139 108 72MB
Italian Pages 120 [309] Year 1995
INDICE
Premessa alla seconda edizione ren Presentazione alla prima edizione
AGRIGENTO, Chiesa di S. Nicola
Pag.
is
»
ue
»
1. Sarcofago di Ippolito e Fedra
sus
AGRIGENTO, Cattedrale 2. Sarcofago delle «donne coronarie»
»
4...
»
HDI Ο
» » » » » » »
O0
Sarcofago con la lotta dei galli ss Sarcofago delle Nereidi ................... erre Fronte di sarcofago con maschere teatrali .................. ei Frammento di sarcofago con defunta ss Frammento di sarcofago con le Muse ss Frammento di sarcofago sise Sarcofago di fanciullo ................ ii
OO
3. 4. 5. 6. 7. 8. 9.
ὧἱ
AGRIGENTO, Museo Archeologico Regionale
AGRIGENTO, Antiquarium Paleocristiano e Bizantino «Casa Pace» 10. 11. 12. 13.
Sarcofago cristiano ..............-\ ei Frammento di sarcofago ss Frammento di sarcofago resserre Frammento di sarcofago ................ i
» » » »
BERLINO, Staatliche Museen 14. Sarcofago strigilato con figura togata al centro ...........
ee
CATANIA, Cattedrale 15. Sarcofago tipo «Sidamara» ............ i
»
15
»
14
»
16
» » » » »
17 17 18 18 18
CATANIA, Chiesa di S. Agata la Vetere 16. Sarcofago con scena di caccia al cinghiale CATANIA, 17. 18. 19. 20. 21.
................ ui
Museo Civico Sarcofago di «Dulcitia» ............ μενον να nnne eee nennen nns Sarcofago a forma di Vasca ...............-.escerrrccezazeioresecenconecesesenasasiseseresaricoreaneoneee Sarcofago di pietra lavica ............... ii Sarcofago di pietra lavica ............ εν ενον κε νον enne nennen Sarcofago di pietra lavica ..................-.-.vcrrreresieazioressarezaranicnesezionicionenicioneneoninee
VI
INDICE
22. 23. 24. 25. 26. 27. 28. 29.
Sarcofago di pietra lavica is Sarcofago di pietra lavica sise Coperchio di sarcofago ............. iii Frammento di sarcofago ess Frammento di sarcofago con iscrizione ............. esses enne Frammento di sarcofago seen Frammento di sarcofago .............. Mi Lato breve di sarcofago: accecamento di Polifemo .................. i
Pag. » » » » » » »
19 19 20 20 21 22 22 25
» »
25 26
»
27
LIPARI, Museo Archeologico Eoliano 33. Testina di marmo inserer
»
29
MAZARA 34. 35. 36.
» » »
30 55 54
» » » » »
57 38 39 40 41 42
»
44
»
45
»
47
»
48
»
48
» » » » » » » » »
49 50 53 54 54 55 56 57 58
CEFALU, Cattedrale = 30. Sarcofago con busto al centro issues 31. Frammento di sarcofago con due «imagines clipeatae» .............. i
CEFALU, Chiesa di S. Francesco, Cappella del Crocifisso 32. Sarcofago dell'Agricoltore
MESSINA, 37. 38. 39. 40. 41. 42.
DEL VALLO, Sarcofago Sarcofago Sarcofago
........... i
Cattedrale con Amazzonomachia és con il mito di Kore ............... εν νεννννννενενενενννενννννο ον εν εν ννενννννονον di «Canzio Marciano» seen
Museo Regionale Sarcofago degli Amorini vendemmianti ........... seems Sarcofago dei Centauri .......... iii Sarcofago di Icaro ............ ii Sarcofago con il mito di Kore ............. νον νον μεν eene ena Sarcofago cristiano ............. ein Sarcofago bizantino .......... ii
»
MONREALE, Cortile dell’Episcopato 43. Sarcofago di grandi dimensioni ........... ui MONREALE, Curia arcivescovile 44. Sarcofago con Amorini nel circo urines
ee
Mozia, Museo Archeologico 45.
Sarcofago con strigilature e stemma medievale
.............
PALERMO, Casa Daneu 46. Sarcofago con delfini ............... eee
PALERMO, Cattedrale, Cappella delle Reliquie 47. Fronte di sarcofago con due letterati ......................... PALERMO, 48. 49. 50. 51. 52. 53. 54. 55. 56.
rire
Cattedrale, Cripta Sarcofago con la caccia al cinghiale calidonio ................ εν να νενενενεννννεγεννον Sarcofago con le Muse ............ ii Sarcofago con colonnine laterali .................... eee ET MEER. Sarcofago con geni alati idées Sarcofago con busto al centro ............ νυν ehe ene reeeee eee viene Sarcofago con medaglione al centro e maschere teatrali ............... n à. Sarcofago strigilato con porta al centro |... AEMMEREE Sarcofago con putti alati reggenti un medaglione ................ ie Sarcofago strigilato con porta socchiusa al centro ............. eee
INDICE
57. 58. 59. 60. 61.
Sarcofago Sarcofago Sarcofago Sarcofago Sarcofago
strigilato ......... i Pag. con scena nuziale .............. εν εν ννενονε κεν ene nnnm enne » con i dodici Apostoli ss » con geni alati es zereeeanaseeeo sazanerore zione senese seen zionente » dell'Arcivescovo Nicodemo ss »
PALERMO, Tomba di Federico II 62. Sarcofago detto «di Costanza» con scena di caccia ............
seen
»
PALERMO, Chiesa di S. Agostino 63. Fronte di sarcofago con pavoni ses
»
PALERMO, Chiesa di S. Francesco 64. Sarcofago con scena marina ..........- erre —9 ΠΝ 65. Sarcofago con due busti al centro ss 66. Sarcofago con ara al centro usine
» » »
PALERMO, Chiesa di S. Maria del Gesù 67. Sarcofago con festoni di fiori retti da colonne
............\.
PALERMO, Chiesa di S. Maria della Catena 68. Sarcofago di «Lucca Palici» sus
» »
PaLERMO, Museo Archeologico Regionale delle Amazzoni esse di «Volusia Longina» ss con teste leonine ns con teste di Medusa serres di «P. Aelius» ........vvrrrrrreerrecereeee rec eenicneazionenio senese nes ia nezenenionerenenecene. con medaglione al centro ss con tre figure al centro ss
69. 70. 71. 72. 73. 74. 75.
Sarcofago Sarcofago Sarcofago Sarcofago Sarcofago Sarcofago Sarcofago
76.
Sarcofago con iscrizione greca ........... iii
77. Fronte di sarcofago con scena di battaglia tra Romani e barbari .......................... 78. Frammento di sarcofago con festone ss
» » » » » » » »
» »
RACALMUTO, Castello Chiaramontano 79. Sarcofago con il mito di Kore ss
»
RAFFADALI, Cattedrale 80. Sarcofago con il mito di Kore sense
»
80
SAMBUCA, Casa Catalanotto 81. Sarcofago strigilato .....ννννννννννννννννννννννννννννννννννοκενεννενενε γεν ean enne n nhan ena that haeo tata
»
82
SCLAFANI, Cattedrale 82. Sarcofago con scene bacchiche
»
83
» » » » » » » » »
87 91 91 92 92 93 93 93 94
ss
Siracusa, Museo Archeologico Regionale «P. Orsi» 83. 84. 85. 86. 87. 88. 89. 90 91.
Sarcofago di Adelfia ................ ενενενενεν ei eee iii iii Sarcofago a vasca ......νννννννεννννεν κεν κεν εν εν tenen ener e Frammento di sarcofago rss Frammento di sarcofago rs es enne teen nennen nnne nennen Frammento di sarcofago |............ ess Frammento di sarcofago ............\\\ ii nnne nnne nennen tenete nenne eene nennen Frammento di sarcofago |... a-b. Due frammenti di sarcofago sise Frammento di Sarcofago rss nennen esent enne nens
X
INDICE
92. 95. 94. 95. 96. 97. 98. 99,
Frammento Frammento Frammenti Frammento Frammento Frammento Frammento Frammento
di di di di di di di di
sarcofago ......Ἅνννννννννννννννν εν νενννενενενενννεν κεν κεν εν ενννεννεενεν νον ονεννννογονενον sarcofago ......ννννννννννννννννννννονεννεμε γεν ενε νον εν νεκ εν εκ ονεν εν nnne nnne sarcofago ........... iii sarcofago ......(ννννννννννννν εν νενεννεεννν εν νεεν εν εν νενοενενενονε εν νννν νον κεν εεονενον sarcofago ............ erre sarcofago ............. crei rrree rene re iii eine sarcofago ess nennen nnne sarcofago ............ erre
100.
Frammento di sarcofago
101. 102. 103. 104. 105. 106. 107. 108. 109. 110. 111. 112. 113. 114. 115.
Frammento di Frammento di Frammento di Frammento di Frammento di Frammento di Frammento di Frammento di Frammento di Frammento di Frammento di Testa maschile Frammento di Frammento di Frammento di
.............. erre
sarcofago issues sarcofago ............errerrirerere ri rei ere nennen nnne nennen nen nnne sarcofago .............. ieri sarcofago ............... iii sarcofago ..............0 erre sarcofago sersrennen nennen sarcofago sis nennen nennt nennen sarcofago esse entere rennen tren sarcofago ............... iii sarcofago rennes sarcofago esse di marmo ses testa di marmo sense sarcofago di marmo Us. sarcofago di marmo issues
94 95 95 96 96 97 98 98 99 99 100 100 100 101 101 102 102 102 105 104 104 105 105 105
Siracusa, Museo di Piazza Duomo, Cortile 116. Coperchio di sarcofago resserre
106
Siracusa, Museo di Palazzo Bellomo 117. Sarcofago con tre croci sulla fronte
106
ss
TAORMINA, Museo del Teatro 118. Sarcofago con thiasos bacchico esse 119. Frammento di sarcofago is atenta nnne
nnn
107 108
TERMINI IMERESE, Museo Civico 120. Frammento di lastra di sarcofago "Us
109
TRAPANI, Chiesa di S. Nicola 121. Sarcofago con putti alati ................. vieni
110
TRAPANI, Museo Pepoli 122. Sarcofago strigilato
111
.............. rire iii ieri
APPENDICE ......νονονννννενον εν eee rire
se
115
118 121
PREMESSA ALLA SECONDA EDIZIONE
Non avevo mai pensato che potesse presentarsi l'opportunità di una seconda edizione di questo catalogo pubblicato nel 1957; ma, a distanza di anni, l'utilità di questa raccolta di scultura
romana che si trova in Sicilia ha suggerito all'Editore l'idea di proporne una nuova edizione. Cosí mi son messo al lavoro cercando anzitutto di acquisire nuovi pezzi eventualmente venuti alla luce o da rinvenimenti a seguito di scavi o «scavando», come suggeriva il non dimenticato P. Mingazzini nei magazzini dei Musei o in qualche collezione privata. Dopo queste ricerche, spesso insistenti, ai 111 pezzi compresi nella prima edizione, se ne sono aggiunti altri 55 portando il numero dei pezzi compresi in questa seconda edizione a 146: si tratta in buona parte di frammenti «scoperti» nei Musei o di cui s’è avuta notizia degna di fede, come quella riguardante i vari pezzi inseriti da Livia Bivona nel suo volume («Iscrizioni latine lapidarie del Museo di Palermo»),
ma anche di qualche sarcofago di notevole importanza e di altrettanto interesse come quello scoperto recentemente ad Agrigento e qui pubblicato per la cortesia dei colleghi Fiorentini e DeMiro. Ad alcuni si accenna soltanto in appendice, che comprende anche pezzi nuovi ma che, per motivi vari, non si é ritenuto di inserire nel catalogo. Contemporaneamente ho cercato di rendermi conto degli studi apparsi nel lungo periodo di tempo, oltre 55 anni, trascorso tra le due edizioni.
Non pretendo affatto, sia nell'una che nell'altra ricerca, di avere raggiunto la completezza: anche in questa edizione, come nella prima, «ho inteso soltanto portare a conoscenza degli studiosi un gruppo di monumenti romani esistenti in Sicilia, finora in parte inediti o scarsamente noti: cosí facendo credo di aver fatto, anzitutto, una cosa utile per gli studi archeologici». Queste
parole concludevano la «presentazione» alla prima edizione, riportata qui per intero al fine di ribadire, oggi, lo stesso concetto informatore di questo mio lavoro. Desidero ora accennare brevemente alle modifiche piá interessanti che ho ritenuto di dovere apportare alla prima edizione: riconosco che non avrei potuto portare a termine questo lavoro, sia
pure con le eventuali carenze che sono da addebitare a me, senza il supporto scientifico degli
studiosi che hanno avuto la cortesia di recensire la prima edizione, e cioè Santi Luigi Agnello, Bernard Andreae, Paolo Enrico Arias, Massimo Pallottino: a loro, e ad altri ancora, esprimo il mio vivo «grazie»; senza le loro osservazioni, senza le loro critiche io non avrei potuto, forse,
intraprendere questo lavoro, per me molto impegnativo. Soprattutto ai primi due esprimo la mia particolare riconoscenza: entrambi hanno esaminato, pezzo per pezzo, quasi tutti i sarcofagi, e anche i frammenti, criticando, spesso giustamente, quel che io avevo scritto e suggerendo le varie modifiche che, in buona parte, ho accettato. Ci sono stati, a tale riguardo, dei casi notevoli come
quello relativo al sarcofago del Museo Archeologico di Palermo da me interpretato come riproducente il mito di Ippolito e Fedra laddove invece Andreae ha dimostrato trattarsi del mito delle Amazzoni, interpretazione da me accettata in pieno dopo avere effettuato ampi riscontri. Altra indicazione degna di nota, sempre di Andreae, ὃ quella relativa alle due fronti di sarcofago della Cappella Sollima di Catania: io avevo già mostrato un certo dubbio sulla loro autenticità; l'illustre
XII
PREMESSA ALLA SECONDA EDIZIONE
studioso non ha avuto perplessità alcuna nel dichiarare la falsità dei due pezzi. Lo stesso vale anche per i due sarcofagi di Monreale e per altri per i quali molti e vari sono stati i suggerimenti di Santi Luigi Agnello che, quasi sempre, ho condiviso e fatti miei. Molto debbo anche allo studio della prof.ssa Anna Maria Fallico che, tra l'altro, mi ha dato la possibilità di includere nuovi pezzi in questa seconda edizione. Ai colleghi delle Soprintendenze siciliane di Agrigento, Messina, Palermo e Siracusa esprimo il mio piá vivo ringraziamento per l'assistenza e l'aiuto fornitimi. VINCENZO TUSA
Palermo, maggio 1994
PRESENTAZIONE
DELLA PRIMA EDIZIONE
Il lavoro che qui si presenta riguarda la raccolta dei sarcofagi di epoca romana che si trovano nelle varie località della Sicilia !. Questi monumenti, spesso indicati, anche recentemente, con linguaggio un po' aulico, arche,
erano più o meno decorati con sculture e quindi più o meno ricchi, secondo le condizioni del committente; lo studio dei sarcofagi quindi, oltre a costituire una pagina di storia del costume del popolo
romano,
costituisce soprattutto un considerevole
e, per certi periodi,
fondamentale
ed
insostituibile apporto alla nostra conoscenza della scultura romana. Per il compimento di questi studi, come sanno tutti i cultori di antichità classiche, manca spesso il materiale: e non solo perché dagli antichi non e arrivato a noi o non si é ancora scoperto, ma anche perché spesso il
materiale esistente non é noto agli studiosi. Date queste premesse considero quasi un dovere, particolarmente per chi inizia gli studi archeologici, far conoscere quanto più è possibile, anche in maniera sobria e sommaria, il ricco materiale esistente dentro e fuori i nostri Musei: ὃ stato principalmente il sentimento di questo dovere che mi ha guidato in questo lavoro ?. Il metodo in
esso seguito é quello comune a vari cataloghi di monumenti antichi: descrizione, esegesi, datazione, bibliografia. Il presente lavoro dunque vuole essere un catalogo, quanto pit possibile completo, dei sarcofagi di epoca romana, anche in frammenti, esistenti in Sicilia: si tratta complessivamente di 111 pezzi di cui 79 interi e 52 frammenti. Sono raggruppati per località susseguentisi in ordine alfabetico; nell'ambito della stessa località sono ancora raggruppati per Chiesa o Museo o altro luogo che li ospita: si è seguito insomma il criterio museografico. Tutti i pezzi di questa raccolta si trovano nelle varie località da moltissimo tempo o, comunque, dal momento del rinvenimento: io almeno; pur avendo consultato la bibliografia a mia disposizione, non ho potuto accertare una provenienza diversa dal luogo ove attualmente si trovano; fa eccezione soltanto, a quel che mi dice l'attuale proprietario, il sarcofago di casa Daneu, che proviene dalla Sardegna. Per i tre sarcofagi esistenti a Mazara ho potuto accertare, dalle consultazioni di antichi documenti, la loro provenienza da una località vicinissima al centro
abitato. Il sarcofago con iscrizione greca del Museo Nazionale di Palermo invece proviene da Siracusa: e questo e stato possibile in quanto faceva parte della collezione Astuto formatasi a Noto e passata poi al Museo di Palermo. Di alcuni si conosce il luogo di rinvenimento che è stato
! Questa raccolta, cui sono stato indirizzato dal mio Maestro Guido Libertini, doveva limitarsi in un primo tempo ai sarcofagi esistenti nella sola Sicilia Occidentale; in un secondo tempo Biagio Pace, avendo esaminato il lavoro, m'invitó ad estenderlo alla Sicilia tutta: alla memoria di questi due Maestri rivolgo qui il più commosso, deferente saluto. 2 Il bisogno di queste raccolte è ormai sentito nell'ambito dei nostri studi. Il Bianchi Bandinelli (Storicità dell'Arte Classica, Il ed., Firenze 1950, p. 231), a questo proposito, accennando alle «raccolte sistematiche» di materiale fatte fuori d'Italia, si esprime con una
frase che vuole essere forse un appello: «e dovremo colmare anche noi, al piá presto, la lacuna esistente per le provincie italiane».
XIV
PRESENTAZIONE
DELLA PRIMA EDIZIONE
indicato volta per volta. Alcuni altri, come pure è stato notato, sono stati spostati in vari punti della stessa città: ma questi spostamenti non hanno relazione alcuna con la provenienza con la quale si vuole generalmente indicare, com'é noto, il luogo di lavorazione del sarcofago. . li materiale di cui sono composti quasi tutti i sarcofagi è il marmo lunense che presenta spesso venature bluastre: fanno eccezione il sarcofago della caccia della cripta del Duomo di Palermo che ἃ pure di marmo, ma diverso dall'altro, giallino, simile al marmo greco, il sarcofago proveniente dalla Sardegna che é di pietra dura nerastra, alcuni dei sarcofagi di Catania, di pietra
lavica, un altro sarcofago della cripta del Duomo di Palermo che é di pietra calcarea. La raccolta comprende sarcofagi pagani e cristiani: questi ultimi sono pochi, gli altri invece rappresentano la maggioranza. E noto come sia difficile in certi casi distinguere gli uni dagli altri specie quando, agli albori dell'arte cristiana, venivano ancora adoperati simboli pagani anche per non incorrere nelle persecuzioni. A questo particolare gruppo di sarcofagi, che ancora possono dare adito all'una o all'altra interpretazione, appartengono i due sarcofagi di Palermo, rispettivamente del Museo Nazionale, con tre figure al centro, e della cripta del Duomo, con scena nuziale. Ritengo che si debbano considerare pagani entrambi questi sarcofagi per le ragioni esposte nel corso dello studio particolare di essi: ho messo in luce particolarmente il fatto che sia nell'uno che nell’altro ci sono delle figure chiaramente identificabili con Muse per le penne sui capelli: convengo peró che esistono fondati motivi per considerarli cristiani. L'esistenza di questi motivi é pure un segno della difficoltà di un giudizio certo per questa particolare classe di sarcofagi. Accanto a questi incerti sono compresi in questo catalogo due magnifici sarcofagi sicuramente
cristiani, quello con gli Apostoli della cripta del Duomo di Palermo e quello di Adelfia del Museo di Siracusa. Cronologicamente questi sarcofagi occupano un periodo abbastanza vasto: essi vanno dal pieno II secolo d.C., da quando
cioè, con il predominio
dell'inumazione,
ebbe gran diffusione
l'uso dei sarcofagi 5, fino al V secolo, in piena epoca cristiana: ne ho aggiunto anzi due, molto pit tardi, esistenti nella cripta del Duomo di Palermo, esclusivamente per far vedere le ultime manifestazioni di due motivi che si trovano spesso nei sarcofagi, quello dei due eroti che sostengono un medaglione e quello delle scanalature. Per la maggior parte, peró, per oltre la metà, essi appartengono all'epoca della massima diffusione, cioé al III secolo. Per quel che riguarda l'età assegnata ad ognuno dei sarcofagi qui presentati tengo a far presente che essa ὃ contenuta in limiti abbastanza larghi e spesso approssimativi: e questo ho fatto a ragion veduta. Ritengo infatti che non sia possibile precisare al decennio o anche al quinquennio, come si fa da alcuni, l'età di questi ed anche di altri monumenti, tranne che non ci sia qualche dato storico o epigrafico o d'altra natura, certo ed inoppugnabile; altrimenti dovremmo fondarci su elementi irreali tra cui l'evoluzione tipologica. Questo criterio è chiaramente espresso da A. Adriani ^; lo stesso studioso attua questo criterio nella pubblicazione di un
5 Il largo uso dei sarcofagi a cominciare dal II secolo d.C. si spiega, oltre che con il prevalere dell'inumazione, col gusto filelleno dell'imperatore Adriano e quindi con l'ambiente formato da lui. Uno studioso olandese (A.W. Byvancx, Le probléme des sarcophages romains, in BABesch, 31, 1956, p. 38 ss.), ha presentato un'ipotesi che pur non contraddicendo sostanzialmente la spiegazione sopra formulata, aggiunge nuovi elementi adducendo degli argomenti verosimili. Secondo il Byvanck i primi sarcofagi a soggetto mitologico sono stati ordinati dai liberti, i nuovi ricchi appartenenti alla classe dei commercianti, all'epoca di Adriano e di Antonino il Pio: d'origine orientale questi liberti hanno preferito l'inumazione all'incinerazione e hanno scelto i soggetti mitologici in rapporto con le loro idee concernenti la morte e Ja vita d'oltre tomba. Nel terzo quarto del II secolo d.C. anche i romani delle classi superiori si servirono dei sarcofagi facendovi raffigurare le virtá del popolo romano ed, alla fine del secolo, scene di battaglia. Nel ΠῚ secolo il circolo vicino all'imperatore ha preferito la caccia al leone: tipico a questo riguardo il sarcofago della caccia nella catacomba di Pretestato a Roma. Nella seconda metà del III secolo anche i filosofi si sono serviti dei sarcofagi. Fin qui la tesi del Byvanck. Bisogna d'altra parte aggiungere che l'uso del sarcofago continuó anche in piena epoca cristiana: in un primo tempo i cristiani si servirono di sarcofagi con scene e simboli pagani, quando poi ebbero libertà di culto allora essi li decorarono con scene e simboli propri: in questa raccolta ne sono compresi due tra i piá noti, quello di Adelfia a Siracusa e quello degli Apostoli a Palermo. 4 A. ADRIANI, in ArchCl, I, I, 1949, p. 39 ss.
PRESENTAZIONE
DELLA PRIMA EDIZIONE
XV
sarcofago alessandrino la cui datazione fa «oscillare tra la fine del I secolo e la meta del secondo» 5. I sarcofagi che qui si presentano appartengono quasi tutti ad un artigianato piá o meno buono, spesso mediocre; alcuni sono veramente rozzi, pesanti ed anche goffi; tra questi si puo citare ad esempio il sarcofago con iscrizione greca del Museo Nazionale di Palermo. Alcuni peró,
pur essendo prodotti di bottega artigiana, raggiungono un livello piá alto e si possono considerare ottimi prodotti artigianali; notevoli fra questi il sarcofago di Adelfia, quello a colonne tipo «Sidamara» del Duomo
di Catania, quello con la scena di battaglia del Museo
Nazionale di Palermo,
quello delle Muse della cripta del Duomo di Palermo, quelli d’Ippolito e Fedra di Agrigento e di
Palermo etc.
|
Ma ci sono due sarcofagi, quello di Sclafani con scene bacchiche e quello di Mazara con l'Amazzonomachia che forse escono dall'ambito della bottega artigiana per raggiungere un certo livello artistico. Nel primo c'é in realtà una certa discontinuità nel rendimento delle varie figure della fronte: le prime due figure di menadi, ad esempio, a cominciare da sinistra, sono un po' tozze, direi quasi impacciate, specialmente la seconda, non hanno cioé quella forza espressiva dei due satiri che stanno accanto ad esse; questi veramente, e nel rendimento del nudo e nell'espres-
sione generale, raggiungono un livello che credo si possa ritenere veramente artistico. Lo stesso si puó dire dell'altro sarcofago che ha peró un'unità di espressione che manca in quello di Sclafani, sicché si puó dire che questo di Mazara, per il suo livello artistico, sia il migliore tra i sarcofagi di questa raccolta. Esso à purtroppo mal ridotto, tutto abraso, l'espressione dei volti non si vede affatto, si può solo intuire: eppure quello ch’é rimasto basta per poter giustificare l’affermazione che sopra abbiamo fatta. L'artista ha voluto cogliere e fermare nella fronte di questo sarcofago un momento della lotta tra i Greci e le Amazzoni: e c’é riuscito in pieno, in una maniera veramente felice. Dalla figura centrale sembra che dipendano tutte le altre o che ad essa si riferiscano: e questo serve a dare unità nella scena. Ci sono poi dei particolari di grande effetto e di vivo interesse: anzitutto il cavallo visto di tergo con la criniera svolazzante, le figure di Amazzoni fuggenti verso sinistra, e la Regina delle Amazzoni prostrata a terra, ed infine quella bellissima testa di cavallo, nella metà destra, con la bocca aperta da cui esce il morso, conle froge dilatate;
sono veramente delle pennellate degne di un artista. Un cenno particolare merita pure il sarcofago di Ippolito e Fedra del Museo Nazionale di Palermo, pure esso un bel lavoro. Degno di nota specialmente il gruppo costituito da Fedra seduta, da Ippolito e dalla vecchia nutrice; le guance scarnite ed affossate di quest'ultima, rese con quei due solchi perpendicolari, rilevano un valore espressivo veramente notevole. Si é detto sopra che questi sarcofagi provengono, nella grande maggioranza, dalla stessa località ove oggi si trovano e si ὃ chiarito che per provenienza intendiamo il luogo di primo impiego. Ma c’è da dire di un'altra provenienza, più remota, del luogo di fabbricazione, cioè. L'esame accurato dei vari sarcofagi esclude che questi siano stati lavorati in Sicilia, essi invece sono stati importati da Roma e forse da Ostia dove sappiamo esserci state officine di marmorari ©; fanno eccezione il sarcofago di Casa Daneu a Palermo che proviene dalla Sardegna e che poté essere stato lavorato in quella regione, i sarcofagi di pietra lavica di Catania verosimilmente lavorati in quella
città stessa,
il sarcofago
di Dulcitia
della stessa
città,
stilisticamente
molto
diverso da tutti gli altri e probabilmente anche i due sarcofagi tardi della cripta del Duomo di Palermo. Gli altri venivano da Roma o da Ostia, già lavorati; in certi casi il volto che doveva riprodurre le sembianze del defunto veniva lasciato in stato di abbozzo per essere definito nel luogo dove doveva essere impiegato: tale ἃ il caso, ad esempio, del sarcofago con ara al centro della Chiesa di S. Francesco di Palermo. Non si puó quindi parlare qui, tranne che per quelle
5 A. ADRIANI, Epifania di Dioniso a Nasso, estratto da Bulletin de la Societé Royale d’Archeologie d'Alexandrie, 39, Alessandria 1950, pp. 5-29. 6 Sulla presenza in Ostia di «attive officine di scultori di sarcofagi», v. G. Pesce, Sarcofagi romani di Sardegna, Roma 1957, p. 15, n. 1.
XVI
PRESENTAZIONE
DELLA PRIMA EDIZIONE
eccezioni sopra specificate, di arte provinciale nel senso in cui questa espressione viene generalmente intesa, cioé di un’arte che esprime un linguaggio diverso dall’arte metropolitana romana: a dimostrazione di quanto sopra s’é detto, oltre al caso del volto del defunto lasciato in abbozzo, la qualcosa induce a pensare ad una fabbricazione in serie, lontana dal committente, & da citare il gran numero di confronti che abbiamo stabilito quasi per ognuno dei sarcofagi qui presentati con altri simili romani o provenienti da Roma, confronti che per altro non pretendono affatto di essere completi. Le analogie sono strettissime, i temi simili, identica la maniera di trattare le varie figure o le varie scene; cito per tutti i vari confronti che si possono stabilire tra il sarcofago delle Amazzoni di Mazara ed altri simili disseminati in varie località, specialmente uno che trovasi a Venezia: l'identità è quasi perfetta, lievissime le varianti. Lo stesso può dirsi per il sarcofago di Fedra e Ippolito di Agrigento da confrontare con un altro simile di Leningrado. A conforto delle mie osservazioni mi piace riportare il parere del più profondo conoscitore della Sicilia antica, Biagio Pace, cui certo non si può imputare una scarsa sensibilità nel cogliere anche le pid lievi espressioni di originalità nelle manifestazioni artistiche o artigiane che fin dalla più remota antichità si sono avute in Sicilia. Egli cosí si esprime a questo proposito: «Il carattere di queste sculture, le quali a volta a volta rientrano nelle varie correnti di gusto che si susseguono nell’arte romana del tempo, non rende possibile nella generalità dei casi che in esse si possano riconoscere opere di officine locali. Qualche dubbio può avanzarsi soltanto per qualche più modesto lavoro. Con il che s'intende naturalmente prendere a base il criterio di ritenere locale il peggio, importato il meglio, criterio esterno e fallace, benché non estraneo alla critica d’arte, se ad esso si è tratta
qualche ispirazione per il problema della pittura romana rispetto a quella ellenistica. Si vuole piuttosto procedere, attraverso l'esame di elementi particolari, i quali soltanto possono fornire elementi di discriminazione in proposito» 7. Ho voluto riportare per intero il pensiero dell’illustre studioso per la maniera in cui molto chiaramente viene definito il problema; anche la qualità del materiale adoperato, il marmo lunense che non si trova in Sicilia, depone a favore di quanto sopra s'è detto: invece i sarcofagi di fabbricazione locale sono di materiale diverso dal marmo lunense, come è notato caso per caso. I temi riprodotti in questi sarcofagi sono per la maggior parte quelli comuni a moltissimi sarcofagi di quest'età, sembrano proprio tipici, anzi, per la loro genericità, di lavori fatti per commissione ed eseguiti a distanza, senza l’assistenza e la sorveglianza del committente. Non mancano però i sarcofagi riproducenti scene di cui non mi è riuscito di trovare altri esempi come il
sarcofago con scene nuziali della cripta del Duomo di Palermo, quello di Ippolito e Fedra del Museo Nazionale di Palermo che riproduce il notissimo mito con certi particolari, completamente nuovi, quello c.d. delle «donne coronarie» della Cattedrale di Agrigento. Non mancano altresí i sarcofagi che trattano e bene, come abbiamo visto, temi mitologici: questi appartengono tutti al II secolo d.C., al periodo cioè in cui a Roma fiorirono principalmente i sarcofagi che riproducevano tali temi. Qualcuno dei pezzi che qui si presentano avrebbe meritata una trattazione più ampia e più approfondita esorbitando però, forse, dai limiti di un catalogo: con questo studio invece, che ha voluto mantenere la forma del catalogo; ho inteso soltanto portare a conoscenza degli studiosi un gruppo di monumenti romani esistenti in Sicilia fin'ora inediti o scarsamente noti: cosí facendo credó di aver fatto anzitutto una cosa utile per gli studi archeologici 8. Palermo,
novembre
1957
? Pace, IV, p. 414. 8 È per me un gradito dovere ringraziare pubblicamente quanti, con la loro opera, hanno facilitato il mio compito e particolarmente la prof.ssa Jole Marconi Bovio, il prof. L. Bernabò
Brea, il dott. Pietro Griffo; il prof. P.E. Arias, il dott. G. Rizza, il dott. F.
Barreca, la prof.ssa M. Accascina, il prof. Zirretta, il prof. E. Maganuco. A molti altri ho chiesto notizie, consigli e suggerimenti vari: tutti ringrazio con la pit viva cordialità e particolarmente il Sig. Giuseppe Lo Cascio, cui si debbono molte fotografie e qualche segnalazione di sarcofagi inediti e che spesso mi ha accompagnato nei miei viaggi in varie località della Sicilia Occidentale. Per la stampa di questo volume la piá viva comprensione ho trovato presso la benemerita Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Palermo: al suo Presidente, sen. prof. Camillo Giardina, al suo Segretario Generale, prof. Giuseppe Cocchiara e al dott. Giuseppe Caldarella, la mia più viva e sentita gratitudine.
AGRIGENTO, Chiesa di S. Nicola
1.
Sarcofago di Ippolito e Fedra (tavv. I-V).
Dimensioni: altezza m
1,17, lunghezza m 2,26, larghezza m
1,09.
Provenienza: fu rinvenuto in Agrigento nel 1750, nell’ex feudo Inficherna, nel fondo posseduto dal Canonico Libertino Sciacca che lo donò alla Cattedrale. Cosi infatti si legge a p. 388 dell’antico manoscritto Storia dell'antica Agrigento: «Trovossi poco fà entro una cameretta sepolcrale e dentro l'urna furono, tra le altre cose, trovate alcune lagrimiere di finissimo avorio, e attorno attorno due vasi di finissimo metallo,
ripieni di cenere, nei quali ammiravasi rarissimo artificio» (A. Giuliana-Alajmo, La lettera del... diavolo nel Duomo
di Agrigento, in Sicilia Mondo, Anno II, n. 9). Vedi Mercurelli, p. 90, n. 10.
Stato di conversazione: discreto. Le figure sono in genere un po’ abrase, in modo particolare la da destra e la prima da sinistra. Il lato posteriore, oltre ad essere abraso in maniera notevole, dall'alto in basso e reca a sinistra un tassello di marmo messo in epoca recente in sostituzione mancante. Risultano mancanti, perché spezzate, alcune parti sia di figure umane che di animali. coperchio. Materiale: marmo
terza figura à spezzato della parte Manca del
bianco con venature bluastre.
E senza dubbio uno tra là decorazione scultorea che episodi del mito d'Ippolito e Sulla fronte è trattato
i piá notevoli sarcofagi romani della Sicilia e per le dimensioni e per occupa intensamente tutti e quattro i lati: vi vengono narrati i vari Fedra. l'episodio della turpe proposta della nutrice ad Ippolito: questi è
raffigurato quasi al centro, leggermente spostato a sinistra, quasi nudo, con un piccolo mantello
buttato sulle spalle e la spada sul fianco sinistro; con la destra tienela lancia da caccia mentre con la sinistra tiene forse le lettere di Fedra. Alla destra di Ippolito è raffigurata la nutrice, con un’ampia veste, che la copre tutta, i capelli scarmigliati sul petto e sulle spalle, piccola, grinzosa, in un atteggiamento che non si sa se definire di sgomento, di attesa, di impaccio o di implorazione comunque in una posa che stride con quella delle altre figure. Il fatto che l’artista, che pure ha scolpito tutto il resto in maniera tale da far pensare al Goethe che la sua intenzione principale
sia stata quella di scolpire begli adolescenti, abbia voluto riprodurre in questo modo questo turpe personaggio sta forse ad indicare il disprezzo che l'artista stesso provava per la nutrice. Quest'ul-
tima tiene con la sinistra uno stilo con cui Ippolito dovrà scrivere la risposta alle lettere di Fedra, mentre con la destra si appoggia alla lancia da caccia di Ippolito. Ippolito è riprodotto con il capo leggermente chino a sinistra, una corta clamide appuntata con una borchia sulla destra gli copre solo le spalle e il petto, la lunga lancia da caccia nella destra, la spada al fianco sinistro che non si vede bene da che cosa è trattenuta. Ε raffigurato qui nel momento in cui sta per partire per la caccia; ce lo dicono gli altri personaggi che, numerosi, affollano tutta la fronte non solo in primo piano, ma anche in un secondo piano: questi ultimi sono riprodotti a bassissimo rilievo contornato da un solco incavato per farlo risaltare di pid.
Tra le varie figure riprodotte sulla fronte sono da riconoscere i veri e propri compagni di caccia di Ippolito, raffigurati come Ippolito, con la sola clamide e qualche arma da caccia. Sono
2
AGRIGENTO
riprodotti poi altri personaggi con la clamide pit lunga stretta ai fianchi, gli stivali da caccia e una corta mazza: sono questi i servitori, molto probabilmente i guardiani dei cani. Molti cani sono riprodotti in vari atteggiamenti in mezzo alle gambe dei vari personaggi. All'estremità destra della fronte un compagno di caccia di Ippolito ὃ riprodotto proprio nello spigolo formato dalla fronte e dal lato breve di destra, in maniera tale che appartiene all'uno e all'altro lato. In quest'ultimo lato a destra, Fedra sta seduta su uno sgabello sul quale tenta di arrampicarsi un puttino alato: sotto lo sgabello, ὃ riprodotto a bassorilievo, un cesto di vimini. Fedra porta il chitone
con le maniche,
il mantello
e 1 sandali, ha il braccio
sinistro, ornato
da un bracciale,
appoggiato sullo sgabello e il destro tenuto dalle ancelle, i capelli disciolti a riccioli sulle spalle e sul petto. Dietro lei vediamo la nutrice alla stessa maniera della fronte, nell'atto in cui tiene con la sinistra alcuni riccioli di Fedra e con la destra il manto che copre il capo di Fedra stessa. Accanto alla regina sono molte ancelle tutte con chitone, mantello e sandali, con i capelli acconciati alla
maniera greca, a ciocche ondeggianti sul capo riunite poi in un nodo dietro la nuca. Due delle ancelle, di cui una seduta su uno sgabello dirimpetto a Fedra, suonano la lira. Nel lato posteriore è riprodotto un episodio della caccia al cinghiale alla quale prendono parte Ippolito e i suoi compagni: al centro un cinghiale attaccato dai cani, da sinistra avanza Ippolito a cavallo ripreso nell'atto di scagliare la lunga lancia sul cinghiale che altri tre cacciatori stanno per colpire rispettivamente con un'altra lancia, con un masso e con una clava. Un cane ha
già addentato una delle due gambe posteriori del cinghiale. Solo un cacciatore all'estremità destra se ne sta fermo con una spada nella sinistra; sembra che segua attentamente le fasi della lotta pronto forse ad intervenire dove e quando sarebbe stato opportuno. La scena si svolge in uno sfondo campestre: si possono distinguere pini, allori, edere. Pure in ambiente campestre si svolgevano le altre due scene prima descritte come appare chiaro dai motivi floreali che, sia pure in maniera molto stilizzata e convenzionale, fanno da sfondo alle scene stesse.
Nel lato breve di sinistra è riprodotta la morte d'Ippolito com'é narrata dal mito: Ippolito è già a terra, in primo piano dopo essere stato scaraventato dal cocchio in seguito all'apparizione dal mare del toro furioso che ne fece spaventare i cavalli. Il toro s'intravede, appena abbozzato, in mezzo alle teste dei due cavalli centrali del cocchio, un corno anzi é scolpito nella cornice superiore; il cavaliere a sinistra che tenta di fermare i cavalli del cocchio, à verosimilmente un compagno d’Ippolito.
Notevole la tecnica con cui è rappresentata la scena, che diremmo impressionistica; si vede in un primo piano Ippolito a terra accanto alla ruota del carro, poi i quattro cavalli del cocchio di cui due ancora attaccati al timone: il toro, cosî abbozzato appena e di cui si vede la sola testa con quel corno che per
essere
inciso
nella cornice vuole
essere
molto
marcato,
si deve
considerare
visto in
lontananza. Non contento di questo groviglio reso in uno spazio così breve l’autore di questo rilievo ha voluto aggiungervi un altro cavallo ed un’altra figura; nell’insieme la scultura rende bene quel che Pautore ha voluto rappresentare. Notevole la figura d’Ippolito in primo piano: la morte si è già impadronita di lui. Egli è trascinato dal cocchio e le varie parti del suo corpo sembrano abbandonate a se stesse ed in atto quasi di staccarsi le une dalle altre: si notino le varie parti del petto, i glutei, le braccia, le mani con le dita lunghe affusolate nella rigidità cadaverica e poi quei capelli che prima avevamo notato ben composti sul capo ora sparsi e striscianti a terra e quel capo abbandonato penzoloni. E veramente una figura degna di nota questa di Ippolito morto che si ferma nella nostra mente più e meglio delle altre formalmente più composte e più «belle». Nella parte inferiore il sarcofago è delimitato da uno zoccolo alto circa cm 20; nel lato posteriore e nel tratto breve di sinistra esso non presenta alcuna decorazione, negli altri due lati invece è decorato con una fila di dentelli quadrangolari nella parte alta e poi da una fascia di motivi floreali dai quali, nel lato breve di destra, spuntano due coppie di animali costituita ognuna da un cervo e da un cane: vi sono raffigurate quindi due scene di caccia. Altre quattro scene di caccia, alle quattro estremità del lato anteriore e del lato breve di destra, sono raffigurate nello zoccolo; esse rappresentano: nel lato anteriore, a sinistra un grifone che lotta con una cerva e a
destra una pantera che insegue un cervo; nel lato breve, a sinistra un leone che dilania una cerva e a destra una pantera che dilania un cervo.
AGRIGENTO
Notevole,
perché
raro,
quest'uso
dello zoccolo
3
decorato
e figurato
nei sarcofagi;
esso
è,
com'è noto, «di chiara derivazione ellenistica»: forse uno dei primi esempi è costituito dal sarcofago delle «Piangenti» del Museo d’Instanbul !, datato com’é noto verso il 340 a.C. La stessa decorazione troviamo nel sarcofago conservato al Museo dell’Ermitage a Leningrado 2 con cui si può stabilire il più vicino confronto col nostro anche per tutte le altre scene. Scene di caccia nello zoccolo troviamo altresi nel sarcofago del Museo di Villa Borghese . riproducente le fatiche di Ercole * datato, com’é noto, alla fine del II secolo d.C.
Descrivendo le varie scene abbiamo accennato sopra alla diversità di stile e quindi di rendimento delle scene stesse; descrivendo la scena della morte d’Ippolito abbiamo notato come essa, pur non essendo «finita», renda in una maniera molto incisiva quel che l'artista voleva narrare.
Nemmeno il lato posteriore è stato «finito», esso tuttavia è di gran lunga lontano, e come composizione e come rendimento, da quello della morte d’Ippolito. Gli altri due lati invece, quello anteriore e quello breve di destra, sono finiti, rifiniti e levigati, le scene in esse rappresentate però ci lasciano indifferenti: ad essi si può benissimo applicare quel che il Marconi (infra, in bibliografia) dice riferendosi però a tutto il sarcofago: «vi si sente l'accademia più che una fresca ispirazione di artista». Come spiegare questa diversità di stile? Partendo dal principio, come mi pare logico, che tutta la decorazione
scultorea
sia stata concepita
come
un tutto unico,
organico,
non
c’è da
pensare ad altro che ad una diversità di mani nella stessa bottega, all’eco di fermenti nuovi che si facevano strada forse attraverso l’opera di qualche giovane, di qualche nuovo assunto nella bottega. Ma questo solo non basta per spiegare anche la mancata rifinitura di due lati nei riguardi degli altri due; io penso allora che in quella che era la posizione iniziale del sarcofago i lati visibili o, comunque, quelli che più attiravano l’attenzione dei visitatori del sepolcro dovevano essere quello anteriore e quello breve di destra: e questi furono eseguiti da un artigiano già affermato, sensibilissimo ai motivi classici; gli altri due lati invece, pur appartenendo, ripeto, ad una unica concezione, furono affidati a due giovani di bottega uno dei quali, quello che esegui il lavoro breve di sinistra, doveva possedere animo e sensibilità d’artista: giustamente il Griffo * lo crede «a buon diritto il riquadro pit bello del sarcofago». Abbiamo detto sopra che il sarcofago che più si avvicina al nostro è quello conservato al Museo dell’Ermitage di Leningrado; tranne qualche lieve particolare, specie nel lato breve di destra ? possono considerarsi proprio eguali, forse usciti da una medesima bottega o comunque risalenti ad un’unica concezione. Della stessa concezione risente pure quello di Arles ? ma l'esecuzione è pit stanca e pesante.
Ancora un altro sarcofago simile, sia pure con diversità maggiori che in- quello di Leningrado, è stato rinvenuto nel mare di Tarragona 7: anche qui lo zoccolo della fronte e del lato breve di destra è decorato con motivi floreali, senza figure però; l'impostazione generale è poi molto simile a quella del nostro ma forse è più vicino alla fine del II secolo d.C.; per il nostro invece ritengo si debba pensare come data più vicina la metà del II secolo: i fermenti nuovi che troveremo nella seconda meta del secolo sono, si, presenti nel nostro sarcofago ma la parte principale è costituita ancora da motivi classici: non possiamo essere quindi molto lontani dall’età adrianea, piuttosto verso la fine. «L'atticismo ateniese ha nell’età di Adriano il momento di più notevole fioritura» È.
1 CH. Picarp, La Sculpture grecque, IV siècle, II, 1, Paris
2 Rosert, III, n. 154. 3 Ducati, tav. CLXI,
1.
^ Grirro 1948, p. 20. > RODENWALDT, art. cit. in bibliografia. 6 ΒΟΒΕΚΊ, III n. 160.
7 AA, 1954, col. 421 ss., figg. 101-104. 8 GIULIANO, p. 14.
1954, tav. VII e fig. 96.
4
AGRIGENTO
BIBL.: 1) W. GoEerHE, Viaggio in Italia: Girgenti, 24-4-1787: Visita alla Cattedrale: «Racchiude questa un ben conservato sarcofago, salvatoci appunto per essere stato convertito in altare: vi è scolpito Ippolito coi suoi compagni di caccia e con cavalli, mentre lo trattiene la nutrice di Fedra, che gli presenta una tavoletta. Qui l’intenzione principale dell’artista era di rappresentare de’ begli adolescenti; e perciò la vecchia If frammezzo è effigiata in proporzioni piccole e addirittura nane, come figura accessoria perché non avesse a turbare le altre. Credo di non aver mai veduto cosa pit stupenda in fatto di bassorilievi né piá perfettamente conservata. Frattanto esso per me è un esempio del più vago periodo dell’arte greca». 2) SCHUBRING G., p. 228. 3) ALTMANN, pp. 90 e 108. 4) Rosert, III, n. 152 (ivi bibliografia precedente). 5) REINACH, III, p. 1. 6) P. Marconi, Agrigento, Firenze 1929, p. 123. 7) Pace, II, p. 144, fig. 133.
8) G. RopenwaLpt, Bemerkungen über den Hippolytossarkophage in der Kathedrale von Agrigento, in AA, 1940, col. 599-608. 9) 10) 11)
Grirro 1948, p. 17 ss., tavv. IV-V. MERCURELLI, p. 90, n. 10. HAUFMANN, p. 42, n. 118.
12) W. Warp Perkins, The Hippolytus Sarcophagus from Trinquetaille, in JRS, 1956, p. 10 ss. 13)
Tusa, n. 1, p. 21 ss.; tavv. I-IX, figg. 1-14.
14) Gruniavo, nota 15, p. 8 e p. 60. 15) 16)
Giutiano, p. 60, n. 368. LI. Saverxina, Rômische Sarkophage in der Ermitage, Berlin 1979, n. 6, pp. 26-28, tavv. 14-17.
17) MANSUELLI, p. 202. 18) 19)
Bonacasa, p. 321. WirsoN, p. 244, n. 43.
AGRIGENTO,
2.
Cattedrale
Sarcofago delle «donne coronarie» (tavv. VI-VIIT).
Dimensioni: altezza m 0,50, lunghezza m 1,45, larghezza m 0,48. Provenienza:
«Di provenienza incerta, ma probabilmente da non molto lontano»
(Griffo, p. 20). «In un
certo tempo si trovava dentro a quello di Fedra per contenere l'acqua lustrale» (Giuliana-Alajmo, art. cit. supra cat. 1, p. 9). Stato di conservazione: buono. I volti, specie delle figure sotto al medaglione, sono abrasi. E privo del coperchio, vi si nota, peró, l'incastro dove era posto. E decorato sulla fronte e nei lati curvi. Materiale: marmo bianco.
Al centro un medaglione contiene il busto del defunto raffigurato con chitone e himation, col busto di prospetto e la testa volta a sinistra, con la mano destra che esce dal mantello e la sinistra che tiene un piccolo rotolo. E sostenuto da due figure maschili alate stanti, volte rispettivamente a destra e a sinistra: sono riprodotti quasi nudi con un solo lungo mantello che dalle spalle scende posteriormente a larghe pieghe quasi fino all'altezza dei malleoli; accanto a queste sono altre due figure simili, con la testa rivolta verso i primi e con una lancia riversa nelle mani (quella di sinistra è spezzata), alle due estremità della fronte del sarcofago quasi a voler definire in questo modo tutta la scena. Tutte e quattro queste figure recano nelle mani libere quattro cesti ricolmi di frutta diversi l'uno dall'altro e nella fattura e nei prodotti che contengono. Questo solo elemento differenzia queste quattro figure, peraltro molto simili: e forse per questa sola differenza possono essere interpretati (Mercurelli) come «i gent delle quattro stagioni». Tra le gambe dei due geni alle estremità sono riprodotte due piccole figure inginocchiate: «parrebbero satiri suonatori di siringa» (Griffo). A sinistra, tra i due «gen?» inoltre è riprodotta una lepre o un coniglio. — . La scena piá interessante la troviamo sotto il medaglione. A sinistra una donna dall ampia veste, seduta dietro ad un tavolo di cui si notano, visti in una rozza prospettiva, i quattro piedi,
AGRIGENTO
5
sembra avvolgere o legare un festone, uno di quelli che l'altra donna raffigurata a destra, seduta su un cesto di vimini capovolto, sembra appendere ad un albero che si vede nello sfondo. Un cesto accanto al tavolo contiene il materiale di cui si serve la donna per comporre i festoni. Si tratta qui chiaramente di due donne che intrecciano corone secondo un uso che nell'antichità era comune !. Sono noti gli amorini «coronari» raffigurati nelle pitture murali sia di Ercolano? che di Pompei *. Nei lati brevi ricurvi ὃ riprodotta la scena che vediamo spesso nei sarcofagi romani di questa età, un leone dalla folta criniera che azzanna un cavallo ^. Fine del III secolo d.C. Bis: 1)
Hour,
tav. CCXXXV,
1.
2) SCHUBRING G., p. 230. 3)
R. Poum, Il viaggiatore in Girgenti, 25 ed., Palermo
4) Grirro 1948, p. 20 ss., tav. VI, fig. 23 sopracitati). 5) MERCURELLI, p. 90. 6) Pace, pp. 412-3, fig. 155.
1842, p. 67.
(ivi bibliografia precedente cui sono da aggiungere Houel e Politi
7) HAUFMANN, p. 177, n. 474(6). 8) Tusa, n. 2, p. 27 ss.; tavv. X-XII, figg. 15-18. 9) B. ANDREAE, Studien zur rómischen Grabkunst, in RM,
1965, Erg. H., pp. 145-46, n. 90. (il sarcofago si trova
nella Cattedrale di Agrigento e non in quella di Palermo, come qui è detto).
AGRIGENTO, Museo Archeologico Regionale
3.
Sarcofago con la lotta dei galli (tavv. IX-XI).
Dimensioni: altezza
m 0,56, lunghezza m 2,02, larghezza m 0,66.
Provenienza: non è stata esattamente individuata (Griffo).
Stato di conservazione: buono. Risulta mancante, perché spezzata, qualche parte delle varie figure tra quelle rese a tutto tondo. I volti sono spesso abrasi. Manca del coperchio. Nella parte posteriore è grezzo. Materiale: marmo bianco.
Appartiene al tipo dei sarcofagi c.d. «a vasca»; è decorato sia nella fronte che nei lati brevi entro due bordi fortemente rilevati. Al centro un medaglione molto incavato contiene il ritratto della defunta, una donna di mezza età, resa col busto di prospetto e la testa leggermente volta a destra, che tiene un risvolto dell’himation con la mano destra e un rotolo con la sinistra. Il medaglione è sorretto da due geni alati dalle forme grezze e rotondeggianti, dai lunghi capelli trattati a riccioli e dal lungo mantello fermato attorno al collo e svolazzante a larghe pieghe. Ai due geni alati, raffigurati in volo,
! DAREMBERG,
SAGLIO,
s.v. «coronarius,
coronaria»;
v. anche
il sarcofago
del Battistero
di Firenzein H.
SICHTERMANN,
Späte
Endymion Sarkophage, Baden-Baden 1966, fig. 14, p. 62. ? S. REINACH, Répertoire de Peintures, Paris 1922, p. 86,8. 3 G.E. Rizzo, La pittura ellenistico-romana, Milano 1929, tav. 26,1. 4 Il Griffo, pur ammettendo che la testa dell'animale che viene azzannato dal leone sembra di cavallo, conclude col dire che si tratta piuttosto di «un toro, o forse meglio di un vitello» perché gli zoccoli delle gambe anteriori si presentano spaccati. Ad una prima osservazione questo può essere vero, guardando invece meglio tutto il complesso si può dire che troviamo un po’ dappertutto nel nostro sarcofago quest'uso di incidere delle linee in maniera da far apparire divisa una cosa che in realtà & unita: cosí ad esempio uno dei piedi del tavolo a destra, e, nello stesso cavallo, a sinistra, le due linee orizzontali dello zoccolo
sinistro che non hanno
alcuna
giustificazione reale. Si tratta quindi di un uso anzi di un abuso dell'artigiano: non sapremmo spiegare altrimenti quella testa che è sicuramente di cavallo in tutte le sue parti: orecchie, ciuffo, occhi etc. Si aggiungono a queste osservazioni i molti confronti che possiamo stabilire con scene simili in tanti altri sarcofagi.
6
AGRIGENTO
seguono i due noti gruppi di Eros e Psyche, nudo e con le ali il primo, nuda dalla cintola in sá la seconda: notevole di quest'ultima l'acconciatura dei capelli alla maniera greca, a riccioli raccolti sulla nuca. Dietro al gruppo di sinistra ὃ un giovane nudo, forse un «genio stagionale» (Mercurelli) con una sola clamide raccolta intorno alle spalle, un cesto di vimini ricolmo di frutta nella
sinistra e un bastone ricurvo nella destra: ai suoi piedi un coniglio e dietro un cane. Dietro al gruppo di destra ἃ la stessa figura: a terra peró c’é solo un cane, e la figura, mentre tiene nella destra il solito cesto di vimini ricolmo di frutta, nella sinistra, invece, al posto del bastone ricurvo,
tiene un mazzo di fiori oppure un grappolo di frutta. A sinistra chiude la scena un albero, a destra invece, al di là della figura giovanile ora descritta, non c'é niente.
Ma le scenette più interessanti si svolgono nella parte centrale, in basso «in quella specie di timpano triangolare con vertice spezzato» ! delimitato in basso da un bordo rilevato e in alto dal medaglione e dai due geni alati. Proprio sotto al medaglione una lotta di due galli aizzati da due puttini; a sinistra un putto nudo
sembra
che voglia incutere paura ad un suo simile con una
maschera che gli copre il viso 2; il secondo putto, per lo spavento, sta cadendo a terra facendo alzare un caprone che è riprodotto proprio nell’atto in cui sta portando avanti le zampe anteriori su cui far leva per alzarsi; facendo questo movimento ha provocato la caduta di un cesto di vimini pieno di frutta. Nel lato destro corrispondente «un Pan barbuto e villoso, con le mani portate indietro sul dorso, sembra stuzzicare le ire di un altro capro cozzante. Sotto di questo, un serpente. Dietro, un ariete accasciato, in corrispondenza simmetrica col capro dell'altro lato. L'angolo, stranamente, ὃ vuoto» ?.
Un vivace realismo domina nelle tre scenette che abbiamo ora descritto sí da renderle immediate e attuali; si aggiunga un certo gusto architettonico con cui sono state distribuite nell’insieme le varie figure in quella specie di disposizione frontonale sopra ricordata ^. Il notevole uso del trapano ci fa assegnare questo sarcofago alla seconda metà del III secolo d.C. BIBL.: 1) SCHUBRING G., p. 230.
2) Grirro 1948, p. 23, fig. 12 (ivi bibliografia precedente). 3) 4)
MERCURELLI, p. 91, fig. 44. Pace, IV, p. 413.
5) Grirro 1952, fig. 15, p. 15. 6)
Tusa, n. 5, p. 29 ss.; tavv. XIII-XV, figg. 19-23.
7) Grirro 1987, p. 208, fig. 178.
AGRIGENTO, Museo Archeologico Regionale 4.
Sarcofago delle Nereidi (Inv. n. 1862).
(tav. XII, 1).
