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Italian Pages 445 [223] Year 2009
ISTITUTO DI PALEOGRAFIA MUSICALE
LUIGI AGUSTONI- JOHANNES BERCHMANS GOSCHL
INTRODUZIONE AL8INTERPRETAZIONE DEL CANTO GREGORIANO I
Principi fondamentali
EDIZIONI TORRE D'ORFEO ROMA 1998
ISTITUTO DI PALEOGRAFIA MUSICALE
LUIGI AGUSTONI - JOHANNES BERCHMANS GOSCHL
INTRODUZIONE ALCINTERPRETAZIONE DEL CANTO GREGORIANO
I Principi fondamentali
EDIZIONI TORRE D'ORFEO ROMA 1998
INTRODUZIONE AL CANTO GREGORIANO
ISTITUTO DI PALEOGRAFIA MUSICALE PONTIFICIO ISTITUTO DI MUSICA SACRA Pubblicazioni del Corso Superiore di Paleografia e Semiografia musicale dal! 'Umanesimo al Ba. promosse dalla PREFETTURA DELLA BIBLIOTECA
PRESENTAZIONE
SERIE 1: STUDI E TESTI l l O
Paleografia, 3 Collana diretta da Giulio Cattin, Francesco Luisi, Agostino Ziino
Il canto liturgico non è pensabile se non come parte integrante delle celebrazioni cristiane. Da esse riceve l'esistenza ed i connotati essenziali di identità. Ad esse apporta - quale forma sonora delle parole sacre - una ricchezza espressiva non surrogabile con altri codici della comumcazwne.
Tutte le molteplici famiglie liturgiche, nate lungo il percorso della storia della Chiesa, hanno originato e maturato una loro caratteristica melopea. Conosciamo diverse prassi di canto e vari repertori melodici che, in comune, hanno la vocazione di strumenti rituali a servizio dei gesti di proclamazione e di preghiera, e che, di proprio, possiedono delle caratteristiche fisionomie formali, dipendenti dall'impatto con vari fattori - spirituali, dottrinali, culturali - anche come marchio di differenziati ambiti storico-geografici.
ISBN 88-85147-49-6
© 1998 by Edizioni Torre d'Orfeo s.r.l. Via Roberto Alessandri, 50- 00151 Roma Tel. 06/6591241-6591238 Tutti i diritti riservati per ogni Paese Agustoni - Goschl- Introdu:.-;ione all'interpretazione del Canto Gregoriano Prima edizione italiana ampliata. Titolo originale dell'opera: Einf'tihrung indie lnterpretation des Gregorianischen Chorals, Gustav Bosse-Verlag, Kassel, 1987.
La Chiesa romana ha mantenuto, ed avvalora ancor oggi, quella prassi e quel repertorio che vanno sotto la denominazione di 'canto gregoriano'. Tale termine, denso di denotazioni e di connotazioni, andrebbe precisato da diversi punti di vista. Tuttavia, secondo una prospettiva storico-scientifica - oggi ben documentabile - per canto 'gregoriano', in senso preciso, si può intendere l'esito globale di un apice di esperienza della liturgia in canto, quale si è configurata verso la fine del primo millennio. I documenti liturgici e musicali dei sec. IXX rivelano i tratti di una temperie spirituale e di una cultura melodica che riescono a coniugare una massima pertinenza celebrativa con una straordinaria finezza estetica. È questo il senso primario di 'canto gregoriano' che deve essere inteso quando i documenti ecclesiastici - e la stessa Costituzione liturgica del Concilio Vaticano II 1 - ne parlano
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Cfr. Sacrosanctum Concilium, art. 116.
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PRESENTAZIONE
come di paradigma, sempre attuale, della forma sonora delle celebrazioni. Tanto che il repertorio, fedele ai codici antichi, non solo ha ancora diritto di risuonare nei sacri riti, ma ha altresì il ruolo di riferimento e di confronto per una valutazione critica circa la bontà delle forme; e altresì ha il ruolo di modello, quanto alla capacità di assumere i sacri testi, nei confronti di tutte le esperienze stilistiche e formali che continuano quelle già succedutesi lungo il cammino storico. _ Le considerazioni esposte inducono a ribadire due fattori: Primo: per la loro origine e la loro vocazione liturgica, i canti gregoriani sono indissolubilmente legati alla parola; di conseguenza, il testo deve essere considerato il fondamento dell'esecuzione come lo è della composizione. Secondo: il problema dell'interpretazione fedele di questi canti non può prescindere dalla ricerca accurata del contenuto espressivo che i melografi antichi hanno fissato nelle notazioni, dopo averlo desunto dal senso delle parole liturgiche e dal contesto rituale. Questo libro si pone al servizio di un tale ideale interpretativo, già sinteticamente dichiarato. Da sole, le più alte capacità artistiche e la più raffinata sensibilità musicale non riescono ad assicurare quella interpretazione che i codici antichi reclamano. Tanto più perché, a differenza di quanto avviene per la riproposta di opere di autori quali Mozart o Beethoven, per il gregoriano è stata gradualmente stroncata la tradizione interpretativa di collegamento con il modo di eseguire dell'antichità. I fattori storici di tale rottura sono molteplici. Vengono descritti e valutati secondo prospettive varie; ciascuna di esse, cercando di addurre punti di vista giustificabili, sottolinea o il concetto di evoluzione, o quello di decadenza, o entrambi. Ma sta di fatto che soltanto l'indagine paleografica e semiologica, condotta sui codici neumatici dei sec. X-Xl, è in grado di produrre una coscienza ed una conoscenza orientatrice per l'attualizzazione- oggettivamente fondatadelle finezze indicate dagli antichi neumi. Si tratta, dunque, dell'arduo ideale di ridare la vita a qualcosa che avveniva circa un millennio fa.
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INTRODUZIONE AL CANTO GREGORIANO
Infatti, già dalla metà del sec. X, il canto gregoriano (quanto a sensibilità melodica, dinamismo ritmico, tipo di assunzione del testo ... ) incominciò a rivelare qualche distanza dal precedente modello. La stessa grafia, vantaggiosamente in evoluzione in vista dell'intento di precisare gli intervalli melodici, divenne sempre più incapace di denotare le finezze ritmico-espressive. Si configurò anche un allargamento degli ambiti della cantabilità, con attenzione più preoccupata della drammaturgia contestuale che puntata sulla spiritualità del testo. Gradualmente ma inesorabilmente, nel percorso dal Medioevo all'Umanesimo rinascimentale, il canto gregoriano - sia per il grave declino della Liturgia, sia per l'affermarsi della mensuralità e della fascinazione polifonica - conobbe non soltanto delle trasformazioni, ma delle involuzioni e persino delle mistificazioni, in campo speculativo e pratico. Tanto da rendere plausibile il giudizio di una decadenza vera e propria. Lo stato di declino fu aggravato, invece che rimediato, dalle vicende legate al Concilio di Trento. Finché la parabola discendente toccò il precipizio nel primo Ottocento, dove il repertorio compare come erede di un gregoriano incompreso, mutilato, maldestramente imitato, eseguito per inerzia rituale e con modalità che trapassavano i limiti della tolleranza, e tuttavia così riprodotto nei libri liturgici. Questo accenno era necessario per un'equa valutazione storica dello sforzo intrapreso per risalire la china, con il recupero del senso della preghiera e della dignità della lode. Il cantiere per la 'restaurazione gregoriana' diviene anche luogo vitale per una più piena restaurazione liturgica. L'impresa deve le sue origini soprattutto all'impegno pionieristico trasfuso all'abbazia benedettina di Saint-Pierre di Solesmes dal suo fondatore, Dom Prospero Guéranger. Dopo una prima parziale riforma della prassi esecutiva, per sottrarla ai modi esecutivi sgraziati allora in voga, nel fervore dello storicismo romantico e della rivalutazione del Medioevo, si imboccò la via maestra: quella della ricerca della verità
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PRESENTAZIONE
antica attraverso la riscoperta ed il confronto con i manoscritti neumatici dei sec. IX-Xl. L'abbazia solesmense si trasformò in un operoso cantiere scientifico, e, soprattutto, in un centro di preghiera liturgica, tale da poter offrire degli esempi vivi di canto, oltreché produrre gradualmente delle edizioni corrette dell'antico repertorio. Dom Joseph Pothier, erede e perfezionatore della prima prassi esecutiva di Saint-Pierre (favorita dai contributi di Gontier e Jausions) sapientemente parlò di "ritmo oratorio"; l'interpretazione doveva individuare il fondamento proprio del ritmo gregoriano nell'ispirazione del testo. Nel contempo si lavorava per una maggiore correttezza melodica del repertorio, il quale veniva ospitato in edizioni sperimentali, decisive però per il futuro, e di qualità assolutamente superiore a quelle della tradizione postridentina. Per dimostrare la legittimità di tale restituzione melodica, nel 1889 Dom André Mocquereau, fondò la collana "Paléographie musicale", opera in grado di mostrare l'infondatezza di polemiche, di esibire una documentazione indispensabile per le attuazioni in corso e per il futuro della riforma. Si trattava di una collezione dei facsimili che riproducevano, attraverso fototipie, i principali manoscritti del canto gregoriano, editi dapprima da Solesmes, in seguito da Desclée (Toumai), poi ancora da Lang (Bema) a partire dal 1974, ed infine da Solesmes dopo alcuni anni. La collezione conta tuttora 23 volumi. Tuttavia lo sforzo per la ricerca di autenticità, condotto con tenacia e fervore ma non ancora attrezzato metodologicamente, perse di vista il meglio di ciò che l'avrebbe reso un percorso lineare e coerente. Questo si nota soprattutto quando nacque, a livello ecclesiale, la necessità di preparare ·il 'popolo', essendosi fatta strada l'idea mitica della popolarità del gregoriano. Nell'urgenza di approntare un corpus melodico rinnovato, in vista dello spirare del privilegio di ristampa della Editi o Medicea, concesso per un trentennio dal papa all'Editore Pustet di Ratisbona, si seguirono vari compromessi, quasi inevitabili anche se deprecabili, stanti i punti di vista non sempre coincidenti tra gli operatori della Commissione incaricata, e per la loro diversa formazione. Pio X ufficializzò la nuova Editio typica, esaltandone 8
INTRODUZIONE AL CANTO GREGORIANO
retoricamente la 'scientificità', e la volle oggetto di attenzione cattolica. A sostenere il presupposto della sua praticabilità servivano i vari metodi di canto. Ma si trattava di metodi che ancor troppo prescindevano dal fondamento delle indicazioni ritmiche date dai manoscritti primitivi. Il tentativo più organico e completo in vista dell'uso pratico del canto liturgico, fu il sistema del "ritmo musicale libero". Eppure tale via rappresentò una sorta di regresso, se ben si valutano le premesse poste ai primordi della restaurazione gregoriana. La lacuna più grave consistette nella negligenza nei confronti della primaria importanza che la parola liturgica aveva avuto, originariamente, nella concezione ritmica della composizione gregoriana. Tale prospettiva finì tra parentesi, a vantaggio di una prevalenza, tutta teorica, delle leggi della musica su quelle della parola. La pratica interpretativa fattasi strada a partire da un dettato teorico nemmeno esso ovunque correttamente inteso - il quale offriva regole esecutive senza completa coerenza con i dati paleografici, fu a detrimento del legame profondo ed essenziale tra il testo e la melodia, fino a farlo sparire. Oggigiorno ci si stupisce davanti al fatto dell'abbandono di una dimensione che ritorna ad essere tanto decisiva. Ma in quell'epoca non si disponeva di un metodo sufficientemente sperimentato per spiegare le leggi interpretative che i manoscritti contengono. Non deve far troppo meraviglia il fatto che, in una materia di tanta delicatezza, potessero venir formulate delle spiegazioni contraddittorie ed incoerenti circa il significato e la funzione dei neumi. Tutto cambiò con l'entrata in scena di Do m Eugène Cardine. La personalità di questo monaco di Solesmes segnò la partenza per una tappa scientificamente irreversibile verso una più verace restaurazione gregoriana. Egli riprese l'opera di ricerca dal punto in cui era stata abbandonata alla fine del XIX · secolo: si fece promotore, controcorrente, della conformità del canto gregoriano ai dati delle più antiche origini. Cosciente dei rischi di naufragare in un simile progetto se lo avesse intrapreso da solo, associò studenti ed amici animati dagli
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PRESENTAZIONE
INTRODUZIONE AL CANTO GREGORIANO
stessi intenti programmatici, per uno studio sistematico della scrittura neumatica, a partire dalle più antiche fonti.
arrivare a stabilire le modalità di una concreta realizzazione musicale del valore neumatico.
I due autori di questo libro si ritengono particolarmente felici di essere stati fra gli allievi di Eugène Cardine. Ad uno di loro, Luigi Agustoni, toccò, già circa cinquant'anni fa, l'onere e l'onore di rendere accessibile ad un vasto pubblico il nuovo capitolo delle conoscenze gregoriane; capitolo che, in seguito, avrebbe preso il nome di 2 "Semiologia gregoriana". Lo stesso Cardine espose i risultati delle sue ricerche e di quelle dei suoi allievi in un'opera di riferimento: La 3 semiologia gregoriana. Quest'opera conserva tutto il suo valore: rappresenta una tappa decisiva, una pietra miliare nel cammino della ricerca.
Progressivamente, inoltre, si prese coscienza che la lettura "corretta" dei neumi non poteva dare tutte le garanzie di una buona interpretazione. Essa, in effetti, sarebbe stata plausibile solamente se affrontata in modo globale, così da cogliere, assieme alle indicazioni grafiche e ritmiche, il contenuto spirituale del testo; e, pertanto, a partire dallo studio approfondito del rapporto organico dei tratti significanti con la loro intenzionalità comunicativa e artistica.
Ma non è ancora la fine. Degli altri interrogativi sono sorti, si sono delineate nuove prospettive, sono emerse varie problematiche. Nel faticoso configurarsi della scienza semiologica, le prime preoccupazioni riguardarono le forme più precise e differenziate dei neumi ed i loro significati. Di conseguenza, si cercò una risposta agli interrogativi riguardanti la più specifica relazione tra neumi e testo, per
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lO
L. AGUSTON1, L 'interpretazione dei neumi tramanda/aci dalla loro stessa grafia, Musica sacra, Milano 1958; ID, Elementi di canto gregoriano, Padova 1959; ID, Der gregorianische Choral, Freiburg i. B. 1963; ID, Le chant grégorien, Rome 1969. L'ultima pubblicazione rivela uno stadio avanzato nella conoscenza semiologica ed in rapporto all'interpretazione. Opera realizzata in collaborazione con G. Joppich e R. Fischer, sulla base delle lezioni di E. Cardine all'Istituto Pontificio di Musica Sacra, in Roma. Originale italiano: Sem iologia gregoriana, Roma 1968; Edizione francese: Sémiologie grégorienne, in Études grégoriennes XI, ( 1970), 1-158.
Il presente trattato, suddiviso in due parti, rappresenta una visione alquanto completa dello stato attuale della ricerca semiologica, nettamente orientata verso l'aspetto pratico, artistico e musicale. Non è un dettato scientifico-teorico sulla semiologia, quanto piuttosto una presa in considerazione dei dati semiologici m vista dell'interpretazione. Vale la pena di avvertire che l'interpretazione del canto gregoriano ha dei presupposti. Occorrono varie previe conoscenze e tecniche, senza le quali non si può accedere a questo tipo di musica. Alla base sono necessarie una certa familiarità con la lingua latina della liturgia ed una cultura musicale generale. Ma poi, per poter realizzare un'interpretazione che metta in evidenza la dimensione spirituale essenza stessa del canto gregoriano - sono richieste: una buona conoscenza delle forme e della storia del canto gregoriano, una informazione sui contesti rituali, una familiarità con la preghiera dei salmi e con le pagine bibliche. Tali dati si presuppongono acquisiti, o da acquisire necessariamente, da parte del lettore. Per l'analisi formale del canto gregoriano e per un'informazione storica comprendente la presentazione dei manoscritti, sarà utile il riferimento a studi già editL e in particolare al contributo "Gregorianischer Choral" di L. Agustoni nel manuale "Musik im 11
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Gottesdienst". Questa sezione contiene altresì: delle informazioni sulle edizioni attuali del canto gregoriano e sulla notazione; una riflessione di fondo sulle relazioni tra il testo latino e la melodia gregoriana; degli elementi di fonetica e di accentuazione; delle regole di base per la salmodia ed infine un sussidio per il rispetto delle esigenze modali. La trattazione del presente primo volume di "Introduzione all'interpretazione del canto gregoriano" è concepita come un seguito organico ed uno sviluppo ampio del citato contributo in "Musik im Gottesdienst", al quale si rimanderà talora per tematiche particolari. In rapporto a quel contributo, qui la tavola dei neumi è rielaborata ed espansa. Parimenti tutta la materia, così da fornire gli elementi completi di un insegnamento sull'interpretazione del canto gregoriano. I destinatari del libro, comunque, non sono i principianti. Ed esso non è nemmeno adatto per uno studio personale di chi non sia già sufficientemente familiarizzato con l'argomento. Il libro è invece indirizzato a lettori in possesso di conoscenze fondamentali, oppure ad operatori che già da tempo si sono confrontati con il canto gregoriano dal punto di vista sia teorico che pratico. Utilizzatori privilegiati sono gli insegnanti, piuttosto che i semplici responsabili di un coro o i coristi stessi. Sia dunque per tutti chiaro che non si tratta di un'opera di consultazione rapida per trovare rapidamente delle informazioni su questo o quel dettaglio. Il termine 'Introduzione' non deve trarre in inganno, come se mancasse, retto da una metodologia rigorosa, uno sviluppo organico, ordinato e progressivo. Alcuni temi trattati in pagine diverse, ma tra loro connessi, sono di difticile comprensione se ci si limita a coglierne un aspetto particolare. Lo studio proficuo presuppone una lettura paziente ed attenta dell'insieme.
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AaVv., Musik im Gottesdienst [a cura di H. Musch]. Regensburg 1986 (1993 4 ).
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Va poi da sé che ogni insegnante, per trasmettere le personali acquisizioni, dovrà trovare un metodo pedagogico adatto. Nel canto gregoriano, come in altri argomenti musicali, un metodo che inizia da un'interpretazione oggettiva rivela numerose possibilità per fondare una formazione personale rigorosa; e tuttavia, per raggiungere una provata competenza, il manuale è soltanto uno strumento. L'interpretazione autentica trascende i fenomeni descrivibili e quantificabili; presuppone un'assimilazione personale delle profondità spirituali contenute nella simbiosi tra il testo e la musica. Questa simbiosi, messa in luce incoativamente dai neumi paleografici, dipenderà dunque anche dall'intuizione musicale e artistica dell'interprete, dal suo ingaggio personale e dalla sua attitudine nel comunicare. Tanto che, come per l'uditore, anche per l'esecutore l'evento musicale ha il carattere di unicità. Tanto che un medesimo interprete non si ripeterà mai allo stesso modo. A fortiori interpreteranno in modo diverso due differenti scholae. La pienezza interpretativa presuppone altresì, sia per il solista che per il coro, la conoscenza delle principali nozioni relative alla tecnica di emissione vocale ed un raffinato esercizio nel settore specifico, attento alle caratteristiche estetiche e stilistiche del repertorio e sensibile nel riconoscere i dati della struttura modale e l'organizzazione dei movimenti ritmici. Si tratta di affinare il giudizio complessivo sulla realtà dell'arte gregoriana coinvolgente le relazioni viventi- trasmesse dalle indicazioni semiologiche - tra sillabe e parole, tra parole e unità logiche, tra incisi e frasi, tra segmenti e totalità significante. Questo trattato si impernia sulla illustrazione di tre punti di vista fondamentali: il significato del testo con le sue consequenzialità sulla fisionomia dei pezzi gregoriani; le esigenze della costruzione melodica; i fatti semiologici, supporto oggettivo dell'interpretazione fedele ai due primi punti di vista. Ma non tutto può essere detto in una "Introduzione all'interpretazione del canto gregoriano".
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PRESENTAZIONE
INTRODUZIONE AL CANTO GREGORIANO
Gli autori ne hanno consapevolezza: e dichiarano di aver rinunciato a dare delle ricette pratiche o delle regole astratte. Il repertorio, in effetti, non comporta mai casi di standardizzazione ripetitiva; anche se la stessa formula riapparisse, essa va letta alla decisiva luce del differente contesto, sebbene la valutazione del contesto - offerta da dati estremamente precisi fomiti dalla semiologia - lasci sempre anche uno spazio all'intuizione personale. Questo primo volume della "Introduzione all'interpretazione del canto gregoriano" porta il sottotitolo 'Fondamenti', mentre il secondoin due tomi - riporta 'Estetica'. 'Fondamenti' non significa presentazione astratta di una teoria che riserverebbe i casi concreti al secondo volume. Già questo primo volume è orientato alla 'pratica' del canto gregoriano, e ad essa si riferiscono tutte le osservazioni più generali. Il lettore è immediatamente messo a confronto con i segni paleografici concreti, invitato a scoprire i diversi aspetti del neuma di un solo suono e iniziato ad affrontare lo studio degli sviluppi unisonici. Il volume, in sintesi, espone approfonditamente e sistematicamente il senso dei neumi nella relazione con il testo che li utilizza. È uno studio previo, ma assolutamente necessario per accedere al secondo volume, che tratta più largamente delle specie dei neumi-gruppo. Con l'offerta dei due volumi, gli autori sono certi di rendere buon servizio alle persone che riconoscono il valore e l'importanza della rinascita del canto gregoriano.
