I Salmi [2, 2 ed.] 8826309868, 9788826309866

Con la pubblicazione del secondo volume giunge all'atteso compimento il grande commento italiano dei salmi di padre

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I Salmi [2, 2 ed.]
 8826309868, 9788826309866

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della stessa collana

L. Alonso Schokel - J.L. Sicre Diaz, Giobbe Gianfranco Ravasi, Giobbe L. Alonso Schokel, l Salmi

-

2 volumi

L. Alonso Schokel- J. Vllchez Lfndez, l Proverbi J. Vllchez Lfndez, Qoèlet J. Vilchez Lindez, Sapienza L. Alonso Schokel

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J.L . Sicre Diaz , l Profeti

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Gilberto Marconi, La lettera di Giacomo Pieno Pregont, L'Apocall•ae X. Plkal• lbarrondo. Apocall•• AntoniO Pttta. u MCondl lettera al Corinzi

L. Alonso Schokel - Cecilia Carniti

I SALMI edizione italiana a volume

cura

di Antonio Nepi

eecondo

Seconda edizione

Boria

Titolo originale Los Salmos/2 © 1991,

L. Alonso Schokel, Roma

© 20072, Edizioni Boria, s.r.l. via delle Fornaci 50 - 00165 ROMA Traduzione di Antonio Nepi Revisione dell'Autore Collaborazione redazionale di Carlo Valentino ISBN 978-88-263-0986-6

Il 23 maggio del 1992 moriva all'età di 46 anni la professoressa Cecilia Carniti. Aveva una grande, appassionata conoscenza delle lin­ gue antiche (accadico, ugaritico, fenicio, ebraico, aramaico, siriaco ed arabo) ed era assai versata ed interessata a questioni grammaticali dell'ebraico biblico. La sua collaborazione è stata preziosa nell'analisi filologica del primo volume e fino al salmo 115 del secondo. Nei restanti, anche se si cercherà di supplire alla sua assenza, si sentirà la mancanza della sua competenza e dedizione. L'autore e i lettori la ricordano con viva gratitudine. Ringrazio vivamente il professore Antonio Nepi che ha curato la traduzione di questo volume con competenza e amore, e lo ha arricchito con testi della letteratura italiana. Lms .ALoNso ScHOKEL

SALMO 7J

l Quanto è buono Dio con il giusto1,

Dio con i puri di cuore!

Ma io. . . per poco inciampavano i miei piedi, quasi scivolarono i miei passi, 3 poiché invidiavano i perversi, vedendo prosperare i malvagi2 • 2

4 Per loro non ci sono dispiaceri, sano e pasciuto è il loro ventre; 5 mai sfiorati dalle pene dei mortali non soffrono come gli altri. 6 Perciò li incollana Orgoglio e indossano un costume di violenza. 7 I loro occhi spuntano dal grasso, frullano loro fantasie per la testa. 8 Insultano e parlano con malizia, con prepotenza minacciano dall'alto. 9 La loro bocca sfida il cielo, la loro lingua va a spasso per la terra. l O Perciò li seguono i loro adepti e da essi bevono a garganella. 11 Dicono: > dall'arante. È facile capire che tutte le interiezioni e le particelle sono espressione e non calcolo intellettuale. c) Però la risposta al problema sapienziale non è sapienziale: è una risposta di contemplazione. Come più tardi il Qohelet, il nostro autore si è scervellato nel trovare la soluzione a forza di indagare e riflettere: > smascherava la realtà «animale» del­ l'uomo; ora questo «con te» manifesta all'uomo qualcosa di quello che è Dio: l'uomo davanti a Dio, Dio per l'uomo.

Jl

Salmo

73

23-24. La vicinanza si sdoppia in tre azioni concrete: mi afferri, guidi, mi porti via. Il primo verbo è raro con Dio come soggetto (Sal 77,5 e Gb 16, 12) in azioni violente; il secondo è frequente nel Salterio (23 ,3; 3 1,4; 6 1 ,3; ecc.); il terzo è quello classico di Henoc (Gen 5 ,24) ed Elia (2 Re 2,3-4) ed era già risuonato in Sal 49,16. Questa triadé verbale dà luogo ad una specie di esodo liberatore che trova il suo termine in Dio. Kbwd indica il termine del movimen­ to o la modalità del condurre: alla gloria o con tutti gli onori. Am­ bedue le interpretazioni sono attestate nella tradizione: gloriose et ho­ norifice (Genebrardo); in domum tuam caelestem (Heser); un'altra pista è seguita da Kimchi che assume kbwd come equivalente di anima. 25. Questo verso è una vetta spirituale dell' AT, che deve essere messa in rapporto alla lotta di Giacobbe (Gen 32) o alla esperienza di Elia sull'Horeb (l Re 19) (cfr. il nostro Dov 'è tuo fratello?, Brescia 1987, p. 243). Forse i migliori commentatori di questo verso sono i mistici. Tutta la serie di beni che l'orante ha visto goduti dai malva­ gi e che è giunto ad invidiare perde ogni valore confrontati al posse­ dere Dio. La terra è il dono fondamentale nella teologia della salvezza o della liberazione: adesso la terra non importa. L'incontro personale oltrepassa ed annulla tutto il resto. Gb 42 ,5 dice in maniera folgoran­ te: «Ora i miei occhi ti hanno visto». Secoli più tardi Rebora scriverà: «La parola zittl chiacchiere mie». Vogliamo citare alcuni versi di S. Teresa d'Avila (dato che scriviamo queste pagine il giorno della sua festa) e dello scrittore russo A. Solzenicyn: mi

Felice è il cuore innamorato che tutto e solo si concentra in Dio; per lui rinuncia ad ogni ben creato per lui si lascia in disdegnoso obllo. Il suo pensier è tutto in lui sacrato ed Ei l' appaga in ogni suo deslo. Cosl festante passa e assai gioioso tra l'onde di questo mare tempestoso. (S. Teresa d Avila) '

Quando il mio intelletto confuso si ritira e vien meno, quando gli uomini più intelligenti non vedono al di là di questa sera e non sanno che fare domani tu mi concedi la chiara certezza che esisti e ti preoccupi

22

·Testo e commento perché non vengano sbarrate tutte le vie che portano al bene. (A. Solzenicyn)

Se i malvagi osavano insolentire cielo e terra, all'arante cielo terra non importano perché ha Dio. 26. Come Dio si è offerto nella sua stessa persona, abolendo tutto il resto, cosl il salmista penetra nell'intimo della sua esistenza personale, abolendo addirittura carne e mente. L'intimo del suo esse­ re personale scopre e dichiara che la sua «porzione» o possesso è Dio in persona, e questo per sempre. La carne sana, gonfia e tronfia dei malvagi aveva i suoi beni, anche la loro mente traboccava fantasie e autosufficienza; ebbene, escludendo carne e mente, resta qualcosa ·di più intimo capace di possedere Dio. La «porzione» o lotto era la partecipazione della famiglia nel territorio della terra promessa e consegnata, che si perpetuava per successione ed eredità: una porzio­ ne limitata insieme a molte altre, sufficiente per le necessità del so­ stentamento. Quando Dio stesso è la porzione, tutto il resto diviene superfluo e perde senso o valore. Possiamo paragonare questo 'wlm con quello del v. 12 . Ll veniva definito dall 'oggetto, le ricchezze in perpetuo aumento, e dal soggetto che ne godeva. Era una visione centripeta. L'uomo come centro del cielo e della terra, del possedere e del dominare. Ebbene, l'uomo �mortale e le ricchezze non lo seguono nella tomba {Sal 49,18) . Nel v. 26 del nostro salmo, l'uomo appare trasceso e centrato in Dio: .trascende cielo e terra ed è Dio che definisce la dimensione dell"wlm. Gioia suprema: anche gioia eterna? Riserviamo la questione per un altro paragrafo. 27-28. Conclusa la preghiera in un momento di massima intensi­ tà, l'arante ritorna alla vita quotidiana, stilando prima un bilancio delle sue «luci». L' hnh del bilancio finale fa da contrappeso a quello provvisorio e falso del v. 12; infatti quello era un bilancio fatto con dati parziali, mentre ora li ha tutti, persino quello definitivo che è ·Dio. In un verso riprende la sorte dei malvagi (il v. 27 riassume 18-20), in un altro la sua esperienza personale {il v. 28 risponde a 24-26). I due versi si articolano nelle antitesi rllq/qrb lontano/vicino e znh/t:wb ly fornicare/buono per me. Presi insieme, «allontanarsi e fornicare)> potrebbero significare l'idolatria {cosl lo spiega Teodore­ to) . Occorrerebbe specificare l'idolatria come culto di beni terreni rivali di Dio. Il secondo verbo znh fornicare, prostituirsi, frequen­ te nella letteratura profetica {cfr. Os 1 ,2; Ger 2,20; Ez 16, 15; ecc.), •

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=

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23

Salmo 73

colloca tutto nel campo dell'amore e della fecondità {cosl lo commen­ ta Origene). Fornicare in senso figurato equivale a tradire, essere in­ fedele (cfr. DBHE) . La fedeltà invece si esprime con i termini «avvicinarsi e rifugiar­ si», che non appartengono al campo dell'amore coniugale. La tradu­ zione latina ha adhaerere, che corrisponde piuttosto a dbq e che dà origine a interpretazioni più intime. La somma dei termini hlq e qrb potrebbe far pensare che l'autore sia un levita o un sacerdote. Pensia­ mo piuttosto che i termini si distacchino da questo contesto per ap· profondire tutto il loro possibile significato. Felicità eterna? a) Una impostazione tradizionale della questione si domanda: quan­ do l'autore usa le parole tmyd = sempre, 'hr fine, kbwd gloria, lqh portare, l'wlm per sempre, che cosa vuoi dire, in quale orizzonte si muove? L'orante ricerca la soluzione di un problema pre­ sente, insolubile mediante una riflessione {v. 16); proietta la soluzione nel futuro, in un'altra vita eterna e felice, oppure la trova in questa vita, nell'incontro supremo con Dio? Delitzsch risponde tassativamente difendendo la seconda ipotesi. La sua tesi è che il salmo non risolve il problema della retribuzione dei malvagi in questo mondo appellandosi ad una soluzione futura di tutte le contraddizioni del mondo quaggiù; in altri termini, una gloria perpetua che potrà contrappesare infinitamente le sofferenze di questo mondo rimane fuori dall'orizzonte del salmo. Perciò la fede robusta che rinuncia gioiosamente a tutto per aggrapparsi a Dio e ramore puro che apprezza questo possesso più del cielo e della terra sono più ammirevoli se situati in questo orizzonte stretto. Senza giungere a negare e a superare pienamente le idee ristrette sull'altra vita, l' orante, per l'intensità della sua esperienza di Dio, apre una breccia nelle convinzioni del suo popolo e attraverso essa ha intravisto qualcosa che dà vertigini; nell'esprimerlo con i mezzi a sua disposizione, apre la strada alla sua intuizione profonda, crepu­ scolare. Cosl pensa Weiser e già Delitzsch lo aveva fatto notare: =

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=

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n futuro, benché oscuro, risulta illuminato dalla speranza che il finale della sua esistenza terrena recherà la soluzione gloriosa del problema. Qui, come in altre occasioni, la fede si fa strada, non solo attraverso r oscurità del presente, ma anche attraverso la notte deli' Ade... La fede nel nome del Signore possedeva già una profon­ dità trasparente che attraversava l'Ade per penetrare nella vita eterna.

24

Testo e commento

Introduciamo ora un'altra categoria nell'analisi: intensità contro quantità. Spazio e tempo sono realtà continue, quantitative. Il nostro spirito conosce una dimensione diversa, che è l'intensità (non ci rife­ riamo all'intensità quantificabile e misurabile della fisica) . Nella vita vi sono momenti di tale intensità, che sembrano abolire il tempo o concentrare molto tempo in un istante: intensità di dolore, di gioia. L'uomo giunge a sentirsi incapace di tollerarle: Una notte come questa, contemplata solitario non la può soffrire il mio cuore: dà un dolore di irresistibile bellezza. (Noche de diciembre, Rafael Pombo)

Si legga, a mo' di confronto, anche la lirica Notte, di G. Ungaretti. Di questo parla la leggenda medievale del monaco che, ascoltan­ do cantare un passero, cade in estasi, e quando ritorna in sé, sono passati già trecento anni. L'intensità straordinaria rivela all'uomo che egli non è mero fenomeno che dovrà eclissarsi nello spazio e nel tem­ po. Si ricordi lo stupendo interrogativo di Ungaretti:

/.

Chiuso fra cose mortali (anche il cielo stellato finirà) perché bramo Dio?

(Dannazione)

Qualcosa di simile accade nel salmo: nel godere di una esperienza aublime, profondissima di Dio, scopre vagamente che ciò deve supe­ ·�are il tempo. Possedere Dio in questa maniera valica i limiti dello sperimentato e dell'immaginario. Scrive Delitzsch: Nel mezzo di una vita naturale, caduca e peccatrice, è cominciata dentro una nuova vita donata a Dio; essa è pegno che, come Dio con cui (l'arante) è unito, non può perire, cosl neanche lui può perire.

Confrontiamo le espressioni del salmo, raggiunte in piena crisi spirituale, con le affermazioni sicure del secondo libro dei Maccabei ·(capp. 7-8) . Può accadere che in alcuni frangenti della vita ci risulti più preziosa la testimonianza del salmo. Una opinione contraria alla nostra è difesa da Dahood riguardo • questo ed altri salmi. Egli pensa che il salmo 7 3 proclami univoca­ mente la credenza in una vita futura beata insieme a Dio e traduce

Salmo 73

25

cosl il v. 26: «Anche se la mia carne e il mio cuore si consumano, o Monte, il mio cuore e il mio corpo, oh Dio, saranno eterni>>. b) Possiamo rettificare un po' l'impostazione precedente del pro­ blema distinguendo tra testo originale e letture successive. Il testo originale, espressione del pensiero dell'autore, sfodera una serie di termini ambigui o polisemici: portare, futuro, gloria, eterno, per sem­ pre; a questi si aggiungono alcune frasi nominali dell'orante (vv. 23.25) . Solo dei malvagi si dice che cadono, finiscono, terminano, periscono, li distruggi. Tutto questo può inserirsi nel quadro delle credenze tra­ dizionali, anche se iniziano un processo di fermentazione spirituale. Un antico lettore poteva trovare nel salmo la soluzione del problema nell'orizzonte di questa vita: «Per me un giorno nei tuoi atri, vale più di mille nella mia casa» (Sal 84, 1 1) . Lettori posteriori andarono superando questa visione in virtù di diverse situazioni, una delle quali il fermento di questo salmo ripetu­ to come preghiera; esperienza personale di Dio, allusioni ad Henoc ed Elia, l'idea del partecipare alla gloria di Dio . Influirono pure nuo­ ve conoscenze, sino alla scoperta di una vita futura beata. Queste condizioni di lettura polarizzarono l'interpretazione di elementi poli­ semici del salmo, che, nel nuovo orizzonte di pensiero, si inquadrava­ no meglio che nell'antico. E qui si innesta anche la lettura cristiana. Prima di addentrarci in essa, è d'obbligo citare un classico spa­ gnolo, giunto all'onore delle antologie, Bartolomé Leonardo de Ar­ gensola ( 1562- 163 1): Dimmi, Padre comune, tu che sei giusto: perché deve permettere la tua provvidenza che, mentre trascina catene l'innocenza, salga la frode al tribunale augusto? Chi dà mai forze al braccio che robusto oppone alle tue leggi ferma resistenza, e che lo zelo, tanto più la reverenza, gema ai piedi del vincitore ingiusto? Vediam vibrare vittoriose palme mani inique, e la virtù gemente del trionfo nell'ingiusta allegria. Questo io dicevo, quando ridente celestial. ninfa io vidi che dicea: «Cieco! È la terra al centro dell'alme?•. (tr. di A. Nepi)

Testo e commento

26

La superiorità del poema biblico è indubitabile. Questo sonetto .resta qui, quasi corifeo ideale di una lunga tradizione come brano per uno studio comparato. Trssposizione cristiiUJs

.

Cominciamo con una citazione vibrante di Paolo: Fil 3 , 7-9. L'a­ postolo gioca con gli antitetici perdita/guadagno: Ciò che per me era guadagno lo considerai, per Cristo, perdita. Anzi davvero tutto io considero perdita a confronto della superio­ re conoscenza di Cristo Gesù mio Signore, per il quale do tutto per perso e lo considero spazzatura, al fine di guadagnare Cristo ed essere unito a lui.

Ricordiamo anche S . Giovanni della Croce con il suo «mi sono persa apposta e fui guadagnata>> (Cantico antico Spirituale) . L'Imita­ zione di Cristo, ne fa il suo leitmotiv: «In verità, tutte le cose che sembrano fatte per dare pace e felicità non sono nulla e non danno realmente felicità alcuna, se non ci sei Tu>> (cap. LIX). Quanto al v. 4 , i Padri hanno visto nell'obesità il contrario del vero atleta cristiano che, come commenta Basilio Magno, ha il fisico magro ed emaciato dal sacrificio e dalla mortificazione (PG 30,361) . Sul v . 2 7 cosl scrive Origene nel suo commentario a Nm 25: C'è fornicazione quando l' anima, che si è unita al Verbo di Dio in una specie di matrimonio, è corrotta e profanata da un altro, da un nemico di colui che l'ha fatta sua per mezzo della fede. D Verbo di Dio, Gesù il Signore, è lo sposo e marito dell'anima pura e casta, come dice l'apostolo (2 Cor 1 1 ,2s) . . . Mentre l' anima rimane unita al suo sposo, ascolta la sua parola e si lega a lui, riceve da lui il seme della parola . . . Se l'anima concepisce le opere di Cristo, dà alla luce figli. . . Beata fecondità dell'anima che ha condiviso il talamo del Verbo di Dio ed ha risposto al suo abbrac­ cio! Da essa nascerà una discendenza illustre . . . Però se l'anima ha la disgrazia di abbandonare il talamo santo del Verbo di Dio e si lascia andare ad abbracci adulterini, sedotta dal Diavolo e da altri demoni, darà alla luce figli come quelli di cui sta scritto: i figli degli adulteri non giungeranno alla maturità e la prole illegittima sparirà (Sap 3, 16) . . .

27

Salmo 7.3

Anche Tommaso d'Aquino parla di questa /ornicatio spiritualis della mente quando ripudia il progetto divino preferendo altre realtà (II-II q. 15 1 , a. 2). Sui versi finali del salmo leggiamo un testo attribuito a Pascasio Radberto: D bene dell'amore è il Dio trinitario e il Dio Trinitario è l'amore perpetuo, è l'unico e singolare bene al quale aderire è vivere . . . Per questo dice il Profeta (David) : «Per me il bene è attaccarmi a Dio, porre in Dio la mia speranza . . . ». Nello stesso ed unico bene si possono talvolta distinguere due beni: infatti una cosa è aderire a Dio per amor di intelligenza, un'altra per il desiderio della speranza. Quando ci fissiamo nelle cose corporee e sensibili, entriamo nelle tenebre, scaraventati via dalla luce; tuttavia non ci sradichiamo dalla speranza, ma perduriamo in essa, perché il Dio del nostro cuore è il nostro possesso eterno. Allontanarsi dal fuoco di tale amore è raffreddarsi, amare un' altra cosa è adulterio; per questo dice il Profeta: «Coloro che si allontanano da te periranno». Allontanarsi non è lo stesso che separarsi: allontanarsi è fissarsi in altre cose, separarsi è non solo desiderare i beni terreni, ma chiederli ai demoni o amarli come sommo bene . . . Occorre far attenzione che l' anima, allontanandosi, non diventi adultera: (/ornicantur abs te), perché la fornicazione è contraria all'amore casto. (PL 120, 1487-88)

Il cristiano, illuminato dalla fede in Gesù Cristo glorificato, tro­ va la risposta al suo problema vitale e percepisce con chiarezza questo fondo di mistero che l'autore antico aveva appena intravisto. Il salmo ha acquistato una dimensione escatologica. Il fondamento però è in sostanza quello che si faceva trasentire nel salmo: che Dio è un Dio di vivi; che il Padre ha risuscitato suo Figlio, aggiungiamo noi. Non si parla della immortalità greca dell'anima, ma della vita beata ed eterna con Dio. Cielo e terra non sono più un luogo, ma un incontro ed una compagnia. Ebbene, rinviando la soluzione del problema all'altra vita, risol­ veremo tutti i problemi? Anche lo scandalo del successo di malvagi ingiusti e violenti? In forma di domande : dobbiamo del tutto rasse­ gnarci alla ingiustizia e ai soprusi? Dio si interessa? Agisce? Vogliamo che si interessi ed agisca? Come si può tradire, rinnegare la comunità dei figli di Dio? Il salmo non è un manuale pratico, non offre ricette, ma è un testo per la meditazione e la contemplazione. Occorre ripe-

'Testo e commento

28

, terlo una volta ed un altra volta ancora, perché l'accesso al mistero non si realizza la prima volta, né una volta per sempre. Sopra tutto ciò che Dio dà a buoni e cattivi, di ciò che a volte Dio toglie a buoni e cattivi, al di sopra di tutto questo, Dio riserva qualcosa per i buoni. Che cosa? Se stesso. (Agostino)

SALMO 74

Perché, o Dio, ci lasci abbandonati e fuma la tua ira contro il gregge del tuo pascolo? 2 Ricordati della comunità che un tempo fondasti, che riscattasti come tribù di tua proprietà 1 , del monte Sion dove abitavi. l

3

4 5 6 7

8 9

Volgi i tuoi passi a questi ruderi eterni, a tutto lo scempio del nemico nel santuario. Ruggivano gli aggressori in mezzo alla tua assemblea, issarono come emblemi i loro vessilli. Sembrò come chi s'apre il varco a colpi d'ascia, verso l'alto nel folto della selva; scheggiarono tutti i suoi fregi, li frantumarono con martelli e mazze; misero a fuoco il tuo santuario, profanarono a terra la dimora del tuo nome. Proponevano: «Tutta la loro stirpe, bruciatela, tutte le assemblee di Dio nel paese! » Più non vediamo le nostre insegne, più non abbiamo un profeta, fino a quando, nessuno lo sa!

