citati sopra, ha ipoti z­ zato la soppressione di questo tipo di frase. Wildberger al contrario ha supposto che qui, sullo sfondo deWideologia di Sion, sia annunciata la limitazione del potere d ei nemici da parte di Jahvé. Anche Kilian vede le cose in maniera simile, pur argomen­ tando non sulla base dell'ideologia di Sion ma di 3 1 ,3. - Duhm, Marti, Feldmann e Fohrer ad loc. si sono spiegati i vv. Sa e 9a partendo dall'ipotesi che il profeta stia tentando di disilludere il re parlandogli dei nemici come dei popoli e delle capitali ben noti che un tempo erano sotto il dominio della casa di Davide. Donner, lsrael unter den Volkern, 1 3 s., e più in breve J. Lindblom, A Study on the lmmanuel Sec­ tion in lsaiah. !sa. 7, 1-9,6 (SMHVL 1957/5 8, 4), Lund 1 9 5 8, 1 1 , hanno invece ritenu-

L'ora della fede

che la capitale di Aram sia Damasco il capo di Damasco Rezin entro sessantacinque anni Efraim sarà smembrato e spopolato! 9 e che la capitale di Efraim sia Samaria e il capo di Samaria il figlio di Romelia! Se non confidate non avrete stabilità! ». 7,1 -9. Rispetto al cap. 6, la sezione 7, I - 1 7 è nettamente delimi­ tata dal nuovo attacco del v. I e dal passaggio del racconto dal­ la prima alla terza persona. Col v. 1 8 ha inizio una serie di ora­ coli formalmente indipendenti dal v. I 7, come mostra la ripe­ tizione della formula profetica di biasimo che troviamo in for­ ma completa e ridotta all'inizio del v. 1 8 e poi ancora ai vv . 20. 2 1 .2 3 . Nel rimanente racconto di 7, 1 - I 7 non va traséurata la cesura dopo il v. 9: il racconto che cominciava al v. 1, riguar­ dante l'incarico affidato al profeta Isaia di portare al re Ahaz S

e

che qui il d iscorso vertesse sulla fragilità dell'ordine regnante nell'accampamento nemico. Ma a questi tentativi d'interpretazione si potrebbe obiettare con W. Dietrich, ]esaja und die Politik, S3 ss., che il profeta, o meglio l'autore del racconto, come pre­ feriamo dire per motivi che vedremo quanto prima, era impossibilitato a esprimersi in modo comprensibile. - Th.C. Vriezen, in Von Ugarit nach Qumran. Fs. Otto Eissfeldt (BZAW 77), Berlin 1 9 5 S , 269, presenta un'interpretazione concessiva del ki all'inizio di Sa, nel senso di un «se anche il capo ... »: questa soluzione non regge a motivo della tensione irrisolvibile che si crea in tal modo tra il v. 4a da una parte e i vv Sa e 9a dal­ l'altra. Il tentativo di Vriezen di risolverla ipotizzando un passaggio dalla prospettiva divina al v. 4 a quella umana ai vv. Sa e 9a fallisce con Huber, Vo/ker, I 5 . Sarebbe in­ fatti impossibile presumere alcun pensiero o valutazione umana. dietro il v. 7a, con la sua formula d'introduzione a un messaggio. Tentare di evitare le difficoltà poste dalle due posizioni interpretative presentando - come ha fatto Dietrich, 62 ss., cfr. 87 ss. ­ l'ipotesi che qui ci si trovi di fronte a un'unità secondaria, formata dagli oracoli pro­ ferici 7,5 a.6.7; 1 7, 1 -2 e 7,Sa.9a.2o.9b, significa tagliare il nodo invece di scioglierlo. È dunque consigliabile optare per la soluzione proposta da Saebe, StTh 14, 1 960, 54 ss. e da H.W. Wolff, BSt 3 5 , 1 962, 2 1 ; Kaiser2"4 ad loc. ; O.H. Steck: EvTh 3 3 ( 1 973) 7S ss. e Huber, Vo/ker, 1 6 ss.: tradurre il ki all'inizio del v. Sa con la congiunzione «che», e considerare i versetti Sa e 9a come proposizioni soggettive al v. 7a. In tal modo, ai due verbi del v. 7b va conferito un significato durativo. Per il qum nel senso di «du­ rare» cfr. r Sam. 1 3 , 1 4; fs. 2S, 1 8 e Am. 7,2; per haja nel senso di «continuare» cfr. fs. p ,6 con C.H. Ratschow, Werden und Wirken (BZAW 70), Berlin 1 94 1 , 22, nonché Ruth 1 ,2 e Dan 1 ,2 1 con Huber, Volker, 17. Questa esegesi soddisfa l'esigenza stori­ co-formale di far seguire alla motivazione o rimprovero dei vv s e 6 un esplicito det­ to di minaccia, contenuto appunto ai vv. Sa e 9a. to

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un determinato annuncio da parte di Dio, giunge a conclusio­ ne col v. 9· Poiché l'esecuzione di un tale mandato da parte di un profeta è scontata, secondo stile ebraico non è assolutamen­ te indispensabile raccontarla. La pericope 7, 1 0- I 7 è il racconto del rifiuto dell'offerta di un segno. Se la si potesse attribuire alla medesima mano che ha redatto 7, 1 -9, ci si attenderebbe una frase che funga da collegamento tra un racconto e l'altro, e che parli della reazione del re alla parola divina che gli è pre­ sentata dal profeta!0 La narrazione di 7, 1 -9 con la conclusio­ ne del v. 9b presenta un'apertura al lettore, e apparentemente lascia senza risposta la domanda su come si sia comportato il re Ahaz di fronte all'annuncio divino. Il narratore di 7, 1 0- 1 7 cerca di ovviare a questa lacuna illustrando il fallimento dei da­ vididi con l'esempio del segno rifiutato, e traendone le conse­ guenze nel senso del v. 9 b. Se l'originaria indipendenza di 7, 1 -9 è assicurata da queste considerazioni, occorre tuttavia individuare il materiale origi­ nario del racconto. A partire da 8b, infatti, anche il lettore ine­ sperto di critica letteraria è in grado di accorgersi che tale rac­ conto, nella forma in cui ci è pervenuto, non è frutto della me­ desima mano. Il v. 8b è forzosamente inserito tra 8a e 9a, men­ tre una sua collocazione dopo 9a sarebbe stata molto più sen­ sata. Non si può escludere che questo emistichio costituisca una storicizzazione successiva nel senso di un vaticinium ex even­ tu, una profezia tratta da un evento già avvenuto. 1 1 L'esegeta deve quindi chiedersi se nel racconto siano ravvisabili redazio­ ni successive. Cronologicamente risale all'inizio della cosidIo. Invece il v. Io, dal punto di vista stilistico, è probabilmente adattato ai vv. 1 1 ss. Cfr. sotto, p. 20I n. I . I I . Qui potrebbe materialmente trattarsi di una reminiscenza d i uno scambio d i po­ polazioni, quale potrebbe essere avvenuto su iniziativa dei re assiri Assaraddon e As­ surbanipal in relazione all'intervento seguito' alla caduta del re Baal di Tiro, o alla cam­ pagna egiziana del 67I , cfr. Esdr. 4,2 . IO e inoltre H. Hirschberg, Studien zur Geschich­ te Esarhaddons, Diss. Berlin 1 932, 6 1 ss., relatore W. Rudolph, HAT 1, 20, Tiibingen 1 949, 3 3 i cfr. anche A. Alt, Kl. Schriften II, 3 2 1 . Per le situazioni storiche cfr. ad es. H.R. Hall, CAH 1 1 1 , I 92.9 ( 1 96o) , 2 8o ss.

L 'ora della fede

detta guerra siro-efraimita degli anni 73 4-73 2 a.C., sulla quale siamo informati, oltre che da fonti assire, specialmente grazie a 2 Reg. I 6, 5 ss. e 2 Chron. 28,5 ss. 12 Quanto riporta 2 Chron. 28 segue le tendenze accentuatamente teologiche proprie del­ l, opera storica del Cronista, che arrivano addirittura a creare fatti storici inesistenti. 13 È dunque consigliabile cpnfrontarsi principalmente con i dati riferiti dal libro dei Re. Il Cronista ha ripreso i fatti storici fondamentali essenzialmente dall' ope­ ra storica deuteronomistica, di cui fa parte anche il libro dei Re. 14 Gli era però nota anche questa versione del libro d'Isaia, come si evince dalla voluta raffigurazione del re Giosafat co­ me antitipo di Ahaz in 2 Chron. 2o; qui, al v. 2ob, al re sono messe in bocca parole che riprendono chiaramente /s. 7,9b e al tempo stesso traggono un insegnamento dall'intera vicenda. Confrontando 2 Reg. I 6, 5 e /s. 7, I si vede subito che il testo del v. I in parte si sovrappone a quello di 2 Reg. I 6, 5 , e che qui, come sarà spiegato più oltre, si ha un ampliamento non certo imparziale delle indicazioni da lì riprese. 1 s Al medesimo redat­ tore storicizzante potrebbe essere attribuita anche la spiegazio­ ne che il v. 4b dà dei tizzoni fumanti nominati in 4a, nonché, con ogni probabilità, anche la menzione del partito interven­ tista israelita del v. 5 b, che mira al v. 9a. Incontriamo qui una mano che ha collaborato non solo alla parte restante del setti­ m o capitolo e all'ottavo, ma che ritroviamo anche in altri luo­ ghi del libro d'Isaia. 1 6 Prima di poter trattare il problema fondamentale di struttu­ ra, genere letterario e origine del racconto in esame occorre da­ re una risposta alle domande preliminari sull'attribuzione di singoli versetti e gruppi di versetti. N ella letteratura esegetica 1 2.

Cfr. sotto, pp. 199 s. 1 6,4 s. con 2 Chron. 28,4 s.; r6,7 s. con 28,2o s., e 1 6, ro ss. con 2 8,22 s. 14. Cfr. ad es. Kaiser, Einleitung", 163 s. e 1 69, e R. Smend, Die Entstehung des Alten Testaments (ThW 1 ), Stuttgart 1978, 229 (tr. it. 3oo). I S · Cfr. sotto, p. 227. - L , ipotesi che 2 Reg. 1 6,5 sia ripreso da /s. 7, 1 , ancora sostenu­ ta ad es. da Delitzsch ad lo c. , dopo Cheyne, lntroduction, 30 s. può ormai considerarsi superata. 1 6. Cfr. sopra, pp. 1 6 s. 1 3 . Cfr. ad es. 2 Reg.

/s. 7, 1-9

più recente si discute infatti se considerare i vv. 5 e 6 una spie­ gazione facente parte del v. 4 o una motivazione appartenente al v. 7· È inoltre controversa la definizione del rapporto tra 7 e 8a.9a. Il v. 7b, infatti, può essere inteso sia come frase indipen­ dente, alla quale sono affiancati come motivazione i vv 8a.9a, sia come predicato delle frasi soggettive dei vv . 8 a.9a. 17 Si trat­ ta di problemi tecnici di riconosciuta difficoltà, la cui trattazio­ ne dettagliata non può rientrare in questo contesto. Ci si limi­ terà a motivare brevemente le opzioni che stanno alla base del­ la traduzione proposta. Poiché il v. 4 ha già la necessaria spie­ gazione nei dati sulla situazione forniti dai vv I e 2, la ri fl es­ sione storico-formale dovrebbe risultare decisiva per intende­ re i vv 5 e 6 come la motivazione anticipata o il rimprovero per l'invettiva che segue. 1 8 Considerando dunque il v. 7b in­ vettiva vera e propria, e i vv 8 e 9 la sua motivazione effettiva, si sarebbe costretti a ritenere i vv. Sa e 9a una affermazione el­ littica in cui non si menziona il terzo membro, Gerusalemme e i davididi. È dunque preferibile considerare il v. 7b la frase predicativa, e i vv 8a e 9a le relative frasi soggettive. 19 Que­ st'ipotesi, del resto, deriva logicamente dall'esegesi proposta del carattere dei vv. 5 e 6. Da un punto di vista formale il racconto è costituito dai due elementi fondamentali dell'esposizione corrtprendente i vv. I 2, e dalla cronaca relativa all'incarico affidato a un profeta di riferire un annuncio di Dio, vv 3 -9. Se si osserva più da vicino la seconda parte del racconto, che ne costituisce il corpus vero e proprio, balza agli occhi la complessa stratificazione sia dal punto di vista dei generi sia del contenuto: al v. 3 si trovano istruzioni insolitamente precise che riguardano l'esecuzione del mandato, relative non solo al destinatario d eli' annuncio ma anche al luogo in cui esso va trasmesso e al nome di chi dovrà accompagnare il profeta. Il significato simbolico di tale nome conferisce fondamentalmente alla narrazione il carattere di una .

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1 7. Cfr. sopra, p. 1 8 1

n.



1 8. Cfr. sopra, p. 1 8o n. 6.

1 9. Cfr. sopra, p. 181

n.



L'ora della fede

1 86

istruzione per l'attuazione di un'azione simbolica che accom­ pagna la trasmissione dell'annuncio. La fondata invettiva costi­

tuita dai vv s -9a e rivolta contro i nemici del destinatario del­ l'annuncio rappresenta la parte centrale e più ampia dell'an­ nuncio divino stesso, che ha inizio al v. 4· In sostanza ha dun­ que il significato di una promessa. Si trova però inquadrata tra i due moniti dei vv 4 e 9b, che si dimostreranno radicati nella predicazione interventista deuteronomica-deuteronomistica.10 L'accostamento tra una promessa e un monito dovrebbe porre condizioni a tale promessa; al contrario, soprattutto il testo del monito conclusivo conferisce a tutto l'annuncio divino il carat­ tere di un'invettiva condizionata. La situazione attuale che mi­ naccia il destinatario dell'annuncio, giudicata in fondo irrile­ vante dal primo ammonimento e dalla invettiva che segue, lo porterebbe alla rovina se non dovesse dare ascolto al secondo ammonimento. La struttura interna del racconto non è meno differenziata rispetto alla forma esteriore: in primo piano si pone l'alterna­ tiva tra la stabilità o il declino della dinastia davidica. Il narra­ tore accenna al tema già nell'esposizione dei versetti I aa e 2, quando indica nella casa di Davide e non nel re il destinatario dell'annuncio di sventura. Che l'accampamento degli eserciti aramei nel territorio confinante con lo stato israelita in realtà sia diretto contro la dinastia rappresentata dal re Ahaz è espli­ citato solo al v. 6 per accentuare la tensione, con uno stile che recupera e al tempo stesso anticipa il v. 9b. In tal modo, la no­ tizia della progettata caduta della dinastia con l'insediamento di un nobile arameo come re fantoccio manovrato dagli alleati, sia essa notizia storica o riflesso dei problemi che tormentava­ no la Gerusalemme postesilica, rivela qual è il tema in primo piano.1 1 In 2b, tuttavia, il narratore aveva già accennato indi­ rettamente al carattere fondamentale della minaccia descriven­ do la reazione della casa reale all'annuncio ricevuto. Questa de.

.

1

20.

Cfr. sotto, pp. I 89 ss.

2 I.

Cfr. sotto, pp. I 93 ss.

fs. 7, 1-9

scrizione si avvaleva della forma del paragone sapienziale con la natura: gli alberi della foresta paiono tremare a causa della tempesta che minaccia di sradicarli e distruggerli. Rispetto alla scarna descrizione del v. 2a, il v. 2b aveva anche il compito d'in­ durre chi leggeva o ascoltava a chiedersi i motivi di questo ter­ rore, destandone l'interesse per l'ulteriore sviluppo del raccon­ to. Al timore provato dalla dinastia rappresentata da Ahaz il narratore contrappone, al v. 4, l'ammonimento divino a man­ tenere un atteggiamento assolutamente passivo e impavidamen­ te tranquillo malgrado gl'imminenti pericoli che ne avrebbero apparentemente minacciato le fondamenta. 21 Ciò che potreb­ be giustificare tale atteggiamento è l'ammonimento finale del v. 9b piuttosto che il disprezzo con cui il profeta parla dei ne­ mici, in apparenza in numero preponderante ma in realtà simili a tizzoni fumanti ormai prossimi a spegnersi del tutto e che solo per un momentaneo riattizzarsi destano l'impressio­ ne di particolare pericolosità. L'analisi della struttura interna ri­ vela dunque che il v. 9b è il punto più alto del racconto. La mo­ tivazione della profezia sulla rovina dei nemici, collocata tra 4 e 9b, enuclea chiaramente ai vv. 5 a e 6 il tema del pericolo che incombe sulla dinastia. La minaccia stessa, in stile oracolare vo­ lutamente oscuro ma ben comprensibile, allude alla rovina del­ le capitali nemiche e dei loro re, e, quindi, dei relativi regni. Che il racconto eviti di usare il nome d'Israele per il regno fra­ tello parlando invece di Efraim denota verisimilmente una ri­ vendicazione polemica di tale nome per la popolazione giu­ daica in senso proprio. Che l'intento dei nemici di defraudare del trono la dinastia davidica sia motivo sufficiente per indur­ re Jahvé ad annientare i regni ostili lascia intendere che la casa di Davide si trova sotto la sua particolare protezione. È la di­ nastia che J ahvé si è scelto. 23 Per il narratore, tuttavia, l' elezio­ ne divina, per il suo compimento terreno, esige a lungo andare che gli eletti superino delle prove, che rispondano alla promes22. Cfr. sotto, p. 1 90.

�3·

Cfr. sotto, pp. 1 96 s.

188

L ,ora della fede

sa con una fiducia tale che li ponga interamente nelle mani di Dio.24 Sullo sfondo, il racconto tratta ovviamente anche del destino riservato al popolo. Per questo il v. 2b riferisce che tutto il po­ polo, non solo la casa di Davide, fu preso da timore alla noti­ zia del pericolo incombente. Solo così diviene comprensibile l'inserzione del figlio d'Isaia dal nome infausto, Seariasub, «so­ lo un resto ritornerà». La sua presenza indica che la decisione richiesta dal v. 9b riguarda non solo la stabilità della dinastia ma anche la sopravvivenza del popolo. Un'azione simbolica in realtà non ha un significato ammonitore, ma introduce il fu­ turo anticipandolo in modo archetipico.1s Il nome del figlio, quindi, al di là della situazione cruciale apparentemente aperta presupposta dal v. 9b, allude a un tempo in cui rimarrà solo un resto del popolo. Una--� compresa la doppia tematica del racconto, che mette in primo piano la stabilità o la rinuncia della dinastia e in secondo piano la sopravvivenza del popolo, non lo si dovreb­ be interpretare affrettatamente in base alla situazione data e at­ tribuirlo al profeta Isaia ignorandone il carattere di racconto estraneo, come è avvenuto quasi senza eccezioni nell'esegesi più recente.16 È necessario, di contro, intenderlo proprio come un racconto e chiedersi che cosa significhi che con il v. 9b esso ri­ manga aperto al lettore o all'ascoltatore. Significa forse che la trasposizione al tempo della guerra siro-efraimita intende in­ terpretare in senso storico-teologico la situazione attuale del 2.4. Cfr. ciò che ha osservato al riguardo, Martin L utero WA 3 1 ,2, 5 8,3 s.: «Sola ergo fi­ des certificar et habet solidum fundamentum. Frustra autem fit promissio, nisi acce­ dat fides» («Solo la fede rassicura e ha un fondamento solido. Ma la promessa è inu­ tile se non vi si aggiunge la fede�). 2 5 . Al riguardo cfr. G. Fohrer, Die symbolischen Handlungen der Propheten (ATh ANT, 5 4), Ziirich 1 1 968, 1 7. Facciamo espressamente osservare che Fohrer a pp. 29 s. intende questo passo unicamente come accenno alla possibilità «che Giuda può con­ tinuare a esistere in quanto resto di tutto il popolo». 26. E.G. Kraeling, The lmmanuel Prophecy: JBL 5 0 ( 1 9 3 1 ) 277 ss. ha sottolineato il carattere di racconto estraneo, senza però finora riuscire ad imporsi.

narratore e della sua comunità, per porla infine di fronte alla medesima decisione che s'imponeva al re al tempo del raccon­ to ? Se poi ci si chiede quale situazione contingente presuppo­ nesse il narratore, in base al tema in primo piano è giustificata l'ipotesi che la dinastia in realtà fosse già caduta. Ciò signifi­ cherebbe ancora che il racconto intende risolvere un doppio problema: perché la dinastia eletta ha abbandonato la scena del­ la storia trascinando con sé il popolo in una catastrofe cui solo un resto è scampato ? Su cosa si fondano il futuro e la speranza dei sopravvissuti ? Se è lecito comprendere in tal senso il rac­ conto, emerge immediatamente la situazione sottesa al singo­ lare invito alla passività del v. 4· Il popolo vinto e defraudato della sua sovranità è stato anche privato delle armi. Non aveva dunque alcuna possibilità di difesa contro lo strapotere del­ l'impero di cui era caduto vittima. Di fatto poteva solo restare tranquillo, comportarsi esteriormente ·in modo passivo confi­ dando interiormente nell'aiuto di Dio, che nella sconfitta si era rivelato vendicatore dell'empietà. Se queste considerazioni risultano valide al di là della loro coerenza interna, sono ovviamente necessari ulteriori argomen­ ti che ne appoggino la datazione alquanto tarda. Non è diffici­ le trovarne. Basti prendere in esame secondo la storia della lin­ gua i versetti 4 e 9, teologicamente centrali. Il v. 4 sicuramente riecheggia Is. 3 o, I 5 con il suo Nella conversione e nella tranquillità sta la vostra salvezza, nel non muoversi (hasqe!) e nella fiducia sta la vostra forza! (cfr. anche J2, I 7)· Abbiamo già dimostrato in altro contesto 17 che qui si tratta di una riflessione al massimo tardoesilica, se non addirittura riferita alla catastrofe del 5 8 7. Il v. 4 trova poi evidente corri­ spondenza nella predicazione interventista deuteronomica­ deuteronomistica, in quanto esorta a non avere timore e ram­ menta la promessa in base alla quale Jahvé stesso avrebbe gui­ dato la contesa dei suoi, cfr. ad es. Deut. 1 ,29 s. e 20,3 s. Tra27.

