Il basso Medioevo
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Universale Economica Feltrinelli

Jacques Le Goff (1924), Directeur d'Etudes all'Ecole Pratique des Hautes Etudes di Parigi, è tra i massimi specialisti per la storia e la sociologia del Medioevo occidentale. Tra le sue opere ricordiamo: Tempo della chiesa e tempo del mercante, Einaudi 1977; Gli intellettuali nel Medioevo, Mondadori 1979; La civiltà dell'Occidente medievale, Einaudi 1981; La nuova storia, Mondadori 1980; La nascita del Purgatorio, Einaudi 1982; Il meraviglioso e il quotidiano nell'Occidente medievale, Laterza 1983; Storia e memoria, Einaudi 1986; La borsa e la vita, Laterza 1987; L'uomo medievale, Laterza 1987; L'immaginazione medievale, Laterza 1988.

JACQUES LE GOFF IL BASSO MEDIOEVO

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Feltrinelli

Titolo dell'opera originale DAS HOCHMITTELALTER

(Edizione originale: Fischer Weltgeschichte 11) Fischer Bucherei KG, Frankfurt am Main 1965 Traduzione dall'originale in lingua francese di ELENA VACCARI SPAGNOL

©

Giangiacomo Feltrinelli Editore Milano Prima edizione nella collana "SUF" giugno 1967 Prima edizione nell"'Universale Economica" ottobre 1988 Quarta edizione settembre 1994 ISBN 88-07-81052-2

INTRODUZIONE LA SVOLTA ALLA METÀ DELL'XI SECOLO 1054: L'OCCIDENTE SI STACCA DA BISANZIO Non ci si può impedire, accostandosi alla storia dell'Europa occidentale alla metà del secolo XI, di pensare a una data e a un testo. La data è il 1054, ed è quella di un avvenimento che s'inseri in una lunga tradizione di incidenti e che ai contemporanei apparve senza dubbio come un semplice fatto di cronaca: la disputa fra il papa di Roma e il patriarca di Costantinopoli. Il pretesto sembra quasi futile, giacché la controversia riguardava soprattutto divergenze liturgiche: l'impiego, per la confezione delle ostie, di pane lievitato da parte della Chiesa bizantina, di pane azimo da parte della Chiesa di Roma. Nel 1054 i legati del papa, capeggiati dal cardinale Umberto di Moyenmoutier (Umberto di Silva Candida) depongono sull'altare di Santa Sofia a Costantinopoli una bolla di scomunica contro Michele Cerulario e i suoi piu importanti sostenitori in seno alle gerarchie ecclesiastiche; il patriarca bizantino replica scomunicando gli inviati di Roma. Questa rottura non è una novità. Lo scisma di Fazio, nel IX secolo, non si è prolungato per anni? Ma questa volta la separazione sarà non semplicemente duratura, bensi definitiva. È cosi consacrato il divorzio fra due mondi che, dopo la grande crisi dell'Impero Romano nel III secolo e la fondazione, all'inizio del IV, di Costantinopoli - la nuova Roma - si sono andati sempre piu allontanando l'uno dall'altro. Vi saranno, d'ora innanzi, due cristianità, una occidentale e l'altra orientale, ciascuna con un suo complesso di tradizioni e un proprio ambito geografico e culturale, separate da una frontiera che corre attraverso l'Europa e il Mediterraneo e divide in due gruppi gli slavi, una parte dei quali (Russi, Bulgari, Serbi) è attratta nell'orbita bizantina, mentre l'altra (i Polacchi, gli Slovacchi, i Moravi, i Cechi, gli Sloveni, i Croati) non può sfuggire, e l'ha già dimostrato nel IX secolo l'episodio di Cirillo e Metodio, all'attrazione occidentale. Tagliati i legami con Bisanzio, la cristianità occidentale si affretta ad affermare la sua individualità nuova. Significativamente, quello stesso cardinale Umberto che è andato a Costantinopoli a consumare la rottura è, presso la curia romana, l'animatore del gruppo che prepara la riforma gregoriana; il suo trattato Adversus simoniacos, del 1057 o 1058, denuncia, attraverso !"'eresia simoniaca," l'eccessiva influenza dei poteri laici sulla Chiesa. Ispira la politica di papa Niccolò II che, in occasione del primo Concilio Lateranense nel 1059, promulga 7

il decreto che riserva ai cardinali l'elezione del pontefice sottraendola cosi alle pressioni dirette dei laici. L'imminente riforma gregoriana darà all'Occidente cristiano, cosi povero, barbarico, meschino al confronto con la brillante cristianità d'Oriente, una direzione spirituale che a partire dalla fine del secolo si affermerà aggressivamente nelle Crociate, ufficialmente dirette contro l'infedele musulmano ma che in realtà minacciano anche ( e lo dimostrerà chiaramente la quarta, all'inizio del secolo XIII) gli scismatici bizantini. Nel 1063 la Riconquista cristiana in Spagna assume, per la prima volta, il carattere di una guerra santa: è la prima crociata, sotto l'egida di Cluny e con la benedizione di papa Alessandro II che accorda l'indulgenza ai combattenti cristiani. All'incirca nella stessa epoca nasce il primo genere letterario dell'Occidente medievale, la canzone di gesta che mira ad animare alla crociata la cavalleria occidentale; poco dopo il 1065 dovette essere redatta infatti nella sua forma primitiva la Chanson de Roland. Certo, per molto tempo - sino alla fine, anzi, sino al 1453, per non parlare degli strascichi e delle riprese in epoche piu vicine a noi, dopo la scomparsa di Bisanzio dalla scena politica - tra la parte orientale della cristianità e l'appendice occidentale che se n'è distaccata nel 1054 continua il dialogo; anche se è piu spesso una lite che un pacifico scambio d'idee. Continua, naturalmente, nelle zone di contatto. Benché i Normanni, con la presa di Bari nel 1071, mettano fine alla presenza politica e militare bizantina in Occidente, benché nel XIII secolo siano i piu pericolosi rivali di Bisanzio nel Mediterraneo occidentale, essi rimangono tuttavia largamente permeabili all'influenza di Costantinopoli. Anche se - a differenza di quanto si è per molto tempo sostenuto - i sovrani normanni di Sicilia non hanno preso il basileus bizantino a loro modello ideale e pratico, il regno di Sicilia, Puglia e Calabria (per il quale Ruggiero II ottiene il titolo regale dall'antipapa Anacleto II nel 1130, poi da papa Innocenzo II nel 1138) rimane una porta aperta alla cultura bizantina. Mosaici e portali di bronzo delle chiese dimostrano quanto rimangano prestigiosi i modelli bizantini: tutto bizantino è il famoso mosaico della Martorana a Palermo in cui si vede Ruggiero II, vestito come un basileus, ricevere la corona dalle mani di Cristo. Il greco, con il latino e l'arabo, è la lingua ufficiale della cancelleria sicilia8

na (benché non si debba dimenticare chè nel resto del mondo cristiano occidentale è ignorato dalla massa dei chierici e persino disprezzato da certuni: Roberto di Melun, intorno al 1137 succeduto ad Abelardo nella scuola sulla collina di Santa Genoveffa, attacca energicamente quelli fra i suoi contemporanei che rimpinzano le loro frasi di parole greche e scrivono un latino grecizzato: il "franglais" dell'epoca). Due tra i principali traduttori dal greco in latino nel secolo XIII sono alti funzionari della corte di Palermo, Enrico Aristippo, traduttore di Aristotele, Platone, Diogene Laerzio e Gregorio di Nazianzo, che introduce in Sicilia manoscritti presi a prestito alla biblioteca di Manuele Comneno a Costantinopoli (sul suo esemplare dell'Almagesto di Tolomeo vien fatta verso il 1160 la prima traduzione latina di quest'opera) ed Eugenio di Palermo, che conosce a fondo il greco e l'arabo e non ignora il latino. Gli imprestiti sono talvolta furti puri e semplici. Fedeli alla tradizione dei cristiani che, secondo il celebre detto di Sant'Agostino, devono comportarsi, nei confronti della cultura pagana, come gli Ebrei nei confronti degli Egiziani dei quali avevano utilizzato le spoglie, i Normanni sono in prima fila tra i saccheggiatori di ricchezze bizantine - prefigurando il saccheggio del 1204 Ruggiero II, in occasione della seconda crociata ( 1147), porta da Corinto, Atene e Tebe reliquie, opere d'arte, stoffe e metalli preziosi - ma sono anche abili specialisti in tecniche bizantine: tessitura della seta, tecnica del mosaico. Venezia mantiene sino al 1204 una situazione ambigua per cui, pur agendo in perfetta indipendenza, accetta di passare ancora, negli atti ufficiali, per soggetta di Bisanzio, allo scopo di profittare della liberalità e delle debolezze del basileus: vantaggi commerciali, importazione di manoscritti, di preziosi, di opere d'arte. L'Ungheria è un altro dei terreni su cui Latini e Greci s'incontrano. Proprio come in Italia, dove, ancora a metà del secolo XI, in Roma stessa si mescolano monaci benedettini e monaci basiliani, pare che il re Andrea I d'Ungheria installi fianco a fianco benedettini e basiliani nel monastero di Tihany sul lago 'Balaton; l'iconografia della corona detta "di Santo Stefano," ma probabilmente offerta a re Geza I (1074-1077) dall'imperatore Michele VII Ducas, testimonia che un re, cattolico romano e addirittura vassallo della Santa Sede, ba ancora i suoi modelli in Bisanzio. 9

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Ma la sorgente greco-bizantina continuerà a gettare la sua luce fino ai piu lontani confini occidentali del mondo cristia• no latino: la "Rinascenza del XII secolo" darà molto posto a quello che il cistercense Guglielmo di Saint-Thierry, morto nel 1147, chiamava la luce dell'Oriente: "orientale lumen." Senza dubbio egli pensava soprattutto alla tradizione eremitica egiziana, ma di là brillavano la teologia e il pensiero greci. Cosi, l'enciclopedia teologica scritta, dell'VIII secolo da Giovanni Damasceno (l'booo-t.; cixpt.~ii; 'tl]; ép1}o66çou ~lO"'tEW;, De fide orthodoxa, piu nota nel mondo latino con il titolo De Trinitate) sarà tradotta solo alla .. netà. del XII secolo, prima, parzialmente, in Ungheria, poi per intero da Burgundia di Pisa verso il 115354 (versione migliorata verso il 1235-1240 da Roberto Grossatesta). Ma dal 1155-1160 Pietro Lombardo l'utilizza e la cita in quei Libri sententiarum che diventeranno il manuale degli stu• denti di teologia nelle università del XIII secolo. Questi univer• sitari, compresi i piu grandi maestri - Alessandro di Hales, Alberto Magno, Tommaso d'Aquino - alla metà del XIII secolo hanno a loro disposizione all'università di Parigi un corpus di opere di quel Dionigi Areopagita che, fra il 1150 e il 1250, ha arricchito di commenti, glosse, correzioni, nuove versioni le traduzioni latine fatte nel IX secolo da Sant'Eugenio e Anasta• sio Bibliotecario. Cosi i due grandi teologi greci saranno per i grandi dottori latini del XIII secolo autorità di primo piano. Vi sono persino, presso certi latini, sforzi sinceri di avere contatti fruttuosi con greci vivi al loro tempo; e alcuni periodi in cui se:tnbra delinearsi un ritorno all'unione delle chiese favoriscono tali tentativi. Nel 1136 il premonstratense Anselmo di Havelberg, quando a Costantinopoli discute pubblicamente con Niceta sulla questione del Filioque, nota la presenza di tre eruditi che parlano il greco non meno bene del latino: Burgun• dio da Pisa, Giacomo da Venezia, Mosè da Bergamo. Se certuni - come Roberto di Melun o come Ugo di Fouilloy che, a metà del XII secolo, si rifiuta di usare "espressioni greche, o barbariche e inusitate, che confondono i semplici" - non vogliono sapere di questa "luce orientale," altri in Oc• cidente l'accettano con umiltà. Bisogna ricorrere ai greci, con• ◄

Fig. 1. L'Occidente alla metà dell'XI secolo.

fessa alla fine del secolo XII Alano di Lilla "perché la latinità è povera":

"quia latinitas penuriosa est."

appunto una rivolta di poveri quella che, a metà del secolo XI, distacca l'occidente ancora barbaro dalla sorgente bizantina: di fronte alle ricchezze greche il latino prova ammirazione, invidia, frustrazione, odio. La sua aggressività nei confronti del bizantino è acuita da un complesso d'inferiorità, al quale darà pieno sfogo nel 1204. Ma se la rottura del 1054 poté essere definitiva, ciò fu dovuto al fatto che, per quanto povero nei confronti dell'opulento impero bizantino, il mondo latino possedeva tuttavia risorse materiali e morali sufficienti alla sua indipendenza da Bisanzio, destinata a diventare un mondo estraneo e ben presto una preda. È

LA SECONDA ETÀ FEUDALE

Questa grande svolta interna della storia occidentale è stata definita in un testo celebre da Mare Bloch: "Verso la metà del secolo XI si osserva una serie di trasformazioni, molto profonde e molto generali, senza dubbio provocate o rese possibili dalla fine delle invasioni ma, nella stessa misura in cui erano il risultato di quel grande fatto, in ritardo su di esso di alcune generazioni. Non si tratta certo di fratture, ma di cambiamenti d'orientamento che, nonostante inevitabili ritardi a seconda dei paesi o dei fenomeni considerati, a poco a poco investono quasi tutte le curve dell'attività sociale. Vi furono, in una parola, due successive 'età feudali,' di tonalità molto diversa." La base della "rivoluzione economica della seconda età feudale" è, per Mare Bloch, in quell'intensa attività di popolamento che, dal 1050 al 1250 circa, trasformò la faccia dell'Europa sui confini del mondo occidentale: colonizzazione degli altipiani iberici e della grande pianura di là dall'Elba; nel cuore stesso dei vecchi paesi, le foreste e le terre incolte continuamente rosicchiate dall'aratro; nelle radure aperte in mezzo agli alberi o alla boscaglia, villaggi nuovi che si aggrappano al suolo ancor vergine; altrove, intorno ai centri abitati vecchi di secoli, l'ampliamento dei terreni coltivati sotto la pressio-

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ne irresistibile dei coloni che dissodano terre nuove bruciando i boschi. In un campo limitato ma significativo, Wilhelm Abel ha di recente sottolineato la validità di questa periodizzazione, la realtà di questa "seconda età feudale": "Legati in modo ancora piu stretto al grande sviluppo dell'agricoltura che ha luogo negli ultimi secoli del Medioevo sono i nomi di località con desinenza in '-hagen.' Essi si 'diffondono dal medio Weser, dal territorio di Lippe e dalla valle del fiume Leine in tutte le direzioni, particolarmente verso est. Spesso connessi a particolari statuti e a particolari regolamentazioni giuridiche, essi cominciano intorno al 1100, forse anche già intorno al 1050, e terminano alla fine del grande periodo del dissodamento." Il periodo di fondazione di quei villaggi, fra il 1050 e il 1320-1330, coincide con la "seconda età feudale," in cui si afferma l'originalità occidentale, in cui si forma l'Occidente. Di questa accelerazione, avvenuta alla metà dell'XI secolo, un altro campo dell'attività umana ci offre testimonianza esemplare in quanto in esso si riflettono, insieme al progresso materiale, le trasformazioni sociali e i mutamenti spirituali: parlo dell'arte e piu in particolare dell'architettura. Pierre Francaste!, in un'analisi dell'umanesimo romanico attraverso le teorie sull'arte elaborate nel secolo Xl in Francia, ha scoperto, studiando i grandi movimenti, "l'esistenza di una profonda frattura nell'ideale estetico intorno all'anno 1050." Tale frattura permette di "fissare un punto di partenza allo stile romanico" e "accentua l'importanza storica d'una data già considerata particolarmente degna di nota." Francaste! riconosce l'affermarsi, verso la metà del secolo Xl, di "una volontà nuova di coordinazione delle varie parti dell'edificio cristiano in rapporto alla volta." Non si potrebbe trovare miglior simbolo di quello sforzo di sintesi che, in tutti i campi, informerà l'espansione del mondo occidentale. Per Pierre Francaste! i tre edifici che, fra il 1060 e il 1080, meglio riflettono la nuova tendenza sono Saint Philibert di Tournus, Saint Étienne di Nevers e Sainte Foy di Conques; ma egli dà anche un elenco - succinto - dei grandi edifici religiosi costruiti, almeno negli elementi essenziali, nella seconda metà del secolo XI : in Germania Hirsau, Spira, il gruppo di Colonia; in Inghilterra le chiese normanne costruite dopo la conquista del 1066; in Spagna San !sidro di 13

Le6n, la cattedrale di Jaca, quella di Santiago di Compostella; in Francia, oltre alle tre chiese già citate, Cluny, Saint-Sernin di Tolosa, l'Abbaye-aux-Hommes (Saint Étienne) e l'Abbayeaux-Dames (la Trinité) di Caen, Lessay, Cérisy-la-Foret, SaintBenoit-sur-Loire, la Charité-sur-Loire, Saint-HHaire di Poitiers, Saint-Savin-sur-Gartempe; in Italia il gruppo cattedrale-battistero-campanile di Pisa, San Marco a Venezia, la cattedrale di Modena. La conclusione è che '1 raramente si sono visti aperti simultaneamente tanti grandi cantieri." A proposito di questa "f1:"attura della metà del secolo Xl" s'impongono però due osservazioni. La seconda età feudale non vede la scomparsa di un'economia agricola e di una società rurale davanti a un'economia mercantile e ad una società urbana; né il passaggio ad una economia basata sullo scambio di beni in natura a un'economia monetaria. Il mondo medievale, dopo il 1050 come prima di quella data, rimane un mondo legato alla terra, fonte d'ogni ricchezza e d'ogni potere. Il progresso agricolo, sia quantitativo (dissodamento di nuovi terreni, colonizzazione) sia qualitativo (perfezionamento delle tecniche e miglioramento dei prodotti) è la molla e la base del progresso generale. Ma l'aumento della popolazione, la divisione del lavoro, la differenziazione sociale, lo sviluppo urbano, la ripresa del commercio su scala internazionale che quel progresso rende possibile ne sono la manifestazione simultanea; ed esso si riflette, sia pure con il ritardo proprio dei fenomeni mentali, scientifici e spirituali, anche nella pnascita intellettuale che fa parte di quell'insieme globale e strutturato che è il rapido progresso dell'occidente cristiano. Se gli usatges di Catalogna, il primo codice feudale a noi noto, sono stati redatti tra il 1064 e il 1069, le prime grandi manifestazioni della potenza e dell'impazienza della nuova società urbana sono contemporanee. La carta di franchigia di Huy è dello stesso anno della battaglia di Hastings ( 1066 ). Alla sollevazione dei borghesi di Milano del 1045 terrà dietro il movimento politico-religioso dei patarini; del 1068 è la rivolta comunale di Le Mans, del 1073 e 1074 sono le sollevazioni dei borghesi di Wonns e Colonia. Mentre i Normanni introducono il regime feudale nell'Italia del sud tra il 1047 e il 1091 e in Inghilterra dopo il 1066, a Venezia viene redatto nel 1072 il primo contratto di colleganza, strumento del commercio maritti14

mo precapitalista; nascono le prime gilde ( quella di SaintOmer intorno al 1080). Quando Cluny è all'apogeo, quando compaiono le prime canzoni di gesta, si può già parlare di nascita della cultura urbana; e siamo nella seconda metà del secolo Xl. Non basta riconoscere la contemporaneità e i reciproci legami di fenomeni e strutture troppo spesso descritti come successivi e antagonisti - l'uno cacciato dall'altro - mentre si combattono e intrecciano all'interno d'uno stesso insieme: signori e borghesi, città e domini feudali, cultura monastica e cultura urbana. Bisogna anche sottolineare che se la metà del secolo XI segna una svolta, non segna però un punto di partenza, una nascita o rinascita. Le rinascite si succedono nella storiografia def Medio Evo, di quest'età intermedia che sembra, a leggere gli storici, sforzarsi ad ogni istante di prendere lo slancio per ritrovare, prima, lo splendore passato, quello del mondo greco-romano, e poi superarlo ed eclissarlo a partire dal Rinascimento dei secoli XV e XVI. Una rinascita intellettuale era già stata individuata da molto tempo nel XII secolo; poi se ne cercarono le basi materiali nell'XI secolo, poi nel X; l'espansione demografica e l'espansione rurale si fanno oggi cominciare prima della Rinascita carolingia nel IX secolo, mentre vari indizi preannunciano la fioritura carolingia già nel secolo VIII. Al di là di questi tentativi, a volte un po' scolastici, si profila la realtà di una continuità nel progresso, d'una curva di accrescimento nella quale la metà del XII secolo rappresenta piu un'accelerazione che una partenza. Nei due campi in cui abbiamo cercato le testimonianze di questa svolta storica, si possono addirittura fissare a momenti diversi le date decisive. Nell'ordine delle conquiste rurali, dell'espansione delle colture, per Georges Duby il momento decisivo cade alla metà del secolo XII: "L'attività dei pionieri, per due secoli rimasta timida, discontinua ed estremamente dispersa, verso il 1150 si fa ad un tempo piu intensa e coordinata." Intorno alla stessa data Bernard Slicher van Bath situa il passaggio da un periodo di "consumo agricolo diretto" a una nuova fase di "consumo agricolo indiretto." Anche nella curva dell'accrescimento demografico tracciata da M. K. Bennett l'accelerazione si situa non

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intorno al 1050, ma un sec!Jlo piu tardi. Dal 1000 al 1050 la popolazione europea sarebbe passata da 42 milioni a 46, fra il 1050 e il 1100 da 46 milioni a 48, fra il 1100 e il 1150 da 48 a 50, fra il 1150 e il 1200 avrebbe fatto un balzo da SO a 61 milioni e fra il 1200 e il 1250 si sarebbe ancora accresciuta di 8 milioni passando da 61 a 69. Nel campo dell'architettura, altro settore chiave del "takeoff" medievale, non si può dimenticare la pagina famosa del cronista Raoul Glaber: "Nell'approssimarsi al terzo anno successivo all'anno mille, su quasi tutta la terra, ma specialmente in Italia e in Gallia, si videro restaurare e rinnovare le chiese; benché la maggior parte delle chiese fossero ben costruite e non avessero alcun bisogno di restauri, un vero spirito d'emulazione spingeva ogni comunità cristiana a volere una chiesa piu sontuosa di quella dei vicini. Si sarebbe detto che il mondo stesso si scuotesse per gettar le spoglie della vecchiaia, che rivestisse dappertutto un bianco mantello di chiese. Allora, quasi tutte le chiese delle sedi episcopali, quelle dei monasteri consacrate ad ogni sorta di santi e persino le piccole cappelle dei villaggi furono ricostruite piu belle dai fedeli." E, al livello delle innovazioni tecniche e delle idee artistiche, tutto l'XI secolo è stato definito da Henri Focillon l'età delle "grandi esperienze." Infine nel settore della ripresa commerciale legata allo sviluppo urbano, un documento esemplare suggerisce ancora una periodizzazione che inquadra, anziché dividere, il secolo undecimo: si tratta del famoso tonlieu d'Arras (di cui si ·parlerà piu estesamente nel I capitolo), pervenutoci sotto forma di due tariffe corrispondenti a due fasi di regolamentazione e di adat. tamento all'accelerazione degli scambi. Il primo è degli inizi del secolo Xl, il secondo del principio del XII. La svolta del 1050 non segna dunque un rovesciamento di tendenze ma un cambiamento di ritmo all'interno di un movimento ascendente. Lo stesso Mare Bloch scrive: "Sotto molti rispetti la seconda età feudale vede non tanto il venir meno delle condizioni anteriori quanto il loro attenuarsi." Dobbiamo dunque innanzitutto esaminare queste basi di partenza della cristianità occidentale nei loro aspetti svantaggiosi e nelle loro prospettive di riuscita quali si presentavano verso la metà del secolo undicesimo. 16

PARTE PRIMA L'ESPANSIONE DELL'OCCIDENTE CRISTIANO ( 1060-1180)

1. LE BASI DI PARTENZA

I BARBARI DELL'OCCIDENTE Quando, nel 1096, i Bizantini videro arrivare i crociati occidentali che chiedevano il passaggio per la Terra Santa, provarono alla loro vista e davanti al loro comportamento uno stupore che non tardò a cambiarsi in disprezzo e indignazione. Si trattasse delle orde popolane guidate da Pietro l'Eremita, o della seconda ondata, condotta dai signori feudali - che per di piu ricordavano loro sgradevolmente gli aggressivi normanni d'Italia - i Bizantini non videro che barbari, grossolani, avidi, spacconi : veri selvaggi. Forse gli avventurieri che componevano in maggioranza le bande armate della prima crociata non offrivano l'immagine piu lusinghiera possibile della Cristianità occidentale; eppure i capi- di quella parte del mondo vi vedevano la fine fleur del1'0ccidente. Bisogna dunque riconoscere che l'Occidente cristiano, nella seconda metà del secolo XI, rappresenta soltanto la propaggine estrema ed ancora rozza dell'area di civiltà che si stende dal Mar del Giappone alle colonne d'Ercole. È vero che nello stesso periodo le civiltà orientali passano attraverso crisi politiche e militari rivelatrici di profondi disagi economici e sociali: declino dei Fujiwara in Giappone e ondata di paura collettiva (il popolo crede, nel 1052, alla caduta della legge buddhista), crisi dell'Islamismo orientale, dove il protettorato dei turchi Selgiuchidi a Bagdad (1055), se rafforza l'ortodossia religiosa e la posizione del califfo, accentua però il regresso delle classi medie urbane e rurali; e dal 1051 l'invasione hilaliana nell'Africa del Nord comincia ad operare guasti irreparabili. Alle soglie stesse del mondo cristiano le due grandi sorgenti di civiltà, bizantina e ispano-araba, subiscono un eclisse. Le difficoltà di Bisanzio sono rivelate non soltanto da spettacolari disastri militari (la catastrofe di Manzikert davanti ai Selgiuchidi, nel 1071, annuncia la perdita dell'Asia Minore, e nello stesso anno la presa di Bari da parte dei Normanni di Roberto il Guiscardo segna la perdita dell'Italia e del Mediterraneo occidentale) ma anche da misure interne altrettanto significative per lo storico: la moneta d'oro, divenuta il simbolo della potenza bizantina in Occidente, dov'è chiamata bisante, cioè "bizantino" - e Robert Lopez l'ha definita il dollaro del Medio Evo - subisce sotto Niceforo Botaniate (10781081) la sua prima svalutazione. Niceforo deve abdicare lasciando il posto ad Alessio Comneno, il cui avvento sanziona la vit19

toria dell'aristocrazia "feudale" che precipiterà la decadenza bizantina. Nella Spagna musulmana l'ultimo califfo ommayyade di Cordova, Micham III, è morto nel 1031 e nei ventitré piccoli stati o taifas che si sono divisi il paese regna l'anarchia. Tuttavia lo splendore di queste civiltà rimane abbagliante, in confronto alla mediocrità, alla primitività dell'Occidente cristiano: civiltà urbane di cui si ritrova il fascino nelle canzoni di gesta che l'Occidente comincia a comporre. È, nel Pélerinage de Charlemagne - all'incirca contemporaneo della Chanson de Roland, dunque anteriore al 1100 - la scoperta stupefatta di Bisanzio da parte dell'imperatore e di alcuni suoi nobili compagni; è, nel ciclo della Gesta di Guglielmo d'Orange (Chançum de Willame), la seduzione che esercitano sui cavalieri cristiani le città musulmane: Grange, Narbona, e piu lontano le inaccessibili Cordova e, ancor piu remota, Bagdad. Queste civiltà hanno già prodotto capolavori d'arte, miracoli di abilità tecnica quando in Occidente i primi architetti romanici sono ancora impegnati nei primi tentativi di coprire con volte le navate delle nuove chiese: dalla fine dell'ottavo al principio dell'undicesimo secolo gli artisti di Cordova hanno costruito una moschea degna di rivaleggiare con Santa Sofia di Costantinopoli; e a queste due meraviglie l'Occidente può opporre soltanto abbozzi di piccole dimensioni. Del resto gli occidentali hanno piena coscienza della loro inferiorità. La Chançum de Willame cosi descrive infatti l'esercito raccolto dal re musulmano Deramed: "Ha radunato centomila uomini a Cordova in Spagna e prima di partire tiene una corte plenaria che deve durare quattro giorni. È assiso su un trono d'avorio, su un tappeto di candida seta, in mezzo a una grande spianata. Dietro di lui vien portato il Drago che gli serve d'insegna... Guarda con orgoglio l'immenso esercito che l'attornia. Sono là quaranta popoli condotti da quaranta re: Thiébaut guida gli Estormaranti, Sinagone gli Armeni, Aerofle gli Schiavoni, Harfu gli Unni, Malacra i Negri, Borek i Vaccari, il vecchio Tempesté gli Assassini, il gigante Haucebir gli Ungari. Ma non ve li posso nominare tutti; perché molti sono venuti da paesi di là dall'Occidente, dove nessun cristiano è mai andato. Le loro spade d'acciaio, e i manti, e le selle dorate, e le lance di ferro scintillano al sole, a migliaia ... " 20

UN MONDO POVERO, FATTO DI RADURE E DI CENTRI ISOLATI

In confronto a questo mondo di prodotti rari - ricche stoffe, cuoio lavorato, metalli preziosi e anche, anzi soprattutto, ferro - l'Occidente cristiano è un mondo di materie prime povere. La pietra comincia appena a sostituire il legno nelle costruzioni piu importanti, prima di tutto nelle chiese. Gli abati e vescovi costruttori dell'XI secolo si sentono rivolgere, con la debita sostituzione di materiali, lo stesso elogio che Svetonio faceva ad Augusto per avere trovato Roma di mattoni e averla lasciata di marmo. Il primo laico che possa e osi farsi costruire una casa di pietra è un cittadino di Arras, verso il 1015; l'abate di Saint-Vaast aizza la popolazione contro l'insolente e la casa viene bruciata. Le torri di vedetta in pietra risalgono piu indietro nel tempo (una delle prime è quella di Langeais, del 994) e la loro pianta rivela l'influenza della costruzione anteriore in legno. A dire il vero la sostituzione della pietra al legno comincia soltanto; la cristianità occidentale continuerà per molto tempo ad abitare in dimore di legno. Dopo la vittoria di Hastings ( 1066) Guglielmo il Conquistatore fa si erigere l'abbazia votiva della Batzulle (Battle Abbey) in pietra tratta da una cava nei dintorni di Caen e trasportata dalla Normandia in Inghilterra a spese del tesoro reale; ma il castello destinato a farle la guardia è costruito ancora in legno, e bisognerà aspettare un secolo perché Enrico Il, nel 1171-1172, faccia ricostruire in pietra la "torre di Hastings.'~ Mondo del legno dove il ferro è cosi raro che i fabbri vi rimangono aureolati di quel magico prestigio che attribuivano loro le società germaniche, e i fabbri di villaggio occupano a lungo ·una posizione di privilegio nella società contadina medievale. "Sotto molti rispetti," scrive Bartolomeo Anglico verso il 1260, "il ferro è piu utile all'uomo dell'oro.'' Il legno rimane cosi essenziale che l'architetto sarà chiamato mastro carpentiere quasi tanto spesso quanto mastro muratore e gli si- chiederà competenza in entrambi i campi. Nelle regioni settentrionali dove manca la pietra e i trasporti sono difficili il legno continua a lungo ad essere usato anche per edifici di prestigio come le chiese, e semmai alla pietra si sostituisce il mattone. Si sa quanto a lungo abbiano resistito le chiese di legno, le stavkirken, nei paesi scandinavi e soprattutto in Norvegia, e da Brema a Riga l'architettura in cotto, mu21

tuata dai Paesi Bassi, ha dato alle città anseatiche il loro aspetto monumentale piu tipico. Non bisogna poi dimenticare che anche il legno non s'offre agli architetti del Medio Evo senza proporre loro problemi piu o meno gravi da risolvere. Per ogni costruzione importante, la ricerca del legno piu appropriato alla risoluzione di ogni problema tecnico è un'ardua impresa; riuscire a trovare gli alberi idonei, abbatterli, trasportarli ha talvolta del prodigioso. ' In un testo molto citato dagli storici Sigiero, abate di SaintDenis, cosi racconta il "miracolo" che gli forni le travi necessarie alla costruzione della famosa basilica, alla metà del secolo dodicesimo : "Quando noi ci rivolgemmo per un consiglio ai carpentieri nostri e a quelli parigini per la ricerca di travi di copertura, ci risposero - a mio parere in modo conforme a verità che in questa zona era impossibile trovarne a causa della mancanza di selve, e che bisognava andarle a prendere nel territorio di Auxerre. Tutti si espressero nello stesso senso, e cosi noi eravamo molto abbattuti, in considerazione della difficoltà del compito e della grande perdita di tempo. Ma una notte, tornato a letto dal mattutino, mi misi a riflettere e decisi di andare personalmente nelle nostre selve e percorrerle in lungo e in largo per vedere di risparmiare tempo e lavoro, se si fossero trovati qui i tronchi che ci abbisognavano. Mettemmo da parte tutte le altre faccende e ci affrettammo la mattina presto con i carpentieri e i boscaioli nella selva di !veline. Quando, attraversato il nostro territorio, pervenimmo nella valle di Chevreuse, facemmo chiamare i nostri boscaioli e gente pratica delle altre selve e chiedemmo loro sotto giuramento se colà, non considerando la fatica che ciò ci sarebbe costato, avremmo potuto trovare tronchi della grandezza richiesta. Essi risero meravigliati e si sarebbero volentieri fatti beffe di noi se lo avessero osato; come se noi già non sapessimo che in tutto il circondario non esisteva niente di simile, tanto piu che Milone, il castellano di Chevreuse, che con un altro aveva ottenuto da noi il possesso di metà della selva, non aveva lasciato in piedi nemmeno uno di tali alberi, per erigere bastioni e torri di difesa. Ma noi non ascoltammo i loro discorsi e cominciammo fiduciosi a percorrere la selva; in capo a un'ora trovammo un tronco di dimensioni sufficienti. E poi? In nove ore, o forse

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meno, scoprimmo nell'oscuro sottobosco e tra le spinose sterpaglie della selva, con stupore di tutti, e soprattutto della gente del luogo, dodici tronchi, ossia esattamente il numero richiesto. Quando furono portati alla santa basilica, ne facemmo coprire con giubilo il nuovo edificio, in lode e gloria di nostro Signore Gesu che li aveva salvati dalla mano dei depredatori, riservandoli a se stesso e ai santi martiri." Qual era, in sostanza, la realtà fisica dell'Occidente alla metà dell'undicesimo secolo? Una specie di negativo geografico del mondo musulmano. Qui un mondo di steppe e di deserti costellato di oasi e zone boscose - la piu vasta è il Magreb - , là un mantello di foreste interrotto da sparse radure in cui si insediano comunità isolate - città embrionali nutrite a stento dal magro contorno di colture, villaggi, castelli, monasteri - , con scarsi rapporti reciproci affidati sia a strade mal tenute, dal tracciato spesso mutevole, esposte agli attacchi di banditi d'ogni estrazione sociale (usciti dalla classe aristocratica o da quella popolare), sia soprattutto a corsi d'acqua che interrompono il tappeto di foreste. Quest'onnipresenza della foresta si ritrova nella letteratura. Un cinghiale inseguito da Guglielmo d 'Grange e dai suoi compagni lo porta da Narbona a Tours "attraverso i boschi." La città è tutta cinta dalla foresta: "Quando arrivano all'orlo della foresta davanti a Tours, Guglielmo ordina di fermarsi al riparo degli alberi ... Scende la sera, si chiudono le grandi porte della città. A notte fonda Guglielmo lascia al margine del bosco quattrocento cavalieri, duecento ne prende con sé... Giunge al fossato, e grida alla guardia: 'Apri la porta, abbassa il ponte' ... " Del resto non si trattava sempre di foreste di piante d'alto fusto. Non soltanto ampie zone, soprattutto nelle regioni settentrionali, erano - a causa del clima e della natura del suolo - il regno della steppa e delle paludi, ma anche altrove quegli stessi fattori geografici o le conseguenze di colture incomplete e temporanee dopo il Neolitico avevano fatto arretrare la foresta davanti alla macchia. Si è visto con quanta difficoltà Sigiero trovasse una vera foresta. Tuttavia, anche sulle soglie di questa età che sarà per l'Occidente cristiano un periodo di dissodamenti, di conquista di terre vergini - ma nella quale arretreranno le praterie, le paludi e le macchie piu che le vere foreste - . bisogna insistere su 23

questo predominio medievale della foresta. Essa rimarrà lo sfondo naturale e psicologico sul quale s'inquadrerà la vita della cristianità medievale d'Occidente. Regno del pericolo, di dove escono le belve e gli uomini - soldati e banditi, peggiori delle stesse belve - ma anche rifugio per i cacciatori, gli eremiti, gli amanti, gli oppressi. Limite sempre avvertito della prosperità agricola contro il quale lottano i difficili progressi delle colture, ma anche mondo di ricchezze a portata di mano: ghiande e foglie per il nutrimento e lo strame degli animali domestici, legno e carbone di legna, miele selvatico, selvaggina. Il cronista - Gallus anonymus - che al principio del XII secolo descrive la Polonia, immagine dai tratti appena un po' caricati di tutta la cristianità occidentale, ci dice come la foresta sia per questa terra una presenza per un verso opprimente, per l'altro benefica. "Questo paese, benché sia molto boscoso, è ben provvisto d'oro e d'argento, di pane e di carne, di pesce e di miele." E aggiunge: "L'aria è salubre, la terra fertile, la foresta ricca di miele ... " Il valore economico della foresta riflette in tutta la Cristianità, il primitivismo d'un'economia in cui la raccolta gioca ancora una parte tanto importante. E quanti terrori, quante gioie degli uomini del Medio Evo, dal secolo XI al XIV, sono venuti dalla foresta, l'hanno avuta per quadro! Quanti vi si perdono e vi si ritrovano, come Berta dal gran piè o Tristano e Isotta, quante paure e quanti incanti vi han fatto battere il cuore degli uomini, nella "bella foresta" dei Minnesanger e dei Goliardi, nella "selva oscura" di Dante ...

IMPOTENZA DI FRONTE ALLA NATURA: INEFFICIENZA TECNICA

Il piu grave fattore di impotenza dell'uomo del secolo XI di fronte alla natura non sta nella sua dipendenza dalla foresta, nella quale si insinua piu che non la sfrutti, e in cui i suoi poveri strumenti - la sua principale arma d'attacco è l'accetta curva, piu efficace contro gli arbusti che contro i grossi rami e i tronchi - lasciano appena il segno. Quell'impotenza risiede soprattutto nell'incapacità di trarre dal suolo un nutrimento sufficiente per quantità e qualità.

