Il sovrano e l'opera. Arte e potere nella Mesopotamia antica 8842045373, 9788842045373

Nel mitico mondo di Babilonia e Ninive, il sovrano attraverso la costruzione e la conservazione di templi e statue dedic

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Italian Pages 208 Year 1994

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Il sovrano e l'opera. Arte e potere nella Mesopotamia antica
 8842045373, 9788842045373

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Grandi opere

© 1994, Gius. Laterza & Figli

Il disegno della copertina riproduce la ricostruzione a colori di Ch. B. Altman della pittura della sala delle udienze della Residenza K di Dur Sharrukin, pubblicata in G. Loud, Ch. B. Altman, Khorsabad, Part II, The Citadel and the Town, The University of Chicago, Chicago 1938, tav. 89.

È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico. Per la legge italiana la fotocopia è lecita solo per uso personale purché non danneggi l'autore. Quindi ogni fotocopia che eviti l'acquisto di un libro è illecita e minaccia la sopravvivenza di un modo di trasmettere la scienza. Chi fotocopia un libro, chi mette a disposizione i mezzi per fotocopiare, chi comunque favorisce questa pratica commette un furto e opera ai danni della cultur·a.

Paolo Matthiae

Il sovrano e l'opera Arte e potere nella Mesopotamia antica

Editori Laterza 1994

Proprietà letteraria riservata Gius. Laterza & Figli Spa, Roma-Bari Finito di stampare nell'ottobre 1994 nello stabilimento d'arti grafiche Gius. Laterza & Figli, Bari

CL 20-4537-0 ISBN 88-420-4537-3

Il sovrano e l'opera

Introduzione

La rottura di ogni pur affievolita continuità tra il mondo delle civiltà orientali antiche preclassiche e il mondo occidentale medioevale e moder­ no ha avuto come conseguenza che il loro recupero ad opera della cultura europea, a partire dalla metà del secolo scorso, sia stato quasi completa­ mente dovuto all'attività archeologica. La trasmissione solo di brandelli di­ storti o fraintesi di tarde esperienze dei sistemi di conoscenza distanti e complessi di quelle civiltà, come l'astrologia caldea o la sapienza mistica egiziana, aveva fatto sì che già nell'età classica, e poi ancor più nella tarda antichità, si affermassero sempre più consistenti ed esclusivi pregiudizi ne­ gativi nei loro confronti. La rigorosa ed orgogliosa rivendicazione di una frontale contrapposizione ideologica, etica e religiosa tra la cultura ebrai­ ca antica e le altre culture dell'antico Oriente, ripetutamente espressa in numerosi passi dell'Antico Testamento, ha fatto a lungo dimenticare quan­ to di atteggiamenti mentali, di valori etici, di modi espressivi tipici delle ci­ viltà dell'antico Oriente, nonostante tutto, proprio il corpus dei testi bibli­ ci abbia trasmesso al mondo occidentale. Segnato, dunque, già nel giudizio del mondo classico da connotazioni negative per essere caratterizzato da sistemi conoscitivi, come quello astro­ logico, o da ambiti di religiosità, come quello egiziano degli dèi animale­ schi, classificati come «inferiori», il mondo orientale antico, ed in partico­ lare quello mesopotamico, ha subìto poi, nella coscienza del mondo occi­ dentale del Medioevo, un accentuarsi di valutazioni negative. Esso sempre più veniva sentito come l'ambiente tracotante ed ostinato del fallace poli­ teismo degli idoli e della pervicace immoralità della superbia e della lussu­ ria di contro al popolo eletto portatore del rigoroso monoteismo etico dei profeti ebraici. L'unicità e la parzialità della pressoché unica fonte dispo­ nibile, rappresentata dai testi biblici, resa straordinariamente suggestiva e convincente dalla rivendicata continuità della fede tra Israele e Cristiane­ simo, rendeva di valore sostanzialmente nullo ogni altra testimonianza, ta­ lora anche ammirata, di autori greci e latini, comunque estremamente frammentaria ed episodica sulle grandi civiltà orientali scomparse, da quel­ la egiziana a quella mesopotamica. Soprattutto l'atteggiamento mentale monolitico dei redattori biblici

