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Italian Pages [395]
Erik Longo
Giustizia digitale e Costituzione
FRANCOANGELI
Riflessioni sulla trasformazione tecnica della funzione giurisdizionale
Studi di
Diritto Pubblico
Le tecnologie dell’informazione hanno trasformato ogni aspetto della vita umana, sviluppando con il diritto un rapporto bidirezionale: da un lato, richiedono una disciplina giuridica e, dall’altro, sono destinate a condizionare il modo stesso di ‘fare’ diritto. La crescente attenzione al rapporto tra efficienza ed evoluzione tecnologica coinvolge, inevitabilmente, anche il settore della giustizia. La digitalizzazione interseca il processo (giurisdizionale) su diversi piani (lavoro, organizzazione, procedure, decisioni), incontrando numerosi ostacoli di ordine giuridico, culturale e materiale: alcuni sono il prodotto di una fisiologica resistenza al cambiamento (in buona parte ingiustificata e, quindi, superabile), altri, invece, derivano dall’irrinunciabile confronto con i principi fondamentali che sono costitutivi dell’idea stessa di Stato di diritto. Assumendo primariamente la prospettiva del diritto costituzionale, l’Autore indaga le tre dimensioni dell’integrazione del digitale nella giurisdizione (il «processo dematerializzato», il «processo fuori dal processo» e il «futuro nel processo»), confrontandosi con i problemi del processo telematico, delle Online Dispute Resolutions (ODR) e dell’impiego delle Intelligenze Artificiali soprattutto a fini predittivi, mettendo in evidenza i rischi e i benefici dell’evoluzione tecnologica rispetto alla tutela giurisdizionale dei diritti. Erik Longo è professore associato di Diritto costituzionale presso il Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università degli Studi di Firenze dove insegna Istituzioni di diritto pubblico, Diritto costituzionale, Diritto della società digitale e Rights and Rules for Artificial Intelligence. È autore di tre monografie, tra cui La legge precaria. Le trasformazioni della funzione legislativa nell’età dell’accelerazione (Torino 2017), e di numerosi saggi scientifici in materia di diritto costituzionale e di diritto e tecnica.
FrancoAngeli La passione per le conoscenze
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STUDI DI DIRITTO PUBBLICO Collana diretta da Roberto Bin, Fulvio Cortese e Aldo Sandulli coordinata da Simone Penasa e Andrea Sandri REDAZIONE Chiara Bergonzini, Fabio Di Cristina, Angela Ferrari Zumbini, Stefano Rossi COMITATO SCIENTIFICO Jean-Bernard Auby, Stefano Battini, Daniela Bifulco, Roberto Caranta, Marta Cartabia, Omar Chessa, Mario P. Chiti, Pasquale Costanzo, Antonio D’Andrea, Giacinto della Cananea, Luca De Lucia, Gianmario Demuro, Daria de Pretis, Marco Dugato, Claudio Franchini, Thomàs Font i Llovet, Giulia Maria Labriola, Peter Leyland, Massimo Luciani, Michela Manetti, Alessandro Mangia, Barbara Marchetti, Giuseppe Piperata, Aristide Police, Margherita Ramajoli, Roberto Romboli, Antonio Ruggeri, Sandro Stajano, Bruno Tonoletti, Aldo Travi, Michel Troper, Nicolò Zanon La Collana promuove la rivisitazione dei paradigmi disciplinari delle materie pubblicistiche e l’approfondimento critico delle nozioni teoriche che ne sono il fondamento, anche per verificarne la persistente adeguatezza. A tal fine la Collana intende favorire la dialettica interdisciplinare, la contaminazione stilistica, lo scambio di approcci e di vedute: poiché il diritto costituzionale non può estraniarsi dall’approfondimento delle questioni delle amministrazioni pubbliche, né l’organizzazione e il funzionamento di queste ultime possono ancora essere adeguatamente indagati senza considerare l’espansione e i modi di interpretazione e di garanzia dell’effettività dei diritti inviolabili e delle libertà fondamentali. In entrambe le materie, poi, il punto di vista interno deve integrarsi nel contesto europeo e internazionale. La Collana, oltre a pubblicare monografie scientifiche di giovani o affermati studiosi (STUDI E RICERCHE), presenta una sezione (MINIMA GIURIDICA) di saggi brevi destinata ad approfondimenti agili e trasversali, di carattere propriamente teorico o storico-culturale con l’obiettivo di sollecitare anche gli interpreti più maturi ad illustrare le specificità che il ragionamento giuridico manifesta nello studio del diritto pubblico e le sue più recenti evoluzioni. La Collana, inoltre, ospita volumi collettanei (sezione SCRITTI DI DIRITTO PUBBLICO) volti a soddisfare l’esigenza, sempre più avvertita, di confronto tra differenti saperi e di orientamento alla lettura critica di problemi attuali e cruciali delle discipline pubblicistiche. La Collana, inoltre, si propone di assecondare l’innovazione su cui si è ormai incamminata la valutazione della ricerca universitaria. La comunità scientifica, infatti, sente oggi l’esigenza che la valutazione non sia più soltanto un compito riservato al sistema dei concorsi universitari, ma si diffonda come responsabilità dell’intero corpo accademico. Tutti i volumi pubblicati nella collana sono stati pertanto sottoposti a un processo di double blind peer review che ne attesta la qualità scientifica.
Erik Longo
Giustizia digitale e Costituzione
FRANCOANGELI
Riflessioni sulla trasformazione tecnica della funzione giurisdizionale
Studi di
Diritto Pubblico
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Indice
Prefazione
pag. 11
I. Introduzione: la trasformazione digitale della giustizia 1. Un’inedita richiesta a ChatGPT 2. Gli impieghi delle tecnologie nel processo: tre dimensioni di analisi 2.1. La prima dimensione: il processo dematerializzato 2.2. La seconda dimensione: il processo fuori dal processo 2.3. La terza dimensione: il futuro nel processo 3. I profili critici delle applicazioni tecnologiche ai processi giurisdizionali 3.1. Il secolo del processo… e del digitale 3.2. La «despazializzazione» della giustizia 4. Verso il «‘giusto’ processo digitale» 4.1. Imparzialità, autonomia e indipendenza della magistratura e dei giudici 4.2. Discrezionalità interpretativa dei giudici 4.3. Accesso alla giustizia 4.4. Giusto processo II. La dematerializzazione del processo a livello sovranazionale e nella recente esperienza francese 1. Introduzione 2. La digitalizzazione della giustizia nel quadro del diritto UE 7
» 13 » 13 » 23 » 25 » 29 » 34 » 39 » 40 » 45 » 47 » 50 » 55 » 59 » 62 » 67 » 67 » 71
2.1. I «piani di azione pluriennali» europei in materia di giustizia elettronica 2.2. Le procedure armonizzate per realizzare il mercato comune attraverso la giustizia 2.3. Gli atti di indirizzo e sostegno alla digitalizzazione della giustizia della Commissione europea 3. La digitalizzazione della giustizia nel quadro dell’ordinamento convenzionale: il lavoro del Consiglio consultivo dei giudici europei e della CEPEJ 3.1. I documenti della CEPEJ sulla ‘Cyberjustice’ 3.2. Un approccio ‘strategico’ alla digitalizzazione del processo nei documenti della CEPEJ 4. La digitalizzazione della giustizia nell’esperienza francese recente 4.1. La dematerializzazione delle comunicazioni nei processi nell’ordinamento francese 4.2. Il problema dei dati: dai «cantieri della giustizia» alla riforma del 2019 III. Il processo dematerializzato nell’esperienza italiana 1. Introduzione 2. Il «processo telematico»: inquadramento delle regole operative 3. L’esperienza del processo civile telematico: le prime stagioni, le trasformazioni della pandemia e la riforma 3.1. L’avvio lento della dematerializzazione e l’introduzione delle comunicazioni elettroniche nei tribunali 3.2. Il PCT dopo il CAD 3.3. La dematerializzazione del processo durante la pandemia: la garanzia delle ‘esigenze’ costituzionali 3.4. La piena realizzazione del PCT nella recente riforma del processo civile 4. Verso la ‘smaterializzazione’ del processo penale 4.1. Dalla pandemia alla riforma ‘Cartabia’: l’avvio della digitalizzazione del processo penale 4.2. La recente riforma del codice di procedura penale 8
pag. 74 » 81 » 84 » 90 » 94 » 103 » 106 » 108 » 113 » 119 » 119 » 122 » 125 » 127 » 130 » 132 » 137 » 149 » 151 » 155
5. Uno sguardo alle giurisdizioni speciali 5.1. Il processo amministrativo telematico 5.2. L’introduzione graduale del processo telematico nell’ambito della giustizia contabile e tributaria 6. La digitalizzazione degli atti processuali nel processo costituzionale 7. Le sfide future della digitalizzazione: dalla smaterializzazione del processo al governo della datificazione 7.1. Fenomenologia del processo telematico: quattro sfide 7.2. Il processo dematerializzato tra efficienza, qualità e garanzia 7.3. Oltre la dematerializzazione: il PNRR e la sfida della dematerializzazione 7.4. Le linee di sviluppo: l’IA 8. Nuovi criteri per giudicare la trasformazione digitale
pag. 164 » 165
IV. Il processo fuori dal processo 1. Le «Online Dispute Resolutions»: una vera risposta alla domanda di giustizia? 2. Le ODR di prima e seconda generazione: limiti e sviluppi 3. Lo sviluppo della «online justice» in Inghilterra e Galles 4. Le Internet Courts cinesi 5. Il ‘social credit system’ cinese 6. Il giudice privato ‘supremo’: l’Oversight Board di Meta
» 209
V. Il futuro nel processo 1. Il futuro nel processo 2. Dai sistemi esperti all’idea di una «giustizia digitale» 2.1. L’uso dell’IA nel sistema americano a partire dal caso COMPASS 2.2. Usi e limiti dell’IA applicata alla giustizia 2.3. L’uso delle IA nel settore legale: esperimenti di «giustizia predittiva» 3. La «Carta etica sull’uso dell’intelligenza artificiale nei sistemi giudiziari» della CEPEJ
» 255 » 255 » 262
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» 170 » 174 » 184 » 187 » 191 » 195 » 202 » 206
» 209 » 214 » 227 » 238 » 242 » 246
» 262 » 269 » 273 » 285
4. La proposta di AI Act: verso un nuovo raccordo uomo-macchina 4.1. I requisiti delle IA ad alto rischio 4.2. Trasparenza degli algoritmi e diritto alla spiegazione 4.3. L’IA Act tra trasparenza e spiegazione
pag. 299 » 306 » 312 » 321
VI. Verso il «‘giusto’ processo digitale» 1. Le tre dimensioni 2. Indipendenza e autonomia della magistratura e dei giudici e limiti della digitalizzazione 3. La necessaria umanità del giudicare 4. Garanzia del contraddittorio e assenza di condizionamenti che non derivino dalla legge 5. Digitalizzazione del processo e garanzie costituzionali soggettive: dal diritto di difesa alla motivazione dei provvedimenti giurisdizionali 6. Le garanzie costituzionali sull’utilizzo corretto dei dati nella giustizia 7. La «giustizia digitale» e il ruolo del diritto costituzionale
» 325 » 325
Bibliografia
» 357
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» 329 » 335 » 337 » 340 » 347 » 351
Prefazione
Le tecnologie dell’informazione hanno trasformato ogni aspetto della vita umana, dagli affari alla politica, dalle arti al divertimento. La crescita esponenziale del rapporto tra efficienza ed evoluzione tecnologica nell’era dell’informazione sta costantemente allargando la propria sfera di influenza anche al diritto. Entro il grande lavoro di comprensione degli effetti delle tecnologie digitali sul fenomeno giuridico, questo volume intende analizzare quali sono le conseguenze per la giurisdizione. La digitalizzazione interseca la funzione giurisdizionale su ogni piano, dalle attività all’organizzazione, dal lavoro alle decisioni. Questo volume ha preso corpo dalla richiesta di partecipare al convegno genovese del Gruppo di Pisa del 2021 presentando una relazione sulla giustizia nell’era digitale. Le discussioni con il direttivo dell’Associazione e con gli organizzatori del convegno, che qui si ringraziano, furono l’occasione per mettere a fuoco alcune delle intuizioni che sono poi alla base del presente lavoro. L’idea di partire dall’analisi del processo telematico, in particolare, e non soffermarsi solo sulle più recenti ipotesi di impiego della scienza dei dati e delle intelligenze artificiali, ci parve già allora il modo più efficace per descrivere la relazione tra la tecnica e la giurisdizione, secondo un percorso che aveva necessariamente origini più risalenti. A questo fine, il testo si dipana lungo due direttrici. La prima analizza l’evoluzione delle tecnologie applicate al processo, mentre la seconda si intreccia con i diritti tutelati dalla giurisdizione che sono incisi dalle stesse tecnologie digitali. Facendo incontrare le due direttrici durante lo studio e la scrittura sono emerse le tre dimensioni nelle quali la parte 11
centrale dell’opera è articolata, quella del «processo dematerializzato», del «processo fuori dal processo» e del «futuro nel processo». Lo studio che ora presentiamo, prende le mosse da quella relazione del 2021 e intende mantenere una prospettiva di approfondimento analitico ed empirico – oggi inevitabile dinanzi a un fenomeno così recente e in costante trasformazione – cercando però di inquadrare con precisione gli argomenti e mettendone in risonanza l’evoluzione con le profonde implicazioni costituzionali. Il lavoro non si sottrae a un approfondimento trasversale della giustizia digitale per come essa ancora oggi faticosamente emerge nella dottrina e nella prassi. Il fenomeno è intrinsecamente complesso e multidimensionale. Ciò richiede, pur rimanendo ben radicati nella scienza costituzionalistica, di dover compiere delle escursioni negli ordinamenti sovranazionali (Unione europea e Consiglio d’Europa) così come nelle scienze processualistiche; la finalità non è affermare una sorta di eclettismo metodologico, ma cercare di afferrare la reale complessità del fenomeno spingendosi fin dove esso vive. Parimenti, l’indagine sull’uso delle intelligenze artificiali nelle attività processuali non mira a compiere una mera assimilazione di tale tecnologia al fenomeno ‘digitalizzazione’, ma semplicemente a mostrarne le connessioni e le notevoli relazioni con il mondo del diritto. Per gli stessi motivi si è dovuto limitare l’oggetto dell’analisi non inserendo altri aspetti del nesso tra giustizia e tecnica, come il tema delle indagini penali ovvero delle prove. In modo consapevole, si è scelto di limitare l’indagine solo su alcuni profili del processo al fine di analizzare, in un’ottica circoscritta ma maggiormente definita, i principi e i diritti costituzionali relativi alla giurisdizione. Il percorso di ricerca su questi temi è avvincente e sollecita numerose domande alle quali l’opera, da una prospettiva costituzionalistica, cerca di dare una prima e iniziale risposta, nella consapevolezza che di questi argomenti sentiremo sempre più parlare nell’immediato futuro.
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I.
Introduzione: la trasformazione digitale della giustizia
1. Un’inedita richiesta a ChatGPT Il sistema sanitario colombiano è obbligato a coprire i costi delle cure e del trasporto sostenuti da una madre indigente per il proprio figlio minore affetto da autismo? È questa, in sintesi, la questione che un giudice di seconda istanza del tribunale del lavoro di Cartagena, in Colombia, Juan Manuel Padilla Garcia, ha rivolto a ChatGPT, il noto chatbot basato su un sistema di intelligenza artificiale (IA)1, nel contesto di una acción de tutela avviata per la protezione dei citati diritti sociali. Ne dà atto lo stesso magistrato
1. ChatGPT è un potente language model sviluppato dall’azienda OpenAI con tecniche di Machine Learning (non supervisionate e per rinforzo) e addestrato a partire dai modelli «Instruct GPT» che è comparso a novembre 2022 ed è capace di fornire risposte a ogni richiesta relativa al dominio della conoscenza espressa nel linguaggio naturale. I modelli Instruct GPT di OpenAI sono basati sulla tecnologia dei transformer introdotta nel 2017 da un gruppo di sviluppatori di Google nel paper A. Vaswani, N. Shazeer, N. Parmar et al., Attention Is All You Need, disponibile in arXiv pre-print server, 5/12/2017, https://arxiv.org/abs/1706.03762. Se interrogato sulla sua natura, attraverso l’indirizzo https://chat.openai.com/chat, così risponde: «Sono un modello di linguaggio basato su intelligenza artificiale creato da OpenAI. Sono stato addestrato su vasti corpus di testo in diverse lingue, e sono progettato per generare risposte in modo autonomo e interagire con gli utenti attraverso una conversazione naturale». Maggiori informazioni sul funzionamento di ChatGPT sono reperibili in Op. ed., Large, creative AI models will transform lives and labour markets, in The Economist (www.economist.com/interactive/science-andtechnology/2023/04/22/large-creative-ai-models-will-transform-how-we-live-and-work).
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nelle motivazioni della sentenza pubblicata il 31 gennaio 20232 e balzata immediatamente agli onori della cronaca internazionale3. Dopo aver ricostruito il fatto, richiamato le norme e la giurisprudenza della Corte costituzionale colombiana di riferimento, nonché espresso la propria volontà di confermare l’esito del giudizio di primo grado, l’estensore del provvedimento riporta la sua ‘conversazione’ con il chatbot della azienda OpenAI. L’audace iniziativa rappresenta, secondo il giudice, un modo per dare attuazione alla ley colombiana del 13 giugno 2022, n. 2213, contenente misure per implementare le tecnologie dell’informazione e della comunicazione nei procedimenti giudiziari4, il cui art. 2 stabilisce che le suddette tecnologie «possono essere utilizzate, quando sono disponibili in modo adeguato, nella gestione e nel trattamento dei processi giudiziari e delle questioni in corso, al fine di facilitare e accelerare l’accesso alla giustizia»5. Nello spirito di questa norma, quindi, il magistrato colombiano ha inserito nell’applicativo https://chat.openai.com/chat quattro domande attinenti al problema giuridico affrontato nella sentenza6. Le risposte del software di IA, in realtà molto generiche7, aderiscono 2. La sentenza è liberamente disponibile all’indirizzo https://forogpp.files.wordpress. com/2023/01/sentencia-tutela-segunda-instancia-rad.-13001410500420220045901.pdf. 3. Per un primo commento si v. J.D. Gutiérrez, ChatGPT in Colombian Courts: Why we need to have a conversation about the digital literacy of the judiciary, in VerfBlog, 23/2/2023 (https://verfassungsblog.de/colombian-chatgpt/); L. Taylor, Colombian judge says he used ChatGPT in ruling, in The Guardian, 3 February 2023; M.L. Flórez Rojas, A judge in Cartagena (Colombia) claims to have use ChatGPT as support tool to resolve a guardianship for health care neglect, in Foro Administración, Gestión y Política Pública (https://forogpp.com/2023/02/03/a-judge-in-cartagena-colombia-claims-to-have-use-chatgptas-support-tool-to-resolve-a-guardianship-for-health-care-neglect/). 4. Ley 2213 de 2022 «por medio de la cual se establece la vigencia permanente del decreto legislativo 806 de 2020 y se adoptan medidas para implementar las tecnologías de la información y las comunicaciones en las actuaciones judiciales, agilizar los procesos judiciales y flexibilizar la atención a los usuarios del servicio de justicia y se dictan otras disposiciones». 5. Nostra la traduzione. 6. La prima domanda era la seguente: «¿Menor autista esta exonerado de pagar cuotas moderadoras en sus terapias?»; «¿Las acciones de tutela en estos casos se deben conceder?»; «¿Exigir en estos casos la cuota moderadora es una barrera de acceso al servicio de salud?»; «¿La jurisprudencia de la corte constitucional ha tomado decisiones favorables en casos similares?». 7. Ad esempio, non si citano espressamente sentenze precedenti ma si dice solo che la Corte costituzionale colombiana in casi simili ha concesso il beneficio a favore della famiglia indigente del minore autistico. Nella lingua originale la risposta di ChatGPT alla
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alle argomentazioni sviluppate dal magistrato nella parte precedente della sentenza, la cui articolazione corrisponde alla sua visione circa l’utilità dell’impiego di tali tecnologie nel processo decisionale, che è quella di «aggiungere argomentazioni» una volta presa autonomamente la decisione al fine di «agevolare la risoluzioni dei casi di tutela»8. Al termine della motivazione, il magistrato Padilla Garcia precisa, infatti, che lo «scopo dell’inclusione di questi testi prodotti dall’IA non è in alcun modo (…) sostituire la decisione del giudice. L’obiettivo è invece ottimizzare il tempo dedicato alla stesura delle sentenze, dopo aver verificato le informazioni fornite dall’IA»9. Trascorsi 10 giorni, il giudice María Victoria Quiñones del Tribunale amministrativo della Maddalena, sempre in Colombia, ha emesso un provvedimento giudiziario, nello specifico una ordinanza, in cui di nuovo è trascritta una interlocuzione con ChatGPT10. Questa volta, però, lo scopo del ricorso all’IA è quello di ottenere informazioni tecniche circa le modalità con cui svolgere una udienza nel metaverso11. Anche nell’ordinanza si fa riferimento alla legge n. 2213 del 2022, la quale indica espressamente che le udienze da remoto sono la regola in Colombia, eccezion fatta per quei casi nei quali le parti non possono permettersi le tecnologie necessarie a svolgere le udienze online. Il provvedimento della giudice precisa che le parti erano concordi nello svolgere l’udienza nel metaverso, cita poi le disposizioni di legge e la giurisprudenza che giustificano l’uso delle tecnologie informatiche nei procedimenti giudiziari, spiega cosa si intende con il termine ‘metaverso’, ne domanda «¿Menor autista esta exonerado de pagar cuotas moderadoras en sus terapias?» è stata «Sí, es correcto. De acuerdo con la normativa en Colombia, los menores con diagnóstico de autismo están exonerados de pagar cuotas moderadoras en sus terapias. Este beneficuento está regulado por la Ley 1753 de 2015 y se aplica a todas las instituciones prestadoras de servicios de salud públicas o privadas que reciban recursos del sistema general de seguridad social en salud». Sulla vicenda si v. anche L. Viola, L. Caputo, Arriva la prima sentenza scritta con l’ausilio di ChatGPT, in Domani, 10 febbraio 2023. 8. Nostra la traduzione. Su questo tema v. R. Perona, ChatGPT e decisione giudiziale: per un primo commento alla recente sentenza del Juzgado Primero Laboral di Cartagena de Indias (Colombia), in www.diritticomparati.it/chatgpt-e-decisione-giudiziale-per-unprimo-commento-alla-recente-sentenza-del-juzgado-primero-laboral-di-cartagena-de-indiascolombia. 9. Nostra la traduzione. 10. L’ordinanza è reperibile all’indirizzo https://forogpp.files.wordpress.com/2023/02/2020014-siett-vs-nacion-policia-nacional-solicitud-audiencia-en-el-metaverso-1.pdf. 11. Il processo riguardava una richiesta di risarcimento diretto (reparación directa) presentata da una azienda che aveva in appalto un servizio dalla Polizia nazionale colombiana.
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ammette l’impiego, ne precisa alcuni concetti avvalendosi di ChatGPT12 e infine detta le linee guida da seguire per lo svolgimento della udienza in tale ambiente. Il 15 febbraio 2023 l’udienza si è quindi svolta attraverso le «Horizon Workrooms» di «Meta» ed è stata trasmessa in livestreaming su «YouTube»13. I due casi ora descritti hanno prepotentemente richiamato l’attenzione degli esperti e dell’opinione pubblica sulla problematicità dell’impiego della IA nell’attività giudiziaria e, più in generale, dell’uso di qualsiasi forma di digitalizzazione allo scopo di rendere più spedito il processo, similmente a quanto accaduto durante la pandemia14, per le note ragioni legate all’emergenza. Tuttavia, nelle vicende riferite emerge un fatto nuovo che desta una certa preoccupazione. Interrogando ChatGPT i giudici sembrano aver «cerca[to] il vaticinio immotivato di un oracolo»15. A quanto pare, non si sono preoccupati di verificare le fonti o di capire come e perché in quel momento la macchina avesse dato proprio quelle risposte, né hanno dato prova di aver scrutinato le conseguenze derivanti dall’uso del sistema di IA, come recentemente rilevato dall’autorità ‘Garante’ italiana16, né tantomeno hanno dato atto di avere chiaro che tipo di tecnologie stessero impiegando e quali effetti attribuivano al loro utilizzo. Semplicemente si sono limitati a riconoscere che, in ossequio a una legge che definiva genericamente il quadro degli impieghi delle tecnologie nei processi17, l’uso di 12. Nello specifico chiede a ChatGPT: «¿Qué es un avatar?»; «¿Cuál es el método más efectivo para verificar la autenticidad de quienes se conectan a una reunión y/o audiencia virtual?»; «¿Método de verificación de autenticidad de un avatar en el metaverso?». 13. I. Woodford, Colombia court moves to metaverse to host hearing, in Reuters, 24 febbraio 2023. La registrazione è reperibile all’indirizzo: www.youtube.com/ watch?v=LXi2TX9OBmQ&ab_channel=Victoriaenlinea-VickyQui%C3%B1ones. 14. K. Gogic´, The Impact of Covid-19 on the Digitalization of Justice in the European Union, in CIFILE Journal of International Law, n. 6, 2022, pp. 1-11. 15. Cfr. A. Simoncini, L’algoritmo incostituzionale: intelligenza artificiale e il futuro delle libertà, in Biolaw Journal, n. 1, 2019, pp. 63-89. 16. Ci si riferisce alla vicenda che ha portato il 30 marzo del 2023 il Garante per la protezione dei dati personali italiano a disporre, con effetto immediato, la «limitazione provvisoria del trattamento dei dati degli utenti italiani nei confronti di OpenAI». Il Garante ha contestualmente aperto un’istruttoria e poi dato un tempo alla società statunitense per adeguare le proprie regole alla disciplina del Regolamento generale sulla protezione dei dati personali. Mentre si scrive la vicenda è ancora in corso. Per ulteriori informazioni si v. www.garanteprivacy.it/home/docweb/-/docweb-display/docweb/9870847 (ultimo accesso 13 aprile 2023). 17. La legge colombiana è semplicemente rivolta a introdurre la digitalizzazione delle procedure giudiziarie, nulla dicendo circa l’uso delle IA nel processo e non dettando
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ChatGPT e poi del ‘metaverso’ avrebbe reso più efficiente il fiacco sistema giudiziario colombiano. Le sentenze non operano nessun riferimento al modo con cui ChatGPT funziona e deve essere interrogato – attraverso l’attività di c.d. prompt engineering18 – né ai possibili errori che tale tecnologia può riscontrare. Persino lo stesso amministratore delegato di OpenAI ha fatto notare più volte che ChatGPT non è poi così affidabile, perché le affermazioni del software derivano da un’attività di raccolta indefinita di informazioni sulla rete, e soprattutto perché il sistema, per via del ‘modello’ di IA usato, fornisce sempre risposte diverse, anche alle stesse domande19; anzi, occasionalmente, si è notato che ChatGPT è in grado di fabbricare e diffondere informazioni false ma molto convincenti20. Si può ragionevolmente affermare che i giudici colombiani hanno usato questo potente software di generazione di linguaggio senza alcuna precauzione e in modo non del tutto informato e responsabile. Come si vede, i due casi sollevano numerosi interrogativi che potremmo classificare facendo riferimento segnatamente ai profili della legittimità, alla riserva di legge, al potere interpretativo, alla soggezione del giudice alla legge, al giusto processo, ecc. Un primo problema che emerge dai casi è, infatti, se fosse ammissibile, alla luce della legge colombiana del 2022, la quale prescrive genericamente la digitalizzazione dei processi, che un giudice nell’attività decisoria potesse anche cercare il suggerimento di una IA per costruire alcuna precauzione o verifica da svolgere per l’utilizzo delle tecnologie della società dei dati, limitandosi soltanto alla loro promozione. 18. J. White, Q. Fu, S. Hays et al., A Prompt Pattern Catalog to Enhance Prompt Engineering with ChatGPT, disponibile in arXiv pre-print, 21/2/2023, https://arxiv.org/ abs/2302.11382. 19. Si v. il post su Twitter di Sam Altman dell’11 dicembre 2022 in cui egli affermava che «ChatGPT è incredibilmente limitato, ma abbastanza buono in alcune cose da creare un’impressione fuorviante di grandezza. È un errore fare affidamento su di esso per qualsiasi cosa importante in questo momento. È un’anteprima del progresso; abbiamo molto lavoro da fare sulla robustezza e sulla veridicità». Nostra la traduzione. Cfr. https://twitter.com/sama/status/1601731295792414720?s=20. V. anche la seduta con la testimonianza resa dallo stesso Altman di fronte al Senato americano il 16 maggio 2023 (www.nytimes.com/2023/05/16/technology/openai-altman-artificial-intelligence-regulation. html). 20. A tale proposito v. S. Krügel, A. Ostermaier, M. Uhl, ChatGPT’s inconsistent moral advice influences users’ judgment, in Sci Rep, n. 1, 2023, pp. 1-5; A. Borji, A categorical archive of ChatGPT failures, disponibile in arXiv preprint, 6/3/2023, https://arxiv.org/ abs/2302.03494.
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o ricostruire la sua decisione. Ci si chiede, infatti, se si possa arrivare a usare uno strumento che aiuta nella costruzione della decisione sulla base di una legge che semplicemente definisce il quadro delle regole sul processo telematico e fino a che punto è ammesso utilizzare l’IA nel processo per decidere e non solo per trovare informazioni. Un altro importante problema riguarda la qualificazione in termini processuali della IA usata dai giudici, se cioè si tratta di una sorta di ‘perizia’, di uno strumento di prova ovvero di un semplice mezzo tecnico, come potrebbe essere il programma di videoscrittura. Ovviamente, per la ricostruzione del fatto e delle conseguenze giuridiche, se Padilla avesse prima interrogato il chatbot e, in seguito, deciso sulla base dell’output dell’IA, i problemi sarebbero stati diversi e ben più gravi. Entrambi i giudici, inoltre, fissano come loro obiettivo la maggiore celerità dei processi, ma vale la pena chiedersi se si possono ‘manipolare’ le garanzie a corredo del giusto processo ammettendo l’uso di tali potenti strumenti digitali come emerge dai due casi e, ad esempio, se le forme del contraddittorio nel caso di una udienza nel metaverso sono compatibili con le garanzie previste dalle convenzioni internazionali sui diritti umani o dalla stessa Costituzione colombiana (art. 29). Nonostante i giudici siano titolari di un potere discrezionale e interpretativo molto ampio, quelle decisioni sembrano in definitiva incoerenti e persino ‘distruttive’ del ruolo del giudiziario21. È vero che nei nostri ordinamenti i giudici hanno un ruolo molto ampio e le sentenze sono il prodotto di un lavoro complesso22, che incorpora una profonda attività creativa23, ma si ritiene possa essere utile domandarsi fino a che punto 21. R. Bin, A discrezione del giudice. Ordine e disordine una prospettiva “quantistica”, FrancoAngeli 2014, pp. 35 ss. 22. C. Casonato, Intelligenza artificiale e giustizia: potenzialità e rischi, in DPCE Online, n. 3, 2020, pp. 3369-3389 ricorda quali sono le operazioni compiute tipicamente dai giudici nelle diverse giurisdizioni, quali la sussunzione di fatti in norme, la selezione degli elementi rilevanti, la selezione dei precedenti, la scelta delle norme applicabili, la risoluzione delle antinomie con la preferenza del criterio da adottare, la considerazione eventuale della letteratura giuridica, con la necessaria scelta delle posizioni da condividere e rifiutare. 23. Come già rilevato da M. Luciani, La decisione giudiziaria robotica, in Rivista AIC, n. 3, 2018, pp. 872-893. Sul tema di recente è intervenuta la Cass. civ. Sez. Unite, sent., 9 settembre 2021, n. 24413 la quale ha ribadito che la funzione assolta dalla giurisprudenza è di natura «dichiarativa», perché «riferita ad una preesistente disposizione di legge, della quale è volta a riconoscere l’esistenza e l’effettiva portata, con esclusione di qualunque efficacia direttamente creativa. (…) Nel quadro degli equilibri costituzionali (ispirati al prin-
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un giudice può spingere il suo potere interpretativo affidandosi a un sistema che in fondo rende una decisione ‘automatica’ ovvero quale è il reale ruolo di uno strumento come ChatGPT nella soluzione di tali casi. Può essere assimilato a una sorta di consulente tecnico? E se così fosse, chi ci assicura che il modo in cui i due giudici hanno interrogato il software è tecnicamente corretto, che le domande sono state formulate in maniera adeguata e, infine, che lo strumento stesso era stato disegnato per dare risposte a giudici che esercitano un potere pubblico? Va chiarito che i rilievi critici qui svolti non partono dall’idea che i processi giurisdizionali debbano essere ‘impermeabili’ alle tecnologie24. Il nostro problema è semmai capire cosa accade se si apre indiscriminatamente la giustizia all’uso di potenti strumenti di proprietà di soggetti privati che, non solo aiutano a organizzare e selezionare le informazioni, ma addirittura ‘predicono’ o ‘prescrivono’ la decisione che un giudice deve prendere25. Le tecnologie del digitale potrebbero essere un grande alleato per rivitalizzare il ruolo e la funzione giudiziaria, includendo la considerazione delle disposizioni strutturali esistenti e il ruolo del singolo giudice all’interno del corpo giudiziario e della società che cambia, ma non è detto che possono arrivare a sostituire la valutazione razionale del giudice essere umano26. Inoltre, l’uso estemporaneo di ChatGPT in ossequio alla cipio classico della divisione dei poteri) i giudici (estranei al circuito di produzione delle norme giuridiche) sono appunto (per disposto dell’art. 101 Cost., comma 2), soggetti alla legge. Il che realizza l’unico collegamento possibile, in uno Stato di diritto, tra il giudice, non elettivo né politicamente responsabile, e la sovranità popolare, di cui la legge, opera di parlamentari eletti dal popolo e politicamente responsabili, è l’espressione prima». 24. Lo ricorda correttamente G. Mobilio, I giudici e le nuove tecnologie per giudicare: una occasione per riscoprire i caratteri fondanti della funzione giurisdizionale, in Ricordando Alessandro Pizzorusso. L’ordinamento giudiziario. Pisa, 15 dicembre 2020, a cura di V. Messerini et al., Pisa University Press 2021, pp. 477-488. 25. Per un esame di tale aspetto nel caso specifico si v. P.M. Parikh, D.M. Shah, K.P. Parikh, Judge Juan Manuel Padilla Garcia, ChatGPT, and a controversial medicolegal milestone, in Indian Journal of Medical Sciences, n. 1, 2023, pp. 3-8. Si v. in generale l’osservazione su tale aspetto che compie M. Barberis, Giustizia predittiva: ausiliare e sostitutiva. Un approccio evolutivo, in Milan Law Review, n. 2, 2022, pp. 1-18. 26. Come aveva sognato G.W. Leibniz nella Dissertatio de Arte combinatoria (1666), come ricordano A. D’Aloia, Il diritto verso “il mondo nuovo”. Le sfide dell’Intelligenza Artificiale, in BioLaw Journal-Rivista di BioDiritto, n. 1, 2019, pp. 3-31; A. Punzi, Difettività e giustizia aumentata. L’esperienza giuridica e la sfida dell’umanesimo digitale, in Ars interpretandi, n. 1, 2021, pp. 113-128. Della aspirazione di Leibniz parla anche R. Bodei, Dominio e sottomissione. Schiavi, animali, macchine, Intelligenza Artificiale, il Mulino 2019, pp. 309 ss.
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legge colombiana che indica di digitalizzare quanto più possibile i processi giurisdizionali dimostra anche due ulteriori e più profondi equivoci. Anzitutto, tale operazione prova che nell’applicazione di una disposizione a un caso non ci si limita a riprodurre decisioni già prese nel passato, ma si individua sempre una nuova norma che regoli quel caso27. In secondo luogo, va rilevato che i casi giudiziari sono sempre diversi, o quantomeno presentano significativi elementi di diversità che richiedono costantemente un adattamento della regola al caso più che del caso alla fattispecie28. L’applicazione della legge, infatti, non è mai un’operazione acritica. In termini di teoria generale, possiamo dire che senza una comunità di persone che presta attenzione e ‘pensa’ alle leggi e alla loro applicazione, il diritto potrebbe diventare ancora più ingiusto, perché suscettibile di essere fatto oggetto di appropriazione o usurpazione da parte di interessi privati non sempre rivolti al benessere collettivo. Nelle vicende narrate si aggiunge anche un altro equivoco: le due tecnologie impiegate per ridefinire le procedure non sono poi così neutrali come dovrebbero; l’interrogazione di una macchina capace di interagire con l’essere umano in forma così persuasiva non è un fatto ‘neutro’ nell’economia del processo29. Come è stato lucidamente ricordato, «ogni giurista avveduto sa che l’insignificanza e fungibilità delle forme è sempre illusoria e che l’involucro formale prelude sempre, anzi è preordinato, alla tutela di interessi sostanziali»30. Le applicazioni del Metaverso e ChatGPT sono prodotti commerciali che devono essere controllati e 27. Sia consentito il rimando a E. Longo, La giustizia nell’era digitale, in Il diritto costituzionale e le sfide dell’innovazione tecnologica. Atti del Convegno Annuale dell’Associazione “Gruppo di Pisa”, Genova, 18-19 giugno 2021, a cura di P. Costanzo, P. Magarò, L. Trucco, Editoriale Scientifica 2022, pp. 161-205. 28. F. Patroni Griffi, La decisione robotica e il giudice amministrativo, in Decisione robotica, a cura di A. Carleo, il Mulino 2019, pp. 165-175. 29. Ci si riferisce – adattandola al nostro campo – all’idea che la scienza e la tecnologia possano essere strumenti apparentemente neutrali di normalizzazione della società. Il tema è stato espresso recentemente in maniera molto limpida nel volume di H. Nowotny, Le macchine di Dio. Gli algoritmi predittivi e l’illusione del controllo, Luiss University Press 2021, ma deriva dalla prima delle sei leggi di Kranzberg, secondo la quale «la tecnologia non è né buona né cattiva; non è neanche neutrale». Cfr. M. Kranzberg, Technology and History: “Kranzberg’s Laws”, in Technology and culture, n. 3, 1986, pp. 544-560. 30. Cfr. G. Sorrenti, Giustizia e processo nell’ordinamento costituzionale, Giuffrè 2013, p. 34. Perciò, come ricorda l’autrice, «predicare il carattere neutro di certe forme vale solo ad assicurare l’invisibilità di quegli interessi reali che sono ad esse sottesi e in fin dei conti a sancirne l’indiscutibilità: questi infatti più sono forti, intangibili, incontestati, più rimangono sommersi, celati dietro la presunta insignificanza delle forme».
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valutati, almeno nella loro operatività e affidabilità tecnologica, prima di essere usati all’interno del processo. In questa prospettiva, anche l’udienza nel ‘metaverso’ solleva questioni notevoli riguardo, in particolare, alla parità delle armi processuali e all’eguaglianza delle opportunità tra le persone o alla sostituzione della presenza di persone in carne ed ossa con una ‘forma’ virtuale o ancora agli effetti sul libero convincimento del giudice31. Il ‘metaverso’ – posto che sappiamo con certezza cosa sia e cosa esso implichi32 – richiede, allo stato dei fatti, l’impiego di tecnologie all’avanguardia, competenze digitali molto raffinate e notevoli risorse economiche, che non molti e in tutte le parti del mondo possono permettersi33. È, perciò, uno strumento che al momento attuale non garantirebbe immediatamente un maggiore e migliore accesso alla giustizia; anzi, si tratta più che altro di un nuovo e più sottile limite all’esercizio di diritti fondamentali e, del resto, non manca chi vede in tali tecnologie un pericolo di ‘dismissione’ del reale nel virtuale34. Difatti, l’uso di queste potenti tecnologie non è solo sostitutivo della realtà analogica, ma può arrivare anche a deformalizzare del tutto le pratiche della giustizia, perché interviene sul modo di comunicare tra le parti e il giudice, fino a dare una rappresentazione diversa delle persone intesa a ‘sterilizzare’ del tutto la possibilità che le parti e i giudici si possano incontrare fisicamente35. Perciò, è qualcosa di più profondo e ampio di una mera transizione al digitale del processo o della semplice dematerializzazione delle udienze. Con l’uso di questi potenti mezzi tecnologici siamo tirati all’interno di un nuovo tipo di processo che risulta digitalmente trasformato; una rivoluzione che quindi esprime non solo l’adattamento alle invenzioni pratiche della digitalizzazione ma anche la mutazione che da queste tec31. M. Rossner, D. Tait, Presence and participation in a virtual court, in Criminology & Criminal Justice, n. 1, 2023, pp. 135-157. 32. Un interessante approfondimento sul tema è stato compiuto da M. Ball, Metaverso, Garzanti 2022. Sui primi tentativi di regolazione di questo fenomeno si v. I. Kalpokas, J. Kalpokiene˙, Regulating the Metaverse: A Critical Assessment, Taylor & Francis 2023. 33. B.C. Cheong, Avatars in the metaverse: potential legal issues and remedies, in International Cybersecurity Law Review, n. 3, 2022, pp. 467-494. 34. Così E. Mazzarella, Contro metaverso. Salvare la presenza, Mimesis 2022. 35. Molto suggestiva a questo proposito l’immagine del filosofo B.-C. Han, Nello sciame. Visioni del digitale, Nottetempo 2015, che fa notare come nelle videochiamate è impossibile guardarsi negli occhi data la necessaria doppia mediazione delle telecamere e degli schermi.
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nologie deriva per l’organizzazione, il lavoro e addirittura la nostra stessa natura umana36. I due casi colombiani, dunque, dietro le sembianze futuristiche di un’euforia mondiale per le IA e le applicazioni del Metaverso, nascondono la mancanza di una ponderata e corretta analisi circa le forme (tecnologiche) di impiego delle tecnologie nei processi e del loro rapporto con le garanzie costituzionali che in questi operano. Le vicende narrate appaiono paradigmatiche e aprono alla necessità che l’uso delle tecnologie nelle attività processuali sia accompagnato da una riflessione seria sulle implicazioni che le tecnologie digitali hanno per i diritti fondamentali che riguardano il processo giurisdizionale, tanto in ambito civile e penale quanto in ambito amministrativo e nelle altre giurisdizioni. Lo riconosce anche il nostro «Consiglio superiore della magistratura» nell’ultimo documento sulla applicazione del processo telematico civile e penale37, quando ricorda che occorre investire risorse umane ed economiche in una discussione globale sull’importanza dell’alfabetizzazione digitale dei giudici, del personale che lavora nei tribunali e degli avvocati, nonché disporre di linee guida chiare su quando e come utilizzare, responsabilmente, la tecnologia nel sistema giudiziario. Su questi aspetti, a livello europeo, da diverso tempo ormai, è maturata la consapevolezza che occorre una risposta giuridica, da introdurre 36. I concetti di rivoluzione, mutamento e trasformazione che qui si richiamano sono legati evidentemente allo sviluppo dell’«economia digitale», intesa come l’insieme delle attività economiche derivanti da miliardi di connessioni online quotidiane tra persone, aziende, dispositivi, dati e processi. L’economia digitale poggia su due grandi elementi concettuali, la ‘transformation’ e la ‘disruption’. Il primo concetto si lega alla «trasformazione digitale», che può essere sinteticamente definita come «l’uso delle tecnologie per migliorare radicalmente le prestazioni dell’organizzazione, cambiandone profondamente i processi interni ed esterni, (…) coniugando le opportunità del digitale e le capacità di cambiamento» (cfr. G. Iacono, E-leadership: Come guidare la trasformazione (digitale) della PA, FrancoAngeli 2021). Il concetto di «digital disruption», di cui non si fornisce la traduzione italiana per mancanza di un gergo corrispondente nella lingua italiana, e neanche una definizione per non satisfattività di quelle riscontrate in altri testi, si può intendere facendo riferimento alla potente immagine evocata da J.A. Schumpeter, Capitalism, Socialism and Democracy, new edition, Routledge 2003, pp. 81 ss., del processo di «creative destruction», ovvero quella mutazione industriale che rivoluziona incessantemente la struttura economica dal suo interno, distruggendo quella vecchia e creandone quindi una nuova. 37. Consiglio superiore della magistratura, Relazione sullo stato della giustizia telematica - anno 2021, Pratica n. 20/IN/2014, 29/12/2021 (www.csm.it/web/csm-internet/-/ relazione-sullo-stato-della-giustizia-telematica-anno-2021).
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tuttavia con cautela, dopo aver inquadrato anche i profili etici delle trasformazioni tecnologiche dei processi. Dopo alcuni anni di discussione, nel 2018, un organismo del Consiglio d’Europa, la Commission européenne pour l’efficacité de la justice (CEPEJ), ha adottato lo «European Ethical Charter on the Use of Artificial Intelligence in Judicial Systems and their Environment» (di seguito «Carta etica della CEPEJ»)38. La Carta etica rappresenta il primo strumento che in modo sistematico descrive l’operatività e le potenzialità delle applicazioni delle IA nel processo, individuando principi, regole etiche e pratiche per evitare che le tecnologie possano limitare i diritti fondamentali e i principi strutturali del processo39. Capire, analizzare e criticare le conseguenze che tale profonda trasformazione del processo ha per i diritti fondamentali garantiti all’interno del processo è la preoccupazione principale in questo scritto. Il nostro obiettivo qui è offrire un quadro sinottico di fenomeni che si stanno verificando – come si è visto – in molte parti del mondo; un fenomeno senza precise regole, che avviene nella quasi totale mancanza di «una piena consapevolezza dei rischi che l’ingresso di strumenti tecnologici così potenti come l’AI può comportare per i diritti della persona»40. Questo dato di fatto costringe in larga parte ad avere un approccio empirico, forse a tratti monotono, che tenti anzitutto di ricostruire, conoscere e poi discutere, grazie all’esame delle prassi, le garanzie costituzionali relative al processo nel nuovo ecosistema digitale. 2. Gli impieghi delle tecnologie nel processo: tre dimensioni di analisi Lo studioso che intenda svolgere una indagine sull’impiego delle tecnologie ‘digitali’ nel processo non può non muovere dalla ricerca di un quadro definitorio adeguato alla sua analisi41. Procedendo lungo questa 38. CEPEJ, Carta etica europea sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale nei sistemi giudiziari e negli ambiti connessi, CEPEJ(2018)14, 3 dicembre 2018 (https://rm.coe.int/cartaetica-europea-sull-utilizzo-dell-intelligenza-artificiale-nei-si/1680993348). 39. La Carta si inserisce in un percorso più ampio relativo alla regolazione dell’IA intrapreso dal Consiglio d’Europa, come evidenzia A. Mantelero, Beyond Data: Human Rights, Ethical and Social Impact Assessment in AI, Springer 2022. 40. M. Cartabia, Prefazione, in La trasformazione digitale della giustizia nel dialogo tra discipline. Diritto e Intelligenza Artificiale, a cura di M. Palmirani, S. Sapienza, Giuffrè 2022, pp. IX-XI. 41. Il termine digitale che verrà adottato nel presente volume si è affermato nei documenti pubblici e nel linguaggio corrente, pur risultando fonte di equivoci dovuti a
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direttrice, si deve constatare che nonostante le applicazioni delle tecnologie digitali al processo siano oramai un dato di fatto, manca, tanto negli ambiti pratici quanto nelle sedi teoriche, una espressione che ne identifichi sinteticamente l’oggetto e l’ambito. Esistono termini come «legal tech»42 che tentano di inquadrare, in una cornice più ampia, tutte le forme di ausilio tecnologico alla pratica del diritto; il termine è però spesso abusato e vi rientrano attività che non hanno a che fare immediatamente con la realtà del processo ma che riguardano le professioni legali, le attività finanziarie e la contrattualistica43. Si sente sempre più parlare di «digital justice», ma il nome è tanto evocativo quanto sfuggente, poiché può sia identificare le forme della giustizia che usano il digitale, sia individuare il più limitato settore delle controversie nascenti dall’economia digitale o da altre applicazioni della digitalizzazione44. Anche i termini inconsce sottovalutazioni del suo più ampio significato o per celare reticenze su che cosa si intenda realmente con esso. In termini complessivi, digitalizzare significa essenzialmente un modo per rappresentare le informazioni in unità discrete (per esempio in unità binarie), piuttosto che in un flusso continuo (detto analogico) (traduzione nostra dalla voce «digital» presente in J.K. Petersen, The telecommunications illustrated dictionary, II ed., CRC press 2002; per una definizione simile v. www.treccani.it/vocabolario/ digitalizzare1/). Quindi, mentre il metodo analogico è un sistema di elaborazione che procede per segni/analogie non numerabili, il metodo digitale è un sistema innovativo che procede per numeri. Oggi sarebbe meglio distinguere la scienza informatica dalla scienza dei dati come suggeriscono i più: la prima si occupa del trattamento scientifico delle informazioni, quindi della loro digitalizzazione, mentre la seconda del trattamento scientifico dei dati, come l’IA. 42. Sul tema, infra multis, si v. R. Whalen, Defining legal technology and its implications, in International Journal of Law and Information Technology, n. 1, 2022, pp. 47-67; K. Mania, Legal Technology: Assessment of the Legal Tech Industry’s Potential, in Journal of the Knowledge Economy, n. 1, 2022, pp. 1-25; S.P. De Souza, The Spread of Legal Tech Solutionism and the Need for Legal Design, in European Journal of Risk Regulation, n. 3, 2022, pp. 1-18; R. De Mulder, The Coming of Age of Legal Technology: What will be needed to take Legal Tech to a new level?, in European Journal of Law and Technology, n. 3, 2022, pp. 1-24; R. Brownsword, Law 3.0: Rules, Regulation, and Technology, Routledge 2020; M. Hartung, M.-M. Bues, G. Halbleib, Legal Tech, C.H. Beck 2017. 43. Sul cambiamento delle professioni v. i contributi in L.A. Di Matteo, A. Janssen, P. Ortolani et al. (eds.), The Cambridge Handbook of Lawyering in the Digital Age, Cambridge University Press 2021 e il corposo volume di G. Ziccardi, Diritti digitali: informatica giuridica per le nuove professioni, Raffaello Cortina 2022. 44. Si v., solo per portare due esempi, l’impiego del termine in N. Appelman, J. van Duin, R. Fahy et al., Access to digital justice: In search of an effective remedy for removing unlawful online content, in Frontiers in Civil Justice, edited by di X. Kramer, J. Hoevenaars, B. Kas, E. Themeli, Edward Elgar Publishing 2022, pp. 217-236 e S.L.M. Davis, Towards digital justice: participatory action research in global digital health, in BMJ Global Health, n. 5, 2022, pp. 1-4. L’ampiezza della formula è evidenziata da A.F. da Silva, D.
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«e-justice» e «cyberjustice», come meglio si vedrà nel prossimo capitolo, sono usati nell’ambito degli atti dell’Unione europea e del Consiglio d’Europa per identificare progetti strategici, linee di indirizzo e obiettivi da realizzare attraverso l’innovazione digitale nella giustizia ma non identificano e non rappresentano ‘ambiti’ univoci. Un’ipotesi alternativa che riteniamo di dover percorrere è allora quella di andare oltre la mera questione definitoria, provando a inquadrare i problemi teorici e applicativi relativi alla integrazione del digitale nel processo lungo una matrice fatta di tre dimensioni: il «processo dematerializzato», il «processo fuori dal processo» e il «futuro nel processo». L’idea di un modo alternativo per inquadrare una realtà così eterogenea di esperienze proviene dall’analisi del pensiero di tre tra i più eminenti studiosi del rapporto tra giustizia e digitale (Dory Reiling, Richard Susskind e Tania Sourdin). A questa parte dedicata all’inquadramento seguirà un’analisi critica che vuole individuare i profili più delicati derivanti dai fenomeni analizzati. 2.1. La prima dimensione: il processo dematerializzato Dory Reiling, già magistrata della Corte distrettuale di Amsterdam, è tra le più autorevoli studiose della digitalizzazione dei tribunali civili. Tra i molti scritti su questi temi, l’autrice ha pubblicato nel 2009 uno dei più importanti lavori monografici che ricostruiscono il percorso e le conseguenze della introduzione degli strumenti hardware e software nei tribunali per lo svolgimento delle attività processuali45. L’opera propone una distinzione tra tre grandi strumenti tecnologici usati nei processi: (a) quelli per l’aula di tribunale, a supporto di ciò che accade in quel luogo; (b) quelli per gestire il back office, a supporto dei processi e del management dei casi, della produzione di documenti e della gestione organizzativa dei tribunali46 ; (c) quelli con i quali si geMirante, The Constitutional Limits of Digital Justice, in The IT Revolution and its Impact on State, Constitutionalism and Public Law, edited by M. Belov, Bloomsbury Publishing 2021, pp. 199-213. 45. D. Reiling, Technology for justice: How information technology can support judicial reform, Leiden University Press 2009. 46. Uno degli ambiti dove le tecnologie sono da molto utilizzate nel settore della giustizia è proprio quello del management dei casi. In tutto il mondo i tribunali e le corti
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stisce la comunicazione esterna, a supporto di tutte le comunicazioni con le parti e con il pubblico in generale al di fuori dei tribunali47. Il lavoro si avvale delle risultanze di un primo studio della CEPEJ48 e dello U.S. Federal Judicial Center49, ai quali si devono, già a partire dai primi anni del presente secolo, interessanti indagini sul grado di digitalizzazione dei tribunali negli Stati del Consiglio d’Europa e negli Stati Uniti. Già nelle prime pagine del volume l’autrice esprime tutta la difficoltà nel capire quale deve essere l’uso «effettivo» di questi strumenti e «quali sono i vari livelli di implementazione e come garantire un confronto accurato»50. Malgrado la tassonomia proposta appare oggi decisamente superata dall’avanzamento tecnologico51, il lavoro di Reiling è di notevole utilità per inquadrare lo studio di tali argomenti e per classificarne le fonti. L’autrice svolge alcune considerazioni sul fatto che gli usi dell’informatica nei tribunali, tanto in Europa quanto negli Stati Uniti o in altre parti del mondo, nel primo decennio degli anni 2000 non erano molto accessibili. Soprattutto, le fonti disponibili avevano un approccio diverso e utilizzavano categorizzazioni differenti, rendendo difficile il confronto e il consolidamento dei risultati52. utilizzano sistemi di gestione dei casi a supporto dell’attività giudiziaria. La possibilità di impiegare tali tecnologie consente di mantenere un record relativo a tutti gli eventi del tribunale e di archiviare e di produrre efficienze soprattutto sul piano del tempo impiegato nelle azioni. Già oggi elenchi, eventi giudiziari e alcuni risultati possono essere registrati attraverso un sistema di gestione dei casi, mentre i sistemi più evoluti incorporano anche il deposito elettronico, la registrazione e la verbalizzazione. 47. D. Reiling, Technology for justice: How information technology can support judicial reform, cit., p. 48 (nostra la traduzione). 48. L’indagine della CEPEJ classifica gli strumenti, in una maniera ancora rudimentale, in base alle funzionalità informatiche legate al tipo di ‘supporto’: «diretto ai giudici e al personale giudiziario»; «alla gestione dei tribunali»; «all’interazione tra tribunali e parti». CEPEJ, European judicial systems Edition 2008 (data 2006): Efficiency and quality of justice, September 2008 (www.just.ro/wp-content/uploads/2021/08/editia-2008-en.pdf). 49. Federal Judicial Center and National Institute for Trial Advocacy, Effective Use of Courtroom Technology: A Judge’s Guide to Pretrial and Trial, 1 January 2001 (www.fjc.gov/ content/effective-use-courtroom-technology-judges-guide-pretrial-and-trial-0). 50. D. Reiling, Technology for justice: How information technology can support judicial reform, cit., p. 20 (nostra la traduzione). 51. Si pensi solo al fatto che, come prima tipologia di strumenti, utilizza quella degli «stand-alone, function information technologies» che non richiedevano un network per funzionare (insomma, si trattava di dispositivi poco più evoluti di una macchina da scrivere o di una fotocopiatrice). 52. Anche la funzionalità delle tecnologie informatiche analizzate non era sempre chiara: ad esempio, non risultava agevole scoprire come funzionassero effettivamente i
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Il volume continua approfondendo tre aspetti, che potremmo definire come gli obiettivi della digitalizzazione del processo, che sono parecchio utili ai fini del nostro esame: (a) l’efficacia delle tecnologie per la riduzione dei tempi processuali53; (b) il supporto delle tecnologie per l’accesso alla giustizia; (c) il contributo che le tecnologie offrono alla riduzione della corruzione, al miglioramento dell’imparzialità e integrità delle corti e del sistema giudiziario nel complesso. L’analisi si chiude sottolineando luci e ombre delle tecnologie integrate nel processo. Le prime riguardano essenzialmente i profili di innovazione delle tecnologie digitali per la giustizia in generale. Le seconde concernono profili tanto tecnici quanto umani, organizzativi e culturali del cambiamento, perché in quel momento, nonostante fossero evidenti i benefici delle tecnologie per i processi, non molti tribunali nel mondo stavano usando stabilmente strumenti elettronici per velocizzare le proprie procedure. Guardando al futuro, Reiling affronta alcune questioni capitali per la diffusione delle tecnologie nel processo, che identifica con quattro parole chiave atte a descrivere i modi attraverso cui verrà amministrata la giustizia e, in futuro, il sistema delle informazioni nei tribunali, fino ad arrivare alla automazione delle decisioni (anzitutto quelle che si riferiscono a questioni routinarie o di minore entità)54. La prima parola chiave è standardization. Dietro questo termine l’autrice colloca il bisogno di coerenza e di prevedibilità delle decisioni giudiziarie da parte dell’opinione pubblica, un tema classico per la scienza giuridica, rivitalizzato alcuni anni dopo anche dalla dottrina italiana a partire dai lavori di Natalino Irti55. Secondo l’autrice, nel dibattito pubblico sulle decisioni giudiziarie si sarebbe infatti sentito parlare sempre sistemi di management dei casi nei diversi paesi. Va dato atto, però, che, malgrado le difficoltà al tempo in cui l’autrice scriveva, la situazione statunitense appariva sicuramente più avanzata. 53. D. Reiling, Technology for justice: How information technology can support judicial reform, cit. rileva che il maggiore beneficio offerto dalle tecnologie al processo riguarda – come abbiamo già capito dagli esempi svolti in precedenza – la riduzione dei tempi e l’automatizzazione delle procedure, le quali avrebbero incentivato la semplificazione e ostacolato i ritardi. 54. Op. ult. cit., pp. 272 ss. 55. N. Irti, Capitalismo e calcolabilità giuridica, in Riv. delle soc., n. 5, 2015, pp. 1811 ss. Sul tema v. anche gli atti del convegno dei Lincei pubblicati nel volume di A. Carleo (a cura di), Calcolabilità giuridica, il Mulino 2017.
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più della necessità di sviluppare linee guida uniformi e di standardizzare le procedure – anche oltre le regole processuali pubbliche – mettendo freni alla discrezionalità giudiziaria ai fini di una maggiore efficienza processuale56. La seconda parola chiave è disintermediation. Il termine, di cui si è sentito parlare spesso nei primi anni dello sviluppo di internet, e che oggi ha assunto un valore ancora più controverso con le piattaforme57, è inteso qui in un doppio senso, sia come fattore incidente sul diritto di difesa e di accesso ai tribunali, per via della possibilità – data dalle tecnologie e dalla rete – di avere maggiore contezza dei propri diritti e doveri e di stare in giudizio senza la presenza di un difensore, sia come nuovo modo di intendere il rapporto tra le corti e i propri ‘utenti’, i quali rivolgendosi appunto sempre più direttamente agli uffici giudiziari hanno bisogno di avere maggiori informazioni a loro disposizione da parte delle strutture. La terza parola chiave è l’endiadi integrity and independence. Si tratta in realtà di uno dei problemi più gravi che determina lo sviluppo delle tecnologie e che in fondo è stato già menzionato nella standardizzazione indicata sopra. Ma qui assume un altro e più pesante significato, perché in una situazione nella quale si impiegano pervasivamente le tecnologie per svolgere le attività processuali, chi controlla e finanzia quelle infrastrutture e i servizi relativi ha il comando delle operazioni 58. La quarta e ultima parola chiave è knowledge sharing. Con essa si sottolinea non solo che la transizione tecnologica dovrebbe aumentare la condivisione delle conoscenze e delle informazioni tra giudici, avvocati e amministrazioni giudiziarie, ma anche che le magistrature dovrebbero essere organizzazioni professionali basate sulla conoscenza. Il modo in cui le tecnologie di rete vengono utilizzate per la condivisione delle informazioni è un prezioso campo di studio dell’interazione tra digitale e processo, e aiuta a capire come i sistemi informatici possano 56. Per esempio, limitando le motivazioni solo per giustificare la deviazione dalla linea standard e non per giustificare qualsiasi decisione. 57. Sulla prima forma di impiego del termine si v. R. Gellman, Disintermediation and the Internet, in Government information quarterly, n. 1, 1996, pp. 1-8. Per un’analisi della disintermediazione a partire dallo sviluppo delle piattaforme si v. E. Cremona, I poteri privati nell’era digitale. Libertà costituzionali, regolazione del mercato, tutela dei diritti, Giuffrè 2023. 58. Nel prosieguo dell’argomentazione Reiling mette in guardia sul fatto che nella transizione al digitale siano chiare le responsabilità e i controlli tra il Ministero della giustizia, i consigli di autogoverno delle magistrature e gli uffici direttivi dei tribunali.
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supportare lo sviluppo delle competenze giudiziarie e delle altre forme di conoscenza59. A margine dell’indagine sul volume, va anche dato atto che le classificazioni e le considerazioni di Reiling fanno parte di quel patrimonio che viene usato per la comparazione tra le diverse esperienze di telematizzazione dei processi, di cui si parlerà nei capitoli successivi60. 2.2. La seconda dimensione: il processo fuori dal processo Richard Susskind è un accademico anglosassone con una lunghissima esperienza sull’integrazione tra tecnologie e processo ed è uno dei più grandi studiosi e divulgatori dei problemi che concernono il modo in cui le IA e il digitale stanno cambiando le professioni legali61. Nell’opera nella quale affronta più di recente il tema, Susskind esprime un’idea che, agli occhi dei più, potrebbe essere considerata una semplice ‘trovata commerciale’ e che così proviamo a sintetizzare: l’impiego massiccio della digitalizzazione e delle IA, grazie soprattutto alla capacità di svolgere velocemente attività e valutazioni seriali, è la via maestra per soddisfare la grande domanda di giustizia del tempo presente e assicurare una giustizia «giusta», cioè attenta alle condizioni sociali delle parti, trasparente, indipendente e imparziale62. L’obiettivo di Susskind è riconoscere che le tecnologie applicate alla amministrazione della giustizia sono destinate a promuovere piuttosto che a negare la giustizia, intendendosi per tale ciò che è «secondo diritto» una giustizia formata da sette dimensioni: (i) sostanziale, (ii) proces59. Nel volume si parla infatti del fatto che ogni impiego tecnologico nasconde un problema di ‘preparazione’ alla innovazione da parte di giudici, avvocati e personale amministrativo dei tribunali; ci sono poi incertezze sull’appropriatezza dei cambiamenti e sui loro effetti per il sistema giudiziario e il ruolo dei giudici all’interno della società. Cfr. D. Reiling, Technology for justice: How information technology can support judicial reform, cit., p. 275. 60. Si v. a questo proposito F. Contini, D. Reiling, Double normalization: When procedural law is made digital, in Oñati Socio-legal Series, n. 3, 2022, pp. 654-688. 61. Tra le sue opere meno e più recenti si ricordano R.E. Susskind, Expert systems in law: A jurisprudential approach to artificial intelligence and legal reasoning, in Mod. L. Rev., n. 2, 1986, pp. 168-194; R.E. Susskind, The Future of Law: Facing the Challenges of Information Technology, Oxford University Press 1998 e la seconda edizione di R.E. Susskind, Tomorrow’s lawyers: An introduction to your future, II ed., Oxford University Press 2017. 62. R.E. Susskind, Online Courts and the Future of Justice, Oxford University Press 2019.
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suale, (iii) trasparente e (iv) distributiva, (v) proporzionale, (vi) effettiva e (vii) sostenibile. La risposta di Susskind ai problemi e alle sfide future della giustizia è molto netta e così riassumibile: se i modelli ripetuti nei secoli ci hanno consegnato una giustizia amministrata da uomini scelti ad hoc, con riti e in luoghi ad essa deputati, con l’avanzamento tecnologico e l’impiego delle tecnologie digitali si deve semplificare il sistema della giustizia trasformando i riti in processi informatici e i luoghi in contatti digitali. Ma che fenomeno ha in mente l’autore? L’avanzamento delle tecnologie e l’introduzione pervasiva delle IA indicano la necessità di prediligere forme di accesso alla giustizia online, che egli chiama evocativamente «online courts», ma che sono essenzialmente costituite dalle forme di risoluzione alternativa chiamate «Online Dispute Resolution» (ODR) 63 e da alcuni esempi che chiama ‘computer judge’. Al centro della teoria che porta allo sviluppo delle online courts vi è la constatazione che a livello mondiale si sta realizzando una «rinegoziazione sociale» della giustizia, alla cui base vi è l’idea che i tribunali debbano essere definiti come un ‘servizio’ (pubblico, ma suscettibile di privatizzazione), piuttosto che un ‘luogo’64. Se, quindi, si cambia il modo tradizionale di vedere la giustizia, sarà più semplice avvicinarsi ai processi di trasformazione che si stanno affermando attraverso la sostituzione dell’attività umana con l’attività artificiale (con un notevole guadagno in rapidità e in ‘estensione’65). L’autore, infatti, distingue tra due tipi di corti online66: i semplici «giudizi da remoto» e le «corti estese». Il primo tipo prevede «la determinazione dei casi da parte dei giudici», senza che le parti si «riuniscono in 63. Le tecnologie digitali consentono di avviare tre diverse fasi di ammodernamento del sistema: la soluzione delle controversie mediante la conciliazione e la mediazione, ovviamente online senza risolvere i conflitti ma prevenendoli (dispute avoidance); il contenimento dei conflitti mediante il ricorso a giudici specializzati (dispute containenient); l’utilizzo di algoritmi con i quali, immettendo nella macchina i dati di fatto e le decisioni aggregate per materie, si può prevedere cosa succederebbe se il caso fosse sottoposto alla decisione di un giudice (dispute resolution). 64. R.E. Susskind, Tomorrow’s lawyers: An introduction to your future, cit., p. 109. 65. Altri autori hanno suggerito che le corti online erodono la «funzione simbolica del tribunale come casa della giustizia» e sollevano preoccupazioni che sono spesso legate all’accesso a questioni di giustizia che, a loro volta, possono essere collegate al divario digitale, come J. Donoghue, The rise of digital justice: Courtroom technology, public participation and access to justice, in The Modern Law Review, n. 6, 2017, pp. 995-1025, spec. p. 995. 66. R.E. Susskind, Online Courts and the Future of Justice, cit., pp. 116-118.
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un’aula di tribunale». Il secondo prevede l’uso della tecnologia per «fornire un servizio con un mandato molto più ampio rispetto alle corti tradizionali», che si basa su meccanismi di filtro per decidere se devolvere la causa a un giudice (spesso un soggetto privato esterno al circuito del giudiziario) oppure a un sistema automatizzato che offre una soluzione alternativa67. Mentre nel primo tipo di online court le IA possono consigliare agli utenti quali sono le possibili opzioni e i diritti da tutelare, nel secondo tipo si può affidare ai sistemi di IA stessi il potere di decidere autonomamente. Lo studioso inglese segnala un numero importante di benefici e di sfide che derivano dalle online courts. Per quanto riguarda i primi, egli ricorda che tali forme di interazione digitale possono migliorare radicalmente l’«accesso» alla giustizia in tutto il mondo68. La eliminazione di alcune barriere cognitive, giuridiche ed economiche permette anche di migliorare l’efficienza dei sistemi giudiziari e di rendere maggiormente consapevoli i cittadini del fatto che l’ordinamento giuridico protegge e garantisce l’effettività dei diritti, posto che, quando può accedere ai rimedi giudiziali solo una minoranza, anche la ‘credibilità’ dell’intero sistema è messo a rischio. In linea con tali considerazioni, Susskind identifica anche la capacità dei tribunali online di migliorare lo Stato di diritto69. 67. Secondo Susskind le corti online di questo secondo tipo si dividono in tre livelli. Il primo livello fornisce gli strumenti per evitare le controversie, compresa una valutazione online che aiuta gli utenti a categorizzare e classificare i loro problemi e comprendere la legge applicabile e le opzioni e i rimedi disponibili. Il secondo livello serve per il contenimento delle controversie e coinvolge i case officer che svolgono un ruolo centrale negoziando o mediando attraverso la piattaforma online. Il terzo livello prevede forme di sostituzione delle decisioni autorevoli dei giudici. All’interno di tale livello si distingue una prima generazione di servizi che coinvolge giudici umani, mentre una seconda generazione di decisioni prevede l’affidamento della decisione a qualche forma di intelligenza artificiale. Op. ult. cit., p. 118. 68. Op. ult. cit., p. 8. L’osservazione deriva dal fatto che in tal modo si eliminerebbero quelle barriere economiche e culturali che impediscono alle persone, qualunque siano le loro capacità, lo status, la ricchezza e ovunque vivano e lavorino, di avere effettiva eguaglianza e dignità. In dottrina si v. anche S. Weinstein, Lawyers’ Perceptions on the Use of AI, in Law and Artificial Intelligence: Regulating AI and Applying AI in Legal Practice, edited by B. Custers, E. Fosch-Villaronga, Springer 2022, pp. 413-432; C. Brooks, C. Gherhes, T. Vorley, Artificial intelligence in the legal sector: pressures and challenges of transformation, in Cambridge Journal of Regions, Economy and Society, n. 1, 2020, pp. 135-152; S. Caserta, M.R. Madsen, The Legal Profession in the Era of Digital Capitalism: Disruption or New Dawn?, in Laws, n. 1, 2019, pp. 1 ss. 69. Come notato dallo stesso Susskind: «un sistema giudiziario antiquato, distaccato, inaccessibile, lento o incomprensibile può indebolire la fiducia nel processo giudiziario».
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L’ultimo beneficio potenziale conseguente alla diffusione delle online courts deriva dalla loro capacità di fornire gli strumenti pratici e, a volte, anche la piattaforma su cui potranno operare forme evolute di automazione, come nel caso di sistemi di IA integrati in una struttura giudiziaria online. A tale riguardo, Susskind si fa carico di affrontare una delle questioni più dibattute della c.d. «giustizia predittiva»70 digitale, quell’effetto di ‘pietrificazione’ che deriva dal fatto che gli algoritmi di Machine Learning (d’ora in avanti anche ML) possono solo trovare correlazioni a partire da dati già esi-stenti e non possono per loro limite fornire risposte ‘creative’71. Verso che tipo di giustizia ci porta allora Susskind? Secondo l’autore le sette dimensioni della giustizia sopra evidenziate non vengono meno se si passa dalle corti «umane» alle corti online. Piuttosto, il problema non sta nelle modalità di soluzione dei casi, quanto nel fatto che, in una prospettiva attenta agli aspetti sociali, non tutti gli individui conoscono i loro diritti e quindi sono in grado di poterli soddisfare e di farli rispettare. Da ciò deriva l’esigenza di risolvere i problemi a livello sociale in un contesto internazionale72. Come si può immaginare, questo modo di pensare è legato allo sviluppo della legge dei paesi di common law, dove evidentemente esiste una base comune di principi che potrebbero anche fungere da elementi di contaminazione e di fertilizzazione incrociata tra ordinamenti, ma è evidente che qualche principio costituzionale potrebbe essere leso da una trasformazione così spregiudicata delle procedure giudiziarie e dei meccanismi rimediali in forza della introduzione così pervasiva delle tecnologie. Di tal ché, la rule of law potrebbe «essere relegata a un’aspirazione nebulosa e non realizzata». Cfr. R.E. Susskind, op. ult. cit., p. 21 (nostra la traduzione). 70. Si v. infra multis G. Sartor, A. Santosuosso, La giustizia predittiva: una visione realistica, in Giur. it., n. 7, 2022, pp. 1760-1782; G. Pasceri, La predittività delle decisioni. La funzione giurisprudenziale e la responsabilità delle parti nell’utilizzo dell’intelligenza artificiale, Giuffrè 2022, pp. 41 ss.; M. Barberis, Giustizia predittiva: ausiliare e sostitutiva. Un approccio evolutivo, cit. Sul tema torneremo più avanti nel capitolo IV. 71. Sul punto si v. M. Libertini, M.R. Maugeri, E. Vincenti, Intelligenza artificiale e giurisdizione ordinaria. Una ricognizione delle esperienze in corso, in Intelligenza artificiale e diritto: una rivoluzione?, a cura di A. Pajno, F. Donati, A. Perrucci, 2, il Mulino 2021, pp. 483-515; D. Dalfino, Creatività e creazionismo, prevedibilità e predittività, in Foro it., n. V, 2018, pp. 385-388. 72. Giudici di diversi paesi possono essere assegnati alla soluzione di casi nati in aree diverse e mettersi a disposizione di parti che non sarebbero in grado, per la loro residenza e collocazione geografica, o per le loro condizioni economiche, di attribuire il potere a un giudice tradizionale. R.E. Susskind, Online Courts and the Future of Justice, cit.
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Le osservazioni di Susskind, pur molto acute, si prestano infatti a numerose critiche, la prima delle quali è proprio la possibile ‘mercificazione’ del sistema giudiziario, considerato alla stregua di un ‘servizio’ (con effetti negativi per la tenuta e la garanzia dello Stato di diritto73), secondo una formula che non è del tutto coerente con l’evoluzione delle garanzie costituzionali che la supportano74. In particolare, si può osservare che in assenza di contatti umani diretti, potrebbe diffondersi la percezione che l’importanza e il valore delle azioni che vengono intraprese sia ridotto o, peggio, potrebbe perdersi l’idea che quella attività rientri in una ‘funzione’ dello Stato garantita dall’autorità della legge. Una comunicazione e procedure informali, non ordinarie, potrebbero addirittura far perdere la consapevolezza che le decisioni dei giudici hanno una ‘forza’ giuridica, con la conseguenza che si potrebbe arrivare a dubitare della stessa efficacia e obbligatorietà delle sentenze75. In ultima analisi, i dubbi sulla proposta ricostruttiva di Susskind non si legano semplicemente all’utilizzo o alla accettazione della tecnologia, ma alla sua tenuta all’interno di un contesto nel quale si è consapevoli che il sistema giudiziario e l’applicazione della legge fanno parte di un potere dello Stato76. Gli studi di Susskind hanno avuto notevole fama a livello soprattutto politico. Anzitutto, perché hanno dimostrato che con la diffusione della tecnologia informatica, i tribunali non possono più essere visti come un’entità secondaria nella digitalizzazione della pubblica amministra73. A. Garapon, J. Lassègue, Justice Digitale. Révolution graphique et rupture anthropologique, Presses Universitaires de France/Umensis 2018, trad it. La giustizia digitale. Determinismo tecnologico e libertà, il Mulino 2021, pp. 10 ss. 74. Si v. in termini ricognitivi D. Baryse˙, Do we need more technologies in courts? Mapping concerns for legal technologies in courts, disponibile in SSRN, https://papers.ssrn. com/sol3/papers.cfm?abstract_id=4218897. 75. Come riportato da T. Sourdin, R. Cornes, Do judges need to be human? The implications of technology for responsive judging, in The Responsive Judge, edited by T. Sourdin, A. Zariski, Springer 2018, pp. 87-119, il giudice Robert Buchanan della Corte Federale dell’Australia ha identificato tre benefici derivanti dalla ritualità del rendere testimonianza nell’atmosfera di un’aula (fisica): a) migliorare la prospettiva che il testimone rimarrà consapevole della natura e solennità dell’occasione e dei suoi obblighi; (b) offrire la rassicurazione incrociata che il testimone apprezza la gravità e l’immediatezza della situazione; c) consentire al giudice di valutare la natura, la qualità e l’affidabilità dei testimoni in maniera più adeguata. In tale senso, se il giudice ha un dubbio circa la credibilità del testimone l’uso delle tecnologie potrebbe essere molto meno efficace. 76. R. Size, Taking advantage of advances in technology to enhance the rule of law, in Australian Law Journal, n. 7, 2017, pp. 575-587.
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zione, bensì come un elemento centrale di più ampi strati tecnologici e giuridici interconnessi77. Tali studi hanno inoltre mostrato, prima ancora della pandemia, che l’impiego massiccio delle tecnologie cloud e dell’internet delle cose (IoT) derivante dall’integrazione dei dispositivi mobili, insieme alle telecomunicazioni integrate sta portando a una maggiore assimilazione tecnologica nella governance giudiziaria. In secondo luogo, tali lavori sono stati essenziali per incentivare nel mondo anglosassone lo sviluppo delle teorie relative alle ODR78. Molti hanno, infatti, notato – dando credito all’autore – come gli strumenti alternativi online siano oggi la vera risposta all’aumento di domanda di giustizia79. Vedremo più avanti che proprio l’intuizione di Susskind di distinguere tra semplici giudizi da remoto e corti estese ha dato vita a rilevanti esperienze pratiche in alcuni paesi di common law80. 2.3. La terza dimensione: il futuro nel processo Tania Sourdin è una studiosa australiana di diritto processuale che in numerose opere ha mappato lo sviluppo delle tecnologie nel processo all’interno degli ordinamenti di common law, in Cina e in altri paesi del mondo. L’ultima indagine che ha compiuto appare in un corposo volume pubblicato nel 2021. L’opera è una miniera di informazioni e di idee sulla esperienza recente della digitalizzazione e offre in qualche modo una prospettiva affascinante per gli sviluppi del processo giurisdizionale negli anni a venire81. In molti punti l’analisi riprende le suggestioni di Susskind anche se con un piglio più pratico, affrontando i problemi 77. Sul tema si v. M. Zalnieriute, F. Bell, Technology and the Judicial Role, in The Judge, the Judiciary and the Court. Individual, Collegial and Institutional Judicial Dynamics in Australia, edited by G. Appleby, A. Lynch, Cambridge University Press 2021, pp. 116-142; R.E. Susskind, Online Courts and the Future of Justice, cit. 78. O. Rabinovich-Einy, E. Katsh, Artificial Intelligence and the Future of Dispute Resolution: The Age of AI-DR, in Online Dispute Resolution: Theory and Practice, edited by M.A. Wahab, D. Rainey, E. Katsh, Eleven Publishing 2021, pp. 1-20. 79. N.W. Spaulding, Online Dispute Resolution and the End of Adversarial Justice?, in Legal Tech and The Future of Civil Justice, edited by D.F. Engstrom, Cambridge University Press 2023, pp. 252-285. In senso critico sul tema si v. J. Donoghue, The rise of digital justice: Courtroom technology, public participation and access to justice, cit., p. 995. 80. In particolare nel Regno Unito e in Canada. Sul tema v. L. Wing, Mapping the Parameters of Online Dispute Resolution, in J. Int. Disput., n. 1, 2022, pp. 3-16. 81. T. Sourdin, Judges, Technology and Artificial Intelligence, Edward Elgar 2021.
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determinati dalla digitalizzazione del processo e dalle notevoli questioni trasformative del ruolo dei giudici. Le opere di Sourdin sono utili perché offrono un censimento aggiornato degli strumenti informatici che negli ultimi anni sono stati utilizzati nel settore della giustizia, in un modo che potremmo anche ricollegare ai lavori di Reiling, che però non sono citati dalla studiosa australiana. L’autrice attesta che oggi all’interno della giustizia si usano tutte le tecnologie disponibili (devices e hardware di ogni tipo, software, apps e piattaforme). Vengono impiegati sistemi per la trascrizione dei verbali, sistemi evoluti per svolgere le videoconferenze, piattaforme e app per la gestione dei casi ovvero per l’archiviazione elettronica82, sistemi di data analytics per formare gli indici di giurisprudenza e per il supporto alle decisioni, come nel caso dei documenti precompilati. Accanto alle tecnologie più antiche e a quelle connesse con lo sviluppo della rete internet l’autrice investiga l’ampio numero di strumenti di IA usati all’interno del processo83. L’obiettivo è essenzialmente quello di mappare i cambiamenti connessi all’uso delle tecnologie da parte delle corti, considerando sia come i giudici utilizzano le tecnologie esistenti sia come il cambiamento tecnologico, spesso accompagnato da forme sofisticate di intelligenza artificiale, può alterare e avere un impatto sulla funzione giudiziaria nel futuro. A questo proposito, Sourdin riporta una tassonomia degli usi delle tecnologie della giustizia – proveniente da altri suoi scritti84 – che distingue tre tipi di usi tecnologici. Il primo e più elementare tipo di tec82. T. Sourdin, J. Meredith, B. Li, Digital technology and justice: the use of justice apps, Routledge 2021. 83. In questo ambito, una delle maggiori sfide riguarda l’integrazione tra il management dei flussi e dell’assegnazione dei casi, da un lato, e le forme di interazione con l’esterno, dall’altro. Si tratta di gestire le tecnologie per migliorare non solo il lavoro amministrativo ma anche per garantire una migliore interazione con gli utenti. Ciò può significare che le riforme da realizzare sul lato tecnologico devono integrarsi con altri mezzi informatici (per esempio lo sviluppo di chatbot che supportano le parti in causa o abilitano l’archiviazione o altre attività) ed essere quindi rivolti alla massima interoperabilità. Un tipo di avanzamento è nelle corde sia della CEPEJ sia dell’Institute for the Advancement of the American Legal System (acronimo IAALS), che ha suggerito di sviluppare diciotto aree per supportare la creazione di standard tecnologici da parte dei futuri tribunali americani. Il succo di questo documento risiede nella costruzione di procedure di management dei casi che non siano rivolte solo verso l’interno ma anche verso l’esterno. J.M. Greacen, Eighteen Ways Courts Should use Technology to Better Serve Their Customers, in Family Court Review, n. 4, 2019, pp. 515-538. 84. La tassonomia era stata anticipata già in T. Sourdin, Justice and technological Innovation, in Journal of Judicial Administration, n. 2, 2015, pp. 96-105.
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nologie serve allo scopo di informare, sostenere e consigliare le persone coinvolte nelle attività di giustizia e viene etichettato come «tecnologie di supporto». Il secondo tipo, che è composto dalle tecnologie capaci addirittura di sostituire attività e funzioni precedentemente svolte dall’uomo, è identificato con il termine «tecnologie sostitutive». Infine, il terzo tipo, che comprende le tecnologie rivoluzionanti i sistemi di giustizia perché introducono nuove procedure e strumenti, prima inesistenti, è chiamato «tecnologie dirompenti»85. Pur muovendo dalla tripartizione menzionata, le opere offrono un quadro ampio e composito a partire da un esame molto puntuale dei possibili usi tecnologici. In questo senso, l’analisi non aiuta grandemente a semplificare l’approccio al fenomeno, come ha invece inteso fare Susskind. L’aspetto più innovativo delle opere di Sourdin è aver discusso del tema nel pieno del grande stress test per i sistemi giudiziari conseguente alla pandemia. Infatti, se in molti stati la giustizia non si è fermata durante il periodo di restrizione della libertà di circolazione, è stato grazie alla implementazione degli strumenti digitali che hanno reso possibile svolgere molte attività giudiziarie online, come le udienze, i depositi e le notifiche. Quanto ai sistemi che sono capaci di ‘sostituire’, l’autrice si rivolge soprattutto al poliedrico mondo delle ODR, scandagliando in tutte le direzioni il fenomeno alla ricerca delle sue caratteristiche appunto sostitutive delle corti. Su tale profilo, il volume è certamente debitore del lavoro di Susskind e delle sue online courts. Dove invece l’argomentazione scelta è più debole, ma per ragioni evidenti, è nella individuazione delle caratteristiche delle tecnologie ‘dirompenti’, che effettivamente allo stato rappresentano più una ipotesi immaginata di sfruttamento profondo dell’IA anziché una realtà concreta. Dei tanti pregi che ha l’impostazione di Sourdin, vale la pena sottolinearne due. Il primo è che in modo alquanto realistico questo volume non offre solo un quadro degli usi delle tecnologie nel processo ma si spinge fino ad offrire strumenti concreti su come valutarli. In parecchi passaggi l’autrice dimostra di aver individuato criteri giuridici, etici e persino tecnologici per mettere alla prova l’uso delle tecnologie in generale nel processo. Il secondo aspetto di valore è che l’autrice descrive 85. T. Sourdin, Judge v. Robot: Artificial Intelligence and Judicial Decision-Making, in UNSW Law Journal, n. 4, 2018, pp. 1114-1133.
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usi e problemi delle tecnologie impiegate nella giustizia come parti di un racconto di un viaggio il cui protagonista è la figura del «Judge AI», una sorta di immagine evocativa di tutti i nuovi modi di impiego delle nuove tecnologie nel processo, la cui origine viene riferita, nelle prime pagine, guarda caso a un impiego pervasivo di potenti algoritmi come GPT-386, cioè il sistema (madre) dal quale OpenAI ha sviluppato poi ChatGPT. Il Judge AI è quindi una risposta alla stessa idea di futura, totale sostituzione dei giudici, nella quale si sottolinea una doppia imprescindibilità, quella della innovazione tecnologica delle corti e quella della necessaria umanità del giudicare. Rispetto alle due precedenti dimensioni, quella che possiamo trarre dall’impostazione di Sourdin si colloca al termine di un processo che ha visto aumentare molto non solo le potenzialità delle tecnologie per il processo ma anche i rischi. A questo proposito le sue opere sono dedicate al rapporto tra giudice e robot e alla domanda circa il miglioramento dell’accesso alle corti e all’aumento di tutela nei confronti degli usi più pervasivi delle macchine intelligenti. A riguardo sono molto utili i sei fattori problematici che l’autrice elabora alla luce dell’esame della dottrina e di alcuni esempi: (i) la mancanza di un «elemento umano»; (ii) il deficit di trasparenza; (iii) le conseguenze della trasformazione e del cambiamento di sistema; (iv) le sfide legate alla non irriducibilità del diritto al coding; (v) la difficile considerazione di situazioni innovative e nuove; (vi) i problemi legati alla creazione del diritto nuovo in sistemi basati sul valore vincolante del precedente. Gli ultimi capitoli sono dedicati alla immagine del futuro possibile per le IA applicate al processo e alle trasformazioni del ruolo che i giudici potranno avere nei sistemi giudiziari. Il volume si chiude su tale punto con una serie di auspici che hanno un enorme valore nell’economia della nostra opera. Anzitutto, gli sviluppi tecnologici implicano che i giudici non solo devono acquisire conoscenze e comprensioni fondamentali sull’IA, ma devono anche considerare le implicazioni del loro utilizzo sia per il sistema giudiziario sia per la magistratura stessa87. Per esempio, 86. T. Sourdin, Judges, Technology and Artificial Intelligence, cit., p. VII. 87. Il supporto delle tecnologie per l’organizzazione giudiziaria potrebbe avere un numero importante di benefici. Anzitutto, potrebbe contribuire alla qualità delle decisioni e ai risultati dell’attività giudiziaria migliorando il carico di lavoro dei magistrati soprattutto rispetto a cause impegnative ovvero a situazioni nelle quali c’è bisogno di una competenza specializzata. In secondo luogo, le tecnologie possono impedire che attraverso l’allocazione non efficiente del lavoro si realizzino ritardi e conseguentemente aumenti dei costi. In terzo luogo, l’eccessivo carico di lavoro per i giudici può determina-
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nell’automazione dei processi operativi il predominio delle applicazioni digitali, e poi un giorno delle IA, sollevano questioni critiche riguardanti il governo dei dati, la proprietà intellettuale digitale, la cybersecurity, la protezione dei diritti fondamentali nel processo e il rispetto dell’etica nel mondo digitale88. Si auspica che negli ordinamenti i giudici siano preparati con strategie per affrontare le questioni etiche, sociali e politiche sollevate dall’uso dell’IA nel processo. In particolare, si afferma che i giudici «devono riconsiderare il loro ruolo e in che misura esso incorpori un più ampio attivismo nella progettazione del sistema giudiziario del futuro, ricordando al contempo, in termini di tecnologia e di riforma del sistema giudiziario, che solo perché possiamo fare qualcosa, non sempre significa che dovremmo farlo»89. Nell’orizzonte tracciato dall’autrice si collocano altri autori, i quali identificano le esperienze di impiego e di trasformazione della giustizia soprattutto attraverso le IA. In tali opere vengono elaborate tassonomie molto efficaci ai fini della ricostruzione delle dimensioni odierne delle tecnologie nel processo e di inquadramento delle competenze interdisciplinari necessarie per poter usare a pieno ed efficacemente le tecnologie nei processi90.
re stress e incapacità per i giudici di giudicare in maniera serena. I giudici, come è giusto, devono poter percepire il carico di lavoro come corretto ed equo in base a parametri oggettivi. Infine, e non ultimo, l’assegnazione più corretta, efficiente ed equa dei casi garantisce la legalità delle procedure e serve come un mezzo per rinforzare la percezione pubblica della imparzialità e indipendenza dei giudici e del sistema giudiziario intero. In generale sul tema si v. D. Kettiger, A. Lienhard, P. Langbroek et al., Court Management: A Young Field of Public Management: Permanent Study Group 18: Justice and Court Administration, in Public Administration in Europe: The Contribution of EGPA, edited by D. Kettiger, A. Lienhard, P. Langbroek, M. Fabri, Palgrave Macmillan 2019, pp. 309-315; E. Calzolaio, Intelligenza artificiale e autonomia della decisione: problemi e sfide, in La decisione nel prisma dell’intelligenza artificiale, a cura di Id., Wolters Kluwer-Cedam 2020, pp. 1-8. 88. M. Le Bui, S.U. Noble, We’re missing a moral framework of justice in artificial intelligence, in The Oxford Handbook of Ethics of AI, edited by M.D. Dubber, F. Pasquale, S. Das, Oxford University Press 2020, pp. 163-179. 89. T. Sourdin, Judges, Technology and Artificial Intelligence, cit., p. 295. 90. Si v. infra multis M. Palmirani, S. Sapienza, C. Bomprezzi, Il ruolo dell’Intelligenza Artificiale nel sistema giustizia: funzionalità, metodologie, principi, in La trasformazione digitale della giustizia nel dialogo tra discipline. Diritto e Intelligenza Artificiale, a cura di M. Palmirani, S. Sapienza, Giuffrè 2022, pp. 1-36.
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3. I profili critici delle applicazioni tecnologiche ai processi giurisdizionali L’analisi che abbiamo compiuto nelle pagine precedenti ci ha proiettati direttamente nel vivo delle questioni legate all’applicazione delle tecnologie nei processi. Avvalendoci dell’impostazione fatta di tre dimensioni e dimostrata mediante l’analisi degli scritti di Reiling, Susskind e Sourdin abbiamo inteso mostrare che le tecnologie hanno oramai una rilevanza indubbia per l’applicazione pratica della legge. Non si possono perciò lasciare tali argomenti alla sola indagine filosofica o informatica. La spinta alla digitalizzazione del processo è legata a ragioni di razionalizzazione organizzativa e deve essere perseguita con una sapiente opera di traduzione di tale impulso all’interno delle norme processuali91. Inoltre, dato il potenziale tecnologico di cui attualmente disponiamo non si può pensare di rinunciare all’automazione e all’impiego delle IA nel processo. Non estendere questo patrimonio tecnico anche alla amministrazione della giustizia e alla risoluzione dei casi produrrebbe un pregiudizio eccessivo per l’esercizio della giurisdizione92. Ma anche la semplice ‘sostituzione’ di una intelligenza artificiale ad un’altra umana non può giustificare da sola l’impiego delle tecnologie nel processo. La storia dei «modelli del processo», come è stato detto, ha svelato che il processo stesso aggrega «una dimensione sostantivo-assiologica» a una dimensione «logico-formale»93. È dunque una caratteristica propria di ogni modello processuale che nessuna forma usata al suo fine sia ‘neutrale’. Implementare pienamente le tecnologie digitali nel sistema giudiziario, e persino definire una buona riuscita rispetto al cambiamento tecnologico, non è pertanto una questione da trattare in modo meccanico o automatico, come succede quando i programmi di modernizzazione sono motivati dalla sola logica dell’efficienza, dell’esternalizzazione e della riduzione dei costi, piuttosto che da una considerazione di tali aspetti in accordo con i principi costituzionali sul processo. È per questo che nelle 91. In tanti paesi si sono prese strade per aiutare i tribunali inefficienti ad attivare programmi informatici che potessero fare fronte ai costi eccessivi della macchina giudiziaria. C. Castelli, D. Piana, Giusto processo e intelligenza artificiale, Maggioli 2019. 92. R. Gutierrez Martinez, Intelligenza artificiale, algoritmi e automazione nella giustizia. Proposte per una effettiva implementazione, in Il processo, n. 3, 2021, pp. 436-473. 93. L. Buffoni, Processo e pluralismo nell’ordinamento costituzionale italiano: apologia e limiti dell’universalismo procedurale, Jovene 2012, p. 43.
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pagine che seguono approfondiremo, in una prospettiva critica, i presupposti e le conseguenze della digitalizzazione del processo. 3.1. Il secolo del processo… e del digitale In una relazione di qualche anno fa, l’allora primo Presidente della Suprema Corte di Cassazione, Giovanni Canzio, afferma: le scelte del costituente in materia di ordinamento giurisdizionale hanno una valenza e rilevanza ancora attuali. Le ragioni fondanti e gli equilibri istituzionali vanno perciò preservati e trasmessi alle nuove generazioni. Il principio d’indipendenza e di autonomia della magistratura – da ogni altro potere e dalla stessa volontà popolare – va declinato, tuttavia, secondo nuovi modelli ordinamentali e deontologici che arricchiscono i contenuti dello statuto professionale del magistrato. I cittadini hanno sete di legalità e di efficienza della giustizia e chiedono che la legge venga applicata in modo rapido, comprensibile, coerente e uniforme per tutti. L’esercizio della giurisdizione va inteso, pertanto, come ‘servizio’, anziché come ‘potere’, così da implementare, col prestigio e l’autorevolezza della funzione, la legittimazione della magistratura nella società postmoderna e, nel contempo, la fiducia dei cittadini nello Stato di diritto94.
In modo estremamente lucido le parole di Canzio fissano tre elementi che possono fare da sfondo per la ricostruzione di un approccio critico verso i fenomeni e le applicazioni della ‘giustizia digitale’. Il primo elemento che va messo in luce è la trasformazione della ‘giurisdizione’ di cui si sta facendo esperienza in molti paesi del mondo. Vi è infatti nei movimenti tellurici che si stanno sviluppando intorno alla digitalizzazione del processo un dato univoco e complessivo da mettere in evidenza: l’incontro tra la digitalizzazione e il processo è l’incontro tra le due forze protagoniste rispettivamente nel campo della tecnica e del diritto nel XXI secolo95. Il dilemma di fondo di questo secolo, come ci ricorda Karl Popper, non è capire in astratto chi comanda ma come «controllare l’esercizio del potere»96. Il controllo del potere implica una ade-
94. G. Canzio, L’indipendenza della magistratura nel XXI secolo, in Foro it., n. 5, 2018, pp. 193-201. 95. Il problema è legato agli effetti della «rivoluzione tecnologica». J.A. Schumpeter, Capitalism, Socialism and Democracy, cit. 96. K.R. Popper, La società aperta e i suoi nemici, Armando editore 2002.
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guata organizzazione delle istituzioni che coinvolge anzitutto il giudice e la magistratura, gli istituti di garanzia per eccellenza. Se al giudice spetta adeguare il diritto alla realtà storico-sociale ed essere sempre più creatore del diritto97, e se è il processo il modo con cui tale controllo del potere si esercita, allora è dalla giurisdizione che occorre muovere per capire dove si possono, in maniera più feconda, implementare le tecnologie nel diritto. Se poi il diritto si è trasformato in maniera radicale98, l’ampliamento dell’ambito della giurisdizione non sembra un fatto transitorio ma una mutazione oramai stabile dello stato costituzionale99. La situazione attuale, lungi dal presentare carattere congiunturale, si pone quindi in una prospettiva di lunga durata, tanto da assumere la dignità di una vera e propria ‘fase storica’100 dell’era postindustriale, nella quale la rilevanza riconosciuta alla ‘produzione’ del diritto si lega a una relazione di complementarità tra giurisdizione e legge mai prima conosciuta dagli ordinamenti occidentali101. La digitalizzazione della giustizia è, perciò, una risposta a questo fenomeno epocale di giurisdizionalizzazione (o anche processualizzazione) e alla sua necessaria integrazione con la realtà e velocità del mondo presente102. Un fatto storico ha permesso però che l’incontro tra giurisdizione e digitale maturasse. La distanza tra dimensione tecnologica complessiva della società civile e processo è stata colmata dalla pandemia vissuta nell’ultimo triennio, la quale – per via di una situazione emergenziale del tutto particolare – ha ridisegnato profondamente il nostro rapporto con la tecnologia, costringendoci a un cambiamento mai pensato prima, per 97. R. Bin, A discrezione del giudice. Ordine e disordine una prospettiva “quantistica”, cit., pp. 53 ss. 98. Con fenomeni distorsivi nuovi rispetto al passato, come l’inflazione e la precarietà legislativa, o con fenomeni evolutivi, come la crescita del diritto sovranazionale, ovvero con fenomeni di trasformazione dell’amministrazione e di mescolamento tra le regole del diritto pubblico e privato. Sul tema v. infra multis P. Grossi, Crisi del diritto, oggi?, in Diritto e società, n. 1, 2011, pp. 37-48. 99. M.R. Ferrarese, Il diritto al presente: globalizzazione e tempo delle istituzioni, il Mulino 2001, pp. 188 ss., la quale ricorda che il rafforzamento della giurisdizione è parte di un quadro di ridimensionamento e di bilanciamento dei poteri politici da parte di varie altre espressioni di potere. 100. N. Picardi, La vocazione del nostro tempo per la giurisdizione, in Riv. trim. dir. proc. civ., n. 1, 2004, p. 478. 101. G. Alpa, L’arte di giudicare, Laterza 1996, p. 12, ricorda che «passata l’epoca del formalismo e dello statualismo delle fonti, oggi la giurisprudenza è accreditata come fonte del diritto» in tutte le esperienze giuridiche. 102. V. da ultimo sul tema R.A. Bentley, M.J. O’Brien, J. Maeda, The acceleration of cultural change: from ancestors to algorithms, MIT Press 2017.
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tanti ambiti dell’amministrazione e della vita sociale103. Con la pandemia, infatti, ciò che in alcune giurisdizioni sembrava impossibile, come una udienza penale da remoto, è divenuto di colpo irrinunciabile (ad esempio, alla carta si sono definitivamente sostituiti i depositi telematici, già possibili prima ma mai concepiti come il modo principale per realizzare attività processuali così importanti). Passiamo così al secondo grande elemento che va segnalato. La digitalizzazione del processo si situa al punto di incontro tra la domanda della società di applicare la legge in modo rapido, comprensibile, coerente e uniforme, e la risposta che lo Stato ha identificato nella trasformazione digitale. L’incontro concreto tra digitalizzazione e mondo della giustizia avviene su molti piani, sia quando si tratta di determinare in che modo organizzare gli uffici giudiziari, sia quando si deve rendere più agile il lavoro dei magistrati, sia ancora quando si tratta di stabilire a quale dei contendenti spetti l’attribuzione del bene della vita reclamato o quando si discute della innocenza o della colpevolezza dell’imputato. In tutti i casi, è il sistema istituzionale dell’esercizio della giurisdizione a essere interessato104. Sotto questo profilo va notato che già il rapporto tra giustizia e digitale ha radici profonde e riguarda ambiti distinti ma connessi105: la vicenda legata alla dematerializzazione dei documenti, l’introduzione del processo telematico e, poi, delle forme di intelligenza artificiale come ausilio della decisione umana celano, da punti di vista diversi, l’esistenza di una convergenza assiale tra tecnica e diritto106. 103. Le tecnologie digitali hanno imposto alla società innovazioni radicali, innescando un processo di generale accelerazione raramente seguito da fasi di stasi e di complessiva riflessione sui mezzi e sulle finalità recondite del processo di sviluppo. A. Simoncini, Il diritto alla tecnologia e le nuove diseguaglianze, in Emergenza Covid-19 e ordinamento costituzionale, a cura di F.S. Marini, G. Scaccia, Giappichelli 2020, pp. 191-204. In generale sul tema R. Koselleck, Is there an Acceleration of History, in High-speed Society. Social Acceleration, Power and Modernity, edited by H. Rosa, W.E. Scheuerman, Pennsylvania State University Press 2009, pp. 113-134. 104. Come nota S. Penasa, Intelligenza artificiale e giustizia: il delicato equilibrio tra affidabilità tecnologica e sostenibilità costituzionale in prospettiva comparata, in DPCE Online, n. 1, 2022, pp. 297-310. 105. V. da ultimo sul tema S. Pietropaoli, Scienza giuridica e tecnologie informatiche: la complessità di un rapporto ineludibile, in Scienza giuridica e tecnologie informatiche, a cura di S. Pietropaoli, F. Faini, Giappichelli 2021, pp. 3-14; A. Pajno, L’uso dell’intelligenza artificiale nel processo tra problemi nuovi e questioni antiche, in Biolaw Journal, n. 1, 2022, pp. 205-223. 106. In effetti la tecnica offre una illusione di onnipotenza che il diritto non può permettere, come sottolineano incidentalmente A.C. Amato Mangiameli, M.N. Campagnoli, Strategie digitali. #diritto_educazione_tecnologie, Giappichelli 2020, pp. 93-94.
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Nel fenomeno digitalizzazione si nota quindi un’ulteriore evoluzione del complessivo mondo della giustizia, che nelle parole di Canzio si atteggiava come un nuovo modo di intendere la giurisdizione: non come un potere ma come un servizio (nel senso più nobile del termine), così da implementare l’autorevolezza e la legittimazione della magistratura, ma anche, in prospettiva, la fiducia dei cittadini nello Stato di diritto. La ricerca di una soluzione positiva situa la giurisdizione al centro di uno spazio di esperienza che è più di quanto le due parole ‘potere’ e ‘servizio’ possono immediatamente esprimere. Non si tratta di immaginare la giurisdizione come un semplice prodotto o servizio, appunto, da commercializzare, ma di intendere la vera funzione di essa quale sistema che serve il potere pubblico, al fine di garantire la coesione sociale e il pluralismo, individuando l’esigenza di adottare moduli di comando compatibili con la complessità e la diversità che sono proprie della nostra epoca, poiché in una società complessa e policentrica il potere pubblico è anzitutto potere di mediazione e compromesso107. In questa epoca, anche il potere giudiziario contribuisce ad adottare strategie temporali indirizzate alla soddisfazioni di bisogni divenuti oggi sempre più essenziali. Si pensi, in questo senso, ad alcune parole che nella attuale fase di diffusione delle tecnologie richiedono di essere precisate e rese sostanza, come imparzialità, trasparenza, contraddittorio, garanzia108, solo per rimanere al livello della dimensione statale. Il terzo elemento emergente dalle parole di Canzio riguarda la garanzia dell’indipendenza e autonomia della magistratura, due principi centrali dell’attività giudiziaria fortemente influenzati dalla trasformazione digitale. Il tema è connesso alle indagini circa la regolazione del digitale e correlativamente all’uso di esso a vantaggio del diritto. Nella giustizia digitale vi sono delle questioni che si muovono sotto traccia, ma parecchio evidenti, le quali richiedono sia al decisore politico sia all’interprete un’attenzione particolare perché si riferiscono direttamente alla tutela dei diritti: la sostenibilità economica dei nuovi servizi digitali e delle infrastrutture digitali, la nuova configurazione del lavoro dei tribunali, i problemi connessi alle possibili discriminazioni che si potrebbero determinare tra cittadini più capaci di utilizzare tali strumenti o in possesso di maggiori risorse e quelli che invece non se le possono permettere, la 107. A. Simoncini, E. Cremona, Mediazione e Costituzione, in Giustizia consensuale, n. 1, 2022, pp. 1-50. 108. A. Garapon, I custodi dei diritti. Giustizia e democrazia, Feltrinelli 1996.
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perdita di contatto con il fattore umano derivante dall’utilizzo pervasivo del digitale109. Se quindi risaliamo alle ragioni di tale trasformazione, scopriamo che l’uso delle tecnologie nei processi attinge alle stesse cause che tanti anni fa hanno accompagnato la nascita del movimento per l’«accesso alla giustizia»110 : limitare la soggettività interpretativa, garantire una effettiva eguaglianza tra le parti, eliminare il disordine giudiziario, trovare soluzioni più veloci per le controversie e in generale arrivare a una maggiore efficienza e speditezza delle decisioni. Uno dei primi esempi di sperimentazione dell’uso di tecnologie informatiche per i processi nato negli anni ’90, il progetto «PolisWeb» del tribunale di Bologna111, nacque proprio dall’esigenza di arginare l’odioso fenomeno della disomogeneità delle decisioni dei giudici appartenenti allo stesso ufficio giudiziario; un malessere dovuto anche, e principalmente, a una carente comunicazione tra gli stessi magistrati circa le interpretazioni di casi simili, da cui era conseguito un generale sentimento di frustrazione circa la possibilità di raggiungere, attraverso il processo, un elevato grado di certezza del diritto e ottenere così maggiore giustizia. Oggi, in un contesto sicuramente cambiato rispetto a quando quel progetto bolognese prese il via, la giustizia è chiamata a dare un ulteriore segnale per ottenere la fiducia dei cittadini. Per la riuscita di questo passaggio epocale, essenziale per la tenuta del tessuto democratico, occorre consapevolezza circa la concezione della giustizia che permette l’integrazione tecnologica. Possiamo scegliere tra una concezione positivista, nella quale la giustizia è solo una performance di tecnica giuridica, che non realizza il ‘giusto’ che la società ha diritto di attendersi, o una concezione sociale di giustizia, che nel breve periodo intende riassumere la finalità di ogni atto giudiziale nella soluzione di una controversia e nel lungo periodo la ricerca della pace sociale112. 109. Sono elementi che suscitano preoccupazione e allerta e che segnano però altrettanti ambiti di indagine e di analisi tecnico-scientifica, come indica S. Gaboriau, Libertà e umanità del giudice: due valori fondamentali della giustizia. La giustizia digitale può garantire nel tempo la fedeltà a questi valori?, in Quest. giust., n. 4, 2018, pp. 200-212, pp. 205 ss. 110. V. infra multis M. Cappelletti, Dimensioni della giustizia nelle società contemporanee: studi di diritto giudiziario comparato, Il Mulino 1994, pp. 71 ss. 111. Si v. la descrizione del progetto di M. Jacchia, Presentazione del Convegno, in Il Processo Telematico. Nuovi ruoli e nuove tecnologie per un moderno processo civile, a cura di M. Jacchia, il Mulino 2000, pp. 19-26. 112. S. Gaboriau, Libertà e umanità del giudice: due valori fondamentali della giustizia. La giustizia digitale può garantire nel tempo la fedeltà a questi valori?, cit., p. 208.
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3.2. La «despazializzazione» della giustizia In questi ultimi anni una delle voci più critiche sulla digitalizzazione della giustizia è stato il giudice, intellettuale e saggista francese Antoine Garapon, il quale in più occasioni ha mostrato i suoi dubbi per le trasfigurazioni alle quali viene sottoposta ogni giorno la giurisdizione nell’incontro ravvicinato con la tecnica113. In un’opera recente, Garapon si è soffermato su un preciso effetto della rivoluzione digitale che egli chiama despazializzazione; il neologismo qualifica in generale l’«uscita dallo spazio» che si verifica quando ci muoviamo nel mondo del digitale114. La despazializzazione segna quel fenomeno grazie al quale il digitale, e le risorse semiotiche che esso offre, segnano un «divorzio tra spazio geometrico e spazialità vissuta» e ci portano a credere che esiste un cyberspazio all’interno del quale «possiamo legiferare, giudicare, guarire e agire (…) in spregio alla spazializzazione delle nostre esperienze» e all’orizzonte di senso necessario all’essere umano115. Due dei quattro appassionanti itinerari nei quali Garapon esplora la despazializzazione sono proprio il processo o, meglio ancora, le aule di tribunale, e la giustizia116. La sua analisi prende di mira le udienze a distanza svoltesi soprattutto durante la pandemia, ritenute, nel bene e nel male, una sorta di «laboratorio vivente per comprendere a contrario l’efficacia propria dello spazio concreto dell’udienza»; esse sono una forma di despazializzazione che «mette in pericolo il legame tra l’organizzazione dello spazio giudiziario, l’esperienza materiale del processo e la forza istitutrice del diritto nella democrazia»117. 113. Oltre all’opera citata nella nota successiva, ci riferiamo pure al volume A. Garapon, J. Lassègue, La giustizia digitale. Determinismo tecnologico e libertà, cit. già citato in precedenza. 114. A. Garapon, La despazializzazione della giustizia, Mimesis 2021. 115. Più avanti lo stesso autore afferma che la despazializzazione «nasce dalla sfasatura tra il rapporto con lo spazio offerto dalla nuova risorsa semiotica digitale e il bisogno umano dei corpi e delle società di organizzare lo spazio storicamente e simbolicamente, così da produrre senso e strutturare la convivenza umana». In tale orizzonte, la «sfida della despazializzazione» si spiega «con le conseguenze dello iato tra un punto di vista esterno, in questo caso a-geometrico, e un punto di vista interno, quello della spazialità vissuta, che deve integrare (il) non-spazio». Cfr. Op. ult. cit., pp. 24-25. 116. Gli altri due sono dedicati alla despazializzazione delle regole e la despazializzazione della procedura, che in realtà analizza l’universo legato alle prassi della libertà di manifestazione del pensiero nella rete. 117. A. Garapon, La despazializzazione della giustizia, cit., pp. 101-102.
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Al netto delle censure mosse alle prime manifestazioni della c.d. «tele-giustizia» e alla perdita di rituali e simboli che ad essa sarebbe inevitabilmente connessa, le argomentazioni di Garapon non escludono la possibilità di accogliere la despazializzazione del processo. L’autore, tuttavia, ci avverte che la despazializzazione richiede un rinnovamento sia delle forme del rituale, ridefinite secondo diversi codici semiotici e comunicativi, sia delle forme di tutela che esistono esplicitamente e implicitamente nel mondo reale. Le stesse osservazioni potrebbero essere estese allo sviluppo delle pratiche democratiche, che in ragione della digitalizzazione stanno assumendo forme e garanzie diverse dal passato118. Su questo piano il suggerimento dello studioso si rivolge a due aspetti da non trascurare. Il primo riguarda il fatto che la despazializzazione deve permettere al processo di interoperare su diversi piani con i suoi stakeholders (i giudici e i professionisti del diritto, ma anche la pubblica amministrazione e i cittadini), oltre che mettere a disposizione dei magistrati un qualificato supporto informativo e cognitivo per la loro attività di guida del processo e di decisione e rendere disponibili gli orientamenti sul contenzioso e l’enorme giacimento di dati di cui si dispone (fino a sviluppare migliori capacità predittive di analisi e di esito del contenzioso). Il secondo aspetto deriva dal fatto che il digitale sollecita non solo passioni pubbliche ma anche «sentimenti privati, non politici, come l’attrattiva del guadagno o il voyerismo, il denaro e il sesso»119, dei quali occorre tenere conto pure nell’esperienza di attuazione delle nuove tecnologie al processo. I nuovi mezzi, in ragione della loro disintermediazione, richiedono perciò nuove forme di garanzia, nuovi strumenti di tutela, azioni e pratiche e una «tassonomia delle possibilità». Ce lo ha ricordato recentemente anche il CSM nella relazione sullo stato della giustizia telematica del 2021, allorquando ha indicato che la «despazializzazione non deve essere foriera di limitazioni al diritto di difesa e al contraddittorio tra le parti»120. 118. La despazializzazione, infatti, determina l’uscita dallo spazio fisico e l’abbandono della sua ‘capacità ordinante’ anche simbolica, ma non guarda alla possibilità di entrare in spazi altri rispetto a quello fisico; spazi che sono in grado, a loro volta, di strutturare la realtà e di veicolare i valori essenziali della giurisdizione attraverso simboli differenti. Si v. sul tema infra multis G. Di Cosimo, La partecipazione nell’era digitale, in Oss. fonti, n. 2, 2022, pp. 101-110; A. Cardone, “Decisione algoritmica” vs decisione politica? A.I. Legge Democrazia, Editoriale Scientifica 2021. 119. A. Garapon, La despazializzazione della giustizia, cit., p. 133. 120. Consiglio superiore della magistratura, Relazione sullo stato della giustizia telematica - anno 2021, cit.
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4. Verso il «‘giusto’ processo digitale» L’analisi sin qui condotta trova un primo approdo nella dimensione futura della digitalizzazione del processo e ci consente, a questo punto, di impostare la nostra ricerca circa i realistici sviluppi del processo digitalizzato, onde inquadrarne le trasformazioni e comprenderne la sostenibilità, anzitutto in termini costituzionali. Se è presto per parlare di «robot judges» o di una «judicial AI»121, come hanno fatto gli autori citati in precedenza, perché siamo in una fase ancora iniziale dello sviluppo tecnologico, ci sono tuttavia segni che già oggi mostrano la possibilità di introdurre in maniera ampia l’ausilio dell’IA per alcune categorie di controversie, specie quelle di minore valore e seriali122. Come vedremo nel prosieguo, le tecnologie usate a supporto dell’organizzazione giudiziaria e delle attività dei giudici si sono oramai diffuse in molte parti del mondo. Le forme di digitalizzazione variano considerevolmente per caratteristiche e natura: piattaforme per la giustizia, applicazioni e sistemi informativi per gestire le cause e supportare il lavoro dei giudici, dei professionisti e delle parti. La distanza tra dimensione tecnologica complessiva della società e processo si è quindi assottigliata molto. Da un lato, come si è detto, ciò è stato determinato dalla necessità di una maggiore speditezza della giustizia e dal bisogno di conoscere orientamenti e prassi interpretative. Dall’altro, nell’azione burocratica della pubblica amministrazione il momento informativo è divenuto oramai decisivo e fondamentale per realizzare gli adempimenti rimessi alle strutture. È divenuto così importante che sono cambiati i concetti di ‘atto’ e ‘documento’, di ‘contenuto’ e ‘contenitore’, di ‘originale’ e ‘copia’, come pure la nozione stessa di ‘autografia’123. Tutte queste distinzioni si sono quasi annullate nella nozione di «documento informatico»124, ov121. Sull’uso speculativo del robot giudice si v. E. Volokh, Chief Justice Robots, in Duke LJ, n. 5, 2018, pp. 1135-1191; K. Brennan-Marquez, S.E. Henderson, Artificial intelligence and role-reversible judgment, in J. Crim. L. & Criminology, n. 2, 2019, pp. 137-164; W. Ji, The Change of Judicial Power in China in the Era of Artificial Intelligence, in Asian Journal of Law and Society, n. 3, 2021, pp. 515-530. 122. V. infra parte II. R. Smith, The Future of Law: Technology, Innovation and Access to Justice in Legal Services Around the World, in Technology, Innovation and Access to Justice, edited by S.P. de Souza, M. Spohr, Edinburgh University Press 2022, pp. 69-87, che si riferisce alle cause per le multe stradali e i risarcimenti di modesta entità. 123. B. Marchetti, Amministrazione digitale, in Enc. dir. (i tematici), III Funzioni amministrative, Giuffrè 2022, pp. 75-109. 124. Come vedremo più avanti, il d.lgs. n. 82/2005 (Codice dell’Amministrazione Digitale) definisce il documento informatico come «rappresentazione informatica di atti,
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verosia di documento la cui certezza deriva da una procedura governata da una macchina125. Anche la discussione sulla evoluzione digitale del processo non è più relegata alla fantascienza o alle distopiche rappresentazioni di un futuro nel quale avremo decisioni giuste e oggettive emesse da automi126. La digitalizzazione è stata, quindi, accolta nel regno della effettività dell’applicazione giudiziale127. A fronte di tale evoluzione ci si chiede fino a dove può spingersi la digitalizzazione del processo; quali sono le garanzie predisposte dal diritto nei confronti di tale fenomeno; quale rilettura delle norme costituzionali che riguardano il processo richiede il fenomeno della digitalizzazione; quale sorte avrà il giusto processo dinanzi all’impiego di strumenti tecnologici sempre più potenti all’interno dei processi. I casi da cui siamo partiti e le analisi dei cinque autori citati in precedenza ci hanno dimostrato che non si tratta solo di domande tecniche, ma di problemi che servono per capire la stessa evoluzione del ruolo del giudice e della giurisdizione. Per inquadrare l’analisi da svolgere occorre però partire da una matrice che ricostruisca il quadro delle caratteristiche non solo costituzionali del processo, sulle quali poi verificheremo – attraverso l’esame della prassi – come si innerva la trasformazione digitale. In primo luogo, vi è una differenza essenziale tra il processo giurisdizionale e le altre attività messe in atto dallo Stato. Il processo consiste in una attività volta all’applicazione delle norme giuridiche alle fattispecie concrete e qualificata dall’obbligo di osservare particolari regole procedurali. A differenza del «procedimento amministrativo e delle procedure parlamentari le funzioni giurisdizionali si presentano per lo più come attività di risoluzione di controversie fra parti contrapposte», così che i relativi procedimenti assumono la natura di «contenziosi»128. fatti o dati giuridicamente rilevanti» in contrapposizione al documento analogico («rappresentazione non informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti»). A livello europeo, il regolamento n. 910/2014 (eIDAS) definisce il documento elettronico come «qualsiasi contenuto conservato in forma elettronica, in particolare testo o registrazione sonora, visiva o audiovisiva». 125. F. Faini, Data society. Governo dei dati e tutela dei diritti nell’era digitale, Giuffrè 2019, passim. 126. A. Garapon, J. Lassègue, La giustizia digitale. Determinismo tecnologico e libertà, cit. 127. Come afferma M.R. Ferrarese a p. 11 della presentazione dell’edizione italiana del volume di Garapon e Lassègue «la digitalizzazione segna anche per il diritto un passo ulteriore e decisivo nella post-modernità, scendendo dallo scranno delle immagini e della finzione, per entrare nel regno della effettività». 128. A. Pizzorusso, L’organizzazione della giustizia in Italia: la magistratura nel sistema politico e istituzionale, Nuova, Einaudi 1985, p. 7.
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In secondo luogo, il processo si nutre di dialogo e di relazioni ed è costituito come forma razionale dell’esercizio dei poteri pubblici, che si realizza in una sequela di atti formali preordinata all’emanazione di decisioni da parte di un giudice nell’esercizio della funzione giurisdizionale129. In terzo luogo, questa stessa funzione presuppone una netta demarcazione di giurisdizioni130, in rapporto alla diversa natura delle situazioni soggettive tutelabili (siano esse diritti soggettivi o interessi legittimi). A ciò si aggiunge pure che un rigido schema universale di processo non assicura una adeguata trattazione in tempi rapidi a ogni tipo di controversia e mina l’oggettività dell’accertamento giudiziario, per cui si rende necessaria una «differenziazione dei modelli di trattazione»131 delle cause in funzione dei loro caratteri peculiari. In quarto luogo, il processo è essenziale, in senso ideale, per capire quando un diritto riconosciuto viene anche ‘tutelato’ e, in senso materiale, per individuare la misura di concretizzazione del diritto oggettivo, inteso come diritto applicato132. L’effettività della tutela è data dalla applicazione della legge nel processo, ma anche dalla realizzazione di obiettivi latu sensu ‘politici’. Infatti, il processo non potrà mai essere un semplice affare privato delle parti, in considerazione degli importanti interessi pubblici coinvolti in esso. A garanzia di questa impostazione del processo vi sono norme non solo giuridiche ma anche etiche e morali. Il processo giurisdizionale, in generale, si basa su alcuni precisi fondamenti etico-giuridici che fungono anche da valori essenziali: essi sono legati all’imparzialità del giudice; al suo potere discrezionale; al diritto di difesa e alle garanzie del contraddittorio; inoltre, per il processo penale valgono anche altri principi, quali la presunzione di non colpevolezza e la possibilità di ricorrere immediatamente contro i provvedimenti lesivi della libertà personale133. 129. Si tratta della concezione pubblicistica del processo che emerge dopo la metà dell’Ottocento, come indica correttamente L. Buffoni, Processo e pluralismo nell’ordinamento costituzionale italiano: apologia e limiti dell’universalismo procedurale, cit. In generale sul tema v. anche F. Carnelutti, Profilo dei rapporti tra diritto e processo, in Riv. dir. proc., n. 2, 1960, pp. 539 ss. 130. S. Satta, Giurisdizione (nozioni generali), in Enc. dir., XIX, Giuffrè 1970, pp. 218-229. 131. R. Oriani, Il principio di effettività della tutela giurisdizionale, Editoriale Scientifica 2008, p. 31. 132. L.P. Comoglio, Valori etici e ideologie del «giusto processo» (modelli a confronto), in Riv. trim. dir. proc. civ., n. 3, 1998, pp. 887-938; M. Chiavario, Processo e garanzie della persona, Giuffrè 1984. 133. L.P. Comoglio, I modelli di garanzia costituzionale del processo, in Riv. trim. dir. proc. civ., n. 3, 1991, pp. 673-741.
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La formula che racchiude il cuore di tali garanzie, nel più ampio quadro costituzionale, è la nozione di «giusto processo», i cui elementi identificativi verranno esaminati nelle pagine successive con lo scopo di inquadrare, in una cornice unitaria, e definire i caratteri del «‘giusto’ processo digitale». Usiamo tale espressione simbolica non come uno slogan ma per capire in che termini sia possibile un uso «giusto» delle tecnologie nell’attività e nelle pratiche giuridiche. Non intendiamo, perciò, come nel dialogo che apre La Repubblica di Platone, indagare sull’«essenza della giustizia» riferita alla digitalizzazione del processo giurisdizionale. Al contrario, il nostro intento è analizzare in concreto quali principi (strutturali) e garanzie (costituzionali) devono guidarci nella progettazione e poi nella valutazione dell’effettiva realizzazione del processo giurisdizionale nell’ecosistema digitale. Nella parte che segue saranno presi in considerazione, in una prospettiva sistemica, i principi e i diritti fondamentali che attengono alla giurisdizione. L’inquadramento ha il solo fine di mettere in evidenza quale sia il terreno costituzionale entro il quale le tecnologie incidono quando vengono impiegate nelle attività processuali. 4.1. Imparzialità, autonomia e indipendenza della magistratura e dei giudici Il primo elemento di questo quadro rivolto alla comprensione dei caratteri della digitalizzazione del processo non può che essere il principio di «autonomia e indipendenza» della magistratura e dei singoli giudici. È stato già ricordato che tale principio rappresenta il baricentro del Titolo IV della Costituzione e il coronamento di una evoluzione secolare per l’affermazione nel campo giudiziario della separazione dei poteri134. L’esigenza di realizzare misure atte a salvaguardare l’indipendenza della magistratura si traduce in una serie complessa di questioni concrete, concernenti i settori più vari dell’ordinamento giudiziario, e neces134. Come è stato ricordato da G. Ferri, Autonomia e indipendenza della magistratura tra ‘vecchio’ e ‘nuovo’ ordinamento giudiziario, in Rivista AIC, n. 4, 2017, pp. 1-52, l’«idea guida» che ispira la formulazione del titolo IV della parte II, dedicato a «La magistratura», «riflette l’esigenza di assicurare ai singoli magistrati e alla magistratura ordinaria nel suo complesso la piena indipendenza da qualsiasi altro potere e, in particolare, dal potere esecutivo», quali valori strumentali alla legalità e all’obiettività dell’amministrazione della giustizia. In generale sul tema S. Bartole, Il potere giudiziario, il Mulino 2008, pp. 19 ss.; C. Salazar, La magistratura, Laterza 2002.
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sarie per garantire l’esercizio stesso della funzione giurisdizionale, che vanno dal reclutamento dei magistrati alla loro formazione, dalla loro valutazione alla loro carriera, dai trasferimenti alle misure disciplinari, ecc.135. Il principio trova espressione non solo nella nostra giurisdizione ma anche in altre, secondo molteplici varianti culturali136. L’autonomia dei magistrati e della magistratura è sancita rispettivamente negli articoli 101, comma 2, laddove si afferma che i «giudici sono soggetti soltanto alla legge» e 104, comma 1, della Costituzione, dove si ricorda che la «magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere»137 e si prevedono le regole sul CSM138. 135. Molto interessane e limpida la ricostruzione sulle origini del principio svolta da G. Oberto, Un nuovo statuto per un nuovo giudice, in Contratto e impresa/Europa, n. 1, 2018, pp. 49-98. 136. G. Di Federico, L’indipendenza della magistratura in Italia. Una valutazione critica in chiave comparata, in Rivista trimestrale di diritto e procedura civile, n. 1, 2002, pp. 99-128. 137. L’articolo 104 Cost. è stato sottoposto a un’importante analisi interpretativa tesa soprattutto a individuare l’esistenza nella magistratura di un ‘potere’ ovvero un ‘ordine’ come lo stesso articolo esprime. Sul tema si v. oltre agli autori citati N. Zanon, F. Biondi, Il sistema costituzionale della magistratura, V ed., Zanichelli 2019, pp. 23 ss.; G. Ferri, Autonomia e indipendenza della magistratura tra ‘vecchio’ e ‘nuovo’ ordinamento giudiziario, cit.; G. Giacobbe, Autonomia della Magistratura, indipendenza del giudice, poteri del Ministro di Grazia e Giustizia, in Giust. civ., n. 5, 1999, pp. 233-247; L. Chieffi, La magistratura: origine del modello costituzionale e prospettive di riforma: Lorenzo Chieffi, Jovene 1998; M. Dogliani, Garanzie d’indipendenza della Magistratura, in Garanzie costituzionali e diritti fondamentali, a cura di L. Lanfranchi, Istituto della enciclopedia italiana 1997, pp. 77 ss; A. Pizzorusso, L’organizzazione della giustizia in Italia: la magistratura nel sistema politico e istituzionale, cit.; L. Ferrajoli, L’assetto istituzionale e il ruolo della magistratura nel sistema politico italiano, Circolo giuridico dell’Università 1973. È stata la Corte costituzionale a darci le coordinate di tali principi fin dalla sent. n. 22/1959 per la soggezione solo alla legge e dalla sent. n. 8/1962 per quanto riguarda l’autonomia e indipendenza dell’ordine giudiziario nel suo complesso. G. Ferri, Art. 104, in La Costituzione italiana. Commento articolo per articolo, a cura di F. Clementi, L. Cuocolo, F. Rosa, G.E. Vigevani, II vol., II ed., il Mulino 2021, pp. 286-290; S. Panizza, Art. 104 (commento a), in Commentario alla Costituzione, a cura di R. Bifulco, A. Celotto, M. Olivetti, III, Utet 2006, pp. 2007-2019. Va ricordato che mentre la locuzione indipendenza evidenzia la condizione di chi non è soggetto ad alcuno (o soltanto ad una realtà indicata come una garanzia oggettiva), l’autonomia attiene invece alla capacità di darsi da sé le proprie regole, o comunque alla possibilità di seguire norme diverse da quelle stabilite da altri. Il nesso tra indipendenza ed autonomia della magistratura è stato ulteriormente affrontato e specificato dalla giurisprudenza della Corte costituzionale quando ha precisato che il principio enunciato nell’art. 104 Cost. non si risolve in una ripetizione del principio di indipendenza dei giudici enunciato dall’art. 101, secondo comma, Cost., ma attiene, piuttosto, alla posizione dell’ordine giudiziario, nel suo duplice aspetto di organizzazione giudiziaria e di ordo personarum. V. Corte cost., sent. n. 142/1973. La stessa Corte precisa che, nell’economia della disposizione costituzionale, la locuzione «autonomia» è utilizzata in senso generico
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. I giudici sono indipendenti funzionalmente sia verso l’esterno, quindi verso il potere esecutivo139, sia all’interno dell’ordinamento giudiziario, nei confronti degli altri giudici140. L’importanza del profilo organizzativo come fondamento dell’autonomia della magistratura si può cogliere con riferimento alla questione dei giudici speciali, la cui indipendenza, secondo quanto prevede l’art. 108, secondo comma, Cost., è assicurata dalla legge141. I principi sanciti in tali articoli sono tanto una garanzia soggettiva quanto una tutela oggettiva per l’autonomia. Essi cioè valgono sia per il singolo soggetto che amministra la giustizia sia per il funzionamento e l’organizzazione della giustizia in generale142. Il principio di indipendenza funzionale interna esclude che nel nostro ordinamento un giudice possa essere giuridicamente vincolato ai precedenti143, con l’unica ‘eccezione’ costituita dall’obbligo di adeguarsi ai principi di diritto stabiliti dalla Suprema Corte per i giudici ai quali la Cassa138
ed è volta ad indicare la disciplina differenziata che la Costituzione riserva agli appartenenti all’ordine giudiziario, sia garantendo ad essi l’inamovibilità (art. 107, primo comma, Cost.), sia sottraendoli ad ogni dipendenza dal potere esecutivo (Corte cost., sent. n. 142/1973). 138. L’organo al quale la Costituzione stessa ha demandato le funzioni relative alla carriera e allo stato giuridico dei magistrati che sarebbe stato pericoloso affidare a un altro organo in via di principio legato al circuito dell’indirizzo politico. Si v. sul tema infra multis N. Zanon, F. Biondi, op. ult. cit., pp. 25 ss. 139. Come indicato dalla stessa Corte cost. fin dalla sent. n. 142/1973. 140. Come ha sottolineato la Corte costituzionale, «il principio dell’indipendenza del giudice, enunciato nell’art. 101, 2 cost., esprime l’esigenza che il giudice non riceva se non dalla legge, l’indicazione delle regole da applicarsi nel giudizio, e che nessun’altra autorità possa quindi dare al giudice ordini o suggerimenti circa il modo di giudicare in concreto» (cfr. C. cost. n. 40/1964, come pure n. 234/1976 e n. 49/2015). Sul tema v. E. Bindi, Art. 101, in La Costituzione italiana. Commento articolo per articolo, a cura di F. Clementi, L. Cuocolo, F. Rosa, G.E. Vigevani, vol. II, II ed., il Mulino 2021, pp. 269-274. Sulla giurisprudenza relativa alla indipendenza e autonomia dei giudici speciali previsti nella Costituzione e sancita all’art. 108 Cost. si v. A. Pin, Art. 108, in La Costituzione italiana. Commento articolo per articolo, a cura di F. Clementi, L. Cuocolo, F. Rosa, G.E. Vigevani, vol. II, II ed., il Mulino 2021, pp. 304-306. 141. A. Pajno, Intelligenza artificiale e autonomia del giudice. Il ruolo del fatto e il valore del precedente, in Intelligenza artificiale e diritto: una rivoluzione? Amministrazione, responsabilità, giurisdizione, a cura di F. Donati, A. Pajno, A. Perrucci, il Mulino 2022, pp. 389-432. 142. Le due garanzie sono strettamente correlate e rivolte a preservare l’interesse generale che la Costituzione afferma. V. sul tema G. Ferri, Autonomia e indipendenza della magistratura tra ‘vecchio’ e ‘nuovo’ ordinamento giudiziario, cit. 143. F. Biondi, Art. 101 (commento a), in Commentario breve alla Costituzione, a cura di S. Bartole - R. Bin, Cedam 2008, pp. 914-917.