Cfr. ATD 1 8 '-z,

233

s.

L 'ora della fede

sformato in racconto, il mandato per la predicazione interven­ tista presente in Deut. 20, 3 s. si ritrova nel detto rielaborato in senso jahvista di Ex. I 4, I 4 con il ben noto «Jahvé combatterà per voi e voi starete tranquilli ! » .18 Qui, nonostante le differen­ ze che egli stesso aveva rimarcato, Gerhard von Rad ipotizzò una sopravvivenza diretta della tradizione relativa alla guerra santa d'epoca prestatuale.19 Si tratterebbe, in realtà, di una ri­ presa e rielaborazione letteraria degli elementi di quei discor­ si di guerra, riconoscibili come tali nei testi deuteronomici­ deuteronomistici per la loro «teorizzazione e perdita del passa­ to».30 Il contributo divino che si manifesta nell'esito della con­ tesa diviene qui azione esclusivamente divina che l'uomo deve affiancare passivamente con la propria fiducia, cfr. Deut. I ,29 s.; 2 Chron. 2o, I 5 . 20.22 ss. Così anche /s. 7,4, come successiva­ mente I QM I O,J s., potrebbe rifarsi a Deut. 20,3 . E il «non te­ mere!» potrebbe essere stato collocato prima dell'invito a non scoraggiarsi forse per influsso dell'antica prassi oracolare.31 Se prendiamo in considerazione il concetto centrale di fede del v. 9b ci troviamo nuovamente nell'ambito della teologia deu­ teronomica-deuteronomistica: il popolo, che di fronte alle ma­ nifestaz · ani di potenza di J ahvé sulla riva del mare ne ha timo­ re, conte poraneamente acquisisce fiducia in lui, «crede» in lui, Ex. 14 2 I . In Deut. 1 ,3 2 al popolo si rimprovera di non ave­ re conservato questa fiducia in Jahvé durante l'esodo, cfr. an­ che Deut. 9, 23 L'esempio classico di questa infedeltà è la re­ azione del popolo alla descrizione che gli esploratori fanno della forza fisica di cui gli abitanti della terra promessa han­ no dato prova, Num. 1 4, 1 1 .31 In questo versetto l'incredulità si contrappone ai segni compiuti da Jahvé, mentre al v. 22 del

l

.

28. Cfr. F. Stolz, jah wes und lsraels Kriege (AThANT 6o), Ziirich 1972, 94 ss. 29. Der Heilige Krieg im Alten lsrae/, Gottingen 1 1 952, 56 ss. .)O. Cfr. J. Becker, Gottesfurcht im Alten Testament (AnBib 2 5), Roma 1 965 , 5 4 e Stolz, 20 5 . 3 1 . Cfr. Becker, 54 e ad es. Lam. 3, 5 5 ss. 32. Per l'influsso della teologia deuteronomistica sullo strato redazionale del capitolo cfr. M. Noth, ATD 7, 96 s.

/s. 7, 1-9

medesimo capitolo tali segni sono contrapposti a tutte le volte che il popolo ha tentato Dio: di ciò il lettore dovrà tener conto riflettendo sul racconto che seguirà in /s. 7, I 0- 1 7 ::- . Il popolo che aveva assistito ai «segni di fede» di Jahvé senza rispondere con la fede, ha in tal modo messo alla prova Dio. Anche l'osti­ narsi a richiedere un tale segno significa tuttavia mettere Dio alla prova, cfr. Deut. 6, 1 6, poi Ex. 1 7,2. Anche il racconto che segue, quindi, pare inserirsi nella scia della teologia deuterono­ mistica. In favore dell'ipotesi che il concetto teologico centrale dei vv. 4 e 9b rappresenti uno sviluppo del linguaggio deuteronomi­ co-deuteronomistico si può anche ricordare che in questo rac­ conto i verbi « guardarsi da», «temere» e « confidare», diversa­ mente dai paralleli proposti, sono impiegati in senso intransi­ tivo, ciò che dimostra lo sviluppo della terminologia. Fintanto che Is. 7 era considerato semplicemente un racconto rielabora­ to in modo più o meno superficiale ma comunque originaria­ mente redatto dallo stesso profeta Isaia,33 bisognava anche ri­ tenere che l'incontro tra Ahaz e Isaia presso il campo del gual­ chieraio costituisse il momento in cui nasceva il concetto di fe­ de veterotestamentario.34 Ne risultava però la circostanza sin­ golare notata da Gerhard Ebeling per cui la creazione di una parola avveniva insieme a un gioco di parole, mentre in realtà ci si aspetterebbe che la formazione di un termine preceda il gioco di parole.3 5 Sebbene · uno studioso del valore di Rudolf Smend abbia sostenuto la contemporaneità dei due processi, restando dunque fedele all'ip�tesi che sia stato il profeta Isaia a coniare il concetto teologico d.i fede,36 le osservazioni e le con3 3· Cfr. in questo senso ad es. Budde, ]esaja 's Erleben, 1 . Che Isaia o i suoi discepoli possano aver accolto un racconto estraneo nel cosiddetto memoriale è ipotesi di Wild­ berger, 270. 34· In questo senso cfr. ad es . anche A. Weiser, ThWNT V I , 1 89,3 s . (= GLNT x, 3 78). 3 5 · Wort und Glaube, Tiibingen 1 960, 2 1 5 n. 22. 36. Zur Geschichte von h'mjn, in Hebriiische Wortforschung. Fs. Walter Baumgartner (SVT 1 6}, Leiden 1 967, 2 8 8 s.

L 'ora della fede

siderazioni riportate sopra si oppongono decisamente. Già in un contesto precedente avevamo provato che il detto sulla pie­ tra angolare di /s. 28, 1 6 è esilico:37 ora possiamo dunque trar. re le conseguenze e ritenere che il concetto di fede del libro di Isaia, adoprato in senso assoluto, sia uno sviluppo del concet­ to teologico di fede attestato nel linguaggio di scuola deutero­ nomistica. Bisogna poi tenere presente che Ernst Wiirthwein vedeva nel v. 9h un'allusione alla «casa salda», il bet ne 'eman, della profezia di Natan, cfr. 2 Sam. 7, 1 6; 1 Sam. 2 5 ,28 e 1 Reg. 1 1 ,3 8/ 8 e che tuttavia nel frattempo questa idea della profezia si è rivelata esclusivamente deuteronomistica.39 Termina quin­ di il procedimento probatorio e con sufficiente certezza si può affermare che questo racconto non si deve al profeta Isaia ma rientra nell'ambito della teologia deuteronomistica, risalendo p resumibilmente solo al tardo sesto secolo o alla prima parte del quinto secolo a.C. La supposizione che sia il narratore di /s. 7, 1 -9 sia quello del­ la vicenda successiva in 7, 10- 1 7::- si sentissero autorizzati a scri­ vere in base ai racconti su Isaia così come riferiti ai capp . 20 e 3 6-39 par. 2 Reg. I 8, I 7-20, 19, diviene ancora più plausibile se si osserva che i fatto essi raffigurano Ahaz come antitipo del­ l'Ezechia dell leggenda. Mentre questi, sentendosi in perico­ lo, mandò a ce care il profeta Isaia ricevendone una promessa che ben presto si compì, cfr. 2 Reg. 1 8, 1 7 ss. par. /s. 3 6, 1 ss., Ahaz si rifiutò di credere anche se Jahvé, di fronte al pericolo che minacciava la città, gli aveva inviato il profeta con una pro­ messa. Il narratore colloca l'incontro di 7,3 tra profeta e re nel­ lo stesso luogo in cui successivamente il gran coppiere del re assiro Sennacherib presenterà a Ezechia le sue richieste di resa, località che forse va ricercata più a nord o a nord-ovest della città che non a sud.40 In tal modo egli non pensa alla preoccu-



ATD r s •-z, 23 3 s. J8. Fs. Karl Heim, Ha m burg 1 9 54, 58 ss. = Wort u. Existenz, Got ti n gen 1970, 1 3 8 ss. 39· Cfr. T. Veijola, Die ewige Dynastie (AASF B 1 93), Helsinki 1 97 5 , 68 ss. e 74 ss. 40. S i sono espressi in tal senso J. Simons,]erusalem in the Old Testament, Leiden 1 9 5 3 , 3 7·

1 93 p azione del re per l'approvvigionamento idrico della città - ai suoi occhi indice d'infedeltà - ma alla situazione antitipica: nel­ lo stesso luogo in cui il re Ahaz non cede alla richiesta di fede, un giorno vi sarà il generale assiro. Questo però significhereb­ be che dietro l'indicazione di luogo non si cela un ricordo ori­ ginario, ma che essa è stata ripresa o da 2 Reg. r 8, 1 7 o da /s. 36,2. Ritroviamo la medesima antitipicità anche alla base di 7, I o- I 7::- : Ezechia alla promessa profeti ca che sarebbe guarito e avrebbe vissuto ancora altri anni ribatte con la richiesta di un segno, che gli è concesso dal profeta e che Jahvé adempie, 2 Reg. 20,8 ss.; Ahaz, invece, rifiuta con devozione solo apparente il segno che il profeta gli promette in nome di Dio, inaugurando così una politica che sarebbe sfociata nell'annientamento del re­ gno di Giuda. Dal momento che /s. 3 8,7 ss. elimina la richiesta di un segno da parte di Ezechia, certo per l'influsso di Deut. 6, r 6, la contrapposizione tra Ahaz ed Ezechia si realizza solo in base a 2 Reg. 20,8 ss.41 È dunque giustificata l'ipotesi secon­ do cui la composizione del racconto in Is. 3 8 sarebbe più re­ cente rispetto a quella di 7, 1 0 ss. ::- , e l'intero complesso dei capp. 36-39 sarebbe stato accolto solo in un secondo tempo nel ro­ tolo d 'Isaia. È troppo azzardato ritenere che l'invito alla conversione pre­ sent.e in 3 0, I 5 con l'allusione; in 30, 1 7,42 al misero resto che so­ pravviverà alla catastrofe si sia condensato nel nome e nella fi­ gura del figlio d'Isaia Seariasub, «solo un resto farà ritorno» ? Forse anche dietro il figlio di Tabeel, che il racconto prevede re 3 34 ss. e Donner, lsrael unter den Vo/kern, 10 s. - Hanno sostenuto la localizzazione nella parte sud deHa città G. Dalman, ]erusalem und sein Gelande, Giitersloh 1 930, 163 ss. e 202 s.; Idem, A rbeit und Sitte v, 1937, I 52 s. e L.H. Vincent, ]érusalem de l'Ancien Testament 1, Paris 1 9 54, 284 ss. Cfr. l'ampia discussione del problema in M . Burrows, The Conduit of the Upper Pool: ZAW 70 ( I 9 5 8) 2 2 1 ss. - Per l'attività del gualchieraio, che batte i panni per farli infeltrire e sbiancare, cfr. anche R.J. Forbes, Studies in Ancient Technology IV, Leiden 2 1 964, 82 ss. e 87 ss. 4 1 . Per fs. 3 8 ,7 cfr. anche ATD I g •-\ 3 1 7 s. 42. Per l'analisi critico-letteraria cfr. ATD I s • -z, 233 s. e Vermeylen I, ·P I ss. e in particolare 4 I 4 ss.

194

L 'ora della fede

fantoccio, cfr. v. 6, anziché una reminiscenza storica, si cela una controversia attuale. In questa figura, il cui nome rivela l'ori­ gine aramea, Albrecht Alt ha individuato un «uomo di origine non regale ma di ceto elevato»:n Non è tuttavia escluso che dietro questa non altrimenti nota celebrità e alle aspirazioni a essa attribuite si celino i tobiadi della Giordania orientale, i cui tentativi d'ingerirsi nel destino di Gerusalemme provocarono le rimostranze di Neemia nella seconda metà del quinto seco­ lo, cfr. Nehem. 2, 1 9; 3 , 3 5 ecc. e in particolare 1 3 ,4 ss.44 Chi ri­ tiene troppo audace quest'ipotesi si basa probabilmente su una notizia diffusa da una fonte sconosciuta sulla guerra siro-efrai­ mita; deve però essere chiaro che, in base alle ricerche svolte più sopra, questa unica data è inadeguata a sopportare il peso pro­ batorio per la storicità della vicenda, così come lo è il nome del figlio d'Isaia.

7, 1 -9. Confidare e restare saldi. La narrazione dà per sconta­ to che i destinatari siano a conoscenza della guerra siro-efrai­ rnita quale è illustrata in modo estremamente scarno da 2 Reg. 1 6, 5 -9 unitarne�te agli accenni di 2 Reg. 1 5 ,29 s. e 3 7, in parte cronologicame t\ te oscuri. Il lettore sapeva che, a causa dell' as­ sedio di Gerus ale mme da parte degli eserciti riuniti di Rezin, re di Aram-Damasco,4 s e di Pekah, re d'Israele, e in seguito al­ la perdita dell'unico porto del regno di Giuda, Elat sul Golfo di 43· Menschen ohne Namen: ArOr 1 8 ( 1 9 50) 23 s. = Kl. Schriften 1 1 1 , 2 1 3 . Contro il tentativo di W.F. Albright, The Son of Tabeel (lsaiah 7,6): BASOR 1 40 ( 19 5 5) 34 s. cfr. S. Mittmann, ZDPV 89 ( 1 973) 16 s. L'acuto tentativo di A. Vanel, Tabe'el en fs 7,6, et le roi Tubai[ de Tyr, in Studies on Prophecy (SVT 26), Leiden 1 974, I 7 ss., che ha cercato d'identificare il figlio di Tabeel con uno dei figli del re di Tiro (Tubai! = Toh el), cfr. la stele di Tiglat-pileser III, riga 6 pubblicata da Levi ne, potrebbe essere divenuto inutile a fronte dell'identificazione del nome come Thobaal, proposta da M. Weippert, Menahem von lsrael und seine Zeitgenossen in einer Steleninschrift Tig­ latpilesers III aus dem Iran: ZDPV 89 (1 973) 29, cfr. pp. 30 e 47· •4· Viceversa B. Mazar, The Tobiads: IEJ 7 ( 1 9 5 7) 236 s. aveva pensato che i tobiadi potessero essere i discendenti del figlio di Tabeel. 4 5 · Per la forma ebraica del nome Ra#on, probabilmente più corretta, cfr. Weippert, ZDPV 89 ( I 973) 46. •

/s. 7, 1-9

1 95

Aqaba, il re Ahaz si era deciso a sottomettersi al re assiro Tig­ lat-pileser, ottenendo, a prezzo di un alto tributo, che interve­ nisse nella guerra. Il narratore riteneva a ragione che tale atto racchiudesse in sé il germe della caduta del regno di Giuda; di fatto i davididi in seguito non riuscirono più a sottrarsi al vas­ sallaggio. Pagarono infatti il tentativo di scrollarsi di dosso il giogo babilonese, loro imposto in luogo del dominio assiro, con la perdita del trono e la caduta del regno, precipitando in tal modo il popolo nella sventura. Se i re della stirpe di Davide anziché darsi all'attività politica avessero confidato esclusiva­ mente nel loro Dio, la dinastia sarebbe rimasta salda, come era stato loro promesso per bocca del profeta N atan, cfr. 2 Sam. 7, 1 6 . J ahvé, per bocca del profeta Isaia, aveva esortato il re Eze­ chia, che sperava nel suo aiuto, a non aver timore, predicendo­ gli il ritiro dell'esercito assiro, 2 Reg. I 9,6 s. Allo stesso modo Jahvé si è certamente servito del profeta anche per mettere in guardia Ahaz dal sottomettersi al re assiro, dal momento che tale passo gli sarebbe stato fatale. L'anonimo, quindi, fiducioso di rivelare al suo popolo la verità sull'effettivo retroscena della caduta del regno, racconta la sua storia.

1 -3. Alla notizia che l'esercito arameo si era accampato sulle vi­ cine montagne di Efraim, la casa di Davide e il popolo si sco­ raggiarono e si misero a tremare come alberi nella bufera te­ mendo per la propria vita. J ahvé, dunque, inviò incontro al re il profeta accompagnato da suo figlio, chiamato con l'infausto nome di Seariasub, «solo un resto ritorna» .46 L'incontro do­ veva svolgersi nello stesso luogo in cui, ben tre nt'anni dopo, il generale assiro avrebbe dettato le condizioni di resa. In base a /s. 22, I I si può immaginare che, in pr? spettiva dell'assedio im-

46. Per le due j;nssibilità di traduzione del nome con «solo

un resto ritorna (dalla battaglia o dalla guerra)» o con «solo un resto si converte» cfr. J. Lindblom, SMHVL 1 9 5 7/5 8, 4, 8 s.; M. Rehm, Messias, 3 5 n. 14 o Wildberger, 277 s. - Sul problema cfr. anche U. Stegemann, Der Restgedanke bei lsaias: BZ N.F. 1 3 ( 1969) 1 6 1 ss. Per la di­ scussione si veda la relazione di H.D. Preuss, in W.E. Miiller e H.D. Preuss, Die Vorstellung vom Rest im Alten Testament, Neukirchen 1 973, 96 ss. spec. I 1 9 ss.

L 'ora della fede

minente, il re ispezionasse le riserve idriche della città per pren­ dere le necessarie misure di prevenzione. Non si può tuttavia essere certi che il narratore avesse in mente qualcosa di diverso rispetto a 2 Reg. 1 8, 1 7 e alla situazione tutto sommato atipica dell'anno 70 1 .47 Che l'errata decisione di Ahaz avrebbe con­ dotto alla minaccia del regno al tempo di Ezechia gli era inve­ ce necessariamente noto, essendo in consonanza con la sua ar­ gomentazione. L'invito, non meglio specificato, di Jahvé al pro­ feta perché conducesse con sé anche il figlio Seariasub lascia intuire al lettore che Jahvé prevedeva già l'esito dell'incontro e conosceva le conseguenze che ne sarebbero derivate per la di­ nastia e il popolo: alla catastrofe finale del regno sarebbe scam­ pato soltanto un resto, cfr. anche JO, 1 6 s. Il figlio rappresenta dunque un segno più per il lettore che per il re, al quale pure doveva far presente la gravità della decisione che gli era impo­ sta. Si comprende come dalla ri fl essione su questa situazione potesse svilupparsi la teologia dell'insensibilità del capitolo 6. Il nome del figlio d'Isaia, infatti, anticipa gli eventi e va oltre l'invito a decidere rivolto al re.



o che troviamo all'ini � io dell'annuncio divi­ no corrisponde alla riflessione sull'ineluttabilità della fine in 30, 1 5 : la salvezza della dinastia poteva risiedere solo in una passi­ vità basata sulla fede in Dio, quale era stata sviluppata dalla pre­ dicazione e dalla teologia della guerra deuteronomistiche in relazione alla situazione del popolo. Il popolo, infatti, in se­ guito alla rovina non aveva più alcun mezzo per riconquistare la libertà con le proprie forze.4 8 Non vi era motivo di temere i due regni nemici, in realtà già votati alla caduta. Lo storico po­ trebbe effettivamente concordare con questa lettura rammen­ tando che il sovrano assiro difficilmente avrebbe potuto per­ mettersi di stare a guardare passivamente il propagarsi del mo4· L'ammonime

47· Cfr. O. Kaiser, Geschichtliche Erfahrung und eschatologische Erwartung: NZSTh

1 5 ( 1 973) 272 ss. = Eschatologie im Alten Testament, ed. H.D. Preuss (WdF 48o}, Darmstadt 1978, 444 ss. 48. Cfr. sopra, pp. I 89 s.

1 97

vimento di rivolta nella parte sudoccidentale del proprio re­ gno. Ma per il narratore tali considerazioni dovettero avere ben poco peso. Per lui era decisivo che si trattasse di un attac­ co alla dinastia prescelta da J ahvé. Il tentativo di porre sul suo trono un arameo di sangue misto 49 fu dunque sufficiente per indurre J ahvé a intervenire annientando i due eserciti nemici. In base alle notizie di 2 Reg. 1 5,29 s. riguardanti la loro cadu­ ta, trasse la conclusione che questa costituisse la risposta di Jah­ vé all'attacco contro i davididi. Anche il narratore, come 2 Reg. I 6, 5 , considerava Aram il nemico principale: il re del regno del Nord Pekah, di stirpe non regale, che il narratore con disprez­ zo chiama semplicemente figlio di Romelia, è evidentemente per lui più il fiancheggiatore che l'istigatore della guerra. - Il re Ahaz, dunque, avrebbe dovuto confidare esclusivamente nel­ le parole del messaggero di Dio per apprendere che gli sforzi dei nemici non rappresentavano che l'ultima impennata della loro potenza prima del crollo; o, per dirla metaforicamente, che il fumo da loro provocato non era altro che la caligine del tizzone che si sta estinguendo.