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verso quelle civiltà, quanto a religione idolatre e quanto ad etica prive di valori positivi, conferiva ad esse, al tempo stesso, una negatività e una sta­ ticità fondamentali, che ne facevano, in un giudizio storico teleologico, una sorta di preistoria strutturale, un'era unitaria di tenebre non illuminata dal­ la grazia, che altro non era che un'età oscura precedente contrapposta al1'età successiva della luce dominata dalla rivelazione monoteistica. Questo unitario giudizio storico dell'Occidente europeo cristiano non è stato in nulla di sostanziale diverso da quello formulato, sulle antiche civiltà orien­ tali, dall'Islam, che, ovviamente, poneva la frattura risolutiva non più nel­ la rivelazione di Gesù, bensì sei secoli più tardi nella rivelazione del Profe­ ta Muhammad, solo preannunciata dalle parziali testimonianze della fede monoteistica ad opera, in successione, di Abramo, di Mosè e dello stesso Gesù. Quando, a partire dal 1842, la cultura europea intraprende l'opera di recupero scientifico delle civiltà orientali preclassiche dell'Asia occidenta­ le antica, l'atteggiamento psicologico degli studiosi occidentali protagoni­ sti di quel recupero, prima francesi ed inglesi, poco più tardi tedeschi ed americani, verso quelle civiltà è profondamente diverso da quello assunto, fin dal Settecento, nei confronti del mondo classico. Pur senza una profon­ da coscienza c'ritica, maturata senza dubbio solo durante il nostro secolo, v'era, infatti, certo consapevolezza che le testimonianze scritte e monu­ mentali della civiltà classica avevano ripetutamente e continuatamente ac­ compagnato, stimolato e presieduto alle più rilevanti rivoluzioni del pen­ siero occidentale, prima nel Duecento, poi nel Quattrocento e Cinquecen­ to e, infine, nel Settecento e agli inizi dell'Ottocento. Nessuna funzione analoga poteva ovviamente essere attribuita alle testimtmianze, completamente perdute, delle antiche civiltà orientali. Quanto la vanga dei primi archeologi diplomatici europei iniziava a dis­ sotterrare nel suolo della Mesopotamia alla metà del secolo scorso altro non sembrava poter essere che la prova, nello spirito del positivismo allo­ ra imperante nella cultura occidentale, di quella storia sacra, di indubita­ bile verità, che i testi biblici avevano fortunosamente preservato. Solo !'im­ prevedibilmente incalzante ed impressionante accumularsi di evidenze materiali e testuali, durante tutta la seconda metà dell'Ottocento, di quel­ le remote civiltà perdute impose ali'attonita opinione pubblica e scientifi­ ca europea ed americana la costituzione di autonome discipline, archeolo­ giche e filologiche, che con metodologie criticamente indipendenti si pre­ figgessero lo studio sistematico, ed autonomo da ogni impostazione reli­ giosa a fondamento biblico, di quelle civiltà. La liberazione definitiva da ogni vincolo biblico fu particolarmente determinata dalla scoperta, sempre sul suolo dell'antica Mesopotamia, negli anni Settanta del secolo scorso, di sempre più rilevanti testimonianze, monumentali e testuali, di culture, co­ me quella sumerica del III millennio a.C., di cui si era perso il ricordo an­ che nel corpus biblico. Tuttavia, la staticità e la negatività dei valori della civiltà mesopotamica