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La terra è infatti la realtà fondamentale dell'Occidente cristiano nel Medio Evo. In un'economia essenzialmente di sussistenza, dominata dalla semplice soddisfazione dei bisogni alimentari, la terra è la base dell'economia, è, quasi, tutta l'econmnia. Dall'epoca carolingia il verbo latino che esprime l'idea del lavoro, laborare, significa essenzialmente lavorare la terra, rivoltarla. Fondamento della vita economica, la terra è la base della ricchezza, del potere, dèl prestigio sociale. La classe dominante, che è un'aristocrazia militare, è nello stesso tempo la classe dei grandi proprietari terrieri. Vi si entra ricevendo in eredità o per benevola concessione d'un superiore un dono, un beneficium, un feu_do; cioè, essenzialmente, un tratto di terra. Ed è una terra ingrata. L'inefficienza degli utensili impedisce di scavarla, di rivoltarla, di dissodarla abbastanza energicamente, abbastanza a fondo da renderla fertile. Lo strumento piu primitivo, l'antico aratro (francese araire, latino aratrum, fiammingo eergetouw, danese ard, slavo aralo, alto tedesco erling) in legno, simmetrico, senza ruota, che scalfisce appena la terra, è ancora largamente utilizzato anche al di fuori della zona mediterranea dove si adatta alla natura del rilievo e del suolo leggero. L'aratro a ruote (latino carruca, germanico Pflug, parola d'origine misteriosa passata nelle lingue slave, nelle quali il vocabolario paleoslavo rivela l'impiego di questo strumento prima del VI secolo), che si diffonde soprattutto a nord della zona mediterranea, rimane embrionale e la debolezza della trazione per mezzo dei buoi, ch'è ancora generale, non permette di trame tutto il partito possibile. Si aggiunga l'insufficienza del concime, che rende necessaria ogni sorta d'espedienti: pagamento di canoni in letame che i signori esigono o sotto forma di "mastelli di letame" o sotto forma di obbligo, da parte dei contadini, di tenere per un certo numero di giorni le mandre e le greggi sui terreni padronali, affinché vi lascino gli escrementi; ricorso alle ceneri di prunaie e di erbe bruciate, alle foglie imputridite, agli steli dei cereali che per questa ragione il contadino taglia a metà altezza o ancora piu vicino alla spiga. Tutto questo spiega il basso rendimento delle colture. In uno dei rari casi in cui è stato possibile calcolare tale rendimento prima del XIII secolo per colture di frumento su proprietà borgognone di Cluny nel 1155-56 - le cifre oscil25

lana fra il doppio e il quadruplo e pare che prima del 1200 la media si aggirasse sul 3,1 ò poco piu del 3 (fra il 1750 e il 1820 l'Europa del nord-ovest raggiungerà un indice di rendimento del 10,6). E ancora, la terra non produce questi risultati se non le si dà il tempo di riposare; il che equivale a dire che anche sulle superfici coltivate buona parte dei terreni rimane incolta, tenuta a maggese. Il piu delle volte il terreno arabile è ogni anno diviso in due parti pressappoco eguali delle quali una sola dà un raccolto. Ogni campo dà dunque un solo raccolto ogni due anni : nel secolo XI la rotazione biennale è la regola in Occidente. Molte terre, poi, non possono sostenere neppure questo ritmo di produzione e dopo qualche anno devono essere abbandonate. In sostituzione, altre terre sono conquistate alle colture mediante incendi; l'agricoltura è dunque divoratrice di spazio, estensiva, seminomade. Chiaro che, in simili condizioni, l'inclemenza del tempo si traduce in una catastrofe. Un cattivo raccolto dovuto a piogge eccessive, gelo, siccità, oppure a malattie di piante o attacchi di insetti, fa scendere i raccolti al di sotto del minimo di sussistenza; per l'uomo del secolo XI la carestia è una minaccia sempre presente. Spesso si tratta di carestie generali. Ma anche quando sono localizzate in una regione, difficilmente le popolazioni vi trovano rimedio, perché la debolezza dei rendimenti impedisce la costituzione di importanti riserve di cibo e l'importazione di generi alimentari da una regione piu fortunata trova ostacolo in quella stessa esiguità dei rendimenti, e quindi delle eccedenze, e piu ancora - oltre che nell'egoismo e nello spirito particolaristico - in un'altra deficienza tecnica: la difficoltà e l'insufficienza dei trasporti. Il 1005-6, il 1043-45, il 1090-95 sono altrettante annate di carestia generale o quasi; la ripetizione di cattivi raccolti per due o tre o piu anni ha effetti catastrofici. Ma negli intervalli fra questi cataclismi comuni non v'è quasi anno in cui un cronista non segnali, qua o là, la desolazione locale o regionale della fame. Sé usciamo dal campo dell'economia rurale troviamo soltanto un'attività economica superficiale, che interessa un ristretto numero di uomini, quantità esigue, esigui valori. I bisogni non alimentari sono soddisfatti quasi interamente 26

nell'ambito del gruppo familiare o della comunità contadina: il contadino stesso, le donne, piu raramente un artigiano specializzato - come il fabbro del villaggio - costruiscono le case, confezionano le vesti, fabbricano gli utensili domestici e gli strumenti agricoli essenziali, gli uni e gli altri per la maggior parte in legno o terracotta. Nelle città, che contano pochi abitanti, pochi sono anche gli artigiani; lo stesso dicasi dei mercanti, che commerciano solo in prodotti di prima necessità ( come il ferro) o di lusso: stoffe preziose, oreficerie, avori, spezie. Tutto questo .richiede poco denaro. L'Occidente non batte piu monete d'oro; la sua economia potrebbe essere definita "naturale," tanto poca è la parte che vi ha il denaro. A questo stato primitivo dell'economia corrisponde una organizzazione sociale egualmente primitiva che paralizza lo sviluppo economico nella stessa misura in cui è a sua volta condizionata dal primitivismo della tecnologia e dell'economia. A partire all'incirca dall'anno mille si afferma sempre piu, tra i chierici che descrivono questa società, la tendenza a vederla secondo un modello nuovo, come una società tripartita. "La casa di Dio," scrive verso il 1016 il vescovo Adalberone di Laon, rivolgendosi al re Roberto il Pio, "è divisa in tre: chi prega, chi combatte, chi lavora." Lo schema, facile da ricordare nella sua forma latina - oratores, bellatores, laboratores - distingue dunque il clero, i cavalieri, i contadini: immagine senza dubbio semplificata, ma che tuttavia corrisponde grosso modo alla struttura effettiva della società. Il clero - in seno al quale si distinguono volentieri, all'epoca carolingia, due categorie: chierici e monaci - ha sempre piu chiara coscienza della propria unità di fronte ai laici. All'interno della gerarchia feudale dei signori e dei vassalli l'aristocrazia laica si va organizzando in una classe strutturata, e il carattere militare di essa si rivela nella terminologia; la parola miles (guerriero, cavaliere) "incontra un particolare successo nell 'XI secolo." Infine la massa dei laboratores, che è una massa contadina, subisce per parte sua un'unificazione che è il riflesso delle condizioni giuridiche e sociali: servi e franchi tendono a confondersi, nella loro situazione concreta, nel gruppo dei dipendenti d'un dominio feudale, di co-

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loro che si cominciano a chiamare, indistintamente, villani o manenti. Teoricamente le tre classi sono complementari, si forniscono reciproco aiuto, formano un tutto armonioso: "Queste tre parti coesistenti," scrive Adalberone di Laon, "non ammettono d'essere disgiunte, i servigi resi dall'una sono la condizione perché le altre due possano svolgere l'opera loro; ognuna per parte sua si sforza di recar beneficio al tutto. Cosi, questo triplice insieme rimane uno ... " Visione ideale e idealizzata, che la realtà s'incarica di smentire. Adalberone è del resto il primo a riconoscerlo: "L'altra classe [ dei laici] è quella dei servi : questa gente disgraziata non possiede nulla che non sia al prezzo della sua fatica. Chi potrebbe, l'abbaco in mano, fare il conto delle fatiche dei servi, delle loro lunghe marce, dei loro duri lavori? Denaro, vesti, cibo, i servi forniscono tutto a tutti. Non v'è uomo libero che potrebbe mantenersi in vita senza i servi. C'è un lavoro da eseguire? Ci si vuol mettere in grandi spese? Vediamo re e prelati farsi servi dei loro servi, il padrone è nutrito dal servo ch'egli crede, o finge di credere, di nutrire. E il servo non vede la fine delle sue lacrime e dei suoi sospiri." Al di là di queste effusioni sentimentali e moralistiche una realtà appare chiara: che la struttura sociale non solo offende la giustizia ma oppone gravissimi ostacoli al progresso. L'aristocrazia ( e ciò vale per quella ecclesiastica come per quella laica) monopolizza la terra e la produzione. Rimane, senza dubbio, un certo numero di terre senza signore, di allodi. Ma i beneficiari di questi dipendono economicamente e socialmente dai potenti che controllano la vita economica e sociale. E questi potenti sfruttano quanti sono loro soggetti in un modo essenzialmente sterile e sterilizzante. Le proprietà terriere sono normalmente divise in due parti, una sfruttata direttamente dal feudatario grazie soprattutto all'aiuto della manodopera servile che gli deve prestazioni in lavoro (le corvées ), l'altra concessa in sfruttamento ai contadini - servi o liberi - che in cambio della protezione del signore e di questa concessione di terra gli devono canoni in lavoro nel primo caso, in natura o in denaro in entrambi. Questo prelevamento da parte del signore, che costitusice la rendita feudale, lascia alla massa contadina il minimo indispensabili;! per sopravvivere. La

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stragrande maggioranza dei "villani," disponendo di un appezzamento di terra che rende ·soltanto lo stretto necessario per la sussistenza d'una famiglia (era, nell'epoca precedente, il manso, nel VII secolo definito da Beda terra unius familiae), è nell'impossibilità pratica di costituire delle scorte, di mettere da parte un'eccedenza. Il piu grave è che a questa impossibilità per la massa contadina di disporre di eccedenze corrisponde la dilapidazione di esse da parte della classe aristocratica che se le accaparra. Infatti, dei profitti della loro proprietà i signori - una volta messe da parte le sementi - non "reinvestono" quasi nulla: consumano soltanto, dissipano. Genere di vita e mentalità si combinano infatti per imporre a questa classe spese improduttive. Per mantenere la propria posizione sociale devono unire il prestigio alla forza; il lusso delle dimore, delle vesti, dell'alimentazione consuma i proventi delle rendite feudali. Il disprezzo per il lavoro, l'assenza di una mentalità "tecnologica" portano i membri della classe aristocratica a vedere nelle manifestazioni e nei prodotti della vita economica soltanto possibili prede. Al bottino della rendita feudale essi uniscono i prelevamenti su tutte le attività commerciali su cui riescono a mettere le mani: tasse sui mercati e le fiere, pedaggi e dazi sulle mercanzie. Le due tariffe del tonlieu d'Arras (principio del secolo Xl - principio del XII) percepite dall'abate di SaintVaast comprendono una tassa sulle mercanzie, pagata sia dal venditore sia dal compratore, un diritto di esposizione per avere un posto al mercato, un diritto di peso e misura con impiego obbligatorio dei pesi e delle misure dell'abate, un'imposta sul trasporto. Il pagamento avviene parte in denaro, parte in natura per gli oggetti, non prodotti dall'abbazia (sale, ferro, oggetti in ferro: falci, pale, coltelli). A tutto ciò bisogna aggiungere i danni legati alle occupazioni "professionali" dell'aristocrazia: la guerra e la caccia. Se si guarda il documento eccezionale rappresentato per la fine del secolo XI dal ricamo-tappezzeria di Bayeux, la cosiddetta "tapisserie de la reine Mathilde" - racconto per immagini della conquista dell'Inghilterra da parte dei Normanni nel 1066 - si vede come lo sbarco sia seguito da un grande banchetto benedetto dal vescovo e come la campagna sia inaugurata con l'incendio di una casa. La guerra medievale è sistematicamen-

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te distruttiva in quanto lo scopo che ci si propone è intaccare la potenza economica e sociale dell'avversario ( con l'incendio e la distruzione dei raccolti, degli edifici, dei villaggi), piu che piegarlo militarmente. Il "costo economico della violenza" era assai alto nell'Occidente medievale. L'azione della Chiesa, se in genere si esercita con mezzi non violenti, non è meno paralizzante. Le decime che essa esige soprattutto sui prodotti della terra e sul bestiame, ma anche sull'insieme dei prodotti dell'attività economica, sono un peso piu greve di qualsiasi altra esazione. Il disprezzo ch'essa insegna - senza metterlo sempre in pratica - per le attività terrene, la vita activa, rafforza la mentalità anti-economica. Il lusso di cui circonda Dio ( ricchezza degli edifici che esigono materiali da costruzione e manodopera in misura sproporzionata alle condizioni normali, oggetti preziosi, fasto delle cerimonie) assorbe troppa parte dele misere risorse della cristianità medievale. Tradizionalmente i grandi abati del secolo XI sono elogiati dai cronisti e agiografi per l'interesse da loro manifestato per l'opus aedificiale: per l'opera di costruzione e ornamentazione delle chiese. Cosi l'austero san Pier Damiani come Iotsaldo, nella loro vita di Sant'Odilone, abate di Cluny, morto nel 1049, mettono al primo posto fra i titoli di merito del santo il "glorioso zelo nel costruire, restaurare e ornare gli edifici dei luoghi santi." E sant'Ugo, abate di Cluny dal 1049 al 1109, Desiderio, abate di Montecassino dal 1058 al 1087, sono famosi sin dal loro tempo come promotori di due stupende opere architettoniche. Ma questo lusso suscita già alcune reazioni; nel 1035 gli eretici di Arras negano che il culto abbia bisogno di edifici particolari, e all'interno della Chiesa stessa san Bruno veglia a che il monastero della Grande Chartreuse sia il piu sobrio possibile. Per appianare i conflitti in seno a questa società primitiva sarebbe occorso uno stato forte. Ma il regime feudale ha dissolto lo stato e con immunità e usurpazioni fa passare la maggior parte del potere pubblico nelle mani dei signori feudali. La Chiesa, che partecipa anch'essa all'oppressione delle masse, è d'altra parte ancora in potere dei laici, cioè dell'aristocrazia feudale, che nomina curati, abati, vescovi, e li investe a un tempo stesso delle loro funzioni religiose e dei loro feudi. La stessa autorità imperiale e reale è in parte complice, in parte 30

impotente: complice perché l'imperatore e i re sono al vertice della piramide gerarchica feudale; impotente perché, quando imperatore e re vogliono imporre la loro volontà, non hanno né le risorse finanziarie né i mezzi militari sufficienti, l'essenziale provenendo dalle rendi te delle loro proprietà terriere e dalla forza militare dei vassalli della corona. Esiste a questo proposito un aneddoto assai significativo. Secondo il cronista Giovanni di Worcester, nel 1130 re Enrico I d'Inghilterra, in Normandia, ebbe un incubo: vide successivamente le tre categorie della società minacciarlo, prima i contadini con i loro arnesi di lavoro, poi i cavalieri con le armi, infine i vescovi e gli abati con i loro pastorali. "Ecco che cosa fa paura a un re vestito di porpora, la cui parola, secondo Salomone, dovrebbe terrorizzare come il ruggito del leone." Il fatto è che, secondo le teorie dell'epoca che influenzano profondamente le mentalità, questa struttura sociale è sacra, di natura divina. Le tre categorie sono "ordini" che emanano dalla volontà divina: ribellarsi contro questo ordinamento sociale è ribellarsi a Dio.

CALAMITA E PAURE Sempre minacciata dalla carestia, la massa oppressa dei cristiani dell'XI secolo vive in uno stato di miseria fisiologica particolarmente pietoso nelle classi inferiori della società. La fame, la cronica sottoalimentazione favoriscono malattie come la tubercolosi, il cancro, le malattie della pelle, determinano una spaventosa mortalità infantile, propagano le epidemie. Il bestiame non ne è immune e le epizoozie aggravano la scarsità dei mezzi di sussistenza e, indebolendo la forza di lavoro animale, portano alle estreme conseguenze la situazione di grave malessere. Raoul Glaber scrive che durante la grande carestia del 1032-1033, "dopo aver mangiato le bestie selvatiche e gli uccelli, gli uomini si misero, sotto la sferza di una fame divorante, a raccogliere per mangiarle ogni sorta di carogne e di cose orribili a dirsi. Certi per sfuggire alla morte ricorsero alle radici delle foreste e alle erbe. Una fame rabbiosa spinse gli uomini a cibarsi di carne umana. Viaggiatori erano rapiti da uo31

mini piu robusti di loro, le loro membra troncate, cotte sul fuoco, divorate. Molte persone che si trasferivano da un luogo all'altro per fuggire la carestia e lungo il cammino avevano trovato ospitalità furono sgozzate durante la notte e servirono di cibo a coloro che le avevano accolte. Molti, mostrando un frutto o un uovo a qualche bambino, lo attiravano in luoghi appartati per massacrarlo e divorarlo. In molti posti i corpi dei defunti furono strappati alla terra e anch'essi servirono a placare la fame. Nella regione di Màcon molti traevano dal suolo una terra bianca simile ad argilla, la mescolavano con quel tanto di farina o di crusca che avevano e con questo miscuglio facevano pani grazie ai quali contavano di non morir di fame; pratica che peraltro dava soltanto una speranza di salvezza e un sollievo illusorio. Non si vedevano che visi pallidi ed emaciati; molti avevano la pelle tesa da gonfiori; le voci stesse erano diventate esili, simili al fioco grido di uccelli morenti..." Racconti analoghi si trovano in tutti i cronisti dell'epoca. Dal 1066 al 1072, secondo Adamo di Brema, "la fame regnò a Brema e sulle piazze pubbliche si trovarono molti poveri morti di fame." Nel 1083 in Sassonia "l'estate fu ardente; molti bambini e vecchi morirono di fame nella Ruhr." Nel 1094, secondo la cronaca di Cosma, "vi fu una grande mortalità, soprattutto nei paesi germanici. I vescovi che tornavano da un sinodo a Magonza, passando da Amberg non poterono entrare a celebrar la messa nella chiesa parrocchiale, sebbene ampia, perché tutto il pavimento era coperto di cadaveri ... " La segale cornuta, un parassita della segale e di altre graminacee, apparso in Occidente alla fine del X secolo, scatena terribili epidemie di erpete zoster, il "fuoco sacro" (ignis sacer) o "fuoco di Sant'Antonio," ehe imperversa nel 1042, 1076, 1089, 1094. Nel 1089, scrive il cronista Sigeberto di Gembloux, "a molti le carni cadevano a brani, come li bruciasse un fuoco sacro che divorava loro le viscere; le membra, a poco a poco rose dal male, diventavano nere come carboni. Morivano rapidamente, fra sofferenze atroci, oppure continuavano, privi dei piedi e delle mani, un'esistenza peggiore della morte; molti altri si torcevano in convulsioni nervose." Questi choc fisici si lasciano dietro turbe mentali e sensoriali. Dappertutto si moltiplicano i segni annunciatori di calamità. 32

Nel 1033, secondo Raoul Glaber, "il terzo giorno delle calende di luglio, ventottesimo giorno della luna, si produsse un'eclissi od oscuramento del sole che durò dalla sesta ora del giorno all'ottava e fu veramente terribile. Il sole prese il colore dello zaffiro e portava nella sua parte superiore l'immagine della luna nel primo quarto. Guardandosi l'un l'altro gli uomini si vedevano pallidi , come morti. Le cose sembravano tutte immerse in un vapore color zafferano. Allora uno stupore, un immenso spavento s'impadronirono del cuore degli uomini. Quello spettacolo, essi lo capivano bene, era il presagio di qualche spaventoso disastro che stava per abbattersi sul genere umano ... " L'inverno 1076-77, secondo un cronista, fu cosi rigido in Gallia, in Germania e in Italia che "le popolazioni di molte regioni tremavano per la paura che tornasse l'epoca terribile in cui Giuseppe fu venduto dai fratelli, cacciati in Egitto dalla carestia e dalla fame ... " Epoca delle grandi paure collettive, l'XI secolo è quello in cui il diavolo prende posto nella vita quotidiana dei cristiani d'Occidente. "Alle vicissitudini di ogni genere," scrive ancora Raoul Glaber, "alle diverse catastrofi che stordivano, sgomentavano, abbrutivano quasi tutti i mortali, si aggiungevano le malefatte degli spiriti maligni..." Si moltiplicano le apparizioni del diavolo, che Raoul Glaber ha visto con i suoi occhi sotto la forma di un uomo piccolo, orribile ... , con il collo sottile, il viso emaciato, occhi nerissimi, fronte solcata da mille rughe, narici sottili, bocca prominente, labbra spesse, mento aguzzo e insieme sfuggente, barba da caprone, orecchie pelose e appuntite, capelli arruffati e irsuti, denti di cane, cranio a punta, petto gonfio, una gobba sul dorso, le natiche frementi..." In questo secolo la paura collettiva si alimenta dalle visioni apocalittiche che la nascente arte romanica moltiplica. In questo abbrutimento, per riprendere il termine di Raoul Glaber, gli uomini trovano rifugio e speranza solo nel soprannaturale. Cresce la sete di miracoli, s'intensifica la caccia alle reliquie e l'architettura romanica offre alla devozione dei fedeli tutto ciò che può favorire questa pietà avida di vedere e toccare: altari numerosi, cappelle e deambulatori. La fioritura intellettuale dell'epoca carolingia, ambiziosa nonostante i suoi limiti, della quale Gerbert di Aurillac è sta33

to l'ultimo grande testimone, lascia il posto ad una letteratura piu immediatamente utilizzabile di fronte al pericolo: opere liturgiche e devote, cronache piene di superstizioni. Di fronte a tanti pericoli evidenti, a segni cosi'. chiari, sarebbe follia dedicare le proprie energie alle scienze profane. Il disprezzo del mondo, il "contemptus mundi," trova eloquente espressione nelle pagine di Gerardo di Czanad (m. 1046 ), Otloh di SaintEmmeran (1010-1070), e soprattutto di Pier Damiani (10071072): "Platone scruta i segreti della natura misteriosa, fissa limiti alle orbite dei pianeti, calcola il corso degli astri; io lo respingo con disprezzo. Pitagora divide in latitudini la sfera terrestre: a me ben poco ne importa ... Euclide medita sui complicati problemi delle sue figure geometriche: anche di lui non so che farmi. Quanto a tutti i retori con i loro sillogismi, i loro sofistici cavilli, li squalifico come indegni..." La scienza monastica ripiega su posizioni mistiche. La scienza profana è ai primi passi, ai balbettamenti dell'infanzia; nonostante Fulberto (morto nel 1028), l'età aurea della scuola episcopale di Chartres è ancora di là da venire. Anche nell'Italia del Nord, dove pure Pavia e Milano sono senza dubbio i centri culturali piu vivi del tempo (" in Longobardia est fons sapientiae," dichiara, iperbolico, Ademaro di Chabannes) l'attività intellettuale è fiacca; del suo principale rappresentante alla metà dell'XI secolo, Anselmo da Besate detto il Peripatetico, autore di una Rhetorimachia, si è potuto dire che giustificava ad usura l'accusa di puerilità mossa a lui e ai suoi colleghi. In tutti i campi l'Occidente cristiano rivela, alla metà dell'XI secolo, debolezze strutturali e gravi deficienze di base: una tecnica e un'economia arretrate, una società dominata da una minoranza· di sfruttatori e dilapidatori, fragilità dei corpi, instabilità emotiva, primitivismo degli strumenti intellettuali, predominfo di un'ideologia che predica il disprezzo del mondo e della scienza profana. E certo queste caratteristiche essenziali si manterranno per tutto il periodo che stiamo per considerare, e che è pur tuttavia l'età di un risveglio, di uno sviluppo, di un progresso.

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I PUNTI DI FORZA DELL'OCCIDENTE

Di questo sviluppo si possono scoprire i primi segni e cogliere l'inizio già nel decennio 1050-1060. Se presenta numerose debolezze e deficienze, l'Occidente cristiano medievale dispone anche di stimolanti e di punti di forza. Li analizzeremo e li vedremo all'opera nella prima parte di questo libro; e fin d'ora dobbiamo segnalarli. Il piu spettacolare è l'espansione demografica. Da molti indizi ci è dato vedere che nella prima metà del secolo XI la popolazione occidentale è in continuo aumento. La durata di questa tendenza dimostra che la vitalità demografica è tale da compensare ampiamente sia le perdite dovute all'endemica fragilità costituzionale sia le ecatombi operate dalle epidemie e dalle carestie; ma il fatto piu importante e piu favorevole è che lo sviluppo economico è piu rapido di quello demografico, la produttività della popolazione superiore al suo consumo. Alla base del progresso dell'Occidente sta infatti un insieme di progressi dell'agricoltura ai quali è stato dato, non senza qualche esagerazione, il nome di "rivoluzione agricola." Miglioramenti dell'attrezzatura (aratro a ruote, utensili in ferro), dei metodi di coltura (avvicendamento triennale), aumento delle superfici coltivate (dissodamento di terre vergini), aumento della forza di lavoro animale ( sostituzione del cavallo al bue, introduzione d'un nuovo sistema d'attacco degli animali da tiro) determinano un aumento dei rendimenti e un miglioramento sia quantitativo sia qualitativo dei regimi alimentari. Al progresso agricolo si aggiunge quello artigianale e potremmo dire, per alcuni settori, industriale. Già nel secolo XI esso è particolarmente brillante nel settore edilizio. La costruzione di tante chiese (il "bianco mantello" di cui parla Raoul Glaber) porta con sé la messa a punto di tecniche d'estrazione e di trasporto, il perfezionamento degli utensili, la mobilitazione di grandi masse operaie, la ricerca di grossi finanziamenti; è un incitamento allo spirito d'iniziativa, di perfezionamento, di scoperta; determina, su certi grandi cantieri (chiese, castelli), la mobilitazione di un eccezionale complesso di mezzi tecnici, economici, umani, intellettuali. Non sono però questi, forse, i principali centri d 'attrazione; non di qui trae forza il movimento d'espansione. I surplus demografici ed economici permettono la formazione

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e lo sviluppo di centri di consumo: le città. Certo è il progresso agricolo che consente e alimenta lo sviluppo urbano; ma quest'ultimo crea cantieri dove si svolgono esperienze decisive: tecniche, sociali, artistiche, intellettuali. La divisione del lavoro che vi si verifica porta con sé la diversificazione dei gruppi sociali e dà· alla lotta delle classi un impulso nuovo, altro fattore di progresso. La comparsa di eccedenze di prodotti in agricoltura, lo sviluppo di centri di consumo aumentano l'importanza della moneta nell'economia, e a loro volta questi progressi dell'economia monetaria trasformano profondamente le strutture economiche e sociali. Essi determineranno l'evoluzione dell'economia feudale. Dopo una lunga fase di sviluppo e di adattamento del mondo feudale a queste condizioni nuove, alla fine del XIII secolo e nel XIV scoppierà una crisi da cui uscirà il mondo moderno precapitalista. La storia delle trasformazioni della società cristiana medievale fra il primo risveglio e la crisi finale è l'argomento di questo libro. Nel 1Q60 il nuovo mondo occidentale è già nato in almeno due zone della cristianità: nel nord-ovest, nella bassa Lotaringia e in Fiandra, dove si osservano peraltro solo due delle sue manifestazioni spettacolari, e cioè i successi iniziali del movimento sociale e urbano con la concessione delle franchigie di Huy (1066) e i primi capolavori dell'arte della Mosa. Va sottolineato che questa fioritura tocca tanto i centri monastici tradizionali quanto quelli urbani in espansione. Accanto alla scuola episcopale di Liegi, dominata dalla personalità del vescovo Wazone (morto nel 1048), alle officine di Huy e di Dinant, le abbazie - in molti casi urbane - di Lobbes, Waulsort, Stavelot, Saint-Hubert, Gembloux, Saint-Trond, Saint~Jacques e Saint-Laurent di Liegi e, sui margini, Saint-Vanne di Verdun e Garze, traversano il momento di massimo splendore. Va subito detto che sarebbe sterile e falso contrapporre troppo nettamente aspetti di civiltà che, se appartengono gli uni alla tradizione e gli altri all'avvenire, sono però trascinati in un medesimo slancio, sono due facce di uno stesso fenomeno, della bifronte cristianità medievale. Nel Mezzogiorno del mondo cristiano occidentale, un altro centro d'espansione e di movimento è nell'Italia del Nord, dove i tumulti di Milano fra il 1045 e il "1059 (rivolta dei borghe36

si e rivolta dei Patarini) rivelano, mediante l'attacco alle strutture politiche e alle pratiche religiose, la nascita di un'economia, di una società, di una mentalità nuove. Sulle coste italiane i primi successi di Venezia, Genova, Pisa e Amalfi completano quest'impressione sottolineando la parte che il commercio su grande scala comincia a giocare nella metamorfosi dell'Occidente. Il sincronismo dei due fenomeni, nel Nord e nel Mezzogiorno, dimostra anche che, se le pianure settentrionali - principale teatro dello sviluppo demografico e del progresso agricolo - giocheranno una parte di primo piano nella storia della cristianità occidentale, accentuando lo spostamento verso nord dei centri motori dell'Occidente, il mondo mediterraneo è ben lontano dall'aver perduto la sua importanza. In tutto l'Occidente cristiano infine, dalle Asturie alla Scandinavia, alla Polonia, all'Ungheria, si manifesta la forza creatrice del nuovo mondo che sta nascendo: l'arte romanica.

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2. ASPETTI E STRUTTURE ECONOMICHE

L'espansione dell'Occidente nella seconda metà del secolo XI e nel XII si afferma su tutti i fronti, e tra le forme che assume è talvolta difficile distinguere tra causa ed effetto. Ma bisogna tentare di coglierne le strutture.

LO SVILUPPO DEMOGRAFICO; L'ECCEDENZA DI BRACCIA, DI BOCCHE, DI ANIME

L'aspetto piu s.ensazionale di quest'espansione è lo sviluppo demografico, che però, in mancanza di documenti diretti e di dati numerici, ci è rivelato solo da indizi e da testimonianze indirette e che si può valutare solo in modo approssimativo. Il segno piu evidente è l'estendersi delle superfici coltivate. Il secolo e mezzo compreso tra il 1060 e il 1200 circa è il periodo dei grandi dissodamenti di terre vergini. I documenti, in questo campo, sono innumerevoli. Ci sono le carte contrattuali che definiscono le condizioni accordate dai feudatari a coloro che vogliono insediarsi sui terreni incolti e coltivarli (hospites o coloni Ii chiamano generalmente i documenti latini). V'è la toponimia degli agglomerati risalenti a questo periodo : "essarts," "artigues," "plans," "mesnils" in francese, toponimi con desinenza in -rode, -rade, -ingerode, in tedesco; -roth, -reuth e -rieth nella Germania meridionale; dove invece non è sicura la cronologia dei toponimi in -holz, -wald, -forst, -hausen, -hain, -hagen, -bruch, -brand, -scheid, -schlag e lo stesso si dica per i toponimi inglesi in -ham o danesi in -rup). V'è la testimonianza dei catasti che mostrano le piante a scacchiera o a lisca di pesce dei villaggi e dei terreni dissodati (Haufendorfer o Waldhaufendorfer tedeschi). Vi sono le nuove decime imposte dal clero su questi terreni guadagnati alla coltura (novalia, prelevate sui "gagnages" o "Gewannfluren"). Nel 1060, ad esempio, Filippo I re di Francia conferma la donazione, fatta da un laico ai monaci di Marmoutier, di una foresta in Normandia che, oltre alla decima sul miele e sui prodotti di raccolta, concede loro la decima "novale" su ogni raccolto proveniente da terreni da poco strappati alla foresta. All'inizio del secolo XIII il prevosto della cattedrale

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di Mantova dichiara che in meno d'un secolo le terre di una grande proprietà della Chiesa sono state "truncatae et aratae

et de nemoribus et paludibus tractae et ad usum panis reductae," cioè dissodate e arate e dallo stato di foreste e paludi ridotte a quello di terre produttive. Questo acquisto di terre all'agricoltura avviene a spese di terreni di natura assai varia. In genere, si pensa soprattutto alla foresta; ma bisogna ricordare che, se il suo arretrare è certo, essa è però ben difesa dai diritti e dagli interessi di individui e comunità: luogo di caccia, di raccolta, di pascolo per gli armenti, la foresta è spesso tanto preziosa quanto la terra arabile, e la resistenza che oppone agli attrezzi ancora inefficaci rafforza la sua capacità di difesa. È la zona marginale dei vecchi terreni coltivati, la cui macchia è già stata di tempo in tempo eliminata dal fuoco, e il cui sottobosco e bosco ceduo offrono meno resistenza (I'outfield inglese, la terre gaste provenzale) quella che offre il terreno piu favorevole all'opera dei coloni; e questi, piu che far arretrare la foresta su un largo fronte, ne intaccano l'orlo, ne conquistano all'aratro qualche stretta zona qua e là. Ne risultano quei margini misti tipici del paesaggio medievale e cosi ben descritti da Wolfram von Eschenbach in Parzival : " ... a poco a poco la foresta apparve tutta un miscuglio di elementi diversi: qui un folto di alberi, là un campo, ma cosi piccolo che a stento vi" si sarebbe potuta rizzare una tenda. Poi, guardando davanti a sé, scorse un terreno coltivato ... " I campi conquistati alle colture o all'allevamento sono anche le terre meno fertili: terre "fredde," "bed lands." Sono le paludi e gli acquitrini litoranei: dighe, canali di drenaggio trasformano in polder le pianure sulle rive del Mare del Nord. La Fiandra, l'Olanda, la Frisia, l'antica Anglia Orientale vedono sorgere, nel secolo XI e nel XII, "villaggi di diga": i dyke villages, i terpen frisoni. Nel 1106 una carta famosa dell'arcivescovo Federico d'Amburgo concede a certi olandesi un tratto di terreno da bonificare presso Brema. Un atto del XIII secolo del1'abbazia di Bourbourg, nella Fiandra marittima, ricorda la donazione fatta all'abbazia dal conte di Fiandra Roberto II, tra il 1093 e il 1111, dello schorre (terreno recentemente strappato al mare) e di tutto quello che saprà aggiungervi conquistandolo al mare (" quicquid ibi accreverit per jactipn maris"). Altret39

tanto imponenti sono i lavori con cui, nella stessa epoca, si prosciugano e bonificano la pianura del Po e le basse valli dei suoi affluenti. Nello stesso tempo si conquistano alle colture i versanti settentrionali dell'Appennino: fra il 1077 e il 1091 il marchese Bonifacio di Canossa divide il suo territorio in 233 mansi, cioè lotti concessi ad altrettante famiglie contadine con l'incarico di liberarli della vegetazione, dissodarli, metterli in coltura. Con una serie di calcoli e di deduzioni fondati su ,questi dati indiretti - fra i quali quelli relativi all'estendersi delle colture sono i piu spettacolari - si è cosi stimato l'aumento della popolazione europea: 46 milioni verso il 1050, 48 verso il 1100, SO verso il llSO, 61 verso il 1200 (e la cifra crescerà fino a 73 milioni verso il 1300). Le conseguenze quantitative di questo sviluppo demografico sono chiare: l'Occidente cristiano vede crescere di circa un terzo il numero delle bocche da sfamare, dei corpi da vestire, delle famiglie a cui dare un alloggio, delle anime da salvare. Bisogna aumentare la produzione agricola, quella di oggetti di prima necessità e soprattutto di indumenti, la costruzione di edifici e in primo luogo di quelli necessari alla salvezza delle anime: le chiese. I bisogni fondamentali impongono al mondo cristiano del secolo XI e del XII alcuni compiti urgenti: sviluppo dell'agricoltura, progresso dell'industria tessile, sviluppo dell'edilizia.

LA RIVOLUZIONE AGRICOLA

Il progresso dell'agricoltura - che almeno in certe regioni d'Europa, e soprattutto nel nord-ovest, risale senza dubbio al periodo carolingio - è probabilmente tanto una causa quanto un effetto dello sviluppo demografico. Tale progresso non si misura solamente in termini d'estensione: all'aumento delle superfici coltivate si aggiungono un miglioramento quantitativo e qualitativo dei rendimenti, il diversificarsi delle colture e dei prodotti, l'arricchirsi dei regimi alimentari. Quella che è stata chiamata la "rivoluzione agrico40

la" medievale si manifesta tanto in un insieme di progressi tecnici quanto in una dilatazione dello spazio produttivo. II primo dei perfezionamenti tecnici è la diffusione dell'aratro a ruote e a versoio. Questo nuovo tipo di aratro smuove là terra piu a fondo, rompe meglio le zolle, riesce a lavorare terreni pesanti e duri che l'antico aratro non poteva intaccare o scalfiva soltanto, assicura alle sementi miglior nutrimento, miglior protezione, e quindi un rendimento superiore. L'azione dell'aratro è resa piu efficace dal miglioramento nella trazione animale. Si diffonde un nuovo sistema di attaccare gli animali, che sostituisce al pettorale - che soffocava la bestia togliendole forza - il collare di spalla per il cavallo, il giogo frontale per il bue; lo sforzo diventa cosi di gran lunga piu efficace, la trazione aumenta di quattro, cinque volte. Nello stesso tempo, l'uso di ferrare gli zoccoli rende piu sictJro il passo. Cosi il cavallo, che il vecchio sistema di attacco escludeva dal lavoro dei campi perché non lo sopportava come il bue, può sostituire quest'ultimo su un numero crescente di terre. Piu rapido del bue, il cavallo dà un rendimento superiore. Esperimenti moderni hanno dimostrato che un cavallo, eseguendo lo stesso lavoro di un bue, lo faceva ad una velocità tale che aumentava la sua produttività del cinquanta per cento. Inoltre il cavallo, piu resistente, può lavorare un paio d'ore in piu al giorno. Questo aumento della rapidità del lavoro non rappresenta soltanto un progresso quantitativo: pennette anche di profittare meglio delle condizioni atmosferiche favorevoli all'aratura e alla semina. Infine il cavallo pennette al contadino di abitare piu lontano dai suoi campi, in certe regioni favorisce quindi la formazione di grosse borgate in luogo dei piccoli villaggi e degli sparsi gruppi d'abitazioni, e permette a una parte della popolazione contadina di accedere a un genere di vita semi-urbano, con tutti i vantaggi sociali che esso comporta. Nello stesso tempo, l'ulteriore aumento della potenza degli animali da tiro dovuto alla diffusione del sistema dell'attacco in fila permette di aumentare la capacità dei mezzi di trasporto. A partire dalla prima metà del XII secolo il carro a quattro ruote si diffonde a fianco del tradizionale carretto a due ruote. Il nuovo sistema di attacco e l'impiego del cavallo hanno una parte di primo piano nella costruzione delle grandi chiese, che 41

implica il trasporto di pesanti blocchi di pietra e di legnami di grosso taglio. Sculture sulla sommità delle torri della cattedrale di Laon celebrano la fatica dei buoi che grazie al perfezionamento dei finimenti e dei veicoli hanno reso possibile l'erezione della cattedrale. A tutto questo bisogna aggiungere il progresso decisivo degli utensili di lavoro, dovuto all'impiego del ferro, sempre piu diffuso a partire dal secolo XI. Senza dubbio questo metallo è usato, il piu delle volte, solo per parti di strumenti; i manici, ad esempio, rimangono di legno. Ma la maggior diffusione del ferro nella costruzione della parte tagliente o contundente dei vari strumenti - a cominciare dal vomere dell'aratro - è stata essenziale per aumentare l'efficienza degli attrezzi e strumenti medievali. Vi si aggiungano strumenti come l'erpice che vediamo per la prima volta nella tappezzeria di Bayeux alla fine del secolo XI e per la trazione del quale fu, inizialmente, impiegato di preferenza il cavallo - e vediamo quanto la terra, meglio lavorata, possa diventare piu generosa. Nel 1100 troviamo un "ferrarius qui vendit ferrum in foro": un mercante di ferro al mercato di Bourges. L'uso del ferro per la fabbricazione di utensili sembra generalizzarsi alla metà del secolo XII. Una serie di atti dei conti di Champagne autorizza alcune abbazie a estrarre minerali o a possedere una forgia (La Crete nel 1156, Chiaravalle nel 1157, Boulancourt e lgny nel 1158, Auberive nel 1160, ancora Chiaravalle e Congay nel ·1168). Un esempio - che, è vero, non ha però nulla a che fare con l'agricoltura - dimostra lo sviluppo de1l'uso del ferro alla metà del secolo XII: a partire dal 1039 una serie di singolari contratti veneziani ci dice come al momento di partire i padroni di bastimenti noleggiassero, a un prezzo molto alto, un'ancora di ferro che restituivano al ritorno. L'ultimo di tali contratti è del 1161. A questa data tutte le navi dovevano possedere la loro ancora. Diverse testimonianze del secolo XIII attestano che i progressi tecnici di cui abbiamo parlato interessavano aree molto. vaste. L'uso dell'aratro a ruota era abbastanza generalizzato perché J oinville, alla Crociata, si stupisse di vedere gli egiziani lavorare i campi con un "aratro senza ruota." I carri a quattro ruote sono utilizzati abbastanza comunemente perché l'espressione "quinta ruota del carro" designi proverbialmen42

te una persona senza importanza. I cavalli di fatica non sono menzionati nel Domesday Book ( 1086); rarissime sono le allusioni all'estrazione e lavorazione del ferro. Alla fine del secolo XII in Inghilterra, almeno nel centro e nell'est, i cavalli sono dappertutto associati ai buoi e una serie di abbazie inglesi beneficia, per quanto riguarda la metallurgia, degli stessi privilegi delle abbazie della Champagne o della Borgogna cui abbiamo accennato. In questo periodo si verificò un altro progresso d'importanza non inferiore: lo sviluppo di una forma di avvicendamento tJ;iennale che permetteva uno sfruttamento piu intensivo dei terreni (three field rotation). Mancando concimi che consentano ai terreni coltivati di recuperare rapidamente le sostanze perdute, i campi devono essere lasciati in riposo per un certo periodo. Anche nelle terre appena messe in coltura v'è quindi sempre una porzione non coltivata: il maggese. Tradizionalmente, circa metà del suolo coltivato era lasciato riposare un anno; l'anno successivo veniva seminata la parte tenuta a maggese e si lasciava riposare l'altra: l'avvicendamento era dunque biennale, e consentiva una produzione pari circa al cinquanta per cento di quella che sarebbe stata teoricamente possibile utilizzando tutta la superficie coltivabile. La sostituzione di questo sistema con quello di avvicendamento triennale offre vantaggi evidenti. Innanzitutto, la superficie coltivata essendo divisa in tre porzioni all'incirca eguali di cui una sola è lasciata annualmente a riposo, la produzione sale dalla metà ai due terzi di quella teoricamente possibile, con un aumento dunque d'un sesto del raccolto in rapporto all'insieme della superficie coltivata, di un terzo rispetto al raccolto ottenuto con il sistema dell'avvicendamento biennale. Ma il progresso è anche qualitativo. Le due parti di terreno utilizzate ogni anno sono infatti usate per colture diverse: una parte, seminata in autunno, dà cereali invernali (frumento, segale), l'altra è seminata in primavera ad avena, orzo o leguminose (piselli, fagioli, lenticchie, e ben presto anche cavoli); solo la terza è lasciata a riposo. L'anno seguente nella prima porzione si seminano piante estive, la seconda è lasciata a maggese, la terza seminata a cereali a maturazione invernale. Diventa cosi possibile una diversificazione delle culture che presenta un triplice vantaggio: possibilità di nutrire il bestia43

me nello stesso tempo che gli uomini (sviluppo della coltura d'avena), possibilità di combattere la carestia, in quanto un cattivo raccolto primaverile può essere compensato da un miglior raccolto autunnale (o viceversa, secondo le circostanze), possibilità di variare la dieta e di introdurre nell'alimentazione elementi energetici, soprattutto le proteine di cui sono ricchi i legumi seminati in primavera. La coppia cereali-legumi diventa normale al punto che il cronista Orderico Vitale, parlando della siccità che nel 1094 ha colpito la Normandia e la Francia, dice che essa ha distrutto "segetes et legumina," "messi e legumi." Il folclore registra queste nuove abitudini rurali che diventano uno fra i simboli della vita contadina. Dice una vecchia canzone inglese: Lo sai, lo so, c'è qualcuno che lo sa, come crescono l'avena, i piselli, i fagioli e l'orzo? e una vecchia aria francese chiede : Sapete piantar cavoli? Senza dubbio nacque allora in certe regioni l'uso di mettere nella torta della Festa dell'Epifania la fava (faba), simbolo di fecondità. L'aumento dei rendimenti dovuto alla diffusione del metodo di avvicendamento triennale permette anche di ridurre le superfici coltivate a cereali a beneficio di certe colture specializzate: soprattutto piante da tintoria (robbia, guado) e viti. Nel caso già citato del marchese Bonifacio di Canossa i contratti per l'insediamento di mansionarii favoriscono soprattutto la creazione di vigne. In Francia si fanno numerosi, a partire dal secolo XI, i contratti di complant con i quali dei coltivatori ottengono dal proprietario di terre incolte o anche piu raramente - di terre arabili l'autorizzazione di piantarle a vigneto alle seguenti condizioni: "Un coltivatore si recava dal proprietario di un terreno incolto, piu raramente d'un terreno arabile o d'una vigna decrepita, e lo pregava di cederglieli impegnandosi a piantarvi dei ceppi. Il proprietario, i cui interessi venivano favoriti da tale richiesta, lasciava l'altro padrone assoluto del terreno per cinque anni: il tempo giudicato necessario per il compimento delle diverse operazioni ( dissodamen-

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to, aratura, concimazione, piantagione, innesto, altri lavori) lunghe, costose, delicate, necessarie per creare un vigneto e renderlo produttivo. Passato quel tempo la vigna veniva divisa in due parti eguali, una delle quali ridiventava assoluta proprietà del vecchio padrone, l'altra restava nelle mani del concessionario a condizioni giuridiche variabili che secondo il caso, i tempi, i paesi, andavano dalla completa proprietà del fondo al semplice godimento vitalizio, ma, salvo rare eccezioni, in cambio di un canone annuo consistente a volte in denaro, piu spesso in una quota percentuale del raccolto." Nei nomi di certi luoghi o di certi vigneti si ritrovano i toponimi Les Plantes, Le Plantay, Le Plantey, Le Plantier, Les Plantiers, che ricordano i terreni messi a vigne in base ad un contratto di complant, o Le Quart, che conserva il ricordo della parte di raccolto dovuta al proprietario. Il podere chiamato Quart de Chaumes (Angiò, valle del Layon) ricorda sia l'ammontare del canone sia le terre incolte medievali sulle quali fu piantata la vigna. Non bisogna dimenticare che la diffusione e la cronologia di questi progressi legati allo sviluppo demografico variano da una regione all'altra; le condizioni geografiche, demografiche, sociali, le tradizioni agricole spiegano questa diversità. L'avvicendamento triennale, ad esempio, si diffonde esclusivamente là dove le terre sono di buona qualità e messe bene in valore (soprattutto da signori ecclesiastici) ma praticamente non fa presa nelle regioni meridionali dove le condizioni pedologiche e climatiche favoriscono o esigono il mantenimento della rotazione biennale. Nell'Europa settentrionale e centrale, ·dominio preferito della coltura su terreni disboscati mediante incendi e della coltura mista "campo-foresta" (Feldwaldwirtschaft in luogo di Feldgraswirtschaft) la minaccia del rimboschimento naturale per riconquista dei maggesi e dei terreni incolti ad opera della foresta riduce considerevolmente, nel Medio Evo, i progressi dei sistemi di avvicendamento sia triennale sia biennale. In queste regioni, specialmente in Scandinavia, continua a dominare un sistema di coltura permanente (Einf eldwirtschaft o Dauerwirtschaft). Nell'Europa centrale e orientale, dove sembra che lo sviluppo demografico cominci con un certo ritardo, il metodo di avvicendamento triennale si diffonde - in Polon i~, in Boemia, in Ungheria - non prima del XII secolo e so45

prattutto nel XIII. Là dove si è creduto di poter far risalire questa importante innovazione all'alto Medio Evo o addirittura all'epoca romana o proto-slava, pare che vi sia stata un'erronea interpretazione dei documenti - scritti o archeologici o che si sia confuso un caso isolato con quella diffusione della tecnica che sola interessa lo storico. Per contro in Ungheria, dove l'allevamento del bestiame ha assunto assai presto una grande importanza, sembra che ·l'avvicendamento triennale piu favorevole alla produzione di foraggio - abbia nella maggioranza dei casi sostituito direttamente il sistema di coltura permanente e che il sistema di rotazione biennale abbia avuto una diffusione limitata.· In Boemia invece, dove pare che nel Medio Evo la cerealicoltura abbia sempre avuto piu importanza dell'allevamento, il sistema di rotazione triennale ( che appare con certezza per la prima volta in un documento del periodo 1125-1140) occupa un posto secondario accanto a quello biennale e a sistemi di divisione della terra coltivabile addirittura in quattro o cinque porzioni (ctyfpolni systém, systém petipoli).

