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Italian Pages 232 [234] Year 2014
Il Daoisn1o Storia, dottrina, pratiche
Maurizio Paolillo
Carocci editore
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Una collana per chi rìltene che nella ,·ita non s1 smetta mat dttmparare
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Maurizio Paolillo
Il Daoismo Storia, dottrina, pratiche
Carocci editore
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l'edizione, maggio2014 ©copyright2014 by Carocci editore s.p.a., Roma Impaginazione: lmagine s.r.l., Trezzo sull'Adda (mi) Finito di stampare nel maggio 2014 da Eurolit, Roma
isbn
978-884?JJ-7190-6
Riproduzione vietata ai sensi di legge
( art. 171
deBa legge 22 aprile 1941, n. 633)
Senza regolare autorizzazione,
è vietato riprodurre questo volume anche parzialmente e con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche per uso interno o didattico.
Indice
Avvertenza
l
2.
3.
9
Quadro cronologico
10
Introduzione
11
Storia del Daoismo i: dai primordi al vi se colo
21
Il Daoismo prima del "Daoismo"
21
Il Daoismo nel primo impero (221 a.C.-22.0 d.C.)
32
Il Daoismo medioevale (iii -vi se colo)
48
Storia del Daoismo ii : dai Tang all'era contemporanea
61
Il Daoismo Tang (618-907): potere della sintesi, sintesi al potere
61
Mutamenti nella continuità: le dinastie Song (960-1279) e Yuan (1271 -B68)
68
Il Daoismo sotto i Ming (1368-1544) e i Qing (1644-1911 ): ricapitolazioni e sviluppi
80
Il Daoismo vivente
86
Dao, Uno e molteplice nel Daoismo: prospettiva metafisi a e cosmologia
97
Il Dao: dottrina e realizzazione nel Laozi
97
4.
Wuwei e ziran come stato supremo
104
Oscurità e Silenzio, Vuoto e Abisso: simboli dell' Indicibile
114
Uno e molteplice: cosmologia e cosmogonia
124
Le vie della Via: dottrine e pratiche realizzative
135
Le pratiche di realizzazione del Dao: l'era pre-imperiale
135
Le molteplici vie degli Immortali: fra trascendenza e longevità
141
La via alchemica del
waidan
Le pratiche di meditazione e di visualizzazione interiore: lo Shangqing Le pratiche
S.
neidan
149 160 l IO
Spazio e tempo sacri: Terra e Cielo, tempio e rito
179
Come in Cielo così in Terra: la geografia sa ra e i cieli
179
Il tempio e gli dei
189
Rito e mito
20 l
Conclusione
215
Bibliografi
217
Indice dei nomi
229
Avvertenza
Nel testo, per i termini cinesi si è adottato il sistema di traslitterazione pinyin , di cui forniamo un semplificato elenco di norme di pronuncia. Vocali come in italiano a come in italiano dopo y e nel dittongo ei, altrimenti simile alla e muette francese e come in italiano (anche quando è resa come y nelle iniziali); muta dopo eh, zh, sh, c, z, s, r. Il dittongo finale ui si legge uei come in italiano o come in italiano (anche quando è resa come w nelle iniziali); il dittongo fina u le iu si legge iou come in francese u Consonanti come in italiano, o come una p non aspirata come una z fortemente aspirata ( italiano "corazza"); la coppia eh come la se conda c in "cacio" come in italiano, o come una t non aspirata d J come in italiano g come in italiano aspirata (come nell' inglese "he") h come lag di "gelato" j k come la doppia c in "zucca" come in italiano l come in italiano m come in italiano ; la finale ng indica un suono nasalizzato, in cui lag non si legge n p aspirata (come nell' inglese "pencil") come c di "cena" q r con un suono simile alla) come in italiano ; la coppia sh come se di "scena" spirata t x come una s molto sibilante come in italiano; la coppia zh come g di "gelato" z b
Quadro cronologico
Dinastie preimperiali Xi a
circa XXI-XVII sec. a.C.
Shang
circa XVII sec.-1045 a.C.
Zhou
Zhou Occidentali 1045-771 a.C. Zhou Orientali 770-256 a.C. Primavere e Autunni 770-454 a.C. Regni Combattenti 45)-221 a.C.
Impero Qin
221-206 a.C.
Han
Han Occidentali o Anteriori 206 a.C.-9 d.C. lnterregno (Dinastia Xin) 9-2) Han Orientali o Posteriori 2)-220
Tre Regni
Wei 220-26> Shu Han 220-265 Wu 220-280
Jin
]in Occidentali 265-)17 Jin Orientali )17-420
Dinastie del Sud e del Nord
Dinastie del Sud 420-581 Dinastie del Nord )17-589
(Nanbeichao)
Sui
581-618
Tang
6!8-907
Cinque Dinastie
907-960
Song
Song Settentrionali 960-1127 Song Meridionali 1127-1279
Liao
916-1125
]in
1115-12)4
Yuan
127!-1)68
Ming
1)68-1644
Qin
!644-1911
Repubblica Repubblica di Cina
1912-1949
Repubblica Popolare Cinese
1949-
Introduzione La causa della difficoltà della ricerca della verità non sta nelle cose, ma in noi. Infatti come gli occhi delle not tole si comportano nei confronti della luce del giorno, così anche l' intelligenza che è nella nostra anima si comporta nei confronti delle cose che, per natura loro, sono le più evidenti di tutte. Aristotele, Metaphysica
Negli ultimi anni, anche in Italia il Daoismo ha smesso di essere un argo mento per pochi intimi. Quella che vivente (Schipper,
2008)
è
stata definita la tradizione cinese
ha subito vari tentativi di interpretazione e di
divulgazione, che si sono espressi in risultati editoriali e soprattutto in una miriade di siti sul web. Come per altre realtà tradizionali, anche il Daoismo
è finito nel frul
latore mediatico che sembra produrre un unico indigesto omogeneizza to, i cui ingredienti sono la semplificazione e la banalizzazione. Accanto a questo ben noto fenomeno, si deve registrare al contempo nel mondo accademico una proliferazione di studi sul Daoismo e sui suoi specifici aspetti, favorita in parte da alcune scoperte archeologiche, che hanno portato alla luce manoscritti o edizioni inedite di testi fonda mentali come il Laozi-Daodejing, e in parte dali'adozione di determinati strumenti ermeneutici, utili a "dissezionare" la tradizione daoista nelle sue molteplici modalità espressive. Il risultato
è
stato, a parere di chi scrive, un indubbio e utile appro
fondimento di tematiche specifiche, che ha tuttavia portato talora a una perdita del paesaggio d'insieme e, in alcuni casi, ali'affermazione che tale paesaggio (la "cosa" a cui diamo l'etichetta di Daoismo) o non esiste, o esiste come prodotto dello stesso approccio interpretativo che si è scelto di adottare. In altre parole, assistiamo a un"'atomizzazione" delle realtà del Daoismo, a una loro moltiplicazione irriducibile a un unico paradig ma, in ciò che è stato definito «un vasto, e a volte stupefacente, labirinto di testi, idee e pratiche» (Girardot,
2004,
p.
VII ) ;
o, in alternativa, a
definizioni e schemi che si identificano come "costruzioni intellettuali" nel "discorso" sul Daoismo. Indubbiamente, il Daoismo costituisce un grosso problema per il si nologo che intenda affrontare l'arduo compito di una trattazione espii-
12
IL DAOISMO
cativa. Lo studioso avveduto si rende così conto, sin dalle prime fasi, di essersi imbarcato in un periglioso viaggio per mari sterminati e in gannevoli, che lo porterà inevitabilmente a dover affrontare lo stretto passaggio tra le Simplegadi di una piatta esposizione "evoluzionistica" del Daoismo e di una fumosa quanto infantile (in senso non daoista) eulogia di una tra le meno conosciute "saggezze orientali", alla cui im magine deformata attinge il marketing pseudo-spirituale del XXI secolo. Sottolineiamo qui alcuni aspetti che non sempre sono stati tenuti nella debita considerazione, non solo dai "profani", ma anche dai cosid detti "specialisti": 1. La definizione di "Daoismo" (o " Taoismo", se si vuole restare aderenti alla lettura tradizionale, che non tiene conto del sistema di trascrizione oggi adottato quasi universalmente) può essere un'etichetta fuorviante : una "scuola" daoista, se si intende con tale termine una serie di personag gi che, contemporaneamente e/o attraverso le generazioni, hanno con diviso la posizione "filosofica" di un primo "maestro" storico (si pensi alla "scuola hegeliana" o alla "scuola marxista"), non è mai esistita. Il termine "Daoismo" è una resa molto insoddisfacente (ma con un "-ismo" perfetto per la mentalità moderna) dei termini cinesi Daojia e Daojiao, utilizzati spesso indifferentemente dalle fonti antiche, a parti re dallo Shiji di Sima Qian (inizio I secolo a.C.) e soprattutto dopo il v secolo d.C. Ma i primi occidentali che si sono accostati al Daoismo non hanno saputo resistere all'oscuro male classificatorio, ed ecco l' in venzione di due "correnti": il Daoismo "filosofico" Daojia, e il Daoismo "religioso" Daojiao. Questa netta distinzione affonda peraltro le proprie radici nel con fronto dottrinale tra l' insegnamento buddhista e quello daoista, emerso durante il periodo del cosiddetto Medioevo cinese : ripresa dagli studi giapponesi, l' idea di un Daojiao inteso come espressione declinante di un "puro" e filosofico Daojia originario sarebbe stata poi adottata (come strumento retorico perfettamente in consonanza con il loro rapporto nei confronti della tradizione cattolica) dagli studiosi occidentali prote stanti (Barrett, wo8a). La responsabilità della creazione intellettuale del Daojia (associato, soprattutto nel III-IV secolo, alla dottrina Lao-Zhuang, dalle due scrit ture base di questa ipotetica "corrente filosofica", il Laozi o Daodejing e lo Zhuangzi) va in realtà condivisa con gli storici-archivisti di epoca Han, i quali introdussero a posteriori un elenco dei principali esponenti
INTRODUZIONE
13
delle dottrine in circolazione durante il periodo antecedente alla nasci ta dell' impero nel 22 1 a.C. In tale quadro, il termine jia è stato univer salmente tradotto come "Scuola [di pensiero]", ed ecco la "Scuola della Via", se si vuole tradurre nel modo più comune il termine dao, peraltro impiegato con varie sfumature anche in altre fonti tradizionali, come i testi confuciani. Oggi, si tende a riconoscere come jia si riferisse più che altro a una "famiglia intellettuale" ("famiglià' è il significato primario del sinogram ma) che riuniva degli "esperti" in un determinato ambito dottrinale, a qualsiasi livello, dalla cosmologia alla politica (Scarpari, 2010 ). Quindi, la teoria (diffusa in Occidente ma anche in Cina Popolare) che inter pretava la Daojia come una scuola filosofica fondata sul "pensiero di! del Laozi-Daodejing e di! dello Zhuangzi" è oggi decisamente fuori dal mainstream accademico. Il secondo termine Daojiao può essere tradotto come "Insegnamen to", o "Dottrina del Dao [o della Via]". L'approccio interpretativo co mune sino ad anni recenti, e duro a morire ancora oggi, lo ha utilizzato per indicare tutti gli epifenomeni di un cosiddetto "Daoismo religioso", nato solo con la dinastia Han Posteriore (per la precisione nel 142 d.C., con i Maestri Celesti), le cui caratteristiche tipiche (coinvolgimento del le masse, presenza di un pantheon, di un rituale e di una liturgia ecc.) sembrano differenziarlo dal "Daoismo filosofico" dei testi classici com posti alcuni secoli prima. Questa distinzione è oggi obsoleta. Nella sua introduzione al primo lavoro enciclopedico collettivo sul Daoismo che ha aperto il nuovo se colo, Li via Kohn, che pure in un passato non così remoto l'aveva mante nuta (Kohn, 1992, pp. 3-8), afferma che essa non rende giustizia ai fatti, e non favorisce nuove scoperte (Kohn, 2000, p. x ) . Il tramonto di questa separazione tra Daoismo filosofico e religioso ha una causa primaria: l'approfondimento della ricerca sinologica. Negli ultimi cinquant'anni, ci si è gradualmente distaccati da una visione del Daoismo oscillante tra la pura e semplice ignoranza dell'argomento e una confusione della dottrina daoista con i culti eterodossi di matrice popolare, adottata dall' Occidente a partire dai Gesuiti nel XVII secolo. Il primo passo è stato così lo studio dell' imponente mole testuale prodotta dalla dottrina, a partire dal Daozang, il Canone Daoista pub blicato nel xv secolo come esito finale di un'attività compilativa che ri saliva a mille anni prima. Gli studiosi occidentali, cinesi e giapponesi hanno così potuto mettere in luce la straordinaria ricchezza delle varie
14
IL DAOISMO
correnti daoiste succedutesi nei secoli, ognuna delle quali ha lasciato un corpus di testi che è presente nelle sezioni del Daozang. Inutile soffermarsi sui molteplici e benefici riflessi che l'analisi delle scritture daoiste ha avuto per una maggiore comprensione degli aspetti dominali, rituali, storici delle varie correnti: questa attività ha raggiunto un punto di svolta con la pubblicazione di un monumentale lavoro collet tivo, che comprende l'analisi di ciascuna delle circa 1.soo opere contenute nel Daozang (Schipper, Verellen, 2004). Altre opere enciclopediche per mettono oggi allo specialista di avere un utile quadro di partenza per la ricerca di specifici aspetti tematici della tradizione daoista (Kohn, 2000; Pregadio, 20o8a). Non appare quindi esagerata l'affermazione di Jean François Billeter, secondo il quale « nello spazio di una generazione, ab biamo assistito all'emersione di un continente » (Billeter, 2006, p. 1 8 9 ) . Un ulteriore passo i n avanti è consistito nella cosiddetta ricerca sul campo. Gli studi condotti prima a Taiwan (Saso, 1972), poi dopo la fine del periodo della Rivoluzione culturale anche sul continente, soprattutto nelle regioni costiere (Dean, 1993; 1998), hanno permesso una maggiore comprensione del Daoismo moderno, nei suoi aspetti rituali e dottrinali, e nei suoi innegabili legami con la tradizione classica: un punto evidente nella produzione scientifica di colui che può a giusto titolo essere definito oggi il decano degli studi daoisti nel mondo, Kristofer Schipper, il quale negli anni sessanta del secolo scorso ebbe l'opportunità a Taiwan di per correre la Via daoista "dall' interno" (Schipper, 1975; 1 9 82; 2008). L'approfondimento delle fonti e la ricerca sul campo hanno portato nell'ultimo ventennio un numero sempre maggiore di studiosi a rilevare come svariati aspetti del vocabolario dottrinale e "tecnico" del cosiddet to Daoismo religioso presentino elementi di continuità con le scritture classiche, alcune investite da sempre di un ruolo fondamentale dai daoi sti di ogni epoca (il Laozi, e in misura minore lo Zhuangzi), altre meno evidenti e oggetto di analisi solo da poco : è il caso del Neiye (Addestra mento Interiore), capitolo del trattato noto come Guanzi, dalla compo sizione forse anteriore alla prima forma manoscritta del Laozi, che solo da poco tempo la ricerca sinologica ha messo in luce come un vero e proprio compendio delle tecniche di meditazione e di perfezionamento interiore in uso nel periodo pre-imperiale (Roth, 1999 ). 2. Ma allora si può parlare di tradizione daoista ? Certamente, ma evi tando di "vestire" il Daoismo con gli abiti troppo stretti della filosofia e della teoria e pratica religiose. Potremmo dire che il Daoismo non è una
INTRODUZI ONE
IS
filosofia né una religione, o per meglio dire che esso non può essere limi tato ai suoi pur esistenti e talora più visibili aspetti filosofici e/o religiosi. In Occidente, la filosofia è legata, nella sua concreta fenomenologia post-socratica, alla concezione di una creazione intellettuale individua le saldamente ancorata nello spazio e nel tempo, trasmessa per lo più attraverso opere scritte, e poi seguita e trasformata da successive indi vidualità. Questa visione della filosofia può essere definita tipicamente occidentale : un esempio di "approccio filosofico" al Daoismo, in uno studio pur non privo di punti interessanti, è la recente monografia di Hans-Georg Moeller sul Daodejing, in cui un 'opera, chiaramente attri buibile non a un individuo ma a una "funzione intellettuale" (defini ta con il nome di Laozi), viene dissezionata e interpretata con capitoli esplicativi, che hanno la pretesa di mostrarne la visione "filosofica" sulla politica, la guerra ... e il sesso, talora attraverso il proverbiale letteralismo mortifero (Moeller, 2007 ) . Quanto alla religione, i l termine stesso indica la funzione di legame collettivo di una comunità, espresso attraverso una dottrina compren dente metafisica, rituale, normative etiche, che attraverso l' intermedia zione di una élite di sacerdoti-interpreti del messaggio divino è integral mente fruibile dal corpo sociale (nel Cattolicesimo la Chiesa dei fedeli) , p e r quanto ovviamente leggibile e interpretabile secondo i differenti livelli di lettura e/o di comprensione. Per essere concisi, due sono gli elementi fondamentali che rendono arduo restringere il Daoismo a questi due campi. Tali elementi sono espressi nelle fonti daoiste con continuità, non appaiono come "costru zioni intellettuali" temporanee, soggette ai mutamenti storico-sociali. In relazione alla filosofia e alla religione, essi sono rispettivamente : la ra dice non umana della tradizione, e la necessità del ricollegamento inizia tico, cioè di una ininterrotta linea di trasmissione che unisce nel tempo maestri e discepoli. Il primo elemento, particolarmente evidente nel processo definito di "divinizzazione" dello stesso Laozi (Seidel, 1 9 6 9 ), espressamente inteso dal II secolo come ipostasi del Dao ed entrato poi a far parte della triade dei "Tre Puri" (sanqing), ci porta a fare i conti con i fondamenti domi nali della tradizione, e con la loro natura metafisica; il secondo elemen to richiama il carattere fondamentale della trasmissione della dottrina (jiao ), che è innanzi tutto (e ai primordi doveva essere unicamente) orale, e poi testuale, con un maggiore accento su aspetti normativi. Il ricollega mento iniziatico prende le mosse dallo stesso leggendario Laozi, il quale
!6
IL DAOISMO
avrebbe trasmesso la dottrina al "Guardiano del Passo" Yin Xi ( altra fi gura simbolica ) prima di scomparire in direzione ovest. Indubbiamente, l' importanza dell' iniziazione nel Daoismo permette accostamenti con specifiche tradizioni dell'antichità, non tanto di tipo filosofico, quanto m isterico. Nel Daoismo l' importanza del testo sacro, che si inquadra in una ci viltà come quella cinese, che ha dato forse più di ogni altra valore alla scrittura come "segno" imprescindibile del reale ( termine cinese wen ) , non implica una sua diffusione indifferenziata. Se in Occidente l'unico impedimento alla lettura diffusa della Bibbia e dei Vangeli era l' analfa betismo ( a cui rimediavano la funzione del clero, nel suo duplice aspetto elocutorio e liturgico, e l ' iconografia sacra ) , le scritture daoiste (jing) non sono mai state oggetto di libera e indiscriminata circolazione, ma hanno costituito l ' incastellatura portante delle specifiche forme assunte dalla dottrina, al punto che possiamo collegare le singole correnti stori che del Daoismo a un determinato corpus scritturale, trasmesso attra verso la catena dell' insegnamento iniziati co. Così, i maestri daoisti, pur assumendo nel tempo un ruolo ritua le ( quindi sociale ) fondamentale per la coesione non solo dello Stato, ma anche e soprattutto delle comunità locali, si configurano comunque come una élite spirituale, che controlla e incanala le forme del sacro in una ortodossia che è anche e soprattutto ortoprassia. Sono come "pesci nell'acqua", per riprendere una metafora daoista, ma al contempo sono distinti dagli altri membri del corpo sociale per il possesso di una cono scenza riservata, che è teorica e soprattutto pratica, ma sempre iniziati ca. Un aspetto ulteriore e per nulla secondario, strettamente collegato ai precedenti e talora problematico per gli occidentali, concerne il valore assoluto che il Daoismo attribuisce alle modalità applicative della dottri na, in una parola alla praxis. Anche in tale ambito, peraltro ricchissimo di riferimenti testuali, la capacità filologica non si è sempre accompagnata alla lucidità interpre tativa. Un punto particolarmente dibattuto si è rivelato essere l 'oppor tunità di applicare al riguardo l'etichetta di "misticismo", propria di un contesto religioso e culturale differente ( Kohn, 1992). Molte considera zioni potrebbero essere qui sviluppate, tutte ruotanti attorno a un quesi to : possiamo attribuire un termine per lo più associato a una fenomeno logia passiva di natura estatica a pratiche che insistono su un percorso di realizzazione controllato dal praticante ?
3·
INTRODUZIONE
17
Anche per l'Occidente cristiano, esiste una differenza innegabile tra il misticismo e la cosiddetta mistica speculativa, quale si ritrova ad esem pio in Meister Eckhart. Nel primo, assistiamo per lo più al carattere pas sivo, transeunte e non dipendente dalla volontà dell' individuo - quindi non necessariamente ripetibile - dell'esperienza estatica di comunione con il divino ; la seconda si esprime sovente attraverso un vero e pro prio vocabolario "tecnico-specialistico", per cui si può parlare non solo di "esperienza mistica", ma anche di "linguaggio mistico", e di "filosofia mistica" (termine un po' ambiguo, a cui sarebbe preferibile sostituire quello di "dottrina mistica"). Alcuni studiosi dei primi testi daoisti han no rilevato in tali fonti la presenza di questi elementi, che ben si accorda con il carattere attivo dei metodi di realizzazione spirituale presenti nel Daoismo (LaFargue, 1992; 1 994; Roth, 1999). Si è inoltre rilevato che, in opere un tempo classificate come esclu sivamente "filosofiche" come lo Zhuangzi, l'esperienza mistica sembra essere di natura " bimodale" : a una prima fase di introversione, che porta all'unione con il Dao, segue un "ritorno al mondo" in cui l'essere or mai realizzato mantiene lo stato raggiunto di unità, e può muoversi nel mondo manifestato con assoluta libertà, senza trovare più alcun ostaco lo negli eventi o negli altri esseri, poiché è tutt 'uno con l ' Incondizionato (Roth, 1 9 9 5 ; 1999 ). Questo punto, che caratterizza uno stato di "realiz zazione discendente", è secondo noi assolutamente essenziale. L'attributo di "misticismo" sembra dunque problematico, a maggior ragione se si guarda alle metodiche volte alla realizzazione della comu nione con il Dao, elaborate dal Daoismo nel corso dei secoli, in cui la complessità del vocabolario dottrinale si accompagna all'allusione a de terminate attività operative tutte interiori, che sfuggono interamente a chi si attiene al letteralismo. Un ultimo accenno va fatto alla struttura di questo lavoro. A un quadro storico dei duemila e trecento anni che separano il Daoismo di oggi dalle prime forme manoscritte del Laozi si è cercato di accompagnare l' ana lisi di alcuni motivi chiave della dottrina daoista, fondamentali perché costantemente presenti attraverso le epoche, anche se con ovvie diffe renziazioni di formulazione legate allo spazio, al tempo e all 'audience specifici. I CAPP. r e 2 si soffermano sulle forme storiche rivestite dalla dottrina daoista, dalle ancora enigmatiche fasi iniziali alla formazione delle prin cipali correnti, per giungere infine ai tempi moderni.
r8
IL DAOISMO
Il CAP. 3 descrive i fondamenti metafisici presenti nelle scritture del periodo pre-imperiale come il Laozi e lo Zhuangzi, e il rapporto tra Uno e molteplice, che include la subordinazione della prospettiva cosmologi ca rispetto a quella metafisica. Il CAP. 4 analizza, senza certo aspirare alla completezza, le metodiche daoiste volte alla realizzazione, la meditazione, la visualizzazione, il si gnificato del diffusissimo tema dell' immortalità, le pratiche alchemiche. Tali "tecniche" non possono essere definite come esclusive di una singo la corrente dottrinale. Il CAP. s illustra infine le concezioni legate alla geografia sacra da oista e alla sua visione del mondo. Il concetto della corrispondenza tra macrocosmo e microcosmo si riverbera sulla nozione di spazio e tempo sacri, evidente nelle strutture templari e nella natura delle divi nità daoiste, così come nei rituali, ancora oggi in uso, svolti dai maestri daoisti (daoshi). Nella nostra trattazione, pur cercando di sfuggire alle sirene dell' i per-comparativismo, ci siamo permessi, quando possibile ( soprattutto nel CAP. 3), di rilevare le corrispondenze di alcuni aspetti dottrinali con altre tradizioni non cinesi. Siamo coscienti che quest 'ultimo punto può essere il più soggetto a critiche; ma è nostro parere che la conoscenza di ciò che Marcel Gra net, da vero pioniere, definiva un secolo fa come « la grande corrente del pensiero cinese » ( Granet, 1994, p. 6 u ) , passi anche attraverso una stra da rispettosa, che rifugga dalle semplificazioni, ma non abbia nemmeno timore se talora delle vicinanze tra le culture d ' Occidente e d'Oriente sembrano proporsi, nonostante le moderne distorsioni. L'abbondante ricorso alle citazioni da testi daoisti ha avuto lo sco po di fornire ai lettori non specialisti una "illustrazione" diretta, volta a chiarire determinati punti della nostra trattazione. Certo, siamo ben lontani dall'aver proposto qui un' "antologia daoista" completa: ma pen siamo di aver dato una sufficiente idea della grande ricchezza e bellezza di tale tradizione. Questo libro è un lontano frutto di interessi nati venti anni fa, quando chi scri ve ebbe la fortuna di seguire a Parigi i corsi di specializzazione di un irripetibile gruppo di sinologi: Kristofer Schipper (Sorbonne, Section Sciences Religieuses), Catherine Despeux, François e Anne Cheng, Mare Kalinowski ( INALCO ), François Jullien (Paris Jussieu). Ad essi va oggi ogni gratitudine, accompagnata dal ricordo per una compagna di studi di allora, divenuta eccellente studiosa del Daoismo di epoca Ming-Qing e purtroppo prematuramente scomparsa: Monica Esposito. Si
INTRODUZIONE
19
ringrazia inoltre Ester Bianchi, per aver consentito con la consueta disponibilità di consultare i testi della sua biblioteca personale. Ma più che a ogni altro, l 'autore è riconoscente ad Alfredo Cadonna, per la Via mostrata a un inesperto studente, e poi a un giovane ricercatore alle prime armi, soprattutto (comme iljàut) in lunghe e affascinanti conversazioni: questo lavoro vede la luce a venticinque anni esatti dal nostro primo incontro. Sono unica responsabilità dell'autore, invece, le inevitabili imprecisioni e mancanze nella trattazione della materia.
I
Storia del Daoismo I: dai primordi al VI secolo Nella tenebra luminosissima del dotto silenzio, che fa supersplendere nella massima oscurità ciò che è chiaro oltre misura. Dionigi l 'Areopagita, De m
Il Daoismo prima del "Daoismo" La definizione delle prime fasi storiche della dottrina daoista si scontra con una serie di difficoltà oggettive. Al momento, non possediamo testi monianze certe di concetti o pratiche a cui si possa attribuire l'aggettivo "daoista" (in quanto presenti nelle esposizioni dottrinali del Daoismo po steriore), che siano anteriori all'ultima metà o all'ultimo quarto del IV secolo a.C. Si tratta di una fase storica di grande importanza, nel pieno di quel periodo dei Regni Combattenti (zhangguo, 453-221 a.C.) che ha determinato i successivi lineamenti della civiltà cinese; ma gli elementi che hanno portato nel corso della dinastia Zhou (fondata intorno al 1045 a.C.) alla formazione del complesso teorico e pratico a cui si è dato molto dopo il nome di "Daoismo" restano ancora in parte avvolti dall'oscurità. Uno dei fattori principali di questa mancanza di informazioni è l'e strema povertà delle fonti scritte. La precedente dinastia Shang (circa XVII sec.-1045 a.C.) fondava la propria stessa esistenza sul ruolo a un tempo sacerdotale e temporale del sovrano, e su una struttura cultuale comprendente gli antenati divinizzati, ma anche le entità sottili legate ai monti e ai fìumi (Keightley, 2004); sotto gli Shang, la funzione della scrittura consisteva essenzialmente nel costituire un "ponte" tra il visibi le e l' invisibile. La registrazione scritta degli atti divinatori, venuta alla luce su migliaia di ossa oracolari (sepolte dopo l'uso, o alla morte del sovrano : un particolare che richiama l'ablazione dei talismani alla fìne del rituale daoista, si veda CAP. 5 ) , testimonia questo rapporto tra vivi e antenati, che sarà poi ripreso dalla nobiltà Zhou.
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IL DAOISMO
Quando gli Zhou, giungendo da territori più ad occidente, sconfis sero gli Shang (un evento i cui particolari, è bene ricordarlo, sono da noi conosciuti solo attraverso documenti storiografici assemblati secoli dopo), essi mantennero alcuni elementi della sacralità Shang : il rappor to privilegiato dei sovrani con il mondo invisibile, il culto degli antenati (riservato alla nobiltà) , la presenza di uno spazio sacro con le divinità dei monti (i Quattro Picchi) e dei fiumi (ad esempio il Nume del Fiume Giallo). Cambia però il paradigma supremo : nel vocabolario sacro, l'en tità (unica o multipla) degli Shang, Shangdi (!'"Antenato Supremo" ?), viene sostituita da Tian, termine tradotto per lo più con un rassicurante e astratto "Cielo", mascherandone così i tratti (in alcune fonti difficil mente negabili) di divinità celeste. Il rapporto tra il wang, il sovrano, e Tian, è una relazione di filiazione spirituale (che in un certo senso con tinua quella tra il sovrano Shang e Shangdi): il wang è tianzi, " Figlio del Cielo", e riceve da esso la legittimazione a governare (tianming, comune mente tradotto come "Mandato Celeste": termine già presente in una iscrizione su bronzo del 9 9 8 a.C., Eno, 2.009, p. 101) . Se la regalità sacra del wang Zhou è garantita lungo questo asse verticale di trascenden za, essa è anche assicurata, sull'orizzonte del mondo civilizzato (detto tianxia, "ciò che è sotto il Cielo"), dal corrispondente e fondamentale culto algenius loci della casata regnante, la divinità della Terra (she), rap presentata (come nella Grecia arcaica) da un tumulo sulla cui sommità è piantato un albero di gelso (Kominami Ichirò, 2.009). Il rapporto tra sovrano Zhou e signori dei feudi locali è simboleggiato e garantito dalla concessione, da parte del wang, di un pezzo dell 'altare del suolo, che an drà a formare ilgenius foci del principato, costituendone il centro vitale. Poco o nulla sappiamo dei culti locali, soprattutto nella prima fase del periodo Zhou (Zhou occidentali, 1 045-77 1 a.C.); né possediamo notizie sicure sulle figure responsabili dei rituali e delle pratiche sacre alla corte Zhou, spesso indicate con il termine wu. Molto si è scritto sul loro presunto carattere sciamanico, e sulla presenza (secondo alcuni prevalente) tra essi di donne (Boileau, 2.00 2. ) ; ma il loro ruolo sembra essere in realtà più complesso. In un brano del Guoyu (Discorsi dei prin cipati), probabilmente non posteriore al IV secolo a.C., i wu vengono descritti come una specie di confraternita ereditaria di individui "santi" e "illuminati", nonché esperti del rito, che discenderebbe da un'antica coppia, Zhong e Li, responsabile della divisione tra Cielo e Terra, così come dei relativi riti, atto necessario affinché non vi fosse confusione
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tra mondo umano e ultraterreno ( Guoyu, Chuyu xia, ci t. in Lin Fu-shih, 2009, pp. 401-3). A partire da una delle forme pittografiche del sinogramma wu ( simile ad uno svastika), e soprattutto dalla sua ricostruzione fonetica, e in base ad alcuni ritrovamenti archeologici, si è anche avanzata l' ipotesi che alla corte Zhou si trovassero degli "esperti in tecniche esoteriche" di origi ne occidentale, provenienti dal mondo iranico e vicini alla cultura dei magi zoroastriani ( Mair, 1990 ) . La possibilità nell'antichità di contatti tra mondo cinese e altri territori del vasto insieme eurasiatico non è di solito molto gradita agli studiosi cinesi ( e spesso neanche a quelli occi dentali ) , per quanto la presenza di popolazioni europoidi ai confini ovest del mondo cinese in un periodo che va dalla fine del Neolitico fino al I millennio d.C. sia oggi un dato accertato ( Mair, 1996). Tuttavia, l' ipotesi che una parte delle pratiche più tardi definite come daoiste, in particolare le tecniche individuali di meditazione e di respirazione e/o conduzione del soffio sottile qi, possa essere stata in origine influenzata o addirittura forgiata da tradizioni similari esistenti altrove ( come lo Yoga indiano ) , è oggi priva di concrete «pezze d'appoggio » ( Roth, 1 999, pp. 1 37-8). Nello stesso mondo cinese, le scoperte archeologiche degli ultimi de cenni hanno mostrato, nel periodo cruciale tra il Neolitico e l'età del bronzo (v-II millennio a.C. ) , il ruolo essenziale dei territori un tempo definiti "periferici" rispetto alle pianure centrali del Fiume Giallo, e ci si è spinti sino a ipotizzare una influenza di tali aree sulla formazione delle culture centrali, tra le quali va ricordata Erlitou, secondo alcuni studiosi culla della ( ancora storicamente incerta) prima dinastia Xia ( inizio II millennio a.C. ) . Alcuni elementi sembrano indicare le regioni del delta del fiume Yangtze e delle coste più a nord, sino alla penisola dello Shandong, nel I millennio a.C. abitate da popoli noti come Yi, come aree originarie di almeno una parte del corpus di dottrine che più tardi faranno parte del Daoismo ( Eno, 2009 ) . Ci riferiamo a quella serie di nozioni che ruotano intorno ai personaggi ( e alla condizione che incarnano ) noti come xian, termine di solito tradotto come "immortali". Un'altra area importante per la nascita del Daoismo, come vedremo, corrisponde al medio corso dello Yangtze e al principato di Chu. All' inizio del IV secolo a.C., il processo di semplificazione territo riale per cui i principati più potenti hanno assorbito le entità statali più piccole, favorito dal crollo dell'antico sistema feudale e rituale Zhou, ma anche dalla diffusione delle armi in ferro, che hanno facilitato la forma-
IL DAOISMO zione di potenti armate territoriali, vede il territorio della Cina dell'e poca (ben più limitato dell'attuale) suddiviso in poche entità politiche, mentre i sovrani Zhou hanno ormai un potere soltanto nominale. Un riflesso della perdita del loro prestigio è l'adozione del titolo di wang, in precedenza riservato solo al sovrano Zhou, da parte dei principi di Chu, Jin e Qi. Il principato di Qi era situato nella penisola dello Shandong. Qui, nel 384 la casata dei Tian, maestri di palazzo, usurpò il potere degli Jiang, fondando una nuova linea dinastica. I Tian presero due decisioni molto importanti per lo sviluppo della dottrina daoista: scelsero la figura di Huangdi, l' Imperatore Giallo, come antenato, e fondarono l'Accademia Jixia (seconda metà del IV secolo a.C.) . Prima di essere incluso nel I secolo a.C. nella lista dei personaggi mi tici detti "Cinque Sovrani", Huangdi appare in numerose fonti, soprat tutto come inventore, ma non è mai nominato in testi anteriori al IV se colo a.C. Forse appare per la prima volta nello Zhuangzi, fondamentale classico daoista, in un elenco in cui figura tra le divinità o i personaggi immortali: egli è qui in apparenza un essere umano, che è però riuscito ad « ascendere in cielo in pieno giorno » : una caratteristica che condivi de con gli immortali daoisti (Schipper, 2008, p. 3 9 ) . I l legame di Huangdi con l a trascendenza spiega l a sua importanza nell'ambito delle dottrine propugnate dalle figure note nelle fonti come fongshi, gli "esperti in tecniche", o "in metodi" (Ngo van Xuyet, 1976; De Woskin, 1 9 83). Questo gruppo, che si sarebbe trovato spesso in con correnza con i letterati di formazione confuciana, sembra essere stato unito non tanto dalla comune appartenenza sociale (per quanto spesso i suoi membri fossero anch'essi shi, letterati), quanto dalla conoscenza relativa a pratiche individuali di realizzazione: esso è stato considerato esponente di una "religione dei Misteri" paragonabile a quella esistente nell'antico mondo greco, in cui « la coscienza dell' individualità [ ... ] se gna la rottura tra l'antica civiltà dei guerrieri feudali e la nuova società urbana » (Schipper, 2008, p. 41 ) . I fongshi della Cina nord-orientale del periodo dei Regni Combat tenti, che avrebbero diffuso la nozione dell ' immortalità e delle Isole de gli Immortali ai più alti livelli della corte feudale di Qi, per poi trasmet terla al primo imperatore Qin e più tardi ai sovrani della dinastia Han fino all' imperatore Wu, furono per lo più dipinti a tinte fosche dalla storiografia confuciana, ma la loro importanza e anche la loro diffusione sono riflesse nei trattati agiografici a loro dedicati.
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Con la fondazione dell'Accademia Jixia, voluta dal re Xuan di Qi (periodo di regno 3 20-301 a.C.), questo bagaglio dottrinale sarebbe sta to impiegato anche per porre le basi di quel governo universale la cui necessità si era ormai affermata come consapevolezza comune. Zou Yan, che diventerà il modello dei Jangshi, è citato nella prima classificazione dei filosofi dell'antichità, elaborata dagli storici Sima Tan e Sima Qian verso il roo a.C., nella parte dedicata agli emblemi dello Yin e dello Yang (Sima Qian, 1 9 82, p. 1 3 6 9 ) . Yin e Yang sono citati già nello Zhuangzi come aspetti polarizzati dell'unica energia sottile, detta qi, la cui alternanza è specchio del ciclo vitale di tutti gli esseri e dell'universo intero. Una prima serie di simbo li strettamente legata alla coppia Yin-Yang è quella delle Cinque Fasi o Agenti (wuxing). Il termine xing indica la "condottà', il "cammino", dà l' idea di un "processo" ( Cheng, 2000, I, p. 257 ) . Le Fasi sono : Legno (mu ), Fuoco (huo ), Terra (tu), Metallo (jin ), Acqua (shui). Questo elen co appare forse per la prima volta nell'apertura del capitolo Hongfon (Grande Piano) dello Shujing (Libro dei Documenti, detto anche Shangshu ), dalla datazione controversa, ma probabilmente non poste riore al IV secolo a.C. (Nylan, 1 9 9 2 ) . L'alternanza di Yin e Yang si ritrova nei wuxing, in una successione che assume caratteri di ciclicità. Così, Legno e Fuoco sono espressio ne dello Yang crescente, che attraverso una transizione (legata alla Fase centrale Terra) cede il posto all'ascesa dello Yin, connesso al Metallo e all'Acqua : il ciclo è ancorato sia a dati spaziali che temporali. Le Cinque Fasi erano correlate alle direzioni (i punti cardinali più il Centro), alle stagioni (quattro, più un periodo intercalare), ai colori, ai sapori ecc.: troviamo espressione di tale dottrina nello Yueling, calendario tradizionale risalente alla metà del III secolo a.C. (Paolillo, 2012, pp. 19-20 ). Nel Lushi chunqiu, composto intorno al 240 a.C. nel regno di Qin, che di lì a poco avrebbe unificato la Cina, il ciclo delle Fasi è utilizzato per dare un senso e una spiegazione ali' alternarsi del potere dinastico. L'origine di tale visione si deve probabilmente proprio a Zou Yan, perso naggio particolarmente versato nella « profonda osservazione delle fasi alterne dello Yin e dello Yang » (Sima Qian, 1 9 82, p. 2344 ) . Per quanto la sua opera sia andata perduta, sappiamo che nella secon da metà del IV secolo a.C. Zou Yan elaborò una dottrina della successio ne dinastica, fondata sull'alternanza delle Fasi (definite come "Cinque Potenze", wude ), e preservata nel Lushi chunqiu. Qui i differenti sovrani che prendono il potere sono legati al predominare di una Fase sulle al-
IL DAOISMO tre : l' Imperatore Giallo alla Terra; Yu il Grande, fondatore degli Xia, al Legno ; Tang, fondatore degli Shang, al Metallo ; Wen, artefice della fondazione della dinastia Zhou, al Fuoco ; infine, il sovrano che verrà dovrà esprimere il trionfo dell'Acqua (Chen Qiyou, 1 9 9 0, I, p. 677 ). La regolarità ciclica dell'ordine sociale si iscriveva così nel solco dei feno meni naturali, in base a un fondamento comune: durante la dinastia Han, il Confucianesimo avrebbe assorbito questo complesso di dottrine cosmologiche, estraneo all' insegnamento originario di Confucio, per elaborare una dottrina di governo che si inseriva nel più ampio contesto dell'ordine cosmico. Non sappiamo se questa confluenza dei metodi dei Jangshi e di una cosmologia correlativa che unifica i ritmi naturali e sociali sia stata opera esclusiva di Zou Yan, tanto più che i suoi scritti sono andati da tempo perduti, sopravvivendo in stato frammentario in altri trattati ; ma pos siamo dire con sicurezza che questa struttura interpretativa della realtà formerà il quadro cosmologico teorico e operativo delle "arti del Dao" in epoca successiva. La fondazione dell 'Accademia Jixia nel regno di Qi, centro di gravità culturale che nel giro di pochi decenni attirò confuciani del calibro di Mencio (Meng Ke) e Xunzi, studiosi di Yin e Yang come Zou Yan, e personaggi esperti nelle tecniche del Dao provenienti da Chu, fu dun que fondamentale per il determinarsi di ciò che Kristofer Schipper ha recentemente definito « una congiunzione religiosa e politica che segna al contempo il compimento della lunga evoluzione dei misteri e il punto di partenza verso la religione dell' impero, che presto apparirà » (Schip per, 2008, p. 7 1 ) . Questa fase s i riflette i n una serie d i scritture, considerate appartene re alla cosiddetta "corrente Huang-Lao". Non si trattava di una "scuola" filosofica : nelle opere Huang-Lao ( IV-II secolo a.C.) - come le Quattro Scritture dell ' Imperatore Giallo (Huangdi sijing) venute alla luce a Ma wangdui - gli aspetti più legati alla realizzazione individuale (concetto di immortalità, pratiche di meditazione e/o psico-fisiologiche) sono congiunti a teorie dirette alla formazione di uno Stato ideale, basate sulla visione cosmologica di Zou Yan, ma anche sull' ideale del leader che deve essere neisheng waiwang, « interiormente Saggio, esteriormen te Sovrano » (Andreini, Scarpari, 20 07, p. 34). Alcuni studiosi hanno negli ultimi anni cercato di mettere in evidenza i tratti che avvicinano questa tradizione ad altre correnti : il Legismo, con la sua « trascendenza di Stato » (Levi, 2009, pp. 676- 8 1 ) ; la stessa dottrina confuciana, quale
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si ritrova in Mencio (Meng Ke, 3 9 0 ?-305 ? a.C.), il più noto intellettuale confuciano del periodo dei Regni Combattenti, con la sua teoria del la coltivazione del "flusso di qi" (haoran zhi qi); e infine la dottrina di Mozi, la cui opera sarebbe stata inclusa nel Canone Daoista (Kirkland, 2004, pp. 21-39). La tradizione testuale Huang-Lao si rifaceva a due personaggi chiave : Huangdi e Laozi. Si è visto come Huangdi fosse divenuto il punto di riferimento della dottrina deifangshi, tanto più da quando i nuovi lea der politici di Qi ne avevano fatto il proprio antenato ; quanto a Laozi ( Vecchio Signore, o Vecchio Bambino : un'ambiguità su cui la tradi zione daoista non rinuncerà a giocare), non deve stupire se, in questa prima parte sulla storia del Daoismo, giungiamo solo ora a tratteggiarne la figura, e a parlare dell'opera che ne porta il nome (cfr. FIG. r ) . In realtà, infatti, il personaggio di Laozi, di cui lo storico Sima Qian provò con sforzo a tratteggiare una biografia, manca di ogni connota zione storica accertata. Laozi sarebbe stato un archivista alla corte Zhou, nativo del principato di Chu, leggermente più anziano di Confucio, il quale si sarebbe recato da lui per ricevere chiarificazioni dottrinali. Ci tiamo la narrazione di Sima Qian : Confucio prese congedo, e disse ai suoi discepoli: "Di un uccello, capisco che può volare. Di un pesce, capisco che può nuotare. Di un animale, capisco che può correre. Nel caso di qualcosa che corre, si può approntare una rete. Nel caso di qualcosa che nuota, si può approntare una rete da pesca. Nel caso di qualcosa che vola, si può approntare una freccia munita di corda. Quando si tratta di un drago, non riesco a comprendere come cavalchi il vento e le nuvole ascendendo nell' U niverso. Oggi ho visto Laozi, ed egli è come un drago !" (Sima Qian, 1982, p. 2139). Il suo cognome sarebbe stato Li, il nome proprio Er, il nome di corte sia Dan. Un giorno, Laozi avrebbe lasciato il paese, dirigendosi a ovest; giunto a un passo montano, avrebbe infine lasciato in eredità la sua sa pienza, mettendo per iscritto la sua dottrina in quel compendio di circa cinquemila caratteri che da allora è noto come Laozi, o Daodejing ( Scrit tura del Dao e del De, o Potenza: titolo attribuito all'opera dall' impera tore Jing degli Han alla metà del II secolo a.C.). Non ci soffermiamo sulle varie teorie e identificazioni di un perso naggio dalla storicità dubbia come Laozi. Numerosi studiosi hanno concluso che il collegamento tra Laozi e il Laozi deve risalire allo stesso periodo in cui il testo dovette ricevere la sua redazione definitiva, tra il III e il II secolo a.C. (Scarpari, 2004 ) . In precedenza, tale relazione è
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Laozi, scultura del XIII secolo, Dali, Sichuan
Fonte: foto dell'autore.
inesistente : nello Zhuangzi, ad esempio, alcuni passaggi riconducibili a brani simili del Laozi non sono attribuiti a Laozi, ma sono introdotti da frasi generiche, come "si dice che..." (Schipper, 2008, p. 5 9). Secondo alcuni, tale processo deve essersi compiuto proprio a Qi, sotto l'egida dell'AccademiaJixia, a cui peraltro andrebbe attribuita anche la respon sabilità della redazione definitiva di opere basilari daoiste : lo Zhuangzi (i cui primi sette capitoli sarebbero gli unici ad essere stati composti nel IV secolo a.C., da Zhuang Zhou o altri), e testi dalla natura mista, come il Guanzi, che contiene alcuni capitoli dedicati alle pratiche di realiz zazione, come il Neiye (Addestramento Interiore), in cui il concetto di Dao, e la fraseologia adottata, presentano elementi di continuità con il Laozi (Roth, 1999).
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Nel CAP. 3 ci soffermeremo sui contenuti dottrinali primari del Laozi e dello Zhuangzi, partendo ovviamente dal termine chiave Dao, peraltro ben presente nelle fonti scritte di altre correnti del periodo dei Regni Combattenti; nel primo paragrafo del CAP. 4 mostreremo gli aspetti ap plicativi delle pratiche di realizzazione, evidenti in quello che è forse il testo più antico al riguardo, il Neiye. Secondo Kristofer Schipper e altri, le parti del Laozi dove più si evidenzia una lettura "politica", che pro pone la visione di uno Stato ideale dove si applicano i princìpi del Dao, sono sicuramente da attribuire al lavoro di redazione svolto a Qi, dove si stava elaborando la sintesi tra sapienza mistica e dottrina di Stato : L'Accademia Jixia procede in quest'epoca alla raccolta e all'edizione delle mas sime di Huangdi e di Laozi, per creare il Daodejing che noi conosciamo. Come abbiamo visto, alcune di esse sono antiche. Altre sono state di certo aggiunte a Jixia [ ... ] . La nuova raccolta è chiamata Laozi [ .. .]. La ragione della scelta di Laozi al posto di Huangdi come "autore" deve semplicemente esser dovuta al fatto che all'epoca il Vecchio dalle lunghe orecchie [appellativo di Laozi] era considera to come maestro di Confucio [ ... ]. Una tale preoccupazione non doveva essere estranea ai re di Qi, che avevano optato in maniera così evidente per l' anticonfu cianesimo, ricorrendo fra l'altro più di una volta a misure repressive contro i let terati ortodossi [ ... ]. Gli accademici di Qi lavorano tutti a sviluppare dei sistemi che permettono di integrare le dottrine religiose e cosmologiche nuove, che il regno di Qi ha riconosciuto come proprie, con quelle da un lato dell'eredità or todossa, dall'altro della politica legista [ ... ] . L'edizione del piccolo libro di Laozi risponde una volta di più a questa ambizione (Schipper, 2008, pp. 77-8). Un primo aspetto da approfondire rispetto a queste incisive note è la natura stessa del testo in quest 'epoca. Siamo abituati come occidentali a considerare un testo dottrinale come una unità indivisibile, in cui esiste assoluta identità tra l'opera e il suo autore. Simile visione fu diffusa dai letterati cinesi del periodo imperiale, in una schematizzazione che oggi sembra essere stata definitivamente infranta dalle scoperte archeologiche : È opinione diffusa che le opere della tradizione filosofica cinese dell'età classica siano giunte a noi così come sono - volumi organici con indicazioni precise di autore e titolo - attraverso secolari e consolidati canali di trasmissione [ ... ] . Oggi sappiamo che i n epoca pre-imperiale i libri così confezionati non esiste vano. Per ovvi motivi d' ingombro, i manoscritti su bambù non potevano che essere brevi; la loro consistenza era, infatti, di poche listarelle, per un numero complessivo di caratteri che poteva variare da poche decine a diverse centinaia. La loro modularità consentiva di riordinare in vario modo le listarelle, che si prestavano a essere agevolmente modificate, sostituite o spostate, mantenendo
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IL DAOISMO il testo in uno stato di permanente fluidità ben lontana dalla fissità che carat terizza le opere tramandate [ ... ]. Nel più semplice dei casi [i testi) nascevano come trascrizioni o rielaborazioni degli insegnamenti di uno o più maestri ef fettuate dai discepoli o da adepti appartenuti a generazioni successive ( ... ) . Solo quando venivano raccolti e riportati su seta acquisivano maggior stabilità e una consistenza in termini di lunghezza e complessità [ ... ]. Così presero corpo le opere del!' antichità. Solo a quel punto vennero formalmente attribuite a figure carismatiche, le cui biografie erano talvolta frutto di narrazioni fantastiche o leggende tese ad idealizzarle (Scarpari, 2012, pp. 263-5).
I ritrovamenti archeologici degli ultimi decenni hanno in effetti sovver tito e sconvolto la statica visione di un tempo. Nel caso del Laozi, nel 1972-74 a Mawangdui sono venute alla luce due edizioni manoscritte su seta, composte tra il 221 e il 1 8 0 a.C.; nel 1993 a Guodian gli archeologi hanno ritrovato su listarelle di bambù un'altra, più antica edizione par ziale del Laozi, divisa in tre gruppi e risalente almeno al 320-300 a.C. Non ci soffermiamo qui sugli aspetti codicologici relativi a queste scoperte, e sulle problematiche filologiche, legate alla presenza di varian ti grafiche o lessicali. Nei due manoscritti di Mawangdui, il particolare più singolare è l' inversione, rispetto al textus receptus del Laozi, delle due sezioni in cui l'opera fu tradizionalmente suddivisa; nel caso del le listarelle di Guodian ( che coprono solo i due quinti del contenuto testuale del Laozi classico ) , non è possibile ricostruire la sequenza ori ginaria del testo, ma a giudicare da quanto è venuto alla luce, all'epoca della inumazione dei manoscritti era già stato raggiunto un buon grado di stabilizzazione di ciò che avrebbe solo in seguito ricevuto il titolo di Laozi ( e più tardi ancora di Daodejing). Ricordiamo che la stessa natura del supporto del testo a Guodian ( listarelle di bambù unite da cordicel le ) , assolutamente comune per i manoscritti prodotti durante i Regni Combattenti, favoriva la possibilità di un "assemblaggio" differente di brevi brani ( Scarpari, 2004, pp. xv-xxxi ) . E va anche sottolineato che il Laozi ( sia le edizioni venute alla luce dalle scoperte archeologiche che il testo classico tramandato ) non offre alcuna possibilità "interna" a chi voglia ricostruirne la formazione temporale, essendo del tutto privo di date e di nomi. La relativa stabilizzazione del manoscritto di Guodian, e la sua data zione, rendono presumibile pensare che l' inizio della registrazione scrit ta della dottrina esposta nel Laozi possa risalire al 400 a.C., se non pri ma. Naturalmente, la determinazione temporale della precedente fase di trasmissione orale di questi contenuti, che per la forma in cui sono
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esposti sono stati definiti « poesia sapienziale » (Roth, 1999, p. 192.), re sta al di fuori della nostra portata. Va sottolineato l'elevato livello sociale dei personaggi inumati nei due siti funerari in cui sono stati ritrovati i manoscritti (nobiltà imparentata con il sovrano Han nel caso dei defunti sepolti a Mawangdui, ruolo di precettore del principe feudale nel caso di Guodian), e la contiguità ge ografica delle sepolture. Il primo aspetto ci ricorda che da sempre le élite sono state in stretto rapporto con la dottrina daoista; fanno eccezione i non teneri giudizi della storiografia di matrice confuciana concernenti le manifestazioni di movimenti daoisti che coinvolgono ampie fasce sociali. Il secondo aspetto indica il territorio che oggi comprende soprattutto le province di Hubei e Hunan come una delle culle della dottrina espres sa in testi come il Laozi, e secondo alcuni anche il Neiye. A tale area della Cina centro-meridionale corrispondeva il potente principato feudale di Chu, la cui forte tradizione religiosa veniva sino a non molti decenni fa (e talora viene ancora) sbrigativamente catalogata come "sciamanica'', un aggettivo che troppo spesso viene impiegato per coprire una irresolubile ignoranza, e "non del tutto cinese", il che stimola altri quesiti: cosa era "cinese" nel v o IV secolo a.C. ? Ricordando che lo stesso Laozi sarebbe per Sima Qian nato a Chu : Laozi (se è mai esistito) era "non cinese" ? Ed è "non cinese" (o parzialmente tale) la dottrina esposta nel Laozi? Fortunatamente, le scoperte archeologiche stanno mostrando come sotto molti punti Chu, per quanto posto ai confini dell'orbita culturale degli Zhou, fosse in questo periodo uno dei territori culturalmente più raffinati dell' intero mondo cinese (Cook, Major, 1999 ). Chu ha trasmes so ai posteri un innegabile esempio di "poesia sapienziale", dalla strut tura diversa rispetto al Laozi o al Neiye, ma dai temi in parte affini alla dottrina daoista: quella contenuta nei poemi dei Canti di Chu ( Chuci), una parte dei quali risale al V-IV secolo a.C. Altri due elementi sembrano indicare che le dottrine esposte in maniera più sofisticata e allusiva nel Laozi, e in modo più diretto e "tecnico" nel Neiye, sono più antiche del la diffusione che pure questi due testi hanno avuto presso l'Accademia Jixia : il primo è la totale assenza della cosiddetta cosmologia correlativa; il secondo è la presenza (a dire il vero non accettata da tutti) nel Neiye di rime irregolari, che rimanderebbero ali' antico dialetto in uso a Chu (Roth, 1999, pp. 2.5-7 ) . Si può dunque ipotizzare che una serie di insegnamenti, i n u n primo tempo trasmessi in forma orale, probabilmente attraverso gruppi chiusi in cui il rapporto tra maestro e discepoli era essenziale per la trasmissio-
IL DAOISMO ne dottrinale, sia stata verso il 400 a.C. registrata in forma scritta nel territorio di Chu. In seguito, alcuni esponenti di tali dottrine si sareb bero spostati a Qi, presso l'Accademia Jixia, dove sarebbe avvenuta una redazione di testi come il Laozi poi giunto sino a noi (o un "proto-Lao zi" molto simile), con una integrazione con tematiche "applicative" di ordine socio-politico, un aspetto tipico di quella che sarebbe stata poi conosciuta come corrente Huang-Lao. La dottrina daoista posteriore avrebbe unito questa sapienza originaria di Chu, fondata soprattutto su pratiche di realizzazione spirituale volte all ' identificazione con il Dao, con la nozione di immortalità (xian) intesa come possibile stato indivi duale, raggiungibile attraverso l' iniziazione e l'adesione a determinate metodiche, e con la cosmologia correlativa elaborata a Qi dalle figure note comefongshi. Sull' importanza delle tradizioni regionali, molto re sta ancora da stabilire ; ma l'unica cosa certa è la permanenza di questi temi in tutto il percorso storico delle forme attraverso cui la dottrina daoista si è manifestata nei secoli.
Il Daoismo nel primo impero (221 a.C.-220 d.C.) Le conquiste territoriali del principato di Qin sfociarono nella fonda zione del primo impero nel 221 a.C. Il principe di Qin, Zheng, si attribuì il nuovo titolo di Shi Huangdi, tradotto comunemente come "Primo Im peratore". Di era il nome della divinità/ antenato supremo degli Shang, e di era anche il titolo attribuito a sovrani mitici come Yao e Shun; huang non si riferisce qui al colore giallo (come nel caso dell' Imperatore Giallo, Huangdi), ma comprende una serie di significati quali "grande", "som mo", "celestiale". Al binomio huangdi, il sovrano volle fosse premesso il carattere shi, "inizio", "cominciamento": una chiara allusione alla nuova fase non solo politica, ma universale, che si era aperta con l'unificazione del territorio cinese. Nel breve regno di Qin Shi Huangdi, si unificarono le leggi, la mo neta, i pesi, le misure, lo stile della lingua scritta, l'ampiezza del passo dei carri. L'atteggiamento repressivo del potere Qin verso i letterati di matrice confuciana e i loro testi, che avrebbe portato vittime e un auto dafé dei classici (213 a.C.), oggi è interpretato in un'ottica più sfumata. L' imperatore dedicò la propria attenzione, più che a rispettare i modelli culturali confuciani, a recarsi di persona presso tutti i più importanti luoghi santi dell ' impero, nell' intento di ricondurre all'unità anche la
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sacralità che da essi emanava. Egli sembra essere stato particolarmente attento alle credenze nelle Isole degli Immortali, al punto da finanziare spedizioni con l' intento di raggiungerle; secondo alcuni, le stesse carat teristiche della sua tomba, descritte un secolo dopo nello Shiji di Sima Qian (un microcosmo con fiumi di mercurio che riproducevano i corsi d 'acqua della Cina, e una volta con pietre preziose che rappresentavano le costellazioni), attestano l' influenza di concezioni vicine al Daoismo. Dopo soli tre anni dalla morte del Primo Imperatore, la dinastia crol la, e il ribelle Liu Bang fonda la nuova dinastia Han, che, fatta eccezio ne per un breve interregno dal 9 al 23 d.C., durerà più di quattro secoli (Han Anteriori : 206 a.C.-9 d.C.; Han Posteriori: 25-220 ). Dalla sua fondazione, la dinastia Han si contraddistingue per la vo lontà di proseguire in quel processo di integrazione culturale e sacrale delle tradizioni regionali, che aveva avuto inizio nella parte finale dei Regni Combattenti. In quest 'ambito, un ruolo fondamentale è stato si curamente svolto dalla tradizione testuale Huang-Lao, che combinava le tecniche di realizzazione individuale e la necessità dell' iniziazione con i motivi applicativi volti alla gestione di un mondo, quale quello cinese, che si voleva fortemente unito : un aspetto riflesso nel diffuso tema della "Grande Unificazione" (da yitong) (Pines, 2000 ). Si è parlato opportu namente per questo periodo di una "concezione olistica" del pensiero, che cerca di combinare le varie vie (i vari "dao") in una unità armoniosa e totalizzante, in cui tutti i fenomeni rientrano nel quadro interpretativo della cosmologia correlativa, che copre gli ambiti del Cielo, della Terra e dell' Uomo ( Cheng, 2000, I, pp. 295-3 10 ). L'unità (riflessa nel nume assoluto, Taiyi, il Grande Uno, e anche nel le due ipostasi inferiori di Tianyi e Diyi, Cielo-Uno e Terra-Uno, ogget to del culto imperiale dal 1 1 3 a.C.) è una necessità sacra e politica a un tempo; la divisione è sinonimo di disordine, come si rileva in un passo dell'ultimo capitolo dello Zhuangzi, la cui stesura è da far risalire proba bilmente all' inizio degli Han. Qui la diversità delle posizioni culturali delle cosiddette "cento scuole", o meglio dei "cento esperti" (baijia) dei Regni Combattenti, è interpretata in una luce negativa, poiché esse in carnano una parzialità che "frammentà' l'unità originaria del Dao. Mol to interessante è la prima parte del brano, in cui troviamo una gerarchia che espone i decrescenti livelli di conoscenza, partendo dall"' Uomo Celeste" tianren per arrivare aljunzi, l' Uomo Nobile che è a sua volta il vertice della visione sociale confuciana:
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IL DAOISMO Molti sono coloro che governano i propri metodi e le proprie tecniche al mon do, e ciascuno di essi ritiene che nulla possa essere aggiunto a ciò che ha. Ma dove si trova la cosiddetta "tecnica del Dao" (daoshu) dell'antichità ? [ ... ] La sag gezza (sheng) ha ciò da cui nasce, la regalirà (wang) ha ciò per cui si compie: en trambe hanno origine nell' Uno. Colui che non è separato dall'Antenato [cioè dall'unirà originaria] è derro Uomo Celeste (tianren) ; colui che non è separato dalla sostanza è detto Uomo Spirituale (shenren) ; colui che non è separato dal vero è detto Uomo Perfetto (zhiren ) . Colui che considera il Cielo come antena to, la Terra come radice, il Dao come porta, che è preveggente nel mutamento e nella trasformazione, è derro saggio (shengren ) . Colui che considera l 'umani tà (ren) come benevolenza, la giustizia (yi) come principio, il rituale (li) come condona, la musica (yue) come armonia, che è compenetrato da compassione e umanità, è detto Uomo Nobile (junzi) [ ... ] . Come erano ben preparati gli uo mini dell'antichità ! Corrispondevano a spiriti e numi, imitavano Cielo e Terra, nutrivano i diecimila esseri, ed erano in armonia con il mondo. I loro benefici raggiungevano i Cento Cognomi [ il popolo] [ ... ]. Della loro intelligenza, com presa in regolamenti e misure, molto rimane nei documenti storici delle antiche norme trasmesse per generazioni [ ... ] . Delle loro regole, sparse per il mondo e stabilite nel Paese del Centro [la Cina] , talvolta le dorrrine dei Cento Esperti ne hanno dato definizione e discussione. Poi vi fu grande disordine nel mondo, i santi e i saggi non risplendevano, il Dao e la Potenza (de) non erano Uno e al mondo la maggioranza aderiva solo a un [asperro] per autocompiacimento ; fu così come avviene per l'udito, la vista e l'olfarro, che hanno ciascuno qualcosa da far risaltare, ma non comunicano tra loro. Allo stesso modo, nella moltepli cità delle tecniche dei Cento Esperti, ciascuna ha ciò in cui eccelle, e talora ciò che è utile; ma non sono comprensive né inclusive. Si tratta di letterari (shi) dalla visione parziale : nel giudicare la bellezza di Cielo e Terra, nell'analizzare il principio dei diecimila esseri, nell'esaminare la completezza degli antichi, in pochi so n capaci di cogliere la bellezza di Cielo e Terra e di definire l'aspetto di spiriti e numi. Per tal motivo il Dao della santità interiore e della regalirà este riore (neisheng waiwang) è oscuro e non luminoso, precluso e non manifestato [ .. .]. Il grande corpus delle tecniche del Dao degli antichi è stato frammentato nel mondo (Zhuangzi, 1989, pp. 164 a-1 6 5 a).
Le dottrine dei Jàngshi, che comprendevano un complesso insieme di tecniche di meditazione, di pratiche macrobiotiche, di teorie alchemi che ecc., furono ben accolte alla corte Han. La figura di Laozi, a cui era ora associato il testo "dai cinquemila caratteri" di cui abbiamo parlato nel precedente paragrafo, divenne oggetto di una vera e propria venera zione (Sei del, 1 9 6 9 ). Sotto il regno dell' imperatore Jing e della sua con sorte, l' imperatrice Dou (1s6-I41 a.C.), le dottrine Huang-Lao ebbero particolare diffusione, e il testo attribuito a Laozi ebbe l'onore di rice vere il titolo dijing, un termine che indicava le scritture canoniche (più
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tardi i letterati d i corte l o impiegheranno per definire i Classici), e che restò poi fondamentale nel Daoismo: il libro composto da Laozi prima di lasciare la Cina fu denominato Daodejing, Scrittura del Dao e del De (o "della Potenza"). La diffusione delle dottrine legate da un lato alle antiche "tecniche del Dao" di realizzazione individuale, dall'altro alle pratiche volte al rag giungimento dell' immortalità, e l'assoluta predominanza della cosmo logia correlativa formatasi a Qi, sono riflesse in una grande opera compi lativa, lo Huainanzi, terminata nel 1 3 9 a.C. per volere di Liu An, zio del nuovo imperatore Wu ( 141-87 a.C.) e principe del territorio di Huainan, in parte corrispondente all'antica area di Chu. L'opera si distingue per un approccio ecumenico, che non vuole estromettere alcuna visione del mondo, ma è indubbiamente specchio di una cultura con forti radici daoiste (innumerevoli i riferimenti al Laozi e allo Zhuangzi), coltivate però alla luce di un' interpretazione di tipo Huang-Lao, che non rinun cia ad esprimersi sulla conduzione del mondo da parte del sovrano (Le Blanc, Mathieu, 2003). Il primo capitolo dell'opera ha il significativo titolo di Yuandao (Dao primordiale) : Colui che ha penetrato il Dao ritorna alla quiete. Colui che ha investigato le cose giunge ad uno stato di non azione [wuwei: si veda CAP. 3 ) [ ... ] . Quindi, il Saggio non disturba il Cielo con ciò che è umano, e non confonde le sensa zioni con i desideri. È opportuno senza pianificare, è affidabile senza parlare, ottiene senza riflettere, e compie senza agire [ ... ]. Nella quiete, il saggio im piega il non agire, eppure nulla vi è che egli non compia. Pacificamente, egli usa il non governo, eppure nulla vi è che egli non governi. Per "non agire" si intende che il saggio non agisce di fronte agli altri esseri. Per "nulla vi è che egli non compia" si intende che egli basa la propria azione sulle azioni degli altri esseri. Per "non governo" si intende che egli non modifica ciò che accadrà da sé. Per "nulla vi è che egli non governi" si intende che egli agisce basandosi sull ' interazione tra le cose. I diecimila esseri sono tutti nati da altri esseri, ma solo [ il saggio) sa come preservare le proprie radici (Huainanzi,juan 1, ci t. in Csikszentmihalyi, z.oo6, pp. 73-5). La nozione di un sovrano che regna attraverso il "non agire", una con dizione spirituale di "ritorno all'origine" primordiale (si veda CAP. 3), si accompagna al pieno sviluppo della cosmologia correlativa, in cui enti ed esseri diversi, ma appartenenti a simili categorie, sono in mutua cor rispondenza attraverso il principio del ganying, la "risonanza" (letteral mente "stimolo e risposta") (Paolillo, 2004 ) .