Nota per l'edizione italiana Per la pressione di vari amici che lamentavano la non esistenza di una "Introduzione alla interpretazione del canto gregoriano" facilmente accessibile ai lettori di lingua italiana e di lingua francese, e che auspicavano la traduzione dei volumi già apparsi in tedesco, mi sono deciso al difficile compito di venire incontro alla legittima richiesta ed attesa. Il primo passo è conststlto nell'ottenere dal coautore Johannes Berchmans Goschl la libertà ad operare alcune modifiche ed aggiunte, utili anche se non essenziali. Poi ho proceduto alla traduzione letterale del testo originale tedesco. Essa però esigeva una riscrittura, per motivi linguistici e stilistici, al fine di essere presentata in forma accettabile nelle due nuove lingue. Si imponeva un'operazione di difficile equilibrio tra fedeltà e adattamento ed un parziale aggiornamento terminologico. Per il complesso del volume italiano mi è stata preziosa l'intensa collaborazione di Felice Rainoldi, il quale ha contribuito a migliorare la mia versione. Alla revisione del primo e terzo capitolo ha collaborato con impegno anche Alberto Turco. 5
Il volume esce anche arricchito da un aggiornatissimo excursus sulle 'note tironiane', dovuto all'apporto scientifico e specialistico del Prof. JosefKohlhaufl di Vienna. Orselinà
l ottobre 1987
St. Ottilien Per quanto concerne l'edizione francese è intervenuto, con impegno appassionato, il solesmense Do m Dani el Saulnier (oggi direttore della
Luigi Agustoni
Johannes Berchmans Goschl 5
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Tradotto in lingua italiana da Nino Albarosa.
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PRESENTAZIONE
INTRODUZIONE AL CANTO GREGORIANO
Paléographie musicale, della nvtsta Études grégoriennes, e responsabile delle Edizioni musicali dell'Abbazia di Saint-Pierre). Egli, a partire dalla primitiva traduzione italiana, con la libertà tipica dello specialista in materia, ha reso fruibile il contenuto dell'opera donandogli agile taglio comunicativo. Con instancabile dedizione Elisabetta Franceschini si è adoperata alla computerizzazione del testo italiano fino ad approntarlo per la stampa.
Indice INTRODUZIONE ALL'INTERPRETAZIONE DEL CANTO GREGORIANO
Volume l: Principi fondamentali Presentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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A lei ed a tutti i collaboratori citati va la mia più viva gratitudine.
Nota per l 'edizione italiana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
Faccio presente che i rimandi bibliografici sono stati volutamente ridotti al minimo, data l'apparizione dei due aggiornatissimi ed esaurienti volumi di bibliografia nella pubblicazione: Beitrage zur Gregorianik(9110 Regensburg 1990 e 15/16, 1993). 6
Abbreviazioni e indicazioni complementari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
Luigi Agustoni
Orselina, 24 giugno 1997
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Mi permetto la segnalazione supplementare di una agile e densa opera di iniziazione, recentemente apparsa: DANIEL SAULNIER, Le chant grégorien. Quelques jalons. Centre culture) de I'Ouest, 1996. Il volumetto è uscito recentemente in edizione italiana presso la Piemme. Per il lettore italiano la sintesi storica estremamente concentrata della restaurazione gregoriana a cui accenna la "Presentazione", può interessare la recentissima voluminosa documentazione: RAINOLDI F., Sentieri della Musica Sacra dell'Ottocento al Concilio Vaticano Il. Documentazione su ideologie e prassi, Edizioni liturgiche, Roma 1996.
Capitolo l:
1.1 1.2 1.2.1 1.2.1.1 1.2.1.2 1.2.1.3
1.2.1.4
1.2.1.5 1.2.1.6
Principi fondamentali per l 'interpretazione del Canto gregoriano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27 La parola: fonte primaria dell'interpretazione ...... . La melodia e le leggi proprie della sua struttura ... . Concetti fondamentali e leggi della modalità ...... . I tre modi arcaici ....................................... . Gli otto modi dell' octoechos ......................... . I toni salmodici arcaici C, D, E ed evoluti preoctoechos II* e IV* .................................... . Tabella l: Corde di recita e cadenze mediane dei toni salmodici ........................................... . Tabella 2: Schema generale dei gradi modali importanti ................................................... . Gradi strutturali principali: gradi strutturali secondari, complementari e subsemitonali; altri gradi modalmente importanti ................................ . Tabella 3: Gradi delle corde forti nell'octoechos .. . Concatenamento e mescolanza di strutture modali autentiche e plagali .................................... .. Ruolo specifico dei gradi di ciascun modo .......... .
28 40 43 44 47 51 53 56
58 62 65 66
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INDICE
1.2.1. 7 1.2.1.8 1.2.1.9 1.2.1.1 o 1.3
Excursus:
1.4 1.4.1 1.4.2 1.4.3 1.5 1.5.1 1.5.2 1.6 1.6.1 1.6.2
Capitolo 2. 2.1
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INTRODUZIONE AL CANTO GREGORIANO
La trasposizione modale ............................... . La centonizzazione modale ........................... . La modulazione modale ............................... . Il segno dell'alterazione del bemolle nella Vat .... . Il segno neumatico, mediazione tra la parola e la sua forma musicale ..................................... . La mediazione dei segni paleografici adiastematici è necessaria per l'interpretazione? ................... . L'interpetazione dei canti non muniti di neumi paleografici ................................................. . . log1a . e scienza . ................................... . Se miO I manoscritti significativi per lo studio della semiologia ................................................. . Manoscritti con il testo senza notazione musicale .. Manoscritti con notazione adiastematica ............ . Manoscritti con notazione diastematica ............. . Le attuali edizioni di canto gregoriano .............. . Edizioni per tutta la Chiesa di rito romano .......... . Le edizioni monastiche utili per lo studio del canto gregoriano ............................................... . Tabella dei neumi e precisazioni termino logiche .. . Tabella dei neumi ...................................... . Tabella 4: Compendio delle grafie neumatiche ..... . Precisazioni terminologiche sul concetto di "neuma" . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ... Tabella 5: Riassunto delle terminologie dei neumi.
Dal testo al ritmo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Il valore della sillaba in rapporto alla loro costituzione fonetica e alla loro funzione nel testo, come pure alla loro articolazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ..
75 76 81 84
2.1.1 2.1.1.1 2.1.1.2 2.1.2
85 2.2 92 101 103
107 108 109 113 114
2.2.1 2.2.2
2.2.3 2.3
130 140
142 142 144
149
150 151
157 167
Cl .......•..•...•....•..........••.•.•••.........•..••.......
173
Il valore sillabico e il segno del suono: il neuma monosonico .............................................. . Il segno paleografico di SG .......................... .. Il segno paleografico in L ............................. .
175 175 182
Circa la questione del concetto valore medio e le tre categorie di valori che ne risultano ............... .
188
I neumi monosonici: grafie e significato melodico
195
Premessa in relazione al confenuto dei capitoli seguenti . . . . . . . . . .
195
3.1
197 197. 201 201 201
2.3.1
116
119 121 121 124
Il valore della sillaba sotto l'aspetto fonetico e la fonetica dell'articolazione sillabica .................. . La sillaba vocali ca e la sua articolazione ............ . La sillaba consonantica e la sua articolazione ...... . Il valore della sillaba sotto l'aspetto tanto della sua funzione, sia nella parola, sia nella sua unità logica del testo, quanto della sua articolazione ritmica ..... Il ritmo quale fenomeno vivificante e ordinatore in un séguito di sillabe in musica. L'articolazione ritmica ...................................................... . Analisi ritmica delle singole unità verbali ........... . Analisi ritmica di unità verbali nelle unità logiche gerarchicamente supenon. Differenziate funzioni ritmiche delle articolazioni ............................ . Esempi di analisi ritmiche di testi in rapporto con la melodia ............................................... . Il valore delle sillabe, ovvero dei neumi monosoni-
2.3.1.1 2.3.1.2 Excursus:
Capitolo 3:
141
141
3.2 3.2.1 3.2.1.1
I segni di forme paleografiche ........................ . Tabella 6: Forme delle grafie ......................... . Significato melodico ................................... . Neumi monosonici in SG ............................. . Virga e tractulus ........................................ .
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[NOI CE
3.2.1.2 3.2.1.3 3.2.1.4 3.2.1.5 3.2.1.6 3.2.2 3.3 3.3.1 3.3.1.1 3.3.1.2 3.3.1.3 3.3.1.4 3.3.1.5 3.3.2 3.3.2.1 3.3.2.2 3.3.2.3 3.3.2.4 3.3.2.5 3.3.3 3.3.3.1 3.3.3.2 3.3.3.3
INTRODUZIONE AL CANTO GREGORIANO
L'impiego del tractulus determinato dal testo ...... . Gravis ..................................................... . Il "punctum" nel C ..................................... . L'oriscus ................................................. . Conseguenze per la ricostruzione melodica ........ . Neumi monosonici della notazione di Laon ........ . Le lettere aggiuntive ................................... . Le lettere aggiuntive in SG ............................ . Lettere aggiuntive di significato melodico .......... . Lettere aggiuntive con significato ritmico ........... . Lettere che si trovano frequentemente in composizione con le precedenti ................................ . Frequenti combinazioni di lettere .................... . Altre lettere ed abbreviazioni ......................... . Lettere aggiuntive e segni tironiani in L ............. . Lettere con significato melodico ..................... . Lettere con significato ritmico ........................ . Lettera con significato melodico o ritmico secondo il contesto ................................................ . Combinazioni di lettere ................................ . Note tironiane in L ..................................... .. Precisazioni sulle lettere ............................... . Significato melodico polivalente di "equaliter" .... . Significato relativo delle lettere ....................... . Vari significati della lettera "m" ...................... .
205 208 209 210 211 217 219 219 219 220
Capitolo: .:f.
220 221 222 223 223 223
4.2.1.1 4.2.1.2 4.2.2
224 224 224 224 224 229 233
4.1 4.1.1 4.1.2 4.2 4.2.1
4.2.2.1 4.2.2.2 4.2.2.3 4.3 4.4 4.4.1 4.4.1.1 4.4.1.2 4.4.1.3
Excursus:
Joseph Kohlhaufl, Le note tironiane in Laon 239 ...
237 4.4.1.4
Tabella 7: Tabella delle note tironiane .............. . Letteratura ............................................... .
250 254 4.4.2 4.5 4.6
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I neumi monosonici: interpretazione .............. .
Il neuma monosonico in Laon: funzione mediatrice tra testo e forma musicale ............................. . Uncinus e punctum ..................................... . Modifiche grafiche dell'uncinus e impiego di lettere .......................................................... . Il neuma monosillabico in SG: funzione mediatrice tra testo e forma musicale ............................. . Mezzi grafici per rappresentare suoni di valore ridotto ...................................................... . Il punctum nel C e la lettera "c" ...................... . La combinazione delle lettere "st" ................... . Mezzi grafici per l'indicazione di note di maggior valore ..................................................... . Episemi e "tenete" ...................................... . La lettera "x" ............................................ . Il doppio episema ....................................... . L'oriscus in L e SG ..................................... . La relatività dei segni aggiuntivi ..................... . Gli episemi in SG ...................................... . L'episema come segno caratteristico delle distinzioni di unità logiche del testo ........................ . L'episema come mezzo per rilevare gli accenti della parola .............................................. . L'episema come mezzo di ritenimento ritmico prima dell'accento di parola .............................. . L'episema come mezzo per la sottolineatura enfatica di passi testuali importanti e per evidenziare aspetti retorici ........................................... . Le lettere ................................................. . Il neuma monosonico liquescente in L e SG ........ . Prova della logica differenziazione di valore dei neumi monosonici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
257
258 258 261 267 270 270 279 281 281 286 290 291 294 295 295 298 301
303 305 309 312
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INDICE
Capitolo 5: 5.1 5.2 5.2.1 5.2.1.1 5.2.1.2 5.2.1.3 5.2.1.4 5.2.2 5.2.3 5.3 5.3.1 5.3.1.1 5.3.1.2 5.3.1.3 5.3.2 5.3.2.1 5.3.2.2 5.3.2.3 5.3.3 5.3.3.1 5.3.3.2 5.4
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INTRODUZIONE AL CANTO GREGORIANO
Sviluppi melodico-ritmici ali 'unisono ............. . Il suono ripercosso: definizione e realizzazione vocale ........................................................ . Le grafie degli sviluppi unisonici e la loro funzione mediatrice tra il testo e la forma musicale ........... . Le forme fondamentali dei neumi-gruppo unisonici Grafie della notazione metense ....................... . Grafie della notazione di San Gallo .................. . Grafie della notazione quadrata ....................... . Tabella 8: Notazione quadrata con le neografie .... . Rilievi circa la terminologia .......................... . Forme più estese di ripercussione del suono ........ . Prove della necessità della pulsazione del suono negli sviluppi unisoni ci ................................ . Il fenomeno dell'articolazione ritmica nei neumigruppo unisonici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ... L'articolazione finale.................................... Identificazione dell'articolazione finale nella grafia neumatica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Articolazione finale e interpretazione . . . . . . . . . . . . . . . .. Le funzioni ritmiche e la gerarchia delle articolazioni finali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . L'articolazione iniziale -. , . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Identìficazione dell'articolazione iniziale nella grafia neumatica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Articolazione iniziale e interpretazione . . . . . . . . . . . .... Il fenomeno dell'amplificazione ritmica in connessione con i neumi-gruppo unisomc1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . L;articolazione interna.................................. Identificazione dell'articolazione interna nella grafia neumatica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Funzione ritmica dell'articolazione interna.......... Interpretazione dei neumi-gruppo unisonici in base alloro fondamento letterario e melodico . . . . . . . . . . . . .
317
319 321 321 322 328 335 337 338 339 346
5.4.1
5.4.2 5.4.2. 1 5.4.2.2 5.4.2.3 5.4.2.4 5.4.2.5 5.4.3
Considerazioni generali e fondamentali per una comprensione approfondita del fenomeno dello dello sviluppo unisonico ............................... . La duplice percussione con notazione non corsiva . La duplice pulsazione non corsiva sull'accento della parola .............................................. . La duplice pulsazione allargata sulla sillaba pretontca ....................................................... . La duplice pulsazione un poco allargata sulla sillaba postonica intercalare ................................ . La duplice pulsazione allargata con notazione non corsiva sulla sillaba finale della parola .............. . La duplice pulsazione un poco allargata con la notazione non corsiva ali' attacco di frase o di inciso .. La pulsazione fluida del suono con notazione corsiva o parzialmente corsiva ........................... .
404 406 406 410 414 416 424 426
350 352 352 353 356 361 361 364 369 378 3 78 391 403
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ABBREVIAZION l
ABBREVIAZIONI E INDICAZIONI COMPLEMENTARI In.
Gr.
Al.
Tr.
Cant.= O f. Co. Ant. == ms mss Vat ·
Introitus (Introito: antifona all'inizio della Messa, seguita almeno da un versetto salmodico e ripetuta alla fine) (Responsorium) Graduale (Responsorio Graduale: canto dopo la prima lettura della Messa; Responsum, versetto e ripetizione del Responsum) Alleluia (acclamazione seguita dal versetto salmodico musicalmente ornato e ripetizione dell'Alleluia) Tractus (Tratto: sèguito di alcuni versetti salmodici melodicamente ornati e cantati alternativamente dal solista o dai cantori) Canticum (Cantico: salmo poetico; i versetti musicalmente ornati sono cantati alternativamente di sèguito) Offertorium (Offertorio, ossia canto al momento della presentazione dei doni) Communio (Antifona della Comunione, che dovrebbe essere intercalata da uno o più versetti salmodici) Antifona (breve canto che inquadra l'esecuzione di un salmo) manoscritto manoscritti Vaticana (Editio typica Vaticana)
Ulteriori abbreviazioni il cui uso si riduce a citazioni di testi si trovano annotati alloro posto. Abbreviazioni che si riferiscono a mss gregoriani del medioevo e ad edizioni gregoriane odierne si trovano alle sezioni 1.4 (pag. 107114) e 1.5 (pag. 116- 120).
INTRODUZIONE AL CANTO GREGORIANO
canti dell'Ufficio (delle "Ore") dal "Liher Antiphonarius pro diurnis horis 19 ].1." (edizione 1919). In caso di necessità si ricorse per l 'uno o l'altro esempio alle singole edizioni gregoriane di Solesmes, e questo per il "Graduale Romanum 1974" (GR), l' "Antiphonale Monasticum 1934" (AM), in rarissimi casi il "Psalterium Monasticum 1981" (PsM) e il "Graduale Simplex, Typis polyglottis Vaticanis, Editio typica altera 1975" (GS). Ali 'Abbazia Saint-Pierre de Solesmes si vuoi esprimere
cordialmente qui il ringraziamento per il gentile permesso delle riproduzioni di questi casi delle loro edizioni. I libri citati con date antiquate, come per esempio quello della Editio typica Vaticana del 1908, non vennero presi qui in considerazione per ulteriori citazioni di pagine o altro perché, né per lo studio, né per le celebrazioni liturgiche, sono oggi difficilmente ancora utilizzabili o addirittura irreperibili. Quando vengono citati le pagine e il rigo degli esempi (per es. 14,5), senza indicazione della fonte, è sotteso sempre il Graduale Triplex 1979 (e con questo anche il Graduale Romanum 1974 ). N elle citazioni riguardanti l' Antiphonale Monasticum 1934, il Psalterium Monasticum 1981 e il Graduale Simplex 1975 si è rinunciato di precisare il rigo, perché l'esempio è immediatamente reperibile. Le lettere di abbreviazione a destra accanto alle ricopiate notazioni paleografiche si riferiscono ai relativi manoscritti medievali. Purché questi manoscritti siano Identici con quelli che nell'inerente caso corrispondono anche alle versioni del Graduale Triplex - ciò avviene, come norma regolare, nei casi dei canti del Proprio della Messa, che coincidono allora pressoché sempre con i manoscritti C (= Cantatorio di S. Gallo cod. 359) oppure E(= cod. 121 di Einsiedeln) e L (=cod. 239 di Laon)- allora le relative e solite indicazioni delle fonti appaiono senza ulteriori precisazioni, poiché si possono desumere dalla pagina riferita dallo stesso Graduale Triplex. Inoltre all'inizio di ogni esempio viene riportato, a sinistra prima della chiave delle note, il numero "romano" del relativo "modo" nel quale è stata classificata la melodia gregoriana.
Gli esempi musicali con il loro testo e la notazione quadrata, per quanto possibile, vennero tolti dai libri della Editio typica Vaticana e precisamente i canti del Proprio della Messa dal "Graduale Sanctae Romanae Ecclesiae de Tempore et de Sanctis 1908'' e gli esempi dei 24
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PRINCIPI FONDAMENTALI
Capitolo l PRINCIPI FONDAMENTALI PER L'INTERPRETAZIONE DEL CANTO GREGORIANO
Questo primo capitolo, che intende offrire i principi fondamentali dell'interpretazione del canto gregoriano, è organizzato secondo un duplice procedimento d'approccio. In un primo momento, per l 'importanza, vengono esposti i principi ideali ed ermeneutici dell'interpretazione. Si mostra che la legge immanente del comporre, il costitutivo essenziale è l'assoluto rispetto della parola. Gli elementi musicali rispettano in modo assoluto questa primaria tradizione orale, ancora viva nel Medioevo. Gli elementi primari di interpretazione sono i seguenti: l. la parola, fonte originaria della composizione; 2. la melodia, realtà determinata dalla parola, legata ai neumi e normata dalle leggi modali ed estetiche; 3. il segno neumatico, mediazione simbolica della forma musicale modellata sul testo. In un secondo tempo il capitolo fornirà informazioni complementari circa i -manoscritti (mss) medievali neumati e circa le edizioni dei libri di canto gregoriano attualmente in uso. Chiunque si dedichi con serietà alla scienza ed alla pratica del gregoriano non può ignorare tali fonti di riferimento. Infine, quale indispensabile presupposto per uno studio impegnato in vista dell'interpretazione, verrà offerta una tavola di neumi, assai ricca anche se non esaustiva. Essa è redatta con preoccu, pazione rigorosamente logica e corredata da alcune note esplicative sulla terminologia.
