Fortuna e Realtà dell'Opera di Clitarco 351506947X, 9783515069472

L'opera di Clitarco, pur frammentaria, è per i moderni all'origine della maggior parte della tradizione su Ale

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Italian Pages 203 [208] Year 1996

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SOMMARIO
PREMESSA
PARTE I – LA CONOSCENZA DI CLITARCO NELLA CULTURA ANTICA
CAP. 1 – ANALISI DEGLI AUTORI CHE CITANO CLITARCO
Filodemo
Cicerone
Diodoro
Longino
Demetrio
Strabone
Curzio
Appendice – Il F24 e l’epiteto Soter
Plinio
Quintiliano
Plutarco
Arpocrazione
Eliano
Appendice – Il F19 e la cattura delle scimmie
Ateneo
Appendice – I F1 e 30 e l’attendibilità di Ateneo
Diogene Laerzio
Clemente d’Alessandria
POxy II. 218
Scolî
Stobeo
Suida
Appendice – Sinossi degli autori
CAP. 2 – GIUDIZI SU CLITARCO E USO DELLA SUA OPERA
CAP. 3 – LA FORTUNA DELLE NOTIZIE „INDIANE“
a – La tradizione contemporanea
b – La tradizione successiva
CAP. 4 – RICOSTRUZIONE BIOGRAFICA
a – Clitarco e Alessandria d’Egitto
b – La „datazione“ degli antichi
CAP. 5 – LE STORIE DI ALESSANDRO
a – Il passato
b – Gli anni della spedizione
Nearco e Onesicrito
Patrocle o Policlito?
Il rapporto con Tolemeo
PARTE II – L'INFLUENZA DI CLITARCO SULLA TRADIZIONE POSTERIORE
CAP. 1 – DIODORO XVII
a – La fonte per la storia „ellenica“
b – Lo storico di Alessandro
L’inizio del l.XVII (capp. 1–6)
Gordio
I messaggi di Dario
Abdalonimo
La descrizione dell'Ircania
L’Amazzone e l’harem di Dario
I funerali di Efestione
La fine del l. XVII (capp. 117–118)
c – Bilancio di un confronto
Appendice – Riflessioni sulle fonti di Diod. II. 1–34
a – Analisi del testo
b – Lo spazio di Clitarco
CAP. 2 – LE HISTORIAE DI CURZIO RUFO
a – Saggi di analisi del testo
Caridemo
Il sacrificio infantile a Crono
Gli Argyraspidi
La guerra d’Agide
La descrizione di Babilonia
Alcuni episodi „indiani“
b – Una dipendenza mista?
CAP. 3 – L’EPITOME DI GIUSTINO
CAP. 4 – I LEGOMENA DI ARRIANO
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
a – Il percorso dell’indagine
b – La „cifra“ di Clitarco
ADDENDUM
BIBLIOGRAFIA E ABBREVIAZIONI
INDICI
a – Indice dei passi citati
b – Indice analitico
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Fortuna e Realtà dell'Opera di Clitarco
 351506947X, 9783515069472

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Luisa Prandi

Fortuna e Realtà dell’Opera di Clitarco HISTORIA Einzelschriften 104

Franz Steiner Verlag Stuttgart

LUISA PRANDI FORTUNA E REALTÀ DELL’OPERA DI CLITARCO

HISTORIA ZEITSCHRIFT FÜR ALTE GESCHICHTE REVUE D’HISTOIRE · ANCIENNE JOURNAL OF ANCIENT HISTORY RIVISTA

·

DI STORIA ANTICA

·

EINZELSCHRIFTEN HERAUSGEGEBEN VON HEINZ HEINEN/TRIER FRANÇOIS PASCHOUD/GENEVE KURT RAAFLAUB/WASHINGTON · D.C. HILDEGARD TEMPORINI/TÜBINGEN

GEROLD WALSER/BASEL ·

HEFT 104

FRANZ STEINER VERLAG STUTTGART

1996

LUISA PRANDI

FORTUNA

E

DELL’ DI

REALTÀ

OPERA

CLITARCO

FRANZ STEINER VERLAG STUTTGART

1996

Die Deutsche Bibliothek – CIP-Einheitsaufnahme [Historia / Einzelschriften]

Historia : Zeitschrift füralte Geschichte. Einzelschriften. – Stuttgart : Steiner Früher Schriftenreihe Reihe Einzelschriften zu: Historia NE:Historia-Einzelschriften H. 104. Prandi, Luisa: Fortuna e realtà dell’opera diClitarco.

1996 Prandi, Luisa:

Fortuna e realtà dell’opera diClitarco / Luisa Prandi. Stuttgart : Steiner, 1996 (Historia : Einzelschriften ; H. 104) 06947– X 515– ISBN 3–





ISO 9706

Jede Verwertung des Werkes außerhalb der Grenzen des Urheberrechtsgesetzes ist unzulässig undstrafbar. Diesgilt insbesondere fürÜbersetzung, Nachdruck, Mikroverfilmung odervergleichbare Verfahren sowie fürdieSpeicherung inDatenverarbeitungsanlagen. © 1996 byFranz Steiner Verlag Wiesbaden GmbH, Sitz Stuttgart. Gedruckt auf säurefreiem, alterungsbeständigem Papier. Druck: Druckerei Peter Proff, Eurasburg. Printed in Germany

PER SILVIA

SOMMARIO PREMESSA

11

PARTE I –LA CONOSCENZA DI CLITARCO NELLA CULTURA ANTICA

13

CAP. 1 – ANALISI DEGLI AUTORI CHE CITANO CLITARCO Filodemo Cicerone Diodoro Longino Demetrio Strabone Curzio Appendice –Il F24 e l’epiteto Soter Plinio Quintiliano Plutarco Arpocrazione Eliano Appendice –Il F19 e la cattura delle scimmie Ateneo Appendice –IF1 e 30 e l’attendibilità di Ateneo Diogene Laerzio Clemente d’Alessandria

POxy II.218 Scolî Stobeo Suida Appendice

–Sinossi degli autori

14 14

15 17 19

19 20 22 24 29 33 33 34

35 37 40 41

45 45 46 46 50 51

52

CAP. 2 – GIUDIZI SU CLITARCO E USO DELLA SUA OPERA

53

CAP. 3 – LA FORTUNA DELLE NOTIZIE „INDIANE“

60

CAP. 4 – RICOSTRUZIONE BIOGRAFICA

66

a –La tradizione contemporanea b –La tradizione successiva

a –Clitarco e Alessandria d’Egitto b –La „datazione“degli antichi

61 64 66 69

8

Sommario

CAP. 5 – LE STORIE DI ALESSANDRO a –Il passato b –Gli anni della spedizione

72 72 75 75 77 79

Nearco e Onesicrito Patrocle o Policlito? Il rapporto con Tolemeo

PARTE II –L’INFLUENZA DI CLITARCO SULLA TRADIZIONE POSTERIORE

85

CAP. 1 – DIODORO XVII

86

a –La fonte perla storia „ellenica“

88

b –Lo storico di Alessandro 6) L’inizio del l.XVII (capp. 1–

93 93 97 99 102 104

Gordio

I messaggi di Dario Abdalonimo La descrizione dell’I rcania L’Amazzone e l’harem di Dario I funerali di Efestione 118) Lafine del l.XVII (capp. 117– c –Bilancio di unconfronto Appendice – Riflessioni sulle fonti di Diod. a –Analisi del testo b – Lo spazio di Clitarco

CAP. 2 – LE HISTORIAE DI CURZIO RUFO a –Saggi di analisi del testo Caridemo

Il sacrificio infantile a Crono Gli Argyraspidi La guerra d’Agide La descrizione di Babilonia Alcuni episodi „indiani“ b –Unadipendenza mista?

34 II. 1–

106 107 113 115 117 117 120

125 126 126 128 129 130 133 136 140

CAP. 3 – L’EPITOME DI GIUSTINO

145

CAP. 4 – I LEGOMENA DI ARRIANO

149

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE a –Il percorso dell’indagine b –La „cifra“di Clitarco

155 155 160

Sommario

9

ADDENDUM

171

BIBLIOGRAFIA E ABBREVIAZIONI

173

INDICI

187 187 199

a –Indice dei passi citati b –Indice analitico

PREMESSA moderna è pressoché concorde nel ritenere i frammenti di Clitarco miserabili ed insignificanti. Quasi per un desiderio di rivalsa, l’opera dello storico viene nonostante ciò considerata la miniera da cui proviene la sostanza della nostra Alessandrografia. Padre della Vulgata e storico ufficiale di Tolemeo sono i due cardini sui quali si schiude la porta delle Storie di Clitarco. Ma, paradossalmente, questo nonha consentito di formulare unacaratterizzazione univoca dell’autore, perché gli vengono attribuite caratteristiche di vario genere, anche contrastanti fra loro. Credo sia tempo di intraprendere uncammino di ricerca umile e paziente che, senza dare nulla perscontato e facendo leva inprima istanza solo suitanto vituperati frammenti, raggiunga, attraverso unaserie di acquisizioni che siano il presupposto l’unadell’altra, la meta di unamigliore conoscenza dell’opera di Clitarco1. Ringraziamenti nonformali desidero esprimere alla prof. M. Sordi, che haletto conpazienza questo miononpiacevole lavoro, al prof. F. Sartori che lo hapresentato ad„Historia“e al prof. H. Heinen che lo haaccolto. Sono poi lieta di ringraziare C. Bearzot per l’affettuosa disponibilità concui hameditato, dissentendo suqualche punto, le idee che hoespresso. Una gratitudine particolare provo per F. Landucci Gattinoni che ha discusso con me tanti punti spinosi della tradizione su Alessandro e che mi ha offerto un aiuto prezioso attraverso le conclusioni della suaricerca sui mercenari ateniesi. Le nostre conversazioni in treno, daMilano a Brescia e ritorno nell’anno accademico 1993/94 (fraternamente confortate da A. Porro), sono parte integrante del mio ‚Clitarco’. È difficile permeesprimere adeguata riconoscenza a miomarito, G. Zecchini, perla comprensione costante e perl’aiuto concreto che mihaofferto nella gestione familiare quando l’attività di ricerca mi assorbiva in modo particolare. Se mi sono talvolta estraniata dalla famiglia chiedo venia ai miei figli, Federico, Flavia e Silvia, alla piùpiccola dei quali (colei che meno capiva) dedico il frutto di quegli anni di studio.

La critica

1

Per unagiustificazione puntuale delle tappe di questa ricerca, effettuata zione dei risultati, cfr. infra Il percorso dell’indagine. Questa ricerca hagoduto di finanziamenti CNRe MURST.

attraverso

la valuta-

PARTE I

LA CONOSCENZA DI CLITARCO NELLA CULTURA ANTICA „Cleitarchus was certainly popular with thegeneral reading public in the Cicero. nian age and in thefirst twocenturies of the empire“ Così il Pearson2 sintetizza la fortuna diC., e la suaopinione risulta condivisa e

talora esagerata da altri studiosi. Ma si tratta di una valutazione che richiede di essere sottoposta a verifica, dal momento che –è appena il caso di ricordarlo –le citazioni di C. possono avere origini molto diverse e nondipendere dauninteresse consapevole perl’autore3.

2 3

Cfr. PEARSON 213.

numero degli autori che citano C. –non meno di una ventina, diversi fra loro come enfatizzano BORZA 27 e HAMILTON 1977, 144 –noncostituisce, come vedremo, unelenco determinante.

Il

14

Parte

I –La conoscenza diClitarco

nella cultura antica

CAPITOLO 1

ANALISI DEGLI AUTORI CHE CITANO CLITARCO

Se noi consideriamo le testimonianze e i frammenti raccolti dallo Jacoby, ordinandoli però non in base alla probabile successione all’interno dell’opera ma secondo la cronologia degli autori che li hanno tramandati, l’elenco che si presenta ai nostri occhi hacome punto dipartenza Filodemo e come punto d’arrivo la Suida4. Si tratta soltanto diunalista diautori che hanno esplicitamente nominato C., poiché la ricerca delle „criptocitazioni“o delle dipendenze probabili esula, inquesta prima fase, dalla metodologia sulla quale è impostato il miolavoro. Passando così inrassegna le nostre fonti secondo uncriterio cronologico rigido che presenta poche motivate eccezioni5, mipropongo di analizzare ogni autore con lo scopo di verificare: –se esprime ungiudizio suC.; –se nutre uninteresse personale e specifico che motiva la citazione. Tutti i problemi che un frammento, o unatestimonianza, suscita ma che esulano dall’obiettivo preliminare diricostruire la conoscenza dell’opera diC. nell’antichità, purnecessitando diunatrattazione estesa, sono ovviamente destinati a discussione in una sede più adatta e verranno di volta in volta evidenziati con rimandi; in tal modo l’attenzione rimarrà concentrata sulla fortuna storiografica di C. Filodemo

Per almeno due volte Filodemo ha occasione di fare riferimento a C. nella sua Rhetorica. VIII, p. 151Sudhaus (T11), inunpasso purtroppo lacunoso, che A IV coll. VII– riguarda lo stile naturalmente bello e quello costruito adarte, e nel quale si coglie anche la menzione di Isocrate e di Tucidide, egli allude ad un modo di scrivere ρ χ λ ε ειτ ῖο α ςsuscita nellettore l’impressione che ‚clitarcheo‘: l’usodell’aggettivo κ lo storico di Alessandro costituisse un riferimento letterario, non diversamente

dagli altri duescrittori ricordati. A IV col. XXI, p. 180 Sudhaus (T12), Filodemo inserisce C. in unelenco dove il suonome viene fatto dopo quelli di Alcidamante e di Egesia e prima di quello di schieramento“asiano e nonlo Demetrio6. Filodemo colloca C. all’interno di uno„ menziona per sottoporlo a critica. Anche se lo stato dello scritto di Filodemo nonautorizza certo a facili generalizzazioni7, si può almeno dire che C. era oggetto di una definizione e di una

4 5 6 7

Cfr. infra, Appendice Sinossi degli autori, unavisualizzazione sinottica ditale lista e diquella che scaturisce dai risultati dell’analisi degli autori e che verrà discussa infra Giudizi su Clitarco e uso della sua opera. Si tratta dei frammenti di provenienza scoliastica (F5,9,17), che ho raggruppato in ununico momento. Cfr. infra Clitarco e Alessandria d’Egitto e La „datazione“degli antichi. Ringrazio T. Dorandi perla disponibilità concuihariscontrato permeil testo papiraceo deidue passi: egli ritiene di poter leggere diversamente dal Sudhaus in qualche punto, masi tratta di

Cap. 1–Analisi degli autori che citano Clitarco

15

proposta da parte sua: unaproposta che, riguardando fondamentalmente l’aspetto stilistico, fapensare chele Storie fossero scritte inunmodotale daattirare l’attenzione sulla forma (oltre che sul contenuto). A questo proposito va segnalata la possibilità che il filosofo Aristotele di Cirene, indicato da Diogene Laerzio (II. 113 = T3) come primo maestro di C.8, ρ ὶπ ῆ τ ε ο ιη ικ ς(Diog. Laer. IV. 35) e chedalla suafrequentaziofosse autore diunΠ nelo storico avesse tratto stimoli peril mododicomporre le sueStorie.

Cicerone

Cicerone menziona 3 volte C. Inunalettera del 14novembre 51 indirizzata a M.Celio Rufo (Adfam. II. 10. 3 = F8), nella quale segnala una vittoria militare riportata nella zona del monte Amano, Cicerone cede alla tentazione di accostare il proprio successo a quello di Alessandro presso la vicina località di Isso e indulge a precisare quoin loco, saepe ex te audivi, Clitarchus tibi narravit Dareum ab Alexandro esse superatum. Il tono è alquanto ironico nei confronti di Celio Rufo, che appare un affezionato lettore9 nonché unpropagandista di C.: l’avverbio saepe e il dativo di termine tibi caratterizzano il suoentusiasmo così come la sazietà e lo scetticismo di Cicerone10. Unesempio chiarificatore delle ragioni cheinducevano quest’ultimo a spregia43 = T7 e F34)11, a proposito della morte di re C. viene offerto nel Brutus (42– Temistocle: al racconto di Tucidide, che parlava di cause naturali perla morte pur non trascurando di segnalare che vi era chi aveva sospettato un suicidio per avvelenamento, Cicerone contrappone infatti il racconto ‚retorico e tragico‘12di C. e di Stratocle13, peri quali Temistocle eramorto avvelenato peraver bevuto sangue di toro durante unsacrificio. particolari

che nonriguardano l’onomastica e che nonmi sembra di poter

indagine. Ulteriori commenti

sfruttare

per la mia

suquesta testimonianza infra Clitarco e Alessandria d’Egitto. 8 9 Su Celio cfr. AUSTIN (Ed.), App. I nota 82. Non mi sembra il caso di caricare narravit di 45, il quale conclude che C. doveva essere uncontemeccessiva ‚oralità‘, come fa GITTI 44– poraneo piùanziano di Celio. 24. Nonmi sembra invece si possa pensare, come suggerisce GOU10 Cfr. JACOBY, RE 623– 91, chevi sia inCicerone untratto ironico, legato al fatto cheC. avrebbe KOWSKY (Ed.), 190– nella suaopera mallocalizzato la battaglia diIsso. 11 At ille (scil. Atticus) ridens ‚tuo vero‘ inquit ‚arbitratu: quoniam quidem concessum est rhetoribus ementiri in historiis, ut aliquid dicere argutius, ut enim tu nunc de Coriolano, sic Clitarchus, sic Stratocles de Themistocle finxit, namquemThucydides, qui et Atheniensis erat et summo loco natus summusque vir et paulo aetate posterior, tantum mortuum scripsit et inAttica clamhumatum, addidit fuisse suspicionem veneno sibi conscivisse mortem: hunc isti aiunt, cum taurum immolavisset, excepisse sanguinem patera et eo poto mortuum concidisse. Hanc enimmortem rhetorice et tragice ornare potuerunt, illa mors vulgaris nullam praebebat materiem ad ornatum. 51. 87 e 150– 12 Circa questa espressione cfr. le osservazioni diNICOLAI 86– 13 Nonè chiaro il significato dell’accostamento di C. a Stratocle, uomo politico ateniese attivo alla fine del IV sec. (cfr. infra nota 17) maè il caso di rilevare che Cicerone, nominando per primo lo storico, lascia l’impressione che C. fosse come minimo contemporaneo di Stratocle. Anche se nonsi tratta diunindizio decisivo a favore diunacronologia alta, questo abbinamen-

16

Parte

I –La conoscenza di Clitarco

nella cultura antica

La critica ciceroniana appare forzata, perché la tradizione secondo cui Temistocle aveva bevuto sangue ditoro risaliva al V secolo (vi allude Aristoph. Eq. 83– 84) e nelIV erastata accolta anche daEforo14: la scelta operata daC. e daStratocle nonerainrealtà tanto squalificante e, soprattutto, essi nonfurono i creatori diquella versione. Ci si puòdomandare semmai perché a Cicerone venisse naturale di fare riferimento, per unanotizia su Temistocle, a dueautori che su Temistocle o sulla sua epoca non avevano scritto in modo specifico15. In ogni caso, circa i caratteri della suadipendenza si possono fare dueosservazioni: perquanto riguarda Stratocle, nonsi puòescludere che la mediazione fosse rappresentata daDemocare –una diCicerone16 –e cheegli ritenesse ovvio svilire l’attendibilità greche“ delle letture „ diunpersonaggio che Demostene bollava come inaffidabile cialtrone17; perquanto riguarda C. invece non sembra il caso di rinviare ad informatori diversi dal già menzionato Celio Rufo, che nonsoltanto diIsso avrà parlato allo scettico Cicerone per convincerlo dell’eccellenza del suo storico preferito18. È lecito sospettare che le perplessità e la critica di Cicerone nei confronti di C. siano in qualche modostrumentali, edegli stesso ce neoffre conferma in quello che si puòconsiderare il suo giudizio di sintesi sull’Alessandrografo, formulato in De legibus I. 7(= T13): Sisenna ...19 omnes adhuc nostros scriptores ...20 facile superavit. Is tarnen neque orator in numero vestro unquam est habitus et in historia puerile quiddam consectatur, ut unum Clitarchum neque praeterea quemquam de Graecis legisse videatur, eumtarnen velle dumtaxat imitari; quemsi adsequi posset, aliquantum ab optumo tarnen abesset. Il passo è oltremodo noto macredo non sia inutile sottolineare con unacerta insistenza che Cicerone stava passando in rassegna la produzione storiografica romana, con il pregiudizio dichiarato che abest ... historia litteris nostris (I. 5): a suo giudizio, anche il migliore degli storici romani, quel Sisenna che altrove viene definito doctus vir et studii optimis deditus (Brutus 228), peccava nella scelta del modello greco cui ispirarsi –C. –perché si era posto un termine di paragone to costituisce uncontraltare efficace a quello diC. –Timagene, così sottolineato daGITTI 48– 49, persostenere che C. eradipoco anteriore a Timagene. 03, e infra Il passato. 14 Sul rapporto fra C. e gli autori a luiprecedenti cfr. PRANDI 1992, 102– 15 Cfr. infra Plutarco per una situazione analoga e per osservazioni circa la tradizione su Temistocle.

16 L’illazione è miapersonale; perla conoscenza diDemocare daparte diCicerone cfr. Cic. Brut. 59. 83 (= 75T3). Sui rapporti ostili conStratocle cfr. MARASCO 1984, 47 e 53– 17 Dem. XXXVI (In Pant.) 48. Non trovo ragioni per considerare lo Stratocle di cui parla Demostene unapersona diversa dall’uomo politico, figlio di Eutidemo, che ebbe unruolo nel 21): a duedistinti individui pensa FIEHN col. processo arpalico (cfr. Dein. I (InDemosth.). 20– 271; li identifica invece DAVIES n° 12938. 18 Per unpossibile caso di spunto clitarcheo in Cicerone –quello della guarigione di Tolemeo indiani“ . ferito adHarmatelia –cfr. infra Alcuni episodi „ 19 eius amicus: Cicerone ha appena parlato di Macro; noncredo che sia mio compito valutare se quanto precede immediatamente il nome di Sisenna si riferisca a costui oppure a Macro. 20 nisi quiforte nondum ediderunt, de quibus existimare nonpossumus: allusione a Lucceio (cfr. adFam. V. 12).

Cap. 1 –Analisi degli autori che citano Clitarco

17

modesto e ben lontano dalla perfezione. Il presupposto e la conclusione della rassegna è che il mondo della cultura attendeva da Cicerone un’opera di storia veramente romana; e in quest’ottica qualsiasi concorrente, delpassato o delpresente, era candidato adunasvalutazione e adungiudizio negativo. Nelcaso diSisenna la svalutazione dello storico romano passa attraverso quella del suo modello greco: C. non riscuoteva evidentemente le simpatie di Cicerone, ma mi sembra innegabile che la ragione primaria per cui Cicerone formulava un giudizio negativo su C. è che, in tal modo, egli poteva formularne uno altrettanto negativo suSisenna. In ogni caso Cicerone lascia testimonianza di duepersone che nella suaepoca apprezzavano C.: Celio Rufo e Sisenna. E se il primo di costoro potrebbe costituire un caso di preferenza personale, e come tale isolata, al contrario il fatto che il secondo avesse eletto C. a suo modello privilegiato è un elemento di notevole rilievo. Sisenna infatti entrò autorevolmente con le sue Historiae nel dibattito sui criteri cui doveva ispirarsi la storiografia latina ed ebbe, in quanto scrittore, un ruolo percosì dire pubblico21: la suascelta di C. contribuì senza dubbio a veicolare lo storico di Alessandro negli ambienti culturali di Roma.

Diodoro Nella Bibliotheca compare unavolta sola il nome di C., e per di più nonnel libro 4, allorché Diodoro si sofferma a parlare XVII dedicato adAlessandro maa II. 7. 3– dell’opera di Semiramide e delle fortificazioni di Babilonia. ά λ ιεβ ε τ ερ οτεῖχ La regina π ο δ ςτ ίω α νἑξήκο τ ισ ῇπ λ ε ό ν τ α κ α κ ὶτρια ο σ ίω ν , γ ο ιςπ ρ υ κ μ η ύ η ν έν ά λ ο νπ ο σ ο ις μ σ ία ιΚ ῖςκ τ ,ὥ εγ η α ςφ ὶμ ςὁΚ δ ιειλ ν ίδ ιο ς ,ὡ ςδ ὲ ᾽Ἀ λ εξ ρ ο υδιαβάν ε νὕσ τ ο ῶ α ὶτ νμ ρ χ ο τ ερ τ Κ λ ά ν δ είτα ςκ ω νε ἰςτ σ ία ὴ νἈ ντιν ε ς κ ίω ο σ νἑξήκο ρ ν α τ , τρια α π ν ψ ίω α έν τ εστα δ ν . ἀ ν έγ Diodoro contrappone in modo assai schematico le misure delle mura date da 22; e questi ultimi vengono successivamente Ctesia e quelle date da C. e dai τινες ν ιο ιτ . Le differenze riguardano la lunghezza ω ῶ ν ννεω definiti per due volte ἔ τ έρ delcircuito, che è di 360 stadi in Ctesia e di365 pergli altri, e l’altezza delle murae delle torri, che era espressa in ‚tese‘daCtesia e in ‚cubiti‘dagli altri, senza che le cifre subissero però uncambiamento23. La chiave per comprendere la rettifica sembra risiedere nell’affermazione,

ῶ νἴσ ω ν attribuita da Diodoro a C. e ad alcuni Alessandrografi, che Semiramide τ ητ ὸ νἴσ θ ή μ ρ ὸ ιθ ντ ῶ νσ ο τ νἀ α δ ίω ιμ ν τ ο ιλ υ νἐφ ῶ τ ῶ ὸ νοὐ σ μ νε ερ ἰςτ νἐνια ὸ ἡ ι; il parallelismo tragiorni dell’annoe stadi delcircuito portava adun α θ ή σ σ α ὑ π ο σ τ totale di 360 secondo un computo schematico24, ma a 365 secondo il computo 46. 21 Per uninquadramento dello storico rimando alla RAWSON 1979, 327– 22 Circa il problema suscitato dalmodo diesprimersi diDiodoro, cioè se il passo implichi o meno l’idea che C. avesse partecipato alla strateia asiatica, cfr. infra La „datazione“degli antichi. 23 Mentre la sostituzione dei cubiti alle tese provoca, a parità di cifre, unariduzione dell’altezza delle mura, la correzione del 360 di Ctesia in 365 provoca un modesto allargamento del circuito.

24 360 era unacifra „forte“già all’interno della tradizione erodotea sulmondo persiano (I. 189. 3; 3; 92. 2; 94. 2) e perErodoto tale numero equivaleva a quello deigiorni diunanno (I. III. 90. 2–

18

Parte

I –La conoscenza di Clitarco

nella cultura antica

astronomico, evidentemente seguito daC.25. Qui importa soffermare l’attenzione sul quadro tracciato da Diodoro e sulla contrapposizione netta fra la „ vecchia guardia“ , rappresentata daCtesia, e la tradizione recenziore, rappresentata dagli Alessandrografi: essi, nondiversamente dagli scrittori di Persika della seconda generazione (Dinone, Eraclide), subivano la tentazione di cedere alla polemica con quel significativo predecessore26. Diodoro allude ripetutamente, in modo anonimo maassai chiaro, a τ ιν ε ςe ad ι fra gli Alessandrografi che seguirono la spedizione; e a costoro abbina il ιο ἔν nome del solo C., che attira in tal modo l’attenzione del lettore. Ma nonandrebbe dimenticato che Diodoro, nel passare in rassegna le misure, continua a fare riferimento daunlato soltanto a Ctesia e dall’altro adun’anonima pluralità di autori27. La struttura sintattica del brano diodoreo puòdare adito a duediverse conclusioni: che Diodoro trovasse in C. il rimando alle opinioni di alcuni Alessandrografi partecipanti alla spedizione, oppure che Diodoro reperisse l’abbinamento di C. ad altri Alessandrografi in unafonte, che rimane anonima, dalui utilizzata nel 1.II. In 3428consente di raccogliere molte obiezioni contro realtà unesame dei capitoli 1– l’esistenza di unafonte intermedia29, mentre nonne suscita alcuna contro la possibilità di una dipendenza diretta di Diodoro da Ctesia e da C. È quindi assai probabile che il posto di C. in questa pluralità fosse, come è stato suggerito30, quello del collettore dei dati, quello della fonte che forniva a Diodoro un bilancio già preconfezionato della posizione di alcuni Alessandrografi.

32. 2; III. 90. 3). Si tratta di unamaniera di contare, forse frutto di uncalcolo meccanico e 99, alle stilizzato (30 gg. x 12 mesi); cfr. le mieosservazioni preliminari inPRANDI 1992, 97– 53, che mostra come tale calcolo fosse usato anche nel quali va aggiunto ASHERI 1991, 49– mondo greco. vorrei aggiungere la constatazione che, per quanto in modi diversi, la tradizione ricollega il circuito delle muradiBabilonia alla durata dell’anno: C. e gli altri Alessandrografi citati da Diodoro attribuivano a Semiramide l’ambizione di eguagliare gli stadi ai giorni dell’anno, e Curzio a V. 1. 26 afferma che le mura, in tutto 365 stadi, vennero costruite in ragione di unostadio al giorno (cfr. infra La descrizione di Babilonia); maanche Ctesia, al quale Diodoro nonattribuisce nessun esplicito parallelismo, raccontava che Semiramide aveva appaltato adognuno degli amici i lavori diunostadio dimurae cheaveva imposto diterminarli 34). entro unanno (II. 7. 5, cfr. infra l’Appendice Riflessioni sulle fonti di Diodoro II. 1– Per la questione dell’harem diDario cfr. infra L’Amazzone e l’harem di Dario. 24, che horiutilizzato in PRANDI 1992, Cfr. in merito le osservazioni di MAZZARINO 18– 98 e 104, e infra Il passato. 97– Cfr. peresempio un’eccessiva restrizione al solo C. nell’esame delpasso fatto daREUSS 60–

Ad esse

25 26

27

61.

34. 28 Cfr. infra l’Appendice Riflessioni sulle fonti di Diodoro II. 1– 29 Credo che tali obiezioni siano molto forti e che non sia corretto pensare che Diodoro abbia citato Ctesia e C. di seconda mano. Ritengo tuttavia interessante il suggerimento delBADIAN 1965, 8, che Diodoro potrebbe aver messo in evidenza il nome diC. perché costui eral’unico autore a lui noto tra gli Alessandrografi che trovava ricordati nell’autore che stava seguendo: 4, Diodoro nonricorda come tale infatti, indipendentemente dalproblema della fonte diII. 7. 3– nessun Alessandrografo oltre C.; cfr. infra Giudizi su Clitarco e uso della sua opera. 30 Da JACOBY; cfr. anche PEARSON 229, e BIGWOOD 1978, 33.