Dimensioni: altezza m 0,33 - 0,7 (coperchio), lunghezza m 1,05, larghezza m 0,37. Provenienza: necropoli a Sud del Tempio della Concordia, c.d. «Giambertoni».
Stato di conservazione: molto mediocre; il sarcofago è rotto in più punti e mal restaurato, le figure sono conservate molto male essendo in gran parte abraso. Materiale: marmo.
! Guirro 1948, p. 24. 2 EA, nn. 4315, 5008, 5009. 5 GriFFo 1948, p. 24. 4 Per un sarcofago simile nell'impostazione generale, specie per quanto riguarda la lotta dei galli, v. PouLSEN, n. 788 b; altri simili in questa stessa raccolta, conservati nella Chiesa di S. Agostino in Palermo e al Museo Archeologico Regionale, qui rispettivamente ai nn. 65 e 70.
AGRIGENTO
7
Al centro due Tritoni, col capo volto rispettivamente verso destra e verso sinistra, reggono un cartiglio biansato (m 0,25 X 0,17) che evidentemente doveva contenere una iscrizione, oggi scom-
parsa: nella parte anguiforme del corpo dei Tritoni si distinguono pinne a squame, caratteristiche di queste figure !. Sulla parte terminale del corpo di ogni Tritone è seduta una Nereide, nuda, vista di tre quarti, col capo volto verso il Tritone. Il mare ὃ rappresentato da onde stilizzate. Lo stato di conservazione del sarcofago non permette di vedere altro, tutta la scena ὃ forse delimitata da due serpenti marini resi verticalmente. Sui lati brevi sono scolpiti due grifoni, uno per ogni lato. Sulla fronte del coperchio sono resi alcuni delfini, forse sei, correnti verso il centro: anche qui il mare à reso con onde stilizzate; sui lati brevi ὃ riprodotta una fiaccola distesa. Malgrado il pessimo stato di conservazione del sarcofago, che non permette precise osservazioni, pure ritengo che esso si debba attribuire al III secolo d.C., forse alla prima metà. Il fatto che questo sarcofago sia stato trovato in una necropoli cristiana non ci vieta di attribuirlo ad un'epoca piü antica, cosa questa che a suo tempo fu messa in risalto dal primo illustratore, il
Salinas. BIBL.: 1) A. Salinas, Necropoli Giambertone a S. Gregorio, in NSc,
1901, p. 29 ss.
2) Grirro 1948, pp. 11-13. 3) Tusa, n. 4, p. 32 s.; tav. XVI, fig. 24. 4) A. Rumpr, Die Meerwesen auf den antiken Sarkophagreliefs, V, 1, Roma 5) Grirro 1987, p. 208, fig. 177.
1969.
AGRIGENTO, Museo Archeologico Regionale 5.
Fronte di sarcofago con maschere teatrali (tav. XII, 2).
Dimensioni: altezza m 0,81, lunghezza m
1,58.
Provenienza: ignota. Conservazione: il bordo superiore ὃ scheggiato in piá punti. I volti delle due figure sono molto abrasi. Materiale: marmo
bianco.
Quel che resta ὃ una parte della fronte di un sarcofago di grandi proporzioni. L’Houel lo vide e lo riprodusse intero, sappiamo cosí che ai lati c'erano due geni di stagioni. Nella parte che oggi é conservata sono riprodotti al centro, in alto, dentro un clipeo circondato da «eleganti strigilature» i busti di due sposi defunti: la donna vestita di chitone e himation, con i capelli stirati sul capo e ravvolti a ciocche sotto la nuca, tiene il braccio sinistro sulle spalle
dell'uomo e la mano destra sul braccio dello stesso; questi, rivestito con toga fornita di contabulatio, tiene un volumen con entrambe le mani. E un motivo questo che troviamo spesso nei sarcofagi di questa età. Sotto il clipeo, su un plinto sagomato, sono due maschere teatrali molto stilizzate, dalle lunghe chiome fluenti in cui è fatto molto uso del trapano. Anche questo è un motivo che ricorre spesso nei sarcofagi evidentemente in relazione all’attività esplicata in vita dai defunti. Due sarcofagi con maschere teatrali troviamo, tra i tanti, nel Museo Ny Carlsberg di Copen-
hagen ?. Si data alla seconda metà del III sec. d.C.
! Vedi, tra i tanti esempi, il sarcofago riprodotto da MusTiLLI, tav. XXVI, 88. ? Vedi Poutsen, n. 780 e 781.
ὃ
AGRIGENTO BIBL.: 1) Hourt, IV, tav. CCXXXV, 2) MERCURELLI, p. 90.
2 (lo riproduce intero).
3) Grirro 1952, p. 15. 4) Tusa, n. 5, p. 35 s.; tav. XVI, fig. 25. 5) Gnrrro 1987, pp. 208-9, fig. 179.
AGRIGENTO, Museo Archeologico Regionale 6.
Frammento di sarcofago con defunta (tav. XIII, 1).
Dimensioni: altezza m 0,25, larghezza m 0,55.
Provenienza: ignota. Conservazione: le figure sono molte abrase. Materiale: marmo bianco.
Riproduce una figura di defunta davanti ad un drappo teso da un genio alato secondo lo schema spesso ripetuto nei sarcofagi specialmente paleocristiani del III-IV secolo; alla fine del III secolo probabilmente è da datare questo frammento anche per l'acconciatura del personaggio femminile !. BIBL.: 1) Tusa, n. 6, p. 34, tav. XVII, fig. 26.
AGRIGENTO, Museo Archeologico Regionale 7.
Frammento
di sarcofago con le Muse
(tav. XIII, 2).
Dimensioni: altezza m 0,25, larghezza m 0,25.
Provenienza: ignota. Materiale: marmo bianco.
Apparteneva forse ad un sarcofago con le Muse: restano parti di due figure tra le quali é riprodotto uno strumento musicale. Della figura di destra resta completa la testa, sia pure molto abrasa, e parte del collo; di quella di sinistra resta meno della meta della testa. Nel fondo é steso un drappo dalle ampie pieghe, motivo comune questo nei sarcofagi con le Muse tra cui, ad esempio, quello conservato nella Cripta della Cattedrale di Palermo e compreso in questa stessa raccolta: questo frammento perd, per il largo uso del trapano, che pur s'intravede malgrado la piccolezza del frammento stesso e il suo cattivo stato di conservazione, doveva appartenere ad un sarcofago pid tardo, del III secolo d.C. BIBL.: 1) Tusa, n. 7, p. 35, tav. XVII, fig. 27. 2) WEGNER, p. 10, n. 5.
1 Vedi Bovini, p. 144, fig. 136.
AGRIGENTO
9
AGRIGENTO, Museo Archeologico Regionale
8.
Frammento di sarcofago (tav. XIV).
Dimensioni: altezza m 0,25, larghezza m 0,29.
Provenienza: ignota. Stato di conservazione: pessimo, il volto della figura è molto abraso. Materiale: marmo bianco.
Apparteneva verosimilmente ad un sarcofago cristiano. La parte rimasta
à forse l'estremità
destra:
sembra
infatti che la bordura
costituisca un
angolo nel punto dove é poggiata la mano della figura. Questa puó essere interpretata come un genio alato: ha sulle spalle una clamide. Alla sua sinistra ὃ rimasto un frammento di ala che peró
apparteneva forse ad un'altra figura. Il rilevante uso del trapano ci fa datare questo frammento al IV secolo d.C. ΒΙΒΙ.: 1) Tusa, n. 8, p. 35, tav. XVIII, fig. 28.
AGRIGENTO, Museo Archeologico Regionale
9.
Sarcofago di fanciullo (tavv. XV-XVI).
Dimensioni: altezza m 0,40, lunghezza m 0,92, larghezza, m 0,425.
Provenienza: dalla necropoli romana a sud della collina dei templi. Stato di conservazione: discreto. È spezzato ed è scheggiato in più punti, alcuni personaggi sono privi della testa, il corpo del bambino sul carro presenta una grossa scheggiatura; le parti mancanti sono restaurate. Materiale: marmo.
Malgrado lo stato di conservazione, certo non buono, questo sarcofago è veramente un’opera degna della massima considerazione. L’autore del rilievo fu un sensibilissimo artista tale da produrre nello spettatore un vivo senso di commozione: quel bambino che alza i piedini quando viene a contatto con l’acqua al momento del bagno, e poi lo stesso steso sul letto di morte, non possono non produrre un senso di commossa partecipazione. Descriviamo ora questo racconto, ché tale mi sembra in realtà quello che ci viene proposto dalle scene scolpite in alto a bassorilievo nei tre lati del sarcofago, quello centrale e i due laterali. Sul lato breve di destra il bambino appena nato viene immesso dalla nutrice in una vaschetta piena d’acqua: forse era fredda, e cosî il bambino,
istintivamente, ritrae i piedini con un movi-
mento spontaneo aggrappandosi alla nutrice che, piegata su di lui, lo assiste amorevolmente. Di fronte è la madre, seduta su uno sgabello ad uno spigolo del quale si appoggia con la mano sinistra mentre tiene al petto la destra: è coperta da un largo e lungo mantello, molto panneggiato, che le copre anche il capo e le arriva a terra coprendole anche i piedi; lei volge fisso lo sguardo al bambino e sembra proprio fresca di parto per il senso di stanchezza che la pervade e che il rilievo permette di rilevare. Tre donne assistono alla scena (ad una, quella centrale, manca la testa): quella di sinistra ha l'omero destro scoperto e appoggia la mano destra ad un oggetto sferico posto su una colonna, forse un pilastro, con i due solchi incavati e il bordo rilevati; quella centrale, vista di prospetto, è vestita come le altre, con un’ampia tunica stretta ai fianchi e sembra
che porga qualcosa alla nutrice con la mano sinistra, il cui braccio è adornato con uno stretto
10
AGRIGENTO
bracciale. La figura di destra, dietro la madre, vista di profilo a sinistra, osserva attentamente la scena. Sullo sfondo, vicino alla colonna una testa di uomo, a bassorilievo, visto di profilo a destra:
forse il padre. Le due figure femminili hanno una folta capigliatura ondulata e legata alla nuca, mentre la nutrice, forse per il lavoro che svolge, ha i capelli raccolti a calotta sul capo. L'uomo sullo sfondo ha pochi capelli leggermente ondulati. Sul lato lungo sono raccontati tre episodi. All'inizio, a sinistra,
si trova una colonna
con capitello corinzio
su cui à un busto di Athena,
quattro personaggi si occupano del fanciullo che, purtroppo, ci é pervenuto privo della testa. Questi ὃ vestito con una lunga e panneggiata clamide che lo copre poco oltre i malleoli lasciandogli liberi i piedi, à volto a sinistra e tiene un volume che un personaggio, pur esso privo della testa, forse il pedagogo, seduto su uno scanno e coperto da un ampio mantello, gli porge, mentre con la mano sinistra stringe un rotolo. Tre personaggi maschili, coperti da ampie vesti panneggiate, assistono alla scena: tra essi uno è barbuto, forse il padre del fanciullo. Segue la scena principale dov'è raccontata la fine prematura del fanciullo: questi, avvolto in un mantello che lo copre interamente lasciandogli scoperta solo la testa, è disteso su una Kline funeraria chiusa da tre lati, i due laterali svasati, su due alti piedi torniti. Ai piedi della Kline, su una poltrona con alta spalliera, è seduta la madre del fanciullo, avvolta in un ampio mantello che le copre anche la testa. Tiene il capo chino in atteggiamento di dolore. Dietro la poltrona una figura maschile con lo sguardo volto a destra verso la Kline ai piedi della quale, davanti alla madre, sta un fanciullo in piedi che osserva attentamente la scena. La nutrice si piega verso il fanciullo morto accarezzandolo dolcemente sul mento con la mano sinistra. Davanti alla nutrice, addossata alla sponda della Kline, un’altra figura di donna, con le braccia alzate intorno alla testa che purtroppo manca. Dietro alla nutrice si staglia la figura imponente di un uomo barbuto, forse il padre, volto verso il fanciullo disteso sulla Kline: mostra un chiaro segno di sconforto e anche di
disperazione con il braccio destro alzato e la mano aperta. L’ultima scena a destra non è di chiara e semplice interpretazione come le altre: nelle due figure della donna velata con ampio mantello, seduta su una poltrona simile alla precedente, e del bambino che, all'impiedi, in mesto atteggiamento, le sta dinanzi, io vedrei la madre che, con gli occhi della mente, «vede» il suo bambino
appoggiarsi a lei: ma in realtà il bambino è già morto! Sullo sfondo due donne dalla folta chioma, rispettivamente volte a destra e a sinistra, messe li quasi per tener compagnia alla madre in quel triste momento. Sul lato breve di sinistra l'ultima scena: il fanciullo siede sul carro dionisiaco, tirato da un caprone, e tiene le redini. Due figure maschili, con tunica, assistono alla scena e sembra che discutano tra loro, forse della morte del fanciullo.
Un ottimo lavoro che descrive, secondo l’opinione espressa da G. Fiorentini e da E. De Miro che per primi hanno fatto conoscere questo sarcofago e che hanno promesso di preparare uno studio relativo, «un ambiente familiare che ci sembra greco»; i due studiosi hanno datato questo sarcofago alla seconda metà del II secolo d.C., al periodo antonino-aurelianeo per «la tipologia
iconografica classicheggiante», e non ho difficoltà ad accettare questa datazione. BIBL.: 1) G. Frorentini - E. De Miro, in Κωκαλος, XXII-XXIIT,
1976-77, p. 42, tav. XXII,
1-3.
2) Grirro 1987, pp. 205 ss., 291 ss.
AGRIGENTO, Antiquarium Paleocristiano e Bizantino «Casa Pace»
10.
Sarcofago cristiano (Inv. n. AG/5
23074)
(tav. XVID.
Dimensioni: m 2,05 X 0,61 X 0,61
Provenienza: dall'area della necropoli romana a nord del tempio della Concordia. Stato di conservazione: buono, ha una fenditura al centro. Materiale: pietra calcarea. .
AGRIGENTO
11
La fronte di questo sarcofago é costituita da due pannelli strigilati, separati al centro da una corona formata da foglie e bacche di alloro, posta su una base sagomata: all’interno della corona tre linee rettangolari a rilievo dove forse si sarebbe dovuta incidere una iscrizione di cui perd non c'é alcuna traccia. Sono comuni, com’é noto, i sarcofagi cristiani con un tondo al centro in cui si trovano i vari simboli cristiani che qui, peró, mancano. Puó esser datato, verosimilmente, agli inizi del IV secolo d.C. BrL.:
1) Grirro 1987, pp. 292-3, fig. 255.
AGRIGENTO, Antiquarium Paleocristiano e Bizantino «Casa Pace»
11.
Frammento di sarcofago (Inv. n. AG/ 5 2337)
(tav. XVIII, 1).
Dimensioni: m 0,26 x 0,14.
Provenienza: da «una basilichetta extra-urbana... ai piedi del versante orientale della Collina dei Templi» (Bonacasa Carra). Stato di conservazione: il frammento, come tale, è discretamente conservato. Materiale: marmo.
È parte di una lastra in cui è scolpita a rilievo una figura maschile di cui è rimasta la testa volta a destra, parte del braccio sinistro, il braccio destro privo della mano e la parte superiore del
corpo, quasi dalla cintola in su. Il capo è compreso in una superficie concava, uno scudo, come si rileva dal gancio che tiene con il moncone del braccio sinistro: si tratta quindi di un vecchio guerriero com’é testimoniato dalla lunga barba e dalla folta chioma. Una clamide, forse corta, panneggiata gli copre il petto e l'omero destro. Ha la bocca aperta e sembra volgere lo sguardo
verso l’alto.
|
Eta: HI secolo d.C. BIBL.: 1) R.M.
Bonacasa Carra, Agrigento paleocristiana, Palermo
1987, p. 35, tav. VIII,
1.
AGRIGENTO, Antiquarium Paleocristiano e Bizantino «Casa Pace»
12.
Frammento di sarcofago (Inv. n. AG/5
Dimensioni:
m
2339)
(tav. XVII, 2).
0,27 X 0,12.
Provenienza: da «una basilichetta extra urbana... ai piedi del versante orientale della Collina dei Templi» (Bonacasa Carra). Stato di conservazione: il frammento,
come tale, à discretamente conservato e in parte abraso.
Materiale: marmo.
Raffigura, ad altorilievo, la parte sinistra di un uomo ed esattamente il volto di un uomo dalla
lunga e folta barba, privo della testa perché asportata insieme a parte del naso: ὃ rimasta la cavità orbitale sinistra dove si nota l'occhio abbastanza pronunciato. Un piccolo drappo, panneggiato e in parte arrotolato, parte dalla spalla destra e gli copre in parte il fianco sinistro, lasciando scoperti la spalla sinistra, la parte addominale, gli organi genitali e parte della coscia sinistra. Stilisticamente è vicino al frammento precedente ed è databile quindi al III secolo d.C.
12
AGRIGENTO BrBL.: 1) AGNELLO, p. 101. 2)
P. Grirro, in FA, XII, 1957, p. 492, n. 8089.
3) Bonacasa CARRA, op. cit. supra, p. 35, tav. VIII, 2.
AGRIGENTO, Antiquarium Paleocristiano e Bizantino «Casa Pace»
13.
Frammento di sarcofago
(Inv. n. AG/5
2338)
(tav. XIX, 1).
Dimensioni: m 0,105 x 0,95.
Provenienza: da «una basilichetta extra-urbana... ai piedi del versante orientale della Collina dei Templi» (Bonacasa Carra).
Stato di conservazione: pessimo. Materiale: marmo.
Si nota una testa femminile che si stacca da un fondo piatto, reclinata in avanti, con una folta chioma che le copre parte della fronte, e, a larghe ciocche, ὃ riportata indietro fino a coprirle il lato sinistro della testa. Sia pure molto scheggiato si intravede il volto di profilo con accenni della bocca, il naso e l'occhio sinistro. La figura ὃ coperta da una veste di cui si nota una piccola parte attorno al collo, lasciato libero insieme ad una piccola parte del petto. Anche questo frammento ἃ stilisticamente vicino ai due precedenti e quindi puó essere datato al III secolo d.C. ΒΙΒΙ.: 1) AGNELLO, p. 101. 2) P. Grirro, in FA, XII, 1957, p. 492, n. 8085. 3) Bonacasa CARRA, op. cit. supra, p. 55, tav. VIII, 3.
BERLINO, Staatliche Museen
14.
Sarcofago strigilato con figura togata al centro (Inv. n. 3020) (tav. XIX, 2).
Dimensioni: altezza m 0,88, lunghezza m 2,56, larghezza m
1,05.
Provenienza: il sarcofago è stato rinvenuto in territorio di Patti, in contrada «Mustazo», nella proprietà di Ignazio Accordino, domiciliato a Torino, e di cui è usufruttuaria la signora Concetta Gatto, vedova
Accordino, zia del proprietario. Il rinvenimento sarebbe avvenuto alla fine del secolo scorso, come verrebbe confermato da una fotografia del sarcofago eseguita dal prof. Antonino Salinas, allora Direttore del Museo Nazionale di Palermo, il 7 Ottobre 1891: detta fotografia é stata pubblicata nella prima edizione di questo catalogo. Come mi comunica gentilmente il dr. Theun Mathias Schmidt, dei Musei Statali di Berlino, questi sono venuti in possesso del sarcofago nel 1904 tramite L. Pollak, come proveniente da Siracusa ,
Appartiene al gruppo dei sarcofagi paleocristiani con tre figure centrali, databili al IV secolo d.C. Quella centrale, vista di fronte, & vestita con un lungo mantello che le scende fino ai malleoli,
molto panneggiato, che forma al petto una fascia trasversale: alle sue spalle è una tenda. Con la sinistra stringe al centro un rotolo mentre con la destra trattiene il bordo del mantello. A terra,
alla sua sinistra, un gruppo di rotoli: vi & raffigurato forse il defunto, o Cristo come Maestro (Wulff). Α sinistra (di chi guarda) ὃ riprodotta di tre quarti la figura di un uomo barbuto che regge sulle spalle un montone o, comunque, un ovino, con le quattro zampe sul davanti, che il pastore trattiene con la mano sinistra mentre con la destra tiene un recipiente di forma conica, forse pieno di latte. A terra, accanto al pastore, a sinistra un cane sollevato sulle zampe posteriori e a
destra una pianta simile ad una palma. A destra ὃ una figura giovanile nella medesima posizione e con gli stessi attributi dell'altra. Entrambe le figure, riproducenti il solito Buon Pastore, indossano una corta tunica che lascia scoperte le ginocchia ed è stretta ai fianchi. Gli altri tre lati non presentano alcun segno di lavorazione. Il coperchio simula un tetto a doppio spiovente, con la riproduzione di tegoloni e acroteri agli spigoli; a centro, sulla fronte, è un cartiglio rettangolare tra due tegoloni, anepigrafe 2. BIBL.: 1) O. Wurrr, Altchristliche und mittelalterliche-byzantinische und italienische Bildwerke, Teil I, Die altchristliche
Bildwerke, Berlin 1909, p. 7, n. 11 (ivi bibliografia precedente). 2) Bovini, pp. 182, 309, n. 106 (ivi bibliografia precedente). 3) Tusa, Appendice, p. 204, n. 110; tav. CXXXIV, fig. 248. 4) AGNELLO, pp. 117-118.
! Sono grato al dr. Theun Mathias Schmidt dei Musei Statali di Berlino, per le notizie cortesemente fornitemi; grato sono altresi al compianto collega Ferruccio Barreca che mi diede le prime notizie del sarcofago. 2 Il prof. Manganaro, dell'Università di Catania, ba chiesto notizie ai Musei Statali di Berlino sull'eventuale iscrizione nel cartiglio. Il dr. Broker, degli stessi Musei, con nota del 2.6.1969, ha risposto dicendo che, se ci sono, le lettere sono indecifrabili.
CATANIA, Cattedrale
15.
Sarcofago tipo «Sidamara»
Dimensioni: altezza m
1,20, lunghezza
(tavv. XX-XXIIT). m 2,60, larghezza m
1,40.
Provenienza: è ignota. Libertini pensa che potrebbe provenire da una necropoli di Catania. Recentemente è stato rinvenuto murato nell'abside della Cattedrale, scrostando l'intonaco nel punto dove si notava un rigonfiamento. Forse sarà stato scalpellato, alla fine del XVI secolo, per immetterlo nel vano dove è stato rinvenuto, ad alcuni metri dal suolo. Conteneva cinque salme (Libertini). Stato di conservazione: cattivo, le figure della fronte, tranne una, sono tutte scalpellate, le altre sono abrase
in più punti. Materiale: marmo bianco.
Per quanto è a mia conoscenza è l’unico sarcofago di questo tipo esistente in Sicilia. È decorato sulla fronte e nei lati brevi: contrariamente a quel che ho detto nella precedente edizione di questo catalogo, sul lato posteriore, ora posto quasi a muro nella sacrestia della Cattedrale, non ho notato alcuna decorazione. Non escluderei però che fosse stato decorato anche su questo lato dato che, come ho potuto intravedere, questo è completamente coperto da lastre di marmo (?) nerastro sistemate nel senso della lunghezza. Il coperchio, molto pesante, è a doppio spiovente, con acroteri agli angoli e non presenta alcuna decorazione ma, piuttosto, segni evidenti di
scalpellatura. Sulla fronte sono cinque figure nelle quali, stando a quella di cui è rimasta la testa, si nota subito l'isocefalismo per tutte e cinque le figure rappresentate. La fronte del sarcofago s’immagina costituita da una parete piatta su cui sono addossate tre nicchie formate ognuna da due colonnine
con scanalature tortili poggiate su un «toro» a tre elementi, a sua volta poggiato su un
disco appiattito posto su un dado molto basso. Ogni colonna è sormontata da un capitello corinzio a doppia voluta di cui quella superiore molto appiattita; sui capitelli poggia un architrave, ellittico nelle nicchie laterali, a forma di triangolo ottuso, a mo’ di frontone, sulla nicchia centrale.
All'estremità degli architravi sono due acroterii; all'interno, nella parte superiore, la nicchia ter-
mina con una conchiglia che fa da sfondo al semicerchio concavo che chiude in alto la nicchia stessa.
/
BE
|
Nella nicchia centrale è raffigurata, séduta su uno sgabello che investe le due colonnine e
poggia su due sostegni, una figura maschile barbata, volta a destra, coperta da pallio, con i piedi calzati di sandali: si tratta evidentemente del defunto; davanti a lui una figura femminile con l'himation che le copre la testa e le spalle, come si può rilevare dai pochi segni rimasti dopo la scalpellatura: si tratta verosimilmente della moglie. Nelle due nicchie alle estremità sono due figure maschili nude con la clamide che copre loro soltanto le spalle: sono due Dioscuri. Nella figura femminile a sinistra (di chi guarda) della figura centrale è forse da indentificare Elena che spesso in Anatolia è associata al culto dei Dioscuri. Sul lato breve di sinistra sono riprodotti alle estremità un uomo e una donna con al centro un
CATANIA
15
tabernacolo a due sportelli posto su uno sgabello con piedi leonini; questo è compreso tra due colonnine tortili definite in alto da un architrave riccamente ornato su cui è riprodotta una conchiglia simile a quelle che abbiamo visto nelle nicchie della fronte. Tutto questo lato, compreso alle estremità da due colonnine tortili
è molto ornato con simboli e motivi vari, come se l’autore
del rilievo subisse una specie di horror vacui. Ai lati del tabernacolo due figure, a destra un uomo coperto dalle spalle fino ai piedi da una lunga e ampia veste e a sinistra una donna pur essa ampiamente ammantata dalle spalle ai piedi; pur non distinguendo, data l'abrasione che si è prodotta sulle due figure, quel che portavano nelle loro mani, si può ragionevolmente supporre che portassero offerte per il defunto, raffigurato al centro della fronte, simboleggiato dal tabernacolo della tomba dove riposa. Sull’altro lato breve, quello di destra, sono tre figure, quella centrale femminile e le altre due maschili: quella a sinistra (di chi guarda) è provvista di una folta chioma, ha un piccolo mantello che gli copre la parte centrale del corpo all'altezza delle cosce, e che egli trattiene con la mano sinistra (forse però è un nodo): mancano braccio e avambraccio. Un lembo pende dalla spalla sinistra trattenuto dalla mano destra. Il giovane del lato sinistro, pure provvisto di una folta chioma, è vestito di una corta clamide stretta ai fianchi, che gli lascia libere le gambe dalle ginocchia in giá e che egli trattiene con la mano
sinistra, mentre
con l'indice e il
medio della destra si volge, anche con la testa, verso la
figura femminile al centro. Quest'ultima, pure fornita di un’ampia chioma, è coperta interamente da un peplo stretto ai
fianchi e da un himation dalla base del collo, che resta scoperto; le resta forse (non si vede chiaramente data l’abrasione) scoperto il braccio destro che tiene al petto con la mano aperta, mentre con il sinistro tiene un rotolo che stringe con la mano. Le tre figure sono comprese in tre spazi delimitati dalle solite colonnine tortili riccamente, si direbbe pesantemente, ornate in alto con simboli e motivi vari: dietro la figura centrale, in alto, è
la solita conchiglia coperta in parte dal collo e dalla testa della figura femminile che copre in parte pure il frontoncino, egualmente decorato, che sta sopra la conchiglia. Un gruppo simile in un lato breve di un sarcofago di Akschir che il Wiegartz ! ha ritenuto che si trattasse di due giovani che fiancheggiano una Musa, forse Clio, la Musa della Storia spesso raffigurata, come questa, con un rotolo in mano. Questo sarcofago appartiene al tipo, abbastanza noto, c.d. di «Sidamara» dal nome dell’antica località dell'Asia Minore (oggi Ambar-Arassi) dove fu rinvenuto, quello forse più noto, nella seconda
metà
del secolo
scorso
e che
è, in parte,
simile
al nostro,
malgrado
sia molto
più
grande 2. Sarcofagi simili si trovano in vari Musei specialmente in quello di Costantinopoli dove si trova quello rinvenuto a Selefkie, molto simile al nostro *. Per gli stretti confronti che si possono stabilire con i sarcofagi sopra menzionati e con altri ancora, è verosimile pensare all'Asia Minore come al luogo di fabbricazione di questi sarcofagi: questo sarebbe stato trasportato a Catania per contenere, data la sua magnificenza, le salme di re
e principi aragonesi di Sicilia come risulta dagli stemmi e dalle iscrizioni dipinte apparse all’atto della scoperta nell’abside della Cattedrale. L’inizio di questi sarcofagi con colonne è da ascriversi, com’é noto *, all’epoca degli Antonini; il nostro però, per il rilevante uso del trapano nelle vesti dei personaggi e più specialmente nelle membrature architettoniche, si può datare, accettando la datazione di Mendel e Reinach, al
secondo quarto del III secolo d.C.°.
1 WiEGARTZ, p. 138, tav. 25 b.
2 5 * 5
Cfr. Cfr. Cfr. Per
TH. REINACH, Le sarcophage de Sidamara, in MemAcInscr, IX, 1902, p. 189 ss., tavv. XVII-XIX. G. MENDEL, p. 88 ss., n. 19. ALTMANN, p. 52 ss. altri sarcofagi simili cfr. M. Ozsarr, J. P. Sopim, Sarcophages à colonnes et église byzantine dans la région de Neapolis de
Pisidie, in RA,
1, 1991, p. 43 ss.
16
CATANIA
BIBL.: 1) G. Lipertini, Le Tombe dei Re di Sicilia tornate alla luce nella Cattedrale di Catania, in A.S.S.O., XLVI, 1952, I-III, p. 247 ss. 2) S. Bortart, La Tomba di Costanza d'Aragona nella Cattedrale di Catania, in Catania - Rivista del Comune, 1953, gennaio, p. 30 ss.
3) Tusa, p. 37, n. 9; tavv. XIX-XX, figg. 29-30. 4)
H. Wiecarrz, Kleinasiatische Süulensarkophage,
Berlin 1965, pp. 79-97 ss.; p. 127, n. 20; p. 134 ss., n. 15.
5) MANSUELLI, p. 213. 6)
Bonacasa, p. 203.
CATANIA, Chiesa di S. Agata la Vetere
16.
Sarcofago con scena di caccia al cinghiale (tav. XXIV, 1).
Dimensioni: altezza m 0,58, lunghezza m 2,06, larghezza
m 0,65.
Provenienza: ὃ ignota. «E di origine greca — sostiene Holm — e si crede che vi abbiano riposato, un tempo, le ossa di S. Agata»
(Holm-Libertini).
Stato di conservazione: pessimo, à molto abraso e manca di alcune parti originali. Materiale: marmo bianco.
All'estremità sinistra della fronte à una figura stante, vista di fronte, con il chitone alzato e la clamide: ὃ un uomo con calzoni da caccia che si appoggia ad una lancia che tiene con la mano sinistra sollevata e volge la testa a sinistra (di chi guarda). Segue una figura con l'arco, abbassata e piegata sulle ginocchia, pronta a tirare la freccia; vi é forse riconoscibile Atalanta che in questa posizione si trova spesso nei sarcofagi romani riproducenti questo mito. Segue una figura maschile appena intuibile (la faccia è completamente scalpellata), forse Melanio, vista quasi di fronte, con il braccio
destro volto verso la figura con l'arco quasi volesse fermarla. Segue la parte centrale della fronte, scalpellata interamente: in basso, al limite del bordo inferiore, sono rimaste una gamba piegata al ginocchio e una distesa, vista di profilo, forse di Anteo. Segue ancora una figura maschile, appena percepibile, che potrebbe essere Meleagro. Segue il cinghiale riprodotto in tutta la sua lunghezza e volto a sinistra. Sempre andando verso destra si nota la sagoma di un'altra figura forse Teseo, tutta scalpellata tranne i piedi che si scorgono dietro la parte posteriore del cinghiale. All'estremità destra si scorge a stento un'altra figura corrispondente forse a quella dell'estrema sinistra. Sul lato breve di sinistra, sempre molto scalpellato, un grifone alato volto a destra, davanti ad un oggetto, forse un cesto, su cui appoggia la gamba sinistra. Di fronte una figura maschile che con la mano destra ferma la testa del grifone e la solleva. L'uomo ha una corta tunica che lo copre fin sopra le ginocchia, gambali e calzari. Del lato breve di destra à conservata solo, molto abrasa, una testa umana e una mano, ap-
partenenti forse a Meleagro. Sul lato posteriore (che oggi apparirebbe il più rappresentativo essendo posto a vista come sostegno dell'altare maggiore) sono riprodotti due grifoni alati resi in posizione araldica con al centro un candelabro. BrBL.: 1) Houvet, II, 1784, p. 136.
2) 3) 4) 5) 6)
Rosert, HI, 2, Berlin 1904, p. 278, n. 217, tav. LXXI, figg. 217,a-b. HorM- LIBERTINI, Catania antica, Catania 1925, pp. 64-65, tav. X, n. 1. Tusa, p. 59, n. 10; tav. XXI, fig. 51. GiuLiANo, p. 66, n. 424. G. Koch, Die mythologischen Sarkophage, 6, Meleager, Berlin 1975, pp. 64 e 136, n. 158, tavv. 128 b-c, 130,
152 e. 7) A. GruuaNo-B. Parma, Studi Miscellanei, n. 24, Roma 8) PAOLETTI, p. 234. 9) Bonacasa, p. 321.
1978, p. 17, Gruppo B, n. 3.
CATANIA
CATANIA, Museo
17.
17
Civico
Sarcofago di «Dulcitia» (tav. XXIV, 2).
Dimensioni: altezza m 0,45, lunghezza m
1,94, larghezza m 0,55.
Provenienza: ὃ stato rinvenuto a Catania, nei pressi di Via N. Martoglio. Stato di conservazione: buono. Manca del coperchio. Lavoro molto scadente. Materiale: marmo bianco. Sulla fronte,
al centro,
una
corona
di fiori retta da due
geni alati visti di fronte resi in
maniera abbastanza rozza, molto diversi dai geni alati che abbiamo ricordato spesso in tanti altri sarcofagi. Entro la corona sono incise le seguenti due parole: DULCITI HABE (cognome romano DULCITIVS)
© DULCITIA,
AVE,
«di sapore
cristiano»
(Orsi).
E una
forma
di saluto
«tipicamente
pagana» (Agnello), peró «non é escluso che possa anche essere cristiano» (Orsi). Nei lati brevi ὃ decorato con due festoni di fiori. Si tratta probabilmente di un lavoro dell'artigianato locale databile alla fine del IV secolo d.C. Bra: 1) P. Orsi, 2) Lipertini 3) Pace, IV, 4) Tusa, n.
in NSc, 1915, p. 221 ss., fig. 29. 1937, n. 827. p. 412. 13, p. 47, tav. XXIX, fig. 45.
CATANIA, Museo
18.
Sarcofago a forma di vasca (tav. XXV,
Civico
1).
Dimensioni: altezza m 0,80, lunghezza m 1,95, larghezza m 0,75.
Provenienza: ignota. Faceva parte della Collezione Biscari. Stato di conservazione: discreto; presenta una larga rottura delle pareti. Materiale: marmo bianco.
E l'unico sarcofago di marmo senza decorazione di questa raccolta che s'é voluto presentare egualmente per la completezza del catalogo. Reca in basso una sagoma piatta ed in alto un'altra che si articola in tre registri, uno convesso e due concavi. Ha la forma caratteristica ad un tipo di sarcofagi romani, detto «a tinozza»
(lenos), il cui «affermarsi... rientra chiaramente in una cor-
rente filellenica» !: sappiamo inoltre che i sarcofagi di questo tipo si trovano a Roma a partire dalla tarda
epoca
antonina
(ultimo
decennio
del secolo
II)»:
il nostro
quindi
è posteriore
a
quest'epoca. ΒΙΒι.: 1) LisertInI 1927, p. 77, n. 168. 2) Lisertini 1957, n. 1352. 3) Tusa, p. 48, n. 14; tav. XXX, fig. 46.
1 R. ΒΙΑΝΟΗΙ BanpineLLI, I sarcofago di Acilia, in BdA, YII, 1954, p. 200 (cfr. In., Archeologia e cultura, Milano-Napoli p. 291).
1961,
1ὃ
CATANIA CATANIA, Museo
19.
Sarcofago
di pietra lavica ! (tav. XXV,
Dimensioni: altezza m
Civico
2).
1,14 (col coperchio), lunghezza m 2,16, larghezza m 0,87.
Provenienza: ignota.
Stato di conservazione: buono. Nei lati brevi, sia nella cassa che nel coperchio, ci sono dei fori dove erano fissati dei ferri che tenevano saldata la cassa al coperchio. Materiale: pietra lavica.
Non presenta nessuna decorazione né nella fronte né sui lati brevi. Il coperchio è convesso con quattro acroteri agli spigoli. BIBL.: 1) Tusa, p. 49, n. 15; tav. XXXII, fig. 51.
2) Bonacasa, p. 341.
CATANIA, Museo
20.
Civico
Sarcofago di pietra lavica (tav. XXVI, 1).
Dimensioni: altezza m 0,77, lunghezza m 2,20, larghezza m 0,80.
Provenienza: ignota. Stato di conservazione: buono. E peró privo di coperchio. Nei lati brevi, presenta in alto dei fori che evidentemente servivano per saldare la cassa al coperchio e in basso due fori piü grossi. Materiale: pietra lavica.
0,40
La fronte è liscia, senza nessuna decorazione. Al centro in alto è incavato uno spazio (m 0,28) evidentemente per ricevere la lapide sepolcrale con iscrizione. BIBL.: 1) Lipertint 1927, p. 77, n. 170 (non vi si fa cenno dell'incavo). 2) Tusa, p. 50, n. 18; tav. XXXII, fig. 50. 3) Bonacasa, p. 341.
CATANIA, Museo
21.
Civico
Sarcofago di pietra lavica (tav. XXVI, 2).
Dimensioni: altezza m 0,65, lunghezza m
1,89, larghezza m 0,75.
Provenienza: ignota. Stato di conservazione: discreto. Manca, perché rotto, lo spigolo in basso a sinistra. Nei lati brevi piccoli buchi per l'attacco del coperchio. Sulla fronte, in basso, un buco pit grosso: serviva forse per lo scolo delle acque quando probabilmente fu adoperato come fontana. Manca del coperchio. Materiale: pietra lavica.
! Di pietra lavica, della stessa forma e senza decorazione, sono altri due sacrofagi (LIBERTINI 1927, nn. 169 e 171), nel cortile del
Museo Civico di Catania: essi, insieme ad altri che forse non sono stati esposti nella sistemazione del museo Biscari al Castello Ursino, sono segnati ai numeri 169, 171, 172, 173, 175, pp. 77-78 del catalogo del LigERTINI 1927. Non presentando essi nessun particolare motivo d'interesse, se non di carattere documentario, si è preferito accennarne qui in questa forma.
CATANIA
19
È decorato sulla fronte da tre festoni resi a rilievo in maniera molto rozza: pit che di festoni si potrebbe parlare, piti precisamente, di tre cordoni rilevati, di proporzioni diverse l'uno dall'altro. In basso e ai lati tutta la fronte ὃ delimitata da una fascia a rilievo. Lo stesso cordone é nel lato breve di sinistra, manca invece quello di destra. BIBL: 1) Lipertint 1927, p. 78, n. 174, tav. XL, n. 174. 2) Tusa, p. 50, n. 19; tav. XXI, fig. 49.
3) BONACASA, p. 341.
CATANIA, Museo
22.
Civico
Sarcofago di pietra lavica (tav. XXVII, 1).
Dimensioni: lunghezza del coperchio m m 0,74. Provenienza:
1,79, della cassa m 1,70, altezza col coperchio m 0,88, larghezza
ὃ stato rinvenuto in Via dottor Consoli, a Catania, nel 1952.
Stato di conservazione: buono. Nei lati brevi, sia della cassa che del coperchio, ci sono vari fori con tracce
di ferro con cui si saldavano la cassa e il coperchio. Materiale: pietra lavica.
Il coperchio à convesso con quattro acroteri agli spigoli. La fronte presenta al centro una superficie incavata rettangolare (cm 29 x 27) in cui verosimilmente doveva essere posta l'epigrafe del defunto che oggi manca. La decorazione consiste in due festoni di fiori molto stilizzati su ognuno dei quali è un motivo a losanga reso a rilievo; pure resi a rilievo sono quattro tondi in basso e un semicerchio con cui ha termine verso il basso la superficie incavata sopra descritta. E rastremato verso il bordo. Non à decorato né nei lati brevi né nella parte superiore. Questa decorazione che, pur nella sua semplicità, presenta una certa armonia, è racchiusa entro un bordo rilevato che, piá o meno largo, delimita la fronte per tutti e quattro i lati. BIBL: 1) Bonacasa, p. 341.
2) Tusa, p. 51, n. 20; tav. XXX, fig. 47. 3) Wuson,
p. 245, n. 195.
CATANIA, Museo
25.
Civico
Sarcofago di pietra lavica (tav. XXVII, 2) !.
Dimensioni: altezza m 0,88, lunghezza m 2,02, larghezza m 0,82.
Provenienza: è stato rinvenuto a Catania, nella necropoli presso la Chiesa di S. Teresa. Stato di conservazione: discreto. Presenta una scheggiatura nell'arco della porta centrale. In basso, al centro, è un buco per lo scolo dell'acqua. Manca del coperchio. Materiale: pietra lavica. Presenta
sulla fronte
una
caratteristica
decorazione,
non
frequente,
consistente
in «una
specie di portico a tre arcate con chiara indicazione della struttura dell’opera muraria»: questa è 1 I sette sarcofagi di pietra lavica del Museo Civico di Catania, fin qui indicati, non presentano caratteristiche tali da poter fornire dati che possano permettere una indicazione cronologica valida, sia pure ipotetica. Secondo AGNELLO, pp. 101-2, n. 12: «le arche catanesi andranno verosimilmente riferite alla prima metà del V sec. d.C.». A queste condizioni non ho nessuna difficoltà ad accettare la datazione proposta dal noto studioso di archeologia cristiana.
20
CATANIA
costituita da massi perfettamente squadrati posti a struttura isodoma. Gli archi sono costruiti dagli stessi conci a struttura radiale; il portico centrale poggia su colonne. Al centro in alto ὃ una superficie rettangolare incavata destinata a contenere l'epigrafe per il defunto, che oggi manca. Non é decorato né nei lati brevi né nella parte posteriore.
BIBL.: 1) LmznrIN: 1927, p. 78, n. 176, XL, 176 2) Lipertini 1957, n. 1345. 3) Pace, IV, p. 428, fig. 171. 4) Tusa, p. 52, n. 21; tav. XXXI, fig. 48. 5) Bonacasa, p. 341.
(ivi bibliografia precedente).
CATANIA, Museo Civico
24.
Coperchio di sarcofago (Inv. n. 1026)
Dimensioni: altezza m 0,19, lunghezza m
(tav. XXVIII, 1).
1,15, larghezza m 0,50, lunghezza della figura m 0,78.
Provenienza: é stato rinvenuto a Catania, nei pressi della chiesa di S. Teresa. Stato di conservazione: mediocre. E scheggiato in piá parti. La figura sdraiata manca della testa ed ὃ mutila in altre parti. Materiale: marmo giallognolo di grana grossa.
Sul letto, a forma di kline, «provvisto di bassa spalliera che termina nelle due testate anteriori in due teste di lupo, con rilievi rappresentanti piccoli delfini della grossezza del bracciuolo», giace un fanciullo poggiato sul gomito sinistro: con la stessa mano tiene un volumen mentre con la destra tiene una piccola corona di fiori. La figura, che occupa appena due terzi del giaciglio, à in gran parte nuda, ma la spalla ὃ coperta da un himation che, girando dietro il dorso, avvolge la gamba destra. | Sul letto ὃ un materasso che nella parte anteriore mostra quattro fasce decorate con motivi vegetali. | Dato lo stato di frammentarietà del pezzo e, soprattutto, per la mancanza della testa, è impossibile fare delle considerazioni stilistiche che possano permettere una datazione quanto pit possibile esatta: il Libertini, con fondatezza, lo data al II secolo d.C.!. BIBL.: 1) Lipertini 1927, n. 167, tav. XL. 2) LimzRTINI 1937, n. 954.
3) Tusa, p. 52, n. 22; tav. XXXIII, fig. 52.
CATANIA, Museo Civico
25.
Frammento di sarcofago (Inv. n. 854)
(tav. XXVIII, 2).
Dimensioni: altezza m 0,68, larghezza m 0,51.
Provenienza: Catania (dall'Antiquarium Comunale). Stato di conservazione: ὃ molto abraso; la figura principale manca della testa, cosí pure le altre due. Materiale: marmo bianco.
! Per altri esempi simili v. CumMont, p. 392 ss., tav. XLI ss.; FeLLETTI-MAJ, nn. 121-122.
CATANIA
21
Si tratta dell’estremita sinistra della fronte di un sarcofago che fa angolo con il lato breve. Su un podio ὃ seduta una figura femminile ammantata con un putto nel grembo, nello sfondo due colonne che sostengono un frontone: da questo sfondo architettonico esce un'altra figura, priva della testa, che sovrasta quella seduta. Questa ὃ stata interpretata come Fedra (Robert, Libertini) e pertanto il frammento doveva far parte di un sarcofago riproducente il mito d'Ippolito e Fedra !. Nella parte del lato breve ch’é rimasta, si nota un frammento della pappagorgia di un grifone. Dato lo stato di conservazione del pezzo è impossibile fare considerazioni cronologiche; tenendo peró presente il fatto che le decorazioni mitologiche sui sarcofagi si ebbero quasi esclusivamente nel II secolo d.C., si potrebbe pensare a tale epoca per la datazione del nostro frammento. BIBL.: 1) G. LisertINI, Frammenti marmorei inediti del Museo 2) Lipertini 1937, n. 854, p. 50. 3) Tusa, p. 53, n. 23; tav. XXXIII, fig. 53.
Civico di Catania,
CATANIA, Museo
26.
Catania
1925, p. 9, fig. 5.
Civico
Frammento di sarcofago con iscrizione (Inv. n. 980)
(tav. XXIX,
1).
Dimensioni attuali: altezza m 0,41, lunghezza m 0,70, larghezza m 0,35. Provenienza:
Libertini, riportando una testimonianza del Principe di Biscari, dice che questo frammento
sarebbe stato scoperto «negli scavi per le fondamenta della Chiesa di S. Euplio dove due camere sepolcrali furono scoperte allora». Stato di conservazione: è conservata pure una parte del lato breve di sinistra. Materiale: marmo bianco.
Sul frammento della fronte, che risulta composto di due pezzi, è riconoscibile uno dei soliti genî, forse alato, nudo, con un lembo di mantello avvoltolato nel braccio sinistro, che sostiene con
entrambe le mani una grossa corona di foglie entro la quale è incisa la seguente iscrizione che Libertini restituisce in questo modo: d: CCO ... ... MAGNI... . AN LIME.. S. VI CIS... ..ET ORA.. .. NEPOTI.. M DO
Il genio poggia i piedi su un pilastro quadrangolare che delimita la fronte a sinistra; in basso è delimitata da una fascia a rilievo. Nei lati brevi era decorato con festoni di fiori come appare dal frammento rimasto. Il sarcofago doveva essere di piccole proporzioni. Anche per i caratteri dell'iscrizione questo frammento si puó datare alla fine del III secolo d.C. BIBL.: 1) Lipertini 1927, p. 74, n. 155. 2) Tusa, p. 54, n. 24; tav. XXXIV,
fig. 54.
! Pace, II, p. 148, n. 1, fig. 158: crede che si tratti di un rilievo con Cibele davanti ad un tempio probabilmente locale. Il ROBERT,
III, 2, n. 164, tratta di un rilievo che si trovava al teatro greco di Catania riproducente Fedra con Eros tra due colonnine tortili: egli non vide detto rilievo che era stato pubblicato da O. BeNNponr e H. ScHònE, Die antike Bildwerke des Lateranischen Museums, 1867, p. 408 ss. Credo verosimilmente che si tratti del nostro frammento.
22
CATANIA
CATANIA, Museo Civico 27.
Frammento
di sarcofago
(Inv. n. 850)
(tav. XXIX,
1).
Dimensioni: altezza m 0,26, lunghezza m 0,32.
Provenienza: Antiquarium Comunale di Catania. Stato di conservazione: cattivo. Materiale: marmo bianco.
Il pezzo conservato costituiva esattamente l'angolo superiore destro di un sarcofago: il punto d'unione tra la fronte e il lato breve di destra à costituito da un albero di palma il cui fusto forma, fi-
no ad una certa altezza, lo spigolo tra i due lati; incominciano poi le foglie che si espandono sia sulla fronte che sul lato breve di destra in maniera tale da definire architettonicamente tutto l'insieme. Sulla fronte è visibile Hermes psicopompo che nello spazio ovale, rilavorato ad un livello pit basso di tutto il resto, si dirige verso destra ma con lo sguardo rivolto verso sinistra; è nudo, sul braccio sinistro tiene una clamide e con la mano sinistra il caduceo: col braccio destro, spezzato all’altezza del bicipite, trascinava forse la figura che doveva entrare nell’Ade per la porta, delimitata da un arco e che si apre in un muro a struttura isodoma, dove è appunto raffigurato Hermes. Sul lato breve di destra, di cui è rimasta ben piccola parte, si vede l’inizio di un grosso festone di fiori che doveva evidentemente decorare questo lato, molto probabilmente anche l’altro corrispondente. L'esiguità del frammento c'impedisce di stabilire che cosa rappresenti il sarcofago cui questo frammento stesso apparteneva: è probabile che esso rappresenti il ratto di Proserpina come appare dalla posizione di Hermes che troviamo quasi sempre reso in maniera simile nei sarcofagi
riproducenti questo mito: sarebbe però l’unico caso in cui Hermes viene raffigurato nell’atto di entrare in qualche edificio, forse l'Ade, attraverso un arco !. Il confronto più vicino si può: stabilire con il frammento del Museo Vaticano (Chiaramonti) di cui al n. 370 del volume del Robert ricordato in nota. BIBL.: 1) Lisertini 1957, n. 850.
2) ANDREAE, p. 822. 3)
Tusa, p. 55, n. 25; tav. XXXIV,
fig. 55.
CATANIA, Museo Civico
28.
Frammento
di sarcofago (Inv. 1505)
Dimensioni: altezza m
(tav. XXX).
1,12, larghezza m 0,51; spessore della fronte m 0,06, della base
m 0,16.
Provenienza: ignota.
Stato di conservazione: sono di restauro moderno il braccio sinistro e la fronte sinistra del fondo. Si tratta forse dell'estremità sinistra della fronte di un sarcofago. A destra é scalpellato e in basso sembra di vedere l'inizio della vasca della base del sarcofago. Materiale: marmo bianco con venature bluastre.
Non
é certo,
come
ha giustamente
pensato
il Libertini,
che si tratti di un frammento di
sarcofago o, piuttosto, di una lastra che adornava un pilastro: pur rimanendo un po' nel dubbio, io penso
con maggiore
probabilità,
! Cfr. ROBERT, III, 3, p. 450, n. 35885.
che si tratti di sarcofago per le particolarità tettoniche del
CATANIA
23
frammento e più specificatamente per il bordo rilevato in alto e perché in basso nella parte posteriore, a destra, la superficie comincia ad incurvarsi come a dare inizio al fondo concavo di un sarcofago; se si fosse trattato di una lastra nella parte posteriore sarebbe stata completamente liscia. Quel che ci è rimasto della rappresentazione figurata è troppo poco, tanto però da bastarci per capire di che cosa si tratti: abbiamo qui riprodotto Bellerofonte che abbevera il cavallo alato Pegaso. Di questo è rimasta solo la testa, in basso, vista di prospetto, ed in alto parte di un'ala; Bellerofonte, riprodotto quasi nudo, di prospetto con la testa volta a destra, con la sola clamide sulle spalle, lo tiene per le redini mentre con la sinistra tiene un’asta oggi mancante: porta alti calzari che gli lasciano scoperta parte dei piedi. Il confronto con il noto rilievo di Palazzo Spadaè il primo che viene subito alla mente ! mentre questo però è visto di profilo il nostro è visto di prospetto, mancano poi in questo i motivi paesistici; inoltre, come ha giustamente fatto osservare il Libertini, i caratteri stilistici del nostro
rilievo e «l’abbondante uso del trapano nel trattamento dei capelli» fanno datare il frammento del Castello Ursino ad un’età certamente pit tarda del rilievo di Palazzo Spada, alla fine del II secolo d.C. se non proprio agli inizi del III. | BIBL.: 1) LmrnTINI 1927, p. 44, n. 88, tav. XXVII. 2) Tusa, p. 57, n. 26; tav. XXXV, fig. 56.
CATANIA, Museo Civico
29.
Lato breve di sarcofago: accecamento di Polifemo (tav. XXXI).
Dimensioni: altezza m 0,73, lunghezza m 0,70.
Provenienza: rinvenuto nel 1733 nelle vicinanze del bastione di S. Giovanni, altrimenti noto nel passato come porta della Consolazione. Stato di conservazione: manca un angolo in alto a destra sostituito con una lastra di marmo bianco triangolare in due pezzi messi insieme. Materiale: marmo bianco.
A sinistra un uomo nudo dalla folta capigliatura visto di tre quarti con il corpo volto leggermente a destra, segue un'altra figura maschile nuda vista dalla parte posteriore, con la spalla attraversata in senso diagonale da una benda che gli scende dalla spalla destra fino al fianco sinistro: forse una cinghia che sosteneva l'asta con la quale avrebbe accecato Polifemo, ma di cui
non si scorge alcuna traccia se non un elemento indistinto che sostiene con il braccio destro e che sembra spinga o sostenga con il sinistro; a prima vista peró sembra che si tratti di una ciotola con
un lungo becco. Segue Polifemo disteso e abbandonato su una roccia con la gamba destra piegata e la sinistra distesa, a sua volta leggermente piegata. Ha il braccio sinistro abbandonato, mentre il destro è piegato sullo stomaco. Non si nota l'occhio al centro ma le normali cavità orbitali, ha una folta capigliatura, barba e baffi. Intorno al collo la parte finale di una clamide legata al centro che finisce con un fiocco; per il resto Polifemo è nudo ma doveva essere coperto da una pelle di ovino stesa sulla roccia, di cui si scorge un lembo e su cui à abbandonato Polifemo: della pelle si nota chiaramente la parte finale del piede dell'ovino scuoiato. La testa poggia su un frammento della roccia ai cui piedi à una ciotola, segno che l'ubriacatura di Polifemo & avvenuta, una pecora sta ad indicare la mansione di pastore del gigante.
! Cfr. Roper,
III, 5, p. 450, n. 358 ss.; STRONG,
II, p. 246, fig. 149.
24
CATANIA Dietro Polifemo un'altra figura maschile di un giovane visto di fronte, vestito con una corta
clamide legata ai fianchi, tiene con la mano sinistra un oggetto di difficile interpretazione, forse un guanto o una pietra con cui colpire eventualmente Polifemo. Su tutti si staglia in alto la figura di Ulisse, vestito di una clamide con molte pieghe e di brache, con la destra tiene una clava. Il capo, ornato da una folta capigliatura e coperto da un berretto a punta, ὃ volto a sinistra verso Polifemo a cui tenta, con il braccio sinistro, di afferrare
la testa. Malgrado l'abrasione che si nota su tutta la superficie, un po' meno nella testa dell'uomo nudo per la sua posizione un po' riparata, ὃ una buona scultura ad altorilievo di origine ellenistica, databile intorno al 180 d.C., che si ritiene una copia del noto gruppo di Sperlonga avente lo stesso soggetto. | BIBL.: 1) Houet, II, 1784, pl. 137, n. 2, fig. 147. 2) Rosert, II, p. 158 ss., n. 147. 3) LisERTINI 1937, p. 22, n. 55. 4) B. ANDREAE, L'immagine di Ulisse, Torino 5) WiLson, p. 244, fig. 194. .
1987, p. 95 ss., figg. 53 e 54.
6) G. Sauron, De Buthrote à Sperlonga: A propos d'une étude récente sur le théme de la grotte dans les décors romains, in RA, 1991, 1, p. 5 ss.: in particolare p. 29 e fig. 6.
CEFALU, Cattedrale
30.
Sarcofago con busto al centro (tav. XXXII).
Dimensioni: altezza m 0,62, lunghezza m
1,94, larghezza m 0,64.
Provenienza: ignota. Stato di conservazione: manca del coperchio; è posto sotto un sarcofago medioevale. Vi è stata sepolta, nel 1359, Eufemia di Aragona, Vicaria del Regno e sorella di Federico HI = Materiale: marmo bianco.
