I e II Samuele 8870165450

Il libro in pillole: - Dello stesso autore del commentario alla Genesi in questa stessa collana; - Una lettura per l

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Table of contents :
Sommario dell’opera
Prefazione ai Commentari
Nota del curatore
Ringraziamenti
Introduzione

Parte prima
L’ascesa di Samuele (I Samuele 1 - 7)
1. La legittimità di Samuele (I Samuele 1 - 3)
2. Il racconto dell’arca (I Samuele 4,1b - 7,1)
3. Samuele, il giudice (I Samuele 7,2-17)

Parte seconda
Il regno di Saul (I Samuele 8 - 15)
4. I racconti di Samuele (I Samuele 8)
5. L’investitura di Saul (I Samuele 9 - 11)
6. L’antico patto, la nuova monarchia (I Samuele 12)
7. La reiezione di Saul (I Samuele 13 - 15)

Parte terza
L’ascesa di Davide (I Samuele 16,1 - II Samuele 5,10)
8. Davide: pastore, musico, guerriero (I Samuele 16 - 17)
9. Davide alla corte di Saul (I Samuele 18 - 20)
10. Davide fugge dalla corte di Saul (I Samuele 21 - 22)
11. Saul insegue Davide (I Samuele 23 - 26)
12. L’impresa di Davide contro i filistei (I Samuele 27 - 30)
13. Si adempie la profezia di Samuele (I Samuele 31)
14. Il problema della successione di Saul (II Samuele 1 - 4)
15. Il riconoscimento di Davide come legittimo successore (II Samuele 5,1-10)

Parte quarta
Il regno di Davide (II Samuele 5,11 - 8,18)
16. Servire la causa del re (II Samuele 5,11-25)
17. Davide ricorda l’arca (II Samuele 6)
18. Un tempio per YHWH (II Samuele 7)
19. L’espansione dell’impero di Davide (II Samuele 8)

Parte quinta
La famiglia di Davide (II Samuele 9 - 20)
20. Davide: il re e l’uomo (II Samuele 9 - 14)
21. La ribellione di Absalom (II Samuele 15 - 19)
22. Un movimento separatista (II Samuele 20)

Parte sesta
Le memorie di Davide (II Samuele 21 - 24)
23. Un racconto e un elenco (II Samuele 21)
24. Il canto di Davide (II Samuele 22)
25. Un canto e un elenco (II Samuele 23)
26. Un peccato e una preghiera (II Samuele 24)

Bibliografia
Indice dei nomi
Indice dei testi citati
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I e II Samuele
 8870165450

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Walter

Brueggemann

I

e

II

SAMUELE Edizione italiana a cura di Maria Sbaffi Girardet

Claudiana

-

Torino

www.claudiana.it - i [email protected]

Walter Brueggemann, docente di Antico Testamento presso il Columbia Theological Semi­ nary (USA), è uno dei maggiori esperti di esegesi veterotestamentaria. Tra i suoi libri ricordiamo: Il primo libro dei Re (Torino, Claudiana, 1993), Genesi (Torino, Claudiana, 2002), Immaginazione profetica: la voce dei pro­ feti nella Bibbia e nella chiesa (Bologna, EMI, 2004), Teologia dell A n tico Te­ stamento (B rescia, Queriniana, 2002}, Introduzione all'Antico Testamento (Torino, Claudiana, 2005). '

Qu esto volume è stato pubblicato con il contn"buto dell'8%o della Chiesa evangelica valdese (Unione delle chiese valdesi e metodiste) cui va il nostro rin­ graziamento. Scheda bibliografica CIP Bmeggemann, Walter I e TI Samuele l Wal ter Bmeggemann; traduzione di Maria Sbaffi Girardet Torino : Claud iana, 2005 392 p. ; 24 cm. - (Strumenti) ISBN 88-7016-545-0 l. Bi bbia. Vecchio Testamento. Samuele- Commenti

CDD 222.4 (21. ed.)

ISBN

88-7016-545-0

Titolo originale:

©

First and Second Samutl

John Knox Pr ess, Louisville, Kentucky,

1990

Per la traduzione italiana: © Claudiana s .r.l ., 2005 Via San Pio V 15 - 10125 To rino Tel. 011.668.98.04- Fa x 011.65.75.42 e-mail: info @claudiana.it sito int ernet: www.claudian a.it Tutti i diritti riservati - Pr inted in Italy

Ristampe: 09 08 07 06 05 Copertina: Umberto Stagnato

Stampa : Stampatre, Torino 4

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Sommario dell'opera

Sommario dell'opera

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Prefazione ai Commentari

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Nota del curatore

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Ringraziamenti

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Introduzione

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Parte prima L'ascesa di Samuele I Samuele l

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Parte seconda

Il regno di Saul I Samuele 8

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Parte terza L'ascesa di Davide I Samuele 16,1 - II Samuele 5,10

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Parte quarta Il regno di Davide II Samuele 5,11 - 8,18

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Parte quinta La famiglia di Davide II Samuele 9

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Parte sesta Le memorie di Davide II Samuele 21-24

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Bibliografia

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Indice dei nomi

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Indice dei testi citati

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Prefazione ai Commentari

Progettando questa serie all'interno della collana «Strumenti>> - il cui nome costituisce di per sé un programma editoriale - ci si è interrogati sulla necessità di pubblicare commentari biblici e su quale genere di commentario proporre ai lettori italiani. Nel corso del tempo si sono susseguite numerose collane di com­ menti alla Bibbia, tutte fortemente segnate dall'autore, dall'epoca e dal­ lo stato della ricerca esegetico-teologica. Per limitarci all'ultimo secolo e all'ambito protestante - di cui bene o male siamo tutti figli - nello stu­ dio della Bibbia vanno ricordate le due grandi correnti, progressiva­ mente allontanatesi in una dicotomia assai perniciosa per la vita della chiesa: quella che potremmo definire biblicistica e quella dell'esegesi storico-critica. Ambedue hanno generato commentari legati alla lettera del testo o alle ricerche esegetiche e storiche, concentrandosi in parti­ colare, l'una, sull'elaborazione dei dati biblici e sul messaggio, la pietà e la spiritualità, le altre su un'analisi puntuale di singoli versetti o ter­ mini, nello sforzo di comprenderne il senso all'interno del contesto sto­ rico e di renderlo attuale. La nuova concezione della serie di commentari che qui proponiamo nasce in ambienti di lingua inglese, in particolare nordamericani, con l'intento di conciliare la grande tradizione dell'esegesi storico-critica con una proposta biblica - ma non biblicistica - capace di parlare alla spiri­ tualità e alla sensibilità dei credenti del nostro tempo, e di integrare gli aspetti più propriamente teologici e omiletici articolando una riflessio­ ne di teologia biblica fortemente ancorata al testo della Bibbia. Tenta cioè di non disperdere i tesori di conoscenza storica ed esegetica e al tempo stesso di rendere riconoscibili le diverse impostazioni teologiche dei singoli libri biblici in modo da valorizzarle e non ridurle a un de-

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nominatci're comune, forzandole in tin appiattimento feologico illegitti­ mo. L'unità nella diversità infatti non è soltanto un'esigenza sempre più sentita nella chiesa ma anche una caratteristica dei libri biblici. Questa serie di commentari, di fatto saggi esegetici, propone ai let­ tori un'interpretazione - nel senso pieno del termine - dei libri della Bib­ bia. Un'interpretazione che coinvolge un testo, un interprete e un de­ stinatario. In questo caso il testo coincide con ciò che è scritto nella Bib­ bia, intesa come letteratura del tempo «dei profeti e degli apostoli» che continua a informare, ispirare e guidare la vita di fede. Gli interpreti so­ no studiosi che cercano di dar vita a un'interpretazione al tempo stes­ so fedele al testo e utile alla chiesa. I destinatari sono quanti insegnano, predicano e studiano la Bibbia in seno alla comunità di fede: docenti, ministri, pastori, sacerdoti e studenti. Il commento non propone una sua nuova versione del testo in esa­ me, ma lascia al lettore la possibilità di seguire il ragionamento sulla sua personale versione della Bibbia, integrandola solo dove è strettamente necessario con piccole varianti che aiutano a comprendere il significa­ to pieno dell'originale ebraico o greco. Il commento a ciascun testo bi­ blico è stato articolato in base alle sue specificità nonché a quelle della sua esegesi, idenficando passi di-varia estensione considerati come unità dotate di senso compiuto, anziché procedendo versetto per versetto. Si è inoltre considerato che i libri biblici differiscono, oltre che per ca­ rattere, contenuto e stile, per le modalità di utilizzo nella liturgia, nella dottrina e nella devozione della chiesa. Nel decidere approccio, taglio interpretativo e ampiezza del commento di ciascun libro si è quindi te­ nuto conto delle peculiarità dei singoli testi e della loro funzione nella chiesa, consentendo a ciascun autore di elaborare lo schema più adatto alla propria interpretazione. Questo nell'intento di dar vita a un com­ mentario a tutta la Bibbia che al tempo stesso spieghi e applichi alla quo­ tidianità un'interpretazione relativa non solo al significato ma anche al­ la significatività dei testi biblici. Ogni commentario riflette l'approccio individuale dell'autore e la sua interpretazione della chiesa e del mon­ do: è una lettura del testo, dei cui stimoli quanti lavorano all'interpre­ tazione della Bibbia nella chiesa hanno vitale bisogno. Domenico Tomasetto Curatore della serie «Commentari»

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Nota del curatore

La versione della Bibbia a cui ci si è attenuti è La Sacra Bibbia, ver­ sione Nuova Riveduta (Società Biblica di Ginevra, Ginevra, 1994, 19974 [abbr.: N.Riv.]). Quando la versione commentata dall'Autore, la Revised Standard Version of the Holy Bible (© 1973 by the Division of Christian Educa­ tion, N ational Council of the Churches ofChrist in the U .S.A. [abbr.: RSV]), differiva dalla versione della N .Riv., o quando l'Autore forniva una pro­ pria personale traduzione dall'ebraico, si è usato il corsivo per i tenni­ ni in inglese, dandone una nostra traduzione in italiano.