Cap. 1–Analisi degli autori che citano Clitarco

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Quanto alla questione –peroraprimaria –dell’atteggiamento concui Diodoro εώ τ ερ ο ιsulle mura di Babilonia, credo che accoglie la testimonianza di C. e dei ν l’aggettivo più adeguato sia ‚asettico‘: Diodoro riporta le opinioni di tutti con assoluta e distaccata imparzialità, senza critica maanche senza partecipazione31.

Longino L’Autore delSublime –peril quale accolgo la datazione all’età augustea32 –ricorda C. in uncelebre passo, a 3,2 (T9), dove in maniera assai dura stigmatizza la vuota e roboante superficialità di certi luoghi dell’Alessandrografo. La polemica, viva nel trattato, contro i difetti dell’Asianesimo sostanzia e giustifica questa presa di

posizione contro lo storico ma, a ben considerare, la testimonianza del Sublime costituisce l’altra faccia della medaglia rispetto a quella di Filodemo: i connotati dell’oggetto giudicato sono i medesimi –unmodo di scrivere destinato a colpire il lettore –mentre cambiano i criteri del giudizio, più benevoli in Filodemo, più sprezzanti in Longino; e l’accostamento di C. adEgesia, che compare in entrambi gli autori, costituisce in tal senso unasorta di spia e di punto di riferimento anche

pernoi33. Demetrio

Il trattato De elocutione attribuito a Demetrio risale con molta probabilità, nella forma in cui lo leggiamo, al I secolo a. C.34e quindi adunmomento nonlontano da quello incui fucomposto il Sublime. Esso include unacritica categorica allo stile di C., anche se circoscritta ad un caso specifico, quello della descrizione dell’ape F14). selvatica (De elocut. 304 = T10– L’Autore stigmatizza C. come esempio di fallimento nella scelta dei termini, cosicché anche un oggetto attraente risulta presentato al lettore attraverso un’immagine sgraziata. Brevissima e, nell’intenzione, letterale è la citazione relatiή ν , εἰσ ρ ίπ ειν ὴ έ ν... τ ν ὀ ετ α ιμ τ α ν έμ ή δ ω ν , della quale C. diceva κα va alla τενθ ρ ῦ : delle duefrasi, la seconda mipare abbastanza concreta e α ς ιδ ςδρ τ α τ α ὲτ ὰ ςκοίλ priva di slancio fantastico manonparticolarmente criticabile nel senso indicato dal retore, mentre la prima senza dubbio pecca nell’uso di un verbo che risulta più congeniale aduomini o adanimali di grossa taglia, che aduninsetto35. NelDe elocutione si coglie traccia diunatteggiamento poco benevolo, fondamentalmente simile a quello dell’Autore del Sublime, nei confronti dei connotati stilistici e formali dell’opera di C.: essi erano quindi tali dasuscitare undibattito.

31 Cfr. infra Giudizi su Clitarco e usodella sua opera le ragioni percui Diodoro poteva essere incoraggiato, dalsuoambiente culturale, adutilizzare l’opera di C. 42 XXIV; XXXIV, e 140– 32 Rimando per ogni dimostrazione in merito a MAZZUCCHI XXII– peril commento al passo conla menzione diC. 33 Sugli aspetti „cronologici“di tale abbinamento cfr. infra La „datazione“degli antichi. 64. 34 Cfr. RHYS ROBERTS (Ed.), 4– 35 Dell’ape selvatica parla anche Diod. XVII. 75. 7: perunconfronto e uncommento . duepassi cfr. infra La fonte per la storia „ellenica“

puntuale

ai

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Parte

I –La conoscenza di Clitarco

nella cultura antica

Strabone

Strabone nomina 5 volte C. Duecitazioni sono totalmente neutre: la prima a V. 2. 6 (F28), dove il Geografo parla del fenomeno delle miniere dell’isola d’Elba che si rigenerano e ricorda, fra gli altri casi, le cave di Rodi e di Paro e τ ο ὺ ςἐ νἼν δ ο ιςἅ λ α ς ,ο η σ ὕ ιΚ ςφ λ είτ ρ α 36;la seconda, a XV. 1. 69 (F20), riguarda invece le pompai indiane con alberi χ ος educcelli, conserva il nome diduespecie, l’orione e il catreo, e si conclude conun τ ὴ ν ὴ rimando a C. – ν ρ φ δ εἰκ ία ὲλοιπ α γ ο ν ο ν ᾽ἐκείν π ρ α ο υ(scil. C.) ληπ –che τ έ ο ν ha fatto pensare ad una dipendenza diretta37. Questi due frammenti presentano un’affinità di argomento, perché riguardano ambedue la regione indiana, edhanno un destino analogo, perché vengono utilizzati da Strabone con fiducia, senza commenti. Diversa è la sorte delle rimanenti tre citazioni, che vengono accompagnate da ungiudizio negativo. A VII. 2. 1 (F26), nel celebre passo sui Cimbri e le maree, Strabone dapprima polemizza con Eforo, in modo pertinente sia percontesto (l’Europa settentrionale) siaperargomento (la prevedibilità delfenomeno delle maree nonle rende pericoloseperuninsediamento), poisi volge a polemizzare anche conC.: ο ὐ δ ὲΚ λ είτα ρ χ ο ς η σ ὶγ ρτ ὰ ο ὺ ςἱπ π έ α ο δ ο ντ ο ςἰδόν τ α νἔφ ὴ ςτ ῦπ ελ γ ο υ ά ιπ ε ὖφ ςἀφ π ά σ α θ σ α ικ α ὶ φ ε γ ύ ο ν ῆ τ ν α φ θ α γ η ι ὺ γ ς . γ ρ κ ι α ἐ Ma τ α ε λ questo in ς ν τ ο θ α ῦ ι π ε έ σ secondo caso la · critica coglie nel vuoto, perché il Geografo abbina C. adEforo senza segnalare che la situazione descritta daC. eracompletamente diversa e che costui alludeva –con tutta probabilità –alla paura dei cavalieri macedoni davanti alla prima marea oceanica della loro vita38. Il fatto che Strabone commenti in chiusura che ‚quelle opinioni vengono giustamente criticate daPosidonio‘offre piùcheunsuggerimento sulla possibilità che egli dipenda appunto da Posidonio, e che gli si debba imputare o unadipendenza affrettata e poco corretta oppure l’accettazione automatica di unmalfondato giudizio negativo39. ἱδ ᾽ἐπ ὶτοσοῦ A XI. 1. 5 (F13) Strabone si mostra assai scettico riguardo a ο ν τ ο ᾽ὅ σ ο νΚ ρ λ χ είτ ο α , ς ν(quello fra Eusino e Caspio), ἐφ ό μ γ ό ν τ ε γ α νἰσθ ςτ ὸ σ υ ν α ή σ α ς„ ἐ )“φ ξἑκα τ ο γ έρ υτ ο υ : all’interno μ ό ν “ ο ῦπ ελ ά ς ὸ νἰσθ ν(scil. τ τ υ ο λ σ ίκ „ ἐπ diquesti nonmeglio identificati autori checonsiderano ridotta lalarghezza dell’istmo,

19e 202, la notizia sulle miniere dell’Elba risaliva a Timeo, 36 Secondo il LASSERRE 1967, 18– mentre i paralleli con l’analogo fenomeno in altre miniere vanno attribuiti a Posidonio, fonte intermedia del Geografo. Se così fosse, questo sarebbe l’unico caso di notizia „indiana“ proveniente da C. che giunge a Strabone mediata anche se non appartiene a un contesto polemico. Poiché l’uso diretto di C. da parte di Posidonio e, per quanto riguarda la sezione sull’India, anche daparte di Strabone è dimostrabile indipendentemente dalF28 (cfr. infra nel testo e Giudizi su Clitarco e uso della sua opera), ritengo che postulare unamediazione di

37 38 39

Posidonio nonabbia ripercussioni rilevanti sulla miaricerca. Personalmente tuttavia considero tale mediazione non solidamente dimostrata, come lo è ad esempio per i F13 e 26, pure conservati daStrabone. Cfr. LASSERRE 1975, 10.Il F20 presenta comunanza di argomento coni F21 e 22 conservati daEliano, cfr. infra Eliano. Cfr. JACOBY; LASSERRE 1975, 10; infra La tradizione contemporanea. Cfr. LASSERRE 1975, 10. Su questo frammento cfr. anche infra Plinio.

Cap. 1–Analisi degli autori che citano Clitarco

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la posizione diC. viene segnalata perché costituiva l’estremo della tendenza riduttiva; adessa Strabone contrappone poirisolutamente la misura di 1500 stadi indicata da Posidonio. Come nel caso del F26, appare molto probabile che il Geografo sia debitore di unapolemica posidoniana, questa volta recepita però in modo organico e sostanzialmente corretto40. A XI. 5. 4 (F16), il Geografo sta parlando delle Amazzoni e della visita della loro regina ad Alessandro, e afferma che la prova migliore dell’inattendibilità di tutto l’episodio e dell’inaffidabilità degli storici che neparlano stanel fatto che essi non sono nemmeno univoci. L’unico esempio addotto di patente errore riguarda appunto C., secondo il quale la regina era partita dalle Porte Caspie e dal Termodonte41: dueluoghi –puntualizza Strabone –distanti piùdi 600 miglia42. Va ricordato che il contesto più generale delle affermazioni di Strabone è la descrizione della regione caucasica e le contestazioni mosse all’attendibilità degli storici di Alessandro perle notizie geografiche43 e che, in particolare, tali contestazioni risalivano adEratostene44. I F26, 13e 16appena considerati costituiscono altrettanti riferimenti „ innegatinell’opera di Strabone, sono esempi di opinioni noncondivisibili; maciò che vo“ veramente li accomuna, sulpiano della tradizione, è il fatto che il Geografo sembra aver recepito le affermazioni di C. attraverso la lettura di rassegne polemiche già confezionate, in particolare quella sugli effetti delle maree attribuibile a Posidonio e quella sulla configurazione della regione caucasica attribuibile adEratostene (che implicava le opinioni sull’istmo fra Eusino e Caspio e sulla terra delle Amazzoni). In sostanza queste tre citazioni non testimoniano un interesse personale di Strabone nei confronti di C. e nonsono il frutto di unascelta autonoma; esse vanno semmai considerate in relazione ai due autori che sono stati fonte intermedia45. L’atteggiamento difiduciosa accettazione deigiudizi critici formulati daEratostene e da Posidonio suggerisce che Strabone non avesse comunque maturato simpatie nei confronti di C.; il fatto che, come s’è visto, i F28 e 20 vengono invece utilizzati senza critiche non va forse disgiunto dal loro contenuto, la campagna indiana di Alessandro46.

40 Cfr. LASSERRE 1975, 10. 41 Sull’episodio cfr. infra L’Amazzone e l’harem di Dario. 42 Circa l’atteggiamento di C. rispetto alla tradizione a lui precedente sulle Amazzoni cfr. 21, ha 92. Circa il problema della distanza, PEARSON 214 e nota 14; 220– PRANDI 1992, 91– giàrilevato che nella prospettiva diC., il quale considerava minima la larghezza dell’istmo fra Eusino e Caspio, tale distanza doveva risultare beninferiore alle 600 miglia. 43 Per un tentativo di visualizzare il quadro geografico di riferimento elaborato da C. cfr. 59. Perconsiderazioni appropriate cfr. infra Gli anni della spediGOUKOWSKY 1978, 155– zione.

44 Le critiche alla geografia degli Alessandrografi vengono esplicitamente attribuite adEratostene 4): misembra quindi chenonsi possa parlare consicurezza diunsilenzio di daArriano (V. 3. 1– Eratostene su C. e attribuire a quest’ultimo unadata tarda, come prospettavano REUSS 76; TARN 44; GITTI 47. 45 Cfr. considerazioni infra in Giudizi su Clitarco e usodella sua opera: credo di aver dimostrato –sulla base di prove oggettive –la fondatezza dell’apodittico giudizio del TARN 274, che Strabone pratically never use him(scil. C.).

. 46 Perogni riflessione in merito cfr. infra La fortuna delle notizie „indiane“

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I –La conoscenza diClitarco

nella cultura antica

E va anche notato che, là dove il Geografo esprime riserve sulla testimonianza di C., noi siamo in grado di risalire alle sue fonti intermedie; là dove invece il Geografo la accetta senza critiche, fatichiamo adindividuare untramite. Mac’è di più: l’unica notizia clitarchea di ambito indiano che Strabone desume sicuramente da Posidonio, quella sulle maree oceaniche, è anche l’unica che egli presenta in modo polemico47.

La freddezza di Strabone nei confronti di C. haunpeso rilevante perché è, per così dire, la freddezza di unesperto: nei Geographika abbondano le notizie sulla spedizione di Alessandro edegli stesso afferma a II.1.19 di aver trattato le gesta di Alessandro nella sua opera storica48. Come ho già avuto modo di constatare,

Strabone ha ampiamente utilizzato Callistene fra gli storici di Alessandro ed è tramite pernoi di circa 2/3 dei suoi frammenti, professando qualche riserva manel complesso manifestando favore49. Ora, proprio il confronto trail molto di Callistenee il pochissimo diC. checi conserva Strabone nei Geographika rivela i criteri di scelta di quest’ultimo anche nei perduti Historika Hypomnemata. Circa i motivi di tale preferenza, si puòsuggerire cheanche Callistene godeva diunacerta popolarità negli ambienti culturali diRoma50 e cheaveva, rispetto a C., il pregio diessere stato testimone oculare della spedizione51. Va anche rilevato che il carattere incompiuto dello scritto di Callistene potrebbe giustificare il ricorso, peraltro modesto e non esclusivo52, di Strabone a C. per qualche notizia relativa alla fase indiana della spedizione di Alessandro.

Curzio Rufo

Curzio53 rimanda in modo esplicito a C. soltanto 2 volte nella sua opera, in due passi dello stesso libro relativi adepisodi avvenuti in India. A IX. 5. 21 narra dell’assalto alla città dei Sudraci, dove Alessandro perla sua irruenza corse seriamente pericolo dimorire e fusalvato solo dalcoraggio dialcuni compagni. Circa la partecipazione di Tolemeo all’episodio Curzio afferma (IX. 5.

F24): 21 = T8–

Ptolemaeum, quipostea regnavit, huic pugnae adfuisse auctor est Clitarchus Timagenes. Sed ipse scilicet gloriae suae non refragatus afuisse se missum

et in

47 Cfr. supra nota 36 per le osservazioni che si possono fare sulF28 riguardante le saline. 60: l’opera era forse unadoppia con48 Sull’opera storica di Strabone cfr. PRANDI 1988, 50– tinuatio, di Eforo fino al 264 (inizio delle Storie di Polibio) e di Polibio fino ad Augusto. 08, che Strabone nonordina cronologicamente L’osservazione di STRASBURGER 1952, 205– la materia deiGeographika e che nonpuòaver seguito come fonte-base unAlessandrografo, è valida maquanto horicordato ororamostra chegli Alessandrografi erano comunque bennoti a Strabone (cfr. anche infra l’Appendice Il F19 sulla cattura delle scimmie, nota 121). 06; 137; 140. 76; 105– 49 Sul rapporto Strabone/Callistene cfr. PRANDI 1985, 75– 50 Cfr. Cic. AdQ.fr. II. 12. 4; Adfam. V. 12. 2; Diod. IV. 1. 2. 51 Sull’assenza di C. dalla strateia asiatica cfr. infra La „datazione“degli antichi. 52 Strabone è tramite diuncospicuo numero diframmenti diOnesicrito e diAristobulo, maggiore di quelli di C. e di maggior estensione, e di uncerto numero di frammenti di Nearco: sarebbe auspicabile unaverifica dell’ipotesi di lavoro che egli attingesse direttamente a questi autori. . Cfr. anche infra La fortuna delle notizie „indiane“ 53 Per la collocazione cronologica rimando a BARZANÒ 1984, e 1985, 72–100, del quale accolgo la difesa della datazione all’etàvespasianea.

Cap. 1–Analisi degli autori che citano Clitarco

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expeditionem memoriae tradidit. Tanta componentium vetusta rerum monimenta vel securitas vel, par huic vitium, credulitas fuit. Lo storico romano contrappone la testimonianza di C. e di Timagene, menzionati e posti sul medesimo piano, a quella dello stesso Tolemeo, che risulta più attendibile proprio perché egli di fatto escludeva diessere fra i salvatori di Alessandro; C. e Timagene peccano invece di securitas e di credulitas, cioè di scarsa attenzione nel vaglio delle informazioni o di eccessiva fiducia nelle fonti54. Il riferimento a C. è ovviamente critico, anche se Curzio si sofferma solo brevemente sulla questione e lo fa conpenna leggera, astenendosi dalformulare un giudizio globale sull’opera dell’Alessandrografo: un confronto tra l’accenno di Curzio e la polemica costruita daArriano sul medesimo soggetto risulta illuminante55. Comunque il vero problema della citazione è per noi rappresentato dal fatto che C. è accostato a Timagene. In teoria si danno due possibilità –che Curzio dipenda da C. e da Timagene, oppure chedipenda daC. tramite Timagene56. Gli atteggiamenti metodologicamente scorretti che, secondo Curzio, stanno alla base dell’errore sulla presenza di Tolemeo all’assedio sono due, la securitas e la credulitas, come due sono gli autori citati, C. e Timagene. Nonmisembra impossibile che lo storico latino abbia voluto differenziare le responsabilità dei suoi predecessori, attribuendo al primo una insufficiente selezione delle notizie (securitas) e al secondo un’acritica accettazione delle fonti (credulitas); e poiché Timagene, a differenza di C.57, poteva dipendere soltanto da fonti scritte, la credulitas che gli viene rimproverata aveva come oggetto un’opera, che poteva essere appunto storiografica, come quella di C.58. A questa prima citazione critica si contrappone unamenzione invece del tutto neutra di C. che viene ricordato da Curzio a IX. 8. 15 (F25) come auctor della notizia che nelregno diSambo vennero uccisi 80. 000 Indiani e che molti prigioneri vennero venduti schiavi.

54 In questo passo Curzio pone a confronto il genere degli Hypomnemata con le vere e proprie opere di storia, il resoconto del testimone oculare (come Tolemeo) con la narrazione di chi scriveva sulla scorta di altri (come C. e Timagene). Lo storico romano entra in unapolemica storiografica e, per questa ragione, l’usodell’aggettivo vetusta nonriflette unarigorosa collo-

55

56 57 58

49, che ne trae la convinzione che C. fosse, non cazione cronologica (come vorrebbe GITTI 48– diversamente da Timagene, unautore vissuto in un’epoca lontana dagli anni della spedizione asiatica; cfr. anche supra Cicerone) marende l’idea della ‚distanza‘inevitabile fra l’opera del raccoglitore di notizie e le vicende che necostituiscono l’oggetto. Per il confronto con Arriano e l’analisi delle altre questioni suscitate dalla citazione di Curzio rimando infra all’Appendice Il F24 e l’epiteto Soter e a I legomena di Arriano. Per il formulario topico della doppia citazione cfr. infra Giudizi su Clitarco e usodella sua opera. Il confronto fra C. e Tolemeo è attribuito a Timagene anche daLEVI 174. Sulla conoscenza di Timagene daparte di Curzio cfr. infra Una dipendenza mista? datazione“degli antichi. Osservazioni organiche sulla data di C. infra La „ Sulla securitas e la credulitas cfr. in tal senso anche ERRINGTON 1984, 781, ma noncredo che da queste riflessioni si ricavi con sicurezza l’anteriorità dell’opera di C. rispetto agli Hypomnemata di Tolemeo; cfr. infra Il rapporto con Tolemeo. La constatazione che Timageneeraunlettore diC. does nottake usveryfar, secondo lo ERRINGTON 1976, 174: cfr. infra Giudizi su Clitarco e usodella sua opera le ragioni percui ritengo che si possa essere meno pessimisti.

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I –La conoscenza diClitarco

nella cultura antica

Mi sembra opportuno segnalare chela tradizione manoscritta diCurzio conserva la cifra di DCCC, mentre LXXX è correzione moderna originata dal confronto con Diodoro (XVII. 102. 6), il quale riporta l’indicazione numerica ὀ κ τ ὼμυριά α δ ςnel contesto di una notizia simile a quella data dallo storico romano. L’emendazione puòessere legittima manonaltrettanto direi della deduzione chein base ad essa –o, forse, senza tenerla nel dovuto conto –si formula, cioè che ‚evidentemente‘ Diodoro e Curzio dipendono ambedue da C.59: non dovrebbe essere necessario ripetere che una rettifica moderna non offre basi ad ulteriori ipotesi.

Il caso di Curzio è, nondiversamente daquello di Diodoro, inscindibile daun discorso più generale sulle fonti delle Historiae e sull’eventuale presenza di C., all’interno del quale le citazioni potranno trovare unaproposta di giustificazione60. Appendice

Il F24 e l’epiteto Soter

La questione piùrilevante chei moderni connettono conil F24 è quella dell’origine dell’epiteto Soter e, per quel che riguarda la mia ricerca, quella della eventuale paternità clitarchea di tale tradizione. Vorrei preliminarmente osservare chedalla citazione diCurzio e, piùin generale, dal suo racconto dell’episodio non emergono indicazioni sul fatto che C. o Timagene, oltre a segnalare la presenza diTolemeo all’assedio della città deiMalli, gli attribuissero unruolo decisivo nel salvataggio diAlessandro61; ciò che si ricava concertezza è che l’interessato, di fatto, lasciava nelle suememorie unracconto in base al quale era escluso che potesse aver avuto unaparte qualsiasi nella vicenda dell’assedio (138F26). Come è noto, l’origine dell’epiteto viene affrontata nelmodopiùclamoroso da Arriano (VI. 11. 3 e 8): lo storico precisa conpuntiglio, contro la communis opinio, che l’assedio andava situato presso i Malli e non presso gli Oxydraci62, narra in breve l’intera vicenda e si impegna inunavivace polemica a proposito diquello che definisce il più grave errore commesso dagli storici di Alessandro, cioè l’aver scritto che Tolemeo si eratrovato insieme a Peucesta a difendere Alessandro e che

36 con nota 53. 59 Cfr. peres. PEARSON 224; BORZA 35– 60 Cfr. infra Una dipendenza mista? 61 Come invece afferma PEARSON 214, sulla scorta di Arriano, purcorreggendo conunpossi52; FRASER II, 718 bly. Altri moderni sono ancor meno cauti: cfr. HAMILTON 1961, 451– 25, ammette cheCurzio nonoffre elementi decisivi per nota4; JACOBY 494 e 506, e RE, 624– affermarlo ma considera assai probabile un’invenzione simile da parte di C. Diversamente MEISSNER 433 nota 185, ammette che nonè provato che già C. attestasse la tradizione di Tolemeo ‚salvatore‘di Alessandro; in tal senso anche BOSWORTH 1988, 81. 62 Sui problemi suscitati da questa parte della campagna indiana cfr. HAMILTON 1969, 176; 65 (ma cfr. anche infra Alcuni episodi 56; SEIBERT 1985, 162– GOUKOWSKY (Ed.), 255– „indiani“ ). Conservo nel testo i nomi dei popoli così come vengono indicati dalle fonti; sulle differenze cfr. infra nota 78.

Cap. 1 –Analisi degli autori che citano Clitarco

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per questo aveva ricevuto il soprannome di Soter; a questa versione dei fatti egli contrappone –nondiversamente daCurzio –la testimonianza dello stesso Tolemeo che narrava invece di essere stato impegnato in altra missione. Va rilevato a questo punto63 che né Curzio nè Arriano inducono a concludere che Tolemeo negasse in modo formale la suapartecipazione all’assedio: dalle due citazioni si ricava piuttosto che egli dava unaricostruzione deipropri movimenti in base alla quale eraesclusa la suapresenza nella città. Almeno duepossono essere le ragioni perle quali Tolemeo nonentrava inpolemica conunracconto così alternativo a quello che egli aveva nella memoria: unaragione di stile, unaallure percosì dire tucididea che lo portava a contrapporre, senza immiserirsi a discutere; oppure unaragione di cronologia, cioè che quando egli scriveva i suoi Hypomnemata non era ancora nata unaversione alternativa alla sua64.

Se indaghiamo

allora

a fondo

sull’origine dell’epiteto Soter

ci imbattiamo in

unaduplice testimonianza di Pausania, proveniente dal logos „tolemaico“inserito 7, dove nella descrizione di Atene65. Il logos si presenta diviso in duesezioni: I. 6– 3, dove riprende la successioPausania tratta le vicende diTolemeo I e II; e I. 9. 1– ne, lasciando però un’ampia lacuna, daTolemeo IX Soter II. Esso è dichiaratamente suscitato (I. 5. 5 e 8. 1) daunarassegna delle statue innalzate adAtene in onore degli eponimi delle 10 tribù e, inparticolare, dalla constatazione che in etàellenistica si erano aggiunte la tribù Tolemaide e l’A ttalide. Proprio all’inizio dellogos (I. 6. 1), Pausania ricorda che i Macedoni ritenevano cheTolemeo diLago fosse inrealtà figlio diFilippo e chenelpaese degli Oxydraci μ ῦ ν α ι) Alessandro: anche se nel si fosse adoperato più di tutti per difendere (ἀ contesto nonviene usato innessuna forma il termine ‚salvatore‘, resta l’impressione che Pausania trovasse nella sua fonte un collegamento fra il generoso atto di Tolemeo e il soprannome di quest’ultimo; e che dipendesse quindi daunodiquegli autori criticati daArriano. Diversamente, a I. 8. 6, –in una spezzatura del logos stesso dedicata ad un brevissimo inserto suAttalo e adunaripresa della descrizione di Atene –Pausania menziona le statue dei Tolemei davanti all’Odeion, ricorda che ognuno di essi ρ ρ α α π δ α ῆ ό ν Σ ω τ γ ο υ ά ὲΛ δ ν ὸ α λ σ ι... τ ῦ ο aveva unsoprannome diverso e precisa κ ; egli stesso poco prima, all’interno della prima parte del μ α τ ω νῬ ο δ ίω ντ ὸὄνο logos, aveva in effetti parlato delconflitto fra i Rodi e Demetrio Poliorcete edaveva segnalato (I. 6. 6) l’appoggio dato ai primi daTolemeo. Unresoconto piudettagliato delle benemerenze di Tolemeo nei confronti dei Rodi (aiuti alimentari e consigli politici) è offerto da Diodoro (XX. 100), che conclude il suo lungo racconto segnalando l’iniziativa degli isolani di mandare a consultare Ammone circa gli onori divini datributare a Tolemeo; l’oracolo aveva dato risposta positiva e i Rodî avevano dedicato al re un recinto sacro con un porticato, che chiamavano Ptolemaion. Neppure Diodoro parla esplicitamente 28; SCHACHERMEYR 1970, 216; BOS63 Cfr. STRASBURGER 1934, 50 e 55; TARN 26– WORTH 1988, 80. 64 Cfr. anche infra Gli anni della spedizione. 69. 65 Sul logos tolemaico cfr. BEARZOT 1992, 265–

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I –La conoscenza diClitarco

nella cultura antica

dell’epiteto Soter, anche se la sua narrazione indirizza il lettore a considerare Tolemeo né piùnémeno che un‚salvatore‘peri Rodi. È in effetti assai probabile che nell’assistenza prestata ai Rodii nel 304 sia da individuare l’episodio storico66 chevalse a Tolemeo l’epiteto diSoter. Unepisodio, si puòrilevare fin d’ora, che ebbe uncerto rilievo per i contemporanei e che avrà mantenuto la sua importanza nella memoria quantomeno finché Rodi giocò un ruolo nelle vicende delMediterraneo. Tuttavia, il fatto che in Egitto le attestazioni ufficiali a noi note dell’epiteto Soter riportino al periodo successivo alla morte di Tolemeo I induce a credere che nonil fondatore della dinastia lagide mapiuttosto suo figlio, il Filadelfo, si fosse preoccupato di accreditare il termine e di dargli una sorta di sanzione anche burocratica67. Del resto, anche anche la stessa tradizione storiografica, nel complesso poco esplicita sull’argomento, suggerisce che Tolemeo I non attribuisse un’importanza particolare al soprannome Soter nella costruzione della propria immagine dimonarca. E puòessere sintomatico che, all’incirca nella stessa epoca, da unlato Pausania quasi non si renda conto di offrire a pochi capitoli di distanza due spiegazioni dell’epiteto inconciliabili fra loro, e dall’altro Arriano stigmatizzi l’e rrore di quanti collegavano Soter alla difesa di Alessandro ma non dica la reale origine del soprannome. Là dove la propaganda personale di Tolemeo I aveva probabilmente omesso di dare indicazioni, non era rimasto che inventare: e l’invenzione, non trovando evidentemente altro a cui appigliarsi, contraddiceva il dato stesso degli Hypomnemata del re. Nonpiùevitabile diviene a questo punto il problema di identificare la fonte di Pausania I. 6. 268e gli anonimi autori tanto biasimati da Arriano. Ora, Pausania a I.

6. 1 afferma: Le vicende di Attalo e di Tolemeo (cioè dei due eponimi delle nuove tribù „ ateniesi) sono di età più antica (rispetto a quella di Adriano, più recente „ titolare“ γ εν μ della tribù Adrianeide), sì che nonsussiste piùla loro fama e ο εν ἱσ ό γ ο υ ιτ ο ῖς β α σ ιλ εῦ σ ινἐπ ῇτ η φ ῶ γ σ ή νἔρ ω α θ νκ α ν ρ ὶσυγγρα ὶπ : per queste ελ ό τ ο ερ νἔτ ιἠμ ragioni miè venuto in mente di narrare anche le imprese cheessi compirono e come fosse caduto nelle mani dei loro padri, rispettivamente il governo dell’Egitto e quello dei Misii e dei popoli vicini.“ 66 Cfr. HABICHT 19702, 109; HAUBEN, 316 e 334; BERTHOLD, 77. Recentemente lo HAZ56, ha messo in luce la scarsa precisione delle notizie contenute nel logos tolemaico ZARD 52– di Pausania e, fondandosi sull’assenza di altre testimonianze sulla connessione fra l’epiteto Soter e l’affare di Rodi, revoca in dubbio la sua attendibilità (senza però offrire una giustificazione delperché Tolemeo I, seppur solopost mortem, fudefinito proprio Soter). Tuttavia non bisogna trascurare che Pausania riporta, in passi diversi, due spiegazioni dell’epiteto: se una viene destituita di fondamento da Tolemeo stesso nei suoi Hypomnemata, nonconsegue che anche l’altra, difficilmente proveniente dalla stessa fonte, debba essere considerata falsa. In modo opportuno lo ELLIS 1994, 49 osserva che nonesiste al di fuori dell’episodio di Rodi un altro contesto convincente percollocarvi la nascita dell’epiteto di Tolemeo I. 23. 67 Cfr. VOLKMANN, col. 1622– 53, (alla quale rimando per la bibliografia 73 e 1992a, 39–43 e 50– 68 Cfr. BEARZOT 1992, 265– precedente), che è propensa ad individuare in C. la fonte del logos tolemaico di Pausania (per Tolemeo I e II) e diCurzio; analoga opinione espressa inbreve daCASEVITZ (Ed.), 160.