Introduzione

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tipiche della prospettiva storiografica biblica sono rimaste a lungo, nella storia degli studi, una pesante ipoteca sullo sviluppo delle discipline che si usano definire orientalistiche, archeologiche, filologiche e storiche. Fuori di ogni interpretazione propriamente storica Ninive, prima ancora di esse­ re la capitale del primo grande tentativo imperiale di unificazione univer­ sale noto al mondo ellenistico, era la «frusta di Yahwe», lo strumento del­ la punizione divina contro il colpevole popolo di Israele, come Babilonia era la sterminatrice di Gerusalemme, piuttosto che la straordinaria città in cui l'opera umana aveva creato una realtà urbanistica ammirevole nella convinzione di ripetere l'opera di Marduk. L'immagine della civiltà mesopotamica immobile nella storia e negativa nei valori non è che il risultato di un duplice pregiudizio greco-romano ed ebraico-cristiano. Un inaccettabile percorso di superamento di questo ste­ reotipo interpretativo è quello della attualizzazione e della banalizzazione di una serie di elementi culturali della civiltà mesopotamica, presentati, as­ sai bizzarramente, come anticipazioni del mondo moderno. Così, si è par­ lato, e si continua spesso a parlare, di «parlamento sumerico» e di «demo­ crazia primitiva», di «università sumerica» e di «borghesia babilonese»: non è difficile intendere che queste sono solo mistificazioni antistoriche, suggerite dalle esigenze di una piuttosto deteriore condiscendenza alle in­ vadenti forme del consumismo pseudoculturale contemporaneo. Uno degli itinerari, invece, legittimamente percorribili, ma in realtà fi­ nora poco frequentati, tra i molti che si possono seguire, perché si arrivi a restituire storicità reale alle espressioni giunte fino a noi della civiltà meso­ potamicà è quello di far riemergere dalle numerose testimonianze testuali gli elementi fondamentali e persistenti del modo di concepire il rapporto tra mondo umano e mondo divino e dalla documentazione figurativa ed ar­ chitettonica le forme più significative dei mutamenti di atteggiamento af­ fioranti nei modi dell'espressione simbolica. Solo il confronto tra dati del­ la cultura scritta e dati della cultura materiale permette di evitare frainten­ dimenti sul significato delle opere, di vincolarle alla loro originaria inten­ zionalità e di percepire il senso dei cambiamenti artistici, sia negli aspetti tematici, sia in quelli stilistici. In questa prospettiva, si è voluto valutare le opere artistiche ed archi­ tettoniche della civiltà mesopotamica nel loro rapporto con la committen­ za regale e con i destinatari divini. Come la regalità è l'istituzione centrale della società mesopotamica, così le opere che da essa emanano costitui­ scono una rete di messaggi fondamentali, che non possono essere conside­ rati fuori del loro contesto storico. La comprensione del nesso concreto e profondo tra il sovrano nella sua qualità di ideatore e artefice, le opere che sono il prodotto di un'attività regale in cui si ripete l'originaria creazione divina e gli dèi cui ogni realizzazione è inevitabilmente rivolta sembra la premessa necessaria perché siano rimossi i pregiudizi di negatività e di im­ mobilità con cui, più o meno coscientemente, la cultura moderna non ces­ sa di guardare le produzioni dell'antico mondo mesopotamico.

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Il sovrano e l'opera

Quando quei pregiudizi saranno eliminati, sarà meno difficile per l'uo­ mo contemporaneo porsi di fronte ai capolavori dell'Assiria del IX-VII se­ colo a.C. non diversamente da come è abituato a porsi di fronte ai capola­ vori della Grecia del V-IV secolo a.C.

