Il Messia sofferente. Una sfida per Matteo, Marco e Luca. Saggio sulla tipologia dei Vangeli sinottici 8839920315, 9788839920317

Voler scrivere una vita di Gesù, nella cultura del I secolo d.C., era in buona sostanza una pretesa assurda: occorreva a

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Italian Pages 176/166 [166] Year 2021

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Il Messia sofferente. Una sfida per Matteo, Marco e Luca. Saggio sulla tipologia dei Vangeli sinottici
 8839920315, 9788839920317

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Jean- Noel Aletti

IL MESSIA SOFFERENTE Una sfida per Matteo, Marco e Luca Saggio sulla tipologia dei Vangeli sinottici

Queriniana

Ringrazio vivamente ]ean-Pierre Sonnet che mi ha incoraggiato a scrivere questo libro e lo ha accettato nella collana «Le livre et le rouleau» presso Lessius a Sylvie e Louis ospiti da sempre Le Paren (Orthez) a Amicie e Hubert per la nostra amicizia cinquantennale

Titolo originale: Jean-Noel Aletti, Le Messie sou!frant. Un défi pour Matthieu, Mare et Luc. Essai sur la typologie des évangiles synoptiques ©

2019 by Éditions Lessius, Namur (Belgio!UE)

© 2021 by Editrice Queriniana, Brescia

via Ferri, 75 - 25123 Brescia (Italia/VE) tel. 030 2306925- fax 030 2306932 e-mail: [email protected] Tutti i diritti sono riservati. È pertanto vietata la riproduzione, l'archiviazione o la trasmis­ sione, in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo, comprese la fotocopia e la digitalizzazione, senza l'autorizzazione scritta dell'Editrice Queriniana. - Le fotocopie per uso personale possono essere effettuate, nei limiti del15% di ciascun volume, dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall'art. 68, commi 4-5, della Legge n. 633 del 22 aprile 1941. Le fotocopie effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale, o co· munque per uso diverso da quello personale, possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da CLEARedi (www. clearedi.org).

J.;l FSC

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ISBN 978-88-399-203 1-7 Traduzione dal francese di GLORIA RoMAGNOLI www . queriniana . it

Stampato da Mediagraf spa - Noventa Padovana (PD) - www. printbee.it

Introduzione

Il presente saggio fa seguito a quello sui vangeli come biografie' di cui si presuppone la lettura. A questo primo saggio, di cui oso presumere note le tesi principali, rimando il lettore. Nondimeno, per coloro che potrebbero non avere avuto il tempo per prenderne conoscenza, in parecchi punti dei capitoli che seguono riformulerò in modo breve e chiaro le tesi e le idee esposte in quel libro. Ma siccome qui l'argomento preso in esame è la tipologia, senza dubbio non è inutile iniziare col ricordare in modo conciso che cosa questo termine significa e designa in generale per i biblisti.

I. La tipologia del Nuovo Testamento2 C'è bisogno di segnalare, :fin dall'inizio, che il termine tipologia non è usato dai racconti evangelici? Questo vocabolo più tardo designa 1 }.- N. ALETTI, Jésus, une vie à raconter. Essai sur le genre des évangiles de Matthieu, Mare et Luc, Lessius, coll. Le livre et le rouleau, Namur- Paris 2016. Tradotto in italiano e in inglese: Gesù, una vita da raccontare. Il genere letterario dei vangeli di Matteo, Marco e Luca, San Paolo - GB Press, coll. Lectio 1 1 , Cinisello B. - Roma 2017; The Birth o/ the Gospels as Biographies. With Analyses o/Two Challenging Pericopae, GB Press, coll. AnBib Studia 10, Roma 2017. 2 Cfr. N. FRYE, The Great Code. The Bible and Literature, Harcourt Brace, New York 1982 [trad. it., Il grande codice. La Bibbia e la letteratura, Einaudi, Torino 1986] , nonché l'opera collettiva a cura di R. KuNTZMANN, Typologie biblique, Cerf, coli. Lectio divina, Paris 2002.

Introduzione

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nondimeno una lettura delle Scritture effettuata mediante questi rac­ conti e spesso definita nel modo seguente: Con tipologia, almeno come suggerisce l'uso dell'AT da parte del NT, si intende la percezione di corrispondenze significative fra le caratteristiche e le circostanze di due individui, istituzioni o avvenimenti storici - cor­ rispondenze tali che ciascuno è interpretato come un'anticipazione o un compimento dell'altrd.

Anche se i personaggi, gli avvenimenti e le istituzioni dell'AT sono talvolta chiamati profezia del NT, sembra preferibile evitare questo appellativo; infatti, in base alla tipologia, non è un oracolo o una parola dell' AT che trova il proprio compimento nel NT, bensì per­ sonaggi, avvenimenti, ecc., in altri termini realtà concrete, ognuna delle quali ha il suo significato nell'ambiente spaziale e temporale che fu il loro4• Ciò spiega perché, come sant'Agostino', E. Auerbach preferisce parlare di «profezia reale» (Realprophetie) , dal latino res", poiché >. 8 Si veda, per esempio, la sintesi finale pubblicata in R. KUNTZMANN (ed.), Typologie biblique, cit., 269: alla base dell'operazione tipologica «troviamo la convinzione che la storia si ripeta, e progredisca verso un compimento. Nella ripresa tipologica, l'elemento antico appare come un annuncio dell'elemento nuovo, e il nuovo come il compimento dell'antico». ·

Capitolo l

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di prospettiva non rende vani tutti gli studi fino ad allora pubblicati, nondimeno invita l'esegeta ad essere più attento di quanto lo sia stato finora al modo in cui i Sinottici hanno elaborato la loro tipo­ logia: dove vi sia tipologia e come determinare se si tratti realmente di tipologia - un termine di cui troppo spesso si è usato e abusato.