Cap. 1 –Analisi degli autori che citano Clitarco

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In questo passo Pausania abbina, sia all’inizio sia alla fine, i regni attalide e tolemaico cosicché l’accenno agli ‚storici di corte ormai dimenticati’nonsi può, a me sembra, riferire solo all’uno e non all’altro; per di più il Periegeta afferma chiaramente che le opere di costoro sono cadute nell’oblio ma non altrettanto chiaramente dice che egli vi abbia attinto; infine, manonmeno importante, Pausania afferma a I. 9. 4 di nonvoler parlare delle vicende di Alessandro e di Filippo, perché giàmolto trattate, e questo proposito rende poco probabile che avesse perle mani un Alessandrografo69. Il suo intento è piuttosto quello di offrire qualche notizia indispensabile sulla genesi e sulla fine dei regni ellenistici: va infatti ricordato che il logos tolemaico tratta pure del Filadelfo, nonché dei Tolemei piùtardi, dal IX in poi.

S’impone allora la necessità di postulare una fonte che potesse ragguagliare Pausania in modo soddisfacente sull’insieme della dinastia dei Lagidi, e a me sembra che una buona ipotesi70 –a torto respinta con sdegno71 –sia quella che conduce a Timagene: il suonome viene fatto, come si è visto, daCurzio proprio in collegamento con C. perunanotizia, quella della presenza di Tolemeo all’assedio, che si ritrova appunto in Pausania e che è in sostanza la stessa con la quale polemizza Arriano; edesistono argomenti infavore dell’eventualità chequest’ultimo potesse aver di mira unautore come Timagene72. C’è inoltre unariflessione che mipare nonsia stata ancora proposta al dibattito e che forse è dirimente: in questa vicenda del salvataggio di Alessandro, paradossalmente, non è tanto Alessandro ad essere il centro dell’attenzione –egli viene comunque salvato damorte –quanto i suoi salvatori, ognuno deiquali poté cercare di sfruttare nel tempo tale benemerenza. È significativo inquesto senso che Arriano segnali (VI. 11.7) che la tradizione eraunanime soltanto sulla presenza di Peucesta e che circa gli altri nomi vi era disaccordo73. Ed è ancora più significativo che la

69 A C. continua invece a pensare HAMILTON 1977, 144. 38. 70 Cfr. KAERST 635– IX; HAMMOND 1983, 165. Generi71 Cfr. peres. JACOBY 221; GOUKOWSKY (Ed.), XVIII– camente scettico sull’usodi Timagene daparte di Pausania anche MUSTI XXIX. 72 Cfr. infra I legomena di Arriano perl’idea che essi risalgano adunostadio cronologicamente recenziore della tradizione su Alessandro. Per questo episodio cfr. comunque BOSWORTH 1988, 81. 73 Un disaccordo più che comprensibile a posteriori, cfr. BOSWORTH 1988a, 136. Può essere interessante notare che Plutarco, il quale si sofferma sull’episodio dell’assalto alla città dei Malli sia nella Vita Alex. 63 sia nel De Alex. fort. au virt. 327b; 343e; 344d, segnali come salvatori di Alessandro in unpasso Linneo e Peucesta, nell’altro Tolemeo e Linneo, nell’altro ancora Linneo, Tolemeo e Leonnato. Se Plutarco ha trovato il nome di Tolemeo in uno di quegli autori che, secondo Arriano, collegavano all’episodio dei Malli l’epiteto Soter, ha utilizzato soltanto la prima parte della tradizione, senza dare peso e spazio alla seconda. Si potrebbe anche pensare che egli dipenda da un autore che narrava appunto il fatto senza connessioni con l’epiteto –come io penso facesse C. –anche se l’interesse di Plutarco per l’A lessandrografo è risultato assai scarso dopo la nostra analisi. Mabisogna rilevare che nella Vita la figura assolutamente centrale era quella di Alessandro, rispetto al quale l’identità dei salvatori diveniva del tutto ininfluente; e che nell’operetta morale sarebbe stato un errore di composizione fuorviare il lettore dal tema principale, attirando la sua attenzione sull’origine dell’epiteto di Tolemeo di Lago. Con queste premesse, sarei incline ad accettare la prima

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I –La conoscenza di Clitarco

nella cultura antica

diArriano si levi a proposito diTolemeo, cheeraunasuafonte privilegiata e che, a differenza dialtri partecipanti alla spedizione, aveva lasciato degli Hypom-

protesta

nemata; del resto anche Curzio sollevava eccezione sullo stesso fatto proprio perché esisteva unresoconto scritto daTolemeo. L’attribuzione al futuro re d’Egitto del ruolo di‚salvatore‘ di Alessandro toccava insomma piùTolemeo chenonil re macedone e riconduce adunautore più interessato ai Tolemei che non ad Alessandro: quale precisamente poteva essere Timagene nel suo Peri basileon74. Dal punto di vista teorico anche C. poteva manifestare nella suaopera, accanto all’ovvia attenzione perAlessandro, uninteresse particolare perTolemeo manonabbiamo prove che le Storie diAlessandro trattassero in realtà anche del ‚dopo Alessandro‘75. Se l’attività di C. si colloca in unmomento prossimo alla morte di Alessandro, c’è la concreta possibilità che egli abbia scritto addirittura prima dell’assedio di Rodi, quando nonesisteva ancora l’idea di untale epiteto riferito a Tolemeo. Ma, bassa“perC., lo storico avrebbe comunque anche se si accetta l’idea di unadata „ lavorato in un’epoca in cui l’assedio di Rodi, l’aiuto prestato da Tolemeo e la concessione del culto, erano cosa troppo nota perché si potesse accreditare una diversa origine dell’epiteto. Inoltre non si deve trascurare il fatto76 che l’uso di questo epiteto nonsembra affatto normale finché erainvita Tolemeo stesso, mentre all’epoca in cui visse Timagene era normale riferirsi a Tolemeo di Lago come al Soter; e che resta dadimostrare che il Filadelfo, rendendolo ufficiale, lo collegasse adAlessandro piuttosto che ai Rodi, tanto piùche anche Berenice, di nulla meritevole nei confronti di Alessandro, compare a fianco del consorte nell’indicazione 77. ρ ες τῆ ω ίΣ ο ε della coppia come θ In conclusione non mi sembra improbabile che Timagene, trovando in C. il racconto dell’assedio alla città dei Sudraci78, abbia automaticamente collegato la

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possibilità, cioè che Plutarco utilizzasse uno degli autori criticati da Arriano senza però riportarne perintero la testimonianza; e a noncredere neppure inquesto caso adunadipendenza del biografo daC. (cfr. anche infra Plutarco). Si presentano con caratteristiche simili a quelle appena considerate anche la tradizione sul salvataggio diTolemeo adHarmatelia, inparticolare peril temadella discendenza daFilippo, . E la tradizione che potrebbe derivare da Timagene; cfr. infra Alcuni episodi „indiani“ sull’accostamento fra Alessandro e Dioniso, che non appare sviluppata prima dell’età del Filadelfo; cfr. infra La „ cifra“di Clitarco. E tanto menodelFiladelfo, comefa appunto lafonte dellogos tolemaico diPausania; cfr. anche supra note 66 e 68. Propenso a credere cheC. parlasse anche deldopo Alessandro è BADIAN 1976, 35; la HORNBLOWER 93, ritiene che giungesse alla sepoltura. 35 nota 6. In questo è in errore, a mio avviso, Esplicito un’allusione di BRUNT (Ed. a), 134– JACOBY RE, 625, nell’affermare chenonè importante, perdefinire la posizione diC., seguire la storia reale dell’epiteto Soter. 38. Perunavalutazione, deltutto indipendente Fatto sottolineato dalVOLKMANN col. 1637– costruttore“dell’immagine dall’argomento della mia ricerca, del ruolo di Tolemeo II come „ 101. divinizzata del padre cfr. GRZYBEK 69– Il fatto cheCur.IX. 4. 26 parli diSudraci, e nondiMalli, fapensare chetrovasse quell’etnico in Timagene; ed appare probabile che di costoro, e non di Malli, parlasse anche la fonte di quest’ultimo, C. Circa la presenza dell’etnico Sudraci anche in Diodoro, che per questo episodio non dipende da C., cfr. infra Diodoro XVII. Considerando che la tradizione ma-

Cap. 1 –Analisi degli autori che citano Clitarco

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di Tolemeo e il suoruolo di ‚difensore‘di Alessandro con il soprannome di Soter, divenuto ormai canonico peril primo dei Lagidi79.

presenza

Plinio

Ben 5 citazioni di C. risalgono alla Naturalis Historia di Plinio, un’opera nella quale, per la suastessa natura enciclopedica, la quantità e la varietà dei riferimenti fa aggio sulla necessità di discutere le varie notizie. Tale mia affermazione può parere ovvia, ma si tratta di un presupposto importante per valutare in modo equilibrato tanto la presenza diunnumero dicitazioni così elevato –il piùalto in un singolo autore, se si tien conto anche di unasesta citazione di C. che noncontiene notizie desunte dall’opera maungiudizio sull’autore –quanto l’assenza di critiche alle notizie stesse. Diesse dueriguardano la regione indiana: a VII. 28– 30 (F23 e 27), nelcontesto di informazioni sul modo di vita delle popolazioni indiane, Plinio ricorda che C. chiamava Mandi i longevi dell’India, e che gli Indi della costa si nutrivano solo di pesce, con il quale facevano anche una sorta di pane. E una, la zona del golfo Persico: a VI. 198 (F29) Plinio rimanda a C. per le precisazioni su dueisole, una così ricca d’oro e povera di cavalli che un singolo animale veniva valutato un talento, l’altra abbellita daunaselva di alberi resinosi e profumati.

Per ora mi limito a constatare80 che questi frammenti si trovano in rassegne molto composite di autori, dei quali nonviene in nessun caso messa in discussione la testimonianza: in altri termini, C. non viene considerato in modo diverso da Ctesia, o Cratete, Eudosso o Megastene, pure citati conlui. Unaltro passo diPlinio puòessere accostato adunacitazione giàconsiderata di Strabone81. Si tratta di VI. 36 (F12), relativo all’estensione del Caspio che C. riteneva non minus esse quam Euxinum82. Plinio riporta l’opinione clitarchea noscritta diDiodoro e di Strabone sull’etnico ‚Sudraci‘è quanto maiincerta, nonso se si possa seguire lo HAMILTON 1961, 458, nelle sue conclusioni circa il significato della presenza di Sudrakai/Oxydrakai nei vari autori e suiconseguenti rapporti didipendenza che essa rivelerebbe daOnesicrito via C. Sugli Oxydraci e i Malli cfr. anche GOUKOWSKY 1981, 42 con note

47– 48 a p. 162.

79 Ad una sorta di salomonica spartizione fra C. (Tolemeo presente) e Timagene (Tolemeo 17 e BOSmeritevole del titolo di Soter) accennano anche SCHACHERMEYR 1970, 215– WORTH 1988, 82. Meno esplicito, anche se sottolinea il ruolo fuorviante diTimagene, è LEVI 76. A Timagene come responsabile di unsimile collegamento mi fanno pensare anche le 174– 21 e 43, circa il tipo conclusioni recentemente tratte dalla LANDUCCI GATTINONI 1992, 20– ditradizione, fortemente inattendibile e frutto diinterpretazione personale, conservata appunto daTimagene sul re di Tracia. 80 Ulteriori cosiderazioni infra La tradizione contemporanea e La tradizione successiva. Esaminerò in quella sede anche il F29, che non diversamente da quelli sull’India, mostra un’affinità conNearco. 81 Cfr. supra Strabone. 82 Questo frammento, insieme conil F13 conservato daStrabone, è stato considerato prova cheC. 28, che si fonda sulconfronto tra riteneva il Caspio unmare chiuso (daJACOBY RE, coll. 622– Diod. XVII. 75. 3 e Cur. VI. 4. 15 e 18; e daGOUKOWSKY (Ed.), 115). Per unaconfutazione 91, dove metto inluce come dalpuro esame dei diquesta ipotesi rimando a PRANDI 1992, 89– frammenti non si possa inferire nulla sull’opinione dello storico; giudicare C. attraverso Diodoro e Curzio nonè prudente e sicuro. Sul F12 cfr. anche infra Gli anni della spedizione.

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I –La conoscenza di Clitarco

nella cultura antica

all’interno di una variegata tradizione di notizie sui due bacini, che è di matrice eratostenica (Eratostene viene appunto citato perla misura della superficie) mache contiene aggiornamenti dietàromana (VI. 37– 39: Varrone, Agrippa). Tale tradizione è, in particolare nella suaprima parte, nontroppo diversa daquella testimoniata in Strabone (XI. 7) che, come si è giàvisto, è pure riconducibile adEratostene. Sembra di poter identificare nella cultura di età ellenistica un comparto di informazioni, e di riflessioni, sulla morfologia della regione caucasica, all’interno delle quali C. aveva in quanto storico diAlessandro unsuospazio83. Tenendo conto di ciò, tuttavia, si deve concludere che anche per questo argomento Plinio non operò autonomamente la scelta di citare C. mache lo citava perché lo trovava già 84. utilizzato in unafonte che fungeva da„ contenitore“ Forse la piùcelebre citazione clitarchea diPlinio è quella relativa all’ambasceria inviata daiRomani adAlessandro (III. 57 = F31), cheviene ingenere esaminata per il suocontenuto85. In questa sede vorrei invece privilegiare l’analisi del contesto e delmodo in cui viene a noi trasmessa. 57) nelcorso della suadescriptio Italiae statrattanIn primo luogo, Plinio (56– dodel Lazio antico, dei suoi confini –dalTevere al Circeo –degli abitanti e delle

83 In tale prospettiva è ovviamente di grande importanza il tentativo di definire il rapporto di C. congli altri autori delperiodo, peresempio Patrocle; cfr. ancora infra Gli anni della spedizione. 84 Nonritengo

improbabile che tale fonte si identifichi conVarrone, anche se dalpunto di vista ρ ω ρ νrecita: ἱσ ά ρ ικ τ ό ο ς . cronologico l’autore più recente è Agrippa. Infatti la Suida s. v. β (149T1); già FLACH 318, aveva pensato a κ εδ ό ν α α ὴ νΜ ντ ὸ λ ντ α ο ᾽Ἀ έξ ρ νκ τ ῶ μ δ ν α Ἐ π ιτο unoscritto varroniano in lingua greca; piùrecentemente GOUKOWSKY (Ed.), XVIII nota 2, rimanda al lemma, lamentando che nonsi conosca il titolo dell’opera epitomata daVarrone. Vorrei ricordare, comemateria diriflessione, il Logistorico diVarrone intitolato Sisenna velde Historia (Gell. XVI. 9. 5), la cuiesistenza puòsuggerire legami ideali fra Varrone e C., tramite l’ammiratore di quest’ultimo, Sisenna; cfr. anche infra Giudizi su Clitarco e uso della sua

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opera.

52; essa è Concordo inmodo sostanziale conl’analisi deltesto offerta dalla SORDI 1965, 445– 24, e viene accettata dal GOUKOWSKY (Ed.), XXI stata ripresa da BRACCESI 1986, 16– nota 2: l’ambasceria dicuiparlava C. andrebbe collegata conla notizia diMemnone (434F18 = Phot. 224) che Alessandro aveva inviato unalettera ai Romani e che essi gli inviarono a loro volta unacorona aurea mentre stava passando in terra d’Asia; e nonvaquindi situata fra quelle del 323 che raggiunsero Alessandro a Babilonia. I contatti fra Alessandro e i Romani sarebbero stati insomma preliminari alla spedizione e nonsuccessivi. Il silenzio di Arriano circa la notizia data daC. –che haindotto alcuni, come JACOBY, HAMMOND 1993, 329) a negare sic etsimpliciter la storicità della notizia stessa –si spiega invece siaconsiderando cheArriano non ne trovava traccia nelle sue fonti-guida sia, soprattutto, tenendo conto del fatto che lo 6); per quel storico bitinico si sofferma esclusivamente sulle ambascerie del 323 (VII. 15. 4– preciso momento storico egli trovava dacontestare solo il dato di un’ambasceria di Romani a Babilonia conservato daipressoché ignoti Aristo (143F2) e Asclepiade (144F1), dueautori che forse posticipavano in modo inopportuno e scorretto la tradizione, in origine clitarchea, diuna delegazione romana nel 335/34. Consfumature diverse sulla cronologia, accettano l’esistenza 98 e di unalegazione romana nonfinalizzata adunatto di sottomissione BRUNT (Ed. a), 497– 92. BOSWORTH 1988, 90–

, che nonvalorizza il dato diMemnone, rimando indicativaPer unatrattazione „tradizionale“ 33, e rinuncio adaltri riferimenti alla questione e adogniconseguenza mente a PEARSON 232– cheè stata ricavata daun’errata collocazione dell’ambasceria stessa.

Cap. 1 –Analisi degli autori che citano Clitarco

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località principali; si sofferma sul Circeo che untempo era un’isola (sulla base del luogo omerico), e che ai suoi tempi era terraferma; inserisce uncommento compiaciuto e stupito sul fatto che sia possibile conservare il ricordo di tali situazioni. Poi conclude: Mirum est quod hac de re tradere hominum notitiae possumus. Theophrastus, quiprimus externorum aliqua deRomanis diligentius scripsit –nam Theopompus ante quem nemo mentionem habuit (scil: Romae), urbem dumtaxat a Gallis captam dixit, Clitarchus ab eo proximus legationem tantum ad Alexandrum missam –hic iamplus quamexfama Cerceiorum insulae et mensuram posuit stadia LXXX in eo volumine quod scripsit Nicodoro Atheniensium magistratu qui fuit urbis nostrae CCCCXL anno (314/13)86. L’inciso nam... missam ci conserva tre elementi: che Teofrasto era lo scrittore straniero che per primo aveva scritto dei Romani diligentius, con particolare attenzione; che Teopompo era stato il primo in assoluto a menzionare Roma per una sola notizia, quella della presa da parte dei Galli; che C. poco dopo di lui aveva fatto lo stesso per unnotizia diversa, quella dell’ambasceria adAlessandro87. Va notato che l’informazione desunta daTeofrasto è a rigor di logica geografica, e non storica, e riguarda, così come è data, il Circeo e nonRoma: comunque nonc’è ragione dimettere indubbio l’apprezzamento di Plinio88, anche se il ruolo di Teofrasto come testimone straniero su Roma non 86 Nella raccolta dello JACOBY il F31 termina con la parola fama e al suo interno non sono evidenziati incisi, percuiil pronome hicrisulta riferito a C.e il testo diviene poco comprensibi34, e 1962, 46– le; che hic vada riferito a C. pensava anche TARN, 22. Invece PEARSON 233– 47, seguito da HAMILTON 1961, 452, lo intende come riferito a Teofrasto. Incerto rimane 89, sulle dueattribuzioni maritiene cheuneventuale riferimento dihic BOSWORTH 1988, 88– a C. nonimplichi necessariamente l’autopsia dell’ambasceria romana daparte dello storico. Il passo diPlinio nonmisembra troppo problematico nell’attribuire a Teofrasto sia il pronome hic sia la misura del Circeo; rimando daultimo perl’interpretazione del testo latino a CONTE (Ed.), 411 (Teofrasto, il primo fra gli stranieri che abbia scritto suiRomani unpo’dettagliatamente –infatti Teopompo, prima delquale nessuno neaveva neppure fatto menzione, si limitò a dire cheRomaerastata conquistata daiGalli, e Clitarco, venuto subito dopoTeopompo, parlò solo dell’invio di un’ambasceria ad Alessandro –Teofrasto, dicevo, basandosi ormai non soltanto sulla fama, fissò in 80 stadi la distanza di tale isola dalcontinente etc.); e misembra di poter rispondere all’obiezione di BADIAN 1965, 9, il quale ritiene scorretto l’uso di hic in vicinanza“di riferimento a Teofrasto, cioè al nome più lontano: il pronome hic tradisce la „ Teofrasto nella mente di Plinio, rispetto appunto ai nomi di Teopompo e di C., e indica la ripresa dell’argomento principale dopo la digressione. 87 Nonsiamo invece inalcun modo autorizzati daltesto pliniano adistituire unrapporto cronologico di anteriorità fra l’opera diC. e l’Historia Plantarum diTeofrasto, dacui pare provenga la notizia sul Circeo (cfr. V. 8. 3) e di cui Plinio data la composizione al 314/3 (cfr. GOUKOWSKY (Ed.), XXII–III, peril quale la datazione diPlinio è semplicemente unt.p. q. ricavato dal testo stesso). A mio avviso nonha ragion d’essere la discussione impostata da HAMILTON 53, sulla scorta di GITTI 40 nota 3 (che ne trae convinzione che vi sia unerrore 1961, 452– radicale di Plinio e che la data di C. vada drasticamente abbassata), circa la possibilità che le Storie di Alessandro precedessero tale data. Teofrasto è messo in evidenza come primus che scrisse suRomadiligentius; cheTeopompo fosse anteriore a luie a C. risulta conchiarezza, ma il rapporto cronologico di quest’ultimo conTeofrasto nonè affatto preso in considerazione da Plinio.

88 Come fa TARN 22, 23; cfr. SCHACHERMEYR 1970, 217–18, sul valore di questo elenco di scrittori greci. Evidentemente esso nonè esaustivo di tutti gli autori potenzialmente citabili,

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I –La conoscenza di Clitarco nella cultura antica

risulta daltesto molto evidente. Di carattere storico sono invece le notizie conservate, secondo Plinio, da Teopompo e da C., cioè la presa da parte dei Galli e l’ambasceria inviata adAlessandro. Mi sembra indubbio che il contesto pliniano è quanto di più lontano si possa immaginare dalle vicende di Alessandro e che in esso il richiamo adautori greci è provocato dal reperimento della misura data daTeofrasto per l’isola del Circeo e dal plauso che viene tributato alla diligentia di costui89. Mi sembra inoltre assai probabile che facesse parte delbagaglio diunuomo dicultura romano la conoscenzadiquale fosse l’autore greco cheaveva perprimo parlato diRomanella suaopera e, visto che Teopompo l’aveva fatto soltanto a proposito della catastrofe gallica, anche di quale fosse la notizia conservata: e questo, indipendentemente dal fatto che Plinio avesse letto integralmente o meno Teopompo. Questa riflessione si può estendere anche a C., chenonerail primo autore greco adaver parlato diRoma ma apparteneva alla categoria autonoma degli Alessandrografi. Credo quindi che l’ipotesi di unadipendenza di Plinio daunasorta di piccolo canone di scrittori greci che avevano parlato di Roma90 corrisponda in modo soddisfacente alla situazione del nostro testo. Plinio ci conserva anche ungiudizio, assai conciso maesplicito, su C.: costui viene ricordato a X. 136 (T2), nel contesto di unanotizia sulle sirene91 attribuita a Dinone, Clitarchi celebrati auctoris pater. C. è definito celebratus auctor e, se si tien conto del valore di questo aggettivo, che significa ‚diffuso, noto‘, risulta abbastanza chiara l’origine del riconoscimento di Plinio: egli trovava C. citato in molti elenchi di scrittori su argomenti svariati; il suo nome era insomma facile da incontrare. Plinio non esprime un apprezzamento sul valore di C. ma si limita a ; nel caso specifico la sua fama aveva registrare che era un autore „ popolare“ superato quella del padre Dinone. Le tracce di una sicura dipendenza diretta di Plinio da C.92, in seguito aduna scelta autonoma e mirata, mi sembrano scarse rispetto a quelle che portano ad un’accettazione delle notizie clitarchee mediate attraverso altri autori. Tuttavia il modo in cui Plinio ci conserva C., e soprattutto l’esame del F31 sull’ambasceria e della T2 con l’aggettivo celebratus, inducono a concludere che nel panorama culturale di Plinio l’autore greco aveva un suo spazio e che non era oggetto di istintiva disistima.

visto che Dion. Hal. AR I. 6. 1 ricordava come primo di essi Ieronimo e come secondo Timagene; che poi già Eraclide Pontico ed Aristotele nominassero i Galli (cfr. ZECCHINI 1984, sopr. 22) è undiverso aspetto della questione. 89 Plinio mette implicitamente a confronto Teofrasto nonconTeopompo e conC. (come pensano, 10), maconOmero, la cui testimoconaccentuazioni diverse, TARN22, o BADIAN 1965, 9– nianza sul Circeo viene ricordata immediatamente prima e rappresenta lo stadio generico della conoscenza rispetto a quello piùtecnico delperipatetico Teofrasto. 39, perl’idea 90 Cfr. PEARSON 233 e nota90, cherimanda senza approfondire a MÜNZER 338– che Plinio seguisse la lista di autori romani diNepote.

91 Cfr. infra Eliano. 92 CheHAMILTON 1977, 145, afferma senza dimostrarla.

Cap. 1 –Analisi degli autori che citano Clitarco

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Quintiliano Clitarchi probatur ingenium, fides infamatur (X. 1. 74= T6). Celebre quanto lapidario giudizio che attira l’attenzione sulle doti naturali dell’autore, sulla predisposizione allo scrivere e sull’attendibilità della sua opera:

manonveridico emerge C. dalle parole diQuintiliano, colpito senza appello in unadelle qualità importanti perunostoriografo. L’inclusione di C. nella rassegna quintilianea nonè di per sé indizio della sua fortuna in quel periodo: vi compaiono infatti anche Eforo o Filisto, dei quali è malagevole sostenere la grande diffusione nella prima etàimperiale. La suapresenzaperò, dopo la successione Tucidide, Erodoto, Teopompo, Filisto, Eforo, testimo-

capace

niadello spazio cheunacultura latina ufficiale93 gli riconosceva nelpanorama della produzione letteraria greca, pur con le riserve del giudizio per metà negativo. Sull’e vidente rapporto fra la posizione di Quintiliano e quella di Cicerone farò osservazioni organiche nel tracciare unbilancio dei giudizi formulati suC.94. Plutarco

Plutarco rimanda a C. una sola volta nella Vita Alexandri (46. 1= F15), là dove α ὶ ricorda che fra i molti che accreditano il racconto sulla regina delle Amazzoni κ η ρ έν ςκ ιτ α ο ὶ Ἴσ ρ α ιγ εσ ςκ ν ο ίκ τ ὶἈ ν τ ; a costoro il α ὶὈ ς ικ χ ρ ό τ ςἐσ Κ λ είτα biografo contrappone unalista di9 nomi, rappresentativi diquanti invece negavano la veridicità dell’episodio. L’unico rilievo di cui gode C. è di essere il primo di uno degli elenchi, così come Aristobulo è il primo dell’altro. Plutarco si schiera brevemente e categoricamente congli scettici mal’unica critica che muove agli scrittori del primo gruppo colpisce la figura di Onesicrito, attraverso l’aneddoto (46. 4) in cui il re Lisimaco lo canzona argutamente perle sueinvenzioni95. È appena il caso di notare che le Amazzoni e, in particolare, la visita della regina delle Amazzoni ad Alessandro, erano divenute già prima di Plutarco argomento didisquisizione; e che l’ovvia assenza dinotizie concaratteri diattendibilità, se daunlato incoraggiava i pessimisti, dall’altro nonfrenava l’elaborazione letteraria suquella realtà fabulosa. Il doppio elenco degli autori che Plutarco ci conserva diligentemente è lo specchio e il risultato di tale elaborazione. In tale contesto sarebbe fuoriluogo parlare di interesse particolare di Plutarco perC., dal momento che questo autore entra nel numero esattamente come tutti gli altri96.

Analogo quadro offre l’altra citazione, situata nella Vita Themistoclis

27. 1

(F33), a proposito del nome del re persiano cui si era rivolto l’esule ateniese:

Plutarco contrappone la testimonianza di Tucidide e di Carone di Lampsaco, che indicavano tale re nel figlio di Serse (Artaserse), a quella di Eforo, Dinone, C. ed

93 Circa gli interventi di Quintiliano sulla composizione del canone degli storici rimando alle 21. 05 e 311– interessanti osservazioni di NICOLAI 304– 94 Cfr. infra Giudizi su Clitarco e uso della sua opera. 95 Sui rapporti fra C. e Onesicrito cfr. infra La tradizione contemporanea e Gli anni della spedizione. Su Policlito cfr. infra Patrocle o Policlito? 25, che rileva come sia impensabile che Plutarco abbia avuto 96 Cfr. HAMILTON 1977, 124– conoscenza diretta di tutti gli autori checita.

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Parte

I –La conoscenza diClitarco

nella cultura antica

Eraclide, ἔ ᾽ἄ τ ιδ λ λ ο ιπ λ είο ν ε ς , che identificavano il re con lo stesso Serse; il biografo accorda la propria fiducia a Tucidide, anche se riferisce delle duediverse posizioni senza formulare critiche. C. viene menzionato senza alcun rilievo particolare fra gli altri storici; e va tenuto presente che l’elenco di cui egli fa parte viene indicato daPlutarco come il più nutrito, quello rappresentante la communis opinio; degli anonimi ovviamente nulla si può dire ma vorrei porre il problema della presenza del nome di C. nell’elenco stesso97: il rimando a Eforo è pienamente comprensibile –almeno quanto quello a Tucidide e a Carone –e così pure la citazione di due autori di Persika come Dinone ed Eraclide, vista la localizzazione in Asia Minore dell’episodio; piuttosto anomalo invece appare il richiamo a C.98. Le duecitazioni diC. che si trovano nelle Vite sono accomunate dalfatto cheil nome dello storico viene sempre ricordato insieme ad altri autori, all’interno di status quaestionis su determinati episodi (l’Amazzone e Alessandro, Temistocle e il Re). La presenza degli elenchi99 –comunque si possa risolvere il problema della loro genesi –non incoraggia a ritenere che Plutarco nutrisse per C. un interesse prevalente oppure che privilegiasse il ricorso alla suaopera100.

Arpocrazione ρ εύ ο η ν τ α μ ς= F4), a Isolata menzione di C. nel lessico di Arpocrazione (s. v. ὁ proposito della notizia di Eschine (In Ctesiph. 133) sugli Spartani che ν ρ η ε ῦ μ ῦ ν ὁ η σ ιἐ ντ ῇ ρ χ ο ε ςδ λ έφ είτα σ ο ν τ ε ςstavano perandare alla mercé di Alessandro: Κ (?) νεἶν ρ ο υ ή . La cifra di 50 ς α ιτ ο ὺ νὁμ ο ν ίω ςδοθ έν κ τ α ιμ ῶ εδ α ρ νΛ ὰτ α ςπ α uomini ricorre anche nel racconto di Diodoro sulla fine della guerra d’Agide, a

XVII. 73. 6, in preciso parallelo conC.101. La constatazione che, di fronte aduna sola citazione di C., si rinvengono nel lessico ben 6 citazioni attribuite ai due Marsia offre, io credo, la misura del disinteresse di Arpocrazione peril nostro autore.