Grande anche la diversità di utilizzazione dei cereali. Nelle regioni marittime della Germania settentrionale, in Scandinavia, in Inghilterra l'orzo rimane per tutto il Medio Evo il principale cereale panificabile e occupa una posizione privilegiata nell'infield, concimato con il letame degli animali, mentre la segale e l'avena sono coltivate sull'outfield, senza concimazione. Fra il X e il XIII secolo si osserva in Polonia - accanto all'abbandono della coltura su terreni disboscati mediante incendio a profitto della coltura mediante aratro e trazione animale il passaggio dalla coltura del miglio a quella di cereali panificabili, tra i quali la segale, comparsa come erba parassita mescolata al frumento, assume presto una posizione di primo piano, mentre l'avena ha la meglio sull'orzo come foraggio per i cavalli. Resta da dire che l'arricchimento dell'alimentazione dovuto a questi progressi dell'agricoltura generalizza l'uso del pane, che contende a una sorta di farinata il primo posto nella dieta dei contadini ed aumenta l'energia delle popolazioni europee, soprattutto della classe lavoratrice. Si è potuto sostenere - benché l'argomento vada usato cum grano salis - che la diffusione del sistema di avvicendamento triennale e il progresso che 46

esso comportò, tra l'altro rendendo possibile un'abbondante produzione di legumi ricchi di proteine, resero possibili tutti i progressi dell'Occidente cristiano, il dissodamento di nuove terre, la costruzione delle città e delle cattedrali, le Crociate. Quel che è innegabile è l'impressione d'un maggior vigore delle popolazioni a partire dal secolo XI. Un ultimo elemento ha una parte importante in questa "rivoluzione agricola": la diffusione del mulino ad acqua, poi del mulino a vento. Ma siccome l'impiego della forza idraulica ha trasformato non solo i sistemi di lavoro rurale JJ1a anche l'artigianato urbano, tratteremo l'argomento piu avanti, in tutti i suoi aspetti.

SVILUPPO DEL COMMERCIO

Parlando dei progressi e dei bisogni dell'economia rurale abbiamo già accennato, a proposito d'un mercante di ferro, alla nascita dei mercati. Agricoltori e proprietari terrieri sentono la necessità di rapporti piu costanti con i mercati anche perché i progressi dell'agricoltura consentono la formazione di eccedenze che possono essere fatte oggetto di commercio, e i guadagni che se ne ritraggono permettono l'acquisto di derrate e di oggetti che la produzione locale non fornisce. Nella prima metà del XIII secolo, ad esempio, vediamo gli abitanti del villaggio di Prissé, presso Màcon, ottenere dal° re Luigi VIII ( 12231226) l'autorizzazione a tenere un mercato regolare. "Quando Luigi re di Francia, di felice memoria, ha attraversato Prissé recandosi ad Avignone, ha concesso agli uomini un mercato ebdomadario, da tenersi il lunedi. Per il grano, dovuhqu.e sia venduto, se è misurato nel villaggio il giorno del mercato o un altro giorno, è dovuto ... " Cosi sviluppo dell'agricoltura e progresso del commercio sono intimamente legati l'uno all'altro. Del resto, se noi pensiamo che - la terra essendo nel Medioevo il fondamento di tutto - la "rivoluzione rurale" sia la base di partenza del progresso generale, al~ri storici, specialmente sulle orme di Henri Pirenne, hanno visto nello sviluppo del commercio la molla principale del progresso della cristianità d'Occidente. 47

La ripresa commerciale - quali che siano le cause invocate per spiegarla - risale a prima della metà del secolo Xl ; alcuni suoi aspetti essenziali sono già presenti e riconoscibili verso il 1060, ma si preciseranno e svilupperanno sino alla fine del secolo XII. Si tratta, al principio, di un commercio a lungo raggio d'azione. Esso si sposta lungo assi che uniscono l'uno all'altro i punti estremi della cristianità - da York a Roma lungo la valle del Rodano o lungo il Reno e attraverso i valichi delle Alpi, dall'Italia Settentrionale o dalla Fiandra a Santiago di Compostella, dalla Fiandra a Bergen, nell'isola di Gotland e a Novgorod - o che, dall'Occidente cristiano o attraverso di esso, raggiungono i grandi centri musulmani o bizantini: strada da Cordova a Kiev per la valle del Rodano, Verdun, Magonza, Ratisbona, Praga, Cracovia, Przemysl; via del Danubio da Ratisbona verso Costantinopoli; rotte mediterranee da Barcellona, Narbona, Genova, Pisa, Amalfi, Venezia per Costantinopoli, Tunisi, Alessandria, Tiro. Questi itinerari continuano, come nell'alto Medio Evo, a utilizzare le grandi vie fluviali, ma sfruttano anche i progressi dei mezzi di trasporto terrestri (i carri a quattro ruote hanno la loro importanza accanto agli animali da soma, soprattutto muli) e marittimi (la bussola e il timone posteriore faranno la loro comparsa verso il 1200, e intanto, con le galee italiane e i koggen anseatici, aumenta la stazza delle navi). Le Crociate, dal 1095 in poi, non creeranno vie nuove bensi utilizzeranno quelle aperte dal commercio. I grandi centri commerciali sorgono sempre alle due estremità dell'asse che unisce il Mare del Nord alla penisola italiana. A sud, accanto a Venezia che continua a guardare soprattutto verso Bisanzio, e del resto ne trae enormi vantaggi (nel 1082 una crisobolla di Alessio Comneno esenta i mercanti veneziani da qualsiasi tassa commerciale in tutto l'impero bizantino), accanto ad Amalfi, anche Pisa e Genova continuano a sviluppare la loro attività. Pisa e Genova, spesso rivali, nel 1087 si accordano per andare ad espugnare e saccheggiare Mahdia, dove fanno un ricco bottino. Nel 1114 Pisa saccheggia lbiza e Maiorca e afferma il suo predominio in Sardegna e in Corsica. Nella prima metà del secolo XII è la massima potenza del Mediterraneo occidentale e i profitti dei saccheggi e del commercio le permetto-

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no di aprire il primo grande cantiere urbano dell'Occidente cristiano: la Cattedrale (1063), il Battistero (1153), la Torre (1174). Ma nel corso del secolo XII Genova oscura la gloria della rivale. Fra il 1101 e il 1110 una serie di spedizioni vittoriose in Siria e Palestina dà ai Genovesi un quartiere a Tortosa, Acri, Gibelot, Tripoli, Sidone, Beyruth, Mamistra. Ben presto Genova compie da sola, indipendentemente da Pisa, le sue scorrerie nel Mediterraneo occidentale (Bùgia nel 1136, Almeria nel 1146, Tortosa nel 1148); nel 1155 ottiene infine, dopo Venezia e Pisa, un quartiere a Costantinopoli. Nel nord, se non sono piu i Frisoni e i Normanni a condurre il gioco, i Fiamminghi e i Tedeschi li sostituiscono e li superano. Bruges si sviluppa rapidamente a partire dal momento in cui, nel secolo Xl, si scava un canale che unisce la città all'estuario dello Zwyn. Si addossa alla regione della Mosa verso la quale convergono, a raggiera, le grandi vie di cui abbiamo parlato. Piu ad est si delinea Io sviluppo delle città tedesche. "I mercanti di tutto il mondo s'incontrano a Brema" scrive verso il 1075, non senza un po' di esagerazione, Adamo di Brema. I due avvenimenti decisivi sono, dopo la distruzione di Schleswig (che aveva sostituito Haithabu) nel 1156, la fondazione definitiva di Lubecca nel 1158-59 e, nel 1161, sotto l'egida di Enrico il Leone, la costituzione della "comunità di mercanti tedeschi che frequentano l'isola di Gotland (universi mercatores imperii Romani Gotlandiam frequentantes), primo nucleo dell'Ansa. In breve volgere di tempo si stabilisce a Visby una colonia sedentaria di mercanti e ben presto la nuova comunità domina il grande mercato russo di Novgorod: nel 1189 il principe Jaroslav con un trattato commerciale assicura grandissimi vantaggi ai mercanti tedeschi e di Gotland. Per quanto riguarda le merci, il commercio dell'XI-XII secolo mantiene alcune caratteristiche di quello anteriore. I prodotti di lusso - spezie, pellicce - vi conservano un posto di primo piano, ma aumenta il volume del commercio di stoffe: importazione di sete, esportazione di panni. A partire dal XII secolo non soltanto la Fiandra ma tutta l'Europa nord-occidentale (Inghilterra, Francia settentrionale e nord-orientale, dalla Normandia alla Champagne, Paesi Bassi, regioni della Mosa e del basso Reno) esporta "bei panni" (" panni pulchri") o "panni

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colorati" verso la zona n:i.editerranea, la Germania, la Scandinavia, la Russia, i paesi del Danubio. E anche merci pesanti e voluminose diventano oggetto di un traffico sempre piu intenso che si svolge nell'uno o nell'altro senso: prodotti di prima necessità come il sale o l'allume (importato da Focea ad opera dei Genovesi è usato come mordente per la tintura dei panni), legno, ferro, armi e persino - almeno occasionalmente, in un periodo di carestia, come attesta Galberto di Bruges per la Fiandra al principio del secolo XII - cereali. Infine, il commercio degli schiavi - che si svolge in entrambi i sensi - , se non è piu l'attività commerciale maggiormente redditizia, continua però ad arricchire i mercanti ebrei e cristiani, per esempio a Praga e Venezia. Il richiamo del commercio è tale che determina talvolta una tendenza alla specializzazione agricola in certe regioni, soprattutto in quelle che dispongono di vicini sbocchi fluviali o marittimi: è il caso del guado o glasto in Catalogna e Aragona, nella Germania centrale, specialmente in Piccardia; è, soprattutto, il caso del vino. Vigneti il cui vino è destinato per la quasi totalità all'esportazione si costituiscono nelle valli della Mosella e del Reno, nell'ovest della Francia, per alimentare il commercio verso l'Inghilterra e il Mare del Nord attraverso Bordeaux e La Rochelle. Nasce una legislazione commerciale-marittima. Alla fine del XII secolo le "sentenze" relative alle navi per il trasporto del vino sono messe per iscritto a Oléron, tappa di quel commercio; e i celebri "Roles d'Oléron" vengono presto tradotti in fiammingo a Damme, avamporto di Bruges, di dove si diffondono in Inghilterra e nel ·Baltico sotto il nome di "Wisbysches Seerecht" (diritto marittimo di Visby). Accanto ai "grandi" porti d'esportazione e importazione hanno un'importanza sempre piu rilevante certi grandi mercati temporanei: le fiere. Le principali si tengono nella zona di contatto fra il commercio mediterraneo e quello nordico: Fiandra e Champagne; e dalla fine del XII secolo le fiere della Champagne assumono, piu ancora di quelle fiamminghe, un carattere internazionale. Munite di privilegi dei conti di Champagne che assicurano protezione ai mercanti, alle merci e alle transazioni, si tengono una o due volte l'anno successivamente in quattro posti - Bar-sur-Aube, Troyes, Lagny, Provins - e costituiscono di fatto un mercato permanente dove non solo si vendono e si scambiano prodotti che formano l'oggetto del commercio su 50

grande scala (soprattutto panni e spezie) ma si svolge anche tutta una serie d'operazioni di cambio e di credito. Di fatto, l'ultimo aspetto del progresso commerciale in quest'epoca è lo sviluppo dell'economia monetaria e delle operazioni di cambio e di credito. Ma in questo campo il carattere ancora arcaico e limitato del commercio internazionale ci colpisce forse piu del suo progresso. Senza dubbio l'emissione e circolazione di valuta aumentano; ma il frazionamento della prima, la diversità dei tipi di valuta e i limiti delle loro aree di diffusione dimostrano che alla fine del XII secolo non si può ancora parlare di Weltwirtschaft. Le piccole monete d'argento che quasi tutte le città e tutti i signori battono, abusivamente o per concessione imperiale e regia, sono di diverso tipo e diverso tenore. Senza dubbio, certe monete hanno un'area di circolazione piu vasta, una miglior reputazione di altre: ad esempio il denaro tornese, il parisis, il provisino, quello di Colonia, quello che nel 1129 Corrado III autorizza i Pisani a battere, con corso legale in tutt'I talia. Ma il frazionamento valutario resta considerevole. Per questo motivo delle operazioni che cominciano a svolgersi su scala sempre piu vasta la principale è il cambio. In certe città e in certe fiere si svolge su "banchi" e i mercanti specializzati che lo praticano prendono il nome di banchieri (proprio come i trapezitai dell'antichità greca). Il nome di bancherius si diffonde a Genova, uno dei primi grandi centri bancari, a partire dal 1180. Le operazioni di credito rimangono limitate e semplici. I divieti della Chiesa ( che, ufficialmente vede in ogni operazione di credito una forma di prestito a interesse e quindi d'usura; ma è facile aggirare le sue proibizioni, e le autorità ecclesiastiche chiudono gli occhi tanto piu facilmente in quanto sono le prime a violarle), rappresentano un ostacolo assai meno grave di quello costituito dalla debolezza delle operazioni finanziarie, dal carattere primitivo delle tecniche di credito. Il prestito classico, di beni fungibili, è praticato soprattutto dagli ebrei e dalle istituzioni monastiche che, con i loro tesori in monete o in pezzi d'oreficeria, sono meglio in grado di fornire rapidamente somme importanti. Nel 1096 le chiese della diocesi di Liegi forniscono al vescovo Otberto il denaro necessario per l'acquisto dei castelli di Bouillon e di Couvin. Numerosi

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testi ci mostrano monasteri e chiese impegnare o fondere, in periodo di carestia, i loro tesori per acquistare le derrate necessarie ai monaci, alla f amilia del monastero, e ai poveri a cui esso fornisce il cibo. Nel 1197 un monaco tedesco ne incontra un altro che cammina frettoloso: "Avendogli io domandato dove corresse, mi rispose: 'A cambiare. Prima del raccolto siamo stati costretti, per dar da mangiare ai poveri, a uccidere il bestiame e a impegnare i nostri calici e i nostri libri. Ma il Signore ci ha appena inviato un uomo che ci ha donato una quantità d'oro sufficiente a soddisfare entrambi i bisogni. Vado a cambiarlo con denaro per poter riprendere gli oggetti dati in pegno e ricostituire gli armenti'." Il piu delle volte le istituzioni ecclesiastiche prestano i fondi necessari in cambio d'una garanzia rappresentata da terre di cui, in attesa del rimborso definitivo, ricevono le rendite. Questa forma di garanzia viene chiamata "pegno morto." Non si tratta, a rigore, di un prestito a interesse; non è quindi considerata una forma d'usura. La Chiesa la proibisce egualmente, ma ciò non impedisce che la pratica continui fino al momento in cui cade in desuetudine perché sostituita da nuove forme di credito. Una di queste, la commenda, chiamata colleganza a Venezia e societas maris a Genova, si diffonde nel XII secolo nei porti mediterranei. Consiste in un contratto fra un commendator o ereditar che fornisce il capitale e un commendatarius o debitor, per lo piu mercante o capitano di nave, che ha il compito di far fruttare il capitale prestato svolgendo un'attività commerciale al'estero. I due soci si dividono l'eventuale guadagno, generalmente in ragione di tre quarti per il commendator e di un quarto per il debitor. La proporzione può però· anche variare e fra un "capitalista" e un "lavoratore" o fra soci con partecipazione finanziaria ineguale si possono stipulare tipi diversi di contratto ("compagnia" o "societas terrae" per il commercio terrestre). A Genova alla fine del secolo XII si cominciano a svolgere altri tipi di operazioni. Gruppi di creditori, detti compere, si fanno concedere dal comune, per vendita anticipata, i profitti di certe tasse, che intascano senza violare le leggi della Chiesa. Una nuova forma di prestito marittimo comporta clausole relative ai rischi della navigazione che rappresentano la piu 52

antica forma d'assicurazione, e prevede in qualche caso la possibilità di rimborsi in a~tro luogo e con altra moneta, il che consente credito e trasferimento di fondi e costituisce un primo abbozzo della lettera di cambio. Queste sono, alla fine del XII secolo, le piu raffi.nate fra le tecniche commerciali elaborate dalla città piu progredita in tale campo.

LO SVILUPPO URBANO E LA DIVISIONE DEL LAVORO Del grande sviluppo demografico le città sono - insieme al dissodamento di terre vergini - il segno piu spettacolare. Anche il rinnovamento delle città è anteriore alla metà del secolo Xl, ma dopo il 1050 diventa irresistibile. Esso si manifesta tanto nella creazione di centri nuovi quanto nell'ampliamento di nuclei urbani preesistenti. Nel caso delle "città nuove" è spesso difficile distinguere fra grossi villaggi, borgate e città propriamente dette. I nomi che spesso portano (Villeneuve, Villefranche, Sauveté in Francia, Freistadt o Neustadt in Germania, Villafranca e Villanova in Italia, Wola o Lgota, Nowe Miasto in Polonia, Ujezd, Lhota o Nové Mesto in Boemia) indicano o la loro novità, o i privilegi di cui godevano i loro abitanti: aspetto giuridico e sociale che mette in luce i rapporti fra l'acquisizione all'agricoltura e l'occupazione del suolo, il dissodamento di terre vergini e il popolamento, e mostra come lo sviluppo urbano sia parte del movimento piu generale di espansione demografica. In queste città nuove, in questi nuovi quartieri, si manifesta uno spirito urbanistico nuovo anch'esso. La pianta regolare - circolare o piu spesso a scacchiera - indica una fase di maturazione del genio urbanistico, uno sforzo di "razionalizzazione" che lascia indovinare mutamenti spirituali sui quali torneremo piu avanti. In tutto l'Occidente cristiano lo sviluppo delle città piu antiche trova espressione nella costruzione di nuove mura. A Colonia un nuovo bastione abbraccia, nel 1106, i quartieri nuovi anch'essi, di Niederich, Oversburg e dei Santi Apostoli (Sankt Aposteln); a partire dal 1180 una piu ampia cinta di mura (die

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grosse Mauer) deve proteggere una città rapidamente cresciu-

ta di proporzioni. Fra il 1100 e il 1230 circa a Vienna sorgono successivamente quattro cerchie di mura, lungo un perimetro che s'allarga di continuo. Basilea si estende entro nuove mura dal secolo XI (nucleo di Mlinsterhligel) al 1180 (quando entro la cinta urbana vengono racchiusi anche il Barflisserplatz e la Freie Strasse). Pisa costruisce le sue nuove mura e a partire dal 1162 vi racchiude anche il sobborgo di Chinzica, di là dall'Arno. Negli stessi anni, e precisamente nel 1155-1156 (e lo stimolo è, in entrambi i casi, la paura di Federico Barbarossa) Genova estende la cinta del 952 per inglobare i sobborghi di recente sviluppo e il litorale sino alla Porta dei Vacca a nord. Il cronista Guglielmo il Bretone racconta in questi termini la costruzione di nuove mura a Parigi, voluta da Filippo Augusto nel 1212: "Nello stesso anno Filippo, magnanimo re, circondò tutta Parigi d'una cinta, su entrambi i lati, dalla parte meridionale sino al fiume Senna; in questa cerchia racchiuse un'assai grande superficie di terra, e spinse i proprietari di campi e vigne ad affittare quei terreni ad abitanti affinché vi costruissero case, o a costruirle loro stessi, cosi che tutta la città si riempisse d'abitazioni. .. " Questo stretto agglomerarsi delle città medievali, questo riempimento dello spazio urbano che sembra quasi far scaturire i monumenti della città - torri, chiese, palazzi - dalla compressione delle case che li circondano, sono ancora accentuati nelle rappresentazioni artistiche sui sigilli e nella pittura. Una spinta verticale fa crescere verso l'alto le città medievali che - come i castelli isolati nelle campagne - dominano, in senso proprio e figurato, il paese "piatto" che le attornia. Nel XII secolo il geografo arabo al-Idrisi, parlando delle città polacche, sottolinea anch'egli la disposizione serrata degli edifici: "È un paese di grandi città. Le sue città. sono: (l)kraku (Cracovia), G(i)nazna (Gniezno) . R(a)t(i)slaba (Breslavia, Wroclaw), S(i)rad(i)a (Sieradz?), N(u)grea( ?), Sitnu (Stettino, Szczecin?). Hanno edifici vicinissimi gli uni agli altri e possiedono molte ricchezze naturali. Si somigliano quanto a grandezza; identici sono la disposizione e l'aspetto." Non si potrebbe esprimere meglio l'unità del fenomeno urbano, che nel secolo XII si allarga a tutto l'Occidente cristiano. Queste città concrete ispirano immagini stilizzate, idealizza-

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te. I sigilli di città, sul cui significato politico torneremo pm avanti, sono fra le prime testimonianze di questa mentalità urbana. Il sigillo di Treviri nel 1221 (l'immagine risale al 1113) rivela già questa definizione della città attraverso la cerchia di mura e la porta: cerchia di mura che difende i tesori del centro urbano, luogo di accumulazione e tesaurizzazione di ricchezze, deposito di merci per eccellenza; porta che è, - piu di quanto non sia apertura o passaggio - "il punto di congiunzione fra due mondi," l'esterno e l'interno, la città e la campagna. Questi due mondi, il cui sviluppo va di pari passo, non si possono in effetti staccare l'uno dall'altro: la "rivoluzione urbana" trova un'eco nelle campagne circonvicine. Quale che sia la parte avuta dal rinnovamento del commercio a largo raggio nella rinascita urbana, è essenziale, nella funzione economica in cui si definisce fondamentalmente la città medievale, quell'aumento della popolazione sia urbana sia rurale che ha reso possibili e necessari la creazione e lo sviluppo di centri di ridistribuzione, di consumo, di produzione artigianale. Alla base del fenomeno urbano sta la divisione del lavoro. Anche qui, il progresso tecnico che l'accompagna e, s,e non lo crea, almeno lo facilita, trasformando insieme l'economia rurale e quella urbana. Il mulino ad acqua permette in effetti progressi tecnologici che hanno profonde conseguenze nelle campagne come nelle città. "Il mulino ad acqua," scrive Mare Bloch, "è medievale per l'epoca della sua vera diffusione." Fra l'XI secolo e il XIV esso cessa di essere una curiosità per diventare il piu importante strumento di trasformazione dell'energia naturale. Già nel 1086 vi sono in Inghilterra - ne fa fede il Domesday Book - 5624 mulini ad acqua. Il mulino per macinare grano è la prima e piu importante fra le applicazioni del mulino idraulico. Ma l'utilizzazione dell'energia idraulica per usi artigianali o addirittura industriali assl,lllle nel secolo XII un'importanza sempre maggiore. La città è per eccellenza il luogo d'impiego dei mulini "industriali," e nello stesso tempo il luogo in cui è piu forte la concentrazione dei mulini che macinano grano e forniscono farina per il consumo urbano. L"' invenzione" che permette di adattare l'energia idraulica ad altre macchine, e la cui diffusione accompagna quella del mulino ad acqua, è l'albero a camme, che trasforma il movimento cir-

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colare continuo della ruota motrice in movimento verticale alterno azionando cosi un utensile fissato all'estremità di un manico di un'asta: martello, mazza, maglio. Il primo mulino a gualchiera _che pennette di battere meccanicamente il tessuto e sostituisce la follatura con i piedi, compare in un documento dell'abbazia di Saint-Wandrille del 1086-1087. Per quanto riguarda la Francia fra il 1086 e il 1220 i documenti ci hanno indicato finora i nomi di 35 città e villaggi possessori di almeno un mulino a gualchiera. Ma il primo mulino a gualchiera inglese di cui abbiamo testimonianza risale soltanto al 1185, il primo italiano alla fine del secolo XII, il primo polacco al 1212, il primo tedesco al 1223 (a Spira); ma forse anche la walkemfj)lla menzionata in un atto reale del 1161 relativo alla Scania era un mulino a gualchiera. Il piu antico mulino da concia appare nel 1138 presso Chelles, in una città nuova attrezzata in comune dal capitolo di Notre-Dame di Parigi e dal conte di Champagne. Due mulini idraulici per la produzione di birra esisterebbero già nel 1042 a Montreuil-sur-Mer; ne esistono in ogni caso, certamente, a Evreux nel 1088. Il primo mulino per la fusione del ferro che si conosca sarebbe quello di Cardedeu in Catalogna (1104). Nel 1151 quattordici forge nei Pirenei catalani ne sono equipaggiate; l'abbazia di Soroe in Svezia ne installa uno nel 1197. Infine, negli ultimi decenni del secolo XII il mulino a vento viene ad aggiungersi a quello ad acqua. Esso fa la sua prima comparsa in una regione ben delimitata: l'Inghilterra, il Ponthieu, la Normandia settentrionale,· la Bretagna. Il primo di cui abbiamo notizia è stato costruito dall'abbazia di Saint-Mary of Swineshead, Lincolnshire, nel 1181; a meno che quello menzionato in un testo riguardante l'abbazia di Saint-Sauverle-Vicomte non sia leggermente anteriore. Può anche darsi che la penisola iberica abbia conosciuto il mulino a vento nella stessa epoca o addirittura prima. Questo equipaggiamento tecnologico pennette alle città medievali di meglio assolvere la loro funzione di cantieri, che rafforza la loro funzione commerciale e va al di là di essa. Le città diventano centri di scambio e di produzione; creano e mettono in circolazione merci, tecniche, idee ; assumono la funzione del monastero nell'alto Medio Evo; realizzano la divisione e la specializzazione del lavoro. 56

PROGRESSI DELLA SICUREZZA: L'ESIGENZA DELLA PACE Tutto questo progresso economico esige un minimo di sicurezza. La fine delle grandi invasioni concorre a questo sviluppo; ma è necessaria anche la tranquillità all'interno. Nascono cosi istituzioni di pace che fanno la loro comparsa alla fine del secolo X. Negli atti che mirano a far regnare questa pace, la protezione delle attività economiche è esplicitamente menzionata. Nel 1095 Urbaqo II, preconizzando a Clennont la prima Crociata, mette sotto la salvaguardia della Pace di Dio "i buoi e i cavalli che arano i campi, gli uomini che guidano gli aratri e gli erpici, i cavalli con i quali essi erpicano." Nella lotta della riforma gregoriana contro il laicato guerriero v'è tutta una politica di protezione delle nuove attività economiche e degli uomini che le esercitano. Nel 1074 Gregorio scrive al re di Francia Filippo I per ordinargli di restituire a mercanti italiani venuti nel suo regno mercanzie che ha fatto confiscare. :e. "l'inizio di una lunga storia di documenti dello stesso genere." Il XXII canone del III Concilio Lateranense che nel 1179 regolamenta la tregua di Dio reclama sicurezza per "i preti, i monaci, i chierici, i conventi, i pellegrini, i mercanti, i contadini, le bestie da soma." Piu delle attività economiche e dei loro prodotti, le istituzioni per la promozione e la difesa della pace mirano a proteggere gli uomini che quelle attività esercitano. Il progresso economico ha portato con sé profonde trasformazioni sociali ; nasce una nuova società cristiana.

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3. CONSEGUENZE SOCIALI

MOBILITÀ: MIGRAZIONI, VIAGGI, VAGABONDAGGI Dopo la metà del secolo XI la popolazione cristiana non si contenta di moltiplicarsi rimanendo dov'è; comincia a muoversi. Nonostante le forti pressioni per immobilizzare gli uomini del Medio Evo - costrizioni feudali per conservare una manodopera indispensabile, tradizioni religiose ostili ai vagabondaggi, alla distrazione, ad ogni movimento sulla terra che distolga l'uomo dal cercare in cielo la sua vera dimora - , la dilatazione demografica basta a spingere fuori del loro paese e dell'ambiente sociale in cui hanno sinora vissuto un numero crescente d'individui e di gruppi. I due secoli che vanno grosso modo dalla metà dell'XI alla metà del XIII sono per la popolazione europea un'epoca di grande mobilità. Senza dubbio in Occidente ci sono sempre stati individui inquieti, vagabondi, viaggiatori; ma si trattava in generale d'una minoranza di privilegiati, guerrieri o monaci, o d'isolati. È fuori di dubbio anche che questo movimento ha cominciato ad assumere una certa importanza prima della metà del secolo XI. Ad esempio Raoul Glaber cita già poco dopo l'Anno Mille, in un'Africa peraltro incerta, un tale, "cittadino di Marsiglia, uno di quegli uomini che girano il mondo senza mai stancarsi di conoscere e vedere posti nuovi." Ma dopo il 1050 il fenomeno assume un aspetto nuovo sia per qualità sia per quantità. Prima di esaminare l'azione profonda di questa mobilità sulle trasformazioni delle classi sociali e i casi piu clamorosi di migrazioni cristiane di massa entro e fuori i confini della Cristianità occidentale, è necessario prendere coscienza della generalità e diversità del fenomeno. Accanto all'espansione normanna e alla colonizzazione tedesca, fu particolarmente attiva l'emigrazione francese; soprattutto quella che, proveniente dal nord-est, si inseri in quella vasta regione dalla Bretagna all'Elba da cui - probabilmente perché lo sviluppo demografico vi fu piu forte che altrove - v_ennero i piu numerosi contingenti all'espansione cristiana. Ma se è noto che questi francesi si diressero in forze verso il sud-ovest, verso la Linguadoca e soprattutto, oltre i Pirenei, verso la Spagna, e contribuirono non solo alle crociate in Terra Santa ma anche al popolamento degli stati latini del Vicino Oriente, quanti sanno che i francesi espatriarono in massa anche verso l'Italia del Nord e i paesi cristiani del sud-est?

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A Modena all'inizio del secolo XII esiste ad esempio una colonia francese o normanna che gode di uno statuto speciale - vive "sotto la legge salica" - mentre il resto della popolazione vive "sotto la legge romana." Probabilmente questo gruppo ( del quale sappiamo che ha importato nell'Italia settentrionale mode nuove di provenienza francese, accolte con scandalizzata curiosità) ha portato con sé le leggende arturiane a cui si ispira verso il 1125-1130 lo scultore del portale della Pescheria nella cattedrale e la voga dei personaggi della Chanson de Roland, rappresentati fra il 1169 e il 1179 nei rilievi di marmo che ornano la torre della Ghirlandina. Sempre nel XII secolo si trovano in Boemia e Moravia e soprattutto in Ungheria e Slesia le prime colonie di Gallici, Romani, Latini, che sono soprattutto valloni; e i gallica loca ( che piu tardi, a causa d'una confusione tra francesi e italiani, prenderanno in Ungheria il nome di Olaszfalu, "villaggio italiano") fanno riscontro ai "barrios de Francos " spagnoli. In quasi tutte le classi sociali il vagabondaggio diventa una necessità, un'abitudine, un ideale; si va in cerca sulle strade dei mezzi di sostentamento, della fortuna, di un rimedio alla noia. Guillaume le Maréchal, armato cavaliere nel 1164, conduce per venticinque anni una vita d"'avventura" e di "prodezza." Il poeta che ha scritto la sua biografia dichiara: ... che niun che voglia crescere in valore amerà mai un soggiorno troppo lungo ... Ma egli si recò in molte terre in cerca di denaro e d'avventura e molto spesso ricco ne tornava ... Poi condusse una vita cosi bella che di molti l'invidia suscitò in tornei e in guerra girò tutte le terre In Inghilterra, dove resta piu d'un anno con i suoi compagni ... si annoiarono moltissimo perché piaceva loro errare piu che rimanere inattivi in un posto ... 59

Non v'è quasi eroe di canzone di gesta che nell'"infanzia" non debba partire alla ventura. All'inizio di Girart de Vienne i quattro figli di Garin lasciano il castello di Mangiane; Mile per l'Italia, Emaut per la città di Beaulande, Girart e Renier per recarsi alla corte dell'imperatore a Reims . ... e Parsifal chiede a re Artu, fatemi cavaliere, egli dice, o Sire, ché me ne voglio andare ... E comincia cosi la ricerca del Graal. Vagano anche i religiosi: eremiti che vanno da un "deserto" all'altro, predicatori erranti che girano il mondo per diffondere il verbo e dare un esempio di "vera vita apostolica." Cosi nella Francia occidentale Roberto d'Arbrissel - fondatore nel 1099 dell'ordine di Fontevrault - si ritira nel 1091 nella foresta di Craon, nel basso Maine, poi inizia una serie di viaggi di predicazione in Bretagna, nel Périgord, nella Linguadoca, nella regione di Chartres. Con i compagni e i discepoli cammina e cammina, un bastone in mano, i piedi nudi, la barba lunga, vestito di cenci. Su imitazione di questi "monaciviaggiatori" fa irruzione nell'arte l'eremita munito di bastone, vestito di pelli, la barba irsuta: Sant'Antonio, San Giovanni Battista. Piu che i santi del deserto, essi diventano i santi della strada. "Iter optatum," "la via desiderata" dice uno fra loro incamminandosi sulle strade del mondo. Vagabondi ed esuli sono anche gli scolari e gli studenti che vanno a ingrossare gli effettivi delle scuole urbane. Giovanni di Salisbury enumera fra le "chiavi del sapere" secondo Bernardo di Chartres - l'illustre maestro della metà del secolo XII - la terra aliena, l'esilio in terra straniera, condizione necessaria allo studio. Tutta una categoria di chierici vaganti da una scuola all'altra, dall'una all'altra corte principesca o episcopale, alla ricerca di avventure e di mezzi di sostentamento, crea nel XII secolo un nuovo genere letterario: la poesia dei goliardi o dei vagabondi, carmina burana, Vagantenlieder. Vagabondo, tu erri per il mondo ...

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Come un mendicante, buono a nulla, tu vagabondi per terra e per mare, dice del Goliardo un poema del 1200 circa. Un altro vagabondo è naturalmente il mercante che, in questo periodo di rinascita del commercio a largo raggio, non può certo provvedere ai suoi affari standosene a casa. In Inghilterra le giurisdizioni speciali loro riservate si chiamano "courts of piepowders" perché i mercanti sono uomini con i piedi sempre coperti dalla polvere delle strade, uomini dai "piedi polverosi," come spiega molto bene un testo della prima metà del secolo XII: "Il mercante straniero o quello che percorre il regno senza possedere un domicilio fisso, quindi errando sempre, è chiamato Piepowdrous." Galberto di Bruges ha riassunto le lagnanze degli uomini di Bruges contro il conte Guillaume Cliton nel 1128 facendo dir loro: "Ci ha chiusi in questa terra di Fiandra per impedirci di commerciare." Commercio e vagabondaggio s'identificano. Il fenomeno che riflette al piu alto grado la mobilità della società dell'epoca, quello che getta sulle strade rappresentanti di tutte le classi sociali ispirando loro, insieme, desiderio d'avventure e nobili aspirazioni religiose, è il pellegrinaggio. Legato alla spedizione militare (Reconquista) e all'emigrazione in terre di recente popolamento (poblaciones) il pellegrinaggio a Santiago di Compostella gode, a partire dalla seconda metà del secolo undicesimo, di tanto favore che verso il 1139 viene composta una Guida del Pellegrino. Come ha detto mirabilmente Emile Male, al di là delle dure e spesso sordide realtà della strada i pellegrini di quest'epoca ritrovano il senso profondo della loro fede. "Gli uomini del secolo XII amarono appassionatamente questi grandi viaggi. Sembrava loro che la vita del pellegrino fosse la vita stessa del cristiano. Che cos'è infatti il cristiano, se non un eterno viaggiatore che in nessun luogo si sente a casa sua, un viandante in cammino verso una nuova Gerusalemme?" Senza dubbio la strada è spesso crudele. La Legenda aurea narra la storia d'un pellegrino diretto a Santiago: "Verso l'anno del Signore 1100, un francese si recava a Santiago di Compostella con la moglie e i figli, in parte per fuggire il contagio che desolava il suo paese, in parte per vedere la tomba del santo. Nella città di Pamplona sua moglie mori e l'oste lo spogliò di tutto il suo denaro, togliendogli persino

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la giumenta sul dorso della quale aveva portato fin là i suoi figli. Allora il povero padre se ne prese due sulle spalle e si trascinò dietro gli altri per mano. Un uomo che passava con un asino ebbe pietà di lui e gli diede l'asino affinché potesse mettergli in groppa i figli. Arrivato a Santiago di Compostella, il francese vide il santo il quale gli domandò se lo riconoscesse e gli disse: 'Sono l'apostolo Giacomo. Io t'ho donato l'asino per arrivare sin qui, e te lo donerò di nuovo per tornare indietro ... "' Ma senza dubbio in nessun'altra epoca i cristiani hanno meglio compreso il senso dell'homo viator e della parola del Cristo "Ego sum Via."