AI centro, su un ripiano su cui poggia un piedistallo, è scolpito un busto coperto da un’ampia tunica. Presenta il viso completamente scalpellato in maniera tale da rendere impossibile qualsiasi caratterizzazione del tipo 2: è anche difficile precisare se trattasi di un uomo
o di una donna,
come vedremo in seguito. Il busto è circoscritto dentro un riquadro costituito da tre festoni legati da nastri che svolazzano ai lati del busto stesso e del piedistallo. Sotto al ripiano sono riprodotti un pavone che sembra beccare per terra e un vaso rovesciato da cui escono fiori e frutta. Dietro al vaso è un nastro contorto in modo da formare una S. Tutto il resto della fronte è decorato da due serie profonde di strigilature convergenti verso il centro. Come abbiamo detto sopra, le condizioni del viso rendono difficile la precisazione circa il sesso del personaggio raffigurato in questo busto. A prima vista sembrerebbe appartenente a un
uomo: ma ad una osservazione più accurata ritengo che si tratti di una donna. Mi pare anzitutto che si scorgano i seni, specialmente quello a destra di chi guarda. Soprattutto poi la capigliatura è definita con un’acconciatura caratteristica delle donne di età gallienica 5.
Il busto di donna su piedistallo non era nuovo nei sarcofagi di quest’eta: in questa stessa raccolta ne abbiamo uno simile chiaramente femminile, conservato nella Cripta del Duomo di
Palermo.
|
Trascendendo poi dalla posizione su piedistallo possiamo dire che l'atteggiamento della donna, riprodotta sui sarcofagi in questa posizione, è comune: un atteggiamento simile è in un busto di donna scolpito in un sarcofago del Museo di Palermo presentato in questa raccolta ^. La presenza del pavone, come nell'altro sarcofago di questa stessa raccolta conservato nella Chiesa di S. Agostino in Palermo, ci induce a credere che questo sarcofago sia cristiano; un
1 G. AGNELLO DI RAMATA,
Giornale di Sicilia, del 29-5-1955.
2 Si potrebbe pensare che il viso sia stato grezzo, come spesso avveniva, perché venisse completato a cura del committente. Qui perd, come appare anche dalla riproduzione, è stato proprio scalpellato; e di questo fanno fede anche i capelli che sono stati risparmiati dalla scalpellatura e che sono rifiniti. 3 Vedi Bovini, p. 127 ss. e segnatamente la fig. 120. ^ Vedi poi i vari esempi addotti da Bovini, passim.
26
CEFALU
sarcofago simile si trova nella Cattedrale di Cagliari ! dove è chiaro che quello posto sul piedistallo sia il busto di un uomo. Età: fine III, inizi IV secolo d.C. BIBL.: 1) Pace, IV, p. 415, fig. 158. 2) Tusa, p. 59, n. 27; tav. XXV, fig. 57. 3) PAOLETTI, p. 255, n. 29. 4) Bonacasa, p. 340. 5) WILSON, p. 247, n. 199.
CEFALU, Cattedrale
31.
Frammento di sarcofago con due «imagines clipeatae» (tav. XXXIII).
Dimensioni:
m
dimensioni»
(Tullio).
1,66Xm
1,18: «è poco più della metà anteriore di un sarcofago
a cassa di notevoli
Provenienza: era murato presso la «sedes regia» del Duomo di Cefal dove è stato scoperto nel 1985. Stato di conservazione: è molto rovinato, abraso e mancante di varie parti oltre ad essere forato in più punti per apporvi dei tondi di porfido; manca quasi la metà di una delle «imagines clipeatae». Materiale: marmo.
Nel disegno originario la parte principale era costituita da due coppie di eroti alati che sostenevano ognuna un clipeo: dell’erote a sinistra di chi guarda è rimasta la gamba sinistra e una piccola parte del resto del corpo. Gli Eroti, nudi, con una piccola clamide sulle spalle, sono visti di tre quarti con la faccia, almeno dell’unico cui è rimasta, rivolta alla sua destra. Nei clipei sono raffigurati un uomo e una donna, forse i due coniugi sepolti nello stesso sarcofago: entrambi presentano una veste panneggiata che tengono con la mano sinistra. Sotto i due clipei ed in mezzo alle gambe degli Eroti si muovono alcune figure di ben pitt piccole proporzioni. A sinistra di chi guarda, una figura femminile sdraiata, con il busto sollevato, vista quasi frontalmente: presenta una pesante capigliatura e tiene con la mano sinistra un cesto ricolmo di frutta e con la destra un fascio di spighe. A destra, resa allo stesso modo, è una figura maschile barbata, nuda dalla cintola in sé, mentre una
veste, di cui si notano le ampie pieghe, gli copre la parte inferiore del corpo: questa figura può essere riferita ad Oceano, mentre la precedente può essere il simbolo della terra, la «tellus»; la terra e il mare, quindi. In proporzioni molto ridotte, ad altorilievo e qualcuna anche a tutto tondo, alcune figurine
che, anche per lo stato di conservazione, sono difficilmente interpretabili. In mezzo alle gambe dell’Erote di sinistra una piccola figura alata è riprodotta in groppa ad un cavallo, mentre in mezzo alle gambe dell’altro Erote è una figura con ampio mantello e con un attributo in mano, forse una torcia. Di altre tre figure, sparse quà e là per la superficie del fondo della lastra, si può solo dire che si tratta di putti o Froti, come per le altre due cui abbiamo appena accennato. Lo stato di conservazione, specialmente delle «imagines», non permette una datazione che si avvicini alla realtà: riteniamo di non allontanarcene molto se, facendo riferimento soprattutto alla
testa della figura femminile a sinistra, datiamo questo frammento di sarcofago alla seconda metà
del III secolo d.C. BIBL.: 1) A.M. Turo, Marmi antichi riutilizzati nel Duomo di Cefalii, in «Quaeritur Iuventus Colitur», Studi di Antichità Cristiana, P.LA.C., XL, Citta del Vaticano 1989, p. 815 ss.
2) Ip., Cefalá, Duomo, sociale 1989-90, pp. 67-68. 1 PESCE, p. 74, n. 51.
Lastra di sarcofago romano,
Lions Clubs, Beni culturali dell'VIII circoscrizione. Anno
CEFALU
27
CEFALU, Chiesa di S. Francesco, Cappella del Crocifisso
32.
Sarcofago dell’Agricoltore (tavv. XXXIV-XXXV).
Dimensioni: altezza m 0,55, lunghezza m 2,18, la larghezza non si puó stabilire essendo in parte incassato nella parete dalla quale sporge per 40 cm. Provenienza: ignota. Molto probabilmente questo sarcofago dovette essere stato adoperato qualche volta come fontana: lo attesta il buco praticato nel tondo poi chiuso con un tappo di marmo. Stato di conservazione:, buono, soloil volto dell'uomo nel tondo presenta scheggiature nel naso e nella bocca. Il coperchio originale manca. E stato sostituito con uno di marmo a doppio spiovente il quale reca la seguente iscrizione: «Nobilis Michaeli Indulci Cephaleditanus vivens hocce sarcophagum marmoreum posuit pro se et suis anno Domini 1474». La cappella dov’é posto il sarcofago era sotto il patronato della Famiglia Indulci dalla quale passò poi agli Spinola: la Famiglia Indulci fu una delle più autorevoli della città di Cefalù nei secoli XV e XVI. Materiale: marmo bianco.
Il sarcofago ὃ decorato solo nella fronte con due serie di strigilature costituenti due pannelli rettangolari e con tre zone figurate. Al centro à un tondo recante due figure, una maschile e l'altra femminile, evidentemente i due defunti di cui il sarcofago racchiudeva le spoglie: si tratta infatti di due ritratti riproducenti un uomo e una donna in età avanzata. La toga dell'uomo presenta la contabulatio, la tunica della donna le lascia scoperto il braccio destro che poggia su quello dello sposo. L'uomo per cui fu originariamente eseguito questo sarcofago doveva essere un agricoltore: ne fa fede la scenetta riprodotta, in maniera piá dozzinale dei ritratti, in verità, sotto al tondo: un
contadino che guida un aratro tirato dai buoi. Non manca il motivo paesistico che è dato dall'albero riprodotto davanti ai buoi, nella stessa scena. All'estremità destra e sinistra del sarcofago sono riprodotte altre due figure connesse pure con la vita agreste. A sinistra un pastore che reca sulle spalle un agnello, alla maniera della notissima statua del «Buon Pastore» del Museo del Laterano e che trattiene con le due mani; un altro agnello, con il muso rivolto verso l'alto, è a terra, alla sua destra: questo, che è molto abraso, potrebbe
sembrare un cane, ma tale non é per lo stretto confronto che si puó stabilire con quello che sta sulle spalle del pastore; abbiamo poi altri esempi di pastori con l'agnello sulle spalle e con altri agnelli accanto per terra !. Non è assente da questa raffigurazione il motivo paesistico dato da un albero posto a destra del pastore. A destra ὃ riprodotto un contadino di età avanzata con la lunga barba, appoggiato ad un bastone, recante sulle spalle una bisaccia. Sia il pastore che il contadino sono vestiti con una corta tunica che li copre fin sopra il ginocchio che resta quindi scoperto. Dal polpaccio in giü sono ancora rivestiti da una specie di calza, forse di lana, molto aderente, che reca un disegno a spina di pesce e che viene trattenuta proprio sotto al ginocchio da un risvolto molto stretto e ancora più aderente; i piedi sono calzati da calzari alti fin sopra il malleolo.
La somiglianza di questo tipo di calzature con quelle del «Buon Pastore» ὃ strettissima: questo particolare, unito a quello della parte destra del petto lasciata scoperta in entrambi e all'impostazione generale della figura, non puó non far pensare all'esistenza della statua del «Buon Pastore» prima del nostro sarcofago; questo fatto inoltre costituisce un'altra prova dell'esistenza di modelli romani per i sarcofagi che venivano inviati nelle provincie sia a sud che a nord di Roma: vedi a questo proposito il sarcofago della Cattedrale di Tolentino ? che reca al centro sulla fronte un'altra figura simile del «Buon Pastore». Assegnerei questo sarcofago a quell'età che il Bovini chiama post-severiana e che va dal 235 al 253 d.C.; per il trattamento dei capelli della donna infatti, che è la figura più conservata, e per
! Bovini, fig. 183; Ducati, p. 301, tav. 202, fig. 2. 2 Bovini, fig. 38.
28
CEFALU
l'impostazione generale delle figure, io vedrei volentieri questo sarcofago nel gruppo costituito dal sarcofago di Baebia Hertophila del Museo Nazionale Romano, dal frammento del Museo della Catacomba di Pretestato e dal sarcofago del Museo di S. Sebastiano !. Il trattamento dei capelli a calotta sulla testa, ben stirati, raccolti poi a ciocca sotto la nuca, l'uso discreto del trapano e l'assenza di pupille dagli occhi dei due ritratti confermano pure questa datazione. BIBL.: 1) G. AcGNELLo DI Ramata, Un sarcofago nella Chiesa di S. Francesco, in Giornale di Sicilia del 29-5-1955. 2)
Tusa, p. 61, n. 28; tav. XXXVI-XXXVII,
1 Bovini, figg. 80, 81, 91.
figg. 58-61.
Lipari, Museo Archeologico Eoliano
35.
Testina di marmo
Dimensioni: altezza cm.
(Inv. 14014)
(tav. XXXVI).
15,5; altezza frontale della sola testa cm.
11,7; altezza alle tempie cm.
10.
Provenienza: da una discarica all'esterno delle mura. Stato di conservazione: buono. Materiale: marmo bianco.
Una testa marmorea, rinvenuta a Lipari, in una discarica all'esterno delle mura urbiche, puó
aver fatto parte «di un grandioso sarcofago databile tra l'età di Marco Aurelio e quella di del III secolo». Era probabilmente la testa di chiesto la foto di questa testa e che egli, con
con figurazione di battaglia fra romani e barbari Caracalla, e cioé tra la fine del II e i primi decenni un barbaro ferito. Il prof. L. Bernabó Brea, cui ho la sua nota cortesia e disponibilità mi ha inviato, e
per cui vivamente lo ringrazio, mi ha indirizzato, in data 26.4.94, una lettera in cui, tra l'altro, mi comunica gentilmente il suo pensiero in merito a questa testa che io qui trascrivo per una
migliore comprensione della testa stessa: «E stata rinvenuta sporadicamente nel terreno dinanzi alle mura greche del IV secolo a.C., nella contrada Diana, in un'area di discariche di diverse età,
durante gli scavi 1969-71». Egli avanza l'ipotesi che possa trattarsi di un sarcofago funerario di Plautilla, o di suo fratello Plauzio, relegati a Lipari da Caracalla nel 203 d.C. (Dio Cass., LXXV, 6, 3). Lo potrebbero far pensare non solo l'età cui dovrebbe essere attribuito il sarcofago, ma anche il fatto che sembra
molto strano trovare in un piccolo, ed economicamente molto modesto centro di provincia, qual’é Lipari in questa età, un sarcofago cosí ricco e monumentale come i piá grandiosi di Roma stessa, e che costituisce, d'altronde, un «unicum» nelle Eolie. BIBL: 1) L. Bernaso-Brea, Le isole Eolie dal tardo-antico ai Normanni, Ravenna 1988, pp. 68-69, fig. 15.
MAZARA DEL VALLO, Cattedrale 34.
Sarcofago
con Amazzonomachia
(tavv. XXXVII-XLI).
Dimensioni: altezza m 0,65, lunghezza m 2,07, larghezza m 0,49.
Provenienza: probabilmente dalla stessa città di Mazara, come si legge in Vito Pugliese !, il quale riporta la notizia dello storico mazzarese Agostino Fiorito, di due secoli anteriore al Pugliese. Stato di conservazione: mediocre. Alcune parti delle varie figure sono mancanti, altre scheggiate, tutte poi sono abrase in maniera tale da rendere impossibile il riconoscimento del volto delle varie figure. Molto probabilmente il sarcofago dovette stare molto tempo all'aperto: solo cosí ὃ spiegabile lo stato in cui é ridotto. E incastrato in una parete dove entra per almeno cm 10; à stretto poi da altre due pareti in maniera tale che i lati brevi, che sono decorati, non possono essere fotografati. Manca il coperchio originario: attualmente é coperto con una massa ad impasto. Materiale: marmo bianco.
Tutta la scena riprodotta nella fronte è dominata dalla figura centrale che sembra anche dividere in due parti la scena stessa. L'animazione ed il movimento pervadono le figure umane ed i cavalli, si puó dire che in questo sarcofago sia fissato un momento tra i più furiosi e tra i più impegnativi del violento combattimento tra i Greci e le Amazzoni. Il combattimento si svolge entro le mura di una città (Troia?): ne fa fede il pilastro, di una
porta o sguardo clamide dimostra
di un arco, che delimita la scena a sinistra. Addossato a questo un guerriero volge lo verso destra e sembra indietreggiare; tiene con la sinistra lo scudo, ha sulle spalle una e sul capo l’elmo corinzio 2. A differenza degli altri guerrieri questo è vecchio come la folta barba che gli incornicia il volto. Sullo stesso pilastro su cui batte l'elmo del
guerriero e la clamide, batte pure la coda di un cavallo. Bellissima la maniera con cui è reso: è
visto di tre quarti dal lato posteriore, impennato quasi sulle zampe posteriori e volto verso destra; ma la testa, sola, sembra che si sia volta d’improvviso a sinistra, quasi ad angolo retto rispetto al collo. Vediamo quasi di prospetto la lunga e folta criniera che cade di qua e di là del collo, le froge dilatate, le briglie abbandonate sul collo, la coda agitata: sul dorso è distesa una pelle ferina come per tutti gli altri cavalli. Ma questo è solo, tutti gli altri qui riprodotti recano addosso le amazzoni o sono loro ancora vicini all'atto della caduta. C'é un’Amazzone pure sola più a destra, prostrata ai piedi del guerriero che sta al centro della scena: non sarà forse questo il cavallo di lei? Subito dopo il cavallo, addossato anzi a questo con la testa, piegato a terra sulla gamba destra, è un altro guerriero, nudo, con la sola clamide sulle spalle che gli copre solo il petto; ha
! V. Pucuiese, Topografia di Selinunte, Palermo 1835, p. 86. ? Simile, per il tipo, a quello riprodotto da E. Kuxann, Der griechische Helm, Marburg an der Lahn 1936, tav. 4, 1-2 e di cui v. la descrizione nello stesso volume, p. 92, n. 151.
MAZARA DEL VALLO
31
sul capo l'elmo corinzio con cimiero e tiene con la sinistra lo scudo; il braccio destro mancante dal gomito in già ci vieta di sapere che cosa tenesse. Alza lo sguardo verso destra, verso una amazzone che col cavallo impennato lo sovrasta in atto di recargli offesa, come appare dalla posizione del volto e del braccio sinistro, ridotto questo a un moncherino purtroppo perché spezzato: non sappiamo perciò che cosa avesse. Quest'Amazzone a cavallo è vestita con un chitone e con un mantello stretto all'altezza del petto: allo stesso modo sono vestite le altre amazzoni qui riprodotte tra cui quella che ὃ raffigurata immediatamente sotto, nell'atto in cui cade da cavallo con il capo rivolto in basso; anche il cavallo ὃ caduto: il treno anteriore, di cui si scorge appena un po' di criniera sotto il braccio dell'Amazzone, ha già toccato terra, quello posteriore sta per toccarla, é già piegato; l'artista che ha concepito questa scena ha voluto raffigurare qui proprio l'atto della caduta, ché in una posizione assolutamente instabile sono sia il cavallo che l'Amazzone la quale tiene ancora col braccio sinistro lo scudo caratteristico di queste donne
guerriere,
ovale, a tre punte,
decorato al centro con una testa di vecchio ed ai lati con
motivi floreali. In alto, in un piano più profondo rispetto alle figure che abbiamo esaminato fino ad ora, notiamo un’altra Amazzone a cavallo, simile alla precedente, che galoppa verso sinistra: il mantello le svolazza dietro le spalle, il suo sguardo
è rivolto verso il guerriero che, come
abbiamo
detto, sta al centro della scena. Questi è visto di pieno prospetto, completamente nudo: solo cinghia passandogli trasversalmente sul petto e sulla spalla destra va a finire nella parte steriore: teneva forse la faretra. Ha il capo coperto dall’elmo corinzio con una lunga criniera; il braccio sinistro tiene un grande scudo. Il braccio destro manca quasi del tutto e pertanto possiamo sapere che cosa portasse. Il suo sguardo, come si può arguire solo dal movimento capo, essendo il volto completamente
una pocon non del
abraso, è rivolto a destra, in basso, verso una Amazzone
prostrata a terra in ginocchio che, con il braccio sinistro, afferra per i capelli. Questa è priva di entrambe le braccia, purtroppo, e del volto, che è completamente scheggiato: ma se non possiamo immaginare dove lo sguardo fosse diretto, possiamo però vedere, dai moncherini che son rimasti,
che le braccia erano rivolte verso l’alto, verso il guerriero, forse in un estremo tentativo di salvezza o di difesa. È molto probabile che in queste due figure centrali l’artista abbia voluto raffigurare Achille e Pentesilea, nel momento culminante della loro lotta, cosî pensa anche il Robert. Dietro la regina delle Amazzoni è il suo scudo, a sinistra la bipenne, in mezzo alle gambe del guerriero spunta una testa di cavallo, che sembra incorniciato dalle briglie rilasciate sul collo e che volge lo sguardo, mesto, verso destra: sarà forse il cavallo di Pentesilea che guarda tristemente la sua padrona già
prostrata a terra? Pentesilea ha i capelli scarmigliati, il petto scoperto a metà insieme alla spalla destra su cui passa la cinghia che tiene la faretra: questa, che si vede sul davanti, è decorata con un motivo floreale stilizzato. Come tutte le altre Amazzoni qui raffigurate ha il piede calzato fino al polpaccio con quei caratteristici stivali greci, le ἐνδρομίδες, di cuoio, strettamente aderenti al piede, aperti davanti e legati da stringhe, ornati nel margine superiore con guarnizione di stoffa. Immediatamente al di sopra, in un piano più profondo, è raffigurata una Amazzone a cavallo in una posa molto ardita: è vista dalla parte posteriore, con le braccia aperte e lo sguardo volto a sinistra verso Achille. Ha sulle spalle la faretra, molto abrasa, e il chitone trattenuto intorno alla
vita da una larga cinghia di cuoio. Del cavallo su cui cavalca si scorge solo la testa, bellissima, con le froge dilatate e la bocca spalancata a causa del ferro con cui è trattenuto; è scolpita in bassorilievo, in un punto che è protetto da due figure più aggettanti ai lati, e per questo si è conservata bene. Viene
subito
dopo
un
gruppo
costituito
da
un
guerriero,
visto
di tre parti,
dalla
parte
posteriore, con la testa di profilo, che avanza a grandi passi verso una Amazzone a cavallo: la mancanza degli arti superiori in entrambe le figure impedisce di stabilire con esattezza che cosa stiano facendo, ma dalla posizione dei corpi e, particolarmente, delle teste, si può facilmente intuire che stiano combattendo. Il guerriero ha il solito mantello sulle spalle che finisce poi avvolto
nel braccio sinistro con il quale tiene lo scudo. Il cavallo dell’Amazzone reca la solita pelle di cui si vede chiaramente un’estremità, esattamente la zampa dell'animale. Tra l'Amazzone e il guerriero
32
MAZARA DEL VALLO
una testa di cavallo volta a sinistra, che non si sa a chi possa appartenere: forse ha valore di riempitivo e serve contemporaneamente ad indicare la folla dei combattenti. A terra giace un’Amazzone, forse ferita, con la parte destra del petto scoperta: poggia a terra la mano sinistra, con la quale si regge, mentre con la destra e con lo sguardo si volge a destra, verso un guerriero caduto riverso, con la testa all’ingit. Accanto all'Amazzone un cavallo, pure a terra, boccheggiante, forse anch'esso ferito. Chiude la scena a destra una Amazzone a cavallo che sembra faccia un movimento di torsione verso sinistra come si puó arguire dal collo e dalla testa del cavallo; la testa dell'Amazzone manca completamente. Tra le due Amazzoni a cavallo ora descritte e sotto l'ultima sono raffigurate in bassorilievo, e quindi immaginate in un piano più profondo, due teste di guerriero con elmo, entrambe volte verso destra: anche queste due teste stanno lí ad indicare la folla dei combattenti. Tutta la scena é delimitata da un bordo rilevato, rotto in piá punti. Come abbiamo detto sopra anche i lati brevi sono decorati. In quello di sinistra un giovane guerriero con elmo, scudo e mantello, poggia la gamba sinistra sullo stomaco di una donna che giace per terra e punta la lancia nel collo della stessa. In quello di destra un'Amazzone con chitone e calzari alti. Attorno a lei una corazza, un elmo e una bipenne completa che servono quasi a formare un trofeo. Forse in questi lati brevi si conclude il combattimento raffigurato sulla fronte; la scena del lato di sinistra infatti si potrebbe interpretare come riferentesi alla morte di
Pentesilea mentre nel lato destro avremmo l'erezione di un trofeo: non bisogna dimenticare ! che nei migliori sarcofagi le decorazioni dei lati brevi si attaccano a quelle dei lati lunghi. Appare subito come con questo sarcofago ci troviamo in presenza di una copia romana, da
datare alla seconda metà del II secolo d.C., di una buona copia in realtà, derivata da un originale ellenistico; anzi forse del tardo ellenismo ?. Numerosi sono i sarcofagi di questo periodo che trattano il tema della lotta delle Amazzoni; e che tutti, o almeno la maggior parte, abbiano tenuto presente un modello, forse pittorico (sin dal secolo V, con Mikon, la lotta tra i Greci e le Amazzoni aveva costituito il tema per due grandi affreschi nel portico,
detto il Pecile, e nel Tempio
di Teseo
in Atene;
ricordo poi i rilievi del
Mausoleo di Alicarnasso), è provato da un gruppo di sarcofagi che più facilmente si possono avere sott'occhio. Si tratta, oltre che del nostro, di un sarcofago del Museo Capitolino *, di uno del Museo Vaticano, Cortile del Belvedere 4, e di un altro conservato a Venezia 5. In tutti e quattro la scena è identica, le varie figure sono trattate allo stesso modo; lo stesso movimento
convulso anima tutta la raffigurazione. L'unica differenza consiste nella posizione delle varie figure e dei vari gruppi che il copista ha spostato a suo piacimento cosí come ha tolto o aggiunto qualche figura. L’attenta osservazione dei quattro sarcofagi fa vedere chiaramente quanto qui viene detto e perciò mi esimo dal fare una minuta analisi dei quattro pezzi; voglio solo richiamare l’attenzione sul gruppo del guerriero e del cavallo impennato visto dal dorso. Nel nostro sarcofago questo gruppo è all'estrema sinistra della fronte come pure nel sarcofago di Venezia col quale più strette sono le affinità $. Pure a sinistra è raffigurato nel sarcofago del Vaticano, mentre al centro è in quello del Capitolino. Pit o meno le altre figure si trovano tutte, sia pure non nella stessa posizione. In conclusione questi sarcofagi, alla cui serie appartiene il nostro, costituiscono una tra le migliori espressioni di quel gusto romano manifestatosi fin dalla prima metà del II secolo, che predilige temi tratti dalla mitologia greca e resi con motivi ellenistici: tra i più notevoli citiamo i due sarcofagi del Laterano con la leggenda di «Oreste» e la «strage dei Niobidi» 7.
! CUMONT, p. 324.
2 Vedi a questo proposito, Curtius, op. cif. in bibl., p. 232. 5 STUART Jones, tav. 81, p. 323, n. 18. + AMELUNG,
II, tav. 18, p. 169, n. 69.
> RoBERT, II, tav. 36, n. 87.
$ Vedi Currius, op. cit. in bibl., p. 229 ss. ? Vedi Strona, II, p. 282, figg. 174 e 175.
MAZARA DEL VALLO
33
BIBL.: 1) Apria, Topographia inclitae civitatis Mazariae, Palermo 1516, p. 26. 2) F. Tarpia, Iscrizioni e diplomi di Marsala e di Mazzara, 1765, p. 57 (Ms. Bibl. Com. 3) Houet, tav. 15.
Palermo Qq.
171 E).
4) V. PucLiese, Topografia di Selinunte, 1835, p. 86. 5) ΚΟ. Muùtcer, Handbuch der Archaelogie der Kunst, ΠῚ ediz. 1848, p. 720, 417,2. 6) SCHUBRING J., pp. 39-40. 7) A. CasricLioNE, Cose antiche di Mazzara, 1878, p. 83. 8) ROBERT, IL n. 86. 9) REINACH, III, p. 58. 10) L. Bonanno, Cose belle di Mazzara, 1937, p. 79. 11) L. CurtIus, Neue Denkmäler antiker Kunst, I, in RM, vol. 54, 1959, p. 220 ss., fig. 7. 12) R. Repuicu, Die Amazonensarcophage des 2. und 5. Jahr. n. Chr., 1947. 13) B. Anprrar, Ein Amazonengemälde, in RM, 1956, p. 32 ss., n. 10. 14) Tusa, p. 64, n. 29; tavv. XXXVIII-XL; figg. 62-65. 15) Bonacasa, pp. 321-322. 16) Wirson, p. 142, n. 190.
MAZARA DEL VALLO, Cattedrale
35.
Sarcofago con il mito di Kore (tavv. XLII-XLIIT).
Dimensioni: altezza m 0,55, lunghezza m 1,98; la larghezza non si pud stabilire in quanto il sarcofago ἃ incassato nel muro. Provenienza: ignota. Forse della stessa città di Mazara
(Fiorito, storico. di Mazara).
Stato di conservazione: mediocre. Le figure sono tutte abrase. Il sarcofago & incassato nel muro molto profondamente in maniera che delle parti laterali, che erano pure decorate a rilievo, si vede ben poco. Per molto tempo dovette stare fuori (e questo spiega il suo stato di conservazione) ed essere adibito a fontana come si nota da un grosso buco che sta al centro della fronte. Materiale: marmo bianco.
La scena figurata è molto mal conservata, corrosa e quindi non è facile l'identificazione delle varie figure. E chiaro peró che si tratta della scena del ratto di Kore. Su tutta la fronte si distinguono tre scene. Al centro ἃ raffigurata Kore inginocchiata sulla gamba sinistra, con la mano sinistra al petto e la destra poggiata su un cesto o vaso, in cui forse dovevano essere fiori e su cui poggia le mani un amorino, alato; dietro ad essi, reso in più basso rilievo, è Ermete, col caduceo e con lo sguardo volto verso Ade. A destra la scena del ratto: Hades tiene avvinta con la destra Kore mentre con la sinistra tiene le redini del carro. Su questo vola una figurina alata che il Robert identifica con un amorino ma che può anche essere Imeneo con la fiaccola: lo stato di conservazione non permette una sicura identificazione. Lo stesso motivo impedisce di dire con certezza se la piccola figura sotto i cavalli voglia rappresentare Oceano come vuole il Robert, o piuttosto Gea con la destra alzata in atto di sgomento. All’estremo limite della scena sta Ermete. Dietro a Kore rapita corre Athena in suo soccorso, trattenuta da Afrodite che, stando alla tradizione, vuole impedirle di correre in aiuto della sorella. A sinistra è riprodotta la scena di Demetra che va in cerca di Kore: è raffigurata nell’attimo di salire sul carro tirato da due serpenti alati e forse tiene con la sinistra la fiaccola accesa, come vuole
la tradizione,
al fuoco
dell’Etna.
Le
scene
turbinose
e violente
che
sembrano placarsi all'estremità sinistra dove su un piano alzato è riprodotto guida un aratro tirato da due buoi; sotto è riprodotto un guardiano di maiali. guardiano non hanno diretta attinenza con le scene narrate, essi però stanno milmente, che il lavoro dei campi, che era caro a Demetra, aveva il sopravvento delle azioni di guerra, impersonate dal guerriero.
abbiamo
descritte
un contadino che Sia l’aratore che il a indicare, verosie stava al di sopra
34
MAZARA DEL VALLO
In ognuno dei lati brevi è riprodotta una sfinge alata. Le condizioni in cui il sarcofago si trova impediscono una osservazione esatta al fine di determinare l'epoca: esso comunque può datarsi agli inizi del secolo III d.C !. BBBL.: 1) ADRIA, op. cit. supra, p. 26. 2) TARDA, op. cit. supra. 3) PUGLIESE, op. cit. supra, p. 64. 4) SCHUBRING J., pp. 40-41. 5) CASTIGLIONE, op. cit. supra, p. 84. 6) Rosert, III, 3, n. 391, p. 476. 7) Bonanno, op. cit. supra, p. 79. 8) Tusa, p. 70, n. 30; tav. XLI, figg. 66-67.
9) MANSUELLI, p. 203. 10)
Bonacasa, pp. 328-329.
MAZARA DEL VALLO, Cattedrale 36.
Sarcofago
di Canzio
Marciano
(tav. XLIV).
Dimensioni: altezza m 0,61, lunghezza m 2,14, larghezza m 0,53.
Provenienza: probabilmente dalla stessa città di Mazara, come si legge in Vito Pugliese ?, il quale riporta la notizia dello storico mazarese Agostino Fiorito, di due secoli anteriore al Pugliese. A. Holm *: «I sarcofagi di- marmo ornati di rilievi, i quali si trovano a Mazara, farebbero testimonianza di una popolazione benestante nell'epoca romana, seppure tutto, al pari delle iscrizioni romane, non fu trasportato costà di Lilibeo, il che sembra più probabile». G. Pensabene * afferma: «Sintomatico è il fatto che tutte le antichità classiche (sarcofagi, urne cinerarie, iscrizioni) che si trovano oggi a Mazara siano provenienti da Lilibeo». Secondo Andreae ? questo sarcofago sarebbe stato prodotto da officine nord-africane. Stato di conservazione: discreto; manca la gamba destra del cavallo che forse doveva essere a tutto tondo. E inoltre molto abraso un po' dappertutto, segno evidente della sua permanenza all'aperto. I lati brevi sono lisci,
senza
decorazioni;
il coperchio
à di impasto
recente.
Sul bordo
superiore
della
fronte
ὃ incisa
un'iscrizione a caratteri greci in parte abrasa. Molto probabilmente dovette essere stato usato in antico come fontana come dimostrerebbero i tre fori praticati sotto il bordo superiore e quello proprio in mezzo alle gambe del cinghiale, più grande, che è turato con calce. Materiale: marmo
con venature bluastre.
La scena figurata sulla fronte è ridotta ai suoi elementi più essenziali. Da sinistra un grosso cane sbuca fuori da una foresta simboleggiata da un albero d’alto fusto e con larghe foglie (platano?); viene dietro un cavaliere che, al galoppo, vestito di corta tunica e di mantello fermato da una fibula rotonda sulla spalla destra, e con stivali (la riproduzione fotografica, dato l'eccessivo grado di abrasione, non rende chiaramente questo particolare), avanza a destra verso un cinghiale che, sbucando da alcuni alberi pure essi d’alto fusto (un canneto, un platano? o una quercia?), che molto verosimilmente stanno ad indicare un’altra foresta, avanza verso sinistra e sembra dirigersi verso il pericolo in maniera calma e tranquilla, quasi senza accorgersene e senza
darvi soverchia importanza. Questa la scena figurata nella quale, come s’é visto, abbondano i motivi paesistici che stanno ad indicare appunto il luogo dove la scena stessa si svolge; essa è compresa dentro un riquadro costituito da un bordo stretto e poco rilevato.
1 Sul significato allegorico del mito di Kore nei sarcofagi romani v. CUMONT, p. 95. 2 PUGLIESE, op. cit. supra, p. 86. 3 A, Hotm, Storia della Sicilia nell’Antichità, III, 1, Bologna 1901, p. 461. 4 G. PENSABENE, La Cattedrale normanna
> ANDREAE, p. 823.
di Mazara,
in A.S.S., LIII,
|
1933, pp. 205-207,
n. 1.
MAZARA DEL VALLO
35
La figura centrale di questo sarcofago é quella tipica del cavaliere al galoppo, con la mano destra alzata, che ha una delle sue migliori espressioni nel famoso sarcofago «Ludovisi» del Museo Nazionale Romano. Troviamo ancora questo tipo in altri monumenti ! fino ad epoca costantiniana avanzata quando riceve forse la sua piá completa espressione ? Le scene riproducenti la caccia al cinghiale che si sviluppano, com’é noto ?, dopo la metà del III secolo, sono generalmente popolate di varie figure oltre a quella principale del cavaliere: qui invece, come
s'é detto sopra, la scena è ridotta ai suoi elementi necessari e indispensabili.
Lo
stesso schema, per quanto riguarda la disposizione delle figure e i motivi paesistici, troviamo in molti sarcofagi di varia epoca riproducenti il mito di Fedra e di Ippolito, nella metà destra, al di là di un arco, ed una scena di caccia al cinghiale simile, nelle sue parti essenziali, alla nostra *
Un sarcofago simile si trova altresí nel Camposanto di Pisa ?. La figura del cavaliere perd è quella che ci permette di fare le considerazioni più interessanti per pervenire ad una datazione. Anzitutto il trattamento dei capelli, a ricci, a forma di chiocciola, uso questo che, sebbene in maniera non esclusiva, si ebbe in età costantiniana 9.
Lo stato di conservazione della testa e della faccia non ci permette di fare altre considerazioni. Il cavaliere à vestito di corta tunica stretta al disotto della vita, all'altezza dei fianchi, e di mantello che gli forma come un bavero intorno al collo e che è fermato da una fibula rotonda sulla spalla destra: il senso di movimento sia alla tunica che al mantello ὃ dato da alcuni solchi, verticali e trasversali, incavati nel marmo. Ai piedi porta calzari che, per lo stato di abrasione, non
sono esattamente descrivibili. Con la mano destra tiene sollevata forse un'asta con la quale colpire il cinghiale. La particolarità che maggiormente salta all'occhio perd é il largo e profondo solco che, specie in certi punti, circonda le parti in rilievo; ὃ particolarmente sentito, ad es., nella parte anteriore del cavallo e nella parte posteriore del cavaliere. Si trova pero in tutte le parti a rilievo, anche in quegli arbusti dai quali sbuca il cinghiale. E noto come l'uso d'incidere un solco intorno alle parti scolpite in rilievo per fare risaltare meglio i contorni, pur conosciuto a Roma nel II secolo, sia
stato diffuso durante il III secolo in tutta la scultura romana. Il tipo di solco nel nostro sarcofago, molto marcato sia in larghezza che in profondità, richiama particolarmente il solco che è inciso intorno alle Vittorie che reggono uno scudo nelle basi delle colonne erette come monumento per il Decennale del regno di Diocleziano (303) 7. Tutto l’insieme si presenta come opera di fattura molto scadente. Le forme sono molto rozze e statiche, non c'è movimento reale espresso in maniera sentita dalle tre figure animali e dalla figura umana, l'apparente movimento di esse è impresso dall'artigiano solo nelle forme esteriori. Manca poi il senso delle proporzioni: si osservino in proposito le tre figure animali. Ci sono poi delle imperfezioni: cito per tutte l’asta della mano destra del cavaliere che fuoriesce dal campo e
investe il bordo dov'è l'iscrizione. Dato quanto si è detto sopra, mi pare si possa affermare che con questo sarcofago ci troviamo in presenza di uno scadente lavoro d’arte provinciale (la mancanza di altre figure oltre a quelle necessarie potrebbe anche costituire una prova dell’incapacità dell’artigiano, visto che non abbiamo, almeno per quanto è nelle mie conoscenze, altri esempi di sarcofagi con scene di caccia con cosî poche figure) databile agli inizi del IV secolo d.C. ! Vedi ad es. Caciano DE AZEVEDO tav. XLI, 77. Cito a questo proposito due cippi del Vaticano e per cui v. Cumont, tav. XLIV, 2 e 3; AMELUNG,
IJ, n. 137 b, p. 264, tav. 28 e n. 157 e, p. 265, tav. 28.
2 Vedi ad es. MustILLI, tav. XCVIII, 373 e p. 159, I.
3 Vedi CAGIANO DE AZEVEDO, p. 96. * ΒΟΒΕΚΊ, II, 2, tavv. LII-LVI. 5 Vedi CARLI-ARIas, p. 62. 6 Vedi a tal proposito una particolare scena di «oratio» dell’arco di Costantino riprodotto da S. Stucchi, Il ritratto bronzeo di Costantino del Museo di Cividale, Gorizia 1950, fig. 33 (fig. in alto a destra) e due sarcofagi dello stesso periodo (v. Bovini, figg. 191
e 192). 7 STRONG,
tavv. 65-66.
36
MAZARA DEL VALLO
L'iscrizione é abrasa specialmente nella parte superiore delle lettere essendo quella parte maggiormente corrosa per l'uso che durante i secoli s'é fatto del sarcofago !. Credo che esso si possa trascrivere in questo modo: xávüw Μαρκιανὲ πάσι ποϑινότατε. La formula πάσι ποϑινότατε (da ποϑεινότατε, è comunissima nelle iscrizioni sepolcrali di
quest'epoca: appunto per questo s'é creduto opportuno aggiungere all'ultima parola νότατε il nod della penultima). La forma stessa dell’iscrizione, il nome Μαρκιανός, la forma delle lettere (mi riferisco particolarmente al tipo della M, della E e della =) non costituiscono un ostacolo a considerare l'iscrizione della stessa età del sarcofago, degli inizi del secolo IV cioé, e quindi ad esso pertinente. Da notare altresí l'uso della lingua greca in questo periodo particolarmente usata nelle iscrizioni cristiane e che, com’é noto, cessó nel V secolo. L'iscrizione quindi, e forse anche il
sarcofago allora, potrebbero essere stati dedicati a un cristiano come sembrerebbe anche confermare il nome «Marciano» abbastanza comune nell'età cristiana. Non si esclude peró che possa essere di origine pagana. Abbiamo detto sopra che uno schema simile di caccia al cinghiale, connesso con il mito di Ippolito, troviamo nei sarcofagi dedicati a questo mito stesso. Ma la caccia al cinghiale in quanto tale, destinata verosimilmente a ricordare ai posteri la vita coraggiosa ed avventurosa del defunto,
è stata usata per un tempo abbastanza lungo nei monumenti funerari. Uno dei primi esempi, se non il primo, è costituito dal sarcofago liscio del Museo di Costantinopoli datato intorno al 400 a.C.? in cui sono raffigurati molti uomini a cavallo che, senza cani, vanno a caccia di un cinghiale che sta al centro col muso conficcato nel terreno. Nel periodo intercorrente tra il sarcofago di Costantinopoli e il nostro, che puó forse costituire uno degli ultimi esempi, il simbolo della caccia al cinghiale è stato usato spesso nei monumenti funerari: e non solo nei sarcofagi ma anche nei cippi >. La caccia al cinghiale viene raffigurata ancora in un sarcofago cristiano tardo di Clermont
Ferrand *. La troviamo poi, sia pure in uno schema un po’ diverso, in una gemma di zaffiro di Costanzo II datata intorno al 350 ?: i motivi paesistici in particolar modo sono simili a quelli del nostro sarcofago. ΒΙΒΙ.: 1) ADRIA, op. cit. supra, p. 26. 2) TARDIA, op. cit. supra, p. 17. 3) PUGLIESE, op. cit. supra, p. 86. 4) SCHUBRING J., p. 41.
5) CASTIGLIONE, op. cit. supra, p. 81. 6) LG. Siciliae et Italiae, Berlin 1840, n. 274 (KAIBEL). 7) Tusa, p. 72, n. 31; tavv. XLII-XLIV, figg. 68-73. 8) Bonacasa, p. 340, tav. XIII, 2. 9) Wirson, p. 146, n. 197.
! Per un altro esempio di iscrizione sul bordo superiore di un sarcofago v. Bovini, pag. 16, fig. 2. Ringrazio la prof.ssa Guarducci per le preziose indicazioni datemi per l'interpretazione di quest'iscrizione. ? Vedi MENDEL,
I, p. 158 ss.
3 CUMONT, p. 434, fig. 96. ^ Vedi R. Dzrsnück, Spätantike Kaiserporträts, Berlin 1933, p. 152, tav. 74,1 e fig. 49. 5 Ricordo a questo punto l'opinione di Macchioro, Il simbolismo nelle figurazioni sepolcrali romane, Napoli 1908, p. 29, il quale dice: «Il simbolismo vero e proprio si trova di regola nel cippo e solo per eccezione nel sarcofago... Il sarcofago sarebbe un documento sussidiario, il cippo invece un documento principale».
MEssINA, Museo Regionale
37.
Sarcofago degli Amorini Vendemmianti (Inv. n. A 222) (tavv. XLVI-XLVID.
Dimensioni: altezza m 0,55, lunghezza m
1,85, larghezza m 0,58.
Provenienza: ignota. Il Mauceri (op. cit. in bibliografia) dice che in una stampa del secolo XVIII, che non cita, «ὃ riprodotto accanto al teatro della Munizione, con popolane che vi attingono acqua»; dall'inventario del Museo si rileva che é stato rinvenuto nel «teatro delle Munizioni». Stato di conservazione: cattivo. Oltre alle figure tutte abrase mancano addirittura molte parti del sarcofago tra cui il lato breve di sinistra e una buona parte della fronte, al centro. Questo stato di conservazione contrasta tristemente con la particolare gioiosità che sembra emanare dalla scena riprodotta. Manca del coperchio. In epoca moderna fu adattato a fontana come fanno fede sia la stampa del '700, citata dal Mauceri, che il grosso buco al centro della fronte, buco che forse ha provocato, in un secondo tempo, la perdita di un altro pezzo sovrastante al buco stesso; nell'interno del fondo, si vedono inoltre le impronte lasciate dalle brocche. Materiale: marmo
bianco con venature bluastre.
Appartiene al gruppo dei sarcofagi a vasca con teste leonine !: qui peró insolitamente la scena raffigura un gruppo di Amorini che vendemmiano e pigiano l'uva. Questi ultimi, a destra, in numero di tre, nudi, pigiano l'uva in un tino decorato con un racemo di vite: il mosto dovrebbe uscire verosimilmente da due piccole teste leonine che, a mo' di grondaia, stanno sul davanti del tino. L'Amorino di sinistra ha in mano un grappolo d'uva. Altri Amorini a sinistra vestiti con la corta tunica dei lavoratori, raccolgono l'uva, salgono sulle scale per prenderla dai pergolati, la mettono nelle ceste, la trasportano al tino per essere pigiata: ce ne sono nella parte sinistra della fronte e nel poco che è rimasto dei lati brevi; da tutto il complesso spira un'aria di letizia e di festa. Questo tema degli Amorini vendemmianti, con questo schema, si trova piü spesso nelle testate rialzate dei sarcofagi come ad es. al Museo Capitolino ?, molto simile al nostro, al Museo
Nazionale di Madrid 5, a Porto Torres * etc. Notevole un frammento di coperchio che riproduce una scena simile alla nostra nello schema ed anche nei particolari (v. ad es. 1 racemi e le teste leonine nel tino dove si pigia l'uva): agli Amorini però sono qui sostituiti satiri >. Questo sarcofago dunque, che per il discreto uso del trapano possiamo datare agli inizi del III secolo d.C. (dato lo stato di conservazione non ci sono altri elementi di giudizio), sarebbe forse l'unico in cui la scena degli Amorini vendemmianti costituisce tutta la parte figurata della fronte.
! 2 3 4
V, G. RopenwalpT, Rómische Lowen, in La Critica d'Arte, giugno 1936, pp. 225-8. SruaRT Jones 1926, p. 72, tav. 26. Garcia Y BELLIDO, n. 271, tav. 218-222. Pesce, n. 59, figg. 118 e 121.
? AMELUNG,
I, p. 206, tav. 22, 56 D.
38
MESSINA BIBL.: 1) E. Mauceri, Guida del Museo di Messina, Roma 1929, p. 14. 2) Tusa, n. 32, p. 78 ss.; tavv. XLV-XLVI, figg. 74-76. 3) G. Consoti, Messina, Museo Regionale, Bologna 1980, p. 67, n. 177. 4) Wison, p. 242, n. 191.
5) MASTELLONI, p. 83, 5.
MESSINA, Museo Regionale
38.
Sarcofago di Centauri (Inv. n. 808/A 221)
Dimensioni: altezza m 0,47, lunghezza m
(tavv. XLVIII-LD.
1,97, larghezza m 0,60.
Provenienza: è stato rinvenuto, nel 1914, a Messina sotto la Chiesa di S. Nicolò dei Cistercensi.
Stato di conservazione: cattivo; mancano la maggior parte del lato posteriore e varie parti delle figure del lato anteriore che, per essere ad altorilievo o addirittura a tutto tondo, sono state maggiormente passibili di rotture. E inoltre spezzato in più punti. Manca del coperchio. Presenta nei lati brevi due grossi buchi, fatti forse in origine, per lo scolo della tabe cadaverica. Materiale: marmo bianco.
La scena riprodotta sulla fronte presenta una straordinaria regolarità. Al centro è un meda-
glione recante scolpito a bassorilievo una testa di medusa. Su questo medaglione, in alto, poggiano rispettivamente la mano sinistra e la destra, oggi mancanti, due centauri: essi hanno il corpo proteso verso il centro, mentre la loro testa si volge indietro, sono raffigurati con una lunga barba ed una lunga chioma e con un mantello buttato sulle spalle. Ai fianchi hanno un festone che pende sul mantello all'altezza del petto: il mantello stesso è annodato rispettivamente all'altezza della spalla sinistra e della spalla destra. Proprio sotto al medaglione ὃ riprodotto un albero di palma molto piccolo, in realtà, e stilizzato: ai lati due pantere nella stessa posizione dei centauri, volti verso il centro e con gli sguardi diretti ai lati. In posizione opposta, ai due lati estremi della fronte, stanno due centauresse. Esse sono volte verso l'esterno col corpo, ma hanno il viso leggermente volto verso il centro; i loro capelli sono ravvivati intorno alla nuca, sono nude (sulla groppa c’é qualcosa che potrebbe essere il resto di un mantello, il cattivo stato di conservazione impedisce un'esatta esegesi) ed hanno ai fianchi un festone simile a quello dei centauri. Sotto di loro, nella stessa posizione, altre due pantere, dalle lunghe code come le precedenti. In alto, tra ogni centauro ed ogni centauressa, una coppia di arpie in volo. Quella all'estrema destra, col capo volto al centro, sembra che suoni uno strumento a fiato.
Nei lati brevi ὃ decorato con i due soliti grifoni alati e accovacciati. I motivi sopra descritti sono comuni ai sarcofagi di quest'età: pur essendo in pessimo stato di
conservazione questo sarcofago doveva essere un pezzo di buona fattura databile alla prima metà del III secolo d.C. Bin: 1) P. 2) G. 3) E. 4) G.
Orsi, Messina, in MonArit, XXIV, 1916, col. 200, fig. 48. LiseRTINI, Paolo Orsi, in Archivio Storico per la Calabria e la Lucania, V, 1935, p. 245. Mauceri, Il Museo Nazionale di Messina, Roma 1929, pp. 68-9. Jacopi, Messina nell'antichità, in Messana, IIl, 1955, p. 27, fig. 13.
5) Tusa, p. 80, n. 33; tavv. XLVI-XLVII, figg. 77-79. 6)
Consoli, op. cit. supra, n. 176, p. 67.
MESSINA
39
MESSINA, Museo Regionale 39.
Sarcofago di Icaro (Inv. n. 1687/A 225)
(tav. LIT).
Dimensioni: altezza m 0,78, lunghezza m 2,09, larghezza imprecisabile perché resta solo la fronte. Provenienza: ignota. Stato di conservazione: discreto. Le figure sono tutte in buono stato, ὃ spezzato nella metà destra dall'alto in basso. A sinistra, in alto, ὃ scheggiato in vari punti, a destra, sempre in alto, manca un tassello di cm 54X6,5 nella cornice superiore. Sembra abbozzato, non finito: ci sono nelle figure visibili tracce di scalpellature, non passate poi di raspa né tanto meno levigate. Si notano due piccoli buchi proprio sotto la cornice superiore, di dubbia funzione: possono essere anche moderni. Materiale: marmo
bianco con venature bluastre e molti cristalli.
Sulla fronte, che ὃ l'unica parte che resta di questo sarcofago, sono riprodotti quattro episodi della vicenda di Icaro e precisamente,
a cominciare da sinistra:
1) la fabbricazione delle ali da
parte di Dedalo che qui vediamo intento a tale lavoro, vestito della sola exomis, con uno strumento appuntito nella mano destra che scalpella l'ala poggiante su di uno sgabello; dietro a lui sta una donna, con chitone e diadema in testa, che sostiene con la destra il braccio di Dedalo: forse Minerva o la personificazione dell'Arte; 2) una figura femminile seminuda con le ali nella testa, seduta su un masso roccioso, una Parca forse, attacca le ali ad Icaro servendosi di uno strumento
non ben definibile che tiene con entrambe le mani. Segue una figura maschile piü bassa delle altre, in nudità eroica, vista di fronte, appoggiata ad un pilastro con una clamide che tiene col braccio sinistro e con un ramo d'alloro nella destra: si tratta di Apollo; 3) questa scena ὃ costituita dal solo Icaro che ormai con le ali attaccate si libra nell'aria aiutandosi pure con le braccia che ha alzate; 4) segue la scena finale: Icaro à morto disteso bocconi su di un masso roccioso, con un'ala ancora accanto, sopra di lui una nuvola entro la quale è una divinita barbata,
dal petto nudo, con un ramo nella destra e il mantello sulle spalle e lo sguardo forse rivolto verso Icaro. A sinistra, davanti ad Icaro, una figura femminile, la stessa che gli ha attaccato le ali: qui
sembra che legga in un rotolo. Ha sulla testa uno strano copricapo, simile a quello dell’altra. Abbiamo quindi riprodotta in questa lastra di sarcofago, in quattro scene ben distinte (il Robert crede di vederne tre) tutta la vicenda del volo di Icaro.
Il mito di Icaro è stato riprodotto alcune volte sui sarcofagi, se non spesso come altri miti: questo schema peró mi sembra nuovo non avendo trovato alcun confronto da poter stabilire col nostro. Metà del HI secolo d.C., per il motivo esposto dal Robert. ΒΙΒΙ.: 1) Rosert, III, I, n. 37 (ivi bibliografia precedente). 2) Reinacy, III, p. 58, n. 4. 3) Mauceri, op. cit. supra, p. 14, fig. 4.
4) Jacopl, op. cit. supra, p. 28. 5)
Tusa, p. 81, n. 54; tav. XLVIII, fig. 80.
6) H. Sicurermanx - G. Kocn, Griechische auf romanischen Sarkophagen, Tübingen 1975, pp. 26-27, tavv. 51, 32, 2. 7) A. Denti, Una rappresentazione tardo-antica del mito di Leda, in Quaderni Messina, 2, 1986-87, p. 25 ss.; PA.
a p. 39, trattando del sarcofago di Leda, compreso pure in questo catalogo, sostiene che insieme, costituirebbero una «testimonianza... del perdurare, nell'ambiente culturale della città dello stretto, delle credenze escatologiche neoplatoniche dell'età di Plotino, cui si fa risalire il sarcofago con il mito di Dedalo-Icaro...»: siamo quindi alla meta del III secolo d.C., secondo PA. Al riguardo fornisce una ulteriore bibliografia. 8) WiLson, p. 246, n. 196.
40
MESSINA
Messina, Museo Regionale
40.
Sarcofago con il mito di Kore (Inv. n. A 224)
Dimensioni: altezza m 0,73, lunghezza m 2,08, larghezza
(tavv. LIII-LVD.
m 0,70.
Provenienza: dalla Chiesa di S. Francesco di Assisi di Messina, forse importato da Roma
(B. Andreae).
Stato di conservazione: cattivo. E rotto e sfaldato in vari punti, si pud dire che alcune quasi completamente. Ai danni che secondo il Mauceri (op. cit. in bibliografia) dovette causa di un incendio, quando ancora si trovava nella chiesa di S. Francesco, si debbono subiti in occasione della seconda guerra mondiale come appare da fotografie eseguite privo di coperchio.
figure manchino subire nel 1884 a aggiungere ques in vari periodi.Ε
Materiale: marmo bianco con venature bluastre.
Appartiene alla terza delle classi in cui il Robert ha diviso i sarcofagi col mito di Proserpina nella fronte. Tre scene si possono distinguere. A sinistra Cerere avanza verso destra su un carro tirato da due cavalli: un lembo del mantello gonfiato dal vento le incornicia il capo, la corta tunica che la ricopre ἃ legata ai fianchi. Davanti a lei una figura femminile alata si libra in volo volgendosi verso Cerere: con la mano destra sollevata tiene un lembo della veste che il vento fa gonfiare: secondo il Robert ! si tratta dell'alata giovine che guida il carro di Cerere, Trepidatio. Segue un altro gruppo costituito da Venere, Proserpina e Plutone. Proserpina ὃ vestita con una lunga veste che le copre le gambe fino ai piedi ed é raffigurata a terra con la gamba sinistra piegata, in ginocchio, in atto di cogliere fiori: davanti a lei stanno infatti un amorino
(forse anche due, sono pochissimi frammenti)
e due vasi pieni di fiori, uno
all'impiedi ed un altro caduto riverso forse nel momento in cui Proserpina si volta di scatto per il sopravvenire di Plutone. Questi é raffigurato in atto di avanzare a grandi passi verso Proserpina, barbato e con la lunga chioma, seminudo, con una veste che lo copre intorno ai fianchi: porta uno scettro con la sinistra e con la destra cinge il capo di Proserpina, nella sua spalla è poggiato un Amorino alato. Assiste alla scena una figura femminile identificabile come Venere con diadema nel capo ed un velo che le scende dalla testa sulle spalle. Tutta la parte destra della fronte è occupata dalla scena che riproduce il ratto di Proserpina. Questa è già sul carro di Plutone che velocemente si avanza verso destra; avevamo notato poco fà Proserpina tranquilla mentre coglieva fiori, con una acconciatura di capelli e le vesti al vento, qui invece è trattenuta con la destra da Plutone che con lo sguardo verso destra sembra che inciti i cavalli, che guida con la sinistra, a correre di piá: anche qui è raffigurato seminudo con un lembo di mantello sulla spalla sinistra. Dietro al carro sta Minerva con l'elmo dal lungo cimiero e forse la lancia, senza scudo, con la spada al fianco e la mano destra alzata. L’estrema frammentarietà del pezzo a questo punto c'impedisce di avere una visione esatta della scena: davanti a Plutone doveva esserci un fanciullo stante che dirigeva i cavalli, secondo il Robert (fig. 452) la personifi-
cazione maschile del guidatore del carro. Sotto ai cavalli giace la personificazione di Oceano, una figura maschile barbata, con il residuo di un remo nella sinistra e i resti delle dita della mano destra, alzata con un gesto di meraviglia, nel ventre del primo cavallo: ai suoi piedi il drago marino con la testa sollevata. Dietro ad Oceano stanno i resti indefinibili di un’altra figura tra due piccoli serpenti, identificata dal Robert come «Ianitor Orci» con le braccia tese ad accogliere Plutone.
I lati brevi sono decorati con due scudi esagonali incrociati, resi con un piccolo solco. Le scene sopradescritte sono comuni a molti sarcofagi: questo ci esime dal cercare confronti che peraltro sono stati eseguiti dal Robert che assegna questo sarcofago alla fine del II secolo
! Ropert, III, 5, p. 452.
MESSINA
41
d.C.; piuttosto, malgrado lo stato di conservazione del pezzo che impedisce osservazioni stilistiche esatte, propenderei ad assegnarlo alla prima metà del III secolo, e per il rilevante uso del trapano e per le acconciature dei capelli delle figure femminili, principalmente di Proserpina raffigurata in ginocchio. BIBL.: 1) Rosert,
III, 5, n. 399
(ivi bibliografia precedente).
