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Italian Pages 154 Year 2017
GIOACHINO CHIARINI
Gioachino Chiarini IL SATOR E IL DUOMO DI SIENA
nuova immagine
CREDITI FOTOGRAFICI Fig. 1: Matteo Cimardi, Siena. Figg. 2, 30, 59: su concessione del Comune di Siena. Fig. 38: su concessione della Basilica di San Marco di Venezia. Figg. 44-45, 48-49, 54: su concessione del Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo. Polo Museale della Toscana. Foto Pinacoteca Nazionale di Siena. Figg. 41, 52, 61, 62, 63, 64, 65, 66, 69, 70, 71, 72, 73, 75, 76, 77, 78, 79, 80: su concessione dell'Opera della Metropolitana di Siena. Figg. 42-43, 74, 81: Andrea e Fabio Lensini, Siena. Fig. 83: Holly Hayes, EdStockPhoto. La Nuova Immagine Editrice si è adoperata per ottenere e citare le fonti esatte delle illustrazioni; è a disposizione degli aventi diritto per rimediare a eventuali errori od omissioni.
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via San Quirico 13, 1-53100 Siena tel.: 0577 42625 fax: 0577 44633
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ISBN 978-88-7145-369-9 Stampa: Arti Grafiche Nencini (Poggibonsi - Siena), giugno 2017 Grafica di copertina: Belluccidesign (Siena)
SOMMARIO
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PARTE PRIMA Il Quadrato magico
9 11 15 17 19 20 23 25 26 29 30 32 35 36 39 42 46
I. Il SATOR' di Siena II. Il Labirinto, antenato del Quadrato III. Opposizioni simboliche elementari IV. `ROTAS' V. L'invenzione del Quadrato VI. Il Quadrato esige una lettura bustrofedica VII. SATOR' è il Sole VIII. I Romani e il Sole IX. Simbologie legate all'agrimensura X. Il mattone di Aquincum XI. Il calco della Pietra di Stenay XII. Una Stella a sei punte XIII. Una Stella a dodici punte XIV. Pianeti e Segni zodiacali nei Mitrei XV. Iniziazioni mitraiche XVI. Pala e altare del Mitreo di Nida Note alla parte prima
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PARTE SECONDA Mitraismo e Cristianesimo
51 54 57 59 61 63 65 67 69 71 75 77 79
I. L'invenzione del Chrismon II. Mitraismo e Cristianesimo III. Cristo 'Nuovo Sole' IV. `Sator [autem] est Christus' V. Il `Sator' e la Croce VI. Anagrammi, gematrie e la Bestia VII. Architettura sacra VIII. Il Sole pasquale e il Labirinto IX. Il Sigillo di Salomone X. Fede, arte sacra e alchimia XI. Gesù primo 'alchimista' XII. A Siena l'unica immagine in un edificio sacro di Ermete Trismegisto XIII. La Stella a sei punte nell'arte sacra senese: tre esempi
87 90 92
XIV. La Stella a sei punte nell'arte sacra senese: le Storie del Nuovo Testamento XV. Un diagramma solare moderno Note alla parte seconda
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PARTE TERZA La Crociera esagonale
97 98 102
120 122 128 131 132 134 136
I. L'Esagono del Duomo di Siena II. La cupola, o "meta", del Duomo di Siena III. Perché l'Esagono? 1. I Senesi e il numero Sei IV. Perché l'Esagono 2. La Vergine e il 'Sesto giorno' V. Sant'Agostino e la perfezione del Sei VI. Il riposo di Dio nel Settimo giorno VII. Efficacia formale e sostanziale del Sei VIII. L'Esagono e la Stella a sei punte IX. L'Esagono e i Dodici Apostoli X. L'Esagono e i sei santi protettori XI. Il pulpito di Nicola Pisano XII. Perché l'Esagono? 3. Da Minerva alla Vergine Assunta XIII. La pedana della Maestà di Duccio XIV. La tipologia esagonale continua a riprodursi XV. Esagoni ornamentali XVI. La Porta del Cielo XVII. L'Esagono abbandonato XVIII. Una felice intuizione Note alla parte terza
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Bibliografia
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Nota
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Indice dei nomi, dei luoghi e delle cose notevoli
105 106 108 109 110 112 114 116 119
PARTE PRIMA IL QUADRATO MAGICO
1. Il SATOR' sul lato destro del Duomo di Siena
I IL SATOR' DI SIENA
e vi trovate a Siena, recatevi al Duomo. Cercate lungo il fianco Nord, il destro, quello che fronteggia la Curia Nuova: a due metri d'altezza, nei pressi della porta della canonica, indagando con impegno troverete, incastonata nel marmo, una piccola lapide di pietra calcarea, alta quindici centimetri e larga venti, con inciso il testo del cosiddetto SATOR', noto come il 'Quadrato magico' per antonomasia (fig. 1). I caratteri, pur non privi di una certa eleganza, sono male allineati e non meglio incolonnati, e i bordi sbreccati: tutti particolari che, insieme alla problematica comprensibilità del testo, conferiscono al SATOR' senese un'aura di sapienza remota e misteriosa, di fatto accrescendone il fascino anziché diminuirlo. La piccola lapide i fu messa lì nel 1730, o poco dopo, quando l'edificio a loggiato preesistente, che fungeva da cantiere, deposito e appartamento dell'operaio (cioè del responsabile dell'Opera del Duomo) (fig. 2) fu rimosso e il fianco della Cattedrale rivestito con materiali, marmi e pietre, provenienti in gran parte, non esclusivamente, da Monte Oliveto Maggiore. Poiché si tratta di un reperto antico di secoli, rimane il problema di dove si trovasse la lapide in precedenza. Che il Quadrato figurasse sin dall'inizio su altra parete esterna del Duomo sembra da escludersi, sia per le dimensioni ridottissime della superficie incisa, non consona alla vastità della fabbrica, sia per l'imprecisione della fattura. È più sensato pensare, come sede originaria, alla parete esterna di una modesta chiesa templare o suo annesso, tenendo conto del fatto che la Toscana è seconda in Italia, dopo la Puglia, per il numero di edifici legati all'Ordine del Tempio, che del resto non mancano né in Siena stessa, né nei dintorni, né nel vicino Grossetano, per non parlare di Firenze e di Pisa. In tale ambito non vi è miglior candidatura della pieve dei SS. Maria e Giovanni Battista a Ponte allo Spino, fondata tra l'XI e il XII secolo nella piana sotto Sovicille presso la Mansio templare ad Sextum ("al sesto miglio"), lungo la strada romana tra Populonia e Siena. Nel XII secolo la pieve appartiene direttamente al vescovo e al capitolo dei canonici del Duomo di Siena e, nonostante qualche oscillazione, il legame diretto non sembra essersi ancora attenuato agli inizi del XIV, allorquando, secondo le Rationes decimarum (1302-03), la pieve risulta ancora unita alla "mensa episcopale", vale a dire tuttora ordinata al sostentamento del vescovo e dei canonici.
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Il Sator e il Duomo di Siena
2. Agostino Marcucci, Processione in piazza del Duomo, 1619-26 (Siena, Ospedale di Santa Maria della Scala): è ben visibile sulla sinistra la casa-cantiere
Entro questi due estremi temporali, in particolare, se è lecito avanzare quest'ipotesi, a partire dall'entrata in scena di Nicola Pisano come architetto del Duomo (ved. infra), è da porsi il trasferimento della piccola lapide, con inciso il Quadrato, dalla pieve, o da qualche edificio della vicina Mansio, a una parete (esterna) del cantiere eretto sul fianco destro della Cattedrale e divenuto nel tempo, al piano superiore, come s'è detto, abitazione dell'operaio 2 . In ogni caso, gli interrogativi fondamentali restano: perché la lapide col SATOR fu trasferita su una parete del cantiere del Duomo? E perché, eliminato l'edificio del cantiere e perfezionata la copertura esterna del lato sinistro del Duomo, la lapide col SATOR fu giudicata meritevole di restare sul posto ed esservi murata? E, ancor prima e soprattutto, che cosa significa il testo contenuto nella lapide? 3
II IL LABIRINTO, ANTENATO DEL QUADRATO
Surge ai mortali per diverse foci la lucerna del mondo; ma da quella che quattro cerchi giugne con tre croci, con miglior corso e con migliore stella esce congiunta, e la mondana cera più a suo modo tempera e suggella. (Dante, Paradiso I 37-42)
i vera utilità, per una più agevole interpretazione del SATOR, può rivelarsi un'attenta analisi della forma e dei significati che troviamo operare in stupefacente sinergia nel suo più antico e nobile antenato. Immagini compiute del simbolo del Labirinto risalenti alla prima età del Bronzo si son trovate in graffiti rupestri della Galizia, della Cornovaglia e dell'Irlanda, lungo la rotta seguita dai micenei per procurarsi il piombo necessario alla fusione del bronzo. Ciò conferma che la fucina principale del diagramma, se non forse, addirittura, il suo centro di irradiamento, è da cercare nella Creta micenea e nella sua area di diffusione (Micene stessa, Pilo). Si parla al proposito di "Labirinto cretese", o di "Labirinto classico" 4. La sua forma originaria è appunto la più diffusa, quella a otto circonvoluzioni (fig. 3).
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3. Labirinto cretese a otto circonvoluzioni (diagramma di Lorenzo La Rocca)
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Il Sator e il Duomo di Siena 4. Sferetta celeste d'età tra repubblicana e imperiale, II-I secolo a. C. (Parigi, Galerie T. Kugel)
La figura si ispira ai movimenti compiuti dal Sole nel corso dei suoi spostamenti annui. A una prima sequenza di quattro circonvoluzioni (tratti 14) ne segue una seconda meno estesa, interna alla precedente, di altrettante (tratti 5-8). Questa conformazione introflessa serve a risolvere l'esigenza di porre l'inizio del percorso labirintico in quello che rappresenta il 'punto zero' d'ogni ciclo solare, quello in cui l'astro taglia la linea dell'Equatore (vedi infra e fig. 6). In antico si credeva, e si è continuato a credere per almeno tutto il medioevo, che il momento in cui il Sole, nel suo avanzare traversale sul piano dell'Eclittica, si sovrappone al piano dell'Equatore, accingendosi a salire a spirali crescenti verso il Tropico del Cancro, momento nel quale, dopo i freddi, cupi e spogli mesi invernali, all'intiepidirsi del clima la natura comincia come per magia ad animarsi, fiorendo e verdeggiando, che quel momento non solo fosse il più propizio dell'anno (la "dolce stagione" di Dante), ma che coincidesse senz'altro, commemorandolo, con quello iniziale in cui "l'Amor divino" creò il cosmo e "mosse di prima" "il Sole e le altre stelle" (cfr. Inferno I 39-40). I latini chiamavano nodus, "nodo" 5, quell'istante di passaggio da un emisfero all'altro, nel quale l'Equatore forma una perfetta croce col meridiano passante. In questa sferetta celeste (fig. 4), collocabile tra gli ultimi due secoli della Repubblica e il primo dell'Impero (Parigi, Collezione Kugel), è ben visibile il passaggio del "nodo" all'inizio dell'Ariete. Come pure è ben riconoscibile lo scenario circostante, con l'incisione marcata del Tropico del Cancro ai limiti settentrionali dell'Eclittica e del Tropico del Capricorno ai suoi limiti meridionali: questi, con l'Equatore, sono i tre cerchi che tagliati negli Equinozi dal quarto, cioè dal Meridiano passante, formano le solitamente fraintese "tre croci" di cui parla Dante in Paradiso I 396 Ma perché si parlava, e si parla tuttora, di "nodo"? Di certo il riferimento era ed è all'annodamento dell'Analemma solare. L'Analemma solare è la riproduzione traguardata su una determinata superficie (verticale, come una parete, o orizzontale, come a Siena dove spicca quello traccia-
Il Labirinto:antenato del Quadrato
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'Equinozio primaverile
1° febbraio ******* o **********
l° dicembre
10 gennaio Solstizio invernale
5. Analemma solare (diagramma di Lorenzo La Rocca)
to sul pavimento della sala grande dell'Accademia dei Fisiocritici) della posizione che il Sole occupa durante il suo ciclo annuo visto da un determinato luogo, giorno dopo giorno, alla medesima ora — che solitamente è l'ora del mezzogiorno. Nella realtà (fig. 5), l'Analemma ha una forma asimmetrica dovuta principalmente all'inclinazione dell'asse terrestre rispetto al piano dell'Eclittica. Gli antichi ne semplificavano di solito la figura in un diagramma "a 8" perfettamente simmetrico — come constateremo nel SATOR. Leggiamo dunque i movimenti presupposti dall'andamento delle 'mura' nella figura del Labirinto cretese (fig. 6). Le quattro circonvoluzioni esterne si riferiscono all'emisfero settentrionale, le successive quattro all'emisfero meridionale. Le prime tre si allontanano progressivamente dal nodo equinoziale (N) fino a toccare un virtuale Tropico del Cancro (a significare il Solstizio d'Estate), dopo di che, a partire dal mezzogiorno del segmento numero 3, la rotta si inverte e col tratto numero 4 scendiamo nuovamente verso la linea equatoriale (a significare l'Equinozio d'Autunno). Varcato il nodo (N) il percorso si ribalta riallontanandosi dalla linea equinoziale nei successivi segmenti 5, 6 e 7, fino a toccare un virtuale Tropico del Capricorno: a partire dal mezzogiorno del
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tropico del cancro
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solstizio d'estate
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6. Analisi del Labirinto a otto circonvoluzioni (diagramma di Lorenzo La Rocca)
numero 7 la rotta si inverte nuovamente e col segmento numero 8 il percorso ritorna verso la linea equatoriale: il segmento 8 rappresenta i tre mesi invernali (21 dicembre-21 marzo), al termine dei quali si varca nuovamente il nodo (oggi lo si chiama specificamente "punto y") e si ricomincia con la Primavera. Questo ottavo tratto del Labirinto (8 > N) indica dunque il periodo invernale, il periodo silenzioso, raccolto, quasi sotterraneo e oscuro ma fecondo, di gestazione (un vero e proprio "grembo"), in cui il Sole "morto il 21 dicembre" il terzo giorno "rinasce", si ricarica e prende via via forza, altezza e luminosità, facendosi capace alla fine di superare il nodo dell'Equinozio primaverile e, col prevalere del giorno sulla notte, della luce sull'ombra, marciare deciso verso la sommità del Solstizio estivo '.
BI OPPOSIZIONI SIMBOLICHE ELEMENTARI
n aspetto decisivo, in vista dell'interpretazione del SATOR verso cui stiamo andando, è quello, appariscente quanto dirimente, del metodo bustrofedico seguito dallo snodarsi di ciascuna circonvoluzione nella successiva: "bustrofedico" vuol dire, in greco, "a giro di bue": i buoi, trainando l'aratro, terminato il solco in una direzione girano e procedono in senso parallelo e contrario alla direzione precedente, per poi girare nello stesso modo a ogni limite raggiunto del campo da arare. Applicata ai movimenti del Sole, che col suo carro (così se lo raffiguravano) lascia tracce ("solchi") ben precise nelle distese celesti, la tecnica bustrofedica, normalmente rettilinea, subisce una inevitabile flessione o incurvatura: tutti i movimenti degli astri sono circolari, il cielo stesso è circolare, o meglio, dal nostro limitato punto di osservazione, ricurvo (i poeti latini parlavano di cava coeli, "cavità del cielo"). Il pensiero arcaico, come possiamo constatare nei poemi omerici, ama procedere per coppie oppositive (A vs B), incrociandole poi via via con ulteriori coppie oppositive e ottenendo in tal modo immagini, verbali o visive, di una certa, ma pur sempre decifrabile complessità: a tale metodo è legata l'efficacia del simbolo'. Abbiamo già visto come l'intero diagramma labirintico poggi sullo schema a croce della linea verticale del meridiano passante (Nord-Sud) con quella orizzontale dell'Equatore (Est-Ovest). Così, lo svilupparsi in circonvoluzioni alternate mira a riprodurre il susseguirsi dei percorsi semicircolari diurni (da Est a Ovest) e di quelli semicircolari notturni (da Ovest a Est) in una spazialmente 'economica' prospettiva di spirale schiacciata. Così facendo, l'immagine rievoca entrambi i movimenti apparenti del cielo, nel quale gli spostamenti in senso orario, sia diurni che notturni, degli astri convivono con quelli, più lenti, in senso antiorario del sole rispetto ai Segni zodiacali. Ma una terza coppia oppositiva si esprime nell'avvicendamento bustrofedico, aiutandoci a risolvere un dilemma che sorge spontaneo: che Labirinto può essere un Labirinto "unicursale", in cui cioè vi è un solo percorso obbligato sia in entrata eh, in uscita? Qui è indispensabile ricordare quanto raramente in antico le strade per andare da un posto all'altro fossero di agevole percorrenza: le distanze si misura, a no in ore e giorni di cammino per strade solitamente tortuose, o di navigazione, spesso pericolose, non certo in linea d'aria. Questo rafforzava l'opposizione simbolica
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tra l'andamento ricurvo, tortuoso del percorso labirintico, e perciò difficile, irto di ostacoli e disorientante, e il percorso rettilineo, perfetto sinonimo di percorso facile, assolutamente privo di ostacoli e trabocchetti 9. Infine, è ovvio che i percorsi del Sole devono essere sempre gli stessi, altrimenti l'universo si sfascerebbe: di qui l'idea di continuità ininterrotta, ma con un'ulteriore precisazione relativa al ritmico avvicinarsi e allontanarsi di tali percorsi dal nostro punto d'osservazione. L'opposizione tra gli spostamenti speculari prima nell'emisfero settentrionale poi, uguali e contrari, in quello meridionale si accompagna alla significazione, ottenuta anch'essa per via di opposizione semplice (il secondo all'interno del primo), della distanza: d'Estate il Sole compie sull'orizzonte un arco più vicino, più alto e più ampio che non in Inverno. Ma veniamo finalmente al SATOR e ai suoi possibili valori simbolici.
rv `ROTAS'
"C'è una pista che si snoda obliquamente, con una gran curva, e resta compresa entro tre sole zone, senza toccare né il Polo australe, né l'Orsa dalla parte di Aquilone. Passa di lì; vedrai chiaramente le tracce delle ruote" (Metamorfosi II 130-133)
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eglio impaginato che nella lapide senese e reso più perspicuo, il testo del Quadrato così appare (fig. 7).
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7. Il testo del SATOR' (diagramma di Lorenzo La Rocca)
Questa è però una rivisitazione del Quadrato originario dovuta al riuso che prese a farne il Cristianesimo, sedotto dal doppio `TENET' disposto a forma di croce che campeggia al centro del testo — ciò che avvenne non prima della seconda metà del IV secolo d.C. Il Quadrato magico è un indovinello utilizzato sin dall'inizio come talismano per edifici pubblici e privati — di qui la sua preponderante presenza su pareti esterne — e i rispettivi abitatori. Serviva in particolare a proteggere dagli incendi, ma anche per
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favorire le buone nascite e restituire la salute, del corpo (il morso di serpente) e della mente (impazzimenti, abbandoni amorosi), sia agli esseri umani, singoli o a gruppi (familiari, militari), sia, ad esempio, ai cavalli (sfrenati) 1°. Nella sua veste originaria il Quadrato era rovesciato e aveva questa forma (fig. 8).
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8. Il Quadrato nella sua redazione originaria (diagramma di Lorenzo La Rocca)
V L'INVENZIONE DEL QUADRATO
T l Quadrato fu così concepito, è da credere, tra il 66 e il 79 d.C.: dopo cioè che re d'Armenia, era venuto ad omaggiare pubblicamente Nerone, nella I grande scenografia dei Fori imperiali, col titolo di "Novello dio Mitra" ", e sicuramente prima che l'eruzione del Vesuvio sommergesse Pompei salvando (per quanto è venuto alla luce sinora) ben tre testimonianze archeologiche del Quadrato". Da allora e per almeno tre secoli i reperti concordano nel collegare la presenza del Quadrato, in particolare lungo tutti i confini dell'Impero, con gli insediamenti dell'esercito e con le iniziazioni mitraiche ivi praticate (nei Mitrei, ved. infra) per rinsaldare il legame dei soldati con i loro superiori.
VI IL QUADRATO ESIGE UNA LETTURA BUSTROFEDICA
om'è fatto il Quadrato? Esso consta di venticinque lettere, armonicamente ordinate cinque alla volta su cinque righe in altrettante parole che, a una lettura adeguata, risultano perfettamente latine. Si leggono, a prima vista e a prescindere dal senso, da sinistra a destra e dall'alto in basso, come pure, in modo del tutto speculare, dal basso in alto e da destra a sinistra (ma non in diagonale, come avviene invece nei quadrati numerici) 13. Se ci si interroga sul loro senso, le singole parole rivelano interessanti peculiarità. La prima ('ROTAS') e la quinta ed ultima ('SATOR') sono l'una l'inverso dell'altra, ma differiscono per significato e funzione grammaticale: `ROTAS' ("ruote") è accusativo plurale, SATOR' ("seminatore") è nominativo singolare. La quarta parola ('AREPO') è solo l'inverso della seconda ('OPERA', da intendersi come accusativo plurale: "opere") e di per sé non significa nulla 14. Il termine centrale (`TENET', "tiene", "mantiene il controllo di", "regge abilmente il timone [di qualche mezzo in movimento]"), è invece un perfetto palindromo (come ALA, ORO, EMME e simili), si legge cioè allo stesso modo e conserva il medesimo significato in entrambi i sensi. Come si legge dunque il Quadrato? Si legge tenendo conto della natura delle cinque parole che lo costituiscono e del loro significato. A partire dal soggetto dell'indovinello, SATOR: il termine sator, alla lettera "il piantatore", ricorreva comunemente nell'accezione di "il seminatore". Per seminare si applicava la stessa procedura già utilizzata per arare: seguendo un percorso di tipo bustrofedico. Perciò il Quadrato va letto in modo bustrofedico. A quanto già detto a proposito dei percorsi labirintici, occorre qui aggiungere una precisazione: la scrittura bustrofedica greca e latina cominciava sempre da sinistra, e siccome cominciando dall'alto, da ROTAS, non si otterrebbe alcun senso (ROTAS AREPO non significa nulla perché AREPO in sé, come s'è detto, non significa nulla), dobbiamo cominciare da SATOR, in basso ": "SATOR OPERA 1ENET". Oltre non si può andare per le stesse ragioni indicate prima: perché AREPO impedisce al senso di procedere. Allora, come continuare? TENET, come si è notato, è un palindromo, e questo fatto ci suggerisce e consente di continuare la lettura tornando indietro:
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Il Quadrato esige una lettura bustrofedica
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bustrofedica del SATOR' (diagramma di Lorenzo La Rocca)
9. Lettura
"TENET OPERA SATOR". Stessa frase della precedente, ma elegantemente rove-
sciata (fig. 9). L'insieme vorrà dire: "Il Seminatore esegue con padronanza e precisione (pensiamo, anche oggi, al nostro "tenere la strada") il compito affidatogli": OPERA è chiaramente un plurale iterativo, perciò possiamo sciogliere: "Il Seminatore esegue con padronanza, precisione e costanza (cioè più volte, ripetutamente) il compito affidatogli". La frase ribaltata dice la stessa cosa, ma precisando che il percorso del SATOR è questa volta specularmente opposto al precedente, individuando in tal modo di fatto due campi d'azione, contigui ma distinti, del SATOR, uno sotto e uno sopra, uno meridionale, possiamo dire, e uno settentrionale. La linea divisoria, o di confine, è costituita dal TENET orizzontale, entro il quale spicca come punto d'incontro dei due movimenti speculari la 'N' centrale (tra breve sapremo che cosa essa rappresenti). Ma in che cosa consiste l'azione svolta dal SATOR in questi due campi contigui e speculari (l'uno delimitato in basso da SATOR, l'altro delimitato in alto da ROTAS che è al tempo stesso SATOR rovesciato)? Rileggiamo il Quadrato, lasciando per ora da parte il termine da spiegare, OPERA, e quello che ne è il perfetto rovescio, l'ingombrante AREPO. Procedendo anche questa volta bustrofedicamente otteniamo: "SATOR TENET ROTAS" (fig. 10), che interpretiamo nel senso di: "Il Seminatore tiene con preci-
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10. Seconda lettura bustrofedica del `SATOR' (diagramma di Lorenzo La Rocca)
sione le ruote [del suo carro] dentro i solchi via via scavati dal suo passaggio". Ma cosa indica che il suo passaggio è ripetuto? Lo indica il fatto che questa seconda lettura del Quadrato non incontra intoppi di nessun genere, vale a dire che potrebbe e può continuare all'infinito: "SATOR TENET ROTAS TENET SATOR TENET ROTAS" ecc.
