«Il discorso è nave, il significato un mare». Saggi sull'amore e il viaggio nella poesia persiana medievale 884303717X, 9788843037179

"Il discorso è nave, il significato un mare", tratto da un verso di Rumi (il più grande poeta mistico dell

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«Il discorso è nave, il significato un mare». Saggi sull'amore e il viaggio nella poesia persiana medievale
 884303717X, 9788843037179

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BIBLIOTECA MEDIEVALE SAGGI/ 21

Collana diretta da Mario Mancini, Luigi Milone e Francesco Zambon

I lettori che desiderano informazioni sui volumi pubblicati dalla casa editrice possono rivolgersi direttamente a:

Carocci editore via Sardegna 50, 00187 Roma, telefono o6 l 42 81 84 17, fax o6 l 42 74 79 31

Visitateci sul nostro sito Internet: http://www .carocci.it

Johann Christoph Biirgel

«Il discorso è nave, il significato un mare» Saggi sull'amore e il viaggio nella poesia persiana medievale A cura di Carlo Saccone

Carocci editore

Volume pubblicato con il contributo del MIUR e dell'Università di Bologna.

Ia

edizione, febbraio 2006 © copyright 2oo6 by Carocci editore S.p.A., Roma Realizzazione editoriale: Omnibook, Bari Finito di stampare nel febbraio 2006 dalle Arti Grafiche Editoriali Srl, Urbino ISBN

88-430-3717-X

Riproduzione vietata ai sensi di legge (art. 171 della legge 22 aprile 1941, n. 633) Senza regolare autorizzazione,

è vietato riprodurre questo volume

anche parzialmente e con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche per uso interno o didattico.

Indice

Presentazione

9

di Carlo Saccone Fonti dei saggi tradotti

13

Prefazione

15

di ]oh an n Christoph Biirgel Parte prima Le forme della poesia persiana I.

L'epica persiana

19

I. I.

19 21 24 25 29

!.7. r.8. !.9.

Cenni generali L'epos eroico Influenza esercitata dallo Shah-nama L'epos romanzesco Nizami I successori di Nizami: Amir Khusraw, Khwajii e Maktabi }ami Fattahi A proposito dell'epos didattico-edificante

2.

Il ghazal persiano

42

2.!. 2.2. 2.3.

I personaggi del ghazal e le loro funzioni Lingua e struttura del ghazal Profilo storico

42 46 47

!.2. !.3. !.4. I. 5· r.6.

33 35 36 37

«IL DISCORSO È !\AVE, IL SIG:\'IFICATO U\1 l\· 1 ARE»

2.4. 2.5.

Hafiz I poeti del periodo più tardo e lo stile indiano

50 53



Il romanzo persiano

57

3·1.

Origini e prime manifestazioni dell epos romanzesco (romantic epic) Gurgan1 Nizam1 Am1r Khusraw Dihlaw1 Trasformazioni di un tema Jam1 e altri L'impatto del romanzo persiano sulle culture limitrofe

3.2. 3·3· 3·4· 3·5· 3.6. 3·7·

'

58 61 63 68 70 73 75

Parte seconda Gli autori 4·

Il poeta e la poesia nell'opera di Hafiz



Il gemello orientale: pensieri su Goethe e Hafiz

101

6.

Ambiguità: uno studio sull'uso della terminologia religiosa nella poesia di Hafiz

117



L'idea di nonviolenza nella poesia di Nizam"i

149

8.

Conquistatore, filosofo, profeta: l'immagine di Alessandro Magno nell'epopea di Nizam"i

172

L'atteggiamento di Alessandro nei confronti della filosofia greca nei tre poemi epici persiani: Iskandar-nama di Nizam"i, A 'ina-i Iskandari di Am"ir Khusraw Dihlaw"i e Khirad-niima-i Iskandari di Jam"i

190



6

81

!:\'DICE

Il poema di Jam"i su Alessandro il Grande: un'introduzione

197

10.1.

Conclusioni

223

n.

Le rappresentazioni dell'amore nel poema persiano Vis u Ramin

225

IO.

Il contenuto del poema Le rappresentazioni dell'amore in ViS u Ramin e i loro protagonisti Le rappresentazioni dell'amore in Vis u Ram in alla luce della narrativa erotica e della lirica nel Medioevo islamico

249

Humiiy u Humiiyun: un romanzo medievale persiano

257

13 .

Il Viaggio dei servi di Dio di Sana'"i come poesia doeta

268

14.

«Il discorso è nave, il significato un mare>>: alcuni aspetti formali del ghazal di Riim"i

282

II. I.

11.2. 11.3.

12.

7

227 236

Presentazione di Carlo Saccone

J ohann Christoph Biirgel, nato nel 1931 in Slesia, già direttore del di­ partimento di Studi islamici presso l'Università di Berna e docente nella medesima università di islamistica e letterature dell'area medio­ orientale, ha brillantemente approfondito nelle sue numerose opere svariati aspetti della civiltà letteraria araba e persiana, senza mai per­ dere di vista il quadro religioso e culturale complessivo in cui queste si inserivano. Oltre a parecchi saggi e monografie, Biirgel ha dedica­ to preziose energie alla traduzione di non pochi classici persiani tra cui Nizam1, Rum!, Hafiz per citare alcuni nomi ormai noti al pubbli­ co europeo. Tuttora attende alla pubblicazione di una vasta antolo­ gia della poesia araba classica, e svolge una intensa attività di confe­ renziere e visiting professar in tutto il mondo. Dopo un lungo rapporto epistolare, ho avuto modo di conoscer­ lo personalmente durante un magnifico convegno dedicato a Poetica medievale tra Oriente e Occidente (Bologna 2ooo), in margine al qua­ le con l'amico professar Mario Mancini, docente di filologia roman­ za e direttore della collana "Biblioteca Medievale" (ex Pratiche, ex L uni, ora Carocci editore), si pensò di raccogliere i saggi che ora com­ paiono in questa silloge. Per la verità non è stato facile giungere al traguardo di una sele­ zione di saggi e articoli di Johann Christoph Biirgel da tradurre e pro­ porre al pubblico italiano. Le ragioni sono più d'una. Innanzitutto la grande prolificità dell'Autore che si è esplicata e si esplica tuttora in campi diversi sia pure strettamente collegati: l'iranistica, l' arabistica, l'islamologia, la fenomenologia delle religioni. In secondo luogo, la grande qualità dei suoi contributi che ha obbligato il curatore - pe­ raltro con il pieno consenso dell'Autore - a dolorose esclusioni, cui si spera di porre rimedio in un prossimo futuro con un secondo volume di saggi tradotti. Infine - il che è forse il problema maggiore che si po­ ne per raccolte di questo genere - si trattava di individuare un filone 9

«IL DISCORSO È !\'AVE , IL SIG:\'IFICATO U;\1 MARE»

o tema principale che funzionasse da criterio di selezione e, fatto que­ sto, si doveva optare per l'ambito dell' arabistica o dell'iranistica. Come esplicita il sottotitolo della presente raccolta, s'è infine deciso di isolare due temi caratterizzanti: il viaggio e l'eros , e s'è privilegiato l'ambito della letteratura persiana medievale. A queste scelte non so­ no certo estranei gli interessi principali dello scrivente; ma, occorre qui sottolinearlo, i due temi proposti costituiscono parte centrale delle in­ dagini e delle ricerche che Bi.irgel è andato svolgendo fino ad oggi. I due temi, come risulterà dalla lettura del volume, si presentano strettamente intrecciati: l'amore è spesso inseguito e realizzato dal­ l' eroe di turno attraverso una quete in cui la dimensione dello spo­ stamento, del viaggio, è fondamentale; il viaggio peraltro, come è faci­ le intuire, ha spesso una motivazione "amorosa" nel senso più ampio e nelle più diverse valenze. Ma c'è di più: nei poeti persiani la quete amorosa di frequente ci rivela una dimensione - profonda o superfi­ ciale, reale o simbolica - marcatamente mistica. E la mistica islamica, nelle sue variegate e complesse manifestazioni, con il suo ricco sim­ bolismo che pesca natura/iter nelle "metafore" del viaggio e dell'a­ more, è un po' lo sfondo comune a quasi tutti gli autori, pur tra loro diversissimi, indagati nei saggi raccolti in questo volume. Un'ansia mistica, o meglio gnostica, informa sottilmente anche il viaggio in Oriente del re-filosofo-profeta Iskandar (Alessandro il Grande), at­ traverso le sue persiane rivisitazioni nell'epos di Firdawsi, di Nizami, di Jami: la sua ricerca della fonte miracolosa dell'Acqua di Vita nel Paese delle Tenebre ne diventa la cifra suggestiva e immortale. Si osserverà, anche nella limitata selezione di saggi qui proposta e pur dentro le restrizioni tematiche e di ambito disciplinare cui s'è fatto cenno, come in Johann Christoph Bi.irgel l' iranista, l'arabista e l'islamologo operino sempre di concerto in un fruttuoso e fecondis­ simo " rimpallo" interno. Del resto ciò corrisponde a un'esigenza di carattere metodologico ineludibile e ampiamente sentita. Se è vero che l'orientalista " tuttologo" di stampo ottocentesco è figura ormai estinta, resta non meno vero che l'idea di un iranista poco familiariz­ zato con il più ampio contesto storico e culturale del mondo arabo­ islamico sarebbe un nonsenso, allo stesso modo in cui - poniamo lo sarebbe un italianista che ignori il mondo e le lingue classici. Bi.ir­ gel è conoscitore di prima mano della letteratura araba (cfr. biblio­ grafia annessa ai vari capitoli) e un eccellente islamologo, come testi­ moniano molti suoi contributi fra cui citiamo qui un lavoro che vorIO

PRESEI\'TA Z I O N E

remmo vedere al più presto tradotto nella nostra lingua: Allmacht und Miichtigkeit. Religion und Welt im Islam (1991). Tutto questo bal­ za agli occhi anche attraverso i saggi e articoli che - come quelli in­ elusi nella presente raccolta - sono prevalentemente centrati sulla let­ teratura persiana medievale. Gli stessi temi trattati, il viaggio e l'eros , che conoscono forse nelle lettere persiane le più ampie, profonde ed eleganti rielaborazioni di tutta l'ecumene musulmana, hanno nondi­ meno il loro fondamento, il loro "primo capitolo " - quello essenzia­ le per comprendere la genesi e gli sviluppi successivi - proprio nelle lettere arabe e nella letteratura sacra (Corano e Hadith). Un particolare motivo di interesse rivestono i saggi qui raccolti per l'attenzione dedicata ai problemi poeto logici e di storia dei generi (cui, in particolare, sono dedicati i contributi sul ghazal, sull'epica e sul romanzo persiani) . Qui ancora una volta J oh an n Christoph Biirgel ci sa mostrare il legame strutturale delle letterature di area islamica e delle relative poetiche con concezioni che si possono far risalire fino alle scritture sacre, come per esempio la celebre corani­ ca "condanna dei poeti" o l'idea dell' " ispirazione celeste" della scrit­ tura. Più in generale si noterà come i lavori qui raccolti indaghino a fondo il complesso rapporto fra poesia (e poetica) e religione, argo­ mento che non mancherà di suscitare la curiosità di comparatisti e studiosi della cultura dell'Europa medievale. In questo senso sono il­ luminanti alcuni saggi dedicati a singole figure di poeti e scrittori: Hafiz, Rumi, Nizami, }ami, Sana'I. Particolarmente interessanti risulteranno poi i numerosi spunti in cui l'Autore mette in luce la figura del poeta come "mago della parola" e, più in generale, indaga sul rapporto fra magia e poesia, un argomento caro a Biirgel che vi ha dedicato un'ampia e densa monografia che si estende anche alla considerazione delle altre arti: The Feather o/ Simurgh: The {{Licit Magie)) o/ the Arts in Medieval Islam (1988). Per altro verso Johan n Christoph Biirgel ci fa scoprire come il "poeta maledetto" - per scelta o per cliché -, insomma il poeta che si presenta sotto la maschera prediletta del libertino (rind) e del con­ testatore di ogni "irreggimentamento" ideologico-religioso, costitui­ sca una figura centrale nella tradizione letteraria e culturale della Per­ sia medievale. La denuncia degli eccessi del clero e di certo bigotti­ smo sufi, canonicamente esemplificata nel canzoniere di Hafiz che, in traduzione tedesca, destò l'entusiastica ammirazione di Goethe (cfr. CAP. 5); la coraggiosa protesta contro ogni forma di "violenza saII

«IL DISCORSO È !\'AVE , IL SIG:\'IFICATO U;\1 MARE»

era" e la perorazione della causa della donna emergente dai poemi di Nizami; la religione come libero canto dell'anima al suo Dio, piutto­ sto che come arida e pedissequa esecuzione di riti e precetti, come ci mostrano i ghazal di Rumi; l'immagine, comune un po' a tutti, del poeta-bevitore che ostentatamente, scandalosamente, ricerca il vino proibito nelle taverne o gnostiche ebbrezze presso il "priore dei ma­ gi" zoroastriani (pzr-i mughan ); questi, e altri ancora, sono temi e mo­ tivi ampiamente sviscerati attraverso i saggi qui raccolti e ci mostra­ no un ulteriore aspetto di Biirgel, purtroppo ormai così raro fra gli studiosi odierni: quello dell'umanista, oserei dire del "filosofo mora­ le " , sempre attento a leggere il passato e i suoi testi con un occhio al presente e agli eterni problemi dell'uomo, soprattutto a quello del suo rapporto con il potere. Un presente che certo, all'epoca in cui l'autore scriveva questi articoli, non aveva ancora raggiunto certi esi­ ti drammatici che sono oggi sotto i nostri occhi. E qui, io credo, si inserisce un ultimo motivo d'interesse di que­ sta raccolta: l'attenzione di Joh an n Christoph Biirgel al costume, ai mores, in particolare all'etica amorosa nel mondo musulmano in cui peraltro riecheggiano chiaramente elementi dell'eredità greco-elleni­ stica. Argomento complesso e affascinante, su cui oggi si parla nei media a proposito e a sproposito, spesso con scarsissime cognizioni, e che non si può certo ridurre alla imperversante questione del velo o della poligamia. A questo proposito illuminanti risultano i saggi sui romanzi di Gurgani, Nizami e Khwaju, che mettono in luce il ruolo centrale della donna e dell'amore nella interiore maturazione dell'e­ roe, il sovrano o principe di turno; che ci descrivono alcune figure in­ dimenticabili di donne intransigenti e per nulla schiave delle con­ venzioni sociali come VIs o Shirin, appassionate amanti e illuminate "educatrici di re" ; che ci trasmettono infine, inopinatamente, un ideale di amore monogamico che cozza con noti e consolidati pre­ giudizi sull'amore nel mondo islamico. Un'ultima parola sul titolo dato alla presente raccolta: Il discorso è na­ ve, il significato un mare, tratto da un verso di Rum I che sintetizza, si può dire, tutta una poetica (una delle possibili poetiche) del mondo letterario della Persia medievale. È una concezione della poesia che rinvia al suo intimo nesso con la parola sacra e con la profezia - idea implicita nel nostro concetto di vate e che ricorre spesso negli autori persiani qui proposti - alla sua intrinseca, strutturale allusività a ve­ rità di ordine soprannaturale e abissalmente - giusta l'immagine del I2

PRESEJ\'TA Z I O N E

mare - profonde. Si stabilisce così un sistematico parallelo fra la pras­ si dell'ermeneutica sacra e quella della interpretazione della poesia. Ri­ spetto a queste verità arcane la parola poetica è concepita - con altra immagine frequente - come "velo" nel duplice senso e nella sua am­ bigua funzione di velamento/rivelazione. Non è un caso che, con ul­ teriore suggestivo sviluppo dell'immagine, i poeti persiani definiscano la poesia una «sposa» coperta dai «veli» della parola che essi, mali­ ziosamente come fa per esempio 'Attar, nell'epilogo del suo Mantiq al- Tayr, ci invitano a togliere a uno a uno: La mia poesia possiede una virtù straordinaria: i suoi doni si moltiplicano un istante dopo l'altro, e se vorrai rileggerla più di una volta ti riuscirà sem­ pre più chiara. Questa sposa velata lascerà cadere i suoi veli a uno a uno, tra mille graziose moine.

Ci auguriamo che i saggi e articoli qui proposti dal nostro autorevo­ le amico e grande maestro, vorremmo dire dal pir-i mughan del no­ stro tempo, come altrettanti splendidi «veli» possano cadere davanti agli occhi del lettore per rivelare la magnifica «sposa» di questa straordinaria civiltà letteraria. Fonti dei saggi tradotti I.

2.

3· 4·

5· 6.



Die persische Epik, in K. von See (hrsg.), Neues Handbuch der Literatur­ wissenscha/t, vol. V, Orientalisches Mittelalter, hrsg. von W. Heinrichs, Aula-Verlag, Wiesbaden 1990, pp. 301-18. Das persische Gazel, in K. von See (hrsg.), Neues Handbuch der Literatur­ wissenscha/t, vol. V, Orientalisches Mittelalter, hrsg. von W. Heinrichs, Aula-Verlag, Wiesbaden 1990, pp. 265-77. The Romance, in E. Yarshater (ed. ) , Persian Literature, Bibliotheca Per­ sica, Albany (NY) 1988, pp. 161-78. Le poète et la poésie dans treuvre de Ha/ez, in Convegno internazionale sulla poesia di Hafez. Roma) 3o-31 marzo 1976, Accademia nazionale dei Lincei, Roma 1978, pp. 73-98. Der ostliche Zwilling: Gedanken uber Goethe und Ha/iz, in "Spektrum Iran " , II, 1989, pp. 3-19. Ambiguity: A Study in the Use o/ Religious Terminology in the Poetry o/ Ha/iz, in M. Gliinz, J. C. Biirgel (eds . ) , Intoxication) Earthly and Heavenly: Seven Studies on the Poet Ha/iz o/ Shiraz, Lang, Bern 1991, pp. 7-40. The Idea o/ Non- Violence in the Epie Poetry o/ Nizami, in "Edebiyat" , IX, 1998, pp. 61-84.

13

«IL DISCORSO È !\' AV E , IL SIG:'\IFICATO U:-.1 MARE»

8.



Io.

n. I2.

I3. I4.

Conquérant, philosophe et prophète: l'image d'Alexandre le Grand dans l'épopée de Nezami, in C. Balay, C. Kappler, Z. Vesel (éds . ) , Pand-a So­ khan. Mélan ges o//erts à Charles-Henri de Fouchécour, Institut français de recherche en Iran, Téhéran I995, pp. 65-78. /}attitude de Alexandre/ace à la philosophie grecque dans trois poèmes per­ sans: ((Le roman d'Alexandre" de Nizamz: l}((A'ina -i Iskandari" de Amir Khusraw Dihlawi et le ((Khiradnama -i Iskandari" de Djami, in L. Harf­ Lancner, C. Kappler, F. Suard (éds.), Alexandre le Grand dans les littéra­ tures occidentales et proche-orientales. Actes du Colloque de Paris, 27-29 novembre I997, Université Paris x-Nanterre, Nanterre I999, pp. 53-9. Gamzs Epic Poem on Alexander the Great: An Introduction, in M. Ber­ nardini (a cura di) , La civiltà timuride comefenomeno internazionale, nu­ mero monografico di "Oriente moderno" , n.s., xv, I996, 2, pp. 4I5-38. Die Liebesvorstellun gen im persischen Epos ((Wis und Ramin", in "Asia­ tische Studien " , XXXIII, I979, pp. 65-98. ((Humay and Humayiin": A Medieval Persian Romance, in G. Gnoli, A. Panaino (eds . ) , Proceedin gs o/ the First European Con/erence o/ Iranian Studies Held in Turin , September 7-II, I987 by the Societas Iranolo gica Eu­ ropaea, vol. II, Middle and New Iranian Studies, Istituto italiano per il Medio ed Estremo Oriente, Rome I990, pp. 347-57. Sana'fs 7enseitsreise der Gottesknechte" als ((Poesia docta '', in "Der Is­ lam " , LX, I983, I, pp. 78-90. ((Speech is a Ship an d Meanin g the Sea": Some Forma! Aspects o/ the Ghaz­ al Poetry o/Riimi, in A. Banani, R. Hovannisian, G. Sabagh (eds.), Poetry an d Mysticism in Islam: The Heritage o/Riimf- n'h Giorgio Levi della Vida Con/erence, Cambridge University Press, New York I994, pp. 44-69.

Colgo l'occasione per ringraziare i traduttori dei saggi: Giovanni Panno (dal tedesco) , Maria Soster (dal francese) e il mio allievo Simone Zoppellaro (dal­ l'inglese) , per l'impegno generosamente profuso nell'impresa.

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Prefazione di ]ohann Christoph Burgel

Il presente volume contiene una parte importante dei miei lavori di iranistica usciti tra il 1978 e il 1999 su riviste, atti di congressi, opere collettanee. Un secondo volume con ulteriori contributi di iranistica dovrebbe seguire in un prossimo futuro. In questa prima raccolta non sono stati considerati i miei lavori di arabistica, né le ricerche sul­ la cultura e la storia delle scienze islamiche; ma essa realizza già pie­ namente un mio grande desiderio organicamente riunendo quattor­ dici lavori apparsi in circostanze e tempi diversi, ma tutti !ematica­ mente interrelati. Che questo accada per la prima volta in Italia - e non in una delle lingue in cui ho redatto le mie ricerche (tedesco, francese, inglese) - lo si deve a una fortunata concomitanza di ele­ menti che, ai miei occhi, va ben oltre la pura casualità. A questa fau­ sta costellazione di eventi appartiene in primo luogo l'entusiasmo senza riserve di due colleghi - che in questa forma solo in un paese mediterraneo poteva darsi; ma v'è stata anche una curiosità intellet­ tuale incredibilmente ampia che ha reso possibile la pubblicazione del volume in una collana ambiziosa come "Biblioteca Medievale" . Collana in cui si trovano già ricerche altamente specializzate come i lavori di romanistica di Mario Mancini (La gaia scienza dei trovatori, 1984 e 2ooo2; Lo spirito della Provenza, 2004) e le ricerche di Carlo Saccone ( Viaggi e visioni di re, sufi: profeti, 1999; Il maestro sufi· e la bella cristiana. Poetica della perversione nella Persia medievale, 2005) , solo per fare qualche esempio. Qui menziono i nomi dei due studiosi senza la cui iniziativa que­ sta mia raccolta non sarebbe venuta alla luce: il professar Mario Man­ cini e il dottor Carlo Saccone, entrambi dell'Università di Bologna. Sento ancora il miscuglio di gioia e di incredulità che mi riempì il cuo­ re allorché il professar Mancini, che io neppure conos cevo, mi chiamò in disparte - durante il congresso "Poetica medievale. Con­ fronti e incontri: tradizione arabo-islamica e tradizione occidentale"

«IL DISCORSO È 1\'AVE , IL SIG:\"IFICATO U:'\1 MARE»

nel maggio del 2ooo a Bologna - per comunicarmi la sua intenzione di pubblicare una silloge di miei contributi nella predetta collana "Bi­ blioteca Medievale" , e per chiedere il mio consenso. Che natural­ mente io diedi senza indugio. Il dottor Saccone, dopo che fu effet­ tuata la scelta dei testi, con impegno instancabile ha coordinato l'o­ pera di traduzione in italiano (in parte partecipandovi anche diretta­ mente), e, più tardi, ha seguito le varie fasi editoriali con grande scru­ polo e competenza. Un testo dopo l'altro le traduzioni giungevano nella mia casa di Berna per un ulteriore controllo, e lo stesso si è poi ripetuto tra una bozza e l'altra. Ai due simpatici colleghi di Bologna desidero qui esprimere il mio più cordiale ringraziamento. Quello che ci lega è, al di là degli interessi specialistici, il modo di intendere la filologia come scienza umana. Non dati aridi - benché la solida padronanza del lavoro filo­ logico sia la base di ogni seria ricerca - bensì le domande: come si esprime l'Umano attraverso le singole opere letterarie; quali umani desideri che noi condividiamo con gli autori medievali sono in primo piano; quali istanze vengono poste e come ricevono risposta - tutto questo rende la ricerca un compito legittimo e in cui vale la pena im­ pegnarsi. A questi generalissimi desideri umani appartiene, in primo luogo, l'amore in tutte le sue forme, dall'amore sensuale a quello per il prossimo , sino all'amore per la bellezza della creazione e, infine, al­ l' amore per Dio come viene coltivato dai mistici. Strettamente legata a questo è la ricerca della " retta via " . E la via è nel sempre nuovo "cer­ care" e nel "trovare" che intimamente appaga, è in fondo il contenu­ to proprio di una vita pienamente realizzata. Per i mistici musulma­ ni questa "via" (tariqa, anche nel senso di "ordine" religioso) condu­ ce dalla realizzazione della Legge (sharta) sino alla Verità (haqiqa) . Ka'ba, santità, santuario diventano allora altrettanti simboli di qual­ cosa che è oltre-il-tempo (iiberzeitliches) . L'uomo esperisce alla fine l'incontro con l'Eterno nella morte; prima, solo occasionalmente nei momenti di estasi scaturiti dalla mu­ sica o dalla visione della bellezza creata - segni nei quali lampeggia il Divino. Queste esperienze sono, in sempre nuove rifrazioni, l'ogget­ to privilegiato della poesia persiana, di questo trattano i saggi conte­ nuti nelle pagine che seguono. Muri bei Bern,

12

gennaio 2006

r6

Parte prima Le forme della poesia persiana

I

L'epica persiana

1.1 Cenni generali

Con il termine "epica" si deve qui intendere essenzialmente solo l'e­ pica in versi, benché nella letteratura persiana si dia naturalmente an­ che una prosa narrativa estesa e importante. Questa tuttavia ha, di re­ gola, un carattere piuttosto popolare, mentre l'epica elevata si serve di versi. La forma impiegata è il mathnavf, ove si hanno coppie di ver­ si abbinati attraverso una rima (aa, bb, cc. . . ) e in un metro che per­ mane uguale in tutta l'opera. L'epica persiana nasce e si sviluppa dalla tradizione regale dell'I­ ran antico, che risale fino al periodo mitico, ed è intimamente colle­ gata agli sforzi di risvegliare a nuova vita la regalità preislamica. È da notare che l'epica persiana non rimanda - o comunque poco - ai mo­ delli arabi. La poesia araba, che rimase ancorata in un modo così stra­ no e addirittura paradossale ai modelli preislamici e quindi pagani della poesia beduina, non sviluppò alcuna epica in versi. Nel primo periodo abbaside compaiono alcuni tentativi d'introdurre questo ge­ nere nella letteratura araba, nei quali l'influsso persiano era chiara­ mente all'opera. Aban ibn 'Abd al-Ham!d al-Lahiq1 (m. 8r5 ca. ) , poe­ ta di corte degli Abbasidi e protetto dei Barmecidi, filopersiana di­ nastia di visir, mise in versi parecchi materiali conosciuti, come la rac­ colta indiana di fiabe Paiicatantra, che dal nome dei due sciacalli pro­ tagonisti fu nota al Medioevo islamico come Kalita va Dimna, la pri­ ma storia a cornice a noi nota; il racconto di Sindbad; la leggenda di Budda sotto il titolo Bilawhar va Yiidasa/ (che deriva da Budasaf: Bodhisattva), quella poi sopravvissuta nella forma cristianizzata del­ la leggenda di Barlaam e }osaphat, e altre ancora 1• I . The Encyclopaedia o/ Islam, Brill, Leiden 1960- , Hamid al-Lahiqi.

n

ed.,

s.v.