10 Fino a quando, o Dio, l'avversario insulterà, continuerà il nemico a irridere il tuo nome? 1 1 Perché ritrai la tua sinistra e trattieni nascosta nel seno2 la destra? 12 Eppure sei, o Dio, il mio re da tempi antichi, riportasti vittorie in mezzo alla terra. 13 Tu con la tua forza agitasti il Mare, fracassasti le teste di draghi tra le onde. 14 Tu schiacciasti le teste di Leviatan, le gettasti in pasto a branchi di satiri. lS Tu facesti scaturire fonti e torrenti, tu prosciugasti fiumi perenni.

1 J

eredità. petto.

Testo e commento

30

16 Tuo è il giorno, tua è la notte, tu stabilisti la luna e il sole. 17 Tu tracciasti i confini dell'orbe, estate ed inverno Tu li hai plasmati. 18 Ricorda Signore che il nemico ti oltraggia e un popolo insensato irride il tuo nome. 1 9 Non consegnare all'avvoltoio la vita della tua tortora, la vita dei tuoi poveri, non scordarla mai! 20 Considera l'alleanza: i nascondigli del paese rigurgitano di fortini di violenza. 2 1 L'oppresso non esca defraudato1 , poveri e afflitti possano lodare il tuo nome!

22 Sorgi, Dio, difendi la tua causa! Ricorda i continui oltraggi dello stolto, 23 non scordare le strida dei tuoi nemici, il tumulto crescente di chi contro di te si ribella.

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deluso.

31

Salmo 74

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Analisi Blologics 2 . qnyt qdm: rdativa asindetica Joiion 158a. zh: relativo GK 138 g, Joiion 145 c, cfr. DBHE zh 4. bw: per il dages Joiion 18 j. 3. hr': può derivare dal verbo r", equivalente di rt-f, riferito a installazio­

ni e arredamento del tempio. T.f.f apparirà nel v. 14. 4 . 'twt: predicato del complemento. Kraus emenda in b-toko. 5. È un verso enigmatico come confermano le versioni antiche, che lo han­ , no letto con un altra vocalizzazione o hanno cercato di ricavare il senso da un testo strano. Vg et non cognoverunt sicut in exitu super summum; Gir (signa) manifestata desuper in introitu; Targum: «richiese il martello come uno che nella fitta boscaglia alza la mano per fendere con asce»; seguendo Gese­ nius Thesaurus, si è soliti intendere qui la forma passiva di yd' nell' accezione di «sembrava»; però BHS suggerisce nell'apparato critico ygd'w >, da altri con «pesce­ cani>>, dalle versioni e dai commentatori antichi con «etiopi>>; HALAT congettura 'ml$.y ym mostri marini. Una tradizione rabbinica parla del Leviatan servito nel banchetto inaugurale del regno escatologico. (Nei commentari medievali il Leviatan è connesso all'Anticristo e nel­ la via crucis del duomo di Bressanone c'è P affresco della cattura del mostro che viene squarciato per liberare le anime che aveva ingoiato) . 1 5 . Fonti e torrenti sgorgano dall'oceano sotterraneo di acqua dolce sopra il quale è posta la terraferma. Farli scaturire può essere un' azione creatrice: si veda Dt 8, 7 . I fiumi perenni, primordiali o millenari, si oppongono ai torrenti stagionali (Ger 1 5 , 1 8 ; Gb 6, 15) . l due dati, combinati, accendono reminiscenze dell' Esodo: acqua dal­ la roccia (Es 1 7 , 1-7), il Mar Rosso e il Giordano transitabili. Si con­ fronti con Sal 107,33.35: =

Trasforma i fiumi i n deserto, le sorgenti in arido suolo; trasforma il deserto in stagni e la sodaglia in sorgenti.

16. Con questo verso si risale alla creazione degli astri e ad un ordine, kosmos, che si realizza in un ritmo quotidiano. In altre parole, la pulsazione di giorno e notte, che noi mortali viviamo sulla terra, è stata stabilita da Dio al principio in un ordine celeste, sole e luna, che egli continua a controllare personalmente. l 7. Nella restaurazione dopo il diluvio caotico, Dio annuncia e promette (Gen 8,22) : Finché durerà la terra, semina e mietitura, freddo e caldo, estate ed inverno, giorno e notte non cesseranno mai.

Il poeta sospetta che la catastrofe del tempio può paragonarsi, su scala minore, all' anti-creazione del diluvio? Il popolo ha assistito ad una invasione oceanica dell'esercito nemico, che ha cambiato fron­ tiere politiche (come si vantava Sennacherib Is 10,13) e pretende di imporre un altro re al posto del Signore, dopo aver raso al suolo

43

Salmo 74

il suo palazzo. Si veda lo stesso parallelo di oceano ribelle e il tumulto guerresco di popoli in Sal 65,8. 18-2 1 . Terza parte. A quanto detto sulla composizione del poema si deve aggiungere qui la ripetizione funzionale di smk ai vv. 1 8b e 2 1b, mediante la quale il poeta fissa la sequenza successiva aggan­ ciandola con i vv. 7b e lOb: dimora del tuo nome - irridono il tuo nome - lodino il tuo nome. Nel contempo fa risaltare, all'inter­ no della sezione, l'antitesi irridereflodare. È pure significativa l' antitesi di personaggi: da un lato «il nemi­ co, avversario, ribelle, stolto», dall ' altro «l'oppresso, povero, afflitto, la tua tortora». Da che parte deve mettersi Dio, il mio re? Come giudice, deve «alzarsi e difendere la sua causa», che è contemporanea­ mente l'onore del suo nome e la vita dei suoi. 1 8 . Il nemico è un popolo stupido o insensato (nbl) : in che modo ce lo mostra il poeta? Sal 14, l parla in generale dello «stolto» che nega Dio; Sal 39,9 menziona l'insulto da parte dello stolto. Più perti­ nente è D t 32,27-29: 27 Però no, perché temo l a iattanza del nemico, il fraintendimento dell'avversario, che potrebbero dire: è la nostra mano che ha vinto, non è il Signore che lo ha fatto. 28 Perché è una nazione che ha perso il senno, e manca d'intelligenza. 29 Se fossero intelligenti, lo capirebbero, comprenderebbero il loro destino . . .

1 9 . Non v'è motivo d i cambiare il testo o il significato di twrk = la tua tortora, che va ascoltata come espressione di affetto e di compassione, simile all'epiteto «colomba>> del Cantico dei Cantici. Il correlativo in ebraico è generico, hyt = fiera; per specificazione ci orientiamo a tradurlo con > 9-13a scena di giudizio 13b acclamazione «sei terribile».

5

II III

La prima acclamazione fa coro al vincitore con il suo bottino di guerra; la seconda lo mostra irresistibile nella guerra e nel giudizio; la terza riprende ed amplia ciò che precede. b) Non meno importanti per la composizione interna del carme sono i simboli coniugati, quelli della guerra e del giudizio, nei quali si manifesta il potere numinoso di Dio. Questi simboli, fatti emergere in superficie, suggeriscono una simile divisione:

61

Salmo 76

I 2-3 introduzione: il re nel suo regno II 4-8 vittoria militare III 9-13 giudizio e conseguenze.

Questi simboli contengono e sviluppano la sostanza del poema ed appartengono piuttosto alla struttura profonda. Per questo occorre studiarli a parte. 2.

Il simbolo bellico

a) Al simbolo bellico appartiene un unico verbo in forma finita il cui soggetto è Dio: sibbar = spezzò (v. 4). Questo rende più vistosa l' acQlmulazione dei complementi: le saette (o scintille) dell'arco, lo scudo, la spada, la battaglia. In forma nominale suona un sostantivo che condensa tutta l'azione di Dio: un bramito (o uno sbuffo che può esser metafora del tuono) che riguarda altri due complementi, i carri e i cavalli. Appartiene al campo militare il sintagma del finale > lo spirito = respiro, lo ritira o lo riprende (verbo 'sp che si legge in Sal 104,29); l'altro significato più raro è chiudere, coartare, stringere, dal quale risulterebbe: Dio coarta il fia­ to, impedisce il ritmo della respirazione. È difficile decidersi, però il risultato è equivalente. Nella stele di Barkal leggiamo (parla Tutmo­ sis III) : «stavano in piedi sulla muraglia, esaltavano la mia maestà e chiedevano che fosse loro dato (conservato) il respiro di vita» (ANET 238A) ; la medesima espressione si legge nelle stele di Menfi e di Kar­ nak (Amen-hotep Il, ANET 247B) . a

Trssposizione cristisns

Il tema di Sion si converte in simbolo della Chiesa, idealmente identificata con gli oppressi del mondo, attaccata e sopravvissuta all'i­ ra scatenata contro di essa. Il tema della battaglia risulta completamente trasformato. L'A­ pocalisse riprende e sviluppa compiaciuta l'immagine bellica: si veda

67

Salmo 76

nel cap. 12 il combattimento celeste di Michele contro le schiere del Drago. Il tema del giudizio passa ad un contesto escatologico nel quale Cristo glorificato è giudice (come abbiamo segnalato nel salmo pre­ cedente) . Girolamo commenta che se nel tempo dell' AT Dio è conosciuto in Giuda, ora si fa conoscere a tutto il mondo. Sul v. 6 dice che la vita umana è un sonno. Vogliamo concludere con una lirica di Manzoni, Natale de/ 1 833, il quale, come nuovo Giobbe «visitato da Dio», rilegge nel «fanciul severo» in braccio alla vergine la propria tragedia personale (era da poco scomparsa la moglie) ; l'attacco è quello del nostro salmo, la rilet­ tura sa cogliere il mistero di amore e di dolore cui il poeta è accomu­ nato, ma sempre entro l'orizzonte invalicabile dell'Onnipotenza divina: Sl che Tu sei terribile! Sl che in quei lini ascoso, In braccio a quella Vergine, Sovra quel sen pietoso Come da sopra i turbini Regni o Fanciul Severo! È fatto il tuo pensiero, È legge il tuo vagir . Vedi le nostre lagrime, Intendi i nostri gridi; Il voler nostro interroghi, E a tuo voler decidi. Mentre a stornar la folgore Trepido il prego ascende Sorda la folgor scende Dove tu vuoi ferir. Ma pur tu nasci a piangere Ma da quel cor ferito, Sorgerà pur un gemito, Un prego inesaudito:

E questa tua fra gli uomini Unicamente amata, Vezzi or ti fa, Ti supplica Suo pargolo, suo Dio,

Testo e commento

Ti stringe al cor, che attonito Va ripetendo è mio! Un dì con altro palpito Un dì con altra fronte, Ti seguirà sul monte, E ti vedrà morir! Onnipotente!

68

SALMO 77

2 La mia voce a Dio, gridando; 3

la mia voce a Dio, perché mi ascolti. Nella mia angoscia ti cerco, Signore mio, di notte freme irrequieta la mia mano, rifiuta di calmarsi l'ansimo.

Mi ricordo di Dio, gemo, meditando mi manca il respiro1 • S Mantieni insonni i miei occhi, l'inquietudine è un nodo alla gola2• 6 Riconto i giorni di un tempo, gli anni remoti. ·7 Di notte rammento il mio canto, lo medito dentro, il mio spirito indaga. 4

8 Forse il Signore ci rigetta per sempre e più non tornerà a favorirci? 9 Si è esaurita la sua misericordia, è cessata per sempre la sua promessa? 10 Ha scordato Dio la sua bontà, o la collera gli serra le viscere? 1 1 E mi dico: - Povero me! È mutata la destra dell'Altissimo! 12 t3 14 lS 16 17

Ricordo le prodezze del Signore; sl, rammento i tuoi antichi portenti, rimedito tutte le tue opere, considero le tue gesta. Dio mio, santa è la tua via, qual Dio è grande come il nostro Dio? Tu sei il Dio che opera meraviglie e mostrasti ai popoli la tua potenza. Col tuo braccio riscattasti il tuo popolo i figli di Giacobbe e di Giuseppe. Ti vide il Mare, o Dio,



a

mi sento svenire. l'aaitazione non mi lascia parlare.

Testo e

18 19

20 21

comm

ento

70

ti vide il mare e trasan le onde si rimescolarono. Le nubi rovesciavano acqua rimbombavano i nembi, le tue saette guizzavano. Rotolava il boato del tuo tuono i lampi abbagliavano il mondo, la Terra tremò e traballò. Nel mare la tua via, un guado tra acque immense; delle tue orme non restò traccia, mentre guidavi il tuo popolo come un g�egge, per mano di Mosè e di Aronne.

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Anslisi filologica 2. wh 'zyn: forma weqatalti GK 63 o, imperativo Dahood; è continuazio­ ne di w'�'qh. enantio n autou, seguita da Vg contra 3. ngrh: la LXX ha letto negdo eum; Simmaco Gir Teodoreto ed altri seguono l'ebraico. =

71

Salmo 77

npsy: qui è la respirazione, DBHE nps. 4. w'hmyh: con terza radicale -y mantenuta GK 75 l.u. Vg delectatus sum, Gir conturbabar, Pagnini tumultuabar. Lancellotti traduce «Sospiro>>. 5 . smrwt: phylakas LXX Aquila Teodozione; palpebre Targum Flaminio. Chouraqui traduce «paupières>>. 'dbr: valore modale Joiion 1 1 3 l. Ceronetti traduce >, in sé generica, vale anche per l'esodo. Invece bstr r'm è un'espressione originale e sugge· stiva: ti risposi nascosto in un tuono, in un nascondimento rintronan­ te. Dio si nasconde in nuvole e nubi (Sal 18, 12; Gb 22, 1 4) . A cosa allude questa inedita espressione? Nel passaggio del Mar Rosso non ci furono tuoni (salvo nella trasformazione del Sal 77); sul Sinai Dio nascose al popolo la sua parola e la comunicò a Mosè, mentre si mani· festava al popolo in una teofania di tuoni e fulmini. Il tuono nascon· deva la sua voce articolata. 8b. Il verbo bhn provare, saggiare, vagliare (cfr. Sal 7, 10; 1 1 ,4·5 ; 66, 10; 139,23), non appartiene alle tradizioni dell'Esodo; inol­ tre, tutta la tradizione dice che a Meriba ( = il toponimo significa «contestazione>> cfr. Es 17) fu il popolo che tentò o mise alla prova Dio o entrò in contesa con lui. Il salmo ci dà una nuova versione, attribuendo l'iniziativa a Dio. Non cambia il carattere drammatico dell'episodio: chi ascolta o pronuncia questo verso si immagina l'l· sraele ribelle. 9. L'imperativo Jm' si ripete nel Deuteronomio con valore strut· turale (4, 1 ; 6,4; 9, 1 ; 27,9) . Il primo emistichio si legge anche in Sal 50,7, ossia nella prima parte di una liturgia penitenziale. 10· 1 1 . Ripetono in ordine inverso il primo comandamento. La formula completa 'nky Yhwh 'lhyk si legge solo qui e nei due decalo· ghi (Es 20 e Dt 5); con il pronome nella forma 'ny è frequente. Il secondo emistichio del v. 1 1 alla lettera si ripete soltanto in Dt 20, 1 ; con una leggera variazione in Gs 24 , 1 7 (testi di alleanza) e in testi simili. 12. l' 'bh ly è una formula ellittica, con complemento indiretto e senza gerundio; va accostata a Dt 13,9: «non gli darai retta né lo ascolterai»; la cosa normale è completare il verbo 'bh con un gerun­ dio (Lv 26,2 1 ; Dt 23,6; Gs 24, 10) . Potremmo tradurre anche con )•idiomatismo «far orecchi da mercante>>. 1 3 . Jryrwt è una specialità di Geremia (otto volte), ricorre anche in Dt 29, 18. Abbandonare il ribelle al suo capriccio e alla sua ostina=

·Testo e commento

142

;zione è forse il castigo più grave immaginabile (cfr. Dt 29,18; Ger 3 , 1 7 ; 7,24; 1 6,12; Os 1-2) . Come parallelo di questi versi finali si ·può leggere Is 48: 1 7 lo il Signore, Dio d'Israele . . . ti guido per il cammino che segui. 18 Se ti fossi attenuto ai miei comandi, la tua pace sarebbe come un fiume, la tua giustizia come le onde del mare; 19 la tua discendenza sarebbe come sabbia, come i suoi granelli, i germogli delle tue viscere; il tuo nome non sarebbe annichilito, né distrutto davanti a me.

15. Umiliare, piegare: Dt 9,3; Gdc 4,23 ; Ne 9,24. 16. Ti adulerebbero, come espressione di servilismo, come in Sal 18,45; 66,3 . Il secondo emistichio equivale a: la loro ora sarà definiti­ va, ossia l'ora finale, il destino; complemento indiretto è il popolo, piuttosto che Yhwh . Traduciamo > (Ez 28,9) . La condizione mortale restituisce all'uomo la sua au­ tentica dimensione: colui che pretende di essere «come Dio» (Gen 3,4), morirà come Adamo e colui che si erge con il titolo di principe, sarà come uno qualsiasi. Dio «rivolge loro la parola» (Gv 10,35) con­ dannandoli. E il popolo acclama. Dopo l'esilio il salmo conservò il suo valore pedagogico e man­ tenne una vibrazione profetica nella liturgia. Esegesi

l . Il primo 'lhym, è il Dio di Israele, Yhwh. Alle identificazioni che abbiamo fornito del secondo 'lhym, possiamo aggiungerne altre: Aquila traduce iskhyron = forti, potenti; Sir angeli; Teodoreto capi ebrei. 2. Si confronti con Lv 19,15.35. Sul tema del favoritismo: Gb 1 3 , 1 0 ; 32,2 1 ; 34,19; MI 2,9; Pr 18,5; 24,23-25; 28,2 1 ; si vedano testi di parenesi legale come Dt 1 , 1 7 e 16,19. ). Fare giustizia: Vg traduce iustificate. Commenta Kimchi: «quan-

Testo e commento

154

do il diritto sta dalla sua parte, sentenziate in suo favore senza teme­ .re gli oppressori né mostrando parzialità nei loro confronti». Larino: «giustificare significa qui dichiarare innocente colui che lo è». Meno­ chio lo traduce «assolvete». 5a. I verbi yd' e byn possono avere significato o connotazione giudiziale: byn Gb 1 1 , 1 1 (soggetto è Dio); Sal 139,2; Gb 32,9 (per U complemento mi'fpa�) ; l Re 3, 9 (con la preposizione byn nel senso di distinguere, discernere) . Quanto al verbo yd', si veda P. Bovati, Ristabilire la giustizia, pp. 59 .69s.222-224, ecc. Un testo che abbina ambedue i verbi è la denuncia di Is 56, 1 1 : >. 1 1 . dmn: Eutimio e Genebrardo spiegano: insepolti, imputridivano e si decomponevano. Bella la traduzione di Ceronetti: «in letame mutati per campi». Tagliabue «marcirono». 12. Jytmw: imperativo + suffisso di 3a m. pl. GK 58 a.g.

4

Altissimo

au

tutta la terra.

Testo e commento

162

13. n'wt: plurale costrutto di nwh con sostituzione di aie/ con waw GB p. 49 1 . Le traduzioni: Vaccari «contrade>>, Chouraqui «oasis» la maggio­ ranza «pascoli». Sul senso specifico cfr. DBHE nwh. 14. kglgl: ut rotam Vg Targ Genebrardo, vortice mulinello Graetz. Vac­ cari «come grumulo rotante»; Ceronetti >; Tagliabue «valle delle lacrime»; Barbaglio-Commissari-Galbiati «arida valle»; Ravasi la identifica con la valle libanese della Baka'. Chouraqui >. àwr: abitare, risiedere cfr. Sir 50,26. 12. ll TM divide dopo 'lhym e Yhwh. =

Studio globsle del sslmo 1.

Genere e contesto

Se ci atteniamo ai dati formali, il salmo ne è un campionario. C'è la fraseologia .dell'inno nei vv 2 e 12; troviamo tre beatitudini o macarismi nei vv 5.6. 13; alcune tracce di una liturgia d'ingresso .

.