VII `SATOR' È IL SOLE
ra è tutto chiaro: il SATOR è il Sole, impegnato col suo carro nel suo continuo movimento celeste 16: la lettura ha disegnato una figura che è la riduzione simbolica, ormai a noi ben nota, dell'analemma solare (ved. sopra, cap. II). Ora, come s'è visto, il percorso del sole è ininterrotto, ma non spazialmente illimitato. Esso si svolge tra i due tropici. Torniamo a OPERA e al TENET verticale, di cui non abbiamo ancora tenuto conto: fin dove giunge annualmente il Sole (SATOR) avvicinandosi all'emisfero meridionale? Giunge alla 'T' di SATOR (che rappresenta il raggiungimento del Tropico del Capricorno), estremo Sud misurato, appunto, sul TENET verticale. La 'T' indica il suo `TERMINUS', lì avviene il Solstizio d'Inverno. Da quel momento il Sole non scende più, si gira (per cui si può dire che il "TERMINUS" in questo caso assume la denominazione specificamente astronomica di "TROPICUS") ' 7 e prende a salire, per arrivare alla 'T' di ROTAS (che rappresenta il raggiungimento del Tropico ["TROPICUS"] del Cancro), estremo Nord misurato egualmente sul TENET verticale: siamo al Solstizio d'Estate: uno spostamento verso l'alto (verso ROTAS, che è SATOR rovesciato) che nel Quadrato è suggerito, anzi si direbbe imposto da AREPO, che è OPERA rovesciato. Che si tratti del Sole in movimento tra questi due estremi è confermato dalla lettura dei due `ROTAS' verticali. Il SATOR disposto nella posizione del Solstizio d'Inverno torna indietro, cioè (colonna di destra) risale col suo carro (è questo, come s'è visto, il significato di ROTAS) raggiungendo prima l'Equatore, quindi la posizione del Solstizio d'Estate, di dove (continuando la lettura dalla direzione di provenienza) SATOR torna nuovamente indietro, scende cioè (colonna di sinistra) verso l'Equatore raggiungendo poi nuovamente la posizione del Solstizio d'Inverno (fig. 11). Tale doppio movimento è ribadito, pure circolarmente, all'interno del Quadrato dalle 'E' intermedie: il Sole "ERRAT" ("vaga", "si sposta"), ma nel passare da un emisfero all'altro gli avviene di superare 'N', cioè, come abbiamo visto analizzando l'immagine del Labirinto cretese, il "NODUS" che li separa e unisce. Nel nostro caso, non potendo rappresentare frontalmente e simultaneamente entrambi gli Equinozi, il centro della croce formata dai due TENET, cioè 'N', quale dei due vorrà indicare? Certamente l'Equinozio di Primavera, come già sappiamo dalla particolare morfologia del Labirinto (sopra, cap. H e immagine 4).
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11. Gli spostamenti del Sole-Sator tra i due Tropici (diagramma di Lorenzo La Rocca)
VIE I ROMANI E IL SOLE
Romani, nazione agricola per eccellenza, ebbero sin dall'inizio un rapporto particolare col Sole, un rapporto la cui sacralità era posta al servizio, giuridico e `catastale' al tempo stesso, della misurazione del terreno. Per i Romani, in questo in continuità con la cultura etrusca, il confine d'ogni estensione di terreno era segnato da una pietra, un cippo chiamato terminus proprio come il dio dei confini "Terminus", che li rendeva inviolabili: ogni sconfinamento o appropriazione indebita, se provati, venivano duramente puniti. Sullo sfondo di questa centralità del Sole nel mondo contadino, sia per quanto riguarda la fecondità dei campi che la loro tutela legale (o giuridico-sacrale), sta, notoriamente, l'attitudine di un popolo, quello romano, che ancora in età imperiale contadino fieramente si sentiva. Plinio il Vecchio ricorda che i Fratelli Arvali, cioè i "sacerdoti dei campi coltivati", "furono i primi creati da Romolo" ". Formavano un collegio di dodici membri, tanti quanti i mesi dell'anno, e la loro festa più nota erano gli Ambarvalia: una processione al tempo stesso purificatoria e incantatoria, mirante, come indica il nome stesso, a "circondare la terra dei campi" di una barriera invisibile quanto inviolabile contro le calamità naturali e contro i nemici di turno. Questo rito faceva riferimento, fuori città, al bosco sacro alla dea Dia, la dea della Luce [solare] che feconda la Natura, in particolare la Terra, più tardi identificata con Cerere, cioè con la Fertilità stessa della Natura e della Terra in particolare. Ancora in età imperiale i Romani esibivano e onoravano al circo le statue di "Seia" (da serere, "seminare") e di "Segesta" (da seges, "messe") 19. Quanto al saggio re Numa, successore di Romolo e autore del primo calendario romano, fu lui ad istituire già in quei tempi antichissimi la festa dei confini dei campi, i Terminalia, il 23 febbraio. Proprio in quella data, secondo Censorino (grammatico e antiquario del III secolo d.C.) sarebbero stati in seguito collocati, ad anni alterni, i giorni intercalari necessari a riequilibrare tra loro l'anno solare e quello lunare, altrimenti di diversa durata e difficili da sincronizzare".
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Ix SIMBOLOGIE LEGATE ALL'AGRIMENSURA
confini, così come il Cardo e il Decumanus (cioè le vie principali, ortogonalmente disposte) delle città e ancor prima degli accampamenti militari, venivano stabiliti dagli agrimensori mediante la `groma', un attrezzo che serviva a traguardare con precisione punti e linee del terreno regolandosi sul Sole e i suoi movimenti giornalieri mediante un meccanismo centrale a bracci solidali orientabili reggenti fili a piombo detto "ombelico del Sole" ('umbilicus Solis'). Utilizzando al meglio gli orientamenti e gli allineamenti traguardabili mediante questo strumento, gli agrimensori, nella fondazione di nuovi insediamenti militari (che a volte si sarebbero sviluppati in colonie e città vere e proprie), erano chiamati a scegliere, tenendo conto dell'orografia di ciascun specifico luogo (fiumi, vette montane), tra due tipi di coordinate fondamentali: quella riferita alla croce formata dagli assi orientati secondo i punti Cardinali (+), oppure quella che privilegiava i "quattro angoli della Terra", cioè i punti di levata e tramonto del Sole in occasione dei
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NORD
SOLSTIZIO D'ESTATE tramonto
OVEST
SOLSTIZIO D'ESTATE levata
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EST
SOLSTIZIO D'INVERNO tramonto
SOLSTIZIO D'INVERNO levata
SUD
12. La Stella solare a otto bracci (una meridiana simbolica) (diagramma di Lorenzo La Rocca)
Simbologie legate all'agrimensura
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due Solstizi, collegati tra loro da una croce decussata, ovvero "distesa" (X) al cui centro spiccava il mezzogiorno dei due Equinozi. Il diagramma complessivo delle due operazioni era rappresentato da una Stella solare a otto bracci (fig. 12). È ben evidente che il Quadrato contiene, tra le altre cose, anche questa Stella a otto bracci: del doppio TENET a croce sappiamo già tutto, è sufficiente unire 'S' ad 'S' ed `R' ad 'R.' delle due parole speculari che aprono e chiudono il testo (ROTAS e SATOR) ed ecco la nostra croce decussata, imperniata sulla medesima 'N' centrale (fig. 13).
13. La Stella solare a otto bracci nel Quadrato (diagramma di Lorenzo La Rocca)
Data l'ovvia connessione del Sole col fuoco, cioè col calore necessario alla cottura dei mattoni, non sorprende di imbattersi talvolta in simbologie 'a stella' con funzione di contrassegni con prerogative apotropaiche (contro gli incendi) nell'edilizia di Roma antica: una sorta di cautela 'omeopatica'. Sembra comunque che negli insediamenti militari permanenti prevalesse una versione a sei bracci, la cui forma intendeva ribadire la presenza del potere di Roma (fig. 14). Riducendo infatti il riferimento all'asse decumano 'equatoriale' (E-O, linea tratteggiata) al solo punto di intersezione centrale, presso cui sarebbe sorta la tenda o casa pretoria, si esaltava con ciò stesso l'asse 'meridiano' del cardo, simboleggiante appunto il "cardine" (N-S) attorno a cui il Sole girando raggiungeva il suo punto massimo quotidiano di altezza sull'orizzonte (azimut). In sostanza, nel tempo que-
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Il Sator e il Duomo di Siena
SOLSTIZIO D'ESTATE tramonto
SOLSTIZIO D'ESTATE levala
OVEST
EST
SOLSTIZIO D'INVERNO tramonto
SOLSTIZIO D'INVERNO levata
SUD
14. La Stella a sei bracci nell'edilizia militare romana (diagramma di Lorenzo La Rocca)
sta Stella solare a sei bracci era assurta a simbolo del potere romano, della concreta presenza militare di Roma, quasi raggiungendo la dignità di un'aquila legionaria. 11 processo giunse ad effettivo compimento, come vedremo più avanti 21, con Costantino, allorquando questi decise di ritoccarne la struttura facendone il ben noto Chrismon. Un'interessante testimonianza archeologica dell'inizio del II secolo d.C., giuntaci dai confini dell'Impero, ci presenta proprio il testo del Quadrato inserito in una Stella a sei bracci.
X IL MATTONE DI AQU1NCUM
n mattone ritrovato nel 1954 negli scavi al Palazzo del Governatore ad Aquincum, nella periferia dell'odierna Budapest, e databile al 107-108 d.C., presenta incisa una Croce a sei bracci che a sua volta contiene il testo del Quadrato preceduto dalle lettere "TA", mentre di altra mano appare la soprascritta "Roma tibi sub" (fig. 15).
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15. Riproduzione del mattone di Aquincum (da Rino Camilleri, Il quadrato magico, Milano, Bur, 1999-2012, p. 81)
Anche qui, come nel caso del graffito di Pompei 22, abbiamo a che fare con una commistione di greco e di latino: il termine greco "TA" è un articolo neutro plurale riferito alle "parole" o "lettere" che compongono il Quadrato. L'aggiunta "Roma tibi sub" potrebbe esprimere il pensiero che Roma è (e sarà) sempre, vittoriosa a condizione che i suoi soldati si rafforzino legandosi l'un l'altro "sotto ('sub': con l'accusativo) l'egida del ROTAS-SATOR", cioè, come presto vedremo, mediante l'iniziazione ai misteri mitraici.
XI IL CALCO DELLA PIE IRA DI STENAY
a, ancor prima di toccare questo punto decisivo dei riferimenti mitraici, va segnalato il fatto che è proprio in relazione a questa iconografia solare "a sei-otto bracci" che nei secoli e nei millenni si è conservata, sia pure in modo pressoché sotterraneo ed esclusivo, la nozione della "solarità" del Quadrato. Nell'anno 1873 fu rinvenuta, nell'antico priorato di Saint Dagobert (IX secolo), a qualche decina di chilometri da Carcassonne (la città attraversata dal medesimo Meridiano "regale" di Parigi), una pietra incisa, o piuttosto incavata, con lettere e simboli concernenti il SATOR. La pietra, riutilizzata per le fondazioni della Chiesa, fu fatta distruggere in un empito d'ira dal Kronprinz imperiale Guglielmo di Prussia durante la sua residenza (1914-1918) nel castello — ribattezzato per la circostanza "Unter den Linden" — di Stenay, giustificando l'atto vandalico con un "Sono io il Maestro della Croce" che gli rimarrà cucito addosso per l'eternità. Ne aveva fortunatamente fatto fare un calco (con lettere e simboli in rilievo) qualche anno prima lo scopritore della pietra, tal "M. Rivart": ritrovato nel 1980, servì da modello per una ricostruzione dello scultore Gino Frua, oggi conservata nel museo di Stenay, nella sala dedicata al "Cercle Saint Dagobert II" (fig. 16). Da sinistra a destra: incolonnate, alcune lettere contenute dal SATOR (`SRNPR'); l'immagine di un glifo a forma di cuneo che rivela la disposizione di tali lettere all'interno del Quadrato; in alto a destra, proprio sopra la punta del cuneo, una croce greca 23. È evidente che i tre elementi fungono da suggerimenti da completare e inserire nella griglia del Quadrato. Il cuneo va sovrapposto al testo del SATOR nell'ordine suggerito dalle lettere incolonnate sulla sinistra (SRNPR) e poi integrato in senso speculare, questa volta da destra in basso e secondo il medesimo ordine (SRNPR): in tal modo (congiun16. Calco della Pietra di Stenay gendo, come abbiamo già visto 24, "S" a
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Il calco della Pietra di Stenay
SATOR
17. Completamento delle indicazioni della Pietra di Stenay
"S" ed "R" a "R"), non solo si ribadisce la specularità che governa il Quadrato, ma si E PO AR ottiene nel contempo uno schema "a X" che, degli orologi solaT E N E T rifacendosi all'esperienza ri, ancor oggi viene utilizzato per indicare gli estremi (mattutini e serali) dei due Tropici E RA OP nonché, tra i due, il passaggio equatoriale dei due opposti Equinozi. ROTAS L'aggiunta della piccola Croce greca, da prolungare e sovrapporre agli altri due bracci vuole certamente sottolineare la cristianità del testo e perciò ribadire l'importanza del punto cruciale, rappresentato dalla 'N', in riferimento a Cristo e al suo intervento della storia del mondo (fig. 17). Alla fine, otteniamo una Stella solare a otto bracci: Stella che all'epoca in cui fu preso il calco della Pietra di Stenay da parecchi secoli era diventata, già almeno dalla famosa Vetrata della Passione, duecentesca, nella Cattedrale di Chartres, lo sfondo luminoso preferito di molte riproduzioni dei sacri raggi emananti dal Cristo nella Trasfigurazione sul Monte Tabor (fig. 18).
18. Trasfigurazione sul Monte Tabor, XII secolo (Chartres, Cattedrale, Vetrata della Passione)
XII UNA STELLA A SEI PUNTE
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a se è vero che la trasmissione di questa interpretazione "solare" del Quadrato nell'ambito di plurisecolari, se non millenari, circoli iniziatici (d'oltr'Alpe, e forse non solo), legati all'idea della "regalità" divina — che si rispecchia a sua volta nella (anch'essa sacra) "regalità" terrena —, rafforza l'attendibilità dell'analisi che stiamo conducendo, è altrettanto vero ch'essa non ne esaurisce i significati, rischia anzi di metterli in ombra: giacché finisce per nascondere i tratti simbolici più marcati, significativi e originari del testo, non a caso quelli direttamente connessi con il Mitraismo e che il Cristianesimo farà suoi. Per questo, è necessario riprendere il filo della complessa disposizione di lettere e parole che formano il Quadrato, del loro significato (o non-significato), della loro leggibilità orizzontale ma anche verticale, da sinistra a destra e da destra a sinistra. Su questo piano appare evidente che l'attenzione del lettore deve a questo punto concentrarsi su 'OPERA' e sul suo opposto e un po' inquietante `AREPO' (fig. 19).
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19. La Stella a sei punte nel Quadrato (diagramma di Lorenzo La Rocca)
Una Stella a sei punte
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Il primo ('OPERA') avrà a che fare con l'attività" (gli "spostamenti") del Sole verso SATOR', cioè verso il Basso, verso il Tropico del Capricorno, in particolare verso l'azimut meridiano del Solstizio invernale costituito dalla 'T' in basso del `TENET' verticale, mentre il secondo ('AREPO' = 'OPERA' rovesciato) avrà a che fare con l'attività" (gli "spostamenti") del Sole verso `ROTAS' (= SATOR' rovesciato), cioè verso l'Alto, verso il Tropico del Cancro, in particolare verso l'azimut meridiano del Solstizio estivo costituito dalla 'T' in alto del `TENET' verticale: ne risulta una sovrapposizione di Triangoli organizzati nella figura di una Stella a sei punte. In tale contesto, la Stella a sei punte fa emergere l'immagine del Sole al centro degli altri sei astri erranti, ovvero (in greco) "pianeti" (fig. 20).
20. Il Sole in mezzo ai restanti astri erranti nel Quadrato (diagramma di Lorenzo La Rocca)
La centralità del Sole coniugava l'idea astronomica e astrologica della centralità materiale dell'astro più luminoso all'interno della scala planetaria cosiddetta "caldea" (misurata sulla distanza presunta dalla Terra, creduta al centro dell'universo, vale a dire: Luna — Mercurio — Venere — SOLE — Marte — Giove — Satumo) 25, all'idea specificamente religiosa della centralità sacrale del dio solare Mitra nel controllo delle energie cosmiche 26 . Nell'insieme e in ogni tempo (in India, in Cina, poi nella Fenicia del I millennio a.C., un po' dovunque in Asia Minore e Africa, quindi in Europa) l'immagine della Stella a sei punte sembra voler esprimere una simbologia di grande forza ed efficacia in relazione alle tematiche legate al momento decisivo dell'incontro, del contat-
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Il Sator e il Duomo di Siena
to, tra Alto e Basso: incrociandosi, i due Triangoli definiscono un'area condivisa di forma esagonale, un particolare di peso, come vedremo, anche nella storia del Quadrato e della sua fortuna, prima mitraica", poi cristiana 28 (fig. 21).
21. L'Esagono al centro della Stella a sei punte (diagramma di Lorenzo La Rocca)
xln UNA STELLA A DODICI PUNTE
a il nostro compito di lettori-esegeti del Quadrato non è finito. Ci accorgiamo infatti che un'ultima possibilità ci resta e impone in misura assai cogente: quella di ripetere l'operazione appena compiuta anche per OPERA > SATOR e, in senso opposto, AREPO > ROTAS verticali. Otteniamo in tal modo una seconda Stella a sei punte, speculare e alternativa, che, sommata alla prima, configura l'immagine di una Stella a dodici punte, che il contesto impone di interpretare come espressione della Ruota zodiacale nella quale si sposta il Sole nel corso dell'anno a partire dall'Equinozio di Primavera (fig. 22).
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o (p rrb
vs 22. La Stella a dodici punte nel Quadrato (diagramma di Lorenzo La Rocca)
XIV PIANETI E SEGNI ZODIACALI NEI MITREI
on questo, abbiamo forse esaurito le possibilità di lettura del Quadrato coi rispettivi diagrammi. Esso ha per soggetto e protagonista il Sole, colto nel momento dell'Equinozio di Primavera, all'inizio cioè del suo ciclo annuale di spostamenti al centro delle orbite (a loro volta contenute entro le rispettive sfere) degli altri sei pianeti, lungo e all'interno della fascia zodiacale, la cui costellazione di riferimento continua a essere quella dell'Ariete. I Mitrei romani presentavano una struttura simbolica simile a quella descritta dal neoplatonico Porfirio nella seconda metà del II secolo d.C. in riferimento agli antri dedicati al culto di Mitra dai Persiani sin dai tempi antichissimi del loro rifondatore religioso, Zoroastro. 23. Il Mitreo delle Sette sfere (Ostia) (da R. Merkelbach, Scrive infatti l'allievo di Plotino: "I Mitra, Genova, ECIG, 1988, p. 358) Persiani danno nome di antro al luogo in cui durante i riti introducono l'iniziato al mistero della discesa delle anime sulla Terra e della loro risalita da qui. Eubulo [I secolo a.C.-I secolo d.C.] testimonia che fu Zoroastro il primo a consacrare a Mitra, padre e artefice di tutte le cose, un antro naturale situato nei vicini monti della Persia, ricco di fiori e fonti: l'antro per lui recava l'immagine del Cosmo di cui Mitra è demiurgo, e le cose situate nell'antro a intervalli calcolati erano i simboli degli elementi cosmici e delle regioni del Cielo" ".
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Pianeti e Segni zodiacali nei Mitrei
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Anche nei Mitrei romani ritroviamo, opportunamente distribuiti secondo la successione e il significato dei vari gradi iniziatici, sia i simboli dei Pianeti sia quelli dei Segni zodiacali (basti qui l'esempio del Mitreo detto "delle Sette sfere" di Ostia) (fig. 23). Sempre nei Mitrei romani, al centro del pannello situato al termine del percorso iniziatico (un arredo sacro che tornerà coi cristiani come pala d'altare), si rievocava il sacrificio del Toro da parte del dio del Sole, Mitra, nell'Equinozio di Primavera (esemplare quella del Mitreo di Londra) (fig. 24).
24. Pala a bassorilievo del Mitreo di Londra (da R. Merkelbach, Mitra cit., p. 398)
Qui la croce calendariale vede il passaggio dai Gemelli al Cancro in alto (Nord, Solstizio estivo) e quello dal Sagittario al Capricorno in basso (Sud, Solstizio invernale), mentre il passaggio dall'Acquario all'Ariete sta a destra (Est, Equinozio di Primavera) e quello dalla Vergine alla Bilancia a sinistra (Ovest, Equinozio d'Autunno). La data del Sacrificio del Toro posto all'interno della Ruota zodiacale da parte del dio Mitra è definita, a sinistra, dalla figura di Lucifero (corrispondente
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Il Sator e il Duomo di Siena
al sesto grado iniziatico: ved. infra) con la fiaccola orientata verso l'alto e, a destra, da quella di Espero (corrispondente al quinto grado iniziatico) con la fiaccola orientata verso il basso. Come dimostrano all'esterno della Ruota zodiacale il Sole col suo carro che in alto a sinistra sale e la Luna che in alto a destra scende, siamo nell'attimo in cui la durata del giorno e della notte si equivalgono per poi subito dopo invertire la loro preminenza a vantaggio dell'ascendente Sole sulla discendente Luna: siamo al primo grado dell'Ariete, nell'Equinozio di Primavera. Ma è venuto il momento di dire qualcosa sulle iniziazioni mitraiche dell'esercito romano.
XV INIZIAZIONI MITRAICHE
"Mitra, il Creatore e Padre del Tutto" "Mitra, dio venerando, inafferrabile, invitto"
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adattamento romano dei riti mitraici persiani fu piuttosto drastico. Come riferisce Origene nel Contro Celso (VI 22), le Sette porte della Scala planetaria iranica, connettendo a ciascuna un Pianeta e un Metallo (secondo la tradizione antichissima degli Ziqurrat mesopotamici), poneva al primo e più basso gradino SATURNO e il Piombo, al secondo VENERE e lo Stagno, al terzo GIOVE e il Ferro, al quarto MERCURIO e il metallo di questo nome, al quinto MARTE e il Rame, al sesto la LUNA e l'Argento, al settimo e sommo il SOLE e l'Oro: una scala basata sulla sequenza `caldea' selezionata secondo intervalli di quarta — così da formare una sorta di "settimana rovesciata" ". Al contrario, la sequenza delle Sette porte del Mitraismo romano scombina ogni principio ordinatore in favore di una logica molto particolare e specifica, legata alla storia di Roma (col riferimento a SATURNO, il dio dell'età dell'Oro dell'antichissimo Lazio, al livello più alto anziché al più basso), legata anche alla simbologia di ciascun grado militare e permeata di una spiritualità, propria dell'epoca, riccamente sincretistica (come si può constatare nel mosaico pavimentale di un altro Mitre° di Ostia, quello intestato a Felicissimo) (fig. 25). 25. Mitreo di Felicissimo (Ostia) (da R. Merkelbach, Mitra cit., p. 361)
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Il Sator e il Duomo di Siena
Secondo tale impostazione, la sequenza iniziatica era in sostanza la seguente (partendo dal basso, cioè dal I grado): I grado CORAX ("Corvo"): protetto da MERCURIO (vedi Caduceo) e dotato di ali, svolge compiti di movimento, materiale e spirituale (serve gli altri nel Banchetto sacro, funge da araldo, è in grado di volare); II grado NYMPHUS ("Bruco/Crisalide", "Larva [maschile]" ): protetto da VENERE (vedi Cinto gemmato), è capace del mutamento di grado, la sua anima, avvinta da un crescente amore (per Mitra e per la causa di Roma), vola più in alto; tra i suoi simboli, il Serpente, che cambia pelle, e la Lampada (dal semibuio del grado precedente alla prima luce, pur tremolante); III grado MILES ("Soldato"): protetto da MARTE (vedi Elmo e Lancia), gli si riconosce valore e fedeltà; tra i suoi simboli, il Berretto frigio (di cui egli si accontenta, rifiutando la Corona del Vincitore che nel corso della cerimonia di iniziazione gli viene offerta per metterlo alla prova, riconoscendo che essa è prerogativa esclusiva del dio Mitra), e il battagliero Scorpione. Col Miles l'iniziato "nasce" veramente, ponendosi sulla scia di Mitra, il "nato" dalle Rocce o dall'Albero (la Luce nel Mitreo si fa più forte); IV grado LEO ("Leone"): protetto da GIOVE, l'annientatore dei Giganti ribelli (Fuoco, Fulmine), conclude la serie dei quattro gradi minori col riconoscimento di prode e focoso combattente di prima fila (era generalmente il grado massimo a cui poteva accedere la maggioranza dei soldati); tra i simboli del grado anche il Cane, allusione ai giorni infuocati della Canicola; V grado PERSES ("Persiano"): protetto dalla LUNA (la Falce, ma anche l'Arco, con cui Mitra colpisce il Cielo di pietra e ne fa scaturire la Pioggia), ha a che fare con la fecondità dell'Acqua, con Espero e la Notte (egli appare nelle vesti di Pastore persiano con la Fiaccola abbassata, cioè come Cautopates, ovvero Espero), nonché coi sei mesi in cui la Notte è più lunga del Giorno; gran Cacciatore, ha doti di fidatissimo ufficiale, è pronto per salire sul carro del Sole; tra i simboli del grado, la spada persiana (Acinace, qui col fodero da agganciare al fianco); VI grado HELIODROMUS ("Eliodromo", "[capace] di volare e muoversi in cielo come il Sole"): protetto dal SOLE (Corona a raggiera), ne ha le prerogative di Luminosità, ha a che fare con Lucifero (Cautes, la Fiaccola sollevata verso l'alto) e col corso diurno del Sole, nonché con i sei mesi in cui il Giorno è più lungo della Notte; tra i simboli del grado la Frusta (per sollecitare i Cavalli del suo Carro); VII grado PATER ("Padre"): protetto da SATURNO (Falce del dio), rappresenta in sostanza il Persiano che, fattosi Eliodromo, è riuscito a raggiungere il grado maggiore, magico (la Coppa e lo Scettro) e sacerdotale (il berretto rituale persiano) del-
Iniziazioni mitraiche
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l'agricolo Signore del Tempo (Kronos-Chronos), cioè del dio del Sole Mitra in quanto "Padre di tutte le cose" 31; altri simboli legati al grado sono la Spiga e il Sangue del Toro (i nutrimenti-base dell'uomo, rappresentati nel Banchetto finale, o Agape, dal Pane e dal Vino). Per completezza, osserviamo che nel mosaico del Mitreo di Felicissimo, che qui abbiamo preso a modello, è visibile anche un successivo ottavo grado nel quale la dedica del committente è accompagnata da un Cratere circondato da rami. Non deve inoltre sfuggire che il buio sotterraneo del Mitreo serviva a una suggestiva sequenza di giochi di luce (fuochi diretti sugli altari, ma anche dentro gli altari, a disegnare in trasparenza le silhouettes dei simboli caratteristici del singolo grado), che andavano in crescendo dall'incerto lumicino del rito del grado del Corvo alle pirotecnie degli ultimi tre (Luna, Sole, Pater). Nel medioevo le ascese dell'Anima nei Cieli dell'Aldilà, in sinergia con le teorie dello Pseudo-Dionigi, svilupperanno il motivo della Luce crescente sino all'esito sublime e insuperato del Paradiso dantesco.