2) Mauceri, op. cit. supra, p. 15. 3) Jacopl, op. cit. supra. 4) Tusa, n. 55, p. 83 ss.; tavv. XLVIII-L, 5) Consoli, op. cit. supra, p. 67, n. 175. 6) Bonacasa, pp. 328-329. 7) MANSUELLI, p. 203. 8) MASTELLONI, p. 75, 5.
figg. 81-84.
MESSINA, Museo Regionale
41.
Sarcofago cristiano (Inv. n.
A 220)
(tavv. LVII-LXI).
Dimensioni: altezza m 0,49, lunghezza m 2,05, larghezza m 0,50. Provenienza: da Messina, piazza dell'Università (1927).
Stato di conservazione: discreto; è soltanto scheggiato in più punti. Manca del coperchio. E rastremato verso il basso. Tracce di piombo si notano nel piano dove veniva posato il coperchio evidentemente per fissare questo alla cassa; forse allo stesso scopo servivano i due buchi del lato breve. DI
Materiale: marmo bianco.
Sulla fronte è decorato con due serie di strigilature convergenti verso il centro: qui, in un riquadro, è riprodotta una figura priva di qualsiasi elemento sessuale che la possa definire. E coperta solo dalle ginocchia ai fianchi, per il resto è nuda. Sul capo ha un attributo, forse un diadema: non ben definibile dato che a quel punto è molto abrasa: questo stesso motivo non fa veder bene il viso della figura. Verso di lei avanza un cigno che lei stessa sembra voler allontanare con la mano
destra, mentre con la sinistra tiene un lembo del vestito ed un attributo, forse una
foglia di pianta acquatica. Fa da sfondo alla scena un ampio tendaggio tenuto da due borchie poste in alto, alle estremità. Alle due estremità della fronte sono raffigurati, volti verso il centro, due geni alati, nudi, con
una face in mano volta verso l'alto. Nei lati brevi è decorato con due grifoni accovacciati: quello di sinistra tiene in bocca un ramo, quello di destra ha davanti al petto una croce equilatera fogliata. La scena centrale di questo sarcofago ha dato luogo a qualche divergenza di opinione circa la sua esegesi: dal suo primo illustratore, l'Orsi, e da tutti coloro che se ne sono occupati, è stata sempre interpretata come raffigurante Leda col cigno. L’Omodeo invece è stato d’opinione contraria, «sostenendo che si tratti di un sarcofago cristiano con la personificazione di Aeternitas e la Fenice, simbolo di resurrezione».
Niente di simile noi troviamo nei monumenti figurati romani che possa permetterci un utile confronto, per giustificare l'opinione dell'Omodeo, allo stesso modo come non troviamo, nelle varie raffigurazioni del mito classico di Leda, uno schema simile al nostro; è da dire intanto che il
sarcofago, per chiari motivi stilistici, è tardo, può essere datato benissimo al V secolo d.C., o anche più tardi, e quindi può essere cristiano: una rappresentazione mitologica è pertanto inconcepibile in quest'epoca. Da notare a questo proposito i geni con le faci e il tendaggio dietro alla rappresentazione centrale; motivi questi che troviamo appunto nei sarcofagi pit spesso dalla fine del HII secolo in poi. Per chiarire i motivi di questa contraddizione si può pensare ad una rilavorazione in epoca tarda di una rappresentazione anteriore, cosa che qualche studioso ha
42
MESSINA
fondatamente pensato !. Per questi motivi ritengo che l’interpretazione dell'Omodeo, accettata dal Pace che vi aggiunge delle opportune considerazioni stilistiche, sia quella che maggiormente riesce a dare una probante esegesi del nostro sarcofago, cosí come lo vediamo oggi. BIBL.: 1) P. Orsi, in NSc 1979, p. 51 ss., figg. 14-16. 2) C. LisenTINI, Romanità e avanzi romani in Sicilia, in Archivio Storico per la Calabria e la Lucania, V, 1935, p. 245.
3) A. Ομορεο, Di un sarcofago cristiano messinese e dei simboli in esso effigiati, in Studi di antichità classica offerti a Emanuele Ciaceri, 1940, p. 159 ss. 4) G. Lisertini, Recensione a «Studi di antichità classica offeri VII-VIIL, 1942-45, pp. 205-6. 5) Pace, IV, 1949, pp. 410-2. 6) Jacort, op. cit. supra, p. 27, figg. 14-15. 7) Tusa, p. 86, n. 56; tavv. L-LI, figg. 85-88.
a Emanuele Ciaceri», in Bollettino storico catanese,
8) DENTI, op. cit. supra, p. 25 e ss. (con ampia bibliografia). 9)
MASTELLONI, p. 79, 4.
MzssiINA, Museo Regionale 42.
Sarcofago bizantino (Inv. n. A 246)
(tavv. LXII-LXIV).
Dimensioni: altezza m 0,68, lunghezza m 2,17, larghezza m 0,65.
Provenienza: dall'antica Cattedrale di S. Nicola. Stato di conservazione: mediocre. Manca una buona parte dell'angolo costituito dalla fronte e dal lato breve di destra. E inoltre spezzato nella fronte. Le figure che decorano i lati brevi sono molto abrase. Manca
del coperchio. Al centro della fronte, in basso, reca un grosso foro. Osservando
attentamente la
fronte si vede come essa sia stata ribassata in un secondo tempo per permettere l'esecuzione della decorazione che oggi vediamo. Fu restaurato in antico come si nota dalle tracce di piombatura nella parte mancante.
Materiale: marmo bianco.
Reca nella fronte una decorazione costituita da tre rombi a bassorilievo entro i quali sono tre croci molto stilizzate; fuori dai rombi sono otto foglie di trifoglio di cui quattro proprio agli spigoli. Contrasta con questa decorazione quella dei lati brevi per cui credo si possa affermare senz'altro che il sarcofago sia stato riadoperato in epoca posteriore a quella in cui ebbe origine, quando cioé fu scalpellata la fronte per eseguirvi la decorazione sopra descritta. Nel lato breve di sinistra sono tre figure, una femminile a sinistra e due maschili. La figura femminile & vestita con chitone ed himation che le arriva fino ai piedi: con la mano sinistra sembra che implori o porti qualcosa al viso o sostenga il mento. Segue una figura maschile (Ercole?: manca la leonteia, ma ha la clava) con il petto, la spalla e il braccio destri scoperti, che
volge il capo verso la figura femminile: presenta una corporatura molto possente dagli ampi pettorali e dai grossi muscoli della spalla e del braccio; con la mano sinistra tiene sollevata in alto una grossa clava. Segue ancora una figura maschile forse piá giovane, con una piccola clamide ravvolta intorno al collo che gli copre il petto e forse le spalle e di cui egli tiene un lembo con la destra: per il resto ὃ nudo. Tiene il capo leggermente chino e volto verso sinistra. Tra le due figure maschili ὃ un cane seduto sulle zampe posteriori. Le tre figure potrebbero identificarsi, secondo Andreae, con Alcesti, Admeto ed Ercole come dal noto mito.
1 ANDREAE,
p. 820 ss.
MESSINA
43
Nel lato breve di destra sono raffigurati due giovani, nudi, stanti, con le varie parti anatomiche molto marcate come nel lato sinistro. Quello di sinistra, in parte mancante, si appoggia con la destra su un bastone, mentre con la sinistra regge un disco anepigrafe; quello di destra, interamente conservato, regge con la sinistra una lancia: con la destra, naturalmente pendente, si appoggiava ad un elemento non definibile, forse un pilastro, con lo sguardo volto a sinistra: si tratta forse di due discoboli. Pur essendo rozzamente eseguite e rese in maniera pesante e forse un po’ goffa, le figure dei lati brevi fanno
pensare
che l'artigiano,
che le esegui,
ebbe
dinanzi,
o per lo meno
pensó,
a
modelli classici: osservando il nudo di queste figure infatti non si puó non pensare al nudo policleteo e in genere al periodo c.d. severo nella scultura greca: l'ultima figura, a destra nel lato breve di sinistra, ci ricorda poi, per il suo atteggiamento, Orfeo nel rilievo di Orfeo ed Euridice del Museo Nazionale di Napoli '. Dobbiamo concludere dunque che questo sarcofago ebbe origine in un periodo di ritorno a motivi classici, intorno alla metà del II secolo quindi, probabilmente in un'officina romana, e fu eseguito da qualche artigiano che ebbe presenti, si, modelli classici, ma che non era all'altezza di imitarli bene.
La rilavorazione della fronte dovette avvenire in età bizantina o anche nell'alto medioevo quando incominció l'uso di adoperare antichi sarcofagi per la deposizione dei defunti: a tale epoca si possono riferire i motivi decorativi della fronte. BIBL.: 1) P. Orsi, in NSc,
1929, p. 54.
2) Mauceri, op. cit. supra, p. 14. 3) 4)
Tusa, n. 37, p. 88 ss.; tav. LII, figg. 89-91. Consoli, op. cit. supra, pp. 68-69, figg. 181-185.
! A. Delia Seta, I monumenti dell'antichità classica, Grecia, 1933, fig. 204.
MONREALE,
45.
Cortile dell’Episcopato
Sarcofago di grandi dimensioni (tavv. LXV-LXVI).
Dimensioni: altezza m 1,62, lunghezza m 2,60, larghezza m 0,62. Provenienza: ignota.
Stato di conservazione: discreto. Essendo stato usato per molto tempo all'aperto come fontana, è rotto in certi punti (nelle teste dei leoni) o abraso. Manca del coperchio. Materiale: marmo bianco.
E un
sarcofago
della forma c.d.
a «bagno»;
con
i lati brevi convessi
cioé,
e di notevoli
proporzioni. Sulla fronte ὃ decorato con due serie profonde di strigilature convergenti al centro; nel punto d'incontro, in alto, ὃ riprodotto a bassorilievo un elemento consistente in una asticella
posta verticalmente, definita alle estremità da due piccoli triangoli. Nei lati brevi à decorato con due leoni di grandi proporzioni, riprodotti per intero, che sporgono la testa e la folta criniera sulla fronte. Ognuno di essi tiene sotto, stretto con le gambe anteriori, un asino selvatico (onagro) che
tenta di divincolarsi dalla stretta che l'attanaglia. Dietro ad ogni leone è riprodotta una figura virile, di cui si scorgono solo la parte superiore e le braccia, coperte di una tunica con molte pieghe
e da un mantello
svolazzante,
che
sembra
guidare
il leone
stesso:
il venator.
Questo
atteggiamento della figura virile e le bardature che cingono i leoni, si connettono probabilmente con gli spettacoli da circo di cui in questa raffigurazione sentiremmo l'eco. Fin dagli ultimi decenni del II secolo e per tutto il III furono numerosi i sarcofagi con leoni di cui si riproducevano o la sola testa o tutto il corpo nell'atto di azzannare un cervo o un cavallo; ὃ noto altresi come in un primo tempo (fine II secolo, primi decenni del III) solo le teste leonine venivano
riprodotte
nei sarcofagi,
spesso
in mezzo
a scene
figurate;
di questo
tipo un buon
esempio ὃ costituito dal sarcofago Ouvaroff conservato nel Museo dell'Ermitage di Leningrado datato da Lehmann-Hartleben e Olsen !, nel primo decennio del III secolo d.C. Basandosi su questa considerazione e sul fatto che le teste dei leoni qui riprodotte non sono molto stilizzate, come invece avverrà nelle teste della seconda metà del III secolo, si puó con tutta
probabilità datare questo sarcofago intorno alla metà del III secolo d.C. Con questa datazione concorda altresi l'esame della figura virile sopra descritta. Strette analogie presenta il nostro sarcofago con quello del Vaticano, seppure questo di pit
modeste proporzioni, qualche decennio.
riprodotto
da Amelung ?: quest'ultimo
| LEHMANN- HARTLEBEN, OLSEN, p. 74 e fig. 42. ? AMELUNG, II, tav. 24, 102 f.
però
è posteriore
al nostro
di
MONREALE BIBL.: 1) Scerrato, p. 259
ss., tav. LXI, 3 e LXII,
1-2. L'A., a p. 259, nota
45
1 scrive che questo sarcofago gli «risulta
semplicemente ricordato in un articolo di P.E. Arias, Un nuovo sarcofago con scena pastorale, in Le Arti, 1939, p. 25. In realtà dalla frase dell'Arias («ad altri di Monreale...») non si pud arguire con certezza che si tratti di questo sarcofago in quanto si potrebbe trattare dell’altro pure conservato in Monreale che ὃ pubblicato in questa stessa raccolta e che riproduce una scena simile: può anche darsi che l'Arias abbia voluto accennare ad entrambi i sarcofagi». 2) Tusa, p. 90, n. 58; tavv. LIII-LIV, figg. 92-95. 3) 4) 5)
PAOLETTI, p. 235. Bonacasa, p. 329. Wirson, p. 243, n. 192.
MONREALE,
44.
Curia arcivescovile
Sarcofago con Amorini nel circo (tav. LXVII).
Dimensioni:
altezza m 0,35, lunghezza
m
1,22, larghezza m 0,15.
Provenienza: ignota.
Stato di conservazione: mediocre. La permanenza all’aperto a contatto dell’acqua ne ha compromesso la buona conservazione, ragione per cui è molto abraso e rotto in più punti: mancano infatti varie parti sia dei cavalli che degli amorini. E sistemato in un cortile interno della curia ed adibito tuttora ad uso di fontana. Manca del coperchio. Materiale: marmo
bianco.
Il tipo di sarcofago, adoperato specialmente per bambini, riproducente la corsa di amorini su bighe nel circo è molto comune in epoca romana !. Il nostro riproduce con un certo vivace realismo la spina di un circo davanti alla quale quattro bighe guidate da altrettanti Amorini hanno appena iniziato la corsa. Le metae delimitano la spina; se ne vedono due per lato in quanto l’altra s'immagina dall'altro lato. Sulla spina sono disposti i vari elementi che normalmente si vedono raffigurati nelle varie riproduzioni di circhi che conosciamo: cito per tutte il famoso mosaico di Lione ^. Cominciando da sinistra è raffigurato un piedistallo, cui si accede per mezzo di una scala, qui riprodotta, e dove sono ben disposti ancora intatti i sette ova, i quali, com’é noto, venivano asportati uno alla volta ad ogni compimento di giro da parte dei corridori: essendo qui ancora raffigurati tutti e sette, è segno che la corsa è appena iniziata. Subito dopo è riprodotta, verosimilmente su un piedistallo, una figura femminile non ben definita, essendo molto abrasa, ma che potrebbe raffigurare una Vittoria. Ancora pid a destra, al centro della scena, un pilastro quadrangolare, svasato alle estremità, sostiene una base su cui sono riprodotti due animali affrontati: lo stato di conservzione
non permette una più sicura identificazione, potrebbe però trattarsi dei delfini, molto comuni in queste
scene.
Quattro sono le bighe che partecipano alla corsa, che, come dicevamo, è per una delle bighe è iniziata male. Appena fuori da uno dei carceres infatti, di sinistra, i cavalli sono incespicati e son caduti facendo sobbalzare la biga. di fare un capitombolo: alla vista di questo incidente un Amorino si porta
appena iniziata: ma, subito dopo la meta L’auriga è sul punto la mano destra nei
capelli, mentre con la sinistra tiene una brocca, forse per recare aiuto all’infortunato. Da questa
scena, che abbiamo voluto descrivere con precisione, si può notare come un certo realismo stia alla base della raffigurazione. Le altre tre bighe, viste di profilo, galoppano verso destra: niente di straordinario in esse, se non fosse per l’auriga della prima biga di destra che è visto di prospetto e non di profilo.
! Vedi a tal proposito l'elenco che ne fa Cumont, p. 348 ss. 2 GunL-KOoNER, fig. 499.
46
MONREALE
Nello sfondo tre Amorini che galoppano nella stessa direzione delle bighe: solo uno di essi, al centro, ὃ visto di prospetto. Alla estremità destra sotto l'arco formato dalla prima coppia di cavalli, un Amorino caduto riverso a terra, a stento distinguibile dato lo stato di frammentarietà in
cui si trova. Questo stesso motivo impedisce di fare tutte le osservazioni necessarie perché si possa giungere ad una datazione quanto più possibile vicina al vero: credo, comunque, che non dovremmo allontanarci molto dalla fine del II secolo o dagli inizi del III. Lo schema ὃ simile per quasi tutti i sarcofagi di questo tipo: si vedano a tal proposito, piü specificatamente, quello del Museo di Napoli! e tre del Vaticano 2. Troviamo sempre quattro bighe in primo piano e, nello sfondo, la spina con i suoi vari ornamenti. Delle quattro bighe una è sempre a terra, sempre la terza da sinistra negli esemplari sopracitati: solo nel nostro è la prima. Degli Amorini a cavallo uno é quasi sempre di prospetto, gli altri sono disposti, in numero piü o meno grande, quà e là, sempre in maniera da dare vivacità a tutta la scena: il nostro in realtà, tra quelli citati, ὃ quello che ha il minor numero di figure, nell'impostazione generale peró segue lo schema degli altri: sembra quasi che i vari artigiani abbiamo seguito un unico modello, cosa del resto non improbabile. Sul significato da dare a questa rappresentazione il Cumont ? sostiene che si debbano vedere in questi Amorini alati le anime alate che, a somiglianza di quelle descritte nel «Fedro» di Platone, animate da un'ardente emulazione, si sforzano di raggiungere sui carri la sommità del cielo. Questa interpretazione puó forse sembrare un po' forzata a noi moderni, tale peró non sarà apparsa verosimilmente ai Romani per i quali il circo, consacrato al sole, costituiva un'immagine dell'universo. Bis: 1) G. Compacnt, Jllustrazione di un sarcofago marmoreo nella scala del palazzo Arcivescovile di Monreale, Palermo 1838. 2)
Tusa, p. 92, n. 59; tav. LIV, fig. 96.
! Alinari 11176.
? REINACH, III, p. 368, 1 e 2 e p. 369,1. 5 CUMONT, pp. 348 e 461.
Mozia, Museo Archeologico
45.
Sarcofago con strigilature e stemma medievale (tavv. LXVIII-LXIX, 1).
Dimensioni: altezza m 0,45, lunghezza m
1,99, larghezza m 0,55.
Provenienza: probabilmente da Lilibeo. Stato di conservazione: buono; manca del coperchio. Nella parte alta della fronte reca due scanalature verticali che, insieme alle incrostazioni calcaree che da essa si dipartono, fanno pensare che questo sarcofago sia stato usato come fontana. Sia nella fronte che nei lati brevi reca visibili tracce d'intonaco. In questi son rimasti dei buchi che servivano verosimilmente per saldare la cassa al coperchio. Materiale: marmo bianco.
È decorato sulla fronte con due serie di strigilature convergenti al centro: qui è posto un cartiglio quadrato con le «ali» laterali, che reca iscritto al centro uno stemma medioevale; il sarcofago quindi & stato riadoperato in un'età posteriore a quella in cui fu scolpito. Sul cartiglio non c'é traccia alcuna d'iscrizione. Nei lati brevi ὃ decorato con un motivo che farebbe pensare ad una panoplia, molto stilizzata peró: é lo stesso motivo che troviamo, fra gli altri, nel sarcofago che attualmente viene adoperato
come fontana all'ingresso di Palazzo Venezia a Roma. Età: III-IV secolo d.C. BIBL: 1) Tusa, p. 99, n. 42; tavv. LVI-LVII, figg. 102-103.
PALERMO, Casa Daneu
46.
Sarcofago con delfini (tav. LXIX, 2).
Dimensioni: altezza m 0,70, lunghezza m 2,00, larghezza m 0,65.
Provenienza: da una località non precisata della Sardegna (notizia riferitami dal Sig. Daneu). Stato di conservazione: mediocre. E abraso in pit punti, nei lati brevi presenta alcuni fori che indicano essere stato usato come fontana. Manca il coperchio. Dopo l'abbandono della casa da parte della famiglia Daneu il sarcofago è stato portato via in località a me ignota. Materiale: pietra dura nerastra.
Sulla fronte ὃ decorato quasi per intero da due serie di strigilature non molto profonde convergenti al centro. Tutto il campo delle strigilature à racchiuso da un bordo largo cm 3, costituito da motivi a spirale: questo bordo cinge le strigilature dai lati brevi e dal lato lungo superiore, in quello inferiore il campo delle strigilature à delimitato da un semplice listello. Ai due lati estremi della fronte, fuori dal campo delle strigilature, sono raffigurati due delfini, con la testa all’ingiù, poggianti quasi su un plinto sagomato. Nei lati brevi è privo di decorazione. Il delfino costituisce un simbolo che, com’è noto, venne usato spesso in epoca cristiana per rappresentare la salvezza dell’anima. Lo troviamo riprodotto, ad esempio, in un cippo di calcare del Museo dell’ Aquila accanto ad un'iscrizione cristiana probabilmente del IV secolo !: i delfini qui riprodotti sono simili a quelli del nostro sarcofago sia pure in una posa diversa. E probabile che anche il nostro sarcofago, come il cippo dell'Aquila, risalga al IV secolo 2. BIBL.:
1) Tusa, p. 100, n. 43; tav. LVII, fig. 104.
PALERMO, Cattedrale, Cappella delle Reliquie
47.
Fronte di sarcofago con due letterati (tav. LXX).
Dimensioni: altezza m 0,60, lunghezza m 1,16: non è possibile stabilire la larghezza in quanto resta la sola parte anteriore incastrata nell’altare.
Provenienza: ignota. Stato di conservazione: discreto. Il riquadro sagomato che si vede nella riproduzione fotografica è opera
1 Cfr. RM,
1912, p. 304, fig. 2.
2 Per altri sarcofagi con delfini v. Pesce, nn. 34, 41, 45 e 46.
PALERMO
49
recente, probabilmente dell'epoca in cui questa lastra venne trasportata nel luogo dove oggi si trova e ivi adattata: prima infatti (v. Casano)
si trovava nella Cripta della Cattedrale, pure adattata a fronte di altare.
Questa lastra che ricopriva i resti del corpo di S. Cosma, si trovava certamente nella cattedrale fin dal 1736, anno in cui fu eseguita la ricognizione dei resti del Santo: questi, insieme alla lastra, furono posti sotto l'altare dell'Immacolata. Nel 1781 si inizió un restauro del Duomo di Palermo e allora varie cose furono mosse; fu cosi che nel 1832 questa lastra si trovó nella villa del Duca di Serradifalco, all'Olivuzza. Quando poi, in quell'epoca, si inizid la sistemazione del sotterraneo del Duomo, il Duca di Serradifalco
cedette gratuitamente sistemata
la lastra al Capitolo
nel sotterraneo
stesso,
come
della Cattedrale,
fronte dell'altare.
che gliene aveva fatta richiesta; fu allora
Nel
1849,
scrive il Casano,
fu trasportata
dal
sotterraneo nella Cappella delle reliquie, dove tutt'ora si trova adoperata come fronte di altare. Le due iscrizioni che stanno al centro recano le date, quella superiore, del 1160, quella inferiore, del 1369: al posto
della prima doveva esserci l'iscrizione romana antica, al posto della seconda saranno state forse una o due piccole figure poi «scalpellate senza molta cura». La prima si riferisce all'Arcivescovo S. Cosma l'Africano che era sepolto nel sarcofago di cui questo frammento costituiva la parte centrale della fronte, mentre la seconda dà notizia della traslazione della salma dello stesso S. Cosma nell'altare di cui questa lastra fungeva da paliotto. Materiale: marmo
bianco.
Semplice à la decorazione: essa riproduce alle due estremità due busti maschili vestiti di tunica e pallio avvoltolato, questo in senso trasversale al petto e tenuto con la mano destra, con la sinistra invece entrambi i personaggi tengono un rotolo: si tratta molto verosimilmente di due letterati. Piá vicini al centro due genietti alati con la piccola clamide sulle spalle raccolgono il bordo di una cortina stendendola dietro i due personaggi in maniera da costituire uno sfondo !. Lo stato di abrasione delle figure non permette di fare precise considerazioni di carattere stilistico; si pud comunque assegnare questo frammento di sarcofago intorno alla meta del III secolo d.C. BIBL.: 1) A. Casano, Sulla tomba di S. Cosma, Palermo 2) Casano, p. 56, tomba n. 24. 3) Dr Giovanni, in A.S.S., 1873, p. 527. 4) PACE, p. 412e n. 5. 5) Tusa, p. 101, n. 44; tav. LVII, fig. 105.
1846.
6) PAOLETTI, pp. 230 e 233, figg. 5 e 6, note 18-21.
PALERMO, Cattedrale,
48.
Cripta ?
Sarcofago con la caccia al cinghiale calidonio (tav. LXXI).
Dimensioni: altezza m 0,50, lunghezza m 2,07, larghezza m 0,52. Provenienza: ignota.
Stato di conservazione: mediocre. È molto corroso, molte parti delle figure sono mancanti, forse perché scalpellate (v. specialmente l'ultima figura a destra). Il coperchio non è pertinente, è stato aggiunto in epoca posteriore, verosimilmente quando il sarcofago fu riadoperato per accogliere il corpo dell'Arcivescovo Marullo
che mori nel
1588.
Il Robert
invece
sostiene
che sia stato posto
nel
1843,
quando
la Cripta,
! Sul significato del tendaggio dietro le figure, detto «parapetasma»: v. Bovini, p. 57 ss.; nello stesso volume, significato dei rotoli nelle mani dei defunti. 2 StuarT Jones 1926, p. 33, n. 17, tav. 10.
a p. 64, sul
abbandonata lungo i secoli è stata restaurata. Materiale: marmo giallino.
50
PALERMO
E riprodotta in questo sarcofago la caccia al cinghiale calidonio ad opera di Meleagro. Le figure, in movimento, indossano tutte, meno due, la sola clamide.
Cominciando da sinistra notiamo un uomo vestito di lunga tunica che sembra fuggire, mentre volge lo sguardo dietro: potrebbe essere Oineo. Subito dopo un altro uomo, Anceo, con la spalla e il braccio destri lasciati liberi dalla clamide, si dirige in senso contrario verso una figura femminile, Artemide, che, vestita di corta tunica e di faretra, sembra andargli incontro, tendendogli il braccio. Più avanti due figure maschili, i Dioscuri, hanno nella sinistra lo spiedo da caccia (venabulum),
tengono per le briglie due cavalli, indossano la clamide e hanno sulla testa il pileo. Pur dirigendosi verso sinistra volgono lo sguardo verso destra, verso Meleagro cioé. Al centro il protagonista della caccia vibra con vigore la lancia contro la bestia: ai suoi piedi è un cane, probabilmente levriero, e alla sua sinistra una donna, Atalanta, vestita come la figura femminile precedente; essa impugna l'arco con la sinistra e con la destra prende un dardo dalla faretra, certo per aiutare l'uomo impegnato nella caccia; la figura maschile che segue é in atto di ferire con lo spiedo da caccia il cinghiale che gli sta dinanzi: segue un uomo disteso a terra, forse abbattutto dal cinghiale. C’é poi un albero occultato per tutto il tronco dalla figura precedente. La penultima figura è in atto di scoccare un dardo sul capo del cinghiale, l'ultima invece osserva la scena. L'estrema abrasione delle figure ci impedisce di fare valide osservazioni di carattere stilistico; possiamo pero osservare con certezza come le figure principali ripetano con esattezza modelli già noti e comuni: v. ad es. le figure di Anceo e di Meleagro nel sarcofago del Museo dei Conservatori ! molto simili alle nostre. Il Robert data questo sarcofago alla metà del II secolo d.C.: pur non potendo fare, come s'é detto sopra, osservazioni di carattere stilistico, a me pare che si potrebbe assegnarlo alla fine dello stesso secolo o forse anche agli inizi del successivo non foss'altro che per la spazialità delle figure, caratteristica questa che, com'é noto, si trova nei sarcofagi posteriori al II secolo d.C. Bini: 1) CoMPAGNI, p. 28, tav. 5.
2) CASANO, p. 11, tomba n. 5, tav. B 1. 3) 4) 5)
ΒΟΒΕΚΊ, III, p. 515, n. 247. Pace, I, fig. 43. O. Garana, I sarcofagi della cripta del Duomo
di Palermo, in L'Illustrazione Siciliana, IV, 1951, pp. 8-9 e 12.
6). Tusa, p. 102, n. 45; tav. LIX, figg. 107-108. 7) PAOLETTI, p. 230, n. 6. 8)
G. Kocu, Die mythologischen Sarkophage, XII, 6, Meleager, p. 135, n. 154, tav. 25 b.
PALERMO,
49.
Sarcofago con le Muse
Cattedrale, Cripta
(tavv. LXXII-LXXIV).
Dimensioni: altezza m 1,02, lunghezza m 2,20, larghezza m 0,92.
Provenienza: ignota. Stato di conservazione: mediocre. I volti sono abrasi in maniera da rendere impossibile il riconoscimento. Mancano, perché spezzate, le mani e parti delle braccia di molte figure. Manca completamente la testa della seconda Musa da sinistra. Il coperchio che oggi copre il sarcofago é di impasto, l'originale quindi manca. Accanto al sarcofago sono stati costruiti recentemente due pilastri in mattoni, proprio addossati ai lati brevi in maniera tale che non é possibile vederli né tanto meno fotografarli: per questo motivo vengono qui presentate due vecchie fotografie di questi lati, certo non buone, esistenti nell'archivio fotografico del Museo di Palermo. Materiale: marmo bianco con venature bluastre. ! Brevi notizie sui sarcofagi della cripta della Cattedrale in: A. Zanca, La Cattedrale di Palermo (con appendici di M. Giuffrè e R. La Duca), in Atti Accademia
Scienze Lettere e Arti, Palermo
1984, p. 86.
PALERMO
51
Questo sarcofago, che indubbiamente puó considerarsi il più interessante tra quelli conservati nella Cripta della Cattedrale di Palermo, riproduce una scena di coronazione di un poeta o di un letterato in presenza della sua compagna, che gli sta seduta di fronte, delle nove Muse e di Apollo Musagete. Secondo la classificazione del Bie! il nostro sarcofago appartiene alla 4°) classe, quella delle Muse «mit Dichtern». Dato il mediocre stato di conservazione per cui i volti sono tutti abrasi e molte parti sono addirittura mancanti perché spezzate, non é facile procedere all’identificazione di tutte le figure. In primo piano, sedute, stanno due figure, a sinistra una donna e a destra un uomo, evidentemente i due coniugi: la raffigurazione di due coniugi messi di fronte sui sarcofagi s'incontra spesso; sembra che sia un motivo orientale ?.
La donna é vestita con una lunga tunica che le lascia scoperta la spalla destra, parte del petto e dell'omero, e con un ampio mantello; l'uomo è vestito con chitone e mantello ed è calzato di
sandali, sta seduto su uno sgabello dalle zampe leonine e tiene in mano un rotolo in parte svolto. La donna sta seduta su uno sgabello diverso dal precedente e tiene la mano sinistra sulle corde di una cetra che le porge la Musa che le sta dinanzi: il braccio destro manca quasi per intero e pertanto non si puó dire che cosa con esso facesse, sembra peró che stesse poggiato sulla cetra. Le due figure ora descritte stanno in primo piano; in un secondo piano, tutte all'impiedi, stanno le altre dieci figure qualcuna delle quali è più arretrata rispetto alle altre. A tutte fa da sfondo un tendaggio, un «parapetasma», motivo comune a molti sarcofagi ?. Tutte le figure, tranne una, la Musa Talia, sono vestite con un'ampia tunica stretta alla vita
da una fascia e con un mantello; hanno i piedi calzati da sandali e i lunghi capelli tracciati ad ampie ciocche ondulate e ravvolte sulla nuca. Procedendo da sinistra la prima figura, volta di tre quarti verso chi guarda, ὃ identificabile con Erato, la Musa
dei canti amorosi: accanto ad essa, alla sua destra, sopra un piccolo piedi-
stallo sagomato all'angolo del sarcofago (è visibile meglio nella fotografia del lato breve di sinistra), è una lira che la Musa doveva tenere con la mano destra, oggi mancante. Proprio dietro la
figura femminile seduta c'era un'altra Musa di cui manca completamente la testa ma della quale è rimasta molto visibile la traccia: essa è riconoscibile per Clio, la Musa della Storia, che tiene nella mano sinistra un rotolo. L'altra figura ὃ Tersicore, Musa della Danza, la quale porge la cetra alla sposa: con questo particolare l'autore di questo rilievo avrà voluto far risaltare che la donna qui riprodotta non doveva essere insensibile alla danza e alla musica. Segue Talia, Musa della Commedia, la quale tiene con la destra la maschera poggiata sopra un piedistallo. Questa ὃ vestita in una maniera diversa dalle altre: è calzata con coturni e sotto il mantello che è comune alle altre Muse, al posto della tunica, porta un curioso «maglione teatrale a rete» ^ e proprio nel bordo superiore di questo vestito, nella scollatura, una collana con «bulla»: & questo il vestito caratteri-
stico di questa Musa. Il Lippold?, a proposito di una figura di Talia riprodotta in una urna cineraria del Vaticano, crede che si tratti di una sottile pelle; l'Amelung invece 9, a proposito di un sarcofago conservato nella sala del Meleagro che ha molti punti di rassomiglianza col nostro, crede che si tratti di una maglia a rete 7. Anch'io credo che si tratti di una maglia, lavorata a rete, in maniera da essere perfettamente aderente al corpo. Segue a Talia un'altra figura, resa a rilievo più basso delle altre e in piano più arretrato, identificabile con Polimnia, Musa degli inni; accanto é raffigurata Euterpe, Musa della lirica, che tiene nelle mani i due flauti di cui ἃ l'inventrice. L’altra figura che segue, con la cetra nelle mani, non può essere che Apollo: è coperto con un ampio mantello ed ha una benda che gli attraversa trasversalmente il petto, forse quella della
! Vedi Bir, op. cit. in bibl., p. 59. 2 Vedi G. RoDENWALDT,
Ein lykisches Motiv, in JDI, 55,
1940, p. 44 ss.
5 Vedi Bovini, p. 57.
4 M. Borpa, Monumenti archeologici tuscolani nel Castello di Agliè, Roma 5 G. LirPoLp, Die Sculpturen des Vaticanischen Museums, 9 AMELUNG,
II, p. 40, n. 15, tav. 5.
7 «Netztricot».
Berlin
1943, p. 38.
1936, III, 1, n. 535 a.
52
PALERMO
faretra. Il viso è completamente abraso e quindi non è riconoscibile. Segue Melpomene, Musa della tragedia: ai suoi piedi ἃ un frammento di maschera, la parte superiore congiunta a una benda,
ornamento
non raro nelle maschere.
Tra Apollo
e Melpomene
è un vuoto in cui forse
doveva stare il tripode su cui posava la cetra; sullo stesso spazio inoltre, sullo sfondo, à riprodotto un orologio solare in forma molto schematizzata !. La penultima Musa ἃ certamente quella dell'astronomia, Urania, che tiene un globo con la mano sinistra. L'ultima infine è Calliope, Musa
dell'epica: essa tiene in mano una corona che sta per poggiare sul capo del personaggio seduto; probabilmente doveva essere un poeta epico. Alcune delle Muse recano nel capo le due penne, il famoso ornamento comune a tante raffigurazioni di Muse e che ricorda la lotta vittoriosa da queste sostenuta contro le Sirene ?. Il sarcofago
ὃ decorato
anche
nei lati brevi.
In quello
di sinistra,
con
lo sfondo
di un
tendaggio raccolto all'estremità sinistra, & raffigurato un vecchio barbato visto di profilo, rivolto verso destra, seduto su un subsellium avvolto in un pallio che gli arriva fino ai piedi, ma che gli lascia scoperto tutto il fianco destro. Dietro lo sgabello à un fascio di rotoli legato al centro, un altro fascio, pure legato allo stesso modo, ὃ appoggiato su una colonna posta dinanzi al vecchio. Un rotolo poi é aperto davanti, forse sostenuto dalla mano sinistra che peró non si vede. Nel lato destro & riprodotta la stessa figura di vecchio, barbato e avvolto nel pallio come l'altro, con spalla
destra scoperta: a differenza del primo peró questo à seduto su uno sgabello dai piedi leonini, non ha il tendaggio nello sfondo, non ha rotoli intorno a sé e ha dinanzi una colonna sulla quale non è posato il fascio di rotoli bensI un orologio solare schematizzato simile a quello che abbiamo visto nella fronte *. Salta subito alla vista la profonda differenza esistente tra queste due figure e quelle della fronte. La parte posteriore è levigata; al centro, in alto, c'è un riquadro scalpellato in cui si scorgono i segni di un'iscrizione, segno questo che il sarcofago é stato riadoperato nel corso dei tempi. Com'é noto uno degli omaggi più considerevoli, forse il più grande, che si potesse fare a un cittadino romano che in vita si fosse dedicato alle lettere o al teatro, alla sua morte, era quello di raffigurarlo nel sarcofago insieme alle Muse: allora significava che il defunto era ammesso alla vita immortale ^. Quest'uso ὃ attestato non solo dal gran numero di sarcofagi con le Muse che é stato ritrovato, oltre 50, ma anche da quel che dice Orazio
(Odi, IV, 8, 28, 29):
Dignum laude virum Musa vetat mori. Coelo Musa beat.
Come abbiamo accennato sopra, il sarcofago che ha molti punti di contatto col nostro é quello conservato nella Sala del Meleagro del Vaticano: questo, secondo l'Amelung, à databile intorno alla metà del III secolo d.C.; anche il nostro dovrebbe essere vicino a questa data. In ogni caso non potrebbe essere posteriore ma, se mai, anteriore. Nell'uno e nell'altro peró io credo che manchino sicuri elementi di giudizio; in quello del Vaticano per i molti restauri, nel nostro per le abrasioni che hanno reso irriconoscibili tutti i visi. Altro confronto si puó stabilire con un sarcofago di Murcia ?. Pur in queste condizioni il nostro rivela la mano, se non proprio di un artista, di un valentissimo artigiano che ha saputo modellare le varie figure in maniera veramente eccellente e facendo notare la sua maestria anche nel rendimento del panneggio: notevole il dolce, ritmico movimento di tutte le figure che rende animata e viva, ma nello stesso tempo serena, la scena. La
! ? 5 ^ 5
Per uno simile vedi Borba, op. cit. supra, pp. 38-39. O. Biz, in Roschers Lexicon, II, 2, s.v. «Musen», p. 3290. Per una figura simile con l'orologio solare di fronte v. Gürscuow, p. 175, tavola XXXVI, Cumont, p. 254 ss. Cfr. AA, 1954, coll. 407-8, figg. 81-82.
1.
PALERMO
53
valentia dell'autore della fronte tanto pit risalta se messa al confronto con l’inesperienza che dimostra l'autore delle due figure dei lati brevi: sembra proprio che i rilievi della fronte siano stati eseguiti dal miglior artigiano dell'officina mentre quelli dei lati brevi dal peggiore o dall'ultimo arrivato; e forse cosí dovette essere. Brei: 1) Compacni, p. 31 ss., tav. 6.
2) Casano, p. 22 ss. 3)
F. WiessLER, Sarcofago con rappresentanza delle Muse esistente nella Cattedrale di Palermo, in AnnInst,
1861,
p. 122 ss., tav. d'agg. H. 4) O. Bre, Die Musen in der Antiker Kunst, Berlin 1887, pp. 58-59. 5) Pace, II, 1938, p. 146, fig. 138. 6) Cumont, p. 301, n. 3, tav. XVII, 2. 7) A.W. Byvancx, Le probléme des sarcophages romains, in BABesch, 8) Tusa, p. 104, n. 46; tavv. LX-LXIII, figg. 109-113. 9) WEGNER, n. 68, p. 33 ss., tavv. 66 e 138 a-b.
31, 1956, p. 38.
10) BONACASA, p. 329.
PALERMO,
50.
Cattedrale,
Sarcofago con colonnine laterali (tav. LXXV,
Cripta
1).
Dimensioni: altezza m 0,57, lunghezza m 2,27; larghezza m 0,65.
Provenienza: ignota. Stato di conservazione: discreto; la colonnina destra è rotta al centro. È scheggiata inoltre la parte del bordo superiore. Il coperchio non è pertinente, è stato aggiunto in epoca posteriore verosimilmente quando il sarcofago è stato riadoperato per accogliere il corpo dell'Arcivescovo Francesco di Antiochia nella prima metà del secolo XIV. In esso fu pure sepolto l'Arcivescovo Paolo Visconti che mori nel 1473. Materiale: marmo bianco.
Tutta la fronte del sarcofago è delimitata, in alto e in basso, da due file di ovuli alternantisi con due anelli. Ai lati due colonnine a spirali rese quasi a tutto tondo e incassate negli angoli. Esse poggiano sul toro e sono sormontate da un capitello corinzio molto stilizzato. Al centro è riprodotta la fronte di un tempio delimitata da due pilastri scanalati riempiti a metà, poggianti su una base e sormontati dal capitello. I due pilastri sostengono un frontoncino che reca al centro una corona legata con un nastro. Alle estremità del frontoncino due acroteri. Tra i due pilastri è incisa la seguente iscrizione che è ancora quella antica: D.M. TAC. IVLIA NO IVOK !
OVONDAM AVR. LVCIL DA 2 CONIV
GI KARISSI MO ET IVLI VS TACITIA
NVS FILIVS HEREDES POSVERVNT
Tutta l'iscrizione é da integrarsi in questo modo: Diis Manibus.
MERENTI
Tacitiano Iuliano Evocato
quondam Aurelia Lucilda coniugi carissimo et Iulius Tacitianus filius heredes posuerunt merenti.
Tutto il resto della fronte è decorato con due serie di strigilature convergenti al centro. Questo sarcofago & decorato anche nei lati brevi dove la decorazione consiste, per ogni lato,
! In C.LL. è riportata la forma «E V O K» mentre in realtà è «I V O K». 2 [n C.LL. è riportata la forma «L V C I L L A», mentre in realtà ὃ «L U C I L D A».
54
PALERMO
in un quadrato con i lati curvi sagomati a rilievo entro cui ὃ riprodotta, pure a rilievo, una rosetta stilizzata. Mediocre lavoro di bottega artigiana. Età: intorno alla meta del III secolo d.C. BIBL.: 1) CoMPAGNI, p. 27. 2) Casano, p. 16, tomba n. 4. 3) C.LL., X, 2, n. 7289. 4) Pace, IV, p. 412, n. 4. 5) Tusa, p. 110, n. 47; tav. LXIV, fig. 114. 6) PAOLETTI, p. 230, fig. 2, n. 9 e 10. 7) L. Bivona, Panormo romana in età imperiale. 365, n. 50, tavv. LIV-LV.
La documentazione epigrafica, in Κωκαλος,
XXXIII,
1987, p.
PALERMO, Cattedrale, Cripta
51.
Sarcofago con geni alati (tav. LXXV, 2).
Dimensioni: altezza m 0,42, lunghezza m 2,15, larghezza m 0,46.
Provenienza: ignota. Stato di conservazione: cattivo. E molto abraso, specie il busto della figura centrale che è completamente irriconoscibile. Il coperchio non è pertinente, è stato aggiunto in epoca moderna. Materiale: marmo bianco.
ΑΙ centro un busto completamente irriconoscibile. Ai lati due vittorie alate distese quasi per tutta la lunghezza della fronte e che tengono in mano i bordi del drappo che sta dietro al busto. Alle estremità due putti alati tengono nelle mani un oggetto, forse uno strumento musicale. Pur mancando,
dato lo stato di conservazione, qualsiasi elemento di sicuro giudizio, si può
tuttavia affermare che questo sarcofago è opera modesta di comune artigiano, forse degli inizi del IV secolo d.C.!. BiBL.: 1) Casano, p. 55, tomba n. 23. 2) Tusa, p. 111, n. 48; tav. LXIV,
fig. 115.
PALERMO, Cattedrale, Cripta
52.
Sarcofago con busto al centro (tav. LXXVI).
Dimensioni: altezza
m 0,53, lunghezza
m 2,11, larghezza m 0,54.
Provenienza: ignota. Stato di conservazione: buono. Il coperchio, su cui sono riprodotti gli stemmi della famiglia Orsini, non è pertinente, è stato aggiunto in epoca posteriore verosimilmente quando il sarcofago è stato riadoperato per accogliere il corpo dell’Arcivescovo Giovanni Orsini, morto nel 1333. Materiale: marmo bianco.
1 In questo secolo infatti e nel precedente sono molto comuni i sarcofagi che riproducono nella fronte il defunto davanti a un drappo sostenuto da geni alati (vedi a questo proposito Bovini, p. 57 ss.). Il tipo che vediamo in questo sarcofago costituisce una variante a quello simile riprodotto in altri due sarcofagi di questa raccolta segnati con i nn. 53 e 70.
PALERMO
55
Al centro della fronte, su una base circolare, é scolpito un busto femminile circoscritto entro
un riquadro costituito da tre festoni legati da nastri che svolazzano intorno al busto. Questo non poggia direttamente sulla base circolare ma su tre foglie che escono dalla base stessa e formano quasi un calice. Ai lati di questo riquadro tutto il resto della fronte è decorato con due serie profonde di strigilature convergenti al centro. Nei lati brevi non presenta alcuna decorazione. Il volto della figura è appena abbozzato, evidentemente doveva essere completato a cura del committente. Per questa circostanza non abbiamo alcun elemento per una valutazione stilistica e quindi non possiamo arrivare a una datazione precisa: credo comunque che la data di fabbricazione di questo sarcofago si potrebbe porre intorno alla fine del III secolo d.C. o agli inizi del IV. BIBL.: 1) Casano, p. 51, tomba n. 19. 2) Tusa, p. 112, n. 49; tav. LXV, fig. 116. 3) H. Jucxer, Das Bildnis im Blütterkelch, Basel 1961, pp. 46-47, 4) PAOLETTI, p. 230, n. 14.
S. 22, tav. 11.
PALERMO, Cattedrale, Cripta
53.
Sarcofago con medaglione al centro e maschere teatrali (tavv. LXXVII-LXXIX).
Dimensioni: altezza m 0,62, lunghezza m 2,08, larghezza m 0,58.
Provenienza: ignota. Stato di conservazione: buono. Solo le due figure all'estremità sono particolarmente danneggiate: a quella di sinistra mancano il collo, la testa e parte delle braccia, a quella di destra mancano entrambe le braccia e
la gamba sinistra. Il coperchio non & pertinente, sarà stato aggiunto in epoca posteriore, verosimilmente quando il sarcofago fu riadoperato per accogliere il corpo dell'Arcivescovo Ugone, morto nel 1156. Materiale: marmo bianco.
La raffigurazione è dominata da due Eroti che si estendono per quasi tutta la lunghezza della fronte. Essi, con lo sguardo rivolto all'indietro e con la clamide svolazzante, sostengono al centro un medaglione in cui è scolpita a mezzobusto una figura maschile con tunica e toga che forma la c.d. contabulatio. Sotto il medaglione sono poste due maschere teatrali, l'una comica, l'altra tragica, rivolte in senso opposto;
sotto i due Eroti stanno distese, rispettivamente a sinistra e a
destra, una figura femminile ammantata, raffigurante la Terra Mater che regge con entrambe le mani una cornucopia, e una figura maschile di vecchio barbato, raffigurante l'Oceano, nudo nella parte superiore del corpo e coperto nell'inferiore, che regge con la mano sinistra un arbusto e con
la destra un pesce. All'estremità sinistra è una figura femminile
completamente
ammantata,
irriconoscibile perché priva della testa; essa sembra dirigersi quasi di corsa verso sinistra, ai suoi
piedi è forse una maschera o un anfratto di roccia. Alla estremità destra è invece una figura maschile seminuda, con lo sguardo rivolto leggermente a sinistra, con la sola clamide sulle spalle e con le gambe divaricate: la gamba destra, oggi mancante, doveva poggiare su di un anfratto di roccia sotto cui stava un uccello di cui restano solo i piedi. Accanto è un altro animale, irriconoscibile: si nota solo una zampa che sta dietro al piede dell'Erote. Accanto alle due ultime figure è un albero. E decorato anche nei lati brevi con due grifoni alati aventi la testa di aquila !, corpo di leone, bargigli e cresta molto folti. Le due maschere teatrali poste sotto il ritratto del defunto stanno ad indicare che questi era un poeta tragico o un attore. 1 Se ne trovano anche con la testa di leone, vedi Stuarr Jones
1912, tav. 65, n. 101, p. 261.
56
PALERMO
Sarcofagi di questo tipo e con quest’impostazione sono comuni nel mondo romano !: si pud datare il nostro sarcofago al III secolo purché si pensi alla fine piuttosto che all'inizio; e questo per la maniera con cui sono resi i volti delle figure, con le palpebre grandi e marcate, le pupille sporgenti, il trattamento dei capelli degli Eroti a grosse ciocche. L'esegesi che presenta maggiore interesse ἃ quella riguardante le due figure laterali. Queste presentano una strettissima analogia anche nei più minuti particolari, con un sarcofago del Vaticano ?; l'Amelung ritiene che le due figure rappresentino Athena a sinistra e Apollo a destra. Nel sarcofago del Vaticano le due figure sono piá complete che nel nostro e quindi vi si possono riconoscere quegli attributi (olivo, civetta, egida) sui quali l'Amelung si fonda per la identificazione; nel nostro invece le due figure, e specialmente quella femminile, sono abbastanza mutilate e quindi quegli attributi non si possono riconoscere facilmente: solo nella figura femminile una parte del vestito potrebbe richiamare l'egida. Anche per questo motivo, quindi, io credo piuttosto che si tratti di due figure generiche o, comunque, non sicuramente identificabili. La presenza dei grifoni è abbastanza comune: essi avrebbero la funzione di guardiani del sepolcro 5. BIBL.:
1) CoMPAGNI, p. 13. 2) Casano, p. 48, tomba n. 17. 3) V. Di Giovanni, in A.S.S., 1873, p. 527.
4) Tusa, p. 115, n. 50; tavv. LXV-LXVI, figg. 117-119. 5)
PAOLETTI, p. 230, n. 7.
PALERMO,
54.
Cattedrale, Cripta
Sarcofago strigilato con porta al centro (tav. LXXX).
Dimensioni:
altezza m 0,54, lunghezza m
1,94, larghezza m 0,56.
Provenienza: ignota.
Stato di conservazione: buono. Il coperchio non è pertinente, è stato aggiunto in epoca moderna verosimilmente quando il sarcofago ἃ stato riadoperato per accogliere il corpo dell'Arcivescovo Tizio Rogereschi morto nel 1504. Reca sul bordo un'iscrizione moderna e, sui lati, due stemmi simili. Materiale: marmo bianco.
Alle estremità, incassate negli angoli, sono scolpite quasi a tutto tondo due colonne poggianti sul toro e con capitelli corinzi abbastanza stilizzati e diversi l'uno dall'altro. Entro un riquadro sagomato poi, la fronte à decorata con strigilature che procedono in senso convergente verso il centro. Al centro è una porta a due battenti, decorata semplicemente con borchie: il battente di destra
è socchiuso,
facendo
vedere
che
la porta
si apriva
dall'esterno,
privilegio
questo
che
avevano i romani di classe elevata. La porta à sormontata da un frontoncino con acroteri laterali e una corona al centro. Com'é noto la porta raffigurata sul sarcofago rappresenterebbe la porta della cappella sepolcrale. BIBL.:
1) ComPAGNI, p. 26. 2) 3) 4)
Casano, p. 46, tomba n. 15. Tusa, p. 116, n. 51; tav. LXVII, fig. 120. PAOLETTI, p. 250, n. 13.
! Vedi ad es. AMELUNG, I, p. 863, n. 159, tav. 107; MustiILLI, p. 98, n. 4, tav. LVIII, 233; STUART Jones 1912, p. 38 n. 56a, tav. 8.
? AMELUNG, I, p. 910, n. 240, tav. 120. 3 Vedi a questo proposito M. Lawrence,
in AJA, XXXII,
1928, p. 425, n. 1; P. Orsi, in NSc,
1929, p. 58.
PALERMO
57
PALERMO, Cattedrale, Cripta
55.
Sarcofago con putti alati reggenti un medaglione (tavv. LXXXI-LXXXIID.
Dimensioni: altezza
m 0,64, lunghezza m 2,06, larghezza m 0,60.
Provenienza: ignota. Stato di conservazione: buono. Il coperchio non è pertinente, è stato aggiunto in epoca posteriore, verosimilmente quando il sarcofago è stato riadoperato per accogliere il corpo dell'Arcivescovo Paternò, morto nel 1511. Materiale: marmo bianco.
La decorazione della fronte si può dividere in tre parti. Al centro, due geni alati, con la clamide svolazzante sulle spalle e per il resto nudi, con la testa rivolta ai lati, sostengono un medaglione che in origine doveva contenere la figura del defunto: questa dovette essere scalpellata e così oggi il medaglione contiene lo stemma della famiglia Paternò, di Catania, cui apparte-
neva il prelato che vi fu sepolto nel ’500. Ai piedi dei due geni alati sono deposti l'arco e la faretra. Sotto al medaglione due putti alati, vestiti di lunga tunica, incitano alla lotta due galli: il putto a destra tiene con la mano
sinistra una palma.
Ai lati due scene simili tra di loro. E riprodotta una scena di libazione eseguita da tre figure attorno a un’ara circolare. Due di queste figure hanno addosso la sola clamide e portano un'asta: una di essa versa sull’ara, su cui è il fuoco acceso, il liquido da una patera. Tra queste due figure è rappresentato
un
giovinetto
con
corta
tunica.
Nella
scena
a sinistra
questo
giovinetto,
un
«camillo», suona il doppio flauto, in quella di destra invece tiene in mano un tondo contenente forse frutta. L’ara di destra è più grande di quella di sinistra, entrambe recano al centro un festone. A sinistra, poi, dietro le tre figure, è stesa una benda !.
Il sarcofago è decorato anche nei lati brevi: in questi sono riprodotti, a bassorilievo, due grifoni alati. Ad
un'osservazione,
anche
superficiale,
si nota,
che
tra la decorazione
frontale
e quella
laterale sussiste una notevole differenza. Nella decorazione frontale si nota un senso plastico delle figure abbastanza marcato che fa contrasto con l’intento disegnativo con cui sono resi i grifoni laterali: questo fa pensare a due mani diverse, con una visibile superiorità per quella della fronte. Per questo si può dire che si tratta di un buon lavoro di artigiano, concepito e reso bene, che può assegnarsi al III-IV secolo d.C., piuttosto alla fine che al principio del secolo 2. Per i lati brevi è incerto il giudizio: può anche darsi che essi siano stati scolpiti in epoca posteriore a quella della fronte. I grifoni alati erano usati nei sarcofagi pagani riferentisi al culto di Apollo e di Dioniso, come guardiani divini dell’oggetto di culto del dio 5. Trattandosi qui, probabilmente, di sarcofago cristiano, possiamo notare in questo un esempio della trasposizione di simboli pagani nel repertorio figurativo cristiano, cosa che si verificava spesso nell'arte del primo Cristianesimo *. ΒΙΒΙ,: 1) Compacnl, p. 23, tav. 4. 2) Casano, p. 36, tomba n. 12. 3) Tusa, p. 117, n. 52; tavv. LXVII-LXVIII, 4) PAOLETTI, p. 250, n. 8.
1
Per una scena simile v. AMELUNG,
figg. 121-123.
I, p. 622, n. 471, tav. 66.
E abbastanza evidente l'uso del trapano nel rendimento dei capelli. 3 V. LEHMANN-HARTLEBEN, OLSEN, pp. 30-31, 45 ss. 4 Per l'uso dei grifoni nei sarcofagi vedi ancora P. Orsi, in NSc, 1929, p. 58. distinguere i sarcofagi pagani dai cristiani, appunto per la trasposizione cui sopra ‘ raffigurazione del combattimento di galli che notiamo sotto il medaglione. Vedi opporrebbe d’altro canto, a questa considerazione, la scena di libazione, ripetuta 2
Pur comprendendo le difficoltà che s'incontrano nel si accennava, credo che questo sia cristiano per la a questo proposito Bovini, pp. 206-7, fig. 218. Si due volte, certamente non cristiana.
58
PALERMO PALERMO,
56.
Cattedrale, Cripta
Sarcofago strigilato con porta socchiusa al centro (tav. LXXXIV).
Dimensioni: altezza m 0,66, lunghezza m 2,18, larghezza m 0,86.
Provenienza: ignota. Stato di conservazione: buono. Il coperchio non è pertinente, è stato aggiunto in epoca posteriore, verosimilmente in epoca medioevale quando il sarcofago ὃ stato riadoperato per accogliere il corpo dell'Arcivescovo
Bartolomeo
di Antiochia
che mori nel
1511.
Reca
al centro un'iscrizione
medioevale,
ai lati due
stemmi e alle estremità due teste scolpite a bassorilievo negli spigoli. Materiale: marmo bianco.