LA MOBILITÀ SOCIALE E I SUOI LIMITI: LA LIBERTÀ E LE LIBERTÀ Gli ostacoli che questi uomini in movimento superano sono non tanto frontiere geografiche o politiche quanto frontiere sociali. Piu importante ancora della mobilità fisica è infatti la mobilità sociale che sconvolge le strutture della società cristiana. Se il fenomeno balza agli occhi per la sua ampiezza, nei particolari si lascia analizzare a fatica. L'oscurità delle situazioni di partenza, l'imprecisione e varietà del vocabolario, spesso la difficoltà di distinguere la condizione giuridica dalla condizione sociale, le differenze di evoluzione secondo le regioni, l'asincronismo di queste trasformazioni nell'insieme del mondo cristiano - per non parlare della molteplicità delle teorie degli storici moderni, che talvolta hanno oscurato i problemi piu di quanto non li abbiano chiariti - rendono difficile il compito di tracciare le grandi linee di quest'evoluzione; e tuttavia, è un compito che bisogna tentar di affrontare. Il senso di queste trasformazioni può a prima vista sembrare contraddittorio. Ad esempio, uno tra gli aspetti piu sensazionali e piu importanti di questa evoluzione sta nella conquista della libertà da parte di vasti strati sociali, mentre la società laica dell'Alto Medio Evo, nella sua fondamentale

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frattura, si divideva in liberi e non-liberi. Alla fine del secolo XI la forza d'attrazione della libertà sembra diventata cosi irresistibile che la riforma gregoriana, per liberare la società ecclesiastica dall'influenza laica, assume a parola d'ordine la "libertas Ecclesiae," la libertà della Chiesa. Gli atti con i quali contadini e abitanti delle città hanno strappato ai signori feudali concessioni che assicurano loro una piu o meno grande indipendenza hanno ricevuto dai medievalisti francesi il nome generico di chartes de franchises (chartae franchisiae, chartae libertatis). E l'idea della "libertà" torna a manifestarsi nel nome delle varie villa franca italiane e, a partire dal XIV secolo, nel caso particolare delle Reichstadte tedesche chiamate Freistiidte. Ma c'è una semplice questione d'ortografia che va ben chiarita: benché gli storici abbiano esitato fra l'espressione "carte di franchigia" al singolare e "carte di franchigie" al plurale, benché la parola libertas si trovi usata anche al singolare, è chiaro che il plurale corrisponde assai meglio alla realtà. Le libertà sono in effetti privilegi. Anche se rivelano un'evoluzione giuridica, sociale e psicologica che s'orienta verso la libertà nel senso moderno della parola, si inquadrano in un contesto nettamente diverso. I privilegi designati col termine di libertà ben raramente corrispondono alla piena e completa indipendenza che con quel termine noi intendiamo. Nello stesso tempo, e per un contraccolpo naturale, il concetto di "libero," estendendosi, cessa di godere del prestigio di cui era investito nel periodo precedente. Cosi lo strato sociale superiore, che in passato amava definirsi indicando la propria condizione di liberi, di ingenui, rinuncia a questi appellativi tanto piu volentieri in quanto a partire dalla metà del secolo XI vanno sparendo le realtà sulle quali si fondava la sua indipendenza economica e giuridica. La terra libera, "l'allodio, al cui possesso s'accompagnava di frequente la nobiltà, si è ormai trasformata in feudo (fief, Lehen), alle dipendenze d'un grande signore feudale. L'indipendenza dei nobili nelle loro terre rispetto ad un potere superiore, cioè al potere pubblico - indipendenza che portava con sé il diritto di rendere giustizia e di elevare imposte a proprio profitto: l'immunità vien meno anch'essa, per i nobili meno potenti, davanti ai poteri dei signori di rango superiore e del principe. Gli obblighi di vassallaggio che, con l'instaurazione del feudalesimo 63

propriamente detto, pesano sull'insieme dei membri della classe superiore restringono il campo della libertà. Nello stesso tempo i contadini che vivono nel feudo di un signore, se non sono piu schiavi, se solo in numero decrescente sono servi (nella maggior parte delle province francesi le parole servus e francus cadono insieme in desuetudine nella seconda metà del secolo Xl), sono però soggetti a un insieme piu completo di obblighi. Il signore esercita sui suoi domini un'autorità molto estesa, il suo bando. Si è potuto dire che dopo il 1050 la signoria fondiaria si trasforma in signoria banale. "Mentre la signoria fondiaria è un'associazione economica tra il proprietario d'un fondo e colui che lo coltiva, la nuova signoria è una comunità di pace: il capo difende il gruppo dagli attacchi all'esterno e mantiene l'ordine all'interno di esso; le prestazioni che esige sono il prezzo della sicurezza, prezzo che i protetti hanno l'obbligo di pagare" (G. Duby). Ecco ad esempio il bando dell'abbazia di Corvey nel villaggio di Haversford, formulato nel 1176 dall'abate Corrado: "Tutto il villaggio di Haversford con tutti i suoi beni, le sue dipendenze, i suoi limiti e tutto ciò che ne fa parte, vale a dire le case e altri edifici, terre, prati, boschi, campi, acque, luoghi coltivati e incolti, dev'essere soggetto all'autorità del guardiano [dignitario dell'abbazia]; suoi devono essere tutti i proventi del villaggio, le imposte sui redditi del villaggio, delle tenute padronali, dei mansi, le imposte di successione, quelle sulle liti, sul matrimonio delle ragazze, ciò che si chiama volgarmente beddemunt. Anche i proventi della foresta adiacente (volgarmente chiamati sundere), · in quanto dipendenza di questo villaggio, spettano al guardiano, benché qualche volta abbiamo ingrassato i nostri porci in questo villaggio, cosa che abbiamo fatto per concessione dello stesso guardiano. Sarà il guardiano, ogni volta che sia necessario, a decidere le liti riguardanti affari del villaggio ... " Accanto alle imposte in natura o in denaro sulla produzione dei contadini e su eventi che riguardano la composizione delle famiglie (matrimoni, morti, eredità), accanto alle prestazioni in lavoro sulle terre che il signore sfrutta direttamente, accanto ai diritti di giustizia, a partire dalla fine dell 'Xl secolo assumono importanza crescente obblighi o tasse per il riscatto di tali obblighi, legati allo sviluppo della vita eco64

nomica ma connessi con il potere banale del signore feudale. Si tratta di monopoli legati all'attrezzatura economica del feudo: obbligo di macinare il grano al mulino del signore (mulino banale), di cuocere il pane al forno banale, di frequentare soltanto la taverna banale, di bere esclusivamente vino prodotto o venduto dal signore. Da questi obblighi ci si può liberare pagando uno speciale tributo. Ai proventi tratti dai loro mulini i Templari dedicano una delle sette rubriche dell'inventario, fatto nel 1185, delle rendite dei loro domini inglesi. In un atto concernente certi manieri dell'abbazia di Ramsay è stipulato: "Tutti i censuari devono mandare il loro grano al mulino... Se un censuario sarà dimostrato colpevole di aver mancato a quest'obbligo, pagherà sei denari per evitar di passare in giudizio; se avrà dovuto passare in giudizio, pagherà dodici denari." Quando si verifica l'esenzione da uno di questi obblighi, la tassa pagata per il riscatto viene spesso definita libertas, libertà. La parola è caratteristica tanto della pesantezza di queste esazioni quanto del senso del termine libertà. Per esempio, secondo una carta che risale agli anni fra il 1135 e il 1150, le monache dell'ordine di Fontevrault del priorato di Jourcey nella Loira ricevono dai loro censuari una tassa detta libertas in vineis (franchigia sulle vigne) in cambio della quale i contadini acquistano il diritto di liberarsi dal ban des vendanges, cioè dall'obbligo di cominciare la vendemmia solo quando si sia finito di vendemmiare le uve del signore. Nelle lotte dei contadini contro l'apparato economico feudale l'ostilità al mulino - di cui è un riflesso, in epoche piu moderne, la cattiva reputazione del mugnaio nella società contadina - figura spesso in primo piano.

EVOLUZIONE DELL'ARISTOCRAZIA FEUDALE: NOBILI, CAVAL/ERI, MINISTERIALI Nello strato sociale superiore, se la struttura feudale propriamente detta chiude nelle sue maglie l'insieme dei signori e dei vassalli, ogni signore (a parte il re, che come vedremo è in una posizione particolare) essendo anche vassallo d'un 65

altro, appare tuttavia una certa stratificazione sociale che non esclude le possibilità di ascesa. Senza dubbio lo strato superiore di questa aristocrazia militare e terriera è costituito dalla nobiltà di sangue, il piu delle volte discendente, sembra, dalla nobiltà carolingia e detentrice d'una seigneurie "hautaine" che comporta il diritto di "alta giustizia," cioè di giudicare i delitti piu gravi (Hochgerichtsbarkeit). Questa nobiltà è pressoché preclusa all'ascesa dal basso. Al di sotto si sviluppa la classe dei milites, dei cavalieri, la cui specializzazione - come indica il nome - è militare, ma la cui origine è essenzialmente economica. Nella regione di Màcon i milites dell'XI secolo sono "gli eredi dei piu ricchi proprietari terrieri." L'XI secolo vede infatti concludersi un'evoluzione militare che esige una certa fortuna e porta alla formazione di una ristretta élite guerriera: la classe cavalleresca, che tende a confondersi con la nobiltà ma non per questo ne è meno nettamente distinta, sul piano giuridico come su quello sociale. Il celebre ricamo-tappezzeria di Bayeux ci presenta l'equipaggiamento militare di rito: il cavaliere è montato sul cavallo da battaglia o destriero (dexterius) - ben distinto dal cavallo da parata o palafreno (palafredus) e, inutile dirlo, dal cavallo da traino o ronzino ( roncinus) e dal cavallo da soma o somiere (saumarius) - munito d'una sella ben pesante, dritto sulle staffe (non si è forse fatto nascere dalla staffa tutto il feudalesimo?), gli speroni ai piedi. L'armamento difensivo è costituito dal giaco haubert o cotta di maglia, lunga cappa tessuta in ferro, dall'elmo conico o piramidale e dal grande scudo a punta. Cosi protetto in battaglia dalla cotta, dall'elmo e dallo scudo, il cavaliere della fine del secolo XI sembra scoprire la potenza che gli può venire dalla stabilità assicuratagli dalle staffe e dalla robustezza del suo destriero. I cavalieri della tappezzeria di Bayeux scendono ancora in campo armati di spada e giavellotto; ma quest'ultimo, troppo impreciso e troppo fragile, sta per essere sostituito da una sorta di spada piu pesante e piu robusta, temibile arma d'urto e di punta, lo stocco. Al vecchio tipo di scherma si sostituisce il combattimento con la lancia, che vediamo adottato in un'altra famosa opera d'arte: il fregio della cattedrale di Angoulème, rap-

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presentante il combattimento, a due a due, di quattro cavalieri. Tutto questo equipaggiamento costa caro. Nella Francia centrale un cavallo da sella costa nell'XI secolo da 25 a SO soldi, mentre un bue ne costa da 6 a 10. Il prezzò medio del giaco è 100 soldi, valore d'un manso, cioè d'una proprietà agricola familiare media. L'estensione della tenuta necessaria per sovvenire ai bisogni di un cavaliere sembra aggirarsi sui 150 ettari al minimo. Gli effettivi dell'esercito, dell'ost feudale non possono dunque essere elevati. Una contea di media importanza, comprendente da 200 a 250 parrocchie, fornisce un contingente inferiore a un cavaliere per parrocchia rurale: un totale di 150-200 cavalieri. L'arte militare cavalleresca richiede robustezza e abilità. Il cavaliere deve - ce lo dice l'iscrizione della tappezzeria di Bayeux - combattere "viriliter et sapienter": con energia e con sapienza. Questo comporta la necessità di un addestramento che a sua volta richiede tempo: l"' enfance" degli eroi adolescenti della canzone di gesta è un periodo di apprendistato militare e contribuisce a modellare la fisionomia sociale dell'aristocrazia. Quest'educazione militare si può ricevere solo nel castello d'un potente signore. La forza d'urto e la capacità di difesa del cavaliere esigono non la singolar tenzone, non il duello, come troppo spesso e a torto si è detto, ma il combattimento in piccoli gruppi, in corpi chiamati "échelles" o "batailles." La coesione militare rafforza quindi la tendenza dell'aristocrazia a raggrupparsi in grandi famiglie strettamente unite - i lignaggi, che combattono in gruppo - e raccolte intorno ad un capo: vassalli raccolti intorno al loro signore, cavalieri che circondano un nobile piu potente. Classe alla quale la fortuna consente l'accesso, la cavalleria è dunque piu o meno aperta ai nuovi venuti, e avventurieri fortunati che hanno saputo procurarsi le risorse necessarie e distinguersi nell'addestramento o nella battaglia possono introdursi nel gruppo cavalleresco. D'altra parte la cavalleria non tarda a differenziarsi: accanto ai piu ricchi - maiores milites - vi sono cavalieri piu poveri - minores milites come ci mostra ad esempio nel XIII secolo la cronaca del monastero alsaziano di Ebersheim. Soprattutto per mantenere la base economica e sociale necessaria alla continuità della fa67

miglia cavalleresca, i cavalieri cercano di applicare il diritto di maggiorasco il piu rigorosamente possibile. La mobilità d'una frazione di questa classe ne è aumentata: se una parte dei cadetti nobili trova uno sbocco nella Chiesa e va a popolare i monasteri, un'altra alimenta il gruppo dei cavalieri erranti, dei giovani aristocratici vagabondi che, individualmente o in gruppo, vanno a cercare fortuna, se possibile, e in ogni caso avventure, sulle strade della Cristianità e nelle spedizioni cristiane. Cosi si delinea nella cavalleria una tendenza a chiudersi, a trasformarsi in classe ereditaria. Non vi riuscirà mai del tutto, e il grado di "chiusura" - come la cronologia di questa evoluzione della classe cavalleresca - varia secondo le regioni e i paesi. In ogni caso l'investitura a cavaliere, cerimonia d'iniziazione che sembra avere origini puramente laiche, militari, ma che la Chiesa cristianizza e favorisce nel quadro del suo tentativo di fare del cavaliere un cavaliere di Cristo - il membro d'una militia Christi al servizio della Chiesa e della religione - , se concorre alla trasformazione della classe cavalleresca in classe chiusa, non arriva però a determinare una chiusura totale. Non tutti i cavalieri ricevettero l'investi tura, né tutti quelli che la ricevettero furono figli di cavalieri. Quando Parsifal va · dal re che fa i cavalieri il figlio della "veuve dame" non pensa a chiedere ad Artu la consacrazione dovuta alla sua nascita: il "servitore selvaggio" non reclama che il premio del suo valore. E gli basta compiere la prodezza di uccidere con una freccia nell'occhio il cavaliere dalle armi vermiglie di cui s'impadronisce perché Gumemanz di Graharz lo faccia entrare nell'ordine della cavalleria che Dio ha fatta e comandata ...

Nello strato sociale dell'aristocrazia bisogna assegnare una posizione a parte a una categoria speciale, quella dei ministeriali (ministériaux), che rappresentano una nobiltà "di servizio" ( ex officio). Molti ministeriali sono d'umili origini, spesso serviles; e in loro si manifesta, meglio che in qualsiasi altro gmppo, la mobilità sociale propria dell'epoca. Questo tipo di ascesa sociale comincia e finisce in momenti diversi a se-

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conda delle regioni. Alla metà dell'XI secolo, nella "vita di Gamier, prevosto di Santo Stefano di Digione," vediamo un ministeriale del prevosto di Digione, i cui discendenti dovevano diventare cavalieri, tentar di nascondere la propria condizione servile che lo costringe al pagamento di un tributo speciale, la tassa di capitazione (census capitis). Ecco il racconto di questa scena rivelatrice: "L'indomani della Natività, il giorno in cui si celebra la venerabile festa di Santo Stefano, i censuari si presentano davanti all'altare e pagano ciò che devono in presenza degli agenti dell'abbazia. Ora, un certo prevosto del visconte di Digione del quale omettiamo il nome per non recar danno ai suoi eredi che godono del piu grande prestigio in seno alla cavalleria, questo prevosto per una sorta di rispetto umano depose il censo di capitazione sull'altare prima che si fossero riuniti gli agenti dell'abbazia, quando non c'era nessuno a vederlo. Piu tardi, all'ora della processione, l'illustre prevosto Gamier chiese agli agenti affaccendati intorno a lui se tutti i tributi fossero stati pagati; rispondendo questi che tutti avevano pagato il tributo tranne il suddetto personaggio, Garnier, davanti a tutti, lo costrinse volente o nolente a portare di nuovo il dovuto sull'altare; là, in presenza della folla riunita in attesa della processione ... " Un testo satirico di Reinmar von Zweter, minnesanger della scuola di Walther von der Vogelweide, renano di nascita, cresciuto in Austria e residente presso la corte di Boemia, descrive nella prima metà del secolo XIII la diversità di condizioni in seno alla classe aristocratica. Che un signore di liberi natali possa essere ad un tempo cavaliere, ministeriale, servo della gleba, scudiero, come ciò possa accadere è per tutti cagion di meraviglia. Una libera nascita non deve ingannare: un signore per natali per la riputazione essere potrebbe un ministeri:ale, un cavaliere per le sue azioni, servo della gleba pei costumi, e scudiero per virtu cavalleresca. Un signor cosi diviso

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potrebbero ammirar certo le corti: qui libero, là servo della gleba, quinci ministerial, quindi scudiero, là ancora cavalier. Se un uomo al mondo a tanto fosse pari, una regina inchinarsi dovrebbe innanzi a lui.

LE ISTITUZIONI DEL FEUDALESIMO CLASSICO

Tuttavia l'insieme di questa nobiltà, nella maggior parte dell'Occidente cristiano, fra la metà dell'XI e la metà del XII secolo, è presa nella rete della struttura feudale. In questo feudalesimo cosi detto classico l'elemento piu importante è lo strettissimo rapporto fra legami personali e legami reali, fra vassallaggio e feudo; quest'ultimo anzi passa in primo piano. Il contratto di vassallaggio lega reciprocamente un signore e un vassallo. Con l'omaggio il vassallo, ponendo le mani giunte fra quelle del signore ( immixtio manuum) e pronunciando una formula ad hoc, diventa "uomo" del signore. Segue la promessa o giuramento di fedeltà, l'impegno della fede (Treue e piu tardi Hulde, come ad esempio nel famoso codice feudale dell'inizio del secolo XIII, il Sacltsenspiegel, 1225 ca.). Ecco ad esempio, secondo Galberto di Bruges, come si comportano nel 1127 i vassalli del conte di Fiandra nei confronti del loro nuovo signore, Guglielmo di Normandia: "In primo luogo, resero omaggio nel modo seguente: il conte domandò al futuro vassallo se voleva diventare suo uomo, senza riserva, e colui rispose: 'Lo voglio.' Poi, le sue mani essendo strette fra quelle del conte, accostarono il viso e si baciarono. In secondo luogo, colui che aveva fatto omaggio impegnò la sua fede al 'portavoce' del conte in questi termini: 'Prometto sulla mia fede di essere, a partire da questo istante, fedele al conte Guglielmo e di conservargli, contro tutti e interamente, il mio omaggio, in buona fede e senza inganno.' In terzo luogo giurò di mantenere la promessa sulle reliquie dei santi." In virtu del contratto di vassallaggio, il vassallo s'impegna a dare al suo signore aiuto e consiglio (auxilium e consilium). L'aiuto prende il piu delle volte la forma di assistenza milita70

re (serl'itium), ma in Inghilterra, a partire dalla seconda metà del secolo XII, i re pretendono dai vassalli, in luogo del serYizio personale, un tributo pecuniario (scutagium). In cambio, il signore deve al vassallo protezione e mantenimento. Questo "mantenimento" prende ben presto la forma obbligatoria di concessione d'un feudo (fief) al vassallo, e questo feudo è il piu delle volte una terra; il che non ha nulla di sorprendente in una società in cui la terra è il fondamento di tutto, la fonte dei mezzi di sussistenza, la base della ricchezza, del prestigio sociale, del potere. La concessione del feudo avviene ufficialmente nel corso d'una cerimonia d'investitura nella quale il signore consegna al vassallo un oggetto simbolico - simbolo d'oggetto che il vassallo conserva: ramo, zolla di terra o ciuffo d'erba, lancia, stendardo o insegna, pastorale per i vescovi imperiali (da cui poi la questione delle investiture) ecc., o simbolo d'azione, con il quale il signore tocca il vassallo e che gli consegna un istante ma poi subito riprende: scettro, verga, anello d'oro, coltello, guanto, ecc. Talvolta un atto scritto sanziona la concessione del feudo. La prima carta d'infeudazione che ci sia stata conservata riguarda Guglielmo il Conquistatore e un cavaliere suo vassallo in Inghilterra (fra il 1066 e il 1087). Il fatto essenziale è che in quest'epoca del feudalesimo "classico" il feudo è diventato ereditario. Di piu, non soltanto in caso di disubbidienza o tradimento da parte del vassallo, il signore incontra sempre maggiore difficoltà a punire il ribelle, il fellone, con la confisca del feudo; sul feudo il vassallo possiede un autentico diritto di quasi-proprietà, tanto che gli è possibile disporne, alienarlo, venderlo, senza che il signore possa opporvisi. Inoltre, nei casi in cui è previsto che il signore, in caso di vendita del feudo da parte del vassallo, possa esercitare un diritto di prelazione, ( re trait féodal), sul suo diritto prevale spesso quello prioritario dei congiunti del vassallo (retrait lignager). La famiglia è infatti una fra le istituzioni piu potenti della società feudale. Non possiamo abbandonare l'argomento senza sottolineare un ultimo aspetto dell'evoluzione della società feudale. Nel processo di differenziazione che crea strati sociali distinti per ricchezza e potere, a partire dall'XI secolo una categoria tende a prendere il primo posto: quella dei proprietari di castelli. Il progresso economico e tecnico, l'evoluzione sociale favori71

scono l'erezione di queste fortezze di pietra la cui costruzione va di pari passo con quella di chiese. Punto d'appoggio militare, centro economico d'accumulo e di consumo, il castello è anche il centro sociale in cui, attorno al signore e alla sua famiglia, si raccolgono i giovani figli dei vassalli - che qui vivono insieme come ostaggi e per compiervi il loro apprendistato militare - e quei milites castri di cui parlano spesso i testi dell'XI e XII secolo e che sono forse ministeriales avviati a diventare cavalieri. Come vedremo, il castello è anche centro culturale poiché vi affluiscono menestrelli, trovatori, giullari. Le castellanie diventano spesso anche le céllule amministrative del mondo feudale. Nella regione di Màcon per esempio le castellanie si dividono nell'XI secolo lo spazio lasciato libero dalle immunità e dalla signoria comitale e piccole castellanie, ad immagine delle grandi, sono signorie banali - il bando emanando dal castello. L'ascesa sociale dei cavalieri e dei ministeriali si manifesta in ogni caso attraverso l'erezione di case fortificate o di veri e propri castelli o attraverso l'appropriazione dei castelli del signore affidati alla loro custodia. In Germania, sotto Enrico V, Lotario II e Corrado III - dal 1081 al 1152 - , una serie di ministeriali imperiali segue una moda già adottata dalla nobiltà di piu alto rango e prende il nome dei rispettivi castelli. All'inizio del secolo XII il duca di Svevia Federico l'Orbo erlge una serie di castelli da Basilea a Magonza, e i ministeriali vi accorrono dall'altra parte della Foresta Nera. Da un castello (Staufen, costruito dal padre di Federico) prenderà il nome una delle famiglie piu potenti ed illustri del Sacro Romano Impero nei secoli XII e XIII.

I CONTADINI E I LORO PROGRESSI Anche la classe contadina è caratterizzata da un'estrema mobilità geografica e sociale. È molto difficile - tanto è delicato il compito di definire le categorie sulla base d'una terminologia molto variabile, tanto grande è spesso la distanza fra condizione giuridica e condizione sociale, tante sono le differenze del processo evolutivo a seconda delle regioni valutare il numero dei servi o dei contadini di analoga condi-

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zione e stimare l'importanza della loro indubbia diminuzione fra il secolo XI e il XIII. Nella regione di Màcon la parola servus compare per l'ultima volta, in un documento scritto, nel 1105. D'altra parte, fra le esazioni che pesavano in modo particolare sui servi senza essere loro esclusive, alcune si riducono talvolta a un contributo modesto: cosi la taglia a discrezione, una tassa di capitazione o testatico, il formariage, la manomorta, vale a dire : la taglia che in un qualsiasi caso di bisogno il padrone può esigere dal servo stabilendone a piacer suo l'ammontare; la tassa annua pro capite, cioè per persona; un tributo in caso di un matrimonio celebrato fuori dei domini del feudatario; · il tributo che bisogna pagare al signore per avere il diritto di trasmettere la propria eredità - la propria mano, che normalmente è morta - a discendenti e parenti. La manomorta può ridursi alla cessione del capo migliore: cioè, al momento della successione il signore si prende un capo di bestiame (in linea di principio, il migliore), o una veste o un mobile; in Germania si ha il Buteil, cioè il signore si prende la metà o un terzo dei mobili. Bisogna però notare che dove i servi propriamente detti (homines de corpore, de capite, homines proprii) diventano meno numerosi, i contadini, il cui numero essi vanno ad aumentare (homines de potestate, hommes de poste, affini agli horigen tedeschi che pare fossero veri e propri servi) godono d'una posizione assai poco migliore di quella dei servi. Sulle masse contadine, uniformemente designate con i termini di villani, manentes o semplicemente rustici gravano quindi pesi che per coloro che vengono a fondersi col nuovo gruppo rappresentano talvolta un miglioramento, talaltra un peggioramento della loro condizione anteriore. Cosi in Germania i censuales, generalmente discendenti di servi che hanno acquistato la "libertà" grazie al pagamento del testatico (census) tra il X e l'XI secolo, ricadono in una condizione assai vicina a quella servile nella misura in cui, almeno a partire dall'inizio del XII secolo, il testatico diventa il segno della soggezione personale ed ereditaria. Senza dubbio, l'importanza crescente della moneta nell'economia favorisce la sostituzione di tributi in natura o in denaro a tributi in lavoro: le corvées lasciano il posto al census e nei possedimenti dei signori cresce il numero dei mercena73

ri, dei salariati. Ma il signore tiene per sé, per sfruttarla direttamente, una parte della terra in suo possesso, e a seconda delle vicissitudini dell'economia la superficie della réserve e l'entità dei lavori da eseguirvi possono tanto crescere quanto diminuire. Senza dubbio, il lavoro sulla réserve è svolto in misura crescente non dai villani, sotto forma di corvée (boonworks o weekworks inglesi), ma da domestici, da famuli (bouviers, bovari, bovarii), fra i quali si possono contare i ministeriales di rango inferiore. A questi famuli pOS),iamo aggiungere anche i conversi o fratelli laici, che sulle· proprietà terriere ecclesiastiche ( inizialmente presso i nuovi ordini dei secoli XI e XII, in particolare i cistercensi, poi presso i b~nedettini di vecchia osservanza) si occupano delle facce:ade ma-. teriali ed economiche, prendendo gli ordini minori ma viv~ndo a parte, senza ricevere alcuna istruzione e partecipando solo in misura minima all'opus Dei. Questi domestici riman-· gono in una condizione assai vicina a quella dei servi e persino degli antichi schiavi (mancipia della familia aristocratica), anche se il signore concede loro fondi che hanno lo scdpo essenziale di fissarli stabilmente sul posto, di legarli al feudo, giacché la concessione impegna il beneficiario con i vincoli di una soggezione ereditaria: Luft macht eigen (L'aria rende liberi). Le condizioni dei contadini tendono tuttavia nettamente a migliorare, anche se questo progresso subisce arresti e se in certe regioni è meno rapido che in altre. Alle corvées si sostituiscono in misura crescente beni livellari, come fondi in enfiteusi in Provenza o a livello nell'Italia del XII secolo. Cosi nel 1103 il monastero di Santa Maria di Montepiano dà terre a Casi e in altri luoghi a un certo Ranieri figlio di Bonanno e ai suoi eredi perché le posseggano, le tengano, le lavorino, ne godano i frutti e le migliorino; in cambio ogni anno nell'ottava di Natale essi sono tenuti a pagare al monastero un censo di quattro denari d'argento lucchesi buoni e brillanti, una spalla e. due pavoni e null'altro. Se su certe proprietà terriere, specialmente in Inghilterra, le corvées rimangono gravose (nel 1185, su terre del conte di Gloucester appartenenti a dei Templari, i fondi dei villani devono due giornate di lavoro per settimana nella morta stagione, da San Martino alla fienagione, quattro nel periodo del taglio del fieno, due dalla fienagione al 1° agosto, sei in tempo

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d1 mietitura - due il lunedi e il mercoledi, una il martedi e il giovedi - , quattro fra la mietitura e 1'11 novembre, giorno di San Martino), altrove diminuiscono considerevolmente; ad esempio in Germania, nel XII secolo, gli homines quotidiani - che, come indica il loro nome, all'origine e in linea di principio dovevano al signore il lavoro delle loro braccia tutti i giorni della settimana esclusa la domenica - gli devono meno di sei giorni di lavoro la settimana, e in qualche caso gliene devono uno solo. Lo sviluppo del carattere banale del potere feudale ha d'altra parte moltiplicato il numero dei servientes, dei sergenti del signore, incaricati di far rispettare l'ordine, i regolamenti in vigore e di imporre il pagamento dei diritti banali. I guardaboschi, i sindaci, i prevosti, i balivi, gli intendenti ( villici) traggono dalle loro funzioni profitti materiali e prestigio sociale. Ottengono allodi (terre libere), s'arricchiscono, pagano sostituti, sergents che svolgono le loro funzioni al posto loro. Nella società contadina diventano i veri padroni, detestati dalle masse. A partire dal secolo XII i signori sono costretti e talvolta per iscritto, con carte - a mettere un limite ai loro abusi e pretese. Ma la carriera di questi uomini ci dimostra quali possibilità di ascesa sociale esistano nel mondo contadino; i piu abili e fortunati tra questi "ministeriali" si innalzano sino alla cavalleria e alla nobiltà. Nel 1176 l'abate di Corvey priva di gran parte dei suoi poteri e delle sue funzioni lo schultheiss di Haversford che da due generazioni ha raggiunto la dignità cavalleresca, e prende. misure per impedire che "d'ora in avanti questa corte sia amministrata da cavalieri, perché essi raramente si contentano di ciò che possiedono e hanno l'abitudine di appropriarsi di piu di quanto sia loro affidato." Il miglioramento delle condizioni dei contadini comincia infine a tradursi in affrancamenti collettivi. Nel 1185, ad esempio, l'abate di Ferrières-en-Gatinais "affranca e libera in perpetuo da ogni giogo servile tutti i servi, sia maschi che femmine, che abitano attualmente nella parrocchia di Saint-Eloi e in tutto il circondario di Ferrières, cosi i servitori della chiesa come gli altri, le loro mogli, i loro figli e figlie già nati o da nascere. Essi... avranno piena libertà e facoltà di andare dove piacerà loro, quando piacerà loro, e di disporre dei loro

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beni come coloni liberi... Tutti coloro che abitano entro i limiti del detto circondario o che verranno ad abitarvi in futuro, la chiesa li libera ed assolve da ogni tributo, esazione o taglia. In compenso di questo affrancamento, ogni casa che possieda un focolare dovrà annualmente alla chiesa cinque soldi di censo ... " L'abate concede loro, "per gli altri diritti consuetudinari e ammende," la "coutume de Lorris," ossia alcune franchigie sulle quali torneremo piu avanti. Gli abitanti di Ferrières pagheranno anche il tonlieu di martedi e il vinage (o banvin) in ogni tempo dell'anno; i beccai pagheranno anche un diritto di esposizione. Per quanto riguarda i servitori, i ministeriales, la loro ascesa sociale consiste per quelli di rango inferiore (i sergents) nella concessione della libertà (i loro obblighi servili sono soppressi e sostituiti da un censo), per quelli di rango superiore nell'innalzamento alla dignità di cavalieri: "Il feudo del ciambellano e del sindaco di Ferrières comporta l'obbligo dell'omaggio e della partecipazione ai servizi di guerra con un cavallo." La forma essenziale, in quest'epoca, della mobilità contadina e della conquista delle "libertà" - se non della libertà - comporta l'allontanamento dalle terre del feudatario: la fuga, l'emigrazione nelle città, l'insediamento in villaggi e città nuove, in terre da conquistare alla coltura, da c.olonizzare. La prima forma di evasione dal dominio del signore feudale è la fuga pura e semplice. Talvolta essa conduce il fuggiasco sulle terre di un altro signore ritenuto piu liberale o che, avendo bisogno di manodopera, assicura al fuggiasco condizioni piu vantaggiose di quelle da cui ha voluto liberarsi. Ma il piu delle volte i signori si accordano per dare la caccia ai contadini: a quelli, almeno, che possono piu o meno legalmente reclamare, e in primo luogo ai servi. Intese a volte sanzionate da accordi scritti assicurano ai signori la restituzione reciproca dei fuggiaschi. In altri casi i signori si fanno garantire queste restituzioni, accompagnate da indennità, dai poteri pubblici. Verso il 1160 l'abate e i monaci di Colchester ottengono da re Enrico II una carta in cui si ordina che siano loro restituiti, "dovunque si possano trovare," i loro servi fuggiaschi e i beni che avessero portato con sé, pena un'ammenda di 10 lire, somma per quel tempo considerevole. Tuttavia il costume e ben presto un uso sancito da rego76

lamenti tendono piuttosto a favorire la fuga dei servi. L'uso limita ben presto a quattro giorni il periodo in cui il signore può riprendersi il fuggiasco; passato questo tempo, per recuperarlo è spesso necessario un giudizio e un atto scritto. Dopo un anno e un giorno dalla fuga il contadino rifugiatosi in città gode in generale della franchigia urbana e di tutta la protezione che questa comporta. La città è quindi in molti casi la meta del contadino fuggiasco ed è noto l'adagio: "Stadtluft macht frei" (l'aria di città rende liberi) - "nach Jahr und Tag" ( dopo un anno e un giorno), aggiungono il piu delle volte i testi o gli usi. Ma prima di affrontare, nel quadro del movimento urbano, il grande fenomeno dell'emigrazione contadina verso la città, dobbiamo sottolineare che il contadino trova la libertà, o piuttosto "le" libertà, anche nelle terre nuove. "Roden macht frei" (il dissodamento di nuove terre rende liberi), è stato scritto giustamente. Del resto, è spesso difficile dire se gli agglomerati sorti sulle terre appena conquistate alla coltura, i nuovi centri abitati di cui abbiamo già parlato, siano città o villaggi. È significativo che l'espansione agraria permetta ai contadini venuti a stabilirsi sulle terre appena guadagnate alle colture, ai coloni, di beneficiare di conquiste giuridiche e sociali di tipo urbano. La carta di franchigie che Filippo Augusto (riprendendo privilegi concessi da suo padre nel 1155) accorda per esempio nel 1187 agli uomini di Lorris-en-Gàtinais e che è imitata in numerose borgate dei territori della corona qualifica l'agglomerato con il termine "città" ma parla. dei raccolti di grano e delle vigne degli abitanti. Questi ultimi sono affrancati dalle tasse sulla vendita dei loro prodotti, dal servizio militare, dalla taglia, dalle corvées (ad eccezione del trasporto, una volta l'anno e dietro compenso, del vino del re a Orléans), e "chiunque potrà vendere i suoi beni, se cosi vuole, e una volta pagati i diritti sulla vendita andarsene dalla città, se cosi gli piace, liberamente e senza essere molestato; e sempre poi resterà libero e non sarà molestato." È normale che i contadini abbiano profittato di queste franchige soprattutto nelle terre nuove aperte alla colonizzazione nell'Europa orientale e in Spagna, dove la Riconquista mette nelle mani dei cristiani terre spopolate dalla guerra e dalla fuga dei musulmani. In una carta del 1154, per esempio,

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il vescovo di Meissen dichiara: "ho riunito e insediato in un luogo incolto e quasi privo d'abitanti uomini vigorosi provenienti dalla provincia di Fiandra e ho dato in possesso stabile, eterno ed ereditario, a loro e a tutti i loro discendenti, il villaggio chiamato Kiihren ... Ho dato a questi fiamminghi, in memoria e in segno di pieno possesso, quattro marchi, questo villaggio e diciotto mansi, con tutte le norme consuetudinarie che esistono ora e che potranno esistere in futuro, nei campi come nei boschi, nei prati, nei pascoli, nelle acque e nei mulini come nei luoghi di caccia e di pesca... Potranno vendersi a vicenda il pane, la cervogia e la carne; ma non facciano un mercato pubblico nel villaggio. Per il resto, li affranchiamo da ogni tributo al vescovo, al causidico, al sindaco e a chiunque altro ... " In Spagna le cartas de poblaci6n accordate ai coloni sono tanto piu liberali in quanto nella penisola iberica non esiste feudalesimo in senso stretto: l'azione del sovrano, la necessità della lotta contro i musulmani, soprattutto l'abbondanza di terra impe_discono la formazione di feudi. Esiste cosi una "cavalleria popolare" (caballeria popular) nella quale si entra grazie alla semplice concessione di alcuni privilegi, identificabili soprattutto con l'esenzione da imposte o obblighi di vario genere in cambio del servizio militare. La semplice occupazione e coltivazione di terre (presura) portano con sé talvolta un vero e proprio diritto di proprietà. In molte regioni della penisola iberica, e soprattutto in Castiglia, i contadini vivono su proprietà (behetrias, derivanti dalle benefactorias dell'Alto Medio Evo), in cui godono di ampie libertà, ivi compresa quella di scegliersi il loro signore. Già nel 1017 il fuero di Le6n dichiara che chi appartiene a questa categoria "è libero di andare dovunque gli piaccia." Se la fuga e le possibilità d'insediamento su terre nuove o in città offrono ai contadini numerose occasioni di affrancamento e di ascesa sociale, se l'evoluzione economica permette loro di ottenere, anche senza emigrare, un notevole miglioramen to della loro sorte, questa rimane spesso poco invidiabile e i miglioramenti si devono ottenere con la forza. Nel XII secolo Goffredo de Troyes scrive: "I contadini che lavorano per tutti, che faticano a tutte le ore, in tutte le stagioni, che si abbassano ai lavori servili sdegnati dai loro pa78

droni, sono sempre oppressi, e questo per provvedere alla vita, alle vesti, alle frivolezze degli altri... Sono perseguitati con gli incendi, la rapina, la spada; sono gettati in prigione, messi in ceppi, poi costretti a riscattarsi o uccisi con la violenza o con la fame, sottoposti a ogni genere di supplizi... I poveri gridano, le vedove piangono, gli orfani gemono, i suppliziati versano il loro sangue." Senza dubbio - a parte la fuga - le principali forme di lotta dei contadini, contro il signore sono l'inerzia, la passività, la cattiva volontà. Nel 1117 l'abate di Marmoutier in Alsazia sostituisce la corvée, il servizio gratuito di tre giorni per settimana, risalente all'epoca carolingia, col versamento d'un tributo in denaro. Dichiara di aver dovuto prendere questa decisione a causa dell"' incuria, dell'inutilità, dell'indolenza e della pigrizia" di coloro che lo servivano. Ma benché, tra la metà del secolo XI e l'inizio del XIV, non vi siano grandi rivolte contadine come quelle verificatesi ad esempio in Normandia alla fine del X e come se ne verificheranno in Europa fra il XIV e il XVI, qua e là le rivendicazioni contadine assumono i caratteri della violenza. Nel suo incubo Enrico I d'Inghilterra, all'inizio del secolo XII, vede per primi i contadini levare contro di lui gli arnesi da lavoro a guisa d'armi. Quando Enrico I vede in sogno le classi sociali in rivolta contro la monarchia, quelle classi sono tre, le tre categorie della società tripartita: contadini, nobili, clero. Quale che possa essere, nell 'XI e soprattutto nel XII secolo, la mobilità sociale all'interno di queste classi, le grandi novità avvengono altrove: nei centri urbani, dove certi gruppi sociali annunciano una società nuova che manderà in frantumi quella degli "ordini" voluti da Dio, e all'interno della quale ascesa e decadenza sono peGcati capitali.