Aban b. {Abd al­

«IL DISCORSO È 1\'AVE , IL SIG:\"IFICATO U:'\1 MARE»

Il famoso poeta Ibn al-Mu'tazz, appartenente alla dinastia degli Abbasidi, scrisse una muzdawi.fa (il termine arabo per la forma-math­ navi) sulle gesta di suo cugino, il califfo Mu'tadid 2• Sporadicamente la più lunga muzdawija venne utilizzata ancora nella poesia andalusa 3• In generale, però, questa forma viene riservata alla poesia didascalica 4• Nell'epica persiana sono da distinguere innanzitutto quattro ge­ neri principali, e in particolare: l'epos eroico, quello romanzesco, quello didascalico-educativo e quello mistico, che formalmente può corrispondere anche ai due generi precedenti. Comune è a questi generi l'alternanza delle parti narrative e de­ scrittive, drammatiche (dialogiche) , liriche e parenetiche. Dove l' azio­ ne procede, il poeta si cura di riassumere brevemente; invece egli di­ spiega tutta la sua arte retorica nella descrizione di uomini belli o eroi­ ci, in scene di battaglia e lotta, banchetti e amori, così come nella de­ scrizione della natura, nella quale sono preferiti come modello albe, fio­ ri in primavera o autunno, fuochi di bivacchi e cieli stellati, o simili ap­ parizioni scintillanti di colori e ricche di Stimmung. Dev'essere rimar­ cato che i generi menzionati non appaiono mai o quasi mai allo stato puro. Già il Libro dei re di Firdawsi - benché sia l'epos eroico persiano par excellence - contiene alcune storie d'amore romantico, e all'inver­ so non mancano mai nell'epos romanzesco scene di caccia e di lotta. Circa l'origine della materia si deve dire che questa certo si radi­ ca soprattutto nella tradizione regale della Persia antica, ma si può farla risalire anche a quelle indiana, greca, coranico- biblica e araba. Altamente stimolante è la libertà con cui i poeti utilizzano o trala­ sciano la materia e i motivi tramandati, li trasformano o combinano in modo nuovo. Così motivi tratti dall' epos - assolutamente non islami­ co - di VIs e Ramin, come per esempio la balia ruffiana e il coniuge impotente, s'incontrano secoli più tardi nella figurazione mitica di Giuseppe e Zulaykha di }ami. Una storia in sé conclusa come quella di Bahram e la schiava viene profondamente trasformata da Nizami, grazie alla sua tendenza umanizzante, attraverso la sostituzione del brutale assassinio della schiava da parte del signore adirato con un fi­ nale conciliante, e così contemporaneamente egli sviluppa il filo della storia in libera invenzione. Amir Khusraw Dihlawi, il primo imitato2. Traduzione tedesca e commento a cura di C. Lang, in "Zeitschrift der Deut­ schen Morgenlandischen Gesellschaft" , XL, 1886, pp. 563-6u. 3· Cfr. B. Reinert, Die An/iinge des spanisch-arabischen Epos, in "Saeculum", XXIX, 1978, p . 231.

4· M. Ullmann , Untersuchungen zur Rag,azpoesie, Harrassowitz, Wiesbaden 1966.

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I . L' EPICA PERSIANA

re di Nizami, muta ancora una volta questa storia 5• Il corso di interi poemi epici viene liberamente mutato da chi li riceve; certo questo è un ambito il cui studio si trova ancora agli inizi. La modalità di rior­ ganizzazione della materia tramandata è altamente istruttiva circa le intenzioni ideali e artistiche del poeta che di volta in volta l'affronta, ma anche circa la misura e i limiti della sua capacità. La trattazione di trame più lunghe naturalmente pone i poeti epici di fronte a compiti completamente diversi e in parte considerevolmente più difficili di quanto accada con forme più brevi, e in misura particolare questo va­ le per lo sviluppo dei caratteri. Di regola incontriamo però tipi fissi. Uno sguardo che penetri nell'animo degli eroi, nelle loro battaglie in­ teriori, dalle quali si producono maturazione e purificazione, possono permettersi di offrircelo solo pochissimi eccellenti maestri. 1.2 L'epos eroico

Mentre la letteratura neopersiana ha prodotto un numero considere­ vole di poemi significativi di tono romanzesco e mistico, vi è un solo eccellente epos eroico, lo Shah-nama o Libro dei re di Firdawsi. Le se­ guenti premesse ne resero possibile la nascita. Dal punto di vista del­ la materia: la traduzione delle fonti mediopersiane in arabo e neo­ persiano, fra queste soprattutto la "cronaca dei re" della Persia prei­ slamica. Dal punto di vista formale: lo sviluppo già menzionato del mathnavi'in grande forma epica. Politicamente: il risveglio di una co­ scienza nazionale e la sua promozione da parte di dinastie persiane, in particolare i Samanidi di Bukhara (864-1005). Firdawsi era originario di una famiglia di dihqan o signori di vil­ laggio, un grado di nobiltà terriera, cui stava particolarmente a cuore la cura dell'eredità persiana. Egli dovette iniziare a lavorare al suo enor­ me poema epico intorno al 975. Allora erano ancora al potere i Sama­ nidi, cui egli pensò di dedicare la sua opera. Ma quando, al volgere del secolo, essi persero il loro potere la sua opera non era certo ancora ter­ minata. Il poeta dovette guardarsi attorno per cercare nuovi protetto­ ri e dedicò il suo poema, infine - amara ironia della storia ! -, a quel so­ vrano che aveva rovesciato proprio i Samanidi sensibili ai valori nazio­ nali, ossia a un militare turco, Mahmud di Ghazna, d'allora in avanti 5· J. C. Bi.irgel, The Romance, in E. Yarshater (ed . ) , Persian Literature, Bi­ bliotheca Persica, Albany (NY) 1988, pp. 161-78 [cfr. CAP. 3].

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l'uomo più potente dell'Oriente islamico, che come conquistatore del­ l'India appartiene alla storia dei più noti eroi islamici. Riguardo all'o­ norario che questi pagò a Firdaws1 si è sviluppata una leggenda, che Heinrich Heine ha cantato nel suo Romanzero 6• I 50-6o.ooo versi del Libro dei re sono composti in metro muta­ qarib 7; è stato Riickert, nella sua traduzione in tre volumi, che però propone solo alcune parti, a incontrare magistralmente il loro tono di ballata arcaica (Italo Pizzi ne ha fornito una versione integrale in una lingua europea, in endecasillabi sciolti, uscita a Torino in otto volu­ mi fra il 1886 e il 1889). Si narra in questo testo la storia dei re dell'I­ ran dagli inizi mitici fino alla caduta dei Sassanidi a seguito della con­ quista islamica nel VII secolo. L'elemento drammatico emerge forte­ mente dalla contrapposizione fra Iran e Turan, cioè i popoli turchi dell'Asia centrale. Su questo si basano anche i conflitti tragici, come in particolare la lotta fra padre e figlio (Rustam e Suhrab) che ricor­ da la battaglia fra Ildebrando e Adubrando nell' Hildebrandslied. Suhrab, frutto del connubio tra Rustam e una principessa turanica, era nato e cresciuto nel Turan 8• Le battaglie e le lotte vengono interrotte da banchetti sontuosi, awenture amorose, cacce; tutto questo è, detto con due parole per­ siane dello Shah-nama, un'alternanza di «razm u bazm» ( '' certame e banchetto" ) . Sono famose le descrizioni delle albe, ma anche le la­ mentazioni, sempre nuove, che irrompono in tutta l'opera, interval­ landola, sulla futilità e fugacità di ogni cosa terrena così come sull'im­ mutabilità e inevitabilità del destino. Il contenuto dello Shah-nama si lascia dividere - grosso modo - co­ me segue. 1. Prologo: preambolo, lode a Dio, lode al Profeta, notizie sulla na­ scita del poema, fonti utilizzate, lode del sultano Mahmud. 2. L'era dei mitici sovrani del mondo da Gayumart a Jamsh1d, la fi­ gura che più eccelle in quest'epoca, in possesso di una magica coppa («jam-i Jam») nella quale si può osservare l'universo intero. Jamsh1d 6. Nella poesia Il poeta Firdusi nel primo libro del Romanzero.



Tre piedi (una breve e due lunghe) più uno composto di breve-lunga.

8. Firdawsl, Konigsbuch (Schahname), i.ibersetzt von F. Riickert, aus dem Nach­ lass hrsg. von E. A. Bayer, 3 voll., Reimer, Berlin 1890-95; F. Riickert, Rostem und Suh­ rab. Ein e Heldengeschichte in zwolf Buchern, Blasing, Erlangen 1838. Anche Adolf F. von Schack riporta una traduzione parziale (Firdawsl, Heldensagen, hrsg. von A. F. von Schack, Cotta, Stuttgart 1887) . Una traduzione integrale in francese è: Le livre des rois traduit et commenté par M. ]. Mohl, Maisonneuve, Paris 1855.

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regna per 700 anni su uomini e demoni, introduce i quattro ceti dei religiosi, dei guerrieri, dei mercanti e dei contadini ma, divenuto eb­ bro del potere, si lascia trasportare in alto fino alla volta del cielo dai demoni; al che la grazia divina si allontana da lui e un principe arabo chiamato Zahhak (arabo: Dahhak, dal mediopersiano azdahah) , che sta in balia dello spirito del male Ahriman , sottomette l'Iran al suo potere per mille anni. Ahriman lo convince a gustare la carne, e così nascono due serpenti sulle spalle di Zahhak, che egli deve nutrire con carne umana. Contro di lui si solleva il fabbro Kave che porta al po­ tere il principe Faridun. Questi divide il regno fra i suoi tre figli Salm, Tur e I raj ; Salm diviene re dell'Occidente, Tur ottiene il Turan (Turkestan e Cina) , Iraj domina in Iran e Iraq. 3· Iran e Turan , l'epoca degli eroi: Faridun mette il suo pronipote Manocihr sotto la sorveglianza di un eroe proveniente dall'India, di no­ me Sam. Questi, con il figlio Zal - ch'era stato abbandonato in quanto nato albino e poi cresciuto dal meraviglioso uccello Simurgh - e il di lui figlio Rustam, l'eroe più famoso dello Shah-nama che, come men­ zionato, uccide in un tragico duello il suo stesso figlio Suhrab, deter­ minerà d'ora in avanti gli avvenimenti dei secoli seguenti; insomma questi eroi raggiungono età bibliche. Con il re Kay Qubad portato al potere da Rustam inizia la fase successiva. 4· La dinastia dei Kayanidi: comprende Kay Ka'us, Kay Khusraw, Luhrasp, Vishtasp ( Vistaspa) , sotto il quale ultimo compare Za­ rathustra, e ancora Bahman, che uccide Rustam , e Humay ed en­ trambi i Dara(b) , cioè Dario I e Dario II con cui si giunge fino al tem­ po di Alessandro. I parti (Arsacidi) compaiono appena nello Shah­ nama. Di contro i Sassanidi costituiscono un grande ultimo capitolo, cosicché le parti successive si svolgono nel modo seguente: 5 · L'entrata in scena di Zarathustra. 6. L'entrata di Alessandro il Grande. 7· La storia dei Sassanidi: le loro figure più conosciute sono Khu­ sraw I Anushirvan (regna fra il 531 e il 559), il prototipo del re giusto, ed entrambi gli eroi più importanti dell'epos romanzesco, Bahram Gur (Vahram v), periodo di regno 421-438, e Khusraw Parvez Khu­ sraw II (al potere dal 590 al 628) 9 • Alcuni dei re mitici nello Shah-nama risalgono, nelle loro origini, passando per l'Avesta fino al Rigveda: così Jam (shid) compare come =

=

9· Cfr. K. H. Hansen, Das iranische Konigsbuch. Aufbau und Gestalt des Schah­ name von Firdosi, Akademie der Wissenschaften und der Literatur, Mainz 1954.

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Yima, indiano Yama; Faridiin come Thraetaona, indiano Traitana; Dahhak come Azi dahaka 1 0 • Poiché questi esseri spirituali e favolosi compaiono nello Shah-nama come personalità storiche, Bausani par­ la di una storicizzazione del mito 11• Si potrebbe però anche, al con­ trario, parlare di una mitizzazione della storia, visto che figure stori­ che come Alessandro e i Sassanidi sono avvolte nella leggenda nel Li­ bro dei re alla stessa stregua dei loro predecessori mitici. Riguardo al­ la considerazione di Bausani, secondo cui lo Shah-nama sarebbe a dif­ ferenza dell'epica persiana posteriore né simbolico né decorativo 1\ c'è da osservare che anche in esso è già sviluppata una metaforica ste­ reotipata e che Firdawsi stesso nel prologo del suo poema consiglia al lettore di non cercare di comprenderlo nel senso di una fiaba men­ zognera: Tutto ciò che in esso dà da fare all'intelletto l porge sempre comunque un senso simbolico.

Per intendere il monito di Firdawsi è sufficiente far riferimento alle numerosissime lotte con demoni, che simboleggiano lo scontro fra il bene e il male 13. 1. 3 Influenza esercitata dallo Shah-nama

L'influenza letteraria dello Shah-nama non potrà mai essere valutata a sufficienza in tutta la sua portata. È possibile anzitutto distingue­ re fra le imitazioni di carattere eroico e quelle storiche o semistori­ che. Negli epoi eroici posteriori rimane sempre al centro dell'azione un solo eroe, di regola un parente di Rustam. Così nascono nell'xi­ XII secolo un Garshasp-nama, un Barzii-nama, un Bahman-nama, un Faramarz-nama e, nel primo periodo timuride, un Sam-nama. Dallo Shah-nama si distinguono tutte queste opere per un predominio del meraviglioso. Gli eroi viaggiano in terra straniera, di regola verso IO. T. Noldeke, Das iranische Nationalepos, de Gruyter, Berlin-Leipzig r9202• A. Pagliara, A. Bausani, Storia della letteratura persiana, Nuova Accademia, Milano 1960, p. 595· 12. Ibid., «Non simbolicità non decoratività». 13. Cfr. J. C. Biirgel, «Die beste Dichtung ist die lugenreichste»: Wesen und Be­ n.

deutung eines literarischen Streites des arabischen Mittelalters im Licht komparatisti­ scher Betrachtung, in "Oriens", XXIII-XXIV, 1970-7I, pp. 95-6.

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l'India, e passano di avventura in avventura in un'atmosfera assolu­ tamente fiabesca. Un ulteriore tratto comune è la crescente islamiz­ zazione. Gli eroi dell'Iran antico arrivano a essere dei combattenti per la fede 14• È naturale conseguenza che essi infine verranno sosti­ tuiti da eroi islamici. Per la prima volta questo è evidente nel Khawar-nama (Libro dell'Oriente) di Ibn-i Husam, della prima metà del XV secolo. Esso è ambientato nella giovinezza dell'islam e serve alla glorificazione di 'Ali 15• In questo poema com pare inoltre la figu­ ra di un (ayyar, un brigante nobile dotato di forze magiche, come già in precedenza era apparso nel romanzo popolare Samak-i (ayyar di Sadaqa ibn Abu 1-Qasim Shirazi, e come figurerà più tardi nel gha­ zal, da Sana'i in poi, nella veste di una delle figure-sosia del rind e del qalandar. Le imitazioni semistoriche dello Shah-nama sono invece sue pro­ secuzioni fino al tempo dell'autore, cioè essenzialmente cronache ri­ mate, che di regola «mancano di ogni valore poetico» 16, ma occasio­ nalmente almeno possiedono un qualche significato come fonte stori­ ca, com'è il caso per esempio dello Za/ar-nama di Hamdullah-i Mu­ stawfi che prosegue in 75. ooo distici lo Shah-nama fino all'anno della sua stesura (133 5). Dal punto di vista storico-letterario più significative di queste va­ rie imitazioni, completamenti e prosecuzioni dello Shah-nama saran­ no le nuove elaborazioni di singole materie. Lo Shah-nama era come un'immensa galleria di immagini, nella quale poeti come Nizami han­ no lasciato volare la loro fantasia. 1. 4 L'epos romanzesco

Già prima dello Shah-nama erano stati scritti dei romanzi (romanti­ sche Epen). Rudaki (m. 941) mise in versi, oltre alla raccolta di fiabe di carattere istruttivo e pedagogico Kalila va Dimna, il ciclo altret­ tanto indiano del figlio del re e dei sette visir sotto il titolo Sindbad­ nama, ma di entrambi sono conservati solo alcuni versi nel ben noto lessico di Asadi (XI secolo).

14. J . Rypka, Iranische Literaturgeschichte, Harrassowitz, Leipzig 1959, p p . 165-6. 15. G. Calasse, Un } ({epopea musulmana" di epoca timuride. Il {{Xavar-namè" di Ebn Hosam, Accademia nazionale dei Lincei, Roma 1979. 16. Rypka, Iranische Literaturgeschichte, cit.

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Il poema precedentemente attribuito a Firdawsi Giuseppe e Zu­ laykha, che ancora configura la materia biblico-coranica con spregiu­ dicato piacere affabulatorio, deriva in realtà da un poeta un po' più tar­ do di nome Amani (XI secolo) 17. Molti romanzi videro la luce sorprendentemente alla corte di Mahmud di Ghazna, il sovrano guerriero già menzionato. Il suo poe­ ta di corte 'Unsuri, che era anche un significativo scrittore di pane­ girici, aveva raffigurato nel Vamiq u {Adhra CL:Innamorato e la Vergi­ ne) una materia greca con taglio che richiama il romanzo d'amore tar­ doellenistico. Alcune parti del poema perduto sono riaffiorate nella rilegatura di un altro manoscritto e sono state pubblicate con acribia scientifica 18 • Vamiq e 'Adhra sono nomi arabi. Oltre ad essi vi sono comunque nomi di origine evidentemente greca, come Policrate, Samo, Diana, Platone19• Sappiamo oggi, quindi, qualcosa di più su questi amanti di quanto fosse possibile ai tempi di Goethe, che li ha cantati in Noch ein Paar, nel suo Divano occidentale-orientale, dove dice: «Non ne sappiamo altro se non che hanno amato». 'U nsuri elaborò anche una leggenda indiana, che era collegata a entrambe le grandiose statue di Budda presso Bamiyan in Afghani­ stan (brutalmente distrutte dai Taliban nel 2001 ). Di questo poema conosciamo tuttavia solo il titolo: Khing but u surkh but (I: idolo bian­ co e quello rosso ). All'era di Mahmud appartiene anche il primo romanzo della let­ teratura persiana completamente conservato, redatto nel metro del­ lo Shah-nama, ossia il Varqa u Gulshah, di un poeta di nome 'Ayyuql. Per la prima volta si tratta una materia araba, una storia d'amore de­ rivata dall'ambiente di quegli 'udhriti che si guadagnarono gloria im­ mortale attraverso l'amore incompiuto e la fedeltà fino alla morte. Nella narrazione che sta alla base del poema muoiono anche 'Afra' e 'Urwa (da cui derivò, per alterazione, Varqa) per le pene d'amore. Il poema persiano segue il modello arabo, ma introduce un finale ina­ spettato. Il profeta Muhammad risveglia entrambi i morti a nuova vi­ ta e consente loro di assaporare il loro amore. 17· ]ussu/ und Zuleicha. Romantisches Heldengedicht, hrsg. von O. M. Schlechta­ Wssehrd, Wien 1889. 18. 'Unsuri, Vamiq u 'Adhra, ed. M. Shafi, lntisharat-i Danishgah-i Panjab, Lahaur 1967. 19. G. E. Von Grunebaum, Der Islam im Mittelalter, Artemis, Zi.irich-Stuttgart 1963, p. 389.

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Il primo grande romanzo si forma poco dopo la metà del secolo XI, con ViS u Ramin di Gurgani, un poema noto anche in Occidente,

almeno fra i romanisti e i germanisti, per i suoi strani paralleli con la saga di Tristano. La materia di questo poema è preislamica, forse di origini partiche20 • La trama si sviluppa da una relazione a tre. Ramin, il più giovane fratello dell'anziano re Mubad di Marv (Persia orienta­ le), s'innamora della donna di questi, VIs; ciò corrisponde al triango­ lo di Marco, Tristano e Isotta. Non manca neppure la balia, che in un'occasione, seppure non nella notte di nozze, deve perfino sostitui­ re VIs nel letto di Mubad. Non mancano né il giudizio divino, al qua­ le gli amanti comunque si sottraggono con la fuga piuttosto che con un discutibile stratagemma, né la figura corrispondente a Isotta dalle Bianche Mani: la principessa Gul, che Ramin sposa, stanco dell'inter­ minabile nascondino alla corte di Mubad, dopo essersi allontanato da Marv. Di Gul però è presto annoiato e ritorna da VIs che gli era ri­ masta fedele. Le sue dieci lettere sull'amore indirizzate a RamIn sono un gioiello non solo di questo poema, ma della letteratura persiana nel suo complesso. Dopo il ritorno di Ramin, Mubad perde il suo potere, le truppe gli si rivoltano contro, egli stesso viene ucciso nel suo cam­ po da un cinghiale. VIs e RamIn ascendono al trono, fra il giubilo del popolo, e regnano con giustizia fino alla fine della loro vita, in pace e felicità. La loro unione continua anche nell'aldilà 21• Gurgani descrive un grande amore, che malgrado tutte le awer­ sità viene favorito e segnato dal destino. VIs rimane, benché prima in sposa al fratello VIru e poi a Mubad, vergine, per accogliere Ramin. VIru non può giacere con lei per il verificarsi proprio nella notte di nozze di una mestruazione, mentre la forza virile di Mubad viene eli­ minata con un talismano preparato dalla balia. Ramin è l'unico uomo al quale VIs si conceda. L'adulterio awiene quindi in sostanza solo dal punto di vista giuridico - a differenza della situazione nel Tristano di Gottfried. Anche più tardi il destino mantiene la sua mano protesa a

20. V Minorsky, Vis u Ramin: A Parthian Romance, in "Bulletin of the School of Orientai and African Languages", n, 1956, pp. 741-63; 12, 1947, pp. 20-35; 16, 1954, pp. 91-2; 25, 1962, pp. 275-86 (poi in Id., Iranica: Twenty Articles, Teheran University Press, Teheran 1964, pp. 151-99). 21. K. H. Graf, Wis und Ramin, in "Zeitschrift der Deutschen Morgenlandi­ schen Gesellschaft", XXIII, 1869, pp. 375-433 (indicazione del contenuto con estratti in versi tradotti) ; cfr. Gurgani, Vù and Ramin, transl. from the Persian by G. Morri­ son, Columbia University Press, New York 1972 (trad. fr. par H. Massé, Paris 1959).

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proteggere gli amanti. Dal momento che - e verosimilmente anche proprio perché - essi hanno dalla loro parte il diritto della natura e del cuore, il poeta lascia dalla loro parte anche il destino. Dunque il poema confronta diverse concezioni dell'amore. Mubad rappresenta la prospettiva legalista, per la quale il matrimonio è soprattutto una questione di diritto. Non è escluso che la concezione islamica dell'a­ more subisca indirettamente una critica in questo contesto 22• Ancora una parola sulla relazione fra questo poema e il Trista­ no. Si sono contate molti anni fa ben dodici presunte concordanze, delle quali tuttavia in realtà alcune sono da eliminare; altre sono di natura così generale - relazione a tre, ruolo di una balia, fuga insie­ me, il giudizio divino stesso - che non se ne può far necessariamen­ te derivare alcuna dipendenza 23; una tesi particolarmente audace che, esposta da Samuel Singer 24 e sempre ripresa fino a Pierre Ga­ lais 25, e che secondo Franz Rolf Schroder viene «riconosciuta senza riserve dalla ricerca intera», è in realtà fuorviante e superflua. In es­ sa cioè si tenta di chiarire il finale tragico del Tristano, che non si adatta alla forma originaria persiana - come se questa fosse l'unica differenza bisognosa di spiegazione ! -, attraverso la presunta me­ scolanza con una storia d'amore araba tratta dall'ambiente degli 'udhriti. L'eroe della narrazione, Qays ibn Dhar1h (per il quale i ger­ manisti continuano a scrivere erroneamente, da Singer in poi se­ condo il modello dato da Hammer-Purgstall, «Doreidsch»), incon­ tra più tardi, dopo la violenta separazione dalla sua donna Lubna, un'altra Lubna, e la sposa (questo dovrebbe essere il modello origi­ nario di entrambe le Isotte nel Tristano), ma muore più tardi per amore della sua prima Lubna. Come tutta questa teoria delle in­ fluenze sia infondata, è stato messo in evidenza da Paul Kunitzsch con la necessaria chiarezza 26.