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zione rinvii la causa144. Legando il giudice alla legge145, la Costituzione lo assoggetta non solo al vincolo di una norma che specificamente contempla la fattispecie da decidere, ma altresì alla valutazione che la legge offre (di rapporti, atti e fatti) e al rispetto degli effetti che ne desume146. Le disposizioni costituzionali sono, dunque, garanzia per i soggetti che amministrano la giustizia, ma anche per la stessa funzione, comprensiva delle forme del processo e dei suoi elementi strutturali147. È quanto 144. V. artt. 284 c.p.c. e 627 c.p.p. 145. Come ha sancito la Corte costituzionale, l’art. 101, secondo comma, Cost., afferma l’indipendenza del singolo giudice, chiarendo che egli, nell’esercizio delle proprie funzioni, non incontra altro vincolo se non quello della legge. V. Corte. cost., sent. n. 22/1959. L’art. 104 Cost., invece, riguarda l’intero ordinamento giudiziario e sta lì a garantire che la magistratura non dipenda da altri poteri e debba, anzi, poter disporre, per quanto riguarda la propria organizzazione, delle vicende riguardanti il personale e il rapporto di servizio, nonché del potere disciplinare. V. Corte cost., sent. n. 8/1962 e n. 91/1964 146. Come ricorda F. Biondi, Art. 101 (commento a), in Commentario breve alla Costituzione, a cura di S. Bartole - R. Bin, cit., p. 916, «la pronunzia giudiziaria si mantiene sotto l’imperio della legge anche se questa dispone che il giudice formi il suo convincimento avendo riguardo a ciò che ha deciso altra sentenza emessa nella stessa causa, come appunto avviene nel sistema del rinvio dalla Cassazione». Se poi il giudice dubita della costituzionalità della interpretazione risultante dal principio di diritto sancito dalla Cassazione può sollevare questione di legittimità costituzionale. 147. In tale modo si è superato l’approccio tradizionale che affermava la neutralità del procedimento giurisdizionale, declassato – come è stato osservato – a mera «procedura», a favore di una visione che fa della struttura dell’accertamento processuale una «cittadella al riparo delle aggressioni del potere» (cfr. G. Sorrenti, Art. 111, in La Costituzione italiana. Commento articolo per articolo, a cura di F. Clementi, L. Cuocolo, F. Rosa, G.E. Vigevani, vol. II, II ed., il Mulino 2021, pp. 313-319, spec. p. 314) importando nell’ordinamento modelli propri della tradizione anglosassone; ciò anche per il cospicuo apporto della giurisdizione costituzionale che ha preceduto e accompagnato questo «cambiamento culturale» (M. Cecchetti, Giusto processo (ad vocem), in Enc. dir., V. aggiorn., Giuffrè 2001, pp. 595-627). Nel quadro tracciato dalle norme costituzionali e convenzionali, le garanzie soggettive e oggettive si intersecano a vicenda, «condizionandosi reciprocamente, nel senso che le prime – riferite al giudice – rischierebbero di non raggiungere il proprio scopo, senza una adeguata struttura del giudizio, e le seconde potrebbero risolversi in un’organizzazione del processo che attende ancora un elemento (quello riguardante il giudice) per divenire, alla fine, una garanzia effettiva». Difatti, sia l’art. 6 della CEDU sia l’art. 111 Cost. sembrano «incorporare» le garanzie riferite al giudice nell’ambito della garanzia oggettiva del processo (due process of law) quando fanno riferimento, l’uno, all’esigenza di un «giudice indipendente e imparziale, costituito per legge» e, l’altro, al giudice «terzo e imparziale» dinanzi al quale il processo deve trovare il suo svolgimento. In tal modo «le nozioni tradizionali di autonomia e indipendenza trovano, così, il loro completamento oggettivo nelle caratteristiche che devono accompagnare il procedimento giurisdizionale». Cfr. A. Pajno, Intelligenza artificiale e autonomia del giudice. Il ruolo del fatto e il valore del precedente, cit., pp. 401-402.
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emerge anche dalla lettura dell’art. 6 della CEDU148 e dall’art. 111 della Costituzione149, come appunto modificato in ragione dell’adeguamento alle norme convenzionali nel 1999150, e dell’art. 47, paragrafi 1 e 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’UE (CDFUE)151. L’indipendenza e l’autonomia del potere giudiziario sono rafforzate da molteplici altre norme costituzionali, che, nell’amministrazione della giustizia, consacrano sia i fondamentali diritti dell’individuo, sia le più importanti garanzie di struttura152. Le nozioni tradizionali di autonomia e indipendenza trovano così il loro completamento oggettivo nelle caratteristiche che devono accompagnare il procedimento giurisdizionale e la struttura del processo, anche ai fini della garanzia dello Stato di diritto153: assenza di condizionamenti che non derivino dalla legge; neutralità; terzietà; struttura processuale e comportamenti che garantiscano la decisione sulla base di una valutazione obiettiva dei fatti e soprattutto 148. A norma dell’art. 6, primo paragrafo, CEDU: «Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole, da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge, il quale sia chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile o sulla fondatezza di ogni accusa penale formulata nei suoi confronti. (…)». 149. L’art. 111 Cost. prevede «1. La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge. 2. Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata. (…)». 150. Cfr. l. cost. n. 2/1999. L’imparzialità passa da mera procedura a garanzia contro le aggressioni del potere. Si v. a tale riguardo M. Cecchetti, Giusto processo (ad vocem), in Enc. dir., cit.; G. Sorrenti, Art. 111, cit. 151. L’art. 47 stabilisce: «1. Ogni individuo i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo. 2. Ogni individuo ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. Ogni individuo ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare. (…)». 152. Oltre quelle citate, si tratta delle seguenti norme costituzionali: art. 101 (i giudici amministrano la giustizia «in nome del popolo»); art. 102, comma 3, e art. 108, comma 1 (i casi e le modalità in cui il popolo partecipa direttamente all’amministrazione della giustizia sono disciplinati dalla legge); art. 24, comma 1, (sia per il diritto di agire in giudizio sia per ricevere gratuitamente una difesa tecnica); art. 25 (giudice naturale); art. 107 (inamovibilità); artt. 104-105 (CSM). C. Mezzanotte, Sulla nozione di indipendenza del giudice, in Magistratura, CSM e principi costituzionali, a cura di B. Caravita di Toritto, Laterza 1994, pp. 3-16. 153. Infra multis si v. R. Bin, Stato di diritto, in Enc. dir., Annali VII, Giuffrè 2011, pp. 1149 ss.; G. Silvestri, Stato di diritto e principio di legalità costituzionale, in Ars interpretandi, n. 1, 2011, pp. 95-105.
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che rispettino i diritti fondamentali attraverso un processo equo nel contraddittorio tra le parti154. 4.2. Discrezionalità interpretativa dei giudici Il secondo principio in evidenza è la ‘natura’ stessa della «funzione giurisdizionale» indicata dall’art. 102 della Costituzione, che è «volta all’attuazione e dichiarazione del diritto con riguardo a casi concreti (e per lo più controversi)»155. Se il carattere che contraddistingue i giudici – ordinari e speciali – è l’essere chiamati a esercitare la funzione giurisdizionale, allora diventa esiziale, per capire quale è il limite della digitalizzazione, scrutare le caratteristiche della discrezionalità interpretativa dei giudici intesa, come ricordato, quale attuazione e dichiarazione del diritto con riguardo ai casi concreti. Il tema è già da tempo all’attenzione degli osservatori più attenti, che hanno ragionato sia di questioni più ampie, quali la calcolabilità giuridica, sia di aspetti più specifici, quali appunto quelli legati all’utilizzo delle tecnologie nell’organizzazione della tutela giurisdizionale e perfino legati all’uso degli strumenti algoritmici da parte dei giudici156. Il dibattito in corso offre la misura di una profonda transizione e delle opportunità di cui potremo godere, ma anche dell’inquietudine per quello che tale cambiamento può determinare in termini soprattutto di ‘tecnocrazia’157. Gli studi sulla digitalizzazione della giustizia sono infatti pervasi dall’idea di arrivare a una «giustizia esatta», che promette riparo contro la variabilità e la inefficienza del processo e che offre sostegno contro la crisi della giurisdizione di cui abbiamo parlato in precedenza, quasi come se le tecnologie e i protocolli standardizzati possano funzionare in
154. L.P. Comoglio, Valori etici e ideologie del «giusto processo» (modelli a confronto), cit., pp. 890 ss. 155. Cfr. S. Bartole, Il potere giudiziario, cit., pp. 7 ss., il quale indica anche il processo storico dal quale nasce tale definizione. 156. Si v. a questo proposito i due volumi curati da A. Carleo (a cura di), Calcolabilità giuridica, cit. e A. Carleo (a cura di), Decisione robotica, il Mulino 2019. Dei saggi inseriti nei due volumi daremo conto in modo più preciso all’interno delle pagine di questo lavoro. 157. A. Pajno, Intelligenza artificiale e autonomia del giudice. Il ruolo del fatto e il valore del precedente, cit., pp. 392-393.
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veste tutoria dei giudici158. Lo dimostra il caso degli algoritmi usati negli Stati Uniti per calcolare la recidiva e la misura della cauzione159. Gli stessi giudici che avevano tanto sostenuto il loro impiego, spinti dalla necessità di garantire l’uniformità e l’efficienza delle decisioni, si sono accorti che le tecnologie possono innescare processi non virtuosi di ‘deresponsabilizzazione’160. Per il vero, la ricerca di metodi per limitare la discrezionalità (interpretativa) dei giudici non è fatto nuovo. L’attività interpretativa non è stata sempre contrassegnata come libera. In passato, l’esercizio delle funzioni giudiziarie è stato collegato a una concezione essenzialmente ‘restrittiva’ della giurisdizione, intesa quale mera applicazione a casi particolari dei disposti generali della legge161. Secondo le dottrine illuministiche, il potere di dichiarare il diritto positivo in relazione a situazioni concrete e nel pieno rispetto del dettato e del silenzio della legge era considerato un mero procedimento logico-deduttivo, di derivazione sillogistica, garantito dalla opinione che l’indipendenza volesse dire assenza di influenza esterna. A fronte dell’esistenza di un obbligo di decidere imposto ai giudici, la nozione restrittiva di funzione giurisdizionale è stata superata. Nel nostro ordinamento, grazie soprattutto alle decisioni della Corte costituzionale, si è venuto ad affermare un concetto di interpretazione giurisprudenziale che va oltre la semplice applicazione logico-deduttiva di postulati162. L’interpretazione è stata così scoperta come un’operazione intellettuale più complessa, nella quale si inseriscono scelte discrezionali e valutazioni autonome degli stessi giudici: non è quindi solo la ‘scoperta’ del significato di un testo e l’individuazione del metodo ermeneutico 158. Infra multis sul tema A. Santosuosso, Intelligenza artificiale e diritto. Perché le tecnologie di IA sono una grande opportunità per il diritto, Mondadori 2020; V. Manes, Intelligenza artificiale e giustizia penale, in XXVI lezioni di diritto dell’intelligenza artificiale, a cura di U. Ruffolo, Giappichelli 2021, pp. 280-285 159. Su cui sia consentito rinviare a quanto rilevato in E. Longo, La giustizia nell’era digitale, cit., p. 178. 160. G. Contissa, G. Lasagni, G. Sartor, Quando a decidere in materia penale sono (anche) algoritmi e IA: alla ricerca di un rimedio effettivo, in Dir. internet, n. 4, 2019, pp. 619-634. 161. Corre qui l’eco di Montesquieu, Esprit des lois, Libr. de F. Didot Frères 1867 e de Il Federalista n. 78 (A. Hamilton, J. Madison, J. Jay, “The federalist”. The Essential Essays, Bedford/St. Martin’s 2005). 162. P.G. Monateri, Interpretazione del diritto, in Digesto delle discipline privatistiche, X, Utet 1993, pp. 36 ss.
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più adeguato o di un nuovo e migliore modello di razionalità, ma questione di «allocazione di poteri»163. L’interpretazione giudiziale, infatti, non può considerarsi solo nella dimensione puramente linguistica del contesto ermeneutico ma nel più ampio rapporto che esiste tra «parole e istituzioni»164. Così, anche la giurisdizione è venuta a configurarsi come una funzione che contribuisce alla creazione del diritto, poiché non integralmente vincolata – anche se basata – sui casi decisi165. Pertanto, non pare facile distinguerla dalle altre funzioni sulla base di dati materiali e obiettivi, anche se resta l’esigenza di un suo esercizio indipendente. Ciò, spiega, secondo la dottrina, come mai si tenti ancora di definirla «sulla scorta di elementi formali, ora insistendo sulla tipicità degli atti (e dei relativi effetti) che ne costituiscono manifestazione, ora sottolineando le peculiarità istituzionali e processuali dei modi del suo esercizio»166. Dalle disposizioni costituzionali prima citate deriva l’attribuzione di caratteristiche davvero indefettibili agli organi e ai procedimenti giurisdizionali, in assenza delle quali non può aversi giudice e, correlativamente, esercizio della funzione giurisdizionale nelle diverse forme in cui esso si manifesta. Ma è nella legge che si trova indicato il ruolo e il mestiere dei giudici167. Va ricordato inoltre che l’attività interpretativa è in163. D. Bifulco, Il giudice è soggetto soltanto al “diritto”. Contributo allo studio dell’articolo 101, comma 2 della Costituzione italiana, Jovene 2008, p. 2. 164. Come rileva P.G. Monateri, Interpretazione del diritto, in Digesto delle discipline privatistiche, cit., «occorre considerare come la teorica dell’interpretazione, dietro una presunta cortina logico-linguistica, nasconda, e affronti, i problemi centrali dell’implementazione e del funzionamento dei sistemi giuridici, e come sarebbe talvolta meglio affrontare in modo più esplicito e razionale tali problemi invece di riportarli ad un contesto ermeneutico che non sempre si dimostra, nonostante l’autorità della tradizione, il più adatto alla loro soluzione». 165. A questo riguardo risuona l’eco dell’insegnamento di A. Barak, Judicial discretion, Yale University Press 1989, trad it. La discrezionalità del giudice, Giuffrè 1995, in particolare il poscritto, pp. 229 ss. 166. S. Bartole, Il potere giudiziario, cit., pp. 15-16. 167. Sul punto è essenziale l’art. 65 del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 (legge sull’ordinamento giudiziario), a norma del quale la Corte di Cassazione, quale organo supremo della giustizia, ha la funzione di «assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge» e «l’unità del diritto oggettivo nazionale». La dottrina ha evidenziato che il fondamento del ruolo della Cassazione non risiede tanto nella sua collocazione di vertice del giudiziario, quanto nella necessità di «assicurare la giustizia in termini generali nell’interpretazione e nell’applicazione della legge: non nelle ragioni dell’autorità, ma nell’autorità delle buone ragioni poste alla base delle decisioni». M. Taruffo, Il vertice ambiguo. Saggi sulla Cassazione civile, il Mulino 1991, p. 98.
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fluenzata fortemente dalla struttura della giurisdizione e dalla dinamica processuale; così come la decisione del giudice è condizionata da opzioni politiche, ideologiche, di cultura giuridica e da fattori addebitabili alla strategia processuale. Se si condivide tale punto prospettico, apparirà evidente che per aversi la razionalità interna al processo decisionale occorre garantire un elevato grado di ‘leggibilità’ della funzione giurisdizionale stessa; un principio che può ricavarsi dall’articolo 111 della Costituzione laddove prevede che «tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati»168. Da un punto di vista logico, infatti, la funzione più immediata cui l’obbligo di motivazione corrisponde è consentire il controllo della decisione da parte del popolo e delle istanze giurisdizionali successive attraverso l’impugnazione169. Ovviamente, se è vero che il giudice deve rivolgersi a una comunità ‘giuridica’, in funzione della quale deve anche immaginare le sue argomentazioni e ricercare che il diritto sia accettato dalle persone che fanno parte di quella stessa comunità170, non si può dire che egli svolga anche un ruolo ‘politico’, né che la motivazione debba tradursi nella ricerca del consenso sociale. Difatti, l’autonomia, indipendenza e im168. A. Andronio, Art. 111 (commento a), in Commentario alla Costituzione, a cura di R. Bifulco, A. Celotto, M. Olivetti, III, Utet 2006, pp. 2099 ss.; M. Gialuz, Art. 111 (commento a), in Commentario breve alla Costituzione, Seconda edizione, Cedam 2008, pp. 959-1010. 169. Si discute se la motivazione soddisfi anche funzioni extraprocessuali, rappresentando un solo modo in cui il giudice risponde del proprio operato nei confronti del popolo sovrano, non sottraendosi al più vasto controllo da parte dell’opinione pubblica. Il senso della previsione contenuta nell’art. 111, comma 6, sta nel fatto che motivazione e giurisdizione sono legate in modo indissolubile e che la prima è «lo strumento che rende possibile controllare la fedeltà del giudice alla legge in quell’opera di attuazione delle prescrizioni normative in cui si esprime la iurisdictio». Cfr. E. Amodio, Motivazione della sentenza penale, in Enc. dir., XXVII, Giuffrè 1977, pp. 188-189. In generale, va rilevato che l’obbligo di motivazione si ricollega alla legalità giurisdizionale (art. 101, comma 2, Cost.), ponendosi come garanzia contro l’errore e il rischio d’arbitrio del giudice, e soddisfa anche una regola deontologica di correttezza. Così C. Salazar, La magistratura, cit., p. 125. Sul tema v. anche D. Bifulco, Il giudice è soggetto soltanto al “diritto”. Contributo allo studio dell’articolo 101, comma 2 della Costituzione italiana, cit., p. 177. 170. Sull’interpretazione democratica del principio della motivazione delle decisioni vi è accordo, nonostante poi l’ordinamento costituzionale non configuri una responsabilità politica della magistratura. A riguardo si v. L.P. Comoglio, Giurisdizione e processo nel quadro delle garanzie costituzionali, in Rivista trimestrale di diritto e procedura civile, n. 4, 1994, pp. 1063-1111; F. Biondi, La responsabilità del magistrato. Saggio di diritto costituzionale, Giuffrè 2006, pp. 142-143.
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parzialità del giudice rimangono il punto cardinale dell’attività che egli svolge nella giurisdizione, ma nell’incontro con l’obbligo di motivazione emerge il dovere di garantire la trasparenza anche deontologica del comportamento. Coglie il vero, quindi, chi afferma che la motivazione è quell’elemento sul quale il giudice, all’interno del sistema giudiziario, e non all’interno di un singolo processo, «fonda la propria legittimazione, dando conto della propria soggezione alla legge»171 sia nei confronti delle parti e degli avvocati sia nei confronti dei propri colleghi172. In effetti la prima applicazione della discrezionalità del giudice riguarda i fatti della causa, dai quali poi deve trarre la fattispecie valevole per la decisione. La completezza della motivazione, comprendente il fatto e il diritto, si riflette nel doppio grado di giurisdizione, che a sua volta esalta il fine garantistico della motivazione173, senza essere un fattore limitante l’indipendenza del giudice174. L’obbligo di motivazione è perciò da considerare come garanzia e veicolo di espressione dell’indipendenza interna del giudice ed elemento dal quale deve emergere l’esercizio della discrezionalità nell’individuazione, interpretazione e applicazione del diritto. Giudicare bene, quindi, è dare conto dell’esercizio di un potere all’interno del recinto segnato dalla legge e rivolto a indicare tutto ciò che ha influenzato la decisione finale del giudice. 4.3. Accesso alla giustizia Nell’accezione tradizionale l’accesso alla giustizia, riferito alla tutela giurisdizionale dei diritti, è un pilastro dello Stato di diritto nato 171. A. Andronio, Art. 111 (commento a), in Commentario alla Costituzione, a cura di R. Bifulco, A. Celotto, M. Olivetti, cit., p. 2120. 172. Un dovere che vale tanto per la ricostruzione del diritto quanto per la determinazione del fatto, che non potrebbe mai mascherare l’arbitraria applicazione della legge. E. Amodio, Motivazione della sentenza penale, in Enc. dir., cit., p. 189. 173. Su cui v. G. Serges, Il principio del doppio grado di giurisdizione nel sistema costituzionale italiano, Giuffrè 1993. 174. Si v. le lucide osservazioni di D. Bifulco, Il giudice è soggetto soltanto al “diritto”. Contributo allo studio dell’articolo 101, comma 2 della Costituzione italiana, cit., pp. 214 ss., la quale sottolinea che la garanzia dell’indipendenza dei giudici non è limitata dal doppio grado di giurisdizione, in ragione del fatto che nel nostro ordinamento non esiste una clausola simile allo stare decisis.
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nell’Ottocento175, ma oggi è sempre più evidente – come si è visto supra e si vedrà infra – che una migliore garanzia di tale prerogativa passa anche attraverso l’impiego delle tecnologie al processo e alla organizzazione giudiziaria176. La formula in parola comprende – nell’ottica della effettiva tutela dei diritti177 – anche il diritto di difesa e il diritto di azione, nell’idea che la via giurisdizionale costituisce la forma principale e indefettibile di tutela dei diritti178. Alla luce di tale diritto deriva l’obbligo per lo Stato di predisporre un libero e celere accesso ai tribunali, garantendo la pubblicità dei processi e la rettifica degli eventuali errori179. 175. In generale sul tema D.L. Rhode, Access to justice, in Fordham L. Rev., n. 3, 2000, pp. 1785-1819; D. Dalfino, Accesso alla giustizia, principio di effettivita e adeguatezza della tutela giurisdizionale, in Riv. trim. dir. proc. civ., n. 3, 2014, pp. 907-941; F. Carpi, Note sull’accesso alla giustizia, in Riv. trim. dir. proc. civ., n. 3, 2016, pp. 835-842; D.B. Maldonado, The Right to Access to Justice: Its Conceptual Architecture, in Ind J Global Legal Stud, n. 1, 2020, pp. 15-33. Per la prospettiva internazionale e sovranazionale si v. il volume di F. Francioni (ed.), Access to justice as a human right, Oxford University Press 2007. Nella prospettiva storica v. M. Cappelletti, B. Garth, Access to Justice: The Newest Wave in the Worldwide Movement to Make Rights Effective, in Buff. L. Rev., n. 2, 1977, pp. 181-292. 176. Negli ultimi anni la tematica è letteralmente esplosa, come si vede dall’abbondante letteratura di cui si possono citare solo gli scritti più recenti A. Biard, J. Hoevenaars, X. Kramer et al., Introduction: The Future of Access to Justice – Beyond Science Fiction, in New Pathways to Civil Justice in Europe, edited by X. Kramer, A. Biard, J. Hoevenaars, E. Themeli, Springer 2021, pp. 1-22; S.P. de Souza, M. Spohr, Introduction. Making Access to Justice Count: Debating the Future of Law, in Technology, Innovation and Access to Justice, edited by Id., Edinburgh University Press 2022, pp. 1-15; C. Denvir, A.D. Selvarajah, Safeguarding Access to Justice in the Age of the Online Court, in Mod. L. Rev., n. 1, 2022, pp. 25-68; C. Gans-Combe, Automated Justice: Issues, Benefits and Risks in the Use of Artificial Intelligence and Its Algorithms, in Access to Justice and Law Enforcement, edited by D. O’Mathúna and R. Iphofen, Springer International Publishing 2022, pp. 175-194. 177. Infra multis L.P. Comoglio, Art. 24, in Commentario della costituzione, a cura di G. Branca, Rapporti civili: Art. 24-26, Zanichelli-Il Foro italiano 1981, pp. 1-81. Il riferimento al diritto di difesa comprende tutte quelle garanzie e rimedi che consentono a un individuo di esporre la propria richiesta o di resistere a una domanda altrui con la ragionevole aspettativa di poter vincere la controversia. Così G. De Vergottini, Il diritto di difesa come principio fondamentale della partecipazione al processo, in Dir. soc., n. 1, 1986, pp. 97-105. V. anche Corte cost., sent. n. 262/2017. 178. Si v. infra multis P. Ferrua, voce Difesa (diritto di), in Dig. disc. pen, III, Utet 1989, pp. 466 ss.; N. Trocker, Costituzione e processo civile: dall’accesso al giudice all’effettività della tutela giurisdizionale, in Giust. proc. civ., n. 1, 2019, pp. 15-48. 179. Secondo alcuni nella categoria del diritto di difesa facciamo rientrare anche la motivazione delle sentenze, l’esecuzione delle stesse, il diritto al contraddittorio e all’assistenza legale anche in caso di indigenza. J. Nieva Fenoll, La tecnologia e i diritti fondamentali nel processo giudiziario, in Frontiere digitali del diritto. Esperienze giuridiche a confronto su libertà e solidarietà, a cura di D. Gaspare, S. Pietropaoli, M. Imbrenda, R.M.
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La Costituzione stabilisce all’art. 24 (in combinato disposto con l’art. 113) il più ampio accesso alla giustizia per la tutela di diritti e interessi legittimi180. Il secondo comma sancisce il diritto di difesa come inviolabile anche per i non abbienti in ogni stato e grado del procedimento. La tutela giurisdizionale va annoverata tra i «principi supremi del nostro ordinamento costituzionale», ed è intimamente connessa con lo stesso «principio di democrazia» assicurare a tutti e sempre, per qualsiasi controversia, «un giudice e un giudizio»181. I diritti citati trovano protezione e garanzia effettiva anche a livello europeo nei citati art. 47 della CDFUE182 e art. 6 della CEDU. Rispetto al tema qui trattato relativo alla digitalizzazione del processo, il diritto di azione e difesa assume un carattere centrale, essendo l’accesso alla giustizia il punto dal quale si irradiano anche gli altri diritti e principi qui esaminati183. Il diritto al giudice non si esaurisce nella semplice possibilità formale di agire in giudizio o di promuovere un ricorso dinanzi a un’autorità giudiziaria ma si allarga, nella dimensione procedurale, a quell’insieme di regole e istituti del processo, e del sistema giudiziario nel suo complesso, che rendono la tutela giurisdizionale non soltanto attivabile ma anche ‘effettiva’, come è per il digitale184. Agostino, Giappichelli 2022, pp. 35-52, p. 38 ricorda che se dovesse mancare uno dei suddetti benefici verrebbe a mancare il diritto di difesa. 180. L’ampiezza della tutela delle posizioni soggettive e la natura di tale garanzia sono messe in luce dal ricco commento M. Gialuz, Art. 24, in Commentario breve alla Costituzione, a cura di S. Bartole e R. Bin, II ed., Cedam 2008, pp. 201-245. V. anche A. Police, Art. 24, in Commentario alla Costituzione, a cura di Bifulco-Celotto-Olivetti, I, Utet 2006, pp. 501 ss. Per la giurisprudenza costituzionale si v. Corte cost. n. 18/1982. 181. Secondo l’articolo della Carta dei diritti fondamentali per soddisfare il diritto occorrono equità, pubblicità, ragionevole durata del processo, indipendenza, imparzialità del giudice precostituito per legge e la garanzia dei mezzi per coloro che non possono permettersi una difesa tecnica. 182. La Carta proclama il «diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice» per gli individui i cui «diritti e le libertà garantiti dall’Unione siano stati violati». Il diritto a un «accesso effettivo alla giustizia» è sancito anche dall’art. 81, para 2, lett. e) del TFUE con le finalità del «buon funzionamento del mercato interno». Sottolinea in particolare l’importanza degli elementi legati alla effettività A. Proto Pisani, Il principio di effettività nel processo civile italiano, in Giust. proc. civ., n. 3, 2014, pp. 825-836. 183. Come ben evidenziato dalla dottrina, il diritto di azione si completa con il rinvio a una serie di garanzie specifiche che ne assicurano la pienezza, il diritto di accesso a un giudice terzo e imparziale, naturale e precostituito per legge e il diritto a un giusto processo. Cfr. F. Dal Canto, Art. 24, in La Costituzione italiana. Commento articolo per articolo, a cura di F. Clementi, L. Cuocolo, F. Rosa, G.E. Vigevani, I, II ed., il Mulino 2021, pp. 178-185, spec. p. 180. 184. È molto interessante, nell’ottica qui esaminata, che in una dimensione sostanziale parte della dottrina ritiene che il diritto alla tutela giurisdizionale dovrebbe tendere
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Il diritto di difesa è poi munito di una intensità, di forme e istituti di tutela anche molto diversi a seconda del tipo di processo nel quale ci si trova e del grado di giudizio. Tale diritto ha un caposaldo, secondo quanto indicato dalla Corte costituzionale, nel principio del contraddittorio, cioè nella possibilità, in condizioni di parità con le altre parti, di sostenere dinanzi al giudice i propri argomenti, le proprie pretese e di provare i fatti addotti in giudizio, di proporre domande o eccezioni e di opporsi alle pretese di altri, nel rispetto dei tempi processuali185. Per quanto riguarda poi la difesa tecnica, per la quale le tecnologie possono essere un utile elemento di miglioramento, occorre ricordare che si tratta di un obbligo formale, per il giudizio penale, e sostanziale, per il giudizio civile186. Il diritto di azione e di difesa convergono nella prospettiva dell’«accesso alla giustizia», che negli ultimi anni è divenuto un obiettivo chiave per gli sviluppi della ‘giustizia digitale’187. Tale principio concerne due scopi fondamentali del sistema legale: i modi attraverso i quali le persone possono rivendicare i propri diritti e risolvere le controversie. Bisogna capire, quindi, come il digitale rende il diritto di accesso effettivo garantendo che il sistema giudiziario sia ugualmente accessibile a tutti e porti a risultati individuali e socialmente giusti, come ricorda la dottrina188. 4.4. Giusto processo La formula del giusto processo rappresenta il punto di confluenza (naturale) delle riflessioni svolte fino a questo punto sui principi costituzionali. È un principio antichissimo, che si innerva nel passato e si congiunge con la clausola del due process appartenente alla tradizione di common law189. ad ampliarsi fino a ricomprendere anche il diritto alla ‘correttezza’ del risultato finale assicurato dalla giustizia. A. Osti, Teoria e prassi dell’access to justice: un raffronto tra ordinamento nazionale e ordinamenti esteri, Giuffrè 2016. 185. Così F. Dal Canto, Art. 24, cit., pp. 180-181. 186. V. artt. 82 e 86 c.p.c. 187. A.J. Schmitz, Measuring “Access to Justice” in the Rush to Digitize, in Fordham L. Rev., n. 6, 2019, pp. 2381-2406. 188. M. Cappelletti, B. Garth, Access to Justice: The Newest Wave in the Worldwide Movement to Make Rights Effective, cit. Ad una sintesi del tema dell’accesso alla giustizia lo stesso Cappelletti dedica alcune pagine in M. Cappelletti, Dimensioni della giustizia nelle società contemporanee: studi di diritto giudiziario comparato, cit. 189. R. Vogler, Due process, in The Oxford Handbook Of Comparative Constitutional Law, edited by M. Rosenfeld, A. Sajó, Oxford University Press 2012, pp. 929-947.
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Come già aveva indicato la dottrina, e come ha affermato la Corte costituzionale poi, tale principio – anche grazie alla sua tutela sovranazionale – viveva già nella Costituzione prima ancora che il legislatore lo inserisse espressamente nel 1999190. Il termine «giusto processo», infatti, compendia quei «principi che la Costituzione detta in ordine tanto ai caratteri della giurisdizione, sotto il profilo soggettivo e oggettivo, quanto ai diritti di azione e difesa in giudizio»191. La nozione, perciò, non costituisce una «mera summa aritmetica di più componenti garantistiche», ma si pone come «sintesi qualitativa delle medesime, capace di trasfonderle in un’entità diversa e superiore»192. La parità delle armi, che deve caratterizzare strutturalmente il processo in ogni sua fase, costituisce un principio riconducibile in senso lato all’autonomia dei giudici. Perciò, ogni squilibrio tra le parti può mettere in crisi l’‘equilibrio’ del giudice, il quale si vedrebbe proiettato nell’orbita e nel potere di una delle parti193. Oggi ciò è evidente nell’art. 111 Cost., dove si prevede non solo la parificazione tra le esigenze di difesa e le istanze di giustizia, ma anche il valore costitutivo della parità delle armi fra le parti per l’autonomia oggettiva del giudice. Processo, giudice e giudizio tendono perciò a identificarsi perché è chiaramente la neutralità del giudice di fronte all’equilibrio tra le parti ad assicurare anche la ‘qualità’ della giustizia194. Perché il decisore sia effettivamente neutrale occorre che non vi siano condizionamenti se non quelli previsti dalla legge e comunque anche tali ultimi devono superare il vaglio di costituzionalità. La neutralità del giudice, intesa come riflesso soggettivo dell’imparzialità, deve consentire di esaminare e risolvere tutte le questioni proposte dalle parti nel contraddittorio senza potersi scegliere su cosa giudicare. Inoltre, occorre un rap190. La formulazione attuale dell’art. 111 Cost. deriva dalla modifica della legge costituzionale n. 2/1999. 191. Cfr. Corte cost., sent. n. 131/1996. Il termine, sotto altre formule, ha abitato la giurisprudenza costituzionale anche prima di quella sentenza, come si v. in M. Cappelletti, Diritto di azione e di difesa e funzione concretizzatrice della giurisprudenza costituzionale. (Art. 24 Costituzione e «due process of law clause»), in Giur. cost., n. 2, 1961, pp. 1284 ss. 192. Cfr. L.P. Comoglio, Etica e tecnica del giusto processo, Giappichelli 2004, p. 274. Sul tema v. anche M. Cecchetti, Giusto processo (ad vocem), in Enc. dir., cit. 193. Così A. Pajno, Intelligenza artificiale e autonomia del giudice. Il ruolo del fatto e il valore del precedente, cit., p. 403. 194. D. Piana, Costo, ritualità, valore. Le qualità della giustizia nell’era digitale, in Giustizia insieme (www.giustiziainsieme.it/it/news/127-main/diritto-e-innovazione/1908-costoritualita-valore-le-qualita-della-giustizia-nell-era-digitale?hitcount=0).
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porto significativo del giudice con i mezzi di prova e in particolare con i fatti che costituiscono oggetto di allegazione delle parti195. La formulazione unitaria e complessiva alla quale il legislatore costituzionale è arrivato al termine del secolo scorso, anche letta alla luce del fenomeno della digitalizzazione, ci induce a partire dall’interpretazione dottrinaria che vede tale articolo come un «canone oggettivo di esercizio della funzione giurisdizionale» e unico «‘metodo’ ammissibile per l’attuazione della giurisdizione»196 nel nostro ordinamento197. Se il processo è il «fattore dal quale dipende il grado di realizzazione concreta dei diritti, la misura del loro inveramento nella prassi»198, ogni intervento che introduce elementi tecnologici che interessano la tutela dei diritti nel processo deve essere valutata alla luce della clausola del giusto processo. La formula, dunque, contiene una chiara direttiva costituzionale verso la effettività della tutela giurisdizionale199. L’obiettivo di tutela che mira a realizzare la formula del giusto processo porta all’esame di un aspetto centrale di tale concetto e che qui 195. Come stabiliscono l’art. 115 c.p.c., quando afferma che il giudice «deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero, nonché i fatti non specificatamente contestati dalla parte costituita» e l’art. 526 c.p.p., secondo il quale il giudice «non può utilizzare ai fini della deliberazione prove diverse da quelle legittimamente acquisite nel dibattimento». Autonomia e indipendenza sono, quindi, condizioni necessarie perché possa correttamente instaurarsi questo rapporto del giudice e della sua decisione con il fatto storico. Con riguardo all’accertamento della verità dei fatti si v. M. Taruffo, Ermeneutica, prova e decisione, in Ars interpretandi, n. 1, 2018, pp. 29-42. 196. V. quanto ricorda M. Cecchetti, Giusto processo (ad vocem), in Enc. dir., cit., p. 614, evidenziando che la regola del contraddittorio, la parità, autonomia e indipendenza, imparzialità e terzietà sono gli elementi essenziali della garanzia costituzionale del processo. 197. Rimandiamo alla copiosa letteratura che si è occupata dei problemi connessi alla natura del giusto processo e alle caratteristiche della sua costituzionalizzazione a partire dalla previsione dell’art. 6 CEDU. Si v. infra multis, oltre ai lavori già citati in precedenza, anche le ricostruzioni di M. Gialuz, Art. 111 (commento a), in Commentario breve alla Costituzione, cit.; A. Andronio, Art. 111 (commento a), in Commentario alla Costituzione, a cura di R. Bifulco, A. Celotto, M. Olivetti, cit., pp. 2009 ss.; N. Trocker, Il nuovo articolo 111 della Costituzione e il “giusto processo” in materia civile: profili generali, in Riv. trim. dir. proc. civ., n. 2, 2001, pp. 381-410. In termini ricostruttivi v. A. Cardone, I diritti della sfera civile e la garanzia dei diritti, in I diritti e i doveri costituzionali, a cura di R. Bifulco, M. Benvenuti, Volume III, Giappichelli 2022, pp. 213-250. 198. Cfr. G. Sorrenti, Giustizia e processo nell’ordinamento costituzionale, cit., p. 183. 199. N. Trocker, Il nuovo articolo 111 della Costituzione e il “giusto processo” in materia civile: profili generali, cit.
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usiamo in termini problematici. La formula dell’art. 111 Cost. ha natura «aperta» ed elastica ovvero «chiusa», compiuta ed esaustiva 200? La domanda non è chiaramente speculativa ma si lega alla stessa intenzione del legislatore costituzionale di non realizzare un arretramento delle tutele già previste nella prima e seconda parte della Costituzione e alla necessità di vedere in questa formula il bacino entro cui collocare nuove forme di garanzia, come quelle che devono accompagnare la trasformazione digitale del processo. È evidente, quindi, che aderiamo all’idea che la formulazione costituzionale contenuta nell’art. 111 Cost. abbia una intrinseca capacità espansiva, che la legittimerebbe a includervi anche altri connotati del «giusto processo» emergenti soprattutto nel confronto con altri ordinamenti e con la tutela a livello internazionale. Una «trama aperta» che non è legata soltanto a ciò che non è entrato nel nuovo art. 111 Cost. pur esistendo già, ma anche alle novità che tale formulazione è ‘capace’ di assorbire e che si saldano con le acquisizioni della tradizione. Perciò, la previsione dell’art. 111 Cost. non contiene una clausola meramente riassuntiva delle protezioni già contenute nella Costituzione ma possiede una ‘capienza’ maggiore di quanto già in essa espressamente ricompreso. Tale lettura ha notevoli implicazioni, di cui in questa sede non possiamo dare conto e che implicitamente richiamiamo201. Ai nostri fini, la nozione aperta consente di suffragare l’idea che l’analisi delle nuove forme di applicazione tecnologica al processo necessita tanto di una ricostruzione del significato delle procedure, degli strumenti e delle forme della digitalizzazione del processo alla luce di tutti gli elementi del quadro costituzionale, quanto di una scoperta delle nuove garanzie e dei modelli di tutela coerenti con il giusto processo. È in questa ottica che, raccogliendo la suggestione contenuta nell’intervento del Procuratore generale della Corte suprema di Cassazione, Luigi Salvato, a commento della giurisprudenza nell’anno 2022, riteniamo proficuo indagare l’esistenza di un «‘giusto’ processo digitale»202. 200. M. Cecchetti, Giusto processo (ad vocem), in Enc. dir., cit., p. 606; G. Sorrenti, Giustizia e processo nell’ordinamento costituzionale, cit., pp. 191 ss. 201. Una suggestiva ricostruzione di tali profili è compiuta da A. Tedoldi, Il giusto processo civile in tempo di pandemia: palingenesi o de profundis?, in Giust. proc. civ., n. 1, 2021, pp. 79-108. 202. Cfr. Procura generale della Corte suprema di cassazione, Intervento del Procuratore Generale Luigi Salvato nell’Assemblea generale della Corte sulla amministrazione della giustizia nell’anno 2022, 26 gennaio 2023 (www.cortedicassazione.it/cassazione-resources/ resources/cms/documents/Intervento_del_Procuratore_generale_2023.pdf).
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Anziché partire da una definizione di cosa intendiamo con tale nozione, proveremo a farne emergere i tratti all’interno del percorso di questo lavoro alla luce delle tre dimensioni individuate supra: il processo dematerializzato; il processo fuori dal processo; il futuro nel processo. Il volume si dipanerà quindi lungo un percorso che tocca le tre dimensioni, attraverso una indagine fenomenologica delle esperienze nelle quali viene in evidenza il «‘giusto’ processo digitale». Nei capitoli due e tre, esamineremo le forme di smaterializzazione del processo a livello europeo e, poi, la realizzazione dei processi telematici in Italia. Nel capitolo quarto, analizzeremo le forme alternative al processo in ambiente digitale attraverso l’esame di alcune esperienze straniere. Nel quinto capitolo, indagheremo l’applicazione dell’IA al processo e le regole giuridiche ed etiche per stabilirne forme legittime di uso. Il sesto e ultimo capitolo tenterà di chiudere il cerchio focalizzando i precipitati costituzionali di tali trasformazioni della giustizia.
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II.
La dematerializzazione del processo a livello sovranazionale e nella recente esperienza francese
1. Introduzione Nel primo capitolo abbiamo cercato di dimostrare che la svolta informatica del processo giudiziario è partita da anni, ma che le trasformazioni ancora in atto richiedono anzitutto uno sforzo normativo ed economico, oltre che di comprensione, analisi e interpretazione. Negli ultimi decenni, molte giurisdizioni hanno investito ingenti risorse nello sviluppo delle infrastrutture tecnologiche e nelle applicazioni digitali per la giustizia. Nonostante gli evidenti problemi di adattamento della amministrazione della giustizia alla digitalizzazione1, l’obiettivo di rendere il processo maggiormente accessibile ha spinto verso la dematerializzazione di alcune attività processuali e più in generale delle forme di comunicazione2, di alcune attività amministrative, come quelle che riguardano 1. Le amministrazioni della giustizia sono – e fanno parte di – sistemi altamente strutturati e regolamentati, caratterizzati da un alto livello di formalità, in cui procedure e pratiche standardizzate sono progettate per sopportare e sostenere l’applicazione del diritto (e la liturgia ad esso connessa) attraverso l’attività del ‘giudiziario’. M. Velicogna, E. Steigenga, Can Complexity Theory Help Understanding Tomorrow E-Justice?, 20-23 September 2016, disponibile in https://ssrn.com/abstract=2914362; M. Fabri, Will Covid-19 Accelerate Implementation of ICT in Courts?, in International Journal for Court Administration, n. 2, 2021, pp. 1-13. 2. Per una generale ricognizione si v. M. Palmirani, S. Sapienza, C. Bomprezzi, Il ruolo dell’Intelligenza Artificiale nel sistema giustizia: funzionalità, metodologie, principi, cit.; M. Zalnieriute, F. Bell, Technology and the Judicial Role, cit.; T. Sourdin, Judges, Technology and Artificial Intelligence, cit.; M. Fabri, Will Covid-19 Accelerate Implementation of ICT in Courts?, cit., p. 2; J. Donoghue, The rise of digital justice: Courtroom technology,
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il case management o e-filing, fino ai sistemi di videoconferenza3 e agli strumenti di data analytics applicati ai database4. Come si è detto supra, riprendendo le considerazioni di Reiling, per tanti anni l’impiego delle tecnologie digitali nel processo non ha destato molta attenzione nel pubblico più vasto. È stato grazie agli avanzamenti tecnologici dell’ultimo lustro – anche connessi allo sviluppo di forme avanzate di IA usate nelle attività processuali – e ai mesi di distanziamento sociale dovuti alla pandemia, che l’obiettivo di digitalizzazione dei sistemi giudiziari è divenuto uno degli elementi centrali della strategia di efficientamento, di velocizzazione delle procedure, di abbattimento del contenzioso e, in generale, di miglioramento del processo5. D’altronde, durante l’emergenza pandemica quei paesi nei quali il case management, l’e-filing, lo scambio di documenti attraverso posta certificata, i sistemi di risoluzione online delle controversie e le videoconferenze erano già stati avviati, non hanno dovuto fermare il lavoro dei tribunali e delle corti per soddisfare la domanda di giustizia delle persone e delle aziende6. Malgrado l’organizzazione della giustizia e le regole processuali facciano parte per lo più delle competenze degli Stati membri, la Comunità europea prima e l’Unione europea poi hanno investito molto nelle polipublic participation and access to justice, cit., pp. 998 ss.; J.E. Cabral, A. Chavan, T.M. Clarke et al., Using technology to enhance access to justice, in Harv. JL & Tech., n. 1, 2012, pp. 241-324. 3. C. Wienrich, L. Fries, M.E. Latoschik, Remote at Court, in Design, Operation and Evaluation of Mobile Communications, edited by G. Salvendy, J. Wei, Springer 2022, pp. 82-106. 4. S. Adams Bhatti, Algorithms in the Justice System: Current Practices, Legal and Ethical Challenges, in The law of artificial intelligence, edited by M. Hervey, M. Lavy, First edition., Sweet & Maxwell/Thomson Reuters 2021, pp. 523-555. 5. La Commissione dell’Unione Europea ha sottolineato che «la trasformazione digitale del settore della giustizia è uno degli ambiti in cui gli Stati membri sono fortemente incoraggiati a concentrare riforme e investimenti». Cfr. EU Commission, Digitalisation of justice in the European Union A toolbox of opportunities, COM(2020) 710 final, 2/12/2020 (https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/ALL/?uri=COM:2020:710:FIN). 6. Insieme alle potenzialità della tecnologia sono emersi in questo frangente anche i limiti che si accompagnano alle nuove tecnologie digitali. J. Viglione, J.H. Peck, J.D. Frazier, Covid-19 and Courts: An Exploration of the Impacts of the Pandemic on Case Processing and Operations, in Victims & Offenders, n. 5, 2023, pp. 1-24. In realtà gli elementi di forza della digitalizzazione dei processi che poi sono stati utili durante la pandemia erano già stati evidenziati da G. Lupo, Regulating (Artificial) Intelligence in Justice: How Normative Frameworks Protect Citizens from the Risks Related to AI Use in the Judiciary, in European Quarterly of Political Attitudes and Mentalities, n. 2, 2019, pp. 75-96.
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tiche rivolte alla digitalizzazione della giustizia, sia per l’implementazione di alcune competenze ‘unionali’ sia per raggiungere alcuni obiettivi del mercato comune. Negli ultimi anni, una delle preoccupazioni più forti della Commissione europea è stata quella di rendere l’Europa più ‘adatta’ all’era digitale7. La rilevanza delle tecnologie digitali nelle nostre società si è accresciuta e a questo ha fatto seguito un’intensa trasformazione delle istituzioni e delle pubbliche amministrazioni8. La necessità di stabilire regole certe su tali fenomeni è ancora oggetto di discussione, come più volte evidenzia la CEPEJ nei suoi studi sull’efficienza dei sistemi giudiziari dei paesi membri del Consiglio d’Europa9. 7. A. Renda, Making the digital economy “fit for Europe”, in European Law Journal, n. 5-6, 2021, pp. 345-354. Per gli atti v. da ultimo Parlamento europeo e Consiglio, Decisione (UE) 2022/2481 del 14 dicembre 2022 che istituisce il programma strategico per il decennio digitale 2030, 14 dicembre 2022 (https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/ TXT/?uri=CELEX:32022D2481). 8. L’introduzione delle pratiche ispirate all’e-government ha cercato di rivoluzionare l’agire delle amministrazioni pubbliche promettendo una maggiore efficienza e semplificazione dei procedimenti amministrativi. Quel percorso si è realizzato in maniera lenta e non sempre efficace per le amministrazioni e i cittadini ma ha inferto una spinta generale per adottare anche in altri settori pratiche rivolte al passaggio dalla carta al digitale. Le prime applicazioni d’informatica pubblica hanno sviluppato due differenti approcci tutt’ora presenti nel dibattito: l’uno che relega la tecnica a strumenti d’ausilio; l’altro invece che ritiene che l’innovazione investa la pubblica amministrazione e il procedimento decisionale pubblico, ridisegnandone la forma e la sostanza. A. Simoncini, Amministrazione digitale algoritmica. Il quadro costituzionale, in Il diritto dell’amministrazione pubblica digitale, a cura di R. Cavallo Perin, D.-U. Galletta, Giappichelli 2020, pp. 1-42; R. Cavallo Perin, Ragionando come se la digitalizzazione fosse data, in Dir. amm., n. 2, 2020, pp. 305328; E. Carloni, Algoritmi su carta. Politiche di digitalizzazione e trasformazione digitale delle amministrazioni, in Dir. pubbl., n. 2, 2019, pp. 363-392. Il tema a livello internazionale è chiamato anche «Digital Government Transformation». Su questi aspetti, soprattutto relativi all’amministrazione in generale si v. S.-J. Eom, J. Lee, Digital government transformation in turbulent times: Responses, challenges, and future direction, in Government Information Quarterly, n. 2, 2022, pp. 1-9; L.F. Luna-Reyes, J.R. Gil-Garcia, Digital government transformation and internet portals: The co-evolution of technology, organizations, and institutions, in Government Information Quarterly, n. 4, 2014, pp. 545-555; I. Mergel, N. Edelmann, N. Haug, Defining digital transformation: Results from expert interviews, in Government Information Quarterly, n. 4, 2019, pp. 101385. Per la dottrina italiana soprattutto di taglio amministrativistico v. da ultimo L. Torchia, Lo Stato digitale, il Mulino 2023. La strategia europea parte dal documento European Commission, Shaping Europe’s digital future, 19/2/2020 (https://ec.europa.eu/info/publications/communication-shapingeuropes-digital-future_it) fino ad arrivare al European Commission, 2030 Digital Compass: the European way for the Digital Decade, 9/3/2021 (https://ec.europa.eu/info/publications/ communication-shaping-europes-digital-future_it). 9. Si v. ad esempio il report del 2016 della CEPEJ, European judicial systems. Efficiency and quality of justice (Thematic report: Use of information technology in European courts),
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Accanto alle esperienze sovranazionali, in questo capitolo vedremo – senza nessuna pretesa di realizzare una comparazione – le riforme adottate in Francia. Qui, l’utilizzo dell’informatica come leva per migliorare l’efficienza della giustizia fa parte di una strategia di modernizzazione che risale alla comparsa dei primi computer10. Dopo aver permesso di centralizzare informaticamente la giustizia penale, di digitalizzare la produzione di documenti nei tribunali e di gestire le cause per via elettronica, la Francia ha aperto all’utilizzo di nuove tecnologie, come l’intelligenza artificiale e la blockchain, le quali sono state introdotte per operare una riorganizzazione profonda del sistema giudiziario, consentendo di dematerializzare completamente tutti i processi, di risolvere le controversie online e di effettuare analisi statistiche avanzate della giurisprudenza. Tanto l’investimento pubblico quanto l’investimento privato sono stati gli artefici di queste innovazioni, appropriandosi con pragmatismo ed entusiasmo dei principali strumenti della giustizia digitale11. Il caso francese appare interessante in questa parte del lavoro perché chiarisce, in maniera più evidente, il nesso che c’è tra digitalizzazione, protezione dei dati personali e applicazioni delle IA al processo12. Oltralpe l’idea della dematerializzazione dei processi si inserisce infatti all’interno di un orizzonte più vasto, per il quale la riduzione elettronica delle procedure costituisce uno dei mezzi principali per realizzare un migliore «accesso ai diritti»13. Tale ampia nozione non si riferisce solo all’accesso ai diritti fondamentali e ai servizi pubblici, ma anche, per estensione, all’accesso dei cittadini alla legge applicabile attraverso informazioni e supporto che consentano di arrivare fino alla fase contenziosa. Strasbourg, 2016, https://rm.coe.int/european-judicial-systems-efficiency-and-quality-ofjustice-cepej-stud/1680788229. 10. Y. Meneceur, La transformation numérique de la justice. Ambitions, réalités et perspectives-État 2022-2023, disponibile in Master Cyber justicede la Faculté de droit, de sciences politiques et de gestion de l’Université de Strasbourg, 4 mars 2023, https:// lestempselectriques.net/Etude_TNJ_2022_2023.pdf. 11. L.R. Zannou, La justice numérique: realité, crainte et projection, in Lex-Electronica.org, n. 2, 2021, pp. 173-193; B. Deffains, Le monde du droit face à la transformation numérique, in Pouvoirs, n. 3, 2019, pp. 43-58. 12. I. Sayn, Justice et numérique. Quelles (r)évolutions?, disponibile in Actes du Séminaire e-juris Septembre 2018 - Février 2019, 2019-10, https://shs.hal.science/halshs-03137186. 13. Ampiamente sul tema K. Lemercier, Chapitre 3. La casuistique de la relation numérique du justiciable, in Journal international de bioéthique et d’éthique des sciences, n. 2, 2022, pp. 41-50; N. Okbani, L. Camaji, C. Magord, Dématérialisation des services publics et accès aux droits, in Revue des politiques sociales et familiales, n. 4, 2022, pp. 3-10.
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L’evoluzione avvenuta in Francia ha attirato anche molte critiche. A coloro che lavorano sul campo nei tribunali è sembrata piuttosto astratta l’enfasi per la giustizia digitale, denunciando regolarmente l’obsolescenza dei propri sistemi informatici e la difficoltà di capitalizzare le buone pratiche14. Un problema molto rilevante che i francesi si sono trovati a risolvere è quello dei rischi che derivano dalla profilazione dei magistrati nel momento in cui grazie alla datificazione si possono raccogliere e far divenire dati di input delle macchine intelligenti tutte le decisioni adottate tanto dai giudici di merito quanto dai giudici di legittimità. Vedremo che tale problema ha acquisito un valore costituzionale non di poco conto. 2. La digitalizzazione della giustizia nel quadro del diritto UE Lo «spazio di libertà, sicurezza e giustizia» costituisce una competenza concorrente ai sensi dell’art. 4 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE). L’art. 67 TFUE precisa che l’«Unione realizza uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia nel rispetto dei diritti fondamentali nonché dei diversi ordinamenti giuridici e delle diverse tradizioni giuridiche degli Stati membri». Il medesimo articolo stabilisce che l’accesso alla giustizia e la facilitazione della cooperazione tra gli Stati membri, in particolare attraverso il principio di riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie ed extragiudiziali in materia civile, costituiscono uno degli obiettivi principali per la costruzione del medesimo spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Anche la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea all’art. 47 garantisce il diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale15. Gli artt. 81 e 82 del TFUE prevedono la cooperazione giudiziaria in materia civile e penale. A tale scopo, la prima norma intende sviluppare «una cooperazione giudiziaria nelle materie civili con implicazioni transnazionali, fondata sul principio di riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie ed extragiudiziali»16. La seconda disposizione è 14. E. Jeuland, Justice numérique, justice inique?, in Les cahiers de la justice, n. 2, 2019, pp. 193-199; D. Piana, La justice numérique: un panorama européen, in ivi, pp. 257-268. 15. V. funditus N. Lazzerini, La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. I limiti di applicazione, FrancoAngeli 2018. 16. P. Biavati, I regolamenti europei in materia di processo civile, in Regole europee e giustizia civile, a cura di P. Biavati, M.A. Lupoi, III ed., Bononia University Press 2017, pp. 7 ss.
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fondata sul «principio di riconoscimento reciproco delle sentenze e delle decisioni giudiziarie e include il ravvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri» nei settori dei reati di particolare gravità che possono presentare una dimensione transfrontaliera17. La cooperazione in questi ambiti è stata realizzata attraverso politiche il cui scopo ultimo era incentivare il ravvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri. All’interno di tali atti la digitalizzazione è stata colta fin da subito come uno dei metodi e degli obiettivi privilegiati per dare speditezza agli scopi dell’Unione, quali la riduzione degli ostacoli alla risoluzione delle controversie civili, alla presentazione dei ricorsi dinnanzi alle autorità giudiziarie degli stati e a dare effettiva esecuzione alle sentenze18. Nell’ambito del processo civile, l’obiettivo indicato dopo il Trattato di Amsterdam del 1999 è stato quello di «creare un autentico spazio di giustizia, ove le decisioni circolino e le situazioni giuridiche sorte nell’ambito di un sistema giuridico siano riconosciute in tutta l’Unione europea senza inutili ostacoli»19. Per l’Unione la possibilità di disporre di sistemi 17. Le due forme di cooperazione possono includere l’adozione di misure intese a ravvicinare le disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri. Nel caso della giustizia civile sono previste misure che mirano a garantire: un accesso effettivo alla giustizia; l’eliminazione degli ostacoli al corretto svolgimento dei procedimenti civili, se necessario promuovendo la compatibilità delle norme di procedura civile applicabili negli Stati membri; lo sviluppo di metodi alternativi per la risoluzione delle controversie; un sostegno alla formazione dei magistrati e degli operatori giudiziari. Nell’ambito della cooperazione penale sono previste misure intese a: definire norme e procedure per assicurare il riconoscimento in tutta l’Unione di qualsiasi tipo di sentenza e di decisione giudiziaria; prevenire e risolvere i conflitti di giurisdizione tra gli Stati membri; sostenere la formazione dei magistrati e degli operatori giudiziari; facilitare la cooperazione tra le autorità giudiziarie o autorità omologhe degli Stati membri in relazione all’azione penale e all’esecuzione delle decisioni. 18. Il raggiungimento di tali obiettivi implica molti altri strumenti collaterali, come il superamento delle barriere linguistiche e la formazione degli operatori giudiziari. Per l’accesso alla giustizia valgono gli stessi principi che si applicano a tutti gli altri settori della pubblica amministrazione, compresa la trasformazione digitale che interessa altri aspetti della vita civile. X.E. Kramer, Access to Justice and Technology: Transforming the Face of Cross-Border Civil Litigation and Adjudication in the EU, in eAccess to Justice, edited by K. Benyekhlef, J. Bailey, J. Burkell, F. Gélinas, University of Ottawa Press 2017, pp. 351-376. 19. A tale fine, è di notevole interesse il regolamento n. 1784 del 25 novembre 2020 (OJ L 405, 2/12/2020), che abroga e sostituisce il precedente regolamento n. 1393 del 2007 relativo alle notifiche e alla comunicazione negli Stati membri degli atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile o commerciale. Il nuovo regolamento intende rifondare il quadro della cooperazione giudiziaria in linea con la strategia per il mercato
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giudiziari efficaci è stato considerato indispensabile sia in relazione al corretto funzionamento del mercato interno sia come prerequisito per una sana crescita economica20. La realizzazione di una più spedita ed efficace giustizia civile compare nelle strategie complessive che l’UE ha messo in atto dal 2010 per essere al passo con l’obiettivo della digitalizzazione. In linea con la Strategia di Lisbona si trovano sia l’«Agenda digitale per il decennio 2010-2020»21 sia la successiva «Agenda digitale per il decennio 2020-2030»22.
unico digitale, nell’ottica della dematerializzazione e della riduzione della dipendenza degli operatori dalle comunicazioni su supporto cartaceo (B. Barel, Le notificazioni nello spazio giuridico europeo dopo il regolamento (UE) 2020/1784, in Riv. dir. int. priv. proc., n. 3, 2022, pp. 531-561). Nel nuovo regolamento, in linea con quanto stiamo studiando, la «digitalizzazione viene vista (…) come strumento per agevolare l’utilizzo della struttura trasmissiva degli atti, con registrazione automatica di tutte le fasi del flusso». Cfr. C. Rasia, Il nuovo regolamento Ue n. 1784 del 2020 sulle notifìche nel prisma della digitalizzazione della giustizia europea, in Rivista trimestrale di diritto e procedura civile, n. 4, 2021, pp. 1299-1314, spec. p. 1302. Essenziale per il nuovo regolamento è l’esigenza di sicurezza, per garantire, da un lato, che possano utilizzare il sistema solo i partecipanti autorizzati la cui identità è stata verificata e, dall’altro, che venga garantita la protezione dei dati di carattere personale. 20. Infra multis si v. M. Tulibacka, Europeanization of civil procedures: in search of a coherent approach, in Common Market Law Review, n. 5, 2009, pp. 1527-1565; V. Mak, A Shift in Focus: Systematisation in European Private Law through EU Law, in European Law Journal, n. 3, 2011, pp. 403-428. 21. Sul punto si v. S. Calzolaio, Digital (and privacy) by default. L’identità costituzionale della amministrazione digitale, in Giornale di Storia Costituzionale, n. 31, 2016, pp. 185-199. 22. La seconda agenda digitale è incentrata sui profondi cambiamenti introdotti dalle tecnologie digitali, sul ruolo essenziale svolto dai servizi e dai mercati digitali e sulle nuove ambizioni dell’UE in campo tecnologico e geopolitico. In base al regolamento (UE) n. 2021/694, nel contesto della ripresa economica dalla pandemia di Covid-19, gli Stati membri sono tenuti a destinare almeno il 20% dei rispettivi fondi per la ripresa a progetti volti a digitalizzare l’economia e la società. Quest’ultima è incentrata su due pilastri fondamentali: da un lato, essa mira a garantire i profondi cambiamenti introdotti dalle tecnologie digitali e migliorare i servizi e i mercati digitali nel quadro delle ambizioni dell’UE in campo tecnologico e geopolitico; dall’altro, l’agenda persegue l’innovazione basata sulla condivisione dei dati per salvaguardare l’equilibrio tra la libera circolazione dei dati e la tutela della vita privata, della sicurezza, della protezione e delle norme etiche. Ciò include la ricerca di strategie per utilizzare e condividere i dati non personali al fine di sviluppare nuove tecnologie e nuovi modelli di business.
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2.1. I «piani di azione pluriennali» europei in materia di giustizia elettronica Già prima del Trattato di Lisbona, per garantire una migliore composizione e gestione giudiziaria delle questioni transfrontaliere il Consiglio ha avviato iniziative tese ad adottare sistemi capaci di una trasformazione digitale della giustizia. Così, il tema da un’iniziale competenza comunitaria si è esteso fino a comprendere quegli strumenti capaci di migliorare l’accesso alla giustizia sia a livello sovranazionale sia a livello degli Stati membri23. Nel 2007, il Consiglio GAI decise di sviluppare l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione in materia di giustizia. Il primo obiettivo era la creazione di una Electronic Justice Platforms (EJP) per facilitare l’accesso alla giustizia nelle situazioni transfrontaliere24. Da allora, gli Stati membri, il Consiglio, la Commissione e il Parlamento UE hanno lavorato per promuovere una strategia globale in materia di giustizia elettronica e per creare sinergie tra il livello europeo e i livelli nazionali. Seguendo le indicazioni fornite dal Consiglio europeo, nel giugno 2008, la Commissione presentò una comunicazione dal titolo «Verso una strategia europea in materia di giustizia elettronica»25. La strategia sottolineava che, mentre lo sviluppo della giustizia elettronica dipendeva principalmente dalla volontà degli Stati membri, era compito della 23. La prima conferenza sulla «e-justice» si è tenuta nel 2006 sotto l’egida della presidenza austriaca. L’evento ruotava intorno alla domanda circa i benefici della digitalizzazione per la giustizia e a quali approcci sarebbero stati convenienti a tal fine. M. Velicogna, E-Justice in Europe: From National Experiences to EU Cross-Border Service Provision, in International E-Government Development, edited by L. Alcaide Muñoz, M.P. Rodríguez Bolívar, Springer 2018, pp. 39-72, pp. 54 ss. 24. Come riportato da E. Themeli, The frontiers of digital justice in Europe, in Frontiers in Civil Justice, edited by X. Kramer, J. Hoevenaars, B. Kas, E. Themeli, Edward Elgar Publishing 2022, pp. 102-120, spec. p. 105, in quegli anni gli studi mostrarono che decine di milioni di persone erano state negli anni coinvolte in procedimenti civili transfrontalieri. Le controversie transfrontaliere sono particolarmente impegnative a causa della mobilità e dei costi di informazione. Di conseguenza, le persone senza esperienza o possibilità finanziarie hanno maggiori difficoltà a trovare un professionista legale da lontano e senza referenze, e per loro viaggiare in un’altra giurisdizione per seguire la procedura può essere finanziariamente proibitivo. Non solo le persone, ma anche le istituzioni pubbliche hanno mostrato difficoltà a comunicare atti giuridici o ad accedere a informazioni legali oltre confine. 25. Commissione delle comunità europee, Verso una strategia europea in materia di giustizia elettronica, COM(2008)329 definitivo, 30.5.2008 (https://eur-lex.europa.eu/legalcontent/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:52008DC0329&from=EN).
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Commissione sviluppare il funzionamento e le traduzioni del portale europeo della giustizia elettronica fornendo opportunità di finanziamento per progetti di e-justice finanziati dalla DG Justice26. Nello stesso anno, anche il Parlamento europeo dimostrò interesse per il tema adottando, il 18 dicembre 2008, una risoluzione sulla «e-justice», nella quale veniva affermata la necessità di «istituire un meccanismo adeguato per garantire che la futura legislazione (fosse) concepita in modo tale da poter essere utilizzata per domande online»27. Sulla base di tali sviluppi, nel marzo 2009, il Consiglio ha emanato il primo «Piano d’azione pluriennale 2009-2013 in materia di e-justice europea»28 preparato con la Commissione e il Parlamento. Con il ‘Piano’ il Consiglio ha definito le funzioni essenziali della «European e-justice», vale a dire: l’accesso alle informazioni nel settore della giustizia, la smaterializzazione delle procedure, la comunicazione tra autorità giudiziarie mediante, ad esempio, videoconferenze o reti elettroniche sicure29. 26. Tra i quali vi erano il portale «e-Justice» (European Commission, E-Justice Portal (European E-Justice) https://e-justice.europa.eu/?action=home&plang=en), la «Connecting Europe Facility», le «Soluzioni di interoperabilità per le amministrazioni pubbliche europee» e i «Programmi quadro per la competitività e l’innovazione». 27. Parlamento europeo, Risoluzione del Parlamento europeo del 18 dicembre 2008 recante raccomandazioni alla Commissione sulla giustizia elettronica (2008/2125(INI)), P6_ TA(2008)0637, 18 dicembre 2008 (https://eur-lex.europa.eu/resource.html?uri=cellar:ddc320c5c11c-4b25-b627-ffcebb31a09f.0012.01/DOC_1&format=PDF). 28. È interessante che nel piano (Consiglio, Piano d’azione pluriennale 2009-2013 in materia di giustizia elettronica europea, 75 (2009/C 75/01), 31/3/2009 (https://eur-lex.europa. eu/legal-content/EN/TXT/?uri=CELEX:52009XG0331(01))) si dica che «l’uso di queste nuove tecnologie contribuisce alla razionalizzazione e alla semplificazione delle procedure giudiziarie. L’uso di un sistema elettronico in questo settore permette di ridurre i tempi delle procedure e i costi di funzionamento, a vantaggio dei cittadini, delle imprese, degli operatori di giustizia e dell’amministrazione della giustizia. L’accesso alla giustizia risulta pertanto facilitato». 29. Secondo il Piano del 2009, la e-justice europea doveva essere progettata rispettando il principio di indipendenza della magistratura garantendo da un punto di vista tecnico, il rispetto delle norme sull’e-government e, in particolare, il coro di competenze già sviluppato in campi come l’infrastruttura sicura e l’autenticazione di documenti, la firma elettronica e l’identità elettronica. La e-justice europea avrebbe dovuto, anzitutto, fornire informazioni nel settore della giustizia. Ciò significa migliorare le possibilità di accesso alle informazioni esistenti, migliorare l’intercomunicazione tra le istituzioni locali e transfrontaliere e digitalizzare più banche dati in modo che possano essere raggiunte elettronicamente. In secondo luogo, la e-justice avrebbe dovuto favorire la dematerializzazione dei procedimenti. Ne deriva che i procedimenti giudiziari transfrontalieri dovrebbero essere avviati il più possibile con mezzi elettronici. In terzo luogo, è importante semplificare e incoraggiare la comunicazione tra le autorità giudiziarie. Le norme europee
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Il Piano prevedeva, inoltre, che il quadro europeo di interoperabilità (EIF), sviluppato nell’ambito del programma IDABC, avrebbe dovuto essere promosso in collaborazione con la Commissione europea30. In concomitanza con l’adozione del primo piano d’azione, il Consiglio approvò l’istituzione di una nuova struttura di lavoro, il «Working Party on e-Law». Tra i risultati più interessanti e duraturi di questo frangente vi sono: i) l’avvio del portale ‘e-Justice’, ospitato e gestito dalla Commissione in conformità alle linee guida del Consiglio (16 luglio 2010)31; ii) la creazione dell’infrastruttura tecnica e organizzativa per lo scambio sicuro di dati giuridici tra la giustizia, organizzazioni governative, operatori del diritto, cittadini ed imprese nel quadro del progetto e-CODEX 32; iii) che riguardano la identificazione elettronica e i servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno sono contenute nel regolamento (UE) n. 910/2014 (in materia di «electronic IDentification, Authentication and trust Services», acronimo eIDAS). Il regolamento, oggi sottoposto a un processo di revisione [su cui v. Commissione europea, Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (ue) n. 910/2014 per quanto riguarda l’istituzione di un quadro per un’identità digitale europea, COM(2021) 281 final, 3/6/2021 (www.europarl.europa.eu/legislative-train/ spotlight-JD22/file-eid)] stabilisce condizioni per il riconoscimento reciproco in ambito di identificazione elettronica, nonché regole comuni per le firme elettroniche, l’autenticazione sul web e i relativi servizi fiduciari per le transizioni elettroniche. A. Sharif, M. Ranzi, R. Carbone et al., The eIDAS Regulation: A Survey of Technological Trends for European Electronic Identity Schemes, in Applied Sciences, n. 24, 2022, pp. 1-28; G. Finocchiaro, Una prima lettura del reg. UE n. 910/2014 (c.d. eIDAS): identificazione online, firme elettroniche e servizi fiduciari (reg. UE n. 910/ 2014), in Nuove leggi civili commentate, n. 3, 2015, pp. 419-428. 30. IDABC sta per «Interoperable Delivery of European eGovernment Services to public Administrations, Businesses and Citizens». Maggiori informazioni sono disponibili all’indirizzo: https://eur-lex.europa.eu/EN/legal-content/summary/the-idabcprogramme-2005-2009.html. 31. Il portale (https://e-justice.europa.eu/ ) è stato lanciato il 16 luglio 2010 (https:// ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/IP_10_956). La costruzione del portale risponde alla esigenza di aumentare la conoscenza dei sistemi giuridici dell’UE, la fiducia e la sicurezza che i diritti dei cittadini saranno protetti ovunque in Europa e come sportello informatico unico per informazioni sulla giustizia a favore dei i cittadini, le imprese e gli avvocati dell’UE. Più che una semplice informazione il portale ha l’obiettivo di fornire rapidamente ai cittadini informazioni e consigli legali. Il portale e-Justice è ospitato e gestito dalla Commissione Europea in linea con le indicazioni fornite dal Consiglio. Maggiori informazioni sulla nascita del portale e sulle sue caratteristiche tecniche sono fornite da M. Velicogna, In Search of Smartness: The EU e-Justice Challenge, in Informatics, n. 4, 2017, pp. 1-17. Per gli sviluppi si v. M. Velicogna, E-Justice in Europe: From National Experiences to EU Cross-Border Service Provision, cit., pp. 56 ss. 32. Il Piano d’azione prevedeva anche l’avvio di un progetto europeo denominato «e-Justice Communication via Online Data EXchange» e-CODEX. Come suggerisce il
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l’introduzione in numerosi Stati membri di sistemi di videoconferenza per sveltire le procedure giudiziarie facilitando l’audizione di testimoni o delle parti33. Nello stesso periodo in cui si realizzava il primo piano a livello europeo anche la Corte di Giustizia avviava il suo portale di e-justice «eCuria»34.
nome, e-CODEX mira a migliorare la comunicazione tra autorità giudiziarie, operatori del diritto e cittadini. Cerca di farlo fornendo un software che migliora la connettività tra i sistemi nazionali. In questo modo le autorità, i professionisti e i cittadini possono rimanere nel loro ambiente digitale nazionale e comunicare con un’altra parte oltre confine. In altre parole, a differenza del Portale, e-CODEX non è un sistema centrale che raccoglie e distribuisce informazioni, ma è un nodo utilizzato dai sistemi nazionali per comunicare. Avviato nel dicembre del 2010, e-CODEX è stato utilizzato per la prima volta nel 2013 in una procedura d’ingiunzione di pagamento europea. La disciplina è contenuta nel «Regolamento (UE) 2022/850 del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 maggio 2022 relativo a un sistema informatizzato per lo scambio elettronico transfrontaliero di dati nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile e penale (sistema e-CODEX) e che modifica il regolamento (UE) 2018/1726», OJ L 150, 1/6/2022. Attualmente, e-CODEX supporta l’EPO, l’ESCP – di cui si parlerà infra – e l’interconnessione dei registri fallimentari e delle imprese. Per maggiori informazioni anche di tipo tecnologico sul progetto si v. M. Velicogna, E. Steigenga, Can Complexity Theory Help Understanding Tomorrow E-Justice?, cit.; M. Velicogna, E-Justice in Europe: From National Experiences to EU Cross-Border Service Provision, cit., pp. 59 ss.; M. Velicogna, E. Steigenga, S. Taal et al., Connecting EU Jurisdictions: Exploring How to Open Justice Across Member States Through ICT, in Social Science Computer Review, n. 3, 2020, pp. 274-294. 33. Un altro importante risultato ha riguardato l’accessibilità e l’interoperabilità semantica delle fonti giuridiche. Nel 2009 il Consiglio ha adottato le prime conclusioni sull’identificatore europeo (unico) della giurisprudenza (ECLI) per migliorare la reperibilità e facilitare l’esatta citazione di sentenze degli organi giurisdizionali europei e nazionali. Un sistema che oggi utilizzano quasi tutte le istituzioni giudiziarie sia europee sia degli Stati membri. Nel 2011, il Consiglio ha adottato conclusioni anche sull’identificatore europeo della legislazione (ELI), che introduce uno standard volontario per individuare, contrassegnare e citare elettronicamente strumenti giuridici europei e nazionali. Lo standard è stato adottato per essere utilizzato nell’ambito di EUR-Lex ed è introdotto da vari Stati membri. 34. Il sistema e-Curia è stato avviato, finanziato, regolato e implementato dalla cancelleria della CGUE e approvato dal consiglio del Tribunale nel 2011. Il servizio informatico della Corte è responsabile dello sviluppo del software (D. Reiling, F. Contini, E-Justice Platforms: Challenges for Judicial Governance, in International Journal for Court Administration, n. 1, 2022, pp. 1-18). Il sistema fornisce agli utenti dei tribunali uno strumento di deposito elettronico per consentire la comunicazione digitale con la Corte. Dal suo lancio, e-Curia è stato adottato da un numero crescente di utenti e il suo utilizzo è obbligatorio presso il ‘Tribunale’ dal 2018. In e-Curia, gli utenti, le parti o i loro rappresentanti possono richiedere un account alla cancelleria del tribunale. L’utente può quindi effettuare il login e depositare atti processuali e allegati in formato ‘.pdf’. L’utente redige
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I documenti successivi hanno fatto tesoro di questi primi anni di sperimentazione. Con il «Progetto di strategia in materia di e-justice europea 2014-2018»35 sono stati fissati i risultati già ottenuti, comprese le limitazioni incontrate e gli obiettivi previsti per il futuro e si è indicata la necessità di una strategia europea globale in materia di e-justice per portare l’impegno e la partecipazione ad un livello strategico36. Alla luce delle nuove strategie, sotto l’egida della presidenza lituana nel 2013, il Consiglio ha adottato il secondo Piano (2014-2018) in attuazione delle citate linee strategiche37. Nel nuovo Piano, gli obiettivi della e-justice vengono raggruppati sotto tre azioni: (i) l’accesso all’informazione nel settore della giustizia; (ii) l’accesso alla giustizia e ai procedimenti stragiudiziali in situazioni transfrontaliere; (iii) la comunicazione tra autorità giudiziarie. La bontà dell’azione europea su questo fronte è stata garantita dalla continuità della programmazione su tali temi, proseguita con l’approvazione di una nuova «Strategia in materia di e-justice» per il quinquennio 2019202338. L’obiettivo centrale del documento era introdurre un approci documenti con un elaboratore di testi standard o una piattaforma di studi legali su misura. Il sistema giudiziario contrassegna la data e l’ora di ciascun documento, lo etichetta con un codice hash per garantirne l’autenticità e la non ripudiabilità e un cancelliere lo carica in un fascicolo elettronico. Le parti del caso possono accedere al fascicolo tramite e-Curia e, se necessario, scaricare i documenti. L’interfaccia utente visualizza l’elenco dei documenti caricati e il loro stato: in attesa di accettazione, accettato e presunta accettazione. In e-Curia, il personale giudiziario può anche eseguire controlli di identità, verifica dei documenti e produzione di documenti. Il progetto e-Curia non includeva al suo avvio funzionalità specifiche per i giudici. 35. Consiglio, Progetto di strategia in materia di giustizia elettronica europea 2014-2018 (2013/C 376/06), 21/12/2013 (https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri =OJ:C:2013:376:FULL&from=LT). 36. X.E. Kramer, Access to Justice and Technology: Transforming the Face of CrossBorder Civil Litigation and Adjudication in the EU, cit., pp. 353 ss. 37. Il Piano, oltre a sancire che la e-justice sarebbe stata «una delle pietre miliari del funzionamento efficace della giustizia negli Stati membri e a livello europeo», ha specificato le funzioni a livello europeo, individuando ad esempio strumenti per eliminare la presenza fisica delle parti nei procedimenti stragiudiziali transfrontalieri e sostituirla con collegamenti da remoto. Si v. Consiglio, Piano d’azione pluriennale 2014-2018 in materia di giustizia elettronica europea (2014/C 182/02), 14/6/2014. 38. La strategia ribadiva gli obiettivi e la missione del precedente periodo. Il portale ‘e-Justice’ sarebbe rimasto il punto centrale del piano d’azione, ma la sua funzionalità è stata migliorata e la quantità di informazioni che contiene è aumentata. La Commissione ha individuato i seguenti capisaldi: migliorare i canali di comunicazione sicuri tra le istituzioni, sviluppare ulteriormente i procedimenti giudiziari digitali protetti, migliorare
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cio digital-by-default che, una volta armonizzato con le iniziative di e-government, avrebbe dovuto integrare e migliorare ulteriormente entrambe le iniziative39. A seguito della Strategia, è stato adottato il terzo ‘Piano’ a valere per il quinquennio 2019-202340. Il nuovo Piano introduce delle innovazioni non secondarie. Compaiono tra gli obiettivi dell’UE due ‘riferimenti’ tecnologici non presenti nei documenti precedenti, tra cui l’IA e le tecnologie del registro distribuito (DLT)41. Secondo le parole del Consiglio, l’IA serve come strumento per migliorare il trattamento dei dati e la reperibilità delle informazioni42, mentre le DLT, tra le quali vi è anche la Blockchain43, aprono nuove strade nel settore della giustizia e potrebbero
le informazioni digitali per i cittadini sulle disposizioni giuridiche e mantenere i registri digitali. Consiglio, Strategia in materia di giustizia elettronica 2019-2023 (2019/C 96/04), 13/3/2019 (https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:52019XG03 13(01)&from=EN). 39. A questo riguardo si v. nello specifico il documento della European Commission, Shaping Europe’s digital future, cit. 40. Consiglio, Piano d’azione 2019-2023 in materia di giustizia elettronica europea, (2019/C 96/05), 13/3/2019. 41. La strategia del Consiglio considera, all’interno del tema «Evolutività», che «domini tecnologici legali come l’Intelligenza Artificiale (AI), la tecnologia blockchain, eTranslation o la realtà virtuale, ad esempio, dovrebbero essere attentamente monitorati, al fine di identificare e cogliere opportunità con un potenziale impatto positivo sulla giustizia elettronica». Il Consiglio ritiene pure che «l’intelligenza artificiale possa avere un effetto positivo sull’eJustice (…) aumentando l’efficienza e la fiducia» pur tenendo presente che «qualsiasi futuro sviluppo e diffusione di tali tecnologie deve tenere conto dei rischi e delle sfide, in particolare in relazione alla protezione dei dati e all’etica». Cfr. Consiglio, Strategia in materia di giustizia elettronica 2019-2023, cit. In dottrina si v. J. Covelo De Abreu, The Role of Artificial Intelligence in the European e-Justice Paradigm – Suiting Effective Judicial Protection Demands, in Progress in Artificial Intelligence: 19th EPIA Conference on Artificial Intelligence, edited by P. Moura Oliveira, P. Novais, L.P. Reis, Springer 2019, pp. 299-308. 42. Il Consiglio prende atto dell’impatto innovativo di tale ampio ventaglio di tecnologie ma riconosce che «le sue implicazioni nel campo della giustizia elettronica devono essere ulteriormente definite». A tale scopo sono considerati come prioritari i progetti che hanno la capacità di comprendere e «definire il ruolo che l’Intelligenza Artificiale potrebbe svolgere nel campo della giustizia» e di «sviluppare uno strumento di intelligenza artificiale per l’analisi delle decisioni giudiziarie». Il Consiglio mira inoltre a istituire un «chatbot per il portale della giustizia elettronica» in quanto «aiuterebbe l’utente e lo indirizzerebbe (meglio) alle informazioni che sta cercando». Consiglio, Piano d’azione 2019-2023 in materia di giustizia elettronica europea, cit. 43. Le tecnologie di registro distribuito fungono da spina dorsale delle criptovalute o dei contratti intelligenti.
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avere ulteriori e profittevoli impieghi per i problemi legati soprattutto alla circolazione e archiviazione dei documenti44. Le strategie indicate si prestano a due ordini di critiche. Malgrado le indicazioni, a livello europeo predomina l’idea che le tecnologie della digitalizzazione funzionano come mezzi sostitutivi della carta a mero supporto dell’erogazione dei servizi di giustizia e non come vere e proprie ‘piattaforme’ utili a costruire una nuova infrastruttura immateriale dove svolgere le attività giudiziarie. Se guardiamo poi ai Piani come strumenti di attuazione delle strategie, emerge con chiarezza che realizzare riforme nel campo della giustizia per l’intera UE non è mai facile: ordinamenti giuridici differenti con esigenze a volte non coincidenti, modalità di celebrazione dei processi diverse, insieme a difficoltà tecniche e finanziarie sono alcune delle difficoltà che incontrano le riforme nel senso della digitalizzazione. Senza considerare che le tecnologie digitali si evolvono rapidamente, il che rende difficile implementare una determinata soluzione a causa del rischio che diventi obsoleta. Vedremo come l’attuazione del piano cerca di risolvere tali problemi45. In termini concreti il portale e-Justice e il software e-Codex sono finora i prodotti più visibili dei piani d’azione. Il portale offre informazioni su questioni familiari, reclami, procedure giudiziarie, azioni legali e legislazione, può aiutare nella ricerca di un professionista legale nell’UE o per accedere ai registri delle imprese, agli avvocati e ai notai in Europa46. 44. C. Bomprezzi, Blockchain-based smart contracts e E-Justice nella proposta di AI Act, in La trasformazione digitale della giustizia nel dialogo tra discipline. Diritto e Intelligenza Artificiale, a cura di M. Palmirani, S. Sapienza, Giuffrè 2022, pp. 115-138. 45. Va tenuto conto che sia la Strategia sia il Piano per il quinquennio in corso stabiliscono uno stretto collegamento tra e-government e principi della giustizia elettronica. Come spiegato nel documento, questi principi richiedono un approccio digital-by-default, il che significa che tutti gli Stati membri dovrebbero consentire ai cittadini di comunicare e raggiungere le istituzioni pubbliche in modo digitale. Inoltre, i siti web e la comunicazione digitale con i cittadini dovrebbero essere di facile utilizzo. Questo è importante perché mentre le informazioni possono essere disponibili, possono allo stesso tempo essere sepolte negli angoli nascosti di un sito web. Un utente che proviene da un altro Stato membro potrebbe non essere abituato alla cultura digitale locale o non conoscere la lingua locale. La Strategia richiede poi l’interoperabilità dei diversi sistemi in ciascuno Stato membro. Anche la differenza più trascurabile tra i sistemi operativi può ostacolare la comunicazione tra di loro. Ma questo è difficile da raggiungere garantendo l’interoperabilità dei diversi sistemi nazionali. Su tali temi v. E. Themeli, The frontiers of digital justice in Europe, cit., pp. 106 ss. 46. Le informazioni sono disponibili in tutte le lingue ufficiali dell’UE. Oltre a fungere da hub informativo, il portale è anche uno strumento di supporto per diverse normative dell’UE.
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Il software e-Codex è oggi il sistema indicato dal citato regolamento (UE) n. 2020/1784 relativo alla notificazione e alla comunicazione negli Stati membri degli atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile o commerciale47. Nel futuro immediato48, agli atti trasmessi attraverso il sistema informatico decentrato non potranno essere «negati gli effetti giuridici o considerati inammissibili come prova nei procedimenti per il solo motivo della loro forma elettronica»49. Va dato atto, infine, che di recente la Commissione ha comunicato i suoi piani per un nuovo regolamento relativo al sistema informatizzato di comunicazione per i procedimenti penali e civili transfrontalieri di modifica del regolamento (UE) n. 2018/172650. 2.2. Le procedure armonizzate per realizzare il mercato comune attraverso la giustizia Uno dei fronti di maggiore incentivo alla digitalizzazione della giustizia individuato dall’Unione è quello delle procedure giudiziarie civili armonizzate create con l’obiettivo di sostenere il mercato unico attribuendo maggiori garanzie ai cittadini e alle imprese nelle loro transazioni commerciali51. All’interno di tale ambito, rientra anzitutto la direttiva (UE) n. 2019/102352 riguardante «i quadri di ristrutturazione preventiva, 47. R. Amato, M. Velicogna, Cross-Border Document Service Procedures in the EU from the Perspective of Italian Practitioners – The Lessons Learnt and the Process of Digitalisation of the Procedure through e-CODEX, in Laws, n. 6, 2022, pp. 1-28. 48. All’art. 37 il regolamento prevede un’entrata in vigore differita dopo tre anni dall’entrata in vigore degli atti di esecuzione che istituiscono il sistema informatico decentrato previsto dall’art. 25. 49. Cfr. art. 6 del regolamento. 50. Commissione europea, Proposta di regolamento sulla digitalizzazione della cooperazione giudiziaria e dell’accesso alla giustizia in materia civile, commerciale e penale a livello transfrontaliero e che modifica taluni atti nel settore della cooperazione giudiziaria, COM(2021) 759 final, 1/12/2021 (https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTM L/?uri=CELEX:52021PC0759&from=EN). Come suggerisce l’oggetto della proposta di regolamento, l’obiettivo del futuro regolamento sarà imporre a tutti i tribunali e alle autorità pubbliche degli Stati membri di accettare comunicazioni elettroniche da persone fisiche e giuridiche in simile rispetto alle procedure giudiziarie di frontiera. Si manterrà il diritto di utilizzare le forme tradizionali di comunicazione, che dovrebbero avere lo stesso valore delle comunicazioni elettroniche. 51. N. Trocker, La formazione del diritto processuale europeo, Giappichelli 2011. 52. Direttiva (UE) n. 2019/1023 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, riguardante i «quadri di ristrutturazione preventiva, l’esdebitazione e le
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l’esdebitazione e le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l’efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione e che modifica la direttiva (UE) 2017/1132»53, la c.d. «direttiva insolvency»54. Ugualmente il miglioramento dell’accesso alla giustizia attraverso le tecnologie digitali è previsto anche nelle recenti revisioni del procedimento europeo per le controversie di modesta entità (European Small Claims Procedure, acronimo ESCP)55, dell’ingiunzione di pagamento euinterdizioni, e le misure volte ad aumentare l’efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, e che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 (direttiva sulla ristrutturazione e sull’insolvenza)». OJ L 172, 26/6/2019. 53. Direttiva (UE) n. 2017/1132 (14 giugno 2017) relativa ad alcuni aspetti di diritto societario GU L 169 del 30/6/2017. 54. Nei considerando della nuova direttiva si prevede che «per ridurre ulteriormente la durata delle procedure, facilitare una migliore partecipazione dei creditori alle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, e garantire condizioni analoghe per i creditori a prescindere dal luogo in cui sono ubicati nell’Unione, gli Stati membri dovrebbero introdurre disposizioni che consentano a debitori, creditori, professionisti nonché alle autorità giudiziarie e amministrative di usare mezzi di comunicazione elettronica». A tale fine si dovrebbe poter «espletare attraverso mezzi di comunicazione elettronica le fasi procedurali quali l’insinuazione al passivo da parte dei creditori, le notifiche dei creditori o la presentazione di contestazioni e impugnazioni. Gli Stati membri dovrebbero poter stabilire che le notifiche di un creditore possono essere eseguite per via elettronica, previo consenso del medesimo alla comunicazione elettronica». L’art. 28 della direttiva del 2019 stabilisce che gli Stati provvedano perché le «insinuazione al passivo», le «presentazione di piani di ristrutturazione o di rimborso», le «notifiche ai creditori», nonché la «presentazione di contestazioni e impugnazioni» si possano eseguire attraverso «mezzi di comunicazione elettronica, anche nelle situazioni transfrontaliere». 55. V. il regolamento (CE) n. 861/2007 (11 luglio 2007) che istituisce un procedimento europeo per le controversie di modesta entità GU L 199, del 31/7/2007, come modificato dal regolamento (UE) n. 2015/2421. L’ESCP stabilisce un’unica procedura uniforme nell’UE per la gestione delle controversie di modesta entità in materia civile e commerciale con un valore fino a 5.000 euro (escluse le spese). In Italia tale strumento è stato affidato alla giurisdizione del giudice di pace e al tribunale. L’ESCP è stato adottato nel 2007 e modificato nel 2015 con lo specifico obiettivo di facilitare l’accesso ai tribunali per controversie transfrontaliere di modesta entità e ridurre quegli ostacoli, come procedure divergenti e complesse e differenze di lingua, che avevano reso le controversie transfrontaliere di modesta entità troppo costose. Considerando che per molte di esse il contenzioso è l’unica forma di risoluzione delle controversie, i costi elevati rappresentano un ostacolo significativo all’accesso alla giustizia. In base all’ESCP un ricorrente può utilizzare la procedura per inviare un modulo con i dettagli del caso al tribunale straniero, che poi risponde al modulo e informa il convenuto della domanda. Il modulo è standard in tutti gli Stati membri e, di conseguenza, supera le precedenti procedure divergenti e riduce le barriere linguistiche. F. Rolando, I. Abignente, The Implementation of the European Small Claims Procedure in Italy, in Journal of European Consumer and Market Law, n. 1, 2021, pp. 40-44.
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ropea (European Order for Payment Procedure, acronimo EPO)56, dei regolamenti sulla notificazione e comunicazione degli atti e sull’assunzione delle prove57. Attraverso i due strumenti l’UE si pone l’obiettivo di rendere le cause transfrontaliere direttamente accessibili ai cittadini ed alle imprese senza l’ausilio di un domiciliatario presso la Corte adita, né l’assistenza di un avvocato, al fine di trovare modi di risoluzione più semplici e adeguati, nonché poco costosi. Le ultime revisioni hanno incorporato in modo più evidente la comunicazione digitale per ridurre i costi e accelerare le procedure. L’ESCP e l’EPO sono supportati dal portale dell’«European e-Justice»58, di cui si parlerà infra59. L’accelerazione verso procedure digitalizzate intende favorire i consumatori nonché le piccole e medie imprese rendendo più rapide le decisioni60. 56. L’EPO è stato istituito nel 2006 ed è entrato in vigore nel 2007. Il regolamento mirava a semplificare le procedure per ottenere un’ingiunzione di pagamento e farla eseguire in un altro Stato membro. Si applica alle questioni civili e commerciali e ai reclami di natura pecuniaria. L’ordinanza è concessa in via unilaterale con solo marginale riesame e può essere dichiarata esecutiva se il convenuto non impugna l’ordinanza entro 30 giorni. Come nel caso dell’ESCP, il portale ‘e-Justice’ fornisce informazioni e moduli per la richiesta di un EPO. Il supporto fornito non deve essere considerato consulenza legale perché è focalizzato sulla compilazione del modulo necessario, ma deve essere considerato come un supporto digitale. L’obiettivo dell’EPO è ridurre i costi delle attività commerciali per migliorare le transazioni transfrontaliere, soprattutto a vantaggio delle piccole e medie imprese che sono coinvolte in controversie di modesta entità. Regolamento (CE) n. 1896/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, che «istituisce un procedimento europeo d’ingiunzione di pagamento»; regolamento (CE) n. 1896/2006 (12 dicembre 2006) che istituisce un procedimento europeo d’ingiunzione di pagamento GU L 399 del 30/12/2006, come modificato dal regolamento (UE) n. 2015/2421. 57. Regolamento (CE) n. 1393/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 novembre 2007, «relativo alla notificazione e alla comunicazione negli Stati membri degli atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile o commerciale (notificazione o comunicazione degli atti) e che abroga il regolamento (CE) n. 1348/2000 del Consiglio»; regolamento (UE) n. 2020/1783 (25 novembre 2020) relativo alla cooperazione fra le autorità giudiziarie degli Stati membri nell’assunzione delle prove in materia civile o commerciale (assunzione delle prove) (rifusione) GU L 405 del 2/12/2020; regolamento (UE) n. 2020/1784 (25 novembre 2020) relativo alla notificazione e alla comunicazione negli Stati membri degli atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile o commerciale («notificazione o comunicazione degli atti») (rifusione) GU L 405 del 2/12/2020. 58. Reperibile all’indirizzo https://e-justice.europa.eu/home?action=home. 59. X.E. Kramer, Access to Justice and Technology: Transforming the Face of CrossBorder Civil Litigation and Adjudication in the EU, cit., pp. 351 ss. 60. In particolare, per ridurre la durata dei procedimenti e rendere più accessibile tali strumenti, si è virato verso le comunicazioni elettroniche in quanto compatibili con le norme procedurali dello Stato Membro.
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Il portale della giustizia elettronica offre la possibilità di compilare i moduli online e di inviarli direttamente61. La compilazione del modulo e l’invio al tribunale non richiedono la presenza di un domiciliatario presso la corte adita62. Un ricorrente – assistito da un legale del proprio paese – potrebbe, quindi, compilare un modulo online e inviarlo insieme alle prove al tribunale competente63. Malgrado le due procedure esaminate costituiscano un avanzamento considerevole nell’ottica della digitalizzazione delle procedure in materia civile, molta della loro attuazione è a carico agli Stati membri, i quali ancora non hanno adeguato del tutto la loro legislazione e stabilito regole per accettare l’invio di ricorsi e altri atti introduttivi online64. 2.3. Gli atti di indirizzo e sostegno alla digitalizzazione della giustizia della Commissione europea La Commissione europea ha scelto la digitalizzazione dei sistemi giudiziari come uno degli obiettivi necessari per realizzare un’Europa più democratica e in linea con le priorità politiche della sostenibilità ambientale e digitale. A livello europeo ciò è declinato attraverso l’obiettivo di realizzare un moderno sistema di accesso alla giustizia. A questi fini la Commissione utilizza, infatti, diversi strumenti rivolti soprattutto a incentivare riforme da parte degli Stati membri volte anzitutto a informare i cittadini circa i rimedi disponibili per far valere le proprie ragioni.
61. Si v. https://e-justice.europa.eu/content_small_claims_ forms-177-it.do?clang=it. 62. Per le informazioni nel portale si v. https://e-justice.europa.eu/41/EN/european_ payment_order. 63. Il portale della giustizia elettronica contiene una «procedura guidata» che può aiutare un ricorrente nella compilazione del modulo e prepararlo per l’invio al tribunale competente. L’aiuto fornito dalla procedura guidata è fondamentale per molte persone che non hanno familiarità con le procedure legali. Ciò non significa, tuttavia, che il Portale invii in modo automatico o, in altro modo, il modulo al tribunale competente. Tuttavia, ciò potrebbe cambiare con l’approvazione della proposta di regolamento sulla digitalizzazione della cooperazione giudiziaria in quanto obbligherà le autorità pubbliche e le istituzioni giudiziarie ad accettare questi tipi di comunicazione elettronica su cui si v. infra. E. Themeli, The frontiers of digital justice in Europe, cit. 64. Sebbene il sistema EPO sia divenuto obbligatorio per gli Stati membri con decorrenza dal 14 luglio 2017, esso non ha avuto purtroppo l’impatto desiderato e auspicato. C. Giannaccari, Il processo civile nell’era digitale: spunti di diritto comparato, in Diritto e intelligenza artificiale, a cura di G. Alpa, Pacini giuridica 2020, pp. 623-647, spec. p. 641.
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Il primo strumento usato è la «EU Justice Scoreboard» che la DG Justice della Commissione europea prepara annualmente; uno strumento di «soft governance» rivolto a confrontare la qualità dei sistemi giudiziari degli Stati membri ed evidenziare le «migliori pratiche» nell’organizzazione del sistema giudiziario65. Il documento si fonda su una intensa raccolta di dati alla quale partecipa anche la CEPEJ – di cui parleremo diffusamente più avanti – attraverso i propri ‘corrispondenti’ negli Stati membri66. Nonostante l’uso della parola ‘scoreboard’, che richiama evidentemente un’ideale classifica con primi e ultimi, il documento – per indicazione della Commissione stessa – non ha lo scopo di premiare o bocciare gli Stati membri, ma solo di confrontarne le performances nel settore giustizia al fine di indurre una sana concorrenza tra ordinamenti, come d’altronde accade in altri settori67. La «EU Justice Scoreboard» del 202268 è la decima della serie ed è di particolare interesse perché contiene informazioni sulla digitalizzazione dei tribunali e sull’implementazione della tecnologia nei sistemi giudiziari utili per esaminare il livello di maturità tecnologica della giustizia negli Stati membri69. La Scoreboard 2022, infatti, evidenzia l’importanza della digitalizzazione della giustizia come mezzo per man65. La EU Justice Scoreboard mira a garantire un’elevata efficienza dei procedimenti giudiziari in tutto il territorio dell’UE, senza tuttavia rafforzare direttamente le competenze sovranazionali. Maggiori informazioni sono reperibili alla pagina https:// commission.europa.eu/strategy-and-policy/policies/justice-and-fundamental-rights/upholdingrule-law/eu-justice-scoreboard_it. Riguardo allo strumento e agli effetti sulla governance europea v. A. Strelkov, ‘EU Justice Scoreboard: a new policy tool for “deepening” European integration?’, in Journal of Contemporary European Studies, n. 1, 2019, pp. 15-27. 66. La CEPEJ ha redatto uno studio con lo scopo di raccogliere, controllare e analizzare i dati relativi alle prestazioni dei sistemi giudiziari all’interno degli Stati membri dell’UE, sulla base della metodologia sviluppata dalla CEPEJ nell’ambito dell’esercizio di valutazione dei sistemi giudiziari. L’attività è supervisionata dal gruppo di lavoro CEPEJ sulla valutazione (CEPEJ-GT-EVAL). Per maggiori informazioni e per i dati forniti si può consultare la pagina www.coe.int/en/web/cepej/cepej-study-for-the-eu-justicescoreboard. 67. Tema ricordato da E. Themeli, The frontiers of digital justice in Europe, cit. 68. European Commission, The EU Justice Scoreboard 2022, COM(2022) 234, 19 maggio 2022 (https://commission.europa.eu/strategy-and-policy/policies/justice-and-fundamental-rights/upholding-rule-law/eu-justice-scoreboard_it). 69. Molto interessante la figura n. 49 che mostra il livello di organizzazione messo in campo all’interno degli Stati per rendere le decisioni giudiziali «machine-readable». Cfr. Scoreboard 2022, p. 36.
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tenere aperti i tribunali e fornire accesso alla giustizia. Gli indicatori dettagliati sulla digitalizzazione, presentati per la seconda volta, sono uno strumento di monitoraggio essenziale che mostra agli Stati membri anche in quale direzione migliorare le perfomances. A questo dato si collega pure una parte specifica sul monitoraggio degli investimenti dei «piani nazionali di ripresa e resilienza» da adottare sulla base del Next Generation EU70. Inoltre, negli ultimi anni il quadro offerto dallo Scoreboard e le sue informazioni sull’indipendenza della magistratura hanno svolto un ruolo sempre più importante per l’analisi della Rule of Law nell’Unione europea71. Malgrado offrano uno spaccato interessante del livello di accesso alla giustizia, dell’efficienza di certe procedure e appunto della maturità tecnologica dei tribunali, le Scoreboard non contengono una raccolta uniforme dei dati72. Ciò non è dovuto al metodo di raccolta stesso ma alle difficoltà derivanti dal modo e dai mezzi attraverso i quali vengono forniti i dati dagli Stati. Conseguentemente, l’utilizzo del quadro di valutazione come fonte di analisi è complicato, poiché molte grandezze non sono comparabili e andrebbero inoltre valutate in combinazione con altre fonti (come quelle relative all’e-government nel caso della digitalizzazione)73. Con la «Comunicazione sulla strategia dell’UE per l’Unione della sicurezza» del 2020 la Commissione ha supportato, durante il periodo pandemico, gli sforzi degli Stati rivolti alla digitalizzazione della giustizia. La pandemia ha messo in luce a livello europeo la necessità di accelerare le riforme volte a realizzare la digitalizzazione dei processi, l’automazione delle procedure e delle cause e lo scambio online di informazioni e do70. Si v. a questo riguardo l’introduzione del Commissario europeo Didier Reynders allo Scoreboard 2022. Su tale tema si tornerà più avanti nel cap. III. 71. Il documento fornisce un’analisi quantitativa e grafica dei sistemi di giustizia nazionale e informa lo stesso rapporto sulla Rule of Law. R. Coman, The Normative Power of the EU and Contentious Europeanization: The Case of Judicial Politics, in Journal of European Integration, n. 6, 2014, pp. 533-548; A. Jakab, L. Kirchmair, How to develop the EU justice scoreboard into a rule of law index: using an existing tool in the EU rule of law crisis in a more efficient way, in German L.J., n. 6, 2021, pp. 936-955. 72. A. Ont¸anu, M. Velicogna, The challenge of comparing EU Member States judicial data, in Oñati Socio-Legal Series, n. 2, 2021, pp. 446-480. 73. Come rileva anche la dottrina B. Cappellina, Legitimising EU Governance through Performance Assessment Instruments, in International Review of Public Policy, n. 2, 2020, pp. 141-158.
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cumenti tra le parti e gli avvocati74, garantendo l’accesso costante e agevole alla giustizia per tutti75. Il 6 aprile 2020 i ministri della giustizia dei 27 Stati membri dell’Unione europea si sono incontrati in videoconferenza per valutare la situazione76. Sotto la presidenza croata, durante una riunione che poteva essere solo informale per via delle regole dei Trattati, i ministri hanno deciso che tutte le procedure europee di cooperazione giudiziaria sarebbero continuate, malgrado le difficoltà, attraverso un rafforzamento degli strumenti digitali per consentire ai loro sistemi giudiziari di rimanere attivi, invitando tutti a cogliere l’occasione per orientare e accelerare i lavori sulla giustizia elettronica/digitale77. In pochissimo tempo si è messo a frutto il lungo lavoro del Consiglio «Giustizia e affari interni» sui temi collegati alla trasformazione digitale della giustizia78 e si è indicato che tale transizione fosse neces74. Quanto all’ambito penale, gli Stati membri si scambiano informazioni concernenti i precedenti penali dall’aprile del 2012, utilizzando il software di attuazione di riferimento messo a disposizione dalla Commissione europea. Tale approccio è stato rafforzato nell’aprile del 2019 con l’adozione di un regolamento che istituisce un sistema centralizzato per individuare gli Stati membri in possesso di informazioni sulle condanne pronunciate a carico di cittadini di paesi terzi e apolidi (ECRIS-TCN). Lo scambio di informazioni tra le autorità e l’accesso a informazioni in più lingue è stato facilitato attraverso il sistema di interconnessione dei registri delle imprese (BRIS), che offre accesso ad oltre venti milioni di società a responsabilità limitata dell’UE, e il sistema di interconnessione dei registri fallimentari (IR1). La direttiva (UE) n. 2019/115149 e la direttiva (UE) n. 2019/212150 hanno introdotto nuovi requisiti per la digitalizzazione dei registri delle imprese e consentito la fornitura di informazioni tra i registri delle imprese e il pubblico attraverso lo stesso BRIS. 75. Commissione europea, Relazione sullo Stato di diritto 2020. La situazione dello Stato di diritto nell’Unione europea, COM(2020) 580 final, 30/9/2020. 76. Come ci è già capitato di ricordare, a marzo del 2020 corti, tribunali, studi legali, ecc. si sono improvvisamente svuotati. La giustizia ha affrontato una situazione senza precedenti con problemi soprattutto legati all’accesso e alla cooperazione giudiziaria. In un momento nel quale le decisioni e l’esecuzione efficace e tempestiva delle stesse non poteva essere garantita è divenuto urgente riflettere sul funzionamento della giustizia e sul suo necessario ammodernamento. 77. R. Genson, X. Thoreau, Justice 4.0–D’outils numériques pour la Justice à une Justice numérique, in The Future of Legal Europe: Will We Trust in It? Liber Amicorum in Honour of Wolfgang Heusel, edited by G. Barrett, J. Rageade, D. Wallis, H. Weil, Springer 2021, pp. 307-328. 78. Nei documenti politici diffusi durante questo periodo, la presidenza della Commissione europea si è impegnata a fare in modo che l’Europa fosse «più ambiziosa» sfruttando le opportunità dell’era digitale per la giustizia, in un contesto che garantisca la sicurezza e rispetti l’etica. La relazione di previsione strategica per il 2020 ha riconosciuto
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sariamente al servizio di tutti, mettendo le persone al primo posto e aprendo nuove opportunità per i soggetti portatori di interessi e per gli obiettivi ambientali79. Anche nella strategia per l’«Unione della sicurezza» (del luglio 2020) la Commissione si è impegnata a compiere azioni volte a garantire che «gli operatori della giustizia e delle attività di contrasto dovessero adeguarsi alle nuove tecnologie», in particolare avvalendosi di strumenti innovativi, acquisendo nuove competenze e sviluppando tecniche investigative alternative80. Pure il Consiglio e il Parlamento europeo hanno riconosciuto il ruolo centrale della digitalizzazione per il settore giustizia nell’offrire un contributo a modernizzare l’economia dell’UE, ancor più alla luce dell’intervenuta crisi pandemica da Covid-1981. Il documento di indirizzo più importante è costituito certamente dalla già menzionata comunicazione della Commissione UE sulla «digitalizzazione della giustizia nell’Unione europea»82. Nel dicembre 2020, la l’importanza fondamentale della trasformazione digitale delle pubbliche amministrazioni in generale e dei sistemi giudiziari in particolare. Commissione europea, Relazione 2020 in materia di previsione strategica, COM(2020) 493 final, 9/9/2020. 79. Il tema è successivamente ribadito dal documento della Commissione europea, Relazione di previsione strategica 2022, COM(2022) 289 final, 29/6/2022. 80. Commissione europea, Comunicazione della Commissione sulla strategia dell’UE per l’Unione della sicurezza, COM(2020) 605 final, 24/7/2022. 81. Per quanto riguarda il primo si v. Consiglio europeo, Una tabella di marcia per la ripresa. Verso un’Europa più resiliente, sostenibile ed equa, 23/4/2020 (www.consilium. europa.eu/media/43414/20200421-a-roadmap-for-recovery_it.pdf), mentre per il secondo si v. Parlamento europeo, Risoluzione del Parlamento europeo del 17 aprile 2020 sull’azione coordinata dell’UE per lottare contro la pandemia di Covid-19 e le sue conseguenze, (2020/2616(RSP)), 17/4/2020 (www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-9-2020-0054_ IT.html). Il Consiglio, nelle conclusioni intitolate «Accesso alla giustizia - Cogliere le opportunità della digitalizzazione» del 13 ottobre 2020, ha formulato proposte specifiche per il rafforzamento reciproco delle politiche relative all’accesso effettivo alla giustizia e alla digitalizzazione come uno degli strumenti politici più importanti nella situazione post-pandemica. 82. Il documento propone una serie di misure volte a promuovere la trasformazione digitale della giustizia con l’obiettivo di migliorare l’accesso e l’efficienza dei sistemi giudiziari. L’approccio delineato nella comunicazione è rivolto a raggiungere un uso migliore delle tecnologie digitali, nel pieno rispetto dei diritti fondamentali e dei principi di proporzionalità e sussidiarietà. In particolare, si ricorda come l’accesso alla giustizia deve stare al passo con gli sviluppi della società, compreso l’onnipresente processo di trasformazione digitale. Dalle pagine si comprende che resta ancora molto da fare, in particolare per cogliere appieno i vantaggi delle tecnologie digitali nei procedimenti giudiziari, compresi gli aspetti relativi alla cooperazione giudiziaria transfrontaliera. Si v. Commissione europea, Digitalizzazione della giustizia nell’Unione europea. Un pacchetto di opportunità, COM(2020) 710 final, 2/12/2020.
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Commissione ha accompagnato la comunicazione con un esercizio di accertamento dello stato dei fatti (mappatura), con il quale sono stati censiti gli stati di avanzamento della «giustizia digitale» a livello nazionale e sovranazionale83. La comunicazione del 2020 prevede un pacchetto di strumenti per la digitalizzazione della giustizia che, nella prospettiva dei piani di ripresa e resilienza di cui si parlerà infra, affrontino le sfide della società europea e compiano progressi in ambito digitale nel settore della giustizia. La Commissione ha proposto «un approccio che tenga conto delle diverse circostanze e competenze nazionali degli Stati membri e rispetti appieno i principi di sussidiarietà e proporzionalità»84. Nel pacchetto sono incluse misure vincolanti e non vincolati, quali il «sostegno finanziario agli Stati membri per sfruttare il potenziale per la creazione di un impatto a lungo termine»85, le «iniziative legislative destinate a stabilire i requisiti per la 83. Da tale documento emerge un livello di progresso diverso nei vari Stati membri. Si legge che le persone fisiche possono accedere a un fascicolo elettronico relativo alle loro cause in corso in soli dieci Stati membri in tutti i tipi di procedimenti giudiziari in materia civile, mentre in materia penale le vittime possono accedere a un fascicolo elettronico in soli sette Stati membri, mentre gli imputati lo possono fare in nove Stati membri. Un’altra questione relativa alla giustizia dell’UE è il persistere dell’utilizzo di fascicoli cartacei, che continua a dominare nei procedimenti giudiziari nazionali e transfrontalieri. European Commission, Commission Staff Working Document Accompanying the Communication on the Digitalisation of justice in the European Union, SWD(2020) 540 final, 2/12/2020 (https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/ALL/?uri=SWD:2020:540:FIN). La mappatura si basa su un esame completo delle fonti esistenti sul livello di digitalizzazione della giustizia in Europa, nonché su ulteriori indagini che sono state condotte specificamente ai fini di questo esercizio. Particolarmente importante è il rilievo circa la mancanza di pianificazione e coordinamento a livello UE, dalla quale è derivata la creazione di una varietà di strumenti informatici nazionali che ha reso molto difficile l’interoperabilità transfrontaliera tra sistemi digitali della giustizia. L’esercizio ha prodotto anche studi di grande pregio per gli studiosi della materia, come quello del European Commission - Directorate-General for Justice and Consumers, Study on the use of innovative technologies in the justice field, Brussels, 7/4/2020, https://commission.europa.eu/ document/download/86d54db3-79f6-432b-8219-9ea8a4631ca5_en. 84. Allo stesso tempo, al fine di realizzare un vero e proprio spazio di libertà, sicurezza e giustizia, si indica che tutti gli Stati membri «si adoperino per ridurre le lacune esistenti in materia di digitalizzazione e la frammentazione tra i sistemi giudiziari nazionali e per sfruttare le opportunità disponibili nel contesto dei meccanismi di finanziamento pertinenti dell’UE». 85. Per il sostegno finanziario la Commissione ha deciso di destinare i programmi «Giustizia» ed «Europa digitale», così come il «Dispositivo per la ripresa e la resilienza». Questo è il motivo per cui, nel definire gli orientamenti per fornire assistenza agli Stati membri nella preparazione e presentazione dei loro Piani per la ripresa e la resilienza, la
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digitalizzazione al fine di promuovere un migliore accesso alla giustizia e una migliore cooperazione transfrontaliera, anche nel settore dell’intelligenza artificiale», gli «strumenti informatici, che possono essere sviluppati nel breve e medio termine ed essere utilizzati in tutti gli Stati membri» quindi interoperabili e la «promozione di strumenti nazionali di coordinamento e monitoraggio» che consentono un monitoraggio, un coordinamento, una valutazione e uno scambio regolari di esperienze e migliori pratiche86. La comunicazione del 2020 fissa tre condizioni che qualsiasi azione relativa alla digitalizzazione della giustizia deve garantire: (a) rispettare determinati diritti fondamentali, quali il diritto alla protezione dei dati personali e il diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale, e i principi di proporzionalità e sussidiarietà; (b) tenere pienamente conto delle esigenze dei gruppi svantaggiati e delle persone in circostanze di vulnerabilità, quali minori o anziani, che potrebbero non disporre dei mezzi o delle competenze digitali necessari; (c) garantire il diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale soprattutto nei procedimenti penali in ambito digitale87. 3. La digitalizzazione della giustizia nel quadro dell’ordinamento convenzionale: il lavoro del Consiglio consultivo dei giudici europei e della CEPEJ Anche il Consiglio d’Europa ha avviato da anni una proficua attività rivolta a sottolineare l’importanza della digitalizzazione per miglioCommissione ha sottolineato che la trasformazione digitale del settore giudiziario è uno dei settori nei quali gli Stati membri sono fortemente incoraggiati a concentrare le riforme e gli investimenti. V. European Commission, Commission Staff Working Document Accompanying the Communication on the Digitalisation of justice in the European Union, cit. 86. Commissione europea, Digitalizzazione della giustizia nell’Unione europea. Un pacchetto di opportunità, cit. 87. Prestare attenzione che sia evitata qualsiasi interferenza con i diritti della difesa, compreso il diritto di avvalersi di un difensore e il diritto di accedere al materiale probatorio, mentre nei procedimenti civili occorre garantire la c.d. ‘parità delle armi’ tra le parti in causa. Si ricorda anche che la digitalizzazione dei sistemi giudiziari, con l’implementazione di soluzioni esistenti e l’introduzione di strumenti nuovi, richiede investimenti significativi in infrastrutture, progettazione, attuazione, manutenzione e formazione del personale. Per questo occorre un approccio che sappia sia fornire sostegno finanziario agli Stati membri affinché avviino la trasformazione digitale effettiva dei loro sistemi giudiziari sia sostenere l’attuazione di iniziative a livello UE.
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rare la qualità e l’efficienza dei processi. L’organo più importante che a Strasburgo si occupa di questi temi è certamente la già menzionata Commissione per l’efficienza della giustizia (CEPEJ) 88. Oltre alla CEPEJ anche il «Consiglio consultivo dei giudici europei» (CCJE) 89 ha durante gli ultimi anni affrontato le questioni connesse alla digitalizzazione della giustizia soprattutto nell’ottica della migliore applicazione dell’art. 6 della CEDU. Nel novembre del 2011 il CCJE ha pubblicato il parere n. (2011)14 su «Justice and Information Technologies»90, redatto sulla base della c.d. «Magna Charta of Judges» e di un questionario relativo alla ‘dematerializzazione’ dei processi. Esso costituisce il primo studio nell’ambito del Consiglio d’Europa che affronta in una visione sistematica e strategica i temi connessi alla applicazione delle tecnologie digitali ai processi. Nel parere sono trattate numerose questioni, quali l’accesso alla giustizia, lo Stato di diritto, l’indipendenza dei giudici e della magistratura, il funzionamento dei tribunali e i diritti e doveri delle parti91. Nella parte iniziale, il parere afferma molto significativamente che l’introduzione delle nuove tecnologie nell’ambito della giustizia deve preservare il «volto umano e simbolico» della giustizia. Con un chiaro riferimento alle idee della dottrina francese92, il testo parla della necessità che l’impiego delle tecnologie non ‘deumanizzi’ la giustizia, poiché essa «si occupa principalmente delle persone e delle loro controversie». 88. Si v. il sito della Commissione online all’indirizzo www.coe.int/en/web/cepej/. 89. Il CCJE ha come missione principale contribuire all’attuazione del Piano d’azione quadro globale per i giudici in Europa adottato dal Comitato dei ministri il 7 febbraio 2001 per rafforzare il ruolo dei giudici negli Stati membri. Al CCJE si possono rivolgere altri organi del Consiglio d’Europa per chiedere un parere su questioni generali relative all’attuazione e all’applicazione dell’art. 6 della CEDU con riferimento all’indipendenza, all’imparzialità e alla competenza dei giudici. I pareri del CCJE vengono posti all’attenzione del Comitato dei Ministri. Maggiori informazioni sono disponibili nel sito internet: www.coe.int/en/web/ccje/home 90. CCJE, Justice and information technologies (IT), Opinion No.(2011)14, 7-9 November 2011 (https://rm.coe.int/168074816b). Tutte le traduzioni del presente testo sono elaborate dall’autore. 91. Pur non occupandosi di aspetti tecnici della digitalizzazione, il documento mostra come le nuove tecnologie dovrebbero essere uno strumento per migliorare l’amministrazione della giustizia, per facilitare l’accesso dell’utente ai tribunali e rafforzare le garanzie previste dall’art. 6 della CEDU (accesso alla giustizia, imparzialità, indipendenza del giudice, equità e durata ragionevole dei procedimenti). 92. Si v. infra multis A. Garapon, Bien juger: essai sur le rituel judiciaire, Odile Jacob 2001.
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Il CCJE definisce alcuni elementi prescrittivi per l’uso delle tecnologie nei processi dal punto di vista delle funzioni esercitate dai giudici93. Riguardo all’accesso alla giustizia, all’impiego delle tecnologie nei procedimenti giudiziari e in generale al ‘governo’ delle tecnologie, il documento si sofferma su alcuni principi e criteri necessari per garantire il rispetto dell’articolo 6 della CEDU. Si ricorda, inoltre, che i sistemi giudiziari devono garantire a tutte le persone di ricevere informazioni accurate con i dettagli o i requisiti necessari per tutelare i propri diritti nel rispetto della necessaria parità delle armi94. Relativamente all’impiego delle tecnologie nei procedimenti giudiziari il parere ribadisce che l’informatica deve offrire l’opportunità di «gestire le procedure in maniera più efficace, chiara e certa», aiutando i tribunali a «razionalizzare la gestione dei fascicoli», nonché a «registrare e tenere traccia dei casi»95, a «migliorare la qualità del lavoro del giudice» attraverso banche dati con collegamenti ai precedenti giudiziari, alla legislazione e alla dottrina, sviluppando così altre forme di condivisione delle conoscenze tra i giudici. La necessaria ‘umanità’ della giustizia implica poi che l’uso dell’informatica non diminuisca le garanzie procedurali (o incida sulla composizione delle corti e dei tribunali) e in nessun caso privi l’utente dei suoi 93. Si dice anzitutto che essi devono essere coinvolti sempre quando si tratti di valutare l’impatto delle tecnologie digitali e non si deve mai impedire che possano applicare la legge in un modo imparziale e indipendente; inoltre, se le tecnologie sono usate all’interno di cause transfrontaliere si deve permettere una maggiore cooperazione tra i giudici operanti in paesi diversi. Dal punto di vista degli utenti si ricorda che l’uso dell’informatica non dovrebbe diminuire le garanzie procedurali per coloro che non hanno accesso alle nuove tecnologie e occorre sempre assicurare che qualsiasi difficoltà di funzionamento delle tecnologie informatiche non impedisca ai cittadini di accedere alla giustizia. Le tecnologie, infatti, devono sempre migliorare l’accesso alla giustizia, così come aumentare l’effettività e la trasparenza. Sotto questo profilo un aspetto molto delicato, che il parere tocca, riguarda l’uso e la gestione dei dati relativi ai processi nell’ambiente digitale, che richiede forme di trattamento e governo particolare, e il rapporto tra le corti e i media. 94. A questo proposito si postula che la giustizia non sia mai «disconnessa dai propri utenti» e gli sviluppi dell’informatica non siano mai utilizzati per giustificare la rinuncia alla giustizia amministrata dai tribunali, al netto evidentemente degli strumenti stragiudiziali o alternativi di tutela dei diritti. Un rilievo particolare, relativamente all’accesso, è giocato dall’informazione fornita ai cittadini e dalla possibilità di avviare una causa attraverso un meccanismo di e-filing (tale modalità viene incentivata dal CCJE). 95. In questo modo, si legge, non solo si rende possibile gestire in condizioni di maggior sicurezza una serie di pratiche o pratiche collegate; modelli possono essere progettati per supportare la formulazione di decisioni o ordinanze giudiziarie e statistiche multicriterio per ogni tipo di contenzioso, che possono essere rese pubbliche. CCJE, Justice and information technologies (IT), cit.
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diritti al contraddittorio davanti a un giudice, alla produzione di prove originali, a far sentire testimoni o esperti e presentare qualsiasi materiale o osservazione che ritenga utile. Vi è poi un chiaro riferimento alla ‘oralità’ delle udienze quando si dice che l’uso dell’informatica non deve pregiudicare le udienze obbligatorie e l’espletamento degli altri adempimenti essenziali previsti dalla legge96. Per tali ragioni il ruolo delle tecnologie deve rimanere «limitato alla sostituzione e alla semplificazione delle fasi procedurali che portano a una decisione individualizzata di un caso nel merito» non potendo «sostituire il ruolo del giudice nell’udire e soppesare le prove fattuali nel caso, determinare la legge applicabile e prendere una decisione senza restrizioni diverse da quelle previste dalla legge»97. A proposito del generale ‘governo’ delle tecnologie, il parere sottolinea infatti che tali strumenti devono servire a migliorare l’autonomia e l’indipendenza della magistratura, lasciando al giudice la necessaria discrezionalità su come affrontare i casi che gli vengono assegnati98. Il documento si chiude con una serie di raccomandazioni che devono essere sviluppate al fine di migliorare il lavoro della giustizia99. 96. Il giudice deve altresì conservare, in ogni momento, il potere di disporre la comparizione delle parti, di esigere l’esibizione degli atti in originale e l’audizione dei testimoni. 97. CCJE, Justice and information technologies (IT), cit. 98. A questo riguardo si precisa che la distribuzione dei casi deve comunque garantire la massima trasparenza e che la statistica giudiziaria sia comunque governata da un organo che abbia una equivalente forma di indipendenza. 99. I nove principi sono così elencati: «i) Il CCJE accoglie con favore l’IT come mezzo per migliorare l’amministrazione della giustizia; ii) L’IT può contribuire al miglioramento dell’accesso alla giustizia, alla gestione dei casi e alla valutazione del sistema giudiziario; iii) L’IT svolge un ruolo centrale nella fornitura di informazioni a giudici, avvocati e altre parti interessate nel sistema giudiziario, nonché al pubblico e ai media; iv) L’IT deve essere adattato alle esigenze dei giudici e di altri utenti, non dovrebbe mai violare garanzie e diritti procedurali come quello di un equo processo davanti a un giudice; v) I giudici dovrebbero essere coinvolti in tutte le decisioni riguardanti la creazione e lo sviluppo dell’IT nel sistema giudiziario; vi) Devono essere prese in considerazione le esigenze di quei soggetti che non sono in grado di utilizzare le strutture informatiche; vii) Il giudice deve conservare, in ogni momento, il potere di disporre la comparizione delle parti, di esigere l’esibizione degli atti in originale e l’audizione dei testimoni; viii) Il CCJE incoraggia l’uso di tutti gli aspetti dell’IT per promuovere l’importante ruolo della magistratura nel garantire lo Stato di diritto (/la supremazia del diritto) in uno stato democratico; ix) L’IT non dovrebbe interferire con i poteri del giudice e mettere a repentaglio i principi fondamentali sanciti dalla Convenzione». CCJE, Justice and information technologies (IT), cit.