LA FORMAZ.IONE DELLA SOCIETÀ URBANA Viene infatti il momento in cui i gruppi e gli individui dediti al commercio e all'artigianato nelle città s'accorgono che l'esercizio delle loro attività professionali richiede il ricono79

scimento, da parte delle classi dominanti tradizionali, non solo di libertà, di privilegi economici, ma anche ·di franchige giuridiche e di poteri politici che ne sono la conseguenza e la garanzia. Agisce nello stesso senso la convinzione che la loro crescente potenza economica dev'essere sanzionata dalla concessione di cariche politiche e dalla conquista di una dignità sociale. A queste pretese le classi dominanti tradizionali non oppongono un fronte unito. In primo luogo, tra l'aristocrazia laica e il clero esistqno divergenze d'interesse, aggravate dalla riforma gregoriana, che favoriscono il giuoco dei cittadini. Non soltanto la chiesa (o il monastero) offrono asilo ai servi o ai contadini fuggiti dalle proprietà dell'aristocrazia laica, ma i nuovi gruppi urbani sanno anche utilizzare con molto opportunismo gli ideali e le istituzioni di pace propugnati dalla Chiesa dalla fine del X secolo in poi. Il caso è frequente ad esempio nelle città della Bassa Franconia; cosf si giustifica il privilegio - forse falso, ma che legittima una situazione piu tarda - concesso da Federico Barbarossa a Worms nel 1156. La carta con la quale, tra il 1142 e il 1155, l'arcivescovo di Arles riconosce alla città di Arles il diritto di amministrarsi da sé per mezzo di dodici consoli insiste sulla "pace" che tale istituzione deve far regnare: "Questo consolato significherà la pace, il ritorno al buon tempo antico, la riforma della società. Le chiese, i monasteri e tutti i luoghi santi consacrati a Dio, le strade e le pubbliche vie, le acque e la terra, tutto sarà governato da questa pace. La pace sarà giurata per un periodo di cinquant'anni, e ogni cinque anni gli stranieri e i nuovi venuti giureranno di rispettarla; e in questo modo il consolato sarà rinnovato e conservato; e tutta la comunità, mantenuta intatta per il servizio di Dio e per il bene pubblico, sarà conservata grazie ai buoni uffici dell'arcivescovo.;. Se dovesse insorgere in qualche· modo la discordia civile, nessun fromboliere né arciere armato di pietra o d'arco dovrà attaccarne altri nella città né nel borgo. E nessuno straniero sarà accolto nella comunità senza il desiderio e il consenso del vescovo e di tutti i consoli." In Francia i cittadini che lottano per ottenere privilegi si riuniscono in gruppi chiamati communia pro pace: "comunità a vantaggio della pace." Un'associazione di pace è la comBO

pagnia communis che raggruppa gli abitanti di Genova e con la quale il vescovo conclude un trattato nel 1099. Nelle città dove il vescovo detiene il potere politico - come avviene spesso nelle antiche regioni carolinge - la nobiltà, o per lo meno la piccola nobiltà dei dintorni, si allea ai nuovi cittadini per strappare concessioni al vescovo. Cosi in una delle prime rivolte urbane, quella avvenuta a Milano e in Lombardia nel 1036, si vedono i piccoli nobili, i valvassori, e i semplici cavalieri ribellarsi contro i loro signori nello stesso tempo in cui il popolino delle città si ribella ai suoi padroni e soprattutto all'arcivescovo Ariberto. La lotta tra Chiesa e Impero favorisce grandemente l'indipendenza urbana in Germania e in Italia. Talvolta i grandi signori feudali, e piu ancora i re, vedono che è nel loro interesse favorire i nuovi gruppi urbani sia per trov~rvi un appoggio contro i loro avversari, sia per ritrarre, mediante_ tasse ed imposte, benefici sostanziali dalle attività economiche dei cittadini. Cosi, a partire dalla seconda metà dell'XI secolo, dall'Inghilterra alla Spagna e all'Italia, dalla Francia ai confini slavi, i nuovi gruppi urbani ottengono ( soprattutto dai sovrani) privilegi e franchige. Enrico I d'Inghilterra ( 1100-1135) accorda ai borghesi di Newcastle-upon-Tyne una serie di libertà, tra cui il diritto di libero commercio e il monopolio del commercio nella città, il diritto di accogliere come borghesi nella città i contadini fuggiti da un anno e un giorno, quello di non pagare nessuna tassa per matrimoni contratti fuori della città, manomorta o altre simili (merchet, heriot, bloodwite, Stengesdint). In una lite, un borghese non può essere costretto a difendersi fisicamente con le anni ma basta il suo giuramento; il figlio che alloggia in casa sua e mangia alla sua tavola gode delle sue stesse libertà. Il fuero accordato nel 1076 da Alfonso VI di Castiglia a Sepulveda ben dimostra come, almeno in certe regioni di frontiera (Estremadura o Sierra) le città possano servire di asilo non solo a contadini e servi fuggiti all'oppressione dei signori ma anche ad assassini, ladri, malfattori d'ogni specie. Chiunque arrivi a Sepulveda con una concubina - maritata o nubile - o con beni rubati gode della protezione della comunità contro i suoi persecutori. A chi ha 81

ucciso un castigliano basta raggiungere il Duero per essere legalmente al riparo da ogni azione penale. La storia della fondazione di Lubecca nel XII secolo, narrata intorno al 1171 da Helmold nella sua Chronica Slavorum, ci illustra vividamente il movimento urbano legato all'espansione demografica ed economica: "Adolfo conte di Holstein cominciò a ricostruire il castello di Segeberg e lo circondò d'un muro. Ma essendo deserto il paese, inviò messaggeri dappertutto, in Fiandra, in Olanda,· a Utrecht, in Vestfalia, in Frisia, invitando tutti coloro che mancavano di terre a recarsi nei suoi domini con le loro famiglie: avrebbero ricevuto buona terra, fertile, tale da fornire selvaggina e pesce in abbondanza, ed eccellenti pasture... A questo invito, una folla innumerevole d'uomini di popoli diversi si mise in viaggio con le famiglie e i beni, e arrivò al paese di Wagrien ... Poi il conte Adolfo giunse in un luogo chiamato Bucu e vi trovò il bastione d'un castello abbandonato costruito in tempi lontani da Cruto, il nemico di Dio, e una grandissima isola circondata da due fiumi: da una parte scorre il fiume Trave, dall'altro il Wakenitz, e l'una e l'altra hanno rive acquitrinose, di malagevole accesso; ma dalla parte che porta alla terra si trova, davanti al bastione, una collina piuttosto stretta. Avendo compreso, nella sua lungimiranza, quanto appropriato foss~ il luogo ed eccellente il porto, il conte cominciò a costruire una città che chiamò Lubecca, poiché non era lontana dall'antico porto e dall'antica città edificati in altri tempi dal principe [slavo] Enrico ... " Il duca di Sassonia Enrico il Leone cerca invano di giungere a un'intesa con Adolfo II di Holstein e prende misure per difendere la sua città di Bardowiek che "si spopola a causa della presenza del mercato di Lubecca, perché tutti i mercanti si stabiliscono là ... " Nel 1157 "la città di Lubecca fu distrutta da un incendio. I mercanti e gli altri abitanti inviarono al duca delegati che gli dissero: 'Già da molto tempo il mercato di Lubecca è interdetto per vostro ordine. Fino ad ora siamo rimasti nella città con la speranza di riavere, per vostra grazia e benevolenza, il mercato ; e anche perché non potevamo rassegnarci ad abbandonare gli edifici costruiti con tanta spesa. Ma ora che le nostre case sono state distrutte dall'incendio, non ci

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sarebbe scopo a ricostruirle in un luogo dove non si può tenere mercato. Assegnateci dunque un posto per fondare una città, dovunque vi piaccia'." Ma il tentativo di fondare una nuova città essendosi risolto con uno scacco, Enrico il Leone riesce a farsi cedere da Adolfo di Holstein il sito di Lu becca. "Subito, _su ordine del duca, i mercanti tornarono con grande gioia, abbandonando la scomoda città nuova, e cominciarono a ricostruire le chiese e le mura. Il duca inviò messaggeri nelle città e negli stati del Nord, in Danimarca, in Svezia, in Norvegia e in Russia, offrendo la pace e la libertà d'accesso e di transito nella sua città di Lubecca. Vi stabili una moneta e un dazio e concesse alla città i privilegi piu importanti. Da allora la città divenne sempre piu attiva e il numero dei suoi abitanti grandemente si accrebbe." Ma se - specialmente nelle città nuove - i nuovi cittadini ottengono piu o meno facilmente franchige dai signori, nelle vecchie città non accade lo stesso, e per strappare le loro libertà i nuovi strati urbani devono ricorrere alla forza. Svolge quindi una parte di primaria importanza l'organizzazione militare - all'inizio piu o meno clandestina - dei gruppi urbani decisi a farsi valere. A differenza dei contadini, in generale sprovvisti d'armi (all'occasione ne tengono il' posto i loro mediocri utensili) e incapaci di organizzarsi militarmente, gli uomini delle città sanno sovente, se non trionfare delle forze armate feudali, per lo meno dar loro abbastanza filo da torcere da strappare concessioni ai signori. L'importanza di questa orga.11-izzazione militare urbana verrà rivelata al mondo feudale stupefatto quando le milizie comunali lombarde metteranno in rotta a Legnano, nel 1176, la cavalleria di Federico Barbarossa. L'ostilità delle forze sociali e politiche tradizionale ai nuovi gruppi urbani è tanto piu forte in quanto alla difesa degli interessi si aggiungono l'incomprensione, il disprezzo, la paura nei confronti di uomini cosi diversi dall'aristocrazia militare e terriera per le loro attività, il genere di vita, la mentalità. Quasi tutti i cronisti ecclesiastici gettano l'anatema su questa classe pericolosa. "Communia autem novum ac pessimum nomen!": "Comune, nome nuovo e detestabile!" esclama Gilberto di Nogent

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all'inizio del secolo XII, e fa parlare l'arcivescovo di Reims in una predica pronunciata nel corso d'una cerimonia di espiazione per la profanazione d'una chiesa da parte di abitanti in rivolta - "di questi esecrabili comuni in cui, contro ogni legge e ogni norma della giustizia divina, i servi si sottraggono al potere dei loro signori." Per comprendere quale violenza abbia assunto il conflitto tra le nuove classi urbane e i poteri tradizionali, per capire quanto odio divida i loro rappresentanti, bisogna leggere racconti come quelli della rivolta del popolo di Colonia contro l'arcivescovo che nel 1074 ha voluto scaricare il battello d'un mercante per metterlo a disposizione del suo amico il vescovo di Milnster (negli Annali di Lamberto di Hersefeld), o del sollevamento (narrato da Gilberto di Nogent) degli abitanti di Laon, nel 1115, contro il loro vescovo che inutilmente si nasconde in una botte, ne è tirato fuori, viene massacrato e, già cadavere, mutilato del dito che porta l'anello episcopale; o il racconto della rivolta degli abitanti di Santiago di Compostella contro il primo arcivescovo della città, Diego Gelmirez (insignito di questa dignità nel 1120, dopo essere stato vescovo di Santiago dal 1100), che essi tentano di bruciare in una torre alla quale hanno appiccato il fuoco (il racconto è nel-

l'Historia Compostellana). Se questo movimento urbano è esteso a tutta la cristianità, non tutte le rivolte cittadine hanno per risultato uno stesso grado d'indipendenza. Spesso le popolazioni ribelli devono accontentarsi di certi privilegi, •-e in primo luogo delle libertà economiche che importano soprattutto ai loro capi. Nei casi migliori riescono a impadronirsi del potere urbano, a far riconoscere il comune governato dai loro rappresentanti, in genere chiamati échevins (scabini) nel Nord e consoli (consules) nel Sud, senza che si conoscano esattamente i rapporti fra questi magistrati urbani e i dignitari che portavano gli stessi titoli nell'epoca romana o carolingia. Ma ormai, accanto al castello, alla cattedrale, al palazzo episcopale, roccheforti degli antichi signori che sono stati privati del potere d'un tempo o che, piu spesso, lo hanno diviso con i nuovi venuti, sorgono edifici in cui si manifesta la potenza nuova e crescente dei borghesi: la loggia dei mercanti dove i funzionari urbani controllano le mercanzie, la dogana 84

dove tassano i prodotti importati, la casa delle corporazioni dove si riuniscono i piu ricchi tra i nuovi padroni, il palazzo municipale dove siedono gli scabini o i consoli. Alla voce delle campane ecclesiastiche comincia talvolta ad unirsi quella delle campane laiche che annunciano avvenimenti di un altro ordine, piu profano: riunioni d'un consiglio cittadino o dei cittadini in caso di bisogno o di pericolo. Tutto questo dimostra lo stretto legame degli interessi economici - soprattutto commerciali - e dei poteri politici. Chi domina nella loggia dei mercanti siede anche nel consiglio. Parallelamente ai nuovi organi politici, e a volte piu o meno confusi con essi, gruppi professionali riuniscono i principali rappresentanti delle nuove classi sociali: sono le gilde o corporazioni. In certi casi un legame religioso fa schermo, piu o meno completamente, a quello socio-professionale: è il caso delle confraternite, che riuniscono borghesi influenti. A volte i membri di queste gilde o corporazioni impegnati nel commercio internazionale si uniscono da una città all'altra e tali alleanze, frequenti soprattutto nei paesi nordici, si chiamano in generale hanse; esse possono anche unire, in una città o in una regione, i principali mercanti che commerciano con una data città o un dato paese. È il caso, in Fiandra, dell'Hansa di Londra - nata probabilmente solo all'inizio del XIII secolo - di cui fanno parte mercanti fiamminghi che trafficano con l'Inghilterra. Di queste "università" di mercanti la piu importante è probabilmente quella che dal 1161 riunisce, sotto l'egida di Enrico il Leone, "tutti i mercanti tedeschi che frequentano Gotland" (universi mercatores imperii romani Gotlandiam frequentantes) e dalla quale uscirà una tra le massime potenze economiche e politiche del Medio Evo: la Hansa per eccellenza. Nelle gilde come nelle cariche di scabino e di console non troviamo i rappresentanti di tutta la popolazione urbana, e neppure di tutti coloro che hanno ottenuto il pieno esercizio dei privilegi giuridici urbani (i borghesi), ma solo i piu ricchi e piu potenti fra loro, o i loro rappresentanti. Se alla fine del XII secolo la popolazione urbana continua ad essere largamente alimentata dall'afflusso di immigrati, e specialmente di contadini, in certi luoghi già si manifesta la tendenza a regolare quest'immigrazione, a regolamentare l'en85

trata nella borghesia e soprattutto a riservare il potere effettivo a un piccolo gruppo di famiglie: al patriziato, che fornisce gli scabini e i consoli ed è composto dei principali mercanti - specialmente di quelli che commerciano con paesi lontani - e dei maestri delle principali corporazioni; famiglie la cui fortuna si fonda in misura crescente sul possesso di terre e di case urbane, oltre che sui profitti del commercio o dell'industria. A Colonia per esempio questo patriziato nascente, che ha capeggiato la rivolta del 1074 contro l'arcivescovo, afferma il proprio potere fondando una comunità legata da mutuo giuramento e riconosciuta dall'arcivescovo nel 1112. Da questo momento essa governa la città tramite un "club dei ricchi" (Richerzeche) che ne è l'emanazione e possiede un sigillo e un palazzo municipale. Il Rat (consiglio) fa la sua comparsa solo nel 1216. Una definizione di questo patriziato è data già nel 1165 da un testo di Soest che parla dei "meliores ... quorum auctoritate pretaxata villa tunc pollebat et in quibus summa iuris ·et rerum consistebat": "il gruppo dei migliori sull'autorità dei quali riposava la prosperità cittadina e nelle cui mani erano concentrati il potere e la ricchezza." Questa differenziazione all'interno dei nuovi strati sociali urbani non è l'unico motivo per cui fra classi urbane e classi rurali non si può istituire una contrapposizione piu rigorosa che fra classi contadine e classi feudali. Abbiamo visto come dei ministeriales potessero innalzarsi dalla condizione servile al rango di cavalieri. Altri rimanevano dei rurali ma potevano esercitare attività artigianali specializzate. Nell'Europa centrale e orientale, soprattutto in Polonia e in Boemia, si trovano ancora nell'XI e XII secolo villaggi in cui sembra essersi radunato un gruppo di ministeriales specializzati in questa o quella funzione economica: bottai, tessitori di tappeti, fornitori di miele, fonditori, sellai, falconieri, scudai, carradori di cui si ritrova oggi il nome in quello dei villaggi intitolati ai bednary, kobierniki, miodary, rudniki, siodlari, sokolniki, szczytniki, wozniki, ecc. A volte questi artigiani rurali, pur rimanendo di condizione servile, ricevono per la propria sussistenza un feudo e, esattamente come i vassalli, prestano omaggio, un omaggio servile, al signore. Ad esempio in un dominio feudale della regione di Tolosa appartenente all'ordine di Malta un servo giura sui santi Vangeli, nel 1197, di

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essere sincero e leale e di non fuggire. Abbiamo già avuto occasione di ricordare come in Spagna esista una cavalleria "popolare," plebea. Le città, d'altra parte, condividono spesso le caratteristiche del potere feudale, con i loro sigilli e il loro circondario rurale sul quale esercitano, come il signore feudale sui suoi domini, tutti i poteri del bando. Non si creda del resto che nobili e borghesi formino due classi senza alcuna caratteristica in comune, senza rapporti l'una con l'altra, né soprattutto che si distinguano nettamente per il rispettivo genere di vita, urbano per gli uni, rurale e inquadrato sullo sfondo del castello per gli altri. Il consolato di Arles istituito fra il 1142 e il 1155, per esempio, è composto di 12 consoli; quattro di essi sono cavalieri; degli altri otto, quattro rappresentano il "borgo" (sono i borghesi propriamente detti}, due il mercato, due il sobborgo di Borriana. In Italia i nobili possiedono per tempo case in città e molti fra loro - in particolare quelli usciti dal gruppo dei ministeriales rurali - si interessano attivamente al commercio e agli affari. Il vescovo Ottone di Frisinga, scendendo in Italia con il nipote Federico Barbarossa, si stupisce e s'indigna constatando che nelle città lombarde vi sono nobili sottomessi al potere delle magistrature cittadine, che giovani di bassa condizione e persino artigiani possono diventare cavalieri e che queste città dominano le contrade circonvicine, il loro comitatus (contado). Nella prima metà del XIII secolo Salimbene da Parma si stupirà invece del fatto che in Francia solo i borghesi abitino nelle città, mentre i cavalieri e i nobili continuano a vivere nei loro domini e sulle loro terre. Quale che sia, a seconda delle regioni, la diversità tra una classe sociale e l'altra, quale che sia la mobilità delle varie classi, per quanto forte possa essere la tendenza della borghesia urbana a diventare una classe chiusa, alla fine del secolo XII esiste una differenza enorme fra la società rurale dominata dal feudatario (la società feudale per eccellenza) e la società nuova, d'un altro ordine, che con le sue attività, la sua organizzazione sociale e politica, la sua mentalità si oppone all'ordine tradizionale: società di eguali, legati l'uno all'altro da un giuramento, di contro a una società gerarchica fondata sulla fedeltà. Nella letteratura dell'epoca destinata al pubblico

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dei signori essa stupisce o fa scandalo. Il cavaliere che entra in città rimane sbalordito, come il Parsifal di Chrétien de Troyes che scopre una città : ... popolata di bellissima gente e le tavole dei cambiavalute tutte coperte di monete. Vide le piazze e le strade tutte piene di buoni operai che praticavano diversi mestieri: questi forbivano le spade, gli uni fallano i panni, altri li tessono, questi li pettinano, quelli li cimano, gli altri fondono oro e argento, facendo opere buone e belle, facendo ciotole e coppe, e gioielli smaltati, anelli, cinture, fermagli: si sarebbe potuto dire e credere che nella città fosse sempre giorno di fiera tanto era piena di ricchezze, di cera, di pepe, di scarlatto, di pellicce di petit-gris e di merci d'ogni sorta. Ma l'ammirazione del cavaliere può facilmente lasciare il posto all'odio e alla cupidigia. Non appena si allontana dalla città, il borghese diventa per il nobile una preda, una selvaggina. Ah! riunirci in migliaia e centinaia che poi ce ne cantino la gesta! trombe, tamburi, stendardi e pennoni, insegne e cavalli neri e bianchi vedremo presto : come sarà bello vivere! Prenderemo i loro beni agli usurai e sulle strade non passeranno piu convogli in pieno giorno, tranquilli, né borghesi pacifici, né mercanti che vengano dalla Francia, ma sarà ricco chi saccheggerà a man bassa I

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Cosi canta il trovatore Bertran de Bom che fu compagno di Riccardo Cuor di Leone prima di farsi monaco cistercense. Cosi una società che ama e crea il pericolo guarda con odio alla nuova società che si va formando e sviluppando, che cerca sicurezza e tranquillità per i suoi traffici e la sua fortuna, che sulle grandi strade vuol correre solo i rischi insiti nel commercio. L'ideale della pace borghese è un affronto all'ideale cavalleresco del coraggio, della "prodezza."

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CONSEGUENZE POLITICHE

UNITÀ CRISTIANA, FRAZIONAMENTO FEUDALE RAGGRUPPAMENTO MONARCHICO

Le forze politiche che beneficiano dell'espansione demografica ed economica e dell'appoggio dei gruppi sociali dominanti o in ascesa non operano tutte in un medesimo senso. Il periodo che va dalla metà dell'XI alla fine del XII secolo si presenta soprattutto, al livello politico, come un campo di lotta tra forze opposte le cui prospettive future non appaiono affatto chiare. La tendenza all'universalità propria del cristianesimo occidentale sembra favorire l'unità, e in effetti le due potenze che tale unità simboleggian9 - l'Impero e il Papato - occupano il primo piano della scena politica. Sollecitata e sostenuta dal papato, un'impresa militare comune, la Crociata, sembra imporsi a tutti gli stati, a tutti i principi cristiani; persino i Vichinghi si fanno crociati. Trascurando il bersaglio tradizionale, l'Inghilterra, il re norvegese Sigurd fra il 1107 e il 1111 va in Terra Santa, dove partecipa all'assedio di Sidone dopo aver percorso tutto l'Occidente cristiano, dall'Inghilterra, dove re Enrico I lo riceve assai bene, alla Francia, alla penisola iberica, dove toglie ai musulmani Lisbona, all'isola di Formentera, alla Sicilia, dove concepisce per il normanno Ruggero Il una cosi profonda stima che, secondo la saga, di jarl che era lo fa re. Ma non soltanto questa affinità spirituale e questa occasionale comunità d'interessi militari non portano a un'unificazione, ma le due potenze, impero e papato, che tale unificazione potrebbero realizzare, si disputano la direzione del movimento e lottano l'uno contro l'altro per il dominium mundi, per il dominio universale. Questo conflitto tra Chiesa e Impero, in cui spirituale e temporale si mescolano e confondono, è anche una lotta politica. L'unità dell'Occidente cristia~ no è minacciata dal conflitto sempre piu aspro tra i laici e gli ecclesiastici, tra l'ordine dei "bellatores" (la classe militare) e quello degli "oratores" (la classe ecclesiastica), che vengono a trovarsi in contraddizione fra le divergenti esigenze delle loro inimicizie e solidarietà. La cristianità unita e bifronte, intravista nell'anno Mille con Ottone III e Silvestro II, forse ancora pronta a realizzarsi al tempo dell'imperatore Enrico III (1039-1056), diventerà presto il puro sogno cui Dante darà voce alla fine del XIII secolo. Può sembrare per contro che la disordinata espansione ma90

nifesta in ogni parte dell'Occidente cristiano debba trovare la propria espressione politica in cellule di piccolo formato, su scala locale o regionale. Ma questa atomizzazione politica del-' l'Occidente in espansione sembra potersi realizzare soltanto intorno a due poli spesso antagonistici per interessi economici, struttura sociale, mentalità: la cellula feudale 6 la cellula urbana. Quale avrà la meglio? Oppure il potere politico verrà diviso fra i due tipi di organizzazione, secondo una distribuzione geografica piu o meno rigorosa per cui nel Sud si accentuerà quel trionfo della società urbana già constatato alla metà del XII secolo da Ottone di Frisinga nell'Italia settentrionale ( dove · tutto il territorio è diviso tra le città, ciascuna delle quali ha ridotto la popolazione della sua provincia a vivere sotto l'imperio delle sue leggi") mentre nel Nord prevarranno i rappresentanti dell'ordine feudale, come Enrico il Leone che, nella stessa epoca, costringe la popolazione di Lubecca a sottomettersi a lui per poter continuare la sua attività commerciale e svilupparla? E tuttavia si può riconoscere - e allo storico moderno, che conosce il seguito della storia, non occorre certo un grande acume per individuarlo - l'operare di una terza forza, intermedia fra quella tendente all'unificazione politica e quella volta all'atomizzazione; a un livello intermedio fra quei due, capi di un'altra natura segnano pian piano punti a loro favore, benché in nessun luogo, alla fine del secolo XII, abbiano ancor vinto la partita. Parlo dei re nei loro regni. La loro autorità è di duplice natura: da una parte è un potere religioso, retaggio insieme dell'autorità dei capi barbari e delle monarchie orientali (comprese quelle della Bibbia) a cui il Cristianesimo ha dato il suo crisma, dall'altro un potere politico superiore: quello della res publica, dello stato, del potere pubblico, legato della tradizione greco-romana. Mentre le insegne imperiali e pontificie ( corona speciale che a partire dall'XI secolo i pontefici sostituiscono all'antico berretto o phrygium: è la tiara, a imitazione della corona imperiale; croce; globo; spada) simboleggiano il potere universale, le insegne del potere monarchico ( corona, scettro) simboleggiano il duplice carattere di cui i re vengono investiti al momento della consacrazione. Cosi armati ideologicamente i re hanno, rispetto ai nume11

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rosi avversari, il vantaggio di potersi servire d'una parte di loro contro gli altri, di appartenere alla gerarchia feudale e di esserle superiori (i re di Francia, per esempio, si sono sempre rifiutati di prestare omaggio per i feudi di cui sono investiti: Luigi VI, all'inizio del XII secolo, fa sottolineare questo fatto dai suoi chierici quando si reca a Saint-Denis a prendere l'orifiamma che gli viene dall'abbazia per il suo feudo del Vexin e lascia in deposito nella sua chiesa), di essere protettori della Chiesa, "unti" da essa, ma, in virtu del loro potere pubblico, padroni del clero nei loro regni. Tra le diverse classi sociali possono svolgere la funzione di arbitri, e non mancano di concedere graziosamente ai borghesi delle loro città o ai contadini delle loro .terre franchige che ne fanno un polo d'attrazione o un modello per il resto dello stato. Infine, sono i capi politici di territori la cui estensione può variare, le cui frontiere sono il risultato d'un gioco di fattori geografici e storici e sòno ben lontane, nell'Alto Medio Evo, dall'essere chiaramente e immutabilmente fissate, ma che tuttavia corrispondono in generale ad un'area economica optima all'interno della quale essi, i re, sono in grado meglio di chiunque altro (grazie piu alla natura ideologica del loro potere che al peso della loro forza materiale, spesso ancora incerta) di far regnare quella pace cosi importante, nel secolo XI e nel XII, per la prosperità economica e per lo sviluppo delle classi sociali in ascesa.

PAPATO E IMPERO: LA LOTTA PER IL "DOMINIUM MUNDI"

La lotta tra Papato e Impero ci appare oggi come un teatro d'ombre, un magniloquente spettacolo che occupa il primo piano della scena e maschera le cose serie che stanno sullo sfondo. Tale lotta ha però chiamato in campo forze profonde e complesse delle quali non si deve dimenticare la presenza. Il Sacerdozio è l'apparenza piu esteriore della Chiesa e del Papato, la manifestazione estrema del suo impegno nel "secolo," nelle questioni temporali. Ma questa superficie fa corpo non soltanto con una chiesa di vario aspetto, onnipresente, dalle profonde radici, bensi an-

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che con l'insieme dei cristiani piu o meno solidali con gli organismi direttivi della religione istituzionalizzata. Come separare il clero dalla Chiesa e la Chiesa dalla vita religiosa? La riforma gregoriana, le cui ripercussioni politiche stanno all'origine della lotta fra clero ed impero, ha un significato ben piu vasto e s'inserisce in un piu ampio movimento, in un fermento religioso di cui il rinnovamento eremitico, la riforma canonistica, la comparsa di ordini nuovi, la stessa fioritura di eresie sono aspetti diversi (sui quali torneremo piu avanti). Benché esteso a tutta la cristianità, il duello ha per teatro soprattutto la Germania e l'Italia; le realtà di questi due paesi non sono soltanto uno sfondo o una posta in gioco, ma influiscono profondamente sulla lotta e a loro volta ne sono profondamente trasformate. Isolare da questo contesto il racconto della singolar tenzone fra papa e imperatore è necessario ai fini della chiarezza espositiva, ma questa lotta va vista sullo sfondo complesso delle situazioni concrete. Mentre Bisanzio aveva risolto il problema dei rapporti fra Impero e Chiesa riunendo nell'imperatore i poteri spirituale e temporale e subordinando il patriarca al basileus - ciò che è stato chiamato cesaropapismo -, l'Occidente non aveva definito nettamente i rapporti fra il dominio spirituale e il temporale, fra i due poteri, fra i due personaggi. Il progressivo allentarsi dei legami con Bisanzio, acceleratosi dopo il 1054, costrinse la Cristianità occidentale ad affrontare il problema con maggior franchezza. Ma già in partenza i dati di quel problema erano in Occidente ben diversi che in Oriente. Gli imperatori, nonostante Ottone III, erano romani solo di nome. Il loro dominio, la Germania, era geograficamente ben distinto da quello dei papi, che dall'VIII secolo si erano assicurati a Roma e intorno a Roma possedimenti territoriali direttamente soggetti al loro potere temporale: il Patrimonio di San Pietro. All'autorità reale degli imperatori sfuggiva tutta una parte del mondo cristiano occidentale, divisa in regni praticamente indipendenti. Tuttavia, la dinastia ottoniana aveva imposto il suo potere al papato, e la dinastia salica, sotto Enrico III (1039-1056), sembrava tanto meglio tener soggetta la Chiesa in quanto Enrico III appoggiava il movimento di riforma ecclesiastica e teneva sotto il suo predominio la Chiesa e il Papato 93

favorendo il partito riformista. Mentre concedeva ai vescovi tedeschi l'investitura non soltanto con il pastorale ma anche con l'anello (cosi conferendo loro non soltanto il potere temporale ma anche l'autorità mistica) risollevava il papato screditato, deponeva tre pontefici rivali e li sostituiva successivamente con papi tedeschi eletti per suo volere: Clemente Il, soprattutto Leone IX ( 1048-1054 ), infine Vittore Il. Ma questa politica non poteva sopravvivere a una fondamentale contraddizione interna. Se infatti il partito riformista nella Chiesa perseguiva due principali obiettivi immediati, e cioè fine della simonia (l'acquisto, da parte di sacerdoti e vescovi, delle loro funzioni ecclesiastiche, a imitazione di Simon Mago che avrebbe voluto acquistare da San Pietro il dono di fare miracoli) e celibato degli ecclesiastici, esso si proponeva, consapevolmente o no, uno scopo ben piu radicale: fare dell'ordine ecclesiastico un ordine indipendente, sottrarre all'ingerenza dei laici almeno l'aspetto spirituale della Chiesa, strappare ai signori laici la nomina dei vescovi, degli abati, dei curati, limitare il loro diritto d'investitura all'ambito temporale. Ma quale laico s'immischiava piu dell'imperatore negli affari della Chiesa? Appoggiandosi piu di qualsiasi altro sovrano al clero del suo regno tedesco, lo controllava anche piu di chiunque altro; a Roma ridusse addirittura il papato alle sue dipendenze, disponendo egli stesso la nomina dei papi. Era inevitabile che la Chiesa concentrasse contro di lui i suoi sforzi per ottenere l'indipendenza: egli era l'avversario designato della riforma gregoriana. Nel 1056 il nuovo imperatore, Enrico IV, ha sei anni. L'occasione è buona. Tra i riformisti moderati, dei quali il piu celebre è san Pier Damiani (in lui, apostolo della vita eremitica e cardinale, s'incarnano i due aspetti della riforma), che si contenterebbero di soluzioni vicine a quelle di Enrico III, e i riformisti radicali capeggiati dai cardinali Umberto di Moyenmoutier (il cui trattato Contro i simoniaci è del 1058) e Ildebrando di Soana, papa Niccolò II sceglie il partito dei radicali. Apre la via alla riforma pubblicando i canoni del Concilio di Roma del 1059 che condannano il matrimonio dei sacerdoti, proibiscono loro di ricevere benefici ecclesiastici dalle mani di laici e riservano ai soli cardinali l'elezione del papa. Questa

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riforma sarà· denominata gregoriana perché nel 1073 Ildebrando diventerà papa assumendo il nome di Gregorio VII. Subito dopo l'elezione, il nuovo papa cerca di tradurre in pratica la riforma, depone gli ecclesiastici simoniaci, sospende i sacer- . doti incontinenti, invia legati in Francia e soprattutto in Germania per far applicare le sue decisioni. Nel 1075 emana un decreto di condanna dell'investitura laica: intorno a questo problema s'impernierà per decenni la lotta fra il papato e i signori feudali laici, soprattutto l'imperatore, al punto che questa prima fase del conflitto tra clero e impero sarà chiamata dagli storici lotta per le investiture. Nello stesso tempo fa redigere a suo uso personale un memorandum, il Dictatus Papae, in cui sono espressi i principi della teocrazia ponti.fida (1075). Il Dictatus Papae I. La Chiesa romana è stata fondata solo dal Signore. II. Solo il pontefice romano è detto a giusto titolo universale. III. Egli solo può deporre o assolvere i vescovi. IV. Il suo legato, in un Concilio, è superiore a tutti i vescovi anche se è loro inferiore per l'ordinazione, e può pronunciare contro di loro una sentenza di deposizione. V. Il papa può deporre gli assenti. VI. Con quanti sono stati scomunicati da lui, non si può, fra l'altro, abitare sotto il medesimo Ù~tto. VII. Egli solo può, se opportuno, stabilire nuove leggi, riunire nuovi popoli, trasformare una collegiata in abbazia, dividere un vescovato ricco, unire vescovati poveri. VIII. Egli solo può servirsi delle insegne imperiali. IX. Il papa è il solo uomo a cui tutti i principi bacino il piede. X. È il solo il cui nome sia pronunciato in tutte le chiese. Xl. Il suo nome è unico nel mondo. XII. Gli è lecito deporre gli imperatori. XIII. Gli è lecito trasferire i vescovi da una sede all'altra, secondo la necessità. XIV. Ha il diritto di ordinare un sacerdote di qualsiasi chiesa, dovunque gli piaccia.

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XV. Colui che è stato ordinato da lui può dare ordini alla chiesa d'un altro, ma non fare la guerra; non deve ricevere da un altro vescovo un grado superiore. XVI. Nessun sinodo generale può essere convocato senza suo ordine. XVII. Nessun testo e nessun libro possono assumere valore canonico al di fuori della sua autorità. XVIII. Le sue sentenze non debbono essere modificate da nessuno, ed egli solo può modificare le sentenze di chiunque. XIX. Non può essere giudicato da nessuno. XX. Nessuno può condannare chi fa appello alla Sede apostolica. XXI. Le causae majores di ogni chiesa devono essere portate davanti a lui. XXII. La Chiesa Romana mai ha errato né errerà in perpetuo, come attesta la Sacra Scrittura. XXIII. Il Pontefice romano, quando sia stato ordinato canonicamente, viene indubitabilmente santificato per i meriti di Pietro. XXIV. Su ordine e con il consenso del papa è permesso ai soggetti presentare un'accusa. XXV. Egli può anche, senza bisogno di convocare un'assemblea sinodale, deporre e assolvere vescovi. XXVI. Chi non è con la Chiesa romana non dev'essere considerato cattolico. XXVII. Il papa può sciogliere i soggetti dal giuramento di fedeltà fatto agli ingiusti. Questi principi saranno ripresi e sviluppati da una serie di scrittori ecclesiastici, tra i quali il piu fervido è Manegoldo di Lautenbach, che nella sua lettera (del 1085 circa) a Gebardo di Salisburgo illustra con forza e chiarezza la posizione dei riformatori gregoriani. Il partito antigregoriano risponde con tutta un'altra serie di scritti. Gli uni si contentano d'affermare che il re riceve la sua autorità soltanto da Dio (cosi l'Anonimo di York; la diatriba infatti si estende ad altri paesi fuori della Germania, dove essa assume però piu asprezza che altrove) o che l'imperatore è il capo della Chiesa e il papa gli dev'essere sottomesso (cesaropapismo, di cui si fa sostenitore nel 1112 Gregorio di Farla nell'Orthodoxa defensio imperialis). Gli altri criticano i fondamenti stessi della dottrina gregoriana

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e tornano a una concezione imperiale romana; cosi Benzone, vescovo d'Alba, nel suo Libro a Enrico (1085-1086) in cui chiede ad Enrico IV di riprendere la politica di Ottone III e di non essere soltanto "il Cristo di Dio e il vicario del Creatore" ma anche "Cesare Augusto, augusto imperatore romano"; o Pietro Crasso, giurista ravennate, che nella Difesa di re Enrico (degli anni tra il 1081 e il 1084) proclama la separazione totale dello spirituale dal temporale, accompagnata dalla preminenza dell'imperatore sul papa. La diatriba ha dunque suscitato il primo grande dibattito di teoria politica nel mondo cristiano d'Occidente. Alle decisioni di Gregorio VII, Enrico IV risponde facendo deporre il pontefice da ventiquattro vescovi tedeschi e due vescovi italiani riuniti in sinodo a Worms nel gennaio 1076. Il pontefice controbatte scomunicando l'imperatore, negandogli ogni diritto di esercitare il potere in Germania e in Italia e ordinando a tutti i cristiani di rifiutargli obbedienza. :e. la prima scomunica di un imperatore dopo quella di Teodosio ad opera di Sànt'Ambrogio nel 394, che del resto era stata soltanto una penitenza, un'esclusione del sovrano dai sacramenti. Enrico IV gioca Gregorio VII umiliandosi davanti a lui nella neve di Canossa (gennaio 1077). Resiste a un concorrente, Rodolfo duca di Svevia, eletto re dei Romani nel 1077, viene scomunicato una seconda volta da Gregorio VII nel 1080 e oppone al suo nemico l'antipapa Clemente III. Gregorio VII è èostretto a fare appello ai Normanni dell'Italia meridionale che lo proteggono mettendo Roma a ferro e fuoco. Ma nel 1084 Enrico s'impadronisce della città e si fa incoronare da Clemente III. Gregorio VII, chiuso in Castel Sant'Angelo, viene liberato dai Normanni e muore il 25 maggio 1085 a Salerno pronunciando, secondo i suoi partigiani, parole tratte dalla Bibbia: "Ho amato la giustizia e odiato l'empietà; perciò muoio in esilio." La lotta riprende, con metodi piu sottili, sotto il pontificato del cluniacense Urbano II (1088-1099). Urbano sostiene i prelati riformatori, come gli arcivescovi di Canterbury, prima Lanfranco poi Anselmo, i nemici di Enrico IV, come i Guelfi di Baviera e lo stesso figlio primogenito dell'imperatore, Corrado, e rientra in Roma nel 1094. L'anno seguente, dopo un "giro di propaganda" da Vercelli a Clermont, il 27 novembre il 97

pontefice indice la prima Crociata presentandosi come il capo della Cristianità e chiamandola a un'impresa collettiva da cui sono esclusi l'imperatore, scomunicato, il re di Francia Filippo I, che ha subito la stessa sorte, e il re d'Inghilterra Guglielmo Rufo, troppo preso dalla riconquista della Normandia a spese di suo fratello Roberto. Il conflitto continua sotto Pasquale II (1099-1118), altro cluniacense ma uomo ben diverso da Urbano II. A lui interessa soltanto l'indipendenza del clero; al punto che, con il progetto di concordato di Sutri ( 1111 ), propone che i vescovi rinuncino a tutti i loro beni temporali - regalia - ·per cui sarebbe eliminata la causa stessa del conflitto per le investiture. Questo ritorno alla povertà evangelica (povertà relativa, giacché al clero rimarrebbero le decime e le oblazioni dei fedeli) non soddisfa nessuno, né la gerarchia ecclesiastica che non è disposta, nella grande maggioranza, a lasciarsi spogliare dei suoi beni, né l'imperatore che si è prestato al gioco solo perché è sicuro in anticipo dell'inapplicabilità del concordato e pensa che, una volta dimostrata tale inapplicabilità, il pontefice dovrà scendere a piu miti consigli. Questo imperatore è Enrico V (1106-1125), a sua volta - dopo la morte del fratello maggiore Corrado - ribelle ad Enrico IV (morto nel 1106). Egli si rifiuta di applicare il concordato di Sutri, fa prigioniero Pasquale II e lo costringe a riconoscere l'investitura laica per i vescovi ( concessione strappata con la forza e quindi annullata, con l'approvazione del papa, dal Concilio di Roma nel 1112), respinge accordi simili a quelli accettati da Filippo I di Francia nel 1106 e da Enrico I d'Inghilterra nel 1107. Secondo la definizione dtri canonista Ivo, vescovo di Chartres, questi re rinunciano- all'investitura contentandosi, una volta avvenuta liberamente l'elezione, di "concedere" i beni temporali ai vescovi: "Dio abbia dunque, nella sua Chiesa, ciò che gli spetta. I re avranno poi ciò che è loro accordato da Dio." Enrico V resiste a lungo a quanti cercano di persuaderlo ad accettare un compromesso dello stesso genere; tra gli altri Guglielmo di Champeaux, celebre avversario di Abelardo nella questione degli universali, vescovo di Chalons-sur-Mame, che nel 1119 gli dice: "Sire, se volete una vera pace dovete rinunciare all'investitura dei vescovi e delle abbazie. Per dimostrarvi che la vostra autorità sovrana non subirà per questo alcuna diminuzione vi di98

rò che, quando sono stato eletto vescovo di Francia, non ho ricevuto niente dal re né prima né dopo la consacrazione, e tuttavia, attraverso le imposte, il servizio militare e l'assolvimento degli altri obblighi verso lo stato, lo servo tanto fedelmente quanto i vostri vescovi servono voi nel vostro regno, in virtu dell'investitura che ricevono da voi e che su di voi ha attirato l'anatema." Alla fine Enrico V cede; il 23 settembre 1122, all'aria aperta, sulla riva del Reno, viene promulgato il concordato di Worms. In Germania l'imperatore rinuncia all'investitura con l'anello e il pastorale, ma conserva il diritto di presenziare, personalmente o attraverso un proprio inviato, all'elezione; all'imperatore compete - fra l'elezione e la consacrazione l'investitura mediante lo scettro per i beni temporali, i regalia. In Italia e in Borgogna l'elezione dei vescovi è completamente libera e solo nei sei mesi successivi alla consacrazione il vescovo deve recarsi dall'imperatore a ricevere i regalia e a prestare giuramento. Senza dubbio il concordato di Worms si offre a interpretazioni contraddittorie e sarà spesso violato dagli imperatori. Resta il fatto che per piu d'un secolo non sarà veramente rimesso in discussione e che, venendo dopo gli accordi del papato con i re francesi e inglesi, segna un momento decisivo. È - dopo la Città di Dio di Sant'Agostino, tanto spesso ma tanto a sproposito invocata dagli uomini del Medio Evo - il primo concreto riconoscimento in Occidente della separazione tra la sfera d'azione della Chiesa e quella dello Stato. È cosi dissipata quella confusione, carolingia e ottoniana, che giustificava tanto un cesaropapismo per cui potere spirituale e temporale erano riuniti nelle mani dell'imperatore quanto un clericalismo teocratico che confidava entrambi i poteri alla Chiesa. Certo, dopo Worms e almeno sino alla metà del secolo XIV la contesa fra clero e impero si riaccenderà periodicamente, e imperatori e papi rivendicheranno piu o meno entrambi i poteri. Ma in pratica a Worms il totalitarismo ha subito uno scacco decisivo, in attesa di Lutero e della Riforma. Tuttavia in certi ambienti si affermano la teoria della supremazia pontificia abbozzata da Gregorio VII e, nel campo opposto, quella della supremazia dell'imperatore, rivendicata in Germania almeno da Enrico IV e Enrico V.