22. J. C. Bi.irgel, Die Liebesvorstellungen im persischen Epos ((Wis und Ramin)}, in "Asiatische Studien", XXXIII, 1979, pp. 65-98 [cfr. CAP. n] . 23. F. R. Schroder, Die Tristansage und das persische Epos Wis und Ramin, in "Germanisch-romanische Monatsschrift", n.s., XI, 1961, pp. 1-44. 24. S. Singer, Arabische und europiiische Poesie im Mittelalter, Berlin 1918. 25. P. Gallais, Genèse du roma n occidental. Essais sur {{Trista n et Iseut)} et son modèle persan, Sirac, Paris 1974; cfr. la recensione diJ. C. Bi.irgel in "Fabula", XVII, 1976, pp. 100-J. 26. P. Kunitzsch, Are there Orienta! Elements in the Tristan Story?, in "Vox Ro­ mana", XXXIX, 1980, pp. 73-85.

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1. 5 Nizami

La figura più eminente fra i poeti epici persiani che hanno rappresen­ tato materia amorosa è senza dubbio Ilyas ibn Yiisuf Nizam1, che nac­ que nella azerbaijana Ganja (poi Kirovabad, oggi Gjandza) nell'anno n41 e lì nel 1209 terminò i suoi giorni terreni. Da notizie biografiche, che egli ci lascia qua e là nei suoi poemi, sappiamo che la sua prima donna Afaq era una schiava kipchaka, donatagli dal principe di Dar­ band in com penso per il suo primo poema (di carattere didattico­ istruttivo) intitolato La camera del tesoro dei misteri. Il poeta avrebbe potuto vivere con lei in concubinato secondo la legge islamica, ma la rese sua legale consorte aderendo alla raccomandazione di un hadith , così restituendola al contempo allo stato libero. Nel suo secondo poe­ ma Khusraw u Shzr'in il poeta piange la morte di colei che teneramen­ te amò; egli infatti accosta la morte prematura della sua eroina a quel­ la della sua sposa, tanto che Sh1r1n vi appare come un'incarnazione di Afaq. Nizam1, dopo la morte anche di una seconda moglie, si sposò nuovamente per la terza volta. Il matrimonio era per lui, in quanto mu­ sulmano credente, sacro; ed era orientato alla monogamia 27• Il poema Khusraw u Shzr'in è quindi anche un canto di lode all'a­ more e all'amor coniugale. La rappresentazione della donna in Nizam1, che abbraccia sensualità e delicatezza, desiderio e dignità, è tuttavia so­ lo una parte della sua profonda visione umanistica, dalla quale l'intera opera è intimamente percorsa e che include in lui espressamente anche il ripudio della violenza. Alcuni brevi accenni possono chiarire questo aspetto. Nello Shah-nama di Firdaws1 awengono azioni violente che manifestano impeto arcaico e crudeltà elementare. Nel ViS u Ram'in gli eroi ricorrono infine alla violenza per poter godersi la loro fortuna in pace al termine della storia. La violenza, che in altri poeti epici com­ pare religiosamente legittimata o con scopi di mistico ammaestramen­ to, colpisce in modo ancor più spiacevole. Così per esempio Sa'di an­ nuncia orgoglioso come egli uccidesse quel prete che, stando nasco­ sto, era solito far muovere il braccio di una statua del Budda 28 • Am1r

27. Cfr. J. C. Biirgel, Nizami, in K. Fassmann (hrsg. ), Die Grossen der Weltge­ schichte, vol. III, Kindler, Ziirich 1973, pp. 526-39. 28. Sa'di, Kul!Fyat, ed. M. A. Furiighi, Kitahfuriisi M. H. 'Alami, Tihran 1336h958, pp. 382-6, n. 140 (trad. ingl. Morals Pointed and Tales Adorned: The Biistan of Sa(di, transl. by G. M. Wickens, Brill, Leiden 1974,

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pp.

214-9, n. 140) .

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Khusraw Dihlawi permette che Alessandro il Grande faccia affogare i filosofi greci - eccetto tre, che si posson salvare, fra cui Platone - at­ traverso una deviazione del Nilo ( ! ), e questo perché la sua predica­ zione monoteistica non li aveva convertiti 29• La morte di pagani anche in numero considerevole, nell'epica islamica summenzionata così co­ me nel romanzo popolare, è in ogni caso all'ordine del giorno, come lo è d'altronde la morte di musulmani a partire dalla poesia della crocia­ ta e con ampia risonanza ancora nell'Oberon di Wieland. E questi sono esempi tratti dall'epica mistica: il Mathnavi di Rum I inizia con la storia di un re che fa eliminare l'innamorato di una fan­ ciulla, un fabbro in apparenza assolutamente integerrimo, attraverso un «medico divino», poiché egli stesso ama la fanciulla. Il Salaman u Absal di Jami narra la storia del figlio di un re che s'innamora della sua balia e, poiché il padre è contrario alla loro unione, cerca con lei la morte tra le fiamme. Il padre, però, all'ultimo momento intervie­ ne, salva il figlio e lascia bruciare la balia. Le relative spiegazioni for­ nite nei poemi, secondo le quali il fabbro così come la balia sarebbe­ ro simbolo del mondo, del piacere della carne e così via, non riesco­ no a evitare la nostra sensazione di disagio. All'opposto Nizami non solo ribadisce espressamente che non fa­ rebbe mai del male neppure a un moscerino 3 0 ; egli dà forma al ripu­ dio della violenza, come è possibile notare proprio là dove è alle pre­ se con una materia già trattata in precedenza. Un esempio tipico è la sua già menzionata trasformazione del racconto, un episodio di cac­ cia, di Bah ram Gur e della sua schiava, che ha ispirato i più signifi­ ca tivi miniaturisti persiani 31• La stessa ispirazione umanistica regna anche nel discostarsi della sua rappresentazione della materia del Khusraw u Shirin rispetto al modello dello Shah-nama, o nel suo Ales­ sandro, ben diverso dall'immagine del conquistatore in Firdawsi o Amir Khusraw Dihlawi. Nizami non sarebbe mai giunto all'idea che Alessandro potesse lasciar affogare i filosofi ! Però l'idea della non­ violenza è subordinata a quella della giustizia. L'eroe di Nizami par excellence è il signore giusto, la sua etica è sempre centrata sulla fi­ gura del re, che per lui ha ancora qualcosa del «re sacro» dell'antico

29. Pagliaro, Bausani, Storia della letteratura persiana, cit., p. 748. 30. Cfr. Nizami, Layla u Majnun, ed. V. Dastgirdi, Ibn Sina, Tihran 133321!954\ p. 44, v. 13 [trad. it. Leyla e Majnun, a cura di G. Calasso, Adelphi, Milano 1985] . 31. Cfr. J. C. Burgel, Die Geschichte von Bahram Gor und seinem Sklavenmad­ chen: eingeleitet und metrisch iibersetzt, in Bustan VIII , 1967, 2, pp. 26-35 [cfr. CAP. 7] .

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Iran, i suoi poemi mostrano ampiamente tratti tipici degli "specchi per principi" 32• Bahram Gur, l'eroe delle Sette e/figi, e Khusraw si pu­ rificano dai piaceri spensierati per divenire consci della loro respon­ sabilità di sovrani. Alessandro si evolve, oltre i gradi di conquistato­ re e di sapiente, fino a quello di profeta, dignità che egli riveste - se­ condo la concezione islamica - in base a un passo coranico (:xvnr, 8398); egli unisce così in se stesso le tre capacità che, secondo Farabi, la guida ideale dello Stato, l'uomo compiuto, dovrebbe mostrare 33• Lo sviluppo dell'eroe è dunque qui al contempo elemento strutturante in quanto divide in tre parti il Libro di Alessandro, l'ultimo e di gran lunga il più ricco dei cinque poemi epici di Nizami (benché il poeta stesso abbia diviso poi questo poema in due soli libri, Sharafnama e lqbal-nama ). Peraltro anche i quattro lavori precedenti mostrano una struttura ogni volta accuratamente studiata. Già il primo poema didattico-istruttivo, la Camera del tesoro dei misteri (Makhzan al-asrar, n76), si distingue per una struttura solida­ mente delineata. Sono venti i temi etici e religiosi trattati in un lin­ guaggio quanto mai ricco di metafore e illustrati, ciascuno, con un breve racconto - un progresso sostanziale rispetto al Giardino della verità di Sana'! che è privo di una simile struttura. Khusraw u Shirin, il suo secondo poema (n8o/8I), pose al poeta per la prima volta il compito di rappresentare in modalità epico­ drammatiche una trama più lunga. Il modello di Firdawsi offriva una serie di guerre piuttosto monotona, interrotta da scene di caccia e av­ venture amorose. Nizami dà agli eventi prospettiva e tensione interiori, nel mo­ mento in cui all'amore fra Khusraw e Sh1r1n, che per il legame di Khusraw con altre donne non giunge a piena realizzazione, contrap­ pone quello fra lo spaccapietre Farhad e la stessa Shirin - nel quale anche Shirin è sottoposta a una prova di fedeltà, che ella tuttavia, di­ versamente da Khusraw per le proprie, supera brillantemente. A Sh1r1n sono contrapposte due donne: Maryam, la figlia dell'impera­ tore bizantino che Khusraw sposa per motivi politici, e Shakkar (Zuc­ chero) , la frivola bellezza di Isfahan, che egli sposa - per disperazio32. Cfr. Nizaml, Le sette principesse, a cura di A. Bausani, Leonardo da Vinci, Bari 1967, p. n [Rizzoli-BUR, Milano 19962] . Cfr. anche J. S. Meisami, Medieval Per­ sian Court Poetry, Princeton University Press, Princeton 1987. 33· J. C. Biirgel, Der Mensch und das Al! im Islam, in M. Svilar (hrsg.) , Mensch und Kosmos. Vom Verstiindnis der Zusammenhiinge, Lang, Bern-Frankfurt a.M.-Las Vegas 1980, pp. 75-106.

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ne e per ingelosire Shirin. Ma ciò che Khusraw deve imparare è che "zucchero" non è uguale a " dolce" - Shirin significa appunto dolce, e Nizami inventa sempre nuovi giochi ricchi di relazioni con i suoi nomi -, e che la materia non è uguale allo spirito; e in tal modo Ni­ zami ricava forti elementi Strutturali da intenzioni etiche 34• Se il poeta poté appoggiarsi ampiamente nel suo poema Layla u Majniin (n88) ai suoi modelli arabi, che già gli offrivano una storia ca­ rica di tensione - si tratta della storia d'amore fra due fanciulli bedui­ ni, la cui relazione viene impedita dalle circostanze cosicché Majnun va a vivere nel deserto come poeta ed eremita dove, come Orfeo, le bestie feroci lo ascoltano35 -, nel suo quarto poema Le sette effigi egli dovet­ te invece decisamente scostarsi da quel che gli offriva lo Shah-nama. Il poema, nel quale la costruzione gioca un ruolo di primo piano, si di­ stingue anche attraverso una strutturazione quasi architettonica. A una prima parte, che tratta la gioventù dell'eroe, segue la sezione centrale del poema, sette storie d'amore che le principesse dei sette climi del mondo sposate da Bahram Gur gli narrano nella notte di nozze. Ciò si verifica in un padiglione sempre diverso, il cui colore - come il giorno della settimana in cui avviene la narrazione e come il «clima» nel qua­ le ogni principessa nasce - è associato a uno dei sette pianeti. Questo vale, però, anche per il tono delle sette storie, che muta trascorrendo dalla severità tragica della prima fino all'entusiasmo bacchico dell'ulti­ ma. Contrapposti alle sette storie erotiche si trovano, nella terza parte del poema (e purtroppo sostanzialmente omessi dal primo dei due tra­ duttori tedeschi), i racconti di sette oppressi. Mentre Bahram si dedi­ cava alle gioie dell'amore e del vino, un visir infedele aveva dato vita a un governo malvagio. Come Khusraw anche Bahram si trova improv­ visamente dinanzi al compito di fare ordine nel suo regno 36• Della tripartizione del Libro di Alessandro si è già parlato. Un'i­ dea strutturale del tutto nuova emerge in questo poema nella breve invocazione al coppiere (nello Sharafnama) e al cantore (nell'Iqbal­ nama), ovverosia all'ispiratore, una sorta di musa maschile, cui si ri-

34· Cfr. Nizaml, Chosrou und Schirin, hrsg. von ]. C. Bi.irgel, Manesse, Zi.irich 1980. La relazione di questo epos con il ViS va Ramin di Gurganl è analizzata nella Nachwort.

35· Versione libera tedesca di Rudolf Gelpke: Nizaml, Lei/a und Madschnun, hrsg. von R. Gelpke, Manesse, Zi.irich 1963. 36. Id., Die Abenteuer des Konigs Bahram Gur und seiner sieben Prinzessinnen, hrsg. von J. C. Bi.irgel, Beck, Mi.inchen 1997.

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volge ogni poeta persiano. Nizami apre in questo modo ogni capito­ lo; questo ingegnoso elemento strutturale percorre tutto il poema. La maestria di Nizami abbraccia vari aspetti. Essa si mostra nel­ le grandi come nelle piccole cose, nella caratterizzazione degli eroi - soprattutto attraverso i loro dialoghi e monologhi -, nell'arte della descrizione di cose visibili attraverso un linguaggio ricco di immagini; ma anche attraverso l'instaurazione di relazioni, per esempio fra sfon­ di naturali ed emozioni dell'anima, fra anticipazioni ed eventi che ac­ cadono più tardi; e nella stessa modalità in cui egli variamente valoriz­ za il suo impegno umanistico, cui appartiene non ultima anche l'ab­ bondanza di detti e parole di saggezza sparsi per tutta la sua opera. La sua alta opinione di sé, che poggia sul rango cosmico che egli attribui­ sce al vero poeta, è pienamente confacente al suo livello artistico e spi­ rituale 37. Un simile poeta non era certo replicabile. Però, nel corso dei secoli, egli venne molto imitato. I suoi «cinque poemi» (in arabo: Khamsa - Quintetto; in persiano: Panj ganj - Cinque tesori) divennero quasi il modello canonico per intere generazioni di poeti epici più tar­ di, non solo di lingua persiana, ma anche turca e indiana. 1.6 I successori di Nizami: Amir Khusraw, Khwajii e Maktabi

Circa un secolo dopo Nizami comparve il suo primo grande imitato­ re, il poeta indiano Amir Khusraw Dihlawi, soprannominato "il pap­ pagallo dell'India" , uno scrittore di enorme produttività, che si van­ tava di aver portato a termine i suoi «cinque poemi» in tre anni anzi­ ché in trenta come Nizami. Ma i suoi «cinque poemi» non hanno né il rango estetico né la maturità e la profondità umane del suo model­ lo. Amir Khusraw non fu , tuttavia, un imitatore schiavo del modello. Questo è evidente se si confrontano Le sette e/figi di Nizami con gli Otto paradisi (Hasht bihisht) di Amir Khusraw. L'epos tripartito di Nizami si riduce in Amir Khusraw a una serie di otto storie incorni37· ]. C. Bi.irgel, Nizami iiber Sprache und Dichtung: ein Abschnitt aus der {{Schatzkammer der Geheimnisse)} eingeleitet} iibertragen und erléiutert, in R. Gramlich (hrsg.), Islamwissenschaftliche Abhandlungen. Fritz Meier zum sechzigsten Geburtstag, Steiner, Wiesbaden 1974, pp. 9-28; Id., /;autoportrait de Nizami dans sa qasida {{Roi des Roisn, in Union européenne des arabisants et islamisants, La signi/ication du bas moyen age dans thistoire et la culture du monde musulman, Edisud, Aix-en-Provence 1978, pp. 45-52; Nizami, Das Alexanderbuch (Iskandarname), hrsg. von J. C. Biirgel, Manesse, Ziirich 1991.

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ciate alla meglio, cioè le sette storie delle principesse oltre a quella ben nota di Bahram Giir e della schiava, che appartiene alla giovi­ nezza dell'eroe e la cui chiusa ancora una volta Khusraw, peraltro con mano felice, ha mutato. Delle sette storie di Nizam1, Khusraw ha ripreso in qualcosa so­ lo la prima, tuttavia collocandola nel quinto padiglione (violetto) . Nelle restanti narrazioni, che non sono completamente nel segno del­ l' amore, è possibile ripetutamente osservare elementi indiani. Così emerge in particolare il motivo del trasferirsi-in-un -altro-corpo; la terza storia ha un parallelo nel Libro del pappagallo 38• Balza all'occhio anche un certo interesse per le arti magiche o tecniche e per conge­ gni meravigliosi. Così nella seconda storia una grande scultura d' ele­ fante viene pesata attraverso lo spostamento d'acqua che causa. Altri esempi sono una statua magica, che ride quando certe allegre donni­ ne si fingono caste 39; e ancora un unguento che rende invisibili o un sistema di canali, attraverso il quale Alessandro annega i filosofi. Am1r Khusraw non possiede la fantasia poetica traboccante di Ni­ zam1, né la sua arte di descrizione dei caratteri. Un giardino, un cielo notturno sono dipinti con due o tre metafore, quando Nizam1 senza fa­ tica ne inventa venti. I caratteri di Amir sono piatti, ma ricchi di azio­ ni immotivate e moralmente dubbie. Le lotte interiori, gli sviluppi spi­ rituali non interessano l'autore. Certo egli è un buon narratore. Il suo stile è rapido, sempre piacevole e facilmente leggibile. Khwajii (1281-1361) appartiene al XIV secolo. I suoi poemi rom an­ zeschi Humay u Humayiin e Gul u Nawriiz non sono mai stati pub­ blicati in edizioni scientifiche, e per questo sono difficilmente affer­ rabili, ma sono considerati anche di secondaria importanza dal pun­ to di vista artistico 40 • Humay u Humayiin è tuttavia ricco di stimoli romantici e il nome di Khwajii merita d'essere conosciuto anche so38. Cfr. la serie di motivi in M. Hatami, Untersuchungen zum persischen Papa­ geienbuch des Nahsabi, Schwarz, Freiburg i.B. 1977, n. 75 [una traduzione italiana e relativo studio sono in Amir Khusrau di Delhi, Le otto novelle del paradiso, a cura di A. M. Piemontese, Rubbettino, Soveria Mannelli 1996] . 39· Cfr. la settima storia nella cupola bianca; paralleli sul motivo del ridere di una donna che si vanta di essere casta nel Libro del pappagallo persiano e turco: cfr. ivi, nn . 35, 36. 40. Cfr. Rypka, Iranische Literaturgeschichte, cit., p. 252; diversamente J. C. Bi.irgel, ((Humay and Humayiin": A Medieval Persian Romance, in G. Gnoli, A. Panaino (eds.), Proceedings o/the First Europea n Con/erence o/Iranian Studies Held in Turin, September 7-II, I987 by the Societas Iranologica Europaea, vol. II, Middle and New Iranian Studies,

Istituto italiano per il Medio ed Estremo Oriente, Rome 1990, pp. 347-57 [cfr. CAP. 12] .

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lo perché con questo poema egli ha ispirato due dei più geniali mae­ stri della miniatura persiana, un anonimo e il maestro J unayd ( en­ trambi del XIV secolo), fantastiche miniature da sogno 41• Maktab1 passa per il più significativo successore di Nizam1 prima di Jami; dei suoi poemi, però, quello un po' meglio conosciuto sem­ bra essere solo un Layla u Majnun 42•

Mentre la figura di spicco nella storia della letteratura persiana del XIV secolo è il lirico Hafiz, maestro incontrastato del ghazal, il xv secolo viene dominato da un poeta che certo ha pure com posto un'opera liri­ ca estesa, ma convoglia su di sé l'attenzione soprattutto come autore epico. Come taleJam1 è annoverabile anche fra i successori di Nizam1, ma certo egli perseguiva, come mistico convinto - era membro della confraternita Naqshband1 -, altre intenzioni. Dei suoi sette poemi, rac­ colti sotto il titolo I sette troni (Ha/t awrang, anche Ursa Maior) , tre so­ no di tipo romanzesco, in particolare Layla u Majnun, Giuseppe e Zu­ laykha e Salaman u Absal; tre sono di carattere etico-didattico e l'ulti­ mo, il settimo, dedicato alla materia di Alessandro, è come in Nizam1 una mescolanza dei tre generi eroico, amoroso e didattico-edificante. Le intenzioni di Jam1 giungono a espressione in modo chiarissimo nel piccolo poema Salaman u Absal del quale poco prima si è parlato. La materia non ha contenutisticamente niente in comune con l'omonimo «récit visionnaire» di Ibn Sina 43, ma pare risalire come questo a fonti greche e viene utilizzata - come nei filosofi - a mo' di allegoria del dramma dell'anima in un'ottica neoplatonico-mistico-islamica. In un epilogo Jam1 osserva che la quintessenza di queste narrazioni non è nel­ la loro "forma" ( «siirat», cioè l'azione esterna) ma nel senso intimo («ma'ni»). Quindi egli decifra le singole figure: il re è la ragione attiva; il figlio del re Salaman, l'anima umana; la balia Absal, il desiderio sen­ suale e così via. Si è portati a spiegare in modo simile anche il poema Giuseppe e Zulaykha di Jam1, tanto più che già il grande mistico arabo 41. Cfr. B. Gray, Die Persische Malerei, Skira, Genf 1961, pp. 46-7; E. Preetorius, Persische Miniaturen, Iris, Bern 1947, n. 5· 42. Cfr. Rypka, Iranische Literaturgeschichte, cit., p . 205. 43· Cfr. H. Corbin, Avicenne et le récit visionnaire, vol. I, Études sur le cycle des récits avicenniens, Département d'iranologie de l'Institut franco-iranien, Téhéran­ Paris 1954, pp. 236-79.

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Ibn al-'Arabi, il cui influsso su Jami è rilevabile a ogni passo44, nel suo commentario al Corano aveva dato un'interpretazione della "sura di Giuseppe" che pone ogni figura e ogni dettaglio della trama in rela­ zione con il dramma dell'anima. Una ricerca più approfondita di que­ sto contesto non è ancora stata svolta. È tuttavia chiaro che Giuseppe non incarna in Jam1, come avviene in Ibn al-'Arabi, il cuore umano, bensì la manifestazione della bellezza divina, mentre Zulaykha incarna l'anima umana che di questa bellezza s'innamora, ma che attraverso un faticoso processo di purificazione deve innanzitutto liberarsi dalle ca­ tene del desiderio sensuale, per poter essere degna di Giuseppe45• 1.8 Fattahi

Il tema dell'amore e della bellezza trattato in forma di poema s'in­ contra ancora, nell'ambiente di Jami, presso alcuni poeti minori. So­ prattutto è da ricordare Fattahi (m. 1448 ) con il suo poema Breviario degli innamorati (Dastiir-i (ushshaq) , del quale egli redasse anche una versione in prosa con il titolo Bellezza e Cuore (Husn u Di!) . Si tratta di un'allegoria nello stile del Pilgrim's Progress di Bunyan, seppure di contenuto completamente diverso. Le figure principali sono Amore, re dell'Oriente, con sua figlia Bellezza, e Ragione, re dell'Occidente, con suo figlio Cuore. Fra Bellezza e Cuore nasce una storia d'amore drammatica con figure come Riccioli, Sguardo, Guardiano, Rivale e città come Salvezza (con il re Onore) e Mostruoso con la fortezza Di­ visione. Questo poema fu più tardi imitato dando forma così a un nuovo genere letterario 46• Due altri poemi dello stesso periodo trattano l'amore fra Dio e l'anima dipingendo in scene simboliche la relazione fra re e mendi­ cante, in svariati modi già documentata nelle biografie dei mistici e irrigidita nella poesia lirica del ghazal in una metafora stereotipata: il Libro dell'estasi (Hal-nama) di 'Arifi (m. 1449) e Il re e il mendicante (Shah u gada) di Hilal1 (m. 1529) 47• Così l'epos romanzesco, come mol44· Cfr. A. Schimmel, As through a Veil: Mystical Poetry in Islam, Columbia Uni­ versity Press, New York 1982, p. 52. 45· Cfr. Pagliara, Bausani, Storia della letteratura persiana, cit., pp. 764-70. 46. Indicazioni sul contenuto in A. Bausani, Le letterature del Pakistan e del­ l'Afghanistan, Sansoni-Accademia, Firenze-Milano 1968, pp. 92 ss. 47· Rypka, Iranische Literaturgeschichte, cit., pp. 275-6; Schimmel, As through a Veil, cit., p. 54·

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to tempo prima già il ghazal, fu del tutto e assolutamente pervaso da spirito mistico. 1. 9 A proposito dell'epos didattico-edificante

L'epos didattico-edificante è in buona parte identico all' epos mistico (a differenza dell 'ep os romanzesco con significato mistico, appena di­ scusso). Esso nacque dalle prediche di carattere popolare, ma anche dalla letteratura sapienziale greca e indiana 48• Come l'eroico e l'amo­ roso, così anche l'epos didattico ha i suoi precedenti nella prosa. È possibile distinguerlo in molti sottotipi: la poesia didattica mo­ notematica senza inserzioni narrative; la poesia didattica politematica con inserzione di storie di carattere omiletico, in cui narrazioni di­ sposte in modo rigido o incastonate in modo libero rappresentano di nuovo due tipi strutturalmente distinguibili in modo chiaro; e, infine, la trama a cornice con inserzione di racconti. La poesia didattica monotematica compare soprattutto all'inizio del mathnavi persiano. Il suo primo rappresentante dovrebbe essere il poeta e dotto ismailita Nasir-i Khusraw (roo4-1072?), che accanto al­ l' esteso Divan e a uno stimolante diario di viaggio redasse anche due più brevi mathnavi. Mentre il suo Libro della felicità (Sa (adat-nama) tocca toni di critica sociale, loda il lavoro manuale, biasima i ricchi e i potenti, il suo Libro dell'illuminazione (Rawshana'i-nama) è un tratta­ to in versi sull'emanazione divina per gradi, conforme alla dottrina ismailita 49• Il primo significativo rappresentante dell' epos mistico-didattico è Sana'I (ro65- II4I ca. ). Accanto al suo grande poema didattico intito­ lato Giardino della verità (Hadiqat al-haqiqa) compose una serie di piccoli mathnavi, fra i quali il più esteso e anche il più significativo è uno dei più originali componimenti in versi del Medioevo islamico, il Viaggio dei devoti nel regno del ritorno (Sayr al-(ibad ila l-ma (ad) . Es-

48. E. E. Bertel's, Grundlinien der Entwicklungsgeschichte des su/ischen Lehrge­ dichts in Persien, in "Islamica", III, 1927, pp. 1-35; Rypka, Iranische Literaturgeschi­ chte, cit., p. 168. 49· Pagliara, Bausani, Storia della letteratura persiana, cit., pp. 626-30. [Una tra­ duzione italiana e relativo studio sono in C. Saccone, Il ((Libro della luce}} di Naser-e Khosrow: un catechismo ismailita deltxi secolo, in "Studia Patavina. Rivista di Scien­ ze religiose" , XXXVII, 1990, 3, pp. 37-77.]