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PRINCIPI FONDAMENTALI
CAPITOLO l
1.1 La parola: fonte primaria della interpretazione La parola 'canto gregoriano' provoca un rimando immediato ed istintivo a delle melodie, singolari per fascino e classificabili entro la categoria ben determinata e inconfondibile del canto monodico antico. Chi dispone di qualche informazione in più, associa a tali melodie anche l'immagine di una grafia non tanto comune, con note quadrate e raggruppamenti curiosi su un tetragramma: a tale notazione viene ancora attribuita la qualifica di 'notazione neumatica'. C'è chi sa che tale scrittura è una stilizzazione schematica di antichi segni tracciati sui manoscritti medievali; ma, sentendosi estraneo alla grafia- antica o recente - dei neumi, preferisce ricorrere a delle trascrizioni in notazione moderna, giudicate aprioristicamente più accessibili. Si accetta, come semplicemente scontato, il fatto che sotto queste melodie, caratteristiche e inconfondibili, vi sia un testo: il canto infatti comporta normalmente la presenza di parole. Che poi si tratti di parole latine non desta particolare interesse, a parte un generico apprezzamento culturale. Il latino fu per secoli l'idioma della società e della Chiesa: e lo stesso repertorio della musica polifonica, sacra o anche profana, dal medioevo fino ai nostri giorni, si è avvalso di esso. Iljesto latino continua ad esercitare una particolare attrattiva persino in persone che non ne comprendono esattamente il significato: il generico suono della lingua, aureolata d'antichità e misticamente connotata, sembra loro sufficiente. Si lasciano fascinare dall'esotismo: alle melodie gregoriane connettono l'idea di un patrimonio culturale e un valore di sacralità. Particolarmente l'ascolto situato nei templi offre loro l'occasione dÌ un'immersione psicologica, identificata a volte con l'esperienza di un incontro mistico col mondo della trascendenza. A renderle esaltatrici del tipico ·'sound' dei canti gregoriani concorre dunque la combinazione tra un melos caratteristico, una lingua aulica ed una idealizzata alleanza tra culto e cultura. Ma si tratta di una gratificazion~ religiosamente ambigua, di una interpretazione _scientificamente sfasata, di un approccio culturalmente insostenibile, se non alla luce di ambigue enfasi romantiche. La realtà del canto gregoriano è profondamente altra. Il percorso che permette di coglierne la vera essenza non passa dal suono ad un testo
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che ne farebbe da supporto, bensì, esattamente al contrario, da una parola espressa in pienezza fino al completo realizzarsi in veste melodica. La parola è la fonte originaria ed originale dalla quale zampilla il melos dei canti gregoriani. Ed è la parola tipica e specifica della celebrazione liturgica, della quale il Concilio Vaticano II ha richiamato il carattere sacramentale, cioè lo statuto di segno efficace della presenza di Cristo e 1 di elemento mediatore dell'incontro con Lui. La comunicazione che avviene nella Liturgia è sempre l'intreccio della Parola divina che si rivolge agli uomini con la parola della Chiesa che risponde a Dio. Tale comunicazione attinge un vertice espressivo quando avviene col canto. Il modo storicamente più perfetto di questo intreccio dialogico è realizzato quando risuona il vero canto gregoriano. L~ ·grandezza del canto gregoriano sta primariamente in questa attitudine ad assecondare la sacramentalità dei riti liturgici, avendo tratto da essi il suo principio vitale. La pretesa di poter prescindere dal testo o la sottovalutazione di es- _ so, menoma il canto gregoriano della sua ragione di essere, perché pa- .... rola e melodia sono essenzialmente ed indissolubilmente coniugate in unità. Generate dalla parola, la ricchezza e la nobiltà della melodia 2 hanno ragion d'essere solo in virtù della perfetta simbiosi con essa.
2
La Costituzione Sacrosanctum Concilium (n. 51) recita: "Affinché la mensa della Parola di Dio sia preparata ai fedeli con maggior abbondanza, vengano più largamente aperti i tesori della Bibbia". La IGMR (Principi e norme per l'uso del messale romano), n. 9, ribadisce così delle affermazioni già avanzate della Dei Verbum: "Quando nella Chiesa si legge la sacra Scrittura, Dio stesso parla al suo popolo e Cristo, presente nella sua parola, annunzia il Vangelo". Per favorire una maggiore musicabilità della parola, i testi che sono alla base del canto gregoriano e desunti per la maggior parte dalla sacra Scrittura (di preferenza dai salmi), non di rado sono adattati o messi insieme con notevole libertà. La celebrazione è voluta come una comunicazione sotto ogni aspetto pregna di senso. Per quanto sia molto importante lo sforzo di comprendere i testi della sacra Scrittura deducendone il significato dal contesto letterario e storico, altrettanto importante è studiare come essi siano stati accomodati per le esigenze del canto, entro una convincente ritualità culturale. Il che non deve essere reputato né una scorrettezza biblico-esegetica, né uno svantaggio. Di analoghi procedimenti redazionali di adattamento dona testimonianza la stessa Bibbia, ad es. nel libro dei Salmi, quando si vuole un testo capace di offrire una più profonda visione di fede o più pregnante di
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PRINCIPI FONDAMENTALI
CAPITOLO l
Simbiosi significa che la parola è la base del canto, nel senso che ne ha determinato i principi costruttivi ed ha dettato la formalizzazione del flusso ritmico, apportando raffinatezza a tutte le sue ramificazioni. Tale simbiosi tra parola e suono, tra testo e melodia, è, pertanto, determinante per l'adeguata emissione della voce e per una tecnica vocale segnata da peculiari esigenze. Il canto gregoriano vive della parola. Più esattamente, partecipa della funzione della parola in quanto costitutiva di un concreto contesto liturgico. Infatti è il contesto liturgico ad originare e determinare una tipica strutturazione formale. Dalla parola ritualmente contestualizzata derivano le diverse forme dei canti e dipendono i relativi stili musicali. Qui sta il fondamento di quella differenziazione stilistica e morfologica che, ad es., si individua tra i canti che sono finalizzati ad accompagnare un rito (Introito e Communio) ed un Graduale, chiamato invece a sostenere, nella liturgia della Parola, la funzione di annuncio e di risposta. La parola è, in definitiva, la forza creatrice del complessivo evento acustico-musicale dei canti; i neumi ne sono l'espressione pittografica. Sempre si deve porre attenzione alla stretta relazione tra parola e neuma. Per l'esecuzione non è mai indifferente la posizione di un neuma su una sillaba piuttosto che su un'altra. Ad es., una bivirga su sillaba pretonica deve essere interpretata in modo tale da risuonare diversamente da una bivirga su sillaba accentata; e questa, a sua volta, diversamente da una bivirga posta su sillaba finale di parola. I neumi sussidiano un'interpretazione completamente marchiata dall'impronta della parola. Una prova dell'asserto è fornita dalle forme liquescenti dei neumi. Infatti la liquescenza favorisce il p'.issaggfo ·delle sillabe, la cui qualità dipende fortemente dalla loro costellazione fonetica. Il loro collegamento non può mai essere eseguito duramente, ma in modo scorrevole, morbido, con un rigoroso "legato". Altrimenti può capitare che si distrugga l'unità di una parola o di più parole logica-
esperienza antropologica. Questi adattamenti, in definitiva, sono anche una scuola per imparare l'uso fruttuoso di una lettura spirituale della Scrittura, conforme alla plurisecolare tradizione della lectio divina nei suoi elementi: meditatio, oratio, contemplatio.
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mente congiunte, che si dia rilievo a delle sillabe slegate, che si separino indebitamente parole a scapito della loro unità concettuale in rapporto ai vari contesti. La parola e il testo, determinano anche la gerarchia dei poli che costituiscono l'ordine ritmico di un canto con i loro concatenamenti e le loro distinzioni (cfr. 2.1.2 e 2.2). In presenza di un melisma (neuma molto ricco di suoni posto su una sillaba), si può avere l'impressione che la melodia obbedisca esclusivamente a delle leggi proprie e che si renda autonoma, almeno momentaneamente, dal legame con la parola. Ma il supporre e l'accogliere questa valutazione è cosa erronea. Anche ogni melisma è strettamente connesso con la parola, con il testo. In una composizione originale, cioè in una melodia composta esclusivamente per quel testo determinato, l'omamentazione melismatica serve a sottolineare ed a far gustare una parola considerata· importante (cfr., ad es., l'Of. Jubilate Deo, GT 227,4 nella ripetizione del testo; ed anche l'Of. Dextera Domini, GT 194,3.5 su le parole "exaltavit" e "opera Domini"). Ma anche nelle melodie-tipo3 e nelle melodie centonizzate dei timbri moda/i,4 ·costruite interamente o in parte con formule etimologicamente
3
4
La melodia-tipo è la sintesi melodica omogenea di un modo arcaico o evoluto, adattata a più testi. Questa forma musicale è frequente nelle antifone con testo breve dell'Ufficio feriale e domenicale. Il timbro modale è l'elaborazione estetica della melodia-tipo, adattata a più testi, con disposizione ordinata degli incisi (formule), mediante il procedimento della centonizzazione. Il termine centonizzazione deriva dal latino volgare "cento, onis'' e significa una coperta o una veste fatta di pezzi di stoffa differente. Già dall'inizio del sec. IV si conoscono composizioni letterarie centonizzate, ottenute da un insieme di diversi testi e paragonabili ad una specie di TT1osaico letterario. La liturgia stessa, come accennato nella nota 2, faceva largo usò di tésti centonizzati. Anche i compositori delle melodie gregoriane, a motivo dell'inserimento di nuovi testi nella liturgia in sviluppo, ricorrevano frequentemente a delle formule (centoni) melodiche sapientemente cucite insieme. Era un'abitudine resa necessaria dalla trasmissione orale delle melodie. Queste formule appartengono, per così dire, al vocabolario e al linguaggio di uno o più modi. La centonizzazione era dunque un procedimento compositivo abituale e, nello stesso tempo, assai difficile poiché le melodie, pregiate esteticamente ed espressivamente, dovevano rispettare con rigore il testo. Cfr. P. FERRETTI, Estetica gregoriana, Roma 1934, vol. l, pp. 95-131.
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PRINCIPI FONDAMENTALI
CAPITOLO l
diverse, per accogliere più testi, il procedimento compositivo è essenzialmente legato alla parola. Le formule sia di genere sillabico sia di genere semiornato e ornato sono esteticamente selezionate e così abilmente concatenate tra loro che si ha l'impressione di una melodia originale, legata a quel solo testo (cfr., ad es., Gr. Christus.factus est di V modo, GT 148). Si prenda ancora per es. il timbro modale d~i graduali di II modo, di cui il versetto Confitemini Domino del Grad. Haec dies della domenica di Pasqua (GT 196), con tutta probabilità è stato il testo di partenza, sebbene siano presenti alcuni episodi originali nei punti testualmente più pregnanti. La sua composizione si colloca storicamente tra il periodo della salmodia del solista e quello della salmodia ornata della schola. Con una melodia magistralmente viene cantata qui la risurrezione del Signore, mistero centrale della fede e fondamento della speranza cristiana. Questo stesso timbro modale è impiegato pure per accogliere il testo del Gr. ;I:ecum principium proprio della Messa nella notte di Nàtale (GT 42)~ 5Jcaso o proposito? Riflettiamo: il testo di questo Graduale presenta l'origine divina del Messia apparso nell'umiltà della carne umana. Egli, dominatore dell'universo, porterà a compimento la missione salvatrice mediante la sua morte e la sua risurrezione. La certezza che questo Bambino realizzi il compimento dell'attesa messia-
Il gregoriano ha conservato parecchi timbri modali di genere sillabico e semiornato nel repertorio delle antifone dell'Ufficio e un solo timbro, di genere ornato, nei canti della Messa, come i Graduali di Il modo con cadenza finale la. (Cfr. J. CLAIRE, Les formules centons des Alleluia anciens. Timbre en Re du Il mode, in: Études grégoriennes, nn. 20-21, anni 1981 e 1986). Questa situazione è da collegare al fatto che il procedimento della centonizzazione ha subito storicamente un'evoluzione: dai timbri modali con elaborazione ordinata e fissa degli incisi si è passati progressivamente alle composizioni centonizzate abbastanza omogenee (cfr. la famiglia d~0mdJJ~Iidi V modo), fino a quelle libere nelle quali le formule non occupano più un molo specifico (cfr. i canti processionali della Messa). Dall'analisi dei repertori liturgici occidentali emerge un criterio generale: i compositori si sono serviti del 'materiale compositivo' della Pasqua per la composizione dei canti delle altre feste del Signore, delle quali il Natale è una delle prime; e talvolta per il Santorale più antico, quello appunto dei Martiri, primi testimoni della risurrezione.
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nica sembra costituire inoltre il motivo 6 che ha indotto a mantenere e custodire il colore dello stesso tipico timbro modale nel Proprio della messa delle ferie del 17-24 dicembre, cioè dei giorni specifici dell'attesa liturgica della venuta Messia. In queste ferie i Graduali (come pure la melodia delle antifone maggiori al Magnificat del Vespro) presentano esclusivamente il timbro modale di secondo modo in Re (cfr. GT 25-38). L'insieme - è indubitabile - viene ad assumere un ruolo di 'simbolismo sonoro': mediante la coerenza 'modale' viene colorato tutto il mistero di Cristo, dalla contemplazione della sua eterna preesistenza presso il Padre, fino, attraverso l'incarnazione, alla morte e alla risurrezione. Il fatto poi che il medesimo timbro sia previsto anche per la Messa dei defunti, precisamente nel Gr. Requiem aeternam ( GT 670,5 ), apporta un ulteriore pertinente rimando alla Pasqua. Il mistero pasquale di Cristo è fondamento del passaggio dell'uomo dalla morte alla vita eterna. E si tenga ben presente che la tradizione liturgica interpreta come 'dies natalis' il giorno della morte non solo dei Martiri, ma di tutti i servi di Dio. L'adattamento di formule e di intere melodie non veniva meccanicamente realizzato, ma ognora la sua regola era il rispetto delle esigenze del testo. Questa attenzione spiega la presenza di varianti melodiche o ritmiche che di tanto in tanto compaiono a migliorare qualche passaggio, senza intaccare la sostanza di una formula, di una melodia-tipo
6
La forma pntdenziale e condizionale di questa espressione è intenzionalmente voluta, dal momento che qui è sotteso un problema storico-liturgico-musicologico di enorme portata e difficoltà. Si allude ai rapporti intercorsi tra canto romano e gallicano, poi tra il canto romano e quello romano-franco. È del tutto plausibile che la ragione originaria di tanta colorazione delle più importanti ferie d'Avvento mediante il modo di Re sia dovuta al fatto che tale tempo liturgico è stato importato a Roma dalla Gallia (sec. V circa). Lo strato più arcaico della liturgia romana non conosceva la modalità di Re, da cui deriva il secondo modo romano-franco (gregoriano). Detto questo, tuttavia, è lecito pensare che la rilevazione musicologica di un dato storico non infirmi la lettura simbolico-iconica che su di esso può essere fondata. Spesso una casualità iniziale può trasformarsi in fatto significativo attraverso il vissuto dell'esperienza, fino a provocare quella lucida consapevolezza che le riconosce una pertinenza, dona rilievo a valori impliciti e tematizza un'interpretazione.
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CAPITOLO l
o di un timbro modale. 7 Anche per i canti melismatici, come per tutti gli altri, il testo rimane il fondamento. Perché il gregoriano non rimanga un libro sigillato o solo parzialmente aperto, occorre che questo fondamento del testo venga approfondito sotto ogni dettaglio. Una conoscenza superficiale è assolutamente insufficiente. Essa deve estendersi dal messaggio del testo al senso del contesto liturgico e alla collòcazione specifica entro una determinata sequenza rituale. Ha bisogno altresì di rispettare le qualità fonetiche delle sillabe, i dinamismi ritmici delle parole, le connessioni tra le frasi. Le ornamentazioni melismatiche di alcune melodie hanno a che fare con il testo per un'altra ragione ancora: esse, come 'parole melodiche' poste su delle sillabe, comunicano potentemente benché non solo verbalmente. Sono energie di connotazione, invece che supporti denotativi: e si sa quanto la globalità comunicativa trascenda il quoziente di trasmissione nozionale. Ma proprio perché 'parole melodiche', i melismi, devono essere considerati, per analogia, alla luce di quanto avviene entro un vero e proprio tessuto testuale. E un messaggio, si sa, è strutturato dalla globalità dei fattori che lo ordinano: alla base vi giocano degli accenti che con le sillabe fin~li profilano l'unità della parola; poi si fa decisivo il concatenamento -delle parole, per l'emersione di unità logiche, a loro vofta contrassegnate da interne cesure di distinzione; finalmente entrano in campo ulteriori unità subordinanti e subordinate, più o meno estese. Anche il melisma assomiglia a tale impasto e coordinamento strutturale. Ciascun singolo elemento o suono del melisma è paragonabile ad una sillaba; ciascun polo ritmico di tensione corrisponde ad una sillaba d'accento, mentre un polo ritmico di distensione imita
PRINCIPI FONDAMENTALI
spesso il ruolo di sillaba finale; le cesure più ampie interne al melisma sono comparabili ad unità logiche di un testo, delimitate da incisi; e poi all'articolata unità del discorso, che si avvale di cesure e di membri. Insomma: una gerarchia di coordinazioni e di subordinazioni. 8 Tale molteplicità e varietà connettiva avverte che anche il canto melismatico non è da percepire come un dato per fantasiose interpretazioni o come soggettivo appagamento di attese estetizzanti: anch'esso invece, linguisticamente costruito, è finalizzato alla pregnanza della parola, a dilatarne dei passaggi importanti, a nobilitare un contesto. Per una prima facile comprensione di quanto esposto si pensi al caso di uno jubilus alleluiatico. Il canto melismatico è di sua natura un'espressione d'emozione interiore: talmente viva, che la base del supporto verbale è trascesa. Tuttavia la parola sarà sempre presente: nella liturgia è imprescindibile sorgente generatrice e carica alimentatrice del dialogo salvifico. Solo che vi sono dei momenti nei quali la forma qualitativa del comunicare assume un ruolo determinante. Quando dei significanti dicibili (testi o contesti) hanno, come spesso, una indicibile profondità contenutistica, allora al 'verbale' non resta che spegnersi nel silenzio dell'adorazione, oppure espandersi nell'eccedenza del musicale. In tal caso la orante 'vox sine verbis' 9 attinge il vertice massimo della sua vocazione a dialogare col Mistero. A conclusione di queste riflessioni sulla parola, intesa quale fonte primaria dell'interpretazione, la prima frase dell'In. Ad te levavi serve ad illustrare l'intimo legame tra la parola e la sua realizzazione sonora:
8 7
34
Cfr. CARDINE E., Le chant grégorien est-i/ mesuré? Études grégoriennes VI, 1963, 7-38. L'autore dimostra, fra altro, analiticamente con comparazioni le varianti melodiche e soprattutto ritmiche resesi necessarie negli adattamenti a causa del testo, alle formule di una melodia-tipo o di una formula di timbro modale, senza intaccare la sostanza della formula: varianti necessarie interpretate erroneamente dai mensuralisti, come J.W.A. VOLLAERTS, per dimostrare l'esecuzione mensuralistica del canto gregoriano che, invece, è basato sul ritmo della parola e della sua melodia. L'articolo in questione è una delle prove più eloquenti contro l'interpretazione mensuralistica del "fondo primitivo" del repertorio gregoriano.
9
L'analogia qui stabilita tra testo e melisma verrà, a suo tempo, spiegata estesamente e con esemplificazioni opportune. Cfr. cap. 9 del l l Vol Vale la pena richiamare il mirabile passaggio agostimano: "L ... ] si eum fari non potes et tacere non debes, quid restat nisi ut iubiles, ut gaudeat cor sine verbis, et immensa latitudo gaudiorum metas non habeat sillabarum? [ ... ]". "[Ineffabile è ciò che non può essere detto]: e se non puoi dirlo, ma nemmeno tacer lo, che ti resta se non giubilare, in modo che il cuore si apra ad una gioia senza parole, e la gioia si dilati immensamente al di là delle sillabe? [Bene cantate a Lui nel giubilo!]". In Ps. 32., II, s. l, 8 ( in fine). S. AGOSTINO, Esposizioni salmi, I, 573 (opere di S. Agostino, edizione latino-italiana, Parte IJI: Discorsi, vol. XXV).
35
PRINCIPI FONDAMENTALI
CAPITOLO l 10
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te le-vresentata da: FISCHER R. in: Beitriige zur Gregorianik, 1985, nr. 19 in avanti.
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57
Sei dei 'Sette mss qui citati sono stati editi, in fonna sinottica, da R.-J. HESBERT, Antiphona/e Missarum Sextuplex, Bruxelles 1935, ora reperibile in edizione anastatica. Del ms M', non pubblicato, esiste copia manoscritta con la trascrizione curata da Casiraghi. Questo ms è importante, in quanto l'altro ms monzese (M) è un Cantatorio, e pertanto riporta solamente i testi per i canti interlezionali del solista. M', invece, è un Graduale. Presenta alcune lacune. Le indicazioni relative ai singoli canti di tutti questi mss sono pubblicati in: M . KREUELS, Indizes zu Graduale Triplex und Offertoria/e Triplex, come "Sonderheft" di Beitr!lge zur Gregorianik, Regensburg 1988 (vi sono indicati anche tutti i modi degli Introiti e dei Communio di Corbie).
108
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CAPITOLO l
edito dali' Associazione Internazionale
PRINCIPI FONDAMENTALI
G376
codice 376 della biblioteca monasteriale di San Gallo, Graduale, scritto nel s. XI, non pubblicato (sono state diffuse copie fotocopiate).
G381
codice 381 della biblioteca monasteriale di San Gallo; interessante la presenza di un Versicolario per l'Introito e il Communio, scritto nella prima metà s. XI. Non è pubblicato (esistono copie fotocopiate ed è in stampa la trascrizione per l 'uso liturgico presso l'Abbazia di Me schede).
H
codice 390/391 della biblioteca monasteriale di San Gallo. Antiphonale Officii, scritto tra 986 e l O11 dal monaco Hartker (però vi hanno lavorato anche altre mani), PM 2ème série I; pure MPG IV/l e IV/2.