9b. La promessa sulla casa stabile di 2 Sam. 7, 1 6 autorizzava il narratore a far sì che il profeta annunciasse al suo re nel nome del Dio della promessa la condizione di tale stabilità, chiaren­ dogli che con la decisione politica che stava per prendere met­ teva in gioco la continuità della sua stirpe. L'effettiva fine della dinastia si doveva esclusivamente al non aver dato prova della fiducia richiesta. so La dinastia si era invece lasciata coinvolgere nel gioco politico rinunciando in tal modo all'appoggio del Dio nella cui promessa era radicata, cfr. anche 30, 1 ss. e 3 1 , 1 ss. L'espressione «se non crederete non avrete stabilità! » tra49·

·-

Una simile origine va data per scontata, poiché ben difficilmente uno straniero in­ tegrale avrebbe potuto aspirare al trono di Gerusalemme, tanto nella realtà quanto nel­ l'immaginazione del narratore. so. Per questo concetto cfr. sopra, pp. 1 90 s., nonché ora anche A. Jepsen, ThWAT 1 , 3 1 3 ss. (= GLAT I, 62 5 ss.).

L'ora della fede

sforma la dottrina della storia del crollo della dinastia interpre­ tata alla luce della fede nell'ammonimento al re, il quale aveva condotto la propria casa su una via politica, al cui termine vi erano questo crollo e la decimazione del popolo. - La storia dei re davidici, dunque, pareva conclusa e il loro regno definitiva­ mente decaduto. Con l'ammonimento, tuttavia, il narratore la­ scia aperto al lettore il finale della sua storia: gli chiede se in­ tende confidare in Dio e avere stabilità, oppure rifiutare la fe­ de nel futuro misericordioso di Dio che gli è richiesta, e quin­ di soccombere. In tal modo il narratore lascia intendere al pro­ prio popolo che dalla sua decisione pro o contro la fede dipen­ de se Dio riaprirà nuovamente la storia apparentemente con­ clusa con il resto del popolo oppure se anch'esso perirà defini­ tivamente. Il racconto sa certamente commuovere e dimostra la poten­ za duratura della parola di Dio che aspira a ottenere la fiducia dell'uomo in Dio quale signore dell'oscuro avvenire che lo at­ tende. P È tuttavia necessario un accenno conclusivo alla sua interpretazione, non priva di rischi, della fiducia in Dio come pura passività. Dio � certamente la ragione ultima e lo scopo _ultimo della fiducia( riposta in lui. Questa però, in quanto fi­ ducia fondamentale� ha anche il compito di proteggere l'uomo dalla minaccia del nulla che proviene sia dal suo stesso interno sia dall'esterno. Ciò tuttavia non lo esime dal compito di prov­ vedere a se stesso in questo mondo agendo in modo avveduto, né sottrae colui che ha responsabilità politica alla necessità di prendere decisioni politiche. Liberato dalla paura, l'agire della fede dovrebbe essere più umano di quello dell'infedeltà, e do­ vrebbe essere più adatto alla situazione contingente . L'uomo, solo quando gli è negata ogni possibilità d'agire, quando è fa­ talmente spinto alla passività disperata come nell'ora della mor­ te, può trarre consolazione dal fatto che gli è richiesta solo la fiducia nella presenza infinita di Dio. s I . Cfr. F. Gogarten, Der M ensch zwischen

Gott un d die Welt, Heidelberg 19 5 2, 424 ss.

1 99

Excursus. La guerra siro-efraimita. Dal punto di vista sto­ rico, il problema dello svolgimento della cosiddetta guerra si­ ro-efraimita e ·delle sue conseguenze può essere risolto solo nelle linee principali, a motivo dell'esiguità delle fonti vetero­ testamentarie e la lacunosità di quelle assire. Una struttura cro­ nologica certa si basa sui seguenti dati: nel 73 4 Tiglat-pileser scese in campo contro la Filistea, e nei due anni successivi, 7 3 3 e 73 2, contro il regno arameo di Damasco. s z Che durante la campagna del 734 si avesse già un primo scontro militare tra Tiglat-pileser e Pekah, re d'Israele, a cui fece seguito il distac­ co della fascia costiera d 'Israele, trasformata nella provincia assira Dur'ufDor, è ipotesi basata su un'esegesi combinatoria di un frammento di tavoletta, ma che, almeno fino a oggi, non ha trovato conferma. 53 In base a 2 Reg. r 5 , 3 7 gli inizi della guer­ ra siro-efraimita dovrebbero risalire al tempo in cui su Giuda regnava ancora lotam, il quale, secondo i computi - in questo concordi - eseguiti da Schedi e Andersen sulla cronologia dei re di Giuda, sarebbe morto nel 734/3 J . 54 Ahaz, suo fi glio non­ ché successore, ricevette quindi un'eredità comunque difficile. La campagna di RazonfRezin, re di Damasco, e del suo allea­ to Pekah d'Israele intendeva evidentemente costringere il re­ gno di Giuda a entrare a far parte della coalizione antiassira, 52. Cfr. il canone assiro degli eponimi Cb Rs. 40 ss. in A. Ungnad, Eponymen, RLA 43 1 . 5 3 · Su quest'ipotesi cfr. A. Alt, Tiglatpilesers III. erster Feldzug nach Paliistina, in Kl. Schriften I I , I 5 6 s.; Idem, Das System der assyrischen Provinzen auf dem Boden des Reiches Israel, in Kl. Schriften n, 200 s.; contrari sono H. Barth, ]esaja-Worte, 1 64 e S. Herrmann, Geschichte Israels in alttestamentlicher Zeit, Miinchen 1 973, 305 s. {tr. it. Storia d'Israele. I tempi dell'Antico Testamento, Brescia 1 977, 3 3 1 ss.). - Nella sua ricostruzione della causa storica all'origine della guerra, B. Oded, The Historical Back­ ground ofthe Syro-Ephraimite War Reconsidered: CBQ 3 4 { 1 972) 1 5 3 ss. sottolinea il conflitto d'interessi nel paese a est del Giordano, ma sopravvaluta il valore delle fonti di r Reg. 22,5 ss. ç,2 Chron. 26,6 ss. e 27,5 s. Cfr. inoltre E. Wiirthwein in Das ferne und nahe Wort. Fs. L. Rost (BZA W 1 0 5 ), Berlin 1 967, 245 ss. e P. Welten, Geschichte und Geschichtsdarstellung in den Chronikbuchem (WMANT 42), Neukirchen 1 973, I 5 3 ss. e 1 63 ss. S4· Cfr. VT 1 2 ( 1 962) 90 s., ripreso da Pavlovsky e Vogt: Bib 45 { 1 964) 337 s. e K.T. A. Andersen, StTh 23 ( 1 969) I 1 1 s. n,

200

L 'ora della fede

sorta al più tardi sotto la pressione della campagna assira del 7 3 4· No n è chiaro se potessero richiamarsi a una partecipazio­ ne, forse di primo piano, del re di Giuda Ezechia a una coali­ zione antiassira che non ebbe comunque esito positivo. s 5 Il nar­ ratore di Is. 7 ha concluso, certamente con ragione, che la cam­ pagna aveva lo scopo concreto di deporre Ahaz per mettere sul trono un re fantoccio privo di autonomia politica. A fron­ te del pericolo che minacciava Gerusalemme, tuttavia, Ahaz si assicurò l'aiuto degli assiri sia riconoscendo loro il predomi­ nio sul suo regno sia in virtù del versamento di un cospicuo tributo. Lo storico non può escludere che Tiglat-pileser con­ tasse su questo e quindi in un primo tempo stesse a osservare la guerra in modo apparentemente disinteressato: di fatto l'in­ debolimento reciproco degli stati siriani doveva tornare a stio vantaggio, la situazione poteva gettargli tra le braccia il regno di Giuda, e la guerra nel complesso poteva facilitare il suo in­ tervento militare, alla fine comunque inevitabile. s6 Stando alle notizie disponibili, pare che nel 73 3 Tiglat-pile­ ser si rivolgesse dary,.rima contro Israele, che poté sottrarsi alla distruzione total � immediata grazie ali' assassinio del re e alla presentazione del regicida Osea come suo successore; ma do­ vette pagare la rinuncia di Assur con la limitazione del proprio territorio alla regione efraimita. Le province assire che sorsero in quel tempo, Dor, Megiddo e Gilead, serravano comunque S S · Cfr. TGP nr. 23, 5 4 s. e inoltre, a sfavore, S. Herrmann, Geschichte /sraels, 304 (tr. it. 330), e a favore M. Weippert, ZDPV 89 ( 1 973) 32. s6. Non è chiaro come si debbano interpretare le disposizioni cultuali del re Ahaz ri­ ferite in 2 Reg. r 6, 1 o ss. Nel quadro della valutazione globale che il Deuteronomista fa del re, vanno intese in modo certamente negativo. Ciò che ne ha tratto 2 Chron. �8,22 è una distorsione successiva dei fatti. Presumibilmente il nuovo altare degli olo­ causti fatto erigere da Ahaz in Gerusalemme è una copia deWaltare di Damasco pres­ so il quale aveva prestato giuramento di vassallaggio al re. Ciò non significa che si trat­ tasse di un altare consacrato a una divinità assira; se il Deuteronomista avesse avuto notizie al riguardo non si sarebbe certo lasciato sfuggire l'occasione di aggiungere al­ l'immagine del re anche questo tratto negativo. Cfr. in tal senso J. McKay, Religion in judah under the Assyrians: SBT 11, 26 ( 1 973 ) , 5 ss.

/s. 7, Io-17

201

lo stato mutilato da nord, est e ovest, 57 mentre al sud lo stato vassallo di Giuda appena acquisito pareva fornire garanzie sufficienti per la tutela degli interessi assiri in Palestina. Dopo aver sistemato la situazione in Israele, il re assiro mar­ ciò evidentemente da sud su Damasco, che riuscì a conquistare l'anno successivo annettendone quindi il regno all'insieme del­ le province assire. 5 8 In questo modo però Ahaz era divenuto vassallo dell'Assiria. 59 Alla fine si vedrà che il regno di Giuda non poté più sottrarsi al dominio assiro n é a quello babilonese che ne rilevò l'eredità, che tutti i tentativi di riconquistare la libertà perduta alla fine si rivelarono degli insuccessi, e che gli ultimi due tentativi intrapresi dai re Ioiakim e Sedecia ebbero come conseguenza il crollo definitivo del regno. 7, I 0- 17.

Il segno dell'Emmanuele

ro Poi Jahvé 1 ebbe ancora questo colloquio1 con Ahaz: I I «Chiedi un segno da Jahvé, tuo Dio, penetrando3 profondamente negli inferi4 o su 3 nei cieli! ». 1 2 Rispose allora Ahaz: «lo non chiedo e non tento Jah­ vé! ». 13 Disse allora: 5 «Ascoltate dunque, casa di Davide! Non vi basta

S7· Cfr. 2 Reg. I 5 ,29 s.; AOT \ 347 s.; Luckenbill, Ancient Records 1, 8 1 5 ss.; ANETl·J, l8J, frammento degli Annali rr. I ss. e TGP nr. 26, 57 s. s 8. Cfr. AOT \ 346 s.; Luckenbill, Ancient Records 1, 777 e ANETJ·J, 283, frammen­ to degli Annali rr. 205 ss. S 9 · Cfr. AOT\ 348; Luckenbill, Ancient Records I, 8oi ; TGI 1 nr. 28, 5 9; si veda an­ che Weippert, ZDPV 84 ( 1 973) 52 s. 1 . T in luogo di «Jahvé» qui legge «il profeta di Jahvé»: si tratta di un tentativo di ar­ monizzare il testo dei vv. Io e I 1 . Perciò in tale posizione «Jahvé» potrebbe avere il compito di tutelare, contro il rimprovero contenuto al v. I 2, l'offerta di un segno che il profeta fa in questi due versetti. Non si tratterebbe dunque di altro se non di un'antica correzione dogmatica. A sostegno di questa ipotesi basta citare il v. 1 3 , che ovviamente non va distaccato dal suo contesto per essere unito a 7, 1 7-1 5 , come inve­ ce fa S.H. Bl�c, Prophetic Faith in lsaiah, London 1 9 5 8, 1 6. 1. Su questo significatoai dibber seguito da l' emor cfr. W.H. Schmidt, ThWA T n, 1 o6. 3· Per le forme verbali finite seguite dall'inf. absol. a indicare circostanze concomi­ tanti cfr. Joiion § 1 23r. 4· Per la grafia masoretica ;e'aLi in luogo del prevedi bile ;e'ola cfr. B-L 53 5 s. S· Duhm ha proposto, ripreso ora da Donner, lsrael und die Volker, 9, di modificare

202

Il segno dell'Emmanuele

stancare gli uomini perché dobbiate stancare anche il mio Dio? I 4 Per­ ciò il Signore stesso 6 vi darà un segno: Ecco, una giovane donna 7 concepirà e partorirà un :fi glio e lo chiamerà Emman u e l e ! 8 I s Man­ gerà panna e miele finch é 9 non saprà rifiutare il male e scegliere i l bene. I 6 Sì, prim a che il fanciullo sappia scegliere il male e il be­ n e sarà abbandonato il paese di cui temi i due re.10 I 7 Jahvé manderà su di te e 1 1 sul tuo popolo e la casa di tuo padre giorni quali non ve ne furono (più) dai giorni in cui Efraim si staccò da Giuda, il re di Assur. 1 2 7, 10- 1 7. Il racconto di 7, 1o- r 7 è di particolare importanza per la chiesa cristiana, tanto da essere considerato tra i più impor­ tanti non solo del libro d'Isaia ma di tutto l'Antico Testamen­ to. N elle professioni di fede elaborate dalla chiesa delle origini si fa sempre cenno alla nascita verginale di Gesù così come è riferita dal vangelo di Matteo, Mt. I , 1 8-2 5 , come compimento di fs. 7, 14.13 Tuttavia, chi si aspetta che nell'esegesi scientifica vi sia una concordanza d'opinioni adeguata all'importanza del racconto, rimarrà deluso davanti alla letteratura, quasi stermi­ nata e in continuo aumento, che presenta svariati tentativi ese­ getici, non di rado in contraddizione l'uno con l'altro. Ciò non dipende tanto da prefoncetti o pregiudizi degli esegeti, com­ prensibilissimi se si p ensa alla portata storico-teologica di que­ sto testo, bensì dal carattere letterario del racconto stesso. la terza sing. masch. in prima sing. comm.: tale proposta nasce dal fraintendimento della natura letteraria del racconto. Cfr. sopra, p. 1 8 8, e sotto, pp. 203 s. e p. I 63 . 6 . Per i l significato rafforzativo del pronome personale assoluto cfr. G - K 2 8 § 32b. l · Per questa traduzione cfr. sotto, p. 206. 8. Per la forma arcaicizzante della terza femm. sing. cfr. G-K 2 8 § 44f e § 74g, come pure B-L 376r; per il modo in cui va inteso il termine cfr. il commento sotto, p. 226. 9· Per la determinazione del momento in cui avviene un'azione mediante [e cfr. Brok­ kelmann § 1 o7b. 1 0. Sulle ragioni delle opzioni critico-letterarie cfr. sotto, pp. 2 10 e 228. 1 I . Sulle ragioni dell'opzione critico-letteraria cfr. sotto, p. 228. I 2. Sulle ragioni dell'opzione critico-letteraria cfr. sotto, pp. 203 e 228. 13. Sulla concezione seri tturistica del vangelo di Matteo cfr. in generale H. F r. von Cam­ penhausen, Die Entstehung der christlichen Bibel (Beitrage zur Historischen Theolo­ gie 39), Tiibingen 1968, 1 6 ss. Sulla ricezione della nascita verginale di Gesù nella chie­ sa antica cfr. ad es. A. Grillmeier, Gesù il Cristo nella fede della chiesa 1j2, Brescia 1 982, indice dei termini greci e latini s. vv. 1tap..9Évo . 2 5.

.16. Quando J ahvé si scaglia contro di loro brandendo la frusta o flagello, essi non gli oppongono più alcuna resistenza, ma so­ no da lui pungolati a coppie. Il flagello, infatti, non è mai stato una normale arma d'attacco. Presso i persiani deve essere stato talvolta impiegato per incitare i soldati. 14 In seguito i romani lo useranno sporadicamente, come ad es. durante la crocifissio­ ne, come strumento di supplizio, cfr. 2 Mach. 7, I . I J . I 5 e Mt. 27, 1 6! 5 La vittoria di Jahvé sui nemici raccolti davanti alle mura di Gerusalemme è paragonata a quella riportata sui ma­ dianiti alla rupe dell'Oreb, v. anche 9,3 . Lì, secondo Iud. 7,2 5 gli israeliti avevano catturato e giustiziato due capi di Madian. Il grande dominatore stesso, nemico di Dio, non scamperà alla futura ira divina, e il suo esercito perirà con lui: si ripeterà così sulla terra la distruzione del faraone con le sue schiere, così come era avvenuto un tempo sul Mar Rosso, cfr. Ex. 1 4,27 ss. 27. Il v. 27 è un'aggiunta. Riprendendo 9,3 ribadisce che tale vittoria comporta la liberazione del popolo dalla sua schiavitù, cfr. anche 1 4,2 5b.

1 3 . Cfr. n . 3· 14. Cfr. Erodoto 7,56 e 1 S· Cfr. B. Reicke, BHH 1, 534·

I OJ.

1 0,28-34·

28

29

30 31 32

Il nemico che viene dal Nord

Viene da Aiat, passa davanti a Migron, a Mikmas comandava 1 le sue sal meri e! Attraversano2 il passo: cGeba sia il nostro accampamento per la notte! ». Trema Rama, fugge Gabaa di Saul! Fa' squillare la tua voce, figlia di Gallim! Ascolta, Laisa! 'Rispondile',3 Anatot! Madmena è in fuga, le genti di Gebim si nascondono! Oggi stesso sarà a Nob, tenderà la sua mano verso il monte della figlia di Sion, il colle di Gerusalemme. Ecco, il Signore4 Jahvé Sabaot strappa i rami con violenza tremenda. Quelli svettanti sono abbattuti, cadono 1 in terra quelli alti ! Il folto del bosco è dissodato con il ferro e il Libano cadrà 'con il suo poderoso cedro'.s -

33

34

10,.18-34· In questo contesto, nel nemico la cui inarrestabile a­ vanzata è descritta ai vv . 28-32 bisogna vedere la potente Assi­ ria, inviata da J ahvé come sferza contro il suo popolo e che tut­ tavia, a motivo della propria presunzione, va al tempo stesso in­ contro a sicura rovina, cfr. 1 0,5 ss. 1 6 ss.24 ss. e 1 4,24 ss. Ana­ logamente, il bosco dissodato da J ahvé parrebbe riferirsi all'e­ sercito nemico che assalta la città divina, alle cui porte troverà la fine. - Probabilmente, però, questa esegesi, pur corroborata r.

Sull'impiego del c.d. imperfetto a indicare azione simultanea cfr. Bobzin § 7, 1 b.

2. 1 Qis a, G e S hanno il singolare. Non è facile stabilire chi sia stato qui a sistemare il

testo e in quale senso. 3· Leggi 'aniha. Seconda femm. sing. imperativo del qal di 'ana, «rispondere», con il suffisso della terza sing. femm. 4· ha'adon può essere sia originario sia aggiunta posteriore. Cfr. v. 1 6. S · Leggi, con D.L. Christensen, The March of Conquest in lsaiah ro,27C-)4: VT 26 ( 1976) 392, be'erez 'addir. Cfr. Ezech. 17,23. T.M. si spiega per aplografia.

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Gli accessi settentrionali a Gerusalemme

secondo Dalman, Pj 1 2 ( 1 9 1 6) 3 7, con le correzioni di Donner, ZDPV 84 ( 1 968) p .