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so descrive l'ascesa dell'anima attraverso il regno della natura e le sfe­ re dei pianeti che sono popolate da incarnazioni di difetti etico-mo­ rali, in parte in figura animale e in parte umana; un'opera difficile, densa e visionaria, che si situa in una antica tradizione e ricorda, sep­ pure lontanamente, la Divina commedia dantesca 5 0 • San�i'"i costituisce con 'Attar e Rum I la triade dei grandi poeti mi­ stici dell'epoca precedente a quella mongolica e della fase iniziale di essa. Egli influenzò oltre a Rumi soprattutto Nizami, il cui contribu­ to all' ep os didattico-edificante è già stato menzionato poco sopra. Ri­ spetto alla disposizione piuttosto libera del Giardino della verità, la Camera del tesoro dei misteri (Makhzan al-asrar) di Nizami rappre­ senta e fonda il tipo di più rigido stampo. La sua forma fu spesso imi­ tata, in continuazione si riproposero venti capitoli, ciascuno illustra­ to da un racconto; il titolo stesso di questi poemi era solito rimare con il Makhzan al-asrar di Nizami. Lo spirito, però, nel Matla ( al-anwar (Il sorgere della luce) di Amir Khusraw e nel Tuh/at al-ahrar (Il dono dei liberi) di Jami, rispetto alla poesia didattica di Nizami ancora for­ temente d'impronta iranica, è ora completamente islamizzato. 'Attar (ca. II36-123o), medico ed erborista di Nishapur che alla fi­ ne della sua lunghissima vita fu ucciso da un mongolo, era un grande affabulatore. Dei venticinque poemi a lui attribuiti solo dodici valgo­ no come autentici, e quattro «appartengono ai più bei fiori della poe­ sia neopersiana». Essi rappresentano tre dei tipi sopra elencati. Il Li­ bro dei misteri (Asrar-nama), che il vecchio poeta avrebbe consegnato al giovane Jalal al-din RumI, quando la famiglia di questi in fuga da Balkh passò per la sua città, è un poema didattico politematico a strut­ tura libera, al cui centro sta l'irretimento dell'anima preesistente nel mondo della materia. Il Libro della nostalgia (Musibat-nama) è una de­ scrizione del viaggio dell'anima più ampia rispetto al Viaggio dei de­ voti (Sayr al- (ibad) di Sana'I. Entrambi i poemi ulteriori constano di trame a cornice con un gran numero di racconti sparsi all'interno. Il Colloquio degli uccelli (Mantiq at-tayr; cfr. Corano XXVII, 16) tratta lo stesso tema con l'immagine degli uccelli che si accingono a cercare il loro re, il favoloso Simurgh: benché 'Attar abbia raccolto da altri l'i­ dea, il modo in cui egli interpreta misticamente una ricchezza di siso. R. A. Nicholson, A Persian Forerunner o/Dante, in "JBRAS " , XIX, 1943, pp. 115; J. C. Bi.irgel, Sana'is 'Jenseitsreise der Gottesknechte" als ((Poesia docta", in "Der Islam" , LX, 1983, 1, pp. 78-90 [cfr. CAP. 13; una versione italiana di questo poema è Sana'!, Viaggio nel regno del ritorno, a cura di C. Saccone, Pratiche, Parma 1993 (Luni, Milano-Trento 19982); poi Carocci editore] .

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tuazioni ornitologiche è del tutto singolare e oltremodo interessante. Il Libro divino (Ilahf-nama) infine ha come cornice la storia di un re, che convoca i suoi sei figli e li invita a esternare i loro desideri più gran­ di. Essi allora nell'ordine menzionano: la figlia del re dei jinn, l'arte dell'incantesimo, la coppa di J amshid, l'Acqua di Vita, l'anello di Sa­ lomone, l'arte di fabbricare oro. Il padre cerca di spiegare la futilità dei loro desideri e di guidarli a mete mistiche 51• Negli innumerevoli racconti sparsi nel poema si trovano vere perle, ma anche motivi ben noti come quello dell'anello, che Lessing ha utilizzato poi in Nathan il saggio, o il motivo della mela come bersaglio, che conosciamo dal Gu­ glielmo Te!! di Schiller 52. Non minore appare il piacere affabulatorio del più grande poeta mistico di lingua persiana, Jalal al-din Rumi (1207-1273 ) , nel suo gran­ de Poema spirituale (Mathnavf-yi ma (navi) comprendente 26.ooo ver­ si, che egli dettò nel corso di dieci anni al suo amico Husam al-din çelebi. N ella forma, o meglio nella mancanza di forma, esso segue il Giardino della verità al quale in particolare deve anche alcuni stimo­ li, solo che Rumi quanto a genialità emerge nettamente su Sana'I. Sti­ listicamente il Mathnavisi muove a tre livelli: uno meramente didat­ tico, uno narrativo e uno estatico 53• Come per i suoi ghazal caratteri­ stica è, anche nel suo poema, l'inclusione di aspetti terreni grossola­ ni. E non manca neppure l'aspetto dell'umorismo e dell'arguzia. Dal più basso al più alto, tutto è parte della danza divina, riverbero della luce divina - da ciò l'abbondanza che forza ogni limite e la ricchezza di colore di questo poeta 54. Non lo disturba che alcune delle sue sto­ rie, prese singolarmente, siano dal punto di vista etico discutibili, poi­ ché anche ciò che fa scandalo diventa in lui simbolo. A differenza della poesia da cima a fondo misticamente intonata di Rumi, il suo contemporaneo Sa'di di Shiraz (1213-1292) con i suoi due famosi "giardini " , il Giardino profumato (Biistan) e il Giardino di rose (Gulistan ) , rimane ancora in parte nella tradizione degli "spec51· Cfr. H. Ritter, Das Meer der Seele. Mensch, Welt un d Gott in den Geschichten des Farfdunnfn 'Attar, Brill, Leiden 1978\ pp. I-34· [Traduzioni italiane: Farid al-din 'Attar, Il poema celeste, a cura di M. T. Granata, BUR, Milano 1990; Id. , Il verbo degli uccelli, a cura di C. Saccone, Mondadori, Milano 19992.] 52. lvi, p. 121 e p. 566. 53· G. Richter, Persiens Mystiker Dschelal-Eddin Rumi: eine Stildeutung in drei Vortriig en, Franke, Breslau 1933. 54· Numerosi esempi in A. Schimmel, The Triumphal Sun: A Study ofthe Works of]alaloddfn Rumf, East-West Publications, London-The Hague 1978, pp. 59-222.

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chi per principi" , cui egli tuttavia collega istanze mistiche. Allo stes­ so modo in cui già lo "specchio per principi" puramente mondano composto in prosa dal principe ziyaride Abu 1-Ma'ali - e chiamato Qabus-nama dal suo famosissimo nonno Qabus ibn Vushmgir - rag­ giungeva il culmine nella lode del sufismo e del movimento dei qa­ landar, così l'etica di Sa'di abbraccia il tipo ideale dell"'uomo di cuo­ re" («sahib-dil») che egli tratteggia nell'introduzione al suo Gulistan . Armonizzare con questo la sua morale spesso assai pragmatica non sempre però riesce facilissimo. Henri Massé ha cercato, perciò, di ri­ solvere il problema con l'assunzione di tre gradi etici, che indica con: «l'homme social», «l'honnete homme» e «l'homme de Di eu» 55. An­ che per Massé le opere di Sa'di valgono come modello di stile ele­ gante. Il Giardino di rose composto in prosa rimata cosparsa di versi fu tradotto in tedesco già nel XVII secolo da Adam Olearius e dopo di lui altre volte ancora, il Bustan invece da Riickert 56• }ami, come s'è detto, ha imitato la Camera del tesoro di Nizami con il suo Dono dei liberi. Oltre a questo egli scrisse il Rosario dei mi­ steri (Subhat al-asrar) , un'opera divisa in quaranta "perle " , i cui temi edificanti sono illustrati ciascuno con un nuovo racconto; inoltre, l'ampio poema didattico Catena d'oro (Silsilat al-dhahab) che prose­ gue la tradizione del Giardino della verità (Hadiqat al-Haqiqa ) di Sana'! e, infine, un Giardino primaverile (Baharistan) in prosa rimata che ha come modello il Giardino di rose di Sa' di. Il periodo classico dell'epica persiana giunge al termine con }ami, poeta che raccolse ancora una volta in una sintesi grandiosa, ma non scevra da tratti epigonali, tutte le direzioni di essa. Naturalmente la creazione epica con lui non cessa; l'abbiamo visto in alcuni esempi al termine del paragrafo precedente. La storia dell'epica in versi persiana si presenta come un potente e sempre rinnovantesi impegno a dar forma ai materiali, portato in­ nanzi da un immenso sforzo di diligenza, entusiasmo, fantasia, bril­ lantezza retorica ed engagement ideale. Molte furono le soluzioni brillanti trovate e, alcune, dawero eminenti a livello mondiale. As­ sieme all'arte della miniatura, alla quale ha offerto così grande ispi­ razione, l'epica persiana appartiene ai frutti spirituali più belli, ricchi e felici che la cultura islamica abbia prodotto. 55. H. Massé, Essai sur le poète Saadi, Geuthner, Paris 1919. 56. Cfr. F. Behzad, Adam Olearius' ((Persianischer Rosenthal". Untersuchungen zur Obersetzung von Saadis {{Golestan" im 17. ]ahrhundert, Vandehoeck und Ruprecht, Gottingen 1970; Sa'di, Bostan, ubersetzt von F. Ruckert, aus dem Nachlass hrsg. von W. Pertsch, Leipzig 1882.

I . L' EPICA PERSIANA

Bibliografia

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Il

ghazal persiano

Chi si trovi a leggere uno dei ghazal dalla forma perfetta di Friedrich Ri.ickert o August von Platen, non sempre penserà che questo genere è stato introdotto nella letteratura tedesca sulla base di modelli orien­ tali. La forma del ghazal è di origine persiana e, in ultima analisi, ara­ ba. Benché sia stato utilizzato dai poeti tedeschi citati e da altri più tardi in modo eccellente, non è tuttavia mai divenuto un genere mol­ to popolare nella cultura tedesca. In questo contesto, nel quale non vi sono così tante possibilità di rima come nelle lingue sopra nominate, la forte limitazione che il carattere monorimico del ghazal impone ha facilmente l'effetto di una pesante catena sul librarsi dell'emozione e della fantasia, cosicché il mestiere prende il posto dell'ispirazione, raggela il sentimento, e soltanto un senso artistico molto alto, come quello che possedevano Platen e Ri.ickert, riesce a evitare questa im­ pressione. È sintomatico di questa difficoltà il fatto che lo stesso Goethe non abbia composto neppure un singolo ghazal corretto dal punto di vista formale. E se egli si accalorava contro i «ritmi misura­ ti», che all'inizio certo sono stimolanti, tuttavia, «come disgustano in modo subitaneo e ignobile l vuote maschere senza sangue e senso» 1 , egli diceva, pensando di certo anche alle rime misurate del ghazal. 2.1 I personaggi del ghazal e le loro funzioni

Già nella prima poesia araba, a partire dal nasib (o accanto ad esso), os­ sia dall'introduzione erotica della qasida, si era sviluppata la poesia d'amore come genere autonomo per il quale entrò nell'uso il termine ghazal ("flirt " ) . Il ghazal persiano si lega a questa poesia erotica, ma fa riferimento pure alla lirica di riflessione di Abu 1- 'Atahiya, di Muta1. Divano occidentale-orientale, Libro di Hafis, Nachbildung.

2. IL GHAZAL PERSIA N O

nabbi e di Abu 1- 'Ali' al-Ma'arri, e non di rado verrà anche assogget­ tato a scopi panegiristici. Al centro della poesia dei ghazal rimane però l'esperienza amorosa con personaggi e motivi che in parte affondano le loro radici nella poesia beduina preislamica, come per esempio: la guar­ dia, l'accampamento delle carovane, il vento come messaggero. Il gha­ zal persiano presenta inoltre, di contro alle sue radici arabe, alcuni mu­ tamenti significativi di provenienza in parte islamica, in parte iranica. È soprattutto la figura della persona amata, protagonista naturale del ghazal, a subire uno strano mutamento. In luogo della donna o del­ la fanciulla, che il poeta arabo aveva cura di chiamare per nome, vie­ ne introdotto l'anonimo dust ( ''amico " ) . In persiano questa parola, co­ sì come il pronome ii (lui/lei), ha tanto un significato maschile quan­ to femminile. Ma il protagonista erotico del ghazal è comunque un fanciullo o un adolescente, come per esempio si deduce dall'accenno occasionale alla peluria delle guance. Tutto questo è una conseguenza della posizione della donna nell'islam: la donna libera era pratica­ mente esclusa dall'orizzonte pubblico; l'unica donna che fosse pre­ sente alle feste degli uomini, prendendovi parte quando si beveva, si faceva musica e si recitavano poesie, era paradossalmente la schiava (cfr. CAP. 3 ) . Non è conosciuta poesia di ghazal che rinvii espressa­ mente a donne sebbene, a seconda dei casi, l' elogio dell"' amico" avrebbe potuto anche essere riferito alla favorita del cuore del poeta. Accanto alla schiava, il ruolo della bella creatura, da idoleggiare, era assunto dall'efebo aggraziato, dal coppiere e, nei circoli mistici, dal giovane adepto. Su questa figura saranno trasferiti quei tratti, già svi­ luppatisi nella prima poesia araba, che iniziano a divenire dei cliché in 'Abbas ibn al-Ahnaf (m. 810 ca. ), e tra cui la bellezza ultraterrena e l'ir­ raggiungibilità costituiscono i due poli estremi. L' " amico" viene ora esaltato, come un tempo l'amata, fin quasi alla divinizzazione e l'a­ mante, il poeta, è pronto a sopportare ogni suo volere e ogni suo ca­ priccio. La vicinanza, la presenza dell'amato, è fonte della massima fe­ licità, della più grande beatitudine per l'amante, mentre la separazio­ ne lo getta nel tormento più acuto. La presenza dell'amato fa diveni­ re giorno la notte; la separazione, viceversa, notte il giorno. L"' amico" trasforma il mondo, egli cresce fino ad assumere cosmica grandezza; come il santo mistico dispone di straordinarie energie magiche, dona l'elisir di quell'amore che sa mutare le lacrime della separazione in ar­ gento, le guance pallide in oro. Tutti i valori del mondo sono raccolti nell"' amico" , senza il quale ogni cosa è priva di senso. Più avanti diverrà evidente come questo "amico" da molto tem­ po non sia più soltanto un giovane aggraziato, ma una figura simbo43

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lica astratta, che incarna una particolare visione del mondo. I poeti persiani celebrano, nell' "amico " , la manifestazione della bellezza di­ vina sulla terra, del soprannaturale nell'uomo bello o, per dirla con le parole di Ibn al- 'Arabi, nell'uomo perfetto. Questi può essere in realtà un efebo, un coppiere; ma nell'"amico" può venire esaltato an­ che il principe, nel quale continua a vivere l'antico re sacrale della Persia preislamica; oppure è possibile, come avviene in Rumi, che venga cantato un vero amico mistico. In questi casi venivano nuova­ mente resi espliciti i nomi. Se già questo sviluppo che porta dalla individuale amata all'ano­ nimo diist è una particolarità del ghazal persiano, altrettanto vale - e in modo ancor più pronunciato - per la maschera in cui il poeta spes­ so si cala. Si tratta della maschera del furfante (rind) ossia di qualcu­ no che sta ai margini della società; nelle cronache contemporanee questo concetto viene utilizzato peraltro come dispregiativo, nel sen­ so di "farabutto" 2• In questa figura centrale per la poesia del ghazal persiano si fondono diversi ambiti, uno sociale, uno mistico e uno poetologico, che sono però l'un l'altro strettamente connessi. Considerando la cosa dal punto di vista sociale, definirsi furfante rappresentava inizialmente, prima che questo divenisse una moda sno­ bistica, un modo per essere solidali con quelle persone o quegli strati della società che, da parte di coloro che di essa occupavano le posizio­ ni preminenti, venivano apostrofati con tali o simili parole. In questo contesto a rind si aggiungevano talvolta espressioni ancora più dure, le cui connotazioni in origine erano unicamente sociali e rivoluzionarie, per esempio (ayyar e awbash , entrambi corrispondenti all'incirca a "banditi di strada" 3• Attraverso l'immagine del "bandito nobile" que­ sti concetti, ma soprattutto quello di rind, giunsero a definire l'uomo realmente migliore, fino a divenire l'etichetta dell'uomo d'élite, del mi­ stico quanto del poeta. Ora, la contrapposizione all'ordine sociale stabilito implica però anche un aspetto religioso: il mistico si confronta con l'ortodosso, 2. Cfr. M. L. Rejsner, Predvaritel'nye soobrazenija o soderzanii termina ''rind}} v li­ terature na /arsi XI-XIV vv (sootnosenie literaturnogo i istoriceskogo aspektov), in Iran. Istoriia i kul'tura v srednie veka i v novoe vremja, Nauka, Moskva 1980, pp. 168-75. 3· Awbash s'incontra solo in Sana'i, Dwan, ed. M. Ra?avi, s.e., Tihran s.a., n. 145, p. 312 («aubash bash» nell'ultimo verso), 'ayyar anche in Rumi e Hafiz. Ricor­ rono spessissimo, però, rind e qalandar: cfr. J. C. Bi.irgel, The Pious Rogue: A Study in the Meaning o/ ((qalandarn an d ((rindn in the Poetry o/Muhammad !qba l, in "Ede­ biyat " , IV, 1979, pp. 43-64.

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2.

IL GHAZAL PERSIANO

viene da questi sospettato di eresia; e dal canto suo il mistico accusa d'ipocrisia il mullah, il predicatore e il giurista. Il rind rivendicava di essere puro e sincero, di non essere un ipocrita e freddo uomo d'in­ telletto, bensì un "uomo di cuore" («sahib-dil»), la cui religione è l'a­ more. E non basta, egli sa di essere in possesso di quelle forze co­ smiche di cui il vero mistico dispone; in questo senso, accanto a rind, è spesso presente come sinonimo anche la parola qalandar, che tut­ tavia inizialmente sembra avesse avuto il significato di " zoticone" 4• I confini dell'islam ortodosso vengono varcati in direzione del cri­ stianesimo e dello zoroastrismo 5, nel senso delle parole di Ibn al­ 'Arab1 secondo cui le religioni sono solo forme esteriori che nascon­ dono un'unica verità al loro interno. Il rind riceve dal mago-priore zoroastriano il calice nel cui vino si sciolgono gli enigmi del mondo, e sotto il mantello, che egli lascia all'entrata della taverna come pe­ gno, porta magari la cintura cristiana (zunnar) 6 • Definirsi rind è infine strettamente dipendente dalla posizione del poeta nella società islamica. L'islam aveva privato i poeti della loro fun­ zione: custodi dell'onore della propria tribù ; il verdetto sui poeti espresso nel Corano li spingeva nell'equivoco degli uomini «che dico­ no ciò che non fanno» (XXVI, 226) . La replica di ogni poeta che non fos­ se disposto a scrivere versi di carattere religioso era abbastanza spesso un "non me ne importa niente" (la ubali), una soluzione che si ripete da 'Umar ibn ab! Rab1'a a Abu Nuwas fino a Hafiz e ai poeti più tar­ di, ma che è stato anche il credo degli eroi delle Maqamat di Ha­ madhan1 e Har1r1. Nel rind si assommano il la ubalzdei libertini e quel­ lo dei mistici e dei poeti 7• Da rimarcare è ancora come il ghazal persiano si discosti dalla poesia araba anche per il fatto che il poeta si presenta con una sem­ pre vigile autocoscienza poetica. L'ultimo verso porta - anche questa è un'innovazione e una caratteristica peculiare del ghazal persiano il nom de plume (takhallus); in questo luogo il poeta parla molto spes­ so della propria arte poetica non risparmiando lodi a se stesso. 4· Sulla figura del qalandar cfr. F. Meier, Abu Sa 'id-i Abu l-Khayr (357-440) 9671049). Wirklichkeit und Legende, Brill, Leiden 1976, pp. 494-516. 5· Cfr. I. Goldziher, Die Richtungen der islamischen Koranauslegung, Brill, Lei­

den 1920, p. 185. 6. Cfr. J. C. Bi.irgel, Einleitung, in Hafis, Gedichte aus dem ((Diwann (1972) , hrsg. von J. C. Bi.irgel, Reclam, Stuttgart 19772• 7· Sul la ubali'in Hafiz cfr. J. C. Bi.irgel, Verstand und Liebe bei Ha/is, in Id., Drei Ha/is-Studien , Lang, Bem-Frankfurt a.M. 1975, pp. 43-54.

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Espressioni simili non sono certamente limitate all'ultimo verso. Il poeta sa di essere ispirato da una creatura che egli chiama ora "san­ to spirito" , ora Gabriele (il messaggero della rivelazione nel Corano, identificato con il primo) , ora Surush (il messaggero dell'aldilà zo­ roastriano) , ora «hatif [voce interiore] ». Il poeta si sente chiamato a essere uno specchio della bellezza divina e rivendica a sé le dimen­ sioni cosmiche dell'uomo perfetto che egli attribuisce anche al diist 8 • 2.2 Lingua e struttura del ghazal

I mezzi retorici della poesia del ghazal, come della poesia persiana in generale, sono posti al servizio della concezione del mondo qui de­ scritta. La descrizione della bellezza è anzitutto e principalmente fun­ zionale alla comparazione, spesso abbreviata a una metafora e sin dai primi tempi limitata a un repertorio-standard. Una parte di queste me­ tafore è di tipo bipolare, esprimente la relazione amorosa, come per esempio: rosa e usignolo, re e mendicante, palla da polo e relativa maz­ za. Spesso queste immagini vengono rese dinamiche, cosa che si può certo interpretare come concretizzazione verbale della dinamica con­ cezione dell'amore nell'orizzonte neoplatonico. Questo accade, da un lato, nella forma della comparazione esagerata: mezzo retorico per ec­ cellenza nell'esaltazione lirica dell"' amico " - come nel panegirico del principe - è l'iperbole. I rubini delle labbra della creatura amata supe­ rano tutti i rubini della realtà, li eclissano, rubano loro la luce ecc. L'al­ tra forma, ancor più stimolante, della dinamizzazione si basa sulla in­ terpretazione fantastica e irrazionale di un processo naturale, nel cor­ so del quale sono in gioco nuovamente gli effetti della presenza dell'a­ mato. La rosa per esempio «ride» (sboccia), «poiché vicino è l' abbrac­ cio dell'amico». Tutto ciò che accade in natura può alludere, in tal mo­ do, all'"amico " . Certo queste eziologie fantastiche - così definirono già i classici maestri della poetica araba tale figura retorica - sono possibi­ li anche nella forma di metafore relazionali di tipo duale. Così, per esempio, Hafiz giustifica il desiderio di stringersi ai riccioli (= catene) dell'amato con la sua follia d'amore che di necessità richiede di met­ terlo in catene. Metafore conosciute da secoli vengono in tal modo re­ se più dinamiche e spesso rinnovate, poiché i poeti pensano sempre a 8. H. H. Schaeder, Die islamische Lehre vom Vollkommenen Menschen, ihre Herkun/t und ihre dichterische Gestaltung, in "Zeitschrift der Deutschen Mor­ genlandischen Gesellschaft", LXXIX, 1925,

pp.

192-268.