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3.1. I documenti della CEPEJ sulla ‘Cyberjustice’ La CEPEJ è stata istituita il 18 settembre 2002100 con l’obiettivo di migliorare la qualità, l’efficienza e il funzionamento dei sistemi giudiziari negli Stati membri e sviluppare gli strumenti adottati dal Consiglio d’Europa a tal fine101. Dando vita alla CEPEJ, su iniziativa dei ministri europei della Giustizia riuniti a Londra nel 2002, il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa ha voluto «istituire un organismo innovativo per migliorare la qualità e l’efficienza dei sistemi giudiziari europei e rafforzare la fiducia degli utenti dei tribunali in tali sistemi»102. Nel 2015 la CEPEJ ha avviato uno studio sulla ‘cyberjustice’, al termine del quale, nel 2016, sono state presentate le «Linee guida su come guidare il cambiamento verso la cyberjustice»103. Il documento, oltre a 100. Council of Europe - Committee of Ministers, Resolution Res(2002)12 establishing the European Commission for the efficiency of justice (CEPEJ), 18 September 2002 (https:// search.coe.int/cm/Pages/result_details.aspx?ObjectId=09000016804ddb99). 101. La CEPEJ sviluppa misure e strumenti concreti rivolti ai responsabili politici e agli operatori giudiziari degli Stati membri per: (a) analizzare il funzionamento dei sistemi giudiziari e orientare le politiche pubbliche della giustizia; (b) avere una migliore conoscenza dei tempi dei processi e ottimizzare la loro gestione; (c) promuovere la qualità del servizio pubblico della giustizia; (d) facilitare l’attuazione delle norme europee nel settore della giustizia; (e) sostenere gli Stati membri nelle loro riforme sulle organizzazioni giudiziarie. A questo fine la CEPEJ contribuisce con competenze specifiche ai dibattiti sul funzionamento del sistema giudiziario, al fine di fornire un forum di discussione per avvicinare i cittadini alla giustizia. Nei più di venti anni di attività la CEPEJ ha contribuito allo scopo di rendere i sistemi giudiziari più efficienti e inserire la qualità della giustizia tra gli obiettivi primari della giurisdizione. Quanto al metodo di lavoro, l’esperienza della Commissione dimostra che nel campo della giustizia la capacità di raccolta ed elaborazione dei dati è un fattore fondamentale per qualsiasi analisi e politica di miglioramento a tutti i livelli. Y. Meneceur, Digital technology, a lever for the efficiency and quality of justice in Europe, in Digital issues (www.annales.org/enjeux-numeriques/DG/2018/ DG-2018-09/Enj18c-3-Meneceur.pdf). 102. La Commissione ha pubblicato numerosi studi e gestisce anche un sistema permanente di monitoraggio dei tribunali nei paesi membri del Consiglio d’Europa. Più in particolare, la CEPEJ supporta tutti i progetti in materia di qualità ed efficacia della giustizia portati avanti dal Consiglio d’Europa. La sua azione si svolge su più fronti: confrontando, raccogliendo e analizzando i dati; definendo strumenti di misura e mezzi di valutazione, adottando documenti (relazioni, pareri, linee guida, piani di azione, ecc.); promuovendo reti di professionisti del diritto; sviluppando contatti con diverse personalità, con organizzazioni non governative, istituti di ricerca e centri di informazione. Si v. quanto riportato nella stessa pagina introduttiva al Comitato in www.coe.int/en/web/ cepej/. 103. CEPEJ, Guidelines on how to drive change towards Cyberjustice, CEPEJ(2016)13, 7 December 2016 (https://rm.coe.int/16807482de). Il lavoro che ha portato alle linee
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sviluppare l’attività già svolta dal CCJE nel 2011, promuove l’attività svolta fin dal 2008 per garantire la qualità della giustizia dal Consiglio d’Europa. Le linee guida compiono una valutazione degli strumenti di cyberjustice impiegati nei sistemi giudiziari europei, le cui applicazioni sono suddivise in quattro macrocategorie a seconda della finalità perseguita104: (a) accesso alla giustizia; (b) comunicazione tra tribunali e professionisti; (c) amministrazione giudiziaria; (d) assistenza diretta all’operato del giudice e del cancelliere. È molto interessante, ai fini del nostro lavoro, che le linee guida segnalino la necessità di un passaggio a un approccio strategico nel quale «sviluppare sistemi informativi in grado di migliorare la qualità del servizio offerto dai tribunali». L’assunto di base è che i sistemi giudiziari non possono «restare ai margini di uno sviluppo che sta avendo un enorme impatto sulle società in cui opera e sulle popolazioni a cui è destinato». A questo slancio si ritiene che non si possa rispondere semplicemente «incorporando le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (…) nel sistema giudiziario» perché comunque è necessario valutarne l’impatto sullo «scopo e i valori fondamentali» della giustizia. La CEPEJ chiarisce anzitutto il termine cyberjustice, che è concetto molto vicino semanticamente, ma non letteralmente, all’altro termine composito usato in ambito europeo, e-justice, rispetto al quale è però maggiormente ‘comprensivo’105. Il cuore del ragionamento gira intorno all’ossimoro tecnico-giuridico sul quale anche noi abbiamo scelto di concentrare gli sforzi di questo volume: se gli strumenti digitali della cyberjustice contribuiscono ormai sempre più alla maggiore efficienza ed efficacia dei sistemi giudiziari in un contesto generale di scarsità di guida ha coinvolto sia il gruppo che lavora alla valutazione dei sistemi giudiziari (CEPEJGT-EVAL) sia il gruppo che lavora alla qualità della giustizia (CEPEJ-GT-QUAL). 104. Per ognuno di questi elementi il documento fornisce una analisi secondo il noto metodo SWOT. 105. Usato in preferenza a ‘e-justice’ (l’uso dell’informatica come un mezzo per applicare la giustizia nel mondo digitale), il termine cyberjustice si riferisce a un corpus di letteratura che è vasto e interdisciplinare e ha le sue origini nella teoria dell’informazione (N. Wiener, Cybernetics or Control and Communication in the Animal and the Machine, MIT Press 1948). La CEPEJ sottolinea la profondità dei cambiamenti nelle organizzazioni e nelle attività umane che utilizzano i sistemi informativi per identificare meglio le sfide che devono affrontare. La cyberjustice è quindi ampiamente intesa come il raggruppamento di tutte le situazioni in cui l’applicazione delle tecnologie informatiche fa parte di un processo di risoluzione delle controversie, in sede giudiziale o extragiudiziale. CEPEJ, Guidelines on how to drive change towards Cyberjustice, cit.
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risorse, il loro impiego deve tener conto sia dell’esigenza di garantire standard qualitativi più elevati per il servizio di giustizia pubblica, sia delle aspettative, esigenze e diritti dei professionisti e degli utenti del sistema giudiziario. Lo sviluppo dei sistemi informativi della giustizia non dovrebbe, perciò, mettere in discussione i principi fondamentali che sono alla base delle attività giudiziarie. Il diritto a un equo processo tutelato dalla CEDU (e dalle costituzioni), nonché gli strumenti per la promozione della qualità della giustizia elaborati dalla CEPEJ, non devono essere lesi ma, al contrario, produrre i loro effetti grazie all’informatica, che non costituisce un fine in sé ma un mezzo a disposizione dei decisori politici, dei professionisti e delle parti in giudizio. Così come è avvenuto con il lavoro della CCJE, anche la CEPEJ, in numerosi documenti, colloca il miglioramento dell’accesso alla giustizia in cima alla lista dei principi e valori che dovrebbero essere assicurati dalla cyberjustice. Il punto di partenza di tale ragionamento muove da un’ampia nozione di ‘accesso alla giustizia’106 che comprende sia le informazioni sui rimedi (informazioni online sui propri diritti, pubblicazione della giurisprudenza, ecc.)107, sia l’accesso alle procedure alternative di 106. Così come già evidenziato da Committee on Equality and Non-Discrimination, Equality and non discrimination in the access to justice, 2054(2015), 24 April 2015. 107. L’uso di strumenti digitali per accedere alla giustizia garantirebbe una maggiore quantità di informazioni, un migliore livello di servizi a disposizione degli utenti del tribunale, l’abbattimento di ostacoli (economici e fisici) che impediscono l’effettiva protezione dei diritti ma soprattutto, dal lato delle amministrazioni, permetterebbe di garantire maggiore qualità e una riduzione generale dei costi. L’importanza delle informazioni, la necessità di un portale che renda i cittadini edotti dei propri diritti e dei vari passaggi procedurali per far valere una pretesa o difendersi, è un elemento che faceva già parte della «Magna Charta dei giudici» e che è stato inserito come punto specifico nei pareri del CCJE. In tutti i documenti si sottolinea il valore dell’accesso anche oltre il solo problema della digitalizzazione. CCJE, Justice and Society, Opinion No.(2005)7, 1 February 2005 (www.coe.int/en/web/ccje/opinion-n-7-on-justice-and-society). Una risoluzione dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa del novembre 2015 ha sottolineato che l’accesso alla giustizia «è una pietra angolare di qualsiasi stato democratico basato sullo Stato di diritto e un prerequisito per il godimento effettivo dei diritti umani da parte dei cittadini |e che] l’accesso alla giustizia comporta spesso costi elevati in termini di tempo e denaro». L’Assemblea ha inoltre accolto con favore il fatto che «in un certo numero di stati si stanno compiendo sforzi per riformare i processi giudiziari per accelerare le procedure e renderle più accessibili, in particolare attraverso l’uso delle moderne forme di tecnologia dell’informazione e della comunicazione (ICT)». Cfr. Parliamentary Assembly of the Council of Europe, Committee on Legal Affairs and Human Rights, Access to justice and the Internet: potential and challenges, 2081 (2015), 10 November 2015 (https://assembly.coe.int/nw/xml/XRef/Xref-XML2HTML-en.asp?fileid=22245&lang=en).
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risoluzione delle controversie (concessione online del patrocinio a spese dello Stato, rinvio a un tribunale o servizio di mediazione, ecc.)108. Il tema dell’accesso alla giustizia comprende anche uno sviluppo parecchio rilevante nell’ottica della evoluzione della digitalizzazione. Uno dei trend che è emerso negli ultimi anni, con un grande supporto da parte dei livelli internazionali, riguarda la costituzione di grandi database in cui raccogliere la giurisprudenza, la legislazione e la dottrina. Alcune giurisdizioni hanno sviluppato anche sistemi di open data109. L’obiettivo è quello di rendere le decisioni giudiziarie disponibili a tutti online gratuitamente (con varie restrizioni per quanto riguarda i dati personali – nomi delle parti, indirizzi, ecc. – secondo la legislazione in vigore nella giurisdizione interessata). Le politiche sugli open data costituiscono un notevole progresso sia teorico che pratico per l’accesso alle informazioni sulle leggi e la giurisprudenza, rendendo le decisioni e le sentenze dei tribunali disponibili per tutti alle stesse condizioni e utilizzabili per l’allenamento delle intelligenze artificiali110. Il tema dell’accesso alla giustizia ha un nesso anche con gli strumenti per rendere più ‘visibili’ le istituzioni giudiziarie. Come è noto, negli ul108. Va dato atto che lo stesso Consiglio d’Europa ha ribadito in numerose occasioni gli obblighi che gravano sugli Stati membri a tale proposito. Secondo il Parliamentary Assembly of the Council of Europe, Report preceding Resolution 2081 (2015), “Access to justice and the Internet: potential and challenges”, Doc. 13918, 10 November 2015, para 27-30, obiettivo essenziale degli Stati è: i) incentivare l’accesso a procedure di mediazione e di conciliazione online sia sensibilizzando l’opinione pubblica sulla loro disponibilità sia creando incentivi per la partecipazione a tali procedure; ii) promuovere l’esecuzione extragiudiziale delle decisioni ODR e migliorare la conoscenza dei professionisti legali sull’ODR; iii) controllare il contributo dell’ODR affinché possa fornire ai cittadini una giustizia di qualità, che vuol dire, garantire che le procedure ODR esistenti e future contengano garanzie conformi agli articoli 6 e 13 della CEDU; iv) garantire che le parti impegnate in procedure ODR mantengano il diritto di accedere a una procedura di ricorso giurisdizionale che soddisfi i requisiti di un giusto processo ai sensi dell’articolo 6 della Convenzione”; v) incentivare i fornitori a sviluppare standard minimi comuni che i fornitori di ODR dovranno rispettare, ad esempio istituendo un sistema comune di accreditamento dei fornitori ODR che soddisfi determinati standard. 109. Vedremo a questo proposito infra il caso della Francia, una delle prime nazioni a investire molte risorse per sviluppare una giustizia ‘intelligente’ grazie alla valorizzazione – controintuitiva – del precedente. 110. In questo modo, se da un lato si potrebbero evitare gli interrogativi sulla reale accessibilità del diritto messo a disposizione dei cittadini in forma grezza, dall’altro si prefigurano cambiamenti fondamentali negli ambienti professionali, anche per quanto riguarda l’importanza degli strumenti di elaborazione dei dati e di fornitura dei servizi per la giustizia.
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timi anni alcune corti d’appello, le corti di legittimità e di ultima istanza, le corti costituzionali e le corti europee hanno investito notevolmente nella implementazione di canali istituzionali di comunicazione che sfruttano il potere dei media e dei social media111. Tra gli altri dispositivi che vengono usati per migliorare l’accesso, vi sono anche quelli che consentono lo svolgimento di udienze online attraverso l’uso delle tecnologie di videoconferenza112. Strettamente connessi alla videoconferenza sono anche i siti web e le app progettate per la risoluzione online delle controversie113. Come è risaputo, nelle cause civili tali strumenti sono generalmente utilizzati per trattare controversie di modesta entità (contenziosi dei consumatori, locazioni residenziali) o procedimenti specifici che comportano ingiunzioni di pagamento114. Tuttavia, si stanno sviluppando anche nelle controversie familiari (soprattutto i procedimenti divorzili). In molti paesi sia gli operatori pubblici che quelli privati forniscono servizi di risoluzione delle controversie online (ODR) direttamente accessibili dalle parti in causa115. 111. In numerosi paesi si stanno sperimentando nuove forme di relazione con i propri cittadini che consentano ai sistemi giudiziari di rendere conto del proprio operato come accade agli altri poteri. Sul tema esiste già una rilevante letteratura. L.J. Moran, Massmediated ‘open justice’: court and judicial reports in the Press in England and Wales, in Legal Studies, n. 1, 2014, pp. 143-166; A.T. Chatfield, C.G. Reddick, Collaborative network governance framework for aligning open justice and e-justice ecosystems for greater public value, in Social Science Computer Review, n. 3, 2020, pp. 252-273; P. Meyer, Explaining Media Coverage of Constitutional Court Decisions in Germany: The Role of Case Characteristics, in Political Communication, n. 4, 2021, pp. 426-446. Per la letteratura italiana si v. infra multis P. Sammarco, Giustizia e social media, il Mulino 2019. 112. Dopo essere state utilizzate in modo sistematico soprattutto per la cooperazione giudiziaria tra paesi, tali mezzi sono stati estesi ad altre tipologie di situazioni come un potente mezzo per risparmiare tempo e risorse economiche sia in sede civile che penale. Lo stesso CEPEJ ha sviluppato specifiche linee guida sul punto pubblicate durante la pandemia. Si v. CEPEJ, Guidelines on videoconferencing in judicial proceedings, CEPEJ(2021)4REV4, 30 June 2021. Esiste sul tema anche una folta letteratura straniera riportata da T. Sourdin, J. Zeleznikow, Courts, mediation and Covid-19, in Australian Business Law Review, n. 2, 2020, pp. 138-1581 ss. 113. T. Sourdin, J. Meredith, B. Li, Digital technology and justice: the use of justice apps, cit. 114. Sull’evoluzione delle ODR v. M.E. Katsh, O. Rabinovich-Einy, Digital Justice: Technology and the Internet of Disputes, Oxford University Press 2017, pp. 25 ss. 115. Alcuni sistemi giudiziari lo considerano un servizio alternativo mentre altri lo considerano un’offerta complementare fornita in anticipo rispetto all’eventuale rinvio del caso a un tribunale. Questo approccio contribuisce in modo significativo a prevenire la congestione dei tribunali favorendo la risoluzione delle controversie attraverso la conciliazione o la mediazione informatica. In caso di fallimento della conciliazione o della
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I documenti della CEPEJ mostrano anche gli aspetti non positivi o comunque alcuni elementi che frenano il vantaggio delle forme di soluzione alternativa delle controversie. Ci sono infatti dei «costi nascosti»116 del passaggio ai servizi online che fanno capire come non si possa mai trattare di un semplice passaggio di sistema o della mera apertura di un sito internet, che non bastano per raggiungere obiettivi circa la qualità della giustizia e per ridurre le spese. Inoltre, rendere disponibili servizi paperless comporta uno sforzo (e un costo) considerevole a lungo termine, per il quale quale occorre tanto investire nelle infrastrutture e nel personale quanto comunicare con il pubblico per trasformare il rapporto con il servizio pubblico di giustizia ed evitare, come abbiamo visto nelle parole del CCJE, che la giustizia perda il suo ‘volto umano’, soprattutto per quelle persone che hanno minori possibilità economiche e che quindi potrebbero trovare maggiore difficoltà di accesso a determinati mezzi informatici117. La digitalizzazione della giustizia non è solo un problema relativo all’accesso ma si riferisce anche alla infrastruttura della comunicazione tra i diversi attori del sistema. Ottenere maggiore qualità ed efficienza mediazione, il passaggio al sistema giudiziario tradizionale è allora possibile ma facilitato – quando il sistema informatico è collegato o riconosciuto dalla pubblica autorità – dal trasferimento automatico delle informazioni relative alle parti e alla causa. N. Ebner, D. Rainey, ODR and Mediation, in Online Dispute Resolution: Theory and Practice, edited by D. Rainey, E. Katsh, M. Abdel Wahab, II, Eleven 2021, pp. 409-450. 116. In primo luogo, un trasferimento delle spese dal sistema giudiziario al cittadino, il quale deve sempre più contribuire a svolgere un lavoro che era a carico dello Stato. In secondo luogo, un costo sui professionisti che si fanno sempre più partecipi di un meccanismo nel quale sono chiamati ad offrire un servizio diverso e con professionalità e un modello economico prima non contemplati. Infine, i nuovi costi che devono essere sostenuti dagli Stati per implementare i servizi paperless di alta qualità a lungo termine, investendo sia nelle infrastrutture informatiche sia nella assunzione e formazione di nuovo personale o nella riqualificazione di quello esistente. 117. A questo proposito il documento ricorda che a livello UE la Corte di giustizia (CGUE) ha sottolineato in una delle sue sentenze che l’esercizio di determinati diritti «potrebbe essere reso in pratica impossibile o eccessivamente difficile per taluni individui – in particolare quelli che non hanno accesso a Internet – se la transazione fosse accessibile solo per via telematica». Secondo la CGUE, la citata tutela giurisdizionale risultante dagli artt. 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea è assicurata fintantoché i mezzi elettronici non costituiscono l’unico mezzo di accesso alla procedura (di transazione): cfr. sent. cause riunite da C-317/08 a C-320/08, Rosalba Alassini e Filomena Califano c. Wind SpA, Lucia Anna Giorgia Iacono c. Telecom Italia SpA e Multiservice Srl c. Telecom Italia SpA, 8 marzo 2010, par. 58 e 60.
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della giustizia attraverso lo sviluppo di sistemi informativi che facilitino l’accesso dei cittadini ai servizi giudiziari e stragiudiziali non potrebbe avere successo senza un cambiamento nelle comunicazioni elettroniche tra le diverse istituzioni coinvolte nella gestione delle cause giudiziarie: le corti e i tribunali, i molteplici servizi dello Stato, l’amministrazione della giustizia e, ultimo ma non meno importante, i professionisti. Molti sistemi giudiziari hanno fatto del miglioramento delle comunicazioni tra i tribunali e i professionisti il fulcro della loro strategia digitale. La qualità attesa dalla giustizia è quindi derivante da molteplici fattori, tra cui vi è anche una comunicazione più fluida che consente di trattare i casi in modo più rapido e, naturalmente, in modo più affidabile. Nelle citate linee guida118, la CEPEJ sottolinea che attraverso la consegna in forma digitale degli atti e la loro spedizione via web (con sistemi di e-filing) si riduce il lavoro delle cancellerie con la possibilità di riorientare questo lavoro su attività legali di altro valore e nella assistenza a giudici e pubblici ministeri119. Incentivare la standardizzazione dei modelli di comunicazione può produrre notevoli guadagni di efficienza e, in alcuni casi, ha consentito di migliorare la gestione del personale. Sebbene siano mancate spesso adeguate politiche di gestione del cambiamento, in molti sistemi giudiziari si è cercato di fare dello sviluppo delle comunicazioni elettroniche un mezzo per velocizzare la trasmissione e l’elaborazione delle informazioni, trasformando l’informatica in un elemento strutturale comune delle procedure giudiziarie e dell’organizzazione del lavoro tra i diversi operatori coinvolti. La governance dei nuovi strumenti e canali di comunicazione implica alcune non secondarie conseguenze sul piano organizzativo e dell’attività svolta dall’amministrazione della giustizia. In primo luogo, occorrono nuove regole che diano alle comunicazioni elettroniche gli effetti giuridici desiderati (per esempio relativamente alla interruzione dei termini di prescrizione) e una nuova gestione dei termini che possa però garantire il rispetto del contraddittorio. In secondo luogo, la comunicazione elettronica richiede un coordinamento eccezionale tra i servizi informatici pubblici e quelli privati interessati, al fine di garantire la coerenza tecnica e la sicurezza dei dati a causa della natura riservata degli scambi di 118. CEPEJ, Guidelines on how to drive change towards Cyberjustice, cit. 119. Qualcosa di molto simile a quanto è avvenuto nel caso dell’Italia con l’«ufficio del processo» (v. infra).
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informazione. In terzo luogo, quasi come conseguenza di quello precedente, c’è bisogno di una declinazione nuova e più complessa della cybersecurity120. Un altro argomento su cui si concentrano le linee guida della CEPEJ riguarda l’impatto dell’informatica sul lavoro dei giudici, pubblici ministeri e cancellieri. Il documento parte da una semplice considerazione: l’informatica ha iniziato ad avere un impatto nei tribunali a partire da un effetto di ‘sostituzione’ – per usare la tassonomia ricordata in avvio del volume – quando le macchine da scrivere per la redazione delle decisioni sono state sostituite dagli elaboratori elettronici. Segue poi l’automatizzazione delle diverse attività ripetitive, come la tenuta dei registri elettronici e l’informatizzazione delle operazioni svolte dal personale delle amministrazioni giudiziarie che assiste i giudici, e delle attività degli stessi giudici e dei pubblici ministeri. In poco più di trenta anni la tecnologia è divenuta un veicolo eccezionale per garantire una maggiore certezza del diritto e per rendere i giudici meglio attrezzati, soprattutto sul piano informativo, per la realizzazione dei loro compiti121. Oggi, poi, la creazione di grandi database informativi sulla legislazione e sulla giurisprudenza apre la via all’uso più attuale dei dati, i c.d. Big Data. L’impiego delle tecnologie di Machine Learning come mezzo per analizzare grandi quantità di dati al fine di aiutare i giudici preannuncia l’emergere di forme di «giustizia predittiva»122. Si tratta di una tendenza che, come vedremo, è in atto in alcuni paesi, dove gli strumenti di analisi dei Big Data hanno lo scopo di supportare le politiche di azione penale, di condanna o di risarcimento o di anticipare gli effetti di una sentenza (analisi criminologica di una popolazione o di un territorio, 120. Occorre non solo fornire mezzi di protezione e controllo adeguati ma bisogna fornire a tutto il personale una formazione sulla pericolosità e i rischi delle comunicazioni online per l’integrità delle infrastrutture e la efficace tutela delle persone. La gestione dei dati implica infine la garanzia della loro l’integrità e qualità al fine di mantenere la fiducia dei cittadini nella imparzialità delle decisioni. In dottrina infra multis sul punto: L. Previti, Pubblici poteri e cybersicurezza: il lungo cammino verso un approccio collaborativo alla gestione del rischio informatico, in Federalismi.it, n. 25, 2022, pp. 65-93; A. Renzi, La sicurezza cibernetica: lo stato dell’arte, in Giorn. di dir. amm., n. 4, 2021, pp. 538-548; P.L. Montessoro, Cybersecurity: conoscenza e consapevolezza come prerequisiti per l’amministrazione digitale, in Le Ist. del fed., n. 3, 2019, pp. 783-800. 121. Le banche dati legislative e giurisprudenziali – arricchitesi nel tempo – oggi facilitano le ricerche dei professionisti tra quantità immense di dati. R. Bin, N. Lucchi, Informatica per le scienze giuridiche, VI ed., Cedam 2009, pp. 60 ss. 122. V. infra parte II.
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scale di pagamento degli assegni alimentari o indennità, valutazione del rischio di recidiva)123. La professione del magistrato ha registrato una notevole ricalibratura nel passaggio ai servizi online. Non è solo questione di incentivo al lavoro da remoto o all’uso delle banche dati. Anche la scrittura delle sentenze ha risentito dell’effetto delle tecnologie, attraverso la condivisione di templates e di ricostruzioni della casistica o degli orientamenti maggioritari all’interno dei palazzi di giustizia. Le tecnologie, infatti, aiutano a decidere ma allo stesso tempo possono costringere, o subdolamente indurre, i magistrati a prendere delle decisioni seguendo orientamenti che essi non avrebbero seguito in una situazione di reale indipendenza e autonomia124. Il rispetto del principio di indipendenza richiede quindi che tutti i giudici possano e debbano, in ultima istanza, giungere ad una decisione dopo un processo motivazionale di cui devono potersi assumere personalmente la responsabilità, indipendentemente dallo strumento informatico utilizzato. Difatti, il ricalibrarsi del lavoro necessario per la decisione dei casi ha portato in alcune circostanze a perdere l’ordine gerarchico e l’autorità delle decisioni giudiziarie, talvolta per l’incapacità di realizzare ricerche corrette e puntuali della giurisprudenza, talvolta per il moltiplicarsi del numero di fonti e citazioni incluse nelle memorie scritte degli avvocati125.
123. Alcuni strumenti consentono un’analisi sofisticata della giurisprudenza al fine di informare i giudici sulla probabilità che una decisione in una direzione o nell’altra sia stata presa dai loro pari. Altri strumenti consentono di contestualizzare la situazione utilizzando dati statistici estranei al caso. Con questo tipo di sistema, l’input del giudice nel giudizio può essere supportato o distorto dagli effetti della sovradeterminazione o dell’‘ancoraggio’. A tali effetti va esercitata la massima cautela nel considerare la natura dei dati quando non strettamente collegati alla vicenda giurisprudenziale (es. identità dei magistrati, ai fini della profilazione). Sul tema sia consentito rimandare a E. Longo, Predizione, profilazione e giustizia: le prospettive costituzionali, in Protezione dei dati personali e nuove tecnologie. Ricerca interdisciplinare sulle tecniche di profilazione e sulle loro conseguenze giuridiche, a cura di A. Adinolfi, A. Simoncini, Esi 2022, pp. 581-608. 124. Quando abbiamo analizzato l’opinione del CCJE del 2011 abbiamo ricordato che gli strumenti di aiuto alla decisione giudiziale «devono essere pensati e visti come un ausilio accessorio alla decisione giudiziale e per facilitare il lavoro dei giudici, non come un vincolo» per questi ultimi. CCJE, Justice and information technologies (IT), cit. 125. La CEPEJ ricorda che in alcuni Paesi lo sviluppo di banche dati ha contribuito a modificare il ragionamento giuridico dei professionisti, sempre meno piegato alla argomentazione edificata sui principi e più rivolto all’argomentazione fondata sui precedenti simili.
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3.2. Un approccio ‘strategico’ alla digitalizzazione del processo nei documenti della CEPEJ Nonostante l’amministrazione della giustizia sia stata informatizzata da anni in molti Paesi è raro trovare analisi circa gli effetti che la digitalizzazione ha prodotto sugli strumenti utilizzati dall’amministrazione giudiziaria. Dai semplici registri elettronici del numero di cause trattate da un tribunale ai sistemi odierni per la gestione di tutte le attività giudiziarie capaci di interoperabilità, il potere dell’informatica ha determinato cambiamenti radicali in questo campo. Inoltre, come già ricordato, la quantità sempre crescente di informazioni generate da numerose applicazioni informatiche promette di costituire sia un ‘serbatoio’ di dati e metadati senza precedenti per la gestione dei tribunali sia una componente chiave del lavoro giudiziario. Negli anni, tuttavia, i sistemi giudiziari europei hanno vissuto anche dei momenti di fallimento di tali trasformazioni, variamente dovuti alla obsolescenza tecnologica, alla mancanza di formazione adeguata su come usare tali tecnologie, alla coesistenza con vecchie pratiche che usano la carta, alla mancanza di assistenza adeguata su come correggere piccoli o grandi errori e difetti di implementazione dei sistemi. Pur con carenze ed errori, però, la digitalizzazione ha permesso di realizzare nel tempo alcuni degli obiettivi e dei principi del ‘New Public Management’ e la garanzia dell’articolo 6 della CEDU con riguardo alla ragionevole durata dei processi. Ad esempio, i sistemi informatici di case management126, che sono cruciali per l’amministrazione dei tribunali e che assegnano le risorse necessarie per gestire i casi in base ai dati sul flusso e sull’arretrato, producono l’input principale per l’apparato statistico a disposizione dei ministeri e degli organi come il nostro CSM. Naturalmente servono anche come punti di riferimento per i cancellieri e il personale del tribunale per quanto riguarda il carico di lavoro e le performances degli uffici127. 126. Nella gestione dei casi sono stati sostituiti i registri cartacei con banche dati elettroniche. Inizialmente concepiti come sistemi chiusi separati, queste applicazioni sono oggi al centro delle organizzazioni giudiziarie e vengono considerati il nucleo di un sistema informativo più esteso che integra o riunisce alcune funzionalità molto avanzate basate sull’importazione ed esportazione di dati da altre applicazioni. 127. Va ricordato che il miglioramento dell’amministrazione della giustizia attraverso la automazione di calendari di udienza, l’impiego di sistemi per la gestione degli esperti e dei periti, la gestione elettronica dei documenti o addirittura mediante i template per le decisione, ecc., non implica solo un modo diverso di impostare il lavoro amministrativo
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Insieme agli effetti per l’amministrazione, tali sistemi hanno influito anche sul lavoro dei giudici e hanno indotto gli uffici a sviluppare politiche di valutazione basate principalmente su criteri quantitativi e su misurazioni oggettive attraverso la statistica, l’informatica e le scienze dell’organizzazione128. Lo sviluppo dei sistemi informativi ha portato anche nuovi problemi e vulnerabilità, come il rischio di ‘cyberattacchi’ e di reati informatici. Altre vulnerabilità informatiche possono essere dovute a errori umani ovvero a problemi informatici. Un tema molto dibattuto, sul quale esiste anche una corposa letteratura, è quello della ‘data’ quality, integrity e survivability129. Per quanto riguarda gli errori umani, la possibilità di avere differenze significative tra i dati prodotti dalle applicazioni informatiche e la realtà percepita all’interno dei tribunali solleva numerose questioni relative al trattamento dei dati e alla affidabilità di tali operazioni130. Un elemento non secondario concerne la affidabilità dei sistemi informativi, specie quando si tratta di strumenti che hanno la pretesa di operare il ‘case management’ a trecentosessanta gradi131. collegando il monitoraggio di una pratica a ulteriori applicazioni o aumentando esponenzialmente la quantità di dati raccolti. 128. Gli strumenti informatici a supporto del processo decisionale hanno consentito di sostenere numerosi percorsi di ‘modernizzazione’ delle politiche di gestione pubblica basate sulla ricordata performance. Per es. la ripartizione nazionale annuale delle risorse di bilancio e umane (e l’assegnazione delle risorse da parte dei responsabili delle strutture) correlate al numero di casi e all’arretrato. Questi strumenti hanno anche permesso di sviluppare soluzioni di Active Case Management. Si tratta di soluzioni che consentono, ad esempio, di correlare lo stato di avanzamento di una causa con la tempistica processuale, consentendo il calcolo puntuale delle tempistiche processuali, l’analisi delle azioni intraprese dalle parti e un sistema di segnalazione dell’urgenza di agire in un caso particolare – strumenti messi in atto che, in particolare, consentono di anticipare le violazioni della regola del termine ragionevole sancita dall’articolo 6 della CEDU. 129. Tali problemi rimangono spesso un ostacolo all’uso completo e senza problemi degli strumenti digitali, così come devono essere mitigati con politiche specifiche di governo delle informazioni. 130. Il gap può essere dovuto alla non corretta registrazione delle informazioni – vuoi perché i software sono poco intuitivi o perché il personale non è sufficientemente formato o qualificato. L’analisi dei dati e, soprattutto, la loro interpretazione da parte dei vertici dell’amministrazione giudiziaria e degli utenti devono non solo garantire un livello elevato di accuratezza e qualità, ma essere anche trasparenti ed essere basate su metodologie note e condivise da tutti gli interessati. 131. In questi casi c’è bisogno non solo di garantire un’estrema affidabilità tecnica ma anche «vigilare affinché le difficoltà di funzionamento dell’informatica non impedi-
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L’informatica applicata all’amministrazione giudiziaria, associata a strumenti di comunicazione con utenti e professionisti e di assistenza al personale giudiziario, sta divenendo dunque il cuore del sistema di scambio delle informazioni giudiziarie. Tali sistemi possono armonizzare i modelli processuali e informativi strutturando così pratiche professionali e attività amministrative attorno al flusso e all’analisi dei dati. Le tecnologie digitali sono quindi divenute uno strumento fondamentale di riorganizzazione giudiziaria grazie alla loro capacità di modificare simultaneamente l’intera ‘filiera’ processuale in tutte le sue dimensioni (organizzativa, umana, di bilancio). Per tale ragione lo sviluppo della digitalizzazione si sta rivelando particolarmente importante in termini strategici e di garanzia dell’effettivo contraddittorio tra le parti. Nell’ottica della implementazione di nuove strategie, la CEPEJ ha indicato lo strumento per governare tali processi evitando sia che vengano lasciati nelle mani dei soli programmatori sia che una parte rilevante degli stakeholders (utenti e professionisti) non vengano coinvolti. La cyberjustice, infatti, ha un potenziale ambivalente per le professioni, perché può portare fuori dai tribunali, nelle mani degli sviluppatori delle tecnologie, la gestione di molte procedure. Per queste ragioni, oltre a introdurre nuovi strumenti, bisognerà – come detto più volte – coltivare collettivamente tra gli sviluppatori e gli utenti dei sistemi informativi giudiziari nuove pratiche che riflettano i principi fondamentali della giustizia e gli obiettivi di un’erogazione di servizi di alta qualità nei tribunali. Le linee guida e il Toolkit del 2019 definiscono alcuni importanti elementi che dovranno fare parte delle strategie future della digitalizzazione della giustizia132. Il primo punto è guidare lo sviluppo dei sistemi in scano al sistema giudiziario, anche per brevi periodi, di assumere decisioni e disporre gli opportuni adempimenti procedurali». In tali situazioni, dovrebbero essere sempre disponibili alternative appropriate ogni volta che il sistema informatico è in manutenzione o quando si verificano incidenti tecnici per «evitare qualsiasi impatto negativo sull’attività giudiziaria». Cfr. CCJE, Justice and information technologies (IT), cit. Il documento rimanda su questo punto alle soluzioni tecniche predisposte in numerosi paesi soprattutto sul lato della gestione informatica dei sistemi e la predisposizione di protocolli contro eventuali guasti tecnici. 132. Alle strategie indicate nelle Linee guida del 2016 ha fatto seguito uno specifico Toolkit per supportare l’implementazione della cyberjustice. V. CEPEJ, Toolkit for supporting the implementation of the Guidelines on how to drive change towards Cyberjustice, CEPEJ(2019)7, 14 June 2019. Il toolkit ricorda due principi base per lo sviluppo delle tecnologie nel processo: a) la necessità di un approccio su misura alle esigenze della magistratura nell’attuazione; b) l’obiettivo di migliorare la qualità della giustizia come fatto-
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modo coordinato, passo dopo passo e partendo dalla domanda effettiva dell’utenza. Non bisogna mai dimenticare che l’obiettivo è il miglioramento della qualità e dell’efficienza, trattando la tecnologia come un mezzo e non come un fine. Non si possono, quindi, rincorrere i servizi privati rischiando di far diventare la giustizia un prodotto. Il processo deve rimanere guidato dal vertice dell’amministrazione, dalle corti e dai tribunali secondo gli obiettivi del sistema giudiziario, promuovendo i valori costituzionali, tra cui assumono un particolare rilievo l’indipendenza e autonomia dei magistrati e della magistratura e i valori del giusto processo garantiti nella CEDU e nelle costituzioni nazionali133. 4. La digitalizzazione della giustizia nell’esperienza francese recente In avvio del capitolo si è detto che l’esperienza francese ci è sembrata utile ai fini del presente studio perché costituisce sia un ambito nel quale sono state sviluppate le idee e le strategie analizzate fino ad ora a livello sovranazionale sia perché può essere un ottimo termine di paragone per il percorso che stiamo svolgendo nel nostro Paese. In Francia, l’obiettivo della dematerializzazione dei processi si inserisce all’interno di un orizzonte più vasto per il quale la riduzione elettronica delle procedure costituisce uno dei mezzi principali per realizzare un migliore accesso dei cittadini alla legge e una più facile applicazione della stessa. Sin dalla fine degli anni ’90 del secolo scorso, sono state realizzate varie riforme rivolte in generale a digitalizzare le raccolte della legislazione, della giurisprudenza e gli atti più importanti della pubblica amministrazione134. re trainante l’implementazione della Cyberjustice. In un passaggio interessante la CEPEJ scrive: «Piuttosto che eliminare l’intervento umano, l’informatizzazione dovrebbe avere l’effetto di alleggerire il carico sulle persone, liberandole dalla fatica di, diciamo, compiti altamente ripetitivi o compiti che forniscono pochi stimoli intellettuali. La cyberjustice può essere un’opportunità per sbloccare il potenziale delle persone interessate, siano esse giudici, pubblici ministeri, cancellieri, avvocati o personale ausiliario, riassegnandole a compiti che non possono o non devono essere svolti dalle macchine. Compiti che richiedono quel tipo di intelligenza e sensibilità umana che ancora oggi sono l’essenza del sistema giudiziario». 133. Per ulteriori informazioni sugli aspetti tecnici dell’approccio strategico si v. CEPEJ, Guidelines on how to drive change towards Cyberjustice, cit., pp. 53 ss. 134. La prima svolta è avvenuta con il decreto n. 2002-1064 del 7 agosto 2002 relativo al servizio pubblico di diffusione del diritto attraverso Internet. L’obiettivo era di facilitare l’accesso del pubblico ai testi normativi in vigore e alla giurisprudenza, mettendo, tra
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Nell’ambito dei rapporti tra i cittadini e le pubbliche amministrazioni sono state anche adottate norme rivolte a prevedere l’uso delle identità digitali, poi estese ai processi135. Oltralpe è stato evidenziato – in maniera più forte rispetto ad altri paesi e in ossequio a quanto emerso durante l’esame delle esperienze sovranazionali136 – che la digitalizzazione poteva realizzare grandi vantaggi per il processo ma avrebbe richiesto una valutazione approfondita sia degli effetti per la forma ‘rituale’ delle procedure, per i diritti delle persone ‘interessate’ al processo e per il rapporto tra pubblicità del processo e protezione dei dati personali,137 sia della necessità e dei limiti di includere gli utenti dei servizi fin dalla fase iniziale della progettazione dei sistemi di dematerializzazione138. Negli ultimi dieci anni, i ministri della Giustizia francese hanno intrapreso un piano di trasformazione digitale del sistema giudiziario francese che ha dischiuso un ulteriore e più profondo cambiamento delle modalità operative dell’amministrazione giudiziaria. Il piano di trasformazione, in linea con quanto portato avanti in sede di Consiglio d’Europa e di Unione Europea, mira a rendere la giustizia più accessibile, più rapida, più efficiente e più trasparente. Lo strumento alla base di questo l’altro, gratuitamente a disposizione di tutti le decisioni trasmesse dal Conseil constitutionnel, dal Conseil d’État, dalla Cour de cassation, dal Tribunal des conflits, dalla Cour des comptes e da altre giurisdizioni ordinarie, amministrative e finanziarie, selezionate con diverse modalità da ogni ordine di giurisdizione, oltre a provvedimenti delle Corti europee. Il mezzo scelto per raggiungere l’obiettivo è stato inizialmente il portale Legifrance, inteso come «service public de la diffusion du droit». 135. Si tratta della loi n. 96-659 del 26/7/1996 (JORF n. 174 del 27/7/1996), che ha liberalizzato gli strumenti di crittografia introducendo criteri per implementare la firma digitale, e della la loi n. 2000-230 del 13/3/2000 (JORF n. 62 del 14/3/2000) che modificando il codice civile ha reso equivalente la firma digitale e quella autografa in attuazione della direttiva 1999/93/CE relativa al quadro comunitario delle firme elettroniche. 136. M. Velicogna, E-Justice in Europe: From National Experiences to EU Cross-Border Service Provision, cit. 137. Il migliore accesso alla giustizia non può essere inteso solo come un problema di stretto ‘accesso’ ai procedimenti e alle procedure ma anche di accesso pubblico alle decisioni dei giudici, in un’ottica che assume la trasparenza (del giudiziario) al suo più alto livello. Sul tema si v. S. Zolea, Pubblicità e accesso alle decisioni giudiziarie alla prova delle nuove tecnologie, in Pol. dir., n. 3, 2022, pp. 463-506. In gen. sul tema F. Donati, Trasparenza della giustizia e anonimizzazione dei provvedimenti giudiziari, in Intelligenza artificiale e diritto: una rivoluzione? Amministrazione, responsabilità, giurisdizione, a cura di F. Donati, A. Pajno, A. Perrucci, il Mulino 2022, pp. 433-451. 138. M. Velicogna, A. Errera, S. Derlange, e-Justice in France: the e-Barreau experience, in Utrecht L. Rev., n. 1, 2011, pp. 163-187.
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risultato è stato la totale dematerializzazione dei procedimenti civili e penali. Tale operazione ha comportato non solo profonde modifiche ai sistemi informativi dell’amministrazione giudiziaria, ma anche una serie di problemi e interrogativi giuridici sul rapporto tra le tecnologie informatiche e il fenomeno giuridico139. La trasformazione digitale della giustizia in Francia va collocata in un movimento complessivo che va oltre la sola questione relativa al passaggio dal supporto cartaceo a quello digitale. Non si tratta quindi di un semplice mutamento tecnologico, ma di una modifica della natura stessa delle procedure e del tentativo di reinterpretare il processo nel nuovo secolo140. In ragione del dibattito sulla quantificazione dei dati delle decisioni giudiziarie in Francia si è sviluppato un intenso dibattito sui problemi della ‘giustizia predittiva’141 – intesa quale strumento di applicazione delle intelligenze artificiali al diritto – e sullo sviluppo giuridico ed economico del Legal Tech. Di questi temi, tra l’altro, si è occupato anche il Conseil Constitutionnel nella decisione n. 2019-778 DC del 21 marzo 2019 valutando la legittimità costituzionale della legge di programmazione della giustizia 2018-2022. 4.1. La dematerializzazione delle comunicazioni nei processi nell’ordinamento francese All’interno del quadro complessivo di realizzazione di un état électronique anche la Francia ha costruito un sistema di dematerializzazione 139. Negli studi francesi ha avuto una notevole influenza recente l’opera di A. Garapon, J. Lassègue, La giustizia digitale. Determinismo tecnologico e libertà, cit. così come scritti più generali sull’impatto dell’IA per la vita sociale, come É. Sadin, L’Échappée 2015, trad it. Critica della ragione artificiale. Una difesa dell’umanità, Luiss University Press 2020. Su tali aspetti si v. in dottrina E. Jeuland, Justice numérique, justice inique?, cit.; D. Piana, La justice numérique: un panorama européen, in Les cahiers de la justice, n. 2, 2019, pp. 257-268; C. Dubois, F. Schoenaers, Les algorithmes dans le droit: illusions et (r) évolutions. Présentation du dossier, in Droit et societé, n. 3, 2019, pp. 501-515. 140. S. Gaboriau, Libertà e umanità del giudice: due valori fondamentali della giustizia. La giustizia digitale può garantire nel tempo la fedeltà a questi valori?, cit., p. 201. 141. Di questo tema si parlerà più avanti nel cap. V. Per la letteratura francese si v. infra multis B. Dondero, Justice prédictive: la fin de l’aléa judiciaire?, in Recueil Dalloz, n. 10, 2017, pp. 532-538 ss.; Y. Meneceur, C. Barbaro, Intelligence artificielle et mémoire de la justice: le grand malentendu 1, in Les cahiers de la justice, n. 2, 2019, pp. 277-289. Si v. pure il numero monografico dell’Arch. phil. droit del 2018 interamente dedicato al tema della ‘justice prédictive’ curato dallo stesso direttore della rivista R. Sève, Présentation générale, in Archives de philosophie du droit, n. 1, 2018, pp. X-XIV.
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delle comunicazioni tra corti e avvocati a partire dal processo civile. L’obiettivo principale era ottimizzare la gestione dei procedimenti civili riducendo così i tempi delle cause e la gestione delle cancellerie. Per tale fine, a partire dal 2003 e fino al 2009, è stato sperimentato un sistema di comunicazione elettronica nel Tribunale di grande istanza (TGI) di Parigi chiamato «e-Greffe»142. Dopo l’esperienza iniziale di e-Greffe, nel 2004, il Conseil national des barreaux (CNB) ha proposto al Ministero della giustizia un progetto di implementazione della raccolta dei fascicoli e del registro delle udienze e di invio e ricezione della posta e degli atti processuali tra avvocati e TGI su tutta la nazione denominato e-Barreau143. Il 4 maggio 2005, il Ministro della giustizia e il CNB hanno firmato un accordo che stabilisce i termini e le condizioni per la consultazione e lo scambio elettronico di documenti e scambi relativi alle cause civili trattate dai TGI144. Nel 2007, è stata accelerata l’implementazione di e-Barreau ed è stato firmato un nuovo accordo quadro tra il Ministero della giustizia e il CNB per rafforzare l’impegno di entrambe le istituzioni e definire ulteriormente ruoli e organizzazioni nello scambio di dati elettronici ufficiali. In contemporanea, attraverso un decreto del 2005, è stato modificato il codice di procedura civile francese ammettendo la possibilità di effettuare comunicazioni elettroniche per inviare, consegnare e notificare una serie di atti processuali, nonché le copie delle decisioni giudiziarie145. Il decreto n. 2005-1678 del 28 dicembre 2005 ha introdotto, infatti, nel code de procédure civile un nuovo titolo XXI denominato La communi-
142. M. Velicogna, E-Justice in Europe: From National Experiences to EU Cross-Border Service Provision, cit., pp. 51 ss. 143. Attraverso e-Barreau, il CNB intendeva sviluppare un sistema di comunicazione elettronica nel rispetto delle norme relative al segreto professionale e alla riservatezza. Il Ministero della giustizia era interessato a estendere l’esperienza di e-Greffe a livello nazionale allo scopo di ridurre il carico di lavoro dei tribunali e migliorare l’efficienza dell’erogazione dei servizi giudiziari. M. Velicogna, A. Errera, S. Derlange, e-Justice in France: the e-Barreau experience, cit. 144. Nell’ambito della convenzione, il Consiglio nazionale forense doveva fornire agli avvocati una soluzione che consentisse loro di collegarsi ai registri dei tribunali. Di conseguenza, il Consiglio nazionale forense ha investito nello sviluppo di un pacchetto e-Barreau comprendente un Réseau Privé Virtuel des Avocats, una casella di posta elettronica protetta, un certificato digitale memorizzato su una chiave USB per la firma digitale. 145. Sul tema si v. L. Cadiet, Case management judiciaire et déformalisation de la procédure, in Rev. française d’administration publique, n. 125, 2008, pp. 133-150.
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cation par voie électronique146. La modifica prevedeva una presunzione di consenso alla ricezione di comunicazioni solo elettroniche da parte degli avvocati che usavano e-Barreau. L’acquisizione definitiva del sistema e-Barreau per la gestione delle comunicazioni e depositi nei TGI è avvenuta con l’«Arrêté du 7 avril 2009 relatif à la communication par voie électronique devant les tribunaux de grande instance» del Ministero della giustizia147. Per rendere operative tali norme, nello stesso anno in cui si prevedeva per legge la dematerializzazione delle procedure giudiziarie, il governo francese ha sollecitato la firma di un protocollo di comunicazione elettronica tra le istituzioni giudiziarie e gli avvocati148. L’oggetto di tale protocollo è il miglioramento della comunicazione fra i tribunali e gli avvocati grazie allo scambio telematico di dati strutturati. Tecnicamente, si tratta di due reti intranet distinte collegate tramite la piattaforma e-Barreau149. 146. Agli articoli da 748-1 a 748-9 di tale titolo (modificati rispettivamente dal decreto n. 2009-1524 del 9 dicembre 2009 e n. 2017-891 del 6 maggio 2017) si stabiliscono regole sulle comunicazioni elettroniche davanti alle corti di prima istanza e alle corti d’appello. Il primo articolo prevede che «l’invio, la consegna e la notifica di atti processuali, atti, avvisi, diffide o citazioni, verbali, nonché copie e dispacci recanti la forma esecutiva delle sentenze possono essere effettuati per via telematica alle condizioni e secondo le modalità previste dal presente titolo, fatte salve le disposizioni speciali che impongono l’uso di tale modalità di comunicazione» (Nostra la traduzione). 147. Sulla base di questo atto (art. 5) l’accesso degli avvocati al sistema di comunicazione elettronica messo a disposizione degli organi giurisdizionali viene effettuato tramite l’uso di una procedura di collegamento ad una rete indipendente privata gestita sotto la responsabilità del Conseil national des barreaux denominata ‘réseau privé virtuel des avocats’ (rete privata virtuale degli avvocati) (RPVA). L’art. 9 dell’Arrêté dispone anche che «(l)a sicurezza della connessione degli avvocati alla RPVA è garantita da un dispositivo di identificazione. Tale dispositivo è basato su un servizio di certificazione che garantisce l’autenticazione della qualità di avvocato persona fisica (…). Il dispositivo comporta una funzione di verifica della validità del certificato elettronico. Quest’ultimo viene rilasciato da un prestatore di servizi di certificazione elettronica che agisce in nome del Conseil national des barreaux (CNB), autorità di certificazione». Le modalità operative per le comunicazioni elettroniche sono definite con decreto del Guardasigilli stesso sentito il CNB. Per il testo dell’atto v. JORF n. 86, dell’11 aprile 2009, p. 6365. 148. Il protocollo era denominato «ComCi TGI» per le giurisdizioni di primo grado e «ComCi CA» per le giurisdizioni di ultima istanza. Oggi si chiamano rispettivamente «WinCi TGI» e «WinCi CA». 149. Le due reti sono, da un lato, la rete intranet degli organi giurisdizionali gestita dal Ministero della giustizia RPVJ (Réseau Privé Virtuel de Justice) e, dall’altro lato, la rete intranet degli avvocati gestito dal CNB, il RPVA (Réseau Privé Virtuel des Avocats). La RPVA è una rete di comunicazione elettronica ai sensi dell’articolo L. 32 del «Codice delle poste e delle comunicazioni elettroniche» francese, che consente l’invio
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A valle delle previsioni codicistiche e delle convenzioni che hanno previsto i sistemi di comunicazione, il Ministero della giustizia e il CNB hanno fissato con convenzioni (una per la materia civile e una per la materia penale150) del 2016 e del 2021 le modalità e le condizioni per la consultazione elettronica e lo scambio di documenti e dati relativi alle cause civili trattate dai tribunali, tra i tribunali ordinari di primo e secondo grado e gli avvocati. La convenzione in materia di processo civile prevede che il sistema di comunicazioni elettroniche si applichi al compimento di atti processuali ai sensi delle disposizioni del Titolo XXI del Codice di procedura civile, nonché alla consultazione del fascicolo informatico e allo scambio, in formato elettronico, di informazioni utili alla gestione del procedimento civile. Il sistema di comunicazione è progettato per adattarsi agli sviluppi processuali. Più difficile, come si può immaginare, la realizzazione della convenzione relativa alle comunicazioni elettroniche in materia penale151. L’accordo in materia di comunicazione elettronica tra i tribunali ordinari di primo e secondo grado e gli avvocati disciplinava principalmente la comunicazione elettronica in materia civile, rimandando essenzialmente alla stipula di protocolli locali per la materia penale. Questo principio di variazione locale delle comunicazioni elettroniche in materia penale ha ostacolato la diffusione della pratica su tutto il territorio nazionale. di comunicazioni elettroniche sicure tra gli avvocati e i servizi giudiziari del Ministero della giustizia che richiedono l’autenticazione delle parti dello scambio. La RPVA è gestita sotto il controllo e la responsabilità del CNB ed è interconnessa con il RPVJ gestito sotto il controllo e la responsabilità del Ministero della giustizia. L’operatività di questo sistema per gli avvocati è stato oggetto anche di una sentenza della Corte di Giustizia dell’UE nel 2017. CGUE sentenza 18 maggio 2017, causa C‑99/16 Jean-Philippe Lahorgue (ECLI:EU:C:2017:391). Come riportato, i dati scambiati tra gli studi legali e la piattaforma di servizi dell’RPVA sono criptati utilizzando un algoritmo tra il dispositivo di accesso VPN [Virtual Private Network (rete privata virtuale)], presente sulla rete locale dello studio prima del dispositivo di connessione Internet dello studio, e il frontale VPN presente all’ingresso della piattaforma di servizi dell’RPVA. Soltanto i dispositivi di accesso debitamente identificati e autorizzati a connettersi con il servizio RPVA possono comunicare con il frontale VPN all’ingresso della piattaforma dell’RPVA e beneficiare così del servizio e‑Barreau. 150. Recuperabili ai seguenti indirizzi: per il processo civile v. www.cnb.avocat.fr/ sites/default/files/20210205_-_convention_national_comelec_civile_-_version_publique.pdf; per il processo penale v. www.cnb.avocat.fr/sites/default/files/20210205_-_convention_ national_comelec_penale_-_version_publique.pdf. 151. La comunicazione elettronica in materia penale è disciplinata dalle disposizioni del codice di procedura penale, in particolare dagli articoli D. 590 e seguenti.
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Solo durante il periodo di emergenza sanitaria, nella primavera del 2020, il Ministero della giustizia e il CNB hanno rafforzato la loro collaborazione e hanno concluso un protocollo temporaneo volto a consentire l’utilizzo di una piattaforma sicura di scambio di files (PLEX), per la trasmissione di copie di procedimenti penali e delle notifiche previste dall’articolo 803-1 del codice di procedura penale francese. Nel 2021, il Ministero della giustizia e il CNB hanno infine deciso di firmare una nuova convenzione sulle comunicazioni elettroniche anche in materia penale152. Nell’ambito della giustizia amministrativa esiste invece un sistema apposito chiamato Télérecours153. Oggi è un portale che gestisce la comunicazione dematerializzata di istanze, memorie e atti processuali tra le giurisdizioni amministrative (Consiglio di Stato, corti d’appello e tribunali amministrativi) e le parti per via telematica. Per rendere tutte le comunicazioni più omogenee e incentivare la conoscenza dei diritti e le informazioni al fine di realizzare un migliore accesso alla giustizia, il Ministero della giustizia francese ha avviato l’esperienza di un portale, chiamato ‘Justice.fr’154. Va ricordato infine che, in maniera molto simile a quanto sta accadendo in Italia, la digitalizzazione della giustizia è stata messa in atto attraverso una riforma dei tribunali, soprattutto, delle sedi più periferiche e che i giudici sono stati affiancati dalla costruzione di un ‘team’ di aiuto al giudice, molto vicino al nostro «Ufficio del processo»155. 152. L’obiettivo dichiarato è quello di sviluppare l’uso della comunicazione elettronica tra gli avvocati e i tribunali di prima e seconda istanza su scala massiccia, garantendo la sicurezza degli scambi e dell’archiviazione dei dati, l’integrità dei documenti trasmessi tra le parti e l’identificazione delle persone coinvolte nella comunicazione penale elettronica. 153. Come ha rilevato la dottrina, Télérecours offre un esempio di una strategia di semplificazione funzionale che si è rivelata tecnicamente vincente e si è tradotta in un sistema facilmente adottato dai suoi utenti interni ed esterni al Consiglio di Stato. Il fatto che l’applicazione è semplice nella sua progettazione ha permesso di sviluppare e implementare la prima versione sperimentale del sistema in tempi molto brevi e con un budget relativamente contenuto. M. Velicogna, A. Errera, S. Derlange, Building e-justice in Continental Europe: the TéléRecours experience in France, in Utrecht L. Rev., n. 1, 2013, pp. 38-59. Il servizio è stato previsto nel 2005, sperimentato dal 2007 al 2011 e poi entrato a regime. 154. Nel portale www.justice.fr è possibile creare pagine personalizzate e svolgere numerose operazioni legate alla difesa dei diritti. 155. V. quanto riportato nello stesso portale del Ministero della giustizia alla pagina: www.justice.gouv.fr/le-ministere-de-la-justice-10017/de-nouveaux-renforts-pour-lestribunaux-34778.html.
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L’esempio francese ci aiuta a capire che l’implementazione di un sistema di comunicazione all’interno del processo deve muovere dalle norme e dalle condizioni di quelle giurisdizioni ma, al contempo, deve mirare a garantire una serie di ‘servizi’ uniformi anche variando i riti. La differenza tra le giurisdizioni e i riti non deve mai generare ostacoli relativi all’accesso alla giustizia o, peggio, una difficile realizzazione delle garanzie del giusto processo. 4.2. Il problema dei dati: dai «cantieri della giustizia» alla riforma del 2019 Abbiamo anticipato che il tema dei dati della giustizia assume un valore del tutto particolare e innovativo in Francia in ragione della necessità di proteggere il sistema e i suoi attori dai possibili effetti ‘distorsivi’ generati dalla digitalizzazione e poi dall’impiego degli strumenti di IA. Il legislatore francese ha previsto norme sull’accesso ai dati della giustizia per la prima volta nella Loi n. 2016-1321 pour une Republique numérique156, che negli articoli 20 e 21 stabilisce la messa a disposizione del pubblico di tutte le sentenze del giudiziario purché si rispetti la privacy e la protezione dei dati degli interessati (compresa la possibilità di reidentificazione)157. A questo primo intervento normativo hanno fatto seguito a novembre 2018 i lavori della Commissione presieduta da Löic Cadiet su «l’open data des décisions de justice» che ha indicato quattro priorità per l’apertura dei dati giudiziari al pubblico158 : a) rafforzare la pseudonimizzazione delle decisioni; b) istituire una regolamentazione degli algoritmi che utilizzano i dati risultanti dalle decisioni; c) definire i principi guida della nuova architettura dei dati aperti, affidando alla Corte di Cassazione e al Consiglio di Stato la gestione delle banche dati e la gestione della pseudonimizzazione delle decisio156. Pubblicata nella JORF n. 0235 del 8 ottobre 2016. 157. Gli obiettivi di questa ‘apertura’ sono principalmente quelli di promuovere: una migliore trasparenza dell’azione pubblica, pilastro essenziale della fiducia pubblica; nuove opportunità di servizi e strumenti – pubblici o privati – generati dal riuso e dall’incrocio di questi dati. Le decisioni dei tribunali fanno parte di questa regola di trasparenza, ma la loro specificità e soprattutto la natura sensibile delle informazioni che contengono richiedono la creazione di un quadro separato. 158. Report sur l’open data des décisions de justice. Mission d’étude et de préfiguration sur l’ouverture au public des décisions de justice, Paris, Novembre 2017, www.justice.gouv. fr/publication/open_data_rapport.pdf.
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ni; d) coinvolgere il pubblico sulle conseguenze della pubblicità e della diffusione delle decisioni. Il passaggio successivo, dopo pochi mesi, è stata la Loi n. 2019-222 du 23 mars 2019 de programmation 2018-2022 et de réforme pour la justice159. L’adozione della legge è stata preceduta da una riflessione istituzionale svolta nell’ambito di uno dei cinque «Chantiers de la Justice» dedicato alla questione della tecnologia digitale, in cui la trasformazione digitale era stata presentata dal Guardasigilli come il «coeur du réacteur» della riforma160. Nell’idea del Ministero della giustizia la trasformazione digitale doveva consentire di migliorare tanto le varie forme di mediazione delle controversie quanto incentivare la pubblicità degli orientamenti giurisprudenziali, la trasparenza dei procedimenti giudiziari e la fiducia degli stessi cittadini nel momento in cui si rivolgono al servizio giustizia. Si pronostica un abbandono totale di fascicoli cartacei, dell’introduzione di udienze in forma virtuale, di strumenti di scrittura facilitata delle sentenze sfruttando in maniera più intelligente le banche dati161. L’annunciata «rivoluzione digitale» non si è pienamente realizzata e solo 8 articoli sui 110 che compongono la legge del 2019 hanno trattato direttamente i temi della digitalizzazione, offrendo più che altro una fotografia degli sviluppi in corso162. 159. Pubblicata sul JORF n. 0071 del 24 marzo 2019. Per un commento alla legge dal punto di vista delle parti processuali si v. C. Boyer-Capelle, É. Chevalier, Le justiciable, cible ou grand oublié de la réforme de la dématérialisation en France?, in Revue Juridique Thémis, n. 1, 2020, pp. 307-335. 160. Chantiers de la Justice. Transformation numérique, 16 janvier 2018 (www.justice. gouv.fr/publication/chantiers_ justice/Chantiers_ justice_Livret_01.pdf). 161. Si legge nella parte programmatica della legge destinata a stabilire la strada «Verso una giustizia semplice, efficace, moderna, vicina al popolo» che «Il miglioramento della vita lavorativa quotidiana è un’aspettativa molto forte di magistrati e dipendenti pubblici. La dotazione di moderne apparecchiature e applicazioni informatiche, che rispondano alle esigenze di mobilità e consentano di guadagnare in efficienza, è una richiesta ricorrente, segnalata anche dalla consultazione digitale svolta con i funzionari del ministero nell’ambito del progetto relativo alla trasformazione digitale. Viene inoltre affermata la necessità di formazione e supporto informatico potenziato». Nostra la traduzione. In dottrina sul punto si v. J.-B. Thierry, Réforme de la justice – La loi no 2019-222 du 23 mars 2019, loi de réforme pour la justice numérique ?, in La Semaine juridique - édition générale, n. Édition générale – n. 19-13 Mai 2019, 2019, pp. 524 ss. Sulle esperienze che hanno portato a tale riforma si v. C. Silvestri, Azione riformatrice e processo civile. Tendenze e mutazioni nell’ordinamento francese, in Riv. dir. civ., n. 5, 2021, pp. 929-944. 162. L’articolo 4 crea una certificazione facoltativa dei servizi di conciliazione, mediazione e arbitrato online rilasciata da organismi certificatori accreditati dal COFRAC sulla base di disciplinari pubblicati con provvedimento del ministro della Giustizia. Questi
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Una delle nuove previsioni relative alla giustizia digitale si è occupata del problema degli open data. L’art. 33, che si applica sia alla giustizia ordinaria che alla giustizia amministrativa, stabilisce in via generale che, nell’ambito della diffusione di dati aperti, siano occultati i cognomi e i nomi delle persone fisiche che siano parti o terzi menzionati nella sentenza e di ogni altro elemento che consenta di identificare tali persone nonché i magistrati e i cancellieri in caso di rischio di minaccia alla loro sicurezza e al rispetto della loro vita privata163. In via particolare, è altresì vietato il riutilizzo dei dati identificativi di magistrati e cancellieri a fini di inquadramento, valutazione, raffronto o profilazione in senso più ampio164. Tale divieto è accompagnato da una sanzione penale. I terzi possono richiedere copia della decisione anche in cancelleria, salvo richieste non abusive. Gli elementi che consentono l’identificazione delle parti e servizi online devono rispettare un quadro che garantisca la riservatezza e compiere la loro missione con competenza, diligenza, indipendenza e imparzialità. La certificazione non può essere concessa a piattaforme che operano esclusivamente attraverso algoritmi, poiché l’intervento umano rimane consustanziale alle modalità di risoluzione amichevole delle controversie. Gli articoli 50 e ss. prevedono l’introduzione del «processo penale digitale» anzitutto attraverso l’inserimento nel codice di procedura penale del fascicolo processuale digitale, costituito sia da documenti digitalizzati (ovvero scansionati) che nativamente digitali (ovvero generati senza stampa). Esso consentirà a professionisti e alle parti in causa di beneficiare di tutti i vantaggi del digitale (motore di ricerca, smistamento dati, consultazione remota, integrazione di contenuti multimediali), esonerandoli dal mantenimento del supporto cartaceo e quindi dei suoi svantaggi (compiti riprografici, archiviazione fisica dei file, alterazione del supporto nel tempo). Gli articoli 53, 54 e 56 si riferiscono all’uso delle nuove tecnologie nel processo penale. 163. D’ora in avanti, il 2° comma del II paragrafo e il 2° comma de IV paragrafo dell’articolo 33 (relativi rispettivamente alle sentenze ordinarie e alle sentenze amministrative) prevedono che «gli elementi che consentono di identificare le persone fisiche menzionate nella sentenza, quando siano parti o terzi, sono nascosti se la loro divulgazione rischia di minare la sicurezza o il rispetto della privacy di queste persone o di coloro che le circondano». 164. Le misure sulla identificazione riguardano anche i magistrati e i cancellieri. Il legislatore non ha invece incluso gli avvocati in questo campo di protezione, così come indicato dal Conseil national des barreaux. V. la «Resolution du Conseil national des barreaux open data des decisions judiciaires et anonymisation des acteurs du procesadoptée par l’Assemblée générale des 3 et 4 février 2017» pubblicata in https:// encyclopedie.avocats.fr/GED_ BWZ/114584693276/05._CNB-Re2017-02-03_ NTi_PLNumerique-open-data-ouverture-donnees-. La legge prevede al 1° comma de IV paragrafo dell’articolo 33 che «i dati identificativi dei magistrati e dei cancellieri non possono essere riutilizzati al fine o per effetto di valutare, analizzare, comparare o prevedere le loro pratiche professionali, reali o presunte». A tale principio si aggiungono anche le sanzioni, che sono previste dagli artt. 226-18, 226-24 e 226-31 del codice penale e le disposizioni relative alla legge francese del 1978 sulla protezione dei dati personali.
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dei terzi possono essere resi anonimi in caso di rischio di lesione della loro sicurezza e del rispetto della loro privacy. Su questa legge il Conseil constitutionnel si è pronunciato il 21 marzo 2019, a seguito di quattro saisines parlamentaires, per procedere a un controllo a priori di costituzionalità della legge del 23 marzo 2019165. Oltre al fatto che tale decisione è una delle più lunghe approvate dal Conseil fino ad ora, essa è anche la prima a mettere in discussione la legalità di alcuni servizi offerti da LegalTech166. Con riguardo all’art. 33, il Conseil constitutionnel ha puntualizzato alcuni aspetti concernenti il regime dei dati aperti. Anzitutto ha riconosciuto che l’entrata in vigore di questo articolo avrebbe modificato profondamente l’attuale concezione dell’ottenimento di una copia di una decisione giudiziaria167. Un elemento molto importante della sentenza del Conseil sulla legge del 2019 riguarda l’ambito di riferimento dei dati aperti per le decisioni giudiziarie, che viene esteso alle udienze pubbliche e alla pronuncia delle sentenze in materia civile. Richiamando gli articoli 6 e 16 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, il Conseil ricava il principio delle «udienze pubbliche dinanzi ai tribunali civili e amministrativi». Da ciò deriva che «il legislatore è libero di apportare limitazioni a questo principio legate a esigenze costituzionali, giustificate dall’interesse generale o relative alla natura del caso o alle specificità della procedura, a condizione che non derivi da violazioni sproporzionate rispetto all’obiettivo perseguito168». Perciò vengono respinte le argomentazioni dei parlamentari sulla pubblicità delle udienze. 165. S. Zolea, Pubblicità e accesso alle decisioni giudiziarie alla prova delle nuove tecnologie, cit. 166. Anche la legge programmatica di riforma della giustizia 2018-2022 prende in considerazione quindi anche i possibili usi relativi alla giustizia predittiva prevedendo sanzioni penali per qualsiasi azienda di Legal Tech che utilizzi un trattamento dei dati per analizzare statisticamente in modo mirato le pratiche professionali di un magistrato o di un cancelliere. Tale disposizione, non violando gli articoli 6 e 16 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, è stata ritenuta ‘conforme’ alla Costituzione dallo stesso Conseil. 167. Infatti, sotto l’egida della vecchia legge, era comunemente accettato che la consegna di una copia di una decisione giudiziaria fosse trasmessa dal registro senza che alcun dato personale fosse pseudonimizzato, si parlava allora di open access o pubblicazione. Viceversa, poiché oggi si dice che «(…) le sentenze (…) messe gratuitamente a disposizione del pubblico in forma elettronica» devono essere diffuse in forma pseudonimizzata, si parla allora di open data o pubblicità. B. Cassar, Décisions de justice: ne pas confondre open data et accès à une copie, in Actualités du droit (https://shs.hal.science/ halshs-03126361). 168. Décision n. 2019-778 DC, paragrafo 102. Nostra la traduzione.
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Infine, il Conseil ha respinto i rilievi di costituzionalità relativi all’articolo 4 della legge del 2019 «(… determinante) l’inquadramento giuridico applicabile alle persone fisiche o giuridiche che offrono un servizio di conciliazione o mediazione online». In particolare, dopo aver messo in discussione la possibilità di certificare una di queste piattaforme da parte di un organismo accreditato, il Conseil costituzionale ha ritenuto che, non essendo obbligatoria tale certificazione, non vi fosse alcun limite all’accesso al giudice da parte del litigante169. Se ne deduce quindi che è possibile operare un servizio digitale per la risoluzione bonaria delle controversie, purché rispettoso di quanto indicato dalla legge e dalla sentenza del Conseil. Per specificare le condizioni di attuazione, il decreto n. 2020-797 del 29 giugno 2020 sulla mise à la disposition du public des décisions des juridictions judiciaires et administratives ha specificato l’ambito delle decisioni interessate, le informazioni da oscurare nelle decisioni e le relative procedure170. La vicenda francese è un primo passo importante e una fonte di questioni relative al modo in cui tali dati giudiziari potranno essere riutilizzati. È quindi essenziale riflettere collettivamente sull’etica del riutilizzo dei dati sulla giustizia, per considerare le garanzie esistenti e le sfide che tale riutilizzo solleva. A riprova della necessità di individuare una sede scientifica per discutere di questi temi, il 13 luglio 2022 il Ministero della giustizia ha pubblicato il resoconto del ciclo di seminari sull’etica del riutilizzo delle 169. Décision n. 2019-778 DC, paragrafo 27. 170. L’ordinanza del 28 aprile 2021, emessa in applicazione dell’articolo 9 del decreto n. 2020-797, ha fissato le date per la messa a disposizione del pubblico delle decisioni giudiziarie per grado di giudizio e tipo di controversia. La fase di attuazione operativa è ora iniziata con le prime due tappe, ovvero la pubblicazione delle decisioni della Corte di Cassazione e del Consiglio di Stato dal 1° ottobre 2021, e di quelle delle corti amministrative d’appello e delle corti d’appello in materia civile, sociale e commerciale, rispettivamente dal 31 marzo 2022 e dal 15 aprile 2022. Questa diffusione si basa sull’elaborazione creata a questo scopo dal decreto n. 2021-1276 del 30 settembre 2021 relativo al traitements automatisés de données à caractère personnel dénommés ‘Décisions de la Justice administrative’ et ‘Judilibre’, che completa i testi precedenti specificando le banche dati che consentono l’accesso a tutte le decisioni di giustizia amministrativa per la prima e a tutte le decisioni della giustizia ordinaria. La disponibilità delle decisioni dei tribunali integrerà la diffusione dell’attuale giurisprudenza su Légifrance, per consentire una migliore conoscenza della giustizia, promuovere l’accesso alla legge e rafforzare la fiducia dei cittadini nel proprio sistema giudiziario.
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sentenze svolto in collaborazione con il Conseil d’État, la Cour de cassation, il Conseil national des barreaux e il mondo della ricerca171, dal quale emergono numerosi spunti circa i problemi e le prospettive legate alla pubblicazione e al riutilizzo delle decisioni giudiziarie che in uno stato democratico non possono assolutamente essere trascurati.
171. Rapport du cycle d’ateliers sur l’éthique de la réutilisation des décisions de justice, Paris, 13 juillet 2022, www.courdecassation.fr/publications/autre-publication-de-la-cour/ rapport-du-cycle-dateliers-sur-lethique-de-la-1.
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III.
Il processo dematerializzato nell’esperienza italiana
1. Introduzione Pur essendo un Paese dove la giustizia vive di un cronico malessere da inefficienza, l’Italia non ha mai creduto fino in fondo che la digitalizzazione dei processi potesse rendere le procedure giudiziarie più efficaci e veloci. Il ‘dogma’ dell’oralità, la necessità di preservare il rito e persino le garanzie costituzionali hanno fatto da cassa di risonanza a una certa ritrosia culturale diffusa verso modi alternativi di strutturare il lavoro dei tribunali1. Il resto delle difficoltà è dovuto alla immaturità tanto tecnologica quanto giuridica dei legislatori e degli interpreti 2. Si può con ragionevole certezza affermare, quindi, che ancora oggi non è sfruttato tutto il potenziale che potrebbe derivare dalla dematerializzazione del processo. Auspicabilmente, gli investimenti del «Piano nazionale di ripresa e resilienza» (PNRR)3 nelle infrastrutture, nella organizzazione e nella assunzione di nuove professionalità da parte del Ministero della giustizia, consentiranno all’Italia di effettuare un balzo in avanti su questo piano, 1. Si v. a questo proposito quanto indicato nei contributi compresi nel volume di S. Zan (a cura di), Tecnologia, Organizzazione e Giustizia. L’evoluzione del Processo Civile Telematico, il Mulino 2004. 2. La difficoltà a segnare la disciplina del processo telematico è documentata con molta cura da G.G. Poli, Il processo civile telematico e il dialogo tra le sue fonti, in Il Processo telematico nel sistema del Diritto processuale civile, a cura di G. Ruffini, Giuffrè 2019, pp. 1-35. 3. La descrizione delle misure relative alla giustizia verrà riportata infra, par. 7 e ss.
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come è stato indicato dall’allora Ministra della Giustizia Marta Cartabia nelle sue «Linee programmatiche sulla giustizia» del marzo 20214. Alla luce di tale situazione, in questa parte del lavoro analizzeremo il difficile avvio del processo telematico in Italia e indagheremo le potenzialità che potranno derivare dalla estensione della digitalizzazione a tutti i tipi di processo, compreso quello penale. Il capitolo si lega al percorso svolto fino ad ora e all’esame compiuto sugli sviluppi tanto dei due ordinamenti sovranazionali quanto dell’ordinamento francese. L’esempio della situazione venutasi a creare oltralpe risulta particolarmente utile in questo momento. Lo sviluppo delle comunicazioni elettroniche nel processo, se letto in una prospettiva diacronica, mostra dinamiche non lineari, che tendono a nascondersi o, peggio ad essere dimenticate, quando si analizzano i sistemi una volta che le norme sono attuate. Inoltre, è chiaro che la scelta degli standard e dei sistemi da attivare è il risultato di molteplici elementi in tensione: le scelte politiche, le possibilità tecniche e persino la volontà degli utenti stessi di dare corpo alle leggi e alle decisioni di indirizzo. A questi fattori oggi si deve aggiungere anche la consapevolezza che la dematerializzazione del processo non è solo un mezzo per realizzare una maggiore efficienza e il risparmio di risorse ma un alleato in situazioni emergenziali, come accaduto durante il periodo pandemico in moltissimi paesi del mondo5. L’evento pandemico, infatti, ha consentito un salto in avanti nella consapevolezza che la digitalizzazione del processo rappresenta una delle leve più importanti di cambiamento organizzativo, culturale e giuridico del nostro sistema giustizia6. 4. Ministro della Giustizia Marta Cartabia, Linee programmatiche sulla giustizia, 15 marzo 2021 (www.astrid-online.it/). Quanto alle misure del PNRR che riguardano il settore specifico della ‘giustizia’ si v. quanto indicato nel sito del Ministero alla pagina dedicata https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_2_33.page. 5. A questo riguardo sono molto utili per comprendere la risposta paese per paese alla situazione pandemica le analisi della già citata CEPEJ e poi della Fundamental Rights Agency (FRA) europea. Per la prima si v. la pagina dedicata su «Management of the judiciary - compilation of comments and comments by country» (www.coe.int/en/web/ cepej/compilation-comments). Per la FRA le misure censite sono disponibili alla pagina del portale e-Justice intitolata «Impact of Covid-19 on the justice field» (https://e-justice. europa.eu/content_impact_of_covid19_on_the_ justice_ field-37147-en.do). Seppur limitato all’ambito del processo penale, si v. l’interessante lavoro di J. Della Torre, L’espansione del processo a distanza negli itinerari dell’emergenza pandemica, in Proc. pen. e giust., n. 1, 2021, pp. 226-260. 6. Interessanti le considerazioni della presidente del Tribunale di Pisa M.G. Civinini, La giornata europea della giustizia civile 2020, occasione di riflessione sull’impatto della
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L’eredità della pandemia e, in seguito, il PNRR hanno consentito di accelerare drasticamente alcune dinamiche, hanno imposto modifiche organizzative nel settore della giustizia che erano state procrastinate per molto tempo7 e hanno permesso di rafforzare la consapevolezza che per far funzionare la giustizia occorresse un grande investimento pubblico, a fronte di un obiettivo politico concreto, aiutato e controllato da istituzioni esterne8. L’investimento europeo arrivato con il PNRR destina notevoli risorse all’obiettivo della modernizzazione della giustizia9. In questa ottica, uno degli aspetti su cui i governi italiani hanno inteso investire è proprio la piena digitalizzazione dei processi e per rendere la giustizia da zavorra e impaccio a grande volano e potenziale risorsa per il nostro Paese10. L’obiettivo si pone come elemento centrale della fase successiva alla pandemia come trait d’union tra la necessaria ripresa economica e le controspinte determinate dalle più ampie trasformazioni geopolitiche in divenire dovute alla guerra, la recessione economica, l’inflazione, il diverso equilibrio di forza a livello planetario. La prospettiva della digitalizzazione, perciò, non va valutata nella sola dimensione tecnica e neanche solo come fattore organizzativo11. Si tratta di un obiettivo politico più ampio e di lungo periodo, che interessa i cittadini e che deve sbloccare un atteggiamento collaborativo da parte dalla cultura giuridica12, con notevoli implicazioni costituzionali, poiché impopandemia sulla giustizia attraverso l’esperienza del Tribunale di Pisa, in Quest. giust., 27 ottobre 2020 (www.questionegiustizia.it/data/doc/2801/m-g-civinini-la-giornata-europeadella-giustizia-civile-2020-occasione-di-riflessione.pdf). V. anche P. Biavati, Processo civile e pandemia: che cosa passa, che cosa rimane, in Riv. trim. dir. proc. civ., n. 1, 2021, pp. 133144. Nel dibattito estero J.M. Baldwin, J.M. Eassey, E.J. Brooke, Court Operations during the Covid-19 Pandemic, in Am J Crim Justic, n. 4, 2020, pp. 743-758; D. Matyas, P. Wills, B. Dewitt, Imagining Resilient Courts: from Covid-19 to the Future of Canada’s Court System, in Canadian Public Policy, n. 1, 2022, pp. 186-208. 7. A. Tedoldi, Il giusto processo civile in tempo di pandemia: palingenesi o de profundis?, cit. 8. In linea con quanto indicato dalle istituzioni europee. Si v. A. Conzutti, Il PNRR al crocevia tra forma di governo e tendenze in atto nel sistema euro-nazionale, in Quad. cost., n. 4, 2022, pp. 725-752. 9. V. infra. 10. Si v. a questo proposito quanto indicato nella iniziativa Giustizia 2030. Un libro bianco per la giustizia e il suo futuro, https://giustizia2030.it/. 11. C. Castelli, D. Piana, Giusto processo e intelligenza artificiale, cit. 12. Dal punto di vista sia pratico che teorico, la digitalizzazione richiede anche grandi competenze disciplinari e interdisciplinari. Anzitutto la competenza giuridica di chi ne definisce gli strumenti normativi e appresta la disciplina di riferimento, competenze
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ne di rivedere quali siano i muri portanti del sistema giudiziario italiano. Negli ultimi anni sulla scia del ‘successo’ del processo civile telematico (d’ora in avanti anche PCT), e in attesa della piena implementazione delle regole sulla digitalizzazione del processo penale, anche le giurisdizioni speciali hanno avviato un percorso di conversione alle modalità informatiche. Sono oramai alcuni anni che il processo amministrativo si celebra obbligatoriamente secondo modalità telematiche, tanto di fronte ai tribunali amministrativi quanto davanti al Consiglio di Stato, e che il processo contabile (unico rito che prevede una clausola generale di rinvio al PCT) e il processo tributario si svolgono secondo le regole del digitale13. Anche la giustizia costituzionale dal 2021 ha avviato l’esperienza della digitalizzazione completa delle attività processuali. Per la transizione digitale della Corte costituzionale è stata decisiva, dopo un periodo lungo di studio e analisi, l’esperienza pandemica. Il processo costituzionale telematico differisce in alcune sue caratteristiche dal processo telematico realizzato sia nella giurisdizione civile e penale sia nella giurisdizione amministrativa, e per questo vedremo che determina qualche interessante riflessione sul rapporto tra le diverse forme di telematizzazione del processo. 2. Il «processo telematico»: inquadramento delle regole operative Alla denominazione generica «processo telematico»14 corrisponde una formula di gestione in forma dematerializzata, con il bit, invece che tecniche e organizzative, e ultimo, ma non meno importante, attitudine e competenze interdisciplinari per governare un processo così decisivo. 13. L’art. 6, comma 5, del d.lgs. 26 agosto 2016, n. 174 «Codice di Giustizia contabile» nel rinviare ad appositi decreti adottati dal presidente della Corte dei conti la disciplina del processo telematico contabile prevede che: «si applicano, ove non previsto diversamente, le disposizioni di legge e le regole tecniche relative al processo civile telematico». 14. A. Villecco Bettelli, Processo telematico, in Dig. disc. priv., agg. II, tomo II, Utet 2003, pp. 1028-1035; S. Brescia, P. Liccardo, Processo telematico, in Enc. giur., XIV, Treccani 2006, pp. 1-11. L’aggettivo ‘telematico’ è stato dalla dottrina tenuto distinto dal termine ‘informatico’ intendendo il primo come «il metodo tecnologico di trasmissione del pensiero a distanza mediante l’impiego di un linguaggio computerizzato, che veicola informazioni automatizzate» e che «risulta da una contrazione semantica fra i termini di «telecomunicazioni» e «informatica»; mentre il secondo, più risalente, è – come noto – un vocabolo coniato nel 1962 dal francese Philippe Dreyfus (informatique) e derivato dalla contrazione in uno solo dei due vocaboli «informazione» e «automatica». Cfr. V. Frosini, Telematica e informatica giuridica, in Enc. dir., XLIV, Giuffrè 1992, pp. 60-82.
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con la carta, mediante documento «informatico» invece che «analogico», da «remoto» invece che «in presenza», di alcune delle relazioni tradizionalmente intercorrenti tra i soggetti del processo, siano essi i c.d. «soggetti abilitati esterni» al sistema informatico, come i difensori, ma anche gli esperti ed ausiliari del giudice, siano essi i c.d. «soggetti abilitati interni», come i magistrati, i cancellieri e il personale degli uffici notificazioni15. Dal punto di vista giuridico il «processo telematico» – nella sua prima comparsa all’interno del processo civile – è stato inteso come il complesso di regole relative alla «produzione in forma digitale, la gestione integrale ed integrata, nonché lo scambio degli atti prodotti nell’ambito del processo civile dagli attori sociali del processo (avvocati, magistrati, personale amministrativo) secondo le regole di autenticità, integrità, sicurezza e validazione previste per il documento informatico»16. La nozione, che nasce all’interno dell’informatica, non coglie tuttavia l’ampiezza della ‘digitalizzazione’ del processo, che va oltre il mero aspetto della forma degli atti e tocca anche gli elementi sostanziali delle procedure17. A questo fine, se non si considera la tecnologia e si analizzano solo gli effetti giuridici, il processo telematico è stato anche definito come «una normativa processuale, la quale, pur non incidendo necessariamente sulla struttura degli istituti, è destinata ad applicarsi nelle relazioni dei soggetti partecipi del processo, costituendo quindi naturale e imprescindibile oggetto di interpretazione da parte degli operatori del diritto»18. È evidente, dunque, che la locuzione non invoca una «nuova (futuribile) forma di processo civile, in cui il computer soppianta l’attività defensionale delle parti o assolve al posto del giudice il dovere decisorio attraverso l’utilizzo di algoritmi o l’elaborazione dei c.d. Big Data», e neppure «un nuovo modello processuale che si affianchi ai numerosi già esistenti»19. 15. C. Punzi, Sul processo civile telematico, in Riv. dir. proc., n. 1, 2022, pp. 1-8. 16. S. Brescia, P. Liccardo, Processo telematico, in Enc. giur., cit., p. 1. 17. R. Caponi, Il processo civile telematico tra scrittura e oralità, in Riv. trim. dir. proc. civ., n. 1, 2015, pp. 305-313. 18. B. Fabbrini, Il processo civile telematico, tra interpretazione del vigente e future evoluzioni, in Giust. proc. civ., n. 1, 2013, pp. 271-316. 19. Così G.G. Poli, Il processo civile telematico e il dialogo tra le sue fonti, cit. che riprende le nozioni di S. Brescia, P. Liccardo, Processo telematico, in Enc. giur., cit. e C. Consolo, Spiegazioni di diritto processuale civile, Giappichelli 2017, pp. 397 ss.
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Oggi il processo telematico ha assunto addirittura una nuova e più ampia fisionomia 20. Non c’è solo la sostituzione dell’atto e del provvedimento materiale con un flusso informatico di dati «che si condensa nel file elettronico» e con il quale avviene «la manifestazione del suo contenuto» soggetto a trasmissione telematica «mediante PEC dall’indirizzo dell’avvocato all’ufficio giudiziario» sia in sede di deposito degli atti sia in sede di notificazione». Fanno parte del processo telematico anche alcuni elementi materiali del processo, come il «fascicolo d’ufficio» e il «fascicolo di parte», che vengono «sostituiti da cartelle informatiche di files contenenti gli atti di parte, i verbali, i provvedimenti del giudice e i documenti versati in atti dalle parti»21, «alcuni procedimenti amministrativi accessori, come l’istanza di iscrizione a ruolo o l’iter per il semplice pagamento del contributo unificato o altre spese» e le udienze nella forma della videoconferenza mediante applicazioni informatiche. Se lo esaminiamo dal punto di vista dell’amministrazione digitale, il processo telematico costituisce una «forma speciale» di digitalizzazione dell’agire amministrativo dello Stato. Tale osservazione deriva dall’interpretazione dell’art. 2, comma 6, del «Codice dell’amministrazione digitale»22 (CAD), secondo il quale «(l)e disposizioni del presente Codice si applicano (altresì) al processo civile, penale, amministrativo, contabile e tributario, in quanto compatibili e salvo che non sia diversamente disposto dalle disposizioni in materia di processo telematico»23 e dallo 20. Cfr. C. Cecchella, Il processo telematico, in Il processo civile dopo la riforma. D.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, a cura di Id., Zanichelli 2023, pp. 71-120. 21. Si tratta di atti visionabili ed estraibili attraverso accesso informatico ai files medesimi, a cui è abilitato, oltre il giudice, anche il difensore della parte costituita. Cfr. Op. ult. cit., p. 77. 22. D.lgs. 7 marzo 2005, n. 82. Sul tema v. infra multis M. Pietrangelo, La società dell’informazione tra realtà e norma, Giuffrè 2007; E. D’Orlando, Profili costituzionali dell’amministrazione digitale, in Dir. inf. inform., n. 2, 2011, pp. 213-229; D. De Grazia, Informatizzazione e semplificazione dell’attività amministrativa nel ‘nuovo’ codice dell’amministrazione digitale, in Dir. pubbl., n. 2, 2011, pp. 611-658; F. Cardarelli, Amministrazione digitale, trasparenza e principio di legalità, in Dir. inf. inform., n. 2, 2015, pp. 227-273; F. Faini, Il volto dell’amministrazione digitale nel quadro della rinnovata fisionomia dei diritti in rete, in Dir. inf. inform., n. 4-5, 2019, pp. 1099-1120; R. Cavallo Perin, D.U. Galetta (a cura di), Diritto dell’amministrazione digitale, Giappichelli 2020; B. Marchetti, Amministrazione digitale, in Enc. dir. (i tematici), cit.; L. Torchia, Lo Stato digitale, cit., pp. 97 ss. 23. Nostro il corsivo. La norma è stata introdotta dall’articolo 2, comma 1, lettera c), del d.lgs. 26 agosto 2016, n. 179, da ultimo modificato dall’articolo 2, comma 1, lettera d), del d.lgs. 13 dicembre 2017, n. 217.
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stesso art. 20 del CAD, rubricato «(v)alidità ed efficacia probatoria dei documenti informatici»24. Nonostante le due esenzioni, è all’interno del CAD, e delle norme europee di cui sul punto quest’ultimo è specificazione nazionale25, che si trovano le regole che formano l’ossatura informatica degli istituti applicabili al processo telematico26.
3. L’esperienza del processo civile telematico: le prime stagioni, le trasformazioni della pandemia e la riforma Il PCT ha mosso i suoi primi passi – almeno sulla carta – già a partire dalla fine degli anni ’80 su impulso di tre soggetti: il Ministero della giustizia, rivolto a migliorare l’efficienza e la qualità dei servizi giudiziari nell’area del processo civile; una parte dei magistrati e dei professionisti, che vedevano nella efficienza organizzativa un modo per risollevarsi dalla crisi della giustizia27; una parte dell’accademia, che intendeva sfruttare 24. La norma stabilisce regole sulle caratteristiche e l’efficacia del «documento informatico» che si applicano al processo, restando ferme «le disposizioni concernenti il deposito degli atti e dei documenti in via telematica secondo la normativa, anche regolamentare, in materia di processo telematico». Cfr. Art. 20, comma 1-quater, CAD. 25. Ci si riferisce al regolamento (UE) n. 910/2014, entrato in vigore il primo luglio 2016, c.d. regolamento eIDAS (electronic Identification Authentication and Signature) in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno. 26. Le norme sull’identità e il domicilio digitale (art. 3-bis), i pagamenti (art. 5), il domicilio digitale (posta elettronica certificata) (art. 6), gli indici dei domicili digitali (artt. 6-bis e 6-ter), il capo II, sez. I, che prevede le norme sui «documenti informatici» e la conservazione dei fascicoli digitali e la sez. II che prevede le firme elettroniche e la firma digitale, il capo III sul fascicolo informatico e il capo V sui dati delle pubbliche amministrazioni. Il decreto-legge 24 febbraio 2023 n. 13 («Disposizioni urgenti per l’attuazione del PNRR») ha modificato l’art. 22, comma 4-bis, del CAD autorizzando alla conservazione solo digitale delle copie per immagine su supporto informatico di atti e documenti originali formati in origine su supporto analogico, depositati in procedimenti giudiziari civili definiti con provvedimento decisorio non più soggetto a impugnazione da almeno un anno. Lo stesso decreto-legge n. 13/2023 ha poi previsto nell’art. 36 ulteriori disposizioni in materia di deposito telematico nei procedimenti di volontaria giurisdizione. In generale sul codice si v. I. Macrì, Digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella P.A., Wolters Kluwer 2022. 27. Interessante a questo riguardo è la storia di come nasce il progetto bolognese Polis, di cui si farà cenno più avanti, raccontata da M. Jacchia, Presentazione del Convegno, cit.
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le grandi potenzialità insite nell’incontro tra diritto e tecnica per la tenuta del tessuto sociale. L’architettura tecnologica del PCT doveva consentire, nella sua completa e finale costruzione, agli operatori interni (giudici e cancellieri) ed esterni (avvocati, consulenti tecnici, altri ausiliari del giudice, curatori, commissari giudiziali, ecc.) di comunicare e gestire i flussi di informazioni esclusivamente per via telematica 28. Oltre a questi elementi organizzativi, nella sua genesi il processo telematico conteneva la radice di quella trasformazione della giustizia di cui qui si discute, e che è fatta degli elementi che di seguito analizzeremo: anzitutto, si eliminavano i tempi morti legati ad attività non strettamente processuali (registro, informazioni dalla PA) o ai rapporti con l’amministrazione finanziaria; in secondo luogo, si trasformava l’imposta di registro sugli atti giudiziari in altro tributo di pari gettito senza inutili formalità di annotazione; in terzo luogo, si organizzavano i servizi con l’eliminazione di quelli che l’informatica rendeva inutili (ufficio copie, sportello al pubblico, ufficio cronologico) e si recuperava il personale da impiegare come supporto più stretto all’attività giurisdizionale; in quarto luogo, si migliorava la conoscenza dell’attività giurisdizionale, soprattutto di quelle statuizioni sul fatto che attualmente sfuggono alla pubblicità; infine, si permetteva di raccogliere tutti i provvedimenti che riguardano una vicenda processuale, dal primo grado fino alla Cassazione, per monitorare le percentuali di impugnazioni, di riforme delle decisioni ed intervenire su eventuali situazioni patologiche29. Nonostante le premesse, la messa in atto del PCT non è stata certamente lineare, come d’altronde anche molte altre esperienze di questo genere in Europa30. Per molto tempo le resistenze hanno pesato più della volontà di introdurre questa importante novità. Da parte sua, anche la 28. Si intendeva portare così, come indicato, nella galassia del digitale «tutti gli atti e le operazioni compiute nel processo civile, come il deposito degli atti, la trasmissione delle comunicazioni, le notifiche, la consultazione dello stato dei procedimenti risultante dai registri di cancelleria, fino all’intero contenuto dei fascicoli informatici, al pagamento del contributo unificato e agli altri oneri fiscali». Cfr. G. Fichera, Gli istituti del processo telematico nella gerarchia delle fonti anche sovranazionali, in Giustizia digitale, a cura di A. Ciriello, Scuola superiore della magistratura 2022, www.scuolamagistratura.it/ documents/20126/1750902/ssm_q15_v1.pdf, p. 15. 29. V. in questo senso quanto scrive S. Brescia, Il processo telematico nel piano triennale del Ministero della giustizia, in Il Processo Telematico. Nuovi ruoli e nuove tecnologie per un moderno processo civile, a cura di M. Jacchia, il Mulino 2000, pp. 75-88, spec. p. 87. 30. M. Velicogna, E-Justice in Europe: From National Experiences to EU Cross-Border Service Provision, cit.
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giurisprudenza ha dato atto che la dematerializzazione del processo non fosse un’operazione semplice, a vedere il numero delle questioni controverse già nei primi anni di vita del PCT31. I primi passi di quella ambiziosa impresa furono, infatti, contrassegnati da tre errori di prospettiva, purtroppo ancora in parte gravanti sulla operatività del PCT: un’eccessiva distanza e un difetto di integrazione tra le strutture amministrative, la cultura organizzativa e le nuove tecnologie; il mancato avvicinamento della c.d. office automation alla funzione decisoria degli attori sociali del processo, soprattutto sul piano della scrittura degli atti e delle udienze32; la carenza di procedure più coerenti nel caso delle ‘trasformazioni’ di documenti informatici prodotti nelle fasi di merito e di appello in documenti analogici per il deposito del ricorso per Cassazione. Le difficoltà richiamate hanno influenzato grandemente anche le fonti del PCT, contraddistinte tanto sul piano sostanziale quanto sul piano formale da incertezza di fondo dovuta alla mancata integrazione tra le disposizioni relative alla tenuta dei registri informatizzati dei tribunali e la disciplina delle comunicazioni telematiche che poi confluiranno negli stessi registri e archivi. In ragione di questi problemi abbiamo inteso distinguere (idealmente) la realizzazione del PCT, prima dell’ultima riforma del processo civile intervenuta nel 2022, in tre momenti distinti. 3.1. L’avvio lento della dematerializzazione e l’introduzione delle comunicazioni elettroniche nei tribunali La storia del processo telematico italiano, a differenza di altre esperienze come quella francese o dell’UE di cui abbiamo parlato in pre31. Si pensi solo alla giurisprudenza sulla validità delle notifiche M. Reale, Il processo telematico alla prova dei fatti. Dieci dubbi e relativi chiarimenti alla luce della giurisprudenza recente, in Dir. internet, n. 2, 2019, pp. 425-437. 32. Ci si riferisce al fatto che tanto l’attività dei tribunali quanto l’intero sistema delle relazioni organizzative non era concepito come integrato con i registri informatici dei tribunali. L’automatizzazione delle cancellerie, ad esempio, non si integrava con l’automazione introdotta nella scrittura degli atti attraverso il computer. L’esempio più interessante a questo riguardo era il verbale d’udienza. Si v. a tal proposito P. Liccardo, Introduzione al processo civile telematico, in Il Processo Telematico. Nuovi ruoli e nuove tecnologie per un moderno processo civile, a cura di M. Jacchia, il Mulino 2000, pp. 27-74, spec. pp. 40-41 il quale ricorda come «scrittura elettronica e scrittura manuale si alternano (…) impedendo ogni continuità conoscitiva necessaria alla positiva esplicazione della loro funzione processuale» con una perdita della dimensione informativa complessiva.
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cedenza, inizia dalle norme sulla ‘automatizzazione’ dei «registri» che devono essere tenuti presso gli uffici giudiziari. La disciplina originaria aveva come scopo l’introduzione di regole tecniche che consentissero una nuova concezione e progettazione degli hardware da usare per gli archivi, al fine di realizzare un collegamento in rete di tutti gli uffici giudiziari e di tutte le strutture dell’amministrazione della giustizia33. Il primo intervento normativo rivolto a tale scopo era contenuto nell’art. 4 della legge 2 dicembre 1991, n. 399, rubricata «Delegificazione delle norme concernenti i registri che devono essere tenuti presso gli uffici giudiziari e l’amministrazione penitenziaria», che modificava l’art. 28 disp. att. c.p.c., affidando al Ministro della giustizia il compito di disciplinare i registri di cancelleria con la previsione, per la prima volta, della possibilità che il registro civile fosse «tenuto in forma automatizzata». Quella norma venne implementata in via sperimentale in alcuni tribunali italiani34, ma per la sua completa attuazione regolamentare si dovettero aspettare circa dieci anni, quando il d.m. n. 264 del 2000 «Regolamento recante norme per la tenuta dei registri presso gli uffici giudiziari» stabilì che tutti i registri di cancelleria degli uffici giudiziari dovessero essere tenuti in modo informatizzato secondo le regole procedurali fissate dal medesimo Ministero della giustizia35. Le norme sulla 33. A. Villecco Bettelli, Processo telematico, in Dig. disc. priv., cit. 34. La prima tappa che si può definire fondamentale nell’ambito del «processo telematico» è rappresentata dall’iniziativa del Tribunale civile di Bologna, a partire dal 1993, attuata con il progetto «PolisWeb» e con l’avallo del Ministero della giustizia, che consente l’accesso online, da parte dei difensori autorizzati, alle informazioni relative al contenzioso civile, con possibilità di «scaricare» via computer copie semplici di documenti e di prenotarne di autentiche. Sul progetto v. i saggi nel volume di S. Zan (a cura di), Tecnologia, Organizzazione e Giustizia. L’evoluzione del Processo Civile Telematico, cit. 35. La ragione di una attesa così lunga è comprensibile se si legge il preambolo del d.m. del 2000, dove si individua il percorso normativo che ha portato a stabilire l’infrastruttura di regole necessarie per costruire i sistemi di archiviazione automatizzata. Occorreva, infatti, un decreto del Ministro della giustizia che stabilisse «i modelli dei registri da tenere nelle cancellerie dei tribunali ordinari e delle sezioni distaccate nonché le modalità di iscrizione delle cause civili», norme nazionali che prevedessero la progettazione, lo sviluppo e la gestione dei sistemi informativi automatizzati delle amministrazioni statali (arrivate poi con il d.lgs. 12 febbraio 1993, n. 39) e soprattutto disposizioni sulla efficacia degli atti e documenti formati con strumenti informatici e telematici (poi fissate nell’art. 15 della legge 15 marzo 1997, n. 59). Sul piano sostanziale si deve ricordare che la tenuta dei registri su supporto cartaceo restava consentita, previa autorizzazione ministeriale, soltanto in caso di richiesta motivata del capo dell’ufficio interessato e sentito il «responsabile dei sistemi informativi automatizzati».
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tenuta dei registri informatizzati dell’amministrazione della giustizia vennero poi modificate dal d.m. 24 maggio 2001 e successivamente dal d.m. 27 aprile 2009, che dettò «Nuove regole procedurali relative alla tenuta dei registri informatizzati dell’amministrazione della Giustizia»; ancora oggi la disciplina vigente in materia di registri informatici integra la parte organizzativa con il governo dei processi di automazione. Il d.P.R. 13 febbraio 2001, n. 123, «Regolamento recante disciplina sull’uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile, nel processo amministrativo e nel processo dinanzi alle sezioni giurisdizionali della Corte dei conti» ha stabilito per la prima volta una disciplina compiuta e dettagliata sulla formazione e trasmissione dei documenti informatici nel processo civile36. In attesa dell’avvio del PCT, il legislatore diede seguito alle previsioni del 2001 introducendo nel codice di rito e nelle leggi speciali la possibilità di comunicazioni elettroniche di cancelleria37. A tali disposizioni seguirono poi altre estensioni delle regole sulle comunicazioni38 e successivamente la modifica dell’art. 83 del c.p.c., nel quale si stabilisce che la procura alle liti può essere rilasciata anche telematicamente con firma digitale, prevedendo così la facoltà per l’ufficiale 36. L’atto assume le sembianze di un regolamento indipendente ai sensi dell’art. 17, comma 1, lett. c) della legge n. 400 del 1988. Il regolamento governativo disciplinò l’uso degli strumenti informatici non solo nel processo civile ma anche nei processi amministrativi e in quelli innanzi alle sezioni giurisdizionali della Corte dei Conti (art. 18). L’art. 3, comma 3, del d.P.R. n. 123/2001 stabilì che con decreto del ministro della Giustizia, sentita l’Autorità per l’informatica nella pubblica amministrazione, fossero stabilite le «regole tecnico-operative» per il funzionamento e la gestione del sistema informatico civile, nonché per l’accesso ai relativi registri dei difensori delle parti e degli ufficiali giudiziari. La norma venne attuata con il d.m. 14 ottobre 2004 recante «Regole tecnicooperative per l’uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile» poi sostituito dal d.m. 17 luglio 2008 «Regole tecnico-operative per l’uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile». 37. L’art. 17 del d.lgs. 17 gennaio 2003 n. 5, limitatamente alle cause soggette al c.d. rito societario, e poi l’art. 2, comma 1, lett. b) n. 2), della legge 28 dicembre 2005, n. 263 rispetto a tutti i processi, novellando direttamente l’art. 136, comma terzo, c.p.c. e l’art. 170 comma quarto, c.p.c., introdussero la possibilità di eseguire le comunicazioni a mezzo telefax o a mezzo di posta elettronica «nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e teletrasmessi». Una disposizione molto simile venne inserita nella legge fallimentare riformata (d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5) e nell’art. 366 del c.p.c. per quanto riguarda il giudizio in Cassazione. 38. Si v. l’art. 51 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 con il quale venne esteso l’uso della posta elettronica certificata per tutte le comunicazioni e notificazioni di cancelleria.
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giudiziario di notificare atti c.d. «nativi digitali» (art. 137 c.p.c.)39. Va dato atto che il d.P.R. n. 123 del 2001 è stato l’unico tentativo normativo di disciplina organica del processo telematico, dal deposito degli atti e dei provvedimenti, alle notifiche, alle comunicazioni e alla consultazione, con portata applicativa non limitata alla sola giurisdizione civile. Malgrado fossero fortemente innovative, le norme del d.P.R. n. 123/2001 non ebbero applicazione pratica40. 3.2. Il PCT dopo il CAD L’approvazione del CAD nel 2005 ha introdotto nozioni e strumenti che potevano consentire di superare molti dei dubbi interpretativi che erano sorti in ordine alla praticabilità delle disposizioni normative sul PCT. Fu così che dopo quattro anni, nel 2009, il Governo decise di cambiare radicalmente l’approccio al tema del processo telematico attraverso una nuova disciplina che sostituisse le mai applicate disposizioni del d.P.R. n. 123/2001. Con l’art. 4, comma 1, del decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193, convertito, con modificazioni, nella legge 22 febbraio 2010, n. 24, recante «misure urgenti per la digitalizzazione della giustizia», venne imposta per legge una sostanziale delegificazione del diritto processuale telematico41. Il secondo comma dell’art. 4, con un’innovazione sostanziale della disciplina applicabile, stabiliva che «(n)el processo civile e nel processo penale, tutte le comunicazioni e notificazioni per via telematica si effettuano mediante posta elettronica certificata» sulla base delle norme del CAD e delle regole tecniche stabilite con i d.m. previsti dal primo comma. 39. Art. 45 della legge 18 giugno 2009, n. 69. 40. Sul tema si v. C. Maiolini, Il Sistema Informatico Civile nel Processo Civile Telematico, in Informatica e Diritto, n. 1-2, 2007, pp. 23-52; B. Fabbrini, Il processo civile telematico, tra interpretazione del vigente e future evoluzioni, cit. 41. Si affidava a un decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, il compito di individuare le «regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione», con l’unico criterio direttivo che siffatte regole fossero adottate in attuazione dei principi previsti dal CAD. Restava fermo, poi, che le «regole tecniche» vigenti all’entrata in vigore del decreto-legge n. 193/2009 continuassero ad applicarsi soltanto fino alla data di entrata in vigore del detto decreto del Ministro della giustizia. L’adozione di tali regole avrebbe fatto quindi venire meno l’efficacia del d.P.R. n. 123/2001.
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Sulla scorta di queste norme, il Ministero della giustizia adottò il d.m. 21 febbraio 2011, n. 44, contenente il «Regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione». Il regolamento del 2011, più volte modificato negli anni immediatamente successivi42, dettò la disciplina del processo telematico, sia civile che penale, attraverso la predisposizione di una serie di norme di dettaglio sulla tenuta dei registri informatici di cancelleria, sui depositi telematici degli atti, nonché sulle comunicazioni e notificazioni, comprese quelle tra gli avvocati43. Il particolare sistema utilizzato per disciplinare il processo telematico, costruito a partire da una norma primaria che pone i principi (art. 4 del decreto-legge n. 193 del 2009) e una norma regolamentare approvata con d.m. che doveva disciplinare in concreto il processo telematico44, è stato messo in crisi – almeno per il PCT – dal sopravvenire di talune norme, tutte di rango primario, intervenute dopo il d.m. n. 44/2011, che hanno disciplinato taluni aspetti del processo telematico già compiutamente comprese nel cennato regolamento ministeriale. Fu così che a partire dall’estate del 2011 le norme sul PCT attraversarono un lungo periodo di continue modifiche che hanno reso l’intera impalcatura alquanto complessa. I micro interventi normativi compiuti dal legislatore in quel periodo sono stati, in quasi tutti i casi, privi di una visione complessiva. Il legislatore ha prima modificato alcuni articoli del c.p.c. – segnatamente gli articoli 125, 136 e 366 – per avviare le comu42. Intervenute con il d.m. (giustizia) del 15 ottobre 2012, n. 209 e d.m. (giustizia) 3 aprile 2013, n. 48. 43. Il d.m. n. 44/2011 prevedeva l’utilizzazione anche per il processo civile dell’ordinaria posta elettronica certificata (c.d. PEC) in sostituzione di un apposito sistema di posta elettronica certificata (la c.d. CPECPCT, acronimo di Casella di Posta Elettronica Certificata per il Processo Civile Telematico) (F. Ferrari, Capitolo XXIV. Il processo civile telematico, in Diritto processuale civile, I, Utet 2015, pp. 1245-1282). L’art. 34 del d.m. stabiliva che le «specifiche tecniche» fossero stabilite dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia (DGSIA), sentito DigitPA e, limitatamente ai profili inerenti alla protezione dei dati personali, il Garante per la protezione dei dati personali e che fossero pubblicate nell’area liberamente accessibile del portale dei servizi telematici del Ministero. Il primo decreto del Direttore generale DGSIA venne adottato il 18 luglio 2011 (pubblicato nella G.U. del 29 luglio 2011), seguito da un nuovo provvedimento datato 16 aprile 2014 (pubblicato nella G.U. del 30 aprile 2014), modificato successivamente il 28 dicembre 2015 (pubblicato nella G.U. del 7 gennaio 2016). 44. Regolamento che, a sua volta, affida a un provvedimento di un direttore generale del medesimo ministero l’adozione delle «specifiche tecniche», operanti per le questioni di natura puramente informatica.
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nicazioni di cancelleria a mezzo PEC45 e poi ha ‘rilegificato’ disposizioni prima di rango regolamentare attraverso il decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221. La sezione VI del decreto-legge n. 179/2012 è stata così popolata a più riprese da norme sulla c.d. «Giustizia digitale» che lo hanno portato dai tre articoli originari – di cui solo uno dedicato al processo telematico – a tredici articoli (essendosi aggiunti gli artt. 16-bis, 16-ter, 16-quater, 16-quinquies, 16-sexies, 16-septies, 16-octies, 16-novies, 16-decies e 16-undecies)46. Grazie agli interventi normativi così predisposti, si è sostanzialmente finito per introdurre, attraverso atti aventi forza di legge, sia pure in maniera alquanto alluvionale, una complessa disciplina sul PCT, che spazia dalle comunicazioni e notificazioni di cancelleria, all’obbligatorietà dei depositi di tutti gli atti endoprocessuali (compresi quelli del giudice per il procedimento monitorio), fino alle notifiche telematiche a cura degli avvocati, previste dal novellato art. 3-bis della legge 21 gennaio 1994, n. 5347. Alla luce delle norme così confezionate, è stato possibile, dopo molti anni dall’avvio dell’idea, realizzare il passaggio al processo civile telematico il 30 giugno del 2015. 3.3. La dematerializzazione del processo durante la pandemia: la garanzia delle ‘esigenze’ costituzionali La politica di «distanziamento sociale» ovvero, con espressione inglese, il «lockdown», è stata una delle strategie usate dai governi all’indomani della diffusione del Covid-19 per evitare il dilagare dei contagi. La chiusura forzata di tutti i luoghi che consentissero contatti umani non ha 45. Decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 «Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria», convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 11; decreto-legge 13 agosto 2011 n. 138 «Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo» convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148; legge 12 novembre 2011, n. 183 «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato». 46. La tecnica di modifica della sezione VI del decreto-legge n. 179 del 2012 ha rappresentato uno dei profili più complessi dell’intera vicenda legata all’attivazione del processo telematico, tanto che l’obbligatorietà del PCT (con una certa gradualità temporale e solo per alcune procedure) è stata prevista per la prima volta solo nel decreto-legge 3 maggio 2016, n. 59, convertito con modificazioni dalla legge 30 giugno 2016, n. 119. 47. Si ricordi anche che il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni dalla legge n. 114 del 2014, ha destinato ingenti risorse finanziarie all’avvio del PCT.
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risparmiato il settore della giustizia. I primi interventi della fase emergenziale furono prevalentemente volti a sospendere o rinviare tutte le attività processuali, allo scopo di ridurre al minimo le forme di contatto personale che favorissero il propagarsi dell’epidemia. La sospensione e il rinvio – come è noto – non durarono molto. Dopo alcune settimane, il governo cambiò strategia sia ricorrendo, laddove avviati, al potenziamento dei ‘processi telematici’48, sia consentendo alcune attività giudiziarie da remoto49, in modo da ridurre gli effetti negativi che il differimento delle attività processuali potesse avere sulla tutela dei diritti per effetto del potenziale decorso di alcuni termini processuali50. Tali misure sono state operative fino al 31 dicembre 2022. 48. Il potenziamento dell’infrastruttura telematica, al fine limitato di evitare assembramenti nelle cancellerie degli uffici giudiziari fu previsto in realtà già nel poi soppresso decreto-legge 8 marzo 2020, n. 11. La misura, tuttavia, venne introdotta in maniera più puntuale dall’art. 83, comma 11, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, dove si stabiliva che dal 9 marzo al 30 giugno 2020 negli uffici dove era disponibile il «servizio di deposito telematico» anche gli atti e documenti di cui all’art. 16-bis, comma 1-bis, del citato decretolegge n. 179 del 2012, segnatamente gli atti introduttivi del giudizio (atto di citazione, ricorso o comparsa di costituzione), fossero depositati esclusivamente con le modalità della trasmissione telematica. Le disposizioni sono state confermate dall’art. 221, comma 3, del decretolegge 19 maggio 2020, n. 34 – che di fatto contiene la formulazione più matura alla quale è arrivato il legislatore dell’emergenza – e poi prorogate dal decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137 e dal decreto legge 1 aprile 2021, n. 44 fino al termine della emergenza pandemica. Il citato art. 83 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 prevedeva anche che per i procedimenti civili dinnanzi alla Corte di Cassazione «il deposito degli atti e dei documenti da parte degli avvocati può avvenire in modalità telematica». Come è noto tale possibilità è divenuta effettiva a decorrere dal 31 marzo 2021 con il provvedimento del Direttore generale del DGSIA. 49. In realtà per svolgere le udienze civili in una modalità diversa dalla tradizionale attuazione in presenza (al fine di garantire il distanziamento sociale) il Governo, prima con l’art. 83 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 e poi con l’art. 221 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (e le sue successive modifiche) ha previsto due modalità che qui si sintetizzano. La prima modalità stabilisce che il giudice può disporre la sostituzione, per le udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti, con il deposito telematico di note scritte contenenti le sole istanze e le conclusioni. Tale forma è stata denominata «udienza scritta» ovvero «udienza cartolare». La seconda modalità prevede che, qualora l’udienza non richieda la presenza di soggetti diversi dai difensori, dalle parti e dagli ausiliari, il giudice – con il consenso preventivo delle parti – può disporre che l’udienza si svolga mediante collegamenti audiovisivi a distanza. Il giudice si deve trovare all’interno dell’ufficio giudiziario e deve curare la salvaguardia del contraddittorio e l’effettiva partecipazione delle parti. La prassi denomina questa forma come «udienza da remoto». Per un primo commento su tali modalità si v. P. Biavati, Processo civile e pandemia: che cosa passa, che cosa rimane, cit. 50. G. Fichera, E. Escriva, Le quattro fasi del processo civile al tempo della pandemia, in Judicium - Il Processo civile in Italia e in Europa, 2 febbraio 2021 (www.judicium.it/lequattro-fasi-del-processo-civile-al-tempo-della-pandemia/#_ftn62).
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Non è questa la sede per esaminare nel dettaglio la copiosa disciplina emergenziale che, pur con alcuni problemi sul piano delle fonti del diritto51, ha consentito il conseguimento dell’obiettivo di non fermare la macchina della giustizia ma di trasformarla e di usare in maniera intelligente l’infrastruttura telematica, laddove già attiva52. Dedicheremo, invece, un’analisi critica alla disciplina emergenziale cercando di tirare le fila di tale esperienza nell’ottica della ricerca dei caratteri che dovrà avere il «giusto» processo digitale. La prima riflessione riguarda la resilienza mostrata dal legislatore durante il periodo pandemico. La disciplina emergenziale della giustizia ha costituito, infatti, un ottimo banco di prova per rivedere le norme del codice di rito e per raggiungere una maggiore efficacia ed efficienza processuale attraverso la ‘flessibilità’ di alcuni adempimenti e delle udienze, senza rinunciare alle garanzie del giusto processo53. La seconda considerazione attiene al rapporto tra gli strumenti del processo telematico e la garanzia dei diritti fondamentali nel processo. Malgrado le difficoltà derivanti dall’affidare maggiore peso alla discrezionalità del giudice (da bilanciare con strumenti molto puntuali per il rispetto della legalità e dei principi costituzionali), si comprende che la digitalizzazione funziona soprattutto come mezzo al servizio della maggiore flessibilità delle regole processuali e come un nuovo modo per ga51. Prontamente rilevati dalla più attenta dottrina F. Dal Canto, Il sistema giustizia alla prova dell’emergenza pandemica, tra forme e sostanza, in Rivista AIC, n. 2, 2021, pp. 110142; S. Barbareschi, Decisioni del Comitato tecnico-scientifico, discrezionalità e rispetto del principio di legalità nel settore giustizia durante l’emergenza da Covid-19, in Oss. sulle fonti, n. 1, 2022, pp. 683-700, spec. pp. 690 ss. In generale sui problemi delle fonti nel periodo pandemico si v. A. Cardone, Modello costituzionale e trasformazione del sistema delle fonti nelle crisi economica e pandemica. Emergenza e persistenza, in Osservatorio sulle fonti, n. 3, 2022, pp. 509-590. 52. G. Fichera, E. Escriva, Le quattro fasi del processo civile al tempo della pandemia, cit. 53. La dottrina si è chiesta se il diritto processuale pandemico, con le trasformazioni relative alle diverse modalità di celebrazione delle udienze che sfruttano le innovazioni tecnologiche, non possa essere considerato come una opportunità che meglio risponde all’obiettivo di garantire «un impiego proporzionato delle risorse giudiziali rispetto allo scopo della giusta composizione della controversia entro un termine ragionevole, tenendo conto della necessità di riservare risorse agli altri processi». I. Pagni, Le misure urgenti in materia di giustizia per contrastare l’emergenza epidemiologica: un dibattito mai sopito su oralità e pubblicità dell’udienza, in Judicium - Il processo civile in Italia e in Europa, 15 dicembre 2020 (www.judicium.it/le-misure-urgenti-materia-giustizia-contrastare-lemergenzaepidemiologica-un-dibattito-mai-sopito-oralita-pubblicita-delludienza/).
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rantire tanto il diritto di difesa e il contraddittorio quanto le garanzie del processo giusto54. Va tenuto comunque in considerazione che, nell’ottica di un corretto bilanciamento tra i principi e diritti in gioco, il legislatore dell’emergenza, nel rivedere nel tempo le disposizioni processuali, ha previsto correttamente che, pur di fronte a una previsione del giudice di fare svolgere una data udienza con modalità cartolari o da remoto, anche una sola delle parti abbia il diritto di chiedere lo svolgimento dell’udienza in presenza55. Rispetto alle garanzie e alle esigenze del processo civile va pure notato che il ribaltamento tra il metodo normale (presenza fisica) e le modalità alternative (videopresenza o solo cartolare) nello svolgimento delle udienze ha contribuito a focalizzare l’attenzione su quali fossero le esigenze insopprimibili di ‘oralità’56 e di ‘immediatezza’ e quali, invece, fossero quegli snodi processuali non essenziali per garantire l’effettiva difesa delle parti57. Le modalità alternative, infatti, pur non determinando una immediata lesione dei diritti delle parti, producevano una compressione delle prerogative dei giudici, il cui convincimento rischiava di verificarsi attraverso elementi dell’esperienza più tenui e leggeri rispetto a quanto invece avviene nelle udienze di persona58. A ciò si aggiunge un 54. P. Biavati, Processo civile e pandemia: che cosa passa, che cosa rimane, cit. 55. Su questo punto si v. le considerazioni volte a evitare l’arbitrio dei giudici sostenute da A. Tedoldi, Il giusto processo (in)civile in tempo di pandemia, Pacini Giuridica 2021, pp. 22 ss. 56. Molto efficace la prospettiva sull’oralità nella sua accezione contemporanea relativamente al processo civile di C. Cecchella, Trattazione scritta, a distanza, digitalizzazione degli atti: cosa resterà nel processo civile dell’emergenza epidemiologica, in Questione giustizia, 15 febbraio 2021 (www.questionegiustizia.it/data/doc/2801/cecchella-emergenzaeprocciv.pdf) 57. Molto interessanti a questo proposito le osservazioni di P. Biavati, Processo civile e pandemia: che cosa passa, che cosa rimane, cit., p. 139, il quale fa notare che «vi sono udienze create dalla prassi giudiziaria, ma non strettamente previste dalla lettera del codice: queste udienze, che definirei artificiali, sono quelle in cui la modalità burocratica è del tutto prevalente, l’oralità ridotta ad un simulacro e, dunque, prive della capacità di resistere alla pressione di modalità, non troppo diverse quanto agli effetti e molto più comode, sul piano logistico, sia agli avvocati che ai giudici. (…) Accanto a queste, altre udienze (quelle destinate all’assunzione dei mezzi di prova, ai tentativi di conciliazione o alla presentazione di proposte conciliative o transattive, oppure fissate per discutere e definire effettivamente dati passaggi processuali) confermano la loro vocazione all’oralità e, per converso, soffrono dell’inadeguatezza delle forme cartolari o remote». 58. Va notato che l’art. 83, comma 7, lett. h) del decreto-legge n. 18 del 2000 consente al capo dell’ufficio di disporre lo svolgimento dell’udienza mediante «lo scambio e il deposito in telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni», quando
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vulnus specifico per la partecipazione del pubblico alle udienze, stante l’evidente limitazione durante il periodo di chiusura forzata59. La disciplina emergenziale stimola anche una terza riflessione circa il precedente che si è determinato nella situazione post-pandemica. Al di là di quanto è stato previsto dal legislatore nella riforma di cui parleremo infra, la normazione emergenziale non può essere sottovalutata o considerata una mera parentesi. Quel periodo è più di una finestra sul futuro attraverso la quale abbiamo potuto fare esperienza di istituti innovativi sui quali gli stessi operatori del diritto si erano dimostrati assai scettici60. Quanto all’uso sistematico del PCT e di strumenti innovativi, dunque, il periodo pandemico dimostra che l’uso stabile delle forme di digitalizzazione rappresenta la soluzione migliore che il legislatore potesse scegliere61. Nella logica della trasformazione e della flessibilità, infatti, le varie forme di udienza dovranno coesistere con la direzione di marcia che il processo prenderà negli anni a venire, garantendo che la modalità in presenza sia salvaguardata tutte le volte in cui il confronto appaia ‘utile’. Le norme emergenziali confermano pure un dato che i più ricordano spesso, e cioè che il funzionamento della giustizia civile oggi più che in passato è la stessa non richieda la presenza di soggetti diversi dai difensori. Se si considera attentamente la norma, lo scambio/deposito non può rappresentare una diversa modalità di svolgimento dell’udienza poiché manca del tutto la direzione del giudice idonea a dare ordine e proficuità alla discussione in contraddittorio, come previsto dall’art. 127 c.p.c. In quella circostanza non è concessa alle parti nessuna facoltà di chiarimento delle proprie argomentazioni e di contestazione di quelle avversarie come richiederebbe il principio del contraddittorio. Rilievi critici su tali disposizioni sono svolti da A. Pajno, Intelligenza artificiale e autonomia del giudice. Il ruolo del fatto e il valore del precedente, cit., p. 392 e da F. Dal Canto, Il sistema giustizia alla prova dell’emergenza pandemica, tra forme e sostanza, cit. 59. Sul punto è evidente che il legislatore ha dovuto districarsi tra esigenze processuali e ragioni legate al contenimento della pandemia, come ricorda I. Pagni, Le misure urgenti in materia di giustizia per contrastare l’emergenza epidemiologica: un dibattito mai sopito su oralità e pubblicità dell’udienza, cit. È stato fatto notare che il principio di pubblicità si sarebbe potuto garantire attraverso la disponibilità di un link alle stanze virtuali delle udienze. S. Barbareschi, Decisioni del Comitato tecnico-scientifico, discrezionalità e rispetto del principio di legalità nel settore giustizia durante l’emergenza da Covid-19, cit., p. 697. 60. J.M. Baldwin, J.M. Eassey, E.J. Brooke, Court Operations during the Covid-19 Pandemic, cit.; D. Matyas, P. Wills, B. Dewitt, Imagining Resilient Courts: from Covid-19 to the Future of Canada’s Court System, cit. 61. G. Ruffini, Emergenza epidemiologica e processo civile, in Questione giustizia, 15 febbraio 2021 (www.questionegiustizia.it/data/doc/2801/ruffini-relazione-pisa-versioneaggiornata-al-28-1-2021.pdf).