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Da parte pontificia intorno al 1130 il poligrafo Onorio di Autun (Honorius Augustodunensis) sostiene, nella Summa gloria de Apostolico et Augusto, che con la pretesa Donazione di Costantino l'imperatore aveva dato al papa non soltanto la corona imperiale (Pasquale II è il primo papa che ne viene cinto al suo avvento al soglio pontificio nel 1099) ma anche il diritto di conferire all'imperatore la spada e la corona, il diritto di disporre del dominium mundi. Nella tradizione carolingia la funzione imperiale e reale è ridotta a una sorta di funzione di polizia al servizio della Chiesa, del "braccio secolare": "i re esistono soltanto per punire i malvagi." Papa Innocenzo II fa dipingere in Laterano un affresco rappresentante l'imperatore Lotario di Supplimburgo prosternato ai suoi piedi e nell'atto di ricevere dalle sue mani la corona imperiale. Nel De consideratione, redatto fra il 1149 e il 1152 per il papa Eugenio III, san Bernardo accorda al pontefice le due spade, simboli del potere temporale e dello spirituale, e la supremazia in entrambi i campi. Da parte imperiale, si va elaborando una teoria della continuità del potere dai Romani agli imperatori tedeschi. Cosi l'autore della Kaiserchronik bavarese ( 1150 c.) racconta la storia dell'Impero da Augusto a Corrado III affermando che a un certo momento i Romani stessi decisero di scegliere i loro imperatori fra uomini non romani. Nel 1139 il debole Corrado III, senza aver ricevuto la corona imperiale a Roma, assume il titolo di Augustus, poi, nel 1142, quello di re dei Romani. E la pretesa al dominio universale. Nello stesso tempo la testa dell'imperatore è cinta d'un'aureola sacra, escatologica. È paragonato all'imperatore apocalittico che alla fine dei secoli trionferà sull'Anticristo. Già Benzone d'Alba aveva predetto di Enrico IV: "Byzas [leggendario fondatore di Bisanzio] lo vedrà coronato nella sua stessa città ... si recherà a Gerusalemme, dove visiterà il Santo Sepolcro e gli altri santuari, poi riceverà la corona per lode e gloria di Colui che vive nei secoli, e la cui tomba risplenderà gloriosa." Questo imperatore della fine dei tempi viene messo in scena nel Gioco dell'Anticristo (Ludus de Antichristo), composto verso il 11601162 all'abbazia bavarese di Tegernsee. Tutte queste tradizioni vengono raccolte, arricchite, amplificate da Federico I Barbarossa (1152-1190), che tenta di

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realizzarle almeno parzialmente e cosi entra di nuovo in conflitto con il papato. Federico Barbarossa si richiama alla tradizione imperiale romana. Avendo assunto il titolo d'imperatore prima dell'incoronazione (1155), a varie riprese sottolinea che ha ricevuto il potere da Dio soltanto, non dal papa. Suo zio, il vescovo Ottone di Frisinga, nella sua Cronaca (De duabus civitatibus) scritta sotto il regno di Corrado III ma offerta al suo successore insiste sul punto che il Sacro Romano Impero germanico è la continuazione diretta dell'impero romano. Oltre a invocare questa tradizione, il Barbarossa riprende e rinnova quella francese. In questo spirito ottiene la canonizzazione di Carlomagno (29 dicembre 1165) e fa eseguire la grande lampada della cattedrale di Aquisgrana in forma di corona di luce destinata, come precisa un'iscrizione, a illustrare l'immagine della Gerusalemme celeste e quindi ad arricchire il culto imperiale di elementi escatologici, Infine riprende e rinfresca il diritto romano, diritto imperiale per eccellenza, e favorisce l'Università di Bologna che è il centro della rinascita degli studi giuridici. Nel Corpus Juris fa inserire il privilegio, l'Authentica Habita, da lui concesso nel 1154 ai professori e agli studenti di Bologna, e che sarà la carta dei privilegi universitari medievali. Questa politica tanto piu suscita l'ostilità del Papato in quanto dal 1159 al 1181 siede sul soglio pontificio Alessandro III, formidabile canonista e uomo di carattere tenace. Quando era ancora il cardinale Rolando Bandinelli, l'attuale pontefice aveva scandalizzato i partigiani imperiali e l'imperatore leggendo nel 1157 alla dieta di Besançon una lettera di papa Adriano IV nella quale il pontefice ricordava che Federico aveva ricevuto la corona imperiale dalle sue mani e che egli, Adriano, era pronto a concedergli altri benefici: parola che il cancelliere Reginaldo di Dassel tradusse con Lehen, lasciando cosi supporre che il papa considerava l'impero come un feudo da lui concesso all'imperatore. Contro Alessandro III Federico sostiene un antipapa, Vittore IV. Scomunicato nel 1160, nel 1167 il Barbarossa caccia Alessandro III da Roma, dove insedia Vittore IV; ma si deve ritirare a causa di un'epidemia di malaria che decima il suo esercito. Alessandro III solleva contro di lui la lega dei co-

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muni lombardi, che costruisce sul Po una fortezza chiamata, in onore. del papa, Alessandria; il 20 maggio 1176 la cavalleria imperiale è messa in rotta, a Legnano, dalla fanteria delle città lombarde. Alessandro III costringe cosi l'imperatore a chinare la testa, come nel 1172 ha dovuto fare Enrico II d'Inghilterra dopo l'assassinio di Tommaso Becket (1170). Ma la pace di Venezia, con cui il Barbarossa - che riconosce Alessandro III viene assolto, è per il papa una vittoria paragonabile a quella di Canossa. Ben presto Federico ricomincia ad immischiarsi nelle questioni ecclesiastiche in Germania e ancora una volta entra in conflitto col papa Lucio III nel 1183 e con Urbano III nel 1186. Nel corso .della lotta il Papato ha abusato sempre piu gravemente delle armi spirituali, mettendole al servizio d'interessi esclusivamente politici. Cosi nel marzo 1170, con la bolla Non est dubium, Alessandro III ha minacciato censure ecclesiastistiche e scomunica a coloro che turbassero la coesione della lega lombarda. Una riconciliazione di breve durata ha riavvicinato Federico Barbarossa e il Papato alla vigilia della terza Crociata. Il conflitto riprenderà ben presto tra Enrico VI ( 1190-1197) e papa Celestino III (1191-1197). Enrico VI precisa a suo vantaggio le profezie millenaristiche. I suoi propagandisti lo presentano come l'imperatore che riunirà sotto il suo dominio Greci e Romani, battezzerà gli infedeli, distruggerà Gog e Magog e dopo 122 anni andrà a Gerusalemme a rimettere l'impero nelle mani di Dio. La crociata ch'egli prepara a partire dal 1195 dovrebbe essere l'inizio di questa grande impresa. Ma entra in tanto piu grave conflitto col papa in quanto minaccia direttamente i suoi stati unendo all'impero il regno di Sicilia per il quale s'è rifiutato di prestare omaggio al pontefice, benché sia stato il papa a darlo in feudo ai sovrani normanni, dai quali Enrico VI l'ha ricevuto in eredità. Poiché Enrico VI mira apertamente al dominium mundi, è fatale che entri in urto con il Papato; un conflitto piu aspro è evitato solo per la morte inopinata dell'imperatore nel 1197. Ma quel conflitto scoppierà tra il figlio di Enrico, il futuro Federico II, e il successore di Celestino III, Innocenzo III. Alla fine del XII secolo, se il concordato di Worms ha prefigurato soluzioni future, se la lotta per le investiture è prati102

camente chiusa, la lotta fra Chiesa e Impero per il dominio di tutto il mondo cristiano è in pieno corso. Essa è destinata ad avere infelicissime conseguenze politiche per i paesi che ne sono teatro: Germania e Italia. Favorisce infatti le forze centrifughe e contribuirà potentemente al frazionamento politico destinato a durare sino al XIX secolo e a lasciare tracce riconoscibili ancor oggi.

FORTUNE E SVENTURE DELLA GERMANIA In Germania, la lotta fra Papato e Impero rafforza in generale i principi rivali e nemici degli imperatori e costringe questi ultimi, spesso chiamati in Italia, a disinteressarsi per lunghi periodi degli affari tedeschi. Il partito "gregoriano," favorevole alla riforma ecclesiastica, cerca d'indebolire l'impero - e spesso vi riesce - imponendo il principio elettivo in luogo del principio ereditario. Lungi dal dimostrarsi fedeli sostenitori dell'Impero, come gli imperatori avevano sperato a partire dalla dinastia ottoniana~ i ,principi ecclesiastici - pur continuando a fornire alti funzionari imperiali: Adalberto di Brema, arcivescovo di Amburgo-Brema al servizio del giovane Enrico IV, Reginaldo di Dassel poi Filippo di Heinsberg al servizio di Federico Barbarossa - partecipano al gioco dei principi territoriali al cui numero essi stessi appartengono, e al bisogno non esitano a schierarsi nel campo degli avversari dell'imperatore. Tipico il caso di Filippo di Heinsberg che serve fedelmente il Barbarossa fino al giorno in cui, avendo ricevuto i diritti ducali in Vestfalia, cerca di impadronirsi delle contee situate entro i confini del suo ducato e minaccia i possedimenti imperiali nella regione del Reno inferiore. Nominato nel 1186 legato pontificio in Germania, prende ardire al punto di ribellarsi apertamente, nel 1187, all'imperatore, al quale deve però fare atto di sottomissione nel 1188 alla dieta di Magonza. Di fronte a queste minacce, gli imperatori cercano altri appoggi, traendone però piu delusioni che soddisfazioni. Enrico IV, ad esempio, tenta di assicurarsi l'appoggio delle città e delle classi popolari promulgando nel 1085, per tutto il re103

gno, la pace di Dio. Ma le classi popolari sono troppo deboli e l'imperatore, nonostante tutto, è troppo legato all'ordine feudale per poter trovare da quella parte un valido sostegno. Quanto ai borghesi, hanno buone ragioni di non sostenere a fondo la politica di imperatori che spesso favoriscono le città solo per poterle meglio sfruttare. Nel 1084 infatti -Enrico IV ha cercato di costringere le città tedesche a pagare un'imposta generale. Una delle piu grandi debolezze del potere imperiale in Germania sta infatti nella mancanza di possedimenti abbastanza ricchi. Enrico IV tenta ancora, imitando in ciò suo padre, di ingrandire i possedimenti sassoni che la dinastia salica ha ereditato dall'ottoniana. Ma questi tentativi non approdano a nulla, e inoltre i cambiamenti dinastici infirmano la continuità della base territoriale del potere imperiale. Il bisogno di risorse finanziarie è senza dubbio uno dei motivi essenziali dell'interesse dimostrato dagli imperatori per l'Italia, dove sperano, reclamando il versamento di tributi reali - i regalia-, di profittare dello straordinario progresso economico del paese. Ad esempio alla dieta di Roncaglia del novembre 1158 Federico Barbarossa fa compilare una lista minuziosa di questi regalia e nomina una commissione incaricata di esigere questi tributi in tutto il regno d'Italia. Ma l'Italia si mostra restia a fornire agli imperatori i mezzi finanziari per la loro politica tedesca. Infine, agli imperatori fa difetto una base sociale e amministrativa. Essi cercano appoggio soprattutto nella classe dei ministeriales, dei quali favoriscono l'ascesa sociale in cambio dei servigi resi all'impero e ai quali conferiscono cariche amministrative e comandi di fortezze. Ma i membri di questa aristocrazia "di servizio" offrono al potere imperiale un appoggio ingannevole, sia perché sono assorbiti dall'Italia, dove gli imperatori li installano con poco successo per tenere a bada i loro soggetti italiani, sia perché, non appena entrati a far parte della nobiltà, si affrettano a fame proprio il gioco politico, generalmente ostile all'autorità imperiale. Tutti presi dai problemi italiani, dai tentativi di costituire o ricostituire un dominio terriero della corona nelle regioni dell'ovest e del sud, dove dispongono di roccheforti tradizionali, gli imperatori - salvo Lotario Il, 1125-1137, che ripren-

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de la tradizione ottoniana di espansione verso l'est - trascurano quelle regioni del nord in cui, dal XII secolo in poi, i tedeschi coglieranno i piu importanti successi, ad opera di principi che in molti casi saranno-i··piu pericolosi avversari del .potere imperiale: tra questi Alberto l'Orso e Enrico il Leone, nipote di Lotario III. Liberato nel 1066 dalla tutela di Adalberto di Brema, che si era preoccupato soprattutto di organizzare a proprio vantaggio un grande patriarcato nei paesi slavi e un grande principato ecclesiastico in Sassonia, Enrico IV, dal 1073 al 1075, aveva dovuto domare una rivolta sassone, poi lottare contro i principi che, approfittando del conflitto tra imperatore e papato e dell'umiliazione di Canossa (1077), gli avevano suscitato un antirè, Rodolfo di Svevia, ucciso nel 1080, e poi, dopo molteplici ribellioni, avevano appoggiato la rivolta dei suoi figli: Corrado dal 1093 al 1101, poi Enrico (il futuro Enrico V) dal 1104 alla morte (avvenuta nell'agosto 1106 a Liegi) del padre, che egli aveva fatto prigioniero ma che gli era sfuggito. Facendo propria, per necessità di cose, la politica del padre, Enrico V si volgeva contro papa Pasquale II che l'aveva sostenuto nella lotta contro Enrico IV, faceva solennemente inuma:re quest'ultimo, benché scomunicato, nella cattedrale di Spira e sollevava contro il pontefice i principi tedeschi, tentando di allargare i domini imperiali in Sassonia, in Turingia e nella regione del Reno e favorendo i ministeriales e i borghesi: a Spira e a Worms, per esempio, dove accordò loro privilegi nel 1111 e nel 1114. La rivolta dei principi - tra i quali si trovavano in prima fila il nuovo duca di Sassonia (dal 1106) Lotario di Supplimburgo, e l'arcivescovo Adalberto di Magonza, ex cancelliere dell'imperatore e adesso suo nemico - costrinse Enrico V ad accettare quel compromesso con Roma che il concordato di Worms ( 1122) rappresentava. Quando Enrico V mori (1125) senza lasciar figli, ai suoi nipoti Corrado di Hohenstaufen e Enrico detto l'Orbo - che pure, sul letto di morte, l'imperatore aveva designato come proprio successore affidandogli la moglie Matilde - i principi, capeggiati da Adalberto di Magonza, preferirono il duca di Sassonia Lotario di Supplimburgo. Cosi il principio elettivo ebbe la meglio sul principio ereditario. Lotario II (1125-1137) lottò contro gli Hohenstaufen dal 1126 105

al 1135 ma avviò l'espansione tedesca a nord-est, nel 1134 concedendo ad Alberto l'Orso la marca del nord che, in séguito alle conquiste realizzate da Alberto fra l'Elba e l'Oder, divenne nel 1150 la marca di Brandeburgo. Fedeli alla loro politica antiereditaria i principi preferirono al genero di Lotario - al quale pure quest'ultimo aveva consegnato le insegne del potere sovrano -, il potente Guelfo Enrico il Superbo, duca di Baviera, marchese di Toscana e di Verona, duca di Sassonia, designato dal proprio suocero, Corrado di Hohenstaufen. Corrado III ( 1138-1152) per prima cosa dovette lottare contro i Guelfi. Avendo rifiutato a Enrico il Superbo l'investitura a duca di Sassonia, costui a sua volta si rifiutò di prestargli omaggio e fu bandito dal regno. La Sassonia fu data ad Alberto l'Orso e la Baviera al margravio d'Austria, un Babenberg, fratellastro di Corrado III. Enrico il Superbo mori nel 1139 e nel 1142 un accordo - provvisorio - tra Guelfi e Hohenstaufen dava la Sassonia al giovane figlio di Enrico il Superbo, il futuro Enrico il Leone, che aveva allora tredici anni. Corrado III si lanciò poi, obbedendo all'appello di San Bernardo venuto a predicare nella cattedrale di Spira nel Natale 1146, nella disastrosa impresa della crociata. Se una parte dei crociati tedeschi aiutò il re di Portogallo a riprendere Lisbona ai musulmani, un secondo gruppo, lottando contro gli abitanti della Pomerania, avanzò fino a Stettino; ma riusci solo a suscitare l'ostilità dei Vendi, dei quali era in corso l'evangelizzazione. A partire dal 1147 la spedizione guidata in Terra Santa da Corrado III non conobbe che insuccessi; dopo una ritirata ·catastrofica, Corrado dovette reimbarcarsi nel 1149. Mori nel 1152 senza aver potuto ricevere la corona imperiale. Escludendo egli stesso dalla successione il figlio Federico di Rothenburg, che aveva allora sette anni, designò a proprio successore il nipote, Federico figlio di Federico l'Orbo. Costui, uno Hohenstaufen per parte di padre, era imparentato per parte materna con la famiglia dei Guelfi e cugino di Enrico il Leone. I principi lo accettarono dunque senza difficoltà. Il lungo regno di Federico I Barbarossa (1152-1190) segnò l'apogeo del potere imperiale in Germania. Tuttavia, e nonostante brillanti successi - cui del resto si alternarono brucianti

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sconfitte - il Barbarossa non riusci meglio dei suoi precedessori o successori ad affermare saldamente l'autorità imperiale e regale in Germania. Possedeva grandi qualità personali, militari e politiche, ma queste non valsero ad eliminare gli ostacoli di base all'instaurazione d'un forte potere centrale; e, compiuto cavaliere, egli troppo s'appoggiò alla classe cavalleresca, ch'era tra tutte la piu ostile al consolidamento di quel potere. Per aver pace in Germania, dovette riconoscere a Enrico il Leone il possesso dei due ducati di Sassonia e Baviera (1156) e, per risarcire i Babenberg della perdita subita, creare un ducato d'Austria con privilegi eccezionali dichiarati ereditari cosi nella linea maschile come nella femminile. Nonostante la sua mentalità "cavalleresca" Federico I continuò la grande tradizione imperiale avviata da Enrico IV. Nel 1152 promulgò una costituzione di pace che per la prima volta comminava, per tutti coloro che quella pace avessero infranta, pene identiche quale che fosse la loro classe sociale e posizione giuridica. Estese il concetto di delitto pubblico ad atti di natura economica, come l'instaurazione di nuovi pedaggi; la misura, integrata nel 1155 con una revisione generale dei pedaggi, non poteva che favorire i mercanti e in generale la classe borghese. La pace essendo stata violata, nel 1154-1155, da guerre private fra l'arcivescovo di Magonza e altri signori, egli puni tutti i colpevoli - arcivescovo compreso - con la pena infamante che consisteva nel compiere in pieno inverno un dato percorso a piedi nudi e portando un cane sulle spalle. Dopo una prima spedizione del 1154-55 che gli permise di farsi incoronare a Roma da papa Adriano IV nel giugno 1155, Federico Barbarossa dedicò la maggior parte della sua attività - fra il 1158 e il 1177 - all'Italia. Dopo la pace di Venezia ( 1177), che gli permise di mantenere il controllo della Chiesa tedesca ma sanzionò l'insuccesso del tentativo di imporre il suo dominio all'Italia, ripiegò sulla Germania; e qui si trovò di fronte la potenza crescente di Enrico il Leone. Alla Baviera e alla Sassonia Enrico aveva infatti aggiunto territori conquistati ai Vendi lungo le rive del Baltico, e li governava al di fuori d'ogni controllo imperiale, concedendo l'investitura ai vescovi di sedi episcopali appena create (Oldenburg, Ratzeburg e Schwerin) e favorendo l'espansione economica di què107

ste regioni, espansione di cui la nascente prosperità di Lubecca rappresenta l'esempio piu brillante. Un oscuro conflitto a proposito del vescovo di Halberstadt permise al Barbarossa di fare ad Enrico il Leone due processi: uno pubblico, nel 1179, in conclusione del quale fu messo al bando dal regno, uno feudale, nel 1180, che lo privò dei suoi feudi e dei suoi allodi. Del ducato di Sassonia fu infeudato Bernardo di Anhalt, figlio cadetto di Alberto l'Orso; i diritti ducali in Vestfalia furono conferiti all'arcivescovo di Colonia; i principi dei territori Vendi diventarono vassalli diretti dell'imperatore e Lubecca città imperiale; del ducato di Baviera - dal quale fu stav cato il ducato di Stiria - fu infeudato il conte palatino Ottone di Wittelsbach. Enrico il Leone si sottomise e fu esiliato in Inghilterra. La dieta di Magonza del marzo 1188, in cui l'arcivescovo ribelle di Colonia, Filippo di Heinsberg, si umiliò davanti all'imperatore, segnò l'apogeo della potenza di Federico Barbarossa. A questa dieta Federico prese la croce. Lasciò Ratisbona con l'annata dei crociati nel maggio 1189; il 10 giugno 1190 scompariva nelle acque del Calicadno in Cilicia. Il figlio Enrico IV, lasciato in Germania con il titolo di reggente, gli succedette sul trono; ma già dal novembre 1189 era impegnato nella lotta contro Enrico il Leone, sbarèato in Sassonia e ben presto resosi padrone di tutto il ducato. Nel 1129 la rivolta si estese alla parte nord-occidentale della Germania, poi al sud. I principi in rivolta avevano l'appoggio del re d'Inghilterra Riccardo Cuor di Leone. Rientrando dalla Terra Santa, Riccardo fu gettato da una tempesta sulla costa adriatica; mentre, mascherato, cercava di attraversare la Germania in incognito, nel dicembre 1192 fu riconosciuto (si trovava nei' pressi di Vienna) e consegnato al suo mortale nemico, il duca Leopoldo d'Austria, ch'egli aveva gravemente insultato all'assedio di San Giovanni d'Acri. Leopoldo consegnò Riccardo all'imperatore, che lo tenne prigioniero, minacciando di consegnarlo al re di Francia, finché il sovrano inglese non ebbe accettato le sue condizioni: pagamento d'un enorme riscatto e svolgimento di un'opera di mediazione per riconciliare con l'imperatore i Guelfi e i principi ribelli. Sistemate le cose in Germania, Enrico IV rivolse la sua attenzione al mezzogiorno d'Italia. Conquistò il regno di Sici108

lia, ereditato dalla moglie Costanza, zia ed erede di Guglielmo II; tentò inutilmente di farsi riconoscere dai principi tedeschi e dal papa il titolo ereditario di rex Romanorum (che avrebbe assicurato alla sua discendenza la corona tedesca e quella italiana); preparò una crociata che avrebbe dovuto essere il punto di partenza di una monarchia universale abbracciante l'impero bizantino e la Terra Santa, di cui sarebbe stato incoronato a Gerusalemme. Il 26 settembre 1197 l'imperatore moriva invece a Messina, dove si preparava a imbarcarsi. Lasciava come erede un bambino di due anni e nove mesi, Federico Ruggero, che i principi tedeschi si sarebbero rifiutati di accettare come imperatore e che la corona di Sicilia doveva attirare nel vespaio italiano. Era il futuro Federico II.

FORTUNE E SVENTURE DELL'ITALIA

In Italia la lotta fra Chiesa e Impero ebbe conseguenze politiche ancora piu gravi in quanto favori due fattori di frazionamento: l'assenza di un'unità politica anche soltanto nominale, l'ascesa politica delle città. Alla metà del secolo XI l'Italia era divisa in tre parti: a nord il regno d'Italia, dominio degli imperatori tedeschi nella loro qualità di re d'Italia, con capitale amministrativa a Pavia e capitale religiosa a Monza dove i re d'Italia cingevano la corona ferrea dei Longobardi; nell'Italia centrale era il Patrimonio di San Pietro dove i papi, in virtu della falsa donazione di Costantino, esercitavano il potere temporale sin dall'VIII secolo; nel mezzogiorno, e nell'Italia nord-orientale (Venezia) si conservavano i resti dell'Italia bizantina, riconquistata nel VI secolo sotto Giustiniano ma ben presto rosicchiata dai Longobardi (in Campania), dagli Arabi (in Sicilia) e, dopo l'inizio del secolo XI, dai Normanni. Solo nel mezzogiorno la situazione fu radicalmente trasformata dalla costituzione di un regno normanno. Nel 1059 papa Niccolò II conferiva a Roberto Guiscardo l'investitura dei ducati di Puglia e di Calabria, a Riccardo d'Aversa quella del principato di Capua. Nel 1071 l'ultima piazzaforte bizantina, Bari, cadeva in potere dei Normanni; fra il 1060 e il 1091 questi con109

quistavano la Sicilia a spese degli Arabi; nel 1127 Ruggero Il riuniva sotto il suo dominio l'Italia meridionale e la Sicilia ed era riconosciuto re, prima dall'antipapa Anacleto II nel 1130, poi da papa Innocenzo II nel 1139. Creazione politica originale, il regno normanno di Sicilia riuniva, facendole vivere in armonia, popolazioni di tradizioni diverse: latina, greca, araba. Palermo, capitale del regno, con la sua popolazione mista, i monumenti di stile composito, la cancelleria reale trilingue era quasi il simbolo dell'eccezionale impresa normanna. La nuova monarchia, il cui sovrano si proponeva a modello, nello spirito e nelle forme, l'impero bizantino, s'appoggiava anche a un regime feudale d'importazione che accentuava il regresso urbano in queste regioni: Le città che, come Amalfi, erano state all'avanguardia del rinnovamento commerciale dell'Occidente, rientravano infatti nei ranghi e cedevano a11e consorelle dell'Italia settentrionale i posti di guida dell'espansione economica. Nel venir meno del potere bizantino in Italia, una città traeva il massimo profitto possibile dalla situazione: Venezia. Teoricamente soggetta a Bisanzio, dal IX secolo e soprattutto dalla fine del X Venezia si sforzava pazientemente di conquistare una posizione di predominio nell'Adriatico e di mantenere aperte le vie marittime che l'univano a Bisanzio. Perciò reagi energicamente al pericolo rappresentato dai Normanni che, insediatisi in Puglia, nel 1081 si lanciavano alla conquista dell'Epiro e minacciavano di assicurarsi il controllo dell'Adriatico e, all'occorrenza, di chiudere alla Serenissima quello sbocco. Venezia quindi strinse maggiormente i rapporti con Bisanzio; nel 1082 il basileus Alessio Comneno le accordò libertà di transito in tutto l'impero tranne che sul Mar Nero, l'esenzione da tutte le tasse e diritti di dogana, e tre "scali" sul Corno d'Oro. Nel luglio 1085 la Repubblica Veneta riportò una vittoria decisiva sui Normanni, e mentre i Bizantini riprendevano Durazzo essa conservava la sua libertà di manovra e la possibilità di sfruttare gli straordinari vantaggi assicuratisi nel 1082, sui quali avrebbe edificato la sua fortuna. Nello stesso tempo si rifiutava, nonostante i pressanti appelli di Gregorio VII, di prendere partito nella lotta tra papa e imperatore, e nel 1095 otteneva da Enrico IV la conferma della piu completa libertà per i suoi mercanti di svolgere i loro commerci su per l'Adi-

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ge in direzione del Brennero e su per il Po in direzione di Pavia. Partecipando con prudenza alle prime crociate, Venezia si assicurò privilegi e quartieri in Terra Santa. Affermò il proprio dominio in Dalmazia, nonostante i continui sollevamenti a Zara e a Ragusa, i due porti principali. Attraverso alti e bassi, allargava la propria influenza economica nell'impero bizantino. Se era costretta a dividere con Pisa e Genova i privilegi ottenuti nel 1082, si assicurava però nuovi vantaggi nel 1148: soprattutto la libertà di commercio a Cipro, a Rodi e in diverse isole del mar Egeo. Perduti i propri vantaggi nel 1171, li recuperava nel 1189 e li estendeva, nel 1198-99, ad altre città bizantine. Tuttavia, se era riuscita a rimanere neutrale nella questione delle investiture, si sentiva minacciata dalle imprese di Federico Barbarossa in Italia. Nel 1159 passò nel campo di papa Alessandro III, sostenne le città della lega lombarda ma si comportò con tanta prudenza da essere scelta nel 1177 come sede per la conclusione della pace fra l'imperatore e i suoi avversari. Furono rinnovati i suoi privilegi commerciali- nel regno d'Italia e fra cerimonie grandiose il doge, gettando un anello nella laguna, celebrò solennemente lo sposalizio del mare, simbolo del prestigio e della potenza internazionale di Venezia. Alla fine dell'XI secolo questa aveva già stabilito i due centri della sua gloria: la basilica di San Marco, consacrata nel 1094, il mercato di Rialto creato nel 1099. Infine, nel corso del XII secolo, s'era data le prime istituzioni che avrebbero garantito la sua lunga stabilità politica: l'assemblea popolare aveva lasciato il posto ai Consigli (specialmente a quello dei Quaranta) dominati dall'oligarchia dei mercanti; i poteri del doge erano stati limitati e la carica era divenuta elettiva, il che, eliminando i rischi insiti nella trasmissione ereditaria, assoggettava la somma magistratura allo stato e all'onnipotente aristocrazia. Frattanto nel Patrimonio di San Pietro, al centro della penisola, da Bologna a Terracina, dove l'economia resta essenzialmente agricola, conflitti incessanti oppongono alle numerose famiglie feudali le piu energiche e prosperose fra le città che, senza raggiungere una potenza di primo piano, riescono a creare' un'organizzazione comunale: Bologna nel 1123, Anco111

na all'inizio del XII secolo, Perugia nell'undicesimo, Orvieto, che riesce finalmente a far riconoscere il suo comune da Adriano IV (1154-1159), Viterbo nel 1095. Nel corso della lotta fra papi e imperatori queste città passano attraverso numerose peripezie; se per esempio Ancona resiste vittoriosamente a Lotario II nel 1134 e a Federico Barbarossa nel 1167 e nel 1174, Viterbo, dopo essere servita di rifugio ad Eugenio III nel 114546, cade nel 1164 nelle mani del Barbarossa che v'insedia l'antipapa Pasquale III e ne fa nel 1167 una città imperiale. Ma le vicissitudini piu spettacolari sono quelle di Roma, disputata fra quattro antagonisti: il papa che spesso deve abbandonare persino il rifugio della città leonina attorno al Vaticano e rifugiarsi o nei territori del Patrimonio di San Pietro o in altre terre cristiane, talvolta vicine, come nel caso di Gregorio VII, morto presso i Normanni a Salerno nel 1085, talvolta piu lontane, come nel caso di Pasquale II rifugiatosi in Francia nel 1107; l'imperatore, per il quale Roma è la sede dell'incoronazione imperiale; le famiglie feudali del Lazio che vi possiedono una fortezza, come i Corsi cacciati da Pasquale II dal loro castello in Campidoglio, costruito sulle rovine degli antichi archivi del Tabularium; infine, nuovo venuto, il comune, responsabile dell'episodio piu drammatico e piu significativo della storia di Roma nel secolo XII. Nel 1134 il comune romano si rivolta contro papa Eugenio III, ·che deve fuggire a Viterbo, e insedia un governo di fatto dominato dall'oligarchia laica - nel nuovo centro economico e politico di Roma: il Campidoglio, sede del mercato e dell'assemblea comunale. A partire dal 1145 il comune romano assume caratteristiche piu radicali, per impulso di Arnaldo da Brescia. Questo rivoluzionario è un asceta ( un uomo che non mangia e non beve, dice il suo grande nemico San Bernardo) ; è dovuto fuggire dalla sua città, Brescia, dove ha capeggiato rivolte di cittadini contro il vescovo; con altri studenti poveri ha seguito i corsi di Abelardo sulla collina Santa Genoveffa a Parigi. San Bernardo lo fa condannare, insieme al maestro, dal concilio di Sens nel 1140, poi cacciare da Zurigo dove si è rifugiato. Arnaldo si reca allora a Roma, dove si mette a capo del movimento comunale contro la Curia, "casa di commercio e rifugio di ladri," e il clero, che vuole spogliare delle sue ricchezze ("i chierici che hanno possedimenti terrieri, i vescovi 112

che hanno feudi, i monaci che hanno proprietà saranno dannati"). Eugenio III rientra in Roma nel 1145, ma Arnaldo continua imperterrito per la sua strada. Bisogna aspettare il pontificato dell'inglese Adriano IV (Nicola Breakspear) perché il senato sia colpito d'interdetto e Arnaldo costretto a fuggire in Campania. Federico Barbarossa lo fa arrestare e consegnare al prefetto di Roma. Nel giugno 1155 Arnaldo da Brescia è condannato a morte e impiccato; il cadavere è poi arso, le ceneri sparse nel Tevere. L'Italia del Nord, che forma il "regno d'Italia" legato all'impero tedesco, vede nel XII secolo il trionfo delle città. Le grandi signorie che dominavano questa parte della penisola alla fine dell'XI secolo - marca o marchesato di Toscana sotto la contessa Matilde~ 1046-1115, marca di Verona, marca di Ivrea, ecc. - perdono influenza e potenza a vantaggio delle città che riorganizzano intorno a sé la vita economica e politica. Esse accolgono (e talvolta portano di forza) entro le loro mura le famiglie nobili della campagna, che cosi possono meglio sorvegliare. Si assoggettano un territorio piu o meno vasto: il contado, riserva d'uomini, hinterland economico. Nel 1154, ad esempio, il legato imperiale concede al comune di Firenze la giurisdizione civile e criminale sul suo contado. Tra questi nuovi centri si distinguono due città marinare, Pisa e Genova. Alla fine del secolo dodicesimo Pisa domina la Sardegna, possiede una colonia molto attiva a Costantinopoli, occupa una posizione di primo piano in Siria, specialmente a Tiro e Acri. Il suo governo rimane nelle mani dei nobili e soprattutto degli armatori, dalle cui file escono i consoli e i membri del senato. Pisa ha manifestato la sua potenza costruendo un eccezionale complesso monumentale: il Duomo viene iniziato dopo il 1063; è consacrato, ancora incompiuto, da Gelasio II nel 1118; la facciata è terminata alla fine del XII secolo. La costruzione del Battistero comincia nel 1153, quella del Campanile (la Torre, che subito s'inclina, tanto che se ne devono consolidare le fondamenta già nel 1190) nel 1174; e ci si appresta a costruire il Camposanto, per il quale l'arcivescovo Ubaldo, legato pontificio alla terza crociata, ha portato da Gerusalemme una nave di terra dei luoghi santi. In quest'epoca Genova, nonostante le continue lotte intestine fra individui e fazioni, grazie alla sua prosperità economica 113

è diventata una grande potenza. Nel 1191 si è fatta riconoscere dall'imperatore Enrico VI il dominio di tutta la costa da Portovenere a Monaco ; domina la maggior parte della Corsica, gode di privilegi speciali nel regno normanno di Sicilia, ha ottenuto privilegi e possiede quartieri a Costantinopoli e in varie città della Terra Santa. È la prificipale importatrice in Occidente di prodotti di lusso orientali e specialmente di spezie, la principale costruttrice e armatrice delle navi che trasportano in Terra Santa crociati e pellegrini. Tra le città dell'interno nessuna ha raggiunto un'eguale potenza; alcune subiscono addirittura un relativo declino. Cosi Lucca, capitale della marca di Toscana, che nel secolo XI controllava la via francigena (la strada di terra dall'Italia centrale verso il nord) e deteneva il monopolio della monetazione in Toscana, non riesce a procurarsi uno sbocco al mare. Altre emergono solo lentamente in primo piano. Firenze ottiene dall'imperatore il riconoscimento formale del suo comune soltanto nel 1183, e solo nel 1197, quando alla morte di Enrico VI si mette a capo della lega toscana contro il potere imperiale, appare come la potenza dominante in Toscana. Benché dal 1172 al 1175 abbia eretto una nuova cerchia di mura che abbraccia un agglomerato urbano con 25.000 abitanti circa su 55 ettari di terreno e valica l'Amo per comprendere l'attivo sobborgo di Oltrarno sulla riva sinistra del fiume, benché i suoi grandi mercanti si siano dati nel 1182 un'organizzazione corporativa - l'Arte dei Mercanti - Firenze non possiede finora che due monumenti degni di nota: il monastero costruito sulla collina di San Miniato fra il 1014 e il 1050 e San Giovanni, al quale le borgate del contado devono recare offerte di ceri il 24 giugno e dove si custodisce il carroccio: il carro trainato da buoi con il quale si portano sul campo di battaglia gli emblemi del comune. Il mantenimento dei due edifici è affidato, nella seconda metà del secolo XII, all'Arte dei Mercanti. Tutte queste città del regno d'Italia furono coinvolte, fra il 1061 e il 1197, nelle lotte connesse con gli scismi pontifici e soprattutto nella lotta fra Chiesa e Impero. Se dovettero soffrire perciò gravi danni materiali, economici, morali, umani, ne ricavarono tuttavia anche alcuni vantaggi. Alcune non esitarono a dare man forte all'imperatore per trionfare delle città rivali. Cosi Pisa si mette dalla parte di Federico Barbarossa, 114

nel 1158 invia un contingente all'assedio di Milano, profitta dell'appoggio dell'imperatore a spese di Genova, di Lucca, dei normanni. Cosi Cremona sostiene l'imperatore contro le sue grandi rivali, Crema e soprattutto Milano, e grazie ai privilegi ottenuti si estende, si arricchisce, si adorna di monumenti : la cattedrale a partire dal 1107, il battistero a partire dal 1167. Ma se alcune città dell'Italia settentrionale e centrale prendevano le parti dell'imperatore, di contro a queste città ghibelline la maggior parte delle altre aderiva al partito opposto, guelfo, del quale anzi esse costituivano il piu delle volte la forza principale - con l'aiuto dei papi. Gli imperatori infatti seguivano una politica contraria agli interessi di queste città, in quanto cercavano di trarne, attraverso l'esazione di regalia, il massimo possibile di risorse e imponevano loro come signori o governatori dei ministeriali tedeschi che con la loro incapacità e la loro brutalità le rendevano ancora piu ostili all'impero. Al potere centralizzante degli imperatori i nuclei urbani guelfi opponevano l'ideale dell'autonomia delle città, forti della loro originalità, dei loro privilegi, delle loro libertà individuali. L'urto fra i due poteri, i due diversi ordini d'interessi, le due concezioni fu particolarmente aspro sotto Federico Barbarossa, il cui zio Ottone di Frisinga considerava scandaloso il frazionamento della regione in città dove i consoli cambiavano "quasi tutti gli anni" e dove il potere era nelle mani dei mercanti e degli artigiani, che sottraevano il contado al dominio dei signori feudali per porlo sotto il proprio. Milano fu il centro della resistenza al Barbarossa. Assoggettata una prima volta nel 1158, tornò a ribellarsi; presa nel 1162, fu completamente distrutta. Nel novembre 1158, alla dieta di Roncaglia, l'imperatore s'era fatto restituire i regalia e aveva creato un'amministrazione per garantirne il recupero e l'esazione. Nel 1164, su istigazione di Venezia, le città della marca di Verona si unirono in una lega per resistere alle prepotenze imperiali. Alla dieta di Lodi, nel 1166, Federico I respinse le richieste delle città dell'Italia del nord, e nel marzo 1167 otto città formarono, strette intorno a Milano, la lega lombarda che si alleò a papa Alessandro III. Nel 1168 la maggior parte dell'Italia settentrionale e centrale era perduta per l'imperatore, che poté intraprendere una spedizione contro i ribelli solo nel 1174 e nel maggio 1176 fu completamente battuto a Legnano 115

dall'esercito della lega. La tregua conclusa a Venezia nel 1177 e la pace firmata a Costanza nel 1183 riconoscevano all'imperatore l'autorità suprema e il diritto ai regalia in coincidenza con i suoi soggiorni in Italia, ma alle città era riconosciuto il diritto di erigere bastioni, di essere governate dai consoli, di costituire una lega e di conservare "in perpetuo" i diritti sovrani e le consuetudini di cui godevano "sin dai tempi antichi." Barbarossa si rifiutava di ammettere il "diritto naturale" delle città ma ne riconosceva le libertà e i privilegi. Questa accettazione di un "guelfismo moderato" instaurò in Italia un equilibrio fra potere imperiale e potere urbano paragonabile all'equilibrio stabilito dal concordato di Worms, del 1122, fra potere imperiale e potere pontificio nei tre regni ( Germania da una parte, Italia e Borgogna dall'altro) dell'Impero.