173

Salmo 84

nel v. 12; ci imbattiamo anche in un proverbio del tipo «Vale più• o «è meglio>> nel v. 1 1 . D'altra parte, il salmo si definisce tplh = supplica, ed effettivamente contiene tre imperativi indirizzati a Dio nei vv. 9. 10. Se prendiamo in considerazione il contenuto, il salmo canta il tempio di Sion come i salmi 46, 48, 63 e 87 (e 27,4-6) . Possiamo concretizzare: canta a Sion in un canto di pellegrinaggio, come il Sal 122. Però non basta catalogare, affinché non ci sfugga l'intensità liri­ ca del poema, per la quale è affine ai Sal 42-43. Ascoltiamo l'esclama­ zione iniziale ex abrupto, l'espressione dello stato d'animo nel v. 3, la proiezione del sentimento nel passero al v. 4, i titoli personalizzati di Dio nel v. 4c, la scelta gioiosa del v. 1 1 . Sono effusioni che non si lasciano classificare. Di quale festa si tratta? Considerando il riferimento probabile alle piogge d'autunno nel v. 7b, alcuni pensano alla festa delle Capan­ ne. Si obietta che questa festa «dura sette giorni>> (Lv 23,39); però non importa, perché la menzione di «un giorno>> è proverbiale, per il contrasto uno/mille. Neppure si può escludere un pellegrinaggio pri­ vato, per devozione o pietà personale, al margine delle feste ufficiali del calendario. Il salmo è dominato dalla prima persona singolare; quando passa al plurale, lo fa riferendosi ad un gruppo in un macari­ smo, o pronunciando un titolo divino (v. 10) o generalizzando una condotta (v. 12b) . Si paragoni questo salmo con il plurale del Sal 122 o con il ricordo di una moltitudine festante in Sal 42,5 . Per l'aspetto personale, intimo, il nostro salmo è più vicino al 63, senza però raggiungere il medesimo grado di corporeità. Il carme dunque è disponibile per qualsiasi pellegrinaggio. Nel caso di una festa ufficiale e collettiva, è più importante non cadere nel ritualismo o nella routine di una gioia esteriore. Mentre il Sal 122 parla della «consuetudine>> o legge d'Israele, il presente è del tutto spontaneo. L' orante si sente mosso e pervaso da una gioia inte­ riore, non da imposizioni o condizionamenti esterni: come una rondine? 2. Il

pellegrinaggio

Il salmo 122 comincia con due tempi precisi: l'annuncio nella borgata e l'arrivo nella capitale, saltando tutto il viaggio. Il nostro salmo si situa in un tempo psicologico che può inglobare vari momen­ ti, fondendoli in una simultaneità lirica. L'ansia e l'anelito struggente corrispondono alla distanza, la visione dei passeri. annidati suggerisce

Testo . e commento

174

la presenza; in rigoroso parallelismo si trovano gli «abitanti» stabiliti del tempio e «i pellegrini». La supplica per l'Unto o Consacrato sem­ bra più propria del tempio (si vedano salmi 61 e 63 : tempio e re) ; la menzione di «un giorno>> può essere un'esperienza attuale, anticipa­ zione o ricordo. Perfino i tratti più realisti, come il passero o le sor­ genti, entrano nel poema grazie ad un atto generalizzato. È il fatto psicologico ciò che unifica potentemente il salmo. In termini letterari lo chiamiamo il fattore lirico, in termini religiosi il fattore spirituale. Tuttavia, per chiarezza di esposizione, distingueremo. a) Il pellegrinaggio fisico si concentra nei vv 7-8 e si snoda in tre momenti: attraversare una valle trasformata dalla pioggia, passare di baluardo in baluardo, comparire dinanzi a Dio in Sion. Se conside­ riamo ciò senza prescindere dal contesto, vedremo che non sono ab­ bozzi oggettivi del paesaggio, ma che in essi si proietta un paesaggio interiore, in parte per l'ambivalenza delle espressioni (vedi analisi ese­ getica) . Nella letteratura di tutti i tempi è un ricorso diffuso: tanto per fare un esempio, dalla poesia dantesca dell'Inferno, al Pascoli di Lavandare, all'Ungaretti di S. Martino del Carso. b) Il pellegrinaggio spirituale è la sostanza del poema. Se la pola­ rità e la tensione nel Sal 42-43 si definiscono in termini di assen­ za/presenza, nel nostro salmo si definiscono in distanza/presenza. Se fisicamente distanza ed assenza possono coincidere, psicologicamente non sono la stessa cosa. Su una persona assente non contiamo, su una distante sl. L'orante si mette in cammino; però, prima di comin­ ciare la marcia fisica, si trova già spiritualmente in cammino: «nel suo cuore» ha deciso di mettersi in pellegrinaggio (v. 6) e già la mente gli si riempie del desiderio di arrivare, di gioia per la certezza e la vicinanza. L'orante del Sal 42-43 desidera e chiede di tornare al tem­ pio, però non è sicuro del fatto o non sa quando ci riuscirà; il nostro pellegrino invece è sicuro del viaggio, ne sa l'ora, può anticipare la conclusione. La preghiera non comincia con un enunciato, ma con una escla­ mazione (come Sal 8,2; 133 , 1), si congratula (vv . 5 . 6) , emette un giudizio di valore (v. 1 1) . Le ansie (v. 3) sono l'impazienza di chi intraprende un viaggio per incontrare una persona amata. La persona amata qui è Dio in persona, che si rivelerà luminoso e protettore (vv . 8. 12) . L'incontro sarà breve, ma, talmente intenso e gioioso, che compenserà lunghi periodi di neutralità o indifferenza, e i possibili fastidi del viaggio. Con differenti nomi e grazie al possessivo «tuo», Dio si fa sentire vicino lungo tutto il salmo. Quelli che «abitano» nel tempio possono dedicarsi alla lode, que. .

175

Salmo 84

sta è la loro felicità, la loro beatitudine; chissà però se i pellegrini vivono con più intensità la breve visita al loro Dio. Anche perché il viaggio può riservare gioiose sorprese. c) Il pellegrinaggio etico viene enunciato alla fine: quelli che cam­ minano procedono onestamente, integerrimi, ricevono da Dio fa­ vore, onore e benessere (v. 12). Il viaggio fisico non resta un mero ritualismo, né una dolce esperienza intima, né quello che Kierkegaard chiamava un estetismo della fede, ma coinvolge radicalmente la con­ dotta successiva del pellegrino (da qui l'interpretazione che alcuni fanno del v. 12 come citazione di una liturgia d'ingresso) . L'esperienza dell'unione con Dio deve sfociare in una condotta onesta. E come se nel finale la strada del ritorno fosse definita e marcata dall'esperienza nel tempio. Come se il finale fosse una bene­ dizione accompagnata da un monito. =

3.

Composizione

Attribuiamo un valore strutturale alla ripetizione di Yhwh �b'wt: nei vv . 2 e 4c delimita la prima parte del poema; nei vv . 9 e 1 3 delimita l'ultima sezione, in modo tale che il v . 9 apra la supplica e il v. 1 3 funga da epifonema a tutto il carme. Fra le due sezioni cosl delimitate si incastonano i due macarismi (vv . 5-8) . Acquista un certo peso la ripetizione di hlk nei vv. 8 e 12, segnalando la coordina­ zione del pellegrinaggio fisico con quello etico. La ripetizione di «atri» nei vv. 3 e 1 1 tende un ponte tra le ansie dell'assenza e la densità della presenza. La ripetizione di «casa>> (vv . 4 . 1 1) torna a collegare mentalmente l' orante con il passero. Le due immagini del poema, passeri e sorgenti, non sembrano rivestire una funzione strutturale; le commenteremo in luogo debito. Il poema si sviluppa tranquillamente e rapidamente in una suc­ cessione di quadretti diversi: 2-4 5 6-8 11 12 13

ansie del pellegrino, immagine ornitologica primo macarismo: gli abitanti del tempio secondo macarismo: i pellegrini giudizio di valore con paragone ky: condotta del Signore e dell'uomo Ricapitolazione.

Testo e commento

176

Esegesi

2 . n predicato mb ydydwt, letteralmente «quanto amabili», va .ascoltato nella sua etimologia di amore in atto. Il termine è usato da Isaia nel suo cantico d'amore (Is 5 , 1), da Geremia nell'accusa con­ .tro la sposa infedele (Ger 1 1 , 15); si legge nel titolo di un epitalamio ·o canto nuziale (Sal 45 , 1) ; è il titolo di Beniamino nella benedizione emblematica di Dt 3 3 , 12; si applica alla comunità (Sal 60, 7) e a un individuo (Sal 127 ,5) . La radice è inoltre presente nel nome di David e nell' appellattivo affettuoso che, per ordine del Signore, il profeta Natan dà al piccolo Salomone. Questa valenza amorosa e storica può riecheggiare nell'ouverture del salmo, dato che David e Salomone so­ no promotori ed artefici del tempio. Non meno importante, anche se con altro termine, è ciò che rivela il dramma di Ezechiele: la morte repentina della sposa preannuncia simbolicamente la distruzione del tempio, amore del popolo: 24, 16 Ti strapperò repentinamente l'Incanto dei tuoi occhi (la sposa). 21 Ecco profanerò il mio santuario, vostro superbo baluardo, l'incanto dei vostri occhi, il tesoro delle vostre anime.

Riassumendo diremmo: r orante è innamorato del tempio. 3 . n verbo raro nksp ha il significato di anelito o nostalgia in Gen 3 1,30 e Gb 14, 15 . Klth è raro con nps come soggetto (Sal 119,81). Si confronti con Sal 63,2 e 73,26. Se lo affidassimo a S. Giovanni della Croce, forse lo tradurrebbe: >. L'Altissimo in persona l'ha fondata. n Signore scriverà nel registro dei popoli: Questi è nato là. E danzando canteranno: «Tutte le mie fonti sono in te>>.

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d'Egypte, in FS Lebreton, RSR 39(1951) 65-87. I> (16,3). Ad Abramo Dio promette: «Ti rendo padre di una moltitudine di popoli. Ti renderò fecondo senza misura, farò uscire popoli da te, e da te nasceranno re» (Gen 17 ,5-6). Il salmo sembra concentrare e trasformare questa promessa in Gerusalemme, matriarca universale. 4.

Due paralleli extra-biblici

A titolo di curiosità, per contrasto e somiglianza, vogliamo citare due testi, il primo egiziano, il secondo ittita. Il primo esalta la città di Tebe: luogo della creazione di acqua e terra, poi degli uomini in essa, che a loro volta fonderanno altre città subordinate: Tebe è l' «Occhio del Re» (il Dio sole) . «Di essa si dice: Quanto è ricca nel suo nome di Tebe ! » (ANET 8) . n secondo è un rituale ittita per la costruzione di una casa o tempio: Questo tempio che ho costruito in tuo onore, non l'ho costruito io; l'hanno costruito tutti gli dei. Gli dei artigiani l'hanno costrui­ to. Telepino ha gettato le fondamenta. Le montagne hanno porta­ to lesname e pietre. Le dee hanno portato la malta.

206

Testo e commento

Sotto le fondamenta hanno deposto oro di fondazione. Poiché l'o­ ro è saldo, limpido e forte e gli dei fissano il loro sguardo in esso ed è amato dagli uomini e dagli dei, cosl gli dei fissino lo sguardo su questo tempio e lo amino. (Non mancano esempi anche nella letteratura greco-latina: si p�nsi alla fondazione di Ilio) . 5.

Composizione

e

stile

La brevità del carme non lascia spazio ad una composizione com­ plessa e studiata. L'alternanza bk - sm bh sm bk non riveste un'importanza speciale. I vv. 1-3 sono la lode, che si muove dalla terza persona alla seconda: i vv. 4-6 sono l'azione giuridica ed anagra­ fica; l'ultimo verso è la celebrazione corale. Per un momento Dio prende la parola e l'iniziativa introducendo l'elenco di cinque popoli. Questo ha una grande importanza per il contesto giuridico della sce­ na, i cinque nomi sono rappresentativi. Si osservi il gusto per i plurali: monti, porte, dimore, cose glorio­ se, cantori, fra i quali ha luogo la sfilata: «uno per uno». Esegesi

l . Il salmo comincia ex abrupto come nessun altro. Lo ha colto molto bene S. Agostino: Fondamenta di chi? Non v'è dubbio che sono le fondamenta di qualche città, soprattutto se sono sui monti. Perciò, questo cittadi­ no, ricolmo di Spirito Santo, rimuginando molto sull'amore e sul desiderio per la città, come se avesse molto meditato nel suo inti­ mo, prorompe in queste parole: «Le sue fondamenta sui monti santi»; come se avesse già parlato di essa. Come non aveva detto nulla di lei colui che mai aveva cessato di parlarne col cuore? . . .In silenzio tra sé e sé, aveva concepito molte cose di quella città, chiamando Dio; adesso erompe nel parlare perché lo ascoltino le orecchie degli uomini.

Tanto la fondazione come le fondamenta indicano ciò che è fon­ damentale, fondante, costitutivo. Conosciamo l'abitudine mentale ebrai­ ca di risalire all'origine. Sui basamenti o fondamenta (affine a fonda­ zione, come in italiano), possiamo ricordare il grido degli Idumei in Sal 137,7: «Denudatela, denudatela, sino alle fondamenta!>>.

207

Salmo 87

Nell'AT, per la frequenza del tema, questa fondazione di Sion si associa spontaneamente con la fondazione della terra (come gli Egi­ zi associavano Tebe con la creazione) . Monti: pensiamo sia un plurale maiestatico. Normalmente viene chiamato Monte Santo, al singolare (ls 1 1 ,9; 27,13; 56,7; 57, 1 3 ; ecc.) . 2 . Preferisce (o ama) : può avere come complemento ciò che pre­ cede e ciò che segue, la fondazione o le porte. Nota è l'importanza che hanno le porte nella vita urbana di allora. Trattandosi della capi­ tale del regno e di un centro di pellegrinaggi, sono anzitutto porte di accesso. A titolo di esempio, si legga il discorso di Geremia (Ger 17, 19-27) con la promessa: : Es 5,2) . Seguono la bellicosa Filistea, l'opulenta e super­ ba Tiro, l'avventuriera e potente Nubia: pgni nome suscita un'ondata di ricordi negativi. Tutti sono evocati quando il Signore pronuncia il loro nome in questa pubblica convocazione. Già il Signore aveva chiamato con il proprio nome Israele (ls 43, 1), poi Ciro (Is 45 ,3). È giunto il momento di una nuova, inedita chiamata. S . Sono nati là, e pertanto sono cittadini senza distinzione. Non

Testo e commento

208

sono stranieri (nkr) né immigrati (gr) né popolazioni sottoposte a cor­ �Jées (2 Sam 8); semplicemente sono cittadini. Vari testi parlano di stranieri «incorporati» al popolo d'Israele (ad es. Is 14, 1; 56,3.6; testi tardivi) . Più vicino risulta Zc 2, 1 5 : «Quel giorno si incorporeranno al Signore molti popoli e saranno mio popolo». Il salmo 87 si spinge davvero oltre. 6 . Una iscrizione o registrazione nell'anagrafe, nel libro dei vivi o di chi vive in un luogo è un dato frequente (Es 32,32s; 1 Sam 25,29; Is 4,3 ; Ger 1 7 , 1 3 ; Ez 13 ,9; ecc.). 7 . Il meno che si può dire di queste sorgenti è che funzionano con un significato simbolico; per questo il salmo si trova nella traiet­ toria che scandiscono Ez 47 , 1-12 (probabilmente autentico); Gl 4,18; Zc 14,8. Non abbiamo elementi per stabilire una sequenza cronologi­ ca di questi testi. Sal 84,7 menzionava una fonte nel cammino del pellegrino. Un'altra cosa sono le sorgenti del Sal 87. Non importa molto che, insieme ai cantanti, si parli di flautisti o di danzanti. Si tratta di una festa popolare a gloria del nuovo desti­ no di Gerusalemme. Trasposizione cristiana

Nel suo senso proprio, il salmo suona già come ardita profezia. molto facile applicargli la chiave di corrispondenza tradizionale: Gerusalemme Chiesa. Cominciamo con un testo della lettera agli Efesini in cui si combinano la chiamata dei pagani allo stesso livello di uguaglianza, il simbolo del fondamento o basamento e il tema della cittadinanza. Scegliamo alcune frasi:

È

=

2,12 Ricordatevi che non avevate un Messia, che eravate esclusi dalla cittadinanza d'Israele ed eravate estranei alle alleanze, senza speranza nella promessa e senza Dio in questo mondo. 13 Ora invece, grazie al Messia Gesù, voi, che un tempo eravate lontani, siete vicini. . . 1 9 . Pertanto, non siete più stranieri né ospiti, ma concittadini dei santi e famiglia di Dio, poiché foste edificati sopra il fonda­ mento degli apostoli e dei profeti, con il Messia Gesù come pietra angolare.

Forse per una confusione fonetica i Settanta hanno tradotto 87,5 con meter Sion, reso dalla Volgata con Mater Sion; questo permette

209

Salmo 87

a commentatori antichi di citare Gal 4,26 dove Paolo dice della Chie­ sa «essa è nostra madre». Letto in questa chiave, il salmo può essere un canto gioioso della e per la Chiesa: popoli di tutte le razze, lingue e culture si danno la mano per danzare in circolo cantando: «tu tte le mie fonti sono in te», che è la fonte unica delle acque del Battesimo; come prega la liturgia e viene detto stupendamente dall'iscrizione nel battistero della Basilica Lateranense (cfr. Hermeneutica de la Pa/abra III, 153-155) . Il salmo può modulare però un tono di rimprovero e di ammoni­ mento: sentiamo davvero tutti i popoli con uguali diritti di cittadi­ nanza cristiana grazie al battesimo (cfr. l Cor 12, 1 3 ; Col 3 , 1 1 ; Ap 7 ,9)? Oppure imponiamo, noi cristiani di secolare tradizione, una con­ versione culturale come condizione o garanzia della conversione o del­ l' ortodossia religiosa? Per essere buoni cristiani si deve professare la filosofia aristotelica? Il nostro comune rendimento di grazie deve ri­ suonare in un'unica lingua? È come se generosamente ci degnassimo di accogliere altri nella nostra privilegiata compagnia. Contro l'unifor­ mità e le omologazioni forzate, contro imposizioni culturali in nome di Cristo, il salmo proclama con forza e gioia: «Uno per uno, tutti sono nati in essa».

SALMO 88

2 Signore, Dio mio, di giorno ti chiedo aiuto, di notte grido al tuo cospetto. 3 Giunga fino a te la mia supplica, tendi l'orecchio al mio grido, 4 perché il mio animo è sazio di sfortune e la mia vita è sull'orlo dell'Abisso. 5 Già mi contano fra chi scende nella fossa, mi sento un uomo finito, 6 relegato tra i morti, come gli uccisi che giacciono nel sepolcro, che tu più non ricordi, dalla tua mano recisi per sempre. 7 8

9 10 11 12 13

Mi hai sprofondato laggiù nella fossa, in tenebre abissali. La tua collera pesa su di me, mi rovesci i tuoi frangen ti 1 • Hai allontanato d a me i miei conoscenti, mi hai reso ripugnante per loro. Recluso, senza via d'uscita, gli occhi annebbiati dal dolore. Ti invoco, Signore, tutto il giorno tendendo verso te le mie mani. , Farai tu prodigi per i morti? Si alzeranno le ombre2 a ringraziarti? Si annuncerà nel sepolcro la tua lealtà o la tua fedeltà nel regno della Morte?' . Si conoscono nelle tenebre i tuoi prodigi, o la tua giustizia nel paese dell'oblio?

14 Io a te, Signore, chiedo aiuto: al mattino ti verrà incontro la mia supplica. 15 Perché Signore scacci il mio respiro e mi nascondi il tuo volto?

1

tutte le tue onde.

2 le anime.

3

del Nulla .

211

Salmo 88

16 Disgraziato e malaticcio sono fin da bambino,

mi schiaccia il tuo terrore e il tuo delirio,

17 sopra me è passato il tuo incendio,

i tuoi spaventi mi hanno consumato.

18 Mi avvolgono come acqua tutto il giorno4,

mi assediano tutti insieme.

19 Hai allontanato da me amici e vicini

e mia compagnia sono le tenebre.

BibliogrJi• O. WmENGREN, Konungens viste/se i dOdsriket, in Studie till Ps 88, SE.À 10(1945) 66-81 . A . l..oHY, Pour le morts, ferais-tu des prodiges?, BVC 19(1957) 103-106. P. GRELOT, l:lofsi. Ps 88,6, VT 14(1964) 256-263 . A. FITZGERALD, Hebrew yd' «love» and «beloved», CBQ 29(1967) 368-374. J . F. A . SAWYER, Hebrew words /or the resurrection o/ the dead, VT 23(1973) 2 18-234. H.D. PREuss, Ps 88 als Beispiel alttestamentlichen Redens vom Tod, in (ed. Strobel) Der Tod -ungelostes Riitsel oder uberwundener Feind?, Stuttgart 1974, 63-79: O. LoRETZ, Ugaritisch-hebraisch bh/pt, bt bptt - bpsj, bjt hhpsj/wt, UF 8(1976) 129-131. }. LUYTEN, Worsteling van de doodzieke mens. Ps 88, Schrift 65(1979) 172- 177. P. DE LA JoNQUIÈRE, Ps 87(88), VSpir 138(1984) 292-305. E. HAAG, Ps 88, in FS H. Gross, Stuttgart 1986, 149- 170. P. AUFFRET, Les ombres se lèvent-elles pour te louer? Étude structurelle dii Ps 88, EstBib 45( 1987) 23-37. R.C. CuLLEY, Ps 88 among the comp/aints, in FS P. Craigie, Sheffield 1988, 289-301. C. V AN DmN, Zal het sto/ u loven? Weerlegging van de individualistiche utleg van woor­ den voor dood en onderwee/J in de psalmen. The Hague 1989. M. TATE , Psalm 88, RevExp 87(1990) 91-95. K.J. ILI.MAN, Psalm 88 a Lamentation without answer, SJOT l 199 1 , 1 12- 120. =

An.Iisi lilologics 2 . 'lhy . . . ywm: raffinata distribuzione stilistica degli elementi: vocativo­ avverbio - verbo - complemento circostanziale. Viene annullata da Duhm Bickell Gun Graetz Nowack che emandano 'lhy 'Sw ' ty, ywmm; rispettato invece dalle versioni antiche. 6. hp'Sy: alla lettera, libero, liberto, affrancato (Es 2 1 ,2; Dt 1 5 , 12; Ger 34,9). Il senso qui si presta a diverse interpretazioni. Gli antichi tradussero

• continuamente.