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Ringraziamenti

L'aver portato a termine questo scritto è motivo di gratitudine verso molte persone. L'amministrazione e il Comitato dei direttori del Co­ lumbia Theological Seminary e dell'Eden Theological Seminary hanno patrocinato insieme l'anno sabbatico a Cambridge durante il quale ho preparato il mio manoscritto; sono loro riconoscente per avermi reso possibile questa disponibilità. A Cambridge ho usufruito della genero­ sità dei miei colleghi di Antico Testamento, in particolare dei professo­ ri John Emerton e Hugh Williamson, Graham Davies e Robert Gordon e del professore Ronald Clements. L'ambiente ha favorevolmente con­ tributo al mio lavoro. Lo studio della letteratura di Samuele è iniziato per me molto tempo fa, con il mio primo insegnante di Antico Testamento, Allen G. Wehrli, che ha compreso il carattere di queste narrazioni molto prima dell'emergere della teologia narrativa e della recente critica letteraria. Ho attualmente il privilegio di avere due colleghi della facoltà di Antico Testamento, David M. Gunn e Jarnes D. Newsome, ambedue interessati a Samuele e autori di pubblicazioni in merito, di cui godo il sostegno e l'amicizia. Sono grato ai professori James L. Mays e Patrick Miller jr. per aver­ mi incoraggiato a lavorare su questa ricerca e averla inclusa nella col­ lana e sono riconoscente per il loro interesse al mio lavoro. Sono particolarmente grato a Donna LaGrasso, che ha lavorato in­ defessamente sul testo, riscrivendo una bozza dopo l'altra, finché vi so­ no state più redazioni di quanti narratori abbia avuto Israele della sua storia. Infine, sono grato a Mary Miller Brueggernann, che ha affronta­ to lunghe ore d'isolamento a Cambridge e dato un quadro di agio e di sostegno al mio lavoro.

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Introduzione

I libri di Samuele descrivono la trasformazione avvenuta nella vita dell'antico Israele, quando quest'ultimo cessò di essere nn aggregato marginale di tribù e divenne uno Stato centralizzato. Questa transizio­ ne straordinaria ha prodotto un radicale cambiamento e un totale rias­ setto del potere nella società. Tale trasformazione appare evidente quan­ do si paragoni l'Israele che si rispecchia negli scritti del libro dei Giu­ dici (precedente a Samuele) e all'Israele degli scritti posteriori, nel pri­ mo libro dei Re. Il libro dei Giudici testimonia di un modo di vita tri­ bale, amorfo e instabile, facilmente incline all'idolatria, al sincretismo e alla barbarie politica e militare. Il primo libro dei Re attesta invece l'e­ sistenza di un potere politico centralizzato che aspirava al monopolio economico e pretendeva la legittimazione teologica della nuova istitu­ zione monarchica; la monarchia, con l'accentramento del potere e la pre­ tesa di avere nna legittimità divina, favoriva rapporti sociali oppressi­ vi. I due libri di Samuele ocq1pano il punto di transizione tra questi due sistemi sociali e politici. Il passaggio da un ordine sociale amorfo a un potere centralizzato, da nna prassi sociale primitiva a rapporti sociali oppressivi e da un ordine instabile a un ordine di tipo monopolistico, mette in luce una serie sorprendente di svolte. I libri di Samuele si pro­ pongono di narrare in quale modo è avvenuta questa profonda trasfor­ mazione e che cosa essa faceva presagire per Israele. A nostro avviso, agiscono in questa trasformazione sociale tre fatto­ ri specifici. In primo luogo, va tenuto conto dell'influenza del potere politico, della pressione sociale e dei progressi tecnologici. La pressione dei fi­ listei, il crescente potere delle tribù israelitiche e lo sviluppo di centri urbani di potere, l'accumulazione di ricchezza, la lotta per la terra e l'e13

IellSamuele

mergere di fazioni e partiti sono tutti fattori che hanno avuto il loro pe­ so in questa trasformazione. Il racconto biblico che verte su detta tra­ sformazione non appare interessato in modo prevalente a tali elemen­ ti, che sono proprio i fattori ai quali noi guardiamo, prima come stori­ ci moderni e poi come critici sociali; si tratta infatti del materiale ser­ vito a costruire le convenzionali «storie moderne» d'Israele. Il proces­ so storico viene visto come una serie di pressioni sociali, economiche, politiche, militari e tecnologiche, e di variabili adattamenti sociali a ta­ li pressioni. In secondo luogo, la transizione si è realizzata attraverso la straor­ dinaria personalità di Davide. Il testo è profondamente e costantemen­ te affascinato da Davide. Sebbene egli non faccia la sua comparsa nel testo fino a I Samuele 16, i primi quindici capitoli ne costituiscono la preparazione. Le altre figure chiave, Samuele e Saul, servono soprat­ tutto a dare rilievo a Davide e sono poste a confronto con quest'ultimo ancora prima della sua comparsa sulla scena. Davide viene descritto co­ me un uomo dai molti aspetti e in questi scritti essi sono tutti sottopo­ sti a un minuzioso esame. Tuttavia, alla fine il nocciolo dei detti scritti è la convinzione secondo cui in quest'uomo appassionato Israele abbia visto qualcosa di più di Davide stesso. Il racconto esprime una finalità più ampia degli scopi di Davide e una passione più fedele della sua pur così grande passione. Israele fa fatica a trovare le parole per descrivere questo Davide, al quale non desidera concedere tutto, ma dinanzi al quale si ferma con un sentimento di reverenza. Il terzo fattore della trasformazione è YHWH, il Dio d'Israele. Senza esitazioni e in maniera diretta la narrazione della trasformazione d'I­ sraele vede YHWH come colui che svolge un ruolo centrale nella transi­ zione, talvolta parlando e agendo direttamente, altre volte governando gli eventi in maniera nascosta. L'esigenza strategica degli scritti di Samuele è trovare il modo di par­ lare della tensione, della sovrapposizione, della giustapposizione e del­ la convergenza fra queste tre forze: il realismo dei fattori storico-tecno­ logico-sociali, la possente personalità di Davide e l'irresistibile sovra­ nità di YHWH. La nostra interpretazione deve tenere in attenta conside­ razione il modo in cui il racconto di Samuele caratterizza la trasforma­ zione come convergenza tra fattori socio-storici, personali e teologici; trascurarne uno qualsiasi inficerebbe la nostra lettura e contribuirebbe al suo fraintendimento. Prendendo in mano i vari testi, ci stupiremo nel constatare come gli scritti di Samuele abbiano trovato il modo di tene­ re contemporaneamente presenti tutti questi fattori. Nella nostra interpretazione dobbiamo essere consapevoli di due ten­ tazioni che traviserebbero l'intenzione degli scritti di Samuele. Una let14

Introduzione tura «religiosa», esposta alla tentazione di rendere eccessivamente pia la storia di Israele raccontata nei libri di Samuele, di trascurare le ten­ sioni tra le fazioni, la realtà del potere, la seduzione del sesso, la tenta­ zione di certe alleanze, il carattere ignobile di alcune motivazioni e l'u­ so della violenza. Nel desiderio di rendere la storia idilliaca o edifican­ te può accaderci di non tenere conto di un «realismo» che disturba le nostre pie inclinazioni. Esiste infatti la prassi, affermatasi da lungo tem­ po, di una lettura religiosa «ingenua» dei racconti di Samuele. Sono in­ vece presenti in questo testo tutti gli elementi del potere, della sedu­ zione, della brutalità e delle motivazioni infami, tutti apertamente ri­ conosciuti nella narrazione. Essa ammette onestamente, per esempio, che i saulidi (cioè la famiglia e il partito di Saul) rappresentano una se­ ria e costante alternativa a Davide. O, ancora, il testo non si sottrae al racconto delle uccisioni apparentemente inutili nelle quali Davide può essere o meno coinvolto. Non è davvero una storia purificata. Così come la chiesa è stata a lungo soggetta alla tentazione di una let­ tura pia, la comunità degli studiosi è soggetta a una tentazione diversa; nella sua lunga storia ha cercato di dare una giustificazione a tutto ciò che non rientra nei concetti razionalistici di causa ed effetto. Il nostro sti­ le «illuministico» d'interpretazione tende a ignorare oppure a spiegare il governo diretto o nascosto di YHWH nella transizione. Siamo propen­ si a ridurre la trasformazione avvenuta a fattori politico-tecnologico-eco­ nomico-sociali. La narrazione provvede però essa stessa a respingere questa sorta di riduttivismo razionale. I drastici giudizi su Saul (I Sam. 13,13-14; 15,26-29), la maledizione divina sulla casa di Davide (II Sam. 12,10-11}, la promessa divina fatta a quella stessa casa (II Sam. 7,14-16) e l'intervento contro Absalom (II Sam. 17,14), per esempio, sono elementi cardine di un racconto senza remore. Se cerchiamo di ricostruire la tra­ sformazione d'Israele senza un serio riferimento a YHWH, alle parole, al­ le azioni e al proposito di YHWH, costruiremo una narrazione della tra­ sformazione che si discosta decisamente dal modo in cui Israele legge se stesso. L'eliminazione razionalistica del «fattore YHWH» non è quin­ di più accettabile della pia eliminazione del «realismo sociale>>. Vi è in gioco un elemento fondamentale nel tenere insieme tutti que­ sti fattori e nel resistere alla tentazione pia della chiesa o alla tentazio­ ne razionalistica della corporazione. Nel racconto di Samuele ciò che importa è proprio il convergere di questi fattori nella· narrazione. Io so­ stengo che la sfida principale è interpretare questa narrazione tenendoli presenti tutti e tre: il realismo politico e sociale, il potere peculiare di Da­ vide e la imperscrutabile presenza di YHWH. Se la descrizione della trasformazione di Israele che ci presenta Sa­ muele è davvero realistica, davidica e yahvista, la domanda che inter-