97 Sulrapporto fraC. e la tradizione a lui anteriore perquesti argomenti cfr. PRANDI 1992, 102– 03 e infra Il passato. 98 Cfr. anche supra Cicerone. 99 Cheil nome diC. si trovi spesso inelenchi eragià stato notato anche daSTEELE 46. 100 Cfr. anche HAMILTON 1969, lix, per quanto lo studioso ritenga più ampio, rispetto ai due frammenti, il debito di Plutarco nei confronti di C. Estremamente generoso nel riconoscere il 51, perunquadro delle debito di Plutarco neiconfronti diC. è invece HAMMOND 1993, 149– attribuzioni. Per un altro eventuale caso di dipendenza –che mi trovo costretta a discutere, nonostante si tratti di unasorta di criptocitazione –cfr. supra l’Appendice Il F24 e l’epiteto Soter, nota 73. 101 Varilevato cheil numero 50 noncompare neltesto diArpocrazione mainun’epitome della sua opera; inoltre il riferimento al libro delle Storie nel quale C. ricordava la cosa –il V –non riconduce, sulla base delle altre indicazioni che possediamo, adunacollocazione convincente per la notizia (tanto che JACOBY suggeriva che nonsi trattasse dei noti ostaggi della guerra d’Agide); cfr. unoschema dei rimandi ai libri infra Le Storie di Alessandro; riflessioni sulla testimonianza diC. infra La guerra d’Agide.

Cap. 1 –Analisi degli

autori

che citano Clitarco

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Eliano Nel De natura animalium Eliano richiama per 4 volte il nome di C. come autorità per notizie zoologiche; le citazioni sono concentrate nel 1. XVII e riguardano la fauna dell’India. Il suo modo di citare C. appare nel complesso fiducioso e nonè

dacritiche. A XVII. 2 (F18), con l’espressione Κ λ είτ ρ α χ ο ςἐ ντ ρ ῇπ ὶτ ε ὴ νἸν η ή δ νφ σ ικ ι, fa risalire a C. le informazioni suiserpenti variopinti daicolori metallici e dalmorso

caratterizzato

letale.

A XVII. 22 (F22), con l’incipit κ α ὶΚ λ ειτά ρ ῳ ρ χ χ ο ῶ νδῶμ ενλ γ ε ιδ έ ὲ ςἐκεῖν ρ χ ο ς..., ripreso poidall’inciso ὡ ο ςδιδά είτα λ κ Κ σ ε ι, riporta la·descrizione clitarchea dell’uccello orione; e subito dopo, a XVII. 23 (F21), parla ancor più estesamente dell’uccello catreo. I due paragrafi di Eliano hanno in comune l’argomento con il F20, conservato da Strabone. Si potrebbe quasi dire che il Geografo, accennando brevemente alle pompai indiane con alberi frondosi che recavano sui rami degli uccelli, ci suggerisca il contesto in cui collocare la descrizione particolareggiata, maisolata, cheEliano fa deidueuccelli. Del resto Strabone ὴ ὴ νδ νεἱκονογ ὲλοιπ ρ limita volutamente la propria esposizione affermando τ α φ ία ᾽ἐκ νπ ρ α είν η π ο τ υ(scil. Κ ρ )λ χ λ έο ο υ ; mentre da parte sua Eliano esorειτ ν ά ῳ ρ χ ο ῶ μ νδῶ ε . In tal modo le duecitazioni risultano ν ρ χ α λ ειτά ὶΚ disce dicendo κ contigue e combacianti come tessere di unpuzzle. Nessun altro Alessandrografo conserva la descrizione dei due uccelli102 e quindi ogni confronto è impossibile, ma ambedue i passi di Eliano contengono comunque unriferimento suggestivo, cioè il paragone dell’orione e del catreo con le sirene. Tale paragone nonavrebbe nulla di singolare se nonfosse che Plinio (X. 136) attribuisce a Dinone, precisando che si tratta delpadre diC. (T2), la notizia che in India vivevano le Sirene, le quali blandivano con il loro canto gli uomini perpoi dilaniarli nel sonno. I punti di contatto fra padre e figlio103 sembrano rappresentati dalla straordinaria dolcezza e piacevolezza delcanto, degli uccelli e delle Sirene (la pur dettagliata descrizione conservata da Eliano non mette in rilievo eventuali abitudini aggressive), e dal riferimento alla medesima regione, l’India, come habitat delle due „specie“104. Infine, a XVII. 25 (F19), Eliano parla diffusamente delle scimmie, dell’impressione che suscitarono in Alessandro e del modo di catturarle105. Il primo aspetto che vorrei considerare è costituito dalle modalità della dipendenza: Eliano sembra attingere direttamente a C. e manifesta in lui una totale fiducia; il suo autoinvito a ‚dare spazio a C.‘perla descrizione dell’orione tradisce perfino entusiasmo. Va poisottolineato, e vi insisterò ancora, che Eliano, proprio la 102 Il fatto che Nonn. Dion. XXVI. 201–15, dedichi attenzione, in versi contigui, all’orione e al catreo indica che l’abbinamento divenne e rimase topico; ma le descrizioni del poeta non offrono punti di contatto con la tradizione clitarchea in Eliano. 103 Sull’atteggiamento di C. nei confronti dell’opera di Dinone cfr. PRANDI 1992, 98, 101, 103, e un’organica visione infra

Il passato.

104 Lo STEELE 41, sospetta che Plinio confonda Dinone con C. , ma mi sembra che le due testimonianze nonsiano del tutto sovrapponibili. 105 Su questo cfr. infra l’Appendice Il F19 e la cattura delle scimmie.

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I –La conoscenza di Clitarco nella cultura antica

prima volta che nomina C. a XVII. 2, rimanda nonalla trattazione piùgenerale della spedizione di Alessandro ma ad un settore π ρ ὶ Ἰν ῆ ε δ ικ ς : era l’unica parte che conosceva?106 Il secondo, ma non secondario aspetto della testimonianza di Eliano è che, a mio avviso, egli conserva in qualche modo unapprezzamento di C. suAlessandro. Si è scritto che nonsoltanto i frammenti di C. sono poco significativi per valutare l’autore maanche che nessuno diessi riguarda Alessandro107. Nonandrebbe invece trascurato quanto Eliano racconta a XVII. 25 (F19), sulla scorta appunto dell’Alessandrografo, a proposito delle scimmie indiane: ἐ νδ ὲτ ο ῖςχ ρ ίο ω ιςτ ο ῖς ρ θ ο είο ῆ ιςτοσ η ὀ ςεἶν σ α ι, ὡ ιτ λ ὸπ ντ ῶ ο ῦ λ έξ τ τ ο ναὐ ρ ὸ ό νφ ςἈ νΦ α ν δ ιλ ίπ π ο υ δ υ μ ν ε ά ι, οἰόμ ῆ ν α ισ α κ α ὶτ ὶπ ὺ νκ ῇο ά ν ἰκ ε ίᾳ υκαταπ γ λ α ρ ό ο θ υ α νἀ ν τ ο ν ςἰδό ε η νκ α ὶ ἐλλοχῶ μ έν σ ναὐτό α α ιὰ σ νὀρ τ ρ ᾶ εγ α θ νο ο νὁ νσ ειλ ὶδ υ ν ρ τρ σ ἱ ὲἄ αἦ η σ α ν108. ά ν ἡ ν ίκ α ἐφ κ η ικ ο η α τ ν ὰ τ ύ χ ίθ π · Eliano ci trasmette un racconto curioso e tipico dell’incontro con un mondo nuovo, quello con unatribù di scimmie scambiate peresseri umani con intenzioni ostili: il suointervento sul testo clitarcheo è evidente perché al nome di Alessandro η σ ι) il particolare che fa seguire il patronimico109, macomunque attribuisce a C. (φ ῆ ν γ π τα α λ α Alessandro si era spaventato (κ α ι) alla vista delle scimmie110. Se noi confrontiamo questa affermazione con il racconto dell’unica altra fonte che ci parla dell’episodio, cioè Strabone (XV. 1. 29), in un contesto per così dire incastonato fra duecitazioni di Onesicrito111, rileviamo unadifferenza significativa: Strabone nonnomina neppure Alessandro, e nella suanarrazione i protagonisti sono i Macedoni; inoltre essi nonsi spaventano ma,scambiando le scimmie perun esercito nemico, si accingono adattaccarle; è il re indiano Taxila, che si trovava con il loro re (cioè Alessandro), a chiarire la realtà e a farli desistere.

106 L’idea che Eliano avesse seguito C. solo per le notizie indiane è già stata suggerita, senza particolari prove, daHAMILTON 1977, 131 nota 42. Per la questione del titolo dell’opera e indiane“e Le Storie di dell’esistenza di unasezione autonoma cfr. La fortuna delle notizie „ Alessandro.

107 Cfr. peres. STEELE 45; BROWN 1950, 153: there is noevidence at all toshowthat C.painted 39; GOUKOWSKY (Ed.), XXXII aucun an unfavorable portrait of Alexander; BORZA 38– des fragments de C. ne concerne directement Alexandre. Il F21 non entra neppure nella 36), tesa a dimostrare che C. 55 (cfr. anche l’esame del F19, a 29– rassegna del TARN, 53– sarebbe responsabile del ritratto negativo di Alessandro che confluisce in Diodoro. 108 Sulla seconda e piùcospicua parte del frammento cfr. l’Appendice Il F19 sulla cattura delle scimmie.

109 È forse un ulteriore segno che Eliano era poco consapevole di dipendere da una ‚Storia di indiaAlessandro‘e piùcosciente di seguire un’Indiké? Cfr. infra La fortuna delle notizie „ ne“ . 110 È curioso che BROWN 1950, 144 dica sbrigativamente che le scimmie terrorizzarono i soldati di Alessandro. 111 Che risulta, io credo, la sua più probabile fonte: ad Onesicrito fonte comune di C. e di 35 Aristobulo (che sarebbe fonte di Strabone) pensa BROWN 1950, 144, mentre TARN 31– riteneva C. dipendente da Aristobulo. PEARSON 224, è incerto fra Onesicrito, Aristobulo o, forse, Nearco; GOUKOWSKY (Ed.), 245 ad Diod. 100. 1, afferma che Strabone sembra riassumere C. Cfr. anche l’Appendice Il F19 e la cattura delle scimmie.

Cap. 1–Analisi degli autori che citano Clitarco

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Se il punto di partenza doveva essere il medesimo, cioè l’equivoco delle scimmie ritenute esseri umani, è indubbio che gli esiti dei dueracconti –quello di C. in Eliano e quello di Onesicrito in Strabone –sono profondamente diversi: in un caso l’attenzione è centrata su Alessandro e nell’altro sui Macedoni (oltre che, ovviamente, sulle scimmie); in un caso si attribuisce all’uomo una reazione di paura, nell’altro ai soldati unareazione dicoraggio. Mi sembra, in conclusione, che il racconto clitarcheo risulti poco lusinghiero perAlessandro e vorrei suggerire che se Eliano, che di animali si stava occupando, ha dedicato unse purbreve accenno all’episodio, esso doveva avere nella suafonte unrilievo nonmarginale. Se la mia analisi è corretta, nonsolo possediamo unframmento diC. riguardante Alessandro ma possiamo anche concludere che lo storico considerava Alessandro nella sua umanità, cogliendo, o attribuendogli gratuitamente, unodei sentimenti piùspontaneamente umani: la paura di fronte all’incognito e al mostruoso. Se l’intenzione di C. fosse bonaria o critica, dipende ovviamente dalla effettiva reazione di Alessandro e/o dalla possibilità che la versione che ho attribuito ad Onesicrito fosse anteriore e nota a C. stesso112. Appendice

Il F19 sulla cattura delle scimmie In genere gli studiosi hanno trascurato la parte iniziale di questo frammento –che hoanalizzato conparticolare cura nelparagrafo dedicato a Eliano –perconcentrarsi sul seguito, che tratta dei metodi impiegati percatturare le scimmie. Effettivamente tale descrizione suscita considerevoli problemi testuali che rendono difficoltoso unaccurato confronto con gli altri dueautori che ci ragguag3 e Strabone XV. 1. 29. liano sull’argomento: Diodoro XVII. 90. 2– Tutti e tre precisano che il sistema usato dagli Indiani si fondava sulla capacità imitativa delle scimmie mapoi offrono dei resoconti sensibilmente diversi. a) Diodoro racconta che i cacciatori si spalmavano sugli occhi del miele113, si allacciavano i sandali, o si guardavano allo specchio; poi lasciavano i sandali con i lacci, della colla al posto del miele, e gli specchi con applicate delle reti. Le scimmie, volendo imitare gli esseri umani, finivano per incollarsi le palpebre, legarsi i piedi e imprigionarsi. b) Strabone segnala duedistinti metodi: i cacciatori si bagnavano gli occhi in catini d’acqua, che poi sostituivano concolla, cosicchè gli animali si incollavano le palpebre; oppure indossavano larghe brache ma poi lasciavano alle scimmie dei sacchi spalmati di colla all’interno. c) Eliano, dopo aver precisato che le scimmie nonvengono catturate con reti o cani maconl’astuzia, segnala unpaio diesempi della loro capacità imitativa, cioè il 112 Sul rapporto con Onesicrito cfr. infra La tradizione contemporanea e Gli anni della spedizione.

113 Sul miele cfr. infra nel testo.

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I –La conoscenza diClitarco

nella cultura antica

danzare e il suonare uno strumento a fiato. Quindi –π ρ ὸ ςτούτ ο ις–dice che se vedono qualcuno allacciarsi i calzari, imitano quel gesto; se vedono qualcuno che si imbelletta gli occhi conil miele114 vogliono fare anche quello. Passa poia parlare degli effettivi trucchi messi inopera daicacciatori: lasciare a portata degli animali degli alti e pesanti sandali di piombo guarniti con legacci, cosicchè vi infilassero i piedi e rimanessero inestricabilmente prigionieri; oppure della colla al posto del miele. Nell’ultima parte del testo, quella più deteriorata, Eliano narra che l’Indiano si mostra alle scimmie mentre si specchia115, che poi † ρ α ἀ κ ά λ το π ιτ ὰ τ λ ο κεἰσ ρ ᾽ἔτ ὰ ρ ὐ α ο ὶδ ἕτ π ε σ τ ιθ έν τ ε ς(i cacciatori) intrecciano α έν ὶμ τ ο ικ α anche adessi forti legacci; κ ὶ†τοια ῦ τ α ἐσ τ ιν . Le scimmie vanno, κ α ὶ , adimitazione diciòchehanno visto: scaturisce allora unaforza ιν σ ςὁρῶ ῶ ν εν γ †ἀ in grado diincollare le palpebre peril riflesso sullo sguardo quando guardano fisso; quindi nonpotendo vedere vengono catturate assai facilmente, infatti sono fiacche a fuggire. Considerata isolatamente, la testimonianza diDiodoro haunasuacoerenza che è stata a torto sottovalutata; anche il particolare dello specchio corredato direte, che pare poco pratico come sistema di cattura, noncostituisce di per sè un nonsenso totale. E questa sensazione diviene a mio avviso più forte se si accosta la sua testimonianza a quella di Strabone, che viene invece comunemente qualificata come la piùragionevole e realistica116. Il primo deiduesistemi che quest’ultimo ricorda hainfatti la stessa finalità del primo di Diodoro, cioè indurre gli animali ad appiccicarsi gli occhi; quanto al secondo, quello dei sacchi, esso non è meno artificioso di quello dei sandali in Diodoro. Mi sembra difficile scorgere117 traccia in Strabone di altri sistemi di cattura –piùbrutali e meno psicologici –che risalirebbero alla relazione diNearco: perla verità direti e/o di lacci si parla comunque intutti gli autori. Assai diversa è la situazione delpasso diEliano. Costui riporta in modopernoi intellegibile tanto il trucco della colla che viene narrato sia daDiodoro sia, in modo leggermente diverso, daStrabone, quanto quello deisandali, chesi rinviene, abbreviato, anche inDiodoro; sulterzo espediente che, a quanto pare dicapire, gli Indiani mettevano in opera, espediente che sembra vertere sull’uso degli specchi come il terzo di Diodoro, gravano molte oscurità: quale oggetto veniva lasciato a portata ὐ κ delle scimmie, uno specchio vero o qualcosa che ne aveva solo l’apparenza (ο

έ λ ι. Il 114 Sia nella tradizione manoscritta diDiodoro che inquella diEliano, compare il termine μ PEARSON 223 nota 44, è incline a mantenere il testo inalterato, considerando che il miele entrava nella preparazione di medicinali; il GOUKOWSKY (Ed.), ad loc., propone invece per ι, cioè antimonio, usato nella cosmesi degli occhi. μ ίμ τ il testo di Diodoro l’emendazione in σ

il riferimento all’antimonio conferirebbe maggiore concretezza al racconto e, da unpunto di vista logico, è senz’altro accettabile; quello chemirende perplessa è cheil termine μ έ λ ιsi trova sia in Diodoro sia in Eliano e che difficilmente si puòpostulare un uguale ed ιnei due έ λ ιin ambedue le opere: anzi, la presenza di μ λ έ μ ιa μ τίμ erroneo passaggio da σ scrittori rimane spia di unacomune dipendenza. 115 BORZA 35, afferma troppo nettamente che Eliano nonparla degli specchi; unarettifica già in Senza dubbio

HAMILTON 1977, 141 nota 52. 24; BORZA 35; HAMILTON 1977, 141. 116 Cfr. TARN 31; BROWN 1950, 144; PEARSON 223– 46. 117 Cfr. TARN 31; BROWN 1950, 145–

Cap. 1 –Analisi degli autori che citano Clitarco

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ρ αἀ λ λ ὰἕτ τ ρ απ ρ ε ο ὰκάτοπ σ τ ιθ ιτ έν τ ᾽ἔτ ες )? Se le scimmie imitavano ὶδ ἰσ ε α τ ὰτ η ὴ σ νμ ίμ ινὧ νεἶδ l’atto di guardarsi allo specchio (κ ο ν ) qual è la forza ὐ irresistibile che riduceva i loro occhi incapaci di vedere (ο χὁρῶ ν τ ες)?118 In Diodoro la conseguenza del trucco degli specchi nonè perla verità chiaraῶ νδ ὲσω μ ά τ mente indicata: adesso sembra riferirsi il generico τ ω νκα τ εχ μ ο έν ω ν che si ricollega piùalle reti fissate dai cacciatori che agli specchi in quanto tali. In Eliano invece la conseguenza non ha rapporto con le reti, che pure vengono α τ ιςἕρμ α ο ἰσ ρ α ὶτούτ ὰ χ ὑ υ π ο π λ έκ ο υ σ ι), maconsiste in un’imposmenzionate (κ sibilità di vedere che si ripercuote sulle capacità di difesa. È il caso di ricordare a questo punto119 che tanto in Strabone quanto in Eliano vengono giustapposte due notizie –quella delle scimmie scambiate per soldati e quella sui modi di cattura –che nonsembrano riferibili allo stesso tipo di animale. , manca del tutto e In Diodoro invece la prima notizia, quella dell’ „esercito“ l’esposizione dei sistemi di cattura delle scimmie è inserita in una rassegna più generale sulla fauna dell’India edè immediatamente preceduta dainformazioni sui serpenti: si tratta in sostanza di undifferente contesto espositivo120. È ovviamente piuttosto malagevole postulare che Strabone edEliano abbiano, in via del tutto indipendente, accostato fra loro, allo stesso modo, la notizia sull’esercito e quella sulla caccia; e viene spontaneo immaginare piuttosto unafonte comune. Ora, la fonte di Strabone XV. 1. 29 misembra individuabile in Onesicrito (che viene citato a 28 e a 30)121, mentre quella di Eliano è, dichiaratamente, C. L’ipotesi piùprobabile122 è che tanto C. quanto Strabone attingessero adOnesicrito; le differenze fra i duerisiedono nel modo di riportare il racconto sull’esercito delle scimmie –piùfedele al modello in Strabone, piùrivisitato e reinterpretato in C.123 –e in una diversa selezione degli espedienti da segnalare (nulla vieta di credere che Onesicrito neavesse raccolti almeno 4): siaC. sia Strabone scelgono di ricordare la sostituzione del miele con la colla, ma poi il primo parla anche dei sandali e degli specchi, mentre il secondo si limita ad aggiungere il sistema dei

sacchi. Invece presenta

la testimonianza di Diodoro, pur essendo diversamente assemblata, –almeno con la narrazione degli espedienti di caccia di unodei due, C.

118 L’idea del PEARSON 222, ripresa daHAMILTON 1977, 141, che si trattasse di unaspecie di sortilegio dello specchio, misembra pocorealistica. Invece quella della FONTANA 166, che le scimmie rimanessero abbacinate dal sole riflesso negli specchi, è interessante e può trovare preciso riscontro nel testo, là dove si dice che i cacciatori intrecciavano delle corde agli specchi, probabilmente perfissarli nell’inclinazione piùidonea rispetto al sole. 44. 31, valorizzato da BROWN 1950, 143– 119 Cfr. TARN 30– , Unadipendenza mista? e La „cifra“di Clitarco. 120 Cfr. anche infra Alcuni episodi „indiani“ 35 (che ha segnalato la confusione fra i due tipi di scimmie), 121 Cfr. supra Eliano. Il TARN 31– pensava ad Aristobulo come fonte prevalente di Strabone per le notizie indiane; e BROWN 44, che ne accetta l’opinione, è poi indotto a postulare unaderivazione comune di C. e di 143– Aristobulo daOnesicrito, allo scopo dispiegare la medesima giustapposizione delle notizie sui duetipi di scimmie in Strabone e inEliano. Cfr. anche HAMILTON 1961, 451. 46 e BORZA 35) che C. sia il 122 Non mi pare che si possa sottoscrivere l’idea (cfr. BROWN 145– padre diunatradizione sostanzialmente unica sull’argomento della caccia alle scimmie, solo in seguito variegata daincomprensioni degli autori posteriori. 123 Cfr. supra Eliano e infra Gli anni della spedizione.

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I –La conoscenza diClitarco

nella cultura antica

appunto –maggiori punti di contatto; tanto che la si potrebbe definire, rispetto al testo di Eliano, una sorta di sbrigativo sunto124. Noi possediamo in effetti due resoconti che nonoffrono problemi dalpunto divista testuale e unterzo, quello di Eliano, costellato di cruces. Matali cruces sono la conseguenza di puri e semplici errori ditrasmissione delpasso diEliano, cheerainorigine deltutto comprensibile; oppure dipendono in uncerto senso daEliano stesso, cherendeva in modooscuro e contorto la descrizione della suafonte, e quindi pregiudicava il lavoro delcopista? Chiunque puòconstatare che il testo delDe natura animalium è in genere piuttosto ricco di luoghi dubbi, discutibili o francamente incomprensibili, anche se la mancanza diun’edizione critica recente rende difficoltosa unaconsiderazione d’insieme. Mi domando se il passo di Eliano fosse in origine analogo a quello di Diodoro, cioè non assolutamente perspicuo ma neppure del tutto senza significato, e se la tradizione manoscritta dell’opera abbia in questo ed in altri casi reso un cattivo servizio all’autore. E purtroppo anche a noi.

Sinossi schematica delle fonti Diodoro/C. (?) miele sandali specchi

Eliano/Clitarco „ esercito“ miele

Strabone/Onesicrito(?) „ esercito“ miele sacchi

sandali specchi

Ateneo Ateneo ci conserva 4 citazioni di C.

La prima è a IV 148d-e (FI) e riguarda i Tebani al momento della presa della città da parte di Alessandro125. Il frammento si trova all’interno di una lunga e disordinata sezione sui pranzi; la possibilità che sia stata assemblata da Ateneo stesso nonè darespingere a priori macostituisce ununicum che l’esame delle altre citazioni rende poco credibile126. Infatti sia la notizia di XII 530a (F2) sulla morte per vecchiaia di Sardanapalo127; sia quella di XIII 576d-e (F11) sulla responsabilità dell’etera Taide nell’incendio 124 JACOBY RE, 652, collega strettamente le testimonianze di C. , Diodoro e Strabone, senza indagare i particolari; la FONTANA 167, riconduce le differenze fraC. e Diodoro a confusioni

diquest’ultimo; BORZA 28, ammette la sostanziale

affinità

diDiodoro a C.

125 Sui problemi suscitati dal F1 cfr. l’Appendice I F1 e 30 e l’attendibilità di Ateneo. 05, 31, 66 e 204– 126 Per un’analisi sistematica deiDeipnosofisti rimando a ZECCHINI 1989, 30– delquale seguo le conclusioni. 127 Questa versione sulla morte delre si trova incontrasto conquella assai nota diCtesia, riportata dallo stesso Ateneo (529 b-d), percui Sardanapalo si immolò su unapira, e con quella, che ίe nominando come autore di spicco λ ο ο λ ἱπ ancora Ateneo riporta (529 b) attribuendola a ο Duride (76F42), in base alla quale il re venne ucciso daArbace. Circa il rapporto cronologico fra la tradizione accolta da C. e quella accolta da Duride, che lo JACOBY ad Hellan. F23 considera forse a torto autonome invenzioni, è difficile pronunciarsi (cfr. infra La fonte per la storia „ellenica“peril rapporto C. /Duride). Va rilevato piuttosto che C. –nondiversamente F10, cfr. supra Diodoro) –dàuna daquanto accade perle notizie sulle muradiBabilonia (T5– notizia chesi contrappone a quella diCtesia e chesi puòsuggerire chelafonte fossero i Persika

Cap. 1 –Analisi degli autori che citano Clitarco

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della reggia di Persepoli128; sia quella diXIII 586c-d (F30) sulla tendenza di Arpalo adesigere persé e perl’amante Glicera onori piùche umani129 –dove peraltro C. è ricordato soltanto perla suasintonia conTeopompo (115F254) suquelle vicende – sembrano derivare adAteneo dalla lettura delle opere diClearco diSoli. Inparticolare la sezione che raccoglie le notizie su Sardanapalo (XII 529d –530c) è praticamente inaugurata dalla menzione della Vita Sardanapalis scritta daClearco; e i F11 e 30, i quali hanno in comune il riferimento a figure di cortigiane (Taide, Pitionice e Glicera) cioè la molla stessa ditutte le citazioni del1.XIII deiDeipnosofisti, si trovano in uncontesto nel quale il nome di Clearco ricorre per3 volte come fonte (fra 573 e 606). Lapresenza dirimandi a C.nell’opera diAteneo è percentualmente modesta, se la si confronta sia con l’interesse che viene manifestato per Alessandro in quanto personaggio, sia con l’incidenza in essa di citazioni di altri Alessandrografi (valga come esempio Carete di Mitilene con 11 citazioni, di cui alcune estese).

Appendice

I F1 e 30 e la attendibilità di Ateneo Vorrei considerare in modo specifico edapprofondito i F1 e 30 di C. conservati da Ateneo, sia perché ambedue riguardano vicende elleniche contemporanee alla spedizione, sia perché ambedue inducono a porre il problema della correttezza e della precisione di Ateneo e/o della sua fonte intermedia nel riportare notizie desunte da C. Ritengo opportuno cominciare però dal F30, anche se tratta di vicende cronologicamente posteriori, perché esso suscita un grosso problema e permette due conclusioni divergenti; l’esame del F1, a mio avviso più netto, consente di propendere perunadelle due. Ateneo riporta a XIII. 586c-d la testimonianza di Teopompo suArpalo e i suoi η σ ιν ρ π ὶἧ Θ ο ε εό π ομ rapporti conle etere ateniesi Pitionice e Glicera: π ςφ ςἐ ν τ ο ῖς η τ ὰτ ε ά ν ςθ ὸ Π ῆ ντ ῆ τ ιμ α ὶτ θ ιο ερ τ υ ίκ ῆ ν ςΠ ο νὁ ία ς(115F254) ὅ ςΧ ισ τ ο λ ςἐπ η θ ε ν ,ἧ ή ν νκ α ὶ ἐλθ νο ἰκ ο ῦ α σ ε ῖνἐν νἈθ α κ έρ υ νΓλ ὴ οτ τ α ψ έμ επ ετ ςμ ο λ α Ἅρπ α σ ίλ θ ή ρ κ υ ῷ κ ο υ ο ν εῖσ ισ σ θ α α ιὑ ςβ π ὶπ ο ὸτ ῦ σ π λ α ν ρ σ ιςτ ίο ο ῖςἐ ε τ α Τ α ο σ ιλ ν ῖςβ α ν ο ῦ νἍρπ ὴστεφ η νἀ ῆ ιμ θ σ έν α σ ίτ ᾶ ὴκ α επ ρ ευομ ὶ ρ γ νμ ο ο , ἐὰ σ ν π ειρ π α α λ ο ῆ σ ῆ ν α α ῆ ὐ ι τ ῷ ιτολμ δ ςἱστά Γ ό ν α ὶεἰκ κ ν α α χ λ ὲκ α ν ῶ λ α σ υ κ .Ἐ ν α έρ ν σ Ῥ τ ω εφ σ σ · ιν del padre Dinone (cfr. anche PRANDI 1992, 99–100 e infra II passato e l’Appendice Rifles34). sioni sulle fonti di Diod. II. 1– 128 In questo caso la notizia attribuita da Ateneo a C. –che la cortigiana ateniese era stata causa dell’incendio di Persepoli –è deltutto congruente conil passo parallelo di Diodoro (XVII. 72. 2). La citazione è comunque troppo breve (cosa sottolineata già dal BORZA 34) e troppo attenta, ovviamente, al solo personaggio femminile per lasciar capire se lo storico attribuiva, φ α ρ σ ιςadAlessandro (non ci sono però ό η π τ θ ά η εσ τ λ ἰτ ία a Taide mal’ἀ come Diod. 71.3, l’α 76, cheanche inquesto caso elementi nelframmento perconcludere, come la FONTANA 175– vi è unadivergenza fra C. e Diodoro). Cfr. anche infra Il rapporto con Tolemeo. 129 Anche per questa notizia cfr. l’Appendice I F1 e 30 e l’attendibilità di Ateneo.

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I –La conoscenza di Clitarco nella cultura

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᾽α ὐ τ ὴ ρ νἑα ν υ τ ο ῦ .Τ ὰ μ ὅ ο ια ᾽εἴρ η δ κ εκ α ὶΚ λ είτ ρ α χ ο ςἐ τ ν α ρ ῖςΠ ὶἈλέξα ρ ε ο ρ ν Ἱσ ία ν δ τ ο ις .