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nuove variazioni delle immagini a disposizione; la tradizione rimane a lungo sorprendentemente solida, senza cristallizzarsi. Dobbiamo menzionare ancora due ulteriori particolarità del gha­ zal persiano, strettamente connesse l'una all'altra, l'una di natura strutturale, l'altra funzionale. Accanto al ghazal originariamente mo­ notematico si sviluppa più tardi quello politematico, che di regola è suddiviso in vari blocchi di pochi versi. Il legame fra questi blocchi è spesso allentato, liberamente associativo, ma talvolta anche artificio­ samente costruito. È frequente che l'ideologia del rind si colleghi a motivi della poesia del vino e dell'amore; celebrazione del principe, sentenze filosofiche e poetiche, dichiarazioni dell'autore sono altri possibili ambiti tematici. Considerare l'intero percorso del ghazal co­ me un'evoluzione dalla m ono- alla politematicità 9 distoglie l' attenzio­ ne dal fatto che il ghazal monotematico non viene soppiantato, tanto più che dopo Hafiz, il maestro della politematicità, esso si ripresenta ancor più forte per esempio in }ami. È però corretto pensare che la politematicità contribuisce a velare il senso univoco del ghazal. E con questo osserviamo l'ultima particolarità del ghazal persiano: la sua ten­ denza a sviluppare due o più piani di significato. La ragione principa­ le è stata già menzionata, e risiede nella figura astratta del diist; poiché questi, per quanto possa comparire in modo vitale, civettuolo, sedu­ cente o capriccioso, si sottrae poi sempre ogni volta, e altrettanto va­ le anche per il priore dei magi. Riprenderemo più avanti con Hafiz ta­ le questione. Qui si aggiunga soltanto che il diist è una sorta di formula vuota [Leer/orme[J cui si può tutto ricondurre, dal coppiere delle ta­ verne e la cortigiana - come ancora avviene nella poesia in lingua ur­ du del XIX secolo 10 - fino al sultano e al priore della confraternita, pur­ ché almeno per il poeta essa incarni il riflesso della bellezza divina. 2. 3 Profilo storico

In questa sede è possibile presentare la prospettiva storica in modo so­ lo molto sommario. Si può risalire all'indietro nello sviluppo del ghazal fino al X secolo. Lo coltivò Daq1q1 (m. 980 ca. ) il predecessore di Fir9· M. L. Rejsner, O nekotorych protsessach razvitija gazel'noj liriki na /arsi v x­ XIV vv, in "Vestnik Moskovskogo Universiteta. Seriia 13. Vostokovedenie" , IV, 1980, pp. 25-34·

10. Cfr. il romanzo di M. M. H. Ruswa, Die Kurtisane von Lakhnau, hrsg. von U. Rothen-Dubs, Manesse, Zurich 1971 [trad. it. La cortigiana Umrao ]an Ada (ro­ manzo indiano), a cura di D. Bredi, L'Harmattan Italia, Torino 2001] .

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dawsi, e ugualmente Rudaki, il cantore dei Samanidi a Bukhara che morì nel 940 ottantenne. Della sua opera assai ricca, secondo la tradi­ zione più di 1oo. ooo versi, sono conservati solo pochi brani, ma questi attestano la sua fama proverbiale. Fra questi spicca una descrizione del­ la primavera, in tredici versi, che possiamo considerare un ghazal. Il componimento è monotematico, in quanto tratta della primavera. Le immagini sono ricavate comunque da diverse fonti. È anzitutto presen­ te la sfera della guerra: le nuvole sono truppe, il lampo un getto di pe­ trolio, il tuono un suonatore di tamburo. La primavera è un medico che cura il mondo malato con il vento di gelsomino, la rosa un tesoro che ri­ posa nascosto sotto la neve, il tulipano sembra la mano di una sposa co­ lorata di henné. Dopo che s'è parlato del canto di un usignolo, al quale risponde dai cipressi un altro uccello, e dell'allodola, ecco l'usignolo maggiore che invita a godere della vita, «poiché, nelle coppie d'amanti, il tempo strappa presto l'uno all'altra» n . Su questo tono edonistico, co­ sì frequente nella poesia persiana, va ad approdare il nostro ghazal che - anche in questo modello di innumerevoli ghazal più tardi - è costrui­ to secondo uno schema per aggiunte successive [Summationsschema] e culmina in un finale che porta chiaramente a conclusione l'intero. Un secondo, non esplicito, livello di significato non è qui concepito. Dobbiamo rivolgere l'attenzione alla prima metà del secolo XII per incontrare il primo eminente rappresentante del ghazal persiano, il poeta Sana'!, anzitutto impegnato come scrittore di panegirici, poi convertitosi alla mistica, morto nel II41, l'anno di nascita di Nizaml. Nei suoi ghazal si rilevano da un lato il canto anacreontica dei liber­ tini, dall'altro il panegirico dell'amico dalle mistiche iridescenze, a volte collegati ad accenti sociali-rivoluzionari. O fanciullo, ebbro e libertino tu sia nella nostra congrega ! l Un ladro e un grassatore del pio clericume tu sia ! l Non battere le vie strette del cappuc­ cio e del saio ! l No, ovunque tu stia o vada, sempre libero e vero tu sia ! 12

Così comincia un breve ghazal. Un altro invita a fare della religione di Zarathustra e dello spirito dei qalandar il viatico lungo il pericoloso cammino della vita 13• Inoltre Sana'! presenta già interessanti esempi di

II. Testo di Z. Safa, Tarikh-i Adabiyyat-i Iran, Tihran 1959-60, pp. 380-1. 12. Sana'!, Dzvan, cit., n. 145. Bausani considera Sana'! il vero fondatore del ghazal persiano: cfr. A. Pagliara, A. Bausani, Storia della letteratura persiana, Nuova Accade­ mia, Milano 1960, p. 354·

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interpretazione mistica del Corano ed è per questo aspetto un impor­ tante predecessore di Rum114. Ma prima ci sia concesso un breve sguardo su Sa'd1 di Shiraz ( 1213129 2 ca. ), contemporaneo di Rum!, che in Occidente è conosciuto so­ prattutto come autore di un testo tradotto in tedesco da Adam Olea­ rius già nel primo barocco, il Giardino di rose ( Gulistan). I suoi ghazal sono perfetti nella forma ma, con la loro alternanza fra esaltata trasfi­ gurazione dell'"amico" e lamento per la durezza, la crudeltà dell'a­ mato, risultano spesso piuttosto estranei agli occidentali, cosa che for­ se non vale solo per Sa'dl. Fortunatamente scopriamo nella sua ope­ ra dei ghazal in cui prevale l'elemento meditativo-edificante. In questi Sa'd1 riesce talora particolarmente felice attraverso espressioni di pu­ rissima umanità che trovano un riscontro nei suoi poemi. Si legge per esempio che «essere uomini significa avere pietà di chi è privo d' aiu­ to» 15. Il tono magistralmente sereno che Hafiz dimostra non manca certo del tutto anche a questo suo precorritore. Mentre Sa'd1 cantava in Shiraz, Jalal al-d1n Rum! operava nell'a­ natolica Konya, città di residenza dei Selgiucchidi di Rum. Qui la sua famiglia si era stabilita al termine di lungo vagabondaggio e di soste di molti anni, dopo aver lasciato Balkh che doveva di lì a poco venir distrutta dai mongoli. Con lui il ghazal persiano raggiunge una in­ comparabile sonorità, una immaginifica plasticità, ardore inebriante e mistica profondità di significati. Rum! canta i suoi tre amici, cui è legato da rapporto mistico, co­ me uomini perfetti. Il primo di essi, Shamsudd1n, derviscio errante proveniente da Tabr1z, ha ispirato la maggior parte degli oltre 3 .ooo ghazal di Ruml. Il suo nome (shams ud-din) significa letteralmente so­ le della religione. Spesso tuttavia !'"amico " veniva chiamato anche Shams-i Tabr1z (Sole di Tabr1z) . La poesia di Rum! abbraccia tutta la pienezza dei fenomeni del mondo creato, ma tutto è in un certo sen­ so impregnato della luce di questo "sole " , o quantomeno sfiorato dal­ la luce dei suoi raggi, come per esempio le grandiose poesie sulla pri­ mavera in cui la natura freme nell'attesa dell' " amico" 16. L'estasi che l"' amico" provoca in lui non conosce confini: 13. Sana'!, Divan, cit., n. 6. 14. lvi, n. 146 e passim. 1 5 . Sa'di , Kulliyat, ed. M. A. Furughi, Kitabfurusl M. H. ' Alami, Tihran 1336fi 958, p. 778. 16. Ci permettiamo di rimandare alla nostra antologia per altri esempi di questo genere: Dschalaluddin Riiml, Licht und Reigen. Gedichte aus dem ''Diwan'' des grossten 49

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Pronto alla danza ed ebbro mi ha reso l'amore per te. l Ebbro sono e fuori di me, che posso fare mai? l A Cielo e Terra voglio rendere grazie: l io ero Ter­ ra, ed egli mi ha reso Cielo. l Attraversò il mio cuore la Via Lattea, l ed egli, di là oltre essa, mi trasse fino a sé I?.

Straordinari, pur in tanta ebbrezza, sono la chiarezza del messaggio, il suo contenuto semantico e, non da ultimo, la coerenza di pensiero dei suoi ghazal. Certo Rum! si serve molto spesso dello schema per ag­ giunte successive [Summationsschema] , che illustra un pensiero prin­ cipale attraverso una sequenza di immagini ampliabile a piacere in lunghezza 1 8• Già questo, però, richiede all'autore una notevole disci­ plina di pensiero. Rum! concilia in modo stupefacente l'ebbrezza e la razionalità, così come egli sapeva fondere insieme in modo unico il ce­ leste e il terreno, niente sembrandogli troppo insignificante o banale per divenire simbolo 19. La scelta estetica di un Sa'di, di Hafiz o di mol­ ti altri poeti di ghazal, che pregiudizialmente escludono a priori interi ambiti del mondo visibile, è estranea a Rum!. Nonostante la forte pre­ senza dell'elemento estatico, Rum! nella sua lirica sa catturare come nessun altro una così vasta porzione della realtà 20• 2. 4 Hafiz

Come la lirica mistica, con Rum!, raggiunge una vetta solitaria mai più scalata, così il ghazal, in particolare nella variante politematica, raggiunge come forma in Hafiz il suo punto più alto e irripetibile. mystischen Dichters persischer Zunge, hrsg. von J. C. Bi.irgel, Lang, Bem I974 (d'ora in poi LR), pp. 2I ss. [nuova edizione presso l'editore C. H. Beck, Mi.inchen 2003; un'an­ tologia italiana è Id., Poesie mistiche, a cura di A. Bausani, Rizzoli-BUR, Milano 1980] . I7. Id. , Kullfyat-i Shams} ya} Divan-i kabir, ed. B. Furiizanfar, IO voli., Amlr Kablr, Tihran 1336-461!957-67, n. 971, vv. I, n-I2. I8. Per quanto riguarda lo «schema a sommatoria» cfr. W. Killy, Elemente der Lyrik, Beck, Mi.inchen I972, pp. 2I s. I9. Cfr. il versetto del Corano «Dio non si vergogna di plasmare un paragone, sia esso anche con una zanzara» (II, 26), un'espressione che Riiml prende a cuore come nessun altro poeta persiano. 20. Offre un gran numero di esempi A. Schimmel, Imagery /rom Daily Lz/e, in Ead., The Triumphal Sun: A Study in the Works o/]alaloddin Riimi, East-West Pub­ lications, London-The Hague I978, pp. I3I-8; alcuni esempi sono proposti anche nella mia antologia: cfr. soprattutto LR, nn. 34, Wo ist mein Esel; 35, Ich speise nicht Kopf Un diverso esempio tipico è il ghazal con la rima halva (Jalal al-d!n Rum!, Kullfyat-i Shams} ya} Divan-i kabir, cit., n. 225).

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IL GHAZAL PERSIANO

Hafiz di Shiraz (r320-r389 ca. ), che Goethe esaltava come il suo ge­ mello 21, appartiene a quel rango di poeti che pur con un'opera limita­ ta nell'estensione hanno saputo ottenere fama mondiale. In molti dei suoi ghazal egli dispiega una levità ed eleganza di tono che fanno ap­ parire ogni sua frase tanto naturale quanto inimitabile, una qualità spesso decantata nella poetica classica persiana, ma solo a tratti dav­ vero raggiunta 22• L'impressione di sospensione, che aderisce a molte delle sue poesie, si basa contenutisticamente su un «lasciare tutto in sospensione». Hafiz mantiene deliberatamente la sospensione fra con­ cezione sensibile e significato soprasensibile. La politematicità che egli ha intonato con incomparabile maestria abolisce, annulla in mol­ ti ghazal un senso univoco. Si tratta insomma di ebbrezza mistica o ter­ rena? Il dibattito dura dai giorni di Hafiz fino a oggi ed è certamente inutile, come già Goethe riconosceva, poiché la domanda è mal posta nel momento in cui essa tende a un aut aut. Hafiz non vuole interpre­ tare tale ebbrezza come mistica, ma neppure unilateralmente in mo­ do temporale: «poiché, che una parola non abbia valore univoco l questo si dovrebbe capire del tutto da sé» 23. Qui si rileva la più importante differenza tra RumI e Hafiz. Nel pri­ mo il lettore non è costretto mai a dubitare del carattere mistico delle espressioni cui si trova di fronte. In ognuna delle sue composizioni che cantano del vino - ed egli fa un uso abbondante di metafore ana­ creontiche - Rumi fornisce prima o dopo dei segnali che permettono di riconoscerne il carattere mistico. Hafiz (in modo chiaramente del tutto cosciente) non fa altrettanto. Egli non vuol lasciarsi definire uni­ vocamente. Questo è stato riconosciuto in continuazione anche più tardi da interpreti capaci di immedesimazione. Riickert, che trasmise traduzioni formalmente perfette di un notevole numero di ghazal di Hafiz 24, constatava in un verso geniale come Hafiz, là dove sembrava parlare di sensibile, intendesse in realtà il soprasensibile, e viceversa 25• Basandosi su questa considerazione, è stato possibile rawisare nella so­ vrapposizione delle due sfere un mezzo stilistico cosciente 26; il che, tut­ tavia, non ha certo impedito che i toni mistici in Hafiz venissero in21. Divano occidentale-orientale, Libro di Ha/is, Unbegrenzt. 22. Il termine è sahl-i mumtant, la «inimitabile facilità/leggerezza». 23. Divano occidentale-orientale, Libro di Ha/is, Wink. 24. F. Riickert, Gaselen des Ha/is, Miinchen 1926 [nuova ed. Manesse, Ziirich 1988] . 25. Cfr. A. Schimmel (hrsg.), Orientalische Dichtung in der Obersetzung Friedrich Riickerts, Schiinemann, Bremen 1963, p. 75· 26. H. H. Schaeder, Goethes Erlebnis des Ostens, Hinrich, Leipzig 1938.

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terpretati più tardi come mera manifestazione di una posa senza al­ cuna relazione profonda con la mistica 27. Giustamente si è richiamata l'attenzione su altri piani di significa­ to, soprattutto sul fatto che nell'immagine dell"' amico" vengono can­ tati principi e visir con cui il poeta intratteneva relazioni 28• Non man­ cano neppure tratti di critica sociale come era usuale ormai, da molto tempo, nella poesia mistica. La figura del prefetto o pubblico censore (muhtasib) dei costumi, che perseguita gli amanti del vino, si riferisce apertamente al bigotto e tirannico principe di Shiraz Mubarizuddin il quale si vantava di aver decapitato di propria mano, interrompendo la lettura del Corano, circa 8oo persone su un patibolo eretto accanto a lui 29• Anche nella sua critica Hafiz rimane, tuttavia, ironico e leggero. Non si trovano nella sua opera quei toni sociali-rivoluzionari che oc­ casionalmente risuonano in Sana'I Jo. Il mondo ideale di Hafiz si lascia comunque ricondurre a un de­ nominatore comune. Il suo è il mondo di un rind (libertino) che - in modo più forte di quanto sia possibile rinvenire in un poeta persiano prima di lui - intreccia l'amore con il suo spirito libertino31• Hafiz pa­ trocina la causa della sincerità e della nonviolenza di fronte a una de­ vozione ritualmente regolata che non si esime dal legittimare il ver­ samento del sangue in nome di Dio. I suoi versi, perciò, nella situa­ zione contemporanea, sono spesso di angosciante attualità: Se un paio di bicchieri di vino ci beviamo, tu e io, che importa? l Dal san­ gue della vite proviene il vino, non dal vostro ! 32

E ancora più chiaramente: «lo son grato al mio braccio, perché non ha la forza di torturare gli uomini» 33• Il vino, però, è anche in lui me27. Cfr. J. C. Biirgel, Der schone Turke, immer noch miftverstanden: zu neuer Ha/is-Literatur, in "Orientalische Literaturzeitung", LXXV, 1980, pp. ro5-II. 28. R. Lescot, Essai d'une chronologie de l'reuvre de Ha/iz, in "Bulletin d' Études orientales", X, 1944, pp. 59-roo, riassunto da H. R. Roemer, Probleme der Hafiz/or­ schung un d der Sta n d ihrer Losung, Akademie der Wissenschaften und der Literatur, Mainz 195r. 29. Le relazioni politiche sono descritte dettagliatamente da H. Ritter, Ha/iz, in islam ansiklopedisi, vol. V, t. r, Milli Egitim basunevi, istanbul 1950. 30. L'iranista sovietico Braginskij vede nel rind soprattutto il rivoluzionario: cfr. ]. Rypka, Iranische Literaturgeschichte, Harrassowitz, Leipzig 1959, pp. 262 s. 3r. Biirgel, Verstand und Liebe, cit. 32. L'intera poesia è tradotta in Id . , Drei Ha/is-Studien, cit., terzo saggio, n. r. 33· Hafìz, Divan, ed. M. Qazw1n1, Q. Ghan1, Zawwar, Tihran I32olr944, n. 323, v. 6 [un'antologia italiana è Il libro del coppiere, a cura di C. Saccone, Carocci, Roma 20032] .

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tafora di un'ebbrezza spirituale. Hafiz riceve dal priore dei magi il ca­ lice che rivela i segreti del mondo, scorge nel riverbero luminoso del vino il volto dell"' amico" . Tutto questo è possibile comprenderlo in senso mistico o nel senso dell'amore cosmico; oppure, invece - e que­ sto sarebbe un ulteriore piano di significato, finora ignorato nella di­ scussione -, si può metterlo in connessione con la poetica di Hafiz, il quale in più di un'occasione paragona la sua poesia al vino. Se si ac­ cetta questo approccio, una gran quantità di versi assumerà una nuo­ va dimensione 34• Comunque sia, quando Goethe sentiva Hafiz come un fratello gemello, quando con lui voleva gareggiare nell'amore e nel vino, come dichiara in una poesia, si dimostra come Goethe vedesse in Hafiz ben più di un poeta di stile anacreontica, di un nemico dei filistei e degli sciocchi "dalla mente ristretta" («Eingeengten») . Egli riconobbe piuttosto in Hafiz uno di quegli " antichi predecessori" ( «Altvordern») ispirati dal santo spirito, e awertiva che si trattava, in ultima analisi, di una religione dell'amore, della quale Hafiz, pur ce­ latamente, nella sua poesia si mostrava il profeta 35• 2. 5 I poeti del periodo più tardo e lo stile indiano

Il ghazal è stato coltivato con grande talento anche da altri poeti per­ siani prima e dopo Hafiz, tuttavia nessuno ha raggiunto l'incompa­ rabile incanto, l'eleganza aggraziata della «Lingua dell'Invisibile». Di contro i ghazal di un Amir Khusraw Dihlavi (1253-1325), per esempio, o anche di Jami, l'ultimo grande fra i poeti classici persiani, hanno un aspetto convenzionale. Jami (1414- 1492), attivo alla splen­ dida corte del principe timuride Husayn Bayqara, in Herat, ma an­ che membro dell'ordine mistico Naqshbandi, è un maestro significa­ tivo in ogni genere, pur se i suoi ghazal manifestano una certa classi­ cistica forbitezza come un po' tutta la sua poesia. Contenutistica­ mente la sua lirica, come del resto la sua epica e la sua feconda pro­ duzione di opere teologiche, tradisce l'influsso del grande mistico an­ daluso Ibn al- 'Arabi (n65-124o) 36; l'idea dell'unità di tutto l'essere 34· J. C. Bi.irgel, Le poète et la poésie dans tCEuvre de Hafez, in Convegno inter­ nazionale sulla poesia di Hafez. Roma, 30-3I marzo 1976, Accademia nazionale dei Lin­ cei, Roma 1978, pp. 73-98 [cfr. CAP. 4] . 35· Id., Goethe und Ha/is, in Id., Drei Hafis-Studien , cit., pp. 5-42. 36. Sulla connessione fra Jami e Ibn al-'Arabi cfr. A. Schimmel, Mystical Di­ mensions o/Islam, University of North Carolina Press, Chapel Hill 1975, p. 285.

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(wahdat al-wujud) pervade tutto il suo pensare e poetare, come, per esempio, risulta chiaro da questo bel ghazal che apre il suo Diviin: O tu meraviglia, la cui bellezza risplende in tutto ciò che appare: l mille ani­ me, pure e sacre, siano a te unite in sacrificio ! l Come una canna tagliata dal canneto, per il dolore della separazione mi lamento; l strano solo, in questo lamento, che noi due siamo uno solo. l Solo l'amore, nei Due Mondi, ha il potere di svelarsi: l ora nel mantello di un re, ora nei cenci di un mendican­ te. l Non ti giunge spesso alle orecchie un suono in duplice forma? l Pur una cosa sola è quel che come grido risuona, e quello che come eco rie­ cheggia! l Su alzati, mio coppiere, del tuo vino mescimi un poco. l All'in­ namorato afflitto puro rendi, del dolore, il calice ! l Il calice sia quello, pro­ prio quello, che me a me stesso strappa, l affinché dinanzi al mio occhio in­ teriore solo Dio ancora risplenda! l ]ami dice questo: solo l'amore, e nessun altro sentiero a Dio vi conduce ! l Abbiamo con questo parlato. Salvo è chi sceglie questo sentiero !

Questo è apparentemente ancora un ghazal politematico. Ma a uno sguardo più attento esso tratta l'unico tema del panenteismo attraver­ so molte immagini, tratte ora dal regno della natura (flauto, eco), ora dalle sfere dell'amore e del vino. Non c'è più dunque alcuna moltepli­ cità di piani, nessuna sospensione e nessun enigma come in Hafiz. Con­ frontata con la poesia del ghazal dei secoli seguenti, quella di Jami pre­ senta tuttavia un merito significativo: essa è di chiara comprensibilità. Subito dopo la morte di Jami crollò il dominio dei Timuridi nel­ l'Oriente della Persia, dominio felice per la cultura. In Persia si sta­ bilì la dinastia dei Safavidi (I50I-I722), che elevò lo sciismo a religio­ ne di Stato e alimentò un clima ostile alla mistica e alla poesia. Mol­ ti poeti emigrarono verso l'India, dove sotto i Moghul la poesia per­ siana godette di migliori attenzioni, in particolare alla corte di Ak­ bar (1556-I6o5) 37• Si sviluppò qui un nuovo stile, i cui inizi guardava­ no indietro ai primi tempi della letteratura persiana, e che appunto viene chiamato stile indiano. Le sue più importanti caratteristiche sono, da un lato, una grande apertura nei confronti della realtà quo­ tidiana - qui ci si richiama in una certa misura a Riimi -, dall'altro la­ to una predilezione per le astrazioni, un gioco complicato con con­ cetti (spesso quasi-personificati) , che ha il suo pendant epico nell'al­ legoria dei concetti di un Fattahi (cfr. CAP. I) 38. Come fondatore di 37· Ead. , Islamic Literatures o/India, Harrassowitz, Wiesbaden 1973. 38. W. Heinz, Der indische Stil in der persischen Literatur, Steiner, Wiesbaden 1973. 54

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questo stile viene spesso nominato Baba Fighani da Tabriz (m. 1519), soprannominato il "piccolo Hafiz" . L'apice assoluto fu incarnato da Bidil (1644-1721) , il poeta più difficile dell'India musulmana39• Si trovano ancora i portati di questo stile nei ghazal persiani e ur­ du di Muhammad Iqbal (1873-1938), significativo poeta indo-musulma­ no, che al contempo è stato uno dei più importanti pensatori e ispira­ tori del modernismo musulmano 40 • Benché sia stato un maestro della forma tradizionale (accanto a cui egli frequentava, però, anche forme strofiche influenzate dalla poesia occidentale) , Iqbal la arricchisce di uno spirito nuovo, di un nuovo messaggio, al centro del quale si trova la dottrina dell'islamico Sé o Io - autoespansione in luogo del mistico abbandono di sé. In una breve composizione urdu rimprovera alla poe­ sia persiana: «Seppure sia ricca di sonorità e di grazia la poesia persia­ na, l attraverso di essa non vien certo affilata la spada del Sé» 41• Ma la grandezza della poesia lirica persiana - e in particolare di Hafiz, fortemente criticato da Iqbal 42 - riposa proprio nella modalità non dogmatica con la quale essa ha portato a espressione il senti­ mento umano in modo aggraziato, ricco di sonorità e non raramente con serena scioltezza. Bibliografia

La poesia lirico -panegiristica, in A. Pagliara, A. Bausani, Storia della letteratura persiana, Nuova Accademia, Milano 1960, pp. 307-526. BURGEL J . c., Drei Ha/is -Studien , Lang, Bern-Frankfurt a.M. 1975. DSCHALALUDDIN RUMI, Aus dem Diwan - Gedichte, hrsg. von A. Schimmel, Reclam, Stuttgart 1964. ID., Licht un d Reigen. Gedichte aus dem Diwan des grossten mystischen Dich­ ters persischer Zun ge, hrsg. von J. C. Bi.irgel, Lang, Bern 1974. HAFIS, Gedichte aus dem ((Diwan " (1972), hrsg. von J. C. Bi.irgel, Reclam, Stuttgart 19772 • [Trad. it. Il libro del coppiere, a cura di C. Saccone, CaBAUSANI A.,

39· A. Bausani, Note sulla natura in Bedil, in "Annali dell'Istituto universitario orientale di Napoli", n.s., xv, 1965, pp. 215-28. [Un'antologia italiana, che contiene un prezioso saggio di Alessandro Bausani, è M. A. BI dii, Il canzoniere deltalba, a cura di R. Zipoli, G. Scarcia, Ariele, Milano 1997.] 40. A. Schimmel, Gabriel's Wing: A Study into the Religious Ideas o/Sir Muham­ mad Iqbal, Brill, Leiden 1963. 41. M. lqbal, Kullfyat-i Urdii, ed. J. lqbal, Lahore 1973, p. 590. 42. J. C. Biirgel, Die griechische Ziege und das Schafvon Schiras: Bemerkungen zu Gedanken Muhammad Iqbals iiber Plato und Hafis, in H. R. Roemer, A. Noth (hrsg.), Studien zur Geschichte und Kultur des Vorderen Orients, Brill, Leiden 1981, pp. 12-27.