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I e IT Samuelé

pella l'interpretazione è la seguente: in quàle modo quella trasforma-" zione può essere accolta e descritta da noi, che siamo interpreti con­ temporanei, critici e credenti? Si è dovuto affrontare l'interrogativo sul modo di raccontare questa storia al momento della redazione; allo stes­ so modo dobbiamo affrontare anche noi quell'interrogativo nella nostra interpretazione. Come trovare un metodo che sia coerente con l'argo­ mento? La forma di questi scritti è importante ai fini del modo in cui li interpretiamo. l. Non è possibile rendere conto nel modo corretto della trasforma­ zione d'Israele, da tribù instabili a monarchia centralizzata, in un lin­ guaggio eccessivamente «storico», nel senso di un linguaggio «realisti­ CO». Lo stile realistico tipico della descrizione storica presterebbe un' at­ tenzione sproporzionata ai fattori sociali, politici e tecnici. I libri di Sa­ muele evitano tale stile di descrizione, non tanto perché i narratori era­ no troppo «primitivi>�, ma perché ritenevano che tale stile fosse inadat­ to al tema. La narrazione per immagini come vi si presenta ci ammoni­ sce a non prèQccuparci di «problemi storici�> quali: «Come si spostava l'arca?>� (l Sam. 6,11-12}, o «Chi ha ucciso Goliat?» (I Sam. 17; cfr. II Sam. 21, 19). Un'attenzione troppo appiattita sui problemi di carattere stori­ co fa violenza all'intenzione del testo. Possiamo concludere che in ge­ nerale la linea storica della narrazione di Samuele è ((storicamente at­ tendibile>>; tuttavia tale conclusione esula dalla comprensione dell'in­ tenzione del racconto. La narrazione vuole far capire che nella vita d'I­ sraele accade molto di più di quanto si possa discernere attraverso le piatte questioni storiche. 2. La trasformazione d'Israele, così come viene intesa nella narra­ zione di Samuele, non può essere resa in modo corretto con un linguaggio troppo «teologico», che mette al centro le questioni religiose. Un ap­ proccio teologico di questo genere attribuirebbe un'attenzione spro­ porzionata al ruolo di Dio, alla fede di Israele e alla pietà di Davide, e ci porterebbe a interessarci di problemi religiosi che ci svierebbero dal­ l'intenzione del testo. Ci si può interrogare su questioni religiose come il giuramento di Saul (I Sam. 14,24.44) e l'espiazione di Davide del de­ bito di sangue (II Sam. 21,1-14). Si può riflettere sul fatto che YHWH ri­ duce Saul, in modo apparentemente arbitrario, a una figura tragica, o sul problema se YHWH possa cambiare, scegliere o rifiutare (I Sam. 15). Concentrarsi su tali questioni significa tuttavia estrapolarle dal conte­ sto della narrazione e quindi distorcerle. Ovviamente il testo è teologi­ camente consapevole, ma non in maniera appariscente, oscurantista o eccessivamente pia. 3. La sapiente convergenza fra tutti questi fattori - il realismo, la sin­ golarità di Davide e la presenza di YHWH si può esprimere soltanto -

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Introduzione con un linguaggio attinente al registro dell'arte (artistic) e questo vuoi dire riconoscere e trascendere i convenzionali problemi storici e teolo­

gici. L'approccio artistico al testo consente una grande varietà di inter­ relazioni, di contraddizioni, di incoerenze e di sorprese che fanno vio­ lenza sia alla nostra sobrietà storica sia ai nostri principi teologici. È proprio il metodo dell'approccio artistico e la libertà della narrazione a consentirci di percepire il carattere originale della trasformazione d'I­ sraele, di discernerne le motivazioni nascoste, di stupirei per le straor­ dinarie convergenze fra i tre fattori dominanti e per l'inattesa novità che si manifesta nella vita d'Israele. Il nostro realismo storico e la no­ stra passione teologica devono quindi essere contenuti e disciplinati dal profilo della narrazione, che è tracciato con grande attenzione e im­ maginazione. Rendere conto della vita nel linguaggio dell'arte è oggi una respon­ sabilità urgente per il lavoro degli insegnanti, dei predicatori e degli in­ terpreti, non soltanto per la natura del testo, ma a causa della nostra si­ tuazione etica e socio-culturale. La comunità raccolta intorno al testo bi­ blico (nella chiesa, nella sinagoga, nelle facoltà di scienze religiose) è uno dei pochi luoghi rimasti nella società contemporanea dove si può aspirare a un modo di rappresentare la vita secondo il linguaggio del­ l'arte. La nostra è una società assediata da una certezza eccessiva e da urla verità riduttiva, in cui gestiamo in modo acritico i nostri piccoli cam­ pi di percezione. La tendenza alla lettura «storica» della vita corre il ri­ schio di ridurre il processo dell'esistenza al potere, alla forza e alla vio­ lenza, perché ciò che conta realmente sono i muscoli, nella vita perso­ nale e in quella pubblica. Viceversa, l'interesse per la lettura «teologi­ ca» del processo dell'esistenza può sedurci e indurci a certezze che di­ ventano rapidamente troppo certe e hanno come sbocco un monopolio autoritario, coercitivo e occasionalmente totalitario. Il nostro approccio storico tende a sfociare in Realpolitik (riducendo i rapporti sociali a pu­ re operazioni di potere) e la nostra lettura teologica nel monopolio del­ la certezza. Ambedue sono pericolose in una situazione sociale nella quale è così facile disporre del potere di disumanizzare e distruggere. Io sostengo che la lettura secondo il registro dell'arte, che segue il profilo della narrazione, non soltanto è fedele alle convergenze volute del testo riguardo al realismo, a Davide e a YHWH, ma è particolarmen­ te necessaria in una situazione culturale dominata dalla brutalità del potere e dalle certezze monopolistiche. L'interpretazione artistica fa sì che rimaniamo aperti alle sorprese, alle ambiguità, alle incoerenze, alle ridondanze e ai doni presenti nella vita di Israele, forgiati da Dio, at­ traverso i quali emerge talvolta un carattere di umanità e dove la san­ tità è stranamente presente. Ciò che colpisce in questo tipo di lettura 17

I e II Samuele della trasformazione d'Israele narrata da Samuele è la forza del discor­ so in questi racconti. La gente si parla e il loro parlarsi è importante. Nel procedimento visibile di Israele è all'opera la fantasiosa possibilità del discorso. La gente ascolta ed è cambiata da quel discorso, e Dio viene profondamente trascinato in questo scambio. È così che Israele discer­ ne ciò che è accaduto nella sua memoria e nella sua vita. Credo, inoltre, che chi ha redatto il testo di Samuele volesse che ogni ritorno al testo suscitasse un nuovo discernimento della vita come luo­ go in cui la capacità della parola e dell'ascolto è importante per Dio e per noi. Il risultato che mi propongo con questo commentario è che una incessante interpretazione del testo di Samuele possa aiutare a suscita­ re e radunare comunità di discorso sensibili all'arte, dove le riflessioni comuni sul potere, sulla personalità e sulla provvidenza possano esse­ re tradotte in azione, e dove questi fattori siano osservati, onorati e ce­ lebrati come fattori costitutivi della vita. Contro la pia lettura conven­ zionale della chiesa e contro le letture convenzionali storico-razionali della corporazione, ci-siamo proposti un altro modo d'interpretare. Ho la convinzione che ci troviamo sulla soglia della scoperta di un modo di portare il testo più vicino a ciò che esso stesso intende e che tale sco­ perta sia importante e urgente. Se questo giudizio è giusto, abbiamo da­ vanti a noi un lavoro importante da fare. La generazione d'insegnanti e d'interpreti che seguirà potrà liberarsi della dipendenza dalla «fat­ tualità» e dalla «verità», per aprirsi a un discorso più rischioso. Sarà evidente agli studiosi che nel dare questa forma al commento sugli scritti di Samuele ho preso alcune decisioni importanti (per la mag­ gior parte intenzionali). Non ho affatto cercato di affrontare l'immensa mole dei problemi testuali, sui quali si veda in particolare McCarter. Non ho cercato di valutare i problemi storici (per i quali si vedano Mayes e Soggin). Mi sono tenuto alla larga dalla selva dei dotti dibattiti sulla composizione letteraria .e �on mi sono unito al dibattito sull' autorevo­ le ipotesi di Noth a proposito della redazione. Sono questioni impor­ tanti, ma non sono l'oggetto di questo lavoro. Ho organizzato il materiale in unità piuttosto convenzionali, che ri­ salgono in gran parte al lavoro di Rost e riflettono più o meno il con­ senso degli studiosi. Spero che da tale impostazione si percepirà che so­ no orientato a vedere la Bibbia in un quadro canonico. Trovo convin­ cente l'intenzione del lavoro di Childs, anche se nel concreto i miei mo­ di di procedere sono diversi dal suo. Ho cercato di affrontare ogni testo nel contesto della storia nella sua interezza. Nella nostra situazione interpretativa concentrarsi «sull'intera sto­ ria» è una necessità urgente. Abbiamo imparato a leggere la Bibbia a pezzi e bocconi, o secondo presupposti dogmatici che addomesticano 18

Introduzione il testo. L'attenzione artistica alla forma e al modo in cui il testo scor­ re nel suo insieme non promette una lettura «Vera» o una lettura «de­ finitiva», ma soltanto questa lettura, oggi. Il testo, come la nostra vi­ ta, è così aperto che difficilmente rimarrà fermo mentre lo interpre­ tiamo. L'atto interpretativo stesso è la decisione ricorrente di non «con­ gelare» il testo. In un romanzo di Gail Godwin si trova un discorso efficace e incisi­ vo sul tema del congelamento. Un personaggio, Ursula, istruisce così il narratore, Justin: > mai e non ricevono mai «risposta». Se volessimo usarlo in ri­ ferimento alla situazione militare degli Stati Uniti, io direi che questo testo va contro questo potere e invita a un profondo pentimento. 7,12-17. Questi versetti riassuntivi parlano del consolidamento se­ guito alla straordinaria vittoria sui filistei. Gli israeliti godono di un pe­ riodo di sicurezza e di benessere, perché i filistei non erano in grado di proseguire il conflitto, o non volevano farlo. Al centro vi è di nuovo la persona di Samuele. Le sue parole affermano la realtà teologica del ca66

3. Samuele, il giudice (l Sam. 7,2-17)

povolgimento avvenuto e della sorprendente vittoria: «YHWH ci ha soc­ corsi» (v. 12). Per Samuele e per Israele è chiaro che la trasformazione è stata operata da YHWH e da nessun altro. Israele deve sempre ricordare che la vittoria è una vittoria data da YHWH; non è la vittoria di Israele e neppure la vittoria di Samuele. Infine, ci viene detto che Samuele > di Israele, ma era attento al costante processo della «Santificazione» di Israele come comunità fedele ai pro­ positi di YHWH. È convinzione di Samuele, e di questa narrazione, che la pratica dell'etica del patto sia una forma sufficiente di sicurezza col­ lettiva. La sicurezza deriva dalla giustizia; il resto è lasciato al tuono di Dio. Come vedremo presto, vi erano in Israele quelli che dubitavano di questa pretesa; per ora, tuttavia, il testo, Samuele e il narratore sono convinti della validità delle forme di vita, di fede e di potere espresse dal patto. Gli interrogativi posti da questo testo sono tanto ardui quanto im­ portanti nella situazione interpretativa in cui ci troviamo. Il testo pre­ sume una realtà teologica che non è facile per noi cogliere. Il suo mon­ do teologico sembra irreale e lontano dalla situazione effettiva del po­ tere sociale nel nostro tempo. Proseguendo lo studio dei libri di Samuele vedremo che non siamo i primi ad avere una «ragione illuminata», che considera questa fede oscurantista, remota e apparentemente irrilevan­ te. È stata la perplessa sfiducia nel primitivismo teologico a creare la cri­ si teologica della monarchia nell'antico Israele. È proprio perché le mo­ dalità di potere e di fede di Samuele apparivano così poco collegate al­ la realtà che Israele voleva avere un re. I capitoli 8 - 15, la sezione del te­ sto che ora esamineremo, descrive il conflitto intellettuale e teologico in Israele di fronte a questo grave problema.