Teopompo è e resta il riferimento primario della citazione, mentre poi Ateneo – o la sua fonte, Clearco –si limita adinformare in chiusura che τ ὰ μ ὅ ο ια δ ᾽εἴρ η κ ε κ α ὶΚ λ ρ είτα χ ο ςἐ τ α ρ ν ῖςΠ ὶἈ λ ε έξ ρ ο α ρ ν ν Ἱσ ία δ τ ις ο . Il livello ditale somiglianza ovviamente ci sfugge e, poiché tanto Curzio quanto Arriano presentano sulla vicenda unalacuna, l’unico confronto possibile rimane quello con Diodoro XVII. 108. 4. Ora, Teopompo in Ateneo e Diodoro trattano apparentemente del medesimo argomento, cioè di Arpalo e delle sue amanti. Tuttavia, in Teopompo l’attenzione maggiore è riservata alla coppia Arpalo-Glicera e di essi è sottolineata la tendenza ad esigere onori particolari come la proskynesis, il titolo regale e la corona; in Diodoro invece l’attenzione è equamente divisa frale duecortigiane e ciò che viene sottolineato è la tendenza di Arpalo a vivere nel lusso e nel dispendio, in completa autonomia rispetto adAlessandro. In questa situazione, prima di supporre che Diodoro dipenda da C., il quale a sua volta avrebbe attinto a Teopompo130, è necessaria almeno qualche riflessione: Teopompo e Diodoro differiscono fra loro, quanto all’impostazione delle notizie, anche se ambedue offrono un’immagine negativa di Arpalo131; e nulla permette di concludere che l’accentuazione del racconto diodoreo vada attribuita all’interpretazione dell’autore della Bibliotheca132. A questo punto sono possibili due conclusioni: se la testimonianza di C. e di Teopompo era in effetti del tutto simile, C. nonpuòessere la fonte di Diodoro; se invece Diodoro dipende daC., e quindi neconserva il racconto, l’affermazione checompare inAteneo –cioè cheC. μ ο rispetto a Teopompo –è frutto di unacomparazione assai superια ὰ diceva τ ὅ ficiale e poco attenta ai contenuti133. Il frammento clitarcheo suTebe (F1) viene solitamente preso in considerazione perl’elemento numerico checontiene, cioè perquello cheviene ritenuto l’elemento più concreto e oggettivo. Io credo tuttavia che un’analisi del contesto in cui il frammento è calato –analisi di solito trascurata –porti adunavalutazione migliore λ έπ ν ο ἰςτα π οβ τ α ινἀ ῦ τ ἔσ del suocontenuto. Ateneo IV 148d-e così si esprime: ε μ ῶ ν θ λ α ὸὀφ ρ ν ο α ν τ ὴ ςπ νπ εν ία ν , λαμβά η ν ικ λ λ ὴ νἙ π ᾶ ντ ᾶ μ ςἀγα ρἡ τ α ὰ ςτ π ὲ ὑ ὶ ερ ῶ νΠ ῃτ τ ώ ρ ρ χ ο ντ ςἐ ῇπ α λ είτ β α νΚ ίο ὶὧ ιςδεῖπ η κ ερ ν α ,π α ὶτ ρ ὰΘ ὰπ α ε ὰ τ ημ έθ ο τ ῦ ςηὑρ ο λ μ ε νπ ν ο ῶ ᾶ ιὁπ τ α ὶὅ τ ὐ ςκ ο ύ ςα Ἀ λ νδιηγ ρ ιῶ έξ ο ρ τ ο νἹσ α ν δ α σ ιςτεσ ίο κ ο σ ιςτετρα ο τ ὴ ν ν ά ἐ λ α ν τ φ ω ε λ ῆ ςκατασκα ό ᾽Ἀ λ υτ ςπ ρ ο εξ τ ὴ ν ὑ π ά ν δ α ρ α ὴ νλ ι, π ίχ ν ο ρ ντροφ ά ρ ὴ ὶτ κ ὰπ ε σ ο α α ὶτ νκ η ν ρ ό σ τ ιν χ υ ιἦ ψ ο άφ ικ .Ὅ τ ιμ υ λ ο ς ό ιχ σ α ρ κ α α ύ ὶἐγ ςκ α ὶἀφ ὺ ο τ ςκ η α ὶἑψ κ ρ ῖα ιςθ ο ν ά κ ευ σ ο ῖςδείπ τ ε ο ν ζ ντ ςἐ α ὶἔτνος134. α ςκ κ α ίδ ὶἀλλᾶν ελ χ α τ α ὶσ ςκ 130 Cfr. GOUKOWSKY (Ed.), ad loc. 30. 21; WORTHINGTON 307– 131 Su Arpalo cfr. HECKEL 215– 32. 132 Unadifferenza generale fra i duepassi erastata notata anche daBORZA 31– 133 Ulteriori osservazioni sul rapporto fra C. e Diodoro infra Diodoro XVII e La fonte per la storia „ellenica“ .

134 Riporto il testo senza le correzioni proposte dallo JACOBY, che nonmisembrano necessarie, e ο ν , con ς considero pertinente a C. la parte che va dalla menzione del suo nome al termine ἔτ

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Inprimis Ateneo fa riferimento all’ammirevole povertà deiGreci; in particolare, attribuisce a C. tre distinte informazioni: la prima, che dopo la presa di Tebe nel 335 venne raccolto un bottino di 440 talenti; la seconda, che i Tebani erano μ ικ ρ ό ψ υ χ ο ιe, nei confronti del cibo, λ ίχ ν ο ι; la terza invece consiste in unrapido menu esemplare, a base di piccoli pesci, involtini, salsicce, farinata etc. È proprio quest’ultima notizia a suscitare, a IV 148f, la reminiscenza erodotea del pranzo offerto dal medizzante Attagino ai Persiani, e a provocare l’ironico commento di Ateneo, cioè che dopo pranzi simili i Persiani erano già stati sconfitti prima ancora di combattere a Platea. L’utilità, la funzionalità della citazione di C. sembra consistere nel fatto che egli metteva in luce i gusti dei Tebani: quindi la menzione dell’ammontare del bottino del 335 nondovrebbe essere destinata a dare l’idea di unacittà particolarmente opulenta. Nelle Storie le notizie qui riportate dovevano appartenere al racconto della distruzione della città e, con ogni probabilità, ad un commento sugli abitanti. La valutazione noncerto lusinghiera che C. dava diquesti ultimi –unita al fatto che lo storico trovava perfino modo e ragione, nel parlare di unatale tragedia, di soffermarsi su particolari alimentari –è un dato che non mi sembra sia evidenziato dai moderni ma che costituisce un unicum nella tradizione sulle vicende di Tebe ed Alessandro135. Infatti la critica maggiore che veniva mossa ai Tebani era quella di non aver valutato le conseguenze della propria opposizione ad Alessandro, ma le fonti antiche li considerano con rispetto e mettono in risalto il loro coraggio, unitamente alla grandezza della sventura cheli aveva colpiti; è delresto sufficientemente noto il carattere patetico-edificante di parte dei racconti sull’avvenimento. Gli Alessandrografi di cui possiamo identificare le versioni si preoccupavano, in modo diverso, di ridurre la responsabilità di Alessandro nel massacro e nella distruzione, ma lo facevano sottolineando che molto avevano contato le pressioni dei Beoti antitebani136. L’autore che conserva unresoconto della presa di Tebe contenente almeno un punto di contatto con il F1 è Diodoro XVII. 14, il quale al termine della narrazione segnala che vennero uccisi 6. 000 Tebani e ne vennero fatti prigionieri 30. 000137 e esclusione della citazione erodotea, cheè fatta a memoria daAteneo; perunagiustificazione di 31. queste scelte rimando alle osservazioni diZECCHINI 1989, 30– 39; e per i particolari a 135 Rimando per l’esame del contesto politico a PRANDI 1988a, 138– 87. PRANDI 1990, 83– 9: Tolemeo edAristobulo divergevano sulla validità delle giustificazioni diquesti 136 Cfr. Arr. I. 8– ultimi. 12) e 137 Queste duecifre compaiono anche nel racconto plutarcheo della presa di Tebe (Al. 11– 33, le sfrutta persuggerire in modoprovocatorio che Aristobulo (fonte diPlutarco BORZA 32– perl’episodio diTimoclea narrato subito dopo, al cap. 12, e possibile fonte perl’intera vicenda diTebe) fosse fonte anche diDiodoro: è innegabile che fraDiodoro e Plutarco vi siacoincidenza maggiore che fra Diodoro e C. /Ateneo (cfr. anche infra Diodoro XVII). Il fatto chele cifre degli uccisi e deiprigionieri compaiano pureinAelian. VHXIII. 7 haindotto invece lo HAMILTON 1977, 137 e nota 42, a immaginare che Eliano –nostro tramite per qualche notizia sulla fauna dell’India desunta daC. –dipenda dall’Alessandrografo anche per la vicenda diTebe: varilevato però che le differenze di impostazione esistenti fraDiodoro e C./

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I –La conoscenza di Clitarco

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precisa che nella città venne razziata un’incredibile quantità dioggetti preziosi; poi, dopo aver brevemente relazionato sulla seduta del sinedrio ellenico che decise la sorte dei vinti, ricorda che dalla vendita dei prigionieri si ricavarono 440 talenti. La cifra che costituisce un punto di tangenza fra C. e Diodoro è anche quella che viene diversamente utilizzata nei dueautori138: totale del bottino raccolto per l’uno, totale del ricavato dalla vendita dei prigionieri per l’altro. Inoltre è il complesso del racconto di Diodoro adessere impostato su binari diversi da quelli che pare didover riconoscere nelframmento clitarcheo. Infatti, seè vero cheinDiodoro nonvengono trovate sostanziali attenuanti perl’operato di Alessandro e dei Macedoni, che si comportano danemici rabbiosi, e chel’intervento deiGreci antitebani – purnonminimizzato –viene relegato nella parte finale delracconto così darisultare quasi accessorio rispetto alla ferocia di cui già avevano dato prova le truppe di Alessandro, è altrettanto vero che i Tebani risultano senza dubbio grandi nella sventura, quasi acciecati dal loro proposito di ergersi a baluardo della Grecia ma α εγ λ ό valorosi fino all’estremo. In unaparola, μ ψ υ χ ι, se misi consente l’usodiun ο termine che in Diodoro manca mache sarebbe assai adatto ai protagonisti di questa vicenda. Anche a condizione diconcedere a Diodoro stesso qualche intervento personale, e di maniera, sull’eroismo dei Tebani, va sottolineato che le osservazioni quasi sgradevoli di C. sulla grettezza e sulla golosità deiTebani nonsi accordano in nulla con il lungo e dettagliato racconto di Diodoro. A questo punto la possibilità di raccordare Diodoro a C., supponendo che la divergenza sulla cifra 440 sia imputabile o ad un errore (di Ateneo o della sua fonte, per i quali certo il particolare numerico era il meno importante nell’economia della citazione), oppure ad una svista di Diodoro139 mi sembra difficile daaccettare, perché nonrisolve comunque il problema di fondo, cioè l’alterità radicale della caratterizzazione dei Tebani nei

dueautori140. Il F1 su Tebe ripropone la possibilità di un errore di comprensione e di trasmissione del testo di C. da parte di Ateneo (o della sua fonte), così come abbiamo constatato per il F30 su Arpalo. In questo caso mi sembra però vi siano maggiori elementi perdire che l’ipotesi dell’esistenza diunsimile errore hafondamenti scarsi. Non resta che esplorare l’altra possibilità, che Diodoro non abbia utilizzato, suquelle vicende, il racconto di C. In via preliminare si potrebbe osservare che, per quanto riguarda la presa di Tebe, cioè unepisodio noto e famoso della storia greca, è benpossibile che Diodoro Ateneo permettono di concludere che tali numeri forse potevano essere riportati daC. (nulla lo dimostra e nulla induce a negarlo), mache certamente si trovavano nella tradizione alternativa alla sua; e nonè fuori luogo pensare che si trattasse di stime ufficiali. Quanto al rapporto fra Eliano e C. cfr. supra Eliano; e, perl’ipotesi chequest’ultimo conoscesse e usasse nonle Storie . masoltanto un’Indiké, cfr. La fortuna delle notizie „indiane“ 138 Suquesta base TARN 83, negacheDiodoro dipenda daC., ipotizza peri dueunafonte comune (Diillo?) e ritiene che C. abbia piùo meno deliberatamente alterato l’usodella cifra. 139 Cfr. rispettivamente HAMILTON 1977, 137 e BRUNT (Ed.), 547. 140 Non si tratta, insomma, di prétendues contradictions, come pensa GOUKOWSKY (Ed.), XVIII nota 1. Che C. sembri prendersi gioco dei Tebani era stato comunque notato da

PEARSON 218.

Cap. 1 –Analisi degli autori che citano Clitarco

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abbia rifiutato l’impostazione di C. se, come pare, essa indulgeva adunacaratterizzazione quasi grottesca dei Tebani edabbia preferito unanarrazione piùrispettosa delle vittime di quella tragedia141. Perquanto riguarda Arpalo, mi sembra si possa dire conpiùsicurezza che Diodoro affronta l’argomento daun’angolazione ellenica e ateniese142, mentre Teopompo rivela uno specifico interesse per la figura del tesoriere macedone143.

Diogene Laerzio Diogene fa per2 volte il nome di C. Proprio all’inizio delle Vite, dopo aver citato a I. 1 Sozione ed il Magikos di Aristotele quali autorità per la tesi della nascita della filosofia presso i Barbari, Diogene ricorda i principali saggi come i Magi, i Caldei, i Gimnosofisti e i Druidi; quindi, dei Gimnosofisti segnala a I. 6 (F6) il disprezzo della morte, testimoniato appunto da C.; l’elenco delle caratteristiche di ognuna delle categorie di saggi, caratteristiche per le quali nonvengono fatti altri rimandi specifici, è chiuso daun secondo rimando a Sozione. Mi sembra non manchino elementi per far risalire a Sozione stesso144 la citazione di C. che Diogene ha fedelmente mediato. La seconda citazione, a II. 113 (T3), riguarda la persona e nonl’opera di C. e viene fatta risalire esplicitamente a Filippo diMegara: costui, parlando della scuola di Stilpone, ricordava che presso di lui andarono, provenienti da Aristotele di Cirene, C. e Simia145. Va osservato che la notizia nonè originata –néin Diogene né in Filippo –dauninteresse perC. masemmai daquello per Stilpone; essa quindi nulla può rivelare sulla fortuna dello storico.

Clemente Alessandrino All’interno di un’ampia sezione, dedicata esclusivamente ed in modo disordinato adindicazioni cronografiche, Clemente ricorda C. insieme adalcuni altri autori, per la datazione della spedizione asiatica di Alessandro rispetto al ‚Ritorno degli Eraclidi‘, cioè Fania, Eforo, Timeo e Duride, che datava dalla presa diTroia. L’interesse della testimonianza consiste pernoisoprattutto nell’abbinamento di C. a Timeo, che ci consente di concludere che C. seguiva uncomputo di impostazione recente146. Mi sembra invece impossibile parlare di uninteresse di Clemente . Non 141 Si puòparlare di unpunto di vista ellenico. Cfr. infra La fonte per la storia „ellenica“ riesco a capire su quali basi il PEARSON 237, affermi che la fonte di Diodoro per Tebe è assolutamente avulsa dalle problematiche delle poleis; cfr. osservazioni organiche infra L’inizio del 1.XVII. 142 Cfr. HAMMOND 1983, 72 che suqueste basi propone la dipendenza daDiillo. 143 Unelemento unificante della trattazione diodorea delsacco di Tebe e della vicenda di Arpalo, 74, per quanto riguarda appunto la tendenza della fonte, è individuato dalla FONTANA 172– nel richiamo a Demostene, che inentrambi i casi è critico. 144 F36 W, autore dacollocare nelprimo terzo delII sec. a. C.; sucostui cfr. MÜNZER 1927, coll. 37 e WEHRLI 1978, 7–15. Sull’usodiretto di Sozione daparte di Diogene cfr. MEJER 1235– 42. 40– 145 Per ciò che si può ricavare dalla testimonianza di Filippo di Megara cfr. infra Clitarco e Alessandria d’Egitto. 89 e 104 e infra Il Passato. 146 Sul „modernismo“di C. cfr. PRANDI 1992, 88–

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perC.: il movente perla formazione di elenchi di tal genere risiede piuttosto nella curiosità erudita, che prescinde per sua natura dall’interesse e dalla diffusione dell’opera alla quale ci si riferisce. Vale la pena di considerare comunque che nell’elenco C. è l’unico storico di Alessandro: era forse l’unico che esprimeva in modo esplicito unadata? POxy II. 218 Di poco ausilio è unpapiro ossirinchita delIII secolo, piuttosto lacunoso, nel quale C. è ricordato quale testimone diunusobarbaro perpunire l’infedeltà coniugale; il nome dello storico di Alessandro compare associato perquesta notizia a quello di Zopiro, autore di incerta definizione e collocazione147; e il prosieguo del papiro mostra, in mezzo a cospicue lacune, nomi come quello di Archelao e di Zenodoto (?), che nonsono destinati adilluminarci. Il contenuto dello scritto sembra essere una raccolta di paradoxa e, a questo punto, trame conclusioni sulla fortuna di C. è impossibile, non fosse altro che perché ogni conclusione andrebbe estesa anche a Zopiro. Scolî Considero qui insieme, non potendo assegnare loro una datazione specifica, tre Scoli che attribuiscono a C. la paternità di alcune notizie. Si tratta di commenti ad autori molto diversi –Aristofane, Platone e Apollonio Rodio –e di provenienza e formazione presumibilmente diversa.

Del primo Scolio, quello ad Aristoph. Aves 487 (F5), mi sono già occupata altrove148 e quindi mi limito a presentare la testimonianza e a richiamare le mie conclusioni.

Lo Scolio attribuisce a C., nel 1.X, la notizia che π σ ρΠ α ιςἐξ ᾶ έρ ὰ σ ῆ ιγ ντ ὴ ν ό ν ο ιδ ή ὲο ν ρ ᾽ο ,ὡ ῖν ε ρ λ λ χ ,ἀ ο κὀρθ ὐ ο ἱτ λ είτα ρ ῃμ ςΚ α ςἐ νφ τ ιά ῶ ντ ν ῇδεκά τ α σ ιλ ε ῖςὀρθ α σ ῖςἐχρῶ ῶ Π ερ νβ ν τ . Un’informazione sulla tiara· diritta viene conο servata anche dalla Suida (s. v. τ ) ... ἣ α νο ρ σ α ρ ἱβ ιλ ιά ὴ ό νἐφ ο υ ε ν ῖςμ ό ν ο ιὀρθ η ν , il cui lemma prosegue con un γ έν ο ὶ κεκλιμ α ις σ ,ο ἱδ έρ ὲστρατη ρ ὰΠ π α aneddoto suDemarato, (che chiese latiara diritta e cadde indisgrazia presso Serse), e si conclude conunrimando al 1.X diFilarco. Sia lo Scolio sia la Suida ricordano che la tiara diritta eraprerogativa regale ma l’uno premette che comunque la tiara era il copricapo dei Persiani, mentre l’altra aggiunge che la tiara ricurva era riservata ai capi militari: ne consegue che o riassumono diversamente la stessa fonte o dipendono da fonti diverse. Inoltre lo Scolio –chetratta solo dell’usodella tiara –attribuisce a C. appunto la notizia sulla tiara diritta e, mediante l’indicazione del1.X della suaopera, fa pensare all’episodio di Besso, che la rivendicò, come al contesto più opportuno per la notizia149. La Suida invece conclude con il rimando al 1.X di Filarco il racconto dell’episodio di 147 Gli Editori delpapiro suggeriscono, maconcautela, chesi tratti di ungeografo e storico attivo 70. poco prima del 300 a. C., sulquale cfr. GISINGER 1972, col. 769– 01. 148 Cfr. PRANDI 1992, 100– 149 Cfr. HAMILTON 1977, 136 nota 40.

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Demarato, e nonè affatto dimostrato che anche la notizia sulla tiara –che precede il racconto stesso e cherisulta, perla verità, un’informazione piuttosto diffusa –vada attribuita a Filarco. In conclusione nonesistono, a mioavviso, serie ragioni pernegare la paternità clitarchea della notizia contenuta nello Scolio, mentre la testimonianza della Sudaè daricondurre, in tutto o in parte, a Filarco150.

LoScolio a Plat. Resp. 337a (F9) presenta unelenco delle opinioni antiche sull’origine dell’espressione ‚riso sardonico‘e si articola in dueelenchi: il primo più ricco e particolareggiato e, soprattutto, conrimandi espliciti ai nomi degli autori, fra i quali appunto C.; il secondo, molto piùconciso, nondel tutto identico e completamente anonimo. Con questa seconda parte coincide quasi ad verbum Fozio (s. v. σα ό ρ δ ), il quale però offre il nome di ogni autore, C. compreso. ω ς έλ ιο ςγ ν Il contenuto della citazione dell’Alessandrografo è sostanzialmente analogo nello Scolio e in Fozio e riguarda le modalità del sacrificio infantile a Crono praticato dai Cartaginesi; vi sono tuttavia delle differenze che non vanno sottovalutate. In particolare lo Scoliasta cita il nome di C. dasolo e riporta unadescrizione piuttosto particolareggiata del rito: τ ρ ό ο ν ῦδ ὲΚ ο ᾽α υχα κ ὐ λ τ ο ῦπ ο ρ ῖςἑστῶ α τ ο ς ν ο υχα λ κ ο ῦ ία ρκριβά τ , τοῦ ςἐκτετα κ α ό τ ο ςὑπ ςὑ ὲ τ ὰ π τ ῖρ κ ε ςχ νἐκ α ο ίε ιντ ὸ γ ρ ὸ ὸ μ έν ο υπ λ ο ςτ ςτ ο μ η αἐμ ῦἐκκα ὸσ ιο π ιπ ῶ ῆ ὲφ τ ς ο ύ σ ,σ ςδ .Τ π α ιδ ίο ν υ ν έ λ ηκ ρ α ὸ α ὶτ ίν η ςφ ὸστό εσ μ λ μ α έ θ σ κ α εσ εσ ιτ θ ὰ α ετ ίτ ο ῖςγελ η ρ α σ ῶ π σ λ ίω ιπ α ς , ῃ . A tale descrizione fanno seguito, ρ ο θ α λ ν ίσ ο π α ν ρ ίβ ἰςτ κ ε ν ὸ ν ὲ θ σ α π σ υ σ ν ω ἕ ςἂ prima dell’inizio della testimonianza seguente, quella di Simonide, due frasi: τ ὸ ν ω τ ρ γ α έλ δ σ ά α ν ιο εσ θ ε νλ α έγ θ τ νἐντεῦ ό α ι, ἐπ ε τ ὶγελῶ ν ή ε σ ςἀ π ο θ ὖ νσεσηρ ο ν κ ο ινδ ε έἐσ μ υ α κ τ σ ιτ ι. Σ ίρ α ὸδ ιέλ κ α ὶχ ὸστό α ίν ε ιντ ειν . La prima costituisce unaspecie di commento esplicativo alla notazione del testo clitarcheo che il volto ρ ό ) della vittima sembrava quasi ridere; la seconda non soltanto η ς εσ contratto (σ mostra tutti i caratteri di una glossa ma si trova in contrasto con la spiegazione immediatamente precedente: contrarre il volto è un atto diverso da spalancare la

bocca. Come ho già proposto altrove151, sono incline ad attribuire le ultime due frasi nonallo storico maallo Scoliasta, tanto piùcheanche le testimonianze cheprecedono e seguono quella di C. offrono il medesimo stereotipo: nome dell’autore-

esposizione della testimonianza-commento sull’etimologia, che ha la funzione di ricondurre tutti i passi citati alla spiegazione dell’espressione ‚riso sardonico‘. In altri termini, nonmi sembra si possa dedurre dallo scolio che C. desse unaspiegazione della paroimia. E il confronto con la seconda parte dello scolio stesso –quella senza nomi propri –e conFozio conferma questa conclusione: Fozio infatti premette la spiega) al rimando alla testimonianza, per la ω ίρ α zione etimologica (‚sardonico‘ da σ λ λ ο ι; la quale C. viene citato non da solo ma insieme a non meglio precisati ἄ

01 con nota 38 sulla complessità di questa tradizione. 150 Cfr. PRANDI 1992, 100– 96. 151 Cfr. PRANDI 1992, 93–

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nella cultura antica

descrizione delrito è molto piùconcisa, strutturata in modosintatticamente diverso e, soprattutto, si conclude conla notazione presente anche nella prima parte, che la vittima sembra ridere. Daquesto testo risulta chiaro cheC., e gli altri, fornivano una notizia cultuale e nonla giustificazione della paroimia. Dopo aver ricondotto neisuoi confini reali la testimonianza diC. sulrito152, che probabilmente la prima parte dello scolio platonico riporta con particolare fedeltà, noncredo siamiocompito addentrarmi nell’intreccio delle tradizioni sull’espressione ‚riso sardonico’153. Mi sembra però che, data la rosa ampia e disparata delle testimonianze entrate nel bagaglio scoliastico, sia almeno fuor di luogo parlare, a proposito del solo C., di fortuna particolare.

Il terzo scolio è relativo ad Apoll. Rhod. II. 904 (F17) ὅ τ ιδ ὲκα τ α π η ο λ σ έμ ε ν Ἰν δ η ο ὺ σ ικ α μ ὶἈριστόδη ςὁΔ ο ιό ν υ σ ιό ο σ ύ ν ςφ ςἐ ιο ςΔ β ν ρ ώ η α π ῳ τ ικ Θ ῶ νἐπ ιγ ρ μ α μ ά τ ω νκ α ὶΚ λ είτα ρ χ ο ςἐ ντ α λ έξ ρ ο ὶἈ νἱσ ρ ν α δ ρ τ ία ο ις ε ρ ο ,π σ ισ ρ ῖςΠ ῶ τ ν ο ῷ ρ π ο ῇκ α ὶκισ σ σ μ ικ ό ρ ο ο νἸνδ ὶνἐ ύ τ α ιο σ ςἐσ α ὄ ὶΝ ικ υ τ νφ τ ὅ ὸ υ νφ τ εύ εσ θ α ι ισκινδα ρ ψ ό α εύ τ ω σ α ύ ετ γ ο ς .Ὡ ςδ ρ α ο σ ὲκ κ ε ῖ, ὃπ α ἐ μ ὶΧα α ιλ έ ω η νἱσ σ ρ τ ε ό ν ἐ ν ρ ὶἸλ π ῳ Π τ π ε ιά έμ δ ο . ς Si tratta dell’elenco di tre autori, Dionisio, Aristodemo e C., convergenti sull’attestazione di unfatto, cioè che Dioniso aveva combattuto contro gli Indiani; ρ ο σ ισ ρ τ ο ῶ all’ultimo di costoro viene poi ascritta (π ) un’informazione dicarattere ν geografico e botanico. Sembra invece un’aggiunta a questo nucleo la menzione di Cameleonte154. Se il raggruppamento deitrenomi si debba all’attività dello Scoliasta, oppure se egli trovasse già segnalata la convergenza che si limita adaccogliere e a riportare, nonè facile precisare. Tuttavia ci sono buone probabilità che Dionisio altri non sia che lo Skytobrachion, autore di ambiente alessandrino il cui commento alle Argonautiche appare utilizzato negli scoli e il cui nome viene indicato variamente cono senza l’epiteto e l’etnico155. Va inoltre sottolineato che, in tutti gli altri casi in cui lo Scoliasta

152 Non possediamo descrizioni del sacrificio anteriori a quella di C. ma una successiva, e probabilmente duridea, in Diod. XX. 14. 4, cfr. infra La fonte per la storia „ ellenica“ . Sul confronto tra C. e Curzio perle notizie sul sacrificio cfr. infra Il sacrificio infantile a Crono. 9; e un ottimo schema delle 153 Cfr. un inquadramento del problema in KRETSCHMER 1– testimonianze in JACOBY ad 327F18 (Demone), il quale pensa ad unasorta di spostamento geografico e di aggancio secondario conla Sardegna. 154 Dal modo in cui si esprime lo Scoliasta pare chequest’ultimo riportasse le stesse notizie di C., σ α ύ τ ω ςvada sul monte Nysa e sullo skindapsos; nonsi puòtuttavia escludere che l’avverbio ὡ riferito soltanto alla prima e piùgenerica notizia, quella riguardante la guerra diDioniso contro gli Indiani. Adunadipendenza diretta di Cameleonte da C. pensano WEHRLI 1969, 78 e GIORDANO (Ed.), 145– 46, pensava che C. derivasse la notizia sul monte da 47; diversamente TARN 45– . Cfr. anche infra poetastri“ Cameleonte, o piùprobabilmente, che ambedue derivassero dai „ Giudizi su Clitarco e uso della sua opera e La „datazione“degli antichi, dove tengo conto della possibilità cheCameleonte usasse C. maperprudenza nonutilizzo questo elemento come sostegno peripotesi e conclusioni. 155 Lo JACOBY ad 32F13 pone questo passo trai frammenti incerti di Dionisio Skytobrachion. È stata anche suggerita dallo SCHWARTZ 1880, 49 nota 1, l’idea che il Dionisio menzionato nello scolio vada identificato conl’esploratore inviato daTolemeo Filadelfo alla volta dell’India

Cap. 1 –Analisi degli autori che citano Clitarco

49

rimanda a Dionisio insieme adaltri scrittori156, gli scoli presentano unasuccessione deltutto lineare nome/ (opera) / notizia perogni autore citato, cioè unagiustapposizione di richiami fra loro isolati edindipendenti, all’interno dei quali Dionisio non assume unaposizione particolare. Invece nello scolio che qui interessa, nonostante ci sia in realtà unadiversificazione delle notizie, visto che a C. ne è attribuita una particolare, gli autori nonsono separati l’unodall’altro e colui che inaugura la lista, differenziato anche dall’assenza di precisazioni sull’opera, è proprio Dionisio che riceve questa volta unrilievo eminente come se fosse il collettore delle notizie. Il contenuto della testimonianza di C. è duplice: che in India sorgeva unmonte chiamato Nysa157 e che vi cresceva spontanea unapianta simile all’edera, denominata skindapsos. Il termine è attestato sia come nome diunostrumento musicale sia come sostantivo-jolly, perindicare ciò dicui in realtà nonsi conosce il nome158, ma questa seconda accezione non mi sembra applicabile nel caso del frammento di C.159.