SUCCESSI DELLE MONARCHIE: LA PENISOLA IBERICA

Nella parte occidentale dell'Europa cristiana il fenomeno politico che piu colpisce l'attenzione è - con alti e bassi e secondo ritmi diversi - l'aumento del potere monarchico. Ma mentre in Inghilterra e in Francia i re sono il centro, se non i promotori, di un'unificazione territoriale, nella penisola iberica sembra prevalere il frazionamento politico. Tuttavia la tradizione visigota di una monarchia divinizzata ha favorito in Spagna il persistere di una tendenza all'unificazione monarchica che sembra trovare espressione nell'assunzione del titolo imperiale da parte di certi re unificatori. Questa tendenza, di cui il regno di Le6n fu la culla, fu rappresentata nei secoli Xl e XII soprattutto da alcuni sovrani della Castiglia; ma la controbilanciò - nei re spagnoli come nei Carolingi e nei Merovingi - la tradizione d'origine germanica di dividere i regni fra gli eredi dei sovrani. Alfonso V (1065-1109), signore del Le6n e delle Asturie e successivamente, a partire dal 1072, della Galizia e del Portogallo, di tutta la Castiglia e di metà della Navarra, dal 1077 si fece chiamare "imperatore per grazia di Dio di tutta la Spagna" e "imperatore costituito su tutte le nazioni di Spagna"; titolo, 116

quest'ultimo, che implicava il dominio sui musulmani oltre che sui cristiani. Il numero dei musulmani cresceva infatti nel regno in conseguenza delle vittorie di Alfonso VI che, spinto alla Riconquista dai cluniacensi appoggiati da sua moglie Costanza di Borgogna, conduceva contro i Mori una vera e propria crociata. Questa lo portò alla presa di Toledo nel 1085, ma poi trovò un ostacolo nella nuova dinastia musulmana degli Almoravidi, animati da pari fanatismo religioso. Tuttavia il regno d'Aragona, creato alla sua morte da Sancio il Grande di Navarra ( 1035), parve entrare a far parte di una Spagna unificata quando il suo sovrano, Alfonso I il Battagliero ( 1104-1134 ), sposò la regina Urraca, figlia di Alfonso VI, che gli portò lo stato castigliano eccezion fatta per la Galizia, lasciata al giovane Alfonso VII, figlio d'un precedente matrimonio di Urraca con il conte Raimondo di Borgogna. Piu tardi Urraca divorziò, e Alfonso VII costrinse nel 1127 il Battagliero ad abbandonare la Castiglia e il Le6n e a lasciargli il titolo imperiale. Imposta la propria sovranità ai conti di Barcellona, di Provenza e di Guascogna e ai re Ramiro II d'Aragona e Garda Ramirez di Navarra, nel 1135 Alfonso VII si fece incoronare a Le6n "imperatore di tutta la Spagna." Nel 1139 dovette però riconoscere Alfonso I (Alfonso Henriquez) re indipendente del Portogallo, e morendo (nel 1157) divise il regno tra i figli Sancio III, che ebbe la Castiglia, e Ferdinando II, al quale toccò il Le6n. Alfonso VII - che aveva sposato in seconde nozze una cugina di Federico Barbarossa, aveva maritato una delle sue figlie al re di Navarra, un'altra al re di Francia Luigi VII, e, "calcando le orme di Carlomagno," come dice un poema della cronaca imperiale, riportava grandi successi nel sud - vide l'apogeo senza avvenire dell"'impero spagnolo" medievale. Dopo di lui, tra i cinque regni, i "cinco reinos" (Castiglia, Le6n, Navarra, Aragona, Portogallo), in cui era divisa la penisola iberica, non vi furono altri legami che quelli di una unità morale. Tuttavia in Aragona il matrimonio di Petronilla, figlia di Ramiro II, con il conte di Barcellona Raimondo Berengario IV nel 1150 mise l'Aragona e la Catalogna sotto il predominio della casa di Barcellona a partire dal regno del loro figlio Alfonso II (1152-1196). La Catalogna era, da un punto di vista economico e cultu117

raie, la regione dominante del regno. Il catalano era la lingua della corte d'Aragona; Barcellona, governata dal Consiglio dei Cento i cui membri uscivano tutti dalla classe dei ricchi mercanti, era la città piu prospera. Alla fine del XII secolo i re d'Aragona erano attratti meno dall'orizzonte mediterraneo, vagheggiato dalla borghesia catalana, che dai miraggi d'oltre-Pirenei, Alfonso avendo ereditato il Rossiglione e la Provenza. Fra settentrione e mezzogiorno, fra espansione terrestre e attrazione del Mediterraneo, la Spagna della fine del XII secolo sembrava esitare.

SUCCESSI DELLE MONARCHIE: LA FRANCIA

I paesi dell'Europa cristiana, dove i progressi dell'istituto monarchico appaiono piu netti sono quelli occidentali: Inghilterra e Francia. In Inghilterra il potere monarchico si afferma piu rapidamente, ma rimane soggetto a gravi crisi. In Francia s'impone attraverso un processo piu lento e piu difficile, ma in compenso evita meglio i regressi e appare piu presto al riparo da gravi rovesci. Nel secolo XI sembra che il regno capetingio sia sostanzialmente sopravvissuto, abbia soltanto resistito; ma persino Filippo I per quanto "pigro e inetto alla guerra," "appesantito dalla massa della sua carne e preoccupato di mangiare e dormire piu che di combattere," nel corso del suo lungo regno (1060-1108) ha non soltanto conservato il prestigio della monarchia ma anche consolidato il potere regio. Quando, nel 1103, il conte di Fiandra Roberto il Gerosolimitano conclude un trattato con il re d'Inghilterra Enrico I contro il re di Francia suo sovrano, limita entro questi termini l'appoggio che accorderà all'inglese: " ... salva la fedeltà al re di Francia Filippo; di sorta che, se re Filippo volesse invadere il regno d'Inghilterra, il conte Roberto, se potrà, lo farà desistere e cercherà con qualche mezzo possibile, con il consiglio e le preghiere, sulla sua fede, senza malvagi disegni, senza doni di denaro, di fargli mutare idea. E se re Filippo venisse in Inghilterra e conducesse con se il conte Roberto, questi si porterebbe un contingente quanto piu piccolo possibile, in modo tuttavia da non 118

incorrere nella confisca del suo feudo da parte del re di Francia." Come abbiamo visto, la questione delle investiture fu praticamente regolata in Francia sotto il regno di Filippo I, e il buon accordo - nonostante alcune crisi dovute alla vita privata dei sovrani - con il papato e l'alto clero di cui i Capetingi godettero a partire da quest'epoca assicurò loro un appoggio d'inestimabile valore. Questo re che tanti pretendono "inerte" fu infine un "adunatore di terre" che grandemente estese i domini reali aggiung~ndovi il Gatinais, il Vexin, la viscontea di Bourges. Una delle fortune dei Capetingi fu di avere, in tutto questo periodo, discendenti maschi in linea diretta, il che assicurò la continuità dinastica ed evitò questioni di successione. Una delle loro abilità consistette nell'evitare ogni rischio a questo riguardo facendo incoronare i propri successori mentre erano ancor vivi. Cosi Filippo I lasciò persino una parte del potere effettivo, dal 1101, al figlio Luigi VI. Con Luigi VI la dinastia fece nuovi progressi. "Semplice," ma anche tanto battagliero e coraggioso quanto poco lo era stato suo padre, Luigi VI ( 1108-1137) dedicò gran parte della sua attività a far piazza pulita dei tirannelli, dei signori-briganti a causa dei quali nel paese regnava un'atmosfera d'insicurezza. Cosi fu salvaguardata la prosperità economica e il sovrano affermò insieme il suo prestigio e la sua forza e si guadagnò la riconosce:12a del clero, dei mercanti, dei contadini desiderosi di "pace." I tiranni e i loro complici, "che trovano piacere nel saccheggiare senza fine, nel tenere in soggezione i poveri, nel distruggere le chiese," "egli ordinò che fossero impiccati alle forche e lasciati in pasto ai nibbi, ai corvi e agli avvoltoi, dimostrando cosi quale debba essere la sorte degli uomini che osano mettere la mano sull'unto del Signore." Re sacro e consacrato, Luigi VI afferma infatti anche il carattere taumaturgico del suo potere regale. Già il padre aveva manifestato la propria capacità di guarire, ma i disordini della vita privata, le scomuniche che ne erano derivate gliel'avevano fatta perdere. "Non abbiamo forse visto," scrive il cronista Gilberto di Nogent, "il re Luigi, nostro signore, operare un prodigio, che per lui è cosa solita? Con i miei stessi occhi ho visto malati sofferenti di scrofola al collo o in altre parti del corpo

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accorrere in folla per farsi toccare da lui; e al tocco della man- egli aggiungeva un segno di croce." Luigi stringe maggiormente i legami con la Chiesa e soprattutto con l'abbazia di Saint-Denis, che colma di doni e di benefici e che, in cambio, diventa il centro di elaborazione e diffusione dell'ideologia monarchica. Forte di questi appoggi, egli si difende con successo contro lo straniero. Contro il re d'Inghilterra, al quale dimostra, secondo Sigiero, "che non è giusto né naturale che i Francesi siano sottomessi agli Inglesi; non piu di quanto sarebbe giusto e naturale l'inverso." Nel 1124 il sovrano "invita la Francia intera a seguirlo" contro Enrico V che si prepara a invadere il regno, e costringe l'imperatore alla ritirata. Sigiero cosi commenta, non senza esagerazione, i successi di Luigi VI : "Si consideri la nostra epoca moderna o si risalga bene addietro nei tempi antichi, la Francia non compi mai piu fulgida impresa né, unendo le forze dei suoi figli, spiegò mai piu gloriosamente la sua potenza che quando, in un solo e stesso momento, e benché occupata altrove, essa trionfò dell'imperatore romano e del re inglese. In séguito, una volta soffocato l'orgoglio dei nemici, la presenza della Francia valse a imporre il silenzio al mondo ... " Sigiero è il piu grand'uomo vissuto sotto il regno di Luigi VII (1137-1180). Fino alla sua morte, avvenuta nel 1151, l'abate di Saint-Denis fu il principale consigliere del re, che, partendo nel 1146 per la seconda Crociata, gli affidò "la cura dell'amministrazione del regno." Luigi VII ha ingrandito solo di poco i possedimenti terrieri della corona, ma con una saggia amministrazione ne ha migliorato i rendimenti. Il dissodamento e la coltivazione di nuove terre procede piu velocemente, soprattutto nel Gàtinais: le foreste di Orléans e di Othe regrediscono in misura notevole e Luigi accorda a numerose località e città nuove le franchige concesse da suo padre agli abitanti di Lorris. Si spinge anche piu in là, e in molti posti libera i servi con affrancamenti collettivi. Qua e là sopprime diritti consuetudinari ingiusti: il mansionatico, il testatico ... Favorisce le attività artigianali e commerciali creando o riorganizzando fiere e mercati e cedendo il provento dei relativi tributi a chiese o comunità che possono proteggerli piu efficacemente. Nelle principali città - a Orléans, 120

a Bourges e soprattutto a Parigi - favorisce lo sviluppo economico. A Parigi, nel 1141 o 1142, proibisce la costruzione di case sulla Place de Grève per consentire lo scarico di merci giunte lungo la via della Senna e organizza il cambio di valuta sul Grand Pont. Incoraggia la fiera del giorno di Ognissanti a Saint-Lazare e quella di Pasqua a Saint-Germain-des-Prés. Ac• corda privilegi e statuti ai fornai e, per la prima volta in Fran• eia, ai beccai. Piu importante di tutte è forse, nel 1170, la concessione ai "mercanti dell'acqua," che controllano le importazioni per via fluviale, del monopolio della navigazione sulla Senna, a monte di Parigi e a valle fino a Mantes. Reclama diritti nuovi, legati a un'evoluzione sociale ed economica che sta determinando profonde trasformazioni: sul conferimento della nobiltà, il tabellionato, il diritto di battere moneta; aumenta il numero dei funzionari reali, i "preposti," incaricati dell'amministrazione dei beni della corona. Fuori delle sue terre, favorisce l'espansione economica delle città, ma non sempre sostiene le rivendicazioni politiche delle nuove classi urbane; qui appoggia il movimento comunale, là lo combatte. Nel 1115 proclama la "pace" per dieci anni nel regno e a numerosi prelati e grandi signori feudali fa giurare di mantenerla. Trae tutto il partito possibile dal sistema feudale, insistendo sul carattere reale e non personale dell'omaggio, cioè sul principio che tale omaggio impegna non soltanto il vassallo ma anche il suo feudo, che può essere confiscato nel caso di mancato adempimento degli impegni di vassallaggio; riesce ad unire a sé, con legami diretti, parte dei valvassori; allarga la competenza giudiziaria della "curia regis," composta di ufficiali della corona, prelati e piccoli vassalli. Poco prima di morire, il 1° ottobre 1179, Luigi VII faceva incoronare a Reims il figlio quattordicenne Filippo, presenti i pit.i potenti prelati e vassalli: gli arcivescovi di Sens, Bourges e Tours, il conte di Blois e Chartres, il conte di Fiandra, il duca di Normandia. Nel 1181 Filippo II sostituiva il titolo tradizionale di re dei Franchi .con quello di re di Francia. I progressi cosi del potere monarchico come della nazione dovevano, sotto il suo regno, assumere una rapidità folgorante. Luigi VII aveva però anche subito gravi scacchi a livello 121

territoriale. Nel 1180 la vecchia marca di Spagna, sino ad allora teoricamente dipendente dal regno di Francia, cessava di riconoscere la sovranità francese e passava definitivamente all'Aragona. Quel che piu conta, il re di Francia non aveva potuto impedire al suo grande rivale, il re d'Inghilterra, di costituire un grande impero sui due lati della Manica: l'impero dei Plantageneti.

SUCCESSI DELLE MONARCHIE: L'INGHILTERRA

Quando nel 1066 Guglielmo ·il Bastardo si liberò del suo avversario, Harold, alla battaglia di Hastings facendosi incoronare a Westminster successore legittimo - in virtu dei loro legami di parentela - di Edoardo il Confessore, c'erano tre complessi di elementi che giocavano a suo favore. Il primo, era il retaggio anglosassone. Mentre infatti la vittoria lo sbarazzava rapidamente dall'aristocrazia anglosassone degli ealdormen, egli raccoglieva la tradizione d'una sorta di armata nazionale, il fyrd o coscrizione in massa, d'un'imposta pubblica, il danegeld, e d'un'eccellente amministrazione economica affidata agli sheriffs che nelle contee (shires) elevavano le imposte e riscuotevano le rendite delle terre della corona; infine di giurisdizioni locali devote alla monarchia, le corti di contea (shire) e le corti dei cento (hundred). Il secondo, era la tradizione normanna. Guglielmo il Conquistatore poté infatti importare in Inghilterra un sistema feudale che ricevette da lui le sue istituzioni e che egli poté mettere al p"roprio servizio. Creò una cavalleria di fedelissimi, in genere Normanni, ai quali concesse una dipendenza militare ( o fief de haubert) e dai quali pretese un servizio nell'esercito per quaranta giorni all'anno. Il terzo elemento a suo favore fu il fatto che la conquista, senza fare tabula rasa, gli permise di fondare il potere monarchico su solide basi. Una base sociale: di tutti i suoi soggetti egli fece dei censuari e a tutti i censuari liberi impose nel 1086, all'assemblea di Salisbury, un giuramento di fedeltà. Basi materiali: egli si tenne gran parte delle terre confiscate: costitui in questo modo un complesso di terre della corona dis-

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seminato in tutto il paese e si assicurò un insieme d'entrate di diversa natura: rendite demaniali, imposte feudali, danegeld. Nel 1086 Guglielmo fa compilare un inventario di tutte le entrate della corona: è il primo catasto inglese, il Domesday Book (letteralmente: libro del giorno del giudizio). Fa specializzare una sezione della curia regis nella verifica dei conti degli sceriffi: è la corte dello Scacchiere, che esegue questo controllo aiutandosi con gettoni disposti su un tappeto a quadri e consegna il risultato delle operazioni su un rotolo di pergamena (il cui piu antico esemplare conservato risale al 1129-1130) che sarà chiamato piu tardi Pipe Roll. Tuttavia, la monarchia anglo-normanna non riesce a mantenere a lungo nell'obbedienza né la massa dei contadini ridotti allo stato di villani, né i signori (in particolare i piu potenti fra loro, i baroni), né la Chiesa i cui capi, con Lanfranco e soprattutto con Anselmo vescovi di Canterbury, si oppongono con successo alle pretese sovrane. Nel 1130 Enrico I, secondo il cronista Giovanni di Worcester, in un incubo si vede assalito successivamente dai contadini, dai signori, dai prelati in rivolta contro di lui. Dopo la morte del Conquistatore (1087), anche contese dinastiche- dovevano indebolire la monarchia anglo-normanna. Esse trovavano alimento nella dualità territoriale del regno, la cui parte continentale doveva per secoli trascinare i sovrani insulari a spedizioni rovinose. Nel 1087, mentre Roberto Courteheuse, figlio primogenito di Guglielmo il Conquistatore, raccoglieva la successione ducale in Normandia, suo fratello minore Guglielmo il Rosso si faceva incoronare re d'Inghilterra e intraprendeva una serie di scorrerie in Normandia. Fu assassinato nel 1100. Gli succedette il fratello piu giovane, Enrico I Beauclerc (1100-1135), che approfittando dell'assenza di Roberto Courteheuse partito per la crociata si dedicò al compito di riaffermare l'autorità regia. Nel 1106 vinse Roberto Courteheuse a Tinchebray e recuperò la Normandia. Resistette ad Anselmo di Canterbury, al quale dichiarò: "La dignità e i diritti del regno d'Inghilterra non subiranno diminuzioni mentre son vivo io; e se mai, a Dio non piaccia, mi sentissi incline a una tale umiliazione, i miei baroni e il popolo inglesi sapranno

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bene trattenermene." Nel 1107 egli risolse la questione delle investiture in Inghilterra con quello che è stato chiamato il concordato di Londra, prefigurazione di quello di Worms. Creò "giudici itineranti" e fece valere la "legge regale," il che gli valse il soprannome di "Leone di Giustizia." Ricordò ai signori feudali il divieto d'impegnarsi in guerre private e di costruire castelli senza autorizzazione sovrana, ed esercitò il diritto di confisca sui feudi dei vassalli diretti della corona, i tenants-in-chief s. Ma nel 1120 perse l'unico figlio legittimo, Guglielmo, duca di Normandia, nel naufragio della Blanche-N ef, e fece riconomesday Book 43, 55, 123, 135, 241 domestici 74 dominium mundi 100, 311 domus 213 Donazione di Costantino 100 Daria, Teodosio 301 Doria, Vivaldi 301

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Dorileo 144 Dorpat 250 Dortmund 233 Douai 'JJJ7, 234, 309 Dragmaticon Pbilosophiae 170 Dryburgh 162 Duby G. 15, 64 Duero 82, 140 Due Sicilie 133, 136, 151 Duns Scoto 268, 312-313 Durazzo 110 Durham 175 Diirnkrut 245, 251 dyke villages 39 ealdormen 122 Ealsdred, arcivescovo di York 135 earls 135 Early English 286 Ebersheim 67 Ebrei 9, 148, 193-194, 264, 311 échelles 67 èchevinage 233 échevins 84 Eckhart, maestro 315-316 Edessa 145-147 Edoardo I re d'Inghilterra 204, 208, 254 Edoardo II re d'Inghilterra 255, 311 Edoardo III il Confessore re degli Inglesi 122, 135 Egea 225 Egeo, Mar 111, 247 Egidio Romano 240 Egitto 146-147, 217, 249, 256 Egiziani 9 Eider 138 Eigenossenschaft 235 Elba 12, 58, 106, 137-138 Elbing (Elblag) 210, 250 -, sigillo di 211 Eleonora d'Aquitania 126, 146, 190 Elisabetta la Cumana 244 Elisabetta di Schonau 163 Eloisa 168, 171 Ely 314 -, Cappella della Vergine di 314 enclosures 299 Enea re del bretoni 191 enfance 67 Enrico, sant' -, corona di 290

Enrico, monaco 194 Enrico Aristippo 9 Enrico X duca di Baviera e di Sassonia, detto il Superbo 106 Enrico XII duca di Baviera e di Sassonia detto il Leone 49, 82-83, 85, 91, 105-108, 129-130, 137138 Enrico I re di Germania, detto l'Uccellatore 137 Enrico III re di Germania e imperatore romano, detto il Nero 90, 93-94 Enrico IV re di Germania e imperatore romano 94, 97-100, 103-105, 107-108, 110, 114, 131, 142 Enrico V re di Germania e imperatore romano 72, 98-99, 105, 120, 124, 131 Enrico VI re di Germania e imperatore romano 102, 114, 132, 136, 246, 248249

Enrico VII re di Germania, figlio di Federico II 224, 250 Enrico I re d'Inghilterra, detto Beauclerc 31, 79, 81, 90, 98, 118, 123-124 Enrico II re d'Inghilterra 21, 76, 102, 124-127, 153, 172, 197, 241, 255 Enrico il Giovane, figlio di Enrico II d'Inghilterra 126 Enrico III re d'Inghilterra 254 Enrico il Lettone (Enrico di Livonia) 210 Enrico VII di Lussemburgo re di Germania e imperatore romano 247, 249-250, 293, 311 Enrico l'Orbo, nipote dello imperatore Enrico V 105 Enrico, principe slavo 82 Epiro 110, 136, 247 Epistola ad fratres Montis Dei 162 Epistola de magnete 283 Epitome Julii Valerii 190 Ercole, Colonne d' 19, 153, 301

Erec 191 eremiti 156-157

eresia catara 265-266, 276 eresia simoniaca 7 eretici 194-195, 249 Erfurt 233, 315 Erik V re di Danimarca . 241

Erik il Santo 130, 242 Erikskroni.ka 242 Erlandson, Jakob 241 Ernaut 60 Eskil, vescovo 128-129 Estormaranti 20 Estremadura 81 eswardeurs 213 1:.tampes 185 J:.tat c'est moi, L' 239 J:.tienne Boileau 232 J:.tienne de Bonneuil 285 Eubea 247 Eugenio, sant' 11 Eugenio III, papa 100, 112113, 146, 175 Eugenio di Palermo 9 Europa 7, 12 26, 40, 45, 49, 77, 79, 86, 116, 118, 151, 201, 207, 231, 237, 266, 301, 308, 316

Evesham 254 Evora 140 Evreux 56, · 314 Exeter 314 Fabbrica del Duomo di Milano 204 fabliaux 289, 292 Fabriano nelle Marche 208

Faroer 129 Falun 204 Famagosta 285 familia 74 famuli 74 Fatimidi d'Egitto 146 fede 70 1--ederico, arcivescovo di Amburgo 39, 137 Federico I imperatore, detto il Barbarossa 54, 80, 83, 87, 100-104, 106-108, 111-117, 128, 131, 147, 170, 172, 193, 224, 238 Federico II imperatore 102, 109, 208, 217~ 224-225, 237-238, 240 245-246, 248250, 259, 266, 276, 283, 287 Federico l'Orbo 72, 106 Federico di Rothenburg 106 Federico Ruggero 248

Ferdinando Il di Le6n 117 Ferdinando Ili di Castiglia 252-253

Ferrara 181, 247 ferrari 204 Fenières-en-Gatinais 75-76 Ferté, La 59 feudo 25, 63, 70-71 - ereditario 71 Fiamminghi 49, 137 Fiandra 36, 39, 48-50, 61, 70, 78, 82, 85, 118, 121, 144, 172, 191, 201, 207, 209, 213-214, 226, 265-266, 273, 308-309, 311 Fibonacci, L. (Leonardo Pisano) 215

Fides quaerens intellectum 164, 279 fiera (-e) 212-214 - della Champagne 212214 -, diritto delle 212 - di Saint-Ayoul 214 - di San Giovanni 214 - di San Remigio 214 -, sergenti delle 212 fief 63, 71 - de haubert 122, 125 Filarete 290 Filioque 11 Filippo d'Alsazia 191 Filippo il Cancelliere 278 Filippo I re di Francia 38, 57, 98, 118-119

Filippo II Augusto re di Francia 54, 77, 121, 147, 213, 222, 249, 253, 255, 258, 276

Filippo IV il Bello, re di Francia 224, 226, 228, 239240, 252, 256-257, 307, 309-311, 315

262,

Filippo V il Lungo, re di Francia 311 Filippo VI di Valois, re di Francia 311 Filippo di Svevia, re di Germania 248 Filippo di Heinsberg 103, 108 fin amor 189 Finlandia 242 Fiorentini 218 Firenze 113-114, 207, 211, 217-218, 232-233, 246, 288 Fleta 202, 239 fleur(-s) de lys 218, 311

Focea SO Focillon, H. 16, 176-177, 283 Fondaco dei Tedeschi 250 Fonte Avellana 158 Fontenay 175 Fontevrault 158, 162 -, ordine di 60, 65 Foresta Nera 72 Forli 181 formariage 73 Formentera, isola di 90 fort de Champagne 217 Fossanova 174 Fotevik, battaglia di 128 Foucher di Chartres 150, 172

Fozio, scisma di 7 Francaste!, P. 13 Francescani 244, 267-273, 279, 302

Francesco d'Assisi, san 267270, 272-273, 279

Francesco di .éalduccio Pegolotti 215 Francesco Borghesano 208 Francesi 120, 137, 140, 144, 146, 148-149, 255

Franchi 121, 147, 172 franchigia (-e) 120 -, carte di 63, 77 - sulle vigne 65 franchise royale 239 Francia 13-14, 44, 47, 49-50,

53, 56, 60, 67, 80-81, 87, 90,

92, 95, 98-99, 108, 112, 116-122, 125-126, 146147, 157-158, 167, 176, 187188, 190, 194-197, 202, 206, 208, 210, 212-213, 217, 219, 223-224, 229, 231, 234, 237238, 240, 249, 252-253, 255258, 262, 264-266, 270, 286, 297, 307-312, 315 francien 187 Francoforte sull 'Oder 251

Franconia, Bassa 80 francus 64 franglais 9 fratelli laici 74, 158 Fratelli del Libero Spirito 273

Freiberg 216 Freie Stadt 237 Freistiidte 63 Freistift 226 Frescobaldi, Ghino 207 Fresslieder 292

365

Frisia 39, 82 Frisoni 49, 201 Fromista 181 fuero 78, 81 Fujiwara 19 Fulberto di Chartres 34, 165 fuoco di Sant'Antomo 32, 143 fyrd 122, 125 Gabes 136 gagnages 38 Galberto di Bruges 50, 61, 70, 172 Galeno 276 Galgano, San 174 Galilei, G. 304 Galizia 116-117 Galles 255 Gallia 16, 33, 141 gallica loca 59 Gallici 59 Gallo anonimo (Gallus anonymus) 24, 173 Gand 207, 214, 233 Garcia Ramirez di Navarra 117 Garin (personaggio del Girart de Vienne) 60 Garnier, prevosto di SaintE.tienne a Digione 69 gasaille 229 Gaste 228 Gastone di Béarn 145 Gatinais 119-120 Gebardo di Salisburgo 96 Gelasio II 113 Gembloux 32, 36 generalis legatio 259 Genova 37, 48-49, 51-52, 54, 81, lll, 113, 115, 152, 154, 208, 210, 217, 246, 301, 308 Genovesi 49-50, 144 gentilhomme 222 Gérard, maestro 285 Gérard, mercante 212 Gerardo da Borgo San Donnino 272-273 Gerardo da Cremona 167 Gerardo di Czanad 34 Gerardo di Moissac 139 Gerba, isola di 136 Gerberto di Aurillac 33 C.erhoh di Reichersberg 161 Germania 13, 33, 46, 50, 53, 72-73, 75, 81, 93, 95-97, 99, 102-109, 116, 131, 179-

366

180, 188, 190, 201-202, 205, 208-209, 224-226, 229, 231, 233, 237, 248-251, 266, 273, 286, 297, 308, 311 Gerolamo d'Asti (Niccolò IV) 270 Gerusalemme 100, 102, 109, 113, 129, 133, 141-142, 145, 147-149, 151, 153, 249 Gervaso, monaco 204 Gesta Friderici I lmperatoris 173 Gewannfluren 38 Geza I 9, 132 Gherardo Segarelli 273 ghibellini 233-234, 247 Giacomo I di Catalogna e d'Aragona 224, 252-253 Giacomo da Venezia 11 Giappone 19 -, Mar del 19 giardino 156 Giardino delle delizie 163 Gibelot 49 gihad 146, 148 Gilberto di Nogent 83-84, 119, 172-173 Gilberto Porretano (Gilbert de la Porrée) 166, 170 gilda (-e) 15, 85, 230 Gilles le Muisit 307 Ginevra, regina 191 Gioacchino da Fiore 272 Gioco dell'Anticristo 100 Giotto 289 Giovanna, regina 252 Giovanni XXI papa (Pietro Ispano) 279, 303, 311 Giovanni XXII papa 273, 315 Giovanni Battista, san 218 Giovanni Damasceno 11 Giovanni Loredano 302 Giovanni Olivi 273 Giovanni di Pian del Carpine 269 Giovanni della Rochelle 278 Giovanni di Salisbury 60, 173, 239 Giovanni Senza Terra 248, 253, 25~259 Giovanni di Siviglia 167 Giovanni di Worcester 31, 123 Giovanni Willfing 243 Girart de Vienne 60 giubileo 274 giudici itineranti 124-125

Giulio Valerio 190 Giustiniano 109 Glaber, Raoul 16, 31, 33, 35, 58, 141 Gloucester 74 Gniezno 54, 131, 181, 243244 Goess 208 Goffredo di Buglione (Godefroy de Bouillon) 144145 Goffredo di Monmouth 172173, 191 Goffredo Plantageneto (Goffredo il Bello) 124 Goffredo di Strasburgo 191 Goffredo di Troyes 78 Gag 102 Goliardi 24, 60-61, 171, 192193 Golias 192 Goliath 192 Gorze 36 gotica, scrittura 176 gotico v. arte gotica Gotland, isola di 48-49, 85, 153, 242, 251 Graal 60, 152, 192 grammatica 170-171 Granata 140, 252, 300 Gran Bretagna 128, 226 Grand Baelt 129 Grande Chartreuse 30, 158 Grande Interregno 225, 237, 250, 311 Grandi Assise 125 grandi signori 227 Grandmont, ordine di 158, 162 Grand Pont 121 Gran Maestro dell'Ordine Teutonico 211 Gran Tavola 234 Graziano 170, 259, 276 Greci 9, 102, 149 Gregorio VII papa (Ildebrando di Soana) 57, 9495, 97, 99, 110, 112, 131132, 142, 157, 258 Gregorio IX papa 259, 266, 276 Gregorio X papa 261 Gregorio di Farla 96 Gregorio di Nazianzo 9 Grenoble 144 grosso (-i) 217 - d'argento 217 Guadiana 140

Gualtiero di Chàtillon 190 Gualtiero di Henley 202, 297 Gualtiero di San Vittore 166 Gualtiero Senza Averi 144 Gualtiero di Thérouane 172 Guascogna 117, 252 Guelfi 106, 108, 233-234 - di Baviera 97 Guerra Santa 140, 142 Guenic d'lgny 164 gueulards 192 Guglielmo d'Alvemia 278 Guglielmo IX duca d'Aquitania 187, 189 Guglielmo d'Auxerre 278 Guglielmo il Bretone 54 Guglielmo di Champeaux 98, 168

Guglielmo di Conches 169170 Guglielmo Durante 283 Guglielmo abate di Hirsau 158 Guglielmo I il Conquistatore re d'Inghilterra e duca di· Normandia 21, 71, 122-124, 128, 135, 175, 188 Guglielmo II il Rosso, re d'Inghilterra 98, 123 Guglielmo di Malmesbury 188 Guglielmo di Moerbeke 278 Guglielmo di Monferrato 247 Guglielmo di Montreuil 139 Guglielmo, conte di Normandia 70, 124, 128 Gu1lielmo d'Occam 312-313, 315 Guglielmo d'Orange 23, 188 -, ciclo di 188 -. Gesta di 20 Guglielmo di Saint-Amour 271, 310 ~;uglielmo di Saint-Thierry 11, 162, 164, 169 Guglielmo II re di Sicilia, detto il Buono 109, 136 Guglielmo di Tiro 172 Guglielmo di Tocco 281 Gul de Mauvoisin 222 Guida del Pellegrino 61 Guido di Bazoches 165 . Guido di Lusignano 147, 149

Guido-Goffredo duca di Aquitania e di Guascogna 139 Gwgo, priore certosino 162 Guillaume Boucher 301 Guillaume Cliton 61 Guillawne de Lonis 293 Guillawne le Maréchal 59 Guipuzcoa 204 Gumemanz di Graharz 68 Haakon Haakonsson 242 Hainaut 309 Haithabu 49 Halberstadt 108, 128 balle 213 Halle 233 Handfestae 241 Hansa 85, 210, 242, ~251 - delle Città 251 - di Londra 85 - tedesca 204 hanse 85 Harfu 20 Hastings -, battaglia di 14, 21, 122, 129, 135, 188 -, torre di 21 Hattin 147 haubert 66 Haucebir 20 Haufendorfer 38 Havelberg 11, 138 Haversford 64, 75 Heidelberg 223 Heiligenkreuz 137 Heimskringla 291 Heinrich der Glichezaere 292 Heinrich von Morungen 290 Helmbrecht v. Meier Helmbrccht Helmold 82, 138 Heptateuchon 170-171 heriot 81 hennendad 235 Herrad di Landsberg 163 hidage 126 hilaliana, invasione 19 Hildesheim 181 Hinze von Heden 243 hirdh 128 Hirsau 13, 158 H1storia calamitatum Abaelardi 168, 173 Historia Compostellana 84 Historia ecclesiastica 188

Historia regum Britanniae m, 191 Historia rerum in partibus transmarinis gestarum

m

Historia Sancti Canuti regis 128 Historia scholastica 276 Hochgerichtsbarkeit 66 hodvagar 242 hofische Dorfpoesie 292 Hohenstaufen 105-106, 131, 225, 246 Holstein 241 homines - de capite T., - de corpore 73 - de potestate 73 - proprii 73 - quotidiani 75 honnéte boro.me 222 Honorius Augustodunensis 100 t-origen 73 Hortus deliciarwn 163 hotel 213 Housebondrie 202, 297 Huesca 167, 181 Hulde 70 hundred 122 Hundred Rolls 230 Huntingdonshire 229 Huy 36 -, carta di franchigia di 14 Iacopo da Varazze (Iacopo da Voragine) 264 Iagelloni 301 iberica, penisola 116-118, 252 lbiza 48 ibn-Jabair 150 ldrisi, al- 54 ignis sacer 32 lgny 52 lldeberto di Lavardin 171 Ildebrando di Soana 94-95 v. anche Gregorio VII Ildegarda di Bingen 163 Ile de la Cité 165, 169 Ile-de-France 144, 183, 187, 202, 209, 228, 265, 285 Illiria 136 immixtio manuum 70 immunità 63 lmperium 238

367

Imre, re d'Ungheria 26~ India 153, 190, 302 Ingeburg, Salterio della Regina 176 ingenui 63 Inghilterra 13-14, 21, 29, 43, 46, 49-50, 55-56, 59, 61, 71, 74, 81, 85, 90, 98, 108, m,, 118, 120, 122-129, m, 147, 151, 158, 164, 175-176, 190, 197, 202, 206-207, 213, 217, 221, 223, 226, 229-231, 237, 239-241, 248, 253-256, 259-260, 262, 286, 297, 299, 308, 311, 314 Inglesi 120, 148-149, 255 lngo il Vecchio 130 Innocenzo II papa 8, 100, 110, 159 Innocenzo III papa 102, 132, 238, 248, 253-254, 258262, l65 Innocenzo IV papa 249, 259-262, 266, 269 Innocenzo V papa 270 Inquisizione 266-268, 271 Introduzione al Vangelo

Eterno 272 investitura (-e) 71, 227 - , lotta delle 132 Iotsaldo 30 Ippocrate 276 Irlanda 127, 129, 188 Imerio 170 Ir sult sprechen willekommen 292 Isacco della Stella 164 lsengrinus Nòt [La disgrazia d'lsengrin] 292 Islamismo 19, 155 lslendinga Saga 291 Isotta 24, 191 Istria 247, 299 Italia 9, 14, 16, 19, 33-34, 36, 48, 51, 53, 58-60, 74, 81, 87, 91, 93, 97, 99, IOJ104, 107-116, 135, 144, 158,160, 174, 181, 190, 195-196, 202, 207-209, 211, 223, 226, 229, 237, 245-250, 264, 266, 289, 293, 308, 311 - regno d' 113-114 ltinerarium mentis in Dewn 279 ltteville 228 lvain ou le chevalier au lion 192

368

!veline 22 Ivo 98 Ivrea, marca di 113 Jaca 14, 181 J acquemart Gellée 292 jarl 90 Jaroslav principe di Kiev 49 Jativa 252 Jean de Meung 221, 271, 293 Jean d'Orbais 284 Jean de Paris 262 Jehan de Pamele d'Aude· narde 203 Jeu de la Feuillée 292 Jeu de Saint-Nicolas 292 Joinville, Jean de 42, 210, 221-222, 225, 227 Joinville, Simon de 205 Jordebog 241 Jourcey 65 Jwnièges 177 Justitia 225 Kaiserchronik 100 Kara.korum 302 Karlamagnus Saga 291 Khan, Gran 302 Khanato mongolo di Persia 269 Kiev 48, 153, 269 kilt 129 Klostemeuburg 137 kogge (-n) 48, 210-211 Kolberg 129 Konigsberg 250 Konrad, margravio di Meissen 137 Konungskuggsjà 242 Kosice 285 Koyré, A. 304, 313 Kiihren 78 kulak 230 Kutna Hora 245 laboratores 27, 186, 219 laboureur (-s) 231 Ladislao II re di Boemia 131 Ladislao I il Breve, re di Polonia 244 Ladislao I il Santo, re di Ungheria 132 Ladislao IV il Cumano, re d'Ungheria 244 Lagheim 229

lagmaend 129 lagman 130 l..agny SO, 214 laici 160, 196, 264 Lamberto di Hersefeld 84 Lancelot ou le chevalier de la Charette 192 Lancelot-Graal 291 Lancelot en prose 291 Lancillotto 223, 291 Lanfranco di Canterbury 97, 123 Lanfranco abate di Santo Stefano di Caen 135 Langton, Stefano 253, 258 Laon 42, 48, 183, 186, 204, 286 Larissa 136 Langeais 21 last 211 Laterano 100 Latini 9, 59, 145-148, 151, 167-169 lavoro manuale 156 Layon, valle del 45 Lazio 112 lebbrosi 311 lectio 277 - divina 268, 275 Leczyca 244 Leff, G. 312 lega dei comuni lombardi 101-102, 111, 115-116 lega toscana 114 lega delle città della marca di Verona 115 Legenda aurea 61, 264 Legenda maior 270 legge regale 124 legisti 256 Legnano 83, 102, 115 Le Goff, J. 5 Lehen 63, 101 Leine, fiume 13 Leliaerts 311 Le6n 78, 116-117, 252 Leone IX papa 94 Leopoldo I d'Asburgo, duca d'Austria 251 Leopoldo V di Babenberg, duca d'Austria e di Stiria 108 Lessay 14 Les XXII manières de vilains 289 Lettera ai peripatetici al di là dei monti 167 Leritard 194

Lewes 254 Lewis, A. R. 300 L'Hay 228 Libano 145 Liber abbaci 215 Llber Augustalis 250 libera civitas 237 Llber de diversis ordinibus 1~161 Libcr de gemmis 172 liberi 63 - soggetti 219 Liber plegiorum 208 Liber poenitentialis 173 Liber Scivias 163 Liber sententiarum 173 libcrtas 63, 65 - in vineis 65 Libri sententiarum 11, 276 Libro del Consolat del Mar 211 Libro delle Meraviglie 301 Libro d'ordre de caballeria 223 Libro a Enrico 97 Libro dell'Ultimo Giudizio v. Domesday Book licentia docendi 275 Liebfrauenkirche di Treviri 286 Liegi 36, 51, 105, 182 lignaggi 67 Lilla 207, 209. 292 Limburg an der Lahn 176, 286 Limoges 179, 182, 285 Limosino 158 LinCDln 177, 202, 262, 282, 286, 314 -, coro degli Angeli di 314 Lincolnshire 56 Linguadoca 58, 60, 144, 195, 210, 252, 265-266, 269 Lmkoping, sinodo di 130 Lione 196 v. anche concili di Lione Lippe 13 Lipsia 233 Lisbona 90, 106, 140, 276 Lituani 130 Lituania 244, 301 livello, fondi a 74 Livonia 244, 251 Livre des Métiers 232 Livre des profits charnpetres, Le 202 Lobbes 36

locatio 250 Lodi, dieta di 115 Lodovico di Baviera 313 Logica ingredientibus 168 Lohede 241 Loira 65, 171 Lombardi 310 Lombardia 81, 194-195, 204, 249, 308 Londra 153, 251, 254 Longobardi 109 Lopez, R. $. 19, 154, 301 Lorenesi 137 Lorris..en-Gatinais 77, 120 Losanna 204 Lotaringi 137 Lotaringia 36, 144 Lotario II di Supplimburgo, imperatore (III come re d'Italia e di Germania) 72, 100, 104-106, lU, 128 lotta per le investiture 95 Lubecca 49, 82-83, 91, 108, 130, 138, 153, 233, 237, 251 -, diritto di 243 Lubusz 243 Lucano 166 Lucca 114-115, 208 Lucio III papa 102, 196, 261, 266 Lucrezio Caro, Tito 166 Ludovico il Bavaro, re di Germania e imperatore romano 311 Ludus de Antichristo 100 Luft macht eigen 74 Luigi VI re di Francia, detto il Grosso 92, 119120, 173 Luigi VII re di Francia, detto il Giovane 117, 120121, 126, 146, 173, 197, 255, 265 Luigi VIII re di Francia, detto il Leone 47, 256, 284 Luigi IX re di Francia, santo 205, 210, 221-222, 225, 232, 246, 252, 254, 256, 269, 271, 284, 289, 301, 309 -, scudo di 218 Lullo, Raimondo 223, 268269 Lund 128-129 Luoghi Santi 148, 249 Lusazia, marca di 137