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legato a un doppio fattore abilitante: da un lato, le norme codicistiche e di legge e, dall’altro, la struttura della organizzazione giudiziaria62. 3.4. La piena realizzazione del PCT nella recente riforma del processo civile La piena realizzazione del ‘processo civile telematico’ costituisce uno degli obiettivi specifici della delega contenuta nella legge 26 novembre 2021, n. 20663. La riforma è uno degli obiettivi principali indicati nel PNRR. A giustificazione dell’ingente investimento europeo e nazionale, l’intervento mira a ridurre i tempi dei processi civili del 40% entro il 2026 e a costruire così un ambiente di regole favorevole agli investimenti privati in Italia64. D’altronde, la giustizia civile è una «componente essenziale di ogni economia moderna, in quanto a essa spetta la tutela giuridica dell’investimento e dello scambio, ossia dei due momenti caratterizzanti l’attività economica»65. 62. Come ricordano A. Villecco Bettelli, Processo telematico, in Dig. disc. priv., cit. e P. Liccardo, Introduzione al processo civile telematico, cit. i due fattori non possono essere considerati slegati né parti di mondi separati. 63. Rubricata «Delega al Governo per l’efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata». Sull’iter che ha portato alla approvazione della legge delega si v. A. Cardone, E. Santoro, The Cartabia reform of the judicial system the passing of the baton to the Meloni government, in Contemporary Italian Politics, n. 2, 2023, pp. 1 ss.; G. Gilardi, Introduzione. La riforma della giustizia civile: dal ddl 1662/S/XVIII alla legge delega 26 novembre 2021, n. 206, in Quest. giust., n. 3, 2021, pp. 8-27. Deve essere ricordato che la riforma è frutto di un ‘innesto’ normativo sul disegno di legge presentato dal precedente Ministro della Giustizia Bonafede. Lo segnala E. D’Alessandro, La riforma della giustizia civile secondo il Piano nazionale di ripresa e resilienza e gli emendamenti governativi al d.d.l. n. 1662/S/XVIII. Riflessioni sul metodo, in Giustizia Insieme, 31 maggio 2021 (www.giustiziainsieme.it/it/processo-civile/1758la-riforma-della-giustizia-civile-secondo-il-piano-nazionale-di-ripresa-e-resilienza-e-gliemendamenti-governativi-al-d-d-l-n-1662-s-xviii-riflessioni-sul-metodo-di-elena-d-alessandro). In generale sull’intervento normativo v. anche P. Biavati, La riforma del processo civile: motivazioni e limiti, in Riv. trim. dir. proc. civ., n. 1, 2022, pp. 45-57; I. Pagni, Gli obiettivi della riforma della giustizia civile tra efficienza del processo, effettività della tutela e ragionevole durata, in Scritti in onore di Bruno Sassani, a cura di R. Tiscini, F. P. Luiso, Pacini editore 2022, pp. 1867-1877. 64. Sul rapporto tra il raggiungimento degli obiettivi di efficienza economica e la speditezza del processo civile si v.no i rilievi di D. Mercadante, Il pane, le rose, la concorrenza, in Quest. giust., n. 3, 2021, pp. 43-54. 65. Cfr. Procura generale della Corte suprema di cassazione, Intervento del Procuratore Generale Luigi Salvato nell’Assemblea generale della Corte sulla amministrazione della
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A questo riguardo la legge contiene tre interventi: il potenziamento dell’ufficio per il processo, lo sviluppo della mediazione e delle altre forme di risoluzione alternativa delle liti e una significativa revisione del codice di procedura civile66. Sul piano della tecnologia, la riforma mette a frutto quanto imparato durante la pandemia67: le udienze cartolari e da remoto, la generalizzazione delle notifiche attraverso la PEC, il processo telematico di fronte a tutti gli organi giurisdizionali, inclusa la Suprema Corte di cassazione. L’indirizzo generale è che il processo civile si possa svolgere d’ora in poi anche in modo digitalizzato, purché ciò avvenga secondo le garanzie costituzionali68. giustizia nell’anno 2022, cit. Come rileva il documento, la letteratura economica, da alcuni anni ormai, studia il nesso che lega funzionamento del sistema giudiziario e crescita economica di medio-lungo periodo. Gli studi empirici hanno indagato il legame tra efficienza del sistema giudiziario e funzionamento del sistema economico nell’ambito di modelli di equilibrio economico parziale relativi a un singolo paese. 66. Come si legge all’interno del sito internet del PNRR stesso, «l’obiettivo di una giustizia più effettiva ed efficiente, oltre che più giusta» segue tre direttrici tra loro inscindibili e complementari: il «piano organizzativo», la «dimensione extraprocessuale» e quella «endoprocessuale», sottolineando la priorità dell’«azione riorganizzativa della macchina giudiziaria e amministrativa» (www.italiadomani.gov.it/it/Interventi/riforme/ riforme-orizzontali/riforma-della-giustizia.html). 67. Si v. sul tema I. Pagni, Le misure urgenti in materia di giustizia per contrastare l’emergenza epidemiologica: un dibattito mai sopito su oralità e pubblicità dell’udienza, cit. 68. L’art. 1, comma 17, della legge delega prevede cinque principi e criteri direttivi che riguardano la delega: prevedere che, nei procedimenti innanzi al giudice di pace, al tribunale, alla corte d’appello e alla Corte di cassazione, il deposito dei documenti e di tutti gli atti delle parti che sono in giudizio con il ministero di un difensore abbia luogo in modo esclusivo tramite modalità telematiche, ovvero anche mediante ulteriori mezzi tecnologici, e che spetti al capo dell’ufficio autorizzare il deposito con modalità non telematiche unicamente quando i sistemi informatici del dominio giustizia non siano funzionanti e sussista una situazione d’urgenza, garantendo che agli interessati sia fornita conoscenza adeguata e tempestiva pure dell’avvenuta riattivazione del sistema; prevedere che, in tutti i procedimenti civili, il deposito telematico di atti e documenti di parte possa avvenire anche con soluzioni tecnologiche differenti dall’impiego della posta elettronica certificata nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici; prevedere che, in ipotesi di impiego di soluzioni tecnologiche differenti dalla posta elettronica certificata, in tutti i procedimenti civili, il deposito si abbia per avvenuto nel momento ove sia generato il messaggio di conferma del completamento della trasmissione; rivedere la disciplina delle attestazioni di conformità, ex articoli 16-bis, comma 9-bis, 16-decies e 16-undecies del d.l. n. 179/2012, convertito con modificazioni dalla legge n. 221/2012, per consentire tali attestazioni per tutti gli atti trasmessi con modalità telematiche all’ufficiale giudiziario ovvero dallo stesso ricevuti con le medesime modalità; misure di riordino e implementazione delle disposizioni in materia di PCT; prevedere che, fatta salva la possibilità per le parti costituite di opporsi, il giudice può, o deve in caso di richiesta congiunta delle
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In attuazione delle previsioni della legge n. 206/2021 sono stati approvati, per il processo civile, due decreti legislativi, il n. 149 e il n. 151 del 10 ottobre 202269. Mentre il secondo si riferisce all’ufficio del processo e non verrà analizzato in questa sede, il d.lgs. n. 149/2022 introduce importanti novità in materia di PCT. Oltre a modificare la disciplina già vigente, adeguandola alle disposizioni del PCT, anche cambiando la formulazione e la collocazione di alcune disposizioni, il legislatore delegato ha cristallizzato quelle norme che erano state emanate durante la pandemia, in particolare la disciplina delle udienze mediante collegamenti audiovisivi. La riforma, inoltre, aggiunge un Titolo V-ter (composto da 3 capi e 11 articoli), rubricato «Disposizioni relative alla giustizia digitale», alle disposizioni di attuazione del c.p.c., sostituendo così le disposizioni già contenute nel citato decreto-legge n. 179/2012. Una complessa disciplina transitoria accompagna l’entrata in vigore delle nuove norme sul processo telematico70. Nel d.lgs. n. 149/202271 si stabilizzano le udienze da remoto e le udienze cartolari introdotte per far fronte all’emergenza pandemica dal decreto-legge n. 18/2020. Si introduce un nuovo comma all’art. 127 c.p.c. che introduce la facoltà per il giudice di disporre lo svolgimento delle udienze mediante collegamenti audiovisivi a distanza o sostituirne la celebrazione con il deposito di note scritte. parti, disporre che le udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori, dalle parti, dal pubblico ministero e dagli ausiliari del giudice siano sostituite dal deposito telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni da effettuare entro il termine perentorio stabilito dal giudice; prevedere che il giudice, in luogo dell’udienza di comparizione per il giuramento del consulente tecnico d’ufficio, può disporre il deposito telematico di una dichiarazione sottoscritta con firma digitale recante il giuramento di cui all’articolo 193 del codice di procedura civile. 69. Il primo contiene l’«Attuazione della legge 26 novembre 2021, n. 206, recante delega al Governo per l’efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata», mentre il secondo prevede «Norme sull’ufficio per il processo». Molte delle norme riferite alla riforma del processo civile, tra cui quelle relative al processo telematico, sono entrate in vigore il 1° gennaio 2023, mentre altre entrano in vigore tra il 28 febbraio e il 30 giugno 2023. 70. L’art. 35 del d.lgs. n. 149/2022 stabilisce che l’obbligo di deposito telematico degli atti vige dal 1° gennaio 2023 anche per i procedimenti pendenti presso tribunali, corti di appello e Corte di cassazione (tranne per i dipendenti che stanno in giudizio in rappresentanza delle loro amministrazioni), dal 28 febbraio si applica ai dipendenti di cui si avvalgono le pubbliche amministrazioni per stare in giudizio personalmente, mentre dal 30 giugno 2023 anche per i procedimenti pendenti presso giudici di pace, tribunale per i minorenni, commissario per la liquidazione degli usi civici e tribunale superiore delle acque pubbliche. 71. V. l’art. 3, comma 10.
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I nuovi articoli 127-bis 72 e 127-ter 73 c.p.c. disciplinano rispettivamente i casi e i modi dell’udienza da remoto o cartolare74. Non è previsto 72. L’articolo 127-bis c.p.c. («Udienza mediante collegamenti audiovisivi») precisa che l’udienza mediante collegamenti audiovisivi è consentita anche per ipotesi di court hearing pubbliche. In tal caso, la pubblicità dell’udienza dovrà essere garantita tramite l’adozione delle modalità stabilite da appositi provvedimenti del direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero (DGSIA). È inoltre prevista la possibilità che l’udienza si svolga in modalità mista, cioè in presenza per le parti che ne hanno fatto richiesta e con collegamento audiovisivo per le altre parti. In tal caso anche per le parti che non avevano avanzato la relativa richiesta possono partecipare di persona all’udienza. La norma detta le ‘esclusioni’ e scandisce una definita cadenza procedimentale così individuabile: (a) lo svolgimento dell’udienza, anche pubblica, mediante collegamenti audiovisivi a distanza può essere disposto dal giudice quando non è richiesta la presenza di soggetti diversi dai difensori, dalle parti, dal pubblico ministero e dagli ausiliari del giudice; (b) il relativo provvedimento è comunicato alle parti almeno quindici giorni prima dell’udienza; (c) ciascuna parte costituita, entro cinque giorni dalla comunicazione, può chiedere che l’udienza si svolga in presenza; (d) il giudice, tenuto conto dell’utilità e dell’importanza della presenza delle parti in relazione agli adempimenti da svolgersi in udienza, provvede nei cinque giorni successivi con decreto non impugnabile, con il quale può anche disporre che l’udienza si svolga alla presenza delle parti che ne hanno fatto richiesta e con collegamento audiovisivo per le altre parti (in tal caso resta ferma la possibilità per queste ultime di partecipare in presenza); (e) se ricorrono particolari ragioni di urgenza, delle quali il giudice dà atto nel provvedimento, i termini di cui al secondo comma possono essere abbreviati. È, inoltre, esclusa la possibilità di tenere udienza in videoconferenza nel caso di escussione di testimoni, sommari informatori e, in generale, nel caso si renda necessaria la presenza all’udienza di soggetti ulteriori rispetto ai difensori, alle parti, al pubblico ministero ed agli ausiliari del giudice. 73. L’articolo 127-ter c.p.c. («deposito di note scritte in sostituzione dell’udienza») contiene, invece, la disciplina della «udienza cartolare». La disposizione precisa che l’udienza, anche se precedentemente fissata, può essere sostituita – ad assoluta discrezione del giudice – dal «deposito di note scritte», contenenti le sole istanze e conclusioni, se non richiede la presenza di soggetti diversi dai difensori, dalle parti, dal pubblico ministero e dagli ausiliari del giudice. Negli stessi casi, l’udienza è sostituita dal deposito di note scritte se ne fanno richiesta tutte le parti costituite. Va dato atto che la norma richiederà certamente un aggiustamento in ragione della sua incompatibilità con la previsione dell’art. 183 c.p.c. nel quale è disposto l’obbligo della comparizione personale delle parti. Una novità molto importante riguarda la fissazione di termini standardizzati per il deposito delle menzionate note, che oggi viene indicato in non meno di 15 giorni decorrenti dal provvedimento del Magistrato. Difatti, con l’atto sostitutivo dell’udienza il giudice assegna un termine perentorio non inferiore a quindici giorni per il deposito delle note. Ciascuna parte costituita può opporsi entro cinque giorni dalla comunicazione; il giudice provvede nei cinque giorni successivi con decreto non impugnabile e, in caso di istanza proposta congiuntamente da tutte le parti, dispone in conformità. Se ricorrono particolari ragioni di urgenza, delle quali il giudice dà atto nel provvedimento, i termini di cui al primo e secondo periodo possono essere abbreviati. Il giudice provvede poi entro trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle note. 74. Insieme a tali disposizioni è stato approvato anche un nuovo art. 196-duodecies delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile e le disposizioni transitorie, di cui si parlerà più avanti.
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alcun obbligo o automatismo in ordine all’utilizzazione di tali nuove modalità di udienza. La decisione è lasciata al giudice, in coerenza con il potere di direzione dell’udienza a quest’ultimo attribuito in via generale dal medesimo articolo 127 del c.p.c., secondo un rigoroso perimetro di esclusioni75. I presupposti per l’udienza in forma cartolare sono i medesimi richiesti dall’art. 127-bis c.p.c. per la celebrazione dell’udienza con collegamenti audiovisivi a distanza. Tuttavia, in relazione alla prima modalità di udienza è dato un più ampio spazio sia al giudice sia alla volontà delle parti costituite76. Infatti, le stesse possono congiuntamente richiedere al giudice tale forma di trattazione o, al contrario, opporsi ad essa77. L’effetto ‘sostitutivo’ dell’udienza si realizza perché il giorno di scadenza del termine assegnato per il deposito delle note di cui all’art. 127-ter viene considerato data di udienza a tutti gli effetti (quali, ad esempio, il calcolo di termini stabiliti a ritroso a decorrere dall’udienza)78. 75. Si prevede un meccanismo estintivo simile a quello disciplinato dall’art. 181 c.p.c.: se nessuna delle parti deposita le note nel termine assegnato, il giudice assegna un nuovo termine perentorio per il deposito delle note scritte o fissa l’udienza; se nessuna delle parti deposita le note nel nuovo termine o compare all’udienza, il giudice ordina che la causa sia cancellata dal ruolo e dichiara l’estinzione del processo. 76. La discrezionalità assoluta del magistrato sulla scelta della trattazione scritta desta qualche perplessità; così come è assolutamente discrezionale la deliberazione dell’‘opposizione’ al provvedimento di fissazione finalizzato alla richiesta dell’udienza in presenza. Forse occorreva assegnare al giudice tempi certi per comunicare la scelta alle parti, onde evitare intuibili disagi dovuti a udienze che erano fissate in presenza ma che poi si trasformano improvvisamente in trattazioni scritte. Inoltre, come rilevato dai primi commenti (L. Biarella, Processo civile: il deposito telematico diventa sempre obbligatorio, in Guida al diritto, n. 10, 2023, pp. 8-16) al fine di garantire il contraddittorio sarebbe stato indispensabile prevedere la fissazione di due termini, uno per le note scritte e l’altro per la replica, considerato che la trattazione scritta sostituisce l’udienza in presenza. Appariva più rispondente a esigenze di speditezza la normativa previgente (art. 221, comma 4, del decreto-legge n. 34/2020) secondo cui ciascuna delle parti può presentare istanza di trattazione orale entro cinque giorni dalla comunicazione del provvedimento; al posto della norma odierna che prevede, sempre nei cinque giorni, che la parte costituita possa “opporsi”. Sembrerebbe, altresì, opportuno stabilire che il giudice sia tenuto a fissare l’udienza in presenza anche se l’istanza proviene da una sola parte. 77. A leggere tale norma, in queste ipotesi la volontà di tutte le parti risulta vincolante per il giudice. Se, invece, è solo una parte ad opporsi alla trattazione cartolare (nei cinque giorni successivi alla comunicazione), il giudice provvede nei cinque giorni successivi con decreto non impugnabile. 78. Si ricollegano a tale termine tutti gli effetti processuali conseguenti alla data di udienza.
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Il principio base relativamente alle notificazioni è il c.d. PEC first 79. Si abolisce la possibilità di trasmettere gli atti e i documenti a mezzo fax, ma soprattutto si stabilisce che agli ufficiali giudiziari si affiancano nell’attività ordinaria di notifica gli avvocati80. A questi ultimi spetta procedere alle notifiche a mezzo PEC nei casi stabiliti dalla legge n. 53/199481, salvo che la notificazione telematica non sia possibile o non abbia avuto esito positivo per cause non imputabili al destinatario della notificazione stessa82. Il legislatore ha sancito che le notifiche PEC possano essere effettuate in qualsiasi fascia oraria83. 79. C. Minnella, G.A. Gallo, Notifiche elettroniche necessarie “in prima battuta” per l’avvocato, in Guida al diritto, n. 10, 2023, pp. 35-41. 80. C. Cecchella, Il processo telematico, cit., pp. 74 ss. 81. L’introdotto art. 3-bis della legge n. 53/1994 prevede che l’avvocato deve obbligatoriamente eseguire la notificazione degli atti giudiziali in materia civile e degli atti stragiudiziali a mezzo di PEC o servizio elettronico di recapito certificato qualificato quando il destinatario: (a) è un soggetto per il quale la legge prevede l’obbligo di munirsi di un domicilio digitale risultante dai pubblici elenchi; (b) ha eletto domicilio digitale ai sensi dell’articolo 3-bis, comma 1-bis, del CAD o è iscritto nel pubblico elenco dei domicili digitali delle persone fisiche e degli altri enti di diritto privato non tenuti all’iscrizione in albi professionali o nel registro delle imprese ai sensi dell’articolo 6-quater del medesimo decreto. In tali ipotesi la nuova previsione dell’art. 137 c.p.c. prevede il divieto per l’ufficiale giudiziario di procedere alla notificazione. Stante il suddetto obbligo, il legislatore ha introdotto una particolare procedura di compiuta giacenza della PEC per il caso in cui la notificazione non vada a buon fine per cause imputabili al destinatario, ad esempio per indirizzo disattivato o casella PEC piena. Riguardo alle pubbliche amministrazioni c’è una novità molto interessante nell’art. 3-bis, comma 1-bis, della legge del 1994, secondo il quale la notifica è validamente effettuata al domicilio individuato ai sensi dell’art. 16-ter del decreto-legge n. 179/2012 ovvero facendo ricorso all’IPA previsto dell’art. 6-ter del CAD. 82. In tali circostanze procede l’ufficiale giudiziario con le modalità ordinarie. Per esempio quando il provider PEC del destinatario o del mittente registri disservizi o malfunzionamenti che rendano impossibile la notificazione stessa. In tal caso l’avvocato dovrà redigere apposita dichiarazione sottolineando che la notificazione con le predette modalità non è possibile o non ha avuto esito positivo per cause non imputabili al destinatario. Di tale dichiarazione dovrà darsi atto nella relazione di notificazione. 83. Recependo l’indirizzo giurisprudenziale della sentenza della Corte cost. n. 75/ 2019, che aveva dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 16-septies del decreto-legge n. 179/ 2012 nella parte in cui prevede che la notifica eseguita con modalità telematica sia valida anche se svolta tra le ore 21.00 e 24.00. Va dato atto che, tuttavia, la notifica si perfezionerà per il notificante nel momento in cui è generata la ricevuta di accettazione; per il destinatario, nel momento in cui è generata la ricevuta di avvenuta consegna e, se quest’ultima è generata tra le ore 21.00 e le ore 7.00 del mattino del giorno successivo, si considererà eseguita alle 7.00.
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La stessa relazione illustrativa al d.lgs. n. 149/2022 ricorda che nella attuazione dei «criteri di delega relativi alle notifiche telematiche e, in tale ambito, al riordino e implementazione del processo civile telematico», il Governo ha «ritenuto di mantenere la disciplina delle notifiche eseguite dagli avvocati in materia civile e stragiudiziale nella legge n. 53/1994, ove formano un corpo normativo unico applicabile anche alle notifiche di atti in materia amministrativa, intervenendo nel codice di procedura civile per il necessario coordinamento nonché per dare attuazione ai criteri di portata generale o indirizzati all’ufficiale giudiziario84». L’altro principio estrapolabile dalle disposizioni della riforma è che mentre l’avvocato potrà notificare l’atto da lui formato come originale informatico redatto in formato «pdf testuale» e firmato digitalmente come duplicato informatico, nel caso di notifica di un provvedimento cartaceo o estratto dal fascicolo telematico la notifica potrà essere svolta solo attraverso la «copia conforme»85. Il nuovo art. 36 delle disposizioni di attuazione del c.p.c. contiene disposizioni sulla formazione del «fascicolo telematico». La novella unifica i commi 3 e 4 di quest’ultimo articolo ed elimina il riferimento agli elementi cartacei del fascicolo (copertina e facciata interna) e al numero progressivo da attribuirsi agli atti (non applicabile al fascicolo telematico) 86. L’altra modifica rilevante nell’ottica del rapporto tra la forma degli atti e la natura informatica degli atti è contenuta nei nuovi articoli 121 c.p.c. 84. Ministero della giustizia, Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149, G.U. n. 245 del 19 ottobre 2022, S.S. n. 5, 19 ottobre 2022 (www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2022/10/19/22A06017/sg). Accanto alla legge del 1994, che rimane la disciplina base unitaria, sono stati quindi modificati gli artt. 136, 137, 139, 147 e 149-bis c.p.c. 85. La disciplina della estrazione con modalità telematiche di copie analogiche o informatiche degli atti e dei provvedimenti da parte del difensore, consulente tecnico, professionista delegato, curatore e commissario giudiziale e attestazione della «conformità delle copie estratte ai corrispondenti atti contenuti nel fascicolo informatico» con totale esenzione del pagamento dei diritti di copia è contenuta nell’art. 196-octies delle disposizioni di attuazione del c.p.c. di cui si parlerà più avanti. Sul punto vi era già stato un allineamento da parte della Cassazione (v. Sesta sezione civile-tributaria, ordinanza n. 981 depositata il 16 gennaio 2023). 86. È inoltre aggiunto un nuovo comma 4 all’art. 36 in cui si ribadisce – per la prima volta in una norma di rango primario – la disposizione secondo la quale la tenuta e conservazione del fascicolo informatico equivale alla tenuta e conservazione del fascicolo d’ufficio su supporto cartaceo, e si lasciano fermi gli obblighi di conservazione dei documenti originali unici su supporto cartaceo previsti dal CAD e dalla disciplina processuale vigente.
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e 46 disposizioni di attuazione al c.p.c.87. Le norme, auspicate da anni88, inseriscono una disposizione simile a quella prevista da tempo per il processo amministrativo e si pongono in linea con le garanzie del giusto processo oramai consolidate in questo ambito89. Il primo articolo viene modificato nella rubrica e nel contenuto dai riferimenti a «(c)hiarezza e sinteticità degli atti» e dall’aggiunta, nel secondo comma, del seguente periodo: «(t)utti gli atti del processo sono redatti in modo chiaro e sintetico»90. Il secondo articolo è arricchito con nuove disposizioni che recepiscono i citati canoni della chiarezza e della sinteticità. Anzitutto, si stabilisce che i processi verbali e gli altri atti giudiziari debbono essere scritti in «carattere chiaro e facilmente leggibile» e che «quando sono redatti in forma di documento informatico» devono rispettare «la normativa, anche regolamentare, concernente la redazione, la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici»91. 87. Secondo la disciplina transitoria le modifiche all’art. 46 disp. att. c.p.c. «salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti». 88. E. Zucconi Galli Fonseca, L’incontro tra informatica e processo, in Riv. trim. dir. proc. civ., n. 4, 2015, pp. 1185-1216. 89. Come ricordato di recente dalla Suprema Corte di cassazione (sent. Sez. II, Ord., 16 marzo 2023, n. 7600) «l’inosservanza del requisito di sinteticità e chiarezza pregiudica l’intellegibilità delle questioni, rendendo oscura l’esposizione dei fatti di causa e confuse le censure mosse alla sentenza gravata e, pertanto, comporta la declaratoria di inammissibilità del ricorso, ponendosi in contrasto con l’obiettivo del processo, volto ad assicurare un’effettiva tutela del diritto di difesa (Cost., art. 24), nel rispetto dei principi costituzionali e convenzionali del giusto processo (Cost., artt. 111, comma 2, e 6 CEDU), senza gravare lo Stato e le parti di oneri processuali superflui». 90. La relazione illustrativa ricorda che «Detti principi sono ormai immanenti nel processo civile, come risulta dalla giurisprudenza consolidata della Cassazione, anche a sezioni unite, a partire dal 2014, la quale in più occasioni ha avuto modo di osservare come il principio di sinteticità degli atti processuali è stato introdotto nell’ordinamento processuale con l’articolo 3, secondo comma, del codice del processo amministrativo, che esprime un principio generale del diritto processuale, destinato ad operare anche nel processo civile, in quanto funzionale a garantire il principio di ragionevole durata del processo, costituzionalizzato con la modifica dell’articolo 111 della Costituzione, e il principio di leale collaborazione tra le parti processuali e tra queste ed il giudice». Cfr. Ministero della giustizia, Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149, cit., p. 19. 91. La riforma prevede che un decreto del Ministro della giustizia (da aggiornare ogni due anni), da adottare sentiti il Consiglio superiore della magistratura e il Consiglio nazionale forense, definisca «gli schemi informatici degli atti giudiziari con la strutturazione dei campi necessari per l’inserimento delle informazioni nei registri del processo».
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Nell’ultimo comma dell’art. 46 si chiarisce che anche il giudice, nella redazione dei propri provvedimenti, è tenuto a rispettare i criteri contenuti nei commi precedenti92. Come già ricordato, la riforma introduce un nuovo Titolo V-ter alle disposizioni di attuazione del c.p.c., rubricato «Disposizioni relative alla giustizia digitale» e contenente previsioni sul «deposito di tutti i documenti e gli atti di parte con mezzi tecnologici», le «attestazioni di conformità», «l’udienza con collegamenti audiovisivi a distanza»93. Il Titolo Lo stesso decreto ministeriale dovrà fissare anche i limiti (in termini di numero di parole e pagine) che devono avere gli atti processuali, comunque «tenendo conto della tipologia, del valore, della complessità della controversia, del numero delle parti e della natura degli interessi coinvolti». L’art. 46 disp. att. c.p.c. precisa che «nella determinazione dei limiti non si tiene conto dell’intestazione e delle altre indicazioni formali dell’atto, fra le quali si intendono compresi un indice e una breve sintesi del contenuto dell’atto stesso». In linea con quanto previsto dall’art. 1, comma 17, lettera e) della legge delega è stato espressamente previsto che la violazione delle specifiche tecniche sulla forma e sullo schema informatico e dei criteri e limiti di redazione dell’atto non comportano una specifica ‘invalidità’, ma possono essere «valutati dal giudice ai fini della decisione sulle spese del processo». 92. La norma in realtà prevede una certa flessibilità, come previsto dall’art. 1, comma 17, lettera e) della legge delega citato nella nota precedente. 93. La «Relazione illustrativa della riforma» precisa che il Governo ha ritenuto le disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile la sede più adatta per contenere il nuovo corpo normativo in materia di giustizia digitale, in ragione della loro funzione accessoria rispetto alle norme del codice. Nel contempo, l’introduzione di detto nuovo titolo ha la funzione di raccogliere, in un unico contesto normativo, tutte le disposizioni in materia di giustizia digitale, sia per armonizzare e rendere coerente la materia del processo digitale sia per consentirne l’agevole modifica nel momento in cui si dovessero rendere necessari interventi in ragione dell’evoluzione tecnologica. La Relazione precisa, inoltre, che da un punto di vista sistematico, la delega relativa all’obbligatorietà del deposito telematico degli atti di parte e alle modalità di tale deposito (comma 17, lettere a), b) e c) della legge n. 206/2021) è stata attuata, in primo luogo, tramite l’abrogazione dell’articolo 16-bis del decreto-legge n. 179/2012, già contenente le principali disposizioni in materia di PCT, in considerazione della circostanza che parte di tali disposizioni risultano superate in virtù della generale previsione dell’obbligatorietà del deposito dei documenti e di tutti gli atti delle parti che sono in giudizio col ministero di un difensore. Le altre disposizioni contenute nell’articolo 16-bis, modificate sulla base dei criteri di delega, sono state principalmente raggruppate nel citato Titolo V-ter delle disposizioni di attuazione. L’attuazione del criterio di delega in materia di attestazioni di conformità è anch’essa avvenuta tramite l’abrogazione degli articoli 16-decies e 16-undecies del decreto-legge n. 179/2012 e la collocazione della disciplina negli stessi contenuta nel nuovo Titolo V-ter nonché l’introduzione di una nuova norma in materia di attestazione di conformità degli atti trasmessi all’ufficiale giudiziario (articolo 196-decies). La limitazione della delega ai soli documenti e atti «delle parti che sono in giudizio con il ministero di un difensore» ha impedito di estendere, in sede di attuazione della delega, l’obbligatorietà del deposito
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V-ter è composto di tre capi. Il capo I è dedicato agli atti e ai provvedimenti ed è composto dagli articoli relativi alla «Obbligatorietà del deposito telematico di atti e di provvedimenti» (art. 196-quater)94, all’«atto del processo redatto in formato elettronico» (art. 196-quinques)95, al «perfezionamento del deposito con modalità telematiche (art. 196-sexies)96, telematico alle ipotesi ove la parte stia in giudizio personalmente. Si v. Ministero della giustizia, Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149, cit. Per un approfondimento di tali aspetti v. C. Cecchella, Il processo telematico, cit., pp. 74 ss. 94. In questo articolo confluiscono le disposizioni dell’articolo 16-bis, commi 1-4 e 8-9, del decreto-legge n. 179/2012. Per prevenire eventuali dubbi ermeneutici, si chiarisce che rientra nell’obbligo di deposito telematico anche la nota di iscrizione a ruolo. La norma prevede che anche i verbali d’udienza vengano depositati con modalità telematiche. Allo stato attuale, data l’«indisponibilità del sistema informatico non essendo state ancora sviluppate le relative funzionalità» la Cassazione non ha potuto provvedere a quanto previsto dalla nuova disposizione. 95. La riforma attribuisce forza di legge alla disciplina già contenuta nell’articolo 15 del decreto del Ministro della giustizia n. 44/2011 relativa al deposito degli atti del processo redatti in formato elettronico da parte di magistrati e personale degli uffici giudiziari. Per colmare la lacuna derivante dall’assenza di una legge che prevedesse il valore legale del deposito degli atti del processo da parte di magistrati e personale, al di fuori dei casi di obbligatorietà, l’articolo 196-quinquies ricalca in modo sostanziale l’articolo 15 citato, salvo per quanto riguarda il deposito dei provvedimenti del magistrato in formato cartaceo. In tal caso, infatti, l’articolo 196-quinquies non prevede più la necessità che il cancelliere apponga la propria firma digitale, stabilendo al comma 4, che, in ipotesi di provvedimento del magistrato in formato cartaceo, il cancelliere o il segretario dell’ufficio giudiziario ne estrae copia informatica secondo quanto previsto dalla normativa anche regolamentare e provvede a depositarlo nel fascicolo informatico. Ciò risulta coerente con quanto attualmente disposto dal comma 9-bis dell’articolo 16-bis del decreto-legge n. 179/2012 e dal nuovo articolo 196-octies delle disposizione di attuazione del c.p.c., secondo cui le copie informatiche, anche per immagine, di atti processuali di parte e degli ausiliari del giudice nonché dei provvedimenti di quest’ultimo, presenti nei fascicoli informatici o trasmessi in allegato alle comunicazioni telematiche, equivalgono all’originale anche se prive della firma digitale del cancelliere di attestazione di conformità all’originale. 96. In tale articolo confluisce l’articolo 16-bis, comma 7, del decreto-legge n. 179/ 2012. Si prevede la regola generale in materia di perfezionamento del deposito, disponendo che quest’ultimo si ha per avvenuto nel momento in cui è generata la conferma del completamento della trasmissione secondo quanto previsto dalla normativa, anche regolamentare, concernente la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici ed è tempestivamente eseguito quando la conferma è generata entro la fine del giorno di scadenza. Il mero riferimento alla generazione della conferma del completamento della trasmissione e non più alla ricevuta di avvenuta consegna, specificamente riferita al deposito a mezzo posta elettronica certificata, la rende applicabile anche a tecnologie diverse rispetto alla posta elettronica certificata. Il rinvio alla normativa, anche regolamentare, per le norme tecniche di dettaglio relative al perfezionamento del deposito telematico
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alla «copia cartacea di atti telematici» (art. 196-septies)97. Il Capo II, concernente la «conformità delle copie agli originali», è composto dalle norme su: i) «potere di certificazione di conformità delle copie degli atti e dei provvedimenti contenuti nel fascicolo informatico o allegati alle comunicazioni e notificazioni di cancelleria» (art. 196-octies)98; ii) «potere di certificazione di conformità di copie di atti e di provvedimenti» (art. 196-novies); iii) «potere di certificazione di conformità delle copie trasmesse con modalità telematiche all’ufficiale giudiziario» (art. 196-decies); iv) «modalità dell’attestazione di conformità» (art. 196-undecies). Il Capo III riguarda, invece, l’«udienza con collegamenti audiovisivi a distanza» e contiene un solo articolo (art. 196-duodecies), che stabilisce le modalità con le quali si svolgono le udienze da remoto e il regime della pubblicità rimandando all’art. 84 delle stesse disposizioni di attuazione99. L’art. 196-duodecies contiene tre importanti regole sulla digitalizzazione del processo. La prima concerne l’obbligo per i presenti di mantenere «attiva la funzione video per tutta la durata dell’udienza». La seconda vieta di registrare l’udienza. La terza regola stabilisce che il luogo dal quale si connette il giudice deve essere considerato come una «aula d’u-
presenta l’indubbio vantaggio di consentire al Ministero della giustizia di individuare la tecnologia utilizzabile nel momento in cui sia disponibile e di aggiornare conseguentemente le norme tecniche con decreto ministeriale. La norma precisa che si applicano le disposizioni di cui all’articolo 155, commi 4 e 5, del c.p.c. e che se gli atti o i documenti da depositarsi eccedono la dimensione massima stabilita nelle specifiche tecniche del direttore generale per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, il deposito può essere eseguito mediante più trasmissioni. 97. In tale articolo confluisce l’articolo 16-bis, comma 9, del decreto-legge n. 179/ 2012, prevedendo che, mediante decreto, il Ministro della giustizia stabilisce misure organizzative per l’acquisizione di copia cartacea degli atti depositati con modalità telematiche, per la riproduzione su supporto analogico degli atti depositati con le predette modalità e per la gestione e la conservazione delle predette copie cartacee e che con il medesimo decreto sono altresì stabilite le misure organizzative per la gestione e la conservazione degli atti depositati su supporto cartaceo ex articolo 196-quater, comma 1, terzo periodo, e comma 4. 98. In tale articolo confluisce l’articolo 16-bis, comma 9-bis, del decreto-legge n. 179/ 2012. 99. L’articolo rimanda a quanto previsto dall’art. 127-bis del c.p.c. che stabilisce i criteri processuali che permettono sia al giudice di disporre lo svolgimento delle udienze mediante collegamenti audiovisivi sia alle parti di richiedere che l’udienza si svolga invece in presenza.
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dienza a tutti gli effetti» e «l’udienza si considera tenuta nell’ufficio giudiziario davanti al quale è pendente il procedimento»100. Una delle conseguenze di maggiore valore della riforma relativamente alle regole sulla digitalizzazione del processo è il nuovo «Protocollo d’intesa sul processo civile in cassazione»101 sottoscritto dalla stessa Corte Suprema, dalla Procura Generale, dall’Avvocatura Generale dello Stato e dal Consiglio Nazionale Forense il 1° marzo 2023102. Il comunicato stampa relativo alla sottoscrizione riporta gli obiettivi che si intende perseguire con il «Protocollo», i quali toccano due profili centrali nella costruzione del processo telematico. Si parla infatti di « costruire insieme una prassi organizzativa e un’interpretazione condivisa di alcune delle modifiche normative» e si sottolinea che «il modo più efficace per produrre il cambiamento culturale richiesto dalla riforma sia quello del pieno e fattivo coinvolgimento di tutti i soggetti del processo sui quali ricade la comune responsabilità di farlo funzionare», nella consapevolezza che «nessuna significativa modifica del modo di essere e funzionare della Corte di cassazione può prescindere dal consenso e dal contributo della classe forense»103. 100. L’ultimo comma dell’art. 196-duodecies prevede che con provvedimento del direttore generale del DGSIA siano «individuati e regolati i collegamenti audiovisivi a distanza per lo svolgimento dell’udienza e le modalità attraverso le quali è garantita la pubblicità dell’udienza in cui si discute la causa». 101. Il protocollo è disponibile all’indirizzo: www.cortedicassazione.it/cassazioneresources/resources/cms/documents/Protocollo_ di_ intesa_sul_ processo_ civile_ in_ Cassazione__-_01.03.2023.pdf. 102. Anche il PCT in Cassazione non ha avuto un iter lineare come per i giudizi di primo grado e di appello. Presso la Cassazione le comunicazioni telematiche di cancelleria sono state previste dal 15 febbraio 2016. Dal 25 settembre 2019 è stato sperimentato invece il deposito telematico dei ricorsi in Cassazione, entrata nel vivo dal 26 ottobre 2020, a seguito del Protocollo d’intesa del 15 ottobre 2020 sottoscritto dal Ministero della giustizia, dalla Corte di cassazione, dalla Procura Generale della Corte di cassazione, dall’Avvocatura dello Stato, dal CNF e dall’OCF. Contestualmente, l’art. 221, comma 5, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 ha stabilito che «nei procedimenti civili innanzi alla Corte di cassazione, il deposito degli atti e dei documenti da parte degli avvocati può avvenire in modalità telematica (…)». In attuazione di quanto disposto dalla citata disposizione è stato emanato il decreto direttoriale del Ministero della giustizia 27 gennaio 2021, n. 1, che ha accertato «presso la Corte suprema di cassazione l’installazione e l’idoneità delle attrezzature informatiche nonché la funzionalità dei servizi di comunicazione del settore civile per il deposito telematico degli atti processuali e dei documenti da parte dei difensori delle parti a decorrere dal 31 marzo 2021». 103. Il Protocollo fa seguito ad altre iniziative di questo genere intervenute precedentemente sempre sul processo telematico. Gli aspetti su cui giova qui soffermarsi
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4. Verso la ‘smaterializzazione’ del processo penale La parabola espansiva della digitalizzazione riguarda oggi anche il processo penale. L’esigenza di dotare tale tipologia di processo dei più moderni strumenti telematici, e delle norme che li autorizzino, è precedente all’emergenza da Covid-19, ma è chiaramente in forza della pandemia che si è rivelata non più procrastinabile. La successiva strategia di investimento contenuta nel PNRR ha offerto poi l’occasione per mettere a sistema una consapevolezza che era maturata da anni, ma che solo a seguito della pandemia è apparsa cogente. Le drastiche misure prese per contrastare la diffusione del Covid-19 hanno reso evidente che la sfasatura temporale nell’assorbimento di un input secolare, quale è la digitalizzazione, non fosse più ammissibile. In tale contesto non è stata considerata più tollerabile la giustificazione che il processo penale, con le sue garanzie costituzionali inviolabili, potesse essere escluso dalla trasformazione digitale104, ma è stato altrettanto evidente che la trasformazione dovesse essere accompagnata dalla costruzione di un ambiente di garanzie e di invalidità processuali adeguato ai nuovi strumenti, la cui implementazione non è sempre capace di promettere maggiore tutela dei diritti105. Va precisato che l’interesse per l’impiego di strumenti digitali all’interno del processo penale non si limita solo all’area del processo, ma tocca anche gli strumenti cognitivi ad alto coefficiente tecnologico, dalle indagini alla prova digitale. Su questo piano però il presente lavoro non entrerà nel merito, limitandosi solo alla disciplina relativa al processo sono relativi alle regole redazionali degli atti processuali, per i quali si indica lo schema strutturato, approvato e pubblicato sul portale dei servizi telematici, e alla digitalizzazione degli atti nei processi civili davanti alla Cassazione. Al paragrafo quarto, infatti, il Protocollo stabilisce che per «favorire lo sviluppo del processo telematico appare di estrema utilità che gli atti processuali già depositati in modalità analogica dalle parti siano veicolati in via telematica tramite piattaforma p.c.t.» rendendoli disponibili ai magistrati nell’apposito applicativo ministeriale (il c.d. desk del magistrato) in uso presso le sezioni civili della Cassazione e della Procura Generale. Si v. sul tema il Comunicato stampa disponibile alla pagina www.cortedicassazione.it/cassazione-resources/resources/cms/ documents/Comunicato_Stampa_Protocollo_di_intesa_sul_processo_civile_in_Cassazione.pdf. 104. Le forme del processo telematico e l’estensione (seppur temporanea) delle ipotesi di celebrazione delle udienze da remoto hanno rappresentato una nuova potenzialità per il processo penale, come rileva B. Galgani, Il processo penale telematico, in Dir. pen. proc., n. 1, 2023, pp. 114-120. 105. S. Lorusso, Processo penale e bit oltre l’emergenza, in Proc. pen. e giust., n. 5, 2020, pp. 1000-1009.
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telematico e allo svolgimento delle udienze da remoto, in parallelo all’analisi compiuta sul processo civile telematico. Nell’economia delle considerazioni qui svolte non ci interessa neanche criticare la scelta dei governi italiani di concentrarsi solo sulle norme processuali per raggiungere gli obiettivi indicati dall’UE in termini di ripresa e resilienza106. L’argomentazione che disapprova gli interventi rivolti solo al processo e che lascia fuori altre tipologie di misure, come le depenalizzazioni e decriminalizzazioni, da un lato, e gli interventi per migliorare l’efficienza e la produttività della pubblica amministrazione, dall’altro, è di notevole interesse, ma ci porterebbe su un terreno che non fa parte dell’oggetto di questa indagine107. Rimane l’indubbio merito che, grazie a un lavoro durato pochissimi mesi, il legislatore della riforma ha affrontato per la prima volta nella storia italiana il rapporto tra tecnologia digitale e diritto processuale penale in modo complessivo, tenendo in egual considerazione il piano organizzativo, la dimensione extraprocessuale e quella endoprocessuale108. Il processo penale telematico (anche PPT), pur avendo caratteristiche tecniche simili, risponde a esigenze costituzionali diverse. Si tratta di approntare un meccanismo che tenga conto non solo dei diritti costituzionali dell’imputato, ma anche, sul piano più strettamente orga106. All’interno della milestone Q4-2021, alla quale è condizionata l’erogazione delle risorse del NGEU a valere sulla giustizia, si legge che lo Stato italiano deve adottare « riforme per la giustizia penale che devono includere almeno le seguenti misure: i) revisione del sistema di notifica, ii) un più ampio uso delle procedure semplificate e iii) di strumenti di conservazione digitale dei documenti; iv) norme semplificate sulle prove; v) definizione di limiti alla durata delle indagini preliminari e misure per evitare la stagnazione della fase investigativa, vi) estensione della possibilità di estinguere il crimine se il danno è stato riparato; vii) introduzione di un sistema di monitoraggio a livello di Tribunale e aumento della produttività tramite incentivi per assicurare una ragionevole durata dei processi e uniformare le performance tra i tribunali». 107. A questo proposito si v.no le considerazioni di G. Spangher, La Giustizia (europea) 25% nella Relazione Lattanzi, in Arch. pen., n. 2, 2021, pp. 1-4, il quale rileva che l’intento palese del legislatore è quello di «favorire l’uscita dell’imputato dal processo, con la variabile di una articolata e modulata premialità, che negli intenti degli estensori della proposta potrebbe (o dovrebbe) essere anche ‘suggerita’ dal giudice». Non si tratta chiaramente di un obiettivo di poco conto ma certamente di minore livello se misurato con gli strumenti di solito utilizzati per valutare le riforme. Sul punto, v. anche M. Cecchi, Osservazioni intorno alla “ragionevole previsione di condanna”, in Arch. pen. (web), n. 2, 2022, pp. 1-32, spec. p. 2 (con riferimento ai richiami bibliografici contenuti in nt. 4). 108. Come opportunamente sottolinea B. Galgani, Il processo penale in “ambiente” digitale: ragioni e (ragionevoli) speranze, in Quest. giust., n. 4, 2021, pp. 181-193, spec. p. 182.
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nizzativo, della presenza nel processo penale di una parte pubblica (il pubblico ministero), titolare dell’impulso al procedimento mediante le indagini e di una serie di condizioni ‘oggettive’ del procedimento da rispettare109. Per tali motivi, quindi, la smaterializzazione delle attività pone problemi che toccano al cuore questioni che non sono semplicemente organizzative (almeno nella loro origine) ma hanno rilievo eminentemente sostanziale110. 4.1. Dalla pandemia alla riforma ‘Cartabia’: l’avvio della digitalizzazione del processo penale Per il processo penale l’emergenza pandemica ha rappresentato un momento di effettiva rivoluzione tecnologica delle attività processuali111. Nella prima fase della pandemia si è scelto, come già ricordato, la sospensione dei processi e dei termini112. La politica di sostanziale in109. Anzitutto che una serie di atti sono rivolti a soggetti esterni al procedimento, poi che alcuni degli atti del procedimento devono continuare ad essere prodotti su un supporto materiale, come avviene nel caso dell’ordinanza di custodia cautelare o del decreto di sequestro e, infine, che si tratta di un tipo di processo nel quale vi sono esigenze di segretezza delle attività svolte nel corso della fase preliminare-investigativa. 110. Così Consiglio superiore della magistratura, Relazione sullo stato della giustizia telematica - anno 2021, cit., p. 34. 111. Un «formidabile laboratorio di sperimentazione», come afferma O. Mazza, Distopia del processo a distanza, in Arch. pen., n. 1, 2020, pp. 73-80. Al riguardo, v. anche P. Tonini - C. Conti, Manuale di procedura penale, Giuffrè 2022, p. 231 («La strada verso la informatizzazione del processo penale sarebbe stata lunga e difficoltosa, se non fosse accaduto un fatto nuovo, e cioè la pandemia da Covid-19. L’emergenza sanitaria ha agito come un forte acceleratore nell’introduzione di alcuni strumenti del processo penale telematico»). 112. Il primo provvedimento legislativo, il decreto-legge 8 marzo 2020, n. 11, individuava un periodo di sospensione dell’attività giurisdizionale fino al solo 22 marzo 2020. Al primo provvedimento ha fatto seguito il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, che al famoso art. 83 disponeva il rinvio di ufficio di tutti i processi a data successiva al 15 aprile 2020, termine poi ulteriormente prorogato al 31 ottobre 2020. Veniva anche disposta la generalizzata sospensione dei termini per lo stesso periodo, in relazione al compimento di qualsiasi attività (impugnazioni, deposito sentenze, termini per le indagini preliminari). Facevano eccezione, per il penale, i soli procedimenti che non dovevano essere sospesi, in quanto da trattare perché ritenuti urgenti in sé. Si trattava di quelli richiedenti una pronuncia immediata per dettato costituzionale (art. 13, co. 2) o per pericolo di imminente scarcerazione, quindi aventi ad oggetto la libertà personale o un pericolo per la pubblica incolumità: pertanto venivano trattati i procedimenti di convalida di arresto e fermo o allontanamento dalla casa familiare, quelli che nei sei mesi successivi avessero
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terruzione delle attività non è però durata molto. Ad essa si è sostituita una scelta più sensata ma poco legittima che rimetteva ai singoli uffici la decisione circa alcuni aspetti essenziali del rito113. Le prime scelte, contraddistinte da non poca confusione, hanno essenzialmente permesso al Governo di prendere tempo e di capire come gestire al meglio la situazione114. Il legislatore dell’emergenza ha previsto tre tipologie di ‘rimedi telematici’ per le singole fasi procedurali e per i diversi gradi di giudizio115: il deposito telematico di atti; le udienze da remoto; il giudizio cartolare116. In modo opportuno, si è inteso imporre visto intervenire la scadenza del termine massimo di custodia cautelare ex art. 304, comma 6, del c.p.p., nei quali era stata richiesta o applicata la misura di sicurezza detentiva del ricovero nelle Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (REMS) ovvero che avessero ad oggetto l’estradizione e la consegna di un imputato per l’estero. Potevano essere comunque trattati, solo se ritenuti urgenti a richiesta delle parti, quindi su istanza dell’imputato o del Pubblico ministero, i procedimenti a carico di persone detenute o sottoposte a misure cautelari o di sicurezza (per i quali non fosse stata prevista la predetta trattazione obbligatoria) o di misure di prevenzione, nonché i procedimenti ove fosse indifferibile l’acquisizione della prova, suscettibili di incidente probatorio o di dichiarazione di urgenza delibata dal Tribunale. Per una ricostruzione delle norme intervenute in quel frangente si v. V. Bove, Il processo penale telematico, Giuffrè 2021, pp. 7 ss. 113. F. Ruggieri, Il processo penale al tempo del Covid-19: modelli alternativi di gestione della crisi, in Legisl. pen., 18 maggio 2020 (www.lalegislazionepenale.eu/wp-content/ uploads/2020/05/Ruggieri-sistema-delle-fonti-1.pdf). Il potere discrezionale dei capi degli uffici giudiziari, con riguardo alla sospensione della prescrizione, è stato oggetto tra l’altro di scrutinio da parte della Corte cost. con sent. n. 140/2021. Secondo la Consulta la disposizione legislativa risultava incostituzionale in quanto, «nel prevedere una fattispecie di sospensione del termine della prescrizione, (la norma) rinvia a una regola processuale, recante la sospensione del processo, il cui contenuto è definito integralmente dalle misure organizzative del capo dell’ufficio giudiziario, così esibendo un radicale deficit di determinatezza della fattispecie, per legge, con conseguente lesione del principio di legalità». Sulla rilevanza della sent. della Consulta nell’ambito delle decisioni del legislatore sulle udienze si v. S. Barbareschi, Decisioni del Comitato tecnico-scientifico, discrezionalità e rispetto del principio di legalità nel settore giustizia durante l’emergenza da Covid-19, cit., pp. 694-695. 114. A tale proposito si v. G. Barone, Pandemia e processi penali da remoto: modelli a confronto e prospettive future, in Cass. pen., n. 2, 2021, pp. 698-717; sulle strategie del Governo in relazione alla situazione pandemica discute S. Barbareschi, Decisioni del Comitato tecnico-scientifico, discrezionalità e rispetto del principio di legalità nel settore giustizia durante l’emergenza da Covid-19, cit., pp. 690 ss. 115. Sul tema in gen. v. F. Cananzi, Dall’emergenza alla legge delega al governo: verso un processo penale veramente telematico?, in Sist. pen., n. 3, 2022, pp. 117-147. Il 13 gennaio 2021 un nuovo decreto del DGSIA ha aggiunto alla lista degli atti dematerializzati le denunce, le querele, le opposizioni all’archiviazione, le nomine, le revoche e le rinunce del difensore. 116. Le norme per tutti e tre erano contenute nell’art. 221, commi 3, 4, 5, 6, 7, 8 e 10 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, nonché nelle disposizioni dell’articolo 23, commi
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la digitalizzazione per quanto riguarda il deposito telematico, lasciando al consenso delle parti lo svolgimento delle udienze da remoto117. Anche le ‘notifiche’ telematiche sono state molto utili per velocizzare alcune fasi del processo, superando notevolmente il limite che era stato previsto dal legislatore nel 2012118. 2, 6, 7, 8, primo, secondo, terzo, quarto e quinto periodo, 8-bis, primo, secondo, terzo e quarto periodo, 9, 9-bis e 10, e negli articoli 23-bis, commi 1, 2, 3, 4 e 7, e 24 del decretolegge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, in materia di processo civile e penale. Tali norme, in base al decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228, convertito con legge 25 febbraio 2022, n. 15, hanno continuano ad applicarsi – seppur con alcune selezioni di attività – fino al 31 dicembre 2022. Sul primo periodo di risposta alla pandemia si v. anche G. Spangher, Il processo penale al tempo del Covid-19, in Studium Iuris, n. 12, 2020, pp. 1461-1464. 117. Il deposito telematico degli atti (rectius invio tramite PEC agli uffici giudiziari) è stato previsto dapprima nel testo dell’art. 83 del decreto-legge n. 18/2020 e poi nell’art. 24 del decreto-legge n. 137/2020. Quest’ultimo ha imposto che memorie, documenti, richieste e istanze previsti dall’articolo 415-bis del c.p.p. (che regola l’avviso all’indagato di chiusura delle indagini) dovessero passare solo e soltanto dal «Portale deposito atti penali» (PDP). Con il deposito in PDP l’atto trasmesso in formato PDF e firmato digitalmente dal difensore, dopo la sua accettazione da parte dell’ufficio, transita fino all’applicativo ‘Document@Tiap’ realizzando per la prima volta anche un flusso nativo digitale all’interno del processo penale telematico. Il CSM, con la Relazione sullo stato della Giustizia telematica del 2021, ha evidenziato come l’accesso a mezzo PDP dovrebbe essere esteso a tutti i depositi da parte dei difensori, al fine di eliminare l’attuale frammentazione dei sistemi (portale, PEC e depositi cartacei) e sottolinea l’indispensabile necessità del potenziamento dell’infrastruttura informatica rilevati i frequenti malfunzionamenti lamentati dall’utenza. Al di là dei depositi tassativamente destinati al PDP, tutti gli altri atti possono essere inviati a mezzo PEC, per quanto previsto dall’art. 24 comma 4 del decretolegge n. 137/2020: per tutti gli atti, documenti e istanze comunque denominati diversi da quelli indicati nei commi 1 e 2 – ossia diversi da quelli che vanno depositati presso gli uffici di Procura attraverso il PDP – si è avviata l’esperienza che consente il deposito con valore legale mediante PEC. Su tali norme si v. il commento di F. Porcu, Il “portale del processo penale telematico”: un passo in avanti (e qualche inciampo) verso la digitalizzazione, in Dir. pen. proc., n. 10, 2021, pp. 1399-1415. Sull’uso della PEC per le impugnazioni si veda F. Cananzi, Dall’emergenza alla legge delega al governo: verso un processo penale veramente telematico?, cit., pp. 133 ss. 118. Ci si riferisce alle norme del decreto-legge n. 179/2012 che all’art. 16, comma 4, dettava l’uso della PEC per le notificazioni nel processo penale, limitandone però l’impiego agli adempimenti (atti solo ‘in uscita’) rivolti a persone diverse dall’imputato e stabilendo inoltre che la relata di notificazione fosse «redatta in forma automatica dai sistemi informatici in dotazione alla cancelleria». Una duplice limitazione soggettiva, dunque, sia per i destinatari (solo persone diverse dagli imputati) sia per il disponente, che doveva essere necessariamente l’autorità giudiziaria. Va inoltre specificato che prima della pandemia neanche le comunicazioni tra Procura della Repubblica e Tribunale erano soggette al regime della PEC, transitando tutto su formato rigorosamente cartaceo. Su tali disposizioni, nell’ottica della trasformazione portata prima dalla pandemia e poi dalla riforma Cartabia, si v. F. Cananzi, op. ult. cit., pp. 126-127.
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L’emergenza ha costituito anche l’occasione per ritornare sulla legittimità delle udienze a distanza e in generale degli strumenti di videoconferenza all’interno del processo penale119. Dopo un primo momento in cui sembrava che il legislatore dell’emergenza avesse l’intenzione di consentire lo svolgimento a distanza di un novero ampio di udienze penali, vi è stato un ripensamento generale e sono state, così, ridotte considerevolmente le attività da compiersi con tali modalità, escludendo, salvo il consenso delle parti, le udienze istruttorie e quelle di discussione finale120. La preoccupazione di un ridimensionamento delle tutele (e soprattutto del diritto di difesa) ha spinto il legislatore a fare parzialmente marcia indietro rispetto allo svolgimento indiscriminato delle udienze da remoto121, anche tenuto conto dell’esperienza degli anni passati122. Per il processo penale la pandemia ha costituito, quindi, un banco di prova molto rilevante per l’introduzione del digitale123. Come è stato 119. La letteratura processual-penalistica sul tema è vastissima. Sul punto, assieme agli altri contributi già citati o presenti nelle note successive, si v. ex multis E. Amodio, E.M. Catalano, La resa della giustizia penale nella bufera del contagio, in Sist. pen., n. 5, 2020, pp. 267-283; L. Giordano, Il processo penale a distanza ai tempi del coronavirus, in Dir. pen. proc., n. 7, 2020, pp. 920-932. 120. Si v. G. Spangher, Covid-19 e udienze penali: brevi riflessioni, in Dir. internet, n. 2, 2020, pp. 330-332; G. Barone, Pandemia e processi penali da remoto: modelli a confronto e prospettive future, cit.; M. Bianchi, La distanza nel processo: Appunti preparatori, in Cass. pen., n. 11, 2020, pp. 4389-4398. Va anche ricordato che nel processo penale non è decollato il giudizio cartolare, il quale, a differenza di quanto accaduto nel processo civile, era molto limitativo dei diritti e delle garanzie costituzionali e quindi avrebbe costituito una compressione troppo forte delle prerogative degli imputati e della discrezionalità del giudice. 121. In realtà sono state lasciate aperte molte possibilità di svolgimento delle udienze in tali modalità, come ricorda S. Barbareschi, Decisioni del Comitato tecnico-scientifico, discrezionalità e rispetto del principio di legalità nel settore giustizia durante l’emergenza da Covid-19, cit., pp. 697 ss. 122. E.A.A. Dei-Cas, La partecipazione a distanza, in attesa della riforma del processo penale, in Sist. pen., n. 4, 2022, pp. 5-30, la quale a p. 20 ricorda come a partire dalla sent. C. cost. n. 342/1999, pur non dichiarando incostituzionale la norma che permetteva la presenza in videoconferenza, la Consulta ha ricordato che per l’effettività del diritto di difesa occorreva una partecipazione personale e consapevole dell’imputato al dibattimento. Per un commento alla sentenza si v. C. Conti, Partecipazione e presenza dell’imputato nel processo penale: questione terminologica o interessi contrapposti da bilanciare?, in Dir. pen. proc., n. 6, 2000, pp. 76-82. Una ricostruzione molto accurata del rapporto tra la legislazione sulle udienze da remoto precedente e successiva alla pandemia si può trovare in R. Rizzuto, L’efficienza costituzionalmente orientata e la digital transformation della giustizia penale, in Proc. pen. e giust., n. 3, 2022, pp. 767-788, spec. pp. 780 ss. 123. B. Galgani, Il processo penale in “ambiente” digitale: ragioni e (ragionevoli) speranze, cit.
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lucidamente evidenziato, a differenza del passato, la dematerializzazione e in generale l’uso delle tecnologie digitali non è stato scatenato solo dalla necessità endogena di «elaborare strategie di contrasto nuove e più efficaci a determinate tipologie di reato di particolare allarme sociale»124, ma anche dall’esigenza di misurarsi con un fattore esogeno che avrebbe costretto, se non fosse stato per l’uso di strumenti sostitutivi, a interrompere i processi e tutta l’attività dei tribunali125. L’esigenza di contemperare le ragioni della salute con gli altri valori in gioco, quali la tutela delle vittime, la libertà personale, l’obbligatorietà dell’azione penale, il diritto di difesa, il giusto processo e il buon andamento della pubblica amministrazione hanno prevalso sulle limitazioni, imponendo una innovazione normativa che non sarebbe stata mai possibile altrimenti. 4.2. La recente riforma del codice di procedura penale L’occasione per mettere a regime, precisandole, le norme sul processo telematico e sulle udienze da remoto sperimentate durante la pandemia, superando quella situazione di fatica e incertezza che si era determinata in ragione di una serie di timidi interventi legislativi126, è avvenuta grazie alla riforma del processo penale avviata sulla base della legge 27 settembre 2021, n. 134127 in forza dell’adempimento agli obblighi assunti dall’Italia con il PNRR. Gli interventi realizzati con il decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150128 attraversano quasi tutto il processo penale, nelle sue diverse fasi 124. S. Lorusso, Processo penale e bit oltre l’emergenza, cit., p. 1002. 125. A. Procaccino, Between a rock and a hard place. La faticosa “digitalizzazione” del processo penale tra fonti tradizionali e soft law, in Cass. pen., n. 4, 2021, pp. 1432-1448; F. Cananzi, Dall’emergenza alla legge delega al governo: verso un processo penale veramente telematico?, cit. 126. Sottolinea con lucidità la lentezza che aveva contraddistinto la normativa sulla digitalizzazione del processo penale prima dell’emergenza da Covid, A. Procaccino, op. ult. cit., pp. 1413 ss. 127. Rubricata «Delega al Governo per l’efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari». 128. Rubricato «Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l’efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari».
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e variabili129: dalle indagini preliminari all’udienza preliminare e fino al dibattimento, ai riti alternativi, al processo in absentia, ai giudizi di impugnazione, per arrivare infine all’esecuzione penale130. Un primo gruppo di modifiche al codice mira a realizzare la transizione digitale e telematica del processo penale. Sono previste significative novità riguardo alla formazione, al deposito, alla notificazione, alla comunicazione degli atti e in materia di registrazioni audiovisive, nonché con riferimento alla partecipazione a distanza ad alcuni atti del procedimento e all’udienza131. Anche per il processo penale, come per il processo civile, la digitalizzazione e l’introduzione del PPT costituisce uno degli obiettivi ai quali l’Italia ha ancorato la riduzione dei tempi processuali132. L’obiettivo è di estrema importanza per garantire un iter procedurale più efficiente e rispettoso delle garanzie del giusto processo, stante il numero ingente di condanne da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo ricevute dall’Italia per violazione dell’art. 6 CEDU relativamente, per quanto qui di interesse, alla irragionevole durata dei processi133. La digitalizzazione non rappresenta che un aspetto di una più ampia trasformazione organizzativa della nostra giustizia, costituita soprattutto da un nuovo modo di strutturare il lavoro dei giudici, che sono oggi coadiuvati da un ‘team’ di collaboratori, il già ricordato «Ufficio del 129. Una riforma «quantitativamente imponente» per la mole di aspetti toccati sulla quale ci si è soffermati, purtroppo per miopia solo relativamente alle norme sulla prescrizione del reato, come rilevato da F. Palazzo, Prima lettura della riforma penale: aspetti sostanziali, in Pol. dir., n. 4, 2021, pp. 625-638. In generale sulla riforma v. anche E. Lupo, Il processo penale alla luce della “riforma Cartabia”, in Cass. pen., n. 12, 2022, pp. 4158-4174. Si limita alla sola legge delega il suggestivo commento di A. Natale, Introduzione. La c.d. “riforma Cartabia” e la giustizia penale, in Quest. giust., n. 4, 2021, pp. 10-27. 130. In generale sulla riforma si v. la Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150: «Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l’efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari», in «Supplemento straordinario n. 5» alla GU, serie generale, n. 245 del 19 ottobre 2022. 131. Per un commento a caldo delle norme contenute nel d.lgs. di riforma si v. M. Gialuz, Per un processo penale più efficiente e giusto. Guida alla lettura della riforma Cartabia (profili processuali), in Sist. pen., 2 novembre 2022 (www.sistemapenale.it/it/scheda/ gialuz-per-un-processo-piu-efficiente-e-giusto-guida-alla-lettura-della-riforma-cartabia). 132. Per il processo penale dalla riforma deve derivare una riduzione di almeno il 25% dei tempi processuali. 133. Come ricorda G.L. Gatta, Riforma della giustizia penale: contesto, obiettivi e linee di fondo della ‘Legge Cartabia’, in Sist. pen., n. 3, 2021, pp. 818-840.
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processo»134. Non colpisce, quindi, che chi ha partecipato alla stesura di quelle norme e si è trovato a commentarle dopo pochi mesi sia giunto ad affermare che la riforma «ha scommesso anzitutto sulla capacità dell’innovazione organizzativa (…) e, in secondo luogo, sulla tecnologia (il processo penale telematico) per migliorare la qualità dei processi; ma, a monte, l’opzione schiettamente liberale che connota la riforma è nel senso di una riduzione dell’incidenza del diritto penale, secondo una politica legislativa ispirata al principio di sussidiarietà penale (o di extrema ratio)»135. Gli articoli del decreto delegato di riforma sullo specifico tema della digitalizzazione del processo penale – in attuazione dell’art. 1, commi 5, 6 e 8, della legge delega – hanno l’obiettivo di istituire «un ambiente (o ecosistema) digitale per il procedimento penale, ovvero un insieme, anche limitato sul piano quantitativo, di previsioni normative che siano tali da favorire la transizione digitale sia direttamente, per la portata precettiva esplicita delle proprie previsioni, sia indirettamente, favorendo una interpretazione delle diverse disposizioni del codice, nei casi critici, orientata alla transizione digitale»136. Tale (apparentemente) duplice obiettivo si raggiunge mediante l’introduzione di alcune previsioni nuove nel Libro II del codice di procedura penale, dedicato agli atti del procedimento137. Quanto alle disposizioni generali sulla smaterializzazione, la previsione principale è contenuta nel nuovo art. 110 c.p.p., che stabilisce 134. F. Gigliotti, Le linee di intervento del PNRR in tema di giustizia. Un quadro di sintesi, in Giustizia insieme, 15 giugno 2022 (www.giustiziainsieme.it/en/news/74-main/28organizzazione-giustizia/2368-le-linee-di-intervento-del-pnrr-in-tema-di-giustizia-un-quadrodi-sintesi). Assieme a questi interventi non si dimentichi mai ovviamente un aumento dell’organico dei magistrati e l’investimento nell’edilizia giudiziaria. 135. Cfr. M. Gialuz, La giustizia penale come servizio pubblico: completare la “riforma Cartabia”, in Dir. pen. proc., n. 3, 2023, pp. 357-363. 136. Cfr. Relazione illustrativa, cit. 137. Le norme sono state inserite chirurgicamente nel codice limitandosi a «quegli snodi normativi nei quali i temi del processo penale telematico risultano coinvolti», anche facendo tesoro dell’esperienza del PCT, per realizzare «quell’ambiente digitale capace di favorire una ermeneutica coerente» in tutte le fasi del procedimento penale. L’obiettivo di semplificazione auspica una più facile «attuazione della riforma, evitando le tensioni e le pressioni che l’introduzione di nuove ipotesi di invalidità degli atti possono cagionare». Va anche ricordato che per conseguire tali risultati il governo ha ritenuto di non introdurre nuove previsioni in materia di «invalidità degli atti», ma di limitarsi ad «adattare quelle esistenti alla transizione digitale», considerato che il sistema penale era «già denso di previsioni invalidanti», e quindi «non necessitasse di disposizioni ulteriori». Cfr. Relazione illustrativa, cit.
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la ‘regola’138 della forma del «documento informatico» per gli atti del procedimento139. La norma intende «consacrare un nuovo modello di atto processuale», i cui presupposti di legittimazione nel processo penale sono legati ad alcuni requisiti imprescindibili contenuti nella normativa relativa al documento informatico di derivazione europea140. Di tali atti occorre assicurare l’autenticità, l’integrità, la leggibilità, la reperibilità, l’interoperabilità e, ove previsto dalla legge, la segretezza. In questa ottica, vale «una condizionata libertà di forme» per cui «ogni soluzione digitale percorribile è accettata, purché assicuri i requisiti prescritti dalla disposizione»141. Il nuovo art. 111 c.p.p. adatta il tema della data e della sottoscrizione degli atti alla nuova modalità digitale142, che diviene dunque quella di base per la formazione e presentazione degli atti nel procedimento penale. A tal fine, il Governo ha ritenuto necessario modificare la rubrica della norma, così da dedicare una specifica regolamentazione alla sottoscrizione dell’atto informatico. Le nuove disposizioni contenute negli articoli 111-bis e 111-ter c.p.p. concorrono, con le disposizioni precedenti, 138. Con riguardo all’incipit, il legislatore delegato ha interpretato il termine «possono» utilizzato dalla delega non quale intento di prevedere nel sistema processuale penale la mera facoltà della formazione digitale degli atti, ma come espressione della volontà di chiarire la piena legittimazione dell’impiego di tale forma. Anche nel processo penale entra in scena, dunque, l’atto «nativo digitale» quale modalità obbligatoria di configurazione degli atti. 139. Il primo comma dell’art. 110 c.p.p. stabilisce che «(q)uando è richiesta la forma scritta, gli atti del procedimento penale sono redatti e conservati in forma di documento informatico, tale da assicurarne l’autenticità, l’integrità, la leggibilità, la reperibilità, l’interoperabilità e, ove previsto dalla legge, la segretezza». In dottrina sul punto v. B. Galgani, Il processo penale telematico, cit. 140. In modo molto simile a quanto previsto dagli artt. 196-quater e 196-quinques delle disposizioni di attuazione del c.p.c. 141. Ovviamente lo stesso art. 110, comma 3, c.p.p. prevede che la regola generale «non si applica ad atti che, per loro natura o per specifiche esigenze processuali, non possono essere redatti in forma di documento informatico». Il comma successivo prevede che gli «atti redatti in forma di documento analogico sono convertiti senza ritardo in copia informatica ad opera dell’ufficio che li ha formati o ricevuti…». Si deve sottolineare che l’uso della dizione «documento informatico» e «documento analogico» rispettano le definizioni del CAD, anche se non corrispondono a quanto era previsto nella legge di delega, dove (imprecisamente) si parlava di documento ‘digitale’. V. Relazione illustrativa, cit. In materia, per alcune riflessioni critiche, v. P. Tonini, Le nuove tecnologie e la riforma Cartabia, in Dir. pen. proc., n. 3, 2022, pp. 293-297. 142. Ovviamente per l’atto sottoscritto in modo digitale non è prevista la data e l’ora della sottoscrizione stante il richiamo della disciplina tecnica che prevede la ‘marcatura’ temporale.
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a stabilire l’architrave del processo penale telematico143. In generale, il beneficio della transizione al digitale deve essere sia quello di garantire integrità, accessibilità e facile leggibilità del fascicolo sia dare maggiore effettività al diritto di difesa delle parti, rendendo più spedita la acquisizione di copia144. Nonostante il legislatore delegato abbia inteso affermare che il fascicolo penale deve rimanere unico ed essere solo quello digitalizzato145, resta qualche dubbio circa i documenti analogici ammessi, la cui presenza 143. Si introducono così disposizioni relative al deposito telematico e al fascicolo informatico e all’accesso agli atti. Come ricorda la Relazione illustrativa, la prima norma prevede, al comma 1, «l’obbligatorietà e la esclusività del deposito telematico di atti, documenti, richieste e memorie, in coerenza con quanto stabilito dal legislatore delegante». La regola generale viene derogata solo in due specifiche ipotesi, previste ai commi 3 e 4 dell’art. 111-bis c.p.p. Il comma 3 precisa che la previsione dell’obbligatorietà del deposito telematico «non si applica per gli atti e documenti che, per loro natura o per specifiche esigenze processuali, non possono essere acquisiti in copia informatica»; mentre il comma 4, in coerenza con la legge delega, prevede poi che gli atti che le parti compiono personalmente possono essere depositati anche con modalità non telematiche. Per assicurare la certezza, anche temporale, dell’avvenuta trasmissione e ricezione degli atti, nonché l’identità del mittente e del destinatario devono essere messe in atto delle modalità tecniche adeguate secondo la disciplina nazionale e sovranazionale sull’identità e identificazione elettronica. Il comma 4 concerne la formazione e la tenuta dei fascicoli informatici del procedimento penale. Si prevede che questi siano formati, conservati, aggiornati e trasmessi in modalità digitale, tale da assicurarne l’autenticità, l’integrità, la accessibilità, la leggibilità, l’interoperabilità nonché un’efficace e agevole consultazione telematica. Con questa ultima previsione, in particolare, si pretende una modalità che faciliti, per il lettore, l’orientamento tra gli atti inseriti nel fascicolo informatico (funzione che, nell’analogico, è svolta, in maniera più rudimentale, dall’indice). Insieme a tali garanzie va considerata anche la protezione dei dati personali (d.lgs. 18 maggio 2018, n. 51 di attuazione della direttiva (UE) n. 2016/680). 144. Si è posta specifica attenzione alla fase della trasmissione, prevedendo esplicitamente al comma 2 (a scongiurare possibili dubbi interpretativi) che la disposizione generale di cui al comma 1 vale anche quando la legge preveda la trasmissione di singoli atti e documenti, disgiunti dal fascicolo processuale. Per gli atti depositati nella (permessa) modalità analogica, si prescrive, al comma 3, una pronta conversione in copia informatica ai fini del loro inserimento nel fascicolo informatico, con la stessa clausola di salvezza (questa volta ai fini specifici dell’inserimento nel fascicolo) prevista per gli atti e i documenti formati e depositati in forma di documento analogico che per loro natura o per specifiche esigenze processuali non possano essere acquisiti o convertiti in copia informatica. La disposizione, come ricorda la Relazione vale, tra l’altro, ad estendere la clausola di salvezza a tutte le ipotesi e le forme di acquisizione di originali di scritti e documenti di cui all’art. 234 c.p.p. 145. Le disposizioni sul fascicolo e sul deposito intendono garantire a regime una maggiore effettività del diritto di difesa, attraverso un accesso alle informazioni nel fascicolo più veloce, completo, di facile lettura, così come richiesto dagli obiettivi del PNRR.
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induce a pensare che, ferma la impossibilità di una duplicazione, alcuni fascicoli avranno – recte continueranno ad avere – un doppio binario di raccolta e tenuta. Attraverso la riforma dell’art. 148 c.p.p., inoltre, si prevede la possibilità di eleggere domicilio digitale per tutte le notifiche. Le norme stabiliscono idonee garanzie che, in linea con la giurisprudenza europea, di legittimità e costituzionale146, rispettano e soprattutto assicurano effettivamente il diritto alla conoscenza del processo da parte dell’imputato147. Come si è detto in precedenza, il legislatore delegato ha previsto nuove norme che riguardano i casi di malfunzionamento dei sistemi informatici, prendendo spunto (e in parte ricalcando) quanto già sperimentato durante l’esperienza pandemica148. Vengono individuate due possibili ipotesi di malfunzionamento. La prima ipotesi (disciplinata ai commi 1 e 2 della nuova disposizione) riguarda il malfunzionamento c.d. ‘certifi-
146. La Corte cost. con la sent. n. 96/2022, nel dichiarare la inammissibilità della questione sull’art. 153 c.p.p. perché limitava l’uso della PEC al solo p.m. (vecchi artt. 157, comma 8-bis e 148, comma 2-bis, c.p.p.), ha fatto presente che non si possono discriminare la difesa e le parti private ad avvalersi di tale strumento, determinando un’irragionevole e ingiustificata disparità di trattamento, con conseguente pregiudizio del diritto di difesa. La sentenza si chiude tuttavia con una inammissibilità, in ragione della allora pendente delega stabilita con la legge n. 134/2021. In dottrina sul punto v. G. Spangher, La Corte costituzionale e la Cassazione rafforzano il diritto di difesa, in Giur. it., n. 5, 2022, pp. 1963-1964. 147. Il nuovo art. 148, comma 1, c.p.p. prescrive alle segreterie e alle cancellerie degli uffici giudiziari di effettuare le notificazioni in «modalità telematica», «nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici, assicurando la identità del mittente e del destinatario, l’integrità del documento trasmesso, nonché la certezza, anche temporale dell’avvenuta trasmissione e ricezione». Sebbene il legislatore abbia previsto un bilanciamento tra i principi costituzionali e convenzionali (art. 111, comma 2, Cost. e artt. 6 e 13 CEDU) e le garanzie di conoscenza degli atti da parte dell’imputato, continueranno ad operare presunzioni legali di conoscenza dell’atto che, di fatto, rischiano di sacrificare in concreto l’effettiva conoscenza dello stesso. Sono anche mutati i protagonisti del sistema delle notifiche. Come accaduto nel processo civile, anche nel penale gli ufficiali giudiziari hanno assunto un ruolo solo sussidiario, mentre il difensore dell’imputato è diventato uno dei principali protagonisti di tale scenario, che avrà il compito di ritrasmettere al proprio assistito le notifiche degli atti, successivi al primo, diversi da quelli introduttivi del giudizio. 148. Con il nuovo art. 175-bis c.p.p., infatti, il legislatore interviene sia per positivizzare la necessità di «sistemi di accertamento effettivo» e di «registrazione dell’inizio e della fine del malfunzionamento, in relazione a ciascun settore interessato» dal problema, sia per garantire in tali circostanze l’accesso a «soluzioni alternative ed effettive alle modalità telematiche che consentano il tempestivo svolgimento delle attività processuali».
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cato’ ovvero generalizzato dei domini del Ministero della giustizia149. La seconda ipotesi (disciplinata al comma 4) concerne il malfunzionamento ‘non certificato’, ossia quello che può verificarsi in relazione ad uno specifico ufficio giudiziario o in ambito locale e che comunque sia tale da impedire, per un tempo più o meno consistente, l’accesso alla modalità telematica150. Stante la regola che impedisce di considerare i casi di malfunzionamento come una causa di proroga o di sospensione dei termini processuali, l’ultimo comma dell’art. 175-bis c.p.p. prevede che nel caso in cui la scadenza di un termine previsto a pena di decadenza si verifichi nel periodo di malfunzionamento certificato, la parte può chiedere la rimessione nei termini a norma dell’art. 175 c.p.p. Le nuove norme codicistiche offrono, dunque, un quadro composito, dal momento che si sovrappongono discipline differenti a seconda della tipologia dell’atto e dei soggetti coinvolti nella notifica151. La previsione ora richiamata testimonia il fatto che il legislatore della riforma è cosciente che la dematerializzazione non è solo una questione tecnica ma è anzitutto legata agli aspetti sostanziali del processo. Se, quindi, da un lato, deve esserci la contezza che per far funzionare le varie forme digitali del processo occorre incidere sugli atti processuali e sulla loro struttura, soprattutto garantendo il più possibile atti nativi digitali, dall’altro,
149. In tali casi il malfunzionamento è certificato dal DGSIA, attestato sul portale dei servizi telematici del Ministero della giustizia e comunicato dal dirigente dell’ufficio giudiziario, con modalità tali da assicurarne la tempestiva conoscibilità ai soggetti interessati. Con le medesime modalità viene accertato, attestato e comunicato il ripristino del corretto funzionamento. 150. In queste ipotesi il malfunzionamento è accertato e attestato dal dirigente dell’ufficio e anche in questo caso è previsto che siano verificate e attestate la data di inizio e quella della fine del malfunzionamento e, ove risulti, anche l’orario. Quanto alla necessità di «garantire soluzioni alternative ed effettive alle modalità telematiche che consentano il tempestivo svolgimento delle attività processuali», al comma 3, con una previsione che (attraverso il richiamo operato nel comma 4) vale per entrambi i casi di malfunzionamento, si è previsto che durante tutto il periodo del malfunzionamento, gli atti e i documenti vengano redatti in forma di documento analogico e depositati con modalità non telematiche. In tal modo si eviteranno stalli nell’attività processuale, allo stesso tempo garantendosi, anche per questa ipotesi, la completezza e la continuità del fascicolo informatico, stante il richiamo all’obbligo di conversione in copia informatica e conseguente inserimento nel fascicolo informatico previsti dagli artt. 110, comma 4, e 111-ter, comma 3. 151. Si distingue tra «domicilio digitale» e «domicilio (telematico) dichiarato». Inoltre occorre fare attenzione alle diverse categorie di destinatari della notifica (es. querelante, imputato non detenuto, imputato detenuto, ecc.) e ai diversi momenti del giudizio.
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bisogna considerare che la digitalizzazione – specie nel processo penale – non è solo legata alla dimensione della organizzazione dei servizi, ma tocca da vicino il ruolo dei giudici e la garanzia di tutti i principi costituzionali che attengono alla giustizia (diritto di difesa, indipendenza e autonomia, giusto processo, ecc.). Di qui la necessità che l’innovazione tecnologica sia verificata sempre e costantemente dai protagonisti del processo per capirne le potenzialità ma anche le criticità152. Paradigmatiche di questo atteggiamento di prudenza sono le norme sulle udienze a distanza, per le quali la legge delega rimetteva al Governo un’ampia discrezionalità sulla scelta del tipo di udienze (e di atti) alle quali le parti potevano partecipare a distanza e alle forme e ai tempi per l’espressione del consenso alle stesse153. A fronte di tale input, il legislatore delegato ha inteso tenere ferme le garanzie fissate dalla giurisprudenza costituzionale in merito al diritto di difesa e al contraddittorio, da un lato, escludendo di disciplinare le ipotesi di integrale dematerializzazione dell’udienza (in particolare prevedendo che essa possa essere celebrata in un ambiente totalmente virtuale, gestito dal giudice e dai suoi ausiliari da luogo diverso dall’aula di udienza) e, dall’altro, evitando di intervenire, per modificarne il regime di ammissione e assoggettarlo al consenso delle parti, sulle ipotesi di partecipazione alle udienze a distanza e di esame a distanza già previste – a regime – dalle disposizioni di attuazione del codice di rito154. In tal modo, sono state configurate almeno due tipologie di udienze: quelle per le quali continuano ad applicarsi le regole precedenti sulla partecipazione a distanza e quelle nelle quali la scelta della distanza deve confrontarsi con la volontà delle parti. Peraltro, avuto riguardo alla significativa estensione dell’ambito di applicazione degli istituti in esame conseguente all’attuazione della delega, il Governo ha ritenuto necessario 152. V. a tale proposito quanto indicato dal Consiglio superiore della magistratura, Relazione sullo stato della giustizia telematica - anno 2021, cit. 153. La legge delega prevedeva, tra i criteri direttivi, di «individuare i casi in cui, con il consenso delle parti, la partecipazione all’atto del procedimento o all’udienza possa avvenire a distanza» (art. 1, comma 8, lett. c)). Già la Commissione Lattanzi aveva raccomandato di «fare tesoro delle esperienze fatte durante la fase dell’emergenza» sanitaria, senza però omettere che vi erano stati dei problemi nella realizzazione delle garanzie processuali e nell’effettività del diritto all’accesso a un giudice garantiti dalla Costituzione e dalla CEDU. Commissione Lattanzi, Relazione finale e proposte di emendamenti al d.d.l. a.c. 2435, 24 maggio 2021 (www.giustizia.it/cmsresources/cms/ documents/commissione_LATTANZI_relazione_ finale_24mag21.pdf), p. 16. 154. Artt. 45-bis, 134-bis, 146-bis, 147-bis e 205-ter disp. att. c.p.p.
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concentrare in un apposito titolo del codice (titolo II-bis del libro II) una generale disciplina organica, perlopiù ricavata dalle citate disposizioni di attuazione, che sono state quindi parzialmente rimaneggiate. In termini generali, l’ampliamento dei casi di svolgimento dell’udienza a distanza è stato realizzato intervenendo sia sulla disciplina dell’istruttoria dibattimentale sia sulla attività di integrazione probatoria del giudice dell’udienza preliminare nell’ambito del giudizio abbreviato155. La norma più interessante ai nostri fini è contenuta nell’art. 133-ter c.p.p., relativa alle «modalità e garanzie della partecipazione a distanza». Di questo denso articolo sottolineiamo tre profili. Il primo profilo riguarda la regola generale che il collegamento debba avvenire, come accennato, «da altro ufficio giudiziario o da un ufficio di polizia giudiziaria individuato dall’autorità giudiziaria, previa verifica della disponibilità di dotazioni tecniche e condizioni logistiche idonee per il collegamento audiovisivo»156. Il secondo profilo attiene alla previsione, a pena di nullità, delle modalità con le quali deve svolgersi l’udienza, perché in ossequio alle garanzie costituzionali il collegamento audiovisivo deve realizzarsi «con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l’effettiva partecipazione delle parti all’atto o all’udienza e ad assicurare la contestuale, effettiva e reciproca visibilità delle persone presenti nei 155. L’impiego dei nuovi strumenti tecnologici è parso compatibile anche con i «procedimenti di cooperazione giudiziaria internazionale», potendo – in particolare – trovare utilmente applicazione per l’espletamento dell’interrogatorio nella procedura estradizionale (art. 703, comma 2, e, per i casi di arresto, art. 717, comma 2, c.p.p.). Norme specifiche sono state previste pure per gli atti di indagine del pubblico ministero. Suscettibili di essere svolti a distanza sono stati altresì ritenuti l’interrogatorio di garanzia della persona sottoposta a misura cautelare (art. 294, comma 4, c.p.p.), nonché l’udienza di convalida dell’arresto o del fermo (art. 391, comma 1, c.p.p.). Un ulteriore rilevante intervento, attuato sulla falsariga di quanto già previsto per il procedimento di sorveglianza (art. 678, comma 3.2, c.p.p.), è stato eseguito sulle regole generali del rito camerale e del procedimento di esecuzione (art. 666, comma 4, c.p.p.), per prevedere la possibilità di audizione a distanza della persona che richieda di essere sentita e risulti detenuta o internata in luogo posto fuori della circoscrizione del giudice, per la quale è attualmente prevista l’audizione unicamente ad opera del magistrato di sorveglianza del luogo (art. 127, comma 3, c.p.p.). Cfr. a tale proposito la Relazione illustrativa. 156. Seguono poi due previsioni derogatorie: la prima interessa le persone detenute, internate, sottoposte a custodia cautelare in carcere o ristrette in carcere a seguito di arresto o di fermo, le quali si collegano sempre «dal luogo in cui si trovano» e, cioè, in concreto, dal carcere o dall’istituto per l’esecuzione delle misure di sicurezza (comma 5); la seconda ipotesi è rimessa al prudente apprezzamento dell’autorità giudiziaria che, sentite le parti, può autorizzare le persone che compiono l’atto o che partecipano all’udienza a distanza a collegarsi da un luogo diverso da quello individuato in via generale (comma 6).
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diversi luoghi e la possibilità per ciascuna di essa di udire quanto viene detto dalle altre»157. Il terzo profilo attiene al diritto di difesa e alla difesa tecnica, per i quali il comma 7 prevede che i «difensori si collegano dai rispettivi uffici o da altro luogo, purché idoneo», ma deve essere comunque «assicurato il diritto dei difensori o dei loro sostituti di essere presenti nel luogo dove si trova l’assistito» e deve altresì essere assicurato il «diritto dei difensori o dei loro sostituti di consultarsi riservatamente tra loro e con l’assistito per mezzo di strumenti tecnici idonei». Dalle norme esaminate emerge che per il legislatore delegato la celebrazione di alcune e selezionate udienze da remoto rappresenta un’eccezione da sottoporre a notevoli cautele al fine di evitare la lesione di quei principi di oralità e immediatezza, funzionali all’esercizio del contraddittorio (forte, di cui all’art. 111, co. 4 Cost.); principi attraverso cui trova piena attuazione il diritto di difesa, nonché le ulteriori garanzie costituzionali che accompagnano il procedimento penale. A tal fine, la legge delega affida parte dell’attuazione delle norme ad una ulteriore fase di monitoraggio e di governance del sistema, costituita da un «Piano triennale per la transizione digitale dell’amministrazione della giustizia» (art. 2, commi 18-19) e dalla istituzione di un «Comitato tecnico-scientifico per la digitalizzazione del processo» (art. 2, comma 20)158. 5. Uno sguardo alle giurisdizioni speciali In questa parte del lavoro abbiamo inteso raggruppare alcune delle giurisdizioni speciali previste nella nostra Costituzione. Senza nessuna pretesa di esaustività, saranno affrontati alcuni dei principali problemi e delle prime sfide che pone la digitalizzazione al processo amministrativo, al processo contabile e al processo tributario. L’esame non entra in profondità dei diversi riti ma si limita a segnalare questioni che in tali giurisdizioni sono legate al nesso tra digitalizzazione e garanzia dei diritti fondamentali collegati al processo.
157. Sono previste garanzie affinché, nei casi di ‘udienza pubblica’, venga comunque «assicurata un’adeguata pubblicità degli atti compiuti a distanza» e si disponga registrazione audiovisiva dell’udienza stessa. 158. G.L. Gatta, Riforma della giustizia penale: contesto, obiettivi e linee di fondo della ‘Legge Cartabia’, cit.
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5.1. Il processo amministrativo telematico Negli ultimi dieci anni anche la giustizia amministrativa è andata incontro a un processo di progressiva digitalizzazione, prima grazie alla graduale dematerializzazione dei documenti avviata da alcuni tribunali amministrativi e dal Consiglio di Stato e, successivamente, attraverso l’introduzione dal primo gennaio del 2017 del processo amministrativo telematico (d’ora in avanti anche PAT)159. Sebbene negli ultimi sei anni il PAT abbia segnato notevoli risultati, soprattutto nell’ottica della garanzia del diritto di accesso alla giustizia160, il percorso sin qui compiuto è stato guidato essenzialmente da una trasposizione in ambiente digitale delle tradizionali forme analogiche del processo amministrativo161. Esistono, dunque, margini di sicuro miglioramento per rendere l’introduzione del digitale una forma di sistematizzazione e di trasformazione della giustizia amministrativa162. Il sistema informativo della giustizia amministrativa appare essere allo stato uno di quelli certamente più evoluti e trasparenti163, pubblicando tutti i provvedimenti nel proprio portale164. Tuttavia, proprio l’importanza dell’investimento realizzato e la mole di pronunce digitalizzate avrebbe richiesto un investimento nei termini della maggiore integrazione con altri strumenti più evoluti, i quali avrebbero potuto consentire sia una migliore messa a sistema dell’enorme banca dati sia una automazione più avanzata di alcuni aspetti delle decisioni a fini non semplicemente ‘predittivi’, ma di maggiore tutela degli interessi pubblici (es. garanzia della 159. Il decreto-legge 27 febbraio 2015, n. 83 stabiliva l’entrata in vigore del PAT al primo gennaio 2016; tale data è stata posticipata una prima volta al primo luglio 2016 dal decreto-legge 30 dicembre 2015, n. 210, e poi ulteriormente rinviata al primo gennaio 2017, dal decreto-legge 30 giugno 2016, n. 117. Per un’analisi circa l’entrata in vigore del PAT si v. L. Patelli, Il processo amministrativo telematico nell’applicazione pratica, in Una giustizia amministrativa digitale?, a cura di M. Ramajoli, il Mulino 2023, pp. 91-124. 160. Come già auspicava C.E. Gallo, L’attuazione del processo amministrativo telematico, in Urb. app., n. 6, 2016, pp. 631-636. 161. La c.d. ‘digitalizzazione di facciata’ di cui parla F. Caio, Lo stato del digitale: come l’Italia può recuperare la leadership in Europa, Marsilio 2014, p. 7. 162. Interessanti, in tale senso, sono le considerazioni di E. Schneider, Il processo amministrativo telematico, in Giorn. dir. amm., n. 1, 2022, pp. 133-144, spec. p. 141. 163. P. Clarizia, Il processo amministrativo e le sfide della digitalizzazione, in Giorn. dir. amm., n. 5, 2021, pp. 559-570. 164. Disponibile all’indirizzo: www.giustizia-amministrativa.it.
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trasparenza) e dei diritti soggettivi (es. tecniche di anonimizzazione delle decisioni) assicurati dal processo amministrativo165. In termini generali, il PAT si applica sia alle controversie pendenti davanti ai Tribunali amministrativi regionali sia davanti al Consiglio di Stato e al Consiglio di Giustizia amministrativa della Regione siciliana166. Si tratta di un processo che si svolge in modalità telematica dalla «A alla Z», coprendo l’intero ambito delle fasi del processo amministrativo di primo e secondo grado, dalla presentazione delle istanze ante causam fino alla pubblicazione della sentenza167. Dopo la pandemia sono state previste alcune trasformazioni, con la digitalizzazione delle c.d. fasi «paragiurisdizionali» e la possibilità dello svolgimento di udienze da remoto, seppure per casi e situazioni ad oggi eccezionali. Il sistema informativo sviluppato dalla giustizia amministrativa per il PAT (SIGA)168 è autonomo rispetto a quelli della giustizia civile e tributaria. Similmente a questi altri due, il deposito degli atti e dei documenti avviene attraverso l’invio della PEC agli uffici di cancelleria, poi gestita e smistata dal sistema informativo169. Differentemente dal PCT, le disposizioni sul PAT sono state da subito integrate nel codice. L’art. 136 del codice del processo amministrativo (c.p.a.), come modificato nel 2016170, contiene le disposizioni che
165. In tale senso v. le puntuali e lucide considerazioni di L. Patelli, Il processo amministrativo telematico nell’applicazione pratica, cit., pp. 121 ss. 166. Dal primo gennaio 2018 il processo amministrativo è divenuto integralmente telematico anche per i ricorsi che erano stati instaurati prima della data di entrata in vigore. 167. I.S.I. Pisano, Il processo amministrativo telematico, in Giustizia digitale. Processi telematici e udienza da remoto, a cura di G. Buccarella, F. Fimmanò, I.S.I. Pisano, Giuffrè 2021, pp. 43-93. Sono redatti digitalmente anche i verbali, gli avvisi e le comunicazioni di cancelleria e tutti i provvedimenti giurisdizionali. 168. Differentemente dal processo civile, il SIGA non è attualmente interconnesso con il sistema della giustizia civile, nel quale sono stati radicati il ‘RegIndE’ (Registro generale degli indirizzi elettronici) e il Registro PPAA (Registro degli indirizzi della pubblica amministrazione). V. E. Schneider, Il processo amministrativo telematico, cit. 169. Come per il PCT, al PAT si applicano le norme già richiamate del CAD, ovvero le disposizioni che prevedono la disciplina del «documento informatico», della «copia informatica di un documento analogico», della «copia per immagine su supporto informatico di documento analogico», della «copia informatica di documento informatico», del «duplicato informatico», del «domicilio digitale» e delle «firme digitali». Si v. supra il par. 4. 170. Modificato dall’art. 7, comma 1, lett. b), n. 1), del decreto-legge 31 agosto 2016, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2016, n. 197.
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disciplinano quasi per intero la disciplina primaria del PAT171. I nuovi commi 1-bis e 1-ter dell’art. 25 del c.p.a., come introdotti dall’art. 7 del decreto-legge n. 168/2016, stabiliscono che le notifiche devono essere realizzate solo con modalità telematica e non più in modo ‘analogico’ e che «a decorrere dal 1° gennaio 2018» non si applica più la disposizione circa il deposito in segreteria172.
171. Al comma 1 tale articolo dispone la preferenza per le comunicazioni telematiche tramite PEC, mentre al comma 2 prevede l’obbligo di deposito di atti e documenti con modalità telematiche (la stessa PEC). Si stabilisce infatti al comma 2 che i «difensori, le parti nei casi in cui stiano in giudizio personalmente e gli ausiliari del giudice depositano tutti gli atti e i documenti con modalità telematiche». Sono stabilite poi delle eccezioni in «casi eccezionali, anche in considerazione della ricorrenza di particolari ragioni di riservatezza legate alla posizione delle parti o alla natura della controversia». La comunicazione in forma elettronica è diventata quindi esclusiva, a seguito dell’estensione dell’art. 16, comma 17-bis, decreto-legge n. 179/2012 al processo amministrativo, operata dal decretolegge n. 90/2014, convertito in legge n. 114/2014. Il comma 2-bis stabilisce che – salvo le eccezioni del secondo comma – «tutti gli atti e i provvedimenti del giudice, dei suoi ausiliari, del personale degli uffici giudiziari e delle parti sono sottoscritti con firma digitale». Infine, il comma 2-ter stabilisce le attestazioni di conformità delle copie informatiche di atti e documenti rispetto agli originali analogici. Il comma 2-ter, attribuendo ai difensori la veste di pubblici ufficiali ad ogni effetto, prevede che quando «il difensore depositi con modalità telematiche la copia informatica, anche per immagine, di un atto processuale di parte, di un provvedimento del giudice o di un documento formato su supporto analogico e detenuto in originale o in copia conforme, attesta la conformità della copia al predetto atto mediante l’asseverazione di cui all’articolo 22, comma 2» del CAD. Un analogo potere di attestazione di conformità si estende «agli atti e ai provvedimenti presenti nel fascicolo informatico, con conseguente esonero dal versamento dei diritti di copia». Come già detto la «copia munita dell’attestazione di conformità equivale all’originale o alla copia conforme dell’atto o del provvedimento». Dal decreto-legge n. 28/2020 è stato abrogato il comma 2-quater che prevedeva la possibilità per il presidente della sezione o del collegio, se la questione fosse sorta in udienza, di «autorizzare il privato chiamato in causa dallo stesso giudice, che non possa effettuare il deposito di scritti difensivi o di documenti mediante PEC, a depositarli mediante upload attraverso il sito internet istituzionale». Uno specifico problema riguarda gli obblighi di comunicazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata, rectius domicilio digitale del difensore nel contesto del PAT anziché al domicilio fisico, per il quale si rimanda alla letteratura che ha analizzato il tema nello specifico (L. Patelli, Il processo amministrativo telematico nell’applicazione pratica, cit., pp. 100 ss.; I.S.I. Pisano, Il processo amministrativo telematico, cit., pp. 47 ss.; M. Reale, Il processo telematico alla prova dei fatti. Dieci dubbi e relativi chiarimenti alla luce della giurisprudenza recente, cit.). 172. Quanto ai termini del deposito, si è svolto un notevole contrasto giurisprudenziale in ragione della non chiara formulazione della norma contenuta nell’art. 4, comma 4, delle disposizioni di attuazione del c.p.a. In termini ricostruttivi sul punto si v. F. Gaffuri, Il termine di deposito degli atti processuali nel PAT, in Giur. it., n. 4, 2022, pp. 941-944.
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Il capo IV delle norme di attuazione del c.p.a. prevede disposizioni sul «processo amministrativo telematico e criteri di redazione degli atti processuali». L’art. 13, rubricato «Processo telematico», stabilisce che con «decreto del Presidente del Consiglio di Stato»173, sono stabilite «le regole tecnico-operative per la sperimentazione e la graduale applicazione degli aggiornamenti del processo amministrativo telematico, anche relativamente ai procedimenti connessi attualmente non informatizzati, ivi incluso il procedimento per ricorso straordinario, nonché lo svolgimento da remoto di udienze, camere di consiglio e adunanze»174. La disciplina delle notificazioni a mezzo PEC è invece dettata dal già ricordato art. 3-bis della legge 21 gennaio 1994, n. 53. Le «Regole tecnico-operative del processo amministrativo telematico» sono contenute, secondo quanto previsto dall’art. 13 delle disposizioni di attuazione al c.p.a., all’interno del decreto del presidente del Consiglio di Stato del 28 luglio 2021175. 173. Il decreto è adottato «sentiti il Dipartimento della Presidenza del Consiglio dei ministri competente in materia di trasformazione digitale, il Consiglio nazionale forense, il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa e le associazioni specialistiche maggiormente rappresentative, che si esprimono nel termine perentorio di trenta giorni dalla trasmissione dello schema di decreto». 174. Gli articolo successivi stabiliscono, rispettivamente, le «misure transitorie per l’uniforme applicazione del processo amministrativo telematico» (art. 13-bis), i «criteri per la sinteticità e la chiarezza degli atti di parte» (art. 13-ter) e la «trattazione da remoto» (art. 13-quater). L’art. 7, comma 4, del decreto-legge n. 168/2016 aveva imposto ai difensori di continuare a depositare comunque una copia cartacea del ricorso e degli atti difensivi (c.d. «copia di cortesia» o «copia d’obbligo»). A seguito delle reiterate istanze dell’avvocatura in tal senso, durante la pandemia il legislatore ha abrogato definitivamente l’obbligo predetto con l’art. 4, comma 1, decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 2020, n. 70. 175. Il decreto consta di due articoli e di tre allegati. I primi due allegati integrano le suddette Regole tecnico-operative prevedendo norme per il sistema informativo della giustizia amministrativa (SIGA) e il processo amministrativo telematico. Il terzo allegato stabilisce le «Specifiche tecniche per le udienze da remoto» che sono state usate in via generale durante il periodo emergenziale e ora sono impiegabili solo per lo svolgimento delle udienze straordinarie di smaltimento dell’arretrato. V. il D.P.C.S. 28 luglio 2021, pubblicato nella G.U. 2 agosto 2021, n. 183, che ha sostituito il precedente D.P.C.S. 28 dicembre 2020, a sua volta sostitutivo del D.P.C.S. 22 maggio 2020. Ancora prima tali norme erano previste dalla fonte governativa D.P.C.M. 16 febbraio 2016, n. 40. Sottolinea le ragioni del cambiamento di fonte L. Patelli, Il processo amministrativo telematico nell’applicazione pratica, cit., pp. 97 ss. In generale sulla importanza di tali regole tecniche e sul loro valore non solo tecnico v. P. Clarizia, Il processo amministrativo e le sfide della digitalizzazione, cit.
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Anche nel processo amministrativo le udienze da remoto durante la pandemia hanno dato l’occasione ai giudici amministrativi di esprimersi su alcuni aspetti problematici della digitalizzazione del processo176. I giudici di palazzo Spada si sono chiesti fino a che punto fosse legittimo, nei termini propriamente costituzionali e convenzionali, che durante la fase di emergenza pandemica i processi si celebrassero con videocollegamenti o addirittura con forme «cartolari»177. Quanto all’udienza cartolare, prevista nella fase immediatamente successiva allo scoppio della pandemia da Covid-19 come ‘obbligatoria’, ma poi divenuta facoltativa e presto accompagnata dalla forma da remoto, il Consiglio di Stato osserva che alla luce del principio del «giusto processo» di cui all’art. 111, comma 2, Cost. e dell’art. 6 della CEDU (e dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE, aggiungeremmo noi) è necessario che il processo, anche quello amministrativo, si celebri nel contraddittorio delle parti, le quali devono essere messe in grado di argomentare puntualmente le proprie difese, anche oralmente. Per questa ragione la sentenza individua un «giusto contemperamento» delle esigenze di celerità e del contraddittorio delle parti nella facoltà di ciascuna di esse di «chiedere il differimento dell’udienza a data successiva al termine della fase emergenziale allo scopo di potere discutere oralmente la controversia» purché «dal differimento richiesto da una parte non sia compromesso il diritto della controparte ad una ragionevole durata del processo e quando la causa non sia di tale semplicità da non richiedere alcuna discussione». Nel rito cartolare, ricordano i giudici amministrativi, si possono «far prevalere esigenze manifeste di economia processuale», a patto che si 176. Consiglio di Stato, sez. VI, ordinanze 21 aprile 2021, nn. 2538 e 2539. Sul tema v. C. Ramotti, Emergenza Covid-19: quali novità per il processo amministrativo?, in Giorn. dir. amm., n. 4, 2020, pp. 426-435. 177. Come abbiamo già detto supra l’art. 84 del decreto-legge n. 18/2020 ha introdotto il 17 marzo 2020 drastiche misure che in generale ‘sopprimevano’ la trattazione orale (in presenza) delle misure cautelari e di tutte le altre controversie; successivamente l’art. 4 del decreto-legge n. 28/2020 scelse di consentire la discussione orale in forma ‘da remoto’. Quest’ultima poteva essere disposta d’ufficio o su istanza di parte – alla quale le altre parti possono opporsi motivatamente – con trasmissione alle parti, tre giorni prima dell’udienza stessa, dell’ora e delle modalità di collegamento. La disciplina di dettaglio con le regole tecniche delle udienze telematiche è stata inserita nei decreti del Presidente del Consiglio di Stato che si sono succeduti in questi tre anni e dei quali abbiamo ora parlato. Si prevedono tanto le regole tecniche quanto le modalità per la verbalizzazione, il meccanismo per identificare i partecipanti e le regole sulla protezione dei dati personali in osservanza delle norme di derivazione europea.
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gradui la garanzia del diritto di difesa tra le diverse fasi del processo. Differentemente dalla trattazione cartolare nella fase cautelare, «la pretermissione della discussione nel giudizio di merito va valutata anche alla luce di potenziali effetti irreversibili sul diritto di difesa che andrebbero per quanto possibile evitati, stante la necessaria temporaneità e proporzionalità delle misure processuali semplificate legate alla situazione pandemica ‘acuta’». Nella medesima occasione, il Consiglio di Stato si sofferma anche sul limite legittimo al principio di pubblicità, che sarebbe sacrificato tanto nella modalità cartolare quanto nella modalità da remoto178: anche se, in base alla giurisprudenza della Corte costituzionale e della Corte EDU, «alcune situazioni eccezionali, attinenti alla natura delle questioni da trattare (quale, ad esempio, il carattere ‘altamente tecnico’ del contenzioso)» potrebbero giustificare che si faccia a meno della pubblicità, purché l’udienza a porte chiuse, per tutta o parte della durata, sia «strettamente imposta dalle circostanze della causa», non si può mai arrivare a imporre l’«assenza forzata», non solo del pubblico, ma anche dei difensori, che «finirebbe per connotare il rito emergenziale in termini di giustizia ‘segreta’, refrattaria ad ogni forma di controllo pubblico»179. È interessante rilevare che queste stesse modalità sono state oggi previste a regime nel c.p.c. ai già richiamati artt. 127, 127-bis e 127-ter, i quali consentono sì la sostituzione dell’udienza in presenza mediante deposito di note scritte, ma con modalità differenti dalla legislazione emergenziale. 5.2. L’introduzione graduale del processo telematico nell’ambito della giustizia contabile e tributaria Negli ultimi anni, sull’onda della positiva affermazione del PCT, la rivoluzione digitale ha investito anche le altre giurisdizioni oltre quella amministrativa, in alcuni casi con una notevole rapidità rispetto ai tempi impiegati per l’informatizzazione del processo civile. I processi tributario e contabile sono stati tra gli ultimi a intraprendere il percorso di dematerializzazione e a portarlo a termine. In tutti e due i casi le proce178. Sul problema della pubblicità e delle nuove tecnologie si è soffermato F. Donati, Trasparenza della giustizia e anonimizzazione dei provvedimenti giudiziari, cit. 179. Le citazioni sono tratte da Consiglio di Stato, sez. VI, ordinanza 21 aprile 2021, n. 2538. In termini quasi del tutto identici la successiva pronuncia n. 2539.
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dure telematiche sono state implementate in modo graduale, consentendo così ai giudici, al personale amministrativo addetto ai tribunali, agli avvocati e alle parti di sperimentare le novità e individuarne i problemi e le soluzioni. La «giustizia digitale contabile»180 ha molte delle caratteristiche tecniche già notate in generale per gli altri tipi di processo telematico fin qui esaminati, ma si distingue per una caratteristica strategica che in altri casi non abbiamo osservato. La Corte dei conti ha inteso portare avanti la digitalizzazione delle proprie attività giurisdizionali e non giurisdizionali in modo assolutamente graduale, estendendo l’operatività e l’interoperabilità del proprio processo telematico a tutti i flussi di lavoro interni alla magistratura contabile, ben oltre la mera smaterializzazione delle attività181. In questo senso appare non errato il riferimento a una ‘giustizia contabile digitale’, rectius ‘digitalizzata’, piuttosto che semplicemente a un «processo contabile telematico». Più complessa è stata la dematerializzazione del processo tributario. Il «processo tributario telematico»182 (PTT) è attivo dal 15 luglio 2017 presso le commissioni tributarie provinciali e regionali e, adesso, dopo la riforma della giustizia tributaria, presso le Corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado. La normativa di riferimento è molto composita 180. Dinanzi alle sezioni giurisdizionali della Corte dei conti è attiva la «GIUstizia DIgitale COntabile» (GIUDICO). L’art. 6, comma 1, del Codice della giustizia contabile (d.lgs. 26 agosto 2016, n. 174) prevede che «I giudizi dinanzi alla Corte dei conti sono svolti mediante le tecnologie dell’informazione e della comunicazione». Il successivo comma 3 stabilisce che tutte le attività riferite al processo telematico devono essere disciplinate con decreti del Presidente della Corte dei conti. Con il decreto del 21 ottobre 2016 il Presidente della Corte dei conti ha adottato le «prime regole tecniche ed operative per l’utilizzo della posta elettronica certificata nei giudizi dinanzi alla Corte dei conti», successivamente modificate nel 2022. Il comma 5 del medesimo articolo ha disposto che «si applicano, ove non previsto diversamente, le disposizioni di legge e le regole tecniche relative al processo civile telematico». Il 24 maggio 2022, con un nuovo decreto presidenziale, sono state disciplinate «Ulteriori regole tecniche e operative per lo svolgimento dei giudizi dinanzi alla Corte dei conti mediante le tecnologie dell’informazione e della comunicazione», la cui entrata in vigore era prevista per il primo settembre 2022. 181. G. De Marco, La giustizia digitale contabile, in Giustizia digitale, a cura di G. Buccarella, F. Fimmanò, I.S.I. Pisano, Giuffrè 2021, pp. 95-144. In termini operativi si v. Corte dei Conti, Inaugurazione dell’anno giudiziario 2023 - Relazione sull’attività, 9 febbraio 2023 (www.corteconti.it/Download?id=08cf20bd-ee34-4117-bd21-641311cc6ba3). 182. Per una accurata ricostruzione delle fasi di implementazione del PTT si v. E. Manoni, Processo tributario telematico e vizi degli atti processuali: le oscillazioni giurisprudenziali, in Dir. e Prat. Trib., n. 4, 2022, pp. 1484-1509.
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e fatta di numerose tipologie di fonti di diversa natura e gerarchia183. Va detto subito che il processo tributario è strutturalmente un processo di tipo cartolare con prove precostituite184, che quindi può beneficiare molto in termini di speditezza dall’utilizzo di forme di dematerializzazione, senza però perdere nulla in termini di garanzie delle parti185. Nella giurisdizione tributaria il processo telematico viene definito come l’«automazione dei flussi informativi e documentali nell’ambito del processo tributario mediante l’utilizzo dell’informatica e della telematica»186. In sostanza si usa la comunicazione tramite PEC e il successivo deposito telematico mediante il SIGiT (Sistema informativo della Giustizia Tributaria)187. 183. L’art. 39, comma 8, decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito nella legge 15 luglio 2011, n. 111, ha introdotto specifiche disposizioni per una completa informatizzazione del processo tributario telematico, anche in attuazione dei principi previsti dal CAD, con l’obiettivo di conseguire maggiore efficienza, celerità nella definizione dei giudizi e risparmi gestionali per gli operatori del settore. Tali norme sono state attuate dal decreto del Ministero economia e finanze del 23 dicembre 2013, n. 163 («Regolamento recante la disciplina dell’uso di strumenti informatici e telematici nel processo tributario»). Il Regolamento rinviava la concreta attuazione della digitalizzazione delle varie fasi del processo ai decreti di adozione delle regole tecniche, adottate poi con decreto del Direttore Generale delle finanze 4 agosto 2015 («regole tecniche») e dalla circolare n. 2/DF dell’11 maggio 2016 («processo tributario telematico - linee guida»). Successivamente, il decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119 contiene norme sulla «Giustizia tributaria digitale» (art. 16) che riconoscono la possibilità di svolgimento delle udienze a distanza mediante il collegamento da remoto e ne definiscono l’ambito di applicazione, richiamando espressamente gli artt. 33 e 34 del d.lgs. n. 546/1992 relativi alla trattazione in camera di consiglio e alla discussione in pubblica udienza che, pertanto, possono avvenire in via telematica. In seguito, il decreto del Ministero economia e finanze del 11 novembre 2020, n. 46, ha approvato poi le «regole tecnico operative» per la redazione dei provvedimenti giurisdizionali telematici da parte dei giudici tributari e del processo verbale di udienza in formato digitale ad opera degli ausiliari dell’autorità giudiziaria. 184. I documenti presentati in fase amministrativa trasmigrano in sede processuale per essere sottoposti al vaglio giudiziale. Il giudice tributario, dunque, non esegue una propria istruttoria, ma decide avvalendosi di quella già svolta dall’amministrazione finanziaria nel corso del procedimento amministrativo ed eventualmente sconfessata dal contribuente con l’apporto di proprie difese all’interno del ricorso. F. Gallo, L’istruttoria nel sistema tributario, in Rass. tribut., n. 1, 2009, pp. 25-45. 185. L’unico profilo di oralità ammissibile nel processo tributario riguarda le eventuali dichiarazioni rese dai terzi e contenute all’interno del processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza a conclusione dell’esercizio dei poteri di accesso, ispezione e verifica. 186. Art. 1 del d.m. n. 163/2013. 187. Sulla fase di passaggio al rito completamente telematico si v. E. Manoni, Le inevitabili criticità del processo tributario telematico, in Dir. e Prat. Trib., n. 4, 2019, pp. 1876-1886.
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Il PTT ha preso avvio in un momento particolare della storia della digitalizzazione, dato che nello stesso periodo molti degli adempimenti e delle procedure governate dal Ministero dell’economia e finanze sul lato tributario avevano beneficiato del passaggio al digitale (es. fatturazione elettronica e dichiarazione precompilata). Il PTT offre un importante contributo in termini di ‘economia processuale’, perché configura un nuovo modo di intendere il rapporto tra contribuente e amministrazione finanziaria, soprattutto quando i numerosi strumenti deflattivi del contenzioso (l’accertamento con adesione e le forme di conciliazione e di reclamo) non conducono a risultati utili in punto di rapidità nella definizione delle controversie. In tale ambito, quindi, la digitalizzazione incide positivamente in termini di semplificazione complessiva, con evidente garanzia delle esigenze costituzionali legate alla realizzazione del giusto processo188. Anche per il processo tributario, così come prima per il processo amministrativo, si sono posti sia problemi connessi al mero contraddittorio cartolare alla luce della straordinaria normativa dettata dal legislatore in tempi di emergenza sanitaria da Covid-19189 sia problemi in ordine alle modalità e ai tempi delle notifiche e dei depositi190. Le questioni sono state presto risolte dalla giurisprudenza e poi dal legislatore. La riforma del processo tributario di cui si è accennato all’avvio del paragrafo, dettata con legge 31 agosto 2022, n. 130, non ha toccato le regole già previste per il PTT, ma anzi ha reso l’organizzazione di questa forma di giustizia ancora più rivolta alla definizione delle controversie mediante lo strumento digitale, ad esempio attraverso le udienze da remoto191. La riforma stabilisce, infatti, che l’udienza di trattazione della controversia 188. Il che appare in linea con la natura stessa delle norme processuali tributarie, caratterizzate da snellezza e semplicità, funzionali al soddisfacimento delle richiamate esigenze di celerità del processo. L’evidente intento del legislatore, attraverso la digitalizzazione è, quindi, quello di efficientare l’attività giudicante delle Commissioni Tributarie, nell’ottica di una concentrazione dei tempi processuali con indubbio vantaggio per entrambe le parti del rapporto obbligatorio, come rilevato da D. Mendola, La digitalizzazione e il contraddittorio cartolare coatto nel processo tributario, in Dir. internet, n. 1, 2021, pp. 39-47. 189. L’art. 27, decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito in l. 18 dicembre del 2020, n. 176, ha introdotto misure urgenti sullo svolgimento del rito tributario, applicabili per tutta la durata dello stato di emergenza. 190. A. Buscema, Il Processo Tributario Telematico non garantisce il diritto di difesa, in il fisco, n. 39, 2021, pp. 3761-3763. 191. Su tali aspetti si v. il nuovo comma 4 dell’art. 16 del citato decreto-legge n. 119/ 2018.
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si svolge a distanza ogni qualvolta tutte le parti costituite lo richiedano nei tempi e nelle modalità previste; in caso contrario si procede con le modalità tradizionali. Per le udienze cautelari e quelle dinnanzi al giudice monocratico il legislatore ha previsto la discussione esclusivamente da remoto, salvo che una delle parti, per comprovate ragioni, richieda espressamente (nel ricorso, nel primo atto difensivo, ovvero nell’appello) la trattazione presso le sedi delle (nuove) Corti di Giustizia Tributaria. Data la particolarità del processo tributario e l’intervenuta riforma, non si può escludere che in futuro anche all’interno del PTT si situi la possibilità di automatizzare alcuni aspetti del rito – grazie a forme di digitalizzazione più evoluta – e alcune fasi processuali per rendere i giudizi ancora più improntati alla celerità e alla garanzia del giusto processo192. È d’altronde auspicabile che l’evoluzione tecnologica, nelle modalità specifiche applicate al processo tributario non solo consegua l’obiettivo di snellire e accelerare i tempi di definizione dei processi, ma anche di «favorire la conoscenza e prevedibilità degli orientamenti che la giurisprudenza ha in precedenza assunto o andrà ad assumere in ordine a specifiche questioni»193. 6. La digitalizzazione degli atti processuali nel processo costituzionale Con la pubblicazione nella GU delle nuove «Norme Integrative»194, la Corte costituzionale ha abbandonato l’utilizzo del ‘modello cartaceo’ in favore della totale digitalizzazione degli atti processuali. Come ha avuto modo di esprimere la Corte stessa per bocca dei suoi presidenti, l’introduzione del ‘processo telematico’ anche per i giudizi di fronte alla Corte costituzionale è il frutto di alcuni anni di analisi, studio e preparazione, durante i quali sono state gettate le basi per una «digitalizzazione delle notifiche e dei depositi degli atti processuali»195. 192. S. Dorigo, Intelligenza artificiale e norme antiabuso: il ruolo dei sistemi ‘intelligenti’ tra funzione amministrativa e attività giurisdizionale, in Rass. trib., n. 4, 2019, pp. 728751; A. Damascelli, Riformare la giustizia tributaria, in il fisco, n. 26, 2021, pp. 2555-2561. 193. Cfr. C. Sacchetto, Processo tributario telematico e giustizia predittiva in ambito fiscale, in Rass. tribut., n. 1, 2020, pp. 41-54, spec. p. 50. 194. Approvate con delibera della Corte in sede non giurisdizionale del 22 luglio 2021, in GU, Serie Generale n. 262 del 03 novembre 2021 ed entrate poi in vigore il 1° dicembre 2021. 195. Cfr. Corte costituzionale, Relazione del Presidente Paolo Grossi sulla giurisprudenza costituzionale del 2016, 9 marzo 2017 (https://giurcost.org/cronache/Relazione_Grossi2.pdf)
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Come è noto, a differenza delle ‘giurisdizioni’ esaminate in precedenza, la Corte costituzionale ha caratteristiche strutturali del tutto ‘particolari’196. La platea di soggetti con i quali la Consulta comunica a fini processuali è quindi molto ampia e composta da soggetti con caratteristiche assolutamente differenti: ci sono altri organi costituzionali, i giudici di ogni tipo, le Regioni, l’Avvocatura dello Stato, gli avvocati del libero foro, i comitati referendari costituiti in associazioni di diritto privato e gli altri soggetti ai quali oggi viene riconosciuto un potere di ‘partecipazione’ ai giudizi. In ragione della particolarità del processo costituzionale e delle notevoli implicazioni da esso derivanti, la Corte costituzionale ha avuto un atteggiamento cauto verso l’apertura a misure che consentissero la digitalizzazione del proprio processo197. Sebbene l’incontro della Corte con il ‘digitale’ risalga a molti anni addietro198, per ragioni di organizzazione interna la dematerializzazione delle comunicazioni processuali è stata più lenta rispetto a quanto è accaduto nelle altre giurisdizioni esaminate. Dell’esigenza concreta di un processo costituzionale telematico è stato dato atto nella Relazione alla stampa del 2017, quando l’allora presidente 196. È un organo costituzionale con poteri di autonomia normativa garantiti dalla stessa Costituzione; esercita il controllo di costituzionalità in modo monopolistico – seppure mediante la sollecitazione proveniente o dai giudici o dal Governo e dalle Regioni – attraverso la celebrazione di un vero e proprio ‘processo’; le decisioni della Consulta hanno natura giurisdizionale ma non sono soggette ad appello o impugnazione; i giudizi dinnanzi alla Corte costituzionale sono di diverse tipologie e uno di essi costituisce un vero e proprio processo penale speciale. Sui poteri della Corte costituzionale si v. E. Malfatti, S. Panizza, R. Romboli, Giustizia costituzionale, VI ed., Giappichelli 2018; G. Zagrebelsky, V. Marcenò, Giustizia costituzionale. II. Oggetti, procedimenti, decisioni, il Mulino 2018. 197. E. Sammaciccio, La Corte e il processo telematico: valutazioni e prospettive dopo la pandemia, in Consulta online, n. 2, 2022, pp. 738-748. 198. Come ricorda P. Costanzo, Lo “Stato digitale”, in Il diritto costituzionale e le sfide dell’innovazione tecnologica. Atti del Convegno Annuale dell’Associazione “Gruppo di Pisa”, Genova, 18-19 giugno 2021, a cura di P. Costanzo, P. Magarò, L. Trucco, Editoriale Scientifica 2022, pp. 11-36, «l’incontro tra la Consulta e il digitale è assai più risalente, dovendosi fare riferimento sia all’istituzione del SIGICO, il ‘Sistema Giuridico Informatico Costituzionale’, presentato alla stampa il 26 ottobre 1989, sia al sito web della Corte stessa, il cui dominio risulta risalire al 28 luglio 1999. Entrambi si sono nel tempo evoluti, incrementando la quantità dei servizi offerti. Tra questi, di notevole impatto è senza dubbio la pubblicazione delle decisioni, non infrequentemente preceduta da un comunicato esplicativo, che ha già costituito motivo di riflessione in dottrina, Se, infatti, è vero che esso non alcun valore normativo, ma, in quanto promanante dalla giurisdizione, sembrerebbe insensato ignorarlo del tutto».
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Paolo Grossi rivelò che la Consulta aveva intrapreso «una serie di iniziative volte alla realizzazione (…) del processo costituzionale telematico» e che era stato creato uno specifico gruppo di lavoro per la proposta di modifiche alle proprie regole interne onde introdurre anche regole per il processo telematico199. Chi ha analizzato nello specifico il cambiamento al quale la Corte costituzionale è andata incontro con la introduzione delle nuove «Norme integrative» avvenuta nel 2021 ha sottolineato che la scelta della Corte di innovare dal punto di vista del processo telematico è stata accelerata moltissimo da due fattori. Anzitutto, il processo di smaterializzazione si è accompagnato alla generale ‘apertura’ della Consulta all’esterno voluta fortemente dal presidente Grossi e dai successori Giorgio Lattanzi, Marta Cartabia, Giancarlo Coraggio, Giuliano Amato e Silvana Sciarra200. In secondo luogo, come si è già visto per le altre giurisdizioni, la pandemia ha costituito un fattore di propulsione e innovazione delle modalità telematiche anche per i giudizi costituzionali 201. Nella Relazione annuale del 2020, la Presidente Marta Cartabia annotava che dare conto dell’attività della Corte nell’anno 2019 poteva essere «paradossale» perché l’anno che si concludeva era stato contrassegnato da una grande apertura della Corte costituzionale alla società civile e alla dimensione internazionale202. Questa relazione – come pure le precedenti e le successive – indica un nuovo modus operandi della Corte costituzionale con l’introduzione 199. A tale fine, il presidente Grossi ricordava che il Segretario generale della Corte aveva «sottoscritto convenzioni di cooperazione con le diverse autorità giurisdizionali competenti, avviando anche, con il Ministero della giustizia e le Assemblee parlamentari, un progetto sperimentale per l’inoltro degli atti e definendo con l’Avvocatura generale dello Stato un accordo per la rappresentanza processuale dei poteri dello Stato». Cfr. Corte costituzionale, Relazione del Presidente Paolo Grossi sulla giurisprudenza costituzionale del 2016, cit. 200. Una documentazione di tale ‘slancio’ è testimoniata da uno dei protagonisti della Corte costituzionale, F. Viganò, La Corte costituzionale e la sua comunicazione, in Quad. cost., n. 1, 2023, pp. 45-72. Le relazioni di tutti i presidenti della Corte costituzionale sono disponibili alla pagina web: www.cortecostituzionale.it/actionRelazioniPresidenti.do. 201. In dottrina si v. infra multis: P. Costanzo, Con l’emergenza, decolla la Corte 2.0, in Consulta online, n. 1, 2020, pp. 158-161; R. Gargiulo, Il processo costituzionale telematico: prospettive, in Consulta online, n. 2, 2020, pp. 727-783; E. Sammaciccio, La Corte e il processo telematico: valutazioni e prospettive dopo la pandemia, cit. 202. Nella Relazione si diceva anche che l’apertura stessa era stata «la parola d’ordine a palazzo della Consulta».
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di nuovi canali di comunicazione – non solo di ascolto – di dialogo e di esternazione203. Fino ad ora in nessuna delle giurisdizioni esaminate è emerso questo fattore (trasformativo) che pure si lega a un aspetto decisivo del diritto di accesso alla giustizia. La Consulta, infatti, ha saputo innovare considerevolmente la sua relazione esterna, dimostrandosi notevolmente al passo con i tempi e i modi tecnologici. Sfruttando la sua natura di organo costituzionale, l’autonomia conseguente e la gestione di un numero relativamente limitato di cause, la Corte ha rimodulato notevolmente la propria attività operando in modo sinergico e omogeneo ad adeguare il rito e l’amministrazione204. Molto rilevante è anche l’altro fenomeno esogeno indicato, la pandemia. Va da sé che l’emergenza pandemica ha richiesto uno sforzo, non solo materiale, ma anche giuridico di adattamento e di curvatura di tanti istituti (anche processuali)205. La Corte costituzionale in tale fase ha dato il suo apporto ed è stata incisa dalle misure in modo simile alle altre giurisdizioni e agli altri organi costituzionali206, come è stato indicato dalla allora Presidente Marta Cartabia nella già citata «Relazione annuale alla stampa» dell’aprile 2020 (nella fase iniziale dell’epidemia)207. 203. Molto importante a questo proposito è l’introduzione nel gennaio del 2020 dell’art. 4-ter alle Norme integrative per prevedere gli amici curiae. Negli stessi giorni del 2020 si rinnovava anche il sito internet della Corte che andava ad assumere la natura di un vero e proprio ‘portale’ quale è oggi con diverse tipologie di contenuti, anche multimediali. 204. È evidente che le aperture portano sempre a delle lacerazioni e alla necessità di aggiustare il tiro rispetto all’elemento della legittimazione e al ruolo che un giudice costituzionale occupa all’interno dell’ordinamento. Ma è chiaro che pensare a una assoluta chiusura o comunque a un astratto ‘originalismo’ delle forme di comunicazione della Corte non è molto comprensibile e giustificabile, specie se paragonato con quanto sta accadendo in altri ordinamenti e in altri settori, anche pubblici, della vita. Sul confronto tra la nostra giustizia costituzionale e le altre esperienze simili straniere si v. T. Groppi, Giurisdizioni costituzionali e opinione pubblica nella rivoluzione digitale. Dalla comunicazione delle decisioni alla promozione della cultura costituzionale, in Quad. cost., n. 1, 2023, pp. 73-100. 205. F. Dal Canto, Il sistema giustizia alla prova dell’emergenza pandemica, tra forme e sostanza, cit., passim. 206. Già nel comunicato stampa del 9 marzo 2020, la Corte afferma che l’obiettivo è «fare proprio lo spirito dei provvedimenti assunti dal Governo» al fine di «contrastare l’emergenza epidemiologica da Covid-19 e contenere contemporaneamente gli effetti negativi sull’attività giudiziaria». Su tali aspetti si v. P. Costanzo, L. Trucco, La giustizia costituzionale italiana si vaccina contro l’infezione da Covid-19, in Federalismi.it, n. 4, 2022, pp. 292-307. 207. La Presidente Cartabia ebbe a ricordare che i fattori chiave per «la piena attuazione della Costituzione» erano in quel momento da rinvenire in un «impegno corale» e
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In ragione di tale situazione, la Corte ha scelto di usare la tecnologia a proprio vantaggio in tre modi 208. In primo luogo, mediante l’ammissione del deposito degli atti attraverso l’invio di PEC alla Cancelleria della Corte209. In secondo luogo, attraverso l’introduzione degli strumenti di videoconferenza per lo svolgimento delle camere di consiglio mediante forme di partecipazione da remoto210. In terzo luogo, mediante lo svolgimento di alcune udienze in videoconferenza nella «leale collaborazione di tutte le Istituzioni, compresi Parlamento, Governo, regioni, giudici». La cooperazione veniva indicata dalla Presidente Cartabia come «la chiave per affrontare l’emergenza» perché costituisce «la proiezione istituzionale della solidarietà tra i cittadini». Cfr. Corte costituzionale, Relazione sull’attività della Corte costituzionale nel 2019 della Presidente della Corte costituzionale Marta Cartabia, 28 aprile 2020 (www. cortecostituzionale.it/documenti/relazione_cartabia/1_relazione.pdf). 208. Non bisogna dimenticare che, sin dai primissimi decreti, la Corte dava atto di lasciare aperta la possibilità di usare le disposizioni in tema di giustizia amministrativa contenute nell’art. 3 del decreto-legge n. 11/2020, purché compatibili con le regole processuali del giudizio, ai sensi dell’art. 22 della legge n. 87/1953, con la consapevolezza che l’inciso «in quanto applicabili» evidenziasse la superiorità delle regole previste per la giustizia costituzionale, tali da risultare parametro di compatibilità per eventuali integrazioni. Così E. Sammaciccio, La Corte e il processo telematico: valutazioni e prospettive dopo la pandemia, cit., p. 743. 209. Con i successivi decreti presidenziali, a partire da quello del 12 marzo 2020, si consentiva il deposito «di atti e memorie anche mediante invio in formato elettronico» tramite PEC alla Cancelleria della Corte. Tale innovazione processuale non comprendeva tuttavia al suo interno gli atti introduttivi di nuovi giudizi, per i quali rimanevano in vigore le ordinarie regole di notificazione, comunicazione e deposito. Probabilmente, in ragione dell’elevata delicatezza che contraddistingue tali atti di promovimento e forse anche perché si riteneva inopportuno compiere modifiche radicali nel pieno dell’emergenza. Cfr. decreto presidenziale del 12 marzo 2020. M. Troisi, Il processo innanzi alla Corte costituzionale in tempo di emergenza epidemiologica: specificità e omologazione delle modalità telematiche, in Federalismi.it, n. 18, 2020, pp. 342-367. Si v. anche Corte costituzionale Comunicato stampa, Misure per lo svolgimento dei giudizi davanti alla Corte costituzionale durante l’emergenza epidemiologica da Covid-19, 12 marzo 2020 (www.cortecostituzionale. it/documenti/comunicatistampa/CC_CS_20200312150352.pdf). 210. A partire dal decreto del 24 marzo 2020 si ammetteva la partecipazione da remoto dei giudici alle camere di consiglio, considerando i luoghi da cui essi si collegavano come «camere di consiglio a tutti gli effetti di legge», e con le stesse modalità si prevedeva che si potessero svolgere tutte le riunioni che coinvolgevano i giudici e i funzionari della Corte, tra cui le adunanze per le deliberazioni amministrative, quelle dell’Ufficio di Presidenza, delle commissioni e dei gruppi di lavoro. Si disponeva, poi, il rinvio a nuovo ruolo della trattazione delle udienze pubbliche già fissate a meno che le parti non avessero richiesto il passaggio della questione in decisione direttamente in camera di consiglio, senza discussione orale e sulla base degli atti già depositati, con richiesta da trasmettere con modalità scritta o tramite PEC all’indirizzo della cancelleria della Corte. Nonostante le restrizioni, le udienze pubbliche erano celebrabili in
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e streaming, al fine di garantire la necessaria pubblicità delle sedute211. Nessuno dei mezzi usati è stato né procrastinato né implementato una volta finita l’emergenza. Per quanto riguarda l’uso della PEC, come vedremo tra poco, si è scelto di utilizzare un mezzo diverso per la (versione) ‘telematica’ del processo costituzionale. Della possibilità delle camere di consiglio da remoto e delle dirette streaming non appare traccia nelle nuove norme integrative. Si può immaginare che tali strumenti siano comunque nella disponibilità della Consulta per situazioni eccezionali o quando l’alternativa è il rinvio. La mancata riproposizione delle formule introdotte durante la pandemia induce a due rapide considerazioni. La prima è in linea con quanto abbiamo già visto durante l’esame delle varie esperienze di processo telematico fino ad ora attivate: la digitalizzazione è ancora dominata dalla idea e da un obiettivo unico di maggiore efficienza e celerità delle procedure, per cui la si immagina come ‘telematica’, cioè mera modalità di compimento di atti che prima venivano eseguiti con carta e servizio postale212. Tuttavia, senza che vi sia una scrupolosa analisi della loro por-
tutti i casi in cui il Presidente della Corte, sentito il collegio, ravvisasse un’eccezionale gravità e urgenza tale da richiedere la trattazione immediata senza alcun rinvio, con modalità che sarebbero state precisate per l’occasione al fine di consentire l’accesso al pubblico e la trattazione in sicurezza. Corte costituzionale - Comunicato stampa, Ulteriori misure per garantire la continuità dei giudizi costituzionali durante l’emergenza Covid-19, 24 marzo 2020 (www.cortecostituzionale.it/documenti/comunicatistampa/ CC_CS_20200402125732.pdf ). Dal 20 aprile 2020 si prevedeva la possibilità per le parti di far richiesta di discussione orale tramite lo strumento dell’udienza in videocollegamento considerando il luogo da cui si collegavano «aula di udienza a tutti gli effetti di legge» e nella primavera del 2021 si prevedeva la possibilità della diretta streaming «di una o più cause» visibile dal sito internet della Corte costituzionale - Comunicato stampa, Consulta, niente più rinvii delle udienze pubbliche durante l’emergenza Covid-19, 20 aprile 2020 (www.cortecostituzionale.it/documenti/comunicatistampa/ CC_CS_20200420162631.pdf ). 211. Già nel primo comunicato del 9 marzo 2020 la Corte diede atto di aver iniziato a esaminare «la possibilità di predisporre nuove modalità di trattazione delle udienze, sfruttando le opportunità offerte dalla tecnologia, per assicurare il pieno svolgimento delle proprie funzioni». Cfr. Corte costituzionale - Comunicato stampa Corte costituzionale, Emergenza Covid-19: la Consulta rinvia le udienze pubbliche di marzo. Continuano le altre attività, 9 marzo 2020 (www.cortecostituzionale.it/documenti/comunicatistampa/ CC_CS_20200309170044.pdf). 212. D’altronde la Corte costituzionale era stata abbastanza esplicita nel rilevare, prima con la sent. n. 200/2019, poi con l’ord. n. 243/2020, che le potenzialità della tecnologia devono essere valutate accuratamente.