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Parte seconda

Il regn o di Saul I Samuele 8

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15

Rendete a Cesare quel che è d i Cesare e a Dio quel che è di Dio (Mc. 12,17)

n vecchio ordine ha seguito il suo corso nell; antico Israele sotto la guida di Samuele (capp. 1 - 7). La narrazione che inizia al capitolo 8 non viene presentata, tuttavia, come una difesa del vecchio ordine o una ce­ lebrazione della sua efficienza; la narrazione contenuta in I Samuele 8 15 esiste invece proprio per imporsi all'immaginazione di Israele (e al­ la nostra) e per legittimare una realtà sociale del tutto nuova. La que­ stione della monarchia si pone a Israele in modo improvviso. 11 proble­ ma non è ancora legato a Davide in particolare, come avverrà con il tem­ po; ora è un problema generale di fede e di potere, della realtà del go­ verno di Dio e della crisi dell'organizzazione della società. Non sappiamo perché sia sorto nell'antico Israele il problema della monarchia. La monarchia è un fenomeno antico e riconosciuto nel con­ testo internazionale di Israele (Mendelsohn), ma è nuovo, problemati­ co e rischioso per Israele (cfr. Giud. 8,22-28). Il primo Israele era emer­ so proprio come alternativa sovversiva alla monarchia umana (Buber). Ora il problema della monarchia emerge in Israele con nuova vitalità e insistenza, come se l'antico e doloroso ricordo del faraone (il re) fos­ se svanito. È evidente che il problema della monarchia viene sollevato negli scrit­ ti di Samuele in risposta alla minaccia dei filistei. Israele aveva bisogno

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I e II Samuele di una forte guida militare di fronte alla loro persistente minaccia. Gottwald (1983), Frick e Cheney (1983) hanno messo in rilievo che nel­ l' antico Israele il problema della monarchia non è la risposta a una cri­ si militare, ma fa parte di un profondo cambiamento generale dei rap­ porti sociali che toccava tutte le dimensioni della vita israelita. Quando una società tribale, con le sue distinte e indipendenti unità, fece l' espe­ rienza di una fusione politica ed economica emersero nuovi modelli di potere, di ricchezza e di dominio della terra. In questa visione la richie­ sta di un re rappresenta il punto culminante di una tendenza alla cen­ tralizzazione, al monopolio, al sistema monarchico, all'assolutismo, ac­ compagnati dall'emergere di una notevole sovrabbondanza economi­ ca. Le forme estreme di questi aspetti della monarchia non compaiono in Israele fino al regime di Salomone e non sono quindi presenti nei li­ bri di Samuele. In questi scritti è tuttavia percepibile uno spostamento importante in tale direzione. I fattori socio-economici e politici operano dunque con forza, accanto al puro e semplice pericolo militare dei filistei, esercitan­ do una pressione in favore della monarchia. La narrazione biblica vor­ rebbe farci credere che la minaccia dei filistei è l'unica ragione per isti­ tuire la monarchia. Questa semplice (troppo semplice!) spiegazione è probabilmente destinata a mantenere nascosti gli interessi politici, so­ ciali ed economici di coloro che avrebbero tratto vantaggio dalla cen­ tralizzazione, dal sovrappiù di ricchezza e dal monopolio. Nell'antico Israele il problema che si affronta nel dibattito sulla mo­ narchia è in quale modo inserire la realtà della crisi sociale nella pro­ spettiva teologica che dominava in Israele. O, più semplicemente, co­ me collegare l'ideologia (e il potere) della monarchia alle esigenze del­ la fede e dell'etica del patto. L'istituzione della monarchia non è facil­ mente adattabile alle disposizioni del patto riguardo al potere, ma de­ ve farlo se vuole avere la sua legittimazione nell'antico Israele. I capi­ toli 8 - 15 costituiscono una riflessione interpretativa sul rapporto diffi­ cile e fondamentale tra le nuove forme di rapporti sociali e una tradi­ zione teologica antica, onorata e ben stabilita. L'accordo tra le due esi­ genze si è realizzato soltanto attraverso un costante e intenso dibattito e ha richiesto un audace atto interpretativo. Questi scritti costituiscono la materia di quell'audace atto interpretativo. Il materiale dei capitoli 8 - 15 forma una coerente e ampia unità nar­ rativa. La vecchia distinzione critica tra «fonti)) pro-monarchiche e «fonti)) anti-monarchiche è stata senza dubbio corretta in una certa fa­ se dello sviluppo della tradizione. Questi materiali diversi, e persino contraddittori, vengono ora trasformati in un'unica narrazione che ri­ percorre la disputa sulla monarchia, partendo dall'autorità ricono70

Parte seconda - Il regno di Saul (I Sam. 8 15) -

sciuta a Samuele nel capitolo 7 fino all'emergere di Davide nel capi­ tolo 16. Questi scritti possono essere suddivisi in due unità, i capitoli 8 12 e 13 - 15. McCarthy ha dimostrato che i capitoli da 8 a12 sono organiz­ zati intorno allo schema «Storia/ racconto». Vi è il resoconto dell'azione drammatica e poi il suo commento teologico. La «storia» tende a parla­ re di Saul, che qui viene descritto come il solido esponente di un nuo­ vo potere. D ((racconto» viene posto tipicamente in bocca a Samuele, che è un ostinato e instancabile difensore delle vecchie norme e quindi si oppone al nuovo potere. Nei capitoli 13 - 15 prosegue il conflitto, ma vi si riflette la convin­ zione, cui è giunta la narrazione, che il nuovo potere si deve sottomet­ tere alle antiche nonne. Il capitolo 12 presenta la spiegazione teologi ca di tale giudizio, che alla fine porta inevitabilmente a sostituire Saul. La cosa strana è che Saul cerca scrupolosamente di onorare le antiche nor­ me, ma i suoi tentativi sono sempre inadeguati: Saul non può vincere. Dato che nei paragrafi di transizione dei capitol i 8 - 15 l'attenzione è fo­ calizzata su Saul, in quanto drammatica personi ficazi on e della crisi at­ torno alla fede e al potere, gli studiosi si sono chiesti se Saul non fosse di fatto destinato a essere vittima di una tragedia dalla quale non ave­ va mai avuto alcuna p os sibilità di uscita (Hu mph reys; Gunn, 1980). Vi è senza dubbio nella narrazione un elemento di tragedi a . Un potere im­ perscrutabile, presumibilmente la volontà di Dio, trascina Saul al falli­ mento e alla distruzione. Questa tragica consapevolezza viene però mes­ sa in tensione, nella maniera tipica d'Israele, con la convinzione che Saul aveva scelto egli stesso il corso della sua vita. Il suo destino non gli era stato imposto. Saul, così dice la storia, avrebbe potuto scegliere altrimenti. Avrebbe potuto onorare Samuele (cap. 13) e le tradizioni della ((guerra santa>> (cap. 15). Nella storia di Saul il dramma sta nel fatto che egli ha scelto e non ha scelto: ciò che ha scelto era stato in realtà già scelto per lui. Il suo fallimento, che lo porta a una morte certa, non è diverso dal «peccato originale» di Adamo, che è a un tempo scelta e destino. Con i capitoli 13 15 l'unità narrativa termina nel cordoglio, nel fal­ limento e nel dolore, e ci invita a riflettere sulla realtà del potere e sulla minaccia che sembra accompagnare inevitabilmente il potere. Se consi­ deriamo il quadro più ampio dei libri di Samuele, ciò che colpisce è co­ me Davide (cap. 16) salti a piè pari queste complesse situazioni. Alla presenza del re «promesso>> (cioè Davide) è come se i problemi che si agitano intorno a Saul non esistessero. Secondo la narrazione, Israele è capace di andare avanti senza dare mai una risposta a questi interroga­ tivi. D opo il capitolo 15 la narrazione fornisce argomentazioni teologi-

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I e fi Samuele

che sul fatto che Davide è stato voluto, autorizzato e legittimato da Dio (16,1�13). La narrazione riferisce anche lo strano dettaglio che la vecchia guardia (sotto Samuele), in passato così strenuamente avversa a Saul, si affretta ad appoggiare Davide (si veda Cohen). La storia reale non si svolge mai lungo una linea retta di limpide motivazioni; si svolge in­ vece attraverso insolite alleanze, strane fedeltà e scelte audaci, attra­ verso le quali i fedeli scorgono il dipanarsi del proposito di YHWH. Il periodo tra Samuele e Davide ricoperto da questi capitoli è una sta­ gione di dispute teologiche e di audaci interpretazioni della realtà so­ ciale. I capitoli intermedi (tra il 7 e il 16) narrano la turbolenta vita pub­ blica di Saul, cioè il tramite storico che al tempo stesso permette ed esi­ ge l'atto interpretativo. Intorno alla carriera di Saul c'è tuttavia un pro­ blema molto più grande. Il problema messo in rilievo nella narrazione è la disputa tra l 'antica tradizio ne della fiducia tribale in YHWH e la nuo­ va ideo logia della monarchia. Si tratta per Israele di una disputa aspra­ mente combattuta, che non avrà una soluzione facile. La narrazione ri­ percorre i pericoli e le trame di quella disputa per tutto il periodo che intercorre tra la tradizionale autorità tribale di Samuele e l'innovazione di Davide, che viene legittimata in maniera così peculiare. All'inizio del capitolo 8 Israele insiste che sarà «come le nazioni», ma alla fine del capitolo 15 non v'insiste più e attende di vedere in quale modo potrà essere come gli altri e in quale modo potrà essere diverso. Il salto dalle antiche realtà di Samuele del capitolo 7 alla nuova inizia­ tiva di Davide dopo il capitolo 16 è troppo grande perché lo si possa spiegare con motivazioni tradizionali. Israele accetta tuttavia il risulta­ to davidico della disputa, un risultato che è una conseguenza imprevi­ sta, opera della libertà di YHWH, della sua sovranità e della sua miseri­ cordia. Il divario tra Samuele e Davide è riempito da un pericoloso di­ sagio, foriero sia di una scelta entusiasta sia di un inquietante rifiuto. Israele sa che la sua storia è piena appunto di tali scelte inattese e di ta­ li dolorosi rifiuti, perché il Dio di Israele sceglie e rifiuta.