XVI PALA E ALTARE DEL MITREO DI NIDA
ornando al Quadrato magico, possiamo dire che il diagramma solare che esso contiene costituisce una sintesi perfetta dei contenuti astronomici dei riti mitraici adottati dall'esercito romano e delle loro simbologie. Ne riceviamo piena, ulteriore conferma da una visita al Museo Civico di Wiesbaden, dove è conservata una delle tante rappresentazioni a bassorilievo del Sacrificio primaverile del Toro, di quelle che nei Mitrei, sulla parete di fondo, concludevano in posizione rialzata il percorso iniziatico, mentre il sottostante altare, di forma, al contrario, insolita, favorisce un'opportunità assai interessante di riflessione (fig. 26). Pala e altare provengono da uno dei cinque Mitrei di Nida, centro militare e amministrativo romano in Renania ('Civitas Taunensium', sul confine dell'Impero, II-III secolo d.C.), la cui superficie era destinata a far parte dell'odierna Francoforte sul Meno. Nel bassorilievo della Pala spiccano i simboli degli attributi acquisiti grado per grado dagli iniziati, disposti in modo da far corona al gesto decisivo del sacrificio: il Corvo sul manto di MITRA che si gonfia a imitazione della volta celeste (I grado: richiamo al dio planetario MERCURIO); sotto al Toro il Serpente (II grado: richiamo a VENERE), lo Scorpione che raccoglie nel Cratere il Sangue datore di vita del Toro (III grado: richiamo a MARTE), il Leone e il Cane (IV grado: richiamo a GIOVE); nella parte sinistra Espero-Cautopates con la Fiaccola girata verso il basso (la notte, la LUNA: V grado), nella parte destra Lucifero-Cautes con la Fiaccola sollevata verso l'alto (il giorno, il SOLE: VI grado); infine, la coda del Toro che si trasforma in Spiga (SATURNO e il raccolto: VII grado). Il cappello frigio del dio-sacerdote è puntato sul Segno della Bilancia posto al centro dell'ARCO ZODIACALE, ad indicare, sei mesi prima, la sua nascita nell'Equinozio autunnale, puntualmente confermata, nella striscia orizzontale superiore, dal racconto dell'itinerario iniziatico che va dalla Nascita dall'Albero, alla Cattura del Toro, all'Incoronazione dell'Eliodromo da parte del Pater, sino alla Stretta di mano finale (syndeixis, "scambio delle destre") che sancisce il Patto. Altri particolari sono riconoscibili nei piccoli campi triangolari agli angoli dell'Arco zodiacale: vediamo, a sinistra, Mitra che scaglia la freccia contro il Cielo provocan-
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Pala e altare del Mitreo di Nida
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26. Recto della pala e altare del Mitre° di Nida (da R. Merkelbach, Mitra cit., p. 416)
do la pioggia, a destra un pastore inginocchiato che tende la mano, raccoglie la pioggia e beve (attività legata al V grado). Al di sopra della cornice, tra i medaglioni dei venti di Nord-Ovest e di NordEst (che si incrociano in basso, rispettivamente, con quelli di Sud-Est e Sud-Ovest), il Persiano (III grado) sale sul Carro del Sole in procinto di sorgere (passaggio dal V al VI grado), mentre il Carro della Luna simultaneamente tramonta: ciò che
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Il Sator e il Duomo di Siena
27. Verso della pala del Mitreo di Nida (da R. Merkelbach, Mitra cit., p. 419)
avviene, come sappiamo 32, in occasione degli Equinozi (in questo caso di quello di Primavera). Nella striscia laterale sinistra, infine, sopra: Giove combatte contro i Giganti (IV grado); sotto: Saturno ha in sogno la premonizione della nascita di Mitra (antefatto del racconto rituale). Nella striscia laterale destra, sopra: Mitra che nasce dalla roccia III grado); sotto: forse un pastore che accende un fuoco (V grado). La Pala di Nida rientra anche nel novero, meno frequente, di quelle "a quinta girevole" (fig. 27). Grazie a un perno, secondo una tecnica derivante dalla pratica teatrale greca", durante l'Agape finale veniva mostrata agli iniziati, all'interno della cornice fissa, la parte posteriore della pala. Al di là della mole giacente del Toro sacrificato, Mitra (col berretto frigio) riceve da Eliodromo (che si è tolto la Raggiera solare, visibile al centro sopra una spada assieme a un berretto sacerdotale frigio: sintesi dei tre gradi
Pala e altare del Mitreo di Nida
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maggiori) un Grappolo d'uva (il Vino rituale, a cui si riferisce il Calice-corno che il dio stesso tiene nella destra). A sinistra e a destra della coppia centrale due servi in vesti persiane recano pagnotte su di un vassoio: il Pane dell'Agape da aggiungersi al Vino, Pane e Vino essendo, come s'è detto, sin dalla descrizione omerica dello scudo di Achille (Iliade XVIII), espressione dei due cibi fondamentali per il genere umano. Sopra l'arco che delimita la scena centrale, scene di caccia (Mitra con quattro bracchi; un cinghiale, un ariete lanuto e un toro fanno pensare al sacrificio tipicamente romano dei Su-ove-taurilia). Tornando infine alla prima immagine (fig. 26), la foto scattata al Museo di Wiesbaden lascia intravvedere, sotto la Pala di partenza, la parte superiore di un altare esagonale. Oltre alla dedica latina `D[EO] I[NVICTO] M[ITHRAE] / M[ARCVS] TER[ENTIVS] / SENE / [CIO] / P[ECVNIA] S[VA] P[OSVIT]' ("Al dio invitto Mitra, Marco Terenzio Senecione a proprie spese pose"), anche il resto è assai eloquente (si noti come la disposizione museale ravvicinata intenda sottolinearne la continuità con l'immagine soprastante di Mitra che sacrifica il Toro): al centro dell'altare sta l'incavo per la raccolta del sangue, essendo per eccellenza il centro (il centro di una virtuale Stella a sei punte) il luogo del Sacrificio, del contatto tra sensibile e sovrasensibile, tra energie inferiori e superiori. La foggia esagonale sottintende il riferimento agli altri sei pianeti e la doppia stella scolpita appena sotto il bordo in ciascuno dei sei lati implica un riferimento ai dodici Segni dello Zodiaco. La doppia pala e l'altare del Mitreo di Nida contengono tutti gli elementi narrativi fondamentali del mito presupposto dal rito, e tutti gli elementi di astronomia simbolica del nostro Quadrato magico: percorso annuo del Sole, Equinozio di Primavera (identificato dal Sacrificio del Toro), Stella a sei punte con riferimento al sacrificio della parte esagonale, Stella a dodici punte come riferimento al divino scorrere del tempo annuale da parte della Ruota zodiacale.
NOIE ALLA PARTE PRIMA 1. Il rivestimento marmoreo del paramento murario esterno prospiciente l'attuale palazzo vescovile risale senza dubbio alcuno agli anni Trenta del XVIII secolo: A. Giorgi, S. Moscadelli, Costruire una Cattedrale. L'Opera di Santa Maria di Siena tra XII e XIV secolo, in Die Kirchen von Siena, Beiheft 3, Miinchen, Deutscher Kunstverlag, Beiheft 3, 2005, p. 22, n. 34. 2. Gli stretti legami tra la pieve e la curia sono confermati, tra l'altro, sia dai documentati contatti della pieve con la badia di Torri, i cui canonici erano affiliati a loro volta a quelli della Cattedrale senese, sia dalla provenienza dalla pieve di quattro rilievi con episodi dell'Infanzia di Gesù di un seguace senese di Nicola Pisano (forse in origine parti di un pulpito) passati nel Seicento nella cappella di Sant'Ansano (che fungeva allora da deposito del Duomo), poi al Museo dell'Opera del Duomo (G. Tigler, Toscana romanica, Milano, Jaca Book, 2006, p. 325). L'ipotesi "Ponte allo Spino" fu ragionevolmente avanzata una prima volta, per quanto so, da Anna Giacomini, SATOR. Codice templare, Latina, Penne e Papiri, 2004, p. 21 ss. Una conferma dell'avvenuta trasmigrazione della lapide su qualche parete esterna dell'edificio del cantiere del Duomo ben prima del XVIII secolo potrebbe ricavarsi da una testimonianza segnalatami per lettera da Giuliano Catoni. Nel XVI secolo era di gran moda a Siena un gioco d'azzardo in cui ciascun partecipante si registrava col proprio nome e con un motto di riconoscimento nel caso una sua polizza venisse sorteggiata nel corso della pubblica estrazione. In uno dei due "libri della ventura" conservati nell'Archivio di Stato di Siena, Particolari famiglie forestiere 6 (1568), figura tal Agnolo di Iacopo Pasquali che si identifica proprio grazie al motto "Sator arepo tenet opera rotas". 3. Sulla storia del Quadrato e delle sue interpretazioni la discussione più abbordabile, pur nell'incessante proliferare delle proposte, è ancora R. Camilleri, Il Quadrato magico. Un mistero che dura da duemila anni, Milano, Rizzoli, 1999 (con varie successive ristampe = BUR 2012). La teoria dell'origine esclusivamente cristiana del `SATOR' che sorregge (sin dalla presentazione di Messori) ed orienta l'intero libro è affascinante, ma per nulla convincente: si dovrà pensare invece, come vedremo, a un'invenzione nata e adottata nell'ambito delle iniziazioni mitraiche dell'esercito romano imperiale, solo in un secondo tempo passata, in nuova e fortunata lettura, al Cristianesimo. Di fatto, nessuno dei tentativi sin qui pubblicati a partire da metà Ottocento, quando ebbe inizio su giornali e riviste la querelle ufficiale sul significato del Quadrato, sembra aver fatto realmente chiarezza su struttura e senso dell'antico indovinello. 4. H. Kern, Labyrinthe. Erscheinungsformen und Deutungen 5000 Jahre Gegenwart eines Urbildes, 1981 (trad. it. Labirinti, Milano, Feltrinelli, 1981). 5. Termine già ben noto a Manilio, Astronomica III 622 (I secolo d.C.). 6. G. Chiarini, Quattro cerchi, tre croci. Tempi e silenzi della Divina Commedia (9 settembre 2012: prolusione all'anno dantesco), Ravenna, Longo, ("Letture classensi", 41), pp. 89-106. 7. La peculiare morfologia di questa minima insenatura, o rientro, centrale ben s'attaglia — meglio di qualsiasi altra — all'etimologia del termine "Labirinto" finalmente chiaritaci, qualche anno fa, da Francesco Aspesi, nel raffinato e convincente saggio Archeonimi del Labirinto e della Ninfa, Roma, L'Erma di Bretschneider, 2011. Secondo Aspesi, il termine miceneo cretese `daburinthos', da cui il termine greco `labyrinthos', è connesso col miceneo `dubure' ("grotta cultuale"), formato anch'esso dalla radice "da/bue, dalla quale, ad esempio, l'ebraico ha preso due termini: 'debie, che indica il sancta sanctorum (o parte più interna e sacra) del tempio di Gerusalemme, e 'tabbue, che significa "ombelico", "centro cosmico". Labirinto significa dunque originariamente, in sostanza, "luogo sacro, centrale e nascosto, inaccessibile, del culto": dalla grotta neolitica allo spazio centrale piccolo e raccolto di alcuni templi o palazzi, quale ad esempio il bacino lustrale posto nella sala del Trono nel palazzo di Cnosso (ivi, pp. 29-31). 8. Ben studiato per le origini del pensiero greco in ambito filosofico, questo metodo è sotteso anche al "narrare bello e ordinato" (katà cósmon) dei poemi omerici: cfr. il mio Odisseo. Il labirinto marino, Roma, Kepos, 1992, passim, ma in particolare i paragrafi III.2 (Lo scudo di Achille, p. 60 ss.) per l'Iliade e III 5 (Il ritorno degli Achei, p. 83 ss.) per l'Odissea.
Note alla parte prima
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9. È da notare che, presso i Greci, Apollo è un dio connesso sia col Labirinto che col Sole, ma al tempo stesso è il dio incaricato di svelare tramite le sue sedi oracolari, in modo pur sempre "ambiguo", "obliquo", il pensiero "ricurvo", cioè "contorto", "complesso" (direttamente inattingibile per un essere umano: ankylométes, Iliade II 205) di Zeus. Non si tratta qui solo, io credo, dei destini del singolo o dei molti, ma della stessa imperscrutabilità dell'esistenza del cosmo e dei movimenti degli astri in cielo: a cominciare da quelli, provvidenziali nelle zone temperate, del Sole medesimo. 10. Vedi su quest'ultimo infra, p. 62, n. 39. 11. Suetonio, Vita di Nerone 13,2. Un aspetto clamoroso di quella cerimonia, mirante ad accrescerne la risonanza, fu la presenza di un delegato imperiale incaricato di tradurre in tempo reale a Nerone, all'esercito e alla folla accorsa le solenni parole del re d'Armenia. Nerone e Tiridate s'erano già incontrati qualche tempo prima a Napoli e l'ospite armeno era stato l'eroe d'una caccia data in suo onore nel Circo, dove aveva ucciso "due tori" simultaneamente con un solo colpo di freccia: ad imitazione del suo dio Mitra, uccisore annuale del Toro (ved. infra). Agli anni Settanta e Ottanta del I secolo d.C. risalgono i primi riferimenti romani al dio Mitra e al suo culto (ad esempio Stazio, Tebaide I 716-20). 12. Nel 1936 fu rinvenuto a Pompei, inciso su una colonna della Palestra Grande, il testo completo del Quadrato, l'unico a noi giunto che conservi anche tracce di spiegazione di come il Quadrato vada letto. La più notevole e chiara è costituita dal termine sottoscritto 'ANO', traslitterazione della parola greca che significa "dal basso verso l'alto": evidente notazione sulla necessità di leggere il testo partendo dal SATOR dell'ultima riga (il greco era la lingua franca dei gradi più bassi dell'esercito, restando il latino la lingua dei gradi alti e degli atti e dispacci ufficiali, e la Palestra Grande era appunto una struttura in cui si svolgevano ludi giovanili premilitari). 13. È celebre il quadrato numerico che compare nella Melancholia II di Diirer: in ogni direzione la somma risulta sempre di "34". 14. Dei vari tentativi di dare un senso a questa parola voglio qui rammentare, pur discordandone, quello di S. Mariotti, Arepo, in "Atti e memorie dell'Arcadia", vol. IV, 1967, pp. 243-246 ('AREPO', inteso come verbo, da ad-repo). 15. Come conferma il marginale "ANO" graffito sotto il testo del Quadrato della Palestra Grande a Pompei (sopra, nota 12). 16. Di grande interesse può essere il constatare che le coordinate rivelate dalla corretta lettura del Quadrato erano già state sostanzialmente disegnate qualche decennio prima da Ovidio come scenario della disgraziata avventura cosmica di Fetonte: [il Sole al figlio] "Cerca di non tagliare direttamente [cioè verticalmente, come fanno i meridiani] i cinque cerchi del cielo [il Polare artico e quello antartico, i due Tropici e l'Equatore]. C'è una pista che si snoda obliquamente, con una gran curvatura [l'Eclittica], e resta compresa entro tre sole zone [cioè tra i due Tropici], senza toccare né il Polo australe [Sud], né l'Orsa dalla parte di Aquilone [Nord]. Passa di lì, vedrai chiaramente le tracce delle ruote" (Metamorfosi II 129-133). 17. Termine tecnico già noto a Manilio, autore coevo all'invenzione del Quadrato, come traslitterazione dal greco: Astronomica III 614. 18. Storia naturale XVIII 6. 19. Plinio, Storia naturale XVIII 8. 20. De die natali 20,4-6. 21. V. p. 51 ss. 22. Ved. sopra, n. 27. 23. In basso a destra è riconoscibile la 'firma' del riproduttore moderno, Gino Frua. 24. Ved. sopra, p. 13. 25. Non a caso, nell'ambito delle teorie sull'Armonia del Cosmo, e in particolare delle orbit e • sette Pianeti (Sole e Luna inclusi), la corda centrale delle sette che formavano la cetra di Apollo, la 'mese' (o "[corda] di mezzo"), era posta in relazione analogica con la posizione del Sole. Sul ricorso alla sequenza caldea come struttura portante di parti o dell'insieme della narrazione nei grandi poemi greci e Iati-
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Il Sator e il Duomo di Siena
ni ved. G. Chiarini, I cieli del mito. Letteratura e cosmo da Omero a Ovidio, Reggio Emilia, Diabasis, 2005. 26. Sulla possibile origine della fortuna del numero sette ved. G. Chiarini, Sul numero sette, in La matematica. Linguaggio poietico, problema filosofico. Per Imre Toth, a cura di R. Romani, Roma, Biblioteca d'Orfeo, 2016, p. 19 ss. "La tendenza del processo simbolico a raccogliere sei elementi 'minori' attorno ad un settimo 'superiore' si ritrova, oltre che nelle culture mesopotamiche e nell'Antico Testamento (a cominciare dai cosiddetti giorni della Creazione nella Genesi), anche nello zoroastrismo: In cima e all'inizio di tutto sta Ahura Mazda, il 'Signore saggio', al quale agiscono in subordine sei personificazioni di concetti astratti di carattere etico-religioso: il Buon pensiero, l'Ordine universale, la Sovranità, la Devozione, l'Integrità, l'Immortalità" (R. Merkelbach, Mitra, Genova, ECIG, 1984, p. 30 ss.). 27. Ved. infra, cap. XVI (l'altare di Nida). 28. Ved. infra, Parte terza (con particolare riferimento all'Esagono del Duomo di Siena). 29. De Antro Nympharum 6 (cito da Porfirio, L'Antro delle Ninfe, a cura di L. Simonini, Milano, Adelphi, 1986). 30. R. Merkelbach, Mitra cit., p. 246 ss. (ved. anche Dione Cassio XXXVII 18). 31. Il Pater, ultimo e supremo grado dell'iniziazione mitraica, è dunque il rappresentante in terra del dio Mitra, poiché questi, nel portare il suo antichissimo culto a Roma, finisce di fatto per assimilare e fondere in sé, come abbiamo detto, le prerogative di dio del Sole, quelle di Saturno e persino, come indica l'epiteto stesso, quelle 'paterne' assegnate dalla religione greco-romana a Zeus-Giove, tradizionalmente detto "padre degli uomini e degli dèi": ma talvolta, in questa stessa formula, `pater' viene sostituito da `sator' — come attesta il famoso `hominum sator atque deorum' di Virgilio in Eneide I 254. Un secolo più tardi, è agevole il passaggio della formula a Mithra "dio del Sole" fuso col Pater Saturno "signore del Tempo". Il Sacrificio del Toro, atto finale del ciclo mitraico, suggellato dal Banchetto del Patto, e lasciapassare definitivo alle anime per l'ascesa al Cielo delle stelle fisse, è un rito di fecondazione e rigenerazione periodica del mondo che merita a Saturno-Mitra il titolo di "Creatore e Padre di tutte le cose" (spesso è raffigurato con la Cornucopia in mano), ponendosi per i Romani il suo stesso nome (Saturnus) in relazione ai `sata', i "campi seminati", e — siamo finalmente al punto — al verbo `sero' riconoscibile in `sator' ('SATOR'), il personaggio alla ricerca del quale eravamo partiti per scoprirne l'identità. Il timbro romano di tutto questo, pur in un contesto sostanzialmente iranico, non può sfuggire: Saturno era il nome di un'antica divinità italica della fecondità dei campi, la cui festa, i Saturnalia, cadeva originariamente a pochi giorni dal Solstizio d'Inverno (17 dicembre secondo il calendario di Numa), subito prima degli Opalia, festa in onore di Opi, dea dell'abbondanza (19 dicembre: la cornucopia). Ben presto un mito, d'ispirazione greca probabilmente mediato dagli etruschi, lo identificò a Roma, col solito sistema sincretistico, con Crono, il dio che, scacciato dal figlio Zeus/Giove, andò a nascondersi proprio nel Lazio (nome interpretato come "la Terra del nascondiglio", da `lateo', "mi nascondo", "sto nascosto"), dove per gratitudine insegnò a chi lo aveva accolto l'agricoltura, cioè ad arare e seminare, propiziando l'avvento di una splendida età dell'oro. Il cerchio ora si chiude. Il Quadrato magico rappresenta dunque un segnale — di certo il più diffuso e precoce — della presenza dei nascenti culti mitraici a Roma: come hanno intuito, pur senza fornire una lettura nitida ed esaustiva di testo e contesto, alcuni pochi, in particolare Adolfo Omodeo (La croce di Ercolano e il culto precostantiniano della Croce, in "La Critica. Rivista di Letteratura, Storia e Filosofia diretta da B. Croce", XXXVIII, fase. 1, 1940, pp. 45-61), e W.O. Moeller (The Mithraic Origin and Meanings of the Rotas-Sator Square, Leiden, Brill, 1973). 32. Ved. sopra, Mitreo di Londra, p. 37. 33. E poi anche romana del ricorso a tavolette girevoli come quinte dipinte con immagini che servivano ad orientare lo spettatore sul luogo scenico agito ma anche, più spesso, su quelli extrascenici: ad esempio "[di qua si va] al porto", "[di qua si va] in piazza"; ved. W. Beare, The Roman Stage. A Short History of Latin Drama of the Time of the Republic, London, Methuen, 1950.
PARTE SECONDA MITRAISMO E CRISTIANESIMO
I L'INVENZIONE DEL CHRISMON
ella battaglia di Ponte Milvio (28 ottobre 312 d.C.), Costantino il Grande sconfisse Massenzio, che annegò nel tentativo di fuggire. La sconfitta e la disonorevole morte del rivale confermarono che Costantino, subito proclamato dal Senato "Augusto Maggiore" d'Occidente, aveva dalla sua il Dio dei Cristiani. Come egli stesso ebbe a confidare in seguito a Eusebio, vescovo di Cesarea e primo storico della Chiesa, marciando su Roma gli era apparsa in pieno giorno, sotto il disco del Sole, una Croce, e sotto la Croce la scritta 'IN HOC SIGNO VINCES' ("sotto questo segno vincerai"). Giunto alle porte di Roma, una seconda visione, esplicativa della prima, gli aveva intimato di contrassegnare lo scudo dei suoi soldati col monogramma formato dalla sovrapposizione delle prime due lettere (maiuscole) del nome greco di Cristo, chi (X) e rho (P) (detto perciò anche Chrismon) (fig. 28).