Soprattutto se si tien conto del lemma dell’EtM 514. 34 s. v. κ ιν δ α ψ · εἶδ ό ς ο ς ·λ γ ε έ ιδ α ὲκ ιο ὶὁΔ ν ύ σ ιο γ ά ν υ ο ,ὅ ι ἔθ ς τ ν ο ρ ςἐσ ὀ τ ὶνἸν δ ικ ό ν ,ο ἷο νκινδα ψ ώ . α θ ά ι. Il vocabolo, che compare con una μ σ ο υ ν ο ν ςὠ ο ῦἔθ ὸτ π νἀ νο ὖ ε ικ ο Ἔ leggera variante, viene messo in rapporto con un ethnos dell’India e la paternità della notizia è attribuita a un Dionisio: a me sembra che si possa riconoscere una sorta di parentela fra la notizia scoliastica alle Argonautiche e quella dell’EtM, dal momento che hanno in comune il termine-chiave, il riferimento all’India e il nome di unautore; la divergenza (o fraintendimento?) –in uncaso skindapsos è il nome di una pianta, nell’altro è quello di un popolo –non è tale, dato il carattere di ambedue le fonti, dasuscitare particolari problemi. Nonso se sia azzardato, o semplicistico, identificare il Dionisio dell’EtM con quello dello scolio e, per questa via, rivalutare lo strano vocabolo usato da C. e interpretarlo come la resa in greco di untermine indigeno. Ma se questa ipotesi è accettabile, la testimonianza dell’EtMporterebbe unulteriore sostegno all’idea che

(Plin. VI. 58). L’ipotesi mi sembra poco credibile (cfr. comunque infra Gli anni della spedizione), ma vorrei sottolineare che tanto il Dionisio inviato dal Filadelfo quanto lo Skytobrachion appartennero, in epoche diverse, al mondo di Alessandria d’Egitto. 08b; 963– 65c; 1144– 91a; II. 206– 45a; III. 59; 1116; 1289– 156 Cfr. Sch. ad Apoll. Rhod. I. 256– 54; non considero ovviamente gli Scoli dove compare un 30; 1153– 77; 223– 200b; IV. 176– rimando al solo Dionisio. 157 Dal frammento nonsi deduce se C. parlasse anche di unacittà di nome Nysa, che compare in Strabone, Curzio, Arriano (per le attestazioni cfr. JACOBY), situata ai piedi delmonte Meros. 30 e nota 50 (a p. Sututta la questione rimando alle osservazioni delGOUKOWSKY 1981, 20– 156); vorrei però aggiungere cheDiodoro, com’è noto, presenta incorrispondenza dell’episodio ςτ ὴ ν unalacuna (capp. 83 e 84) e che nella Periocha del1.XVII si dice (che Diodoro narrava) ὡ γ έν εια ν : Diodoro parlaγ π ὸΔ ιο ὴ ν ἀ ύ η τ ν υσ ιὰ σ ο σ εδ υ έτ γ ερ εὐ ιν λ ό π η ν Ν υ σ μ έν ία α μ ν ὀ ν ο ζ ο va di unacittà e C. di unmonte, unadifferenza (non unaconfusione nello scolio, direi, come invece pensava MEDERER 98) già evidenziata dal TARN 45, di cui però né PEARSON 220, né GOUKOWSKY (cfr. supra), tengono a mio avviso adeguato conto. Cfr. anche infra La

„ cifra“di Clitarco. 158 Cfr. JACOBY perunquadro delle attestazioni. 159 Come fa PEARSON 213 nota 15.

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Parte

I –La conoscenza diClitarco

nella cultura antica

Dionisio fosse il collettore delle varie notizie sul viaggio di Dioniso in India, e quindi anche di quelle date daC. L’esame dei contesti delle tre citazioni di C. di provenienza scoliastica non consente di trarre conclusioni in positivo sulla popolarità dello storico in questo ambito. Egli nonè stato utilizzato in modo esteso per il commento di uno stesso autore e, piùin generale, il suonome ricorre conunafrequenza piuttosto bassa. Nell’ultimo deicasi considerati misembra dipoter risalire al responsabile della citazione clitarchea, Dionisio Skytobrachion, ma senza che questo implichi un interesse specifico, dal momento che la citazione resta isolata; si può semmai osservare che molto probabilmente nell’ambiente dilavoro diDionisio, in Alessandria, l’opera di C. godeva di unacerta rilevanza.

Stobeo

NelFlorilegio compaiono 2 rimandi a C., entrambi nel 1.IV. φ ρ ο A 12. 13 (F35) Κ χ λ ο είτ α ςὁἱστοριογρά ςè chiamato in causa perunafrase sentenziosa, che pare riportata ad verbum: π ᾶ σ ηκ ατόλ α μ ὶτ ὰτ ῆ ςδυνά μ εω ς β α ίν ε ιμέτρα160. Unacitazione simile costituisce una sorta di aggancio per ερ π ὑ l’attribuzione allo storico degli Apophtegmata161 che sono tramandati sotto il nome

di Clitarco, anche se ovviamente la questione rimane incerta162. A 20. 73 (F3) Stobeo rimanda a C., conl’indicazione di titolo e libro163, perla notizia del rapporto amoroso fra Tiante di Biblo e la figlia Mirra. Biblo era una tappa della spedizione di Alessandro e sede di unfiorente culto di Adone. I legami originari fra il Vicino oriente e il culto adonio sono percettibili in tutte le tradizioni su di lui164, ma ovviamente più forti nella combinazione Adone-Tiante-Mirra/ Smirna-Fenicia, quiaccolta165, che risale pernoi a Paniassi e chepresenta carattere erudito166.

In quell’autentico maremagnum cheè l’opera compilatoria diStobeo167, le due citazioni diC. naufragano irrimediabilmente, senza consentire supposizioni disorta sulla suafortuna.

160 Il confronto suggerito daJACOBY conPlut. Al. 58 porta a concludere, a mioavviso, che i due passi nonsono così uguali dapoter giurare suunaparentela reciproca, e nonsono così diversi

dapoterla escludere completamente. 52, catalogati fra i ‚dubbi‘, e per la verità di scarsissima se nonnulla utilità sul piano 161 FF37– storico.

59. 162 Cfr. JACOBY e piùrecentemente THÉRASSE 1968, 557– 163 Cfr. infra Le Storie di Alessandro. 39. 164 Cfr. ATALLAH 33– 93; loJACOBY ritiene impossibile discernere quale versione seguisse 165 Cfr. PRANDI 1992, 92– C. permancanza di accenni inDiodoro e Curzio (!). 166 Panyass. F25K = 22a Davies = 27 Bernabè; cfr. anche Antim. F25 Wyss. L’altra variante principale, e piùpopolare, è costituita daAdone-Cinira-Mirra/Smirna-Cipro; in qualche modo presente già in Horn. Il. XI. 20 e inPind. Pyth. II. 15, è compiutamente attestata in Plat. Com. F3K-A (daunAdone), e daunatragedia Cinira. LoJACOBY valuta inmodoopposto al miole duetradizioni. Cfr. anche infra Il passato. 86. 167 Cfr. HENSE coll. 2549–

Cap. 1 –Analisi degli autori che citano Clitarco

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Suida

La testimonianza della Suida suC. si riduce pernoi a quasi nulla, dalmomento che

λ είτ ρ χ ο α ς= T1) è andata perduta168 e che soltanto la Vita dello storico (s. v. Κ dall’esistenza diuna„scheda“sudiluinonè possibile trarre alcuna deduzione utile. ν(F36), dove è accostato a Timeo e ad ο C. viene inoltre menzionato s. v. ἔχετ σ α ν . Anassimene (72F39) perl’usodella forma di duale in -ovper -ω ρ δ ά ν ιο α ω ςγέλ , introduce con ς Credo vada ricordato che il lessico, s. v. Σ χ ο ρ ςunriassunto della testimonianza ιν α σ λ είτα ἄ λ λ ο ιτ εκ α ὶΚ α ίφ l’espressione κ sul sacrificio infantile a Crono, che compare, riferita però al solo storico, nel già considerato scolio platonico169. Questa maggiore indeterminatezza, unita al numero diversioni differenti cheil lemma (come lo scolio) conserva, induce a nonindividuare nella presenza delsuonome la spia diuninteresse particolare perC.

168 Sopravvive il lemma nel Lexicon Ambrosianum. 169 Cfr. supra Scolî.

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Parte

I –La conoscenza diClitarco

nella cultura antica

Appendice

Sinossi degli autori

ELENCO AUTORI CHE CITANO CLITARCO

Filodemo Cicerone

Diodoro Longino Demetrio Strabone Curzio Plinio Quintiliano Plutarco Arpocrazione Eliano Ateneo Diogene Laerzio Clemente Aless.

POxy II. 218 Scoli Stobeo Suida

Notizie India

ELENCO AUTORI CHE CONOSCONO CLITARCO Clearco (inAteneo) Cameleonte (in Schol.) Sozione (in Diogene Laerzio) Eratostene (in Strab. e Plin.) Dionisio Skyt. (in Schol.) Filodemo Sisenna (in Cicerone) Cicerone Posidonio (in Strabone) Timagene (in Curzio) Diodoro Longino Demetrio

Strabone Curzio Plinio Quintiliano

Eliano

Cap. 2 –Giudizi suClitarco e usodella suaopera

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CAPITOLO 2 GIUDIZI SU CLITARCO E USO DELLA SUA OPERA

Le conclusioni parziali chehotratto, autore perautore, e le ipotesi chehoritenuto di poter formulare neicasi menochiari mihanno consentito diricostruire unelenco di scrittori che conoscevano C. direttamente. Esso è sensibilmente diverso daquello che ha costituito il miopunto di partenza, come si puòconstatare nella sinossi che riporto, e si tratta diunadifferenza onomastica e cronologica al tempo stesso. Sugli autori di età imperiale grava più di unragionevole dubbio che fossero privi di un autonomo e consapevole interesse nei confronti di C.: credo quindi che sia giusto considerarli soltanto dei tramiti occasionali di notizie in origine clitarchee; i loro nomi non possono essere conteggiati per valutare l’estensione della conoscenza delle Storie. Rilevante ma, io credo, indiscutibile appare l’assenza di Plutarco1 o quella di Ateneo; dell’espunzione „parziale“ delnomediCurzio daròovviamente un’articolata giustificazione2. Il nuovo elenco va daClearco (prima metà III sec. a. C.)3 a Quintiliano (I sec. ex d. C.) ed offre un quadro io credo più realistico degli autori che prestavano attenzione a C., o perché formulavano ungiudizio sudilui o perché neutilizzavano per scelta l’opera. I nomi di Strabone, Curzio, Plinio ed Eliano trovano posto in questa successione malimitatamente aduntipo di notizie particolare, quelle sull’ India, e meritano unaconsiderazione a parte4. Seguendo le due coordinate, del giudizio esplicito e dell’uso consapevole, vorrei ora commentare il materiale della nuova lista. Giudizi

Gli autori che esprimono suC. un’opinione personale o il riflesso diunacommunis

opinio sono, a nostra conoscenza, Filodemo, Sisenna, Cicerone, Longino, Demetrio, Plinio e Quintiliano. Il valore chevaattribuito ai loro giudizi è giàstato oggetto di attenzione nelle analisi individuali; suquella base vorrei ora suggerire un’interpretazione che coordina le varie prese di posizione in un quadro, a me sembra, coerente. Sisenna appare, attraverso le critiche del suo antagonista Cicerone, colui che elesse C. a proprio modello storiografico e che contribuì a diffondere in Roma la

1 2 3

Cfr. infra L’influenza di Clitarco sulla tradizione posteriore. Cfr. infra nel testo e infra Una dipendenza mista? Se si accetta l’idea dell’identità di vedute segnalata daSchol. Apoll. Rhod. II. 904 fra Cameleonte e C. significhi cheil primo dipendeva dalsecondo, Cameleonte dovrebbe essere il primo nome di questo elenco e l’epoca andrebbe anticipata alla fine del IV sec. Cfr. supra Scolî per

4

. Si puòosservare Cfr. infra La tradizione posteriore e, perCurzio, Alcuni episodi „indiani“ find’oracomunque chel’apprezzamento diEliano –piùche ungiudizio circostanziato –è una

tutta

la questione.

dichiarazione

di fiducia.

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Parte

I –La conoscenza diClitarco

nella cultura antica

conoscenza della suaopera. L’importanza di Sisenna5, innegabile a prescindere dal naufragio della suaopera se si tien conto che unoscrittore come Sallustio si onorò di continuarlo, costituiva unabase promozionale nondisprezzabile per l’Alessandrografo, candidato così a divenire unriferimento privilegiato perlacultura romana delI sec. a. C. (o almeno perparte diessa). Il primo autore che, per quanto noi sappiamo, esprimeva compiutamente un giudizio suC., in particolare sul suomodo di scrivere, è Filodemo: unpersonaggio legato ad Alessandria d’Egitto e poi legato al mondo degli epicurei romani, non diversamente da Sisenna. Filodemo appare un ideale trait d’union fra l’ambiente culturale alessandrino, con tutto ciò che esso significava, e l’ambiente culturale della Roma tardorepubblicana, avido di ellenismo e desideroso di rivendicare un proprio ruolo, di offrire una propria risposta ai problemi suscitati dai dibattiti letterari6. Egli è, in altri termini, unprobabilissimo tramite perl’importazione in Italia di C. e per la suaproposizione agli intellettuali romani7. All’interno della polemica allora viva suipregi e i difetti dell’Asianesimo s’incontrano, o meglio si confrontanosuposizioni opposte, lo scrittore epicureo e l’Anonimo delSublime che offrono unavalutazione leggermente diversa di C. A ben riflettere si ha l’impressione che C. nonsia stato accolto in Roma per l’ (eventuale) importanza di ciò che aveva scritto, mapiuttosto peril rilievo –meno discutibile e innegabile –del suo stile. Un modello formale, insomma, più che contenutistico8. La critica di Cicerone, che cercava di demolire C. anche sul piano della veridicità, mostrando come il desiderio di offrire un racconto ad effetto (rhetorice et tragice) inducesse un autore ad inventare, trova eco nella seconda parte del giudizio di Quintiliano, fides infamatur. Mentre nella prima parte di esso, probatur ingenium, rimane evidente la traccia diquel fascino che le Storie dovevanoavere e che risplende, percosì dire, nelcelebratus diPlinio. Dal 70 a. C., quando Filodemo giunge in Italia, alla fine delI sec. d. C., quando fortuQuintiliano redige il suosintetico bilancio sulla letteratura greca, si gioca la „ naromana“di C., auspicata daintellettuali epicurei e fondata eminentemente sulle qualità stilistiche della suaopera. C. divenne senza dubbio unautore noto (celebratus), unautore dicui si parlava nelbene e nelmale; ma,proprio perquesto, conuna

5 6

7 8

46. Su Sisenna cfr. RAWSON 1979, 327– Sulmondo culturale romano, conriferimenti aiproblemi quiaccennati, cfr. RAWSON 1985, in 23. Non mi sembra si possa parlare, come fa il TARN 54, di una 22, 144 e 221– part. 121– fortuna diC. nei circoli stoico/repubblicani di Roma. Preferisco usare il termine ‚proposizione‘ perché mi sembra che Filodemo, pur nonessendo affatto laudativo nei confronti di C., sia però decisamente piùpossibilista e meno critico di un Demetrio o di unLongino. Sull’importanza stilistica di C. insiste molto LEVI 41 e 85, che pensa avesse un posto nei programmi di scuola; cfr. anche GOUKOWSKY (Ed.), XVII nota 1. Nonmi sembra, invece, checi siano elementi persupporre, come fa la RAWSON 1979, 340 (conbibliografia precedente), che si fonda comunque suDiodoro, peripotizzare unparallelismo fra la figura diAlessandroin C. e quella di Silla in Sisenna. Sulla possibilità che Varrone abbia epitomato l’opera di C. cfr. supra Plinio, e sulle eventuali implicazioni infra neltesto.

Cap. 2 –Giudizi suClitarco e usodella suaopera

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conseguenza logica e comprensibile, non un autore particolarmente attendibile (fides infamatur)9. Nonpenso siaprivo disignificato il fatto10 cheSeneca ci conservi suTimagene –un immigrato di qualità come Filodemo –un giudizio simile a quello appena considerato di Quintiliano suC.: Seneca (Contr. X. 5. 22 = 88T2) definisce infatti Timagene disertus homo et dicax, a quo multa improba sed venuste dicta, individuando nello scrittore alessandrino unamescolanza di stile brillante e di contenuti scabrosi; da parte sua, lo stesso Quintiliano, che nel canone degli storici indica soltanto i nomi di C. e di Timagene come rappresentanti dell’alto e del basso ellenismo, attribuisce al secondo il merito di una rinascenza degli studi storici. Sembra delinearsi fra Timagene e C. un interessante rapporto di affinità: nel I secolo d. C. erano noti come autori pregevoli per la forma e discutibili (e discussi) perla sostanza macomunque degni diunospazio rappresentativo nella storiografia. I giudizi suC., inbase ai quali abbiamo costruito queste conclusioni, provengono però –in quasi tutti i casi –da autori che non lo hanno utilizzato come fonte storica11: nonFilodemo o Longino o Demetrio o Quintiliano, ovviamente; daparte suaSisenna lo conosceva manontrattò la stessa materia; Cicerone polemizza una sola volta con C. su unpunto specifico e, comunque, neppure lui aveva bisogno dell’opera dello storico di Alessandro; circa la possibilità che Plinio attingesse direttamente a C. ho già espresso la mia opinione negativa e, in ogni caso, il giudizio che egli formula nonè unapprezzamento sull’opera di C. mapiuttosto la constatazione della suanotorietà. Fa eccezione il rilievo di Curzio sulla eccessiva securitas, forse attribuita a C., che merita unaconsiderazione particolare12. La conclusione che s’impone, perora, è che frail I secolo a. C. e il I secolo d. C. esistevano nell’ambiente romano i presupposti perché C. venisse anche considerato una fonte storica, oltre che un riferimento stilistico: il bilancio degli elementi sull’usoconsapevole della suaopera puòrivelare se tale eventualità si è verificata.

Uso

Gli autori che, sulla base dell’analisi deisingoli frammenti, appaiono come debitori probabilmente consapevoli e senza mediazioni dell’opera di C. sono: Clearco (in Ateneo) [Cameleonte (in Sch. ad Apoll. Rhod.)] Sozione (in Diogene Laerzio) Eratostene (in Strabone/Plinio) Dionisio Skytobrachion (in Sch. adApoll. Rhod.) Posidonio (in Strabone)

9 Cfr. anche infra La „cifra“di Clitarco. 10 Notato peraltre ragioni daHAMMOND 1983, 186 nota48. 11 Lo HAMILTON 1977, 144, aveva già notato che i frammenti di C. provengono parte molto esigua daopere di storia. 12 Cfr. supra Curzio e infra nel testo nonché infra La tradizione successiva.

soltanto

in

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Parte

I –La conoscenza diClitarco

Timagene (in Curzio) Diodoro Autore delcanone degli storici greci ]] Strabone ]] Curzio Notizie indiane ]] Plinio ]] Eliano

nella cultura antica

suRoma (in Plinio)

Unelemento dinotevole interesse cheaccomuna buona parte diquesti personaggi è la loro appartenenza, piùo menotemporanea, all’ambiente culturale diAlessandria d’Egitto13. In momenti diversi Sozione, Eratostene, Dionisio Skytobrachion14 e Timagene entrarono in contatto con il patrimonio librario alessandrino; cosa che vale, lo si è già sottolineato, anche per Filodemo. Un’attenzione particolare merita il caso di Timagene15 che per certi versi è accostabile a quello di Filodemo: ambedue hanno avuto rapporti con il mondo culturale di Alessandria, ambedue si sono trasferiti in ambiente romano (Filodemo fu in Italia dal 70 a. C. e Timagene a Roma dal 55) e sembrano aver avuto, uno sicuramente, l’altro probabilmente , adunadistanza di tempo relativamente breve unruolo di importatori di C. in Roma. Edè in questa città che, forse, Posidonio fu indirizzato alla suaconoscenza. Pure in Roma, comprensibilmente, si formò il piccolo elenco di scrittori greci che davano notizie sulla città conservato da Plinio: la presenza in esso di un Alessandrografo si comprende anche come una conseguenza dell’interesse, vivo purse polemico, della cultura romana delI secolo a. C. perla figura diAlessandro, e quindi perl’esistenza, o l’inesistenza, dirapporti fraRomae il Macedone; il fatto che tale Alessandrografo sia C. mostra che la suaopera era sufficientemente nota perché qualcuno vi individuasse la notizia sull’ambasceria adAlessandro e desse a quell’informazione adeguata pubblicità, anche solo orale. Sfortunatamente è difficile per noi dire se la responsabilità ricada molto semplicemente sui già noti conoscitori diC., Sisenna e Celio Rufo, o sevada attribuita adunterzo lettore quale poteva essere Timagene16. Il fatto cheognuno degli autori dell’elenco nonciti piùdiunavolta C., e quindi che nonesistano le basi perparlare di unampio uso, costituisce dalpunto di vista metodologico unfreno alle nostre conclusioni. Vorrei però rilevare chei frammenti di C. sono poco numerosi nel loro complesso17; che, proprio per correttezza di metodo, evito di ricercare criptocitazioni, tanto di C. stesso quanto degli autori

13 14 15 16 17

Fanno eccezione Clearco di Soli e Cameleonte di Eraclea, dei quali nonsappiamo se ebbero qualche legame con Alessandria. Ambedue possono costituire unelemento perdatare C., cfr. infra La „ datazione“degli antichi. Cfr. supra Scoli perla delicata questione posta daquesto autore; inogni caso il F17, data la sua matrice scoliastica, si puòcomunque ricondurre all’ambiente alessandrino. 26. 10 e 125– Cfr. in genere BOWERSOCK 109– Sulla debole traccia che puòportare a Varrone cfr. supra Plinio. Cfr. LEVI 92, che ritiene che siano poco significativi perché C. era un autore più letto che utilizzato sistematicamente. Cosa assai interessante mapurtroppo nonfacile daprovare.

Cap. 2 –Giudizi suClitarco e usodella suaopera

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candidati come fonti intermedie; e, soprattutto, che anche tali fonti intermedie sono comunque a noi note solo attraverso frammenti, situazione che rende piùdifficolto-

sa ogni ricerca. Tuttavia la connotazione

„ alessandrina“che accomuna

unnumero

ragguarde-

vole degli autori che, secondo la miaipotesi, dipendevano direttamente daC., è un dato difatto e nonunacoincidenza casuale18; come nonlo è la convergenza sudilui in Roma di intellettuali romani e di intellettuali greci che si erano stabiliti in Italia, alcuni dopo aver lavorato adAlessandria.

Un aspetto curioso di questo successo „itinerante“di C. è che la fortuna alessandrina sembra spegnersi quando si accende quella romana e che, come non tornarono in Egitto gli uomini di cultura che veicolarono C. in Roma, così la sua opera rimase quasi obliata nel mondo culturale più tipicamente greco. Spie assai eloquenti diquesto fenomeno sono il disinteresse diPlutarco neiconfronti diC. ma, ancor di più, quello di Ateneo, che nel contesto di Alessandria d’Egitto lavorò e che, puressendo assai interessato adAlessandro, dipende poco e solo indirettamente da C.; e il silenzio di Clemente di Alessandria, che ci conserva soltanto una notazione cronologica, costituisce nonunargumentum e silentio mala testimonianza di un oblio. D’altro lato, Arriano non fa di C. un riferimento privilegiato19, e Fozio lo cita di riflesso, all’interno di uno status preconfezionato ed insieme ad λ λ ο ι20. anonimi ἄ Gli elementi perdefinire invece i contorni della fortuna romana di C. sono più difficili da cogliere, anche se resta l’impressione di dover prendere atto di una situazione più positiva. In effetti le considerazioni che ho fatto a proposito dei giudizi su C. hanno permesso di delineare –tramite Plinio e Quintiliano –un atteggiamento per così dire di accoglienza dell’opera di C.21. In altri termini, le coordinate culturali fra I secolo a. C. e I secolo d. C. appaiono sicuramente favorevoli all’uso di C. come fonte, daparte di chi in ambiente romano intendesse scrivere su Alessandro: e i due autori che concretizzarono questa intenzione, cioè Diodoro e Curzio, sono appunto quelli per i quali si pone in modo globale la questione della dipendenza daC.22. È senza dubbio vero23 che l’importante è definire se Diodoro usò C. e non soltanto se avesse la possibilità diusarlo, maritengo che anche perquesto problema la coincidenza dipiùelementi diversi conduca adunaconclusione almeno degna di nota. 18 Mi sembra quindi di aver addotto prove sufficienti peravvalorare la frettolosa osservazione del TARN 44, chefor theHellenistic period there is no evidence, butprobably he wasread, e per riportare entro confini piùprecisi la valutazione unpo’superlativa di MEISTER 1990, 122, che in der hellenistischen Zeit C. hatsich größter Beliebtheit erfreut. 19 Cfr. infra I legomena di Arriano. 20 A proposito del riso sardonico; si tratta del F9, per il quale cfr. supra Scolî. 29, chenessun 21 Nonmisembra esistano le basi peraffermare, come fa HAMMOND 1993, 328– autore antico parlasse bene di C. 22 Naturalmente tale problema esiste anche per Trogo/Giustino, e adesso dedicherò attenzione infra L’Epitome di Giustino. La mancanza di citazioni esplicite di C. in Giustino rende la questione meno prioritaria di quanto nonlo sia perDiodoro o Curzio. 23 Come osserva il BORZA 26.

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Parte

I –La conoscenza diClitarco

nella cultura antica

Inprimo luogo varicordato cheDiodoro rimanda esplicitamente a C. solo nel1. II, perle misure delle muradi Babilonia e, forse, perle notizie sui giardini pensili, ma che l’analisi del contesto non offre elementi per negare una dipendenza diretta24; il che costituisce unospiraglio per immaginare unapiù ampia conoscenza

dell’Alessandrografo da parte di Diodoro. In secondo luogo, nonostante manchino notizie precise sui conoscenti romani di Diodoro25, è possibile constatare che egli riproduceva nella sua opera temi e spunti significativi nella cultura a luicontemporanea, come il concetto diπ η ρ σ ρ ία α e di ἐπ ιεικ ε o lo spunto dei fratelli cartaginesi Annibale e Asdrubale che, se si ία fossero uniti, avrebbero potuto sopraffare Roma26. L’analisi ditali spunti riconduce da un lato a Filodemo e dall’altro a Timagene27, e queste affinità suggeriscono quantomeno uninteresse daparte di Diodoro proprio per ambienti culturali in cui eradiffusa conoscenza diC. Infine, mal’argomento nonè diminore rilievo, C. risulta l’unico autore „sentidaDiodoro come unostorico di Alessandro28. Infatti nella Bibliotheca nonsolo to“ non viene citato nessun Alessandrografo a noi noto29, ma–cosa che appare più significativa e, direi, emblematica –Callistene, che viene ricordato perben3 volte come storico30, viene recepito esclusivamente come autore di Hellenika e non di Alexandrou praxeis; ora, poiché la diffusione di Callistene come Alessandrografo nel I a. C. rendeva senz’altro possibile il suousodaparte di Diodoro, il silenzio di

24 Cfr. supra Diodoro e infra l’Appendice Riflessioni sulle fonti di Diodoro II. 1– 34. 25 Cfr. SACKS 164 e 168, molto scettico sulle possibili „entrature“diDiodoro a Roma. 26 Cfr. Diod. XXVI. 24. 2: si tratta di uncalco del celebre confronto tra Alessandro Magno e Roma, dimarca timagenica, conil quale polemizza Livio. Perl’identificazione conTimagene e 97. le considerazioni delcaso rimando a SORDI 1982, 775– 27 I contatti concettuali conFilodemo e conTimagene vengono notati anche dalSACKS, 34, 44, e 132, che però non li approfondisce; lo studioso è in genere negativo circa l’influenza di Timagene suDiodoro (136), perché pensa soprattutto al momento della rottura conAugusto, che è posteriore alla composizione della Bibliotheca. Per uno sfruttamento coerente delle 45, che fra l’altro mette in affinità rimando invece alle osservazioni di ZECCHINI 1993, 441– evidenza cheDiodoro, convinto ammiratore diCesare, eraunantiottavianeo, nondiversamente daTimagene che, come è noto, in seguito fuanche antiaugusteo. 28 Questa idea è stata espressa anche dalBADIAN 1965, 8, il quale ritiene cheDiodoro a II. 7. 3 citi la testimonianza di C. e di altri Alessandrografi attraverso unintermediario e pensa che abbia messo in evidenza il nome di C. perché eral’unico Alessandrografo che gli era noto. Da parte mia, ritengo nondimostrabile l’esistenza di unafonte intermedia (cfr. infra l’Appendice 34) maconsidero assai probabile la conclusione sul Riflessioni sulle fonti di Diodoro II. 1– ruolo di C. perDiodoro. 29 A XX. 50. 4, a proposito della battaglia di Salamina del307, viene ricordato fra gli ufficiali un 36F3): costui nonè unAlessandroο εν ς(135– μ ά ά ξ ρ ιςσυντα ε ξ ὰ ςπ Marsia ὁ ικ τ ὰ ν ο εδ κ ςΜ α grafo, almeno nonpiùdiquanto lo siaperesempio Teopompo. Decisamente dubbio è il caso di unPoliclito, menzionato a XIII. 8. 3, nel contesto di unepisodio agrigentino: costui potrebbe infatti essere identificato con Policrito di Mende (559F3, cfr. discussione già nel MÜLLER 17). Nearco viene nominato quale parteci129, e successivamente JACOBY, IIIB Komm., 516– 5 e 69. 1). pante alla strateia a XVII. 104. 3 e 112. 3 (oltre che a XIX. 19. 4– 3, viene accostato a Teopompo peril rifiuto deimythoi; a XIV. 117. 8 e a XVI. 14.4 30 A IV. 1. 2– viene precisato l’anno d’inizio e difine deisuoi Hellenika.

Cap. 2 –Giudizi suClitarco e usodella suaopera

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quest’ultimo in merito appare indizio di undisinteresse, che puòessere ben comprensibile anche tenendo conto dell’incompiutezza dell’opera diCallistene suAlessandro, mache costituisce unelemento in favore delricorso a C. Anche perquel cheriguarda Curzio credo chevadaesaminato il problema delle citazioni di autori nelle Historiae. Se Curzio enunciava propositi metodologici all’inizio della sua opera, come Arriano, non ci è dato di sapere; e la perdita, insieme al primo, anche del secondo libro impedisce di estendere a tutta l’opera le considerazioni che sto perfare. Costituisce però unfatto oggettivo che nei libri dal III all’VIII e nel X non compaia il nome di nessuna fonte di informazione, mentre nel 1. IX, a 5. 21, Curzio menziona in poche linee ben tre nomi –C., Timagene e Tolemeo –e a 8. 15 compare di nuovo il nome di C. come fonte per una notizia. Questa concentrazione va indagata nelle suecause, perdefinire se è indizio significativo o pura coincidenza. Nel primo caso ho già rilevato31 che Curzio aveva di mira la falsa notizia su Tolemeo data daTimagene, chepoteva forse trovare in quest’ultimo la menzione di C. come fonte e che la conoscenza di unadifferente versione dei fatti nell’opera di Tolemeo lo stimolava a dare spazio alla questione. L’episodio, e l’atteggiamento dei tre storici, appariva giustamente emblematico a Curzio, che si sofferma a dare unpiccolo saggio di critica delle fonti32. Tutto ciò dimostra, io credo, che il passo costituisce un’eccezione del tutto particolare nel modo narrativo di Curzio ma anche che, proprio perquesto, puòoffrire indicazioni sualcuni autori che lo storico latino aveva a portata di mano33. Con questi presupposti, la citazione di C. nel normale“e nonsuscitato secondo passo, che è invece unrimando apparentemente „ daunpunto controverso, diviene ununicum di grande rilievo negli otto libri delle Historiae a noi pervenuti. CheCurzio citi C. perché lo stava seguendo perla parte indiana della strateia34, oppure perché la notizia nongli pareva attendibile35, è certo possibile ma non costituisce una risposta soddisfacente, anche per gli ulteriori quesiti che implica: Curzio seguiva C. solo per quella parte dell’itinerario? Il che significa che, in tutto il resto dell’opera, là dove nonlo cita nondipende dalla sua opera? E si potrebbe continuare36.