212

Testo e commento

clibero». Kim rimanda a Gb 3, 19. Libero: dalle relazioni con gli uomini Agellio, dalle faccende del mondo Genebrardo e Marini, libero e vivo ma come morto Maldonado, congedato dalla comunità dei vivi Del, abbandona­ to o allontanato Phil. Sulla base di 2 Re 15,5 2 Cr 26,2 1 byt hpsyt sanatorio, lazzaretto, debole o infermo Ros e Dathe adducono l'arabo Qfi l, o Il, prostrato Michaelis. Sulla base di Ez 27,20 Hitzig legge qopes giaciglio, letto; identicamente Dahood che adduce l'ugaritico bptJ e Ravasi. Altri emendano: npsy Briggs Driver, husabti devo abitare Kraus, dimora Zolli Lancellotti. Vaccari traduce «lasciato a me)>; Tagliabue «perso)>; Cero­ netti come eufemismo «il mio posto)). 7. ngzrw: sono tagliati Aq Sim Gir, repulsi Vg. 8. wkl msbryk: strumentale. 'nyt: complemento, i flutti LXX Vg Sir Baethgen; «mi)> complemento Sim, a/flixisti me Gir, Lutero drangest mich Hupfeld. 9. stny: Vg legge 3a p. plurale. tulbwt: pl. intensivo o forma fenicia del singolare; LXX e Vg hanno ll singolare. Vaccari: «oggetto di abominio)); Ravasi «abominio»; Ceronetti «orribile)); Tagliabue «orrendo)>; Colombo «ludibrio)>. kl': prigioniero, recluso, incarcerato Targ Sim, sono stato consegnato LXX e Vg. 1 1 . rp'ym: i morti, le anime; hanno letto un participio di rp' LXX Vg, medici Teodoreto Eutimio, giganti Girolamo (Dt 2, 1 1.20), Targum «cadave­ ri decomposti)). Alcune traduzioni: Vaccari «i defunti)); Ceronetti «i disincar­ nati)); Tagliabue tra virgolette «i perduti>>; Chouraqui «les spectres»; Lancel­ lotti, Ravasi ed altri «le ombre)>. 13. nsyh: dell'obD.o: senso passivo, dei dimenticati LXX Gir Teodoreto; senso attivo, di coloro che dimenticano Agostino Baethgen Bellarmino Ti­ telmans. 16. 'myk: i tuoi terrori Sim Gir; hanno letto il verbo mkk LXX etapeinothen Vg humiliatus e Sir. nfty: leggono un passivo LXX Vg. 'pwnh: da pwn delirare (arabo '/n) Ros Del Phil Hitzig; F. Delitzsch nota un avverbio elativo accadico appUna: all'estremo, cfr. CAD A/ II pp. 189- 190. Altri lo derivano da pen dubitare Ibn Ezra Kim. Emendano in 'pwgh resto teso Duhm Olshausen Gun. Lancellotti traduce «fino a restarne smarrito)); Vaccari «spossato»; Ravasi «sono sfinito»; Ceronetti liberamente agghiacciato dai tuoi terrori». 1 7 . �mtwtny: forma intensiva di �mt per reduplicazione Kim; alcuni mo­ derni emendano �imm• tuni Duhm But GK 55 d oppure in simm• tatni Hitzig Gun Kraus cfr. Sal 1 19, 139; Dahood lo spiega come fusione di due verbi, tmt e mwtt. 19. mqsk: sostantivo con preformante tenebra, che LXX e Vg hanno scambiato per la preposizione min dalla mia miseria, a causa della mia mise­ ria, Genebrardo Hoenen Sa Lutero; (sembrano aver letto qsk) Gir abstulisti. =

=

=

=

=

213

Salmo 88

Studio globsle Jel sslmo 1 . Genere e contesto

a) Per espressa dichiarazione, tplh (v. 3), per l'ouverture tradizio­ nale e per lo sviluppo, questo salmo è una supplica. Però non è un esempio tipico, dal momento che risultano assenti vari elementi tradi­ zionali del genere. Non ha una confessione di peccati, il che significa che la sua tragedia è immotivata e inspiegabile. Non c'è una descrizione di ne­ mici, né della loro azione ostile: forse perché tutta l'ostilità si concen­ tra in Dio? Si parla invece dell'abbandono o freddezza degli amici. Non si espone il contenuto concreto della richiesta. Non c'è una pro­ messa di rendimento di grazie, perché dove va l'orante, non sarà pos­ sibile. b) Queste anomalie risultano in parte condizionate dalla situazio­ ne di un malato che prega in articulo mortis, nel momento della mor­ te. La morte non è sentita come un castigo meritato, ma come condi­ zione e destino. Si rivela cosl con la sua presenza ineludibile, priva di ragioni. Per rendere grazie si deve essere vivi (ls 38, 19): la morte annienta il soggetto che rende grazie, recide ogni relazione. Forse l'assenza di nemici umani induce la concentrazione nell'«ultimo nemi­ co» (l Cor 15,26) . Se l'arante non espone il contenuto della sua ri­ chiesta, è perché in una tale congiuntura c'è una cosa sola da chiede­ re. Nemmeno Ezechia dichiara espressamente la sua richiesta (ls 38,3). Abbiamo segnalato come contesto la prossimità della morte o una malattia mortale. Per l'aspetto di malattia, il salmo fa compagnia ai salmi 6; 3 1 e 38. Per quanto concerne la morte, va accostato a testi come Sal 39; Is 38 e Gb 10; fanno al caso anche altri passi sciolti del libro di Giobbe. È bene peraltro ricordare che si parla dell' orante e non dell'auto­ re: questi può godere di buona salute mentre compone la sua preghie­ ra per l'ora della morte. Il salmo non è il grido angosciato, neppure la giaculatoria pressante di un agonizzante; è un poema ben composto. 2. I simboli delia morte

Nessun testo dell'A T possiede una cosl generosa concentrazione fraseologica sulla morte; tanto che qualcuno si sentirebbe tentato a usarlo per un compendio di tanatologia biblica. Prima di passare in rassegna gli aspetti più sisnificativi, proponiamo di fare una riflessio-

.Testo e commento

214

ne d'insieme per entrare o perlomeno avvicinarci alla mentalità del­ l'uomo dell'Antico Testamento. Il problema parte dal fatto che la morte, il morto, è un dato negativo espresso in una frase positiva. Se dico «i morti non esisto­ no», il predicato nega a tutto tondo, mentre il soggetto concede una esistenza grammaticale . Questo semplice problema grammaticale illu­ stra il problema dell'immaginare e del concepire. La nostra cultura ci permette più facilmente di concepire la negazione della vita, la non esistenza; possiamo immaginarla solo con qualche immagine posi­ tiva. Per l'essere cosciente che è l'uomo, esistere è vivere, cessare di vivere è cessare di esistere. Cos'è la non esistenza? Non è. Come la si immagina? Trasformando immagini dell'esperienza umana in un tentativo di indovinare ciò che è sconosciuto. Qui sta il problema: descrivere un mondo sconosciuto che non esiste. La nostra difficoltà per trasferirei in questa mentalità si basa sul fatto che il credente cristiano crede nell'esistenza oltre la morte, il filosofo greco crede nella sopravvivenza dell'anima liberata dal cor­ po, il non credente di oggi non tenta di immaginarsi o descrivere la non esistenza. L'uomo dell'AT non ha queste vie d'uscita. Non distraiamoci; con tutta la sua capacità immaginativa, l' israelita si con­ fronta con il problema radicale dell'esistenza umana: «essere o non essere: l'alternativa è questa». E il tragico è che la sorte è stata getta­ ta, la vittoria del non essere e la mia sconfitta sono imminenti. Attingendo con profitto a tradizioni e materiali delle culture cir­ costanti, l'ebreo dispone di un repertorio normale di immagini, ben­ ché non sembri avere dalla sua una visione organica e integrata. Il salmo raccoglie ed accumula alcuni tratti essenziali. a) Il regno della morte o dei morti come spazio. Parte dalla prati­ ca di sot-terrare, ossia di «mettere sotto terra». I morti «scendono nella fossa» o pozzo, discendono nelle zone «inferiori» della terra (gli Inferi), giacciono nel sepolcro, abitano nello Sheol (che è il nome tecnico, di etimologia incerta); anche 'lzbaddon del v. 12 sembra esse­ re immaginato come uno spazio o luogo (cfr. Pr 15, 1 1) . b ) La morte è una potenza i n azione: un incendio che consuma, marosi che trascinano, sommergono e risucchiano . c) La morte è una qualità e uno stato: mondo di tenebre (nox­ nex) , che è il non essere della luce (vivere è vedere la luce del mondo, cfr. Sal 49,20; Gb 33,28.30); è prigione senza uscita, «terra dell'o­ bno>> dove i morti dimenticano o sono dimenticati. Tornano in mente i celebri versi leoparcliani sul vecchierel bian­ co e infermo, allegoria della vita e del suo dolore:

Salmo 88

215

. . . infin che arriva colà dove la vita e dove il tanto affaticar fu volto abisso orrido e immenso ov' ei precipitando il tutto obblla.

O il Foscolo dei Sepolcri, dove però il non omnis moriar risulta lai­ cizzato: Anche la Speme ultima Dea fugge i sepolcri; e involve tutte cose r obilo nella sua notte . . .

O l'Holderlin nel suo Canto d i lperione e del destino: . . . dileguano, precipitano i mortali dolenti, da una all'altra delle ore, ciecamente, come acqua di scoglio in scoglio negli anni giù nell'Ignoto.

O i versi tragici di di sofferenze. Il limite

Testo e commento

216

dell'esistenza, il terrore di non essere, ha accompagnato l'orante «fin dalla sua giovinezza»; adesso è una imminenza, una presenza che at­ terrisce (ed atterra) . J. La

morte e Dio

La presenza di Dio in questa congiuntura trasforma in mistero la tragedia umana. Da una parte, la morte è estranea a Dio, d'altra parte Dio provoca la morte come destino dell'uomo. La morte nella coscienza rende più incomprensibile Dio. a) Dio si dimentica o non si interessa dei morti, non riserva loro le sue prodezze né manifesta loro la sua giustizia ( vv. 1 1- 1 3), non riceve la loro risposta. Realmente, ciò che non è, non appartiene a Dio, che è. b) Ebbene, Dio controlla ed attiva la potenzialità del non esse­ re/non vivere. Dev'essere cosl, perché non esiste una divinità rivale e, alla lunga, più potente di Dio. Dalle mitologie circostanti l'israelita non attinge la figura di un Dio della morte, come Mot; anzi, polemiz­ za con quanti cercano di sottoscrivere un patto con Mot (ls 28, 15) . Il salmo non personifica uno Sheol il cui artiglio aggranfia a Dio le sue prede (cfr. Sal 49, 16), la cui bocca o fauci si aprano voracemente per ingoiare (ls 5 , 14) , senza dire mai >. Pr 2 1 , 16 menziona «l'assem-

Potremmo tradurre «lemurh>,

220

.Testo e commento

blea della anime» (cfr. Proverbi, p. 482) . Che non si alzano lo dice testo escatologico in Is 26, 14. 12. Il Salterio usa circa 2 5 volte il verbo rpr = raccontare, narra­ re, divulgare, come verbo tipico di lode e riconoscenza. Su questo sfondo va letta la negazione presente. Non si divulga: perché Dio non agisce più o perché non c'è più nessuno che lo spieghi o lo procla­ mi? 'abaddon è etimologicamente il regno della perdizione o della di­ struzione, dello smarrimento, del nulla divoratore ed insaziabile: cfr. Pr 27,20. 13. Le tenebre: si veda il magnifico sviluppo di Gb 10. Si legga in antitesi, ciò che dice Is 45 della terra dei vivi:

·il

18 Egli modellò la terra, la fabbricò e consolidò;

non la creò vuota, ma la formò abitabile . .

.

19 Non ti parlai di nascosto, in un paese tenebroso, non dissi. . . Cercatemi nel vuoto.

Terra dell'obno: come espressione è un hapax. Core il verbo skh, Sal 3 1 , 13 : «mi hanno dimenticato come un morto» e Qo 9,5 : . 14. Nuova introduzione. Il mattino è l'ora classica dell'essere esauditi e del ricevere favori da Dio (cfr. il commento a Sal 5 ,4) . L'arante sussiste ancora nel ritmo di notte e giorno; però ha fretta perché il tempo è agli sgoccioli. 1 5 . Invece del favore, sperimenta il rigetto di Dio. Uno che pre­ gava con speranza diceva: (Sal 17, 15) . Quello del nostro salmo prega e scopre che Dio copre il suo sembiante: come se il sole si oscurasse al suo sorgere. 1 6a. Il verbo gw ' è una specialità di Genesi, Numeri e Giobbe, e in senso stretto significa spirare, morire. Il testo non chiarisce se rorante allude ad un fatto concreto, a una infermità grave contratta nell'adolescenza, o se esprime piuttosto la coscienza chiara di essere mortale. «Mi sento morire» sarebbe una traduzione di compromesso; vale anche la nostra espressione «essere in punto di morte». 16b. È il momento più tragico, quando Dio diventa terrorizzan­ te, perché consegna l'uomo alla morte. Per sentire la forza dell'espres­ sione, la situeremo in un contesto di paralleli: Gen 15,12 un terrore intenso ed oscuro piombò su Abramo Es 15,16 Li aggredl il tuo spavento e il tuo terrore

Salmo 88

221

Sal Gb

55,5 Il terrore della morte cade su di me. 9,34 perché non mi faccia impazzire col suo terrore. 13,21 che manterrai lungi da me la tua mano e non mi spaventarai col tuo terrore.

D terrore della morte è un terrore sacro: il terrore di Dio è intia mazione di morte. Più della morte è tragica la coscienza di morire: gli animali muoiono senza saperlo. Nel giudizio delle tenebre Sap 1 7,2 1 commenta:

Soltanto su di loro si librava una notte gravosa, immagine delle tenebre che stavano per accoglierli. Ed erano a se stessi più gravosi delle tenebre. 1 7 - 1 8 . Incendio ed acqua combinati nella loro capacità distruttri­ ce: l' incendio passa sopra, le acque sommergono senza sosta e senza appigli di salvezza. D povero moribondo si sente centro di questa spietata e cosmica devastazione. 19. Abbandonato da tutti, perché Dio li allontana, resta con la sola compagnia delle tenebre . Rubando un verso ad Ungaretti, ma leggendolo in negativo, ora . D salmo termina cosl: la prima realtà che Dio creò fu la luce, l'ultima che l 'uomo trova è la tenebra.

Vorremmo concludere con due liriche moderne, diverse come pro­ spettiva: la prima è Avevamo studiato per l'al di là di E. Montale; la seconda � Ogni anno scopro che Febbraio di G. Ungaretti. Avevamo studiato per l'aldilà un fischio un segno di riconoscimento. Mi provo a modularlo nella speranza che tutti siamo già morti senza saperlo. (E. Montale) ... mentre arrivo vtcmo al gran silenzio, Segno sarà che niuna cosa muore Se ne ritorna sempre l'apparenza? O saprò finalmente che la morte

Regno non ha che sopra l'apparenza? (G. Ungaretti)

Testo e commento

222

Tl.'oposizione Cl.'isdana

I commentatori antichi mettono questo salmo sulla bocca di Ge­ sù, ricordando la lotta nel Getsemani e l'abbandono sulla croce. Se qualcuno era certo della risurrezione, questi era Gesù; questa certezza non gli risparmiò l'amarezza del >; Ravasi «spezzerò»; Ta­ gliabue «non posso mancargli d'amore». 36. 'm: particella di giuramento negativo GK 149. 38. ykwn: relativa asindetica Joiion 158 a. 'd: testimone riferito alla luna; molti antichi commentatori lo riferisco­ no a Dio Sim Eusebio Teodoreto Atanasio Eutimio; della luna Kim Calmet; arco iris Geier. Lancellotti legge b"od hassallaq = finché durerà il cielo. 40. n 'rth : per la mater lectionis G K 44 g. 4 1 . mhth: da htt piel: spezzare, radere al suolo; Vaccari: «ridotto a ma­ cerie»; Ravasi «hai diroccato»; Vg in formidinem oggetto di spavento. 44. twr: la punta o il filo della spada Kim; aiuto LXX Vg, robur Gir. 45. mthrw: sostantivo con preformante e dages eufonico Kim, cfr. mqds Ez 15, 17; leggono la preposizione min Vg Phil Del; traducono purificazione cultica Targ Eutimio Teodoreto. mgrth: GK 44 g. 48. 'ny mh hld: frase con predicato esclamativo, completiva di zkr: hypo­ stasis LXX, substantia Vg, de profundo Girolamo. 'l mh Jw ': perché invano? BHS propone di emendare 'wlm unito all'e­ mistichio precedente e h'Sw ' interrogativa e avverbiale. Vaccari: «quanto ca­ duchi»; Lancellotti ; Ravasi «COqle un nulla ».

229

Salmo 89

49. yhyh ym/t: relative asindetiche. 50. nsb 't: idem. 5 1 . rbym: anteposto al sostantivo Sal 32, 10; Pr 7,26; Ne 9,29 Del; rbym 'mym retto da hrpt: sottinteso prima di kl Ros, leggendo /- invece di kl Hitzig. Emendano in klmt Kraus, rbym in ribe Gun. 52. 'sr: equivalente di k 'Jr G B pp. 7 4-7 5; di kyh dopo zkr Davidson, Hebrew Syntax 3 a ed. 146.

Studio globale del almo 1 . Un genere misto? a) Già il primo verso, con il suo nel cielo e come virtù celeste potrà trasferirsi ed agire sulla terra. Nel citato poema babilonese leggiamo: «Faccia sulla terra un'im­ magine di ciò che ha fatto nel cielo>> (ANET VI, 1 1 3). Se la durata celeste è automaticamente garantita, quella terrestre sarà garantita dalla «costruzione» di un trono duraturo «Come il sole e la luna» (vv. 30.37s), e per la fondazione di una stirpe perenne (vv. 5 . 30 . 37). Il trono cosl «costruito>>, ad immagine del divino (v. 15) e assicurato (vv. 30.3 7), potrà essere «testimone» o segno sulle nubi (v. 38 se non si riferisce alla luna) . Un secondo punto, minore, è che nel citato Enuma Elis ogni vittoria o azione creatrice deve sfociare in una costruzione: sopra Ap­ su (I, 70-77), la predella o trono per Marduk (IV, 1), le stazioni celesti degli dei maggiori (v. 1), ed infine Babilonia (VI, 5 1 ss) . Terzo punto. L' asse della promessa dinastica, secondo 2 Sam 7, che è modello o corrisponde al salmo, è la «costruzione»: David desi­ dera «costruire» una Casa tempio; il Signore risponde che lui «Co­ struirà» a David una Casa dinastia. Il salmo spinge agli estremi il gioco: il Signore costruisce per David e la sua stirpe un trono per­ petuo, applicandogli la lealtà/fedeltà che aveva costruito nel cielo. Se all ' inizio del salmo l'espressione (Seux 508) . «Le tue armi furiose, che non perdonano il nemico, siano affilate e marcino al mio fianco per uccidere i miei avversari» ( Seux 5 14). 26. Dal Mar Mediterraneo al fiume Eufrate, limiti del dominio di un sovrano sopra regni vassalli: l Re 5 , 1 ; Zc 9, 10; Sal 80, 12; Mie 7, 1 1 . I Babilonesi parlano delle «quattro regioni» (Seux 505). 27-28 . Come titolo supremo, il re d'Israele è chiamato Figlio di Dio e può invocare personalmente il Signore come Padre (si veda· no Sal 2 , 7 e 2 Sam 7 , 14). Il Sal 89 aggiunge una sfumatura, «primo· genito,.. Come Israele è primogenito del Signore fra tutti i popoli (Es 4,23), cos} è il re tra i re. Per questa primogenitura non conta la precedenza cronologica, ma la nomina di Dio.