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28. Passaggio al Chrismon della Stella militare a sei bracci
Le due lettere erano poste dentro una cornice circolare, a indicare l'universalità della supremazia di Cristo, che veniva esaltato per la morte in Croce e al tempo stesso come invincibile fautore di vittoria. A fondamento iconografico di tale operazione veniva adottato lo schema "a X" dei movimenti annui del Sole — schema che già abbiamo riconosciuto nei glifi del calco di Stenay e, molti secoli prima, come 'cornice' del SATOR di Aquincum". Applicato agli scudi e sul frontale degli elmi, il Chrismon si impose in breve anche su labari e gagliardetti, dove talvolta
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Il Sator e il Duomo di Siena 29. Labaro con Chrismon al posto dell'aquila in una moneta di Costantino
prese il posto dell'aquila di Roma, come si può constatare in questa moneta fatta coniare dal medesimo Costantino (fig. 29). Nel 321 d.C., quasi dieci anni dopo la vittoria di Ponte Milvio in nome e sotto il segno di Cristo, Costantino fece coniare una moneta con la dicitura: 'SOLI INVICTO COMITI', "al Sole Invitto, [fido] compagno (e guida)". •:/il - ikvzippurizzceiuts-zdtvvi~vElla.4,1~..4 , • _
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30. Sano di Pietro, San Bernardino col suo Cristograrnma, 1450 circa (Siena, Palazzo Comunale)
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L'invenzione'del Chrismon 31. Ostensorio dorato in stile barocco
Un atto di gratitudine del soldato miste di Mitra (e "Pater" assoluto dell'esercito) per il felice suggerimento del dio del Sole (P" Invitto" ), suggerimento che era parso propiziare quella decisiva battaglia e che — questo il figlio di Elena non poteva certo saperlo — avrebbe promosso, con successive integrazioni di geometria elementare, quasi rosa dei venti, una serie di monogrammi ed emblemi solari dedicati a Cristo e al suo Nome. Tra questi ultimi spiccano il Cristogramma di san Bernardino 35 (fig. 30). e l'ostensorio" (fig. 31).
11 MITRAISMO E CRISTIANESIMO
"Sator autem Christus" Antifona al Magnificat (martedì di Sessagesima)
egli ultimi decenni del III secolo la forza del Mitraismo cala, nonostante i tentativi di Eliogabalo (t 222 d.C.), poi di Aureliano (274 d.C.) di imporre anche come religione ufficiale dell'Impero il culto del Sol Invictus della città siriaca di Emesa. Dopo secoli di persecuzioni, intermittenti ma durissime come quelle inflitte da Diocleziano, giunge per i cristiani il tempo della tolleranza (la vittoria di Ponte Milvio è subito seguita dall'Editto di Milano di Licinio e Costantino, 313 d.C.), poi della riscossa e della definitiva affermazione. Un breve ritorno della religione mitraica si ha con Giuliano l'Apostata, successore di Costantino. Ma sconfitto Giuliano nella guerra contro i Persiani (363 d.C.), l'Impero romano diventa definitivamente cristiano (con Teodosio, il 27 febbraio 380 d.C.), e in pochi anni (entro il 387 d.C.) cessano del tutto le iscrizioni dedicate a Mitra. Nonostante l'offensiva (del resto ben comprensibile) degli Apologeti, tesi a distinguere, anzi a contrapporre con ogni mezzo il cristiano al pagano 37, il lascito mitraico al Cristianesimo è indiscutibile, anche se non è il solo e non è facile delimitarne sempre con precisione i confini. Certe tematiche di fondo come l'immortalità dell'anima, l'ascesa al Paradiso o la discesa all'Inferno (comunque venissero concepiti), il sacrificio vivificante, la connessione tra morte e rinascita, il rito del banchetto comunitario (Agape), l'idea del patto di fede stretto con un dio giusto e, sotto il suo sguardo, tra uomini giusti e pronti a morire l'uno per l'altro, vengono da un passato anche lontano e sono comuni a molte religioni del tempo, seppure in nessuna ricorrano in proporzioni così notevoli come nel Mitraismo romano — ciò che in seguito, col mutare dei tempi, avrà comunque facilitato, per non dire favorito, tra i militari, conversioni e riadattamenti. A noi qui interessa principalmente individuare le ragioni per cui ad un certo punto Mitra cessò di esistere ma il Quadrato continuò ad attrarre e ad appassionare sia nel mondo tardoantico, che in quello medievale, in particolare all'epoca delle Crociate, poi, ancora e sempre, nel Vecchio Mondo e persino, dopo che fu scoperto (o riscoperto), nel Nuovo.
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Mitraismo e Cristianesimo
55 32. Cristo-Eliodromo del Mausoleo dei Giulii (da H.J. Poesche, I mosaici in Italia dal 300 al 1300, Udine, Magnus, 2010, p. 127)
Il passaggio dal Mitraismo al Cristianesimo è documentato da una piccola, stupefacente immagine musiva conservatasi nella cripta del Mausoleo dei Giulii nella necropoli sottostante la basilica di San Pietro a Roma (al massimo dei primi anni del V secolo d.C.) (fig. 32). Cristo vi è raffigurato ancora con l'aureola a sette raggi del dio Mitra e propria del grado VI (Eliodromo) delle iniziazioni militari, in attesa di semplificarsi nei consueti tre bracci visibili d'una Croce greca aurata; le ruote del Carro hanno a loro volta sei raggi, come quelle del culto mitraico ". Di certo, in ogni caso, gli elementi fondamentali di tale culto passati ai cristiani, pur sostanzialmente trasfigurati e rinnovati, sono la credenza in una seconda Vita spirituale dopo la morte materiale del singolo, il Banchetto rituale (Agape), la centralità del Sacrificio rinnovatore di Vita, la Stretta di mano come gesto di reciproca e inviolabile lealtà, infine, non meno rilevante, l'organizzazione temporale del calendario. Il calendario cristiano, infatti, ha inizi parecchio incerti e oscillanti e si stabilizza solo allorquando il Cristianesimo adotta quello solare mitraico, organizzato sulla grande Croce di equinozi e solstizi: dall'Annunciazione all'Equinozio di Primavera, nove mesi prima della nascita, o Natività, di Cristo al Solstizio d'Inverno, la Passione Morte e Resurrezione di Cristo all'Equinozio di Primavera, l'Ascensione cinquanta giorni dopo la Resurrezione come momento di passaggio — in senso inverso alla Incarnazione — compiuto dal Cristo nella prospettiva del raggiungimento nuovo e definitivo di un perenne, ultratemporale Solstizio estivo (fig. 33). Sono tempi e azioni collocati spazialmente sull'asse verticale di una croce posta al centro di una Stella a sei punte, che a sua volta può allargarsi a una Stella a dodici punte (i dodici Apostoli) senza perdere il suo significato di base.
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Il Sator e il Duomo di Siena
solstizio d'estate
Ritorno al Padre
equinozio di primavera
solstizio d'inverno
Natività
33. Il calendario cristiano-mitraico (diagramma di Lorenzo La Rocca)
La Stella a sei punte, infatti, un simbolo attestato in tutte le grandi religioni e culture tradizionali, prima orientali poi (dal I millennio a.C. inoltrato) mediterranee, proseguì il proprio cammino in Occidente anche quando il Cristianesimo cancellò definitivamente il Mitraismo e le iniziazioni mitraiche, divenendo nel IV secolo d.C. la Croce non più (o non più solo) un esecrabile marchio di vergogna per coloro che avevano condannato e ucciso il Figlio di Dio, bensì, al contrario, l'emblema stesso di Cristo, della grandezza del suo amore per il genere umano misurata su quella del suo sacrificio, nonché garanzia di vittoria per chi si batte nel suo nome. Artefici del rinnovato successo del Quadrato, che a essa faceva riferimento come espressione equinoziale, furono più fattori.
ifi CRISTO 'NUOVO SOLE'
"Io come luce sono venuto nel mondo, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre" (Giovanni 12,46)
l primo e più importante elemento di continuità utilizzato per imporre la religione cristiana nel suo insieme come totale discontinuità rispetto alle pagane è rappresentato dalla solarità di Cristo. La figura di Cristo "Nuovo Sole" era stata di fatto lungamente predisposta già nelle Sacre Scritture. Il salmo 19, ad esempio, attribuito a re Davide, conteneva un'esaltazione di Dio attraverso le sue opere ("i cieli narrano la gloria di Dio" 19,2) e in particolare attraverso l'immagine del Sole, simbolo primo della bellezza del creato (esso "esce [sorgendo dalla "tenda del mattino"] come sposo dalla stanza nuziale, esulta come un prode che percorre la via" 19,5-6), metafora di perfezione e di giustizia, dal cui calore (luminosità della parola e della legge divina) trae beneficio ogni angolo della Terra (19,8). E come la profezia di Barlaam sulla "Stella" che un giorno sorgerà (Numeri 24,17) fu ritenuta profetizzare l'avvento di re Davide dagli ebrei ma quello di Cristo dai cristiani, così quest'esaltazione del Sole entrò ad alimentare l'attesa del Messia tra gli ebrei e a illuminare la venuta del Messia-Cristo tra i cristiani. Ne abbiamo conferma nell'episodio evangelico della Trasfigurazione, avvenuta sul Monte Tabor alla presenza di Pietro, Giacomo e Giovanni. Secondo Matteo, che qui ricordiamo per tutti: "[Gesù] fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il Sole e le sue vesti divennero candide come la luce" (Mt. 17,2). Cristo ha qui voluto far sapere ai tre discepoli eletti come avrebbero dovuto pensarlo dopo i fatti terreni che li aspettano ed il suo definitivo ritorno "alla destra del Padre": un'immagine di pura "Luce di Vita" (Giov. 8,12). Sia il tema profetico del "Sole" (Salmo 19) che quello della "Stella" (Numeri 24) vennero ripresi e definitivamente ratificati dall'Apocalisse giovannea: Cristo stesso vi si annuncia come "Stella del Mattino" (annunciatrice della potenza del Sole) nell'Epilogo: "Io, Gesù, [...] sono la radice e la stirpe di Davide, la Stella radiosa del Mattino" (Apocalisse 22,16); mentre all'inizio l'autore, riferendo della prima visione avuta in Pathmos, descrive Gesù come "un Figlio dell'Uomo" apparsogli nel luc-
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Il Sator e il Duomo di Siena
cichio di "sette candelabri d'oro", "cinto al petto con una fascia d'oro", i suoi occhi "erano come fiamma di fuoco", "il suo volto era come il Sole quando splende in tutta la sua forza" (Apocalisse 1,12-16). Del resto, sempre nell'Apocalisse, la visione della Gerusalemme celeste nello sfavillio di cristalli, ori e pietre preziose che l'adornano sin dai dodici basamenti (tanti quante sono le Tribù d'Israele: "diaspro, zaffiro, calcedonio, smeraldo, sardonice, cornalina, crisolito, berillo, topazio, crisopazio, giacinto, ametista", Ap. 21,19-20) si accompagna alla profezia che la città non avrà più bisogno "né di Sole né di Luna", sua luce "sarà [infatti] la gloria di Dio" e "sua lampada l'Agnello [pasquale]", cioè Cristo, e "a quella luce cammineranno le Nazioni" (Ap. 21,23-24). Per la stessa ragione, non vi sarà più alcun Tempio (Ap. 21,22): la Nuova Gerusalemme di Cristo vero Messia, senza più riti e cerimonie, senza più offerte di primizie, senza più necessità di leggi e tribunali diverrà essa tutta più che un Tempio, un Santo dei Santi vuoto d'ogni traccia terrena e materiato di Luce. Quanto all'immagine apparsa a Costantino, non è improbabile che avesse in qualche modo a che fare con la profezia di Cristo stesso riportata da Matteo: "Subito dopo la tribolazione [di cui sarà vittima Gerusalemme] in quei giorni, 'il Sole si oscurerà, I la Luna non darà più la sua luce, I le Stelle cadranno dal Cielo I e le potenze dei Cieli saranno sconvolte' (cfr. Isaia 13,9-10 e 34,4); allora, comparirà in Cielo il Segno del Figlio dell'Uomo e si batteranno il petto tutte le tribù della Terra, e vedranno il Figlio dell'Uomo venire sulle nubi del Cielo con grande potenza e gloria. Egli manderà i suoi angeli, con una grande tromba, ed essi raduneranno i suoi eletti dai Quattro Venti [i quattro estremi della `X'], da un estremo all'altro dei Cieli" (Mt. 24,29-30).
IV SATOR [AUTEM] EST CHRISTUS'
ulla scia della solarità di Cristo la solarità del Quadrato incontrò un terreno assai fertile, capace di assicurargli un rinnovato, perdurante, colorito successo. Le concause di questo fatto all'apparenza sorprendente furono molteplici e variegate. Un sintomo illuminante di questo processo di risemantizzazione in senso cristiano è rappresentato dall'inversione del testo nella nuova forma che ben conosciamo: "SATOR / AREPO / TENET / OPERA / ROTAS". Il termine SATOR', passando dall'ultimo al primo posto, dava immediato risalto a Colui che aveva esortato gli Apostoli ad essere buoni seminatori del Nuovo Annuncio. Un tema decisivo, che diede definitiva sepoltura alle simbologie legate al vecchio Seminatore, il Tater' Saturno. La parabola del seminatore è narrata dai Vangeli di Matteo (13,1 ss.) e Luca (8,4 ss.) come prima importante uscita pubblica di Gesù dopo il discorso delle Beatitudini (Matteo 5,1 ss.; Luca 6,20 ss.) e le prime guarigioni miracolose, mentre il Vangelo di Marco, che delle Beatitudini non parla, la colloca dopo la scelta dei dodici Apostoli (3,13 ss.) che da quel momento lo seguiranno (cfr. anche Matteo 10,1 ss. e Luca 6,12 ss.). L'istituzione di un seguito di dodici (il numero zodiacale, cioè 'circolare', per antonomasia, che significa pieno controllo del tempo e dello spazio) è importante perché si focalizza sulla Parola che apre le porte del Regno dei Cieli e sui mediatori e diffusori di quella medesima Parola avvertita come massima Luce di Verità. Primo Seminatore e mediatore presso Dio è ovviamente Gesù stesso, ma dopo di Lui lo diverranno, qui sulla terra, i suoi discepoli (si veda la Spiegazione della parabola del Seminatore in Matteo 13,18 ss.) e dopo di loro quanti, in nome di Cristo, avranno fatto fruttificare la Parola nel proprio e quindi nell'altrui animo come fruttifica il seme di grano in un terreno buono, diversamente cioè da quanto accade quando il seme finisce o sui bordi della strada, o su terreno sassoso, o tra i rovi. Gesù stabilisce in tal modo il principio della delega mediatrice: in Suo nome potranno operare quanti saranno legittimati a farlo da una profonda e fervente interiorizzazione della Parola e agiranno in suo nome per diffonderla, spiegarla, difenderla. A capo di questa schiera apostolica si porrà ben presto la Madonna: per aver tenuto Cristo in grembo, per aver dato prova della sua efficacia come mediatrice
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nell'episodio delle Nozze di Cana, per l'investitura, ricevuta da Cristo morente, di Madre spirituale dell'Umanità. La Chiesa per prima non ha mancato di sottolineare l'importanza di questa parabola del Buon Seminatore: in un'antifona al Magnificat del Martedì di Sessagesima ("Feria Tertia", attingendo a Luca 8,5 e ai commenti dei Padri) si canta infatti, espressamente: Semen est verbum Dei, SATOR AUTEM CHRISTUS: omnis qui invenit eum, manebit in aeternum': "il Seme è la Parola di Dio, SEMINATORE È PERÒ CRISTO: chiunque lo troverà, avrà vita eterna".
V IL `SATOR' E LA CROCE
om'è ovvio, il riferimento a SATOR' si combinava perfettamente con la perspicua presenza, al centro del testo, del simbolo ormai divenuto cristologico per eccellenza formato dai due `TENET' incrociati. Venne in tal modo a stabilirsi una profonda sinergia tra il Figlio di Dio che semina negli animi il seme della Parola capace di aprire il Regno dei Cieli e il Figlio di Dio che si sacrifica sulla Croce per noi agendo all'interno di una ben precisa struttura spazio-temporale di riferimento. Nel Quadrato, il "Seminatore" al primo posto divenne Cristo sulla Croce. In tale prospettiva, la 'N' che stava al centro del centro veniva ad acquistare un nuovo significato — anche se non era facile indovinare quale. Ne furono infatti proposti numerosi. Lasciando stare le escursioni in alfabeti e lingue greche e semitiche, che pure non mancarono, si pensò a `N[OMEN]' (scii. 'DOMINI NOSTRI IESU CHRISTI'): al (Santissimo) "Nome" ("di Nostro Signor Gesù Cristo"); a `N[UMEN]' ("Nume", "Dio presente" ); infine, più felicemente, al NAZARENUSr ("Nazareno") del titolo sotto cui (secondo Giovanni 19,19) Gesù fu crocefisso: `INRI' ('Iesus Nazarenus Rex Iudeorum', " Gesù di Nazareth, Re dei Giudei"). Non è improbabile che, con analoga incolpevole forzatura, molti finissero per pensare ' Sator' nel senso del greco Sotèr ("Salvatore"), uno degli attributi liturgicamente preferiti per la Seconda Persona della Trinità. A questo va poi aggiunto, come fattore di successo del Quadrato - forse non l'ultimo e comunque di certo il più tenace —, quel suo ritmo cantilenante applicato a parole il cui senso preciso è difficile da cogliere, difficile da capire per intero: una vera litania incantatoria, un ambito dov'è quasi (o almeno quasi sempre) più importante il suono del significato. Utilizzato in costante connessione con Cristo e con la Croce, il testo del Quadrato dimostrò subito di avere tutte le prerogative necessarie a fungere da formula magica cristiana. Infatti, a partire all'incirca dalla metà del primo millennio d.C., in amuleti di metallo e papiri dell'Europa e dell'Asia bizantine, dell'Etiopia e dell'Egitto, il SATOR' (ormai possiamo chiamarlo così) compare a far da supporto a preghiere, benedizioni, giaculatorie e incantesimi, per lo più come antidoto contro ogni tipo di malattia
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e calamità (dal morso del serpente al mal di denti, dall'incendio al parto sfortunato) o affezione dello spirito (le pene d'amore, la pazzia e, suo equivalente, la perdita della fede, l'ateismo). Nell'universo copto, in particolare, la magia del Quadrato serve anche a nominare le Cinque piaghe di Cristo (mani, costato e piedi, più il titulus derisorio `INRI') e i Cinque chiodi corrispondenti (compreso quello usato per fissare la scritta stessa). In ambito bizantino le parole del Quadrato ricorrono, in parte storpiate, in qualità di nomi dei pastori di Betlemme (ad esempio: Sator, Arepo,Teneton), ma anche sintetizzate in rima secondo gli antichissimi ma persistenti modi del carmen, della formula magica, a fornire i nomi dei Re Magi (ad esempio: Ator, Sator, Operator). Forse non senza influssi bizantini, la magia del Quadrato entrò anche nella trattatistica (e nella pratica) della mascalcia medievale e proto-rinascimentale: come si è accennato, ancora intorno alla metà del XV secolo Guillaume de Villiers, nel suo Trattato d'Ippiatria (Traité d'Hippiatrie) consigliava, per domare un cavallo ribelle, di ricorrere alla "magia di questi nomi" (le cherme... de ces nons", cioè delle cinque parole del SATOR' riprodotte lì accanto) vergandoli "su una pergamena vergine" da "legare al collo del cavallo" 39. In ogni caso, degli amuleti rinvenuti in gran numero nell'isola di Taso, con raffigurazioni di pesci, croci, l'alfa e l'omega lasciano supporre che già nei primi secoli della sua immensa fortuna il Quadrato fosse stato oggetto di un operazione molto in voga ancora in pieno XX secolo: la ricerca di un suo presunto 'autentico' messaggio da scoprire anagrammando il testo del SATOR.
VI ANAGRAMMI, GEMATRIE E LA BESTIA
ra il 1924 e il 1926, il pastore evangelico Felix Grosser e altri anagrammisti sono pervenuti separatamente, ciascuno per conto proprio e in misura più o meno compiuta, al medesimo risultato, rivelando che nel SATOR' si celava un doppio Pater Noster ('PATERNOSTER') messo in croce (con la 'N' sempre al centro a far da perno), ma con l'avanzo di due 'A' e di due 'O', ingegnosamente giustificati dagli interpreti come coppie di "alfa" e "omega" d'apocalittica memoria (il riferimento sarebbe a 1,8 e 22,13: "Io sono l'Alfa e l'Omega, il principio e la fine") da porsi, rispettivamente, al principio e alla fine di ciascun braccio della croce (fig. 34).
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A P A T E A
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o 34. La Croce-Paternoster del pastore Grosser (da R. Camilleri, Il quadrato magico cit., p. 32)
Un certo successo, sia pur non senza che si levassero voci fieramente contrarie, arrise a questa ingegnosa soluzione, che ancora oggi, di tanto in tanto, viene interlocutoriamente riesumata e affastellata insieme ad altre senza alcuna coerenza. È facile comunque constatare che, nell'ambito delle combinazioni anagrammabili, di cui pure bisognerà tener conto, il Quadrato offre un materiale particolarmente eterogeneo e contraddittorio dal punto di vista del senso, consentendo anche combinazioni, corrette quanto rischiose, del tipo: SATAN, TER ORO TE, OPERA
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35. Il `SATOR' in un Esalfa riportato da A. Kirchner, Arithmologia sive de abditis numerorum misteriis..., Roma, Varesio, 1665
("Satana, ti scongiuro tre volte, soccorrimi") 4°, o simili. Forse è meglio lasciar stare gli anagrammi. Parimenti discutibili sembrano essere i tentativi, succedutisi anch'essi a più riprese nel tempo — con grande frequenza anche di recente —, di attribuire 'gematricamente' un valore numerico a lettere e parole del Quadrato per ricavarne una sorta di DNA teologico-filosofico ch'esso conterrebbe. Anche qui il risultato sperato non è garantito: assegnando al Quadrato valori numerici ch'esso sembra di fatto ignorare, salta immancabilmente fuori, ad un certo punto, la somma '666', che è, secondo l'Apocalisse (13,11 ss.), il "numero del nome della Bestia", il numero di Satana (ovvero dell'Anticristo). L'interpretazione del passo giovanneo è controversa, ma è certo che il formidabile gesuita seicentesco Athanasius Kircher, celebre per i suoi tentativi di lettura dei geroglifici, anche a questo pensava quando stampava il Quadrato (costituito, a suo avviso, da una successione non di semplici parole bensì di nomi) inscritto in una Stella a sei punte (da lui detta hexalpha) stigmatizzandolo come "satanico", o più precisamente come "tratto dall'officina di Satana"" (fig. 35). Padre Athanasius non fu il solo a interpretare il SATOR' come prodotto del Grande Arcano (qui siamo in piena Magia Nera, che è anche empia magia sessuale). Già in Alberto Magno, o in chi per lui, esso figurava come talismano idoneo a favorire la seduzione delle vergini% e il Ghyka ci fa sapere che "in un manoscritto falsamente attribuito al dottor Faust negli Archivi ducali di Coburgo" la prima riga del Quadrato è così sciolta: Satanas Angelus Tonans Olympo Rejectus', "Satana Angelo Tonante dal Cielo Scacciato, etc." 43. Della storia 'malefica' della Stella a sei punte, della sua importanza nella storia della Magia (Nera) bastino questi pochi cenni. Ci colpisce semmai l'autorevole richiamo del Kircher ad una tradizione che accomunava al testo del SATOR' la Stella a sei punte. Dovremo perciò arrivare a chiarire più da vicino storia, senso e funzione che questo simbolo ha assunto con l'avvento del Cristianesimo. PRAESTO'
VII ARCHITETTURA SACRA
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una vicenda fatta di più vicende, che alla fine convergono confluendo le une nelle altre. La prima vicenda, che già in parte conosciamo nei suoi tratti ed esiti essenziali, organizza tempi e spazi simbolici della discesa di Cristo sulla Terra, della Passione, Morte e Resurrezione, infine della sua Risalita all'ultimo Cielo (sopra, p. 55); la seconda tratta della Stella a sei punte come ipostasi della sinergia che deve necessariamente stabilirsi tra il sommo Architetto celeste e gli architetti del sacro in Terra. Spazi e tempi del calendario devono fondersi e realizzarsi nell'immaginario della fede e nei suoi luoghi e simboli, vale a dire nei manufatti umani chiamati a ospitare la liturgia della fede e a rappresentarla, a suscitarla, a conservarla, ad esaltarla: chiese e luoghi sacri in genere, statue, mosaici, commessi marmorei e dipinti per volte, pareti e pavimenti, arredi e oggetti rituali come altari, pulpiti, pale e paliotti, fonti battesimali, calici, ostensori, piviali. Nel secondo medioevo le maestranze — in particolare i maestri lapicidi — delle grandi "fabbriche" religiose, prima monastiche, poi anche cittadine, maturarono una visione del proprio lavoro come esecuzione sublime di un manufatto capace di portare in terra l'immagine tangibile della Gerusalemme celeste. In questo processo di consapevolezza professionale e religiosa, una parte di rilievo esercitarono pratiche e idee giunte in Europa grazie alla mediazione degli Ordini ospedalieri formatisi con le Crociate. Grazie a loro, in particolare grazie ai Templari, la grande qualità professionale delle maestranze d'ispirazione benedettina che nel cuore dell'età di mezzo edificarono abbazie e cattedrali cistercensi in tutta Europa poté arricchirsi di riferimenti al modello mitico di Salomone e del tempio eretto a Gerusalemme sotto il suo regno. Senza dire degli importanti influssi esercitati sull'Europa latina dalla cultura arabo-spagnola, con particolare alacrità resa accessibile dall'opera dei dotti traduttori convenuti in Toledo alla corte di Alfonso I. A creare il terreno più adatto al grande incontro tra Oriente e Occidente sui temi che qui ci interessano fu senz'altro l'evoluzione che portò lo slancio verso l'alto e le grandi vetrate gotiche a rappresentare, per mezzo della materia governata dall'arte, la metafora, elementare quanto centrale, di Cristo come Luce (Sole) di giustizia, verità e salvezza. Non si parla qui più solamente - conviene ribadirlo - di 'crismi', 'cristo-
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grammi', 'monogrammi', 'ostensori', ma di tutto ciò che l'uomo venne progettando, erigendo, creando, scolpendo, ageminando, dipingendo nell'ambito del sacro. Sin dal VI-VII secolo agì in questa direzione il pensiero sintetizzato in un motto attribuito allo stesso san Benedetto, `Crux Santa Sit Mibi Lux' ("che la Santa Croce sia la mia luce [contro le tenebre, cioè contro le tentazioni e l'opera Satana]"). Una Luce intesa come stimolo all'ascesa spirituale, alla ricerca interiore della sua stessa, unica, misericordiosa Fonte. Il che significò anche, com'è ben noto, edifici sempre più vasti e sempre più slanciati verso l'Alto. Più tardi, come s'è appena detto, con le Crociate, questo processo si arricchì di simboli e sentimenti maturati in Oriente, non senza il contributo ineludibile delle ormai dominanti cultura e scienza arabe.