Alle due estremità la fronte del sarcofago à delimitata da due colonne incassate agli angoli e rese quasi a tutto tondo; esse poggiano sul toro e hanno un capitello composito. Al centro è una porta a due battenti di cui quello sinistro ὃ socchiuso e si apre dall'esterno. Nei quattro riquadri sono raffigurate quattro teste di ariete. La porta ὃ fiancheggiata da due colonne simili a quelle sopra descritte. Colonne e porta sono sormontate da un piccolo frontone con molte sagomature
nel cui centro è scolpita una corona. All'estremità del frontone sono due acroterî decorati: al centro, al punto d'incrocio dei due spioventi, un motivo floreale. Negli spazi triangolari liberi tra il frontone e il listello superiore del sarcofago sono raffigurati due esseri mostruosi con la parte superiore umana e
l'inferiore a forma di serpente.
Per il resto tutta la fronte del sarcofago
é
decorata con strigilature disposte in senso convergente verso il centro. Com’é noto, la porta riprodotta nei sarcofagi rappresenterebbe la porta d'ingresso alla cappella sepolcrale. Nel nostro caso le teste di ariete e, specialmente, le figure mostruose al di sopra del frontone avrebbero un significato apotropaico, servirebbero cioé a fare allontanare gli spiriti del male dalla tomba. Età: III secolo d.C. BIBL.:
1) Compacni, p. 22. 2) 3) 4)
Casano, p. 34, tomba n. 11. Tusa, p. 119, n. 53; tav. LXIX, fig. 124. PAOLETTI, p. 230, n. 11 e 12, fig. 3.
PALERMO, Cattedrale, Cripta
57.
Sarcofago strigilato (tav. LXXXV).
Dimensioni: altezza
m 0,51, lunghezza m 2,07, larghezza m 0,63.
Provenienza: ignota. Stato di conservazione: mediocre. Al grifone di destra manca completamente la testa perché scalpellata. La parte sinistra della fronte è in gran parte abrasa. Il coperchio è stato aggiunto in epoca moderna, verosimilmente quando il sarcofago è stato riadoperato per accogliere le spoglie dell'Arcivescovo Giannettino Doria morto nel 1642. Materiale: marmo bianco.
Sulla fronte è decorato interamente con una sola serie di strigilature. Nei lati brevi è decorato con due grifoni alati, scolpiti a rilievo, che tengono rispettivamente la zampa sinistra e destra alzata su una testa di ariete. Questa decorazione, pur non potendosi considerare rifinita, dimostra sempre una certa abilità tecnica che fa contrasto con la piatta e monotona decorazione della fronte.
PALERMO
59
I grifoni alati erano usati nei sarcofagi pagani riferentisi al culto di Apollo e di Dioniso come guardiani divini dell'oggetto di culto del dio !. Età: III secolo d.C. BiBL.: 1) Casano, p. 53, tomba ἢ. 21. 2) Tusa, p. 120, n. 54; tavv. LXIX-LXX, 3) PAOLETTI, p. 250, n. 5.
figg.
PALERMO, 58.
Sarcofago
Dimensioni: altezza
con scena nuziale
125-126.
Cattedrale, Cripta
(tavv. LKXXVI-LXXXVIII).
m 0,75, lunghezza m 2,17, larghezza m 0,66.
Provenienza: ignota. Stato di conservazione: buono. Il coperchio non è pertinente. È stato aggiunto in epoca posteriore, verosimilmente quando il sarcofago è stato riadoperato per accogliere il corpo dell'Arcivescovo Nicolò ^
Tedeschi, morto nel 1445. E decorato solo sulla fronte.
Materiale: marmo bianco.
La spiegazione della scena raffigurata su questo sarcofago non è semplice. Il Compagni lo considerava cristiano. Il Casano però, che poco dopo il Compagni ha illustrato questo sarcofago, lo considera pagano; e tale credo si debba considerare. Infatti, tranne il simbolo del pesce tenuto in mano dalla figura femminile a sinistra della figura centrale, non c’è niente che possa farci pensare a questa scena come ad una scena cristiana. Io penso piuttosto che si debbano vedere in questa raffigurazione due scene diverse e complementari nello stesso tempo: al centro una scena di nozze tra quei due stessi personaggi che sono raffigurati poi, da defunti, accanto, l'uno da una parte e l’altro dall’altra, seduti.
AI centro di tutta la rappresentazione abbiamo una figura femminile diademata ed ammantata: si tratta di Juno Pronuba; davanti ad essa un vaso e sopra un uccello col becco rivolto all'insá. Ai lati rispettivamente a sinistra ed a destra, la donna a capo scoperto con l'avanzo di un volumen chiuso nella mano sinistra e la destra che esce dalla tunica, appoggiata al petto e l’uomo pure a capo scoperto, visto di profilo, che avanza verso la sposa indicandola con l'indice della mano destra tesa e tenendo nella sinistra, con la quale pure regge la tunica, un volumen arrotolato. Una figura femminile, resa di profilo, a bassorilievo, diademata, assiste alla cerimonia. Nella
seconda figura da sinistra credo si possa identificare uno schiavo che porta la dote; l’altra figura, la prima da sinistra, sembra sorreggere il peso dello schiavo, ma in realtà la sua funzione non è definita bene: è vista di profilo con lo sguardo volto verso la scena centrale. Davanti a queste due figure ma senza alcuna relazione con esse, una figura femminile seduta suona la lira: si tratterebbe appunto della defunta; dietro a lei un’altra figura femminile la sorregge. Ecco cosa dice a questo riguardo il Bovini 2: «Sedute e nell’atto di suonare la lira si vedono non di rado nei sarcofagi delle figure di donna che fanno riscontro alle austere figure dei filosofi. Tale raffigurazione che si trova sovente su rilievi e sarcofagi pagani, è piuttosto rara nell’arte cristiana...». Davanti a Lei un uccello, forse acquatico, accovacciato. Dall'altro lato, nella parte corrispondente,
un vecchio seduto, il defunto, pure su un δίφρος avvolto in un caratteristico pallio che gli lascia scoperti il petto e le braccia, tiene con entrambe le mani, semisvolto, un volumen: di fronte una
figura femminile, che si appoggia ad un bastone con la sinistra e con la destra tiene la tunica, ! V, LEHMANN-HarTLEBEN, OLSEN, pp. 30-31, 45 ss., figg. 3-6 e 16-18, v. inoltre P. Orsi, in NSc, 1929, p. 58. Per una nuova interpretazione di questo simbolo vedi G. A. MansuELLI, Leoni-capri, in PP, LI, 1956, p. 456 ss. 2 Bovini, p. 71.
60
PALERMO
presta attenzione a quel che legge il personaggio seduto. Questa figura di donna reca sul capo le due penne, ornamento questo caratteristico delle Muse che ricorda la lotta vittoriosa da queste sostenuta contro le Sirene !. Una Musa quindi, che potrebbe essere Calliope se il personaggio qui
rappresentato è un poeta epico o Clio se è uno storico, sta accanto a questa figura: anche questa circostanza fa escludere che questo sarcofago sia cristiano. Davanti é posto un vaso simile a quello che abbiamo già notato dinanzi a Juno Pronuba e sopra pure un uccello. Dietro alla figura seduta ὃ rappresentato, in atto di camminare appoggiandosi ad un lungo bastone, una figura maschile avvolta in un'ampia tunica che gli lascia scoperti il braccio destro e parte del petto. E raffigurato in mezzo a due alberi quasi ad indicare il luogo donde egli proviene: potrebbe essere un altro schiavo che porta la dote, da riconnettere, quindi, alla scena centrale oppure un viandante con la sua gerla. Il volumen nelle mani dei defunti assume spesso valore simbolico come libro della vita e puó essere quindi chiuso o aperto a seconda se il personaggio che lo tiene à defunto o ancora in vita. «Assai spesso il volumen viene dato come attributo a personaggi che il modo di vestire designa senz'altro come filosofi. Avvolti in un caratteristico pallio che per lo più lascia loro libero il petto, sono generalmente rappresentati seduti su δίφροι nell'atto di leggere o di praelegere, di spiegare cioé, il testo che hanno sotto gli occhi. Accanto a questi personaggi ἐν φιλοσόφων σχέματι si trova assai frequentemente la figura di una donna o in piedi come una orante o appoggiata con le braccia ad un sostegno nell'atteggiamento di chi ascolta...» ?. Questa, a nostro modo di vedere, l'esegesi della scena di questo sarcofago. Per la datazione esso é da porre nella seconda metà del secolo IV d.C., in piena età teodosiana. La figura femminile col pesce richiama, in certo modo, per la maniera con cui è resa, di prospetto, e per il trattamento dei capelli, una figura simile riprodotta su un sarcofago di Castiliscar >. Bia: 1) CompPacni, p. 15 ss. 2) Casano, p. 41, tomba n. 14, tav. D 3. 3) W. AMELUNG, Notes on representation of Socrates and of Diogenes and other cynics, in AJA, XXXI,
1927, p. 281
ss. 4) R. Elster, Sur les portraits anciens de Crates, de Diogene e d'autres philosophes cyniques, in RA, XXXIII, 1, p. 1 ss.
1931,
5) Pace, IV, p. 409. (Il Pace cita questo sarcofago per la bibliografia, ma tratta poi di quello con tre figure al centro che si trova al Museo Nazionale di Palermo). 6) O. Garand, Due sarcofagi palermitani ritenuti erroneamente cristiani, in A.S.S., serie III, vol. VI, 1954, pp. 171-2. (Ripubblicati in «Actes du V* Congrés International d'Archéologie Chrétienne», Città del Vaticano, Paris, 1957, pp. 257-260. 7) Tusa, p. 121, n. 55; tavv. LXX-LXXII, figg. 127-129. 8) WEGNER, n. 69. 9) PAOLETTI, p. 232, fig. 4 e pp. 121-124. 10) Bonacasa, p. 541.
PALERMO,
59.
Cattedrale, Cripta
Sarcofago con i dodici Apostoli (tav. LXXXIX).
Dimensioni: altezza m 0,50, lunghezza m 2,19, larghezza m 0,70. Provenienza: ignota. Stato di conservazione: buono;
manca
solo, quasi interamente,
delle varie figure sono abrasi piá o meno sensibilmente.
! O. Big, in Roschers Lexicon, II, 2, s.v. «Musen»,
? Bovini, p. 68. 3 Vedi Bovini, pp. 228-9, fig. 247.
p. 3290.
la testa dell'estrema figura sinistra; i visi
PALERMO
61
Materiale: il coperchio non pertinente; contrariamente a quel che pensano il Garrucci e forse anche il Führer e Schultze, esso è in pietra di Billiemi, mentre il sarcofago è di marmo, e fu aggiunto in epoca posteriore, verosimilmente quando ἃ stato riadoperato per accogliere il corpo dell'Arcivescovo Tagliavia che, come é detto nell'iscrizione del coperchio stesso, mori nel 1558.
Tra i sarcofagi cristiani, o presunti tali, di questa raccolta è certo tra i pid interessanti. Il tema in esso trattato si trova spesso nei sarcofagi cristiani di quest’eta. Vi sono raffigurati i dodici apostoli che, sei per lato, incedono con una certa solennità verso il centro: sei di essi tengono in mano un volume, due hanno i capelli lunghi e crespi. Sono vestiti di lunga tunica un lembo della quale è riportato su una spalla e ricade su un braccio e calzano sandali. Sul capo di ognuno di essi una mano pone una corona, la corona della vita (Apocalisse, 2, 10). All’altezza del capo corre
per tutta la fronte del sarcofago una fascia a guisa di tendaggio, che reca incise delle stelle a sci punte, ognuna posta al centro tra due Apostoli (Daniele, 12, 3). I due Apostoli più vicini al centro reggono con la destra una corona di alloro all’interno della quale doveva essere raffigurato a tutto tondo il monogramma di Cristo !; questo è scomparso nel nostro sarcofago e restano solo le tracce: «forse — ipotizza il Wilpert — in seguito alla devozione indiscreta dei fedeli che ne hanno staccato le particelle per portarle via, come reliquie». La corona poggia sulla estremità di una croce, sulle cui braccia sono posate due colombe che sembrano beccare la corona stessa. Sotto la croce sono resi di prospetto due soldati romani con elmo e corta tunica armati di lancia, con la punta rivolta a terra, e di scudo. È noto come questa scena simboleggi la vittoria di Cristo sulla religione pagana 0, come sostiene S.L. Agnello 2, Cristo vincitore sulla morte in croce ?. Il Führer vede in questo sarcofago l'eco dello stile solenne dei mosaici della seconda meta del V secolo: in realtà possiamo riferire questo sarcofago che presenta le caratteristiche della scultura dell’età teodosiana, alla fine del secolo precedente o anche agli inizi di questo. BIBL.: 1) Compacni, 1840, p. 14. 2) Casano, p. 39, tomba n. 13. 3) Di Giovanni, in A.S.S., I, 1873, p. 528. 4) R. GarruccI, Arte Cristiana, V, Prato, 1880, tav. 549, n. 4. 5) FÜHRER-SCHULTZE, pp. 318-319. 6) G. Wurznr, I sarcofagi cristiani antichi, II, Roma 1932, p. 324, tav. CCXXXIX, 7) Pace, IV, p. 409, fig. 154.
2.
8) Tusa, p. 124, n. 56; tavv. LXXIIL figg. 130-131. 9) PAOLETTI, p. 230, n. 8. 10) Bonacasa, p. 341.
PALERMO,
60.
Cattedrale, Cripta
Sarcofago con geni alati (tav. XC, 1).
Dimensioni:
altezza m 0,38, lunghezza m 2,18, larghezza m 0,78.
Provenienza: ignota.
Stato di conservazione: buono, è un po’ abraso solo nella parte destra. Materiale: marmo
bianco.
Questo sarcofago, come l’altro della stessa Cripta recante il n. 61, è molto tardo, forse non si
può più considerare romano:
si comprende
però in questa raccolta per mostrare una tarda
1 Vedi ad es. il sarcofago del Laterano n. 171 riprodotto in S. BortARI, Storia dell'Arte italiana, 1, 1943, fig. 129. 2 AGNELLO, p. 106, n. 25.
3 Per altre scene simili v. R. GarRUCCI, Arte Cristiana, V, Roma
1880, tav. 349 ss.
62
PALERMO
manifestazione del motivo che molte volte abbiamo visto ricorrere qui, oltre che in tanti altri monumenti, quello dei due geni alati che sostengono un cartiglio o che tengono le estremita di una tenda davanti alla quale sono i busti dei defunti: qui i due gent alati sostengono una grossa corona di alloro entro la quale è scolpito uno stemma medioevale appartenente alla Famiglia Beccadelli di Bologna cui apparteneva l'Arcivescovo Simone ivi sepolto. I due geni sono riprodotti all'impiedi, di prospetto, in una posa molto diversa da quelle che abbiamo visto in altri sarcofagi: tengono rispettivamente con la sinistra o la destra la corona d'alloro e con la destra o la sinista un grosso festone di frutta e fiori legato alle estremità da nastri svolazzanti. Sopra i festoni sono due rosette. Agli spigoli sono due faci, con la fiamma rivolta verso l'alto, che sostengono alla estremità della fonte i due festoni. Nei lati brevi ὃ decorato con due panoplie. 51 tratta di un lavoro molto rozzo, forse opera di un mediocre artigiano, probabilmente locale, del V-VI secolo d.C.: non è escluso però che possa essere anche più tardo come sarebbe provato dalla presenza dello stemma medioevale nella corona di alloro: questo peró potrebbe essere stato aggiunto in epoca posteriore; i festoni d'altra parte risentono ancora della buona epoca della scultura romana e perció non ci fanno allontanare molto da quest'epoca come invece verremmo indotti a fare per i due geni. BIBL.: 1) Casano, p. 50, n. 18. 2) Tusa, p. 126, n. 57; tav. LXXIV,
fig. 132.
PALERMO, Cattedrale,
61.
Sarcofago dell’Arcivescovo Nicodemo
Cripta
(tav. XC, 2).
Dimensioni: altezza della cassa m 0,68, del coperchio m 0,48, lunghezza m 1,94, larghezza m 0,67. Provenienza: ignota.
Stato di conservazione: discreto; il coperchio è spezzato in piá punti nella cresta. Nei lati brevi non reca alcuna decorazione. Materiale: tufo calcareo.
Questo sarcofago viene qui presentato principalmente per far vedere una delle ultime manifestazioni del motivo delle strigilature che ebbe inizio, com’é noto, nei sarcofagi romani a comin-
ciare dal III secolo d.C. Tutta la fronte é decorata con due serie di strigilature che cominciano all'estremità leggermente ovali fino a diventare concave verso il centro dove delimitano un tondo all'interno del quale è scolpito il simbolo cristiano dell'agnello con la croce. Nel lato superiore e nei lati brevi la fronte ὃ delimitata da una fila di ovuli di varia grandezza racchiusi entro due bordi a rilievo. Ai lati due colonnine con larghe scanalature, capitello a fogliami e alta base. Il coperchio, che è a doppio spiovente, è decorato nella parte anteriore con tre cerchi a rilievo; in quello centrale è riprodotta a bassorilievo una mano benedicente secondo il noto uso cristiano; nei laterali due croci di tipo greco. Agli angoli, a uso di acroteri, sono rese due teste barbute a stento riconoscibili, però, dato il loro stato di conservazione. Un sarcofago simile, con le strigilature egualmente rese, rozze, però verticali, si trova a Sitges, in Spagna !. La datazione proposta dal Fiihrer credo sia accettabile: VI secolo d.C., «se non un’età pit tarda» 2. 4 ! Vedi A. FERRER, El sarcofago romano de Sitges, in Ampurias, VII-VIII, 1945-46, p. 366 ss. 2 Il Deer data questo sarcofago all’XI secolo.
PALERMO
63
BIBL.: 1) Casano, p. 26, n. 28.
2) FùRRER-SCHULTZE, p. 319, fig. 121. 3)
Tusa, p. 127, n. 58; tav. LXXIV,
fig. 133.
4) Deer, pp. 48-49, fig. 42.
PALERMO,
62.
Tomba di Federico II
Sarcofago detto «di Costanza» con scena di caccia (tavv. XCI-XCIID.
Dimensioni: altezza m 0,70, lunghezza m 2,14, non é possibile stabilire la larghezza essendo il sarcofago incastrato nel muro.
Provenienza: ignota. Stato di conservazione: discreto; i volti sono in parte abrasi, qualche arto delle figure ὃ spezzato. Il marmo del coperchio è diverso di quello della cassa; sarà stato adattato in epoca posteriore forse quando il sarcofago fu riadoperato per accogliere le spoglie di Costanza di Aragona, moglie di Federico II, morta nel 1222.
Il coperchio è a doppio spiovente con tetto a squame e quattro acroteri agli angoli molto rozzi. Su uno di essi, quello anteriore sinistro, è incisa la data e il luogo di morte dell’imperatrice Costanza; un’altra iscrizione riferentesi
a Costanza è incisa sulla fronte del coperchio.
Sulla fronte del sarcofago è scolpita ad alto rilievo una scena di caccia. All’estremità sinistra una fronda di albero dà il senso del paesaggio. Subito dopo un gruppo di quattro
animali:
un cervo
che viene azzannato
da un leone,
un bovino
e uno
struzzo.
Un
cacciatore vestito di corta tunica e mantello sorretto da una borchia sulla spalla destra, con asta, dirigendosi verso sinistra, interviene nella mischia. Verso destra si dirige invece, quasi di corsa, con le vesti svolazzanti, un’altra figura. Davanti ad essa, al centro di tutta la scena, un cavaliere si
lancia al galoppo verso un leone che gli viene contro. Davanti al cavallo un cane da caccia si avventa pure contro il leone; per terra un cervo e un cinghiale, morti. Ancora un altro cavaliere, col mantello svolazzante, si lancia a galoppo verso destra, tenendo però lo sguardo volto a sinistra, verso la figura centrale. Alla estremità un altro gruppo di tre animali, un cervo che fugge, un cinghiale che sta per morire e che forse sta per essere finito da un cacciatore (manca a questo il braccio destro e perciò non si può stabilire con esattezza che cosa facesse con l’arto mancante) e un cane che si avventa anch’esso contro il cinghiale. Un ramo d’albero chiude la scena pure da questo lato. Tutte le figure hanno calzari di tipo greco, le ἐνδρομίδες, strettamente aderenti al piede. Solo l’ultima figura a destra è priva di calzari ed ha le brache lunghe fino ai malleoli secondo il tipico costume dei barbari. La lavorazione, se pure non può dirsi accurata, non si può nemmeno considerare priva di una certa ricercatezza; la scena è viva, animata, gli animali sono resi meglio
delle figure umane. Riproduzioni di scene generiche di caccia s'incontrano spesso nei sarcofagi romani:
cito a
questo proposito, per stabilire qualche confronto, specie con la figura del cavaliere, il sarcofago del Museo
Capitolino ! assegnato al III secolo. Pure al ΠῚ secolo, 220-230,
è assegnato un altro
sarcofago del Museo delle catacombe di Pretestato che riproduce una scena simile 2. Il nostro credo che possa essere assegnato ad un’età più tarda e precisamente alla prima metà del IV secolo; a questo periodo ci richiama particolarmente l’acconciatura dei capelli delle
»-
STUART Jones
N
varie figure (i visi sono tutti abrasi e non consentono osservazioni di carattere stilistico) %.
GUTScHOW,
1912, p. 87, tav. 17, n. 2.
p. 38 ss., tav. VI.
3 Vedi a questo proposito Bovini, p. 192, ss., figg. 224-6.
64
PALERMO BIBL.: 1) Tusa, p. 129, n. 59; tav. LXXV, figg. 134-136.
2) Deer, p. 19, n. 88: qui l'autore cita F. Danrete, 1 regali sepolcri del Duomo di Palermo, Napoli 1784. 3) B. ANDREAE, Die rómische Jagdsarkophage, ASR, I, 2, Berlin 1980, n. 64, pp. 154-155; pp. 69-70, tav. 36,4 e 41,1 (quest'ultimo riproduce la tavola di Houel). 4) PAOLETTI, p. 230, n. 3. 5) BoNacasa, p. 340.
PALERMO, Chiesa di S Agostino 65.
Fronte di sarcofago con pavoni
Dimensioni:
altezza m 0,55, lunghezza m
(tav. XCIV,
1).
1,75.
Provenienza: ignota. Stato di conservazione: mediocre; è abraso in più punti. Manca del coperchio, è murato nel vano prospiciente l'uscita secondaria della Chiesa. Materiale: marmo
bianco.
Al centro à un clipeo entro il quale é raffigurata una figura femminile con ampia Tiene con la sinistra un rotolo che tocca col dito medio della destra. Ha i capelli trattati e grosse ciocche volte indietro che lasciano libere le orecchie. Sotto al clipeo é un bel vimini pieno di fiori, ai lati due geni alati (o Vittorie) svolazzanti che sostengono il clipeo
tunica. a lunghe cesto di stesso. I
due geni, che mostrano la loro nudità fino al basso ventre, volano su due pavoni dalla lunga coda
volti entrambi verso il centro. Ai lati sono raffigurati due Eroti che incedono con un movimento divergente dal centro: per
il loro stato di conservazione non ἃ possibile vedere più precisamente né il loro movimento né i loro attributi. Lo stato di conservazione del sarcofago non ci permette di fare osservazioni tali da arrivare ad una datazione quanto piü possibile precisa; dai dati che emergono peró (trattamento dei capelli della figura nel clipeo, mancanza d'indicazione della pupilla e dell'iride nelle varie figure) e da un'osservazione generale il sarcofago puó essere datato agli inizi del IV secolo d.C. Notevole la presenza dei pavoni che ci fanno considerare cristiano questo sarcofago: essi infatti, nella simbologia cristiana, stanno ad indicare l'immortalità dell'anima. Un sarcofago simile
riproducente due pavoni e due geni nella medesima posizione ὃ conservato al Museo Nazionale Romano !. BIBL..: 1) Tusa, p. 131, n. 60; tav. LXXVI,
fig. 137.
PALERMO,
64.
Chiesa di δ. Francesco
Sarcofago con scena marina (tav. XCIV, 2).
Dimensioni: altezza m 0,58, lunghezza m 2,05, larghezza m 0,56.
Provenienza: ignota. Fin dal secolo XV, almeno, & stato conservato nella cappella dell'Immacolata della chiesa di S. Francesco. Stato di conservazione: discreto. E spezzato nel senso dell'altezza, trasversalmente. Racchiudeva le spoglie di Riccarda Filangeri (il nome è scolpito nel clipeo), moglie di uno dei fondatori della cappella della
! Vedi Bovini, p. 187, fig. 191.
PALERMO
65
Immacolata. Da un documento ! si rileva che questi fece testamento nel 1452; il sarcofago quindi dovette essere riadoperato in una epoca non molto lontana da questa data. Anche questo sarcofago, come gli altri due conservati nella stessa Chiesa, era contenuto nella fabbrica: questo peró fu scoperto prima degli altri due. Il ritratto nel clipeo, che doveva esserci quando il sarcofago ὃ stato eseguito, ὃ stato rifatto quando il sarcofago fu riadoperato. Manca del coperchio originale. Materiale: marmo bianco con venature grige.
La fronte é decorata da una scena costituita da Nereidi, Centauri ed Amorini sulla superficie marina resa con onde stilizzate. . Da sinistra una Nereide frena, trattenendolo per il muso, un toro marino infuriato. E quasi
completamente nuda, solo sulla gamba destra ὃ poggiato il lembo di un mantello. Sotto al toro un Amorino si fa trasportare per le onde da un delfino. Segue un'altra Nereide, con le gambe avvolte nel mantello ed una lunga lira nella mano destra; à volta verso destra a guardare uno dei due Centauri marini. Questi, barbati e dall'ampia chioma, sostengono, al centro, un clipeo entro cui doveva essere raffigurato il defunto. Entrambi i Centauri sono voltati in senso contrario al centro, verso la Nereide che sta accanto e che suona; la Nereide di sinistra suona la lira, l'altra di destra
la cetra; pure questa ha le sole gambe coperte dal manto. All'estremità destra un'altra Nereide, con la punta del manto buttata sulla gamba sinistra, trattiene un altro toro marino. Sotto di questo un piccolo delfino doveva trasportare un Amorino, ora scomparso. Quattro Amorini alati volano tra le due Nereidi, due a sinistra e due a destra: uno di quelli a sinistra suona la buccina,
uno di quelli a destra la lira. Sotto il clipeo & una barca con due Amorini uno dei quali é in atto remare mentre l'altro, visto dalla parte posteriore, appoggia la mano sinistra al clipeo come volesse sorreggerlo. Ai lati della barchetta sono riprodotti due animali marini. La scena é perfettamente regolare; ad una figura e scena in una metà della fronte corrisponde una simile nell'altra metà. Il tutto à reso con accuratezza ed una certa maestria cosicché possiamo considerare sculture della fronte del sarcofago come un buon lavoro di un valente artigiano. Nei lati brevi il sarcofago à decorato con due cavalli marini alati galoppanti sulle onde, fattura diversa e piü scadente di quella della fronte. Età: inizi del III secolo d.C.
di se ne le di
I sarcofagi con scene marine sono, com’è noto, abbastanza numerosi: essi sono stati raccolti
e studiati nel 1939 da A. Rumpf nella prima parte del V volume (Die Meerwesen) della famosa opera Die antiken Sarkophagreliefs: qui, nel sarcofago n. 87, proveniente dalla Chiesa di S. Crisogono, troviamo il confronto piü vicino al nostro. Un altro utile confronto possiamo fare con il sarcofago conservato nel Museo delle Terme 2. BIBL.: 1) P.F. Rororo, La Basilica di S. Francesco, Palermo 2) Tusa, p. 132, n. 61; tav. LXXVI, fig. 138.
1952, fig. 43.
PALERMO, Chiesa di S. Francesco
65.
Sarcofago con due busti al centro (tavv. XCV-XCVI).
Dimensioni: altezza m 0,66, lunghezza m 2,02, larghezza m 0,71. Provenienza: ignota. Fu rinvenuto recentemente abbattendo un muro nella Cappella dell’Immacolata della Chiesa di 5. Francesco; in questo muro era stato murato, molto probabilmente, nel secolo XVII. Stato di conservazione:
discreto. È scheggiato nei bordi superiori ed inferiori. Il sarcofago
conteneva le
spoglie di Giovanni, figlio di Enrico Ventimiglia, Marchese di Geraci. Ecco quanto a proposito dice il Cannizzaro: «Il tumulo di Giovanni figlio di Enrico di Ventimiglia che fu il primo che si nominò Marchese 1 P. CANNIZZARO, Religionis Christianae Panormi, libri sex (Ms. bibl. Com. Palermo, Qq E. 36). 2 PARIBENI, n. 108.
66
PALERMO
di Geraci, di marmo quasi dell'istessa forma fatto dal tumulo del padre... vi si legge: Ille iacet». L'iscrizione medioevale infatti, che ancora si legge sotto il clipeo, forse in sostituzione di quella latina originaria, incomincia con queste parole. Manca il coperchio. Materiale: marmo bianco.
Appartiene al tipo dei sarcofagi strigilati particolarmente numerosi a cominciare dal III secolo d.C. Le strigilature convergono al centro dove s'interrompono per dar posto ad un clipeo circolare dove sono scolpite due figure, un uomo e una donna, questa a sinistra con la spalla destra nuda, quello a destra vestito con ampia tunica e toga contabulata con lunghe maniche strette al polso. La donna «passa il braccio sinistro dietro alle spalle del compagno e ripiega nel suo petto il braccio destro: ὃ questa la posizione comune alle coppie di sposi» !. L'uomo tiene con la sinistra un fiore, molto stilizzato.
Sotto il clipeo è uno spazio rettangolare piano dove molto verosimilmente doveva essere scolpita l'antica iscrizione oggi sostituita con una medioevale. Ai lati sono raffigurati due geni della morte,
alati, volti verso il centro,
col capo chino;
sono nudi, hanno
una lunga chioma a
riccioli e si appoggiano su una torcia riversa. Il sarcofago che abbiamo descritto è di un tipo molto comune nel III-IV secolo d.C.: elementi per una datazione piü precisa possiamo trovarli nelle maniere con cui sono rese le quattro figure. Anzitutto la figura della donna che presenta «i capelli piegati col ferro in tante piccole onde che scendono sul collo al di dietro delle orecchie per ripiegarsi poi in alto con una treccia o, meglio, in un rotolo» secondo una moda dell'età gallienica ?. La mancanza dell'indicazione della pupilla e dell'iride delle varie figure farebbe ritardare ancora la datazione di questo sarcofago fino ai primi decenni del IV secolo. Credo peró che saremmo nel giusto assegnandolo alla fine del III secolo: a questa datazione non si oppongono né l'acconciatura della figura maschile nel clipeo, trattata a lunghi tratti incisi in maniera da formare tante piccole ciocche, né quella degli Eroti laterali. ΒΙΒΙ.: 1) Cannizzaro, Religionis Christianae Panormi, libri sex (Ms. bibl. Com.
di Palermo, Oq E. 36).
2) Roroto, op. cit. supra, fig. 44. 3)
Tusa, p. 134, n. 62; tavv. LXXVII-LXXVIII,
PALERMO, 66.
Sarcofago
con ara al centro
figg. 139-141.
Chiesa di S. Francesco
(tav. XCVII,
1).
Dimensioni: altezza m 0,66, lunghezza m 2,00, larghezza m 0,69. Provenienza: ignota.
Stato di conservazione: discreto. Il coperchio & forse quello originale. E rotto in piá punti e manca della parte terminale destra. Il sarcofago conteneva le spoglie di Enrico Ventimiglia appartenente alla famiglia dei Filangeri (v. il sarcofago con scene marine conservato nella stessa Chiesa)
che fece costruire la Cappella
dell'Immacolata. Ecco quel che dice il Cannizzaro: «Tumolo di Henrico Ventimiglia senza scritto di forma antica di marmo». Materiale: marmo
bianco.
Appartiene al tipo dei sarcofagi strigilati. Al centro, su un'ara sagomata, è un clipeo entro il quale è raffigurata una figura maschile con ampia tunica dalla quale esce il braccio destro che tiene un lembo della toga che sta sopra la tunica. L'ara e il clipeo dividono in due scomparti le strigilature che convergono al centro. ! Vedi Bovini, p. 109.
2 Vedi Bovini, p. 131.
PALERMO
67
La fronte è delimitata ai lati da due pilastri con capitello quadrato. Il ritratto dentro il clipeo lasciato allo stato di abbozzo, uso non raro questo nei sarcofagi di quest'età (III secolo d.C.) !. BIBL.: 1) CANNIZZARO, op. cit. supra. 2) Roroto, op. cit. supra, fig. 44. 3)
Tusa, p. 136, n. 63; tav. LXXVIII,
fig. 142.
PALERMO, Chiesa di S. Maria di Gesù
67.
Sarcofago con festoni di fiori retti da colonne (tav. XCVII, 2).
Dimensioni: altezza
m 0,86, lunghezza m 2,04, larghezza m 0,63.
Provenienza: è stato rinvenuto nella stessa località nel 1880 ed apparteneva alla famiglia La Gina-Talamanca. Stato di conservazione: discreto. Il coperchio non è pertinente. Materiale: marmo bianco.
Al centro un cartiglio reca la seguente iscrizione: D. M. VALERIA.M.FIL MARCIA GERMANAE
DELICATAE SVAE FIL MARCIO IVSTO ALVMNO SVO SARCOPHAGVM POSVIT
VIXIT ANN XXIII MEN VNO DIEB X
Dall'una parte e dall'altra due colonnine a spirali rese a rilievo reggono un grosso festone di fiori legato alle colonnine stesse con nastri svolazzanti.
In mezzo al festone di sinistra à rappresentato a rilievo un oggetto non sicuramente identificabile, forse una fiaccola, mentre in quello di destra ὃ riprodotto un vaso a forma di oinochoe,
che nel modello doveva essere di bronzo. Sotto al cartiglio ὃ una piccola aquila ad ali spiegate. Il motivo dell'aquila che sostiene il cartiglio con la testa e le ali spiegate & abbastanza raro. Esso si nota in qualche sarcofago che viene attribuito al III secolo d.C.?. Possiamo assegnare questo sarcofago alla seconda metà di questo secolo, soprattutto per i caratteri epigrafici, ma anche per quelli scultorei.
Nei lati brevi e nel lato posteriore à decorato con sculture medioevali. BIBL.:
1) NSc, VI, p. 272.
'
2) C.LL., vol. X, parte II, n. 8316. 3) A. Saumas, Sarcofago romano nella Chiesa di S. Maria di Gesü presso Palermo, in A.S.S., N.S. V, 1881-82, pp. 175-176.
4) Tusa, p. 137, n. 65; tav. LXXIX, fig. 144. PALERMO,
68.
Chiesa di S. Maria della Catena
Sarcofago di «Lucca Palici» (tav. XCVIII).
Dimensioni: altezza m 0,80, lunghezza m 2,15, larghezza m 0,60. Provenienza: dalla Chiesa di S. Nicoló alla Kalsa da dove fu trasferito alla Chiesa di S. Maria della Catena quando, nel 1825, fu distrutta la Chiesa della Kalsa. ! Per la questione dei ritratti non compiuti v. Bovini, p. 78 ss. 2 Vedi Bovini, p. 109, fig. 79 e G. GuLuini, in BdA, 1949, fasc. I.
68
PALERMO
Stato di conservazione: discreto, ὃ scheggiato in vari punti negli spigoli. Materiale: marmo bianco.
Il coperchio, non pertinente, è a doppio spiovente: su quello anteriore reca quattro stemmi nobiliari appartenenti alle famiglie dei Chiaramonte e dei Palizzi; altri due stemmi, più piccoli, pure appartenenti alle due famiglie, sono alle estremità del bordo inferiore dello spiovente di cui una fascia è decorata con motivi vegetali stilizzati. Sulla fronte è decorato con strigilature convergenti al centro dove è un cartiglio con l’iscrizione. Le due sezioni della fronte sono delimitate alle estremità da due colonnine tortili con base a capitello corinzio. Anche nei lati brevi è decorato con strigilature; alla estremità di ognuno di questi lati al posto della colonnina, c'é un pilastro scanalato sovrastato da un capitello composito. Ba. 1) Tusa, p. 137, n. 64; tav. LXXIX, fig. 143. 2) E. Gagrici - E. Levi, Lo Steri di Palermo e le sue pitture, in Atti dell’Accademia
di Scienze, Lettere ed Arti,
Palermo, 19, Supplemento n. 1, Milano-Roma, ristampato a Palermo nel 1985, pp. 5-4, fig. 2.
PALERMO, Museo Archeologico Regionale 69.
Sarcofago delle Amazzoni ! (tav. XCIX-CI).
Dimensioni: altezza m 0,55, lunghezza m 2,06, larghezza m 0,65. Provenienza: ignota.
Stato di conservazione: mediocre. Come appare dalla fotografia è rotto in più punti e molte gambe delle varie figure, che erano a tutto tondo, sono spezzate. Una linea di rottura corre per tutta la lunghezza del sarcofago. Il bordo superiore, che delimita la scena, è tutto spezzato. Recentemente è stato restaurato a cura dei PP. Gesuiti che lo possedevano. Manca del coperchio. Materiale: marmo
bianco.
L'attenzione di chi osserva la fronte di questo sarcofago è attratta subito dal gruppo centrale: qui è una figura femminile vista di profilo, seduta su un sedile rotondo, col capo chino e velato e una lunga veste, in atteggiamento triste; tiene sul grembo un’urna su cui poggia il braccio sinistro reggendola con la mano, mentre il destro è quasi abbandonato sulla gamba dello stesso lato. Si tratta di Andromaca che tiene ben custodita l'urna con le ceneri di Ettore. Davanti a lei sta Paride: sul capo ha il berretto frigio da cui esce una folta capigliatura, è vestito con una tunica che, dopo essere stata trattenuta ai fianchi, gli arriva fin sopra le ginocchia, con un mantello che vien giù dalla spalla sinistra, con brache che gli fasciano le gambe, verosimilmente una tenuta da viaggio.
Paride si volge amorevolmente
verso Andromaca:
sembra
che con il braccio destro le
accarezzi il capo, mentre con la sinistra tenta di sollevarglielo in un gesto di umana comprensione. Dietro a lui un’altra figura femminile segue attentamente lo svolgersi della scena: i tratti del viso e delle guance fortemente segnati da linee incavate, le gote abbastanza marcate denunziano la sua età avanzata; la copre fino ai piedi un’ampia veste ed un velo il capo. Si tratta di Ecuba che assiste il figlio Paride in questa dolorosa funzione. Davanti a lei un’altra figura femminile, forse un’ancella, vista di profilo, volta a sinistra e meno rilevata delle altre figure, segue attentamente lo svolgersi della scena: anch’essa è vestita con un’ampia veste e ha il capo velato.
1 La scena riprodotta sulla fronte di questo sarcofago era stata da me interpretata, nella prima edizione di questo catalogo, come il mito di Ippolito e Fedra; a seguito delle indicazioni di B. Andreae e di una osservazione più attenta, è da riconoscere, nella stessa scena, piuttosto il mito delle Amazzoni.
PALERMO
69
Questa, che é la scena principale di tutta la fronte del sarcofago, ha per sfondo un arco e un altro edificio non bene identificabile
(forse un altro arco), segno questo che la scena si svolge
entro le mura della città. Iniziando ora da sinistra la descrizione della fronte del sarcofago notiamo una figura (presenta una grossa scheggiatura sulla guancia destra) vestita con una corta tunica, che le lascia scoperti l'omero e il seno sinistri, porta alti calzari e tiene sulla spalla sinistra una bipenne: ἃ la regina delle Amazzoni, Pentesilea, che viene forse per incontrare Andromaca e che sembra conversare animatamente con la prima delle quattro figure femminili che seguono, come si puó desumere dalla mano sinistra di Pentesilea sollevata in alto. Queste due figure formano un gruppo a sé stante, sembra quasi che commentino la scena centrale. Seguono altre tre figure femminili (dell'ultima a destra si nota solo la testa e una piccola parte del busto, vista come le altre, di profilo a destra), hanno l'omero e il seno destri scoperti, si
tratta quindi compunto, il Segue la Andando
di Amazzoni. Indossano peró una lunga veste e tengono un atteggiamento molto capo chino volto verso Andromaca: forse si tratta di prefiche. scena principale che abbiamo già descritta. verso destra, subito dopo Ecuba, escono da una porta ad arco tre Amazzoni, col
seno e l'omero destro scoperti, vestite con una corta clamide, elmo e calzari, armate di scudo
(pelta) e ascia di guerra: una di esse peró, quella piá vicina ad Ecuba, ha il seno coperto e una stretta fascia alla vita, attributi che non si notano nelle altre. Davanti a queste un'altra figura,
vestita allo stesso modo, ma senza elmo e con una bipenne sulla spalla sinistra: è Pentesilea, la regina delle Amazzoni, vestita come l'altra figura all'estrema sinistra, con accanto un cavallo visto di profilo. Di un altro cavallo che faceva parte del gruppo, s'intravede solo la testa, vista di profilo, con la bocca aperta proprio sul capo della seconda Amazzone (da destra), e una delle gambe anteriori, tra questa figura e la successiva: questo cavallo era forse condotto da un'altra figura di cui resta il basso profilo volto a destra, tra la seconda e la prima Amazzone (da destra). A Pentesilea va incontro, uscendo da una porta ad arco, che è l'ingresso a Troia, un vecchio
barbuto vestito con un'ampia tunica e con calzoni, col capo coperto da un berretto frigio, con un’asta nella mano
sinistra: è Priamo, il padre di Paride; forse è lui che tiene il cavallo che sta
accanto a Pentesilea. Sui lati brevi due grifoni alati molto stilizzati e di rozza fattura. È forse questo l’unico sarcofago in buone condizioni, per quanto è a mia conoscenza, che sulla fronte rappresenta uno degli ultimi episodi della guerra di Troia riportato «nel famoso poema epico dell’Etiopide. Il poeta dell'Etiopide faceva giungere Pentesilea a Troia dopo la morte di Ettore. Stavano intorno alla tomba di Ettore e giunse l'Amazzone figlia del valoroso Ares sterminatore di uomini» ! Etiopide (Aithiopis) è il noto poema del ciclo epico di cui abbiamo pochi frammenti ed in cui, tra gli altri, è trattato l’episodio di Pentesilea che, dopo la morte di Ettore, va in aiuto dei Troiani
con le sue Amazzoni. Di questo episodio abbiamo solo qualche rappresentazione sui sarcofagi romani figurati; per quanto è a mia conoscenza la scena che ho descritto si trova, con varianti, in un coperchio di
sarcofago collocato sulla parte anteriore del grande sarcofago di Eracle conservato nel Museo di
Villa Borghese
a Roma, in un sarcofago nel Museo dell’Accademia delle Scienze di Leningrado e
in un'altro conservato a Roma in via Giulio Romano, 23: vicini al nostro, specialmente per la scena centrale, quest’ultimo e il coperchio del Museo di Villa Borghese2. È databile al 170-180 d.C. Bin: 1) H. Sicurermann, 20,
21,
G. Kocu, Griechische Myten auf rómischen Sarkophagen, Tübingen
1975, p. 22, n. 10, tavv.
1.
1 L. A. SreLiA, Mitologia greca, Torino 1956, pp. 723-24. 2 Tutti e tre sono pubblicati da Roserr, II, nn. 59, 60 e 61 e il coperchio anche da A. Mau, in AnnlIst, XLIX, 1877, p. 268 ss.
70
PALERMO
PALERMO, Museo Archeologico Regionale 70.
Sarcofago di «Volusia Longina»
Dimensioni:
(Inv. n. 993)
(tavv. CII-CV).
altezza m 0,45, altezza del coperchio nella fronte m 0,115, lunghezza m
1,57, larghezza m
0,43.
Provenienza: ignota, probabilmente importato da Roma- Ostia. Stato di conservazione: buono. E scheggiato solo un angolo del cartiglio che reca l'iscrizione. Materiale: marmo bianco.
Il sarcofago presenta, nella fronte, una decorazione molto fitta e accurata. Al centro, dentro
un medaglione circolare a rilievo, & riprodotto il busto di una giovinetta ammantata vista di prospetto.
La corta capigliatura, a righe, é divisa nella fronte, le pupille sono incavate e l'iride é col solito forellino, il mento à appuntito: queste caratteristiche danno nel loro complesso la fisionomia di una data persona, siamo quindi in presenza di un ritratto. Il medaglione è sorretto da una parte e dall'altra da due Vittorie dalle lunghe ali e dall'ampia veste svolazzante che si librano a volo nell'aria. Sotto il medaglione sono raffigurati due galli affrontati, in combattimento: sono spinti alla lotta da due Amorini, coperti da un ampio mantello che lascia loro scoperto tutto il petto fino al basso ventre e una gamba, e che avanzano di corsa verso i galli, sembra anzi che li spingano
rispettivamente
con la mano
sinistra e con la destra, mentre
con l'altra mano
tengono
un fascio di fiori. Sotto le Vittorie sono adagiati per terra, riversi, due grandi vasi, decorati con strigilature a spirali, ricolmi di fiori. Alle due estremità della fronte sono raffigurati Amore e Psyche: il primo, completamente nudo, alato, tiene con una mano una face rivolta a terra e con l'altra abbraccia Psyche. Questa ha
un'ampia veste stretta al petto e ai fianchi. Sopra il capo delle due figure è un motivo floreale. Il coperchio,
pertinente,
ὃ ad unico
spiovente:
sulla fronte,
al centro,
dentro
un cartiglio
rettangolare delimitato nei lati brevi da volute, reca la seguente iscrizione dedicata alla defunta: D. M. VOLVSIA - LONGINA - Q(uae) ET DIONYSIODORA - Q(uae) VI(xit) ANN(is) V M(ensibus) III - D(iebus) XVIII. FEC(i) DIONYSIODO RVS - LONGINVS PATER FIL (iae) DVLC (issimae).
Ai lati dell'iscrizione due coppie di Amorini alati sostengono un festone di fiori con nastri svolazzanti. Nei lati brevi sono scolpiti a bassorilievo, in una maniera molto rozza che fa un sensibile contrasto con le sculture della fronte, due tondi che forse vogliono raffigurare due scudi. L'acconciatura dei capelli del ritratto al centro !, la maniera con cui sono rese la pupilla e l'iride, il discreto uso del trapano nelle chiome delle Vittorie, l'accuratezza con la quale è rifinito tutto l’insieme fanno datare questo sarcofago ad un’epoca non molto tarda, molto verosimilmente alla fine del II secolo d.C. o agli inizi del III: con questa datazione concordano anche i caratteri dell'iscrizione che vengono usati particolarmente nel periodo tra il II e il III secolo; mi riferisco in particolare alla caratteristica della «G» 2. I sarcofagi riproducenti due galli, in lotta
o meno,
sono comuni nel mondo
romano,
sia in
epoca pagana che in epoca cristiana: citiamo quello del Vaticano, Giardino della Pigna >, data-
! Vedi per confronto FeLLerri-MAJ,
nn. 249 e 250.
? Vedi P. Battie Hucuer, Epigrafia latina, Barcellona 1946, p. 115, fig. 40. * Vedi AMELUNG, 1, p. 863, n. 159, tav. 107.
PALERMO
71
bile all'età di Antonino Pio, e il sarcofago rinvenuto nel Cimitero di S. Agnese, ora disperso ! databile alla metà del III secolo d.C.?. I due gruppi di Amore e Psyche, posti ai lati e quindi ripetuti, avrebbero solo funzione decorativa ?. BIBL.:
1) C.L.L., VI, 29557 (cfr. X, 1088, 392). 2)
Tusa, p. 144, n. 67; tavv. LXXXII-LXXXIV,
figg. 150-154.
3) Bivona, n. 237, pp. 195-4, tav. CXVI. 4)
BONACASA, p. 329.
PALERMO, Museo Archeologico Regionale 71.
Sarcofago con teste leonine (tavv. CVI-CVIIT.
Dimensioni: altezza m 0,61, lunghezza m
1,76, larghezza m 0,62.
Provenienza: ignota. Forse importato da Roma. Ostia. Stato di conservazione: buono. Manca di coperchio. Materiale: marmo bianco.
E del tipo ovale, abbastanza noto, c.d. «a vasca». E decorato su tutta la fronte da due serie
profonde
di strigilature convergenti al centro dove formano
la solita «mandorla»,
anch'essa
incavata. In alto, alle due estremità, ὃ decorato con due protomi leonine fortemente stilizzate. La
faccia del leone è trattata col trapano, sia pure in maniera non molto accentuata e non ha ancora quell’espressione che vedremo pit tardi, verso la fine del secolo, come ad esempio in sarcofagi del Vaticano e del Museo Capitolino ^. La faccia del leone poi non ha ancora raggiunto quel vigore espressionistico che ἃ tipico degli esemplari sopracitati. Nei lati brevi sono incise, per ogni lato, delle panoplie: due scudi ovali incrociantisi, con due bipenni e due lancie. Gli scudi sono decorati con volute pure esse incise. Nella parte posteriore non presenta alcuna decorazione, ma è levigato. La lavorazione è accurata e in un certo modo rifinita. Ftà: metà del III secolo d.C. BIBL: 1) SCERRATO, p. 265, n. 8. 2) Tusa, p. 146, n. 68; tavv. LXXXIV-LXXXV,
figg. 155-157.
PALERMO, Museo Archeologico Regionale 72.
Sarcofago
Dimensioni:
con teste di Medusa
(Inv. n. 49)
(tavv. CIX-CXD.
altezza m 0,50, lunghezza m 2,10, larghezza m 0,54.
Provenienza: ignota.
Stato di conservazione: è spezzato in piá punti e restaurato. Manca del coperchio. Materiale: marmo
bianco.
E del tipo c.d. «a vasca». E decorato sia nei lati brevi che nel lato lungo anteriore da due serie profonde
di strigilature, delimitate in alto e in basso da modanature,
! Bovini, p. 206, fig. 218.
2 Per il significato v. CUMONT, pp. 319 e 398. 5 Vedi E. PETERSEN, Psyche oder Nike, in RM 1901, p. 57 ss. ^ Vedi Scerrato,
tav. LXVII,
1-3.
che s'incontrano al
72
PALERMO
centro dove formano la solita «mandorla». Alle due estremita della fronte in alto ὃ decorato con due teste di Medusa dalla caratteristica chioma svolazzante e con due serpentelli che si affacciano nella fronte. Questo motivo non s’incontra molto comunemente nella decorazione dei sarcofagi: si trovano alle volte delle teste di Medusa che decorano qualche sarcofago, ma sono spesso raffigurate tra festoni di fiori !. Qui stanno al posto delle protomi leonine secondo l'uso invalso nella decorazione dei sarcofagi specialmente nella prima metà del III secolo d.C.: a quest'epoca credo che si possa datare questo sarcofago. Con questa datazione concordano le particolarità che 81 riscontrano nel trattamento delle teste di Medusa e specialmente nella maniera di rendere l'occhio in cui sia la pupilla che l'iride sono vigorosamente segnate; ὃ resa inoltre la fossetta lacrimale. Il trattamento dei capelli poi denuncia un certo senso plastico. Tutti questi elementi si riscontrano, com'é noto, nella ritrattistica romana intorno al III secolo d.C. Sul significato delle teste di Medusa poste come decorazione di sarcofagi
contrastanti:
io credo
che abbiano
un significato apotropaico,
e questo
contraria del Lehman-Hartleben ? che crede siano da connettere
i pareri
malgrado
col culto bacchico;
sono
l'opinione forse nel
caso del sarcofago da lui trattato, ha ragione in quanto If, come abbiamo visto, sono accoppiate con festoni di fiori. BIBL.: 1) Tusa, p. 147, n. 69; tav. LXXXVI, 2) PAOLETTI, p. 230, n. 3.
figg. 158-160.
PALERMO, Museo Archeologico Regionale 73.
Sarcofago di «P. Aelius» (Inv. n. 1064)
(tavv. CXII-CXIV).
Dimensioni: altezza m 0,45, lunghezza m 2,05, larghezza m 0,55.
Provenienza: ignota. Prima che in questo museo era conservato nel Convento di S. Agostino in Palermo. Stato di conservazione: discreto. Nella fronte sinistra & rotto in piá parti. Manca del coperchio. E decorato solo sulla fronte. Materiale: marmo bianco con qualche parte bruna o chiara dovuta ad agenti atmosferici.
E decorato sulla fronte da due serie abbastanza profonde di strigilature comprese entro bordi sagomati. Entrambe convergono verso il centro dove, in un cartiglio ansato, è incisa un'iscrizione
funeraria dedicata a un tale P. AELIVS. Ai lati sono raffigurati due putti alati, nudi, che tengono nelle mani un festone di fiori. Essi incedono uno verso destra e l’altro verso sinistra rispettivamente con il piede sinistro e il piede destro sollevati su un ripiano. Questo modo di raffigurare i putti alati sui sarcofagi non è molto comune: in genere, com’é noto, sono raffigurati con la face volta in basso e la testa reclinata. Per
questo motivo si avvicina al nostro un sarcofago conservato nel cortile del Belvedere del Vaticano *. La lavorazione non è molto accurata, i putti non sono rifiniti, nell’iscrizione qualche lettera esce fuori dai margini del cartiglio ed è incisa nel solco destro della modanatura laterale del cartiglio stesso. I bordi superiori e inferiori sono lasciati grezzi.
! Vedi AMELUNG,
I, p. 858, n. 142, tav. 105.
? LEHMANN-HARTLEBEN, OLSEN, pp. 49-50. 3 Vedi AMELUNG, II, p. 127, n. 51 e tav. 14.
LEHMANN- HARTELEBEN, OLSEN, figg. 21 e 22.
PALERMO
73
Il sarcofago dovette essere riadoperato in epoca posteriore, evidentemente in epoca cristiana:
cosí infatti si pud spiegare il quadrifoglio inciso sulla fronte, proprio nell’iscrizione, sí da renderla non più facilmente leggibile: anche oggi la lettura risulta non molto chiara, per la difficoltà di supplire il nome della madre che insieme al padre ha curato l'iscrizione della tomba del figlio dulcissimo P. Aelio morto adolescente all'età di anni 12, mesi 10, giorni 22. Anche per i caratteri epigrafici questo sarcofago può essere datato all'epoca dei Severi (III secolo d.C.). BiBL.: 1) C.LL., C, 2, p. 756, n. 7285. 2) Tusa, p. 148, n. 70; tavv. LXXXVII-LXXXVII, 3) Bivona, pp. 44-45, n. 27, tav. XXI.
figg. 161-164.
PALERMO, Museo Archeologico Regionale 74.
Sarcofago con medaglione al centro (Inv. n. 123)
(tav. CXV).
Dimensioni: altezza m 0,62, lunghezza m 2,21, larghezza m. 0,49.
Provenienza: ignota. Stato di conservazione: discreto. E spezzato in alcuni punti specie della cornice superiore. Il volto della figura ὃ in parte abraso e cosí pure i capitelli dei pilastri laterali. Manca del coperchio. Presenta un colore bruno chiaro dovuto ad agenti atmosferici e al luogó in cui è stato posto. Materiale:
marmo
bianco.
È decorato sulla fronte da due serie profonde di strigilature convergenti verso il centro. In alto & decorato da un clipeo rotondo entro cui é riprodotto il busto ammantato della defunta. Figure simili recano generalmente nella destra alcuni fiori, qui sembra invece che, sempre con la destra, tenga il lembo del mantello. Al di sotto del clipeo sono riprodotte due cornucopie, legate insieme, all'estremità inferiore, da un nastro. Alle duc estremità tutta la fronte del sarco-
fago è delimitata da La lavorazione non sua chioma, ravvolta essere datato verso
due pilastri un po’ rastremati verso l'alto, con capitelli corinzi molto stilizzati. è affatto accurata. Dall’esame della figura e dalla maniera con cui è resa la a grosse ciocche in modo da lasciare libere le orecchie, questo sarcofago puó la metà del III secolo d.C.; una figura simile alla nostra è riprodotta in un
sarcofago proveniente dall'Isola Sacra di Ostia !.
Non presenta alcuna decorazione sui lati brevi nei quali sono praticati due grossi buchi che testimoniano l'uso del sarcofago come fontana. BIBL.: 1) Tusa, p. 150, n. 71; tav. LXXXVIII,
figg. 165-166.
PALERMO, Museo Archeologico Regionale 75.
Sarcofago con tre figure al centro (Inv. n. 1063)
(tavv. CXVI-CXVIID.
Dimensioni: altezza m 0,55, altezza massima del coperchio m 0,22, lunghezza m 2,12, larghezza m 0,55.
Provenienza: dal Convento di S. Agostino, Palermo. Stato di conservazione: discreto; al putto di destra manca la gamba destra. Il coperchio ἃ spezzato in vari
! Vedi Bovini, p. 107, fig. 77.
74
PALERMO
punti ed è forse l'originale, le sculture che vi si trovano però, e l'iscrizione, vi sono state aggiunte in epoca posteriore, medioevale, verosimilmente quando il sarcofago fu riadoperato. Materiale: marmo bianco con venature grigie.