II. La tipologia neotestamentaria al di là della sua messa in causa Negli studi dedicati alla tipologia neotestamentaria, sovente si dice che gli avvenimenti, le circostanze, le persone, i popoli e le istituzioni dell'AT sono una preparazione o una profezia degli avvenimenti, delle circostanze, delle persone, dei popoli e delle istituzioni del Nuo­ vo9. D'altronde, si ammette che questo modo di vedere il rapporto fra tipo e antitipo in realtà non faccia che descrivere e riprendere la prospettiva degli scritti del NT, quella stessa criticata da E. Auerbach nel suo celebre saggio Mimesis10:

Tanto più frequente si rintraccia in essi [nei Padri della Chiesa] l'attivi­ tà interpretatrice della realtà: interpretazione innanzi tutto delle Sacre Scritture, ma anche delle grandi linee dell 'accadere storico, specialmente della storia romana, per accordarla con la concezione storica giudaico­ cristiana. A questo scopo venne quasi sempre im piegato il metodo fi­ gurale [ . . . ] . L'interpretazione «figurale» stabilisce una connessione fra due awenimenti o due personaggi, nella quale connessione uno dei due

9 Parecchi enunciati tratti dalla sintesi finale pubblicata in ibid. sono rappresentativi di questo modo di vedere; oltre a quello citato nella nota precedente, quest'altro: «>. Secondo D.C. ALusoN, The New Moses, cit., 175- 176, la posi­ zione seduta indica sicuramente la posizione del maestro, come tutti ammettono, ma denota senza dubbio un t6pos, quello di Mosè seduto presso Dio, come FILONE riferisce in De sacri/iciis Abelis et Caini, 8: «Ci sono quelli che Dio fece sedere (hidryse) presso di sé, come Mosè, a cui egli disse: "Tu resta (stethi) qui con me"» (Dt 5 ,3 1). Allison menziona anche Dt 9,9 in cui il verbo wa'éshéb avrebbe come primo significato: «e io mi sedetti». Matteo descrive ancora Gesù seduto in posizione di maestro in 15 ,29 con il verbo kdthemai che è detto anche di Mosè in Es 18,14, in cui Ietro dice al suo genero Mosè: . Senza dubbio, ma, occorre ripeterlo, il solo vocabolario non basta a determinare lo sfondo - il backdrop direbbero gli anglofoni - di Mt 28, 16-20.

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Così, la condizione del discepolo descritta nel vangelo non è appa­ naggio dei soli compagni storici del Gesù terreno, ma al contrario è la condizione in cui ogni uomo è ormai invitato a entrare. Ogni uomo, cioè quelli che sono ebrei e quelli che non lo sono, di ogni cultura e di ogni lingua. Il lettore non può non capire la tecnica con la quale il racconto matteano fissa i diversi status e li enuncia in modo apodittico, poiché voluti e fissati dal Risorto - che è onnipotente, - la cui parola è creatrice di nuove relazioni e di nuovi status, - quelli del discepolo e del libro (Mt) in cui il discepolo troverà la sua carta. Il finale di Matteo termina dunque con una rivelazione finale, da parte del Risorto, di tutti gli status: il suo, che è quello di essere padro­ ne di tutte le cose, quello di coloro che evangelizzeranno - i discepoli autorizzati, il cui insegnamento non è altro che quello del Maestro -, quello di coloro che saranno evangelizzati e saranno discepoli, come i primi, e infine quello del libro stesso, come testimonianza apostolica e contenuto fedele dell'insegnamento di Gesù, insegnamento sempre valido, poiché il Risorto ne conferma il valore per tutte le epoche: i comandamenti riferiti dai discorsi e dalle parole del Gesù di Matteo restano dunque il bene della Chiesa fino alla fine dei secoli. L'interesse del passo deriva soprattutto dalla scelta del termine «discepolo» (in greco: mathetes) che esprime la nostra relazione con il Risorto. Questo termine deriva dalla preoccupazione del narrato­ re, per il quale Gesù non lascia i suoi privi di mezzi: grazie al libro, cioè al racconto matteano, carta dell'essere-discepolo, essi sapranno come compiere ogni giustizia, come essere perfetti sull'esempio del loro maestro (Mt 10,24-25) . Matteo deve essere il vademecum indi­ spensabile del discepolo. Il Gesù di Matteo 28,19-20a significa così implicitamente la necessità del libro: se il discepolo vuole sapere ciò che il Maestro si attende da lui, deve leggere il racconto di Matteo, che è la carta del Regno.