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rocci, Roma 20032; Canzoniere, a cura di G. M. D'Erme, Università de­ gli Studi di Napoli-L'Orientale, Napoli 2004, vol. I.] HEINZ w. , Der indische Stil in der persischen Literatur, Steiner, Wiesbaden 1973· MEIER F. , Ober die Eigenart der iilteren persischen Dichtung, in "Iranzamin " , I , 1981-82, pp. 53-64. NAGEL T., Wege zu den iisthetischen Grundlagen der mittelalterlichen persi­ schen Dichtung, in "Zeitschrift fiir A sthetik und allgemeine Kunstwis­ senschaft " , XXII, 1977, pp. 206-26. SAADI, Aus dem Diwan, aus dem Persischen iibertragen von F. Riickert, hrsg. von A. Schimmel, Reclam, Stuttgart 1971. [Trad. it. I.;argento di un pove­ ro cuore. 101 ghazal di Sa(di, a cura di S. Manoukian, Istituto Culturale della Repubblica Islamica d'Iran, Roma 1991.] SCHAEDER H . H . , Die islamische Lehre vom Vollkommenen Menschen, ihre Herkun/t und ihre dichterische Gestaltung, in " Zeitschrift der Deut­ schen Morgenlandischen Gesellschaft " , LXXIX, 1925, pp. 192-268. SCHIMMEL A. (hrsg . ) , Orientalische Dichtung in der Obersetzung Friedrich Ruckerts, Schiinemann, Bremen 1963.

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Il romanzo persiano

Fra gli esiti più significativi della letteratura persiana vi sono i suoi poe­ mi (epics), e nessuna branca di questi risulta forse più incantevole e più seducente, per il lettore comune e in particolare per il gusto occiden­ tale, del " romanzo" (romance) o epos romanzesco (romantic epic) . Le sue storie hanno ispirato i migliori artisti d'Iran nella creazione di mol­ ti fra i più raffinati motivi della miniatura persiana: Shirin che si rin­ fresca in uno stagno tra un paesaggio roccioso, con solo un panno az­ zurro awolto tra i fianchi, sorpresa dal suo amante principesco; o il so­ litario e infelice Majnun nel deserto circondato da animali intenti al suo canto di un amore tanto incrollabile quanto senza speranza 1• Celebri coppie dei romanzi persiani, quali Khusraw e Shirin , Vamiq e 'Adhra, Layla e Majnun, divennero prototipi d'amore a cui la lirica persiana fece ripetutamente riferimento. Rum! in un suo ghazal dice: Khusraw rinuncia al suo impero per amore di Sh!r!n l Farbad per amore di lei spacca il monte con la scure l Majniin fugge la cerchia degli uomini per amore di Layla l Vamiq deride tutti i suoi tronfi rivali 2•

Alcune fra queste storie e motivi giunsero abbastanza presto in Eu­ ropa e influenzarono autori occidentali, come vedremo più avanti. Tuttavia, nonostante i loro aspetti awincenti, i poemi romanzeschi persiani non hanno ancora ridestato in Occidente l'interesse che me­ ritano, fra gli studiosi come fra i lettori comuni. Mi soffermerò quin1. Un bel volume che riproduce queste miniature è Nizam1, Mirror o/ the Invisi­ ble World: Tales /rom the ((Khamseh", ed. by P. J. Chelkowski, with an essay by P. P. Soucek, Foreword by R. Ettinghausen, Metropolitan Museum of Art, New York 1975. 2. J alal al-d1n Rum!, Kulliyat-i Shams, ya, Dzvan-i kabzr, ed. B. Furiizanfar, 10 voll., Am1r Kab1r, Tihran IJ36-46h957-67, n. 532, vv. 4-5.

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di su alcuni aspetti del loro sviluppo, sui loro maggiori rappresentanti e le loro caratteristiche specifiche. 3· 1 Origini e prime manifestazioni dell'epos romanzesco ( romantic epic)

Il termine inglese " romance" si riferisce di solito al racconto d'amore, quantunque, in linea di principio, la fiaba vi sia compresa e siano tal­ volta, entrambi, uniti inestricabilmente. Con epos (epic) ci riferiremo unicamente alla poesia narrativa (epic poetry), sebbene la prosa narra­ tiva (epic prose) , come per esempio nel caso del celebre Libro del pap­ pagallo ( Tuti-nama) tradotto dal sanscrito da Nakshabi nel XIV secolo, potrebbe pure essere trattata sotto questo stesso titolo 3• La forma esterna nella quale si presenta la poesia narrativa in lin­ gua persiana viene definita da due elementi: il distico (coppia di emi­ stichi) a rima baciata e il metro, che rimane lo stesso nel corso del­ l'intero poema 4• Quanto alla sua struttura interna, l'epos combina in modo caratteristico elementi narrativi e descrittivi. Nella narrazione (narration) il poeta procede in modo diretto, attraverso l'uso di un linguaggio più o meno semplice, mentre nei passaggi descrittivi esi­ bisce tutta la sua abilità retorica con metafore e giochi di parole. Al­ tri elementi possono essere il monologo, il dialogo (sovente in forma epistolare), canzoni, massime, riflessioni e gli ammonimenti del poe­ ta stesso. I romanzi di Nizam1 vengono a volte inframmezzati da pas­ saggi assai personali, come discorsi dell'autore rivolti al figlio, o epi­ taffi rivolti ai parenti. Egli introdusse anche l'uso di una lunga prefa­ zione in lode a Dio e al profeta Muhammad, un elogio al principe a cui è dedicato il poema e alcune osservazioni sulle ragioni che deter­ minarono la scelta del soggetto e la com posizione del libro, nonché una "lode della parola" (ossia della poesia) e del poeta stesso. Il romanzo (romance) persiano, in tal modo, risulta includere ogni altro genere: poesia lirica, panegiristica, didattica, satirica e de­ scrittiva. Ma la narrativa romanzesca, come genere, trova la sua uni3· A. Bausani, Letteratura neopersiana, in A. Pagliaro, A. Bausani, La letteratura persiana, Sansoni-Accademia, Firenze-Milano 1968, pp. 356-489. 4· Così, ViS u R.amzn di Gurganl e Khusraw u Shzrzn di Nizaml sono scritti in uno stesso metro, detto hazaj, D l D l D (ogni emistichio ha undici sillabe); lo Shah-nama di Firdawsl e il Libro di Alessandro di Nizaml sono in un metro detto motaqareb, D l D l D l . _ _ _

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cità nella costruzione di lunghe e coerenti unità di versi, nello svi­ luppo dei personaggi, nel dare al poeta la possibilità di dimostrare la sua abilità, non soltanto nella composizione dei versi ma anche co­ me narratore, lirico e osservatore della psiche umana, e spesso come un moralista che per istruire usa non tanto la parola, quanto esempi persuasivi. In una maniera sua peculiare l'epos romanzesco persiano è lega­ to alle forme più brevi, e al ghazal in particolare. Ciò che in quest'ul­ timo è soltanto un'allusione, nell' epos viene estrinsecato completa­ mente; ciò che era un'astrazione, viene qui concretizzato; lo spirito del ghazal si manifesta in carne e ossa nell' epos romanzesco, il quale ne è dunque un indispensabile supplemento. Mentre nella letteratura araba il genere epico �·� era praticamente assente, fiorì in quella persiana fin dai suoi esordi. Le inquietudini e le in sicurezze che accompagnano la vita nomade potrebbero essersi rivelate fattori sfavorevoli allo sviluppo di un'arte che richiede lunghi tempi di fruizione. Com'è ben noto, la tradizione poetica degli arabi pagani continuò a prevalere nell'era islamica e non rese possibili in­ novazioni rivoluzionarie. L'Iran invece godeva di una tradizione epi­ ca millenaria. Questa era, certo, una tradizione eroica, ma s'interse­ cava sovente con elementi romanzeschi che sembravano soltanto at­ tendere una loro elaborazione autonoma. Molti episodi dello Shah-nama, l'epos nazionale iranico, hanno una coloritura romanzesca. Oltre alla storia d'amore di Khusraw e Shir1n, che Nizam1 estrapolerà conferendole la sua forma classica, troviamo anche quelle di Zal e Rudaba, Rustam e Tahm1na, Bizhan e Man1zha, e di altre coppie, dominate dai motivi di separazione e fe­ deltà, tentazione e cortesia, amore e gelosia e così via. Ma la materia dell'epos romanzesco pervenne anche tramite altre fonti. Il Romanzo di Alessandro dello Pseudo-Callistene è tra le più importanti storie importate che includono, fra l'altro, fonti ebraiche, arabe, indiane e altre greche. Alcune furono anche attinte da fonti dell'Iran preisla­ mico. Almeno una narrazione romanzesca esisteva già in medioper-

* [Si tenga presente che l'autore ha usato il termine originale epic (in inglese sia sostantivo che aggettivo) come equivalente di "narrazione" (in versi), "poema" e "nar­ rativo" (agg.) , in ogni caso in senso diverso e comunque assai più ampio dei corri­ spondenti italiani epica/epos/epico. Abbiamo reso epic (sost.) perlopiù con epos o " poema" e romantic epic con "epos romanzesco" (quando l'autore designa con l'e­ spressione una classe di opere) o "poema romanzesco" (se indica l'opera singola).]

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siano, quella del futuro ViS u Ramzn di Gurgani, ma assai prima che essa tornasse alla luce altri romanzi persiani erano stati scritti. 'Unsuri, il più grande panegirista alla corte di Mahmud di Ghaz­ na, è attendibilmente ritenuto l'autore di alcuni poemi romanzeschi5• Qualche breve frammento di uno di questi, Vamiq u (Adhra, fu rinve­ nuto durante il restauro della rilegatura di un manoscritto altrimenti non molto rilevante 6. Ma ancora poco ci è noto del contenuto di que­ sto poema, sebbene Goethe ne sapesse ancor meno quando scrisse: Was sie getan, was sie geiibt l Dass weiss kein Mensch l l Dass sie geliebt, l Das wissen wir. l Genug gesagt, l Wenn man nach Wamik und Asra fragt7.

I nomi propri in greco nel testo di questo poema rivelano la sua ori­ gine ellenica, e i frammenti mostrano che esso aveva come argomen­ to una di quelle vicende d'amore sentimentale, con interminabili epi­ sodi di separazione e lieta unione conclusiva, così tipiche del roman­ zo tardoellenistico 8 • Un altro romanzo di 'Unsuri, Khing but u surkh but (L'idolo bianco e l'idolo rosso) , era un adattamento di una leggen­ da indiana connessa alle due monumentali statue buddiste fino a po­ chi anni fa visibili a Bamiyan, come sappiamo da una nota nella Cro­ nologia delle nazioni antiche di Biruni 9• Una storia d'amore in arabo è invece la fonte del più antico poe­ ma persiano a noi pervenuto, Varqa u Gulshah di 'Ayyuqi. Qui l'u­ nione di due giovani innamorati è ostacolata dal destino e dalla fa­ miglia. Consacrati alla loro passione, scelgono di vivere secondo un ideale d'amore casto e in crolla bile fino alla morte 10• La più celebre fra le storie d'amore di questo tipo è senza dubbio quella del poeta arabo Qays, detto Majnun, il Folle Oett. : " posseduto daijin n " ) , e del­ la sua amata Layla, "dagli occhi color della notte " . Questa storia, co5· J. Rypka, History o/Iranian Literature, ed. by K. Jahn, Reidel, Dordrecht 1968, pp. 175 ss. 6. 'Unsuri", Vamiq va (Adhra, ed. M. Shaf1, Intisharat-i Danishgah-i Panjab, Lahaur 1967. 7· J. W. Goethe, Noch ein Paar, in Id., West-ostlicher Divan. 8. G. E. Von Grunebaum, Der Islam im Mittelalter, Artemis, Zi.irich-Stuttgart 1963, p. 389. 9· Cfr. J.-D. Boilot, /}oeuvre d'al-Beruni. Essai bibliographique, lnstitut domini­ caio d'études orientales du Caire, Caire 1955, p. 204, nota 83. 10. Detto amore 'udhrita, derivato dal nome della tribù degli 'udhra dove que­ sto tipo di amore sarebbe stato frequente, ma anche dalla parola (adhra (vergine): cfr. J. Rypka, Iranische Literaturgeschichte, Harrassowitz, Leipzig 1959, p. 177.

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munque, fu elaborata e forgiata nella forma di un maturo poema per­ siano solo nel XII secolo. La tradizione ebraica è invece la fonte di Yiisu/u Zulaykha, la cui storia, condensata nella bella sura XII del Co­ rano, fu adattata in forma narrativa dal poeta Amani nell'XI secolo (in passato era attribuita a Firdawsi) . Quattro secoli più tardi, essa fu rie­ laborata dal grande poeta Jami. 3· 2 Gurgan'i

Il primo esito importante dell'epos romanzesco in Iran è indubbia­ mente il ViS u Ramzn, scritto da Gurgani attorno al 1050. L'autore ci racconta d'aver usato come modello un'ingenua versione in medio­ persiano; Minorsky ha dimostrato che l'origine del materiale è parti­ ca La trama, celebre per la sua straordinaria somiglianza con la sa­ ga di Tristano, è limitata a uno stretto numero di personaggi facenti parte delle corti di Marv nel Khorasan e di Mah nell'Iran occidenta­ le (Media). A Marv risiede re Mubad assieme al fratello più giovane, Ramin, e al fratello acquisito e visir, Zard. A Mah regna un sovrano chiamato Karan, che sarà poi ucciso durante una battaglia contro Mubad, così lasciando la moglie Shahru, il figlio VIru e la figlia VIs . Ma non è questo l'inizio della nostra storia. Al principio, le due cor­ ti si ritrovano unite in una splendida festa data da Karan. Mubad, ammaliato dalla bellezza di Shahru, ha l'ardire di chiederle di diven­ tare sua moglie. Lei gli rammenta di essere già sposata, ma gli pro­ mette di dargli sua figlia, qualora ne avesse una. E da qui ha inizio l'intero dramma, come l'autore sottolinea: «Vedi in quali tribolazio­ ni essi finirono dando come sposa una figlia non nata» 12• VIs, nata dopo poco, viene cresciuta da una nutrice scaltra ma fe­ dele e, in conformità a un'antica consuetudine iranica, è data in spo­ sa a suo fratello VIru. N el giorno delle nozze la letizia di tale riunio­ ne viene improwisamente interrotta dalla minacciosa comparsa di Zard, il quale chiede a nome di Mubad che gli sia consegnata VIs, rammentando a Shahru la promessa che gli era stata fatta. Shahru apu.

n. Cfr. V. Minorsky, !ranica: Twenty Articles, Teheran University Press, Teheran 1964, pp. 151 ss. Questa e altre teorie sull'origine del ViS u Ramin sono riassunte da Rypka, Iranische Literaturgeschichte, cit., p. 178. 12. Gurgani, Vis and Ramin, transl. from the Persian by G. Morrison, Columbia University Press, New York 1972, p. 25.

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pare imbarazzata, ma Vis, dimostrando per la prima volta il suo tem­ peramento, oppone a Zard il proprio diniego e censura l' indelicatez­ za della richiesta di Mubad. Tuttavia Mubad insiste, e ha inizio così una guerra nella quale Karan perderà la vita. Dopo non molto, Mubad riesce a persuadere Shahru, con mi­ nacce e doni, a farsi consegnare Vis . Lungo la via che conduce a Marv, però, la cortina della lettiga di Vis viene all'improvviso solle­ vata dal vento; Ramin, il fratello più giovane di re Mubad, che è in­ caricato di scortare Vis fino alla corte reale, scorge il volto di lei e se ne innamora immediatamente. Il resto della storia è un lungo e dram­ matico avvicendarsi di intrighi e illusorie pacificazioni. Dopo che Ramin è riuscito a conquistare l'amore di Vis con l'aiuto della sua nu­ trice, e dopo che Vis ha più volte ribadito a Mubad che non potrà mai amarlo, poiché il suo cuore è consacrato a Ram in, la giovane cop­ pia riesce a ingannare Mubad e sfugge alla gran parte dei suoi strata­ gemmi preventivi e delle sue misure punitive, con la nutrice sempre pronta a giocare un ruolo decisivo. Infine, quando Mubad viene uc­ ciso da un cinghiale, Vis e Ramin, che poco prima erano fuggiti col suo tesoro, ne conquistano anche il castello. Dopo questa vittoria se­ gnata dalla violenza, la coppia felice regna sul paese con giustizia per il resto dei suoi giorni. Questo romanzo risulta essere significativo per più di un aspetto. Non soltanto è ricco di avventure drammatiche, ma illustra anche la maestria di Gurgani nella delineazione dei personaggi. Le sue dra­ matis personae rivelano la propria natura attraverso le azioni e, speci­ ficamente, mediante monologhi e dialoghi. L'autore stesso di rado li giudica, lasciando al lettore la possibilità di formarsi una propria opi­ nione. Chiaramente, tuttavia, Vis e Ramin rappresentano il prototipo degli amanti autentici. L'amore li coglie all'improvviso senza alcuna possibilità di scampo, e per esso sono pronti ad affrontare ogni sorta di afflizione, sebbene il loro legame sia evidentemente illegittimo. Mubad, invece, ci viene presentato come un freddo moralista, facen­ te sempre affidamento sulla propria richiesta esteriormente legittima, basata sulla promessa di Shahru. Il suo nome, che significa "prete " , potrebbe dunque non essere stato scelto a caso. Ma con i l suo conte­ gno nei confronti di Vis dimostra ripetutamente, attraverso i com­ menti insensibili, le rimostranze e le brutali punizioni inflitte - segui­ te da gesti conciliatori, con sempre rinnovate richieste e poi ancora nuove illusioni -, che egli è completamente incapace di amarla. La freddezza di Mubad si estende anche all'aspetto fisico del suo amore:

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alle suppliche di VIs, la nutrice getta un incantesimo sulla virilità di Mubad; destinato a durare per un mese, l'incantesimo diviene irre­ vocabile quando il talismano va disperso a seguito di un 'inondazione. Una delle eccellenti allusioni mediante le quali Gurgani rimarca la differenza tra Mubad e RamIn è la descrizione del peregrinare dei due alla ricerca di VIs. Per Ramin il deserto si trasmuta in un roseto, men­ tre per Mubad la natura rimane sorda e ripugnante, fino a quando egli dispera di poter trovare VIs e ritorna a casa completamente infelice. Queste due forme d'amore vengono poste accanto ad altre due: la re­ lazione matrimoniale di VIs con suo fratello VIru, che oltre a essere le­ gittima non è neppure infelice, e la fugace relazione fra Ramin e la principessa Gul (paragonabile a quella fra Tristano e Isotta dalle Bian­ che Mani). Entrambi questi legami, comunque, impallidiscono se po­ sti a confronto con l'amore totale, "esistenziale" , di VIs e RamIn. 3·3 Nizami

Nonostante tutta la sua rilevanza letteraria, l'epos di Gurgani fu su­ perato dalle opere di Nizami, poeta del XII secolo, senza dubbio la fi­ gura più eminente nel campo del romanzo persiano. Diversamente da Gurgani, che non rivela alcun particolare della sua biografia ad ec­ cezione di un'infelice avventura amorosa, Nizami ci parla di sé e del­ la sua famiglia numerose volte nei suoi romanzi. Sappiamo che tra­ scorse tutta la vita a Ganja (oggi Kirovabad), che si sposò tre volte (successivamente), che la prima moglie, Afaq, diede alla luce suo fi­ glio Muhammad e ancora qualche altro particolare. L'episodio più ri­ levante di questi frammenti biografici è l'amore di Nizami per Afaq, una schiava kipchaka che gli fu donata dal principe di Darband co­ me ricompensa per il suo primo romanzo, Makhzan al-asrar (La ca­ mera del tesoro dei segreti) . Invece di prenderla come sua concubina, cosa che la legge islamica gli avrebbe consentito, Nizami decise di far­ ne la sua legittima sposa. Quest'atto di pia clemenza, raccomandato dalla tradizione isla­ mica 13, è in linea con lo spirito umanistico del poeta che è reso mani­ festo nei suoi scritti sia attraverso dirette asserzioni sia nelle azioni dei personaggi. Per esempio, egli dice di se stesso: 13. Cap . 13 del Libro del matrimonio nella collezione standard dei detti del Pro­ feta compilata da Bukhar1 nel secolo nr!IX.

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Nel corso della mia vita non ho mai usato violenza l tanto da poter nuoce­ re all'ala di una formica 14.

La raccomandazione di non nuocere ad alcuno viene integrata dal­ l'ingiunzione a "servire attivamente l'umanità " : Porta s u di t e il fardello di ognuno s e puoi: l che c'è di meglio che alleviare il peso di coloro che son gravati? l5

In effetti, lo spirito umanistico di Nizam1 è coronato dalla sua conce­ zione della donna. Egli descrive la donna come una compagna alla pa­ ri dell'uomo, piena di calore e amorevole, e allo stesso tempo altera, risoluta e coraggiosa. In chiara opposizione alla gran parte dei racconti orientali, la sua malvagità non è qui intesa come una qualità innata del­ la natura femminile, ma come un prodotto dell'atmosfera degradante dell'harem 16• Di conseguenza, Nizam1 asserisce: Una donna da sposare è quanto basta a un uomo; l chi è marito di molte mo­ gli non lo è invero di nessuna! I7

Lo spirito umanistico di Nizam1 si basa sulla sua fede religiosa, ma è all'opposto di qualsiasi fanatismo od oscurantismo. Nelle ammoni­ zioni rivolte a suo figlio Muhammad, lo sprona più volte a conoscere se stesso, affinché si uniscano la mente e lo spirito 18 e sia così possi­ bile attingere alla vera conoscenza: La mente e lo spirito sono doni del cielo, l la mente e lo spirito sono la vita eterna.

Infine, lo spirito umanistico di Nizam1 comprende l'orgoglio e l'in­ dipendenza. Ripetutamente nei suoi scritti, egli esorta a non servire principi ingiusti: È meglio donare ad altri il pane della propria mensa l che gustare preliba­ tezze alla corte di un vile l9. 14. Nizami, Laylii u Majniin, ed. V. Dastgirdi, Ibn Sina, Tihran 1333211954\ p. 44, v. 13 [trad. it. Leyla e Majniin, a cura di G. Calasso, Adelphi, Milano 1985] . 15. lvi, p. 56, v. 6. 16. Id., Khusraw u Shirin, ed. V. Dastgirdi, Ibn Sina, Tihran 13332ll954\ p. 92, v . 6. 17· Id., Iqbiil-nama, ed. V. Dastgirdi, Ibn Sina, Tihran 1335ll957, p. 59, v. J. 18. Lett .: «ragione e anima». 19. Id., Ha/t paykar, ed. V. Dastgirdi, cit . , p. 53, v. 8 [trad. it. Le sette principesse, a cura di A. Bausani, BUR, Milano 19962] .



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È parte integrante del genio di Nizami l'aver reso il romanzo un vei­ colo atto all'espressione delle proprie convinzioni etiche. Nella sua ce­ lebre Khamsa ( Quintetto) , il primo poema, Makhzan al-asrar, è un'o­ pera di carattere didattico che delinea venti principi morali, ognuno dei quali viene esemplificato da una storia. Seguono i suoi tre grandi poemi romanzeschi: Khusraw u Shzrzn, Layla u Majniin e Ha/t paykar (Le sette effigi) ; l'ultimo suo grande poema, Iskandar-nama (Libro di Alessandro) , combina elementi didattici, epici e romanzeschi. Dei tre romanzi nessuno eguagliò mai la popolarità di Khusraw u Shzrzn (riassunto e discusso nel PAR. 1 . 5 ) . Khusraw è Khusraw Parvez, l'ultimo grande re sassanide (590-628 d.C. ). Sh1r1n, la sua amata, è una principessa armena. Il personaggio storico di Shirin rimane dubbio. Nello Shah-nama avvelena la sua rivale Maryam; Nizami respinge invece espressamen­ te anche la più esigua possibilità di un tale atto, incompatibile con la natura di Sh1r1n 20• Sulla base delle affermazioni dello stesso Nizami, in cui egli compara la morte prematura di Shirin a quella di sua mo­ glie Afaq (e, poco prima di venire a mancare egli stesso, si esprimerà su Afaq con una grande intensità di sentimenti), Evgenij Eduardovic Bertel's conclude che Nizami creò la sua Sh1r1n, una fra le più belle figure della letteratura mondiale, in memoria di sua moglie 21• Ad ogni modo, la Shirin di Nizami, per quanto sia frutto di una finzione let­ teraria, incarna una veridicità più compiuta di quel che tutto il rigo­ re storiografico possa mai rendere. Che N izami volesse farne un sim­ bolo dell'amore può essere dedotto da uno dei capitoli introduttivi di questo romanzo, nel quale egli parla dell'amore come di un' im­ mensa forza cosmica capace di mantenere in vita la creazione e l'uni­ verso in movimento22• Oltre a ciò, anche se non avessimo a disposi­ zione questi versi, ogni singola pagina di questo romanzo è intrisa d'amore, con le sue afflizioni e le sue delizie. Un a storia d'amore è anche il soggetto del terzo poema di N i­ zami, Layla u Majniin. Come avviene per Varqa u Gulshah, i due sco­ prono il loro amore quando sono ancora degli scolaretti. Ma i geni­ tori di Layla hanno altri progetti per lei. Le proibiscono d'incontra­ re Majnun e trovano una giustificazione al loro atteggiamento quan20. lvi, v. 4· 21. E. E. Bertel's, Izbrannye Trudy: Nizami i Fuzuli, lzdatel'stvo vostocnoj litera­ tury, Moskva 1962, p. 255. 22. lvi, pp. n7-8, 484-5 .