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4 I racconti di Samuele I Samuele 8

n capitolo 8 occupa un posto chiave nella letteratura di Israele sulla monarchia: qui il problema della monarchia viene sollevato esplicita­ mente (si veda la precedente richiesta di Giud. 8,22-28). Questo capito­ lo è in notevole contrasto con il capitolo 7; in quel capitolo il vecchio or­ dine di Samuele, nella sua veste di giudice, funzionava in modo effica­ ce; grazie allo schema «grido l risposta» Israele era stato salvato dai fi­ listei (7,9), e non vi era ragione di pensare che tale schema non avrebbe funzionato nel futuro. Samuele è una guida valida e non si trova in lui colpa alcuna. Ora, all'improvviso, tutto cambia. Il problema di questo capitolo è quale ordine dare al potere pubblico e come mantenere il be­ nessere collettivo in una comunità dove i capi tendono a pervertire quel potere e quel benessere (vv. 1-3). Il resto del capitolo consiste nelle parole di Samuele (vv. 10-18), nel quadro di un dialogo tra Samuele, quelli che vogliono un nuovo ordi­ ne pubblico e YHWH (vv. 4-9 e 19-22). 8,1-3. Intercorre un lungo periodo di tempo tra il capitolo 7 e il capi­ tolo 8. All'improvviso Samuele è vecchio. È ancora in carica, ma i suoi fi­ gli sono anch'essi giudici e hanno fallito. n fallimento dei figli di Samuele ci ricorda quello dei figli di Eli (2,12-17), tranne il fatto che l'oltraggio dei figli di Samuele non è la perversione del culto, bensì la distorsione del­ l' amministrazione della giustizia. Accettando tangenti e pervertendo la giustizia (v. 3), i figli violano la Torah (cfr. Es. 23,6-8; Deut. 1 6,18-20). I fi­ gli di Samuele hanno commesso una colpa contro la quale vi è l' ammo­ nimento dei profeti (Is. 5,23; Am. 5,12). Hanno colpito il principio socia­ le su cui si fonda Israele, la ragion d'essere stessa di questa comunità, che è la pratica della giustizia per tutti, senza privilegi né preferenze.

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Parte seconda TI regno di Saul (l Sam. 8 - 15) -

La corruzione della vecchia autorità teocratica suscita una crisi che colpisce in profondità la vita e la fede di Israele. I figli di Samuele sono intenzionati a distruggere l'Israele del patto; Samuele non dice una pa­ rola in favore dei suoi figli. In realtà l'accusa non viene dalla bocca del popolo, ma dalla bocca del narratore, e 1' accusa è una constatazione di fatto sulla quale è costruita tutta la narrazione. 8,4-9. Il dialogo a tre voci fra Samuele, gli anziani e YHWH riflette si­ curamente drammatiche tensioni nella vita dell'antico Israele. Gli an­ ziani, che sono la tipica vecchia guardia politica di Israele (Wolff, 1978), propongono una nuova e insolita modalità di potere. La richiesta di un re è la sconcertante proposta di quel clan. Si formula convenzionalmente l'ipotesi che la richiesta degli anziani sia un tentativo di far fronte alla minaccia dei filistei (cfr. 4,2.10; 7,7), benché il testo non fornisca esplici­ tamente tale motivazione. In tempi più vicini, si è supposto che chi ave­ va accumulato ricchezze sovrabbondanti volesse un forte governo cen­ tralizzato, di cui aveva bisogno per proteggere e favorire quelle ric­ chezze. Qualunque ne fosse la motivazione, gli anziani più autorevoli, scoraggiati per le condizioni di Israele e dovendo ammettere che il vec­ chio ordine non funzionava più, propongono un nuovo sistema per l'or­ ganizzazione della società. Gli anziani vogliono un governo «come lo hanno tutte le nazioni» (v. 5). Samuele è allarmato per una simile richiesta, che presuppone un approfondito dibattito sul carattere e sull'identità di questa comunità. Fin dal principio, al Sinai, era sottinteso che Israele era stato scelto da YHWH e che la comunità scelta per il patto non sarebbe stata come le al­ tre nazioni. Israele doveva invece ordinare la propria esistenza secon­ do le prescrizioni eccezionali ed esigenti della Torah, e doveva affidarsi all'inspiegabile amore e alle grandi promesse di YHWH (Es. 19,4-6; Deut. 7,7-11). In questo confronto drammatico gli anziani propongono di ab­ bandonare l' autocomprensione e la vocazione che privilegiava una for­ ma speciale di organizzazione della società. Samuele vede chiaramen­ te le conseguenze della richiesta degli anziani; la loro richiesta signifi­ ca in realtà un profondo cambiamento rispetto agli obblighi fondazio­ nali di Israele (v. 6; cfr. Ger. 2,11 ). Samuele «Si dispiacque» (v. 6): Sa­ muele incarna infatti l'antica autocomprensione d'Israele, ora respin­ ta dagli anziani. La risposta di YHWH (vv. 7-9) è più complessa e quindi più sorpren­ dente per noi. Il discorso di YHWH è dominato dal doppio uso dell'e­ spressione «dà ascolto» nei vv. 7 e 9. La prima parola che YHWH rivol­ ge a Samuele è che si deve concedere a Israele ciò che chiede. È chiaro che la monarchia è un progetto d'Israele, non di YHWH. Tuttavia, alla fine YHWH non si oppone alla richiesta d'Israele di avere un re. Il di74

4.

I racconti di Samuele (I Sam. 8)

scorso di YHWH, con i due usi dell'espressione «dà ascolto», contiene tuttavia importanti riserve su due punti. Primo, il problema della mo­ narchia è teologico, non politico. La monarchia non è espressione del rifiuto di Samuele, ma del rifiuto di YHWH; è questo il nodo della crisi (v. 7). Secondo, questo rifiuto non è un fenomeno nuovo, ma è caratte­ ristico della storia di Israele (v. 8). Tutta la storia di Israele è una storia di «abbandoni», di un andare dietro ad altri dèi. La richiesta di un re è un altro passo in simile ripetuta manifestazione di sfiducia (cfr. Sal. 106 ) . Nel discorso di YHWH il problema della monarchia è percepito co­ me l'indisponibilità di Israele ad avere YHWH come fonte e regola del­ la propria vita. La narrazione (e il discorso di YHWH) si dibatte tra una profonda ri­ serva teologica sull'introduzione della monarchia e la cruda realtà del­ l'avvento della monarchia. La via di mezzo tra il nudo fatto e la riserva si trova in questa riluttante concessione. YHWH non approva, ma non impedisce; si trova una soluzione che non piace del tutto a nessnna del­ le due parti. La monarchia inizia sotto la nube oscura della contesta­ zione teologica; l'antica e potente tradizione della Shemah dubita che la monarchia funzionerà e insiste che non ha l'approvazione di YHWH. YHWH agginnge nn monito che prepara la strada al lnngo discorso di Samuele: «Avvertili» (v. 9). Fa sapere loro qual è il costo della loro de­ cisione. Sono così ingenui; a chi chiede un re la richiesta sembra così in­ nocente. Vi è indignazione e pathos nella voce di YHWH, il quale sa me­ glio di loro ciò che significa, ma è stanco di questo popolo che insiste a fare di testa sua. Avranno il loro re, ma udranno da Samuele qual è «il modo di agire del re>>. Non potranno lamentarsi poi di non essere stati preavvertiti del prezzo da pagare per avere un re. 8,10-18. Il discorso posto sulle labbra di Samuele è la critica più du­ ra e più ampia della monarchia che troviamo nell'Antico Testamento (vedi anche Deut. 17,14-20). È questo uno dei più importanti brani ve­ terotestamentari sugli abusi del potere pubblico. Si discute se l'accu­ sa al potere politico oppressivo sia post-salomonica in pratica, una critica agli abusi di Salomone - o se rifletta la consapevolezza della natura della monarchia desunta dalle testimonianze degli Stati vicini (Mendelsohn). A ogni modo, queste parole riflettono quella che do­ veva essere un'idea fortemente radicata nei teologi conservatori del­ l'antico Israele, i quali temevano molto un governo centralizzato. Il mettere al vertice di uno Stato il potere politico e l'organizzazione so­ ciale portava con sé la ridistribuzione e la concentrazione della ric­ chezza, il monopolio del controllo della terra, l'azzeramento delle ini­ ziative locali per la giustizia e per il bene della comunità. L'antico Israe­ le aveva prosperato sul localismo del patto; la monarchia si oppone -