Il sarcofago è decorato al centro da un gruppo di tre figure vestite di tunica e pallio, formante quest'ultimo il sinus. La figura centrale tiene con la sinistra un rotolo ai cui piedi & posto il contenitore. L'estrema sommarietà, non disgiunta a rozzezza, del rendimento delle figure, non ci permette di fare osservazioni circa il sesso delle tre figure; l'unico particolare chiaro e visibile è costituito dalle due penne che stanno sulla fronte delle due figure poste ai lati di quella centrale; com’è noto questo ornamento si trova spesso in tante raffigurazioni di Muse e ricorda la lotta vittoriosa da queste sostenuta contro le Sirene !. Due serie di strigilature, delimitate in alto e in basso da una cornice sagomata, convergenti verso il centro, racchiudono a destra e a sinistra il gruppo ora descritto. Ad ognuna delle due estremità é riprodotta una figura, un putto quasi nudo, con un mantello appeso alle spalle che, nella parte posteriore, gli arriva fino ai piedi; hanno entrambi una lunga chioma e recano nel palmo di una mano, tenendolo in alto, un cesto ricolmo di frutta e fiori; un altro cesto simile à
poggiato a terra. Il riquadro in cui sono raffigurati & delimitato in entrambi i casi, nella parte esterna, da un albero molto stilizzato.
L'interpretazione del gruppo di centro è controversa: il Führer, seguito dal Pace, crede che in esso si debba vedere Cristo in mezzo a due discepoli. Ritengo invece, d'accordo con il Garana, che in esso si debba vedere un gruppo costituito da un poeta e da due Muse. Che le due figure laterali raffigurino due Muse non mi pare che vi possano esservi dubbi dopo quanto s'é detto sopra: ὃ logico, quindi, pensare che la figura centrale sia un poeta che, com'é noto, viene spesso raffigurato con il rotolo nelle mani e il contenitore ai piedi, spesso accompagnato da due o più muse. Un confronto si può stabilire a questo proposito con il sarcofago del Cortile del Belvedere del Vaticano ? che reca le figure di due coniugi insieme a due Muse 5. Le due figure poste alle due estremità riproducono il tipo noto delle stagioni che si trova spesso nei sarcofagi di quest'età: spesso peró sono riprodotte tutte e quattro. Tra gli esempi di sarcofagi con le quattro stagioni cito il sarcofago del Museo dei Conservatori * e quello del Vaticano ?. Per quanto riguarda la datazione credo di poter porre questo sarcofago nella prima metà del IV secolo d.C.: la maniera con cui sono trattati gli occhi («la pupilla incisa poco profondamente al centro del globo oculare che é piuttosto rilevato») e le orecchie («delineate soltanto nel contorno del padiglione») e l'insieme stesso delle figure mi pare che non debbano farci allontanare molto dalla data proposta 9. BIBL.: 1) FüHRER - ScHULTZ, p. 320, 2) Pace, IV, p. 412. 3) O. Garana, Testimonianza 4) O. Garana, Due sarcofagi 5) Tusa, p. 151, n. 72; tavv. 6) WEGNER, p. 35, n. 70, tav.
fig. 122. del Museo Nazionale, in «Sicilia del Popolo», del 18-6-1952. palermitani ritenuti erroneamente cristiani, in A.S.S. serie IIT, vol. VI, pp. 173-4. LXXXIX-XC, figg. 167-170. 1206.
! O. Biz, in Roschers Lexicon, Il, 2, s.v. «Musen»,
p. 3290.
2 AMELUNG, II, n. 48, p. 117, tav. 13. 5 Per un altro esempio, forse più vicino al nostro, di un poeta raffigurato tra le Muse v. MustILLI, p. 29, tav. XXII, 78. + STUART JONES
1926, p. 494, tav. 17.
? AMELUNG, II, p. 318, n. 1020, tav. 29. Non mancano però esempi piti vicini al nostro in quanto riproducono due sole figure: v. i due sarcofagi del Vaticano in AMELUNG,
$ Vedi Bovini, p. 17, n. 5 e p. 192.
I, p. 201, n. 47, tav. 22 e p. 868, n. 175, tav. 109.
PALERMO
75
PALERMO, Museo Archeologico Regionale 76.
Sarcofago con iscrizione greca (Inv. n. 1062)
(tavv. CXIX-CXXI).
Dimensioni: altezza m 0,81, lunghezza m 2,39, larghezza m 0,60.
Provenienza: dalla Collezione Astuto. È stato rinvenuto nella Chiesa di S. Maria del Gest notizia è riportata dal Garana). Stato di conservazione: discreto. Manca del coperchio.
(quest'ultima
Materiale: marmo grigiastro.
È un sarcofago molto rozzo e mal lavorato. Nella parte superiore del lato lungo ha una riquadratura modanata, nella parte inferiore invece la riquadratura è costituita da una semplice linea rilevata. È decorato al centro con un cartiglio rettangolare e ansato: nelle anse è riprodotto un motivo floreale molto stilizzato. Ai lati del cartiglio la fronte è decorata con due motivi architettonici: due colonne,
base, con scanalature diverse e capitello ionico, sostengono un architrave convesso. Al centro un motivo a losanghe rilevato. Nei lati brevi sono riprodotti a rilievo due scudi circolari al centro dei gorgoneion: nel lato breve di sinistra esso è reso con accuratezza maggiore Spesso i lati brevi dei sarcofagi venivano decorati con gorgoneia ! Per il tipo di scultura un confronto si può stabilire altresì con il Diocleziano di Spalato rappresentante Prisca * Il cartiglio reca la seguente iscrizione (altezza delle lettere mm
su alta
su cui insiste un arco quali è raffigurato un che nell’altro. tondo
del Palazzo
di
85-90):
ΦΡΕΤΗΝΣΙΑ XTATIAX KPEIBONIA EZHXEN AMEMIIT& ΚΑΙ ZEMNQX ETH AI? MHN(ac) H' HMEP(ac) KA’ 3 E noto come le iscrizioni cristiane omettessero vano tutti e tre i nomi sono generalmente molto sempre anteriori a quelle latine e cessano quasi del Al IV secolo, piá probabilmente verso la fine, datare questo sarcofago. Brar.: 1) LG.,
generalmente il praenomen, quando portaantiche; le iscrizioni greche poi sono quasi tutto nel V secolo. anche per i caratteri della scultura, si puo
Siciliae et Italiae (Kaibel), Berlin 1850, n. 54.
2) Garana, art. cit. supra nella bibliografia relativa al sarcofago n. 75, al n. 3. 3) S.L. AcNzLLO, Silloge di iscrizioni paleocristiane della Sicilia, Roma. 1955, n. 43 e p. 77. 4) Tusa, p. 155, n. 73; tavv. XC-XCI, figg. 171-173.
! Vedi a questo proposito MENDEL, I, p. 116 e p. 117, n. 30. 2 Vedi Bovini, p. 38, n. 10, fig. 24.
5 «Fretensia Stazia Cribonia visse perfettamente e santamente per 33 anni, 8 mesi, 24 giorni». Per altre iscrizioni simili vedi FüHnER, Forschungen zur Sicilia sotterranea, München
1897, p. 141
ss.
76
PALERMO
PALERMO, Museo Archeologico Regionale
77.
Fronte di sarcofago con scena di battaglia tra Romani e barbari (Inv. n. 739/90) (tavv. CXXII-CXXVIIT).
Dimensioni: altezza m 0,48, lunghezza m
1,77.
Provenienza: ignota. Stato di conservazione:
discreto; è rotta, e risulta mancante qualche parte, resa a tutto tondo, delle varie
figure. Materiale: marmo bianco con venature grigie.
Trattasi di una lastra di marmo che apparteneva verosimilmente alla fronte anteriore del coperchio di un sarcofago. E decorata a rilievo e riproduce una scena di battaglia tra Romani e Barbari. Tutta la scena ha una certa simmetria e presenta una rispondenza tra le varie parti. Il rilievo ha diversi piani, dal bassorilievo al tuttotondo; la scena riprodotta poi à tutta delimitata da un bordo rilevato che la circonda per intero da tutti i lati. A] centro in alto un guerriero a cavallo domina tutta la scena. Il cavallo galoppa verso destra, tenuto per le briglie dal cavaliere. Questi indossa la tunica corta pieghettata su cui é il manto che, gonfiato dal vento, si configura quasi come una vela, trattenuta all'estremità dalla mano destra del cavaliere. Il guerriero a cavallo divide la scena in due parti uguali. A destra è un cavaliere che avanza galoppando col capo chino protetto da un elmo con paragnatidi, con la mano destra tiene uno scudo oblungo. Dietro, in bassorilievo, si vede la testa di un altro cavaliere. Essi avanzano verso il luogo in cui si svolge la mischia: dalla parte opposta infatti muovono pure al galoppo altri due cavalieri che per la foggia del copricapo (berretto frigio) e per il vestito (brache che ricoprono le loro gambe) sono da ritenersi barbari. In primo piano si notano un guerriero nudo dalla lunga chioma (è questa pure una caratteristica che distingue i guerrieri barbari) visto dalla parte posteriore per il dorso e di profilo per la testa, che tenta di conficcare un'asta nel petto di un cavallo; seguono un cavallo abbattuto, un guerriero barbaro con corta tunica svolazzante e lunga asta, un altro guerriero abbattuto a terra. In alto sventolano le insegne. Questa
scena
é molto
viva
e movimentata;
essa
si placa,
all'estremità
destra,
con
una
scena
calma e riposata che sta ad indicare la fine della battaglia; in essa infatti si vedono un vecchio barbaro
e una donna che, in atteggiamento
di dolore, stanno dinnanzi ad un trofeo d'armi; la
donna richiama chiaramente il tipo della Thusnelda. A sinistra, con leggere varianti, è la stessa scena che si ripete: un episodio di battaglia molto vivo e movimentato che si placa, all'estremità, nella raffigurazione dei due nemici vinti, un vecchio
e una donna, che stanno ai piedi di un trofeo d’armi raffigurante un soldato romano. La scena qui descritta è resa veramente bene; le scene sono riprodotte con molto verismo e naturalezza, il movimento dei guerrieri e dei cavalli è reso con una certa maestria (da notare ad es. le code dei cavalli che, a seconda dei casi, rendono molto appropriatamente la stasi o il movimento
più
o meno
veloce),
in certi casi
si cerca
di rendere
anche
il carattere
dei vari
personaggi che si muovono nella scena. Le figure poi sono rese in tutti i modi, di prospetto, di profilo, di scorcio, dalla parte posteriore, e sempre bene. Insomma un buon lavoro da assegnare all'ultimo quarto del II secolo d.C. Il tema qui trattato ricorre con una certa frequenza nei sarcofagi di questa età: analogie strettissime presenta perd con un sarcofago di maggiori dimensioni che si conserva nel Museo Nazionale Romano !.
1 E per cui vedi PaRIBENI, p. 344, n. 8; AURIGEMMA, p. 26, n. 55 e tav. XV.
PALERMO BiBL.: 1) P.R. Von Brenkowski, Die Darstellungen der Gallier, Wien 2) REINACA, III, 1912, p. 99, 1.
77
1908, p. 54, tav. II, 1.
3) G. Hampers, Studies in Roman Imperial Art, Upsala 1945, p. 175, fig. 39. 4) B. ANDREAE, Motivgeschichtliche Untersuchungen zu den rómischen Schlachtsarkophagen, Berlin 1956, p. 15, n. 9.
5) Tusa, p. 155, n. 74; tavv. XCII-XCVII, figg. 174-182. 6) BONACASA, p. 322.
PALERMO, Museo Archeologico Regionale 78.
Frammento di sarcofago con festone (Inv. n. 989)
Dimensioni: altezza m 0,545, lunghezza
m
(tav. CXXIX).
0,76, larghezza m 0,19.
Provenienza: dalla Collezione Astuto. Stato di conservazione: buono; presenta solo due scheggiature nel bordo superiore. Sia da una parte che dall'altra la lastra appare perfettamente segata, essa quindi ἃ stata intenzionalmente tagliata dal resto del suo sarcofago. Materiale: marmo
bianco.
Trattasi del lato breve di un sarcofago, esattamente il lato destro: questo appare chiaramente dal fatto che il putto alato di sinistra ὃ posto esattamente ad angolo con quella che doveva essere la fronte; si scorge inoltre l'inizio di un altro festone che doveva decorare la fronte.
Un grosso e pesante festone di frutta e fiori occupa la fronte principale della lastra: esso e sostenuto da due putti alati, Eroti, abbastanza grassottelli. Al centro sopra il festone è una testa di Medusa dalle numerose e grosse ciocche di capelli che le cingono il capo, con i serpenti che le cingono il viso e le due alucce sulla fronte: è del tipo comune a questi sarcofagi con festoni che spesso sono connessi col culto di Dioniso !. In questi casi la testa di Medusa aveva valore apotropaico o, come crede il Lehmann-Hartleben «era un simbolo della potenza del dio che abbraccia i regni della vita e della morte». Data la mancanza della fronte è difficile pervenire ad una datazione sicura: dai confronti con pezzi simili peró e dall'esame della testa gorgonica specialmente, che si muove ancora nell'ambito della tradizione classicistica di età adrianea, siamo indotti a datare questo pezzo appunto all'età adrianea, comunque entro la prima metà del II secolo d.C. E noto come, specie in seguito ad alcuni rinvenimenti ?, si tenda ad identificare, per i sarcofagi a festoni, come «centro di produzione,
d'irradiazione la regione compresa tra Perge e
Side, e più sicuramente Side» 3: confrontando i vari pezzi però a me pare che quelli di Perge e Side e quello nostro esprimano un linguaggio figurativo diverso. BIBL.: 1) Tusa, p. 157, n. 75; tav. XCVIII, fig. 183. 2) FALLico, p. 50.
1 V, LEHMANN-HARTLEBEN, OLSEN, pp. 49-50, figg. 21-22 e 28-29. ? FA, II, n. 2064. 5 D. ADAMESTEANU, in ArchCl, IL 1, p. 109 ss.
RACALMUTO, Castello Chiaramontano
79.
Sarcofago con il mito di Kore (tavv. CXXX-CXXXID.
Dimensioni: altezza m 0,71 chio).
(col coperchio), lunghezza m 2,15, larghezza m 0,64 (urna), m 0,75 (coper-
Provenienza: in tempi recenti «é stato rinvenuto in una stanza terrana del Castello, quasi mezzo inter-
rato» !. Ignota la provenienza pit antica.
Stato di conservazione: discreto; le figure sono un po' abrase. Manca, perché spezzato, il braccio sinistro di Plutone. Il coperchio é pertinente. Materiale: marmo bianco.
Sulla fronte di questo sarcofago ὃ riprodotta la scena del ratto di Proserpina. In genere questo mito si trova in sarcofagi con molti personaggi, vediamo ad es. in questa stessa raccolta i due sarcofagi di Mazara del Vallo e di Raffadali riproducenti lo stesso mito. Qui invece la scena à ridotta ai suoi elementi essenziali: a sinistra Mercurio visto da tergo completamente nudo, con un piccolo mantello avvolto nel braccio sinistro con cui tiene pure il caduceo,
con la destra invece
tira per le briglie i cavalli del carro di Plutone; i lunghi capelli gli poggiano sulle spalle. Segue il carro di Plutone tirato da due cavalli lanciati al galoppo. Qui la scena riproduce esattamente l’attimo in cui Proserpina viene rapita: Plutone con la barba e i capelli fluenti e il petto e le spalle nudi, con una veste che lo copre dai fianchi in giá, ha appena rapito Proserpina e sta salendo sul carro, ha infatti ancora il piede sinistro a terra, con la sinistra incita i cavalli alla corsa e con la destra
tiene
stretta Proserpina.
Questa,
vestita con
chitone
e himation,
con
i capelli ravvolti
intorno al capo, si volge, con lo sguardo e con la mano destra tesa verso le compagne insieme alle quali stava cogliendo fiori. Queste, in numero di tre, sono riprodotte inginocchiate e come sbigottite per la scena che si svolge davanti a loro; due di esse formano un gruppo a parte, sono l'una di fronte all'altra e tengono ognuna una mano nel cesto di fiori e l'altra alzata. Tra questo gruppo e Proserpina c'é un'altra figura di donna, forse proprio quella con cui Proserpina stava cogliendo fiori: anch'essa mostra il suo sbigottimento volgendo il capo indietro verso la compagna che fugge sul carro; per terra, riverso, à un cesto di fiori, forse rotolato per lo scompiglio causato dal ratto di Proserpina. Tutte e tre queste figure femminili hanno lunghe vesti che descrivono intorno al loro capo ampie volute come se fossero gonfiate dal vento. Nei lati brevi è decorato con un grosso festone di fiori e frutta recante al centro, in alto, una testa di Medusa. Il coperchio è decorato solo nella metà anteriore con foglie d'alloro, è a doppio spiovente e reca agli angoli quattro acroteri. Non si puó certo considerare un pezzo di buona fattura questo
! R. GRILLO, op. cit. in bibliografia, p. 10.
RACALMUTO
79
sarcofago; pur non mancando di un certo interesse per la viva immediatezza della sua concezione, esso difetta alquanto per l'esecuzione: le varie figure sono goffe, tozze, i cavalli, malgrado
siano rappresentati al galoppo, sono statici, non hanno vita. Notevole l'uso del solco intorno alle figure per farle risaltare meglio: si nota specialmente intorno al cavallo di destra. Come abbiamo detto sopra non é comune la raffigurazione del mito di Proserpina con cosí poche figure; in genere troviamo questo tipo di raffigurazione nei sarcofagi tardi, del IV secolo, come ad es., in questa stessa raccolta, in quello di Mazara del Vallo che riproduce una scena di caccia al cinghiale e che si avvicina al nostro anche per qualche altro particolare come l'uso del solco intorno alle figure. Riteniamo che anche questo sarcofago sia databile al IV secolo d.C.; è probabile poi che esso sia un prodotto di artigianato provinciale. BiBL.: 1) R. Grito, Il sarcofago ellenistico di Racalmuto, in L'Illustrazione Siciliana, anno VII, 1954, n. 1-2, pp. 10-11. 2) Tusa, p. 159, n. 76; tavv. XCVIII-CI, figg. 184-189. 3) MANSUELLI, p. 203. 4) Bonacasa, p. 329.
RAFFADALI, Cattedrale
80.
Sarcofago con il mito di Kore (tavv. CXXXIII-CXXXIV).
Dimensioni: altezza m 0,69, lunghezza m 2,10, larghezza m 0,67.
Provenienza: probabimente dalla zona di Terravecchia (Erbesso?) !. Stato di conservazione: discreto; i volti delle figure sono in gran parte abrasi; gambe e braccia sono spesso rotte. E privo di coperchio. Materiale: marmo bianco.
La scena ha inizio a sinistra con la raffigurazione di Cerere sul carro tirato da due cavalli che di corsa vanno verso destra; Cerere reca due fiaccole nelle due mani ed à vestita con un'ampia
veste dalle grosse pieghe che le lascia scoperta una parte del petto: un lembo della veste, inoltre, svolazzando, descrive un arco che incornicia la testa della dea. Il carro, una biga, è decorato con motivi floreali a volute, il mozzo della ruota è adornato con una testa di leone. Il carro è guidato da una figurina alata, con ampia veste, identificata (Robert) con la personificazione della trepidatio; sui cavalli vola un Amorino alato, Amore-Fervore.
Sotto ai cavalli giace, con un manto che ricopre solo le gambe, la personificazione della terra, Tellus; tiene con la sinistra la cornucopia mentre con la destra, di cui resta solo la parte anteriore
delle dita, si appoggiava al petto del primo cavallo. Segue la scena centrale costituita da Proserpina che, mentre raccoglie fiori, come nella tradizione (un cesto di fiori è posto alla sua destra), è ghermita da Plutone, da sinistra intanto, si avanza Diana a fronteggiare la figlia di Demetra; Proserpina è inginocchiata a terra, vestita di un ampio chitone; Plutone, dalla lunga barba, con lo scettro nella sinistra, si abbassa dal carro per rapire Proserpina, con i quattro cavalli che vanno al galoppo;
all'altezza
del suo petto
ὃ rimasta
parte
della mano
sinistra,
sollevata
dalla giovane
rapita, spaurita per l'atto di Plutone; Diana à resa con chitone, piccolo mantello e stivali da caccia, tiene con la sinistra l'arco che reca nella parte terminale una testa di cigno, sulle spalle reca la faretra. Come sotto i cavalli di Cerere era sdraiata la personificazione della Terra, cosí sotto i cavalli
di Plutone é sdraiata una figura maschile barbata, dall'ampio mantello che la copre dai fianchi in giù; si tratta della personificazione di Oceano
che reca nella sinistra una canna selvatica, tipica
vegetazione acquatica, e che aveva la destra (resta solo un frammento) appoggiata alla coscia posteriore del cavallo che sta davanti. Dietro di lui ὃ un'urna da cui esce acqua. Sui cavalli del carro di Plutone, in secondo piano, è una figura femminile con alto diadema,
un grosso scettro nella sinistra
e un melograno
! Vedi A. TuLLio (cit. in bibliografia) e Sicilia-USPI. Comune di Centuripe, piazza Don Bosco, 1990.
nella
RAFFADALI
81
destra: ὃ identificabile per Venere; sul suo capo sta per essere posata una corona di fiori da parte di un Amorino che da sinistra vola verso di lei. Nella parte destra sono raffigurati Mercurio e Minerva; il primo con un piccolo mantello buttato sulle spalle che lo lascia quasi completamente nudo, con il caratteristico cappello alzato, tiene il caduceo con la sinistra e con la destra le briglie dei cavalli di Plutone; Minerva, invece, ὃ
vestita con chitone e himation, porta in testa l'alto elmo ed è armata con scudo e lancia che tiene con la sinistra. In ognuno dei lati brevi sono incisi due scudi esagonali incrociati. La pubblicazione di questo sarcofago nel «Corpus» del Robert mi esime dal cercare confronti e quindi inquadrarlo stilisticamente, piuttosto intendo dire qualcosa circa la datazione. Dal Robert questo sarcofago viene datato alla seconda metà del II secolo, in realtà molte cose giustificano questa datazione: le acconciature di Proserpina e di Diana, l'uso di un soggetto mitologico e soprattutto l'impostazione generale dell'insieme che ci fa apparire questo sarcofago, a prima vista, come un prodotto classicistico che potremmo assegnare a quell'epoca di rinnovato classicismo proprio dell'età antoniniana. Ma a guardare attentamente c’é qualche particolare che ci fa pensare ad una datazione piu tarda: mi riferisco particolarmente a quel gruppo costituito da Venere e dal puttino che vola vicino a lei. La figura di Venere, e nell'acconciatura dei capelli «a turbante» e nella veste e nella ' posizione, molto diversa dalle altre dello stesso sarcofago, sembra richiamare quelle figure di defunti nei medaglioni tanto caratteristiche nei sarcofagi a cominciare
dal III secolo; a questa
figura si adatta benissimo quella dell'Amorino alato che tanto ci ricorda i putti alati che sostengono il cartiglio o il medaglione pure nei sarcofagi a cominciare dal III secolo: sono specialmente la posizione e la veduta frontale della faccia che ci fanno pensare a questo. Alla luce di queste considerazioni non avremmo difficoltà a datare questo sarcofago, pit che alla seconda metà del II secolo, ai primi decenni del III. BIBL.: 1) Robert, III, 5, n. 393, tav. CXXVI (ivi bibliografia precedente). 2) P. Marconi, Agrigento, Firenze 1919, p. 123. 3) Tusa, p. 162, n. 77; tavv. CI-CII, figg. 190-192. 4) MANSUELLI, pp. 202-3.
5) Bonacasa, pp. 328-329. 6) A. Turuo, Lions Club - Beni Culturali dell VIII circoscrizione 1989-90, pp. 147-148.
SAMBUCA,
81.
Casa Catalanotto
Sarcofago strigilato (tav. CXXXV).
Dimensioni: altezza m 0,46, la lunghezza non é definibile dato lo stato di frammentarietà in cui si trova, larghezza m 0,60. Provenienza:
é stato
rinvenuto
nel
1897
in
Sambuca,
località
«Cava
di Villa»,
contrada
«Piano
della
Licata». Stato di conservazione: è rotto in più pezzi e oltre la metà, quella di destra, la parte centrale che forse sarà stata figurata.
è mancante. Mancante è pure
Materiale: marmo bianco.
Sulla fronte è decorato, almeno nella parte rimasta, con strigilature. Nei lati brevi, di cui ne è rimasto solo uno, quello di sinistra, è decorato con un grifone alato, simile a tanti altri di questa raccolta. Età: IV secolo a.C. BIBL.: 1) Tusa, p. 165, n. 78; tav. CIII, figg. 195-194.
SCLAFANI, Cattedrale
82.
Sarcofago con scene bacchiche (tavv. CXXXVI-CXL).
Dimensioni: altezza m 0,54, lunghezza m 2,28, larghezza m 0,72.
Provenienza: ignota. Stato di conservazione: discreto. E rotto in alcuni punti come all'estremità superiore del lato destro. Il braccio destro del satiro che sta al centro manca quasi completamente; tutte le figure sono più o meno abrase o scheggiate. Nel lato breve di sinistra si nota una rottura in senso trasversale al lato stesso. La cornice sagomata che limita in alto la fronte è di stucco ed è stata apposta in epoca moderna. Il sarcofago è chiuso con una grossa lastra di pietra attaccata ai bordi con calce. Al centro, in alto, ὃ posta un'epigrafe che reca la seguente iscrizione latina: ANTIQVIORUM, SCLAPHANI INVI/CTISS (mi) HYMERAE, PROPVGNACVLI / COMITV, HIC OSSA MANET QVE / CVM SEPVLCRO HVC A CASTRO FVE/RVNT TRANSLATA.
Il significato & chiaro: le ossa degli antichi conti di Sclafani furono trasportati «qua» insieme al sarcofago dal castello che tuttora esiste nel paese e che era la residenza della famiglia Sclafani nel Medioevo, epoca in cui ebbe origine il paese: non conosciamo però la più remota provenienza del sarcofago. L'epigrafe che abbiamo riportato sopra non reca alcuna data '. Il sarcofago molto probabilmente dovette stare molto tempo fuori, all'aria aperta, ed essere adoperato come fontana; ne fanno fede i due buchi nei lati brevi, in basso e l'abrasione delle figure. E decorato sia nella fronte che nei lati brevi. Materiale: marmo
bianco.
La scena presenta una certa regolarità. Alle estremità due figure di Pan delimitano tutta la raffigurazione che è divisa in due gruppi composto ognuno di cinque figure: due Menadi, due Satiri e Pan; i due Satiri al centro, voltandosi le spalle, delimitano da quell'altra parte i due gruppi. Iniziando la descrizione da sinistra verso destra notiamo per primo Pan con i caratteristici
piedi di capro, la coda e la barba che cerca di attirare a sé una Menade quasi completamente nuda se non fosse per un manto che, svolazzando, le cinge la zona intorno al basso ventre: e l’ha
già afferrata, ma la Menade lo respinge risolutamente con la mano destra mentre con la sinistra trattiene un lembo del manto. Notiamo subito dopo una figura virile completamente nuda, un satiro, riprodotto nella stessa posizione della Menade che lo precede, con la gamba sinistra cioé che sostiene tutto il peso del corpo,
mentre la destra poggia sul terreno con la sola punta del
piede: é volto a destra peró, mentre quella é volta a sinistra.
i Non credo che il Castrum dell'epigrafe si debba interpretare come fortezza o campo militare: non saprei a che cosa riferirlo. Pur avendo fatto delle ricerche non ho nessuna notizia di un'antica città al posto dell'odierna Sclafani.
ὃ4
SCLAFANI
Come
gli altri che incontreremo,
anche questo satiro presenta il naso grosso e camuso,
le
orecchie ferine a punta e la coda di cavallo. Tiene il tirso nella sinistra e pare che si avventi su una Menade la quale, suonando un flauto,
vestita dell’himation e del chitone che le lasciano scoperto l'omero destro e le svolazzano intorno alla parte inferiore del corpo, danza in maniera scomposta intorno a un'ara: questa, sagomata con una cornice in alto e in basso, é cinta da un grosso e pesante festone di foglie e fiori. Dall'altro lato dell'ara un altro Satiro, raffigurato in movimento sulle punte dei piedi, con le spalle volte verso chi guarda, si volge verso la Menade: tiene con la sinistra una pelle ferina un'estremità della quale ὃ avvolta intorno alla stessa mano e l'altra estremità poggia sull'ara, con la destra tiene il tirso. Dalle sue gambe scappa una pantera rizzandosi sulle gambe posteriori e volgendosi a destra verso un altro satiro che di corsa, con la mano destra alzata e con la sinistra che regge il tirso, si dirige a destra. Con lo sguardo è volto a destra, ma mostra il corpo di tre quarti verso chi guarda e tiene sul braccio sinistro la solita pelle ferina svolazzante. Ancora verso destra ὃ raffigurata un'altra Menade, volta di pieno prospetto verso chi guarda, quasi completamente nuda; solo un mantello, proveniente dall'omero sinistro, si va a immettere,
dopo aver descritto un'ampia curva intorno alla parte destra del corpo, in mezzo alle gambe all'altezza delle ginocchia per uscirne poi dietro con uno svolazzo. Ai piedi ὃ un'altra pantera, vista pure di profilo, con la zampa anteriore sinistra alzata e poggiata su un'anfora che appunto per questo é in una posizione instabile. Ancora un altro satiro che incede poggiando sulla punta dei piedi e che reca sulle spalle un otre pieno di vino di cui tiene l'imboccatura stretta con la mano sinistra; sulla stessa spalla reca una pelle ferina che gli svolazza dietro. Ai suoi piedi ὃ un'ara simile alla precedente sia pure in una posizione diversa; in questa si vede la fiamma, nell'altra invece è nascosta dalla pelle del Satiro che svolazza davanti. Dall'altro lato dell'ara è una Menade, vista dal lato posteriore leggermente declinante verso destra, nuda, con un solo manto piegato dietro le spalle che le spunta poi davanti verso sinistra, con un'ampia chioma che a ciocche le si adagia sulle spalle. Tiene col braccio sinistro una lira e con la mano
molto verosimilmente
un tirso. Ha lo sguardo volto verso destra in basso,
dove
stanno le maschere di un sileno e di una Menade: il primo è riconoscibile per la lunga barba fluente, per la calvizie e per i pampini che gli cingono la fronte e per le orecchie caprine; l'altra ha i lunghi capelli scarmigliati e fluenti sui quali si viene a posare un lembo svolazzante del manto della Menade. Con la destra questa tiene il braccio destro di Pan come per impedirgli di toccare le due maschere che stanno per terra. La figura di Pan, in corrispondenza di quella a sinistra, chiude,
qui a destra, la scena raffigurata nel sarcofago; ὃ in tutto simile all'altra, ὃ diversa solo
nell'atteggiamento e negli attributi: il Pan qui raffigurato volge lo sguardo verso terra; con la sinistra inoltre tiene un grosso bastone, piegato all'estremità inferiore. In entrambi i lati brevi sono riprodotti due scene simili. In quello di sinistra à riprodotta, al centro, un'ara quadrangolare con bordi sagomati alle estremità superiori e inferiori senza festoni, sulla quale arde il fuoco; a sinistra ὃ raffigurato un
Satiro col tirso, nudo col manto svolazzante dietro le spalle; a destra una Menade con atteggiamento di danza, volta di tre quarti verso chi guarda con lungo manto svolazzante in basso e dietro le spalle che lascia ben visibile le varie parti del corpo. Tiene con la sinistra un lembo di questo stesso manto e con la destra una face con la quale attinge il fuoco nell'ara. Nel lato breve di destra ! ὃ riprodotta al centro la solita ara quadrangolare, con festoni peró, su cui arde il fuoco: a questo ha già attinto un Satiro con una face che tiene con la sinistra, in posizione verticale rispetto all'ara. Il Satiro che sta a sinistra dell'ara (nella riproduzione che qui 51 presenta sembra che stia a destra ma ὃ effetto dello specchio) volge le spalle a chi guarda e lo sguardo verso l'ara.
! La riproduzione fotografica non ἃ perfettamente chiara data la posizione del sarcofago che da questo lato ὃ stretto al muro: si ὃ dovuto far ricorso ad uno specchio e cosí la riproduzione che qui si da è quella riflessa sullo specchio.
SCLAFANI
85
Dall'altro lato è riprodotta una Menade in atto di danzare, con i capelli scarmigliati e la testa volta verso l'alto, coperta da un velo che le scende dalla spalla sinistra fino a terra e che lascia intravedere le forme del corpo; é volta di tre quarti verso lo spettatore, tiene con la sinistra il tirso e con la destra il crotalo. E qui riprodotta una scena del ciclo dionisiaco. Com'è noto, questa divinità con i suoi corteggi, i suoi trionfi, le scene varie ad essa riferentisi, ὃ presente in molte manifestazioni dell'arte greca prima e poi anche dell'arte romana. Non e questo il luogo per citare le varie raffigurazioni, sia pure per sommi capi: basterebbe accennare ai molti vasi a f.n. e a f.r. dove il mito dionisiaco è in vario modo riprodotto !. Nella scultura troviamo un gran numero di esempi alla fine del V secolo intorno a Callimaco; ma anche prima c'erano stati esempi 2. Questo motivo si tramanda attraverso l'età ellenistica da cui prende nuove forme e nuovi modelli,
per arrivare
fino all'età romana:
cito a questo
punto
il cratere
di marmo
pentelico,
conservato nel Camposanto di Pisa, databile al II-I secolo a.C. riproducente un corteo dionisiaco ?. Nello stesso Camposanto di Pisa è conservato un sarcofago datato al II secolo di cui un lato breve (riprodotto a p. 56 del catalogo di Carli-Arias sopracitato) riproduce quasi esattamente un lato breve del nostro. Ma ancora prima la scena delle Menadi danzanti attorno ad un'ara era nota a Roma: mi riferisco particolarmente all'ara del Museo Nazionale Romano datata dal Romanelli * al secondo quarto del I secolo d.C. Ancora nel III secolo continua questo motivo: in un sarcofago del Museo Nazionale Romano ? datato alla fine del III secolo d.C. troviamo una raffigurazione del Thiasos dionisiaco che puó essere considerata tra le più tarde del ciclo stesso. Ma, quale datazione daremo al nostro sarcofago? Diciamo
anzitutto che esso non
è, a nostro
giudizio,
qualsiasi bottega; pur non essendo un capolavoro si opera, tale da fornire quindi sicuri elementi di giudizio: sarcofago sono purtroppo molto diverse da quelle che dell’antico resta, e mi riferisco particolarmente al nudo
una opera
dozzinale
uscita da una
puó certamente considerare una buona le condizioni in cui noi vediamo oggi il dovettero essere in origine, ma qualcosa maschile. E questi motivi sono indubbia-
mente neoattici; non staremo qui a discutere su questa particolare facies artistica che, quando
ormai la scultura attiva aveva espresso quanto di meglio poté e seppe esprimere, fece rivivere pit o meno
sentitamente, in Atene, e in Roma,
i motivi che avevano fatto grande l'Arte attica. E in
Roma specialmente che troviamo queste manifestazioni d'arte, fin dalla prima epoca imperiale: citiamo un bell'esempio di arte neoattica in un'ara del Vaticano 9. Ma fu all'inizio del principato di Adriano che il ritorno alle antiche forme greche si fece piu sentito. Il gusto di questo imperatore filelleno era portato verso il godimento delle forme greche che cercava di far rivivere intorno a sé. Fu proprio con una piccola serie di sarcofagi bacchici, con motivi neo-attici, che cominció la produzione di sarcofagi romani al tempo di Adriano. Ora, il nostro sarcofago è greco nelle sue forme, di un greco però che è passato attraverso le esperienze ellenistiche, e quindi neo-attico: volentieri lo datiamo al tempo di Adriano. Tranne che i lati brevi,
come abbiamo visto, non abbiamo trovato per la fronte un confronto veramente calzante: tra tutti i sarcofagi e rilievi con scene dionisiache che abbiamo visto, non pretendiamo affatto peró di averli visti tutti, il pià vicino al nostro ci sembra quello del Vaticano, con teste leonine, del Cortile
di Belvedere 7: forse questo è un po’ più tardo; bisogna tener conto però dei restauri, che sono stati molti in quello del Vaticano.
! 2 secolo 3 ^ 5 6
Vedi Vedi non Vedi Vedi Vedi Vedi
M. PiscHeLr, Dionysos in der griechischen Vasenmalerei, Heidelberg 1945. Ch. Picarp, La Sculpture grecque, I, Paris, 1935, pp. 562-563. A proposito del mito dionisiaco nella scultura alla fine del V si puó non citare il magistrale lavoro di G.E. Rizzo, Thiasos, Roma 1934. CARLI, ARIAS, pp. 22 e 54. P. RoMANELLI, in Le Arti, IV, p. 171, tav. 211. AURIGEMMA, pp. 12 e 13, tav. VII. AMELUNG, I, p. 456, n. 182, tav. 45.
7 AMELUNG,
II, p. 76, n. 28, tav. 76; HeLBIG, p. 85, n. 154.
δ6
SCLAFANI BIBL.: 1) Houz, tav. CLXIV. 2) Touring Club Italiano, Guida d'Italia: Sicilia 1955, p. 535.
3) Tusa, n. 79, p. 166 ss.; tavv. CIV-CVII, figg. 195-199. 4)
Ip., Due sarcofagi romani, in Miscellanea Libertini, Firenze
1958, p. 137 ss.
5) Marz, 2, pp. 182-3, tavv. 84 e 86. 6) 7)
Mansve ut, II, p. 202. Bonacasa, p. 321.
8) A. TuLuo, Raffadali — Chiesa Madre — Sarcofago romano, in Beni culturali della Circoscrizione, Lyons Club, 1989-90, pp. 147-8.
Siracusa, Museo Archeologico Regionale «P. Orsi» 83.
Sarcofago di Adelfia (Inv. n. 864)
Dimensioni:
(tavv. CXLI-CXLVIIT).
altezza del coperchio m 0,20, della cassa m 0,71, lunghezza m 2,07, larghezza m 0,84. Le
varie figure hanno un'altezza media di cm 30. Il registro inferiore è alto cm 26, quello superiore cm 35. Il tondo ha un diametro di cm 47,5, il rettangolo dell'iscrizione misura cm 35,5 X 19,5.
Provenienza: dalle Catacombe di S. Giovanni in Siracusa dove fu rinvenuto il 12 giugno 1872. Stato di conservazione: i lati brevi, non decorati, sono scalpellati e presentano fori che contenevano i ferri che saldavano la cassa al coperchio. Questo è piatto, è sollevato nella parte anteriore di cm 20 ed è lungo cm 7 meno della cassa, la parte sollevata & scolpita sul davanti in maniera diversa dalla cassa: questa presenta tracce di color rosso. Materiale: marmo
bianco con venature bluastre.
Oltre sessanta sono le figure che compongono le scene sia della fronte che dell'alzata del coperchio e numerose sono le scene stesse che narrano episodi sia del Vecchio che del Nuovo Testamento.
Conviene fare una descrizione, sia pure sommaria, di tutte le scene anche per poter avere un'idea della vastità dell'opera scultorea. Al centro, in un grande medaglione a forma di valva di conchiglia che occupa in altezza tutto il registro superiore e parte dell'inferiore, sono i busti di un uomo e una donna, evidentemente due sposi; il coniuge ὃ vestito di tunica manicata e di dalmatica adorna di una larga contabulatio, tiene nella mano sinistra un volume arrotolato e poggia su di esso due dita della mano destra. Il volto sbarbato e giovanile & girato leggermente verso destra, cosicché si presenta di tre quarti. I
capelli pettinati verso il basso aderiscono alla testa, ma le singole ciocche lunghe e fini sono animate
da un leggero movimento
serpeggiante
che si accentra nella parte terminale lungo la
fronte: questa ha nel centro due piccole rughe parallele. Gli occhi che guardano lontano hanno l'iride incisa e la pupilla resa mediante un foro ottenuto col trapano. La sposa «ha un braccio poggiato affettuosamente sulla spalla sinistra del marito verso il quale volge il volto. Le stesse particolarità tecniche notate nel rendimento
degli occhi» della figura precedente «si riscontrano
anche» in questa. «La sua acconciatura, come abbiamo detto, è quella a turbante: i capelli sono spartiti al centro da una scriminatura e scendono ai lati per dividersi poi dietro la nuca in due trecce e circondare due volte la testa a guisa di duplice corona. Caratteristica ὃ la collana formata da tre file di pietra e perle e degno di nota è pure il bracciale adornato di una pietra preziosa» !. Nel registro superiore, a cominciare da sinistra, due figure ignude, un uomo e una donna ed
in mezzo Gest Cristo, vestito con ampia tunica che tiene con la destra un fascio di spighe con cui copre le membra dell’uomo mentre con la sinistra tiene sollevato, dinanzi alla donna, con i piedi anteriori, un agnello: a terra, tra l'uomo e il Cristo, un altro mazzo di spighe. ! Bovini, pp. 220-1.
88
SIRACUSA
Si tratta verosimilmente del Cristo reso come il «Buon Pastore» per la presenza dell’agnello, tra Adamo ed Eva cui le spighe, secondo il simbolismo cristiano, vogliono alludere spesso al genere umano che da Adamo ed Eva appunto ha avuto inizio !. Ogni altra spiegazione di questa scena, di cui è cenno in Pace 2, è forzata: del resto la migliore conferma ci è data dal sarcofago
del Laterano n. 104 5 in cui è riprodotta una scena simile spiegata dal Marucchi * allo stesso modo tranne per l'agnello che crede voglia alludere alla lana data ad Eva; la figura al centro poi, secondo il Marucchi, non sarebbe Gest Cristo ma «un personaggio». Per il Bovini (p. 329) si tratterebbe «dell’assegnazione del lavoro ad Adamo ed Eva in considerazione del loro peccato», per il Ducati (p. 341) di Adamo ed Eva che ricevono da «un angelo» spighe di grano e una spoglia di pecora. Segue un gruppo costituito da due figure, Pietro e Gesù Cristo, riconoscibili il primo per l'età e per il simbolo del gallo che gli sta davanti, la figura del Cristo invece è riconoscibile perché riprodotta allo stesso modo in tutte le scene: qui si vuole alludere al preannunzio della negazione di Pietro (Matteo, 26, 34).
Il gruppo che segue riproduce il miracolo dell’Emorroissa: un Apostolo sta in piedi col Cristo mentre la ragazza stessa, inginocchiata, con la «palla» che le copre anche la testa, tocca con la destra la «fimbria» di Gest che le posa sul capo la mano destra (Matteo, 9, 20). La figura seguente riproduce Mosè, in tunica, pallio e sandali che sul monte Sinai, cui
alludono le rocce sotto ai suoi piedi, riceve da una mano che spunta dal cielo, quella del Padre Eterno, le famose tavole della legge (Esodo, 31, 18).
Oltre il medaglione è scoperta la spalla destra, fermato da una mano che inginocchiato, con le mani
riprodotto il sacrificio di Abramo: questi, con la tunica che gli lascia brandisce con la mano destra sollevata, che sembra stia per essere spunta dall’alto, un ferro con il quale sta per uccidere il figlioletto già dietro la schiena, dinanzi all’ara. Sul fondo è scolpito a bassorilievo
l'ariete che sostituirà Isacco nel sacrificio (Genesi, 22,
1-4).
La scena seguente riproduce il miracolo della guarigione del cieco ed è costituita da tre figure: Gest, un Apostolo e il piccolo cieco che viene spinto avanti da quest'ultimo e che si
sostiene con un grosso bastone. Gest, che tiene un rotolo con Ja sinistra, ha l'indice e il medio sugli occhi del cieco (Marco, 8, 22).
Subito dopo è riprodotto il costituita da tre figure. Al centro vengono porti da due discepoli: segnati con la croce, mentre un
miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci: la scena è Gesti benedice con una mano i pani e con l'altra i pesci che gli per terra sei cesti di vimini contengono pani di forma rotonda altro cesto è tenuto nelle mani dell’Apostolo a destra di Gesti
(Marco, 8, 1).
La resurrezione di Lazzaro completa a destra questo registro: da un sarcofago strigilato con la mandorla al centro sta sollevandosi Lazzaro mentre Gest Cristo lo tocca con un bastone che tiene con la destra mentre con la sinistra tiene un rotolo: pure con la sinistra tiene un rotolo la figura che sta accanto al Cristo, forse un discepolo (Giovanni,
11, 1).
Nel registro inferiore la prima scena a sinistra, costituita da quattro personaggi, oltre al busto, riproduce la nota storia della statua d’oro fatta costruire dal re Nabucodonosor e da questi imposta all’adorazione dei suoi sudditi: tre di questi, riconoscibili per il berretto frigio, Sidrac, Misac e Abdenago, si rifiutano, com’è noto, di adorare la statua e preferiscono affrontare le fiamme (Daniele, 3, 1). Tra le varie spiegazioni proposte per la scena seguente, costituita da tre figure, preferiamo
quella del Bovini (p. 332) che crede di vedervi riprodotto il miracolo del cambiamento dell’acqua in vino fatto da Gest Cristo alle nozze di Cana: i vasi ai piedi della figura centrale del gruppo infatti sono recipienti per liquidi (Giovanni, 2, 1). ! F. LantIERI, Descrizione sacro-archeologica... del sarcofago di Siracusa, Siracusa 1872, p. 12. 2 Pace, IV, p. 407. 3 Ducati, p. 341, tav. 236,1.
:
^ O. MaruccHI, Manuel d’Archéologie chretienne, Paris 1906, p. 146.
SIRACUSA
89
Sotto al medaglione è riprodotta l'adorazione dei Magi: questi s'incamminano con passo ritmato verso un seggio dall'alta spalliera coperto di drappo dove & seduta la Vergine che tiene sulle ginocchia il bambino Gest; ognuno dei Magi porta il classico dono che tiene con entrambe le mani ed ha sul capo il berretto frigio: sullo sfondo, rese a bassorilievo, s'intravedono le teste dei cammelli su cui i famosi re hanno fatto il lungo viaggio. La figura che segue, resa a bassorilievo, riproduce probabilmente il padre putativo di Gest, Giuseppe (Matteo, 2, 4). Segue la scena del peccato originale: Adamo ed Eva, nudi, con le nudità coperte da una grande foglia che tengono con la sinistra, tengono con la destra il frutto proibito che staccano da un albero che sta in mezzo a loro e intorno al quale si attorciglia il serpente (Genesi, 5, 1, sgg.). L'ultima scena riproduce l’entrata di Gest a Gerusalemme
(Matteo, 21, 1) ed è composta di
cinque figure. Gesü Cristo, su un asinello, incede con la destra benedicente, seguito da una figura a piedi forse un Apostolo; un giovinetto stende drappi nella via percorsa dal Cristo mentre un altro, Zaccheo, stacca rami da un albero: chiude la scena una figura vestita con tunica e pallio che
sembra guardare con interesse verso sinistra: forse un altro Apostolo. Descriviamo ora le scene riprodotte nell'alzata del coperchio. Questa reca al centro, in una tabella riquadrata sostenuta da due putti alati, la nota iscrizione: IC ADELFIA CF POSITA CONPAR BALERI COMITIS
L'identificazione di questo conte Valerio non è mai stata certa: ad un risultato apprezzabile è pervenuto il Garana !, identificando il Valerio della nostra iscrizione con Lucio Aradio Valerio Proculo Populonio «consularis provinciae Siciliae» intorno al 550 d.C., datazione questa che non sarebbe lontana da quella che emerge dall'esame stilistico del monumento secondo gli ultimi studi: il Bovini (pp. 221 e 331) com'é noto assegna questo sarcofago al decennio 340-350. Cominciando da sinistra osserviamo una rupe da cui scaturisce acqua che viene attinta da una donna in presenza di un uomo: sulla rupe à raffigurato Mosé che vi fa scaturire l'acqua, ma il Cecchelli ? richiamandosi alla Prima Lettera ai Corinzi di S. Paolo (10, 4) pensa che la testa nella
rupe riproduca il Cristo nelle sembianze dell'Antico dei Giorni, che la donna sia Adelfia e che l'uomo sia una figura generica complementare. Questa spiegazione ci sembra abbastanza plausibile, egualmente probante ci appare la spiegazione proposta dallo stesso studioso per la scena che segue. Questa ὃ stata interpretata variamente dagli studiosi che si sono occupati di questo insigne monumento. Si tratta, com'é noto, del gruppo costituito dalle tre donne, di cui una al centro che sembra guidata dalle altre due, e del gruppo seguente costituito da una figura femminile seduta su un trono circondata da tre donne all'impiedi e da una che sta seduta dinanzi a lei. Le tre donne del primo gruppo sono vestite con una tunica dalle maniche corte, le altre del secondo gruppo oltre alla tunica hanno il mantello che copre loro la testa. Forse questa diversità nell'abbigliamento ed il fatto che realmente i due gruppi sono distinti (in realtà sembra che la figura sul trono volga lo sguardo verso Adelfia) ha indotto alcuni studiosi (Lantieri, Pace etc.) a credere che si tratti di due scene diverse. Altri, invece, pur considerandola unica, l'hanno interpretata in vari modi: cosí il Führer pensa che si tratti della defunta che, assistita da tre donne, si presenta alla Vergine seduta in trono, mentre il Toesca crede che si tratti dell'Annunciazione; altri ancora
nella figura tra le due donne vi hanno visto il Cristo, mentre sembra chiaro che si tratti di una figura femminile che in questo caso non puó non essere Adelfia. Tale l'ha identificata il Cecchelli il quale interpreta tutta la scena come uno sviluppo della prima nella quale Adelfia aveva attinto l'acqua trasfiguratrice: dopo l'opera compiuta da quest'acqua: «Adelfia, essendo accolta in pace
! O. GARANA, in Atti del I Congresso di Archeologia Cristiana, 1952, p. 157 ss. ? C. CeccHELLI, Sapientia Dei, in Atti del I Congresso di Archeologia Cristiana, 1952, p. 111 ss.
90
SIRACUSA
cum sanctis (lo diciamo con le antiche espressioni epigrafiche), va davanti al trono di Cristo, che appare nella personificazione della Divina Sapienza». La figura sul trono sarebbe quindi la personificazione femminile del Cristo «apportatore di Sophia tra gli uomini»: una forma femminile del Cristo non é nuova nella simbologia cristiana !. La donna seduta a terra, sempre secondo il Cecchelli, sarebbe Maria la madre del Signore, le
due accanto ad Adelfia due ancelle, mentre le tre vicino al trono sarebbero tre Vergini. A destra dell'iscrizione, facilmente riconoscibili, sono i tre Magi che, guidati dalla Stella, si dirigono verso la stalla dove ὃ da poco nato Gesti: questi si vede avvolto in fasce entro una cuna di vimini, sotto ad una tettoia, riscaldato dal bue e dall'asino.
Un giovane vestito di corta tunica à posto vicino al giaciglio in cui si trova il Bambino Gesü: con la mano destra fa un gesto come ad indicare i Re Magi a Maria, la Madre di Gesá, che sta lí vicino, seduta su un masso, ammantata: uno stretto confronto si può stabilire tra questa scena e quella del sarcofago riprodotto dal Marucchi ?. Abbiamo cosí completata la descrizione delle varie scene di questo veramente insigne monumento della scultura paleocristiana: come appare dai richiami apposti nel testo si puó considerare come un repertorio figurato di alcune scene del Vecchio e del Nuovo Testamento. Una cosa che salta subito all'occhio dell'osservatore à la diversità tra la cassa e il coperchio. Ho osservato attentamente i due pezzi e, contrariamente all'opinione di molti anche del Cecchelli ? e dell'Agnello *, ritengo che il coperchio che attualmente vediamo sul sarcofago non sia quello pertinente, non nacque cioé col sarcofago stesso. Molti motivi militano, a mio parere, a favore di questa tesi: anzitutto la profonda diversità stilistica tra le sculture della cassa e quelle del coperchio: non è a dire che si tratti per il coperchio di un'opera abbozzata; essa invece è dozzinale perché tale fu prodotta dalle capacità dell'artefice che la eseguí. Si puó pensare, anche perché in realtà non c’é molta differenza cronologica, che le sculture del coperchio siano state eseguite da un garzone d'officina mentre quelle della cassa dall'artigiano più esperto: in linea di massima questa ipotesi sarebbe plausibile ma io non posso assolutamente pensare che un committente possa aver accettato un lavoro cosí diverso nelle sue parti: se si fosse trattato di un lato breve oppure del lato posteriore forse sí, ma non della parte che é la piá visibile forse, l'alzata del coperchio. Si aggiunga a questo, che per me è il principale, il fatto che il coperchio è di dimensioni minori della cassa: anche questo particolare doveva essere notato dal committente di un’opera così rifinita come il sarcofago di Adelfia. L'iscrizione non è perfettamente al centro rispetto al medaglione che invece, nella linea che divide la valva triangolare della conchiglia, è perfettamente al centro della cassa. Malgrado l’opinione contraria del Cecchelli e dell’Agnello un’altra ragione valida è costituita, a mio giudizio, dal fatto che, ammettendo
che il coperchio fosse pertinente alla cassa, ci sareb-
bero due scene simili ripetute, l'adorazione dei Magi cioè. L'appartenenza del coperchio al sarcofago sarebbe giustificata soltanto dal fatto che sono stati trovati insieme e forse perché anche nella decorazione
del coperchio
sono
riprodotte
scene
del Vecchio
troppo poco in verità di fronte alle ragioni contrarie. Per questi motivi, cui forse se ne potrebbe aggiungere
e del Nuovo
qualche
Testamento:
altro, io ritengo
che il
coperchio, quantunque contemporaneo, non sia pertinente al sarcofago, l’iscrizione pertanto non
si riferisce alle figure del medaglione le quali poi sono due, mentre nell’iscrizione si parla di una sola persona, Adelfia. Per quanto riguarda l'età del sarcofago, dopo gli ultimi fondamentali studi del Bovini e dell’Agnello e le plausibili osservazioni fatte da questi studiosi a proposito del nostro sarcofago,
! 2 5 ^
Vedi CEccHELU, op. cit. supra, p. 135. MARUCCHI, op. cit. supra, p. 149. AGNELLO, p. 116. AGNELLO, p. 44 ss.
SIRACUSA
91
non mi pare che ci possano essere dubbi per l'accettazione della datazione proposta, il quinto decennio del secolo IV d.C. BIBL.: 1) Haurmann,
II, IV, pp. 34-55, n. 46.
2) S.L. AGNELLo, Il Sarcofago di Adelfia, Città del Vaticano 1956 (ivi tutta la numerosa bibliografia precedente). Recensione di G.V. Gentili. 3) Tusa, p. 173, n. 80; tavv. CVIII-CXVI, figg. 200-216. 4) O. Garana, Scene della passione di Cristo in antiche sculture della Sicilia, in Rassegna 1959, pp. 11-14. 5) WirsoN, p. 512, n. 265 e tav. XI.
Siracusa, V, Febbraio
SIRACUSA, Museo Archeologico Regionale «P. Orsi» 84.
Sarcofago a vasca (Inv. n. 5954)
Dimensioni: altezza m 0,39, lunghezza m
Provenienza:
(tavv. CXLIX-CL).
1,61, larghezza m 0,58.
da Acradina ed è stato conservato per qualche tempo
nelle Catacombe
di S. Giovanni,
Siracusa !. Stato di conservazione: buono. E privo di coperchio. Materiale: marmo bianco con molte venature bluastre.
Ha la forma di una vasca. La parte superiore à delimitata da un listello piatto leggermente rilevato. Al disotto, nella parte anteriore, & decorato al centro da una colonna cilindrica leggermente rastremata verso l'alto la quale poggia su un plinto quadrangolare e cinque tori e reca in alto un capitello a fogliami su un collarino formato da due listelli convessi. Ai lati di questa colonna sono raffigurate due figure di cui quella a sinistra sicuramente di donna e quella a destra & stata ritenuta dal Führer un ragazzo: ma io credo che si tratti egualmente di una donna e per il vestito, un mantello con molte pieghe ondulate al centro del petto, e per l'acconciatura dei capelli quasi identica all'altro. Di entrambe è riprodotto solo il busto in veduta frontale, trattato in forma schematica, «con senso di disegno più che di rilievo» (Pace).
Si tratta certamente di un’opera di artigianato locale per cui l’unico confronto si può stabilire con le monete bizantine del VI secolo d.C.: a tale epoca è verosimilmente databile questo sarcofago. BibL: 1) G.M. Capopirci, Antichi monumenti di Siracusa, Siracusa 1818, I, p. 115. 2) J. Fourer, Forschungen zur Sicilia sotterranea, München 1897, pp. 130-1, tav. XII, 2. 3) FüHRER-SCHULTZE, pp. 317-318. 4) Lipertini 1929, p. 171. 5) Tusa, p. 181, n. 81; tavv. CXVI-CXVII, figg. 217-219. 6) Bonacasa, p. 341.
SIRACUSA, Museo Archeologico Regionale «P. Orsi» 85.
Frammento di sarcofago
(Inv. n. 51051) ? (tav. CLL
1).
Dimensioni: altezza m 0,58, lunghezza m 0,65.
Provenienza: secondo Freshfield sarebbe proveniente dalla Chiesa di S. Teresa dove sarebbe stato rinvenuto a seguito di scavi «recentemente» ivi operati dal proprietario, «Commendatore Vinci». 1 Vedi Pace, IV, p. 415, n. 2. viene cosí indicato dal Freshfield:
2 Il frammento Museo
di Siracusa».