IL DAOISMO Il termine ganying, impiegato inizialmente soprattutto per indicare i fenomeni acustici di vibrazione simpatica fra corde musicali, alludeva all'armonia nascosta fra le cose, spesso espressa attraverso la correlazio ne con le Cinque Fasi. La nozione di risonanza si configura come « un dispositivo razionale attraverso il quale si comprende l'universo come una totalità, l'uomo stesso facendo parte di questa totalità » (Le Blanc, 1 9 9 2, p. 98). Molti esempi sottolineano in particolare la risonanza tra mondo naturale e società umana (tianren ganying) , un aspetto che è co mune a tutte le scienze cosmologiche tradizionali cinesi, dall'alchimia al jèngshui. Ma il saggio, che è anche sovrano ideale, incarna in sé l 'origine di tutti i suoni, e quindi fa "risuonare" tutti gli esseri. Citiamo ancora lo
Huainanzi: La corrispondenza reciproca tra le categorie delle cose è una oscura meraviglia e una sottigliezza profonda. La conoscenza non è capace di discuterne, la di scriminazione non è capace di spiegarla [ ... ]. Per tal motivo, quando il Saggio (shengren) è in carica, porta nel cuore il Dao senza parlare, eppure la sua in fluenza raggiunge i diecimila esseri. Se sovrano e ministro sono in contrasto, allora si vedranno in cielo aloni [solari] contrapposti. Ciò è prova della mutua risonanza dei soffi spirituali [ ... ]. Oggi, quando l'accordatore di liuto tocca [la corda] gong, [la stessa corda] gong [di un altro strumento] risponde ; e quando pizzica [la corda ] jiao, [la stessa corda] jiao [di un altro strumento] si muove. Questa è la mutua armonia di note simili. Ora, se vi fosse modifica nell'accordo di una corda, in modo da non farla corrispondere ad alcuna delle cinque note, e se facendola vibrare risuonassero tutte le venticinque corde, questo non darà l' idea di ciò che, non avendo ancora cominciato a differenziarsi nei suoni, è il signore delle note ? Perciò, colui che comunica con la Grande Armonia [ ... ] , è come se ancora non avesse cominciato a scaturire dall'Antenato (Huainanzi, juan 6, 1989, pp. 6z.a-64a). Il primo secolo della dinastia Han si contraddistingue dunque per la grande diffusione nell'élite di temi relativi alla sacralità così come alla natura del potere assoluto, a cui fa da contraltare la presenza di nume rosi culti locali, diffusi in tutto il paese, legati a personaggi immortali e a luoghi santi (Schipper, 20 08, pp. 83-6 ) . Si configura qui quel rapporto (in questa fase in apparente equilibrio) tra culti centralizzati e tradizio ni locali, che sarà spesso, a partire dal lungo regno dell' imperatore Wu ( 141-87 a.C.), fonte di attività repressive da parte del potere imperiale, o di rivolgimenti sociali di massa. Wu è passato alla storia come un fervente (ma, secondo le fonti daoi ste, spiritualmente non qualificato) seguace delle pratiche volte all'otre-
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nimento dell' immortalità; ma, per liberarsi dall ' influenza dell' impera trice madre Dou, iniziata alle tecniche del Dao, e poter contare su una struttura amministrativa fortemente centralizzata, con due editti (1 3 6 e 1 24 a.C.) i l sovrano stabilì l a predominanza dell ' istruzione basata sui testi confuciani, fondando quell'Accademia che sarebbe stata la prima fucina della figura destinata a costituire la spina dorsale dell' ammini strazione imperiale sino all'alba del xx secolo : il letterato-funzionario formatosi sui Classici. La teoria della responsabilità dell' imperatore davanti al Cielo, fonte sacra del suo potere, e non al popolo, nel quadro dell'unità perseguita come ideale assoluto, fu il nucleo del pensiero del più famoso e influente confuciano del periodo, Dong Zhongshu (1 9 5 ?-1 1 5 a.C.). Questo "nuovo Confucianesimo" propendeva più verso una regalità esterna (waiwang) autoritaria e normativa che verso l' introspezione volta al ritrovamento dei princìpi etici celesti nel cuore, propria della "santità interiore", nei sheng, un aspetto privilegiato durante i Regni Combattenti dal grande maestro confuciano Mencio (Cheng, 2000, I, p. 3 1 3). Forse nessun evento può dare l' idea del mutamento di atmosfera quanto le tragiche conseguenze seguite alla presentazione dello Huai nanzi al sovrano : dopo poco Liu An, il principe zio di Wu che aveva vo luto la creazione di questa poderosa summa della cultura del tempo, fu accusato di sedizione e costretto al suicidio. Forse l'attitudine pacifista dell'opera (evidente nel trattato che forma il quindicesimo capitolo, de dicato alla guerra) non era stata particolarmente gradita da un sovrano che si era attribuito il titolo di " Wu", "il Marziale". È durante il regno di Wu, peraltro, che lo storico Sima Qian riprende nella sua grande opera (Shiji, Memorie di uno storico) la classificazio ne delle sei "scuole" o "famiglie" di pensiero (jia) dell'epoca dei Regni Combattenti, operata da suo padre Sima Tan. Qui troviamo quella de finizione di Daojia, in precedenza mai presente nelle fonti, da cui si è formata l'etichetta occidentale di "Daoismo", tradotta come "Scuola del Dao". Oggi siamo consapevoli, anche grazie alle recenti scoperte arche ologiche, che il termine jia non era riferito a "scuole" filosofiche vere e proprie, ma a gruppi di "esperti", accomunati da modelli o conoscenze affini (Scarpari, 2010, p. 265 ). Gli "esperti del Dao" sarebbero quindi gli individui che padroneggiano le "tecniche" o "arti del Dao" (daoshu), definizione comune nelle fonti antiche. Più tardi, il responsabile della biblioteca imperiale Ban Gu (32-92), nel catalogare le opere per la com posizione del trattato bibliografico della storia dinastica degli Han, ri-
IL DAOISMO prenderà !' "etichetta" Daojia, includendovi il Laozi, lo Zhuangzi, testi attribuiti alla tradizione dell' Imperatore Giallo e opere di commento. Il termine diventerà quindi, per gli studiosi occidentali sino alla fine del xx secolo, sinonimo di una "scuola filosofica daoistà' che non è mai esi stita, neppure nella mente degli storici come Sima Tan o Ban Gu, che lo coniarono e applicarono per necessità tassonomica. Va anche ricordato che il giudizio certo non negativo relativo alla categoria Daojia nello Shiji, attribuibile a Sima Tan, può trovare spiegazione se si considera il fatto che questi era stato probabilmente iniziato alle stesse "tecniche del Dao" (Durrant, 199 5 . pp. s-8). Durante gli Han anteriori, la consapevolezza della necessità e della inevitabilità di un mutamento cosmico emerse nell'élite : sono i primi segni di un millenarismo, che pervaderà tutta la società cinese negli ulti mi anni del I secolo a.C., prima dell' interregno di Wang Mang, e poi nei decenni di agonia dell' impero degli Han posteriori, a partire dalla metà del II secolo d.C. Già l' imperatore Wu decise nel 104 a.C. di mutare il titolo di regno : dopo aver effettuato l'anno prima i grandi rituali jèng e shan sul sacro Monte Tai, egli volle inaugurare una nuova era, dando al suo regno il titolo Taichu, Grande Inizio, un termine peraltro non estraneo alla tra dizione delle arti del Dao. Ma la palingenesi di una nuova età dell'oro, invocata anche dai letterati di corte, non arrivò (Loewe, 1974 ) . Il tentativo di arrestare un declino ben più percepibile è riflesso nel mutamento del titolo di regno da parte del debole imperatore Ai (pe riodo di regno 7 - 1 a.C.), e nel titolo stesso di cui si insignì nel s a.C. : Chensheng Liu taiping huangdi, Imperatore della Grande Pace della San tissima Casata Liu. Appare qui quel termine taiping, "Grande Pace", che caratterizzerà lungo tutta la storia della Cina un ideale e al contempo una serie di movimenti di massa, volti alla realizzazione di un nuovo mondo e di una nuova condizione di uguaglianza. L' imperatore Ai, come il suo predecessore Cheng, aveva ricevuto l' influenza di un testo, diffuso a corte da Gan Zhongke, un personaggio originario di Qi (pro babilmente unjàngshi), in cui si prediceva la fine di un'era cosmica, e la necessità di rinnovare il mandato degli Han : la Scrittura della Grande Pace e della Preservazione dell' Origine secondo il calendario dei Fun zionari celesti ( Tianguan li baoyuan taipingjing). Il testo sarebbe stato il frutto di una rivelazione del Maestro della Sostanza Vermiglia ( Chijing zi), un Uomo Vero immortale (zhenren) inviato dall' imperatore celeste (e identificato come una manifestazione di Laozi nel Laozi bianhuajing
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del II secolo : cfr. Seidel, 1 9 6 9-70, p. 22.3). I tratti daoisti di questa vicen da sono evidenti, a partire dal concetto di scrittura rivelata, che diven terà assolutamente diffuso nelle correnti daoiste del periodo medievale (Seiwert, 2003, pp. 28-3 1 ) . Nel 3 a.C. u n altro movimento millenarista emerge nel Nord-Est del la Cina, stavolta con forti radici popolari. A seguito di una grave siccità, grandi masse si spostano nel paese, giungendo sino alla capitale, cantan do, ballando e invocando il prossimo avvento di Xiwangmu, la Regina Madre d ' Occidente. La figura di Xiwangmu è collegata al tema dell' im mortalità già nello Zhuangzi, e in testi del!' epoca dei Regni Combatten ti è legata alle lontane lande d ' Occidente e al sacro Monte Kunlun (cfr. CAP. s). Il movimento del 3 a.C. attesta certo la grande diffusione del suo culto, associato alla salvezza dalla morte, e a timori apocalittici di una fine del mondo determinata da una invasione di entità demoniache, gli « esseri con le pupille verticali» (ivi, p. 32). Non sappiamo molto di que sta vicenda, potendo come in altri casi riferirei unicamente alle poste riori (e non certo simpatetiche) registrazioni degli storici; ma la Regina Madre resterà un personaggio essenziale nelle fonti daoiste posteriori. Lo stesso breve regno di Wang Mang (9-23), che gli storici dipinge ranno con i tratti dell'usurpazione, è caratterizzato da aspetti millena ristici evidenti, che vanno dal nome dato alla nuova, effimera dinastia (Xin, "Nuova'') all'uso dei segni e portenti come prova del favore che il Cielo e le divinità accordavano al nuovo sovrano. La presenza di temi daoisti, come la nozione di immortalità, stato raggiunto attraverso pro cessi alchemici, è riflessa nelle fonti : Seguendo i consigli deljàngshi Su Luo, (Wang Mang) fece costruire ali' interno del Palazzo la Terrazza degli Ono Venri [ ... ] . Sulla sua cima, si suonava musica; conformandosi ai venri, si preparavano dei decorri, seminando i cinque cereali nella grande sala, ogni specie dei quali era orientata in base al suo colore. Que sti semi erano corri in una zuppa, in cui si trovavano midollo di gru, scaglie di tartaruga, corna di rinoceronte, giada, e più di venri alrri ingredienti; egli concava di orrenere, da un hu di cereali, più di una libbra d'oro, poiché si dice va che Huangdi aveva così, arrraverso i cereali, praticato I' arre del!' immortalità (Hanshu, cit. in Ngo van Xuyet, 1976, pp. 3 1 -2.). I primi segni del crollo dell'effimera dinastia Xin si intravedono nel 1 8 d.C., quando scoppia i l movimento d i rivolta dei Sopraccigli Rossi, che forse non casualmente prende le mosse da Langye, sito sacro nell'attuale penisola dello Shandong, legato da secoli proprio al culto degli Immor-
IL DAOISMO tali. A Langye Qin Shi Huangdi aveva fatto incidere nel 2I9 a.C. la pro clamazione della nuova era imperiale; qui si trovano nove importanti luoghi di culto dedicati alla suprema divinità stellare Taiyi; e sempre qui avverrà la rivelazione di una scrittura, il Taiping qingling shu (Libro della Grande Pace dai Capoversi Verdi) , legata all 'attesa messianica di un'era nuova (ivi, p. 33, nota 2). Intorno alla metà del II secolo, questo testo, rivelato a un misterioso personaggio chiamato Gan Ji, fu trasmesso alla corte Han. Si apriva un periodo contrassegnato da forti tendenze millenaristiche e apocalittiche (Stein, I963; Seidel, I 9 6 9-70 ). Durante i regni degli imperatori Shun e Huan (I 26-I 67), alcuni personaggi provenienti dali' area di Qi cercarono di convincere i sovrani a mutare il loro atteggiamento e a seguire una condotta virtuosa, per conformarsi all' ideale della Grande Pace. Uno di essi, Xiang Kai, compose un memoriale in cui troviamo fra l'altro ac cenno al fatto che a corte il culto alla diade Huang-Lao era associato a quello riservato a un nuovo nume giunto da Occidente : Buddha. Ma è anche sottolineato che, in realtà, Buddha non sarebbe altri che lo stesso Laozi, giunto in India nel suo viaggio a Occidente : Ho anche sentito che a palazzo sono state poste offerte a Huang-Lao e Buddha. Questo Dao ha a che fare con ciò che è limpido e vuoto, rispetta il non agire (wuwei), ama la vita e odia l'assassinio, riduce i desideri e abolisce le stravaganze. Ora, Vostra Maestà non ha abolito i desideri e le passioni, e applica eccessivamen te la pena di morte. Se voi violate il loro Dao, come potete aspettarvi di ricevere le loro benedizioni ? Si dice che Laozi giunse dai barbari e divenne il Buddha [ ... ] . Quando l e divinità celesti gli inviarono i n dono splendide fanciulle, i l Buddha disse: "Queste sono solo sacche di pelle piene di sangue". Le mandò via senza de gnarle di uno sguardo. Questo era il suo metodo per preservare l 'unità (shouyi), per mezzo del quale ottenne il Dao. Ora, Vostra Maestà possiede lascive fanciulle e splendide donne, le più attraenti bellezze al mondo, e il vostro cibo e le vostre bevande sono i più ricchi e deliziosi al mondo. Come potete sperare di essere come Huang-Lao ? (Hou Hanshu, cit. in Seiwert, 2003, pp. 34-5). Il tema della Grande Pace si ritrova in un testo giunto sino a noi, il Tai pingjing (Scrittura della Grande Pace). Non possiamo qui addentrarci nel la complessa problematica relativa all'analisi degli strati testuali di quest'o pera, che in buona parte non può esser fatta risalire all'epoca Han, ma al VI secolo. Il Taipingjing è stato definito come l'anello di congiunzione tra gli aspetti di un'antica religione popolare e le più tarde tradizioni daoiste (Hendrischke, 2006, p. 3): nel testo appare la fìgura di un inviato del Cielo, il tianshi (Maestro Celeste: un attributo che, come vedremo nelle prossime
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pagine, appare nella prima corrente organizzata visibile del Daoismo), il quale garantisce la salvezza dalla prossima fine del mondo a coloro, sudditi e regnanti, che seguiranno una serie di norme spirituali e morali. Il grande movimento noto come rivolta dei Turbanti Gialli, che scop piò nel decennio 1 7 3- 1 84, ancora una volta nelle regioni del Nord-Est, dando inizio alla decadenza finale degli Han, è stato spesso dagli storici occidentali definito come una sorta dijacquerie contadina, il cui unico scopo era l'aspirazione a una ridistribuzione delle terre. Questa inter pretazione, pur non necessariamente falsa, trascura i fortissimi elementi di continuità tra questo movimento, che nel corso di pochi anni sembra aver raccolto centinaia di migliaia di persone, e le dottrine millenaristi che in circolazione da almeno due secoli nella regione. L' interpretazione della storia come un succedersi di ere, ognuna lega ta al predominio di una determinata Fase, esposta da ZhangJiao (o Jue ), il leader dei rivoltosi, è un concetto familiare, che sembra risalire a Zou Yan e all'AccademiaJixia. Possediamo sui Turbanti Gialli solo il giudizio ovviamente negativo degli storici posteriori: ZhangJiao (o Jue) si chiamò Grande Saggio e Maestro Virtuoso. Egli venerava il Dao di Huang-Lao, e raccolse molti discepoli. [Insegnò loro i] rituali di prostra zione e confessione dei peccati, l'uso di acqua lustrale e delle formule per guari re dalle malattie. Poiché era molto abile nel guarire i malati, la gente del popolo credeva in lui. Jiao inviò otto suoi discepoli in tutte le direzioni per insegnare, e trasformare il mondo attraverso il buon Dao. Dunque [i suoi insegnamenti] furono trasmessi dall'uno all'altro, e le sue menzogne ingannarono [ il popolo] . In un decennio, la folla dei suoi seguaci raggiunse le centinaia di migliaia (Hou Hanshu, ci t. in Seiwert, 2 0 0 3 , p. 37 ). I Turbanti Gialli ricevettero questa denominazione perché portavano un tessuto giallo avvolto intorno alla testa: essi intendevano favorire l'avvento della nuova era del Cielo Giallo, contrassegnata dal predo minio della Fase Terra, a cui era legata la figura dell' Imperatore Giallo. Questo tema si ritrova nel Laozi zhongjing (Seri ttura del Centro di Lao zi), probabilmente dell' inizio del m secolo, in cui Laozi, assurto a divi nità cosmica, è considerato come posto al centro del Moggio del Nord (il Gran Carro dell ' Orsa Maggiore), e al contempo nella Corte Gialla, situata all'altezza dell'addome (Kohn, 2.oo 8a): Ho istruito 81 discepoli, che ho inviato tra il popolo come immortali protettori dei raccolti. Quanto a me [ ... ], apparirò sotto gli Han, in congiunzione con il
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IL DAOISMO periodo giallo. Quelli che mi vedranno conosceranno la grande fortuna! (Laozi
zhongjing, cit. in Schipper, 2.008, p. 106).
Il nuovo mondo avrebbe avuto inizio nell'anno contrassegnato dal se gno jiazi, che è il primo nel ciclo sessagesimale del calendario, cioè nel 1 84. Non è dunque difficile concludere che tale movimento "popolare" sia stato in realtà guidato e determinato dai Jangshi della regione del Nord-Est, che ancora una volta diffondevano il tema della Grande Pace: Via della Grande Pace ( Taiping dao) è in effetti secondo alcune fonti il nome dato al movimento (Seiwert, 2003, p. 37 ) . Le stesse attività tera peutiche svolte dai membri del movimento, che possono in parte giusti ficare le adesioni popolari di massa, trovano riscontro nel concetto che la malattia è il risultato dell' influenza di entità o forze sottili maligne, e in ultima analisi l'esito di peccati che possono risalire ai propri antenati, che solo colui che è dotato di conoscenza sacra può allontanare : un pun to che appare anche nel Taipingjing (ivi, pp. 3 8-9). Un altro elemento della dottrina dei Turbanti Gialli è la loro ade sione al culto di Taiyi, il Grande Uno, oggetto come abbiamo visto del rituale imperiale sotto l ' imperatore Wu. Questi aspetti sopravvissero quando il movimento fu soffocato dal generale Cao Cao, che in un pri mo momento aveva mostrato di associarsi ai suoi ispiratori : suo figlio Cao Pei, fondatore nel 220 del regno di Wei, una delle tre entità statali in cui si divise il territorio cinese al crollo degli Han, diede al suo primo periodo di regno il titolo di "Inizio Giallo" (huangchu) (Hendrischke, 2006, pp. 23-Ù Accanto ai temi millenaristici, e talora in congiunzione ad essi, va ri levato il vero e proprio processo di divinizzazione che coinvolse Laozi, personaggio come abbiamo visto tutt 'altro che definito storicamente, il quale era stato associato stabilmente al Daodejing solo dopo la metà del III secolo a.C. L' imperatore Huan ( 1 47-167) promosse il culto riservato a Laozi, ormai considerato come un nume, una manifestazione del Dao (Sei del, 1969, pp. 36-8 ) . Il Laozi bianhua jing (Scrittura delle trasforma zioni di Laozi), testo del II secolo un cui frammento è stato ritrovato a Dunhuang, ci fornisce un esempio di tale divinizzazione: È la sublime essenza della spontaneità, la radice del Dao; è padre e madre della dottrina, la radice del Cielo e della Terra, l'alto e il basso della scala della vita, il sovrano di tutte le divinità, primo antenato dello Yin e dello Yang, l'anima hun e po dei diecimila esseri, il vasaio e fondatore del Vuoto (primordiale) [ ... ] .
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Egli sostiene la Terra e tiene sospeso il Cielo [ ... ] . Nelle sue mani tiene il basto ne degli immortali, e le tavolette di giada con la scrittura in oro (ci t. in Seidel, 1969-70, p. 2.2.3). Un eloquente quadro di come Laozi fosse considerato nel II secolo d.C. si ricava dal Laozi ming, un' iscrizione in onore di Laozi risalente al 1 65, e composta in occasione di un sogno, in cui l' imperatore Huan aveva avuto la visione del saggio. Qui sembrano fondersi tre diversi livelli di lettura relativi a Laozi, visto come divinità cosmica celeste, come un tra scendente che è giunto all' immortalità suprema e non è più soggetto ai limiti temporali e, in quanto tale, come una figura che ha accompagnato i saggi sovrani sin dalla più remota antichità: Laozi era uno scriba negli archivi degli Zhou. Durame il regno del re You [fine
V III secolo a.C.], quando la regione dei Tre Fiumi fu scossa da un terremoto,
egli pensò che esso si rifletteva sul sovrano nello stesso modo in cui gli squilibri dello Yin e dello Yang avevano agito alla fine degli Xia e degli Yin [cioè degli Shang] . Kongzi [Confucio] nacque nel ventesimo anno del re Ling di Zhou [552. a.C.]. Nel decimo anno del re Jing [S3S a.C.], quando aveva 17 anni, stu diò i riti con Lao Dan [Laozi] . Calcolando la sua età, all'epoca Dan aveva già più di 2.00 anni [ ... ] . Alcuni hanno affermato che, 1 2.9 anni dopo la morte di Kongzi, il Grande Scriba Dan degli Zhou fosse Laozi, sebbene nessuno sappia la sua fine [ ... ]. La geme ne deduce [ ... ] che Laozi si separa da e si unisce al soffio (qi) in differenziato, circolando così attraverso l ' inizio e la fine insieme ai Tre Luminari [sanguang: Sole, Luna, stelle o i s pianeti visibili]. Egli osser va i fenomeni astronomici facendo profezie, salendo e scendendo dalle stelle del Moggio [l' Orsa Maggiore] [ ... ] . Egli misura e delinea il cammino dei Tre Luminari, con le Quattro Luci [quattro emblemi dei punti cardinali] al suo fianco. Egli visualizza e immagina i suoi Campi di Cinabro [zone energetiche sottili del corpo : cfr. CAP. 4], e il Grande Uno nella Camera Purpurea [zona del cervello]. Quando la Via è compiuta e il suo corpo si è trasformato, egli ri nasce come una cicala che si libera della pelle, e trascende il mondo. Dai tempi di Fu (Xi) e Shen(nong) [ ... ] , è stato il maestro di generazioni di saggi (cit. in Csikszemmihalyi, wo6, pp. 106-8). Il tema della "conversione dei barbari" (huahu) da parte di Laozi, echeg giato nel memoriale di Xiang Kai, ebbe grande successo nei primi seco li della diffusione della dottrina buddhista in Cina (Seidel, 198 4 ) ; nel Laojun yibai bashi jie (I 1 8 0 Precetti del Signore Lao), un'opera forse non posteriore al III secolo e originariamente connessa alla tradizio ne del Taipingjing, troviamo una rappresentazione di Laozi, definito
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Laojun, Signore Lao, come un essere immortale responsabile della tra smissione della Scrittura della Grande Pace: In origine, alla fine degli Zhou, durante il regno del re Nan [315-2.56 a.C.], il Dao della Grande Pace secondo gli insegnamenti della Grande Purezza fu rivelato per la prima volta. Laojun venne a Langye, e trasmise il Dao a Gan (Ji) [ ... ] . Al tempo del re You [2.38-2.2.8 a.C.] , Laojun, di ritorno dall'attività di insegnamen to ai barbari, entrò nella regione di Hanzhong; in seguito passò per Langye, e apparve a Gan Ji (cit. in Schipper, 1994, p. 66). La funzione di Laozi come ipostasi del Dao, e trasmettitore di verità ri velate, è ben chiara nella corrente dei Maestri Celesti (tianshi), che si può definire il primo esempio visibile di organizzazione "daoistà', con temi portanti che si ritroveranno nei secoli successivi. Il coinvolgimento delle masse nella dottrina e nella liturgia dei Maestri Celesti è talvolta anco ra oggi considerato come l'atto di nascita di un cosiddetto "Daoismo religioso", la cui distinzione dalla tendenza "filosoficà' dei testi antichi è anche l'esito distorto delle interpretazioni della storiografia ufficiale. Secondo la tradizione dei Maestri Celesti, il primo giorno del quin to mese del primo anno dell' Era Han'an dell' imperatore Shundi ( 1 42 d.C.), in una grotta del Sichuan una nuova apparizione di Laozi, definito "Signore Lao (o "Vecchio Signore") nuovamente manifestato" (Laojun xinchu ), e "Supremo Signore Lao" ( Taishang Laojun ), conferisce a Zhang Ling (detto anche Zhang Daoling), uno studioso del Dao, il titolo di Ma estro Celeste (tianshi) dei Tre Cieli, stabilendo l'avvento del Dao dell' U no Corretto e della Potenza dell'Alleanza (Zhengyi mengwei zhi Dao ). Se dobbiamo dar credito alle fonti della storiografia ufficiale, un ruo lo fondamentale nell 'organizzazione della corrente dei Maestri Celesti fu svolto dal nipote di Zhang Daoling, Zhang Lu. Questi sarebbe stato verso il 190 il vero creatore di una struttura sociale e amministrativa, ba sata su una suddivisione del territorio del Sichuan in 24 zhi, termine di solito tradotto con "diocesi". Ciascun zhi era messo in rapporto con una delle Cinque Fasi, con uno dei 24 periodi jieqi dell'anno (suddivisione già presente nel calendario Yueling), con le costellazioni, e con i segni del ciclo sessagesimale, in pieno accordo quindi con gli elementi della cosmologia correlativa (Robinet, 199 1, p. 64). Zhang Lu per tre decenni avrebbe di fatto controllato un regno indi pendente, in qualità di leader non solo religioso ma anche militare, sin quando l'ascesa di Cao Cao non lo avrebbe costretto a cedere il potere
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temporale in cambio della sopravvivenza del prestigio sacro della sua or ganizzazione ( Seiwert, 2003, pp. 41-7 ) . Anche in questo caso, le difficoltà nell ' interpretazione di un evento così fondamentale nella storia dei movimenti daoisti consistono nella natura delle fonti. Gli aspetti esteriori, storici e sociali, sono descritti so prattutto dalla storiografia confuciana, il cui giudizio è per lo più nega tivo ; quanto alle fonti appartenenti alla tradizione stessa, esse sono per lo più centrate sugli aspetti dominali. La stessa definizione del movimento dei Maestri Celesti come "Via dei Cinque Moggi di riso" ( Wudou mi dao) possiede accezioni oppo ste. La storiografia ufficiale, nel descrivere il contributo di cinque moggi ( circa 25 kg ) che ciascuna famiglia di aderenti doveva versare, definiva i suoi leader come "ladri di riso", poiché essi usurpavano ai suoi occhi la prerogativa statale dell'esazione delle imposte in cereali. Le fonti interne sottolineano invece che la colletta del riso si svolgeva durante l'ultima delle tre assemblee annuali (hui) dei fedeli, legate alla domina cosmo logica dei Maestri Celesti, che considerava i tre piani cosmici del Cielo, della Terra e delle Acque ( a cui corrispondevano le divinità dei sanguan, i Tre Funzionari ) : tali risorse di riso erano considerate come riserve col lettive in caso di carestia ( Schipper, 2008, pp. 1 27-8 ) . Indubbiamente, con la corrente dell' Uno Corretto (Zhengyi) ci tro viamo di fronte a una organizzazione liturgica evidente, nella quale la concezione di élite spirituale - la cui caratteristica individuale era evi dente nelle figure deifangshi ( personaggi iniziati a determinate tecniche, ma non certo leader di gruppi sociali più o meno estesi di individui ) si è per così dire "allargata" alle masse, o per lo meno ha costituito vari livelli di "perfezionamento spirituale". Ciò è dovuto anche alla contami nazione dei motivi più tradizionali ( quali la purificazione interiore, o la stessa divinizzazione di Laozi ) con aspetti probabilmente correlati al "fondo" della sacralità locale, come il tema della confessione dei peccati quale via di guarigione dalle malattie psichi che o fisiche, l ' importanza dei rituali comunitari, e infine riti particolari di natura sessuale, basati sulla "unione del qi" (heqi), che presentano forti analogie con le tradi zioni rurali Zhou presenti nell'antico Libro delle Odi ( Grane t, 1 9 9 0 ) , e che verranno sconfessati nel Daoismo posteriore. I leader spirituali che ricevevano un' iniziazione, come attestato già da una iscrizione su stele del 173 ( Kleeman, wo8a, pp. 9 84-5 ) , erano detti jijiu, "libatori", un titolo che resterà immutato per i secoli a venire, e che indicava da tempo i capi anziani delle comunità di villaggio. Potevano
IL DAOISMO accedere a tale ruolo (peraltro assolutamente non legato al celibato) sia gli uomini che le donne: una condizione paritaria piuttosto lontana dal la visione sociale confuciana. Il ruolo degli aspetti esorcistici nella dot trina Zhengyi è invece riflesso nel nome dei discepoli di livello inferiore : guizu, "soldati-demone", e nell' importanza data dalle fonti agli aspetti soteriologici, legati al destino post-mortem del defunto. I discepoli erano già in tenera età forniti di un registro (fu), in cui erano elencati i nomi delle forze sottili che li avrebbero protetti, in un rapporto di natura bu rocratica, ma anche quasi "militaresco", che resterà immutato nella storia del Daoismo (Schipper, 2008, p. 156). In realtà, il termine zhi non indicava tanto l ' intero territorio di una "diocesi", ma il suo centro vitale, per lo più posto su un ' altura sa cra, dove si svolgevano le tre assemblee comunitarie, eventi collettivi durante i quali i fedeli si trattenevano sul posto. Nei zhi si trovavano inoltre anche le famose "camere quiete" (jingshi) , semplici capanne destinate alla meditazione, santuari privati situati presso ogni fami glia di fedeli: Ciascuna casa stabilisce una camera quieta per il culto. Essa fornisce cinque moggi di riso come pegno di fede [ ... ]. Ogni anno, si deve partecipare alle as semblee. Il primo giorno del decimo mese lunare, ci si riunisce alla diocesi del Maestro celeste per rimettere il proprio contributo [ ... ] . La ragione per cui bi sogna riunirsi all' inizio del decimo mese [ ... ] è che il Soffio fondamentale del Grande yang (il sole) rinasce, conferendo così un (nuovo) destino e la vita (ai fedeli) [ ... ]. Non è consentito di portare derrate alimentari personali all' interno delle porte (della cinta) della diocesi, contaminando così la purezza dei luoghi ( Taizhen ke, cit. ivi, p. 1 2.9). Tra i rituali dei Maestri Celesti, ci è pervenuta attraverso il Wushang biyao, compilazione del VI secolo, la descrizione del tutan zhai, il "di giuno del fango e del carbone" (Maspero, 1 9 7 1 , p. 4 1 6 ) . Si tratta di un rituale di contrizione per la salvezza universale, in cui i praticanti, sporchi di fango e carbone, con le mani legate dietro la schiena e un pezzo di giada nella bocca come dei comuni criminali, attuano in tal modo una richiesta di perdono per le colpe commesse da tutti gli esse ri, dando infìne mandato ai propri "funzionari" interiori (cioè le forze divine che risiedono nel corpo) di portare tale preghiera alle divinità celesti. L'apparizione di Laozi a Zhang Daoling segna la provvidenziale sosti tuzione dei Sei Cieli, realtà ormai decaduta, dominio di un "qi vecchio,
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estinto" (gu qi), con la nuova realtà dei Tre Cieli santian; assistiamo a un vero e proprio cambio di paradigma, che trasforma i vecchi cieli in inferi. Eloquente la descrizione del Santian neijie jing (Scrittura della Esegesi esoterica dei Tre Cieli, v secolo): Fu al tempo dell' imperatore Shun [12.6-144] che l 'Altissimo (taishang) scelse un rappresentante mediatore-emissario, al fine di correggere il governo (delle divinità) dei Sei Cieli, in modo che vero e falso fossero separati, e che i soffi dei Tre Cieli fossero messi in evidenza in maniera netta. Il primo giorno del quinto mese lunare dell'anno ren-wu dell'era Han' an [l' u giugno 1 42] il Vecchio Si gnore (si recò) nella grotta della montagna Quting, nella commanderia di Shu, presso il daoista Zhang Daoling, per trasportarlo al Monte Kunlun, con lo sco po di inaugurare grandemente la nuova parusia dell'Altissimo. L'Altissimo gli disse : "Gli esseri umani di questo mondo non temono affatto [la potenza] vera e ortodossa, ma riveriscono gli spiriti defunti eterodossi". Per tal motivo, egli assunse il titolo di Vecchio Signore Nuovamente Apparso. In seguito, nominò Zhang Maestro dei Tre Cieli attraverso il soffio di pace Uno e Ortodosso del la grande capitale del mistero, e gli donò la via Una e Ortodossa dell'alleanza giurata con le potenze, investita dell'autorità del Vecchio Signore Nuovamente Apparso (Santian neijiejing, ci t. in Schipper, 2.008, p. 137 ). Questo mutamento epocale coinvolge la natura stessa del sacrificio : si tratta di un punto essenziale, che considera il tradizionale culto degli antenati come un impuro "paganesimo" basato su riti sanguinolenti in cui si sacrificano animali, e su un ormai nocivo contatto con le influenze sottili dei defunti: Il popolo non doveva darsi al disordine lascivo dei culti ai mani divinizzati degli altri. Facendo in modo che i mani dei defunti (gui) non bevano né mangino, che i maestri non ricevano denaro, non doveva esserci [ ... ] consu mo di vino e carni ( in occasione dei riti) per la guarigione dalle malattie. Le persone libere non erano autorizzate a rendere un culto ai genitori defunti della propria casata e famiglia se non nei cinque giorni della festa la [ ... ] . Quanto alle divinità diverse d a quelle della Vera Via della Legge Ortodossa dei Tre Cieli, esse appartenevano (ormai) tutte ai soffi estinti (Santian neijie jing, cit. in ivi, p. 1 3 8) . All'epoca degli Han, sorsero molte eterodossie, i soffi dei Sei Cieli furono più forti che mai [ ... ]. sciamani guaritori apparvero in gran numero, e tutti abban donarono il vero per seguire il falso, uccidendo gli animali domestici e prepa randoli come offerta insieme alle libazioni di vino agli spiriti defunti eterodossi (Santian neijie}ing. ci t. in ivi, p. 132).
IL DAOISMO Si può percepire in tutta la sua ironica profondità il paradossale man tenimento, da parte del Daoismo Zhengyi, del titolo di "libatore" per indicare i maestri di questa "alleanza pura" (qingyue), che durante il rito "non bevono né mangiano" (Kleeman, 20o 8a, p. 984): la rottura con l'antica tradizione sacrificale non potrebbe essere più netta. Nella nuova tradizione, il ruolo di intermediario con le forze dell ' in visibile non è più delegato allo sciamano o al responsabile del rituale agli antenati : ogni individuo che ha ricevuto l' iniziazione, e fa parte ormai di quel "popolo seme" (zhongmin) che sopravviverà alla fine dei tempi, gestisce attraverso il possesso di un registro di forze sottili il rapporto con l'altro mondo, e ha bisogno solo di un periodico rin novamento di questa "nuova alleanza", attuato attraverso le tre riunioni comunitarie annue. È la comunità dei fedeli "l' unica garante della redenzione" (Schip per, 2008, p. 159 ) , attraverso lo svolgimento dei rituali per i vivi e per i defunti. La rete delle diocesi, con la presa del potere da parte di Cao Cao, si sarebbe diffusa prima nella Cina del Nord, e poi, dopo l ' inva sione del Settentrione ad opera dei popoli nomadi (31 7 ) , in quel Sud che avrebbe visto la fioritura di grandi correnti dottrinali nei secoli del Medioevo. Più tardi, la tradizione Zhengyi, il cui centro si trovava dalla fine dei Tang sul Monte del Drago e della Tigre (Longhu shan ) , nel Jiangxi, avrebbe costituito uno dei due poli del Daoismo insieme alla corrente Quanzhen, mantenendo un ruolo essenziale soprattutto attraverso la formazione di scritture liturgiche, fondamento dei grandi rituali zhai e jiao. Attualmente, il 64 discendente di Zhang Daoling, tuttora Maestro Celeste, si trova a Taiwan (Chen Yaoting, 2008). o
Il Daoismo medioevale (m-VI secolo) Il crollo della dinastia Han nel 220 segna l' inizio di un periodo di circa 3 6 0 anni, in cui il territorio cinese si ritrova frammentato in differenti entità statali. Tale divisione a partire dal 3 1 7 diventa non solo di natura politica, ma etnico-culturale : a questa data risale l' invasione delle aree settentrionali del paese da parte di popoli nomadici, e la conseguente fuga a sud della corte cinese. Per due secoli e mezzo, la Cina resterà divisa tra un Nord controlla to da popoli appartenenti a culture tibetane, turco-mongole o tungu-
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se, talora attratti e influenzati dalla raffinata civiltà cinese al punto da accettarne in vari gradi i costumi e persino la lingua, e un Sud in cui si succedono dinastie cinesi di breve durata, che la storiografia posteriore considererà come uniche legittime detentrici del Mandato Celeste. Ma questo periodo, certamente caratterizzato da una forte instabilità politica, è anche la fase forse più importante per la storia dei movimen ti daoisti : in quest'epoca, nel Sud della Cina si mostrano sulla scena, infatti, due fondamentali correnti dominali, quella Shangqing e quella Lingbao, che si vanno ad aggiungere alla tradizione dei Maestri Celesti, importata dal Nord con la diaspora del 3 1 7, e a tutta l'eredità precedente fondata sul tema del!' immortalità come stato spirituale attingibile attra verso varie metodiche. L'affermarsi di queste tradizioni tra il IV e il VI secolo, il loro incon tro-scontro, e la relativa produzione di scritture sacre, forgerà tutto il movimento daoista posteriore : lo Shangqing resterà sino alla fine della dinastia Tang il "veicolo" dottrinale più elevato del Daoismo, e i suoi maestri saranno spesso in stretto rapporto con l'autorità imperiale; e il Lingbao costituirà un fondamentale nucleo per la formazione del corpus rituale daoista, quale è tuttora presente nella moderna attività liturgica. Un altro elemento importante in questo quadro storico è la diffusio ne in Cina della domina buddhista proveniente dall' India. Il Buddhi smo, penetrato in Cina gradualmente a partire dal I-II secolo, troverà uno slancio definitivo nel Nord attraverso la protezione dei sovrani di molti regni non cinesi, e nel Sud per mezzo dello sviluppo di corren ti che avranno accoglienza presso l'élite, prima di discendere agli strati meno elevati della società. Nel non breve processo che ha portato alla sua diffusione in territo rio cinese, il Buddhismo, tradizione straniera, ha dovuto indubbiamente subire un processo di "sinizzazione" i cui elementi daoisti, un tempo tra scurati dagli specialisti, sono oggi innegabili. Al contrario che in Occi dente, dove il Cristianesimo è riuscito ( con l'aiuto del potere temporale ) in tre secoli a sostituirsi al precedente "paradigma sacro" del Paganesimo greco-romano, il Buddhismo ( pur protetto talora ufficialmente dai so vrani ) non è mai riuscito a scalzare il Daoismo dal suo ruolo di esponen te ( certo d'élite ) dell'antico "fondo" della sacralità cinese. Il Buddhismo non si è mai o quasi mai appropriato per intero di quel la funzione di controllo e di canalizzazione delle istanze religiose locali e popolari, che i daoshi ( ''maestri del Dao" ) hanno svolto per secoli, non ha mai spezzato quel legame profondissimo, di natura sacra e rituale,
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che esisteva tra coloro che possedevano le scritture sacre rivelate, con i relativi registri (lu) e talismani lfu ), e le comunità locali, con le loro reti di luoghi santi. Indubbiamente il rapporto tra Buddhismo e Daoismo, soprattutto nei secoli cruciali di cui ci stiamo occupando, mostra elementi moltepli ci e complessi : presenza nelle scritture daoiste di prestiti dal Buddhismo di varia natura, dalla semplice adozione di stilemi formali all'uso di sin goli concetti o complessi di nozioni (Zi.ircher, 2007; Barrett, w o 8b) ; prestiti daoisti nella terminologia dottrinale dei primi testi sacri buddhi sti (sutra) tradotti dal sanscrito in cinese, e talora presenza di un culto congiunto al Buddha e alla diade Huang-Lao (come nel caso già descrit to dell' imperatore Huan); compresenza di temi daoisti e buddhisti nella produzione di vari intellettuali del IV secolo ; ingresso di nozioni chiave buddhiste, come il concetto di karma, e possibilità di armonizzazione o di conflitto con temi preesistenti come la spontaneità (ziran ), o la nozio ne di eredità sottile tra antenati e discendenti; teorie non prive di conse guenze polemiche, come la già descritta tradizione della conversione dei barbari (huahu ), che considerava il Buddha come un "travestimento" di Laozi, e la dottrina buddhista come una semplificazione adatta ai barba ri dell' insegnamento del Vecchio Signore ; parallelismi nella formazio ne di strutture clericali di monaci e monache celibi, un aspetto comu ne nel Buddhismo, ma assolutamente nuovo nel Daoismo (nato nel VI secolo nella Cina del Nord, come vedremo) ; influenza del Buddhismo nella formazione, o almeno nell'arricchimento, di una concezione del post-mortem (soprattutto nel Lingbao), in cui la forte burocratizzazione dell'oltretomba è però pienamente "cinese"; e ancora, influenza buddhi sta nella nozione di salvezza universale (un punto evidente nella dottrina del Grande Veicolo, che prevale in Cina), particolarmente presente nel canone della tradizione Lingbao. Ma anche qui, tale nozione è sempre "in salsa cinese", coinvolgendo gli antenati defunti e la corrispondenza tra l'uomo e il cosmo, propria del pensiero cosmologico correlativo (Ro binet, 199 1, pp. 154-6 ) . Nessuna trattazione relativa alle correnti daoiste del periodo medie vale può ignorare il ruolo a un tempo ricapitolativo e fondativo svol to da Ge Hong e dalla sua opera. Ge Hong ( 283-343 ) , originario di un villaggio vicino alla città di Nanchino, faceva parte di una famiglia che per generazioni aveva fornito funzionari alle corti. Egli fu discepolo in giovane età di Zheng Yin, un maestro daoista, ma quando questi decise di ritirarsi sul Monte Huo, non lo seguì, iniziando la carriera ufficiale.
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Ge Hong tuttavia, a giudicare dalla sua stessa autobiografia contenuta nel capitolo finale della sua opera principale (Che, 1999, pp. 3 1 - 5 1 ) , non rinunciò a cercare nuove fonti di insegnamento : egli si recò nell'estremo sud del paese, nella regione di Canton, dove cercò di conciliare il ruolo di funzionario con l'aspirazione alla conoscenza. Negli ultimi due anni della sua permanenza nella zona, si ritirò sul sacro Monte Luofu, dove seguì l' insegnamento di Bao Jing, un alto funzionario che venti anni pri ma aveva trovato sul Monte Song un testo sacro, il famoso Scritto dei Tre Augusti (Sanhuang wen: i sanhuang sono i sovrani divini del Cielo, della Terra e dell' Uomo). Nel 3 1 4, infine, tornò al suo luogo natio, dan do inizio alla compilazione della sua opera principale : il Baopuzi. Infine, allo scopo di continuare le sue ricerche sulle sostanze alchemiche, otten ne un posto da funzionario ancora più a sud, in una zona dell'attuale Vietnam settentrionale ; ma egli non vi giunse mai, poiché si fermò nuo vamente sul Monte Luofu, dove secondo alcune fonti avrebbe lasciato questo mondo attraverso la tecnica daoista detta shijie ("liberazione dal cadavere") (Pregadio, 20o8b ). Tale metodo, in cui il cadavere del daoista viene sostituito da una spada, sarebbe stato in possesso di uno dei suoi maestri, Bao Jing (Robinet, 1991, p. 87 ). Il significato del titolo dell'opera di Ge Hong è: Maestro (zi) che ab braccia la Semplicità ( baopu ), un riferimento evidente al concetto illu strato nel Laozi attraverso la figura del "legno non lavorato" (pu) (cfr. CAP. 3). Il Baopuzi è diviso in due sezioni, nei e wai: la prima può essere definita "esoterica" o interna, mentre la seconda, riservata alle "teorie dei letterati" (rushuo ), è "essoterica" o esterna. Ge Hong è l'ultimo deposita rio di fonti dottrinali fondamentali: discende da una famiglia con forti contatti con la dottrina daoista, e dichiara di essere stato discepolo di un maestro che aveva appreso le arti del Dao dal suo stesso prozio, Ge Xuan (metà III secolo), il quale a sua volta aveva seguito gli insegnamenti di unjàngshi attivo alla corte di Cao Cao. Ge Hong descrive la ricchissima biblioteca di testi daoisti del suo maestro Zheng Yin, di cui fa peraltro l' inventario (opere purtroppo per lo più andate perdute). Inoltre, egli eredita anche da Bao Jing la conoscenza di altre scritture sacre : il già cita to Sanhuang wen, e il Cartiglio della Forma Autentica dei Cinque Picchi ( Wuyue zhenxing tu), talismano indispensabile per poter accedere a quel mondo liminale tra Cielo e Terra che sono le montagne sacre. Questi testi presentano una visione cosmologica strettamente basata sulla cor relazione delle Cinque Fasi, nonché sul sistema temporale simbolico su cui si basa la calenderologia (ivi, pp. 87-8). Tale struttura diventerà con
IL DAOISMO la corrente Lingbao il quadro di riferimento per tutta la tradizione ri tuale daoista. Nel CAP. 4 tratteremo due aspetti particolarmente correlati alla trat tazione esposta nel Baopuzi: le tecniche per raggiungere l' immortali tà, in particolare l'assunzione di particolari sostanze vegetali o di altra natura; e l'alchimia. Qui ci limitiamo a sottolineare una fondamentale funzione del Baopuzi: Ge Hong ci ha lasciato più di w o titoli di opere, e delle note al riguardo che hanno permesso agli studiosi di ricostruire al meno in parte il quadro delle tradizioni sacre della regione meridionale della Cina (il ]iangnan) nel periodo chiave tra il III e il IV secolo. Sembra di poter isolare in questo quadro almeno tre linee : 1) un in segnamento che risalirebbe alle scritture rivelate del Sanhuang wen e del Wuyue zhenxing tu (ritrovate in Cina centrale). Va sottolineato che, da ciò che afferma lo stesso Ge Hong, tali testi avrebbero una funzione essenzialmente talismanica; 2 ) la corrente alchemica Taiqing (Grande Purezza), che sembra costituire una prima forma strutturata di "alchi mia esterna'', dalle radici comunque risalenti agli Han (cfr. CAP. 4); 3) le pratiche di alta meditazione fondate sulla tecnica definita del "preser vare l ' Uno" (shouyi). Già qui abbiamo una definizione del processo di visualizzazione interiore dell' Unità, o delle sue ipostasi, che si ritrova nella corrente daoista Shangqing, nata alcuni decenni dopo la morte di Ge Hong (cfr. CAP. 4). Una ulteriore categoria, considerata tuttavia di li vello inferiore, un"'arte minore" (xiaoshu ), include tutta una serie di pra tiche psico-fisiologiche, alimentari, sessuali ecc., tese al prolungamento della vita e alla longevità (Pregadio, w o 8c). Con la tradizione della Suprema Purezza (Shangqing), il Daoismo mostra quella capacità di dar vita a nuove, robuste ramificazioni da radi ci preesistenti, che gli permetterà di mantenere la sua straordinaria vita lità (Strickmann, 1 9 8 1 ; Robinet, 1 9 84a; 1 9 84b ; 1991, pp. 1 1 9-49 ). La corrente Shangqing viene fatta risalire a una serie di rivelazioni, trasmesse a Yang Xi (330- 3 8 6 ) tra il 364 e il 370 da una serie di numi definiti ''Autentici" (zhen ), e soprattutto da Wei Huacun, una maestra daoista e "libatrice" (jijiu) dei Maestri Celesti, defunta da trent'anni. Di Yang Xi sappiamo solo che era al servizio degli Xu, una influente fami glia di notabili meridionali, da lungo tempo in stretti rapporti con la fa miglia di Ge Hong. Sin dagli esordi, la tradizione della Suprema Purezza mostra quindi due elementi da non sottovalutare : il rapporto con il Da oismo dei Maestri Celesti, e la relazione con gli ambienti riconducibili alla famiglia di Ge Hong e alle sue antiche connessioni daoiste. Il pri-
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mo elemento è spesso trascurato, poiché la dottrina e le stesse pratiche Shangqing si distaccano da quelle Zhengyi ; ma il fatto che Wei Huacun sia la principale "iniziatrice" di Yang Xi secondo le scritture Shangqing mostra il riconoscimento della piena ortodossia della corrente dei Mae stri Celesti, che in quegli anni era giunta a diffondersi pienamente nelle regioni meridionali. Sul secondo elemento, sebbene i testi Shangqing releghino gli immortali xian e la stessa figura di Ge Xuan, prozio di Ge Hong, in secondo piano rispetto alle nuove entità numinose, la connes sione con gli ambienti vicini alla famiglia di Ge Hong può essere riflessa nell' importanza data dalla Suprema Purezza alle nozioni della "preser vazione dell' Uno" (shouyi), e della visione triadica dell' Unità (i sanyuan, i Tre Originari), riflessa nei tre punti focali del microcosmo umano (si veda il CAP. 4). I testi rivelati a Yang Xi erano destinati proprio alla famiglia Xu ; non si può al riguardo parlare di "scritture medianiche", poiché questo ampio corpus dottrinale (34 titoli, una buona parte dei quali ancora presente nel Canone Daoista : Robinet, 20o 8a, pp. 859-60) era caratterizzato da uno stile letterario molto elevato, e da un contenuto estremamente com plesso : elementi che favorirono il successo e la diffusione delle scritture della Suprema Purezza presso l'élite del Sud. Lo Shangqing si poneva come una rivelazione superiore alle dottri ne precedenti: un aspetto riflesso nella prima sistematizzazione delle scritture daoiste in tre gruppi, detti "Tre Caverne" (sandong), in cui i testi Shangqing saranno elencati per primi. Questo prestigio si deve an che all'attività di una delle più grandi figure del Daoismo medievale: Tao Hongjing (456- 5 3 6 ) , considerato il nono patriarca della tradizione Shangqing. Figura di erudito, letterato, calligrafo, alchimista ed esperto di farma copea, Tao Hongjing nacque presso Nan chino da una famiglia che aveva avuto rapporti sia con gli Xu che con i Ge. Egli ebbe il grande merito di ricuperare almeno in parte le scritture rivelate a Yang Xi, il cui stesso prestigio era stato causa in più di un secolo di una lunga serie di vicissi tudini: dispersione, distruzione e produzione di falsi testi sacri. Uno dei criteri base per il riconoscimento delle opere autentiche fu l'eccezionale, quasi soprannaturale stile calligrafico in cui Yang Xi le aveva trascritte : e nessuno come Tao Hongjing, esperto calligrafo, era più indicato per svolgere la funzione di giudice. L'opera compilativa da lui terminata nel 499, lo Zhen 'gao (Dichiarazioni degli Autentici), è un monumento agli
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sforzi di colui che può ben dirsi il fondatore dello Shangqing come mo vimento destinato a durare nei secoli. Tao Hongjing riuscì a mantenersi distante dai rischi della partecipa zione alle lotte politiche del tempo, pur restando in realtà in contatto con i potenti, il cui rispetto nei suoi confronti era dettato dalla sua illi mitata erudizione (Espesset, 2008 ). Egli fu già durante la dinastia dei Qi meridionali, quando doveva avere venticinque anni, tutore della princi pessa imperiale; nel 492, si ritirò per dieci anni sul Monte Mao (nell'at tuale provincia del Jiangsu, non lontano da Nan chino), che doveva di venire il picco sacro della tradizione della Suprema Purezza per i secoli a venire. Fu sul sacro monte che Tao portò a termine il processo di analisi delle scritture rivelate Shangqing, e la serie di annotazioni che avrebbero formato il Zhen 'gao: un'attività supportata dal sovrano dei Qi. Il prestigio di Tao Hongjing fu tale, che egli non fu sfiorato dai due decreti anti-daoisti emanati nel 504 e nel 5 1 7 dall' imperatore Wu della nuova dinastia Liang, fondata nel 502. L' imperatore, fervente buddhista (ma seguace dell'alchimia), si recò più di una volta sul Maoshan, consi derando Tao come consigliere personale. Il monte, che all'epoca di Tao Hongjing accolse nei suoi rifugi daoisti (guan) sia discepoli uomini che donne, era già in quel periodo sito sacro anche ai buddhisti; lo stesso Tao, secondo alcune fonti, fu in stretto rapporto con esponenti della dottrina buddhista. Nel CAP. 4, tratteremo alcuni aspetti fondamentali della tradizione della Suprema Purezza, come le tecniche di meditazione e di visualizza zione, e la natura a un tempo interiore e cosmica del pantheon, e accen neremo anche ad alcuni sviluppi della dottrina in epoca Tang. Ci limi tiamo quindi qui a delineare alcuni elementi chiave. Lo Shangqing pone al centro della dottrina il concetto di immorta lità; ma si tratta di una immortalità espressa (forse per la prima volta in modo così evidente) come il risultato di una condizione spirituale, non di tecniche "esteriori" fondate sul concetto di "nutrimento della forza vitale" (yangsheng) , o sulle pratiche alchemiche. Se lo stato di immorta lità coinvolge il corpo, si tratta di un corpo ormai "sottile", in cui i motivi della libertà degli Immortali, dei loro viaggi nello spazio e oltre di esso, sono interiorizzati in una visione che annulla ogni confine. Il discepolo Shangqing esegue pratiche di meditazione strettamente individuali, basate su scritture rivelate oggetto di una rigorosa trasmis sione iniziatica. Sia il primo che il secondo elemento distanziano la cor rente dai Maestri Celesti; in particolare, le scritture (jing) , più ancora
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che il maestro, sono i veri intermediari tra l'umano e il divino, la fonte unica in cui sono codificate le tecniche che devono condurre il discepolo lungo la strada che porta all'unione con il Dao. Nello Shangqing, le divinità cosmiche sono presenti anche all' inter no del corpo, e l'ascensione celeste si rivela l'altra faccia del viaggio in teriore. L'unione finale, l' identità suprema con il Dao, è tutt 'uno con lo stato di immortale : nel linguaggio mistico dei testi Shangqing, ritrovia mo l'antica tradizione della discesa delle divinità nel ricettacolo umano, presente nella cultura di Chu e in antiche scritture come il Neiye, ma at traverso una metodica codificata del tutto nuova, fondata su una sorta di geografia sottile del corpo, e su un percorso individuale che il discepolo intraprende nella sua camera di meditazione. Il tema della "discesa" delle forze spirituali nell'uomo è riflesso an che nel termine che designa l'altra grande corrente daoista, e il relati vo corpus scritturale, nati nel periodo medievale : il Lingbao (Gioiello Numinoso) . Il termine ling si riferisce a un'entità numinosa, e al contempo alla forza che ne è espressione (il suo mana, per usare un termine proprio alle culture del Pacifico) ; bao (letteralmente "gioiello"), all'oggetto o essere in cui tale forza discende (Kaltenmark, 1 9 6 0 ; Seidel, 1 9 8 1 ; 1 9 83). Questa nozione sembra essere molto antica, poiché appare in numerose fonti di epoca Zhou, dove si descrivono oggetti sacri, veri e propri palladia considerati come espressione del Mandato Celeste e del riconoscimento alla casata regnante. Ma, seppure con un altro sinogramma bao (omofono dell'altro), ling bao indicava nella Cina antica (Principato di Chu) anche le sacerdotesse o sciamane che durante il rito venivano "possedute" dalla divinità. Il ter mine si configurava, nella speculazione posteriore, come una espressio ne del rapporto tra Cielo/maschile/attivo e Terra/femminile/passiva. Il concetto del "ricettacolo del sacro" si sarebbe infine diffuso attraverso la tradizione degli apocrifi chenwei, una serie di testi considerati eterodossi dall'uffìcialità, e invece ritenuti dall'ambiente responsabile della loro tra smissione come espressione del messaggio celato dei classici. In partico lare ebbero importanza gli scritti talismani ci o diagrammi, come i famosi Hetu (Cartiglio del Fiume Giallo) e Luoshu (Libro del Fiume Luo ). Il termine Lingbao è legato alla tradizione scritturale daoista omo nima attraverso un suo testo base, la Scrittura dei Cinque Talismani del Gioiello Numinoso (Lingbao wujujing), che oggi sopravvive solo in par te nel Lingbao wuju xu (Introduzione ai Cinque Talismani del Gioiello
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Numinoso ) , contenuto nel Canone Daoista; il testo originario sarebbe un'opera legata agli apocrifi chenwei, in cui appare la ripartizione co smologica in cinque settori spazio-temporali, correlati alle Cinque Fasi, propria del successivo corpus Lingbao. Il Lingbao wuju xu oggi esistente è formato probabilmente da dif ferenti strati testuali, composti tra la fine del III e l' inizio del v seco lo ( Raz, 20 0 8 ; Yamada Toshiaki, 1 9 8 9 ) . Nel primo capitolo, il testo si descrive come oggetto di rivelazione, trasmesso prima agli imperatori mitici Di Ku e Yu, poi riscoperto nelle grotte presso il Lago Dongting, e presentato infine a Helii, sovrano del principato di Wu ( periodo di re gno : 5 1 4-496 a.C. ) . Segue una parte sui nomi segreti dei Cinque Impera tori, e sui Cinque Talismani sacri ad essi correlati, nonché sulla pratica di assorbimento dei "cinque germogli" del soffio sottile qi. Nel suo Baopu zi, Ge Hong attribuisce ai talismani dei Cinque Imperatori il potere di prevenire la morte. Con tutta probabilità, le nozioni presenti in questa parte devono risalire agli ambienti deifongshi del Nord-Est della Cina, e alla letteratura chenwei degli apocrifi. Se il secondo capitolo comprende un trattato sulle sostanze vegetali che favoriscono la longevità, la terza parte riprende il rapporto tra i Cin que Imperatori e i corrispondenti talismani, in quella che è una prima descrizione del rituale noto comejiao, ancora oggi effettuato dai Maestri Celesti, in cui la creazione dell'area rituale è legata alla collocazione dei talismani ( cfr. CAP. 5 ) . Nel Wupian zhenwen chishu ( Scritto Autentico composto in rosso in Cinque Tavole ) , testo Lingbao ancora presente nel Canone, si ritro va traccia del mito fondativo della corrente, che risalirebbe a cinque ta lismani rivelati, messi in collegamento con i Cinque Picchi sacri della Cina, dove sarebbero rimasti celati per un tempo indefinito prima di es sere trasmessi ai meritevoli dal Supremo Signore Lao ( Taishang Laojun ) , che a sua volta li ha ricevuti dalla suprema divinità Lingbao, Yuanshi Tianzun, il Venerabile Celeste dell' Origine Primordiale : da notare il carattere zun, "venerabile", comune nella designazione delle icone del Buddha, che sostituisce wang, "sovrano", presente nel nome del supremo ente trascendente Shangqing, Yuanshi Tianwang. Una buona metà delle scritture Lingbao esistenti sarebbe di origine rivelata; ma secondo gli studiosi moderni, in realtà i testi sarebbero stati composti da Ge Chaofu, un discendente di Ge Hong, nel giro di pochi anni, tra il 397 e il 40l, componendo una sorta di patchwork in cui coesistono ( non sempre armoniosamente ) le dottrine mistiche
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dello Shangqing, il contenuto dei testi cosmologici presenti nella bi blioteca della famiglia Ge, e infine un buon pizzico di Buddhismo (Bo kenkamp, 1 9 8 3 ) . Con i l Lingbao, l'aspetto individuale delle pratiche realizzative, così evidente nella corrente della Suprema Purezza, tende ad essere meno evi dente, a vantaggio degli elementi liturgici, dove la recitazione del testo sacro è primaria, e appare il tema della salvezza di tutti gli esseri, in cui è possibile avvertire la presenza di un' influenza del Buddhismo del Gran de Veicolo. La salvezza collettiva è espressa in testi come il Duren jing (Scrittura sulla Salvezza degli uomini), il cui fulcro è la rivelazione dei nomi se greti dei cieli e delle entità divine che li abitano, pronunciata all' inizio dei tempi da Yuanshi Tianzun, e poi "riattualizzata" dagli uomini che aspirano alla salvezza, che la recitano salmodiandola, e ripetendola nelle cinque differenti direzioni dello spazio. La recitazione della Verità suprema da parte della divinità è un ele mento molto diffuso nei sutra buddhisti, particolarmente evidente nella dottrina della Terra Pura, ben accolta dall'élite erudita del Sud nel v se colo ; ma la salvezza così ottenuta mostra però un elemento certamente cinese nel suo essere estesa anche agli antenati defunti: abbiamo qui un punto essenziale, che giustifica la creazione della liturgia daoista per i defunti (zhai). In quest'ambito, va rilevato il grande ampliamento subito nei testi Lingbao dalle trattazioni sugli Inferi, un concetto in precedenza certa mente meno sviluppato. La stessa cosmologia presenta talora un aspetto "misto", in cui la ripartizione dello spazio-tempo nelle cinque categorie delle Fasi si accompagna a una lettura di origine buddhista, come la di visione in dieci settori, otto sul piano orizzontale, due (zenith-nadir) sul piano verticale. Il Lingbao definisce 32 cieli, distribuiti in gruppi di 8 nei quattro settori cardinali, e divisi nei tre stati (di origine buddhista) del desiderio, della forma e dell' informale (yu, se, wuse). I cieli circonda no una immensa montagna cosmica, il Monte della Capitale di Giada ( Yujing shan ), che si trova nel Cielo supremo Daluo, residenza dei Tian zun, i Venerabili Celesti (Bokenkamp, 20o 8a, pp. 666-7 ) Infine, la concezione ciclica del mondo, soggetto a ricorrenti apoca lissi, può essere certamente frutto della diffusione dei concetti buddhisti relativi ai periodi cosmici (kalpa) ; ma non dobbiamo dimenticare che tali tematiche non sono affatto estranee alla Cina: basti pensare ai mo vimenti e alle correnti dell' inizio dell'era volgare, anch'essi basati sulla .
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nozione tradizionale della successione delle Cinque Fasi, che abbiamo descritto nel precedente paragrafo. Lu Xiujing fu responsabile nel 437 della diffusione e della sistematizza zione in un vero e proprio catalogo (il Lingbaojingmu) delle scritture Lin gbao, che egli divise in "vecchie" (rivelate dai Venerabili Celesti) e "nuove" (trasmesse a Ge Xuan per lo più da altri personaggi, come Laozi o Zhang Daoling, fondatore dei Maestri Celesti). Personaggio di grande spessore e influenza, con rapporti con l'autorità imperiale, Lu si stabilì per molti anni sul Monte Lu, dove si trovava anche il famoso Monastero del Boschetto Orientale, costruito dal monaco buddhista Huiyuan (334-416), fondatore della corrente della Terra Pura. A Lu si deve la produzione di numerosi te sti normativi sul rituale daoista, oggi perduti, ma abbondantemente citati nei periodi Tang e Song, di grande impatto sulla formazione della strut tura liturgica del Daoismo. Inoltre, Lu è stato apparentemente il primo ad aver catalogato le scritture daoiste esistenti all'epoca, introducendo quella divisione dei testi in Tre Caverne o Arcani (sandong) che costituirà anche la base del Canone Daoista di epoca Ming, giunto sino a noi. Le Tre Caverne sono, in ordine spirituale decrescente : 1) Dongzhen (Caverna del Vero) , in cui rientrano le scritture del corpus Shangqing (Suprema Purezza) ; 2) Dongxuan (Caverna del Mistero), contenente i testi Lingbao (Gioiello Numinoso) ; 3) Dongshen (Caverna Numino sa), collegata alla tradizione Sanhuang, di cui fa parte il Sanhuang wen (Scritto dei Tre Augusti) citato come abbiamo visto da Ge Hong. Re sta difficile stabilire se questa suddivisione avesse precedenti testuali, e attraverso quali fasi sia stata introdotta una tripartizione fondata sulla differenziazione del livello spirituale delle scritture delle varie correnti (Boltz, 20o8a). Un ultimo, importante fenomeno che vale la pena di registrare in questo così ricco periodo storico è la nascita di un vero e proprio mo nachesimo daoista, con Kou Qianzhi (365 ?-448), il quale visse e ope rò nel Nord, durante la dinastia dei Wei settentrionali (Mather, 1979; Kohn, 20o8b). Figura di aristocratico, vicino ai sovrani (il fratello fu governatore provinciale), egli si ritirò in meditazione sul sacro Monte Song, dove secondo i suoi scritti avrebbe ricevuto per due volte la visi ta di Laozi. In particolare, nel corso della sua prima apparizione, Laozi avrebbe rivelato a Kou il "nuovo codice" (xinke), la nuova via che i da oisti dovevano seguire, da lui espressa nell'opera Laojun yinsongjiejing. Nel 424, Kou si recò a corte, dove trovò la piena collaborazione del sovrano nell'attuare il suo progetto di "purifìcazione" del Daoismo, che
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divenne sotto i Wei una vera e propria teocrazia, con maestri ordinati in istituzioni locali, più agevolmente controllabili dalla capitale. Egli si at tribuì il titolo di Maestro Celeste, nel tentativo di riformare la struttura liturgica daoista, e di ridurre l' influenza dei maestri "libatori" ereditari, che avevano un rapporto molto stretto con le strutture sociali locali. Il controllo centrale sui daoisti, attraverso il culto di corte, avrebbe fatto nascere i primi monasteri alla fine del v secolo, detti guan, termine che rimanda agli osservatori astrologici (Schipper, 2008, pp. 1 8 8-92). Lo stesso imperatore fu ordinato nel 440, data in cui fu proclamato il nuo vo titolo di regno, Taiping zhenjun (Vero Signore della Grande Pace) . La morte di Kou Qianzhi determinò il rapido smantellamento di un sistema teocratico, in cui il sogno dell' ideale della Grande Pace si era paradossal mente congiunto alla visione di uno Stato ben ordinato, ma gerarchico. I sovrani Wei, come peraltro anche altri leader dei regni settentrionali di origine non cinese, erano più che ben disposti verso una dottrina che po teva renderli interpreti supremi di un messaggio sacro : nel loro rapporto con il Buddhismo, altri imperatori della dinastia avrebbero assunto il titolo di Cakravartin, monarca universale, proteggendo ufficialmente la dottrina buddhista. L'utilizzazione dei daoisti come esperti nei rituali di legittimazione imperiale fu peraltro ripetuta da altri sovrani dei regni settentrionali, fino alla fine del VI secolo (Robinet, 1991, pp. 79-8 1 ) ; un aspetto, come vedremo, ripreso dalle dinastie successive.