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do lui comincia a dare segni di follia. Di fatto, Majnun sembra esse­ re innamorato più dell'idea di Layla che della persona, e diviene co­ sì un Orfeo del deserto arabico, circondato da animali intenti ad ascoltare i suoi canti d'amore e di disperazione. La quarta opera di Nizami, Le sette e/figi, è certamente il più ro­ manzesco tra i suoi poemi. Essa include sette storie d'amore indi­ pendenti, ognuna delle quali è un gioiello della narrazione romanze­ sca. Il protagonista è di nuovo un re sassanide, Bahram Gur (421-438 d. C . ) . Il suo soprannome, Gur (O n agro) , mette in evidenza la sua passione per la caccia di quest'animale, ma Nizami vi aggiunge una connotazione tetra giocando con i due significati del termine gur: onagro e anche tomba 23• Le storie vengono narrate dalle sette splen­ dide principesse sposate da Bahram : queste provengono dai "sette climi" («iqlim», regioni-continenti) della geografia antica, e ogni sto­ ria è ricca di riferimenti al rispettivo pianeta e a elementi che richia­ mano ciascun clima. N el frattempo, però, i sudditi del re soffrono a causa di un dispotico visir che cospira con il nemico e opprime il po­ polo, e le rimostranze di sette delle sue vittime formano un sobrio contraltare alle incantevoli storie d'amore. La prima delle storie è ambientata in un giardino incantato, collo­ cato nel cielo, dove una fata di inimmaginabile bellezza vive assieme alle sue ancelle. Un visitatore privilegiato del giardino s'innamora al­ l'istante della seducente signora. Lei gli permette di accarezzarla per tutta la durata del giorno ma lo respinge poi quando vien sera, invi­ tandolo a soddisfare il suo desiderio con una delle proprie ancelle e a impegnarsi a non pretendere che lei gli si conceda prima che quaran­ ta giorni siano trascorsi. L'innamorato, però, non è in grado di con­ trollarsi, finisce per perdere il favore dell'amata e, con sua somma de­ lusione, all'improvviso si ritrova di nuovo sulla terra. Tuttavia egli ora conosce il segreto della città dei nero-vestiti, uno dei cui abitanti gli aveva spiegato come raggiungere quel paradiso fatale, senza comun­ que rivelargli la clausola condizionale. La pazienza o padronanza di se stessi come condizione necessa­ ria alla realizzazione dei propri desideri è l'argomento anche dell'ul­ tima storia, anche se questa volta la morale è impartita con umorismo. A causa della sua impazienza, il giovane eroe incorre in una serie di situazioni ridicole fino a quando, avendo capito la lezione, viene ri­ compensato con una felice unione. 23. Nizami, Ha/t paykar, cit.,

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Nizami, un grande poeta sotto ogni aspetto, era pienamente con­ sapevole della propria eccellenza. Nel primo romanzo, La camera del tesoro dei segreti, egli vanta la propria superiorità rispetto ad altri poeti e, riferendosi al suo immediato predecessore Sana'I (che scris­ se soltanto poemi didattici), dichiara: Sebbene nella sua miniera vi siano parole come oro, l la mia miniera quan­ to all'oro è migliore della sua 24,

La sua abilità è onnicomprensiva. Il ricco vocabolario e l'uso raffina­ to di metafore vengono dispiegati nelle descrizioni naturali, di splen­ didi corpi e vesti, edifici e così via. Lo scenario naturale è creato in modo da corrispondere all'atmosfera dell'azione. Le scene d'amore tra Shirin e Khusraw, per esempio, sono ambientate in un gradevole paesaggio primaverile, così come i dialoghi di ammonimento nell'in­ verno (espediente, questo, già utilizzato da Gurgani). Egualmente sa­ piente è l'uso fatto da Nizami della metafora e dell'animazione della natura allo scopo di produrre sottili allusioni. Così, nella descrizione di una notte in cui l'amore di Khusraw per Shirin diviene così ar­ dente da far temere che la verginità di lei sia in pericolo, Nizami pa­ ragona il cielo rischiarato dalla luna a una lettiga priva della sua nera cortina, cosicché non rimane alcun velo ad eccezione della castità 2 5 • Nizami è un maestro anche nei dialoghi, nella delineazione dei per­ sonaggi e nella struttura narrativa. Ma sempre la sua arte è imbevuta di uno spirito che nulla concede all'in trattenimento superficiale o ac­ comodante. La poesia di Nizami non prevede scorciatoie: è sovente ardua da leggere, ma sempre ispirata, e perciò gratificante. Che la poesia di Nizami ammetta o no un'interpretazione allegori­ ca, le sue storie e i personaggi reggono benissimo da soli; sono rappre­ sentazioni della vita reale, non dell'esperienza mistica o delle vicende dell'anima in mondi interiori. Allo stesso tempo però il lettore sensibi­ le percepisce ben presto che Nizami era pienamente consapevole del­ la portata simbolica delle situazioni da lui descritte. L'incontro fra Khu­ sraw e Shirin presso la sorgente potrà servire da esempio. Non è forse il bagno di Shirin nella sorgente sulla strada per giungere a Khusraw 24. Id., Makhzan al-asrar, ed. V Dastgirdi, Ibn Sina, Tihran 133321!954\ p. 36 , v. 7· 25. Cfr. Id., Khusraw u Shi'ri'n , cit., p. 131, v. 6. Alcune delle caratteristiche reto­ riche di Nizami sono descritte da H. Ritter, Ober die Bildersprache Nizami's, de Gruy­ ter, Berlin-Leipzig 1927.

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un simbolo della sua immersione nell'amore, che è la sorgente della vi­ ta, e non è l'incontro stesso - con i due amanti che non riescono vi­ cendevolmente a riconoscersi per quanto ognuno di loro cerchi l'al­ tro - un simbolo della condizione interiore del loro amore? Si deside­ rano ardentemente, ma sono ancora inconsapevoli della natura dell'a­ mato e non sono quindi ancora pronti per un'unione incondizionata. Le storie di Nizami indicano altri livelli di significazione: le situa­ zioni esterne corrispondono spesso a uno sviluppo interiore, anche se non in senso strettamente mistico, e tuttavia perfino una connotazio­ ne mistica può essere facilmente ravvisata in alcune delle sue storie d'amore. Un breve passaggio del Khusraw u Shirin è indicativo della consapevolezza di Nizami circa la portata simbolica delle fiabe: Tu certamente conosci il significato riposto di quella fiaba l circa una donna che compì una magia per strada: ll ella gettò per terra un pettine e uno spec­ chio l e vi fece sopra un incantesimo. ll Il cielo fece sorgere dal primo una montagna l e una foresta dal secondo. ll [Il significato è:] una donna che get­ ta via lo specchio l e il pettine diviene potente come foresta e montagna 26 •

Più breve, ma di particolare rilevanza per il simbolismo della poesia di Nizami in generale è il seguente verso, nel quale il poeta fa uno dei suoi molti giochi di parole sul nome di Shirin (= "dolce " ) : L'incantevole Shirin, con i n mano una coppa d i vino amaro: l di questa dol­ cezza e di questa amarezza tutta l'umanità è ubriaca 27 • 3·4 Amir Khusraw Dihlawi

Un secolo circa dopo Nizami apparve il primo grande imitatore del suo Quintetto. Si tratta di Amir Khusraw Dihlawi, poeta indo-per­ siano di una produttività pressoché inimmaginabile, che si ritiene ab­ bia creato il suo Quintetto in meno di tre anni. Comprensibilmente, i suoi poemi mancano della maturità e della profondità spirituale ti­ piche delle opere di Nizami. Come già fece Nizami, Amir Khusraw inizia le sue opere con una serie di capitoli introduttivi dedicati alle lodi di Dio, di Muhammad, 26. Ritter, Ober die Bildersprache Nizamis, cit., 27. Nizami, Khusraw u Shzrzn, cit., p . 64, v. 6.

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del principe mecenate, al compianto per un figlio o una figlia e alle ragioni della composizione del libro. Amir Khusraw non è comun­ que un imitatore pedissequo. La sua indipendenza è in particolare evidente nel suo Hasht bihisht ( Otto paradisi) , opera corrispondente alle Sette effigi di Nizami. Mentre Nizami narra la vita di re Bahram con i suoi svaghi e le sue incombenze e, come dicevamo, controbi­ lancia le sette storie d'amore con i resoconti delle sette vittime del suo dispotico visir, Amir Khusraw riduce la materia a poco più di un fa­ scio di otto storie tenute insieme da una cornice alquanto esigua. Sol­ tanto una fra le sette storie d'amore di Nizami viene ripresa da Amir Khusraw, sebbene con notevoli modifiche, e il motivo del misogino che finisce per credere nel matrimonio viene preso a prestito per una storia del tutto differente. Altre storie rivelano una forte influenza in­ diana: una di queste tratta della capacità di uno spirito di insinuarsi nel corpo vivo o morto di uomini o animali, e mostra notevoli somi­ glianze con una storia contenuta nel Libro del pappagallo 28• Molte di queste storie rivelano un interesse per la magia o per materie semi­ tecniche, come per esempio una statua magica che ride di comporta­ menti umani assurdi o insinceri 29, una polvere per gli occhi (surma) che rende invisibili, una musica che fa addormentare, ridere o pian­ gere chi l'ascolta e così via. Ma vi si ritrova anche un'operazione pu­ ramente scientifica: il peso di una colossale scultura d'oro, troppo grande per poter essere collocata su una bilancia, viene misurato po­ nendola in una barca, determinando il dislocamento e riempiendo quindi la barca di materiali che provochino un analogo dislocamen­ to ma che possano essere pesati agevolmente3°. I personaggi del Hasht bihisht sono piatti, ma vividi nelle loro ge­ sta insolite e inspiegabili, o moralmente dubbie. I loro conflitti inte­ riori e i loro sviluppi non vengono presi in considerazione dal poeta, né tanto meno analizzati con la profondità o l'attiva partecipazione di un Nizami, che ricorda l'apprensione di genitori affettuosi per il be­ nessere dei loro figli. Eppure Amir Khusraw è un buon narratore; il suo stile è diretto e sempre awincente.

28. Libro delpappagallo, versione turca: ventottesima notte, Storia del re della Ci­ na; versione persiana: quarantaseiesima notte, Storia del re di Ujjain. 29. Nella storia della settima principessa del padiglione bianco è presente un re che, come quello della seconda storia (padiglione del sole) di Nizami, viene curato dalla misoginia. 30. Nella storia della seconda principessa del padiglione giallo.

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3·5 Trasformazioni di un tema

Una delle non poche, brevi, sezioni romanzesche contenute nello Shah-nama di Firdawsi è la storia di Bahram Gur e della sua schiava favorita Azada (Nobile), un 'arpista. Questo modello fu ripreso e mo­ dificato sia da Nizami che da Amir Khusraw. Possediamo quindi tre versioni della stessa storia, ognuna delle quali è caratteristica del pro­ prio autore. r. Nello Shah-nama la trama è breve e semplice, consiste in un rapi­ do sviluppo fatale, quasi totalmente privo di elementi romanzeschi o sentimentali. Bahram e la sua schiava vanno a caccia in groppa a un cammello. Due gazzelle com paiono, un maschio e una femmina, e il re le chiede quale dei due lei preferisca che sia centrato dalla sua frec­ cia. Azada assegna al re un compito difficile: egli dovrà mutare la fem­ mina in maschio, il maschio in femmina, e trafiggere insieme con un solo colpo lo zoccolo, l'orecchio e la testa dell'animale. Bah ram reci­ de, in un solo colpo, le corna del maschio rendendolo dunque fem­ mina e pianta poi una freccia a due punte nella testa della femmina, rendendola così maschio; per com p iere la seconda prodezza ferisce l'orecchio di una gazzella e poi quando l'animale alza lo zoccolo por­ tandolo verso la ferita, Bahram glielo "cuce" con un colpo di freccia all'orecchio. Invece di ammirare la prodezza, Azada prova un'imme­ diata compassione per le due gazzelle, al che il fiero sovrano, abitua­ to alle lodi iperboliche dei suoi cortigiani, senza proferire parola la getta a terra, fa che il suo cammello la calpesti a morte e quindi se ne va. «Dopo di che non si fece mai più accompagnare a caccia da una schiava» 31• 2. Nelle Sette e/figi Nizami non soltanto cambia il nome di Azada in Fitna (Ribellione, Tentazione) , ma omette l'episodio alquanto sgra­ devole del cambiamento di sesso. Egli sostituisce il finale brutale con un'incantevole continuazione della storia. Dopo la prodezza di Bah­ ram, la cui vittima non è più una gazzella ma un onagro (in accordo con il soprannome del re), Fitna dice: Il principe ha perfezionato [con l'esercizio] questa sua abilità ! l Un'abilità perfezionata - come si può pensare ciò difficile? ll Qualunque cosa un uo-

31. Firdawsi, Shah-nama, ed. E. E. Bertel's, vol. Musku 1970, pp. 273-7. 70

vn,

lnstuti-yi Khavarshinasi,



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mo abbia imparato esercitandosi, l per quanto difficile possa essere, egli la saprà fare !

Nizami descrive quindi la collera del principe e vi aggiunge un am­ monimento ai sovrani: Se i re sono vendicativi, l versano sangue ogni volta che vogliono.

Ma Bahram si astiene dall'uccidere Fitna personalmente: Uccidere donne non è impresa per giovani leoni; l le donne non sono pari agli uomini nella lotta.

Ma poco dopo ordina a uno dei suoi ufficiali: Va' e sbriga questa faccenda. l Lei è la ribellione [fitna] nella nostra corte propizia; l uccidere un ribelle [fitna] è lecito secondo la ragione.

Fitna, comunque, non viene uccisa. Invece, l'ufficiale le dà asilo nel­ le sue proprietà, e Fitna inizia ad adoperarsi per una svolta positiva nel suo destino. Prende un vitellino appena nato, lo carica sulle sue spalle e sale i sessanta gradini - o, come si vede in alcune miniature, si arram piea su una scala a pioli - che conducono a una terrazza sul tetto. Ella ripeterà tutto questo ogni giorno, finché il vitello non di­ viene un toro. Nizami interpone qui una delle sue molte allusioni astrologiche: la luna (metafora che comunemente indica una fanciul­ la e che Nizami usa per indicare Fitna) ha la sua esaltazione (il pun­ to di massima efficienza astrologica) nel segno del Toro. Infine il re viene invitato a un ricevimento, i cui preparativi sono descritti come per voler stimolare l'appetito, e la ragazza, dopo essersi accurata­ mente truccata e vestita, nuovamente descritta con le più evocative metafore, mostra a re Bahram la sua incredibile prodezza. Bahram, tuttavia, resta impassibile: Non è, questa, un'abilità tua [innata] ! l No, tu l'hai ottenuta tramite l'eser­ cizio . . .

Ed è giunto, ora, il momento della replica decisiva della ragazza: Lo shah ha ora un grande debito ! l Il toro è soltanto esercizio, l'onagro in­ vece - senza esercizio?

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Il suo piano ha successo. Bahram, che si era da molto tempo pentito della sua avventatezza, è felicissimo di accettare il ritorno di Fitna presso di lui. Le chiede perdono, e lei gli rivela perché si era rifiuta­ ta di lodarlo: per tenere lontano il malocchio ! 32 Se questo lieto fine è convincente e riesce ad appagare il lettore è perché non è banale. Nizami ha sostituito alla brutalità regia e alla sorte irrevocabile uno sforzo del tutto umano di superare il male: una ragazza intelligente e amabile si dedica per sette anni a una prova al fine di riguadagnare l'affetto di un uomo che era stato prossimo a uc­ ciderla; un ufficiale disobbedisce all'ordine brutale del suo signore e presta soccorso spontaneamente alla vittima indifesa; e un re ricono­ sce la sua colpa e chiede perdono a una sua schiava: di rado lo spiri­ to umanistico di Nizami è più tangibile di quanto lo sia nelle modifi­ che apportate a questa storia. 3· Negli Otto paradisi Amir Khusraw Dihlawi, che dà alla fanciul­ la il nome di Dilaram (Riposo del Cuore), ha sostituito la seconda metà della storia con un'invenzione del tutto nuova. Bahram ab­ bandona Dilaram nel luogo in cui era avvenuto il colpo da maestro - fra l' altro viene qui ripreso da Firdawsi il motivo del cambiamen­ to di sesso della preda - dal quale, dopo giorni di vagabondaggio, el­ la giunge a un villaggio sperduto dove incontra un contadino che l'a­ dotta come propria figlia. Egli è un musicista esperto; le fa conosce­ re i dodici modi (parda, in arabo maqam) e in particolare quattro, fra questi, che inducono l'ascoltatore a ridere, piangere, addormentar­ si o ridestarsi. La perizia di Amir Khusraw in fatto di musica è qui evidente. (Egli fu l'inventore di più di uno strumento e uno dei fon­ datori dello stile musicale indo-musulmano.) Quando Dilaram suo­ na il barbito, le gazzelle, attratte dalle sue melodie, cadono addor­ mentate e poi si ridestano, come riportate in vita dalla morte. La sua fama giunge fino a Bahram , che si reca a sentirla suonare. Il com­ mento di lei alla precedente dimostrazione del re nell'arte della cac­ cia era stato che, certo, ciò era indubbiamente prossimo alla magia, ma si poteva comunque supporre che qualcuno fosse in grado di fa­ re ancor meglio, o di riuscire in qualche altra cosa meglio di lui. Ora il commento di lui è:

32. Nizam1, Ha/t paykar, cit., pp. 107-20; cfr. Id., Heft Peiker; ein romantisches Epos, hrsg. von H. Ritter, J. Rypka, Orientalnl ustav, Prag 1934, ca pp. 25-26.

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Azioni come questa sono invero possibili, l possiede ognuno una porzione di magia. ll Non c'è artista di un qualsiasi paese l che non trovi da qualche par­ te chi lo supera33,

«È vero - Dilaram ribatte -, ma con una sola eccezione: un sovrano che muti una femmina in un maschio è insuperabile! ». Giunti a questo punto, lui la riconosce, le chiede perdono, e l'ama infine più che mai. La versione della storia di Amir Khusraw non ha lo stesso fascino o il sapore di quella di Nizam1, non ha altrettanto profonde implica­ zioni o la sua intensità morale, tuttavia è forse la più riuscita degli Ot­ to paradisi. È per un aspetto superiore perfino alla versione di Nizam1, nell'evitare cioè l'immagine alquanto incongruente della ragazza con dei muscoli degni di un campione dei pesi massimi, e nel dotare la stes­ sa di un'arte superiore spiritualmente a quella del suo re: ammaliare animali tramite le melodie di un liuto è indubbiamente più ingegnoso di quanto lo sia cambiarne il sesso con un volgare espediente come il lancio di una freccia. Infine, le ultime parole ironiche di Dilaram sem­ brano recare un doppio significato. Il re non ha forse mutato anche il sesso di lei negandole l'affetto che una donna merita ? 3 ·6

Jami e altri Amir Khusraw e il suo più vecchio contemporaneo Khwaju Kirman1 nascono nel XIII secolo. Khwaju, benché messo in secondo piano da Ni­ zam1 e Amir Khusraw nel romanzo, e nella lirica dal suo più giovane contemporaneo Hafiz, è ciò nondimeno importante come precursore di Hafiz e come ispiratore di numerose miniature, incluse quelle del maestro del XIV secolo Junayd, che sono tra i più raffinati e affascinan­ ti esempi della pittura persiana 34• I due romanzi di Khwaju, Humay u Humayiin e Gul u Nawriiz, affrontano soggetti inediti [cfr. CAP. 12] . N el XIV secolo la figura di Hafiz, l'indiscusso maestro del ghazal, mette in secondo piano ogni altro poeta, ma il XV secolo produce un buon numero di scrittori importanti nell'ambito del romanzo. Il più grande fra questi autori è }ami, che primeggiò anche in ogni altro ge-

33· Amir Khusraw Dihlawi, Hasht bihisht, ed. J. Iftikhar, Shu'bah-i Adabiyat-i Khavar, Musku 1972, pp. 47-71 [trad. it. Le otto novelle del paradiso, a cura di A. M. Piemontese, Rubbettino, Soveria Mannelli 1996] . 34· Su Junayd cfr. B. Gray, Persian Painting, Skira, Geneva 1961, figg. 46-47, 51·

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nere della letteratura persiana. Scrisse sette poemi chiamati Ha/t aw­ rang (I sette troni, o Ursa Maior) . Il loro numero rivela il proposito da parte dell'autore di superare le cinque opere di Nizami. Dei sette poemi, tre sono didattici e altri tre romanzeschi; il settimo, dedicato alla storia di Alessandro Magno, è un mixtum compositum analoga­ mente al Libro di Alessandro di Nizami. I tre poemi romanzeschi sono Layla u Majniin, Yiisu/ u Zulaykha e Salaman u Absal. Fra questi, l'ultimo è decisamente il più breve, ma è tuttavia caratteristico delle intenzioni del poeta. Il soggetto, che si afferma essere di origini greche, era già stato utilizzato in senso alle­ gorico da Avicenna, anche se in termini del tutto differenti. Nella versione di Jami un re greco desidera avere un figlio, ma da­ to che non vuole prendere moglie (a causa di un saggio misogino che è suo consigliere) egli dà al saggio il suo seme e, «con un procedi­ mento scientifico, il cui solo pensiero mette in imbarazzo gli studio­ si», il filosofo lo ripone in un luogo dal quale nove mesi dopo viene fuori un bimbo senza difetti. Salaman, il bimbo in questione, è alle­ vato da una giovane e avvenente nutrice chiamata Absal. Ma non ap­ pena giunge all'età dell'adolescenza lei se ne innamora e riesce a se­ durlo. Risentito, il padre prova invano a far rinsavire il figlio con se­ veri rimproveri. Nella loro disperazione, i due giovani decidono di darsi la morte. Vanno nel deserto, accendono un fuoco e, tenendosi per mano, si gettano nelle fiamme. Ma il re, che ha assistito di nasco­ sto alla scena, salva suo figlio e lascia ardere Absal, cosicché alla fine il principe diventerà consapevole dei suoi doveri di re e sposerà una donna chiamata Zuhra (Venere) . Nel penultimo capitolo Jami precisa che il punto focale della storia non è la sua forma («surat»), ma il suo significato («ma'ni»), anche se C'è nella forma di ogni storia l una porzione di significato per chi è perspi­ cace 35.

Nell'ultimo capitolo Jami ci fornisce l'interpretazione dell'allegoria: il re è l'intelletto attivo, Salaman è l'anima umana, Absal è la concu­ piscenza e così via. Sorprende poco che anche Yiisu/ u Zulaykha di Jami si presti facilmente a una spiegazione di carattere allegorico. Co­ me Amir Khusraw, Sa' di e molti altri poeti lirici persiani, Jami fu un estimatore del pensiero mistico - fu egli stesso un maestro sufi della 35. }ami, Ha/t awrang, ed. M. Gilani, Kitabfurishi Sa'di, Tihran 1337h959, p. 362.

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sua epoca - e tutti i suoi romanzi, a differenza degli Otto paradisi di Amir Khusraw, sono imbevuti di concezioni mistiche. Se i poemi di }ami sono romanzi allegorici, un altro poeta dello stesso secolo, Fattah1 (m. 1448 ), scrisse un'allegoria romanzesca, Da­ stur-i (ushshaq (Breviario degli innamorati) , così come una breve ver­ sione in prosa dal titolo Husn u Dil (Bellezza e Cuore) . Entrambe que­ ste opere ruotano attorno a figure allegoriche, fra cui Amore, il re d'Oriente con sua figlia Bellezza, e Ragione, il re d'Occidente con suo figlio Cuore. La trama narra di una storia d'amore alquanto dram­ matica fra Bellezza e Cuore, con altre figure, quali per esempio il Guardiano e il Rivale, prese dal repertorio di personaggi del ghazal, e città chiamate l'Onore, il Mostro e così via. Questa storia fu in seguito imitata e diede vita a un nuovo mo­ dello letterario J6. Altri due mathnavi' dello stesso periodo, Hal-nama (Libro dell'e­ stasi) di 'Arif1 (m. 1449) e Shah u gada (Il re e il mendicante) di Hilal1 (m. 1529), diedero un'elaborazione narrativa alla più che affermata metafora bipolare dell'amore fra Dio e l'anima. In questo modo lo spirito mistico, predominante da lunga data nel ghazal persiano, con­ quistò anche l'epos romanzesco. 3·7 L'impatto del romanzo persiano sulle culture limitrofe

Nella sua prefazione a Layla u Majniin, Jam1 menziona soltanto due versioni antecedenti di questa storia, quelle di Nizam1 e di Amir Khu­ sraw, ma non mancarono anche imitazioni minori - concepite nel contesto di un quintetto o come opere indipendenti - e altre ancora appariranno successivamente alla sua epoca. Una tra le migliori ver­ sioni della storia fu scritta dal poeta Maktab1 di Shiraz nel 1489-90, pochi anni prima della morte di }ami. L'influenza di Nizam1, comunque, non si limitò soltanto ai poeti persiani. Secondo Annemarie Schimmel, ci sono «imitazioni presso­ ché innumerevoli della Khamsa di Nizam1» ad opera di poeti india­ ni che scrissero in persiano. Entro il XV-XVI secolo, la fama di Nizam1 e il suo fascino avevano superato anche le barriere del linguaggio. La prima versione turca di Khusraw u Shzri'n , scritta in un dialetto tur36. Cfr. A. Bausani, Le letterature del Pakistan e delfA/ghanistan, Sansoni-Ac­ cademia, Firenze-Milano 1968, pp. 92 ss.