Lussemburgo 245 Lutero, Martin 99 Macon 32, 47, 66, 72-73, 225 Macrobio 170 Maddalena a Vézelay, chiesa della 179 Maestro della Maestà Gotica 176 Maestro dei Mesi 181 Magdeburgo 138, 233, -, diritto di 138, 243 maggiorasco, diritto di 68 Maggior Consiglio 247 Magister Historiarum 173 Magna Charta 253-254, 258 - della Danimarca 241 magnati 234 Magnus, cugino di Canuto Lavard 128 Magnus Barfot (lo Scalzo) re di Norvegia 129 Magnus Lagab~ter (il Legislatore) re di Norvegia 242 Magnus Ladul.is re di Svezia 242 Magog 102 Magonza 32, 48, 72, 107, 179, 193 . -, dieta di 103, 108 Magreb 23, 140, 151-152 Mahdia 48 Maine 60, 255 Maiorca 48, 253, 269 Malacra 20 Malcolm re di Scozia 135 Male, E. 61 Malines 207 Malta 136 -. ordine di 86 Mamistra 49 mancipia 74 Manegoldo di Lautenbach 96 manentes 73 Manesse, manoscritto dei 223 Manfredi re di Sicilia 246 Manica 122 manicheismo 195 mano morta 73 manouvriers 231 Mans, Le 14, 171, 183, 185, 285 mansi 29, 40 mansionarii 44

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Mansur, al- 139-140, 252 Mantes 121 Mantova 39 Manuele Comneno 9, 136 Manuali per confessori 216 Manzikert 19 A'arbodo vescovo- di Rennes 171-172 Marcabruno 189 Marco, san 218 Maria madre del principe di Babilonia 142 Maria di Champagne 191 Maria di Francia 187 Maria Laach 179 Maria del Monte Carmelo, ordine della vergine 270 Marmoutier 38, 79 Marocco 140, 302 Marsiglia 58 Marsilio da Padova 237, 257, 312 ~:.. rtorana, mosaico della 8 Masovia 131 matière antique 191 Mafière de Bretagne 188, 191-192 Matilde di Canossa 113 Matilde moglie di Enrico V di Germania 105, 124 Matteo di Vendòme 172 Matthieu Paris 263 Meaux 204 Meclemburgo 138 Mediterraneo 7-8, 19, 4849, 118, 133, 135-136, 211, 246, 265 megacosmo 172 Mehedia 136 Meier Helmbrecht 235-236, 292 Meinhard conte del Tirolo 251 Meissen 78, 228 -, marca di 137 Melfi 246 Melk 137 Meloria, battaglia della 246 Mendicanti 264, 266-272, 286, 292-293, 310 menestrelli 315 Meraviglie della città di Milano, Le 209 mercanzia 211 mercatores 233 merchet 81 Merlino 191, 291 Merovingi 116

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\1erton, statuto di 29' Messina 109 messire 203 Metalogicon di Giovanni di Salisbury 173 Metamorfosi di Ovidio 175 Metodio, san 7 Metz 225, 232, 264 mezzadria 229 Micham III califfo di Cordova 20 Michele Cerulario 7 Michele VII Ducas Parapinace, imperatore d'Oriente 9 l\Jichele VIII Paleo:ogo imperatore d'Oriente 301 Mickwitz, G. 232 microcosmo 172 Miesco (Mieszko) II re di Polonia 130 Milano 14, 34, 36, 81, 115, 194-195, 204, 209, 246 Mile 60 miles 27, 223 Milione 301 milites 66, 233 - castri 72 -, maiores 67 -, minores 67 militia Christi 68 Miller, E. 201 Milione 22 ministeriali (ministeriales, ministériaux) 68, 72, 7476, 86-87, 104-105, 131, 225, 233, 315 Minne 190, 290, 292 Minnesang 290, 292 Minneslinger 24, 190, 291 -, manoscritto dei 223 Minori 267, 270, 272 Miramar 269 Mischwitz 228 Misnia 244 Modena 14, 59, 181, 208 moderni 315 Moissac 180 Monaco di Baviera 233, 290, 313 Monaco 114 Monarchia 293 monofisite, comunità cristiane 269 Monforte 194 Monglane 60 Mongoli 250, 269 Monologion 164

Monreale 181 Mons-en-Pévile 228 Montaperti 233 Montauban 265 Montecassino 30, 280 Montpellier 239, 252, 258 -, università di 276 Montreuil-sur-Mer 56, 207 Mont Sainte-Odile 163 Mont Saint-Michel 286, 309 Montségur, castello di 266 Monza 109 Moravi 7 Moravia 59, 131, 245 Morgarten 251 Mori 117 Morienval 175 Morrimond 159 Morte di Artu 291 Mosa 36, 49, 181 Mosè da Bergamo 11 Mosella SO Mossul 146-147 Miinster 84 Murcia 252 Muret, battaglia di 265 Musei Reali di Bruxelles 182 Museo Condé a Chantilly 176 museo Montijuich a Barcellona 182 Musulmani 133, 136, 139140, 146, 149-152, 166, 208, 252 Napoli 246-247 - , regno di 246, 280 -, università di 276, 280 Narbona 20, 23, 48, 285, 300 Naumberg 288 Navarra 116-117, 251-252 Navas de Tolosa, Las 252 Negri 20 Negroponte 247 Neidhart von Reuenthal 292 Nero, Mar 110, 246-247 nestoriane, comunità cristiane 269 Neuss 235 Newcastle-upon-Tyne 81 Nibelungenlied 188 Niccolò Il papa 7, 94, 109, 261 Niccolò IV papa 270 ... Niceforo Botaniate 19 Niceta 11, 195

Nicodemo, padre del principe di Babilonia 142 Nicola d'Oresme 304 Nicola Pisano 288 Nicosia 285 Niederich 53 Niels (Nicola) re di Danimarca 128 Nilo 136 Nilo di Grottaferrata 158 Nimega 237 Nimes 210 Nja.ls Saga 291 nobiltà di sangue 66, 227 nominalismo 168 Non est dubium 102 Norandino (Nur ad-din) 147 Norberto di Xanten 155, 159 Nord, Mare del 39, 48, 50, 133, 205 Norimberga 233 Normandia 21, 31, 38, 44, 49, 56, 79, 98, 121, 123, 126, 133, 177, 255 Normanni 8-9, 14, 19, 29, 49, 97, 109-110, 112, 115, 122, 133-136, 142, 144 Northwnberland 135 Norvegesi 242 Norvegia 21, 83, 153, 210, 242 Norwich 177 Notre-Dame di Liegi 182 Notre-Dame di Namur, Tesoro di 290 Notre-Dame d'Orcival 179 Notre-Dame di Parigi 56, 183, 185-186, 228, 284-285, 290 Notre--Dame du Port a Clermont 179 novalia 38 Novara 273 Novellino 292 Novgorod 48-49, 153, 182, 251 Noyon 186 numeri 170 Nur ad-din 147 Obodriti 138 Oddone di Deuil 172 Oddone de l'Etoile 194 Oddone di Tournai 156 Odense 128 Oder 106, 243 Odilone, Sant' 30

Odolrico abate di Santa Fede di Conques 179 Olanda 39, 82, 201 Olandesi 137 Olaszfalu 59 Oldenburg 107, 138 Oléron 50 - , Roles d' SO Oliviero 180 Oltramo 114 omaggio 70 Onorio III papa 238 Onorio di Autun 100, 171 ontologica, prova 164 opus Dei 160, 268 Orange 20 ·, -, vescovo di 144 oratores 27, 90, 186, 219 Orda d'Oro 269 Ordenaçoes 253 Orderico Vitale 44, 172, 188 Ordinamenti di Giustizia 234 crdine 220 ordine di Grandmont 158 Ordine Teutonico 243-244 Ordini Mendicanti v. Mendicanti ordini militari 152 Oresme, Nicola d' 304 Orlando 180, 188 -, cantilena di 188 Orléans 77, 120, 141, 171, 193-194, 275, 309 Orthodoxa defensio imperialis 96 Orvieto 112, 288 Orzeals 216 t>sel 211 Osnabrilck 233 Osservanti 273 ost 67, 125 Ostmark 137 Otberto 51 Othe 120 otium 162 Otloh di Saint-Emmeran 34, 173 Ottocaro II re di Boemia 245, 251 Ottone III re di Germania e imperatore 90, 93, 97, 158 Ottone IV di Brunswick, imperatore 248 Ottone di Frisinga 87, 91, 101, 115, 133, 172-173 Ottone di Wittelsbach 108

Ourscamp 287 outfield 39 Oversburg 53 Ovidio 166, 172, 175 Oxford 254, 282, 302, 312313 - , università di 276 Padova 208 -, wiiversità di 276 Paesi Bassi 22, 49, 229 Pahkinasaan, pace di 242 palafredus 66 palafreno 66 Palazzo del capitano di Todi 247-248 Palazzo del Popolo di Todi 247-248 Palazzo dei Priori di Todi 247-248 Palencia 276 Palermo 8-9, 110, 208 Palestina 49, 145-147, 149, 152, 256, 265 Pamplona 61 Pandette 276 Panofsky, E. 174 Paolo, precettore di messer Pace da Certaldo 215 Paolo, san 156 Paracleto 171 Parens Scientiarum 276 Parigi 54, 112, 121, 159, 165, 169, 171, 173, 175, 183, 186, 202, 206, 211, 232, 275, 278-280, 282, 287, 289, 302, 304, 312, 315 -, trattato di 256, 265266, 276 -, Università di 11, 238, 271, 276, 280, 303 parisis 51, 228 Parlamento (-i) - inglesi 208, 224, 254 - francese 257 Parliaments 240 Parloir aux Bourgeois 211 Parma 273 -, Battistero di 181 Parsifal (Parzival) 39, 60, 68, 88, 291 Pasquale II papa 98, 100, 105, 112, 157 Pasquale III papa 112 Passio Caroli 172 Pastoureaux 309 Pataria 194 - milanese 160

371

Patarini 14, 37 Patrimonio di San Pietro 93, 109, 111-112, 246, 261 patriziato 86, 233 Pauperes lugdunianenses 196 Pavia 34, 109, 111 Pecenighi 142 Peckham, J. 302 Pedro Alfonso 167 Pélerinage de Charlemagne 20 Peloponneso 136 penitenza 143 Penitenziali 263 Pensieri 162 per cartam 226 Perceval ou Le conte du Graal 192 perfetti 196 Périgord 60 Perpignano 314 Persia 269 -, Khanato mongolo di 269 Perugia 112 Per venerabilem 238-239 255, 258 Petronilla 117 Pfaffe Lambrecht 290 Pfalzstadte 237 Philippe de Beaumanoir 219, 221, 223, 225, 234 Philosophia mundi 170 phrygium 91 Piacenza 210, 266 Piasti 130, 244 Piccardia 50, 202 Piemonte 247 Picpowdrous 61 Pier Damiani, san 30, 34, 94, 155, 158 Piero di Tarantasia (Innocenzo V) 270 Pietro II re d'Aragona 140, 265 Pietro di Blois 124, 166,

U2 Pietro Pietro Pietro 265 Pietro Pietro ster 276 Pietro Pietro

372

di Bruys 194 Cantore 175 di Castelnau, beato di Celle 162 Comestore (MagiHistotiarum) 173, Crasso 97 de' Crescenzi 202

Pietro re di Croazia 132 Pietro l'Eremita 19, 144 Pietro Ispano (Giovanni XXI) 279, 303 Pietro Lombardo 11, 166, 173, 276 Pietro di Marlcourt 283 Pietro, monaco di Monte Morrone 273 Pietro di Poitiers 166 Pietro Valdo 196 Pietro il Venerabile 13'9, 160-161, 167 Pietro da Verona 266 Pipe Roll 123 Pipino 290 Pirenei 56, 58, 118, 139 Pirenne, H. 47 Pisa 14, 37, 48-49, 54, 111, 113-114, 152, 181, 218, 288, 313

Pi,;;ani 51, 144, 153 Piace de Grève 121 pianeti 171 Planctus naturae 173 Plantageneti 122, 127 Platone 9, 166, 170, 280 plcnitudo potestatis 259 Po 40, 102, 111, 247 poblaciones 61 pogrom 193 Poitiers 14, 170, 182, 225 Poitou 127, 149, 180, 255 Polacchi 7, 130 polder 39, 201 Policraticus 173 polis 237 Polo, Marco 301 Polonia 24, 37, 45-46, 53, 86, 131, 158, ~01, 206, 239, 243-245 -, Cronaca di 173 -, Grande 131, 243-244, 301 -, Piccola 131, 205, 244 Polozk 251 Pomerania 106, 131, 243244 Ponthieu 56 Pontigny 159 popolo 233 forta Castiglione (Bologna) 208 portale della Pescheria (Duomo di Modena) 59, 180 Portale dei Re 165, 264, 284

Portaspada 244, 251 Portogallo 106, 116-117, 140, 252-253 Portovenere 114 potere pubblico 91, 237-240 potestas 238 poulains 149 povertà 155 Praga 48, 50, 131, 245 Pratica della Mercatura 215 Predicatori 267, 280 premonstratensi 11, 138, 160, 162, 268 Prémontré 155, 159, 162 -, canonici di 159 Premyslidi 131 presura 78 prewc: hornme 222 Prévot des Marchandes 211 Pribislavo, principe dei Vendi 138 primitivae ecclesiae forma 155 prlncipes legibus solutus 260 Prissé 47 i::rocuratori 272 proprietari terrieri liberi 233 Proslogion 164-165 Prouille 270 Provenza 74, 117-118, 144, 180, 194-195, 208, 227, 229, 252, 273 Provins 50, 207, · 214, 217, 309 provisino 51 Provisions 254 i::rud 'homme 222 Frussia 244, 251 Prussiani 130, 244 Przemysl II re di Polonia 244 Przemyslidi 245 pseudo-Callistene 190 Puerta de las Platerias 181 Puglia 8, 109-110, 136, 287 puy 291 Puy, Le 143 quadrivium 171 quaestio 277 Quattro Dottori di Bologna 170 Questiones disputatae 280 quies 162

Quintiliano 171 Quodlibeta 280 Ràd 243 ragione di stato 220 Ragusa 111 Raimondo d'Aguilers 172 Raimondo di Borgogna 117 Raimondo di Pefiafort 259, 267-268 Raimondo di Poitiers, principe d'Antiochia 146 Raimondo di Saint-Gilles 145 Raimondo V conte di Tolosa 144, 196 Raimondo VI conte di Tolosa 258, 265 Raimondo di Tripoli 147 Raimondo Berengario lii . conte di Barcellona, detto il Grande 140 Raimondo Berengario IV conte di Barcellona, detto il Santo 117 Ramiro II re d'Aragona, detto il Monaco 117 Ramsay 65, 229 Ran ieri figlio di Bonanno 74 Rat 86, 233 ratio fide illustrata 279 Rationale 283 ratione peccati 258 Ratisbona 48, 108, 173, 179, 233 Ratzeburg 107, 138 Ravenna 158 realismo 168 Reconquista 61, 135, 139, 151, 252, 300 v. anche Riconquista regalia 98-99, 104, 115-116, 238 regalie 238 regalis 238 Reginaldo di Dassel 101, 103, 193 regnum et civitas 237 regnum Franciae 239 regnum Italiae 245 Regole 202 Reichesritterschaft 225 Reichsministerialitat 225 Reichsstlidte 63, 237 Reims 60, 84, 121, 150, 158, 162, 170, 186, 204, 284, 288

Rcinhardt, H. 284 Reinhart Fuchs 292 Reinmar il Vecchio (Reinmar von Hagenau) 290 Reinmar von Zweter 69 Renania 143, 182, 195 Renard 292 Renard le Bétoumé 292 Renard le Nouvel 292 Renart 230 Renier 60 Rennes 172 Reno 48-50, 99, 103, 105, 137 Repubblica pisana 215 v. anche Pisa Repubblica Veneta 110 Residenz a Monaco, Tesoro della 290 res publica 91 retrait féodal 71 retrait lignager 71 Reus 209 Reval 250 rex Romanorum 109 Rhetorimachia 34 Rialto 111, 250 Ribe 243 Riccardo d'Aversa 109 Riccardo Cuor di Leone re d'Inghilterra 89, 108, 126, 147, 190 Riccardo di San Vittore 166 Ricerca del Graal 291 Richard Fils-Néel 125 Richerzeche 86 Riconquista 8, 77, 117, 138142, 252 v. anche Reconquista rifeudalizzazione 220 Riforma 99, 152, 263 riforma gregoriana 155 Riga 21, 210-211, 250 Rinascita 166-168, 171, 176, 197 - carolingia 15 Rinderhofe 202 Ringsted 129 Ripoll (Catalogna) 180 riserva 226 Robert le Bougre (il Bulgaro, l'Eretico) 266 Robert de Luzarches 284 Roberto d'Arbrissel 60, 158, 189 -, Vita di 172

Roberto, fratello di Guglit>lmo Rufe> d'Inghilterra 98 Roberto II il Gerosolimitano conte di Fiandra 39, 118 Roberto Grossatesta 11, 202, 262, 281-283 Roberto I il Guise.ardo, duca di Puglia 19, 109, 135-136, 144 Roberto di Melun 9, 11 Roberto di Molesmes 158 Roberto II duca di Normandia detto Courteheuse 123, 144 Roberto il Pio 27 Roberto, servo del convento di S. Maria di Moutier 141 Roberto di Sorbon 205 Rochelle, La 50 Rodano 308 -, valle del 48, 222 Rodi 111 Rodolfo d'Asburgo, re di Germania 245-246, 250251 Rodolfo, duca di Svevia 97, 105 Rodrigo Diaz de Bivar (il Cid) 139 Roger de la Roche de Glun 221-222 Roles d'Oléron 50 Rollone duca di Normandia 191 Roma 7, 9, 21, 48, 93, 97, 100-101, 105, 107, 112113, 171, 179, 194, 241, 248-249, 261, 274, 276 - caput mundi 248 -, concili (non ecumenici) di 94, 98, 157, 159 Romagna 246 Roman d'Alexandre 190 Roman de Brut 191 Roman d'Enéas 191 Roman de Renart 230 Roman de la Rose 221, 271, 293 Roman de Rou 191 Roman de Thèbes 191 Roman de Troyes 191 Romani 59, 97, 100, 102, 131, 191, 249 Rom~nzo d'Alessandro 190 Romualdo, san 158

373

Roncaglia, dieta di 104, 115 roncinus 66 Roncisvalle 188 ronzino 66 Roskilde 127, 129 Rossiglione 118, 252 Rostock 250 Rouen 204, 309, 314 Rouergue 216 royal 238 Rude!, Jaufré 189 Riigen 129 Ruggero Il re di Sicilia 8-9, 90, 110, 135-136 Ruhr 32 Runnymead, pianura di 253 Ruperto, abate di Deutz 160 Ruralium commodorwn opus 202 Russi 7, 130 Russia 50, 83, 130, 153, 251, 301 rustici 73 Rutebeuf 271, 292-293 Saale 137 Sacconi, Ranieri 266 Sacerdotium 238 Sachsenspiegel 70 sacra maiestas imperialis 250 Sacramentario della cattedrale di Santo Stefano 182 Sacro Collegio 261 Sacro Romano Impero 72, 101, 245 Sacrwn imperium 250 saga di Bumt Njall 291 Saga di Carlomagno 291 Saga degli Islandesi 291 Sahagun 139 Saint-Ayoul, fiera di 214 Saint-Benoit-sur-Loire 14, 179-180 Saint-Bertin 185 Saint-Denis 22, 92, 120, 157, 176, 183, 185, 207 Sainte-Chapelle del Palais Royal di Parigi 287 Sainte Foy di Conques 13 Saint-Eloi 75 Saint-Emmeran 179 Saint ~tienne di Caen 14 Saint ~tienne di Nevers 13

374

Saint-Germain-des-Prés 121, 186 Saint-Genner-de-Fly 183 Saint-Gilles in Provenza 180 Samt-Hilaire di Poitiers 14 Saint-Hubert 36 Saint-Jacques di Liegi ~6 Saint-Jouin-de-Mames nel Poitou 180 Saint-Julien di Brioude 179 Saint-Laurent di Liegi 36 Saint-Lazare 121 Saint-Loup-de-Naud 185 Saint - Martin - des Champs 175 Saint-Mary of Swineshead 56 Saint-Nectaire 179-180 Saint-Omer 15, 185 Saintonge 255 Saint-Ouen di Rouen 314 Saint-Paul a Issoire 179 Saint Philibert di Tournus 13 Saint-Rémi a Reims 186 Saint-Saveur-le--Vicomte 56 Saint- Savin - sur- Gartempe 14, 192 Saint-Semin di Tolosa 14, 179 Saint-Taurin d'Evrex 290 Saint-Trond 36 Saint-Urbain di Troyes 287 5aint-Vaast 21, 2ci Saint-Vanne di Verdun 36 Saint-Wandrille 56 Saint-Yved di Braine 285286 Saladino (Salah ad-din) 147, 149 Salamanca, università di 276 Salerno 97, 112, 169 Salii 225 Salimbene da Parma 87, 202 Salisbury 135, 286 - , assemblea di 122 Salterio della Regina Ingeburg 176 San Bartolomeo di Liegi 182 Sancio III re di Castiglia, detto e! Deseado 117

Sancio il Grande re di Navarra 117 Sancio I re di Portogallo, detto « O Provador » 14-0, 252 Sandomierz 131, 244 San Domingo de Silos 180 San Francesco ad Assisi 289 San Gereone di Colonia 229, 286 San Giovanni d'Acri 108, 147, 301 San Giovanni di Firenze 114 San Giovanni a Troyes, fiera di 214 S. Gottardo 209 San !sidro di Le6n 13, 181-182 San J uan de la Peiia 139 Sankt Aposteln 53 San Marco 14 - , basilica di lll San Martino di Toumai '31.ll San Martino di Tours 179 San Marziale di Limoges 179, 182 San Mercuriale di Forlf 181 San Michele di Hildesheim 181 San Miniato di Firenze 114 San Pietro in Roma 179 San Remigio a Provins, fiera di 214 Santa Cecilia d'Albi 286, 300

Santa Cruz de Seros 181 Santa Fede di Conques 179, 182 Santa Genoveffa di Parigi 9, 112, 159, 165, 169, 171 Sant'Albano di Odens! 128 Santa Maria di Montepiano 74 Santa Maria di Moutfor 141 Sant'Angelo in Formis 182 Santarem 14-0 Santa Sede 132, 253-254, 259-260 Santa Sofia di Costantinopoli 20 Santa Sofia di Novgorod 182 Sant'Elisabetta di Marbur• go 286

Santiago di Compostella 14, 48, 61-62, 84, 139, 177, 179, 181, 252 Santi Apostoli 53 Santo Sepolcro 100, 145 Santo Stefano, corona di 9, 132, 244 Santo Stefano di Caen 135, 177 Santo Stefano di Digione 69 San Vicente di Avila 181 San Vittore di Parigi 165, 168 -, canonici di 159 San Zeno di Verona 181 Saona 308 Saraceni 147, 221-222 Saragozza 140 Sardegna 48, 113, 246 Sassoni 138 Sassonia 32, 10S-108, 216, 228 saumarius 66 Savoia 126 scabini 84 Scacchiere 125 -, corte dello 123 Scandinavia 37, 45-46, 50, 127, 188, 237, 240-243 Scani· 129 Scania 56 sceriffi 125 Schiavoni 20 Schleswig 49, 241 Schneider, J. 232 Schollenen 209 Schonau 163 schorre 39 Schroda, diritto di 243 schultheiss 75 Schwaigen 202 Schwerin 107, 138 Schwurbruderschaft 235 Schwyz 251 scienza sperimentale 282 scolae - minoi-es 214 -, parvae 214 Scolastica 164-165, 169-170, 174, 277 Scozia 127, 135, 255 scriptoria 289 scriptorium 182 scuola - di Chartres 165, 167, 170, 173, 183

- episcopale di Parigi 165 - di San Vittore di Pa• rigi 165 - di Toledo 167 scutagium 71 Segeberg 82 seigneurie "hautaine" 66 Selgiuchidi 19 Selles-sur.Cher nel Berry 180 senato 113 Seneca 170 Senlis 186 Senna 54, 121 Sens 121, 130, 183, 186 -, concilio di 112 Sepulveda 81 Sequentia falsi evangelli secundum Marcam Argenti 261 Serbi 7 Serbia 132 Serenissima 110, 247 sergenti 75 - delle fiere 212 sergents 75-76 Serrabone 180 Serrata del Maggior Con• siglio 235 servaggio 220 servientes 75 serviles 68 servitium 71 servus 64, 73 servus pauperum Christi de Clara-Valle 155 Sette Arti liberali 165 Sewal, arcivescovo di York 263 Sfax 136 sheriffs 122 shire 122 Shogun 225 Sic et non 168 Sicilia 8-9, 90, 102, 108-110, 114, 126, 135-136, 151, 208, 248-250, 252, 259 Siciliani 246 Sidone 49, 50 Siena 233-234, 288, 300, 305 Sierra 81 Siete Partidas 253 Sigeberto di Gembloux 32, 172 S1gienza 139 Sigieri di Brabante 281, 302-303

Sigiero, abate di Saint• Denis 22-23, 120, 146, 157, 173, 176, 185 sigilli 213 signoria (-e) 224, 237 - banale 64 Sigtuna 242 Sigurd I Jorsalafare re di Norvegia 90, 129 Sillabo 382, 304 Silos 181 Silvestro Il papa 90 Simone di Montfort 254, 265 Sinagone 20 Siria 49, 113, 142, 147, 149, 151-1S2, 207 Siviglia 252 Skoplje 136 Slavi 245 Slesia 59, 131, 243 · Slicher van Bath, B. 15 Slovacchi 7 Sloveni 7 Smolensk 153 Snorri Sturluson 291 soccida 229 societas maris 52, 215 societas terrae 52, 215 Soest 86, 233 Soissons 186 · Soliloquio sull 'educaziono dell'anima 162 somiere 66 Somnium Scipionis 170 ~nderjylland 241 Soroe 56 Spagna 8, 13, 20, 58, 77. 78, 81, 87, 116-118, 135, 139-140, 142-143, 151, 166. 167, 169, 181, 188, 207-208, 217, 223, 239-240, 265-266, 300 -, ferro di 204 -, marca di 122 Spagnoli 140 Spalato 132 Specchio della carità 164 Specchio dei principi 240 Specchio dei re 242 Speculum doctrlnale 278 Speculum historlale 278 Speculum maius 278 Speculum morale 278 Speculum naturale 278 Speculum virginum 163 Spira 13, 56, 105-106, 179, 206, 'lCT1

375

-, vescovo di 143 Spirituali 2n-273, 315 Spoleto 246 sposalizio del mare li 1 SPQR (Senatus Populusque Romanus) 248 Sprogo, castello di 129 Spruch 292 Staatsbibliothek di Monaco 193

stato 220-221 status regis 239 status regni 239 Statute of York 239, 25S Staufen n Stavelot 36, 182 stavkirken 22 Stazio 166 Stefano, santo 132 Stefano di Blois 124, 144 Stefano di Muret 158 Stefano di Toumai 171 Stendal 138 Stengesdint 81 Stettino 54, 106 Stigand arcivescovo di Canterbury 135 Stiria 108, 208, 245, 251 Stoccolma 242-243, 250 Storia del Santo Graal 291 Storia di Oddone di Tournai 156 Storia del santo re Canuto 128 Strasburgo 233, 288, 290, 315

studia 276 Studium 280 Sturla Th6rdarson 291 Sui nomi degli utensili 206 Sultano d'Egitto 249 Summa aurea di Guglielmo d'Auxerre 278 Summa contra Gentiles di Tommaso d'Aquino 268, 280

Summa de anima di Giovanni della Rochelle 278 Summa de bono di Filippo Cancelliere 278 Summa de creaturis di Alberto Magno 278 Summa de virtutibus et viris di Guglielmo Alverniate 278 summae 278, 280 Summa gloria de Apostoli-

376

co et Augusto di Onorio di Autun 100 Swnma theologica di Alberto Magno 278 Summa theologica di Tommaso d'Aquino 278, 280 Sumoia universae theologiae di Alessandro di Hales 278 swnmulae logicaJes di Pietro Ispano 279 sundere 64 super gentes et regna 259 Sutri, concordato di 98 Svedesi 242 Sven ·EstridS0n 127 Sverre re di Norvegia 210, 242 Sverre chierico delle Faroer, 129 Svetonio 21 Svevia n, 202 Svezia 56, 83, 130, 242 Svizzera 175, 202, 251 Swinka, J. 243-244 sysselmaend 129 Tabularium 112 taglia 228 Tagliacozzo 246 Tago 140 taifas 20, 139 Taillebourg 221 take-off 16 Tanchelmo, monaco 194 Tancredi nipote di Boemondo 136, 144-145 Tapisserie de la reine Mathilde (B3yeux) 29, 175 v. anche Bayeux Tarragona 140 Tavola Rotonda 153 Tebe 9, 136 Tedeschi 49, 128-130, 137, 144, 146, 149

Tegernsee 100 Tempesté 20 Tempier, Stefano 302-304 Templari 65, 74, 262, 310 tenant-in-chiefs 124 Teodorico di Chartres 170171 Teodorico di Vriberg 283 Teodosio 97 Teofilo, monaco 182 terpen 39 terra 71 Terracina 111

Terra Santa 19, 58, 90, 106, 108-109, 111, 114, 126, 141143, 148-152, 172. 189-190, 210, 221, 225, 269, 301, 309 terre gaste 39 Territorien 224

Tesoro di Notre-Dame di Namur 290 Tesoro della Residenz a Monaco 290 Tessaglia 136 Teutonici 244 v. anche Ordine Teutonico Tevere 113 Thiébaut 20 Thierry d 'Hireçon 201 thing 242 Thomas 191 Tiepolo, Jacopo 211 TLhany, monastero di 9 Timeo 170 Tinchebray 123 ting 130 Tiro 48, 113, 147, 150 Tirolo 202, 251 Titurel 291 Tlemcen 140 Todi 247 Toledo 117, 139-140, 167, 285

Tolomeo, Claudio 9 Tolosa 86, 126, 143, 179, 195, 265-267, 286, 309

-, università di 276 Tommaso d'Aquino, san 11, 216, 229, 240, 268, 278-281, 303, 312

Tommaso

di

Cantimpré

278

tonlieu 76 - d'Arras 16, 29 tornese 51 Tortosa 49 Toscana 106, 114, 218 -, marca di 113-114 Tournai 156-157, 175, 212, 309

Tours 23, 121, 171, 179 Transilvania 132 trapezitai 51 Trave 82 Trentanove, 233 Treue 70 Treviri 55, 163, 179, 233, 286

-, concilio di 215 Treviso 208 Trinité di Caen, la 14, 177

Trinity College 206 Tripoli (Libia) 49 Tripoli di Siria 49, 145-148 Tristano 24, 191 trivium 171 trobar clus 189 Troyes 50, 183, 210, 214, 222, 287 Tunisi 48, 210, 301 -, sceicoo di 153 Tunisia 136, 256 Turchi 142, 144, 146, 148, 222 - selgiuchidi 142 Turenna 255 Turingia 105, 315 Ubaldo (arcivescovo e legato pontificio) 113 Ucraina 269, 301 Ugo di Avranches 188 Ugo III duca di Borgogna 222 Ugo di Cluny, sant' 30, 139, 162, 179 Ugo di Fosse 155 Ugo di fouilloy 11 Ugo di Oignies 290 Ugo di San Vittore 166, 171 Ulma 208, 233 Umberto di Moyenmoutier 7, 94 Umberto di Silva Candida 7 Umiliati 196, 264 Unam sanctam 257 Ungari 20 Ungheresi 133 Ungheria 9, 11, 37, 45-46, 59, 131-132, 204, 239, 244245, 265, 285 universitas 275 Unni 20 Unterwalden 251 uomini franchi 219 Uppsala 130, 242, 285 Urbano Il papa 57, 97-98, 132-133, 142-143, 145, 159, 179, 182 Urbano III papa 102 Uri 251 Urraca 117 usatges 14 TJsura 215, 260 usus pauper 272 Utrecht 82

Vaccari 20 vaccariae 202 vagabondi 60 Vagantenlieder 60 ngantes 192 Val d'Aran 195 Valdemaro I il Grande, re di Danimarca 128-119, 241 Valdemaro Il il Vittorioso, re di Danimarca 241 Valdesi 196, 264, 267 Valenza 252 Vale Royal 204 valvassori 81, 121 Vangelo secondo il Marco d'Argento 261 Vardar 136 vassallaggio 70, 121 Vaticano 112 Vaulerent 202, 287 Venceslao II re Boemia e di Polonia 243 Venceslao III re di Boemia, di Polonia e d'Ungheria 243-245 Vendi 106-108, 129-130, 137138 venditores verborum 171 Venezia 9, 14, 37, 48-50, 52, 109-111, 115-116, 144, 152, 154, 208, 211, 217-218, 235, 246-247, 250, 308 -, pace di 102, 107 Veneziani 136, 153 Vercelli 97 Vetdun 48 veri pauperes Christi 155 Verna 279 Verona 106, 181 -, marca di 113, 115 Verson 309 Vespri Siciliani 246 Vespro, guerra del 252 Vestfalia 82, 103, 108, 251 Vexin 92, 119 Vézelay 179-181 via francigena 114 Viaggio meraviglioso di Alessandro in Paradiso 190 Vichinghi 90, 133 Vicino Oriente 58 Viehhofe 202 Vieil Rentier 203 viguier 253 Vienna 54, 108, 233, 237 -, Concilio di 264, 273, 301, 311

Villafranca 53 villa franca 63 villani 73-74, 123 Villani, Giovanni 231 Villanova 53 Villard de Honnecourt 203204, 28S villici 75 Villon, F. 292 vinage 76 Vincenzo di BeauvaJs 278 Virgilio Marone, Publio 166, 293 Visby 49, 242, ~251 -, diritto marittimo di

so

Vita Carolis comitis 1n Vita dei cinque fratelli 158 vita communis 157 Vita Ludovici Sexti 157 Vita di Roberto d'Arbrissel scritta da Baldrico di Bourgueil 1n vita vere apostolica 1SS Vita Nuova 293 Viterbo 112, 261 Vittore II papa 94 Vittore IV antipapa (Ottaviano di Monticelli) 101, 128 voces 168 Volga 269 Vratislao II re di Boemia 131 Wace 191 Wagrien 82 Wakenitz 82 Waldhaufendorfer 38 walkem01la 56 Walther von der Vogelweide 69, 290-292 Waulsort 36 Wavel, collina di 244 Wazone 36 Weedon Beck 230 weekworks 74 Wells 286, 288, 314 Wernher der Gartenaere 236, 292 Weser 13 Westminster 122, 124, 135 Wettin 137 Wieliczka 205 Wilham 162 Wil1gelmo 181 Willehalm 291

377

Winchester 177, 201 -, Bibbia di 176 Windsor 253 Wisbysches Seerecht SO Wismar 250 wi tanagemot 135 Witelo 283 Wolfhart Rot 314 Wolfram von Eschenbach 39, 290-291

378

Worcester 177 Wonns 14, 80, 97, 105, 179, 233 -, concordato di 99, 102, 105, 116, 248 Wiirzburg 233 Wiistungen 297 York 48, 135, 263, 314 Ypres 153, 207, 209, 213-214 Yusuf ibn Tashu.fin 140

Zagabria 132 Zallaqa 140 Zara 111 Zelanda 201 Zeno, Ranieri 211 Zinki emiro di Mossul 146147 Zurigo 112, 233 Zwettl 137 Zwyn 49

INDICE DELLE CARTINE

L'Occidente alla metà dell'XI secolo

10

L'espansione dell'Occidente dall'XI al XIV secolo L'Occidente romanico L'Occidente gotico

134

178

184

L'Occidente all'inizio del XIV secolo

298

L'economia dell'Occidente alla fine del XIII secolo

306

FONTI DELLE CARTINE

1 e 5: da originali forniti dall'Autore - 2: da J. Le Goff, La Civilisation de l'Occident Médiéval, Paris, Arthaud, 1964 - 3 e 4: da F. van der Meer, Kleine Atlas van de Westerse Beschaving, Amsterdam, N. V. Uitgeversmaatschappij Elsevier, 1964 - 6: da E. Perroy, Le Moyen Age, Paris, Presses Universitaires· de France, 1955.

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INDICE

INTRODUZIONE

7

LA SVOLTA ALLA METÀ DELL'XI SECOLO

1054: · L'Occidente si stacca da Bisanzio 7 dale 12

7

La seconda età feu-

PARTE PRIMA L'ESPANSIONE DELL'OCCIDENTE CRISTIANO ( 1060-1180) 1. LE BASI DI PARTENZA

17

19

I barbari dell'Occidente 19 - Un mondo povero, fatto di radure e di centri isolati 21 - Impotenza di fronte alla natura: inefficienza tecnica 24 - Calamità e paure 31 - I punti di forza dell'Occidente 35 2. ASPETTI E STRUTTURE ECONOMICHE

3t

Lo sviluppo demografico: l'eccedenza di braccia, di bocche, di anime 38 - La rivoluzione agricola 40 - Lo sviluppo del comr:1-.?rcio 47 - Lo sviluppo urbano e la divisione del lavoro 53 - Progressi della sicurezza: l'esigenza della pace 57 3. CONSEGUENZE SOCIALI

58

Mobilità: migrazioni, viaggi, vagabondaggi 58 - La mobilità sociale e i suoi limiti: la libertà e le libertà 62 - Evoluzione ddl"..1ristocrazia feudale: nobili, cavalieri, ministeriali 65 - Le istitu1.ioni del feudalesimo classico 70 - I contadini e i loro progressi 72 La formazione della società umana 79 4. CONSEGUENZE POLITICHE

90

Unità Cri$tiana, frazionamento feudale, raggruppamento monarchico 90 - Papato e Impero: la lotta per il "Dominium Mundi" 92 - Fortune e sventure dell'Italia 109 - Successi delle monarchie: la Francia 118 - Successi delle monarchie: l'Inghilterra 122 Incertezze nazionali: dalla Scandinavia alla Croazia 127

380

5. L'ESPANSIONE: RIPERCUSSIONI ESTERNE

133

Un popolo di conquistatori: i Normanni dal Mare del Nord al Mediterraneo 133 - L'espansione germanica a est 137 - La riconquista delle terre perdute: la Reconquista spagnola 138 - Dal pellegrinaggio alla Crociata 141 - La prima Crociata 144 - La seconda e la terza Crociata 146 - Bilancio delle Crociate 148 L'espansione pacifica: il commercio a largo raggio 154 6. L'ESPANSIONE: RIPERCUSSIONI SPIRITUALI

155

Insufficienza dell'opus Dei: il rinnovamento spirituale e monastico 155 - La sfida aUa cultura monastica: sviluppo della cultura urbana 165 - Novità artistiche ed estetiche: dal romanico al gotica 174 - Il romanico in pieno sviluppo 177 - Genesi del gotico 183 - Trionfo del feudalesimo nella letteratura: chansons dc geste e letteratura cortese 186 - Dissidenti ed esclusi: goliardi, ebrei, eretici 192

PARTE SECONDA L'APOGEO ( 1180-1270) 7. LA PROSPERITÀ

La prosperità rurale, attrezzature tecniche te indicativo: quello cio: strade, trasporti, economia monetaria:

199 201

la sconfitta della fame 201 - Progressi delle 203 - Progressi di un settore particolarmendei tessuti 205 - L'espansione del commerfiere, tecniche commerciali 209 - Verso una i grossi d'argento e il ritorno dell'oro 216

8. L'EQUILIBRIO SOCIALE

219

Una società strutturata ed equilibrata 219 - Stabilizzazione e mobilità dell'aristocrazia feudale 221 - Differenziazioni in seno alla classe contadina 228 - Stratificazione della soceità urbana: patriziato, corporazioni, poveri 231 - Il peso delle "mentalità" nella società degli "stati" 235 9. W

SPLENDORE DEI PRINCIPI E DEGLI STATI

237

Il progresso del potere pubblico: "bene comune" e centralizzazione 237 - Progressi e regressi della monarchia in Scandinavia 240 Le monarchie dell'Europa centrale: Polonia, Ungheria, Boemia 243 - La situazione in Italia 245 - Crisi dell'Impero, suc381

cessi delle città e dei princ1p1 m Germania 248 - Nascita della Svizzera 251 - La Reconquista spagnola e i regni cattolici 252 L'Inghilterra verso la monarchia "moderata": la Magna Charta e la nascita del parlamento 253 - Il gran secolo della monarchia capetingia in Francia 255 - Filippo il Bello e Bonifacio VIII: l'indipendenza del potere temporale 257

10. IL TRIONFO DELLA CHIESA

258

La monarchia pontificia, modello del successo monarchico 258 Successi e insuccessi della riforma della Chiesa 263 - Sconfitta dell'eresia: crociata contro gli Albigesi e Inquisizione 264 - Il nuovo volto della Chiesa e della spiritualità: gli ordini mendicanti 267 - Persistenza dell'insoddisfazione: spirituali, beghine, mistici 272

11. IL SECOW DELL'ORGANIZZAZIONE DEL PATRIMONIO INTELLETTUALE E ARTISTICO 275 Fede e ragione: le università e la scolastica 275 - Un'arte della luce: il gotico 283 - Luci della letteratura: dall'alba del Minnesang al crepuscolo della Divina Commedia 290

PARTE TERZ,A LA CRISI DELLA CRISTIANITÀ OCCIDENTALE 12. IL TRECENTO: UN'EPOCA DI TRAVAGLIO

295 297

Limiti tecnici 297 - Limiti spaziali: la fine dell'espansione 300 Limiti intellettuali: le condanne del 1277 302 - La crisi economica: carestia del 1315-17, fluttuazioni nel valore della moneta, perturbazioni della geografia economica 305 - Crisi sociale o crisi del feudalesimo: sommovimenti urbani e rurali, reazione dei feudatari, capri espiatori 309 - Crisi dell'unità cristiana 311 - Crisi spirituale: l'equilibrio del XIII secolo in pericolo 312 - Conclusione. Quadro della crisi degli anni 1270-1330 315

TAVOLA CRONOLOGICA NOTE BIBLIOGRAFICHE INDICE ANALITICO

321

359

INDICE DELLE CARTINE

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Stampa Grafica Sipiel Milano, settembre 1994