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Storia del Daoismo II: dai Tang all 'era contemporanea La norma che rende norma la norma in origine non ha norma, il vuoto che rende vuoto il vuoto non è affatto vuoto. Wuzhen pian
Ereditare e sviluppare la raffinata tradizione daoista sotto la leadership del governo del popolo. Linee guida del! 'Associazione Daoisra Cinese
Il Daoismo Tang ( 61 8-907 ) : potere della sintesi, sintesi al potere Il territorio cinese fu infine riunificato dalla effimera dinastia Sui (5816 1 8 ) . I sovrani Sui sono di solito ricordati come protettori del Buddhi smo ; ma nel 591 l'attività di restauro del santuario daoista posto a Bozhou, considerato come il paese natale di Laozi, fu sponsorizzata dall' imperatore e completata da una iscrizione che presenta molte simi litudini con quella patrocinata nel periodo Han dall' imperatore Huan, da noi citata in precedenza: anche qui, Laozi è visto come una entità numinosa, che provvede ad aiutare i sovrani virtuosi a realizzare l' ideale di taiping, la Grande Pace (Kirkland, 2004, p. 149). Ai Sui seguì la dinastia Tang ( 618-907 ), che può essere considera ta rappresentante di una seconda "età aurea" della civiltà cinese, dopo il periodo Han. Sotto i Tang, la Cina rinnovò e ampliò i contatti con il mondo circostante : furono ripresi i rapporti con l'Asia centrale, fino all' Iran e oltre (sappiamo di alcune ambascerie provenienti da Bisanzio), e il sistema amministrativo e legale Tang fu imitato dalle casate regnanti in Corea e in Giappone. Il carattere universalistico ed ecumenico della dinastia Tang trova un riflesso nella unitarietà espressa dalla dottrina daoista in questi secoli così importanti. Ciò si riflette nella nuova accezione, nata in questo pe riodo, di "Dottrina o insegnamento del Dao", cioè quel termine Daojiao fino a poco tempo fa identificato dagli studiosi moderni con un Daoi-
IL DAOISMO smo "religioso" opposto alle antiche scritture "filosofiche" del Daodejing e dello Zhuangzi, e invece coniato con tutta probabilità anche per porsi con chiarezza distintiva di fronte alle altre dottrine : Fojiao, la dottrina del Buddha, e Rujiao, la dottrina dei ru, identificati ormai in quest 'epoca con i letterati confuciani (ivi, p. 90 ) . In questo quadro, fu determinante la costruzione dottrinale e testuale creata attraverso la definizione delle "Tre Caverne" (sandong) da Lu Xiujing nel v secolo, e la struttura litur gica e teorica della corrente Lingbao. Una prima tappa di questo processo di integrazione in un unico siste ma delle differenti tradizioni testuali medievali è rappresentata dalla fa mosa enciclopedia daoista intitolata Wushang biyao (Princìpi Essenziali del Supremo), un monumentale elenco di citazioni da più di cento testi (in buona parte Shangqing e Lingbao) compilato tra il 577 e il 588, frut to di un progetto voluto dal sovrano dell'effimera dinastia degli Zhou settentrionali, che intendeva servirsi del Daoismo come di una dottrina che favorisse l'unificazione del paese (Lagerwey, 1 9 8 1 ) . Nella visione di molti studiosi, il Daoismo è stato definito come un fenomeno culturale profondo della civiltà e della società cinesi, ma di natura "marginale". Una grande sinologa come Anna Seidel ha espresso questa idiosincrasia daoista per la partecipazione agli aspetti "visibili" del potere, definendo il Daoismo la « religione non ufficiale della Cina » (Seidel, 1 9 9 5 ) . Ma bisogna intendersi sulle etichette : la stessa studiosa ha sottolineato la presenza fondamentale di figure daoiste alla corte Tang, e l' inserimento dei testi sacri daoisti nel curriculum degli esami ufficiali, voluto dall' imperatore Tang Xuanzong (periodo di regno : 7 1 2-756 ) . Altrove, Anna Sei del è giunta a definire il Daoismo come la forza che « tenne assieme il vasto impero cinese » (Seidel, 1 9 83, p. 370 ) , una reli gione che potrebbe essere definita « come una proiezione nel mondo invisibile dell'antica mitologia imperiale » (ivi, p. 3 6 8 ) . Dunque, una religione derivante da un fondo mitologico legato alle origini sacre del potere assoluto, e allo stesso tempo "non ufficiale", cioè non "di Stato". Non è certo questo l'ambito per discutere tale pur brillante interpre tazione. Ci limitiamo a sottolineare solo che, se per l'epoca Tang il ruolo e il coinvolgimento alla corte di numerosi maestri daoisti sono indubita bili (così come la loro influenza sui sovrani), il desiderio da parte dell ' au torità assoluta di ricevere legittimazione dottrinale e rituale da "esper ti del Dao" risale al primo periodo imperiale Qin-Han ; in precedenza dobbiamo ricordare durante la dinastia Zhou il ruolo fondamentale dei fongshi alla corte dei Qi, e di almeno una parte del gruppo di difficile
STORIA DEL DAOISMO II definizione dei wu, presente alla corte Zhou e nelle corti di principati come Chu. In tutto ciò è possibile riscontrare due elementi : l' implicito riconoscimento di una conoscenza sacra e "tecnica", necessaria alla le gittimazione di un Figlio del Cielo e alla conseguente coesione del suo regno, e la volontà di canalizzare, controllare e convogliare in senso uni tario quell'antico "fondo" ancestrale dei culti delle culture locali, di cui spesso la dottrina daoista è stata deposito e filtro. Se ci atteniamo ai fatti, per generazioni di sovrani i maestri daoisti sono stati, più che i fomentatori di rivolte popolari, i detentori e i for nitori degli appropriati paradigmi del sacro (Kirkland, 2004, p. 143). Ciò è tanto più significativo se consideriamo in particolare l' importanza dei daoisti alle corti delle dinastie non cinesi, come quella medievale dei Wei settentrionali; la stessa casata dei Tang, va ricordato, era di origine parzialmente non cinese, ma turca. Sappiamo che il fondatore dei Tang, Li Yuan, canonizzato come im peratore Gaozu (periodo di regno : 6 r 8-627 ), fu in stretti rapporti con il maestro daoista Wang Yuanzhi (528-63 5), che gli avrebbe trasmesso dei registri sacri (tu), riconoscendo prima di morire anche il secondo imperatore, Taizong (periodo di regno : 6 27-649 ), come Figlio del Cie lo della Grande Pace ( Taiping Tianzi). A tali eventi seguì la conferma del favore celeste per i nuovi regnanti, espressa da segni interpretati dai maestri daoisti di Louguan, il centro daoista più importante dell'epoca, edificato nel luogo dove secondo la leggenda Laozi aveva incontrato Yin Xi, il Guardiano che gli aveva chiesto di trasmettere la sua sapienza. Fu solo in seguito che i sovrani Tang espressero ufficialmente la loro discen denza da Laozi. Si trattava di un legame con enormi ricadute : la figura di Laozi, infatti, garantiva ai regnanti Tang un'autorità spirituale senza precedenti, in un certo senso più diretta rispetto alle precedenti dinastie (ivi, pp. r s o-2). Questo rapporto privilegiato dei sovrani Tang con i più elevati rappre sentanti daoisti del tempo sarebbe continuato, attraverso il ruolo determi nante di maestri della corrente Shangqing, come Pan Shizheng (587-684), che sotto il terzo imperatore Tang Gaozong (periodo di regno : 649-683) fu invitato a corte per esporre i punti fondamentali della domina. Gao zong patrocinò inoltre la preparazione di una summa delle scritture daoi ste, che può ben dirsi anticipatrice del Canone di epoca Ming. Ma il sovrano più legato al Daoismo è forse stato l' imperatore Xuan zong (periodo di regno: 7 1 2-756), che regnò in quell'età dell'oro dei Tang, conclusasi con la tragica rivolta di An Lushan e con l' indeboli-
IL DAOISMO mento di una dinastia che sarebbe tuttavia sopravvissuta ancora per r so anni. Xuanzong nel 741 stabilì che le scritture daoiste, a partire dal Dao dejing, fossero obbligatorio oggetto di studio per chi si accingeva a svol gere gli esami di accesso al funzionariato, e nel 742 proclamò il nuovo periodo di regno, Tianbao ( Tesoro Celeste ) , modificando il nome dei santuari consacrati a Laozi, che furono detti gong ( ''Palazzo" ) . I riti daoi sti furono integrati nella liturgia di corte, poiché Laozi era considerato l'antenato della casata imperiale; in ogni capitale di prefettura ( ce n'era no più di 300 ) fu istituito un luogo di culto ufficiale a Laozi ( Robinet, 1991, pp. r 84-5; Benn, 1977; 1 9 8 7 ). Un'altra grande figura del Daoismo Tang fu Sima Chengzhen ( 64 77 3 5 ) , considerato il dodicesimo patriarca Shangqing. Invitato a corte dall' imperatore Ruizong ( una cui figlia, la principessa Yuzhen, fu ordi nata monaca daoista ) , e poi da Xuanzong, questo membro dell'aristo crazia, noto anche per le sue capacità di calligrafo e pittore, trasmise ai sovrani scritture sacre e formule rituali. Lo svolgimento del rituale del Registro Dorato sul Monte Wangwu, residenza di Sima Chengzhen, su mandato di Xuanzong, fu un evento particolarmente importante, poi ché questa liturgia era la più elevata del Daoismo medievale : essa garan tiva protezione al sovrano e quindi allo Stato, un obiettivo pienamente ortodosso, approvato nella scrittura di base del Daoismo Lingbao, il Durenjing ( e, va sottolineato, presente anche nei rituali del Buddhismo tantrico, anch'esso ben accolto a corte ) . L'attività correttiva svolta da Sima Chengzhen nello svolgimento dei fondamentali riti relativi ai Cin que Picchi sacri della Cina mostra infine come la dottrina in possesso di questo maestro daoista fosse considerata come unico mezzo per valutare l'ortodossia normativa e performativa del rituale imperiale ( Kirkland, 2004, pp. r ss -6 ). Vedremo nel CAP. 4 alcuni aspetti dottrinali legati alla figura di Sima Chengzhen, che può essere considerato un riformatore, soprattutto in riferimento al contenuto delle attività di meditazione, descritte nel suo Zuowang !un; in un'altra sua opera, il Fuqijingyi !un, egli si dedicò inve ce alle pratiche psico-fisiologiche di ingestione del soffio sottile qi ( En gelhardt, 1 9 8 9 ) Entrambi questi aspetti ebbero grande sviluppo durante i Tang, anche attraverso la composizione di opere, in parte sopravvissute e conservate nel Canone Daoista. Un altro tema dottrinale e applicati vo fondamentale del periodo fu la produzione di scritti sull'alchimia: è in questa fase, attraverso la composizione o la revisione di testi come lo Zhouyi cantong qi, che si assiste al passaggio graduale dal cosiddetto .
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waidan ( ''Cinabro esterno" ) , cioè da un'alchimia fondata sull'utilizzo e sul supporto di sostanze esterne esistenti in natura, al neidan ( ''Cinabro interno" ) , una forma di tecnica alchemica che avrebbe avuto grande svi luppo durante i Song, in cui si allude apertamente alla trasmutazione interiore che deve avvenire nel praticante, anche attraverso un linguag gio simbolico che utilizza il codice dei segni dello Zhouyi, il Libro dei Mutamenti ( cfr. CAP. 4). Dal punto di vista degli sviluppi dottrinali, l'epoca Tang si distingue per la pubblicazione di testi che possono essere visti come prodotti di sintesi della tradizione, in cui però sembra evidente la presenza di mo tivi buddhisti, associata a un certo scolasticismo, presente anche nei frequenti commentari alle opere ormai considerate "classiche", come il Daodejing o lo Zhuangzi: ne sono esempio il Daojiao yishu ( Cardine del significato della Dottrina daoista ) e il Benji jing ( Scrittura del Tempo originario ) . Il primo, composto da Meng Anpai intorno al 700, rappresenta una esposizione della dottrina daoista, attraverso la citazione di brani dalle tradizioni Shangqing e Lingbao, e l'utilizzo di concetti con connota zioni buddhiste : la "Natura-Dao" (daoxing) che ricorda la "Natura di Buddha'' nascosta in ogni essere ; il Vuoto (kong), che include sia il Non Essere (wu) che l'essere (you ); e il "frutto del Dao", la realizzazione supre ma considerata come permanenza. Le due ultime nozioni mostrano affi nità con la dottrina Màdhyamika, e con la corrente buddhista del Monte Tiantai, cima sacra che peraltro daoisti e buddhisti condividevano. Il Daojiao yishu espone le cinque graduali fasi della realizzazione spi rituale, successive alla conoscenza teorica delle scritture : studio attivo del Dao; sottomissione al Dao e liberazione dal cadavere ; ottenimento della conoscenza del Vero, e raggiungimento dello stato di Immortale terrestre, celeste o aereo; ottenimento della trascendenza che sorpassa i Tre Mondi; realizzazione ultima nel Dao supremo e dissolvimento in esso di ogni residuo di individualità. Soprattutto gli aspetti psicologici di questo processo mostrano decise influenze buddhiste, come la nozio ne delle "cinque coperture", che corrisponde ai cinque skandhas o ag gregati della coscienza, che a loro volta stimolano le passioni sensoriali ( Kohn, I 992, pp. ISO - I ). Un altro elemento che mostra la congiunzione di concetti daoisti e buddhisti è l'adozione del simbolo della Triade come manifestazione dell' Unità suprema. Nel testo, appaiono quei Tre Uno già presenti nella tradizione Shangqing, che trovano riflesso anche nel microcosmo urna-
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no, nelle tre zone del corpo dette dantian, Campi di Cinabro ( si veda il CAP. 4), correlate a sostanza, spirito e soffio (jing, shen, qi) . Il praticante che giunge a coltivarli correttamente sviluppa capacità sovrannaturali, che lo portano a superare e trascendere i Tre Mondi, concetto derivan te dal triloka della tradizione indiana, e corrispondente nel Buddhismo alla triade del Mondo del Desiderio, del Mondo della Forma e del Mon do dell' Informale. Il raggiungimento finale dell'unione con il Dao è espresso attraverso cinque "paradisi", che costituiscono in realtà cinque supremi e successivi stati spirituali: il primo è lo stato in cui si trovano gli esseri che hanno realizzato la pura Natura-Dao (daoxing) ; il secondo è lo stato di Yuanshi Tianzun, il Venerabile Celeste dell 'Origine Primordiale ( già considerato espressione suprema del Dao nel Lingbao ) ; gli altri tre sono i cieli delle tre manifestazioni divine primarie: Purezza di Giada ( Yuqing), Grande Purezza ( Taiqing), e Suprema Purezza (Shangqing) ( Kohn, 1992., p. 152.). Ancora al Màdhyamika possono essere fatte risalire alcune formu lazioni di una corrente intellettuale dell 'epoca, nota come Chongxuan ( Doppio Mistero ) , un nome che rimanda a una frase della prima stanza del Laozi-Daodejing, e che qui allude al superamento, nella via realiz zativa, sia dell' illusione di un assoluto come base dell'esistenza, sia del vuoto come semplice non essere ( corrispondenti nella prima stanza del Laozi alla coppia wu/you, cfr. CAP. 3 ) : un superamento che è condizione per l' identità suprema col Dao ( Robinet, 1991, pp. 1 9 0-3). Le scritture Màdhyamika, corrente intellettuale fondata in India nel II secolo, furono espresse in testi dottrinali buddhisti cinesi attraverso la nozione dei tre stadi tramite i quali si giunge alla verità. Il primo sta dio è il passaggio dalla verità relativa del mondo a quella assoluta dei saggi; il secondo porta a considerare anche il concetto di vuoto, frutto del primo stadio, come illusorio, e a definire la verità assoluta come non duale né essere né non essere ; il terzo stadio infine realizza che anche dualità e non-dualità sono verità relative, la verità ultima essendo né duale né non duale. Cheng Xuanying, autore fra l'altro di una tradu zione in sanscrito del Daodejing, effettuata insieme al grande monaco buddhista Xuanzang ( 647 ) , espresse tale concetto nel suo commentario allo Zhuangzi, adottando però i termini ben (origine ) eji ( traccia ) , ben radicati nel pensiero daoista: Ci sono quattro livelli di significato : primo, l'origine meravigliosa è vuota e concentrata, uno è sereno e senza movimento. Secondo, le tracce secondarie si
STORIA DEL DAOISMO II sviluppano attraverso lo stimolo e la risposta, uno è attivo e non sereno. Terzo, origine e tracce coincidono, uno è attivo e sereno nello stesso tempo. Quarto, origine e tracce sono entrambe dimenticate, uno ha eliminato sia il movimento che la serenità (cit. in Kohn, 1992., p. 143). Il Doppio Mistero, il cui influsso è assai presente nel Daojiao yishu, può ben dirsi la teoria predominante che orienta i commentari al Daodejing scritti all' inizio dei Tang, ed è tra i riferimenti teorici del Benji)ing. Il Benjijing fu scritto probabilmente da differenti autori nella prima metà del VII secolo, ma la sua prima sezione sembra poter essere attri buita a un esponente del Doppio Mistero, Liu Jinxi, morto intorno al 640. L'opera mostra influenze buddhiste già nel formato scelto per il lustrare i contenuti dottrinali: un dialogo tra la divinità e i praticanti umani, strutturato sui modelli presenti in numerosi sutra buddhisti. Ma lo stesso termine benji sembra essere stato preso in prestito da traduzioni cinesi di testi buddhisti, dove esso si riferisce allo stato precedente alla manifestazione cosmica, simboleggiata dalla rottura dell'uovo primor diale che determina la formazione di Cielo e Terra (ivi, p. 140 ) Particolarmente interessante nel Benjijing è il tentativo di armonizza re e spiegare la differenza e talora la conflittualità tra differenti scritture, attraverso concetti di derivazione buddhista, come quello di updya (mez zi di abilità), e soprattutto la nozione di nirmdnakdya, il "Corpo di Tra sformazione", veicolo intermedio della manifestazione divina; il testo fu per ordine dell' imperatore Xuanzong distribuito in tutti i santuari daoi sti, dove divenne oggetto di recitazione durante il rituale (Miller, 2008 ) . La rivolta di An Lushan, scoppiata nel 7ss. pose fìne all'età d 'oro dei Tang, e produsse danni certi anche alla conservazione delle scritture da oiste, se è vero che la grande raccolta dei testi daoisti del tempo, con una prefazione di pugno dell' imperatore Xuanzong, non sopravvisse agli sconvolgimenti politici. Tuttavia, il ruolo chiave delle personalità daoiste alla corte si manten ne anche nella seconda parte della dinastia: ne è esempio eloquente la fìgura di Du Guangting ( Sso-933 ) , la cui importanza supera la fase fìnale dei Tang, per estendersi al breve periodo di divisione detto delle Cinque Dinastie ( 907-960 ) (Verellen, 1992 ) . Du Guangting mostrò negli anni una competenza in tutte le tradi zioni scritturali e liturgiche del periodo. Dopo alcuni anni di pratica da oista sul Monte Tiantai, che lo portò a ricevere i più alti gradi iniziatici (appartenenti alla dottrina Shangqing), fu chiamato, appena venticin quenne, alla corte di Xizong, imperatore all'epoca quattordicenne, per .
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svolgere il rituale del Registro Dorato per scongiurare una siccità. Da questo momento, Du Guangting divenne il più influente daoista della corte, rivestendo ruoli di grande importanza, come quello di Grande Studioso al Chongxuan Guan, l'Abbazia della Venerazione del Mistero, facente parte del Taiqing Gong (Palazzo della Grande Purezza) , santua rio dedicato al culto imperiale di Laozi situato a Chang 'an, la capitale dell' impero. Du Guangting condivise con Xizong la fuga nella regione occidentale del Sichuan, quando nell' 881 le armate del ribelle Huang C hao entrarono a Chang 'an ; più tardi, dopo il ritorno alla capitale e il definitivo, nuovo trasferimento nel Sichuan, egli avrebbe ricoperto alti incarichi di maestro del rituale alla corte del regno di Shu (907-925 ) , con il titolo di Maestro Celeste che trasmette il Vero (chuanzhen tianshi). Quando le armate del regno dei Tang Posteriori invasero la capitale di Shu nel 925, Du Guang ting doveva già essere ritornato al suo ritiro situato sul Monte Qingcheng, presso Chengdu. La sua morte fu presto avvolta da un alone di leggenda; una delle sue biografie postume afferma che la sua bara era straordina riamente leggera: una volta aperta, all' interno si sarebbe trovato solo un sandalo, prova della "liberazione dal cadavere" (shijie) del maestro. L' importanza di Du Guangting per gli sviluppi successivi della tradi zione daoista non può essere sottaciuta. A lui si deve la sistematizzazione e la trasmissione del nucleo vitale della liturgia medievale Lingbao, com prendente punti assolutamente essenziali, come il rituale di costruzio ne dell'altare (daochang; cfr. CAP. 5 ) , attraverso la composizione di testi come lo Huanglu zhaiyi (Liturgia del rito zhai del Registro Giallo) . Egli compose anche testi sulla storia del Daoismo, e sulla geografia sacra da oista, nonché il Luyi)i (Registrazione di eventi straordinari) , una grande raccolta di mirabilia presentata a Wang Yan, secondo e ultimo sovrano del regno di Shu.
Mutamenti nella continuità: le dinastie Song (960-1279) e Yuan ( 1 27 1 - 1 3 6 8 ) È stato affermato d i recente che, non appena l a storia del Daoismo a partire dalla dinastia Song diviene apparentemente "caotica", l' interesse degli specialisti, evidentemente più a loro agio nei periodi caratterizzati dall'emergere di correnti relativamente distinte (come il Medioevo cine se), precipita a livelli minimi (Komjathy, 2007, p. 3, nota 5 ) .
STORIA DEL DAOISMO II Una simile affermazione, per quanto forse estrema, non è troppo lon tana dal vero. In effetti, lo studio degli sviluppi della tradizione daoista nel II millennio si può dire ancora nelle sue prime fasi, per quanto alcu ni studi recenti abbiano consentito di approfondire punti essenziali; il periodo Song-Yuan, in particolare, si distingue per il fiorire di numerose correnti dottrinali, in un quadro estremamente complesso, che fa parte di un generale processo di ridefinizione, in cui le modalità locali del sa cro giunsero a influenzare gli stessi culti ufficiali (Skar, 2000 ) . Molto spesso, l'avvento della dinastia Song nel 9 6 o viene considerato l' inizio di una nuova fase storica e culturale, preparata dalla lunga deca denza della società aristocratica Tang, in cui l' impero ritornò a regger si sull'efficienza di una struttura amministrativa confuciana. Nei primi decenni dei Song, il sistema di reclutamento dei funzionari attraverso gli esami di Stato raggiunse gradualmente piena efficienza, e più tardi, l' influenza degli intellettuali appartenenti alla corrente nota in Occi dente come Neo-Confucianesimo, tra i quali spicca Zhu Xi (u30-r2oo ), portò alla canonizzazione dei Quattro Libri (sishu ), testi fondamentali e indispensabili per la preparazione agli esami ufficiali. La lettura storica della dinastia Song si è così indirizzata, sino a non molto tempo fa, verso un quadro molto semplice, che vede questo pe riodo di ben tre secoli (Song settentrionali: 9 6 o- u 27 ; Song meridiona li: I I 27-1279) contraddistinto da una sorta di Rinascimento culturale, una fioritura di studi e di interessi volti all'esplorazione intellettuale del passato e allo sperimentalismo pre-scientifico, espresso soprattutto dalla grande filosofia neo-confuciana diffusa tra i letterati. A tale raffinatezza culturale fa da contraltare una notevole debolezza politica, che porterà i Song settentrionali a soccombere di fronte alla potenza militare dei Jurchen, provenienti dalla Manciuria, fondatori della dinastia Jin (m s 1 234) che controllerà la Cina del Nord per circa un secolo, prima del grande tsunami mongolo. Questa lettura comune dell'orizzonte culturale del periodo Song è assolutamente parziale. Già numerosi studi hanno rilevato in passato il ruolo essenziale svolto dalla dottrina daoista (e, a dire il vero, anche da alcune scuole buddhiste) nella nascita stessa e nello sviluppo del Neo Confucianesimo. Su questo aspetto, basterà ricordare i primi esponen ti neo-confuciani, come Shao Yong (1012-1077) e Zhou Dunyi (10171073), la cui dottrina presenta elementi cosmologici per lo più tratti dallo Yijing, e un vocabolario daoista, a partire dal concetto di Taiji, il Grande Culmine simbolo dell'unità principiale. Lo stesso concetto di li,
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inteso come principio normativa e fondamento del mondo fenomenico, elaborato dal grande pensatore neo-confuciano Cheng Yi ( 1033-1107 ) , ha in realtà radici che rimontano al pensiero di Wang Bi ( 22.6-249 ) , massimo esponente dello Studio del Mistero (Xuanxue), una corrente intellettuale che univa l'esegesi di testi come il Laozi all' interesse per i simboli dello Yijing ( Cheng, 2000, I, p. 345, e II, pp. 499-sos ) . Un ruolo importante per la diffusione della dottrina daoista fu svol to da alcuni progressi tecnologici avvenuti all'epoca, come la stampa a caratteri mobili, che permise una notevole diffusione dei testi circolanti presso l'élite letterata, e la formazione di vere e proprie biblioteche pri vate, in cui si trovavano numerosi testi daoisti, raccolti ed editi spesso con il beneplacito dell' imperatore (Van der Loon, 1 9 84 ) . Ouyang Xiu ( roo7-1072 ) , statista, storico e calligrafo, e Su Shi ( ro37- I I 0 1 ) , uomo po litico, poeta e calligrafo, sono solo i due personaggi forse più noti dell' in tellighenzia che mostrarono un profondo interesse per alcuni aspetti del Daoismo, come la meditazione o le pratiche per nutrire la forza vitale (yangsheng) (Baldrian-Hussein, 1 9 9 6 ) . Quanto all'atteggiamento dei sovrani, già il secondo imperatore Song, Taizong, decise di dare al suo periodo di regno il significativo ti tolo di Taiping xingguo (Stato fiorente della Grande Pace), riprendendo quindi quel tema della Grande Pace, utilizzato in precedenza (certo con diversi intenti) da ribelli e sovrani. Il sovrano Song più legato al Daoismo fu Huizong, ultimo impe ratore dei Song settentrionali (periodo di regno : 1 1 0 1 - u 26 ) . Huizong manifestò pari interesse sia per il centro daoista del Monte Mao, che la tradizione collegava alla corrente Shangqing, che per i daoisti del Monte Longhu, che rivendicavano la discendenza dai Maestri Celesti (Kirkland, 2004, p. 159 ) . Egli riprese il costume dei sovrani Tang, promulgando nel 1 r o 8 le regole per lo svolgimento del famoso rituale del Registro Dorato, fondamentale per il benessere dell' impero, e nel I I I 2 fu ufficialmente sancita la discendenza della casata Song dall' Imperatore Giallo (ivi, p. 1 6 o ) : un atto che replicava quello avvenuto 1.400 anni prima per opera dei principi di Qi. La necessità di ottenere legittimazione e protezione attraverso lo svolgimento di una corretta attività rituale doveva essere particolarmen te sentita da una dinastia come quella dei Song settentrionali, che si tro vò nei suoi 1 6 0 anni di vita a dover fronteggiare tre forti potenze stra niere ai confini: i Khitan, fondatori dell' impero Liao a nord ; i Tangut, il cui impero Xi Xia controllava l'ovest; e infine i Jurchen, originari della
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Manciuria, i quali prima sconfissero i Liao, e poi assediarono e infine fecero capitolare nel gennaio I I 27 Kaifeng, la capitale Song. Sappiamo che i sovrani Jurchen (la cui dinastia prese il nome di Jin) non disdegnarono la presenza a corte di maestri daoisti, in particolare di esponenti della corrente Quanzhen, su cui ci soffermeremo. Lo svolgi mento di rituali della tradizione daoista si inquadrava probabilmente in un più ampio processo di sinizzazione della corte Jurchen, acceleratosi soprattutto dopo la metà del XII secolo. La corrente Quanzhen e più tardi quella Zhengyi sarebbero state palesemente favorite dai Mongoli, fondatori della dinastia Yuan ( 1 27 1 1368 ) , i quali prima conquistarono i l Nord della Cina ( 1234 ) , e poi riu scirono a controllare il Sud, ponendo fine alla dinastia dei Song meri dionali ( 1 279 ) . Nel caso del Quanzhen, il rapporto privilegiato con i leader mongoli risale all' incontro avvenuto nel 1 222 tra Qiu Chuji (Changchun), uno dei Sette Autentici o Perfetti (qizhen) discepoli del primo maestro Quanzhen Wang Zhe, e Cinghis Khan, narrato nel Changchun zhenren xiyou)i (Cronaca del viaggio a Occidente dell' Uo mo Autentico Changchun). Più tardi, Qubhilai Khan, dopo aver completato la conquista della Cina meridionale, produsse una svolta che fu decisiva per tutti gli svi luppi futuri delle correnti daoiste, e per la stessa trasmissione dei testi canonici : attribuì ai maestri Zhengyi del Monte Longhu il titolo di or todossia esclusiva nelle ordinazioni. Da quel momento, la tradizione del Longhu Shan divenne la più autorevole, e in epoca Ming la stessa composizione del Canone Daoista fu affidata a maestri Zhengyi, il cui prestigio si sarebbe affievolito solo con la dinastia Qing (ivi, p. r o s ). In breve, si può affermare che in epoca Song la duplice caratteristica dei movimenti daoisti - l'attenzione per le pratiche individuali di rea lizzazione (fondate sulla meditazione e sulla visualizzazione), e la gran de tradizione rituale - si espresse in un primo momento attraverso una molteplicità di correnti, per poi subire nel corso delle dinastie non cinesi dei Jin e degli Yuan un processo di semplificazione, che portò alla premi nenza della corrente Quanzhen (fondata sulle pratiche di meditazione e sul neidan) e del Daoismo dei Maestri Celesti del Monte Longhu (in cui il rituale ha un ruolo primario). In tale quadro, il ruolo dei leader stranieri (Jurchen per la dinastia Jin, Mongoli per quella Yuan) e la loro volontà di controllare le forme del sacro anche in funzione legittiman te (un tratto come abbiamo visto comune anche alle dinastie " barbare" della Cina medievale) non possono essere sottovalutati.
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Ma, ali' inizio del paragrafo, abbiamo accennato alla varietà delle correnti dottrinali emerse in questo periodo. Ne forniamo qui un breve elenco, che non esclude un riferimento alle dottrine già esistenti, come lo Shangqing e lo Zhengyi. La ricchezza di tali correnti, in cui spesso si riflettevano l ' integrazione e l'elevazione dei culti alle divinità locali (Hansen, 1 9 9 0 ), ovviamente non può essere resa del tutto dalle poche, seguenti note.
Qingwei La tradizione Qingwei (Tenuità Pura) sembra essere stata la prima a emergere nel periodo successivo ai Tang. La sua origine risalirebbe a una fìgura femminile, Zu Shu, vissuta ali' inizio del x secolo, ma la diffusio ne e la formazione della sua struttura rituale risalgono al XIII secolo, nella provincia costiera meridionale del Fujian. Nucleo della dottrina Qingwei sono i rituali del tuono (leifo), peraltro comuni anche al Dao ismo Shenxiao, in cui la potenza del tuono viene interiorizzata dal ma estro daoista, per poi essere utilizzata esternamente, anche in attività terapeutiche. Questo aspetto, certo non nuovo, fu integrato secoli dopo in un complesso sistema rituale, che includeva elementi delle tradizioni Shangqing e Lingbao, e forme derivanti dal Buddhismo tantrico. Tale struttura dottrinale sarebbe stata infìne pubblicata un secolo dopo da Zhao Yizhen, con il titolo di Daojà huiyuan (Princìpi raccolti dei me todi del Dao), e in epoca Ming avrebbe costituito assieme alla dottrina Shenxiao una buona parte del contenuto del rituale (Kirkland, 2004, pp. 101-2; Skar, 2008 ) .
Tianxin La tradizione Tianxin (Cuore del Cielo : un'allusione al potere terapeu tico ed esorcistico dell' Orsa Maggiore) risale al ritrovamento (altro cli ché ben presente nella storia del Daoismo) di scritture sacre, avvenuto alla fìne del x secolo. Il Tianxin, oggetto nel I I I 4 di una presentazione ufficiale alla corte dell' imperatore Huizong, sembra essere stato con traddistinto da pratiche rituali, in cui un ruolo fondamentale era rive-
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stiro dalla funzione terapeutica della forza sottile derivante dalle stelle. Sembra che tale tradizione abbia ricevuto particolare accoglienza presso i letterati, sia a livello locale che centrale; ma dopo i Song essa si eclissò, e una parte dei suoi contenuti si è conservata nelle pratiche Zhengyi, con cui peraltro la stessa tradizione Tianxin affermava di condividere le origini ( Hymes, 2002; Skar, 2000; Andersen, 2008).
Shenxiao Lo Shenxiao ( Empireo Numinoso ) vide la luce alla corte dell' imperatore Huizong. Il promotore di questo movimento fu il ministro Lin Lingsu, il quale integrò l'antica tradizione Lingbao, espressa nel Duren jing, con nuovi contenuti scritturali, in cui il concetto di salvezza universale, le gato in origine alla recitazione delle parole originarie del Venerabile Ce leste dell' Origine Primordiale ( Yuanshi tianzun), veniva ora legato alla fìgura stessa del sovrano, inteso come manifestazione salvifìca del Dao, garante delle attività liturgiche ( Kirkland, 2004, p. 102). Huizong veni va considerato come la manifestazione terrena di una suprema divinità dell'empireo celeste Shenxiao, detta Changsheng Dadi ( Grande Impe ratore di Lunga Vita ) . Dopo la scomparsa di Lin Lingsu, il movimento Shenxiao sopravvisse, soprattutto attraverso la diffusione dei rituali del tuono (leifà), una serie di liturgie a carattere eminentemente esorcistico, che forse avevano tratto ispirazione da culti locali ( Katz, 2008). La tradizione Shenxiao è inserita nell'ambito delle pratiche della corrente Zhengyi dei Maestri Celesti, in cui è però considerata di solito come avente un contenuto dottrinale di livello meno elevato. Sulla stessa corrente Zhengyi, va rilevato che proprio dai Song i suoi esponenti e le sue dottrine, connessi sin dalla fìne dei Tang al sacro Monte Longhu ( del Drago e della Tigre ) nella Cina del Sud, acquistano un ruolo sem pre più importante, e un riconoscimento ufficiale da parte del potere politico centrale. L'effettivo collegamento tra questa linea di insegna mento e l'antica corrente dei Maestri Celesti del Sichuan è un punto tut tora dibattuto tra gli specialisti, con posizioni differenti ( Barrett, 2004; Kirkland, 200 8 ) : una parte di essi ha sottolineato che nelle fonti Tang non si ritrova alcuna traccia del prestigio o della preminenza dei daoisti del Monte Longhu; ma i maestri daoisti Zhengyi hanno dall'epoca Song a oggi sempre sostenuto di discendere in linea diretta dal primo Maestro
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Celeste, Zhang Daoling, e gli imperatori Song riconobbero tale afferma zione come vera. Allo stesso modo, il Monte Mao fu vetta sacra della tradizione Shangqing ancora per secoli, sino ali' apparizione intorno al r 3 2.0 di una monumentale opera compilativa, il Maoshan zhi (Cronaca del Monte Mao ), che riassumeva i dati della tradizione della Suprema Purezza, e il suo legame con il sacro monte ; ma, di fatto, tale relazione presenta agli occhi degli osservatori esterni delle soluzioni di continuità, che non permettono di affermare "dal di fuori" la certezza di una successione ininterrotta. Ad esempio, Sima Chengzhen, il quale fu legato al Mon te Tiantai, fu considerato come abbiamo visto il dodicesimo patriarca dello Shangqing, ma tale ruolo appare espresso con chiarezza solo in ri costruzioni posteriori.
Quanzhen Wang Zhe ( m 2-1170) proveniva dalla provincia dello Shaanxi; egli di venne iniziatore del Daoismo Quanzhen (termine reso come "Verità", o "Perfezione Integrale") negli anni tra il u 67 e il u7o, nella provincia costiera dello Shandong (Marsone, 2010; Komjathy, 2.007 ) Wang Zhe è noto spesso come Wang Chongyang, Wang Doppio Yang : un riferimen to diretto ai due Immortali Zhongli Quan (detto Zhong Zhengyang) e Lii Dongbin (detto Lii Chunyang), che la corrente Quanzhen sin dai primordi considera antenati spirituali della dottrina. Queste due figure fanno parte del gruppo degli Otto Immortali (baxian), il cui culto pro prio a partire dai Song presenta una straordinaria diffusione (Baldrian Hussein, 1 9 8 6 ) (cfr. FIG. 2). I componenti della corrente Quanzhen, a partire dallo stesso Wang Zhe, appartenevano all'élite colta; ciò può in parte spiegare la positiva accoglienza che generalmente fu loro riservata dai rappresentanti del potere imperiale: un atteggiamento che, grazie al rapporto instauratosi tra Qiu Chuji, uno dei discepoli di Wang Zhe detti "Sette Autentici" o " Perfetti" (qizhen ), e Cinghis Khan, leader dei Mongoli, sarebbe sfociato sotto gli Yuan in una vera e propria elevazione della dottrina Quanzhen a tradizione privilegiata. Ma già i Jurchen, di origine mancese, che ave vano conquistato la parte settentrionale della Cina nel u 27, tenevano in grande considerazione il Daoismo Quanzhen : una delle più importanti iscrizioni celebrative su Wang Zhe è opera di un cugino dell' imperatore .
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2.
L'apparizione prodigiosa di una gru e di un alone mistico alla nascita dell' Immor tale daoista Lii Dongbin, pittura murale, XIII secolo, Yongle Gong, Shanxi
Fonte: foto dell'autore.
Jin Zhangzong (periodo di regno : rr9 o-r w8) (Reiter, 1994, p. soo). Di fatto, mezzo secolo dopo la sua apparizione, il Quanzhen già controllava le comunità monastiche daoiste della Cina. Dal punto di vista dei contenuti dottrinali, il Daoismo Quanzhen, a differenza della tradizione Zhengyi dei Maestri Celesti, sottolineò sin dall' inizio la necessità di un percorso di realizzazione rigorosamente individuale, fondato su un ascetismo estremamente severo : è in que sta corrente che possiamo davvero parlare di celibato monastico come principio di vita per i praticanti. L'abbandono della vita secolare (un tratto comune a uomini e donne) era elemento indispensabile che solo poteva condurre alla subitanea illuminazione e allo stato di completa perfezione (significato del termine Quanzhen). Sono aspetti che avvi-
IL DAOISMO cinano il Quanzhen alla tradizione del Buddhismo Chan, particolar mente apprezzata dall'élite cinese dalla fine dei Tang sino al periodo di dominazione mongola. Lo stesso Wang Zhe affermava la bontà delle Tre Dottrine (sanjiao: Daoismo, Buddhismo, Confucianesimo) ; in questo quadro, l'adozione in relazione all' illuminazione del termine wu, di so lito impiegato in ambito buddhista, non deve stupire. L'origine del Quanzhen è narrata in alcune fonti agiografiche poste riori, come il Qjzhen nianpu (Cronologia dei Sette Autentici, o Perfetti), compilato da Li Daoqian (1219-1296). In particolare, il percorso spiri tuale di Wang Zhe è legato secondo la tradizione all' incontro, avvenuto in un mercato nel us9. quando il nostro aveva già 48 anni, con i due Immortali Zhongli Quan e Lii Dongbin. La trasmissione iniziatica nel Quanzhen risale non al personaggio storico Wang Zhe (che non è dunque considerato creatore della tradi zione), ma a un'entità divina, detta Donghua Dijun (Signore Sovrano dell' Efflorescenza Orientale), e poi ad alcune figure di immortali. Ecco l'ordine tradizionale dei Cinque Patriarchi Quanzhen : 1) Donghua Dijun ; 2) Zhongli Quan (uno dei baxian, gli Otto Immortali) ; 3) Lii Dongbin (uno degli Otto Immortali) ; 4) Liu Haichan (altro Immor tale, per la tradizione discepolo di Zhongli Quan : Goossaert, 20o8a); s ) Wang Zhe. I sette principali discepoli di Wang Zhe furono definiti come i qizhen, i Sette Autentici o Perfetti : r. Ma Yu (Danyang, I I 23-1283). Esponente di una famiglia molto facol tosa dello Shandong, ospitò nell'area della sua residenza Wang Zhe, il quale vi costruì la capanna detta Quanzhen, che probabilmente diede nome a tutta la tradizione successiva. Fu infine convinto da Wang ad abbandonare le proprie ricchezze, e a convertirsi al celibato assieme alla moglie, Sun Bu'er, e divenne l'erede spirituale di Wang, istituendo de finitivamente l'uso del ritiro dei praticanti in camere isolate per perio di che andavano dai cento giorni ai tre anni, detto huandu ( Goossaert, w o 8b); 2. Tan Chuduan ( Changzhen, I I 23- u 8 s ) . L' incontro con Wang Zhe lo portò ad abbandonare la famiglia, e a diventare un "recluso di città", ri siedendo a Luoyang. Fu autore di poemi (Goossaert, 20o8c); 3· Liu Chuxuan (Changsheng, I I 47-1203). Si avvicinò a Wang Zhe da giovane, poco prima della sua morte. Nel u97 fu invitato a corte alla ca pitale dei Jin, Zhongdu (l'attuale Pechino). Fu scrittore particolarmente prolifico di opere teoretiche (Goossaert, wo8d);
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4· Qiu Chuji (Changchun, 1 1 48-1 227 ) . Come Liu Chuxuan, conobbe Wang Zhe in giovane età, e fu uno dei quattro discepoli che trasportò la sua bara nella sua provincia di origine. Dopo anni di duro ascetismo, Qiu emerse come un maestro dal notevole prestigio. L'evento che lo ha reso degno di ricevere attenzione da parte dei compilatori delle storie dinastiche fu il lungo e faticoso viaggio, intrapreso con 18 discepoli, che lo portò in Asia centrale a incontrare nel 1 222 il leader della potenza mongola, Cinghis Khan. Ne sarebbe conseguito lo status privilegiato della corrente Quanzhen sotto i Mongoli; ma già negli ultimi anni della dinastia Jin, Qiu organizzò di fatto il sistema monastico Quanzhen a livello nazionale dal santuario daoista Tianchang Guan, a Zhongdu, nel luogo in cui sarebbe stato edificato il Baiyun Guan, centro Quanzhen ancora oggi attivo (Goossaert, wo8e ) ; s . Wang Chuyi ( Chuyang, 1 1 42-1217 ) . Figura probabilmente legata an che ad altri maestri daoisti, oltre che a Wang Zhe, Wang Chuyi divenne comunque così famoso da essere invitato alla corte Jin, e dirigere nello Shandong una comunità monastica. Sembra che, a cavallo tra il XII e il XIII secolo, egli abbia ricoperto un ruolo fondamentale nel processo di integrazione nel Quanzhen di aspetti liturgici di altre tradizioni daoiste ( Goossaert, wo8f ) ; 6. Hao Datong (Guangning, 1 140-1213 ) . Discepolo particolarmente ver sato nelle conoscenze cosmologiche e dello Yijing (Goossaert, wo8g ) ; 7· Sun Bu'er (Qingjing, I I I9-1 1 83 ) . Unica donna del gruppo, in origine il suo nome personale era Fuchun ; Bu'er (Non Duale, o Non Secon da) fu coniato da Wang Zhe. Come Ma Yu, che avrebbe sposato, faceva parte di una famiglia altolocata. Accettò di seguire l' insegnamento di Wang Zhe, e di rinunciare alla vita matrimoniale : numerosi testi agio grafici sono a lei dedicati, mentre svariate opere di alchimia femminile (nudan ) sono ritenute scritture da lei rivelate o trasmesse (Despeux, 1 9 9 0, pp. I I I-26 ) . Il percorso di realizzazione spirituale del praticante Quanzhen sem bra essere stato legato alla tecnica nota come neidan (Cinabro interno), una forma di alchimia che mirava alla trasmutazione interiore dell' in dividuo, e alla formazione dell'embrione dell' immortalità. Nel CAP. 4 ci soffermeremo sugli aspetti più essenziali del neidan, che costituisce quindi non una scuola, ma una via mistica di realizzazione particolar mente elitaria, sia per le difficoltà del percorso che per l'oscurità del simbolismo e del vocabolario dottrinale impiegati. Uno dei principali testi neidan è lo Wuzhen pian (Trattato sul Risveglio al Vero), attribui-
IL DAOISMO to a Zhang Boduan (987 ?- 1082), la cui datazione mostra peraltro come il neidan sia anteriore nei suoi fondamenti all'emergere della corrente Quanzhen (Pregadio, 2009). Lo Wuzhen pian è un'opera di raffinatezza letteraria straordinaria, il cui nucleo originario è formato da 8 1 poemi, una buona parte dei quali è dedicata al simbolismo degli esagrammi dello Yijing e alla sua relazione con la pratica dell'alchimia interiore. In essa si mostra già quella che è una caratteristica del Daoismo Song-Yuan : il riconoscimento del comu ne valore delle Tre Dottrine, Daoismo, Confucianesimo e Buddhismo. Nella sua prefazione, datata 1075, Zhang Boduan conclude che « sebbe ne vi siano tre dottrine, la Via infine fa ritorno all' Unità » (Wang Mu, 1 9 9 0, p. 2). La via Quanzhen consiste nella "coltivazione della autenticità", o "del la perfezione" (xiuzhen), termine chiave del neidan che si ritrova in un testo daoista attribuito a Wang Zhe, il Chongyang zhenrenjinguan yusuo jue (Istruzioni dell' Uomo Vero Chongyang sul Passo Dorato e sulla Ser ratura di Giada), in cui la rinuncia all'avidità, all'alcool e al sesso vengo no considerati come prerequisiti indispensabili (Komjathy, 2007, p. 2). La tradizione meridionale neidan che prendeva spunto dalle cono scenze esposte nello Wuzhen pian presentava alcune differenze con la corrente Quanzhen, come una minore struttura organizzativa e la non necessità del celibato. Uno dei suoi maggiori rappresentanti fu Bai Yu chan ( 1 1 9 4 ?-1 227/9). Bai Yuchan fu considerato dalla letteratura agiografica posteriore come l'ultimo dei Cinque patriarchi della Scuola del Sud di alchimia interiore, in una linea genealogica di insegnamento che risaliva a Zhang Boduan. Attivo nelle regioni costiere del Sud-Est della Cina, fu scritto re prolifico, noto in ambito dottrinale soprattutto per la sua attività di trasmissione del rituale del tuono (leifa) della corrente Shenxiao, per le sue opere alchemiche, talora espresse in un allusivo linguaggio poetico ( Cadonna, 2010 ), e per il Daode baozhang, un commento al Daodejing (Cadonna, 2001). Più tardi, contemporaneamente all'unificazione della Cina operata dai Mongoli sotto la guida di Qubhilai Khan ( 1 279), si verificò una fu sione tra le correnti del Nord e del Sud. Tra i maestri di questo periodo, va ricordato almeno Li Daochun, attivo tra il 1288 e il 1 292, il quale si ri fece sia all' insegnamento di Zhang Boduan (da lui considerato "patriar cà'), sia alla dottrina Quanzhen, interpretata alla luce di un pensiero che non rifiutava l'uso di una terminologia neo-confuciana e/o buddhista
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(un tratto che si ritrova anche in Bai Yuchan). La successiva generazione avrebbe attribuito a Li Daochun il merito di aver riunito nella propria persona e nella propria produzione dottrinale i due fiumi della tradizio ne neidan, ricongiungendoli in un unico alveo, che avrebbe proseguito il suo corso nei secoli a venire (Esposito, 1997, pp. 29-30 ) . L'opera p i ù nota di Li Daochun è i l Zhonghe ji (Raccolta sull'Ar monia Centrale), che già dal titolo rivela l ' interesse dell'autore per un concetto che si ritrova nel Zhongyong, un testo di solito classificato come confuciano, inserito nell 'epoca dei Song meridionali tra i Quat tro Libri canonici. La centralità esaltata dall 'autore è il luogo dove si armonizzano una serie di emblemi apparentemente in contrapposizio ne, come il movimento e la quiete, o la coppia formata da inclinazione naturale (xing) e forza vitale (ming). Su questo punto in particolare, Li auspica il superamento di visioni parziali (talora propugnate da prece denti opere neidan, in cui si dava priorità all ' una o all 'altra), attraverso l ' intenzione (yi), una forza che coinvolge corpo e spirito, armoniz zando le opposizioni in quel "centro" che è definito Passo Misterioso (xuanguan ) (Robinet, 20o 8b). Il primo capitolo dell'opera mostra con chiarezza la posizione di Li Daochun sull'essenza dell'assoluto, che riunisce in sé le interpretazioni delle tre dottrine: L'assoluto è movimento e quiete senza inizio, Yin e Yang senza inizio. buddhisti chiamano ciò completa consapevolezza, i daoisti lo chiamano elisir d'oro, i confuciani l 'assoluto [ ... ] . Tutti loro si riferiscono alla radice sottile dell 'assoluto. Sappiamo così che ciò che le tre dottrine del Buddhismo, del Daoismo e del Confucianesimo onorano è la calma stabilità [ ... ]. Quando la mente umana è calma e stabile, prima che sia affetta dalle cose, essa è inclusa nel disegno celeste ; questa è la sottigliezza dell'assoluto. Una volta che è af fetta dalle cose, vi è parzialità; ciò è il mutamento dell'assoluto. Quando si è calmi e stabili [ ... ] . l'aperta consapevolezza non è oscurata; allora si avrà au tonomia nell'azione, e si potrà gestire qualsiasi cosa si manifesti. [ ... ]. Se uno riesce davvero ad essere bilanciato ed armonioso, allora si sarà limpidi e con sapevoli, desti nella quiete, accurati nell'azione ; e dunque si potrà rispondere ai mutamenti senza fine nel mondo [ ... ] . La mente luminosa è sempre calma ; nell 'azione, risponde alla miriade dei mutamenti. Anche quando è attiva, essa è in essenza sempre calma. La mente fluttuante è sempre reattiva ; in quiete, produce una miriade di pensieri. Anche quando è quieta, è fondamentalmen te sempre reattiva. Anticamente è stato sempre detto : estingui la mente reat tiva, non estinguere la mente luminosa [ ... ]. La mente luminosa è la mente del Dao, la mente fluttuante è la mente umana ( ... ]. Anche nella mente umana vi è
So
IL DAOISMO la mente del Dao ; anche nella mente del Dao vi è la mente umana. Il punto è tenersi costantemente centrati e bilanciati nell'attività e nella quiete, così che la mente luminosa sia sempre presente, e la mente fluttuante non reagisca [ ... ] . Questo è quello che l o Yijing chiama "il tornare a vedere i l cuore del Cielo e della Terra" ( Cleary, 1989, pp. 3-6).
Il Daoismo sotto i Ming ( 1 3 6 8-1 644) e i Qing ( 1 644-1 9 I I ) : ricapitolazioni e sviluppi L'avvento della dinastia Ming, che pose ufficialmente fine alla domina zione mongola nel 1 3 6 8, segnò il ritorno di una casata regnante cinese sul trono del Figlio del Cielo. I secoli che avevano visto la Cina settentrio nale, e per l'ultimo periodo tutto il paese, sotto il controllo di domina zioni straniere, avevano indubbiamente lasciato il segno sulla società e sulla cultura cinesi ; un aspetto dei mutamenti intercorsi in questo lungo periodo era il rapporto spesso non privo di elementi problematici tra il potere centrale e le élite locali, saldamente radicare anche attraverso gli interessi economici al loro territorio di origine. I sovrani Ming, sin dal primo imperatore Hongwu (canonizzato come Taizu, periodo di regno: 1 3 6 8 - 1 3 9 8 ) , scelsero quindi di fronte alla dialettica tra centro e periferia di avere un approccio decisamente fermo, continuando sotto questo aspetto la politica mongola: di qui la natura spesso non idilliaca dei rapporti con i funzionari-letterati. La volontà di unificazione è riflessa in un documento ufficiale del primo imperatore, che nel 1374 elogiò la tradizione daoista Zhengyi, mentre non esitò a criticare non solo la corrente buddhista Chan, ma anche i daoisti Quanzhen : queste due dottrine presentavano un indi vidualismo eccessivo, mentre il Zhengyi, con il suo accento sul rituale, coinvolgeva evidentemente le comunità locali, ed era quindi considera to dal potere imperiale come un medium ideale nel rapporto tra centro e periferia (Kirkland, 2004, p. 1 0 8 ) . Il controllo sulle attività daoiste si espresse anche attraverso la creazione di un Ufficio dei Registri Daoi sti (Daolu si), volta a controllare numero e tipologia delle ordinazioni. L' Ufficio era posto sotto la supervisione dell'Accademia della Dottri na del Mistero (Xuanjiao Yuan), la cui struttura era una replica della corrispondente istituzione destinata a controllare le attività buddhiste (Berling, 1998, p. 9 6 0 ) . I l rapporto dei sovrani Ming con i l Daoismo è eloquentemente espresso dalla sponsorizzazione della corte finalizzata alla stampa del
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Zhengtong Daozang (Canone Daoista dell' Era Zhengtong), la monu mentale raccolta di testi pubblicata nel 1445 e giunta sino a noi, che ancora oggi costituisce un fondamentale corpus scritturale per qualsiasi tipo di ricerca sulla tradizione daoista. Bisogna anche dire, però, che paradossalmente la pubblicazione di un simile magnum opus, ad appena 7 7 anni dalla fondazione della dinastia, ha avuto anche un riflesso negativo sulla nostra conoscen za della produzione di testi daoisti Ming posteriori a tale data, che non hanno ovviamente potuto trovare posto in questo immenso de posito. Sembra che il progetto del Daozang di epoca Ming si debba alla vo lontà congiunta del 43° Maestro Celeste Zhang Yuchu ( J 3 6 I - I 4 I O ) e dell' imperatore Yongle, e fu poi portato a termine dal nipote di questi, l' imperatore Zhengtong (periodo di regno : 1436-1 449 ) . Sulla divisione interna delle opere del Canone Daoista, dobbiamo dire che, rispetto alle raccolte storicamente anteriori, nel Canone Ming numerose scritture correlate a una singola tradizione spesso si ritrovano in sezioni teoricamente legate a un'altra linea dottrinale. Ciò può avere numerose cause, non ultima la serie di vicissitudini (l'ultima riguarda la distruzione di testi daoisti sotto i Mongoli, ordinata nel 1 2 8 1 ) che prece dettero la stampa del Canone Ming. Il Daozang si divide in Tre Caverne (sandong) , e Quattro Suppor ti o Supplementi (sifu). Tale suddivisione si riscontra già in un te sto composto intorno al 6 8 o, e attribuito al maestro Shangqing Pan Shizheng. Eccone un quadro riassuntivo ; si tenga presente che ad ogni Caverna corrisponde un Supporto. Resta fuori il quarto fu, che conteneva gli insegnamenti dei Maestri Celesti (Schipper, Verellen, 2004, pp. 17-9 ) : Sandong 1.
Sifù
Dongzhen : scritture Shangqing
2 . Dongxuan:
scritture Lingbao
3· Dongshen : tradizione scritturale Sanhuang (dei Tre Augusti)
1 . Taixuan: soprattutto il Daodejing e i suoi commentari 2.
Taiping: Taipingjing
3· Taiqing: prime opere alchemiche e di nutrimento della forza vitale 4- Zhengyi: testi della tradizione dei Maestri Celesti
IL DAOISMO Già durante i Tang (nel citato Daojiao yishu) apparve inoltre un'altra suddivisione, che includeva ciascuna delle opere delle Tre Caverne in una delle seguenti Dodici Categorie (shi 'er lei) : 1. Scritture Fondamen tali (benwen) ; 2. Sacri Talismani (shenju); 3· Esegesi (yujue); 4· Diagram mi (lingtu ); S · Annali (pulu ); 6. Precetti (jielii); 7· Riti solenni (weiyi); 8. Tecniche (jangfa); 9· Arti miste (zhongshu); ro. Agiografie (jizhuan); 1 1. Inni (zansong) ; 12. Memoriali (biaozou) (ivi, p . 2 1 ) . L a composizione del Daozang d i epoca Ming fu chiaramente i l ri flesso dello status di supremazia rivestito dai Maestri Celesti: una supre mazia non interna alla dottrina, ma derivante dall'appoggio imperiale. Nella visione di Zhang Yuchu, il primo responsabile del lavoro di cata logazione delle scritture, le Tre Caverne sono frutto della rivelazione dei Tre Puri (sanqing), la triade divina che è espressione del Dao : Yuanshi Tianzun (Venerabile Celeste dell' Origine Primordiale), Lingbao Tian zun (Venerabile Celeste del Gioiello Numinoso), Daode Tianzun (Ve nerabile Celeste del Dao e della Potenza), nel Daoismo moderno identi ficato con Laozi divinizzato ( Taishang Laojun ) . Questa interpretazione portò a decisi mutamenti nell'assegnazione delle scritture a determinate sezioni del Canone: ad esempio, il Duren jing, considerato scrittura base del Daoismo Lingbao, si trova in realtà in serito nella prima parte del Daozang (ne è il primo testo), poiché sarebbe stato rivelato da Yuanshi Tianzun; e il Daodejing con i suoi commentari si trova nella terza Caverna, il Dongshen. Anche la distribuzione dei testi nelle Dodici Categorie ne fu stravolta, al punto che non è sempre agevole ricostruire la logica che sta dietro alla collocazione delle singole opere. Non si deve però pensare che la formazione del Canone Daoista ab bia segnato la fine del fiorire di nuove correnti dottrinali: basterà citare l'esempio del Daoismo Jingming (Pura Illuminazione) (Berling, 1 9 9 8 ) . In realtà, la tradizione Jingming risale a un periodo piuttosto remoto : secondo alcune fonti, al daoista Xu Sun ( 239-292), vissuto nel periodo medievale, e particolarmente popolare per le sue doti di terapeuta. L' in segnamento Jingming avrebbe sin dall 'antichità presentato un aspetto altruistico, centrato sull'utilizzo delle conoscenze sacre al fine di sal vare gli altri, al punto che un altro nome della corrente era quello di Zhongxiao dao, Via della Lealtà e della Pietà filiale : zhong e xiao erano due caposaldi della dottrina confuciana, che avrebbero reso il Daoismo Jingming particolarmente appetibile a partire dal periodo Song, quan do si diffuse e si espresse in modo palese la teoria della comune radice delle Tre Dottrine. In tale quadro, sarebbe errato intravedere un mero
STORIA DEL DAOISMO II sincretismo, cioè l'assemblaggio esteriore di "pezzi di dottrina" tratti dal Confucianesimo e dal Daoismo messi assieme artificialmente. Russell Kirkland ha al riguardo giustamente affermato che « il sistemaJingming era un altro esempio delle dinamiche chiave dei modelli religiosi daoisti attraverso la storia: fluidità, adattabilità, e capacità di trasformazione » (Kirkland, 2004, p . 1 0 9 ) . Proprio l a natura della dottrina rese i l Daoismo Jingming resistente alle vicissitudini dell'era mongola, e interessante non solo a livello loca le, ma anche per le élite dei letterati vicini alla dottrina neo-confuciana (Liu Ts'un-yan, 1970; 1976), e - certo anche per le sue caratteristiche etiche - per i sovrani Ming, i quali non chiedevano di meglio che avere a che fare con una dottrina integrale, che non ignorasse la necessità di un collante sociale tra centro e periferia nell 'ottica di una pratica sacra a un tempo individuale e collettiva. L'atteggiamento dei sovrani Qing (1 644- 1 9 1 1 ) nei confronti del Dao ismo non fu invece particolarmente positivo. La dinastia Ming era crol lata per un concorso di circostanze : indebolimento del potere centrale aggravato dai conflitti alla corte tra le fazioni degli eunuchi e degli acca demici confuciani; movimenti popolari ; e infine pressione dall'esterno, nella fattispecie dal Nord-Est, dove l'etnia mancese aveva già nel 1 6 1 6 fondato l a dinastia Hou Jin. Nel 1 644, l a conquista d i Pechino e del Nord da parte delle truppe mancesi avvenne senza colpo ferire ; ma i so vrani della nuova dinastia Qing impiegarono più di una generazione per sottomettere le ricche ed evolute terre del Meridione. Molto resta da approfondire, per comprendere se l'atteggiamento ostile dei Qing possa essere stato legato al ruolo di correnti daoiste, na scoste dietro l'azione delle società segrete meridionali che avevano per anni combattuto gli invasori. Sotto l' imperatore Qianlong (periodo di regno 1736-1796), sorta di Giano bifronte che si poneva come massima espressione della benevolenza e della erudizione confuciana, e al con tempo come devoto buddhista, nel giro di pochi anni fu proibito il re clutamento di discepoli ai Maestri Celesti, e la loro stessa ammissione alla corte. Nel secolo successivo, ai Maestri Celesti sarebbe stato impedi to l'accesso alla capitale (Schipper, Verellen, 2004, p. 39 ) . L'atteggiamento ufficiale della corte, certo favorito dalle élite con fuciane (ben lontane in questo dai loro predecessori, spesso in ottimi rapporti con i maestri daoisti), nell'ambito culturale si può definire cen sorio : nelle monumentali opere sponsorizzate dai sovrani Qing, vere e proprie ricapitolazioni della millenaria produzione letteraria della Cina,
IL DAOISMO come il Siku quanshu, la tradizione daoista (se si escludono i classici, come il Daodejing e lo Zhuangzi) è appena presente. Questa gigantesca distorsione dell'eredità culturale cinese è il primo fattore che spiega la sostanziale assenza del Daoismo negli studi sinologici occidentali sino ad epoche a noi molto vicine. Negli ultimi anni dell'agonizzante impero, una fazione dei letterati confuciani, capeggiata da Kang Youwei ( r 8 s 8- 1 9 27 ) , nel tentativo di sal vare il paese propose nel r 8 9 8, con l'appoggio dell ' imperatore Guangxu, la cosiddetta "Riforma dei cento giorni": uno dei suoi contenuti fu "lo smantellamento dei templi e la creazione di scuole" (fèimiao banxue) (Schipper, 2008, pp. 3 83-9 5 ) . Di fatto, aveva inizio quella procedura di disgregazione delle comunità locali, da sempre unite attraverso i santua ri, che sarebbe stata portata avanti con terribili risultati negli anni della Rivoluzione Culturale ( 1 9 6 6-1976 ) . Allo scoccare del nuovo secolo, du rante la successiva rivolta dei Boxer, il bombardamento da parte degli eserciti occidentali del tempio Da Guangming Dian, e la conseguente distruzione dei blocchi incisi per la stampa del Daozang, possono ben essere considerati come un simbolo di questa fase autodistruttiva. Il Ca none sopravvisse per una fortunata circostanza, in due copie incomple te, una conservata al Baiyun Guan di Pechino, l'altra a Shanghai: la loro composizione portò alla pubblicazione di una edizione completa nel 1 926, punto di partenza per gli studi sinologici posteriori. Tuttavia, la tradizione daoista in epoca Qing non si è accontentata di sopravvivere. Se la corrente Zhengyi dei Maestri Celesti ha visto un mutamento negativo nei rapporti con la corte imperiale, il Daoismo Quanzhen ha invece goduto di una nuova manifestazione storica di grande importanza: la tradizione Longmen (Porta del Drago) (Esposi w , 2008; 2012 ) . Il Daoismo Longmen rivendicò una continuità dottrinale con gli in segnamenti Quanzhen, attraverso l'affermata ricezione di sacre scritture da parte del maestro Qiu Chuji, che era stato uno dei Sette Autentici discepoli di Wang Zhe. Il nome stesso della corrente Longmen deriva da una montagna dello Shaanxi occidentale, su cui Qiu Chuji si era ritirato in meditazione. Inutile qui ripercorrere le successive, non sempre chiare tappe della trasmissione del Daoismo Longmen, che sembra essere frutto della con fluenza di diversi movimenti centrati su alcuni luoghi sacri, come i monti Hua, Lao, Wudang, Qingcheng, e non necessariamente parte della tradi zione Quanzhen. Una data chiave è il r6s6, anno in cui il maestro Wang
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Changyue (detto anche Wang Kunyang, ?-r 6 8 o ) avrebbe trasferito la tra dizione Longmen all' interno del Baiyun Guao, il Tempio della Nuvola Bianca di Pechino, che da tempo era considerato legato agli insegnamenti di Qiu Chuji, ma che in epoca Ming era stato sede dei Maestri Celesti. Wang Changyue ebbe un ruolo assolutamente fondamentale nel pre disporre il Daoismo Longmen al riconoscimento imperiale: fu elabora ta una serie di testi che affermavano la discendenza diretta della scuola Longmen dagli insegnamenti Quanzhen di Qiu Chuji, il che rifletteva fra l'altro una sorta di parallelismo tra Wang e Qiu, riconosciuti dai so vrani delle epoche Yuan e Qing (in entrambi i casi non cinesi : i primi mongoli, i secondi mancesi) come gli esponenti ortodossi dell' intera tradizione daoista. Wang Changyue si affermò come riformatore del sistema delle ordinazioni, che fu semplificato rispetto al passato, e di viso in tre gradi: Precetti dell'Autenticità Iniziale (chuzhen jie), alcuni dei quali erano riservati ai laici e alle donne ; Precetti Intermedi (zhongji jie) ; Precetti degli Immortali Celesti (tianxian jie), il grado più elevato, il cui possesso permetteva di conferire ad altri l'ordinazione. L'undicesimo patriarca della scuola, Min Yide ( r7s8-r836 ) , ritiratosi sul Monte Jing ' ai nella Cina del Sud, ebbe un ruolo essenziale nel tra smettere la storia del lignaggio Longmen, attraverso la composizione nel r82r del jing ai xindeng (Lampada del cuore del Jing ' ai). Egli fu autore di un famoso testo esplicativo sull'alchimia, lo Erlan xinhua (Dialogo del Cuore dei Due Oziosi), che fa parte di una delle più importanti com pilazioni daoiste post-Daozang, il Daozang xubian (Esposito, 1997 ) . La formazione della scuola Longmen come rappresentante dell'or todossia dottrinale daoista marcò un passaggio fondamentale, in una Cina i cui regnanti erano ormai apertamente sospettosi se non ostili di fronte al coinvolgimento popolare attuato attraverso lo svolgimento di attività rituali, e al ruolo chiave delle comunità laiche locali, dette hui, spesso riunite attorno a un santuario di una divinità. Il successo del Da oismo Longmen, anche nel quadro dei rapporti con il potere mancese, può essere misurato se si considera che, alla morte di Wang Changyue, l' imperatore Kangxi gli attribuì il titolo postumo di "Eminente Maestro che abbraccia l' Uno" ( baoyi gaoshi) (Kirkland, 2004, p. r 6 8 ) . Il Daoismo Longmen, come aveva fatto la corrente Quanzhen nel secolo di dominazione mongola, sottolineò particolarmente le pratiche di autocoltivazione, ma con un maggiore accento sulla cura dell'espres sione dottrinale, che ora diveniva più semplice, almeno nella scelta del vocabolario: è il caso del maestro Liu Yiming ( 1734- I 82r ) , esponente del-
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la branca Longmen della regione del Gansu, famoso per la sua opera di commentatore di scritture della tradizione neidan come lo Wuzhen pian. Un aspetto da poco venuto alla luce negli studi occidentali di questa grande, nuova fioritura dell'alchimia interiore, fu lo sviluppo di opere dedicate all'alchimia femminile, detta niidan (Valussi, wo8). Alla fine della dinastia Qing ( 1 9 0 6 ) vede la luce un importante testo di tale tra dizione, il Niidan hebian (Collezione congiunta di alchimia femminile) di He Longxiang : la prefazione dell'opera chiarisce la necessità della tra smissione di pratiche specifiche rivolte alle donne, dai differenti punti di vista cosmologico, psicologico e fisiologico. L'adozione di tali prati che era fortemente avversata in una società, come quella Qing, che nella sua difesa dei valori confuciani (espressi in una luce fondamentalista e puritana) si sforzò di garantire la segregazione tra i sessi e di diffonde re il culto della castità femminile ; tuttavia, nello stesso tempo cresceva l'esigenza delle donne di avere accesso a testi su pratiche, come quelle di alchimia interiore, evidentemente più diffuse di un tempo. Va sot tolineato che le "lettrici" non erano monache, già esterne alla società, ma spesso donne sposate, appartenenti a famiglie benestanti. Nella sua prefazione, He Longxiang sottolinea le ragioni che si celano dietro la minore presenza delle donne nelle pratiche di autocoltivazione: Ci sono il Cielo e la Terra, e ci sono gli uomini e le donne. Tra gli uomini, mol ti raggiungono l' immortalità; tra le donne, poche la ottengono. [Ciò avviene poiché] gli uomini possono viaggiare alla ricerca del Dao, mentre le donne non possono lasciare la casa e trovare un maestro. [È perché] mentre vi sono nume rosi testi alchemici per gli uomini, i testi alchemici per le donne sono pochi, e non trasmessi. [È anche perché] sette o otto uomini su dieci possono leggere e capire un testo scritto, mentre solo una o due donne su cento può farlo. Se ci fossero libri alchemici per le donne da poter trasmettere, e se le donne fossero capaci di leggerli e comprenderli, lasciando casa quando è per loro opportuno per cercare un maestro e trovare il Dao, allora il numero delle donne che otter rebbe l ' immortalità non sarebbe necessariamente affatto inferiore a quello degli uomini ( ivi, pp. 2.42.-3).