324

Il nemico che viene dal Nord

dal contesto attuale, non coglie il significato originario del sin­ golare poema: con la sua potenza verbale esso si distacca in­ fatti decisamente dallo stile musivo delle aggiunte successive, composte mettendo insieme, come un mosaico, vari passi scrit­ turistici, cfr. IO, I 6 ss.2o ss. 24 ss. e I I , I o ss., né dal canto suo può aver costituito il proseguimento di 1 0, 5 - 1 5 + 1 4,24-27. Se si tiene presente che l'ultima strofa del poema sulla mano tesa di Jahvé, 5 ,26- 29, un tempo occupava il posto di 1 0, 1 -4, e che 10,5 - 1 5 è stato comunque aggiunto in un momento successi­ vo, è allora evidente che la pericope in esame riprende il tema dell'inarrestabile avanzata dei nemici, cominciato in 5 ,26-29, ri­ ferendolo specificamente a Gerusalemme. Ciò però non è av­ venuto nel medesimo quadro di quel poema, ma in connessio­ ne con la concezione del fatale attacco sferrato dalle nazioni .contro Gerusalemme e Giuda, concezione che si era andata for­ mando sulla scia dell'attesa del giudizio universale e che aveva trovato espressione in J, I -4, 1 . 6 Anche i vv . 3 3 -34, quindi, in origine non riguardavano tanto la sorte degli attaccanti quanto quella degli attaccati/ Per quanto drammatica risulti la descrizione dell'avanzata ai vv . 28-3 2, sotto l'aspetto formale essa non costituisce certo una unità letteraria indipendente: le manca sia un'introduzione, che sviluppi i riferimenti storici ai fini di un'esposizione e in­ dichi i nemici per nome, sia una conclusione. Che qui si tratti di una lamentazione frammentaria tratta da una situazione sto­ rica reale come può essere quella della guerra siro-efraimita 8 o di una violazione altrimenti non attestata del territorio giudai­ co da parte di un esercito assiro/ è circostanza meno probabi­ le, stando al contesto, rispetto a quella che si tratti invece di una composizione redazionale nel senso appena delineato. Se ci si attiene a questa valutazione, l'autenticità isaiana delro

6.

Cfr . sopra, pp. 1 s s. Cfr. Vermeylen I, 266 e n. 3 e Barth, ]esaja-Worte, 64 ss.: il primo fa riferimento agli assalitori, il secondo alla Gerusalemme assalita. 8. Cfr. sotto, p. 3 2 5. 9· Cfr. Vermeylen 1, 266 s. r o. Cfr. Barth, ]esaja-Worte, 64 ss. 7·

ls. ro,2 8-34

la pericope è da escludere. Recentemente Duhm e Marti Phan­ no contestata con argomenti essenzialmente estetici rimandan­ do al tempo stesso a Mich. 1 , 1 o ss., lamento profetico da cui il nostro autore escatologico pare aver tratto l'idea del dramma­ tico appello di varie località minacciate da incombente sventu­ ra, nonché lo strumento stilistico dei giochi di parole parona­ mastici, basati, cioè, sull'analogia fonetica. I due studiosi, tut­ tavia, non trovarono molto ascolto, e ancor oggi si è alla ricer­ ca di una collocazione del detto all'interno della predicazione del profeta Isaia. Così ad es., in questi versetti Donner vede la descrizione dell'avanzata compiuta dall'esercito alleato di ara­ mei e israeliti contro Gerusalemme, durante la guerra siro-efrai­ mita. 1 1 Secondo questa esegesi il v. 3 3 corrisponde all'annun­ cio trasmesso in 7, 1 ss. e 8 , 1 ss. relativo alla distruzione dei due regni nemici. In tal modo pareva trovare sufficiente spiegazio­ ne anche il singolare tragitto, che in ogni caso non era quello intrapreso dagli assiri nel 70 1 . 1 2 - Ma poiché qui non si parla di due popoli, né il passo rientra nel quadro del cosiddetto memo­ riale del tempo di questa guerra (6, I -8,I 8), Wildberger e prima di lui Feldmann e Procksch si esprimono a favore degli anni della rivolta filistea contro il re assiro Sargon n, guidata dalla città di Asdod tra il 7 1 3 e il 7 1 1 . Dal testo Wildberger riteneva di poter dedurre che il re avesse allora predisposto uno spiega­ mento lungo il confine settentrionale del regno di Giuda del­ le sue truppe stanziate in Samaria, senza però che si giungesse all'atteso attacco. 1 3 Altri studiosi, come ad esempio Fohrer, Kaiser e Auvray, considerando il testo una predizione profeti­ ca, hanno ignorato l'argomentazione proposta contro la data­ zione del 7o 1 secondo la quale a quel tempo il re assiro Senna­ cherib avrebbe attaccato la città non dal nord, bensì dal sud, 14 -

I I . Per questa guerra cfr. sopra, pp. I 9 9 s. I 2. lsrael unter den Volkern, 30 ss. si vedano anche le precisazioni geografiche nello studio Der Feind aus dem Norden: ZDPV 84, 46 ss. I J . Cfr. Dillmann-Kittel ad loc. e Vermeylen I, 266 s. I 4. Cfr. TGP nr. 39, 67 ss., e 2 Reg. I 8, 1 3 s. 17.

Il nemico che viene dal Nord

per cui i vv. 1 0,28-3 2 non potevano essere collegati a tale evento. Se si tralasciano i vv 3 3 e 34, questo drammatico poema si struttura in tre strofe di cinque linee o due stichi e mezzo cia­ scuna. La prima comprende i vv 28 e 29a e narra dell'avanzata del nemico da Aiat fino a Geba. La seconda, vv . 29b e 3 0, de­ scrive il panico che tale manovra aveva scatenato nelle città an­ tistanti Gerusalemme. La terza, vv. 3 I e 3 2, riferisce della fuga intrapresa da queste località e dell'imminente apparizione del nemico alle porte della città. Cronologicamente il poema ab­ braccia un pomeriggio e la notte successiva fino alle prime luci dell'alba, ora in cui solitamente si procedeva all'attacco, cfr. Ios. 6, I 5 ; 8,9 ss.; Ps. 46,6 e /s. I 7, 1 4. - da un punto di vista stilisti­ co, le frasi, allineate l'una di seguito all'altra in maniera scon­ nessa, composte da due o quattro e alla fine da sette parole, han­ no l'effetto di ambasciate pronunciate in fretta da messaggeri affannati. Si è già accennato all'impiego di paronomasie, gio­ chi di parole onomatopeici con i toponomi - particolarmente evidenti al v. 29a, come si è detto con Marti. Inoltre, il numero sette per le località raggiunte o ambite dai nemici nonché per le cittadine che rispondono all'avanzata sono indici della cura messa nel perfezionare il poema. 1 s .

.

I o,z8-z9a. L'avanzata del nemico. L'autore coinvolge emoti­ vamente il lettore nell'evento dell'avanzata verso Gerusalem­ me dell'esercito escatologico con una sequenza mozzafiato di messaggi di sventura. Come è evidente, dispone di precise no­ zioni geografiche che può ritenere patrimonio anche dei suoi lettori. Così, anziché far percorrere all'esercito la strada prin­ cipale che segue pressappoco lo spartiacque da Betel a Gerusa­ lemme passando per Mizpa e Nob, da Betel 1 6 gli fa seguire un 15.

Mi lascia tuttavia incerto il tentativo di Christensen, VT 26 ( 1 976) 395 ss. di ridur­

re il poema a una struttura simmetrica.

I 6. Avanzando da nord verso sud e passando per Ai, il nemico deve essere prima pe­ netrato in Betel. - Per i tentativi di ricostruzione del v. 27h al fine d'includere l'emi­ stichio nel poema in questione cfr. sopra, p. 3 1 9 n. S ·

/s. ro,2 8-34

arco verso oriente che, superato per vie secondarie il Wadi e�­ �wenit, lo riporta sulla via principale per Nob. Malgrado la de­ viazione guadagnava tempo, perché in tal modo aggirava la roc­ ca di sbarramento di Mizpa (Teli en-Na�be), cfr. anche Nehem. J , I 4 - I 9. Al tempo stesso il lettore gerosolimitano poteva resta­ re momentaneamente incerto e chiedersi se il nemico sarebbe realmente avanzato verso il monte Sion o se all'ultimo istante non avrebbe piegato nella valle del Giordano. Per coprire la distanza di otto chilometri tra Betel e Mikmas, l'odierna Mu�­ mas, erano necessarie almeno due ore. Dapprima l'esercito a­ vrebbe incontrato Aiat, se accetta l'identificazione della locali­ tà con la biblica Ai e l'araba et-Teli, termini che significano en­ trambi «luogo di macerie» , cfr. los. 7,2; 8,9 e Nehem. 1 1 ,3 I . 1 7 Nel momento in cui si fosse rivolto a Migron 1 8 trasportando le armi e i bagagli a Mikmas, luogo evidentemente adatto a ta­ le scopo, cfr. 1 Sam. I J , I 6 e I Mach. 9 , 73 / 9 sarebbe stato chia­ ro che era Gerusalemme l'obiettivo dell'offensiva. Se per la not­ te bisognava accamparsi a Geba, l'odierna G eba', questa rocca di confine andava conquistata con un attacco a sorpresa, cfr. I Reg. I 5 ,22, prendendo prima col favore del crepuscolo il pas­ so di Mikmas, cfr. I Sam. I 3 ,2 3, sul corso superiore del Wadi e�-�wenit.10 I0,29b-3o. L'esplosione di panico nel territorio antistante Gerusalemme. Se l'apparizione dei nemici nelle località che si trovano di fronte a Gerusalemme scatena tanto panico signifi­ ca che l'attacco ha colto tutti di sorpresa e non ha lasciato il tempo di pensare a una fuga tempestiva dietro le mura di pro­ tezione della città santa. Al calar della notte, l'invasore ha or­ mai raggiunto i confini della Giudea, e nessuno sa esattamente 1 7. Cfr. G. Dalman, Paliistinische Wege und die Bedrohung ]erusalems jesaja

10: PJ 12 (1 9 1 6) 46 e Donner, ZDPV 84, 48. 1 8. La località è incerta. Dalman, 47, e Donner, p , si esprimono con differente riso­ lutezza a favore di Tell el-'Askar. 1 9. Cfr. la descrizione del luogo in Dalman, 48. 20. Cfr. Dalman, 4 8 s. ·

Il nemico che viene dal Nord

che cosa accadrà nelle prossime ore. Le colonne nemiche pote­ vano, quella notte, attraversare i villaggi o !asciarvi di stanza anche al mattino delle pattuglie per provvedere al vettovaglia­ mento, e darsi al saccheggio e alla violenza: in ogni caso l' aspet­ tativa generale non poteva essere che di sventura. Di fronte al­ la notizia dell'attacco alla roccaforte di Geba non era dunque ingiustificato il timore di Rama, l'odierna er-Ram, 21 situata a ovest di Geba, che qualche reparto dell'esercito durante la not­ te potesse attraversarla per rei m mettersi sulla via principale 22 e recarsi così più velocemente a N oh, il luogo di appostamento, dopo aver aggirato Mizpa. A Gabaa di Saul, un tempo resi­ denza del re omonimo sull'odierno Tell el-Fiil, cfr. 1 Sam. 1 0, 2 6 e 1 1 ,4, evidentemente tale eventualità era stata presa in con­ siderazione, preferendo la fuga per sfuggire al crudele conqui­ statore che avrebbe potuto uccidere, deportare o ridurre in schiavitù gli abitanti. Le grida di spavento si propagano da Gallim ad Anatot attraverso Laisa, forse non solo perché ci si aspettava che la marcia dell'esercito sarebbe passata attraverso questi villaggi, ma perché le avanguardie nemiche erano d'im­ provviso già davanti alle loro porte. Delle tre località solo Ana­ tot, cfr. ler. 1 , 1 , è sicuramente identificabile ed era un tempo situata a sud dell'odierna 'Anata, sul Ras el-I:farriibe.23 Forse Donner è nel giusto argomentando che, con le altre località qui menzionate, sono contemporaneamente invocate le tre vie per N ob che da Geba si aprono al conquistatore. Se si calcola una naturale continuazione dell'elenco da nord verso sud, si può proporre per Gallim Hirbet Er}:ta a sud di Rama, per Laisa Hirbet Ras et-Tawil, e, considerando anche le città menziona­ t� nella strof� s � ccessiva, per Madmena I:firbet el-'Adase, e per Gebim I:firbet Ka'kul, restando tuttavia nel campo delle pro­ babilità. 24 21. Cfr. K. Elliger, BHH 1 1 1 , 1 5 48 s. 23. Cfr. A. Alt, PJ 22 ( 1 926) 23 s.

22. Cfr. Donner, 50. 24. Cfr. Donner, 50 ss.

/s. 11,1-9

3 29

L'obiettivo è là davanti ! Già durante la notte il mo­ to di fuga si trasmette alle città situate immediatamente prima di Gerusalemme, Madmena e Gebim. Il nemico era alle porte e bisognava che i fuggitivi si affrettassero quanto più possibile se, col favore delle tenebre, volevano raggiungere prima di lui le mura della capitale. Nob, oggi situata sul monte Scopus, co­ stituiva il luogo di appostamento subito prima delle porte di Gerusalemme. - L'autore conosce talmente bene il proprio pae­ se da far quasi dimenticare che non compare come storiografo ma nei panni del profeta che predice l'ineluttabilità e inarre­ stabilità dell'assalto vittorioso contro Gerusalemme dell' eser­ cito escatologico delle nazioni. I O,J I -J.l.

I O,J 3-34· Il giudizio di J ahvé. Ciò che è stato riferito all'in­ tervento in extremis di Jahvé in favore della sua città, cfr. I o, I 6 ss., intendeva originariamente il compimento del suo giudizio di distruzione. Con violenza inaudita J ahvé si abbatte, come un boscaiolo sui suoi alberi, sulla città di Gerusalemme, per distruggere tutti, ricchi e poveri, cfr. 2, 1 2 ss. Il sotto bosco, cfr. 9, 1 7, potrebbe quindi raffigurare la gente comune, e i cedri del Libano l'aristocrazia di Sion.1s 1 1 , 1 -9. Il re di pace 1

Allora germoglia un pollone dal ceppo di lesse, un virgulto 'spunta' 1 dalle sue radici.

15.

Cfr. 2, 1 3 . - Ezech. 1 7,22 s., cfr. vv 3 s., dimostra che i cedri potevano riferirsi al­ legoricamente alla casa reale davidica; Ezech. 3 1 ,3 all'Assiria. Il cedro nell'apologo di 2 Reg. 1 4,9 è contrapposto al cardo: si sottolinea in tal modo la differenza tra chi è in alto e chi è in basso sulla scala sociale. - Barth, jesaja-Worte, 57 s. stacca il v. 33a co­ me introduzione a 1 1 , 1 , e individua in 27b-31 il testo che fa da ponte; i vv 3 3 b e 34 servirebbero allora da collegamento con la profezia messianica. Così facendo modifi­ ca !"interpretazione proposta per la prima volta da Herder e dopo di lui anche da Kai­ ser •-•. C'è tuttavia da chiedersi se sia lecito separare così nettamente i vv 33a e 3 3 b s., collegando tra loro i vv 33a e I 1 , 1 tanto strettamente quanto propone Barth. Deter­ minate tensioni sono peculiari dei testi escatologici di perdizione a partire da J , I ss. I. Con G, A, �, e, T e v leggi jiprap per jprh, «gioverà», di T.M. - Per il cosiddetto imperfetto a indicare azione simultanea cfr. Bobzin § 7, 1 b. .

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330 2

3 4

J 6

.7

8

/I re di pace

E su di lui riposa lo spirito di Jahvé, uno spirito di saggezza e d'intelligenza, uno spirito di consiglio e di fortezza, uno spirito di conoscenza e di timore di J ahvé. 1' I suoi occhi non giudicano secondo le apparenze, le sue orecchie non prendono decisioni per sentito dire. Ma giudica i miseri con giustizia e convoca in equità 'gli oppressi' 3 del paese.4 Con la verga della sua bocca colpisce 'l'oppressore' J 6 e uccide l'empio con il soffio delle sue labbra. La giustizia sarà cintura ai suoi fianchi e l'affidabilità 'la cinghia'7 dei suoi lombi. Allora il lupo dimorerà6 con l'agnello, mentre la pantera giacerà accanto al caEretto e il vitello e il leoncello 'pascoleranno' 8 insieme e un fanciullo saprà condurli . E la vacca e l'orsa 'stringeranno amicizia',9 mentre i loro piccoli giaceranno 6 insieme e il leone si ciberà di paglia triturata come i bovini. Allora il lattante si trastullerà sulla buca del cobra, 10 mentre 6 il bambino svezzato 'farà rotolare' 11 pietre 'sul covo' della vipera. 1 3 '

u

2. «E il suo è un odorare il timore di Jahvé e»: si tratta di un emistichio dovuto a dit­ tografia del v. 2b�, e, mancando l'emistichio parallelo, non è possibile rimediarvi neppure con una traduzione più elegante. 3· Leggi 'anijje, cfr. I0,2. 4· Oppure: della terra. Non è da escludere che sia un ampliamento posteriore, cfr. v . Io. 5· La lezione del T.M .: «il paese» è esclusa a motivo dell'assenza del parallelismo al v. 4b. Si tratta di un errore uditivo per un originario 'ari�. 6. Sull'impiego del c.d. imperfetto a indicare azione simultanea cfr. Bobzin § 7, I b. 7· Leggi con G.R. Driver, JThS 3 8 ( I 937) 39 s. 'esur per evitare la ripetizione. 8. Leggi con 1 Qlsa jimre'u in luogo di T.M. wemeri', «e bestiame da ingrasso». 9· In luogo di T.M. tir'ena, «pascolano», leggi tera'éna. IO. Cfr. Ps. s 8,4 s. L'identificazione si basa sull'attuale impiego dei Naia baie da parte dell'incantatore di serpenti. Cfr. W.F. Ferguson, Living Animals of the Bible, New York s.d., 69. I I. Con J. Reider, vr l ( 1 9 5 2) 1 1 5, leggi tdahdé, cfr. arabo dahdah; non vi è infatti motivo in questo contesto di preporre l'oggetto jado; in secondo luogo bada a que­ sto punto è sintatticamente impossibile. 1 2. Leggi me'arat. Anche me 'urat di T.M. potrebbe esser dovuto a errore uditivo. 1 3 . Vipera Palestinae, cfr. Ferguson, 69.

33 I

Is. r r,r-9 9

Non saranno più malvagi e non faranno più del male su tutto il mio santo monte; poiché il paese è pieno della conoscenza di J ahvé come l'acqua ricopre il mare.

I I , I -9. Mentre il capitolo I O sviluppava l'idea del giudizio com­ piuto su Gerusalemme da Assur e, al tempo stesso, su Assur da J ahvé, 14 il capitolo I I sposta l'attenzione sulla futura età di salvezza. La sua mancanza di unitarietà emerge subito se si considerano i vv. I o ss. : il nuovo attacco dei vv I o e 1 I mostra che qui ha inizio una serie di aggiunte.1 s Ma anche i restanti versetti I -9 non sono dovuti tutti alla medesima mano.1 6 Il v. 9 mescola citazioni tratte da 65,2 5 b e Abac. 2, 1 4, e nella sua seconda metà non fa riferimento agli animali menzionati ai vv . 6-8 . Nel suo insieme, questo versetto è in una certa tensio­ ne con i versetti I- 5, dal momento che la promessa giustizia perfetta del popolo rende superfluo l'intervento del re a pro­ tezione della classe socialmente debole. 17 Una contraddizione analoga emerge anche tra i vv 1 - 5 e 6-8 : la necessità che il re garantisca la pace sociale tra g1i uomini non corrisponde in un primo tempo alla pace universale nel regno della natura. È evi­ dente che la pace nella natura va intesa come conseguenza del governo assolutamente giusto della monarchia rinnovata, e la giustizia perfetta del popolo come effetto di questo dominio; in base a quanto è stato detto pare nondimeno consigliabile sepa­ rare non solo il v. 9, ma anche i vv 6-8 in quanto ampliamenti tematici del nucleo dell'oracolo, vv 1 - 5 . 18 Poiché il v. IO si ri.

.

.

.

1-4.

Cfr. sopra, pp. 16 s. e 18 s.

1 5 . Cfr. sotto, pp. 342 s.

16. Per la suddivisione cfr. anche sopra, p. 329 n. 25.

1 7. Cfr. Barth, jesaja- Worte, 6o. 1 8. In tal senso cfr. implicitamente Becker, lsaias, 27 ss. con la limitazione dell'oraco­ lo ai vv . 1 1 , 1 - 5 ; cfr. esplicitamente O. Eissfeldt, Einleitung in das Alte Testament, Tii­ bingen 3 1 964, 429 {tr. it. III, 39 s.); H.-J. Hennisson, Zukunftserwartung und Gegen­ wartskritik in der Verkundigung jesajas: EvTh 33 ( 1 973) 59 s.; Barth, ]esaja-Worte, 6o s. e Vermeylen I, 275 s.; più conciso Th. Lescow, Das Geburtsmotiv in den messia­ nischen Weissagungen: ZAW 79 ( 1 967) 1 8 8. - L'opinione tradizionale dell'unità di 1 1 , 1 - 8 (9) è infine sostenuta con forza da Kaiser '"4; Rehm, Messias, 1 8 5 ss.; Wildber-

332

Il re

di pace

fà ai vv 1 - 5 /9 non è escluso che i vv 6-8 (9 ) siano stati aggiun­ ti solo dopo l'inserzione del v. I O. Ma se si osserva il modo in cui i vv I 5 e 1 6 si collegano ai vv 1 2 ss. ci si rende subito conto che questa deduzione non è del tutto certa. Contrariamente all'opinione ancora oggi largamente diffu­ sa, nel nucleo centrale dell'oracolo, che si limiterebbe così ai vv I - 5 , non è possibile riconoscere una profezia isaiana. Il detto sull'Emmanuele in 7, 1 4h- 1 6ba si era rivelato un'aggiunta sal­ vifico-escatologica a un racconto che, per parte sua, era solo post-deuteronomistico, e anche la profezia messianica di 9, 1 -6 aveva dimostrato di essere sorta dopo la caduta del regno da­ vidico:10 manca quindi il punto di cristallizzazione per una si­ mile attribuzione. L'inizio dell'oracolo al v. 1, inoltre, mostra che esso va effettivamente inteso come continuazione, forse proprio di IO,J J - 34· 2 1 L'attesa del rinnovamento del regno dalle radici della dinastia rinvia comunque a un tempo in cui i da­ vididi avevano perduto il loro dominio.12 .