W
codice Guelf l 008 Helmst della biblioteca di Wolfenbiittel, Graduale di Minden, scritto attorno all'anno 1020, non pubblicato.
Studi di Canto Gregoriano (AISCGre), a cura di G. JOPPICH, Miinsterschwarzach.
CG
Codices Gregoriani Editi da AISCGre, a cura di N ALBAROSA e A. TURCO, Verona.
Notazione sangallese (=SG/ 9
c
Cantatorium, codice 359 della Biblioteca monasteriale di San Gallo, scritto attorno al 920 (sono notati integralmente soltanto i Graduali, gli Alleluia e i Tratti; per gli altri canti è riportato solo l'incipit del testo). P M, deuxième série; pure MPG III, 1987.
E
codice 121 della biblioteca monasteriale di, Einsiedeln. Graduale, scritto tra 964 e 971 (datazione tratta dal calendario ivi contenuto) a Einsiedeln. PM IV; pubblicato anche in riproduzione facsimile: "Graduale und Sequenzen Notkers von St. Gallen", Weinheim, VCH, Acta Humaniora, 1991. 60
B
codice lit. 6 della biblioteca statale di Bamberg. Graduale, scritto attorno al l 000 a St. Emmeran, Regensburg, (MPG II, 1986).
G339
codice 339 della biblioteca monasteriale di San Gallo, Graduale, scritto all'inizio del s. XI, (PM I, 1889).
59
60
Cfr. AA.VV., La Abbazia San Gallo, Jaca Book Milano, 1991. Vi si trovano informazioni serie e sintetiche riguardo il ruolo importante esercitato dall'Abbazia concernenti, fra altro: la storia, la liturgia e il canto, l'insegnamento, la cultura scrittoria, l'arte del libro, la presenza di monaci e di mss irlandesi; libro con riproduzioni in b.e.n. e in policromia, desunte da svariati codici sangallesi. Ottenibile a parte il ricco commentario: Codex 12 I Einsiedeln, Kommentare zum Faksimile, hrsg. Von ODO LANG, Weinheim 1991. Fra altro contiene la minuziosa analisi della notazione neumatica di R. FISCHER, pp. 69-118.
110
Notazione melense, chiamata anche notazione lorenese 61 L
codice 239 della biblioteca municipale di Laon, Graduale, scritto verso il 930 (PMX).
61
S. CORBIN, (nel suo insegnamento e in: "Palaeographie der Musik 3 ": Die Neumen, Koln 1977, p. 3.87), si era proposto di rivalutare l'appellativo di "notazione Iorenese". A motivo delle riforme liturgiche operate da Crodegango di Metz e della sua animata promozione del canto gregoriano in questa città, dall'inizio del sec. IX. La notazione di origine "lorenese" ottenne il nome di "metense", anche se non esiste nessuna documentazione circa l'esistenza di uno scrittorio nella Metz di allora. Laon, invece, situata nella regione medievale della Lorena (e dopo 1'843 nella Lotaringia), vanta e custodisce fino ad oggi nella sua "Biblioteca municipale" non solo il fondamentale cod. 239, ma anche parecchi frammenti, tra i più antichi e preziosi della stessa notazione.
111
CAPITOLO l
Notazione bretone CH
codice 47 della biblioteca di Chartres, Graduale, scritto nel s. X (PMXI). 62
PRINCIPI FONDAMENTALI
l. 4. 3 Manoscritti con notazione diastematica
Notazione beneventana
Bv34
codice 34 della biblioteca capitolare di Benevento, Graduale, scritto nei ss. Xl/XII (P M XV, 193 7).
Bv40
codice 40 della biblioteca capitolare di Benevento, Graduale, scritto inizio s. Xl, senza linee eppure diastematico; è il più antico dei "beneventani", ma in parte mutilo (CG 1991, in policromia).
Notazione francese
MR
codice di Mont-Renaud, Graduale e Antiphonale di Noyon, scritto nella seconda metà del s. X. (P M XVI, 1955).
Notazione beneventana
Bv33
VL
codice 33 della biblioteca capitolare di Benevento, "Missale Antiquum", scritto nei ss. X-XI (P M XX, 1983 ); edizione con i soli brani cantati e migliore per la scrittura musicale: MPG,l986.
Notazione aquitana
A
cod. lat. 776 della biblioteca nazionale di Parigi, Graduale di Saint-Michel-de-Gaillac presso Albi (perciò chiamato anche codice di "Albi"), scritto prima del l 079; pubblicazione privata (curata da G. Joppich) per i corsi di paleografia gregoriana a Essen, 1985.
y
cod. lat. 903 della biblioteca nazionale di Parigi, Graduale di Saint-Yrieix presso Limoges (''cod. di Saint-Yrieix") scritto nel s. XI (PMXIII, 1925).
codice l 0673 della biblioteca Vaticana, fondo lat., Graduale beneventano, scritto nel s. XI. (P M XIV, 1931 ).
Notazione dell'Italia centrale
An
codice 123 della Biblioteca Angelica a Roma, Graduale e Tropario, scritto nel primo terzo del s. XI (P M XVIII, 1969). 63 Notazione metense
62
63
Il manoscritto è stato distrutto durante la seconda guerra mondiale durante una incursione aerea. Anche se si trovava a Chartres, vi era giunto però da Rennes, mentre la notazione proveniva da uno scrittorio dei monasteri della Bretagna [cfr. G. BENOIT- CASTELLI- M. HUGLO, L 'origine bretonne du Graduel 47 de la Bibliothèque de Chartres, in Études grég. I (1954), 173-178]. Cfr. L. GHERARDI, Il codice Angelica 123, Monumento della chiesa bolognese nel sec. Xl, Bologna 1960 (Il codice viene presentato prevalentemente sotto l'aspetto storico-liturgico e del suo inserimento in un più ampio assetto culturale;
112
Kl
codice 807 della biblioteca universitaria di Graz, Graduale di Klostemeuburg (presso Vienna), scritto nel s. XII (PM XIX, 1974).
M. T. ROSA-BAREZZANI- G. ROPA [a cura di], Codex angelicus 123, Studi sul Graduale- Tropario bolognese e sui manoscritti collegati, Cremona 1996.
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CAPITOLO l
Ver
codice 759 della Biblioteca Municipale di Verdun, Missale di Saint-V arme a Verdun, scritto nella prima metà del s. XIII (CG II, 1994, in policromia).
Notazione francese Rou
codice O v 16 di San Pietroburgo, Graduale di Notre Dame du Pré a Rouen, impronta metense, scritto nel s. XII; inedito.
Mp
codice H 159 della facoltà di medicina di Montpellier, Tonario di un Graduale, in scrittura musicale con neumi adiastematici francesi e in notazione alfabetica (a-p) per la descrizione degli intervalli melodici, scritto nel s. XI (PM VIII, 190 1-1905 ). 64
1.5
Le attuali edizioni di canto gregoriano
Per chi oggi si occupa di teoria o di pratica di canto gregoriano anche la conoscenza delle edizioni recenti o vigenti costituisce un presupposto indispensabile. Tali edizioni vengono elencate e brevemente descritte. Ma non si prendono in considerazione i volumi antologici, con estratti dai diversi libri, come ad es. appariva, in un tempo non lontano, il Liber Usualis. 65 Nei decenni passati si dava grande importanza alla distinzione tra edizioni ufficiali (editio typica) e non-ufficiali o private (editio iuxta 64
65
Questo codice è stato trascritto integralmente su righi a tetragramma ed edito da F.E. HANSEN, H. 159 Montpellier, Tonary of St. Bénigne of Dijon, Kopenhagen 1974. Dopo l'attuazione della forma liturgica voluta dal secondo Concilio Vaticano tutte le edizioni anteriori non corrispondono più al nuovo ordinamento rituale. Ciò vale tanto per il Graduale Romanum quanto per l 'Antiphonale Romanum con i canti per la liturgia delle Ore. Del nuovo Antiphonale è apparso sinora soltanto il volume Il. Mancando il volume l non è possibile realizzare delle nuove edizioni antologiche contenenti, sul modello del "Liber Usualis", sia canti della Messa che dell'Ufficio, insieme ad altri canti per varie situazioni celebrative.
114
PRINCIPI FONDAMENTALI
typicam). Le pubblicazioni ufficiali venivano stampate dalla Typografia Polyglotta Vaticana. Perciò si parla spesso di Editio Vaticana o semplicemente della Vaticana (Vat). Per scrivere le melodie ci si serviva di notazione quadrata sul tetragramma:. Eccetto le stanghette (quarto, metà, intera o doppia stanghetta) la notazione non presentava altri tipi di segni supplementari per il fraseggio melodico-verbale, come si può constatare ancora nel Graduale Simplex (GS). I primi tre segni aggiunti alla notazione quadrata - il punto, l'episema verticale, l'episema orizzontale, la legatura tra due note e la virgola sulla linea superiore -, che si incontrano nella maggior parte delle edizioni di canto gregoriano, sono invenzioni dei monaci di Solesmes, introdotti nelle loro edizioni private. I primi tre segni aggiunti corrispondono ad un sistema di interpretazione che gli odierni risultati delle ricerche della semiologia gregoriana hanno mostrato insostenibile. Da quando è apparso lo Psalterium Monasticum (PsM), nell'anno 1981, i segni aggiuntivi si sono fatti più rari nelle edizioni solesmensi, così che esse risultano meno in contraddizione con i risultati semiologici. Tutte le pubblicazioni di canto gregoriano edite da Solesmes sono edizioni private e pertanto giuridicamente non alla pari della Editio Vaticana. Ma poiché la Typographia Vaticana, dopo l'apparizione del GS nella "Editio typica altera" del 1975, ha cessato la sua attività, diventano per così dire ufficiali le Edizioni di Solesmes, 66 previa approvazione della Congregazione dei Riti. Per riflesso, viene abrogata la situazione giuridica in vigore fino al 1975, secondo la quale nella interpretazione bisognava attenersi alle indicazioni della "Editio typica". Prudentemente le autorità ecclesiastiche che dovrebbero aver competenza in materia, oggi si astengono da ogni giudizio nelle questioni dell'interpretazione del canto gregoriano, come pure non viene prescritto come vincolante alcun indirizzo interpretativo. Nelle attuali edizioni di canto gregoriano si deve quindi distinguere due aspetti della notazione musicale: quello più vincolante della versione melodica e quello dei segni aggiunti ai fini dell'interpretazione. A
66
Per ora è il caso deii'Antiphonale Romanum, Tomus alter, col sottotitolo Liber Hymnarius ( 1982).
115
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riguardo di questi ultimi - come pure dei raggruppamenti grafici di neumi-gruppo - si può fare uso nella misura in cui possiedono una giustificazione e non siano in contraddizione ai dati semiologici. Sarà utile attenersi, in genere, alla versione melodica di questi libri, per rendere possibile un canto in comune. Ciò non esclude che, per scopo di studio o anche per celebrazioni particolari in vista della preghiera liturgica in situazioni opportune, si possano introdurre alcune correzioni, richieste dai dati semiologici, alla line~ melodica, specialmente nei canti del Proprio del Graduale Romano. E noto che da molto tempo è stata avviata una revisione delle melodie di tutto il repertorio, soprattutto dei canti del Proprio della Messa. L'impresa è stata incoraggiata dalla stessa autorità del Concilio Vaticano II. 67 Le edizioni più importanti di canto gregoriano oggi in uso sono le seguenti:
PRINCIPI FONDAMENTALI
GT:
Graduale Triplex, Solesmes 1979. Si distingue dal GR per l'inserimento dei segni paleografici di L e SG, sopra e sotto la notazione quadrata. È uno strumento indispensabile per lo studio del canto gregoriano.
GN:
Graduel neumé, Solesmes 1966. È la riproduzione fotomeccanica del Graduale del 1908, privato dell'Ordinario e dei più recenti canti del Proprio, ma corredato dai segni aggiuntivi di Solesmes e da neumi tratti da diversi mss di San Gallo, scelti e scritti da E. Cardine, monaco di Solesmes. Per lo studio sono particolarmente preziosi i molteplici rimandi ai passag~i paralleli e ai casi analoghi di neumi, formule, parole e altro. 8
GS:
Graduale Simplex, Typis polyglottis Vaticanis, editio typica altera 1975. Contiene canti di genere sillabico del Proprio e dell'Ordinario della Messa. Le antifone per il Proprio derivano per lo più da brani destinati originariamente all'Ufficio. 69 Per la prima volta viene applicato il principio dell'intercambiabilità dei canti del Proprio. Una difficoltà per l'uso liturgico-pastorale è data soprattutto dalla sovrabbondanza di testi salmici in latino.
OT:
Offertoriale Triplex cum Versiculis, Solesmes 1985. Riproduzione fotomeccanica di un'edizione di studio, curata
1.5.1 Edizioni per tutta la Chiesa di rito romano
GR:
Graduale Romanum, Solesmes 1974. Contiene principalmente i canti del Proprio e dell'Ordinario della Messa. Testo e notazione quadrata corrispondono all'edizione 1908: l'ordinamento dei canti è stato tuttavia adattato alle esigenze della riforma liturgica post-conciliare. Sono state espunte, nei confronti delle Edizioni anteriori, le melodie neo-gregoriane, con pochissime eccezioni. Cfr. Orda cantus Minae del 1972.
68
67
Cfr. Sacrosanctum Concilium (Costituzione su "La sacra Liturgia"), art. 117: "Si conduca a termine l'edizione tipica dei libri di canto gregoriano; anzi, si prepari un'edizione più critica dei libri già editi dopo la riforma di San Pio X." Il lavoro dell'Abbazia di Solesmes che, è la sede più attrezzata e autorevole per quest'opera. tarda però assai, tanto che dei gruppi privati di stu?i? ~omin~iano a pubblicare dei sussidi provvisori e parziali, rendendo grande serviZIO ~n ~rdme alle correzioni più evidenti e necessarie (cfr., per es., Beitrlige zur Gregonamk, Regensburg 1994/Il e sgg.).
116
69
Cfr. D. FOURNIER, Sémio-esthétique du Chant Grégorien d'après le Graduel neumé de Dom Eugène Cardine, Solesmes 1990. La pubblicazione riunisce e dispone in sinossi le principali indicazioni del GN con la notazione "in extenso" estratta dal G T. Questa pubblicazione è nata in seguito al dettato del citato n. 117 della Sacrosanctum Concilium: "Conviene inoltre che si prepari un'edizione che contenga melodie più semplici, ad uso delle chiese minori". Correttamente, per la sua realizzazione, non si ricorse a composizioni nuove in stile gregoriano, essendo state ·estromesse anche le composizioni neo-gregoriane presenti nel Proprio del Graduale Romanum (salvo pochissime eccezioni). Infatti la "composizione autenticamente gregoriana" è storicamente chiusa.
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da K. Ott: "Offertoriale sive versus Offertorium Cantus Gregoriani" (Toumai 1935), con i neumi di L e SG trascritti da R. Fischer, monaco di Metten. AR2:
° Cfr.
7
Antiphonale Romanum, tomus alter, Solesmes 1983. Il sottotitolo di questo 2° volume del nuovo Antiphonale Romanum per la liturgia delle Ore indica, col titolo, il contenuto esatto: "Liber Hymnarius cum Invitatoriis et aliquibus Responsoriis" (Inni, Toni per il salmo Invitatorio e alcuni Responsori). L'apparizione del l o volume con i rimanenti canti previsti per la Liturgia delle Ore è solo annunciata. Quando comparirà, la Chiesa di rito romano potrà disporre finalmente di un libro per la celebrazione in canto gregoriano corrispondente alla riforma liturgica delle Ore. In questo Liber Hymnarius i segni aggiuntivi solesmensi sono introdotti con nuovi e migliori criteri, anche se non del tutto soddisfacenti; la notazione quadrata è arricchita di forme neumatiche che si ispirano ai neumi di San Gallo (vedi, in seguito, la tavola dei neumi). Importante è la prefazione del volume nella quale, tra l'altro, si fa riferimento ufficiale ai principali risultati della semiologia in ordine alla interpretazione. 70
La notation musicale de l 'Antiphonale Romanum, in Études grégoriennes XXIII, 1989, pp 153-161. Viene brevemente riprodotto quanto è contenuto nei "Praenotanda" del "Liber Hymnarius", con attenzione limitata alle nozioni tecniche ivi contenute: "De aliquibus in cantu servandis, a solesmensibus monachis propositis". Al fine di prevenire inesattezze nella interpretazione del testo latino, si danno una traduzione in francese, una in spagnolo e una in italiano della "brevissima spiegazione". Di proposito essa è stata ridotta allo stretto necessario, cioè alla presentazione dei segni musicali in parte inediti, a servizio della pratica. In lingua italiana - a p. 158, sottotitolo 8 - si legge: "Lo stacco neumatico", che traduce l'espressione: "La coupure neumatique". Qui, nel nostro trattato, viene introdotta una terminologia migliore, con l'espressione: "la interruzione del ductus grafico del neuma". Per la lingua tedesca si veda lo studio di H. RUMPHORST, Das Vorwort zum Liber Hymnarius, in: Beitrage zur Gregorianik, Heft 2, Regensburg 1986, pp. 26-73. L'autore non solo traduce i "Praenotanda" in modo completo, ma anche li commenta e prende qualche personale posizione.
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PRINCIPI FONDAMENTALI
1.5.2 Le edizioni monastiche utili per lo studio del canto gregoriano
AM:
Antiphonale Monasticum, Toumai 1934. (Riedito più volte e tuttora disponibile). Contiene tutto il repertorio delle Ore diurne dell'Ufficio ad uso delle comunità benedettine. Fino all'apparizione dell'ARI questo libro rimarrà l'edizione più importante per accedere alle numerose antifone della Liturgia delle Ore ed ai rimanenti canti dell'Ufficio. In confronto al precedente "Liber Antiphonarius" (Ed.Vaticana) del 1912, offre numerose correzioni melodiche. Vi sono introdotte alcune forme nuove di note - l' Apostropha, l'Oriscus, il Punctum liquescens - che imitano le forme dei relativi neumi dei mss medievali. Con numerosi episemi orizzontali si tenta di mettere in luce le indicazioni interpretative offerte dalle antiche notazioni neumatiche. Purtroppo questi episemi compaiono mescolati con gli altri segni - per la maggior parte fuorvianti dell'episema verticale e del punto, che rispecchiano un sistema superato di interpretazione.
PsM:
Psalterium Monasticum, Solesmes 1981. Anche questa edizione è destinata alla pratica della preghiera cantata delle comunità monastiche benedettine. Tuttavia rappresenta anche una specie di anticipazione editoriale del prossimo ARI. La distribuzione dei Salmi segue il cursus fissato dalla Regola di san Benedetto, ma è possibile l'adattamento ad altri ordinamenti. Sotto l'aspetto della notazione musicale questo libro costituisce una svolta: vengono adottate le nuove forme di neumi e anche i migliori criteri d'impiego dei segni aggiuntivi - se ne accennava sopra trattando del Liber Hymnarius (AR2). Inoltre per le Antifone, le cui strutture non corrispondono alle norme dell' octoechos, sono introdotti alcuni nuovi "toni salmodici", per ottenere una migliore coerenza modale con le antifone. La questione è stata precedentemente discussa, al paragrafo 1.2.1.3.
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PMN:
Vi:
71
Processionale Monasticum (neumato), Solesmes 1893. Ristampa Solesmes 1983. La ristampa si limita ai canti per le processioni e ad altre particolari prassi rituali delle comunità monastico-benedettine: repertorio prezioso, che non si trova in altri libri. Per il carattere antologico della ristampa è interrotta di frequente la continuità di impaginazione. Parecchi canti che provengono dal codice H, sono presentati col sussidio dei segni neumatici paleografici. A questo intende richiamare la lettera N (neumato) nell'abbreviazione PMN. Deutsches Antiphonale !IL Vigilar (Antiphonale tedesco per le vigilie III) con una scelta di Responsori latini, a cura di G. Joppich, Rh. Erbacher, J.B. Goschl, Miinsterschwarzach 1974. I Responsoria prolixa del Mattutino, offerti in numero di 91 da questo libro, sono per la quasi totalità pubblicati per la prima volta. Li corredano i segni neumatici del codice H, se ivi presenti. I Responsori che non erano mai stati editi, in quest'opera sono stati restituiti sulla base delle fonti diastematiche più importanti. Anche quelli già precedente-mente pubblicati sono stati riveduti con l'aiuto delle stesse fonti. 71
Assommando tutti i Responsori, cioè quelli pubblicati per la prima volta in Vi, quelli già presenti in AM, in R2 e nel PMN, risulta disponibile una nutrita raccolta di questa particolare forma di canto.