Capitolo primo

Il tempio e l'ordine dell'universo

Nel sistema di pensiero sumerico quale si delinea nelle composizioni mitiche ed inniche della fine del III millennio a.C., spesso conservate in co­ pie dei primi secoli del millennio successivo, il complesso degli elementi fondanti la civiltà del paese di Sumer è espresso nell'elenco dei me, una se­ rie paratattica di funzioni pubbliche, di condizioni sociali, di tecniche ar­ tigianali, di generi letterari, di valori etici, di vincoli naturali, di atteggia­ menti civili, di consuetudini comportamentali, che erano unitariamente percepiti come princìpi divini di poteri e di valori realizzatisi nella sfera umana del mondo civilizzato1 . Questi aspetti costitutivi della vita associata delle comunità urbane, tra i quali realisticamente non sono esclusi quelli di valenza negativa, sono sot­ to il controllo del grande Enki, il saggio, ingegnoso e avveduto qio della città di Eridu, spesso definito con il significativo epiteto di Nudimmud, , 1/5 (1976), pp. 57-79. 98 Già R. D. Barnett, Lions and Bulls in Assyrian Palaces, in P. Garelli (ed.), Le Palaz's et la Royauté (Archéologie et Civilisation). XIX' Rencontre Assyriologique Internationale, Part's, 29 juin-2juillet 1971 , Geuthner, Paris 197 4, pp. 441-46, aveva sostenuto che i rilievi venatori neoas-