31 Cfr. supra Curzio. 32 La struttura sintattica della prima parte della testimonianza, come è stato notato dal BOS81, richiama da vicino Liv. XXXIV. 15. 9: Valerius Antias supra quadraWORTH 1988, 80– ginta milia hostium caesa eo die scribit; Cato ipse, haud sane detrectator laudum suarum, multos caesos ait, numerum non adscribit; e si ritrova in Tac. Ann. XI. 11. 3 (con minore affinità); lo studioso moderno ne inferisce che Curzio stava seguendo una sorta di modello letterario e che nonè necessario pensare a unadipendenza diretta daTolemeo. 33 Cfr. THÉRASSE 1968, 554, e infra Una dipendenza mista? 34 Cfr. ROSEN 468. 35 Cfr. BOSWORTH 1983, 156. , Una 36 Peruntentativo dirisposta cfr. infra La tradizione successiva, Alcuni episodi „indiani“ dipendenza mista?

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I –La conoscenza diClitarco

nella cultura antica

CAPITOLO 3

LA FORTUNA DELLE NOTIZIE INDIANE

In varie occasioni1 è stato inevitabile constatare che le notizie riguardanti l’India attribuite a C. richiedono un’attenzione e untrattamento particolari. Ciò deriva in primo luogo dal fatto che già gli autori antichi che le conservano mostrano una fiducia particolare nella loro attendibilità, fiducia che in genere non caratterizza affatto il ricorso alla testimonianza di C.2. Ritengo quindi che nonsia inopportuno destinare a questi frammenti anche unospazio autonomo, al fine di analizzarli nel loro complesso, e riconoscere nel contempo la loro centralità all’interno di una ricerca suC. Seguendo la numerazione dello Jacoby i frammenti sono complessivamente 133, ma se si considera che il F20 sugli uccelli indiani, conservato da Strabone, coincide come argomento con i F22 e 21 in Eliano4, si ottiene un totale di 12 notizie5. La ‚sezione indiana‘rappresenta comunque circa 1/3 delle citazioni di C. in nostro possesso e costituisce il gruppo piùomogeneo: dueelementi chegiustificano ulteriormente unostudio sistematico.

La prima e piùevidente caratteristica che accomuna i frammenti clitarchei di argomento indiano –e li differenzia dagli altri –è che le notizie in essi contenute vengono accettate e riportate dagli scrittori posteriori senza riserve e senza contrapposizioni: infatti gli unici casi in cui ciò avviene sono quello delle maree oceaniche (F26), in cui l’accenno a C. era inserito da Posidonio in uncontesto globalmente polemico che in uncerto senso trascendeva l’A lessandrografo; e quello assai noto riguardante Tolemeo (F24) cheoffre materia permolte discussioni6 mache, in ogni caso, veniva contestato daCurzio proprio perché riguardava Tolemeo (e contrastavaconi suoi Hypomnemata) e nonperché riguardasse l’India. Si hainsomma l’impressione chele informazioni indiane diC., a differenza per esempio di quelle sulla regione ircana7, non abbiano offerto materia di polemiche nella prima età ellenistica, e in questo senso Strabone –come ho già osservato8 – costituisce una testimonianza esemplare. Varie ragioni potevano favorire questo fenomeno e, inprimis, il fatto chei resoconti indiani erano la parte menoverificabile, e quindi menocriticabile, nell’opera diqualsiasi Alessandrografo; inoltre, chi lo 1 2 3

4 5 6

7 8

Cfr. supra Strabone, Plinio. Cfr. supra Giudizi su Clitarco e usodella sua opera. Nello schema risultano 14perché annovero nelgruppo degli „indiani“anche il F29 (= Plin. VI. 198) –che geograficamente riguarda il golfo Persico –in quanto C. dipende per le notizie in esso contenute dalla stessa fonte che usapervarie altre notizie sull’India; cfr. infra neltesto. Perunatrattazione deiframmenti cfr. supra Eliano. Rimando allo schema infra nel testo e, naturalmente, all’elenco generale dei frammenti negli indici. La cifra di 12 si intende riferita alle pure informazioni diverse. Cfr. supra Curzio e l’Appendice Il F24 e l’epiteto Soter e Giudizi su Clitarco e usodella sua opera e infra Clitarco e Alessandria d’Egitto e Il rapporto con Tolemeo, nonché Una dipendenza mista? Cfr. infra La descrizione dell’Ircania.

Cfr. supra Strabone.

Cap. 3 –La fortuna delle notizie indiane

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desiderava poteva facilmente constatare che, un po’in tutti gli autori, i racconti sull’India conservavano particolari fabulosi e sensazionali. Ma si puòforse tentare anche unaspiegazione piùpeculiare e adatta al nostro caso: cioè la possibilità9 che ad un certo momento si sia costituita una sezione autonoma dell’opera di C., contenente appunto le notizie sulle regioni indiane, destinata a vivere divita propria rispetto al resto e a riscuotere unacerta fiducia. Mi incoraggia a concludere in questo senso, oltre l’impressione che autori come Strabone o Plinio abbiano unaforma di dipendenza „mista“daC., indiretta negli altri casi e diretta peri frammenti indiani, anche unelemento concreto. Infatti fragli autori checitano C. perle notizie indiane venesono treche, oltre al nome dello storico, rimandano anche alla sua opera; e di questi Sozione (in Diogene Laerzio) e Dionisio Skytobrachion (in unoscolio) nominano le Ἀ λ εξ ά ν ρ ο λ ρ υἱσ ία ι10; invece Eliano XVII. 2 (F18) cita Κ δ είτα τ ο ρ χ ο ςἐ ντ ῇπ ὶτ ερ ὴ ν ή ν . L’ipotesi di unalacuna prima di π Ἰν δ ικ ρ ί, lacuna nella quale sarebbe perita ε un’indicazione di tipo numerico o forse geografico11, non mi sembra necessaria: l’espressione diEliano trova unparallelo, perquanto riguarda la struttura, in quella νεπ ρ ίἈ λ εξ ; la differenza sostanziale, e ε ρ di Stobeo IV. 20. 73 (F35) ἐ ο υ ν ά δ 12sull’India. ή φ ρα γ significativa, è cheEliano nonrimanda alle Storie maadunaσ γ υ Sia Sozione sia Dionisio lavorarono in ambiente alessandrino in un’epoca compresa fra III e II secolo a. C., e sembrano fare riferimento all’intera opera diC. su Alessandro; invece, in età piùtarda, Eliano rimanda adunaparte specifica che trattava di cose indiane. Fra il II a. C. e il II d. C. potrebbe essere collocata la scissione di questa Indiké, dal resto dell’opera clitarchea; e mi sembra che la presenza, e l’apprezzamento, delle notizie sull’India in Plinio e prima ancora in Strabone consentano di risalire a quella fase fra la fine delI secolo a. C. e il I d. C. che coincide, come si è visto13, con il massimo livello della popolarità di C. nella cultura romana.

a) La tradizione contemporanea Il tentativo di definire piùprecisamente il valore delle notizie di C. sull’India ed il loro rapporto con quelle degli Alessandrografi della prima generazione, conduce subito alla constatazione che per metà circa delle notizie è possibile per noi rinvenire unparallelo con Nearco14: se si tien conto del fatto che l’opera di Nearco 9 Cfr. supra Eliano. 10 Cfr. infra il quadro in Le Storie di Alessandro. 11 Cfr. Jacoby e prima di lui Müller. Contro la seconda possibilità c’è daconsiderare il silenzio totale delle fonti parallele sul nome della regione dell’India così descritta. 12 Sottintendendo untermine diquesto tipo, l’indicazione diEliano risulta corretta e comprensibile, anche senza ipotizzare unalacuna. 13 Cfr. supra Giudizi su Clitarco e usodella sua opera. Sull’usodiquesta Indiké cfr. anche infra Una dipendenza mista? 14 Cosa ovviamente già rilevata daJACOBY RE, 652, macompletamente trascurata daSCHA35, che nello stemma fontium degli Alessandrografi „scollega“C. da CHERMEYR 1976, 34– Nearco.

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I –La conoscenza diClitarco

nella cultura antica

ci è giunta frammentaria come quella di C., un così alto tasso di coincidenze è rivelatore di un’affinità piuttosto stretta fra i dueautori. F6 (Diog. Laer. I. 6) –Nearch. 133F4 (Arr. VII. 3. 6) C. segnalava il disprezzo con cui i Gimnosofisti consideravano la morte; tale disprezzo –come è noto –è messo in evidenza daNearco maanche da vari altri Alessandrografi, nel contesto del suicidio di Calano15. L’assoluta brevità e genericità della citazione fatta da Diogene Laerzio inibisce la possibilità di ulteriori confronti al fine di valutare meglio i rapporti di dipendenza fra C. e altre fonti. F26 (Strab. VII. 2. 1) –Nearch. F33 (Arr. VI. 19) Delracconto clitarcheo sugli effetti delle maree oceaniche possediamo, tramite Strabone, il particolare della cavalcata degli esploratori inseguiti dal riflusso che minacciava di accerchiarli. L’episodio si colloca al momento dell’arrivo di Alessandro alla foce dell’Indo16 e Arriano ci conserva la relativa testimonianza di Nearco in merito, main essa nonvi è alcun cenno ai cavalieri: la narrazione non offre elementi perescludere la loro presenza ma,semplicemente, nonvi allude. Per questa viaunconfronto piùspecifico fra C. e Nearco nonè possibile. 12) F18 (Ael. XVII. 2) –Nearch. F10 (Strab. XV. 1. 45 e Arr. Ind. 15. 10– Circa i serpenti cheingranquantità e tipi vivevano nelle regioni indiane, Eliano chiama C. come testimone sutre aspetti: la lunghezza, fino a 16cubiti; la varietà e in particolare i colori metallici della pelle; il morso letale. Su duedi questi punti, la misura di 16 cubiti e la terribile velenosità, Strabone ci consente di accostare C. a Nearco, che si soffermava condovizia diparticolari sui serpenti. E se le considerazioni sul morso di quegli animali potrebbero parere un ovvio elemento della descrizione, più caratterizzante diviene l’indicazione della lunghezza, visto che notevolmente diverse erano le misure date dagli altri Alessandrografi17. F27 (Plin. VII. 30) –Nearch. F1 (Arr. Ind. 29. 12) C. viene citato come autorità daPlinio perle notizie sugli Indi marittimi che si nutrono di soli pesci e ne fanno perfino focacce. Gli stessi particolari tornano in Arriano che dipende daNearco18. F28 (Strab. V. 2. 6) –Nearch. F1 (Arr. Ind. 29. 14) Perquanto riguarda le miniere di sale la testimonianza diC. appare prossima a ρ ο ῦ θ α ι σ η ν α λ π quella di Nearco –ambedue parlano di ἅ λ ε ςche si rigeneravano (ἀ τ ιin quella arrianea di Nearco) – α ο μ ό ὐ τ nella mediazione straboniana di C. e α

65 e Plut. Al. 65); Caret. 125F19a (Athen. X. 15 Cfr. Onesicr. 134F17 e 18 (Strab. XV. 1. 63– b); Megasth. 715F34 (Strab. XV. 1. 68 e Arr. VII. 2). 437a– 24) si legge unracconto compatibi16 Diodoro nonparla dell’episodio mentre inCurzio (IX. 9. 9– . le con la notizia attribuita a C. Cfr. anche infra Alcuni episodi „indiani“ 17 Aristobulo (139F38), il piùriduttivo, indicava poco piùdi 9 cubiti, mentre sul fronte opposto Onesicrito (134F16) parlava addirittura di 80 e 140 cubiti; ambedue sono citati daStrab. XV. 1. 45. 18 Sugli Ichthyophagi cfr. una visione d’insieme circa l’atteggiamento dell’etnografia greca in 55. LONGO 9–

Cap. 3 –La fortuna delle notizie indiane

mentre per esempio Onesicrito (134F32 = Strab. puntava più l’attenzione sul monte delle saline19.

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XV. 2. 14, cfr. anche XV. 1. 30)

Il tentativo di realizzare un confronto puntuale tra i frammenti di C. e quelli di Nearco haportato a risultati differenziati, mettendo in luce in taluni casi un’affinità sostanziale (miniere di sale, Ichthyophagi, serpenti), in altri arrestandosi alla constatazione di una somiglianza di contesti (Gimnosofisti, maree), ma consentendo l’ipotesi di unrapporto. E poiché è difficile che unpartecipante, anzi unprotagonistadella spedizione diAlessandro, comeNearco avesse bisogno diattingere all’opera di C., non resta che pensare che l’origine prima, e ultima, di almeno parte delle notizie indiane diC. vadaricercata nell’I ndiké dell’ammiraglio. L’elemento che a mioavviso ci permette di ipotizzare unafedeltà d’insieme di C. all’opera di Nearco è il fatto che i dueautori coincidono perfettamente su una notizia che desidero esaminare in questa sezione anche se, dal punto di vista geografico, non riguarda le regioni indiane: quella dell’isola del golfo Persico povera di cavalli (F29 = Plin. VI. 198). Plinio rimanda a C. per la notizia, che era stata riferita adAlessandro, didueisole, unacosì povera dicavalli e ricca d’oroche un esemplare veniva pagato un talento, l’altra su cui sorgeva un monte sacro coronato da una selva di alberi resinosi e profumati. Curzio (X. 1. 11) rimanda al resoconto di viaggio di Nearco e di Onesicrito per la notizia sull’isola tanto ricca d’oroquanto povera dicavalli, dove unanimale importato dalcontinente valeva un talento20. Se anche Curzio, come mi pare probabile21, desumeva l’informazione da C., il fatto che sia Plinio sia Curzio facciano riferimento al rapporto di Nearco e di Onesicrito può significare che C. dichiarava di dipendere da costoro. Del resto là dove sembra possibile suggerire unnome diverso daquello diNearco quale fonte di C. ci si imbatte appunto inOnesicrito. È il caso delF19 (Ael. XVII. 25) sull’incontro di Alessandro e del suoesercito conle scimmie indiane22, peril quale il confronto tra Eliano (che ci conserva C.), e Strabone (che dipende con tutta probabilità da rivisitato“ , centrando l’attenzione Onesicrito), suggerisce lapossibilità cheC. abbia „ suAlessandro, unepisodio che Onesicrito riferiva invece all’esercito macedone23. I risultati diquesta parte dell’indagine costituiscono un’utile base perqualificare il rapporto di C. con gli altri storici di Alessandro24.

19 Vorrei notare che gli altri passi raccolti ad loc. daJacoby nonmenzionano il sale. 29 e infra La tradizione successiva. 20 Cfr. GOUKOWSKY 1974, 128– 21 Cfr. infra La tradizione successiva, Alcuni episodi „indiani“e Una dipendenza mista? 22 Cfr. supra Eliano. 23 Per l’ipotesi di un altro caso di dipendenza da Onesicrito (a proposito dell’Amazzone) cfr. supra Plutarco e, sul rapporto tra i dueAlessandrografi, infra Gli anni della spedizione. 24 Cfr. ancora infra Gli anni della spedizione.

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I –La conoscenza diClitarco

nella cultura antica

b) La tradizione successiva Lo studio delle 12 notizie di C. sull’India, in rapporto alla trattazione della campagna indiana diAlessandro negli autori piùtardi25, offre altri elementi utili per la mia indagine. Rimando allo schema per la visualizzazione dei risultati e mi soffermo suuncommento deidati.

F e autore

argomento

Diod.

6 Sotion. 17 Dion. Skyt. 18 Aelian.

Curt.

19 Aelian.

gimnosofisti skindapsos serpenti scimmie

IX. 1.4 e 12

20 Strab.

6 90. 1 e 5– 3 90. 1–

processioni

21 Aelian.

22 Aelian. 23 Plin. 24 Curt. 25 Curt. 26 Posid. 27 Plin.

VIII.

9.

24

uccelli Mandi Tolemeo massacro

maree

28 Strab.

Ichthyophagi saline

29 Plin.

isole del g. Persico

102. 6

IX. 5. 21 cit. IX. 8. 15 cit. 24 IX. 9– X. 10. 10 X. 1. 11

Per quanto riguarda Diodoro, la presenza di notizie affini a quelle clitarchee si limita ai metodi dicattura delle scimmie26, alle caratteristiche deiserpenti velenosi; e, probabilmente, alla strage avvenuta nelregno diSambo27. Nonsi deve trascurare inoltre cheperunnumero quasi triplo dinotizie connesse conl’area indiana nonsi rinviene nel l. XVII nessuna forma dicorrispondenza28; il valore diquesta statistica puòessere ridimensionato dalla constatazione che la maggior parte dei frammenti indiani di C. è di argomento zoologico o etnografico, anche se Diodoro nonappare del tutto disinteressato a questi aspetti. Piùconsistente però sembra il rapporto chesi delinea trai frammenti indiani di C. e le Historiae di Curzio. Esse conservano notizie date daC. ovviamente nei due passi dove è citato il nome dello storico: il fatto che Curzio critichi e respinga la 25

26 27

Considero di fatto solo Diodoro e Curzio, perché sono i dueautori che offrono unanarrazione continua e sistematica, peri quali si pone il problema della fonte, e della dipendenza daC. Cfr. supra l’Appendice Il F19 e la cattura delle scimmie. La cifra deimorti checompare inCurzio, responsabile della citazione diC., è diversa daquella diDiodoro: potrebbe essere corrotta, comecomunemente si crede, manonmisembra opportuno trarne deduzioni dopo averla emendata; cfr. supra Giudizi su Clitarco e uso della sua

opera.

28 È

giusto sospendere il giudizio solo nel caso dello skindapsos, perché trovarsi in unalacuna di Diodoro (cfr. supra Scoli).

la notizia

dovrebbe

Cap. 3 –La fortuna delle notizie indiane

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notizia data daC. e daTimagene suTolemeo nonsignifica che seguisse unafonte diversa; la dinamica dell’episodio è, per quel che riguarda il comportamento di Alessandro, pressoché la medesima intutti gli autori cheneparlano, e ciò che varia sono i nomi dei „salvatori“ . Inoltre Curzio riporta notizie analoghe adaltri frammenti clitarchei a proposito delle caratteristiche dei serpenti, delle processioni con gli uccelli, di qualche uso degli Ichthyophagi e (forse) delle maree oceaniche29. Significativa è poi la convergenza sulle caratteristiche di due isole del golfo Persico, dal momento che nonvi è solo unasostanziale identità di informazioni ma che esse vengono ricondotte tanto daC. quanto daCurzio adunresoconto ufficiale fatto adAlessandro30. Di fronte a queste somiglianze, esiste comunque unnumero altrettanto elevato di casi in cui nonè possibile unconfronto. Credo di essere stata estremamente riduttiva nel ravvisare affinità tra unframmento di C. e i passi dei dueautori considerati soltanto quando ricorre unanotizia effettivamente simile, o una parola significativa. Nonostante ciò e pur tenendo conto del fatto che –lo ripeto –per circa metà delle notizie indiane di C. non è comunque possibile trovare unriscontro, misembra cherisulti chiara la sproporzionenumerica frai punti dicontatto chelegano Curzio a C. e quelli cheabbinano C. e Diodoro: suuntotale di 13 notizie diverse, esistono solo 3 convergenze nel l. XVII contro le 7 delle Historiae. Tale presupposto rende difficile affermare, senza altre prove, che Diodoro seguiva prevalentemente C. peril racconto della campagna indiana diAlessandro31. Semmai si dovrebbe ipotizzarlo per Curzio; e mi domando se il fatto che, nelle Historiae, il maggior numero di coincidenze con i frammenti di C. si concentra proprio nei libri finali32 si possa mettere in relazione con l’ipotesi dell’esistenza di un’Indiké diC. dotata diautonoma circolazione33 e della suaconoscenza daparte di Curzio34. Quanto alla possibilità che il parallelismo dei resoconti di Diodoro e di Curzio sull’India derivi dalla comune dipendenza daC.35, si puònotare che in base ai puri frammenti mancano i presupposti peravvalorarla. E questo è l’elemento dariversare nel dibattito circa l’influenza di C. sulla tradizione a lui successiva.

29 Il racconto diCurzio sulla reazione deiMacedoni davanti al fenomeno delle maree è compatibile conl’episodio clitarcheo della „fuga“deicavalieri inseguiti dalriflusso. 30 Quello di Nearco e Onesicrito, cfr. supra La tradizione contemporanea. 29. 31 Cfr. TARN 128– 32 Si tratta di7 coincidenze su 1/3deiframmenti diC.; mentre peri rimanenti 2/3 il totale giunge a 4 o 5. . 33 Cfr. supra Eliano e La fortuna delle notizie „indiane“ 34 Cfr. supra Curzio e Giudizi su Clitarco e uso della sua opera; e, per la verifica di questa indiani“e Unadipendenza mista? ipotesi, infra Alcuni episodi „ 35. 35 Cfr. HAMILTON 1977, 129–

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I –La conoscenza diClitarco nella cultura antica CAPITOLO 4

RICOSTRUZIONE BIOGRAFICA

I 14 testimonia che Jacoby raccoglie sulla figura di C., e che forse sarebbe più realistico contare come 121, offrono materiale veramente scarso per delineare la vita dello storico. Se si tralasciano i passi checonservano giudizi ditipo genericamente o specificatamente letterario –ovviamente assai preziosi maadunaltro livello2 –rimangono soltanto 3 notizie esplicite3: che C. era figlio di Dinone (Plin. X. 136 = T2); che C. fu discepolo di Aristotele di Cirene e poi di Stilpone di Megara (Diog. Laer. II. 113 = T3); che C. visse quasi contemporaneamente a Teopompo (Plin. II. 57 = T4). Sono dati che consentono qualche osservazione interessante4 mache rivelano nella loro esiguità e, soprattutto, nella loro casualità che la tradizione antica non aveva nutrito particolare interesse peri dati biografici dell’Alessandrografo: Plinio infatti stariportando unanotizia diDinone quando aggiunge cheegli erapadre del celebratus C.; Diogene Laerzio nomina C. nondiversamente da un oscuro Simia mentre sta ricostruendo le vicende della scuola filosofica di Stilpone; Plinio nomina C. e due altri autori greci che avevano menzionato Roma, mentre si accinge a riportare unanotizia di Teofrasto sul Circeo.

a) Clitarco e Alessandria d’Egitto Gli elementi sui quali i moderni fondano la conclusione che C. –dovunque fosse nato5 –visse e lavorò in Alessandria d’Egitto sono 36 ed hanno un rilievo assai diverso l’unodall’altro.

1 2 3

4 5

6

Infatti T1 corrisponde adunavoce perduta della Suida (cfr. supra Suida) e T14 rimanda alla presenza del nome di C. negli elenchi di autori dei libri dell’opera diPlinio. Cioè T6, 7 e 13, 8, 9, 10, 11e 12, suiquali cfr. rispettivamente Quintiliano, Cicerone, Curzio, Longino, Demetrio, Filodemo e Giudizi su Clitarco e usodella sua opera. Nonmisembra infatti esplicito il noto passo diDiodoro sulle muradiBabilonia (II. 7. 3 = T5), dalquale si puòprobabilmente ricavare cheC. nonpartecipò alla spedizione asiatica; cfr. infra La „datazione“degli antichi. Cfr. infra, rispettivamente, Il passato, Clitarco e Alessandria d’Egitto e La „datazione“ degli antichi. Il padre Dinone era, forse, originario di Colofone; cfr. comunque un accurato status delle attestazioni in PEARSON 226 connota 56. Nonmi sembra infatti unelemento utile e sicuro l’esistenza di unDinone figlio di Dinone, W e nel quale quasi tutti i moderni che segnalato inEgitto nell’anno 205 daPolyb. XV. 26a B– lo citano individuano undiscendente dello storico: cfr. JACOBY RE, 622. Per GITTI 50, che , quel Dinone potrebbe invece essere unantenato dello pensa per C. adunadata assai „ bassa“ storico.

Cap. 4 –Ricostruzione biografica

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@ Filodemo (T12) elenca Ἀ λ κ ιδά μ α γ ςἩ εσ ία ςΚ λ είτα ρ χ ο ςἈ λ εξ α ν ρ δ ε ύ ς ή τ ρ [μ ιο η Δ ς : l’etnico ‚Alessandrino‘che connota, a sorpresa, unodegli autori citati viene perlo piùletto in connessione con il nome che lo precede, cioè quello di C.7, e fornirebbe quindi un’utile indicazione di „patria“ 8. Che il C. lì nominato sia lo storico di Alessandro non pare dubbio9, anche se era già stato menzionato in precedenza daFilodemo senza ulteriori specificazioni (T11). T12 offre unasuggestione circa l’appartenenza di C. all’ambiente alessandrino ma–se nonconfortata daaltre prove misembra insufficiente peraffermare che lo storico lavorò in Egitto10. @ Diogene Laerzio (T3) segnala, sulla testimonianza diFilippo diMegara, che C., già discepolo di Aristotele di Cirene, passò poi alla scuola di Stilpone di Megara11. Circa la possibilità che quest’ultimo avesse soggiornato in Egitto, lo stesso Diogene offre due indicazioni contrastanti: a III. 111, parlando degli allievi di Euclide, ricorda che Stilpone ‚quando stava presso Tolemeo Soter‘pose delle questioni dialettiche adunodicostoro, Apollonio detto Crono; a II. 115, parlando di Stilpone, dice che rispose negativamente all’invito, fattogli da Tolemeo di Lago dopo che si eraimpadronito diMegara, perché si trasferisse in Egitto. Da questa duplice testimonianza di Diogene12 non si dovrebbe ricavare con troppa sicurezza, come fanno alcuni moderni, né che C. ascoltò sia Aristotele sia Stilpone nelcorso diunsoggiorno ateniese e che, al posto diquest’ultimo, seguì poi Tolemeo ad Alessandria13; né che fu discepolo di Stilpone in Egitto14. Si tratta, è vero, di fatti possibili manondi dati certi. 7 La possibilità che l’aggettivo si riferisca al nome che segue è stata suggerita dal REUSS 1908, 62. PEARSON 214 nota 11, commenta possible, butnot very likely. BADIAN 1965, 6 nota 21, - con Demetrio di Falero (costui è unautore nominato da η offre argomenti per identificare Δ ] sarebbero gli improbabili Demostene e Demade). η Filodemo; gli unici altri Δ 8 Misembra interessante l’osservazione diFRASER II, 718 nota 3, cheC. nonpoteva essere nato adAlessandria (cfr. infra La „datazione“degli antichi) e che quindi bisogna concludere che l’etnico della città di residenza aveva soppiantato quello della città di origine. 9 Cfr. JACOBY, 485, sulla base delraffronto conLongino (T9). Il FRASER II, 717 nota 3 ritiene l’identificazione probabile, anche se forse il retore omonimo poteva essere un autore più interessante perFilodemo. Vorrei però notare, circa l’attenzione diFilodemo pergli storiografi, che in T11 egli allude a Tucidide proprio nelcontesto delriferimento a C. 10 È diffusa l’abitudine di trarre indicazioni sulla „alessandrinità“di C. dai frammenti, spesso caricati di significati estranei, e/o daDiodoro XVII; cfr. indicativamente FRASER I, 496. 11 Incerti sull’identificazione delpersonaggio menzionato daDiogene con lo storico di AlessandroNATORP col. 1055; SCHNABEL 48; BADIAN 1965, 7, seguito daMEISSNER 107 e 132 nota 257. 12 Chei moderni recepiscono, perla verità, solo nella seconda parte (cioè II. 115; fa eccezione, a miaconoscenza, MEIßNER 132 nota 257, che riporta però il passo con unasvista e comunque nonlo sfrutta). 13 Cfr. GOUKOWSKY 1978, 136. Stilpone fu anche in Atene (Diog. Laer. II. 116 e 119), mentre di Aristotele nonsappiamo nulla. Circa unsoggiorno ateniese di C. cfr. anche infra Gli anni della spedizione, a proposito delrapporto conTimeo. 14 Cfr. PEARSON 214 nota 13, probabilmente unasvista; LEVI 43, pensa che Stilpone abbia portato con sé C., insieme ad altri discepoli, nel trasferimento in Egitto e che tutto sia da collegare conla fondazione delMuseo.

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I –La conoscenza diClitarco

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Vi è poiunaspetto interessante, cheè già stato sottolineato15, anche se poinon entrato nel dibattito scientifico: se l’Aristotele di Cirene autore di un Π ερ ὶ ῆ ς(Diog. Laer. IV. 35) si identifica con il maestro di C.16, egli potrebbe τ ικ π ο ιη aver suscitato in lui un interesse per la teoria letteraria, interesse che può essere rifluito in qualche modo sul suo stile17. E si puòaggiungere che daStilpone invece C. potrebbe aver ricevuto influenze ciniche18. è

F24) attribuisce a C., e a Timagene, la notizia cheTolemeo @ Curzio Rufo (T8– aveva partecipato all’assedio della città dei Malli, dove Alessandro, ferito gravemente, venne fortunosamente salvato. I moderni danno per scontato il carattere filotolemaico della notizia19 e sono indotti a concludere che C. era lo storico di corte di Tolemeo I e che, ovviamente, risiedeva adAlessandria. Del frammento e dei problemi che esso suscita mi sono già occupata per esteso20; del rapporto cronologico fra la stesura dell’opera di C. e di quella di Tolemeo, nonché dell’effettivo carattere „ ufficiale“del suoracconto, che mi sembra quantomeno dubbio, tratterò fra breve21. Quivorrei rilevare che quello conservato da Curzio è l’unico rimando esplicito a C. per un particolare riguardante Tolemeo; esso costituisce –ancor piùdegli elementi sopra considerati –soltanto un suggerimento a favore della permanenza dello storico in Alessandria, suggerimento bisognoso di altre conferme.

A mesembra che l’analisi degli autori che ci conservano citazioni di C. abbia portato, tra i suoi frutti, proprio unaconferma dital genere. È stato infatti possibile identificare22 ungruppo di autori accomunati daduecaratteristiche, l’interesse e/o l’usodiretto di C. e l’appartenenza all’ambiente alessandrino fra III e I secolo a. C., cioè Sozione, Eratostene, Dionisio Skytobrachion, Filodemo e Timagene. Poiché si tratta di scrittori notevolmente diversi fraloro, anche e soprattutto per interessi culturali, nonè fuoriluogo supporre che il comune riferimento a C. derivasse inprimis dal fatto che la suaopera aveva unposto di rilievo nella Biblioteca di Alessandria.