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PRINCIPI FONDAMENTALI
1.6 Tabella dei neumi e precisazioni terminologiche 1.6.1 Tabella dei neumi
La seguente tabella dei neumi - abbastanza dettagliata anche se non esauriente - è a servizio della rapida consultazione, ogni volta che occorre un chiarimento circa i fenomeni di genere neumatico, alla cui eloquenza è affidata gran parte dell'impostazione e del metodo di questo trattato. La comprensione dei neumi, come pure il loro elenco entro una tabella, risponde ad un criterio base, il quale consiste - essendo i neumi nient'altro che segni per un fenomeno acustico - nell'individuazione della movenza ritmo-melodica a cui essi orientano il suono. Questo dato, e non l'attenzione alla configurazione grafica dei neumi, costituisce il principio ordinatore della tabella. L'ordinamento dei neumi è eseguito a partire dall'individuazione delle movenze ritmo-melodiche elementari. Ad esse si possono ridurre, in ultima analisi, tutte le configurazioni neumatiche più complesse. La tabella inizia riportando i segni per il mono-suono (1.), sia che esso consista in un'unica nota sopra una sillaba (neuma monosonico ), sia che traduca una nota graficamente isolata ma "in composizione", quale "elemento" parziale di un neuma-gruppo. Tra parentesi vengono segnalati i tratti dei suoni che si trovano esclusivamente in composizione. Ciò vale anche in seguito per tutti i segni neumatici della tabella. Quando nel canto gregoriano la durata di un suono esigesse un allungamento - e non soltanto un piccolo allargamento - questo non si effettua mai con ia moltiplicazione proporzionale o mensurale della durata, bensì con la "ripercussione" del suono. Per ripercussione si intende la ripresa del suono con una o più pulsazioni della voce sullo stesso grado e sulla medesima sillaba, ma senza interrompere l'emissione sonora. In questo caso non si troverà scritto un segno unico, ma tanti segni quante sono le ripercussioni da effettuare. Soltanto in questa prospettiva si può parlare, nel canto gregoriano, di un suono prolungato: fenomeno che, con più precisa terminologia, verrà chiamato 'sviluppo ritmo-melodico dell'unisono', cioè suono che si sviluppa in direzione o in linea ritmo-melodica orizzontale (2. ). 121
CAPITOLO l
Logicamente alla tabella (3. 4.) fa seguito quella dei segni per le ascese e discese ritmo-melodiche elementari, comprese le ripercussioni del suono superiore e inferiore, oltre che alcuni segni per i piccoli archi ritmo-melodici verso l'alto o verso il grave (5. 6.); incluse, nuovamente, le possibili ripercussioni. Sono questi movimenti ritmo-melodici elementari, inclusi quelli che sviluppano orizzontalmente la linea melodica, 72 ad offrire la chiave di accesso alla comprensione di tutte le configurazioni neumatiche. Per quanto ampie esse si presentino, non rappresenteranno mai altro che uno sviluppo o una particolare combinazione dei movimenti elementari. La tabella dei neumi non si limiterà agli sviluppi primordiali, ma si aprirà alla presentazione delle possibilità combinatorie un poco più ampie (7. - 11. ). Non vengono prese in considerazione le forme liquescenti dei singoli neumi. Esse saranno presentate e spiegate, di volta in volta, lungo il corso della trattazione e poi riassunte e sviluppate al cap. 8 del II volume. Riportando i neumi della notazione di San Gallo, la tabella non si riferisce ad un codice particolare entro una famiglia sangallese; i neumi della notazione metense (detta anche lorenese) sono viceversa desunti esclusivamente da L (il cod. 239 di Laon). Infine sono mostrate le corrispondenti forme della notazione quadrata: sia quelle della Editio Vaticana, sia quelle più nuove e complementari, coniate per le edizioni recenti e recentissime dell' AM, PsM e AR2, e chiamate qui col termine di "neografie" (Ng). I nomi dei neumi provengono, per la maggior parte, dalle tabelle già eseguite nel medioevo. 73 Poche denominazioni risalgono a tempi posteriori e qualcuna, addirittura, a tempi recentissimi. I nomi convenzionali
72
73
La successione delle pulsazioni all'unisono può essere considerata come conduzione "melodica" orizzontale, perché elemento di passaggio unisonico inserito in un contesto melodicamente sviluppato. Evidentemente in questo primo approccio con lo sviluppo del suono all'unisono la descrizione non può essere che assai elementare. Il fenomeno verrà esplicato al cap. 5. Cfr. M. HUGLO, Les noms des neumes et leur origine, in Études grégoriennes l, 1954, pp. 53-67.
122
PRINCIPI FONDAMENTALI
dei neumi, inventati dalla fantasia dietro l'osservazione grafica - per lo più dei segni della notazione di San Gallo -, hanno un ruolo funzionale, ma nessuna importanza scientifica. Non il nome del segno è decisivo, ma il suo tratto grafico-simbolico, orientatore del movimento ritmomelodico. Per il segno sangallese è stata coniata la parola "pes", perché i suoi due tratti uniti possono indurre ad immaginare un piede unito alla gamba. Un nome, come si vede, che esula da qualsiasi riferimento ad aspetti del fenomeno musicale, legati alla espressività ritmomelodica. Se poi il pes assume la grafia disgiunta ( /' ), l'immagine stessa di piede viene distrutta: con mera convenzionalità il nome serve a richiamare l'ascesa melodica di due suoni. I primi neumisti non pensarono che i segni da loro inventati o scelti avessero bisogno di un nome. Si preoccuparono semplicemente della 74 rappresentazione simbolica o iconica del fenomeno musicale. Soltanto i teorici della musica del medioevo e delle generazioni posteriori attribuirono importanza alla denominazione dei neumi, caricandola di significati che prescindevano dalla considerazione dei fenomeni musicali. Chi oggi si occupa del canto gregoriano deve pur conoscere questi nomi, usati in tutte le pubblicazioni sulla materia; ma con la consapevolezza della loro relatività e convenzionalità. La mèta dello studio dei neumi sta nel riconoscere - per attuarlo in forma sonora con una interpretazione adatta al contesto - il fenomeno ritmo-melodico da loro rappresentato. A cominciare dai movimenti elementari.
74
La comparsa del concetto di notazione "simbolica" oppure "iconica" è recente; sostituisce opportunamente le dizioni di "notazione ad accenti" e "notazione a punti". Con "notazione simbolica" si afferma la simbolicità del segno in ordine al movimento del suono; il che vale per le forme della notazione di San Gallo. Con "notazione iconica" si vuoi denotare piuttosto, in relazione ad altre scritture paleografiche, che il segno è immagine della disposizione diagrammatica dei suo~i. Si pensi alla modalità di scrittura dei neumi nel cod. 239 di Laon. A proposito dt notazione ad accenti e di notazione a punti cfr. PM l, p. 123 e ss., e, meglio ancora, E.M. BANNISTER, Monumenti Vaticani di Paleograjìa musicale latina, Leipzig 1913, p. XXVIII. In forma concisa: L. AGUSTONI, Gregorianischer Choral, in: Musik im Gottesdienst, Regensburg4 1993, Bd. l, pag. 239.
123
CAPITOLO l
PRINCIPI FONDAMENTALI
Tabella 4: Le figure grafiche dei neumi In questa tabella dei neumi vengono usate le seguenti abbreviazioni :91{ ,., non ancora impiegate: 4 9-,~.A Ng neografia nel PsM e AR2 c corsivo (cioè: il neuma usa una grafia corsiva) ne non corsivo (grafia non corsiva) pc = parzialmente corsivo (grafia parzialmente corsiva) (=) grafia corrispondente l. Neuma monosonico (oppure: elemento neumatico ma graficamente isolato SG Virga Tractulus
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PRINCIPI FONDAMENTALI
CAPITOLO l
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5. Elementare arco ritmo-melodico verso l'acuto Torculus
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CAPITOLO I
PRINCIPI FONDAMENTALI
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8. Discese ritmo-melodiche svilupp,ate (tre o più note)
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suoru intermedi, per esempio:
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Il. Comb inazione di ascese e discese ritmo-melodiche
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9. Neumi confinale ritmo-melodica resupina
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128
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CAPITOLO l
l. 6. 2
PRINCIPI FONDAMENTALI
Precisazioni terminologiche sul concetto di "neuma"
Per "neuma" s'intende l'immagine o il disegno del fenomeno acustico-musicale sopra una sillaba. Pertanto, tutte le note di una sillaba formano un solo neuma. Nel seguente esempio si contano complessivamente sette neumi:
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poiché mi ha voluto bene. I neumi l e 7, di una sola nota, si chiamano n eu mi monosonici. I neumi 2 - 6, di più note, si chiamano neumi plurisonici o, meglio, neumi-gruppo. Il neuma-gruppo si suddivide, a sua volta, in neuma monogruppo e in. neuma poligruppo. Il neuma monogruppo forma un'unità musicale indi visibile: si confrontino i neumi 2, 5, 6 dell'esempio 14. Si dice invece poligruppo quel neuma che è suddivisibile almeno in due unità minori, distinte dal punto di vista grafico e dotate musicalmente di una certa autonomia, ma unite nel formare l 'unità musicale globale dell'intero neuma. Sotto l'aspetto puramente grafico, ciò potrebbe essere ravvisato tanto nei due torculus del neuma 3 quanto nella successione di pes + torculus + salicus (in SG) e scandicus (in L) del neuma 4. Se e in quale misura queste forme grafiche costituiscono veramente delle sotto-unità musicali di una certa autonomia, dev'essere ulteriormente chiarito, con un più ampio supporto di nozioni terminologiche. Quando una nota (virga, tractulus in SG e uncinus in L) oppure un 130
piccolo neuma-gruppo (pes, torculus, ecc.) è isolato su una sillaba, allora si parla rispettivamente di neuma oligosonico o di neuma monogruppo. Se però le stesse grafie vengono adoperate come parte integrante o, addirittura, costitutiva di un neuma monogruppo più grande, allora si dirà che esse sono in composizione, per esempio, virga in composizione, pes in composizione. E' il caso del neuma-gruppo 5, in cui la prima nota, il tractulus in SG e l'uncinus in L, è in composizione con le susseguenti tre note graficamente congiunte. Tutte le quattro note formano un solo neuma-gruppo. Le singole note di un neuma-gruppo prendono il nome di "elementi". A loro volta questi elementi in base alla loro funzione e al loro significato ritmico, possono presentarsi graficamente: congiunti (uniti, legati), oppure disgiunti (disuniti, slegati), oppure parzialmente congiunti nel caso di un neuma-gruppo di almeno tre note. Tuttavia, il loro significato ritmico e interpretativo non dipende soltanto dal tàtto di essere congiunti, disgiunti o parzialmente congiunti; invece, più spesso è determinante la forma specifica degli elementi neumatici in quanto sono scritti con grafia corsiva, non corsiva o parzialmente corsiva. I termini corsivo, non corsivo o parzialmente corsivo (cioè con almeno un elemento corsivo) si riferiscono al tipo di ductu/ 5 della penna nel tracciare tutti gli elementi del neuma. Il ductus della penna può essere in continuità corsivo e/o non corsivo, ma può anche interrompersi o cambiare direzione per poter tracciare grafie diverse nella successione delle note. Dalla continuità corsiva o non corsiva della grafia di un neuma si può dedurre la sua natura di neuma corsivo o non corsivo; non
75
Il termine ductus, adoperato in paleografia, indica la maniera di tracciare le lettere. Esso dipende non solo dallo strumento usato e dalla disposizione del materiale su cui si scrive, ma anche dalla direzione del tratto oppure se il ductus (la direzione della linea tracciata) è continuo o discontinuo ovvero congiunto o disgiunto: /•. ; ma non/. . (Nell'ultimo caso il ductus della penna cambia direzione con la terza nota). - ..
131
CAPITOLO l
altrettanto definibile è la qualità della sua interpretazione. Gli elementi di una grafia corsiva normalmente indicano un'esecuzione piuttosto fluida, quelli di una grafia non corsiva un'esecuzione meno fluida. E' evidente che la terminologia di questa distinzione della qualità interpretativa assume connotati e termini più differenziati secondo il contesto concreto nel quale i relativi suoni si vengono a trovare, come si spiegherà meglio in seguito. Fin da questo primo approccio è importante rispettare assolutamente la distinzione fra la terminologia riguardante soltanto la forma e la qualità della grafia del segno neumatico, e la terminologia riguardante invece soltanto la qualità e l'espressione interpretativa che il segno neumatico indica o esige nella sua realizzazione del suono l sillaba nel suo contesto.
* Ogni grafia è visibilmente corsiva, o non corsiva, o parzialmente corsiva e non si danno altre possibilità. Per questo i neumi della precedente tavola (I) sono distinti in corsivi, non corsivi e parzialmente corsivi e ognuno di essi viene presentato in base alla sua grafia. Vi sono però alcuni elementi neumatici che non sono graficamente riconducibili a nessuna delle tre categorie della tavola; tali sono, ad es., la figura del quilisma (cfr. Tavola dei neumi l; e esempio 14, neuma 6) e la figura dell' oriscus (cfr. nella Tavola dei neumi l: oriscus e le non poche combinazioni di neumi-gruppi in cui si trova inserita la grafia dell'oriscus nelle sue specifiche forme adattate, reperibili quasi in tutte le categorie di neumi della tavola dei neumi e nell'es. 14, neuma 4 nello scandicus di SG). I segni graficamente non classificabili in una delle tre categorie dovranno pertanto essere presi singolarmente in considerazione' e studiati in base alla funZione che esercitano nei loro contesti concreti.
* Per quanto riguarda invece il significato interpretativo del suonosillaba si entra nell'imponderabile. Infatti, non esiste un suono-sillaba di durata misurabile e il suo valore non è neppure esattamente definibile, ma varia secondo il contesto e secondo la funzione che vi esercita. Per definire il valore di un suono-sillaba si possono usare solamente dei 132
PRINCIPI FONDAMENTALI
termini descrittivi: ad una grafia corsiva si attribuirà la terminologia di suono-sillaba fluido, sciolto, scorrevole, spigliato, di valore ridotto oppure Ùn poco ridotto, ecc.; ad una grafia non corsiva la terminologia parlerà di suono-sillaba non fluido, meno fluido, suono pieno, allargato, calmo, di maggior valore, largo, ecc. Insomma, vanno sempre distinti gli attributi riguardanti le grafie da quelli usati per definire l 'interpretazione e il valore del suono-sillaba. I primi corrispondono ad un fatto visivo ed oggettivo, i secondi si riferiscono all'interpretazione sonora, nella quale il fattore interpretativo (in parte soggettivo) trova il suo spazio dovuto, ma normato dalle indicazioni dei mss. Gli attributi interpretativi elencati per i suoni-sillaba potrebbero indurre a considerare i valori delle "note" neumatiche soltanto sotto l'aspetto di maggiore o minore scorrevolezza, ossia di una maggiore o minore durata. Sarebbe un errore fondamentale. Le differenziazioni dei valori sono sempre connesse con la multivarietà ed "espressività" del suono nel suo contesto concreto. Spesso, per non dire sempre, è primariamente questione di "qualità" e non di "quantità" della durata del valore di un suono, che è imponderabile. Così si deve pensare a un suono o ad un passaggio di suoni da cantare "con grazia" e non rigidamente; a suoni "morbidi", non duri; a suoni che, quando per il timbro della sillaba vocale rischiano di soccombere nella sonorità contestuale, richiedono un equilibrio piuttosto qualitativo di sonorità o di intensità che non una durata maggiorata; a suoni che in una discesa melodica richiedono, nelle cosiddette ripercussioni, un appoggio delicatissimo e non una pesantezza urtante. In tali casi il notatore può ricorrere al tratto non corsivo invece di quello corsivo. In ogni caso è questione di espressività, specialmente in relazione al passaggio particolarmente raffinato del testo da cantare. Non si spiega altrimenti il linguaggio siglato delle lettere aggiuntive, specialmente del cod. 121 di Einsiedeln, notato prima dell'anno 1000: "o" = ore rotundo = suono rotondo; fid. =fide/iter = con fedeltà; molliter, perfecte, pulchre e tante altre similari indicazioni. E' estremamente importante che già il primo approccio terminologico sia impostato in modo tale da non produrre una erronea comprensione dei concetti fondamentali (cfr. più avanti, al cap. 3, le nozioni sul si133
CAPITOLO I
PRINCIPI FONDAMENTALI
gnificato melodico delle forme grafiche, al cap. 4 quanto è enunciato sulla interpretazione). A questo punto è opportuno introdurre una serie di precisazioni terminologiche.
* La prima riguarda i termini "congiunto" e "disgiunto", "corsivo e non corsivo". Essi denotano due concetti paralleli soltanto in apparenza, perché in realtà sono diversi e indipendenti. Una grafia neumatica disgiunta, come il climacus, ad esempio, può essere corsiva (SG /.. ; L ! ), non corsiva (SG ~ ; L ~ ), oppure parzialmente corsiva (SG /.. ; L 1 ). Parimenti, una grafia neumatica congiunta, come il torculus, può essere tanto corsiva (SG J> ; L J1 ) quanto non corsiva (SG r ); la grafia di L, corrispondente a quest'ultima sangallese, è invece disgiunta: /~ ). Un caso di grafia congiunta del torculus parzialmente corsiva si veda in: SG ......., , L ft . In queste grafie soltanto il primo elemento è corsivo, mentre l'allungamento del segno verso la seconda e la terza nota (in SG) e l'allargamento grafico alquanto pronunciato sulla seconda e terza nota del neuma, rivelano un ductus della penna un po' più lento o allungato, e servono così da supporto visivo per un'esecuzione meno fluida delle due note. Infine, un torculus parzialmente corsivo può essere congiunto soltanto parzialmente. Questo vale per le forme neumatiche del torculus 11
con il primo elemento non corsivo (in SG 1 e in L ,..,1) sia anche per quella forma del torculus in L ( l; ), nella quale è corsivo solo il primo elemento.
* Ànche il concetto di neuma poligruppo esige ulteriori precisazioni. Il significato della sua interpretazione non si ricava soltanto dall'aspetto grafico del segno, ma anche - e necessariamente - dalla comprensione musicale di esso. Si ritorni all'esempio 14. Su "quoniam" (3) e su "v6luit" (4), si notano, graficamente, due neumi poligruppo. Il neuma 3 si compone di elementi paralleli: due torculus, che dal punto di vista grafico, formano un neuma poligruppo, costituito da due strutture e ritmi relativamente 134
autonomi, quasi due unità parziali. L'analisi musicale però non conferma questa descrizione, poiché una relativa autonomia strutturaleritmica, e perciò una sotto-unità o unità parziale nel senso pieno della parola, si presenta soltanto quando essa può essere delimitata e circonscritta nella sua autonomia di fronte a ulteriori parti o sotto-unità dello stesso neuma (anche qualora queste unità ritmo-musicali subordinate fossero esigue). Tutto ciò non corrisponde al caso del neuma 3. I due torculus sono musicalmente e ritmicamente così concatenati e intrecciati da formare un'unità ritmo-musicale indivisibile. L'unità del neuma è sostenuta e sorretta dalla terza nota del torculus 3a. Solo questa nota, munita in L di un tenete, attira a sé il movimento ritmo-melodico; esso, iniziato col primo fa del torculus, è ricevuto dal terzo fa ed indirizzato senza interruzione verso il termine del secondo torculus. Il tenete pertanto non ha senso di indugio statico ma reclama qualità di animazione. Un'osservazione più perspicua del modo di scrivere porta a costatare che in forza della "intenzionale interruzione grafica" tra i due torculus (perché lo stesso seguito di suoni si sarebbe potuto scrivere diversamente), si produce una "articolazione ritmica" intenzionale in ordine al rapporto tra i sei suoni. Infatti, il fa della terza nota del primo torculus come già costatato - è l'anima di tutto il neuma. Esso innerva una "articolazione ritmica", chiamata "punto cardine". Già i primi tre suoni sono finalizzati a valorizzarlo, come corda modalmente strutturale; da esso, poi, fluiscono i suoni susseguenti con la carica ricevuta. Infine sull'ultima nota Re (3) ha luogo la distensione ritmica, articolazione verbale di fine parola ("quoniam"); il Re, per di più, raggiunge l'importante grado finale del I modo. Si è parlato di 'articolazione verbale' nel senso di chiusura della parola, tale che sancisce una "distinzione": da qui comincia una nuova parola. Questa distensione ritmica terminale della parola "quoniam" è veramente minima, perché ha la funzione di preparare il nuovo accento melodico di "voluit". Ritornando, dopo questa analisi, alla questione se il neuma 3 costituisca o meno un neuma poligruppo, si deve dichiarare escluso che con la terza nota del primo torculus venga raggiunto il punto finale di una "unità subordinata" e relativamente autonoma. Infatti l'articolazione ritmica su questo fa è il punto nodale e propulsore dell'intero movimento musicale sulla sillaba. E dunque il primo torculus 3a è da valuta135
CAPITOLO l
re come un semplice elemento ordinatore del! 'unità, e non come unità ritmo-musicale entro un neuma poligruppo. Sotto l 'aspetto ritmomusicale, quindi, il neuma 3 si configura quale monogruppo. Questo esempio mostra come, ogni volta, soltanto l'analisi della struttura musicale permette di determinare se una formula melodica, che sotto l'aspetto grafico si presenta come neuma poligruppo, possa essere pensata tale anche sotto l'aspetto musicale-ritmico. Il poligruppo esige infatti pluralità di nuclei ritmici relativamente autonomi, marcati da rispettive delimitazioni con distensioni ritmiche, seppure minime. Il neuma 4 dell'es. 14 presenta invece, anche sotto l'aspetto ritmomusicale, un vero neuma poligruppo. Esso consta di due unità ritmiche parziali, ognuna delle quali possiede una certa autonomia musicale: la prima è costituita dal pes e dal torculus, la seconda dallo scandicus (L) ovvero salicus (E). Nella prima unità parziale i due neumi-gruppo (pese torculus) sono notati intenzionalmente con una interruzione grafica tra loro (coupure neumatique); il ductus ascendente si interrompe dopo il la. In questo contesto melodico, tale interruzione grafica segna un punto ritmico, cioè un'articolazione ritmica. Difatti, il la del pes corrisponde a un "punto cardine". A sua volta, anche l 'ultima nota del torculus interrompe il suo due. tus, ma in direzione discendente la .J.. sol. Anche qui, con l'interruzione grafica del neuma, viene segnalata un'articolazione ritmica; anzi è resa ancor più evidente dal fatto che, oltre ad essere interrotto, il ductus riprende il suo tracciato con un attacco più grave (mi) e completamente in direzione contraria a quella precedente, cioè in salita melodica. Questa grafia indica l'inizio di una nuova sotto-unità ritmica, rendendo evidente 'che la precedente articolazione ritmica precedente sul sol chiudeva la prima sotto-unità ritmica. Con termine esatto, qui è effetuata una "distinzione". L'innegabile difficoltà dell'esame di questo esempio consiglia di insistere sulla sua analisi musicale da eseguire con aver sott'occhio simultaneamente l'es. riprodotto a questo fine un'altra volta con lo schema riassuntivo che ora ne segue. 136
PRINCIPI FONDAMENTALI
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Dalla nota grave Re posta sulla sillaba finale di "quoniam", la melodia si porta, attraverso il Fa, sul La. Questo suono-sillaba è posto in rilievo dall'interruzione grafica tra il pes ed il torculus, così che il La del pes diviene punto d'articolazione ritmica; esso è il suono che porta l'accento della parola voluit e rappresenta il culmine dell'arco melodico: per tutto ciò è evidente che costituisca un polo ritmico di animazione (per l'accento verbale) e che reclami l' "articolazione ritmica" (evidenziata dall'interruzione grafica). Per la sua funzione ritmica specifica si chiama "punto cardine", avendo accolto l'intensificazione del movimento ritmico per trasmetterla al Sol (la terza nota del torculus, che in L è corredata del "tenete"). Questo Sol, melodicamente discendente, rappresenta un esiguo polo ritmico di "distinzione". E qui musicalmente si chiude la prima sotto-unità parziale, e tuttavia la moderata distensione ritmica non interrompe la continuità del canto. Infatti il motivo musicale si presenta come arco melodico ascendente reclinato a metà della discesa - Re t Fa t La .J.. sol t la .J.. Sol - tale cioè da richiedere una ripresa, una continuazione. E la ripresa si effettua con la ripetizione di una salita e con successivo ripiegamento: mi t fa t sol t la .J.. sol~ sol. Si notino i due sol collegati fra loro dall'interna circonvoluzione melodica (la-fa). Si può chiaramente costatare che la seconda unità parziale del neuma esaminato invade la successiva sillaba debole postonica del proparossitono "v6-lu-it". Senza tale 'estensione' non risulta completa la seconda sotto-unità parziale, iniziata sull'antecedente ultimo sub-neuma-gruppo (cioè sopra v6luit). La sillaba finale di voluit ha, invece, il suo punto di animazione e di consistenza sul Fa (nota 137
PRINCIPI FONDAMENTALI
CAPITOLO l
postquilismatica). E il monosillabo sulla nota della cadenza finale "me" si posa sul Re (7). Ecco allora lo schema delle due unità ritmo-parziali melodiche strutturate sulle corde del I modo:
(Re) t fa t la -l- solfla -l- sol v62 3
l
b
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distinzione mi t fa con distensione
4
5
tsoltla -l- sol~ soli fa-l-Re
6 7
8
lu9
it me. 10 11 12
Parte dello schema offerto, per scrupolo di chiarezza, viene ora di nuovo presentato al fine, precipuamente, di far risaltare la modifica della seconda unità parziale che reclama l'inclusione dei suoni posti sulla sillaba voluit.