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siri sembrano aver voluto intenzionalmente rivaleggiare con i sovrani akkadici e neosumerici nel dominio sulle forze della natura, mentre, più di recente, le motivazioni del privilegio regale del­ l'abbattimento del leone sono state illustrate in dettaglio da E. Cassin, Le roi et le lion, in «Re­ vue d'Histoire des Religions», 198 (1981), pp. 355-401, saggio ora ripubblicato in E. Cassin, Le semblable et le di/férent. Symbolismes du pouvoir dans le Proche-Orient ancien, Editions La Dé­ couverte, Paris 1987, pp. 167-213. 99 J. E. Reade, Ideology and Propaganda in Assyrian Art, in Larsen (ed.), Power and Propa­ ganda cit., pp. 329-44; L. Bachelot, La /onction politique des relie/s néo-assyriens, in D. Charpin, F. Joannès (edd.), Marchands, Diplomates et Empereurs. Etudes sur la civilisation mésopota­ mienne o/fertes à P Gare/li, Editions Recherche sur les Civilisations, Paris 1991, pp. 109-28. 100 P. Garelli, Problèmes de strati/ication sociale dans !'Empire assyrien, in D. O. Edzard (ed.), Gesellscha/tsklassen im Alten Zweistromland und in den angrenzenden Gebieten. XVIII. Ren­ contre Assyriologique Internationale, Munchen, 29 funi bis 3. ]uli 1970, Bayerische Akademie der Wissenschaften, Miinchen 1972, pp. 73-81; H. Tadmor, Monarchy and the Elite in Assyria and Babylonia: The Question o/ Accountability, in S. N. Eisenstadt (ed.), Origins and Diversity o/ Axial Age Civilizations, Albany 1986, pp. 203-24, 5 18-21. La questione della propaganda visiva indirizzata all'interno deve essere considerata in relazione ai sistemi di controllo del consenso propri del mondo neoassiro: P. Garelli, Les sujets du roi d'Assyrie, in Finet (ed.), La voix de l'op­ position en Mésopotamie cit., pp. 189-213, ma di recente si è ancora insistito, pur se non siste­ maticamente, sui possibili valori magici dei rilievi narrativi: E. Porada, The Uses o/Art to Con­ vey Politica! Meanings in the Ancient Near East, in D. Castriota (ed.), Artistic Strategy and the Rethoric o/ Power. Politica! Uses o/Art /rom Antiquity to the Present, Southern Illinois Univer­ sity Press, Carbondale-Edwardsville 1986, pp. 15-26, e Ead., cit., in Leonard, Jr., Williams (edd.), Essays on Ancient Civilization Presented to H. ]. Kantor cit., pp. 243-48. 101 Una lista preliminare delle stele regali neoassire che ci sono conservate è stata redatta da L. D. Levine, Two Neo-Assyrian Stelae/rom Iran (Royal Ontario Museum, Art and Archaeology, Occasiona! Paper, 23), Thorn Press, Toronto 1972, pp. 5 1-63. 102 Heinrich, Die Paliiste im Alten Mesopotamien cit.,- pp. 128-43. 103 Sulle attività edilizie di Nabucodonosor II e sul suo progetto di rinnovamento della realtà urbanistica di Babilonia si veda ora D. J: Wiseman, Nebuchadrezzar and Baby/on (The Schweich Lectures of the British Academy, 1983), Oxford University Press, Oxford 1985, pp. 43-73. 104 Sulla funzione dell'Ubshukinna un riesame esauriente delle fonti è stato condotto da A. R. George, Babylonian Topographical Texts (Orientalia Lovaniensia Analecta, 40), Peeters, Leu­ ven 1992, pp. 286-91, mentre i fondamenti mitologici del «podio dei destini» sono valutati da A. Sjoberg, E. Bergmann, The Collection o/the Sumerian Tempie Hymns (Texts from Cuneiform Sources, III), Augustin, New York 1969, pp. 50-51; che nei principali santuari della Babilonia e dell'Assiria, anche in età tarda, fossero presenti «podii dei destini» connessi alla sorte riservata dagli dèi ai sovrani, è documentato per il Tempio di Nabu a Borsippa e per quello di Assur ad Assur, per cui si veda A. R. George apud W. G. Lambert, in «Bulletin of the School of Orienta! and African Studies», 52 ( 1988), p. 119. 10' Sulla ziqqu"at di Babilonia i dati più aggiornati sono forniti da E. Klengel-Brandt, Der Turm van Baby/on. Legende und Geschichte eines Bauwerkes, Kohler & Amelang, Leipzig 1982, pp. 74-125, mentre sugli scavi recentemente ripresi alla ziqqurrat di Borsippa si veda W. Allin­ ger-Csollich, Birs Nimrud I. Die Baukorper der ziqqurrat van Borsippa. Ein Vorbericht, in «Ba­ ghdader Mitteilungen», 22 (1991), pp. 383-499. 106 Su questi lavori, che sono rievocati più brevemente anche in altre iscrizioni di Nabuco­ donosor Il, si veda S. Langdon, Die neubabylonischen Konigsinschri/ten (Vorderasiatische Bi­ bliothek, 4), Hinrichs, Leipzig 1912, pp. 126-3 1, mentre sui singoli santuari di Babilonia si de­ ve oggi consultare George, Babylonian Topographical Texts cit., pp. 305-13, 320-21, 329-30. Lo scavo recente di un santuario minore presso il maggiore Tempio di Nabu sha khare, ad ovest del­ l'Ayiburshabu, subito a sud del Qasr, sicuramente eretto da Nabucodonosor II e non menzio­ nato nelle iscrizioni del sovrano, da identificare forse con l'Ekhilikalamma della dea Ashratu del­ la Descrizione di Babilonia, fa ritenere che le opere del grande re furono ancora più estese di quanto mostrato dalle sue stesse iscrizioni: D. Ishaq, in «SumeD>, 41 ( 1982), pp. 30-37. 107 R. Koldewey, Die Konigsburgen van Baby/on, I., Die Sudburg (Ausgrabungen der Dèu­ tschen Orient-Gesellschaft, V), Hinrichs, Leipzig 1931. Sulla controversa ricostruzione della