IL SOLE PASQUALE E IL LABIRINTO
n potente segnale 'solare' del calendario cristiano è rappresentato dal rito pasquale medievale della danza liturgica del Labirinto, particolarmente documentato per la Francia. Qui più che altrove furono infatti intarsiati nei pavimenti delle cattedrali dei labirinti di varie fogge e dimensioni, adibiti ora a percorsi per penitenti, ora, in occasione cioè dei riti pasquali, a danza di Resurrezione (fig. 36). A Reims, è il caso più noto, i fedeli percorrevano il Labirinto di pietre e marmi commessi al centro della navata recitando preghiere tratte dal libriccino d'orazioni Stations au Chemin de Jérusalem, qui se voit en l'église de NotreDame de Reims. Mentre per le cattedrali di Auxerre e Sens abbiamo testimonianze di danze pasquali 36. Labirinto pavimentale nella Cattedrale di Chartres eseguite, sino ancora nel XVI seco(da notare al centro i sei petali del giglio mariano) lo, proprio sul percorso del Labirinto. Veniva consegnata una palla simboleggiante il Sole, cioè Cristo risorto, al Decano; questi intonava la sequenza Victimae Paschalis laudes e, tenendo la palla sul palmo della mano sinistra, danzava al ritmo del canto sacro un solenne passo triplo. Qui gli altri partecipanti, incappucciati, si prendevano per mano ed eseguivano una danza in tondo 'circa Daedalum' ("attorno al Labirinto"): il Decano, che si trovava nel mezzo, seguendo il tracciato del Labirinto si avvicinava ad alcuni sino a porger loro la palla, allontanandosi da altri sino a distanza di lancio e variando via via la direzione del movimento ad imitazione dell'avvicinarsi dei corpi celesti tra loro, del Sole rispetto alla Terra o alla Luna. La danza in tondo era accompagnata dallo strumento sacro per eccellenza, l'organo 44.
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Il Sator e il Duomo di Siena Questa solarità 'labirintica' di Cristo risorto è del resto in piena sintonia con la liturgia della Veglia del Sabato santo, che era anche il tempo battesimale privilegiato, la circostanza dell'anno in cui i catecumeni morivano nel battesimo con Cristo e con Cristo risorgevano a una vita senza morte. In tale occasione veniva benedetto il Fuoco nel braciere, al quale attingendo si accendeva il Cero pasquale segnato con la Croce, l'Alfa e l'Omega che lo rendevano immagine di Cristo; il celebrante benediva poi l'Acqua battesimale ("dall'immacolato seno del divino fonte sorga una progenie celeste rinata a nuova vita"), quindi immergeva tre volte il Cero nell'Acqua ("discenda su tutta l'acqua di questo fonte la Virtù dello Spirito Santo"), alitava sulla sua superficie, vi versava "a modo di Croce" l'Olio dei catecumeni prima, il Santo Crisma (olio d'oliva e balsamo) poi. Alla fiamma del Cero avrebbero acceso i battezzati la loro candela, l'una e le altre espressione metaforica della Luce della Resurrezione, Sole della nuova vita che l'immaginazione simbolica voleva giunta dalla stessa direzione da cui giunge, al suo sorgere, la Luce del Sole.
Ix IL SIGILLO DI SALOMONE
ullo sfondo, in tema di grande architettura ed arte sacra, uno scritto apocrifo (redatto in greco) dell'Antico Testamento, il Testamento di Salomone, risalente, si presume, al I secolo d.C., rielaborato in ambiente cristiano un paio di secoli più tardi, ripreso infine dagli Arabi. La storia ivi narrata ebbe grande fortuna. Un demone di nome Ornias deruba la giovane favorita di Salomone, privandola anche della sua vitalità. Il saggio re invoca la giusta punizione sul demone e l'arcangelo Michele, prontamente inviato dall'alto, gli dona un anello con sigillo in forma d'esagramma, cioè di Stella a sei punte, con al centro il nome di Dio. Servendosi del sigillo, Salomone marchia e sottomette Ornias, poi lo stesso Belzebù, angelo decaduto e principe dei demoni, poi ancora altri spiriti del male, tra cui Amelouith, capace di spostare col suo potere magico gigantesche pietre angolari, e porta a compimento la costruzione del grande Tempio di Gerusalemme. La Stella a sei punte trovò dunque un posto di prestigio nel mito della potenza costruttiva di Salomone, il sapiente dei sapienti, colui che nell'apocrifo biblico (di tradizione greca, non ebraica) della Sapienza dice di se stesso: "Pregai e mi fu elargita la prudenza, / implorai e venne a me lo spirito della sapienza. / La preferii a scettri e a troni, / stimai un nulla la ricchezza al suo confronto, / non la paragonai neppure a una gemma inestimabile, / perché tutto l'oro al suo confronto è come un po' di sabbia / e come fango sarà valutato di fronte a lei l'argento. / L'ho amata più della salute e della bellezza, / ho preferito avere lei piuttosto che la luce, / perché lo splendore che viene da lei non tramonta. / (...) / Ella è un tesoro inesauribile per gli uomini; / chi lo possiede ottiene l'amicizia di Dio, / è a Lui raccomandato dai frutti della sua educazione" (Sapienza 7,7-14). Come si diceva, la Stella a sei punte entrò ad un certo momento nell'orizzonte dei lapicidi e degli architetti occidentali, consegnando loro un'efficace angolazione sotto cui interpretare non solo, in generale, la grandezza dell'impresa compiuta dal figlio di Davide, ma anche l'attitudine pia che deve albergare nel cuore di chi su questa terra mette le proprie capacità al servizio di Dio. Come dice infatti il salmo 127, attribuito non per caso allo stesso Salomone: "Se non è il Signore che costruisce la casa, / invano vi si affaticano i costruttori" (versetto 1).
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Inutile aggiungere che dietro questa intuizione attribuita a Salomone c'è quella di Dio-Grande Architetto che ha posto le fondamenta dell'Universo, come lo stesso Yahwe, in persona, richiama alla memoria del ribelle Giobbe nel Suo Primo discorso (Giobbe 38,4-7): "Quando ponevo le fondamenta della Terra, tu dov'eri? / Dimmelo, se sei tanto intelligente! / Chi ha fissato le sue dimensioni, se lo sai, / o chi ha teso su di essa la corda per misurare? / Dove sono fissate le sue basi / o chi ha posto la sua pietra angolare, / mentre gioivano in coro le stelle del mattino / e acclamavano tutti i figli di Dio?".
X FEDE, ARTE SACRA E ALCHIMIA
n formidabile ulteriore aiuto all'imporsi anche in Occidente del Sigillo di Salomone come emblema, simbolo e metafora dell'arte sacra venne dal progressivo convergere e sovrapporsi di simboli entrati a far parte del patrimonio culturale europeo sotto il nome di Ermete Trismegisto. L'atto di nascita di Ermete Trismegisto come "padre" e inventore dell'alchimia 45 risale a un'opera bizantina falsamente attribuita a tal Cleopatra, la Chrysopoeia (o "Creazione dell'oro"): siamo nel VII-VIII secolo d.C. Questo Ermete (un misto di Ermes greco e Thoth egiziano, computato variamente come terzo o quinto di questo nome dalle origini del mondo) era detto "Tre volte grande", almeno nei primi secoli della sua investitura, in quanto sarebbe stato 'grande' come filosofo, come profeta (o Sommo sacerdote) e come re (Faraone). Nel IX secolo, dopo che alcuni testi come il prologo al Testamento di Morieno ("eremita [alchimista] che viveva sui monti di Gerusalemme"), già avevano documentato il passaggio da Bisanzio a Damasco, cioè al mondo arabo, dell'alchimia, il Libro dei segreti della creazione, attribuito a tal Apollonio (creduto da alcuni, erroneamente, Apollonio di Tiana), riporta l'insegnamento cosmologico di Ermete e gli attribuisce la concezione della Tabula smaragdirza, o "Tavola di smeraldo", un breve testo che ne riassume il pensiero nella celebre frase (Alchimia cit., p. 243):
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Ciò che è in basso è come ciò che è in alto, e ciò che è in alto è come ciò che è in basso". Tradotto in immagine, questo pensiero diventava una perfetta Stella a sei punte (fig. 37). In questa incisione (Museum Hermeticum, Francoforte 1779) il risultato finale del Lapis alchemico è espresso come frutto della rotazione degli elementi e dell'unione "di ciò che è in alto con ciò che è in basso", tra Fuoco (il triangolo che punta verso l'alto) e l'Acqua (il triangolo che punta verso il basso). Il Lapis è la copia celeste dell'oro terreno, qui rappresentato come Apollo (il Sole) negli Inferi in mezzo ai Sei restanti Metalli. Se teniamo conto delle parole (Alchimia cit., p. 238) attribuite allo stesso Ermete nel Tractatus aureus (sull'operazione alchemica compiuta in modo perfetto):
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Il Sator e il Duomo di Siena 37. Il processo alchemico e la Stella a sei punte (da Museum Hermeticum, Francoforte 1779)
"Sappiate, figli dei filosofi [gli alchimisti], che il Cielo e la Terra si congiungono a quello che sta in mezzo; infatti quello che sta in mezzo ha un aspetto che concorda col Cielo e uno che concorda con la Terra. Vi è dunque l'acqua che esce da questa pietra [filosofale]; la seconda cosa [quella in mezzo] è l'oro; la terza è il residuo [del processo alchemico]: nel mezzo c'è l'oro, che è più degno di lode dell'acqua e del residuo" 47, ci accorgiamo che l'immagine che ne deriva è una Stella a sei punte col simbolo dell'oro al centro. E il simbolo dell'oro è il medesimo del Sole. Questa immagine (Sole, cioè "oro" al centro di una Stella a sei punte) attribuita a Ermete in persona dischiude la possibilità di interpretare in senso 'ermetico' quella ricorrente in due plutei della basilica di San Marco a Venezia, almeno uno dei quali, d'impronta e derivazione bizantina, sembra essere appartenuto in prima istanza al parapetto di una finestra (IX-X secolo?), l'altro potendo essere una successiva copia (veneziana) del primo. L'originale sembra debba essere quello che si trova nella parete esterna del parapetto della scaletta che porta all'ambone settentrionale (fig. 38). La Stella a sei punte è inscritta in una doppia cornice: a quadrati incrociati (Stella a otto punte, motivo pur esso ricorrente nell'arte cristiana) la più esterna, circolare la seconda, e racchiudente a sua volta un umbone identico al simbolo alchemico del Sole: un'immagine che, posta al centro di una Basilica tutta ricoperta d'oro, trova (o ritrova) una sua pertinenza assoluta. L'ingresso della Stella a sei punte 'ermetica' (cioè da interpretarsi in chiave alchemico-ermetica) nell'Europa latina è databile al primo quarto del XII secolo, allorquando Roberto di Chester, in una breve ma fortunata prefazione alla propria traduzione latina del Testamento del citato fra Morieno da un originale arabo, consegnò all'Occidente a un tempo l'alchimia e la figura del suo presunto inventore, Ermete Trismegisto. Da allora la Stella a sei punte entrò nell'ornamentazione di basiliche e cattedrali. Basti qui citare la cornice del pannello mosaicato di scuola cosmatesca romana del
Fede, arte sacra e alchimia
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38. La Stella a sei punte e il simbolo dell'oro (Venezia, Basilica di San Marco) ;t-IrSeni•->V1V~W.-.'w - 4:44.7.-9"- vi~#7.13"03.Y.-Awe-te",W,UT"ViP,Wnzr -
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39. Variazioni sulla Stella a sei punte in tre lati del pannello mosaicato del Tabernacolo delle Reliquie, detto Tabernacolo Capocci, con Giacomo e Vinia Capocci offrono il tabernacolo alla Madonna col Bambino, 1256 (Vico nel Lazio, chiesa di San Michele Arcangelo) (da Santa Maria Maggiore a Roma, Firenze, Nardini, 1988, p. 160)
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cosiddetto Tabernacolo Capocci (1256) per la navata centrale di Santa Maria Maggiore a Roma (oggi a Vico nel Lazio), vero repertorio di varianti iconografiche della Stella (fig. 39). Fatto ancora più eloquente, la Stella a sei punte entrò anche nella elaborazione delle griglie iscritte in un cerchio che i maestri lapicidi utilizzarono per imprimere il marchio della propria confraternita. Il Ghyka ne ha tratti un certo numero dal repertorio di Franz Rziha (Studien iiber Steinmetz-Zeichen, Vienna, 1883). Tra questi, spiccano quelli basati, appunto, sulla triangolazione, che si ottiene "con la partizione di una rete triangolare di due triangoli equilateri sovrapposti in forma di esagramma iscritti in un cerchio principale" (p. 276). Eccone alcuni (fig. 40).
40. Sigilli lapidei gotici tratti dal repertorio di Franz Rziha
XI GESÙ PRIMO 'ALCHIMISTA'
utto questo conobbe un ulteriore sviluppo grazie ai legami sempre più stretti che vennero stringendosi tra architetti, scultori, pittori e artefici minori (orefici in particolare) ad maiorem Dei gloriam. L'edilizia sacra fu infatti ben presto personalizzata, vale a dire esplicitamente interpretata dai teologi e da chi concretamente vi contribuiva non più solo come replica terrena della Gerusalemme celeste, ma anche come attività di mano, cervello e cuore tutta impegnata, da parte di ciascun singolo operatore coinvolto, a onorare e adornare nel migliore dei modi i luoghi in cui si realizzava il contatto spirituale con Colui che veniva ritenuto primo e più grande degli alchimisti. L'unico che era stato capace, facendosi uomo e morendo in sacrificio per il genere umano e risorgendo, di ottenere l'opera perfetta, l'oro più puro, vale a dire il riscatto dal peccato e la riapertura dei cieli: Gesù Cristo. L'allineamento del calendario cristiano con quello mitraico, cioè solare, è qui ribadito dalla non casuale coincidenza anche col calendario alchemico: il primo grado dell'Ariete, cioè l'Equinozio di Primavera (la "dolce stagione" di dantesca memoria), è connesso con la Creazione dell'Universo, con la Passione ri-creatrice di Cristo e al tempo stesso costituisce l'istante ideale, prescritto per avviare la realizzazione dell'Opera. Il pensiero filosofico-religioso dei Trattati attribuiti ad Ermete Trismegisto (che godettero in Europa di grande notorietà soprattutto dopo la diffusione della traduzione latina fattane da Marsilio Ficino nella seconda metà del XV secolo) sembra essere, così come ci è pervenuto, frutto di una contaminazione neoplatonica di platonismo, stoicismo, gnosi precristiana (forse anche cristiana), aristotelismo e altro ancora, armonizzata dall'idea del Dio Unico. Allo stesso modo, l'intera storia di questo sapere pratico-iniziatico, bizantina e orientale prima, latina e occidentale poi, fu caratterizzata da una progressiva approssimazione 'ideologica' all'idea che anche nell'arte (arte alchemica, detta "arte" per antonomasia, o anche "arte dei filosofi") tutto muovesse a concepire la Divinità, il Creatore (diretto o, indirettamente, tramite un Demiurgo) della Natura come responsabile primo e in definitiva scopo spirituale ultimo d'ogni seria applicazione dell'arte stessa, definita anche "donum Dei" o anche "Gloriosa scienza di Dio, dottrina dei santi, segreto dei filosofi, medicina dei medici" 48.
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Verso la metà del XIV secolo lo Pseudo-Arnaldo da Villanova portò a compimento per così dire 'ufficiale' la cristianizzazione dell'arte alchemica nella sua funzione simbolica, in particolare metaforica", riconoscendone le radici nelle profezie bibliche sulla venuta di Cristo e nel loro inveramento da Lui operato: "Cominciano gli esempi nell'arte dei filosofi dai detti dei profeti e dalle loro parabole circa la venuta di Cristo. E secondo il suo avvento si può comprendere quest'arte e anche orientarsi nella sua realizzazione, poiché Cristo fu esempio in ogni cosa. Pertanto il nostro Elixir [o pietra dei filosofi, o compimento dell'opera] può essere compreso secondo il concepimento e generazione e natività e passione di Cristo" (ibid., p. LI).
XII A SIENA L'UNICA IMMAGINE IN UN EDIFICIO SACRO DI ERMETE TRISMEGISTO
ivenuto dunque tutt'uno con la Stella a sei punte degli alchimisti, a partire dal Due-Trecento il Sigillo di Salomone, grazie soprattutto ad una intima frequentazione degli orafi, entrò nell'orizzonte professionale, oltre che degli architetti, dei pittori, ed è nei pittori che troviamo la più stupefacente testimonianza — seppure ovviamente non più consapevole delle proprie origini — dell'adozione della Stella a sei punte come struttura portante dell'organizzazione calendariale mitraica da parte del Cristianesimo. Poiché ci siamo dati il compito di tornare al luogo e al problema da cui eravamo partiti, cioè al Quadrato a Siena, sulla parete Nord del Duomo, come primo parziale passo di riavvicinamento documenteremo questo processo illustrando qualche esempio tratto dalla pittura senese, che forse non a caso fu la prima e unica a realizzare all'interno di un edificio sacro (e stiamo parlando proprio del Duomo) la figura dell'antichissimo divino sapiente egizio, in veste profetica precristiana, Ermete Trismegisto 5° (fig. 41). L'epigrafe sorretta da due Sfingi a cui Ermete si appoggia con la mano sinistra riproduce, in forma leggermente abbreviata, un passo dell'Asclepius: "Dio, Creatore di tutte le cose, fece un secondo Dio dopo di Sé: un Dio visibile, il primo e il solo in cui si è compiaciuto, e prese ad amarlo assai, come suo Figlio, ed è chiamato Verbo Santo" (c. 8). "Ed è chiamato Verbo Santo" è un'aggiunta, che funge da glossa in senso cristiano di Filius', un termine che in realtà significava 'la Natura', ma che già Lattanzio aveva interpretato come una chiara intuizione della Seconda Persona della Trinità'. L'Asclepius era l'unico dialogo ermetico noto anche nel medioevo (in una traduzione latina falsamente attribuita ad Apuleio). Qui si sarebbero potuti citare altri passi equivalenti traendoli, ad esempio, dal più importante dialogo del Corpus ermetico da appena un quarto di secolo tradotto a Firenze dal greco in latino da Marsilio Ficino, il Poimandres. La scelta era però caduta sull'Asclepius, è lecito supporre, perché questo dialogo conteneva, più oltre, anche una profezia di Ermete sulla caduta degli dèi egiziani, anche questa interpretata come certa predizione della vittoria di Cristo sugli idoli pagani 52: quello che Ermete aveva preannunciato in tono sconsolato, l'interpretazione cristiana esaltava ora con accenti trionfali.
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41. Giovanni di Stefano (attr.), Ermete Trismegisto, 1488 (Siena, Cattedrale, tarsia marmorea del pavimento)
Il Ficino aveva di fatto restituito attualità ad un canone dei profeti pagani precristiani che i primi apologeti avevano redatto nella convinzione che le figure bibliche dei profeti maggiori e minori non fossero state le uniche a preannunciare la venuta di Cristo: tra queste, Orfeo, Platone, le Sibille e, ancor prima, già al tempo dell'autore del Pentateuco, Mosé, lo stesso Ermete Trismegisto. All'entrata del Duomo di Siena Ermete Trismegisto rappresentava la prima tappa di un percorso che portava il fedele all'altare posto nella Crociera esagonale e il cui tema centrale era quello del sacrificio del Figlio di Dio, antevisto, secondo la codificazione di Lattanzio, da una folta schiera di Sibille pagane e di profeti biblici, ma anche di antichissimi 'teologi' come Orfeo, come Zoroastro e come, appunto, il Trismegisto.
LA STELLA A SEI PUNTE NELL'ARTE SACRA SENESE: TRE ESEMPI
rimo esempio. Il ritratto senese del sapiente egizio non ne esaurisce il tangibile influsso sull'arte sacra senese. Una decina di anni più tardi lo stesso Giovanni di Stefano, o altro artista sensibile al pensiero ermetico-alchemico allora in auge 53, disegnò l'enigmatica tarsia in marmo colorato del pavimento della cappella di Santa Caterina (o "della Testa") nella Basilica di San Domenico ", perfetto esempio di immagine sorretta da una virtuale Stella a sei punte (fig. 42). Una nitida Stella a sei punte regge, come si vede, le immagini che abbelliscono il commesso marmoreo colorato nel pavimento della cappella della Testa (fig. 43). L'Anima umana scopre, guardandosi nello specchio interiore, di quanto il peccato l'abbia allontanata dalla bellezza originaria e da Colui che l'aveva creata "a propria immagine e somiglianza". La punta del triangolo orientato verso il basso (definito dalla tre coppie di anatre della cornice) significa la discesa dell'Anima nella generazione, cioè la sua venuta al mondo, mentre la punta del triangolo orientato verso l'alto (rivelato dalla direzione del corno del Liocorno) spiega che il ritorno a Dio può essere garantito solo mediante il nutrimento spirituale contenuto nel Cratere o Calice col Sangue di Cristo. Cristo stesso in aspetto di Pellicano (ai piedi dell'albero posto tra l'Anima e il Leopardo) la guiderà nell'ascesa (le ali dei rapaci sugli alberi di destra e di sinistra) aiutandoci a volgersi a Lui e a riconoscerlo (con sguardo d'aquila) e a combattere con la ragione della fede (becco e artigli) i bassi istinti (la scimmia colpita e ricacciata ai piedi dell'albero di sinistra e la lepre a destra). Ma non mancano, nel repertorio senese, esempi di dipinti in cui la struttura a Stella a sei punte sorregge figurazioni di tipo più esplicitamente narrativo come le Natività e le Adorazioni.
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Secondo esempio. A questa categoria appartiene, unica opera firmata dall'autore, l'Adorazione dei Pastori di Pietro di Domenico, conservata alla Pinacoteca Nazionale di Siena (n. 279, fine Quattro-inizi Cinquecento) (fig. 44) e perfettamente impostato su una Stella a sei punte (fig. 45). Terzo esempio. Uno o più decenni più tardi (1522 o 1523) Domenico Beccafumi dipinge per la chiesa di San Martino, sempre a Siena, una splendida Natività (fig. 46).