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Testo e commento

242

Il re riceve come privilegio personale titoli che vengono accorda­ ti al popolo come collettività: figlio (Dt 8,5); primogenito (Es 4,22) ; eccelso (Dt 26, 19; 28, 1). 29-30. La lealtà del Signore continua oltre la vita di David, di ogni re ed assicura una dinastia ed un trono. L'affermazione va oltre una mera continuità e stabilisce una misura cosmica per la fedeltà del Signore e la durata del trono. È la misura celeste annunciata all'i­ nizio. In sé può suonare come iperbole stereotipata: lo promette Dt 1 1 ,2 1 al popolo nella terra, sotto condizioni; lo smentisce l'esilio; Bar 1 , 1 1 lo dice di Nabucodonosor e Baldassar; Sir 45 , 15 di Aronne e della sua discendenza. Nel contesto del salmo e nel suo momento storico, la frase sembra aprirsi ad un orizzonte illimitato. «l suoi di­ scendenti governino per sempre tutti i luoghi abitati» (Seux 528) . 3 1-38. Aggiungono una condizione assai elaborata, il cui prece­ dente si legge in 2 Sam 7 . Con meticolosa precisione giuridica, si stabiliscono clausole penali e limiti del castigo. Si possono vedere in due modi: a) la fedeltà radicale all'alleanza non esclude pene limitate; b) i castighi non annullano, né smentiscono il patto o obbligo radica­ le. Di passaggio, l'autore aggiunge una pagina di teodicea, giustifican­ do il castigo divino, invitando contemporaneamente alla speranza. In­ fatti la fedeltà radicale di Dio non si basa su prestazioni umane né dipende da esse, ma si basa sulla pura e gratuita iniziativa di Dio e sul suo impegno garantito con giuramento. In termini giuridici aleg­ gia lo spirito di alcune pagine del profeta dell'esilio, il Deutero-Isaia: 40,2 È compiuto il suo servizio, pagato il suo crimine. 5 1 , 1 7 Bevesti dalla mano del Signore la coppa della sua ira . . . 22 Ecco, io tolgo dalla tua mano la coppa della vertigine.

3 1-32. Il delitto viene formulato in una quaterna composta da tre elementi stereotipati ed uno inusuale. Profanare di solito ha come oggetto il nome, il tempio, il sabato; qui il suo oggetto sono precetti o statuti. Si può confrontare con Mal 2, 10: «profanare l'alleanza» e Sal 55,2 1 : «violare . i patti». Per il fatto di essere citazione di Dio, l'alleanza qui non è quella stipulata con David, ma il patto con il popolo. È il linguaggio del Deuteronomista. 33. Le verghe permettono un castigo calibrato e misurato, non annientano come il fuoco e la spada (cfr. Es 2 1 ,20) . 34-35 . Un'altra quaterna di sinonimi che riafferma enfaticamen· te la lealtà di base del Signore. La prima frase è invalidare o annullare la lealtà, ossia, l'obbligo contratto. Invalidare o abrogare l'alleanza

243

Salmo 89

(hpr bryt) è una formula frequente (almeno 19 ricorrenze nell' AT). Come termine di paragonare scegliamo Gdc 2, l : «Mai infrangerò il mio patto con voi, a condizione che voi non stipuliate patti con gente di questo paese». Il Sal 89 sostituisce «alleanza» con «lealtà» (hsd) in una formula inedita. È anche originale la seconda frase: «smentire la fedeltà/tradire la fiducia». Si può paragonare con Sal 44, 18 con «alleanza» come oggetto. La terza frase è «profanare l'alleanza», che fa eco alla profanazio­ ne del v. 32 e viene a dire: anche se essi profaneranno le clausole, io non profanerò l'alleanza. Il verbo profanare suppone che l'oggetto sia sacro; lo è perché lo garantisce la divinità e lo suggella un sacrificio. Anche la quarta frase è originale: non ritratterò ciò che ho profe­ rito/promesso, non denuncerò l'obbligo né cambierò le sue clausole. 36. Ribadisce la quaterna precedente: il Signore ha interposto un giuramento quanto mai sacro, che è la santità. Dio non può essere uno spergiuro. 37-3 8 . Riaffermano quanto promesso nel v. 30. Di chi si dice «testimone accreditato (o degno di fede) sulle nubi»? Ci sono tre can­ didati al ruolo: la discendenza, il trono, la luna. Nella concezione ebraica, un oggetto può fungere da testimone (noi diremmo da se­ gno) : un altare (Gs 22,27) ; un mucchio di pietre (Gen 3 1 ,44.48.52); un obelisco (ls 19,20) ; Giobbe si appella ad un testimone nel cielo (Gb 16, 19) . Esaminiamo questi candidati: a) La discendenza, ossia la continuità della famiglia dinastica sarebbe una testimonianza viva del fatto che il Signore adempie i suoi impegni; questa discendenza però sta sulla terra. b) Il trono è emblema della dinastia e del regno ed ha un'aura celeste, come immagine del trono celeste (v. 15) e per la garanzia di Dio. È come «l'arcobaleno sulle nubi» segnale di un patto perpetuo con Noè e la nuova umanità (Gen 9, 16; cfr. Ap 4,3). c) La luna. Si potrebbe citare Sir 43,8 che chiama la luna «segnale militare, strumento celeste , che con il suo brilllo attraversa il firma­ mento». Avrebbe qualcosa di paradossale, poiché la luna permane nel suo cambiare. In Babilonia Sin, il Nanna sumerico (dio lunare) , può essere oracolare ed «annulla segni e presagi funesti e sfavorevoli» (Seux 4 14). Una supplica assira dice di Sin che «pronuncia decisioni e mani­ festa segnali» (Seux 528) . L'ubicazione celeste collima meglio con la luna. 39-46. Con una semplice avversativa «ma tu» si introduce il ri­ baltamento di tutto ciò che precede. Quindici verbi di azione per il Signore, quattordici positivi ed uno equivalente. Come se il Signore

Testo

e

commento

244

avesse fretta e s'impegnasse a fondo nel distruggere quanto costruito, sradicare quanto piantato ed invalidare le promesse: Ger 45,4 Ecco: ciò che ho costruito, io lo distruggo; ciò che ho piantato, io lo sradico.

Tuttavia, è il Signore che agisce, non una divinità straniera; per­ sino i nemici sono complemento della sua azione verbale. Viene alla mente la terribile minaccia di Dt 28. 63

Come il Signore giol nel beneficarci, moltiplicandoci, cosl gioirà nel distruggerci e sterminarci.

Un po' meno violenta la minaccia di Giosuè nella grande rinno­ vazione dell'alleanza: 24,20 Non perdonerà le vostre trasgressioni e i vostri peccati. Se abbandonerete il Signore e servirete dèi stranieri, Egli si volterà contro di voi, e dopo avervi trattato tanto bene, vi maltratterà e vi annienterà.

Il testo si configura liberamente sviluppato come rovescio del blocco precedente. Gettiamo anticipatamente uno sguardo, per co­ gliere i contrasti: di fronte all'elezione (m� '), il ripudio (m 's) ; di fronte a benevolenza (l",fwn) , collera (ht'br) ; l'alleanza infranta, il diadema profanato; di fronte all'onore (tp 'rt), l'oltraggio (hrp); colui che esaltò (hrymwty) un ragazzo, esalta (hrymwt) il nemico; alla gioia (gyl) del popolo, si oppone l'allegria (smh) del nemico; il trono nella polvere, il signore dei re vestito d'ignominia. Tutta la scena si concentra in Dio come agente e nell'Unto come colui che subisce l'azione: il popolo resta fuori. Probabilmente è il popolo a recitare questi versi, afflitto per il suo re, per (Lam 4,20) . Anche alcune disgrazie collettive, come le mura smantellate e le piazzeforti diroccate, sono viste come «sue», come proprietà del re. 39. Incollerito: il sovrano nei confronti del suo Unto, suo vassallo. Teoricamente è il vassallo che provoca la collera del signore per qual­ che fellonia o slealtà. Nel testo non si confessa alcuna colpa dd re, per cui alcuni pensano a Giosia; la collera irrompe nd salmo immotivata.

24S

Salmo

89

40. Hai rotto: il verbo si legge soltanto qui e in Lam 2, 7 detto del santuario. Profanato (vv. 32.35) : può suggerire che gli avvenimen­ ti attuali sono il castigo enunciato come clausola penale nel protocollo dell'alleanza. 4 1 . Hai sbrecciato: alla lettera hai abbattuto le sue mura di cin· ta, come nell'immagine della vigna (ls 5 e Sal 80) . Hai diroccato: il termine mhth è una caratteristica del libro dei Proverbi. Questi dettagli non collimano con la storia di Giosia, bensì con la distruzione di Gerusalemme. 42 . Nel primo emistichio continua l'immagine della vigna, secon­ do Sal 80, 13b. Il secondo può derivare da Sal 79,4. 4 3 . Significa l'esaltazione del potere militare e i tripudi e i fe­ steggiamenti per la vittoria (si veda Sal 30,2). 44. hrb è la spada o pugnale, �wr può essere il coltello di selce (Es 4,25; Gs 5 ,2s) . Il filo della spada solitamente viene chiamato py hrb (bocca della spada) . Chiamarlo qui �wr può essere una contami­ nazione linguistica o una licenza poetica o un influsso dell' accadico corrente. L' idea del ripiegare o voltarsi indietro della spada può esse­ re una reminiscenza dell'elegia per Saul e Gionata (2 Sam 1 ,22). Sul sostegno nella lotta vedi in particolare i salmi regali 20 e 2 1 . 4 5 . Si propongono due spiegazioni. a) Una è quella di mantenere il significato più frequente della radice �hr, che è quello di purezza, purificazione. Quasi sempre si usa in accezione cultuale come antoni­ mo di tm ' impuro; si può anche dire di metalli purificati, coppella­ ti e metaforicamente di altre realtà, come la parola. In questa linea il senso della frase sarebbe: del tempio di Yhwh può corrispondere al «santuario» o Esagila (in sumerico «Casa dell'alta vetta») che viene eretto in Babi­ lonia come dimora di Marduk (VI, 49-68) . =

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4. Cosmologia e storia

) salnio, come i miti delle culture circostanti, è confinato al mondo cosmico; non fa alcuna allusione storica. Il cielo è l' «alto», dimora eccelsa e inaccessibile del Signore; le acque sono le forze impotenti del caos, il mondo resta saldo, non vacilla . Se la «casa» allude in n

Testo e commento

302

qualche modo al tempio di Sion (cfr. Is 24,23; 52,7), è in quanto rappresentazione di quello celeste. La durata del regno è l'eternità al di sopra della storia. Altra cosa è la lettura del salmo in chiave storica. A tal fine, dobbiamo partire dal valore simbolico delle acque oceaniche, che rap­ presentano il caos o le forze distruttrici, disgreganti. È opportuna una spiegazione. Nel mondo siderale e nel nostro minuscolo pianeta, che è la no­ stra casa, assistiamo a forze che distruggono e ricostruiscono: stelle che si spengono, supernovae che esplodono, continenti che si staccano e navigano nel magma, terremoti e maremoti, fulmini che incendiano boschi, ghiacciai lenti, pesanti, boschi morti e pietrificati, animali morti trasformati in petrolio, disintegrazioni che sprigionano energia. Come un ciclo fatale di distruzione al quale si sovrappone un ciclo glorioso di creazione. Il nulla non distrugge né inghiotte, perché non è; tutta­ via, lo immaginiamo attivo, e divoratore nel suo vuoto di esseri che cessano di esistere. Il caos è il nulla immaginato come potenza che annienta, annulla. Ebbene, anche l'uomo può scatenare forze che distruggono: guerre, uccisioni, esplosioni nucleari, deforestazione, pioggia acida, contami­ nazioni e inquinamenti. L'uomo è alcune volte satanicamente, caoti­ camente colpevole, altre volte è un patetico apprendista stregone. Pos­ siamo immaginarci l'uomo alleato del nulla distruttore e divoratore. Il Sal 65,8 lo dice espressamente in un verso di simile fattura: «Tu che reprimi il fragore del mare, il fragore delle sue onde e il tumulto dei popoli». Il Sal 93 non lo dice: però non rifiuta nemmeno di esser letto in questa chiave simbolica. Concretamente, letto nel contesto dell'esilio, il salmo poteva dispiegare una grande forza polemica con­ tro gli dei e il potere politico di Babilonia, come leggiamo in varie pagine del profeta deli , esilio. Esegesi

Detto già tutto ciò che è importante per la comprensione del salmo nel suo contesto culturale, basterà aggiungere alcune considera­ zioni sommarie. la. Il verso ha un ritmo «staccato» del tipo 2 + 2 2 + 2 . «Cinger­ si» senza aggiungere altro, di solito è un preparativo per «accingersi>> a combattere o mettersi al lavoro (Ger 1 , 1 7 ; Gb 38,3) . Con un secon­ do complemento può riferirsi ad una dignità o incarico politico o mili-

Salmo 93

303

tare (l s 1 1 ,5; 4 5 ,5) . Il contesto del salmo lascia il senso in sospeso tra i vestiti regali di un potere politico e quelli militari che richiede il combattimento con il caos. lb. La denominazione tebel mondo, ricorre spesso soprattutto in testi tardivi di Isaia (ls 14,17; 24,4) e nel Salterio. Si vedano in particolare Sal 96, lO e 24, 1-2. 2 . Il «trono» di Dio è celeste, cfr. Is 6 , 1 ; 66, 1; nel Salterio può essere un trono da cui si giudica o tribunale (9,5.8), santo (47 ,9), di maestà (89) . m 'z e m 'wlm indicano un tempo remoto indefinito (Gen 6,4; Gs 24,2) . 3 . Per il momento non si assiste ad un'azione aggressiva e con­ certata, ma soltanto al gridlo, alle voci, all'infrangersi fragoroso delle mareggiate: dky dalla radice che significa un battere e ribattere (come fracasso viene da fracassare) . Per un confronto si veda il commento a Sal 65,7-8. 4. 'dyr come titolo divino combina la maestà con la potenza: Sal 8,2; 76,5. Va ascoltata la sonorità di questo verso con le sue otto m e cinque r che abbiamo cercato di ricreare con le consonanti s/r/n (si ricordi il virgiliano «cum sonitu fervetque fretis spumantibus aequor», Georg. l, 327) . 5 . 'dtyk: secondo tutto il contesto, crediamo che si riferisca ai decreti o disposizioni cosmiche, di cui ci sono abbondanti esempi. In Gen l Dio assegna la loro funzione al sole e alla luna; Sal 148,6 lo dice con il termine equivalente hq ordine; Gb 28,26 lo riferisce alla pioggia, mentre Ger 5,22 al mare. Molto significativo, per il fatto che si tratta di un giuramento, è Ger 3 1 : =

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3 5 Cosi dice il Signore che stabilisce il sole per illuminare il giorno, il ciclo della luna e le stelle per illuminare la notte, che solleva il mare e mugghiano le sue onde. . . :36 Quando verranno meno queste leggi che io ho dato . . .

Trasposizione cristiana

Partendo dalla visione simbolica delle forze di distruzione, pos­ siamo contemplarle nella violenza scatenata contro Gesù: contro la sua persona, il suo prestigio, il suo messaggio, i suoi miracoli; sino aU' apparente vittoria del caos • morte. E sino alla vittoria della ri-

Testo e commento

304

surrezione, per cui è esaltato e costituito re universale. Una vittoria escatologica che inaugura un regno su ogni potenza (cfr. Ef 1, 19-2 1 ) . Una scena dei vangeli presenta narrativamente l a vittoria di Ge­ sù sulle acque. Dei sinottici scegliamo il testo di Matteo: 8,24 Subito si scatenò nel lago una tempesta tale, che le onde som­ mergevano l'imbarcazione; intanto lui continuava a dormire . 26 Si levò, sgridò i venti e il lago e si fece una grande bonaccia. 27 Gli uomini si chiedevano sbalorditi: «Chi è mai costui, al qua­ le i venti e il mare obbediscono?>>. .

.

Quel «si levò» in greco è egertheis, il verbo della Risurrezione. Un prolungamento del tema si legge nell'episodio di Gesù che cammina sopra le acque con Pietro che cerca di fare altrettanto (Mt 14,24-33 e par.); una scena in cui Gesù comincia a trasferire la sua potenza e la sua vittoria ai discepoli. Luca introduce il tema nel suo .discorso escatologico: 2 1 ,25 Appariranno prodigi nel sole, nella luna e nelle stelle e sulla terra gli uomini verranno colti da angoscia, impazziti dal fra­ gore del mare e dei flutti.

L'Apocalisse ripete il tema in diverse occasioni. Prima nella vi­ sione della donna incinta nel momento critico di dare alla luce: viene ingaggiata una battaglia celeste da Michele e i suoi angeli contro il drago e le sue schiere. La donna fugge con il bambino maschio nel deserto e il drago o serpente si avventa a perseguitarla. 12,15 n serpente vomitò dalla bocca acqua come un fiume dietro alla donna per travolgerla nella corrente. 16 Ma la terra venne in aiuto della donna aprendo una voragine e bevendo il fiume che il drago aveva vomitato dalla propria bocca.

In un'altra scena presenta (17 ,2) per poi spiegare: >: l'aspetto affettivo si presenta come complemento di quello giuri­ dico (rimandiamo a Profeti, 994) . L'episodio di David con la donna di Tekoa (2 Sam 14) è un magnifico esempio di tensione fra l' esigen­ za di giustizia legale e la necessità di pietà paterna; è l'autentica «sag­ gezza» che fa di David «Un inviato di Dio». Fare giustizia senza pietà, giustiziando il fratricida, sarebbe brutale ed ingiusto: summum ius

379

Salmo 1 0 1

summa tnturza. Citiamo a memoria Dostoevskij : «Non conoscono la

pietà, conoscono solo la giustizia, per questo sono ingiusti>>. Il libro della Sapienza, già in contatto con la cultura ellenistica, nel suo capi­ tolo di teodicea dice: 18 Ma tu detentore del potere, giudichi con moderazione (en epieikeia(i)) e ci governi con molta indulgenza. 19 Agendo così, insegnasti al tuo popolo che ruomo giusto dev'essere umano

(hoti dei ton dikaion einai philantropon).

Attraverso questo ponte passiamo alla cultura grecolatina: la giu­ stizia è finalizzata al bene dell'uomo, non è un valore astratto al quale si possa sacrificare l'uomo. Se la giustizia non è animata dall'amore per l'uomo (philantropia) , si perverte e diventa ingiusta. Perciò giudici e governanti, insieme alla giustizia (dikaiosyne) , debbono avere mode­ razione (epieikeia) . I latini hanno tradotto iustitia et aequitas. La coppia del salmo ed altri testi biblici non espongono al riguar­ do una dottrina elaborata; pensiamo però che il programma del salmo si situi nella linea di questo pensiero. c) Domandiamoci però se queste qualità sono tema di un canto. La risposta è affermativa, poiché altri cantano la libertà o la gioia. Il salmo ci insegna che una simile musica piace a Dio. Esegesi

la. In Pr 20,28, secondo la versione greca basata su 16, 12, si sintetizzano le virtù: «Misericordia e lealtà vegliano sul re, la giustizia consolida il suo trono». lb. Il presunto David dedica la sua musica al Signore: nel conte­ sto immediato è il canto che sta per intonare. In un contesto più ampio può alludere alla tradizione di un David musicista e organizza­ tore del canto nel tempio ( l Cr 15-16; 25) . Quand'era giovane, Da­ vid, chiamato a corte, suonava l'arpa per calmare gli attacchi sofferti dal re Saul (l Sam 16, 14-23); diventato re, ora dedica la sua musica al Signore. 2a. La via/condotta perfetta di Dio viene menzionata nella parte centrale del Sal 18 ( 2 Sam 22) , messo sulla bocca di David; da questo si passa alla condotta del re: =

Testo e commento

380

3 1 Perfetta è la via di Dio. 33 Dio rende perfetta la mia via.

ln Pr 1 1 ,20 la relazione cambia: «Al Signore . . . piace una condot­ ta sincera / i perfetti nella sua via>>. Il verbo hfkyl, che traduciamo «spiegare>>, sembra un termine :sapienziale che si è fatto strada nel Salterio: la via/condotta qui non viene presentata come rivelata, tracciata concretamente da Dio, bensl .come tema di riflessione umana. Ancor più degna di nota in questo emistichio è l'inversione di ruoli, poiché la cosa normale è che l'uomo vada a Dio, si 'presenti al tempio, vada al cospetto di Dio, e non il contrario. Nella finzione ·d i un David orante del salmo, il dato allude a Sam 6. 2b. Con retta coscienza. In Gen 20,5 il re di Gerar scagiona la propria condotta con la stessa frase: «L'ho fatto in buona fede e con mani pure»; Sal 78,72 lo dice di David, pastore del suo popolo; in l Re 9, 4 si dice di David come esempio per Salomone. Vale a dire che la >. Sulla solitudine si veda in modo speciale Gb 19. 8 . L'immagine del passero è petrarchesca e leopardiana ante­ litteram.