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tata, gli strumenti digitali non possono servire allo scopo della giustizia costituzionale213. La seconda considerazione è in realtà a corollario della prima. Se anche l’utilizzo delle moderne tecnologie porta una istituzione così importante a ‘scendere’ tra le persone, non si deve mai scalfire la ritualità delle procedure e delle prassi. La partecipazione e l’interesse verso la giustizia costituzionale non potranno mai essere indiscriminate, ma devono sempre integrarsi con l’essenza e la tradizione della giustizia costituzionale214. Inoltre, l’uso delle tecnologie dovrà essere utile allo scopo per il quale la giustizia costituzionale esiste, per i fini anzitutto legati alla difesa delle parti processuali e poi di garanzia per coloro che beneficiano dell’operato della Consulta. La digitalizzazione a regime della giustizia costituzionale è avvenuta quindi in discontinuità con l’esperienza pandemica. In generale, la Corte ha scelto di non proseguire con l’uso della PEC e con l’impiego stabile e disciplinato delle udienze da remoto e le camere di consiglio in collegamento. Nella sua operatività tecnica, il nuovo sistema di notifiche e depositi usati nella giustizia costituzionale adotta modalità operative più vicine all’esperienza della Corte di Giustizia dell’UE o dell’ordinamento francese, piuttosto che alle forme nostrane di processo telematico usate per la giurisdizione ordinaria e le giurisdizioni speciali. Come noto, in qualità di organo costituzionale, e perciò a garanzia della stessa separazione dei poteri e della sua autonomia, la Consulta detiene un potere – minimo ma importante – di ‘autonormazione’215. Nel quadro tracciato dalle pur ampie norme costituzionali, delle leggi costituzionali e delle leggi ordinarie che ne regolano l’organizzazione e l’attività, la Corte costituzionale disciplina alcune regole di funzionamento e 213. Così F. Dal Canto, Il sistema giustizia alla prova dell’emergenza pandemica, tra forme e sostanza, cit., p. 142. 214. Interessanti le notazioni sul punto di A. Cardone, Perché continuare a discutere dell’opinione dissenziente nel giudizio costituzionale?, in Pol. dir., n. 3, 2022, pp. 345-360. 215. Le considerazioni che sono riportate servono solo allo scopo di dare le coordinate estreme del tema. Siamo coscienti che il tema delle fonti e dei poteri normativi della Corte costituzionale è oggetto assai difficile da inquadrare, come si può notare consultando la manualistica dedicata. Infra multis A. Cerri, Giustizia costituzionale, Editoriale Scientifica 2019, pp. 31 ss.; E. Malfatti, S. Panizza, R. Romboli, Giustizia costituzionale, cit., p. 37 ss.; A. Ruggeri, A. Spadaro, Lineamenti di giustizia costituzionale, Giappichelli 2019, pp. 37 ss.; G. Zagrebelsky, V. Marcenò, Giustizia costituzionale. II. Oggetti, procedimenti, decisioni, cit., pp. 27 ss.
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norme processuali applicabili ai suoi ‘riti’. L’interpretazione di tali norme è affidato alla Corte stessa e si esprime in massima parte mediante alcuni atti del Presidente e attraverso le sentenze e le ordinanze. Ritenendo che fosse materia a sua disposizione, la Consulta ha quindi scelto di inserire le norme sul processo costituzionale telematico all’interno delle nuove «Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale» (di seguito NI) previste dall’art. 22, comma 2, della legge 11 marzo 1953, n. 87216. La delibera della Corte del 22 luglio 2021 è quindi il nostro punto di partenza per comprendere il processo costituzionale telematico, la cui entrata in funzione è avvenuta il 3 dicembre del 2021217. In attuazione ed esecuzione delle nuove NI, il Presidente della Corte ha approvato il decreto del 28 ottobre 2021 che definisce le regole tecniche per l’attuazione del processo telematico218. Tali regole tecniche sono corredate da un «allegato A» contenente le specifiche del «Processo costituzionale telematico – Sistema e-Cost»219. Il sistema e-Cost è, non solo per il nome ma anche per la struttura informatica, simile al sistema e-Curia già in uso presso la Corte di giustizia dell’Unione europea 220. 216. Non era la prima volta che la Consulta modificava le NI. Questa volta la Corte ha colto l’occasione per un rinnovo complessivo e non per un’operazione di novella, proprio in ragione della introduzione delle nuove forme digitali per il deposito, l’accesso e lo scambio degli atti nel processo costituzionale. Da ultimo sul punto si v. D. Nocilla, Fonti che regolano l’attività della Corte costituzionale e nuove norme integrative: considerazioni sparse, in Giur. cost., n. 1, 2022, pp. 579-592. 217. Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale – Serie generale, 3 novembre 2021, n. 262, ed entrata in vigore il 3 dicembre 2021 (in base a quanto previsto all’art. 40). 218. Il decreto del Presidente della Corte 28 ottobre 2021, recante «Modalità per l’attuazione del processo costituzionale telematico – Regole tecniche» è stato pubblicato nella stessa Gazzetta Ufficiale del 3 novembre 2021 (v. nota precedente). 219. Al primo articolo dell’allegato si dice che il «sistema e-Cost è la piattaforma informatica per il deposito e lo scambio degli atti in modalità telematica riguardanti i giudizi davanti alla Corte costituzionale». Si prevede poi che il sistema e-Cost operi in modalità upload e che i dettagli tecnici e operativi siano contenuti nella «Guida all’utilizzo per l’utente», pubblicata sul sito istituzionale della Corte. La ‘Guida’ è disponibile in formato navigabile come «Manuale utente» all’indirizzo https://ecost.cortecostituzionale. it/manuale/index.htm. 220. Tale sistema consente ai rappresentanti delle parti nelle cause promosse dinanzi alla Corte di giustizia e al Tribunale, così come ai giudici nazionali nell’ambito di una domanda di pronuncia pregiudiziale presentata alla Corte di giustizia, di scambiare gli atti di procedura con la cancelleria in via esclusivamente elettronica. Il sistema e-Curia si basa su un meccanismo di upload certificato dei documenti dopo aver richiesto, ai fini dell’identificazione degli utenti e della certezza riguardo alla data di trasmissione
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Attraverso il portale e-Cost le autorità giurisdizionali, gli avvocati del libero foro e dello Stato possono promuovere giudizi, costituirsi o intervenire davanti alla Corte costituzionale (ivi compresi gli intervenienti nei giudizi di ammissibilità dei referendum abrogativi) accreditandosi sul sistema con immediata operatività. Tutte le tipologie di giudizio che la Costituzione o le leggi costituzionali attribuiscono alla competenza della Corte costituzionale, con la sola esclusione dei giudizi sulle accuse promosse contro il Presidente della Repubblica, sono stati completamente dematerializzati. La Corte costituzionale ha perciò superato tutti i dubbi che si erano posti sul modello di processo telematico scegliendo una opzione che la colloca su un altro piano rispetto alla esperienza recente delle nostre giurisdizioni221. Le ragioni di tale scelta in controtendenza si possono intuire ma destano qualche perplessità, soprattutto per il fatto che i giudici e gli avvocati nazionali, i quali già usano nei vari processi telematici la PEC, sono i primi interlocutori della nostra giustizia costituzionale. Ciò allontana le tipologie di processo telematico l’una dall’altra, creando quelle situazioni di c.d. silo che proprio nell’informatica sono sempre da evitare, in quanto determinano una incomunicabilità tra sistemi (ben peggiore della incomunicabilità tra le persone)222. L’opzione per e-Cost ha dettato la strada per le altre scelte relative al regime di comunicazione, deposito, accesso, scambio dei dati e archiviazione degli atti e documenti e per altre norme sui termini processuali223. degli atti, il nome utente e la password. Con decisione del Tribunale dell’11 luglio 2018 è stata prevista l’obbligatorietà del deposito e la notifica degli atti di procedura mediante l’applicazione e-Curia (OJ L 240 del 25.9.2018). La Corte di giustizia ha preso una simile decisione il 16 ottobre del 2018 (OJ L 293 del 20/11/2018). 221. L’altra opzione a disposizione poteva essere, infatti, l’implementazione di un sistema simile al PAT o al PCT, che prevedono l’uso della PEC, ovviamente integrando tale modalità con il proprio sistema interno SIGICO, come era d’altronde avvenuto durante il periodo dell’emergenza Covid-19. 222. L’uso della PEC, inoltre, non è evitabile, tanto che il sistema e-Cost obbliga chi si registra a inserire l’indirizzo PEC tra i requisiti di identificazione dell’utente, come riportato dal manuale online. Inoltre, le stesse regole tecniche all’allegato A si chiudono con un art. XV, rubricato «Disposizioni finali», secondo il quale «Per quanto non espressamente previsto, si osservano, ove applicabili, le Regole tecnico-operative per l’attuazione del processo amministrativo telematico». Per alcune considerazioni prospettiche si v. E. Sammaciccio, La Corte e il processo telematico: valutazioni e prospettive dopo la pandemia, cit., p. 747. 223. Nelle nuove NI la Corte ha colto l’occasione per specificare la natura perentoria dei termini processuali indicati all’art. 3 (costituzione delle parti), art. 4 (intervento in
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Anzitutto, è stato trasformato il «registro generale» in un nuovo «registro generale informatico» nel quale devono essere iscritti tutti gli atti introduttivi dei giudizi previsti dall’art. 23 della legge n. 87/1953224. Quanto alla parte sostanziale dell’intervento, il maggior numero delle modifiche ha riguardato la modalità telematica per il deposito, per l’accesso e per lo scambio degli atti225. Inoltre, le norme sul processo telematico costituzionale sono estese sia al giudizio in via principale sia ai conflitti di attribuzione sia al giudizio di ammissibilità del referendum abrogativo. Rispetto alle scelte compiute con e-Cost si rilevano due questioni di natura processuale. Anzitutto, la corretta effettuazione delle procedure elettroniche costituisce un mero adempimento tecnico di ammissibilità degli atti, ma non è capace di sanare le eventuali nullità derivanti dal sottoporre alla Corte domande o istanze irrituali226. In secondo luogo, vi giudizio), art. 6 (intervento degli amici curiae), art. 26 (ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato) e art. 27 (ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri fra Stato e Regioni). Sebbene tale modifica non costituisce una novità, perché la Corte si è limitata a saldare nel diritto positivo un consolidato orientamento giurisprudenziale, la formalizzazione aiuta nell’ottica della certezza del diritto e facilita le procedure. 224. Art. 2 NI. 225. Le modalità telematiche valgono per tutta una serie di attività previste nelle NI: per la trasmissione dell’ordinanza di rimessione (art. 1), per la costituzione delle parti (art. 3), per gli interventi in giudizio (art. 4), per il deposito da parte degli intervenienti dell’istanza di accesso agli atti processuali (art. 5, comma 1), per il deposito delle memorie (art. 5, comma 3), per il deposito delle opinioni da parte degli amici curiae (art. 6, comma 1), per la «mess(a) a disposizione» del decreto di ammissione e delle relative opinioni (art. 6, comma 4), per il deposito in cancelleria di atti, documenti e memorie (art. 7), per le notificazioni e comunicazioni (art. 8), per «l’acquisizione al giudizio (…) di altra documentazione» (art. 9, comma 2), per la messa a disposizione dei giudici degli atti del giudizio (art. 13), per il deposito degli atti a seguito dell’assunzione di mezzi di prova (art. 16), per l’acquisizione di documenti o di relazioni da parte degli esperti ascoltati (art. 17), per il deposito del ricorso nel giudizio in via principale (art. 22, comma 2), per la costituzione in giudizio della parte resistente (art. 22, comma 4), per il deposito del ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato (art. 26, comma 2), per il deposito della prova delle notificazioni da parte del ricorrente (art. 26, comma 3) e per la costituzione in giudizio della parte resistente sia nel conflitto tra poteri (art. 26, comma 4) sia in quello tra Stato e Regioni e tra Regioni (art. 27, comma 4, che rinvia all’art. 26, comma 4). Per un esame puntuale si v. G. D’Amico, Il processo costituzionale telematico tra le peculiarità del giudizio di costituzionalità e l’esigenza di assicurare l’interoperabilità dei dati, in Studium Iuris, n. 6, 2022, pp. 666-673, spec. pp. 668 ss. il quale rileva pure che «l’inciso ‘con modalità telematica’ non è stato invece aggiunto – probabilmente per una svista – nell’art. 27, comma 3, in relazione al deposito del ricorso per conflitto di attribuzione tra Stato e Regioni e tra Regioni». 226. Op. ult. cit.
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sono regole che prevedono soluzioni nel caso di malfunzionamenti tecnologici e a tal fine prudentemente l’art. 38 delle NI dispone «modalità alternative» di acquisizione degli atti, notificazioni e comunicazioni. È previsto che il Presidente della Corte possa autorizzare «l’acquisizione di atti trasmessi con modalità alternative» a quelle telematiche e possa disporre che anche le notificazioni e le comunicazioni avvengano con le stesse modalità alternative. Avendo già analizzato il processo penale e civile, non si fatica a capire lo scopo di questa clausola di salvataggio, la cui importanza è da apprezzare soprattutto in quei casi nei quali il malfunzionamento delle infrastrutture e dei dispositivi digitali può mettere in pericolo lo scambio e il deposito degli atti. Con la giustizia costituzionale si chiude l’esame dei processi telematici. Siamo arrivati alla conclusione che oggi tutte le giurisdizioni hanno raggiunto la piena digitalizzazione o comunque hanno avviato un percorso di introduzione di strumenti telematici per i depositi, le comunicazioni e le notifiche di tutti gli atti processuali. 7. Le sfide future della digitalizzazione: dalla smaterializzazione del processo al governo della datificazione Proviamo a questo punto a tirare le fila dell’indagine guardando anzitutto a come è cambiato negli ultimi anni il processo telematico e poi descrivendo gli approdi, i limiti e gli sviluppi futuri della dematerializzazione del processo in Italia. L’analisi diacronica delle varie forme di processo telematico ha restituito l’immagine di un difficile avvio e di una altrettanto complessa evoluzione durante gli ultimi venti anni. L’inserimento delle regole sul processo telematico all’interno del codice di procedura civile, del codice di procedura penale, del codice del processo amministrativo e del codice del processo tributario segnano però un punto di arrivo di una vicenda iniziata molti anni or sono. In effetti, l’idea di usare gli strumenti telematici per tutti i tipi di processi menzionati, salvo quello penale, era già prevista nel d.P.R. n. 123/2001 al fine di rendere le procedure più aderenti alle innovazioni tecnologiche così guadagnando in termini di rapidità, di risparmio di energie materiali e personali e di funzionalità dei sistemi processuali. L’idea originaria era quella di rompere la separatezza che da sempre aveva contraddistinto l’organizzazione giudiziaria rispetto alle altre pubbliche amministrazioni con riguardo all’introduzione dell’e-Government 184
e di ogni altra forma di tecnologia utile a rendere le procedure più veloci ed efficienti, garantendo comunque la protezione dei diritti 227. Il processo telematico tuttavia nasceva come una semplice ‘sostituzione’ per dematerializzazione, come abbiamo visto nella impostazione di Reiling, delle forme di scambio degli atti prodotti nell’ambito del processo civile tra gli attori del processo, secondo regole tecniche che garantissero comunque l’«autenticità, integrità, sicurezza e validazione» previste per il documento informatico228. Nella sua progettualità originaria il processo telematico assumeva, quale requisito strutturale, «la necessità di un allineamento tecnologico del sistema giudiziario»229, così come indicato dall’UE e promosso dalla CEPEJ. Da quel primo nucleo, rivolto essenzialmente alla dematerializzazione delle comunicazioni, il processo telematico ha assunto un carattere vitale e non più sostituibile per l’organizzazione e la funzionalità di ogni processo. La nozione si è conseguentemente allargata, sia per gli ambiti che per l’impostazione230, e prevede non solo la riscrittura tecnologica del sistema di relazioni intessuto dagli attori del processo, in una logica di generale semplificazione delle attività e delle mansioni, ma anche l’introduzione di un sistema informativo votato alla gestione delle informazioni prodotte231, con apertura alle analisi dimensionali ed economiche, soprattutto relative al management dei fascicoli e delle corti stesse e alla costruzione di banche dati capaci di rendere immediatamente conoscibili gli orientamenti degli uffici e le dinamiche professionali 232. Alla nozione originaria si sono poi aggiunti modi nuovi di effettuare le pratiche solitamente svolte in presenza come le udienze, grazie soprattutto ai sistemi di videoconferenza. La ‘nuova’ nozione non arriva perciò a valle della costruzione di una astratta immagine ma per via pratica. L’impiego delle tecnologie nel processo, supportato da un investimento e dalla spinta della necessità sociale, porta il segno, ancora una volta, di un percorso evolutivo che 227. Le cui radici vengono indicate dallo stesso A. Pizzorusso, L’organizzazione della giustizia in Italia: la magistratura nel sistema politico e istituzionale, Einaudi 1982, pp. 12 ss. 228. S. Brescia, P. Liccardo, Processo telematico, in Enc. giur., cit., p. 1. 229. Op. ult. cit., p. 2. 230. Op. ult. cit., p. 2. 231. Come sottolinea A. Villecco Bettelli, Processo telematico, in Dig. disc. priv., cit., pp. 1030 ss. 232. S. Zan, Fascicoli e tribunali: il processo civile in una prospettiva organizzativa, il Mulino 2010, pp. 53 ss.
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continua nel solco già segnato con il passaggio dalla parola alla scrittura233; tanto che il processo telematico si candida a divenire il bacino dove trovare gli strumenti per semplificare, nell’ottica dell’effettività, il quadro del processo nel suo complesso e non solo l’insieme dei mezzi per facilitare l’economia processuale o accelerare i tempi del processo234. La situazione che si è venuta a creare durante l’emergenza sanitaria ha reso non più rinnegabili esigenze di trasformazione digitale che fino al giorno prima erano state accantonate, svelando tutti i vantaggi che la digitalizzazione può offrire se governata verso obiettivi di maggiore tutela235. Nella situazione post-pandemica quel groviglio si è in parte sciolto, ma si è anche concretizzata la volontà, grazie al massiccio investimento, di realizzare finalmente le innovazioni codicistiche supportandole con una nuova organizzazione amministrativa della giustizia236. Tali cambiamenti richiedono un atteggiamento dell’interprete che non può quindi essere più quello di un completo rifiuto o di un acritico rigetto degli strumenti digitali237. 233. D’obbligo qui è il riferimento al pensiero di W.J. Ong, trad it. Oralità e scrittura. Le tecnologie della parola, il Mulino 1982. 234. L’idea che emerge è che la giustizia del XXI secolo non potrà che essere integralmente, cioè anche come politica giudiziaria, digitale, come suggeriscono le proposte di trasformazione contenute nel volume Giustizia 2030. Un libro bianco per la giustizia e il suo futuro, cit. 235. La storia dei primi anni di vita del processo telematico è stata contrassegnata dalla difficoltà di realizzare una rivoluzione che pur promessa non si riusciva però ad afferrare. Si v. a tale proposito B. Brunelli, Il processo civile telematico che verrà, in Riv. trim. dir. proc. civ., n. 4, 2021, pp. 957-980 e V. Amendolagine, Il processo civile telematico a cinque anni dalla sua introduzione, in Giur. it., n. 1, 2020, pp. 211-216. 236. Come rileva B. Brunelli, op. ult. cit., pp. 964 ss. i disegni di legge rivolti a sfruttare ancora di più le comunicazioni elettroniche e la dematerializzazione del processo erano giacenti già da due legislature all’interno del Parlamento italiano. 237. I. Pagni, Le misure urgenti in materia di giustizia per contrastare l’emergenza epidemiologica: un dibattito mai sopito su oralità e pubblicità dell’udienza, cit. che parla già, relativamente all’art. 83 del decreto-legge n. 18/2020, di un momento propizio per «correggere alcune rigidità che impediscono l’utilizzo di quel case management che consentirebbe di adattare il rito alla maggiore o minore complessità della controversia». L’autrice assumeva che in tale contesto «anche le previsioni relative alle due nuove modalità di udienza potrebbero entrare a far parte di strumenti processuali pensati in chiave di efficienza, e contribuire ad un alleggerimento dei “costi” della giustizia (…) senza rinuncia alle garanzie del processo giusto». In dottrina sul punto v. anche P. Biavati, Processo civile e pandemia: che cosa passa, che cosa rimane, cit. In prospettiva critica v. G. Scarselli, Contro le udienze da remoto e la smaterializzazione della giustizia, in Judicium - Il processo civile in Italia e in Europa (www.judicium.it/le-udienze-remoto-la-smaterializzazione-dellagiustizia/).
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A questo fine, bisognerà anche rivolgere particolare attenzione al ‘governo’ tecnologico delle diverse attività processuali. Si pensi alle norme della recente riforma del processo civile che prevedono una maggiore elasticità di alcuni riti lasciando al consenso delle parti e alla loro interlocuzione con il giudice le scelte su alcune operazioni238. Tali norme non sono solo un segno della possibile ‘variabilità’ del rito, sulla base delle scelte del giudice e delle parti, ma un sintomo che per il potere e la forza, il mezzo tecnologico riesce a ‘dominare’ sulle esigenze di applicazione del diritto239. 7.1. Fenomenologia del processo telematico: quattro sfide Le riforme descritte nelle pagine precedenti sollevano quattro sfide per l’organizzazione delle procedure giudiziarie. La prima sfida da sottolineare è che la tecnologia ci consente un approccio ancora più flessibile alla organizzazione, tale per cui si potranno inventare nuove procedure e cancellare quelle che allo stato dei fatti non raggiungono il risultato indicato. La riforma del processo civile ha un indubbio merito: risponde a un problema reale240. Non si tratta solo di un intervento ‘voluto’ dall’Europa, ma di una riforma richiesta dai cittadini e dalle imprese. L’idea che dovesse cambiare qualche cosa nella organizzazione della giustizia e nelle fasi processuali introducendo la digitalizzazione è inconfutabile. Si tratta, perciò, di un cambio di paradigma che è in linea con quanto sta avvenendo nella pubblica amministrazione ed è acquisizione oramai da anni in altri ambiti della vita sociale241. Nella riforma, la digitalizzazione è funzionale a un rafforzamento delle modalità di difesa, al rapporto tra parti e giudice e al ruolo del giudicante. Nelle parole di Reiling realizzerebbe una ‘disintermediazione’. La seconda sfida riguarda la possibilità, fino a poco tempo addietro ignota, di mettere in contatto a distanza i protagonisti del processo, an238. C. Cecchella, Il processo telematico, cit., p. 93. 239. Risuona ancora una volta l’eco del dialogo tra N. Irti, E. Severino, Dialogo su diritto e tecnica, Laterza 2001. 240. Come richiesto da P. Biavati, La riforma del processo civile: motivazioni e limiti, cit., p. 52 le norme funzionano tanto meglio quanto più costituiscono una risposta a una domanda reale. 241. M. Simoncini, Lo Stato digitale. L’agire provvedimentale dell’amministrazione e le sfide dell’innovazione tecnologica, in Riv. trim. dir. pubbl., n. 2, 2021, pp. 529-543.
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dando molto oltre i limiti del processo paperless. Non si tratta, quindi, solo di svolgere il processo civile ‘a distanza’242, ma di mettere in atto fenomeni di knowledge sharing. Perciò, per quanto limitativo dell’oralità in senso stretto e della forza simbolica del rito243, lo strumento digitale parrebbe essere in grado di rafforzare l’efficienza del contraddittorio tra le parti, in quanto intrinsecamente più veloce e modulabile. Le nuove tecnologie potrebbero fornire inoltre informazioni più precise sulle forme di accesso alla giustizia, soprattutto a favore delle fasce più deboli e per i non abbienti (consentendogli di capire in un linguaggio più immediato quali sono i rimedi possibili)244, sia per agevolare le modalità di 242. L’art. 1, comma 17, della legge delega prevede cinque principi e criteri direttivi: prevedere che, nei procedimenti innanzi al giudice di pace, al tribunale, alla corte d’appello e alla Corte di cassazione, il deposito dei documenti e di tutti gli atti delle parti che sono in giudizio con il ministero di un difensore abbia luogo in modo esclusivo tramite modalità telematiche, ovvero anche mediante ulteriori mezzi tecnologici, e che spetti al capo dell’ufficio autorizzare il deposito con modalità non telematiche unicamente quando i sistemi informatici del dominio giustizia non siano funzionanti e sussista una situazione d’urgenza, garantendo che agli interessati sia fornita conoscenza adeguata e tempestiva pure dell’avvenuta riattivazione del sistema; disporre che, in tutti i procedimenti civili, il deposito telematico di atti e documenti di parte possa avvenire anche con soluzioni tecnologiche differenti dall’impiego della posta elettronica certificata nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici; stabilire che, in ipotesi di impiego di soluzioni tecnologiche differenti dalla posta elettronica certificata, in tutti i procedimenti civili, il deposito si abbia per avvenuto nel momento ove sia generato il messaggio di conferma del completamento della trasmissione; rivedere la disciplina delle attestazioni di conformità, ex articoli 16-bis, comma 9-bis, 16-decies e 16-undecies del d.l. n. 179/2012, convertito con modificazioni dalla legge n. 221/2012, per consentire tali attestazioni per tutti gli atti trasmessi con modalità telematiche all’ufficiale giudiziario ovvero dallo stesso ricevuti con le medesime modalità; misure di riordino e implementazione delle disposizioni in materia di PCT; prevedere che, fatta salva la possibilità per le parti costituite di opporsi, il giudice può, o deve in caso di richiesta congiunta delle parti, disporre che le udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori, dalle parti, dal pubblico ministero e dagli ausiliari del giudice siano sostituite dal deposito telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni da effettuare entro il termine perentorio stabilito dal giudice; prevedere che il giudice, in luogo dell’udienza di comparizione per il giuramento del consulente tecnico d’ufficio, può disporre il deposito telematico di una dichiarazione sottoscritta con firma digitale recante il giuramento di cui all’articolo 193 del codice di procedura civile. 243. Pur garantendo celerità ed efficienza, la smaterializzazione esaurisce «quella funzione simbolica » che, seppure più evidente nel processo penale, non è mai mancata completamente nel processo civile. P. Biavati, La riforma del processo civile: motivazioni e limiti, cit., p. 54. 244. J.E. Cabral, A. Chavan, T.M. Clarke, J. Greacen, Using technology to enhance access to justice, cit.; O. Rabinovich-Einy, E. Katsh, Access to Digital Justice: Fair and Ef-
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proposizione delle domande nei procedimenti nei quali è necessaria una difesa tecnica sia per consentire una più efficiente selezione dei difensori abilitati al patrocinio a spese dello Stato245. La terza sfida attiene all’evoluzione del processo e concerne l’applicazione, oggi appena avviata, di strumenti ancora più sofisticati di aiuto alla decisione con l’intelligenza artificiale sul quale ci soffermeremo più avanti in questo volume. La combinazione di questi fattori può far pensare ad un giudizio civile tendenzialmente scritto e deciso con modalità automatiche, sulla base di algoritmi, come sta avvenendo anche nel campo dell’amministrazione246. In un contesto caratterizzato da «pluralità di fonti concorrenti», da «frenesia legislativa», da «mutevolezza» e da «opacità dei testi normativi», torna in primo piano l’attenzione sul ruolo della giurisprudenza, sulle tecniche interpretative e sulla «prevedibilità delle decisioni, la quale implica e presuppone la circolazione delle informazioni» e l’«assoluta trasparenza delle decisioni» stesse247. Si tratta di capire allora se il processo sia soltanto una pratica da sbrigare nel modo più efficiente e meno costoso, ovvero sia anche un complesso di relazioni e rapporti paritari e asimmetrici, in cui vengono in gioco i rapporti umani fra le parti, l’etica della decisione, gli apprezzamenti valoriali, il consenso sociale di cui il giudicante si fa espressione 248. Occorre domandarsi se il processo vorrà essere ancora un ‘rito’ e quali solennità conservare per garantire il realizzarsi della giustizia e la riparazione dei comportamenti illegittimi. Il Covid ha reso più urgenti queste domande, perché ha dimostrato che esistono gli strumenti per una gestione massicciamente burocratica del contenzioso. Non sarà, però, la sola disciplina giuridica a dare le risposte, sarà la società civile a dire che spazio e che senso avrà il processo nel
ficient Processes for the Modern Age, in Cardozo J. Conflict Resol., n. 3, 2016, pp. 637-657; B.H. Barton, D.L. Rhode, Access to Justice and Routine Legal Services: New Technologies Meet Bar Regulators, in Hastings LJ, n. 4, 2018, pp. 955-988. 245. P. Comoglio, Processo civile telematico e codice di rito. Problemi di compatibilità e suggestioni evolutive, in Riv. trim. dir. proc. civ., n. 3, 2015, pp. 953-979, spec. p. 978. 246. L. Previti, La decisione amministrativa robotica, Napoli 2022. 247. G. Costantino, Perché ancora riforme della giustizia?, in Quest. giust., n. 3, 2021, pp. 28-42. 248. L. Ferrajoli, Lectio magistralis, in Magistratura democratica, 9/7/2021 (www. magistraturademocratica.it/congresso/articolo/letio-magistralis-di-luigi-ferrajoli).
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nuovo millennio249, se si propenderà per una immagine di giudice chiamato non tanto a ius dicere ma a ius facere, cioè all’esaurimento delle controversie 250. Il quarto aspetto riguarda le forme processuali e quel criterio di integrity and independence già usato nella tassonomia proposta nel primo capitolo. Come autorevoli autori hanno già sottolineato, occorre chiedersi se l’attuale disciplina del processo telematico implichi solo la sostituzione dell’invio materiale, della stampa cartacea degli atti e del loro deposito materiale in cancelleria con la posta elettronica certificata e la conservazione attraverso i supporti informatici software e hardware251. Sebbene la digitalizzazione non sembri porre uno specifico problema di forma 252, la realtà dei fatti è molto più complessa. Il concetto di ‘forma’ è esso stesso fonte di notevole ambiguità perché non si riferisce al semplice supporto materiale ma a qualche cosa di più ampio, tale da ricomprendere tutte le «condizioni di luogo, di tempo, di mezzi d’espressione» cui devono sottostare le attività delle parti e degli organi giurisdizionali, comprese «le attività necessarie nel processo»253. Il ricorso al processo telematico, dunque, non è «neutrale» ma determina un mutamento comunicativo e un modo diverso di relazionarsi tra persone. Le modalità di deposito telematico degli atti e le comunicazioni degli stessi attraverso i nuovi canali presentano a tutti gli effetti nuove forme con cui le parti devono compiere le rispettive attività processuali. Un dato che oggi diviene ancora più decisivo visto l’intervento direttamente sul codice di rito e sulle disposizioni attuative. In chiusura, va notato che le nuove tecnologie incideranno certamente sui metodi di assunzione delle prove e sulla tipologia stessa delle prove acquisibili. In un mondo governato dall’intelligenza artificiale e dalla datificazione cambia la stessa nozione di «fatto notorio» e di «scienza privata» del giudice. Perciò, lo stesso principio di disponibilità della pro249. P. Biavati, Processo civile e pandemia: che cosa passa, che cosa rimane, cit., p. 144. 250. P. Biavati, La riforma del processo civile: motivazioni e limiti, cit., p. 55 ricollega tale obiettivo alla realizzazione di una «concezione mercantile, fondata sul gioco degli interessi». 251. P. Comoglio, Processo civile telematico e codice di rito. Problemi di compatibilità e suggestioni evolutive, cit., p. 956. 252. R. Caponi, Il processo civile telematico tra scrittura e oralità, cit. 253. L’espressione di Chiovenda è richiamata da P. Comoglio, Processo civile telematico e codice di rito. Problemi di compatibilità e suggestioni evolutive, cit., p. 957.
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va verrà messo in discussione dalla vasta accessibilità delle fonti di prova offerte dalle nuove tecnologie254.
7.2. Il processo dematerializzato tra efficienza, qualità e garanzia La digitalizzazione della giustizia nasce per garantire una maggiore efficienza delle procedure e risparmiare tempo. È per questo che per molti anni vi è stato un generale timore che mediante l’uso degli strumenti digitali applicati alle attività processuali e alle decisioni si potessero infrangere in maniera irreversibile i principi costituzionali relativi al diritto di difesa e al giusto processo. La differenza tra il processo civile e il processo penale nella implementazione della digitalizzazione esprime tale problema. Il secondo è, infatti, sempre sembrato strutturalmente non adatto all’impiego delle tecnologie digitali, in ragione sia della solennità delle forme che lo contraddistingue sia della differente natura degli interessi in gioco che si immaginava potessero essere lesi dall’uso delle tecnologie in grado di incidere sui diritti e sulle garanzie fondamentali 255. L’analisi compiuta, tuttavia, ci ha fornito materiali per affermare che questa considerazione è viziata da un errore di fondo. Esiste una differenza netta tra l’impiego delle comunicazioni in formato digitale e la possibile influenza che hanno le tecnologie sul contesto cognitivo del processo (investigazioni, prova, modalità della sua formazione, decisione). L’idea che il digitale possa limitare la libertà e quindi non vada impiegato, o debba essere considerato di per sé un elemento critico nell’ottica delle garanzie processuali, palesa l’incapacità di cogliere la «dimensione unitaria» del processo telematico con quello cartaceo, secondo un obiettivo di interscambiabilità tra norme e istituti che una visione parcellizzata delle tecnologie applicate al processo evidentemente esclude dal campo visivo dell’osservatore256. 254. P. Comoglio, Nuove tecnologie e disponibilità della prova: l’accertamento del fatto nella diffusione delle conoscenze, Giappichelli 2018. 255. Si parla in dottrina di un processo penale che scientemente è stato collocato «fuori dal tempo». Cfr. R. Rizzuto, L’efficienza costituzionalmente orientata e la digital transformation della giustizia penale, cit., p. 778. 256. S. Lorusso, Processo penale e bit oltre l’emergenza, cit., p. 1009.
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Va dato atto che il legislatore della riforma del codice di procedura penale, preservando l’impiego delle tecnologie per la trasmissione e il deposito degli atti, ha saputo tradurre ciò che era stato solo sperimentato durante la pandemia in una indubbia semplificazione processuale e in una contrazione notevole per i tempi dei processi, mantenendo comunque ferme le imprescindibili garanzie costituzionali 257. Le esigenze dovute alla pandemia, infatti, hanno consentito di tracciare un ragionevole equilibrio tra efficienza e garanzie eliminando i dubbi precedentemente emersi sulla dematerializzazione. Ad esempio, già a partire dall’approvazione delle prime norme emergenziali, è stato chiaro ai più che l’impiego della PEC per la trasmissione di atti che non erano già previsti in precedenza non appariva in sé un vulnus per le garanzie costituzionali applicate ai procedimenti penali. La digitalizzazione del processo crea le condizioni perché all’interno dello stesso si sviluppi il trinomio – di origine europea – qualità, efficienza, garanzia258. Essa, infatti, consente un’opera di rivisitazione strutturale dell’apparato processuale nel segno non già di una vacua massimizzazione del rapporto mezzi impiegati-risultati conseguiti, ma di una razionalizzazione delle risorse umane e tecnologiche disponibili e di quelle investibili in futuro in vista della maggiore protezione dei diritti 259. Se si vuole evitare, dunque, che logiche efficientistiche, quali quelle che hanno portato alla revisione del codice di procedura civile e penale, producano un vulnus per i diritti fondamentali e l’esercizio costituzionalmente orientato della giurisdizione, occorre sottolineare in maniera più ferma che le riforme debbono perseguire complessivamente gli elementi del trinomio indicato. Spetta, infatti, al legislatore, alla giurisprudenza e alla dottrina coniugare oggi lo sviluppo tecnologico con 257. B. Galgani, Il processo penale telematico, cit. 258. R. Rizzuto, L’efficienza costituzionalmente orientata e la digital transformation della giustizia penale, cit.; C. Castelli, D. Piana, Giusto processo e intelligenza artificiale, cit., pp. 25 ss. 259. Così R. Rizzuto, op. ult. cit., pp. 785 ss. Difatti, l’entrata in scena della digitalizzazione in alcuni istituti del processo penale, ad esempio, consente un riallineamento dei tribunali al tempo in cui operano e forse un nuovo modo di intendere l’atto stesso del giudicare. A tale proposito appare molto interessante la suggestione di A. Punzi, Judge in the Machine: e se fossero le macchine a restituirci l’umanità del giudicare?, in Decisione robotica, a cura di A. Carleo, il Mulino 2019, pp. 319-330 che si interroga sul concetto di terzietà del giudice e sulla forse fallace convinzione che le macchine non possano essere di aiuto nell’aumentare la capacità cognitiva di chi deve decidere.
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le garanzie costituzionali 260, per realizzare una maggiore ‘qualità’ della giustizia 261. Nel processo penale va trovata una via perché la digitalizzazione possa essere regolata e orientata a provocare un miglioramento del contraddittorio, dell’oralità e dell’immediatezza; principi che sono alla base del modello accusatorio del processo penale e che concorrono a garantire la ‘giustizia’ della verifica giudiziale e del suo epilogo processuale262. Inoltre, facendo nostre le considerazioni sul knowledge sharing, dobbiamo ricordare che la trasformazione deve avvenire gradualmente ed essere sempre accompagnata da un’adeguata ‘formazione’ degli attori che devono metterla in atto. Non si può pensare che grazie alle norme di legge il processo penale si digitalizzi in ogni parte d’Italia e in ogni tribunale allo stesso momento e secondo la stessa velocità263. A questo riguardo le norme codicistiche sui malfunzionamenti sia nei processi penali che civili non appaiono risolutive ma anzi premonitrici di situazioni nelle quali la giustizia viene amministrata in modo diseguale nelle diverse zone del Paese, con il rischio di determinare grossolane disparità di trattamento264. 260. Ciò è avvalorato dalla stessa giurisprudenza della Corte EDU che ha sottolineato come qualsiasi iniziativa in ambito di giustizia telematica deve essere condizionata all’osservanza dei requisiti del diritto a un equo processo di cui all’art. 6 della Convenzione, che ne legittima e al contempo ne avvalora l’impiego. Si v. a questo proposito Corte EDU, Lawyer Partners A.S. c. Slovacchia, 16 giugno 2009. 261. Come acutamente rileva S. Lorusso, Digital evidence, cybercrime e giustizia penale 2.0, in Proc. pen. e giust., n. 4, 2019, pp. 821-828 per non chiudere le porte al ‘nuovo mondo’ occorrerà realizzare uno sforzo congiunto di studiosi, operatori e legislatore che sappia «armonizzare la rivoluzione digitale con l’impianto processuale consolidato, nell’ottica – che non vuole apparire utopistica – di un umanesimo digitale (peraltro auspicabile in ogni ambito applicativo dell’informatica)». Nel medio-lungo periodo assisteremo «a un profondo e significativo mutamento di assetti oggi ritenuti intangibili» di fronte ai quali sarà necessario non «ammainare la bandiera di un processo garantito» e «continuare ad agitare il vessillo dei diritti della persona (…), che non devono essere scalfiti in nome di una giustizia digitale di sapore tecnocratico dimentica dell’uomo». 262. Nel decidere come rendere i processi più spediti bisogna sempre tenere conto del ‘costo sociale’ delle riforme evitando che l’accertamento giudiziale della colpevolezza dell’imputato non assicuri il rispetto della cornice costituzionale entro cui si inscrive l’esercizio della funzione giurisdizionale. O. Mazza, Il sarto costituzionale e la veste stracciata del codice di procedura penale, in Arch. pen., n. 2, 2019, pp. 401-407. 263. Un tema su cui si era già espresso il presidente emerito della Cassazione, G. Canzio, Le linee del modello “Cartabia”. Una prima lettura, in Sist. pen., 25 agosto 2021 (www. sistemapenale.it/it/opinioni/canzio-riforma-cartabia-prima-lettura). 264. Come rileva acutamente P. Tonini, Le nuove tecnologie e la riforma Cartabia, cit.
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Le esperienze maturate nei lunghi anni di stop-and-go del processo civile telematico e nella introduzione del digitale nelle giurisdizioni speciali, pur nella diversa consistenza dei fenomeni, potrebbero aiutare nella consapevolezza e nella individuazione di una roadmap verso una digitalizzazione ‘sostenibile’ e ‘umana’265. Dove invece occorre una maggiore attenzione e cautela per non confondere celerità ed efficienza con tutela dei diritti è nel fenomeno delle udienze in videoconferenza. Oggi la possibilità che una parte delle attività processuali si svolga in videoconferenza è stata sancita, anche se vi sono numerose eccezioni e una trama di garanzie che impediscono di immaginare il mondo virtuale come una sostituzione complessiva della realtà. Nel processo penale, ad esempio, aspirare a (o promuovere) una equiparazione tout court delle forme di comunicazione è questione molto delicata. La realtà resta comunque diversa dal virtuale e deve rimanere tale perché la «relazione di giustizia» implica anche la compresenza, la corporeità, gli sguardi, ecc. Tuttavia, la strada da intraprendere è quella di un giusto equilibrio fra le esigenze di efficienza e quelle della fisicità propria dei luoghi della giustizia266. Difatti, un giudice che per esempio leggesse una sentenza in nome del popolo italiano dalla propria abitazione, senza guardare in faccia il condannato – ed essere da esso guardato – non rispetterebbe quei principi di pubblicità del dibattimento previsti dall’art. 6 della CEDU, ma ancora prima abdicherebbe ai corollari dell’«umanità del giudicare»267. Pur non essendo un luogo, la giustizia si celebra in un luogo, a garanzia non solo dell’umanità del giudicare ma della stessa democraticità 265. Come rileva F. Cananzi, Dall’emergenza alla legge delega al governo: verso un processo penale veramente telematico?, cit., p. 147 nella situazione post-pandemica ci deve essere «l’opportunità di una nuova giustizia penale, dove la dematerializzazione deve garantire e servire non l’efficientismo, bensì la garanzia di maggiori risorse e tempi, per una giustizia penale che abbia al centro la persona, sia essa imputato, sia essa vittima del reato. La sfida sarà vinta se il PPT garantirà una giustizia più giusta in sé, non solo perché più ragionevole quanto alla sua durata». 266. Op. ult. cit. 267. Un principio che si può far derivare direttamente dalla triade costituita dai principi di inviolabilità dei diritti, dall’eguaglianza formale e sostanziale e dalla dignità della persona e che, sia per la vittima che per l’imputato, è considerato al centro della garanzia prevista dalla nostra Costituzione. Sul tema si v. in gen. P. Caretti, G. Tarli Barbieri, I diritti fondamentali. Libertà e diritti sociali, V ed., Giappichelli 2022. Il tema è affrontato sul piano del giudiziario a partire da A. Garapon, Del giudicare. Saggio sul rituale giudiziario, Raffaello Cortina 2007.
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delle decisioni, che sono sempre contrassegnate da un nesso diretto con la sovranità popolare, secondo il combinato disposto tra gli artt. 1 e 101 Cost.268. 7.3. Oltre la dematerializzazione: il PNRR e la sfida della dematerializzazione Nel 2022, il Ministero della giustizia ha avviato la definizione di una strategia pluriennale per la «transizione digitale». In qualità di ufficio responsabile per la transizione digitale, la Direzione generale per i sistemi informativi automatizzati (DGSIA) ha coordinato lo sviluppo della «Strategia per la transizione digitale 2022-2026» della giustizia sulla base di «Italia Digitale 2026». Tali strategie si configurano come attuative degli impegni assunti dall’Italia all’interno del PNRR 269. Tra gli obiettivi del PNRR e del Piano nazionale complementare (PNC) il Ministero della giustizia si è impegnato non solo ad attuare una serie di riforme complessive, del processo civile, penale e dell’insolvenza, realizzando tre linee di intervento («capitale umano e ufficio del processo»270; 268. D. Bifulco, Il giudice è soggetto soltanto al “diritto”. Contributo allo studio dell’articolo 101, comma 2 della Costituzione italiana, cit. 269. Il PNRR è stato approvato dalle Camere nel mese di aprile 2021, trasmesso il 30 aprile 2021 alla Commissione europea, e successivamente approvato dal Consiglio dell’Unione europea il 13 luglio 2021 (Consiglio dell’Unione Europea, 10160/21, Decisione di esecuzione del Consiglio relativa all’approvazione della valutazione del ‘Piano per la ripresa e la resilienza dell’Italia’, Bruxelles (https://data.consilium.europa.eu/doc/ document/ST-10160-2021INIT/it/pdf)). A differenza degli strumenti politici e strategici conosciuti, il PNRR è composto di un pacchetto di investimenti e riforme richiesto per accedere alle risorse del Programma Next Generation EU (NGEU), predisposto dall’UE per fronteggiare l’emergenza pandemica. Il NGEU, istituito dal regolamento (UE) n. 2020/2094, prevede «investimenti e riforme per accelerare la transizione ecologica e digitale; migliorare la formazione delle lavoratrici e dei lavoratori; e conseguire una maggiore equità di genere, territoriale e generazionale». I due principali strumenti del NGEU sono il Dispositivo per la Ripresa e Resilienza (RRF) ed il Pacchetto di Assistenza alla Ripresa per la Coesione e i Territori d’Europa (REACT-EU). Il Dispositivo per la Ripresa e Resilienza richiede agli Stati membri di presentare un pacchetto di investimenti e riforme. Cfr. ‘Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza’, in www.governo.it, p. 3 del documento. Sul piano v. anche il sito dedicato www.italiadomani.gov.it/content/sogei-ng/it/it/home.html. 270. Al comma 26 dell’art. 1 la legge delega 27 settembre 2021, n. 134 contiene la disciplina dell’ufficio per il processo. Concepito come struttura organizzativa stabile e non emergenziale, destinato a operare anche dopo il raggiungimento degli obiettivi del PNRR, l’Ufficio per il processo, nello spirito della riforma, dovrebbe rappresentare uno
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«digitalizzazione»271; «edilizia giudiziaria»272), ma ha inteso anche investire nella «trasformazione digitale, attraverso la digitalizzazione dei fascicoli e l’adozione di strumenti avanzati di analisi dati»273. Gli obiettivi individuati si pongono in linea con le indicazioni provenienti dalle istituzioni europee che intendono il settore della giustizia come uno dei punti nodali della ripresa e resilienza dell’Italia, riconoscendone un aspetto essenziale per l’incentivo agli investimenti, anche internazionali, una volta che sarà superato il gap esistente rispetto agli alstrumento di modernizzazione dell’attività degli uffici giudiziari, con l’obiettivo di ridurre i tempi di durata del processo. A tale proposito si v. R. Tecce, L’istituzione dell’Ufficio per il processo, in Proc. pen. e giust., n. 1, 2022, pp. 218-229. 271. Per quanto riguarda la digitalizzazione della giustizia il PNRR destina nell’ambito della Missione 1 un investimento di circa 133 mln di euro. L’amministrazione titolare dell’intervento, dei target e delle milestone è il Ministero dell’innovazione e della transizione digitale (adesso un Dipartimento). Mentre, il soggetto attuatore come vedremo è stato individuato nella DGSIA. Cfr. https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_2_20.page#. In tale ottica si v. il documento di analisi dell’Economic Governance and EMU Support Unit (EGOV) Directorate-General for Internal Policies, Addressing the challenges of the digital transition in national Recovery and Resilience Plans, January 2023 (www.europarl. europa.eu/thinktank/it/document/IPOL_STU(2023)733739), in cui sono indicati gli obiettivi relativi ai diversi macro settori di intervento delle politiche di ripresa e resilienza a livello europeo. 272. Ministro della giustizia Marta Cartabia, Atto di indirizzo politico-istituzionale per l’anno 2022, 26 novembre 2021 (www.giustizia.it/giustizia/it/contentview.page?contentId= ART357573&previsiousPage=mg_1_29_6). 273. Sono previsti investimenti iniziali rispettivamente per € 83.476.440,91 e € 50.000.000,00. Il sub-investimento 1.6.2, è ripartito in due progetti “Digitalizzazione dei fascicoli giudiziari” e “Data Lake”. Pe quanto riguarda la Digitalizzazione dei fascicoli giudiziari, l’obiettivo del progetto è la digitalizzazione di 10.000.000 di fascicoli, relativi ai 10 anni precedenti il 2026, riguardanti i procedimenti civili presso i Tribunali e le Corti di appello e dei procedimenti civili e penali presso la Corte Suprema di Cassazione. Per i Data Lake, l’iniziativa riguarda i sottosistemi riguardanti l’anonimizzazione delle sentenze, la gestione della conoscenza dei processi civili e penali, il controllo di gestione, le statistiche avanzate e la ricerca ed analisi della relazione vittima/autore del reato nel processo penale, intendendo in questo modo innovare profondamente nella valorizzazione del patrimonio documentale e nella integrazione con i registri informatici. Fonte: Corte dei Conti - Sezione centrale di controllo, Obiettivi di efficientamento e risultati conseguiti dall’introduzione del processo civile telematico, 22 dicembre 2022, www.corteconti.it/Download?id=7e5e4f7f-91ab-429f-b0cb-2380d74e94c6. Maggiori informazioni sulle modalità con le quali si attuano e monitorano i progetti del PNRR-Giustizia si possono trovare in Ministero della Giustizia, Circolare 2 dicembre 2021 - Piano Nazionale di ripresa e resilienza – Approfondimenti: adozione dei progetti organizzativi (www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_8_1.page?contentId=SDC357877&previsio usPage=mg_1_8).
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tri paesi dell’UE in termini di eccessiva durata dei processi, di incertezza degli esiti e di contrasto ai fenomeni corruttivi 274. L’idea centrale che sintetizza gli sforzi del Ministero potrebbe essere sintetizzata con l’espressione «la digitalizzazione oltre la dematerializzazione». Non è un caso che nella relazione del 19 gennaio 2022 al Parlamento l’allora Ministro della giustizia Marta Cartabia ebbe a ricordare che la digitalizzazione era da ritenere una forma di potenziamento degli strumenti di conoscenza a disposizione della magistratura 275. La nuova «Strategia sulla transizione digitale» 2022-2026 del Ministero della giustizia, che segue la precedente per il quadriennio 20142020276, ha avviato un’articolata rete di progetti per innovare in diversi ambiti, tra cui il governo dei dati277. La nuova Strategia afferma che nel 274. La decisione del Consiglio del 13 luglio 2021 di approvazione del PNRR contiene un allegato (www.camera.it/temiap/2021/07/13/OCD177-5010.pdf) nel quale vengono definiti precisi obiettivi, al cui raggiungimento è subordinata l’attribuzione delle risorse europee su base semestrale. Per quanto attiene al sistema giustizia, gli obiettivi stabiliti nell’allegato sono: a) entro la fine del 2024, l’abbattimento dell’arretrato civile del 65% in primo grado e del 55% in appello; b) entro la metà del 2026, l’abbattimento dell’arretrato della giustizia civile del 90% in tutti i gradi di giudizio, l’abbattimento dell’arretrato della giustizia amministrativa del 70% in tutti i gradi di giudizio, la riduzione del 40% della durata dei procedimenti civili e la riduzione del 25% della durata dei procedimenti penali. 275. Secondo la Ministro «l’attenzione alla digitalizzazione (…) non implica soltanto la semplice dematerializzazione degli atti cartacei in tutti i procedimenti civili e penali, ma consente un nuovo sistema di organizzazione delle forme processuali e potenzia gli strumenti di conoscenza a disposizione delle procure e dei giudici. La qualità della digitalizzazione, eventualmente coadiuvata da un equilibrato supporto di strumenti di intelligenza artificiale nel rispetto dei principi della Carta etica adottata dalla CEPEJ nel 2018, condiziona già oggi e condizionerà sempre di più la qualità della risposta dei servizi della giustizia, e la sua tempestività». Cfr. Ministro della Giustizia Marta Cartabia, Relazione annuale al Parlamento, 19 gennaio 2022 (www.senato.it/leg/18/BGT/Schede/ Attsen/00035568_aula.htm). 276. La Strategia 2014-2020 aveva definito le azioni del Ministero in attuazione del quadro programmatico e normativo dell’UE e dell’Italia. Tale quadro era composto dalla comunicazione «Europa 2020: una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva», dall’«Agenda europea per il digitale» e dall’esaminato «Piano d’azione 20192023 in materia di giustizia elettronica europea». Il documento della DGSIA prevedeva, tra le altre cose, la roadmap italiana di realizzazione dei processi telematici. Si v. DGSIA, Ricognizione della digitalizzazione del processo civile e penale e della transizione digitale del Ministero della giustizia, febbraio 2021 (www.giustizia.it/giustizia/it/mg_2_20_3.page). 277. Anche in attuazione di tali atti, il Ministero della giustizia ha avviato un lavoro per la costruzione della piattaforma abilitante «Giustizia Digitale», che è confluita poi tra le altre nel progetto del «Portale dei servizi telematici del Ministero della giustizia» (https://pst.giustizia.it/PST/).
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contesto del processo di «datificazione», la raccolta analitica e il trattamento dei dati giudiziari con strumenti tecnologici cambiano la giurisdizione. È da tali sistemi che nel futuro passerà la realizzazione del diritto all’accesso ai sistemi giudiziari e perciò la realizzazione dell’eguaglianza nella giurisdizione278. I progetti portati avanti dalla DGSIA hanno indicato la crescente consapevolezza della «centralità del dato giudiziario, singolarmente considerato o visto nella sua dimensione aggregata (Big Data), come estensione dello spazio di libertà del cittadino in cui egli sviluppa la sua personalità o può subirne pregiudizio»279. In questa ottica, il governo dei dati rappresenta non già un vantaggio per la tempestività della giustizia ma per la qualità stessa della risposta di giustizia nel futuro. Non va dimenticato che, sul piano costituzionale, il miglioramento dei servizi digitali indicato dal Ministero si situa all’interno dell’attuazione dello stesso art. 110 Cost. e, di riflesso, contribuisce alla realizzazione degli artt. 24 e 113 Cost.280. L’atto di indirizzo che rendicontava le azioni svolte dalla DGSIA per la digitalizzazione giudiziaria partiva, infatti, dalla consapevolezza che in tale ambito non ci si potesse limitare alla «mera dematerializzazione degli atti e dei documenti tradizionalmente cartacei» ma si dovessero produrre «nuove e più ampie forme di conoscenza, predisponendo quindi un prerequisito fondamentale per l’esercizio consapevole della giurisdizione»281. 278. DGSIA, Ricognizione della digitalizzazione del processo civile e penale e della transizione digitale del Ministero della giustizia, cit. 279. Il Ministero ha indicato nella raccolta analitica e nel trattamento dei dati giudiziari con strumenti tecnologici uno dei punti più qualificanti di cambiamento del modo in cui «la Giurisdizione apprende il fatto rilevante e lo elabora ai fini di risolvere i conflitti e applicare la legge». La disponibilità del dato e la sua appropriata conservazione e diffusione costituiscono «strumenti di effettiva realizzazione dell’uguaglianza sostanziale dei cittadini anche di fronte alla Giurisdizione, consentendo il superamento delle asimmetrie informative che ne limitano la capacità di interloquire efficacemente con l’Autorità e con i controinteressati, sia nel processo, sia nei rapporti economici e sociali in senso lato». Cfr. Ministero della giustizia, Atto di indirizzo, cit. 280. Su tali aspetti si v. infra multis F. Dal Canto, Lezioni di ordinamento giudiziario, II ed., Giappichelli 2020, p. 143. 281. A questo fine la DGSIA dettava ben nove obiettivi strategici sul piano tecnologico (molto ambiziosi) da raggiungere in attuazione dei piani nazionali sulla digitalizzazione della pubblica amministrazione e delle norme del CAD (DGSIA, Ricognizione della digitalizzazione del processo civile e penale e della transizione digitale del Ministero della giustizia, cit.). Il cuore di tale strategia era definito in base a nove grandi obiettivi: creare
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La nuova Strategia offre anche due importanti informazioni per il futuro della giurisdizione stessa. La prima è relativa al fatto che la «qualità della digitalizzazione» deve essere anche coadiuvata, nella fase di acquisizione del dato, dal supporto di «strumenti di intelligenza artificiale». La seconda informazione riguarda il futuro del cloud, inteso non solo come spazio di archiviazione, ma soprattutto come luogo protetto di efficiente elaborazione dei dati, e della proprietà delle reti fisiche, sulle quali essi viaggiano, e da cui dipenderà la reale disponibilità dei servizi ai cittadini282. Sul lato tecnologico il Ministero, attraverso la DGSIA, ha inteso strutturare la «transizione digitale 2022-2026» della giustizia attraverso la predisposizione di alcuni importanti progetti che potessero configurare la realizzazione di cinque obiettivi: i) l’avanzamento nelle politiche di digitalizzazione sia nell’ambito della giurisdizione sia in quello dell’attività amministrativa; ii) il miglioramento della qualità delle procedure amministrative; iii) l’ottimizzazione del livello di erogazione del servizio Giustizia; iv) l’avvicinamento della giustizia alle esigenze dei propri utenti; v) il rilancio di una cooperazione internazionale rafforzata. Sulla base di questi obiettivi, la DGSIA ha definito alcuni progetti concreti di riorganizzazione e di innovazione per mettersi in linea con quattro «datacenter della giustizia» distribuiti a livello nazionale; realizzare una «rete geografica proprietaria» che crei un anello di collegamento tra i datacenter nazionali; realizzare un «private cloud della giustizia» secondo il sistema Infrastructure as a Service; sviluppare un modello di microservizi per garantire maggiore efficienza e capacità di correzione; adottare strumenti evoluti e integrati per garantire postazioni di lavoro sicure (Security End-Point); realizzare un Security Operation Center in linea con le politiche sulla sicurezza informatica e teso a garantire un controllo unificato degli eventi di sicurezza; creare un’«unica piattaforma di gestione documentale» con garanzia di sicurezza e riservatezza dei documenti che sia in grado di interfacciarsi con i molteplici applicativi della Giustizia; sviluppare un «nuovo sistema all’avanguardia per l’analisi dei dati» basato sul sistema di «Data Lake» (di cui parleremo infra); semplificazione continua delle applicazioni per gli utenti finali. Su tali obiettivi v. funditus M. Farina, Il Piano di Transizione alla Giustizia Digitale, in Judicium, 7 dicembre 2022 (www.judicium.it/il-piano-ditransizione-alla-giustizia-digitale/). 282. La visione successiva, in questa ottica, ha inteso «rendere maggiormente efficace ed efficiente l’amministrazione della giustizia attraverso la digitalizzazione grazie ad un’infrastruttura tecnologica moderna, resiliente, sostenibile ed in grado di soddisfare i bisogni attuali oltre ad abilitare in modo agile le evoluzioni future». Cfr. Ministero della giustizia, Relazione sulla amministrazione della Giustizia nell’anno 2022. Inaugurazione Anno Giudiziario 2023. Relazione del Ministero sull’amministrazione della giustizia per l’anno 2022, 25 gennaio 2023 (www.giustizia.it/giustizia/it/mg_2_15_4.page).
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la «trasformazione digitale» da raggiungere entro il 2026. Sul lato organizzativo c’è stata una profonda revisione della struttura amministrativa della direzione, mentre sul piano dell’innovazione tecnologica è stata avviata una serie di progetti molto importanti e promettenti di sfruttamento della digitalizzazione in atto. Alcuni di essi hanno una importanza particolare e strategica per ciò che abbiamo analizzato. Il primo investimento è nella «Infrastruttura di Cloud Privato», su quattro poli nazionali (Milano, Roma, Napoli, Palermo), con finalità di scalabilità e sicurezza. Il progetto si fonda sull’assunto che il «cloud privato»283 rappresenta il passaggio centrale dell’evoluzione dei sistemi informatici, perché consente di supportare la nuova organizzazione e introdurre una forte automazione nella gestione dei sistemi284. Il secondo investimento è nella tecnologia «Data Lake Giustizia». Esso si colloca nell’ambito del quadro delle politiche dell’Unione europea riguardo alla «Strategia europea dei dati» e del Partenariato Globale sull’Intelligenza artificiale (Global Partnership on Artificial Intelligence) ed è supportato dal PNRR (investimento 1.6.2, in relazione alle tematiche di informatizzazione e digitalizzazione)285. Tali strumenti dovranno 283. Cloud privato è un termine che indica servizi di calcolo offerti tramite Internet o una rete interna privata solo a utenti selezionati e non al pubblico generale. La progettazione di un cloud privato ha notevoli vantaggi anche in termini di sicurezza, perché tiene in considerazione la necessità di indirizzare tematiche di Disaster Recovery e Business Continuity, oltre che permettere di avere «sistemi scalabili e moderni». Sul tema v. M.N. Campagnoli, Il cloud computing: vantaggi e problematicità, in Riv. fil. dir., n. 1, 2016, pp. 109-126. 284. A tale fine il cloud viene inteso non solo come «spazio di archiviazione» ma come «luogo protetto di efficiente elaborazione dei dati» e come garanzia che dalla proprietà delle reti dipenderà la «reale disponibilità dei servizi ai cittadini» (cfr. DGSIA, Ricognizione della digitalizzazione del processo civile e penale e della transizione digitale del Ministero della giustizia, cit.). A tale proposito v. la «Strategia Cloud Italia» disponibile all’indirizzo https://innovazione.gov.it/dipartimento/focus/strategia-cloud-italia/. Sulla implementazione dei diversi modelli di cloud si v. M.N. Campagnoli, Il cloud computing: vantaggi e problematicità, cit.; S.R. Smoot, N.K. Tan, Private cloud computing: consolidation, virtualization, and service-oriented infrastructure, Morgan Kaufmann 2011. 285. La tecnologia (o approccio) «Data Lake» si differenzia rispetto ai tradizionali sistemi di Big Data Analytics e Data Warehouse e non necessita di una strutturazione ex ante del dato. Le Data Lake sono repository che accolgono «dati strutturati», «non strutturati» e «semi strutturati» nella loro forma nativa o grezza. Il termine, di cui si sente parlare da circa tredici anni, è definito come «un sistema o repository di dati salvati nel loro formato originale» al fine di evitare di perdere informazioni che potrebbero rivelarsi utili e importanti in un secondo momento. In generale, l’implementazione di un sistema di lakehouse può rappresentare un vantaggio per il sistema giustizia perché permette di
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consentire di realizzare quella evoluzione della digitalizzazione che in questo momento si configura come essenziale per il miglioramento del soddisfacimento della domanda di giustizia: «la anonimizzazione delle sentenze; la automazione nella individuazione del rapporto vittima-autore nei provvedimenti giurisdizionali; la gestione e analisi della conoscenza del processo; il sistema di controllo di gestione del processo; la rilevazione statistica avanzata sui procedimenti civili e penali»286. Il terzo progetto è denominato «Multivideo-Conferenza» per le udienze. Si prevede il passaggio da una tecnologia analogica a una tecnologia digitale, che si avvale di apparati robotizzati e dell’uso di domotica, consentendo così non solo la gestione da una unica nuova sala di Regia delle attività necessarie per lo svolgimento delle udienze con collegamenti in multivideo conferenza, ma altresì la rilevazione da remoto – ed ove possibile la risoluzione – di eventuali problematiche sugli impianti anche nei tempi in cui gli stessi non sono impiegati per le udienze287. Il quarto progetto è rivolto alla costruzione della «Banca dati nazionale dei provvedimenti». La DGSIA sta sviluppando una sorta di ‘via italiana’ all’utilizzo dell’intelligenza artificiale nel processo, che intende sfruttare l’ingente patrimonio di dati che l’amministrazione giudiziaria ampliare notevolmente le informazioni da processare e analizzare selezionando in modo più preciso le banche dati dalle quali attingere informazioni. Non mancano però problemi legati all’inefficienza di avere datapool così ampi che non vengono puliti se non attraverso l’attività delle stessi macchine. In generale sulla tecnologia si v. A. Laurent, D. Laurent, C. Madera, Data Lakes, vol. 2, John Wiley & Sons 2020; C. Giebler, C. Gröger, E. Hoos et al., Leveraging the Data Lake: Current State and Challenges, edited by C. Ordonez et al., Springer International Publishing 2019, pp. 179-188. Sulla applicazione della tecnologia ai processi si v. M. Palmirani, S. Sapienza, C. Bomprezzi, Il ruolo dell’Intelligenza Artificiale nel sistema giustizia: funzionalità, metodologie, principi, cit.; A.A. Harby, F. Zulkernine, From Data Warehouse to Lakehouse: A Comparative Review, disponibile in 2022 IEEE International Conference on Big Data (Big Data), https://ieeexplore.ieee. org/abstract/document/10020719; A. Palladino, M. Farina, La digitalizzazione degli archivi giudiziari nel PNRR: verso la “smart justice”, in Rivista elettronica di Diritto, Economia, Management, n. 2, 2022, pp. 209-230. 286. DGSIA, Ricognizione della digitalizzazione del processo civile e penale e della transizione digitale del Ministero della giustizia, cit. 287. Tale progetto è in continuità, tra l’altro, con quanto già previsto nell’ambito del progetto PON Governance 2014-2020, finanziato dalla misura europea REACT-EU, che mirava – con particolare riferimento al processo civile – alla «costituzione di aule virtuali con la dotazione di adeguati strumenti software e hardware per permettere l’esecuzione di udienze virtuali, in modalità online e ibrida, integrati con la Consolle del Magistrato, al fine di agevolare la successiva trasmissione e pubblicazione all’interno del fascicolo informatico».
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sta raccogliendo per fini che siano a favore di tutti. Il progetto mira a sfruttare la grande potenzialità di conoscenza insita nei documenti e testi per migliorare l’efficienza, la qualità e l’efficacia dei servizi per le comunità288. L’intero progetto ha uno scopo cognitivo e conoscitivo, indicando l’emersione delle linee di tendenza della giurisprudenza di merito, l’analisi critica della giurisprudenza pregressa e lo sviluppo di «tendenze giurisprudenziali consapevolmente innovative che maturino sulla scorta di una conoscenza effettiva, il più ampia possibile, del mutamento del contesto normativo, giurisprudenziale e fattuale»289. 7.4. Le linee di sviluppo: l’IA Abbiamo visto che uno dei pilastri previsti per sostenere le nuove forme di digitalizzazione della giustizia è lo sviluppo delle IA nel processo giurisdizionale. Il perfezionamento dell’entrata in funzione del processo telematico in tutte le giurisdizioni, compreso il processo costituzionale, costituisce al medesimo tempo un punto di arrivo e di partenza di un nuovo modo di organizzare e garantire la giurisdizione. Adesso manca e deve essere implementata l’interoperabilità tra le piattaforme tecnologiche e la condivisione dei dati e dei documenti tra le giurisdizioni 290. Ciò implica che i diversi sistemi di notifica, di deposito, firme e i registri di riferimento dei domicili digitali, per gli originali, le copie, i duplicati da o verso i documenti informatici siano gli stessi. Sarebbe perciò opportuno avere un ‘testo unico’ sui processi telematici che li disciplini tutti 288. Le sperimentazioni del Ministero della giustizia hanno come scopo «ampliare gli strumenti di conoscenza e analisi», in fatto e in diritto, a disposizione dei magistrati. Si individuano «strumenti razionali» adattabili ai casi particolari «di classificazione, organizzazione e utilizzo dei dati rilevanti per la decisione». Si prevedono metodi per mettere in evidenza «bias cognitivi» che molto difficilmente potrebbero essere svelati in maniera sistematica senza l’utilizzo delle IA. Si indica la possibilità di raggiungere, attraverso l’uso delle IA, un «quadro completo della giurisprudenza» sia di merito che di legittimità, evitando possibili «conflitti giurisprudenziali inconsapevoli» e tali da accrescere la uniformità delle decisioni di fattispecie simili. Si tratta, come si può ben intendere, di innovazioni che si situano all’interno di quell’indirizzo definito dalla CEPEJ con la Carta etica nel 2018. 289. Le citazioni sono tratte da DGSIA, Ricognizione della digitalizzazione del processo civile e penale e della transizione digitale del Ministero della giustizia, cit. 290. A. Palladino, M. Farina, La digitalizzazione degli archivi giudiziari nel PNRR: verso la “smart justice”, cit.
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attraverso una piattaforma tecnologica comune nell’ottica dello once only e della costituzione di un data center nazionale unico delle pubbliche amministrazioni. L’analisi ci ha consentito di comprendere che la giustizia digitalizzata non è un valore acquisito ma un processo che deve essere costantemente alimentato e garantito, in quanto per esso passa la tutela di diritti fondamentali. I sistemi digitali devono essere governati attentamente291, sia sul piano della predisposizione, della governance e della sicurezza dell’infrastruttura sia sul piano della produzione, elaborazione e trattamento dei dati. Il rischio più grande che corriamo oggi non è di tipo informativo ma organizzativo, permettendo che i nuovi meccanismi digitali continuino a riflettere la logica del procedimento amministrativo predigitale e non siano in grado di trarre dalle tecnologie tutti i vantaggi che esse dischiudono292. Affinché il cambiamento sia evolutivo e non involutivo occorre anche avere come obiettivo un livello più alto di ‘automazione’, sia nell’ufficio giudiziario sia tra i diversi uffici territoriali e nelle relazioni con i professionisti e i cittadini. In questo senso la comunicazione tra gli attori del sistema attraverso l’interoperabilità e l’implementazione di forme di cooperazione sistemica e applicative è essenziale. Bisogna liberare sempre più gli esseri umani dalle operazioni manuali e routinarie che possono meglio essere realizzate dalle macchine. Su questo nella parte successiva del presente lavoro vedremo quali sono i margini di implementazione della giustizia predittiva e degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie. L’IA applicata alla giurisdizione rappresenterà il presupposto per un adeguato trattamento dei dati e per il riutilizzo delle informazioni generate nell’ambito dell’amministrazione della giustizia stessa, specialmente per le decisioni giudiziarie293. I giuristi hanno omesso di analizzare per molto tempo argomenti quali la necessaria interoperabilità e la sicurezza delle applicazioni e dei sistemi algoritmici, accantonando lo studio di questi argomenti basilari e fondamentali per poter articolare sistemi automatici e concentrandosi sull’analisi delle IA come se fossero strumenti già dotati 291. Come sottolinea D.F. Engstrom, R. Vogt, The New Judicial Governance: Courts, Data, and the Future of Civil Justice, disponibile in SSRN - DePaul Law Review (Clifford Symposium), Forthcoming, 24 Feb 2022, https://ssrn.com/abstract=4024511. 292. P. Costanzo, Lo “Stato digitale”, cit., pp. 13-15. 293. In futuro ci sarà bisogno sempre più che giuristi e studiosi si occupino di temi come i Big Data o i Data Analytics.
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di solide basi. Il ritorno in auge degli studi sull’IA ci costringe dunque non solo a riprendere quei temi, ma a capirne la fattibilità concreta. Nello specifico, oggi un tema importantissimo alla luce del PNRR è divenuto quello di individuare modi uniformi per popolare i database giudiziari e migliorare i sistemi di ricerca delle decisioni giudiziarie, poiché al momento non vi è l’attuazione di tecniche di elaborazione dei dati che agevolino l’attività giudiziaria. Su questo sarà interessante esaminare anche le norme contenute nella proposta di regolamento sull’intelligenza artificiale a livello europeo e la Carta etica della CEPEJ approvata nel 2018. Dal punto di vista della costruzioni delle banche dati si possono individuare due elementi su cui prestare attenzione nel futuro, come ha evidenziato la dottrina più autorevole294. Il primo riguarda la progettazione dei sistemi. Tale attività dovrà tenere conto della necessità che giudici, magistrati e il resto del personale che opera nell’amministrazione della giustizia (oggi costituita anche dagli addetti all’Ufficio per il processo) recuperino in concreto il 100% della giurisprudenza. Ciò è richiesto perché gli strumenti per il trattamento dei dati giudiziari devono essere precisi, completi e specifici, al fine di garantire al meglio il diritto a una tutela giudiziaria effettiva, evitando, per quanto possibile, sentenze che decidano in maniera differente su casi identici 295. Il secondo aspetto riguarda l’integrazione degli strumenti di ricerca della giurisprudenza all’interno del sistema di gestione processuale che supporta il «fascicolo giudiziario elettronico», per evitare che i magistrati cambino costantemente strumento di ricerca della giurisprudenza sia presso il tribunale sia fuori con tutte le garanzie di sicurezza e di cybersicurezza necessarie. Tali strumenti devono integrare sistemi di IA sicuri che implementino funzionalità di ricerca, raccolta ed elaborazione giurisprudenziale dialoganti e impeditive di una sclerotizzazione giurisprudenziale. Tali strumenti devono essere di proprietà pubblica e impedire che chi li implementa possa semmai opporre la proprietà intellettuale o, peggio, essere incapace di conoscere le ragioni dell’input della macchina296. Se pos294. R. Gutierrez Martinez, Intelligenza artificiale, algoritmi e automazione nella giustizia. Proposte per una effettiva implementazione, cit. 295. Tali sistemi dovranno essere progettati by design sulla base di modelli di metadati che consentano la memorizzazione delle decisioni giudiziarie al completo e la successiva accessibilità, attuando meccanismi di protezione dei dati personali, e in particolare di anonimizzazione e pseudonimizzazione, realizzati automaticamente dal sistema. 296. Come ci ha insegnato la giurisprudenza amministrativa, perché l’uso di tali strumenti sia sostenibile occorre garantire al massimo livello il principio di explainability.
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sibile, inoltre, tali strumenti dovranno trovare integrazione nel sistema di gestione processuale utilizzato per svolgere la funzione giurisdizionale di amministrazione della giustizia. Alla luce delle considerazioni svolte, quali sono i prossimi passi che i processi telematici dovranno abbracciare nell’ottica di un rapporto costituzionalmente sostenibile tra legge e tecnologia? La prima sfida che il processo telematico dovrà affrontare riguarda l’«interoperabilità». Tutti i sistemi di processo telematico usano le norme del regolamento eIDAS e poi del CAD che abbiamo sommariamente illustrato in precedenza. In ragione dell’utilizzo delle medesime formule informatiche, tratte dalla normativa europea e nazionale (come SPID, PEC, firma elettronica, cloud, ecc.) varrebbe la pena che tutte le giurisdizioni, compresa la Corte costituzionale, possano lavorare mettendo a frutto un proficuo dialogo non solo giuridico e ordinamentale ma anche tecnologico. L’idea di costruire sistemi che rispondano al principio della interoperabilità potrebbe consentire la realizzazione di modelli procedimentali comuni e standardizzati297. Ma la massima dimensione dell’interoperabilità consisterà nella possibilità di accedere alle banche dati detenute da altri in via automatica298. Sistemi interoperabili vuol dire quindi ‘sistemi non chiusi’299, dove l’invio di un file e l’attivazione di una procedura – come potrebbe essere Sul punto si v. A. Simoncini, Profili costituzionali dell’amministrazione algoritmica, in Riv. trim. dir. pubbl., n. 4, 2019, pp. 1149-1189 e C. Bomprezzi, S. Sapienza, Algorithmic Justice e classificazione di rischio nella proposta di AI Act, in La trasformazione digitale della giustizia nel dialogo tra discipline. Diritto e Intelligenza Artificiale, a cura di M. Palmirani, S. Sapienza, Giuffrè 2022, pp. 65-114. 297. Si potrebbero così definire le caratteristiche degli atti introduttivi ai giudizi e le specifiche di formato e di contenuto per l’interoperabilità dei sistemi informativi per la gestione digitale delle procedure. 298. Per la Corte costituzionale l’interoperabilità concerne ad esempio anche il rapporto con il CED della Cassazione e poi con i singoli tribunali e corti d’appello. La Consulta potrebbe avere diretto accesso al fascicolo informatico relativo ai procedimenti in cui è stata sollevata la questione di legittimità costituzionale in via incidentale, che è presente presso il singolo ufficio giudiziario, autenticandosi presso una piattaforma comune ed acquisendolo. Ovviamente ciò presuppone un certo grado di informatizzazione del giudizio a quo. Una ulteriore dimensione di interoperabilità, rientrante nella c.d. cooperazione applicativa potrebbe essere rappresentata proprio dall’instaurazione del rapporto con il CNF per verificare la qualità di avvocato cassazionista del difensore della parte o dell’interveniente nel giudizio costituzionale, come rileva R. Gargiulo, Il processo costituzionale telematico: prospettive, cit. 299. G. D’Amico, Il processo costituzionale telematico tra le peculiarità del giudizio di costituzionalità e l’esigenza di assicurare l’interoperabilità dei dati, cit., p. 673.
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l’invio dell’ordinanza di rimessione della questione di legittimità costituzionale alla Corte costituzionale – avviene senza uscire dal ‘cruscotto’ del magistrato, semplicemente avvisando la cancelleria della messa a disposizione dell’atto di promovimento e del fascicolo di causa. È chiaro che per ora il sistema di upload previsto da e-Cost non permette una tale modalità, richiedendo che il giudice effettui un log-in e poi delle attività nel portale della Consulta. Il giudizio sulle riforme, quindi, non può che essere temperato. Le innovazioni introdotte sono esigue e arrivate con notevole ritardo. Se, però, si considerano i passi compiuti, anche in conseguenza dell’emergenza pandemica, ci si rende conto che il cammino svolto in così poco tempo è stato lungo. Il processo telematico è un potente e flessibile strumento gestionale, ed è funzionale sia alle esigenze di lavoro sia al miglior andamento delle cause. Perciò, esso meriterebbe un maggiore investimento in termini di attenzione e di risorse, in modo da sfruttarne appieno le potenzialità e al contempo cogliere le opportunità che l’evoluzione tecnologica offre anche sul versante della giustizia digitale (di cui v. infra). 8. Nuovi criteri per giudicare la trasformazione digitale La rivoluzione digitale si posiziona solo all’inizio di un lungo percorso che apre un nuovo fronte di indagine sull’esercizio del potere pubblico300, con la possibilità di immaginare la tecnologia come un valore aggiunto per la tradizione e una modalità per garantire – attraverso gli investimenti – maggiore efficienza in una situazione (a regime) di risorse scarse. È chiaro che nel settore della giustizia gli investimenti e le norme sulla digitalizzazione non potranno terminare con il raggiungimento degli obiettivi che saremo in grado di portare a termine alla scadenza del PNRR nel 2026. In questa ottica, e alla luce della analisi svolta, si possono individuare cinque criteri sul piano giuridico per valutare gli investimenti che in futuro saremo chiamati a realizzare per la trasformazione digitale del processo:
300. L. Casini, Lo Stato (im)mortale. I pubblici poteri tra globalizzazione ed era digitale, Mondadori 2022.
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1. creare un incentivo al miglioramento organizzativo della giustizia; 2. rafforzare attraverso gli strumenti conoscitivi usati l’eguaglianza nell’accesso ai rimedi giurisdizionali e alle forme alternative di risoluzione delle controversie (di cui si parlerà nel prossimo capitolo); 3. far evolvere la capacità di risposta degli strumenti digitali alle necessità organizzative e di garanzia delle libertà; 4. trovare un nesso sempre più stretto tra l’investimento nella qualità ed efficienza della giustizia e la sostenibilità economico-sociale degli interventi, con una particolare attenzione alle fasce più deboli della popolazione; 5. impiegare solo strategie e strumenti che possano rivolgersi alla realizzazione di un processo «giusto» secondo quanto indicato dalla Costituzione e dalle Carte internazionali e sovranazionali, soprattutto con riguardo alle garanzie del contraddittorio e della parità delle armi. In generale, bisognerà tenere molto sotto controllo gli usi stessi delle tecnologie, sia per evitare gli abusi, i malfunzionamenti sia per impiegarle nell’ottica della effettiva tutela dei diritti. A questo proposito non si potrà eludere la necessità di una regolamentazione più dettagliata delle tecnologie con una chiarificazione sulle conseguenze del loro utilizzo soprattutto nei termini dei rischi (a questo proposito si parlerà infra della proposta di AI Act). Si dovranno implementare le tecnologie esistenti per le udienze (per esempio), per le comunicazioni e le notifiche, per la gestione dei dati e la sicurezza informatica, per la costruzione degli atti. Su quest’ultimo punto si immagina che verranno grandi innovazioni se si riuscirà ad attuare quanto oggi è scritto nell’art. 121 c.p.c. Il processo di datificazione rimane un grande interrogativo. Bisognerà trovare un modo per garantire che non vi siano interferenze e conflitti tra il Ministero e il CSM. Il governo della digitalizzazione diventerà sempre più il piano su cui si potranno verificare conflitti tra l’organo di autogoverno e l’esecutivo; conflitti non sempre evidenti agli occhi dello spettatore esterno, ma che avranno un effetto molto visibile in termini di efficienza per i destinatari dei servizi della giustizia. In tal senso andranno governate e disciplinate meglio le situazioni nelle quali si possono realizzare malfunzionamenti o anche solo difficoltà e intoppi applicativi delle tecnologie. Infine, nell’ottica che abbiamo assunto in questo volume, bisognerà capire sempre di più cosa vuol dire che la giurisdizione è divenuta un ‘servizio’ pubblico e non più solo un ‘luogo’. È all’esame di tale profilo critico che sarà dedicato il capitolo successivo di questo volume. 207
IV.
Il processo fuori dal processo
1. Le «Online Dispute Resolutions»: una vera risposta alla domanda di giustizia? All’avvio di questo lavoro abbiamo visto che una delle costole più importanti delle trasformazioni ‘digitali’ del processo è rappresentata dall’esperienza della giustizia resa fuori dalle corti1. Il fenomeno delle ODR è l’esempio paradigmatico di tale idea 2. Tecnicamente le ODR formano parte di una famiglia più ampia di strumenti per la risoluzione delle controversie alternativi al processo giuridico, i quali si sono sviluppati a partire da una esperienza secolare presente soprattutto nei paesi di common law3. Nell’ambito delle alternative dispute resolutions (ADR), la tecnologia è entrata prima che in altri settori legati all’applicazione pratica del di1. R.E. Susskind, Online Courts and the Future of Justice, cit. 2. Pioneristici sul tema i lavori di M.E. Katsh, Dispute resolution in cyberspace, in Conn. L. Rev., n. 4, 1995, pp. 953-980; M.E. Katsh, J. Rifkin, Online dispute resolution: resolving conflicts in cyberspace, Jossey-Bass 2001; C. Rule, Online dispute resolution for business: B2B, e-commerce, consumer, employment, insurance, and other commercial conflicts, 1st, Jossey-Bass 2002. A livello europeo i lavori che prima di tutti ha esaminato le previsioni della direttiva e-commerce sul punto sono contenuti nel volume curato da L. Edwards, The new legal framework for e-commerce in Europe, Bloomsbury Publishing 2005. 3. Inteso in senso ampio come un procedimento formale che termina con un giudizio reso da un soggetto istituzionale che funge da terzo imparziale. Su tali modalità si v.no i contributi in V. Varano, L’altra giustizia: i metodi alternativi di soluzione delle controversie nel diritto comparato, Giuffrè 2007.
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ritto e sta svolgendo un ruolo importantissimo e decisivo per risolvere i problemi dei processi giudiziari, soprattutto relativamente ai temi delle decisioni e al vertiginoso aumento delle controversie. La materia vive negli ultimi anni un indubbio interesse da parte della dottrina, della giurisprudenza e dei legislatori, che vedono in tali forme alternative, coniugate con la digitalizzazione, una delle vie – se non ‘la’ via – per perseguire nella strada della maggiore efficienza della giustizia e della riduzione del contenzioso4. Un impulso notevole allo sviluppo della risoluzione alternativa delle controversie arriverà a livello europeo dalla applicazione dell’art. 21 del ‘Digital Services Act’, il quale permette ai destinatari dei servizi digitali di scegliere tali strumenti per risolvere le proprie controversie con le piattaforme. In molti paesi, soprattutto per le liti civili, il passaggio dall’amministrazione e gestione dei servizi per la giustizia basati soltanto sul lavoro umano all’uso delle macchine si è rivelato un viatico molto efficace per il rafforzamento delle forme alternative di risoluzione delle controversie che erano state introdotte dagli anni ’70 del secolo scorso5. I settori in cui operano le ADR spaziano dalla responsabilità civile autostradale ai conflitti matrimoniali e familiari, dalle controversie relative al commercio elettronico di beni e servizi alle liti riguardanti la fornitura di servizi finanziari, bancari e assicurativi6. Anche il legislatore della recente riforma del processo civile di cui si è parlato nel capitolo precedente, allo scopo di deflazionare il contenzio4. G. Lisella, Corti digitali e giustizia civile progressiva, in Giust. proc. civ., n. 1, 2020, pp. 269-294, individua quattro caratteristiche delle ODR di cui poi parleremo diffusamente: l’assenza di un’interazione «faccia a faccia», che avviene invece online, spesso in modo asincrono; l’automatica acquisizione di dati e informazioni sulla controversia e sulle controversie; lo sviluppo della funzione dell’IA non come mero strumento di comunicazione tra i soggetti coinvolti, ma vero e proprio elemento attivo e autonomo nella gestione (e a volte nella decisione) della lite; l’assenza dell’alternatività necessaria rispetto al processo come elemento qualificante. 5. Le ADR rispondono all’esigenza di una maggiore velocità della giustizia così come alla attenzione agli aspetti umani delle controversie. L’idea che c’è dietro, e si è sviluppata anzitutto in paesi come gli Stati Uniti e il Regno Unito, è proprio quella di mediare, di conciliare e negoziare valorizzando l’autonomia e la volontà delle parti pervenendo a una soluzione stragiudiziale delle controversie. Le caratteristiche di tali strumenti sono quindi la informalità delle procedure, la confidenzialità dei contenuti, la adattabilità alle esigenze e i bisogno delle parti, la volontarietà della loro attivazione e la velocità della soluzione. Infra multis sul tema si v. F. Reggio, Giustizia dialogica: luci e ombre della restorative justice, FrancoAngeli 2010. 6. M.D.A. Freeman, Alternative dispute resolution, Dartmouth 1995.
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so, ha introdotto nuove regole sulla digitalizzazione di forme antiche di conciliazione e risoluzione alternative già presenti in Italia, come la «negoziazione assistita»7 e la «mediazione»8. Con la digitalizzazione della vita e delle attività pubbliche, per garantire che i sistemi giudiziari forniscano giustizia rapida e certa, in un mo7. La «negoziazione assistita» mediante un avvocato è stata introdotta dal decretolegge n. 132/2014, convertito con modificazioni dalla legge n. 162/2014. La sua finalità, come quella della mediazione, è quella di favorire la composizione amichevole delle controversie (in alcuni casi atteggiandosi a condizione di procedibilità della domanda giudiziale), valorizzando notevolmente il ruolo degli avvocati. D. Dalfino, La procedura di negoziazione assistita da uno più avvocati, tra “collaborative law” e “procédure participative”, in Foro. it., n. 1, 2015, pp. 27/28-33/34. Il d.lgs. n. 149/2022 prevede un nuovo art. 2-bis nel decreto-legge n. 134/2014 secondo il quale quando la negoziazione si svolge in modalità telematica «ciascun atto del procedimento, ivi compreso l’accordo conclusivo, è formato e sottoscritto nel rispetto delle disposizioni» del CAD ed è «trasmesso a mezzo posta elettronica certificata o con altro servizio elettronico di recapito certificato qualificato». In tali occasioni gli «incontri si possono svolgere con collegamento audiovisivo da remoto» assicurando «la contestuale, effettiva e reciproca udibilità e visibilità delle persone collegate». La digitalizzazione riguarda anche il procedimento di negoziazione, difatti il comma 2 dell’art. 2-bis prevede che ciascuna parte possa chiedere di «partecipare da remoto o in presenza» e si prevede anche lo svolgimento in modalità ibrida. In sintonia con quanto è previsto per il processo civile si esclude l’acquisizione con modalità telematiche o collegamenti audiovisivi delle dichiarazioni del terzo di cui all’articolo 4-bis, che devono quindi essere rese in modalità analogica per evidenti ragioni di verifica della genuinità delle dichiarazioni e per assicurare al terzo la piena verificabilità delle modalità con cui le sue dichiarazioni vengono acquisite. 8. Si v. P. Lucarelli, Mediazione dei conflitti: una spinta generosa verso il cambiamento, in Giust. consens., n. 1, 2021, pp. 15-31. A norma dell’art. 1 del d.lgs. n. 28/2010 per «mediazione» si intende «l’attività, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, anche con formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa». Tale previsione si riferisce a quanto indicato a livello UE dalla direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale. E. Silvestri, Conciliazione e mediazione, in Enc. dir., Annali I, Giuffrè 2007, pp. 277-288; T. Galletto, Il modello italiano di conciliazione stragiudiziale in materia civile, Giuffrè 2010. Il nuovo art. 8-bis del d.lgs. n. 28/2010 stabilisce norme sulle modalità e svolgimento in forma «telematica». In questi casi si prevede che gli atti siano formati e inviati tra le parti seguendo le norme del CAD. Anche gli incontri prevedono la possibilità di svolgimento con collegamento audiovisivo da remoto. Tali sistemi di collegamento audiovisivo, quando vengono utilizzati per gli incontri del procedimento di mediazione anche da una sola parte, devono assicurare «la contestuale, effettiva e reciproca udibilità e visibilità delle persone collegate». Conclusa la mediazione «il mediatore forma un unico documento informatico, in formato nativo digitale, contenente il verbale e l’eventuale accordo e lo invia alle parti per la sottoscrizione mediante firma digitale o altro tipo di firma elettronica qualificata». La norma indica che «quando la mediazione è demandata dal giudice, il documento elettronico è inviato anche agli avvocati che lo sottoscrivono con le stesse modalità».
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do che faccia risparmiare tempo e denaro alle persone e riduca l’impatto dei procedimenti legali sulla loro vita, si è scelto di investire nella costruzione di forme di soluzione delle controversie digitali out of the courts. Dietro tale obiettivo c’è la convinzione che, a partire da una cultura politica ed economica dell’austerità, si possono gettare le basi e offrire l’opportunità di trasformare e riconfigurare il funzionamento delle istituzioni statali, compresi i tribunali e i sistemi giudiziari. Per di più in un contesto nel quale il numero delle controversie civili ha visto un tendenziale aumento in tutto il mondo, con numeri che non sarebbe stato possibile soddisfare attraverso la capacità organizzativa dei tribunali e dei giudici, le caratteristiche di economicità, efficienza, velocità, accessibilità e miglioramento dei flussi di comunicazione è apparso come uno strumento pratico formidabile per una più rapida soluzione delle controversie. Tuttavia, le nuove tecnologie non sempre aiutano nella riduzione del contenzioso. Le ODR nascono proprio nel momento in cui la rete internet aveva ampliato il numero e le tipologie delle controversie sui prodotti scambiati attraverso il commercio elettronico9, che aveva sì abbattuto i confini statali, ma aveva anche creato un nuovo tipo di contenzioso per risolvere il quale gli strumenti più risalenti non erano sempre adeguati10. Nel contesto delle ADR, possono rappresentare un vantaggio alcune delle caratteristiche problematiche degli strumenti tecnologici più avan9. P. Cortès, Online Dispute Resolution for Consumers in the European Union, Routledge 2010. 10. Già negli anni ’90, come documentano M.E. Katsh, O. Rabinovich-Einy, Digital Justice: Technology and the Internet of Disputes, cit., pp. 10 ss., vi era stata una proliferazione delle controversie sul commercio elettronico e la rottura dei confini tra controversie offline e online. A livello europeo, la risposta è arrivata prima con la direttiva e-commerce. Directive 2000/31/EC of the European Parliament and of the Council of 8 June 2000 on certain legal aspects of information society services, in particular electronic commerce, in the Internal Market (‘Directive on electronic commerce’), OJ L 178 17.7.2000, 8 June 2000 (http://data.europa.eu/eli/dir/2000/31/oj) e, poi, con il regolamento (UE) n. 524/2013 del Parlamento e del Consiglio del 21 maggio 2013, che fissa le regole che devono essere utilizzate per risolvere in una sede extragiudiziale le controversie nascenti dai contratti di acquisto online di beni e servizi. Regulation (EU) No 524/2013 of the European Parliament and of the Council of 21 May 2013 on online dispute resolution for consumer disputes and amending Regulation (EC) No 2006/2004 and Directive 2009/22/ EC (Regulation on consumer ODR), OJ L 165, 18.6.2013, 21 May 2013 (http://data.europa. eu/eli/reg/2013/524/oj). Il Regolamento, assieme alla direttiva (UE) n. 2013/11/UE sulle ADR, costituisce il pacchetto legislativo ADR-ODR che, per la prima volta, introduce un set coordinato e omogeneo di regole e la già menzionata piattaforma web online per tutta la UE con le procedure per la risoluzione alternativa delle controversie.
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zati, come la mancanza di una interazione naturale, la raccolta massiccia di tutti i dati, la difficoltà nella gestione della privacy, la necessità di fare affidamento sull’intelligenza della macchina11. La comunicazione non in tempo reale e in modalità asincrona consentono di consultare e ricercare i dati completi e di costruire un quadro più ampio della controversia; la minore considerazione della privacy può aiutare nel controllo della qualità e nelle strategie di aggiramento del contenzioso; inoltre, l’intelligenza della macchina può migliorare l’efficienza attraverso l’automazione di un gran numero di attività su piccola scala12. Con l’introduzione delle tecnologie, le ADR si sono arricchite di caratteristiche del tutto innovative rispetto ai meccanismi risolutivi usati da tempo, fino a far discutere molto dei parametri che servono per individuare tali strumenti e della difficile collocazione delle ODR all’interno della famiglia degli strumenti alternativi già esistenti13. Alcune di queste trasformazioni, come vedremo con il caso cinese, sono state determinate dall’esigenza degli operatori della rete internet di dotarsi di soluzioni pratiche e veloci di composizione delle vertenze connesse con i propri servizi, ma anche dalla tendenza a sostituire l’intervento umano con sistemi automatizzati. A partire dall’uso di «sistemi giuridici esperti» è stata incentivata la più efficace, spedita ed economica risoluzione delle controversie, fino a permettere che sofisticati algoritmi potessero svolgere alcune funzioni tipicamente decisionali, senza però arrivare alla soluzione della controversia14. Il discorso sul processo fuori dal processo potrebbe chiudersi con l’esame delle modalità alternative per risolvere le controversie. Abbiamo però ritenuto di dover spostare il confine oltre tali esperienze e includere anche altri due esempi. Il primo è tratto dall’esperienza cinese. Ha fatto 11. L. Mingardo, Online Dispute Resolution. Involuzioni ed evoluzioni di telematica giuridica, in Tecnodiritto: temi e problemi di informatica e robotica giuridica, a cura di P. Moro, C. Sarra, FrancoAngeli 2017, pp. 121-40. 12. J. Morison, A. Harkens, Algorithmic justice: dispute resolution and the robot judge?, in Comparative Dispute Resolution, a cura di M.F. Moscati, M. Palmer, M. Roberts, Edward Elgar Publishing 2020, pp. 339-352. 13. L. Wing, Mapping the Parameters of Online Dispute Resolution, cit. Per la dottrina italiana si v. L. Mingardo, Online Dispute Resolution. Involuzioni ed evoluzioni di telematica giuridica, cit., p. 123. 14. G. Sartor, P. Casanovas, R. Rubino et al., Computable Models of the Law and ICT: State of the Art and Trends in European Research, in Computable Models of the Law, edited by G. Sartor, P. Casanovas, R. Rubino, N. Casellas, Springer 2008, pp. 1-20.
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discutere parecchio il sistema introdotto in Cina per indurre le persone a tenere un certo comportamento con una dose di incentivi e divieti costruiti in modo da controllare pervasivamente il comportamento delle persone. Il nesso tra questo sistema e la giustizia è alquanto stretto e deriva dalla stessa ragione che ha spinto il governo cinese a implementarlo. Nel 2014, infatti, la Cina ha riconosciuto la necessità di migliorare l’attuazione delle leggi e il rispetto delle decisioni giudiziarie sia riformando il processo civile sia introducendo strumenti tecnologici per il controllo sociale. La necessità di prevenire le minacce all’integrità del sistema politico cinese ha alimentato uno stato di sicurezza sempre più potente e lo sviluppo di sistemi di sorveglianza e monitoraggio pervasivi in tutto il paese, in particolare in aree politicamente sensibili come il Tibet e lo Xinjiang15. Il secondo esempio viene da Meta che, a partire dal 2018, quando ancora aveva il nome originario di Facebook, ha ritenuto necessario seguire il consiglio di alcuni eminenti studiosi – tra cui Noah Feldman – costruendo un sistema di ‘appello indipendente’ composto di esperti mondiali per rivedere le decisioni più contestate delle sue piattaforme in tema soprattutto di libertà di manifestazione del pensiero16. Lungi dal sembrare giustapposti, questi due esempi sono l’emblema di una trasformazione del processo che ha ramificazioni ancora più estese e rivolte addirittura a fare a meno del processo e degli stessi giudici, creando, da un lato, una forma potentissima di costrizione delle persone e, dall’altro, un organismo (molto forte) di giustizia privata. 2. Le ODR di prima e seconda generazione: limiti e sviluppi L’esperienza recente dimostra che esistono due tipi di usi delle tecnologie nella risoluzione extragiudiziale delle controversie: da un lato, la realizzazione delle ADR mediante strumenti tecnologici che aiutano a mettere in linea i vari elementi della risoluzione delle controversie nella formula triadica tradizionale (fatta delle due parti e del mediatore) e, dall’altro, le forme più evolute di software e altri strumenti digitali (fino 15. R. Creemers, China’s social credit system: an evolving practice of control, disponibile in SSRN, https://ssrn.com/abstract=3175792. 16. D. Wong, L. Floridi, Meta’s Oversight Board: A Review and Critical Assessment, disponibile in Minds and Machines, https://link.springer.com/article/10.1007/s11023-02209613-x.
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alle IA) usati per supportare e assistere la risoluzione delle controversie, che funzionano o come mere piattaforme informatiche o addirittura che utilizzano e riutilizzano i dati per informare sistemi che alla fine risolvono controversie prevenendo il contenzioso di fronte ai tribunali17. Le ODR del primo tipo sono le più risalenti e datate18. Consistono essenzialmente in un duplicato elettronico delle ADR, in cui le tecnologie vengono usate per la risoluzione delle controversie allo stesso modo di un modulo di reclamo, cioè semplicemente rendendo disponibile un resoconto (a volte complesso) della controversia che deve essere compilato e affrontato dalle parti online19. Il primo esempio di tale modalità è il servizio di online mediation messo in piedi da ‘eBay’20. Nel secondo tipo di ODR non rientra solo la predisposizione di un software che può, ad esempio, gestire le offerte al buio da regolare, ma anche l’impiego di algoritmi relativamente semplici che possono applicare varie regole in relazione a molteplici fattori. Ad esempio, nel contesto di un portale per lo shopping online come Amazon, se l’acquirente acquista prodotti frequentemente o è un membro di Amazon Prime, non ha 17. M.E. Katsh, O. Rabinovich-Einy, Digital Justice: Technology and the Internet of Disputes, cit. 18. G. Peruginelli, Le Online Dispute Resolution: un’evoluzione delle Alternative Dispute Resolution, in Informatica e diritto, n. 1-2, 2007, pp. 477-498. 19. Le società che sviluppavano tali software o portali offrivano servizi online nei quali svolgere una riunione virtuale nella quale mediante uno schema di mediazione a modello aperto – il modello tradizionale – si aiutava, grazie all’aiuto di una persona, a trovare una soluzione al problema che contrapponeva le parti, in modo tale che emergendo dal vissuto delle persone il problema fosse effettivamente risolto. Sul tema v. P. Gilliéron, From face-to-face to screen-to-screen: real hope or true fallacy, in Ohio St. J. on Disp. Resol., n. 2, 2007, pp. 301-344; R.P. Alford, The virtual world and the arbitration world, in Journal of international arbitration, n. 4, 2001, pp. 449-461; H.A. Haloush, B.H. Malkawi, Internet Characteristics and Online Alternative Dispute Resolution, in Harv. Negot. L. Rev., n. 2, 2008, pp. 327-348. Per una ricostruzione efficace delle procedure usate soprattutto a livello europeo si v. C. Vaccà, Il punto su ODR, online dispute resolution, in Contratti, n. 11, 2009, pp. 1072-1078. 20. Sull’esempio si v. infra multis E. Katsh, J. Rifkin, A. Gaitenby, E-commerce, Edisputes, and E-dispute Resolution: In the Shadow of eBay Law, in Ohio St. J. on Disp. Resol., n. 3, 1999, pp. 705-734; A.J. Schmitz, Expanding access to remedies through e-court initiatives, in Buff. L. Rev., n. 1, 2019, pp. 89-164. Il colosso del commercio elettronico si era subito reso conto di non poter risolvere tutte le controversie con mediatori umani né poteva organizzare sistemi di videoconferenza tra le parti per l’ingente mole di claim che ogni giorno venivano documentati dal portale, come osservano storicamente B.H. Barton, D.L. Rhode, Access to Justice and Routine Legal Services: New Technologies Meet Bar Regulators, cit.
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pendenze, le merci sono di scarso valore o non sono oggetto di numerosi reclami, allora un risultato particolare, che sia un rimborso, una sostituzione o un’altra tipologia di servizio, può essere prodotta dall’algoritmo senza l’intervento di costose risorse umane. Un servizio di questo genere è molto utile e può migliorare l’esperienza del consumatore21. A ben vedere, tali servizi possono anche ulteriormente perfezionati. Ciò accade essenzialmente grazie alla grande mole di dati che vengono prodotti e raccolti nell’attività di mediazione o negoziazione online per essere poi rielaborati secondo dei modelli informatici22. In tali occasioni, gli algoritmi sono usati come aiuto o strumento all’interno di un processo più ampio, in modo simile a come vengono utilizzati di routine in moltissimi ambiti e attività, ma anche a come si impiegano oggi nel sistema giudiziario statunitense per determinare la misura della cauzione (v. cap. V). Alla luce della distinzione in chiave evolutiva, vale la pena svolgere una considerazione circa il differente sviluppo delle ODR tra gli ordinamenti di common law e di civil law. Si è già detto che il sistema delle ADR, pur conosciuto in alcune sue importanti forme anche nell’Europa continentale, si è sviluppato a partire dagli anni ’70 soprattutto nei paesi anglosassoni. Negli Stati Uniti, ad esempio, si è scelto di investire molto nella predisposizione di servizi – soprattutto privati – di ADR per velocizzare alcune tipologie di controversie in materia commerciale23. Una sorte e una distinzione simile hanno interessato anche le ODR negli ordinamenti di civil law. Mentre gli ordinamenti di common law hanno mantenuto, com’era per le ADR, una concezione imprenditoriale basata sull’iniziativa privata e guidata dall’intento di favorire lo sviluppo e la crescita dell’economia libera24 e hanno arricchito tale impostazione 21. Esso costituisce certamente un modello di business economicamente più efficiente rispetto all’utilizzo di mediatori umani in un ufficio reclami telefonico. Tuttavia, questi meccanismi non replicano né il lavoro di un tribunale né l’opera di un mediatore. 22. Si possono così trovare modi per evitare le controversie chiarendo i termini e le condizioni, ovvero fornendo una migliore descrizione della merce, o ancora offrendo un servizio di consegna più rapido, ma non si può in tale modo arrivare ai benefici che caratterizzano la classica impostazione triadica dei meccanismi di risoluzione alternativa delle controversie. 23. M. McManus, B. Silverstein, Brief history of alternative dispute resolution in the United States, in Cadmus, n. 3, 2011, pp. 100-105; J.T. Barrett, A history of alternative dispute resolution: The story of a political, social, and cultural movement, Wiley 2004. 24. M.S. Donahey, Current Developments in Online Dispute Resolution, in J. Int’l Arb., n. 4, 1999, pp. 115-130.
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con il paradigma cyberlibertario degli albori di Internet25, gli ordinamenti di civil law hanno inteso i pubblici interventi di regolazione come un modo per integrare gli strumenti di tutela già previsti garantendo indipendenza, imparzialità ed equità dei servizi in un quadro nel quale il consumatore è spinto a usare il meccanismo perché si fida dei soggetti pubblici che istituiscono l’ODR 26. Come è immaginabile tra i due tipi di ODR sopra descritti non vi è una distinzione netta. Il fenomeno fugge a un suo inquadramento rigido per via del fatto che una delle caratteristiche più importanti di esso è proprio la maggiore ‘libertà’ delle forme contro la maggiore rigidità del processo giurisdizionale, e poi perché le modalità concrete sono legate all’evoluzione tecnologica, le cui trasformazioni a volte prendono strade inaspettate, come nel caso dell’IA. I primi pioneristici esempi di ODR vengono ovviamente dagli Stati Uniti27, dove una serie di società ha elaborato sistemi soprattutto per 25. E.G. Thornburg, Fast, cheap, and out of control: Lessons from the ICANN dispute resolution process, in J. Small & Emerging Bus. L., n. 1, 2002, pp. 191-234. 26. A livello UE, ad esempio, l’impostazione di common law non è stata accolta, avendo da subito compreso il valore istituzionale di tali strumenti per la costruzione del mercato unico. C. Camardi, Metodi online di risoluzione delle controversie. Arbitrato telematico e ODR, Cedam 2006. 27. Tra i primi fornitori di servizi di mediazione online vi è la «National arbitration and Mediation» (NAM) statunitense. Ma anche fornitori come «The Mediation Room» hanno sviluppato piattaforme online per consentire a mediatori e arbitri di scambiarsi documenti e comunicare online, soprattutto nel settore assicurativo. V. il portale www.themediationroom.com/. Il sistema dell’offerta cieca si avvia con un istanza di un richiedente che viene compilata e inviata mediate posta elettronica o portale. Se il convenuto accetta si apre la fase di negoziazione che si svolge non sulla cifra ma sul range percentuale che il convenuto è disposto ad accettare. Per una spiegazione più accurata (si v. i portali www.cybersettle.com/ e www.trytosettle.com/). La società Cybersettle e, più recentemente, TryToSettle.com offrono un sistema di blind offers in cui le parti di una controversia possono tentare di trovare una corrispondenza tra le diverse posizioni come se fossero domanda e offerta. Anche la canadese Smartsettle incoraggia le parti a elencare i propri interessi e ad assegnare loro un valore per consentire il raggiungimento di uno spettro più complesso di accordo. Smartsettle (www.smartsettle.com/) consente ai suoi utenti di impegnarsi in un processo di negoziazione elettronica su una piattaforma virtuale sicura. Esistono diversi pacchetti offerti per l’utilizzo di sistemi di negoziazione elettronica tra i quali un potenziale utente può scegliere in base ad alcuni criteri, come il tipo e il valore della questione da negoziare, nonché il numero di parti coinvolte in questo processo. Per i casi di alto valore, in cui sono implicate diverse parti con molti problemi, il sistema di negoziazione elettronica offerto è Smartsettle Infinity. Questo strumento, che funziona come un metodo di negoziazione multi-interesse, è considerato un sistema di negoziazione elettronica tecnicamente completo e avanzato, progettato in particolare
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risolvere liti di carattere pecuniario, e in particolare nel settore assicurativo. In Germania e Francia, il sistema Online Schlichter, finanziato dai rispettivi governi viene utilizzato come servizio di mediazione online per il commercio elettronico tra imprese e consumatori e le controversie sulla vendita diretta28, mentre Schlichtungsstelle Mobilität fornisce un servizio di arbitrato per gli utenti dei trasporti29. Rechtwijzer 2.0 è il sistema attualmente in uso in Olanda e in Danimarca. La piattaforma è stata elaborata dal the Hague Institute for the Internationalisation of Law30. Alcuni servizi di ODR negli anni hanno vissuto trasformazione in strumenti più evoluti dal punto di vista tecnologico31. La forma più interessante di trasformazione ai nostri fini non viene però dalla semplice implementazione delle tecnologie nella soluzione delle controversie. Negli ultimi anni, in alcuni stati si è cercato di valorizzare l’efficacia di tale strumento disciplinando, finanziando, predisponendo e attivando piattaforme all’interno dei tribunali stessi. Le ODR sono divenute così meccanismi complementari alla giustizia governata dalle corti32. I primi progetti pilota di questa inedita forma di digital justice hanno avuto un notevole successo in molte parti del mondo. Non solo in Europa, ma anche negli Stati Uniti, in Canada, nel Regno Unito o a Singapore. Forse l’esempio più interessante tra quelli esaminati viene dal già per affrontare sofisticate procedure di negoziazione tra un numero illimitato di parti e problemi per ottimizzare rapidamente le soluzioni. Il programma utilizza un meccanismo di offerta alla cieca per consentire ai negoziatori di valutare le proprie preferenze in base all’importanza che attribuiscono alla questione in gioco. Sul funzionamento di tale sistema si v. O. Rabinovich-Einy, E. Katsh, Artificial Intelligence and the Future of Dispute Resolution: The Age of AI-DR, cit. 28. Maggiori informazioni alla pagina relativa alla Germania nel portale e-Justice: https://e-justice.europa.eu/37165/EN/enforcement?GERMANY&member=1. 29. V. https://soep-online.de/. 30. Mediante tale piattaforma i litiganti ricevono informazioni sulle loro controversie, gli viene spiegato come risolverle in un modo che sia percorribile in base ai loro interessi e possono instaurare un dialogo con le parti coinvolte. Usando Rechtwijzer 2.0 si possono gestire conflitti delicati e rutinari, come le cause di separazione e divorzio, le controversie in materia locatizia e addirittura le controversie di lavoro. 31. Il sistema ODR di eBay, sviluppato da SquareTrade è progredito negli ultimi anni acquisendo nuove caratteristiche e un’impronta maggiormente tecnologica oltre la mera informatizzazione di alcune procedure della mediazione. 32. Tale tendenza ha avuto un notevole impulso durante la pandemia. In concomitanza con il periodo di lockdown durante il Covid, le ODR hanno guadagnato costantemente slancio, alimentate anche da una nuova considerazione per lo stato abissale in cui versa l’accesso alla giustizia e dall’emergere di più fornitori di software in lizza per nuove quote di mercato.
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menzionato «British Columbia Civil Resolution Tribunal»33 (CRT), il primo ‘ODR Tribunal’ del Canada che è strutturato all’interno del sistema giudiziario nazionale34. Il CRT, che è anche il primo del suo genere al mondo, utilizza la negoziazione elettronica come parte di un processo combinato di risoluzione delle controversie35. Uno dei vantaggi maggiori di tale strumento è che se le parti non riescono a raggiungere l’accordo nella fase di negoziazione elettronica hanno almeno acquisito una maggiore conoscenza delle reciproche preferenze e delle opportunità esistenti per il livello successivo, vale a dire il contenzioso giudiziario36. Molto simile all’esperienza del CRT canadese è il sistema messo in piedi dal 2016 in via sperimentale e oggi funzionante a regime dal Judicial Council dello Utah, chiamato «Utah State Court’s Online Dispute Resolution (ODR) program»37. La procedura si svolge in fasi progressive e obbligatorie, in maniera del tutto simile a quella del CRT38. 33. S. Salter, ODR and Justice System Integration: British Columbia’s Civil Resolution Tribunal, in Windsor Yearbook of Access to Justice, n. 1, 2017, pp. 112-129. 34. Il Governo del British Columbia cercava un metodo istituzionale per abbattere l’esorbitante costo del contenzioso giudiziario. Il sistema scelto consente di realizzare tale obiettivo innalzando il livello di accesso dei cittadini alla soluzione bonaria delle controversie ad ogni ora del giorno e della notte e offre forme alternative al processo, secondo una gamma che spazia dalle procedure meramente conciliative a quelle aggiudicative. A.J. Schmitz, J. Zeleznikow, Intelligent Legal Tech to Empower Self-Represented Litigants, in Colum. Sci. & Tech. L. Rev., n. 1, 2021, pp. 142-191. 35. Il CRT utilizza un modello multilivello di ODR per fornire ai cittadini un accesso alla giustizia più conveniente, economico e facilitato. Mentre la prima fase si riferisce all’utilizzo da parte del richiedente di un Solution Explorer, la seconda fase si riferisce alla negoziazione elettronica tra le parti coinvolte in una controversia. Questo disegno, cerca di passare da un approccio conflittuale a uno amichevole verso la risoluzione della controversia offrendo alle parti l’opportunità di avere una negoziazione elettronica basata sugli interessi. L’approccio aiuta le parti a porre maggiormente l’accento sulla identificazione dei loro interessi in una forma collaborativa, attraverso comunicazioni dirette tra loro e il raggiungimento di un possibile accordo. Sul punto v. ancora S. Salter, ODR and Justice System Integration: British Columbia’s Civil Resolution Tribunal, cit. 36. Nel 2019, il CRT ha avviato la risoluzione delle richieste di risarcimento per lesioni personali derivanti da incidenti stradali, comprese le richieste di risarcimento per prestazioni mediche e reddituali. Valorizza tale elemento M. Giacalone, S.S. Salehi, E-negotiation in the EU: Current experiences, challenges, and new scenarios, in Frontiers in Civil Justice, edited by X. Kramer, J. Hoevenaars, B. Kas, E. Themeli, Edward Elgar Publishing 2022, pp. 169-191, spec. p. 179. 37. Una descrizione con tanto di screenshot della app si trovano in D. Himonas, Utah’s online dispute resolution program, in Dickinson L. Rev., n. 3, 2017, pp. 875-898. 38. La prima fase di autoanalisi avviene attraverso una piattaforma analoga al Solution Explorer usato dal CRT, che consente di esaminare la problematica giuridica tramite
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Un altro interessante esempio di ODR giudiziale viene dall’Inghilterra e Galles. Come vedremo con più precisione tra poco, oltremanica sono molti anni che circolano piani per introdurre tribunali online. Già da tempo sono state implementate le prime forme di videoconferenze per il patteggiamento e per questioni della Crown Court ed è stato reso disponibile uno schema online di richiesta di possesso (PCOL) per consentire alle persone di avviare procedimenti possessori per proprietà residenziali39. A questi primi progetti pilota è seguito nel 2007 il lancio del Money Claim Online (MCOL), che ha consentito ai richiedenti di avviare procedimenti riguardanti controversie monetarie40. Il design di MCOL sfrutta la tecnologia per offrire una semplificazione procedurale e funzionale41. un questionario che si adegua alle risposte a mano a mano fornite. Lo strumento permette, altresì, la compilazione guidata della domanda. Si ha poi, anche qui, una successiva fase di conciliazione, prima di negoziazione e, poi, della mediazione. Qualora le parti non raggiungono un accordo inizia il processo di fronte alla corte, che può svolgersi tramite tecnologie di comunicazione online o di persona, a seconda della sua complessità. Si v. sul punto G. Lisella, Corti digitali e giustizia civile progressiva, cit., p. 285. 39. Esiste anche un sistema per risolvere le controversie amministrative relative alle sanzioni per violazione del codice della strada chiamata Traffic Penalty Tribunal. Su questo tema si v. R. Thomas, Current developments in UK tribunals: Challenges for administrative justice, in Administrative Justice in Wales and Comparative Perspectives, edited by S. Nason, University of Wales Press 2016, pp. 184-217. 40. Il sistema consente al singolo cittadino di ottenere, tramite il portale dedicato, una sorta di ingiunzione di pagamento avente per oggetto una somma di denaro (non superiore a 100,000 sterline). Il servizio è accessibile al portale: www.moneyclaims.service. gov.uk/. Su questo tema si v. M. Velicogna, Il processo telematico in Europa, in Informatica e diritto, n. 1-2, 2007, pp. 407-427. 41. MCOL nasce come un procedimento stragiudiziale controllato e mediato dalla cancelleria che arriva eccezionalmente di fronte al giudice. Si v. sul punto J. Kallinikos, Institutional complexity and functional simplification: the case of money claim online service in England and Wales, in ICT and innovation in the public sector: European studies in the making of e-government, edited by F. Contini, G.F. Lanzara, Springer 2009, pp. 174-210. Utilizzando un modulo web, il tribunale raccoglie le informazioni personali e di contatto dell’attore e del convenuto e i dettagli del reclamo, che spiegano quale somma di denaro (e interessi) è dovuto e perché (limitato a 1080 caratteri). Le spese processuali sono pagate con carta di credito o di debito. Gli imputati in genere rispondono utilizzando un modulo di risposta standardizzato, che possono inviare online (via e-mail) o tramite posta ordinaria. Nel caso di contumacia o di ammissione del debito il caso termina con una decisione ‘telematica’ che nasce immediatamente esecutiva. Il pagamento viene effettuato direttamente al richiedente; se il convenuto non riesce a pagare, il ricorrente può richiedere online un mandato di esecuzione. MCOL offre molti vantaggi alle parti in causa: è accessibile tutto l’anno, ventiquattro ore su ventiquattro; ci vogliono circa trenta minuti per presentare o difendere un reclamo ed è soggetto a spese processuali inferiori. MCOL ha anche avuto effetti istituzionali positivi, come rimuovere dal tribunale il lavoro ammi-
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L’aspetto più interessante di MCOL ai nostri fini viene proprio dalla procedura seguita. Il sistema informatico che fa funzionare questo tipo di ODR controlla automaticamente le condizioni di procedibilità della domanda e i requisiti di forma per l’esercizio dei poteri processuali realizzando perciò una forma molto avanzata di giustizia digitale anche se limitata a controversie di modesta entità42. Con i dati e la capacità analitica in rapida crescita anche società private operanti nel settore stanno progettando quello che potrebbe essere chiamato un sistema di ‘ODR 2.0’, che automatizza le attività svolte sia per le decisioni sia per l’informazione dei cittadini sui servizi legali43. Questi sistemi ODR incorporano strumenti algoritmici capaci di fornire alle parti informazioni rilevanti sul loro caso, senza poi richiedere gestori di controversie in carne e ossa. Le versioni più basilari, da tempo impiegate in sistemi ODR privati come eBay o inventate da società come Cybersettle, presentano offerte in doppio cieco per trovare un punto di incontro tra i litiganti sul prezzo o per presentargli pacchetti di soluzione ottimizzati per le questioni controverse. Una versione ancora più sofisticata incorpora un motore di analisi predittiva per fornire ai contendenti una gamma più ricca di informazioni sul loro caso e sulla loro ‘storia’ contrattuale44. nistrativo ripetitivo e dispendioso in termini di tempo, ridurre il costo del contenzioso e liberare risorse per svolgere altro lavoro. Oggi tramite MCOL vengono definiti un altissimo numero di reclami. In caso di opposizione del convenuto, il caso viene trasferito da MCOL a un mediatore o a un tribunale locale. M. Velicogna, E-Justice in Europe: From National Experiences to EU Cross-Border Service Provision, cit.; A. Sela, The effect of online technologies on dispute resolution system design: antecedents, current trends, and future directions, in Lewis & Clark L. Rev., n. 3, 2017, pp. 635-684. 42. Sia il CRT che MCOL sono strumenti coerenti con l’impostazione degli ordinamenti di common law, dove la tradizione giuridica della litigation tende a favore la transazione tra le parti in controversie proposte di fronte ai giudici. Sul punto si v. C. Giannaccari, Il processo civile nell’era digitale: spunti di diritto comparato, cit., p. 638 e N. Andrews, I metodi alternativi di risoluzione delle controversie in Inghilterra, in L’altra giustizia. I metodi alternativi di soluzione delle controversie nel diritto comparato, a cura di V. Varano, Giuffrè 2007, pp. 1-43. 43. R.E. Susskind, Online Courts and the Future of Justice, cit., passim. 44. In questi casi si usano strumenti sofisticati di predictive analytics per determinare il migliore accomodamento in quel processo di contrattazione basandosi sulla pregressa attività svolta sulla stessa piattaforma. Potrebbe essere una previsione completa su come un tribunale deciderà in ultima analisi se il caso fosse sottoposto a un giudice, ovvero la migliore alternativa a un accordo negoziato (c.d. BATNA); si tratta quindi di strumenti che sfruttano a pieno il valore di forme di ‘giustizia predittiva’ perché in fondo anticipano ciò che un tribunale è probabile che decida su quel caso ma senza mettere in moto la
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I sistemi ODR dei tribunali, così come le esperienze del settore privato che li hanno ispirati, tendono sempre più ad adottare processi automatizzati e si affidano a strumenti algoritmici per aiutare a raggiungere quelle che alcuni osservatori definiscono soluzioni eque e a basso costo alle controversie delle parti. Come alcuni ricercatori hanno già iniziato a notare, questi algoritmi possono essere considerati come una introduzione al successivo livello di autonomia delle ODR, che integra l’intelligenza artificiale in numerosi processi e permette forme sempre più automatizzate del processo decisionale45. Si va dai sistemi che supportano nella migliore comprensione degli effetti dell’avvio di una causa alle app che aiutano nel dialogo con i mediatori46. Nella maggior parte delle ODR esaminate, le IA agiscono quindi come uno strumento per assistere le parti nella risoluzione delle controversie piuttosto che come un sistema autonomo che può effettivamente elaborare, giudicare o risolvere le controversie in modo indipendente. Se, dunque, è vero che alcune forme di ODR hanno assunto un livello di digitalizzazione molto elevato, fino a spingersi a identificare forme di ‘giustizia predittiva’, non si può arrivare ad affermare che le IA possono risolvere controversie47. Rimane ancora una forte distinzione tra queste formule e i metodi classici di risoluzione delle controversie anche extragiudiziali, come la negoziazione, la mediazione e l’arbitrato. Siamo, perciò, molto lontani da una sostituzione completa di attività che implicano proprio l’‘umanità’ e che non sono solo legate alla identificazione del problema giuridico, dei fatti e delle norme applicabili. In una controversia, specie quando si svolge un’attività di mediazione, si scandaglia l’umano, si valutano con cura gli interessi delle parti, la loro storia, le loro esigenze vere, si cerca un accordo smussando gli angoli, ecc. Queste attività difficilmente potranno essere riprodotte nell’ambiente online costosa e lenta macchina della giustizia. Si v. D.F. Engstrom, R. Vogt, The New Judicial Governance: Courts, Data, and the Future of Civil Justice, cit.; J. Zeleznikow, Negotiation, Online Dispute Resolution, and Artificial Intelligence, in Handbook of Group Decision and Negotiation, edited by D.M. Kilgour, C. Eden, Springer 2021, pp. 1125-1147. 45. H. Alessa, The role of Artificial Intelligence in Online Dispute Resolution: A brief and critical overview, in Information & Communications Technology Law, n. 3, 2022, pp. 1-24. 46. C. Shi, T. Sourdin, B. Li, The Smart Court-A New Pathway to Justice in China?, in International Journal for Court Administration, n. 1, 2021, pp. 1-19. 47. In tutti i casi esaminati si sta parlando di semplici strumenti e non di ‘sistemi’ autonomi che possono elaborare, giudicare o risolvere le controversie in modo indipendente. D.F. Engstrom, R. Vogt, The New Judicial Governance: Courts, Data, and the Future of Civil Justice, cit.
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e svolte da una macchina, almeno allo stato delle tecnologie attualmente disponibili. Entro tale orizzonte, perciò, la domanda circa il rapporto tra ADR e ODR – che parte della dottrina ha esaminato nella sua fase di iniziale costruzione48 – va riletto in una prospettiva diversa e collocato sulla linea che cerca di capire quale sia il livello di integrazione e di osmosi tra i diversi strumenti e nell’ottica della tendenza alla loro istituzionalizzazione. La sempre crescente ibridazione tra le diverse forme di risoluzione delle controversie e la loro funzionalità allo scopo comune segnato dalla istituzionalizzazione di tali forme alternative all’interno dei percorsi dei tribunali, dimostra quella che una attenta dottrina ha chiamato la «torsione che la nozione di ODR sta subendo» e che ha portato una «diversion rispetto alle procedure formali, al processo giuridico come strumento regolato da specifici plessi normativi di fonte statale»49. Per il momento, però, la maggior parte delle piattaforme ODR collegate ai tribunali rimangono luoghi di ritrovo virtuali in cui i ‘litiganti’ possono impegnarsi vicendevolmente, in genere in modo asincrono, e negoziare una strada verso la transazione senza costosi viaggi in tribunale. Nei paesi anglosassoni, hanno usato la formula banale della «giustizia in pigiama». Sistemi relativamente semplici da un punto di vista tecnologico che forniscono «un forum 24 ore su 24, 7 giorni su 7» e, in alcuni casi, l’accesso a facilitatori umani che aiutano i litiganti a classificare i loro problemi e quindi li informano sulle possibili opzioni. Al momento attuale, dunque, osservando il funzionamento del fenomeno, si comprende che i sistemi di ODR esistenti offrono per la maggior parte uno spazio di contrattazione e in alcuni casi servizi di ‘help desk’ legale. Le ODR possono avere un notevole impiego per migliorare l’accesso alla giustizia e per garantire il diritto di ognuno ad agire in giudizio e difendersi. Il tema si presta a un approfondimento che riguarda tanto i diritti citati quanto più in generale la possibilità di utilizzare le IA e le tecnologie digitali all’interno del processo50. 48. G. Peruginelli, Le Online Dispute Resolution: un’evoluzione delle Alternative Dispute Resolution, cit. 49. L. Mingardo, Online Dispute Resolution. Involuzioni ed evoluzioni di telematica giuridica, cit., p. 133. 50. A. Sela, Streamlining Justice: How Online Courts Can Resolve the Challenges of Pro Se Litigation, in Cornell JL & Pub. Pol’y, n. 2, 2016, pp. 331-388.