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42-43. Orfeo tra gli animali, fine XV secolo (Siena, Basilica di San Domenico, tarsia colorata del pavimento della cappella della Testa di santa Caterina)
La tela risale all'incirca negli stessi anni (1519-24) in cui l'autore lavorava al pavimento del Duomo disegnando per la parte alta dell'Esagono la poco frequentata storia sacrificale di Elia e i sacerdoti di Baal (che sarà terminata, nella parte bassa, solo nel XIX secolo da Alessandro Franchi). L'arco trionfale romano, già in parte ridotto a rudere dal logorio del tempo e dall'avvento di una nuova era, funge da ingresso a una capanna che non c'è. Fatiscente e in gran parte crollata è la griglia lignea che faceva corona all'arco, forse sostenendo una copertura d'edera, articolata sul fianco destro e all'interno, dalla parte dell'osservatore: l'edera se ne è andata per conto suo su e giù per le colonne ed è già in parte rinsecchita. Di quella specie di soffitto è rimasta al suo posto, perfettamente ancorata alla propria orizzontalità, solo una spranga la cui presenza è così perentoria da far pensare che fosse servita scenograficamente a sorreggere una grande tela, che a sua volta non c'è più, a fare cioè da sfondo e protezione, ora solo virtuali, a quanto accade nel proscenio — che infatti non patisce barriere o limitazioni, destinato com'è all'intera, seppure ancora ignara, umanità. La spranga, che costituisce forse una ripresa da Pietro di Domenico o da altra analoga iconografia, spinge con forza dall'alto in basso l'occhio dello spettatore: par-
La Stella a set punte nell'arte sacra senese: tre esempi
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43. La Stella a sei punte in Orfeo tra gli animali, fine XV secolo (Siena, Basilica di San Domenico, tarsia colorata del pavimento della cappella della Testa di santa Caterina)
tendo dalla estremità sinistra esso segue la direzione traguardata dalla cornice che sovrasta gli angelici putti e viene sospinto senza possibilità di errore verso il neonato Gesù: dopo di che non gli è difficile compiere il percorso corrispondente muovendo dall'estremità destra della spranga e nuovamente approdando al sorriso del Bambino, che Maria e un Angelo disvelano a Giuseppe, a Giovanni Evangelista, ad altri Angeli, ai Pastori accorsi . In alto, la Colomba dello Spirito Santo ad ali distese soverchia, protegge ed esalta l'importanza della scena, mentre il cerchio formato dalla catena di braccia degli Angeli superiori, a loro volta quasi sostenuti nel loro volo circolare tripudiante dai due putti alati alle estremità, aiuta ad individuare anche attorno al Bimbo Gesù un cerchio virtuale, dissimulato e corretto dal panno-fondale sollevato da Maria e dalla testa della pecora che ha lasciato i Pastori per vedere da vicino. Ma come in alto il cerchio delle braccia angeliche sembra poggiare sulla spranga orizzontale, così si intuisce che anche in basso il cerchio virtuale che avvolge Gesù tocca e sorregge una spranga invisibile che passa dalla mano destra della Madonna e finisce nella mano destra di Giuseppe, facendosi a sua volta portatrice di una triangolazione guidata dalla cornice dell'arco
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44. Pietro di Domenico, Adorazione dei Pastori, XV secolo (Siena, Pinacoteca Nazionale)
La Stella a sei punte nell'arte sacra senese: tre esempi
45. La stella a sei punte nella Adorazione dei Pastori di Pietro di Domenico, XV secolo (Siena, Pinacoteca Nazionale)
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46. Domenico Beccafumi, Natività, 1524 ca. (Siena, chiesa di San Martino)
La Stella a sei punte nell'arte sacra senese: tre esempi
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46. La Stella a sei punte nella Natività di Domenico Beccafumi, 1524 ca. (Siena, chiesa di San Martino)
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e puntata sulla Colomba. La Stella a sei punte, ancorché in forma ristretta e allungata in conformità con lo spazio disponibile, è ottenuta (fig. 47). Inutile aggiungere che la punta del triangolo orientato verso il basso ha a che fare col Solstizio d'Inverno, la discesa sulla Terra, il farsi di Dio Uomo, mentre la punta del triangolo orientato verso l'alto rappresenta quel perenne Solstizio estivo che Cristo raggiungerà, dopo la Resurrezione accanto al Padre, che qui non si vede, e allo Spirito Santo, che qui si vede. Si noti anche che in entrambi i dipinti disegnano una croce latina: il braccio verticale rappresentato dalla retta che va da punta a punta della Stella, il braccio orizzontale rappresentato dal legno del tetto che fa da base al triangolo puntato verso il basso e che attende di trasformarsi, un giorno, in lignum Crucis.
XIV LA STELLA A SEI PUNTE NELL'ARTE SACRA SENESE: LE STORIE DEL NUOVO TESTAMENTO
a l'esempio senese di Stella a sei punte più compiuto e rivelatore è forse quello offerto da questa tavola cuspidata, risalente a ben oltre un secolo prima, con Storie del Nuovo Testamento 55 (fig. 48). Lasciando ad altra occasione il commento della pur significativa 'galleria' sottostante dei cinque santi e sante (da sinistra: Caterina d'Alessandria, Domenico, Maria Egiziaca, Tommaso e Francesco), notiamo che l'insieme della parte, appunto, narrativa contiene quattro serie di riquadri per un totale di nove scene e una iscrizione. La presenza dell'iscrizione, la diversità di grandezza e forma delle scene intendono sottolineare la diversità di funzione attribuite loro dall'autore. È chiaro che tutto deve ruotare intorno alla Morte in Croce di Cristo. A Cristo sono infatti poste in bocca le prime frasi dell'iscrizione latina che, resa in italiano, suona circa così:
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"Perché mai, o Uomo, ti sorprendi. Muoio perché tu non muoia. Domo la Morte con la Morte, affinché sia l'Uomo a non morire. O voi che passate di qua, fermatevi e vedete se mai vi 'è un dolore grande quanto il mio". In verità, Egli stesso patì le nostre sofferenze e i nostri dolori Egli stesso si sobbarcò: il livore del Suo cadavere ci ha sanati. La lettura dei nove episodi comincia in basso a sinistra con l'Annunciazione [I], e procede 'a meandri', cioè bustrofedicamente, prima verso destra (Natività [2] e Ultima Cena [3]), poi sale all'Orto degli Ulivi [4] e continua verso sinistra passando, al di sopra dell'iscrizione, ai piedi della Croce (metà inferiore della Crocefissione) e alla Resurrezione [5], per poi nuovamente salire al 'Noli me tangere' [6]; infine, ripassando dalla metà superiore della Crocefissione [7], entra nella rappresentazione della Discesa (pentecostale) dello Spirito Santo [8], per concludere infine la sua ascesa nel pannello con l'Assunzione della Vergine [9]. La configurazione stessa della cornice, col suo restringimento superiore ad arco significante il Cielo, aiuta a riconoscere sia la soggiacente Stella a sei punte, sia, esplicitata al suo interno dalla posizione della Croce sul Calvario, la croce latina di un più esteso lignum Crucis (fig. 49).
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48. Storie del Nuovo Testamento, ante 1388 (Siena, Pinacoteca Nazionale, dal convento dei Servi di Maria)
La Stella a se'i punte nell'arte sacra senese: Le Storie del Nuovo Testamento
49. Stella a sei punte e croce latina nelle Storie del Nuovo Testamento, ante 1388 (Siena, Pinacoteca Nazionale, dal convento dei Servi di Maria)
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XV UN DIAGRAMMA SOLARE MODERNO
uò essere interessante, per concludere questa seconda parte, ricordare come, a distanza di secoli e secoli, attenuatasi, per non dire perdutasi, la nozione tipicamente medievale dell'Equinozio di Primavera come inizio dell'Universo e nuovo inizio di Redenzione, il collegamento tra Cristo e il Sole si sia conservato nello stesso cattolicesimo al punto da suggerire alla Ecclesia docens un diagramma in cui, poggiando sulla libertà concessa dall'essere la Pasqua una festa mobile, come pure, di conseguenza, la Pentecoste, si stabiliva (passando dai Segni zodiacali ai mesi) una collocazione della Pasqua ad aprile, dell'Ascensione a maggio e della Pentecoste a giugno, nella stagione in cui il Sole è più alto e il giorno più lungo, la stagione del Solstizio d'Estate, quando massimamente rifulgerebbe "Cristo Nuovo Sole" (fig. 50).
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60. Altar maggiore, coro e pulpito nell'Esagono
IX L'ESAGONO E I DODICI APOSTOLI
a forma a volte orienta e genera elementi simbolici di sostanza. La forma di centro ("cuore") di una Stella a sei punte è allusa nell'altare di Nida dai sei lati che rinviano ai sei Pianeti e le due stelle per lato che rinviano ai dodici Segni zodiacali. Sei e dodici corpi luminosi celesti che costituiscono la doppia corona del dio Mitra, che compie al centro il Sacrificio vivificatore. Già abbiamo anticipato che, nel Cristianesimo, i dodici Segni zodiacali diventarono i dodici Apostoli. L'Esagono del Duomo di Siena non si sottrasse a tale conversione simbolica. Vi è stato infatti un lungo periodo, dal XIII al XVII secolo, in cui ai sei pilastri dell'Esagono del Duomo di Siena, furono addossate, due ciascuno, dalla parte interna, le statue dei dodici Apostoli". Ne abbiamo persino più di una testimonianza visiva. Entrambe dovute al pennello di Raffaello Vanni (terzo decennio del XVII secolo), rievocano la Visione del beato Pier Pettinai°. Pietro o Pier Pettinaio fu "onestissimo mercante" e terziario francescano (11801289). Entrato nottetempo nel Duomo per pregare in solitudine, come soleva, avrebbe avuto la visione di alcuni Angeli che cospargevano la navata centrale di cenere. Poi ecco Gesù avanzare lasciando ben visibili le proprie orme diretto verso l'altar maggiore, sotto la Cupola, dove è atteso dalla Madonna. Ivi giunto, Madre e Figlio prendono posto su due "sedie regali" posate — si noti — sopra l'Altare, mentre una moltitudine di santi e beati comincia ad entrare in chiesa; il loro sollecito ma confuso scalpiccio in direzione dell'altar maggiore cancella le impronte lasciate da Gesù nella cenere. Da ultimo, appare un "poveretto frate", con stimmate ai piedi e saio minorita (evidentemente il Poverello di Assisi), il quale, chino sulla cenere, riscopre e ripercorre le orme originali di Gesù fino all'Altar maggiore, dove è accolto da Gesù e dalla Madonna. Raffaello Vanni segue una volta questo racconto, tratto da una biografia scritta da fra' Pietro da Monteroni nel 1330 (volgarizzata nel 1508, edita nel 1529), un'altra la biografia del camaldolese Silvano Razzi (edita a Firenze tra il 1592 e il 1605). In questo secondo caso ambienta la visione sul pavimento antistante la cappella della Madonna del Voto, ma nel primo, restando fedele allo scenario dell'Altar Maggiore, ci conserva anche la nitida presenza delle statue degli Apostoli addossate ai piloni dell'Esagono (fig. 61).
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L'Esagono e i dodici Apostoli
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61. Raffaello Vanni, Visione del beato Pietro Pettinai°, terzo decennio del XVII secolo (Siena, Cattedrale). Di poco sopra la testa dei santi si riconoscono due delle dodici statue degli Apostoli addossate ai piloni dell'Esagono
X L'ESAGONO E I SEI SANTI PROTETTORI
inché di santi patroni Siena ne ebbe quattro, fu necessario trovare soluzioni spaziali consone a tale numero. La soluzione più brillante fu quella per la vetrata circolare dell'abside di Duccio (1287-1288) 66, con san Bartolomeo, sant'Ansano, san Crescenzio e san Savino posti ai lati dell'Assunzione della Vergine (vent'anni dopo, nella Maestà del medesimo Duccio, san Vittore aveva preso il posto di san Bartolomeo). Ma nel 1481, quando Alberto Aringhieri diventa operaio del Duomo, ai quattro santi 'avvocati' ufficiali della città (san Bartolomeo, sant'Ansano, san Crescenzio e san Savino) si sono aggiunte due figure eclatanti come santa Caterina di Iacopo di Benincasa delle Mantellate domenicane e il francescano san Bernardino Albizzeschi, dell'Ordine degli Osservanti. E l'Esagono ebbe presto i suoi sei protettori a fargli corona: nel 1490 vennero poste al sommo dei piloni della cupola sei statue di stucco dorato, dovute forse alla mano del capomastro nominato dall'Aringhieri, Giovanni di Stefano, figlio del Sassetta (fig. 62).
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62. Le statue dei sei santi protettori che incoronano l'Esagono del Duomo
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63. Duccio di Buoninsegna, Cristo incorona la Vergine, 1286-87 (Siena, Cattedrale, particolare della vetrata circolare nell'abside)
Il termine "corona" è in tal caso il più indicato, dal momento che la doratura mira decisamente ad unificare i sei santi in una gigantesca corona regale, quella stessa che, di dimensioni compatibili, viene posta dal Figlio sul capo della Vergine nella vetrata absidale nel riquadro che rappresenta e sancisce il raggiunto termine dell'Assunzione di Duccio (fig. 63).
XI IL PULPITO DI NICOLA PISANO
he l'Esagono, dal momento della sua concezione e realizzazione, abbia agito, quasi "firma" di fondazione del Duomo, sia come motivo ornamentale che propriamente figurativo, lo si vide ben presto. A pochi mesi dal completamento della cupola (1264), Nicola Pisano, cioè, come potrebbe dedursi dalla tradizione che lo vuole presente e guida nella fondazione della nuova Cattedrale di Siena (dal 1245?), e quindi possibile ideatore o co-ideatore dell'Esagono stesso 67, si dedicò alla realizzazione di quel capolavoro assoluto che è il pulpito della Cattedrale (1265-1268). Qui, merita particolare attenzione il quinto pannello, quello della Crocefissione, con la figura femminile nel ruolo di nascente Ecclesia che muove sollecita verso il Cristo appena spirato offrendogli una lampada fatta a tabernacolo, o tempietto, di
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64. Nicola Pisano, Crocifissione, 1265-68 (Siena, Cattedrale, pulpito, pannello V)
Il pulpito di Nicola Pisano
117 65. Nicola Pisano, Crocifissione, 1265-68, particolare con La Chiesa offre a Cristo appena spirato la fiamma della fede nascente, dettaglio della lampada a tabernacolo (Siena, Cattedrale, pulpito, pannello V)
forma esagonale, con la funzione di contenitore per il "cero pasquale" (figg. 64-65). La Chiesa che, come una giovane Vestale, offre la fiamma della propria fede a Cristo appena spirato sulla Croce compare qui in strutturale contrapposizione alla figura femminile che, nel ruolo di (vecchia e superata) Synagoga, quasi ritraendosi sulla destra dello spettatore, vale a dire alla sinistra di Cristo, rovescia la sua lampada per mostrare all'angelo che la incalza che ha finito l'olio: evidente rinvio alla parabola "delle dieci Vergini" in Matteo 25,1-13, che significa la Chiesa come rappresentante delle cinque vergini sagge e la Sinagoga come rappresentante delle cinque stolte (fig. 66). L'intenzione di adattare l'iconografia della lampada-cero pasquale all'area esagonale a cui il pulpito era destinato nel Duomo senese risalta in maniera ancora più eloquente se si confronta il pannello della Crocefissione con quello analogo scolpito qualche anno prima da Nicola per il pulpito del Battistero di Pisa (fig. 67). 66. Nicola Pisano, Crocifissione,1265-68; alla sinistra di Cristo, la Sinagoga, nelle vesti di vergine stolta, mostra all'angelo che non può — ma forse nemmeno vorrebbe — partecipare al necessario rinnovo della fede (Siena, Cattedrale, pulpito, pannello V)
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Il Sator e il Duomo di Siena
67. Nicola Pisano, Ecclesia offerente, pulpito del battistero di piazza dei Miracoli a Pisa e pulpito del Duomo di Siena, particolari a confronto (da Max Seidel, Padre e figlio. Nicola e Giovanni Pisano, 2 voll., Venezia, Marsilio, 2012, vol. I, p. 71)
Qui la figura femminile che, nel ruolo di Ecclesia, muove verso la Croce reca in dono un oggetto rituale che, sia esso una lampada-tabernacolo, come ipotizza Max Seidel" o, come altri crede, un turibolo per l'incenso, o una pisside per le ostie, in ogni caso non sembra avere alcuna somiglianza con quello offerto a braccia protese dall'Ecclesia senese.
XII PERCHÉ L'ESAGONO? 3. Da Minerva alla Vergine Assunta
"In quel monte i pagani adoravano Minerva, che poi fu convertito ne la casa sacra di Santa Maria, imitando i loro antichi Romani, che convertirono il tempio di Minerva ne la chiesa di Santa Maria de la Minerva" (B. Benvoglienti, Trattato de l'origine et accrescimento de la città di Siena, 1571)
ssendo del tutto evidente che in tal modo Nicola intendeva rendere omaggio alla Crociera — dal pavimento alla meta — del Duomo stesso 69, non si può escludere, è anzi assai probabile che, nella scelta di riprodurre quel virtuale sacello esagonale, e quindi, ancor prima, nella scelta di quel preciso tipo di Crociera, insieme al riferimento paretimologico alla Città (Senae) e al legame 'esagonale' tra il Sabato "sesto giorno" e la Vergine titolare, l'Assunta, agisse anche la volontà di stabilire una sorta di continuità nobilitante con l'immagine (sia pur ricostruita di fantasia) dell'antico tempio, o tempietto, di una dea pagana, che si tramandava si fosse trovata in antico proprio là, nel punto più alto e 'nobile' della Città. Persisteva infatti nella memoria mitica della Città il ricordo di un preesistente tempio dedicato a Minerva ", ricordo che a sua volta si rafforzava rinviando alla struttura e alla vicenda storica del Pantheon romano: a pianta circolare con scansione interna ottagonale, dedicato sotto Augusto "a tutti gli dèi (maggiori)", poi in particolare proprio a Minerva (una dea "vergine" e depositaria della "Sapienza"), e come tale trasformato nel 609 d.C. da papa Bonifacio IV in chiesa cristiana col nome di Sancta Maria ad Martyres71.
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XBI LA PEDANA DELLA MAESTÀ DI DUCCIO
egli ultimi decenni del XIII secolo la moda delle edicole esagonali, con relativa pedana esagonale, comincia a prender piede al di fuori del Senese, come si ricava ad esempio da questa umbra Assunzione della Vergine tra le braccia di Cristo e otto scene della Morte della Vergine' del cosiddetto Maestro di Cesi, collocata dalla critica verso la fine del secolo (fig. 68). Bisogna invece attendere il secondo decennio del secolo XIV per veder ricomparire a Siena qualcosa di esagonale dopo il quinto pannello del pergamo di Nicola Pisano. Fu quando Duccio di Buoninsegna, che sino ad allora aveva raffigurato Madonne col Bambino nelle consuete fulgide vesti, assise sul trono e poggianti su pedane dalle più svariate fogge tranne che esagonali, dipinse per il Duomo (1308-11), al centro di un'immensa e subito celebratissima pala, destinata all'altar maggiore, posto, come sappiamo, a sua volta, come il pulpito di Nicola, all'interno dell'Esagono, una Maestà con la Vergine che poggiava i piedi, questa volta, su una pedana — appunto — esagonale (fig. 69). Fino al 1506, anno in cui il focus architettonico e liturgico del Duomo venne spostato verso l'abside allargato col nuovo altar maggiore del Vecchietta, l'Esagono era diventato e rimase il fulcro assoluto della Cattedrale, condizione esaltata, a quanto pare, da un opportuno accorgimento architettonico: tra il novembre del 1259 e la vigilia della battaglia di Montaperti, che fu poi combattuta vittoriosamente il 4 settembre 1260, era stato
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68. Maestro di Cesi, Assunzione della Vergine e otto scene della morte della Vergine, fine XIII secolo, sportello di sinistra (Dunkerque, Musée des Beaux-Arts)
La pedana della Maestà di Duccio
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69. Duccio di Buoninsegna, Maestà, 1308-1311, particolare della pedana esagonale su cui la Vergine poggia i piedi (Siena, Museo dell'Opera del Duomo)
realizzato un dislivello tra il pavimento della parte restante dell'edificio e l'Esagono. E sull'Esagono, cui era stata data in tal modo maggiore visibilità, furono posti, come sappiamo, coro e altar maggiore: tutt'attorno, una conforme pedana esagonale di più gradini garantiva l'accesso all'uno e all'altro "ex omnibus partibus"". Sopra l'altar maggiore stava la cupola stellata, o meta, qualche anno più tardi completata dal Rosso Padellaio con la copertura di rame (1264).
XIV LA TIPOLOGIA ESAGONALE CONTINUA A RIPRODURSI
elle scenette che nel recto e verso della pala della Maestà raccontano i fatti salienti della Vita della Madonna e quelli della Passione di Cristo, in almeno tre casi il Tempio di Gerusalemme è rappresentato con la cupola esagonale: si
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70. Duccio di Buoninsegna, Funerali della Vergine, 1308-11 (Siena, Museo dell'Opera del Duomo)
La tipologia esagonale continua a riprodursi
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tratta della Tentazione di Cristo sul Tempio, dei Funerali della Vergine (fig. 70), e, ancor prima, dell'indimenticabile Ingresso in Gerusalemme (fig. 71). Questa tipologia esagonale, che, dopo Duccio (come abbiamo anticipato sopra, p. 120), diventa quasi standard in pittura anche al di fuori del Duomo di Siena 74, è prima di tutto nel Duomo stesso che continua a riprodursi anche nel secolo successivo, sia nella raffigurazione di altri templi, sia in quella di alcuni importanti arredi architettonici, sia, come semplici ma non meno significativi "segnali di appar-
71. Duccio di Buoninsegna, Ingresso in Gerusalemme, 1308-11 (Siena, Museo dell'Opera del Duomo)
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Il Sator e il Duomo di Siena 72. Giovanni da Imola, San Marco Evangelista, 1424 (Siena Cattedrale, parete della cappella del Sacramento)
tenenza", in numerosi motivi ornamentali. Nel 1424 Giovanni da Imola scolpì, per un nuovo "pergamo delle prediche", uno dei cinque rilievi che oggi troviamo murati nella parete destra della cappella del Sacramento. Tale formella, dedicata a San Marco Evangelista (fig. 72), fu l'unica portata a termine dal "maestro di pietra" Giovanni: morto il quale il 13 gennaio 1425, per terminare le altre quattro fu scelto Giovanni di Turino. Il nuovo pergamo fu collocato nella navata sinistra, davanti alla cappella dell'Arte dei Calzolai, dove oggi sta l'altare Piccolomini. Vi è motivata incertezza sull'aspetto originario del pergamo e sulla disposizione delle formelle, ma il Leggio esagonale a cui si appoggia l'Evangelista autorizza l'ipotesi 75 che Giovanni, nel realizzarlo, fosse stato influenzato dal progetto di un fonte battesimale esagonale di cui si discuteva proprio in quegli anni e che, realizzato qualche tempo dopo nella sottostante pieve di San Giovanni Battista, fu arricchito nel suo centro da un Tabernacolo pur esso di forma esagonale (fig. 73). Ancora, nel 1438 Giovanni Borghesi succede come operaio del Duomo a Jacopo della Quercia. Dopo una serie di ragguardevoli iniziative (ristrutturazione della residenza vescovile sulla destra, erezione della residenza dell'operaio sulla sinistra del Duomo al posto della copertura del cantiere preesistente), quando è ormai in scadenza, tra la fine del 1448 e l'inizio dell'anno successivo, fa ricoprire di marmo il sagrato della Cattedrale. Di fronte all'ingresso principale commissiona, non si sa a chi, una tarsia con la scena del Pubblicano e del Fariseo (Luca 18,9-14). La parabola è narrata da Gesù mentre è in viaggio coi discepoli per Gerusalemme, dove si compirà il suo destino. Il Fariseo, giovane, spavaldo, giudice benevolo di sé e severo degli altri, vanta i propri meriti di fedele osservante al cospetto di Dio, mentre il Pubblicano non osa nemme-
La tipologia esagonale continua a riprodursi
125 73. Fonte battesimale con tabernacolo centrale, 1417-30 (Siena, Battistero)
no avvicinarsi al Tempio né alzare gli occhi, si batte il petto e chiede a Dio di avere pietà dei suoi peccati. Il Tempio è a pianta esagonale (fig. 74). È un monito a entrare nella Cattedrale con la giusta disposizione d'animo, con modestia, consapevoli della propria debolezza. Un concetto che l'entrante trova ribadito non appena varcata la porta della navata centrale in un'iscrizione sul pavimento che ammonisce: `CASTISSIMUM VIR l GINIS TEMPLUM I CASTE MEMENTO I INGREDI' ("Ricordati
di entrare con animo casto nel castissimo tempio della Vergine" ) 7'.
74. Il Fariseo e il Pubblicano, 1448-49 (Siena, Cattedrale, tarsia marmorea sul sagrato)
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Il Sator e il Duomo di Siena
75. Scultore della cerchia di Antonio Federighi, Battesimo di sant'Ansano, entro il 1478 (Siena, Cattedrale, architrave della controfacciata)
L'architrave del portale maggiore della controfacciata del Duomo è istoriato a sua volta da quattro episodi della vita dell'evangelizzatore di Siena, il giovane martire sant'Ansano, realizzati da scultore della cerchia del Federighi per l'altare della cappella del protettore, portato a termine entro il 1478 77. Nel bassorilievo col Battesimo di sant'Ansano, accanto al Tempio rappresentato nella solita foggia esagonale, il giovane riceve il battesimo chinato in raccoglimento sopra un fonte pur esso esagonale (fig. 75). Tornando al 'Tempio', la stessa identica iconografia la ritroviamo nel commesso marmoreo eseguito nel 1483 su disegno attribuito a Francesco di Giorgio Martini e avente per soggetto la Storia di Jefte (Giudici 11,29-40). Jefte fa voto a Dio che, se lo sostiene nella guerra contro gli Amorrei, lui in cambio gli offrirà la vita della prima persona che incontrerà rientrando a casa (nella città di "Mispa, nella terra di Tob": luoghi non identificati). Jefte vince la guerra, ma la prima persona che incontra rientrando a casa è la sua unica figlia. Jefte le concede due mesi "per piangere la propria verginità" sui monti, dopo di che "compie su di lei il voto che aveva fatto" (11,39): nel commesso senese si vede (in alto, a sinistra) il Tempio, esagonale con cupola, di Mispa, quello stesso in cui aveva formulato il voto, e Jefte che cala drammaticamente il coltello sacrificale sul petto della figlia posta sull'altare (fig. 76).