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co-orientale da un certo Qutb, apparve nel 1341 37• Questa fu seguita da numerose altre rielaborazioni in turco, fra cui quella di 'Ali Sh1r N ava'!, il grande poeta timuride che fu visir di Herat, il cui roman­ zo è arricchito dalle fantastiche avventure di Farhad, presentato co­ me un simbolo dell'anima innamorata della bellezza eterna, personi­ ficata da Sh1r1n 38• Dopo la fondazione dell'impero Moghul in India nel 1525, l'in­ fluenza persiana si manifestò anche nella letteratura indo-islamica che si sviluppò in lingue quali l'urdu, il sindhi e il bengali. La grande mag­ gioranza delle menzionate emulazioni indiane del Quintetto di Ni­ zam1 fu, comunque, scritta in persiano, dato che la maggior parte dei poeti indo-musulmani fu di fatto bilingue. Nel XVII secolo il poeta Vajh1 fu autore di una bella versione in urdu di un romanzo persiano, un adattamento in prosa rimata di Bellezza e Cuore di Fattah139• L'influenza dell' ep os romanzesco persiano penetrò anche in altre forme d'intrattenimento letterario, come i racconti popolari e il tea­ tro delle ombre. Quanto a quest'ultimo, in una rappresentazione tur­ ca del Khusraw u Shzrzn, Farhad uccide la vecchia che gli aveva dato la falsa notizia della morte di Sh1r1n, e la storia giunge quindi a un lie­ to fine40 • In tempi recenti, questo testo antico ha ispirato un'opera li­ rica e una commedia musicale, come pure opere teatrali e film. Ma tale longevità non è limitata al solo soggetto del Khusraw u Shzrzn ; vent'anni�·� or sono vidi un film indiano fortemente drammatico su Layla e Majniin, e nel 1 9 71 assistei a un incantevole balletto al Talar-e Rudak1 di Teheran , ispirato alle Sette e/figi di Nizam1, con un ac­ compagnamento di musica classica persiana. Taluni sprazzi di questo sole raggiante ebbero modo di raggiun­ gere anche una regione così lontana come l'"oscuro Occidente" . Nel XVIII secolo la storia di Turandot fu drammatizzata dal commedio­ grafo italiano Carlo Gozzi. Questa versione fu poi tradotta dal poeta classico tedesco Friedrich von Schiller, e nel XIX secolo la storia di­ venne, grazie a Puccini, un'importante opera lirica. Comunque sia, è 37· A. Bombaci, Histoire de la littérature turque, Klincksieck, Paris 1968, p. 96 [ed. or. La letteratura turca, Sansoni-Accademia, Firenze-Milano 1969 ] . 3 8 . lvi, p p . 123-7. 39· Cfr. nota 36. 40. H. W. Duda, Ferhad und Sch'ir'in . Die literarische Geschichte eines persischen Sagenstoffes, Orientalni ustav, Prag 1933. Cfr. F. Abdullah, Ferhad ile Sirin, in jslam ansiklopedisi, vol. IV, Milli Egitim basiiDevi, jstanbul 1945, che contiene materiale in­ teressante sulla versione turca del romanzo. * [Si tenga presente che l'originale risale al 1988. ]



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improbabile che anche solo uno di questi tre autori occidentali abbia mai conosciuto il modello persiano del loro soggetto, la quarta storia d'amore delle Sette effigi di Nizami. In anni recenti, gli studiosi han­ no cercato di delineare una relazione fra le saghe europee di Tristano e il romanzo di VIs e Ram In. Le somiglianze sono certo ragguardevo­ li, ma il nucleo delle due storie - un triangolo d'amore fra un anziano marito, la sua giovane moglie e l'amante di lei, pieno di fascino e au­ dace, con la giovane coppia aiutata da un'astuta nutrice, piuttosto mi­ steriosa e assai fedele - è talmente comune nella tradizione dei rac­ conti d'amore, e prima ancora nell'esperienza umana, che una genesi indipendente per le due saghe non sembra impossibile. Di fatto, nes­ suna traccia di una possibile trasmissione dalla Persia all'Europa è sta­ ta finora rinvenuta 4I. Ma tale questione non scalfisce minimamente la rilevanza propria dell'epos romanzesco persiano, che è una grande conquista della let­ teratura mondiale e una fonte d'infinito diletto per i suoi appassio­ nati lettori. Ancora troppo poco noto al pubblico letterario occiden­ tale, questo è un tesoro dal quale ancora molto si può attingere, ric­ co del sapere, delle vicende e dell'immaginazione di un'antica cultu­ ra, tutta imbevuta dei colori iridescenti dell'amore, quella misteriosa luce la cui patria fu così sovente immaginata essere l'Oriente 42•

41. P. Gallais, Genèse du roman occidental. Essais sur {{Tristan et Iseutn et san modèle persan , Sirac, Paris 1974 è ispirato a un eccessivo entusiasmo. L'autore erige

un'ipotesi sopra l'altra ma è incapace di dimostrare un'evidenza solida quanto a una possibile trasmissione fino all'Europa medievale: cfr. la mia recensione in "Fabula" , XVII , 1976, p p . 100-3. 42. Nella storia sopraccitata di Fattahi, Cuore e Bellezza, il re Ragione ha la sua dimora in Occidente, il re Amore in Oriente. Analogamente, Muhammad lqbal, un importante poeta e pensatore musulmano del subcontinente indiano, oppose all'O­ riente come patria dell'amore l'Occidente come regno della ragione. [In italiano si può leggere M. lqbal, Il poema celeste, a cura di A. Bausani, Leonardo da Vinci, Ba­ ri 1965.]

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Parte seconda Gli autori

4

Il poeta e la poesia nell'opera di Hafiz

Guarda come la poesia attraversi lo spazio e il tempo ! Hafiz, Divan , ed. Qazw1n1-Ghan1,

225, 4

È di moda fra i poeti e gli scrittori d'oggigiorno parlare della propria professione e soprattutto deplorarne - o magari celebrarne - le diffi­ coltà, che sarebbero divenute insormontabili; certuni fanno del Ver­ stummen (ossia della "perdita della parola" ) del poeta l'oggetto cen­ trale della loro arte e lo mettono in scena come la morte di un eroe. Ma questa riflessione del poeta sull'arte non è nuova. Coloro che conoscono il West-ostlicher Divan sanno bene che già Goethe, pur senza avere gli stessi problemi di noi moderni, parla molto della pro­ pria arte. E non è certo per caso, io credo, che egli dialoga con Hafiz che egli qualifica d'altronde come "santo" («heilig») e chiama una volta suo "gemello" : Hafis, mit dir, mit dir allein l Will ich wetteifern. Lust und Pein l Sei uns, den Zwillingen, gemein P'(

Il fatto è che anche Hafiz ha molto da dire sulla sua professione e su se stesso in quanto poeta. Goethe che possedeva dal 1814 il suo Divan completo nella traduzione di Hammer-Purgstall, grande orientalista e interprete di corte di Vienna, l'aveva letto certamente più volte e l'opera di Hafiz doveva essergli più familiare di quella di qualsiasi al­ tro poeta orientale. Nel nostro saggio Goethe und Ha/is abbiamo messo in rilievo i tratti comuni che ci offrono la coscienza poetica e la Weltanschauung di questi due grandi creatori 1 •

* [Con te Hafis, con t e solo mi voglio l misurare ! L a pena e i l godimento l sia­ no a noi comuni, a noi gemelli ! (da}. W. Goethe, Divano occidentale-orientale, a cu­ ra di L. Mazzucchetti, Sansoni, Firenze 1962, p. 395).] r . J. C. Biirgel, Goethe und Hafis, in Id. , Drei Hafis-Studien , Lang, Bem-Frank­ furt a.M. 1975, pp. 5-42 [cfr. CAP. 5 ] .

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Ma quello che Goethe non poteva sapere è che, in questo, lo stesso Hafiz era il continuatore di una grande tradizione. Sarà sufficiente men­ zionare alcuni nomi. Sana'! (m. n41 ca.) discute la relazione tra shtr e shar(- ossia poesia e religione - in uno degli ultimi capitoli del suo gran­ de poema didattico Hadiqat al-haqiqa (Giardino della verità). Nizam1 (m. 1209) riprende il tema aggiungendovi altri aspetti nell'introduzione del suo primo mathnavf, Makhzan al-asrar (Il tesoro dei segreti). In ver­ si magnifici egli parla dell'esperienza dell'ispirazione e del carattere me­ tafisica della lingua e della poesia 2• Sul ruolo di questa egli ritorna più volte nei prologhi dei suoi mathnavz e, inoltre, nella prima poesia del suo Dwan che comincia: «malik al-muluk-i fazl-am ba-fazilat-i ma'an1» ( " re dei re di virtù io sono, per l'eccellenza dei significati [dei miei ver­ si] ") e ci offre il commovente autoritratto di un poeta medievale 3• Ver­ si importanti sul carattere della poesia si trovano naturalmente anche presso Sa'di, Rum! e altri ancora. E l'intenditore non faticherebbe cer­ to a fornire ulteriori esemplificazioni. Non è sorprendente che un tema così affascinante e così istruttivo non abbia ancora formato l'oggetto di una più ampia ricerca? È forse a causa di un indirizzo filologico che re­ gna da molto tempo, il cui interesse era troppo strettamente limitato al­ la biografa dell'autore e agli aspetti tecnici del testo? Qui, in ogni caso, non considereremo, del Dzvan di Hafiz, che i versi ricchi in numero come in contenuto che si riferiscono al poeta e alla poesia. La ricchezza dei materiali mi costringe, e la qualità dei miei lettori mi incoraggia, a rinunciare a produrre un catalogo esau­ stivo e a !imitarmi a considerare da vicino solo alcuni versi, alcuni motivi. Cominceremo con dei versi che riguardano la natura del poeta, ivi compresi il suo carattere e la sua morale, poiché tutti i pro­ positi di Hafiz a questo riguardo costituiscono altrettante dichiara­ zioni sulla sua concezione del mondo che non può essere divisa dal suo essere poeta. In una seconda parte ci occuperemo di quello che Hafiz dice della sua poesia, dal punto di vista delle fonti, dei carat­ teri e degli effetti. 2. Cfr. Id., Nizami iiber Sprache un d Dichtung: ein Abschnitt aus der ''Schatzkam­ mer der Geheimnisse}) eingeleitet) iibertragen und erliiu tert, in R. Gramlich (hrsg.) , Islamwissenscha/tliche Abhandlungen. Fritz Meier zum sechzigsten Geburtstag, Stei­ ner, Wiesbaden 1974, pp. 9-28, ove ho tradotto tre capitoli dell'introduzione del

Makhzan al-asrar. 3· Id., L'autoportrait de Nizami dans sa qasida {(Roi des Roisn, in Union eu­ ropéenne des arabisants et islamisants, La signi/ication du bas moyen age dans l'hi­ stoire et la culture du monde musulman, Edisud, Aix-en-Provence 1978, pp. 45-52.

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IL POETA E LA POESIA 1\'ELL ' OPERA DI HAFIZ

r. In quasi ogni ghazal Hafiz si dipinge come (ashiq, ossia l'amante, termine cui aggiunge frequentemente rind, epiteto famoso che si au­ toattribuisce quasi ogni poeta persiano a partire da Ornar Khayyam il quale, secondo 'Ali Dasht1, può essere visto come il padre spirituale della rindi hafiziana4• Si vedano ad esempio i versi seguenti:

L'ipocrisia e la falsità non [ti] procurano la purezza del cuore, o Hafiz ! l Io sceglierò dunque la via dell'amore e della rindi. Io sono amante e rind e giocatore-di-sguardi [nazarbaz] e lo riconosco aper­ tamente l affinché tu sappia di quali arti io mi sono ornato 5. (QG 3n, 2)

Ma che cosa significa rind? Nelle traduzioni tedesche di Friedrich Riickert, Rosenzweig-Schwannau e altri si trova spesso la parola «Ze­ cher» - bevitore, ubriacone - come equivalente di rind. Ma il senso ve­ ro del termine è più ampio. Certo, il rind fa l'elogio del vino e dell'eb­ brezza. E non contesterò che Hafiz qui parla in primo luogo del vino che ribolle nelle botti. Ma questo non esaurisce l'argomento. La rindiè la forma d'esistenza dell'uomo estatico che non si sottomette alle stret­ te regole della ragione e della religione. Ma non si tratta soltanto di esta­ si. Qui è pure implicata un'iniziazione a una conoscenza superiore, una gnosi. L'amante, l'ebbro, il rind, possiede delle conoscenze inaccessibi­ li alla ragione, owero che non sono accessibili che a colui che le rag­ giunga sacrificando allo scopo la ragione e perfino la vita (QG 121, 2): Il santuario dell'amore ha un palazzo assai più alto della ragione. l Nessuno ba­ cia la sua soglia se non ha l'anima nella manica [ se non è pronto a morire] . =

Il rind è dunque uno gnostico nel senso di Hafiz il quale chiama la poesia «bayt al-ghazal-i ma' rifat» (QG 281u), quanto a dire "un verso amoroso della saggezza gnostica" - in proposito riportiamo qui il ver­ so a doppio senso (QG 341u): S e io bevo vino o non n e bevo, h o forse a che fare con qualcuno? l I o sono Hafiz [guardiano] del mio segreto e il conoscitore [gnostico] del mio tempo.

4· Cfr. il rimarchevole, e talora contestabile saggio di 'A. Dashti, Naqshi'az Hafiz, Amir Kabir, Tihran 1342/r964. 5· Hafiz, Dwan, ed. M. Qazw1n1, Q. Ghani, Zawwar, Tihran 132olr944 (d'ora in poi QG) , 135u (= ultimo verso del ghazal n. 135; con "pu" indicherò il penultimo verso) .

«IL DISCORSO È 1\'AV E , IL SIG:\"IFICATO U:'\1 MARE»

Per Hafiz questa conoscenza ha molto a che fare con la bellezza. Si vanta di aver raggiunto il tesoro della bellezza (QG 349pu; 302, 2) e, più d'una volta, egli paragona questa conoscenza alla scienza alche­ mica perché, se il povero, il derviscio, il /aqi"r, il mendicante la pos­ siedono, essa li rende re e sultani o perfino più ricchi di costoro. In­ fine vi sono delle implicazioni di carattere etico. Il rind è il nemico giurato di ogni forma d'ipocrisia o di falsità. Prendiamo per esempio il ghazal QG 20 che ha una funzione-chiave in questo contesto 6: Noi non siamo i rind dell'ipocrisia né i compagni di falsità l e colui che co­ nosce il segreto ne è testimone. l Adempiamo ai precetti di Dio e male non facciamo a nessuno. l Che importa se io e te ci beviamo qualche calice di vi­ no? l Il vino deriva dal sangue della vite non dal sangue vostro !

Bere vino è cosa inoffensiva, ci dice Hafiz, visto che si tratta solo del sangue della «dokhtar-i raz», ossia la "figlia della vite " , non del vo­ stro sangue - allusione qui senza dubbio al fatto che il patrono, shah Mubarizuddin, si vantava d'avere personalmente giustiziato più di 8oo persone su un tappeto di cuoio disteso accanto al suo trono, in­ terrompendo la lettura del Corano ! Al posto della legge di riti meccanicamente osservati, viene dun­ que istituita una regola generale per il comportamento umano che si potrebbe tranquillamente qualificare come cristiana o zoroastriana. Hafiz non ci rivela forse che porta lo zunnar, la cintura dei cristiani e degli zoroastriani, sotto il suo saio (QG 178, 9)? Tale è, in poche parole, la Weltanschauung, owero la religione, di Hafiz che egli apprende dal pi"r-i mughan, il vecchio dei magi, il prio­ re del chiostro zoroastriano, nella maykhana-i (ishq, la taverna dell'a­ more. È la religione che egli una volta definisce, nel breve math navi" intitolato Saqi-nama (Libro del coppiere), «kish-i rindan», ossia reli­ gione dei rind oppure, come dice altrove, dei «rindan-i parsa» (pii bricconi/furfanti: QG 5pu; 274u ). Questo insomma è il senso dell'ebbrezza che Hafiz canta e che, so­ stiene, lo rende indipendente da sultani e visir (QG 332, 9). E questo è il vero senso dell'amore, un amore che sopprime la differenza tra il con­ vento e la taverna (QG 63, 3), tra la moschea e la sinagoga (QG 8o, 3), tra il turco e l'arabo (QG 476, 3), o anche - come Hafiz ci insegna facendo 6. Cfr. la traduzione commentata di questo ghazal in Biirgel, Drei Hafis-Studien, cit., cap. 3·

4· IL POETA E LA POESIA 1\'ELL ' OPERA DI HAFIZ

forse allusione a un versetto celebre della prima lettera di san Pietro un amore che copre perfino la gran moltitudine dei peccati (QG 313, 3 ) . Se n e sente un'eco consistente anche nel verso in cui Hafiz s i defi­ nisce schiavo della taverna dell'amore ( QG 317, 7), eretico dell'amore ( QG 127u), o quando egli parla del suo destino eterno di amante e rind (QG 163 , 1; nr, 5; r61u; 313, 4 e passim), o certamente quando egli s'impegna a non divulgare i simboli dell'amore davanti ai razionalisti ( QG 306u). 2.1. Se Hafiz annuncia una religione dell'amore, è un quasi-profeta e, in quanto tale, egli si sente un ispirato. Se il suo maestro terreno è il pir-i mughan, il vecchio dei magi, ne consegue che il suo celeste ispi­ ratore non possa essere che l'angelo zoroastriano Surush . Al posto di quest'ultimo, egli però evoca talvolta la hattfi ghayb, la voce dell'al­ dilà o del mondo invisibile, o perfino del santo spirito, riih al-quddus, owero di Gabriele, l'angelo ispiratore per eccellenza 7• Occorre certa­ mente chiedersi se non siamo qui di fronte a un luogo comune, poi­ ché il tema dell'ispirazione è già tradizionale all'epoca di Hafiz: esso risale fino al profeta Muhammad che esortava il suo poeta personale, Hassan ibn Thabit, a lasciarsi ispirare da Gabriele nella com posizio­ ne di poesie rivolte contro i nemici della nuova fede. Ma, a mia cono­ scenza, i poeti arabi non hanno mai fatto uso di questa esortazione, non accettando come fondamento della loro arte nient'altro che il ta­ lento naturale e l'erudizione; mentre invece i poeti persiani se ne so­ no serviti in modo conforme alla loro spiritualità, aspetto che ci con­ duce al fondo della differenza tra poesia persiana e poesia araba 8• Parlando di ispirazione non possiamo certo lasciare da parte il ghazal QG 183, che comincia: Ieri, all'alba, m'hanno liberato della mia pena l in notte tenebrosa m'hanno dato l'Acqua di Vita 9.

Secondo la tradizione orientale questo ghazal è il riflesso di una specie di chiamata alla poesia sperimentata da Hafiz. La «hatif» (voce dal 7· Si troveranno questi riferimenti in Id., Goethe und Hafis, cit., p. 39, nota 57· 8. Ho studiato questo problema in Id., Die beste Dichtung ist die Lugenreichste, in "Oriens" , XXIII-XXIV, 1970-71, pp. 9-102. 9· Questa poesia è tradotta e commentata nella nostra piccola antologia: Hafis, Gedichte aus dem {{Diwan" (1972), hrsg. von J. C. Biirgel, Reclam, Stuttgart 19772• Cir­ ca i dati autobiografici contenuti in questo componimento, cfr. l'eccellente H. Rit­ ter, Ha/iz, in islam ansiklopedisi, vol. v, t. 1, Milli Egitim basunevi, istanbul 1950.

«IL DISCORSO È 1\'AV E , IL SIG:\'IFICATO U:'\1 MARE»

mondo invisibile) è menzionata solo al v. 6, ma fin dall'inizio viene ri­ portata l'esperienza di una ispirazione, ovvero di una visione. Il poeta comincia con un misterioso «diish» ( '' ieri"), che già presso Riimi indi­ ca un istante primordiale o in ogni caso posto fuori dal tempo natura­ le. E Hafiz si serve per tutto il componimento del ritornello «dadand» ( " [mi] diedero/hanno dato"), lasciando quindi in una misteriosa oscu­ rità il soggetto di questo plurale. Tuttavia, io credo, basta dare un' oc­ chiata al ghazal QG 184 («Ieri io vidi che gli angeli [ .. .]»), che comincia con il medesimo «diish» ( ''ieri " ) e contiene il medesimo plurale, per potersi accertare che il soggetto di parecchi versi di questi due ghazal è sempre lo stesso, ossia «malayik», gli angeli - poiché sono essi che danno a Hafiz il vino celeste di cui parla anche il nostro ghazal. S' ag­ giunga che Hafiz chiama la notte di cui sta parlando «shab-i qa dr», "notte del destino", utilizzando un termine coranico assai conosciuto come metafora per la notte d'amore, che è "migliore di mille mesi" . Ma qui non s i tratta d'amore e il termine allude senza dubbio a u n al­ tro versetto della sura XCVII secondo il quale in questa notte «gli angeli e lo Spirito discendono con il permesso del loro Signore». Il significato di quel vino, almeno nel secondo ghazal, sembra chia­ ro: è il vino eterno con cui, secondo la leggenda, fu impastata l'argilla di Adamo, e che dunque designa l'elemento eterno posto nel tessuto transeunte dell'uomo. Ma, d'altro canto, Hafiz impiega i termini "Ac­ qua di Vita" �·� e "vino" come metafore della poesia (QG 305u; 382u): Khidr rinserrò l a tenda delle tenebre [attorno alla fonte dell'Acqua d i Vita, che secondo la leggenda si trova in una oscurità impenetrabile] solo perché l fu umiliato [= superato] dalla poesia di Hafiz e dalla sua natura simile al­ l' acqua [di vita] . O Hafiz, la tua poesia mi ha dato una pozione di acqua di vita. l Lascialo an­ dare dunque il medico, vieni qui e recitami la formula di questa pozione !

Passiamo ora al seguente verso (QG 183, 2): Mi hanno svuotato del mio io con lo scintillio di un raggio dell'essenza [di­ vina] l mi hanno dato il vino dalla coppa della manifestazione degli attribu­ ti [divini] . ·k [Fonte miracolosa, che dona l'immortalità. Secondo una pia leggenda con ap­ pigli nel Corano e nel Hadith il profeta/santo Khidr la raggiunge in compagnia di Mosè nel Paese delle Tenebre.]

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4· IL POETA E LA POESIA 1\'ELL ' OPERA DI HAFIZ

È un verso ricolmo di teoria mistica o neoplatonica. Il mondo nella sua bellezza è visto come jilvagah , il luogo della manifestazione di Dio. Ma l'uomo ordinario non lo sa o non lo vede. Se lo si percepisce, si speri­ menta la scomparsa dell'io e, se si è un Hafiz, si diventa poeti. Perché è proprio dei poeti partecipare al gioco di awolgimento e svelamento degli attributi divini, essere uno specchio della bellezza. Non c'è dub­ bio insomma che le due espressioni "Acqua di Vita" e "vino" si riferi­ scano alla poesia, o quantomeno implichino un 'allusione ad essa. Que­ sto argomento è confermato dai w. 4 e 7· Cominciamo con il quarto: D'ora in avanti: il volto mio e lo specchio che descrive la bellezza l poiché è lì che notizia m'han dato della manifestazione dell'essenza.

Qui Hafiz si autodesigna come uno «specchio che descrive la bellezza» e constata che egli lo è divenuto dopo essere stato iniziato all'essenza di­ vina. Il primo emistichio di questo verso d'altronde ci pone un proble­ ma particolare, su cui dovremo tornare a proposito del motivo dello specchio. Nel resto del componimento, come già nel suo inizio, si trat­ ta di salvezza, di liberazione "dal dolore, dai lacci del tormento dei gior­ ni" («az ghusse, az band-i gham-i ayyam»), di lamento sul tempo, di pa­ zienza e perseveranza davanti all'ingiuria e alla tirannia del mondo. E il v. 7 dice che il miele e la dolcezza della poesia di Hafiz sono la ricom­ pensa di questa pazienza. A nostro awiso qui s'impone una sola inter­ pretazione: attraverso questa iniziazione Hafiz si è affrancato dai lega­ mi terreni - e noi sappiamo che egli si vanta più volte di questo distac­ co interiore che forma un elemento integrante del suo essere poetico. Ho già accennato alla stretta relazione esistente fra questo ghazal e quello che lo segue nell'edizione di Qazwini e Ghani, ossia quello che comincia con «dush didam ke malayik» ( ''Ieri io vidi che gli an­ geli " ) . Senza entrare in dettagli, che esso pure manifesti uno stretto rapporto con questioni di poetica mi sembra chiaro soprattutto se si pensa al suo ultimo famoso verso, che paragona la poesia a una fi­ danzata o giovane sposa il cui velo è sollevato dal poeta - un motivo su cui dovremo tornare più avanti. Basterà dire qui che la «amana», il deposito affidato alla custodia di Hafiz, potrebbe implicare un ri­ ferimento alla sua poesia benché io non ignori che «amana», in pri­ mo luogo e nella tradizione mistica, significa l' amore 1 0 • 10.

cap. 3·

Questo

ghazal

è tradotto e commentato in Biirgel,

Drei Hafis-Studien,

cit.,

«IL DISCORSO È 1\'AV E , IL SIG:\'IFICATO U:"-1 MARE»

Queste ultime riflessioni ci inducono a considerare l'essenza del­ la poesia. 2.2. Hafiz attribuisce alla sua lingua, che egli chiama «dari» (QG 177u ; 452, 6) o «farsi» (QG 460, n), le qualificazioni di