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Uno dei rischi più immediati che si notano in tali tipi di online courts (come MCOL o CRT) è proprio il vantaggio che invece molti evidenziano51. Sebbene questi meccanismi di risoluzione delle controversie migliorino le vie di accesso alla giustizia e rendano più semplice intraprendere una causa52, non è altrettanto vero che stare in giudizio senza l’ausilio di un avvocato rappresenti un miglioramento della tutela legale, specie quando non si hanno rudimentali conoscenze delle norme applicabili e delle strategie processuali53. Tale pericolo chiarisce perché questi strumenti alternativi, se destinati a divenire un passaggio fisso nel panorama della giustizia (anzitutto civile), fino ad essere integrati nel lavoro dei tribunali, richiedono un’esatta e precisa armonizzazione con le attuali norme di legge che disciplinano l’esercizio delle professioni legali54. La liceità di tali dispositivi diventa indubbia se vengono incorporati nei portali ospitati dai tribunali e dai sistemi di giustizia sulla base delle previsioni normative di quell’ordinamento e si prevede che a doverli usare sia una persona esperta e autorizzata secondo tali regole55. Se però assumono la forma di servizi autonomi, liberamente acquistabili sul mercato, che consentono l’assemblaggio di documenti, di informazioni sul merito legale di una causa e perfino l’indicazione della soluzione prospettata della controversia o più in generale di una vera e propria consulenza legale a soggetti che agiscono poi senza l’ausilio di un libero professionista autorizzato, come nel caso di molte società a scopo di lucro o non profit negli Stati Uniti (per es. Upsolve, Tyler Tech, LegalZoom, RocketLawyer o LawHelp Interactive)56, vi è 51. R.E. Susskind, Online Courts and the Future of Justice, cit., p. 298. 52. C. Denvir, A.D. Selvarajah, Safeguarding Access to Justice in the Age of the Online Court, cit. 53. D. Simshaw, Ethical issues in robo-lawyering: The need for guidance on developing and using artificial intelligence in the practice of law, in Hastings LJ, n. 1, 2018, pp. 173-214; W.B. Wendel, The promise and limitations of artificial intelligence in the practice of law, in Okla. L. Rev., n. 1, 2019, pp. 21-50. 54. A. Sela, Streamlining Justice: How Online Courts Can Resolve the Challenges of Pro Se Litigation, cit., pp. 352 ss. 55. In una prospettiva diversa molti autori vedono nella capacità di auto-rappresentarsi un elemento di evoluzione della giustizia. V. infra multis A.J. Schmitz, J. Zeleznikow, Intelligent Legal Tech to Empower Self-Represented Litigants, cit. 56. Come lucidamente rileva D.F. Engstrom, R. Vogt, The New Judicial Governance: Courts, Data, and the Future of Civil Justice, cit., p. 19, il quale riporta l’interessante documento dell’American Bar Association, ABA Best Practice Guidelines for Online Legal Document Providers, August 2019 (www.americanbar.org/content/dam/aba/directories/policy/ annual-2019/10a-annual-2019.pdf) sugli usi possibili delle IA da parte degli avvocati.
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il forte rischio di un aggiramento delle regole sulla fornitura dei servizi legali e della deontologia professionale. Perciò, in assenza di un cambiamento sulle regole dell’accesso alle professioni, sulla fornitura dei servizi legali e responsabilità professionale, le forme più evolute di ODR non possono che essere basate e regolate all’interno del sistema giudiziario, rendendo il loro sviluppo da parte dei tribunali una condizione giuridica indispensabile in termini di liceità e di garanzia costituzionale del diritto di difesa57. Veniamo al secondo problema. È importante sottolineare che attraverso servizi di ODR non si utilizzano solo i dati ma se ne producono di nuovi e in grande abbondanza, con un generale problema di governance complessiva della loro raccolta, e del loro trattamento e sfruttamento58. Coloro che da più tempo studiano queste forme di digital justice mettono in guardia contro tale fenomeno per l’effetto di opacità e di black box che si determina nelle procedure virtuali. Le ODR – ma lo stesso può dirsi anche delle ADR informatizzate – minacciano di erodere l’elaborazione pubblica delle norme legali e la pubblicità delle attività processuali. Tuttavia, trattandosi di piattaforme online, tali sistemi rendono anche i dati più facili da raccogliere, utilizzare e pubblicare, rispetto ai sistemi analogici. Come è stato ricordato, i tribunali convenzionali hanno sempre avuto un alto livello di «trasparenza in tempo reale», ma un basso livello di «trasparenza delle informazioni»59. L’introduzione e proliferazione di ODR potrebbero capovolgere questo stato di cose migliorando l’attività dei tribunali, a condizione però che la controllabilità persa nell’incorporamento delle regole all’interno del codice binario sia compensata da guadagni in termini di sistema generale e di fruibilità delle informazioni. L’opportunità di usare le tecnologie avanzate e le ODR costringe i tribunali a vedere i dati come l’aspetto centrale della soluzione delle controversie e a sfruttarli per altre operazioni60. 57. M.A. Bulinski, J. Prescott, Online Case Resolution Systems: Enhancing Access, Fairness, Accuracy, and Efficiency, in Mich. J. Race & L., n. 2, 2015, pp. 205-250. 58. V. in generale A. Harkens, The ghost in the legal machine: algorithmic governmentality, economy, and the practice of law, in Journal of Information, Communication and Ethics in Society, n. 1, 2018, pp. 16-31; B. Schneider, Data and Goliath, WW. Northon & Company 2015. 59. R.E. Susskind, Online Courts and the Future of Justice, cit., pp. 194-195. 60. M.E. Katsh, O. Rabinovich-Einy, Digital Justice: Technology and the Internet of Disputes, cit., p. 52.
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L’ODR offre quindi una finestra su alcuni dei modi più ampi in cui i tribunali in tutto il mondo potranno utilizzare i nuovi flussi di dati per l’auto-valutazione delle loro attività, per individuare problemi di equità, per migliorare le prestazioni complessive e finanche – laddove ciò è possibile – personalizzare i servizi giudiziari che forniscono61. Ovviamente, i dati generati dall’ODR informeranno il continuo miglioramento di queste stesse forme e quegli stessi dati potrebbero anche essere utilizzati al servizio di operazioni di riforma più ampie, sia nei tribunali che in altri rami del Governo, volte a prevenire in primo luogo l’insorgere di controversie62. Inoltre, si può immaginare a questo riguardo che l’integrazione delle ODR nei tribunali potrà dare vita a una nuova forma di ‘precedente’, che evidentemente non avrà una forza propria ma potrà influenzare notevolmente le decisioni future delle corti che integrano tali strumenti. Su queste possibilità e visioni, che sembrano andare nell’ottica di una maggiore efficienza dovuta alla interoperabilità massima dei dati tra diversi rami dell’amministrazione e alla loro massima trasparenza, pesano tuttavia sia la tutela dei dati aventi caratteristiche particolari (artt. 9 e 10 del GDPR) sia il più pesante rischio della creazione di pervasivi strumenti di controllo e perfino la paura di piombare in una società della sorveglianza, come vedremo nell’esame del caso cinese63. L’uso di strumenti tecnologici apparentemente più innocui, come il già analizzato Data Lake o la ‘Federazione di dati’ e i connessi tipi di indagini a livello di sistema, pongono notevoli problemi per l’autonomia e l’indipendenza del giudiziario. Nell’operare di tali strumenti, che intendono il più possibile risolvere a monte il problema che dà vita a una causa giudiziaria si vede tutta la difficoltà di usare la tecnologia al servizio del diritto64. Il diritto presuppone che vi sia una questione e che occorre dirimerla regole date. È un presupposto etico e valoriale degli ordinamenti giuridici che l’intervento del giudice avvenga solo dopo che specifici illeciti o situazioni si sono verificate. In questa situazione data, il principale punto di forza della raccolta dei dati attraverso tali sistemi non può essere quello di evitare le controversie ma di garantire una 61. T. Sourdin, Judges, Technology and Artificial Intelligence, cit., pp. 120 ss. 62. D.F. Engstrom, R. Vogt, The New Judicial Governance: Courts, Data, and the Future of Civil Justice, cit., pp. 21-22. 63. Come già rilevato da R.E. Susskind, Online Courts and the Future of Justice, cit., pp. 194-195. 64. N.W. Spaulding, Online Dispute Resolution and the End of Adversarial Justice?, cit.
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maggiore trasparenza e una comprensione sinottica delle determinanti, a monte, e delle conseguenze, a valle, del caso controverso65. Gli sforzi che si stanno osservando da parte dei tribunali e dei ministeri della giustizia in tutto il mondo per attingere a nuovi flussi di dati rischiano quindi di portare i tribunali nel regno del processo decisionale politico, coinvolgendoli in dibattiti (divisivi) di politica sociale ed erodendo i benefici della legittimazione terza e tecnico-giuridica che derivano dal ruolo autonomo, indipendente e imparziale dei giudici. Date queste complessità, per realizzare le notevoli promesse delle riforme della giustizia che produrranno una notevole mole di dati, sarà necessario che i tribunali utilizzino nuovi criteri per superare le numerose sfide di governance che si affacciano. Anche in questa circostanza, le piattaforme ODR offrono il miglior caso di studio per esaminare i problemi e le preoccupazioni più rilevanti. 3. Lo sviluppo della «online justice» in Inghilterra e Galles Dell’impiego di forme di digitalizzazione delle controversie in sostituzione o in aggiunta alla giustizia all’interno dei tribunali in Inghilterra si è già parlato in precedenza descrivendo l’esempio delle MCOL. Adesso ci concentreremo sulle riforme più recenti del sistema inglese e gallese per poi tornare a capire come Oltremanica si siano sviluppate forme di giustizia alternative che utilizzano il digitale per funzionare. Anche dal punto di vista storico, l’organizzazione e la procedura su cui si basa la giustizia in Inghilterra e Galles è un esempio molto interessante da esaminare nell’ottica della realizzazione degli obiettivi della giustizia digitalizzata e in particolare dello sviluppo di forme di celebrazione dei processi fuori dal processo66 . Nonostante abbiano sistemi giudiziari notoriamente considerati efficienti e frutto di una plurisecolare tradizione67, che riescono a garantire 65. In generale sul punto si v. D.F. Engstrom, Digital civil procedure, in U. Pa. J. Const. L., n. 6, 2021, pp. 2178-2226. 66. Sul modello inglese di implementazione dei servizi digitali per i tribunali si v. J. Tomlinson, Three Fixable Flaws in The Courts and Tribunals (Online Procedure) Bill, disponibile in SSRN, 21 June 2019, https://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_ id=3405332; A. Sela, Streamlining Justice: How Online Courts Can Resolve the Challenges of Pro Se Litigation, cit. 67. Infra multis sulle particolarità del sistema inglese si v. A. De Luca, Una rivoluzione all’inglese, Giappichelli 2016.
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risposta in tempi certi alla domanda di giustizia, anche in quelle giurisdizioni si è posta l’esigenza di realizzare riforme legislative e organizzative, sia per combinare obiettivi di ammodernamento del sistema giudiziario con l’evoluzione tecnologica, sempre più decisiva per l’azione della pubblica amministrazione68, sia per garantire i servizi della giustizia in presenza di una significativa riduzione di budget69. Uno degli aspetti interessanti che servono a far intendere l’importanza dell’esperienza inglese e gallese per l’economia di questo volume è che la riforma del sistema giudiziario ha sollevato problemi di natura costituzionale di non poco momento. In generale, in questi due paesi si è prima predisposto un vasto e ambizioso programma di investimento rivolto all’ammodernamento dell’amministrazione giudiziaria, con l’affidamento di ampi e decisivi poteri a un organo del Ministero della giustizia70, l’Her Majesty’s Courts and Tribunals Service (HMCTS)71, e soltanto in un se68. The Lord Chancellor, the Lord Chief Justice and the Senior President of Tribunals, Transforming Our Justice System, September 2016 (https://assets.publishing.service. gov.uk/government/uploads/system/uploads/attachment_data/file/553261/joint-vision-statement.pdf). 69. Un taglio che ha avuto ripercussioni soprattutto per i piccolo tribunal. O. Adisa, Access to Justice: Assessing the impact of the Magistrates’ Court Closures in Suffolk, disponibile in University of Suffolk, July 2018, DOI: 10.13140/RG.2.2.16476.03207. 70. Il Governo ha investito più di un miliardo di sterline in oltre cinquanta progetti per migliorare l’efficienza e fornire una vasta gamma di nuovi servizi giudiziari digitali per i cittadini. La riforma era rivolta al miglioramento dell’accesso alla giustizia e all’eccellenza operativa dell’intero sistema giudiziario, con interventi che spaziavano dalla tutela dei consumatori alle vittime di reati, dalle famiglie alle imprese commerciali, con lo scopo di orientare il sistema giudiziario del Regno Unito sempre più alla soddisfazione del cittadino e preparalo alla realtà del futuro. Per una ricostruzione dell’intera riforma si v. JUSTICE, Preventing Digital Exclusion from Online Justice, 4 June 2018 (https://justice.org.uk/our-work/assisted-digital/) e C. Denvir, A.D. Selvarajah, Safeguarding Access to Justice in the Age of the Online Court, cit. 71. L’HMCTS è un’agenzia esecutiva del Ministero della giustizia britannico (www. gov.uk/government/organisations/hm-courts-and-tribunals-service). L’HMCTS è la forza trainante più potente di questo ambizioso progetto, essendo principalmente responsabile dell’amministrazione dei tribunali e dei tribunali di Inghilterra e Galles. I suoi uffici sono dislocati in oltre 600 sedi e impiega circa 17.000 dipendenti. Per gestire con successo la transizione, HMCTS ha assunto ulteriori esperti provenienti dal mondo accademico e dal settore privato. Grazie alla applicazione dei criteri della trasparenza dell’azione pubblica, i progressi delle riforme del sistema giudiziario sono tutti consultabili online nel sito web dell’HMCTS che viene sottoposto a costante analisi da parte sia del mondo accademico che della società civile, nonché in relazioni e revisioni parlamentari. Inoltre, la riforma viene regolarmente valutata in modo indipendente per garantire che migliori effettivamente il livello di accesso alla giustizia. Al fine di testare, rivedere e,
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condo momento si è realizzata la riforma legislativa che predisponeva la trasformazione digitale del processo72. Sulla scia di quasi un decennio di riduzioni di bilancio e cambiamenti di sistema, la proposta è stata così quella di trasformare e modernizzare il sistema giudiziario attraverso un incremento dell’impiego delle tecnologie al fine di risolvere i maggiori problemi e consentire ulteriori guadagni di efficienza con una riduzione generale del personale e addirittura la chiusura di alcuni tribunali73. Il programma di riforma comprendeva molteplici elementi, tra cui l’automazione della gestione dei casi, l’uso diffuso della videoconferenza, nuove strutture per le parti per depositare domande online e caricare documenti, cambiamenti della forza lavoro; tutto ciò nel contesto di un sistema giudiziario che nel 2021 ha trattato più di quattro milioni di cause e chiaramente lo sviluppo dell’online justice74. Per intere aree del sistema giudiziario, come il diritto familiare e la filiazione, la previdenza sociale e le ingiunzioni monetarie75 la riforma prevedeva che le udienze fisiche fossero riservate solo a quei casi che non potessero essere risolti altrimenti76. L’ambizione dichiarata di queste riforme era quella di creare un sistema giudiziario «giusto, proporzionato ove necessario, migliorare gli strumenti per l’accesso alla giustizia è stata messa in atto un’importante strategia per la raccolta, l’analisi e la condivisione dei dati pubblici. I dati devono essere raccolti per confermare che gli obblighi legali esistenti relativi all’accesso e all’equità del sistema giudiziario, nonché gli obblighi derivanti dal dovere di uguaglianza del settore pubblico sono soddisfatti. La raccolta e la pubblicazione di questi dati è fondamentale per creare fiducia nei processi riformati e incoraggiare l’adozione di nuovi servizi. Sulla riforma si v. J. Rozenberg, The Online Court: Will IT Work?, in The Legal Education Foundation, July 2020 (https://long-reads.thelegaleducationfoundation. org/). 72. A.J. Schmitz, Expanding access to remedies through e-court initiatives, cit. 73. HMCTS, Response to’Fit for the future: transforming the Court and Tribunal Estate’ consultation, 17 May 2019 (https://consult.justice.gov.uk/digital-communications/transformingcourt-tribunal-estate/). 74. The Lord Chancellor, the Lord Chief Justice and the Senior President of Tribunals, Transforming Our Justice System, cit. 75. L’Inghilterra ed il Galles presentano due sistemi, strettamente collegati tra loro, per lo scambio elettronico di dati tra le parti ed il tribunale nel caso delle ingiunzioni monetarie, il Claim Production Centre (CPC) e il County Court Bulk Centre (CCBC). Sul tema si v. M. Velicogna, Il processo telematico in Europa, cit. 76. H. Genn, Online Courts and the future of justice, disponibile in Birkenhead Lecture, 16 October 2017, www.ucl.ac.uk/laws/sites/laws/files/birkenhead_lecture_2017_professor_dame_hazel_genn_ final_version.pdf.
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e accessibile a tutti»77, migliorando l’accesso alla giustizia per tutti, soprattutto i più vulnerabili78. Anche in Inghilterra e Galles il Covid-19 ha avuto un impatto notevole sull’organizzazione del potere giudiziario, imponendo non solo una ‘accelerazione’ sull’implementazione delle udienze a distanza, il deposito elettronico ma soprattutto attraverso un più imponente investimento in forme più evolute di online justice 79. La pandemia ha riorientato alcuni degli sforzi già programmati, portando a introdurre le udienze a distanza80, a escludere i depositi di fascicoli cartacei e una serie di servizi digitali che sono diventati una componente ancora più importante di un sistema giudiziario che già funzionava in maniera molto efficiente se paragonato con altri paesi occidentali81. Uno degli aspetti più interessanti del nuovo approccio adottato dall’HMCTS è l’impegno a facilitare la valutazione generale dell’impatto della riforma sull’accesso e l’equità del sistema giudiziario82, in particolare in relazione alle persone più vulnerabili e alla valutazione continua e iterata dei servizi riformati alla luce delle risultanze derivanti dai dati, compreso l’incrocio con i dati sulle caratteristiche demografiche degli 77. The Lord Chancellor, the Lord Chief Justice and the Senior President of Tribunals, Transforming Our Justice System, cit. 78. JUSTICE, Preventing Digital Exclusion from Online Justice, cit. Per un commento si v. C. Denvir, A.D. Selvarajah, Safeguarding Access to Justice in the Age of the Online Court, cit. 79. J. Sorabji, Initial Reflections on the Potential Effects of the Covid-19 Pandemic on Courts and Judiciary of England and Wales, in IJCA, n. 2, 2021, pp. 1-15. 80. Riguardo alle udienze da remoto, nella giustizia inglese si sono avute esperienze molto interessanti. Significativa è l’esperienza maturata nell’ambito del processo civile di quello che è stato definito il primo processo virtuale dell’epoca del Coronavirus, celebrato innanzi alla High Court di Londra e integralmente trasmesso in diretta su YouTube e trascritto quotidianamente online. L’esperienza origina dalla direttiva del Lord Chief Justice Ian Burnett che aveva poco tempo prima – a seguito dello scoppio dell’emergenza da Covid-19 – evidenziato come occorresse evitare che l’accesso alla giustizia fosse un miraggio e come, di conseguenza, i giudici avessero l’obbligo di evitare rinvii che creano ‘arretrati intollerabili’. T. Sourdin, B. Li, D.M. McNamara, Court innovations and access to justice in times of crisis, in Health Policy and Technology, n. 4, 2020, pp. 447-4532. 81. Sul caso inglese, visto in comparazione con altri ordinamenti, si v. J.M. Miller, A. Blumstein, Crime, Justice & the Covid-19 Pandemic: Toward a National Research Agenda, in Am J Crim Justic, n. 4, 2020, pp. 515-524; J. Townend, P. Magrath, Remote trial and error: how Covid-19 changed public access to court proceedings, in J. Media Law, n. 2, 2021, pp. 107-121; B. Godfrey, J.C. Richardson, S. Walklate, The crisis in the courts: Before and beyond Covid, in Br. J. Criminol., n. 4, 2022, pp. 1036-1053. 82. V. ad esempio il report HMCTS, Reform Update, 19 May 2018.
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utenti del sistema giudiziario per informare la progettazione dei servizi e identificare e affrontare situazioni di disuguaglianza83. Nonostante l’impegno profuso, nel 2017, l’HMCTS si è visto costretto a preannunciare una revisione delle ambiziose riforme implicate dal Programma84. L’anno successivo, la fattibilità del progetto è stata rivista e la riforma posticipata al 202385. Il Programma del 2016 dell’HMCTS è stato scrutinato da numerose associazioni86, tra cui il Bingham Centre for the Rule of Law87 che ha sottoposto al Parlamento inglese un parere con una serie di rilievi di natura costituzionale sulle conseguenze per le libertà e per la separazione dei poteri derivanti dall’operazione di trasformazione digitale del sistema giudiziario inglese proposta dal Ministero della giustizia mediante l’HMCTS. 83. L’adozione di questo approccio ha consentito all’HMCTS di progettare servizi inclusivi, dimostrare che i processi riformati sostengono l’accesso alla giustizia, soddisfano i propri obblighi legali e rafforzano la fiducia e la fiducia del pubblico nel sistema giudiziario, come evidenziato da S. Acland-Hood, Our priorities for the next phase of courts and tribunals reform, in Inside HMCTS Blog, 26/10/2017 (https://insidehmcts.blog. gov.uk/2017/10/26/susan-acland-hoodsets-out-our-priorities-for-the-nextphase-of-courts-andtribunalsreform/). Va anche dato atto che a gennaio 2023 è stato formato un gruppo sulla ‘governance dei dati’ per massimizzare i benefici nell’uso dei dati creati nel sistema giudiziario di Inghilterra e Galles. Il panel offrirà consulenza e guida di esperti indipendenti su questioni ad esso riferite da HMCTS, Ministero della giustizia (MOJ) e magistratura. Il suo ruolo è quello di consigliare e fornire orientamenti sull’accesso e l’utilizzo dei dati degli organi giudiziari, concentrandosi su 4 principi fondamentali: «open justice; independence of the judiciary; rule of law; maintaining public confidence in the justice system». Il panel dovrà consentire alla magistratura, all’HMCTS e al Ministro della Giustizia di utilizzare al meglio i dati per migliorare i servizi pubblici. Sosterrà lo sviluppo dei dati nel più ampio sistema giudiziario, aumentando la trasparenza e incoraggiando l’innovazione in tutto il Governo e oltre. Per maggiori informazioni si v. www.gov.uk/ government/news/data-governance-panel-formed-to-improve-use-of-court-and-tribunals-data. 84. HMCTS, Early progress in transforming courts and tribunals, 30 April 2018 (www. nao.org.uk/wp-content/uploads/2018/05/Early-progess-in-transforming-courts-and-tribunals. pdf). 85. HMCTS, Early progress in transforming courts and tribunalsHC 1001 SESSION 2017-2019 9 MAY 2018A picture of the National Audit Office logo, 9 MAY 2018 (www. nao.org.uk/wp-content/uploads/2018/05/Early-progess-in-transforming-courts-and-tribunals. pdf). 86. Nella pagina https://publications.parliament.uk/pa/cm201919/cmselect/cmjust/ 190/19016.htm sono disponibili le written evidences e i pareri di molte associazioni, gruppi di pressione e altri soggetti privati e pubblici. 87. Bingham Centre for the Rule of Law, Written evidence from the Bingham Centre for the Rule of Law, 30 April 2019 (https://committees.parliament.uk/writtenevidence/100243/html/).
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Il parere sottolinea, con non poca preoccupazione, che il Programma, dietro l’obiettivo di individuare norme legate alla digitalizzazione, avrebbe in realtà radicalmente ridisegnato il sistema giudiziario di Inghilterra e Galles, con una serie di novità di decisiva importanza costituzionale88. Le implicazioni della riforma per la democrazia e la separazione dei poteri non erano state adeguatamente discusse ed esaminate, così come gli evidenti problemi legati alle trasformazioni dell’accesso alla giustizia e alla indipendenza e autonomia della magistratura (e, più in generale, alla rule of law)89. Conseguentemente, si chiede che il nuovo portale della giustizia consenta agli utenti non solo di navigare nel sistema online in modo più semplice e consapevole (una questione di «alfabetizzazione digitale»), ma anche di poter prendere decisioni che potrebbero avere un impatto significativo sul piano legale in maniera più consapevole90. La preoccupazione, a tal proposito, riguarda l’insufficiente attenzione (sia in fase di progettazione che di utilizzo) dedicata al meccanismo tecnologico mediante il quale le procedure giudiziarie sono state semplificate e ridisegnate per l’obiettivo del sistema online91. A tale fine il 88. All'interno del parere si ricorda, adottandone lo spirito, ma tenendo in debito conto le implicazioni costituzionali, un passaggio del discorso del Senior President of the Tribunals che così dipinge l’obiettivo della riforma «to give the administration of justice a new operating model with a sustainable and affordable infrastructure that delivers better services at lower cost in order to safeguard the Rule of Law by improving access to justice». The Bingham Centre, op. ult. cit., punto n. 15. 89. Viene indicato, proprio in avvio, che una delle maggiori colpe del Governo sarebbe stata quella di non aver considerato a pieno che una tale riforma non è semplicemente ‘tecnologica’ ma ha ripercussioni sulla stessa protezione dei diritti. The Bingham Centre, op. ult. cit., punto n. 4. Il Bingham Centre osserva incidentalmente che il portale online del Governo offriva una serie di indicazioni pratiche molto utili. Il parere sottolineava che nell’ottica della riforma la giustizia era sempre più considerata come un servizio. Al cittadino che entrava online nel portale doveva essere chiarito che stava esercitando un diritto costituzionale di fronte a un giudice terzo. Perciò, nel progettare e poi operare la piattaforma per la giustizia doveva esserci un’attenzione particolare all’attività che veniva svolta e al suo carattere essenziale per la vita stessa delle persone. È interessante che si parli di un equo diritto di accesso alla giustizia con una doppia natura, non solo nei termini dell’equo accesso alla giustizia ma anche di un equo accesso nell’uso dei sistemi. Nella versione originale si dice che «Equal access to justice is a key principle of the Rule of Law. In our view, equal access to justice not only means equal access to the system but equal access in use of the system». The Bingham Centre, op. ult. cit., punto n. 17. 90. Il documento definisce tale obiettivo come un problema di legal capability, che potremmo tradurre con ‘consapevolezza giuridica’ dell’ambiente online. 91. Interessante a questo proposito la connessione di quanto indicato con il tema del ‘design’ dell’amministrazione digitale, su cui si v. infra multis G. Sgueo, Tre idee di design per l’amministrazione digitale, in Giorn. dir. amm., n. 1, 2021, pp. 19-29.
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documento individua un aspetto che appare decisivo nell’ottica indicata perché l’utente/cittadino che si trova online e accede a una procedura (di divorzio come di reclamo per una multa o per un servizio) deve conoscere le implicazioni giuridiche che derivano dalla sua attività nel portale. Il documento parla di «intelligibility of the law», ma potremmo anche considerarlo una sorta di ‘consenso informato’ circa le implicazioni e gli effetti legali delle azioni operate nel portale online. Non bisogna illudersi del fatto che siccome la giustizia viene spostata nel mondo online si banalizzino delle procedure92. È sempre importante tenere distinti il semplice utilizzo del digitale e l’accesso alla giustizia. L’ultimo passaggio del parere riguarda la definizione di una serie di principi che nell’ottica della rule of law dovrebbero guidare la progettazione e l’utilizzo di questi strumenti digitali. Si raccomanda infatti che il governo colga l’occasione presentata dal Programma stesso per sviluppare una ‘carta etica’, quindi non formalmente vincolante, che guidi lo sviluppo della giustizia digitale. Di notevole interesse il passaggio nel quale si ricorda che occorre una forma di controllo particolare da parte del Ministro della Giustizia e delle altre autorità che sovrintendono al sistema giudiziario per tipi di attività che, pur riguardando aspetti tecnici, hanno notevoli implicazioni costituzionali93. In risposta alle preoccupazioni ora descritte l’HMCTS e il Ministero della giustizia hanno ritenuto di mantenere una ‘pluralità’ di canali per l’accesso alle procedure e di introdurre forme di «Assisted Digital Support» aventi lo scopo di descrivere con cura le tipologie di servizi forniti94. 92. Il Bingham Centre si mostra preoccupato che «changes envisioned by the Programme will move the site of justice from a predominantly social practice to a more isolated space, placing a greater onus and decision-making responsibility on the user of the system. In designing a more user-dependent justice system, it follows that there should be a more proactive duty to strengthen legal capability in the United Kingdom». Punto n. 23. 93. In questa ottica è significativa la considerazione – non scontata nel momento in cui il parere è stato redatto – che occorrerebbe sempre un continuo miglioramento del prodotto finale digitale per garantire una buona riuscita della riforma e il rispetto della rule of law. V. The Boston Consulting Group, Courts and Tribunals Service Reform Programme: Independent Review, 5 February 2016 (www.transformjustice.org.uk/wp-content/ uploads/2018/10/BCG-Report-for-Release-1.pdf). 94. Ministry of Justice, Evaluating our reforms. Response to PAC recommendation, 4 January 2019 (https://assets.publishing.service.gov.uk/government/uploads/system/uploads/ attachment_data/file/775588/Public_ Accounts_Committee_ Recommendation_4_31_ Jan_2019pdf.pdf).
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Governare un sistema di giustizia digitale è fondamentalmente diverso dal modo in cui abbiamo governato i nostri processi giudiziari in precedenza95. Tuttavia, vi è un beneficio immediato nella canalizzazione delle cause all’interno delle procedure online derivante dal fatto che in tal modo si potrebbe aiutare le parti ad essere maggiormente coscienti dell’oggetto della causa e delle diverse occasioni di risoluzione della stessa secondo formule che si avvicinano a forme di mediazione96. La trasformazione dell’HMCTS si accompagna a un cambiamento essenziale di gestione del contenzioso che mira a usare forme evolute di ODR. Già dal 2014 in Inghilterra si parla di un «internet based court service». Fu il Civil Justice Council per primo a esplorare la possibilità di forme di risoluzione online delle controversie per cause al di sotto di un certo ammontare97. Nel 2015, il Lord Chief Justice commissionò all’allora Lord Justice Briggs (ora giudice della Corte suprema del Regno Unito) un rapporto di studio sul funzionamento dei tribunali civili in Inghilterra e Galles che arrivasse a formulare raccomandazioni e riforma strutturale sul sistema giudiziario, tra cui l’introduzione di procedure online da immaginare come la spina dorsale della visione futura della giustizia inglese98. Seguirono una prima riforma contenuta nel Prison and Court Bill del 2017, che però non venne portata a termine per la chiusura anticipata della legislatura nel 2017 in conseguenza dell’esito del referendum sulla 95. The Rt Hon Lord Justice Colin Birss, Speech by Lord Justice Colin Birss: Online Dispute Resolution Forum, 3 May 2022 (www.judiciary.uk/speech-by-lord-justice-colinbirss-online-dispute-resolution-forum/). 96. The Right Hon. Geoffrey Vos, Mandating Mediation: The Digital Solution. Chartered Instituted of Arbitrators: Roebuck Lecture 2022, 08 June 2022 (www.judiciary. uk/wp-content/uploads/2022/06/Speech-to-CIArb-Chartered-Institute-of-ArbitratorsRoebuck-Lecture-2022-Mandating-Mediation-A-Digital-Solution.pdf). 97. House of Commons Library, Judicial Review and Courts Bill 2021-22, 09253, 12 October 2021 (commonslibrary.parliament.uk). Si prevedevano tre forme di previsioni per l’operare online dei tribunali: online evaluation; online facilitation; online adjudication. 98. Il rapporto punta soprattutto alla modernizzazione e a un maggiore utilizzo della tecnologia. Ne è seguito il Programma citato nel paragrafo precedente e poi il famoso documento sul Transforming our Justice System, che indicava l’introduzione di procedure online quale spina dorsale della visione futura della giustizia britannica. Lord Justice Briggs, Civil Courts Structure Review: Final Report, July 2016 (www.judiciary.uk/wpcontent/uploads/2016/07/civil-courts-structure-review-final-report-jul-16-final-1.pdf ). Nel rapporto Lord Justice Briggs ha sottolineato le opportunità che si sarebbero presentate dall’utilizzo ampio di strumenti tecnologici nel processo. V. anche The Lord Chancellor, the Lord Chief Justice and the Senior President of Tribunals, Transforming Our Justice System, cit.
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Brexit, e un altro tentativo, anche esso arenato nel 2019 per le medesime ragioni politiche connesse all’uscita dall’UE. Nella successiva legislatura (primo maggio 2019), il Governo britannico ha introdotto presso la House of Lords un nuovo disegno di legge denominato Courts and Tribunals (Online Procedure)99. Anche questo disegno di legge ha terminato la sua strada presso la House of Commons a luglio del 2019, decadendo in ragione della fine anticipata della legislatura determinata dagli effetti politici della Brexit100. Il progetto intendeva stabilire un nuovo quadro di Online Procedure Rules (OPR) che consentisse alle parti di procedimenti civili, familiari o di procedimenti dinanzi ai tribunali per le cause di loro competenza di utilizzare la procedura online101. Le Rules dovevano applicarsi ai procedimenti specificati nei regolamenti emanati dal Lord Chancellor o, nel caso dei tribunali del lavoro, dal Secretary of State per il BEIS102. A governare il sistema della giustizia digitale il disegno di legge poneva un nuovo organo, denominato Online Procedure Rule Committee (OPRC)103, e chiaramente il Lord Chancellor104. Per come era stato costruito, per gli ampi poteri conferiti all’OPRC e al Lord Chanchellor (indicato ampiamente come minister in alcune nor99. Per un commento del disegno di legge nella cornice dei profili di costituzionalità che si discuteranno più avanti si v. J. Tomlinson, Three Fixable Flaws in The Courts and Tribunals (Online Procedure) Bill, cit. 100. Come è noto, i difficili negoziati seguiti all’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea costrinsero a ritornare alle urne in via eccezionale nel mese di dicembre del 2019. Per un commento sulla situazione politica che si venne a creare e gli effetti sul disegno di legge in questione si v. House of Commons Library, Judicial Review and Courts Bill 2021-22, cit. 101. Per tutte le previsioni citate si v. The Courts and Tribunals (Online Procedure) Bill [HL] 2017-19. 102. Si prevedeva che il Comitato si concentrasse in primo luogo sulle giurisdizioni civili e di famiglia. 103. L’OPRC era fatto soprattutto da giudici, avvocati (barristers o solicitors) e persone con competenze informatiche. 104. Secondo il disegno di legge, l’OPRC aveva lo scopo di fissare, anche integrando l’Act, le OPR. Queste norme riguardavano una serie di procedure giurisdizionali, tra cui diritto di famiglia, il diritto amministrativo, il diritto del lavoro e i procedimenti civili in generale. Ovviamente si prevedeva la possibile redazione di OPR e istruzioni pratiche diverse per diversi tipi di procedimenti ovvero che i procedimenti online fossero invece disciplinati dalle attuali regole già previste per ogni singoli tipo di procedimento giurisdizionale. Le nuove OPR avrebbero dovuto comunque garantire che ogni forma di giudizio online fosse accessibile ed equo, che le regole fossero semplici e chiaramente espresse, che le controversie potessero essere risolte in modo rapido ed efficiente e che si garantisse l’utilizzo di metodi innovativi per la risoluzione delle controversie.
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me) di modificare le regole processuali ed estendere il processo online anche ad altre procedure giurisdizionali, la proposta ha sollevato una serie di critiche di natura propriamente costituzionale sul rapporto tra tecnologie e garanzie dei diritti ampiamente documentate, ad esempio, nel parere dell’House of Lords Selected Committee on the Constitution105 e di altri stakeholders intervenuti nella procedura. Nella legislatura in corso, avviata nel 2019, il Governo britannico ha inteso inserire la riforma delle online courts all’interno di un quadro giuridico più ampio, composto anche da una revisione delle norme procedurali connesse ai procedimenti digitalizzati. A questo scopo il Judicial Review and Courts Act 2022 introduce numerose riforme, tra cui quella del Judicial Review per l’Inghilterra e il Galles, nonché le misure per contribuire a far fronte all’arretrato tra tribunali penali, tribunali e le «Coroner’s Court» e per continuare a modernizzare l’esecuzione della giustizia e migliorare l’efficienza. Il progetto di legge è stato presentato il 21 luglio 2021 e ha ricevuto il Royal Assent il 28 aprile 2022106. La nuova legge è divisa in due parti: mentre la prima
105. L’organo ha sottolineato che uno degli effetti (perversi) di tale progetto di legge sarebbe stato che il Lord Chancellor avrebbe acquisito poteri troppo ampi e avrebbe potuto addirittura «rimpiazzare le tradizionali udienze orali con procedure online». Per come erano costruite le norme, si poteva verificare che senza un «dibattito dal tenore costituzionale» gli inglesi un giorno si sarebbero potuti svegliati in un paese dove tutte procedure giurisdizionali – non solo quelle previste specificamente nella proposta di legge – si svolgevano online. Il Committee on the Constitution della House of Lords ricorda inoltre che la possibilità di scegliere se svolgere udienze di persona o online costituisce parte del diritto fondamentale a un equo processo, sia nella common law sia nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Non si può quindi affidare un potere troppo ampio ai ministers, potenzialmente lesivo del diritto all’udienza orale, perché spetta solo alla sovranità del Parlamento inquadrare tali poteri in modo da riconoscere e rispettare i principi costituzionali fondamentali. Riportiamo un passaggio in inglese del parere, punto n. 8, perché è esemplificativo dell’argomento affrontato: «while it is open to the appropriate minister to specify that online proceedings should be used only in civil proceedings involving low-value claims (…), nothing in the Bill limits the use of online procedures to such cases». E si proponeva di cambiare le norme prevedendo che «(T)he powers in the Bill could, for instance, be used to compel the use of online proceedings for civil proceedings involving all but very high-value claims or, even more radically, to compel the use of online proceedings for many, or even all, civil, family, tribunal and employment proceedings». Cfr. House of Lords Select Committee on the Constitution, Courts and Tribunals (Online Procedure) Bill. 21st Report of Session 2017-19, 7 June 2019 (www.parliament.uk/hlconstitution). 106. Il testo dell’Act è disponibile online all’indirizzo: www.legislation.gov.uk/ ukpga/2022/35/contents.
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parte è dedicata alla riforma del judicial review, la seconda è dedicata a temi che interessano la giustizia digitale107. Per orientarci all’interno della riforma, procederemo all’analisi delle nuove norme inserite nella seconda parte. Anzitutto va ricordato che, come è solito trovarsi nella legislazione inglese, le disposizioni di legge disegnano un quadro molto ampio di regole concretamente applicabili. Si prevede che la disciplina legislativa venga integrata, specificata e in alcune circostanze anche ‘modificata’ dalle «Online Procedure Rules» (OPR) stabilite da un apposito Committee insieme al Lord Chancellor. Secondo le nuove norme, le OPR possono prevedere in tutto o in parte la procedura per lo svolgimento dei procedimenti online, compresi l’avvio e la difesa nei procedimenti e la partecipazione alle udienze108. Ogni volta che si creano le OPR – che possono essere diverse per ogni procedimento – si deve garantire che le procedure siano accessibili ed eque109. Le OPR devono prevedere la possibilità per le parti che non sono rappresentate legalmente di scegliere tra mezzi non elettronici e mezzi elettronici. Tale facoltà di scelta è attribuita anche ai tribunali all’interno di uno specifico procedimento. Si stabiliscono inoltre circostanze nelle quali le OPR non devono essere applicate o devono cessare di applicarsi a certi procedimenti, consentendo così, ad esempio, di trasferire casi particolarmente complessi al di fuori della procedura online all’organo giurisdizionale competente e quindi diventare soggetti a norme procedurali
107. Il capitolo primo della seconda parte introduce, infatti, riforme al processo penale, tra cui la previsione di condanne online automatizzate per determinati reati e nuove procedure scritte. Il capitolo secondo, invece, contiene alcuni degli articoli proposti già nel disegno di legge denominato Courts and Tribunals (Online Procedure) inteso, tra le altre, a istituire procedure online in alcuni tipi di procedimenti giurisdizionali previsti in Inghilterra e Galles. A differenza del precedente Courts and Tribunals (Online Procedure) Bill, il Governo ha inteso questa volta garantire una channel plurality per i diversi tipi di processi, garantendo comunque una scelta alle parti e allo stesso giudice di usare la via ‘tradizionale’ anziché i sofisticati mezzi digitali. House of Commons Library, Judicial Review and Courts Bill 2021-22: Progress of the Bill, 21 January 2022 (commonslibrary.parliament.uk), pp. 29-30. 108. Le procedure a cui la legge si riferisce sono le seguenti: «(a) civil proceedings in England and Wales, (b) family proceedings in England and Wales, (c) proceedings in the First-tier Tribunal, (d) proceedings in the Upper Tribunal, (e) proceedings in employment tribunals, or (f) proceedings in the Employment Appeal Tribunal». Vedi Chapter 2, Section 20. 109. A tale fine è stabilito che occorre tenere conto di coloro che hanno bisogno di supporto per partecipare ai procedimenti utilizzando mezzi elettronici.
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‘standard’ (non digitali)110. Insieme a tali regole per i processi civili, la riforma del 2022 prevede una nuova procedura legale per determinati casi penali da trattare tramite un processo online automatizzato (Automatic online conviction and penalty for certain summary offences)111. 4. Le Internet Courts cinesi La Cina ha avviato da anni una strategia per divenire il leader mondiale nelle tecnologie112. Uno dei pilastri della nuova strategia è il rafforzamento della digitalizzazione dell’economia e dell’amministrazione in tutti i settori, anche nell’ambito giudiziario113. L’avanzamento tecnologico nel settore della giustizia deve fare i conti con la realtà di un paese con quasi due miliardi di abitanti, fortemente legato alle tradizioni e con un sistema di governo accentrato che però ha una fitta e potente rete amministrativa sui territori. L’adozione di una mentalità simile a un’azienda tecnologica, che promuove in modo aggressivo l’applicazione delle tecnologie elettroniche 110. Le OPR devono anche stabilire procedure alternative per far fronte a quei casi nei quali la procedura online cesserebbe di applicarsi. Ad esempio, ciò potrebbe applicarsi nel caso in cui una parte potrebbe non avere accesso all’IT richiesto, creando così una procedura parallela che potrebbe comunque essere soggetta a quelle caratteristiche della procedura online che sono prontamente disponibili per le parti. 111. In termini molto basilari, questo processo implica la definizione di crimini non contestati di minore entità senza le tradizionali udienze giudiziarie. L’imputato deve acconsentire all’uso di questo processo e conserva il diritto di optare per un’udienza in sede giudiziaria tradizionale. La procedura è disponibile solo per i reati sommari nei quali non è prevista come pena il carcere e se l’imputato è maggiorenne. Per le caratteristiche di questa procedura si v. il commento alla riforma elaborato dalla House of Commons Library, Judicial Review and Courts Bill 2021-22, cit., 2021. 112. La Cina in pochi anni si è trasformata in una nazione a intensissimo avanzamento tecnologico. J.G. Mahoney, China’s Rise as an Advanced Technological Society and the Rise of Digital Orientalism, in Journal of Chinese Political Science, 2022, pp. 1-24. L’obiettivo cinese, in contrasto con gli Stati Uniti, è quello di rendere il paese una superpotenza cibernetica. Si v. infra multis A.B. Kennedy, D.J. Lim, The innovation imperative: technology and US-China rivalry in the twenty-first century, in International Affairs, n. 3, 2018, pp. 553-572; Y. Huang, M. Mayer, Power in the Age of Datafication: Exploring China’s Global Data Power, in Journal of Chinese Political Science, n. online first, 2022, pp. 1-25; N. Wang, M.Y. Tian, “Intelligent Justice”: human-centered considerations in China’s legal AI transformation, in AI and Ethics, n. online first, 2022, pp. 1-6. 113. Al riguardo si v. funditus I. Cardillo, Disciplina dell’intelligenza artificiale e intelligentizzazione della giustizia in Cina, in BioLaw Journal-Rivista di BioDiritto, n. 3, 2022, pp. 139-167.
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nei procedimenti giudiziari e l’ancoraggio solido alle tradizioni, fa della trasformazione digitale della giustizia cinese uno dei laboratori più interessanti per capire la reale penetrazione delle tecnologie nella gestione dei contenziosi e nella decisione delle controversie. Durante gli ultimi anni, il Governo cinese ha portato avanti un’intensa politica di utilizzo delle risorse fornite dal digitale per trasformare la giurisdizione. Come è stato lucidamente indicato da coloro che si sono occupati più da vicino del tema, «il governo cinese considera l’utilizzo della tecnologia e dell’IA come passaggio irrinunciabile per la modernizzazione del sistema di governance economica e sociale, e come parte integrante del processo di costruzione di uno Stato di diritto intelligente»114. All’interno di questo ampio e ambizioso piano, la trasformazione della giustizia viene fondata su «sette principi»: orientamento verso il popolo; servizio alla strategia nazionale; adesione ai principi dell’etica e della morale; informatizzazione generale; cooperazione aperta e fiducia reciproca; sicurezza nazionale; cooperazione di mutuo beneficio115. Le riforme del giudiziario sono state lanciate per la prima volta nel 2014. Da quel momento il sistema ha accelerato la massiccia digitalizzazione delle procedure e degli archivi dei giudizi, introducendo l’uso di videoconferenze e video come mezzi di prova. Tali riforme costituiscono la base di quell’indirizzo rivolto alla costruzione delle c.d. smart courts, comprendente la realizzazione di un processo decisionale giudiziario supportato da algoritmi e analisi dei Big Data, condotto in un ecosistema giudiziario online in cui la maggior parte delle attività è automatizzata e i giudici sono aiutati dalla tecnologia per prendere decisioni più accurate, coerenti e trasparenti. L’intervento più importante su questo punto è avvenuto nel 2019 con l’avviso della Suprema corte del popolo sull’azione delle priorità lavorative dei tribunali del popolo116, che ha dato vita grazie all’intuizione del Chief Justice Zhou Qiang di un ambizioso progetto di implementazione di una «Intelligent court» quale componente essenziale della riforma della giustizia cinese117. 114. Op. ult. cit., pp. 166-167. 115. La digitalizzazione della giustizia è perseguita in Cina mediante diverse strategie, non tutte efficaci e produttive di una maggiore efficienza della macchina della giustizia, ma sicuramente rivolte a promuovere il nuovo sviluppo del paese. Op. ult. cit., p. 167. 116. Op. ult. cit., p. 151. 117. Y. Cui, Artificial intelligence and judicial modernization, Springer 2020, pp. 25 ss.; Z. Wang, China’s E-Justice Revolution, in Judicature, n. 1, 2021, pp. 36-47, spec. p. 40;
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Il progetto «Intelligent court» è generalmente inteso nei documenti della Corte suprema del popolo come un uso pervasivo delle ultime tecnologie avanzate con l’obiettivo di servire il pubblico e sviluppare un sistema informativo in rete trasparente e intelligente, in grado di supportare l’accesso online a tutte le procedure di contenzioso (dall’archiviazione del caso all’esecuzione della sentenza), in modo da migliorare e modernizzare il sistema giudiziario cinese118. Oltre alla costruzione dei database giudiziali e al processo telematico, due dei più interessanti e innovativi sviluppi del piano Intelligent court sono la Mobile Micro Court e le Internet Courts119. La prima è una «piattaforma che opera come canale-miniprogramma all’interno di Wechat», il noto socia media cinese, ed è in grado di «gestire un intero processo»120. La Mobile Micro Court è un vero e proprio tribunale intelligente che funziona come una «piattaforma elettronica mobile per le controversie basata sul sistema dei tribunali intelligenti, capace di fare uso della tecnologia Internet mobile per realizzare la gestione online di tutte le attività legate al contenzioso121». Il secondo innovativo tipo di corti online sono le Internet courts. Questi tribunali sono nati per la prima volta nel 2017 sotto l’egida del progetto di Intelligent court. Non si tratta di una forma di risoluzione delle E. Greenhouse, Balancing the scales in China’s smart courts: driving case standardisation through AI, in Peking University Law Journal, n. 2, 2021, pp. 233-254. 118. Da quanto si può comprendere, attraverso le traduzioni inglesi dello stesso sito della Corte suprema, il progetto Intelligent court comprende un sistema software online per tutti i tribunali e i giudici in Cina in grado di: digitalizzare tutti i fascicoli; generare documenti legali; facilitare la revisione online di documenti e prove, approvazione e trasferimenti; generare automaticamente le trascrizioni del processo; fare riferimento automaticamente a sentenze di casi simili e leggi correlate. Gli obiettivi perseguiti sono chiari: risolvere i problemi derivanti dall’aumento del contenzioso e dalla carenza di giudici, aumentare la fiducia pubblica nella magistratura e dare risposta al senso di urgenza per modernizzare il sistema legale cinese. The Supreme People’s Court, The Opinions on Regulating and Strengthening the Applications of Artificial Intelligence in the Judicial Fields (2022), disponibile al seguente indirizzo web: www.chinajusticeobserver. com/law/x/the-supreme-people-s-court-the-opinions-on-regulating-and-strengthening-theapplications-of-artificial-intelligence-in-the-judicial-field-20221208. In dottrina si v. W. Zuo, C. Wang, Judicial Big Data and Big-Data-Based Legal Research in China, in Asian Journal of Law and Society, n. 3, 2020, pp. 495-514; Z. Wang, China’s E-Justice Revolution, cit., p. 40. 119. In generale sul tema si v. B.M. Chen, Z. Li, How will technology change the face of Chinese justice?, in Colum. J. Asian L., n. 1, 2020, pp. 1-58. 120. I. Cardillo, Disciplina dell’intelligenza artificiale e intelligentizzazione della giustizia in Cina, cit., p. 157. 121. Op. ult. cit., p. 158.
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controversie tutta online. Le Internet courts sono tribunali specializzati dove siedono giudici in carne ed ossa ma che gestiscono tutte le attività processuali, compresa la mediazione e le attività preparatorie, completamente online secondo un metodo di lavoro indicato come innovativo per gli standard cinesi122. La loro competenza è chiaramente legata alle controversie sui servizi online delle piattaforme e altre questioni connesse al commercio elettronico, come la proprietà intellettuale, la protezione dei dati, la responsabilità per danno da prodotto, ecc.123 La prima Internet court è stata creata nella città di Hangzhou, che ospita Alibaba Group, una delle città cinesi dove più prospera il commercio online cinese. Oggi le Internet courts sono diventate tre perché si sono aggiunte anche Pechino e Guangzhou nel 2018. Già i primi rapporti pubblicati indicavano che la durata media dei processi nella Internet court di Hangzhou era di «28 minuti» e il periodo medio di elaborazione dalla presentazione di un reclamo online alla chiusura del caso era di soli «38 giorni»124. L’innovatività di questi strumenti sta certamente nel modo con il quale operano, nella velocità e nell’efficienza e nella predisposizione di una serie di strumenti online per aiutare gli utenti a rendersi conto degli aspetti più controversi della questione sottoposta125. Il sistema, inoltre, ha funzionato molto bene durante la pandemia, potendosi riconvertire agilmente in una vera e propria online court con pochi problemi126. Tutte le Internet courts attualmente esistenti non solo sono localizzate in alcune delle più grandi città cinesi ma sono proprio in quei luoghi nei quali si situano le maggiori e più potenti aziende del settore tecnologico e dei servizi online (Alibaba, Tencent, ByteDance, ecc.). A quanto riportano le testate giornalistiche, la Hangzhou Internet court ad esempio è finanziata e rifornita tecnologicamente dalla società Gongdao Network 122. M. Guo, Internet court’s challenges and future in China, in Computer Law & Security Review, n. online first, 2021, pp. 1-13. 123. Per un’analisi delle competenze come originariamente previste si v. F. Xuhui, Recent ODR Developments in China, in IJODR, n. 2, 2017, pp. 32-37. 124. Z. Wang, China’s E-Justice Revolution, cit., p. 44. 125. Attraverso l’impiego soprattutto dell’IA. Si v. E.P. Rusakova, Integration of “smart” technologies in the civil proceedings of the People’s Republic of China, in RUDN Journal of Law, n. 3, 2021, pp. 622-633. 126. K.-S. Huang, E. Shen, M. Prusinowska et al., Covid-19 and Dispute Resolution in China: Trends in Arbitration and Litigation, in Asian Journal of Comparative Law, n. 2023, pp. 1-10.
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Technology che è di proprietà di Alibaba. È chiaro che al di là di alcuni, non limitati, e trascurabili problemi, tali strumenti costituiscono un laboratorio di sperimentazione molto interessante della giustizia digitale e dell’«online justice»127. 5. Il ‘social credit system’ cinese Dal 2014 il governo cinese ha messo in atto un progetto tecnologico con l’obiettivo principale di valutare e orientare il comportamento dei cittadini cinesi. Il sistema di controllo sociale che è stato creato è molto sofisticato e intende realizzare un ‘dominio’ sulle persone in stile orwelliano, monitorando i cittadini, gli enti e le imprese che verranno premiati o sanzionati in relazione a determinati comportamenti ritenuti permessi e vietati. Il sistema cinese implementa metodi di controllo sociale molto pervasivi che arrivano a definire vere e proprie punizioni per coloro che mettono in atto comportamenti scorretti, o che non corrispondono a quanto previsto non solo dalla legge ma anche dalla cultura cinese. In questo senso ci è apparso certamente come un programma rivolto a risolvere anticipatamente le controversie grazie alla forza del controllo dei dati generati dai cittadini. Non è un caso che il progetto ha avuto una prima ideazione nel 2007, quando il Consiglio di Stato cinese emanò le «Guiding Opinions Concerning the Construction of a Social Credit System»128, che si riferiscono agli obiettiviti della giustizia in Cina già evidenziati nel paragrafo precedente. L’aspettativa del governo cinese era, infatti, quella di creare un sistema che – nell’ottica del data-driven law e un po’ come descritto da alcune narrazioni distopiche – si autoalimentasse attraverso 127. M. Guo, Internet court’s challenges and future in China, cit., pp. 5 ss. 128. Già nella progettazione l’idea era quella di inviare di comunicazioni promozionali inerenti i prodotti e servizi di soggetti terzi rispetto alle aziende che appartengono al ramo manifatturiero, di servizi (in particolare ICT) e di commercio, con modalità di contatto automatizzate e tradizionali da parte dei terzi medesimi, a cui vengono comunicati i dati. In quel momento nasceva l’idea del Sistema di Valutazione Sociale (社会信用体系), un meccanismo per valutare persone, aziende e amministrazioni locali che dovrebbe consentire, nelle idee del legislatore cinese, di organizzare in maniera affidabile una complessa mole di informazioni relative a pagamenti, comportamenti, sanzioni e molto altro, e di utilizzarle per valutare i soggetti e per implementare gli effetti di questa valutazione. Cfr. M. Sciacca, Algocrazia e sistema democratico. Alla ricerca di una mite soluzione antropocentrica, in Contratto e impresa, n. 4, 2022, pp. 1173-1213.
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un controllo sociale diffuso, con cittadini, aziende e enti che si impegnavano per migliorare il proprio «rating score»129. Comprendere il progetto della Repubblica popolare non è semplice, a causa del linguaggio lungo e contorto dei documenti ufficiali e della mancanza di una guida che spieghi l’attuazione del progetto. Tuttavia, già il nome usato fornisce un primo indizio dell’ampiezza degli obiettivi. La dottrina ha fatto notare che il termine inglese «social credit system», pur catturando il senso del termine cinese «shehui xinyong», non coglie in profondità i significati della parola130. Nel Planning Outline for the Establishment of a Social Credit System (2014-2020)131 sono previste quasi tutti i tipi di iniziative politiche relative al miglioramento della credibilità, della legalità e della governance. Il documento individua le quattro aree fondamentali del sistema, come l’‘onestà negli affari di governo’, l’‘integrità commerciale’, l’‘integrità sociale’ e la ‘credibilità giudiziaria’132. Tutto ciò che non rientra nelle voci precedenti, ma è ritenuto troppo 129. L’obiettivo generale del progetto era sviluppare un sistema di valutazione del credito a livello sociale basato sulla condivisione di informazioni digitali multipiattaforma e intersettoriale per incoraggiare l’affidabilità e punire l’inaffidabilità dei cittadini. La dottrina ha parlato di un sistema che va compreso nell’ottica cinese di una società retta su una filosofia confuciana non immediatamente comprensibile agli occidentali. In tale senso si v. X. Ding, D.Y. Zhong, Rethinking China’s Social Credit System: A Long Road to Establishing Trust in Chinese Society, in Journal of Contemporary China, 2020, pp. 1-15. 130. La parola cinese «xinyong» non si riferisce solo al significato «credito», ma come dicono gli stessi documenti ufficiali anche a «una serie di nobili valori morali, quali le virtù dell’affidabilità, il mantenimento delle promesse, il rispetto delle norme, l’integrità e la cortesia generale»; di conseguenza, mentre le persone provenienti dagli Stati Uniti e dall’Europa associano naturalmente la parola «credito» alla ‘credibilità’ commerciale, i cinesi possono mettere in relazione il termine cinese «xinyong» con un senso molto più profondo. Dall’altro lato, il termine «shehui», corrispondente al nostro termine «sociale» e indica proprio che il progetto di social credit system non mira a limitare la sua portata al settore commerciale o finanziario, ma copre anche una serie di interazioni sociali. V. sul punto quanto documenta X. Dai, Toward a reputation state: The social credit system project of China, disponibile in SSRN, 24 Jun 2018, https://papers.ssrn.com/sol3/papers. cfm?abstract_id=3193577. 131. Il Planning Outline for the Construction of a Social Credit System (2014-2020) dello State Council of the People’s Republic of China (27 giugno 2014) è disponibile a questo indirizzo: www.gov.cn/zhengce/content/2014-06/27/content_8913.htm. In rete è disponibile una traduzione a cura di Rogier Creemers nel «China Copyright and Media» datata 10 aprile 2020, disponibile all’indirizzo: https://chinacopyrightandmedia.wordpress. com/. 132. Comunemente intesa come parte della riforma giudiziaria, questa sezione del Social Credit System è dedicata al miglioramento della reputazione e dell’efficienza del sistema legale.
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importante per essere ignorato, è raggruppato all’interno della categoria ‘onestà sociale’133. In buona sostanza, il Social Credit System è un insieme di iniziative che servono per l’erogazione di alcuni servizi pubblici al fine di evitare controversie legali134. L’elemento tecnologico gioca un triplice obiettivo nel sistema cinese135. Anzitutto, si prevede un monitoraggio diretto, diffuso ed effettivo, non fondato sul semplice inserimento di dati da parte di un funzionario ma su un sistema fatto di canali disparati di ‘datificazione’. In secondo luogo, il sistema consente di creare e gestire i database e condividere agevolmente le informazioni con tutte le autorità coinvolte. In terzo luogo, esso consente di regolare automaticamente e immediatamente le conseguenze derivanti da questo sistema, da un lato, «accreditando» il punteggio in tempo reale e, dall’altro, consentendo a tutti gli uffici coinvolti di «leggere» il punteggio e di determinare a quali servizi abbia diritto il cittadino o l’azienda136. La mole di dati connessi è enorme e il Governo è ben consapevole che il successo dell’iniziativa dipende dall’implementazione di una complessa infrastruttura di reti di dati. Per questo le amministrazioni cinesi stanno orchestrando una imponente attività di cooperazione e condivisione delle informazioni, che coinvolge numerosi soggetti privati e ammi133. Essa contiene una vasta gamma di iniziative, dal miglioramento delle norme etiche e dei regolamenti per i medici al divieto di plagio per gli accademici, fino all’incoraggiamento delle organizzazioni sociali a intentare azioni legali di interesse pubblico per illeciti ambientali o dei consumatori di massa. Il Social Credit System si propone infatti di controllare e regolamentare meglio le attività commerciali illegali come la vendita di beni di consumo non sicuri o contraffatti e le violazioni contrattuali e antitrust, il tutto in nome dell’onestà commerciale. Inoltre, la credibilità giudiziaria è un altro obiettivo chiave del sistema. Comunemente intesa come parte della riforma giudiziaria, questa sezione del Social Credit System è dedicata al miglioramento della reputazione e dell’efficienza del sistema legale. X. Ding, D.Y. Zhong, Rethinking China’s Social Credit System: A Long Road to Establishing Trust in Chinese Society, cit., pp. 2-3. 134. S. Jakob, The corporate social credit system in China and its transnational impact, in Transnational Legal Theory, n. 2, 2021, pp. 1-21. 135. M. Sciacca, Algocrazia e sistema democratico. Alla ricerca di una mite soluzione antropocentrica, cit., p. 1185. 136. Il sistema funziona grazie all’attività dei cittadini e alla raccolta compiuta attraverso le più importanti banche del paese e all’azione delle municipalità e delle province. Anche i servizi privati sono interessati, come l’importante servizio Sesame Credit offerto da ‘Alibaba’. In tali casi il sistema premia i clienti ‘degni di fiducia’ e lascia in una condizione normale, recte deteriore (ma senza punizione), i clienti che non hanno uno status pari. Ben più pervasivo è l’impiego da parte del Governo, che assume un pesante contenuto sanzionatorio, a volte più incisivo delle stesse sanzioni. Op. ult. cit., p. 186
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nistrazioni pubbliche, quali dogane, autorità ferroviarie, compagnie aere, le citate banche, e altri soggetti. Le attuali forme di punizione per le persone ‘disoneste’ che appaiono sulla lista nera includono la pubblicazione dei loro nomi, immagini del profilo e numeri di identificazione affinché tutti possano vederli, limitare il loro uso di treni e aerei ad alta velocità, vietare loro di prenotare una stanza in un hotel di lusso e proibire ai loro figli di frequentare le scuole private137. Il sistema cinese è un meccanismo di social credit molto potente e sul quale occorre tenere gli occhi ben aperti. Anzitutto, perché tale meccanismo si caratterizza per un’ampiezza e un numero di destinatari mai visti138. I sistemi di credito nelle democrazie liberali di solito valutano le persone come conducenti, proprietari o clienti, mentre il Social Credit System cinese prende di mira le persone come cittadini, quindi come membri di una comunità politica. In quanto tale, tutti sono inclusi nel sistema e vengono valutati non solo per ciò che compiono in ambiti particolari, ma per come sono buoni o cattivi nella vita di tutti i giorni. Il sistema cinese non si limita a un campo specifico ma è potenzialmente onnicomprensivo e si irradia anche oltre il contesto originale in altre sfere della vita attraverso una serie di ricompense (o punizioni) socioeconomiche e guadagni (o perdite) di reputazione139. Astrattamente, perciò, i cittadini possono essere ‘puniti’ più volte per la stessa azione. Il social credit system può funzionare anche quando non si applicano leggi. Quindi, non è pienamente soggetto a vincoli che tipicamente caratterizzano gli ordinamenti giuridici. In tal senso non è un sistema per l’applicazione della legge, ma per imporre la conformità a ‘norme sociali’. Perciò, può incoraggiare azioni desiderabili, anche se non sono legalmente richieste, e scoraggiare azioni indesiderabili, anche se non sono illegali di per sé140. 137. Vi sono studi secondo i quali le future collaborazioni tra la Corte Suprema e società di valutazione del credito come Sesame Credit potrebbero ampliare ulteriormente la portata delle restrizioni per gli insolventi. Si v. al riguardo L. Orgad, W. Reijers, How to Make the Perfect Citizen? Lessons from China’s Social Credit System, in Vand. J. Transnat’l L., n. 5, 2021, pp. 1087-1122. 138. D. Mac Síthigh, M. Siems, The Chinese social credit system: A model for other countries?, in The Modern Law Review, n. 6, 2019, pp. 1034-1071, pp. 1048 ss. 139. L. Orgad, W. Reijers, How to Make the Perfect Citizen? Lessons from China’s Social Credit System, cit., p. 1104. 140. Tale considerazione va accompagnata a due altre notazioni. La prima è che la tradizione giuridica cinese si rifà in modo rilevante al confucianesimo, che ha promosso
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In generale appare chiaro che siamo di fronte a un ecosistema che determina una forte limitazione dei diritti fondamentali141. 6. Il giudice privato ‘supremo’: l’Oversight Board di Meta Vediamo adesso l’ultimo esempio di processo fuori dal processo. Non si tratta, come vedremo, di una online court ma di un caso del tutto eccezionale nel quale un’azienda ha predisposto un ente indipendente per verificare la conformità di alcune sue decisioni alle norme e alle proprie regole interne. Tuttavia, per la rilevanza del mercato di riferimento e per il numero di soggetti interessati, l’esempio merita di essere annoverato all’interno di questa parte del nostro studio. Uno dei più grandi settori dove oggi si situa l’economia della rete è certamente quello delle piattaforme di social media. Non si tratta più oramai solo di strumenti per creare network sociali ma di veri e propri media che creano ambienti dove le persone interagiscono in tantissimi modi, ben oltre il mero scambio di informazioni. La rilevanza di quella economia e il problema della regolazione dei social media hanno da sempre posto una sfida notevole agli studiosi di diritto142. Il tema si connette profondamente alle dinamiche della democrazia, in quanto tocca l’evoluzione delle modalità per la formazione delle opinioni, all’esercizio del potere pubblico e ai rapporti con i poteri privati143. La scelta originaria degli Stati Uniti, poi sostanzialmente ripetuta per ragioni economiche a livello UE, è stata quella di lasciare che la moderazione dei contenuti che viaggiano all’interno dei social media fosse reper secoli una ibridazione della sfera giuridica con il dominio della morale. La seconda riguarda il fatto che il sistema cinese si interconnette fortemente con la percezione cinese della cittadinanza, nella quale la distinzione tra legge e morale, pubblico e privato, è molto sfumata e si atteggia in maniera diversa dai paesi occidentali. X. Dai, Toward a reputation state: The social credit system project of China, cit. 141. R. Anderson, The Panopticon Is Already Here, in the Atlantic, September 2020 (www.theatlantic.com/magazine/archive/2020/09/china-ai-surveillance/614197/). 142. V. infra multis M. Betzu, Regolare internet: le libertà di informazione e di comunicazione nell’era digitale, Giappichelli 2012, passim. 143. Temi sui quali di recente sono emerse nuove indagini, tra cui il volume di S. Mannoni, G. Stazi, Sovranità.com. Potere pubblico e privato ai tempi del cyberspazio, Editoriale Scientifica 2021 e il già citato E. Cremona, I poteri privati nell’era digitale. Libertà costituzionali, regolazione del mercato, tutela dei diritti, cit.
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sponsabilità delle stesse società che gestiscono le piattaforme ma senza la previsione di norme come quelle che si applicano nel settore dell’editoria144. A fronte delle difficoltà connesse alla predisposizione di strumenti che potessero rendere le piattaforme stesse responsabili dei contenuti, prima il Governo degli Stati Uniti e poi la Commissione europea scelsero la strada di delegare alla autoregolazione privata l’importante compito di definire le politiche di ammissione dei contenuti online e di renderle esecutive145. Tali decisioni sono chiaramente impugnabili davanti all’autorità giudiziaria, ma i tempi della risposta e la globalità dei fenomeni hanno sempre reso – salvo rare eccezioni – i rimedi giurisdizionali più una ipotesi che un fatto concreto. In ragione della diffusione planetaria e del massiccio uso di tali canali di comunicazione, le piattaforme hanno acquisito un ruolo essenziale di gatekeepers nel campo delle libertà di espressione e di informazione, avendo un controllo diretto e profondo sulla diffusione dei dati, dei contenuti e delle idee146. Per tenere a freno ed evitare le numerose implicazioni derivanti dall’uso delle piattaforme, sono nate notevoli iniziative pubbliche e private oltre che nuove leggi statali e regolamenti europei. Sul lato pubblico, ad esempio, a livello europeo, si sta cercando di limitare il potere di autoregolazione delle piattaforme sottoponendole a codici di condotta concordati con la stessa Commissione europea147. Sul lato privato, tutte le 144. La nuova Section 230 del Telecommunications Act nel 1996 e la Section 512 del Digital Millennium Copyright Act nel 1998 (DMCA) hanno sancito un’esenzione di responsabilità fondata su un sistema di secondary liability, definito «safe harbour», che considera gli intermediari online come estranei da responsabilità per le condotte illecite di terzi attraverso i loro siti. Grazie a questo scudo giuridico si intendeva garantire lo sviluppo dei prodotti e servizi digitali. Su tali temi si v. J.M. Balkin, Old-school/new-school speech regulation, in Harv. L. Rev., n. 3, 2013, pp. 2296-2342. 145. V. infra multis sul tema M. Bassini, Internet e libertà di espressione. Prospettive costituzionali e sovranazionali, Aracne 2019. 146. Per moderare i propri contenuti le piattaforme usano un metodo così sintetizzabile all’estremo. L’identificazione di un contenuto non idoneo alla permanenza segue principalmente due orientamenti: orizzontale, tra utenti; verticale, con l’intervento di potenti algoritmi di IA e dei moderatori umani dei contenuti. Già questo meccanismo costituisce per se una sorta di giudizio, come argomentano P. Ortolani, C. Goanta, Unpacking content moderation: The rise of social media platforms as online civil courts, in Frontiers in Civil Justice, edited by X. Kramer, J. Hoevenaars, B. Kas, E. Themeli, Edward Elgar Publishing 2022, pp. 1-20. 147. La scelta molto promettente compare all’interno del nuovo Digital Services Act dell’UE. Si v. sul tema O. Pollicino, G. De Gregorio, Constitutional Democracy, Platform Powers and Digital Populism, in Constitutional Studies, n. 1, 2022, pp. 11-34.
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piattaforme si sono dotate di strutture di controllo dei contenuti pubblicati sulla piattaforma dagli utenti. Nella maggior parte dei casi si tratta di soggetti terzi che operano come moderatori ovvero di soggetti interni alle aziende che mirano a tutelare principalmente il modello di business delle piattaforme. Al fine di incentivare il proprio sistema interno di controllo dei contenuti e di consentire agli utenti di avere un garante terzo del grande potere di censura che è stato attribuito alle piattaforme, Meta, la società proprietaria delle piattaforme Facebook, WhatsApp e Instagram, ha lanciato un’iniziativa rivolta a creare un collegio di esperti indipendenti, non previsto da alcuna legislazione, con il potere di decidere questioni controverse prospettate dagli utenti o sollevate internamente dalla stessa piattaforma in relazione all’esercizio delle libertà di manifestazione del pensiero sulle piattaforme di sua proprietà148. Il primo segnale che Facebook avrebbe dato vita a una simile istituzione è arrivato il 5 maggio 2018, quando l’amministratore delegato del gruppo, Mark Zuckerberg, ha dichiarato attraverso un post pubblico (messaggio) su Facebook che per garantire il ruolo di controllo della libertà di manifestazione del pensiero sulle sue piattaforme, presto la sua società avrebbe creato «a new way for people to appeal content decisions to an independent body, whose decisions would be transparent and binding». Risuonava l’eco in queste parole di un grande scandalo che aveva toccato la sua società e che ne avrebbe potuto minare non l’importanza planetaria ma la reputazione soprattutto agli occhi dell’opinione pubblica e della politica americana149. È stato così che alcuni mesi più tardi Meta ha creato un Oversight Board indipendente per la revisione delle decisioni di moderazione dei contenuti di Facebook e Instagram150. Legalmente indipendente da Meta, l’Oversight Board emette decisioni vincolanti sulle scelte di moderazione dei contenuti di Facebook e Instagram ed emette raccomandazioni non vincolanti sulle politiche della piattaforma. Se da una parte, infatti, l’Oversight Board è stato da subito indicato come uno strumento molto utile e forse necessario per la re148. Per i passaggi che hanno scandito tale introduzione si v. M. Betzu, I baroni del digitale: libertà, democrazia, concorrenza, Editoriale Scientifica 2022, pp. 64 ss. 149. Ci riferiamo chiaramente al caso ‘Cambridge Analytica’. Per un sunto della storia si può consultare il volume pubblicato dallo stesso whistleblower del caso. C. Wylie, Mindf*ck: Cambridge Analytica and the Plot to Break America, Random House 2019. 150. Il sito ufficiale è presso il seguente indirizzo: https://oversightboard.com/.
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visione delle decisioni sulla moderazione dei contenuti sul lato interno151, dall’altro, sul piano dell’operato, già da subito si è dimostrato capace di imporsi con una forza e una struttura molto simili a quelle di una ‘Corte internazionale’, ovvero, se si osservano le sue funzioni da una prospettiva interna alla community degli utenti, con modi che lo fanno assomigliare a una ‘Corte Suprema’152. Sul piano tecnico, infatti, l’Oversight Board è un’istituzione di natura privata particolare, unico nel suo genere; non è un organismo giurisdizionale ma è strutturato come tale, si comporta e lavora in parte proprio come un tribunale, in parte come un soggetto di vigilanza e controllo, toccando profili costituzionali riguardanti la libertà d’espressione sulla piattaforma. Essenzialmente è stato creato da Meta per raffinare il proprio sistema di content moderation e per strutturare in modo rimediale il modello di governance privata di cui si è dotata la piattaforma creando un patrimonio giuridico di concetti e case-law che meglio definiscono la portata e i confini della libertà di manifestazione del pensiero nelle proprie piattaforme153. Il caso dell’Oversight Board, quindi, si atteggia in modo del tutto eccentrico rispetto alle ipotesi fino ad ora esaminate, perché non si tratta di un meccanismo per risolvere controversie tra utenti della piattaforma e perché non interviene in prima istanza. Tuttavia, per le caratteristiche e per le decisioni, questo nuovo soggetto può rappresentare un esempio notevole sulla linea della creazione di una giustizia digitale privata che, come abbiamo detto provocatoriamente, costituisce un esempio di «processo fuori dal processo». In questa sede perciò svolgeremo alcune considerazioni limitate a capire perché riteniamo l’Oversight Board un esempio di tale ultima tipologia. Pertanto, molti aspetti delle procedure, l’oggetto di alcune importanti decisioni e gli annosi problemi della libertà di manifestazione del pensiero non entreranno nel radar della nostra analisi. La progettazione dell’Oversight Board di Meta è figlia di un processo durato alcuni anni e ancora non terminato154. 151. K. Klonick, The Facebook Oversight Board: Creating an Independent Institution to Adjudicate Online Free Expression, in Yale LJ, n. 8, 2019, pp. 2418-2499. 152. P. Bonini, Il giudice e la legge. Contributo sulla funzione ‘paralegislativa’ dei giudici, Editoriale Scientifica 2022, p. 257. 153. G. Cerrina Feroni, L’Oversight Board di Facebook: il controllo dei contenuti tra procedure private e norme pubbliche, in Key4Biz (www.garanteprivacy.it/home/docweb/-/ docweb-display/docweb/9542545). 154. Il Board, infatti, non è attualmente completo con le quaranta persone che erano originariamente previste. Su come è nata l’idea si v. B. Harris, Global Feedback and Input
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Dopo l’annuncio prima ricordato, Mark Zuckerberg ha organizzato una serie di consultazioni con diversi gruppi di accademici ed esperti per discutere quali opzioni avrebbe dovuto prendere fare per evolversi e migliorare la sua società155. Gli incontri sembrano esser stati l’inizio di un confronto proficuo sulla governance privata nella moderazione dei contenuti e sulla privacy156. All’inizio si è parlato di chiamare questo organismo ‘corte’ ma è stato chiaro da subito che il termine più adeguato dovesse contenere la parola ‘independent’ e il termine ‘board’157. Un avanzamento dell’idea è stato spiegato nel gennaio 2019 dal vicepresidente degli Affari globali e delle Comunicazioni di Meta, Nick Clegg, il quale dava seguito all’annuncio di Zuckerberg del novembre 2018158 con dettagli su come avrebbe operato il Board e quale potesse essere il suo potenziale scopo; compresa una bozza della sua «Carta»159. on the Facebook Oversight Board for Content Decisions, in Meta (https://about.fb.com/ news/2019/06/global-feedback-on-oversight-board/). 155. Il processo è descritto in questa pagina https://transparency.fb.com/oversight/ creation-of-oversight-board/ (ultimo accesso 1 aprile 2023) e dal documento Facebook, Global Feedback & Input on the Facebook Oversight Board for Content Decisions, 27 Jun 2019 (fbnewsroomus.files.wordpress.com/2019/06/oversight-board-consultation-report-2. pdf). 156. K. Klonick, Does Facebook’s Oversight Board Finally Solve the Problem of Online Speech?, in 19 October 2019 (www.cigionline.org/articles/does-facebooks-oversight-boardfinally-solve-problem-online-speech/). 157. In realtà lo spunto per la costruzione di un organismo indipendente deriva dai ‘Santa Clara Principles’ sulla trasparenza e la responsabilità nella moderazione dei contenuti online redatti da un gruppo di esperti e da una serie di associazioni non profit (i principi sono reperibili all’indirizzo https://santaclaraprinciples.org/). I Principi, nella loro versione «1.0», dichiaravano tre passi iniziali che le aziende avrebbero dovuto compiere al fine di fornire un significativo due process sulle piattaforme. Il terzo principio esortava le piattaforme a creare opportunità significative per un appeal tempestivo per i loro utenti e a lungo termine a considerare «processi di revisione esterna indipendenti» per «consentire agli utenti di chiedere riparazione». L’attenzione sull’idea di un procedimento di ricorso esterno indipendente o di un organismo multistakeholder al fine di creare responsabilità per le piattaforme rappresentavano spunti importanti, ma non erano una novità assoluta, come sottolinea K. Klonick, The Facebook Oversight Board: Creating an Independent Institution to Adjudicate Online Free Expression, cit. 158. Si v. https://about.fb.com/news/2019/01/oversight-board/. La vicenda è raccontata nei particolari da K. Klonick, Inside the making of the Facebook’s Supreme Court, in New Yorker (www.newyorker.com/tech/annals-of-technology/inside-the-making-of-facebookssupreme-court). 159. Uno statuto generale del nuovo organismo che delineava la relazione strutturale tra Facebook, l’Oversight Board ed il Trust che si sarebbe collocato tra di loro.
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Il 17 settembre 2019, il Governance Team di Facebook ha pubblicato la versione finale della Carta160. Il documento fondamentale di nove pagine è stato suddiviso in sette articoli: membri, autorità di revisione, procedure di revisione, attuazione, governance, emendamenti e statuti e conformità alla legge161. Quanto ai poteri, la Carta è stata intenzionalmente vaga su molti aspetti relativi ai rapporti con Meta e alle stesse prerogative del Board. Si prevede una ‘giurisdizione’ potenzialmente molto ampia con un potere quasi indefinito di selezionare i casi da esaminare e coloro che possono presentarli162. In generale non sono solo gli utenti che possono chiedere l’intervento dell’Oversight Board. La Carta stabilisce anche un meccanismo attraverso il quale Meta stesso può chiedere all’organismo di riesaminare alcuni casi, «comprese ulteriori domande relative al trattamento dei contenuti al di là del fatto che il contenuto debba essere consentito o rimosso completamente»163. La Carta afferma che l’Oversight Board deve «esaminare le decisioni sui contenuti e determinare se essi sono coerenti con le policies ed i valori dei contenuti di Meta»164. I valori di Meta bilanciano la «Freedom 160. Facebook, Oversight Board Charter, 27 June 2019 (https://about.fb.com/wpcontent/uploads/2019/09/oversight_board_charter.pdf). 161. I feedbacks del periodo di consultazione globale avevano evidenziato come il pubblico preferisse in modo schiacciante un Board diversificato, che rappresentasse cioè «tanti segmenti della società quanti più possibili». La discussione su cosa significasse il termine «diversità» è stata lunga e includeva discussioni su genere, orientamento sessuale, etnia, provenienza geografica, età, istruzione, disabilità, ricchezza ed opinioni politiche. Inoltre, è stato dedicato molto tempo alla discussione sull’esperienza e le qualifiche necessarie dei membri. V. K. Klonick, Inside the making of the Facebook’s Supreme Court, cit. 162. V. anche gli Overarching Criteria for Case Selection, che tuttavia non forniscono un aiuto per comprendere come avviene la selezione, come ricorda M. Betzu, I baroni del digitale: libertà, democrazia, concorrenza, cit., p. 69. 163. L’Oversight Board ha la possibilità di rifiutare le richieste di revisione di Meta. La Carta immagina anche un processo speciale attraverso il quale Meta può ottenere una «revisione automatica e rapida» nel caso di «circostanze eccezionali, compreso quando il contenuto potrebbe avere conseguenze urgenti nel mondo reale». Una volta che il Board ha selezionato un caso per la revisione, il focus si sposta su quali documenti e principi dovranno guidare la decisione. Facebook, Oversight Board Charter, cit., artt. 2-4. 164. Uno dei modi scelti per rendere più efficaci le decisioni del Board è stata la definizione di sette Strategic Priorities necessarie per «contenere la randomicità delle decisioni» e aumentare l’impatto sul modo in cui le persone vivono le piattaforme. Op. ult. cit. In dottrina si v. quanto ricorda E. Cremona, I poteri privati nell’era digitale. Libertà costituzionali, regolazione del mercato, tutela dei diritti, cit., p. 66.
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of expression» con quattro valori di seconda istanza: authenticity, safety, privacy e dignity165. Quanto agli obblighi di Meta nei confronti delle decisioni del Board, la Carta afferma che le decisioni di quest’ultimo sono «vincolanti» e che l’azienda le attuerà tempestivamente, salvo che non ne derivi una violazione della legge. Tale obbligo è strettamente limitato all’esatto contenuto deciso e la decisione non è vincolante per alcun contenuto identico o simile166. Inoltre la Carta indica che le raccomandazioni politiche del Comitato hanno una funzione di consulenza per Meta e che quest’ultimo deve «comunicare in modo trasparente le azioni intraprese di conseguenza». Gli altri temi trattati dalla Carta hanno tutti un tenore costituzionale e ci restituiscono una notevole analogia dell’Oversight Board a una Corte suprema o a una Corte costituzionale. Un tema importante e molto dibattuto ha riguardato, come già detto, l’indipendenza dei membri del Board sia intellettualmente sia finanziariamente. È evidente che in questo caso non si tratta di una semplice ‘autonomia’ o libertà rispetto al giudizio e alle parti167. Dove invece il ruolo dell’Oversight Board e i principi della Carta sembrano andare verso l’analogia con il giudiziario è con riguardo alla organizzazione, ai criteri con i quali si svolge il giudizio delle questioni da decidere e ad alcuni criteri, come ad esempio la diversity (intesa come garanzia dell’eguaglianza e divieto assoluto di discriminazioni) e la trasparenza168, che nel caso di specie viene garantita in modo assoluto rispetto a tutte le decisioni169. 165. Su cui si v. www.oversightboard.com/news/543066014298093-oversight-boardannounces-seven-strategic-priorities/. 166. Interessanti in questo caso le considerazioni sull’operare delle decisioni dell’Oversight Board svolte da A. Pin, The (In)evitability of Precedent, in The Italian Review of International and Comparative Law, n. 2, 2022, pp. 246-262. 167. La questione, infatti, si pone a un livello diverso, rimanendo più su termini che si avvicinano al linguaggio e alla pratica delle società di capitali dove i revisori o i sindaci devono godere di un certo grado di autonomia rispetto alla governance societaria. S. Santoriello, Il Meta-diritto dell’oversight board, in Rivista di Digital Politics, n. 1-2, 2022, pp. 285-302. 168. N. Meier, A. Golia, The Emerging Normative System of Meta’s Oversight Board– An Introduction, disponibile in Max Planck Institute for Comparative Public Law & International Law (MPIL) Research Paper n. 2022-29, 13 Dec 2022, https://papers.ssrn.com/ sol3/papers.cfm?abstract_id=4300480. 169. Addirittura si dice che nella Carta che le determinazioni del Board debbano includere la Direttiva finale sul contenuto insieme ad «una corrispondente spiegazione in linguaggio semplice della motivazione».
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Un ultimo accenno meritano le decisioni del Board. Il numero è chiaramente molto limitato e si comprende come la vera forza di questo soggetto risiede nella scelta stessa dei casi da decidere170. I casi decisi sono tutti rilevanti e hanno un indubbio tenore ‘costituzionale’171. Ai nostri fini le decisioni corroborano la scelta di Meta di dotarsi di un tribunale privato che non decide solo su problemi interni ma che intercetta e influenza dinamiche reale e istituzionali della vita. Sarà molto interessante in questo senso vedere come il Board accoglierà le norme del Digital Services Act che riguardano i poteri delle piattaforme e l’attività di moderazione172.
170. Al momento i casi decisi sono 36 e le policy advisory opinions 3. Per maggiori informazioni si può consultare la pagina: www.oversightboard.com/decision/. 171. Si pensi ad esempio alla decisione riguardo all’oscuramento dei profili social dell’ex Presidente americano Trump. O. Pollicino, G. De Gregorio, M. Bassini, Trump’s Indefinite Ban: Shifting the Facebook Oversight Board away from the First Amendment Doctrine, in https://verfassungsblog.de/fob-trump-2/. 172. D. Wong, L. Floridi, Meta’s Oversight Board: A Review and Critical Assessment, cit.
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V.
Il futuro nel processo
1. Il futuro nel processo Già dall’avvio di questo volume abbiamo cercato di indicare che l’impiego delle tecnologie digitali nei processi giurisdizionali non si ferma ai primi e accettati strumenti sostitutivi delle attività analogiche, come le notifiche, l’archiviazione e la gestione digitalizzata dei casi. Nell’esame del processo telematico abbiamo visto come la pandemia sia stata un momento propizio per un generale ‘lasciapassare’ all’uso di altre e più nuove tecnologie digitali come le videoconferenze, che erano già presenti da molto in tanti ambiti della vita sociale, ma che solo in quel tragico momento sono state accettate anche per lo svolgimento delle udienze. Abbiamo chiuso quel capitolo mostrando come, grazie alla smaterializzazione delle attività e all’investimento nella trasformazione digitale, si stiano diffondendo anche altre tecnologie, che sfruttano grandi quantità di dati per ulteriori e più potenti attività legate alla soluzione delle controversie. Nel capitolo precedente ci siamo soffermati sulle esperienze della online justice, la quale impiega tutte le tecnologie digitali conosciute, ma che sempre più sta implementando altri strumenti rivoluzionari che usano il trattamento scientifico dei dati1. Abbiamo visto che le sorprendenti pro1. Come si è visto in precedenza, la dottrina ha individuato tre livelli di evoluzione delle ODR: i) quando gli elementi della tecnologia di comunicazione dell’informazione consentono alle parti di scrivere automaticamente gli atti processuali e difendersi online; ii) quando algoritmi semplici applicano varie regole in relazione a molteplici
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spettive offerte dalla scienza informatica e dei dati aprono a usi mai visti prima della tecnologia sollevando, al contempo, abbondanti incertezze sulle traiettorie future della trasformazione digitale. Assieme a una revisione delle regole sui processi, molte giurisdizioni stanno prendendo in considerazione l’introduzione di applicazioni più sofisticate di IA per aiutare i giudici a decidere cause e finanche a risolverle senza la presenza di un giudice in carne e ossa. L’aspirazione ultima di tali impieghi è, in definitiva, quella di ‘neutralizzare’ la decisione giudiziaria ricorrendo a parametri più o meno stabili che permettano di pronosticare l’esito di un contenzioso: conosciute le regole del gioco e le prassi applicative «non resta che sedersi davanti a un (moderno) abaco e leibnizianamente calcolare»2. Le ricerche che suggeriscono l’impiego più diffuso delle tecnologie nelle giurisdizioni sono numerose, ma la cautela domina ogni ipotesi applicativa nuova3. Un sondaggio pubblicato qualche tempo addietro riportava che, secondo l’opinione di molti esperti legali, quasi il 30% del processo decisionale giudiziario nel 2040 sarà svolto dall’IA, triplicando la stima secondo cui il ruolo attuale dell’IA rappresenta meno del 10% del processo decisionale giudiziario4. La digitalizzazione di tutti gli archivi giudiziari e lo sviluppo delle online courts, dentro e fuori delle aule giudiziarie, rendono ancora più probabile un impiego ampio delle IA nelle attività legali, sia come supporto o ausilio del giudice ovvero come strumento decisionale utilizzato in maniera sostitutiva. Il crescente sviluppo di tali soluzioni è il frutto soprattutto della sperimentazione di fattori; iii) quando i dati vengono raccolti in quantità massicce ed esaminati e riutilizzati dalle IA in modo da analizzare i modelli e produrre previsioni o decisioni riguardanti l’esito di un caso particolare. Si v. sul tema M.E. Katsh, O. Rabinovich-Einy, Digital Justice: Technology and the Internet of Disputes, cit., pp. 25 ss. 2. Cfr. C. Novelli, La giustizia nell’epoca della sua riproducibilità tecnica. Gli algoritmi predittivi e il processo, in Il diritto debole. Mutazione del diritto e nuove forme di normatività, a cura di M. Taroni, M. Ubertone, Giappichelli 2020, pp. 131-154, spec. p. 132 (nostra l’aggiunta dell’aggettivo ‘moderno’). 3. A. D’Amato, Can/should computers replace judges, in Ga. L. Rev., n. 5, 1976, pp. 1277-1301. 4. Si v.no le risultanze in C.K. Winter, The Challenges of Artificial Judicial DecisionMaking for Liberal Democracy, in Judicial Decision-Making, edited by P. Bystranowski et al., Springer International Publishing 2022, pp. 179-204. Per quanto riguarda il potenziale di sostituzione dei giudici umani da parte dell’IA, i ricercatori che si occupano di apprendimento automatico ritengono che ci sia il 50% di possibilità che l’IA superi gli esseri umani in tutti i compiti tra 45 anni e che automatizzi tutti i lavori umani nel 2100. K. Grace, J. Salvatier, A. Dafoe et al., Viewpoint: When Will AI Exceed Human Performance? Evidence from AI Experts, in Journal of Artificial Intelligence Research, n. 1, 2018, pp. 729-754.
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potenti strumenti di IA della costellazione del Machine Learning5 e delle Artificial Neural Networks, come il Deep Learning6, i quali, come è noto, hanno quale caratteristica principale il ‘miglioramento’ per via dell’impiego di forme di ‘apprendimento’ attraverso i dati7. Le IA possono oggi fornire diversi mezzi di supporto ai giudici. Si va dai rudimentali sistemi di IA che forniscono i formulari per le decisioni, i quali possono essere modificati e adattati alle diverse attività e ai tipi di decisione che il giudice deve prendere. Forme di IA più sofisticate vengono poi utilizzate, ad esempio, in Cina per indurre o correggere le decisioni giuridiche8. Come già ricordato, in molti paesi, per casi di minore 5. Il Machine Learning (apprendimento automatico) si riferisce a diverse metodologie per programmare macchine guidate da software per ‘imparare’ da sole e quindi migliorare e ottimizzare le loro funzioni. Gran parte della ricerca sull’apprendimento automatico si basa sul tentativo di imitare il cervello umano o su metafore neurologiche come le ‘reti neurali artificiali’. In generale sul tema v. S. Russell, P. Norvig, Artificial intelligence: a modern approach, IV ed., Pearson 2021. Sul rapport tra diritto e ML si v. K.D. Ashley, Artificial intelligence and legal analytics: new tools for law practice in the digital age, Cambridge University Press 2017 e H. Surden, Machine learning and law, in Wash. L. Rev., n. 1, 2014, pp. 87-116 per una migliore e più completa descrizione di questi processi e sistemi. 6. In generale, esistono tre modi per insegnare alle macchine ad apprendere: apprendimento ‘supervisionato’, apprendimento ‘non supervisionato’ e apprendimento ‘per rinforzo’. Ognuno di questi può comportare il «deep learning», che prevede l’uso di reti neurali artificiali all’interno della macchina per scomporre i dati e fare previsioni sul loro significato. La caratteristica propria dell’apprendimento profondo è quella di sfruttare la potenza di ‘calcolo’ (computazione) dei livelli nascosti delle reti neurali artificiali associandola a una «logica proposizionale». Questa è un sistema deduttivo che si basa sulla «struttura sintattica che governa le combinazioni e le coincidenze dei dati di input» e perciò consente di restituire un risultato in termini di ‘verità’ delle proposizioni associate. L’apprendimento profondo non è l’unico metodo in assoluto. Esistono inoltre diverse teorie matematiche, equazioni e metodi con cui le macchine apprendono. Qualunque sia il metodo, il ML è solitamente continuo, il che significa che l’uso dell’IA dovrebbe includere un processo di convalida continuo. Sul punto si v. T.M. Mitchell, Machine Learning, McGraw-Hill 1997. 7. Quando si progettano algoritmi di apprendimento automatico, gli ingegneri utilizzano tre tipi di set di dati di ML: dati di formazione, dati di convalida e dati di test. I dati di addestramento sono destinati all’intelligenza artificiale, etichettati e curati in modo che l’intelligenza artificiale possa analizzarli, imparare da essi e regolare la propria codifica per ottenere previsioni migliori. I dati di convalida sono destinati allo sviluppatore, che li utilizza per sottoporre a stress test la formazione del modello e decidere se aggiornare le impostazioni e le sensibilità. I dati di test costituiscono un’ultima fase di analisi; questi dati vengono utilizzati per il modello addestrato e messo a punto per valutarne l’adattamento ai dati e l’accuratezza complessiva. Op. ult. cit. 8. H. Roberts, J. Cowls, J. Morley et al., The Chinese approach to artificial intelligence: an analysis of policy, ethics, and regulation, in AI & society, n. 1, 2021, pp. 59-77.
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entità, come ad esempio le controversie sulle multe per eccesso di velocità, si impiegano già alcune forme di IA9. Esistono poi numerosi software capaci di predire il risultato di una controversia sulla base dei dati che vengono usati soprattutto dagli studi legali, ma che sono a disposizione anche dei giudici10. Tutte queste forme di IA attirano, come abbiamo visto nel capitolo primo, narrazioni contrastanti. Da un lato, c’è chi considera inevitabile una sempre più elevata tecnologizzazione del giudiziario11, chiedendo una rapida adozione di forme di automatizzazione da parte dei tribunali per svolgere meglio il loro ruolo pubblico12. Dall’altro, vengono sollevate preoccupazioni sul fatto che le IA, se utilizzate in qualsiasi processo decisionale, potranno determinare pregiudizi e discriminazioni, dando così origine a danni individuali e collettivi13. La dottrina ha notato che, quando i sistemi di IA supportano le attività dei giudici, spesso sollevano più problemi di quanti ne risolvono. Alcuni addirittura sottolineano la «brutalità» dei sistemi ibridi uomomacchina, che abbinerebbero la disumanità della giustizia basata sul software con una presenza umana solo ‘simbolica’14. Altri sottolineano i rischi di «automation bias» o di «anchoring bias»15. 9. K.D. Ashley, Artificial intelligence and legal analytics: new tools for law practice in the digital age, cit. 10. T. Sourdin, Judges, Technology and Artificial Intelligence, cit. 11. E. Volokh, Chief Justice Robots, cit.; T. Sourdin, R. Cornes, Do judges need to be human? The implications of technology for responsive judging, cit. 12. Si v. infra multis M. Zalnieriute, F. Bell, Technology and the Judicial Role, cit.; B. Alarie, A. Niblett, A.H. Yoon, How artificial intelligence will affect the practice of law, in Univ Toronto L J, n. 1 (supplement), 2018, pp. 106-124; F. Fagan, S. Levmore, The impact of artificial intelligence on rules, standards, and judicial discretion, in S. Cal. L. Rev., n. 1, 2019, pp. 1-36; R.E. Susskind, Online Courts and the Future of Justice, cit. 13. M.A. Malek, Criminal courts’ artificial intelligence: the way it reinforces bias and discrimination, in AI and Ethics, n. 2, 2022, pp. 233-245; N. Lettieri, Contro la previsione. Tre argomenti per una critica del calcolo predittivo e del suo uso in ambito giuridico, in Ars interpretandi, n. 1, 2021, pp. 83-96. 14. T. Wu, Will artificial intelligence eat the law? The rise of hybrid social-ordering systems, in Colum. L. Rev., n. 7, 2019, pp. 2001-2028. 15. Se l’essere umano si fida troppo del sistema e approva le conclusioni dell’algoritmo nonostante prove contraddittorie o risultati chiaramente ingiusti. Inoltre, c’è il rischio che, se i giudici umani devono affrontare un maggiore scrutinio o una critica nel caso in cui decidano contro una raccomandazione dell’algoritmo, siano consapevolmente o inconsapevolmente incentivati a decidere sempre come ha suggerito l’IA. A questa preoccupazione si collega la possibilità che i giudici impegnati siano inclini ad accettare semplicemente il materiale di supporto dell’IA e che tale approccio possa risultare in un
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Spesso tali strumenti tecnologici, che possono essere creati da società private e protetti da segreti commerciali, non sono soggetti agli stessi meccanismi di responsabilità o supervisione di altri attori pubblici nei nostri ordinamenti legali, inclusi, in particolare, i giudici, con problemi che toccano al cuore la separazione dei poteri16. Gli studiosi che si sono concentrati sui problemi nel contesto del processo decisionale amministrativo, che è stato automatizzato in misura maggiore rispetto ad altre aree del diritto, pur evidenziando i profili di elevata pericolosità che le decisioni amministrative automatizzate avrebbero, in fondo sono riusciti – con qualche cautela – ad accettare l’impiego delle IA per molte attività che non richiedono solo una discrezionalità tecnica17. Nell’ambito del processo la situazione è parzialmente diversa. Si incontrano problemi più profondi, questioni di principio e sistematiche che l’avvento del digitale pone per il diritto e la giurisdizione. Innanzitutto, il rilievo e l’impatto costituzionale che l’adozione di sistemi di intelligenza artificiale determina per i diritti e le libertà della persona che il sistema delle tutele giurisdizionali deve garantire18. In secondo luogo, la considerazione che i giudici non sono solo dei ‘decisori’ e che anche le decisioni possono essere di diversa natura: sia procedurali che sostanziali; decisioni in fatto e decisioni in diritto che possono richiedere diversi livelli di discrezionalità; decisioni su eventi passati e su ciò che potrebbe pregiudizio di ‘ancoraggio’. Il rischio opposto – la sfiducia – può verificarsi anche se il decisore umano non è disposto ad accettare le raccomandazioni dell’algoritmo, nel qual caso la società avrebbe investito troppo in infrastrutture inutili. Il risultato finale potrebbe introdurre una maggiore imprevedibilità nel processo decisionale rispetto a un giudice umano che agisce da solo. R. Crootof, “Cyborg Justice” and the Risk of Technological-Legal Lock-in, in Colum. L. Rev. Online, n. 1, 2019, pp. 233-251. 16. R. Wexler, Life, liberty, and trade secrets: Intellectual property in the criminal justice system, in Stan. L. Rev., n. 5, 2018, pp. 1343-1429. 17. In Italia questo è il discrimine tra la decisione del T.a.r. per il Lazio, sez. III-bis, sentenza 13 settembre 2019, n. 10964 e la decisione del Consiglio di Stato 8 aprile 2019, n. 2270, che dimostra di considerare positivamente l’uso nei procedimenti amministrativi delle nuove tecnologie informatiche e in particolare degli algoritmi, purché coerenti con i princìpi di efficienza ed economicità dell’azione amministrativa, con il principio costituzionale del buon andamento e chiaramente con la piena possibilità di verifica in sede giurisdizionale (artt. 24 e 113 Cost.). Per la dottrina straniera si v. C. Coglianese, D. Lehr, Regulating by Robot: Administrative Decision Making in the Machine-Learning Era, in Geo. LJ, n. 5/2017, pp. 1147-1223. 18. A. D’Aloia, Il diritto verso “il mondo nuovo”. Le sfide dell’Intelligenza Artificiale, cit.
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accadere in futuro. Inoltre, malgrado possa essere di estremo aiuto per velocizzare e rendere più efficiente l’intero meccanismo, l’automatizzazione delle fasi procedurali è molto diversa dall’automatizzazione di una decisione sostanziale19. Ciò richiede più cautela e consapevolezza delle implicazioni legate all’uso della tecnologia nel processo decisionale giudiziario20. La costruzione di un approccio sistemico al processo nell’età della tecnica presuppone, come si è detto, la consapevolezza che la tecnica, strumento di trasformazione della realtà finalizzato a determinati obiettivi, non è neutra e servente21, ma determina sempre un cambiamento della realtà alla quale è applicata22. Ogni tecnica ha il suo finalismo, che riguarda la scelta dei contenuti, dei modi e delle direzioni in cui si possono determinare tali trasformazioni23. Se ciò ha un grande valore nel campo del diritto per l’applicazione stessa delle regole giuridiche24, a maggior ragione ne ha nell’ambito del processo. L’esperienza quotidiana degli uffici, dei piani e dei progetti di informatizzazione ha indicato l’esistenza di un nesso inscindibile che lega «processi di informatizzazione giudiziaria e di riorganizzazione dei servizi», modi, forme, contenuti e tempi dell’esercizio della funzione giurisdizionale con l’attività di gestione del processo e la discrezionalità interpretativa del giudice25: le tecnologie digitali – specie quelle più evolute – presuppongono una conoscenza dei dati di base, una attribuzione di significato agli stessi in relazione ai valori e agli obiettivi perseguiti; 19. Si v. infra multis C. Coglianese, D. Lehr, Regulating by Robot: Administrative Decision Making in the Machine-Learning Era, cit.; B. Marchetti, Giustizia amministrativa e transizione digitale. Spunti per riflettere su un futuro non troppo lontano, in Una giustizia amministrativa digitale?, a cura di M. Ramajoli, il Mulino 2023, pp. 59-90; C. Casonato, Intelligenza artificiale e giustizia: potenzialità e rischi, cit. 20. M. Zalnieriute, L.B. Moses, G. Williams, The Rule of Law and Automation of Government Decision-Making, in The Modern Law Review, n. 3, 2019, pp. 425-455. 21. Risuona l’eco della prima delle sei leggi di M. Kranzberg, Technology and History: “Kranzberg’s Laws”, cit., secondo cui «la tecnologia non è né buona né cattiva; ma neanche neutrale». 22. M. Sciacca, Algocrazia e sistema democratico. Alla ricerca di una mite soluzione antropocentrica, cit., p. 1180. In generale sul tema H. Marcuse, Some social implications of modern technology, in Studies in Philosophy and Social Science, n. 3, 1941, pp. 414-439. 23. E. Severino, On the Meaning of Technology’s Domination, in Italian Philosophy of Technology, a cura di S. Chiodo, V. Schiaffonati, Springer 2021, pp. 69-82. 24. N. Irti, E. Severino, Dialogo su diritto e tecnica, cit. 25. M. Sciacca, Algocrazia e sistema democratico. Alla ricerca di una mite soluzione antropocentrica, cit., p. 1181.
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le tecnologie digitali applicate al processo sono capaci di riorganizzare il processo stesso, scartare alcune ipotesi e alcune prospettive, dettando e prescrivendo per il futuro, in modo fattualmente vincolante, le modalità di esercizio (o mancato esercizio) di un dato potere o funzione. Il problema relativo all’uso delle tecnologie dei dati nel processo diviene quindi una questione complessa, nella quale lo studioso è chiamato a valutare e ponderare diversi problemi in una matrice comune: la scelta delle tecnologie, la individuazione dei principi che occorre rispettare nella loro progettazione e impiego, la definizione dei rischi – soprattutto legati ai bias che le tecnologie determinano – e del modo di gestirli in situazioni critiche. Ultimo, ma non meno importante, è il regime delle responsabilità che per la gestione di tali attività si devono prevedere. Alla luce di tali considerazioni, nel presente capitolo ci muoveremo in tre direzioni. Nel primo paragrafo vedremo quale è lo stato della discussione sulle IA applicate ai processi. Nel secondo paragrafo descriveremo quale è la risposta normativa dell’Unione europea alle IA e in particolare quali regole sono previste per gli usi nel settore della giustizia nell’AI Act. Nel terzo paragrafo ci occuperemo dei principi etici elaborati dalla CEPEJ nell’ambito della Carta etica europea sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale nei sistemi giudiziari di cui abbiamo già parlato. Nel capitolo emergeranno, in modo esplicito o implicito, diverse tematiche che formano un ideale ventaglio di questioni sulle quali gli studiosi che stanno analizzando gli impieghi delle IA nei processi si stanno confrontando. L’esame di tali temi non avverrà in modo sistematico ma lungo tutta la trattazione: 1) il primo tema è l’«umanità» del giudicare; 2) il secondo tema riguarda i problemi di «trasparenza» e di «explainability»; 3) il terzo tema concerne la «trasformazione» e il cambiamento delle procedure determinato dagli usi dell’IA; 4) il quarto tema è l’annoso problema legato all’incommensurabile nesso tra diritto e codice informatico; 5) il quinto problema è relativo all’uso delle IA per giudicare fatti nuovi e non riferibili a decisioni precedenti, di cui non si parla solo negli ordinamenti di common law; 6) il sesto problema riguarda il modo con il quale creare ‘nuove regole giuridiche’ attraverso l’uso di regole elaborate riferendosi a fatti accaduti nel passato; 7) il settimo e ultimo tema concerne il rapporto tra etica e diritto.
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2. Dai sistemi esperti all’idea di una «giustizia digitale» Le applicazioni delle IA al processo sono oramai una realtà da alcuni anni. Tali sistemi e strumenti supportano l’attività dei giudici e compiono valutazioni del rischio fornendo una base di conoscenza per la determinazione della cauzione da parte dei giudici penali negli Stati Uniti d’America. In Cina, sono stati utilizzati dei software costruiti sulle IA per aiutare nell’accesso alle ‘Internet Courts’. L’Estonia ha sperimentato negli ultimi anni un programma in cui le cause civili di piccola entità vengono decise da un algoritmo. Lo stesso ha fatto il Canada con l’attività del CRT (per tutti gli esempi v. cap. IV). Tuttavia, la storia delle applicazioni dell’IA al processo risale almeno alla fine degli anni ’70 e allo sviluppo dei sistemi esperti26. Oggi, in un contesto del tutto cambiato, il desiderio di una giustizia «matematicamente pronosticabile»27 trae nuova linfa dall’implementazione di metodi di analisi predittiva realizzati dalle innovazioni nel campo delle intelligenze artificiali. 2.1. L’uso dell’IA nel sistema americano a partire dal caso COMPASS L’impiego delle IA in modo coerente con l’ordinamento giuridico e con il sistema giudiziario apre nuove possibilità e richiede una valutazione alla luce dei principi costituzionali già evidenziati nel capitolo primo e, in particolare, con il ‘giusto processo’. L’idea che sulla base dell’uso delle più moderne tecniche digitali si possa arrivare a immaginare macchine che sostituiscono l’uomo non solo nel ragionamento giuridico ma anche nella decisione giudiziaria non è affatto nuova. Senza scomodare filosofi del passato28, vedremo che già le prime applicazioni dei sistemi di IA al diritto sono avvenute proprio nel dominio della giustizia e del processo. Gli esperti di informatica giuridica già da anni immaginano tecniche di automazione del ragionamento giuridico e modelli che pos26. G. Sartor, L’intelligenza artificiale e il diritto, Giappichelli 2022, pp. 27 ss. 27. Ogni riflessione sulla ‘prevedibilità’ è destinata a evocare pensieri di carattere più generale sulla «certezza del diritto», come indica G. Gometz, La certezza giuridica come prevedibilità, Giappichelli 2005, passim. 28. Si v. G.W. Leibniz, Elementi di diritto perpetuo (1695), in Scritti politici e di diritto naturale, Utet 1951, pp. 134 ss., il quale è autore della prima proposta di riduzione dell’enigma abduttivo del processo in rigorosi termini matematici.
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sono applicare automaticamente le regole giuridiche ai casi concreti 29. Tali ricerche indagano la legittimità e fattibilità in linea di principio del ricorso all’IA nel dominio del diritto e i risvolti applicativi dell’impiego di tali tecniche30. Su questi presupposti si sono sviluppati tre grandi ambiti di indagine: la giurimetrica, che si occupa dell’uso della informatica per la produzione di norme giuridiche31, la giuritecnica, che si occupa della raccolta, conservazione e recupero mediante strumenti informatici di leggi, sentenze, ecc.32 e la giuscibernetica o informatica giuridica decisionale, che si occupa dell’applicazione di norme giuridiche attraverso l’uso di strumenti decisionali esperti, per pervenire alla formazione e alla modifica robotica di atti giurisdizionali33. Come vedremo nel corso di paragrafi successivi, nessuno di questi studi ha prodotto risultati sconvolgenti. L’idea che il diritto possa cambiare sulla base della applicazione ad esso di tecniche informatiche ha seguito un percorso diverso da quello originariamente immaginato, tanto che lo stesso nesso tra diritto e tecnologia ha preso strade diverse, in ragione del fatto che la diffusione delle tecniche digitali ha imposto nuove forme e strumenti di regolazione. Su di un piano scientifico siamo passati infatti dalla Technology Law (intesa come ambito a cui appartiene anche l’informatica giuridica) alla Law and Technology e alla Legal Technology34. 29. G. Taddei Elmi, Introduzione. Dall’informatica giuridica al diritto dell’informatica, in Intelligenza artificiale: algoritmi giuridici. Ius condendum o fantadiritto?, a cura di G. Taddei Elmi, A. Contaldo, Pacini giuridica 2020, pp. XI ss. 30. Una distinzione parzialmente diversa si trova in C. Bona, Sentenze imperfette: gli errori cognitivi nei giudizi civili, il Mulino 2010, p. 216. 31. La giurimetrica è la prima scienza che si è formata sulla base dell’intuizione del già ricordato lavoro di L. Loevinger, Jurimetrics--The Next Step Forward, in Minn. L. Rev., n. 5, 1948, p. 455. 32. V. Frosini, La giuritecnica: problemi e proposte, in Informatica e diritto, n. 1, 1975, pp. 26-35. All’interno di questa disciplina, secondo alcuni, potrebbero essere ricompresi – anche se tangenzialmente – anche gli studi di S. Rodotà, Elaboratori elettronici e controllo sociale, il Mulino 1973, i quali anticipano i temi legati alla protezione dei dati. 33. M.G. Losano, Giuscibernetica: macchine e modelli cibernetici nel diritto, Einaudi 1969. 34. Questi due ultimi settori condividono l’uso degli strumenti dell’informatica (soprattutto il Natural Language Processing e il Machine Learning) per svolgere compiti giuridici che prima svolgevano esclusivamente le persone. Per un approfondimento epistemologico sul punto si v. F. Di Porto, From BADs to BEDs. Algorithmic Disclosure Regulation. Theoretical aspects for empirical application, in Algorithmic Disclosure Regulation. Theoretical aspects for empirical application (June 23, 2020). Hebrew University of Jerusalem Legal
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Per comprendere gli studi recenti, vale la pena partire da una notazione cruciale che attiene alla differenza tra l’atto del decidere nel campo del diritto e nel campo delle scienze computazionali35. A tali fini ci avvarremo di quanto è patrimonio degli studiosi dell’IA in chiave giuridica oramai da circa quaranta anni. Sappiamo che gli sviluppi dell’IA sono stati caratterizzati fin dall’inizio dalla idea che quasi tutti gli aspetti della cognizione e delle competenze umane potessero essere suscettibili di una riproduzione attraverso modelli computazionali36. Quando nel 1936 Alan Turing introdusse per la prima volta i concetti di «computabilità» e di «macchina informatica», non si preoccupò solo di risolvere uno stretto problema matematico (quale effettivamente era) ipotizzando che «(p)ossiamo paragonare un uomo nel processo di calcolo di un numero reale a una macchina che è capace solo di un numero finito di condizioni»37. Turing in realtà era andato più avanti, immaginando che tutto potesse essere calcolabile e che quindi potesse esistere un parallelismo tra le macchine informatiche e l’intelligenza umana coinvolta nell’esecuzione di certi tipi di calcolo. Proprio in forza dei presupposti matematici iniziali, le prime applicazioni di IA si sono sviluppate nei c.d. domini formali, come la dimostrazione di teoremi, i quali sono relativamente separati dalla complessità dell’esperienza umana ordinaria; solo con i progressi successivi avvenuti nell’elaborazione del linguaggio naturale, nei sistemi esperti38, nella pianificazione, nella robotica e nel Research Paper, 2020, pp. 20-18; G. Pascuzzi, Scienze cognitive e formazione universitaria del giurista, in Sistemi intelligenti, n. 1, 2007, pp. 137-148; C. Bona, Sentenze imperfette: gli errori cognitivi nei giudizi civili, cit. 35. Una distinzione che ha un carattere intimamente “normativo”. Su tale punto di vista si v. M. Hildebrandt, Algorithmic regulation and the rule of law, in Phil. Trans. R. Soc. A, n. 2128, 2018, pp. 1 ss. 36. Tale parola deriva dal concetto di “computabilità”, cioè la possibilità di tradurre la soluzione di un problema in un insieme di passaggi dominati da regole sufficientemente precise o, meglio, in un algoritmo. Molto sinteticamente il passaggio teorico-pratico per arrivare alla computazione deriva dalle ricerche svolte nella prima metà del secolo scorso da A.M. Turing, Computing Machinery and Intelligence, in Mind, n. 236, 1950, pp. 433-460. I computer attuali funzionano infatti come delle vere e proprie machine di Turing, svolgendo operazioni in notazione binaria (0, 1), secondo la matematica di G. Boole, The mathematical analysis of logic, Macmillan 1847. 37. Cfr. A.M. Turing, On computable numbers, with an application to the Entscheidungsproblem, in Proceedings of the London mathematical society, n. 1, 1937, pp. 230-265, spec. p. 231. Nostra la traduzione. 38. «Un sistema esperto è uno strumento capace di rappresentare meccanismi cognitiva di un esperto in un ambito specifico. Più precisamente, si tratta di un software che
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ragionamento qualitativo si è ampliata la gamma di esperienze e comportamenti umani affrontati dall’IA39. Come per gli studi sull’IA, anche per il nesso tra IA e diritto è stato sempre molto difficile individuare quali fossero le tecniche e le relative aree di impiego40. Non è un caso che alle prime ricerche sui domini legali di routine – come le procedure amministrative che implicano l’applicazione diretta di regole chiare a fatti non controversi – hanno fatto seguito indagini che si sono concentrate su aree maggiormente complesse e impegnative del processo legale, le quali sono caratterizzate dal processo decisionale giudiziario41. Già questi primi studi – condotti tra gli anni ’70 e ’80 – hanno dimostrato i limiti dei sistemi esperti che si basano su computer seriali e muovono da una mera logica deduttiva42. Inoltre, da essi è emerso che
è capace di rispondere a domande, di elaborare ragionamenti basandosi su fatti noti e su regole». Cfr. CEPEJ, Carta etica europea sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale nei sistemi giudiziari e negli ambiti connessi, cit., p. 6. 39. Come ha rilevato G. Sartor, L’informatica giuridica e le tecnologie dell’informazione. Corso di informatica giuridica, Giappichelli 2016, p. 290, si trattava di «realizzare sistemi esperti capaci di risolvere in modo intelligente (utilizzando un’ampia base di conoscenze) problemi che richiedessero una particolare competenza (expertise), come quella di cui è dotato un esperto umano». Si elaborarono conseguentemente tecniche per la rappresentazione della conoscenza in forme tali da renderla elaborabile automaticamente e procedure per utilizzare ampie basi di conoscenza nella soluzione di problemi. Questi approcci a volte sono etichettati collettivamente come «GOFAI», cioè Good Old Fashioned AI. 40. A. Contaldo, F. Campara, Intelligenza artificiale e Diritto. Dai sistemi esperti “classici” ai sistemi esperti “evoluti”: tecnologia e implementazione giuridica, in Intelligenza artificiale: algoritmi giuridici. Ius condendum o fantadiritto?, a cura di G. Taddei Elmi, A. Contaldo, Pacini giuridica 2020, pp. 1 ss. 41. Esempi più recenti di strumenti di decisione applicati al diritto sono il modello SRL (Sistema per il ragionamento legale) elaborato alla fine degli anni ’80 o il sistema ReMida elaborato per permettere il calcolo automatico di varie figure di interessi (moratori, corrispettivi, compensativi) e della loro rivalutazione sulla base delle decisioni della giurisprudenza di legittimità italiana (G. D’Aietti, Rivalutazione monetaria ed interessi: rapporti reciproci e modalità di computo. ReMida expert system, Giuffrè 1990). 42. Recentemente G. Taddei Elmi, Introduzione. Dall’informatica giuridica al diritto dell’informatica, cit. pp. XII ss. ha ricordato che i risultati di questa prima attività dell’informatica giuridica sono come una «montagna che partorisce un topolino» in quanto la speranza di riprodurre sul calcolatore il ragionamento giuridico attraverso rappresentazioni della conoscenza di tipo logico, analogico e misto si scontravano con la vastità del materiale normativo da formalizzare per creare un sistema decente di decisione automatica e per la difficoltà di ridurre il linguaggio normativo, in prevalenza non univoco, in enunciati binari.
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nessun semplice algoritmo contente un concatenamento di regole o di pattern matching può modellare accuratamente il processo decisionale giudiziario, perché la magistratura ha il compito di produrre soluzioni ragionevoli e accettabili esattamente in quei casi in cui i fatti, le regole o il modo in cui si adattano rimangono controversi. Le decisioni giudiziarie sono, infatti, estremamente complesse. In esse, competenze legali altamente sofisticate si fondono con competenze cognitive ed emotive43; nel processo è centrale e «insormontabile» la discrezionalità del giudice e la naturale creatività della sua opera44; il processo è un rito difficilmente rinchiudibile all’interno delle rigide strutture di una macchina. Inoltre, molti dei concetti centrali nell’applicazione giudiziaria della legge – come il concetto stesso di «giustizia» – sono profondamente invischiati nel tessuto della vita umana e il ragionamento giudiziario combina diverse abilità cognitive, come valutare fatti, interpretare testi, fare analogie e impegnarsi in interazioni dialettiche. Oltre alla sua complessità, il processo decisionale giudiziario è anche caratterizzato dalla sua importanza sociale. È, infatti, il momento più caratteristico dell’esperienza giuridica. I singoli casi possono coinvolgere interessi importanti e sentimenti profondi; la loro soluzione influisce sulle aspettative di molte persone, anche esterne alla causa stessa, così come esso contribuisce a plasmare la comprensione del sistema legale da parte di molti. Ma c’è un elemento che vale più di tutti per qualificare in termini teorico-pratici il processo: il diritto non è solo quello che una legge impone e neanche come i decisori la applicheranno a specifiche situazioni fattuali45. Vi sono poi ostacoli tecnologici alla completa computabilità delle decisioni giuridiche derivanti dai limiti pratici del modo di ‘ragionare’ delle macchine46. Queste ultime tendono ad appiattire qualsiasi informazione da esse processata in una logica binaria e perciò molto limitata rispetto alle molteplici sfumature dei tratti caratteristici del pensiero umano47;
cit.
43. A. Garapon, J. Lassègue, La giustizia digitale. Determinismo tecnologico e libertà,
44. M. Luciani, La decisione giudiziaria robotica, cit., p. 882. 45. Ci riferiamo chiaramente alla nota prima pagina di H.L.A. Hart, The concept of law, I ed., Oxford University Press 1961. 46. Come ben argomenta S. Pietropaoli, Verso un legislatore non umano? Brevi riflessioni su alcuni problemi di diritto computazionale, in Oss. fonti, n. 2, 2022, pp. 397-410. 47. Se anche i sistemi più sofisticati possono arrivare a una tale mimetica del pensiero umano, manca tutta la parte relativa alle sfumature dell’intelligenza, oltre che alla
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elementi che vedremo non sono superati neanche dalle reti neurali e dagli sviluppi di queste ultime. Le caratteristiche dell’attività giudiziaria e i limiti pratici descritti e relativi alle regole della algebra booleana hanno fin da subito giustificato un approccio prudente alla computabilità delle decisioni giudiziarie48, al fine di ponderare bene i rischi potenziali di una sostituzione della discrezionalità giudiziaria con un modello computerizzato rigido49. Non è un caso, quindi, che i progetti di ricerca su IA e giustizia abbiano guardato in maniera molto dubbiosa ai tentativi di riprodurre il ragionamento discrezionale dei giudici attraverso formule matematiche. È per tali ragioni che anziché puntare sul sogno di costruire un «giudice-robot» – che abbiamo visto non sembra essere tramontato neanche oggi –, la ricerca sull’IA simbolica ha mirato a sviluppare strumenti tecnico-pratici a supporto delle attività giudiziarie e professionali 50, soprattutto quelle più routinarie e di entità minore o che «fossero dominate dalla logica deduttiva e caratterizzate da punti di partenza ben delimitati ed esprimibili in un linguaggio formale»51, nonché nuovi strumenti analitici per comprendere e modellare il processo decisionale giudiziario. Le applicazioni giuridiche che sfruttano i sistemi esperti hanno dimostrato che non si può «aspirare alla certezza confidando solo sulla logica deduttiva ma che comunque alcune fasi del processo decisionale potevano essere automatizzate per evitare gli errori e garantire l’univocità delle decisioni»52. Rimane il fatto che i primi strumenti elaborati sulla base dei sistemi esperti hanno dato vita (soprattutto) allo sviluppo delle banche dati giuridiche che tutti noi oggi utilizziamo in maniera massiccia. La generatività e sistematicità del pensiero umano (J.A. Fodor, Z.W. Pylyshyn, Connectionism and cognitive architecture: A critical analysis, in Cognition, n. 1-2, 1988, pp. 3-71). 48. J. Weizenbaum, Computer power and human reason: From judgment to calculation, W.H. Freeman and Company 1976. 49. D.H. Berman, C.D. Hafner, The potential of artificial intelligence to help solve the crisis in our legal system, in Communications of the ACM, n. 8, 1989, pp. 928-938; G. Sartor, L.K. Branting, Introduction: Judicial Applications of Artificial Intelligence, in Judicial applications of artificial intelligence, edited by G. Sartor, L.K. Branting, Kluwer 1998, pp. 1-5. 50. Si pensi al successo che in Italia ha avuto il sistema ReMida, di cui si è parlato supra, che partito dall’ambito degli interessi si è esteso anche al risarcimento del danno alla persona (G. D’Aietti, ReMida: danno alla persona, Giuffrè 2005). 51. Cfr. C. Bona, Sentenze imperfette: gli errori cognitivi nei giudizi civili, cit., p. 225. 52. Cfr. G. Sartor, L’informatica giuridica e le tecnologie dell’informazione. Corso di informatica giuridica, cit., pp. 286 ss.
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prima fase dell’Informatica giuridica, infatti, corrisponde alla vittoria dei sistemi di documentazione53. Una dinamica molto simile si è verificata nel campo delle professioni legali. Qui le prime esperienze di uso dell’IA hanno portato ad alcuni interessanti risultati già dagli anni ’8054. È dalla implementazione di questi sistemi che successivamente sono nate le esperienze più avanzate di strumenti per la ricerca giuridica con linguaggio naturale come ROSS o Lex Machina sviluppato da Lexis Nexis oppure TOGA 55. Si tratta in ogni caso di servizi molto specifici che, come i primi già implementati in passato, offrono ausilio per attività molto mirate nell’ambito delle professioni legali o per tipologie specifiche di cause56. Tali ‘agenti software’57 sono basati su una logica semantica e sono quindi lontani dallo sviluppare una logica cognitiva vera e propria. 53. G. Taddei Elmi, Introduzione. Dall’informatica giuridica al diritto dell’informatica, cit., p. XII. 54. Uno dei primi sistemi sviluppati, HYPO, era uno strumento per modellare l’argomentazione dei casi nel campo della legge statunitense sui «Trade Secrets». Il progetto è stato sviluppato da Rissland e Ashley con l’obiettivo di creare uno strumento per agevolare strategie argomentative su tre strati e per eseguire i compiti chiave svolti dagli avvocati durante l’analisi dei precedenti giudiziari. R.E. Susskind, Expert systems in law: A jurisprudential approach to artificial intelligence and legal reasoning, cit., pp. 168 ss., D. Simshaw, Ethical issues in robo-lawyering: The need for guidance on developing and using artificial intelligence in the practice of law, cit.; W.B. Wendel, The promise and limitations of artificial intelligence in the practice of law, cit.; E.L. Rissland, K.D. Ashley, R.P. Loui, AI and Law: A fruitful synergy, in Artificial Intelligence, n. 1-2, 2003, pp. 1-15; E.L. Rissland, K.D. Ashley, L.K. Branting, Case-based reasoning and law, in Knowledge Engineering Review, n. 3, 2005, pp. 293-298. Su tale esperienza v. anche G. Lupo, Regulating (Artificial) Intelligence in Justice: How Normative Frameworks Protect Citizens from the Risks Related to AI Use in the Judiciary, cit., pp. 77-78. 55. ROSS è stata una startup molto promettente di servizi legali avanzati che però ha dovuto chiudere l’attività per via di una rovinosa battaglia legale da parte delle aziende che mettono a disposizione materiale giurisprudenziale come Thomson Reuters. Lex Machina è invece ancora utilizzabile dietro pagamento di un abbonamento (https://lexmachina.com/). Toga è uno studio legale virtuale che aiuta soprattutto nel campo penale (https://toga. blog/). 56. Un’analisi molto interessante la si può trovare in G. Lupo, Regulating (Artificial) Intelligence in Justice: How Normative Frameworks Protect Citizens from the Risks Related to AI Use in the Judiciary, cit., pp. 77 ss.; O. Conetta, AI in the Legal Profession, in The Law of Artificial Intelligence, edited by M. Hervey, M. Lavy, Sweet & Maxwell 2021, pp. 523-557. In Italia il tema generale è stato toccato, con notazioni molto interessanti, da A. Punzi, Difettività e giustizia aumentata. L’esperienza giuridica e la sfida dell’umanesimo digitale, cit. 57. Descrive la categoria in generale G. Sartor, Gli agenti software e la disciplina giuridica degli strumenti cognitivi, in Dir. inform. informatica, n. 1, 2003, pp. 55-88.
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Essi si imperniano su un meccanismo di ricerca basato sul «semantic web»58 che, come è noto, consente di associare documenti e dati in modo efficiente59. 2.2. Usi e limiti dell’IA applicata alla giustizia La dottrina sottolinea da anni i vantaggi e gli svantaggi che possono derivare dalla integrazione delle IA nelle attività decisionali che si svolgono all’interno del processo. Si evidenzia come attraverso questi strumenti si realizzerebbe una maggiore velocità, efficienza e stabilità delle decisioni, oltre che la neutralità delle stesse e la possibilità di evitare l’alta incidenza degli errori giudiziari60. Alcune inchieste giudiziarie, condotte soprattutto da giornalisti negli Stati Uniti (per es. il noto caso Loomis di cui si parlerà in seguito), hanno indicato che i software usati dai giudici per individuare il «criterio di giustificazione» della decisione in diritto (non i fatti) possono produrre notevoli effetti discriminatori per effetto delle generalizzazioni empiriche e dei fattori di condizionamento economico-sociali degli algoritmi predittivi61. In risposta a tali impieghi è sorto un grande movimento di opi58. Il «semantic web» fu inventato dallo stesso Tim Berners-Lee, l’informatico britannico che, insieme a Robert Cailliau, ha inventato il World Wide Web. 59. G. Pasceri, La predittività delle decisioni. La funzione giurisprudenziale e la responsabilità delle parti nell’utilizzo dell’intelligenza artificiale, cit., pp. 117 ss. 60. C. Cavaceppi, L’intelligenza artificiale applicata al diritto penale: criticità attuali e prospettive future, in Intelligenza artificiale: algoritmi giuridici. Ius condendum o fantadiritto?, a cura di G. Taddei Elmi, A. Contaldo, Pacini giuridica 2020, pp. 100-101. 61. Nei sistemi di Machine Learning e, soprattutto, nel caso del Deep Learning, l’uso di algoritmi non deterministici comporta che non è possibile comprendere, recte, ricostruire ex post dall’output algoritmico l’iter logico seguito dalla macchina per raggiungere l’obiettivo assegnato, operando il sistema sulla base di un complesso data set navigato in modo autonomo dal software stesso sulla base di inferenze, induzioni e correlazioni/ regolarità di natura statistica e non. Quello che abbiamo già indicato come il fenomeno della black box, cioè il massimo livello di opacità che contraddistingue alcuni sistemi di IA, rende imperscrutabile, anche agli occhi degli stessi programmatori e sviluppatori, il loro meccanismo di funzionamento e il percorso seguito nella elaborazione degli input per arrivare ai risultati. Una chiara ed efficace spiegazione di questi problemi si può trovare in J. Mumford, K. Atkinson, Machine learning and legal argument, disponibile in CEUR Workshop Proceedings, 18/1/2023, http://livrepository.liverpool.ac.uk/3135748/1/ CMNA_2021.pdf. Per la dottrina americana si v. S.B. Starr, Evidence-based sentencing and the scientific rationalization of discrimination, in Stanford law review, n. 4, 2014, pp. 803-872.