la. sotto-unità parziale fa - la - sol- la - sol 2
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3
4
5
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Si osservi: mentre nella la sezione il la 3 ha funzione di punto cardine, polo d'animazione, nella Ila sezione (ripresa) il la 8 (nota di volta) ha insiyme al sol 7 la funzione di preparazione allargata verso il nuovo polo sol ~ sol (9 - l 0), che ha già un carattere di appoggio adatto alla fase "susseguente" (apodosi), che conduce alfa Il e al Re 12. L'analisi ritmica della seconda unità parziale si trova in un contesto particolare perché coinvolge la sillaba postonica debole di una parola proparassitona (voluit), superando così le regele elementari. In questo primo approccio con le terminologie si è tentato di rendere almeno intelleggibile schematicamente tali interne sotto-unità ritmiche
138
di un neuma poligruppo. Nel corso della trattazione sarà ampiamente spiegato e precisato questo argomento. Non è possibile un'interpretazione onesta, senza conoscere le strutture ritmo-melodiche in simbiosi con il testo. Proprio la descrizione dell'esempio 14 pone delle questioni che esigono l'attenta analisi musicale della struttura compositiva e dimostra che le diverse grafie neumatiche non sono adoperate in funzione di una sistematizzazione né di una terminologia. Al contrario, la realtà musicale da esse espressa non è in alcun modo riconducibile a delle categorie fisse. Non si dovranno mai sopravvalutare le elaborazioni schematiche e le definizioni concettuali; e tuttavia non dovranno nemmeno essere sottovalutate. Esse sono didatticamente indispensabili, quando si procede alla comparazione delle diverse grafie di ciascun neuma in rapporto alla realizzazione sonora. Ma sono sempre da interpretare in maniera flessibile. In definitiva, soltanto precise e univoche terminologie e chiari criteri di analisi impediscono che si improvvisino analisi erronee e criteri fantasiosi di interpretazioni, che non colgono l'essenza e la struttura. Senza di esse ci si trova nell'assoluto caos soggettivo- non nell'arte. Per concludere, vengono ora riproposti in una tavola riassuntiva con gli inevitabili limiti che possono derivare da ~uesto modo di procedere - i principali termini precedentemente usati. 7
76
Al tennine di questo capitolo può essere utile al lettore l'infonnazione che alla fine del 1997 è uscito dalle edizioni di Solesmes -purtroppo non ne abbiamo potuto fare uso - un ottimo sussidio pedagogico per apprendere quanto occorre sapere sulla modalità allo stato attuale senza entrare in questioni specialistiche suscettibili di ricerche, discussioni, pareri divergenti, solvibili soltanto con ipotesi, oppure certamente insolvibili. Il volume di 208 pagine esamina 294 brani riportati interamente con le note e provenienti da tutte le fonne gregoriane: DOM DANIEL SAULNIER, Les modes grégoriens, Solesmes 1997.
139
DAL TESTO AL RITMO
CAPITOLO l
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Capitolo 2
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DAL TESTO AL RITMO
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La chiave originaria per la composizione dei canti _gregoriani e tuttora originale per la comprensione del loro ritmo è illt~~~~.lLa via maestra per raggiungere la giusta sensibilità interpretativa in ordine al moto che si attua nel ritmo è la seria previa chiarificazione del ruolo esercitato dalle parole liturgiche, considerate in tutti i tratti che le compongono. L'elemento base da valutare è il ruolo di singola parola quale unità ritmica; poi, dalla qualità e dalle prerogative delle singole parole, l'arco dell'attenzione si allarga alle minori e maggiori unità logiche del testo, tutte gerarchizzate tra loro mediante peculiari tensioni ritmiche. Ma come punto di partenza l'osservazione deve essere puntata già sugli elementi testuali. Infl;ltti anche le singole sillabe, la cui sostanza sonora dipende in parte dalla loro costituzione fonetica e in parte maggiore dalla loro funzione nel contesto, hanno una qualità ritmica che deve essere precisata.
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2.1
Il valore della sillaba in rapporto alla loro costituzione fonetica e alla loro funzione nel testo, come pure alla loro articolazione
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Qui bisogna attribuire un significato piuttosto denso al concetto di 'valore' della sillaba. Esso implica fattori come durata, intensità, posizione melodica nel contesto, coimplica dei dati quali il colore timbrico e la pienezza sonora ed è poi inseparabile tanto dall'aspetto della costituzione fonetica quanto - e maggiormente - dal fenomeno dell" articolazione.
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140
141
CAPITOL02
DAL TESTO AL RITMO
Il valore della sillaba sotto l 'aspetto fonetico e la fonetica del! 'articolazione sillabica
doppia vocale, o in un dittongo che opera la contrazione dei suoni vo1 calici in una sillaba sola.
Sotto il profilo fonetico una sillaba può presentare differenti qualità: può essere puramente vocalica, quando termina con una vocale ed è seguita da una sillaba che inizia a sua volta con una vocale; può essere consonantica, quando risulta dal legame di una vocale con una o più consonanti.
Queste considerazioni non devono essere ritenute delle pedanterie teoriche; esse riguardano le radici stesse del fenomeno linguistico, che è vitale a partire dalla pronuncia delle sillabe. E quanto più il linguaggio si configura come sonoro e musicale - il che è avvenuto nel canto gregoriano in una maniera insuperabile - tanto più diventa necessaria I' accurata articolazione di ogni sillaba, l' attenta attuazione dei passaggi sillabici. Ogni transizione da una sillaba ad un'altra produce una "solvenza del suono". Il termine, tecnico, significa che, quando si compie un passaggio sillabico, avviene una sorta di istantaneo 'spegnimento' del suono. Il trapasso fonetico comporta sempre una modificazione fisiologica degli organi vocali: a causa di ciò, la sonorità precedente cede in continuità e in purezza. Ma il suono riappare subito, limpido perché ormai indisturbato, ne H' emissione della successiva sillaba. La solvenza sonora è minima nel transito tra due sillabe vocaliche; tuttavia è necessaria, perché senza di essa non si darebbe articolazione sillabica e la pronuncia rimarrebbe difettosa. Nei passaggi di sillabe consonantiche, invece, la solvenza del suono gioca un ruolo assai maggiore ed indispensabile.2
2.1.1
2.1.1.1
La sillaba vocalica e la sua articolazione
Secondo la vocale che entra in gioco le sillabe vocaliche presentano già differenziate valenze: una "a" o una "o" posseggono foneticamente un valore maggiore di quello proprio delle vocali palatali deboli, quali sono la "e" e la "i". Nella notazione neumatica s'incontra non di rado questo interessante fenomeno: proprio le vocali deboli - specialmente quando sono associate a neumi monosonici - vengono munite di una indicazione che ne rafforza il valore. In SG, ad es., si presentano con l'episema; in L con un uncinus ingrandito; così il notatore, intenzionalmente, scongiura il pericolo che esse, data la loro sonorità particolarmente debole, vengano assorbite da sillabe o da note attigue. D'altra parte, nessuna sillaba è autonoma in sé. Persino nel caso che costituisca una parola monosillabica, ad essa è necessario un contesto. In altre parole: per avere un senso qualsiasi, la sillaba si deve ricollegare, più o meno strettamente, ad altre sillabe. Foneticamente il passaggio da una sillaba all'altra avviene con il fenomeno dell'articolazione; questa - a·motivo della connessione tra sillabe - si precisa con il nome di articolazione sillabica. Per quanto un'articolazione sillabica si presenti minima, nella pronuncia non dev' essere mai trascurata. Tanto più deve essere accurata quella che risulta dall'incontro di due vocali, altrimenti la sillaba perde la sua individualità che, per quanto sia limitata, non deve essere annullata. E' necessario evitare il oericolo della ' fusione' in un'indistinta
142
Un esempio può mostrare come deve essere eseguita l'articolazione sillabica vocale:
Nel canto gregoriano esiste anche la fusione di due vocali, di cui la seconda è "asillabica" e forma così un dittongo, come per "laus", "eleison", ecc. Nel neuma l'espressione grafica di questa fusione è il segno della liquescenza, che in simili casi si presenta di sovente. Chi, influenzato dal suono strumentale, ha la tendenza ad ottenere una vocalità pura, riduce quasi all'inesistenza queste solvenze vocali e, di conseguenza, il testo rischia di diventare inintelligibile. In questa scelta si bada soltanto alla vocalità alla ~.elodia, m~ece che al testo. È la negazione quasi totale di quanto ~sige l mterpretazJone del canto gregoriano.
143
CAPITOL02
DAL TESTO AL RITMO
••• Fi-li-um
• •• glo-ri-a
11.._)
4tJ
Tre osservazioni per questo esempio: l. Soltanto l'accurata e individuale articolazione di ciascuna sillaba può garantire, nel passaggio da 2 a 3 e da 5 a 6, l'autonomia e la relativa pienezza sonora delle sillabe 2 e 5. 2. Le articolazioni accurate ed individuali non hanno nulla a che fare con 1'esecuzione sillabata, meccanica, con stacco delle singole sillabe; questa distrugge totalmente l 'unità logica delle parole e sfocia in una pronuncia deformata tale da alterare parole e frasi. Malgrado la loro differenza, tutte le articolazioni sono da eseguire con un massimo "legato" e con flessibilità; altrimenti non si assicura l 'unità sonora specifica di una parola o di un insieme concettuale. 3. Se le sillabe atone intermedie 2 e 5 - già foneticamente deboli non venissero articolate con cura, ma si desse peso solamente alle sillabe accentate 1 e 4, oppure solamente a quelle accentate e a quelle finali ( 1 + 3 e 4 + 6), le due parole perderebbero il loro equilibrio. Rimarrebbe ben poco di quella sensazione di ampiezza e di estensione che, in numerosi testi liturgici, traspare proprio con la comparsa di questi o simili termini.
2.1.1.2 La sillaba consonantica e la sua articolazione Tra le consonanti che accompagnano un passaggio sillabico, soprattutto quelle che permettono il prolungarsi della risonanza della vocale favoriscono, di solito, un'articolazione sillabica morbida, particolarmente elastica e sonora.
144
Nella presente trattazione, senza misconoscere i molteplici termini e le numerose distinzioni analitiche della fonetica articolatoria, di proposito si farà qualche semplificazione; le consonanti - dacché qui si considerano in rapporto alla loro singola qualità e funzione - si riducono a tre categorie. In tale classificazione, che tiene conto della pronuncia sonora e del fenomeno articolatorio nel canto, si distinguono: • consonanti adatte per la pronuncia ampia e più sonora della solvenza nel passaggio sillabico; • consonanti adatte per la pronuncia adeguata e un poco sonora della solvenza nel passaggio sillabico; • consonanti ben poco o per null'affatto adatte per la pronuncia della solvenza nel passaggio sillabico. 3 La sonorità dipende dal coinvolgimento più o meno attivo e rilevante della vibrazione delle corde vocali. Quanto più le consonanti sono sonore in forza della loro specifica e imminente proprietà, tanto più sonora diventa, nel cambiamento sillabico, l'articolazione sillabica. Già nel Medioevo una consonante pronunciata nel canto con la sonorità più o meno diffusa veniva chiamata "semi-vocalis"; e difatti, quando la si pronuncia, la durata complessiva della sillaba risulta allargata. Nella notazione musicale gregoriana sono le grafìe liquescenti dei neumi a dare testimonianza di queste consonanti pronunciate con sonorifà più o meno diffusa ed a rimarcare il loro influsso sull'articolazione. Nel caso di un neuma-gruppo sopra una sillaba, il segno grafico della liquescenza compare sempre alla fine, nell'ultima nota. Il che dimostra che l' articolazione consonantica della sillaba subentra già alla fine della sillaba precedente, e non soltanto all'inizio della sillaba nuova. Non di rado le odierne regole ortografiche, in uso per la divisione delle sillabe,
3
Le consonanti per una pronuncia ampia e più sonora sono: j , m, n, r, v, specie nel caso del loro raddoppio o in combinazioni con altre consonanti. Se invece non si presentano in combinazione lo sono un po' meno. Alla categoria delle consonanti "meno ampie e sonore" si deve aggiungere la categoria di quelle "quasi mute": b, d, g, e; così pure, se sono dolci, la "s" e la "z" (non però quando sono aspre, perché allora il sibilo non fa intervenire le corde vocali).
145
CAPITOL02
DAL TESTO AL RITMO
sono in contrasto con questo dato: per il canto, quindi, non devono essere assunte come norma. Ad es., nel latino dei libri liturgici di canto, le divisioni come: o- mnes gen- tes; Do- mi- nus, appaiono effettuate secondo la comune regola ortografica; invece si deve pronunciare e cantare:
• • • • omn._:.es
gen~Js
- con le liquide "l, r, m, n" o altre consonanti per loro natura sonore, quando sono seguite da un'altra consonante. Ad es. : non con- fun" tur, Domine (GT 16,2); ...... den'-' ~ l" - più di rado, con "m" e "g" quando stanno tra due voca t; ma alla "g" deve sempre seguire una "e" o una "i". Ad es.: cla.;:.,mor; rt,ges; - con la "j", che nel Medioevo era percepita quale semivocale ed oggi si definisce più volentieri "semiconsonante'' (Zingarelli). Ad es,: 5 allelu-.....ja: ad......jutor; - con l'accoppiamento "gn". Ad es. : magnus; Agnus Dei; coi dittonghi. 6 Ad es.: laus; .., .., ...., eleison. ....,
-
• • • Dom-in-us ...... ....,
Nella pronuncia del testo, se eseguita come insegnano gli antichi manoscritti neumatici, sta il segreto del cantare- "legato ". Quando le siilabe si susseguono e vengono concatenate conformemente all'antica maniera, allora il "legato" si attua da sé, spontaneamente. Il movimento del ritmo oratorio si orienta sempre verso la sillaba finale, con l'esito benefico di togliere durezza all'inizio della nuova sillaba, quella durezza causata dall'impulso eccessivo con cui - di consueto e a danno di un procedere "legato" - si attacca la sillaba. L'attenzione alla sillaba finale, invece, conferisce alla pronuncia di una parola o di un intero testo - e più ancora alloro canto - scorrevolezza e morbidezza. E' utile conoscere fin dall'inizio quali sono le consonanti e quali sono gli accoppiamenti consonantici che provocano abitualmente una liquescenza4 e che, pertanto, comportano un'esecuzione particolarmente sonora. Queste nozioni giovano assai negli esercizi di pronuncia dei testi o di approccio cantato nella declamazione ali 'unisono su un tono.
Accanto alle consonanti maggiormente sonore e quindi alle articolazioni sillabiche più sonore - alle quali richiama soprattutto la presenza della liquescenza - ci sono anche quelle meno sonore. È il caso delle consonanti liquide "l, m, n, r", oppure di altre quando non sono seguite da nuova consonante. Esempi: Fi-lius; ma-ne-re; me-mo-res. 7 v
6
7
Le consonanti o gli accoppiamenti di consonanti qui addotti possono produrre una liquescenza, ma non lo devono. La presenza della liquescenza, infatti, dipende anche da altri fattori circa i quali, per ora, non è il caso di entrare in merito.
146
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s Nel latino, oggi è andato perso l'uso di questa j sem iconsonante, per cui nei libri
Normalmente, nel canto gregoriano, il fenomeno della liquescenza si presenta nelle seguenti condizioni fonetiche:
4
-
liturgici postconciliari si trova l'unica grafia "i" . Però i neumi liquescenti in molti casi dimostrano l'effettiva pronuncia semiconsonantica, che davanti a una vocale rende morbido il passaggio vocale: per fortuna i neumi liquescenti ce lo ricordano chiedendo di essere rispettati. L'interrogativo, perché proprio con i dittonghi- che secondo la sensibilità moderna del linguaggio non rappresentano alcun passaggio consonantico nel concatenamento sillabico - si presentino delle grafie liquescenti, non può essere evaso qui. Nelle questioni di questo genere, come pure nella ricerca della motivazione della liquescenza per un semplice "g" o "m" quando si collegano due consonanti mute (per es. GT 15, l Ad te levavi), si deve tener conto anche della pronuncia del latino nel medioevo. Cfr.al proposito H. FREISTEDT, Die liqueszierenden Noten des gregorianischen Chorals, Freiburg (Svizzera) 1929. Infine si richiama l'attenzione sul fatto - accennato- che appena dopo l'edizione del GR del 1974 l'j compare sempre come i, mentre prima era sempre rispettata laj. L'uno o l'altro di tali o di analoghi casi potrebbe eventualmente essere letto entro la categoria delle articolazioni sillabiche maggiormente sonanti; ciò è indicato, di nuovo, dal fenomeno della liquescenza, specialmente in presenza della m tra due vocali.
147
DAL TESTO AL RITMO
CAPITOL02
Infine restano da nominare, per completezza, le consonanti non sonore o sorde . Esse hanno un ruolo alquanto ridotto nell'articolazione sillabica. Esempi: Pa-ter; vivifi-cat; eri-piet. ......,
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Nei confronti delle tre categorie di consonanti ed in presenza dei concatenamenti consonantici - con i diversi generi di articolazioni sillabiche che ne risultano - è da sempre da evitare una pronuncia dura. Se si dà loro un risalto troppo marcato, specialmente quando si tratta di lettere esplosive come la "t" o la ''p", si può giungere alla distruzione dell'armoniosa unità sonora di una parola o di un insieme di parole.