«...fronte di altare (ricavato da)
un antico marmo
cristiano... depositato nel
92
SIRACUSA
Stato di conservazione: presenta un buco a destra, in basso. Materiale: marmo bianco.
Come possiamo desumere dall’altezza che è stata conservata per intero si tratta di un frammento di un piccolo sarcofago strigilato delimitato all’estremità da due colonnine tortili con capitelli corinzi: di questi resta solo quello di destra. Niente resta del lato breve. x
BrBL.: 1) E. H. FresurieLp, Cellae tricorae and other Christian antiquities in the Byzantine Provinces of Sicily with Calabria and North Africa including Sardinia, II, London 1918, pp. 19-20, tav. I, 1. 2) Tusa, p. 182, n. 82; tav. CXVIII, fig. 220. 3) AGNELLO, p. 112.
SIRACUSA, Museo Archeologico Regionale «P. Orsi» 86.
Frammento
di sarcofago (Inv. n. 50719)
Dimensioni: altezza cm
18, larghezza cm
(tav. CLI, 2).
16,5, lunghezza cm
14.
Provenienza: ignota, forse dalle catacombe di S. Giovanni. Materiale: marmo bianco.
E questa ritmo ad un
rimasta la parte inferiore di una figura che incede velocemente verso destra; dietro a ὃ conservato il piede di un'altra figura sollevata da terra che pare inceda con lo stesso e nella stessa direzione della precedente figura. Il frammento apparteneva verosimilmente sarcofago cristiano databile al IV secolo d.C. di cui S.L. Agnello propone una ricostruzione
grafica. BIBL.:
1) Wirert, I sarcofagi cristiani antichi, II, Roma 1932, p. 293. 2) Tusa, p. 183, n. 85; tav. CXVIII, fig. 221.
SIRACUSA, Museo Archeologico Regionale «P. Orsi» 87.
Frammento di sarcofago (Inv. n. 50196)
(tav. CLI, 5).
Dimensioni: altezza cm 26,5, larghezza cm 28. Provenienza: ignota. Materiale: marmo bianco.
Data l'esiguità del frammento non sappiamo se appartenga alla fronte o ad un lato breve; si tratta comunque della parte superiore come si rileva dal bordo sagomato rimasto. Sono rimaste altresí parti di un festone con nastri svolazzanti ed una rosetta a quattro petali. Per altre questioni
v. quanto si scrive al n. 98. BIBL: 1) Tusa, p. 183, n. 84; tav. CXIX, fig. 222.
SIRACUSA
93
SiRACUSA, Museo Archeologico Regionale «P. Orsi» 88.
Frammento di sarcofago (Inv. n. 50197)
(tav. CLII, 1).
Dimensioni: altezza cm 38, lunghezza cm 30. Provenienza: ignota. Materiale: marmo bianco con venature bluastre.
Il frammento rimasto non ci permette di stabilire se apparteneva alla fronte o ad uno dei lati brevi, si tratta comunque della parte superiore come si rileva dal bordo sagomato che ὃ rimasto. Pur trattandosi di opera di artigianato locale (v. per questa ed altre questioni quanto e detto al n. 98) non priva di un certo interesse & la testa di leone che tiene appeso alle fauci un anello, tanto diversa dalle note teste leonine che troviamo spesso nei sarcofagi anche in questa raccolta. Comune è il festone di frutta e foglie entro cui è compresa la testa di leone, ma non altrettanto l'anello agganciato alle fauci dell'animale. BIBL.: 1) Tusa, p. 184, n. 85; tav. CXIX, 2) G. Kocx, in AA, 1977, p. 144. 3) Fazuico, pp. 49-50. 4) Witson, p. 246, n. 198.
fig. 223.
SiRACUSA, Museo Archeologico Regionale «P. Orsi» 89.
Frammento
di sarcofago (Inv. n. 843)
(tav. CLII, 2).
Dimensioni: altezza cm 54, lunghezza cm 20. «tra le lastre adoperate nel vecchio pavimento». Cattedrale, dalla Siracusa, Provenienza: da Materiale: marmo bianco.
Fu rinvenuto insieme al frammento n. 94 e «probabilmente — dice Libertini — come dimostrano il marmo, le dimensioni e lo stile, faceva parte della schiera di puttini» di cui al n. 94.
Doveva far parte di un sarcofago, forse piccolo, con putti: nel frammento rimasto infatti ὃ raffigurato un putto quasi nudo che tiene sulla spalla sinistra e regge con il braccio sinistro una clamide: alla sua sinistra ὃ poggiata una mano, evidentemente di un altro putto che stava alla destra di quello rimasto: di questo abbiamo solo la parte sinistra del corpo al ginocchio, nella testa e nel petto si notano delle scheggiature. È molto simile al frammento n. 94: insieme forse dovevano appartenere allo stesso sarcofago, si veda per ció quel che si dice a proposito dell'altro frammento. BIBL.:
1) 2)
Lipertini 1929, p. 163. Tusa, p. 185, n. 86; tav. CXX,
fig. 224.
SIRACUSA, Museo Archeologico Regionale «P. Orsi»
90 a-b.
Due frammenti di sarcofago (Inv. n. 50720)
Dimensioni: altezza cm 18, il primo e cm 10 il secondo. Provenienza: ignota, forse dalle catacombe di S. Giovanni. Materiale: marmo
bianco.
(tav. CLIID.
94
SIRACUSA
Nel primo frammento inferiore è riprodotto il piede sinistro di una figura che incede verso destra; nel secondo è riprodotta invece parte della testa di una figura con il braccio destro alzato. II listello rilevato, conservato in entrambi i frammenti, ci dice che costituivano rispettivamente la parte bassa e la parte alta di un sarcofago probabilmente cristiano, databile alla seconda metà del IV secolo d.C. S.L. Agnello ne propone una ricostruzione grafica. ΒΙΒΙ,: 1) Tusa, pp. 185-186, nn. 87-88; tav. CXXI, fig. 225.
SIRACUSA, Museo Archeologico Regionale «P. Orsi» 91.
Frammento di sarcofago
(Inv. n. 33023)
(tav. CLIV, 1).
Dimensioni: altezza cm 55, lunghezza cm 55. Provenienza:
da Catania.
Si nota una rottura a destra.
Materiale: marmo bianco.
La scena rimasta è costituita da un giovane abbattuto e portato in braccio da un altro di cui non si è conservata la testa: di fronte al giovane disteso è un vecchio dalla lunga veste e dalla lunga barba. Pur non essendo perfettamente convinto che questo frammento appartenga o meno ad un sarcofago, si ritiene opportuno tuttavia presentarlo in questa raccolta anzitutto perché potrebbe esserlo e poi anche come testimonianza di un artigiano forse locale di cui proprio a Siracusa abbiamo visto vari esempi.
L'impossibilità di confronti, lo stato di conservazione ed il linguaggio stesso della scultura c'impediscono di fare considerazioni cronologiche: stilisticamente possiamo dire che si tratta di una scultura, molto rozza e dozzinale, molto tarda. Bin: 1) Tusa, p. 186, n. 89; tav. CXXII, fig. 226.
SIRACUSA, Museo Archeologico Regionale «P. Orsi» 92.
Frammento
di sarcofago
(Inv. n. 42018)
(tav. CLIV, 2).
Dimensioni: altezza cm 49, lunghezza cm 68. Provenienza: da Siracusa, nei pressi della Chiesa di S. Maria di Gest. Materiale: marmo bianco.
Del frammento rimasto non si può stabilire se apparteneva alla fronte o ad uno dei lati brevi, sicuramente però apparteneva alla parte superiore come si rileva dal listello sporgente che delimita in alto il frammento stesso. Il festone riprodotto è rimasto quasi per intero: è formato da foglie e frutta, è molto consistente e reca all’estremità nastri svolazzanti. A destra, in alto, è conservata parte di un’ala che poteva appartenere ad un’aquila ma forse anche a «divinità alate o personificazioni femminili», come nel sarcofago greco con festoni, di
SIRACUSA
95
Baltimora ! o piá probabilmente, anche per la somiglianza con i festoni, a putti alati come nel sarcofago del Vaticano *. E un bell'esempio di parete a festoni databile al IL secolo d.C. BIBL.: 1) LiBERTINI 1929, p. 13. 2) Tusa, p. 187, n. 90; tav. CXXII, fig. 227. 3) FaLuco, p. 50.
SIRACUSA, Museo Archeologico Regionale «P. Orsi» 95.
Frammento
di sarcofago (Inv. n. 50718)
(tav. CLV).
Dimensioni: altezza cm 32,5, lunghezza cm 22,5, spessore cm 21.
Provenienza: ignota, forse dalla catacomba di S. Giovanni. Materiale: marmo
bianco.
Trattasi di un frammento dell'angolo sinistro di un sarcofago cristiano. Il lato breve era decorato con le caratteristiche transenne rese a bassorilievo, del tipo c.d. a
«coda di pavone» che troviamo adoperate tra l'altro in una catacomba sita nei pressi di Siracusa, a Priolo 5. La fronte ha inizio con una colonnina tortile e segue con una figura ammantata di cui è rimasta solo la parte inferiore; dietrodi questa é il piede destro di un'altra figura. Il bordo inferiore ὃ decorato con motivi floreali. E fatto largo uso del trapano. Età: fine IV secolo d.C. S. L. Agnello, sulla scorta di un frammento esistente nei magazzini del Museo di Siracusa, che egli pubblica alla fig. 2, propone una ricostruzione grafica del frammento. BIBL.: 1) Tusa, pp. 187-188,
n. 91; tav. CXXIII, fig. 228.
Siracusa, Museo Archeologico Regionale «P. Orsi» 94.
Frammenti di sarcofago (Inv. n. 842)
Dimensioni: altezza m 0,56, lunghezza m
Provenienza:
da Siracusa,
(tav. CLVI).
1,73.
dalla Cattedrale, «tra le lastre adoperate nel vecchio pavimento».
Fu rinvenuto
insieme al frammento n. 89, v. supra. Stato di conservazione: la parte conservata costituisce forse i 2/3 di tutto il sarcofago per quanto riguarda l’altezza: i putti infatti sono conservati dal basso ventre in giù. La parte rimasta inoltre è priva di un'altra fascia che comprendeva i polpacci dei puttini, essa quindi è composta in realtà di due frammenti: solo di un puttino ἃ conservata parte della testa, essendo abbassato rispetto agli altri. Presenta inoltre una rottura dall'alto in basso. Materiale: marmo
bianco.
Trattasi di un grosso frammento di un sarcofago che riproduceva nella fronte un numeroso gruppo di Amorini danzanti: in questo pezzo ne sono conservati nove. Danzano intorno a panieri di frutta che stanno
a terra o sono tenuti in alto, forse da loro stessi. Sono
! LEHMANN-HARTLEBEN, OLSEN, p. 18, figg. 19-22. 2 AMELUNG, II, p. 299, n. 102, tav. 24. 5 Pace, IV, p. 313, fig. 14.
nudi ma le loro
96
SIRACUSA
clamidi svolazzanti fanno da sfondo a tutta la scena. Sono raffigurati proprio nell’atto della danza e quindi sono visti di fronte, di profilo etc. Troviamo spesso nei sarcofagi romani la raffigurazione di puttini resi in vari modi: costituivano il simbolo della continuità della vita. Tra i piá vicini al nostro frammento possiamo citare il coperchio di un sarcofago al Museo Capitolino !, un sarcofago del Museo Vaticano ? ed un altro di Villa Medici >. Metà del III secolo d.C. BiBL.: 1)
P. Orsi, in NSc,
1881, p. 456.
2) LmznrINI 1929, pp. 162-5. 3) Tusa, p. 188, n. 92; tavv. CXXIII-CXXIV, figg. 229-230.
SIRACUSA, Museo Archeologico Regionale «P. Orsi» 95.
Frammento di sarcofago (Inv. n. 76664 ex. 844)
(tav. CLVID.
Dimensioni: altezza cm 51, lunghezza cm 45, spessore cm 14. Provenienza: «sembra che sia stato rinvenuto in via Eumelo..»
(Agnello).
Materiale: marmo bianco con qualche venatura bluastra.
Trattasi del frammento di un sarcofago a vasca. La parte rimasta conserva i resti di due figure: un satiro con orecchie caprine, un tirso frammentato in mano ed una pelle sul dorso e una
figura maschile completamente priva della testa, vista di fronte: in questa figura si nota soltanto come tratto caratteristico, un po' di barba che arriva ai pettorali molto pronunziati. Tra queste figure è un caprone, pure esso molto frammentato. Dietro alla seconda figura si notano i resti di
qualche grappolo d'uva trattato in una maniera molto piatta. Questo frammento doveva appartenere ad un grande e bel sarcofago decorato con le solite scene bacchiche ^ che si trovano piü spesso in questo particolare tipo di sarcofago a vasca o tinozza che, com'é noto, sono «di chiara ispirazione simbolica dionisiaca» ?.
La mancanza dell'uso del trapano ci fa datare questo frammento alla seconda metà del II secolo d.C. BIBL.: 1) Tusa, p. 189, n. 93; tav. CXXIV, fig. 231. 2) AGNELLO, p. 116. 3) FaLLico, p. 45, n. 11, fig. 5, a sinistra.
SIRACUSA, Museo Archeologico Regionale «P. Orsi»
96.
Frammento di sarcofago (Inv. n. 845) (tav. CLVIII, 1).
Dimensioni: altezza m 0,65, lunghezza m
1,50.
Provenienza: ignota. Stato di conservazione: le figure, anche quelle piá piccole, sono state intenzionalmente scalpellate. Materiale: marmo bianco a grana grossa. ! MusTILLI, p. 98, n. 4. 2 AMELUNG, II, p. 180, n. 730, tav. 19. 3 CAGIANO, n. 64.
^ Uno degli esemplari migliori, il sarcofago Ouvaroff, a Leningrado: v. LEHMANN-HARTLEBEN, OLSEN, fig. 42. 291
? R. BrancHI BANDINELLI, Il sarcofago di Acilia, in BdA, III, 1954, p. 200 ss. (cfr. Archeologia e cultura, Milano-Napoli ss.).
1961, p.
SIRACUSA
Questo frammento
97
costituisce il centro e quasi tutta la parte sinistra della fronte di un
sarcofago: in alto è delimitato da un listello a rilievo, in basso è completo, ma non ha nessuna
delimitazione; all'estremità sinistra è spezzato e manca parte della decorazione. Al centro della fronte, entro una corona d'alloro resa in maniera convenzionale e schematica,
legata in basso da un nastro svolazzante, ὃ il busto nudo di un uomo visto di pieno prospetto, privo di braccia all'altezza degli omeri. A sinistra è riprodotta la nota scena della caccia al cinghiale: abbiamo il cavaliere con tunica e mantello che spinge il cavallo al galoppo, il famiglio che spinge il cane contro il cinghiale, il cacciatore che con un coltello colpisce il cinghiale di cui ¢ qui riprodotta soltanto la parte anteriore del corpo: ὃ riprodotto con le gambe anteriori piegate, come se uscisse da un anfratto di roccia. A destra della corona d'alloro é rimasta soltanto la parte posteriore di un quadrupede, forse un cavallo; non sappiamo che cosa fosse raffigurato nel resto della fronte. La scena riprodotta, come s'é detto, è nota, mentre è nuova la maniera di renderla: abbiamo
qui uno stile di cui invano cercheremmo qualche confronto nei pezzi presentati in questa raccolta; le figure sono rese in maniera molto rozza ed impacciata, nuovo poi il modo di rendere il defunto, nudo senza braccia. L'artigiano forse avrebbe voluto rendere la prospettiva: e questo fine ha creduto di raggiungere mettendo i tre personaggi su tre piani diversi. Le minori dimensioni del famiglio stanno forse ad indicare la sua minore età nei confronti degli altri due. Riteniamo che questo frammento sia un prodotto dell'artigianato locale: per volerlo inquadrare stilisticamente ci vengono in mente alcuni rilievi d'arte romana provinciale e più particolarmente i rilievi d'«arte renana» !. Questo confronto peró non vuole essere stretto né dare indicazioni cronologiche: si tratta piuttosto di un linguaggio simile, alla base del quale sono probabilmente da ricercarsi «situazioni analoghe che indipendentemente producono, a distanza di tempo e di luogo, analogia di forme e di accenti» ?. BL: 1) LisERTINI 1929, p. 119. 2) Tusa, p. 190, n. 94; tav. CXXV,
fig. 232.
SIRACUSA, Museo Archeologico Regionale «P. Orsi» 97.
Frammento
di sarcofago
(Inv. n. 13927)
(tav. CLVIIL
2).
Dimensioni: altezza cm 34, lunghezza cm 71. Provenienza: da Siracusa, Necropoli del Fusco. Materiale: marmo
bianco.
Si tratta molto probabilmente della parte sinistra della fronte di un sarcofago: questo verrebbe indicato dall'aquila che sta all'estremità destra del frammento e che forse doveva costituire il punto centrale della fronte. L'aquila, che è vista di fronte, col capo volto a sinistra, poggia sull'abaco di un capitello che certo sovrastava ad una colonna o forse ad un pilastro scanalato. Si notano due festoni di foglie d'alloro che si uniscono al centro del frammento sotto un cartiglio rettangolare posto in senso verticale. Sia sopra che sotto i festoni ci sono quattro rosette ognuna con quattro petali; delle due inferiori à rimasta solo quella di sinistra. Sotto al cartiglio un motivo floreale non ben comprensibile dato lo stato di frammentarietà. Il tipo di decorazione di questo frammento e di alcuni altri del Museo di Siracusa, segnati ai numeri 87, 88, 89, ci fa stranamente ricordare alcuni sarcofagi dell'Italia settentrionale tra cui principalmente uno rinvenuto recentemente
a Modena !; identiche le rosette, simile l'aquila (si
! V. a tal proposito S. Ferri, Arte Romana nel Reno, Milano 1931, figg. 1-4 passim. 2 R. BiancHi BANDINELLI, Storicità dell'arte classica, Firenze
1950, p. 233.
! P.E. Arias, Modena, Necropoli romana di Piazza Matteotti, in NSc, 1948, p. 26 ss.
98
SIRACUSA
trova su uno dei lati brevi del sarcofago di Modena e non é riprodotto dall’Arias), simile la tecnica della scultura. Se non conoscessimo il luogo di rinvenimento, potremmo pensare ad una provenienza dal Nord, cosa che potrebbe essere avvenuta in antico ma della quale non abbiamo alcun elemento. Come spiegare allora questa somiglianza? E da premettere intanto che si tratta a nostro giudizio di opere di artigianato locale che quindi non hanno niente in comune con l'arte o con modelli che danno lo spunto a varie opere. Per spiegare questo fenomeno accettiamo pienamente il pensiero di R. Bianchi Bandinelli ! espresso con queste parole: ...«noi crediamo nelle affinità culturali, nell'esistenza, cioé, di situazioni analoghe che indipendentemente producono, a
distanza di tempo e di luogo, analogie di forme e di accenti». Dal confronto con il sarcofago di Modena e stando alle conclusioni dell'Arias dovremmo datare questo frammento intorno alla metà del II secolo d.C.: per le considerazioni su esposte peró dobbiamo conseguentemente dire che una datazione, anche approssimativa, di questo, come degli altri
frammenti simili, à impossibile se non ci soccorrono altri dati tra i quali anzitutto quelli di scavo. BIBL.: 1) Tusa, p. 192, n. 95; tav. CXXV,
fig. 233.
SIRACUSA, Museo Archeologico Regionale «P. Orsi»
98.
Frammento di sarcofago
(Inv. n. 73677)
(tav. CLIX, 1).
Dimensioni: altezza cm 5,5, larghezza cm 5,5.
Provenienza: ignota Stato di conservazione: è spezzato nella parte destra del collo fino al mento; è abraso un po’ dappertutto
perché «corroso dall'acqua» ?. Materiale: marmo bianco.
Riproduce a basso rilievo una testa femminile vista frontalmente, con ampia chioma ondulata a boccoli, due dei quali le scendono lungo le orecchie. Il frammento presenta, al disopra della testa, una modanatura aggettante, particolare tipico di molti sarcofagi. La testa qui riprodotta è simile a quelle scolpite nel sarcofago a vasca dello stesso Museo. Cronologia: fine V, inizi VI secolo d.C. BIBL.: 1) FArLico, p. 53, n. 25, fig. 12 (in alto, a destra).
SIRACUSA, Museo Archeologico Regionale «P. Orsi»
99,
Frammento di sarcofago
(Inv. n. 73676)
(tav. CLIX, 2).
Dimensioni: altezza cm 7, larghezza cm 8,5.
Provenienza: ignota. Stato di conservazione: è molto abraso perché corroso dall’acqua *; è spezzato sul lato destro del collo lasciando libero il mento. M
Materiale: marmo bianco.
! Gusto e valore dell'arte provinciale, in R. BiANcHI BANDINELLI, op. cit. supra, p. 231
? FALLICO, p. 53, n. 25. 3 Vedi Tusa, n. 81, p. 181 ss., figg. 217-219, ^ FaLLiCO, p. 53, n. 25.
ss.
SIRACUSA
9G
Riproduce una testa maschile vista quasi di fronte, compressa in alto da un bordo a rilievo aggettante. Pur essendo molto abraso s'intravvede la capigliatura trattata in ordine sparso; si nota chiaramente l'orecchio destro, molto grande rispetto alla testa, occhi e pupille incavati; si notano sul volto tracce della barba e, a sinistra della testa, forse un lembo della tunica che lo copriva.
Cronologia: fine III, inizi IV secolo d.C. BIBL.: 1) Fazuico, p. 53, n. 25, fig. 12 (in alto, a sinistra).
Siracusa, Museo Archeologico Regionale «P. Orsi»
100.
Frammento di sarcofago ! (Inv. n. 73680) 2 (tav. CLX,
Dimensioni: altezza cm
1).
18,5, larghezza cm 20,5.
Provenienza: ignota. Stato di conservazione: manca della testa, delle braccia di cui restano i monconi all'altezza degli omeri, della parte bassa della figura dalla vita in git. Materiale: marmo bianco. Riproduce una figura femminile, come si evince chiaramente dai seni che si notano malgrado
la pesantezza del vestito e le grosse pieghettature dello stesso, «arrotolato in una grossa piega all’altezza della vita»; profondi solchi segnano il vestito. Cronologia: fine III, inizi IV secolo d.C. BIBL.:
1) FaLico, p. 53, n. 27, fig. 12 al centro.
SIRACUSA, Museo Archeologico Regionale «P. Orsi»
101.
Frammento
di sarcofago
(Inv. n. 75682)
(tav. CLX, 2).
Dimensioni: altezza cm 26, larghezza cm 26, spessore: nella parte più larga cm 13, nel bordo inferiore cm
5.
Provenienza: forse da S. Giovanni. Stato di conservazione: reca scalpellature nel bordo inferiore. Materiale: marmo
bianco.
Ad altorilievo sono riprodotti due piedi di due personaggi raffigurati sulla fronte del sarcofago: uno dei due piedi è intero fino al polpaccio mentre l'altro è appena pronunziato nella punta; entrambi hanno calzari che lasciano libere le dita dei piedi. Sulla sinistra, ai margini della parte rimasta, é un bassorilievo rotondo, forse un simbolo.
Cronologia: IV-V secolo d.C. Bra:
1) AcnELLo, p. 116: l'Agnello indica un gruppo di sarcofagi siracusani cui apparterrebbe, secondo la Fallico, anche questo frammento. 2)
Fauuco, p. 54, n. 29, fig. 12, in basso a
sinistra.
! La Fazico nella nota 27 a p. 53 esprime il dubbio che possa trattarsi di un frammento di sarcofago essendo «la superficie retrostante lavorata e alquanto convessa». Io ritengo che questo non sia un motivo determinante per escludere che si tratti di un frammento di sarcofago. ? Oltre a questo numero reca le seguenti lettere, in nero: SIAP.
100
SIRACUSA
SIRACUSA, Museo Archeologico Regionale «P. Orsi»
102.
Frammento di sarcofago
(Inv. n. 73669)
(tav. CLX, 5).
Dimensioni: altezza cm 30, larghezza cm 32. Provenienza: ignota Stato di conservazione: ὃ spezzato su tutti i lati e presenta, sulla parte del frammento, una consistente scheggiatura. Materiale: marmo bianco.
Si nota chiaramente, dal pur piccolo frammento, che si tratta di un sarcofago a due registri; in quello inferiore, che ha una profondità più marcata del superiore ed è aggettante verso l'alto, sono riprodotti, solo per le estremità, tre elementi: al centro una testina femminile di proporzioni
molto piccole, volta a sinistra di chi guarda, con folta capigliatura a grosse ciocche; a destra della testina è un uccello che, con ali spiegate, vola verso di lei; l'elemento a sinistra della testina è in
tale stato di abrasione da non essere identificabile. Nel registro superiore si nota la coscia e la gamba sinistra, nude, di una figura inginocchiata e volta verso sinistra, pur essa molto scheggiata. Α sinistra di chi guarda la coscia ὃ forse la gamba di un'altra figura che s'incrocia con la prima. E ad alto rilievo: sullo sfondo, dietro la prima figura, ὃ un elemento ricurvo. Ampi svolazzi a pieghe di un vestito ricoprono in parte le due figure. Cronologia: III-IV secolo d.C. BiBL.: 1) FarLico, op. cit., p. 47, n. 14, fig. 7, a sinistra.
SIRACUSA, Museo Archeologico Regionale «P. Orsi» 105.
Frammento di sarcofago
(Inv. n. 73666)
(tav. CLXI, 1).
Dimensioni: altezza cm 25, larghezza cm 65, spessore cm 10 circa. Provenienza: ignota | Stato di conservazione: è scheggiato e spezzato in più parti. Materiale: marmo grigio con venature bluastre.
E la cuspide triangolare di un sarcofago, decorata con un tralcio di vite, cui è attaccata una foglia, e con grappoli d'uva. Cronologia: V-V] secolo d.C. BIBL.: 1) FaLuco, p. 48, n. 15, fig. 6 a sinistra.
SIRACUSA, Museo Archeologico Regionale «P. Orsi» 104.
Frammento di sarcofago
(Inv. n. 73670) ! (tav. CLXI, 2)
Dimensioni: altezza cm 26, larghezza cm 18. Provenienza: ignota. Stato di conservazione: presenta fratture su tutti i lati. Materiale: marmo bianco. ! Sulla parte posteriore è riportato in nero un altro numero 860.
SIRACUSA
101
Riproduce parte di una figura femminile dal collo (la breve linea a bassorilievo segue la parte terminale del mento) fino al basso ventre; é rivestita da una tunica molto ampia trattenuta alla cintola da una cintura. È piegata sulla sua destra dove si nota il braccio che esce dall’apertura della tunica, ma di cui è rimasto ben poco essendo spezzato. Del suo braccio sinistro è rimasta, appena, parte dell'omero fino alla parte. del braccio che pure esce dalla tunica. E reso ad altorilievo, sul lato destro per chi guarda, si nota la parete. Cronologia: IV secolo d.C. BIBL.: 1) Faruco, p. 48, n. 15, fig. 7, a destra.
SIRACUSA, Museo Archeologico Regionale «P. Orsi» 105.
Frammento di sarcofago
(Inv. n. 18803)
(tav. CLXI, 5).
Dimensioni: altezza cm 24,5, larghezza cm 36.
Provenienza: acquistato dal Museo nel 1898, trovavasi nell'interno del Palazzo Specchi, presso la fonte Aretusa. Stato di conservazione: ὃ spezzato nella parte alta con una grossa fenditura a sinistra di chi guarda. E abraso. Si tratta dell'estremità destra di un sarcofago a vasca. Materiale: marmo
bianco.
Al centro riproduce la parte inferiore di una figura maschile (si notano la gamba destra quasi dal bacino in giù e la sinistra quasi dal ginocchio in giá) vestita di una lunga ed ampia veste che, per la gamba destra, la copre fino al malleolo mentre gli lascia scoperta parte della gamba destra: un lembo del vestito pende in mezzo alle due gambe. A sinistra di chi guarda si nota una gamba di animale con il piede biforcuto e più in là un elemento, forse un pilastro di cui, data l'abrasione, non si riesce a comprendere la funzione. La figura umana tiene la gamba sinistra alzata e poggia il piede su un animale piegato sulle gambe posteriori: trattasi di un animale fantastico, il corpo potrebbe essere di un caprone, ὃ alato e il collo à molto lungo: potrebbe anche essere un grifone. Nella parte posteriore ὃ concavo e scalpellato per formare il sarcofago. Cronologia: IV-V secolo d.C. Bist: 1) Fazuico, p. 51, n. 21, fig. 10 a destra.
Siracusa, Museo Archeologico Regionale «P. Orsi» 106.
Frammento
di sarcofago ! (Inv. n. 50606).
Dimensioni: altezza cm 35, diametro alla base cm
13.
Provenienza: rinvenuta nel 1947 nella zona del foro siracusano.
Stato di conservazione: è spezzato in pit parti, la figura manca della testa e delle braccia. Materiale:
È una statuetta riproducente una figura maschile vestita di una corta tunica pieghettata trattenuta a metà della figura da una cintura. Una cintura in senso diagonale attraversa parte del
corpo. Con la mano sinistra tiene un caduceo; reca calzari fin quasi al polpaccio. Poggia su una 1 Il n. di inv. del Museo riportato alla base della statuetta reca il n. 45821, con la sigla S. Staz. sulla parte posteriore.
102
SIRACUSA
base di forma ellittica; ὃ resa ad altorilievo e, nella parte posteriore, presenta una superficie curva
«iavorata sommariamente il che fa pensare all'inserimento in una nicchia». ‘‘ronologia: IV secolo d.C. Βιβι.:
1) FaLuico, p. 52, n. 24, fig. 10.
SIRACUSA, Museo Archeologico Regionale «P. Orsi»
107.
Frammento di sarcofago
(Inv. n. 73679) ! (tav. CLXII, 1).
Dimensioni: altezza cm 24, larghezza cm 23. Provenienza: ignota. Stato di conservazione: ὃ spezzato in alto all'altezza del collo della figura e in basso all'altezza del ventre. E abraso. Materiale: marmo bianco grigiastro.
Riproduce la parte superiore di una figura femminile (sono ben visibili i seni) un po' piegata verso la sua destra, che tiene con la mano sinistra un oggetto, segnato con due linee incise, di difficile interpretazione. Cronologia: IV secolo d.C. BIBL.: 1) FaLuco, p. 53, n. 26, fig. 12, in alto.
SIRACUSA, Museo Archeologico Regionale «P. Orsi» 108.
Frammento
Dimensioni: altezza cm
di sarcofago
(Inv. n. 34052)
18,5, larghezza cm
(tav. CLXII, 2).
17.
Provenienza: dalle fondamenta di casa Pizzuti in Pizzuti
a Piazza Duomo
(da P. Orsi, 1913).
Stato di conservazione: & spezzato in alto all'altezza della parte superiore della testa e in basso all'inizio della spalla sí da lasciare libero il collo. La testa è molto abrasa, anzi levigata, sf da far scomparire quasi le varie parti della faccia che s'intravedono appena. E scalpellato nella parte posteriore. Materiale: marmo bianco.
Raffigura ad altorilievo una testa maschile volta per intero a sinistra; dietro ad essa, all'altezza del collo e della testa, si notano piccoli resti di un drappeggio. Pur in queste condizioni si nota molto uso del trapano come appare dai molti buchi in varie parti della testa e della faccia. Cronologia: IV secolo d.C. BIBL.: 1) FaLuico, p. 54, n. 31, fig. 12, al centro.
SIRACUSA, Museo Archeologico Regionale «P. Orsi» 109.
Frammento
Dimensioni: altezza cm
di sarcofago
(Inv. n. 779)
10, larghezza cm
11,5.
Provenienza: ignota
! Sul lato sinistro reca il n. 50506 e la scritta in nero SIPORO.
(tav. CLXII, 3).
SIRACUSA Stato per
di conservazione:
intero;
é spezzato
molto
abraso;
all’altezza
103
er la sua frammentarietà
ὃ molto
difficile comprendere P
il frammento
del mento.
Materiale: marmo bianco grigiastro.
La parte principale del frammento riproduce una testa femminile vista quasi di fronte (è volta leggermente a sinistra), i capelli, trattati a boccoli, le coprono il capo fino alla fronte, a loro volta
coperti da una calotta o da una stephane rotondeggiante. Lo stato di conservazione non permette di porre ulteriore osservazione se non rilevare le labbra molto pronunziate, come pure il naso. A sinistra della testa si nota parte di un motivo floreale indistinto, appartenente ad un capitello ionico o composito, come dice la Fallico, ma non ne sono molto convinto.
Cronologia: IV secolo d.C. ΒΙΒΙ,: 1) Fazuco, p. 54, n. 32, fig. 12, in basso, a destra.
SIRACUSA, Museo Archeologico Regionale «P. Orsi» 110.
Frammento di marmo
Dimensioni:
decorato
(Inv. n. 75671)
(tav. CLXIIL, 1).
altezza cm 22, lunghezza cm 43, diametro della parte posteriore cm 20.
Provenienza: ignota.
.
Stato di conservazione: mediocre è molto abroso. Materiale: marmo bianco.
E un frammento d'angolo con parte di due grifoni e con fiaccola allo spigolo con grossa fiamma. Qui i grifoni sono in due piani diversi mentre invece, generalmente, si trovano sullo stesso piano. Nessun accenno alla cassa dell'eventuale sarcofago, si nota piuttosto una sagomatura circolare sulla parte posteriore la qualcosa farebbe pensare ad un monumento commemorativo o funerario. Si pubblica qui per motivi di completezza essendo registrato nell'inventario come «frammento di sarcofago». BiBL.: 1) FaLLico, p. 49.
SIRACUSA, Museo Archeologico Regionale «P. Orsi» 111.
Frammento di sarcofago
Dimensioni:
altezza cm
(Inv. n. 73664)
35, larghezza massima
cm
(tav. CLXIII, 2).
20, spessore
cm
14.
Provenienza: incerta. Stato di conservazione: mediocre. Materiale: marmo bianco.
E rimasta la parte superiore di una figura giovanile media che porta un grosso festone di fiori. La testa, coperta da una folta chioma, non ravviata, che gli copre la parte posteriore del collo, ἃ volta verso la sua sinistra. Sulle spalle un mantello di cui sono rimaste poche tracce sulla parte alta e lungo il suo fianco sinistro. Si tratta forse di Eracle giovane con la leonteia che si nota sulla testa del giovane e sulle spalle. Potrebbe anche rappresentare un fauno coperto da una pelle ferina di cui si scorgono
104
SIRACUSA
chiaramente le quattro dita del piede. Dato lo stato di conservazione del frammento non è possibile una più precisa interpretazione nè una valida datazione, si può assegnare comunque al tardo III secolo. BIBL.: 1) FALLICO, p. 46, n. 11.
SIRACUSA, Museo Archeologico Regionale «P. Orsi». 112.
Testa maschile di marmo
(Inv. n. 73622) !.
Dimensioni: altezza cm 12, larghezza massima nella parte posteriore cm 8. Provenienza: ignota. Stato di conservazione: mediocre. Materiale: marmo bianco.
Riproduce la testa di Eracle barbato con la leonteia. Si nota molto uso del trapano. ΒΙΒΙ.: 1) FaLLico, p. 48, n. 15.
SIRACUSA, Museo Archeologico Regionale «P. Orsi» 113.
Frammento
di una testa di marmo
Dimensioni: altezza cm
(Inv. n. 73665)
(tav. CLXIV,
1-2).
11, larghezza cm 8.
Provenienza: ignota. Stato di conservazione: mediocre. Materiale: marmo bianco.
Si tratta del frammento di una testa femminile con i capelli a folte ciocche ravviate sulla fronte e sulla nuca, trattenuti da una benda: il frammento riporta il lato posteriore e dall'andamento della benda si puó dedurre che si tratta della testa in direzione della fronte. BIBL.: 1) FALtico, p. 48, n. 15.
SIRACUSA, Museo Archeologico Regionale «P. Orsi». 114.
Frammento
di sarcofago
di marmo 2 (Inv. n. 73675)
Dimensioni: lunghezza cm 63, spessore cm
13, larghezza max. cm
(tav. CLXIV,
3)
17.
Provenienza: ignota. Stato di conservazione: mediocre. Materiale: marmo bianco.
A sinistra i resti di una figura con clamide stretta alla cintola che scendendo verso il basso non raggiunge nemmeno
le ginocchia, peraltro, mancanti.
! Sul pezzo ἃ riportato anche il n. precedente 776. ? Sulla parte anteriore sono segnate in nero le tre lettere SIR, un po’ sbiadite, e sotto, cancellato, forse un vecchio numero d'inventario.
SIRACUSA
A destra parte di una faccia,
l'inferiore,
molto
105
mal ridotta,
che forse apparteneva
ad un
gorgoneion: ai lati pendono lunghe e grosse ciocche di capelli, ad anelli con foro. Faceva parte verosimilmente del lato breve di un sarcofago di difficile interpretazione e datazione. BIBL: 1) Fattico, p. 49, n. 18.
SIRACUSA, Museo Archeologico Regionale «P. Orsi».
115.
Frammento
di sarcofago di marmo
(Inv. n. 73673) ! (tav. CLXV,
1).
Dimensioni: altezza massima cm 27, spessore cm 12, larghezza massima cm 32. Provenienza: ignota. Stato di conservazione: mediocre, molto lacunoso. Materiale: marmo
bianco.
E raffigurata sulla fronte, ad altorilievo, una figura maschile nuda, con un mantello sulla spalla sinistra che gli copre anche un braccio con cui tiene un attributo ora irriconoscibile. Manca del collo, della testa, dell'avambraccio destro e delle gambe, inoltre è molto abraso sul petto. Altro attributo potrebbe essere la parte terminale del mantello, posto forse sull'avambraccio e la mano destra mancanti. Alla destra della figura centrale, su una mensola (o su una roccia) ἃ riprodotto, mancante della parte superiore del corpo, all'impiedi, un uccello alato con folte penne che a forma di brache gli coprono le gambe. Si tratta forse dell'aquila di Giove che rapisce Ganimede. Lo stato di conservazione del pezzo non permette né una plausibile interpretazione né una valida datazione. Bra: 1) FaLuco, p. 49, n. 17.
SIRACUSA, Museo di Piazza Duomo,
116.
Coperchio di sarcofago (Inv. n. 73674)
Dimensioni: altezza m 0,52, lunghezza m
Cortile
(tav. CLXV, 2).
1,06, larghezza m 0,55.
Provenienza: ignota. Stato di conservazione: è un frammento di coperchio, come tale è ben conservato, soltanto è un po’ abraso:
«il pezzo è di sotto un po’ incavato; nel timpano due fori per impiombarvi la chiave di ferro che lo saldava alla cassa»
(Orsi).
Materiale: marmo.
Si tratta della fronte di lato breve del coperchio a doppio spiovente di un piccolo sarcofago con acroterii agli spigoli decorati con foglie lanceolate. Al centro un tondo di foglie legate in basso con due nastri, «una patera ombelicata» (Orsi): da questo punto, in basso, si dipartono due nastri
con andamento svolazzante che si prolungano fino ai due acroteri. ΒΙΒΙ,: 1) P. Orsi, in NSc, 1904, pp. 287-288, 2) Tusa, n. 107, p. 205 (Appendice).
fig. 13 (disegno di R. Carta).
! Sulla parte anteriore sono segnate in nero le tre-lettere SIR, un po’ sbiadite, e sotto, cancellato, forse un vecchio numero d'inventario.
106
SIRACUSA SIRACUSA, Museo di Palazzo Bellomo
117.
Sarcofago con tre croci sulla fronte (Inv. n. 23545)
(tav. CLXVI).
Dimensioni: altezza m 0,79, lunghezza m 2,02, larghezza m 0,85.
Provenienza: dall'Ospedale Civico di Siracusa e, poi, dal Museo Archeologico Regionale. Stato di conservazione: buono, presenta all'angolo superiore sinistro una rottura perfettamente baciante tra le due parti e qualche scheggiatura in più punti.
com-
Materiale: marmo.
La grande cassa di marmo ὃ definita su tutti i lati da un listello. Sulla fronte principale presenta tre grandi croci latine poste su due piccoli gradini sovrapposti: tra esse due dischi lisci a rilievo. Nella parte posteriore altre tre croci latine, di minori dimensioni delle altre, senza base. E un lavoro non ben rifinito, attribuibile forse il X secolo d.C.
a maestranze bizantine ed è databile tra il IX e
BIBL.: 1) E. Maucert, Notizie di Sicilia, in L’Arte, VII, 1904, pp. 1-2. 2) P. Orsi, in NSc, 1904, pp. 290-291, fig. 17. 3) Ip., Contributi alla Sicilia cristiana, in Rómische Quartalschrift, XIX, 4) FÜHRER-SCHULTZE, p. 318, fig. 119. 5) Pace, IV, 1949, p. 428, fig. 169.
6) AGNELLO, p. 117. 7)
Tusa, n. 108, p. 203
(Appendice).
1904, pp. 253-4.
TAORMINA, Museo del Teatro
118.
Sarcofago con thiasos bacchico (Inv. n. 57) (tavv. CLXVII-CLXIX).
Dimensioni: altezza m 0,58, lunghezza m
1,32, larghezza m 0,41.
Provenienza: dall'antica necropoli. Stato di conservazione: discreto. Manca la testa della figura seduta di sinistra. Si nota qualche rottura in vari punti. I volti delle figure sono un po' abrasi ed alcuni arti risultano spezzati. La scena occupa pure i lati brevi. Manca del coperchio. Materiale: marmo
bianco.
Riproduce un thiasos bacchico di putti e di Menadi. All'estremità sinistra della fronte è riprodotta, seduta su una sedia di vimini fornita di spalliera, una figura femminile priva della testa: si tratta verosimilmente della giovinetta sepolta nel sarcofago. Sia la sedia che la figura sono molto simili a quelle di un sarcofago del Laterano !. Dietro la sedia è raffigurata una giovinetta vestita con una lunga veste che tiene nelle mani un uccello. Ancora dietro un Amorino con la clamide che gli svolazza dietro le spalle. Davanti alla figura seduta si susseguono sulla fronte varie figure di Amorini alati e due Menadi tutti in movimento di corsa e di danza, chi con il caratteristico bastone ricurvo, chi con la
lira, chi con la face: una Menade è riprodotta sul lato posteriore. A terra sono riprodotte alcune pantere e maschere, elementi comuni ai thiasoi bacchici.
I sarcofagi di piccole dimensioni riproducono spesso gli Amorini, connessi al culto di Dioniso; ne abbiamo anche in questa raccolta (Museo di Messina) che riproduce degli Amorini vendemmianti. Qui invece abbiamo un vero e proprio thiasos anche con presenza di Menadi ?. Un lenos simile è al British Museum 5. Il mancato uso del trapano e il rendimento stesso delle varie figure ci fanno assegnare questo sarcofago, con una certa probabilità, alla seconda metà del III secolo d.C. BIBL.: 1) M. SANTANGELO, Taormina, 2)
1950, p. 83, fig. 79.
Tusa, p. 194, n. 96; tavv. CXXVI-CXXVIII,
figg. 234-237.
3) R. Turcan, Les sarcophages romains à representations dionysiaques, Paris 1966, pp. 285-285. 4)
FarLico, pp. 51-57.
! CUMONT,
tav. XXV,
2.
2 Vedi a tal proposito CuvoNr, p. 344 e tav. XL,2 dove è riprodotto un sarcofago del Laterano che si può avvicinare al nostro. 5 S. WaLKER, Catalogue of Roman Sarcophags in the British Museum, London 1990, n. 30; fig. 30; cfr. anche Tuncaw, cit. in bibl.
108
TAORMINA
TAORMINA, Museo del Teatro
119.
Frammento
di sarcofago (Inv. n. 63)
(tav. CLXX).
Dimensioni: altezza cm 57, larghezza cm 27, lunghezza cm 23.
Provenienza: dalla necropoli di Taormina. Materiale: marmo bianco.
Trattasi dell’angolo destro del lato posteriore di un sarcofago di notevoli proporzioni e riccamente decorato. Della raffigurazione di questo lato sono rimasti soltanto un braccio sinistro alzato e parte di un torace. La figura che qui si riproduce appartiene al lato breve di sinistra e raffigura un guerriero, visto di fronte, con corazza e mantello,
il quale tiene nella destra una spada posta nel fodero;
secondo il Robert questa figura riprodurrebbe la partenza di Achille da Sciro, mentre tutto il sarcofago riprodurrebbe la liberazione («losung») di Ettore. Età: IT secolo d.C. BIBL.: 1) ΒΟΒΕΕΊ,
II, n. 55, p. 63.
2) SANTANGELO, op. cit. supra, Ὁ. 83. 3) 4) 5) 6)
GIULIANO, p. 60, n. 369. Tusa, p. 195, n. 97; tav. CXXVIII, Bonacasa, p. 321. MANSUELLI, p. 202.
fig. 238.
TERMINI IMERESE, Museo
120.
Civico
Frammento di lastra di sarcofago (Inv. fotografico n. 407) (tav. CLXII).
Dimensioni: altezza massima m 0,28, lunghezza m 0,345, profilo: rilievo m 0,155, altezza massima figure m 0,260.
Provenienza: ignota. Stato di conservazione: cattivo, le due figure mancano dei volti e inoltre sono scheggiate in varie parti. Materiale: marmo bianco a grossi cristalli. Osservazioni: € un frammento che si direbbe informe; si ritiene che faccia parte di un sarcofago soprattutto per il grosso bordo rilevato sotto cui sono comprese le due figure. A sinistra i resti di una figura femminile come
si evince dal seno scoperto; il personaggio
maschile che le sta accanto, a destra di chi guarda, è nudo, si appoggia sul braccio sinistro ed è semidisteso. Data la piccola proporzione delle due figure e la loro compressione sotto il bordo «dobbiamo immaginarle sistemate in alto e rivolte verso la scena principale» (Bonacasa). Secondo il primo illustratore del frammento la figura maschile potrebbe essere la personificazione di un monte mentre la figura femminile rappresenterebbe una fonte. Epoca antonina, II secolo d.C. ΒΙΒΙ.: 1) N. Bonacasa, Sculture romane inedite, Palermo
1960, pp.
19-20, fig. 2.
TRAPANI, Chiesa di S. Nicola
121. Sarcofago con putti alati (tavv. CLXXII-CLXXIIT). Dimensioni: altezza m 0,45, lunghezza m 1,75, larghezza non misurabile essendo il sarcofago incavato nel muro, per questo stesso motivo non si sa se era decorato nei lati brevi. Provenienza: ignota. Stato di conservazione: un buco nella parte sinistra, oggi turato con un tassello di marmo,
precedente del sarcofago come fontana. A destra in destra e a sinistra di quella centrale recano scolpite quattro raggi biforcati, tipiche degli ordini equestri adattato a tomba del Protonotaro apostolico Paolo quindi venne in parte rilavorato. Materiale:
marmo
indica un uso
alto, manca un tassello. Le due figure che stanno a sulla tunica «due croci trifogliate e frammezzate da eseguite “in memoriam” quando il sarcofago venne Crapanzano Porto (1640)» (Agnello). Il sarcofago
grigiastro.
La scena riproduce alcuni episodi di lotta agonistica tra putti alati per la conquista della palma della vittoria; il motivo dei putti alati, reso in varie versioni ed in vari modi, ricorre frequentemente nei sarcofagi romani, specie di piccole dimensioni: ne abbiamo riprodotti alcuni
in questa stessa raccolta, altri ancora ne potremo citare ', ma forse difficilmente si trovano tanti
diversi elementi come in questo.
|
La scena è delimitata a sinistra e a destra da due erme riproducenti nella parte superiore il busto ammantato di un uomo barbuto volto verso il centro della fronte: si tratta di Eracle. Sia nella metà sinistra che in quella destra sono riprodotte due coppie di putti in lotta, completamente nudi: in secondo piano, nell’una parte e nell’altra, un altro putto alato vestito con una clamide sembra indicare una delle due coppie in lotta, forse la vincitrice. Della coppia di estrema destra uno dei putti è git, prostrato a terra. Al centro tre figure di giovanetti stanti, viste di fronte: quella che sta in mezzo, completamente nuda, tiene con la sinistra una lunga palma che sta evidentemente ad indicare la vittoria conseguita; la stessa palma tiene con la mano sinistra la figura che sta a sinistra della precedente, la quale però è vestita con tunica e mantello 2. A destra della figura centrale sta un’altra figura di giovanetto, pure alato, vestito con una corta tunica dalle larghe maniche: ha la mano destra alzata e con questo gesto vuol forse richiamare l’attenzione degli altri due, mentre con la sinistra tiene in pugno un oggetto indefinibile. Il lavoro è molto rozzo e dozzinale e sembra proprio eseguito da un modesto scalpellino: notevole a questo proposito il rendimento delle braccia che ci fanno apparire le varie figure come vuoti manichini.
! Vedi AMELUNG,
I, tav. 31, notevole perché riproduce un'erma come nel nostro.
? Questo tipo di palma era già conosciuto nella decorazione dei sarcofagi: la troviamo in un sarcofago del Vaticano per cui vedi AMELUNG,
II, tavv.
10-39.
TRAPANI
111
Data l'assoluta imperfezione delle figure, e, conseguentemente, dato lo scarso livello artigiano del pezzo, è difficile fare quelle considerazioni stilistiche che ci permetterebbero un giudizio e quindi una datazione: si puó comunque dire che si tratta di un tardo lavoro di artigianato provinciale; si tratta di un tipo di decorazione già presente nel III secolo d.C. ma che continua anche in epoche posteriori (Andreae). BIBL.: 1) Tusa, p. 197, n. 98; tavv. CXXIX-CXXX,
figg. 239-241.
TRAPANI, Museo Pepoli
122.
Sarcofago strigilato (Inv. n. 76/47) (tav. CLXXIV).
Dimensioni: altezza m 0,60, lunghezza m 2,05, larghezza m 0,65.
Provenienza: dal Convento dell'Annunziata. Detta provenienza è riportata nell'inventario che rimonta ai primi del '900. Stato di conservazione: discreto; screpolato nei bordi. Nel lato breve di sinistra presenta due bordi: uno piü grande in basso, uno più piccolo in alto. E privo di coperchio. Materiale: marmo bianco con venature bluastre ed é molto spesso.
E decorato sulla fronte con due serie di strigilature convergenti al centro: qui c’é un piccolo tondo (diametro cm. 12) dove si notano tracce di scalpellature, si volle forse distruggere una figura o un'iscrizione. In basso ed ai lati le strigilature sono delimitate da un bordo, largo cm 6, costituito da motivi
vegetali stilizzati che, per epoca bizantina. Questa piccolo non si trova nei un'età molto tarda, forse Non presenta alcuna
la maniera con cui sono resi, fanno pensare alle decorazioni floreali di considerazione e la presenza di quel piccolo tondo al centro, che cosi sarcofagi di piena età romana, fanno assegnare questo sarcofago ad al V-VI secolo d.C. decorazione nei lati brevi che sono delimitati da un bordo rilevato.
Bra: 1) Tusa, n. 99, p. 199; tavv. CXXX-CXXXI,
figg. 242-245.
APPENDICE (con aggiornamenti rispetto alla prima edizione) Il catalogo fin qui qui compilato comprende i sarcofagi romani esistenti in Sicilia 0, come quello di Berlino, certamente provenienti dalla Sicilia. In questa appendice invece ritengo opportuno accennare a tutti quei sarcofagi, interi o in frammenti, di cui in qualche modo ho avuto notizia, specificando la notizia stessa, ma che non ho potuto esaminare o perché non m'é riuscito trovarli o per difficoltà varie: spero che altri, pit fortunati di me, possano venirne a conoscienza. Ritengo opportuno inoltre comprendere in questa appendice quei sarcofagi che, a seguito di notizie o di più precise osservazioni, sono, a mio giudizio, o molto rilavorati tali da non aver lasciato traccia della lavorazione originaria o di recente produzione. 1) MONREALE - Houel, I, tav. XXXVI, 2. Riproduce un sarcofago che raffigura nella fronte quattro adolescenti che rappresentano forse le quattro stagioni; in.ogni lato ἃ riprodotto un leone che azzanna un cavallo. Malgrado varie ricerche effettuate non ho potuto trovarne traccia. 2)
MONREALE
- Houel,
I, tav. XXXVI,
3. Si tratta di un sarcofago
strigilato che l'Houel
riproduce «spezzato perché il suo effetto fosse più pittoresco e s’accordasse meglio con gli altri oggetti di questa stampa». Nemmeno di questo ho trovato traccia. 3) PALERMO, Museo Archeologico Regionale - Houel, tav. XL, 1. Proviene dal Convento di S. Francesco,
ora si trova nei magazzini
del Museo
di Palermo;
faceva parte della Collezione
Astuto dove parecchi erano i falsi caratteristici del gusto antiquario della fine del ᾽700 e di parte dell’’800. La scena riprodotta sulla fronte è stranissima e non trova riscontro in nessun altro sarcofago
di mia conoscenza: anche il tipo di scultura è singolare. Riproduce, da sinistra verso destra, con soluzione di continuità, Ercole con Cerbero, un genio alato e barbuto appoggiato ad un pilastro, un letto con una dormiente distesa, ancora un altro genio alato e barbuto ed infine una barca con nocchiero, forse Caronte, che avanza verso il centro (tav. CLXXV, 1). 4)
PATERNÒ (0 ADRANO)
- Houel, III, tav. CLIV. In realtà il sarcofago riprodotto da Houel è,
come giustamente ha notato S.L. Agnello nella recensione alla prima edizione di questo catalogo !, quello che va sotto il nome di «Costanza» e da me pubblicato. Houel non fa alcun accenno al sarcofago riprodotto alla tav. CLIV, si limita solo a dire che «tutte le antichità che si trovano a Paternò e nelle vicinanze sono i resti degli edifici dell’antica città di Inessa...».
5) AGRIGENTO, sarcofago di Teano - Griffo 1948, p. 11. Questo sarcofago non ha alcuna decorazione: ad esso si riferisce l’iscrizione di cui in Griffo (fig. 3), di epoca cristiana; per detta
! AGNELLO, p. 117.
114
APPENDICE
iscrizione v. anche CIL, X, II, n. 7195. Trattandosi quindi di un sarcofago senza decorazione e di un'iscrizione da esso staccata forse non sicuramente pertinente, non si ὃ creduto opportuno
inserirlo nel catalogo ? 6) SAMBUCA - Pace, IV, p. 181. Da un accenno dell'A. si rileva che a Sambuca ὃ stato rinvenuto un sarcofago cristiano figurato del IV sec. Ne dà conferma Le Blant 5 il quale peró aggiunge che sia il corredo funebre, tranne una coppa di vetro, che la tomba andarono distrutti. Fatte delle ricerche a Sambuca (debbo a questo proposito ringraziare il bravo assistente dell'allora Soprintendenza alle Antichità di Palermo, sig. Damiano Egidio) non si è trovata traccia del sarcofago cristiano figurato del IV secolo. Non escludo però che il sarcofago pubblicato nel catalogo al n. 81 sia quello stesso cui accennano Pace e Le Blant, al quale sia stata asportata la parte centrale che forse era la sola figurata. 7)
PALERMO, Istituto Scuole Pie (tav. CLXXV,
2). Ho avuto conoscenza di questo sarcofago
solo da una fotografia dell’archivio fotografico del Museo Archeologico Regionale di Palermo su cui era riportata l’indicazione del luogo in cui si trovava. Avendo fatto le opportune ricerche non mi è stato possibile rintracciare il sarcofago. Da informazioni mi risulta che effettivamente esso si trovava nell’Istituto Scuole Pie prima della guerra 1939-45. Essendo stato l’edificio danneggiato dai bombardamenti il sarcofago molto verosimilmente dovette andare disperso, ragione per cui non mi è stato possibile trovarlo né in quell’edificio né altrove. Per la ragione sopra esposta non mi è possibile dare notizie circa la provenienza. | Appartiene al tipo abbastanza noto di sarcofagi c.d. «a vasca». Ε decorato su tutta la fronte da due serie profonde di strigilature convergenti al centro, formando la solita «mandorla». In alto e in basso sono comprese da semplici modanature. Da quel poco che appare dalla fotografia sembra che sui fianchi siano incise delle panoplie, ornamento comune a questo tipo di sarcofagi com’é documentato in questa stessa raccolta dal sarcofago simile del Museo Archeologico Regionale di Palermo
(cat. n. 71). Sulla fronte, in alto, alle due estremità, ὃ decorato con due protomi
leonine, secondo il tipo ben noto *. Le protomi qui riprodotte presentano la particolarità dell'anello appeso alle fauci. Un bell'esempio di protomi leonine con questo particolare à dato dal sarcofago del Vaticano riprodotto da Amelung ?. La mancanza dell'osservazione diretta non permette di fare considerazioni precise per la datazione. Dalla fotografia sembra che le teste siano molto abrase, pare comunque, specie guardando la testa di destra, che il trapano sia stato usato poco per intagliare la criniera lasciando quindi alle ciocche una certa plasticità. Per queste considerazioni assegneremmo questo sarcofago alla prima metà del III secolo d.C. 8)
SIRACUSA,
Museo Archeologico
Regionale,
inv. n. 47543
(tav. CLXXVI).