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Gesù e Mosè, il racconto di Matteo e la Torah Possiamo tornare così alla tipologia con la quale il narratore matteano opera una duplice synkrisis, fra Mosè e Gesù e fra la Torah mosaica e il proprio libro.

(a) Fra Mosè e Gesù, al termine dei loro percorsi rispettivi. L'uno e l'altro - salgono su una montagna (Dt 32,49; 34, 1 ; Mt 28, 16) , - istituiscono quello/ quelli che succederanno loro, Giosuè ( Dt 3 1 ,7 . 14) e gli Undici (Mt 28, 1 8-20), - affinché essi dicano ai loro successori ciò che dovranno fare (Dt 3 1 ,23 , Mt 28- 19-20a) , - sapendo che Dio (per Giosuè) e Gesù (per i discepoli) saranno con loro continuamente (Dt 3 1 ,23 ; Mt 28,20). (b) Fra la legge mosaica e il libro di Matteo. Mosè scrive il libro della Legge, e Gesù chiede ai discepoli di tra­ smettere i suoi precetti (Dt 3 0, 10; 3 1 ,24 ; Mt 28, 19) . L'uno e l'altro attribuiscono così una funzione analoga alle prescrizioni ormai fissate in un libro, quello della Legge, per Mosè, e quello della vita di Gesù, per Matteo. Quanto al libro di Matteo, esso ha le stesse componenti di quelle della legge mosaica, poiché le istruzioni - la halakah - valide per sempre, sono intrecciate in un tessuto narrativo, la haggadah. In tal modo, le istruzioni sono qua e là presentate come una risposta di fede e di riconoscimento nei confronti dell'agire potente e fedele di Dio (per la legge m osai ca) o di Gesù (per Matteo ) 37• Che cosa concludere? A chi si aspettava un Messia insegnante, che doveva interpretare e spiegare alla perfezione la Torah, Matteo mostra che Gesù risponde tanto più alle loro speranze in quanto interpreta

37 Per D.C. ALusoN, The New Moses, cit., 264-265, lo sfondo di Mt 28,16-20 è lo stes­ so del Testamento di Mosè, scritto probabilmente nel I secolo d.C., che racconta anche la trasmissione dei poteri fra Mosè sul punto di morire e Giosuè. Matteo e il Testamento di Mosè potrebbero ispirarsi allora a quello che era divenuto un t6pos.

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Capitolo 4

e legifera in continuità con Mosè. Descrivendo Gesù come antitipo del Mosè legislatore di cui egli porta i precetti alla perfezione, Matteo rende così conto della sua identità messianica e del riconoscimento - la famosa anagnorisis - di questa identità. Se presenta il Messia legislatore, Matteo procura anche e soprattutto al lettore cristiano il suo racconto, quale guida del discepolo che egli deve essere. Con circospezione, Allison analizza altri passi, più brevi - fra gli altri la trasfigurazione38, l'azione di grazie39 e l'ultima cena di Gesù -, in cui la tipologia mosaica è probabilmente all'opera. Non è necessa­ ria una visita approfondita, poiché essa non cambierebbe i risultati d'insieme. n percorso effettuato finora mostra che un'interpretazione figurale multipla corre lungo tutto il racconto matteano: messianica nell'introduzione (Mt 2) e nel discorso della montagna (Mt 5-7 ) , profetica durante le peregrinazioni di Gesù (Mt 8-20), e salmica du­ rante il racconto della passione (Mt 26-27) - disposizione illustrata dal riquadro seguente:

Gesù Messia

tipologia

tipologia

ti pologia

mosaica

profeti ca

sal mica

Mt 2 ad opera del Narratore Mt 5-7 ad opera di Gesù

38 La voce celeste che chiede ai tre discepoli di ascoltare Gesù alluderebbe, secondo molti commentatori e studi, a Dt 18,15 («TI Signore, tuo Dio, susciterà per te, in mezzo a te, tra i tuoi fratelli, un profeta pari a me») e 18,18 («lo susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò») . 39 Cfr. Mt 1 1,29 («[Io] sono mite (prays) e umile di cuore») e Nm 12,3 (> e «puledro» rimandano anch'essi ad un ambien­ te regale, come testimoniano l'uno o l'altro passo veterotestamenta­ rio, in particolare l Re 1 1 ,3 9 e 4 P0• Benché i nomi cambino - mula, mulo, asina, asino, puledro/asinello -, si tratta sempre di equidi umi-

47 L' hosannd è una traslitterazione dell 'ebraico (hoshy'ah n'a = salva ! ) . n sintagma, che inizialmente è una richiesta di salvezza, in seguito è divenuto un'acclamazione, come vediamo in questa pericope. Sull'evoluzione dell'espressione, si veda E. LOHSE, Hosianna, in Novum Testamentum 6 (1963 ) 1 13 - 1 19. 48 Traduco seguendo l'ordine dd greco, il che può dare adito a confusione. Non bisogna collegare il sintagma «nel nome dd Signore» con «colui che viene», ma con «benedetto», come mostrano altri passi: 2 Sam 6,18; 1 Cr 16,2; Sa/ 128/129,8. 49 Regno (in greco, basiléia) per re (in greco, basiléus). ' 0 1 Re 1 ,33: Davide a Sadoc, Natan e Benaià: «Fate montare Salomone, mio figlio, sulla mia mula>>; 1 ,38 (esecuzione dell'ordine di Davide) . Parimenti, 2 Sam 16,2: Siba a Davide: «Gli asini serviranno da cavalcatura alla famiglia del re»; 2 Sam 13 ,29: dopo l'omicidio di Amnon: «Allo ra tutti i figli del re si alzarono, montarono ciascuno sul proprio mulo e fuggirono».