9. La presenza ostile sembra contraddire la solitudine preceden­ te. È l'unica compagnia, o meglio presenza, e può insinuare l'ostilità contro Sion e gli ebrei. Se leggiamo mhwlly come forma del verbo hlP essere demente, il significato è che mi dichiarano o mi chiama­ no demente. I giuramenti contro di lui potrebbero essere scongiuri, imprecazioni o malefici, cosl comuni nella letteratura mesopotamica, dove danno origine a implorazioni e riti speciali per contrastarli. 10. Cenere e pianto appartengono al rituale del lutto per una morte o una disgrazia. Nel rituale funebre si era soliti offrire un ban­ chetto come pasto e bevanda di consolazione. Nel lutto dell'orante non abbiamo altro cibo che i puri segni e gesti del lutto. (Si veda Sal 42,4) . =

Che altro woi da me, Disperazione? Hai colpito nel segno, Crudeltà. Hai colmato il bicchiere, Solitudine. Mi stai nutrendo, Ira. Sono tuo pasto, Follia. (E.F. Accrocca, Siamo non siamo)

1 1 . Nella sua sofferenza estrema, nella sua vita rovinata prema­ turamente, l'orante riconosce la collera di Dio. Non l'impotenza di fronte ad altre potenze, non il disinteresse come se non gli importas­ se. Proprio perché prende sul serio l'uomo, Dio si adira. Non è una collera irrazionale o incomprensibile, ma provocata dalla condotta del­ l'uomo. Le Lamentazioni, che appartengono allo stesso contesto spiri­ tuale, lo mettono bene in chiaro: con ineguagliabile vigore descrivono l'ira di Dio, che sembra accanirsi; con non minore lucidità confessano la colpa. Anche l'orante del Sal 90 scopre la collera di Dio: «Come ci ha consumato la tua collera, come ci ha frastornato il tuo sdegno!>>. Ancora una volta l'orante si trova nell'orizzonte personale. Dice an­ che in prima persona, per ora, la tremenda frase del secondo emisti­ chio, imitata da Gb 30,22: «Mi levi in aria, sospeso e mi sbatti nell'u­ ragano». Immagine di una vita umana rovinata anzitempo, del destino

Salmo 102

)93

degli ebrei esiliati, dell'umanità mortale? È l'uomo colui che si alza con superbia o è Dio che lo solleva per scagliarlo da un'altezza più grande? 12- 1 3 . Vi sono forti ragioni per leggere uniti questi due versi come contrasto spinto all 'estremo. Primo, la ragione formale eviden­ te: w 'ny / w'th e io / ma io, ymyfldwr wdwr giorni/generazioni. Secondo, il precedente del Sal 90, che imbastisce il contrasto tra la caducità umana e la perennità divina; l'immagine dell'erba secca raf­ forza la parentela di questi due salmi. Ebbene, questo contrasto è liberante o opprimente? Nel nostro salmo questa scoperta avrà una funzione liberante, inviterà alla speranza. Il verso abbozza due immagini della caducità: l'ombra che si al­ lunga, l'erba che inaridisce. a) L 'ombra. In proporzione geometrica, a un'ombra che si allun­ ga dovrebbe corrispondere una durata che si prolunga. Però l'ombra riveste qui una funzione simbolica. L'immagine richiede alcune righe di paragone: =

Sal 109,23 me ne vado come ombra che declina 144,4 l'uomo è come un soffio, i suoi giorni un'ombra che passa. Gb 8,9 i nostri giorni sono ombra sul terreno. 14,2 fugge come l'ombra senza sosta. Qo 6,12 Chi sa quanto valgono nella vita dell'uomo, quei giorni contati della sua tenue vita che scivolano come ombra? Sap 2,5 la nostra vita è il passaggio di un ombra. •

Pulvis et umbra sumus. Nessuno in una lunga tradizione antica e moderna lo ha espresso meglio di Emily Dickinson:

Presentimento è questa lunga ombra sul prato segnale che il sole è già basso: avviso all'erba spaventata che l'oscurità sta per passare.

cui

Is

b) La similitudine dell' erba è più conosciuta (vedi Sal 90) , per ci limitiamo ad una citazione che insiste nei sinonimi: 3 7,27 furono come erba del campo,

come verde dei prati,

Testo e commento

394

come gramigna di terrazza seccata prima di crescere

1 3 . Il verbo ysb si predica di Dio con il valore di regnare, assi­ dersi sul trono reale (Sal 9,8; Lam 5, 19). Quest'ultimo testo è più pertinente perché vede nella perennità di Dio una speranza per Sion ed adotta quasi la stessa fraseologia del salmo: Lam 5,18 perché il monte Sion è desolato; le volpi vi scorrazzano. 19 Ma tu Signore, regni per sempre, il tuo trono di età in età.

Il salmo dice «nome» con il sinonimo zkr ricordo. Se il nome eterno, lo è anche l'esistenza e non solo il ricordo. Rammentiamo testo classico di Es 3, 15: =

è ll

Questo è il mio nome per sempre, il mio titolo di generazione in generazione.

14-16. Nel v. 14 la supplica cambia focalizzazione e rivolge il suo sguardo alla città con intenso affetto. I tre versi articolano una sintesi concisa: v. 14 l'azione che si richiede con insistenza a Dio, v. 15 l'azione è motivata dal dolore e dalla compassione del popolo, v. 16 la reazione del nemico. L'arante fa appello a quattro qualità tradizionali del Signore: Egli è rqwm whnwn (Es 34,6; Gio 4,2; Sal 86, 15; 1 1 1,4; 1 12,4; 145,8); in più, per dare maggior forza alla sua richiesta, gioca la carta del tempo, tematica propria di questo salmo. Del popolo commenta l'a­ more tenero e compassionevole verso la capitale, che può ricordare sentimenti allusi in Ez 24,2 1 : il mio santuario, vostro superbo baluardo, l'incanto dei vostri occhi, il tesoro delle vostre anime.

Dei nemici predica un generico ed onnicomprensivo yr' rispet­ to, venerazione, riverenza. La relazione tra il dolore personale e quello della città, con altre coincidenze tematiche, è espressa molto bene nella terza Lamentazio­ ne, di cui citiamo alcuni versi più vicini al salmo e ne sottolineamo parole per richiamare l'attenzione: =

395

Salmo 102

4 mi ha consumato la pelle e la carne e mi ha rotto le ossa 8 per quanto io gridi . . si fa sordo alla mia supplica 22 la misericordia del Signore non finisce, né si esaurisce la sua compassione 4 3 avvolto nella collera ci ha perseguitato 48 piangiamo rivoli di lacrime per la rovina della capitale 50 finché il Signore si affacci dal cielo e mi veda 61 hai udito, Signore, come mi insultano .

La parentela storica e spirituale è lampante, cosicché i due testi si illuminano reciprocamente. 14. L'impazienza umana, che misura il tempo in anni e giorni e segna ore o scadenze, si confronta con la tranquilla perennità di Dio. L'uomo non può segnare scadenze a Dio, può però ricordare a Dio le sue scadenze. Giuditta raccoglie una lunga tradizione quando rimprovera ai capi di Betulla di aver posto una scadenza a Dio (Gdt 8,1 1-17); i profeti hanno condannato l'atteggiamento provocatorio, di chi detta scadenze a Dio o lo aspetta al varco: Is

5 , 1 9 Guai a quanti dicono: Si sbrighi, affretti la sua opera perché la vediamo; si compia subito il piano del Santo d'Israele affinché lo comproviamo!

Si vedano i ritornelli ironici di Ez 12,2 1-28. Di sua libera inizia­ tiva Dio può indicare scadenze ed occasioni, come dice Sal 75,3: «Nel­ l'occasione da me stabilita io giudicherò con equità»; oppure Ab 2,3: «La visione ha una scadenza, ansima verso la meta»; anche Is 49,8 parla dell'occasione propizia. La richiesta dell'orante combacia con questi testi o con altri simili: per Sion è suonata l'ora della compassione. 15. Il verso riprende la coppia precedente, sostituendo però rhwm con flh. Il Sal 74,3 invitava Dio a ispezionare la città in rovine: «vol­ gi i tuoi passi a questi vecchi ruderi»; qui l' orante con i suoi compa­ gni cercano di contagiare Dio della loro compassione. O sono loro, inconsciamente, a contagiarsi della compassione divina? Da questo magnifico verso restano assai distanti quelli di Is 52,2.9: «Scuoti da te la polvere, Gerusalemme schiava . . . Mettetevi a cantare in coro, rovine di Gerusalemme». 16. Non si tratta ancora di una conversione di nazioni pagane, ma del riconoscimento reverenziale di Yhwh come divinità potente. La restaurazione di Gerusalemme sarà una epifania della gloria di Dio in uno scenario universale. Is 59, 19 (testo probabilmente poste·

Testo e commento

396

riore) annuncia: «Quelli dell'occidente temeranno il Signore, quelli dell'oriente rispetteranno la sua gloria». 17-23. È alquanto difficile individuare la corretta divisione sin­ tattica di questi versi per l'ambiguità della particella ky e per l'indeci­ sione dei tempi verbali. Esponiamo succintamente alcune alternative. Il ky del v . 1 7 dà ragione del verso precedente, riferendo il qatal ad un tempo anteriore: rispetteranno perché ha ricostruito/perché per allora avrà ricostruito. Altra soluzione: il ky è una particella tempora­ le che introduce la subordinata la cui principale arriva nel v. 19 (sen­ za w- di apodosi) : quando ricostruirà. . . lo si scriva/si scriverà. Il ky del v. 20 introduce ciò che si deve scrivere, ossia il v. 2 1 e forse n 22. Oppure: il v. 22 è conseguenza di 17.2 1 e simultaneamente principale della temporale che segue: > di vestiti (cfr. il termine «mutande») . L'ebraico adotta la stes­ sa espressione (da hlp mutare, cambiare: Gen 45,22 ; Gdc 14, 12s; 2 Re 5,22) . L'orante pensa forse che, consumati i cieli e la terra, Dio ne creerà altri nuovi di ricambio? Is 66,22 è quasi una risposta: . 28. Nell'originale il contrasto è folgorante, conciso ( 'th hw,. Suona come un'eco umana dell'autoaffermazione divina ( 'ny hw ') , che si leg­ ge in Is 4 1 ,4, 43, 10; 48, 12. =

Ahi come ombra di nube l'uomo passa

e udrà te nel suo core invano? Di Te la vita immutabilmente infinita è il mondo eco lontano. (G. Salvadori, A tutto presente) La poesia di sempre ha avvertito questo contrasto, in maniera po­ sitiva o lacerante: tra i moderni si pensi a diverse liriche di E. Dickinson (vedi le bellissime The blunder to estimate o Conscious am I in my chamber); oppure a certe liriche di C . Rebora o di Ungaretti. Ritroviamo questo contrasto in Curva minore di S. Qua­ simodo: questa (Gc 4,4), la fede nella risurrezione di Cristo e la speranza della nostra situano il salmo in un orizzonte nuovo che, senza elimi­ nare la tristezza e l'inquietudine della nostra condizione mortale, la contempla accolta e amata dall'eternità di Dio. Anche per i nostri corpi viene detto: «Distruggete questo tempio ed io lo ricostruirÒ>> (Gv 2, 19). La nostra fragilità è presenza che non si estingue, ma è attesa della Risurrezione: =

Perirono nell'erba che non ne serba segno l'occhio non ne trova il luogo ma Dio con il suo libro irrevocabile richiamerà ogni volto. (E. Dickinson)

SALMO 10J

l Benedici, anima mia, il Signore, tutto il mio intimo il suo santo nome. 2 Benedici, anima mia, il Signore, non dimenticare i suoi benefici1• 3 Egli perdona tutte le tue colpe, cura ogni tua malattia2• 4 Egli riscatta la tua vita dalla fossa, ti corona1 con la sua bontà e compassione. ·5 Egli ti sazia di beni neli' adolescenza e la tua giovinezza si rinnova come quella di un'aquila. 6 Il Signore fa giustizia e difende gli oppressi. 7 Insegnò le sue vie a Mosè, le sue gesta agli Israeliti. 8 cD Signore è compassionevole e clemente paziente e misericordioso>>. 9 Non sta sempre in lite né serba rancore eterno. 10 Non ci tratta come meritano i nostri peccati, né ci ripaga secondo le nostre colpe. 1 1 Sl, come il cielo si eleva sulla terra, cosl la sua misericordia sovrasta i suoi fedeli. 12 Come dista l'oriente dall'occidente, cosl allontana da noi le nostre colpe. 13 Come un padre è tenero con i suoi figli, cosl il Signore è tenero coi suoi fedeli. 14 Poiché Lui conosce la nostra condizione, ricorda che noi siamo polvere. 15 L'uomo dura come l'erba, fiorisce come fiore di campo, 16 che il vento sfiora e più non esiste; il suo posto più non lo rivede.

1 2 J

nessuno dei suoi benefici. tutti i tuoi dolori. circonda.

402

Testo e commento

17 Ma la misericordia del Signore con i suoi fedeli dura da sempre per sempre; la sua giustizia passa da figli a nipoti, 18 per quanti osservano la sua alleanza, recitano ed eseguono i suoi comandi. 19 Il Signore stabill nel cielo il suo trono, il suo regno governa l'universo.

20 Benedite il Signore, angeli suoi, potenti esecutori dei suoi ordini, pronti a compiere la sua parola. � l Benedite il Signore, Eserciti suoi, servitori che compite i suoi voleri4 . 22 Benedite il Signore, voi tutte opere sue, in ogni luogo del suo impero. Benedici, anima mia, il Signore. •

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4

desideri.

403

Salmo 103

Anslisi lilologica

1-5 . Insiste sulla rima interna -kt Allen. 5. 'dyk: ornamento, epithymia LXX Vg Vaccari; altri emendano 'dkyf'wdky la tua durata, esistenza; A. Macintosh ravvisa un verbo 'dh (III) e traduce sostentamento. 9. l' y�r: forma ellittica «non serba rancore». 1 1 . gbr: alcuni come Jacquet emendano in gbh; è meglio conservare ll gioco gbhfgbr (dr. Gen 4, 19). 14. zkwr: part. con valore attivo Joiion 50a, o aggettivo BL 61 u. Per Dah vocalizzazione fenicia. 20. sm ' bqwl: obbedire, cfr. DBHE sm ' b-. =

Stumo globsle del sslmo l . Genere e contesto

Questo salmo è un rendimento di grazie, in cui è facile rendersi conto di come siano vicini il genere dell'inno e quello del rendimento di grazie. Il verbo brk, quando risponde ad un beneficio ricevuto, significa ringraziare, render grazie. n salmo si concentra in questo verbo ripetendolo due volte all'inizio e tre nel finale, con grande en­ fasi e senza dare spazio a sinonimi. Cogliamo l'occasione per ripassare in rassegna gli elementi che compongono e caratterizzano il genere. a) Invitati a rendere grazie. In uno sdoppiamento interiore, eli os­ servazione psicologica, ben noto e praticato nel Salterio, l'arante si auto-incita: np'Sy anima mia/ respiro mio, qrby mio intimo. Seb­ bene nps molto spesso significhi gola, mai come organo del parlare, la questione è se qui si ponga in antitesi nps a voce, come suggeriva S. Agostino. Crediamo che nps voglia esprimere qui l'impegno della persona, come si dice (v . 3) da una grave malattia, è stato «liberato/riscatta­ to dalla fossa>> (v. 4) . Inondato da gioia e da gratitudine, trascende la sua esperienza personale e si apre ad un orizzonte più ampio. Pos­ siamo anche immaginare come avvio un fatto nazionale; gli esiliati «oppressi>> (v. 6), hanno ottenuto la libertà e sono ritornati in patria. In questo fatto si è manifestato di nuovo ciò che la tradizione raccon­ tava di Mosè e dell'alleanza (vv. 7. 18) . Uno dei rimpatriati prende la parola per rendere grazie (vv. 1-2) ed inserisce nel contesto la sua esperienza personale. Infine, possiamo anche immaginare il caso di un ebreo devoto che medita la definizione classica del Signore «com­ passionevole e clemente>> (v. 8) e la proietta nella sua esperienza per­ sonale, in quella della sua comunità nazionale, in quella della condi­ zione umana. Nessuna di queste tre ipotesi ha la pretesa di individua­ re con precisione la reale origine storica del salmo; esse però rivendi­ cano il diritto e la funzione di illuminarne il senso e di aprire la strada per una sua appropriazione a più livelli e realtà. La datazione postesilica sembra la più probabile. Va però notato che non vengono menzionate né Sion né Gerusalemme e che gli , il salmo si avvicina idealmente al Sal 34. Grazie a questo capitolo, il salmo fa buona compagnia anche al Sal 99; infatti mette «misericordia» dove l'altro metteva «santità» e coincide riguardo al tema della regalità di Yhwh. J. Sviluppo per paragoni

I paragoni sono: «come l'aquila» (v. 5); cosmici (vv . l ls) ; quello della paternità (v. 13a); «come l'erba» (v. 15). a) Cominciamo da quest'ultimo, che è più generale e forse meno importante. I vv. 15-16 sviluppano con successo il ben noto paragone vegetale «come l'erba» (rimandiamo al commento dei salmi 90 e l 02). Lo avevamo visto in Sal 102,5 . 12 con una differenza: lì .il termine opposto era l'eternità di Dio, mentre qui è la durata e il protrarsi

407

Salmo 103

della misericordia divina (in Is 40,8 è l'efficacia della parola divina) . Lasciandoci suggestionare da questa immagine, contempliamo in un clima di siccità e di terra arida quest'umile ed effimera erba , che dipende dalla pioggia inviata dalla misericordia divina (anche in Is 40,7 soffia un vento arido sull'erba). b) I due paragoni cosmici (vv. 1 1- 12) sono quelli dell'altezza e della distanza. Altezza non di monti né di nubi, ma del cielo rispetto alla terra: tale è la misericordia del Signore rispetto ai suoi fedeli. Si confronti con due salmi: 36,6

La tua lealtà giunge al cielo la tua fedeltà sino alle nubi, la tua giustizia è come le alte montagne. 5 7, 11 La tua lealtà arriva al cielo, la tua fedeltà raggiunge le nubi.

Se questi sembrano guardare da sotto, il nostro salmo, con la particel­ la 'l, sembra guardare da sopra. Is 55 ,9 usa il min di paragone: «come il cielo è più alto della terra>>. Riassumendo e parafrasando: il cielo si innalza sopra la terra, la copre e l'accoglie; cosl la misericordia del Signore nei confronti dei suoi fedeli. Il secondo paragone accresce la forza del perdono. Per un ebreo non c'era niente di più distante come i due estremi del suo orizzonte. Sono «gli antipodi>>. Cosl Yhwh allontanerà da noi i nostri delitti: non ci macchiano più, non ci si attaccano, non ce li accolliamo, non si vedono, restano !ungi da noi (cfr. il commento a Sal 32, 1-2) . Que­ sta è una delle molte metafore del perdono nell'AT. L'immagine ad essa più vicina è quella stupenda di Mie 7, 19 : «Egli scaglierà in fondo al mare tutti i nostri peccati». In una supplica ad Ea, S amas e Mar­ duk, s'invoca: «Si allontani 3600 leghe il mio delitto» (Seux 201). c) I paragoni cosmici all'autore non bastano: sono impressionan­ ti, ma manca loro l'emozione umana. La necessità di saltare dal piano cosmico a quello umano per parlare di Dio fa parte del significato del salmo. Ad indicarlo è un dettaglio stilistico: i versi consecutivi 12 e 13 cominciano krflq - krhm e in tal senso gioca la ripetizione dei «suoi fedeli» nei vv. 1 1 e 13. L'autore dice «come un padre» e identicamente potrebbe dire «come una madre». In una implorazio­ ne accadica al Dio giudice, l'arante si appella al «tuo cuore, come quello di una madre carnale, come quello di un padre carnale>> (Seux 157). In una preghiera a Marduk si dice: «La sua collera è un diluvio, il suo perdono quello di un padre misericordioso».

-festo

e

commento

408

La paternità di Dio riguardo al suo popolo viene già affermata termini di dominio e responsabilità in Es 4,23, in termini di educa­ sione in Dt 8,5 e Is 1 ,2, in termini di adozione del re in 2 S am 7 e Sal 2; in Sal 68,5 viene chiamato «padre degli orfani». Scegliere­ mo due testi profetici che si soffermano sull 'aspetto emotivo della paternità: Os 1 1 e Ger 3 1 . Osea presenta Dio nella figura di padre (potrebbe essere madre) di Efraim (il popolo) . Dopo tutto quanto ha fatto questo padre per il bambino e il ragazzo, questi si ribella. Il padre decide di punirlo rigettandolo del tutto, quando improvvisamente si sente pervadere dall'affetto e si interrompe: in

1 1,8 Come potrei !asciarti, Efraim .. . ? Mi dà un tuffo il cuore, mi si rimescolano le viscere·. . . 9 Non cederò all' ardore della mia collera. . . perché sono Dio, non uomo.

Nel cap. 3 1 di Geremia, Dio vede arrivare Efraim, «torello indo­ mito», ma che «ha imparato la lezione>>; si avvicina «confuso e svergo­ gnato». Quando lo vede arrivare, Dio esclama: 20 Se Efraim è il figlio che amo,

il mio bambino, il mio «tesoro»! Ogni volta che lo riprendo mi ricordo di ciò, mi si commuovono le viscere e cedo alla compassione.