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.

.

1 I , 1 -5. Il rinnovamento del regno. Se la distruzione del re­ gno davidico durante la catastrofe del 5 87 era stata causata da Jahvé stesso/3 non doveva tuttavia trattarsi della sua ultima parola al riguardo. Al contrario, Jahvé avrebbe chiamato a reger ad loc. e K. Seybold, Das davidische Konigtum im Zeugnis der Propheten (FRLANT 1 07), Gottingen 1 972, 94· 19. Cfr. però Becker, lsaias, 62, il quale riferisce la «radice di lesse» del v. 10 alla comunità postesilica. 20. Cfr. sopra, pp. 2 1 8 s. e pp. 284 s. � I . Cfr. Vermeylen 1, 271 . - Presumibilmente )'aggiunta di I I , I ss. è dovuta a quella stessa mano che ha accolto anche 9, 1 ss. nel rotolo d'Isaia. Cfr. sopra, p. 16. �2. L'autenticità isaiana della profezia è stata contestata ad es. da H. Hackmann, Die Zukunftserwartungen des ]esaja, Gottingen 1 893 , 1 49; Cheyne, lntroduction, 63 ss.; Marti, Gray e Guthe ad loc. ; Budde, ZAW 41 ( 1 923) 1 89; le introduzioni di R.H. Pfeiffer, New York 1 94 1 ( 1 948), 43 8; O. Eissfeldt 3, 429 (tr. it. 1 1 1, 39) in riferimento a 1 1 ,6 ss .; inoltre S. Mowinckel, He that Cometh, Oxford 19 56, 1 7; }. Lindblom, Proph­ ecy in Ancient lsrael, Oxford 1962, 28 1 n. roo; M. Treves, VT 1 3 ( 1 963) 205 ; Th. Les­ cow, ZA W 79 ( 1 967) 1 88 ss.; G. Fohrer ad loc. e nella sua Geschichte der israelitischen Religion, Berlin 1 969, 3 56 ss.; VolJmer, Geschichtliche Ruckblicke, 1 80 ss. e Vermeylen I, 269 ss. 23. Cfr. sopra, p. 1 5 6.

!s. 11,1-9

333

gnare una linea laterale discendente dalle radici della dinastia, e le avrebbe donato il suo spirito affinché potesse rispondere a tutti i requisiti richiesti a un re. Volendo trovare una formula significativa per la figura di re qui delineata, e al tempo stesso sottolineare la differenza rispetto a 9, I ss., si potrà osservare con Theodor Lescow che ci sono presentati nella profezia in questione un Salomone escatologico, cfr. I Reg. 3 ,4 ss. I 6 ss., e in 9, I ss. un Davide escatologico. 24 Mentre in quest'ultimo pas­ so l'attesa è preminentemente rivolta alla liberazione dal giogo straniero, nella nostra profezia essa si volge all'interno. Questa sviluppa per dir così il tema - cominciato in 9,6 - della giusti­ zia che caratterizzerà il dominio di colui che deve venire. Con­ cretamente, si vedrà che anche qui è ravvisabile sullo sfondo l'ideale giudaico di re e il corrispondente rituale. 2 5 La dinastia davidica è paragonata al v. 1 a un albero di cui è rimasto esclusivamente il ceppo. Come questo può germoglia­ re di nuovo, così anche la stirpe regale deve rinnovarsi nel­ l' ambito della più ampia cerchia dei discendenti di lesse, padre del re Davide, I Sam. I 6, I ss.16 Come un tempo Davide era emerso all'improvviso dall'anonimato, così ora, dopo l'abdi­ cazione chiaramente definitiva dei davididi, per il popolo deve sorgere un nuovo Davide dalla stirpe degli antenati. In Mich. s , 1 è scritto, in modo enigmatico eppure in sostanza con il medesimo significato, che da Betlemme uscirà uno destinato a dominare su Israele, «le cui origini» vanno ricercate «nel pas­ sato, in epoche remote» . - La ricerca più recente si è chiesta se la metafora del virgulto che spunta dal ceppo sia stata scelta unicamente a motivo del suo evidente valore comparativo op­ pure se celi una relazione particolare tra il re e l'albero della vi­ ta. 27 Alla domanda si dovrà cautamente rispondere che non si 1.

24. ZAW 79 ( 1 967) 1 89. 2 5 . Cfr. anche sopra, pp. 282 s. 26. Cfr. Job 1 4,8 s. e Dan. I I ,7. 27. Cfr. I. Engnell, Studies in Divine Kingship in the Ancient Near East, Uppsal a 1 943 Oxford 2 1 967, 28 ss. e G. Widengren, The King and the Tree of Life in An=

3 34

li re

di pace

tratta né di una metafora creata ad hoc, né dell'allusione a una mitica concezione regale, bensì della ripresa di una concezio­ ne, evidentemente diffusa anche nei popoli semitici, che vede l'unione di un clan simile a un albero la cui forza risiede nelle radici.18 In questo modo risulta sufficientemente comprensibi­ le che il messia, qui come in ler. 2 3 , 5 e Zach. 3 ,8 ; 6, 1 2, sia vi­ sto come germoglio alla base dell'albero che è la sua famiglia. Il v. 2 riguarda il re futuro e i successori dell� sua stirpe 19 in quanto portatori dello spirito di Jahvé. L'azione di tale spirito è delineata con tre coppie di termini. In primo luogo conferirà al re sapienza e intelligenza. Il termine tradotto con sapienza in realtà si riferisce alla competenza, o in altre parole a «l'essere intelligenti e versati ai fini dell'impostazione pratica».30 Per quanto riguarda l'intelligenza, si tratta della capacità di discer­ nimento, l'intelletto.3 1 Il dominatore necessita di entrambe que­ ste doti se vuole prendere le sue decisioni in guerra e in tempo di pace giudicare con competenza e quindi rettamente. Pari­ menti anche Salomone, secondo 1 Reg. 3 ,9, chiese a J ahvé un cuore sapiente e intelligente. E quando, come si narra, nella li­ te tra le due donne che si contendevano un bambino seppe sco­ prire la verità, in Israele si riconobbe che possedeva la sapien­ za di Dio per rendere giustizia, 1 Reg. 3 ,28 . Il re futuro do­ vrà poi possedere consiglio, capacità di programma 31 e fortez­ za.33 Per quanto riguarda l'abilità progettuale, si tratta della ·capacità interiore di preparare un'azione e di metterla in prati­ ca secondo la propria volontà; nel presente contesto si riferisce alla capacità del re di prendere decisioni adeguate. Per portar2.

-

cient Near Eastern Religion (UV A 4), Uppsala I 9 p ; Idem, Sakrales Konigtum im Alten Testament und im judentum, Stuttgart 1 9 5 5 , 5 6 con la critica di Mowinckel, He that Cometh, 4 5 3 ss. 28. Cfr. gli esempi in Barth, jesaja-Worte, 70. 2.9. Neanche il re salvifico vive in eterno; cfr. 2 Sam. 7,1 2 ss. e Ps. 89,30 ss. 30. G. Fohrer, Die Weisheit im Alten Testament, in Studien zur alttestamentlichen Theologie und Geschichte (BZAW I I s), Berlin I 969, 2.43 · 3 I . Cfr. H. Ringgren, ThW AT 1, 62 I ss. (= GLAT I, 1 2. 5 5 ss.). 3 3 · Cfr. sopra, p. 2.80, a 9, 5 . 32.. Cfr. sopra, p. 2.80.

/s. I 1, 1-9

335

le a buon fine, inoltre, necessita dell'indispensabile forza. In questo senso il generale assiro chiede beffardamente al re Eze­ chia se ritenga che in guerra le semplici parole possano sosti­ tuire il consiglio e la forza, 2 Reg. I 8,20 par. Is . 3 6, 5. Ovvia­ mente, le due doti sono richieste non solo in guerra ma anche in tempo di pace, non essendovi dominio senza potenzi ale violenza. 34 Il pensiero e la volontà del re mandato da Dio so­ no uniti allo spirito divino affinché il suo governo non dege­ neri nell'autoesaltazione, ma serva la volontà divina nell'im­ posizione della giustizia su tutta la terra. - Non è dunque un caso se l'ultima coppia di termini, che descrive l'azione de llo spirito, è composta da conoscenza e timore di J ahvé: in tal mo­ do si ha un'autolimitazione di conoscenza e forza in quanto anche la persona più potente del mondo è subordinata a Dio. Conoscere e conoscenza per l'ebreo non sono processi pura­ mente intellettivi né mete da conquistare, ma comprendono l'intera persona e si esplicano quindi nel relativo rapporto con il noto ..H La conoscenza di Dio è dunque al contempo ricono­ scimento pratico di Dio, che si riflette nel pensiero e nell' azio­ ne. In questo contesto anche il timore di Jahvé non è la sem­ plice paura numinosa, bensì un atteggiamento morale.36 L'uo­ mo ha colto la divinità di Dio nella sua superiorità e forza pu­ nitiva, e teme dunque di operare contro la sua volontà, cfr. Prov. 3,7. Il dono dell'intelligenza e della saggezza, della volontà e del potere nella conoscenza e nel riconoscimento del Dio, al quale spettano sempre la forza e l'autorità massima, caratteriz­ zerà in eterno questo regno e non gli sarà mai più sottratto, 34·

Cfr. sopra, pp. 282 s. . 3 5 · Cfr. W. Schottroff, THAT 1, 690 ( DTAT I, 594 s.) e, per la conoscenza di Dio, ancora G.J. Botterweck, «Gott erkennen» im Sprachgebrauch des A Ts (BBB 2), Bonn 1 9 p , 97: Conoscere Dio «significa 'abbandonare' l'idolatria e il peccato, 'ritornare' a Jahvé e 'cercarlo', 'essere devoto' a lui e 'cernerlo', significa praticare l'amore, il diritto e la giustizia». Cfr. R. Bultmann, ThWNT 1, 696 ss. ( = GLNT I I, 480 ss.) e S. Mowin­ ckel, Die E rkenntnis Gottes bei den alttestamentlichen Propheten, Osio 194 I, 5 ss. 36. Cfr. J. Becker, Gottesfurcht im Alten Testament (AnBib 2 5), Roma 1 96h 2 5 8 s. e 222, nonché ad es. Prov. 1 ,7.29 e non ultimo Prov. 9,1 0. =

Il re di pace

diversamente da come accadde al regno di Saul, abbandonato dallo spirito di Jahvé, cfr. I Sam. I 1 ,6 con 1 6, I 4, e a quello di Davide, che alla fine perì. - L'idea che per governare il re ab­ bia bisogno dell'aiuto di J ahvé rientrava evidentemente nel pa­ trimonio di concezioni strettamente connesso alla monarchia giudaica. Ciò è testimoniato non solo dai passi già ricordati sul possesso dello spirito da parte di Saul e Salomone, ma anche da un testo come 2 Sam. 2 3,2 ss., le cosiddette «ultime parole di Davide», anch'esso composto nello stile di un inno regale di au­ toelogio, così come tramandato anche in Ps. 2,7 ss.37 Quando in 2 Sam. 23,3b si afferma che chi governa rettamente sugli uomini governa nel timore di Dio,

vi è accordo con il nostro v. 2b�. Il re possiede lo spirito di J ah­ vé, ed è possibile quindi affermare che in quanto giudice pro­ nuncia esclusivamente sentenze e oracoli infallibili, Prov. I 6, 1 o, oppure che J ahvé guida il suo cuore ovunque vuole, come ruscelli d'acqua.38 Da un punto di vista rituale, il conferimen­ to dello spirito al re era considerato collegato all'unzione, cfr. 2 Sam. 23 ,2 s.; I Sam. 1 6, I 3; /s. 6 1 , 1 . Di fatto, dunque, l'ideale del re ricolmo di spirito si rivela radicato nel rituale regale. Il nesso tra il v. 2 e i successivi vv. 3 - 5 è più stretto di quan­ to appaia a prima vista: ai vv. 3 e 4 si parla del modo di giudi­ care del re. Il v. 3 gli attribuisce la capacità di non lasciarsi in­ gannare da ciò che gli si vuoi far vedere o dare a intendere. Non bisognerà quindi far riferimento al monito a non giudi­ care la persona secondo l'apparenza, quale riportato ad es. in Prov. 1 8 , 5 e 24,23 ,39 quanto piuttosto a frasi come 1 Sam. I 6, 3 - 5.

3 7· Per Pantichità di 2 Sam. 23,3 ss. cfr. A.R. Johnson, Sacra/ Kingship in Ancient lsrael, Cardiff 1 1 967, 16 ss. con T. Veijola, Die ewige dynastie; AASF B 193 ( 1 975)

1o6; per testo e traduzione cfr. P.A.H. de Boer, SVT 4, Leiden 1 9 5 7, 47 ss. e O. Kai­ ser, Der Konigliche Knecht (FRLANT 70), Gottingen 19 59 2 1 962, 22 ss. 3 8 . Prov. 2 1 , 1 . Cfr. W. McKane, Proverbs (OTL), London 1 970, S 5 9 s. Di diverso pa­ rere H. Gese, Lehre und Wirklichkeit in der alten Weisheit, Tiibingen 1 9 5 8, 48. 39· Cfr. anche 3,9. =

337

/s. 1 1, 1-9

e 20,8, in cui si dice che il re condivide con Dio la facoltà di discernere il vero nelle cause che gli sono sottopo­ ste emettendo dunque un giusto verdetto. 7,

Prov.

1 6, r o

4· Nelle procedure giudiziarie affidate solo agli uomini è fin

troppo facile che posizione e influenza degli interessati abbia­ no un ruolo decisivo. Era perciò dovere esplicito di chi dete­ neva il potere difendere il diritto del più debole nella causa contro il più forte. È appena il caso di far notare che ciò, ov­ viamente, non comportava un appoggio ai deboli che fosse contrario alla legge.40 Proprio nella tutela del diritto dei so­ cialmente deboli entra in gioco il timor di Dio, poiché esso fa indietreggiare davanti al vendicatore divino e fa giudicare in modo imparziale ogni tipo di causa, cfr. Prov. 22,22 s. e Ex. 2.2,2 1 ss:P - Il v. 4b è piuttosto enigmatico: questo re «non ha bisogno di scettro, né di guardie del corpo, né di carnefice per eseguire le sue sentenze; una parola della sua bocca è sufficien­ te per uccidere istantaneamente l'empio».42 La parola del re non è puro mezzo di comunicazione o manifestazione di volontà, ma è resa partecipe della potenza della parola creatrice di Dio e dei profeti, cfr. Ps. 3 3 , 6 e O s. 6, 5 ; ler. 23 ,29; /s. 5 5 , 1 0 s.43 5· Per cintura non s'intende una qualche bandoliera, ma il pe­

rizoma indossato a contatto della pelle: una volta tolti tutti gli altri indumenti nascondeva l'inguine e, se vi infilava la veste sollevata, chi lo portava aveva una maggiore libertà di movi­ mento.44 Il re porta come fascia sui lombi la giustizia e l'affida40. Per i termini dal e 'ani cfr. sopra, p. 299· 4 I . Cfr. I, I 5 ss.; 5, I ss.8 ss. e I o, I ss. Per il dovere del re di tutelare il diritto nel suo popolo cfr. ad es. Ps. 72,2; inoltre Ps. 4 5 ,8 e I o i ; per il suo dovere di assistere i più de­ boli cfr. Ps. 4 5 , 5 ; 72,4. 1 2 s. e fs. 3 2, I s. Bisogna aggiungere che ogni stato dimostra di essere stato di diritto se e nella misura in cui tutela il diritto dei membri più deboli. 42. H. Gressmann, Der Messias (FRLANT 43), Gottingen I 929, 247. 43· Cfr. W.H. Schmidt, ThWAT n , 1 27 ss. 44· Cfr. HAL 26b s. v. 'ezor e M. Metzger, BHH 1, 6 I 5.

/I re di pace

bilità o fermezza,45 a significare che la sua rettitudine, costante e incrollabile, gli procura onore e libertà di azione. 46 Questa concezione della monarchia come istituzione chi a· mata a salvaguardare il diritto sulla terra non era specifica di Israele nel mondo circonvicino. Se ne possono addurre esempi tratti dalla società sumerica, babilonese e assira, egiziana e an­ che cananea. Da questo punto di vista, Israele non ha elabora­ to alcuna etica regale particolare.47 Anzi, insieme all'istituzione in sé, ha ripreso dai popoli vicini anche l'ideale e il rituale col1egati alla monarchia, cfr. anche 1 Sam. 8 , 5 .48 Tuttavia, a nostro parere, ciò che lo contraddistingue e lo rende unico è l'a­ vere atteso, dopo la caduta della monarchia, l'istituzione di un nuovo regno conforme alla volontà divina non solo nell'ideale ma anche nell'azione. La sua peculiarità è la fede messianica. •9 Nel testo in esame questa attesa si trova in una singolare con­ giunzione tra elementi dell'antica tradizione giudaica e pensie­ ro sapienziale. Quanto detto dovrebbe forse essere sufficiente a non collegarlo con eccessiva fretta all'intronizzazione di un re giudaico. �o La pace universale. È singolare che l'attesa del ritorno della pace primordiale, estesa a uomini e animali, nell'Antico 1 1 ,6-9.

4 5 · Per �edeq, giustizia, cfr. sopra, pp. 63 s., a I ,: u ; per 'emuna, l'affidabilità e la soli­ dità, cfr. ad es. Ex. 1 7, 1 2 . 46. Cfr. la formula della giustizia come sostegno del trono, sia esso del re, ad es. Prov. 1 6, 1 2, o di jahvé, ad es. Ps. 89, 1 5 e 97,2. 47· Cfr. E. Hammershaimb, On the Ethics of the 0/d Testament Prophets (SVT 7), Leiden 1 96o, 75 ss. e, per la corrispondente concezione di monarchia presso i sumeri, S.N. Kramer, The Sumerians, Chicago-London 1 963 (S 1 972) 83 s.; in Mesopotamia A.L. Oppenheim, Ancient Mesopotamia, Chicago-London 1964 ( 1 96 5), 1o2; presso gli egiziani H. Frankfort, Kingship and the Gods, Chicago 1 949 ( 1 9 5 5), 5 1 ss., e presso i cananei J. Gray, The Legacy of Canaan (SVT 5 ), Lei den I 9 57, I 6o s. 1 I 96 5 , 22 I. 48. Cfr. sopra, pp. 278 ss. 49· Sulla profezia di Nefertiti, AOT 1 , 46 ss., v. H. Brunner, Grundzuge einer Geschichte der altagypt. Literatur, Darmstadt 1966, 5 3 ss. La profezia in lingua greca di un va­ saio al tempo di un re di nome Amenofi, AOT\ 49 s., attiene a una tematica diversa. so. Cfr., contra, M.B. Crook, A Suggested Occasion for fs 9,2-7 and 1 1, 1-9: JBL 68 (I 949) 2 1 3 ss., Becker, lsaias, 28. Cfr. Vermeylen 1, 274 s. =

/s. 1 1,1-9

339

Testamento sia limitata al passo i n esame, alla breve ripresa in /s. 6 5 ,2 5 e a Os. 2,20. Accanto a questa vi è un altro tipo di at­ tesa, quella della scomparsa - ad opera di Jahvé nel tempo sal­ vifico - di ogni fiera, cfr. Ezech. 34,2 5 e inoltre /s. 3 5,9. Que­ sta ha trovato in seguito accoglienza anche in Lev. 26,6b.s1 Nel racconto sacerdotale della creazione emerge la concezione che ai tempi delle origini uomini e animali non si facessero recipro­ camente del male, ma, per disposizione divina, si accontentas­ sero di cibarsi di erbe, cfr. Gen. 1 ,29 ss. Tale concezione è chia­ ramente legata a un atteggiamento fondamentalmente ascetico­ vegetariano. Un analogo nesso è caratteristico anche dei paral­ leli greci; P qui, nella fede nella trasmigrazione dell'anima è possibile ritrovare anche le radici dell'idea di pace tra gli ani­ mali.53 Anche in questo caso l'idea è legata alla dottrina delle epoche del mondo. s4 - Per i testimoni veterotestamentari non è possibile stabilire le radici con analoga univocità. Se si esa­ mina la dottrina sacerdotale del vegetarianismo primordiale, è arduo ridurla a una semplice aspirazione alla sicurezza, proiet­ tata ai primordi. Bisognerà piuttosto presupporre una sensibi­ lità consapevole della colpa primordiale di ogni tipo di vita, legata al fatto che si è in grado di rimanere desti solo mercé la morte altrui. Ci si può inoltre chiedere - senza però poter of­ frire risposte certe - se la cronologia sacerdotale che guarda a un anno 4000 s s non celi anche una dottrina delle epoche del s I . Cfr. K . Elliger, HAT 1, 4, Tiibingen I 966, 365; inoltre Virgilio, Eclogae 4,22.24.