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Parte seconda - D regno di Saul (I Sam. 8 - 15) per principio a opportunità e iniziative locali e alla vulnerabilità dei patti. n verbo dominante nelle forme con cui Samuele caratterizza la mo­ narchia è «prendere>> (vv 11, 13, 14, 15, 16, 17). È funzione dei governi centralizzati «prendere» con le tasse, con la confisca, con la legge. Pren­ dere i figli ha uno scopo militare; prendere le figlie (v. 13) riflette i lussi di una corte che ha bisogno del lavoro servite per funzionare. Prendere i campi, le vigne e gli orti (vv 14-15) manifesta il monopolio della ter­ ra, non diversamente dalle forme contemporanee dello sfruttamento agricolo. n re ha bisogno di terre da assegnare ai suoi più fedeli alleati per rafforzare la rete del potere e di fedeltà. Il re profitterà del lavoro di Israele e dei mezzi di produzione della vita tribale (v. 16), e alla fine im­ porrà una tassa vessatoria (v. 17). Il versetto menziona minacciosamen­ te una tassa del dieci per cento, che con il tempo ridurrà la gente a una situazione sociale di servitù. La presa di possesso del governo centrale distruggerà i più antichi e meno sviluppati modelli economici. Questo modo di caratterizzare la monarchia non ha un tono parti­ colarmente polemico: è semplicemente la constatazione di un fatto. La monarchia, in Israele e altrove, vive grazie a1la confisca e alla concen­ trazione della ricchezza e della terra; vive anche allo scopo di ottenere ta­ le concentrazione. La situazione anticipata qui verrà a realizzarsi in Eze­ chiele 34,1-10, dove i re d'Israele sono accusati di aver usato la comu­ nità unicamente a vantaggio dei governanti. Nel nostro testo (a diffe­ renza di Deut. 17,14-20), la possibilità che esista un re non rapace non viene neppure concepita. Secondo questo testo vi è un solo modo di es­ sere re. Il risultato finale di questo assetto di potere (v. 17b) è che «Sarete [ . . . ] schiavi>>. La terribile parola è stata pronunciata. Israele, specialmente l'antico Israele di Samuele (v. 8), ha ancora viva la memoria dell'Esodo e la liberazione dalla schiavitù. La monarchia proposta è un ritorno al­ la situazione di schiavitù precedente all'Esodo. Non è molto importan­ te se chi rende schiavi è il faraone d'Egitto o un re israelita. La monar­ chia genera per principio, e in modo distruttivo, disuguaglianza e stra­ tificazione sociale; essa viene presentata come una cancellazione del­ l'Esodo e dell'intera vicenda del patto di liberazione. La riduzione in schiavitù viene considerata intrinseca all'istituzione della monarchia; la vita sotto la monarchia non può funzionare in altro modo. Il v. 18 collega il capitolo 8 al capitolo 7, mettendoli in contrasto tra loro. In 7,9 Samuele «grida» e YHWH «risponde». Abbiamo visto come il binomio grido-risposta sia una struttura e una prassi fondamentale nella vita d'Israele (cfr. Es. 2,23-25). Ora Israele è ammonito che quan­ do «griderà» YHWH non «risponderà>> (v. 18). La prassi fondamentale .

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4.

l racconti di Samuele (l Sam. 8)

della fede del patto viene annullata. n nesso più fondamentale del pat­ to, che lega in modo costante YHWH a Israele, è stato infranto. In una si­ tuazione di perfetta aderenza al patto YHWH risponderebbe prima an­ cora che Israele parli (Is. 65,24). Ora questa possibilità è perduta. La mo­ narchia sostituisce alla disponibilità di YHWH il potere umano. Vi sono circostanze nelle quali YHWH non opererà. Scegliendo la monarchia Israe­ le sceglie una totale autonomia, che alla fine può portare soltanto alla vanità, all'abbandono, e infine alla morte. 8,19-22. Il tremendo ammonimento di YHWH non è stato accolto. Il desiderio della monarchia è mosso da un'immensa paura e dalla sete di sicurezza. Gli anziani non comprendono che la monarchia è per princi­ pio pericolosa o estranea a YHWH: vogliono essere «come tutte le na­ zioni» (v. 20): uguali a loro nella sovrabbondanza, nelle tassazioni, nel militarismo, nell'oppressione. La prassi inevitabile degli Stati monar­ chici, così affermano i vv. 10-18, è rendere servi alcuni per lo smodera­ to benessere degli altri. È assai probabile che la proposta della monar­ chia non sia stata accolta in modo unanime in Israele. Il v. 10 dice che Samuele riferì «al popolo che gli domandava un re»; non si trattava dun­ que di tutto il popolo, ma di alcuni fautori della monarchia, molto pro­ babilmente un gruppo economico che si proponeva di trarre vantaggio dalla nuova istituzione. Alla loro proposta si opponevano certamente altri ed è questa opposizione che trova espressione in Samuele (Cohen). I più vulnerabili ai nuovi assetti economici e politici non sono presenti (ed è tipico) in questa disputa. La loro unica voce è l'aspra indignazio­ ne di Samuele. La speranza ultima dei difensori della monarchia è ave­ re un re che condurrà le loro guerre (v. 20), che darà un'apparente sicu­ rezza e vi aggiungerà il prestigio che deriva da un progetto militare. La vecchia guardia, rappresentata da Samuele, è sicura che sia una tenta­ zione. È però una tentazione potente, e prevarrà. Di nuovo (come al v. 7) Samuele riferisce la discussione a YHWH (vv. 21-22). Samuele ha infatti un accesso speciale a YHWH e un ascolto spe­ ciale presso di lui (cfr. 3,19-21 ). Qui Samuele è la voce inequivocabile e dominante dello yahvismo tradizionale. L'ideologia e la teoria sociale che Samuele esprime si identificano con YHWH e con Io yahvismo. Se­ condo questa tradizione, nell'opporsi alla monarchia per principio, Sa­ muele è la voce del vero e fedele yahvismo. Per definizione quelli che si oppongono a Samuele si sono in realtà sviati dallo yahvismo. La nar­ razione ripete il sottile compromesso dei vv. 7-9. La monarchia non è approvata, ma è consentita. La protesta di Samuele è forte; alla fine però non è convincente e così la riunione viene aggiornata (v. 22). Samuele (e la narrazione) ha la sensazione che Israele abbia perduto in maniera irrecuperabile ciò che è fondamentale per la sua vita. Questo capitolo ci 77

Parte seconda - TI regno di Saul (I Sam. 8 15) -

rende consapevoli del problema più cruciale dell'antico Israele, e cioè la sua natura, la sua identità e la sua vocazione. L'antica tradizione di Israele affermava che Israele aveva un rapporto speciale con YHWH, il Dio del patto (cfr. Es. 19,3-6); quindi Israele doveva praticare una for­ ma particolare di potere sociale e politico. Il rapporto speciale con YHWH e la forma particolare del potere nella società che ne derivava si rivela­ no un pesante inciampo per Israele. Israele è perennemente inquieto a causa delle esigenze di tale particolarità e, nella sua inquietudine, co­ mincia a cercare il modo di essere meno speciale e di essere di più «CO­ me tutte le nazioni». Il conflitto nell'antico Israele - una lotta per la sua fede e per la sua anima - si serve di tre voci per introdurre il problema fondamentale del potere e della fede. Gli anziani parlano in favore di una nuova e teme­ raria opzione. Samuele difende la posizione della vecchia guardia e non è disposto ad adattarsi alle nuove realtà. È la terza voce, la voce di YHWH, quella più interessante ed efficace. Da un lato YHWH usa il linguaggio di Samuele e dell'antica tradizione; si preoccupa di «ascoltare>> e di am­ monire, e (al pari di Samuele) percepisce il problema come una que­ stione di «abbandono>>. D'altro lato, tuttavia, YHWH non ne trae le con­ clusione che ci aspetteremmo. Noi prevediamo che YHWH rifiuti la mo­ narchia; YHWH invece ne concede il permesso. Secondo la narrazione YHWH è teologicamente d'accordo con Samuele ma, alla fine, si rivolge contro Samuele (e l'antica tradizione) sostenendo la nuova richiesta. La narrazione presenta in maniera straordinariamente prudente il proble­ ma del potere in Israele. Vediamo che YHWH dà il permesso, e mentre lo dà si sottolinea tuttavia la sua disapprovazione. La monarchia viene teo­ logicamente messa in forse da questa situazione di . Non sappiamo perché la narrazione descriva YHWH in questo mo­ do. Forse alla fine YHWH accetta l'inevitabile realtà politica. Più pro­ babilmente, nella narrazione YHWH guarda già al di là della disputa e di Saul, verso l'avvento di Davide. Anche il difficile principio della monarchia sarà accettato per amore di Davide. Alla fine YHWH si met­ te dalla parte dei temerari anziani contro la fede intransigente di Sa­ muele. Forse in questa decisione vi è una sorta di malinconia: la nar­ razione descrive la strana interazione fra le tre parti, ma lascia a noi valutaria. Il testo invita alla riflessione sulla natura della comunità di fede. I problemi concernenti la natura della chiesa riguardano il potere, l'in­ fluenza, la sicurezza e la fedeltà. È permesso alla chiesa escogitare mo­ di di potere che assicurino la propria vita? O la chiesa è destinata a una grande precarietà e non costruisce la sua forza (10,9); è diventato un altro uomo e apre così la strada che Israele potrà percor­ rere diventando un popolo nuovo. In questo momento della narrazio­ ne non c'è alcuna critica alla nuova istituzione e non si proietta neppu­ re prematuramente l'attenzione su Davide. A Saul è consentita una nar­ razione dedicata al suo potere e alla sua trasformazione. 9,1-4. Dopo l'iniziale caratterizzazione di Saul nei vv. 1-2, la storia prosegue con il racconto del ritrovamento delle asine perdute. Questo tema viene introdotto all'inizio (vv 3-4) con un triplice ritornello: «sen­ za trovarle», «non c'erano», «non le trovarono». Il tema dell' episodio delle asine smarrite è introdotto da Samuele al v. 20 (cfr. 10,2), vi si fa di nuovo riferimento in 10,14-16 e ha un felice esito. La narrazione non ha tuttavia un vero interesse per la storia delle asine. È soltanto un oppor­ tuno punto di accesso alla vera storia che riguarda la monarchia. In tensione con il tema delle asine smarrite è presente il controtema del regno, che è l'interesse primario del racconto. I protagonisti princi­ pali del tema della monarchia sono YHWH e Samuele. Saul è soltanto un contenitore passivo e non ha una parte attiva nell'ascesa al potere. Saul riceve il trono, ma non afferra il potere. 9,5-14. Il brano si sofferma a lungo e con un lento ritmo narrativo sul­ l'incontro tra Saul e Samuele. Il servo di Saul prende l' iniziativa e prov­ vede idee e mezzi per arrivare fino a Samuele (vv 6-10). Anche questa ricerca è legata all'interesse principale per il ritrovamento delle asine ed è questa la motivazione che spinge Saul a mettersi in viaggio. La nar­ razione trattiene sapientemente la nostra attenzione su questo tema il più a lungo possibile. Anche nel frangente della caccia alle asine il testo ci ricorda tuttavia l'imponente autorità di Samuele; infatti soltanto Sa­ muele può presiedere al sacrificio (v. 13). La realtà dell'autorità di Sa­ muele ossessionerà più tardi Saul (cfr. 13,8-9). Non ci viene detto anco­ ra nulla dell' «altro tema», cioè della monarchia, e l'ingenuo Saul non lo sospetta neppure. 9,15-16. Questi versetti sono il resoconto retrospettivo del colloquio tra YHWH e Samuele, avvenuto il giorno prima. Nel racconto tutto ver­ te attorno a questa comunicazione a tu per tu; Saul non ne sa nulla, ma .