Tale è il senso del salmo: la rivelazione paterna di Dio nel perdo­ no. Dunque il perdono è competenza del padre e non della madre? Secondo Baruc (testo tardivo) spetta a Dio perdonare come padre e a Gerusalemme intercedere come madre; succede che nella relazione Yhwh-Gerusalemme i ruoli maschile e femminile sono ·fissi. I testi dei Proverbi che si riferiscono all'educazione dei figli trattano pari­ menti del padre e della madre. Il paragone paterno si prolunga in un magnifico verso (v. 14) che incorpora il tema del Dio creatore o modellatore. d) n paragone dell'aquila, leggendario, fa da contrappeso a quello dell'erba: al libero movimento nell'alto, l'effimero fiorire 1aso terra. La vedremo nell'esegesi.

Salmo 103

409

4. Composizione

Più che di architettura, dobbiamo parlare di sviluppo: incornicia­ to in un quadro ampio e saldo e assicurato da alcune ripetizioni ver­ bali più o meno vistose. Il quadro risulta formato dal duplice «benedici» al principio (vv. 1-2) e dal quadruplice imperativo nel finale (vv. 20-22), con una per­ fetta inclusione totale. Questo quadro inusitato determina il genere ed esprime un sentimento elevato. L'orante, che comincia solitario, deve ricorrere alla fine ad un coro eccezionale. Segue una serie di sei participi predicati di Dio (l'ultimo senz' ar­ ticolo) in quattro versi compatti e ben ritmati. Con un qatal (perfet­ to) entra nel v. 7 il riferimento storico, seguito da una predicazione liturgica nel v. 8. Questa scatena una grande riflessione, per mezzo di paragoni, in sei versi, di nuovo ben ritmati. Seguono quattro versi (15-18) che contrappongono la caducità umana alla misericordia divi­ na storica e sovrastorica; il ritmo diventa irregolare. Il v. 19 serve da conclusione a ciò che precede e apre il passaggio alla seconda parte del quadro. Ripetizioni. Quella più importante, che insiste sul tema centrale, è la ripetizione rhm + hsd nei vv. 4b.8, con rhm nel v. 13 e hsd nei vv. 1 1 . 17. L' orante non sa staccarsi da queste due parole. Impor­ tante è la ripetizione di gml nei vv. 2. 10, perché rivela il paradosso di una retribuzione divina che consiste nel perdonare. La ripetizione di 'wlm nei vv. 9 . 1 7 è semplicemente correlativa: viene negata dell'i­ ra, viene affermata della misericordia. Meno cospicua è l'insistenza sulla totalità (kl), ripetuto nei vv. 1 .2.3 .6. 19.22. Infine notiamo !'«ese­ cuzione» degli ordini richiesti agli uomini, attuata dagli esseri celesti. Esegesi l . Sant'Agostino insiste sulla benedizione interiore silenziosa: «Ha orecchi Dio, ha voce il cuore ... Gridi la tua voce se qualcuno ti ascolta, fa tacere la tua voce se nessuno ti ascolta; nel tuo inti­ mo c'è sempre qualcuno che la ascolta. Alle volte cantiamo, alle volte taciamo: ma deve forse tacere il tuo intimo senza lodare Dio? Risuoni pure a momenti alterni la voce, ma risuoni sempre la voce del tuo intimo>>.

2. A prescindere dal caso di Ezechia nella versione di 2 Cr 32,25

Testo e commento

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di due proverbi impersonali, la amministrata da Dio sempre di castigo (in Is 35,4 è a doppio taglio) . n verso presente ne cambia il senso corrente nel renderlo oggetto di benedizione o azione di grazie. n v. 10 chiarirà in cosa consiste questa retribuzione degna di gratitudine. L'elenco che segue ci avvia nella stessa direzione. 3-6. I sei participi sono enumerativi, non compongono una figura definita. I primi tre possono leggersi come una serie coerente: perdo­ na il peccato (causa), guarisce la malattia (conseguenza) , libera dalla ìnorte (castigo o destino) . Il quarto e il quinto sono positivi, introdu­ cono i tre termini hsd, rllm, t;wb. Il sesto passa dal particolare al gene­ rale. (Per un confronto, in cui il beneficiario è la terra cfr. Sal 65 ,10-12). 3 . Il Perdonante (slh): peccato e malattia si suppongono collegati (s i veda ad es. Sal 38) . slh è raro nel Salterio (solo qui e in 25 , 1 1), mentre è normale in altri corpi testuali. Con riferimento all'esodo e all'esilio possiamo segnalare Es 34,9; Nm 14, 19s; Is 55,7; la forma passiva ricorre in testi cultuali di Levitico e Numeri; l'aggettivo in Sal 86,5, il sostantivo in Sal 130,4. Il Medico (rp ') . Normalmente il soggetto del verbo rp ' è Dio: si vedano in particolare Sal 147,3: (cfr. Sal 79,5), il nostro salmo risponde: cnon per sempre». Se il Sal 77,8 si chiedeva: «Forse il Signore ci rigetta per sempre?>>, il nostro risponde: «non è per sempre» (cfr. Ger 3, 12) . Sl, ci castiga, persino il doppio del previsto, diceva Is 40, 1 ; «non come meritiamo» corregge il nostro salmo. Così è la sua retribuzione: la misura del castigo non è la colpa o il delitto, perché la sua giustizia è temperata e superata dalla misericordia (cfr. Ger 16, 1 8 ) . Vi sono delitti che si puniscono con una doppia restituzione o con penali (ad es. Es 22,3.8): a ciò possono alludere i testi citati

4 12

Testo e commento

di Is 40 e Ger 16, che il salmo corregge. Alla luce di questo verso si dovrebbero leggere molti oracoli profetici di minaccia. 1 1 . Seguono i tre paragoni già commentati, più uno implicito. L'altezza del cielo è quella più grande che un israelita possa immagi­ _nare (ls 55,9; Gb 1 1 , 8; 22 , 12) . 12. Se l'esilio è stato un il peccato .addirittura fuori dalla portata. 14. Il poeta fabbrica la sua immagine con i termini YV e 'pr attinti al mondo dell' arte plastica del vasaio. Oltreché padre, Dio � il vasaio che prende l'argilla e la modella. Nessuno come lui conosce il materiale impiegato e il modellato impresso. Infatti Dio ha lavorato con fango e il modellato che ne è risultato è ciò che dice Gen 6,5, prima del diluvio. Proprio perché Dio lo conosce come nessun altro, comprende e perdona. La nostra fragilità di ceramica, la nostra costi­ tuzione fisica che cede, è il nostro maggior vantaggio, soprattutto perché il nostro vasaio è nostro padre. 15-16. L'uomo di fango ha una vita vegetale: non quella di un alto cedro né di un leccio perenne, ma quella di un'umile erba a pelo del suolo, di bellezza effimera, indifesa di fronte al vento caldo o violento (Is 40, 7). Gb 7 , lO sembra ispirarsi a quest'ultima frase: come un'erba ha un posto nel suolo, l'uomo ha un posto nel mondo; quando se ne va, non torna, e il luogo abituale lo attende invano, non riconosce il suo ritorno, perché non torna. P. Celan lo commenta cosi: Un nulla eravamo, siamo, resteremo fiorendo la rosa di nulla , di Nessuno. Nessuno ci rimpasta di terra ed argilla : nessuno scongiura ' la nostra polvere. Nessuno. (Psalm)

17-18. Come nel v . 1 3, la misericordia sembra limit arsi alla co­ munità dei fedeli, di coloro che venerano Yhwh; nel medesimo tempo qsd sembra spostarsi dalla misericordia alla lealtà propria dell'alleanza. In questo contesto, la «giustizia>> di Dio consiste nell'adempiere i suoi obblighi (per questo viene riconosciuta nella confessione d�i peccati, Dn 9,7).

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Salmo 103

Il v . 1 8 sembra saltare dal regime di misericordia al regime di osservanza. Se la lealtà di Dio risulta condizionata dall'adempimento umano, di un uomo o di un popolo fragile, che posto resta per la misericordia? Crediamo che il verso amme tta un'altra spiegazione, in base a ciò che noi chiamiamo correzione, cambiamento: >. Tutti questi esseri celesti stanno al servizio immediato del Signore per svolgere incarichi ed eseguire ordini; ma ora devono tralasciare altre incombenze e, ascoltando l'imperativo, l'invito dell'arante, deb­ bono accompagnarlo nella benedizione di Dio: essi sono molti e sanno farlo meglio. 22. Tutte le sue opere: il Sal 148 si incaricherà di elencarle. Appendice a mo ' di commento

Prima di passare al contesto cristiano, vorremmo ricordare una riflessione sul tema poco nota o poco usata, nonostante il suo innega­ bile valore. In un contesto di retribuzione e perdono cosi spiega Sir 18: 8 Chi è l'uomo? A che serve? Qual è la sua bontà e la sua malvagità? 9 I giorni dell'uomo sono contati ed è molto se arriva a cent'anni. 10 Una goccia del mare, un granello di sabbia: questo sono mille anni paragonati al giorno eterno. 1 1 Perciò il Signore ha pazienza con loro e riversa su di loro la sua compassione, 12 poiché sa molto bene che sono inclini al male e per questo abbonda il suo perdono. 13 L'uomo ha compassione del suo prossimo, il Signore di tutti i viventi: avvisa, educa e insegna e guida come pastore il suo gregge. 14 Ha compassione di quanti ricevono la correzione e si sforzano di adempiere i suoi comandi.

Tl'Ssposizione cristiana

Possiamo chiederci se ci sia bisogno di una rilettura in tal senso, con un salmo che anticipa nell'AT la rivelazione della paternità di Dio. Mettiamoci dinanzi a Gesù Cristo che rivela Dio come Padre, ·ce ne rivela affettuosamente il nome Abba, ed ognuno vada avanti con i suoi testi preferiti. :possiamo rileggere la parabola cosiddetta del figliol prodigo (Le 15): è un testo che segna il culmine di questa paternità, e merita di essere chiamata piuttosto «parabola pel padre»; possiamo rimeditare l'intercessione sulla croce «Padre, perdonali» (Le

4 15

Salmo 103

23 ,34); oppure la certezza consolante di l Gv 2, 1 : «Abbiamo un di­

fensore dinanzi al Padre, Gesù»; oppure le lettere di Paolo comincian­ do da Rm 8,3 1-34. E per concludere la nostra lista o ciascuno dei nostri atti, abbiamo la preghiera insegnataci da Gesù, il Padre nostro, rivolta al Padre, chiedendo perdono. «Chi ha visto me ha visto il Padre» dice Gesù a Filippo (Gv 14, 9) . Più volte Gesù manifesta la sua tenerezza viscerale (rhm/splank­ ha Mc 1 , 4 1 ; 6,34; 8,2; 9,22). Egli incarna perfettamente tutti i titoli che il Salmo attribuisce a Yhwh: è il Figlio dell'uomo Perdonatore (Mc 2 , 10), il Medico (Mc 2 , 1 7 ; 5 ,25); il Riscattatore (Mc 10,45), il Saziante (Mc 6,30-43; 7 ,28; 8, 1-8) ; l'Apocalisse lo presenta come colui che dà la corona della vita (Ap 2 ,9). Il salmo dischiude altre piste di trasposizione e di riflessione. Il cristiano può cantarlo come Maria ha cantato il Magnificat, speri­ mentando nella propria vita e nel proprio intimo o spirito (nps/rwh Le 1 ,46) la misericordia di Yhwh (vv. 50.54) , una misericordia (vv. 50.55), la sua potenza (v. 5 1 ) , il suo saziare di beni (v. 53), tutte le grandi gesta, cominciate sin da Abramo (non da Mosè come nel salmo) e protratte di generazione in generazione. È l'espe­ rienza di un Dio che interviene in favore degli oppressi, degli umili e dei poveri (vv. 48.52 .53), di coloro che lo ri�pettano/venerano (v. 50) . Come Maria la Chiesa può dirlo non per sentito dire, ma perché ha sperimentato quanto annunciato, come chiunque l'ha incontrato. Gv 4,42 Prima ci aveva persuasi la tua storia, ma ora crediamo

in lui perché l' abbiamo sentito con le nostre orecchie e sappiamo che Egli è veramente il Salvatore del mondo. l Gv 1 , 1 Ciò che era fin da principio, ciò che abbiamo udito, ciò che abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il verbo della vita. .. lo annunziamo a voi.

Sul v. 14 Gregorio Magno commenta: «Cosa c'è di strano se lo conosce tutto? Ma il suo modo di conoscere il nostro fango fu quello di assumerlo per amore».

SALMO 104 l

Benedici, anima mia, il Signore: Signore, Dio mio, sei immenso.

Ti rivesti di maestà e di bellezza1 , la luce ti avvolge come un manto. Dispieghi i cieli come una tenda, 3 i tuoi alti saloni costruiti sulle acque2• Le nubi ti servono da cocchio e avanzP sulle ali del vento. 4 I venti ti servono da messaggeri; il fuoco avvampante, da ministro .

2

.5

6 7 8 9 10 11 12 13 :14

Fondasti la terra sulla sua base4 e non vacillerà in eterno, mai. La copristi col vestito dell'oceano e le acque assaltarono le montagne. Ma al tuo bramito fuggirono, al rombo del tuo tuono si precipitarono, mentre i monti salivano e scendevano le valli , ognuno al posto assegnato. Tracciasti una frontiera invalicabile, perché non tornino a coprire la terra. Dalle fonti fai sgorgare torrenti che scorrono tra i monti; ad essi si abbeverano le bestie selvatiche, l' onagro vi placa la sua sete. Ll vicino abitano gli uccelli dell'aria, tra le fronde trillano il loro canto. Dai tuoi saloni irrighi le montagne, la terra si sazia della tua azione feconda. Fai germogliare erba per il bestiame e foraggio per i lavori dell'uomo'; perché tragga pane dai campi, 1

allitt. fasto e maestà. costruisci sulle acque i tuoi saloni. J passeggi. 4 sue fondamenta. ' bestie da lavoro. z

417

S.Imo 104

vino che gli rallegra l'animo, olio che fa brillare il suo volto e cibo che lo rinvigorisce. 16 Sono gonfi6 di linfa gli alberi del Signore, i cedri del Libano da lui piantati. 17 Là nidificano i passeri, sulla loro cima mette casa la cicogna. 18 I dirupi sono per le capre e le rocce, tane per i tassi. 15

19 Facesti la luna con le sue fasi

e il sole che conosce il suo tramonto. 20 Cali le tenebre e si fa notte e vagolano le fiere della selva. 2 1 Ruggiscono i leoncelli in cerca di preda, reclamano da Dio il loro cibo. 22 Al brillare del sole, rintanano per accucciarsi nei loro covili. 2 3 L'uomo esce alle sue faccende al lavoro dei campi fino a sera7 • 24 Quante sono le tue opere, Signore, le hai fatte tutte con maestria: la terra è piena delle tue creature. 25 Ecco il mare: vasto e sconfinato, vi guizzano senza numero animali piccoli e grandi: 26 lo solcano le navi e il Leviatan che plasmasti per giocare con lui8• 27 Tutti essi aspettano che tu dia loro cibo a suo tempo. 28 Glielo dai e lo afferrano, apri la mano e si saziano di beni. 29 Nascondi il volto e si spaventano, gli togli il respiro e muoiono, ritornano alla polvere.

' si saziano. 7 sue fatiche sino all,imbrunire. 1 percW in esso giochi.

Testo e commento 30

418

Mandi il tuo respiro e li ricrei, rinnovi la faccia9 della terra.

31 Gloria al Signore per sempre, gioisca il Signore delle sue opere! 32 Quando guarda la terra, essa trema, _tocca i monti e fumano. 3 3 Canterò al Signore finché vivo, suonerò per il mio Dio finché respiro. 34 Gli sia gradito il mio poema ed io gioirò del Signore. 35 Spariscano dalla terra i peccatori, mai più esistano i malvagi. Benedici, anima mia, il Signore. Alleluia.

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,

9

superficie.

419

Salmo 104

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,

Testo

e

commento

420

Lista alfabetica

Alonso Schokel 87 Auffret 82s Barker 86 Beaucamp 66 Berrick 82 Blidstein 64 89 Booij Clifford 81 69 Dahood Deissler 60.81 Derret 87 Driver 62 Fullerton 21 Griffith 69 Grill 59 72 H abel

Harrelson Hoffman Howard Humbert Huppen-Bauer Jirku Joiion Legrand Leonardi M. Achard M. Sanchez N apier N ebe Porporato v. Rad Ramlot

75 92 92 35 69 51 30 61 68 72 65 62 81 32 63 60

Relles Renaud Rinaldi Scammon Seidl Seybold Shinan Smit Sparks Stedelmann Steck Sutcliff v.d. Woort Weiss Westermann

66 81s 73 69 84 84 77 89 47 70 78 52 51 64 67

Per l• relaione con l'inno egizilmo: NAGEL, A propos des rapports tl11 Ps 1 04 afJec /es textes egyptiens, in FS Bertholet, Tiibingen 1950, 395-403 . H. KRusE, Archetypus Ps 1 04, VD 29( 195 1) 3 1-43. Y. SEDER, Sal 104 e Inno al Sole di Akhnaton, Petah-Tiqwa 1963s. K.H. BERNHARDT, Amenophis IV und Ps 1 04, MitlnstOrFor 15( 1969) 193-206. B. CELADA, E/ salmo 1 04, el himno de Amenofts y otros tlocumentos egipcios, Sefarad

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An.Jisi lilologictJ l . hwd: exomo/ogesin LXX, confessionem Vg. 2. '(h: correggono t'th (aplografia) Gun Kraus. 3a. hmqrh. . . 'lywtyw: letteralmente, che costruisce sopra le acque i suoi saloni eccelsi. Vaccari traduce «padiglione»; Lancellotti «stanze»; Bar-Com­ Galb «alte dimore». Ravasi «appartamenti» con diffusa spiegazione a p. 1 10. hlm 'bym rkwbw: che fa delle nubi il suo cocchio. 4. 'lh ml'kyw rwhwt msrtyw: letteralmente: che fa dei venti i suoi mes­ saggeri. LXX: ho poion agge/ous autou pneumata; Targum si fa messaggeri veloci come il vento.

421

Salmo 104

lht: part. masc. corretto da alcuni, sostantivo in apposizione o asindesi Dah. V accari: «guizzi di fuoco»; Rav «fuoco e fiamma». 6. ksytw: suff. masc. riferito a thwm; leggono un suff. femm. riferito alla terra Aq Teod Gir Targ . 8. y 'lw: alcuni rendono soggetto le acque e complemento di moto a luogo hrym e bq 'wt; mqwm costr. dinanzi a relativo. 10. hmslh: qui emittis fontes in convallibus Gir cosl LXX Del. 1 1 . hytw: variante di hyh GK 90 o; forma arcaica con 3a radicale con­ servata. 12. mbyn 'pw 'ym: de medio petrarum (qp ') Vg LXX Sir. 13. mpry m fyk : intrepretazione problematica: si riferisce all a pioggia o alla vegetazione (Gen 1 , 1 1- 12)? Altri emendano in mry 'fmk con l'umi­ dità dei tuoi serbatoi» Gun Kraus Lancellotti. 14. l'bdt: ambiguo: per il servizio dell'uomo Graetz Gun, perché lo coltivi (Gen 2,5), per coloro che servono l'uomo Dah; per le colture dell'uo­ mo, cosl Briggs Deissler Kraus. 14b-15: gioco stilistico che ripete gerundi, min, /hm e lbb 'nws. 17. herodii domus dux est eorum Vg (non hanno compreso il brw'Sym). 19. lmw'dym: potrebbe essere: per (indicare) le feste (cfr. Gen 1 , 14). yd': può essere frase relativa. 20. tst: forse temporale Joiion 167 a; tSt. wyhy iussivi forse come con­ dizionale e apodosi Hitz Del cfr. Joiion 167 a. 25. rhb ydym: spatiosum manibus Vg LXX, weit und breit Ecker. 26. lwytn zh y�t: draco iste quem formasti ad illudendum ei Vg, «per giocare nel mare, perché gioca con tutti gli esseri marini; infatti mangia di tutti quelli che cadono in suo potere» Kim, nell'acqua Eut Bel Teod; giocare con il Leviatan Baeth (Gb 40,29). zh: relativo DBHE zh 4 . 27. ltt: soggetto implicito Joiion 124s. '

=

. .

Spiegazione globale del sslmo 1. Genere letterario

Questo salmo è un inno a Dio per la creazione: cos} sono soliti catalogarlo gli esegeti. Comincia come il precedente con l'imperativo brky che abbiamo interpretato come rendimento di grazie: questa in­ terpretazione è valida anche per il caso presente? Considerando la vicinanza tra lode e rendimento di grazie, collochiamo piuttosto que­ sto salmo tra i due generi, inclinato però verso la lode. Accettiamo dunque la classificazione come inno, anche se ben poco è stato detto su questo inno singolare. Inno a Dio per la creazione, non inno della creazione. Le creatu-

Testo

e

commento

422

re, la numerosa popolazione del salmo, non sono invitate a benedire o lodare il Signore, come chiedeva il salmo precedente rivolgendosi a «tutte le sue opere», o come farà il Sal 148; neppure lodano come i cieli del Sal 19. Al contrario, mediante esse l'orante loda Dio. È un «cantico nelle creature». Il ruolo delle creature è pertanto quello di rivelare. In termini liturgici è come un'eco amplificata dei serafini (Is 6,3) : «la terra è piena della sua gloria/la pienezza, ciò che riempie la terra, è la sua gloria». In termini di una filosofia elementare lo esprimeranno più tardi due autori quasi coetanei: Sap 13,5 Rm

Dalla grandezza e la bellezza delle creature si scopre per analogia chi le diede l'essere.

l ,20 Il suo eterno potere e la sua divinità risultano visibili per chi riflette sulle sue opere.