* * * * Fino a questo punto si è trattato esclusivamente dell'articolazione sillabica concatenante, e precisamente sotto l'aspetto fonetico : di quella articolazione, cioè, che concerne il retto collegamento fonetico delle sillabe che sono necessariamente da unire. Ma esiste anche un'articolazione sillabica con funzione conclusiva ed arrotondante. Questa concerne la sillaba finale di un 'unità verbale, oppure un monosillabo. È un genere di articolazione sillabica che domanda, ad un oratore o ad un cantore, grande attenzione e capacità di dosaggio accurato. Qui, spesso, non si tratta più soltanto di un fenomeno fonetico, bensì già dell'arte della comunicazione oratoria e musicale, intesa in senso pieno perché tocca il significato logico delle parole. Esistono poi delle articolazioni di sillabe finali o di monosillabi, le quali, oltre alla funzione conclusiva e arrotondante, posseggono contemporaneamente una funzione prosecutiva, ossia di nuovo concatenamento. Di questo fenomeno si tratterà nella prossima sezione. Qui si offre un solo cenno anticipatore.
È evidente che la costellazione delle lettere (e, conseguentemente, la differenziata articolazione che vi è annessa) influisca sulla durata di una sillaba. Anche se la durata di una sillaba non può essere fissata in anticipo tanto che, perfino una medesima sillaba con l'identica combi148.
nazione articolatoria può essere eseguita, secondo il contesto globale, ora un po' allargata e ora un po' più abbreviata, non si può tuttavia negare che determinate sillabe- ad es. quelle della parola "confundentur"richiedono un tempo di pronuncia maggiore di quello che è necessario per la pronuncia di un'altra parola che possiede lo stesso numero di sillabe- ad es. "aperies"-. È chiara la differente consistenza dei due vocaboli, a motivo delle qualità delle loro sillabe: di consistenza maggiore in "confundentur" e più ridotta in "aperies". Questa prima distinzione, stabilita qui tra valore maggiore o minore delle sillabe, si basa esclusivamente sulla loro differente durata. Ma ora verrà illustrato come, nel vagliare il valore di una sillaba, deve essere considerato anche l'apporto di altri fattori e non solo il dato della durata richiesto dalla fonetica.
2.1. 2 Il valore della sillaba sotto l 'aspetto tanto della sua funzione, sia nella parola, sia nella sua unità logica del testo, quanto della sua articolazione ritmica Già la natura di una sillaba e la sua articolazione concorrono a far sì che il suo valore, anche sotto l 'aspetto della durata, sia differenziato, quantunque mai in forma corrispondente ad entità o tempi misurabili. Tuttavia, in ultima analisi ed in modo primario, il valore tipico di una sillaba non dipende tanto e soltanto dalla sua durata, bensì anche - e magg~ormente - dalla funzione ritmica che la sillaba esercita nel contesto di una parola o di un'unità logica. Il concetto di "valore", può essere compreso in due sensi: quello della durata e quello della funzione ritmica. Si dice che la portata della funzione ritmica possa influenzare la durata - e a volte lo si nota - ma ciò non corrisponde ad una necessità. Una sillaba foneticamente allargata, di durata maggiore, non corrisponde necessariamente ad una sillaba di maggior valore ritmico; e viceversa, una sillaba di durata minore può essere ritmicamente di valore maggiore. La determinazione del valore ritmico non è dunque collegata necessariamente con il fattore 'durata'.
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DAL TESTO AL RITMO
CAPITOL02
D'altra parte, per parlare di 'valore' ci si deve appoggiare su dei fattori percettibili (cum fundamento in re) 8 altrimenti il ritmo sarebbe puramente soggettivo (sine fundamento in re). Ora, i decisivi fattori del ritmo sono da reperire tanto nel testo quanto nella melodia unitamente considerati, essendo loro insiti. Ecco allora, oltre a quello della differenziata durata delle sillabe, altri tre fattori oggettivi e decisivi: - l 'accentuazione o la non accentuazione, cioè il dato che generalmente è chiamato intensità delle sillabe; - la differenziata altezza di suono, ovvero la posizione del grado che il suono occupa nel contesto della conduzione della melodia (la sua funzione modale); - il timbro fonetico, detto anche colore del suono, dipendente anche in parte dai suoni armonici, e pertanto il tipo di pienezza e la specifica risonanza sonora delle singole sillabe entro il contesto.
2. 2.1
Analisi ritmica delle singole unità verbali
È stato detto che il ritmo riunisce ed ordina le sillabe di una parola per formare un'unità ritmica. Questa unità deve infatti la sua vita al rapporto energetico tra due poli ordinatori: - il polo di tensione della sillaba d'accento, che attira pure le sillabe pretoniche (ad es. benèdicite), a meno che esso non coincida con la prima sillaba della parola (ad es. géntes); - il polo di distensione: l'energia motoria sgorgata dall'ac~~-~~si stempera su questo polo legato alla sillaba finale (ad es. bénedicite; ~) . gentes L'unità ritmica, nata così, è indi visibile. Quasi sempre ha bisogno dei due poli e del loro tipico contributo: il primo, che dinamicamente genera il movimento e ne trasmette la tensione facendola fluire oltre; il secondo, che accoglie la tensione, in modo definitivo oppure di passaggio verso la conclusione.
2.2 Il ritmo quale fenomeno vivificante e ordinatore in un séguito di sillabe in musica. L>'articolazione ritmica Dopo la presentazione delle sillabe sotto l'aspetto delle loro qualità fonetiche, della loro funzione nel contesto, del loro 'valore', è necessario affrontare più decisamente i problemi del ritmo. In ciò consiste la sua polivalente funzione, esercitata mediante l'avvicendamento di .tensione e di distensione dei singoli elementi del movimento: riunire le sillabe per formare un'unità, ordinare le singole unità minori creando una gerarchia tra loro, imprimere una solida struttura all'unità complessiva. Il ritmo dunque, animando il rapporto di tensione e di distensione a cominciare dalla componente fondamentale che sono le sillabe, rende dapprima riconoscibile il senso di una parola; poi, via via, ordina un séguito di parole; infine contribuisce a sottolineare efficacemente il senso più globale di un testo.
8
B e n e d f c i t e, g é n t e s, (Deum ,nostrum)
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15
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16
6
2 3 4 5
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8 9
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De-4-m nostrum. 147
11
111
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Lodate, popoli, il nostro Dio Per entrare nell'analisi di questi due esempi, si impone una premessa, nella quale si faranno delle osservazioni di fondamentale rilevanza. Il ritmo di un testo e di una melodia privilegia quali punti di appoggio determinate sillabe o note, che in questo senso hanno un maggior valore. Esse sono il luogo privilegiato dei sostegni ritmici e restituisco-
Cfr. HESBERT, L 'ictus rythmique, in Revue grégorienne 1956.
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151
DAL TESTO AL RITMO
CAPITOLO 2
no efficacia al dinamismo ritmico nella funzione ordinatrice del movimento. È con la loro mediazione che si rende percettibile l'ordine del movimento. Tramite l'ordine fondato sul loro valore, il movimento si struttura. Il flusso ritmico risulta così articolato. I punti di particolare rilievo nel decorso delle parole e della melodia (sillabe e/o suoni) costituiscono il luogo in cui si attuano le cosiddette articolazionz ritmiche. Ora, andando all'esempio 15, si consideri la maggiore valenza o "plusvalenza" delle due sillabe d'accento "Benedicite" e "géntes". Questo maggior valore deriva dalla elevazione melodica come pure da una moderata intensità dell'accentazione verbale, che implica anche per sua natura la modica tendenza ad una durata maggiore. Infatti, come in ogni caso di pronuncia naturale e corretta di un testo, su di esse (come su tutte le sillabe accentate) la voce si eleva un poco, producendo naturalmente una certa tensione ritmica. Perciò le due sillabe accentate dell'esempio posseggono una chiara valenza maggiorata non solo per questa intensità, ma anche per gli altri due motivi: per la lieve emergenza dovuta alla elevazione melodica nella pronuncia e per la durata un poco più lunga. I tre fattori assommati - melodia, durata e intensità rendono idonee queste sillabe a fungere da poli di tensione; esse divengono nodi importanti della rete di articolazione ritmica portatrice di energia. Anche le sillabe finali possono essere e sono, fondamentalmente, di maggior valore, o "plusvalenti". È vero che, per il loro carattere distensivo, esse non posseggono l'energia delle sillabe accentate; tuttavia anche in loro incombe una certa vitalità e intensità attrattiva o d'accoglienza dell'energia proiettata verso di loro ed inoltre hanno il privilegio di possedere un certo valore allargato, dal momento che ogni parola domanda una conclusione adeguata. L'allargamento opportuno viene realizzato mediante quell'articolazione sillabica finale della quale si è detto. Inoltre, sull'ultima sillaba, la voce si abbassa sempre un poco: questa inflessione melodica della pronuncia è un fattore del tutto naturale. Ebbene: dotata di tutte le qualità menzionate, la sillaba finale delimita convenientemente l 'unità della parola. Produce un arrotondamento che, nello stesso tempo, suggella l'individualità della parola pre152
cedente e la distingue dall'unità successiva. Così, la sillaba finale oltre a garantire la relativa autonomia dell'unità delle parole, facilita anche la comprensione acustica di un testo, base per la comprensione semantica delle singole parole, che, a sua volta, favorirà l'intelligenza della costruzione sintattica del testo. Alla sillaba finale è collegato il fenomeno della distensione: il movimento che precedeva si acquieta e chiude un'unità. Questa distensione è un elemento costitutivo del ritmo quanto la creazione di tensione. Pertanto si può parlare legittimamente di articolazione ritmica che si produce sulla sillaba finale. E, dal momento che essa chiude una parola, la si chiama anche "articolazione verbale". In definitiva: passando per essa, vengono articolate le unità verbali di un'intera frase; e la frase appare strutturata o articolata in unità di parole. A questo punto resta da precisare un concetto già emerso: quello di 'maggior valore' nella realizzazione sonora di sillabe. Questo valore è da concepire subito in termini di categoria dinamica; si ha a che fare, infatti, con sillabe di rilievo che stanno dentro un vitale organismo sonoro, contraddistinto dal flusso e dalla forza d'attrazione del movimento ritmico e reso vibrante dalla partecipazione interiore e spirituale dell'esecutore. Tutti i fenomeni nominati - in parte puramente sonori e in parte ritmici - sono coimplicati ed integrati entro il movimento che fa emergere l 'unione e la distinzione delle singole componenti. Le sillabe raggruppate formano l 'unità della parola, e le parole, delimitate, evidenziano maggiori unità verbali: il tutto con accurata connessione, rispettosa del senso. L'esempio 16, che si basa sullo stesso testo dell'es. 15, questa volta è corredato dalla sua melodia rigorosamente sillabica, ovvero intessuta di neumi esclusivamente monosonici. Questo intenzionale raddoppio dell'esempio torna didatticamente utile per le seguenti considerazioni: l.
I diversi aspetti del valore maggiorato sulle sillabe privilegiate rappresentano fattori costitutivi del ritmo. Quando le sillabe sono rivestite di suono, il loro già connaturale valore maggiorato viene ulte-
153
CAPlTOLO 2
riormente accresciuto. Qui, alle sillabe accentate corrisponde ogni volta un'elevazione di grado che le rende melodicamente rilevanti. Eppure sarebbe erroneo eseguirle con un'intensità maggiorata superiore a quella che è loro naturalmente dovuta. L'importanza e la preminenza dell'accento vengono già sufficientemente evidenziate mediante l'ascesa melodica. Anche per l'esecuzione della sillaba accentata 3 (Benedicite) non va prevista, a priori, una durata allargata. Con questa sillaba è posto in auge il fattore melodico del ritmo. Gli altri fattori (soprattutto intensità e durata) vi prendono parte in qualche J?Odo, ma rimangono subordinati alla movenza melodica e, in essa, si autoregolano. Una situazione un poco diversa si presenta, invece, con la sillaba accentata 6 (géntes). Anche qui il fattore del grado melodico gioca un ruolo importante per il ritmo, poiché la nota è in rilievo in rapporto a quelle immediatamente circostanti. Ma questa volta risulta di maggior rilievo il fattore durata. Infatti il passaggio alla sillaba finale, foneticamente un po' più complesso, esigendo una maggiore accuratezza di pronuncia, coimplica una durata relativamente maggiore. E questa è segnalata dal fenomeno della liquescenza indicato dalla grafia neumatica (curvatura della nota verso destra). Si è in presenza di un'articolazione sillabica foneticamente un po' allargata. È evidente che esercita un certo peso anche il fattore intensità, il quale però non è da intendere nel senso di un impulso più forte, quanto piuttosto .nel senso di spessore sonoro più intenso. Una caratteristica comune di tutte le sillabe fina!( delle parole comprese in questo esempio è la loro posizione di discesa melodica; spiccatissima è quella su "gentes". Con ciò esse acquistano, da sé, un giusto peso maggiore, il che concilia una naturale esecuzione distensiva, che apparirà giustamente profilata se il suono verrà appena un poco allargato. Più determinante per la maggior valenza dell'articolazione verbale è, tuttavia, il movimento discendente della melodia che rispetta la funzione della sillaba finale. 2.
154
DAL TESTO AL RITMO
posto in musica. Nessuna analisi testuale astratta rende ragione di tutte le potenzialità implicite in un testo; non può determinare da sola i punti salienti che il melodista sceglie per una resa espressiva. Quali siano i differenziati movimenti di tensione privilegiati dal compositore lo mostra soltanto l'approfondimento del 'canto', cioè del testo in unione con la concreta forma melodica. Nel canto gregoriano, una fondata comprensione del ritmo può svilupparsi solo sulla base dell'analisi testuale integrata dall'osservazione di tutti i concreti comportamenti melodici. Quanto si afferma qui è di estrema importanza, anche perché il canto gregoriano non si realizza né si esaurisce nd puro ritmo oratorio: la tipicità della conduzione melodica ha sempre un ruolo determinante. I fattori melodici completano il ritmo oratorio e lo dilatano; anzi, mediante leggi proprie compartecipano alla sua stessa concreta formalizzazione. Certo, anche la precedente analisi dell'esempio testuale 15 non partiva unicamente dal ritmo oratorio, come se si fosse trattato di impostare la recitazione salmodica di questo testo; l'analisi era già aperta alla prospettiva di una stretta connessione con la melodia, che le conferisce un nuovo modo di essere. Ed è quanto ha evidenziato l'es. 16. Questa è la prospettiva metodologica che sarà presente in tutte le analisi del trattato. All'inizio di 2.2.1 si è asserito che un'unità verbale, di solito, è caratterizzata dal rapporto di tensione tra due poli. Ora si fa presente che esistono anche pochi casi, insoliti, nei quali ciò non s'avvera. Può sussistere talora un solo polo di tensione o di attrazione. Lo si costata nell'unità verbale "Jerusalem" del seguente esempio:
16a
Laet!13: Jerusalém
*
Ogni analisi che si riduce esclusivamente al testo è utilissima ma limitata nei confronti della realtà che emerge dal medesimo testo 155
CAPITOL02
DAL TESTO AL RITMO
L
E
c b
v
16b
• ;N,.. l
LAETA-
l
RE
l
•
l
••
je-ru-sa-lém: l l l
108,4
Rallegrati, Gerusalemme
Nell'esempio testuale 16a si individuano due unità verbali. La prima di esse mostra due poli ritmici: la sillaba d'accento e quella finale. Si potrebbe pensare la medesima cosa anche per l'unità verbale "Jerusalem", se ci si basasse sulle regole d'accento del latino (Jerusalem). Tuttavia, trattandosi qui di un termine originariamente ebraico, esso è ossitono, cioè porta l'accento sull'ultima sillaba. Chi conosce bene il repertorio del canto gregoriano, sa che le parole prese a prestito dall'ebraico (soprattutto nomi propri) ricevono, nel loro rivestimento melodico, ora questa e ora quella accentazione. 9 Nell'es. 16b la conduzione melodica evidenzia la scelta dell'accentazione finale della parola "Jerusalem". Di conseguenza la parola viene a possedere qui, in forza della conduzione melodica, un unico polo ritmico, spinto sulla sillaba finale e accentata, la quale attira a sé le tre sillabe pretoniche. Questo polo assomma pertanto la funzione generatrice di tensione e la funzione di caratteristica chiusura con un dinamismo che termina in crescendo.
9
Cfr. CATENI NICOLA, Le parole ebraiche nel repertorio gregoriano, Milano, tesi di Magistero, Anno accademico 84/85 Pont. Istituto Ambr. Di Musica Sacra. Non pubblicato.
156
2.2.2 Analisi ritmica di unità verbali nelle unità logiche gerarchicamente superiori. D~fferenziate funzioni ritmiche delle articolazioni Dopo la sezione dedicata, con intento didattico, all'analisi ritmica e melodica delle singole unità verbali, considerate unicamente in sé - quasi fossero autonome, a prescindere dalla loro collocazione in unità più ampie -ora l'esame deve essere diretto al comportamento ritmico delle unità verbali nel loro rapporto con le unità logiche nelle quali vengono conglobate. Si tratta di un nuovo piano o livello d'analisi, che non rinnega i fatti ritmici connessi con le singole parole, ma li coglie nell'insieme di un senso logico più esteso, cioè nei loro rapporti di coordinazione e subordinazione. In questa nuova prospettiva di analisi ritmica, i poli propri delle singole parole - cioè le sillabe accentate e le rispettive finali con le loro articolazioni corrispondenti - mantengono la propria validità; tuttavia tra le molteplici articolazioni se ne vedono emergere alcune funzionali a sostenere un'unità logica più grande, coordinando e/o subordinando le più piccole unità delle parole. E ciò sia mediante un concatenamento, sia mediante la distinzione. Già questo previo rilievo, che accenna a fattori ritmici subordinanti e subordinati a servizio di un' unità più grande (ad es. una frase), fa comprendere che non tutte le articolazioni ritmiche sono dello stesso valore· ' e che, di conseguenza, anche l'approccio interpretativo dovrà mettere in atto differenziati accorgimenti. Nell'es. 16 (Benedicite, gentes, Deum nostrum) le quattro parole formano un'inseparabile unità. Dopo l'invito della lode (Benedicite) sono nominati: il soggetto della lode espresso nella forma del vocativo "gentes" e l'ogggetto della lode (Deum), che viene meglio determinato. Non ad un Dio qualsiasi è indirizzata la lode, ma al "nostro Dio". Ma in quale modo queste quattro parole vengono riunite dal ritmo in uni~à di frase? Come, e con quale gerarchia, le unità verbali sono in essa ordmate? 157
DAL TESTO AL RITMO
CAPITOL02
Teoricamente, l'unità logica della frase potrebbe essere raggiunta mediante il concatenamento delle articolazioni d'accento. La tensione verrebbe trasmessa da una sillaba d'accento alla seguente, così:
... ...........
B e n e Q.J. c i t e, &J2...!! t e s, D e u m n....2,.s t r..!!._m
2
l
l
3
4
* 5
In questo caso l'unico polo di distensione nel testo sarebbe la sillaba finale ( 5), mentre le sillabe d'accento l, 2, 3, 4 corrisponderebbero a poli ritmici di tensione. Avremmo quindi quattro articolazioni quali punti cardini del ritmo. Ma una tale analisi ritmica non tiene in considerazione le articolazioni verbali sulla finale della prima e della seconda parola, che invece vengono marcate esplicitamente dalla melodia. Insomma: se valesse la lettura 'teorica' eseguita, avremmo un ritmo del testo in conflitto con la forma melodica del testo. Ora, la retta soluzione è data nel seguente schema (es. 17):
Unità ritmica della frase La sua struttura ritmica mediante le articolazioni
17
.•
.....
*
~ " .
~·····.:'"
Bénedici~, g~ntes,
l
•
l
@) DP @_)
Deum DQStiJ!!ll
•'-'1 DR R
234
+
l
W
567
*
Ca 8
Si affermava che il testo di questo esempio non può essere considerato a prescindere dal suo connubio con la melodia. In vista dell'analisi 158
del loro connubio, si offre l'elenco dei segni e delle abbreviazioni che saranno usati qui ed in seguito, con il relativo significato: sottolineatura sillabica, indica il punto per articolazione ritmica l articolazione d'accento * articolazione finale C punto cardine del ritmo D distinzione ritmica DP = distinzione e prosecuzione-ripresa sulla stessa sillaba/nota R ripresa 10 DR distinzione e ripresa sulla seguente sillaba/nota Ca cadenza + articolazione verbale talmente subordinata che perde la sua autonomia: non si enumera nell'analisi, ma nell'esecuzione non si sorvola indifferentemente micro-articolazione negli esempi e o nel testo del libro (vedi nota 15) ~ segno per cardini _...\......... = segno per distinzione e prosecuzione sulla stessa sillaba/nota !'"" Yl segno per distinzione; ripresa (o reintonazione) con articolazione sulla seguente sillaba/nota n ~""···... = segno per distinzione; ripresa senza articolazione iniziale sulla seguente sillaba/nota ~ = segno per unità di frase
10
A scanso di equivoci: la "ripresa" sottende ripresa dell'andamento del ritmo con il canto. Ma ciò non significa mai l'interruzione del flusso ritmico: neppure una cesura notevole, come quella richiesta dopo la finale di frase all'interno di un intero canto, interrompe il ritmo con una vera pausa, bensì è un'esigenza del ritmo, perché fa parte dello stesso ritmo, anzi ne definisce il giusto valore. Se si concepiscono in questo modo le cesure, di diverse dimensioni, né si domanderà più delle regole per la lunghezza delle cesure, né si cadrà in cesure di dimensioni estranee, improprie o mal dosate che rompano l'armonico susseguirsi del ritmo con le sue dovute distinzioni e cesure.