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li, pacifici, cavalcature di reucci; invece i cavalli sono sempre o quasi

sempre menzionati, nelle Scritture, in un contesto di guerra, poiché i potenti di questo mondo contano su di essi per sconfiggere i loro nemici. Matteo è il solo ad esplicitare il legame fra la bestia da soma e l'umiltà del re che la monta (Zc 9,9)51•

(c) I tre Sin ottici segnalano che le folle stendono i loro mantelli sul­ la strada percorsa da Gesù. Bisogna vedervi un'allusione a 2 Re 9, 1352 o a un gesto di sottomissione praticato durante l'intronizzazione di un re, al quale 2 Re 9 e i Sin ottici rimanderebbero l'uno e l'altro? Quale che sia la risposta, la connotazione è indubbiamente regale. (d) La menzione dei rami (Mt 2 1 ,8; in greco: kltidoi) o delle fronde

(Mc 1 1 ,8), omessa in Luca, probabilmente allude alla festa delle Ca­ panne53, e la sua interpretazione non ha niente di ovvio. Il puledro e i mantelli stesi infatti suggeriscono già un'intronizzazione regale, e le fronde ugualmente a terra con i mantelli sembrano arricchire escatologicamente54 questa connotazione regale. Ma possiamo anche pensare che le motivazioni delle folle siano nazionaliste55• Quale che sia l'intenzione delle folle, poiché all'epoca la festa delle Capanne era 51 Tutti i commentari osservano che il primo stico della citazione in realtà è tratto da is 62, 1 1 . 52 «Allora si affrettarono e presero ciascuno il proprio mantello e lo stesero sui gradini sotto di lui, suonarono il corno e gridarono "Ieu è re"». 53 Cfr. Lv 23 ,40; Ne 8,13 - 18. 5 4 La festa delle capanne/tende non è soltanto un memoriale de11'Esodo, ma ha anche una portata escatologica (si veda Zc 14,16). " Cfr. J. NrntMARTS, I.:entrée de ]ésus, cit., 93 : «Nel suo racconto, Matteo evoca il rito della festa [Sukkot] , e anche se le connotazioni politico-religiose di tipo nazionalista non compaiono esplicitamente, il richiamo a questi testi le suggerisce almeno in modo discreto. Gesù potrà dunque entrare nel tempio e consacrarvi la liberazione di quel luogo e forse del popolo con la vittoria sull'occupante. È quel liberatore che le folle intuiscono in lui, e fanno già prorompere sulla sua strada la gioia di Sukkot e l'allegrezza della nuova dedicazione che ha accenti simili a quelli di Sukkot. Sebbene una tale lettura sia autorizzata, la strutturazione del racconto di Matteo renderà soltanto più incisivo il prosieguo del suo racconto: l'occupante vinto da Gesù al suo ingresso nel tempio sono i capi del popolo, e il popolo non può trattenere la sua allegrezza>>. È impossibile determinare se le motivazioni delle folle fossero quelle.

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probabilmente legata alla purifìcazione del tempid6, sembra preferi­ bile rispondere narrativamente e dire che Matteo, seguendo in questo Marco, ha saputo trarre vantaggio dal gesto delle folle per preparare in modo obliquo l'episodio seguente, quello della purifìcazione del tempio.

(e) Matteo, Marco e Luca menzionano altresì che è dall'alto del monte degli Ulivi che Gesù invia i suoi discepoli a cercare un pule­ dro. Di per sé, l'informazione è neutra, ma il contesto regale dalla connotazione escatologica invita a vedervi un tratto ridondante. Fa­ cendo appello a Strack-Billerbeck57, si è detto perfino che «al tempo di Gesù si era persuasi che il Messia sarebbe apparso sul monte degli Ulivi»58• Non ho trovato niente di simile in quest'opera. Invece, la frase può riprendere benissimo Zc 14,5, che annuncia la venuta sul monte degli Ulivi «del Signore con i suoi Santi» (exei kyrios [ebraico = YHWH] ho the6s mu kài pdntes hoi haghioi met'autu) . Ora, come sappiamo, questa venuta regale escatologica di YHWH è attribuita a Cristo nel NT, e questo fin dalle Lettere paoline ( l Ts 3 , 13 ; 2 Ts 1 ,7), ma anche nei vangeli (Mt 16,27) . Il legame fra la venuta gloriosa di Cristo e il monte degli Ulivi è dunque probabile. Un altro elemento rafforza la probabilità di questa lettura: in questi capitoli di Matteo, si fanno parecchie allusioni al libro del profeta Zaccaria: oltre a Zc 9,9 in Mt 2 1 ,5; Zc 12,10 e 14 in Mt 24,3 0 (la venuta nella gloria di Cristo alla fine dei tempi) ; e Zc 14,5 in Mt 25 ,3 1 (altra menzione della venuta nella gloria di Cristo) ; infine, Zc 1 1 , 12 in Mt 26, 15. Per i tratti che essi evidenziano - il monte degli Ulivi, i mantelli stesi a terra - i tre narratori invitano quindi i loro rispettivi lettori a riconoscere in Gesù il re davidico e messianico. Questa interpretazio56 Cfr. l Mac 13,5 1 -52; 2 Mac 10,6-8. H.L. STRACK - P. Bn.LERBECK, Kommentar zum Neuen Testament aus Talmud und Midrash, C.H. Beck, Miinchen 1926, vol. l , 84 1 -842 . 58 R. BARrNICKI, Il carattere messianico delle pericopi di Marco e Matteo sull'ingresso di Gesù in Gerusalemme (Mc 1 1, 1-10; Mt 21, 1-9), in Rivista Biblica 25 (1977 ) 7 . 51