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grande corte e della gigantesca sala del trono del Palazzo di Nabucodonosor II si vedano ora le suggestive ipotesi di B. Hrouda, Zur Thronraum/assade der Sudburg in Babylon, in M. Kelly-Buc­ cellati, P. Matthiae, M. Van Loon (edd.), Insight through Images. Studies in Honor o/E. Porada (Bibliotheca Mesopotamica, 2 1), Undena, Malibu 1986, pp. 119-28. 108 R. Koldewey, Die Konigsburgen von Babylon, II., Die Hauptburg (Ausgrabungen der Deutschen Orient-Gesellschaft, VI), Hinrichs, Leipzig 1932. Per un'analisi recente del preteso museo si vedano le considerazioni di E. Klengel-Brandt, Gab es ein Museum in der Hauptburg Nebukadne1.ars II. in Babylon?, in «Forschungen und Berichte», 28 ( 1991), pp. 4 1-46, mentre l'ipotesi della nuova localizzazione dei «Giardini pensili» è stata avanzata da D. J. Wiseman, Me­ sopotamian Gardens, in «Anatolian Studies», 33 ( 1983), pp. 137-44, e ribadita da Id., Nebucha­ dreuar and Babylon cit., pp. 56-60. 109 Koldewey, Die Konigsburgen von Babylon, II. cit., pp. 41-58. 110 . F Wetzel, Die Stadtmauern von Babylon (Ausgrabungen der Deutschen Orient-Gesell­ schaft, IV), Hinrichs, Leipzig 1930, mentre nuovi dati epigrafici sui lavori di Nabopolassar alle fortificazioni sono stati pubblicati da F. N. H. al-Rawi, Nabopolassar's Restoration Work on Im­ gur-Enlil at Babylon, in «Iraq», 47 (1985), pp. 1- 15. 1 1 1 Langdon, Die neubabylonischen Konigsinschri/ten cit., nn. 1, 7, 9, 13, 15, pp. 72-73, 8687, 90-91, 106-107, 132-33. 1 12 Sul carattere sacro di Babilonia si vedano già le considerazioni di E. Unger, Babylon. Die heilige Stadt nach der Beschreibung der Babylonier, De Gruyter, Berlin 19702 (1• ed. 193 1), pp. 20-24. 1 13 F. Wetzel, F. H. Weissbach, Das Hauptheiligtum des Marduk in Babylon. Esagila und Ete­ menanki (Ausgrabungen der Deutschen Orient-Gesellschaft, VII), Hinrichs, Leipzig 1938. 1 14 W. G. Lambert, Nabonidus in Arabia, in «Proceedings of the Fifth Seminar for Arabian Studies», Seminar for Arabian Studies, London 1972, pp. 53-64; P.-A. Beaulieu, The Reign o/ Nabonidus, King o/ Babylon 556-539 B.C. (Yale Near Eastern Researches, 10), Yale University Press, New Haven-London 1989, pp. 169-85. 1 15 H. L. Ginsberg, The Legends o/ the ]ews, IV, Philadelphia 1946, p. 339, VI, pp. 427-28; Ch. C. Torrey, The Lives o/ the Prophets (Journal of Biblical Literature Monograph Series, 1), Philadelphia 1946, pp. 38-39. Una valutazione recente d'assieme di queste tradizioni si trova in R. H. Sack, Nebukadne1.zar and Nabonidus in Folklore and History, in «Mesopotamia», 17 (1982), pp. 67-131, e Id., Images o/Nebuchadne1.zar. The Emergence o/a Legend, Associated Uni­ versity Presses, London-Toronto 1991, pp. 3 1-7 1, 108-109. 1 16 P. Schnabel, Berossus und die babylonisch-hellenistische Literatur, Olms, Hildesheim 1968; R. Drews, The Babylonian Chronicles and Berossus, in «Iraq», 37 (1975), pp. 39-55; S. M Burstein, The Babyloniaca ofBerossus (Sources from the Ancient Near East, 1/5), Undena, Ma­ libu 1978; A. Kuhrt, Berossus' Babyloniaka and Seleucid Rule in Babylonia, in A. Kuhrt, S. Sherwin-White (edd.), Hellenism in the East (Hellenistic Culture and Society, 2), University of California Press, Berkeley 1987, pp. 53-56. 1 17 Sul problema della leggenda di Semiramide, che è certo la regina assira Shammuramat, moglie di Shamshi-Adad V e madre di Adadnirari III, di cui fu reggente all'inizio d