52. Cfr. B. Gatz, Weltalter, goldene Zeit und sinnverwandte Vorstellungen (Spuda­ smata I 6), Hildesheim I 967, I 5 5 s. e 171 . 5 3 · Cfr. ad es. Empedocle fr. I JOD con fr. 1 36 e 1 3 7D; quindi Porfirio, Vita Pythago­ rae 19; Giamblico, De vita Pythagorica 24, 107 s.; si veda anche W.K.C. Guthrie, A History of Greek Philosophy I, Cambridge I962 { 1 97 1 ), 1 5 5 ; Aristofane, Pax 1075 s.; Platone, Politicus 27Id6 ss.; 272d9 ss.; Leges 7 8 2 c; Orazio, Epodi 1 6,50 ss.; Ovidio, Metamorphoses I , Ioi ss.; 1 5,96 ss. e Fasti 4,3 95 ss. S4· Cfr. ad es. Empedocle fr. 1 7 e Platone, Politicus 269-274. 5 5 · Cfr. P.R. Ackroyd, Exile and Restoration (OTL), London 1 968, 9 1 . - Sull'esote­ rismo nel giudaismo tardo cfr. Joachim Jeremias, Die Abendmahlsworte ]esu, Gottin­ gen 3 I 960, 1 1 9 ss. {tr. i t. I 5 1 ss.).

340

Il re di pace

mondo trattata come conoscenza di tipo esoterico: in tal caso potrebbe essere presente anche qui l'attesa di un ritorno del tempo primordiale, per quanto ciò paia contraddire Gen. 9· Ma questa considerazione richiama di necessità alla mente anche la differenza tra le dottrine filosofiche greche sulle epoche del mondo - che si attendono un capovolgimento periodico, qua­ le quello espresso nel noto frammento di Eraclito 3oD 56 - e l'e­ scatologia giudaica: quest'ultima punta a un regno di pace inau­ gurato in maniera definitiva, la cui durata è garantita dal do­ minio dello spirito stesso di Jahvé, cfr. v .1 e 9,6, come pure Or. Sib. 3,767 ss. e 78 5 ss. Se si interroga il testo in questione, esso esprime, in defini­ tiva, esclusivamente l'anelito a una vita priva di pericoli. Se le belve pascolano insieme agli animali domestici, ciò significa che il contadino non deve più aspettarsi perdite nelle greggi. Se un fanciullo è in grado di portare al pascolo un gregge, vuoi dire che il compito del pastore è divenuto idilliaco, sicuro. Sarebbe nondimeno riduttivo vedere in questa pericope solo la pro­ messa di un futuro privo di mali, ignorandone quei tratti che rimandano a una reale trasformazione della natura degli ani­ mali. In questo mondo, un leone che si nutre di fieno è un fe­ nomeno innaturale, anormale. Non potrebbe mai mangiare paglia accanto alla mucca, ma, secondo la sua natura, la divo­ rerebbe. E se lattanti e bambini possono giocare con serpenti velenosi senza esserne uccisi, ciò significa che l'antica ostilità tra la stirpe della donna e quella del serpente è stata eliminata, Gen. J, 1 5 . Il testo esprime quindi molto meno di quanto non sottintenda, motivo per cui c'è da chiedersi se non sia stato tratto da un contesto più compiuto per essere in seguito inse­ rito dove si trova attualmente. ·

.

s6. «Quest'ordine cosmico, lo stesso per tutti (gli esseri), non è stato creato né da uno degli dei né da uno degli uomini, ma esisteva da sempre, è e sarà fuoco eternamente vivo, che si ravviva a suo tempo e a suo tempo si spegne». Cfr. Guthrie 1, 454 ss. - Cfr. inoltre ad es. Platone, Politicus 269-274 e K. Gaiser, Platons ungeschriebene Lehre, Stuttgart 1 1 968, 205 ss.

/s. I I,I-9

34 1

9· Il v. 9a riprende le attese che i vv . 6-8 esprimevano citando /s. 6 5 , 2 5 b e le riduce ancora all'idea della futura eliminazione

di ogni male e di ogni pericolo, idea che peraltro pare avere influenzato anche la concezione sumerica della pace tra gli animali nel paradiso.57 Il v. 9b riprende A bac. 2, 1 4 e, assicu­ rando che regnerà ovunque la vera conoscenza di Dio, stabili­ sce un nesso esplicito tra l'attesa del futuro dominatore, che si occuperà della giustizia assoluta nel paese - o forse è meglio dire: «sulla terra» ? - e l'attesa della pace tra gli animali. Si è vi­ sto sopra che a questa conoscenza corrisponde un retto agire.s8 La minaccia che gli animali costituiscono per l'uomo è quindi intesa come conseguenza della colpa umana e della punizione divina, cfr. Lev. 26,22. Sarebbe facile ridurre al silenzio questo testo ricorrendo al­ la teoria evolutiva o ridicolizzarlo come mero sogno, dal mo­ mento che si basa sull'idea di una beata età primordiale; né al tempo stesso risulta difficile esortare sia i popoli sia il singolo a fare ciò che è in proprio potere affinché vi sia finalmente una maggiore giustizia sulla terra e la natura cessi d'incutere terro­ re. Se ci s'interroga su come riuscire a conseguire entrambi que­ sti obiettivi, ci si trova davanti all'alternativa tra un'anarchia guidata dallo spirito e uno stato amministrativo totalitario. La prima presuppone che, come per incanto, tutti gli uomini rice­ vano un cuore e uno spirito nuovi e, pur auspicando l'abolizio­ ne di ogni signoria, rientrerebbe dunque nella situazione pro­ spettata ai vv. 1 - 5 . Senza il rinnovamento dell'uomo, l'anar­ chia produrrebbe solo il caos, non una pace cosmica eterna. Si­ no al momento di questo eschaton, perciò, ci si dovrebbe limi­ tare a una politica dei piccoli passi, a cercare di divenire persos7. Cfr. il mito di Dilmun nell'epopea di Enki e Ninhursag ANET 1 - 3, 38a; in tedesco con commento in H. Gross, Die Idee des ewigen und allgemeinen Weltfriedens im Alten Orient und im Alten Testament: TThSt 7 ( 1 967) 1 7 ss.; cfr. inoltre l'epopea di Enmerkar e il signore di Aratta 1 36 ss. ivi, 23 ss., e, più in generale, il tema del sel­ vaggio che vive in armonia con gli animali nell'epopea di Gilgamesh, tav. 1, in A. Schott e W. von Soden, Reclam 723 5/3 5 a, Stuttgart 1 9 5 8 ( 1 974), 20 o Gross, 27 s. sS. Cfr. sopra, p. 3 36.

3 42

Aspetti del tempo salvifico

nalmente più giusti e a rendere il proprio mondo più giusto. Il mondo amministrato in modo totalitario è un incubo, come ben sa chi lo ha potuto immaginare fin nei minimi particolari leggendo «Mondo Nuovo» di Aldous Huxley. È importante riscoprire il senso della colpa primordiale della nostra vita, an­ corché sia e�sa una colpa inevitabile, a motivo dei vincoli tec­ nici e della continua crescita della popolazione; è importante riconoscere che la nostra vita è resa possibile dal sacrificio di quella altrui, e che si realizza solo mercé il dono di sé agli altri. Ciò condurrebbe a un rispetto nuovo della vita, in primo luo­ go di quella degli altri esseri umani, ma anche, poi, di quella animale, essendo la vita, in definitiva, una sola. Solo un tale ri­ spetto sarebbe in grado di porre precisi limiti a ciò che noi facciamo con la vita altrui,S9 e rendere la vita, umana e animale, degna di essere vissuta. Con ciò, tuttavia, l'orizzonte del futuro ultimo di noi tutti non è ancora raggiunto. Resta, come sempre, aperto il pro­ blema da dove provenga la nostra vita: quale sia il fondamento suo e del nostro mondo, a cosa tenda. Siamo certi che l'origine comune della vita, Dio, non sia più suo e nostro scopo, e al tempo stesso quella forza di trasformazione nella cui forma si rivela già adesso a colui che riceve fiducioso da Dio i propri giorni ?60

Aspetti del tempo salvifico (I I o- I 6) r,

In 1 r , I o- I 6 vi sono almeno tre e forse quattro aggiunte che completano da diversi punti di vista il quadro dell'età messia­ nica abbozzato in I r , I -9. Il nuovo inizio dei vv. r o e I I , carat­ terizzato dalla formula di rimprovero «avverrà in quel giors9. L'intervento di Albert Schweitzer per il rispetto della vita, cfr. Kultur und Ethik

XXI s., Miinchen 1 960, 3 2 8 ss., non è espressione di nostalgia bensì della consapevo­

lezza che, a motivo dell'unicità della vita, se diminuisce il rispetto per la vita degli animali diminuisce anche quello per la vita degli uomini. - Per la posizione degli animali nel pensiero religioso e nell'agire dell'uomo cfr. anche E. Rudolph, Vertrieben aus Eden , Miinchen 1 979. 6o. Cfr. Rom. 8, 1 8 ss.

/s. 11, 10

343

no», mostra, grazie al mutamento di tema, che iniziano qui ag­ giunte indipendenti. Il v. I o promette che il re del tempo sal­ vifico sarà riconosciuto signore anche dalle altre nazioni della terra. I vv. I I e I 2 assicurano che il resto del popolo di Dio, disperso ovunque, sarà raccolto e ricondotto in patria. I vv. I 3 e I 4 considerano la restaurazione della sua unità interna e quel­ la del territorio del regno, e vanno quindi considerati una pro­ babile integrazione dei due versetti che precedono. I vv. I 5 e I 6, che annunciano la preparazione di una strada per quanti ritornano, si collocano obiettivamente prima dei vv. 1 3 e I 4 e sono quindi chiaramente un'aggiunta indipendente. 1 I , I o.

xo

Il segnale per le nazioni

E avverrà in quel giorno: la radice di lesse che è come un segnale per i popoli, a essa si volgeranno i pagani e il suo luogo di sosta sarà gloria.

1 I , I o. Il v. 10 si ricollega più strettamente dei versetti successi­ vi a I I, I ss. A differenza di I I , I, tuttavia, non parla del germo­

glio spuntato dalla radice di lesse, bensì della radice stessa. N o n è il caso di approfondire qui se si tratti di una circonlocuzione volutamente enigmatica per descrivere il messia in quanto tale o se l'autore pensasse non al singolo re ma a tutta la dinastia rinnovata, nell'infinita successione dei suoi esponenti. 1 Con­ cretamente tale distinzione non è di particolare importanza; ciò che si dice a proposito di un re, infatti, vale comunque an­ che per i suoi successori, e ciò che è promesso alla dinastia co­ involge comunque tutti i suoi membri: l'essere cioè il segnale 2 eretto da J ahvé per tutti i popoli, il luogo, quindi, in cui essi si recheranno per trovare giudizio nelle controversie.3 Nel rico1. Becker, /saias, 62., per radice di lesse intende la comunità postesilica. Del suo stesso parere sono Barth,]esaja- Worte, 59, e Vermeylen I, 2.77. 2.. Cfr. 1 8,3; 49,2.2.; 62., 10 e I J ,l.. - Cfr. v. 1 .2.. 3· Cfr. ad es. Ex. x 8,1 5 ; 2 Reg. 8,8 e Deut. 19, 1 7 ss.

3 44

Il popolo di Dio riunificato

noscimento universale dei re della stirpe di lesse, padre di Da­ vide, cfr. I Sam. I 6, I ss., giungerebbe finalmente a compimen­ to quanto era stato promesso in tempi remoti ai re di Gerusa­ lemme, cfr. Ps. 2,8; I 8 ,4 I ss. e 72,8 ss.4 Il luogo di sosta 5 in questo contesto indica il palazzo reale con il tempio, cfr. I Reg. 7, 1 ss., o tutta la città di Gerusalemme. La gloria promessa alla nuova stirpe regale va sicuramente collegata ai doni che i po­ poli e i re porteranno a chi regnerà sul trono di Davide, cfr. Ps. 72, I o; 68,30; /s. 60,9 ss. Nella città di Dio, in cui regna il rap­ presentante terreno di Jahvé, affluiranno tutte le ricchezze del mondo. Si ribadisce qui che l'universo gli è sottomesso e lo ri­ conosce per quello che è. Il pellegrinaggio delle nazioni al mon­ te Sion, promesso in 2,2 ss., è qui incentrato sulla figura del re. 1

I , I I - 1 4·

I1

Il popolo di Dio riunificato

E avverrà in quel giorno:

il Signore 'stenderà' 1 di nuovo la sua mano

per riscattare il resto del suo popolo superstite dall'Assiria e dall'Egitto, da Patros e da Kush e da Elam e da Sennaar e da Amat e d alle isole del mare. 12 Allora erigerà un segnale per i pagani e radunerà gli sbandati d'Israele e recupererà i dispersi di Giuda dai quattro angoli della terra. I 3 Allora cesserà la gelosia di Efraim e gli oppressori di Giuda saranno 2 sterminati. Efraim non combatterà (più) contro Giuda e Giuda non opprimerà (più) Efraim. Cfr. l'eco di questa attesa in Ps. Sal. I 7,30 ss. La mtnuba, il luogo di sosta, indica ovviamente il posto in cui sosta un gregge, Ps. 2 3 ,2, oppure una carovana, Num. I O,J J · In senso figurato è la terra promessa, desti­ nata al riposo del popolo d'Israele, Deut. 1 2,9; Ps. 9 5 , u ; cfr. anche /s. 28 , 1 2 , e il tem­ pio in cui si riponeva l'arca dell'alleanza, Ps. I J 2,8 . 1 4. 1 . In luogo di iènzt, «per la seconda volta», leggi ft'èt, cfr. G., nonché v. 1 2a e 49,22. 2. Sull'impiego del c.d. imperfetto a indicare azione simultanea cfr. Bobzin § 7, 1 b.

4· 5.

34 5

[s. 1 1,1 1-14 14

Allora voleranno 'sul pendio,3 dei filistei verso il del mare, deruberanno insieme i figli dell'oriente. Edom e Moab saranno nella 'stretta'4 della loro mano, e gli ammoniti saranno loro schiavi.

1 1 , 1 1 - 1 .2. Il ritorno della diaspora. La maggior parte del po­

polo israelita d'età postesilica viveva nell'esilio mesopotamico, la gola, e in una dispersione, la diaspora, che espandendosi lun­ go le coste del Mediterraneo orientale si era concentrata soprat­ tutto in Egitto. La consapevolezza di questa situazione spinse un lettore che ne aveva l'autorità a compiere un'integrazione che annunciasse il ritorno in patria del popolo. Per l'ebreo, in­ fatti, il tempo salvifico in senso pieno comporta anche la piena restaurazione del popolo d'Israele nella sua terra nonché il ri­ stabilimento del regno nei confini di Davide, come si evince dai vv . I 3 e I 4 · s Di conseguenza, il profeta scriba assicura che Jahvé, come una volta aveva salvato il suo popolo dall'Egitto, libererà 6 ancora una volta ciò che ne resta, dopo la divisione nei due regni e la dispersione in tutto il mondo seguita alla lo­ ro rovina/ Poiché il regno d'Israele è stato deportato dagli assiri, cfr. 2 Reg I 7,6; Esdr. 4,2. I o, e quello di Giuda dai babi­ lonesi, cfr. 2 R eg. 24, 1 5 s. e 2 5 , 1 I, ci si aspetterebbe la menzio­ ne di Assur e Babilonia, non quella dell'Assiria e dell'Egitto. Forse l'autore in questa variazione dipende dalla descrizione del Cronista, secondo il quale la gola giudaica ha fatto ritorno in patria sotto il re persiano Ciro, cfr. 2 Chron. 3 6,23 ; Esdr. 2, 1 ss. par. Nehem. 7, 5 ss. La vasta diaspora egiziana, sulla cui ori­ gine ler. 4 2 ss. dà una versione ovviamente non meno tenden­ ziosa,8 dovrebbe anch'essa essere stata presa in considerazio.

3· In luogo dello st. abs. leggi i] costr. ketep. 4· Leggi misloap. J · Per lo sviluppo di questa concezione e per i suoi paralleli in Abd. 1 9 ss.; Mich. 7,7 ss. e Zach. I O,J ss. cfr. Barth, jesaja Worte, 5 8. 6. Il verbo qana, come pada, non intende in questo caso l'atto della vendita o del ri­ scatto ad es. di uno schiavo, Ex. 2 1 ,2; Nehem. 5,8, quanto più in generale la liberazio­ ne. Cfr. Os. 7, 1 3 ; ler. J I , I 1; Ps. 44,27 e in particolare ad es. Deut. 9,26 e Nehem. 1 , 10. 7· Per i quattro angoli della terra cfr. anche /oh 37,3 ; 38,1 3 ; /s. 24, 1 6 e Ezech. 7,2 . 8. Cfr. K . Pohlmann, Studien z. jeremiabuch (FRLANT 1 1 8), Gottingen 1 978, 1 4 5 ss. -

Il popolo di Dio riunificato

ne.9 - L'annuncio stesso del ritorno in patria del popolo di Dio da ogni angolo della terra potrebbe essere stato ripreso dalla profezia del Deutero- e Trito-Isaia, cfr. 49,22 s.; 60,4 e 4 3 , 5 ss. Come un tempo J ahvé aveva dato ai nemici il segnale per at­ taccare la città divina, e come l'avrebbe dato ancora una volta nel tempo escatologico, cfr. 5 ,26, così innalzerà il segnale per le nazioni pagane affinché riconducano in patria il suo popo­ lo. 10 Al v. I I ba 2 � la lista dei luoghi di residenza del popolo di Dio disperso, il cui criterio di scelta è arduo da individuare, potrebbe essere un'aggiunta. Questa riflette verisimilmente cir­ costanze storiche contemporanee. L'elenco si aggancia all'Egit­ to appena menzionato (e inteso nel senso di basso Egitto); pro­ segue.ndo da nord verso sud nomina poi l'Alto Egitto 1 1 e la Nubi a, 11 si sposta a oriente e ricorda Elam, la regione a est di Babilonia che consentiva di passare nell'alto Iran e la cui capi­ tale, Susa, ospitava la residenza dei re persiani e un forte grup­ po giudaico. Caduta nelle mani di Alessandro Magno, essa ri­ mase in mano seleucide finché, dopo la morte di Antioco I I I , si staccò dalla confederazione del regno e fu immediatamente conquistata dai parti. Il Babilonia compare sotto l'antico nome di Sennaar 14 a mo' di tributo verso la storia e l'attualità. Non è chiaro il motivo per cui tra le città siriane sia stata scelta pro­ prio Amat.1 s Si può solo supporre che al tempo della redazio-

.9·

Bisognerebbe ammettere che la menzione dei due centri intende mettere in risalto

la realtà politica di un giudaismo schiacciato tra il regno dei Seleucidi (Assiria) e

quello dei Tolemei (Egitto}. Ciò potrebbe valere come indizio per u�a datazione di questa aggiunta alla prima età ellenistica. I O. Cfr. sopra, a 1 I , Io. I I . Sul nome Patros attribuito alla regione cfr. O. Kaiser, BHH III, 1400, e Gen. 10, 14; ler. 44, I . 1 5 e Ezech. 30, 14. 1 2. Per la Nubia, definita Kush secondo il modello egiziano, cfr. Ezech. 29,Io; Gen. 10,6.8; fs. I 8 , I ; 43,3; 4 5 , 1 4 e inoltre Th. Schlatter, s.v. Mohrenland, CBLs/z, 9 1 3 s. 13. Su Elam cfr. 2 2,6; Esdr. 2,7; Nehem. 7, 1 2 e A et. 2,9; al riguardo cfr. anche W. Hinz, BHH I, 3 89 s. - Per Susa cfr. Nehem. I , I ; Dan. 8,2 e Esth. 1 ,2 5; 3 , 1 5 ; inoltre J. Du­ chesne-Guillemin, KP v, 437· 14. Cfr. Gen. I o, Io s.; 1 1 ,2 ss.; Zach. 5 , 1 1 ; Dan. 1 , 2 e, ad es., G. Wallis, BHH 111, I 8os . 1 5 . Si tratta dell'odierna Hama sull'Oronte. Cfr. K. Elliger, BHH II, 629 s., e Gen. 10, 1 8; 2 Sam. 8,9; 2 Reg. I 8,34 par. /s. 36, 19; /s. 10,9; Zach. 9,2 e 1 Mach. 1 2,25 · .