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ne non è però una loro invenzione, poiché si basa sul riconoscimento stesso delle folle, che sono un personaggio del racconto. L'originalità di Matteo consiste nel ricorrere a Zc 9, 9 per esplicitare questa lettura messianica59• In realtà la lettura dei narratori e delle folle è suscitata o generata da Gesù stesso: è lui che dà avvio alla connotazione regale e messiani­ ca. Infatti egli prende l'iniziativa chiedendo che gli si conduca (l'asina e) il puledro, e vi si siede sopra, invitando indirettamente coloro che lo accompagnano a riconoscere la sua identità regale. n lettore lo avrà indubbiamente notato: la citazione di Zc 9,9 interrompe il filo del racconto - l'ordine di Gesù e la sua esecuzione da parte dei discepoli - e sarebbe stata in un punto più appropriato dopo il v. 7 , quando Gesù, seduto sull'asina e sull'asino ( ! ) , scende verso Geru­ salemme. Citando Zaccaria subito dopo l'ordine di Gesù, il narratore lascia intendere che, se Gesù chiede che gli siano condotte le bestie da soma, è perché ha in mente l'oracolo di Zaccaria. La convergenza delle interpretazioni - quelle di Gesù, delle folle e dei narratori - e la ridondanza delle allusioni regali permettono di rispondere alla domanda sulla presenza di una tipologia regale in Mt 2 1 , 1 -10. Certo, Matteo non riprende niente del gesto liturgico di intronizzazione dei re - l'unzione con l'olio - né dell'agire di Davide, essenzialmente militare e guerriero. Nondimeno, il lettore che ricor­ da come Marco (e Matteo con lui) riprende e accumula i tratti delle suppliche dei giusti perseguitati per descrivere il modo in cui Gesù visse la sua passione, non può non vedere che la tecnica è la stessa in questo episodio dell'ingresso a Gerusalemme - in cui i Sinottici hanno potuto costruire la loro lettura tipologica riprendendo alcuni dei tratti concreti e significativi di intronizzazione regale esistenti in 1-2 Re. Come quella del racconto della passione, la tipologia non si

59 I commentari ricordano che la letteratura rabbinica ha letto insieme Zc 9,9 e Gen 49 , 1 1 . La prima testimonianza raccolta da H.L. STRACK P. BILLERBECK, Kommentar zum Neuen Testament, cit., vol. I, 842-843 («Sach 9,9 in der rabbinischen Literatur>>, 842-844) risalirebbe al 150 d.C. -

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incentra su un grande personaggio del passato biblico, ma evidenzia soltanto i tratti che permettono di dare awio a una tematica che proseguirà in modo paradossale durante gli episodi successivi: quella dell'identità regale e messianica di Gesù. La tipologia regale e messianica in Matteo

Non era possibile menzionare parecchie difficoltà di Mt 2 1 , 1 - 10, poiché ci. avrebbero condotto troppo lontano dal nostro argomento. Ce n'è una, in compenso, alla fine della pericope che non possiamo tacere. Quando Gesù entrò in città, questa era in subbuglio (letteral­ mente: «scossa») e si chiedeva: «Chi è costui?». Che cosa risposero le folle: «Questi è il pro/eta Gesù, da Nàzaret di Galilea>>. Perché non dissero: «È il re Gesù» oppure: «È il Messia, Gesù di Nazaret>>? Non avevano riconosciuto la regalità messianica di Gesù? Ma il fatto stesso che stesero i mantelli al suo passaggio indica il contrario. Perché dun­ que non annunciano ai gerosolimitani che egli è re/messia? Dire a dei gerosolimitani, che notoriamente avevano poca stima per i Galilei, che Gesù era di Nazaret, non garantiva un'accoglienza chiaramente posi­ tiva. Tuttavia, poiché il narratore non segnala alcuna reazione da parte dei gerosolimitani, ciò significa che l'informazione nop era fornita per essere accettata o rifiutata, e che in realtà era destinata al lettore, il quale deve soltanto ricordare il titolo di «profeta>>. Sempre su questo punto, è difficile sapere quale fu l'intenzione delle folle, poiché il narratore non la esprime. È dunque l'intenzione di quest'ultimo che deve interrogarci. Il titolo pro/eta è preferibile a quello di re, poiché (i) non essendo lui stesso gerosolimitano, Gesù poteva apparire come un outsider usurpatore; (ii) egli fa comprendere che il messianismo di Gesù non è di tipo politico e militare; (iii) Gesù è veramente pro­ feta e subirà la sorte dei profeti. Dopo il riconoscimento, ci sarà il rifiuto: l'episodio dell'ingresso a Gerusalemme lo annuncia dunque indirettamente? Una ripresa implicita della reazione precedente della città in Mt 2,3 lascia intendere che la fine della pericope allude alla sorte futura di Gesù. Come fu turbata per la domanda dei magi che annunciavano la nascita di un re, allo stesso modo Gerusalemme ora