La tipologia esagonale continua a riprodursi
76. Francesco di Giorgio Martini, Jefte sacrifica la figlia, 1483 (Siena, Cattedrale, tarsia marmorea nel pavimento)
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XV ESAGONI ORNAMENTALI
nche l'Esagono come motivo ornamentale è assai ben rappresentato nel Duomo di Siena, in particolare, anche se non solo, nel pavimento: si va dalle mensole esagonali (Domenico di Niccolò dei Cori, 1423-26) che fanno da piedestallo alle figure di Giosuè, a sinistra, e di Mosé, a destra della scena che nella navata centrale, a ridosso dei gradini che portano al coro attuale, oppone il giovinetto Davide a Golia (scena a sua volta contenente quella di re Davide musico) (fig. 77),
A
77. Domenico di Niccolò dei Cori, Mosé, 1423-26, particolare della mensola-pedana (Siena, Cattedrale, tarsia marmorea nel pavimento)
Esagoni ornamentali
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78. Ubaldo da Cortona, Bartolomeo di Domenico e Francesco di Bartolomeo, fregio a naspo della Storia di Giuditta, 1473 (Siena, Cattedrale, tarsia marmorea nel pavimento)
al fregio "a naspo" esagonale della Storia di Giuditta (eseguito da Urbano da Cortona, Bartolomeo di Domenico e Francesco di Bartolomeo, 1473) (fig. 78), al fregio "a fonte battesimale" esagonale per la Strage degli Innocenti (Francesco di Giorgio e scuola?, 1481) (fig. 79), al pavimento a triangoli col crescente lunare dei Piccolomini assemblati ad esagoni di ventiquattro (ennesimo multiplo di sei) della Libreria Piccolomini (1508) (fig. 80) — per limitarci alle ricorrenze più rilevanti.
79. Francesco di Giorgio Martini, fregio "a fonte battesimale" per la Strage degli Innocenti di Matteo di Giovanni, 1481 (Siena, Cattedrale, tarsia marmorea nel pavimento)
XV ESAGONI ORNAMENTALI
nche l'Esagono come motivo ornamentale è assai ben rappresentato nel Duomo di Siena, in particolare, anche se non solo, nel pavimento: si va dalle mensole esagonali (Domenico di Niccolò dei Cori, 1423-26) che fanno da piedestallo alle figure di Giosuè, a sinistra, e di Mosé, a destra della scena che nella navata centrale, a ridosso dei gradini che portano al coro attuale, oppone il giovinetto Davide a Golia (scena a sua volta contenente quella di re Davide musico) (fig. 77),
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77. Domenico di Niccolò dei Cori, Mosé, 1423-26, particolare della mensola-pedana (Siena, Cattedrale, tarsia marmorea nel pavimento)
Esagoni ornamentali
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78. Ubaldo da Cortona, Bartolomeo di Domenico e Francesco di Bartolomeo, fregio a naspo della Storia di Giuditta, 1473 (Siena, Cattedrale, tarsia marmorea nel pavimento)
al fregio "a naspo" esagonale della Storia di Giuditta (eseguito da Urbano da Cortona, Bartolomeo di Domenico e Francesco di Bartolomeo, 1473) (fig. 78), al fregio "a fonte battesimale" esagonale per la Strage degli Innocenti (Francesco di Giorgio e scuola?, 1481) (fig. 79), al pavimento a triangoli col crescente lunare dei Piccolomini assemblati ad esagoni di ventiquattro (ennesimo multiplo di sei) della Libreria Piccolomini (1508) (fig. 80) — per limitarci alle ricorrenze più rilevanti.
79. Francesco di Giorgio Martini, fregio "a fonte battesimale" per la Strage degli Innocenti di Matteo di Giovanni, 1481 (Siena, Cattedrale, tarsia marmorea nel pavimento)
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Il Sator e il Duomo di Siena
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80. Pavimento originale proveniente della Libreria Piccolomini, 1508 (Siena, Museo dell'Opera del Duomo, Depositi)
XVI LA PORTA DEL CIELO
utti questi esagoni sono segni di una consapevolezza e di una ricerca identitaria ben precisa, che tuttavia si esplicò con la massima efficacia proprio nel corpo, se così si può dire, della Crociera, esaltandone la funzione di "Porta del Cielo" con una mirabile progressione di "gradi ascensionali", incaricati di svolgere il tema del Sei e dei suoi multipli. Già abbiamo ricordato i 12 apostoli e i 6 santi protettori (tra i quali san Bernardino col suo Monogramma a 12 raggi). A questi si aggiungono, salendo verso la cupola, 4 trifore, due a sinistra e due a destra di chi percorre la navata centrale (in tutto 12 luci); sui 12 lati del tamburo su cui poggia la cupola trovano posto 42 Profeti (6x 7= 42 come le tappe dell'esodo degli Ebrei guidati da Mosé secondo l'Antico Testamento, Numeri 33; o come gli Ascendenti di Gesù secondo il Nuovo Testamento, Matteo 1) 78; sopra ancora, 6 angioletti + 6 angioletti (in tutto 12) gi incrociano ed alternano in successione nel nastro circolare dorato che circonda il Sole radioso che suggella il culmine della cupola (fig. 81).
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81. La Torta del Cielo'
XVII L'ESAGONO ABBANDONATO
ei primi anni del XVI secolo, come abbiamo ricordato, l'Esagono perse la sua centralità, l'altar maggiore e il coro furono spostati nell'abside ampliato, fu rimosso anche il pulpito, che ora si trova interamente al di fuori dell'Esagono.
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82. L'Esagono con tarsie del Beccafumi e di Alessandro Franchi, 1519-24 e ottavo decennio del XIX secolo (Siena, Cattedrale, tarsia marmorea nel pavimento)
L'Esagono'abbandonato
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In qualche modo si volle conservar memoria dell'importanza paradigmatica assegnata all'Esagono ospitando le storie di Elia e i Profeti di Baal (anch'esse incentrate sul motivo, dominante nell'intero pavimento del Duomo, del Sacrificio) ripartite in sei esagoni disposti intorno a un settimo centrale più altre sei losanghe poste a riempire gli spazi vacanti ai sei angoli. Le scene della parte alta sono di Domenico Beccafumi (1519-1524), quelle in basso, molto più tarde, di Alessandro Franchi, ottavo decennio del XIX secolo) (fig. 82). Ma quel meraviglioso incanto della centralità 'teologica' dell'Esagono andò in gran parte perduta.
XVIII UNA FELICE INTUIZIONE
erso la fine del XIII secolo il "capomastro" Giovanni Pisano aveva scolpito per la facciata del Duomo di Siena, tra le molte statue di Profeti e Sapienti dell'Antichità, anche quella del X profeta minore Aggeo" (fig. 83) Nell'anno 520 a.C. Aggeo aveva avuto parole di straordinaria efficacia per esortare i suoi connazionali Zorobabele, figlio di Sealtièl, governatore della Giudea, e Giosuè, figlio di Iosadàk, sommo sacerdote, ai lavori per la ricostruzione del tempio di Gerusalemme, un'impresa che avrebbe certamente favorito l'agognato ritorno al benessere sotto l'ala protettrice del Dio che aveva stretto con loro il Patto all'uscita dall'Egitto e che ora, per mezzo della sua profetica bocca, prometteva: "Così dice il Signore delle schiere. Fra poco farò sussultare il cielo, la terra, il mare e la terraferma. Farò tuonare tutte le genti, verrà la ricchezza di tutte le genti e riempirà questa casa di gloria, così ha detto il Signore delle schiere. Mio è l'argento, mio è l'oro, parola del Signore delle schiere. Grande sarà la gloria di quest'ultima casa, ancor più della prima [il Tempio di Salomone], ha detto il Signore delle schiere. In questa sede porrò la pace", parola del Signore delle schiere ". Riproposte come esortazione per la città di Siena, queste parole facevano dei cittadini senesi una sorta di popolo eletto, in particolare nel senso da essi desiderato, cioè come eletta schiera dei fedeli della Vergine, la grande Mediatrice. E i cittadini di Siena, non può esservi dubbio, fecero davvero del loro meglio per realizzare il sogno di avere un secondo "tempio di Gerusalemme". E questo ci riporta, finalmente, al punto da cui eravamo partiti, dal momento che tutto quanto abbiamo raccontato in queste pagine è al tempo stesso espressione della misura in cui quei cittadini seppero realizzare un sogno di tanta devota grandezza, ma anche dell'importanza che in tale realizzazione ebbero i valori simbolici e pratici contenuti nelle cinque parole di cinque lettere del Quadrato magico. Vale a dire: il Sole, il suo percorso annuo, la sua radiosità illuminante, la sua centralità, la connessione — spaziale, temporale e simbolica — tra tale centralità e il Sacrificio, tra la Morte e la Rinascita. Come s'è visto, il Quadrato magico è nato e ha prosperato nell'ambito delle iniziazioni mitraiche dell'esercito romano, per poi proseguire il suo cammino nell'ambito del Cristianesimo. La sua funzione di talismano, in particolare a protezione di edifici sacri, ha continuato ad essere apprezzata, nonostante la difficoltà di comprenderne, del tutto o in
V
Una felice intuizione
135 83. Giovanni Pisano (attr.), Il profeta Aggeo (?), fine XIII secolo (Londra, Victoria and Albert Museum, dalla facciata del Duomo di Siena)
parte, la vera natura e struttura — o forse proprio perché la chiave per comprendere la sua natura e struttura s'era andata rapidamente smarrendo, da un culto all'altro, da una cultura all'altra, da un'epoca all'altra. Non s'erano invece smarrite, correggendosi, riadattandosi ai nuovi contesti, riproponendosi con nuovi contenuti e significati, le simbologie che nel Quadrato si celavano. Da una parte appare dunque improbabile che chi nel quarto decennio del XVIII secolo decise di murare sul fianco destro del Duomo di Siena la piccola lastra di pietra con inciso un Quadrato magico di secoli e secoli prima ne conoscesse il vero ed integrale contenuto, all'infuori della sua importanza, appunto, come talismano e, grazie alla Croce (formata dai due `TENET'), di talismano protettore e, al caso, guaritore inteso ormai in senso perfettamente cristiano. Ma è parimenti ragionevole pensare che chi, cinque secoli prima, lo aveva trasferito e apposto all'esterno del cantiere, ne sapesse di più, ammonendoci la "Pietra di Stenay", collocabile nel XVI-XVII secolo ma riscoperta e studiata nel corso del XIX e oltre, che una memoria del contenuto "solare" del Quadrato si era, sia pure parzialmente, conservata — e sia pure all'interno di cerchie assai ristrette. Vinicio Serino riferisce opportunamente di uno scambio epistolare avvenuto agli inizi degli anni Trenta del secolo scorso tra il professor Mario Mazzoni, esperto senese di esoterismo, e Pietro Bornia, "una autentica stella di prima grandezza nel cielo della conoscenza ermetica", a proposito del possibile significato del Quadrato. Il secondo ne chiese notizia al primo in una cartolina dell'Il novembre 1931: cosa sapeva di quella "strana epigrafe" dall'"oscuro messaggio" presente, oltre che a Siena, "in parecchie chiese medievali d'Italia"? Non essendo stato il Mazzoni in grado di soddisfare la sua curiosità, il Bornia rispose due settimane dopo da Roma con una lettera in cui a sua volta supponeva che "quella formula tanto strana" rappresentasse "una disposizione religiosa" e che fosse perciò preferibile "non darla in pasto al pubblico", argomentando, da perfetto esoterista, che "ciò che è nell'ombra in essa deve restare". In tal modo, noi stessi mai sapremo a cosa pensasse il Bornia, se alla Pietra di Stenay o a qualcos'altro, e quale significato recondito vi riconoscesse - o vi riconoscessero coloro che ne condividevano il segreto.
NOTE ALLA PARTE TERZA 56. La data tradizionale, ma ancora discussa, della consacrazione della Cattedrale da parte del papa Alessandro III Bandinelli è il 18 novembre 1179. Si ignorano di fatto quali fossero gli elementi di discontinuità rispetto alla precedente, romanica, Domus Mariae (IX secolo), mentre non sembra campato del tutto per aria che, come riferisce Orlando Malavolti (Dell'Historia di Siena, Venezia, Marchetti, 1599, vol. V, parte I, c. 62v: cfr. S. Colucci in Le sculture del Duomo di Siena, a cura di M. Caciorgna e M. Lorenzoni, Cinisello Balsamo, Silvana Editoriale, 2009, pp. 61-63), l'edificio del 1179 venisse ampliato, in larghezza e altezza ma con la facciata sempre rivolta a Ovest-Sud-Ovest, su progetto e con la direzione di Nicola Pisano ("Nicola architettore pisano") a partire già dal 1245. Sembra del resto che la leggera imperfezione del disegno esagonale sia da addebitarsi al fatto ch'esso non fu realizzato simultaneamente con i suoi sei pilastri, ma solo in successione di tempo, non essendo del resto certa su ciò alcuna cronologia iniziale ma solo quella finale del 1263-64, epoca in cui la presenza di Nicola nei lavori del Duomo è certa (Die Kirchen von Siena cit., 3.1. Der Dom S. Maria Assunta. Architektur, Miinchen, Bruckmann, 2006, p. 415). Quanto alla facciata, essa fu poi parzialmente "rivestita" dal figlio Giovanni Pisano di marmi, pietre e sculture a fine secolo. Per non parlare dei locali sottostanti, la cosiddetta Cripta, con i suoi straordinari affreschi anonimi (seconda metà del XIII secolo), e il battistero, realizzato tra il terzo e il settimo decennio del XIV secolo con l'intervento di grandi nomi della scultura e della pittura dell'epoca (tra cui il Federighi, il Ghiberti, Donatello, Jacopo della Quercia, il Vecchietta). Nel 1316 fu ampliato l'abside, nel 1339 iniziarono i lavori per un ulteriore e ben più radicale ampliamento dell'edificio, di cui rimane testimonianza, oltre ad un paio di progetti cartacei, la parte conservatasi del cosiddetto Facciatone: l'impoverimento di uomini e sostanze causato dalla tremenda peste del 1348 e gravi problemi di stabilità (si era andati forse un po' troppo in fretta) imposero la demolizione di alcune parti pericolanti del Duomo Nuovo (1357) e un ritorno alla versione anteriore, quella attuata nella seconda metà del secolo precedente. 57. È possibile che un primo tramite verso questa iconografia del Tempio sia stato offerto dai reliquiari del VI-VII secolo (e anche oltre) di fattura bizantina diffusisi in Europa soprattutto a partire dall'invito del papa Gregorio Magno a consacrare le chiese con reliquie della Terrasanta: la forma esagonale di alcuni di essi (con coperchio conico esagonale: esemplare il reliquiario di Agliate) lascia pensare ad una imitazione semplificata del Santo Sepolcro, possibilità che sembra confermata dalla riproduzione del Santo Sepolcro in veste di edicola esagonale quale ci appare sui coperchi di alcune ampolle per gli olii di Terrasanta conservate nel Museo Serpero del Duomo di Monza (ved. E.A. Arslan, Il reliquiario bizantino di Agliate. Dal Giordano al Lambro, in Agliate e il suo complesso basilicale, Atti della giornata di Studi del 29 giugno 2002, Biassono, Edizioni del Museo Civico "Carlo Verri", 2003, pp. 55-75). Interessante notare come l'immagine di tali edicole esagonali sembri anticipare di secoli quella dei sigilli dei Templari (più spesso a pianta ottagonale, forse su suggestione dell'islamica Cupola della Roccia). 58. Allusive probabilmente al "Terzo cielo", quello, oltre i Pianeti e oltre il Firmamento, invisibile ai mortali, di paolina memoria (2 Corinzi 12,1-9), vale a dire al "Giardino [Paradiso] dei Giusti" della tradizione giudaica (ad es. 1 Enoch 60,23). Una simbologia che in versione cristiana sembra riproporsi nel Cristo Giudice che mostra le stimmate sul lato nordoccidentale della volta del battistero di San Giovanni a Firenze: nella mandorla circolare su cui è assiso si distinguono, sopra la Terra, tre sezioni celesti: la prima contiene i sette cieli dei sette Pianeti, la seconda il cielo delle Stelle fisse, il terzo, che fa da sfondo alla testa e al tronco del Corpo del Salvatore, è immerso nell'oro puro . 59. L'unica a battere una via diversa sarà Santa Maria del Fiore a Firenze, che realizzerà, in gara con Siena, una crociera addirittura ottagonale (su cui sorgerà la celebre cupola ottagonale del Brunelleschi): interessante riflessione sul tema ottagonale e i rapporti simbolici tra Duomo e Battistero in L. Irving, Santa Maria del Fiore. Il Duomo di Firenze e la Vergine incinta, Roma, Donzelli, 1999. 60. In M. Caciorgna, R. Guerrini, La virtù figurata. Eroi ed eroine dell'antichità nell'arte senese tra Medioevo e Rinascimento, Siena, Fondazione MPS, 2003, p. 35. 61. A questi otto sono da aggiungere i busti di altri sedici Uomini Famosi aggiunti quattro a quattro nei clipei delle bordure che circondano le allegoriche Virtù, civili e religiose insieme, della Fortezza,
Note alla parte terza
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della Prudenza, della Giustizia e della Magnanimità (e forse non è del tutto un caso se i Romani esemplari qui prescelti assommano a un multiplo di sei, ventiquattro). 62. Sulle origini etrusche del nome della città ved. Siena: Le Origini. Testimonianze e miti archeologici, catalogo della mostra: Siena, dicembre 1979-marzo 1980, a cura di M. Cristofani, Firenze, Olschki, 1979, p. 3 ss. 63. Devo la notizia, coi riferimenti bibliografici che seguono, a Giovanni Minnucci: F. Liotta, L'opera legislativa di Gregorio IX e Bonifacio VIII, in I poteri universali e la fondazione nello Studium Urbis. Il Pontefice Bonifacio VIII dalla Unam sanctam allo schiaffo di Anagni (Atti del Convegno di studi, Roma-Anagni, 9-10 maggio 2003 ("Archivio per la storia del diritto medioevale e moderno"), a cura di G. Minnucci, Bologna, Monduzzi, 2008, p. 86 e n. 52. 64. A cominciare dal fatto che i due Esagoni ripetono il medesimo orientamento: se infatti completiamo la figura aggiungendole le sei punte sottintese, constatiamo che la disposizione di entrambi, coi lati superiore e inferiore orizzontali, richiama la corretta forma d'una Stella a sei punte (NordSud, Alto-Basso), ciò che non sarebbe se fossero disposti lateralmente, in modo verticale (Est-Ovest). 65. Non si tratta della stessa serie di statue degli Apostoli eseguite da Giuseppe Mazzuoli e aiuti che nell'Ottocento vennero temporaneamente sospese ai piloni della Navata centrale, essendone rimosse verso la fine del secolo (foto in Le sculture del Duomo di Siena cit., 2009, p. 66). 66. Oculis Cordis. La vetrata di Duccio, a cura di M. Caciorgna, R. Guerrini, M. Lorenzoni, Pisa, Pacini, 2007. 67. Ragionevoli considerazioni al proposito di Silvia Colucci, Le mensole della Cupola: un precoce intervento di Nicola Pisano nel cantiere del Duomo di Siena in Le sculture del Duomo di Siena cit., pp. pp. 61-63. 68. Ved. l'intera argomentazione di M. Seidel in Padre e figlio. Nicola e Giovanni Pisano, Venezia, Marsilio, 2012, vol. I, p. 164 ss. 69. Forse non è un caso, in tale ordine di idee, se il figlio Giovanni, trattando il medesimo soggetto iconografico nella Fontana Maggiore di Perugia, avrebbe dato al tabernacolo retto dall'Ecclesia una forma quadrangolare (ved. riproduzione del particolare in M. Seidel, Padre e figlio cit., vol. I, p. 224). 70. Sulla preesistenza in loco di un tempio o tempietto a Minerva la scienza archeologica odierna preferisce arroccarsi su posizioni di marcato scetticismo, se non addirittura negazioniste (ved. ad esempio Siena: le origini cit., p. 147), ma, sembra di poter affermare, a torto: basta un po' di buon senso per indurci a non prendere sottogamba la testimonianza quattrocentesca del Benvoglienti che abbiamo messo in epigrafe di questo capitolo (ved. opportunamente M. Caciorgna, Virginis Templum. Cattedrale, Cripta, Battistero, Siena, Opera della Metropolitana-Sillabe, 2013, p. 11). Senza dire che dal punto di vista di questa "mitologia metropolitana" la "verità" della notizia a fronte di ciò che la gente ha creduto e crede non ha alcun peso. 71. Taddeo di Bartolo, 1414: nel Sottarco dell'anticoncistoro, accesso dalla Sala del Mappamondo, il Pantheon si riconosce nitidamente nella Mappa topografica di Roma antica (riproduzione del particolare in Palazzo Pubblico di Siena. Vicende costruttive e decorazione, a cura di Cesare Brandi, Siena, MPS, 1983, p. 211, n. 263). 72. Giotto e compagni, a cura di D. Thiébaut, Parigi, Musée du Louvre, 2013, schede di E. Revaud e A. De Marchi, pp. 94-99. 73. E. Carli, Il Duomo di Siena, Genova, Sagep, 1979, p. 15. 74. Basta entrare nella Pinacoteca Nazionale di Siena per registrare un certo numero di Madonne Trono con Bambino che poggiano i piedi su pedane esagonali (da quella dell'Ignoto, n. 183 del catain logo: tra il 1360 e il 1370, a quella di Neri di Bicci, n. 320 del catalogo: 1482), come pure riprese del motivo del tempio-edicola a base esagonale (ad esempio Bartolo di Fredi, Gioacchino scacciato dal Tempio, n. 99 del catalogo: fine Quattrocento-inizio Cinquecento).
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Il Sator e il Duomo di Siena
75. G. Fattorini, I rilievi di Giovanni da Imola e Giovanni Turino per il pergamo delle prediche, in Le sculture del Duomo di Siena cit., pp. 96-101, p. 100. 76. Un modo assai originale, e `virginalmente' mite, materno, di attuare i rituali meccanismi di interdizione, quelli che da secoli e secoli proteggevano l'ingresso dei luoghi sacri dai visitatori indegni con una varietà di strumenti sia architettonici che statuari dei quali il più famoso e ricorrente è rappresentato dalla figura del Leone 'guardiano' (che pure non manca nella stessa porta principale del Duomo senese). 77. G. Fattorini, Quattro Storie di sant'Ansano del tempo di Antonio Federighi, in Le sculture del Duomo di Siena cit., pp. 32-35, a p. 35. 78. Non è improbabile, a tal proposito, che proprio alla ripartizione in tre successive serie di 14 degli antenati di Gesù nel primo capitolo del Vangelo di Matteo si ispirasse sia la ripartizione urbanistica in Terzi della città di Siena, sia l'assestarsi del numero delle Compagnie di contrada a partire dalla metà del Trecento nel numero di non più né di meno di quarantadue. 79. Identificata con buona probabilità da John Pope-Hennessy, conservata al Victoria and Albert Museum di Londra. R. Bartalini, Giovanni Pisano statuario: il 'San Pietro' di Gallico, in Scultura gotica in Toscana: maestri, monumenti, cantieri del Due e Trecento, Cinisello Balsamo, Banca Monte dei Paschi-Silvana Editoriale, 2005, pp. 54-65, p. 58 ss. 80. I dodici Profeti, a cura di E. Loewenthal, Torino, Einaudi, 2013.
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NOTA
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T l testo del cosiddetto Quadrato magico, come s'è visto, fu probabilmente elaborato in tale forma a Roma in ambito di iniziazioni mitraiche al tempo di Nerone — o immediatamente dopo. Ebbe grande fortuna anche fuori di Roma: l'archeologia ne ha rinvenuto testimoni risalenti al II, III e IV secolo d. C. anche in molti insediamenti militari allineati lungo i confini dell'Impero: dal Nord dell'Inghilterra alle rive dell'Eufrate, passando per Germania e Ungheria. Soppressi i culti mitraici, il Quadrato continuò a prosperare, invertendo l'ordine delle parole (SATOR' al primo posto in alto, `ROTAS' all'ultimo in basso) nel nuovo universo cristianizzato: a Roma stessa, come pure nel Vicino Oriente — fino alla remota Cappadocia, fino all'Egitto e all'Etiopia: dovunque legato al nome di Cristo, dovunque fungendo sostanzialmente e innanzitutto da amuleto. Scomparse nel primo medioevo, le testimonianze del SATOR riappaiono in Italia e Francia nel secondo, al tempo delle Crociate, poi anche in Germania e altrove. Lo troviamo inciso soprattutto in chiese e magioni legate all'ordine dei Templari, ma anche vergato in manoscritti biblici, giuridici, magici dove ha un valore beneaugurante, o curativo (ad esempio per la buona riuscita di un parto, o per ridurre all'obbedienza un cavallo ribelle) o apotropaico (soprattutto, come sin dall'inizio, contro fulmini e incendi). Queste presenze si moltiplicano fino al XV-XVI secolo, poi si diradano, per assumere infine un carattere più che altro estetico, grafico, o anche solo enigmistico. L'offuscarsi della sua funzione è all'origine del proliferare delle interpretazioni. Così, nel XIX secolo si scatena una vera e propria "caccia al significato", o ai significati, del SATOR'. Ancor oggi, se i toni, un tempo molto accesi, si sono generalmente placati, continua una caccia cui hanno dato ulteriori armi le possibilità offerte da internet.