Come
«fram-
mento di sarcofago» è esposto un frammento di bassorilievo che io credo piuttosto si riferisca ad un puteale o ad un'ara circolare, principalmente per le grandi proporzioni: altezza cm 75 (manca una striscia come si puo rilevare dalle figure che sono prive di piedi), larghezza cm 65, diametro
cm 46. Proviene da Siracusa, Ortigia. In epoca recente è stato usato come «vera» da pozzo, com’é attestato dai segni lasciati all'interno delle corde del secchio. Marmo bianco con venature bluastre. Le tre figure raffigurate sono tutte abrase in maniera tale che il volto non si vede affatto; per la stessa ragione riesce impossibile fare un’esatta esegesi del pezzo. Una figura centrale ἃ vista dalla parte posteriore, le altre due di fronte. Quella a sinistra ha una clamide buttata sulla spalla sinistra, per il resto le tre figure sono nude. Quella al centro porta sulle spalle, trasversalmente, ? A. Saumas, in NSc,
1901, p. 39.
* MEFRA, VIII, 1888, pp. 213-214. * Vedi a questo proposito G. RopENwALpr, Rémische Lowen, in La Critica d'Arte, Giugno 1936, pp. 225-228; ScERRATO, p. 259 ss. > AMELUNG,
II, tav. 29.
APPENDICE
115
forse un turcasso, quella a destra ha una clava, quella a sinistra forse una tromba ricurva. Tra la
figura centrale e quella di destra ὃ forse un tronco d’albero. 9)
CanicaTTi - Devo alla cortesia della dott.ssa Maria Rosaria La Lomia Arioti, che ringrazio
cordialmente, la fotografia (tav. CLXXVIT che qui viene pubblicata e che potrebbe riferirsi ad un frammento di un piccolo sarcofago. Non essendo molto convinto circa il sicuro riferimento ad un sarcofago di questo frammento e d'altro canto non avendo un serio motivo per rigettare questa ipotesi, lo presento qui anche per la completezza del lavoro. Il frammento è stato rinvenuto in località «Vito Soldano» e forse in origine si poteva dire veramente che appartenesse ad un sarcofago in quanto all'atto del rinvenimento conteneva lo scheletro di una bambina. Sappiamo inoltre che in alto a sinistra era inciso il nome IVLIA. Lo stato di conservazione ὃ tale, come appare dalla fotografia, che ogni osservazione riesce difficile se non addirittura impossibile: si puó dire soltanto che si tratta di tre figure femminili ammantate che si dirigono verso sinistra. E lungo cm 42 ed alto cm 20. Marmo bianco. Il frammento attualmente ὃ murato sulla parete di una piccola terrazza, nella casa del Cav. Lombardo a Vito Soldano. 10-11) CATANIA, Cimitero, Cappella Sollima (ex-Capitano). In questa cappella esistono, incassate al muro, due lastre di marmo figurate che potrebbero essere appartenute a due sarcofagi e che riproducono rispettivamente una scena di caccia (tav. CLXXVIII) e una di centauromachia (tav. CLXXIX).
Sono state da me pubblicate e illustrate $, facendo notare alcune perplessità, date
alcune contraddizioni e anomalie nel rendimento stilistico delle varie figure e delle varie scene, per una conseguente e valida valutazione cronologica e stilistica. A seguito di nuove, accurate osservazioni
sulle due
lastre e del giudizio
di B. Andreae
sulla falsità delle due lastre,
m'é
sembrato opportuno pubblicarle in appendice.
12-13) MONREALE, Duomo. Quanto è detto per le due lastre scolpite della Cappella Sollima di Catania si potrebbe ripetere per i due sarcofagi del Duomo di Monreale ? per i quali pure ho manifestato alcune perplessità (p. 96) circa l'autenticità. Dopo accurate osservazioni sui due sarcofagi mi è sembrato che non si possano considerare di epoca romana e che quindi non si possano includere nel catalogo (tavv. CLXXX-CLXXXI, 1). A questa posizione m'hanno indotto anche le puntuali osservazioni di B. Andreae ? la perplessità di S.L. Agnello !? e la valida documentazione riportata da Paoletti 17. 14)
CATANIA, Museo
Civico. Quello che nella prima redazione di questo catalogo !? è stato
presentato come frammento di sarcofago, in realtà, ad una osservazione piü attenta e tenendo conto delle perplessità di Libertini 15, non puó essere ritenuto un frammento di sarcofago ma piuttosto, un pilastro figurato riproducente Bellerofonte che abbevera il cavallo. 15-19) CATANIA. Altri frammenti di sarcofagi. S. L. Agnello, nella recensione alla prima edizione del mio catalogo, accenna (p. 102) ad altri frammenti di sarcofagi che si troverebbero, presumo, nel Museo di Castello Ursino. Data l'attuale (genn. 92) situazione del Museo non mi é stato possibile individuarli e quindi esaminarli:
volendo peró dare, ai limiti del possibile, completezza a questo lavoro, ne accenno basandomi sui dati che ho potuto recepire. 6 7 3 9
Vedi Tusa, nn. 11 e 12, B. ANDREAE, in Gnomon, Vedi Tusa, nn. 40 e 41, ANDREAE, art. cit. supra,
pp. 41-47, tavv. XXII-XXIX. 40, 1968, pp. 820 ss. pp. 94-98, tavv. LV-LVI. p. 822.
19 AGNELLO, p. 104.
-
11 PaoLETTI, pp. 254-255, figg. 7-8, n. 25. 12 Vedi Tusa, pp. 57-58, tav. XXXV, fig. 56. 5 Lrpertini 1927, p. 44, n. 88, tav. XXVII.
116
APPENDICE
15) Malgrado la piccolezza del frammento si nota la parte alta terminale di un medaglione, entro cui è rimasta una testa maschile resa frontalmente a rilievo, molto scheggiato !^. 16) Nel frammento è rimasta la parte superiore di «una edicola centrale sostenuta da colonne con capitelli corinzi e contenente un gruppo di figure non identificabili per lo stato frammentario delle sculture; dagli estremi dell’edicola si dipartivano forse dei festoni che decoravano i due lati sui quali si svolgevano altre scene, come si desume dalla parte superiore di una figura di putto che solleva la destra (e che ricorda qualche altro sarcofago, ad esempio uno di Treviri, con la rappresentazione di una schola) 15. 17) Frammento «di sarcofago marmoreo con un motivo decorativo a squame, frequentemente usato nelle transenne e, sul fianco una croce decussata a rilievo»: fu rinvenuto nel corso
degli scavi di un’area sepolcrale «nella parte superiore della tomba» 15, 18) Frammento di rilievo, appartenente probabilmente ad un sarcofago del IV-V secolo a.C.: «in essosi vede una figura di giovane, che si presenta frontalmente, abbigliato con un chitonisco e recante nella mano destra abbassata una situla». Questo ed altri frammenti furono rinvenuti in una basilichetta bizantina, con tre absidiole, che «s'inserí nella tarda romanità nel cuore di una necropoli prevalentemente pagana forse mentre era ancora in uso...» 17, 19) «Grosso frammento di sarcofago (altezza cm 26,5, larghezza massima cm 46) probabil-
mente decorato su tre lati, appartenente al lato minore di sinistra, diviso in due riquadri. Del riquadro di sinistra sopravvivono poche tracce, mentre del destro rimangono notevoli elementi che ci permettono
di integrare l'intero motivo
ornamentale,
riproducente
uno
schema
assai CO-
mune, soprattutto nelle transenne e nei plutei dei monumenti paleocristiani e bizantini. E un tracciato reticolare, formato da dischetti semicircolari, che si sovrappongono con studiata successione saldandosi in un piacevole intreccio unitario» 18, Ed annota ancora Agnello: «Inoltre vari altri frammenti, non facilmente classificabili, conservati nel Museo di Castello Ursino nelle sale IX (n. 855) e X (nn. 138a e b) e nel cortile (non inventariati), che provengono per la maggior parte dalla necropoli di via Dottor Consoli. 20) Dal volume di L. Bivona, Iscrizioni lapidarie latine del Museo Archeologico Regionale di Palermo, Palermo 1970, traggo le seguenti notizie circa altri sarcofagi che sarebbero stati a Palermo o, comunque, in Sicilia e che io non sono a) Iscrizione su coperchio di sarcofago p. 19, b) Frammento di sarcofago marmoreo, p. 52, c) Parte superiore di un sarcofago, p. 184, n. 1088, 187).
riuscito a trovare: n. 1, tav. I, 1; CIL, X, 7190. n. 34, tav. XXV, 34; CIL, X, 7311. 224, tav. CIX, 224; CIL, VI, 20115
(cfr., X
21) Palermo. Museo Archeologico Regionale (?)..Frammento di sarcofago 19. Dimensioni:
(dalla scheda fotografica n. 690), altezza cm 24, lunghezza cm 25.
Provenienza: dalla collezione Astuto, n. 104.
‘4 G. Lipertini, Catania, Scoperte di antichità varie in via Androne,
in NSc, VII,
1931, p. 371, fig. 2a.
15 LIBERTINI, art. cit., fig. 2b. 16 G. LipenTINI, Catania, I, Area sepolcrale a Nord della Via Dottor Consoli, in NSc,
1956, p. 177, fig. 12.
17 G. Lipertini, Catania III, L'area della Via Dottor Consoli e gli avanzi dell’età bizantina, in NSc, 1956, p. 188, fig. 26. 18 S. L. AcneLLO, Sculture bizantine della Sicilia, IV, in Syculorum Gymnasium, X, 1957, p. 113, n. 24, fig. 24. 1? Matz, p. 488, n. 327, pubblica questo frammentodi sarcofago che io non sono riuscito a trovare nel Museo Archeologico Regionale di Palermo. Matz lo riprende dall'EA, n. 566: io ritengo che non l'abbia visto, infatti non ne dà le misure. Nel Museo di Palermo ho trovato solo la fotografia che qui pubblico per gentile concessione della Direzione del Museo. La descrizione che qui è riportata si basa in gran parte su quella di Matz.
APPENDICE
117
Stato di conservazione: ὃ l'estremo lembo di un coperchio la cui parte principale ὃ ora perduta. La parte sinistra conteneva altre scene dionisiache. Materiale: marmo.
Si tratta di una scena di sacrificio di galli (TH
coperta da un chinata verso del terreno e fronzuto cui
120)
(tav. CLXXXI,
2). Una sacerdotessa,
lungo ed ampio mantello e lunghi calzari, tiene un gallo con entrambe le mani ed ὃ sinistra su un altare quadrangolare posto trasversalmente su un rilievo pianeggiante in cui brucia una fiamma. Tra lei e la parte terminale destra ὃ un grosso albero sono appesi un paio di cimbali e forse un lagobolon. Al margine della fenditura,
sull’altro lato dell’altare, si riconoscono i resti della statua del dio, stante, barbuto, vestito con un
lungo abito, con la mano destra appoggiata sul tirso e con il polo sul capo. La mano sinistra tiene un timpano al fianco. Si potrebbe datare agl'inizi del periodo antonino. BIBL.: 1) Marz, p. 488, n. 327.
22)
Valguarnera
(Enna).
Quando già la compilazione di questo volume era stata completata, e il testo consegnato all'Editore, son venuto a conoscenza, per la cortesia del prof. Giacomo Manganaro, che ringrazio, di un altro sarcofago esistente in Sicilia, e precisamente nel territorio del Comune di Valguarnera, in Provincia di Enna. Mi sono rivolto subito ai dirigenti della Soprintendenza ai BB.CC.
e AA.
di Enna,
compreso
il Soprintendente,
ma
non ho
ottenuto
risposta
alcuna indicazione che mi permettesse di individuare il sarcofago per esaminarlo,
e, quindi,
studiarlo e
pubblicarlo. Perché se ne abbia conoscenza, sia pure sommaria, riporto l'accenno che ne fa il prof. Manganaro nel suo studio (La Sicilia da Sesto Pompeo a Diocleziano), in ANRW, M, 11, 1,
1988, pp. 3-89: il sarcofago in parola a p. 62, tav. XXIII): «Cosí è dato rilevare in città e anche in vici dell'interno dell'isola ritratti imperiali o di personaggi altronde sconosciuti in marmo, certamente confezionati in officine urbane i primi, da artigiani residenti gli altri, e ancora sarcofagi in marmo, con rappresentazioni dionisiache o di vario repertorio mitologico o simbolico. Questi ultimi sono stati in gran parte importati nel II-IV secolo d.C. (ad eccezioni di alcuni trasferiti in
città siciliane in epoca medievale e rinascimentale, o nel Settecento): accanto a sarcofagi, riconosciuti come prodotti di fabbrica attica, o romana o micro-asiatica, non ne manca qualcuno di fattura siciliana, come quello di stile neo-attico, databile nell'epoca antonina, con scene di putti sacrificanti secondo il rito romano (tav. XXIII, 35), che io ho rilevato in occasione di una perizia, pretura di Aidone del 9/4/1980, in una fattoria in contrada S. Bartolo (Valguarnera), e perció
nell'area dell'antica Morgantina».
Se venisse riconosciuta la «fattura siciliana» di questo sarcofago, e non c'é motivo
di non
accettare, allo stato attuale delle nostre conoscenze, l'affermazione del prof. Manganaro, il sarcofago di Valguarnera rivestirebbe una considerevole importanza nel contesto della scultura romana in Sicilia.
ABBREVIAZIONI AGNELLO
AGNELLO S.L., Sui sarcofagi romani in Sicilia, in Siculorum Gymnasium, XVI, n. 1, Catania, Gennaio,
Giugno
N.S.a.
1961, p. 98 ss.
ALTMANN AMELUNG
AMELUNG W., Die Sculpturen des vaticanischen Museums,
ANDREAE
ANDREAE B., Recensione a "V. Tusa, Sarcofagi romani in Sicilia”, Palermo
ALTMANN W., Architectur und Ornamentik der antiken Sarkophage, Berlin 1902.
(Atti dell’Accad. di Scienze 1968, p. 820 ss. ASS. A.S.S.O, AURIGEMMA
Lett. e Arti di Salerno,
I-II, Berlin 1903-8.
Suppl.
1957
5), in Gnomon,
40,
Archivio Storico Siciliano. Archivio Storico per la Sicilia Orientale. Auricemma
S., Le
Terme
di Diocleziano
e il Museo
Nazionale
Romano,
Roma
1946. Bivona L., Iscrizioni latine lapidarie del Museo di Palermo, Palermo 1970. Bonacasa N., Le arti figurative nella Sicilia romana imperiale, in ANRW, 1988, pp. 306-345, (in particolare pp. 328-329). Bovini G., I Sarcofagi paleocristiani, Città del Vaticano 1949.
BIVONA Bonacasa Bovini CAGIANO DE AZEVEDO CARLI-ARIAS CASANO COMPAGNI CUMONT DEER
Caciano DE Azeveno M., Le Antichità di Villa Medici, Roma 1951. Carti E., Arias P.E., Il Camposanto di Pisa, Roma 1937. Casano A., Del Sotterraneo della Chiesa Cattedrale di Palermo, Palermo 1849. Compagni G., Il Sotterraneo del Duomo di Palermo, Palermo 1840. Cumont F., Recherches sur le symbolisme funéraire des Romains, Paris 1942.
Deer J., The Dynastic Porphyry Tombs of the norman period in Sicily, Dumbarton Oaks, Harvard University 1959.
DUCATI FALLICO
Ducati P., L’Arte in Roma dalle origini al sec. VIII, Bologna 1938. FaLuco A.M., Frammenti di sarcofagi romani nel Museo di Siracusa, in Scritti in
onore di Ottavio Morisani, Catania 1982, p. 43 ss. FELLETTI-MAJ FUHRER-SCHULTZE
FeLLETTI-MAJ B.M., Museo Nazionale Romano, I Ritratti, Roma 1953. FonRER J., ScHuLtze V., Die altchristlichen Grabstätten Siziliens, in JdI, VIII, Berlin
1907. Garcia v BeLLIDO A., Esculturas romanas de España y Portugal, Madrid 1949.
Garcia v BELLIDO A. GIULIANO Grieco 1948
GiuLiano A., Il commercio dei sarcofagi attici, Roma
Grirro
P., Agrigento romana,
Lettere Arti Grirro 1952 GrirFo 1987 GuHL-KoNER
e Scienze (Anno
1962.
Estratto dagli Atti dell’Accademia Agrigentina di
1947), Agrigento
1948.
Grirro P., Il Museo Civico di Agrigento, Agrigento 1952. Grirro P., [1 Museo Archeologico Regionale di Agrigento, Roma 1987. Gun
E., Koner W., La vita dei Greci e dei Romani,
trad. di C. Giussani, Torino
1875. GÜTSCHOW
GürscHow M., Das Museum der Praetextat Katakombe, in Memorie della Pontificia Accademia di Archeologia, IV, 2, 1958.
HAUFMANN
HaurMANN Mass.
HELBIG Hour LEHMANN-HARTLEBEN,
G.M.A., The season sarcophagus in Dumbarton
Hexsic W., Führer durch die offentlichen Sammlungen Rom, Leipzig 1912-5. OLSEN
Oaks, Il, Cambridge
1951.
klassischer Altertümer in
Hour, Voyage pittoresque des Isles de Sicile etc., 4 voll, Parigi 1782-7. LEHMANN-HARTLEBEN K., and OLsEN E.C., Dionysiac Sarcophagi in Baltimore, New
York-Baltimore 1942.
I
LiBERTINI 1927 LIBERTINI 1929 LIBERTINI 1937
119
LiBERTINI G., [1 Museo Biscari, Milano
Il
ABBREVIAZIONI
Lipertini G., 11 Regio Museo Archeologico di Siracusa, Roma
1927.
1929.
Lipertini G., Il Castello Ursino e le raccolte artistiche comunali di Catania, Catania 1937.
MawsueLui G.A., Roma e il mondo romano, Il, Torino 1981, pp. 202-203. MasTELLONI M.A., Sarcofagi romani del Museo Regionale di Messina, in Quaderni
MANSUELLI MASTELLONI
dell'attività didattica del Museo Regionale di Messina. Ricerche di Archeologia, 2,
1992, p. 57 ss. Matz F., Die Dionysischen Sarkophage, Berlin 1968. MzNpzr G., Catalogue des Sculptures grecques, romaines et byzantines, Constantinople 1912-4. Mercure. C., Agrigento paleocristiana, in Memorie della Pontificia Accademia
Matz
MENDEL MERCURELLI
PAOLETTI
Il
PACE
Il
MUSTILLI
romana di Archeologia, Serie III, vol. VIII, 1948. MusriLu D., Il Museo Mussolini, Roma 1939. Pace B., Arte e Civiltà della Sicilia antica, I-IV, Città di Castello
1955-1949.
Paotetti M. Sicilia e Campania costiera: i sarcofagi nelle chiese cattedrali durante l'età normanna, angioina e aragonese, in «Colloquio sul reimpiego dei sarcofagi romani nel Medioevo»,
Pisa, 5-12 Sett.
1982, in MarbWPr,
1983, Atti curati da
ANDREA B. e Settis S., Marburg an der Lahn 1984, p. 229 ss.
REINACH ROBERT Roschers Lexicon SCERRATO ScHUBRING G. SCHUBRING J. STRONG 1923-26 Stuart Jones 1912 STuART JONES 1926 TUSA WEGNER WILSON
Il
= Il
PESCE POULSEN
{1
PARIBENI
Paripent R., Le Terme di Diocleziano e il Museo Nazionale Romano,
Roma
1932.
Pesce G., J sarcofagi romani di Sardegna, Roma 1957. PouLsen F., Catalogue of ancient Sculpture in the Ny Carlsberg Glyptotek, Copenhagen 1951. ReInacH S., Répertoire de Reliefs grecs et romains, I-III, Paris 1909-12. Rosert C., Die antiken Sarkophagreliefs, I e ΠῚ, Berlin 1890-1919. Ausführliches Lexicon der griechischen und rómischen Mythologie. Scerrato U., Su alcuni sarcofagi con leoni, in ArchCl, IV, fasc. II.
ScHuBRING G., Topografia storica di Agrigento, trad. di G. Toniazzo, Torino 1887. = Scuusrinc ]. Die Topographie der Stadt Selinus, in Nachrichten der K. Ges. d. =
Wiss., November, 1865. SrRoNG E., La scultura romana,
I-II, trad. di G. Giannelli, Firenze 1925-26.
Stuart Jones H., The Sculptures of the Museo Capitolino, Oxford 1912. Stuart Jones H., The Sculptures of the Palazzo dei Conservatori, Oxford 1926. Tusa V., I sarcofagi romani in Sicilia, Palermo 1957. WEGNER M., Die Musensarkophage, Berlin 1966. Witson,
R.J., Sicily under the Roman Empire, Warminster, Wiltshire
1990.
N.B. — Le opere sopra riportate sono quelle piá frequentemente citate; altre sono riportate per esteso nel testo. Le riviste sono citate secondo le abbreviazioni della Archáologische Bibliographie.
Cat. 1.
Sarcofago di Ippolito e Fedra. Fronte. Agrigento, Chiesa di S. Nicola.
Cat.
Sarcofago di Ippolito e Fedra. Lato posteriore.
1.
II
Cat. 1.
Sarcofago di Ippolito e Fedra. Lati brevi di destra e di sinistra.
II Le
"IU
et, PSS M
NOS È Jig b COSS ER tru RI
[RITA
has
Cat. 1.
Sarcofago di Ippolito e Fedra. Fronte, particolare.
Cat. 1.
Sarcofago di Ippolito e Fedra. Fronte, particolari della decorazione dello zoccolo.
yeah
Vs
X
a
τρέχα,
(5)
n das:
"x
Cat.
1.
Sarcofago di Ippolito e Fedra. Lato breve di destra: particolari della decorazione dello zoccolo.
VI
'opipone? 'onoSuSy 'juo14 “PHELOLOD ouuop» pop οϑαγοοιῦς “ὦ 309
$+ È
ci
dc. Suid
ZH MES:
Tur ΩΣ
ἮΝ ἬΝ
er
Cat. 2.
A
Aie. τῇ
Sarcofago delle «donne coronarie». Fronte, particolari.
VII
Cat. 2.
Sarcofago delle «donne coronarie». Lato breve d
1 Sinis
tra, part icolare.
doo
L>
'epeuordew oorSo[oeuory O9SNJA] ‘OWASUSY “Wes lop eno] uoo OBBJONIRS
᾿ς 160
2417231 xiiaif eg.
TB
ES
ἐδ DT 138
o
D
= Rari [52]
oO
"3
o
= pari
Ξ
2
os Ὁ I
[9] o5
wm
er
“τῷ
ob D
=
ort dat
"3
E
o o
e
=
ud
δι
i = e (ela)
D
«ri
Ὁ
"à
o
wy nani
+
ag
Ξ
=
o o
[9] on
δαὶ
o
Q
eo
(ss) un
Cat. 3.
Cat. 5.
Sarcofago con la lotta dei galli. Fronte, particolari.
XII
Cat. 5.
Fronte di sarcofago con maschere teatrali. Agrigento, Museo Archeologico Regionale.
È pioli NC
Cat. 7.
EDe det 3 x
Frammento di sarcofago con le Muse. Agrigento, Museo Archeologico Regionale.
TÈ
! ἍΝ
G 4
XIV
VENUE ELS ETRE PRIORA
Cat. 8.
Frammento di sarcofago. Agrigento, Museo Archeologico Regionale.
I
Pus
$
43 À
distat SEE € Dex. PRES
ps
ps LEE
DES Cat. 9.
sarcofago di fanciullo. Lati brevi di destra e di sinistra.
ans
8cn
« IMG.
ap PHARES AO)
sura EET SOLITO A
È DES
t
INEDITA 15
e
ETIN P see ΑΙ S
Cat. 10.
Sarcofago cristiano, fronte. Agrigento, Antiquarium Paleocristiano e Bizantino «Casa Pace».
weer ae
uic Sen
n BR De
Cat. 10.
Ad $
a
Sarcofago cristiano. Fronte: particolare della corona centrale.
d
Ἢ
ME ESSA
ADS à i
XVII
2
Cat. 11.
ἐσ δὶ
b
ND.
Y
Frammento di sarcofago. Agrigento, Antiquarium Paleocristiano e Bizantino «Casa
Pace».
4
"S EL
Hi Cu WARS SH
|
-
(ife SHES Y
5
d ar -
"Y
x
εἶςitor qe. δ
e
ΠΣ SM
à
PASTI AS È n
Frammento di sarcofago. Agrigento, Antiquarium Paleocristiano e Bizantino «Casa Pace».
ae SETT BERI.
Cat. 13. Frammento di sarcofago. Agrigento, Antiquarium Paleocristiano e Bizantino «Casa Pace».
Cat. 14.
Sarcofago strigilato con figura togata al centro. Berlino, Staatliche Museen.
E
Td ἊΣ
Fis ns ἄν ὡς LE)
H
P
M
9)
B
Il
Agosti
Cat.
15.
Sarcofago tipo «Sidamara». Lato breve di sinistra.
15.
ti
*
Sarcofago tipo «Sidamara». Lato breve di destra, particolari.
RE
Cat.
ta
È
i A
YD:
|;
XXIII
na
SER
Si
Loc
SON
4 VERE
nen
e
-
‘91999A E] EIESV 'S rp ESA)
-
uoa 3
"MS
À
IR des
2
i
dat 4 RosaensIA
quam
'OOIAL) oesn]A 'epueje)) 'ojuoJ4 «SION»
Fi
rp oSejooreg
‘EIUEIEO "orgoJedoo rp oj1ed 9 oxouejsod oje'T 'ejergguro [e erooeo IP euoos uoo oSgjoo:eg
pra e.
‘ZI 82
‘OI 3923
an
4
iat
PORT o—
Cat.
18.
Sarcofago a forma di vasca. Catania, Museo
tip Hi Cata WR
δ
nt
È IN. SOSnif
5à
V. f
A
ie
al
ese:
n
GR
à
pate
No
T
te
y
at ie Pe x cae Ὁ eS
LE C Fal Be
:
ser (p
-
III
Cat. 19.
x
y
c.
Sarcofago di pietra lavica. Catania, Museo Civico.
ALAS prod
ta
= eae È Ἂς
à
νι
On
be,
Ἢ
SA
Epio : eso.
=
ARE
eens ESE 7
T ANI z te
AGAS,
resera
e "
= Cr
tins È
ment
Cat. 20. Sarcofago di pietra lavica. Catania, Museo Civico.
Cat. 21.
Sarcofago di pietra lavica. Catania, Museo Civico.
μι e.
τ
Sg
LIU.
ipei
(3 o
pedn D»
È TP 5 τ z^ Y.
Cat. 22.
Sarcofago di pietra lavica. Catania, Museo Civico.
Cat. 23.
Sarcofago di pietra lavica. Catania, Museo Civico.
A APR
Cat. 25.
Frammento
di sarcofago. Catania, Museo
Civico.
eeVII
Cat. 26.
Frammento di sarcofago. Catania, Museo Civico.
Cat. 27.
Frammento di sarcofago. Catania, Museo Civico.
Cat. 28.
Frammento
di sarcofago. Catania, Museo
Civico.
2 ἄν T te S à no piatti RE PEDESPu HN
E
Er
2 dM.
ες
x zu
EOS Nn ù 7
Mat,
Cat. 29.
patent, ae
Lato breve di sarcofago con accecamento di Polifemo. Catania, Museo Civico.
d
ies
τς
ro
XXXII
‘[81P9HED “Π]ΒΙ9Ο '01)u22 [P ojsnq uoo οϑθίοοαθς
Ὃς 192
ae A
Ho
Petit m RR ES om. eae GER ALe
Cat. 31.
Frammento di sarcofago con due «imagines clipeatae».
XXXIV Em. GERE
pin
d RR 7
CIR
BED d
SEES
xrm E àB
Cat. 32. Sarcofago crocifisso.
dell Agricoltore. Fronte e particolari degli spigoli. Cefalá, Chiesa di
. Francesco, Cappella del
m UAR epe Hin
Cat. 32.
Sarcofago dell’Agricoltore. Fronte: particolare.
bh
i m PER M vd
ci
qx m ed T E
aha
Cat. 33.
Testina di marmo.
Lipari; Museo-Archeologico Eoliano.
^^
^:
^-
Gi
Cat. 34.
Sarcofago con Amazzonomachia. Fronte e particolare. .Mazara’.del Vallo, Cattedrale.
Cat. 34.
Sarcofago con Amazzonomachia. Fronte, particolari.
M
E
P USE die
ie ulli o WU
Hee
e.
la
Ieo RI
= iniu ^Rt
5 5 E È dn E. pu *
px
an
i.
E
Tes
ane
i
ἘΦfet
ui
PARO aa
ET
Remp
Ca
τς T Musee
c mel
cui Ee
E
5
E
È
Rh
MEC SER SIUE E
Hk
aye te
VERE
e. ace
ἐς
: eaum he i Ων m ; gees eee REO Nu QE pe DR ἘΚ E Kis ἔ
Cat. 34.
Sarcofago con Amazzonomachia. Fronte, particolari.
PER A ἘΠΕ, rd AE,
TT
fe a
A. VAM ΤΣ iis SI 3
Cat. 34.
Sarcofago con Amazzonomachia. Fronte, particolari.
Cat. 34.
Sarcofago con Amazzonomachia. Fronte, particolari.
XLII
; ^
RN
eem
Ba CEP ἧς PES Ἂς à,ug EAt S NTCA x ei s e
AR. EAE VEA REA ὃ Sa ae
DEE
+
DE
GO RE
TA À
LI
iù
ay
Mies
Ys
m È
Mr pu
£ o
Sarcofago con il mito di Kore. Fronte. Mazara del Vallo, Cattedrale.
WE EA
χὰxb È
Cat. 35.
E.
Au
s
ES
re
FO os a E x ep?
Sas
2
E^
τῇ
psrzei zb " Lit
de
nt
aes
Cat. 35.
Sarcofago con il mito di Kore. Fronte, particolari.
re
ele
Ae Re ἧς
ἘΠ
EPA UM
Cat. 36.
Sarcofago di Canzio Marciano. Fronte e particolare. Mazara del Vallo, Cattedrale.
XLV
'ejeuoidow oesn[A ‘EUISSO]A ‘9]UOIJ "nuerumuoepuoA rurioury 890 O8ejoores
aS
"LE 38)
Cat. 37.
Sarcofago degli Amorini vendemmianti. Fronte, particolare dell’angolo sinistro.
XLVI
XLVII
E. -
fil
hi
Ew
È Ἐ
"&1)sop Ip o[og1ds o[[op exepoorded 'ejuoj4 "nueruruepueA IUHOUUY Sep oSgpooregS
Rer c
τς €)
XLVIII
Θ]ΒΌΟΙΘΟΣ oosn]A
€.
BUISSOJAI '9juod4
Inejuoo rop oSejyooueg
ὃς 189
XLIX
iE PARS
E
ed ojuoij ‘ness rop oSejoojeg o1e[oori
8£ €)
33 er
Cat. 38.
Sarcofago dei centauri. Lato breve di sinistra.
LI
Cat. 38.
Sarcofago dei centauri. Lato breve di destra.
μι
"epuor$o oosnjy ‘PUISSANI "aruo1j “OAI ip οδαγοοιος
Ὃς “18D
{ΠῚ
are
A.
'e[euorgow ΟΘΘΠΛΙ ‘EUISSOTA ‘OJWOI “LOY Ip ONU JI uoo OSBJOOIES
E
‘Op 180
Cat. 40.
Sarcofago con il mito di Kore. Fronte, particolare.
LIV
τὰ
LV
‘upjootized ‘oquoay
“a JOY wp OU J] uoo 0SBjONIES
“OF ‘D
LVI
Cat. 40.
Sarcofago con il mito di Kore. Lato breve di destra.
LVII
sf
5
d
EN Eu c
;
ca
CA
nO
Si MEN
'epeuorSow OOSNJA ‘EUISSA]A] ‘9JUOI.] 'OUEHSLIO OSEJODIES
RE, Pen
‘It Ἴ80
LVII
img Hs
Cat. 41.
Sarcofago cristiano. Fronte, spigolo di sinistra.
δι
a TREAT ORG
a
x SORS
m
Ae eeu
porse h
Retry
LA Od
FREE
NS
?
5
i
CO ae
i
dad PO
ace
À
LES
rt
4
?
S
PUSS ae M VI
t
: UE:
τ
D
HM 5 ua
“ναὶ
TD
TD
o -Ξ o on
en
mt
am a?
μα
[9]
Ξ
+
Ea
Ss)
Ξ
o
u
o
2δι
o
o0
=
o
=Q
e un
Cat. 41.
d
SEN Nago
SES
NEP ND 2
ECCE
i
VT
Ss
nu
qud
lem
δαὶ [ss]
pe
—
a Q o
D =
"3
$i — D
iqua dro centrale.
Fronte
Sarcofago cristiano.
Cat. 41.
LXI
Cat. 41.
Sarcofago cristiano. Lato breve di destra.
LXII
‘QBUOISOY oosnjA “EUISSOIA ‘9JUOI] 'ounueziq oSvjooreg
“ZH 180
LXIH
Cat. 42.
Sarcofago bizantino. Lato breve di sinistra.
LXIV
Cat. 42.
Sarcofago bizantino. Lato breve di destra.
Cat. 43.
Sarcofago di grandi dimensioni. Fronte e lato breve di sinistra. Monreale, Cortile dell’Episcopato.
peeved
ied ἄν ρα:
Hes HIM]
ἐξ,ssi
cuo :
CURES
iE
n HL
E: D)
τὸ
TM
d
srl
iEN ω a "O
T
o > o Fur
o
du
se)
Sarcofago di grandi d imensioni
c +
Cat. 43.
LXVII
‘QPAODSOAINIV BLING fe[eo1uO]A| ‘SJUOI OH
1911 TUIIOUTY LOD OSEJODIEG
‘ph 182
Rs its ae ere, ας
Cat
45.
Cat. 45.
Sarcofago con strig ilature e stemma med ievale . Fronte. Mozi ia, Museo Archeologi 1CO.
Sarcofago con strigilature e stemma medievale. Particolare dello stemma.
LXIX
TOSCA y E
| Mr
ey
AXES ἜΝ
NUMum
ἘΞ
Cat. 46.
NS
Sarcofago con delfini. Fronte. Palermo,
Casa Daneu.
Mos DIRTI:
UEM
‘ombra ej[ep eodde) ‘ojeIpopeo *ourre[eq ‘Mes9ne] enp uoo OSejoores Ip QUOIT
il
Δ} ‘189
i E:
i
TAMA
SS
Cat. 48.
Sarcofago con la cacc ia al cinghiale cal idon io. Fronte. Palermo
Cat. 48.
Sarcofago con la caccia al cinghiale calidonio. Fronte, particolare.
2
Cattedrale, Cr ipta.
MEL nes
LXXII
LXXIIT
Cat. 49.
Sarcofago con le Muse. Fronte, particolare.
LXXIV
x
A QU
pi da
Eoo DD
Cat. 49.
Sarcofago con le Muse. Fronte, particolare.
LXXV
RES
Gauss
(I
ΓΕ ΎΓΓΡΕΣ
ORE
Cat. 50.
Sarcofago con colonnine laterali. Fronte. Palermo, Cattedrale, Cripta.
Cat. 51.
Sarcofago con geni alati. Fronte. Palermo, Cattedrale, Cripta.
LXXVI
“εξ Late
à (4
y
$a
ἐν
A
x i
TRi 1j i; / Val}: & f
ald
T
er
"&jdir) “9]Β1Ρ9}80 founiseq ‘QUO
Y
OPA
PAOYUAS
Gof olor
tela Hedda
‘O1]U99 Je ojsnq uoo o3ejgoo1eg
'ζς 1862
LXXVII
‘21du9
'e[erpoge?) 'ouuospeq '9juod] ' ΠΒ.11891
me
ae
o piani È
o1oqoseur 9 01juoo 18 euomSepour uoo oSejoo1eg
P PEST ἫΝ pretty
mur: ni
'ςς
LXXVI
SER
ἜΣ
cohen a aia
Z3 DS me
PRAISE sr
UT d rages 5 xSY£o , 23
gs d
i
a
VU
ra
”
f Sad ee
rl. y iu
Mea
més
Cat. 53.
Sarcofago con medaglione al centro e maschere teatrali. Lato breve di sinistra.
hdi HO
LXXIX
Cat. 53.
Sarcofago con medaglione al centro e maschere teatrali. Lato breve di destra.
LXXX
ἧς 3
lotto:
Dod
d
stig
""wjdir) 'o[e3pojje)) *ounie[eq -91u044 'o3jueo Je ejjod uoo ojepi$ugs oSegooreg
È vio
[ODER EL OTA DLE
“HG 182
LXXXI
"edu
‘ajerpayyeg 'ouue[eg 'ejuoij 'euomSepeur un nuo8821 11818 nnd uoo o8gjooreg
"GG FEO
LXXXII
BUM
τὶς [v
A R^. datto
a
d.
St e,
F4
Cat. 55.
Sarcofago con putti alati reggenti un medaglione. Lato breve di sinistra.
RUE
shied,
c]
Cat. 55.
ES
i
D
Es
Sarcofago con putti alati reggenti un medaglione. Lato breve di destra.
=
Sa ἔνι, à
CEE
LXXXIV
‘Edo
one “APREAvo ERNST mn
ses
T A
feipaneo ‘oulsyeg ‘9]UoI] ‘01}u99 [e esnmqooos Β11οα uoo ΟἸΒΠ131115 OBBJOOIES
TE
Ὃς TRO
LXXXV
SIR
TAGE:
È INE ΩΣ VES SEL
nca eo
raa
2
i SH
SPE
Ar urges
Sarcofago strigilato. Fronte. Palermo, Cattedrale, Cripta.
Cat. 57.
Sarcofago strigilato. Lato breve di destra.
5
Cat. 57.
d
LXXXVI
Wei
V
— CA ete
Re
n
TA.
“dir
RE: NEST x
'e[expoje?) foune[eg ΘΟ
FON
‘oeiznu eueos uoo o3vjooeg
ὃς 160
èÈSìÈ A
"e3e[ooried ‘aJUOIX 'e[erznu euoos uoo oSejoo1eg ORDRE
es
EUER
A
IS
BS TEO
LXXXVIII
(a)
WAN EUR LAK
Cat. 58.
Sarcofago con scena nuziale. Fronte, particolare.
LXXXIX
“ed
μὰνNx
'o[peipogje? founpeg 'ejuodq "IJossody rorpop τ uoo o8egoo1eg
MEDIE aae at
‘66 ‘9
XC
Cat. 60.
Sarcofago con geni alati. Fronte. Palermo, Cattedrale, Cripta.
ia
SEM
Cat. 61.
nm
TE
4; wn
bs
arcofago cristiano. Fronte. Palermo,
Cattedrale, Cripta.
XCI
PS P i
ih
I
I poj
ootro Tp r
gequo
€
I
QJUO
s
'ΒΙΟΟΒΟ IP BU99S UOD «BZUEISO Ip» ojjep o3ejooreS
[Pest
ταὶ fautor
T uc ys .
‘79 180
T Se
. Fronte, particolare.
x
] caccia
sb
Sarcofago detto «di Costanza» con scena d
ΩΝ
Cat. 62.
risk ΟΥ̓ a ἀνθ
Ἧι= τ sa
Ea
XCIII
zmS
'exe[oonued ‘ayuoLy 'erooeo rp euoos uoo «ΒΖΙΒΊΒΟΩ Ip» ojjop oSejoo1eg
c9 TEO
Cat. 65.
Fronte di sarcofago con pavoni. Palermo, Chiesa di S. Agostino.
2iizts
du Mise as
τ
Taxes
ES
re
qu
D
Cat. 64.
Sarcofago con scena marina. Fronte. Palermo,
Chiesa di S. Francesco.
XCV
Cat. 65.
Sarcofago con due busti al centro. Fronte. Palermo, Chiesa di 5. Francesco.
PER.
oc
RAS
pi
ede τ
τι
2 5
i
MESE . ca
Iu Li
te
NE3
PET reek
a
uui di Mes
Cat. 65.
Sarcofago con due busti al centro. Fronte, particolare.
Cat. 65.
Sarcofago con due busti al centro. Fronte, particolare.
XCVII
πε quud ire
Mss o
je
PP
20 BAB, nnt i
Gaeta AREE
A
Je
73
Sarcofago con ara al centro. Fronte. Palermo, Chiesa di S. Francesco.
E
Cat. 66.
I dÈ
+
fogSì
CoA FISSE.RE PLAGE
Cat. 67.
νῶ
Sarcofago con festoni di fiori retti da colonne. Fronte. Palermo, Chiesa di S. Maria del Gest.
Ε$
Sarcofago delle Amazzoni. Fronte. Palermo, Museo Archeologico Regionale.
re va AIA
Cat. 69.
XCIX
‘ormpoonsed 'opuo1j "uozzeury opp oSsjoorg
69 MO
Cat. 69.
Sarcofago delle Amazzoni. Fronte, particolare.
CI
IONI NTASE EE AS
RTE
a
Fal ir
SSL
Cat. 70.
Sarcofago di «Volusia Longina». Fronte. Palermo, Museo Archeologico Regionale.
Cat. 70.
Sarcofago di «Volusia Longina». Fronte, particolare.
CII
Cat. 70.
Sarcofago di «Volusia Longina». Fronte, particolare.
CIV
à
xad)
M
70.
Sarcofago di «Volusia Longina». Fronte, particolare.
Cat. 70.
Sarcofago di «Volusia Longina». Lato breve di destra.
=
P
eem dei τος
SUR,
τὸ
TTE
s EE
eH
CH
esse on
:
eremi cq
2ki;
ib cried datto
ORE 5 s
ed.
EM [30 US ΧΗΣ
Hie
Sarcofago con teste leonine. Fronte. Palermo, Museo Archeologico Regionale.
da pm cia
πῇς
Cat. 71.
"
CVI
tes
IA LISDAE
Cat. 71.
Sarcofago con teste leonine. Fronte, particolare.
CVUI
Cat. 71.
Sarcofago con teste leonine. Lato breve di sinistra.
CIX
E
ise
17
'ejpeuordow oor$o[ooqory oosn]A 'ouLre[eq 'ojuo14 "esnpojq rp 21897 uoo OBTJOOIS ABien vente NC MES
“ZL Ἴ80
CX
Ἢbes twang re
E. 22 "lar
"ini Ri
Cat. 72.
Sarcofago con teste di Medusa. Fronte, particolare.
X
DUM
MG"t x
mL. E τὸς
Cat. 72.
Sarcofago con teste di Medusa. Fronte, particolare.
CXII
Cat. 75.
Sarcofago di «P. Aelius». Fronte. Palermo, Museo Archeologico Regionale.
Cat. 73.
Sarcofago di «P. Aelius». Fronte, particolare.
CXII
Cat. 75.
Sarcofago di «P. Aelius». Fronte, particolare.
CXIV E: am, vied TO IAEA
* CETUR
Su
è ae:
Maki
SI
Cat. 75.
Sarcofago di «P. Aelius». Fronte, particolare.
Cat. 74.
Sarcofago con medaglione al centro. Fronte. Palermo, Museo Archeologico Regionale.
Cat. 74.
Sarcofago con medaglione al centro. Fronte, particolare.
CXVI
Cat. 75.
Sarcofago con tre figure al centro. Fronte. Palermo, Museo Archeologico Regionale.
Cat. 75.
Sarcofago con tre figure al centro. Fronte, particolare.
Cat. 75.
Sarcofago con tre figure al centro. Fronte, particolare.
CXVIII
Cat. 75.
Sarcofago con tre figure al centro. Fronte, particolare.
CXIX
Dave
DANS
ὑπῆν 5t
'ejeuotgew oorSo[oeuory ΟΘΒΠΊΛΙ Founreeq ‘oJUOI ‘89918 QUOIZHOSI uoo OBRJooIeEG
IAE A
PS TE TREAT:
pune AREE:
‘OZ 182
Cat. 76.
Sarcofago con
è
5
.
Iscrizione
greca
. Lato breve di destra.
Cat. 76.
Sarcofago con
Iscrizione
greca
. Lato breve d i sinistra.
« vocum
σῷs
ἘΝ
Cat. 77.
Fronte di sarcofago con scena di battaglia fra Romani e barbari. Palermo, Museo Archeologico Regionale.
ΟΧΧΗ
CXXITI
NA ica ΤΗΝ CHR DH TE
7 es t.
OMEN
d
LES
Aie
AE
cw
ἘΣ
Nm.s
τ
SB.
d ἀπ $
de, >" 210
MIS
2181091184 "MIEQIEG 9 IUBUIOY 811 ΒΠ881186 rp EU29S uoo OBEJOIIES IP QUOI ABS
x2 ES
bes
ἘῸΝ Ἢ
pure
à
cer
LL 0
CXXIV
ti
HR
Noo onvdoouvsτα auNoua
Bae
T CEA,
‘IRON Weg ‘Weqieq o IUBLUOY BI} ΒΙ]13811864 rp euoos uoo OBEJOOIPS Ip QUOI
22 180
CXXV
Ἢ
t
'e1e[ooneg ' Lieqieq 9 IUBWOY ej ΒΙ1381186 IP vuoos uoo oSejpooJes IP ΘΊΠΟΙΙ
“Lf ‘189
»
D
REE Ἢ
da. δ
ΟΣ E Sota
ἢ ^
sg
E
ris
Cat. 77.
a
Fronte di sarcofago con scena di battaglia fra Romani e barbari. Particolare dell'angolo d i sinistra. .
uu pio
men Id
nd ex.
CORREOS Rime ZZATOE
Cat.
77.
Fronte di sarcofago con scena di battaglia fra Romani e barbari. Particolare dell’angolo di destra.
CXXVIII
‘180984
"Heqieq a IUBUIOY 811 e3ejjeq rp euoos uoo OBEJOOIES IP QUOI
// ‘129
CXXIX
'ejeuordow oorSo[oouory oosnjA fouurs[eq 'exjsop rp 2491Q OJET ‘9UO]S9] uoo OBEJOIIES Ip OJUOLIWIBI]
‘SZ 1e)
CXXX
Cat. 79.
Sarcofago con il mito di Kore. Fronte. Racalmuto, Castello Chiaramontano.
Sa Le
Cat. 79.
Sarcofago con il mito di Kore. Fronte, particolare.
Re
ee
LEES
INN E Hans
Cat. 79.
Sarcofago con il mito di Kore. Fronte, particolare.
CXXXII
Cat. 79.
Sarcofago con il mito di Kore. Lato breve di sinistra.
CXXXIII
PL
=.
pe:
'epe1ipoge) ATEPEHEY ‘QUOI ‘SION Ip WW
[p uoo oSegpooreg
‘0g 180
Cat. 80.
Sarcofago con il mi to di Kore. Fronte, part icolare.
Cat. 80.
Sarcofago con il mito di Kore. Fronte, particolare.
CXXXV
Cat. 81.
Sarcofago strigilato, frammenti.
Cat. 81.
Sarcofago strigilato. Lato breve di sinistra.
Sambuca,
Casa Catalanotto.
CXXXVI
€
wide,
+
'e[e1pojje?) 'ruege[og 'e3uoi4g ‘ayoryooeq ousos uoo OBLJOOIES
rd»
A “bre
“ZB
Ἴ82
Cat. 82.
Sarcofago con scene bacchiche. Fronte, particolare.
CXXXVII
Sages tresFH
$s
7
cf.
'e1e[oorj1ed ‘aJUOI,] 'egorgooeq 2U99$ uoo oSejooeg
ahi
‘78 19)
CXXXIX
Cat. 82.
Sarcofago con scene bacchiche. Lato breve di sinistra.
Cat. 82.
Sarcofago con scene bacchiche. Lato breve di destra.
Cat. 83.
Sarcofago di Adelfia. Fronte. Siracusa, Museo Archeologico Regionale «P. Orsi».
CXLI
YES
EX VUE
infi 18CAL ug ET. 10° RE pes
Cat. 83.
^
Sarcofago di Adelfia. Fronte, registro superiore: il «Buon Pastore» tra Adamo ed Eva.
τ τANO ἔχεν ae
X tees ANTON τ
Ses er, à ἜΠΕΣΕ
Cat. 83.
Sarcofago di Adelfia. Fronte, registro inferiore: adorazione della statua d’oro.
CXLIII
Cat. 83.
Sarcofago di Adelfia. Fronte, registro superiore: S. Pietro e Gest, il miracolo dell'Emorroissa e Mosé sul
Cat. 83. Sarcofago di Adelfia. Fronte, trasformazione dell’acqua in vino.
registro inferiore: rifiuto di Sidrac,
Misac
e Abdenago
e miracolo
della
CXLIV
Cat. 83.
Sarcofago di Adelfia. Fronte , registro superiore
il sacri icio di Abramo e
CIECO.
MD
ee
Cat. 85.
Sarcofago di Adelfia. Fronte, registro inferiore : peccato origina le.
il miracolo della guarigione del
Cat. 85.
Sarcofago di Adelfia. Fronte, registro inferiore: ingresso di Gesá a Gerusalemme
Cat. 83.
Sarcofago di Adelfia. Fronte: particolare del medaglione centrale.
doc
Cat. 83.
TREE
M
e
Sarcofago di Adelfia. Fronte, registro inferiore: adorazione dei Magi.
CXLVII
Cat. 83.
Sarcofago di Adelfia. Alzata del coperchio: Mosé fa scaturire l'acqua dalla rupe.
BE
Cat. 83.
=
Sarcofago di Adelfia. Alzata del coperchio: figure femminili e «adorazione della Vergine».
CXLVIII
Cat. 83.
Sarcofago di Adelfia. Alzata del coperchio: «adorazione del Bambino».
Cat. 83.
Sarcofago di Adelfia. Alzata del coperchio: i Re Magi guidati dalla stella.
Cat. 83.
Sarcofago di Adelfia. Alzata del coperchio: particolare dell'iscrizione.
CXLIX
p
PES
mun »
n
D AS
EUR
bute
πέος,
re
M
arn ie
:
d
E OU
M n
LU.
… tos
'«IS1Q) *q» SIPUOIS9Y oordo[osuory ΟΘΒΠΙΛΙ *esnoeJIg ‘OJUOI] 'eoseA ? OSEJODIEG
ROUES
;
"pg 180
Cat. 84.
Sarcofago a vasca. Fronte, particolare.
Cat. 84.
Sarcofago a vasca. Fronte, particolare.
Cat. 85.
Cat.
86.
Frammento di sarcofago. Siracusa, Museo Archeologico Regionale «P. Orsi».
Frammento
di sarcofago.
Siracusa,
Museo Archeologico Regionale «P. Orsi».
Cat.
87.
Frammento
di sarcofago.
gico Regionale «P. Orsi».
Siracusa,
Museo
Archeolo-
CLII
T À tste
ES
È ÈPw
^
RISI
ὃς
Cat. 88. «P.
Frammento di sarcofago. Siracusa, Museo Archeologico Regionale
Orsi».
E Tos
A
Dr
pT
Hei
$ xt diἧς
Cat. 89. Frammento di sarcofago. Siracusa, Museo Archeologico Regionale «P. Orsi».
Cat. 90.
Due frammenti di sarcofago. Siracusa, Museo Archeologico Regionale «P. Orsi».
CLIV
Cat. 91.
Cat. 92.
Frammento di sarcofago. Siracusa, Museo Archeologico Regionale «P. Orsi».
Frammento di sarcofago. Siracusa, Museo Archeologico Regionale «P. Orsi».
CLV
sen
Cat. 93.
Frammento
di sarcofago. Siracusa, Museo Archeologico Regionale «P. Orsi».
CLVI
Y
s
fum
+
En
Li
M
EST
*
Fronte . Siracusa, Museo Archeolog
Cat. 94.
Frammenti di sarcofago. Fronte, particolare.
1C0
Regionale «P. Ors i».
Si
P3
Frammenti di sarcofago
νου 7 i
Cat. 94.
Be.
DN ΝΑ
CLVII
Em
the, TUA
a
Cat. 95.
Frammento di sarcofago. Siracusa, Museo Archeologico Regionale «P. Orsi».
CLVIII
SI
Cat. 96.
+>
Frammento di sarcofago. Siracusa, Museo Archeologico Regionale «P. Orsi».
ἘΝ È Ne
Cat. 97.
Frammento di sarcofago. Siracusa;
Museo Archeologico Regionale «P. Orsi».
εὖ
CLIX
Cat. 98.
Frammento
di sarcofago.
Siracusa, Museo Archeo-
logico Regionale «P. Orsi».
Cat. 99.
Frammento
di sarcofago. Siracusa, Museo Archeologico Regionale «P. Orsi».
CLX
Cat. 100-102.
Frammenti di sarcofagi. Siracusa, Museo Archeologico Regionale «P. Orsi».
CLXI
=SORS es
Cat. 103-105.
Frammenti di sarcofagi. Siracusa, Museo Archeologico Regionale «P. Orsi».
4 ἘΠῚ
CLXII
πές e Ew ti
Cat. 107-109.
Frammenti di sarcofagi. Siracusa, Museo Archeologico Regionale «P. Orsi».
CEXI
Cat. 110-111.
Frammento di sarcofagi. Siracusa, Museo Archeologico Regionale «P. Orsi».
CLXIV
Cat. 113.
Frammento di testa di marmo. Fronte e retro. Siracusa, Museo Archeologico Regionale «P. Orsi».
Cat. 114.
Frammento di sarcofago. Siracusa, Museo Archeologico Re-
gionale «P. Orsi».
CLXV
Cat. 115.
Frammento di sarcofago di marmo. Siracusa, Museo Archeologico Regionale «P. Orsi».
Lia
Cat. 116.
Coperchio di sarcofago. Siracusa, Museo di Piazza Duomo, Cortile.
RÉ) EE
1 ire PASNAS
CLXVI
Pans
EX
Ven
CSI
Rito ὭΣ
Cat. 117.
Cat. 117.
Sarcofago con tre croci sulla fronte. Siracusa, Museo di Palazzo Bellomo.
Sarcofago con tre croci. Lato posteriore.
Cat. 118.
Sarcofago con thiasos bacchico. Fronte.
Taormina, Museo del Teatro.
CLXVII
CLXVII
Cat. 118.
Sarcofago con thiasos bacchico. Visto da sinistra con il lato breve.
Poner VUES ies
Cat. 118.
Sarcofago con thiasos bacchico. Visto da destra con il lato breve.
Cat. 118.
Sarcofago con thiasos bacchico. Fronte, particolare.
CL
Cat.
119.
Frammento di sarcofago. Lato breve d i
Sinis
tra. Taormi
ina
, Museo del Teatro.
CLXXI
: ii Jai
à SNC
^
EM
ETES SUME
Cat. 120.
pn OABS
Frammento di lastra di sarcofago. Termini Imerese, Museo Civico.
PS >
1
CLXXII
'"Wo9IN "S ip ESSO
Ἐισάξα!, -owoxj mer mnd uoo oSejooms
“ZT O
CLXXIII
Cat.
Cat.
121.
121.
Sarcofago con putti alati. Fronte, particolare.
Sarcofago con putti alati. Fronte, particolare.
CLXXIV
yodog oosnjq
€
ruedez,
MUL
'oje[rangs OBBJOOIES
"ZcI 489
Appendice, n. 3.
Sarcofago con Ercole, Cerbero e Caronte
(falso). Palermo, Museo Archeologico Regionale.
Appendice, n. 7.
Sarcofago strigilato (introvabile). Palermo, già Istituto Scuole Pie.
CLXXVI
Appendice,
n. 8.
Frammento
di puteale. Siracusa, Museo Archeologico
Regionale
Orsi».
do Appendice, n. 8.
o
5 le
2otm
Restituzione grafica del frammento di puteale.
«
«P.
‘OPIEQUIOT ‘ABD ese?) ‘WwoIURD ‘OUBPIOS ONA 'ouueur τῇ oSejooies IP ojusuruei]
‘6 'u 'oorpueddy
CLXXVIII
gr
στε τε IS
Eτ UH NRW
Appendice, n. 10.
Appendice, n. 10.
τς
T
Sarcofago con scena di caccia. Fronte. Catania, Cimitero, Cappella Sollima.
Sarcofago con scena di caccia. Fronte, particolari.
CLXXIX
da
"unpos ejodde? ‘ou
|
me
Jr
"ure[ooned *9juojj 'empoeurognejuo?) uoo 08EJO918S
^erueje?) ‘9]UOI,] 'empoeuroinejuo;) uoo OSEJODIEG
ἃ
*eorpueddy
‘LI ‘u ‘aorpusddy
‘]]
d T
EIS "eee SEER Sh RSS NI ,
Ὑτ'
Ἢ
DR
"
-
"
5
]
"uis:
4
1193
Hd
Ὁ
n
T
x
SE TE PARENT
rm
X
Appendice, n. 12.
Sarcofago strigilato. Fronte, particolari.
gs
um
—
Ru TUE SOLTἊς IS ᾧ
AIO
UN
ΣΕ
aS
DE cc FR
:
Appendice; :n. 13.
Appendice, n. 21.
È
Sarcofago strigilato con ancora al centro. Fronte. Monreale, Duomo.
Frammento di sarcofago. Palermo, Museo Archeologico Regionale (7).