Capitolo 4

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è in subbuglio quando Gesù entra, acclamato dalle folle che lo ac­ compagnano. In breve, sebbene i vv. l 0-1 1 non menzionino un rifiuto immediato, essi lo lasciano in serbo per la fine del macro-racconto. L'episodio dell'entrata a Gerusalemme ha quindi una duplice funzio­ ne: mette un punto finale al processo di anagnorisis - poiché Gesù è riconosciuto e acclamato al termine del suo ministero itinerante -, ma dà anche avvio alla domanda sulla regalità di Gesù, che qui è riconosciuta dalle folle, prima di essere ben presto derisa e rifiutata.

Conclusioni Al termine di questi sviluppi, è possibile concludere che la tipo­

logia svolge un ruolo decisivo nel Vangelo di Matteo. Ricordiamone le ragioni: (l) ll racconto della passione di Matteo ha mostrato perché e come la tipologia salmica ha fornito una risposta allo scandalo di un Messia morto in croce. Facendo capire, come Marco, che durante la passio­ ne Gesù aveva i tratti dei giusti perseguitati, il narratore matteano ha potuto mostrare che l'assenza di anagnorisis non screditava né il suo protagonista né il proprio racconto. Ma se per Marco il modello salmico permetteva di eliminare ogni anagnorisis orizzontale - quella del popolo, ma anche quella dei discepoli -, per Matteo lo stesso modello permette di mostrare che il popolo non poteva andare oltre nel suo rifiuto delle vie di Dio. Come si è mostrato in precedenza, se il narratore matteano ha se­ guito lo stesso modello di Marco per raccontare la passione di Gesù, è perché non esisteva un racconto abbastanza simile e circostanziato della morte dei profeti, nelle Scritture e negli scritti ebraici interte­ stamentari.

(2) La tipologia pro/etica, in particolare geremiana, ha permesso da parte sua di verificare che, lungi dall'essere controproducente, la

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morte di Gesù faceva parte dell'itinerario obbligato del profeta. È in generale dopo essere stati messi a morte che i profeti furono ricono­ sciuti. Come i profeti, Gesù muore rifiutato e messo a morte prima di essere glorificato da Dio e celebrato da un numero sempre maggiore di credenti. La tipologia profetica ha permesso dunque al narratore matteano di mostrare che, lungi dal contrapporsi, il riconoscimento e il rifiuto andavano di pari passo. (3 ) Anche la tipologia mosaica ha dato occasione al narratore mat­ teano (i) di descrivere Gesù come l' antitipo di Mosè legislatore, di cui egli porta i precetti alla perfezione, rendendo così conto della sua identità messianica; ma anche (ii) di fare dello scritto in cui sono trasmesse le sue istruzioni la carta del discepolo. (4) Con la tipologia regale, Matteo comincia e termina il suo rac­ conto per mostrare che, se Gesù non fu riconosciuto come re/messia, è a causa della disobbedienza cronica del suo popolo. Occorre ricordare che, per i punti ( l ) e (2), Matteo non ha proce­ duto tipologicamente per stabilire una progressione che va dall'antico verso il nuovo, dall'ombra verso la realtà, ma piuttosto per risolvere due difficoltà fondamentali: quella di un Gesù non riconosciuto l'assenza di anagnorisis - e quella di un Messia morto in croce - poi­ ché il messia delle Scritture e della letteratura ebraica intertestamen­ taria è un personaggio fondamentalmente glorioso. Si obietterà senza dubbio che non si può dire lo stesso della tipologia mosaica, secondo la quale Gesù è manifestamente superiore a Mosè, e le prescrizioni della Torah, benché non eliminate, sono portate alla loro perfezione. Ritorneremo su tale questione nel corso dell'ultimo capitolo.

5.