Il Daoismo vivente Indubbiamente, il xx secolo è stato per la Cina una fase storica piena di in credibili cambiamenti. Nel giro di pochi decenni, si è passati dall' impero alla repubblica nazionalista, e infine, dopo l'ultimo conflitto mondiale e la
STORIA DEL DAOISMO II vittoria delle forze comuniste di Mao ( 1949 ), il paese ha vissuto la ricostru zione, la lunga e traumatica fase della Rivoluzione Culturale e nell'ultima generazione l'apertura alle riforme economiche e alla globalizzazione. Uno dei risultati più evidenti della stupefacente crescita economica cinese è stato l'aumentato interesse dell' Occidente per questo gigante apparso, o per meglio dire riapparso, come un protagonista della scena mondiale : si può ben capire quindi come, per la necessaria compren sione di una realtà così importante, oggi e in prospettiva futura, l' igno ranza occidentale della tradizione daoista, che ha innervato la cultura e la stessa evoluzione sociale cinese, costituisca un handicap per nulla trascurabile. Abbiamo già indicato nel precedente paragrafo alcuni fattori "endo geni" che hanno favorito tale ignoranza, come l'atteggiamento negativo delle élite culturali verso il Daoismo durante l'ultima dinastia Qing, pe riodo che ha visto per la prima volta una presenza sempre più rilevante degli occidentali sul suolo cinese. L'occidentalizzazione subita nei primi decenni del xx secolo da numerosi esponenti della cultura cinese non ha fatto che accelerare tale tendenza. Non è eccessivo affermare che, delle Tre Dottrine, il Daoismo è quella che ha in apparenza subito i maggiori danni da questo secolo di eccezio nali rivolgimenti. Infatti il Confucianesimo, pur vedendo cessato il suo ruolo di dottrina etica e politica indispensabile per la formazione e il mantenimento della struttura statale e amministrativa imperiale, dopo alcuni decenni di buio vede oggi un deciso tentativo di difesa e di pro pagazione dei suoi valori, favorito dal regime che cerca di conservare il suo status di avanguardia del popolo non solo politica, ma morale ; e il Buddhismo, con il suo carattere transnazionale, ha indubbiamente po tuto godere della politica di apertura sia in ambito interno (ricostruzio ne dei monasteri, aumento dei devoti) che esterno (collegamenti con le comunità buddhiste mondiali, e più in generale favorevole disposizione occidentale verso il Buddhismo). La politica di smantellamento dei santuari locali, iniziata già alla fine dei Qing, e il generale atteggiamento che identificava in modo indiscri minato l'adesione al sacro con la difesa di valori feudali e ami-moderni (quindi anti-sociali), certo hanno colpito storicamente anche le strut ture buddhiste ; ma lo stretto legame del Daoismo con le comunità di villaggio, e con le associazioni laiche fondate sulle strutture cultuali, ha portato a un colpo ben più terribile di quello che ha raggiunto i centri monastici buddhisti. Un esempio tra i tanti del trattamento subito dai
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rappresentanti della tradizione daoista non riguarda gli anni della Rivo luzione Culturale (in cui buona parte delle distruzioni in questo campo era già stata portata a termine), ma l'evento ben anteriore (I927) che vide l 'eliminazione della corte del 63° Maestro Celeste ad opera delle armate comuniste, premessa per la fuga nel I 949 del Maestro a Taiwan ( Goossaert, 2010, p. IOI3). Tre sono a nostro parere gli aspetti più rilevanti nel quadro che con l'apertura alle riforme degli anni ottanta contraddistingue la situazione della tradizione daoista in Cina Popolare : I) rapporto tra potere centrale (Stato, partito) e comunità e associazioni nazionali e locali daoiste ; 2) rapporto (sia del potere centrale che dei rappresentanti della tradizione daoista) con culti locali di matrice non "ortodossa"; 3) diffusione del Da oismo in Occidente. I) Rapporto tra potere centrale (Stato, partito) e comunita e associazioni
nazionali e locali daoiste. Dopo il ventennio di radicalizzazione politica iniziata con il Gran de Balzo in avanti ( I 9 S 8 ) e terminata con il decennio della Rivoluzione Culturale e la morte di Mao (I966-I976), la graduale politica di apertura inaugurata da Deng Xiaoping ebbe timidi riflessi anche sulla vita reli giosa dei Cinesi. A partire dal I 9 8 7, l 'Associazione Nazionale Daoista cinese (Zhongguo Daojiao Xiehui, website : http :/ / www. taoist.org.cn), fondata nel I 9 57, ha iniziato a pubblicare una rivista con cadenza bime strale, " Zhongguo Daojiao" (Il Daoismo cinese), che descrive le attività dei daoisti, con particolare riferimento ai templi, i quali in numero sem pre maggiore vengono riaperti sul territorio (cfr. FIG. 3). Certo, quello che è stato definito il "ritiro della marea" (Pas, I 9 8 9 ) ha lasciato molti relitti. Ma è interessante notare come i segni della vitalità della tradizione si siano moltiplicati negli ultimi anni. Un primo ele mento evidente consiste nel processo di ricostruzione dei siti templari, che ha avuto inizio già a partire dal I 9 82, con una certa preferenza per i templi legati alla tradizione monastica Quanzhen. Se in una prima fase furono i centri sacri più importanti a ricevere attenzione, la politica di ricostruzione dagli anni novanta si è estesa alle realtà locali, e oggi si può dire che alcune migliaia di santuari daoisti di grandi o piccole dimensio ni sono stati ripristinati. L'Associazione Nazionale Daoista ha indubbiamente un importante ruolo di controllo nelle attività dei templi, attraverso l ' istituzione di sedi regionali dell'Associazione, sotto la supervisione dell'ufficio governati vo preposto agli affari religiosi : una struttura che è frutto dell' ideologia
STORIA DEL DAOISMO II FIGURA 3 Giovane daoista, Qingyang Gong, Chengdu, Sichuan
Fonte: foto dell'autore.
comunista non più che della tradizione imperiale, visto che numerose dinastie storiche istituirono apparati di tal genere. L'emanazione di normative da parte dell'Associazione negli anni scorsi aveva due obiettivi : fornire un quadro di riferimento per l 'orto dossia delle pratiche di ordinazione dei daoisti, e cercare di gestire l ' in sopprimibile realtà dei daoisti (soprattutto della corrente Zhengyi) che non vivono nei templi, i cosiddetti "Daoisti che risiedono a casa" (sanju daoshi, o huoju daoshi). Le prime ordinazioni della Cina contemporanea post-1 949 sono av venute a Pechino nel 1 9 8 9 presso il Tempio della Nuvola Bianca (Baiyun Guan), legato all' insegnamento Quanzhen nella forma Longmen ; le prime ordinazioni Zhengyi hanno avuto luogo sul Monte Longhu nel 1995. Questo ritardo si spiega soprattutto con l 'esigenza di controllare
IL DAOISMO il ruolo dei maestri (daoshi) dell'ordine Zhengyi, i quali non hanno mai aderito alle pratiche monastiche e celibatarie del Quanzhen, e quindi svolgono una vita sociale indistinguibile dagli altri membri delle comu nità locali, almeno fino a quando non devono svolgere il proprio ruolo rituale, dirigendo le grandi liturgie zhai o jiao. Naturalmente, il regime centrale osserva tuttora con grande cautela le attività di questi personag gi, ben più implicati nella vita sociale di quanto lo siano i monaci dei templi; essi sono particolarmente attivi dagli anni novanta nelle regioni meridionali della Cina, probabilmente anche grazie ai rapporti più di retti con i daoshi di Taiwan o di Hong Kong, i quali non hanno vissuto la perdita dei registri e dei manuali rituali subita dai sanju daoshi del continente durante gli anni della Rivoluzione Culturale. Il problema fondamentale è l 'ortodossia di questi maestri. Il timore più grande è la confusione con le pratiche considerate eterodosse o cao tiche, potenzialmente pericolose per la comunità e in alcuni casi per lo Stato. Sembra che in questi anni il numero dei sanju daoshi abbia subito un aumento rilevante; e la questione dell'ortodossia della prassi rituale ad essi legata è naturalmente anche il riflesso del mezzo secolo di asso luta mancanza di ordinazioni, che ha impedito la regolare e tradiziona le trasmissione dei registri e delle altre scritture sacre che non solo ac compagnano, ma costituiscono parte concreta dell' iniziazione daoista. L'Associazione Nazionale Daoista ha cercato di dare inizio al processo di regolarizzazione autocostituendosi come unico ente che può dare le ordinazioni, fornendo un vero e proprio "certificato di ortodossia'' (Lai Chi-tim, 2003 ). Tuttavia, l'efficienza del sistema resta in dubbio, soprat tutto se si considera che anche nel periodo pre-moderno la registrazione del clero daoista sembra essere stata ben poco efficace : se esistevano dei funzionari daoisti legati all'amministrazione imperiale (in epoca Ming e Qing attraverso l'ufficio detto daolu si), molti daoisti sfuggivano alle maglie del controllo burocratico (Goossaert, 2010, pp. 1002-3). Più in generale, le attività di garanti e specialisti del rituale dei daoshi, sempre più evidenti nelle regioni meridionali della Cina (Dean, 1993), pongono l'attualità di una vecchia questione : il rapporto tra autorità centrale e comunità e associazioni locali. Il regime dovrà inevitabilmen te operare una scelta strategica, che eviti il soffocamento delle attività cultuali e al contempo la deriva delle sette eterodosse ; e, al riguardo, c 'è già una élite disponibile che può indirizzare le manifestazioni locali del sacro in un alveo accettabile : i daoisti. Resta il forte dubbio se, dopo un secolo di distruzioni, i daoisti possano tornare a ricoprire il ruolo di élite
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come centro motore di comunità locali certo ben diverse da quelle di un tempo, soprattutto in un quadro come quello della modernità, dove il regime può attuare una serie di campagne a favore di una "tradizione cinese", al fine di rafforzare la convinzione nella propria specificità cultu rale, ma certo non può far passare il messaggio che la propria legittimità è garantita dai "maestri del Dao". 2) Rapporto (sia delpotere centrale che dei rappresentanti della tradizione
daoista) con culti locali di matrice non "ortodossa': Alcuni recenti studi hanno messo in luce il ruolo essenziale di imer mediazione ricoperto dai maestri daoisti nel rapporto non facile tra po tere centrale e culti locali nella Cina pre-moderna. La funzione del Da oismo può essere definita come un atto normalizzatore : i maestri daoisti attuavano un processo di vera e propria canonizzazione delle divinità locali, integrandole nel pantheon ortodosso (Goossaert, 2010, p. 1013). Attualmente, la situazione dei rapporti tra il Daoismo e i culti locali è di non facile definizione. Un esempio ci è fornito dal fenomeno relativo all'apertura di un sempre maggior numero di templi daoisti, anche in zone rurali o semirurali, e al conseguente aumento dei gruppi di pellegri naggio, detti xianghui. I leader di tali gruppi sono spesso donne anziane, non di rado medium, che nei loro villaggi di origine sono possedute da spiriti, e svolgono di frequente attività terapeutiche: questa loro funzio ne rende il rapporto con i rappresentanti daoisti quanto meno proble matico ( Goossaert, Fang Ling, 2009 ). La questione dei personaggi che a livello locale acquistano notorietà soprattutto grazie alle presunte doti di guaritore non è spinosa solo per il ruolo dei daoisti, ma anche e soprattutto per le autorità. La diffusione di pratiche finalizzate al benessere psicofisico, come il qigong, peraltro inizialmente favorito dal governo, ha portato dalla seconda metà de gli anni ottanta al fiorire di sette, fondate da "maestri" carismatici, che hanno esercitato grande attrattiva anche a causa di un sistema sanitario come quello cinese, che ha lasciato molti senza il diritto alle cure medi che (Chen, 2003). L'esempio più clamoroso della diffusione di tali credenze, e della loro vasta influenza su larghi strati della popolazione, è il caso del movimen to Falun Gong, balzato alla notorietà internazionale nel 1 9 99, quando, dopo una manifestazione pacifica di migliaia di suoi aderenti di fronte all' ingresso della sede del Partito comunista cinese della capitale, la setta fu "scomunicata" ufficialmente : l'editoriale del Quotidiano del Popolo ("Renmin ribao"), organo ufficiale del Partito comunista, la definì xie-
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dao, letteralmente "via deviata", cioè insegnamento eretico. Gli esponen ti della leadership cinese, eredi del pensiero ateo di Marx, Engels e Mao, utilizzavano ai più alti livelli e attraverso tutti i media un termine ben noto del vocabolario dottrinale antico : non parlavano di minaccia capi talista, ma di eresia religiosa, un elemento altamente significativo della permanenza di certi significati, e soprattutto della profonda conoscen za che la leadership cinese ha dei processi che in passato hanno portato all'abbattimento di dinastie. Il nome del movimento è una sapiente mescolanza di elementi buddhisti e di connotazione daoista, congiunti a una robusta dose di ideologia New Age. Falun significa Ruota della Legge : una chiara allu sione all' insegnamento del Buddha. Gong (efficacia) è connesso al qi gong, pratica fondata sulla respirazione che è la moderna manifestazione delle antiche vie centrate sul nutrimento della forza vitale, e sulla condu zione interna del qi. Il suo leader, Li Hongzhi, da molti anni residente negli Stati Uniti, sembra aver goduto negli anni novanta della creazione di biografie ric che di dati simbolici, che ne facevano un predestinato. Egli sarebbe nato nell'ottavo giorno del quarto mese lunare, quando tradizionalmente si celebra la nascita del Buddha; ma avrebbe anche ricevuto l' insegnamen to di un "Uomo Vero degli Otto Poli" (baji zhenren), un personaggio dall'aura chiaramente daoista. Si può sorridere dei contenuti di tali testi, ma l' influenza tuttora perdurante di questo movimento deve far pensa re. Riecheggiano qui motivi antichi, attinenti alle biografie miracolose degli "operatori del sacro" dell 'antichità. Si può condividere l'opinione di Benjamin Penny che « la biografia di Li Hongzhi [ ... ] si rivela non come una goffa frode, ma come una rimarchevole riscrittura contem poranea di una antica tradizione, che il governo cinese implicitamente riconosce e contesta » (Penny, 2003, p. 653). 3 ) Diffusione del Daoismo in Occidente. Per quanto la tradizione daoista si ritrovi legata all' immagine dell' Occidente, attraverso il mitologema della sparizione di Laozi a ovest, indubbiamente il Daoismo è stato, fra le Tre Dottrine, l'ultimo ad essere oggetto di interesse nel mondo occidentale. Il motivo principale non è affatto, come si è spesso detto, il carattere "nascosto" della dottrina daoista: se è verissimo che i contenuti dottrinali del Daoismo sono sem pre stati riservati a chi riceveva l' iniziazione, tuttavia il ruolo sociale dei maestri daoisti, unici garanti di quella ritualità che costituiva l'elemento
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fondamentale di coesione per le comunità locali, era del tutto evidente a chi riuscisse a vedere appena al di là delle liturgie dei letterati di corte. Ma questo passo, per motivi che qui sarebbe troppo lungo analizzare, non fu mai fatto dagli occidentali che si trovavano sul suolo cinese. Sia i missionari gesuiti che gli enciclopedisti anticlericali ( i quali comun que dovevano appoggiarsi ai primi per avere notizie di prima mano sulla Cina ) furono abbagliati quasi esclusivamente dalla cultura confuciana, per gli uni espressione di una moralità agnostica che lasciava ben sperare in vista di una possibile conversione, per gli altri specchio di un regno in cui la filosofia naturale era al potere : due distorsioni che hanno contras segnato tutta la visione europea della Cina, sino al periodo coloniale. Anche nel XIX secolo, il Daoismo è passato quasi del tutto inosser vato agli occhi dell' Occidente, e quando è stato oggetto di analisi su perficiali, lo si è confuso tout court con i movimenti messianici popolari e le superstizioni locali, e tutt 'al più figurava sullo sfondo di trattati sul folklore, che mostravano all'Occidente imperialista la propria indubbia superiorità sul decadente popolo giallo. Il xx secolo ha marcato, soprattutto dopo la fine della Seconda guer ra mondiale, un netto cambiamento. La ricerca accademica ha avuto un ruolo veramente fondamentale per introdurre in Occidente la stessa consapevolezza dell'esistenza di una tradizione sacra autenticamente ci nese, stimolando inoltre la ripresa degli studi cinesi sul Daoismo, regi strata negli ultimi anni. La coscienza dell' importanza della tradizione daoista si espresse con la prima conferenza internazionale sul Daoismo, avvenuta nel settembre 1 9 6 8 ( Welch, 1 9 6 9-70 ) ; tale evento, voluto dal Comitato per lo studio della civiltà cinese dell'American Council of Learned Societies, si svolse proprio da noi in Italia, a Bellagio, in una villa offerta dalla Fondazione Rockefeller. Una buona parte dei partecipanti a questo primo incontro ( che non vide alcun italiano tra i relatori ) ha forgiato le linee direttrici degli studi sul Daoismo degli anni successivi. A fare da tramite tra le varie posizioni emerse al convegno, figurava Mircea Eliade, forse il più grande storico delle religioni del xx secolo. Nei pochi decenni trascorsi da quel fatidico 1 9 6 8, il Daoismo non po teva certo avere in Occidente lo stesso successo e la stessa influenza ai più vari livelli del Buddhismo, letto, interpretato e talora stravolto in tutti i modi. Ma la tradizione daoista è stata ugualmente al centro dell ' in teresse di molti intellettuali occidentali; alcuni studi hanno passato in rassegna le differenti posizioni sulle tematiche centrali del Daoismo, e
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sulla loro eventuale importanza per la civiltà occidentale moderna, in campi diversi come la cosmologia, la politica, l'etica o l'ambientalismo ( Clarke, 2.000 ) . Un ambito che h a invece goduto d i particolare popolarità in Occi dente può essere definito di "natura collaterale" rispetto alla dottrina da oista: parliamo della diffusione delle pratiche volte al benessere psicofi sico, facenti parte della complessa galassia tradizionale delle tecniche di nutrimento della forza vitale, come le arti marziali (in primis il Gongfu, volgarizzato come Kung-fu), il Taiji quan, il Qjgong. La stessa medicina tradizionale cinese, con tutte le sue metodiche alimentari e "tecniche" (fra le quali l'agopuntura ha avuto in Occidente particolare successo), rientra tra queste pratiche che condividono con il Daoismo la mede sima struttura cosmologica, ma ovviamente non necessitano di per sé (almeno nella loro versione comunemente accettata in Occidente) di un percorso realizzativo personale. Come in altri casi (lampante quello del jèngshui, da noi analizzato in un altro studio : Paolillo, 2.012), questi am biti sono oggi inevitabilmente per lo più estrapolati (talora anche attra verso un processo di stravolgimento dei contenuti) da quella condizione "integrata'' che nella società tradizionale cinese li considerava parte di un complesso vitale, che era anche un complesso sociale. Un ultimo settore, certo più ristretto, della diffusione del Daoismo in Occidente riguarda invece l'adesione alla dottrina. Alcuni esponen ti del mondo accademico hanno favorito la maggiore accessibilità ad aspetti dottrinali, attraverso la creazione di si ti internet e di case editrici: è il caso della tedesca naturalizzata americana Livia Kohn, con la sua Three Pines Press (http : / / www.threepinespress.com), che raccoglie studi scientifici, ma anche opere più popolari, e dal 2.008 pubblica il "Journal of Daoist Studies", in cui si trovano articoli accademici, notizie sulle pratiche daoiste del mondo contemporaneo e studi sul campo ; del sito web di Luis Komjathy, esperto della tradizione Quanzhen (http:// www. daoistcenter.org) ; e dell' italiano Fabrizio Pregadio, particolarmente at tivo in rete sin dai primi anni novanta (ricordiamo il suo pionieristi co opuscolo informativo dall'allusivo titolo Passi sulla Rete), con il sito "Golden Elixir" (http : / /www.goldenelixir.com) e l'omonima casa edi trice, dedicati in particolare all 'alchimia. Un sito più generale, parti colarmente utile per l'ampia bibliografia in costante aggiornamento, è http : / /www.daoiststudies.org, a cura del sinologo James Miller. Ma l'adesione vera e propria alla Via daoista ha come indispensabile premessa il ricollegamento con gli esponenti riconosciuti della tradizio-
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ne; l'Associazione Daoista Cinese è quindi anche il centro e la radice delle associazioni daoiste che negli ultimi anni hanno visto la luce nel mondo occidentale. Tra esse, c 'è anche l'Associazione Taoista d ' Italia ( ATI, nome cinese Yidali Daojiao Xiehui), fondata nel r993, con sede a Caserta, diretta sin dalle origini dal Maestro Vincenzo di leso ( nome daoista: Li Xuanzong ) , che ha ricevuto l'ordinazione dal Maestro Wang Guangde, allora a capo dell'Associazione Daoista del Monte Wudang. L'Associazione ha tra le proprie attività una serie di pratiche destinate al benessere psico6sico, come il qigong, o la ginnastica detta daoyin, ma anche degli esercizi di visione interiore e di meditazione. Sulla home page del sito dell'Associazione, la tradizione daoista è considerata come "un bene dell'umanità': La coltivazione interiore, e il rispetto di norme morali esteriori, sono intesi come la via per fare emergere quella condi zione innata che non è privilegio di pochi : Siamo tutti daoisti. Vi è un daoista in ognuno di noi, ingabbiato da sovrastrut ture culturali e sociali che aspetta e chiede solo di essere liberato. Migliorando se stesso, ciascun individuo potrebbe contribuire a creare quella "massa critica culturale" che indirizzerebbe la società umana su una rotta diversa, lontana dal consumismo e dall'arrivismo (http:/ /www. daoitaly.org).
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Dao, Uno e molteplice nel Daoismo : prospettiva metafisica e cosmologia Inafferrabile in Sé stessa, sottratta ad ogni visione, la si chiama Oscurità divina. 'Abd Al-Karim Al-Jili, Al-lnsdn Al-Kdrnil
In that dark - that - in that God ? A radiance ? A Lord in the Void ? Like an eye in the black cloud in a dream ? A. G insberg, Kaddish
Il Dao : dottrina e realizzazione nel Laozi Cercheremo ora di mostrare dal punto di vista dottrinale il ruolo cardine del Laozi, divenuto testo canonico tra il II secolo a.C. e il III secolo d.C. Il tema del Dao, e dei rapporti tra l' Uno e il molteplice, costituisce il fondamento della dottrina daoista, ed è stato oggetto di numerose e di versificate letture. Partiamo dalla prima stanza (zhang) del Laozi; ripro duciamo qui e in seguito due recenti traduzioni italiane del testo, non certo per complicare la vita al lettore, ma unicamente per dargli un' idea della molteplicità di scelte traduttive derivante dalla natura estremamen te sintetica dell'opera, e dai differenti livelli semantici e/o sintattici dei termini chiave (cfr. FIG. 4 ) . La prima traduzione è stata condotta sulla base del Manoscritto A di Mawangdui, le cui lacune sono state colmate attraverso il ricorso all'altro codice ritrovato nello stesso sito (Man. B) e alle edizioni classiche, e infine attraverso il confronto con i manoscritti di Guodian (Andreini, 2004; qui in realtà questa stanza non è la prima, ma succede alla serie delle stanze 37-79 ) ; la seconda sul testo tradizionale (Cadonna, 20 0 1 ) : L a Via che come tale può esser presa, Via eterna non è . I l nome che come tale può esser preso, nome eterno non è. "Senza nome" è dei diecimila esseri il comincia mento, "Ha nome" quel che dei diecimila esseri è la Madre. Sicché, nella costante cessazione di desio, se ne contempla il prodigio, e nel costante desio se ne contem pla il limite manifesto. Comune han la fonte, distinti i nomi, eppur entrambi son designati: "Arcano dell'Arcano': ''Accesso di ogni prodigio" (Andreini, 2.004, p. 91).
IL DAOISMO FIGURA 4 L' incipit del Laozi
m a -arm o � � � )]! o � o -aJ � o � � � � o Per quanto riguarda il Dao, i Dao di cui si può parlare non sono il Dao eterno. Per quanto riguarda il Nome, i nomi che possono essere nominati non sono il Nome eterno. Considerato come Non-Esistenza (wu), Io si chiama "Origine del Cielo e della Terra"; considerato come Esistenza (you), Io si chiama "Madre della Molteplicità delle cose". Considerandolo come eterna Non-Esistenza, se ne contemplerà l 'aspetto sottile ; considerandolo come eterna Esistenza, se ne contemplerà l 'aspetto esteso. Questi due aspetti hanno un'unica origine ma vengono chiamati in maniera diversa. Considerandoli come un'unica realtà si parla di "Mistero": è più misterioso di tutto ciò che è misterioso, è la porta di ogni prodigio (Cadonna, 2.001, pp. 1 3-4). Al di là di alcune differenze traduttive, vanno sottolineati e chiariti alcu ni punti. Riprendiamo le due traduzioni, dividendole in tre parti : La Via che come tale può esser presa, Via eterna non è. Il nome che come tale può esser preso, nome eterno non è. Per quanto riguarda il Dao, i Dao di cui si può parlare non sono il Dao eterno. Per quanto riguarda il Nome, i nomi che possono essere nominati non sono il Nome eterno. Innanzitutto il verso iniziale : Dao ke dao (ye), fei chang [heng] dao (ye). La particellaye tra parentesi tonda ricorre nel manoscritto di Ma wangdui, e indica la fine della frase ; nella stessa fonte, si trova il sino gramma heng (qui tra parentesi quadra) al posto di chang, con l ' identico significato di "eterno". Qui, in un verso di pochi caratteri (sei se si esclu de la doppia presenza di ye) troviamo ben tre volte il sinogramma dao: è sulla molteplicità dei livelli a cui fa riferimento il termine che si gioca una esegesi che è anche comprensione di tutto ciò che segue. Dao nel cinese antico è "via", ma anche "percorrere o tracciare un per corso", e "considerare, esprimere a parole": è evidente qui quella com-
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presenza di aspetti normativi e processuali, con possibili applicazioni a livello «etico-gnoseologico » (Andreini, 2004, p. 90), che ha reso il termine diffuso anche nel linguaggio di altre correnti sapienziali o filo sofiche nel periodo dei Regni Combattenti. Nel brano, è evidente il parallelismo tra dao e ming, "nome" o "no minare". Si gioca già qui quella relazione del Daoismo con il linguaggio, inteso di volta in volta come ingannevole e pernicioso strumento della limitata razionalità umana, o come utile e paradossale bisturi per reci dere i legami illusori dell' individualità, che costituirà uno dei tratti più evidenti della tradizione. La prima occorrenza del termine appare però qui chiaramente non come "un" Dao, cioè come una delle tante vie possibili-percorribili (si nogramma ke) per l'approccio conoscitivo (ed ecco il plurale adottato nella seconda traduzione) ; il Dao che è una delle vie da percorrere, non è il Dao eterno. Parimenti, il nome che può essere adottato (tra una inde finità di nomi-etichette possibili) non è il Nome eterno. Qui il Dao non è una tra le tante "norme" prescrittive, tra i tanti "per corsi" di molteplice natura suggeriti dalle varie tradizioni di pensiero del tempo, questi sì "nominabili", come sottolinea il commento tradizionale di Heshang Gong ( n sec. a.C. ? III-IV sec. d.C. ?) (Kaltenmark, 1 9 8 9, p. 42). Il Dao è Infinito, Possibilità universale a cui non è possibile attinge re attraverso l'uso di attributi di natura distintiva, propri del linguaggio. Proseguiamo : "Senza nome" è dei diecimila esseri il cominciamento, "Ha nome" quel che dei diecimila esseri è la Madre. Sicché, nella costante cessazione di desio, se ne con templa il prodigio, e nel costante desio se ne contempla il limite manifesto. Considerato come Non-Esistenza, lo si chiama "Origine del Cielo e della Terra"; considerato come Esistenza, lo si chiama "Madre della Molteplicità delle cose". Considerandolo come eterna Non-Esistenza, se ne contemplerà l'aspetto sottile; considerandolo come eterna Esistenza, se ne contemplerà l'aspetto esteso. Nel seguito della prima stanza, il Dao presenta nondimeno due aspetti, definiti (a seconda che si introduca o meno il segno di interpunzione tra i due sinogrammi wu e ming) : wu, la Non Esistenza, ambito del non manifestato, di ciò che non è soggetto a determinazioni discriminanti, e you, l' Esistenza, prima determinazione che contiene in sé gli svilup pi della "Molteplicità delle cose" o "diecimila esseri", di cui è principio
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immediato ; oppure wuming, il "Senza nome", e youming, "ciò che ha un nome". Si tratta di due interpretazioni peraltro in assoluta non contraddizio ne: l'ambito del non manifestato è anche il "luogo" (stando attenti a non dare al termine connotazioni spazi ali) del!' indistinzione primordiale, in cui è impossibile qualsiasi determinazione attraverso un atto, quale l' at tribuzione di un nome, che è di per sé espressione di dualismo, o se si vuole di conoscenza distintiva. La distinzione tra ! ' "Origine del Cielo e della Terrà' (o dei "diecimila esseri") propria della Non Esistenza/Senza Nome e la "Madre della molteplicità delle cose", propria dell ' Esistenza/ Ciò che ha un nome, sembra introdurre qui due aspetti complemen tari del Dao (non ad esso intrinsechi, ma per così dire "contemplabili" dall'essere che si trovi ancora allo stato condizionato) : il primo "sottile", invisibile e privo di limitazioni, il secondo caratterizzato dalla sua illimi tata fecondità "materna", i cui frutti (gli esseri manifestati) sono caratte rizzati da un "aspetto esteso", cioè da limitazioni inerenti alla loro natura manifesta. Qui (particolare evidente nella versione di Mawangdui) si innesta il dualismo "assenza di desiderio" /"desiderio", la cui permanen za o costanza porta rispettivamente a cogliere il lato non manifestato o manifestato del Dao : quest 'ultimo è caratterizzato dalla presenza di "enti" differenziati, nominabili e quindi "desiderabili" come oggetto di conoscenza e/ o di controllo. È interessante notare come l' Esistenza venga qui definita "Madre del la molteplicità delle cose": in questo suo aspetto già "meno universale", inerente all' Essere, il Dao si configura infatti come Matrice, che possiede in sé tutte le possibilità di manifestazione, ed ecco spiegato l'uso di una terminologia simbolica con valenze femminili. Comune han la fonte, distinti i nomi, eppur entrambi son designati: "Arcano dell'Arcano", "Accesso di ogni prodigio". Questi due aspetti hanno un'unica origine ma vengono chiamati in maniera diversa. Considerandoli come un'unica realtà si parla di "Mistero": è più miste rioso di tutto ciò che è misterioso, è la porta di ogni prodigio. Esistenza e Non Esistenza, ciò che può essere nominato e il Senza Nome, hanno un'unica scaturigine che li comprende : il Dao, definito "Arcano" o "Mistero", giustamente (e in piena consonanza con il nostro termine di matrice greca) innominabile. Il complementarismo tra le due non deve far dimenticare l'unica, innominabile fonte : esse si generano vicende-
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volmente (Laozi, stanza 2; Andreini, 2004, p. 93 ; Cadonna, 2001, p. 1 5 ) , poiché l' Esistenza, che h a radice nella Non Esistenza, fa ritorno poi a questa sua radice indifferenziata. Il concetto del "ritorno" (jàn) è assolutamente fondamentale : esso è il "moto della Via" (dao zhi dong: Laozi, stanza 40; Andreini, 2004, p. 9; Cadonna, 2001, p. 67 ) . Qui il "movimento" non deve portare alla con clusione assurda che è il Dao che "si muove": la dinamicità (nel tempo come nello spazio) è propria dei diecimila esseri, in quanto enti mani festati. Ma, proprio perché il Dao è l'unica fonte del reale, anche tale dinamicità è un aspetto di esso : anzi, ne è l'aspetto visibile principale. Nel CAP. 4, particolare attenzione sarà data agli aspetti applicativi e alla prassi realizzativa, espressi in varie modalità dalle correnti daoiste. Vedremo al riguardo come accenni concreti siano presenti in testi o parti di testi del periodo dei Regni Combattenti, come il Neiye, lo Zhuangzi e lo stesso Laozi. Qui però è necessario già soffermarsi sulla fondamentale terminologia dottrinale presente nel Laozi, e relativa allo stato incondi zionato di chi ha realizzato l' identità con il Dao. Possiamo partire proprio dal concetto del "ritorno come movimento del Dao". Esaminiamo la stanza 16 del Laozi: Il vuoto assoluto sia il limite cui spingersi, massima sia la premura nel mantener la tranquillità. I Diecimila esseri ovunque vengono alla luce, e io, al loro "ri torno" assisto. Degli innumerevoli esseri, ognun alla propria radice fa ritorno, e ciò vuoi dire "esser tranquilli", che a sua volta vuoi dire "tornare a ciò che fu sancito", che, ancora, vuoi dir "Eternità e costanza", e "intendere quel che è eter no e costante" vuoi dir "essere illuminati". Ignorar quel che è eterno e costante è cosa stolta, e la stoltezza è causa di sventure; intender ciò che è eterno e costante porta ali' indulgenza, l ' indulgenza, ali' imparzialità, l' imparzialità, alla regalità, la regalità, al Cielo, il Cielo, alla Via, la Via, alla lunga vita. (In tal modo) giunti alla fine dei giorni, pene non ne avremo patito (Andreini, 2004, p. 121). Raggiungi l'apice del vuoto, mantieniti in una totale tranquillità; gli esseri molteplici sorgono e interagiscono, ma [dallo stato in cui mi trovo] io ne con templo il ritorno. Le cose fioriscono, ma ognuna di esse ritorna alla sua radice. Tornare alla propria radice è ciò che si chiama "tranquillità"; "essere tranquilli" è ciò che si chiama "tornare al proprio destino"; "tornare al proprio destino" è ciò che si chiama "permanere eternamente". Prendere coscienza di questa eternità è ciò che si chiama "essere illuminati"; se non si ha coscienza di questa eternità, si è stolti e si crea la propria rovina. Colui che ha preso coscienza di questa eter nità abbraccia in se stesso il tutto ; abbracciando in se stesso il tutto è imparzia le come un principe ; essendo imparziale come un principe è come il sovrano ; essendo come il sovrano è come il Cielo ; essendo come il Cielo è come il Tao ;
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essendo come il Tao permane [ in eterno] ; e sino alla fine dei propri giorni non corre alcun pericolo (Cadonna, 2001, pp. 32.-3). Se, dal punto di vista necessariamente limitato e contingente degli esseri manifestati, il processo dell ' Esistenza (il corso della vita, il "fiorire" del Laozi receptus, a cui corrisponde la indefinita molteplicità dell'aggettivo "innumerevoli" del manoscritto di Mawangdui) è intravisto come un al lontanamento dal Principio, la transizione dalla Esistenza alla Non Esi stenza può essere invece considerata (dallo stato di identità con il Dao in cui si trova !' "io" narrante della stanza r6 del Laozi) come un "ritorno", letteralmente un movimento a ritroso (verrebbe da dire "controcorren te" rispetto alla direzione in cui scorre lo sviluppo degli enti manifestati) verso la "radice" invisibile (gen) che è il Dao. Ritorno che è una sola cosa con la "tranquillità" (jing), l'estinzione dei moti esteriori e interiori, se gno della differenziazione. Questa "estinzione", che !"'io" della stanza r6 sembra aver raggiunto in vita, è tutt 'uno con il ritorno al proprio "destino" (o a "ciò che fu sancito", ming), e allo stato di illuminazione (ming). Da notare l'orno fonia tra i due termini; ma c 'è molto di più da dire. Il termine ming, solitamente tradotto come "destino" o "influenza ambientale", è uno di quei concetti che maggiormente è stato al centro di contrastanti letture, ancor più dopo la scoperta di nuove fonti manoscritte. In alcune di esse, ming ricopre un ruolo essenziale, insieme al concetto di xing, "natura umana'' o "disposizione innata": si tratta di una coppia che ritroveremo nel processo realizzativo dell'alchimia daoista. Spesso si è dato al concetto di ming una interpretazione univoca, che lo accosta all' idea di "destino individuale" del pensiero occidentale. Per cercare di comprendere cosa è questo "destino" a cui si fa ritorno, vedia mone gli esiti ; attraverso un tipico processo descrittivo "a catena", colui che torna al ming accede (o meglio realizza) la Via e la permanenza (o "lunga vita'') : e nello stesso tempo resta nel mondo degli esseri manife stati, ma senza più correre pericoli, cioè senza più essere soggetto alle rischiose sollecitazioni ambientali. Qui non si tratta affatto di una su pina accettazione del proprio destino individuale : colui che esce dalla corrente delle "forme innumerevoli" e giunge "all'apice del vuoto", rea lizzando la permanenza, non è uno che attende passivamente la morte o qualsiasi catastrofe che possa piombargli addosso, ma è un essere che ha realizzato il ritorno a quella ragione ultima delle cose che è irriduci bile all' individualità umana, e che per tale motivo ha raggiunto quella
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libertà che è assenza di determinate costrizioni ambientali. La stanza 16 del Laozi rappresenta così la risposta, o per meglio dire la risoluzione metafisica a qualsiasi lettura deterministica o quietistica del destino o del comportamento umani. Notevoli analogie possono essere riscontrate tra questo aspetto del la dottrina del Laozi e il concetto del distacco dall ' io (abegescheiden heit), espresso da Meister Eckhart ( 1 2 6 0 - 1 3 27 / 8 ) in piena continuità con la afoiresis presente in Dionigi l 'Areopagita e in Plotino. Questo distacco, che solo può portare alla libertà assoluta (perché solo nell ' as solutamente incondizionato vi può essere libertà assoluta), si identifi ca con la "morte" (cioè l 'estinzione) dell 'approccio psicofisico indivi duale fondato sulla differenziazione e sulla discontinuità (concetto di " numero") : Questo spirito deve oltrepassare ogni numero, penetrare attraverso e oltre ogni molteplicità; allora esso viene penetrato da Dio ; ma mentre egli penetra in me, io penetro in lui ! Dio conduce questo spirito nel deserto e nell'unità di se stesso, dove egli è un puro Uno e scaturisce in se stesso [ ... ]. Questo spirito sta in unità e libertà [ ... ] . Lo spirito non può volere altro che quel che Dio vuole, e questa non è la sua assenza di libertà, ma la sua libertà originaria [ ... ]. L'uomo deve dunque essere ucciso, completamente morto, non essere niente in se stesso [ ... ], e allora è davvero simile a Dio (Meister Eckhart, 198s, pp. 96-101). Nel Sufismo islamico, una vicinanza dottrinale è forse ancora più eviden te nei concetti noti come "estinzione" (jàna ') e "permanenza" (baqa), definibili rispettivamente come la trasformazione o sublimazione della coscienza individuale nella Coscienza trascendente, e la sussistenza di colui per il quale ormai si può parlare di identità con il Principio : L'estinzione consiste nella scomparsa di ogni piacere, in modo che il servitore non abbia più parte a tale sensazione. A causa del suo essere estinto a tutte le cose, cessa ogni distinzione ed egli resta ormai unicamente occupato con cio che l'ha reso estinto [ ... ] . È allora lo stesso Principio divino a prendersi cura della sua condotta, !asciandolo libero di compiere i doveri tradizionali e gli atti confor mi (alla Sua Legge) [ ... ] . Quanto alla permanenza che fa seguito all'estinzione, essa consiste per il Sufi nel! 'essere estinto a tutto cio che lo concerne, sussistendo mediante quello che appartiene a Dio [ ... ] . Un grande Sufi ha detto : '' [. .. ] Quanto a colui che è reso permanente, tutte le cose son divenute per lui una cosa sola, e ogni suo movimento i: in accordo col Principio, senza alcuna fonte di disubbi dienza. Egli i: pertanto estinto alla disubbidienza e permanente nella conjòrmita"
(Kalabadi, 2002, pp. 231-6).
IL DAOISMO Abbiamo introdotto il corsivo per sottolineare tre punti essenziali che ritroviamo nella dottrina daoista e nello stato del Saggio : unità dell'esi stente e assenza di "separatività''; assenza in tale stato di ogni azione non derivante dal Principio (nient'altro che il wuwei, oggetto del prossimo paragrafo) ; e di conseguenza conformità al Principio (assimilabile allo stato di ziran, anch'esso trattato nel prossimo paragrafo), cioè (in modo solo apparentemente paradossale) assoluta libertà e permanenza.
Wuwei e ziran come stato supremo Nel Laozi, sembra palese che questo processo di "ritorno alla radice" corrisponda a un progressivo distacco dalle pastoie dell 'ego, che condu ce infine a quello stato definito wuwei, termine di solito tradotto come "non azione". La "riduzione" delle illusorie e contingenti caratteristiche distintive individuali/mentali (la cui ipertrofica crescita è invece l'esito dello studio esteriore) è ottenuta secondo la stanza 48 del Laozi attra verso la pratica del Dao, o il suo ascolto o "sentore" (wen ), come recita la versione di Mawangdui. Tale processo conduce al wuwei: Chi allo studio si vota, di giorno in giorno accumula, chi della Via ha sentor, di giorno in giorno sottrae. Sottrae e ancor sottrae, fino a cessar d' adoprarsi. In tal modo non vi sarà cosa che non sarà fatta (Andreini, 2.004, p. 2.3). Se ci si dedica allo studio, di giorno in giorno si aumenta. Se ci si dedica al Tao, di giorno in giorno si diminuisce. Si diminuisce e ancor più si diminuisce, fino ad arrivare alla non-azione. Non si agisce, eppure non vi è nulla che non si com pia (Cadonna, z.oo1, p. 75). « Non si agisce, eppure non vi è nulla che non si compia » (wu wei, er wu bu wei) : frase paradossale, che può essere risolta solo attraverso le considerazioni precedenti, partendo dal semplice dato che wuwei indica qui non un processo, ma uno stato, la condizione di chi si è ormai libe rato dal condizionamento degli esseri manifestati e che, dalla posizione "centrale" che ormai occupa, si identifica dejàcto con il Dao che è radice nascosta e inesauribile del mondo. Tale condizione è definita nella stanza 38 con il termine "Suprema Potenza" (shang de). Il termine de, "Potenza" (a volte tradotto con " Vir tù"), può essere inteso come l'espressione del Dao nel mondo (Lombar di, 2007 ). Esso ricorre peraltro in fonti non daoiste : nel L uny u , testo che
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secondo la tradizione confuciana raccoglie l' insegnamento di Confucio, il governante dotato di de diventa una figura simbolicamente affine alla stella polare, che resta immobile al centro del Cielo mentre le altre stelle vi ruotano intorno : una concezione che avvicina tale stato al wuwei del Laozi ( Csikszentmihalyi, 20o8a ) . La sua importanza nella dottrina da oista è riflessa dalla sua presenza nello stesso titolo Daodejing con cui il Laozi è stato conosciuto ed elencato nelle fonti classiche, e dal fatto che tradizionalmente una delle due parti dell'opera ( stanze 37- 8 1 del textus receptus) è detta Dejing, "Scrittura della Potenza': Nella stanza 3 8 , la Suprema Potenza ( o Virtù ) è definita come « ciò che tal non sembra » ( Andreini, 2004, p. 3 ) ; se si considera però l 'o mofonia di de, " Potenza", con de, "acquisizione, acquisire/ottenere", seguendo un brano dello Zhuangzi si può dire che la Suprema Poten za « non ammette acquisizioni » ( ivi, p. 2 ) . L'acquisizione appartiene infatti a uno stato in cui sussistono ancora le differenziazioni, in cui concetti come perdita e guadagno hanno ancora una sia pur limitata ragion d 'essere : una condizione a cui l 'essere "tornato alla radice" è sfuggito. Si può così comprendere come nella stessa stanza si sottolinei inoltre che la Suprema Potenza, proprio perché non agente (wuwei), non abbia "mire" (wu yi wei) ( ivi, p. 3 ) , cioè obiettivi o motivi esteriori per agire ( Cadonna, 2001, p. 63 ) . Il sinogramma wei ha una funzione essenziale nelle considerazioni che precedono. Esso presenta il senso di "agire", "intervenire", "interfe rire" ( Andreini, 2004, p. 1 6 5 ) ; si riferisce all'attività di effettuare vere e proprie definizioni normative ( Slingerland, 2003, p. 79 ) , ed è quin di anche traducibile con il nostro verbo "considerare". In una parola: il considerare, cioè l'applicare una conoscenza meramente distintiva che distingue gli enti manifestati, è tutt 'uno con l'agire. Entrambi sono fon te e riflesso di degenerazione, se intesi come principio : sono l'origine della decadenza, dipinta nella stanza 38 nelle varie fasi che hanno visto l 'emergere progressivo e "discendente" di ren, yi e li: umanità ( o bene volenza ) , giustizia ( o rettitudine ) e riti, i tre pilastri della dottrina con fuciana. Una simile visione ( definita spesso e forse in modo eccessivo "anti-confuciana" ) si ritrova nelle stanze 1 8 e 1 9 ( Andreini, 2004, pp. 1 25 e 1 27 ; Cadonna, 2001, pp. 34-6 ) . Nella stanza 34, l'assenza del wei è propria del Dao. Il Dao, infatti, è caratterizzato dall'eterna assenza di desiderio, e per tal motivo lo si defi nisce "Grande" (Andreini, 2004, p. 157; Cadonna, 2001, p. 59 ) .
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Al contrario, la stanza 7 5 rileva che nei governanti la presenza del wei (you yi wei), cioè di conoscenza, desiderio e azione distintivi, porta il disordine sociale (Andreini, 2004, p. 8 1 ; Cadonna, 2001, p. u o ). Simil mente, la stanza 65 associa le difficoltà a governare un paese all'uso della conoscenza, mentre l'assenza di conoscenza (zhi, conoscenza distintiva) è una fortuna: la consapevolezza di ciò è tutt 'uno con quella "Arcana Virtù" o "Potenza Misteriosa" (xuande) che consente il ritorno al Dao (Andreini, 2004, p. 57; Cadonna, 2001, p. 99). Dunque wuwei non rappresenta affatto un processo, ma uno stato che, più che contenere a un tempo aspetti cognitivi e comportamentali (Slingerland, 2003, p. 89 ), è in realtà la negazione assoluta o il supera mento di modelli cognitivo-comportamentali specifici. Un altro, fondamentale termine dottrinale strettamente legato a wuwei, e anch'esso talvolta erroneamente definito come un processo, è ziran, letteralmente 'Tesser così di per sé", o "spontaneità naturale". Nella parte finale della stanza 25 del Laozi troviamo la sua prima occorrenza. Qui la "grandezza" del Dao si riverbera sui "poli" essenziale e sostanziale del mondo manifestato, il Cielo e la Terra, e sul Sovrano ideale che ha raggiunto lo stato di realizzazione del Dao ; e, a ritroso, da questi parte quel "prendere a modello" (jà) che termina proprio con ziran, che può essere definita la "modalità'' del Dao : Grande è la Via, grande è il Cielo, grande è la Terra, e il Sovrano, pure, gran de è. Quattro, nell ' Universo mondo, son le cose grandi, e il Sovrano tra esse risiede. L'uomo fa della Terra il suo modello, la Terra lo fa del Cielo, il Cielo, della Via, e la Via ha per modello la naturale spontaneità (Andreini, 2004, p. 1 3 9 ) . Quindi: i l Tao è grande, i l Cielo è grande, l a Terra è grande, e anche i l Sovrano è grande. Ci sono quattro "grandi" nell' Universo, e il Sovrano è uno di questi. L'uomo si regola sulla Terra, la Terra si regola sul Cielo, il Cielo si regola sul Tao, il Tao si regola sul suo essere così di per sé ( Cadonna, 2001, pp. 46-7 ).
Ziran si configura quindi a un tempo come espressione della realtà in condizionata del Dao, della sua assoluta libertà metafisica, e anche dello stato di colui che ha realizzato l' identità con il Dao (ivi, p. 1 23 ) . Per in dicare tale condizione, la tradizione daoista ha frequentemente adottato immagini simboliche attinenti al mondo vegetale. Lo stesso binomio zi ran è divenuto nel cinese moderno sinonimo di "natura", spesso però nel suo senso più esteriore di natura naturata.
DAO, UNO E MOLTEPLICE NEL DAOISMO Tra le immagini vegetali connesse a ziran, va ricordato il termine pu, letteralmente "legno grezzo, non intagliato", che nella stanza I 9 del Lao zi è immagine eloquente dello stato indifferenziato a cui fa ritorno colui che elimina qualsiasi atteggiamento distintivo, fosse anche fondato sulle virtù confuciane: La saggezza elimina, la conoscenza rinnega, e il popolo cento volte tanto ne trarrà giovamento. La benevolenza elimina, la rettitudine rinnega, e il popolo tornerà ali' amor filiale e alle parentali cure [ ... ]. Esibisci la semplicità disadorna della seta grezza, abbraccia la genuinità del ceppo che la scure non conosce, la parzialità riduci, e il desio contieni (Andreini, 2004, p. 127). Si abolisca la saggezza, si rigetti il sapere : il popolo ne trarrà un vantaggio cen tuplicato. Si abolisca l'umanità, si rigetti la giustizia: il popolo tornerà all'amore filiale e all'amore dei genitori [ ... ] . Ci si mostri naturali e si rimanga aggrappati alla semplicità; si diminuiscano gli interessi personali e si attenuino i desideri (Cadonna, 2001, pp. 3 5-6). La stanza 3 2 del Laozi mostra con chiarezza l'associazione tra il simbolo del legno grezzo e l'assenza di "nomi", cioè di realtà distintiva, propria del Dao : Eternamente senza nome è l a Via. Pur minuta nella Sua ruvidezza naturale, nessuno al mondo ha l'ardir di soggiogarLa [ ... ] . Nel principiar a "dividere e controllare", s'hanno i nomi (Andreini, 2004, p. 153). Il Tao è eterno e non ha nomi. Sebbene sia insignificante come un pezzo di legno grezzo, nessuno nel mondo osa assoggettarlo [ ... ]. Quando si comincia a intagliare [ il blocco di legno grezzo] ecco che ci sono i nomi (Cadonna, 2001, pp. s6-7). Nella stanza 28, in cui appare la famosa immagine della "valle" che sarà trattata nel prossimo paragrafo, l'associazione tra tale "semplicità" del legno grezzo e lo stato del Dao (e di chi lo ha realizzato) appare con evi denza. Qui, si sottolinea che, una volta "disperso" (san), cioè intagliato, il legno grezzo pu costituisce (ancora il verbo wei, qui nella sua forma transitiva) gli utensili (qi) : cioè, colui che rimane coinvolto nel mondo diventa del mondo strumento, non è più consapevole della sua origina ria e incondizionata natura interiore (Andreini, 2004, p. I45; Cadonna, 200I, p. S I ) . Dunque, nel rapporto pu-qi si configura la relazione tra ciò che è preformale e attinente all' Origine e ciò che posside una "utilità"
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del tutto relativa e fìne a se stessa. « Il Grande Intagliatore non è intaglia to » , conclude la stanza 28 (Cadonna, 2001, p. 5 2). Il rapporto tra wuwei, la spontaneità e pu è espresso nella stanza 57: Sicché, così riportano le parole del Saggio: "Io non m'adopro, e il popolo da sé si trasforma; la tranquillità e la quiete prediligo, e il popolo da sé si corregge; incurante degli incarichi sono, e il popolo da sé s'arricchisce. Aspiro io a non desiderare, e il popolo da sé ritrova la semplicità ruvida del ceppo" (Andreini, 2004, p. 41). È per questo che il Saggio dice : "Se non si agisce, il popolo da solo si trasforma; se si ama la quiete, il popolo da solo si corregge; se non si interviene, il popolo da solo ottiene prosperità, se non si è preda di desideri, il popolo si mantiene nella semplicità" (Cadonna, 2001, p. 88). Sulla limitatezza della lettura di questo e di altri passi del Laozi come espressione di un cinico programma di controllo politico delle masse, altri hanno già espresso approfondite considerazioni (Michael, 2005, pp. 40-so; Slingerland, 2003, pp. 109- I I ) . Alcuni si sono spinti a cercare eventuali applicabilità del "pensiero fìlosofìco" del Laozi al mondo con temporaneo e post-moderno (Moeller, 20 07, pp. 6 1 - 8 1 ) . I concetti di wuwei e ziran trovano nello Zhuangzi piena espres sione, attraverso la grande ricchezza letteraria di questo testo classico (Slingerland, 2003, pp. 179-21 5). Ecco una eloquente ed elegante trat tazione della "inutilità'' del Saggio-legno grezzo che non si sottomette all' "adoprarsi" (wei) : Nanpo Ziqi passava per le colline di Shang. Vide un albero di grandezza così inusuale che un migliaio di quadrighe vi avrebbero potuto trovare om bra. Ziqi disse : "Che albero sarà mai ? Dovrà avere un legno straordinario". Sollevando lo sguardo, vide che i suoi rami minuti erano così storti che non sarebbe stato possibile farne una trave ; abbassandolo verso il grande tronco, vide che era così contorto che non se ne sarebbe potuto fare una bara. Lec candone le foglie, la bocca restava infiammata e ulcerata; annusarle provocava una ebbrezza che non cessava in tre giorni. Ziqi disse : "Questo davvero non è un albero da far legna! Ecco perché è divenuto così grande. È come l ' Uo mo Spirituale (shenren ), che attraverso ciò non fa da materiale [utilizzabile] " (Zhuangzi, 1 989, p . 2 8 a-b). In questo passo, anche l'esito più esteticamente attraente del wei è co munque espressione della perdita della disposizione innata xing:
DAO, UNO E MOLTEPLICE NEL DAOISMO Un albero centenario viene tagliato per farne un vaso sacrificale, decorato con verde-azzurro e giallo, mentre gli scarti sono gettati in un fosso. Se si confrontano il vaso sacrificale e gli scarti nel fosso, vi sarà differenza tra il bello e il brutto, ma unità nell'aver perduto la propria disposizione innata ( ivi, p. 71 b). Nello Zhuangzi, la critica della conoscenza distintiva (definita "piccola conoscenza", xiao zhi), che distingue ciò che è da ciò che non è (shifii), ciò che è giusto da ciò che non lo è, è volta a indicare il pericolo di una sopravvalutazione del sé individuale, che in realtà va inteso come "con tenitore" del vero Sé. Questo tipo di conoscenza è caratterizzato dalla sua dispersività, dal suo "non aver confini" (un tratto qui decisamente negativo) : una sorta di miraggio indefinito, pericoloso per l' individuo, la cui vita ha invece un limite. Il perseguimento o messa in atto (ancora una volta il termine wei) di una simile forma di conoscenza è quindi un grande pericolo (Zhuangzi, 1 9 89, p. 20 a-b); al contrario di chi, in pie na accettazione del Destino (ming), mostra la perfezione (quan) della Potenza (de), ed è quindi partecipe della "grande conoscenza" (da zhi) , colui che si fa portatore della "piccola conoscenza" è invece un fautore dei "nomi" (ming), cioè, un distruttore della Potenza (Lombardi, 2007, pp. 280-2). La Potenza di chi non segue criteri discriminanti, propri dell"'agire" (wei), è definita « la coltivazione dell'Armonia completa » (cheng h e zhi xiu ) , uno stato di « centralità vitale » che è « come la pri mavera per gli esseri » , un centro di gravità da cui gli esseri « non posso no più separarsi » (Zhuangzi, 1 9 8 9, p. 34 b). La riscoperta del vero Sé interiore ( il Dao) può avvenire solo at traverso il "digiuno" o "astinenza del cuore" (xin zhai) , termine chia ve in ambito operativo (su cui torneremo nel CAP. 4 ) , che indica la riduzione o rimozione degli elementi mentali individuali invocata nel Laozi. Inoltre, il rapporto tra "contenente" (l'essere manifestato) e "conte nuto" (la Realtà ultima) mantiene ovviamente la sua validità solo dal punto di vista (inevitabile) dell'essere umano, e del processo che porta alla realizzazione spirituale : in realtà, è il "contenuto" (il Dao) che "com prende" la totalità dei "contenenti", che vengono riassorbiti nel non ma nifestato alla fine del loro percorso di vita. Il "contenente" è un "fuori" che deve necessariamente far ritorno a quel "dentro", il centro interiore che è la propria ragion d 'essere, come sottolinea in Occidente un famoso passo delle Conjèssioni di Sant'A gostino :
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Tardi ti amai, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti amai! Sì, perché tu eri dentro di me e io fuori (cit. in Bianchi, 2 0 0 5 , p. 166). E, ancora nel XVII secolo, gli fa eco Angelus Silesius: L'uscita avviene per l'entrata nessuna uscita che non sia a causa dell'entrata: si vuota il mio cuore perché Dio possa colmarlo. ( Cherubinischer J1!andersmann ; ci t. in Vega, 2.oos. p. 143) Questo processo di eliminazione delle scorie dell'ego, di "svuotamen to", porta nello Zhuangzi l'essere a diventare come uno specchio : egli riflette gli enti manifestati così come sono, non "aggiunge" più alcuna struttura ermeneutica personale, inevitabilmente distorsiva perché esi to delle modalità gnoseologiche della coscienza individuale : risponde (ying) alle creature senza ritenere nulla, e per tal motivo non ne riceve danno (Zhuangzi, 1 9 8 9, p. 48 b). L' immagine dello specchio (in una forma peraltro ripresa verbatim dallo Huainanzi nel II secolo a.C.) si ritrova già nel Neiye ( Iv secolo a.C.), come tipica dello stato "centrale" tra Cielo e Terra di colui che ha attuato la pratica realizzativa che lo ha reso "allineato" (zheng) e "tranquillo" (jing) : Se l'uomo può essere allineato e tranquillo [ ... 1 . riuscirà a sostenere i l Grande Circolo [dei cieli l e a stare fermamente sul Grande Quadrato [della Terra]. Potrà specchiare con grande purezza, percepire con grande chiarezza. Sii consapevole con reverenza [del Dao l e non oscillare, e ogni giorno rinnoverai la tua Potenza (de) [ ... 1 . Ciò è detto "Ottenimento Interiore" (nei de). (Roth, 1 9 99. pp. 76 e 2.2. 4, nota 78) Anche in questo caso potremmo ricavare svariate analogie dalla tradizio ne occidentale (Demieville, 1948), e dal Sufìsmo, come si può rilevare da queste considerazioni tratte dal poema mistico "Il Verbo degli Uccelli" di Farid od-din 'Attàr: O tu, se ami la bellezza dell'Amico, sappi che è il cuore lo specchio in cui si può contemplarla. Guarda nel tuo cuore e ammira la sua eterna bellezza, lucida a specchio l 'anima tua, se vuoi contemplare il suo fulgido volto. Il tuo Re vive in un castello di gloria, reso splendente dalla luce solare del suo volto. Dal cuore
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trae origine una via che giunge sino al Re, m a questo non accade s e i l cuore è smarrito. Ammira dunque il Re nel tuo cuore, contempla l 'empireo in un ato mo ! (Saccone, :z.oos. p. 51) Lo Zhuangzi presenta una enorme quantità di passi narrativi tesi a in dicare il comportamento esteriore di un simile essere, attraverso l'uso di termini chiave quali wang ( dimenticanza ) , yi ( essere adatto ) , yin ( con formarsi ) , cong ( seguire ) , ying ( corrispondere, risuonare ) e you (vaga bondare ) : l'ultimo termine allude all'assoluta libertà dalle pastoie del mondo ; gli altri sono espressione di quel "non contendere" con le cose (bu zheng) che è già presente nel Laozi ( stanze 8 e 22; Andreini, 2004, pp. 105 e 135; Cadonna, 2001, pp. 21-2 e pp. 41-2) e nel Neiye, e rappre senta lo stato del Saggio. Sull'efficacia di colui che ha raggiunto lo stato di wuwei e ziran, ecco qualche esempio, tratto dallo Zhuangzi: Perciò l ' Uomo Nobile (junzi) non agisce, e di conseguenza pone al sicuro gli aspetti inerenti alla sua disposizione innata (xing) e al suo destino (ming) . Per questo, a colui che dà valore al proprio Sé rispetto al disporre del mondo si può affidare il mondo; a colui che ama il proprio Sé rispetto al disporre del mondo si può consegnare il mondo. Perciò l ' Uomo Nobile, se non disperde i Cinque Vi sceri e affatica i suoi sensi, se ne sta come un cadavere ma appare alla vista come un drago; è silenzioso come l'abisso ma ha il rombo del tuono, si disloca come un nume ma come il Cielo si conforma. Si abbandona al non agire, e i Diecimila esseri si accumulano come una nube di polvere (Zhuangzi, 1989, p. 59 a-b). Permani nel non agire, e gli esseri si trasformeranno da sé ( ivi, p. 62. b). Cosa è detto Dao ? C 'è il Dao del Cielo, e i Dao [vie] dell'uomo. Il Dao del Cielo consiste nel non agire e nel rispettare [senza interferire] ; i Dao dell'uomo, nel disporre e nel creare ostacoli [alla spontaneità] . Il Dao del Cielo è ciò che fa da Signore, i Dao dell'uomo ciò che fa da ministro. Tra essi c 'è grande distanza: non se ne può non tenere debita stima ( ivi, p. 64 a). Perciò la Potenza (de) degli imperatori e dei sovrani [arcaici] considerava Cielo e Terra come antenati, il Dao e la sua Potenza come signori, il non agire come norma costante. Col non agire, si fa uso del mondo e ce n'è d'avanzo; con l 'a gire, si è usati dal mondo e non si è bastevoli. Per tal motivo gli antichi davano valore al non agire [ ... ] . Il Cielo non produce, eppure i Diecimila esseri si tra sformano ; la Terra non fa crescere, eppure i Diecimila esseri si nutrono; impe ratori e sovrani non agivano, eppure al mondo vi era efficacia ( ivi, p. 73 a-b).
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Il primo paragrafo dello Zhuangzi è significativamente intitolato Xiao you, " Vagabondaggio a piacimento". Un passo del paragrafo 6 (Dazong shi), che mette in scena un dialogo tra Confucio e il discepolo Zigong, mostra con chiarezza la connessione tra questo stato e il wuwei: Zi Sanghu, Meng Zifan e ZiJinzhang erano tutti assieme amici. Si dissero : "Chi può associarsi nella non associazione e cooperare nella non cooperazione ? Chi può ascendere al Cielo e vagabondare tra le nebbie, girando nel Senza Culmine, dimenticandosi nella vita senza fine ?". I tre si guardarono l 'un l'altro e sorrisero. Poiché non c 'era discordia nei loro cuori, divennero amici. Dopo un po', Zi Sanghu morì. Prima della sua sepoltura, Confucio seppe della sua morte e in viò Zigong ad attendere al suo funerale : qui, uno di loro componeva un canto, l'altro suonava il liuto, e insieme cantavano : "Oh, Sanghu ! Oh, Sanghu ! Hai già fatto ritorno al Vero ! Ma io sono ancora umano !". Zigong entrò e disse : "Mi permetto di chiedere se è proprio del rito star presso il cadavere cantando". I due uomini si guardarono l'un l'altro, e sorridendo dissero : "Cosa sa costui del senso del rito ?". Zigong se ne tornò indietro, e fece rapporto a Confucio dicen do : "Che uomini sono questi ? Coltivano il Non Essere, e pongono all'esterno l'apparenza corporea. Se ne stanno presso il cadavere a cantare, senza cambiare espressione. Non riesco a definirli. Che uomini sono questi ?". Confucio disse : "Sono coloro che vagabondano al di là del mondo, mentre il sottoscritto vaga bonda al suo interno. Non c 'è compatibilità tra 'fuori' e 'dentro' [ ... ]. Essi stan no per divenire compagni di ciò che produce gli esseri, vagabondando nell' Uni co 0 del Cielo e della Terra [ ... ] . Dimenticano i loro organi interni, tralasciano i loro sensi [ ... ] , se ne vanno oltre la polvere del mondo, vagando liberi al servizio del non agire. Come potrebbero applicarsi a riti mondani, per essere visti dalla comunità ?" (Zhuangzi, 1989, pp. 42 b-43 a). La più chiara e affascinante dimostrazione della realtà "operativà' del wuwei si trova nella storia del cuoco Ding, esposta nel paragrafo Yangsheng zhu dello Zhuangzi: Il cuoco Ding stava depezzando un bue per il Principe Wen Hui. Dovunque la sua mano tagliasse, la sua spalla premesse, il suo piede calcasse e il suo ginocchio spingesse, la carne cadeva a terra con un fruscio. La sua lama faceva perfetta mente eco, una volta in armonia con la danza "Bosco di gelsi", un'altra volta con il motivo "Jingshou". "Splendido !': esclamò il Principe, "dunque la tecnica rag giunge simili vette ?". Il cuoco Ding ripose il coltello e replicò : "Ciò che il vostro servo ama è il Dao, che va al di là della semplice tecnica ! Quando il servo iniziò a depezzare buoi, ciò che era in grado di vedere non era che il bue. Dopo tre anni, non vedeva più il bue nella sua interezza. E ora, lo incontra con lo spirito (shen ) , non lo vede con gli occhi. La conoscenza sensoriale si è arrestata (zhi), ed è il desiderio dello spirito che si muove. Segue il Modello del Cielo (tianli), pe-
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netrando nelle grandi articolazioni, guidando [ il coltello l nelle grandi aperture, e conformandosi {Jiin) alla sua [del bue l natura fissa (guran ) . In tal modo, non tocca mai il più piccolo legamento o tendine, tanto meno le grosse giunture [ ... 1 . Oggi i l coltello del servo h a diciannove anni, e h a tagliato migliaia di buoi, m a l a lama è ancora nuova come s e fosse appena uscita dalla mola. Fra l e giunture ci sono spazi, ma la lama non ha spessore. Se si entra in un interstizio con ciò che non ha spessore, certamente ci sarà spazio in abbondanza per far circolare la lama! Ecco perché dopo diciannove anni la lama è ancora così nuova come se fosse appena uscita dalla mola" (Zhuangzi, 1989, pp. 2.0 b-2.1 a) . Da notare il ruolo essenziale del "vuoto interstiziale", che è all'origine dell'abilità celeste del cuoco Ding ; nel prossimo paragrafo torneremo sul tema del vuoto, e sulla sua importanza. Ma nella storia del cuoco Ding, vale la pena di rilevare i differenti, progressivi livelli di conoscenza esposti dal protagonista, ognuno dei quali produce diversi tipi di risul tato (Pang Pu, 1994). All' inizio, la distanza fra il soggetto (Ding) e l'oggetto (il bue) è espressione di un atto conoscitivo fondato sulla percezione visiva indi viduale : il cuoco "non vede che il bue", lo considera cioè come "altro da sé". Dopo tre anni, il bue "non è più visto nella sua interezza": la co noscenza accede a un nuovo livello, quello della corrispondenza tra le cose (le parti del bue), ma è ancora limitata. Infine, lo stato conoscitivo supremo consiste nel non vedere con gli occhi, ma con 'T incontro dello spirito": la conoscenza legata alla percezione sensoriale, fonte di ogni approccio distintivo, si è arrestata. La connessione tra questi aspetti e la pratica realizzativa nello Zhuangzi è sovente espressa da termini come jing, "tranquillità", e wang, "dimenticanzà'. L'atto conoscitivo supremo non è quindi frutto di volizione indivi duale, ma è ritrovamento dell'ordine nascosto per il quale le cose "sono così di per sé". E questo ci riconduce al discorso sulla libertà. Nello Zhuangzi, la critica dei cliché sociali non si accompagna a una difesa a tutti i costi della fuga intesa come ideale di eremitismo e di li bertà. Nel paragrafo 1 5 , al contrario, la fuga dal mondo è criticata come un'arrogante forma di snobismo, propria di quei letterati che possiedo no "idee incise" (keyi), dure a morire : la loro è "semplice inazione", e qui stavolta si intende un pernicioso quietismo (Zhuangzi, 1 9 8 9, p. 83 a). Jean-François Billeter ha affermato al riguardo che lo Zhuangzi è spesso considerato come un'apologia dell' indifferenza, dell'abbandono, della fuga - in una parola, della "libertà". Tuttavia, Zhuangzi è dall' inizio un filosofo
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della non libertà. "Niente è meglio� egli dice, "che seguire gli ordini (obbedire al Fato), e questo è ciò che lo rende difficile". Per lui, non esiste libertà al di fuori del riconoscimento della necessità - o più precisamente, al di fuori della realizzazione pratica della necessità al cuore della nostra attività. Gli esempi più evidenti che ci vengono offerti sono quindi non basati su un qualsiasi tipo di fuga (necessariamente illusoria) che una persona potrebbe attendersi dalla "li bertà", ma piuttosto sulle attività necessarie svolte dal battelliere, dal macellaio o dal falegname - così come dallo stesso Zhuangzi nel suo progetto filosofico (Billeter, 1 9 9 3 , p. ssS). Se dunque è giusto dire che il Saggio daoista è libero di fare non ciò che vuole, ma ciò che deve ( Slingerland, 2003, p. 208), non bisogna mai di menticare che qui il concetto di Necessità o Destino (ming), come già sot tolineato in precedenza, è del tutto svincolato da fattori individuali, per ché si identifica con le "modalità espressive" dell'Assoluto. Zhuangzi è "un filosofo della non libertà'', sì, ma della non libertà individuale, dettata dai sempre mutevoli moti della psiche. L' individuo si scopre tanto più "libero': quanto maggiormente si avvicina a quel "non agire" che è uno stato spiri tuale ( ed ecco l' importanza del termine shen nel racconto del cuoco Ding ) . Ritroviamo qui quel paradosso, che è stato mirabilmente affrontato da Ananda Coomaraswamy (1988) in un articolo sul cosiddetto "com plesso della marionettà'. Nell' interpretazione dottrinale di svariate civiltà tradizionali, quella che appare come libertà individuale si mostra in real tà come schiavitù degli appetiti personali; al contrario, il simbolo della marionetta, espressione apparente della minore libertà possibile, rivela la presenza di quel "filo" che lega l'essere manifestato al suo Principio. Il suo movimento è "automatico" nel senso originale del termine greco automa tos, indicante "ciò che si muove da sé", non a causa di stimoli esterni ( ivi, p. u4): si considerino al riguardo i movimenti "automatici" del cuoco Ding nel tagliare il bue. Se siamo giocattoli (taumata) della divinità, afferma Platone nelle Leggi e nel Teeteto, lo siamo per il meglio che è in noi stessi, e dovremmo quindi seguire solo il suo controllo, e non gli impulsi disor dinati dettati da preferenze o avversioni per le cose ( ivi, p. m ) .