347

/s. 1111 1-14

ne di questa profezia vi si trovasse una colonia giudaica parti­ colarmente influente. L'indicazione «isole del mare» non si li­ mita alla costa siro-fenicia, cfr. 20,6 e 2 3 ,2, ma comprende tut­ ta la comunità giudaica che risedeva sulla costa orientale e set­ tentrionale del Mediterraneo orientale, dell'Egeo e delle loro isole. 1 6 Per la madrepatria, almeno per quanto riguarda la let­ teratura religiosa, i contorni geografici di questa regione sono rimasti sempre singolarmente indistinti, cfr. Ecclus 47, 1 6, ma anche Apoc. 1 6,20. 17 restaurazione d'Israele e del suo regno. Si può ben comprendere come un libro profetico che, come il rotolo d'Isaia nei capp. 7 e 8 e verisimilmente anche in 9,20, alluda tanto chiaramente all'ostilità tra i due regni e popoli fratelli Israele e Giuda, abbia indotto un lettore a riflettere sul rap­ porto che li avrebbe legati nel tempo salvifico. La speranza che Jahvé avrebbe radunato il resto dei due popoli, espressa nei due versetti che precedono, rendeva inevitabile una presa di posi­ zione. Poiché il rapporto tra la comunità gerosolimitana e il re­ sto della popolazione israelita nella regione centrale di Efraim restò teso anche durante l'età persiana/ 8 e anzi si inasprì ulte­ riormente dopo l'erezione da parte degli efraimiti di un loro tempio sul monte Garizim/9 la questione si imponeva non so­ lo dal punto di vista storico, in base alle Scritture, ma anche co­ me problema di attualità. Allo scisma vero e proprio tra i giu­ dei e gli israeliti che ora si consideravano samaritani si giunse però solo nella seconda metà del II secolo a. C. 20 - L'ambizio­ ne del nord, profondamente radicata nella storia, di essere il ve­ ro Israele e di possedere il diritto alla supremazia, cfr. Gen. 49, 1 1 ,1 3 - 1 4. La

16. Cfr. Gen. Io, s ; ler. 47�; Ezech . .17,6; ma anche Ezech .17, 1 s .

e

non ultimo /oe/ 4,6.

1 7. Cfr. A. Schwarzenbach, BHW 11, 767. 1 8. Cfr. R. C. Coggins, Samaritans and ]ewS: The Origin ofSamaritanism Reconsider­ ed, Oxford 197 5 , So s.

1 9. Cfr. H.G. Kippenberg, Garizim und Synagoge (RGGV 30), Berlin - New York 1 97 1 , 57 ss. e Coggins, Ioo e 1 1 3. .10. Cfr. Kippenberg, 85 ss. e Coggins, 1 1 3 ss.

Ilpopolo di Dio riunificato 2 2 ss. e Deut. 3 3 , I 3 ss., aveva ripetutamente provocato la gelo­ sia nei confronti del sud, scaricandosi in atti di violenza come la guerra siro-efraimita. 21 Viceversa, Giuda aveva certamente sfruttato le debolezze del popolo fratello. Con l'inaugurazio­ ne del tempo salvifico, i nemici di Giuda sono sgominati in Efraim e l'ostilità tra i due popoli cessa, cosicché essi, anziché dilaniarsi reciprocamente, possono allearsi e rivolgersi contro i loro antichi nemici limitrofi. Come in Ezech. 34,2 3 ; 3 7, I 5 ss. e non ultimo in Ier. 3, I 8 e 3 I ,3 I , si fa qui nuovamente sentire la voce della speranza nel Grande Israele.

A questa speranza fa riscontro l'attesa della restaurazione del regno di Davide. Simili all'aquila, i popoli fratelli riunifica­ ti si scaglieranno sui loro vicini, cfr. anche Abac. I ,8 . Il primo obiettivo sarà la sottomissione dei filistei, cfr. 2 Sam. 8, I, che avevano conservato la propria lingua fino al v secolo a. C., Ne­ hem. I 3 ,24, e che, a quel che pare, poterono conservare i propri usi e costumi anche all'interno della satrapia persiana, cfr. 1 Mach. 5 ,68, menzionata da Erodoto al quinto posto.2 2 Analo­ gamente anche in oriente i due fratelli riunificati avrebbero con­ quistato le regioni abitate, spingendosi fino al deserto siro-ara­ bo, 2 3 per saccheggiar! e. Per quanto concerne il bottino, si trat­ terà non solo di mandrie e greggi, cfr. Iob 1 , 3, ma anche dei tesori di città carovaniere quali TadmorfPalmira. - Queste scor­ rerie presuppongono ciò che il v. I 4b afferma esplicitamente, e cioè che anche Edom, cfr. 2 Sam. 8, 1 4/4 Moab, cfr. 2 Sam. 8, 2, 1 s e Amman, cfr. 2 Sam. I 2,26 ss.,2 6 saranno loro nuovamente 14.

1 1 . Cfr. sopra, pp. 199 s. Erodoto 3,9 1 ; cfr. O. Leuze, Die Satrapieneinteilung in Syrien und im Zweistrom._ lande von J20-J 2 0 (SKGG 1 1,4), Halle 193 5 Hildesheim 1 972, roo ss. 11.

=

13. Per i figli dell'Oriente cfr. Gen. 19, 1 ; Iud. 6,3 .33; 7, 1 2; 8 , 1 o; Ier. 49,1 8 e Ezech. 1 5 , 4. 1 0; si veda anche O. Eissfeldt, Kl. Schriften 111, 196 ss. 14. Per la sorte degli edomiti in età postesilica cfr. J.R. Bartlett, From Edomites to Nabataeans: A Study in Continuity: PEQ 1 0 1 ( 1 979) 5 3 ss. 2 5 . Per il declino dei moabiti cfr. A .H. van Zyl, The Moabites (POS 3), Leiden 1 960, 1 5 7 ss. e ATD 1 8, 54·

/s.

3 49

I I, IJ-16

sottomesse. È appena il caso di osservare che tra la speranza cristiana del regno e questa, prettamente terrena, vi è un con­ trasto molto evidente. -

1 1 ,1 5-1 6. La strada per i reduci xs

16

l

Allora Jahvé 'prosciugherà' 1 la lingua di mare dell 'Egitto e tenderà2 la sua mano contro il fiume3 con il suo potente4 impeto, E lo smembrerà in sette ruscelli e sarà possibile passarlo con i sandali. Allora si formerà una strada per il resto del suo popolo superstite dall'Assiria, come si era formata per Israele quando uscì dal paese d'Egitto.

I, I s - 1 6. Con la ripresa del tema della strada approntata al po­

polo che fa ritorno dalla prigionia,S - tema tipico tratto dalla profezia del D eutero-Isaia -, il quadro del tempo salvifico si perfeziona: J ahvé stesso appianerà gli ostacoli naturali, e i re­ duci troveranno sgombra la strada. Secondo la tipologia con­ nessa a questa attesa, per la quale il futuro agire salvifico di Jah­ vé corrisponde a quello del tempo primordiale, la strada per la diaspora egiziana passerà di nuovo per il mare, 6 mentre in realtà non dovrebbe esservene motivo viste le mutate condi­ zioni del tempo salvifico. Ciononostante, il mare sarà prosciu­ gato a tale scopo/ In maniera analoga J ahvé tenderà minaccio­ .t6. SulJa sorte toccata agli ammoniti cfr. F. Schmidtke, LThK2 1 , 443 · 1 . In luogo di w�heberim, «e voterà all'anatema», leggi wttheberib. L'errore è sorto a motivo di uno scambio di lettura tra m e b. 2. Per il significato di henip cfr. J. Milgrom, IEJ 2.1 (1 972) 34 s. 3· Come in 8 ,7 anche qui s'intende l'Eufrate. 4· L'origine della lezione 'ajam è oscura. Per i tentativi d'interpretazione cfr. la critica di Wildberger ad loc. La congettura più probabile resta comunque 'o�em. A ogni mo­

do, G, T e V indicano che l'oggetto è il potere o la violenza dell'impeto divino. S· Cfr. 40,3; 4 1 , 1 7 ss.; 42, 1 5 ss .; 43, 1 ss. e 3 5 , 1 ss. 6. L'espressione, presente solo in questo passo, potrebbe indicare il Mar Rosso, cfr. Ex. I J , I S; 1 5 ,4; Num. 1 4,25 ; Ps. 106,7 e 1 36, 1 5 ecc. Cfr. Barth , jesaja Worte, 1 9 n. 9· 7 · Cfr. so,2; s I,Io; 2 Reg. 1 9,24 par. /s. 37,25; Nah. 1 ,4; Ps. 1 06,9. -

3 50

L 'inno di ringraziamento dei redenti

samente la mano contro l'Eufrate:8 grazie a un vento d'orien­ te 9 lo smembrerà in sette ruscelli, numero che rappresenta una molteplicità indefinita, ro cosicché sarà possibile attraversarlo senza neanche togliersi i sandali. Si creeranno così le condi­ zioni per il ritorno del resto del popolo che risedeva in orien­ te, cfr. v. I I, per il quale, come in 40,3, grazie all'intervento di­ vino sarà certamente costruita una strada affatto particolare. La profezia del v. 1 6 si concentra sul popolo superstite dal­ l'Assiria sicuramente non solo in conseguenza per dir così meccanica del ricorso al v. 1 I : è piuttosto segno che l'autore si è trasferito artificiosamente nella situazione storica del profeta Isaia, o un'indicazione del fatto che viveva, come il redattore di Esdr. 6,22, nella prima età ellenistica. II

1 2 , 1 -6.

I

2.

L'inno di ringraziamento dei redenti

In quel giorno dirai: «Ti lodo, Jahvé, perché dopo essere stato in collera la tua ira 'si è placata' 1 'e mi hai consolato'.1 Ecco, Dio 3 è il mio aiuto, io confido e non ho timore, perché mia forza 'e mia potenza'• è Jah' ' ,5 egli mi è stato di aiuto».

8 . Cfr. /oh 3 I ,2. I ; /s. 10. Cfr. Ecci. 1 I , 2 .

e 1 9, I6. 9 · Cfr. Ex. I 4,2. I e /s. 4f.0,7. I 1 . Cfr. 49, I I ; 62, 1 0 e infine I 9,2.3.

I O,J2

1 . Nonostante l'intervento di Wildberger a favore delle forme predicative del T.M., queste andranno considerate conseguenza di modifiche testuali secondarie apportate da una generazione posteriore, ancora in attesa della salvezza; in base al contesto si leggerà dunque wajjasob. 2. Per i motivi elencati in n. I , leggi watttnabameni. 3· I Qisa legge 'el 'el, «presso Dio», lezione possibile ma dovuta forse a dittografia. 4· Con il Samaritano a Ex. I 5 ,2., G e V leggi zimrati. Vi è forse aplografia meccanica dello j davanti al nome divino. Per il materiale in 1 Qlsa cfr. anche Sh. Talmon, VT 4 ( 1 9 5 4) 207. - Per il significato di zimra n cfr. Zorell, KBL e HAL s. v. Poiché tutte le versioni traducono con «canto», c'è da chiedersi se la formula, al tempo della sua col­ locazione in questo testo, non fosse intesa ancora nel suo significato originario. Cfr. S.E. Loewenstamm, VT I 9 ( 1969) 464 ss. s . Jah è una forma del nome conservata in antiche invocazioni e formule cultuali; conformemente a Ex. 1 5 ,2 e Ps. I I 8, I 4 «Jahvé» va considerato un'aggiunta. Su questa

351

ls. 12,1-6 3 4

6

Allora attingerete con gioia acqua dalle fonti dell'aiuto. Allora in quel giorno direte: «Lodate 1 ahvé, invocate il suo nome, annunciate tra i popoli le sue opere, ricordate che il suo nome è sublime. Cantate inni a 1ahvé, perché ha fatto cose grandi. Ciò sia annunciato 6 nel mondo intero! ». Giubilate ed esultate, abitanti di Sion, perché grande in mezzo a voi è il Santo d ' Israele.

1.1, 1 -6. Il ricordo dell'uscita dall'Egitto in I I , I 5 s. ha dato al redattore - cui si deve perlomeno la forma finale della raccolta protoisaiana comprendente i capp. I -39 - l'idea di far intonare al popolo salvato un inno di ringraziamento escatologico, co­ me era avvenuto un tempo dopo il miracolo del mare, cfr. Ex. I 5 . Egli trasferisce in tal modo la propria comunità del secon­ do tempio, tuttora sofferente a causa dell'esilio, al momento in cui saranno realizzate le profezie di 1 o, 5- I I , I 6: la grande po­ tenza è distrutta, il regno del re di pace è stato inaugurato, il popolo di Dio disperso ha fatto ritorno nella patria liberata dal dominio straniero. Inserendo questo cantico è come se po­ nesse un punto fermo alle profezie dei capitoli I- I I riguar­ danti il proprio popolo, prima di passare agli oracoli sui popoli stranieri dei capp. I 3 -23(3 3).l L'inno è introdotto in I aa da «tu dirai» - che precede sem­ pre la citazione di un discorso - integrato dalla formula profe­ tica di rimprovero «in quel giorno». Segue ai vv. I a�b 2 un bre­ ve inno di ringraziamento, il cui soggetto è il «resto del popo­ lo» menzionato in I I, I 6. Si tratta in realtà di un'entità collet­ tiva, come si evince dal passaggio alla seconda plurale «voi» ai vv. 2- 5 . Non è escluso che la prima singolare ai vv. I e 2 sia dovuta al fatto che in Israele originariamente esistesse come ·

discussione cfr. M. Rose , jahwe : ThSt(B) 1 .12 ( 1 978) 4 1 e W.H. Schmidt, Der ]ahwe­ name und Exodus ) , 14, in Textgemass. Fs. Ernst Wurthwein, Gottingen 1 979, 1 26. 6. Col qere leggi muda'at.

7· Cfr. Becker, lsaias, 51 e Vermeylen I, 1 80.

L 'inno di ringraziamento dei redenti

352

genere specifico esclusivamente il cantico di ringraziamento individuale, mentre la funzione del cantico di ringraziamento collettivo era svolta dall'inno o acclamazione a Dio. Gli unici due cantici di ringraziamento collettivi del Salterio, Ps. 1 24 e 1 29, sarebbero dunque imitazioni del genere individuale. 8 Il v. 3 è un'indicazione di tipo profetico-liturgico, e al tempo stes­ so una metafora oscura. Al v. 3 b il lettore nota che il termine jesu 'a, aiuto è ripetuto per ben tre volte: in 2a, 2b e infine qui. Bisogna dunque dedurne che si tratta di un'allusione intenzio­ nale al nome del profeta Isaia, «}ahvé ha aiutato» .9 Si può forse addirittura azzardare che la comunità, nel momento in cui le profezie si avvereranno, rileggendo questo libro troverà Jah­ vé quale fonte della sua salvezza, e considererà perciò tale il li­ bro stesso. Per quanto concerne il v. 4, occorre innanzi tutto far notare che qui la formula che introduce il discorso diretto è inclusa nel parallelismo. La forma prevalente di 4a1X1b e s a, motivo delle esortazioni a lodare Dio, è l'inno imperativo. Al v. 4b l'inno è completato dalle istruzioni all'araldo, cfr. Ier. 4, 16.10 - Il v. 5 conclude questa composizione molto ben strut­ turata esortando a gioire, com'è consuetudine dopo ogni pro­ messa profetica di salvezza, cfr. ad es. Soph. 3 , 1 4 s. e Zach. 9,9 s. L inte ro brano, quindi, con la formula profetico-escatologi­ ca di I aa, le indicazioni di tipo liturgico del v. 3 e il conclusivo ricorso alla promessa di salvezza 1 1 del v. 5, si rivela una com­ posizione profetica che per la comunità possiede le qualità di u na promessa di salvezza. La seriorità del brano si evince dallo stile a mosaico, nonché dal modo particolare in cui sono for­ mati i concetti, partendo da citazioni e allusioni ad altri cantici veterotestamentari e a detti del libro d'Isaia.1 1 Ancora una voi-

'

8. Cfr. F. Criisemann, Studien zur Formgeschichte von Hymnus und Danklied in

Israel (WMANT 3 2), Neukirchen 1 969, 1 74.

9· Cfr. sopra, 1 9. IO. Cfr. Criisemann, 5 6. I I. Cfr. Criisemann, 56 ss. 12. Dietro il v. 1 a[3 vi è quindi Ps. I I 8,2 Ia, mentre il v. 1 b allude all'espressione «con tutto ciò non si volse la sua ira» di /s. 5,2 5 ; 9, I I . 1 6.2o e 10�. Per il v. 2a si penserà a Ps. 8 8,2 e ad es. a Ps. 25,5b, mentre il v. 2h presuppone evidentemente Ex. 1 5 ,2 e Ps.

/s. 12, 1-6

353

ta tale particolarità dimostra che il passo è stato composto da un redattore per essere inserito proprio dove ora si trova. L'autore indirizza i pensieri della sua comunità al giorno in cui sarà liberata dal giogo della schiavitù e dalla dispersione tra le nazioni, espressione dell'ira divina. In quel giorno J ahvé stesso la consolerà donandole la completa salvezza. Il termine ebraico tradotto con «consolare» in realtà significa far respira­ re di nuovo liberamente qualcuno sulle cui spalle grava un pe­ sante fardello spirituale o materiale; significa dunque elimina­ re ciò che gli causa pena. Generalizzando, quindi, si può affer­ mare che consolare significa togliere l'oppressione che grava su qualcuno, venire in suo aiuto, cfr. Ps. 2 3 ,4; 7 1 , 2 1 e 86, 1 7. ­ Nell'azione di grazie, cfr. Ps. 1 1 8,2 1 , l'autore fa sì che la co­ munità testimoni pubblicamente l'aiuto tangibile - come mo­ stra l' «ecco» - che ha ricevuto da J ahvé, secondo una prassi co­ mune in Israele nei sacrifici di lode, cfr. Ps. 66, 1 3 ss. 13 Le mette dunque sulle labbra un breve inno di ringraziamento o un cantico descrittivo che contiene gli elementi fondamentali del genere: l'introduzione, che esprime la volontà di proclamare la lode e perciò riporta sempre il nome di J ahvé, e la narrazione ve­ ra e propria, introdotta da «poiché», che è alla base della lode. 14 1 -.1.

3· Siamo informati sul rito cui si accenna al v. 3 da annotazioni contenute nel trattato del Talmud babilonese Sukka (Capan1 1 8 ,14. - Il v. 4aa 1 riprende Ps. 1 0 5 , 1 a, il v. 4ab Ps. 105 1 h. Il v. 4b cita Ps. 148, 1 Jaau forse però pensando anche a /s. 2, 1 1 . 1 7. L'invito del v. saa corrisponde a quello di Ps. 9, 1 2a; Jo,sa; si potrebbe tuttavia pensare anche a /s. 26, 1 ob e Ps. 9J ,Ia. Il v. s b tie­ ne forse presente /s. 37,2oba par. 2 Reg. 19, 1 9ba. Il v. 6 può essere stato composto solo in base a /s. 54,uba e 24, 1 4, e fors'anche Soph. 3 , 1 4a. Ferma restando la defini­ zione di Dio come Santo d'Israele che, a partire da 1 ,4, attraversa tutto il libro d'Isaia ed è qui intenzionalmente ripresa (cfr. i passi riportati sopra, p. 3 8 n. 36), il v. 6b va messo a confronto anche con Soph. J , I sh; Ps. 99,2a e infine anche con fs. 9, 1 a�. 1 3. Cfr. Criisemann, 227 ss. 1 4. Cfr. Gunkel-Begrich, Einleitung in die Psalmen, §§ 7,3 e 4; Weiser, ATD 1 4/1 s, Got­ tingen 9 1 979, 56 ss. e 3 5 ss. {tr. it. / Salmi 1-6o, Brescia 1 984, 88 ss. e 54 ss.); C. Wester­ mann, Lob und Klage in den Psalmen, Gottingen s 1977, 20 ss. e Criisemann, 263 ss. ,

3 54

L 'inno di ringraziamento dei redenti

na) che allude esplicitamente al versetto in questione, fol. 5 ob . Stando al testo talmudico, nella notte tra il sesto e il settimo . giorno della festa delle capanne, con tutta la città illuminata, canto di salmi, musica e squilli di tromba, si svolgeva una pro­ cessione dell'acqua da Siloe attraverso la Porta dell'Acqua fino all'atrio del tempio, ove in quel giorno il sommosacerdote com­ pariva davanti al popolo con tutti i paramenti e aspergeva so­ lennemente l'acqua sull'altare, cfr. bSukka 4,9; 5 ,3 ss. e Ios., Ant. I 5 , 5 0 s. A proposito di tale evento si riferisce dunque: « Chi non ha visto i divertimenti della processione dell'acqua, non ha visto divertimenti in tutta la sua vita», bSukka 5 ,2. Poiché, in base a Ps. I I 8,27, pare che durante questa festa fos­ se intonato proprio tale salmo, non è certo un caso che ai vv. I e 2 1 5 l'autore ne ripeta l'invito!6 Il rito in sé va considerato in relazione all'antico capodanno, celebrato in autunno e ora co­ incidente con la festa delle capanne: in tale giorno esso rappre­ sentava la pioggia e la conseguente fertilità. In questo senso, forse, l'espressione che si riferisce alle «fonti dell'aiuto» è in­ nanzi tutto realisticamente collegata alla sorgente del Gihon che alimentava il canale di Siloe, cfr. 1 Reg. I ,J 8 ·4 5 · 1 7 Ma se­ condo il v. 2 è Jahvé in persona l'aiuto del suo popolo o, come è scritto in ler. 2, 1 3 ; I 7, I J , la «fonte d'acqua viva». Dunque con il suo rimando alla solenne processione escatologica e al grande sacrificio di lode, l'autore richiama l'attenzione su quel Dio che è aiuto del suo popolo che, grazie a lui, continuerà a vivere anche in futuro. Di questo Dio il popolo riconoscerà la forza salvifica quando rileggerà le profezie del libro il cui pro­ feta si chiama «Jahvé ha aiutato». Il breve inno dei vv. 4-6, che si conclude con l'esortazione a esultare, assicura alla comunità che giungerà davvero il gior-

4-6.