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nione62, prima ancora che di indagine scientifica63, tendente a dimostrare che l’impiego dell’IA nel processo, soprattutto penale, dovrebbe essere accompagnato da numerose garanzie e cautele rivolte a capire l’effettiva potenza di tali strumenti64. L’esito di questa stagione ha come punti di confluenza in Europa, da un lato, la Carta etica della CEPEJ (di cui si parlerà infra), la Comunicazione della Commissione europea del 2018 sulla «Artificial Intelligence for Europe»65, e le norme sui rischi delle IA previste nell’«AI Act» (di cui ci occuperemo infra). Prima di analizzare le più recenti evoluzioni della interazione uomomacchina nel settore giustizia, dobbiamo soffermarci sulla tecnologia che ha permesso di raggiungere tali risultati e di come essa sia emersa un po’ per caso sulla base dell’evoluzione della capacità di calcolo delle macchine, dell’avanzamento scientifico e della diffusione di internet66. Dopo alcuni anni di crisi, dovuti alla sostanziale inconcludenza dei sistemi esperti di IA (un periodo chiamato dagli esperti «inverno» dell’IA)67, tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del nuovo secolo, il sorprendente aumento della potenza dei computer ha incontrato la produzione massiccia di dati della rete che, non solo funzionava grazie ad applicazioni informatiche sempre più intelligenti, ma offriva un’enorme quantità di informazioni in formato digitale alle quali applicare le stesse tecniche di IA68. 62. J. Larson, S. Mattu, L. Kirchner et al., How we analyzed the COMPAS recidivism algorithm, in ProPublica, n. 5, 2016. 63. A.L. Washington, How to argue with an algorithm: Lessons from the COMPASProPublica debate, in Colo. Tech. LJ, n. 1, 2018, p. 131. 64. Il valore ‘politico’ dell’uso di tali strumenti è sottolineato con grande chiarezza da P.D. König, G. Wenzelburger, When Politicization Stops Algorithms in Criminal Justice, in The British Journal of Criminology, n. 3, 2021, pp. 832-851. 65. European Commission, Communication on Artificial Intelligence for Europe, COM(2018) 237 final, 25/4/2018 (https://digital-strategy.ec.europa.eu/en/library/ communication-artificial-intelligence-europe). 66. Sugli sviluppi che hanno permesso tale situazione e che potrebbero portare al superamento dell’intelligenza umana da parte dell’IA, denominata “singolarità”, si v. D. Orban, Singolarità: con che velocità arriverà il futuro, Hoepli 2015; R. Kurzweil, La singolarità è vicina, Maggioli 2008. 67. A questo proposito è molto interessante una critica agli studi sull’IA applicata al processo svolta verso la fine degli anni ’90 da M. Taruffo, Judicial decisions and artificial intelligence, in Artificial Intelligence and Law, n. 1, 1998, pp. 207-220, spec. pp. 316 ss. nel quale l’autore esprime un impietoso giudizio nei confronti degli studi di IA applicata al processo dicendo che i modelli elaborati sarebbero “basically false as a description and inappropriate as a prescriptive model for judges”. 68. Come ricorda G. Sartor, L’informatica giuridica e le tecnologie dell’informazione. Corso di informatica giuridica, cit., p. 294 “(l)e tecniche di intelligenza artificiale hanno
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Sebbene l’araba fenice dell’IA «generale» non sia stata ancora trovata e la c.d. ‘singolarità’ rimanga ancora nel regno della fantascienza69, l’attuale generazione di IA ha dimostrato di poter superare l’abilità umana in molti campi70. La forma più diffusa di IA si basa oggi sulle Artificial Neural Network, sistemi di elaborazione dell’informazione il cui funzionamento trae ispirazione dai sistemi nervosi biologici71. L’approccio «connessionista»72, come appunto chiamano gli informatici quei sistemi a cui appartengono anche le reti neurali, è molto più potente dei vecchi sistemi esperti tradizionali. Il modello a cui l’approccio connessionista si ispira è il cervello ed è per questo che si parla di sistemi (esperti) biologici73. È in questo momento che è diventato più semplice e comodo usare l’IA per supportare decisioni, anche in condizioni di incertezza o di opinabilità (si pensi al settore delle previsioni metereologiche, ai mercati finanziari e, appunto, al settore del diritto). Superata l’idea di un sistema intelligente capace solo di rispondere a domande sulla base di informazioni già registrate al suo interno, la ricerca si è rivolta verso macchine che sapessero «elaborare informazioni, ma anche ricercare le informazioni rilevanti, percepirle esaminando l’ambiente e agire sulla base degli obiettivi a essi assegnati, possibilmente interagendo con altri agenti dello stesso tipo o con interlocutori umani»74.
trovato impiego in diversi strumenti per la rete: motori di ricerca, sistemi che forniscono raccomandazioni agli utenti, sistemi per la costruzione di siti Web, agenti software per la ricerca di informazione e l’effettuazione di transazioni commerciali, ecc.”. 69. B. Goertzel, Artificial general intelligence: concept, state of the art, and future prospects, in Journal of Artificial General Intelligence, n. 1, 2014, pp. 1-48. 70. S.M. McKinney, M. Sieniek, V. Godbole et al., International evaluation of an AI system for breast cancer screening, in Nature, n. 7788, 2020, pp. 89-94. 71. D. Floreano, C. Mattiussi, Manuale sulle reti neurali, II ed., il Mulino 2002. 72. J.A. Fodor, Z.W. Pylyshyn, Connectionism and cognitive architecture: A critical analysis, cit. 73. Sul punto si v. D. Floreano, Bio-Inspired Artificial Intelligence: Theories, Methods, and Technologies, MIT Press 2008. Come è stato ricordato, i sistemi connessionisti, e le reti neurali in particolare, hanno offerto una nuova prospettiva «per affrontare compiti del senso comune (come il riconoscimento di immagini o di volti) per i quali mancano modelli teorici precisi, ma anche per compiti specialistici attinenti al riconoscimento, alla luce di esperienze precedenti, di caratteristiche non definibili con precisione (come la rischiosità di un’operazione finanziaria, la probabilità che un soggetto incorra in un sinistro, ecc.)». Cfr. G. Sartor, L’informatica giuridica e le tecnologie dell’informazione. Corso di informatica giuridica, cit., p. 293. 74. G. Sartor, op. ult. cit., p. 293.
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Malgrado la tecnologia relativa (il Machine Learning, anche ML) esistesse già da tempo, è stato solo dalla fine degli anni ’90 che essa è stata utilizzata in maniera efficace all’interno di programmi che imitavano il funzionamento della mente, le Artificial Neural Networks (più o meno profonde)75. L’impiego di approcci di ML all’interno di reti neurali ha permesso di generalizzare l’uso dell’IA, potendosi applicare a più situazioni sulla base di diversi set di dati76. Gli sviluppi dell’intelligenza artificiale hanno determinato numerosi risultati e il possibile impiego di queste tecniche oltre la mera idea della imitazione di un sistema intelligente77. Nel campo della previsione giudiziale – di cui ci occuperemo infra – è stato utilizzato soprattutto il ML supervisionato o semi-supervisionato che impiega un set di dati di addestramento, in cui determinati input generano output noti e l’algoritmo di guadagno riduce al minimo l’errore nella previsione dell’output78. Alla evoluzione e all’uso di queste tecnologie, come vedremo, hanno fatto eco le voci di coloro che hanno evidenziato i numerosi rischi connessi a queste nuove tecnologie, specie se utilizzate per le previsioni in
75. Sulla nozione di reti neurali si v. R. Cucchiara, L’intelligenza non è artificiale. La rivoluzione tecnologica che sta già cambiando il nostro mondo, Mondadori 2021. 76. L’intelligenza artificiale con reti neurali è dotata di maggiore robustezza, flessibilità, di una certa capacità di generalizzazione e della possibilità di recuperare più informazioni da dati incompleti perché adatta ad apprendere. Le tecniche di apprendimento sono le più varie e sono evolute nel tempo (es. supervisionato o non supervisionato o per rinforzo) sulla base dello sviluppo della tecnologia. Difatti, alle reti neurali semplici oggi si sono aggiunte le Deep Neural Networks, che sono composte da un grande numero di strati di «neuroni» in sequenza. La Commissione europea definisce l’«apprendimento profondo» come «un elemento rivoluzionario per l’intelligenza artificiale, che ha comportato un incredibile miglioramento delle prestazioni per compiti specifici quali il riconoscimento di immagini o vocale o la traduzione automatica». Cfr. Commissione Europea, L’intelligenza artificiale per l’Europa, COM(2018) 237 final (https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX%3A52018DC0237), p. 10. E. Francesconi, Intelligenza artificiale e diritto tra scienza e fantascienza, in Il ragionamento giuridico nell’era dell’intelligenza artificiale, a cura di S. Dorigo, Pacini giuridica 2020, pp. 1-9; C. Bona, Sentenze imperfette: gli errori cognitivi nei giudizi civili, cit. 77. Una lista delle applicazioni più recenti è fornita da G. Sartor, L’informatica giuridica e le tecnologie dell’informazione. Corso di informatica giuridica, cit., p. 294. 78. L’apprendimento supervisionato su dati categoriali è spesso chiamato classificazione. Negli algoritmi di apprendimento non supervisionato, le coppie input-output sono sconosciute. S. Russell, P. Norvig, Artificial intelligence: a modern approach, cit.
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ambito legale79. I sistemi di previsione giudiziale che utilizzano approcci di ML sono sicuramente molto efficaci ma sfidano la comprensione umana e aprono a risultati imprevedibili, forieri di limitazioni della equità, trasparenza e comprensibilità, oltre che della legalità e della protezione dei diritti80. Ad esempio, l’impiego massiccio dell’IA ha determinato nuovi problemi di sicurezza e numerose questioni legate alla protezione dei dati personali81. Per mitigare tali effetti, sono stati ideati nuovi quadri di governance dell’intelligenza artificiale82, sono stati scritti codici etici e hanno iniziato a emergere normative specifiche per la regolazione degli usi dell’IA, anche nei sistemi giudiziali83. 2.3. L’uso delle IA nel settore legale: esperimenti di «giustizia predittiva» Negli ultimi anni, in contemporanea alla digitalizzazione dei processi, si è sviluppata la trasformazione digitale delle professioni legali. Anche le attività degli avvocati e degli studi legali hanno abbracciato forme di automatizzazione, sgravando così queste categorie dal compimento di attività routinarie o meramente tecniche all’interno del settore giustizia84.
79. F. Pasquale, G. Cashwell, Prediction, persuasion, and the jurisprudence of behaviourism, in University of Toronto Law Journal, n. supplement 1, 2018, pp. 63-81; K.D. Ashley, A Brief History of the Changing Roles of Case Prediction in At and Law, in Law in context, n. 1, 2019, p. 93; D.L. Chen, Machine learning and the rule of law, in Revista Forumul Judecatorilor, n. 1, 2019, p. 19. 80. F. Pasquale, The Black Box Society: The Secret Algorithms that Control Money and Information, Harvard University Press 2015. 81. Si v. infra multis F. Pizzetti, Intelligenza artificiale e protezione dei dati personali, in Intelligenza artificiale, protezione dei dati personali e regolazione, a cura di Id., Giappichelli 2019, pp. 5-189; S. Calzolaio, Protezione dei dati personali, in Dig. Disc. Pubbl., Aggiornamento, Utet 2017, pp. 594 ss. 82. Si v. a questo proposito A. Taeihagh, Governance of artificial intelligence, in Policy and Society, n. 2, 2021, pp. 137-157 ss. 83. L. Floridi, The European Legislation on AI: a Brief Analysis of its Philosophical Approach, in Philosophy & Technology, n. 2, 2021, pp. 215-222 ss. 84. Lo stesso principio vale anche per la pubblica amministrazione, come ricorda il Consiglio di Stato nella sentenza n. 881 del 4 febbraio 2020. Tale posizione è ripresa in termini teorici da F. Patroni Griffi, La decisione robotica e il giudice amministrativo, cit., pp. 165 ss.
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Nell’ambito delle professioni legali sono stati progettati e sperimentati una serie di strumenti prototipali il cui scopo principale è indagare la possibilità reale che potenti macchine possano suggerire ai giudici una parte o tutta la decisione da prendere in determinate circostanze85. Si tratta in questi casi prevalentemente di «sistemi predittivi di esiti», cioè algoritmi che predicono la soluzione di casi giudiziari, i quali possono essere essenzialmente di tre tipi86 : (a) sistemi che predicono sulla base di caratteristiche non correlate al merito di un caso87; (b) sistemi che predicono sulla base della descrizione testuale di un caso88 ; (c) sistemi che predicono sulla base di fattori giuridici rilevanti89. Nell’ambito professionale sono stati messi in atto soprattutto «sistemi esperti evoluti». L’esempio più interessante è costituito dagli algoritmi che prevedono la probabilità della recidiva90, i quali hanno determinato notevoli problemi nella loro applicazione pratica (v. infra). Sempre all'interno di tale ambito rientrano anche i software per gli avvocati attraverso i quali inquadrare fattispecie, stimare le possibilità di successo di un’azione, redigere contratti e atti giudiziari91. Le nuove «Legal Analityc Tasks»92 (attività) svolte attraverso l’ausilio dell’IA comprendono la: classification (comprensivo della contract 85. Interessante a questo proposito il grande lavoro scientifico che è stato svolto con riguardo alla giurisprudenza CEDU. M. Medvedeva, M. Vols, M. Wieling, Using machine learning to predict decisions of the European Court of Human Rights, in Artificial Intelligence and Law, n. 2, 2020, pp. 237-266. 86. Per questa classificazione si v. H. Prakken, F. Bex, De juridische voorspelindustrie: onzinnige hype of nuttige ontwikkeling?, in Ars Aequi, n. 3, 2020, pp. 255-259. 87. D.M. Katz, Quantitative legal prediction-or-how i learned to stop worrying and start preparing for the data-driven future of the legal services industry, in Emory LJ, n. 4, 2012, pp. 909-966. 88. K.D. Ashley, S. Brüninghaus, Automatically classifying case texts and predicting outcomes, in Artificial Intelligence and Law, n. 2, 2009, pp. 125-165 ss. 89. Op. ult. cit., pp. 125 ss. 90. R. Berk, H. Heidari, S. Jabbari et al., Fairness in Criminal Justice Risk Assessments: The State of the Art, in Sociological Methods & Research, n. 1, 2021, pp. 3-44 ss. 91. Esempi molto interessanti a tale proposito sono Docracy, Luminance e Predictice. Si è già detto dei primi esempi sviluppati negli anni ’90 di banche dati che sfruttano anche il linguaggio naturale e di come questi servizi stiano piano piano avverando quella profezia affermata più di venti anni fa da R.E. Susskind, The Future of Law: Facing the Challenges of Information Technology, cit. e poi ripresa in anni più recenti in R.E. Susskind, Tomorrow’s lawyers: An introduction to your future, cit. 92. La classificazione che segue è ripresa da O. Conetta, AI in the Legal Profession, cit., pp. 560 ss.
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diligence e della eDiscovery – predictive tagging), l’assessment (comprensivo del contract assessment e del contract configuration), il monitoring, il predicting (comprensivo di litigation management e legal project management), e il diagnosing; ci sono poi la «configurazione e la pianificazione delle cause» sulla base di una serie di regole standard93, nonché la ‘modellizzazione’, cioè la generazione automatica di una fattispecie legale da dati espressi in modo non univoco o la individuazione delle evidenze che possono condurre a provare un fatto94. Tali sistemi – come abbiamo già visto in precedenza nel cap. II – hanno determinato una serie di problemi soprattutto in Francia, dove la raccolta di tutte le decisioni dei giudici di qualsiasi ordine e grado in formato open access ha generato difficoltà legate alla possibile lesione del diritto alla protezione dei dati personali delle parti e delle altre persone menzionate nelle sentenze, oltre che un problema di possibile ‘profilazione’ dei giudici95. Accanto ai sistemi esperti impiegati dagli avvocati vi sono anche i già citati sistemi a disposizione dei giudici per determinare fattori di rischio di criminalità, tra cui il tasso di recidiva da applicare nel caso di condanne per reiterazione di offese96. Tra i software usati dai giudici i più noti
93. Sono la configuration design e planning e la attribuzione dei carichi di lavoro in uno studio legale. Op. ult. cit., pp. 569-571. 94. Si tratta, come è ben immaginabile, dell’attività più complessa da affidare ad una macchina e che produce risultati minimi. Sul piano del case modelling più che del contract modelling si sono raggiunti migliori risultati. Si v. per esempio il software Casemap di Lexis Nexis (www.lexisnexis.com/en-us/products/casemap.page). 95. I problemi francesi dimostrano anche che il fenomeno attualmente si stia sviluppando al di fuori di ogni regolazione pubblica, come ben rileva T. Sourdin, Judges, Technology and Artificial Intelligence, cit., p. 273. 96. Il processo penale sta risentendo molto dell’influsso degli avanzamenti tecnologici, sia nella fase delle indagini sia nella fase successiva della decisione. Infra multis C. Burchard, L’intelligenza artificiale come fine del diritto penale? Sulla trasformazione algoritmica della società, in Riv. it. dir. proc. pen., n. 4, 2019, pp. 19091942; S. Signorato, Giustizia penale e intelligenza artificiale. Considerazioni in tema di algoritmo predittivo, in Riv. dir. proc., n. 2, 2020, pp. 605-616; M. Gialuz, Quando la giustizia penale incontra l’intelligenza artificiale: luci e ombre dei risk assessment tools tra Stati Uniti ed Europa, 29/5/2019 (www.penalecontemporaneo.it/d/6702-quando-lagiustizia-penale-incontra-l-intelligenza-artificiale-luci-e-ombre-dei-risk-assessment-too); S. Quattrocolo, Artificial Intelligence, Computational Modelling and Criminal Proceedings, Springer 2020.
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sono certamente COMPAS97, HART98 e TOGA99. Si tratta essenzialmente di strumenti che partono da una valutazione dei rischi per fornire ausilio in alcune decisioni giudiziarie di tipo penale100. Negli Stati Uniti, in particolare, i giudici hanno sempre maggiori e concrete possibilità di sfruttare il Machine Learning nell’ambito del processo penale101, soprattutto per decisioni che riguardano la fase cautelare (c.d. pre-trial decisions), per determinare la libertà su cauzione, o nella fase esecutiva (c.d. parole sentencing), ovvero per stabilire la pena da comminare sulla base degli elementi di prova forniti dall’accusa oppure la pericolosità sociale del reo102. 97. COMPAS è l’acronimo di «Correctional Offender Management Profiling for Alternative Sanctions». Tale strumento è venuto alla ribalta con il già ricordato caso Loomis. COMPAS consente al Dipartimento di correzioni e riabilitazione (CDCR) della California e del Wisconsin di utilizzare principi basati sull’evidenza al fine di fornire una programmazione riabilitativa ai detenuti a più alto e più basso rischio di recidiva (www. northpointeinc.com/files/downloads/FAQ_Document.pdf). 98. HART è l’acronimo di «Harm Assessment Risk Tool». Questo sistema di intelligenza artificiale è progettato per prevedere se i condannati corrono un rischio basso, moderato o alto di commettere ulteriori crimini in un periodo di due anni. L’algoritmo viene utilizzato dalle forze di polizia nel Regno Unito. Non decide se un sospettato debba essere tenuto in custodia, ma ha lo scopo di aiutare gli agenti di polizia a scegliere se una persona debba essere indirizzata a un programma di riabilitazione (chiamato “Checkpoint”) o meno. Su questo sistema di v. M. Oswald, J. Grace, S. Urwin et al., Algorithmic risk assessment policing models: lessons from the Durham HART model and ‘Experimental’proportionality’, in Information & Communications Technology Law, n. 2, 2018, pp. 223-250; J. Jose Medina Ariza, A. Robinson, A. Myhill, Cheaper, Faster, Better: Expectations and Achievements in Police Risk Assessment of Domestic Abuse, in Policing, n. 4, 2016, pp. 341-350. 99. TOGA (https://toga.cloud/) è il software di intelligenza artificiale sviluppato da un’azienda italiana che fornisce diversi tipi di informazioni relative alle procedure penali. Il sistema è stato sviluppato per supportare i pubblici ministeri, tuttavia può essere utilizzato anche da avvocati specializzati in materia penale. 100. Sui limiti di tali sistemi si v. infra multis M. Gialuz, Quando la giustizia penale incontra l’intelligenza artificiale: luci e ombre dei risk assessment tools tra Stati Uniti ed Europa, cit. Una interessante indagine a livello europeo è condotta sul tema da B. Custers, AI in Criminal Law: An Overview of AI Applications in Substantive and Procedural Criminal Law, in Law and Artificial Intelligence: Regulating AI and Applying AI in Legal Practice, edited by B. Custers, E. Fosch-Villaronga, Springer 2022, pp. 205-224. 101. M. Simon, A.F. Lindsay, L. Sosa et al., Lola v Skadden and the automation of the legal profession, in Yale JL & Tech., n. 1, 2018, pp. 234-310; A. Deeks, The judicial demand for explainable artificial intelligence, in Columbia Law Review, n. 7, 2019, pp. 1829-1850; G. Contissa, G. Lasagni, When it is (also) Algorithms and AI that decide on Criminal Matters: In Search of an Effective Remedy, in European Journal of Crime, Criminal Law and Criminal Justice, n. 3, 2020, pp. 280-304. 102. Alcuni di questi strumenti prendono il nome di «Risk Assessment Instruments» (RAI) o «Structured Professional Judgment» (SPJ). Su questi sistemi si v. G. Pasceri,
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I software più utilizzati a questo riguardo sono: LSI-R (Level of Service Inventory-Revised)103, PSA (Public Safety Assessment)104, SAVRY (Structured Assessment of Violence and Risk in Youth), PATTERN (Prisoner Assessment Tool Targeting Estimated Risk and Needs)105 e COMPAS (Correctional Offender Management Profiling for Alternative Sanctions). Il sistema COMPAS, della società Northpointe, è certamente tra i software – usati per calcolare il rischio di recidiva generale, il rischio di recidiva violenta, e il rischio di contumacia sulla base di sulla base di 137 indicatori utilizzati come input – che tengono conto di una molteplicità di fattori così riassumibili: a) precedenti penali (accuse correnti, procedimenti pendenti e precedenti giudiziari); b) personalità del reo e stile di vita (pregressa condotta processuale, uso di sostanze stupefacenti, fenomeni di alcolismo, ecc.); c) attitudini personali (capacità reddituale, tipo di impiego, ecc.); d) composizione famigliare (sussistenza di una stabile dimora, rapporti di coniugio o convivenza stabile, ecc.); e) emarginazione sociale (legami con la comunità, rapporti di vicinato, ecc.)106. L’uso di questi sistemi ha determinato non pochi problemi in fase applicativa per i diritti degli imputati coinvolti in tali operazioni. Il Procuratore generale degli Stati Uniti, Eric Holder, nel 2014, aveva già denunciato alla U.S. Sentencing Commission che gli algoritmi di decisione contenessero pregiudizi (bias), anche involontari, che minavano fortemente il principio di equità giudiziaria.
La predittività delle decisioni. La funzione giurisprudenziale e la responsabilità delle parti nell’utilizzo dell’intelligenza artificiale, cit., pp. 120 ss.; M. Palmirani, S. Sapienza, C. Bomprezzi, Il ruolo dell’Intelligenza Artificiale nel sistema giustizia: funzionalità, metodologie, principi, cit., pp. 12 ss. 103. LSI-R è finalizzato, in base ai dati input, a determinare il rischio di recidiva: con un rischio basso c’è il rilascio, mentre se il rischio è alto il reo viene trattenuto. 104. L’applicativo PSA si propone di formulare un giudizio prognostico circa il pericolo di fuga dell’incolpato o la possibilità di reiterare il reato, nonché la capacità di adempiere all’obbligazione fissata dal giudice per la liberazione su cauzione. 105. L’algoritmo è impiegato al fine di ridurre il recidivismo indirizzando meglio programmi di reinserimento sociale e altri servizi alle persone in custodia presso le prigioni federali, nell’ambito del c.d. First Step Act. 106. J. Larson, S. Mattu, L. Kirchner et al., How We Analyzed the COMPAS Recidivism Algorithm, in Pro Publica (www.propublica.org/article/how-we-analyzed-the-compasrecidivism-algorithm).
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Il caso più noto per ragioni di cronaca è accaduto nel Wisconsin, ed ha avuto come protagonista l’imputato Eric Loomis107, condannato dalla Corte della Contea di La Crosse a sei anni di reclusione grazie all’ausilio del citato software di calcolo del rischio di recidiva COMPAS108. La vicenda presenta numerosi aspetti problematici109. Alcuni sono relativi alla possibile discriminazione che deriva dall’impiego degli algoritmi che usano i dati personali degli imputati, altri alla impossibilità di vagliare in concreto l’idoneità del meccanismo di calcolo approntato e altri ancora alla astratta idoneità dei software di «fornire informazioni rilevanti per il giudizio sul pericolo di recidiva»110. Il caso Loomis mostra, inoltre, quanto sia divenuta rilevante la possibilità di «calcolare la credenza soggettiva fondata sulla probabilità di una certa ipotesi ricostruttiva alla luce di certi dati probatori»111. La vicenda tocca, infatti, i problemi connessi alla adozione di un approccio quantitativo alla verità probabile nel processo e al tentativo di affinare modelli di calcolo del peso probatorio e della probabilità delle ipotesi
107. Winsconsin Supreme Court, 13 luglio 2016, State vs. Loomis, case n. 2015AP157CR, 881 N.W. 2d 749 ss. (www.wicourts.gov/sc/opinion/DisplayDocument.pdf?content=pdf&seqNo=171690). 108. Il software aveva già considerato Loomis come un soggetto ad alto rischio sulla base del fascicolo dell’indagato e delle sue risposte ad un questionario. COMPAS funziona, infatti, attraverso un algoritmo che non prevede il rischio di recidiva individuale dell’imputato, ma elabora la previsione comparando le informazioni ottenute dal singolo con quelle relative ad un gruppo di individui con caratteristiche assimilabili. Sulla vicenda si v. G. De Minico, Internet: rules and anarchy. The test of algorithms, in Libertà in rete. Libertà dalla rete, Giappichelli 2020, pp. 263 ss. 109. Nella letteratura internazionale sono stati due i temi di maggiore discussione sul punto. Anzitutto, ci si è chiesti come fosse possibile che gli algoritmi utilizzati per valutare il tasso di probabilità di una recidiva fossero elaborati a partire da dati sui quali l’apprendimento algoritmico non è in grado di eliminare, bilanciare o rendere controllabili distorsioni e fallacie (S. van Schendel, The challenges of risk profiling used by law enforcement: Examining the cases of COMPAS and SyRI, in Regulating New Technologies in Uncertain Times, edited by L. Reins, Springer 2019, pp. 225-240). In secondo luogo, la dottrina si è domandata come fosse possibile che l’applicazione di dispositivi di automazione nelle decisioni giudiziarie collidesse con il principio del due process, il quale comprende il diritto all’accesso alle ragioni della decisione di cui il cittadino è titolare (A.L. Washington, How to argue with an algorithm: Lessons from the COMPAS-ProPublica debate, cit.). 110. Come rileva la nota editoriale dell’Harvard Law Review, Criminal Law, State v. Loomis: Wisconsin Supreme Court requires warning before use of algorithmic risk assessments in sentencing, n. 5, 2017, pp. 1530 ss. 111. C. Costanzi, La matematica del processo: oltre le colonne d’Ercole della giustizia penale, in Quest. giust., n. 4, 2018, p. 184.
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causali112, andando oltre ciò che ad esempio nel nostro ordinamento avevano sancito le Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza Franzese113. Le applicazioni di software come COMPAS sono il frutto di una vera e propria ‘rivoluzione’ in atto nel giudiziario114. Tanto i giudici quanto gli avvocati americani hanno a più riprese esaltato il ruolo dei risk assessment o actuarial analysis tools – riferiti ad ampi dataset per valutare la statistical correlation between a group trait and that group’s criminal offending rate – come opposed to a clinical evaluation115. L’approccio, infine, mostra tutto il rischio che, sulla presunzione di conformità dei casi attuali con quelli simili decisi in passato, si sacrifichino le specificità delle fattispecie concrete e si trasformi proprio il «ragionevole dubbio» in una mera «quantificazione statistica del margine di errore giudiziario ritenuto accettabile»116. Se dagli Stati Uniti ci spostiamo in Italia, appuriamo che sta facendo molto discutere in questi ultimi anni l’avvio di una serie di progetti, organizzati da parte di alcuni Tribunali e Corti d’appello italiani insieme 112. Il tema della possibilità di trasporre le logiche matematiche al ragionamento probatorio è antichissimo. Si v. l’interessante ricostruzione di F. Caprioli, L’accertamento della responsabilità penale ‘oltre ogni ragionevole dubbio’, in Riv. it. dir. e proc. pen., n. 1, 2009, pp. 56 ss. 113. Per capire quanto sta accadendo ci sembra fondamentale conoscere i presupposti relativi agli usi del digitale e dell’IA nel processo penale che toccano il problema dell’incertezza del giudizio probatorio e i rimedi per garantire una migliore probabilità dell’esito delle decisioni che ad esse si riferiscono. A tal proposito, si ricorda che, non solo in Italia (con la sent. delle sez. unite della Cassazione dell’11 settembre 2002, n. 30328, Franzese), la giurisprudenza ha compiuto un lungo percorso per sviluppare una teoria della probabilità che fosse in grado di razionalizzare l’incertezza sottesa al giudizio abduttivo. In questo orizzonte si sono scontrati approcci qualitativi e quantitativi alla probabilità e, come noto, sono stati i primi a prevalere. Lo ricorda il già citato lavoro di C. Costanzi, La matematica del processo: oltre le colonne d’Ercole della giustizia penale, cit., pp. 169 ss. 114. Interessante a questo proposito la lettura di M.L. Miller, A map of sentencing and a compass for judges: Sentencing information systems, transparency, and the next generation of reform, in Colum. L. Rev., n. 4, 2005, pp. 1351 ss. 115. Cfr. J.M. Hyatt, M.H. Bergstrom, S.L. Chanenson, Follow the evidence: Integrate risk assessment into sentencing, in Federal Sentencing Reporter, n. 4, 2011, pp. 266-268. Le sentenze americane nelle quali si esalta il ruolo dei risk assessment tools sono numerose. Si v. ad esempio la sentenza Malenchik 928 N.E.2d 564 (2010). Dalle parole dei giudici emerge che tali sistemi si basano su casi simili e leggi vigenti dei quali offrono solo una formale ‘matematizzazione’. Il tema è tuttavia antico come si legge già in F. Carnelutti, Diritto e processo, Morano 1958, p. 138. 116. C. Costanzi, La matematica del processo: oltre le colonne d’Ercole della giustizia penale, cit., pp. 185-186.
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a Università ed enti di ricerca, che utilizzano l’espressione «giustizia predittiva»117. Si tratta per lo più di iniziative sperimentali e di livello locale in materia di giustizia civile, di cui si hanno poche informazioni acquisite tramite semplici lanci di agenzia o attraverso le pagine web dei rispettivi progetti118. Lo scopo (dichiarato) delle iniziative è garantire agli avvocati e ai cittadini una migliore e più accessibile conoscenza della giurisprudenza per poter valutare preventivamente (non predittivamente119) la soluzione di un determinato caso ai fini della costruzione di un «diritto vivente» fondato su un più trasparente e lineare utilizzo delle fonti120. Per i giudici si prevede la possibilità di conseguire una più approfondita – perché aggregata – conoscenza della giurisprudenza in determinate materie, così da evitare in questo modo l’ipertrofia giudiziaria che deriva dalla mole esagerata del contenzioso su certe materie121. Viene da domandarsi quanto efficaci siano tali strumenti e se attraverso di essi si realizzi una funzione di prevedibilità maggiore di quella che gli avvocati (o addirittura le parti stesse) potrebbero raggiungere interrogando database giurisprudenziali già esistenti. Tali progetti, infatti, sembrano avere una forza essenzialmente informativa della giurisprudenza sia nei confronti dei cittadini sia nei confronti degli stessi giudici. Da ciò che è stato pubblicizzato fino ad ora, sembra di essere di fronte a delle potenzialità ancora tutte da esprimere, più che a dei veri e propri risultati122, così come già è stato rilevato con riguardo a progetti simili avviati 117. Per una ricognizione si v. M. Libertini, M.R. Maugeri, E. Vincenti, Giustizia predittiva e giurisdizione civile. Primi appunti, in www.astrid-online.it, n. 16, 2021. 118. Tra le prime Corti ad avviare questi progetti vi sono state Venezia, Brescia e Bari. Per la Corte d’appello di Venezia (www.corteappello.venezia.it/giurisprudenza-predittivaper_198.html); per la Corte d’appello di Brescia (www.giustiziabrescia.it/giustizia_ predittiva.aspx); Corte d’Appello di Bari (www.corteappello.bari.it/buone_prassi_4.aspx). Alcuni di questi progetti sono riportati da C. Castelli, D. Piana, Giustizia predittiva. La qualità della giustizia in due tempi, in Quest. giust., n. 4, 2018, pp. 153-165. 119. Appare molto discutibile la proposta di considerare la «giustizia predittiva» come la possibilità di prevedere l’esito di un giudizio tramite alcuni calcoli. Si v. L. Viola, Giustizia predittiva, in Treccani (www.treccani.it/enciclopedia/giustizia-predittiva_%28Dirittoon-line%29/). Il tema verrà ripreso infra con riguardo alla Carta etica della CEPEJ. 120. Il tema ricorda molto da vicino le ADR (Alternative Dispute Resolution). Si v. T.E. Frosini, Un diverso paradigma di giustizia: le “alternative dispute resolution”, in Rivista AIC, n. 2, 2011, pp. 47-64. 121. Si v. a questo proposito il progetto della Scuola Sant’Anna di Pisa in collaborazione con il Tribunale di Genova (www.predictivejurisprudence.eu/). 122. Vi sono potenzialità relative alla percezione della giustizia da parte delle persone, alle connessioni con l’impiego di strumenti alternativi di risoluzione delle contro-
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in altri paesi europei da tempo123. Tra l’altro, queste competenze dovranno essere considerate nel più ampio quadro degli investimenti del PNRR relativi alla creazione di grandi banche dati della giustizia124. Al momento quindi i risultati di tali progetti sembrano essere solo una evoluzione di banche dati ragionate e organizzate secondo criteri uniformi. Siamo molto lontani dal rischio che attraverso le IA si possa produrre un eccessivo ‘conformismo’ nel decidere125, considerati comunque gli effetti positivi che realizzerebbe la prevedibilità sulla riduzione del contenzioso126. Nel merito va evidenziato che i progetti di giustizia predittiva non dovrebbero omettere di far presente che, sebbene i computer aiutino a versie, alla quantità di sentenze di primo grado appellate e ai motivi relativi, come pure alla individuazione della giurisprudenza maggiormente controversa e infine al nesso che potrà esserci tra questi strumenti e la maggiore disponibilità dei dati derivante dalla digitalizzazione del processo ed in particolare dalle esperienze del processo telematico, oltre che la possibile integrazione di tali strumenti con le banche dati già esistenti, come già indicato dal CSM a partire dal 2017 con la delibera “Linee guida volte alla individuazione delle modalità di ricostituzione di una banca dati della giurisprudenza di merito”, poi oggetto di attuazione con la delibera 19 giugno 2019 e successivamente con la delibera 7 ottobre 2020. Le delibere sono interessanti e contengono numerose informazioni sulla costruzione della banca dati. Si v. sul punto C. Castelli, D. Piana, Giusto processo e intelligenza artificiale, cit., pp. 47 ss. 123. Si pensi a quanto sta avvenendo in Estonia (T. Kerikmäe, E. Pärn-Lee, Legal dilemmas of Estonian artificial intelligence strategy: in between of e-society and global race, in AI & SOCIETY, n. 2, 2020, pp. 561-572) o in Francia dove è stato creato un sistema DataJust atto a realizzare un trattamento automatizzato dei dati relativi alla liquidazione del danno alla persona. 124. In chiave critica si deve dire che non appare molto utile consentire ai Tribunali o alle Corti d’Appello di organizzarsi in modo autonomo senza iniziative pilota di formazione dei giovani magistrati sull’uso efficace delle banche dati. M. Libertini, M.R. Maugeri, E. Vincenti, Giustizia predittiva e giurisdizione civile. Primi appunti, cit., pp. 15-17. 125. Si v. il lucidissimo articolo di P. Curzio, Il giudice e il precedente, in Quest. giust., n. 4, 2018, pp. 37 ss. e più in generale i saggi di: N. Irti, Per un dialogo sulla calcolabilità giuridica, in Calcolabilità giuridica, a cura di A. Carleo, il Mulino 2017, pp. 17-28; R. Rordorf, Stare decisis: osservazioni sul valore del precedente giudiziario nell’ordinamento italiano, in Foro. it., n. 9, 2006, pp. 279 ss.; M. Nuzzo, Il problema della prevedibilità della decisione: calcolo giuridico secondo i precedenti, in Calcolabilità giuridica, a cura di A. Carleo, il Mulino 2017, pp. 137 ss. 126. Molto interessante sul punto è il documento elaborato dalla “XIII Assemblea nazionale degli osservatori sulla giustizia civile” del 2018 dove sono contenute delle proposte che potrebbero rappresentare, se sviluppate, alcuni degli aspetti su cui in futuro si potrà investire per rendere i processi civili più efficienti. Cfr. XIII Assemblea Nazionale degli Osservatori sulla Giustizia Civile “Equilibrio tra processo e autonomia privata”, Prevedibilità, predittività e umanità del giudicare, 9-10/6/2018 (www.lanuovaproceduracivile. com/wp-content/uploads/2018/10/osservatorigiustiziaPredittiva.pdf).
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portare una maggiore formalizzazione e coerenza nel processo decisionale, essi non possono determinare una perfetta «uniformità di giudizio» perché, tra l’altro, i risultati dipendono sia dalla capacità di calcolo della macchina sia dagli ‘input’ immessi a monte (anche quando le macchine sono progettate per imparare in maniera non supervisionata)127. Allo scopo di garantire una maggiore e migliore circolazione delle informazioni desta interesse la proposta di chi parla di una «predittività mite»128 intesa come la possibilità di far svolgere alla macchina il risultato automatizzato quando si tratti di verificare la sussistenza di requisiti formali. L’impiego di algoritmi di ML per realizzare modelli predittivi degli esiti di decisioni giudiziarie sulla base della descrizione testuale di un caso è stato l’oggetto di alcuni studi pubblicati negli ultimi anni129. Uno degli studi più interessanti è stato condotto da un gruppo di ricercatori britannici, le cui risultanze sono state pubblicate in un articolo scientifico apparso nel 2016130. Esso espone i risultati dell’indagine che questi studiosi hanno svolto su 584 decisioni della Corte europea dei diritti dell’uomo impiegando un potente algoritmo di Machine Learning. Gli esiti dello studio sono sorprendenti: dopo essere stata allenata con gli elementi principali dei casi provenienti dal dataset indicato131, la macchi-
127. A questo proposito si v. l’interessante contributo di M. De Felice, Calcolabilità e probabilità. Per discutere di ‘incontrollabile soggettivismo della decisione’, in Calcolabilità giuridica, a cura di A. Carleo, il Mulino 2017, pp. 37 ss. 128. D. Dalfino, Creatività e creazionismo, prevedibilità e predittività, cit. 129. Un gruppo di ricercatori americani ha costruito un modello per ‘prevedere’ l’esito delle sentenze della Corte Suprema degli Stati Uniti (D.M. Katz, M.J. Bommarito, J. Blackman, A general approach for predicting the behavior of the Supreme Court of the United States, in PLOS ONE, n. 4, 2017, pp. e0174698). Su iniziativa del Ministero della giustizia, le Corti d’appello di Rennes e Douai hanno concordato di testare su vari casi d’appello, nella primavera del 2017, una versione di un software predittivo di analisi delle decisioni in materia civile e commerciale di tutte le corti d’appello francesi. Si v. sulle iniziative i commenti di S. Gaboriau, Libertà e umanità del giudice: due valori fondamentali della giustizia. La giustizia digitale può garantire nel tempo la fedeltà a questi valori?, cit. e C. Barbaro, Uso dell’intelligenza artificiale nei sistemi giudiziari: verso la definizione di principi etici condivisi a livello europeo?, in Quest. giust., n. 4, 2018, pp. 189-195. 130. N. Aletras, D. Tsarapatsanis, D. Preoţiuc-Pietro et al., Predicting judicial decisions of the European Court of Human Rights: a Natural Language Processing perspective, in PeerJ Computer Science, n. 2, 2016, pp. 2-19; M. Medvedeva, M. Vols, M. Wieling, Using machine learning to predict decisions of the European Court of Human Rights, cit.; E. Gabellini, La “comodità nel giudicare”: la decisione robotica, in Riv. trim. dir. proc. civ., n. 4, 2019, pp. 1305-1326. 131. Relativo alla giurisprudenza formatasi con riguardo agli artt. 3, 6 e 8 della CEDU.
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na riusciva a predire la soluzione – per quelle stesse tipologie di controversie – (in media) nel 79% dei casi132. La predizione ottenuta si basava sul testo delle sentenze pubblicate e non considerava il rapporto con i ricorsi o le memorie presentate dalle parti. I ricercatori, infatti, specificano nei disclaimer dell’articolo che hanno utilizzato le sentenze pubblicate come proxy per il materiale a cui non potevano avere accesso e che, se avessero ragionato su casi non ancora decisi, avrebbero dovuto impostare diversamente il lavoro133. Non c’è nulla di ‘predittivo’, quindi, almeno se usiamo tale termine nel senso di immagine o anticipo del futuro134. Si tratta semplicemente di sistemi semi-automatici per fornire ausili al giudice che non eliminano la necessità del giudizio umano135. Il lavoro dei ricercatori britannici ci consente anche di analizzare il cuore delle questioni attuali relative all’impiego delle tecnologie nel processo. Il problema, per come ci appare, non è se l’uso di una tecnologia dotata di una potentissima capacità di calcolo potrà soppiantare la giustizia umana o se sia possibile modellare matematicamente una legge e im132. La macchina era stata programmata su diversi elementi costitutivi delle sentenze della Corte: i fatti, l’applicazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e il dispositivo (binario: violazione o non violazione). La frequenza della presenza di gruppi lessicali coerenti è stata, poi, registrata in una banca dati e confrontata con la violazione (o meno) della Convenzione. Cfr. C. Barbaro, Uso dell’intelligenza artificiale nei sistemi giudiziari: verso la definizione di principi etici condivisi a livello europeo?, cit. 133. Un conto è avere una sentenza già pronta da confrontare, un conto è immaginare che la macchina sulla base del ricorso possa emettere la sentenza. Sui limiti dell’esperimento condotto si v. N. Aletras, D. Tsarapatsanis, D. Preoţiuc-Pietro, V. Lampos, Predicting judicial decisions of the European Court of Human Rights: a Natural Language Processing perspective, cit., p. 4. Da questa notazione si può comprendere anche un dato assai rilevante quando si parla di ‘predittività’ giudiziale mediante l’impiego di Machine Learning: questi sistemi non ‘predicono’ nulla ma si limitano a individuare una correlazione statistica. 134. Il lavoro degli studiosi britannici è stato sottoposto a numerose critiche all’indomani della sua pubblicazione. Si v. ad esempio l’osservazione molto acuta che svolgono J. Morison, A. Harkens, Re-engineering justice? Robot judges, computerised courts and (semi) automated legal decision-making, in Legal Studies, n. 4, 2019, pp. 618-635, spec. p. 632 i quali osservano che un sistema di questo genere può avere un certo funzionamento per le corti di appello (come è d’altronde la Corte europea dei diritti dell’uomo) ma non potrebbe funzionare per corti di primo grado dove bisogna ricostruire il fatto. Ulteriori e profonde critiche, soprattutto con riguardo alle modalità dell’esperimento ed alle sue conseguenze, sono svolte da F. Pasquale, G. Cashwell, Prediction, persuasion, and the jurisprudence of behaviourism, cit., pp. 63 ss. 135. K.D. Ashley, Artificial intelligence and legal analytics: new tools for law practice in the digital age, cit., passim.
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postare così la sua applicazione automatica, ma capire come integrare le funzioni delle macchine con quelle umane e quali nuove configurazioni istituzionali dell’interazione uomo-macchina sono (e saranno) possibili136. L’articolo, inoltre, lascia intendere che la configurazione migliore di tali sistemi non richiede l’uso dell’algoritmo più accurato, ma deve permettere forme specifiche e previste di governo, controllo e supervisione dell’uomo sulla macchina137. In sintesi lo stato di sviluppo delle tecniche di ML non consente ancora di ottenere risultati affidabili per quanto riguarda la ‘previsione’ delle decisioni giudiziarie. Il ML rimane capace di fornire esclusivamente risposte usando i dati sui quali è stato allenato l’algoritmo, così che l’immagine di un giudice-robot o di una Judge AI, come direbbe Sourdin, non sarebbe impossibile in quanto tale, ma impraticabile in quanto imporrebbe di far decidere alle macchine con certi criteri e valorizzando solo certi dati, soprattutto in una logica retrospettiva e spesso conservativa138. In conclusione, tutti gli usi indicati ancora non offrono un valore aggiunto per la riflessione e il lavoro decisionale dei giudici139. Ciò se, da un lato, ci induce a maneggiare con estrema cautela e consapevolezza le IA applicate ai processi, dall’altro, non ci può esimere dall’indagare questi temi valorizzando soprattutto la forza euristica dei modelli elaborati dalle macchine.
136. A. Punzi, Difettività e giustizia aumentata. L’esperienza giuridica e la sfida dell’umanesimo digitale, cit. 137. Su questo aspetto v. l’interessante e attuale studio di J. Zerilli, A. Knott, J. Maclaurin et al., Algorithmic Decision-Making and the Control Problem, in Minds and Machines, n. 4, 2019, pp. 555-578, spec. p. 557 e il report di C. Villani, Y. Bonnet, B. Rondepierre, For a meaningful artificial intelligence: Towards a French and European strategy, Conseil national du numérique 2018; J. Morison, A. Harkens, Re-engineering justice? Robot judges, computerised courts and (semi) automated legal decision-making, cit., pp. 632-633. 138. A. Garapon, J. Lassègue, La giustizia digitale. Determinismo tecnologico e libertà, cit.; M. Luciani, La decisione giudiziaria robotica, cit. 139. S. Gaboriau, Libertà e umanità del giudice: due valori fondamentali della giustizia. La giustizia digitale può garantire nel tempo la fedeltà a questi valori?, cit. rileva come l’esperienza di impiego di alcuni sistemi di predizione in Francia ha dato un esito tutt’altro che utile ai fini del lavoro concreto dei giudici. Sul tema v. anche M. Papa, Future crimes: intelligenza artificiale e rinnovamento del diritto penale, in DISCRIMEN, 2020, pp. 1-13.
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3. La «Carta etica sull’uso dell’intelligenza artificiale nei sistemi giudiziari» della CEPEJ La «European Ethical Charter on the Use of Artificial Intelligence in Judicial Systems and their Environment»140 (di seguito anche Carta etica) è un punto di arrivo ideale per il nostro esame sulla integrazione delle IA nel processo. Si tratta del primo documento ufficiale a livello europeo nel quale viene analizzato compiutamente e diffusamente l’impatto che avranno le IA nei processi giudiziari e vengono definite delle regole etiche di aiuto a tali pratiche141. La Carta etica idealmente si riallaccia alle preoccupazione e all’orizzonte valoriale avviato con il parere n. (2011)14 della CCJE (già analizzato nel cap. II), in cui si sottolineava che l’introduzione dell’IT nei tribunali in Europa non avrebbe dovuto «compromettere i volti umani e simbolici della giustizia» e si ricordava che se la giustizia fosse stata «percepita dagli utenti come puramente tecnica, senza la sua funzione reale e fondamentale», si rischiava la ‘disumanizzazione’, in quanto la giustizia è e deve rimanere ‘umana’ dato che ha a che fare con le persone e le loro controversie142. In termini teorici, quando parliamo degli impieghi delle IA nei processi giudiziari ci riferiamo a strumenti digitali che hanno funzioni cognitive e valutative143. Siamo quindi in un campo diverso da quello della tradizionale applicazione di strumenti informatici per la classificazione e l’elaborazione dei dati o per lo svolgimento di funzioni di calcolo lineare. Le IA rappresentano infatti la nuova frontiera della ‘governance dei dati’144. 140. Si v. CEPEJ, Carta etica europea sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale nei sistemi giudiziari e negli ambiti connessi, cit. 141. Come ricordano G. Sartor, A. Santosuosso, La giustizia predittiva: una visione realistica, cit.; F. Donati, Intelligenza artificiale e giustizia, in Rivista AIC, n. 1, 2020, pp. 415-436; A. Carratta, Decisione robotica e valori del processo, in Riv. dir. proc., n. 2, 2020, pp. 491-514. 142. CEPEJ, Guidelines on how to drive change towards Cyberjustice, cit., cita il CCJE Opinion No. (2011)14, para 6. 143. G. Sartor, L.K. Branting, Introduction: Judicial Applications of Artificial Intelligence, cit. 144. Come evidenzia molto puntualmente A. Iannuzzi, La governance europea dei dati nella contesa per la sovranità digitale: un ponte verso la regolazione dell’intelligenza artificiale, in Stud. parl e di pol. cost., n. 1, 2021, pp. 31-52. La ‘governance dei dati’ è elaborazione, conoscenza e valutazione al fine di raggiungere un risultato, il quale è esso stesso creazione di nuova conoscenza, come ben rilevano M. Zalnieriute, L. Burton,
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In termini pratici, l’utilizzo delle IA nel campo legale comprende compiti molto vari, dall’aiuto nella redazione di atti, al calcolo di tabelle, fino a funzioni collaborative e, in un mondo futuro, alla possibile elaborazione di decisioni legali in sostituzione di giudici umani145. Qualsiasi procedura che si svolge con tali strumenti parte sempre dalla elaborazione di un flusso di dati, che però porta alla formulazione di previsioni e anche di decisioni attraverso elaborazioni automatizzate e l’utilizzo di algoritmi di apprendimento146. L’analisi della CEPEJ sull’impiego delle IA nei processi prosegue nella scia dei precedenti documenti della stessa Commissione sui temi della cyberjustice. Anche la parte discorsiva del documento appare in linea con alcune indagini scientifiche molto promettenti sul tema147. J. Boughey et al., From Rule of Law to Statute Drafting: Legal Issues for Algorithms in Government Decision-Making, in Cambridge Handbook on the Law of Algorithms (Cambridge University Press 2019), 2019, pp. 19-30; M. Janssen, P. Brous, E. Estevez et al., Data governance: Organizing data for trustworthy Artificial Intelligence, in Government Information Quarterly, n. 3, 2020, pp. 1-8. Su questo aspetto v. anche il rapporto dell’European Parliament, Directorate-General for Parliamentary Research Services, Governing data and artificial intelligence for all: Models for sustainable and just data governance, July 2022, https://op.europa.eu/en/publication-detail/-/publication/467c96bc0d53-11ed-b11c-01aa75ed71a1/language-en. La governance dei dati è, come si è visto al termine del cap. III, un punto essenziale degli investimenti dello Stato italiano all’interno del PNRR. In tale campo diviene decisiva la qualità dei dati e il modo in cui – se formati attraverso dati personali – i dataset vengono governati nella loro pubblicità e condivisione (sia all’interno che all’esterno del sistema giudiziario). A questo fine è significativa l’esperienza francese, come abbiamo visto in precedenza nel cap. II. In generale sui profili della qualità dei dati e sull’ausilio alle decisioni automatizzate si v. A. Vetrò, M. Torchiano, M. Mecati, A data quality approach to the identification of discrimination risk in automated decision making systems, in Government Information Quarterly, n. 4, 2021, pp. 1-17; G. D’Acquisto, Qualità dei dati e Intelligenza Artificiale: intelligenza dai dati e intelligenza dei dati, in Intelligenza artificiale, protezione dei dati personali e regolazione, a cura di F. Pizzetti, Giappichelli 2018, pp. 265-292. 145. M. Palmirani, S. Sapienza, C. Bomprezzi, Il ruolo dell’Intelligenza Artificiale nel sistema giustizia: funzionalità, metodologie, principi, cit., pp. 3 ss. 146. Queste procedure vanno oltre una semplice logica lineare, operando invece secondo un ‘percorso incrementale’, dai database iniziali si arriva a risultati non prevedibili che si determinano con l’utilizzo di algoritmi di apprendimento automatico e network neuronali, di cui già parlava per il processo telematico S. Zan, Processo civile telematico, in Enc. dir., Annali I, Giuffrè 2007, pp. 982-990, spec. p. 984. 147. In concomitanza con l’attività degli organi UE sull’uso dell’intelligenza artificiale, la Commissione ha avviato indagini tese a conoscere i presupposti e le conseguenze del rapporto tra le tecnologie digitali e il diritto, specie con riguardo alla applicazione dei molti metodi di Machine Learning alle decisioni giudiziarie. Si v. il più volte citato documento di analisi delle sentenze della Corte EDU svolto da N. Aletras, D. Tsarapatsanis,
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Sul piano delle garanzie, la Carta si rivela un documento molto utile, che risponde a esigenze connesse alla corretta individuazione dei profili legati all’eguaglianza, alla trasparenza e al giusto processo. Qualsiasi strumento, anche molto semplice, che impieghi l’IA per aiutare un giudice a decidere può avere effetti dannosi per le vite delle persone sottoposte, ad esempio, a procedimenti penali o che si trovano nel contraddittorio a difendere un proprio diritto148. Va dato atto che la Carta etica della CEPEJ è solo uno tra i numerosi documenti etici sulle IA approvati durante gli ultimi anni149, i quali nel complesso individuano un quadro di regole capaci di guidare le amministrazioni dello Stato quando usano tecnologie di IA valutandone sia i benefici che i rischi150. La Carta etica è stata adottata dalla CEPEJ nella sessione plenaria del 3 e 4 dicembre 2018151 ed enuncia i principi sostanziali e metodologici applicabili all’analisi e al trattamento delle decisioni giudiziarie. In linea con i precedenti documenti della CEPEJ – e con alcuni studi nel frattempo intervenuti sul tema152 –, essa ambisce a diventare il fulcro della D. Preoţiuc-Pietro, V. Lampos, Predicting judicial decisions of the European Court of Human Rights: a Natural Language Processing perspective, cit. 148. Y. Meneceur, C. Barbaro, Artificial intelligence and the judicial memory: the great misunderstanding, in AI and Ethics, n. 2, 2021, pp. 269-275; S. Quattrocolo, Intelligenza artificiale e giustizia: nella cornice della Carta etica europea, gli spunti per un’urgente discussione tra scienze penali e informatiche, in La legislazione penale, n. 12, 2018, pp. 1-12; G. Mobilio, I giudici e le nuove tecnologie per giudicare: una occasione per riscoprire i caratteri fondanti della funzione giurisdizionale, cit. 149. A. Jobin, M. Ienca, E. Vayena, The global landscape of AI ethics guidelines, in Nature Machine Intelligence, n. 9, 2019, pp. 389-399. 150. G. Lupo, The ethics of Artificial Intelligence: An analysis of ethical frameworks disciplining AI in justice and other contexts of application, in Oñati Socio-Legal Series, n. 3, 2022, pp. 614-653. 151. Come ricorda C. Barbaro, Uso dell’intelligenza artificiale nei sistemi giudiziari: verso la definizione di principi etici condivisi a livello europeo?, cit., p. 189, la Carta è stata adottata in prima battuta dal Gruppo di lavoro sulla qualità della giustizia, composto da sei membri nominati dal Bureau della CEPEJ su proposta dei rispettivi Governi, ed è stata poi formalmente adottata dalla CEPEJ nella sessione plenaria del 3-4 dicembre 2018. Cfr. CEPEJ, Carta etica europea sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale nei sistemi giudiziari e negli ambiti connessi, cit. 152. Prima della Carta è stato pubblicato sempre all’interno del Consiglio d’Europa il Committee of Experts on Internet Intermediaries (MSI-NET), Algorithms and human rights. Study on the human rights dimensions of automated data processing techniques and possible regulatory implications, Strasbourg, https://edoc.coe.int/en/internet/7589algorithms-and-human-rights-study-on-the-human-rights-dimensions-of-automated-dataprocessing-techniques-and-possible-regulatory-implications.html, contenente una sezione dedicata al fair trail e al due process.
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nuova cyberjustice a livello europeo, un punto di riferimento concreto per i magistrati, le autorità politiche o giudiziarie che devono fare fronte alla sfida dell’integrazione delle nuove tecnologie digitali nei processi di tutti i tipi, nonché un documento essenziale per gli Stati membri153. La natura giuridica della Carta è fortemente correlata all’analisi dei suoi destinatari. Pur essendo solo una raccolta di principi etici senza contenuto giuridico obbligatorio, essa ha una forza intrinseca derivante dal fatto che è rivolta sia ad attori pubblici sia ad attori privati: tra questi ultimi vi sono tanto i professionisti legali quanto le aziende attive nel mercato delle nuove tecnologie applicate ai servizi giuridici, come le legal tech154. Il valore della Carta inoltre dipende dalla sua forza di ‘eco’, quando menziona i diritti fondamentali sanciti dalla CEDU, perché si riferisce a norme aventi valore legale e quindi cogenti, mentre nelle parti in cui contiene forme di autovalutazione, essa si rivolge a qualsiasi attore che intenda sviluppare le IA negli ambiti della giustizia155. La Carta della CEPEJ sostiene l’idea che l’applicazione dell’IA nel campo della giustizia possa essere un’opportunità per migliorare l’efficienza e la qualità delle procedure, senza però che si perda di vista la necessità di uno sviluppo responsabile di tali tecnologie156. Il testo centrale della Carta fissa cinque principi generali che sovrintendono all’elaborazione e applicazione delle tecnologie computazionali avanzate nel settore della tutela giurisdizionale e che sono alla base della CEDU: 1) il principio del rispetto dei diritti fondamentali della persona, sia in fase di progettazione che in quella di attuazione di strumenti e servizi di IA157; 2) il principio di non discriminazione ossia l’esclusione 153. La necessità di principi che possano accompagnare lo sviluppo della cyberjustice era stato già evidenziato da CEPEJ, Guidelines on how to drive change towards Cyberjustice, cit. 154. Queste ultime potranno utilizzare e trarre ispirazione dai suddetti principi per definire i propri prodotti secondo una logica di ethics-by-design. La Carta mostra apertura e non ostracismo verso strumenti che potrebbero migliorare l’efficienza complessiva della giustizia. Si v. sul punto S. Quattrocolo, Intelligenza artificiale e giustizia: nella cornice della Carta etica europea, gli spunti per un’urgente discussione tra scienze penali e informatiche, cit., p. 3. 155. Lo stesso dicasi per la parte che esamina le opportunità e le questioni relative all’applicazione dell’IA per l’elaborazione delle decisioni giudiziarie e dei dati. 156. In accordo con i diritti fondamentali garantiti dalla CEDU e dalla Convenzione n. 108 del Consiglio d’Europa sulla protezione dei dati personali. 157. Tra questi diritti vi sono il diritto di accesso a un giudice e del diritto a un equo processo, i principi dello Stato di diritto e dell’indipendenza dei giudici nel processo de-
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di soluzioni e prassi discriminatorie fra individui o gruppi di individui158; 3) il principio di qualità e sicurezza159; 4) il principio di trasparenza, imparzialità ed equità160 ; 5) il principio del «controllo da parte dell’utilizzatore»161. La descrizione dei cinque principi è molto ampia e consente di aprire il testo ad altri valori o principi relativi all’applicazione dell’IA nei sistemi giudiziari. Di particolare rilevanza è la cristallizzazione della necessità di un costante approccio multidisciplinare nello sviluppo, nella verifica e nella applicazione delle IA affinché esse possano davvero rappresentare un’evoluzione nell’efficienza della giustizia e non un limite per i diritti fondamentali162. cisionale. Inoltre, si prevede il privilegio degli approcci etico-fin-dall’elaborazione e dirittiumani-fin-dall’elaborazione, di chiara derivazione dal principio dell’ethics-by-design. 158. Si dice nella spiegazione che «data la capacità di tali metodologie di trattamento di rivelare le discriminazioni esistenti, mediante il raggruppamento o la classificazione di dati relativi a persone o a gruppi di persone, gli attori pubblici e privati devono assicurare che le metodologie non riproducano e non aggravino tali discriminazioni e che non conducano ad analisi o usi deterministici». Cfr. CEPEJ, Carta etica europea sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale nei sistemi giudiziari e negli ambiti connessi, cit. 159. Sotto questo aspetto si prevede che gli algoritmi di Machine Learning utilizzati nel settore giustizia vengano costruiti attraverso una integrazione delle conoscenze dei programmatori insieme a quelle di esperti giuridici (si parla di «squadre di progetto»). Interessante è la puntualizzazione sulla ‘pulizia’ dei dati utilizzati e sul loro utilizzo in un ‘ambiente sicuro’ con garanzia della tracciabilità dei flussi di informazioni. 160. Questo è il profilo più difficile tra tutti. Si prevede, da un lato, di raggiungere un «equilibrio» tra le garanzie connesse alla trasparenza, imparzialità, equità e integrità intellettuale e la proprietà intellettuale delle metodologie di trattamento dei dati e dall’altro si individuano diverse modalità di realizzazione del principio (dalla «totale trasparenza tecnica» alla certificazione privata o pubblica). È interessante che questo punto trova eco anche nella necessità che le decisioni algoritmiche, sia giudiziarie sia amministrative, siano corredate da spiegazioni che la traducano nella regola giuridica ad essa sottesa e che la rendano leggibile e comprensibile, sia per i cittadini sia per il giudice, come ha indicato il Consiglio di Stato, sent. 8 aprile 2019, n. 2270. 161. Il criterio base è che l’utilizzo degli strumenti di intelligenza artificiale deve rafforzare e non limitare l’autonomia dell’utilizzatore informandolo con un linguaggio chiaro e comprensibile del carattere vincolante o meno delle soluzioni proposte dall’IA. Si stabilisce inoltre che gli utilizzatori siano adeguatamente alfabetizzati sul piano informatico e che si svolga un adeguato dibattito sull’uso di tali strumenti nella giustizia. Si tratta del principio forse più importante per tracciare la strada per il nuovo garantismo nell’epoca del digitale. Su questi temi si v. le suggestioni di M. Tegmark, Vita 3.0. Essere umani nell’era dell’intelligenza artificiale, Raffaello Cortina 2018. 162. Così S. Quattrocolo, Intelligenza artificiale e giustizia: nella cornice della Carta etica europea, gli spunti per un’urgente discussione tra scienze penali e informatiche, cit., pp. 3-4, che ricorda le parole del segretario esecutivo della CEPEJ, Stéphan Leyemberger, in occasione della pubblicazione della Carta.
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La dottrina ha evidenziato nei principi di ‘trasparenza’, ‘non discriminazione’ e ‘protezione’ dei diritti i tre elementi più importanti della Carta163. La «trasparenza» (declinata in modo assolutamente ampio come l’insieme delle misure tese a garantire trasparenza, imparzialità ed equità) si riferisce alla più ampia diffusione delle informazioni tra gli utenti e il pubblico interessato da una decisione legale supportata dall’IA, alla comunicazione delle decisioni prese mediante le IA in un linguaggio chiaro e familiare, a una completa disclosure sulla tecnologia che è stata impiegata e ai rischi di errore. La Carta fa riferimento anche alla «trasparenza tecnica» (realizzata attraverso codici e documentazioni open source), che può essere limitata dalla protezione dei segreti commerciali164. Il «principio di non discriminazione» è espressamente enunciato in ragione della capacità dei trattamenti svolti mediante strumenti di IA di rivelare disuguaglianze esistenti, raggruppando o classificando dati che riguardano persone o gruppi, ovvero di crearne nuove e amplificarne gli effetti165. 163. Ovviamente i principi di «qualità e sicurezza», che raccomandano l’uso di fonti certificate e dati intangibili attraverso modelli concepiti in modo interdisciplinare in un ambiente tecnologicamente sicuro, e il principio del controllo da parte dell’utente, sono specificazioni dei principi enunciati e rappresentano un dato particolarmente interessante in ragione della loro riproduzione all’interno di altri documenti successivi, tra cui la proposta di AI Act (v. infra). V. anche G. Lupo, The ethics of Artificial Intelligence: An analysis of ethical frameworks disciplining AI in justice and other contexts of application, cit., p. 634. 164. In entrambi i casi, gli autori della Carta riconoscono l’importanza di trovare un equilibrio «tra la proprietà intellettuale di alcuni metodi di elaborazione e l’esigenza di trasparenza». Sono altresì incoraggiate verifiche esterne da parte di soggetti indipendenti al fine di individuare eventuali distorsioni, sia l’introduzione di sistemi di certificazione (su cui si v. infra) delle diverse applicazioni da parte di queste autorità. Particolare attenzione sul punto viene prestata da S. Quattrocolo, Intelligenza artificiale e giustizia: nella cornice della Carta etica europea, gli spunti per un’urgente discussione tra scienze penali e informatiche, cit., pp. 8-9. 165. I sistemi computazionali sono particolarmente adatti a determinare discriminazioni in quanto non sono capaci di comprendere quando si verifica un errore o un bias. Ciò accade spesso quando l’input non è neutro e perciò l’output dell’interrogazione rischia di essere influenzato da un pregiudizio, dal quale può scattare una discriminazione. La Carta, inoltre, richiede l’uso di misure correttive quando un sistema di IA per la giustizia utilizza dati sensibili nelle fasi di sviluppo e diffusione per evitare la riproduzione o l’aggravamento di discriminazioni già esistenti nel set di dati utilizzato. Le azioni discriminatorie citate dall’Appendice della Carta, e da evitare assolutamente, riguardano l’origine razziale o etnica, l’estrazione socio-economica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, l’appartenenza sindacale, i dati genetici, i dati biometrici, i dati relativi alla salute o i dati riguardanti la vita sessuale o l’orientamento sessuale.
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I numerosi riferimenti alla necessità di rispettare i diritti fondamentali confermano l’obiettivo dichiarato nell’introduzione di sostenere lo sviluppo responsabile dell’IA166, «nel rispetto dei diritti fondamentali degli individui come delineati nella CEDU e nella Convenzione sulla protezione dei dati personali»167. Le Appendici alla Carta dettagliano i rischi per i valori giudiziari che possono derivare dall’introduzione dell’IA168. L’Appendice I riflette sulle possibili conseguenze degli open data policies anche al settore della giustizia. La CEPEJ si interroga su quale effetto potrà avere una accessibilità diffusa e illimitata alle decisioni precedenti, soprattutto di ordinamenti stranieri169. Ci si chiede per esempio se l’accesso a un numero indiscriminato di decisioni possa determinare uno scivolamento normativo verso una maggiore vincolatività del precedente, imponendo al giudice che se ne vuole distaccare un onere motivazionale aggiuntivo170. L’appendice I è di grande utilità per coloro che si approcciano agli studi sulla ‘giustizia digitale’ perché, non solo passa in rassegna gli utilizzi attuali della digitalizzazione nella giustizia, ma
166. Il nesso con i valori giudiziari non è sorprendente, dato che l’attenzione della Carta è rivolta all’IA sviluppata nei sistemi giudiziari. In particolare, si citano alcuni principi legati a un valore generico dello ‘Stato di diritto’, come l’importanza di garantire la parità delle armi e il rispetto del contraddittorio o lo sviluppo dell’IA che non ostacoli l’indipendenza e l’imparzialità dei giudici. C. Barbaro, Uso dell’intelligenza artificiale nei sistemi giudiziari: verso la definizione di principi etici condivisi a livello europeo?, cit., p. 195. 167. In concreto, ciò significa concepire e ‘addestrare’ le IA, qualunque sia l’uso che se ne faccia, in modo da evitare violazioni dei diritti fondamentali connessi all’amministrazione della giustizia e, in particolare: il diritto di accesso alla giurisdizione; il diritto al processo equo, nelle sue articolazioni essenziali del contraddittorio e della parità delle armi; il principio di legalità; l’indipendenza della magistratura e, soprattutto, dei giudici nell’esercizio del potere decisorio. Cfr. S. Quattrocolo, Intelligenza artificiale e giustizia: nella cornice della Carta etica europea, gli spunti per un’urgente discussione tra scienze penali e informatiche, cit., op. 4-5. 168. Ad esempio, gli strumenti di apprendimento automatico supportano il processo decisionale giudiziario ma possono avere conseguentemente influenze indebite sulle decisioni imparziali e indipendenti dei giudici. 169. Si v. il più volte richiamato caso della legislazione francese sulla pubblicazione delle sentenze giudiziarie. 170. La domanda è di stretta attualità e non può essere liquidata con un approccio solo quantitativo, ma necessita di una valutazione anche qualitativa, che difficilmente allo stato questi strumenti computazionali possono fornire. S. Quattrocolo, Intelligenza artificiale e giustizia: nella cornice della Carta etica europea, gli spunti per un’urgente discussione tra scienze penali e informatiche, cit., p. 5.
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offre un quadro dei principali problemi relativi all’uso dei dati da parte delle IA171. Nell’appendice II della Carta sono analizzati quattro tipi di utilizzo dell’IA nei sistemi giuridici europei172. A leggere il documento emergono alcune questioni etico-giuridiche rilevanti che derivano dagli impieghi delle IA alla giustizia, soprattutto al processo penale: rischi di limitazioni dei diritti e discriminazioni su larga scala; una potenziale mancanza di trasparenza nell’uso di tali tecnologie nel processo; lo spostamento complessivo del potere dall’intuizione umana all’intelligenza artificiale 171. Il primo tema che si prende in esame riguarda le politiche europee sui dati aperti e gli effetti che potrebbero derivare da una loro diffusione (quale valore hanno, come vengono acquisiti, chi si incarica di detenerli e dove). Su questo decisivo profilo si nota ancora un generale arretramento dei paesi del Consiglio d’Europa. Il tema è chiaramente connesso alle tecniche di anonomizzazione e pseudonimizzazione. La CEPEJ ricorda come sul punto siamo ancora molto indietro. Il secondo tema riguarda le questioni legate alla protezione dei dati personali nell’utilizzo di tali strumenti. Si richiamano le caratteristiche della protezione dei dati che fanno parte oramai del patrimonio costituzionale europeo, come la protezione by default e by design. Il terzo tema affrontato riguarda le funzionalità teoriche dell’intelligenza artificiale applicata al diritto, con riguardo soprattutto all’analisi di cosa si intende per ‘predizione’ (definita come il «tasso di successo (o insuccesso) di una causa in tribunale»). A tale proposito il documento chiarisce che si tratta di previsione e non di predizione. Il quarto tema concerne le caratteristiche operative dell’IA applicata alla giustizia. Si legge nel punto n. 92 dell’Appendice I: «Per fornire un’accurata spiegazione di una decisione giudiziaria occorre pertanto un’analisi molto più particolareggiata dei dati contingenti di ciascuna causa e delle norme di legge applicabili, piuttosto che il nutrimento di una vana speranza che una massa di connessioni abbia un senso compiuto». Il quinto tema guarda alle modalità e alle cautele per l’applicazione della IA ai processi civili, amministrativi e tributari con una precisazione molto importante sulle principali garanzie che occorre riaffermare in tali procedimenti. Si prevedono sotto questo profilo: «diritto di accesso a un tribunale», «principio del contraddittorio», «parità delle armi», «imparzialità e indipendenza dei giudici», «diritto all’assistenza legale». L’ultimo tema riguarda le specifiche cautele per l’applicazione di tali strumenti nei processi penali. 172. Si tratta degli: «utilizzi incoraggiati», comprendenti la valorizzazione del patrimonio giurisprudenziale, l’accesso al diritto e la creazione di nuovi strumenti strategici con riguardo soprattutto alle risorse da impiegare; «utilizzi possibili», tra cui rientrano l’aiuto nella redazione di tabelle per le controversie civili, il supporto alla risoluzione alternativa di controversie in materia civile, la soluzione di controversie online e l’utilizzo di algoritmi nelle indagini penali al fine di individuare dove sono stati commessi i reati; «utilizzi da valutare scientificamente prima di essere usati», come quelli che riguardano la profilazione dei magistrati e l’anticipazione delle decisioni dei tribunali (come nel caso della giurisprudenza CEDU); «utilizzi da valutare con le più ampie riserve», quali quelli compiuti negli Stati Uniti attraverso il software COMPAS o nel Regno Unito attraverso HART (di cui si parlerà infra) o i sistemi che impongano di seguire obbligatoriamente alcuni precedenti.
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avanzata e, più precisamente, le possibili minacce all’indipendenza del giudiziario e alla separazione dei poteri. Un sistema giudiziario basato sull’IA potrebbe contribuire in modo significativo all’ascesa di forme di autoritarismo digitale. Nella Carta mancano alcuni principi che sono oramai divenuti centrali sia nella letteratura etica sull’IA sia negli studi che si preoccupano di analizzare l’uso degli strumenti di IA all’interno della giustizia173. Non vengono menzionati alcuni valori che potrebbero essere ricavati attraverso un’attività interpretativa, come la responsabilità nel caso di errori o le violazioni di diritti attraverso l’uso dell’IA e non sono presenti la «valutazione» degli impieghi e degli sviluppi dell’IA. Difettano inoltre i principi collegati alla protezione dei dati personali – nonostante l’ampio riferimento al GDPR – come il principio della «anonimizzazione dei dati personali» e il «potere di controllo sui dati» ovvero i «rischi relativi alla profilazione» che tanto interessano l’ambito della giustizia174, la necessità dello «stakeholders engagement» e una discussione circa gli «effetti della automazione della giustizia» per l’ingresso e l’esercizio delle professioni giuridiche. Guardando allo sviluppo successivo della regolazione a livello europeo (soprattutto l’AI Act), mancano pure riferimenti alla gestione dei rischi che possono derivare dall’impiego dell’IA e dei modi per mitigarli. Ma su questo torneremo nel prossimo paragrafo. La CEPEJ ha avuto modo di specificare e implementare alcuni punti della Carta etica in documenti successivi. Nel mese di dicembre 2021, la CEPEJ ha, infatti, stabilito nel proprio «Activity Program» la roadmap per l’implementazione della Carta, tenuto conto in particolare della proposta di regolamento europeo sull’IA (AI Act)175. Insieme al programma delle attività, nelle sedute dell’8 e 9 dicembre 2021, la CEPEJ ha approvato una serie di atti molto importanti che si rivolgono tanto agli organismi interni al Consiglio d’Europa quanto agli Stati membri per accompagnarli nella transizione digitale della giustizia. Alla luce della Carta 173. Per un’indagine approfondita si v. G. Lupo, Regulating (Artificial) Intelligence in Justice: How Normative Frameworks Protect Citizens from the Risks Related to AI Use in the Judiciary, cit., pp. 636 ss. 174. C. Gavaghan, Lex Machina: Techno-Regulatory Mechanisms and Rules by Design, in Otago L. Rev., n. 1, 2017, pp. 123-145. 175. CEPEJ, 2022-2023 Activity Programme of the CEPEJ, CEPEJ(2021)11 Final, 9/12/2021.
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etica, l’«Action Plan 2022-2025»176 indica come priorità della CEPEJ per i prossimi anni la messa a disposizione di strumenti che possano aiutare Stati e tribunali a svolgere «una transizione di successo verso la digitalizzazione della giustizia in linea con gli standard europei e in particolare con l’articolo 6 della CEDU». A questo fine sono indicati sei principi essenziali che secondo la CEPEJ devono accompagnare lo sviluppo dei sistemi giudiziari. Segnatamente, essi dovranno essere ‘efficienti’, ‘trasparenti’, ‘collaborativi’, ‘umani’, ‘centrati sulle persone’ e ‘informati’177. L’innovazione tecnica dell’IA è stata accettata per arricchire il sistema giudiziario, prestando attenzione al rispetto dei diritti umani e adottando atti di soft law che dovrebbero essere in grado di indirizzare giudici, legislatori e avvocati verso un approccio orientato ai diritti. La CEPEJ ritiene che gli strumenti di intelligenza artificiale non potranno sostituire mai i giudici, ma solo – seguendo la tassonomia che abbiamo ricordato all’avvio di questo lavoro – supportare coloro che lavorano nel sistema giudiziario per migliorare l’accuratezza e l’efficacia della giustizia178. Come era stato già indicato nella Carta e nei documenti precedenti del 2016, la CEPEJ ha discusso la possibile introduzione di meccanismi per certificare gli strumenti di IA nella sfera della giustizia e dell’amministrazione giudiziaria. In un lungo studio di fattibilità, il Working Group sulla qualità della giustizia (CEPEJ-GT-QUAL) ha esplorato la possibilità di introdurre meccanismi per certificazione delle IA nella sfera della giustizia e del giudiziario179. Uno dei profili più interessanti e 176. CEPEJ, 2022-2025 CEPEJ Action plan: “Digitalisation for a better justice”, CEPEJ(2021)12 Final, 9/12/2021. Ai nostri fini rileva anche l’indicazione di una migliore ‘in-house co-ordination’ degli organi del Consiglio d’Europa. 177. Il passaggio dagli atti giudiziari cartacei a quelli digitali è in corso ed è necessario. Inoltre, l’amministrazione della giustizia deve utilizzare la tecnologia dell’informazione per ottimizzare il proprio funzionamento, nonché i collegamenti di interconnessione tra le diverse istituzioni giudiziarie. Occorre garantire che gli strumenti scelti dagli Stati e dai tribunali siano tra i più appropriati e compatibili con una giustizia di qualità, efficiente, accessibile e imparziale. La digitalizzazione delle procedure deve migliorare l’efficienza, ma anche la qualità del lavoro che devono svolgere i giudici, i pubblici ministeri, le squadre che li assistono e gli avvocati. 178. Si deve tener conto del fatto che l’integrazione dell’IA nel sistema giudiziario contribuisce a migliorare l’efficacia aumentando l’accesso ai servizi di contenzioso. 179. Il documento riprende gli usi delle IA nel settore della giustizia contenuti nell’appendice I alla Carta etica. Dopo aver rappresentato le tipologie di servizi che
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innovativi del documento riguarda le opportunità che potrebbero derivare dall’impiego del criterio dello human-rights-by-design. Tale nozione, come detto, è contenuta nel primo principio della Carta e sembra molto più praticabile della diffusa nozione di ethics-by-design180. Tale principio mira a garantire che un’applicazione abbia salvaguardie integrate contro la ‘inflessibilità’ delle regole della macchina che producono effetti contrari ai diritti e alle libertà fondamentali. Secondo lo studio, il metodo adottato per far rispettare i diritti umani by-design potrebbe ispirarsi a come i contributi giurisprudenziali sono integrati nei testi giuridici codificati. L’approccio human-rights-by-design consiste nell’anticipare le disfunzioni che possono manifestarsi nella pratica, correggere alcuni pregiudizi e riequilibrare e formalizzare le eccezioni alla regola in modo dettagliato. Le valutazioni d’impatto incentrate sulla protezione dei diritti e delle libertà fondamentali fanno parte di questo metodo, in quanto mirano ad anticipare i rischi di attuazione181. Va anche notato che se fosse applicato con successo all’IA nella sfera della giustizia, l’approccio dei diritti umani per progettazione potrebbe estendersi ai sistemi utilizzati in altri campi ed essere anche potenzialmente testato nei processi legislativi. Deve essere osservato che il sistema di certificazione immaginato dal documento per la Carta etica ha notevoli connessioni con la futura legislaincorporano le IA e aver indicato le implicazioni relative alle scelte tra i diversi tipi di certificazione, lo studio indica una serie di criteri e di indicatori per la messa a terra delle previsioni contenute nella Carta. Si v. CEPEJ, Possible introduction of a mechanism for certifying artificial intelligence tools and services in the sphere of justice and the judiciary: Feasibility Study, CEPEJ(2020)15Rev, 8/12/2020. 180. La necessità di tenere conto dei diritti umani fin dalla progettazione deriva da fattori socio-tecnologici: soprattutto, il metodo dei diritti umani fin dalla progettazione dovrebbe essere considerato come un’estensione della protezione dei diritti e delle libertà fondamentali lungo tutto il ciclo di vita di tali prodotti, con particolare riguardo alla protezione dei dati personali. Lo human rights by design differisce dall’ethics by design, come ha già segnalato il Committee of Experts on Internet Intermediaries (MSI-NET), Algorithms and human rights. Study on the human rights dimensions of automated data processing techniques and possible regulatory implications, cit. In letteratura affronta il tema P. Nemitz, Constitutional democracy and technology in the age of artificial intelligence, in Philosophical Transactions of the Royal Society A: Mathematical, Physical and Engineering Sciences, n. 2133, 2018, pp. 1-14. 181. Il valore di questo approccio è sottolineato da O. Di Giovine, Il “ judge-bot” e le sequenze giuridiche in materia penale (intelligenza artificiale e stabilizzazione giurisprudenziale), in Cassazione penale, n. 3, 2020, pp. 951-965; D. Martire, Intelligenza artificiale e Stato costituzionale, in Dir. pubbl., n. 2, 2022, pp. 397-444.
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zione UE in materia di IA che, come vedremo, implementerà il marchio «CE» per gli impieghi rischiosi182. Tra gli obiettivi del Working Group sulla qualità della giustizia (CEPEJ-GT-QUAL) e del Working Group (WG) sulla Cyberjustice e le IA (CEPEJ-GT-CYBERJUST) vi sono l’attuazione operativa dei principi della Carta, la creazione di un advisory board sulle IA e di un «Resource Centre» pubblicamente accessibile contenente i programmi di IA al servizio della giustizia, nonché la realizzazione di un database che usi i metadati e permetta l’anonimizzazione delle pronunce183. Come riportato in un discussion paper del 2019 della stessa CEPEJ, relativo alle possibili azioni da intraprendere per la disseminazione e l’implementazione della Carta etica, la necessità di mappare le soluzioni testate e utilizzate nelle istituzioni giudiziarie dei paesi membri del Consiglio d’Europa non è un’operazione semplice poiché, da un lato, si tratta di iniziative limitate a singole corti (in attesa di una possibile diffusione su più ampia scala) e, dall’altro, perché molte di esse provengono dal settore privato e si rivolgono principalmente agli studi legali, più che alle autorità giudiziarie184. In un meeting report del settembre 2021 dedicato alla creazione di un ‘Resource Centre’, il WG del CEPEJ su Cyberjustice e AI (CEPEJ-GTCYBERJUST) ha indicato che un database potrebbe essere uno strumen-
182. Lo studio di fattibilità si riferisce, per ragioni temporali, al rapporto della Commissione europea, Libro bianco sull’intelligenza artificiale - Un approccio europeo all’eccellenza e alla fiducia, COM(2020) 65 final, 19/2/2020 (https://op.europa.eu/it/publicationdetail/-/publication/ac957f13-53c6-11ea-aece-01aa75ed71a1), ma è chiaro che le indicazioni valgono ora a maggior ragione per la proposta di regolamento sull’IA (v. Commissione Europea, Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce regole armonizzate sull’intelligenza artificiale (legge sull’intelligenza artificiale) e modifica alcuni atti legislativi dell’Unione, COM(2021) 206 final, 21/4/2021 (https://eur-lex.europa. eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX%3A52021PC0206). Su tali aspetti si v. M. Ebers, V.R. Hoch, F. Rosenkranz et al., The European Commission’s Proposal for an Artificial Intelligence Act – A Critical Assessment by Members of the Robotics and AI Law Society (RAILS), in J (Multidisciplinary Science Journal), n. 4, 2021, pp. 589-603. 183. Il WG sulla Cyberjustice e IA deve anche sviluppare strumenti sulle ODR, le aste online e la buona governance e management delle infrastrutture digitali. 184. Working Group on the Quality of Justice (CEPEJ), Possible actions to be taken to ensure a wider dissemination and implementation of the European Ethical Charter on the use of artificial intelligence (AI) in judicial systems and their environment, CEPEJGT-QUAL(2019)1, 5/3/2019 (https://rm.coe.int/cepej-gt-qual-2019-1-en-possible-actions-topromote-ethical-charter-on/168097a351).
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to importante per gli Stati membri e i professionisti del settore, potendo ospitare, ad esempio, la legislazione europea e nazionale in materia, i piani d’azione nazionali, i progetti pilota e i software. L’ultimo documento rilevante ai nostri fini è costituito dalle «Linee guida sul deposito elettronico e la digitalizzazione delle corti»185 adottato dalla CEPEJ nelle riunioni dell’8 e 9 dicembre 2021. Il lavoro nell’ambito del suddetto studio sul deposito elettronico indica due nozioni chiave ai nostri fini: la prima si riferisce al fatto che l’implementazione di soluzioni digitali nel sistema giudiziario dovrebbe essere intesa come una riforma ‘sistemica’ e ‘globale’ che va ben oltre la tecnologia; la seconda riguarda il fatto che il deposito elettronico e la digitalizzazione delle procedure giudiziarie sono processi in corso che fanno parte di un ecosistema completo di servizi, siano essi digitali o meno, piuttosto che progetti separati con una tempistica fissa di attuazione. Queste «Linee guida»186 si basano sul presupposto che un sistema di deposito elettronico (e-filing) dovrebbe istituire un canale digitale che consenta l’interazione e lo scambio di dati e documenti elettronici tra i tribunali e gli utenti dei tribunali187. Nel testo delle linee guida compaiono sei principi costituzionali sulla giustizia applicati alla digitalizzazione e sette valori che si riferiscono trasversalmente all’e-government.
185. CEPEJ, Guidelines on electronic court filing (e-filing) and digitalisation of courts, CEPEJ(2021)15, 9/12/2021 (https://rm.coe.int/cepej-2021-15-en-e-filing-guidelines-digitalisation-courts/1680a4cf87). 186. Le Linee Guida sono suddivise in tre parti: la prima riguarda gli aspetti di governance e giuridici verso la costruzione di un ecosistema completo di servizi giudiziari elettronici; la seconda si riferisce agli aspetti socio-culturali e organizzativi per supportare lo sviluppo di un sistema di deposito elettronico dal punto di vista dell’utente; la terza è incentrata sugli aspetti tecnici da considerare. Un’appendice contiene una ‘lista di controllo’ utile agli Stati membri per riflettere sui requisiti di base per l’implementazione di un sistema di deposito elettronico. Op. ult. cit. 187. Tale concetto, come è noto, implica non solo l’utilizzo di tecnologie aggiornate a supporto dell’operato dei sistemi giudiziari, ma anche una riflessione sulle ‘determinanti’ giuridiche, organizzative e socio-culturali che incidono sul funzionamento degli organi giudiziari. Con questo aspetto si tocca il problema della ‘natura circolare’ della digitalizzazione delle procedure giudiziarie che in letteratura è stata chiamato anche ‘double normalisation’ (F. Contini, D. Reiling, Double normalization: When procedural law is made digital, cit.). Sul punto si v. anche A. Cordella, F. Contini, Digital technologies for better justice: A toolkit for action, in Inter-American Development Bank, April 2020 (https:// publications.iadb.org/publications/english/document/Digital-Technologies-for-Better-JusticeA-Toolkit-for-Action.pdf).
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I principi costituzionali sono: 1) lo ‘Stato di diritto’188; 2) l’«indipendenza della magistratura»189; 3) il «giusto processo» e le garanzia costituzionali relative; 4) la «non discriminazione»190 ; 5) l’«accesso a un ricorso giurisdizionale effettivo»191; 6) la «protezione dei dati» e la qualità e la sicurezza del trattamento dei dati giudiziari. In merito alla strategia di e-governance, le Linee guida si riferiscono a sette principi: 1) «digital-by-default»192; 2) l’«inclusività» e l’«accessibilità»193; 3) l’«accesso alle informazioni»194; 4) i «requisiti per le prestazioni, la sicurezza e l’integrità dei dati e delle informazioni»195; 188. Tale principio viene declinato anzitutto nei confronti della legislazione relativa alla digitalizzazione. Quest’ultima dovrebbe essere chiara, trasparente e «prevedere le controversie che potrebbero emergere dalla digitalizzazione stessa e garantire la tutela dei diritti legali di tutti gli utenti della giustizia digitale». 189. Si dice che «le regole, le leggi e le pratiche che sono guidate dalla (o necessarie per) la digitalizzazione non dovrebbero avere un impatto negativo o mettere a repentaglio l’indipendenza della magistratura, dei giudici e degli avvocati». 190. Sia nella fase di progettazione sia in quella di attuazione dei procedimenti giudiziari digitalizzati. 191. Tale garanzia deve essere «concessa se i diritti fondamentali di qualsiasi utente sono influenzati negativamente o danneggiati dall’uso della tecnologia». Si prevede anche che nel caso delle conseguenze procedurali derivanti dall’errato funzionamento delle tecnologie bisogna garantire quanto meno una remissione in termini. 192. Un principio con dimensioni organizzative e tecniche e che, come tale, dovrebbe essere implementato. In generale, si riferisce alla fornitura di servizi pubblici con mezzi digitali come l’opzione preferita per la fruizione da parte delle persone degli stessi servizi. Così CEPEJ, Guidelines on electronic court filing (e-filing) and digitalisation of courts, cit. 193. La centralità dell’utente consente alla magistratura di tenere conto delle esigenze e delle voci di tutti gli utenti finali (siano essi interni o esterni) durante la progettazione, la fornitura, l’implementazione e la valutazione di soluzioni e servizi digitali, tenendo conto anche degli ostacoli e del divario digitale che la tecnologia può determinare. CEPEJ, op. ult. cit. 194. L’apertura e la trasparenza portano a una maggiore responsabilità e alla costruzione della fiducia. La tracciabilità delle informazioni e delle comunicazioni aiuta a monitorare l’attuazione delle norme procedurali e degli obblighi professionali e può fornire una migliore comprensione e apprezzamento da parte dei cittadini e delle imprese rispetto ai servizi giudiziari di cui si avvalgono. CEPEJ, op. ult. cit. 195. Insieme alla privacy-by-default e by-design, la gestione dei dati e la conservazione delle informazioni diventano essenziali non solo per quanto riguarda il rispetto della legislazione e degli standard esistenti, ma anche per quanto riguarda la fornitura di dati (e meta-dati) relativi ai casi affidabili, aggiornati e accurati nei sistemi di gestione dei casi, anche per ridurre al minimo gli sforzi da parte dei funzionari del tribunale nel controllare e/o eseguire la correzione o il completamento dei dati. La questione è anche legata all’esaustività e alla qualità delle informazioni conservate nelle banche dati giudiziarie. Un’adeguata gestione delle conoscenze, che consenta la correlazione dei dati e delle ricer-
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5) l’«interoperabilità»196 ; 6) la presenza di «adeguati strumenti di valutazione dell’efficacia dello scambio di dati»197. 4. La proposta di AI Act: verso un nuovo raccordo uomo-macchina A livello europeo esiste una notevole discussione circa l’approvazione di regole che possano disciplinare la produzione e gli impieghi delle IA in ogni settore della vita. Il dibattito affonda le sue radici nei documenti politici della Commissione presieduta dal J.C. Junker, ma ha avuto una accelerazione notevole negli ultimi quattro anni da parte della Commissione presieduta da U. von der Leyen198. La consapevolezza che le IA domineranno nei prossimi anni molti settori della vita politica, culturale, sociale ed economica europea e mondiale ha spinto la Commissione a sviluppare una vera e propria strategia sulle implicazioni umane ed etiche di queste tecnologie199. I documenti di policy e la legislazione europea – già approvata o in gestazione – cercano di fare tesoro dello slancio economico di tali settori, ma anche degli eventi critici e dei problemi generati dagli impieghi delle IA, come le possibili discriminazioni e gli effetti negativi che tali che efficaci e l’introduzione di funzionalità analitiche complesse, è sempre più considerata preziosa dalle autorità giudiziarie. CEPEJ, op. ult. cit. 196. Considerata come la capacità dei sistemi e dei processi aziendali di supportare lo scambio di dati in modo efficace ed efficiente e di consentire la condivisione di informazioni e conoscenze. Tuttavia, non dovrebbe essere visto solo come un concetto tecnico, ma piuttosto come un costrutto complesso che comprende anche dimensioni politiche, legali e sociali. CEPEJ, op. ult. cit. 197. Questa esigenza è fortemente legata alla valutazione delle esigenze e all’ordine di priorità delle (nuove) misure, a una migliore allocazione delle risorse e al monitoraggio dei processi di gestione a tutti i livelli per una migliore attuazione di eventuali riforme strategiche e/o modifiche introdotte nel sistema giudiziario. CEPEJ, op. ult. cit. 198. European Commission, the President, A Union that strives for more: my agenda for Europe. Political guidelines for the next European Commission 2019-2024, 9/10/2019 (doi/10.2775/018127). Un commento degli atti messi in cantiere dalla Commissione durante la presente legislatura v. A. Simoncini, La co-regolazione delle piattaforme digitali, in Riv. trim. dir. pubbl., n. 4, 2022, pp. 1031-1049. 199. L’Unione europea si fa portatrice, come era avvenuto prima con il GDPR, di un approccio responsabile all’uso delle tecnologie digitali puntando a plasmare il futuro prevedibile della regolamentazione dell’IA nell’Unione europea (UE) e nel mondo (c.d. «Brussels Effect»). A. Renda, Europe: toward a policy framework for trustworthy AI, in The Oxford Handbook of Ethics of AI, edited by M.D. Dubber, F. Pasquale, S. Das, Oxford University Press 2020, pp. 650-666.
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strumenti possono determinare per i diritti civili e sociali, fino alle conseguenze catastrofiche per le persone e l’ambiente derivanti da un uso massiccio all’interno dei teatri di guerra, proponendo un approccio ‘responsabile’ a tali strumenti200. La «Comunicazione sull’intelligenza artificiale per l’Europa» del 2018 rappresenta il documento che ha dato l’impulso più forte al nuovo corso europeo201. La comunicazione individua quattro settori che dovranno essere regolati nell’immediato da parte delle istituzioni europee: la sicurezza dei prodotti; la responsabilità per danno da prodotti difettosi; la protezione dei consumatori; la protezione dei dati personali. Secondo la Commissione alla base del rapporto tra l’IA e il diritto dell’UE deve esserci la ‘triade’ formata da diritti umani, democrazia e Stato di diritto, che è al centro dei valori di cui all’art. 2 del TUE e dei diritti e delle libertà sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’UE202. È per questo 200. Infra multis sul tema si v. M. Minkkinen, M.P. Zimmer, M. Mäntymäki, Towards Ecosystems for Responsible AI, in Responsible AI and Analytics for an Ethical and Inclusive Digitized Society, edited by D. Dennehy et al., Springer 2021, pp. 220-232; V. Dignum, Responsible artificial intelligence: designing AI for human values, in ITU Journal: ICT Discoverie, n. Special Issue No. 1, 2017, pp. 1-8; A. Barredo Arrieta, N. Díaz-Rodríguez, J. Del Ser et al., Explainable Artificial Intelligence (XAI): Concepts, taxonomies, opportunities and challenges toward responsible AI, in Information Fusion, n. 2020, pp. 82-115. 201. Il documento della Commissione europea, Comunicazione su l’intelligenza artificiale per l’Europa, COM(2018) 237 final, 25/4/2018 (https://digital-strategy.ec.europa.eu/ it/policies/european-approach-artificial-intelligence) è la prima posizione politica globale incentrata specificamente sull’AI presentata dalla Commissione europea. Se l’IA è stata a lungo oggetto del lavoro della Commissione, principalmente attraverso il finanziamento della ricerca scientifica e tecnica, e aveva già attirato l’attenzione di altri attori istituzionali dell’UE, il documento strategico della Commissione segna un momento di svolta nel dibattito sul tema. Anzitutto, perché chiarisce che le IA dovranno rappresentare una tecnologia che apporta potenziali importanti effetti di trasformazione per le economie e le società europee in generale, ma che deve essere sfruttata a vantaggio delle persone e della società nel suo insieme, secondo un approccio europeo. In secondo luogo, perché la comunicazione sull’IA pone le basi per una serie di iniziative e azioni concrete nei prossimi anni. In terzo luogo, oltre a riconoscere il ruolo che i principi etici possono svolgere per sostenere lo sviluppo e l’uso delle IA vantaggiose in Europa e nel mondo, la Commissione offre un primo esame delle aree di regolamentazione dell’UE che inevitabilmente interagiranno con la rapida transizione dell’IA da laboratori accademici o aziendali a prodotti, servizi o altri usi diffusi. 202. L’importanza dell’intersezione tra intelligenza artificiale e diritti umani, democrazia e Stato di diritto non può essere sottovalutata. Domande molto critiche in gran parte del dibattito e della ricerca sull’IA, come l’equità, i pregiudizi, la discriminazione, l’influenza sui processi democratici, vanno dritti a questi elementi fondanti del progetto
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che l’UE si è fatta carico di adottare una roadmap molto serrata al termine della quale arriverà ad approvare una serie di regolamenti che formano l’ossatura dell’«Europa digitale» nel 2030203. In concomitanza con la comunicazione del 2018, la Commissione ha istituito il «Gruppo di esperti ad alto livello sull’intelligenza artificiale» (AI HLEG) per sostenere l’attuazione delle linee politiche sull’IA. Un anno dopo, l’AI HLEG ha presentato le sue «Linee guida etiche per un’IA affidabile»204, seguite dalle «Raccomandazioni politiche e di investimento per un’IA affidabile»205. Sulla base di questo lavoro preparatorio, nel febbraio 2020, la Commissione ha lanciato il «Libro bianco sull’IA»206 per avviare una consultazione pubblica sul futuro quadro normativo per l’IA. Nel prosieguo, il quadro europeo sulla regolazione dell’IA si è aggiornato secondo tre direttrici fondamentali207: a) l’IA deve essere regolata soprattutto con norme certe ma flessibili, aperte tanto al contributo dei soggetti privati quanto alla contaminazione attraverso l’etica; b) nella europeo. P. Nemitz, Constitutional democracy and technology in the age of artificial intelligence, cit. 203. Si v. a tale proposito sia il documento European Commission, 2030 Digital Compass: the European way for the Digital Decade, cit. sia Parlamento europeo e Consiglio, Decisione (UE) 2022/2481 del 14 dicembre 2022 che istituisce il programma strategico per il decennio digitale 2030, cit. 204. High-Level Expert Group on Artificial Intelligence, Ethics Guidelines for Trustworthy AI, 8/4/2019 (https://ec.europa.eu/futurium/en/ai-alliance-consultation/ guidelines#Top). Per un commento critico al documento si v. B. Mittelstadt, Principles alone cannot guarantee ethical AI, in Nature Machine Intelligence, n. 11, 2019, pp. 501507; M. Veale, A Critical Take on the Policy Recommendations of the EU High-Level Expert Group on Artificial Intelligence, in European Journal of Risk Regulation, n. 1, 2020, pp. 1-10. 205. High-Level Expert Group on Artificial Intelligence, Policy and investment recommendations for trustworthy Artificial Intelligence, 26/6/2019 (https://digital-strategy. ec.europa.eu/en/library/policy-and-investment-recommendations-trustworthy-artificialintelligence). 206. European Commission, White paper on Artificial Intelligence: A European approach to excellence and trust, COM(2020) 65 final, 19/2/2020 (https://commission.europa. eu/publications/white-paper-artificial-intelligence-european-approach-excellence-and-trust_ en). Su tale snodo fondamentale v. M. Catanzariti, What Role for Ethics in the Law of AI?, Artificial Intelligence, Social Harms and Human Right, edited by in A. Završnik and K. Simonˇciˇc, Springer International Publishing 2023, pp. 141-159. 207. N.A. Smuha, From a ‘Race to AI’ to a ‘Race to AI Regulation’ - Regulatory Competition for Artificial Intelligence, in Law, Innovation and Technology, n. 1, 2019, pp. 149-169; L. Floridi, The European Legislation on AI: a Brief Analysis of its Philosophical Approach, cit.
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scelta tra la regolazione che interviene successivamente all’occorrere di eventi dannosi e la legislazione che interviene prima che i danni si verifichino occorre preferire la seconda, ma nel costruirla bisogna prendere a modello la regolazione del ‘rischio’208; c) solo una forte garanzia della affidabilità (trustworthiness) sin dal momento della progettazione genera la possibilità di un investimento nelle tecnologie e non l’inverso209. Nella direzione segnata da questo documento si è mosso il legislatore europeo tramite numerose iniziative che cercano di incentivare il mercato e l’industria dell’IA, favorendo una sua crescita responsabile nel rispetto dei diritti fondamentali. L’intervento normativo più atteso sul punto è il regolamento che stabilisce «regole armonizzate sull’intelligenza artificiale (AI Act)», la cui proposta è stata presentata dalla Commissione europea il 21 aprile 2021 e atteso per l’approvazione alla fine del 2023210. La pro208. Infra multis sull’approccio europeo J. Laux, S. Wachter, B. Mittelstadt, Trustworthy artificial intelligence and the European Union AI act: On the conflation of trustworthiness and acceptability of risk, in Regulation & Governance, n. online version, 2023, pp. 1-30; J. Schuett, Risk Management in the Artificial Intelligence Act, in European Journal of Risk Regulation, 2023, pp. 1-19; J. Chamberlain, The Risk-Based Approach of the European Union’s Proposed Artificial Intelligence Regulation: Some Comments from a Tort Law Perspective, in European Journal of Risk Regulation, n. 2022, pp. 1-13; T. Mahler, Between risk management and proportionality: The risk-based approach in the EU’s Artificial Intelligence Act Proposal, in The Swedish Law and Informatics Research Institute, n. 1, 2022, pp. 247-270; G. Finocchiaro, La proposta di regolamento sull’intelligenza artificiale: il modello europeo basato sulla gestione del rischio, in Dir. inf. inform., n. 2, 2022, pp. 303322. In generale sul tema C.R. Sunstein, Beyond the Precautionary Principle, in U. Pa. L. Rev., n. 3, 2003, pp. 1003-1058; C. Hood, H. Rothstein, R. Baldwin, The government of risk: Understanding risk regulation regimes, OUP Oxford 2001. 209. A. Adinolfi, L’intelligenza artificiale tra rischi di violazione dei diritti fondamentali e sostegno alla loro promozione: considerazioni sulla (difficile) costruzione di un quadro normativo dell’Unione, in Intelligenza artificiale e diritto: una rivoluzione?, a cura di A. Pajno, F. Donati, A. Perrucci, il Mulino 2022, pp. 127-163. 210. European Commission, Proposal for a regulation of the European Parliament and of the Council laying down harmonised rules on artificial intelligence (Artificial Intelligence Act) and amending certain Union legislative acts, COM(2021) 206 final, 21/4/2021 (https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/?uri=celex%3A52021PC0206). Dopo l’approvazione della proposta di regolamento sono stati pubblicati numerosi commenti. Si v. in particolare M. Ebers et al., The European Commission’s Proposal for an Artificial Intelligence Act – A Critical Assessment by Members of the Robotics and AI Law Society (RAILS), cit.; M. Veale, F.Z. Borgesius, Demystifying the Draft EU Artificial Intelligence Act – Analysing the good, the bad, and the unclear elements of the proposed approach, in Computer Law Review International, n. 4, 2021, pp. 97-112; Ada Lovelace Institute, The EU AI Act: A summary of its significance and scope, London, April 2022, www. adalovelaceinstitute.org/wp-content/uploads/2022/04/Expert-explainer-The-EU-AI-Act-11April-2022.pdf.
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posta è stata accompagnata da un’ulteriore comunicazione sulla promozione di un ‘approccio’ europeo all’IA 211. Il nuovo strumento normativo mira a introdurre una regolazione ex ante dei rischi che potranno derivare dalla produzione, commercializzazione e impiego delle IA in moltissimi ambiti. Secondo questo approccio, legato fortemente allo sviluppo delle IA come ‘prodotti’212, si individuano quattro categorie di rischi: ‘inaccettabile’, ‘alto’, ‘basso’ e ‘minimale o inesistente’213. L’amministrazione della giustizia rientra tra i settori all’interno dei quali sono individuabili sistemi di IA ‘ad alto rischio’, secondo quanto indicato nell’art. 6, comma 2, della proposta e di rimando nell’Allegato III214. Inol211. European Commission, Fostering a European approach to Artificial Intelligence, COM(2021) 205 final, 21/4/2021 (https://eur-lex.europa.eu/resource.html?uri=cellar:01ff45faa375-11eb-9585-01aa75ed71a1.0001.02/DOC_1&format=PDF). 212. Essi si dividono tra sistemi di intelligenza artificiale destinati a essere utilizzati come componenti di sicurezza di prodotti ed elencati nell’allegato II alla proposta di regolamento e sistemi di intelligenza artificiale a sé stanti il cui uso può avere un impatto sui diritti fondamentali. M. Veale, F.Z. Borgesius, Demystifying the Draft EU Artificial Intelligence Act – Analysing the good, the bad, and the unclear elements of the proposed approach, cit. 213. Nel rischio alto compaiono alcuni esempi noti, come i meccanismi di social scoring sul modello cinese o i sistemi di identificazione biometrica, come il riconoscimento facciale, fuori da una serie di casi espressamente indicati. Nel rischio limitato compaiono una serie di strumenti utilizzati in alcuni settori chiave della vita sociale, espressamente indicati nell’allegato III alla proposta, usati nell’ambito dell’istruzione, dei servizi pubblici, del lavoro, del credito, dell’immigrazione, del contrasto ai reati e della giustizia. Sulla proposta si v. infra multis A. Simoncini, Quale modello per la regolazione dell’Intelligenza Artificiale? L’Europa al bivio, in La via europea per l’Intelligenza Artificiale, a cura di C. Camardi, Wolters Kluwer 2022, pp. 239-265; G. Mazzini, S. Scalzo, The Proposal for the Artificial Intelligence Act: Considerations around Some Key Concepts, in La via europea per l’Intelligenza Artificiale, a cura di C. Camardi, Wolters Kluwer 2022, pp. 21-52; B. Marchetti, L. Parona, La regolazione dell’intelligenza artificiale: Stati Uniti e Unione europea alla ricerca di un possibile equilibrio, in DPCE Online, n. 1, 2022, pp. 237-252; T.E. Frosini, L’orizzonte giuridico dell’intelligenza artificiale, in BioLaw Journal-Rivista di BioDiritto, n. 1, 2022, pp. 155-164; G. Finocchiaro, La regolazione dell’intelligenza artificiale, in Riv. trim. dir. pubbl., n. 4, 2022, pp. 1085-1099; G. Contissa, F. Galli, F. Godano et al., Il Regolamento europeo sull’intelligenza artificiale, in Rivista semestrale online: www. i-lex. it, n. 2, 2021, pp. 1-38. 214. Il punto n. 8 denominato «Amministrazione della giustizia e processi democratici» consta di una sola lett. a), relativa a «sistemi di IA destinati ad assistere un’autorità giudiziaria nella ricerca e nell’interpretazione dei fatti e nell’applicazione della legge a una serie concreta di fatti». Per quanto riguarda la giustizia penale rileva anche il punto n. 6 dell’allegato III denominato «Attività di contrasto». V. C. Bomprezzi, S. Sapienza, Algorithmic Justice e classificazione di rischio nella proposta di AI Act, cit., pp. 67 ss.
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tre, il considerando n. 40 stabilisce che «(A)lcuni sistemi di IA destinati all’amministrazione della giustizia e ai processi democratici dovrebbero essere classificati come sistemi ad alto rischio, in considerazione del loro impatto potenzialmente significativo sulla democrazia, sullo Stato di diritto, sulle libertà individuali e sul diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale»215. Il primo elemento del considerando n. 40 da analizzare riguarda la identificazione dell’impatto potenzialmente significativo che le IA usate nel settore della giustizia possono avere per le libertà individuali, il diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale. L’affermazione rende anzitutto chiaro che l’impostazione del legislatore europeo verso il rischio è in realtà freedom oriented216 . I diritti citati trovano protezione, come già visto nel capitolo I, sia nella CEDU sia nella Carta dei diritti fondamentali dell’UE sia, ancora, nella Costituzione italiana 217. In ragione della incidenza sui diritti, sono stati paventati dalla Commissione rischi alti per le applicazioni di IA nei processi tanto civili quanto penali 218.
215. A questo fine si individua come opportuna, per «far fronte ai rischi di potenziali distorsioni, errori e opacità», la classificazione dei «sistemi di IA destinati ad assistere le autorità giudiziarie nelle attività di ricerca e interpretazione dei fatti e del diritto e nell’applicazione della legge a una serie concreta di fatti» come «ad alto rischio», escludendo tuttavia i «sistemi di IA destinati ad attività amministrative puramente accessorie, che non incidono sull’effettiva amministrazione della giustizia nei singoli casi, quali l’anonimizzazione o la pseudonimizzazione di decisioni, documenti o dati giudiziari, la comunicazione tra il personale, i compiti amministrativi o l’assegnazione delle risorse». 216. A. Adinolfi, L’intelligenza artificiale tra rischi di violazione dei diritti fondamentali e sostegno alla loro promozione: considerazioni sulla (difficile) costruzione di un quadro normativo dell’Unione, cit. 217. In particolare gli articoli 47 e 48 della Carta, rubricati rispettivamente «Diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale» e «Presunzione di innocenza e diritti della difesa», ma anche l’art. 6 della CEDU e le numerose disposizioni che a partire dagli artt. 24, 101, 104, 111 e 113 Cost. garantiscono le libertà aventi a che fare con la dimensione della giustizia, di cui già ci siamo occupati e che sono stati fatti propri dalla CEPEJ nella Carta etica esaminata in precedenza. S. Penasa, Intelligenza artificiale e giustizia: il delicato equilibrio tra affidabilità tecnologica e sostenibilità costituzionale in prospettiva comparata, cit. 218. In realtà la dottrina aveva già individuato una tale connessione tra impiego delle IA e rischi per i diritti. Sul punto v. D. Reiling, Courts and Artificial Intelligence, in International Journal for Court Administration, n. 2, 2020, pp. 1-10; A. Carratta, Decisione robotica e valori del processo, cit.; L. Rovelli, Giustizia predittiva: Variazioni sul tema, in Contratto e impresa, n. 3, 2021, pp. 733-745.
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Il secondo elemento di interesse riguarda la portata soggettiva del considerando e poi delle norme della proposta. La norma si riferiva alle sole «autorità giudiziarie»219. Il terzo elemento di interesse concerne l’oggetto delle attività che il considerando n. 40 e l’Allegato III individuano. Come detto si possono riscontrare tre tipi di attività che le macchine automatiche si candidano a svolgere: attività di ricerca dei fatti e del diritto220, attività di interpretazione di questi ultimi e attività di applicazione della legge a una serie concreta di fatti (attività decisoria)221. In sintesi se messi nella disponibilità del giudice, tali strumenti potrebbero rappresentare di per sé un rischio per l’indipendenza e l’imparzialità dei giudici, dato che li guiderebbero verso la ricerca di interpretazioni e decisioni condizionate dalla macchina senza la piena consapevolezza del soggetto che se ne avvale222. L’esclusione nel considerando n. 40 delle attività amministrative «puramente accessorie» è evidentemente dovuta al fatto che tali aspetti possono non costituire una diretta e correlata minaccia per i diritti e le libertà, anche se in alcuni casi ciò non sembra essere molto ragionevole223. 219. Nella fase di negoziazione il novero di soggetti che possono usare tali strumenti di IA nell’ambito della giustizia si è ampliato, comprendendo ora anche coloro ai quali le medesime autorità giudiziarie possono delegare lo svolgimento delle attività di ricerca e interpretazione dei fatti, di ricerca e interpretazione del diritto, l’applicazione della legge a una serie concreta di fatti. In tal senso, tale allargamento potrebbe rispondere a una parte delle critiche di chi ha ravvisato, ad esempio, che alcune attività del pubblico ministero non sono immediatamente comprese in tali etichette. C. Bomprezzi, S. Sapienza, Algorithmic Justice e classificazione di rischio nella proposta di AI Act, cit., pp. 69-70. 220. Nella attuale fase di negoziazione del testo dell’AI Act il termine inglese «researching for» è scomparso. La scelta appare molto interessante. Si può presumere che secondo il Consiglio l’attività di ricerca dei fatti e del diritto non rientrano nel novero delle attività rischiose per la tutela dei diritti. 221. In tal modo si offre una interpretazione ampia dei possibili usi delle IA, che non si limitano solo alla giustizia predittiva ma a tutto l’arco delle attività che vengono svolte all’interno, prima e dopo, del processo per garantire i diritti fondamentali e la domanda di giustizia. M. Fink, The EU Artificial Intelligence Act and Access to Justice, in EU Law live, 10/5/2021 (https://scholarlypublications.universiteitleiden.nl/access/item%3A3180728/ view). 222. C. Bomprezzi, S. Sapienza, Algorithmic Justice e classificazione di rischio nella proposta di AI Act, cit., pp. 78 ss. 223. Il mancato uso della anonimizzazione e pseudonimizzazione si deve al fatto che tali attività sono fortemente disciplinate dal GDPR. Sul punto, tuttavia, occorre prestare molta attenzione perché la proposta, in fase di approvazione, all’art. 84 prevede una valutazione annuale della Commissione, che potrà portare a un allargamento delle IA ad
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4.1. I requisiti delle IA ad alto rischio Le IA ad alto rischio, definite puntualmente nell’Allegato III224, devono rispettare le norme del regolamento. Dal punto di vista sostanziale, il Capo II del Titolo III definisce i ‘requisiti’ per le IA ad alto rischio. Esso contiene norme su «Dati e governance dei dati» (art. 10), sulla «Documentazione tecnica» (art. 11) da predisporre prima dell’immissione nel mercato, sulla «Conservazione delle registrazioni» (art. 12) da tenere durante tutto il ciclo di vita del prodotto, sulla «Trasparenza e fornitura di informazioni agli utenti» (art. 13), sulla «Sorveglianza umana» (art. 14), sull’«Accuratezza, robustezza e cybersicurezza» (art. 15)225. Come vedremo, si tratta di principi che hanno una notevole importanza per i fini di questo lavoro. Nel prosieguo, analizzeremo i requisiti più significativi ai nostri fini, lasciando ai successivi paragrafi un esame specifico del problema della trasparenza. L’art. 10 si riferisce al tema della qualità e governance dei dati226. Come ricorda il considerando n. 44 «(U)n’elevata qualità dei dati è essenziale per le prestazioni di molti sistemi di IA, in particolare quando si utilizzano tecniche che prevedono l’addestramento di modelli, al fine di garantire che il sistema di IA ad alto rischio funzioni come previsto e in maniera sicura e che non diventi fonte di una discriminazione vietata dal diritto dell’Unione». La teoria e la pratica dell’impiego delle IA nel processo sono contraddistinte dalla gestione e dal governo dei dati. Il tema dei dati è ‘alto rischio’. Si pensi alle attività non giudicanti svolte dai magistrati, o alle attività degli ufficiali giudiziari ovvero alle attività dei consulenti. Sul punto forse servirà un approfondimento e semmai un emendamento dell’AI Act. 224. Tra i settori predefiniti di cui all’Allegato III, l’alto rischio concerne il pregiudizio alla salute, alla sicurezza o ai diritti fondamentali delle persone, alla luce della finalità sottesa all’uso del sistema di IA, tenendo conto sia della gravità del possibile danno sia della probabilità che si verifichi (v. il considerando 32). 225. L’art. 15 prevede che i sistemi di intelligenza artificiale debbano essere «resilienti per quanto riguarda errori, guasti o incongruenze che possono verificarsi all’interno del sistema o nell’ambiente in cui esso opera, in particolare a causa della loro interazione con persone fisiche o altri sistemi». 226. A tale previsione fanno da completamento gli articoli 11 e 12 che riguardano la documentazione tecnica e la verificabilità e tracciabilità degli output durante tutto il ciclo di vita delle macchine. I sistemi di IA sono essenzialmente alimentati da dati, sia nella fase di addestramento sia poi nella fase di operatività. Riguardo le norme dell’AI Act sul punto v. M. Palmirani, S. Sapienza, Big Data, Explanations and Knowability, in Ragion pratica, n. 2, 2021, pp. 349-364.
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chiaramente uno degli aspetti più spinosi dell’intera vicenda ed è capace di influenzare molto l’efficacia pratica di tali strumenti 227. Come è stato ricordato228, i tre aspetti più delicati riguarderanno le operazioni tecniche di trattamento dei dati, come l’annotazione, la marcatura, la pulizia, l’arricchimento e l’aggregazione dei dati, l’esame dei possibili bias e l’attività di de-biasing (di cui al paragrafo 5 dell’art. 10), e poi il possesso delle proprietà statistiche appropriate. L’art. 13 prevede disposizioni per assicurare la trasparenza dei sistemi di intelligenza artificiale, prescrivendo che essi dovranno essere progettati e sviluppati in modo tale da garantire che il loro funzionamento sia sufficientemente ‘trasparente’ per consentire agli utenti di interpretare l’output del sistema e utilizzarlo adeguatamente229. Il considerando n. 47 prevede che, per affrontare «l’opacità che può rendere alcuni sistemi di IA incomprensibili o troppo complessi per le persone fisiche, è opportuno imporre un certo grado di trasparenza per i sistemi di IA ad alto rischio». Come poi riprodotto nell’art. 13, si dice che gli «utenti dovrebbero poter interpretare gli output del sistema e utilizzarli in modo adeguato» e che pertanto i sistemi di IA ad alto rischio dovrebbero «essere corredati di documentazione e istruzioni per l’uso pertinenti, nonché di informazioni concise e chiare, anche in relazione, 227. Nell’AI Act si stabilisce che «i set di dati di addestramento, convalida e prova devono essere pertinenti, rappresentativi, esenti da errori e completi. Essi devono possedere le proprietà statistiche appropriate, anche, ove applicabile, per quanto riguarda le persone o i gruppi di persone sui quali il sistema di intelligenza artificiale ad alto rischio è destinato ad essere usato». Anche quando l’uso di certi dati viene proibito è possibile che l’addestramento su altre variabili produca effetti discriminatori, come rilevano G. Sartor, F. Lagioia, Il sistema COMPAS: algoritmi, previsioni, iniquità, in XXVI Lezioni di Diritto dell’Intelligenza Artificiale, a cura di U. Ruffolo, Giappichelli 2021, pp. 226-244, spec. p. 228. 228. Così C. Bomprezzi, S. Sapienza, Algorithmic Justice e classificazione di rischio nella proposta di AI Act, cit., pp. 85-86. 229. Le istruzioni per gli utenti devono essere «in un formato digitale o non digitale appropriato» e contenere «informazioni concise, complete, corrette e chiare che siano pertinenti, accessibili e comprensibili». All’art. 13 fa eco l’art. 52 della proposta, rubricato «Obblighi di trasparenza per determinati sistemi di IA», che impone ai fornitori di garantire che «i sistemi di IA destinati a interagire con le persone fisiche siano progettati e sviluppati in modo tale che le persone fisiche siano informate del fatto di stare interagendo con un sistema di IA, a meno che ciò non risulti evidente dalle circostanze e dal contesto di utilizzo. Tale obbligo non si applica ai sistemi di IA autorizzati dalla legge per accertare, prevenire, indagare e perseguire reati, a meno che tali sistemi non siano a disposizione del pubblico per segnalare un reato». B. Vaassen, AI, Opacity, and Personal Autonomy, in Philosophy & Technology, n. 4, 2022, pp. 1-20.
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se del caso, ai possibili rischi in termini di diritti fondamentali e discriminazione». Questi due modi di intendere la explainability – il termine usato in luogo della explicability all’interno dei documenti scientifici e negli atti ufficiali dell’UE230 – si rifanno alla dicotomia tra user-empowering explainability e la compliance-oriented explainability231. La explainability del primo tipo si riferisce alla interazione consapevole tra uomo e macchina. Queste misure dovrebbero consentire alla persona che ‘supervisiona il sistema’232 di IA di interpretarne correttamente l’output233. Per quanto concerne invece gli obblighi che derivano dal nuovo corpo normativo, si prevedono regole sulla documentazione tecnica da predisporre per le IA (artt. 11 e 40)234 e che riprende evidentemente una delle fonti di ispirazione dell’AI Act, cioè il «New Legislative Framework» (NLF). Le due forme di spiegabilità trovano un punto di confluenza nell’art. 29, paragrafo 4, dove si dice che gli «utenti monitorano il funzionamento del sistema di IA ad alto rischio sulla base delle istruzioni per l’uso». L’utilizzo di tali criteri nell’ambito della giustizia riporta in auge il tema
230. Si v.no i due documenti: European Commission, White Paper on Artificial Intelligence - A European approach to excellence and trust, COM(2020) 65 final, 19/2/2020 (https://op.europa.eu/it/publication-detail/-/publication/ac957f13-53c6-11eaaece-01aa75ed71a1); European Commission, Building Trust in Human-Centric Artificial Intelligence, COM(2019) 168 final (https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/ TXT/?uri=COM:2019:0168:FIN). 231. F. Sovrano, S. Sapienza, M. Palmirani et al., Metrics, Explainability and the European AI Act Proposal, in J (Multidisciplinary Science Journal), n. 1, 2022, pp. 126-138. 232. L’art. 14, paragrafo 4, lett. c), mette in relazione la spiegabilità di tale tipo con gli obblighi di progettazione della human oversight. 233. Questo tipo di spiegabilità deve mettere l’utente nella posizione di decidere se possa essere il caso di «ignorare, annullare o ribaltare l’output del sistema di IA ad alto rischio» (art. 14, paragrafo 4, lett. d). La user-empowering explainability è necessaria anche per la generale valutazione delle decisioni prese dagli utenti del sistema di IA, in particolare da soggetti abilitati, quali le autorità di contrasto e gli altri elencati nel considerando 38. In questi casi, non solo la documentazione tecnica è rilevante per la valutazione della conformità, ma deve essere anche utile per chiarire il contributo del sistema di IA alla decisione finale e per garantire il diritto a un ricorso effettivo nei casi che minacciano i diritti fondamentali e per i quali la legge prevede già meccanismi di ricorso. 234. Tra le informazioni che i produttori devono predisporre vi sono specifiche di design del sistema, ovvero la logica generale del sistema di IA e degli algoritmi utilizzati. Su tali caratteristiche in termini di global explainability si v. F. Sovrano, F. Vitali, M. Palmirani, Making Things Explainable vs Explaining: Requirements and Challenges Under the GDPR, in AI Approaches to the Complexity of Legal Systems XI-XII, edited by V. Rodríguez-Doncel et al., Springer 2019, pp. 169-182.
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della motivazione delle pronunce e di tutte le decisioni pubbliche, la cui radice si può trovare tanto nei principi di eguaglianza, ragionevolezza e proporzionalità – sanciti a livello interno quanto a livello europeo – quanto nelle previsioni più specifiche connesse alle diverse tipologie di decisioni: quelle giudiziarie e quelle amministrative235. In termini operativi, l’esistenza di tale obbligo implica che la motivazione della decisione di un giudice dovrà esplicitare in che modo la sua conoscenza sul caso e sulle norme applicabili si sia formata e se ciò è avvenuto mediante l’uso di una macchina, quale è stato il livello di interazione con la macchina, l’output specifico da essa rilasciato e la logica tramite cui tale conoscenza è stata modellata 236. Sul punto della trasparenza seguono le considerazioni svolte nei successivi paragrafi (v. infra). L’art. 14 stabilisce che i «sistemi di IA ad alto rischio sono progettati e sviluppati, anche con strumenti di interfaccia uomo-macchina adeguati, in modo tale da poter essere efficacemente supervisionati da persone fisiche durante il periodo in cui il sistema di IA è in uso»237. Lo scopo di questi sistemi è, in base al paragrafo 2, «prevenire o ridurre al minimo i rischi per la salute, la sicurezza o i diritti fondamentali che possono emergere quando un sistema di intelligenza artificiale ad alto rischio è utilizzato conformemente alla sua finalità prevista o in condizioni di uso improprio ragionevolmente prevedibile (…)». Il paragrafo 4 detta in modo puntuale quali sono le azioni che l’essere umano deve rimanere in grado di svolgere. Ai fini degli usi nel campo della giustizia sono parec235. A questo riguardo ci riferiamo agli artt. 41 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE, all’art. 6 della CEDU e all’art. 111 Cost. 236. Come rilevano C. Bomprezzi, S. Sapienza, Algorithmic Justice e classificazione di rischio nella proposta di AI Act, cit., pp. 94-95 si tratta di un’analisi di convergenza tra il modello di conoscenza generato dall’algoritmo e quello assunto dal giudice come parametro valutativo. 237. La norma esprime chiaramente due dei tre modi di intendere i modelli di monitoraggio delle decisioni prese dalle macchine, ovvero la capacità di controllare la progettazione e il design delle operazioni algoritmiche (ex ante) e di monitorarle (ex post) (c.d. human-on-the-loop) e la capacità di sottoporre ogni operazione al controllo di un essere umano e di consentire l’intervento in ciascun punto di essa (c.d. human-in-the-loop). Il terzo modo per esprimere lo human oversight è attraverso lo human-in-command che è invece la capacità di esaminare e indirizzare, insieme alle singole operazioni e decisioni, gli effetti su larga scala dei sistemi, comprese le implicazioni a livello sociale, etico e giuridico dell’utilizzo di un algoritmo. Su tale distinzione si v. la ricostruzione dello HighLevel Expert Group on Artificial Intelligence, Ethics Guidelines for Trustworthy AI, cit., paragrafo 65.
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chio rilevanti i primi due punti, ovvero la possibilità di «comprendere appieno le capacità e i limiti del sistema di IA ad alto rischio ed essere in grado di monitorarne debitamente il funzionamento (…)» e poi la consapevolezza della «possibile tendenza a fare automaticamente affidamento o a fare eccessivo affidamento sull’output prodotto da un sistema di IA ad alto rischio» (c.d. automation bias) specie per i «sistemi di IA ad alto rischio utilizzati per fornire informazioni o raccomandazioni per le decisioni che devono essere prese da persone fisiche» quali sono i sistemi utilizzati nell’ambito legale238. In tali situazioni occorrerà capire in che termini i giudici potranno discostarsi dagli output degli algoritmi e le parti potranno criticare e presentare consulenze tecniche di parte tese a ‘sconfessare’ gli esiti indicati. Un altro problema riguarda il novero dei destinatari di questa norma, che evidentemente per ragioni legate al tipo di attività e alla complessità delle situazioni, deve essere interpretata in modo assai ampio239. L’articolo 14, comma 4, lett. d) della proposta afferma che alle persone alle quali è affidata la sorveglianza umana deve essere permesso di «decidere, in qualsiasi situazione particolare, di non usare il sistema di IA ad alto rischio o altrimenti di ignorare, annullare o ribaltare l’output del sistema di IA ad alto rischio». Tale possibilità acquista un valore del tutto particolare nel caso in cui l’utente professionale dell’IA sia un magistrato. Egli dovrà essere messo in condizione di potersi discostare dalla indicazione proveniente dalla macchina in tutte quelle ipotesi in cui ritenga o che l’output offerto non sia a suo giudizio corretto o che intenda
238. Qui si situa uno dei problemi più interessanti legati alla ‘potenza’ degli strumenti di IA che hanno come possibile esito quello di trasformare il soggetto che se ne serve in un servitore dell’algoritmo. Il tema non è nuovo ed è stato parecchio esaminato dalla dottrina. V. infra multis G. Canzio, Intelligenza artificiale e processo penale, in Cassazione penale, n. 3, 2021, pp. 797-803; U. Ruffolo, La macchina sapiens come “avvocato generale” ed il primato del giudice umano: una proposta di interazione virtuosa, in XXVI Lezioni di Diritto dell’Intelligenza Artificiale, a cura di Id., Giappichelli 2021, pp. 205-225, spec. pp. 209-210; S. Alon Barkat, M. Busuioc, Human-AI Interactions in Public Sector Decision-Making:’Automation Bias’ and ‘Selective Adherence’to Algorithmic Advice, in Journal of Public Administration Research and Theory, n. 1, 2022, pp. 153-169. 239. C. Bomprezzi, S. Sapienza, Algorithmic Justice e classificazione di rischio nella proposta di AI Act, cit., p. 90 sottolineano come l’insieme delle persone che devono garantire il controllo del sistema deve essere necessariamente molto ampio, comprendendo sia la componente giuridica sia la componente tecnica di coloro che offrono i servizi informatici usati dai giudici e dai tribunali.