La tipologia nel racconto lucano

In Gesù, una vita da raccontare, la tipologia lucana è già stata og­ getto di una presentazione abbastanza nuova e sostanziale1• Questo capitolo riprenderà le riflessioni che furono allora fatte sulle ragioni, i mezzi e le finalità della tipologia del terzo vangelo, fornendo altri esempi e mostrando perché questo racconto non poteva né doveva procedere come gli altri due Sinottici. Negli studi precedenti, si è mostrato che: ( l ) nel vangelo dell'infanzia (Le 1-2), la tipologia profetica è già presente; il suo locutore principale è il narratore; e la sua presenza è discreta, poiché il narratore non dice mai esplicitamente quando mette in parallelo i suoi personaggi con quelli dell'AT; (2) a partire dall'episodio di Nazaret (Le 4 , 1 6-3 0) , la tipologia, principalmente profetica, è presa in carico da Gesù stesso; (3 ) la tipologia profeti ca ha permesso al narratore lucano di mo­ strare che il rifiuto finale di cui Gesù fu oggetto non ha niente di con­ troproducente, poiché egli subì la sorte dei profeti, anch'essi perse­ guitati, e molti dei quali furono messi a morte dai loro correligionari. Per stabilire che Gesù era profeta, Luca ha dovuto trovare quindi nelle Scritture d'Israele dei profeti con cui mettere Gesù in parallelo, 1 J.-N. ALEITI, ]ésus, cit., 107- 127 [trad. it., 13 1-156] . Si veda anche, dello stesso autore, il Cahier Évangile 186, sulla tipologia lucana, pubblicato nel settembre 2018. Avevo già enunciato una prima serie di tesi sulla tipologia di questo vangelo in Le ]ésus de Luc, pubblicato presso Mame - Desclée nel 2010 (esaurito).

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poiché, come abbiamo detto al cap. 2, il parallelismo ha valore sol­ tanto per la qualità dei tratti semantici analoghi esistenti fra il tipo e l'anticipo. In Gesù, una vita da raccontare, il modo in cui il narratore lucano stabilisce questi paralleli semantici è stato presentato per gli episodi della vedova di Nain (Lc 7 , 1 1 -1 7 ) e dei dieci lebbrosi (Le 17, 1 1 - 1 9 ) 2. Dato che queste pericopi sono presenti soltanto nel ter­ zo vangelo, è stato abbastanza agevole evidenziare il modo in cui il narratore procede tipologicamente. Resta da mostrare, con l'aiuto di un esempio semplice, che (anche negli episodi in comune con Matteo e Marco) il narratore lucano allude ai profeti del passato più spesso degli altri due Sinottici.

l . La tipologia profetica lucana: primo approccio

L'episodio della guarigione di un ragazzo epilettico si trova nei tre Sinottici, in una sequenza che è praticamente la stessa: Mt

Mc

Le

1 6, 1 3-20

8,27-30

9,1 8-20

1 6,2 1 -23

8,3 1 -33

9,2 1 -22

condizione per seguire Gesù

1 6,24-28

8,34-38; 9, 1

9,23-27

trasfigurazione

1 7, 1 -1 3

9,2-1 3

9,28-36

guarigione del ragazzo epilettico

1 7, 1 4-2 1

9,1 4-29

9,37-43a

secondo annuncio della passione

1 7,22-23

9.3Q-32

9.43b-45

l'imposta

1 7,24-27 9.33-37

9,46-48

confessione di Pietro . primo annuncio della passione

chi è il più grande?

1 8, 1 -5

2 lD., ]ésus, cit., rispettivamente 1 17- 1 19 e 120-123 [trad. it., 144- 145 e 147-150] .

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È evidente che Matteo e Luca seguono l'ordine di Marco, e il conte­ nuto rispettivo delle pericopi è più o meno lo stesso, come mostra la guarigione del ragazzo epilettico. N el riquadro seguente, gli elementi identici o sinonimi comuni ai tre racconti sono in grassetto: Mt 1 7, 1 4-20 Appena ritornati presso la folla,

Lc 9,37-43

Mc 9, 1 4-29 E a rriva ndo presso i disce-

Il giorno seguente, qua ndo

poli, videro attorno a loro

furono discesi dal monte, una

mo lta folla e alcuni scri bi

grande folla gli venne incon-

che discutevano con loro.

tro.

15E subito tutta la folla, al vederlo, fu presa da meraviglia e corse a saluta rio. 16Ed egli li interrogò: «Di che cosa disi avvicinò a Gesù un uomo

scutete con loro?». 17E dalla

38A un tratto, dalla fo l la u n

folla uno gli rispose:

uomo s i mise a gridare:

che gli si gettò in ginocchio 15e disse: «Signore, abbi pietà

«Maestro, ho portato da te

«Maestro, ti prego, volgi lo

di mio figlio!

mio figlio,

sguardo a mio figlio, perché è

� epilettico e soffre molto;

che ha uno spirito muto.

39Ecco, uno spirito lo afferra

18Dovunque lo afferri, lo get-

e improvvisamente si mette a

ta a terra ed egli schiuma, di-

gridare, lo scuote, provocando-

l'unico che ho!

grigna i denti e si irrigidisce. cade spesso nel fuoco e so-

gli bava alla bocca, se ne allontana a stento e lo lascia sfinito.

vente nell'acqua. 16L'ho portato dai tuoi disce-

Ho detto ai tuoi discepoli di

40Ho pregato i tuoi discepoli di

poli, ma non sono ri usciti

scacciarlo, ma non ci sono

scaccia rio, ma non ci sono riu-

a guari rlo». 17E Gesù rispose:

riusciti». 19Egli allora disse

Kiti». 41Gesù rispose: «() gene-

«0 generazione incredula

loro: «0 generazione incre-

razione incredula e perversa,

e perversa! Fino a quando

dulal Fino a quando sarò

fino a quando sarò con voi e

sarò con voi ? Fino a quan-

con voi? Fino a quando do-

vi sopporterò?