1 s. Cfr. sopra, n. 1 1. 1 6. Cfr. P. Volz, Das Neujahrsfest]ahwes (Laubhuttenfest) (SGV 67), Tiibingen 1 9 1 1, 6 s. e 41 s.; S. Mowinckel, Psalmenstudien I I , Kristiania 1 911, 100 s. e Idem, The Psalms in Israel's Worship I, Oxford 1962, 1 13 n. s 8 e I J O s. 1 7. Cfr. Mowinckel, Psalms I, 1 3 1 e Wildberger ad loc.

355

/s. 12, 1-6

no in cui, mercé la lode a Dio, riconoscerà davanti alle nazioni le opere di Jahvé;18 così facendo renderà al suo nome 19 quel­ l' onore che, pur essendogli da sempre dovuto, è ora manife­ sto, grazie al suo aiuto, a Si o n e al resto d 'Israele. 20 Allora gli abitanti di Gerusalemme, che al presente soffrono per il nascon­ dimento del loro Dio davanti al mondo e per la vergognosa schiavitù in cui si trovano, esulteranno e gioiranno veramente, poiché J ahvé dimorerà in mezzo a loro in tutta la sua grandez­ za, che il mondo non potrà fare a meno di vedere, cfr. 40,9 s.; 5 2,7 s. e 6o, 1 s. Nel nome che gli è attribuito, Santo d'Israele, si cela il mistero dell'elezione del popolo: il Dio tanto supe­ riore a tutto il mondo si servirà proprio d'Israele, smembrato e disperso, per manifestarsi alle nazioni. Si tratta di un ripetuto inasprimento di questo paradosso, non eliminato prima dell'eschaton, se la cristianità riconosce che questa rivelazione di Dio è avvenuta nel crocifisso, Phil. 2, 5 ss., là dove il senso della vita si capovolge nell'assurdità e Dio non soffre solo nell'uomo e per l'uomo, ma si rivela anche fon­ damento infinitamente buono di questa vita. L'uomo si rende conto di ciò se, giunto al termine delle proprie possibilità, la­ sciato dietro di sé tutto il mondo e tutta l'ostinazione, si ab­ bandona in completa fiducia a Dio. 2 1 · 1 8 . Cfr. ad es. Ps. 9, 1 2 ss. e 5 7,10 ss. 1 9. Per il nome in quanto rappresentante della persona stessa cfr. A.S. THAT n, 947 ss. (= DTAT n, 862 ss.). 2.0. Cfr. fs. 43,8 ss.; 44,6 ss.; 45 , 1 8 ss. e Ezech. 36,33 ss. 2 1 . Cfr. Plotino 6,9{9),24 s. e 2 8.

v.

d. Woude,

ABBREVIAZIONI E SIGLE

A ntico Testamento Gen. Ex. Lev. Num. D eu t. los. Iud. Ruth 1 - 2 Sam.

Sapientia Salomonis Ecclesiasticus (LXX Sir.) Isaias leremias Baruch L amentationes Epistula Ieremiae (Vg. Bar. cap. 6) Daniel (Vg. cap. I 3 = Susanna I 4 = Bel et Draco) Ezech. Ezechiel D ani el Da n. Malachias Mal. Oseas Os. Amos Am. M i chaeas Mie h. Ioel loel Abdias Abd. lo n. lonas N ah. Nahum Abacuc Abac. Sophonias Soph. Aggaeus Ag. Zach. Zacharias Machabaeo rum (3-4 I -4 Mach. I -4 apocr.) Sap. Ecclus ls. ler. Bar. Lam. Ep. ler.

Genesis Exodus Leviticus Numeri Deuteronomium losue Iudices Ruth 1 -2 Samueli ( LXX 1 -2 Re­ gnorum; Vg. 1 -2 Regum) 1 -2 Regum ( = LXX 3-4 Re­ 1 - 2 Reg . gnorum; Vg. 3-4 Regum) 1-2 Chron. Chronica (= LXX I -2 Par.) I -3 Esdr. 1 -3 Esdrae (= Vg. 3 Esdr. [a­ pocr.], Esdr. I+II [ = T.M. Esdr. capp. I - I o; Nehem. capp. I 1 -23]) Tob. Tobias ludith Iudith Esther Est h. Iob loh Psalmi Ps. Prov. Proverbi a Ecclesiastes (hebr. Qohelet) Ecci. Canticum Canticorum C ant. =

Nuovo Testamento M t. Mc. Le. lo. A et.

Evangelium Matthaei Evangelium Marci Evangelium Lucae Evang cl i um Ioannis Actus Apostolorum

·

Rom. 1 -2 Cor. Gal. Eph. Phil.

Epistula ad Romanos Epistulae ad Corinthios 1 -2 Epistula ad Galatas Epistula ad Ephesios Epistula ad Philippenses

Abbreviazioni e sigle Col. Epistula ad Colossenses I -2 Thess. Epistulae ad Thessalonicenses I -2 1 -1 Tim. Epistulae ad Timotheum 1 -2 Epistula ad Titum Tit. Epistula ad Philemonem Philm.

H ebr. lac. I -2 Petr. 1 -3 Io. Iudae Apoc.

Epistula ad Hebraeos Epistula Iacobi Epistulae Petri I -2 Epistulae Ioannis I -3 Epistula Iudae Apocalypsis Ioannis

Pseudepigrafi e scritti del Mar Morto Ep. Ar. Epistulae Aristeae Hen. aeth. Henoch aethiopicus Iubilaeorum libri Iub.

I Qlsa

I QM CD

Rotolo di Isaia Rotolo della guerra Documento di Damasco

v A E 8

Vulgata {latino) Aquila {greco) Simmaco {greco) Teodozione {greco)

Testimoni testuali Testo Masoretico (ebraico) Septuaginta {greco) Targum {aramaico) Peshitta (siriaco)

T.M. G

T s

Edizioni critiche BHS

Biblia Hebraica Stuttgartensia, edd. K. Elliger et W. Rudolph, ]esaiae, praep. D. Winton Thomas, Stuttgart 1 968.

7

Liber

The Hebrew University Bible, The Book of lsaiah ed. M.H. Goshen-Gottstein, I-II, Jerusalem 1975. Le citazioni di G sono tratte da Septuaginta, auct. soc. litt. Gottingensis editum, vol. XIV lsaias, ed. J. Ziegler, Gottingen 1 939; quelle di T da The Targum of lsaiah, ed. J. Stenning, Oxford 1 9 5 3 , e quelle di V da Biblia Sacra juxta Vulgatam versionem, ree. R. Weber I-II, Stuttgart 1 1 975·

Commenti P. Auvray SBi I 971; Franz Delitzsch, BC III, I, 1 1 869; A. Dillmann e R. Kittel, KeH 5, 1 898; B. Duhm, HK III, ( I 892) • I 922 (J 1968); Eichrodt, BAT I 7, I, I 96o {' 1976); F. Feldmann, EHAT 1 4, 1 , I 92 5 ; J. Fischer, HSAT vn, 1 , 1 , 193 7; G. Fohrer, ZBH 1 9, 1 , 1 96o {' 1 967); G.B. Gray, ICC, 1 9 1 2 ( 1 95 6); H. Guthe, HSAT (K), 4 1 921; V. Herntrich, ATD 1 7, 1 950; O. Kaiser, ATD 1 7 ( 1 96o) 1 1 963 (• 1 978); ATD 1 8 ( 1 973 ) a 1 976; E J . Kissane I, 1 94 1 ; E. Konig 1 926; K. Marti, KHC x, 1 900; C. v. Orelli, KK.A 4, 1 887; A. Penna, SB (T) 1957 ( 1 964); O. Procksch, KAT' IX, 1 930; C. Schedi, 1 973 ; H. Schmidt, SAT 2,2, 2 1 923; J. Steinmann, Lectio Divina 1 1 9 5 5 ; J. Ziegler, Echter Bibel I948 ( I 9 5 4); H. Wildberger, BK x, I, I 972.. .

Opere citate in abbreviazione Barth, ]esaja Worte H. Banh, Die ]esaja-Worte der ]osiazeit (WMANT 4 8), Neu­ kirchen I 977. Becker, lsaias J. Becker, /saias der Prophet und sein Buch (SBS 3 0), Stuttgart -

-

1 968.

Bobzin

H. Bobzin, Die 'Tempora' im Hiobdialog, Diss. phil. Marburg/Lahn 1 974·

Brockelmann C. Brockelmann, Hebraische Syntax, Neuk.irchen 1 956. Bud d e, ]esaja s Erleben K. Budde, ]esaja s Erleben, Gotha 19 2 8 . Cheyne, lntroduction T.K. Cheyne, lntroduction to the Book o{ Isaiah, London '

'

1895·

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Elenco generale delle sigle Analecta Aegyptiaca, Kopenhagen. AAeg A ASF Annales Academiae Scientiarum Fennicae, Helsinki. Acta Orientalia Havania, Leiden. A c Or Archiv fiir Orientforschung, Graz ecc. AfO Arbeiten zur Geschichte des Spatjudentums und Urchristentum, Leiden. AGSU AHw Wolfram von Soden, Akkadisches Handworterbuch, Wiesbaden. AJSL American J ournal of Semitic Languages and Literatures, Chicago. AnBib Analecta Biblica, Roma. AN ETa-) Ancient Near Eastern Texts Relating to the Old Testament, ed. J.B. Prit­ chard, Princeton 1 I 9 S 4 e 1 1 969. AOAT Alter Orient und Altes Testament, Kevelaer-NeukirchenfVluyn. AOT,. Altorientalische Texte zum Alten Testament, ed. H. Gressmann, Berlin­ Leipzig 2 1 926. Archiv Orientalni, Prag. ArOr ATD Das Alte Testament Deutsch, Gottingen. AThANT Abhandlungen zur Theologie des Alten und Neuen Testaments, Ziirich. AzTh Arbeiten zur Theologie, Stuttgart. BA The B iblical Archaeologist, (New Haven) Cambridge, Mass. BASOR Bulletin of the American School of Orientai Research, (South Hadley, Mass.) Baltimore, Maryland. Botschaft des Alten Testaments, Stuttgart. BAT Banner Biblische Beitrage, Bonn. BBB Biblischer Commentar ii ber das Alte Testament, Leipzig. BC BEvTh Beitrage zur Evangelischen Theologie, Miinchen. BFChTh Beitrage zur Forderung Christlicher Theologie, Giitersloh. Biblisch-historisches Handworterbuch, Gottingen. BHH Biblica, Roma. Bih Biblica et Orientalia, Roma. Bi h Or BJRL Bulletin of the John Rylands Library, Manchester. Biblischer Kommentar. Altes Testament, NeukirchenfVluyn. BK H. Bauer e P. Leander, Historische Grammatik der Hebraischen Sprache B-L des Alten Testaments, Halle 1 92 2 Hildesheim 1 962. Biblisches Reallexikon, ed. K. Galling (HAT 1, z), Tiibingen 2 1 977· BRL2 Biblische Studien, NeukirchenfVluyn. BSt BVSAW Berichte iiber die Verhandlungen der sachsischen Akademie der Wissen­ schaften zu Leipzig, Berlin. BWANT Beitdige zur Wissenschaft vom Alten und Neuen Testament, Stuttgart. Beihefte zur Zeitschrift fiir die alttestamentliche Wissenschaft, Giessen o BZAW Berlin o Berlin - New York. BZ N.F. Biblische Zeitschrift. Neue Folge, Paderborn. The Cambridge Ancient History, Cambridge. CAH Calwer Bibellexikon, ed. Th. Schlatter, Stuttgan 1967. CBL Catholic Biblical Quanerly, Washington, D.C. CBQ Catholic Biblica) Quarterly, Monograph Series, Washington D.C. CBQM =

Abbreviazioni e sigle Cahiers de la Revue Biblique, Paris.

CRB CTA CTh DTAT EHAT EtB EvTh FRLANT

Corpus des tablettes en cunéiformes alphabétiques découvertes à Ras Sham­ ra- Ugarit de 192 9 à 193 9 , ed. Andrée Herdner, Paris 1 963.

Cahiers théologiques, Neuchatel ecc.

Dizionario Teologico dell'Antico Testamento, Casale Monf.

Exegetisches Handbuch zum Alten Testament, Miinster. ttudes Bibliques, Paris. Evangelische Theologie, Miinchen. Forschungen zur Religion und Literatur des Alten und Neuen Testa­ ments, Gottingen. Fs. Festschrift. Forschung zur Bibel, Wiirzburg. FzB E. Kautzsch, W. Gesenius' Hebraische Grammatik, Leipzig aa 1 909. G-K 28 G LAT Grande Lessico dell'A ntico Testamento, Brescia. GLNT Grande Lessico del Nuovo Testamento, Brescia. HAL W. Baumgartner, Hebraisches und Aramiiisches Lexikon zum Alten Te­ stament, Leiden I 1 964, n 1 974. HAT Handbuch zum Alten Testament, Tiibingen. HK Handkommentar zum Alten Testament, Gottingen. HSAT Die Heilige Schrift cles Alten Testaments, edd. F. Feldmann e H. Her­ kenne, Bonn. HSAT E Die Heilige Schrift cles Alten Testaments, edd. F. Feldmann e H. Her­ kenne, Erganzungsband, Bonn. HSAT(K) Die Heilige Schrift cles Alten Testaments, tr. E. Kautzsch, ed. A. Bertho­ let, Tiibingen 4 I 92 3 . HThR Harvard Theological Review, Cambridge, Mass. ICC lnternational Criticai Commentary of the Holy Scriptures, Edinburgh. IEJ lsrael Exploration Journal, Jerusalem. JBL Journal of Biblica} Literature (New Haven; Philadelphia) Montana, Miss. JEA Journal of Egyptian Archaeology, London. JNES Journal of Near Eastern Studies, Chicago. JSSt Journal of Semitic Studies, Manchester. JThS Journal of Theological Studies, Oxford. H. Donner e W. Rollig, Kanaanaische und Aramaische lnschriften I-III, KAI Wiesbaden I 968/69. KAT Kommentar zum Alten Testament, 'Leipzig; 1 Giitersloh. L. Koehler e W. Baumgartner, Lexicon in V. T. Libros, Leiden I 9 5 3 · KBL Kurzgefasstes exegetisches Handbuch zum Alten Testament, Leipzig. KeH KHC Kurzer Hand-Commentar zum AT, Freiburg i.Br., Leipzig e Tiibingen. KK Kurzgefasster Kommentar zu den heiligen Schriften Alten und N euen Testaments sowie zu den Apokryphen, Nordlingen. Der Kleine Pauly. Lexikon der Antike, Stuttgart e Miinchen. KP Lexikon fur Theologie und Kirche, Freiburg. LThK M A St Miinchener .A gyptologische Studien, Berlin. MSSOTS Monograph Series. Society for Old Testament Studies, London. Das Neue Testament Deutsch, Gottingen. NTD .

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A bbreviazioni e sigle

Neue Zeitschrift fiir Systematische Theologie und Religionsphilosophie, Berlin - New York. Oriens Antiquus, Roma. OrAnt bTL Old Testament Library, London. Palestine Exploration Quarterly, London. PEQ PJ Palastinajahrbuch des Deutschen Evengelischen Instituts, Berlin. PL Patrologiae Cursus Completus, acc. J.-P. Migne. Series Latina, Paris. Pretoria Orientai Series, Leiden. POS Reallexikon des Assyrologie, Berlin (e Leipzig) - New York. RLA RM Die Religionen der Menschheit, Stuttgart. RThPh Revue de Théologie et de Philosophie, Lausanne. SAT Di e Schriften d es Alten Testarnents, Gottingen. Sources Bibliques, Paris. SBi SBS Stuttgarter Bibelstudien, Stuttgart. SB(T) La Sacra Bibbia, Torino-Roma. SBT Studies in Biblica! Theology, London. SMHVL Scripta Minora. K. Humanistika Vetenskapssamfundet i. Lund, Lund. SSAW Sitzungsberichte der Sachsischen Akademie der Wissenschaften zu Leipzig. StTh Studia Theologica, Lund ecc. SVT Supplements to Vetus Testamentum, Leiden. TGP Textbuch zur Geschichte Israels, ed. K. Galling, Tiibingen 1 1 968. THAT Theologisches Handworterbuch zum Alten Testament, edd. E. Jenni e C. Westermann, Miinchen. Theologische Bibliothek, Miinchen. ThB Theologische Literaturzeitung, Leipzig. ThLZ ThSt(B) Theologische Studien, ed. K. Barth, successivamente M. Geiger, E. Jiingel e R. Smend, Ziirich. ·ThWAT Theologisches Worterbuch zum Alten Testament, edd. G.J. Botterweck e H. Ringgren, Stuttgart. ThW Theologische Wissenschaft, Stuttgart. ThWNT Theologisches Worterbuch zum Neuen Testament, Stuttgart. Theologische Zeitschrift, Basel. ThZ Trierer Theologische Studien, Trier. TihSt Urban-Biicher o Urban-Taschenbiicher, Stuttgart. UB U garit-F orschungen, Kevelaer-NeukirchenJVluyn. UF Uppsala Universitets A rsskrift, Uppsala. uuA Vetus T estamentum, Leiden. VT Wege der Forschung, Darmstadt. WdF WMANT Wissenschaftliche Monographien zum Alten und Neuen Testament, NeukirchenJVluyn. Wissenschaftliche Untersuchungen zum Neuen Testament, Tiibingen. WUNT Zeitschrift fi.ir die alttestamendiche Wissenschaft, Giessen o Berlin o ZAW Berli n - N ew York. Ziircher Bibelkommentare, Zi.irich. ZBK Zeitschrift d es Deutschen Palastina-Vereins, Leipzig o Wiesbaden. ZDPV Zeitschrift fi.ir Religions- und Geistesgeschichte, Leiden. ZRGG NZSTh

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INDICE GENERALE

Premessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Soprascritta, o della formazione del libro d'Isaia ( 1 , 1 ) . . . . . . . . . . . Prologo. Figli stolti ( 1 ,2-3 ) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Ai sopravvissuti (1 ,4-9) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Obbedienza e sacrifici ( 1 , 1 0- 1 7) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . L'appello alla decisione ( 1 , 1 8-2o) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . L a purificazione di Gerusalemme (1,2 1 -28) . . . . . . . . . . . . . . . . . . La fine degli idolatri ( 1 ,29-3 1 ) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . La soprascritta: parola d'Isaia (2, 1 ) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I l pellegrinaggio dei popoli al monte Sion {2,2-5) . . . . . . . . . . . . . . . Il giorno di Jahvé (2,6-22) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Crollo e anarchia (3 , 1 - I I ) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . Jahvé disputa con i capi del suo popolo (3 , 1 2- 1 5) . . . . . . . . . . . . . . . L a fine delle orgogliose donne di Gerusalemme (3 , 1 6-24) . . . . . . . . L'abbandono di Gerusalemme (3,25-4, 1 ) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . La nuova Gerusalemme (4,2-6) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Il cantico della vigna di Jahvé {5, 1 -7) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Il grande «guai )) ( 5,8-24) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Il popolo che viene da lontano (5,25-30) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Il cosiddetto memoriale del profeta Isaia al tempo della guerra siroefraimita ( 6, 1 -9,6) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . La vocazione d'Isaia (6, 1 - 1 3 ) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . L'ora della fede (7, 1 -9) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Il segno dell'Emmanuele {7,10- 1 7) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . La grande devastazione {7, 1 8-2 5) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Un chiaro segno (8, 1 -4) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Il Siloe e l'Eufrate (8, 5 -8) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Dio con noi! (8,9- 1 0) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I giusti criteri di misura (8, I 1 - I 5} . : . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . In attesa di Jahvé (8, I 6- t 8) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Aiuto d a parte degli spiriti ? (8, I9-23a) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Il salvatore del popolo (8,2 3 b-9,6) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . · .

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11 23 30 39 56 6o 69 71 72 82 94 105 1 09 113 1 16 1 23 1 29 I 50 1 5 5· 1 59 1 80 201 229 236 242 248 25 1 257 263 267

Indice generale

La mano tesa di Jahvé (9,7- I0,4) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Guai all'orgoglioso Assur! ( 1 0, 5 - I 5) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Il giudizio di condanna di J ahvé su Assur ( I o, I 6- I 9} . . . . . . . . . . . . Solo un resto farà ritorno ( I o,20-23) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Non aver timore di Assur! ( 1 o,24-27) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Il nemico che viene dal Nord ( I o,28-34) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Il re di pace (I I , I -9) Aspetti del tempo salvifico (1 I , I o-I6} . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Il segnale per le nazioni (1 I , Io) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Il popolo di Dio riunificato ( 1 1, 1 1 - 1 4) . . . . . . . . . . . ... . . La strada per i reduci ( 1 1 , 1 5 - 1 6) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . L'inno di ringraziamento dei redenti ( 1 2, 1 -6} . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Abbreviazioni e sigle . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 5 7

Per i tipi della Paideia Editrice stampato da Grafiche 4 (Padenghe) Brescia, febbraio 1 998