Si è soliti citare come testo parallelo o ispiratore del presente salmo l'inno al Dio Sole di Akhenaton. Un recente articolo di C . Uehlinger (citato in bibliografia) mostra invece che è cananea la pa­ tria ideologica e spirituale di questo salmo e che l'Egitto assimila l'influsso cananeo. Più che gli influssi esterni, senza dubbio attendibili, ci interessa il sistema di relazioni instaurato dal poema. Il salmo non è un enun­ ciato teorico, ma un canto, dal quale possiamo imparare cose impor­ tanti. È innegabile, per prestiti, rielaborazioni, reminiscenze, che sia stato fonte d'ispirazione per i poeti (si pensi, fra molti altri, a Boezio, Fra Luis di Leon e A. de Lamartine) . 2. Dio e la creazione

Dio è il creatore, senza dubbio; però la relazione con l'universo creato non è esattamente quella di Gen l . Nella prima pagina della Bibbia Dio è un creatore trascendente, che resta fuori dalla sua ope­ ra; impartisce ordini efficaci, contempla, impone nomi, crea specie, imprime loro un impulso generatore; poi si ritira a riposare. Nel Sal 1 04 Dio rimane dentro l'universo celeste, come sovrano nella sua cor­ te e continua ad occuparsi delle sue creature. Il salmo p �ecedente presentava il Signore come sovrano di un impero: 103 , 19 Il Signore pose nel cielo il suo trono, il suo regno in tutto il suo impero.

423

Salmo

104

22 Benedite il Signore, sue opere tutte, in tutta la terra del suo impero.

Simile è la visione del nostro salmo: quella di un sovrano nei suoi domini. Immanente alla creazione? No; la sua sovranità universa· le è la sua trascendenza. Il poeta non ricorre al simbolo spaziale di «fuori, al di là, al di sopra» rispetto alla totalità creata. Questo riguar­ da la visione poetica, perché Dio è sentito vicino e presente. Gen l ci offre una nobilissima visione ieratica (assai ammirata dall'autore del trattato Sul Sublime) . Il poeta del Sal l04 ci trasmette un incontro contemplativo e cordiale (più particolari nell'esegesi) . D'altra parte, Dio qui non è un artigiano, come in Pr 8, ma un sovrano (nonostante il v. 24) . Possiamo guardare la relazione da una prospettiva temporale. Seb­ bene un giorno remoto piantò cedri (v. 16) e fece la luna (v. 19), adesso entra nei ritmi del tempo: irriga i monti (v. 13) e fa germinare (stagioni, v. 13s), sistema le tenebre notturne (ritmo diario, v. 20) , getta il cibo (faccenda quotidiana, v. 28), ritira il respiro e lo invia (ritmi biologici) . Il Dio del nostro salmo non riposa un settimo giorno eterno, ma anzi continua ad operare (cfr. Gv 5 , 1 7). J . L 'uomo nella creazione

a) L'homo faber. In questo mondo di cielo, terra e mare, di esseri inorganici, monti e fiumi, di vegetali, alberi ed altre piante, di anima­ li selvaggi e domestici, l'uomo occupa un posto poco considerevole: al mattino esce alle sue fatiche o faccende e ritorna all'imbrunire. L'apparizione dell'uomo avrebbe potuto imperniare il poema, co­ me nel Sal 8: «Che cos'è l'uomo?». Non succede cosl, anzi il contadi­ no del poema attraversa i versi, come se fossero solchi e si allontana. Tuttavia, la sua effimera presenza poetica rivelerà al poeta, diretta­ mente e per contrasto, due tipo d'uomo: il lavoratore e il contemplatore. L'audacia e l'originalità del poeta consiste nell'inglobare l'homo faber dentro la natura, come parte armonica di essa. L'uomo occupa soltanto i vv. 14-15 e 23. Cosa fa? Cosa cerca? Gli animali dispongo­ no di fiumi per bere acqua (v. 1 1), le fiere «ruggiscono per la preda reclamando a Dio il cibo» (v. 21). L'uomo non lo trova tutto bell'e fatto né ruggisce: semplicemente «esce alle sue faccende sino all'im­ brunire». Guardatelo mentre rispetta il ritmo del tempo, inserito in esso. Le sue fatiche sono finalizzate a trarre dalla terra pane, vino c olio. Pane per recuperare le forze, perché non mangia i frutti come li trova, vino per rallegrare l'animo, perché non si contenta di bere

Tato

commento

e

424

acqua; olio per dare lucentezza al volto, per esaltare la sua prestanza naturale. Né il pane appare cotto nei solchi, né il vino zampilla da fonti, né l'olio gronda da alberi. L'uomo interpone il suo lavoro e la sua manualità d'artigiano. Quella arti-ficiale è la cosa naturale del­ l'uomo. Con il suo arti-ficio l'uomo si inserisce nella natura. È questo homo faber che domina e sottomette la terra con il suo lavoro intelligente, che la sfrutta senza distruggerla. Non è l'Ada­ mo esiliato di Gen 3 , che irriga il suo sudore per raccogliere tra cardi e spini. È un lavoratore sereno, puntuale, senza sentimenti espliciti, che signoreggia modestamente su un piccolo appezzamento di terra. L'autore del salmo non avrebbe remore nel sottoscrivere che pane, vino e olio sono frutto della terra, della vite, dell'olivo e del lavoro dell'uomo. L'uomo lavoratore è parte integrante di una natura che rivela Dio; pertanto, anch'egli rivela semplicemente. h) L 'uomo navigante. È una variante del precedente. È curioso in questo poema l'interesse per l'elemento acquatico (una reliquia di influsso fenicio?): le acque celesti (v. 3), l'aggressione dell'oceano ri­ belle (vv. 6.7.9) , gli animali presso fiumi (vv. 10- 1 1) , l'irrigazione della pioggia (v. 13). Ebbene l nel mondo ci sono altre acque che non sono l'oceano ostile o t•hom. E il mare tranquillo, garbato, pullulante: in esso brulicano senza numero animali piccoli e grandi (v. 25). Que­ sto mare offre il dorso alle navi che l'uomo costruisce, le sostiene. n mare sconfinato dove i pesci tessono e stessono rotte o sentieri (Sal 8,9), non fa indietreggiare l'uomo, benché non sia il suo elemento: Sal 107,23 Entrarono su navi per il mare commerciando per l'immensità dell'oceano. Sap 14,2 navi che progettò la smania di lucro e armò la perizia tecnica.

Cosl come l'uomo abbandona il suo elemento, che è la terrafer­ ma, per avventurarsi nel mare inquieto e ignoto, oserà un giorno sol­ care l'atmosfera degli uccelli e gli spazi del cielo? Nessun poeta bibli­ co lo dice o lo fantastica. Viaggi e rotte celesti, su cocchio o cavalcan­ do venti, spettano a Dio (v. 3). Ciò che dicono Dt 30, 12 Am 8,9 e Sal 139,8 sono pure ipotesi poetiche. 4. L 'uomo contemplatore

All'interno del poema abbiamo osservato un paesaggio umanizza­ to dall homo faber. Fuori dal poema scopriamo il poeta come homo '

425

Salmo 104

contemplator. Si siede a guardare mentre gli altri si muovono, si affan­

nano, lavorano e riposano. Affinando i concetti, possiamo distinguere tra osservare e con· templare. L'osservatore registra e cataloga fenomeni, il contemplatore li sorpassa. Il botanico o l'entomologo debbono essere buoni osserva­ tori, il contemplativo trascende il fenomeno. È chiaro che molti os­ servatori, amanti della natura, sanno controllare scientificamente la loro osservazione per poi oltrepassarla. Contemplare è un atteggia­ mento di apertura dell'uomo, di penetrazione attraverso superfici tra­ slucide. Il bambino è un contemplatore innocente, il poeta è un con· templatore comunicativo, l'uomo religioso può essere un contemplato· re ispirato. Cardini della sua contemplazione sono quei sentimenti indissociabili che E. Dickinson chiamava circumference ed awe: senso dell'infinita vastità e reverenza religiosa. E il mondo può essere senti· to come metafora ed analogia. Ci piace citare una pagina di Nuovo Rinascimento di A. Onofri, in cui il poeta contemplatore diventa in­ namorato di parentele: Ogni umile forma terrestre addita e racconta con brivido la sua gloria celata e la sua grazia verissima. Una volta essa è, nel deserto di sabbia, il flessibile ramo del palmizio ricurvo, o sui colli d'aprile è la pupilla cerulea dell' agnellino; altrove è il caldo sapore del pa­ ne, l'ondeggiare dei fieni. La parola creatrice di lui le solleva il respiro in nuvole e brez­ ze, in lunari maree e in planetarie stagioni, la parola di lui la feconda eli sé nei suoi umidi calici lungo le siepi, nei suoi pen­ nuti canori, nelle sue belve inselvate, nelle sue creature par­ lanti. . .

Il contemplare poetico è cogliere «l'eterno anelito delle cose» (C. Rebora) ; e «dalle forme di tutto ciò che vive o è senza vita, congiunto all'occhio dell'artista, sorge una nuova vita, la bellezza dell'incanto» (T.S. Eliot). Avevamo bisogno di questa digressione per contestualizzare il Sal 104 e parecchi altri testi poetici dell' AT. Come osservatore è superiore Salomone (l Re 5 , 13); come contemplatore fa compagnia all'autore di Giobbe e dà esempio a Ben Sira (Sir 43) . Nessuno legge­ rà questo nostro salmo per imparare la storia naturale e nemmeno per verificare ciò che gli antichi sapevano di scienze naturali. Per appropriarsi del salmo, occorre entrare in sintonia e in comunione con il suo atteggiamento contemplativo.

426

Testo e commento

5. Il poeta contemplatore ed artista

a) Contemplatore. L'autore, oltre a !asciarci un poema davvero squisito, ci dà una lezione. Contemplare è un atto gratuito, amoroso, gioioso. È scoprire senza interesse utilitario, è prendere senza rovina­ re, si può condividere senza perdere . Nel contemplare si equilibra l'affanno febbrile, si asciuga il sudore della fronte, l'uomo si rassere­ na, come Giobbe dalla mano di Dio. Mentre l'homo faber dentro il poema in der Sicht der Geschichtssummarien des Psalters, in

P.S. Wagner, Berlin

199 1 , 193-208 .

An.lisi lilologics

3 . Variazione stilistica di plurale e singolare. 6. 'm: con, come (Gb 9,26; Qo 2, 16) GB 595 a. 7. 'l ym: ascendentes in mare LXX Vg (leggono 'olim) ; alcuni correggono in 'lywn BHap Gun; 'lyk Hitz. 15. rzwn: plesmone LXX; con connotazione negativa in base al parallelo di Nm 1 1,20 Duhm. Vaccari e Ravasi «consunzione»; Bar-Com-Galb «flusso di morte>>; Lancellotti «ingordigia»; Colombo >. 20 Così ripaghi il Signore chi mi accusa5, quelli che di me parlano male. 2 1 .Tu invece, Signore, mio Sovrano, trattami, come si addice al tuo nome6, per la tua benefica bontà liberami. 22 Perché sono un povero disgraziato, nell'intimo ho il cuore trafitto. 23 Me ne vado come ombra che si allunga, scrollato via come una locusta. 24 Mi si piegano le ginocchia dal digiuno7, sono smunto e smagrito8 • 25 Sono il loro zimbello, al vedermi scuotono9 la testa. 26 Aiutami, Signore, Dio mio, salvami per la tua misericordia. 27 Sappiano che qui c'è la tua mano, che Tu, Signore, lo hai fatto. 28 Loro maledicano, tu mi benedirai; siano sconfitti i miei rivali, mentre il tuo servo gioisce. 29 Si vestano d'infamia i miei accusatori, la confusione li avvolga come un manto.

' mi calunniano. fama. ' dal non mangiare. • scarno e macilento. 9 dimenano. 6

488

489

Salmo 109

La mia bocca ringrazierà tanto il Signore, lo loderò in mezzo a molta gente; 31 perché si è messo alla destra del povero per salvarlo da chi lo condanna.

30

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=

,

Anslisi lilologics

2. wpy mrmh: espunto da Gun Kraus; !Swn sqr strumentale o avverbiale, cosl pure nel v. 3a. 4. tht 'hbty: pro eo ut me diligerent Vg, eos diligebam Gir; BHS propone di eliminarlo.

Testo

e

commento

490

tplh: LXX legge un verbo, Sir aggiunge «per loro»; equivale a 'ys tplh (come Dn 9,23) Kim Ros, «ich aber bin ganz Gebet>> Hitz Del. 6. itn: diabolus Vg, Satana Gir Kim, avversario opinione comune. 7. tpltw lhfh: oratio eius fiat in peccatum Vg, eis apotykhian Eut Hitz; altri traducono variamente nel senso > e ; forse anche di �lsd (vv. 12 .2 1 .26); ciò che gli uomini negano lo concederà il Signore. Lo stile è prodigo di parallelismi sinonimici e correlativi, si com-

495

·Salmo 109

piace nelle serie, cerca immagtnt espressive; tutto al servizio di un tono crudo, appassionato. Esegesi

1-3 . Il salmo comincia con un grande silenzio in mezzo a una conflagrazione di voci: l'arante invoca e loda, i rivali incalzano con le loro calunnie: può Dio restare zitto? Il silenzio di Baal era segno d'impotenza (l Re 18); l'esilio è stato un silenzio di Dio: «Per molto tempo sono stato in silenzio, tacevo, sopportavo» (Is 42 , 14); Ab 1 , 1 3 protesta: «perché contempli in silenzio i traditori, il colpevole che divora l'innocente?>>. I salmi riprendono l'idea: il silenzio può essere fatale (28,1); il silenzio di Dio lascia campo libero ai suoi nemici (22,3; 35 ,22; 39, 13; 83 ,2) . La vita appare una primordiale dimora tetra e segnata dal destino dove i crimini furono compiuti e su crimini si rumina dove il male si erge più forte verso la notte e le potenze del destino tardi e male sono vinte. (P. Lagerkvist, Viviamo in quello spazio dove si volge la vita, in Poesie, Rimini, 1991, 87 )

L'arante descrive i discorsi del nemico con immagini militari: «circondano» come in un assedio, «attaccano» come in assalto. È una battaglia verbale le cui armi sono la menzogna e la calunnia. È una battaglia all'ultimo sangue. 3b-4a. L'arante non ha dato motivo per simili attacchi; al con­ trario, la sua condotta è stata dettata dall'amore. Sant'Agostino di­ stingue quattro corrispondenze positive e due negative e le chiarisce con esempi biblici: ripagare con il bene il male, non ripagare il male con il male, ripagare il bene con il bene, il male con il male, non ripagare il bene con il bene, ripagare il bene con il male. l Sam 24 , 18 Tu mi hai ripagato di beni mentre io ti ho ripagato

con mali (Saul e David) . 1 Sam 25 ,2 1 Ora mi ripaga il bene con il male (David parlando di Nabal) . Ger 1 8,20 Si ripaga forse il bene con il male? (Geremia) . Pr 1 7, 13 A chi ripaga il bene con il male, il male non si allontanerà dalla sua casa.

Nel Sal 109 cominciano i nemici a ripagare amore con ostilità

.Testo e commento

11496

l' orante risponde rendendo male per male (con misura, legge del taglione) . Si vedano anche Sal 35, 12; 120,7; e 38,2 1 con s�n. 4b. È problematica l'interpretazione di tplh. Abbiamo tre ipote­ si: a) Supplica per i rivali (come Ger 1 5 , 1 1); è un modo di ripagare il male con il bene. b) Supplica per se stesso, come nei vv. 2 1 -26; dalla lode si passa alla supplica, dalla thlh alla tplh. c) Il termine deri­ va dalla radice pll giudicare come arbitro, alla luce di Es 2 1 ,22; Dt 32,3 1; Gb 3 1 , 1 1 .28; Is 28,7; l'arante si appella al giudizio di Dio o del tempio. La nostra preferenza va alla seconda ipotesi. 5 . Serve da riassunto e per introdurre come citazione il discorso dei rivali (secondo la seconda ipotesi) . 6- 15. Se ci atteniamo alla forma, contiamo venti richieste o im­ precazioni, all'imperativo o iussivo, positive e negative. Come una lapidazione verbale della vittima. Se prendiamo in considerazione il contenuto, osserviamo blocchi tematici. Per capire questo genere nel contesto dell'AT dobbiamo ricorrere a Dt 27-28. Le maledizioni vengono concepite in opposizione alle benedizio­ ni, si presentano in serie; sono condizionate all'inosservanza delle clau­ sole dell'alleanza e pertanto funzionano come castigo, sono clausole penali; si pronunciano liturgicamente in una cerimonia annunciata da Dt 27, 12-13 e riferita da Gs 8,30-35 . Queste maledizioni si conside­ rano efficaci per l'azione di Dio o ne sono giustificate (Gdc 9,57); in caso contrario sono inefficaci (Pr 26 ,2) . Dio può cambiare la male­ dizione in benedizione (il caso di Balaam Dt 23,6). Un esempio di effetto di maledizione a lungo termine si legge in Gs 6,26, con la realizzazione in l Re 16,34. Se le maledizioni di Dt 28 si dirigono al popolo come collettività, quelle del salmo si dirigono ad un indivi­ duo; forse per questo il contenuto non coincide. 6-7 . La prima imprecazione è forse la più insolita, per il fatto di rivolgersi a Dio all'imperativo e per ciò che chiede. Supponiamo che uno auguri ad un altro: (Mt 7,25). 6b. Il suo ricordo si conserva nella sua famiglia e nel suo popolo . .In modo analogo Pr 10,7 dice: , come diremmo oggi. Come insegna Pr 3 1 , la casa è il regno della madre, mentre il marito si occupa degli affari pubblici. I figli sono la loro gioia. Si esaurisce forse il senso in questa figura individuale e tipica? Is 54, 1-3 ci dà una pista per ampliare la portata del verso; si veda pure Is 49,20-2 1 . Questi testi d i Isaia ed altri simili ci insegnano che è facile legge­ re il salmo 1 1 3 in una prospettiva nazionale: il povero e l'emarginato incapace di autotutela è il popolo ebraico sottomesso e sfruttato, la sterile è la comunità decimata. Dio volge su di loro il suo sguardo per cambiare la loro sorte. Tale è lo stile di un Dio che si chiama Yhwh e porta il titolo di Altissimo .

T:rasposizione cristiana Il movimento di abbassarsi per innalzare raggiunge il suo estre­ mo nell' incarnazione del Figlio di Dio. I Padri hanno sviluppato am­ piamente questo tema della condescensio (synkatabasis) di Dio. L'inno di Filippesi è la migliore traduzione cristiana del movimento del Sal 1 13 , con un senso insospettato, inimmaginabile :

2,6 Malgrado la sua condizione divina non ostentò il suo essere uguale 7

anzi, si svuotò di sé e prese la condizione di schiavo, facendosi simile agli uomini.

8

Mostrandosi in figura umana si umiliò, si fece obbediente sino alla morte, una morte di croce.

a

Dio;

Salmo 113

,39

9

Per questo Dio lo esaltò sopra tutte le e gli concesse un titolo superiore ad ogni altro titolo,

cose

l O perché dinanzi al nome di Gesù,

ogni ginocchio si pieghi, nel cielo, sulla terra, nell'abisso 1 1 e ogni lingua confessi per la gloria di Dio Padre: Gesù Cristo è Signore! Con questo coincide la dottrina sull'umiltà: «chi si umilia sarà esaltato», e un paio di beatitudini. Possiamo idealmente rileggere il salmo alla luce di Gv 1 9 , 1 9-28 : nell'ironia teologica giovannea la «croce» coincide con l' ascoltiamo Giacomo:

2,5 Dio ha scelto quelli che agli occhi del mondo sono poveri, per farli diventare ricchi nella fede e dar loro quel regno che egli ha promesso agli uomini che lo amano (cfr. anche l Cor 1 ,26-28) .

SALMO 114

l Quando Israele uscl dall'Egitto,

Giacobbe da un popolo balbuziente,

2 fu Giuda il suo santuario, Israele fu il suo dominio. 3 Il mare al vederli fuggl, il Giordano indietreggiò. 4 I monti saltarono come arieti, le colline come agnelli. :.5 «Che hai, mare, perché fuggi;

e tu, Giordano, che indietreggi?

6 E voi, monti, perché saltate come arieti e voi colline, come agnelli?>> 7 Di fronte al suo Signore la terra trema 1,

al cospetto del Dio di Giacobbe, 8 che trasforma la rupe in stagni, la selce in sorgenti.

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l

sobbalza.

Salmo 1 14

S41

Analisi filologie�� 2. yhwdh: LXX Vg traducono Giudea. mmslwtyw: exousia autou LXX Vg. 4. rqdw: «parla una personificazione (proposopea) che con le sue parole attribuisce sensazioni ad essere inanimati e proclama pubblicamente cosl la potenza di Dio>> Teodoreto. eskirtesan LXX, exsultaverunt Vg; «saltellarono• Vaccari; Barb-Com-Gal «balzano»; Chouraqui