159
DAL TESTO AL RITMO
CAPITOL02
Secondo il nuovo schema di Benedicite gentes (es. 17) le unità verbali vengono collegate dall'unità più estesa della frase. Ciò non avviene esclusivamente mediante dei punti cardine concatenanti, ma anche mediante articolazioni di distinzione. Mentre con il punto cardine del ritmo la tensione è accolta e trasmessa più avanti, con la distinzione subentra una distensione. Non importa se questa sia provvisoria o quanto debba essere pronunciata; essa, trovandosi in continuità ritmica, è tàttore di una successiva rianimazione del movimento ritmico. Neli' es. 17 dal polo di tensione l, dal quale sono attratte le due sillabe pretoniche, il movimento ritmico sollecita la prosecuzione fino alla sillaba finale 2, dove esso viene accolto e si distende un poco, coadiuvato anche dali' andamento della melodia. La distinzione sulla sillaba finale 2, che nell'interpretazione non può non essere rispettata, richiede l'immediata prosecuzione. Essa avviene partendo dalla stessa sillaba o dallo stesso suono, dal momento che le due parole "Benedicite" e "gentes" sono - tanto testualmente, quanto melodicamente e modalmente- in stretta connessione tra loro. Ecco il senso della linea grafica tracciata con l'arco punteggiato, discendente e poi ascendente a partire dallo stesso punto della sillaba 2; essa visualizza e rende riconoscibile l'articolazione di distinzione, mentre l'arco tracciato a linea continua si estende dalla sillaba l alla sillaba 3, per mettere in evidenza il concatenamento dei due punti cardini l e 3. Le differenziate legature rendono visibile come il concatenamento non viene né interrotto né annullato dalla distinzione minimale (micro-articolazione) che si interpone. Sulla sillaba fmale 2 si effettua dunque una distinzione, con prosecuzione sulla stessa sillaba o sulla stessa nota. Qualcosa di differente avviene invece sulla sillaba finale 4 di "gentes". Anche qui ha luogo una distinzione, ed anch'essa possiede- testualmente, melodicamente e modalmente - un proprio peso maggiore ed esercita una più pronunciata funzione di arrotondamento. Qui, tuttavia, ha importanza il fatto che la prosecuzione non avviene sulla stessa sillaba, ma sulla seguente sillaba 5. La ripresa del movimento ritmico coincide con un accento (Déum), e perciò con un'articolazione dalla quale emana una nuova tensione. An160
che qui, nonostante la distinzione, sulla sillaba finale 4 non si deve interrompere il flusso ritmico. Qualora si verificasse uno stacco, verrebbe distrutta la stretta connessione delle quattro unità verbali. Per completezza si aggiunga che, dopo una distinzione, la ripresa sulla seguente sillaba o sulla nota può avvenire anche senza articolazione. li Le ultime due unità verbali "Deum nostrum" dell'es. 17, tanto per il contenuto quanto per la forma melodica e modale, sono collegate in maniera assai stretta. Esse sono concatenate mediante i due accenti delle parole, ma l'articolazione verbale 5, senza perdere il suo rilievo, è chiaramente subordinata alla susseguente articolazione verbale 7. Quest'ultima, in veste di punto cardine del ritmo, accoglie la tensione e la trasmette al definitivo polo distensivo della sillaba finale, che si identifica con la cadenza dell'antifona.
Il
Nel seguente esempio si presenta questa fattispecie:
VIli
18
~~ BOnum est l
..~
• ••• • l
*
D 2
~
•
confi·té· ri D6mi·no.
3
4
l
5
Il
AM 67
*
Ca 6
È buona cosa lodare il Signore. l: 2:
Articolazione d'accento all'inizio Distinzione ritmica con ripresa senza articolazione sulla seguente sillaba/nota 4,5: Cardini ritmici 6: Cadenza
161
CAPITOL02
DAL TESTO AL RITMO
Sorprendente è il fatto che questa antifona offra una melodia semplicissima, per di più costituita da una formula; eppure l'insieme è 'calzante' come se si trattasse di una composizione originale. La melodia, adattata, riveste il testo, rispettando fin nei minimi particolari, le differenti qualità ritmo-oratorie delle quattro unità verbali. Sorprendente è pure la constatazione che l'es. 17 non sia contenuto nel codice H, nel quale si trovano, invece, altri adattamenti della stessa melodia-tipo. 12 Tra di essi la seguente antifona: H 99
v, 19
r·
_
______.!------~~~ ·-~--·-BEne-d ictus D6rni- nus De- us me- us. AM 155
*
*
Benedetto il Signore, mio Dio
Qui l'unità dell'affermazione testuale appare più compatta di quella dell'es. 17. Nemmeno si riscontrano delle chiare distinzioni ritmiche. Tuttavia, come già nell'es. 17, nei punti dove compare una distinzione si dovrà parlare di "micro-articolazioni". 13 La piccola variante melodica nella forma di clivis sopra "Dominus" corrisponde al numero maggiore di sillabe e s'addice al carattere della sillaba postonica intercalare di un proparossitono. Già sotto il profilo testuale, questa sillaba serve da elemento di congiunzione tra la sillaba d'accento e quella finale. Opportunamente, nella strutturazione melodica prepara la discesa dal sol della
sillaba d'accento al re della sillaba finale, in forma legata. Questa clivisvariante dilata melodicamente l'importante parola "Dominus", mentre rimuove il pericolo che la sillaba postonica - con la debole vocale "i"si smarrisca nel movimento discendente della melodia, o vi perda la propria vita. L'analisi "parola-suono" delle due antifone "Benedicite" (17) e "Benedictus" ( 19) è avvenuta senza prendere in considerazione i neumi paleografici. Nonostante ciò si sono potute rilevare chiaramente delle differenze tra le antifone, che sono venute alla luce già a partire dal testo; conferma, questa, che la chiave per la comprensione del ritmo gregoriano sta nel testo poiché l'attenzione precipua nel comporre la forma melodico-modale consistette nel ricalcare artisticamente le strutture delle unità logiche del testo, e nel dare ordinamento ai loro nessi. Il seguente esempio dimostrerà come anche nei canti semplicissimi, con ambito melodico limitato, i punti culminanti del testo possano essere preparati e realizzati, melodicamente e ritmicamente, con arte:
G IV
20
D Orni-ne, audi-vi
13
''Melodia-tipo" si chiama "un'aria tradizionale alla quale gli artisti gregoriani applicarono un certo numero di testi nuovi." Cfr. P. FERRETTI, Estetica gregoriana, Roma 1934, pag. III. Nelle antifone è facile confondere la "melodia-tipo" con le formule centonizzate. A questo proposito si tenga presente quanto è stato esposto nella nota 4 del cap. l sul "timbro-modale". Di questo concetto si tratterà dettagliatamente un poco più avanti, dopo l'es. 20.
162
•••
audi-turn tu· urn, et
tirnu- i.
68
//
/ l ' ..
H99
• • • * •
3• •
/
..
•
• • •• =t=• • ••
G
//i.
D Orni-ne, audi-vi 12
• •• •
••• • •• •
~
/,// ~
aud.1-tum tu-urn, et
Il
AM
Il
dmu- i.
Questa antifona semplice è ricavata da un passaggio del profeta Abacuc 3,2: "Signore, ho ascoltato il tuo annuncio e ho avuto timore". Il culmine del senso sta nel nesso "auditum tuum" (l'annuncio da parte 163
CAPITOL02
tua). Del messaggio divino si afferma che "viene ascoltato" (audivi) e che "provoca timore" (timui). Si rimarchi il contesto orante, con l'indirizzo a Dio espresso al vocativo: "Domine" (Signore), all'inizio del brano. Al nome 'vocativo' spetta una certa autonomia testuale e ritmooratoria; tuttavia anch'esso è perfettamente collegato al flusso logico di tutta la frase e, soprattutto, al il pronome "tuum". Il testo dell'antifona si articola pertanto in quattro sottili unità strutturali: Domine - audivi - auditum tuum - et timui. La melodia rispetta queste quattro unità in maniera raffinata. Già in due punti della versione un po' spoglia dell'AM lo si riconosce in modo inequivoco. Ma assai più chiaramente la pertinenza melodica nei confronti del testo appare nella versione che riproduce con maggior fedeltà la notazione neumatica del codice H. 14 L'antifona è in IV modo, con i gradi strutturali Mi, sol, la. L'intonazione si svolge in modo di circonvoluzione melodica, tesa al grado strutturale principale Mi sopra "audivi". La forma melodica di "audivi", che emerge con garbato movimento dalla precedente microarticolazione ( o ), forma un arco melodico corrispondente al ritmoparola mi t sol J, mi. Con ciò è tenuto conto della relativa autonomia del verbo: autonomia favorita anche mediante il raddoppio del sol, ripercosso sulla sillaba accentata. Sul Mi della sillaba finale "audivi" ha luogo una seconda microarticolazione di distinzione. Di lì la melodia riprende verso il punto più alto, il/a che si trova sulla sillaba accentata della parola "auditum": così anche la parola più rilevante del senso letterario ottiene conveniente risalto. Dal grado la la melodia si china poi su sol J.. fa con la sillaba
14
Due osservazioni. La prima: la versione melodica che si presenta qui è quella di F. POUDEROIJEN, Die melodische Gesta/t der Communio Videns Dominus in: Beitriige zur Gregorianik 13/14, Regensburg 1992, pag 143. La seconda: benché nella ricostruzione secondo H le varianti siano minime, queste tuttavia danno maggiore rilievo alle unità strutturali. E proprio da ciò si può valutare l'arte del rivestimento sonoro-ritmico dei testi. Qui si può vedere, inoltre, che l'attuale versione deii'AM e anche del PsM, p. 225/6, del 1981, rappresenta non · solo una semplificazione, ma anche un impoverimento.
164
DAL TESTO AL RITMO
"tuum", dando luogo ad una micro-articolazione con la qualità ritmica di distinzione. In questo caso, infatti, il fa mantiene il suo innato peso ereditato dal sistema pentatonico, e funge da grado di contrasto col del deuterus, soprattutto perché è messo in rilievo dal susseguente intervallo fa J.. re - con il colore della parentela deuterus-protus - evitando il mi. E così continua immediatamente il movimento ritmo-melodico equivoco re t sol con il pes su "et timui", per apportarvi una rivificazione, proprio prima che si rilassi sulla sillaba finale della stessa parola, con la cadenza definitiva Mi.
M
• La~icro-articolazione (o) 15
È utile esaminare più compiutamente il concetto di microarticolazione ( o ), già diverse volte impiegato. Esso ci porta a considerare certi punti della conduzione melodica del testo ed a valutaria con attenzione a partire dalla prospettiva del ritmo. Questi punti fanno risaltare le strutture modali di un brano, soprattutto riscontrato - in questo stadio iniziale- nei canti quasi esclusivamente sillabici come quelli presentati finora; e per principio evidenziano le sillabe alle quali è affidata l'articolazione verbale. Così, mediante la cura delle sillabe finali, è garantita la giusta autonomia dell'unità della parola. Il movimento ritmico, intenzionalmente, rimanda e conduce a questi punti del testo e della melodia. Non per questo la "durata" delle sillabe o delle note in questione dovrà essere più pronunciata. Il rilievo di questa specie di valore emerge tramite differenziati fattori: mediante un modo agogicamente vigilato nel condurre e far posare la melodia su gradi strutturalmente importanti; mediante l'adeguato dosaggio dell'intensità bilanciata con maggiore o minore pienezza sonora e, all'occasione, anche mediante il dosaggio della durata che non dovrebbe mai essere esagerata. Tuttavia a caratterizzare la
15
Questo segno (o) viene usato per indicare nel testo dell'intera opera la "microarticolazione", mentre negli esempi (già tutti scritti a mano) rimarrà il segno*·
165
CAPITOLO 2
vera natura di queste micro-articolazioni è, primariamente, il movimento melodico mirante a tali sillabe-suoni. 16 Nell'es. 20, inoltre, si può constatare la gerarchia delle unità testuali e melodiche enumerate: l'apice e l'unico polo intensivo di tensione - con il suo ripiegamento leggermente distensivo- è l'unità "auditum (tuum)". Lo precedono le due unità "Domine, audivi" nella posizione di protasi (ossia di antecedente) e pertanto in fase preparatoria. Lo segue un'unità ritmica quale apodosi (ossia come conseguente): il che fa sì che anche "et timui" sia situato in posizione e con funzione secondaria. Per le unità ritmiche secondarie si può parlare, ma soltanto con riserva, di "poli ritmici secondari". Le quattro unità ritmiche, prese insieme, si intrecciano troppo organicamente e scorrevolmente; le unità ritmiche antecedenti e conseguenti sono attratte dall'energia vitale del punto culminante "auditum tuum", tanto che, pur non smarrendo la loro relativa autonomia, esse si possono comprendere solo nella stretta correlazione col loro unico vertice. Le micro-articolazioni messe in luce non mirano a spezzettare la frase, ma hanno il pregio di segnalare delle distinzioni entro un sottile tessuto strutturale, entro la perfetta e indivisibile unità dell'intero testo, ottenuta con la forza ordinatrice di un polo uniCO.
DAL TESTO AL RITMO
produrre l'impressione di un canto incompiuto e forse generare il desiderio che la melodia continui. L'insieme, comunque, è adatto ad una situazione tipicamente meditativa, collegata con testi intimi di preghiera, come 1.1 presente. 17 A modo di chiusura del commento all'es. 20, un'osservazione ancora riguardante il tono salmodico previsto per questa antifona. Nello PsM (pag. 225) è assegnato all'Antifona "Domine audivi" il tono IV*, introdotto di recente. Il suo tenore non è situato sulla, come prescritto dall'Octoechos, ma sul sol. La premessa per questa scelta è data dal fatto che nell'al)tifona non si ravvisarono le strutture di un deuterus alla quarta, bensì quelle di un deuterus alla terza. Ed evidentemente, in essa, la terza (il sol) ha un ruolo non indifferente, come grado preferito per gli accenti melodico-verbali di "audivi", " timui" (e "tuum"). Tuttavia, non essendo trascurabile l'incidenza che viene conferita alla melodia dal suo suono culminante la , in corrispondenza con l'apice testuale "auditum tuum", questo la, in fin dei conti, potrebbe costituire anche il grado del tenore salmodico. La scelta dello PsM è dunque possibile, ma non esaurisce ogni possibile approccio interpretativo/esecutivo.
2. 2. 3 Esempi di analisi ritmiche di testi in rapporto con la melodia
Ancora nell'es. 20, in rapporto con il contenuto testuale, è rilevante, per quanto riguarda la struttura melodica, la scelta del IV modo, caratteristico e inconfondibile caratteristica. La tensione modale sol ,J, Mi e la ,J, Mi parte da due gradi solidi - originariamente derivanti dal sistema pentatonico - cioè il sol, la della scala diatonica, ed è posta in relazione con un grado debole e sensibile qual è il Mi. Ciò fa emergere l'atmosfera sonora particolare del modo. E tanto l'ambito sonoro limitato (risultante da questo rapporto di tensione), quanto la precauzione con cui la melodia arriva a un grado di cadenza poco solido, possono
Per avviarsi ad analisi ritmiche, possono servire ancora altre brevi antifone con melodie sillabiche. Per avere una migliore visione d'assieme, anche le analisi stesse vengono presentate in forma rigorosamente schematica.
17
16
In questo senso si addice indubbiamente la qualità di una micro-articolazione alla distinzione sulla sillaba 2 dell'es. 17 (cfr. per la melodia l'es. 16).
166
Altri esempi: GT 680, Ant. Habitabit; GT 704, Ant. Credo videre; alcuni canti del Proprio della Messa, come GT 150, In. Iudica Domine; GT 84, In. De necessitatibus; GT 291, In. Exaudi Domine...adiutor (s'intende che nella melodia vanno restituiti i mi che nella Vat sono ancora erroneamente dei fa).
167
DAL TESTO AL RITMO
CAPITOL02
. 1
Il
21
~~
2
• • l
D E-due
l
3
4 5 6
7
8 9 10
11
•••
•
• • •
• 1\1 • •
me, D6mi·ne,
-l
*
~
;:;:;].
in sémi·tam manda·t6·rum tu· 6-rum.
l
=F
Analisi complessiva e particolareggiata
12 13 14 15 16 17
PsM 264
l
Il testo: Conducimi, Signore, sulla via;dei tuoi comandamenti.
Accertamento dei punti culminanti delle unità logiche, degli accenti secondari, delle unità fraseologiche: 2:
13,16:
6: 10: 16-17:
accento culminante di tutta la frase, perciò è marcato con dop. sotto t•meatura; 18 pta accenti di poli secondari di tensione; distinzione con ripresa su 7; nel contesto costituisce un sottilissimo fraseggio presente nell'antifona: _l_:_§_ e 7- 16- 17 microdistinzione con prosecuzione sulla stessa sillaba/nota; cadenza ridondante. 19
is Il suo~o è salito fino al sol, ma secondo la restituzione critica dovrebbe essere un fa. Ciò non incide tuttavia sulla determinazione funzionale dell'accento ossia della parolà, la quale rimane il punto culminante secondo il senso espresso dal testo di tutta la frase. 19 Una cadenza ridondante ha luogo quando l'accento dell'ultima parola di un'unità logica si posa sul grado melodico della cadenza, mentre le rimanenti sillabe risuonano sullo stessO< grado. Queste sillabe o suoni che vengono aggiunte non sono più necessarie per l'integrità di una formula di cadenza, ma sono per sé sovrabbondanti (= redundant). Nell'es. 21 la cadenza sarebbe - ritmicamente e melodicamente completa con il suono/sillaba 16. Il suono/sillaba 17 è ridondante, superfluo, inutile: occorre soltanto per terminare la parola con l'ultima sillaba. Qui esso è condizionato dal testo, non dalla musica. Queste cadenze posseggono un particolare peso, poiché il suono essenziale della cadenza coincide con un accento di parola, a cui di sua natura è immanente una forza vivificante.
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sillaba pretonica attratta dal seguente accento (la parola non si pronunciava "déduc", bensì "deduc"); articolazione fonetica della sillaba; articolazione ritmica d'accento del polo culminante; ritmicamente punto cardine; monosillabo, che più spesso può essere accentato, ma in questo contesto è subordinato all'accento seguente; nessuna articolazione ritmica, ma soltanto articolazione fonetica della sillaba; l'atonia di questa sillaba è coadiuvata dalla sua posizione sul grado debole del mi; articolazione ritmica d'accento come punto cardine; soltanto articolazione fonetica della sillaba; articolazione verbale e del ritmo della prima unità logica (Dedue me Domine); distinzione ritmica con ripresa sulla seguente sillaba-suono; ripresa senza articolazione ritmica; sillaba pretonica (prepos~ zione proclitica) attratta dall'accento susseguente; soltanto articolazione fonetica della sillaba; articolazione ritmica d'accento come punto cardine; articolazione fonetica della sillaba; articolazione verbale quale microdistinzione, messa in evidenza anche dalla conduzione melodica, con prosecuzione sulla stessa sillaba-suono; nell'area ritmica pretonica di attrazione proveniente dall'accento 13, soltanto ad un'articolazione fonetica, ma con la consonante pronunciata adeguatamente ed un poco sonora (vedi 2.1.1.2); . . . come 11; articolazione fonetica non sonora (la spiegaziOne di questa articolazione sulla seconda nota della clivis seguirà nella trattazione dei neumi-gruppo ); articolazione ritmica d'accento di un secondario polo di tensione quale punto cardine e in stretto rapporto con 16;
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DAL TESTO AL RITMO
CAPITOL02
14:
articolazione fonetica (consonante adeguatamente ampia e un po' sonora) della sillaba, che non sostiene il ritmo, ma è sostenuta dal ritmo; come 14, tuttavia articolazione di sillaba vocalica; come 13, stretto rapporto con 13; con 17 cadenza ridondante; sillaba-suono ridondante della cadenza èhe cade sull'accento 16.
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_l_ • • a a •
•
2: 3:
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. .
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articolazione d'accento pretonico; 20 primo apice ritmico, corrispondente al primo polo culminante del testo; punto cardine; distinzione ritmica con prosecuzione sulla stessa sillaba/nota· questa analisi segnata con la linea punteggiata è di un livell~ subordinato a quello disegnato con la linea continua e quindi anche nell'esecuzione non acquista lo stesso rilievo; secondo apice ritmico, corrispondente al secondo polo culminante del testo; punto cardine; articolazione d'accento postonico, ovvero polo ritmico secondario: conduce come punto cardine un poco distensivo verso la cadenza; cadenza ridondante.
l:
_._._•_---;-l·-~~--·
• •]_ GS Suscépimus, De- us, mi-se-ri-c6rdi- am tu- am in mé-di- o templi tu- i. 231
5: 6:
Testo: (meditiamo e) riceviamo, Dio, la tua misericordia dentro il tuo tempio. Analisi mediante rappresentazione grafica: (Il segno * ---- viene usato per la cadenza ridondante)
, ...... l
.·····~'-·········~'-······~ Susce-pimus, De-us, miserik.Qf-diam lld.-!!!!! in lmt-dio ~-pli tu-i
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doppio apice
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