Oscurità e Silenzio, Vuoto e Abisso : simboli dell ' Indicibile La critica dello studio esteriore come semplice "cibo per la mente", pre sente nella stanza 48 del Laozi da noi già citata, è anche critica dell'e spressione fine a se stessa, e paradossale elogio del silenzio : "Colui che sa
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non parla, colui che parla non sa", dice all' inizio la stanza s 6 ( Cadonna, 2001, p. 8s). Raro è trovare al mondo chi attua "l' insegnamento senza parole" (stanze 2 e 43; ivi, pp. 16 e 7 1 ) , che rappresenta il superamento della conoscenza distintiva, causa della produzione di enti e concetti in reciproca opposizione, e ben si adatta all'oscuro e innominabile silenzio del Dao. E ancora si consideri la stanza 7 1 : Saper d i non sapere, è certo cosa eccelsa; ignorar d i non sapere, è , invece, grave pecca. Se il Saggio, dunque, di pecche non si macchia, è perché riconosce la pecca esser pecca. Pecche, perciò, non ha (Andreini, 2.0 04, p. 7 3 ) . Conoscere e non pretendere di conoscere è qualcosa di superiore, non conosce re e pretendere di conoscere è un' infermità. Infatti, solo considerando questa infermità come un' infermità, non si soffre di questa infermità. Il Saggio non soffre di questa infermità proprio perché considera un' infermità questa infer mità. Ecco perché non soffre di questa infermità (Cadonna, 2.0 0 1 , pp. ws-6). L'essenziale aspetto apofatico del Dao è espresso in alcune stanze del
Laozi, come la 14: Lo guardi senza scorgerlo: si chiama "minuto". Stai in ascolto ma non lo senti: si chiama "silente". Lo tocchi ma non lo prendi: si chiama "inafferrabile". Son tre qualità che non ci è dato investigare oltre, per questo, le consideriamo strette in Unità. Dell' Uno si dice: la sua sommità ad altro non lascia spazio ! Sotto, neppure un nonnulla trascura! Incessante, immenso ! Nominar non lo si può. A quando nessuna cosa esisteva, fa ritorno. Lo si definisce "forma di forma priva': del niente è l'immagine, è quel che si dice "oscura e vaga sembianza" (Andreini, 2.0 04, p. 1 1 7 ) . Si cerca di osservarlo ma non lo si vede, è ciò che si chiama "invisibile"; si cerca di ascoltarlo ma non lo si ode, è ciò che si chiama "inudibile"; si cerca di pren derlo ma non lo si afferra, è ciò che si chiama "inafferrabile". Questi tre aspetti non possono essere ulteriormente e distintamente indagati, per questo li si con sidera fusi in un'unica realtà. Nel suo sorgere non è luminoso, nel suo tramon tare non è oscuro. Esteso infinitamente come un filo ! Non lo si può distinguere con un nome. Esso fa ritorno allo stato che è al di là dell'esistenza delle cose, è chiamato "aspetto di ciò che non ha aspetto': "immagine di ciò che è al di là delle cose". È ciò che si definisce "indistinto ed oscuro" ( Cadonna, 2.0 0 1 , pp. :z.S-9 ) . Un parallelo testuale si riscontra nel paragrafo Zhi beiyou dello Zh uangzi : Senza-Principio disse: "Il Dao non si può udire, se lo odi non è lui; il Dao non si può vedere, se lo vedi non è lui; del Dao non si può parlare, ne parli e non è
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lui. Conosci il Senza Forma che dà forma alle forme ? Il Dao non assume nome" (Zhuangzi, 1989, p. 1 1 5 a) . L'analogia più interessante (per la sua antichità, ma anche per l'ambi to "tecnico" del testo) appare nel Neiye (Addestramento Interiore) , un capitolo del Guanzi la cui importanza per la comprensione delle prime manifestazioni dottrinali e applicative del Daoismo è stata messa in rilie vo solo di recente. Come nella stanza 14 del Laozi, il Dao vi è descritto negativamente come ciò di cui la bocca non può parlare, che gli occhi non possono vedere, le orecchie non possono ascoltare (Roth, 1 999, p. s 6 ) ; ma se la conoscenza (zhi), che pure è un esito della vita manifestata (sheng) e della coscienza riflessiva (si) individuale, cerca di travalicare i propri limiti, che sono quelli attinenti alle "forme del mentale" (xin zhi xing), allora si andrà incontro alla perdita della vita (shi sheng), cioè a una estinzione individuale che non è affatto "permanenzà' (ivi, p. 6 o ) . I limiti (e i pericoli) di questa conoscenza possono essere accostati alle considerazioni dello Zhuangzi sulla "piccola conoscenza", descritte nel precedente paragrafo. Ma torniamo al Laozi; la stanza 21 afferma: Incerta cosa, e vaga, è la Via! Vaga ! Incerta ! All ' interno vi sono figure ! Incerta ! Vaga! All' interno v 'è pur qualcosa! Recondita ! Misteriosa! All' interno rivela una Sua peculiare realtà ! Tanto genuina e vera è la sua realtà, che, ali' interno, di Sé dà prova ( Andreini, 2004, p. 1 3 1 ). I l Tao, infatti, è qualcosa di assolutamente indistinto ed oscuro. È davvero in distinto ed oscuro ! Ma al suo interno vi è un' immagine. È davvero oscuro e indistinto ! Ma al suo interno vi è qualcosa. È davvero profondo e misterioso ! Ma al suo interno vi è una forza sottile, e questa forza è molto reale ( Cadonna, 2001, pp. 39-40). E la stanza 25 : Indistintamente qualcosa prese forma, qualcosa nato di Cielo e Terra pria. Si lente ! Vago ! Romito e inalterabile. Definir lo potremmo "Madre di Cielo e Ter ra". Il suo nome io ignoro, ma "Via" lo si designa. Se costretto fossi a nominarlo, "Grande" lo direi ( Andreini, 2004, p. 139 ). C 'è un qualcosa, senza forma eppure completo, nato prima del Cielo e della Terra. Silenzioso ! Senza sostanza ! Da solo permane, e non muta, tutto pervade, senza correre pericolo. Lo si può considerare la Madre del mondo. lo non co-
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n osco i l suo nome, m a gli d o l'appellativo di "Tao". Forzato [ancora] a dargli un nome, lo chiamerei "Grande" (Cadonna, 2.001, pp. 45-6). Non-conoscenza, non-visione, oscurità della Realtà suprema e "rimo zione" o riduzione degli elementi individuali fanno parte di un voca bolario dottrinale che non è estraneo all ' O ccidente : ritroviamo que sti tratti nella teologia negativa, nata in un contesto con forti influssi neo-platonici. Basti considerare questo passo della versione latina del De Mystica Theologia di Dionigi l 'Areopagita, in cui l ' importanza del la "rimozione" è legata al percorso ascendente dal mondo manifestato alla tenebra non manifestata del Deus absconditus, in una progressione che procede "dal basso", cioè dagli enti dotati del maggior grado di determinazione ( in modo speculare rispetto alla teologia positiva, che procede invece dalle affermazioni più elevate sulla divinità ) , e soprat tutto rimuovendo come scorie illusorie le "stazioni intermedie" del processo : Noi preghiamo di essere introdotti in questa tenebra luminosissima e, nello stesso non vedere e non conoscere, mediante il non vedere e l ' ignorare, vedere e conoscere colui che è al di sopra di ogni visione e di ogni conoscenza. Questo è infatti vedere veramente e conoscere e lodare soprasostanzialmente il sopraso stanziale, attraverso la rimozione di ogni esistente [ .. .]. Bisogna poi, come cre do, lodare le rimozioni in modo contrario rispetto alle posizioni. Infatti quelle le ponevamo cominciando dalle prime e discendendo attraverso le intermedie fino alle ultime. Ora invece, ascendendo dalle ultime fino alle più elevate e, di nuovo, attraverso le intermedie fino alle estreme, eliminiamo ogni cosa, al fine di conoscere scopertamente quella ignoranza velata da tutte le cose conoscibili in tutte le cose esistenti, e vedere la tenebra soprasostanziale nascosta da ogni luce presente negli esseri (Allegro, Russino, 2.007, p. 12.9 ) . Le considerazioni che precedono dovrebbero aver reso evidente che la dottrina del Laozi comprende la possibilità effettiva e "operativà', per l'essere manifestato nella modalità umana e apparentemente imprigio nato nel mondo contingente, di identificarsi con il principio della ma nifestazione, superando quindi gli ostacoli rappresentati dall'ambiente. Tale realtà ultima è inoltre al contempo rappresentabile come qualcosa di infinitamente remoto, o anche come ciò che è a noi più prossimo. La stanza 21 del Laozi da noi citata esprime in chiusura con grande effica cia questo punto, in connessione con il misterioso "nome" della realtà ultima. Ecco la versione di Mawangdui e quella tradizionale del textus
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IL DAOISMO Il Suo nome mai desueto, s'accorda in consonanza col Padre della Moltitudine degli esseri. Come so, io, che tale è il Padre della Moltitudine degli esseri ? Da "questo" ! (Andreini, 2004, p. 131). Il suo nome non è mai stato dimenticato ed è tramite esso che possiamo ri collegarci all'Origine. Quanto a me, come faccio a sapere come era l'Origine ? Grazie a "questo" (Cadonna, 2001, pp. 40-1 ).
Tale realtà ultima, che il Neiye definisce in un passo come qualcosa « che si trova proprio di fìanco a te » (Roth, 1999, p. 52), è spesso nelle fonti daoiste rappresentata come collocata nel cuore, con accenti singolar mente simili a passi dottrinali dell'esoterismo islamico e alla tradizione hindu. Qui basterà mostrare la vicinanza con la dottrina espressa da un "mistico speculativo" come Meister Eckhart: Qui, ciò che è mille miglia lontano da me, mi è così vicino come il luogo dove ora sono [ ... ] ; qui è l' Unità (Meister Eckhart, 1985, p. 100 ). Quella « caligine (o "tenebra") dell' ignoranza » in cui « si fa tacere ogni percezione conoscitiva » secondo Dionigi (Allegro, Russino, 2007, p. us). perché regna il « dotto silenzio» (ivi, p. 93), si ritrova nel Daoismo anche attraverso le immagini fondamentali del Vuoto e dell'Abisso. Partiamo dalla stanza 4 del Laozi: Vuota è la Via, e quanto più opera o La si usa, meno serve riempirLa ! Come un abisso ! Pare, dei Diecimila esseri, l'Antenato ! Le asperità ottunde, i nodi dipana, attenua il bagliore, le disperse polveri raduna. Scompare ! Eppur sopravvive ! Igno ro di chi sia figlia, ma precede, pare, la Suprema Divinità (Andreini, 2004, p. 97 ). Il Tao è [come un vaso] vuoto, eppure con l 'uso non risulta mai pieno. È davve ro insondabile ! Sembra l 'antenato della Molteplicità delle cose. [Il Tao] smus sa ciò che è affilato, scioglie ciò che è intricato, attenua ciò che abbaglia, si fa tutt'uno con la polvere. È davvero oscuro ! Ma sembra avere un'esistenza. Io non so di chi sia figlio. Lo si potrebbe immaginare come ciò che è anteriore al Sovrano supremo (Cadonna, 2001, p. 18). L' immagine del Vuoto e della sua essenziale funzione "centrale" di "produttore degli Esseri" rimanda al concetto di wu , il Non Essere, o wu ming, il Senza Nome, della stanza r. Nel brano, viene però usata la variante chong, che letteralmente indica una corrente impetuosa, una sorgente debordante (Andreini, 2004, p. 202) : questo termine fonda-
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mentale del primo verso, a cui fa eco !"'abisso" insondabile del secondo (il termine yuan indica una profondità abissale, un gorgo chiuso tra pa reti scoscese : ivi, p. 203), si ritrova nella famosa stanza 42, dove viene descritto l'ordine di manifestazione degli esseri dal Dao, di cui si tratterà più compiutamente nelle prossime pagine. Qui chong è il "Soffio" o qi "mediano", il Vuoto centrale che è l'unico ambito in cui i due aspetti dello Yin e dello Yang trovano armonizzazione (he). Abisso e Silenzio come figure dell' Invisibile non sono peraltro im magini "esotiche": le ritroviamo nei termini Bythos e Sygé, la prima cop pia spirituale della "Pienezzà' (Pleroma), da cui prende avvio il processo cosmogonico e antropogonico nello Gnosticismo, in particolare nella dottrina di Valentino ( u secolo ; Sfameni Gasparro, 2012, pp. 69-70 ) . Passiamo alla successiva stanza s : Cielo e Terra non manifestano umana premura, e i Diecimila esseri trattan come cani di paglia; il Saggio non manifesta umana premura, e le genti tratta come cani di paglia. Lo spazio tra Cielo e Terra, simil non è, forse, al mantice ? Vuoto, senza mai esaurirsi ... Più lo azioni e più espelle ... Eccessiva erudizione è sfinimento vano, meglio allora custodir ciò che dentro dimora (Andreini, 2004, p. 99 ). Il Cielo e la Terra non si comportano con umanità, trattano la Molteplicità de gli esseri come cani di paglia. Il Saggio non si comporta con umanità, considera gli uomini tutti come cani di paglia. Lo spazio fra il Cielo e la Terra è davvero si mile a un mantice di fucina; lo si svuota ma non si esaurisce, lo si mette in moto e sempre di più produce. Una quantità di parole fa presto ad esaurirsi, meglio è tenersi nel proprio centro ( Cadonna, 2001, p. 19). Va rilevata la critica alla "eccessiva erudizione" (duo wen della versione di Mawangdui, mentre nel testo classico abbiamo duoyan, letteralmente "troppe parole"), a cui si contrappone ancora una volta il "mantenersi al centro", che secondo alcuni rimanda a tecniche puramente fisiologiche in cui compare l' immagine del "mantice" (Andreini, 2004, p. 99 ). Im magine che qui si riferisce a una vacuità, associata ai caratteri dell' ine sauribilità e della fertilità illimitata (Moeller, 20 07, p. 1 3 ) . A tale vacuità, propria del Saggio (shengren ) , corrisponde un atteg giamento "inumano" nei confronti degli esseri manifestati (privo cioè di ren, l'umanità o benevolenza confuciana), il cui significato si rivela però nel momento in cui si comprende che i "cani di paglià' erano dei simu lacri usati nel rituale, che venivano distrutti una volta esaurita la propria funzione (Andreini, 2004, p. 99 ).
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Alcuni hanno letto in questa metafora una critica al ritualismo uma nistico confuciano, il biasimo per « la fallimentare pretesa confuciana di rintracciare un elemento di permanenza nell 'esperienza umana » (Mo eller, 2007, p. 1 5 1 ) . Forse questa visione, per quanto parzialmente esatta, tende a sottovalutare il contenuto complessivo della stanza, che sembra essere diretto a quel "ritorno" interiore che è anche raggiungimento della suprema consapevolezza della transitorietà delle caratteristiche in dividuali, le quali possiedono una utilità e un valore relativi allo stato umano, ma sono illusorie e controproducenti nel momento in cui tale stato (la vita umana, cioè il "rito" in cui i cani di paglia sono importanti) si dissolve. A nostro parere, il testo ci sta parlando ancora una volta di uno stato, in cui lo svuotamento degli aspetti individuali non è "privazione", ma integrazione a quel "livello" in cui il confine tra !' "io" e il "tu" si è dissol to. « Se persino io non sono io, quale "tu" può mai esserci ? » , afferma nel x secolo il maestro daoista Zhang Boduan (Wang Mu, 1 9 9 0, p. 1 84), in una poesia intitolata significativamente "Eulogia dell' Eguaglianza degli Esseri" (Qjwu song); il binomio qi wu si ritrova anche nel titolo del se condo paragrafo dello Zhuangzi, dove ritroviamo sia il tema del "manti ce" (attraverso la figura della "zampogna": Zhuangzi, 1 9 8 9, pp. 9 a-ro a) che quello del superamento degli opposti, entrambi riferiti allo stato del Saggio e alla sua "Grande Conoscenza" (da zhi: ivi, p. ro a) : Come ha potuto il Dao celarsi in modo che vi siano il vero e il falso ? Come ha potuto il linguaggio oscurarsi in modo che vi siano "ciò che è" e "ciò che non è"? [ ... ] Il Dao è oscurato da compimenti parziali; il linguaggio è oscurato da ornamenti verbali [ ... ] . Se si desidera affermare ciò che altri negano, e negare ciò che altri affermano, allora nulla vale quanto una chiarificazione. Non c 'è essere che non sia "quello", non c 'è essere che non sia "questo". Non si vede dal punto di vista di "quello", ma si conoscerà dal punto di vista conoscitivo personale. Perciò si dice : "Quello" scaturisce da "questo", "questo" si conforma a "quello". Tale è la nozione della comune nascita di "quello" e "questo" [ ... ] . Per tal motivo i l Saggio non si adatta a ciò, m a l o illumina alla luce del Cielo. Egli segue "questo"; ma "questo" è anche "quello", e "quello" è anche "questo". "Quello" implica anche una affermazione e una negazione; "questo" implica anche una affermazione e una negazione. Ma c 'è davvero un "quello" e un "que sto", o in realtà non c 'è un "quello" e un "questo" ? Dove "quello" e "questo" non trovano opposizione, ciò è detto Cardine del Dao (dao shu ) . Si inizi a ricavare il Cardine al centro del circolo [del mondo manifestato], per rispondere (ying) alle indefinite trasformazioni [ ... ] . Perciò è detto : nulla vale quanto una chiari ficazione ( ivi, pp. II b-12. b).
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Si è spesso detto che lo Zhuangzi è in essenza un trattato critico rivol to al linguaggio ( Hansen, 1 9 92, pp. 273-7 ), un esempio di "liminologia del linguaggio" alla Derrida, o di "decostruzione" del linguaggio ( Wang Youru, 2003); alcuni sono giunti a mettere in discussione la presenza stessa di un significato dietro il "gioco" delle opposizioni verbali presenti ad esempio nel brano appena citato. A noi pare che in esso ciò che viene criticato è il linguaggio parziale ( riflesso di "compimenti parziali", xiao cheng, cioè di visioni limitate del la Realtà ) . La parzialità produce le contraddizioni; ma, in realtà, la stessa radice dell'atto conoscitivo individuale, cioè la distinzione tra "questo" e "quello" ( o se si vuole tra !' "io" e !"'altro" ) , si rivela illusoria per l'esse re che si è posto "al centro del circolo", laddove è il "Cardine del Dao", l'oscura e assiale sorgente dell'esistente dove ogni opposizione parziale trova la sua risoluzione. Per chi si trovi in tale stato, gli esseri, per quan to differenti gli uni dagli altri, appariranno " Uno"; la non conoscenza ( razionale-individuale ) del perché ciò sia così è detta Dao (Zhuangzi, 1 9 89, p. 1 3 a ) . Anche la fìgura del cardine, come simbolo di uno stato non sogget to al mutamento e agli opposti, può essere riscontrata in Occidente, come dimostra questo passo di Meister Eckhart dal suo trattato "Del distacco" : Una porta gira avanti e indietro sul suo cardine. Ora io paragono la tavola della porta all'uomo esteriore e paragono il cardine all'uomo interiore. A seconda che la porta giri avanti e indietro, la tavola si muove qua e là, ma il cardine resta immobile al suo posto e non subisce mutamento (cit. in Vega, 2005, p. 150). L' immagine forse più eloquente della funzione produttiva del Vuoto si trova nella stanza 1 1 del Laozi: Convergon nel mozzo trenta raggi, eppur è quel "nulla" (dove cosa non v 'è) che rende il carro utilizzabile. Argilla si cuoce per farne vasi, eppur è quel "nulla" che rende il vaso utilizzabile. Porte e finestre s'aprono, eppur è quel "nulla" che rende la stanza utilizzabile. Pertanto, è ciò che le cose "sono" o "hanno" (you) a renderle utili, e ciò che "non sono" e "non hanno" (wu) a renderle utilizzabili (Andreini, 2004, p. m). I trenta raggi di una ruota convergono in un unico mozzo. Ma è nello spazio vuoto [del mozzo] che risiede l 'utilità del carro. Si lavora l'argilla per farne un vaso, ma è nello spazio vuoto [al suo interno] che risiede l 'utilità del vaso. Si aprono porte e finestre per costruire una casa, ma è nello spazio vuoto [di
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porte e finestre] che risiede l 'utilità della casa. Infatti, il vantaggioso lo si trova in ciò che esiste, ma è in ciò che non esiste che si trova l 'utile (Cadonna, 2001, pp. 2s-6 ) . Qui la ruota, il vaso e la stanza (o la casa) rappresentano un " Pieno" la cui esistenza è resa possibile solo attraverso il "Vuoto" che le anima; il mozzo, l ' interno del vaso, le aperture, non sono affatto un puro nulla: sono espressione della fertile radice non manifestata delle cose. Non bi sogna inoltre mai dimenticare che non c 'è reciprocità tra il Vuoto, in teso come un aspetto del Non Essere, e il Pieno, cioè l' Esistenza. Non siamo di fronte a due principi paritari : il Non Essere wu si riferisce a ciò che non è manifestato, che è "al di là della forma" (per usare un termine adottato nei testi classici) , e include quindi la stessa Unità, intesa come Principio di you, l' Esistenza, in quanto l ' Unità stessa (simbolo fonda mentale, riflesso sotto gli Han come abbiamo visto nel nume supremo Taiyi, "Grande Uno") è essa stessa non manifesta. Solo attraverso questa "messa a punto" (che, per inciso, permette di evitare per la dottrina daoista l'uso di etichette inesatte come "monismo" e "panteismo") è possibile comprendere pienamente il ruolo funzionale e produttivo di figure del Non Essere quali il Vuoto (wu), l'Abisso (yuan), il Silenzioso (ji, xi), o la stessa Tenebra, a cui rimanda tra l'altro il sinogramma xuan, ''Arcano" o "Mistero". È a tali figure che si riferisce l' idea di "perma nenza': che è invece incompatibile con uno qualsiasi dei diecimila esseri, compreso l'essere umano inteso nei suoi caratteri distintivi, finché egli non percorra fino in fondo il cammino dalla circonferenza al centro. Le idee portanti di produzione e di fertilità illimitata sono presenti nel simbolo che forse più di ogni altro ha suscitato l'attenzione degli specialisti: la "valle" (gu ) Alla stanza 6, il Laozi afferma: .
Lo spirito del gorgo nella valle non muore: vien detto "Arcano Femminino': la porta dell'Arcano Femminino è detta "Radice di Cielo e Terra': Va assottigliandosi sempre più, eppur qualcosa resta! L'uso non lo consuma (Andreini, 2004, p. 101 ) . Lo Spirito della Valle non muore, è ciò che si chiama "la Femmina Misteriosa". La porta della Femmina Misteriosa è ciò che si chiama "la radice del Cielo e del la Terra". È più sottile di un filo ma ha, per così dire, un'esistenza, la sua azione mai si esaurisce ( Cadonna, 2001, pp. 1 9-20 ) . Lo "Spirito della Valle" è detto gushen (la traduzione "gorgo della valle" dipende dalla presenza dell'omofono gu nel manoscritto di Mawangdui,
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che ha il significato di "gorgo", " burrone", "gola": Andreini, 2004, p. 101 ) , ed è descritto come imperituro. Un altro suo nome possibile è la "Femmina Misteriosa'' o "Arcano Femminino" (xuanpin, dove il sinogramma pin è di solito riferito alle femmine degli animali ) . La porta della Femmina è Radice del Cielo e della Terra: quindi, considerando il significato della "Radice" (gen ) , da noi già esposto in riferimento alla stanza 1 6 del Laozi, possiamo con cludere che i termini gu, shen, pin, gen si riferiscono tutti al Dao, nella sua funzione di imperitura e illimitata Matrice degli Esseri, Possibilità Universale. La valle presenta una conformazione che la lega all' immagine del vuoto, di una "vacuità produttiva" ( Moeller, 20 07, p. 1 3 ) ; tale fonte oscu ra e inesauribile può essere oggetto di identificazione, come sottolineato nella stanza 15 del Laozi: Chi nell'antichità era maestro nel perseguir la Via, sottile, segreto, arcano e per spicace si dimostrava, tanto profondo da non poter essere inteso [ ... ] . Schietto e semplice, era, come il ceppo non tagliato ; confuso, come le torbide acque ; vasto, come la valle (Andreini, 2.004, p. 1 1 9 ) . Coloro che nell'antichità erano considerati buoni maestri erano talmente sottili che penetravano nel mistero, talmente profondi che non era possibile riconoscerli [ ... ] . Quanto erano semplici ! Come il legno grezzo. Quanto erano vuoti ! Come una valle. Quanto erano oscuri ! Come l'acqua torbida (Cadon na, 2. 0 0 1 , pp. 3 0 - 1 ) . Ritroviamo qui l' immagine ormai familiare del legno grezzo (pu), che come la valle ( insieme all' "acqua torbida", hun, anch'essa presente nel passo ) rinvia al vuoto, all'assenza di caratteristiche distintive. Tale asso ciazione è ripetuta nella stanza 28, dove si parla della "Eterna Potenza" o " Virtù" (changde, o hengde) : Chi, pur consapevole della propria mascolinità, la femminilità custodisce con cura, diventa, del mondo, la forra. Divenuto del mondo la forra, l' Eterna Vir tù non lo abbandona, a quando era infante farà ritorno. Chi, pur consapevole della propria purezza, della lordura custode si fa, diventa, del mondo, la valle. Divenuto del mondo la valle, l' Eterna Virtù alfine sarà completa. Poiché alfine l' Eterna Virtù si completa, alla semplicità del legno grezzo farà ritorno (Andrei ni, 2.0 0 4 , p. 1 4 5 ) .
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Chi conosce il maschio, e tuttavia si mantiene nel ruolo della femmina, diventa il burrone del mondo. Una volta diventato il burrone del mondo, l 'eterna Po tenza non ne scorre mai via; egli fa ritorno allo stato del neonato [ .. .]. Chi cono sce la gloria, e tuttavia si mantiene nell' ignominia, diventa la valle del mondo. Una volta diventato la valle del mondo, in lui l 'eterna Potenza è completa; egli fa ritorno allo stato di legno grezzo (Cadonna, 2.00I, pp. so-I ) . Nella stanza 41 del Laozi, la stessa Potenza Suprema (shangde), manife stazione del Dao, è « come la valle » (ivi, p. 6 8 ; Andreini, 2004, p. 7 ) . In conclusione, attraverso l ' immagine della valle, vacuità, eternità e fertilità si ritrovano così interrelate. Non bisogna però mai dimenticare che tale immagine ha una funzione di "supporto" per il processo di iden tificazione con il Dao, ma che, in sé, la "valle" non possiede una esistenza condizionata. Per citare un famoso verso del maestro Zhang Boduan : Ad osservarlo, non se ne vede la forma, ma a lanciarvi un richiamo, pure ci sarà un'eco. Non si dica che questo suono è come l 'eco della valle : se ci si volge, non c 'è valle: che suono vi potrà mai essere ? ( Wuzhen xingzong zhizhi; in Wang Mu, I990, p. ISo ) Da questo punto si può comprendere la parte finale della stanza 6 : « È più sottile di un filo ma ha, per così dire, un'esistenza » (mian mian ruo cun ). La Valle è "come se esistesse" (ruo cun) per chi ha ancora un per corso da compiere ; essa è come un filo sottile, impalpabile, attraverso cui ricollegarsi al Dao. Il termine mian allude alla bava secreta dal baco da seta, e per estensione a ciò che è ininterrotto (Andreini, 2004, p. 101 ) : è ciò che nella chiusa della stanza 1 4 viene chiamato il "bandolo" o "filo" del Dao, daoji (ivi, p. I I ? ; Cadonna, 2001, p. 30 ) .
Uno e molteplice: cosmologia e cosmogonia Nelle precedenti pagine, molto spazio è stato dedicato ai fondamen ti dottrinali di natura metafisica del Daoismo. L'unità essenziale della molteplicità degli esseri, il loro avere una "unica radice", sono aspetti a cui si richiamano numerosi passi del Laozi e dello Zhuangzi. Ma anche la prospettiva cosmologica trova compiuta espressione in queste fonti classiche, attraverso tutto un vocabolario di simboli che costituiscono l'ABC per la lettura daoista del mondo. Alla cosmologia, si accompa-
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gnano i temi cosmogonici sulla nascita dell' Universo, che fanno parte dell'arcaico fondo miti co della civiltà cinese. Nella tradizione daoista, la cosmologia è innanzitutto fondata sui suoi rapporti con l' Unità. L' Unità dell' Essere contiene in sé la molteplicità; ma la molteplicità non fuoriesce dall' Unità, se si intende con ciò una dif ferenziazione di natura quantitativa. La molteplicità dei diecimila esseri è considerata partecipe di una esistenza distintiva solo se si dimentica l'uni ca realtà: che il suo sviluppo in modo manifestato è compreso nell'unità primordiale, la quale a sua volta è compresa in principio nella Non Esi stenza. Questo quadro totalizzante va tenuto sempre presente. Il Liezi è attribuito a un antico maestro vissuto nel IV secolo a.C., ma secondo gli studiosi è di composizione tarda ( m-Iv secolo) : l'opera riprende in apertura i temi dottrinali di base del Daoismo, a partire da questo passo su Essere e Non Essere : Quando una forma si muove non crea una forma ma un'ombra. Quando un suono si muove non crea un suono ma un'eco. Quando il Non-Essere si muove non crea il Non-Essere ma l ' Essere. Ciò che ha forma è ciò che deve necessaria mente giungere a una fine [ ... ]. Il Dao finisce ? Nella sua essenza non ha inizio. Il Dao permane ? Nella sua essenza non ha durata (Cadonna, 2.00 8, p. IS). Il brano seguente allude in modo più chiaro al successivo livello, il mon do governato dalla trasformazione : F a s ì che v i s i a nascita ma non nasce ; fa s ì che v i s i a trasformazione ma non si trasforma. Ciò che non nasce è capace di far nascere ciò che nasce; ciò che non si trasforma è capace di far trasformare ciò che si trasforma. Ciò che nasce non può evitare di nascere ; ciò che si trasforma non può evitare di trasformarsi [ ... ] . È l 'alternarsi dello Yin e dello Yang, è il succedersi delle quattro stagioni che governa tale processo. Ciò che non nasce è fermo e soli tario ; ciò che non si trasforma procede e ritorna. Procede e ritorna, e non è possibile scorgerne i confini; è fermo e solitario, e non è possibile sondarne il principio ( ivi, pp. s-7 ) . Si intravede qui l a subordinazione della prospettiva cosmologica (espressa dalla coppia Yin-Yang : Paolillo, 2012, pp. 1 4-8) alla prospettiva metafisica, già rilevata attraverso un simbolismo numerico nella stanza 42 dello stesso Laozi, in cui Yin e Yang sono comune appartenenza dei diecimila esseri, e la produzione del mondo è rappresentata attraverso le successive polarizzazioni dell'unità principiale, a sua volta manifestazio ne del Dao, realtà ineffabile e indefinibile :
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La Via generò l' Uno, e da Uno furon Due, e da Due, Tre. E da Tre ecco i Dieci mila esseri. Questi portan sul dorso yin e stringono al pettoyang, e dal congiun gersi dei soffi vitali all'armonia giungono (Andreini, 2004, p. u ) . I l Dao produce l ' Uno, l ' Uno produce i l Due, i l D u e produce i l Tre, i l Tre pro duce la molteplicità delle cose. Le cose molteplici portano sulle spalle lo Yin e abbracciano lo Yang, ma è grazie al Soffio Vuoto che risultano armoniose (Ca donna, 2001, pp. 69-70). L'ultima frase sottolinea come l'armonia, la stabilità universale non pos sano essere garantite nemmeno dalla prima dualità, la coppia Yin-Yang, espressione del "ritmo del Dao" (Moeller, 2007, p. 41 ) : è il "Soffio vuoto mediano" (chong qi), espressione del non manifesto, a costituire il vero fondamento della realtà manifestata, la chiave della sua "armonià' (he). Qui viene nominato il qi, il Soffio sottile che permea ogni ente mani festato, su cui torneremo ; ma si tratta in questo caso dell 'emanazione diretta della Non Esistenza, che costituisce come !' "asse vuoto/centrale" attorno al quale ruota l'esistente. Va ricordato, prima di andare avanti, come l ' Uno sia il Principio, l'O rigine, ma non faccia parte del mondo manifestato ; è solo con il Due che si introduce una distinzione (Cielo-Terra, Yin-Yang ecc.), e l' integrazio ne tra unità e dualità produce il Tre, cioè la molteplicità degli Esseri (ivi, p. 46). Potremmo fare un'analogia con la produzione dello spazio geo metrico euclideo, che trae origine dall'unità del punto, un punto che è però senza dimensioni quantitative calcolabili. Lo spazio, e quindi l ' idea di distanza, nasce solo con la reduplicazione del punto, che è il preludio alla molteplicità delle figure geometriche : ne è cioè una sua produzione. Questa visione della cosmogonia come "progressione numericà' non si ritrova solo nel Laozi. Con la nascita dell' impero, venne canonizzato un testo dalle origini arcaiche come lo Yijing (noto anche come Zhouyi), il Libro dei Mutamenti, fondato sugli esagrammi, figure formate dalle 64 differenti combinazioni che si ottengono sovrapponendo sei volte una linea intera o spezzata (Paolillo, 2012, pp. 22-5 ) . Nel CAP. 4 ritorne remo su questo testo ; basterà qui ricordare che l'alternanza binaria e la ritmica combinatoria delle figure formate da linee intere o spezzate (cioè da Yang e Yin) rendono la costanza della legge che domina il mondo manifestato : il mutamento. In un quadro storico che vedeva una sorta di sistematizzazione di un pensiero unificante, in perfetto accordo con il processo di unificazione territoriale che portò alla nascita dell' impero, secondo il principio della "Grande Unificazione" (da yitong) che posse-
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deva a un tempo attributi sacrali e politici, il mondo (naturale e socia le) era visto come il risultato di questa immensa ramificazione, che ha nell' Unità il suo culmine originario (Pines, 2000 ). Non usiamo tale termine a caso : il binomio Taiji, Supremo (o Gran de) Culmine, appare già nello Zhuangzi come sinonimo dell' Unità, a cui solo il Dao è anteriore (Zhuangzi, 1 9 89, p. 3 9 b). In testi più o meno coevi, come lo Xici, grande commento dello Yijing (circa 200 a.C.), e il Liishi chunqiu (terminato verso il 240 a.C.), si riflette l'essenziale iden tità tra Taiji e Taiyi, il Supremo Uno su cui tra poco ci soffermeremo, e il processo che da essi porta alla produzione delle figure dello Yijing for mate dalle linee intere o spezzate (Zhouyi, 1 9 8 0, p. 82 a-b ; Chen Qiyou, 1 990, I, p. 255). L' Unità del Taiji (in seguito rappresentata attraverso il famoso Dia gramma Taiji tu) è qui intesa come sintesi di Yin e Yang, che costitui ranno il polo essenziale e sostanziale del mondo, ma assolutamente in dipendente da essi. Questo simbolo ricoprirà un ruolo essenziale nell'alchimia interiore daoista (Robinet, 1 9 9 0 ); ma esso ricompare come fondamento cosmolo gico anche nella dottrina dei primi esponenti del cosiddetto Neo-Con fucianesimo, come Zhou Dunyi (1017-1073) e Shao Yong ( 1 0 1 2-1077 ) : u n segno evidente della portata dell' influenza del Daoismo s u altre tra dizioni talvolta erroneamente considerate "rivali". Nello Zhuangzi, diversi passi riprendono il tema della produzione del molteplice a partire dalla sua radice indifferenziata: Sai che ciò che dà forma alle forme non ha forma ? [ ... ] Ciò che fa sì che le cose siano cose non è una cosa (Zhuangzi, 1989, pp. 1 1 5 a-1 1 6 a) . Un altro brano rileva come la manifestazione formale proceda da un' U nità che è necessariamente preformale ; qui si ha una distinzione, che però non è ancora "in atto": Nel Grande Inizio (taichu) c 'era il Non Essere (wu), senza esistenza né nome, ciò da cui sorse l ' Uno. C 'era l' Uno, ma senza forma; gli esseri lo ottennero per generarsi: si definisce ciò Potenza (de). In ciò che era privo di forma si produsse una distinzione (jèn), pur senza separazione (Jian) ( ivi, p. 67 b). Infine, questo passo indica in modo folgorante l'origine della disconti nuità presente nel mondo manifestato, definita "separazione" (ji). Il Dao è fonte della molteplicità, della discontinuità tra ciascuno dei diecimila
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esseri; ma non è da essi separato, perché in realtà gli esseri non "escono" da lui, non se ne allontanano: Ciò che fa sì che gli esseri siano esseri [distinti] non è da essi separato. Sono invece gli esseri a presentare una [reciproca] separazione, ed è questo che noi chiamiamo separazione fra gli esseri. Il separatore che non è separato è il non separato che origina la separazione ( ivi, p. 1 1 4 a-b). Questo brano può essere accostato a un passo di Meister Eckhart, dove troviamo una considerazione aggiuntiva sulle possibilità di realizzazione individuale legate al superamento della discontinuità tra gli esseri: Non esiste separazione tra Dio e tutte le cose, perché Dio è in tutte le cose : è più intimo ad esse di quanto non lo siano a se stesse [ ... ]. Nello stesso modo, non deve esistere separazione tra l'uomo e tutte le cose; ovvero, l'uomo non deve essere niente in se stesso, assolutamente distaccato da se stesso : così non esiste separazione tra lui e tutte le cose, ed è tutte le cose [ ... ]. Perciò, nella misura in cui non sei separato da tutte le cose, in questa misura sei Dio e tutte le cose, perché la divinità di Dio consiste nel fatto che non v'è separazione tra lui e le cose (Sermone Ecce rnitto angelurn rneurn, in Meister Eckhart, 1985, pp. 233-4). L'importanza del "ritorno all' Unità'' è fondamentale nelle pratiche di re alizzazione, e ci torneremo. Ma dobbiamo ora soffermarci sul livello co smologico, indispensabile per ogni aspetto applicativo, e per le varie scien ze tradizionali che per un verso o per l'altro si ricollegano al Daoismo. Con la nascita dell' impero (221 a.C.), e soprattutto con la successiva fondazione della dinastia Han ( 206 a.C.), l' interesse per la cosmologia sembra essersi sviluppato. Si tratta peraltro di un tema portante, come si è visto ( CAP. r) già presente durante il IV secolo a.C. nell'Accademia Jixia, e in Zou Yan, propugnatore del pensiero cosmologico, della cui opera restano purtroppo solo scarsi frammenti in forma di citazioni; recenti scoperte archeologiche hanno ulteriormente confermato questo quadro, ampliando la nostra visione. Nel testo ritrovato nel 1993 a Guodian (nello stesso sito in cui è venu ta alla luce una versione non completa del L aozi ), e chiamato Tai {Da}yi shengshui (Ii Supremo [Grande] Uno produce l'Acqua), si riscontra una tradizione cosmogonica peculiare : Il Grande Uno ha prodotto l 'Acqua. L'Acqua, ritornando, ha assistito il Grande Uno, formando così il Cielo. Il Cielo, ritornando, ha assistito il Grande Uno, formando così la Terra. Il Cielo e la Terra si sono assistiti l'un l'altro, formando
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così il numinoso e il luminoso. Il numinoso e il luminoso si sono di nuovo assi stiti l 'un l'altro, formando così lo Yin e lo Yang. Lo Yin e lo Yang si sono assistiti l 'un l'altro, formando così le quattro stagioni. Le quattro stagioni si sono assi stite vicendevolmente, formando il freddo e il caldo. Il freddo e il caldo si sono assistiti l 'un l'altro, formando così l 'umidità e l 'aridità. L'umidità e l'aridità si sono assistite l 'un l'altra, formando l'anno, e questo fu tutto [ .. .]. Per ral motivo, il Grande Uno si cela nell'Acqua e si muove con le stagioni. Circola, e nuova mente [si configura come] la Madre dei Diecimila Esseri. Una volta venendo a mancare, una volta essendo in abbondanza, si pone come l 'Ordito dei Diecimi la Esseri. È ciò che il Cielo non può uccidere, che la Terra non può seppellire, che Yin e Yang non possono formare. Il gentiluomo che è a conoscenza di ciò è detto [ ? saggio ?] (Li Ling, 1999, p. 477). Il concetto di Supremo (o Grande) Uno ( Taiyi o Dayi) sembra qui per la prima volta affiorare in modo evidente come principio della manife stazione. Nel già citato Lushi chunqiu, Taiyi è adottato come termine "d'emergenza'' per indicare in mancanza d'altro l' indefinibile Dao : Quanto al Dao, è la sottigliezza estrema, a cui non è possibile attribuire forma né nome. Se forzati a dargli un nome, lo si definisce Grande Uno ( Chen Qiyou, 1990, I , p. z.s6). Come già sottolineato ( CAP. I ) , in epoca Han Taiyi divenne suprema divinità oggetto del culto imperiale, legata al Polo celeste. Il concetto di unità primordiale, espresso dalla sommità del cielo, fu considerato come il modello sacro del potere del sovrano (Allan, 2003, pp. 270-4 ) . Molto spesso, tale immagine si servì della costellazione circumpolare (che nel nostro emisfero non tramonta mai) dell'Orsa Maggiore, detta Moggio del Nord (Beidou), e definita il Carro dell ' Imperatore Celeste nello Shiji (Memorie di uno storico) di Sima Qian (circa 100 a.C.) (Sima Qian, I 9 82, p. I29I ) . Nel CAP. 4 vedremo come l' Orsa Maggiore costituì un simbolo assolutamente fondamentale nel processo di visualizzazione delle energie divine del Dao, così come nel rituale daoista. Nel Taiyi shengshui, colpisce il ruolo dell'Acqua come prima produ zione del Grande Uno. Va peraltro ricordato che l' identità tra il Saggio e l'acqua (fondata anche sul comune "non combattere" o "non contende re", bu zheng) è sottolineata chiaramente nel Laozi (stanza 8 ) : La bontà superiore è come l'acqua. La bontà dell'acqua sta nel beneficiare la Molteplicità delle cose senza dover combattere: essa infatti si tiene in basso,
IL DAOISMO posizione che tutti gli uomini detestano. Ecco perché è così vicina al Dao (Ca donna, 2001, p. 2 1 ) . L'acqua ha un ruolo molto importante nel pensiero daoista (Paolillo, 2009) e nella cosmologia, dove è una delle Cinque Fasi (wuxing: Acqua, Fuoco, Legno, Metallo e Terra), « emblemi di una ripartizione generale delle cose in uno spazio-tempo » (Granet, 1 9 8 8, p. 258), simboli dell'u nica energia sottile (qi) che percorre l ' Universo (Paolillo, 2012, pp. 1 822; cfr. CAP. 1 ) . Abbiamo già preso i n considerazione immagini che richiamano nelle fonti l ' idea di un abisso acquatico, in connessione con la condizione di assoluta indifferenziazione del Dao. Tale mancanza di tratti distintivi (particolarmente evidente nella stanza 25 del Laozi già citata) è stata da alcuni collegata al ruolo cosmogonico delle acque (Michael, 2005, pp. 1 5-3 1 ) : tra le fonti antiche considerate prova di ciò, vi sono un breve ma noscritto su seta del II secolo a.C., Daoyuan, ritrovato a Mawangdui, in cui l' indistinzione dell ' Uno è definita con gli attributi dell' "umidità nebbiosa", e il primo capitolo dello Huainanzi, che definisce il Dao come lo sgorgare di una sorgente, mentre il processo di differenziazione che porta all 'emergere degli enti manifestati è paragonato al passaggio dall'acqua torbida a una superficie limpida (ivi, p. 28); e infine l'apertura del settimo capitolo dello stesso Huainanzi, dove il Dao è rappresentato attraverso l'oscurità di un oceano primordiale (ivi, p. 1 8 ) . L'origine acquatica "abissale", a cui fa ritorno i l saggio nel suo per corso realizzativo a ritroso, è illustrata in un divertente (ma, è il caso di dirlo, profondo) passo dello Zhuangzi, in cui Liezi porta uno sciamano di nome Ji Xian, il quale ha fama di grande veggente, dal suo maestro Huzi (Mastro Zucca) : Liezi venne con costui a visitare Huzi. Una volta uscito, questi disse a Liezi: "Ahimé, la vita del tuo Maestro si estingue ! Non vivrà più di una decina di gior ni! Ho veduto qualcosa di strano, come della cenere umida". Liezi rientrò, con le lacrime che gli bagnavano la veste, e lo disse a Huzi. Questi replicò : "Poco fa mi sono mostrato a lui come le venature della Terra, che fanno germogliare nell' immobilità. Probabilmente mi ha veduto con gli impulsi della mia Potenza arrestati. Fallo venire nuovamente". Il giorno dopo, vennero ancora insieme a vedere Huzi. Uscito, quello disse a Liezi: "Che fortuna! Il tuo Maestro ha avuto una ripresa dopo avermi incontrato. C 'è in lui piena vita, l'arresto è stato solo temporaneo". Liezi rientrò per riferire a Huzi, il quale disse : "Mi sono appena mostrato attraverso l'apparenza del Cielo, in cui non penetrano né nomi né so stanze, e l ' impulso [della Potenza] prende avvio dai talloni. In ciò egli ha veduto
DAO, UNO E MOLTEPLICE NEL DAOISMO l' inizio del mio benessere. Fallo venire nuovamente". Il giorno dopo, vennero ancora insieme a vedere Huzi. Uscito, quello disse a Liezi: "Il tuo Maestro è instabile, non sono riuscito ad interpretarne le fattezze. Provi a stabilizzarsi, tor nerò a scrutare la sua fisionomia". Liezi rientrò per riferire a Huzi, il quale disse : "Poco fa mi sono mostrato a lui attraverso la non prevalenza del Supremo Flus so. In ciò ha forse visto il bilanciamento dell' impulso del qi. Le profondità di un vortice d'acqua sono un abisso ; le profondità di una massa d'acqua bloccata sono un abisso ; le profondità del!' acqua che scorre sono un abisso. L'abisso pos siede nove nomi, e questi ne sono tre. Fallo venire nuovamente". Il giorno dopo, vennero ancora insieme a vedere Huzi. In piedi, (lo sciamano] non si era ancora arrestato che perse il controllo di sé e scappò via. Huzi esclamò : "lnseguilo ! ". Liezi lo rincorse, ma senza riuscire a raggiungerlo. Tornò per riferire a Huzi, e gli disse: "Sparito, l'ho perso. Non ce l'ho fatta a raggiungerlo". Huzi disse : "Poco fa mi sono mostrato a lui come se non fossi ancora scaturito dal mio An tenato. Lui ed io eravamo attorcigliati, vuoti, sì che non sapeva chi fosse cosa; ci piegavamo col vento, e scorrevamo con le onde. Perciò è fuggito" (Zhuangzi, 1989, pp. 47 b-48 b). L' indistinzione del Caos primordiale è resa in molte fonti daoiste con il termine hundun, un binomio che richiama una serie di associazioni con figure quali la completezza, il movimento vorticoso di acqua o vapore, la concavità, la comunicazione senza ostacoli propria di un sistema chiuso ( Girardot, 1976; 1983). Questo aspetto è meravigliosamente descritto nello Zhuangzi, in cui l'uccisione involontaria del Caos-Hundun (rappresentato come Sovra no del Centro), cioè la nascita del mondo, si produce attraverso l' aper tura (da parte di due personaggi il cui nome richiama l' Essere e il Non Essere) di "orifizi" in quest 'essere privo di determinazioni, e avviene ... al settimo giorno : L'imperatore del Mare del Sud era Aventefigura, l' imperatore del Mare del Nord era Senzaforma. L'imperatore del Centro era il Caos (Hundun). I primi due si incontravano regolarmente nel territorio di Caos, che li accoglieva in modo eccellente. Essi allora si industriarono per ricompensare la virtù di Caos, dicendo: "Gli esseri umani possiedono tutti sette orifizi, per vedere, udire, man giare e respirare; è solo costui che non ne ha! Proviamo dunque a farglieli". E gli praticarono un orifizio al giorno. Al settimo giorno, Caos era morto (Zhuangzi, 1989, pp. 48 b-49 a). La presenza di elementi mitologici nel Daoismo è dunque particolar mente evidente nei temi cosmogonici; ma il suo riconoscimento è stato tardivo. Sin dai suoi primi passi, l ' indagine occidentale sulla mitologia
IL DAOISMO cinese ha dovuto fronteggiare la difficoltà consistente in ciò che Nor man Girardot, uno dei più importanti studiosi del mito in Cina, ha de finito « l'estrema frammentazione del racconto mitologico » (Girardot, 1976, p. 294). Questo fattore pone in apparenza il mondo cinese agli an tipodi della civiltà greca, che ha saputo conservare i suoi miti, elaboran doli attraverso i prodotti letterari, la poesia e l'epica, e senza eliminare la molteplicità dei mitologemi. Certo, oggi nessuno specialista si lascia ingannare dal « mito dell'assenza del mito e della religione nell'antica tradizione cinese » (ivi, p. 289). Ma è per molti ancora difficile ricono scere la presenza di un fondo mitologico in numerose fonti tradizionali. Questo atteggiamento risente tuttora dell' influenza di una visione della Cina come civiltà esclusivamente razionale e "filosofica", veicolata dagli occidentali (senza distinzioni, i Gesuiti come gli Enciclopedisti) tra il XVII e il XVIII secolo. Ma la cosmogonia presenta altre varianti, come nel terzo capitolo dello Huainanzi, la già citata opera collettiva del periodo Han : Quando Cielo e Terra non avevano ancora forma, c 'era vastità e informità, oscurità e indistinzione. Quindi, si definisce ciò Suprema Luce. Il Dao die de inizio alle vuote vastità. Le vuote vastità produssero lo Spazio-Tempo. Lo Spazio-Tempo produsse il qi. Il qi ebbe allora dei limiti; quello leggero e puro si disperse per costituire il Cielo, quello pesante e grossolano si condensò co stituendo la Terra [ ... ]. Le essenze riunite del Cielo e della Terra costituirono lo Yin e lo Yang. Le essenze condensate dello Yin e dello Yang costituirono le quat tro stagioni. Le essenze disperse delle quattro stagioni costituirono i diecimila esseri [ ... ]. Il Cielo contiene il Sole, la Luna, gli astri e le costellazioni; la Terra contiene le acque correnti, le acque piovane, le polveri e le scorie (Huainanzi, 1989,juan 3, p. 26 b). Anche qui, lo stadio pre-cosmico è caratterizzato dall' indifferenziazio ne, il cui attributo negativo è la mancanza della forma (xing) . Il non ma nifestato è invece espresso da una serie di lemmi raddoppiati ("vastità e informità, oscurità e indistinzione": pengpeng, yiyi, dongdong, zhuzhu ), esempi classici frequenti nella letteratura daoista, e con paralleli occi dentali: si pensi al tohu bohu del Genesi, ma anche all' Humpty Dumpty (non a caso a forma di uovo) di Alice ne/Paese delle Meraviglie (Schipper, 1 9 82, p. 284). Questa potenzialità assoluta, priva di qualsiasi determinazione, è de finita taizhao, Grande Luce o Chiarore. Solo successivamente (ed è que sta una successione logica, intemporale) le "vuote vastità'' del non ma-
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nifesto producono lo Spazio-Tempo (yuzhou ) , aspetto imprescindibile che rappresenta una delle condizioni del mondo manifestato nella sua modalità corporea. A volte nei commentari al posto del termine taizhao si trova taishi, "Grande Inizio". Ciò rimanda al già citato Liezi, in cui il Grande Inizio è considerato l'origine delle forme : In realtà, poiché ciò che ha forma nasce dal Senza-forma, da quale principio nascono il Cielo e la Terra ? Io dunque dico : vi è la Suprema Semplicità, quindi il Supremo Inizio, quindi la Suprema Origine, quindi la Suprema Indistinzione. Con Suprema Semplicità si intende lo stato in cui il Qj non si è ancora mani festato ; con Supremo Inizio lo stato in cui si ha il sorgere del Qj; con Suprema Origine lo stato in cui si ha il sorgere della forma; con Suprema Indistinzione lo stato in cui si ha il sorgere delle sostanze grossolane. A quello stato in cui Qj, forma e sostanze grossolane non sono ancora separati do il nome di Caos. Il termine Caos indica che i Diecimila Esseri formano un tutto indistinto e che non sono ancora separati gli uni dagli altri [ ... ]. Lo stato di Unità è quello da cui prende avvio la differenziazione delle forme (cit. in Cadonna, wo8, pp. 7-9). Il qi costituisce qui il fondamento sottile della realtà delle forme : in nu merosi testi dell ' inizio dell'era volgare viene ripreso il tema del "0 Ori ginario" ( Yuanqi), come in questo passo del Taipingjing, in cui la produ zione del mondo avviene secondo un processo simile a quello esposto nella stanza 42 del Laozi; l'unica, sostanziale differenza è l 'ottica qui più cosmologica, riflessa dall'assenza del Dao: Ogni essere proviene dal Qj originario [ ... ] . Il Qj originario, inizialmente fuso, si concentrò spontaneamente per formare l ' Uno, che ebbe nome Cielo; poi si divise per dare origine allo Yin che diede luogo alla Terra, il che ebbe nome Due; quindi salendo verso il Cielo e scendendo verso la Terra, lo Yin e lo Yang si mescolarono e diedero origine ali' Uomo, il che ebbe nome Tre (Ci t. in Cheng, 2000, I , p. 202, nota 24 ) . Il qi si configura come la trama nascosta che lega assieme i mondi cele ste, terrestre e umano, e non casualmente è elemento essenziale in diver se scienze tradizionali, come la medicina, l'alchimia e la geomanzia, o jèngshui ( Paolillo, 2012, pp. 29-32 ) . Il termine possiede una vasta gamma di significati: connesso etimologicamente con il vapore atmosferico, fu messo in relazione all'atto della respirazione e a ogni forma di esalazione sottile. Nel linguaggio dei testi classici, qi indica tuttavia l'energia co smica in perenne flusso, presente a tutti i livelli del reale. Come tale, può essere applicato anche agli emblemi del sistema di corrispondenze che
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regge l'ermeneutica del mondo, i quali diventano così aspetti differenti di tale energia o flusso : Yin e Yang, le Cinque Fasi, sono ad esempio de finiti i "due" e i "cinque qi". Ma i tratti mitologici della cosmogonia daoista si riscontrano anche nella tradizione, emersa dall' inizio dell'era volgare, che vede Laozi come ipostasi dello stesso Dao : ne abbiamo già parlato nel CAP. 1. La nascita mitica di un Salvatore del Mondo si congiunge al tema della corrispon denza simbolica tra Microcosmo e Macrocosmo, come in questa rappre sentazione del corpo di Laozi nello Xiaodao lun di Zhen Lun (vi secolo) : Laozi trasformò il suo corpo. L'occhio sinistro divenne il Sole, il destro la Luna ; la sua testa diventò il Monte Kunlun, la sua barba i pianeti e le costellazioni, le sue ossa i draghi [cioè i lineamenti del paesaggio), la sua carne i quadrupedi, i suoi intestini i serpenti, il suo ventre il mare, le sue dita i Cinque Picchi (cit. in Schipper, 1982, p. 156). L' immagine di Laozi che si fa "corpo del Mondo" riprende uno dei temi cosmogonici della mitologia cinese, la trasformazione del corpo del gi gante Pangu negli elementi del mondo (Mathieu, 1 9 8 9, pp. 28-30 ). Sep pure probabilmente giunto in epoca tarda da aree non cinesi (Sud-Est asiatico), il tema riprende la tradizione del Caos primordiale Hundun, che si smembra per produrre l' Universo. Naturalmente, il motivo del rapporto tra Uno e molteplice può essere affrontato in un'altra direzione, quella del "ritorno" dalla differenziazio ne del mondo manifestato all' Unità; ma si può ben dire che tale cammi no, e la sua meta fìnale, costituiscano l'obiettivo comune delle pratiche delle varie tradizioni dottrinali daoiste : un aspetto che cercheremo di mostrare nel prossimo capitolo.
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Le vie della Via : dottrine e pratiche realizzative Fine ed inizio sono come un anello, di cui non se ne co glie il principio ; è per mezzo di ciò che Sostanza (jing) e Spirito (shen) [di un essere] possono ascendere al Dao. Huainanzi
Sei una copia dell' Esistenza, sappilo, giacché nulla dell' Esistenza ti manca. Non c 'è in te il Trono e il Pog giapiedi e il mondo superiore e quello inferiore ? al-Arabi ad-Darqàwi
Le pratiche di realizzazione del Dao : l'era pre-imperiale La distinzione, un tempo comune nel mondo accademico, tra Daoismo "fìlosofìco" e Daoismo "religioso" - impiegata per differenziare le pri me fonti dottrinali ( considerate "teoriche", quindi "fìlosofìche" ) dai testi emersi a partire dagli inizi dell 'era volgare, considerati di natura "reli giosa" e spesso inclusi nel Daozang, il Canone Daoista - ha mostrato in questi ultimi anni tutta la sua artificiosità. La presenza di passaggi dot trinali sulle pratiche realizzative anche nei due testi base del cosiddetto Daoismo "fìlosofìco", il Laozi-Daodejing e lo Zhuangzi, oggi non è più in discussione. Talvolta le fonti alludono a tali pratiche attraverso una descrizio ne dello stato a cui esse danno accesso, come in questi due brani dello Zhuangzi, il primo dei quali mette in scena Confucio e Laozi ( Lao Dan ) : Confucio fece visita a Lao Dan. Lao Dan aveva fatto il bagno, e si era sciolto i capelli per asciugarli: se ne stava del tutto immobile, sì da non sembrare un esse re umano. Confucio prima attese, e dopo un po' si presentò nuovamente, dicen do : "Qiu [io] deve credere a ciò che ha intravisto ? La vostra forma, signore, era simile a un albero secco. Era come se aveste abbandonato gli esseri, lasciando gli uomini, e vi foste stabilito nella solitudine". Lao Dan rispose: "Vagavo nell' ini zio degli esseri" (Zhuangzi, 1989, p. 108).
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Nanguo Ziqi se ne stava seduto appoggiato a un tavolo. Respirava col viso ri volto al Cielo. Senza corpo, sembrava che avesse perduto lo spirito. Yancheng Ziyou, che gli stava davanti, disse: "Che significa? Si può davvero render la for ma come legno secco, e il cuore come cenere spenta ? Colui che adesso è appog giato al tavolo non è quello che vi era appoggiato prima". Ziqi replicò : "Bene chiedi, Yan. Ora, io avevo perduto il mio sé ( wu sang wo )" ( ivi, pp. 9 a-10 a) . L'aspetto "tecnico" delle pratiche realizzative è peraltro reso evidente da un elemento : in nessuna fonte di epoca pre-imperiale troviamo un'auto rappresentazione dei daoisti come Daojia, o come Huang-Lao (seguaci dell' Imperatore Giallo e di Laozi). Piuttosto, in svariati testi (come lo Zhuangzi e il Lushi chunqiu) appare il termine daoshu, "tecniche", o "arti della Vià' (Roth, 1 999, pp. I 8 I-s). Il Laozi contiene peraltro riferimenti alle pratiche tese a quello stato definito nella stanza 16 come "tranquillità" (jing). Nelle versioni mano scritte di Mawangdui e di Guodian, il verso in cui appare la frase "man tenere la tranquillità" (shoujing) presenta alcune varianti che sembrano sottolineare come tale condizione ideale si possa svolgere solo "al cen tro", in uno stato cioè di assoluto equilibrio interiore, in cui le opposizio ni hanno trovato risoluzione. Il "tenersi nel centro" si ritrova nella chiusa della stanza s del Laozi (Andreini, 2004, pp. 99 e 213 ) . In altri punti del Laozi, appaiono suggerimenti volti alla rimozione della conoscenza esteriore (stanze 19, 20, 48 ) , dei desideri (stanze 1, 19 ) , e infine della percezione derivata dai sensi. Su quest'ultimo aspetto, la stan za 12 afferma che « l cinque colori accecan l'uomo [ ... ] ; i Cinque sapori guastano il suo palato ; le cinque tonalità musicali gli assordan le orecchie. Pertanto, quando il Saggio governa, alla pancia bada, non all'occhio » (ivi, p. 113). E le stanze 5 2 e s6 sono concordi nel consigliare di « bloccar le porte e serrare le entrate » per far ritorno alla "Madre" (la radice nascosta degli esseri), cioè nel ridurre a zero la percezione sensoriale per accedere allo stato definito xuantong, ''Arcana Unione" (ivi, pp. 3 1 e 39). Su que sto punto essenziale, si ricordino i due passi dello Zhuangzi sul Maestro Huzi e lo sciamano, e sulla morte di Caos, citati nel CAP. 3· Ma nel Laozi il riferimento più esplicito alle pratiche di coltivazione interiore si trova nella stanza 1 0 : Nel sostener l e tue anime a stringersi i n unità, saprai evitar che si separino ? Nel concentrare il soffio vitale fino a rende do vapor leggero, saprai far come l' infan te ? Nel tergere il tuo Profondo e Oscuro Specchio, saprai le tracce rimuovere ? ( Andreini, 2004, p. 109 ) .
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Qui lo "stringersi in unità" (o "abbracciare l'unità'', baoyi) è chiaramente connesso allo stato di naturalezza del bambino appena nato, che riesce senza sforzo a concentrare il qi, il soffio vitale o energia sottile che per mea l'uomo e il cosmo. Anche il tema dello specchio trova paralleli negli accenni alle pratiche mistiche di realizzazione interiore, presenti nello Zhuangzi e nel Neiye, fondamentale trattato su cui ci soffermeremo a breve (Roth, 1999, pp. 1 5 0-2). L"'Arcana Unione" del Laozi può essere accostata a un passo dello Zhuangzi, che esalta il processo che deve portare ad "essere tutt 'uno con la Grande Unione" (tong yu datong) , sottolineando eloquentemente la necessità della meditazione (lo "star seduti e dimenticare", zuowang) , e dell'abbandono della consapevolezza dei sensi corporei e a un tempo della conoscenza razionale (Zhuangzi, 1 9 8 9, p. 45 b). L' importanza dei temi appena esposti si ritrova, seppur con un'an golazione più limitata, tesa a cogliere l' influenza sul mondo umano del Saggio (shengren ), nel Zhongyong (Invariabile Mezzo), attribuito dalla tradizione a Zisi (v secolo a.C.), un nipote di Confucio, ma dalla reda zione definitiva forse databile al w o a.C., e oggi presente come capitolo ali' interno del Li)i, uno dei Cinque Classici della tradizione confuciana. Nel primo capitolo si sottolinea l' importanza del concetto di "centro", come luogo interiore di equilibrio totale per l'essere : Dalla Via non ci si può separare per un solo istante ; se ci si potesse separare, non sarebbe la vera Via. Non vi è nulla di più evidente di quanto si celi nell'oscurità, nulla di più manifesto di quanto si occulti nel mondo sottile. Ecco perché l 'uo mo nobile d'animo è vigile sulla sua individualità. Quando la letizia, la rabbia, il dolore e la gioia non sono ancora manifesti, ciò è detto Centro (zhong) . Quan do si manifestano, ma sono tutti regolati al Centro, ciò è detta Armonia (he). Il Centro è la Grande Origine del mondo ; l'Armonia è nel mondo l'accesso alla Via. Con il pervenire al Centro e all'Armonia, Cielo e Terra saranno stabiliti, e i Diecimila Esseri nutriti (Lippiello, 2010, pp. 44-5). La realtà ultima interiore, a cui l'essere deve ritornare, è spesso rappre sentata come coincidente con quel centro che è il cuore (xin ). Il processo di svuotamento dalle scorie dell 'ego (o, per citare la stanza 48 del Laozi, di "rimpicciolimento") è espresso in un famoso passo dello Zhuangzi con il termine "tecnico" di "digiuno del cuore" (xinzhai) : Unifica la tua attenzione. Non ascoltare con le orecchie, ascolta con il cuore. Non ascoltare con il cuore, ascolta con il qi. Le orecchie ascoltano solo i suoni,
IL DAOISMO il cuore è solo consapevole di ciò che gli è in corrispondenza [cioè degli oggetti passibili di conoscenza distintiva] . Ma essere centrati sul qi vuoi dire essere vuo ti (xu), e attendere l'emergere degli enti [manifestati, distintivi] . Solo il Dao si stabilisce nel vuoto. Il vuoto è il digiuno del cuore (Zhuangzi, 1989, p. 2 4 b). Questo stato di centralità/unità è riferito nelle fonti al "Saggio" (shen gren), o " Uomo Vero" o ''Autentico" (zhenren). Il termine zhenren è ef ficacemente descritto nello Zhuangzi, con accenti molto interessanti, che sembrano riferirsi a pratiche di realizzazione, fondate anche sulla "respirazione attraverso i talloni" che diventerà sinonimo di capacità di far circolare il qi primordiale: Solo con lo stato di Uomo Vero vi sarà Conoscenza Vera. Cosa si definisce Uomo Vero ? Gli Uomini Veri dell'antichità [ ... ] potevano ascendere senza tre mori, entrare in acqua senza inumidirsi, nel fuoco senza provare caldo. Solo chi ha una conoscenza che ascende al Dao è così [ ... ]. Il respiro dell' Uomo Vero pro viene dai suoi talloni, quello dell'uomo comune dalla sua gola [ .. . ] . Gli Uomini Veri dell'antichità non conoscevano attaccamento alla vita né avversione alla morte [ ... ] . Non dimenticavano ciò da cui avevano avuto origine, né andavano in cerca di ciò che sarebbe stata la loro fine: felici avevano ricevuto, e dimentichi facevano ritorno (Zhuangzi, 1989, pp. 36 b-37 a). Lo Huainanzi, di poco posteriore, presenta una descrizione più lunga, che unisce ai termini dottrinali che già conosciamo (il Non-Agire, il le gno grezzo) accenni a una sorta di "rettificazione interiore", condizione dello stato di Unità e di estinzione delle passioni : Ciò che è definito Uomo Vero, ha l a natura (xing) unita a l Dao : quindi, esiste ma è come se non esistesse, è pieno ma è come se fosse vuoto. Dimora nell' Uni tà, non conosce la dualità, governa l ' interiore e non conosce [in modo distin tivo, diverso da sé] l'esteriore. Comprende con chiarezza la Grande Semplicità (taisu), nel Non-Agire (wuwei) fa ritorno allo stato del legno grezzo (pu) . In corpora il principio, e abbraccia ciò che è numinoso (tiben baoshen) [ ... ] . Per tal motivo, morte e vita sono [per lui] entrambe grandi, ed egli non le considera di stinte [ ... ]. Essendo così, egli ha rettificato (zheng) fegato e milza, messo da parte orecchie ed occhi; cuore e volontà sono concentrati all' interno. Onnipresente, si congiunge ali' Uno. Se risiede, non se ne conosce la posizione, se procede, non se ne conosce la meta [ ... ] . La sua forma corporea è come legno secco, il cuore come cenere spenta, dimentica i suoi cinque visceri (Huainanzi, 1989, p. 7 1 a-b). Il termine zheng, qui presente, è di assoluta rilevanza. Il sinogramma in epoca classica possiede funzione sostantivale ("corretto, regolare, squa drato") e verbale ("rettificare, regolare, correggere").
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L' importanza d i zheng è stata rilevata soltanto a l tramonto del se colo appena trascorso, quando alcuni studiosi si sono volti allo studio del Neiye, un breve testo del IV secolo a.C. contenuto nella eterogenea raccolta del Guanzi ( Roth, 1999 ) . In alcuni passi del Neiye, zheng ha come oggetto il corpo (siti, lette ralmente "i quattro arti" ) , la forma, cioè il complesso psicofisico (xing), il soffio sottile (qi), o infine il cuore (xin), centro dell'essere. Sull'alline amento del corpo, un passo recita: Concentra il tuo soffio sottile (qi) come se fosse numinoso (shen), e i Diecimila Esseri saranno tutti in te contenuti. Puoi concentrarli ? Puoi essere Uno [con essi l ? [ ... 1 Puoi arrestarti ? Puoi cessare ? Puoi non cercare in altri, ma attenerlo [ in te stesso l ? Ci rifletti [si: pensiero riflessivo individuale l e ci rifletti, e di nuo vo ci rifletti; ci rifletti, ma non lo penetri. Ciò che è numinoso lo penetrerà, ma non grazie al potere di ciò che è numinoso : sarà il culmine del raffinamento del soffio sottile. Quando i quattro arti saranno allineati, il sangue e il soffio sottile si troveranno nella quiete (Jing). Unifica l' intenzione (yi), concentra il cuore (Roth, 1999. pp. 82-3 ; qui e nelle successive citazioni, si è introdotta qualche modifica alla traduzione dell'autore). Numerose analogie possono essere riscontrate in questo passo dello
Zhuangzi in cui l' Imperatore Giallo ( Huangdi ) , dopo 19 anni di regno, si reca dal maestro Guangcheng zi ( identificato talora con lo stesso Lao zi ) , per apprendere a "governare il proprio Sé". Il Maestro afferma:
L'essenza del supremo Dao è oscura, oscura, segreta, segreta. Il culmine del su premo Dao è misterioso, misterioso, silente, silente. Non osservare nulla, non udire nulla. Abbraccia il numinoso (shen) con la quiete (Jing), e la forma (xing) sarà da sé allineata (zheng) . Devi essere quieto e puro, non logorare la tua forma, non lasciare oscillare la tua essenza. Allora ti sarà possibile permanere a lungo in vita (Zhuangzi, 1989, p. 61 a-b). Un altro passo dello Zhuangzi recita: Se allinei la tua forma (zheng xing) e unifichi la tua visione, l 'Armonia del Cielo giungerà. Raccogli la tua conoscenza, unifica la tua attenzione [distintiva l. e ciò che è numinoso scenderà nella sua residenza. La Potenza ti renderà bello, e il Dao risiederà in te (ivi, p. 112 a). Il corpo stesso diventa simbolo vivente dell' Unità attraverso l'asse for mato dalla spina dorsale, ponte che congiunge le due rive metafisica mente equivalenti della vita e della morte :
IL DAOISMO Quattro uomini, Zi Si, Zi Yu, Zi Li e Zi Lai si dissero l'un l'altro: "Di colui che sarà in grado di considerare il Non Essere come la testa, la Vita come la spina dorsale, e la Morte come il coccige, e che comprenderà l'unità di morte e vita, esistenza ed estinzione, io di costui sarò amico". I quattro si guardarono l'un l'altro, e sorrisero, non essendoci alcunché di opposto nel loro cuore: e allora furono amici (ivi, p. 41 a). Si è detto che l'allineamento della forma si riferisce a una determinata postura da assumere nella pratica meditativa, fondata soprattutto sulla respirazione (Roth, 1999, p. 1 6 1 ) . In tale quadro, il Neiye mostra l' impor tanza di alcuni termini dottrinali chiave (nei successivi passi evidenziati in corsivo) : Il Dao non ha quindi localizzazione; si stabilisce nel cuore (xi n) eccellente. Quando il cuore è in quiete (jing) e il soffio (qi) è strutturato, il Dao allora vi si arresta [ ... ]. Coltiva il cuore (xiuxin) e rendi quieta l'intenzione (yi), e il Dao allora potrà essere ottenuto ( ivi, pp. S4-s ) . Il Dao è ciò di cui la bocca non può parlare, che gli occhi non possono scorgere, che le orecchie non possono udire. È ciò attraverso cui, coltivando il cuore, si allinea laforma (zhengxing) ( ivi, pp. s6-7 ) . Dopo esser stati in grado di essere allineati e quieti (zhengjing), si sarà in grado di esser stabili. Con un cuore stabile al centro (ding xin zai zhong), orecchie ed occhi saranno acuti e chiari, e con i quattro arti fermi e fissati, si potrà costituire una residenza quieta (jing she) (ivi, pp. 6o-1 ) . Se la forma non e allineata (xing bu zheng). la Potenza (de) non giungerà. Se al centro (zhong) non vi è quiete, il cuore non sarà governato. Si allinei laforma e si assista la Potenza, e allora gradualmente essa giungerà da sé (ivi, pp. 66-7 ) .