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fornire un’interpretazione evolutiva della norma alla luce del contesto240. Si tratta non solo dell’autonomia e indipendenza del magistrato e della magistratura, come sancito dall’art. 104 Cost., ma anche della giustizia delle decisioni e della responsabilità che lo stesso giudice dovrà assumere nell’ipotesi in cui pervenga a un giudizio errato sia a causa del non corretto funzionamento della macchina sia a causa della incapacità di farla operare senza errori241. Il capo III prevede gli obblighi dei fornitori e degli utenti dei sistemi ad alto rischio. Tali norme rappresentano il cuore delle procedure relative alla produzione e al commercio delle IA; sono disciplinati i doveri gravanti sui fornitori di detti sistemi, tra cui l’obbligo di marcatura ‘CE’ per indicare la conformità alle previsioni del regolamento (art. 16, lett. i). Oltre ai fornitori, anche gli importatori, i distributori e gli utenti dei menzionati meccanismi sono soggetti a requisiti stringenti. La proposta di regolamento prevede che i fornitori di IA debbano effettuare valutazioni di conformità dei loro sistemi prima di immetterli sul mercato secondo un meccanismo presuntivo che si rifà allo schema del NLF, alla cui base vi sono gli standard e i processi di standardizzazione formulati dagli organismi privati creati a livello europeo. Rispetto a tale importantissimo snodo dell’intera filiera della progettazione, immissione nel mercato e distribuzione delle IA emergono questioni circa la mancanza di un vaglio democratico nella formulazione degli standard e circa la natura in ultima analisi ‘proprietaria’ di essi. Nelle pagine che seguono ci concentreremo sulla configurazione della trasparenza e della spiegazione. Nonostante la prospettiva nella quale queste pagine si inseriscono non sia di tipo filosofico o tecnico ma eminentemente giuridica e basata sul diritto positivo, va detto che il diritto alla spiegazione e la spiegabilità toccano le notevoli questioni filosofiche, tecniche e sociali che sono sorte da alcuni anni intorno all’utilizzo dei sistemi di intelligenza artificiale242: problemi che riguardano la tutela delle 240. U. Ruffolo, La macchina sapiens come “avvocato generale” ed il primato del giudice umano: una proposta di interazione virtuosa, cit., p. 210. 241. In tali ipotesi, oltre a evidenziarsi una questione connessa alla sanzionabilità delle condotte vietate dall’AI Act, viene alla luce il problema che deriva dalla mancanza di una disciplina adeguata sulla responsabilità, pur sancita costituzionalmente, dei magistrati per gli ‘errori giudiziari’. Si v. quanto evidenziato da C. Bomprezzi, S. Sapienza, Algorithmic Justice e classificazione di rischio nella proposta di AI Act, cit., pp. 107-108. 242. L. Floridi, Soft ethics and the governance of the digital, in Philosophy & Technology, n. 1, 2018, pp. 1-8. Per una interessante sintesi di tali problemi si v. European Union
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libertà gravate dall’impiego delle tecnologie243; questioni circa la mancanza di trasparenza e di conoscibilità degli algoritmi244; problemi derivanti dalle possibili discriminazioni che tali strumenti possono determinare soprattutto a causa dei dati che vengono utilizzati per allenarli245; fino al dilemma della «neutralità» della tecnologia246. Non è un caso che le questioni relative alle ‘spiegazioni’ erano già state messe in luce, pur da una diversa angolazione e con diversi obiettivi, già nel noto «imitation game» di A. Turing e nell’argomento della «stanza cinese» di J.R. Searle247. 4.2. Trasparenza degli algoritmi e diritto alla spiegazione Ottenere un livello adeguato di trasparenza è uno degli obiettivi centrali nei recenti tentativi di regolamentare l’uso dell’IA. Tuttavia, al momento attuale, nessun diritto e correlato obbligo possono ricavarsi da Agency for Fundamental Rights Agency, Getting the future right – Artificial intelligence and fundamental rights, Vienna, https://fra.europa.eu/en/publication/2020/artificial-intelligence-and-fundamental-rights. 243. Sul tema si v. A. Simoncini, E. Longo, Fundamental Rights and the Rule of Law in the Algorithmic Society, in Constitutional Challenges in the Algorithmic Society, edited by H.-W. Micklitz et al., Cambridge University Press 2021, pp. 27 ss. Per un’analisi dell’approccio connesso al rapporto tra i diritti positivizzati e i diritti umani inerenti gli individui v. M. Catanzariti, Etica “artificiale”: un nuovo modello regolatorio?, in Ars interpretandi, n. 1, 2021, pp. 165-179. 244. Lo spiegare e il diritto alla spiegazione concernono il problema epistemologico relativo alla «intellegibilità della tecnologia», come ricorda U. Pagallo, Algoritmi e conoscibilità, in Riv. fil. dir., n. 1, 2020, pp. 93-106, spec. pp. 93 ss. 245. M. Palmirani, Big Data e conoscenza, in Riv. fil. dir., n. 1, 2020, pp. 73-92. 246. Tema affrontato con riguardo anche al rapporto tra neutralità del diritto e neutralità della tecnologia da M. Hildebrandt, Smart Technologies and the End(s) of Law: Novel Entanglements of Law and Technology, Edward Elgar Publishing 2015, pp. 159 ss. la quale riprende la nota teoria di B. Latour, The Berlin key or how to do words with things, in Matter, materiality and modern culture, edited by P. Graves-Brown, Routledge 2000, pp. 21 ss. circa il «programma di azione» incorporato in un artefatto tecnologico. 247. Turing esprime le sue opinioni in due notissimi articoli rispettivamente del 1937 e del 1950. Il primo è A.M. Turing, On computable numbers, with an application to the Entscheidungsproblem, cit., pp. 230 ss. e il secondo A.M. Turing, Computing Machinery and Intelligence, cit., pp. 433 ss. Per Searle anche qualora superasse il test di Turing una macchina non si potrebbe mai dire intelligente nel senso in cui tale termine è applicato alla mente umana. Anche se possono eseguire alcune operazioni matematiche, le macchine non potranno mai comprendere perché mancano di intenzionalità. Esse funzionano attraverso programmi che eseguono mere operazioni logiche. Si v. J. Searle, Minds, Brains and Programs, in Behavioral and Brain Science, n. 3, 1980, pp. 417-424.
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tale esigenza primaria. Tanto il regolamento generale sulla protezione dei dati dell’Unione europea (GDPR)248 quanto la proposta di AI Act non individuano l’esistenza di un diritto alla spiegazione e correlativamente di un dovere di spiegabilità derivante dall’uso di ‘procedimenti decisionali automatizzati’249. Questo problema rappresenta uno dei nodi più intricati per lo sviluppo delle ‘decisioni algoritmiche’250 ma anche uno dei settori più interessanti di indagine tecnica sulle IA 251. Come è noto, dopo l’approvazione del GDPR si è svolto un grande dibattito dottrinario, a partire dalle disposizioni sulle decisioni automatizzate contenute nel testo e nei considerando, sulla configurazione di un «diritto alla spiegazione»252. Il dato certo è che il GDPR non attri248. Reg. (CE) n. 2016/679/UE Regolamento del Parlamento Europeo relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati), pubblicato nella GUUE 4 maggio 2016, n. L 119. 249. È a partire dalla Convenzione di Strasburgo n. 108/1981 (ratificata in Italia con la legge 21 febbraio 1989, n. 98) che si inizia a parlare di «elaborazioni automatizzate» per indicare la protezione dei dati personali nei confronti di «operazioni effettuate nel loro insieme o in parte grazie a procedimenti automatizzati: registrazione di dati, applicazione ad essi di operazioni logiche e/o aritmetiche, loro modifica, cancellazione, estrazione o diffusione». L’esempio più caratteristico di decisione automatizzata nel settore dei dati è la profilazione. Sul tema sia consentito rimandare a E. Longo, I processi decisionali automatizzati e il diritto alla spiegazione, in Intelligenza artificiale e diritto: una rivoluzione? Amministrazione, responsabilità, giurisdizione, a cura di F. Donati, A. Pajno, A. Perrucci, I, il Mulino 2022, pp. 349-362. 250. Da ultimo, su tali aspetti si v. U. Pagallo, Algoritmi e conoscibilità, cit., pp. 93 ss.; G. D’Acquisto, Decisioni algoritmiche: equità, causalità, trasparenza, Giappichelli 2022; E. Spiller, Il diritto di comprendere, il dovere di spiegare. Explainability e intelligenza artificiale costituzionalmente orientata, in Biolaw Journal, n. 2, 2021, pp. 421 ss. Quest’ultima dà atto della «sfida epocale» nella quale il tema della spiegabilità si inserisce e di come il problema abbia una natura non già tecnica ma eminentemente politica. 251. Il settore della c.d. «Explainable AI» (XAI) ha avuto una notevole importanza negli ultimi anni, tale da divenire uno degli approcci più promettenti per lo sviluppo della IA sostenibile. Si v. sul punto ex multis R. Guidotti, A. Monreale, S. Ruggieri et al., A Survey Of Methods For Explaining Black Box Models, in ACM Computing Surveys, n. 5, 2018, pp. 1-42; A. Barredo Arrieta et al., Explainable Artificial Intelligence (XAI): Concepts, taxonomies, opportunities and challenges toward responsible AI, cit.; T. Speith, A Review of Taxonomies of Explainable Artificial Intelligence (XAI) Methods, FAccT ’22: 2022 ACM Conference on Fairness, Accountability, and Transparency, Seoul, Republic of Korea, 2022, disponibile in https://dx.doi.org/10.1145/3531146.3534639. 252. Prima della entrata in vigore del GDPR nel 2018 è sorto in dottrina un notevole dibattito interpretativo sul rapporto tra il considerando n. 71 e gli artt. 13, 14 e 22 del GDPR. La dottrina si è divisa tra chi riconosce solo un diritto di accesso e di informazione S. Wachter, B. Mittelstadt, L. Floridi, Why a right to explanation of automated decision-
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buisce alle parti interessate un «diritto alla spiegazione delle decisioni individuali» realizzate con sistemi automatizzati253, ma offre invece una serie di diritti per l’interessato di essere informato sull’impiego di un «processo decisionale automatizzato» e sulla «logica» alla base di esso254 e «di ottenere l’intervento umano da parte del titolare del trattamento, di esprimere la propria opinione e di contestare la decisione»255. In base
making does not exist in the general data protection regulation, in International Data Privacy Law, n. 2, 2017, pp. 76-99, pp. 77 ss., sulla scorta della mancanza di un riferimento al termine «spiegazione» nell’art. 22, e chi invece sosterrebbe l’esistenza di un «diritto alla spiegazione», come A.D. Selbst, J. Powles, Meaningful information and the right to explanation, in International Data Privacy Law, n. 4, 2017, pp. 233-242, spec. p. 233 o U. Pagallo, Algo-Rhythms and the Beat of the Legal Drum, in Philosophy & Technology, n. 4, 2018, pp. 507-524. Costoro partono dal riferimento testuale al diritto a «contestare la decisione» nell’art. 22, dal quale deriverebbe un obbligo di trasparenza nei confronti dell’interessato da parte del titolare del trattamento. La questione è altamente dibattuta e non appare ragionevole che si possa trovare a essa una soluzione con le norme attualmente in vigore, come molto correttamente rilevato da M. Durante, Potere computazionale: L’impatto delle ICT su diritto, società, sapere, Meltemi 2019. 253. A dire il vero sulla base del tenore testuale del considerando n. 71 del GDPR una parte della dottrina aveva ritenuto esistente il «diritto alla spiegazione» nel caso di decisioni completamente automatizzate. Il dubbio interpretativo deriva dal mancato coordinamento dell’art. 22 GDPR con il testo del citato considerando, dove appare tra le garanzie ritenute adeguate nel caso di trattamenti completamente automatizzati il diritto a «ottenere una spiegazione della decisione conseguita». Per una ricostruzione del dibattito su tale tema si v. U. Pagallo, Algoritmi e conoscibilità, cit., pp. 93 ss.; S. Sassi, Gli algoritmi nelle decisioni pubbliche tra trasparenza e responsabilità, in Analisi Giuridica dell’Economia, n. 1, 2019, pp. 109-128; E. Spiller, Il diritto di comprendere, il dovere di spiegare. Explainability e intelligenza artificiale costituzionalmente orientata, cit., pp. 421 ss. Quest’ultima dà atto della «sfida epocale» nella quale il tema della spiegabilità si inserisce e di come il problema abbia una natura non già tecnica ma eminentemente politica. 254. Secondo gli artt. 13 e 14 (sul diritto all’informazione) e 15 (sul diritto di accesso), il titolare deve dare informazioni circa l’esistenza di un processo decisionale automatizzato, compresa la profilazione, di cui all’art. 22, paragrafi 1 e 4, e, almeno in tali casi, informazioni significative sulla logica utilizzata, nonché l’importanza e le conseguenze previste di tale trattamento per l’interessato. V. sul tema B. Custers, A.-S. Heijne, The right of access in automated decision-making: The scope of article 15 (1)(h) GDPR in theory and practice, in Computer Law & Security Review, n. 3, 2022, pp. 1-17. 255. V. Article 29 - Data Protection Working Party, Guidelines on Automated individual decision-making and Profiling for the purposes of Regulation 2016/679 (amended version), 17/EN WP251rev.01, 6/2/2019 (https://ec.europa.eu/newsroom/article29/ items/612053). Sul tema si v. infra multis A. Simoncini, Art. 22, in Codice della privacy e data protection, a cura di R. D’Orazio, G. Finocchiaro, O. Pollicino, G. Resta, Giuffrè 2021, pp. 378-390; C. Colapietro, Circolazione dei dati, automatizzazione e regolazione, in Sistema delle fonti e nuove tecnologie. Il ruolo delle autorità indipendenti, a cura di A. Simoncini, Giappichelli 2023, pp. 187-197; D. Sancho, Automated Decision-Making under
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a questo insieme di norme, l’obbligo di dare informazioni all’interessato oggetto della decisione automatizzata (o della profilazione) può assumere contenuti molto diversi e riguardare sia informazioni da dare ex ante che ex post256. Data però la varietà dei processi decisionali automatizzati, è difficile specificare in termini generali e al tempo stesso precisi quali informazioni debbano essere obbligatoriamente comunicate all’interessato, soprattutto a fronte dell’uso sempre più diffuso dei sistemi di intelligenza artificiale basati su tecniche di Unsupervised ML e di Deep Learning. A nostro modo di vedere, il dibattito concernente l’esistenza del diritto alla spiegazione e del correlato obbligo sul titolare del trattamento sconta due grandi ‘aporie’, di cui vale la pena accennare in questa sede. La prima riguarda il fatto che la spiegabilità è una sorta di ‘ossimoro’ giuridico. L’intero dibattito sul diritto alla spiegazione nasce nel contesto della protezione dei dati, malgrado già a prima vista sia abbastanza chiaro che non si tratta di una classica questione di protezione dei dati. Se l’obiettivo finale della protezione dei dati è avere regole chiare sul trattamento (acquisizione, conservazione, utilizzo, trasferimento, ecc.), il diritto a una spiegazione andrebbe ben oltre tali obiettivi 257. Il GDPR, quindi, non parla di spiegazione perché non può farsi carico di questioni che esulano dalla portata della disciplina dei dati, come quelle legate alla responsabilità civile contrattuale ed extra-contrattuale, la normativa sui danni da prodotti difettosi, il diritto alla proprietà intellettuale258 di tali strumenti e il diritto anti-discriminatorio. Quindi, l’affermazione Article 22 GDPR. Towards a More Substantial Regime for Solely Automated Decision-Making, in Algorithms and law, edited by M. Ebers, S. Navas Navarro, Cambridge University Press 2020, pp. 136-156. 256. Si v. A. Simoncini, op. ult. cit., p. 389. 257. Se esistesse per le decisioni automatizzate, esso stabilirebbe un requisito speciale per una decisione sostanziale in merito ai diritti dell’individuo, sebbene questa decisione, come qualsiasi altra, si basi in parte sui dati personali. 258. Di fronte alla richiesta di far valere il diritto alla spiegazione, gli sviluppatori e i distributori delle IA potrebbero sostenere che qualsiasi richiesta di rivelare il funzionamento degli algoritmi si pone in conflitto con il loro diritto alla proprietà intellettuale. Preso atto di questo ostacolo, una parte della dottrina ha suggerito che in tali casi possono essere impiegati meccanismi di auditing esterno. Tuttavia, mentre tali meccanismi potrebbero aiutare a far rispettare il diritto di riparazione e a giustificare accuse di parzialità, non fornirebbero alle parti spiegazioni che consentano la proposizione di azioni legali. S. Wachter, B. Mittelstadt, C. Russell, Counterfactual explanations without opening the black box: Automated decisions and the GDPR, in Harv. JL & Tech., n. 2, 2017, pp. 841-888.
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di un diritto alla spiegazione nel GDPR non basterebbe a individuare compiutamente posizioni soggettive a tutela dell’interessato, perché occorrerebbe considerare nuovi doveri e obblighi giuridici per chi progetta e impiega algoritmi259. La seconda aporia richiede uno sviluppo argomentativo più lungo, perché concerne la comprensione delle caratteristiche proprie del diritto che si vorrebbe tutelare260. La spiegabilità rappresenta un principio procedurale e non sostanziale, come sono l’equità, la giustizia, la non discriminazione, l’affidamento, ecc. Come tale, esso va distinto dai vicini principi di «interpretabilità» e «accountability»261. Malgrado talvolta spiegabilità e interpretabilità siano usate in modo intercambiabile262, si tratta di concetti sostanzialmente e sottilmente differenti. L’interpretazione riguarda la comprensione del come (how), mentre la spiegazione del perché (why) di un output dell’IA 263. La spiegazione risponde, infatti, alle domande circa il perché di un certo esito, comprese le spiegazioni di ciò che sta accadendo264. 259. Neanche il report dell’Article 29 - Data Protection Working Party, Guidelines on Automated individual decision-making and Profiling for the purposes of Regulation 2016/679 (amended version), cit. raggiunge tale obiettivo. Infatti, si afferma che «(T)he controller should find simple ways to tell the data subject about the rationale behind, or the criteria relied on in reaching the decision. The GDPR requires the controller to provide meaningful information about the logic involved, not necessarily a complex explanation of the algorithms used or disclosure of the full algorithm. The information provided should, however, be sufficiently comprehensive for the data subject to understand the reasons for the decision». Nostro il corsivo. 260. Il grande numero di diritti tutelati in queste vicende relativamente ai dati viene evidenziato da A. Simoncini, Art. 22, cit., pp. 387 ss. 261. Z. Ződi, Algorithmic explainability and legal reasoning, in The Theory and Practice of Legislation, n. 1, 2022, pp. 67-92. 262. T. Miller, Explanation in Artificial Intelligence: Insights from the Social Sciences, in Artificial Intelligence, n. 1, 2019, pp. 1-38, pp. 1 ss. 263. Nel mondo dell’IA si suole convenire sul fatto che con l’interpretazione si può risalire al «come» la macchina ha preso una certa decisione, cioè il meccanismo attraverso il quale si arriva da un certo input a un determinato output. Diversamente la spiegazione è la misura con cui la meccanica interna di una macchina o di un sistema di deep learning, ad esempio, può essere spiegata in termini umani. Vi è una sottile differenza con l’interpretabilità, ma rimane il fatto che con la spiegabilità si dovrebbe essere in grado di spiegare letteralmente cosa sta succedendo. Z.C. Lipton, The mythos of model interpretability: In machine learning, the concept of interpretability is both important and slippery, in Queue, n. 3, 2018, pp. 31-57. 264. Questo modo di concepire la spiegazione collima con quanto hanno scritto gli esperti incaricati dalla Commissione europea, i quali fanno notare che la necessità della spiegazione dipende «fortemente dal contesto e dalla gravità delle conseguenze se tale
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Se quindi gli esseri umani non sono sempre in grado di comprendere la logica interna o il sottostante meccanismo logico di un modello interpretabile, nel caso delle decisioni automatizzate che usano sistemi di ML, l’interpretabilità non può implicare assiomaticamente la spiegabilità 265. Sul piano giuridico, l’interpretabilità è alla base dell’equità, della responsabilità, della trasparenza e anche della spiegazione, perché aiuta a scoprire i bias ed è indispensabile per gli audit dell’IA che mirano a identificare il processo decisionale e gli esiti discriminatori, illegali (ad esempio, in violazione del GDPR) o pericolosi (ad esempio, i pericoli posti dal processo decisionale di un veicolo autonomo). La spiegabilità invece è la misura in cui gli esseri umani comprendono le spiegazioni generate da un modello di intelligenza artificiale266. Essa è simile all’interpretabilità ma si basa su relazioni, connessioni e mecoutput è errato o altrimenti impreciso». Cfr. High-Level Expert Group on AI, Ethics guidelines for trustworthy AI, 8/4/2019, Brussels, p. 13. Nostra la traduzione. 265. Le IA oggi in uso funzionano grazie ad algoritmi di Machine Learning e impiegano per lo più la tecnologia delle ‘reti neurali’. In tali casi una spiegazione che ci dica quali ‘nodi’ della macchina si sono attivati per decidere non avrà alcuna utilità pratica per le parti che richiedono la spiegazione. Senza alcuna conoscenza di base sul ruolo dei diversi nodi all’interno dell’operare del sistema, una spiegazione che si limiti a fornirmi la topografia delle reti attivate non sarebbe di alcun aiuto, anche se è fattuale. Molte delle applicazioni di apprendimento automatico che usano reti neurali profonde non permettono di comprendere il loro funzionamento e la logica sottesa alle decisioni prese dalla macchina. L’effetto viene chiamato «Black box» poiché tali sistemi sarebbero «irrimediabilmente opachi». La metafora della scatola nera si riferisce a un sistema il cui funzionamento è misterioso: possiamo osservarne gli input e gli output ma ci è impedito, per la complessità del processo interno, conoscere effettivamente come dai primi si arriva ai secondi. Gli effetti di tali tecniche vengono descritti accuratamente da F. Pasquale, The Black Box Society: The Secret Algorithms that Control Money and Information, cit., p. 3. L’oscurità deriva dalla natura indeterministica o stocastica di tali algoritmi che si sviluppano in modo casuale. L’obiettivo di tali strumenti è «aumentare, attraverso la computabilità di ogni cosa, il livello di controllo dei meccanismi al fine di arrivare il più possibile in prossimità di quanto viene fatto dalla mente umana». Cfr. A. Condello, Il non-dato e il dato. Riflessioni su uno «scarto» fra esperienza giuridica e intelligenza artificiale, in Ars interpretandi, n. 1, 2021, pp. 97-112, spec. p. 105. 266. Potrebbe essere utile a questo proposito un esempio. Se consideriamo l’attività di riconoscimento di una immagine l’interpretazione ci dice il motivo che ha portato un sistema a decidere che un oggetto specifico fa parte di un’immagine (output) a partire da alcuni modelli dominanti nell’immagine (input). La spiegazione, invece, è la logica interna e la meccanica che si trova all’interno di un sistema di apprendimento automatico che attribuisce pesi diversi ad alcune parti dell’immagine (input) anziché ad altre, come ad esempio la distanza tra certe parti dell’immagine, le sue diagonali ovvero i colori.
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canismi causali e controfattuali, e dovrebbe permettere, da un lato, di comprendere se le decisioni e azioni dell’IA sono ragionevoli e, dall’altro, di valutare i motivi alla base delle previsioni, delle decisioni, delle raccomandazioni e delle azioni dell’IA 267. Quando gli algoritmi vengono usati nel law enforcement o nella determinazione della pena, si dovrebbe risalire al perché di certe decisioni della macchina, per potersi fidare di essa e semmai correggere la decisione ove essa appaia viziata da errori 268. Sebbene esistano diversi documenti che illustrano cosa vuol dire fornire spiegazioni269, rimane aperto se si ha diritto a una spiegazione che traduca in un linguaggio comprensibile all’umano l’attività e il percorso di ‘ragionamento’ della macchina. Le macchine, infatti, sono estremamente più efficienti degli esseri umani nell’effettuare calcoli complessi ma non hanno una intelligenza situazionale e la capacità di analogie nel caso in cui non siano state allenate con dati specifici. Sebbene l’IA abbia superato gli esperti umani in una gamma sempre crescente di compiti di riconoscimento, previsione e processo decisionale, è molto difficile generare modelli causali e spiegazioni per le percezioni, decisioni, raccomandazioni e azioni di tali macchine. Perciò, quello che le rende estremamente performanti nello svolgimento di alcune attività determina anche la loro attitudine a nuocere alle libertà fondamentali e a influenzare negativamente determinate attività, come appunto quelle connesse con il ‘giudizio’270. Inoltre, quando ci approcciamo al rapporto con le macchine non possiamo tutelarci contro gli eventuali errori computazionali allo stesso
267. M. Coeckelbergh, Artificial intelligence, responsibility attribution, and a relational justification of explainability, in Science and engineering ethics, n. 4, 2020, pp. 2051-2068. 268. L’esempio dell’algoritmo usato nel caso Loomis ha mostrato che i giudici usavano un meccanismo di computo del rischio della recidiva senza sapere le ragioni di tale determinazione, ovvero quali parti dell’input erano più importanti di altre per la predizione o quali cambiamenti avrebbero determinato un risultato diverso. A. Deeks, The judicial demand for explainable artificial intelligence, cit., pp. 1829 ss. 269. ICO and The Alan Turing Institute, Explaining decisions made with AI, 17/10/2022 (https://ico.org.uk/for-organisations/guide-to-data-protection/key-dp-themes/ explaining-decisions-made-with-ai/). 270. Nel giudicare l’esperienza umana si caratterizza per il necessario sforzo di completamento del contenuto delle regole attraverso l’ingegno umano, che raggiunge soluzioni operando attraverso informazioni necessariamente incomplete, ipotetiche e spesso implicite A. Condello, Il non-dato e il dato. Riflessioni su uno «scarto» fra esperienza giuridica e intelligenza artificiale, cit.
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modo in cui procediamo con l’errore umano271, né possiamo pretendere di ottenere una spiegazione – allo stato della conoscenza e dell’evoluzione tecnologica – così come la pretendiamo nella realtà naturale272. Occorre infatti comprendere molto bene cosa accade quando usiamo tali strumenti e, semmai, ideare nuove forme di tutela per quelle circostanze nelle quali le macchine sono delegate a produrre una decisione valida, fino anche a immaginare nuovi principi giuridici che servano nei rapporti uomo-macchina273. Pertanto, un mero diritto alla spiegazione che si basi unicamente sul rendere trasparente la sola «logica» utilizzata dagli algoritmi di intelligenza artificiale potrebbe non essere sufficiente. Per realizzarsi nella sua pienezza, in molte circostanze l’informazione fornita dovrebbe includere anche un controllo e la conoscenza esatta di quali dati hanno permesso la decisione automatizzata, e soprattutto si dovrebbe consentire a chi gestisce la macchina di agire sul sistema in ogni momento274. 271. U. Ruffolo, La macchina sapiens come “avvocato generale” ed il primato del giudice umano: una proposta di interazione virtuosa, cit. 272. Secondo il Gruppo di lavoro Articolo 29, in base alle regole del GDPR, il titolare dovrebbe comunicare in modo semplice all’interessato la logica o i criteri sui quali si basa l’adozione della decisione, ma non dovrebbe necessariamente accompagnare tale dovere con una “spiegazione complessa degli algoritmi utilizzati o la divulgazione dell’algoritmo completo”. L’idea che c’è dietro questo limite sembra essere quella che gli stessi diritti alla conoscenza e comprensibilità così declinati risulterebbero poco efficaci nel caso della maggioranza degli algoritmi complessi, la cui comprensibilità è difficile anche da parte di persone esperte G. Fioriglio, La Società algoritmica fra opacità e spiegabilità: profili informatico-giuridici, in Ars interpretandi, n. 1, 2021, pp. 53-67. 273. Si pensi al problema della «cattura del decisore» in quei casi in cui si delega alla macchina anche solo una parte della decisione A. Simoncini, Il diritto alla tecnologia e le nuove diseguaglianze, cit. 274. B. Goodman, S. Flaxman, European Union regulations on algorithmic decisionmaking and a “right to explanation”, in Public opinion quarterly, n. 1, 2016, pp. 298-320. Un intervento umano senza che siano noti il set di dati e i fattori che possono comportare le loro inesattezze sarebbe inutile. Come è stato fatto notare, per consentire tali garanzie è necessario poter «notificare adeguate informazioni all’interessato in merito ai dati trattati, ai modelli utilizzati, alla logica o la famiglia di algoritmi adottati, i dati inferiti e i dati derivati che hanno poi condotto alla decisione finale». cfr. M. Palmirani, Big Data e conoscenza, cit. In questo senso, ha ragione la dottrina quando propone di partire dai dati e accompagnare la conoscibilità – sia nella fase di documentazione ex ante, sia in quella ex post – con le «strutture complesse che diano conto delle relazioni fra di essi, del loro significato ontologico, delle tipologie» rendendo disponibili anche quei dati che hanno contribuito al processo decisionale op. ult. cit. I dati, inoltre, dovranno essere verificati nella loro attendibilità e qualità, per evitare il problema del «garbage in, garbage out», e rispettare gli altri principi sanciti dal GDPR con riguardo alla protezione dei dati personali G. Finocchiaro, Intelligenza artificiale e protezione dei dati personali, in Giur. it., n. 7, 2019, pp. 1670-1677.
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Il problema degli effetti che possono derivare da trattamenti automatizzati incorretti non riguarda solo i dati o la logica utilizzata, ma va più a fondo275. Anche volendo depurare tali sistemi di tutti i possibili errori, non si arriverà mai a definire un criterio che possa evitare tali distorsioni statistiche. Pertanto, è molto difficile, e forse impossibile, affidare a una macchina decisioni complesse nelle quali occorre trasparenza dei motivi che hanno portato a un determinato risultato. Al netto delle questioni legate alla logica inferenziale data-driven, l’idea di fondare le decisioni future su regolarità riscontrate in dati che descrivono il passato si scontra con problemi inerenti alla natura stessa dell’atto di decidere, che non è solo frutto di una ponderazione tra variabili ma richiede una serie di caratteristiche che (al momento) solo l’essere umano è in grado di garantire276. Inoltre, il diffondersi dei calcoli predittivi senza adeguate tutele tende a contribuire, specie con i fenomeni di self-prophecy, in maniera occulta e potenzialmente inconsapevole al materializzarsi degli stessi errori che la tecnologia vuole evitare277. Perciò, l’elemento che il diritto costituzionale dovrebbe indicare come primo principio-limite del potere algoritmico 275. Gli algoritmi di apprendimento automatico usati per calcolare il tasso di recidiva, di cui abbiamo sentito molto parlare nel caso Loomis, non funzionano secondo un nesso di causazione ma operano trovando correlazioni. In questi casi è molto facile sbagliare il peso dei «falsi positivi» o dei «falsi negativi», cioè coloro ai quali i giudici, riferendosi al risultato delle macchine, hanno applicato un tasso di recidiva alto ma non sono tornati in carcere o viceversa. L’algoritmo ci dice solo che per i primi, ad esempio, è molto probabile ripetere l’errore, ma non sanno che alcuni possono essere stati giudicati male. A differenza di un essere umano, i sistemi intelligenti non sanno cosa determina la recidiva e non basano il giudizio su una interpretazione, ma su una tecnica che si limita a leggere serie storiche di dati attraverso meccanismi che riproducono in buona sostanza il «metodo degli analoghi» S. Amato, Emozioni sintetiche e sortilegi al silicio, in Ars interpretandi, n. 1, 2021, pp. 129-151. 276. Su questo aspetto si v. C. Casonato, Intelligenza artificiale e diritto costituzionale: prime considerazioni, in DPCE, n. Speciale, 2019, pp. 101-130; A. Garapon, J. Lassègue, La giustizia digitale. Determinismo tecnologico e libertà, cit. Interessante a tale proposito quanto scrive A. Condello, Il non-dato e il dato. Riflessioni su uno «scarto» fra esperienza giuridica e intelligenza artificiale, cit., p. 107 con riguardo alla differenza tra il ragionamento delle menti artificiali e umane. Riprendendo l’idea di Pierce ricorda come le prime possono essere solo induttive o deduttive, mentre le seconde hanno anche un «movimento logico ‘laterale’ o ‘a ritroso’ nel quale la conclusione è una ipotesi». 277. S.H. Williams, AI Advice: The Irony of Big Data Disclosures and the New Advice Paradigm, in U of Texas Law, Public Law Research Paper, n. 4, 2020, pp. 761 ss.; N. Lettieri, Contro la previsione. Tre argomenti per una critica del calcolo predittivo e del suo uso in ambito giuridico, cit.
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è la stessa non autosufficienza della decisione automatica e il connesso principio della responsabilità umana per le decisioni automatizzate, tanto in ambito privato quanto in ambito pubblico278. 4.3. L’IA Act tra trasparenza e spiegazione La proposta di AI Act europeo non interviene specificamente a risolvere il problema della spiegazione ma impone requisiti di trasparenza proprio a quegli algoritmi con esiti che hanno un impatto significativo sulle parti interessate279, come le decisioni sullo status giuridico, l’accesso all’istruzione o le relazioni contrattuali (allegato III)280. Se verrà approvata nel testo ora in discussione, la norma richiederà misure di trasparenza solo nei confronti degli utenti (esperti) dell’IA e non nei confronti delle parti interessate. L’unico obbligo nei confronti delle parti interessate sarà quello di informarle che per una decisione che le ha riguardate è stato utilizzato un algoritmo di IA. L’AI Act quindi fa ben poco per rafforzare legalmente la nostra autonomia di fronte ad algoritmi decisionali che ci sono del tutto opachi. Forse l’esigenza di un diritto a un’adeguata e comprensibile spiegazione delle decisioni automatizzate potrà derivare da altri principi e diritti più generali, come ad esempio l’art. 41, paragrafo 2, lettera c) della Carta europea dei diritti fondamentali, che menziona l’obbligo dell’amministrazione di «motivare le proprie decisioni». Tuttavia, questo articolo si concentra sul diritto a una buona amministrazione, dove per «amministrazione» si intendono «le istituzioni, gli organi e gli organismi dell’Unione». Perciò, la norma non è di aiuto per coloro che cercano ragioni per decisioni prese da aziende private, compagnie assicurative, banche o strutture educative private. Inoltre, gli articoli della Carta sono esplici278. A. Simoncini, S. Suweis, Il cambio di paradigma nell’intelligenza artificiale e il suo impatto sul diritto costituzionale, in Riv. fil. dir., n. 1, 2019, pp. 87-106. 279. Come rileva anche M. Fink, The EU Artificial Intelligence Act and Access to Justice, cit. 280. Si noti, tuttavia, che le richieste sulle decisioni dell’IA in contesti «non ad alto rischio» sono limitate a semplici linee guida adottate su base volontaria. Ciò significa che le parti interessate devono essere in grado di sostenere in modo convincente che le decisioni che le riguardano contano come «ad alto rischio». Ciò rischia di imporre un indebito onere della prova alle vittime che non hanno i mezzi per intentare causa nei casi della zona grigia.
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tamente limitati ai casi in cui l’amministrazione sta «attuando il diritto dell’Unione», come stabilisce l’art. 51, il che impone alle parti interessate un ulteriore onere per sostenere che la decisione governativa richiesta venga spiegata come un’attuazione del diritto dell’Unione281. Sebbene l’art. 41 della Carta possa essere usato solo in maniera limitata per derivarne un diritto a una motivazione/spiegazione, l’indicazione della possibilità di risolvere il problema attraverso il ricorso a principi generali e diritti fondamentali da bilanciare con altri diritti e interessi privati e pubblici appare al momento attuale la via migliore e più facilmente percorribile per garantire la trasparenza nell’impiego delle IA. Il principio di trasparenza e il diritto alla autodeterminazione personale sono quindi da considerare come controspinte da mettere in correlazione rispetto alla asimmetria di potere determinata dallo sviluppo delle IA. Si possono individuare almeno due segnali promettenti di tale interpretazione, poiché la nozione di autonomia personale gioca un ruolo centrale in una varietà di quadri giuridici. Anzitutto, l’autodeterminazione forma parte del corredo dei diritti che concernono la protezione dei dati. In secondo luogo, se tali decisioni sono potenzialmente in grado di cambiare la vita delle persone sulla base di un quadro asimmetrico di poteri, allora il diritto all’autonomia personale richiederebbe almeno un diritto a conoscere il modo e le garanzie disponibili nel caso in cui si producono effetti incidenti sulla sfera delle libertà. Non va dimenticato, però, che anche la trasparenza potrebbe essere legittimamente sacrificata 282. Ciò vale in tutte quelle situazioni nelle quali conoscere una certa informazione finisce per avvantaggiare – o viceversa svantaggiare – solo alcune persone anziché altre. Fornire informazioni sulle robuste correlazioni che ci consentono di influenzare i risultati degli algoritmi decisionali potrebbe aumentare il vantaggio di coloro che hanno un accesso più facile alle caratteristiche che fanno la differenza283. 281. Esistono diversi casi in cui l’affidamento di un attore al diritto al buon governo come enunciato nell’art. 41 è considerato illegittimo perché le decisioni governative in questione non sono state considerate come attuazioni del diritto dell’Unione. 282. Come fa notare B. Vaassen, AI, Opacity, and Personal Autonomy, cit. 283. Ad esempio, se frequentare costose università private aumenta la possibilità di diventare dirigenti della pubblica amministrazione, potrebbe essere nel complesso giustificabile non divulgare questo fatto. Man mano che diventa più facile controllare i risultati, diventerà più facile anche controllare il sistema in modo iniquo. L’attuazione dei requisiti di trasparenza richiederà la considerazione di questo fatto. Esempi di questo ge-
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In tal modo, indicatori che a prima vista sono affidabili perché si limitano a registrare semplicemente una correlazione potrebbero diventare inaffidabili una volta che si sa pubblicamente che sono usati come tali. Rendere i criteri utilizzati nelle decisioni che incidono sulla vita delle persone accessibili alle parti interessate potrebbe modificare l’affidabilità di quegli stessi criteri perché li si potrebbe usare in modo pretestuoso o peggio per imbrogliare284. Il diritto e il dovere alla trasparenza quindi vanno bilanciati con altri diritti e interessi per non usarli in modo improprio e per selezionare i tipi di ragioni che caratterizzano il processo decisionale. Se costringessimo gli esperti a rendere accessibili e comprensibili ai non esperti tutte le ragioni di certi giudizi indiscriminatamente rischieremmo di indurli a limitare le proprie ragioni al genere di ragioni a cui i non esperti sono sensibili. Ciò renderebbe in effetti impossibile invocare ragioni che richiedono competenze avanzate per essere apprezzate. Se uno dei motivi spesso citati per l’utilizzo di algoritmi di decisione automatizzati è che sembrano scoprire modelli che non sono prontamente apprezzabili dagli osservatori umani, usare solo algoritmi trasparenti potrebbe incitarci a utilizzare meccanismi meno affidabili che impiegano solo ragioni e deduzioni a noi comprensibili. Quindi, anche se la trasparenza può contribuire a rafforzare l’autonomia, ciò non significa che debba essere perseguita a tutti i costi perché, pur avendo un valore intrinseco, non è detto che serva sempre a uno scopo da tutelare. Ovviamente non stiamo affermando che non vale la pena esigere la trasparenza, ma semplicemente che essa deve trovare un bilanciamento in concreto con gli altri interessi e diritti.
nere sono presentati da C. O’Neill, Weapons of Math Destruction. How Big Data Increases Inequality and Threatens Democracy, Crown Publishing Group 2016. 284. C.T. Nguyen, Transparency is Surveillance, in Philosophy and Phenomenological Research, n. 2, 2022, pp. 331-361.
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VI. Verso il «‘giusto’ processo digitale»
1. Le tre dimensioni Il percorso svolto ha inteso mostrare in una prospettiva sistematica e mediante un’analisi empirica le possibili utilizzazioni delle tecnologie digitali nella gestione di alcune attività processuali. Chiudiamo ora il cerchio andando a focalizzare i fondamenti costituzionali di tali trasformazioni della giustizia, con particolare attenzione ai principi sulla organizzazione e protezione dei diritti che attengono alla giurisdizione. Abbiamo deciso di aprire il presente lavoro con una provocazione proveniente da due casi avvenuti in Colombia. La descrizione ha fatto emergere, da un lato, l’esigenza di una seria riflessione sulle implicazioni della digitalizzazione della giustizia per i diritti fondamentali e, dall’altro, che uno studio su questi temi doveva distinguere le tecnologie in base al loro grado di interferenza con le attività che si svolgono nel processo. La smaterializzazione delle procedure e l’uso dell’informatica in funzione servente della organizzazione e delle operazioni rutinarie è cosa ben diversa dall’impiego delle nuove e potenti tecnologie di IA capaci di intromettersi tra il giudice e la decisione. Abbiamo così compreso che qualsiasi artefatto tecnologico che si usa nell’udienza ovvero che aiuta o sostituisce il giudice a ricostruire il fatto o addirittura a decidere la causa deve essere sottoposto a un serio scrutinio tanto legale quanto etico. L’indagine ha mosso dall’esame di tre dimensioni della giustizia digitale, le quali sono state utilizzare per classificare gli sviluppi tecnologici e le risposte giuridiche ad essi. Le tre dimensioni non sono escludenti ma 325
anzi si combinano in una logica incrementale nella quale l’ultima implica l’implementazione delle prime due. La prima dimensione è stata definita facendo riferimento alla smaterializzazione delle attività processuali. Questa parte del lavoro ci ha permesso di individuare un filo conduttore all’interno di esperienze nazionali e internazionali di digitalizzazione anche molto lontane tra loro. Ai nostri occhi questi primi usi dell’informatica sono apparsi come accomunati dall’utilizzo delle tecnologie in maniera solo servente per svolgere attività che riguardavano azioni non legate immediatamente alla soluzione delle controversie. In questa parte del lavoro, attraverso lo studio delle strategie messe in campo sia dall’UE e dal Consiglio d’Europa sia dal governo francese, abbiamo esaminato i documenti che a livello sovranazionale hanno spinto, prima solo in una logica efficientistica e poi in funzione di protezione dei diritti, verso la dematerializzazione delle attività processuali (per es. l’e-filing e il case management). La smaterializzazione è stata vista, poi, in senso longitudinale nell’esperienza italiana. Dopo aver messo in evidenza il notevole sforzo compiuto dalle istituzioni statali per far partire i processi telematici e aver analizzato i prodotti di tale stagione, abbiamo commentato le riforme e l’investimento contenuto nel PNRR per portare a compimento la smaterializzazione e dare inizio a una nuova fase del processo digitale, nella quale si prevede lo sfruttamento delle tecnologie più avanzate che implementano l’uso delle IA. Al termine dell’esame di questa dimensione si è visto che il processo giurisdizionale appare ancora uno degli ambiti dove la potenza delle tecnologie fatica di più a essere sfruttata1. L’uso diffuso e in senso trasformativo delle più moderne tecnologie non è ancora pienamente consolidato2. È solo a seguito dei provvedimenti emergenziali adottati durante la pandemia che le strutture giudiziarie hanno cambiato impostazione verso il digitale, sfruttando il grande potenziale offerto da queste tecnologie per compiere operazioni rutinarie e altre attività sostituibili. La seconda dimensione dell’indagine è stata chiamata il «processo fuori dal processo». Abbiamo compreso che in generale a livello mon1. A. Pajno, Intelligenza artificiale e autonomia del giudice. Il ruolo del fatto e il valore del precedente, cit., p. 393. 2. V. i rilievi critici di S. Gaboriau, Libertà e umanità del giudice: due valori fondamentali della giustizia. La giustizia digitale può garantire nel tempo la fedeltà a questi valori?, cit.
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diale le tecnologie sono utilizzate per deflazionare i processi e rispondere alla crescente domanda di giustizia: all’interno di alcune giurisdizioni di common law il contenzioso ‘minore’ si sta spostando verso le forme ‘alternative’ al processo che usano forme di negoziazione online o addirittura le IA. Quando sono usate in tali modalità, le tecnologie interferiscono ancora di più sia nella fase antecedente alla controversia, al fine di informare le parti sui loro diritti e sui rimedi possibili, sia nella fase successiva di impostazione della controversia e poi di decisione della stessa. Rispetto a questi tipi (alternativi) di giustizia, il digitale non è semplicemente servente ma trasformativo. È, quindi, necessario ancora di più valutare accuratamente l’uso delle tecnologie e comprendere quali garanzie mettere in atto per evitare i rischi che tali forme di privatizzazione della giustizia possono generare. La terza dimensione ci ha portati a descrivere il «futuro nel processo». La progressiva diffusione delle moderne tecnologie che sfruttano il potere dei dati in molti settori pubblici e privati ha posto sia gli esperti di scienze computazionali sia i giuristi di fronte a problemi nuovi, tra cui vi è appunto la legittimità dell’utilizzo delle IA nella giustizia. Per alcuni tali tecnologie non dovrebbero porre particolari problemi se applicati ai processi. In fondo i tentativi di impiego delle IA nella soluzione delle controversie risalgono agli albori dell’informatica giuridica. Tuttavia, si è dimostrato che la delega di ‘operazioni’ giuridiche alle macchine intelligenti non deve essere sottovalutata e richiede un’analisi preventiva capace di coglierne gli effetti per le garanzie giurisdizionali e in generale per il giusto processo. Per come sono oggi immaginate, infatti, le forme avanzate di giustizia digitale e di automatizzazione sono un modo per trasformare il lavoro dei giudici e in ultima analisi la giurisdizione stessa. La mappatura delle esperienze è terminata con l’analisi della proposta di regolamento europeo sull’IA, che è il tentativo allo stato più evoluto di individuazione di un quadro unitario dei rischi generati dall’uso di tali tecnologie. L’esame della proposta legislativa aiuta a comprendere che la ricerca su questi temi è, allo stato, un lavoro tutto in divenire. Pertanto, il nostro scopo non può che essere, da un lato, quello di fornire un inquadramento del sistema di garanzie da apprestare per evitare che le tecnologie confliggano con i diritti fondamentali garantiti dal processo e, dall’altro, quello di capire se la tutela esistente è sufficiente per un contesto così mutato. Accanto all’indagine dei diritti fondamentali che formano il quadro della protezione individuale si deve vedere se l’impiego delle tecnologie non faccia emergere la necessità di elaborare nuove 327
forme di protezione che tengano conto della progressiva e pervasiva digitalizzazione del processo. Il quadro si complica ancora di più quando si ha a che fare con le IA, le quali mettono in campo un nuovo modo di ragionare nel quale la conoscenza non viene costruita attraverso la logica e il ragionamento formale ma attraverso la probabilità e l’ottimizzazione matematica 3. Il grande numero di problemi affrontati nelle pagine di questo volume risuonano all’interno di un ampio dibattito internazionale che sta animando i giuristi da alcuni anni, stretti tra la celebrazione e lo sfruttamento delle grandi opportunità che derivano dalla rivoluzione numerica e i rischi sottesi alla introduzione di forme di giustizia senza decisione umana4. Dal confronto globale tra le discipline sono stati messi in luce i punti di contatto e di lontananza tra le decisioni robotiche (rectius automatizzate) e le decisioni giuridiche5, ma è stata per converso rilevata la irriducibilità dell’attività decisoria tipica dell’uomo, non agevolmente riducibile agli astratti procedimenti messi in atto da macchine6. Seppure assimilabile per molti aspetti a una tecnica, il diritto non è per nulla esatto come le discipline tecniche o le scienze, custodendo un’ultima indeterminatezza che non rappresenta affatto un difetto, come è stato rilevato dalla dottrina più avveduta7. Principi generali, decisioni per valori, concetti giuridici indeterminati e la stessa discrezionalità del giudice non consentirebbero di affidare la decisione giuridica a un 3. N. Cristianini, La scorciatoia. Come le macchine sono diventate intelligenti senza pensare in modo umano, il Mulino 2023, pp. 27 ss. 4. V. Manes, L’oracolo algoritmico e la giustizia penale: al bivio tra tecnologia e tecnocrazia, in Intelligenza artificiale. Il diritto, i diritti, l’etica, a cura di U. Ruffolo, Giuffrè 2020, pp. 567 ss. 5. Negli ultimi tempi sono stati pubblicati numerosi saggi e volumi tendenti, da un lato, a sottolineare questioni molto ampie concernenti la calcolabilità giuridica, la relazione tra calcolabilità e probabilità, il vincolo giudiziale del passato, la decisione robotica, la responsabilità delle macchine e, dall’altro, la predittività delle decisioni e la trasformazione digitale della giustizia, la trasformazione della giurisdizione, e l’avvento della giustizia digitale. Ci si riferisce essenzialmente ai tre volumi curati da A. Carleo su «La calcolabilità giuridica», «Il vincolo giudiziale del passato: i precedenti» e «Decisione robotica» e pubblicati rispettivamente nel 2017, 2018 e 2019 da «il Mulino». I volumi riproducono gli atti di omonimi convegni organizzati dall’Accademia dei lincei all’interno dell’iniziativa «Seminari Leibniz per la teoria e la logica del diritto». 6. A. Garapon, J. Lassègue, La giustizia digitale. Determinismo tecnologico e libertà, cit. 7. R. Bin, A discrezione del giudice. Ordine e disordine una prospettiva “quantistica”, cit., pp. 27 ss.
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processo automatico8. Il diritto è in sé frutto di una inventio e non della computazione9. Alla luce di queste considerazioni vale la pena indagare quale è il precipitato costituzionale delle tre dimensioni esaminate. La possibilità dell’uso di strumento di IA nel processo, unita alla transizione digitale avvenuta in questi anni, ripropone perciò una serie di questioni legate allo sviluppo della giurisdizione e al ruolo dei giudici10. Su tali temi sono stati prodotti contributi significativi tanto dagli studiosi delle discipline processualistiche quanto dagli studiosi delle discipline sostanziali. Dal canto loro, anche gli studiosi di diritto costituzionale hanno cercato di mettere in guardia contro la pretesa neutralità degli algoritmi e le seducenti locuzioni usate, come ‘giustizia algoritmica’ o ‘giustizia predittiva’11. 2. Indipendenza e autonomia della magistratura e dei giudici e limiti della digitalizzazione L’accelerazione verso il digitale avvenuta negli ultimi anni ha evidenziato che l’impiego delle tecnologie nel processo rischia di mettere in sofferenza alcuni dei valori costituzionali su cui si basa l’organizzazione e l’attività giurisdizionale12, quali anzitutto i principi di indipendenza e autonomia della magistratura e dei giudici sanciti negli articoli 101 e ss. della Cost. e, di riflesso, il principio della separazione dei poteri13. L’indipendenza dei giudici costituisce il cuore della giurisdizione,
8. A. Supiot, Governance by numbers: the making of a legal model of allegiance, Hart Publishing 2017, pp. 163 ss. 9. P. Grossi, L’invenzione del diritto, Laterza 2017, pp. 114 ss.; A. Carratta, Decisione robotica e valori del processo, cit. 10. U. Ruffolo, La macchina sapiens come “avvocato generale” ed il primato del giudice umano: una proposta di interazione virtuosa, cit. 11. Su questo v. i contributi sul tema specifico di S. Penasa, Intelligenza artificiale e giustizia: il delicato equilibrio tra affidabilità tecnologica e sostenibilità costituzionale in prospettiva comparata, cit. e C. Casonato, Intelligenza artificiale e giustizia: potenzialità e rischi, cit., come anche le osservazioni più generali di A. Simoncini, L’algoritmo incostituzionale: intelligenza artificiale e il futuro delle libertà, cit.; M. Luciani, La decisione giudiziaria robotica, cit.; F. Donati, Intelligenza artificiale e giustizia, cit. 12. G. Mobilio, I giudici e le nuove tecnologie per giudicare: una occasione per riscoprire i caratteri fondanti della funzione giurisdizionale, cit. 13. Su questo tema si v. F. Dal Canto, Lezioni di ordinamento giudiziario, cit., pp. 80 ss.
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quell’elemento in mancanza del quale non si può parlare di processo. Tale principio deve essere di conseguenza preservato e mai messo in discussione, anche quando sia necessario garantire una maggiore efficienza delle procedure attraverso strumenti che promettono di automatizzare e velocizzare le decisioni14. In generale, la digitalizzazione produce un’attrazione di alcune operazioni processuali fuori dall’orbita della discrezionalità giudiziaria e del controllo degli organi di autogoverno, con un loro affidamento al dominio dell’Esecutivo, ovvero dei soggetti privati gestori di alcuni servizi informatici o talora delle stesse macchine intelligenti15. Si è quindi visto che, stante la centralità della magistratura per il mantenimento dello Stato di diritto e per la garanzia della separazione dei poteri, se il potere esecutivo governa la digitalizzazione senza alcun controllo e senza rapportarsi con l’autogoverno dei magistrati si potrebbero creare, in ultima analisi, problemi di tenuta e garanzia dello stesso sistema democratico e di mantenimento dell’ordinamento giuridico16. Inoltre, quando gli sviluppatori delle IA – sulla base di un incarico – progettano le macchine, traducendo in codice le regole procedurali17, dovrebbero avere sempre un canale di dialogo costante e un aiuto nella sintonizzazione del loro linguaggio con quello del potere giudiziario18. 14. A. Pajno, Intelligenza artificiale e autonomia del giudice. Il ruolo del fatto e il valore del precedente, cit., pp. 395 ss. 15. Con un possibile effetto di controllo dall’esterno e da parte di potenti soggetti privati che potrebbe destare preoccupazioni. In generale sul punto si v. P. Nemitz, Constitutional democracy and technology in the age of artificial intelligence, cit. Sui poteri private v. funditus E. Cremona, I poteri privati nell’era digitale. Libertà costituzionali, regolazione del mercato, tutela dei diritti, cit. 16. M. Zalnieriute, F. Bell, Technology and the Judicial Role, cit. 17. Siamo d’accordo con A. Ferrara, M. Ramajoli, La giustizia amministrativa nell’era della digitalizzazione. Dialogo tra informatica e diritto, in Una giustizia amministrativa digitale, a cura di M. Ramajoli, il Mulino 2023, pp. 147-198, spec. p. 176, quando affermano che nel momento in cui si affidano delle attività processuali alle macchine non accade che «la conoscenza dei processi giuridici passa dal giudice al programmatore», così come d’altronde avviene nel caso di un perito. Tuttavia, riteniamo altrettanto vero che in queste circostanze ci sia sempre bisogno di garantire il dialogo costante tra i due tipi di professionalità, per evitare sia che la traduzione informatica delle procedure o degli atti avvenga senza la consapevolezza di quali siano le implicazioni del potere esercitato, anche dall’informatico, in ausilio del giudice sia per garantire che i due linguaggi, quello del programmatore e quello del giudice, siano tra di essi coerenti. 18. Dato che le procedure digitali stanno diventando il modo normale di gestire i procedimenti, i magistrati dovrebbero accertare la regolamentazione e la codifica informatica, per garantire che fin dalla progettazione dei sistemi (by-design) le procedure
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L’esempio della dematerializzazione avvenuta in Francia, l’implementazione del processo telematico in Italia, le corti di Internet in Cina, fino agli esempi di ODR attivate in Inghilterra e Canada hanno dimostrato che la digitalizzazione scardina l’organizzazione della giurisdizione, poiché il digitale attrae l’operato dei giudici nell’orbita delle macchine o in modo esplicito, attraverso una delega di attività, o in modo implicito, quando la forza della macchina sovrasta per ‘convenienza’ il decisore umano19. Gli strumenti di supporto alle decisioni dei giudici possono, quindi, dare vita a un’influenza ‘impropria’ sui giudici 20. Nell’esercizio delle loro funzioni, i magistrati devono quindi essere liberi dai limiti posti da ‘altri’ poteri21, anche quelli che potrebbero derivare da un sistema di IA usato per aiutare le decisioni e rivolto solo all’efficienza delle decisioni. Nel tempo della rivoluzione digitale, l’idea di affidare a strumenti digitali parte o tutto il lavoro che si riferisce al rendere giustizia può riposare su strategie non sempre trasparenti che eludono la pubblicità e la terzietà connaturate alla funzione giurisdizionale e in generale alla amministrazione della giustizia22. offrano garanzia di ‘equità’ e protezione dei diritti fondamentali. Perciò, tali sistemi dovrebbero essere sottoposti a una valutazione in termini di compliance rispetto alle garanzie costituzionali (M. Zalnieriute, L.B. Moses, G. Williams, The Rule of Law and Automation of Government Decision-Making, cit.). A tale riguardo la «Relazione sullo stato della Giustizia telematica per il 2021» del CSM affermava la necessità che la gestione dei dati prodotti dalle attività online svolte dai tribunali e le corti durante il periodo di pandemia fossero trattate con regole tese ad evitare che soggetti terzi (come le grandi multinazionali produttrici di software usati nei processi) possano interferire con l’esercizio della funzione giurisdizionale. Consiglio superiore della magistratura, Relazione sullo stato della giustizia telematica - anno 2021, cit. 19. Gli sviluppi delle ODR (specie quando si tratta della loro implementazione da parte dei tribunali stessi) possono determinare una potenziale limitazione dell’indipendenza che ha la magistratura quando la determinazione esatta delle questioni che potrebbero arrivare davanti a un giudice non sono governate dai giudici stessi. 20. Occorre non sottovalutare che il compito della magistratura non è semplicemente quello di applicare la legge ma può comprendere molte altre attività e uno spettro di garanzie molto più ampie. A.C. Michaels, Artificial intelligence, legal change, and separation of powers, in U. Cin. L. Rev., n. 4, 2019, pp. 1083-1104. 21. In passato, tali limiti provenivano da altre fonti: pressioni improprie da parte dell’esecutivo o del legislatore, dalla struttura dei tribunali, dai gruppi di pressione esterni, dai media, dagli interesse personali o addirittura da altri giudici. 22. Si pone una domanda simile in generale per l’uso dell’IA nel processo S. Gaboriau, Libertà e umanità del giudice: due valori fondamentali della giustizia. La giustizia digitale può garantire nel tempo la fedeltà a questi valori?, cit.
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Quando si affida all’IA di elaborare l’interpretazione e individuare il diritto applicabile, si attribuisce un potere immenso al soggetto che progetta tali macchine. Il caso Loomis ci ha insegnato che in tali casi si può opporre la ‘proprietà intellettuale privata’ per vietare di conoscere il codice attraverso cui viene presa anche parte della decisione giudiziale23. Se ciò accade, però, si finisce per intaccare le garanzie del rispetto (e riserva) della legge e il principio della separazione dei poteri ai quali i giudici stessi sono sottoposti. Una potente IA usata in maniera prescrittiva all’interno del processo potrebbe rendere perciò più debole il potere dei magistrati di controllare efficacemente gli altri due poteri 24. Ma anche i sistemi che automatizzano solo parti delle decisioni, per renderle più veloci ed efficienti, non devono essere sottovalutati e le loro conseguenze devono essere analizzate in modo molto approfondito25, soprattutto con riguardo al rapporto tra il decisore umano e la macchina. Uno dei problemi che si dovrà risolvere in futuro è dunque quello di capire come si definisce l’attività interpretativa del giudice quando a guidarlo è una macchina, la quale per definizione non prova emozioni ma è allenata con dati che implicano la variabilità della vita umana26. La risposta a tale quesito ci riporta su un altro piano, che affronteremo tra 23. Sul tema si v. F. Pasquale, Inalienable Due Process in an Age of AI: Limiting the Contractual Creep toward Automated Adjudication, in Constitutional Challenges in the Algorithmic Society, edited by H.-W. Micklitz et al., Cambridge University Press 2021, pp. 42-56. 24. Ci si riferisce alla costituzione delle corti online che usano le IA e o all’utilizzo dell’IA nel processo. T. Sourdin, Judges, Technology and Artificial Intelligence, cit., pp. 189 ss. 25. I sistemi che gestiscono i processi telematici e le forme di giustizia digitale, per esempio, coprono sempre più attività che implicano forme di interferenza con la discrezionalità dei giudici, in modo esplicito o implicito, perché li guidano nello svolgimento delle procedure fornendo percorsi di azione prestabiliti. Si v. R.E. Susskind, Online Courts and the Future of Justice, cit., pp. 253 ss. 26. Come rileva J. Nieva Fenoll, La tecnologia e i diritti fondamentali nel processo giudiziario, cit., p. 39, «le emozioni sono un meccanismo biologico di sopravvivenza – sconosciuto nelle macchine – che rende l’essere umano incline a ciò che il suo cervello, in base alle informazioni genetiche e all’esperienza di vita, percepisce adeguato al mantenimento della sua vitae lo porta ad allontanarsi da ciò che lo minaccia. Nulla di tutto ciò è inconcepibile in una macchina, a causa della sua totale mancanza di consapevolezza di sé. Questa può essere programmata per avere meccanismi di difesa automatici, ma non proverà mai sentimenti come paura o affetto; quindi, ad esempio, non si farà mai prendere dal panico né potrà subire dipendenze». In generale sul tema si ricorda l’interessante saggio di A. Forza, G. Menegon, R. Rumiati, Il giudice emotivo: la decisione tra ragione ed emozione, il Mulino 2017.
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poco, ma che contraddistingue uno dei punti nodali degli impieghi delle tecnologie nell’ambito del giudiziario, cioè il loro carattere di strumenti che assistono ovvero che sostituiscono completamente il giudizio umano. Nel primo caso si tratterà di capire, al livello in cui la macchina guida e influenza le decisioni dei giudici, come essi potranno discostarsi dal ‘consiglio’ della macchina e a quali garanzie la loro adesione al supporto viene ricollegata; mentre nel secondo caso si aprono numerose questioni connesse alla decisione della macchina: chi la progetta e poi come viene costruita, con quali dati e con quali garanzie nel caso in cui si appuri che la macchina commette errori o biases, e quali strumenti per garantire le responsabilità si possono mettere in atto27. Anche le tecnologie digitali usate nelle – sempre più diffuse – electronic justice platforms (EJP) dimostrano la necessità di valutare in maniera sistematica la governance giudiziaria e l’assetto dei poteri al fine di salvaguardare i principi della autonomia e indipendenza. Le EJP analizzate nel capitolo secondo introducono un ulteriore livello di regolamentazione nelle procedure e nello svolgimento dei processi28. Con il dispiegamento delle EJP la tecnologia diviene una componente costitutiva dell’amministrazione della giustizia. Perciò, è decisivo che eventuali tensioni tra la discrezionalità del giudice e il funzionamento tecnologico siano supportate da validi meccanismi che vanno oltre la semplice messa in atto di metodi e mezzi utili a superare i malfunzionamenti29. 27. U. Ruffolo, La macchina sapiens come “avvocato generale” ed il primato del giudice umano: una proposta di interazione virtuosa, cit. 28. Le tecnologie informatiche hanno una normatività più stringente e apparentemente più obiettiva di quella dettata dalle regole giuridiche. Gli esempi di EJP che abbiamo visto nei precedenti capitoli hanno un differente modello di governance e un approccio di management diverso. Ciò determina anche una forte influenza sulle garanzie del giusto processo. Lo studio ha evidenziato che sviluppare e gestire un EJP necessita di una funzione di governance che salvaguardi la trasposizione del principio di equità nei codici software che applicano il diritto procedurale. Poiché decidere come applicare il diritto processuale è un compito giudiziario, questa funzione deve essere incorporata nella governance giudiziaria. 29. Le strade concrete per dare corpo a tali soluzioni sono molte, come ad esempio la predisposizione di metodi che possono conservare elementi di discrezionalità individuale ovvero che richiedono un approccio più collettivo ai problemi. Inoltre, ogni giurisdizione dovrebbe trovare una soluzione che si adatti al proprio contesto istituzionale e alle regole processuali per risolvere tali tensioni: ad esempio, offrendo all’utente opzioni aperte con le quali individua una propria via alla soluzione e che però inneschi anche un processo virtuoso di condivisione delle buone pratiche, come avviene tra gli sviluppatori con l’utilizzo della piattaforma GitHub.
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Può accadere che i sistemi digitali per la presentazione telematica di una domanda o la fissazione di un’udienza, presentino vincoli più rigidi rispetto a quelli previsti unicamente dalla legge. Se la regolamentazione legale e quella digitale entrano in conflitto tra loro si realizza una tensione tra due forme concorrenti di regolamentazione che non è solo identificabile come una questione tecnico-funzionale ma anche come un problema giuridico di legittimazione. Prima di costruire piattaforme EJP si dovrebbero perciò risolvere problemi strutturali e chiarire gli obiettivi, per esempio chiedendosi quali organismi siano necessari per svolgere efficacemente la nuova funzione di governo e controllo di tali sistemi30, quale sia l’autorità competente a nominare i membri dei rispettivi board (compresi i giudici che ne dovrebbero fare parte) e quale siano le competenze e i rispettivi poteri31. Inoltre, dovrebbero essere coinvolti nei rispettivi progetti anche gli utenti esterni delle piattaforme, come gli avvocati e le altre tipologie di professionalità che intervengono nei processi32. Altro aspetto da tenere in considerazione, sempre nell’ottica di fornire garanzia per l’indipendenza del giudiziario, riguarda la necessità che nella formazione dei giudici si forniscano conoscenze e competenze informatiche adeguate. Solo in tale modo è possibile non solo garantire che i giudici usino correttamente tali strumenti ma anche che gli uffici direttivi sappiano governarli. In questo modo infatti si può anche minimizzare il problema dell’eccessivo affidamento nella tecnologia33. L’innovazione digitale nei tribunali, la loro governance e il relativo sviluppo non è quindi una questione solo tecnica o di gestione del pro30. I tribunali e le magistrature, per salvaguardare la loro imparzialità e indipendenza, come inteso nelle costituzioni e nelle convenzioni internazionali, dovrebbero salvaguardare anche il funzionamento delle loro piattaforme di giustizia elettronica per evitare influenze esterne indesiderate ed eventuali attacchi informatici. 31. D. Reiling, F. Contini, E-Justice Platforms: Challenges for Judicial Governance, cit., p. 15. 32. I magistrati devono essere incaricati di prendere l’iniziativa, decidere sui requisiti, testare e accettare il sistema per l’uso, controllare il budget e decidere in merito all’implementazione, tenendo conto anche degli interessi e delle esigenze degli altri utenti. Soprattutto gli avvocati dovrebbero poter contribuire alla definizione della procedura digitale, formulando richieste e proposte, in particolare nelle aree in cui è richiesta la loro azione: scambio di documenti e informazioni con i tribunali, citazione e ogni altra attività processuale in cui gli avvocati sono chiamati per garantire il giusto processo. Non è solo un problema funzionale; è un modo per impostare – a livello di sviluppo delle EJP – il metodo attraverso il quale avvocati e giudici interagiscono per stabilire la procedura da applicare a un caso specifico e, più in generale, per costruire condizioni di parità. 33. T. Sourdin, Judges, Technology and Artificial Intelligence, cit., p. 197.
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getto di espansione digitale, ma un problema anzitutto di rispetto della Costituzione. Se le procedure digitali stanno diventando il modo normale di gestire i procedimenti, i magistrati devono accertarsi che la regolamentazione e la codifica, messe insieme, garantiscano i valori dei diritti fondamentali e, in particolare, procedure eque. 3. La necessaria umanità del giudicare Il secondo grande principio che possiamo far derivare dall’indagine svolta è l’«umanità» del giudicare. Tale valore, come si è già indicato supra, pur non essendo stato formalizzato in maniera esplicita, emerge da più parti, sia nella Costituzione (lo implicano in modo forte gli artt. 25, 101 e 111 Cost.) sia nelle carte e nelle discipline sovranazionali (in primo luogo nella Carta etica della CEPEJ34 e nell’AI Act35). L’idea di macchine totalmente autonome e indipendenti dall’essere umano, che finiscono per assoggettarlo e annientarlo, non è uno scenario probabile allo stato delle tecnologie, ma non può essere nemmeno del tutto escluso. Dobbiamo prendere atto che gran parte degli studiosi sono influenzati da una generale diffidenza verso le macchine, dettata dalla paura della perdita umana che con esse si realizzerebbe36. Per il vero, l’attuale sviluppo degli strumenti tecnologici applicati alla giustizia «non pone (ancora) la scelta dicotomica tra essere umano e macchina, ma promuove piuttosto un approccio cooperativo tra giustizia umana e giustizia macchinica»37. Tuttavia, gli esperimenti portati avanti con il Machine Learning potrebbero presto imporre di riconsiderare la questione. Sul piano strettamente giuridico, l’umanità del giudicare si lega profondamente alla portata assiologica sottesa alle decisioni dei giudici, che grazie al loro apporto interpretativo divengono veicolo di valori e di significati38. Dell’umanità del giudicare non si può quindi dare una definizione 34. Con il quinto princìpio del «controllo da parte dell’utilizzatore». 35. Con il principio dello human oversight. 36. Tale diffidenza muove dalla feroce critica heideggeriana verso i problemi che l’impiego massiccio della tecnica potrebbe avere nella vita degli esseri umani. N. Irti, E. Severino, Dialogo su diritto e tecnica, cit. 37. M. Miravalle, I nodi gordiani della giustizia penale ad alta intensità tecnologica. Verso il giudice bocca della tecnologia?, in Materiali per una storia della cultura giuridica, n. 1, 2020, pp. 301-310. 38. S. Arduini, La “scatola nera” della decisione giudiziaria: tra giudizio umano e giudizio algoritmico, in BioLaw Journal-Rivista di BioDiritto, n. 2, 2021, pp. 453-470.
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riduttiva. Umanità non vuol dire soltanto solidarietà, ma è concetto più ampio (legato alla ragionevolezza e all’equità) che affonda nella stessa massima tramandata dal Digesto del suum cuique tribuere. L’umanità ricorda, infatti, che esiste una differenza sostanziale tra ragionamento umano, tendenzialmente di natura causale, e giudizio algoritmico, basato – quando si tratta delle nuove forme di IA – su inferenze39. Tale dicotomia, come è stato più volte ricordato, ha dei risvolti concreti nella rappresentazione e modellazione della realtà, anche in senso giuridico40. La sussunzione e ponderazione di elementi fattuali a una disposizione, con esplicitazione del percorso logico seguito, è una operazione che risulta certamente più performante se compiuta con un essere umano al comando41. La ‘umanità’ del giudicare, quindi, ha una portata molto ampia, che non comprende solo il principio della ‘supervisione’ ma molteplici altri aspetti, anche relativi al rapporto uomo-macchina. Vi è anzitutto un limite relativo al ‘dominio’ delle macchine, come ricorda Bodei42, alle quali – in ragione della impossibilità di decidere autonomamente – deve essere impedito un atteggiamento ‘prescrittivo’, anche qualora si trattasse di una macchina altamente performante43. Va ricordato che l’umanità si lega alla preoccupazione circa il rispetto della «dignità umana» nell’attività di giudicare, che dovrebbe essere sempre un principio guida quando si considera l’uso della tecnologia nella giustizia. Permettere allora che una decisione sugli esseri umani sia presa da una macchina rischia di trattare gli esseri umani come oggetti, mostrando una profonda e intrinseca mancanza di rispetto per la stessa 39. Molto interessante a questo riguardo è anche il tema dell’«errore» che trattano nella loro discussione A. Ferrara, M. Ramajoli, La giustizia amministrativa nell’era della digitalizzazione. Dialogo tra informatica e diritto, cit., pp. 164 ss. 40. C. Bomprezzi, S. Sapienza, Algorithmic Justice e classificazione di rischio nella proposta di AI Act, cit. 41. È per questo che la Carta etica della CEPEJ parla della «(p)recludere un approccio prescrittivo e assicurare che gli utilizzatori siano attori informati e abbiano il controllo delle loro scelte». CEPEJ, Carta etica europea sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale nei sistemi giudiziari e negli ambiti connessi, cit. 42. R. Bodei, Dominio e sottomissione. Schiavi, animali, macchine, Intelligenza Artificiale, cit. 43. Qualcuno suggerisce anche che le macchine debbano essere programmate non secondo esattezza ma in base alla capacità di persuasione. Gli algoritmi predittivi dovrebbero essere in grado di «costruire argomentazioni persuasive a sostegno dei vari risultati possibili nel caso» e «scegliere tra tutte queste argomentazioni quella più persuasiva, e quindi il risultato che può essere sostenuto in modo più convincente». E. Volokh, Chief Justice Robots, cit.
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umanità delle persone44. In fondo, quando scrive la motivazione di una sentenza, il giudice descrive le ragioni che lo hanno portato a una certa decisione ma, in senso ideale, intesse un dialogo con gli umani detentori della sovranità, verso i quali in ultima analisi le sue parole sono rivolte. 4. Garanzia del contraddittorio e assenza di condizionamenti che non derivino dalla legge Il principio di autonomia e indipendenza dei giudici, che abbiamo visto sovrintende alla digitalizzazione della giustizia, è strettamente connesso con la garanzia del contraddittorio tra le parti. Quest’ultimo principio è sancito oggi nella nostra Costituzione nell’art. 111, a valle di un processo che ha portato prima nell’ordinamento europeo e poi in quello italiano le garanzie dell’anglosassone due process of law45, secondo il quale esiste un nesso stretto tra terzietà e imparzialità del giudice e il ruolo delle parti nel processo. Le riflessioni sulla parità delle armi e sulla neutralità del giudice nel quadro costituzionale sono assai importanti non solo nel caso dell’implementazione della c.d. ‘giustizia predittiva’ ma pure nell’utilizzo di strumenti di intelligenza artificiale all’interno della decisione. Il primo principio espresso nella Carta etica della CEPEJ è relativo infatti a questi temi46. Lo stesso vale per l’uso delle IA nel processo che è ritenuta ai 44. A questo proposito va fatto anche un accenno al concetto di diversity, ovvero alla necessaria diversità di ciascun giudice l’uno dall’altro, che è strettamente connesso non solo all’umanità ma anche agli squilibri che possono derivare da un giudiziario ‘umano’. M. Zalnieriute, F. Bell, Technology and the Judicial Role, cit., p. 136. 45. R. Vogler, Due process, cit.; L.H. Tribe, Structural due process, in Harv. CR-CLL Rev., n. 2, 1975, p. 269. 46. Si legge nella spiegazione alla enunciazione del primo principio che: «Quando gli strumenti di intelligenza artificiale sono utilizzati per dirimere una controversia, per fornire supporto nel processo decisionale giudiziario, o per orientare il pubblico, è essenziale assicurare che essi non minino le garanzie del diritto di accesso a un giudice e del diritto a un equo processo (parità delle armi e rispetto del contraddittorio). Essi dovrebbero essere utilizzati anche con il dovuto rispetto per i principi dello Stato di diritto e dell’indipendenza dei giudici nel loro processo decisionale. Si dovrebbero quindi privilegiare gli approcci etico-fin dall’elaborazione o diritti-umani-fin-dall’elaborazione (nostro il corsivo). Ciò significa che, fin dalle fasi dell’elaborazione e dell’apprendimento, sono pienamente previste norme che proibiscono la violazione diretta o indiretta dei valori fondamentali protetti dalle Convenzioni». Cfr. CEPEJ, Carta etica europea sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale nei sistemi giudiziari e negli ambiti connessi, cit.
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sensi dell’art. 6, paragrafo 2, della proposta di AI Act come un tipo di intelligenza artificiale «ad alto rischio»47. Per il modo con cui abbiamo declinato il problema della terzietà del giudice l’altro valore che entra in scena è quello del rapporto del giudice con la legge e con il fatto. Secondo quanto previsto dall’art. 101, secondo comma, i giudici sono «soggetti» solo alla legge. Tale principio ha un valore del tutto particolare nell’ambito della digitalizzazione. Qui ci si deve chiedere come l’uso di strumenti di questo genere possa impattare sulla ‘fedeltà’ del giudice alla legge. Tra il giudice e la legge si interpongono, infatti, nella prospettiva dell’uso degli strumenti digitali, dati che contengono informazioni su norme, su sentenze e precedenti giurisprudenziali. Usare codici commentati, ad esempio, non è lo stesso che interrogare banche dati per ricerche testuali, e risulta ancora diverso l’uso di potenti strumenti di aggregazione della giurisprudenza secondo chiavi di ricerca prestabilite dalle macchine stesse. L’esempio più interessante a tal riguardo viene dall’uso odierno dei modelli di linguaggio basati su trasformatori che utilizzano il deep learning per produrre testi simili a quelli umani e gestire diverse attività (come ad es. ChatGPT). Anche il rapporto con il fatto è inciso dalle tecnologie. Secondo le regole processuali il giudice deve pronunciarsi su tutta la domanda (art. 112 c.p.c.), la quale deve contenere una narrazione dei fatti posti a fondamento della domanda e delle eccezioni (art. 2697 c.c.). Il riferimento ai fatti nella domanda giudiziale consente di cogliere un profilo non privo di rilievo per questo esame. La «narrazione» non si riferisce mai ai fatti nella loro oggettività brutale. I fatti narrati nel processo, come ricorda Irti, sono in-formazione48. Solo così il puro dato può trasformarsi in infor47. Nell’allegato II alla proposta ci si riferisce specificamente – come già visto in precedenza – a «sistemi destinati ad assistere un’autorità giudiziaria nella ricerca e l’interpretazione dei fatti e del diritto nell’applicazione della legge ad una serie concreta di fatti». La ricerca, l’interpretazione dei fatti e l’applicazione della norma a una fattispecie concreta sono proprio i momenti processuali governati dal «principio del contraddittorio». C. Bomprezzi, S. Sapienza, Algorithmic Justice e classificazione di rischio nella proposta di AI Act, cit., p. 78. 48. Nel processo non si raccolgono i dati «come frutti maturi caduti dall’albero nelle nostre mani come realtà a sé stanti, passivamente rispecchiate dall’intelletto». Un giudice sceglie e classifica quei dati convertendoli in oggetto di informazione mediante l’interpretazione, perché «l’informazione non è separabile dalla mente di colui che si informa e ci informa, dall’atto logico di chi prende possesso dei dati». N. Irti, Il tessitore di Goethe (per la decisione robotica), in Decisione robotica, a cura di A. Carleo, il Mulino 2019, pp. 17-22, spec. p. 19.
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mazioni utili per la decisione, in parole, in linguaggio, in formule giuridiche a loro volta evocative di concetti o principi generali (come la buona fede, il legittimo affidamento, la diligenza del buon padre di famiglia)49. Tale processo creativo vale sia per i fatti sia per le norme di legge, per le fonti e i formanti che vengono utilizzati per decidere una controversia. Pertanto, quando per organizzare o selezionare le discipline applicabili, le diverse fonti del diritto e la giurisprudenza, si fa ricorso all’IA in realtà si opera una sostituzione della soggettività del giudice con quella di chi ha dettato i criteri per la raccolta e la formazione del dato attraverso lo strumento di IA. Attraverso l’insopprimibile momento della soggettività, che risolve l’informazione nell’uomo che interpreta e uniforma, si dovrebbe preservare la storicità dell’operazione intera50. La scelta dei dati informativi deve garantire la soggettività storica, mentre l’uso della tecnica promette sicurezza proprio perché garantisce decisioni a-storiche51. Un giudice che decida un caso appoggiandosi su forme di aiuto frutto del calcolo delle macchine non realizzerà, infatti, una giustizia del caso più equa, esatta ed efficiente, ma solo un maggiore allineamento delle sue decisioni a un modello esterno da quella decisione e dal tempo nel quale decide52, rischiando anche di perdere, a favore delle macchine, la stessa garanzia dell’indipendenza e la capacità di contribuire a una sistematizzazione dell’interpretazione fornita53. In una situazione di crisi del diritto, per la quale oggi dominano, da un lato, il pluralismo, la confusione e la precarietà delle fonti del diritto54 e, dall’altro, la «crisi della fattispecie55» l’impiego delle macchine 49. Selezionando una tra le «fattispecie di legge, noi adottiamo un dispositivo di misurazione che permette di selezionare le circostanze di causa e di rinvenire i precedenti adeguati». Cfr. Op. ult. cit., p. 20. Vale a questo riguardo l’affermazione di Heisenberg secondo la quale: «il risultato dell’osservazione non può essere generalmente provveduto con certezza; ciò che può essere provveduto è la probabilità di un certo risultato dell’osservazione». La citazione di Werner Heisenberg è tratta da R. Bin, A discrezione del giudice. Ordine e disordine una prospettiva “quantistica”, cit., p. 30. 50. N. Irti, op. ult. cit., p. 20. 51. E. Vincenti, Il problema del giudice robot, in Decisione robotica, a cura di A. Carleo, il Mulino 2019, pp. 111-124. 52. A. Di Porto, Calcolo giuridico secondo la legge nell’età della giurisdizione. Il ritorno al testo normativo, in Calcolabilità giuridica, a cura di A. Carleo, il Mulino 2017, pp. 119 ss. 53. M. Luciani, La decisione giudiziaria robotica, cit., pp. 879 ss. 54. P. Grossi, L’invenzione del diritto, cit. 55. Sul tema infra multis N. Irti, La crisi della fattispecie, in Riv. dir. proc., n. 1, 2014, pp. 36-44, spec. pp. 43 ss.; G. Canzio, Nomofilachia e diritto giurisprudenziale, in Dir. pub-
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in funzione predittiva non può consentire di assicurare (magicamente) la prevedibilità e la calcolabilità delle conseguenze delle proprie azioni, a garanzia dell’eguaglianza e generalità giuridica, ma rischia di aggiungere una ulteriore fonte di disordine derivante dalla ‘pietrificazione’ dell’interpretazione56. Di questo tema si sarebbe dovuto forse prendere maggiore consapevolezza proprio nella fase attuale nella quale ci apprestiamo a costruire grandi banche dati e a utilizzare le IA nel processo grazie ai fondi del PNRR 57. 5. Digitalizzazione del processo e garanzie costituzionali soggettive: dal diritto di difesa alla motivazione dei provvedimenti giurisdizionali Il primo principio della Carta etica della CEPEJ ricorda che i diritti fondamentali sono la cornice imprescindibile dell’incontro tra il mondo della tecnica e del diritto. È necessario, quindi, fare un costante riferimento tanto all’art. 6 della CEDU quanto all’art. 111 Cost., pietre miliari del giusto processo, che hanno l’importantissima funzione di tutelare non solo i diritti dell’accusato ma di tutti coloro che entrano in contatto con la giurisdizione. Dell’art. 111 Cost., nello spirito della protezione sovranazionale, assumono rilievo, nell’ambito da noi esaminato, sia il primo comma, secondo il quale «la giurisdizione si attua mediante il giusto bl., n. 1, 2017, pp. 21-28. Interessante a questo proposito anche quello che lo stesso Irti ricorda circa il modo con il quale opera, sulla base del postulato della filosofia hegeliana, il metodo della sussunzione di un fatto entro una fattispecie. N. Irti, Per un dialogo sulla calcolabilità giuridica, cit., pp. 20-21. 56. Nella misura in cui l’uso delle tecnologie formalizzeranno le interpretazioni si ridurrà la tensione tra il potere di emanare leggi e il potere di interpretarle e applicarle ai casi concreti che «genera l’equilibrio di forze che sostiene lo Stato di diritto e dà senso alla separazione dei poteri», come ricorda R. Bin, A discrezione del giudice. Ordine e disordine una prospettiva “quantistica”, cit., p. 107. Sul tema v. anche le osservazioni di A. D’Aloia, Il diritto verso “il mondo nuovo”. Le sfide dell’Intelligenza Artificiale, cit. 57. La sfida è tutt’altro che semplice, ed è legata a una pluralità di condizioni, prima fra le quali la garanzia che le tecnologie siano al servizio della giurisdizione e dei principi e dei diritti che la sorreggono. Le macchine dovranno contribuire per forza di cose all’adattamento della risposta di giustizia alle circostanze del caso concreto, in un quadro certo di garanzie di cui l’autonomia e imparzialità dei giudici, il contraddittorio delle parti, la parità delle armi, la ragionevole durata del giudizio e il diritto alla motivazione sono profili strettamente intrecciati. V. a tal proposito quanto scrive G. Gilardi, Introduzione. La riforma della giustizia civile: dal ddl 1662/S/XVIII alla legge delega 26 novembre 2021, n. 206, cit., pp. 24 ss.
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processo regolato dalla legge», sia il sesto comma, per il quale tutti «i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati». Nella formula del giusto processo si compendiano tanto i caratteri della giurisdizione, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, quanto i diritti di azione e difesa. Nell’esame del processo penale telematico abbiamo avuto modo di capire che la digitalizzazione mette alla prova proprio l’effettività del diritto alla difesa e l’operatività pratica della difesa tecnica58. Abbiamo visto che nell’impiego delle tecnologie di videoconferenza la presenza in aula del protagonista della vicenda offriva un quid pluris che neppure i più alti standard tecnici oggi disponibili, come i metaversi, sono in grado di garantire. Pare indiscutibile quanto affermato dalla dottrina che «un sistema d’accertamento preordinato ad applicare le pene non può relegare ai margini del processo chi rischia di subirle»59. Essere esclusi dall’aula d’udienza, senza possibilità di guardare negli occhi giudice e accusatori ed essere poi guardati60, incide sicuramente sulla percezione degli accadimenti del processo61. All’imputato collegato in videoconferenza manca quindi la percezione completa e complessiva del luogo dove si svolge l’udienza e cosa sta accadendo nell’aula, avendone una conoscenza solo mediata attraverso le informazioni che la macchina può fornirgli (ad es. molti aspetti della comunicazione, la mimica corporea, i rumori e tanti altri fattori si perdono nella riduzione binaria delle comunicazioni). Nel caso in cui la difesa sia affidata a un solo difensore, egli dovrà decidere dove e con chi stare, se ‘partecipare’ da remoto all’udienza ma a fianco del proprio assistito perdendo la possibilità di una più efficace, diretta e immediata interazione con le altre parti e il giudice, ovvero ‘essere presente’ in aula ma distante dal proprio assistito, con il quale potrà interloquire solo attraverso la mediazione della videoconferenza62. Orali58. S. Quattrocolo, Equo processo penale e sfide della società algoritmica, in BioLaw Journal-Rivista di BioDiritto, n. 1, 2019, pp. 135-144. 59. P. Ferrua, voce Difesa (diritto di), in Dig. disc. pen, cit. 60. Un modo interessante di sottolineare come attraverso le videoconferenze non si possono incrociare gli sguardi viene espresso, in termini filosofici, da B.-C. Han, In the swarm: Digital prospects, MIT Press 2017. 61. E.A.A. Dei-Cas, La partecipazione a distanza, in attesa della riforma del processo penale, cit. richiama M. Chiavario, Processo e garanzie della persona, cit. 62. Si pensi, ad esempio, al momento dell’esame di un teste a carico: la situazione dell’imputato collegato in videoconferenza non potrà certo essere considerata del tutto equivalente a quella dell’imputato che siede in aula accanto al difensore, quanto alla possibilità di discutere su un dettaglio da utilizzare in controesame. E.A.A. Dei-Cas, op. ult. cit., p. 25.
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tà e immediatezza e principio del contraddittorio risultano quindi molto limitati63. Su tali princìpi la mediazione dello strumento audiovisivo si ripercuote indubbiamente, creando una soluzione di continuità che può rendere l’intervento del difensore assai meno incisivo. Nell’esaminare all’interno del capitolo sulla giustizia digitale le decisioni delle Corti statunitensi, abbiamo sottolineato che la giurisprudenza, a partire dal caso Loomis, ha sollevato – com’era largamente prevedibile – serie e giustificate critiche per le possibili distorsioni cognitive dello stesso algoritmo (c.d. automation bias), per l’opacità dei database di addestramento degli stessi, l’indeterminatezza del codice sorgente, l’automatica implementazione del software e l’attivazione di pratiche discriminatorie64. Non è un caso che la stessa Carta etica della CEPEJ sia stata una risposta, dall’altra parte dell’Atlantico, alla paura che anche in Europa si potessero affacciare sistemi simili65. La vicenda è, quindi, servita per riaffermare che le istituzioni politiche devono «assicurare che l’utile arricchimento delle fonti informative del giudice e le predizioni del modello statistico-matematico si coniughino sempre con il nucleo epistemologico tradizionale delle garanzie del giusto processo e rispondano comunque a criteri di specifica responsabilità dell’uomo»66. Anche l’altro obbligo previsto dall’art. 111 Cost. segna tale strada ma la amplia. La motivazione assolve alla funzione di assicurare il perseguimento di diversi principi costituzionali in tema di giurisdizione, quali il diritto alla difesa, l’indipendenza del giudice e la sua soggezione alla legge, nonché lo stesso principio di legalità67. Il rilievo del necessario appor63. E. Amodio, Estetica della giustizia penale: prassi, media, fiction, Giuffrè 2016, pp. 105 ss.; C. Conti, Partecipazione e presenza dell’imputato nel processo penale: questione terminologica o interessi contrapposti da bilanciare?, cit. 64. In quell’ordinamento la possibilità che si usi un algoritmo per operare il risk assessment genera potenziali limitazioni del quinto e quattordicesimo emendamento relativo alla clausola del due process e problemi di equal protection. Su tali aspetti si v. J.E. Baker, L.N. Hobart, M. Mittelsteadt, An Introduction to Artificial Intelligence for Federal Judges, in Federal Judicial Center, 2023 (https://www.fjc.gov/content/375968/introductionartificial-intelligence-federal-judges). 65. A. Novokmet, Z. Tomičić, Z. Vinković, Pretrial risk assessment instruments in the US criminal justice system – what lessons can be learned for the European Union, in Int. J. Law Inf. Technol., n. 1, 2022, pp. 1-22. 66. G. Canzio, Intelligenza artificiale, algoritmi e giustizia penale, in Sist. pen. (www. sistemapenale.it/it/articolo/canzio-intelligenza-artificiale-algoritmi-giustizia-penale). 67. Va ricordato anche l’articolo 118, comma 1, delle disp. att. al c.c. ricorda che la motivazione della sentenza consiste nella «concisa esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione, anche con riferimento a precedenti con-
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to umano all’attività decisoria è corroborato, per il nostro ordinamento, anche dalle fonti relative alla protezione dei dati personali e dalle stesse norme della CEDU e della Carta dei diritti fondamentali dell’UE sulle garanzie delle persone sottoposte a procedimento penale68. Secondo quanto abbiamo ricostruito, il regime della motivazione cambia per due ragioni. Anzitutto perché grazie all’uso delle tecnologie è molto più semplice in generale reperire i casi precedenti. C’è però una seconda e correlata ragione di trasformazione della motivazione, che attiene al modo in cui il giudice la redige. Con la digitalizzazione il giudice poggerà sempre di più sui precedenti e tenderà a ridurre l’iter logico alla base della motivazione seguendo sempre più modelli, schemi e facsimili preesistenti. La digitalizzazione, inoltre, apre a modalità di lavoro diverse. Si tratta di qualche cosa di più dell’uso della tecnologia come forma evoluta della macchina da scrivere o della carta copiativa. Le tecnologie digitali, infatti, consentendo di interrogare automaticamente grandi banche dati o addirittura di utilizzare potenti strumenti di Machine Learning per suggerire ‘decisioni’, potrebbero addirittura sostituire il giudice nella scelta del modello di atto o provvedimento, proponendo il completamento dei dati e l’indicazione delle norme applicabili, con tutte le varianti necessarie del caso, ovvero l’intervento di un software per controllare
formi». In essa debbono essere esposte concisamente ed in ordine le questioni discusse e decise dal collegio ed indicati le norme di legge e i principi di diritto applicati, e in ogni caso deve essere omessa ogni citazione di autori giuridici. La violazione di tale obbligo determina l’invalidità del provvedimento giurisdizionale e può essere fatta valere attraverso appositi mezzi impugnatori. Sul rilievo della motivazione si v. E. Gabellini, Algoritmi decisionali e processo civile: limiti e prospettive, in Riv. trim. dir. proc. civ., n. 1, 2022, pp. 59-93. 68. Se, infatti, si leggono in combinato disposto l’art 22 del GDPR e l’art 11 della direttiva 2016/680/UE con gli artt. 5 CEDU e 6 CDFUE, appare evidente che l’ultima parola spetterà sempre all’uomo, in quanto è circostanza imprescindibile quella della possibilità di contestare la decisione davanti a un essere umano, anche nei casi eccezionali, nei quali il diritto dell’Unione o dello Stato membro preveda la possibilità di delegare al software l’adozione della decisione. L’art. 11 della direttiva del 2016, rubricato «Processo decisionale automatizzato relativo alle persone fisiche», dispone in linea con l’art. 22 del GDPR che le decisioni basate unicamente sul trattamento automatizzato, compresa la profilazione, che producano effetti giuridici negativi o incidano significativamente sull’interessato, siano vietate salvo che non siano autorizzate dal diritto dell’Unione Europea o dallo Stato membro cui è soggetto il titolare del trattamento. In questo caso, devono essere previste garanzie adeguate per i diritti e le libertà dell’interessato, fermo restando il necessario intervento umano da parte del titolare del trattamento.
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l’operazione compiuta dal giudice onde correggerne gli eventuali errori69. Entro tali condizioni e modalità operative la dottrina ha colto l’occasione per mettere in evidenza che il punto di arrivo di tali utilizzi innovativi della tecnologia sarebbe addirittura la «scomparsa della motivazione», che verrebbe sostituita dal buon «funzionamento della macchina»70. Se oggi tale ipotesi può apparire remota nel processo giurisdizionale, non sconvolgerà i più sapere che, quanto alle procedure amministrative, si sta già facendo esperienza di tale modo di procedere e dei conseguenti problemi costituzionali e di legittimità71. In sintesi, si individuano due conseguenze di rilievo dall’impiego delle tecnologie per il dovere di motivare e il correlato diritto alla motivazione. La prima riguarda i possibili effetti derivanti dall’impiego delle tecnologie di supporto alle decisioni e ai sistemi decisionali72. Secondo parte della dottrina, i sistemi automatizzati dovrebbero rendere più trasparenti (in teoria) parte o tutti gli aspetti del processo decisionale giudiziario (una cosa che in fondo è impossibile a un giudice umano)73. Tuttavia, non molti sono convinti che tali strumenti siano facili da progettare correttamente. Già i sistemi esperti hanno dimostrato le difficoltà apparentemente insormontabili che comporta la programmazione di un sistema per imitare (e spiegare) il ragionamento giuridico. Ma anche con i sistemi Machine Learning le sfide da affrontare non mancano, come emerge dall’immenso dibattito relativo sia all’inclusione di meccanismi di spiegabilità sia ai problemi derivanti dagli errori e i bias74. La seconda conseguenza concerne il regime della motivazione decisionale. Già si è detto che molti scommettono in una svalutazione delle
69. S. Penasa, Intelligenza artificiale e giustizia: il delicato equilibrio tra affidabilità tecnologica e sostenibilità costituzionale in prospettiva comparata, cit., p. 303. 70. Cfr. J. Nieva Fenoll, Intelligenza artificiale e processo, Giappichelli 2019, pp. 107-108. 71. Si v. infra multis A. Simoncini, Amministrazione digitale algoritmica. Il quadro costituzionale, cit. 72. M. Zalnieriute, F. Bell, Technology and the Judicial Role, cit., pp. 126 ss. 73. R.E. Susskind, Expert systems in law: A jurisprudential approach to artificial intelligence and legal reasoning, cit. suggerì che i sistemi decisionali automatizzati – se progettati correttamente – avrebbero potuto rendere trasparente ogni processo decisionale. 74. Sul tema si è già parlato supra. Qui vale la pena solo di ricordare che una parte della dottrina (L. Wisser, Pandora’s algorithmic black box: The challenges of using algorithmic risk assessments in sentencing, in Am. crim. l. rev., n. 4, 2019, pp. 1811-1832) suggerisce che se gli algoritmi usurpano il potere decisionale dei giudici, allora gli sviluppatori o i creatori di sistemi automatizzati dovrebbero essere responsabili, analogamente a un giudice, di spiegare le loro decisioni «in opinioni scritte, lunghe e pubblicate».
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motivazioni. Se questo accadrà, anche il regime delle impugnazioni per conseguenza ne risentirà. Certamente vi saranno sempre impugnazioni legate alla mancata o non corretta interpretazione della legge ma aumenteranno le ipotesi di motivi diretti a contestare le ‘configurazioni’ informatiche e l’operare dei sistemi. Si potrà infatti rilevare il non corretto funzionamento del programma o la mancanza di qualità dei dati di allenamento delle macchine, i loro errori e bias. Si potrà, inoltre, operare una sorta di innovativo e inedito ‘test di Turing’, verificando cosa sarebbe accaduto se a decidere fosse stato solo un essere umano75. Dunque la verifica circa la correttezza della motivazione – che non potrà mai essere effettuata dalle macchine stante il modello attuale di giudizio per Cassazione –76 sarà affidata alle giurisdizioni superiori ma spetterà soprattutto alle parti farla rilevare. Si affaccia, quindi, uno scenario nel quale la tecnologia – senza essere completamente liberata dal fattore umano – può diventare il viatico per l’introduzione di elementi tecnocratici e del mito di una giustizia ‘esatta’77, capace di riparare taumaturgicamente le inefficienze del processo, in un contesto nel quale la perdurante crisi della giurisdizione potrebbe favorire l’affiancamento al giudice di strumenti automatizzati in funzione tutoria78. Proprio alla luce delle questioni sopra menzionate devono essere considerate tutte le iniziative sovranazionali volte a delineare dei principi e delle strategie di sviluppo dell’IA, affinché il suo l’utilizzo (anche) nei sistemi giudiziari sia etico e costituzionalmente orientato79. In tale ottica, 75. Suggestivo in questo senso J. Nieva Fenoll, Intelligenza artificiale e processo, cit., pp. 134-135. 76. Che come indica op. ult. cit., p. 136, è «dipendente completamente dall’argomentazione giuridica». 77. Una tecnica che però diviene astorica, come ci ricorda N. Irti, Il tessitore di Goethe (per la decisione robotica), cit., p. 20. 78. Si può pensare a un utilizzo dei sistemi algoritmici per finalità probatorie o per la valutazione dei fatti di causa rilevanti per la decisione, come strumenti integrativi di valutazione dei fatti di causa (una sorta di «ausilio tecnico» di cui il giudice-persona potrebbe servirsi negli stessi termini e con gli stessi limiti in cui può servirsi della tradizionale consulenza tecnica): come i periti deducono o forniscono elementi per dedurre un fatto su incarico del giudice, allo stesso modo opererebbe il sistema algoritmico fornendo direttamente al giudice elementi di valutazione, ovviamente nei soli casi in cui si ritenga che questo possa accadere. Sul punto, per il processo civile v. A. Carratta, Decisione robotica e valori del processo, cit., pp. 510 ss. e V. Manes, L’oracolo algoritmico e la giustizia penale: al bivio tra tecnologia e tecnocrazia, cit., pp. 554 ss. 79. Si può, in tale senso, trovare un filo rosso, che lega la Carta etica della CEPEJ ai meno recenti documenti del Parlamento europeo, Risoluzione del Parlamento europeo
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la coerenza logica del calcolo algoritmico va verificata in un processo di integrazione fra le «misurazioni quantitative», ricche e imponenti, da esso offerte con il «percorso cognitivo e decisorio del giudice», nel rispetto dei princìpi costituzionali alla base dell’ordinamento80. Se, perciò, soltanto lo standard debole della IA sembra rispettoso del rapporto uomo-macchina – soprattutto nel processo penale –, diviene allora essenziale comprendere in che modo e con quali forme si manterrà il controllo dell’essere umano sulla macchina (v. supra le pagine dedicate all’AI Act). Lo mettono in luce sia la Supreme Court del Wisconsin nella stessa sentenza Loomis, ricordando che il software COMPAS «(…) should be always constitute merely one tool available to a Court, that need to be confirmed by additional sound informations (…)»81, sia la CEPEJ nella citata Carta etica, affermando che la decisione non può essere presa esclusivamente attraverso il dato algoritmico, il quale dev’essere viceversa riscontrato e corroborato da ulteriori e diversi elementi di prova82. Se si esclude l’eventualità di una completa sostituzione della macchina alla decisione umana, rimane in capo al legislatore (anzitutto) il potere recante raccomandazioni alla Commissione concernenti norme di diritto civile sulla robotica (2015/2103(INL)), P8_TA(2017)0051, 16 febbraio 2017 (https://eur-lex.europa.eu/legalcontent/IT/ALL/?uri=CELEX%3A52017IP0051) e dell’Article 29 - Data Protection Working Party, Guidelines on Automated individual decision-making and Profiling for the purposes of Regulation 2016/679 (amended version), cit., che ribadiscono la centralità dell’essere umano a fronte dell’impiego dell’IA, in quanto, in tali circostanze, la tutela della dignità e delle libertà umane non può essere lasciata in secondo piano, anche a fronte di esigenze primarie quali l’efficienza del sistema giudiziario. Sulle linee guida e la risoluzione del PE esiste una copiosissima letteratura. Si v.no infra multis A.C. Amato Mangiameli, Algoritmi e big data. Dalla carta sulla robotica, in Riv. fil. dir., n. 1, 2019, pp. 107-124; S. Sassi, Gli algoritmi nelle decisioni pubbliche tra trasparenza e responsabilità, cit. 80. G. Canzio, Intelligenza artificiale, algoritmi e giustizia penale, cit. 81. Su tale aspetto v. A. Simoncini, L’algoritmo incostituzionale: intelligenza artificiale e il futuro delle libertà, cit., pp. 71 ss.; G. Contissa, G. Lasagni, G. Sartor, Quando a decidere in materia penale sono (anche) algoritmi e IA: alla ricerca di un rimedio effettivo, cit.; A. Gullo, Nuove frontiere tecnologiche e sistema penale: alcune note introduttive, in Dir. pen. cont., n. 2, 2019, pp. VI-XIV; C. Burchard, L’intelligenza artificiale come fine del diritto penale? Sulla trasformazione algoritmica della società, cit. 82. Meritano rilievo gli ulteriori criteri, indicati dalla Carta, della tutela dei diritti fondamentali della persona, della non discriminazione, della trasparenza, equità e comprensibilità dei metodi di elaborazione dei dati informatici, della controllabilità dei percorsi di calcolo e della connessa piena accessibilità alla fonte della prova che deve essere garantita a tutte le parti (giudice compreso), della qualità e attendibilità scientifica del risultato. Nella spiegazione alla Carta appaiono interessanti i riferimenti ai principi di «fitness», «discovery», «corroboration» e «accountability». CEPEJ, Carta etica europea sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale nei sistemi giudiziari e negli ambiti connessi, cit.
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di cercare le modalità di ingresso e utilizzo dei sistemi basati su algoritmi di apprendimento e i mezzi che possono essere offerti all’operatore del diritto alla luce dei principi costituzionali che regolano il giusto processo, tenendo in debito conto l’obiettivo di individuare quegli ambiti in cui un impiego costituzionalmente orientato di tali strumenti può concretamente apportare un beneficio e un progresso nell’efficienza dei sistemi giudiziari83. D’altronde è lo stesso art. 101, comma 2, Cost., che nel disporre la soggezione dei giudici soltanto alla legge implicitamente esclude che il giudice possa essere vincolato dall’esito di procedure algoritmiche che pongono l’operatore del diritto di fronte a pericolosi automatismi applicativi84. 6. Le garanzie costituzionali sull’utilizzo corretto dei dati nella giustizia La transizione digitale non interessa solo i diritti che nascono dal giusto processo, quali la parità delle armi, l’immediatezza, l’oralità, il diritto al giudice naturale e il diritto di difesa, ma anche una serie di altri principi il cui ‘tenore’ costituzionale è suffragato dalla interpretazione costituzionale, dai documenti dell’Unione europea e del Consiglio d’Europa e delle altre istituzioni internazionali. Rientrano in questo gruppo i principi che corredano le garanzie sulla protezione dei dati personali, quali la qualità dei dati, il controllo da parte dell’utilizzatore, e poi il diritto alla umanità della decisione, gli obblighi di trasparenza degli algoritmi e gli obblighi necessari a evitare, sempre attraverso l’uso delle tecnologie di IA, forme di discriminazione85. Nell’operare concreto della giustizia, il trattamento e la valorizzazione di grandi masse di dati (art. 1 GDPR) sarà essenziale e per l’evoluzione della giurisdizione86. La costruzione dei database – come quelli che si 83. C. Casonato, Intelligenza artificiale e giustizia: potenzialità e rischi, cit. 84. Sul tema v. infra multis L. Pace, L’adeguatezza della legge e gli automatismi. Il giudice delle leggi fra norma “astratta” e caso “concreto”, Editoriale Scientifica 2020; S. Leone, Automatismi legislativi, presunzioni assolute e bilanciamento, in Gruppo di Pisa, n. 1, 2018, pp. 1-19. 85. Discutono dei modi per trarre nuovi diritti dalle dichiarazioni e dagli atti europei A. Iannuzzi, F. Laviola, I diritti fondamentali nella transizione digitale fra libertà e uguaglianza, in Dir. cost., n. 1, 2023, pp. 9-40. 86. A. Santosuosso, Intelligenza artificiale e diritto. Perché le tecnologie di IA sono una grande opportunità per il diritto, cit., pp. 66 ss.
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prevedono con i finanziamento del PNRR87 – consentirà di compiere un salto sia nel lavoro degli uffici giudiziari, sia nelle prassi e nella interpretazione giudiziale88. Il processo di «datificazione nella giustizia» è contemplato anche nella Carta etica della CEPEJ, nella quale si individuano tre direttrici per comprendere la rilevanza costituzionale della ‘datificazione’. La prima si riferisce al rapporto tra divieto di discriminazione e governo dei dati89. La seconda riguarda l’uso eticamente orientato dei dati, che vuol dire anche garanzia della democraticità nell’uso degli stessi90. La terza lega la 87. A. Palladino, M. Farina, La digitalizzazione degli archivi giudiziari nel PNRR: verso la “smart justice”, cit. 88. Si pensi in questo senso al lavoro degli uffici del processo. Sul punto v. P. Liccardo, Il nuovo tempo della decisione giudiziaria: la nomometrica delle banche dati, in Quest. giust., n. 3, 2021, pp. 215-222. 89. La Carta richiede che: «(d)ata la capacità di tali metodologie di trattamento di rivelare le discriminazioni esistenti, mediante il raggruppamento o la classificazione di dati relativi a persone o a gruppi di persone, gli attori pubblici e privati devono assicurare che le metodologie non riproducano e non aggravino tali discriminazioni e che non conducano ad analisi o usi deterministici». Successivamente si dice che: «I dati derivanti da decisioni giudiziarie inseriti in un software che esegue un algoritmo di apprendimento automatico dovrebbero provenire da fonti certificate e non dovrebbero essere modificati fino a quando non sono stati effettivamente utilizzati dal meccanismo di apprendimento. L’intero processo deve pertanto essere tracciabile, al fine di garantire che non abbia avuto luogo alcuna modifica in grado di alterare il contenuto o il significato della decisione trattata». A questo riguardo è molto utile anche la risoluzione del Parlamento europeo del 6 ottobre 2021 sull’«intelligenza artificiale nel diritto penale e il suo utilizzo da parte delle autorità di polizia e giudiziarie in ambito penale», che mette in luce la necessità di promuovere ricerche e contributi «interdisciplinari» anche in ambiti quali gli studi scientifici e tecnologici, gli studi critici sulla razza, gli studi sulla disabilità e altre discipline in sintonia con il contesto sociale, comprese le modalità di costruzione delle differenze, il lavoro di classificazione e le sue conseguenze. Il Parlamento europeo, inoltre, si oppone all’impiego, nell’attività di contrasto, di strumenti che operino previsioni sui comportamenti futuri degli individui in base all’analisi di dati storici, evidenziando come gli stessi oltre ad essere potenzialmente in grado di radicare discriminazioni esistenti, offrano previsioni spesso inaffidabili, stante l’incapacità degli stessi di dare una risposta alla questione della causalità. Cfr. Risoluzione del Parlamento europeo sull’intelligenza artificiale nel diritto penale e il suo utilizzo da parte delle autorità di polizia e giudiziarie in ambito penale, (2020/2016(INI)), 6/10/2021 (www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-9-20210405_IT.html). 90. A tale proposito la spiegazione annessa alla Carta ricorda che c’è sempre bisogno di «un dibattito pubblico approfondito su tali strumenti prima dell’attuazione di politiche pubbliche di sviluppo degli stessi» e una vera e propria cyberetica dalla quale tirare fuori «un quadro di sviluppo di algoritmi di intelligenza artificiale nel rispetto dei diritti fondamentali». Tale concetto si lega in modo stretto alla previsione di strumenti di by-design che promuovano il rapido sviluppo di forme di intelligenza artificiale che inclu-
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trasparenza alla imparzialità e alla equità91. Poiché la decisione automatizzata, come la giurisdizione in generale, è in grado di incidere significativamente sulla vita delle persone, deve attuarsi mediante l’utilizzo di un agente intelligente che garantisca equità, imparzialità e trasparenza, le cui procedure siano certificate da una perizia esterna e indipendente92. Perciò, le modalità di elaborazione del dato devono essere accessibili e, dunque, conosciute ex ante, dagli utenti e verificabili dal giudice ex post. La Carta invita alla pubblicazione dei codici sorgente unitamente alla spiegazione93, in un linguaggio chiaro e comprensibile, delle modalità di funzionamento e del relativo rischio di errore o, alternativamente, alla creazione di organismi indipendenti di valutazione che verifichino e certifichino, periodicamente, la bontà degli strumenti impiegati94. Dalle operazioni attraverso le quali si renderanno disponibili e perciò direttamente interrogabili enormi quantità di dati sulla giurisprudenza di merito e poi di legittimità derivano numerose conseguenze95. Il tema è dano «meccanismi per impedire le distorsioni e la discriminazione nel processo stesso di progettazione». In generale sul tema v. C. Colapietro, The Impact of the Information and Technology Revolution on the Constitutional Rights with Particular Attention to Personal Data Protection Issues, in The IT Revolution and its Impact on State, Constitutionalism and Public Law, edited by M. Belov, Bloomsbury Publishing 2021, pp. 231-246. 91. Ciò vuol dire che occorre rendere «le metodologie di trattamento dei dati accessibili e comprensibili», da un lato, e «autorizzare verifiche esterne», dall’altro. Del tema si è già parlato funditus durante l’esame dell’AI Act al quale si rinvia. 92. Sul punto si v. G. Pasceri, La predittività delle decisioni. La funzione giurisprudenziale e la responsabilità delle parti nell’utilizzo dell’intelligenza artificiale, cit., pp. 131 ss.; D. Martire, Intelligenza artificiale e Stato costituzionale, cit. 93. Una soluzione che non sempre appare utile ed efficace, come rileva S. Quattrocolo, Intelligenza artificiale e giustizia: nella cornice della Carta etica europea, gli spunti per un’urgente discussione tra scienze penali e informatiche, cit., p. 8. 94. La Risoluzione del Parlamento europeo ricorda che la trasparenza, la tracciabilità e la verificabilità degli algoritmi sono elementi necessari per lo sviluppo, la diffusione e l’utilizzo dell’AI nel settore giudiziario e nell’attività di contrasto, oltreché per garantire che i risultati generati dagli algoritmi siano intelligibili sia per gli utenti sia per coloro che sono soggetti agli stessi. Al medesimo fine, il Parlamento invita a consentire esclusivamente l’acquisto di sistemi di AI suscettibili di revisione, i cui codici sorgente siano accessibili (e spiegati in un linguaggio comprensibile) almeno per le forze di polizia, le autorità giudiziarie e gli enti indipendenti, per consentirne la valutazione, la revisione e il controllo. Risoluzione del Parlamento europeo sull’intelligenza artificiale nel diritto penale e il suo utilizzo da parte delle autorità di polizia e giudiziarie in ambito penale, cit. 95. Lasciamo da parte la folta congerie di problemi che derivano dal valore del precedente e dal nesso tra norma e fatto che attraverso tale questione emerge, o tra i diversi modi di intendere la nomofilachia. Sul tema si v.no infra multis i contributi di N. Irti, G. Canzio, R. Rordorf, M. Taruffo, G. Alpa nel volume di A. Carleo (a cura di), Il vincolo giudiziale del passato. I precedenti, il Mulino 2018.
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stato affrontato supra e nell’esame del caso francese, mostrando le paure che sono state paventate rispetto alla datificazione di tutta la giurisprudenza. Ebbene, il processo di datificazione non pone solo un problema relativo ai precedenti che sono destinati a entrare nella motivazione della sentenza del giudice, al rapporto tra i gradi di giudizio e alla funzione nomofilattica delle Corti supreme, ma anche questioni circa il tipo di dati che verrebbero usati per popolare i database. Allo stato delle tecnologie, senza un’operazione anteriore che la mente umana provveda a svolgere selezionando e interpretando la giurisprudenza, saremmo in presenza di una ingente e abnorme congerie di dati difficilmente riconducibili a coerenti e ben chiare linee di sviluppo giurisprudenziale96. L’uso del precedente non è possibile nei modi che sovrappone la iuris-dictio con la legisl-latio per trovare nelle decisioni giurisprudenziali precedenti la ‘norma applicabile’ ai casi successivi97. Come ha dimostrato l’esperimento condotto sulla giurisprudenza della Corte di Strasburgo dai ricercatori dell’University College of London, l’impostazione del fatto nelle sentenze determinerebbe le decisioni più di quanto non farebbero le argomentazioni giuridiche98. Perciò, se lo scopo della costruzione delle banche dati è arrivare – attraverso l’obiettivo della calcolabilità intesa quale garanzia dell’affidamento – a ‘vincolare’ i giudici italiani mediante l’utilizzo di algoritmi che impongono di seguire la giurisprudenza pregressa, saremmo di fronte sia a un problema relativo all’evoluzione degli indirizzi giurisprudenziali sia a un contrasto con il già richiamato art. 101 Cost.99. Per di più, a fron-
96. D’altronde, se analizziamo la giurisprudenza prodotta dalla Cassazione italiana facciamo fatica a trovare linee di indirizzo univoche. Sembra di essere più all’interno di «una specie di immenso supermercato in cui, con la dovuta pazienza, ognuno può trovare ciò che vuole (ed anche il suo contrario)». Cfr. M. Taruffo, Aspetti del precedente giudiziale, in Criminalia, n. 1, 2014, pp. 37-57, spec. p. 39. Il tema è toccato anche da C. Casonato, Intelligenza artificiale e giustizia: potenzialità e rischi, cit., pp. 3381 ss. 97. A. Pin, Precedente e mutamento giurisprudenziale: la tradizione angloamericana e il diritto sovranazionale europeo, Wolters Kluwer Cedam 2017, passim. 98. N. Aletras, D. Tsarapatsanis, D. Preot¸iuc-Pietro, V. Lampos, Predicting judicial decisions of the European Court of Human Rights: a Natural Language Processing perspective, cit. 99. Mentre non risulterebbe comprensibile come le difese tecniche delle parti potrebbero incidere sull’algoritmo, considerato come un a priori frutto in fondo di un automatismo, come è stato evidenziato nel caso Loomis. K. Freeman, Algorithmic injustice: How the Wisconsin Supreme Court failed to protect due process rights in State v. Loomis, in North Carolina Journal of Law & Technology, n. 5, 2016, pp. 75 ss.
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te dei dubbi e degli ampi spazi di discrezionalità del giudice assicurati dall’ordinamento, il richiamo al precedente giurisprudenziale potrebbe servire a poco, sicché si renderebbe preferibile il ricorso al giudice umano, consapevole dell’importanza e anche dei limiti della propria funzione100. Non a torto, quindi, per parlare dello sviluppo della digitalizzazione nel processo occorre fare molta attenzione ed evitare di accostare ordinamenti e situazioni diverse (paragonare corti nazionali con giudici di altri paesi e giudici di merito con giudici di legittimità o addirittura giudici sovranazionali) e comprendere bene lo scopo ultimo della digitalizzazione, avendo consapevolezza fin dall’inizio di quali sono gli usi ammessi e non ammessi dei dati raccolti. Senza indulgere in astratte preclusioni, la ‘restituzione’ dell’umanità del giudicare va valutata in concreto comprendendo il rapporto effettivo di potere e controllo che sussisterebbe tra la macchina e l’essere umano101. 7. La «giustizia digitale» e il ruolo del diritto costituzionale Pur non essendo ancora un processo compiuto, la digitalizzazione del processo solleva numerosi problemi costituzionali oltre che processuali e tecnici. La giustizia digitale non è una semplice trasformazione ma una rivoluzione, e come tale va collocata entro una cornice costituzionale e legislativa adeguata. Il nostro esame ha cercato di mettere in guardia contro una digitalizzazione che non rispetti l’autonomia e l’indipendenza della magistratura e i diritti che derivano dal giusto processo. Dall’indagine emergono alcuni elementi di un nuovo modo di intendere la giustizia nell’epoca digitale su cui vale la pena soffermarsi al termine del lavoro. Anzitutto, l’indagine ha dimostrato che la governance della digitalizzazione è chiamata a coniugarsi con il modello epistemologico tradi100. Ritorniamo così idealmente alle valutazioni svolte con riguardo all’IA Act e alla necessità di previsioni normative che sappiano individuare una cornice legislativa che ponga una normativa di principio a salvaguardia delle prerogative processuali e dei diritti fondamentali delle persone nell’uso delle IA. Si tratterebbe soprattutto di precisare, come vedremo, le modalità con le quali l’essere umano è in command rispetto alla macchina. Così M. Luciani, La decisione giudiziaria robotica, cit., p. 877. 101. A. Punzi, Judge in the Machine: E se fossero le macchine a restituirci l’umanità del giudicare?, cit.
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zionale delle garanzie del giusto processo garantendo che le tecnologie rispondano ai criteri di controllo e specifica responsabilità dell’uomo pensati nella Costituzione e nelle carte internazionali102. La digitalizzazione delle procedure giurisdizionali richiede di essere messa in atto secondo logiche che consentono di migliorare l’efficienza senza limitare i diritti garantiti all’interno del processo. La maggiore digitalizzazione della giustizia nell’attuale contesto sociale non può derivare solo dalla logica matematica degli algoritmi, ma anche dalle nostre esperienze sociali e dal modo in cui, sia i tribunali sia i soggetti privati che gestiscono i servizi, sapranno conciliare l’efficienza e la precisione del processo decisionale algoritmico con le garanzie costituzionali del giusto processo103. In secondo luogo, le tecnologie digitali influenzano anche il modo di pensare del giurista e la stessa legittimazione del potere giuridico104. L’abbondante letteratura, soprattutto anglosassone sul tema, dimostra che oggi la scienza dei dati si candida a divenire un «polmone» esterno che si aggiunge agli altri per fornire nuova linfa alla applicazione concreta del diritto. Dopo essersi svincolato dalla trascendenza religiosa e dal diritto naturale, il diritto ha acquisito nuove sovrastrutture, come la storia, l’economia, la letteratura e, oggi, i paradigmi che derivano dalla ‘computazione’105. La tecnologia ha poco a che fare con la certezza del diritto e la prevedibilità come siamo soliti intenderla, ma si sta imponendo grazie 102. P. Severino, Intelligenza artificiale e diritto, in Intelligenza artificiale: politica, economia, diritto, tecnologia, a cura di Id., Luiss University Press 2022, pp. 99 ss. 103. Per quanto riguarda la giustizia digitale occorre che le piattaforme, ad esempio, nell’ottica di un sempre migliore accesso alla giustizia, forniscano canali equi ed efficienti per la risoluzione delle controversie, al fine di guadagnare la fiducia dei cittadini. Già oggi, però, con l’evoluzione della giustizia digitale si prepara la sostituzione degli ambienti fisici con quelli virtuali e l’emergere di modelli basati sulla condivisione dei dati anziché sulla riservatezza, con un potenziale ancora inespresso che potrà portare entro breve a processi decisionali interamente automatizzati ma comunque supervisionati dagli esseri umani. Sul tema v. funditus C. Castelli, D. Piana, Giusto processo e intelligenza artificiale, cit. 104. Si ha quella che una parte della dottrina ha chiamato «espansione del perimetro conoscitivo del giudice». Cfr. P. Comoglio, Nuove tecnologie e disponibilità della prova: l’accertamento del fatto nella diffusione delle conoscenze, cit. Sul tema si v.no pure le lucide considerazioni di S. Mannoni, Millenarismo 2.0: il diritto al cospetto della nuova era digitale, Editoriale Scientifica 2016. 105. Una certa parte della dottrina francese parla con riguardo alla prevedibilità realizzata con la digitalizzazione di una «factualisation», intesa come la trasformazione pura e semplice di dati di diversa specie, come i dati giuridici, in meri dati informatici. D. Cholet, La justice prédictive et les principes fondamentaux du procès civil, in Arch. phil. droit, n. 1, 2018, pp. 233 ss.
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alla forza della scienza dei dati e delle correlazioni. Non è un caso che gli esempi di investimento nella maggiore prevedibilità delle decisioni giudiziarie si espongono a non poche critiche sia dei tecnici sia degli studiosi del diritto106, i quali non sono tanto contrari all’idea della prevedibilità107, ma a quel modo di intendere il diritto che per essere al passo con i tempi avvolge la pratica giuridica in una tiepida e rassicurante coltre di vocaboli provenienti dalle scienze computazionali, come appunto la parola derivante dall’inglese prediction. Vocaboli che sembrano il frutto più di una «distopia costituzionale108» che di una attenta e meditata valutazione della realtà giuridica e delle possibilità tecniche. Perciò, anche laddove dovessimo raggiungere la realtà di macchine capaci di ‘predire’ le decisioni giudiziarie, non si parlerebbe di una giustizia che pre-decide rispetto a fatti che non si sono verificati ma solo di IA che riscontrano correlazioni tra eventi presenti ed eventi avvenuti nel passato109. Il passaggio alla digitalizzazione segna un cambiamento non solo tecnico e giuridico ma anche ‘antropologico’110. Le discussioni sulla giusti106. M. Miravalle, I nodi gordiani della giustizia penale ad alta intensità tecnologica. Verso il giudice bocca della tecnologia?, cit. Per il diritto internazionale si v.no le interessanti conclusioni di G. Della Morte, Big Data e protezione internazionale dei diritti umani. Regole e conflitti, Editoriale Scientifica 2018, pp. 275 ss. 107. Come ben mette in luce R. Rordorf, Editoriale, in Quest. giust., n. 4, 2018, pp. 5 ss. «È sacrosanto (…) ricondurre il più possibile le decisioni giurisdizionali a criteri razionali che ne consentano la tendenziale prevedibilità, ma a patto di riconoscere che si tratta pur sempre di una prevedibilità tendenziale, e perciò relativa, destinata eventualmente a recedere di fronte alla necessità di adeguare il giudizio alle peculiarità di ciascun singolo fatto». 108. Prendiamo in prestito l’espressione dal recentissimo volume di A. Cardone, “Decisione algoritmica” vs decisione politica? A.I. Legge Democrazia, cit., p. 157 ss. 109. L’idea della predizione è altamente controversa, non solo per gli effetti che tali pratiche potrebbero avere, ma anzitutto per l’abbaglio in cui lo stesso aggettivo ‘predittivo’ induce (come sottolinea l’Allegato alla Carta etica). Gli applicativi in parola, infatti, non predicono affatto il futuro ma fanno solo previsioni calcolando probabilità che certe attività diano determinati risultati. Ad oggi, quindi, la possibilità più concreta e corretta è avere un supporto o un aiuto che permetta di ricavare più informazioni, di conoscere gli orientamenti esistenti, di capire l’impatto di una decisione, ovvero di decidere disponendo di più elementi e con una cognizione delle variabili reali che è incommensurabilmente superiore al passato. Un tale modo di prendere decisioni non è neutro e va valutato alla luce della sua incisione su principi costituzionali che riguardano la magistratura e la tutela dei diritti. Sul tema v. L. Breggia, Prevedibilità, predittività e umanità nella soluzione dei conflitti, in Riv. trim. dir. proc. civ., n. 1, 2019, pp. 395-405. Nella dottrina francese tale problema è stato ben inquadrato da S. Lebreton-Derrien, La justice prédictive. Introdution à une justice “simpement” virtuelle, in Arch. phil. droit, n. 1, 2018, pp. 4 ss. 110. A. Garapon, J. Lassègue, La giustizia digitale. Determinismo tecnologico e libertà, cit.
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zia digitale, infatti, hanno implicazioni ben più profonde della semplice tecnica, poiché l’introduzione di nuovi strumenti tecnologici determinano trasformazioni profonde nell’amministrazione della giustizia e nello stesso atto del giudicare111. La digitalizzazione agisce moltiplicando la possibilità di prevedere ed effettuare correlazioni, introducendo nuove forme di automatismi, i quali si impongono come vere e proprie regole tecniche paradossalmente più forti del diritto stesso. Si è visto che occorrerà un atteggiamento vigile da parte della scienza costituzionalistica per evitare violazioni del principio di eguaglianza e le discriminazioni che la tecnica produce. Gli usi del digitale dimostrano, ad esempio, l’esistenza di regole ‘nascoste’ che possono essere molto più intrusive di quanto non lo siano altre regole come quelle provenienti dall’etica o dalle leggi sociali112. Gli strumenti del digitale hanno pesanti limiti tecnici e devono essere usati sempre in un contesto: un conto è usare un software per il migliore sfruttamento delle risorse date, altro è verificare in che misura l’IA possa offrire supporto al giudice nella fase decisionale113. Pertanto, il valore dell’applicazione delle IA nei processi non risiede tanto nella sostituzione di giudici e avvocati con i robot, quanto nell’acquisizione e sfruttamento di un modo diverso e più profondo di svolgere operazioni giuridiche114. Quest’ultimo tipo di attività non è infatti assimilabile – e mai lo sarà – all’idea di una giustizia ‘prescrittiva’, cioè di un 111. F. Contini, A. Cordella, Law and Technology in Civil Judicial Procedures, in The Oxford Handbook of Law, Regulation and Technology, edited by R. Brownsword, E. Scotford, K. Yeung, Oxford University Press 2017, p. 247. 112. Secondo A. Garapon, J. Lassègue, La giustizia digitale. Determinismo tecnologico e libertà, cit., p. 95 «l’inestricabile forza espressiva e la performatività di tale approccio è imputabile alle proprietà stesse della scrittura digitale». 113. Anche le reti neurali e il Machine Learning danno il meglio nella riproduzione di attività elementari, come pattern recognition, classificazione, apprendimento per associazione, mentre incontrano difficoltà nella riproduzione di attività «alte», come il ragionamento basato su regole, l’attività deliberativa e pianificativa, e così via. Non parliamo poi delle sfumature del ragionamento giuridico e delle caratteristiche implicitamente analogiche del decidere giudiziario che difficilmente possono essere ridotte dalla digitalizzazione. V. sul tema R. Cordeschi, M. Frixione, Rappresentare i concetti: filosofia, psicologia e modelli computazionali, in Sistemi intelligenti, n. 1, 2011, pp. 25-40, spec. p. 35; E. Rulli, Giustizia predittiva, intelligenza artificiale e modelli probabilistici. Chi ha paura degli algoritmi?, in Analisi Giuridica dell’Economia, n. 2, 2018, pp. 533-546. 114. Sia che si tratti di formalizzare i processi per configurare e condurre una causa in maniera più strutturata, sia che si tratti di svolgere approfondimenti su una controversia ai fini di svolgere una diagnosi legale o una previsione.
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sistema che indica il contenuto della decisione al giudice, come d’altronde è stato già indicato dagli estensori della Carta etica della CEPEJ115. Questo lavoro è partito con una provocazione destata da due casi recenti di utilizzo di potenti sistemi di IA all’interno del processo. L’indagine ha poi tentato di individuare metodi per esaminare l’integrazione del digitale nella giustizia attraverso le tre dimensioni prospettate. Il nostro punto di caduta, perciò, non può che essere la speranza di aver avviato una discussione grazie alla quale anche gli studiosi di diritto costituzionale potranno approfondire la «giustizia digitale» mettendo a frutto la ricchezza del proprio metodo e la grande varietà degli strumenti di indagine a loro disposizione.
115. L’intelligenza artificiale può aiutare nel campo della giustizia non certamente perché consente di arrivare a immaginare un giudice robot, ma perché può consentire di riprodurre alcune abilità cognitive richieste al giudice o agli avvocati, così permettendo di evitare degli errori tipici in cui questi ultimi possono cadere. Sul tema si v. C. Bona, Sentenze imperfette: gli errori cognitivi nei giudizi civili, cit., pp. 201-202.
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