do dovrò sopportarvi? Por-

vrò sopportarvi? Portatelo

Conduci qui tuo figlio». 42Men-

tatelo qui da me».

da me». 20E g lielo portarono.

tre questi si avvicinava, il de-

Alla vista di Gesù, subito lo

monio lo gettò a terra scuo-

spirito scosse con convulsio-

tendolo con convulsioni.

ni il ragazzo ed egli, caduto a terra, si rotolava schiumando. 21Gesù interrogò il padre: «Da quanto tempo gli accade questo?». Ed egli rispose: «Dall'infanzia; 22anzi, spesso lo ha buttato a nche nel fuoco e nell'acqua per uccider-

Capitolo 5

102 lo. Ma se tu puoi qua lcosa, abbi pietà di noi e aiutaci». 23Gesù gli disse: «Se tu puoi! Tutto è possibile per chi cre­

de». 2411 padre del fanciullo rispose subito ad a lta voce:

«Credo; aiuta la mia incredu­ lità!». 25AIIora Gesù, vedendo 18Gesù lo minacciò

accorrere la fol la, minacciò

Gesù minacciò lo spirito i m-

lo spi rito impuro dicendo-

puro,

gli: «Spirito muto e sordo, io ti ordino, esci da lui e non vi rientrare più». 26Gridando e scuotendolo fortemente, e il demonio uscl da lui,

uscì. E il fanciullo diventò come morto, sicché molti dicevano: « t morto». guari il fanciullo

e da quel momento il ragazzo

fu guarito.

27Ma Gesù lo prese per mano, lo fece alzare ed egli stette in piedi. e lo consegnò a suo padre. 433E tutti restavano stupiti di fronte alla grandezza di Dio.

19AIIora i discepoli si avvici­

28Entrato in casa, i suoi di­

narono a Gesù, in disparte, e

scepo l i gli doma ndavano

gli chiesero: «Perché noi non

in privato: «Perché noi non

siamo riusciti a scacciarlo?».

siamo riusciti a scacciarlo?».

20Ed egli rispose loro:

29Ed egli disse loro: «Questa specie di demoni non si può scacciare in alcun modo, se non con la preghiera».

«Per la vostra poca fede. In verità io vi dico: se avrete fede pari a un granello di se­ nape, direte a questo monte: "Spòstati da qui a là� ed esso si sposterà, e nulla vi sarà im­ possibile».

La tipologia nel racconto lucano

1 03

Gli elementi comuni sono i personaggi - la folla, il padre, il figlio, Gesù, i discepoli, lo spirito/ demone3 - e le azioni il padre che si rivolge a Gesù e segnala l'incapacità dei discepoli di guarire, la rea­ zione iniziale di Gesù, dapprima negativa e infine seguita dalla gua­ rigione. I tre evangelisti menzionano anche la duplice complicazione che dà avvio all'intreccio e gli fa prendere un nuovo sviluppo, cioè la malattia, in altri termini la mancanza, e l'incapacità dei discepoli di eliminarla. A differenza delle peri copi matteana e marciana (Mt 17, 1 9-20; Mc 9,28-29) , che terminano con un insegnamento sulle ragioni dell'in­ successo dei discepoli, quella di Luca è la sola a poter essere definita come racconto di miracolo: dinanzi alla richiesta di miracolo, Gesù dà una risposta positiva; il racconto narra abbastanza brevemente il passaggio dalla malattia alla guarigione. La pericope lucana ha inoltre parecchi elementi che gli sono propri e che ricordano la guarigione della figlia di Giairo (Le 8,40-56): l) la folla che accoglie Gesù (8,40; 9,37); 2) un personaggio della folla fa una domanda (8,4 1 ; 9,38); 3) concernente sua figlia/suo figlio unico (in greco, monoghenes; 8,42a; 9,3 8) ; 4) la reazione delle persone presenti (stupore in 8,56; ammirazione in 9,43 a) . -

I paralleli semantici - il padre, il figlio unico, Gesù che guarisce, la reazione delle persone presenti - esistenti nell'uno e nell'altro passo invitano a vedervi un fenomeno di intratestualità. Un ultimo elemento si trova soltanto nella pericope lucana: la frase «[Gesù] lo consegnò a suo padre», che non può non ricordare quella di Le 7 , 15 : - Le 7 , 15 : «Ed egli l o restituì (in greco, édoken) a sua madre». - Le 9,42: «e lo consegnò (in greco, apédoken) a suo padre». 3 Ma lo spirito impuro è menzionato soltanto in Marco e Luca, poiché Matteo ha scelto il termine demone.

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Ora, in Le 7, 1 1 -17, si dice ugualmente che il figlio della vedova era unico (monoghenes, 7 ,12). Le relazioni parallele esistenti fra i perso­ naggi sono anche tali che è di nuovo diffi cile dubitare del fenomeno di intratestualità che ritroviamo del resto un certo numero di volte nel macro-racconto lucano4• Sia nell'episodio di N ain sia in quello dell'epilettico compaiono degli elementi lessicali comuni: «folla», «figlio unico»,