Di ciò che è numinoso non se ne conosce il limite, esso irradia conoscenza sui diecimila esseri. Mantieni/o al centro (zhongshou) senza farlo oscillare. Non ren dere caotici i sensi con gli enti manifestati, non rendere caotico il cuore con i sensi. Ciò è detto Acquisizione Mediana (zhongde) (i vi, pp. 68-9 ) . Ciò che è numinoso di per sé risiede, andando avanti e indietro; esso non è qual cosa che possa essere oggetto del pensiero. Se lo si perde, vi sarà necessariamen te disordine; se lo si ottiene, vi sarà necessariamente ordine. Si ripulisca con diligenza la sua residenza (she), e l'essenza giungerà da sé [ ... ]. Se il cuore sard allineato al centro (zheng xin zai zhong), i diecimila esseri otterranno la [giusta) misura (du) (ivi, pp. 70-1 ) .
LE VIE DELLA VIA Con il cuore completo al centro (xin quan yu zhong) , e la forma completa all'e sterno (xing quan yu wai) , non si incontreranno i disastri celesti, né si incap perà nei danni provocati dall'uomo : costoro son chiamati Saggi (shengren ) ( ivi, pp. 74-5).
Lo stato definito di "quiete" (Jing) è quindi proprio di chi ha raggiunto quel punto centrale in cui ogni opposizione è scomparsa. Tale condizio ne porta alla "parificazione degli esseri", per citare il termine qiwu, che si ritrova nel titolo del secondo paragrafo dello Zhuangzi: cioè, all' Unità. Il Saggio (shengren) che si trova nella condizione centrale di tranquillità o quiete è ormai al di là della trasformazione ( e quindi non è soggetto al divenire temporale ) , e segue gli esseri senza essere sottoposto ai condi zionamenti spaziali. Un ultimo passo è l'effettiva possibilità, per chi sia stato "liberato" ( tale è il termine specifico ) identificandosi al Dao, di percorrere ( oltre alla totalità dello stato umano, rappresentata dal piano orizzontale ) la via di realizzazione rappresentata simbolicamente dall'asse verticale lun go il quale si esprime la "volontà del Cielo", o se vogliamo, "ciò che è numinoso" (shen ) : I l Dao riempie i l mondo, si trova dovunque sia l a gente, m a l a gente non è in grado di riconoscerlo. Se si è liberati da quest'unica parola, in alto si salirà al Cielo, in basso si giungerà alla Terra, ci si espanderà attraverso le Nove Province. Cosa vuoi dire essere liberati da esso ? [Turto] sta nella pace del cuore. Se ho il cuore in ordine, i sensi saranno in ordine. Se ho il cuore in pace, i sensi saranno in pace. Quel che è capace di ordinare ciò, è il cuore; quel che è capace di pacifi care ciò, è il cuore. Attraverso il cuore si conserva il cuore; al centro del cuore vi è ancora un altro cuore. Questo cuore nel cuore è una intenzione (yi) anteriore alle parole. Con l' intenzione, allora vi sarà la forma ; con la forma, allora vi sarà la parola; con la parola, allora vi sarà l 'applicazione; con l'applicazione, allora vi sarà l 'ordine. Senza ordine, necessariamente vi sarà disordine; con il disordine, la morte ( ivi, pp. 72-3).
Le molteplici vie degli Immortali: fra trascendenza e longevità L'antichità cinese testimonia sin dalle più antiche iscrizioni su bronzo dell'viii secolo a.C. l'attenzione per uno stato di longevità, definito con termini quali busi, "non morire". Probabilmente tale condizione era già all'epoca un obiettivo di pratiche di natura macrobiotica, centrate sull'assunzione di sostanze minerali o vegetali.
IL DAOISMO Non del tutto a proposito, la figura dell' Immortale (xian) fu associa ta esclusivamente al perseguimento di tali pratiche. Un primo, famoso riferimento agli xian viene solitamente individuato in questo passo del primo paragrafo dello Zhuangzi, che descrive un essere definito in realtà shenren, "uomo numinoso", "trascendente": Sul Monte Guye risiede [o : risiedono) un uomo numinoso, la cui pelle è come neve congelata, gentile come una vergine. Non si nutre dei cinque cereali, [ma) aspira il vento e beve la rugiada. Cavalcando nubi e brume, guida un drago vo lante, vagabondando oltre i Quattro Mari (Zhuangzi, 1989, p. 6 b). Nel secondo paragrafo dello Zhuangzi, coloro che sono definiti "uomini perfetti" (zhiren) sono rappresentati come esseri che sono ormai al di là di qualsiasi influenza esteriore. Questa descrizione verrà in seguito uti lizzata per rappresentare la condizione degli xian : Gli uomini perfetti sono divini ! Se la grande pianura prendesse fuoco, essi non proverebbero calore; se il Fiume Giallo e il Fiume Han si congelassero, non proverebbero freddo. Se la folgore fendesse la montagna e il vento scuotesse il mare, ciò non potrebbe spaventarli. Avendo tale natura, essi montano sulle nubi, cavalcano il sole e la luna, vagabondando al di là dei Quattro Mari. Morte e vita non apportano in essi mutamenti, tanto più un qualsivoglia motivo di vantaggio o di danno ! (ivi, pp. 16 b-17 a). La prima occorrenza del termine xian si ritrova in un'ode dello Shijing, e sembra riferirsi a un andamento saltellante, al "librarsi in aria" proprio di uno stato di ebbrezza, un attributo che può rimandare allo stato alterato dello sciamano (Lippiello, wos). Forse da qui parte la tradizione icono grafica di epoca Han, che mostra nell'arte plastica alcune immagini di es seri umanoidi dotati di ali e di piume. Ma presto si afferma un'altra forma del sinogramma, in cui si ritrovano associati i caratteri di "uomo" e "mon tagna": l'ambiente naturale di tali esseri è ormai stabilito definitivamente. Effettivamente, se le metodiche per giungere alla condizione di Im mortale variano di caso in caso, un motivo ricorrente nelle tradizioni che li riguardano è il loro stabilirsi sui monti. Luoghi di confine o meglio di passaggio tra Terra e Cielo, i monti sacri sono figura di una condizio ne spirituale particolare, a cui non si può aspirare senza la preparazione necessaria: vedremo nel CAP. s l' importanza di tale concetto. Ma la montagna è anche simbolo di un regno lontano dal mondo stanziale e agricolo dell'umanità terrena : un tema dominante nella stra-
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ordinaria molteplicità delle esperienze di realizzazione degli xian è in fatti l'abbandono dei cereali, che corrisponde a una rottura definitiva con la sedentarietà del vivere sociale, e ancora una volta a un "ritorno" alle radici più antiche dell'uomo (Schipper, 1 9 82, pp. 220- 1 ) . Nel periodo compreso tra i l regno del primo imperatore Qin Shi Huangdi ( 221-209 a.C.) e la prima parte del regno dell' imperatore Wu ( 141-87 a.C.), la tradizione degli Immortali fu espressamente legata a tutta una serie di metodiche aventi per obiettivo il superamento della morta lità umana. Ciò fu indubbiamente favorito dalla presenza nelle corti dei jàngshi, i "maestri in tecniche esoteriche" su cui ci siamo già soffermati. Sull' importanza dei territori di Qi e di Yan (regione corrispondente al territorio attorno a Pechino) in relazione al tema dell' immortalità, il grande storico Sima Qian scrive all' inizio del I secolo a.C. : Dall'epoca del re Wei e del re Xuan di Qi, i discepoli di Zou Yan discussero ed esposero la teoria della successione ciclica delle Cinque Fasi. Quando [ il Prin cipe di] Qin divenne imperatore, gli abitanti di Qi gliela presentarono ed egli l'adottò. Quanto a Song Wuji, Zheng Boqiao, Chong Shang e Xianmen Zigao, costoro erano tutti provenienti da Yan e dediti alle arti esoteriche, nonché alla realizzazione dell' immortalità. Essi si liberarono della loro forma fisica dissol vendosi e subirono una metamorfosi (xingjie xiaohua) che li condusse verso il mondo degli esseri spirituali e divini (Shiji; trad. in Lippiello, 2005, p. 712). Il "dissolversi" (xingjie, traducibile anche come "liberazione dalla for mà') e la capacità di subire "metamorfosi" (xiaohua) diventeranno tratti tipici degli Immortali. Dalle fonti sembra di capire che il concetto di immortalità fu espresso attraverso una sorta di sdoppiamento delle pratiche tese al suo raggiun gimento. Da un lato, con l' immortalità si continuò a rappresentare uno stato incondizionato e trascendente di unione con il Dao, ben indicato da testi come lo Zhuangzi, il cui raggiungimento era il risultato della meditazione e della coltivazione interiore ; dall'altro, emersero in modo evidente delle pratiche (per lo più respiratorie, ginniche, dietetico-ma crobiotiche e sessuali) tese a "preservare il corpo" (baoshen) per ottenere una sorta di longevità corporea. Nello Zhuangzi, appare una critica al carattere limitato di tali pratiche : Soffiare e respirare, inspirare ed espirare, espellere il vecchio e far entrare il nuovo, [effettuare] i passi dell'orso e gli allungamenti dell'uccello, è solo per la longevità. Ciò è proprio di chi pratica [la ginnastica] daoyin, delle persone
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che nutrono la forma corporea (yangxing), in modo da emulare la longevità di Pengzu (Zhuangzi, 1989, p. 83 a). Una delle metodiche più diffuse e anche più antiche volte al raggiun gimento della longevità è il daoyin, letteralmente il "condurre e tirare" (Despeux, 1 9 8 9 ) . Si tratta di una tradizione ginnica centrata su determi nati esercizi fisici, in cui il praticante compie dei movimenti che per lo più sono correlati a differenti specie animali, che le fonti fanno risalire a personaggi leggendari, come Pengzu, il Matusalemme cinese, e Chisong zi, il Maestro Pino Rosso, figura dalla storicità nebulosa, connessa pro babilmente a funzioni sciamaniche : i movimenti del daoyin sono stati collegati alle danze degli sciamani (ivi, pp. 237-40). Questo tipo di gin nastica sembra sin dali' antichità essere stato un mezzo per favorire la circolazione del qi n eli' individuo, sulla base del concetto (fondamentale nella tradizione medica) che le ostruzioni e i blocchi del qi sono espres sione di situazioni patologiche dell'organismo. Il daoyin rientrava nell'ambito delle pratiche per nutrire la forza vi tale (yangsheng), ed era connesso a esercizi respiratori e alle altre meto diche psico-fisiologiche. Si tratta di un vasto insieme, in cui un aspetto fondamentale è la capacità di guidare il qi. In epoca Tang, due maestri di alta levatura dottrinale come Sima Chengzhen (647 7 3 5 ) , dodicesimo patriarca Shangqing, e Sun Simiao (581-682 ?), produssero opere volte all'ottenimento della longevità e della buona salute attraverso l'assorbi mento del qi (Engelhardt, 1 9 8 9 ) . In origine, le pratiche di assorbimento del qi (juqi), presumibilmen te originatesi nella tradizione medica, sembrano descrivere un processo di entrata nel corpo del qi esterno, termine che sembra riferirsi all'aria. Ecco un breve passo al riguardo : -
È necessario sistemarsi in una camera appartata, chiudere le porte, mettersi su un letto che abbia una morbida stuoia e un guanciale spesso due pollici e mez zo, coricarsi, il corpo in posizione corretta, chiudere gli occhi e tenere dentro il soffio nel diaframma del petto, in modo che un pelo poggiato sul naso e sulla bocca non si muova (Maspero, 1985, p. 35). Così come la respirazione umana si divide nelle due fasi della inspira zione e dell'espirazione, anche la circolazione del qi prevede i due tempi del "qi vitale" (shengqi) e del "qi estinto" (siqi). Il discepolo doveva na turalmente assorbire il primo, e cercare di non farlo sfuggire dagli orifizi del corpo. Questa sorta di volontaria apnea era considerata una riprodu-
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zione della respirazione placentale del feto, ed era definita "respirazione embrionale" (taixi). In tale ottica, il frequente accenno all'atto di deglu tire la saliva può essere interpretato anche come un tentativo di ripro durre l'ambiente acquatico del feto (Esposito, 1 9 9 8b). Questo quadro teorico si accompagnava alla visione interiore del corpo umano, vero e proprio "paesaggio sottile", espressa già in modo complesso in testi come lo Huangtingjing, la Scrittura della Corte Gialla, su cui torneremo. Dalla fine dell'epoca Tang, assume importanza fondamentale il qi interno, considerato parte del Qj Originario (yuanqi) , che le fonti classi che considerano un elemento essenziale della cosmogonia. Questa ener gia interna è però in perfetta corrispondenza con il qi esterno : ad ogni inspirazione, il qi interno scende nella zona energetica detta Campo di Cinabro inferiore, per poi risalire quando ha inizio l'espirazione. I due qi non devono tuttavia assolutamente entrare in contatto. Un testo del IX-X secolo, citato da Henri Maspero, nel descrivere il luogo e le attività preparatorie necessarie allo svolgimento della pratica sottolinea il lega me tra l'attività di assorbimento e conduzione del qi (tradotto con il termine "Soffio") e la ricerca del!' immortalità: Nella ricerca dell' immortalità, il primo passo consiste nello smettere di nutrirsi di cereali; e I' assorbimento del Soffio è la base del procedimento per smettere di nutrirsi di cereali [ ... ]. Quando ci si vuole dedicare a questa pratica, si deve scegliere un locale appartato [ ... ], con una luce che non offenda gli occhi, alto e spazioso [ ... ] ; è necessario che nessuno vi entri con le sue impurità [ ... ] . E ogni qual volta (vi si accede), si bruci dell' incenso e si mediti sul Venerabile Celeste Misterioso-Originario-Supremo, Xuanyuan wushang tianzun, e si mediti inol tre sul Signore-Vero Grande-Uno Taiyi zhenjun (Maspero, 198s, pp. 77-8). Tali pratiche erano ben presenti nel quadro del più ampio processo di re alizzazione spirituale espresso in correnti dottrinali come lo Shangqing; si doveva unicamente evitare che diventassero un fine in se stesse : una visio ne peraltro non lontana dalle posizioni espresse nello Zhuangzi e anche nel Baopuzi di Ge Hong, su cui ci soffermeremo nelle prossime pagine. Per quanto concerne le pratiche macrobiotiche, l'alimentazione par ticolare degli Immortali, così come la loro longevità, sono descritte dalle numerose raccolte agiografiche che li riguardano: tra esse, va ricorda to il Liexian zhuan (Tradizioni sugli Immortali), opera attribuita a Liu Xiang ( I secolo a.C.) (Kaltenmark, 1 9 5 3 ) . L'atteggiamento critico dei letterati ru nei confronti delle pratiche dietetiche volte a raggiungere l' immortalità è ben rappresentato da
IL DAOISMO Wang Chong, erudito vissuto nel I secolo d.C., in un capitolo della sua opera, il Lunheng ( Bilancia delle discussioni ) : Ho appreso che coloro che praticano il dao assumono l'essenza dell'oro e della giada e mangiano i frutti del zhi purpureo. Nutrendosi di tali essenze i loro corpi si fanno leggeri e, di conseguenza, essi possono diventare Immortali [ ... ] . I daoisti ritengono che con l'assunzione di droghe naturali il corpo divenga leg gero e il suo qi si fortifichi e, di conseguenza, si prolunghino gli anni di vita e si passi a una nuova esistenza ; anche questa teoria è priva di fondamento. Che l'assunzione di droghe naturali renda il corpo leggero e fortifichi il qi è testimo niato da numerosi casi, ma non esiste alcuna prova al mondo che ciò conduca a prolungare gli anni di vita e a passare una nuova esistenza [ ... ] . Con l' ingestione di droghe naturali, [l'uomo) allontana le centinaia di malattie e, di conseguen za, il corpo diviene leggero e il qi si fortifica, proprio com'erano nella natura originaria dell'uomo. Orbene, com'è possibile allora che si prolunghino gli anni di vita ? (Lippiello, 2007, pp. 18-21). Sembra che la critica di Wang Chong fosse in primo luogo rivolta agli eccessi fideistici frequenti nell'adozione di tali pratiche. In un passo della sua opera, infatti, egli sottolineava come la meta della longevità fosse stata raggiunta con naturalezza dallo stesso Laozi, attraverso la quiete interiore e l'accordo tra inclinazione naturale xing e destino ming ( ivi, p. 21). Tra le tecniche psico-fisiologiche, l'adozione delle pratiche sessuali come mezzo per pervenire a uno stato di longevità è un elemento cer tamente presente in una tradizione, come quella daoista, che non ha certo demonizzato l'atto sessuale, né ha relegato la donna in secondo piano. Tra i leggendari iniziatori di quella che sarà definita "l'arte della camera da letto" (jàngzhong shu ) , oltre allo stesso Imperatore Giallo, il quale si sarebbe unito a milleduecento donne, c 'è l' Immortale Pengzu, personaggio citato già nello Zhuangzi per la sua straordinaria longevità : alimentandosi di cannella e funghi, eccellendo nella pratica del daoyin, e nell'arte di condurre l'energia sottile qi, visse ottocento anni ( Kal tenmark, 1953, pp. 82-3). Un altro Immortale, Rong Cheng, che si definiva maestro dell' Impe ratore Giallo, vissuto al tempo del sovrano Mu degli Zhou, era versato nella «pratica di riparare e condurre, di cogliere la sostanza vitale nella Femmina Oscura » ( ivi, p. ss): tale attività ( in cui la "Femmina Oscurà', famoso termine preso dal Laozi, deve avere un significato più limitato e fisiologico ) corrisponde all'espressione huanjing bunao, "far tornare indietro la sostanza per riparare il cervello", che più tardi si riferirà alle pratiche tendenti ad accrescere la propria sostanza vitale traendola dalla
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donna durante l'unione sessuale, soprattutto attraverso la ritenzione del seme (van Gulik, 1 9 7 1 ; Maspero, 1 9 8 s ) . Sappiamo che il Taoismo dei Maestri Celesti comprendeva pratiche definite "unione del qi" (heqi), consistenti essenzialmente in un coito ri tuale tra due discepoli, che avveniva tuttavia secondo modalità di spazio e di tempo rigidamente codificate e prive di qualsiasi aspetto orgiasti co, aventi l'obiettivo di un raffinamento dell'energia sottile che poteva condurre a un livello più elevato di iniziazione. Più tardi, tali pratiche saranno sostituite da unioni mistiche (come nel Daoismo della Suprema Purezza), o saranno severamente criticate. Nel 415, il Maestro Celeste Kou Qianzhi, a cui si attribuisce il ruo lo di fondatore del monachesimo daoista (cfr. CAP. 1 ) , avrebbe avuto la visita di Taishang Laojun (Supremo Vecchio Signore : Laozi divinizza to) , il quale lo avrebbe esortato a « respingere la pratica dell'unione dei soffi dei ragazzi e delle ragazze ; il Grande Dao è puro e vuoto, che ha da spartire con queste cose ? » ( Weishu; cit. in Maspero, 1 9 8 s , p. 1 26 ) . Ciò portò a un'esclusione quasi assoluta dei testi dedicati a tali tecniche dal Canone Daoista (de Bruyn, 2009, pp. 174-s ) . Il dualismo dei metodi atti a raggiungere l' immortalità (ma forse si dovrebbe più correttamente dire le due differenti letture dell' immorta lità) trova infine espressione nell'opera del già citato Ge Hong ( 283-343 ) . Nel suo Baopuzi, egli sottolinea che chiunque può aspirare alla condi zione di Immortale, da lui tratteggiata con notevole stile letterario: Chi trova la Via misteriosa (xuandao) è interiore, chi la perde è esteriore. Spirito è colui che ne fa uso, corpo colui che la dimentica. Questi sono i precetti essen ziali della meditazione sulla Via misteriosa [ ... ]. Chi conosce la soddisfazione può vivere ritirato dal mondo senza servire, e coltivare la luce tra montagne e foreste. Ripiega le sue ali di fenice e di drago, va a dimorare con i piccoli insetti, e nutre il suo nobile soffio all' interno di una capanna. Il suo abito è logoro, la sua cintura di corda; tuttavia, egli non li scambierebbe con il fasto di una ve ste ornata di draghi. Va a piedi, appoggiandosi al suo bastone, un paniere sulla schiena; ma preferisce ciò allo sfarzo delle carrozze a quattro cavalli (Baopuzi; in Che, 1 9 9 9 . pp. s ?-8) . Il secondo capitolo del Baopuzi è significativamente intitolato "Discus sione sugli Immortali". Qui troviamo la famosa distinzione dei tre gradi di immortalità (sostanzialmente tre stati spirituali), che si accompagna ad altri punti essenziali: la natura non percepibile degli Immortali, il loro essere come invisibili all'uomo comune, e la difficoltà di chi è coinvolto
IL DAOISMO nei rapporti di potere, come i sovrani, a seguire la Via sino in fondo, percorso che richiede una volontà sovrumana, e parte non da un sapere innato, ma dali' iniziazione : Gli Immortali [ ... ] considerano ricchezza e onori come calamità, gloria e splen dore come fango, le grandi festività come polvere, la fama come rugiada matti niera [ ... ]. Come potrebbero vederli dei cadaveri ambulanti ? Quando vogliono divertirsi, capita loro di passare fra gli uomini. Mascherano allora la loro reale natura e celano la loro differenza: il loro aspetto è identico a quello dell'uomo comune, ci fiancheggiano e camminano sui nostri passi. Chi sarebbe capace di rendersene conto ? [ ... ] Se gli uomini non credono possibile l'apprendimento dell' immortalità, e non riconoscono che si può prolungare la vita, è in realtà perché l' Imperatore di Qin e Wu degli Han l'hanno cercata ma non trovata [ ... ]. Nella ricerca della vita eterna, nella pratica della Suprema Via, il segreto risiede nella volontà, e non nella ricchezza e negli onori [ ... ]. L'apprendimento dell' immortalità esige che si pervenga alla calma e alla serenità, che ci si liberi da ogni passione, da ogni desiderio [ ... ] . Ma imperatori e principi hanno il pe sante incarico di governare il mondo. Amministrano gli schiaccianti affari del loro stato, il loro pensiero si esaurisce su una miriade di compiti, il loro spirito percorre l'universo [ ... ] . Gli alcolici soavi turbano l'armonia dei loro soffi, i visi risplendenti attaccano [la loro vita] alla radice. Tali cose diminuiscono la loro essenza e sono nocive alla loro riflessione, erodono la loro calma e la loro pu rezza [ ... ]. I libri degli Immortali dicono degli adepti superiori che il loro corpo si eleva e sale al cielo : li si chiama Immortali Celesti; che gli adepti intermedi se ne vanno per i monti famosi: li si chiama Immortali Terrestri; che gli adepti inferiori muoiono, poi abbandonano le loro spoglie: sono gli Immortali liberati dal proprio corpo [ ... ]. Qualcuno obietta: "L'esistenza di Lao (zi) e Peng (zu) tra gli uomini è simile a quella del pino e del cipresso tra gli alberi: come si potrebbe acquisire attraverso il lavoro ciò che dipende dalla natura degli esseri ?". Rispon do che non vi è essere più intelligente dell'uomo nell'arte di modellare, forgiare e trasformare [ ... ]. Quanto a Peng e Lao, erano anch'essi degli uomini: se hanno goduto di una longevità eccezionale senza appartenere a una specie differen te, è dovuto al fatto che essi hanno trovato la Via [ ... ]. Dire che gli Immortali non esistono ? I saggi di un tempo ne hanno tramandati più di mille, con nomi e cognomi, e il racconto completo dei loro fatti e delle loro gesta. Non sono invenzioni. La loro natura sarebbe particolare e il loro soffio differente ? Turti ricevettero l' insegnamento di un maestro (ivi, pp. 6s-8 1). Le capacità acquisite dagli Immortali, attraverso la meditazione o l' as sunzione di sostanze naturali o alchemiche, oltre a una indefinita durata di vita (abolizione degli usuali limiti temporali), possono essere riassunte in pochi termini chiave : illimitata capacità di trasformazione (bianhua), talvolta (come già sottolineato da Ge Hong) anche attraverso la spari-
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zione delle spoglie mortali (shijie ), ubiquità e invisibilità (abolizione dei limiti spaziali) (Robinet, 1979 ) . Tra l e sostanze d a assumere per raggiungere l' immortalità celeste, nessuna è pari per Ge Hong all'elisir alchemico : un punto che tratte remo nel prossimo paragrafo dedicato ali ' alchimia. Ma egli elenca, in un capitolo intitolato "Droghe dell' Immortalità'', una serie di sostanze medicinali, tra le quali quelle di tipo superiore sono atte a ottenere un prolungamento della vita : Le droghe naturali di tipo superiore conferiscono al corpo tranquillità ed esten dono la durata della vita [ ... ]. I cinque zhi, il cinabro, la giada bianca, la malachi te, il realgàr, l'orpimento, la mica e l 'ematite [ ... ], consentono di alzarsi in volo e di vivere a lungo (Pregadio, 1987, p. 57). I zhi citati da Ge Hong (38 tipi) non sono soltanto funghi (tale è oggi la comune traduzione del sinogramma) : si tratta di essenze che non si rivelano a tutti, ma solo a colui che è dotato dei testi sacri che le rappre sentano, o di talismani, e che possono essere minerali, !ignee, vegetali o persino animali. Tra i testi sui zhi, forse il più completo è il Taishang lingbao zhicao pin, contenuto nel Daozang, che descrive con tanto di illustrazioni 1 27 tipi di zhi, alcuni dalla forma singolare, come il Pachyma cocos: Zhi Pachyma cocos: Cresce al solstizio d' inverno sotto un albero di Tusi (Cu scuta]aponica). Ha l 'aspetto di due zoccoli di bovino. È di colore nero. Il sa pore è dolce. Mangialo : ti permetterà di vedere fino a una distanza di m ille li,
otterrai una longevità di diecimila anni e infine diverrai un Immortale (Lip piello, 2007, p. 1 3 1 ) .
La via alchemica del waidan L'alchimia, intesa come scienza tradizionale finalizzata all'ottenimento di un elisir di natura minerale o vegetale attraverso le arti del fuoco e del la fornace (strumenti indispensabili, resi nei testi cinesi con il binomio luhuo ), si è espressa nel mondo attraverso tre filoni principali: l'alchimia occidentale, di probabile origine egiziana; l'alchimia indiana; e l'alchi mia cinese (Eliade, 1977 ) Ignoriamo quali siano state le prime fasi della tradizione alchemica cinese. Unjàngshi associato a pratiche alchemiche fu Li Shaojun, il qua.
IL DAOISMO le intorno al 1 3 3 a.C. avrebbe convinto l' imperatore Wu a svolgere un rituale teso alla produzione di oro alchemico dal cinabro, con cui creare delle stoviglie e delle coppe grazie alle quali il sovrano, attraverso il sem plice atto del mangiare e del bere, avrebbe prolungato la propria vita e in contrato gli esseri trascendenti (Pregadio, wos, pp. 29-30; Kaltenmark, 1953, pp. us-8). Il termine per cinabro, dan, si riferisce al minerale formato dal solfuro di mercurio: va rilevato che n eli' alchimia occidentale Zolfo e Mercurio, Spirito e Anima, maschile e femminile, si uniscono nel simbolismo delle "nozze chimiche" da cui nascerà l'elisir, la pietra filosofale (Burckhardt, 1 9 8 6 ) . Il cinabro è indicato nei testi alchemici attraverso tutta una se rie di nomi esoterici, quali " Vero Vermiglio" (zhenzhu ), "Sostanza del Fuoco" (huojing), "Sostanza del Sole" (rijing), Grande Yang (taiyang). Tutte le accezioni di dan sembrano indicare un campo semantico che rimanda a un senso originario di "sostanza" (jing, da molti reso anche come "essenza") . La centralità insita in tale simbolismo è ben riflessa nella visione esoterica dell' interno del corpo, su cui ci soffermeremo nelle prossime pagine ; già nel Laozi zhongjing (Scrittura del Centro di Laozi) - testo che emerge dallo stesso background regionale e culturale della prima tradizione alchemica attestata, la corrente Taiqing - il termine dan è presente nella descrizione dei tre centri di energia sottile del corpo uma no, detti dantian (Campi di Cinabro), in particolare in una descrizione del Campo di Cinabro inferiore, situato in corrispondenza della zona addominale (Pregadio, wos, pp. 68-72; 1 996b). Sembra che il termine dan alluda dunque non soltanto a una sorta di "pietra filosofale", ma a uno stato interiore di "raffinamento" e di purezza assoluta. In tal senso, dan contiene già i due aspetti che storicamente si manifesteranno nella tradizione alchemica cinese : il waidan (Cinabro esterno) , fondato sulla produzione e sull'assunzione di sostanze, e il nei dan (Cinabro interno), in cui il processo alchemico è interpretato uni camente in chiave di trasmutazione interiore. In entrambe le tradizioni, dan è al contempo origine del mondo manifestato e obiettivo della "cer cà' alchemica, che è un "ritorno" dalla molteplicità ali' Unità effettuato attraverso un lavoro sulla natura sostanziale degli elementi minerali o ve getali, o sulle forze sottili che operano nel complesso psicofisico umano. In Occidente, l'alchimia esprime un concetto analogo, attraverso queste parole di Sinesio : « Come all' inizio era Lui solo, così ora l'opera tutta
LE VIE DELLA VIA viene dall' Uno e ritorna verso l' Uno. La riduzione degli elementi non è che questo » (cit. in Burckhardt, 1 9 86, p. 8 8 ) . Nel quarto capitolo del Baopuzi, Ge Hong è molto chiaro sulla pre minenza delle tecniche alchemiche per raggiungere l' immortalità. Da notare il concetto tradotto come "trasformazione ciclica", dove il termi ne huan si riferisce al processo del "fare ritorno", alla ripetizione dei pro cessi che devono condurre alla creazione dell' Elisir: Ho studiato i libri sul nutrimento della vita e ho raccolto i metodi per ottenere la longevità; gli scritti e i testi che ho esaminato si contano a migliaia, ma fra tutti i metodi contemplati nessuno è considerato superiore all' Elisir ottenuto mediante trasformazione ciclica (huandan) e al Liquore d'Oro (jinye). Pertan to queste due sostanze sono ali' apice della Via del!' immortalità (Baopuzi; in Pregadio, 1987, p. 27). L'opera di Ge Hong è una fonte molto preziosa per la tradizione alche mica basata sull'assunzione di sostanze esterne, denominata in seguito waidan ; egli vi si sofferma in due capitoli, dedicati rispettivamente al ruolo di minerali e piante, e dei metalli. Ge Hong sottolinea l' importanza della trasmissione di testi sacri sul la preparazione dell'elisir (ma anche di "istruzioni orali" segrete), con particolare riferimento alla prima tipologia di sostanze. A partire dal suo prozio Ge Xuan (figura elusiva quanto importante, legata anche agli esordi delle scritture del Daoismo Lingbao), per più di un secolo la sua famiglia avrebbe posseduto tali testi ; ma la catena risalirebbe ancora più indietro, poiché i libri sacri sarebbero stati in origine rivelati a unJangshi di nome Zuo Yuanfang da un "uomo divino" (shenren ) : I n passato, mentre Zuo Yuanfang già d a tempo s i dedicava alle pratiche d i puri fìcazione sul Monte Tianzhu, un Uomo Divino gli trasmise i Libri degli Immor tali sul Liquore d'Oro e sul!'Elisir ottenuto mediante trasformazione ciclica. Era il tempo dei disordini, al termine della dinastia Han, e non avendo la possibilità di prepararli egli cercò rifugio a sud del Fiume Azzurro, con l ' intenzione di ritirarsi in una Montagna Sacra per dedicarsi a quelle pratiche. Il mio prozio Ge Xuan ricevette da lui tutto ciò : il Libro degli Elisir della Grande Purezza in tre rotoli, il Libro degli Elisir dei Nove Tripodi in un rotolo e il Libro dell'Elisir del Liquore d'Oro, anch'esso in un rotolo. Il mio maestro Zheng Yin era discepolo del mio prozio Ge Xuan, da cui ricevette a sua volta quei testi. Ma la sua famiglia era povera, ed egli non aveva i mezzi per acquistare le droghe naturali. lo ( ... ] ricevetti da lui questi testi insieme alle istruzioni orali che non possono essere messe per iscritto ( ivi, pp. 28-9).
IL DAOISMO Il termine "Grande Purezza" ( Taiqing), presente nel primo dei tre testi citati da Ge Hong, si riferisce alla più antica tradizione alchemica atte stata in Cina, diffusasi nella regione meridionale del Jiangnan (Pregadio, wos). Esso appare già nello Zhuangzi, in riferimento allo stato spiri tuale dell'uomo perfetto, che « come l'acqua che scorre in ciò che non ha forma, confluisce nella Grande Purezza » (cit. ivi, p. 3 6 ) ; ma anche nel Neiye ritroviamo il binomio dal significato sostanzialmente identico daqing: l'uomo che riesca ad essere allineato e in quiete (zhengjing) può « specchiarsi nella Grande Purezza« (Roth, 1999, pp. 76-7 ) . I metodi descritti in tale tradizione alchemica permetterebbero l'ot tenimento del più elevato status spirituale, rappresentato dalla "Grande Purezzà'; un aspetto rilevante di tali tecniche è l'assenza della terminolo gia cosmologica fondata sul cosiddetto pensiero correlativo, che sarà un tratto tipico nell'alchimia cinese successiva. Anche se gli elementi "ope rativi" fanno la parte del leone nel corpus scritturale Taiqing, il rappor to dottrinale con la tradizione classica daoista resta sempre ben saldo. In particolare, gli stessi termini "tecnici" impiegati per descrivere il fonda mentale processo di utilizzo del crogiuolo, come microcosmo in cui si realizza il concepimento dell'elisir, rimandano ai temi daoisti dell' Unità e del Caos indifferenziato primordiale, da noi esaminati nel CAP. 3: Il crogiuolo è il principale strumento dell'alchimista Taiqing da un punto di vista simbolico, rituale e tecnico. I testi Taiqing istruiscono i loro adepti a chiu dere il contenitore con diversi strati di fango prima di parlo nella fornace [ ... ] . Oltre ad avere l o scopo pratico d i evitare che i l contenitore s i spacchi nel ri scaldamento, i due fanghi principali [ ... ] svolgono anche importanti funzioni simboliche. Il primo è chiamato Misterioso e Giallo (xuanhuang), un nome em blematico del Cielo (il "misterioso") e della Terra (il "giallo"), o dello Yin e dello Yang. È composto da piombo e mercurio, e a volte è posto nel crogiuolo sopra e sotto gli ingredienti principali. Attraverso il Misterioso e il Giallo, il crogiuolo e l'elisir incorporano le essenze dello Yin e dello Yang congiunti. Il secondo fango è detto il Fango dei Sei e Uno (liuyi ni) . È composto da sette ingredienti [ ... ] . Simbolicamente, il Fango dei Sei e Uno chiude le sette aperture nel "corpo" del Caos originario, che [ ... ] sono considerate provocate dalla manifestazione di Yin e Yang e dunque del cosmo (Pregadio, 2005, pp. 8-10 ) . Sin dalle sue prime fonti, dunque, l 'alchimia cinese si configura, al pari delle sue dottrine "sorelle" di altre regioni dell' Eurasia, come una scienza sacra, una « tecnica al contempo sperimentale e mistica » dalla « funzio ne soteriologica » (Eliade, 1 977, pp. 8-9 ) . L'obiettivo della pratica alche mica è il ritrovamento, in quel microcosmo simile a un uovo primordiale
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che è il crogiuolo, dello stato indifferenziato di unità anteriore alla manife stazione cosmica. Il crogiuolo deve essere un mondo a parte, ermeticamen te chiuso : come sottolinea un testo Taiqing, lasciare in esso un'apertura anche minuscola, « sottile come un capello, grande come il naso di una formica » , porterà al fallimento dell'opera (Pregadio, 2005, p. 78). Ma un altro aspetto fondamentale della tradizione Taiqing è l' im portanza del rituale. Anche la più corretta preparazione tecnica non è sufficiente se il discepolo non rispetta questo essenziale elemento per formativo, che secondo alcune fonti Taiqing risalirebbe all' Imperatore Giallo e alla Donna Misteriosa (Xuannii: personaggio responsabile della trasmissione di numerose tradizioni e pratiche esoteriche). Solo la com binazione di rituale e tecnica perfetti permette l'ottenimento dell'elisir, definito talora già nelle fonti Taiqing con il terminejindan, Elisir d' Oro, che diventerà più tardi comune. L'elisir « rappresenta l' istante eterno e intemporale in cui il Dao genera l'esistenza [ ... ] . L'essenza che forma l'e lisir incorpora sia lo Yin che lo Yang e quindi rappresenta il Puro Yang, lo stato anteriore alla divisione dell' Uno nei due » (ivi, p. 75). Il rituale si configura dunque nella tradizione Taiqing come un ne cessario medium tra la dottrina e l'aspetto tecnico, sperimentale ; esso è inoltre codificato nel tempo e nello spazio, attraverso fasi esecutive che regolano il lavoro alchemico. La prima fase del rituale consiste nella trasmissione dottrinale da maestro a discepolo, che si esprime nel passaggio di istruzioni scritte (wenjue) e orali (koujue). Si stabilisce in tal modo un patto (concetto di meng, già presente nel Daoismo dei Maestri Celesti), un accordo (yue) che prevede un pegno (xin) da parte del discepolo, come segno concreto della sua fedeltà al segreto : un pesce d'oro e un anello di giada a forma di drago, che secondo la Scrittura dei Nove Elisir vengono poi gettati in un corso d'acqua che scorre ad est. Il maestro e il discepolo suggellano il patto bagnandosi le labbra con il sangue, o con del cinabro ; e presso il corso d'acqua, il maestro stabilisce un altare per l'arrivo simbolico della Donna Misteriosa, dispensatrice dei misteri alchemici, o secondo altre fonti per Taiyi, il Grande Uno. La rottura del patto comporta secondo il Taiqingjing gravi conseguenze : Se senza motivo disattenderai i Codici, o trasmetterai queste istruzioni a qual cuno indegno di riceverle, o non le osserverai e le rivelerai, il Sovrano Celeste ti bandirà dall' immortalità, e avrai a confessare in eterno i tuoi peccati sulla Stra da Oscura [ ... ]. I Nove Anziani Signori degli Immortali altereranno il tuo spi rito e la tua essenza, e ogni cosa che intraprenderai non giungerà a buon fine. Il
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Direttore dei Registri del Grande Uno non inserirà il tuo nome nei registri della vita, e il Direttore del Destino dei Tre Cieli diminuirà l'estensione della tua vita. I cuoi peccati saranno estesi ai cuoi antenati sino al settimo grado (ivi, pp. 81-2). Da notare nel brano le nozioni dei "registri" (lu) e dei Tre Cieli (san tian ) , già introdotte dal Daoismo dei Maestri Celesti. Zhang Daoling, il presunto fondatore del lignaggio dei Maestri Celesti, si ritrova in varie fonti come esperto di arti alchemiche : egli avrebbe persino ricevuto la stessa Scrittura della Grande Purezza da Laozi. La tradizione dei Maestri Celesti si ritrova peraltro associata alla dottrina Taiqing nella prima sud divisione delle scritture daoiste nelle " Tre Caverne" (sandong), avvenuta nella Cina del Sud nel v secolo (ivi, pp. 148-52). La fase successiva consiste nel ritiro del discepolo, accompagnato da due o tre assistenti, in un luogo isolato, situato spesso sulle pendi ci di una montagna. Una cerimonia di puri6cazione, sembra ripetuta per tre volte e lungo un certo periodo, appare almeno nel suo ultimo svolgimento come volta alla paci6cazione delle energie sottili del luogo, condizione necessaria per dare inizio alla vera e propria pratica (ivi, pp. 82-3). Un aspetto assolutamente fondamentale è legato alla scelta di due giorni chiave, in cui rispettivamente effettuare il ritiro e accendere il fuo co. Qui appare per la prima volta, sia pure in maniera ancora limitata, quella visione del tempo come realtà qualitativa, espressa da una serie di emblemi, che ritroviamo in tutta la sua estensione nelle tradizioni al chemiche posteriori. Nel rituale Taiqing si riflette la connessione tra le Cinque Fasi e le due serie dei Tronchi Celesti e dei Rami Terrestri; sulle Cinque Fasi ci siamo già soffermati; descriviamo le altre due serie sim boliche, peraltro diffuse nelle pratiche e nel rituale daoista ancora oggi (Paolillo, 2012, pp. 25-9 ) . Gli emblemi denominati Tronchi Celesti (tiangan) e Rami Terrestri (dizhi) sono sin dai primordi correlati alla determinazione del tempo. Tali simboli sono antichissimi: si ritrovano già durante la dinastia Shang (circa XVII sec.-1045 a.C.), sulle iscrizioni delle ossa oracolari. I tronchi erano usati per designare le unità di una settimana formata da dieci gior ni, mentre i rami erano detti "marcatori" (chen) : i due insiemi furono associati per formare il cosiddetto ciclo sessagesimale, che avrebbe costi tuito la struttura portante del calendario cinese tradizionale. Il ciclo sessagesimale è composto da sessanta binomi, formati dall'u nione di un Tronco e di un Ramo. L'associazione tra una serie di dieci e una di dodici simboli, che darebbe centoventi combinazioni, viene dimez-
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zata, in quanto i tronchi pari sono legati ai rami pari, e i tronchi dispari ai rami dispari. In tal modo, ogni tronco si unisce solo a sei rami: il risultante ciclo sessagesimale, inizialmente usato solo per indicare i giorni, sarebbe poi stato impiegato a partire dagli Han anche per i mesi e gli anni. I Tronchi Celesti furono associati a coppie alle Cinque Fasi, e quindi ai Cinque Pianeti e alle Cinque Direzioni; ognuno fu connesso a una preva lente natura Yin o Yang. I Rami Terrestri costituirono un sistema di corri spondenze con i mesi, le ore doppie del giorno, i cosiddetti "animali astrolo gici': ma anche le Fasi e la natura Yin o Yang (Feuchtwang, 1974, pp. 57-7 1 ) . Nell'alchimia Taiqing, i giorni definiti fausti sono legati al cosiddetto rapporto di produzione tra le Fasi. Ad esempio, in primavera (stagione di crescita del principio Yang), il rapporto energetico migliore tra le Fasi è quello tra Legno (definito "sovrano") e Fuoco ("assistente"); di conse guenza, i giorni migliori stagionali per dare inizio al ritiro sono quelli caratterizzati da un binomio in cui il primo termine (Tronco Celeste) è caratterizzato dall'associazione con la Fase Legno (tronchijia e yi), e il secondo termine (Ramo Terrestre) dall'associazione con la Fase Fuoco (rami wu e si). Tenendo presente che il ciclo è sessagesimale, cioè di 6 o giorni, è chiaro che i n una stagione i momenti fausti non sono molto numerosi. Esistono inoltre dei giorni tabù, in cui è assolutamente scon sigliato dare inizio al ritiro o al procedimento di accensione del fuoco alchemico ; l'attività del praticante è infine protetta da tutta una serie di talismani (Pregadio, 2005, pp. 84-95 ) . Molto dettagliate sono anche le istruzioni per la costruzione del la boratorio, detto "camera dell' Elisir" (danshi), o Camera della Divina Fornace (shenzao shi), che non deve essere a contatto con il suolo : Costruisci la Camera della Divina Fornace presso un corso d'acqua che scorra verso est. La camera dovrà essere lunga quaranta piedi e larga venti, e la sua base dovrà essere a quattro piedi dal suolo [ ... ]. Dovrà avere tre porte, rivolte a sud, est e ovest. Poni la fornace nel centro, con la bocca di fronte ali 'ovest. Sistema nella fornace un sostegno in ferro e poni su di esso il crogiuolo, in modo che sia a nove pollici dalle pareti della fornace ( ivi, pp. 95-6). L'atto finale è l' ottenimento dell'elisir, e la sua ingestione, che deve esse re preceduta da pratiche purificatorie e abluzioni; secondo alcune fonti, essa avviene in un momento definito, il primo giorno del ciclo sessa gesimale (i vi, p. 99 ). L'elisir più elevato, quello della Grande Purezza, consentirà per Ge Hong di « salire al cielo in pieno giorno » ; ma nella tradizione Taiqing, esistono svariate tipologie di elisir (ivi, pp. 10 8-20 ) .
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Non conosciamo a fondo il successivo sviluppo dell 'alchimia operati va, che si diffonde nel Medioevo cinese per poi conoscere il declino dopo la dinastia Tan g. Sappiamo però che le stesse fonti definiscono lo Zhouyi cantong qi (Pegno per l' Unione Triadica [collegato ai] Mutamenti dei Zhou) come la scrittura centrale di tutta la tradizione alchemica cinese (Pregadio, 1996a; wu ) . Il Zhouyi cantong qi è attribuito a Wei Boyang, personaggio leggen dario che sarebbe vissuto intorno alla metà del II secolo d.C. nella regio ne meridionale del Zhejiang; secondo l'esegesi del daoista di epoca Qing Liu Yiming (r734- r 8 2 r ) , la parte originale consisterebbe nelle sezioni ca ratterizzate da versi composti ciascuno da quattro caratteri (Pregadio, 1 9 9 6a, pp. 44-8): un ulteriore esempio di come la struttura in versi sia un efficace mezzo per la trasmissione dottrinale (in origine orale) . Lo stile dell'opera, riscontrabile nelle edizioni oggi esistenti, riflette sicuramente aggiunte e rimaneggiamenti posteriori, terminati in epoca Tang. Tutta via, esistono indicazioni che lo Zhouyi cantong qi sia in effetti originario dello stesso ambiente che durante il periodo degli Han Posteriori pro dusse i cosiddetti apocrifi chenwei: testi esoterici che conterrebbero l ' in terpretazione "nascosta" di opere ben note della tradizione, tra le quali un posto particolare spetta al Libro dei Mutamenti, lo Zhouyi (detto anche Yijing) , e che rappresentano una maglia fondamentale nella ca tena che unisce il Dao al concetto di sovranità sacra nel periodo Han e medievale (Seidel, 1983). Lo stesso termine qi, "pegno", presente nel tito lo dell'opera, è facilmente associabile a una famiglia di parole (comefu, "controparte", symbolon ), le quali indicano come il testo stesso divenga una sorta di "mezzo contrattuale" che permette la comunicazione tra il Cielo e l'uomo (Pregadio, 1 9 9 6a, p. 9 ) . L o Zhouyi cantong qi riveste una importanza assoluta non solo per l'alchimia operativa waidan, in particolare in epoca Tang, ma anche per la tradizione che sarà in seguito conosciuta come neidan, "Cinabro in terno", in cui il procedimento alchemico di trasmutazione viene inte riorizzato (Robinet, 1 9 9 5 ) . Esso infatti fornisce un efficace vocabolario dottrinale, atto a rendere il significato delle fasi del lavoro alchemico, attraverso l'uso dei simboli dello Yijing, il Libro dei Mutamenti, e una peculiare interpretazione del concetto di tempo, accompagnati dal fre quente riferimento alla dottrina del Laozi. Detto anche Zhouyi (Mutamenti dei Zhou), lo Yijing risale alla re mota antichità; era composto in origine da figure note come "sessanta quattro esagrammi", formate ciascuna da sei linee intere o spezzate, e da
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brevi e oscuri commentari. Le figure venivano formate attraverso il lan cio, ripetuto sei volte, di bastoncini di achillea, che davano risultati con trassegnati da una natura simbolica maschile (resa con una linea intera) o femminile (resa con una linea spezzata) . Questo tipo di divinazione, a carattere combinatorio, durante gli Zhou ( 1045-221 a.C.) sostituì la che loniomanzia (divinazione su piastroni di tartaruga) e la scapulomanzia del periodo Shang (Cheng, 2000, I, pp. 269-92). In seguito, furono aggiunte diverse appendici esplicative (le "Dieci Ali"), nelle quali è evidente l' influenza del pensiero correlativo : solo al lora il testo ebbe uno status canonico, diventando uno dei Cinque Clas sici della tradizione dei letterati. La più famosa appendice è forse lo Xici (Parole Aggiunte), composto probabilmente alla fine del III secolo a.C., vero e proprio trattato cosmologico : qui l'esistenza degli esagrammi è spiegata con l' invenzione di figure anteriori, gli Otto Trigrammi (ba gua), formati da tre linee intere o spezzate, da parte del mitico impera tore Fu Xi, al fine di fornire una immagine sintetica del mondo (Zhouyi, 1 9 8 0, p. 86). Il percorso a ritroso continua con la determinazione delle Quattro Figure (sixiang) , ognuna formata da due linee intere o spezzate, e infine dei Due Modelli (liangyi), cioè la linea unica intera o spezzata, che le appendici dello Yijing identificavano con lo Yang e lo Yin, espressione dell'unità e della dualità. Immagine del mondo, i Trigrammi furono rappresentati attraverso un modello basato sull'orientamento, che li raffigurava disposti attorno a un centro. Esistono due disposizioni differenti dei Trigrammi, dette del "Cielo Anteriore" (qiantian) e del "Cielo Posteriore" (houtian ), ognuna esprimente una complessa rete di rapporti numerici (Granet, 1 9 8 8, pp. 1 5 3-74 ) . La prima vede ciascun Trigramma posto in opposizione simme trica alla combinazione ad esso speculare, e rappresenta lo stato ante riore alla manifestazione cosmica; qui i due trigrammi Qian :: e Kun : : , formati rispettivamente da tre linee intere e spezzate (espressione del puro Yang e del puro Yin), si trovano contrapposti, e in corrispondenza con il sud e il nord. Il diagramma del Cielo Anteriore rimanda a una disposizione numerica, legata a un altro simbolo, il Cartiglio del Fiume (Hetu), che secondo la leggenda sarebbe stato mostrato all' imperatore mitico Fu Xi da un drago emerso dal Fiume Giallo. Il diagramma del Cielo Posteriore è invece espressione rivelata del mondo fenomenico, in cui i due poli dell'universo manifestato, posti a sud e a nord, sono i trigrammi "misti" Li :::: e Kan : : , in cui troviamo al
IL DAOISMO centro rispettivamente una linea spezzata e una linea intera, un riflesso dell' inevitabile presenza nel mondo delle forme dello Yin nello Yang e dello Yang nello Yin ; come sottolineato da Isabelle Robinet, « A con tiene del non-A e viceversa. È il mondo dell'alterazione, in cui ciascuno contiene in sé qualcosa dell'altro, un mondo del divenire e del movimen to » (Robinet, 1 9 9 8 ) . Anche questa disposizione simbolica risalirebbe a un cartiglio rivelato, il Libro del Fiume Luo (Luoshu), apparso a Yu il Grande, mitico regolatore delle acque diluviali, sul dorso di una tartaru ga emersa da questo importante affluente del Fiume Giallo. I simboli cosmologici dello Yijing sono impiegati dal Zhouyi cantong qi come strumenti ideali per rappresentare le fasi temporali della prepa razione dell'elisir, i cosiddetti "tempi del fuoco" (huohou). Il carattere rispettivamente pre-cosmico e cosmico delle due cop pie di Trigrammi Qian-Kun e Li-Kan è espresso nel seguente passo del Zhouyi cantong qi, i cui primi due versi sono una citazione dal commen to Xici allo Yijing: "Cielo e Terra stabiliscono le loro posizioni e il mutamento ha corso tra essi". "Cielo e Terra" sono immagini di qian e di kun ; "stabiliscono le loro posizioni" significa che si dispongono per l'unione diyin eyang. Il mutamento è kan e li, kan e li sono le due funzioni di qian e kun [ ... ] . Nascondendosi nell'oscurità, mutano all' interno ; Abbracciano le Diecimila Cose e sono le linee guida del Dao. (Pregadio, 1996a, p. ss ) Come afferma Monica Esposito : Qjan e Kun costituiscono le fondamenta dell'Opera, i punti di riferimento as soluti e, in un certo senso, "puri" e "fissi" per l'alchimista, mentre Kan e Li sono la manifestazione di Qjan e Kun nel movimento, la loro parte attiva e dinamica. Dallo scambio delle linee yin e yang contenute in Kan e Li, si formano gli altri
trigrammi o esagrammi e si producono così le diecimila trasformazioni creatrici nell'universo (Esposito, 1997. p. 44).
Nel waidan si sottolinea la possibilità di raggiungere quella particella di essenza primordiale, pre-temporale, che è tutt 'uno con l' Elisir, attuando così una reintegrazione della materia dal molteplice all' Uno che è anche un ritorno dal temporale all ' intemporale (Pregadio, 1 9 9 5 , p. 1 6 1 ) .
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Le fasi dei "tempi del fuoco" (huohou) sono individuate attraverso delle corrispondenze tra gli emblemi cosmologici, come ad esempio nel sistema najia, in cui ai dieci Tronchi Celesti sono correlati gli Otto Tri grammi, sei dei quali sono connessi a giorni nodali delle fasi lunari (sono esclusi Kan e Li, qui considerati "centrali"). Quella che nel Zhouyi cantong qi e in altri testi è detta "particella di 0 Originario" o "Puro Yang" del Cielo Anteriore (simbolo di una unità anteriore alla differenziazione Yin-Yang), nell'alchimia operativa è espressa simbolicamente dal piombo, e dalla linea intera; nel mondo manifestato del Cielo Posteriore, però, il piombo (trigramma Kan) è espressione dello Yin, e il mercurio (trigramma Li) dello Yang. Quindi, il piombo riveste una duplice funzione : è espressione nel mondo manifestato della materia oscura; ma, inteso in senso superio re, esso può rivelare la scintilla dorata del principio assoluto. Il piombo è anche espresso attraverso il simbolo dell'Acqua; in questo passo del lo Zhouyi cantong qi, che si apre con una citazione quasi letterale del la stanza 28 del Laozi, l 'Acqua non è solo una delle Cinque Fasi, ma è espressione dell' Uno (un aspetto in piena consonanza con il già citato manoscritto del IV secolo a.C. Taiyi shengshui). Ma l'oscuro piombo è anche fìgura eloquente del daoista, che come l'acqua "si tiene in basso", nella posizione più infìma, restando celato agli occhi dei profani : Per conoscere i l Bianco custodisci i l Nero e la Luce Divina giungerà da sé. Il Bianco è l 'essenza del Metallo, il Nero è il fondamento dell'Acqua. L'Acqua è l'asse del Dao, la sua cifra è 1. All'origine dello yin e dello yang trattiene misteriosamente il Germoglio Giallo [ ... ] . Perciò i l piombo è nero all'esterno ma nasconde all ' interno il Fiore d'Oro, [come un uomo che] indossando abiti rozzi nasconde un pezzo di giada ma da fuori sembra uno stolto. (Pregadio, 1996a, pp. 67-8) Il penultimo verso è una citazione della stanza 70 del Laozi (Andreini, 2004, p. 7 1 ; Cadonna, 2001, p. 105 ) . L'aspetto "dimesso" dell'essere che ha compiuto la realizzazione è pienamente presente nelle fonti daoiste classiche. Nello Zhuangzi, egli « scorre con il Dao senza brillare [ ... ] , è così piatto e ordinario che si può paragonare a un idiota » (Zhuangzi, 1 9 8 9 , pp. 103 b-104 a).
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Il Fiore d'Oro (jinhua), che qui allude all' Elisir, è altrove simbolo del piombo raffinato, che unito alla Perla Liquida (liuzhu) del mercurio raffina to forma il purissimo amalgama in cui avviene la congiunzione degli opposti:
La Perla Liquida del Grande Yang vuoi sempre sfuggire agli uomini. Una volta trovato il Fiore d'Oro ritorna, e i due riposano l'uno sull'altra. Trasmutandosi in un liquore bianco, si coagulano in [un composto di] grandissima forza. Il Fiore d'Oro è il primo a cantare : in un batter d'occhio si dissolve in un liquido [dall'aspetto di] dente di cavallo o corallo. Poi lo yang va ad unirsi ad esso, e le nature femminile e maschile ritornano allo stato naturale. (Pregadio, 199 6a, pp. 66-7) Il coronamento dell'opera alchemica consiste nell'estrarre l'oro, la scin tilla de! Qj Originario (il " bianco"), dal piombo alchemico (il "nero"). Nell' Elisir, raffinato in quella "protezione esterna" che è il crogiolo, lo Yin e lo Yang si ritroveranno nello stato di indistinzione primordiale anteriore alla manifestazione cosmica : Quando lo estrai è classificato come bianco, quando lo temperi diviene rosso. Per raffinarlo [costruisci per esso] una protezione esterna, e poni il Bianco nel mezzo. Quadrato [come la Terra] e rotondo (come il Cielo], ha la circonferenza di un solo pollice, [Yin e Yang] sono mischiati al suo interno, e si tengono l'uno all'altro. È là già prima che nascano il Cielo e la Terra, eminente, maestoso, imponente. ( ivi, p. 69)
Le pratiche di meditazione e di visualizzazione interiore : lo Shangqing Come si è già sottolineato nel CAP. r, l 'origine della dottrina daoista del la Suprema Purezza (Shangqing), che fu considerata una delle più alte espressioni del Daoismo sino al tramonto della dinastia Tang (907 d.C.),
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è legata a una serie d i rivelazioni ricevute d a una famiglia d i notabili del Sud fra il 364 e il 370: la relativa summa scritta sarebbe stata oggetto di sistematizzazione grazie al grande erudito (e nono Maestro Shangqing) Tao Hongjing (452-53 6). Lo Shangqing si contraddistingue (diversamente dal Daoismo dei Maestri Celesti, che mostra anche un aspetto di movimento organizza to comunitario) per l'accento posto esclusivamente sui metodi di realiz zazione individuale (una caratteristica poi ereditata dal neidan ), e per la svalutazione dei mezzi "esteriori" (che si tratti di sostanze alchemiche o di pratiche respiratorie o sessuali) volti al raggiungimento della longevità. La scrittura Shangqing, iljing, è un libro rivelato, che però non è mai stato oggetto di divulgazione, pur costituendo l'unica fonte scritta che garantiva l'accuratezza della liturgia.jing possiede il significato origina rio di "ordito" (oltre a quello di "percorso", "itinerario"), e indica nella tradizione cinese quei testi considerati canonici, formanti l'ordito di base della civiltà letteraria, ed è sempre correlato all'altro termine wei (''trama''), riferito ai commentari al testo canonico, o talora agli apocrifi di natura esoterica, per alcuni espressione rivelata dell'aspetto criptico dei classici (Robinet, 1 9 84a, pp. 25-3 6). I jing di tale tradizione daoista sarebbero coesistiti in origine con il 0 primordiale. Anteriori alla genesi del mondo, sarebbero poi stati tra scritti nei cieli dalle divinità, in una fase ontologicamente anteriore alla loro rivelazione sul piano umano. Iljing giunto nel mondo si configura infine come una discesa provvidenziale, che vede il testo sacro come ul timo gradino di una scala cosmica che ai livelli superiori non era espressa attraverso una scrittura manifesta. In origine ijing erano formati di luce ; in seguito furono trascritti con caratteri in giada, e custoditi in palazzi celesti o montagne sacre, con a guardia ragazzi e ragazze di giada. Sono queste le cosiddette "tracce" (ji), la cui discesa sul piano umano forma il jing che sarà oggetto di trasmissione da maestro a discepolo. Il prototipo resta però nei cieli (esattamente come nella tradizione islamica sul Co rano) : il jing funge da supporto di manifestazione del Dao, e fornisce i segni indispensabili alla conoscenza del mondo. Tali segni possiedono due aspetti fondamentali: uno visivo, l'altro sonoro. La pratica dello Shangqing dà grande importanza agli esercizi di visualizzazione delle divinità, ipostasi del Dao, e alla loro corretta deno minazione. Il nome è essenziale alla "fissazione" delle energie divine, al pari di una loro corretta visualizzazione: su tali nozioni si basa l'efficacia deljing.
IL DAOISMO Nello Shangqing, la pratica della "visione interiore" (neiguan) svolge un ruolo essenziale. La visione interiore è espressa in origine anche con il termine neizhao ( "radianza interiore" ) . La precisa corrispondenza simbolica tra le divinità celesti da visua lizzare - spesso associate come vedremo alle stelle dell' Orsa Maggiore, "compasso" cosmico e fonte delle misure - e gli organi interni del corpo umano rimonta alla stretta correlazione tra il corpo e l'universo, presen te in Cina da epoca arcaica. Il corpo diventa un ricettacolo di immagini (xiang) : attraverso le im magini, mediatrici tra mondo visibile e invisibile, il corpo è il veicolo attraverso cui accedere a una nuova percezione della realtà, in cui le for me materiali sono colte nella loro modalità sottile. Gli organi corporei sono la replica a un livello intermedio degli astri celesti e delle montagne terrestri : essi si rivelano al discepolo nella loro "forma autentica" (zhen xing), precedente alla manifestazione cosmica. La geografia interiore del microcosmo umano fu oggetto di una let tura simbolica del corpo in testi come il Laozi zhongjing ( Scrittura del Centro di Laozi, II secolo ) o lo Huangtingjing ( Iv-v secolo ) , la famosa "Scrittura della Corte Gialla" che è una delle opere fondamentali del Daoismo Shangqing. Nel Laozi zhongjing, tutti gli elementi della geografia sacra che saran no descritti più estesamente nel CAP. s ( il monte sacro Kunlun, le Isole degli Immortali, i luoghi santi ecc. ) trovano corrispondenza nel corpo umano : ad esempio, all' interno del capo si erge il Kunlun, mentre al tri fantastici elementi paesistici rappresentano i vari organi ( Schipper, 1979; Esposito, 1998c ) . La visione o rivelazione interiore si ottiene invertendo lo sguardo, volgendo le pupille all ' interno, lasciando gli occhi semichiusi per la sciare penetrare la luce esterna. Gli occhi diventano essi stessi Sole e Luna del mondo interiore. Una terza fonte luminosa, la Stella Polare, corrispondente a un punto tra le sopracciglia, riflette come uno spec chio la luce degli occhi verso l ' interno. Sono temi già presenti nel Lao
zi zhongjing: In cima ai Nove Cieli, al centro della Suprema Purezza, ali' interno del!' Estrema Sottigliezza : io non conosco il suo nome. È i! Qj originario, e basta. Come divi nità, ha testa umana e corpo d'uccello. Ha l'aspetto di un gallo, di una fenice a cinque colori. È proprio sulla mia testa, a nove piedi dal mio corpo (Schipper, 1982, p. 148).
LE VIE DELLA VIA Ma ecco un altro grado nella corrispondenza tra energie divine celesti e corpo umano: [Tra le sopracciglia c 'è] il Signore del Dao. A volte è un essere con nove teste, a volte sono nove esseri, in entrambi i casi indossa abiti ricoperti di pietre di cin que colori [ ... ] ; è il figlio del Grande Uno ( Taiyi) . Figlio senza essere generato, poiché è stato prodotto spontaneamente dal Qj primordiale. È proprio lì, nella mia testa, al centro di una nube purpurea [ ... ] . È la prima stella della costellazio ne Gouchen : si chiama Grande Imperatore Augusto del Cielo ( ivi, pp. 148-so). L'occhio sinistro, il Sole, è dimora del Padre dell' Est; il destro ospita la Madre dell 'Ovest. Sono anche detti rispettivamente Non Azione (wuwei) e Spontaneità (ziran ) . Dalla loro unione è nato un bimbo, detto Uomo Vero Cinabro del Nord (zidan zhenren ) : il cinabro e il settentrio ne rimandano al simbolismo ierogamico del connubio solo apparente mente innaturale del Fuoco e dell'Acqua, dello Yang che sorge dallo Yin : Io sono il figlio di Padre e Madre Dao. Anche gli esseri umani mi hanno. Io non sono l 'unico "io". Mi trovo all'entrata dello stomaco, nell'esofago. Seduto di fronte al sud, su un letto di pietre preziose, sotto un baldacchino di nuvole gialle, sono vestito con abiti che hanno pietre di cinque colori ( ivi, p. 150 ) . L'accenno al "non essere l'unico io" diventa più chiaro se si nota come l' Uno si ritrova a vari livelli, inferiore, mediano e superiore, in varie ma nifestazioni che non sono altro che altrettante maschere dell'Assoluto. Tutto il pantheon daoista si ritrova all' interno del corpo umano : il daoi sta porta in sé le forze divine, può a suo piacimento dargli un'apparenza, una consistenza, per poi farle nuovamente tornare all'origine, all' in dif ferenziazione primordiale. Anche in questo caso, si possono riscontrare numerosi paralleli con altre tradizioni: si pensi ad esempio alle manife stazioni divine, prodotte dalla meditazione e dalla concentrazione, note come Yidam, che costituiscono un importante aspetto soprattutto nelle prime fasi delle pratiche realizzative del Buddhismo tantrico ( Vàjrayana), diffusosi nell'area tibetana e mongola ( Stein, 1998, pp. 1 5 3-4 ) . La Scrittura della Corte Gialla ha origini ancora oscure, forse estranee allo sviluppo iniziale della dottrina Shangqing, che però l ' ha ben presto adottata ( Robinet, 1 9 84a, pp. 73-101 ) . Fornisce una descrizione minu ziosa, per quanto talora di ardua comprensione, della geografia sottile del corpo. Appaiono qui numerosi elementi di una visione che diventerà poi assolutamente comune in altre pratiche di realizzazione, come la de-
IL DAOISMO finizione dei tre centri energetici denominati Campi di Cinabro (dan tian). Questa immagine del corpo « come un complesso sistema di reti energetiche » (Esposito, 1 9 9 8a, p. 343) affonda le sue radici in un fondo di concezioni arcaiche, da cui si è sviluppata la medicina cinese. Il sistema della cosmologia correlativa dà il linguaggio di base per tale visione. Nello Huangtingjing, ogni viscere è connesso a una delle Cin que Fasi (Metallo, Acqua, Legno, Fuoco, Terra), e quindi a determinati dati spazi ali e temporali: il suo indebolimento è riflesso dell'allontana mento dello "spirito" che lo anima, che lo fa "fiorire" (e lo stesso viscere è talvolta definito "fiore"). Tali spiriti sono rappresentati spesso in modo zoomorfo, come un fantastico animale araldico, in connessione emblematica con un deter minato punto direzionale. Ma sono definiti anche come antropomorfi : Il fegato è abitato da un ragazzo verde che governa le anime hun e po. È lega to agli occhi e il suo soffio si innalza e cresce (essendo il soffio che nasce dalla primavera) [ ... ] . Il cuore ha la forma di un fiore di loto in bocciolo ; è abitato da un ragazzo di nome Danyuan [origine del cinabro], vestito di rosso, che regola la temperatura del corpo e il corso armonioso del sangue. È in corrispondenza con la bocca e la lingua [ ... ]. I polmoni hanno la forma di una volta fiorita, sono abitati da un ragazzo vestito di bianco che governa il soffio, e sono in corrispon denza all'esterno con il naso [ ... ]. I reni sono abitati da un ragazzo vestito di nero che governa gli umori di tutti gli organi, e sono in corrispondenza all'e sterno con le orecchie. Sono i "re dell'acqua" (corrispondono tradizionalmente all' inverno e all'acqua) e presiedono alla Lunga vita. La milza, che corrisponde al centro, è occupata da un ragazzo vestito di giallo, che governa la digestione degli alimenti e l 'eliminazione delle scorie [ ... ] . All'esterno è in corrispondenza col viso (Robinet, 1984a, pp. 8o-r). La funzione terapeutica delle pratiche di visualizzazione è particolarmen te presente nello Huangtingjing, in cui compaiono termini chiave come qi, il soffìo,jing, la sostanza, e tutta una serie di metodiche (come l' ingeri mento della saliva) popolari nelle pratiche volte al "nutrimento della for za vitale" descritte brevemente nel secondo paragrafo di questo capitolo. La divinizzazione del corpo diventa ancor più complessa nei succes sivi testi della Grande Purezza, come il Dadong zhenjing (Scrittura Au tentica della Grande Caverna). Qui vengono descritte decine di divinità interne, custodi della vita e della morte, con le loro controparti celesti. Tra esse, le più importanti sono i Cinque Numi (wushen), posti nel Ni wan (una sorta di scomparto nel cervello), nel fegato, nei polmoni, nel cuore e nel Campo di Cinabro inferiore ; i Tre Uno, che risiedono nei
LE VIE DELLA VIA tre Campi di Cinabro e sono una ipostasi dei Sanyuan, i " Tre Origi nari", i tre Soffi primordiali; i Nove Autentici, ulteriore manifestazione di questa triade ; e infìne Diyi, l ' Imperatore Uno, visualizzato come un neonato ( ivi, pp. 1 20-3). In altre scritture Shangqing troviamo un complesso sviluppo delle pratiche di meditazione e di visualizzazione. Nel Taipingjing, il princi pale metodo di meditazione è già definito come il "preservare l' Uno" (shouyi). Si tratta di accedere alla luce interiore, che è una manifestazio ne delle energie del Dao, attraverso un lungo e paziente allenamento : Per mantenere il Dao, si deve preparare una camera di meditazione. Si devono sbarrare le porte, e impedire a chiunque di entrare. Quindi, si dovrà esaminare se stessi. Se uno scopre di non potersi concentrare correttamente, meglio che lasci di nuovo la stanza. Non c'è modo di forzare la pratica. Solo ottenendo gradualmente la concentrazione e maturando lentamente nella pratica si ricave rà alla fine la pace. In uno stato di pace mentale, non si desidera spostarsi dalla camera, la bocca non ha desiderio di parlare ad alcuno. Si avrà ancora necessità di cibo e bevande, ma si può stare facilmente senza la compagnia d'altri [ ... ] . Poi si potrà svolgere l o sguardo mentale all' interno, e osservare i l proprio corpo e la propria apparenza fisica. Dovrebbero esser visti come in uno specchio, si dovrebbe esser capaci di esaminare se stessi come se si vedesse il proprio riflesso nell'acqua limpida [ ... ]. Una radianza di luce nascerà. Irraggerà luminosa nelle quattro direzioni. Se si segue questa luce, si può viaggiare lontano [ ... ]. L' in sieme degli spiriti si radunerà. Dunque, si potrà trasformare se stessi in spiriti (Kohn, 1989b, p. 139). Nella tradizione Shangqing l' Unità si manifesta in tre ipostasi, dette Tre Uno (sanyi) : l' Uno superiore, mediano e inferiore, in corrispondenza con i tre centri sottili dell'essere umano detti Campi di Cinabro (dan tian ) . La tecnica che li riguarda è descritta in alcuni testi del Daozang, come il Sulingjing, testo forse preesistente alla stessa tradizione della Suprema Purezza. Ma il concetto dei Tre Uno è già presente nel Baopuzi di Ge Hong : Quando si conosce l' Uno, tutto ha compimento. Non v 'è cosa che ignori colui che conosce l ' Uno. Non v'è cosa che possa conoscere colui che non conosce l' Uno. Il Dao si manifesta innanzi tutto nell' Uno. Esso è dunque di incompara bile valore. I [differenti] Uno dimorano ciascuno al suo posto, in corrisponden za con il Cielo, la Terra e l ' Uomo. Per tal motivo, si parla di Tre Uno [ ... ]. Se lo si sa preservare, l' Uno è presente; se lo si trascura, l ' Uno si perde [ ... ]. Coloro che sanno preservarlo, conoscono una felicità sconfinata. Coloro che lo perdono, vedono la propria vita disseccarsi e le proprie energie esaurirsi [ ... ]. Se vuoi otte-
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nere la longevità, è necessario comprendere il Custodire l ' Uno ! Pensa all' Uno, e se la fame giunge, l' Uno ti darà l 'alimento ; pensa all' Uno, e se la sete giunge, l ' Uno ti darà il nettare. L' Uno ha un cognome, un nome, e degli abiti colorati [ ... l. Di generazione in generazione, il cognome e il nome [dell' Uno l sono stati trasmessi unicamente sotto il sigillo [del segretol (Baopuzi neipian,juan 18; ci t. in Schipper, 1982, pp. 175-6). Le forze sottili interne, rappresentate come delle divinità, sono co munque sempre in stretta corrispondenza con il macrocosmo, in parti colare con le costellazioni circumpolari, come il Gran Carro dell ' Orsa Maggiore, detto Beidou, Moggio del Nord (cfr. FIG. s ) . Partiamo dal la visione interiore delle entità dei Tre Uno, seguendo la descrizione fatta da lsabelle Robinet sulla scorta di fonti come il Suling jing e il
Dengzhen yinjue: Il [ ... l metodo [ ... l. è chiamato "Metodo dei Cinque Moggi e dei tre Originali dell' Uno autentico" ( Wu dou san yuan zhen yijà) [ ... l . Consiste nel visualizzare i Tre-Uno, ipostasi dei tre Soffi primordiali, nei tre campi di cinabro [ ... l. Biso gna visualizzare nel Niwan (uno scomparto situato nel cervello a tre pollici di profondità, dietro il punto centrale tra le sopracciglia) un soffio purpureo, nel quale appare un sole di nove pollici di diametro. All ' improvviso, l'adepto sente il proprio corpo cambiare e perde coscienza di esso (wang shen, "dimentica il corpo") ; vede allora l ' Uno superiore che si chiama Chizi, il Bambino, Signore imperatore del Niwan, Niwan dijun. Egli è nudo e somiglia a un bambino ; tie ne in mano il Talismano della Tigre bianca, Bai hufu, un importante talismano del movimento della Grande Purezza. Il suo ministro è accanto a lui; è lo spi rito sottile dei denti, della lingua e del cervello ; in mano tiene il Da dongjing. L' Uno mediano dimora nel Palazzo scarlatto, nel cuore, riempito da un soffio rosso in cui brilla un sole di sette pollici di diametro [ ... l; si chiama Signore augusto del Cinabro originale, Yuan dan huangjun ; nella mano destra tiene il Talismano superiore dell' Uno femminile, e nella sinistra il pianeta Marre, corrispondente astrale del cuore e del fuoco. Il suo ministro, lo spirito sottile dei cinque visceri, tiene la "perla della luna brillante", dal diametro di tre pollici. L' Uno inferiore risiede nel Ming men, situato a tre pollici sotto l'ombelico [ ... l e riempito da un soffio bianco nel quale brilla un sole di cinque pollici di dia metro. Si chiama Ying'er, l ' Infante, ed ha il titolo di Re originale della Corte Gialla, Huang tingyuanwang; tiene il Su lingjing nella mano destra e Venere, il pianeta del metallo e dell'ovest, nella sinistra. Il suo ministro è il "soffio sottile dello stelo yin" (il pene ?), lo spirito guardiano "degli umori della perla bianca" (il seme sessuale ?), delle quattro membra, degli umori, del sangue, del midollo, dell' intestino e della vescica; nella mano sinistra ha la "perla della luna brillan te", e nella destra tiene lo "stelo di giada" (il pene) dell'adepto (Robinet, 1984a, pp. 1 48-9).