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Questa otto-novecentesca "guerra del Quadrato", intensamente combattuta soprattutto fino agli anni Quaranta del secolo scorso, ha inizio in Francia, con una virulenza alimentata dalla scoperta di nuove testimonianze archeologiche e letterarie, e ben presto si estende alla Germania protestante e all'Italia cattolica e, infine, ad appassionati d'ogni parte del mondo. Il conflitto opponeva essenzialmente studiosi che riconducevano il SATOR' a un'origine cristiana oppure, al contrario, pagana. Esportato oltre Oceano con la scoperta delle Americhe, il Quadrato, come ci ricorda Rino Camilleri (Il Quadrato magico. Un mistero che dura da duemila anni, Milano, BUR, 2013 = 1999), si diffonde nel Nuovo Mondo un po' dovunque conservando il fascino e qualche valenza talismanica dell'enigma ma relegando di fatto in secondo piano la ricerca scientifica intorno al suo significato: se ancora fino al secolo scorso è usato come toccasana contro il morso di serpente (Brasile), finisce poi per dare il nome a una libreria di tendenza ("All'insegna del Palindromo", a Berkeley, California), e diviene soggetto privilegiato del complicato ma brillante romanzo Avalovara, pubblicato nel 1973 da uno dei padri della nuova letteratura brasiliana, Osman Lins. Negli Stati Uniti, una predicatrice radiofonica riscuote un'enorme successo tra gli anni Venti e la Seconda Guerra mondiale con una 'Chiesa' da lei fondata, chiamata "del Quadrato Evangelico". Questo riuso fantasioso avviene peraltro anche in Europa. Il termine SATOR' serve a titolare società agricole o di servizi nel settore ambientale, o imprese che vendono strumenti per lo studio del cielo, ma anche consorzi teatrali, associazioni dedite alla protezione di cani e gatti, atelier multidisciplinari nell'ambito del libro d'arte, video di musica heavy metal, giochi strategici del genere fantasy, finti vermi da pesca semoventi ad altissima tecnologia, repertori di video sui misteri del mondo, un vino di Montescudaio. Non mancano naturalmente nemmeno anche da noi riprese letterarie romanzate: valga per tutti il riuso fattone da Francesco Ferretti nel Libro segreto di Dante (Newton Compton, Roma 2011 = 1975). Una moda dispersiva che, se contribuisce ad una perdita di identità pressoché totale del Quadrato, ne garantisce anche la sopravvivenza e la diffusione. Come è stato più volte intuito, la lettura iniziale del testo deve necessariamente essere bustrofedica, cioè sinuosa, a direzioni contrapposte, come è sempre stato il percorso dei buoi non solo nell'aratura, ma anche nella semina (azione connessa metaforicamente col termine SATOR'). Se ne ricava un significato all'apparenza molto semplice, che sembra echeggiare ben noti proverbi di saggezza popolare. Ad esempio: "Il seminatore raccoglie i frutti di ciò che ha seminato", in breve: "Chi semina raccoglie (secondo i suoi meriti)". Così già un secolo e mezzo fa aveva spiegato, senza andar oltre, un enigmista francese che si siglava "E. M." e sintetizzava
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il messaggio del Quadrato nella formula vagamente evangelica: "a chacun selon ses oeuvres" ("L'Intermédiaire des Chercheurs et Curieux", 3, 1866, coll. 522-524). Il risultato è deludente, e ha indotto molti a lasciar perdere, liquidando il tutto come un elementare indovinello: così, ancora un secolo dopo "E. M.", Margherita Guarducci ("Archeologia Classica", XVII 1965, p. 219 ss. e XIX, 12967, p. 144 ss.). Di fatto era impossibile procedere e far tesoro di questa prima lettura non sapendone abbastanza, oltre che di latino e greco, anche e soprattutto di astronomia grecoromana. Mi son messo alla prova, e mi lusingo di aver scardinato le barriere che impedivano il proseguimento della decodificazione del Quadrato per almeno quattro tappe successive alla prima lettura bustrofedica, il cui significato concerne ogni volta il Sole, i suoi movimenti annui, il loro significato simbolico e le implicazioni via via maturate nel suo riproporsi per quasi, ormai, due millenni di storia. A conferma di questo, e ad anticipazione di quanto avrò modo di illustrare in altra sede grazie alla competenza, ispirazione e collaborazione che mi è venuta or ora, proprio in limine, dall'amico e grande ispanoamericanista, poi appena scomparso, Antonio Melis, posso affermare che anche la versione in lingua chechua del SATOR, risalente al XVI secolo, sembra ribadire le connessioni qui prospettate col Sole e i suoi movimenti. Lo scopriamo leggendo la secentesca Historia generai del Perù del padre Martin de Murua dell'Ordine di Santa Maria della Mercede (1611, ed. a cura di M. Ballestreros, Buenos Aires 1953, p. 329 ss.), nella quale l'autore riferisce di una novella contenente tale versione. In una valle non distante da Cuzco, sede di uno dei più famosi templi del Sole della storia, il Chingana (o "Labirinto"!!) di Curi Cancha, vive il giovane e bel pastorello Acoyatapia impegnato a custodire le greggi destinate ai sacrifici al dio Sole. Di lui si innamora, innamorandolo a sua volta, una Figlia del Sole, Chuquillanta. La giovane è sedotta sia dall'abilità e melodiosità con cui il pastorello suona il flauto nei momenti di pausa, ma anche da una "fascia d'argento" (detta "kanipu", ovvero "utussi", richiamo alla Luna) nella quale compaiono riprodotti con somma arte "due" minuscoli "buoi all'aratro" (richiamo agli spostamenti del Sole entro la fascia celeste compresa tra i due Tropici) intenti a "mangiare un cuore" (metafore del tormento amoroso). Alle Figlie — come alle Mogli — del Sole essendo proibito di unirsi ad esseri esterni al "Palazzo del Sole", Chuquillanta è terrorizzata dalla scoperta del proprio amore, ma un usignolo comparsole in sogno la invita a non disperare, a recarsi al centro delle quattro fonti da cui sgorgano i quattro fiumi che ripartiscono gli spazi dei domini del Sole (i quattro punti cardinali) e a far sì che il proprio canto si armonizzi con la melodia delle fonti medesime: se ci riuscirà, il suo amore andrà a buon fine. Recatasi al centro delle quattro fonti (cioè ponendosi nella posizione
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più favorevole, quella dell'Equinozio di Primavera), Chuquillanta, riandando con la memoria alle seducenti immagini della fascia argentata del pastorello, canta soavemente la formula `satoriana': "MICUC USUTU CUYUC UTUSSI CUSIN", cioè, all'incirca, "buoi all'aratro che state mangiando un utussi che si muove pieno di grazia". Le fonti dicono di non sapere il significato della parola-chiave utussi, ma il resto della storia, su cui non è qui necessario dilungarsi, dimostra che questo termine richiama ad un tempo la fascia d'argento del pastorello, la forza del suo amore e sua forza generativa. Alla formula incantatoria di lei le quattro fonti fanno eco perfetta, l'amore si realizzerà. Tornando a noi, il Duomo di Siena è l'edificio più importante, per il prestigio, ma anche per la complessità delle componenti culturali e la ricchezza delle simbologie evocate, che a tutt'oggi risulti segnato dalla presenza del Quadrato. L'ultima parte della ricerca tenta di approfondire alcuni dei possibili significati che hanno legato, quasi per misteriosa osmosi, la piccola lapide 'magica' alla chiesa cattedrale e alla sua singolare bellezza. Concludo esprimendo la mia più vera gratitudine a mia moglie Gavina Cherchi per l'impegno critico della revisione del lavoro, a Marilena Caciorgna per l'attenzione storico-artistica riservata a una delle ultime redazioni, infine a Laura Neri che ha accolto questa mia fatica tra i titoli di Nuova Immagine. G. C. Casa Vittoria, 22 aprile 2016
INDICE DEI NOMI, DEI LUOGHI E DELLE COSE NOTEVOLI Africa, 33 Agape mitraica, 55 Agrimensura, 26 ss. Alberto Magno, 64, 92 Alchimia, 71 e Gesù, 75 donum dei, 75 Alessandro III Bandinelli 136 Anastasis del Santo Sepolcro, 98 Antico Testamento, 57 s., 59, 63, 106 s. Jefte, 126, 127 Mosè nel deserto, 131 Apollonio (alchimista), 71 Apologeti, 54 Apuleio, 77 Aquincum, 29, 51 Aringhieri Alberto, 114 Aristotele, 102 ss. Arnolfo di Cambio ciborio di San Paolo fuori le Mura, 100 Arvali, fratelli, 25 Asia Minore, 33 bizantina, 61 E.A., 136 Aspesi F., 46 Astri erranti, v. Pianeti Aura Mazda, 48 Aureliano, 54 Auxerre cattedrale, 67 Ballestreros, M., 147 Bartalini R., 138 Bartolo di Fredi, 137 Bartolomeo di Domenico fregio a naspo, 129 Beare W., 48 Beccafumi Domenico (Natività della chiesa di San Martino), 7986 pavimento dell'Esagono, 132 s. Benvoglienti, B., 119, 137 Bonifacio IV, 119 Bonifacio VIII, 109 Borghesi Giovanni tempietto del sagrato del Duomo, 124 s. Bornia Pietro, 135 Brandi Cesare 93 Brunelleschi Filippo, 136 Budapest, 29 bustrofedico 15, 20 ss. Caciorgna Marilena, 92, 136, 137, 148 Carnilleri Rino, 46, 146 Carcassonne, 30 Carli Enzo, 93, 137
Catoni Giuliano, 46 Cecco Angiolieri, 92 Censorino, 25, 47 Ceppari Ridolfi M.A., 92 Cercle Saint Dagobert II, 30 Cherchi Gavina, 148 Cina, 33 Chartres cattedrale, 31 vetrata della Passione, 31 crociera, 102 Chiarini Gioachino Quattro cerchi, tre croci, 46 Odisseo. Il Labirinto marino, 46 I cieli del mito, 48 Sul numero sette, 48 Ficino, 93 Il Calice e lo Specchio, 93 Chrismon, 28, 51 s., 106 Cleopatra (alchimista), 71 Colucci S., 136, 137 Concilio di Trento, 92 Cornovaglia, 11 Costantino, 28, 51 s. Editto di Milano, 54 apparizione, 58 Cristianesimo, 32 e Mitraismo, 54 ss. calendario, 55 Cristo (Gesù), 31 e il chrismon, 51 e il cristogramma, 52 = Sator, 54, 59 s. Eliodromo, 55 Nuovo Sole, 57 ss., 90 s. sulla Croce, 61 Nazarenus, 61 luce di giustizia 65 s. risorto (e la veglia del Sabato santo), 68 primo alchimista, 75 s. 'filius', 77 Sol Invictus, 92 Christe eleison, 107 sogno del beato Pier Pettinaio, 112 s. Cristo Giudice, 136 Cristofano di Bindoccio, 93 Cristofani M., 137 Crociera, v. Chartres, Esagono, Tours Cupola della Roccia, 98 Dagobert II, 30, v, anche Cercle Saint Dagobert 11 Dante Inferno I 39-40, 12 Paradiso I 37-42, 11 luce crescente nel Paradiso, 41, 46
De Cramer R., 90 Dia (> Cerere), 25 Diagramma solare moderno, 90 Diocleziano, 54 Domenico di Niccolò dei Cori, 128 pedana di Mosè nel pavimento del Duomo di Siena, 128 Donatello 136 Duccio di Buoninsegna Maestà, 99 pedana della Maestà, 120 s. tempio esagonale di Gerusalemme, 122 s. vetrata del Duomo di Siena, 114 s. Diirer Albrecht, 47, 90, 91 Dureau-Lapeyssonnie J.-M., 92 Egitto bizantino, 61 Eliogabalo, 54 Equinozio d'Autunno, 13, 37, 42 Equinozio di Primavera, 12 ss, 23, 35-38, 45 Passione di Cristo, 55, 75 s., 90, 100, 148 Ermete Trismegisto, 71 Tractatus aureus, 71 Corpus H., 75 nel pavimento del Duomo di Siena, 77 s. Asclepius, 77, 92 Poimandres, 77 s. e Mosè, 93 Esagono, 34, 43-45, 48 esalfa, 64 crociera del Duomo di Siena, 97-133 cupola esagonale, 98 e la Vergine, 105 e l'altare di Nida, 110 ricostruzione dell'esagono del Duomo di Siena, 111 i dodici apostoli, 112 i santi protettori, 114 tema esagonale nel Duomo di Siena, 122-131, v. anche Domenico Beccafumi, Franchi Alessandro, Paciarelli Giovanni Etiopia bizantina, 61 Eubulo, 36 Europa bizantina, 61 Eusebio di Cesarea, 51 Fattorini G., 138 Faust, 64 Federighi Antonio Battesimo di Sant'Ansano, nella controfacciata del Duomo di Siena, 126, 136
150 Fenicia, 33 Ferretti Francesco, 146 Fra' Pietro da Monteroni, 112 Francesco di Bartolomeo fregio a naspo nel pavimento del Duomo di Siena, 129 Francesco di Giorgio Martini Natività della Pinacoteca Nazionale di Siena, 98 Jefte nel pavimento del Duomo di Siena, 126 s. fregio della Strage degli Innocenti nel pavimento del Duomo di Siena, 129 Franchi Alessandro completamento dell'esagono, 132 Frua Gino, 30 Galizia, 11 Gematria, 64 Ghiberti Lorenzo, 136 Ghyka M.C., 64, 74, 92 Giacomini Anna, 46 Giona, 92 Giorgi A., 46 Giovanni da Imola leggio esagonale di San Marco, 124 Giovanni di Paolo, 98 Giovanni di Stefano pavimento in San Domenico di Siena, 79-81 santi protettori, nell'esagono, 114 Giovanni Pisano Aggeo (Londra Victoria and Albert Museum), 134 s., 136 Giuliano l'Apostata, 54 Gregorio Magno, 136 Gregorio IX, 109 Groma, 26 Grosser Felix, 63 Guarducci Margherita, 147 Guerrini Roberto, 92, 104, 136 Guglielmo di Prussia, 30 Guillaume de Villiers, 62 India, 33 Isidoro di Siviglia, 109 Jacopo della Quercia, 136 Kern H., 46, 92 Kircher Athanasius, 64 Labirinto cretese, 11 ss., 15 pasquale, 67 s. Lattanzio, 78 Liotta F., 137 Lignum Crucis, 86, 87 Lins Osman, 146
Il Sator e il Duomo di Siena Loewenthal E., 138 Omodeo, A. 48 Londra Opalia 48 Victoria and Albert Museum, Orfeo, 78 135, 136, v. anche Giovanni ' Origene, 39 Pisano Ostensorio, 53, 92 Lorenzoni M., 137 Ovidio Metamorfosi, II 130-133, 17,47 Maestro di Cesi, 120 Malavolti Orlando, 136 Parigi Manilio, 46, 47 Galerie Kugel T., 12 Marcucci Agostino, 10 Cattedrale di Nótre-Dame, 100 Mariotti S., 47 s. Marsilio Ficino, 75, 77, 92 Pereira, M., 92 Martin de la Rua, 147 Paciarelli Giovanni, 96 Matteo di Giovanni, 129 Pianeti (astri erranti), 33 Mazzoni Mario, 135 nei Mitrei, 36 ss. Mazzuoli Giuseppe, 137 sette porte mitraiche 39 Melis Antonio, 147 armonia del cosmo, 47 Merckelbach (immagini da), 36 s., Pietro di Domenico 39, 43 s., 48 Adorazione dei pastori della il martire Giustino e il culto Pinacoteca Nazionale di Siena, mitraico, 92 79, 82 s. Messori Vittorio, 46 Pisa Minerva, 119 Battistero, 118, 120 tempio, 119, 137 Platone, 78 Minnuccì G., 137 Plinio il Vecchio, 25, 47 Mitra, 19, 36 ss. Poeschke, J., 92 iniziazioni romane, 39 ss. Pompei, 47 sette gradi, 40 s., 42-45 Pope-Hennessy John, 138 'invitto', 53, 54, 55 Porfirio, 36, 48 Mitraismo, 32 Poulle-Drieux Y., 92 Mitrei, 19, 36 ss. Pseudo-Arnaldo di Villanova, 76 di Felicissimo, 39 ss. Pseudo-Dionigi, 41 di Marco Terenzio Senecione, 45 Quattro angoli della Terra, 26, 100 Moeller W.O., 48 Morieno, alchimista, 71 s. Razzi Silvano, 112 Moscadelli S., 46 Reims Mosè, 78 Cattedrale, 67 Museum Hermeticum, 71 s. Renania, 42 Riedl P.A., 93 Neri di Bicci, 137 Rivart M., 30 Neri Laura, 148 Roberto di Chester, 72 Nerone Novello dio Mitra'), 19,47 Roberto Grossatesta, 109 Niccolò di Buonaccorso, 93 Roma, 27, 28, 29, 39, 40, 48, 51, Nicola Pisano, 10, 46, 110 52, 104, 135, 137, 145 pulpito del Duomo di Siena, 116 Basilica di San Paolo fuori le SS. Mura, 100 Crocefissione, 116 ciborio, 100 la Chiesa, 117 Basilica di San Pietro, 55 la Sinagoga, 117 Mausoleo dei Giulii, 55 pulpito del Battistero di piazza Basilica di Santa Maria dei Miracoli a Pisa, 118, 120 Maggiore, 73 ss. la crociera esagonale del Duomo Tabernacolo Capocci, 73 s. di Siena, 119, 136 Pantheon, 98, 119, 137 Nida Romolo, 25 pala e altare, 42 ss. Rosso Padellaio, 121 nodus, 12, 23 ROTAS, 17-48 Nuovo Testamento, 57 s., 59 s., v. Rziha Franz, 74, 76 anche Storie del Nuovo Testamento alfa e omega 63 SaenalSena e Senae, v. Siena Pubblicano e Fariseo, 124, 131 Saint Dagobert, priorato, 30
Indice dei nomi, dei luoghi e delle cose notevoli Salomone, 69 s. Tempio di S., 100 San Bartolomeo, 114 San Basilio, 109 San Benedetto, 66 San Bernardino da Siena Cristogramma, 52 s., 92 nell'esagono, 114 San Bonaventura, 109 San Francesco d'Assisi, 112 San Giovanni Vangelo, 57 Sano di Pietro, 52 San Paolo ep. ai Romani, 92 Sant'Agostino La Città di Dio 92 perfezione del sei, 106 ss. riposo del settimo giorno, 108 Sant'Ambrogio, 109 Sant'Ansano, 114 Santa Caterina da Siena e il sesto giorno, 105 sull'Esagono del Duomo 114 San Savino 114 San Tommaso d'Aquino, 109 San Vittore, 114 SATOR, 9, 10, 11 e la Croce, 61 s. SatorlSoter, 61 litania incantatoria (formula magica cristiana), 61 cinque piaghe, cinque chiodi, tre pastori, 62 in magia nera, 64 Saturnalia, 48 Scala planetaria, 33 Scudo di Achille (Biade XVIII), 45 Segesta, 25 Segni zodiacali (ruota, arco z.), 15, 37 s., 42, 45, 112 Sei (numero) 102-109 efficacia formale e sostanziale 109 esameron, 109 santi protettori, 114 s. Seidel Max, 118, 137 Seia, 25 Sens, 67 Serino Vinicio, 92, 135 Sibille, 78 Siena Accademia dei Fisiocritici, 13 Basilica di San Domenico, cappella della Testa di santa Caterina, 79-81, v. anche Giovanni di Stefano
Battistero, fonte battesimale, e tabernacolo esagonali, 125 chiesa di San Martino, 79, 84, 85, v. anche Beccafumi Domenico Duomo di Siena, 9, v. anche Esagono, Nicola Pisano cupola del Duomo, tema del sei, del dodici e del quarantadue, 131, v. anche Esagono Libreria Piccolomini, pavimento a esagoni, 130 pavimento e sagrato, 78, 80, 93, 96, 98, 102, 105, 112, 119, 121, 124, 125, 127, 128, 132, 133, v. anche Antico Testamento, Borghesi Giovanni, Bartolomeo di Domenico, Beccafumi Domenico, Domenico di Niccolò dei Cori, Ermete Trismegisto, Francesco di Bartolomeo, Francesco di Giorgio Martini, Giovanni di Stefano, Nuovo Testamento, Ubaldo da Cortona pulpito, 46, 110, 111, 116, 117, 118, 120, 132, v. anche Nicola Pisano santi protettori, v. Esagono vetrata, 114 s., v. anche Duccio di Buoninsegna Museo dell'Opera del Duomo, 9, 46, 96, 121, 122, 123, 130, v. anche Duccio di Buoninsegna Pinacoteca Nazionale, 79, 82, 83, 88, 98, 99, v. anche Francesco di Giorgio Martini, Pietro di Domenico, Storie del Nuovo Testamento SaenalSena e Senae, 104 Simonini L., 48 Sole, 12 ss., 15 s. S. = SATOR, 23 ss. i Romani e il S., 25 umbilicus solis, 26 nella Stella a Sei punte, 33 in Ovidio (Metam. 11 129-133), 47 = Mitra-Pater 48 invictus, 54 e il Labirinto pasquale, 67 s. oro alchemico, 71 s. Sovicille pieve dei SS. Maria e Giovanni Battista a Ponte allo Spino, 9 Mansio dei Templari, 10 Stazio, 47 Stella a dodici punte, 35, 45, 55 e i dodici Apostoli, 59 Stella a otto bracci, 26 ss.
151 Stella a sei bracci, 28 militare, 51 s. Stella a Sei punte, 32 ss., 45 calendariale 55 s. con Sator inscritto, 64 sinergie celesti, 65 s. sigillo di Salomone, 69 s., 77 Tabula smaragdina, 71 col simbolo degli orafi, 72 s. Tabernacolo Capocci in Santa Maria Maggiore (Roma), 73 s. firma dei lapicidi, 74 nell'arte senese, 79-89 Stenay calco della Pietra, 30 s., 51 Storie del Nuovo Testamento nella Pinacoteca Nazionale di Siena, 87-89 Suetonio, 47 Syndeixis, 42 Tabula smaragdina, 71 Taddeo di Bartolo, 102 s., 137 talismano, 17 s., 134 s. Templari, 9, 65 Mansio di Sovicille, 10 Teodosio, 54 Terminalia, 25 Thiébaut, D., 137 Tigler, G., 46 Tiridate, re d'Armenia, 19, 47 Tours cattedrale, 102 crociera, 102 Trasfigurazione sul Tabor nella vetrata della Cattedrale di Cattedrale di Chartres, 31, 57,92 Tropici, 23 Ubaldo da Cortona fregio a naspo nel pavimento del Duomo di Siena, 129 Vanni Raffaello, 112 Varone, A., 92 Vecchietta (Lorenzo di Pietro), 110, 136 Venezia Basilica San Marco, 72 s. Vergine in trono con Bambino (Cattedrale di Nótre-Dame, Parigi), 110 s. Vico nel Lazio (Frosinone), 74 Wiesbaden, 42 Zeri Federico, 93 Zoroastro, 36, 78
Muovendo dalla presenza di una piccola lapide col cosiddetto Quadrato magico, ovvero SATOR, sulla fiancata Nord del Duomo di Siena, Gioachino Chiarini spiega, per la prima volta con metodo scientifico, il significato dell'indovinello, le sue origini, la sua fortunata storia e diffusione, la sua complessità simbolica tutta legata all'astronomia antica e ai culti solari ('SATOR', il "Seminatore", è infatti il Sole esaltato nel suo percorso annuo). Ideato sotto Nerone nell'ambito delle iniziazioni mitraiche dell'esercito imperiale nella forma `ROTAS I OPERA / TENET / AREPO / SATOR', il Quadrato continuò a prosperare anche nel nuovo universo cristianizzato in forma rovesciata, con `ROTAS' all'ultimo posto e SATOR' al primo: onore attribuito a Cristo in qualità di "Nuovo Sole" e "[Buon] Seminatore". Nell'ultima parte dello studio, riconducendo il Quadrato al Duomo di Siena, vengono posti in risalto alcuni dei possibili significati simbolici che hanno legato la magia dell'antico indovinello latino alla Cattedrale senese e alla sua singolare ricchezza artistica e religiosa.
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