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il narratore ne consente l'accesso al lettore. È una > ha luogo «alla presen­

za del Signore e in presenza del suo unto» (v. 3), presumibilmente Saul. Inoltre, al v. 5 «il suo unto» è testimone della innocenza di Samuele. Se il riferimento è a Saul, la narrazione usa abilmente Saul per rivendica­ re l'antico modo di autorità. Saul rende testimonianza a favore di quel­ l'autorità che tenta di sostituire. «L'unto>> che incarna il nuovo ordine è però soltanto un testimone e non il protagonista principale. 12,6-11. Insieme quella di Samuele il discorso pone rivendicazioni più complessive e più forti. Si continua a usare la struttura del linguaggio giudiziario. Samuele è stato rivendicato nei vv. 1-5, ma ora il tema del dialogo è la rivendicazione di YHWH, un Dio riconosciuto giusto ed equo, che è stato fedele a Israele. Scagionare YHWH è importante perché si re­ puta che la nuova monarchia sia anche un ripudio di YHWH (cfr. 10,19). La rivendicazione di Samuele era in senso negativo (rendendo conto di tutto ciò che Samuele non aveva fatto), quella di YHWH è in senso posi­ tivo. Samuele proclama tutto ciò che YHWH ha fatto. Al v. 6 il tema è la li­ berazione dell'esodo. Samuele passa dall'Esodo a esporre le «Opere di giustizia» (v. 7) caratteristiche di YHWH. Il termine «Opere di giustizia» ($idqot) è importante. «Opere di giustizia» e «giustizia» sono azioni ca­ ratteristiche di YHWH, che fa cose giuste per Israele con il suo potente intervento (Giud. 5,11; Mich. 6,5). Queste azioni formano la sostanza della relazione tra YHWH e Israele sin dal principio. Il tema è sempre sta­ to quello del bisogno di Israele, la sua schiavitù, e della volontà di YHWH di soccorrere e ristabilire. Il v. 8 riassume per intero la teologia dell'an­ tico credo di Israele, che va da Giacobbe all Esodo fino all'ingresso nel­ la terra promessa. I vv. 9-11 cominciano con l' ammettere che Israele ha «dimenticato» e poi alludono alle narrazioni del libro dei Giudici men­ zionandone alcuni, tra cui Samuele! In passato per ricevere soccorso ba­ stava che Israele «gridasse» - ammettesse cioè il suo bisogno e fosse di­ sposto a confidare in YHWH - e nella sua fedeltà YHWH avrebbe di nuo­ vo mandato un liberatore. Nella narrazione dei vv. 6-11 vengono sottolineati tre punti . Primo, Israele ha la caratteristica di essere testardo e incostante. Secondo, YHWH ha la caratteristica di essere sensibile e di mostrare la sua potenza in fa­ vore di Israele; si tratta di elementi teologici fondazionali, che stabili­ scono l'asimmetria del rapporto tra Israele e YHWH. È il terzo punto che attira la nostra attenzione. L'atteggiamento caratteristico con il quale questo Dio sensibile soccorre nei momenti di crisi un popolo testardo è quello di un giudice che sia stato messo sul chi vive; non era necessario altro tipo di autorità. Quel modo di soccorrere era adatto allo scopo e il fine della narrazione è istruire Israele su ciò che avrebbe dovuto sape'

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Parte seconda - Il regno di Saul (l Sam.

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re. È un tipo specifico di autorità, non soltanto adeguato ai fini, ma ap· propriato in modo particolare a questa comunità di fede. Il testo difen­ de quindi l'antica autorità contro il nuovo stile monarchico, che proce­ de su basi molto diverse. 12,12-18. Considerando la storia dei modi di agire di Dio verso Israe­ le, lo scenario avrebbe dovuto mostrare un popolo che, messo di fron­ te alla minaccia di N aas, l'Ammonita (cfr. cap. 11 ), si pente, e un Dio che ascolta e manda un giudice a liberare Israele. È ciò che avrebbe dovuto accadere e che Samuele senza dubbio si aspettava. «Ma [ ... ] mi diceste: "No, deve regnare su di noi un re"» (v. 12). Con quella impudente ri­ chiesta Israele prendeva distanza dal suo lungo e fiducioso rapporto con YHWH. Riflettendo sull'infausta decisione di abbandonare la tradi­ zione, Samuele prende atto della nuova situazione: «Ecco dunque il re che vi siete scelto» (v. 13). YHWH ha concesso un re (8,7), ma soltanto per­ ché Israele ha detto di no a forme di aiuto degne di fiducia. Samuele è scagionato (vv. 1-5), YHWH è scagionato (vv. 6-11). Al contrario, Israele è accusato per il suo allontanamento temerario e imprudente dalla tra­ dizione (vv. 12-13). Tuttavia Samuele non ha ancora concluso il discorso con Israele. Non si accontenta di affidare la questione alla monarchia che sta stentata­ mente emergendo. Nei vv. 14-15 abbiamo un esempio della teologia del patto più rigorosa e meglio argomentata della letteratura biblica. Que­ sti versetti propongono due opzioni e ognuna rappresenta una scelta o l'inevitabile conseguenza della scelta:

Se

(Allora) Se voi

Allora

temete Servite prestate ascolto (§m') non vi ribellate seguite andrà bene (v. 14) non prestate ascolto (§m') vi ribellate la mano del Signore sarà contro di voi (v. 15).

Nella prima serie di condizioni (v. 14) e nella seconda di conseguen· ze (v. 15) il re viene esplicitamente incluso: tanto nella richiesta quanto nella minaccia. Si noti per prima cosa che il linguaggio dei due verset­ ti, specialmente l'uso ripetuto del termine shema', risale all'antica tradi­ zione del patto conservata nel libro del Deuteronomio. Tutto dipende dal fatto che Israele ascolti o non ascolti. Si osservi, in secondo luogo,

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6. L'antico patto, la nuova monarchia (I Sam. 12) che la clausola ripetuta «se/ allora» riecheggia la formula benedizio­ ne l maledizione che troviamo in Deut. 28. Non vi è spazio per sguscia­ re tra il «Se» della scelta e l' «allora�> della conseguenza. Il processo sto­ rico di Israele al quale YHWH presiede è governato da un sistema rigo­ roso di ricompense e di punizioni dal quale non vi è via di scampo. Il terzo punto sembra il più interessante. Abbiamo già visto che l' «unto» è incluso nelle testimonianze positive a favore di Samuele (vv. 3-5). Si osservi che adesso il re viene compreso in questo ammonimento: >. Questo innominato (che si dimostrerà essere Davide) è «Un uomo secondo il cuore di Dio». Lo era anche Saul (10,9), ma il tempo di Saul è finito. È stata fatta una nuova scelta, e tut­ to senza che Saul conoscesse le regole fondamentali del potere. Egli non ha avuto alcuna possibilità. .

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Parte Seconda Il regno di Saul (l Sam. 8 15) -

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Come per suggellare la questione, Samuele ripete il giudizio su Saul� «Tu non hai osservato quello che il SIGNORE t'aveva ordinato» (v. 14). Il termine reso in italiano nella N.Riv. con «destinato« (appointed nella RSV) è in realtà «ordinato» ($iwwah); abbiamo quindi un doppio uso del termine: «YHWH lo ha ordinato principe [ . . . ] perché Tu non hai os­ servato quello che il Signore ti aveva ordinato». L'ordine di YHWH rela­ tivo a Saul è venuto meno; YHWH è ora impegnato verso un nuovo or­ dine. Il verdetto su Saul è impietoso e problematico: primo, non sap­ piamo che cosa abbia fatto di male Saul; secondo, ci chiediamo da do­ ve venga la decisione di un nuovo re, quando il primo re in realtà non ha avuto alcuna possibilità di successo. È come se il narratore fosse di­ ventato impaziente e abbia usato il conciso discorso di Samuele per af­ frettare l'azione verso Davide. Evidentemente, qualunque errore sia stato commesso nell'offerta del sacrificio di Saul, è una cosa irrilevan­ te di fronte al passaggio di poteri ora annunciato. Samuele lascia la sce­ na, il suo scopo è stato raggiunto (v. 15a). Come YHWH, Samuele ab­ bassa e innalza (cfr. 2,7). 13,15b-23. La conclusione del capitolo 13 riferisce l'andamento del conflitto in corso contro i filistei, descrivendo in dettaglio alcuni ele­ menti della strategia dei filistei. Questi versetti dimostrano che i filistei avevano il monopolio della tecnologia del ferro e che i palestinesi di­ pendevano da loro per questo metallo, cioè per le loro armi. Agli israe­ liti sono negate le armi e sono quindi vulnerabili e inefficienti. Difatti, tra gli israeliti soltanto Saul e Gionatan avevano spade (v. 22). Questa osservazione presumibilmente prepara all'episodio successivo, in cui Gionatan e Saul figurano con grande rilievo. La narrazione del capitolo 13 ha lo scopo di tracciare per noi il cor­ so della guerra; intende anche affermare che nelta guerra, con la guer­ ra e al di sopra della guerra contro i filistei è all'opera un'altra forza che fa e disfa i re, che domina il flusso del potere in maniera nascosta ma irresistibile. L'accostamento tra il resoconto della guerra (vv. 1-7), la riflessione teologica (vv. 8-15a) e di nuovo il resoconto della guerra (vv. 15b-23) ci invita a riflettere sui vari modi in cui si manifesta il po­ tere. Alla fin fine potevamo aspettarci che si facesse cordoglio per Saul, eliminato da forze contro le quali non aveva ricorso. Anche i potenti sono impotenti dinanzi alla santità imperscrutabile di Dio. La narra­ zione non si attarda invece a piangere per Saul: ha in vista altri e più pressanti problemi.

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7.