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F I G U RA 5 Talismano in legno fondato sul potere apotropaico dell 'Orsa Maggiore, era con
temporanea
Fonte: foto dell'autore.
Il collegamento tra l' interiorità di questo "corpo sottile" e il cosmo è riflesso in questo breve brano del Sulingjing, in cui viene descritto un esercizio spirituale da eseguire in quel momento di equilibrio tra le forze cosmiche che è l'equinozio di primavera, quando il praticante effettua la "salita" verso l'Orsa Maggiore, il Moggio del Nord: All'equinozio di primavera, procedere alle abluzioni, praticare il digiuno puro e a mezzanotte entrare nella camera; bruciare dell' incenso; rivolti a est, battere i denti
30 volte. Con gli occhi chiusi, vedere i tre Palazzi nel corpo;
i Tre-Uno,
i loro ministri e se stessi, sette persone in tutto, con se stessi al centro dei sette; cavalcando l 'esalazione di un soffio purpureo, tutti salgono nella stella Yang ming, (la prima) del Moggio. Vedersi allora entrare nella stella, e sedersi lì tutti insieme. Esalare 30 volte il soffio purpureo. Molto tempo dopo si vede il Palazzo dell'Altissimo dell ' Originale dell'est nella stella Yangming ( ivi, p.
149).
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Un'altra pratica meditativa molto diffusa ( non solo nello Shangqing ) , e finalizzata alla visualizzazione dell'energia divinizzata dell' Unità pri mordiale, collega il polo celeste alla sommità del microcosmo umano : la testa, in cui sono situati nove spazi disposti su due livelli, detti Nove Palazzi (jiugong). Va sottolineato che i Nove Palazzi sono collocati dalla tradizione anche in cima al mitico Monte Kunlun ( su cui si veda il CAP. 5 ) , e sono messi in relazione con gli astri del Gran Carro dell'Orsa, sette visibili e due invisibili ( Paolillo, 1997 ) . Citiamo qui un esempio di me ditazione e visualizzazione legate ad uno di essi, il Palazzo del Cinabro Misterioso (xuandan gong) : Seduti o coricati, come si vuole, bisogna anzitutto concentrarsi sulla stella pola re; da essa scende un soffio purpureo, che entra nel mio Palazzo del Xuan dan; dopo un po' questo Soffio riempie il Palazzo, e crescendo esce all'esterno del corpo ; avvolge il mio corpo, attraversa l'esterno e l ' interno, e io sono una sola cosa con lui. Mi concentro allora sul sole che entra nel mio Palazzo del Xuan dan; esso lo riempie e penetra al centro del soffio purpureo ; lo vedo allora come una perla di fuoco nell'oscurità. Ed è tutto. Poi vedo il Signore autentico dell' U no supremo del Centro giallo che scende dal soffio purpureo del polo nord, entra nel Xuan dan e si siede in questo sole [ ... ]. Bisogna allora vedere il proprio corpo che si alza ali' improvviso, entra nel sole che è nel Xuan da n e si siede di fronte al Signore autentico dell' Uno supremo [ ... ]. Poi si visualizza nelle sette stelle del Moggio un soffio rosso, grande come una corda, che scende ed entra nel Palazzo del Xuan dan. Allora il Signore dell' Uno supremo e noi stessi, caval cando il sole, prendiamo la via del soffio rosso e saliamo nel Moggio del nord ; poi ci corichiamo nella testa della costellazione e vi rimaniamo distesi a lungo (Robinet, 1984a, pp. 1 53-4). Il Gran Carro riveste un ruolo assolutamente fondamentale nel Daoi smo di tutte le epoche ( Bianchi, 2012 ) . Nello Shangqing, è espressione a un tempo della meta del viaggio celeste ( ''Rete Celeste", tiangang, su cui il praticante svolge lo Yubu, il cosiddetto "Passo di Yu", fondamentale ancora oggi nel rituale ) e dell'ultimo passo da varcare per abbandonare il cosmo ( Robinet, 1 9 8 9a, pp. 1 7 2-84 ) : simbolo innanzitutto di uno stato spirituale, esso può essere ritrovato all' interno del microcosmo umano, in corrispondenza della sommità del corpo, o anche del suo centro ( mil za, Fase Terra ) . Con la dinastia Tang, lo Shangqing riceve particolare attenzione da parte dell'autorità imperiale, soprattutto nel periodo di regno dell' im peratore Xuanzong ( 7 1 2-756 ) . Il dodicesimo Maestro Shangqing, Sima Chengzhen ( 647-735 ) , responsabile del conferimento dell'ordinazione
LE VIE DELLA VIA daoista a due sorelle del sovrano (Benn, 1 9 9 1 ) e poi allo stesso Xuan zong, è autore di un ultimo sviluppo della dottrina, attraverso la compo sizione di opere sulle pratiche di meditazione e visualizzazione interiore (neiguan) come il Tianyin zi e lo Zuowang !un (Kohn, 1 9 8 9c). Lo Zuowang !un (Trattato sullo Star Seduti nella Dimenticanza) non è dunque più una scrittura rivelata; si tratta di un testo in cui le energie divine che si manifestano nel corpo del praticante sono sostanzialmente assenti, sostituite da un processo graduale in sette tappe, che deve porta re al Dao (Kohn, 1 9 8 7 ) . I l termine zuowang, "star seduti nella dimenticanzà', già presente nel lo Zhuangzi, si riferisce al processo che conduce all 'estinzione del duali smo insito nell'ordinario approccio mentale individuale (Kohn, 2010 ). Si tratta di un punto essenziale, ottenuto attraverso ciò che il Tianyin zi definisce cunxiang, un atto di "preservazione", "mantenimento" (cun), cioè fissazione della concentrazione su una immagine (xiang) : il cor po stesso. Una seconda tappa consiste nella dimenticanza dello stesso cunxiang: lo stato di zuowang si riferisce a un' immobilità (zuo) che è innanzitutto dimenticanza (wang) del proprio sé. Ciò porta infine alla liberazione spirituale (shenjie) : Quando gli esseri umani coltivano la perfezione interiore e realizzano la propria natura, essi non possono aspettarsi alcuna illuminazione subitanea. Piuttosto, devono progredire gradualmente e praticare le tecniche in pace. Per tal motivo, sono state stabilite le seguenti cinque tappe progressive verso il Dao: la prima è il digiuno e l'astensione (zhaijie) ; la seconda è la reclusione (anchu) ; la terza è la visualizzazione e l ' immaginazione (cunxiang) ; la quarta è lo star seduti nella dimenticanza (zuowang) ; la quinta è la liberazione dello spirito (shenjie) . Cosa significa digiuno e astensione ? Significa lavare il corpo e svuotare la mente. Cosa significa reclusione ? Significa ritrarsi nella camera di meditazione. Cosa significa visualizzazione e immaginazione ? Significa sottomettere il mentale e ricuperare la natura innata. Cosa significa sedere nella dimenticanza ? Significa mettere via il corpo individuale e dimenticare completamente se stessi. Cosa significa liberazione dello spirito ? Significa pervasività spirituale di tutta l 'esi stenza (Kohn, 1987, pp. 148-9). Le sette tappe del processo spirituale nello Zuowang !un sono (ivi, pp. 3 1 - 9 e pp. Ss- m ) : 1) Fede e rispetto (xinjin) nei confronti del maestro (unica garanzia del ricollegamento iniziati co) e dei testi da lui trasmessi ; 2) Interruzione del karma (duanyuan), cioè distacco dalle circostanze materiali, dagli enti che costringono l' individuo in un circolo di azio ne e reazione senza fine, imprigionandolo nell'ambiente ; 3) Raccogli-
IL DAOISMO mento nel Cuore (shouxin), un'ulteriore, ardua tappa nel distacco dalle molteplici influenze del mondo esterno, soprattutto dalle elucubrazioni sofistiche ; 4) Distacco dagli affari (jianshi), uno stato in cui si giunge a riconoscere ciò che nella vita ci è stato assegnato come "parte distribuita" (jèn) e ciò che nelle vicende è "necessario" (dang), al di là di qualsiasi deformazione di giudizio dettata da passioni e desideri; s) Visione Vera (zhenguan ) , attraverso la quale si scorge finalmente la catena causale che lega l' individuo all'ambiente : è sapienza, osservazione della radice che porta a conoscere il ramo ; 6 ) Estrema Concentrazione ( o "Estrema Fissazione", taiding), uno stato in cui, abbandonato definitivamente il coinvolgimento con il mondo, all ' interno regna una perfetta serenità, e il Dao comincia a regnare nel cuore "vuoto"; 7 ) Ottenimento del Dao (dedao ) , uno stato ineffabile in cui lo spirito (shen) e la natura interiore (xing) sono "Uno", in cui il corpo unito al Dao è al di là della vita e della morte, e l 'essere, "uomo spirituale" (shenren) « può stare alla luce del sole o della luna senza gettare ombra » ( ivi, p. r o 8 ) .
Le pratiche neidan La tradizione della cosiddetta alchimia interiore (neidan, letteralmente "Cinabro interno" ) è stata definita come un metodo che cerca l' illumi nazione attraverso il ritorno all'ordine fondamentale del cosmo, un per corso che comporta anche una rigenerazione dell' individuo ( Robinet, 1 9 89b, p. 299 ) . Tale "ritorno" ha come obiettivo supremo la realizzazio ne metafisica, cioè l'unione trascendente con il Dao. Il neidan si afferma in modo autonomo solo con la dinastia dei Song settentrionali ( 9 6 0- 1 1 27 ) , utilizzando fondamenti come la visione dello spazio sacro interiore dell'uomo, rappresentato come un microcosmo percorso dali' energia sottile primordiale del qi, elaborata dall' inizio dell'era volgare e successivamente sviluppata dal Daoismo Shangqing, e il bagaglio dottrinale e terminologico dell'alchimia waidan. Il neidan adotta i termini chiave del waidan ( il piombo, il mercurio, il cinabro, la fornace, il crogiolo ecc. ) , nonché tutti gli emblemi della cosmo logia correlativa ( Cinque Fasi, Otto Trigrammi ecc. ) da noi già descritti: Gli emblemi della cosmologia correlativa svolgono due ruoli principali, stretta mente connessi l'uno all'altro. In primo luogo, rappresentano gli stati antologici che intervengono tra il Dao e il cosmo, o tra l'unità, la dualità, e i vari altri stadi di propagazione dello Pneuma Originale (yuanqi) nella molteplicità delle "diecimila
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cose". Diversi modelli di emblemi cosmologici sono impiegati per mostrare come spazio, tempo, molteplicità e cambiamento siano connessi alla non spazialità, alla non temporalità, alla non dualità e alla costanza del Dao [ .. ]. Nel loro secondo ruolo, gli emblemi della cosmologia correlativa servono a formulare la relazione della pratica alchemica ai principi dottrinali. Per esempio, i trigrammi del Libro dei Mutamenti illustrano come il processo alchemico consista nell'estrarre il Vero Yin (zhenyin) e il Vero Yang (zhenyang) pre-cosmici rispettivamente dallo Yang e dallo Yin così come appaiono nel cosmo, e nel combinarli per produrre l 'elisir, che rappresenta la loro unità originaria (Pregadio, 2005, p. 8). .
Anche i termini "tecnici" del waidan, come la coppia piombo-mercurio, o fornace-crogiolo, ricevono qui una lettura tutta interiore. Ad esem pio, fornace e crogiolo ( di natura rispettivamente Yang e Yin ) possono riferirsi alla dualità mente-corpo, o alle due localizzazioni della testa e dell'addome, o a una stessa parte del corpo che assume i due aspetti, o più in generale a una qualsiasi dualità che il praticante deve sublimare nella sua ricerca dell' Unità primordiale. Il "luogo" simbolico in cui si opera l'unione è detto nei testi neidan "Apertura-Una del Passo Miste rioso" (xuanguan yi qiao ), e può essere collocato in corrispondenza di un punto tra i due reni, o al livello del cuore, o tra gli occhi, a seconda del livello raggiunto ( Esposito, 1 9 9 7, pp. 42-3). Il punto di partenza restano sempre i quattro trigrammi fondamentali che formano l'ossatura del già citato Zhouyi cantong qi, in particolare la coppia Li-Kan : L'adepto comincia allora il suo lavoro di sublimazione a partire da Li e Kan, che sono i veri ingredienti alchemici: egli deve prima di tutto estrarre il "Vero Piom bo" e il "Vero Mercurio", cioè estrarre lo Yang dallo Yin (la linea intera in seno a Kan) e lo Yin dallo Yang (la linea spezzata in seno a Li) - frutto dell'unione dei primi trigrammi Qian e Kun -, per poi unirli nel Centro o Apertura-Una, solo luogo in cui si possa realizzare una nuova unione ( ivi, p. 44). Nella visione dell'alchimia neidan, all' interno del complesso psicofìsico umano esiste una scintilla di qi primordiale o pre-natale, che va distinto dall'energia del qi post-natale, la cui corretta circolazione è condizione essenziale per la pratica; quest'ultimo «è la corrente di vita, il filo con duttore che, per la sua mobilità e la sua circolazione a spirale, unisce i diversi elementi del corpo umano tra loro e ne assicura allo stesso tempo l'unità con l'universo » ( ivi, p. 34). Il qi è connesso alla Fase Fuoco e nel microcosmo umano al cuore. Nel neidan, il qi forma una fondamentale triade con la sostanzajing e lo spirito shen.Jing, spesso tradotto come "essenza", si riferisce in realtà
IL DAOISMO all'aspetto sottile sostanziale, «a volte la forza vitale che conserva le ossa e che le irriga attraverso i vasi sanguigni o, ancora più spesso, gli elementi liquidi del corpo e, in tal modo, lo sperma » (ivi, p. 33).jing è connesso alla Fase Acqua e nel microcosmo umano ai reni. Shen è infine un termine arcaico, che si riferisce alla sfera numinosa e trascendente, e talora può essere sinonimo di "divinità''. Nel neidan, « è l' ingrediente più sottile, l a luce della mente che coordina l'essenza [cioè la sostanzajing] e il soffio [cioè il qi] » (ivi, p. 35). Shen è simbolicamente presente negli occhi. Bisogna sottolineare due punti essenziali: 1) jing, qi e shen, peraltro ben presenti nella tradizione medica, nella pratica del neidan sono manifesta zioni interdipendenti, che rimontano a uno stesso principio (ivi, p. 36); 2 ) ciascuno dei tre presenta una duplice lettura, potendo essere inteso sia al livello manifestato, pose-natale, del Cielo Posteriore (houtian), che al livel lo principiale, pre-natale, del Cielo Anteriore (qiantian ). Ogni tappa della pratica ha l'obiettivo di condurre a "dimenticare" l' istanza di partenza, sino al vuoto, fine ultimo dell'opera (Esposito, Robinet, 1998, p. 5 7 ). La necessità di superare le varie tappe raggiunte nel processo di realiz zazione interiore coinvolge anche il linguaggio. Abbiamo visto nel CAP. 3 come nello Zhuangzi il linguaggio sia al contempo un utile strumento per "smontare" le ingannevoli apparenze del mondo, e un pericolo se inteso come mezzo assoluto per giungere alla "grande conoscenza''. La tradizione neidan sviluppa questa visione, in particolare attraverso la creazione di un nuovo e complesso vocabolario dottrinale, in cui però il significato dei termini chiave muta continuamente in funzione del li vello specifico al quale tali realtà sono riferite, e alle relazioni che intrat tengono con altri termini. Molto spesso la terminologia ruota attorno a un apparente dualismo (Fornace- Crogiolo, trigrammi Li-Kan, Natura Innata xing e Forza Vitale ming ecc.): ma i membri di queste coppie an tinomiche sono solo maschere dell' Unità di fondo. Inoltre, dare la precedenza alla coltivazione di un aspetto sull'altro può condurre a una realizzazione incompleta, o a vere e proprie devia zioni: è il caso della coppia xing-ming. Molte fonti alchemiche parlano dell'opportunità di una coltivazione congiunta (shuangxiu) di questi due aspetti, che potremmo definire come "il mentale" e "il vitale"; citia mo qui un passo dallo Erlan xinhua, opera del XIX secolo : La Forza Vitale (ming) non potrà mai essere efficace senza la Natura Innata (xing) e la Natura Innata non potrà mai manifestarsi senza la Forza Vitale. Ecco perché è necessaria la doppia coltivazione della Forza Vitale e della Natura In-
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nata (xingming shuangxiu) [ ... ] . È come se si trattasse di un corpo e della sua ombra, possono mai essere separati ? [ ... ] Bisogna avanzare partendo da questi presupposti: arrestare il pensiero ed eliminare le distrazioni costituiscono la pratica della Natura Innata ; accordare e fissare la respirazione, fare circolare il soffio, farlo salire e scendere, costituiscono invece la pratica della Forza Vitale (Esposi co, 1 9 9 7, p. u o ) . Nel praticante si produce la consapevolezza della natura strumentale dei termini riferiti a realtà interiori particolari; una natura che si presta quin di ad essere superata, poiché contingente. Ciò vale per il linguaggio, così come per i veri e propri simboli (xiang), come i trigrammi dello Yijing. Nelle fonti neidan, si fa sovente riferimento a delle fasi nel processo di realizzazione interiore, il cui obiettivo finale è definito come "Vuoto", o "Embrione Spirituale". Ma il percorso del praticante appartiene inevi tabilmente ancora alla sfera dello youwei, dell'azione, la cui necessità è sottolineata in questo breve brano del Wuzhen pian : Che l ' inizio consista nella presenza dell'azione, gli uomini difficilmente lo ve dono. Che si giunga al Non Agire (wuwei), turri lo sanno dall' inizio. Vedono solo che il Non Agire costituisce l 'essenziale meraviglia, ma chi sa che la presen za dell'azione ne è fondamento e radice ? (Wang Mu, 1 9 9 0, p. 9 9 ) . Ulteriori chiarimenti su questo punto sono esposti in un commento del maestro daoista Liu Yiming ( 1734-1821 ) a un brano del Zhouyi cantong qi. Liu Yiming introduce una interessante distinzione tra chi segue la di sciplina della coltivazione graduale, e non può quindi rinunciare all' azio ne, e i rarissimi individui che, per costituzione innata, accedono imme diatamente alla realizzazione spirituale, che è tutt 'uno con il non-agire (wuwei) ; ma sembra che la via alchemica possa nel loro caso fungere da "miccià' per il loro improvviso "risveglio" (wu, termine che indica tradi zionalmente l' Illuminazione buddhista) ( Pregadio, 1996a, pp. 70-1 ) . Il percorso interiore di chi ( la stragrande maggioranza ) deve affidarsi alla disciplina dell'azione si appoggia sulla "geografia sottile" del corpo, considerato come un microcosmo in piena corrispondenza con la Terra e il Cielo ( cfr. FIG. 6 ) . In particolare, nella rete energetica che innerva il complesso psicofisico dell' individuo, rivestono fondamentale impor tanza due canali sottili, uno posteriore e uno anteriore, detti "canale di controllo" (dumai) e "canale di funzione" (renmai). Nella realizzazione neidan, si parla spesso di tre tappe, presenti sia nella fase in cui il prin cipio Yang aumenta e lo Yin decresce ( coinvolgendo il "canale di con-
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6 Rappresentazione del microcosmo interiore umano come una montagna, XIV secolo
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Fonte: Shangyang zijindan dayao tu, p. 3 a-b.
trollo" ) , sia in quella opposta, in cui è lo Yin a crescere ( coinvolgendo il "canale di funzione" ) . Tali fasi costituiscono una interiorizzazione del processo di manipolazione delle sostanze nell'alchimia esteriore, e sono espresse non a caso con lo stesso termine : il "Regime del Fuoco" (huohou ), vera e propria "arte della misurà' ( Robinet, 1 9 9 5 , p. 1 2 1 ) che permette la rigenerazione psichica attraverso il controllo delle fasi tem porali, simboleggiate dai trigrammi dello Yijing e dalle fasi lunari. Le tre tappe sono rappresentate come tre "passi", e vengono espresse anche attraverso una sorta di localizzazione interiore ( Esposito, 1 9 9 7, pp. sr-63). I tre passi segnano rispettivamente la sublimazione della sostanza jing nel soffio qi, del qi nella qualità spirituale shen, e infine dello shen nel Vuoto. Il primo (weilu) sarebbe in corrispondenza della zona del cocci ge, e viene attuato attraverso pratiche di circolazione del qi nei dodici periodi contraddistinti dalla serie dei Rami Terrestri, in cui la sfera dei
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reni h a una particolare importanza; i l raggiungimento d i uno stato "pre natale" in cui la comunicazione verticale dell'energia tra i reni e il cuore è affiancata da quella orizzontale (polmoni-fegato), completando la croce della perfezione dello stato umano, è indice del secondo passo (jiaji), posto in corrispondenza del centro della spina dorsale. L'apertura del secondo passo è talvolta correlata dalle fonti alla realizzazione dello sta to spirituale di zhenren, Uomo Vero (ivi, p. 59). Potremmo dire che, da qui, l' individuo che prosegue nella via, avendo realizzato interiormente la perfezione dello stato umano, intraprende l'ascesa attraverso gli stati superiori dell'essere sino al terzo e ultimo passo (yuzhen, "Guanciale di Giada"), corrispondente al livello dell'osso occipitale, zona detta niwan. Qui avviene l' indicibile e ultimo riassorbimento dello shen nel Vuoto. Le fasi della via di realizzazione possono essere intese come un pas saggio dal tempo post-natale, "discendente", a un processo ascendente verso la fase pre-natale anteriore alla manifestazione cosmica, e infi ne verso il Dao ; o come il ritorno dalla parola, che ha avuto origine dall 'urlo dell' infante al momento del distacco dalla madre-matrice, al silenzio primordiale, che è « il Grande Antenato dei suoni » (Huai nanzi, 1 9 89, p. 1 1 b): Nei classici alchemici, il cammino iniziale è descritto come la prima manifesta zione della parola, il primo gemito o suono dell' individuazione che sottolinea l'entrata dell'uomo nella vita. Appena il cordone ombelicale è spezzato, in un urlo, una goccia di Yang originario cade nella Ruota dell'Ombelico ( il Campo dell' Elisir inferiore): si tratta della scintilla di vuoto prodigioso, ricordo di quel lo stato ideale di unione con la Madre e l ' Universo. Tutto sarà, di seguito, una lenta elaborazione di quell'urlo che diventerà linguaggio, poi canto, vibrazione interiore o Risonanza del Cuore, fino a riassorbirsi nel Silenzio, espressione ul tima e vera della Parola (Esposito, 1997. pp. 61-2). Il ritorno al silenzio è anche un ritorno alla nascita, alla "endogenia" dell' Embrione di Immortalità. Ma la grande tradizione del neidan non ha potuto fare a meno del suo linguaggio specifico, un vocabolario dot trinale di termini chiave ben arduo, al punto da far affermare agli stessi autori che « quelli che coltivano il Dao sono numerosi quanto i peli di un bue, ma quelli che riescono sono rari come le corna di una lepre » (Erlan xinhua; cit. ivi, p. 1 1 3 ) . Tali termini chiave sono talora inseriti in componimenti poetici, come nel già citato Wuzhen pian di Zhang Boduan (987-1082), con i suoi versi eptasillabici (Pregadio, 2009); nel
IL DAOISMO terzo poema dell 'opera il processo realizzativo è descritto attraverso l 'u so di un ampio vocabolario cosmologico : Se si studia lo stato di Immortalità (xian ) , si deve studiare l' Immortalità Celeste (tianxian) ;
solo l ' Elisir d'Oro (jindan) ne è il più alto principio. Quando le due cose si incontrano, Natura Innata (xing) e Emozioni (qing) si congiungono ; le Cinque Fasi risiedono complete, e Tigre e Drago si attorcigliano. In primo luogo conformati a wu eji che fanno da mediatori, poi fai sì che marito e moglie si congiungano e gioiscano. Aspetta solo che il lavoro sia compiuto per presentarti in udienza al Portale del Nord, e nella luminosità di una nonupla nebbia cavalcherai l' Uccello Luan che si innalza. (Wang Mu, 1990, p. 3) Nel poema, Zhang Boduan sottolinea come la pratica alchemica pos sa condurre al più elevato stato di trascendenza, l' Immortalità Celeste. Le "due cose" sono il Vero Yin e il Vero Yang, o secondo altre inter pretazioni Kan e Li, cioè l'Acqua, simbolo della Sostanza primordiale (yuanjing), e il Fuoco, simbolo dello Spirito primordiale (yuanshen); la loro armonizzazione risana la frattura tra l a Natura Innata xing e le Emozioni qing, che sono intese come un aspetto passivo, proprio dell'e sistenza, in cui l' individuo risponde agli stimoli psichici dell'ambien te. Lo stato di armonizzazione è rappresentato dalla completezza delle Cinque Fasi, e dall'unione di Drago e Tigre, cioè dello Spirito e della Sostanza primordiale, o se si vuole delle linee interne dei Trigrammi Li e Kan. Questa unione sacra tra "marito e moglie" avviene al Centro, simboleggiato da wu e ji, che fanno parte della serie dei dieci Tronchi Celesti, e sono connessi tradizionalmente proprio al centro e alla Fase Terra. La Terra e il Centro sono figure della Intenzione Vera (zhenyi), che può essere definita come "l'orientamento psichico" corretto che al linea il praticante alla via che lo deve condurre all'obiettivo finale. Tale via lo porterà lungo l'asse verticale dal Centro al Portale del Nord (un nord da intendere in senso zenitale ) , figura del passo finale che permette l'accesso alla trascendenza celeste (ivi, pp. 4-5). Ma alla fine, il linguaggio deve svanire : « la via alchemica può essere narrata; il suo punto di arrivo, che è anche il suo punto di partenza, no» (Cadonna, 1 999, p. 289). Una verità ben descritta da maestri come Bai Yuchan ( 1 1 94 ?-1 227/9) e altri, che esprimono il Dao con il simbolo del
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circolo vuoto, ed espressioni ultimative quali ruci eryi, "così e nient'al tro" (Cadonna, lOOI, pp. I3 e I li-l). I fondamenti dottrinali e le pratiche del neidan si sono perpetuati sino ad oggi, soprattutto nell'ambito della tradizione Quanzhen e della corrente Longmen di epoca Qing, quando è emersa una particolare at tenzione per le pratiche alchemiche rivolte alle donne. Le differenze psi co-fisiologiche tra uomo e donna giustificano la presenza di testi specifi ci, come espressamente sottolineato nel Nudan hebian di H e Longxiang ( I 9 o 6 ) , in cui il percorso di realizzazione è inteso come tendente a una graduale riduzione e infine a un annullamento delle differenze tra i sessi : L'uomo è Yang, e lo Yang è limpido ; la donna è Yin, e lo Yin è impuro [ ... ] . Vi sono differenze correlate alla natura innata [ ... ]. Negli uomini, la forza generati va è collocata nelle pelvi, mentre nelle donne ha origine dal sangue. Negli uomi ni è il seme, il suo colore è bianco ed è chiamato tigre bianca (baihu ) , nelle don ne è il sangue, il suo colore è rosso ed è chiamato drago rosso (chilong) . Il seme maschile è Yin nello Yang; il sangue femminile è Yang nello Yin [ ... ] . Quando un uomo ha completato la pratica, e la sua essenza seminale non si disperde più, ciò è detto "sottomettere la tigre bianca". Quando una donna ha completato la pratica e il suo flusso mestruale non sgocciola più, ciò è detto "decapitare il drago rosso" [ ... ]. Quando un uomo ha sottomesso la tigre bianca, il suo stelo (jing, il pene) si ritrae e diventa simile a quello di un ragazzino ; quando la donna ha decapitato il drago rosso, i suoi seni si ritraggono e diventano simili a quelli del corpo maschile [ ... ]. Possiamo dire che, quanto ai principi che regolano la natura innata e la forza vitale, non ci sono differenze [tra uomo e donna] [ ... ] . Tuttavia, nella maggior parte dei casi l e differenze sono riscontrabili prima della decapitazione del drago rosso, mentre le similarità maggiori emergono dopo di essa (Valussi, 2.008, pp. 2.60-1).
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Spazio e tempo sacri : Terra e Cielo, tempio e rito In Cielo si producono le Immagini, in Terra si produ cono le Forme. Zhouyi
Tu che di tutti puoi assumere le sembianze, sei l' invisi bile Eternità d eli' Eternità. Papiro G reco Magico
Come in Cielo così in Terra: la geografia sacra e i cieli La concezione del mondo nell'antichità cinese è strutturata su una co smografia che vede il Centro, topos della civiltà, circondato dai quat tro fong, i punti o meglio ancora i quadrati cardinali, rappresentativi di aree periferiche, ma ancora non del tutto "barbare". Secondo alcuni studiosi, si tratta di un quadro formatosi già durante la dinastia Shang (circa XVII sec.-1045 a.C.) (Allan, 1 9 9 1 ) . Al simbolismo del Centro e dei Quattro Orienti si accompagna una seconda concezione, elaborata o perlomeno diffusa negli ambienti della già citata Accademia Jixia, che divide il territorio cinese in nove "Distretti" o "Province" (jiuzhou ): la paternità del termine è attribuita a Yu il Grande, eroe mitologico che salva la Cina, "Regno del Centro" (Zhongguo ), da una disastrosa inon dazione. Yu è in un certo senso il primo geografo : secondo la tradizio ne, egli fa fondere nove tripodi sacri, su cui vi sono le immagini dei Nove Distretti (Fracasso, 1 9 8 8 ) . L' importanza d i Yu come personaggio iniziatore d i una nuova "età del mondo", e letteralmente creatore (poiché misuratore) dello spazio della civiltà cinese, si riflette anche nel ruolo da lui rivestito di caposti pite della prima dinastia Xia. A partire da Yu, ha inizio lo scorrere di un tempo dinastico, fondato sulla successione familiare dei sovrani, che si sostituisce a un tempo mitico, in cui il sovrano sceglieva il successore per le sue alte virtù. Il ruolo fondativo spazio-temporale di Yu può far comprendere il riferimento a tale personaggio in una delle fondamentali
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attività performative del rituale daoista, che presenta forti componenti mitiche e al contempo cosmologiche : il "passo di Yu", su cui ci sofferme remo nelle prossime pagine. Nel mito di Yu, già si evidenziano i due poli del paesaggio cinese, che ritroviamo nella geografia sacra daoista: montagne e acque. Il Daoismo ha ripreso e sviluppato questa visione: la connessione tra la dottrina se greta delle varie correnti e lo "spazio sacro" del territorio cinese è strettis sima, e si riflette in numerosi aspetti, in trattati cosmografici contenuti nel Canone Daoista, ma anche in punti essenziali del rituale. Il simbolo della montagna, in particolare, è nel Daoismo assoluta mente onnipresente. L'oggetto sacro più importante della camera di meditazione, l' incensiere o bruciaprofumi, è una riproduzione dei sacri monti su cui vivono gli Immortali, e la stessa area rituale, per non par lare del tempio, sono "montagne". Ogni corrente dottrinale, dai Maestri Celesti sino alla linea di insegnamento della Porta del Drago, è legata a una montagna sacra. Ma la montagna è indissolubilmente correlata alle acque che scor rono nelle sue viscere, nelle sue grotte sotterranee: è un rapporto su cui si strutturerà lo stesso vocabolario. Il termine "paesaggio" nascerà solo nel v secolo, proprio attraverso il binomio shanshui, "montagna-acquà', quando si affermerà un'estetica che affonda saldamente le sue radici nel terreno daoista. La montagna è stabilizzatrice del mondo, "fissà' (zhen) l'equilibrio della terra. Ponte che unisce la Terra al Cielo, è il topos privilegiato de gli Immortali, ma anche di manifestazioni sottili che possono essere perniciose per l'essere umano. Il diciassettesimo capitolo del già citato Baopuzi ( Iv secolo ) è espressamente dedicato al ruolo della montagna, e alle complesse procedure necessarie per "entrare nei monti" (rushan) senza correre rischi fisici o psichi ci. Tra esse, figura l' individuazione dei momenti opportuni per penetrare in questi mondi a parte, ottenuta at traverso una pratica definita "del ciclo nascosto" (dunjia), basata su com plessi calcoli temporali relativi ai cicli del calendario ( Schipper, Wang Hsiu-huei, 1 9 8 6 ) , e l'adozione di talismani o di altri strumenti apotro paici, come gli specchi: Se non si conosce il metodo per affrontare la montagna, si rischia di esser condotti alla propria rovina. Per tal motivo il proverbio dice : "Ai piedi dello Huashan (picco sacro dell'ovest) vi sono frammenti di ossa bianche !" (di coloro che hanno voluto cercare l ' immortalità). Esse sono di coloro che non conosce vano che una sola ricetta e ignoravano tutto il resto ; si ha un bell'avere, allora,
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l a più forte decisione del mondo, s i corre comunque incontro ad una morte crudele [ ... ]. Quelli che non conoscono la tecnica [ ... ] cadranno malati o si feriranno [ ... ] . Al loro passaggio grandi alberi si abbatteranno senza che vi sia vento, delle rocce rotoleranno senza ragione per colpire e schiacciare il viandante. Oppure essi diventeranno pazzi, e si lanceranno nei burroni [ ... ] . Sappiate che le cose, invecchiando, sono tutte capaci di rivestire forma umana [ .. .]. Solo negli specchi esse assumono la loro forma autentica. Per questo, fin dall'antichità i daoisti che entrano nella montagna portano sempre sulla schiena uno specchio dal diametro di nove pollici, e così i demoni delle vecchie cose non osano avvi cinarsi (Baopuzi; cit. in Schipper, 1982, pp. 221-2). Nella geografia daoista, un ruolo principale è rivestito dai wuyue, i Cin que Picchi sacri, correlati al centro e alle quattro direzioni cardinali: il Taishan (est), lo Hengshan (sud) , lo Huashan (ovest), lo Hengshan (nord; c 'è solo omofonia con il Picco del sud), e infine il Songshan (cen tro). Tra essi, il Taishan ha rivestito il maggior prestigio, riflesso anche dai famosi sacrificifing e shan, svolti sulla sua cima da sovrani come l' im peratore Han Wudi. Tra i talismani {ju) necessari per penetrare senza rischi nella montagna, uno dei più famosi è la raffigurazione dell'aspetto sottile, nascosto dei Cinque Picchi, della loro "forma autentica'': vi fa già riferimento il Baopuzi. Ricordiamo che i talismani erano elementi fondamentali nella trasmissione da maestro a discepolo, al pari delle scritture rivelate (jing) : come queste, infatti, essi erano "segni" rivelatori, secondo il Zhen 'gao (499 d.C.) forma di scrittura primordiale emersa dal Dao, controparti della vera essenza delle cose e degli esseri presente nei cieli, e come tali potevano essere trasmessi solo a individui meritevoli (Robinet, 1 9 84a; Bokenkamp, 20o 8b). Le mappe talismaniche dei monti sacri formano il contenuto del Wuyue zhenxing tu (Cartiglio della Forma Autentica dei Cinque Picchi), opera esoterica contenuta nel Canone Daoista (Boltz, z.oo8b) : secondo la tradizione, tali immagini sarebbero state donate all'imperatore Wu de gli Han dalla Regina Madre d'Occidente, giunta alla sua corte in risposta al suo desiderio di realizzazione spirituale. Queste mappe dei picchi sacri sono ben lontane da qualsiasi rappresentazione naturalistica: esse « deli neano la conformazione interna dei monti sacri focalizzando l'attenzione proprio sui percorsi delle acque sotterranee » (Bianchi, 2009b, p. 5 1 ) . Sull' importanza i n Estremo Oriente del simbolo della grotta, luogo privilegiato per il ritiro spirituale, microcosmo chiuso, matrice di una nuova vita, molto si potrebbe dire (Stein, 1 9 8 7 ). La presenza imman cabile di grotte nei sacri monti, e il collegamento con figure di eremiti
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daoisti o di Immortali, nonché con un vero e proprio network di siri naturali e/o centri abitati, in un quadro che può essere definito di geo grafia religiosa, è stata già opportunamente sottolineata (Hahn, 1 9 8 8 ) . Ci limitiamo a ricordare come almeno dal v secolo i testi daoisti hanno prodotto una lettura del paesaggio sacro della Cina, che passava attra verso la definizione di dieci, o 36, "cieli-grotta" (dongtian ), e di TL "terre benedette" (judi). Il termine "cielo-grotta", dongtian, è un esempio del gusto per il para dosso spesso presente nella dottrina daoista (Verellen, 1995). La caverna, apparente regno dell'oscurità, si rivela non solo un microcosmo dalle leggi peculiari, dove tempo e spazio non rispettano i limiti del mondo esterno (così come in altri microcosmi, come il crogiolo alchemico o lo stesso corpo del praticante nel Daoismo Shangqing); essa permette l'accesso a uno stato spirituale superiore, espresso con il termine "Cielo" (tian ). Lo stesso sinogramma per "caverna", "grotta", dong, comprende peraltro non solo il riferimento alle acque che fluiscono sotterranee (at traverso la presenza di una parte grafica che indica l'acqua), ma allude al concetto di penetrazione, di comunicazione, e in tal senso è intercam biabile con il carattere tong, che abbiamo visto usato nello Zhuangzi, nel binomio datong, la "Grande Unione" che è propria del Dao (cfr. C A P. 3 ). Altro paradosso : la caverna, figura di ciò che è chiuso e impenetrabile, si rivela espressione di quel passaggio, di quella "trasformazione" (cioè "passaggio al di là della forma") che è propria della realizzazione del Dao. Non può quindi stupire che il termine dong sia stato adottato per indi care le tre parti principali in cui fu diviso il Canone Daoista, ognuna collegata a una differente tradizione (cfr. C A P. 2 ) : il libro rivelato, come la grotta o caverna, è a sua volta veicolo e luogo di rivelazione. Sembra che la serie dei 36 cieli-grotta sia più antica; si è avanzata l ' i potesi di un'origine nell'ambito del Daoismo Shangqing, in cui l' im portanza di microcosmi come il corpo umano, e la corrispondenza tra il "dentro" (il paesaggio interiore del praticante) e il "fuori" (i cieli, le costellazioni e le divinità che le abitano) sono particolarmente evidenti. Inoltre, il numero 36 può essere risultato di una corrispondenza inten zionale con la quadripartizione dei nove livelli celesti (''mondi" superio ri corrispondenti a stati spirituali), presente nella classica cosmografia Shangqing, che considera 36 Cieli. Nel paragrafo sul rituale, vedremo come la continuità corpo-paesaggio, e lo scambio di attributi tra interno (grotta/camera pura) ed esterno (montagna/altare) siano pienamente presenti nella liturgia.
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L'opera più completa sulla geografia sacra è il Dongtian Judi yuedu mingshan ji (Note sui Cieli- Grotta, sulle Terre Benedette, sui Picchi, sui Canali e sulle Grandi Montagne), composto nel 9 0 1 dal maestro daoista Du Guangting (850-933): Quando Cielo e Terra si divisero e il limpido [qi] si separò dal torbido, essi formarono con lo scioglimento i grandi fiumi e con la condensazione le elevate montagne. In alto, stabilirono le costellazioni, in basso disposero i Cieli-Grotta. Le vicende di ciascuno di questi sono amministrate da grandi saggi e superio ri Perfetti, essi contengono palazzi divini e residenze spirituali, sale di giada e terrazze d'oro [ ... ] . La Scrittura di Giada del Monte della Tartaruga ( Guishan yujing) dice: "Tra i grandi cieli vi sono i 36 Cieli-Grotta. Essi contengono cia scuno sole, luna e stelle, così come i palazzi dei divini immortali che controllano benedizioni e pene, e tengono i registri della vita e della morte" (ivi, pp. 272-3). Ma queste superficiali note sulla geografia sacra daoista non sarebbero complete senza fare un accenno ad almeno due luoghi "liminali", posti a est e ovest: le Isole degli Immortali, e il Monte Kunlun. Nei C A P P. 1 e 4 ci siamo già soffermati sulla nozione delle tre isole gal leggianti nel Mare Orientale, Penglai, Fangzhang e Yinghu, diffusasi alla fine dei Regni Combattenti e nel periodo Qin-Han soprattutto nelle regioni costiere di Yan e di Qi. Nel Liezi, opera composita risalente al IV secolo, ma contenente materiale più antico, troviamo una delle più belle descrizioni di queste isole, con alcune varianti relative al loro numero e al loro nome : A est del Golfo di Zhili, nessuno sa a quante migliaia o decine di migliaia di li di distanza, c 'è un profondo baratro, una valle senza fondo. Tal voragine senza fondo è conosciuta con il nome di "Vuoto in cui tutto ritorna". Tutte le ac que provenienti dalle otto estremità della terra e dalle nove regioni, e anche la Via Lattea, confluiscono in questa voragine ; essa tuttavia non si riempie e non trabocca mai. Al suo interno ci sono cinque montagne. La prima è chiamata Daiyu, la seconda Yuanjiao, la terza Fanghu, la quarta Yingzhou, la quinta Pen glai. Ciascuna di queste montagne è alta trentamila li e si estende per un raggio pari alla sua altezza. I pianori sulla sua cima coprono una superficie di novemila li [ ... ]. Sulle loro cime, torri e belvedere sono tutti d'oro e di giada, gli animali e gli uccelli sono di un bianco immacolato, alberi di perle e altre gemme vi cre scono rigogliosi, con fiori che danno frutti sempre saporiti e che permettono a chi se ne ciba di non invecchiare e di non morire. Gli uomini che le abitano appartengono alla stirpe dei saggi immortali; sono talmente numerosi che non possono essere contati e volano giorno e notte da una montagna all'altra. Un tempo le basi delle cinque montagne non poggiavano su nulla ed esse, come se
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seguissero il flusso della marea, non cessavano di alzarsi e abbassarsi, di andare e venire. I saggi immortali erano scontenti della cosa e se ne lamentarono con l' Imperatore Celeste. Questi [ ... ] ordinò dunque a Yuqiang di inviare quindici tartarughe giganti a sorreggere le cinque montagne con le loro teste alzate, alter nandosi in tre turni di sessantamila anni ciascuno. Da quel momento le monta gne rimasero ben salde e smisero di muoversi. Tuttavia, un gigante che viveva nel regno di Longbo facendo pochi passi raggiunse il luogo dove sorgevano le cinque montagne. Gettando il suo amo catturò in un sol colpo sei tartarughe e se le cari cò sulle spalle [ ... ]. In conseguenza di ciò due delle montagne, Daiyu e Yuanjiao, andarono alla deriva verso l 'estremità settentrionale del mondo e finirono per sprofondare nel grande oceano (Liezi,juan s; cit. in Cadonna, 2008, pp. 147-SI). Il Daoismo Shangqing e alcune opere cosmografiche, come lo Shizhou ji (Memorie sui Dieci Continenti, v secolo), ampliarono la visione di questo "Oriente oltremondano", inserendo elementi ulteriori, talora pre si dal Buddhismo, e anche motivi tradizionali, appartenenti all'antico "fondo" mitico (Smith, w o 8a). C 'è da notare che il primo esempio di arte plastica del paesaggio appa re in Cina proprio come rappresentazione di un monte sacro, spesso raf figurato come emergente dalle acque: è un chiaro riferimento alle mon tagne degli Immortali xian ( F I G . 7 ). Questi oggetti, detti in cinese boshan fu, sono incensieri o bruciaprofumi, prodotti in grande quantità soprat tutto durante la dinastia degli Han Occidentali, nei primi due secoli a.C. (Stein, 1 9 8 7, pp. 47-53 ) . Lo stesso tema del monte sacro, Paradiso degli xian, a volte rappresentati come esseri semiumani, che hanno sviluppa to una sorta di piumaggio, riappare nelle alture spesso poste al centro di specchi d'acqua nei giardini tradizionali cinesi (Paolillo, 1996, pp. 45-9 ). Lo Shizhouji descrive un altro famoso "paradiso montano": il Monte Kunlun. Il Kunlun fu rappresentato come Asse e Centro del Mondo, ma fu anche collocato nel remoto Occidente. Le fonti lo definiscono spesso come sede della divinità detta Regina Madre d ' Occidente (Xiwangmu), descritta nello Zhuangzi come un essere che ha ottenuto il Dao, e di cui « non si conosce il principio né la fine » (Zhuangzi, 1 9 8 9, pp. 3 9 b-40 a), e in altri testi come dispensatrice di sapienza e di metodi atti al rag giungimento dell' immortalità (Schipper, 1 9 6 5 ; Loewe, 1979, pp. 86-126; Cahill, 1993 ) . Il Kunlun è spesso rappresentato al contempo come montagna e come abisso, per metà elevato nel Cielo e per metà immerso in profon dità (Stein, 1 9 87, p. 209 ). Nella tradizione cinese, la parte ctonia del Kunlun è per lo più associata al motivo della fonte del Fiume Giallo,
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F I G U RA 7 Incensiere a forma di montagna degli Immortali, Museo di Xianyang, Shaanxi
Fonte: foto dell'autore.
mentre per altre realtà montane, anch'esse forme dell' axis mundi, come il sacro Monte Tai o il Monte Fengdu, capitale dell'oltretomba, appare il legame con le cosiddette Sorgenti Gialle, fonti stige che caratterizzano il mondo dei morti e che sono in collegamento con tutti i corsi d'ac qua della superficie (sulla concezione dell'oltretomba e degli inferi nella Cina antica, su cui non è possibile qui soffermarsi, si veda Paolillo, 2. o u ). Anche il Kunlun sembra essere stato rappresentato nella produzione artistica, a partire dagli Han Anteriori, il che può essere un altro elemen to probante che indica questo periodo come la fase in cui è avvenuta la sistematizzazione degli svariati elementi miti ci di provenienza regionale. Ci riferiamo ai cosiddetti specchi TLV in bronzo, la cui produzione è du rata più di un millennio, con numerosi esemplari ritrovati in si ti tombali ( FIG. 8). Sul retro della superficie riflettente dello specchio, l'umbone
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F I G U RA 8 Grafico che mostra la decorazione sul retro di un tipico "specchio TLv" ( il circolo centrale è l 'umbone sporgente, possibile simbolo del Monte Kunlun)
Fonte: foto dell'autore.
centrale sarebbe una rappresentazione del monte Kunlun, posto al cen tro della Terra quadrata (con quattro porte a forma di T), a sua volta circondata dal Cielo circolare (Loewe, 1 979, pp. 6o-8s). A volte, sulla cima del monte le fonti descrivono un pilastro di bron zo che penetra sino al Cielo ; in altri casi, il Kunlun stesso è un pilastro al centro del Cielo e della Terra, e nella direzione dei punti cardinali e intercardinali si trovano altri 8 pilastri. In una delle leggende sul co siddetto diluvio cinese (in realtà una immensa esondazione dei fiumi), l'entità che causa la catastrofe, Gonggong, abbatte proprio una di tali colonne, posta a nord-ovest (Boltz, 1 9 8 1 ) . Da notare che, alla base del monte, si troverebbe una grotta o camera in pietra, spesso descritta nelle fonti come un labirinto tortuoso, in cui si svolgono riti iniziatici : ritorna il tema della caverna (Stein, 1 9 8 7, pp. 210- 1 ) . Questi motivi furono ripresi tra i l n e i l v secolo dalla letteratura dei cosiddetti apocrifi, che costituiscono come già sottolineato una essen ziale catena di trasmissione che lega le conoscenze deifongshi del perio do dei Regni Combattenti e del primo impero agli ambienti daoisti del periodo medievale (Seidel, 1 9 8 3 ) .
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Altre fonti sin dall'antichità descrivono la presenza di un'architettura in cima al monte sacro : già nelle Domande Celesti ( Tianwen), una sorta di elenco di questioni relative alla mitologia e alla cosmografia, risalente forse al IV secolo a.C. e incluso nei Chuci (Canti di Chu), un versetto recita: « Dov 'è il Kunlun con il suo Giardino Sospeso ? [ ... ] Quanti li di altezza misurano i suoi bastioni a nove strati ? » (Huang Shouqi, Mei Tongsheng, 1 9 9 1, p. 59). Altri testi, come il Mu Tianzi Zhuan e lo Huainanzi, pongono sulla cima del Kunlun, al confine con il primo Cielo, ciò che è definito Xuan pu, il Giardino Sospeso già citato nelle Domande Celesti : un particolare che indubbiamente induce a suggestivi accostamenti (Fracasso, 1 9 8 1 ) . Ecco u n breve passo dal Mu Tianzi Zhuan, fonte forse del V-I V se colo a.C., che descrive il viaggio nelle remote lande occidentali del so vrano Mu degli Zhou Occidentali ( x secolo a.C.), e il suo incontro con la Regina Madre d'Occidente ; qui si parla del Monte Primavera, vetta principale del Kunlun : Si narra che quello sia il monte più alto dell'ecumene [ ... ] . Si dice che lo stagno del Monte Primavera sia di acqua limpida, e vi scaturisca una fonte, tiepida e mai turbata dal vento : è dove gli uccelli del cielo e i cento quadrupedi si riu niscono per dissetarsi. È il luogo che gli antichi sovrani chiamavano Giardino Sospeso (Mu Tianzi Zhuan, 1990,juan 2, pp. 6 b-7 a). Nel quarto capitolo dello Huainanzi, testo completato nel 1 3 9 a.C., tro viamo un'ampia descrizione dell'area del Kunlun, monte assiale. Qui il Giardino Sospeso è figura dello stato edenico, obiettivo di reintegrazio ne nel processo di realizzazione spirituale : Yu il Grande [ ... ] livellò il Kunlun per abbassarne la cima; al centro sta un ba stione a nove strati [ ... ] . L'albero dell' immortalità sta ad ovest [ ... ]. Il Giardino Sospeso [ ... ] è all' interno della Porta Changhe. Sono questi i suoi giardini e il laghetto che vi si trova ha le acque gialle. Queste acque gialle fanno tre giri e ritornano alla sorgente. Essa è detta Acque di Cinabro (danshui) : bevendone l'acqua non si muore [ ... ]. Salendo al Giardino Sospeso, si diventa numi (ling) e si comanda alla pioggia e al vento. Sopra sta il Cielo Superiore : salendovi si di venta spiriti (shen). Esso è chiamato Dimora del Grande Sovrano (Huainanzi, 1989,)uan 4, pp. 40 b-41 a). Il Daoismo adottò in toto questa cosmografia arcaica. La tradizione del la Suprema Purezza (Shangqing) introdusse Xiwangmu ai livelli più ele vati del suo pantheon, e più tardi maestri daoisti come Du Guangting
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La Regina Madre d ' Occidente Xiwangmu, rappresentata come Madre del Metallo Jinmu, pittura murale, X I I I secolo, Yongle Gong, Shanxi
Fonte: foto dell'aurore.
la definirono ]inmu, Madre del Metallo (la Fase Metallo è connessa alla direzione ovest; Kohn, Despeux, 2003, pp. 3 4- 5 ) (cfr. F I G . 9 ) ; e anche il Kunlun, sua residenza tradizionale, fu oggetto di elaborate descrizioni. Un testo particolarmente popolare fu il già citato Shizhou ji, in cui il Kunlun è situato in mezzo al mare nel remoto nord-ovest, e presenta tre livelli, che vanno allargandosi verso l'alto : una caratteristica che ri corda l ' iconografia tradizionale del Meru, axis mundi della cosmografia indiana. Il monte è la residenza della Regina Madre d'Occidente, e su di esso si trovano sale di giada e corti di cinabro, tra lucenti nuvole ver miglie a nove strati. Il Kunlun « mette in ordine i Nove Cieli e regola lo Yin e lo Yang [ ... ] , è radice e asse del Cielo e della Terra » (Smith, wo8b, p. 6o4).
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Nello Yunji qiqian, raccolta daoista dell 'xi secolo, il Kunlun, det to Pilastro del Cielo, presiede ai cinque punti cardinali ( nord, sud, est, ovest più il centro ) , fissando le Venature della Terra (dimai), cioè i canali ctonii di energia sottile detta qi ( Paolillo, 2012, pp. 86-90 ) . Luogo di contemplazione dei santi superiori, è il regolatore centrale sulla Terra come l'Orsa Maggiore lo è nel Cielo ( Robinet, 1 9 84a, pp. 206-7 ) . Secondo la corrispondenza fra macrocosmo e microcosmo, il Kunlun ha riflessi interiori nella testa e nella zona dell'ombelico. Diverse sono le rap presentazioni dell'analogia tra paesaggio interiore ed esteriore : la più antica sembra risalire al X I I I secolo, con il corpo umano simbolicamente descritto come una montagna, mentre in una ben nota e più tarda il Kunlun è rap presentato con le sue vette in cima alla testa (de Bruyn, 2009, pp. 247-51 ) . Nella tradizione daoista, a ogni vetta sacra corrisponde in Cielo una determinata stella ; al Kunlun corrisponde il Gran Carro, noto in Cina come Moggio Settentrionale (Beidou ) , in riferimento alla sua forma pe culiare che la fa assomigliare al dou, una tradizionale unità di misura ci nese ( Robinet, 20o8c ) . Ci siamo già soffermati sull' importanza simbo lica del Moggio ( detto anche Yuheng, Bilancia di Giada ) nella dottrina e nel rituale daoisti. In alcune fonti antiche, si parla dell'esistenza, in cima al Kunlun, di Nove Uffici degli Immortali. Una fonte daoista del v secolo identifica questi Nove Uffici con i Nove Palazzi; più tardi, sotto la dinastia Tang ( 61 8-907 ) , l' imperatore Xuanzong ( periodo di regno: 7 1 2-756 ) pose il culto alle divinità astrali dei Nove Palazzi al secondo posto nella gerar chia dei riti, in stretto collegamento con le stelle del Gran Carro, che erano anch'esse nove : sette visibili, e due invisibili ( Paolillo, 1997 ) . La geografia sacra e polare dei Nove Palazzi fu proiettata nel corpo del discepolo daoista: tale tradizione è presente almeno dal IV secolo ( Csikszentmihalyi, 20o8b ) . Soprattutto nel Daoismo Shangqing ( come abbiamo visto nel CAP. 4 ) , i Nove Palazzi sono situati in corrispondenza dello spazio sottile correlato al cervello, e la visualizzazione degli spiriti che li abitano è il mezzo per ascendere al Cielo e ricevere i sacri talismani (jù ) .
Il tempio e gli dei Nel prossimo paragrafo ci soffermeremo su alcune fondamentali caratte ristiche del rituale daoista, e vedremo come lo svolgimento della liturgia dei maestri del Dao (daoshi) del Daoismo dei Maestri Celesti avvenga
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ancora oggi spesso all' interno dei templi dedicati alle divinità locali. La capillare presenza di queste strutture sul territorio cinese è forse oggi l'aspetto più difficile da realizzare, dopo un secolo di distruzioni siste matiche di questo vero e proprio tessuto connettivo del sacro, iniziate a partire dalla fine dell' Ottocento. Esistono differenti tipi di strutture templari daoiste ; ma dobbiamo in primo luogo ricordare che, dovunque venga installato un altare daoista (daochang), lì si costituisce a tutti gli effetti, sia pure per un tempo limi tato, un tempio. Ma la presenza di veri e propri templi daoisti o dedicati a "santi patroni" locali è un fatto comune nella Cina tradizionale. Nel caso delle realtà locali, molto spesso si trattava di piccoli edifici (miao ) , in cui di solito era venerata una divinità particolarmente legata al sito, o a un determinato gruppo sociale. Comune era il caso dei templi costruiti dalle associazioni o gilde commerciali (huiguan): questi luoghi di culto si trovavano non solo nel territorio regionale d'origine di una specifica gilda di commercianti, ma anche in altre aree, costituendo così un fondamentale legame per la co munità che operava fuori dai suoi confini (Schipper, 2008, pp. 3 59-61 ) . Le hui si configurano così non solo come una comunità con interessi economici condivisi, ma come una vera e propria corporazione religio sa: si riflette qui quella congiunzione di aspetti materiali e sacrali, tipi ca del mondo cinese, che ancora oggi è di difficile comprensione per il mondo occidentale. Sembra un fatto che nella Cina tradizionale la religione « avesse dap pertutto un carattere di evidenza« (Schipper, 1 9 82, p. 33 ) : ancora all' ini zio del xx secolo, Pechino, la cui popolazione era di 7-8oo.oo o abitanti, contava quasi mille luoghi di culto. Più di 3 5 0 erano miao, cioè strutture templari daoiste o dedicate a singole divinità (per lo più inserite in un certo momento storico nel pantheon daoista). Ad esse vanno aggiunti 29 guan, termine che identifica i monasteri daoisti, su cui torneremo. Ma l'elenco non tiene conto degli huiguan, il cui carattere religioso sembra indubitabile : essi erano più di 400 (Schipper, 20 08, p. 372 ) . Per chiun que conosca anche solo un poco la Cina attuale, questi numeri sono più efficaci di qualunque trattato, e rendono la profondità dei mutamenti avvenuti in pochi decenni nel corpo sociale cinese. Il tempio era nella Cina tradizionale il centro cultuale e sociale di una comunità locale, che (soprattutto nelle zone rurali) contribuiva attra verso tutti i suoi esponenti alla sua costruzione, gestendo questo bene comune in maniera rigorosamente democratica. Il tempio e le energie
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divine in esso custodite erano infatti garanti della stabilità del luogo, e dell'armonia della comunità : il culto ad esse legato non era stabilito dall'alto, come nel caso dei riti imperiali o confuciani, ma era pienamen te condiviso. Il tempio era inoltre l'edificio più bello della comunità: la sua struttura era una voluta replica dei palazzi amministrativi del potere centrale, con i loro particolari architettonici, ma era anche una riprodu zione simbolica della montagna, luogo sacro per eccellenza della tradi zione daoista, che ritroveremo anche nel rituale. Questo collegamento era riflesso nella terminologia: l'entrare nella cinta di un tempio era de finito come rushan, "entrare nella montagnà'. La natura "fl.uidà' dei miao, luoghi di culto, temporanei palcoscenici per lo svolgimento del rituale daoista, e centri della vita comunitaria e delle associazioni commerciali o di mestiere, non deve stupire, in consi derazione dello status dei daoshi, che (nel caso ovviamente dei maestri affiliati alla tradizione Zhengyi) sono figure duplici, iniziati esperti nel rituale, e al contempo pienamente inseriti nella società e nella struttura familiare tradizionali. Ma, oltre ai miao, esistono tuttora istituzioni daoiste definite con un altro termine : guan, che letteralmente significa "osservatorio", "belvede re", ma è traducibile come "monastero". Per parlarne, è necessario fornire una breve panoramica storica. Abbiamo visto che già con i Maestri Celesti del Sichuan esistevano luoghi di raduno comunitari, di solito situati su una montagna, che prendevano il nome di zhi (diocesi), e spazi riservati alla meditazione, di solito piccole capanne dettejingshi (camere quiete). Nel periodo medie vale, sia nel Nord controllato da dinastie non cinesi che nel Sud (famoso il caso del Monte Mao) si diffuse la presenza di rifugi destinati ai maestri daoisti, di solito di piccole dimensioni, ma talora presenti in aggregati. Essi erano detti guan, termine (solo omofono del precedente) che nel vocabolario architettonico indica una sala, uno spazio per risiedere. Non possiamo parlare ancora di questi guan come di si ti monastici : innanzitutto, il celibato non era assolutamente un obbligo per i daoisti dell'epoca, e inoltre non sembra essere esistito alcun insieme di regole destinate a comunità monastiche. Il passaggio dai rifugi ai veri e pro pri monasteri avvenne solo con l'unificazione territoriale e la rinascita dell' impero, alla fine del V I secolo. Fu in questo periodo che giunsero a maturazione alcuni elementi storici precedenti : l'elaborazione delle nuove norme comunitarie da oiste da parte di Kou Qianzhi (365 ?-448), primo esponente daoista ad
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affermare la necessità del celibato nel quadro di un Daoismo teocratico sostenuto dalla corte imperiale dei Wei settentrionali ( cfr. C A P. r ) ; e la diffusione nello stesso periodo delle norme monastiche buddhiste ( Vi naya), attraverso le attività di traduzione delle scritture. Il modello buddhista avrebbe influenzato diversi aspetti organizza rivi e strutturali dei veri e propri monasteri daoisti, detti guan, termine che si scrive con un sinogramma differente da quello che indica i rifugi daoisti di epoca medievale. Il significato di "osservatorio" risale a tempi antichi; ma il suo prestigio va connesso al Louguan, la " Torre Osserva torio", santuario daoista situato non lontano dall'attuale città di Xi ' an, che tra il v e il V I secolo divenne un centro di grande importanza, per il diffondersi della tradizione secondo la quale in questo luogo Yin Xi, il leggendario Guardiano del Passo, aveva ricevuto l' insegnamento dottri nale di Laozi prima che questi scomparisse a ovest. Con l ' impero Tang, e la relazione privilegiata dei suoi sovrani con Laozi e il Daoismo, il termine guan sarebbe stato impiegato per caratte rizzare la rete di centri di culto diffusi in tutte le prefetture, e sostenuti dal potere centrale. L' istituzione monastica daoista prese corpo in que sto periodo : il controllo dello Stato sui monasteri si espresse anche attra verso una legislazione specifica, finalizzata alla sua gestione, sotto molti versi analoga alla normativa concernente i centri buddhisti. Alcuni importanti centri monastici daoisti ricevettero anche il nome di gong, "palazzo": è il caso di quei siti istituiti su diretto impulso del sovrano, o dedicati al culto imperiale di Laozi, come il Taiqing Gong dell'epoca Tang. Nel 743, l' imperatore Xuanzong diede al tempio daoi sta Xuanyuan, situato nella capitale Chang ' an, il titolo di Taiqing Gong. Taiqing indicava uno dei tre cieli, governato da Laozi divinizzato, uno dei Tre Puri (sanqing: torneremo su questo concetto ) . Esisteva già un Taiqing Gong, a Bozhou, luogo che la tradizione considerava il paese na tale di Laozi; questo sito templare sotto i Tang ebbe una enorme espan sione : le sue strutture architettoniche raggiunsero una estensione di 700 jian ( intercolumni, la usuale divisione dello spazio architettonico ) . Possediamo delle fonti descrittive sulla struttura del Taiqing Gong di Chang 'an, che non sarebbe sopravvissuto alla dinastia Tang ( Xiong, 1 9 9 6 ) . L'edificio centrale e più importante era lo Shengzu Dian ( Sala del Santo Antenato ) , che presentava una inusitata ampiezza di n jian, e 4 pilastri. Il "Santo Antenato" era naturalmente Laozi ( ritenuto antenato della casata dei Tang ) , una cui immagine, dipinta da Wu Daozi, forse il più famoso pittore Tang, era in bella vista su una parete della struttura.