La reiezione di Saul (l Sam. 13 15) -

7.2 I Samuele 14,1-52

Questa complessa narrazione presenta tre temi: l) Israele continua a combattere contro i filistei e YHWH è presente durante la battaglia; 2) Gionatan viene presentato come un personaggio audace e affascinante, al contrario del padre Saul; 3) Saul è un uomo pio, bene intenzionato, che in contrasto con Gionatan appare come un individuo misero e de­ ludente. 14,1-15. Gionatan compare all'improvviso nella narrazione e rap­ presenta una minaccia per l'autorità e il destino del padre. Egli prende una sorprendente iniziativa, proponendo che egli e il suo scudiero va­ dano da soli contro i filistei (v. 1). Il narratore descrive una guerra mi­ nore, dove l'azione appare ridotta a un sensazionale combattimento per­ sonale. Gionatan e il suo fedele compagno vanno contro i filistei e si di­ mostrano estremamente efficienti (v. 14). Cercano di gettare l'intero cam­ po filisteo nella confusione: una confusione tipica della strategia della «guerra santa», dove la confusione è essa stessa una maniera di com­ battere (cfr. Giud. 6,19-21). Gionatan viene presentato come un guer­ riero di fede, il quale sa che l'attacco contro i filistei è voluto da YHWH. La fedeltà di Gionatan appare evidente in tre affermazioni parallele. Primo, egli dice: ( che non erano israeliti (v. 21) e da altra gente delle colline (v. 22). La conclusio­ ne del v. 23 corrisponde al fiducioso «forse» del v. 6. YHWH ha vinto una grande battaglia in Israele. La menzione degli ebrei e della regione mon­ tuosa fa pensare che l'esercito di Saul fosse una compagine di persone socialmente emarginate e svantaggiate. 14,24-35. Il resoconto della battaglia si interrompe. Tipicamente, la narrazione non è interessata al grande conflitto, bensì allo scontro fac­ cia a faccia, in cui la vita e la morte sono tenute in equilibrio dai discorsi e dalle azioni che si intrecciano foggiando il destino di Israele. Il reso­ conto della battaglia è riassunto nel v. 36; da allora ogni cosa è cambia­ ta e posta in una nuova prospettiva. Questi versetti contengono due strane pratiche rituali eseguite da Saul. Primo, senza alcuna spiegazione, Saul giura che avrebbe ucciso qualsiasi israelita avesse toccato cibo quel giorno (v. 24). Per timore di Saul i suoi sudditi si attennero al giuramento (vv. 25-26), ma non tutti; tutti tranne Gionatan, dice il racconto (v. 27). Tutto è sospeso a questa svolta della storia. Gionatan non sapeva del giuramento e lo viola per ignoranza (v. 27); tuttavia, quando gli si parla del giuramento, Giona­ tan non esprime né rimpianti, né dispiaceri, né timori, bensì il ricono­ scimento dettato dal buonsenso che il giuramento del padre era scioc­ co, poiché per combattere i filistei, i soldati avevano bisogno di ogni energia disponibile. Secondo, la gente, spinta dalla fame, si gettò sul bottino e cominciò a mangiare gli animali catturati. Era a questo punto in gioco un perico­ lo molto più grave della violazione del giuramento di Saul. Israele cor­ reva il pericolo di una solenne violazione del divieto riguardante il san­ gue (cfr. Gen. 9,4-5). Per risolvere il problema Saul fa costruire un alta­ re dove smaltire il sangue, riducendo il pericolo. Saul è un uomo pio e scrupoloso. 14,36-46. Questi versetti narrano un episodio pieno di pathos. Anche qui senza alcun rimpianto, Gionatan ammette di aver mangiato e di aver violato il giuramento di Saul (v. 43). Saul reagisce senza esitare: afferma che il giuramento va onorato a ogni costo, anche a costo del proprio fi­ glio (v. 44). Qui abbiamo un padre pronto a sacrificare il proprio dilet­ to figlio per quello che al padre sembra l'interesse comune. .

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7. La reiezione di Saul (I Sam. 13 15) -

Ma le persone non si sentono impegnate verso questa interpretazio­ ne dell'interesse comune come immagina Saul e intervengono in favo­ re di Gionatan, il loro eroe (v. 45). Pongono una domanda retorica e vi rispondono con un clamoroso no: «Uccideremo il nostro più coraggio­ so guerriero per amore del tuo folle giuramento»? (v. 45). La posizione di Saul, per quanto pia, non è accettata dal popolo che risponde alla sua stessa domanda: «Non sia mai!», attribuendo più valore a Gionatan che al giuramento: «Non cadrà in terra un capello del suo capo» (cfr. Mt. 10,30). È una dichiarazione di rispetto, di onore e di riconoscenza; for­ se è anche una tacita minaccia nei riguardi di Saul: se tocchi Gionatan dovrai passare sui nostri corpi. Saul non risponde neppure al loro ri­ fiuto. Forse Saul è disposto ad accogliere quel veto. Per il narratore, il pubblico che protesta vince facilmente la sua bat­ taglia. L'opinione pubblica e l'affermazione del valore di Gionatan han­ no la meglio sulle minacce per il giuramento violato. Saul si attiene a una visione religiosa primitiva della sua funzione più a lungo dei suoi compatrioti, maggiormente pragmatici. Alla fine Gionatan è salvato, liberato dal potere e dal pericolo della morte, dalla timorosa pietà del padre. 14,47-52. La conclusione del capitolo è sostanzialmente una sintesi del regno di Saul. Vengono prima i suoi successi militari e il narratore conclude che Saul liberò «Israele dalle mani degli oppressori» (v. 48). Nel raccontare la sua storia ci si era chiesti se Saul poteva «salvare>> (10,27). La tradizione è priva di ambiguità su questo giudizio. Saul ha riscattato Israele dalle sofferenze e dall'umiliazione della sconfitta. Poi si parla della famiglia di Saul (vv. 49-51) ed è particolarmente interes­ sante il ruolo centrale di Abner in questa famiglia. Nel futuro, molto tempo dopo che Saul se ne sarà andato, Abner emergerà come un gran­ de personaggio che contribuirà a forgiare il destino di Israele (II Sam. 3,12-21.38). Saul continua a reclutare soldati per il costante conflitto con i filistei (v. 52). Nei brani successivi l'attenzione principale di Saul è più prossima alla sua casa ed è rivolta contro l'uomo «secondo il cuore» di Dio (13,14). Per il momento la narrazione accenna alla possibilità che il re alternativo annunciato in 13,14 sia Gionatan (si veda Jobling). Gio­ natan, invece, non fa che tenere in caldo il posto del re finché non potrà consegnarlo a Davide. Il capitolo 14 invita alla riflessione sul teso rapporto tra politica pub­ blica (la guerra) e pietà personale (il giuramento). L'impegno della guer­ ra contro i filistei è una gravissima preoccupazione per Israele. Il folle giuramento di Saul distrugge lo sforzo bellico, togliendo energie allo scontro con i suoi nemici. Al centro della tensione tra politica e pietà, tra guerra e giuramento, è l'affascinante figura di Gionatan. Egli sembra 117

Parte seconda

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regno di Saul (I Sam. 8 15) -

trascendere il problema in cui è invischiato Saul. In modo libero e fles­ sibile Gionatan agisce secondo quella che ritiene essere la sua respon­ sabilità. Grazie a lui Israele può disporre di maggiori energie per la bat­ taglia. Al contrario, lo spaventoso potere del giuramento di Saul è vin­ to e cancellato. Non si fa cenno al modo in cui Saul reagisce al fascino di Gionatan. Forse la solidarietà di Gionatan con la comunità (cfr. v. 45) è un'anticipazione del grande fascino di Davide nel futuro. Saul non è ancora destinato a essere un perdente, ma il narratore comincia a insi­ nuare l'idea che l'oscurità aleggia sulla vita di Saul, un'oscurità che si incarna qui nella libertà e nel fascino di Gionatan. Questa incombente oscurità (che diventa il tema principale della nar­ razione di Saul) viene descritta in dettaglio da Samuele che annuncia la reiezione di Saul da parte di YHWH (13,13-14). Il verdetto di Samuele è però una conclusione tardiva e formale. La forma più potente, più sot­ tile e infausta dell'oscurità che incombe sulla vita di Saul è la minaccia che emerge in maniera lenta e incessante dalla narrazione stessa e non il secco verdetto di Samuele. Vediamo che gli eventi cominciano già a operare contro Saul. La narrazione, a differenza del verdetto di Samue­ le, è esplicita, ma la minaccia è presente, prima che riceva esplicitamente la sua forma. Il verdetto formale di Samuele esprime soltanto ciò che sta già accadendo nella narrazione. Le cose sono molto più difficili per Saul che per Gionatan, perché Saul porta il peso della paura e di una malintesa pietà religiosa. Come pote­ va pensare, questo padre, di sacrificare il figlio in mezzo al conflitto? Di fronte a esso Saul sembra stolidamente pio e noi respingiamo il suo giu­ ramento giudicandolo barbaro e assurdo. Due altri elementi entrano nel­ le nostre riflessioni: primo, Saul sentiva che l'esigenza della fede richie­ deva quel giuramento a così caro prezzo, come certamente Abramo ave­ va sentito di dover sacrificare il figlio (Gen. 22,1-14). Strano! Noi vedia­ mo in Abramo un modello radicale di fede, ma trattiamo Saul come uno squilibrato e un folle. Secondo, Saul agisce con fede sincera; soltanto al­ la fine viene dissuaso dalla sua decisione dalla voce pragrnatica del po­ polo e noi ci sentiamo sollevati. Dobbiamo tuttavia osservare che il «pre­ stare ascolto al popolo» di Saul nel capitolo 15 (vv. 20.24) suscita il seve­ ro giudizio di Samuele. La narrazione disegna una situazione senza suc­ cessi per Saul, l'uomo pio che con il suo giuramento intende essere ob­ bediente. Lo consideriamo folle, ma è una fede seria quanto quella di Abramo. Quando cede al popolo siamo contenti, ma nel capitolo suc­ cessivo questo cedimento gli costerà il trono. Che cosa doveva fare Saul? Non lo sappiamo e il narratore non ci aiuta. La narrazione è il riflesso di un complicato intreccio tra pietà e politica, fede e realtà. Le tensioni so­ no così acute per Saul, mentre le decisioni sono ambigue e nascoste. 118

'7. La reiezione di Saul (I Sam. 13 15) -

Saul è un uomo gravato da un peso e la sua fede è seria, anche se mal orientata. Gionatan è una persona più semplice, più libera nella sua fe­ de. Quando padre e figlio ritornano al campo dopo la battaglia non so­ no i personaggi vuoti e spenti di un serial televisivo. La sera le loro ten­ de, come le nostre case, sono piene di ambiguità, di alienazione, dubbi, paure e fede. Di fronte a questi visitatori notturni, noi (ed essi) ci ag­ grappiamo al