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A l centro dell'edificio s i trovava una colossale statua dello stesso Lao zi, abbigliato come un imperatore ; ma la peculiarità di questo tempio, segno eloquente dell'appropriazione imperiale della sacralità della dot trina daoista, era la statua dello stesso imperatore Xuanzong, situata a destra di quella di Laozi. In generale, la pianta e la struttura dei si ti templari daoisti non pre sentava e tuttora non presenta peculiarità tali da distinguerli nettamente dai monasteri buddhisti, o dai templi riservati al culto a Confucio, so litamente detti Wenmiao. Se non si considerano gli elementi specifici, come l ' iconografia e gli addobbi, si può affermare che l'architettura sa cra daoista era ed è una sostanziale replica degli edifici imperiali e ammi nistrativi, di solito con una successione di edifici principali lungo l'asse centrale sud-nord dell'area templare, e la presenza di strutture collate rali destinate alle funzioni di residenza dei monaci, di magazzino o di refettorio, o fungenti da cappelle secondarie. L'esempio più facilmente percepibile di tale configurazione architettonica è il Baiyun Guan (Tem pio della Nuvola Bianca) di Pechino, dali' epoca Qing sede della corrente Longmen, e oggi anche dell'Associazione Daoista Cinese. Come gli stessi monasteri (che però almeno sino al XII secolo poteva no ancora comprendere al loro interno maestri sposati), il primo vero e proprio codice inteso a regolamentare la vita dei daoisti ordinati apparve all ' inizio del periodo di riunificazione, nel VI-V I I secolo. Si tratta del Fengdao kejie (Misure e precetti per la venerazione del Dao ), il cui obiet tivo è chiaramente espresso nella prefazione: Non vi è attività dei daoisti, siano uomini o donne, che sia il comportamento e le azioni, il sedere e lo stare in piedi, il dormire e il riposo, gli abiti e il vestiario, il cibo e le bevande, le residenze o le abitazioni, che non sia registrata nelle istru zioni delle scritture (Kohn, 2004, p. 73). La quarta sezione del testo mostra la struttura classica dei complessi templari: I mondi supremi delle Tre Purezze e i dieci continenti, i cinque sacri monti e i rinomati picchi, anche i cieli-grotta e le vastità del Grande Vuoto : sono tutti luoghi governati da saggi esseri. In alcuni casi, il qi coagulato forma torri e padi glioni, sale e santuari; in altri, nuvole accumulate creano terrazze e chioschi, pa lazzi e camere [ ... ]. In alcuni casi, le residenze emergono da trasformazioni spon tanee; in altri, sono prodotte dal potere divino [ ... ]. Esse sono tutte tracce delle trasformazioni dei Venerabili Celesti e dei Supremi Signori, luoghi governati da
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esseri celesti appartenenti al rango di saggio, perfetto o immortale [ ... ] . Dunque, la gente imita le strutture che si trovano nei cieli, stabilendo qui monasteri nu minosi, creando si ti di buon auspicio e residenze adatte per degli immortali [ ... ] . I n generale, v i sono sei aree d a tenere i n considerazione : zone montuose ; città e sobborghi murati; residenze di palazzo ; villaggi; ambienti isolati; si ti immersi tra la gente. In tutti i casi, l' istituzione deve essere sponsorizzata e protetta da un imperatore o principe, costruita e mantenuta con l 'aiuto dei ministri e dei funzionari [del governo] . Quindi, essi sono d'aiuto per l 'ordinazione di daoisti, uomini e donne, permettendo loro di risiedere per sempre [nell' istituzione] e di presentare offerte (ivi, pp. 87-8). La struttura del guan descritta nel Fengdao kejie è tripartita : c 'era una parte interna, dedicata al culto e alla meditazione, ma anche alle necessità pratiche indispensabili per la sussistenza dei monaci, come le cucine e il refettorio, le celle e lo scrittorio ; una parte intermedia, con le residenze dei servitori laici, i laboratori dove venivano eseguite le icone, e strutture speciali per la meditazione ; e infine una parte esterna, con un'area coltiva ta che comprendeva di solito un erbario, in modo non dissimile dai nostri monasteri medievali. Il testo mostra la propria valenza prescrittiva attra verso una descrizione meticolosa, come è evidente in questo breve passo : Il santuario ai Venerabili Celesti dovrebbe essere costruito della dimensione di tre, cinque, sette, nove, undici o tredici intercolumni. Le dimensioni dipende ranno dalle circostanze, l'aspetto decorativo e la magnificenza saranno legati alle risorse disponibili; ma in ogni caso esso dovrà essere circondato da giardini su tutti i lati. "Santuario" (dian) è ciò che chiamiamo una residenza di saggi divini, mentre "sala" (tang) si riferisce ad un luogo occupato e usato da esseri umani. Nella costruzione di qualsiasi tipo di residenza o struttura, sei norme generali devono essere osservate : usare come materiale numinoso legno di ec celsa qualità ; procedere in accordo con le circostanze; usare oro e giada nelle incisioni ornamentali; porre solide fondamenta in terra pressata o pietra; effet tuare pitture murali impiegando cinabro e verde; usare per il tetto mattoni di terracotta o paglia ( ivi, p. 90). Il brano prosegue con una descrizione delle altre strutture architettoni che di un tipico guan . Nello spiazzo vuoto di fronte all'edificio dedicato ai Venerabili Celesti, in occasione di cerimonie speciali o ordinazioni si creava un altare (tan, o xuantan ) , una struttura in legno posta su una base in terra o pietra o mattoni, che costituiva un simbolo assiale di co municazione tra i tre mondi celeste, terrestre e umano. Il clero che aveva ricevuto l'ordinazione era definito con i termini da oshi per gli uomini, niiguan per le donne. Va sottolineato che il termine
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"monache" per l e nuguan non è del tutto calzante, poiché, a differenza delle monache cristiane, le donne daoiste ordinate potevano tranquilla mente svolgere i rituali conformi al loro grado di ordinazione, ed erano quindi anche "pretesse". Il grado di ordinazione può essere definito come corrispondente a un certo livello di iniziazione, espresso dalla ricezione di determinate scritture sacre e registri. Il rango più elevato era quello di Precettore delle Tre Supreme Caverne (wushang sandongjàshi), indi cante la conoscenza e la perfetta assimilazione delle dottrine contenute nelle scritture delle tre principali linee di insegnamento, in una triplice suddivisione che, come abbiamo visto ( C A P. 2), sarebbe stata ripresa in occasione della compilazione del Canone di epoca Ming (i vi, pp. 65-7 ). La norma del celibato monastico divenne un obbligo assoluto sol tanto con l'apparizione del Daoismo Quanzhen alla fine del X I I secolo. Particolarmente importante al riguardo fu il codice Quanzhen qinggui (Norme di purezza del Quanzhen), composto nel X I V secolo : nelle sue brevi sezioni, vengono descritte le regole di comportamento dei novizi, le pratiche comuni, le punizioni. Il sistema istituzionale della corrente Quanzhen sembra aver avuto attraverso le dinastie Ming e Qing un forte carattere di continuità, che concerneva anche le varie tappe della forma zione di un monaco. Sappiamo ad esempio che in epoca Ming, dopo un periodo di formazione e di studio con un maestro, i novizi vivevano l'esperienza del rito detto "della corona e dell'abito" (guanjin li), il cui superamento permetteva loro di entrare ufficialmente in un monastero e seguire l'apprendimento che li avrebbe portati a divenire un daoshi. In seguito, ogni individuo ordinato poteva restare al monastero, o trasferir si in un tempio locale, purché fosse sottoposto alla registrazione ufficia le, che era al contempo un mezzo per controllare le attività dei daoisti, e anche per evitare infiltrazioni dell'eterodossia (Berling, 1998, pp. 961-2). Ciascun monastero godeva però di assoluta indipendenza per quanto concerneva le regole interne, così come le punizioni da assegnare a chi le infrangeva. Tra queste, la più estrema e rara era la morte su una pira (huohua, lett. "trasformazione attraverso il fuoco") : nell'era contempo ranea, fu questo il destino di An Shilin, abate del Baiyun Guao di Pechi no, messo al rogo nel 1946 (Goossaert, 20 07, pp. 177-80 ). Ma i templi sono tradizionalmente le case degli dei. Uno degli aspetti più difficili da comprendere del Daoismo è la natura del suo pantheon. La proliferazione di divinità, la presenza di divinità di origine popola re o arcaica, l'apparente contraddizione tra una dottrina che sottolinea l' impersonalità della radice metafisica del molteplice (il Dao) e il con-
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cetto stesso di divinità, l'ambiguità della terminologia (si pensi solo al carattere shen ) , rendono l' interpretazione di tale realtà piuttosto ardua. Si può affermare che il pantheon daoista presenta due caratteristiche : una diacronica, e una strutturale o sincronica. La prima caratteristica si riferisce all'estrema fluidità e mutevolezza storica del pantheon (Yamada Toshiaki, 2008). Le divinità supreme sono mutate nel tempo, così come mutato è stato talora il loro livello nella gerarchia. Un primo esempio di personalità divina può essere con siderato lo stesso Laozi, che almeno dal II secolo (con i Maestri Celesti) viene divinizzato come ipostasi del Dao (cfr. C A P. I ) . Laozi divinizza to viene citato nelle fonti del primo periodo medievale come Laojun, Daojun, o Huanglao }un, e talora (corrente Shangqing) è oggetto di vi sualizzazione nelle pratiche di meditazione e di visione interiore. Se nel processo di divinizzazione di Laozi non è da escludere una influenza del Buddhismo (abbiamo visto nel C A P. I che la fonte più antica cita in asso ciazione il culto di corte a Laozi e quello al Buddha), tuttavia nel "Signo re Lao" si ritrovano caratteristiche che lo avvicinano alla funzione divina del Grande Uno ( Taiyi), entità stellare e simbolo dell'unità suprema che come si è visto fu oggetto supremo di culto sotto gli Han anteriori. Con i Maestri Celesti del Sichuan, appare per la prima volta un rife rimento a una triade di entità supreme, che sono un primo esempio di quella burocratizzazione del trascendente evidente in numerose figure divine daoiste : si tratta dei Tre Funzionari (sanguan ) , correlati ai tre li velli cosmici del Cielo, della Terra e dell'Acqua, massimi burocrati divini a cui si indirizzano le petizioni dei peccatori nella procedura rituale della purificazione dai peccati (Kleeman, w o 8b ) . Ad essi spetta il compito essenziale di scegliere il "popolo-seme" che supererà l'ordalia della fine del ciclo cosmico, costituendo la nuova umanità del mondo della Gran de Pace ( Taiping). La diffusione del motivo delle Corti infernali renderà queste figure di burocrati divini meno importanti; ma essi sono tuttora presenti nell' iconografia. L'origine della gerarchia divina ancora oggi diffusa nelle rappresen tazioni del pantheon daoista va ricercata in alcune fonti Lingbao del v secolo ; se ne ritrova una prima trattazione sistematica in un trattato del maestro daoista Tao Hongjing (456- 5 3 6 ) . Qui, troviamo come suprema divinità, espressione del Dao, la figura di Yuanshi Tianzun, il Venerabi le Celeste dell' Origine Primordiale, che risiede nel Cielo della Grande Rete (Daluo Tian), che domina sui cieli delle Tre Purezze (sanqing) : la Suprema Purezza (shangqing) , la Purezza di Giada (yuqing) e la Grande
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Purezza (taiqing). Nella classificazione di Tao Hongjing, per la prima volta Laozi divinizzato viene scalzato dalla posizione suprema, e relegato al quarto posto, e appaiono le divinità ctonie degli inferi. Come si è visto, le Tre Purezze sanqing sono in origine tre cieli, o se si vuole tre stati di realizzazione, in cui risiedono esseri divini e immortali, e da cui discendono le scritture rivelate. La fonte più antica che definisce il colle gamento tra le Tre Purezze sanqing (shangqing,yuqing, taiqing), tre manife stazioni divine, e la triplice suddivisione delle scritture daoiste in quelle che più tardi (dinastia Tang) saranno chiamate Tre Caverne è lo Shengshenjing (Scrittura dello Spirito che dà la Vita), della prima metà del v secolo: secon do questo testo, i tre aspetti dell'energia primordiale (qi) detti Misterioso (xuan ), Primordiale (yuan) e Originario (shi) si combinarono a formare un suono, che si tramutò nella sacra scrittura celeste, e infine si trasformò nei Tre Anziani (sanlao ), da cui scaturirono i tre signori supremi. Questa struttura triadica delle divinità supreme si espresse a partire dai Tang attraverso la definizione dei tre tianzun, i Venerabili Celesti (il termine tianzun è fra l'altro un possibile adattamento di un titolo del Buddha, shizun ); qui è evidente come parlare di "divinità" sia forse fuor viante. I tianzun vengono definiti come Tre Puri, adottando lo stesso ter mine sanqing usato in precedenza per indicare i Tre Cieli; sono : Yuanshi Tianzun (Venerabile Celeste dell'Origine Primordiale), che rappresenta il Cielo Yuqing (Purezza di Giada) ; Lingbao Tianzun (Venerabile Ce leste del Gioiello Numinoso), che rappresenta il Cielo Shangqing (Su prema Purezza) ; e Daode Tianzun (Venerabile Celeste del Dao e della Potenza, identificato con Taishang Laojun, Supremo Signore Lao ), che rappresenta il Cielo Taiqing (Grande Purezza) (Kohn, w o 8c). La prima descrizione dei Tre Venerabili compare nel già citato Feng dao kejie, in un paragrafo dedicato alla realizzazione delle immagini sa cre. Qui, le icone dei tianzun sono al primo e più elevato dei sei livelli possibili di rappresentazione ; seguono le icone degli esseri immortali, delle divinità stellari, e dei saggi di grado inferiore (Kohn, 2004, p. 9 7 ) . Da notare la necessità, nell'esecuzione delle icone, di seguire scrupolo samente la descrizione che ne danno le scritture : Quando si crea una immagine sacra, nel riprodurne le caratteristiche peculiari bisogna seguire le scritture. Il Venerabile Celeste ne ha cinquanta milioni; il Signore del Dao, settantadue ; il Signore Lao, trentadue ; e altri perfetti, ven tiquattro. I loro abiti e i loro copricapi, così come i loro troni fioriti, devono anche esser conformi alla legge divina. I Venerabili Celesti, quindi, dovrebbero indossare cappe con sfumature di nove colori o brume di cinque colori, su !un-
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ghi abiti di broccato giallo con motivi di montagne ed acque. I loro copricapi di oro o di giada dovrebbero avere pendenti a destra e a sinistra (ivi, p. 99). I tianzun possono essere considerati come tre funzioni del Dao, non cer to come divinità personali. Ad essi « manca la mitologia, poiché sono proiezioni astratte del Dao, peculiari alla speculazione daoista » (Schip per, 1 9 8 5 , p. 24) ; « gli dei non sono in senso proprio persone, ma rappre sentano delle funzioni; i loro nomi sono generalmente dei titoli, i loro poteri quelli di funzionari che possono essere dimessi [ ... ] . In mancanza di una definizione migliore, si può chiamare questo pantheon una buro crazia soprannaturale » (Seidel, 1995, p. 7 ). Con la dinastia Song, il potere imperiale stabilisce un ruolo supremo anche per l' Imperatore di Giada ( Yuhuang Dadi, o Yuhuang Shangdi), una figura probabilmente già molto popolare a livello locale, nel quadro di una tendenza più generale, in cui numerose divinità locali entrarono a far parte del pantheon attraverso un decreto imperiale. L' Imperatore di Giada è di solito considerato il più eminente tra le Quattro Maestà (siyu ), un quartetto di funzionari celesti che supportano i Tre Venerabili, assai diffuso nell ' iconografia daoista, ed è una figura molto importante nella pratica rituale, alla quale sono state dedicate alcune scritture litur giche ; al contempo, la sua "carriera" nell'ambito delle credenze popolari è continuata indisturbata (Clart, 2008). Se oggi il pantheon daoista è quindi il risultato di un processo stori co fondato sulla intercambiabilità delle sue figure divine, la peculiarità strutturale che lo caratterizza, e che può essere definita di natura sin cronica (in quanto sembra essere esistita sin dall' inizio dei riferimenti testuali), è la suddivisione in esso presente tra divinità supreme intese come concretizzazioni del Dao (come i Venerabili Celesti), e divinità di origine popolare, o meglio facenti parte dell 'antico "fondo" sacro cinese, a cui si aggiungono gli Immortali. Tale ripartizione è espressa di solito con la doppia etichetta di xiantian (Cielo Anteriore) e houtian (Cielo Posteriore). Questi due termini si rife riscono allo stadio anteriore e posteriore alla manifestazione del cosmo, e sono applicati come abbiamo visto a due differenti disposizioni orientate degli Otto Trigrammi, su cui si basa in particolare l'alchimia neidan nel suo ambito operativo (cfr. CAP. 4). Nel caso del pantheon, essi sono riferiti rispettivamente alle divinità supreme (funzioni del Dao o numi stellari) e a personaggi che hanno ottenuto lo stato di immortali o di "uomo vero". Ne forniamo qui un breve elenco semplificato (Fan Enjun, 2007 ) :
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Divinità o numi del Cielo Anteriore - Tre Puri (sanqing). Yuanshi Tianzun (Venerabile Celeste dell 'Origi ne Primordiale), Lingbao Tianzun (Venerabile Celeste del Gioiello Nu minoso ), Daode Tianzun (Venerabile Celeste del Dao e della Potenza). - Quattro Maestà (siyu ) . Huangtian ]inque Zhizun Yuhuang Dadi (Grande Imperatore Augusto di Giada, Venerabile Estremo del Porta le d' Oro del Cielo Augusto : l' Imperatore di Giada) ; Ziwei Beiji Dadi (Grande Imperatore del Culmine Settentrionale della Sottigliezza Purpurea, divinità polare in alcuni casi identificata con Beidi, l' Impe ratore del Nord che presiede agli inferi di Fengdu) ; Gouchen Shang gong Tianhuang Dadi (Grande Imperatore Augusto Celeste del Palaz zo Superiore dell'Asterismo Uncinato : in alcune fonti questa divinità, anch'essa polare, è fratello del precedente) ; Houtu Huangdiqi (Augusta Divinità del Suolo : ultima manifestazione dell 'arcaico genius foci, dai Song rappresentato in forma femminile ; detta anche Houtu niangniang, "Nonna Suolo", e talora paredra dell' Imperatore di Giada come Regina della Terra). - Madre del Moggio (Doumu). Personificazione del carro dell' Orsa Maggiore, fondamentale nella dottrina e nel rituale daoisti. L' icono grafia di questa divinità femminile ha ricevuto la probabile influenza di Marichi, divinità tantrica indiana (evidente nelle icone con molteplici braccia) ; ma già in epoca Han esisteva una divinità, la "Madre dei Nove Figli" (jiuzi mu ), forse legata al Gran Carro (costituito nella tradizio ne daoista da nove stelle, sette visibili, due invisibili). Testi posteriori ai Song la considerano madre di Ziwei Beiji Dadi e di Gouchen Shanggong Tianhuang Dadi, due delle Quattro Maestà (qui identificate con le due stelle invisibili). - Regina Madre d'Occidente (Xiwangmu) e Duca Sovrano d' Orien te (Dongwang Gong). Dongwang Gong fu rappresentato come paredro della Regina; è detto anche Duca del Legno (Mugong) , in associazio ne all'appellativo di Madre del Metallo (!inmu) attribuito alla Regina Madre, e Signore Imperatore della Effiorescenza dell' Est (Donghua Di jun). La coppia è considerata come l'origine dello Yin e dello Yang (detti "Due qi", erqi), quindi del Cielo e della Terra. - Tre Funzionari (sanguan ) Tre manifestazioni numinose, connes se ai tre livelli cosmici del Cielo, della Terra e dell'Acqua. Emerse nel Daoismo dei Maestri Celesti, si manterranno anche se con minore im.
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portanza nell' iconografia. Secondo una interpretazione popolare, i Tre Funzionari sarebbero i tre sovrani mitici Yao, Shun e Yu. - Quattro Culmini (siji). Quattro entità divine preposte alle quattro direzioni. Quelle del nord e dell'ovest, preposte rispettivamente al sole, alla luna e alle stelle e ai diecimila numi, sono in realtà identificate al secondo e al terzo dei siyu, le Quattro Maestà. Quella del sud, detta Nanji changsheng dadi (Grande Imperatore della Longevità del Cul mine Meridionale) , corrisponde alla Stella della Longevità (Shouxing), una divinità popolare molto antica, identificata con la stella Canopo e rappresentata come un vecchio. Quella dell'est fu presto identificata con Taiyi jiuku tianzun ( Venerabile Celeste che salva dalla sofferenza, Grande Uno) , divinità compassionevole che allevia le sofferenze di chi soggiorna agli inferi. - Cinque Anziani (wulao ). Cinque energie divine, correlate in cielo alle Cinque Fasi, sulla terra ai Cinque Picchi, e nel corpo umano ai cin que visceri. Tra i vari appellativi, ricordiamo quelli di 0ngdi (Imperato re Verde-azzurro, connesso all'est), Chidi (Imperatore Rosso, connesso al sud), Huangdi (Imperatore Giallo, connesso al centro), Baidi (Impe ratore Bianco, connesso all'ovest) e Heidi (Imperatore Nero, connesso al nord). - Il Signore astrale del Sole (taiyang xingjun ) , il Signore astrale del la Luna (taiyin xingjun), i Signori astrali dei Cinque Moggi (wudou xingjun ), i 28 asterismi (ershiba su) ecc. Divinità stellari, rappresentate sempre come alti funzionari celesti.
Numi del Cielo Posteriore - Imperatore Giallo (Huangdi). - Laozi. - Cinque grandi Uomini Veri (wuda zhenren) : Zhuangzi (detto Nanhua zhenren ), Liezi, Wenzi, Gengsang zi, Yinzi (Yin Xi, il Guardia no del Passo). - Immortali Autentici (qunxian dongzhen): galleria di personaggi che avrebbero raggiunto l' immortalità, come Guangcheng zi, Chisong zi, Pengzu, An qi Sheng, Magu, gli Otto Immortali ( baxian) ecc. - I Cinque Patriarchi (wuzu) e i Sette Autentici (qizhen ). Esistono due serie dei Cinque Patriarchi, legate alle due tradizioni del Nord e del Sud della corrente Quanzhen. Nord : Wang Xuanfu (ma secondo altre fon-
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ti Donghua Dijun ), Zhongli Quan, Li.i Dongbin, Liu Haichan, Wang Chongyang (Wang Zhe ). Sud : Zhang Boduan, Shi Tai, Xue Daoguang, Chen Nan, Bai Yuchan. I Sette Autentici sono i sette discepoli di Wang Chongyang : Ma Yu, Tan Chuduan, Liu Chuxuan, Qiu Chuji, Wang Chuyi, Hao Datong, Sun Bu'er. Naturalmente, in questo superficiale elenco mancano numerose divinità appartenenti all'arcaico fondo sacro della civiltà cinese, come i numi del Tuono e della Pioggia, Siming e Wenchang, antiche divinità stellari, e altri ancora; molto diffuso fu durante il periodo Ming-Qing il culto a Zhenwu, divinità derivante da Xuanwu (Guerriero Oscuro), emblema celeste del settentrione. L' imperatore Ming Yongle (periodo di regno : 1 403-1425) gli fu particolarmente devoto (Paolillo, 2005). Il centro cul tuale di Zhenwu era sui monti Wudang, nella provincia meridionale del Jiangxi (Lagerwey, 1 9 9 2a). In epoca Ming apparve una narrazione in prosa, il Beiyou ji, che raccontava le sette successive manifestazioni di Zhenwu sulla terra, e la divinità fu identificata con l'ottantaduesima ipo stasi dello stesso Laozi, venendo quindi inserita a pieno titolo nella dot trina daoista ( Grootaers, 1 9 5 2; Seaman, 1 9 8 7 ; Bianchi, 2009a, pp. 130-1). Alle divinità tradizionali vanno aggiunte le figure, talora con fonda menti storici, poi divinizzate come entità protettrici, e soprattutto con i Song incluse nel pantheon ufficiale : esemplare il caso di Guandi, divi nizzazione di Guan Yu, condottiero dell'epoca dei Tre Regni, potentis simo protettore divino della Cina soprattutto durante il periodo Ming. Questo ricchissimo pantheon è oggetto di svariate scritture, presenti nel Canone Daoista e in altre raccolte, la cui recitazione è parte inte grante soprattutto dell'attività liturgica della corrente Quanzhen. Ma l'aspetto attivo dei daoshi, la loro partecipazione diretta ai misteri, sono evidenti soprattutto nei rituali della tradizione dei Maestri Celesti, per i quali le strutture templari (per lo più santuari dedicati alle divinità loca li) non sono residenza monastica fissa, ma uno spazio "preso in prestito" temporaneamente per la creazione dell'area sacra.
Rito e mito Il rituale daoista rappresenta un ambito estremamente complesso, che è stato oggetto di studi approfonditi soltanto negli ultimi decenni (Schipper, 1 9 82, pp. 101-35; Lagerwey, 1 9 8 7 ). La sua importanza intrin seca, anche ai fini della comprensione della dottrina daoista e delle sue
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manifestazioni storiche, non può essere sottovalutata: non bisogna mai dimenticare, infatti, che in ogni ambito applicativo l'aspetto rituale co stituisce un elemento fondamentale. L'efficacia del rito garantisce l' ar monia cosmica, di cui la sua stessa struttura è un riflesso, in una conce zione circolare : vedremo qui come lo svolgimento del rito risponda a un ordine definito, che è una ri-produzione (nel senso letterale del termine) della cosmogonia. Si tratta di un aspetto non certo esclusivo del mondo cinese, se si ri corda che lo stesso termine "rito" ha anche nelle lingue indoeuropee il significato intrinseco di "ordine". L'ordine è essenzialmente misura: la liturgia è espressa con un termine, ke, che ha esattamente questo signi ficato, e che oggi forma nel cinese moderno il binomio kexue, "scienza" (letteralmente "studio delle misure, delle classificazioni"). La natura del lo spazio rituale, come vedremo, è però provvisoria : la creazione di un perfetto microcosmo "misurato" attraverso il rito (per mezzo di gesti, danze e parole) non è un atto definitivo, ma prelude alla sua distruzione (ablazione), anch'essa "rituale", cioè conforme all'ordine cosmico, e al lusione alla trasformazione (passaggio al di là della forma) del modello cosmologico, unica condizione per la sua vera efficacia: Un rito ha inizio con la costruzione di un modello, e termina con la sua distru zione o, in termini rituali, con il suo sacrificio o ablazione [ ... ] . L'ablazione di questo modello epistemologico dell'universo era nel pensiero daoista non solo un atto di compimento che invitava il rinnovamento, facendo strada ad un nuo vo ciclo [ ... ] , ma anche un modo per indurre l 'universo a conformarsi a questo modello : un sacrificio per rendere sacro il mondo. L'ablazione del canone co smologico lo faceva funzionare, lo faceva trasformare (hua) nella realtà (zhen) (Schipper, Wang Hsiu-huei, 1986, p. 188). Abbiamo visto nel CAP. 2. come la formazione del corpus scritturale del Canone Daoista di epoca Ming, giunto fino a noi, fu opera dei daoisti della corrente dei Maestri Celesti. Ciò può spiegare il motivo per cui una consistente parte del Canone (di fatto, più del so%) è dedicata non alle scritture dominali delle differenti linee d' insegnamento, ma proprio alla liturgia. Come si è già accennato, una buona parte della formazione del rituale daoista è legata ali ' emergere storico della tradizione Lingbao (Gioiello Numinoso ), a cavallo tra il IV e il v secolo. In effetti, la particolare at tenzione data agli aspetti liturgici nel Lingbao corrisponde a uno spo stamento dell'obiettivo, o per essere più precisi a una "discesa'' verso la
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comunità, delle pratiche daoiste. Ciò che viene mantenuto è il concetto della rigorosa corrispondenza tra mondo interiore del praticante e uni verso esteriore ; ma nel rituale Lingbao, lo svolgimento della liturgia è volto, attraverso il fondamentale ruolo di mediatore sacro del maestro daoista (identificato con un Immortale), a portare beneficio a tutta la comunità dei viventi, nonché agli antenati. La formazione del corpus liturgico Lingbao può dirsi definitiva mente compiuta (tranne alcune varianti non essenziali) con il grande maestro ritualista Du Guangting (850-933). Sin dalla gioventù, durante il periodo in cui ebbe l' iniziazione sul Monte Tiantai, Du diede inizio all'ambizioso intento di porre rimedio al declino della tradizione litur gica daoista, che affondava le radici nel Daoismo dei Maestri Celesti e soprattutto nella corrente Lingbao, le cui scritture erano state ordina te da Lu Xiujing (40 6-477 ). Secondo un testo biografico sulla sua vita, « egli esaminò dunque l'autenticità [dei testi] e ordinò le rubriche [dei rituali] , ed è sotto la forma da lui determinata che essi vengono eseguiti scrupolosamente dai "vestiti di piume" dell' impero sino ad oggi » (Dao men tongjiao biyongji; cit. in Verellen, 1 992., p. 1 6 ) . I l tradizionale rituale Lingbao può essere diviso i n tre tipi, i n piena corrispondenza con la struttura triadica del Cielo, della Terra e dell' Uo mo : il Registro d ' Oro (o di Metallo) , di natura celeste, spesso (soprat tutto in epoca Tang) svolto per la famiglia imperiale ; il Registro Giallo, di natura terrestre, dedicato per lo più ai defunti; e il Registro di Giada, di natura umana, per la salvezza degli uomini (si ricordi che la scrittura antica forse più rappresentativa della tradizione Lingbao ha il titolo di Duren jing, Scrittura per la Salvezza degli uomini). La terminologia ine rente al rituale è già presente nelle antiche fonti Lingbao, ma la distin zione tra la liturgia detta zhai (che più tardi finì per indicare i riti volti alla guarigione da malattie, o dedicati ai trapassati) e il rituale di offerta jiao è ancora allo stato potenziale, visto che esse costituiscono le due fasi di un unico evento (Robinet, 1991, p. 167; Bianchi, 2.0 09a, p. 2.40 ) . Già nei più antichi testi Lingbao sono presenti i motivi che ritroviamo nel rituale daoista attuale: la presenza nell'area sacra (vero e proprio mi crocosmo orientato secondo i dati spazio-temporali propri della tradizio ne cosmologica) delle divinità, sia quelle astratte, manifestazioni del Dao, che quelle del corpo o delle direzioni cardinali. Inoltre, sull'area sacra, nel IV secolo (epoca a cui risale la composizione del Lingbao wuju xu) detta già "altare" (tan ), vengono posti i cinque "scritti autentici" (zhenwen ), che sono la condizione stessa per la creazione dell'area, e che vengono poi bru-
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ciati alla fine, quando il modello cosmologico che essa rappresenta deve essere distrutto: un atto che si ripete ancora oggi (Lagerwey, 1987, p. S 7 ). Il termine tan era impiegato in epoca Han per indicare degli altari a gradini, dove si svolgevano i culti imperiali volti a garantire la legittimità del sovrano (Lagerwey, 1 9 9 5 ) . Nel caso dell'altare daoista, la struttura presenta tre livelli, come ci mostra lo Wushang biyao ( V I secolo) : Lo spazio sacro, i cui contorni sono stati tracciati con del fango rossastro, ha tre livelli. Una tavola è posta al centro del livello superiore, e una tavola per ciascuna delle quattro direzioni del secondo livello, con un incensiere su ogni tavola. Gli otto trigrammi del re Wen sono posti sul livello inferiore (Lagerwey, 1981, p. 159 ). Nel rituale moderno, e talora già nell'antichità, i tre livelli sono per lo più rappresentati da quadrati concentrici tracciati sul suolo, ma li dob biamo immaginare come piani successivi di una montagna cosmica. Essi sono corrispondenti dali 'esterno ali' interno alle Acque ctonie, alla Terra e ai Cieli (i regni dei tre Funzionari Celesti per i Maestri Celesti) . La prima cinta, quella più esterna, è circondata dagli Otto Trigrammi, la seconda è delimitata dalle Quattro Porte (Porta del Cielo = nord-ovest; Porta della Terra = sud-est; Porta degli Uomini = sud-ovest; Porta dei Demoni = nord-est), e l'ultima presenta dieci punti di riferimento spa ziale, due centrali che alludono ali' alto e al basso, e otto ai punti cardi nali e intercardinali (Lagerwey, 1 9 87, pp. 1 63-4). L' identità tra l'altare e l'universo inteso come complesso ordinato di dati spaziali e temporali è completata oggi dalla disposizione, fuori dalla cinta più esterna, di 24 lampade, che rappresentano i 24 periodi (jieqi) in cui si divide tradizionalmente l'anno (Schipper, Wang Hsiu-huei, 1 9 8 6 ) . Non c i soffermiamo qui s u altri aspetti della liturgia risalenti alla tradi zione Lingbao, come l'assoluta importanza del testo scritto (scritture jing, talismani fu) come garanzia di ortodossia per il rituale: ciò che importa sottolineare è la straordinaria continuità dei contenuti, che ci permette spesso di far risalire le forme liturgiche attuali almeno alla dinastia Tang. Lo studio analitico e descrittivo del rituale daoista è stato reso diffi coltoso da alcuni fattori, tra i quali possiamo ricordare, oltre alla quasi assoluta ignoranza delle fonti daoiste del Canone (condizione supera ta solo negli ultimi decenni), la sottovalutazione dei rapporti tra rito e mito, e l'assenza sino a mezzo secolo fa di studi sul campo sulle forme rituali viventi della tradizione daoista. Un esempio del legame tra rito e mito è ben illustrato dalla figura di Yu. Yu è il responsabile, come abbiamo visto, del ritorno all'ordine
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cosmico ; i suoi attributi (compasso e squadra, utili a misurare Cielo e Terra) lo rendono non solo il "primo geografo", ma gli danno uno status cosmico. Yu è l'autore di una nuova età del mondo, il regolatore e l'or dinatore dell'universo. Il suo peculiare "passo", eseguito trascinando un solo piede, misura e allo stesso tempo definisce lo spazio sacro. Il passo di Yu, attraverso la successione dei suoi movimenti, forma un percorso labirintico, strutturato in modo che numerando l 'ordine di ogni passo, e annotando la direzione del suo movimento, si formi un "quadrato magico" di nove caselle, in ognuna delle quali figura un nu mero : nella riga superiore, 4, 9, 2; in quella mediana, 3, 5, 7; in quella inferiore, 8, 1, 6. Questo diagramma corrisponde al Libro del Fiume Luo (Luoshu ), cartiglio simbolico legato alla disposizione dei Trigrammi detta del Cielo Posteriore, ed è stato collegato anche al simbolismo dei Nove Palazzi (jiugong; cfr. C A P. 4). I riferimenti di tutto questo complesso dottrinale al cielo, in partico lare ai movimenti di Taiyi, divinità celeste suprema sotto gli Han, sul le stelle (nove, come si è detto) dell'Orsa Maggiore-Moggio del Nord, sembrano evidenti. Il collegamento con Taiyi è tanto più importante se si considera il suo ruolo primario nella gerarchia dei culti imperiali in epoca Han ; il ruolo di Yu ne sembra essere una derivazione, che allude al concetto di regalità sacra primordiale, preservato dagli ambienti daoisti (Lagerwey, 1 9 8 7, p. 275). Alcuni hanno concluso che esiste una sostanziale identità funzionale tra Yu e Taiyi, e che il rito daoista è in qualche modo una replica dei culti imperiali di legittimazione dinastica (Sei del, 1983); in breve, i daoisti avreb bero «preso in prestito dalle istituzioni imperiali il nome e la struttura del loro spazio sacro» (Lagerwey, 1995, p. 92). Tuttavia, una simile teoria non è del tutto logica, se si considera la necessità, avvertita più volte nel corso della storia cinese dalle varie dinastie, soprattutto in fasi decisive (come l' inizio del regno, o un suo momento critico : Lagerwey, 1997 ), di trovare una conferma alla propria legittimità proprio attraverso il rituale daoista. In altre parole: o il rituale daoista è una "copia" dei culti imperiali, e allora non si capisce perché a varie riprese i sovrani siano ricorsi a maestri daoisti per avere garanzie sul proprio diritto alla regalità; o invece il Da oismo ha svolto una funzione di "deposito" dell'ortodossia rituale e della dottrina sacra, a cui di epoca in epoca gli imperatori hanno attinto in determinati momenti critici, nei quali i culti di Stato, mere "costruzioni intellettuali" di matrice confuciana, non erano sufficienti : posizione as sunta da Kristofer Schipper (20o8).
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Nella tradizione Shangqing, l 'esecuzione del passo di Yu era con giunta alla pratica meditativa (Bianchi, 2 .0 1 2, p. 1 4 9 ) . L'associazione tra un movimento che "ricreà' il cosmo e l ' interiorizzazione si ritrova nel rituale daoista odierno, in cui lo svolgimento dell'azione esteriore è accompagnato da un'azione interiore del maestro, invisibile anche agli altri protagonisti del rito : movimenti seminascosti delle mani, pratiche respiratorie, visualizzazioni, invocazioni. Un esempio lampante del rapporto tra mito e rito si ritrova in un rituale specifico, la "consacrazione dell'acqua e l' investitura del demo ne" (chishui mingmo ), che fa parte della più vasta liturgia della creazione dell'area sacra, prima fase del rito daoista nella tradizione dei Maestri Celesti (Schipper, w o 8, pp. 3 1 2- 27 ). Qui, dopo che il maestro daoista, effettuando il passo di Yu, ha percorso nell'area sacra o altare tutte le direzioni, pronunciando due declamazioni sulla sua spada (assimilata a un drago) e sull'acqua purificatrice in suo pos sesso, si svolge un evento dalle caratteristiche peculiari, che lo rendono a un tempo teatro e danza, e che ricorda i nostri misteri medievali: nell'area sacra irrompe un personaggio, che non è altro che uno dei quattro accoliti del maestro, munito però ora di una mostruosa maschera con delle corna e delle zanne. Questo "demone" (gui) riesce a sottrarre il "centro" dell'a rea sacra: il bruciaprofumi. Ne segue una pantomima, accompagnata dalla piccola orchestra di pochi elementi presente, che mostra il combattimento tra il maestro e il demone, il quale infine viene ucciso : la sua decapitazione è resa attraverso l'atto di strappare la maschera ali' accolito. Il maestro fa poi due volte il giro dell'area sacra, eseguendo ancora il passo di Yu, per tornare al centro, dove pronuncia un'altra declama zione, in cui è evidente la sua "centralità" assoluta, la sua identità con l' Unità suprema: Compiuta la chiusura delle frontiere, faccio un'ultima volta il giro dell'altare imperiale. Sono il Venerabile celeste del Grande Uno, al centro della grotta. Coronato dalle Tre Terrazze, sfioro con i piedi i Quattro Animali meravigliosi [Drago Verde-azzurro, Tigre Bianca, Uccello Rosso e Guerriero Oscuro: i quattro emblemi araldici dei punti cardinali], nella mia mano la spada preziosa si drizza come la folgore, impedendo alle impurità demoniache di manifestarsi, dovunque si trovino. ( ivi, pp. m-8)
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La "testà' del demone (cioè la maschera) è dal maestro simbolicamente "sepoltà' (con movimenti rituali assolutamente segreti, che neanche gli accoliti possono scorgere) nell'angolo nord-est, detto guimen, Porta dei Demoni. Il maestro infigge la sua spada per "fissare" la sepoltura: da questo momento, il demone sconfitto diviene lo spirito tutelare dell'area sacra. Questo rituale di consacrazione, che Schipper definisce « ultrasacro » (ivi, p. 3 1 9 ), affonda le sue radici in epoca Tang, se non prima. Ma, cosa più interessante, esso riproduce un paradigma mitico : il combattimento tra l'eroe e il mostro-ribelle, la sconfitta di quest 'ultimo e la conseguente creazione di un territorio, di cui il demone diviene genio guardiano. Tale tema sopravvive nelle fonti classiche : basterà citare gli esempi di Yu il Grande e Fangfeng, e dell' Imperatore Giallo Huangdi e Chiyou. Questi combattimenti tra coppie, che sembrano essere la "luce" e l"'ombra" di uno stesso principio, per Schipper rivelano che il rito (in cui le danze ri coprono un ruolo essenziale) anticipa il mito, che ne è un'affabulazione (Granet, 1994, p. 1 ) . E, se pensiamo che una parte consistente del rituale appena descritto (le danze, la musica, la mimica della caccia e dell'ucci sione del demone) non si ritrova nel Canone daoista, allora appare evi dente come il Daoismo sia riuscito, non solo attraverso la trasmissione delle scritture, ma anche per mezzo della tradizione orale, a far restare in vita motivi che sono stati narrati nei miti, ma che li predatano, affondan do le proprie origini in epoche antichissime. La descrizione dei vari tipi di rituali daoisti ancora oggi in uso, a Tai wan come in Cina Popolare, ha permesso di far cogliere gli aspetti di continuità con la tradizione delle scritture antiche; ma è stato possibile anche rilevare due aspetti essenziali: il peculiare rapporto della tradizio ne liturgica daoista con i culti e la società locale, e di conseguenza l' im precisione insita nell'etichetta di "attività religiosa popolare" applicata al rituale daoista. Sul primo punto, un elemento fondamentale di cui il lettore non spe cialista deve rendersi conto è che la Cina tradizionale, nella sua com ponente maggioritaria contadina e rurale (certo superiore al 95o/o sino all ' inizio del xx secolo), non era affatto "confuciana". I culti confuciani, legati al potere imperiale, non "scendevano al popolo"; e « il culto degli antenati non poteva rivaleggiare per importanza con il culto degli dei » (Lagerwey, 1 9 9 2b, p. 363): ciò spiega perché i riti confuciani, a differenza dei culti popolari, si siano estinti con la società imperiale. La religione e i culti popolari erano (e in non poche zone rurali del mondo cinese sono ancora) basati su un ricco corteo di divinità, che af-
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fondano le proprie radici in un passato immemoriale ; tra esse, la divinità del suolo (tudi gong) o genius foci è particolarmente importante, perché rappresentativa di un punto essenziale: il legame indissolubile tra la co munità locale e i suoi dei, che garantiscono la continuità del corpo sociale e del suo stesso spazio vitale, in un quadro definito da John Lagerwey come « razionale » , poiché « appropriato alla situazione socio-economi ca della vasta maggioranza del popolo cinese » (Lagerwey, 2000, p. 301). Qual è il rapporto tra il Daoismo e la religione popolare ? Di identità, di sovrapposizione, di assimilazione o integrazione ? Differenti opinio ni sono state espresse dagli specialisti (si veda ad esempio Seidel, 1 9 8990; Stein, 1979). Dobbiamo innanzitutto sottolineare che, nella Cina tradizionale, differenti espressioni del rituale hanno sempre convissuto. A parte i riti di Stato e quelli confuciani, imposti da e per una élite e consistenti in un linguaggio cosmologico ed etico, sono sempre esistite pratiche rituali svolte da medium, e da maestri esorcisti (detti "maestri dai piedi scalzi"), che recitano testi mandati a memoria, in un'attività performativa talora di tipo teatrale, rivolta al pubblico, cioè al corpo sociale, per lo più al fine di svolgere attività di guarigione da malattie e/o possessioni, o di espulsione di forze demoniache con l'aiuto delle divinità (Lagerwey, 1 9 9 2b ). I primi « diventano il portavoce del dio, il suo rappresentante, la sua incarnazione » (Schipper, 1 9 82, p. 6 8 ) : spesso accanto a loro si trovano i secondi, che svolgono il ruolo di interprete dei loro messaggi pronunciati in una lingua incomprensibile. I rappre sentanti di questo gruppo sono definiti anchejàshi, "maestri in metodi (magici)", o "teste rosse" (hongtou ), a causa del pezzo di stoffa rossa che avvolge loro il capo (ivi, pp. 70-1). Il carattere sciamanico della loro for mazione è chiaro : non sono maestri per carica ereditaria e per trasmis sione iniziatica, ma vengono in un certo senso "scelti" da giovani per determinate qualità o caratteristiche psichiche, che rendono possibile il contatto (sovente in sogno) con le divinità. La lingua da essi parlata è il vernacolo, spesso espresso in versi in rima: le affinità con le radici popolari del teatro cinese sono nette, e d'altra parte il rapporto tra "testa rossà' e medium passivo non è se non una replica della relazione tra il marionettista e la marionetta, in quella che è forse la più antica forma di teatro sul suolo cinese (ivi, p. 6 s ) . Nella società locale cinese, esiste una netta differenza tra gli esponenti della categoria dei "testa rossa" e i daoshi, i maestri daoisti (detti anche nel Sud-Est e a Taiwan "teste nere") . Questi ultimi costituiscono una élite, ma non di sangue né sociale, bensì professionale. I daoshi, oltre ad
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essere di solito sposati e con figli (naturalmente parliamo dei maestri del rituale appartenenti al lignaggio dei Maestri Celesti), possono teorica mente appartenere a qualsiasi strato sociale; ma spesso fanno parte della categoria dei piccoli notabili locali. La loro carica è ereditaria, per lo più trasmessa nell'ambito familiare ; e il loro ruolo è attestato dalla ricezione delle scritture sacre (jing) e dei registri (fu), cioè gli elenchi con i nomi delle forze spirituali che da quel momento si trovano sotto la loro pote stà, veri e propri documenti di investitura strutturati in modo analogo a quelli in uso nell'antico periodo feudale per garantire il rapporto tra signore e vassallo (Seidel, 1 9 8 3 ) : essi hanno carattere rivelato, e costitu iscono inoltre l'unico mezzo per garantire l'ortodossia rituale. I daoshi sono naturalmente membri della loro comunità, ma non rispondono ad alcuna gerarchia ecclesiastica, come invece nel caso occidentale del par roco di un villaggio ; inoltre nessun daoshi, fosse anche un discendente del primo Maestro Celeste Zhang Daoling, riveste una preminenza dot trinale o dogmatica sugli altri "colleghi". Il carattere del tutto riservato delle scritture sacre tramandate all' in terno di un determinato lignaggio di maestri daoisti è ben lontano dalla nostra idea di religione fondata su un testo sacro accessibile alla comu nità, o perlomeno affidato a una casta sacerdotale che ne produce co munque una lettura fruibile collettivamente. «l manoscritti dei Daoshi sono esclusivamente liturgici - essi non servono mai alla pratica indivi duale - e sono legati alla funzione sociale del Maestro. Questa funzione si riassume [ ... ] in queste parole: "Trasformare in qualità di delegato del Cielo" » (Schipper, 1 9 82, p. 8s ) . L'ordinazione di un daoshi è un evento memorabile e non comune per la comunità, che avviene a intervalli di anni o decenni: in tale occa sione, egli riceve un "Certificato di Immortale", che lo abilita a svolgere vari servizi liturgici : rituali di ritiro (zhai), di offerta (jiao ), di unione e di nascita, funebri (ivi, pp. 9 5- 6 ) . L'ordinazione stessa è unjiao, un sontuoso rituale d'offerta, possibile solo grazie al contributo degli anziani della comunità (di cui talora la fa miglia del nuovo daoshi fa parte). La "trasformazione" (hua, termine che in cinese può essere reso anche con "civiltà") del nuovo maestro è sim boleggiata anche dal suo nuovo abbigliamento : scarpe con tacco spesso, ornate di motivi rappresentanti delle nuvole; un grembiule alla vita, su cui è intessuta una rappresentazione simbolica di quel centro energetico sottile interiore che è il Campo di Cinabro ; un ampio mantello senza maniche aperto sul davanti (detto "vestito di piume", termine che riman-
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da all' iconografia degli Immortali ) , interamente decorato con immagini cosmologiche che ne fanno una rappresentazione dell'universo, e delle energie divine controllate dal daoshi. Sul capo, a coprire i capelli raccolti in uno chignon, una sorta di copricapo-corona, simbolicamente lega ta alle stelle dell' Orsa. Infine, gli vengono consegnati i due strumenti fondamentali del rituale : la spada e la bacinella con l'acqua lustrale. La consacrazione del nuovo maestro è compiuta per opera di un maestro anziano, attraverso la lettura del "Certificato di Immortale" e soprattut to l'atto conclusivo : il posizionamento di una spilla a forma di fiamma sulla sommità della corona del nuovo daoshi, figura di quella perla fiam meggiante immagine dell' Unità trascendente che si ritrova sulla sommi tà del tetto degli edifici templari ( ivi, pp. 97-9 ) . Dobbiamo a Kristofer Schipper, che negli anni sessanta visse dall' in terno la realtà del Daoismo nella regione meridionale di Taiwan, le prime preziose testimonianze sul rito daoista in età moderna. Altri lo hanno seguito, anche in Cina Popolare, dove soprattutto nel Sud-Est i maestri daoisti dell'ordine Zhengyi hanno a partire dagli anni ottanta ri preso gradualmente l'attività, grazie al riemergere delle comunità locali, e dell'antico fondo religioso che ne è il collante sociale ( Saso, 1972.; 1979; Dean, 1986; 1993; Lagerwey, 1 9 8 7 ) . Benché i servizi liturgici odierni siano sostanzialmente divisi nelle due grandi categorie dei rituali per gli antenati defunti ( definiti "oscu ri", you) e per le divinità ( detti "puri", qing), essi sono accomunati da due fattori : esigono sempre la costruzione di un'area rituale, chiamata daochang, "luogo", "spiazzo del Dao", e inoltre, per quanti rituali possa no comprendere, in tali servizi è sempre possibile distinguere quattro fasi : l' installazione dell'area sacra; riti volti all 'ottenimento di "meriti" (gongde), detti zhai, "ritiri" ( letteralmente "digiuni" ) ; riti di offerta per l'alleanza tra le divinità e la comunità, detti jiao; riti di ablazione, cioè di dispersione dell 'area sacra attraverso il fuoco ( che deve bruciare i ta lismani, le scritture e le iscrizioni relative alle divinità ) . La parte zhai è di fatto preponderante per i servizi funebri; quellajiao lo è per i servizi comunitari ( Schipper, 1 9 82., p. ros). Il rituale daoista, se viene svolto per la comunità, non vede però la sua partecipazione attiva. L'area daoista, daochang, detta anche tan, "altare", viene stabilita dal daoshi presso la sede della famiglia che ha richiesto il rito funebre, o nel caso di riti comunitari presso il tempio alle divinità locali, che appartengono all'antico fondo della religiosità popolare. Ma ciò che avviene non è nemmeno lontanamente paragonabile a una no-
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stra messa: l a liturgia viene svolta con l e porte del tempio rigorosamen te sbarrate. All' interno, oltre al maestro (avente l'attributo di gaogong, "dagli alti meriti"), il rito viene svolto con la collaborazione di quattro discepoli; ai pochi capi anziani della comunità viene concesso l'onore (peraltro piuttosto faticoso, vista la durata che può avere un ritojiao) di assistere (ivi, pp. m-4). L'area sacra o altare è un microcosmo costruito attorno al bruciapro fumi; ricordiamo che tale oggetto, un tempo centrale nella camera di meditazione nel Daoismo dei Maestri Celesti, è a forma di montagna, rimandando all' idea di iniziazione e di immortalità. Le stesse comunità a livello locale e regionale sono peraltro unite in una rete capillare di re lazioni dalla cosiddetta "suddivisione dell' incenso" (jenxiang), l'atto che prevede la distribuzione di una parte dell' incenso del bruciaprofumi del tempio-madre al nuovo tempio che verrà edificato in un altro sito : una sorta di investitura sacra che ricorda la concessione nella Cina arcaica di un pezzo del tumulo del genius foci da parte del sovrano ai feudatari, perché potessero fondare la propria divinità del suolo. Qui, il bruciaprofumi è sempre al centro ; ma è tutto l'altare ad essere in realtà la montagna sacra, luogo numinoso per eccellenza. Si tratta di una montagna che allo stesso tempo circonda gli attori del rito, attraver so i riferimenti iconografici, come il " Portale" centrale rappresentato da " " un rotolo con la scritta que , o la triade divina daoista dei Tre Venera bili Celesti, posta sulla parete nord del luogo chiuso dove l'altare è stato creato (ricordiamo che tale luogo è spesso la sala principale del tempio alle divinità locali). Lasciamo la parola a Kristofer Schipper, il quale ha saputo magistralmente delineare il doppio aspetto esteriore e interiore del rito, che si riflette nei due ruoli del Cantore principale e del Maestro : Le camere pure del Daoismo medievale, in cui si effettuava il ritiro, o digiuno, erano spazi chiusi (ad eccezione di una sola apertura, una piccola entrata), senza decorazione o immagini dipinte o scolpite, poiché il solo arredo era [ ... ] il bruciaprofumi posto al centro della camera. Questo bruciaprofumi rappre sentava, l'abbiamo visto, una montagna in miniatura [ ... ] . Essa rappresentava il mondo degli immortali, il Kunlun [ ... ] . Oggi, il bruciaprofumi [ ... ] continua ad occupare una posizione centrale nell'area sacra [ ... ]. Bisogna sapere che l 'a rea sacra si chiama non solo Luogo (o Cinta) del Dao (daochang), ma in modo molto più diffuso altare (tan) [ ... ] . L'altare rappresenta una montagna a tre (o a nove) livelli [ ... ]. Ora, se l 'area sacra è un altare, essa non comporta tuttavia alcuna area centrale a terrazze. In ogni modo, il Luogo del Dao è un sito chiu so, coperto, e corrisponderebbe piuttosto a una camera pura [ ... ]. Eppure [ ... ] . l 'area sacra è sempre detta altare. L e s i rifiuta categoricamente l'appellativo
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di camera pura. Quest 'ultima esiste secondo i documenti d'ordinazione, ma i Maestri non la menzionano mai [ ... ] . Osservando da vicino l'area sacra, si scopre che [ ... ] la decorazione, soprattutto quella della parete nord - il lato nobile, in cui si situano i Venerabili Celesti - suggerisce una struttura a gra dini: attraverso un gioco di tavoli di offerta sovrapposti, di drappi e di dipinti che coprono tutta la parete, dali' alto in basso, vi si può vedere come il ver sante [ ... ] di una montagna, alla cui sommità si scorge l'effige delle divinità. Tenendosi al centro, davanti al Portico d'Oro, l'officiante si trova dunque per così dire ai piedi della montagna sacra, dimora degli dei. Ma la decorazione [ ... ] lo circonda da tutti i lati [ ... ]. A est e a ovest, si trovano le gallerie delle divinità secondarie, e il muro sud è occupato dai santi patroni dei culti locali, e dagli spiriti subalterni [ ... ] . La montagna a gradini, l'altare è disposta attorno all'officiante, anziché quest 'ultimo sull'altare : egli è nella montagna, Luogo del Dao [ ... ] . Il Grande Maestro [ ... ] si chiama nel linguaggio corrente Vene rabile del Mezzo (zhongzun) [ ... ] . Di fianco al Cantore Principale [ ... ] il Gran Maestro si tiene immobile e muto [ ... ]. Egli mormora in modo inudibile delle formule sacre che egli è il solo [ ... ] a conoscere. A volte [ ... ], nasconde le mani nelle maniche, dove le sue dita fanno invisibili movimenti [ ... ] . Tutta questa attività è svolta in silenzio, con un minimo di gesti visibili. Poiché, mentre il Cantore recita, il Maestro conduce, in accordo con il testo recitato, un rituale interiore. Ciò che il Cantore dice, il Maestro lo compie attraverso la medita zione [ ... ]. Al cuore del rituale daoista, troviamo una volta ancora questo rad doppiamento del puparo e della sua marionetta, del maestro dai piedi scalzi e del suo medium [ ... ] . Il Cantore rappresenta l'aspetto esteriore di un universo di cui il Gran Maestro detiene l'aspetto interiore [ ... ]. Nel mezzo dell'area sacra, ci si trova dunque all' interno di una montagna, ma poiché se ne scorge la superficie, ci si trova allo stesso tempo all'esterno : al contempo "dentro" e "fuori". Questa sfera d eli ' altare appare inoltre come creata a partire dal corpo del Maestro. Facendo un movimento "verso l'esteriore", costui proietta dal suo corpo le potenze trascendenti che irradiano e lo attorniano in cerchi concen trici [ ... ]. Facendo un movimento "verso l' interiore", il Maestro ritrova il luogo di ritiro dentro se stesso. Ed è lì che noi scopriamo l' immediato, cioè l'altro luogo del Dao, il mondo del silenzio : la camera pura ( ivi, pp. 12.5-3 5). Abbiamo detto che la comunità non partecipa ai rituali daoisti; ma ciò non è del tutto esatto. Se è vero che la liturgia dei daoshi è per lo più nascosta alle masse, con l 'eccezione dei pochi anziani del luogo, va sot tolineato che i riti dei "testa rossa" (in cui la componente teatrale è pre ponderante), che accompagnano spesso le pratiche "coperte" dei daoshi (ma solo i rituali di offerta, non quelli funebri), sono pubblici, e danno all'evento il carattere di una epocale festa popolare. Tra i due tipi di liturgie, talvolta complementari, talvolta rivali, esi ste un'altra differenza: quella dei daoshi è espressa in linguaggio clas-
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sico (wenyan ) , e letta; persino le formule segrete, trasmesse al di fuori dei testi canonici, sono in wenyan. Il rituale dei "testa rossa" è recitato in versi e in un vernacolo particolare, cioè in una lingua che non è un dia letto limitato a una ristretta zona topografica, ma appartiene a una vasta regione culturale. Ma la complementarità di questi due filoni diventa evidente, se guardiamo alla tabella che segue ( Schipper, 1 9 85, p. 3 5 ) .
Rituale Linguaggio scritto (classico) Rituale di solito letto Trasmissione di manoscritti Meditazione Pamheon di potenze cosmiche Cosmologia astratta Metafore burocratiche Musica elaborata Testi soprattutto in prosa
Linguaggio parlato (vernacolare) Rituale recitato a memoria Trasmissione orale possibile Trance Pantheon di divinità storiche Mitologia Metafore militari Canto monotono Testi soprattutto in versi in rima
Specialisti Daoshi
Fashi
Ereditari Professione organizzata Classi superiori Riconosciuti dallo Stato Teste nere Calzati Riccamente abbigliati
Per vocazione Non organizzata; legata ai culti Classi inferiori Non riconosciuti dallo Stato Teste rosse A piedi nudi Nudità simbolica
Difficile dire se le due forme liturgiche, una esteriore e "aperta", l'altra "interna" e "chiusa", rispondano al fenomeno storico dell'affiancamento del rituale daoista ai culti di origine sciamanica, o se invece la liturgia dei "testa rossa", pur traendo vita da radici sciamaniche, non sia in realtà
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relativamente recente rispetto a quella dei daoshi, visto che lo stesso pan theon delle divinità citate nei loro rituali non sembra anteriore al perio do Song (ivi, p. 48). Certo, in ogni caso la nostra etichetta di "religione popolare", o di "folklore", si rivela piuttosto insufficiente per tutta questa complessa fenomenologia.
Conclusione
In questo studio abbiamo cercato di far cogliere i tratti di una tradizio ne ancora oggi ben viva, che affonda le sue radici in un periodo sotto tutti gli aspetti ben lontano dalla modernità. La fase storica che vede l'emergere degli elementi dottrinali ricorrenti nel Daoismo corrisponde in Occidente al periodo di formazione del pensiero greco : ed è singolare notare le affinità tra gli antichi Misteri, o la stessa frammentaria esposi zione dottrinale di Eraclito (540 ?-48 0 ? a.C. ) , e alcuni punti dei primi testi daoisti. Ma questo è un tema complesso e spinoso, che meriterebbe uno studio a parte. Oggi, il Daoismo attraverso i suoi esponenti non può ( né per alcuni vuole ) certo aspirare alla diffusione e alla curiosità destate in Occidente dalle varie forme di Buddhismo. La tradizione daoista si ritrova in una situazione unica: dottrina millenaria, che senza perdere i propri tratti di insegnamento iniziatico ha saputo adattarsi con insuperabile elasticità alle mutevoli forme storiche del potere politico così come ai mille volti della religiosità locale, il Daoismo non può forse più svolgere in modo integrale il ruolo antico di collante sociale tra centro e periferia, ma resta nondimeno ben vivo, con il suo bagaglio spirituale, scritturale e liturgico. In una modernità in cui la consapevolezza della necessità della di versità culturale è l'unica via per far fronte a quella omologazione che è una forma ( e nemmeno la meno subdola ) dell'Apocalisse, l' interesse non troppo spasmodico delle masse e dei media per il nucleo della dot trina daoista, contrapposto alla "moda" delle pratiche volte al benessere psicofisico, non è forse un segno troppo negativo ...
Bibliografi
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Indice dei nomi*
Ai, 38 Agostino, sant', 109 An Lushan, 63, 67 An Shilin, 195 Angelus Silesius, 110 Anqi Sheng, 200 Bai Yuchan, 78-9, 176, 20 l Ban Gu, 37-8 Bao Jing, 51 Billeter Jean-François, 14 , 113 Buddha, 40, SO, 56, 62, 65, 92, 196-7 Cao Cao, 4 2, 44 , 4 8, 51 Cao Pei, 4 2 Chen Nan, 20 l Cheng, 38 Cheng Xuanying, 66 Cheng Yi, 70 Chijing zi, 38 Chisong zi, 144 , 200 Chong Shang, 14 3 Cinghis Khan, 71, 74 , 77 Confucio, 26-7, 29, 43, 10 5, 112, 135, 137, 193; cfr. anche Kongzi Coomaraswamy Ananda K., 114
Dan (nome di cortesia di Laozi), 'Il, 43 Deng Xiaoping, 88 DerridaJacques, 121 Di leso Vincenzo (detto anche L i Xuanzong) , 95 Di Ku, 56 Dionigi l'Areopagita, 21, 10 3, 117-8 Ding, 1124 Dong Zhongshu, 37 Dou, 34 , 37 Du Guangting, 67-8, 183, E8-9, 20 3 Eliade Mircea, 93 Engels Friedrich, 92 Er (nome personale di Laozi), 'Il Eraclito, 215 Esposito Monica, 158 Farid od-din 'Attar, 110 Fu Xi, 43, :57 Gan Ji, 40, 44 Gan Zhongke, 38 Gaozong, 63 Gaozu, 63; cfr. anche Li Yuan Ge (famiglia) , 53, 9
• Sono inclusi anche i nomi di sovrani mitici, come Huangdi e Yu, e di personaggi leggendari o dalla storicità più che dubbia, come Laozi ; non sono compresi invece i nomi delle divinità, e degli autori, quando compaiono come riferimenti bibliografici inseriti fra parentesi nel testo.
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Ge Chaofu, 56 Ge Hong, 50-3, 56, 58, 145, 147-9, 151 2 , 155, r55 Ge Xuan, 51, 53, 'Il, 151 Gengsang zi, 200 Girardot Norman, 132 Granet Marcel, 18 Guan Yu, 20 1 Guangcheng zi, 139, 200 Guangxu, 84 Hao Datong (detto anche Hao Guangning), 77, 20 l He Longxiang, 86, 177 Helii, 56 Heshang Gong, 99 Hongwu, 80; c fr. anche Taizu Huan, 40, 4 2-3, il, 6 1 Huang Chao, 68 Huangdi, 24 , V, 29, 32, 39, 139, 200 , 207; cfr. anche Imperatore Giallo Huiyuan, 58 Huizong, 70, 72-3 Huzi, 130- 1, 136 Imperatore Giallo, 24 , 26, 32, 38, 4 1, 70, 136, 139, 146, 153,200 , 207; cfr. anche Huangdi
il d a oi s mo
Lagerwey John, 20 8 Lao D an, 4 3, B 5; dr. anche La ozi Laozi, 7, 15, V-9, 3 1 34 , 38, 40-6, 50, 58, 6 1, 634 , 68, 82, 92, 134-6, 139, 146-7, 150, 154 , 162, 192-3, 196-7, 200- 1 ; cfr. anche Lao Dan Li, 22 Li (cognome di Laozi), V Li Daochun, 78-9 Li Daoqian, 76 Li Hongzhi, 92 Li Shaojun, 149 Li Yuan, 63; cfr. anche Gaozu Liezi, 130- 1 Lin Lingsu, 73 Ling, 43 Liu An, 35, Y Liu Bang, 33 Liu Chuxuan (detto anche Liu Changsheng) , 76-7, 20 1 Liu Haichan, 76, 20 l Liu Jinxi, 67 Liu Xiang, 145 Liu Yiming, 85, 156, 173 Lu Xiujing, 58, 62, 203 Lii Chunyang, 74; cfr.anche L ii Don gbin
Lii Dongbin, 74-6 , 20 l ; cfr. anche Lii Chunyang
)i Xian, 130 Jiang (casata), 24 Jing ( imperatore), V, 34 Jing (re), 4 3 Kalabadi, 21 Kangxi, 85 Kang Youwei, 84 Kirkland Russell, 83 Kohn Livia, 13, 9:i Komjathy Louis, 94 Kongzi, 43; cfr. anche Confucio Kou Qianzhi, 58-9, 147, 19 1
Ma Yu (detto anche Ma Danyang) , 76-7, 20 1 Magu, 200 Mao (Zedong), 87-8, 92 Marx Karl, 92 Maspero Henri, 145 Meister Eckhart, 17, 10 3, 118, 121, 128 Mencio, 26-7, 37; cfr. anche Meng Ke Meng Anpai, 65 Meng Ke, 26-7; cfr. anche Mencio Meng Zifan, lll Miller James, 94
23 1
in dice de i no m i
Min Yide, 85 Moeller Hans-Georg, 14 Mozi, Z7 Mu, 146, 187 Nan, 44 Nanguo Ziqi, 136 Nanpo Ziqi, 10 8 Ouyang Xiu, 70 Pan Shizheng, 63, 8 1 Pengzu, 144 , 146, 14 8, 200 Penny Benjam in, 92 Platone, 114 Plotino, 10 3 Pregadio Fabrizio, 94 Qianlong, 83 Qin Shi Huangdi, 32, 40, 143, 14 8; cfr. anche Zheng Qiu Chuji (detto anche Qiu Changchun), 7 L 74 , 77, 84-5, 20 1 Qubhilai Khan, 7 L 78
Sima Qian, 12, 25, Zl, 3 l 33, 37, 129, 143 Sima Tan, 25, 3'-8 Sinesio, 150 Song Wuji, 143 Su Luo, 39 Su Shi, 70 Sun Bu' er (detta anche Sun Qingjing, Sun Fuchun), 76-7, 20 1 Sun Simiao, 144 Taizong ( imperatore della dinastia Tang), 63 Taizong ( imperatore della dinastia dei Song settentrionali), 70 Taizu, 80 Tan Chuduan (detto anche Tan Changzhen), 76, 20 l Tang, 26 Tao Hongjing, 534, 16 L 196-7 Tian (casata), 24 Valentino, 119
Robinet Isabelle, 158, 166 Rong Cheng, 14 6 Ruizong, 64
Wang Bi, 70 Wang Changyue (detto anche Wang Kunyang), 85 Wang Chong, 146 Wang Chongyang, 74 , 20 l ; cfr. anche
Schipper Kristofer, 14 , 26, 29, 20 5, 207, 210- 1 Seidel Anna, 62 Shao Yong, 69, 1Z7 Shennong, 4 3 Shi Tai, 20 1 Shun (imperatore m itico), 32, IlO Shun ( imperatore della dinastia Han), 40, 47; cfr. anche Shundi Shundi ( imperatore della dinastia Han), 44; c fr. anche Shun Sima Chengzhen, 64 , 74 , 144 , 168
Wang Chuyi (detto anche Wang Chuyang), 77, 20 l Wang Guangde, 95 Wang Mang, 38-9 Wang Xuanfu, 200 Wang Yan, 68 Wang Yuanzhi, 63 Wang Zhe, 7 L 74 , 76-8, 84 , 20 l ; cfr. anche TVtzng Chongyang Wei, 143 Wei Boyang, 156 Wei Huacun, 52-3
Wtmg Zhe
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Wen, 26, 204 Wen Hui, 112 Wenzi, 200 Wu ( imperatore della dinastia Han), 24 , 3 5-8, 4 2, 143, 14 8, 150, 18 l ; cfr. anche Wudi Wu (imperatore della dinastia Liang), 54 Wu Daozi, 192 Wudi, 18 1 ; di anche Wu Xizong, 67-8 Xiang Kai, 40, 4 3 Xianmen Zigao, 14 3 Xu (famiglia), 52-3 Xu Sun, 82 Xuan, 25, ll3 Xuannii (Donna Misteriosa), 152 Xuanzang, 66 Xuanzong, 624 , 67, 168-9, 189, 192-3 Xue Daoguang, 20 l Xunzi, 26 Yancheng Ziyou, 136 Yang Xi, 52-3 Yao, 32, llO Yin Xi, 16, 63, 192, 200; cfr. anche Yinzi
Yinzi, 200; c fr. anche Yin Xi Yongle, 8 L 20 l You (re della dinastia Zhou, fine viii sec. a.C.), 43 You (re della dinastia Zhou, 238-228 a.C.), 44 Yu (il Grande), 26, 56, 158, 168, 17980, 187, 200 , 204-7 Yuzhen, 64
il d a oi s mo
Zhang Boduan, 78, 120, 124 , 175-6, 20 1 Zhang Daoling, 4 4 , 4 6-8, 58, 74 , 154 , 209; cfr. anche Zhang Ling ZhangJiao (ZhangJue), 4 1 Zhang Ling, 44; cfr. anche Zhang Daoling
Zhang Lu, 44 Zhang Yuchu, 8 1 -2 Zhangzong, 75 Zhao Yizhen, 72 Zhen Lun, 134 Zheng, 32;cfr. anche 0n Shi Huangdi Zheng Boqiao, 14 3 Zhengtong, 8 1 Zheng Yin, 50- 1, 151 Zhong, 22 Zhongli Quan, 74 , 76, 20 1 ; cfr. anche Zhong Zhengyang
Zhong Zhengyang, 74; cfr. anche Zhongli Qjtan
Zhou Dunyi, 69, 127 Zhu Xi, 69 Zhuang Zhou, 28 ; cfr. anche Zhuangzi Zhuangzi, 1134; cfr. anche Zhuang Zhou
Zi Jinzhang, lll Zi Lai, 140 Zi Li, 140 Zi Sanghu, lll Zi Si, 140 Zi Yu, 140 Zigong, 112 Zisi, 137 Zou Yan, 25-6, 4 1, 128, 14 3 Zu Shu, 72 Zuo Yuanfang, 151