15 Cfr. PEARSON 214 nota 13, ripreso pari pari daMEISSNER 107 nota 198. 16 Cfr. in questo senso NATORP col. 1055. 17 Cfr. supra Giudizi su Clitarco e usodella sua opera, dove evidenziavo il fatto che il primo e prevalente interesse per l’opera di C., almeno nel mondo romano, sembra essere stato di tipo stilistico.

37 nonché, infra, Gli anni della spedizione, peril rapporto 18 Suquesto cfr. BROWN 1950, 136– conunAlessandrografo „cinico“come Onesicrito, e Abdalonimo, peruncaso diproblematica attribuzione di unracconto dalcolorito cinico. 19 Cfr. per esempio BROWN 1950, 135; JACOBY 494 e 506; PEARSON 214; GOUKOWSKY (Ed.), XXIX; BRUNT (Ed. a), 555. 20 Cfr. supra l’Appendice Il F24 e l’epiteto Soter. 21 Cfr. infra Il rapporto con Tolemeo. 22 Cfr. supra Giudizi su Clitarco e uso della sua opera.

Cap. 4 –Ricostruzione biografica

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b) La „datazione“degli antichi Connotato caratterizzante delle citazioni di C. è il fatto che nella maggior parte dei casi il nome dello storico noncompare da solo maviene accostato a quello di altri autori. Si tratta, come hocercato didimostrare in precedenza, dell’indizio diunuso solo indiretto diC.23; masi tratta anche, come vorrei dimostrare ora, diunelemento utile –mafinora nonutilizzato sistematicamente24 –ai fini di datare l’attività dello storico. Quanto alla possibilità che C. abbia partecipato alla spedizione asiatica, i

frammenti superstiti nonoffrono indicazioni convincenti25 persostenere o negare la sua autopsia26. F10 (Diod. II. 7. 3), là La testimonianza apparentemente più esplicita è T2– dove Diodoro, parlando delle mura di Babilonia, contrappone a quella di Ctesia la λ είτα testimonianza di Κ ρ χ ο ςκ α ᾽Ἀ ὶτ λ εξ ῶ ε τ νὕσ ρ ο ο τ νμ υδιαβά ερ ά ν ν δ τ ω νε ἰς τ ὴ νἈ σ ία ντινες27. Va messo in giusta luce che C. è isolato e posto in evidenza rispetto agli Alessandrografi che parteciparono alla strateia; che costoro sono poi separati cronologicamente, mediante l’avverbio ὕ ο ν , daCtesia cherappresenta σ τ ερ la tradizione più antica28; che nella continuazione del testo diodoreo C. e i τιν ε ς insieme sono presentati come ν εώ τ ο ιrispetto a Ctesia. ερ In realtà ciò che Diodoro vuole segnalare29 è unadivergenza di tradizione fra uno scrittore di Persika come Ctesia e autori della nuova generazione come gli Alessandrografi. Ora, dalmomento che tanto l’unoquanto gli altri (o almeno alcuni tra essi) potevano vantare unapersonale autopsia di Babilonia30, in pratica C. (sia

23 Cfr. soprattutto, manonesclusivamente, supra Strabone, Plinio, Plutarco. La costante della presenza del nome di C. inelenchi erastata sottolineata anche daSTEELE 46. 24 Il BADIAN 1965, 5 è scettico sull’effettivo valore datante della maggior parte dei testimonia raccolti da Jacoby. Ammetto che molte testimonianze, considerate singolarmente, suscitano particolari problemi, proprio dal punto di vista cronologico, ma ciò che le rende valide ed interessanti è la coincidenza di un notevole numero di autori differenti ed indipendenti nel collocare C. in unarco di tempo uguale e circoscritto (IV ex –III in). 25 Cfr. WELLES (Ed.), 11 n. 1, (che è personalmente incline adammettere la partecipazione) e BRUNT (Ed. a), 545. Preferisce lasciare aperta la questione JACOBY. Il BADIAN 1965, 9–11, fonda la suaconvinzione che C., purnonavendo seguito la spedizione dall’inizio, si trovasse a Babilonia nel 323 sulla testimonianza diPlin. III. 57 circa l’ambasceria romana; cfr. però supra Plinio perle mieosservazioni in merito. 26 Molti fra i moderni –inparticolare, ovviamente, tutti quelli chesostengono unadata „bassa“– 46; ritengono che C. nonsia andato in Asia con Alessandro; cfr. fra gli altri SCHNABEL 44– 35; HA23; TARN 5–15; SCHACHERMEYR 1949, 129; BROWN 1950, 134– BERVE 422– MILTON 1961, 449; LEVI 84 e 88. 27 Cfr. supra Diodoro per altre considerazioni sull’intero passo e infra l’Appendice Riflessioni 34 per la questione piùgenerale del rapporto fra il libro XVII e il sulle fonti di Diodoro II. 1– libro II della Bibliotheca.

ν , le osservazioni diJACOBY. ο 28 Seguo, riguardo adὕσ τ ερ 77, conbibliografia preceden29 Per un’equilibrata analisi delpasso rimando a BONCQUET 75– te.

momento nonè importante stabilire se Ctesia avesse davvero visitato Babilonia ma tener conto delfatto cheperDiodoro egli erafonte attendibile intalsenso; cfr. infra l’A ppendice

30 In questo

Riflessioni sulle fonti di Diodoro

34. II. 1–

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I –La conoscenza diClitarco

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che avesse partecipato, sia che non avesse partecipato alla spedizione) non si trovava in unaposizione privilegiata. E il fatto che invece Diodoro metta in luce, nominandolo, il solo C., è probabilmente unsegno che costui erala suafonte31. Da questo passo della Bibliotheca C. risulta in ogni caso uno storico della generazione, o comunque dell’epoca, dei primi Alessandrografi. E basta scorrere anche gli altri frammenti e testimonianze perconstatare che scrittori assai diversi fra loro per epoca, genere letterario, tipo di dipendenza ed eventuali simpatie nei confronti di C. appaiono concordi nell’abbinare il suo nome a quello di autori collocabili con sicurezza fra il IV secolo ex. e il III in.32. Particolarmente significative mi sembrano in proposito alcune testimonianze delle quali –fino a prova contraria –non è lecito dubitare: Cicerone (T7– F34) nomina C. addirittura prima di Stratocle per la notizia sulla morte di Temistocle; F10) lo accosta agli Alessandrografi che parteciparono alla spedizioDiodoro (T5– neasiatica; Longino (T9) sembra istituire unaprogressione disuperficialità sempre maggiore fra Callistene e C. e paragona adessi la triade Anficrate, Egesia, Matride, che è –quantomeno rispetto a Callistene, nettamente posteriore; Plinio (T4– F31) afferma chiaramente che C. eraproximus a Teopompo33, e Plutarco (F33) daparte suaaccomuna la posizione diC. suirapporti fraTemistocle e il Re a quella diEforo e di due scrittori di Persika come Dinone ed Eraclide34; Quintiliano (T6), che 31 Cfr. supra Diodoro. 32 Nonmisembra costituisca motivo diobiezione la testimonianza diFilodemo (T11 e 12), che in unpasso allude al mododi scrivere ‚clitarcheo’, come neesisteva uno‚tucidideo‘o ‚isocrateo’, e nell’altro nomina C. dopo autori „tardi“come Alcidamante edEgesia: si tratta di considerazioni sullo stile che raffrontano e valutano le caratteristiche di vari autori, senza avere di mira unsistematico inquadramento cronologico. Quanto ai moderni, JACOBY pensa che Filodemo abbia fatto un’eccezione alla cronologia anteponendo Egesia a C.; mentre TARN 21, cerca bassa“dello storico. Il ingegnosamente di sfruttare la successione per suffragare la data „ 7, mette a confronto varie liste di nomi di autori date da Filodemo, non BADIAN 1965, 5– ravvisa in esse particolare attenzione o particolare scrupolo cronologico, maritiene che dalla nostra citazione si possa ricavare conbuona probabilità, se nonconcertezza, unacollocazione di C. fra fine IV e inizio III sec. a. C. F24) citi insieme C. e Timagene: ho E nemmeno fa problema, io credo, il fatto cheCurzio (T8– già espresso (cfr. supra Curzio Rufo) le ragioni per cui non è impossibile che lo storico romano trovasse in Timagene il rimando a C. 33 Cfr. supra Plinio; BOSWORTH 1988, 88, attribuisce molta importanza a questa informazione di Plinio perconcludere che C. scrisse poco dopo la morte diAlessandro. 34 Vi sono poi altre testimonianze che, puressendo meno cogenti, perché nonimpostate inmodo rigorosamente cronologico, noncontraddicono questa impressione generale: –negli elenchi diautori cheprecedono i libri della Naturalis Historia di Plinio (T14) C. figura fra gli storici diAlessandro e nonviene citato oltre i nomi diDuride o diEratostene; –Plutarco (F15) a proposito della tradizione dell’Amazzone, inaugura con il nome di C. l’elenco diquanti la testimoniavano, elenco chesi conclude conil nome diIstro (seconda metà del III sec.);

–Ateneo (F30), specifica che C. dava suArpalo notizie analoghe a quelle di Teopompo; –Clemente d’Alessandria (F7), nel riportare i calcoli sull’anno d’inizio della spedizione asiatica, incastona il nome di C. dopo quelli di Fenia e di Eforo e prima di quelli di Timeo, Eratostene e Duride. L’accostamento a Timeo, cheè molto forte nelF7 visto chei duedavano la stessa cifra, ritorna

Cap. 4 –Ricostruzione biografica

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riferisce una successione cronologica, in un certo senso gli fa eco elencando C. subito dopo Eforo e segnalando che longo post intervallo temporis nacque Timagene. Questo milieu protoellenistico chela tradizione costruisce intorno a C. testimonia di un’opinione diffusa sull’epoca in cui visse: l’antichità lo riteneva nel complesso contemporaneo di Stratocle, Teopompo, Eforo, Timeo e degli Alessandrografi35 testimoni della spedizione. I risultati dell’analisi deiframmenti noncontraddicono l’impressione generale: infatti anche la conclusione che già Clearco di Soli (n. ca. 340), forse Cameleonte (n. ca. 350), edEratostene conoscevano l’opera di C.36induce a collocare l’attività dello storico verso la fine del IV secolo a. C.37.

induetestimonianze: lo scolio a Platone sul‚riso sardonico‘(F9, doveprobabilmente è causale) ν e unlemma della Suida (F36), dovea Timeo, Anassimene e C. è attribuito l’usodelduale in-ο per-ω ν σ . α 51 (da uno spunto del 35 La collocazione di C. fra II e I secolo a. C., sviluppata da GITTI 48– FUHR 630 nota 3), è fondata su interpretazioni forzate di F8 (Cic. Adfam. II. 10. 3) e di T8– 57. Dopo di lui ha F24 (Cur. IX. 5. 21); rimando perla confutazione a HAMILTON 1961, 455– sostenuto la collocazione di C. nel corso del II sec. a. C. lo EGGERMONT 1975, 67 e 128, e 1993, 81, fondandosi suunacombinazione diipotesi (che Plin. VI. 55, sull’editto diAlessandro per gli Ichthyophagi, derivasse da C. e che tale notizia costituisca il fraintendimento e la oka). Quanto all’idea che C. dipenda da Beroso (per la retrodatazione di un editto di Aś 36 37

descrizione di Babilonia, F10, conservata daDiodoro) e sia quindi posteriore a lui, essa nonè affatto necessaria e supportata daprove, cfr. GOUKOWSKY (Ed.), XXII fine nota 1. Cfr. supra Ateneo perClearco; Scoli perCameleonte; Strabone e Plinio perEratostene. , assegnata dabuona parte della critica moderna allo storico; cfr. fra gli È questa la data „alta“ altri SCHWARTZ col. 916; RÜEGG 7 nota 13; JACOBY RE, sopr. col. 626; BROWN 1950, 71; HAMIL05; WÜST 1953/54, 187; FONTANA 155– 55; STRASBURGER 1952, 204– 134– 36; WIRTH 1964, 214; BADIAN 1965; 5–11; MAZZARINO 8; 58; RABE 8– TON 1961, 448– SCHACHERMEYR 1970, 82; FRASER II, 718 nota 3; BRUNT (Ed. a), 555; BOSWORTH 1988a, 297. bassa“discuterò infra Patrocle o Policlito? Della datazione „

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I –La conoscenza diClitarco

nella cultura antica

CAPITOLO 5

LE STORIE DI ALESSANDRO

F1 ἐ ντ ρ ῃ ῇ ώ π τ τ ῶ νΠ ὶἈ ερ λ έξ ρ α ν ο δ νἹσ τ ρ ο ιῶ ν 1. I (Clearco in Ateneo) F2 ἐ ντ ῇτετά ῃτ ρ τ ῶ ν Π ερ ὶἈ λ έξ α ρ ν ο ν δ 1.IV (Clearco in Ateneo)

F3 ἐ ν ρ εΠ ὶἈλεξά ε ρ ο υ ν δ 1.V (Stobeo) F4 ἐ ν τ ῇε(?) 1.V (?) (Arpocrazione)

F5 ἐ ντ ῃ ῇ δ εκ ά τ 1.X (Schol. Aristoph.) F6 ἐ ν τ ῇδω ῃ δ εκ τ ά 1.XII (Sozione in D. L.) F17 ἐ ρ ντ ία ις τ ο νἱσ ρ ο δ ν έξ α λ α ὶἈ ρ ε ῖςΠ (Dionisio Skyt. in Sch. Apoll. Rhod.)

F30 ἐ ις ρ ία ν τ τ ο νἹσ ρ ο δ ν έξ α λ α ὶἈ ερ ῖςΠ (Clearco in Ateneo)

ὴ ν F18 ἐ ρ ὶτ ν νἸνδικ ὴ τ ῇ π ε (Eliano) L’opera di C. era definita, daClearco di Soli (in Ateneo) e daDionisio Skytobraρ ε ὶἈ chion (nello scolio alle Argonautiche), come Π λ έξ ρ ο α ν νἹσ δ ρ τ ία ο ι. L’esistenza diun1.XII, menzionato daSozione (inDiogene Laerzio) e riguardante i Gimnosofisti, indica che lo scritto –non risultando incompiuto –raggiungeva forse il totale di 14 o 15 libri. Il fatto che Eliano, mostrando tutti i caratteri di unapproccio diretto e fiducioso ὴ ν è forse unsegno esteriore della ρ ὴ ν Ἰν ικ ὶτ δ ε τ π ν ῇ all’A lessandrografo, citi C. ἐ formazione, adunadata epoca, e dell’esistenza di unaautonoma sezione ‚indiana‘ delle Storie1.

a) Il passato Del carattere che presentano le notizie sufatti o realtà anteriori alla spedizione che compaiono nei frammenti di C. mi sono già occupata altrove2. Vorrei quiriproporre, edarricchire, la miaanalisi conattenzione particolare al problema delle fonti, e 1 2

Cfr. supra Eliano e La fortuna delle notizie indiane, e infra Unadipendenza mista? 104. Cfr. PRANDI 1992, 87–

Cap. 5 –Le Storie di Alessandro

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sfruttare sistematicamente le conclusioni che avevo ritenuto di poter trarre. Riporto per comodità un’aggregazione tematica delle testimonianze che riguardano il pas-

sato3:

F2 – (Clearco in Ateneo) morte di Sardanapalo F3 – (Stobeo) Tiante e Mirra F5 – (Sch. Aristoph.) uso della tiara diritta F7 – (Clemente Al.) data della spedizione F9 – (Sch. Plat.) sacrificio infantile F10 –(Diodoro) mura di Babilonia

F16 –(Eratostene in Strabone) Eusino e Caspio; provenienza delle Amazzoni F33 –(Plutarco) Temistocle e Serse F34 –(Cicerone) morte di Temistocle

Vi sono due casi in cui l’adesione ad una tradizione od ad una variante appare obbligata, in rapporto alle esigenze narrative della storia della spedizione, o allo stato delle informazioni esistenti. C. ricorda l’amore fra Tiante di Biblo e la figlia Mirra, con ogni probabilità in rapporto al culto di Adone (F3); lo storico nonsegue in questo caso la tradizione piùpopolare4, che faceva di Mirra la figlia di Cinira di Cipro, maquella secondo cui ella era figlia del re Tiante di Biblo; la scelta appare ovvia e scontata, visto che Biblo, e non Cipro, fu una tappa della spedizione di Alessandro. C. accetta la versione più diffusa sulla provenienza delle Amazzoni, cioè dall’area del Termodonte (F16); noi possiamo valutare realisticamente la distanza fra quella zona e le Porte Caspie, dove sarebbe avvenuto l’incontro fra Alessandro e la loro regina5, e tale distanza appare eccessiva: ecco quindi che, mentre appare ininfluente definire dachi lo storico avesse desunto un’indicazione così universalmente nota come quella dell’insediamento delle Amazzoni, diviene invece più interessante indagare dachi C. abbia desunto quella cheè senza dubbio la conseguenza rilevante dell’abbinamento fra le Amazzoni e la spedizione asiatica, cioè la forte riduzione della distanza fra l’E usino e il Caspio. Ma questo problema riguarda, ovviamente, i racconti della spedizione stessa e verrà affrontato in quella sede6. , dove C. è più libero di scegliere, rivela passato“ Negli altri frammenti sul „ un’inclinazione spiccata per versioni recenti, che spesso si contrappongono in modo inconciliabile ad opinioni più antiche e che, spesso, hanno un carattere più popolare e meno colto. Adesempio C. accoglie uncomputo come quello timaico (F7) per datare l’inizio della spedizione di Alessandro, cioè quello più attuale e moderno alla suaepoca7. 3

4 5 6 7

Nonconsidero in questo elenco il F17 suDioniso in India: la tradizione nonè per noi attestata da autori precedenti alla spedizione e quindi nonsono possibili confronti per caratterizzare la scelta diC., cheappare comunque a maggior ragione quella diuninnovatore. SulF17 cfr. supra cifra“di Clitarco. Scolî e, per osservazioni sull’accostamento Alessandro/Dioniso, infra La „ Cfr. supra Stobeo. Sulla localizzazione cfr. infra Gli anni della spedizione. Cfr. infra Patrocle o Policlito? e L’Amazzone e l’harem di Dario. Cfr. JACOBY e infra Gli anni della spedizione. Gli autori posteriori a Timeo che vengono ricordati, per altri computi, nell’elenco di Clemente Alessandrino sono Duride edEratostene:

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I –La conoscenza diClitarco

nella cultura antica

La cosa risulta poi particolarmente evidente perle notizie di storia del Vicino Oriente. In duecasi la versione accolta daC. si contrappone decisamente a quella attestata da Ctesia: si tratta del F2 sulla morte di Sardanapalo, avvenuta per vecchiaia dopo la perdita del regno secondo C., mediante il suicidio sulla pira secondo Ctesia; in questo caso la tentazione di differenziarsi dal predecessore sembra aver fatto aggio sul gusto per la tradizione più diffusa. E del F10 sulle misure delle mura di Babilonia8, a proposito delle quali C. era schierato con gli Alessandrografi, definiti ν εώ τ ο ερ ι, in un aggiustamento –parte sulle unità di misura, parte sulle cifre –che si scostava daCtesia senza però risalire alla tradizione erodotea9. Per le notizie su Temistocle, cioè il rapporto diretto con Serse e le modalità della morte (F33 e 34), C. si trova accomunato alla tradizione prevalente nel IV secolo, attestata daEforo e contrapposta a quella del V secolo; gli viene attribuita esplicitamente, nel caso del frammento su Serse, un’identità di vedute con Dinone10: questo dato costituisce piùcheunsuggerimento peraffermare che C. utilizzavai Persika del padre Dinone. I frammenti di quest’opera hanno come riferimento basso“il 343 (690F21 = Plut. Mor. 363c) e suggeriscono cronologico verso il „ quindi unacollocazione prossima all’impresa di Alessandro11. La dipendenza di C. da Dinone, che pare esplicita per il F33, può essere ipotizzata, grazie all’affinità di argomento, anche peril F34, ancora suTemistocle; e nonè fuori luogo anche peril F5 sull’usodella tiara diritta, benché inquesto caso, non diversamente da quello della provenienza delle Amazzoni, si tratti di una notizia così diffusa e risaputa che potrebbe essere arbitrario cercarne la fonte. Si sa poi che tanto Dinone (690F30 = Plin. N.H. X 136) quanto C. (F20 e 21 = Ael. N.A. 23) menzionavano le Sirene parlando della regione indiana12. È quasi XVII 22– ovvio aggiungere che l’opera di Dinone, proprio per il suo tema, si prestava ad essere fonte di C. pertutte le notizie riguardanti la storia passata delVicino Oriente e quindi anche perla materia deiF2 (Sardanapalo) e 10 (Babilonia)13: delresto, un quest’ultimo è sicuramente successivo a C., visto cheloconosceva (cfr. supra Strabone, Plinio e La „datazione“degli antichi); quanto a Duride, anche sesi accettasse perl’Alessandrografo 60 ca.), gli sarebbe comunque contemporaneo (sul rapporto fra Duride e la data „bassa“(280–

C. cfr. infra La fonte per la storia „ellenica“ ). 34. 8 Cfr. supra Diodoro e infra l’Appendice Riflessioni sulle fonti di Diod. II. 1– 9 Her. I. 78 dava al circuito la misura di480 stadi, contro i 365 attribuiti daDiodoro a C. 73, sostiene che la tradizione che 10 E conEraclide. Diversamente, VANCOMPERNOLLE 267– mette in rapporto Temistocle con Serse è di matrice achemenide, è probabilmente la più attendibile e potrebbe provenire a Dinone da Ctesia; invece la tradizione che menziona Artaserse sarebbe dimatrice ateniese e avrebbe dimira la riabilitazione diTemistocle. In realtà Dinone è tutt’altro che uno „ ctesiano“e le attestazioni in nostro possesso riportano una versione al V sec. e l’altra laIV (caso noninfrequente: lo stesso accade, adesempio, perla pace di Callia). 11 Cfr. MAZZARINO 14. 12 Cfr. supra Eliano. Nonvi è tuttavia precisa identità –Dinone si riferiva ad esseri dal canto dolcissimo maaggressivi neiconfronti degli esseri umani, mentre inC. è il canto didueuccelli indiani ad essere paragonato a quello delle sirene –ma vi può essere stata fra i due la trasmissione di unospunto favolistico. 13 Cfr. anche JACOBY RE 653. Hogià sottolineato (cfr. supra Diodoro) che la testimonianza

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elemento nontrascurabile che caratterizza piùdi unframmento di Dinone, e che si rinviene appunto inquesti duediC., è la diversità rispetto alla tradizione ctesiana14. È altrettanto ovvio però ammettere che l’ipotesi di un Dinone-raccoglitore di tradizioni moderne, che avrebbe influenzato e determinato le scelte del figlio15 e al quale dovrebbe risalire tutta la cultura storica di quest’ultimo, nonpoggi su prove

certe. Quello che invece misembra si possa dire è che C., spontaneamente o in modo indotto, sembra prediligere la novità e disdegnare di addentrarsi in ricerche erudite; questo atteggiamento nonparrebbe causato –neipochi frammenti a nostra disposizione –dal gusto per il sensazionale16, ma semmai connesso con il desiderio di riportare l’opinione più recente. Del resto va sottolineato17 che C., figlio di uno degli ultimi autori di Persika e con la vocazione dell’Alessandrografo, era candidato in duplice modo ad essere un aggiornatore, ad avvertire nell’assoluta novità dell’impresa di Alessandro il segno di un tempo in cui l’antico poteva essere considerato con disincanto e sottoposto a programmatico contraddittorio.

b) Gli anni della spedizione Se C. nonpoteva contare suricordi personali pernarrare le vicende diAlessandro18 diveniva automaticamente dipendente dalla memoria e/o dai resoconti scritti di quanti, a differenza di lui, avevano unbagaglio nonindifferente di esperienze e di F10, suBabilonia) lo segnala implicitamente, anche notizie. E Diodoro stesso (T5– ο ιche, di fatto, coincidevano con C. εώ τ ερ se purtroppo lascia innominati quei ν nell’assegnare le misure alle muradiBabilonia mache, almeno in parte, erano stati in realtà i suoi informatori. Nearco e Onesicrito

Il quadro delle affinità e delle probabili dipendenze chehotracciato peri frammenti , cioè per quel gruppo di notizie che consente undiscorso organico sulle „ indiani“ fonti, presenta in assoluta evidenza il nome di Nearco19, del quale C. dovette diodorea pone sullo stesso piano C. e altri Alessandrografi e che il rapporto fra l’unoe gli altri non è agevole da precisare; mi sembra comunque che la possibile ascendenza paterna delle 61) che la rettifica notizie date daC. sconsigli diconcludere rapidamente (come fa REUSS 60– numerica sia stata opera di unignorante; cfr. anche infra l’Appendice Riflessioni sulle fonti di

34. Diod. II. 1– 24. 14 Cfr. MAZZARINO 18– 15 E, attraverso C., anche inqualche misura la tradizione posteriore, come suggerisce MARASCO 1988, 66. 16 La categoria del ‚sensazionale‘ nongiustifica la notizia su Sardanapalo, quella sulle mura di cifra“di Clitarco. Babilonia etc.; cfr. infra La „ 17 Cfr. MAZZARINO 16. 18 Cfr. supra La „datazione“degli antichi. 19 Cfr. supra La tradizione contemporanea.

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I –La conoscenza di Clitarco nella cultura antica

conoscere lapersona o l’opera. Vasoprattutto assegnato il giusto valore al fatto che C. riporta notizie affini a quelle attribuite da altri autori a Nearco, non soltanto a proposito della regione indiana maanche perunepisodio che si colloca durante il viaggio di ritorno della spedizione (F29 = Plin. VI 198): in questo caso lo storico allude adun‚resoconto‘orale fatto adAlessandro, resoconto che nonè altro che il rapporto ufficiale dei responsabili del viaggio della flotta e che quindi trovava spazio nelle opere di Nearco (e di Onesicrito)20. Il ricorso a Nearco si configurerebbe nontanto, o nonsoltanto, come l’appello adunesperto delle regioni indiane maforse come l’appoggio adunafonte-guida, pernarrare il ritorno diunaparte dell’esercito diAlessandro: unascelta, è appena il caso di sottolinearlo, nondiversa daquella diArriano (per quanto noinonsiamo in grado di precisare se altrettanto esclusiva) e tutt’altro che squalificante. E può essere curioso ed istruttivo notare che vi sono notizie –nella nostra tradizione su Alessandro –per le quali Arriano dichiara la sua dipendenza da Nearco, mentre autori come Strabone, Plinio o Eliano fanno il nome di C., fermo restando che il contenuto e la sostanza delle informazioni sono i medesimi. Se l’usodi Nearco daparte di C. pare difficile danegare, in favore dell’usodi Onesicrito esistono alcuni indizi21. Quando Plutarco cita il nomediC. (F15) incima all’elenco di quanti raccontavano la visita dell’Amazzone, gli affianca Policlito e Onesicrito, e fra questi dueautori pare di dover giocare l’attribuzione della paternità dell’episodio e del ruolo di fonte di C. stesso. Piùche unrapporto di derivazione sic et simpliciter, sembra di cogliere invece nel F25, sull’incontro con le scimmie indiane, un’utilizzazione libera, unarielaborazione del racconto di Onesicrito che è forse conservato a noi da Strabone22. Il discorso è delicato perché in gioco è la caratterizzazione di Alessandro il quale, assente dalla versione di Onesicrito, diviene invece protagonista, insieme alle scimmie, in quella di C. Infine, le stesse notizie contenute nelF29, chehoappena considerato a proposito diNearco, vengono attribuite daCurzio X. 1. 11al resoconto ufficiale diNearco e diOnesicrito sulla navigazione nelgolfo Persico23: neconsegue cheC. o dipendevadallo scritto di Nearco (e a ciò indirizza il buon numero dicoincidenze esistenti fra i due), o dipendeva in quel caso dallo scritto di Onesicrito, oppure li conosceva entrambi. Conclusione quest’ultima che, benché tre impressioni noncostituiscano unasicurezza, misembra tuttaltro che improbabile.

20 Cfr. ancora supra La tradizione contemporanea e infra Alcuni episodi „indiani“perl’analisi del testo e gli opportuni confronti. 21 JACOBY RE, 653, è assai deciso sulla dipendenza di C. da Onesicrito, seguito in questo da STRASBURGER col. 466 e da BROWN 1949, 6, ma si fonda per lo più su confronti tra i frammenti di Onesicrito e il testo di Diodoro e di Curzio. 22 Cfr. supra Eliano e La tradizione contemporanea. 23 Per la possibilità che Curzio dipendesse da C. cfr. supra La tradizione successiva e infra . Alcuni episodi „indiani“

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Patrocle o Policlito?

Uncaso di identità di opinione fra C. e Patrocle è stato sfruttato persostenere che il primo utilizzava il resoconto di viaggio del secondo24. Patrocle venne incaricato da Seleuco Nicatore dicircumnavigare il Caspio e compì il suoviaggio probabilmente fra il 284 e il 280 a. C.; in realtà non sembra abbia realizzato un’esplorazione completa e affidabile, anche se le sue conclusioni, fatte proprie da Eratostene (712T5 = Strab. II. 1. 2 e 6), conobbero grande fortuna25. È attestato da un frammento (712F1 = Strab. II. 1. 6) che egli criticava i partecipanti alla spedizione asiatica per le loro imprecise informazioni e che si dichiarava in possesso di un resoconto speciale redatto daesploratori inviati daAlessandro. Questo elemento poteva rendere interessante per C. l’uso di Patrocle26, ma l’unico punto di contatto fra i due –l’uguale estensione attribuita, senza peraltro esprimere valori numerici, al Ponto Eusino e al Caspio o Ircano –è in realtà un’opinione generica27 e poco qualificante ai fini della collocazione cronologica28. Va piuttosto sottolineato che in C. l’assimilazione del Caspio all’Eusino è strettamente connessa (in senso funzionale e/o consequenziale) all’organica visione d’insieme che egli offre della regione caucasico-ircana29: a questa zona sono riferibili infatti ben 5 frammenti –F12, 13, 14, 15, 16 –quelli che riguardano appunto l’uguale estensione delCaspio e dell’Eusino, la larghezza dell’istmo che li separa, la visita delle Amazzoni e in particolare la loro provenienza, e unelemento faunistico dell’Ircania, l’apeselvatica. Sarebbe quindi metodologicamente opportuno cercare di identificare come fonte un autore che si apparenti a C. su queste coordinate caratterizzanti.

19. 24 Cfr. SCHULZ 38; TARN 17– 73. 25 Cfr. GISINGER 1949, coll. 2263– 26 Quanto all’idea che C. possa aver desunto notizie sull’India dal resoconto di Dionisio, che fu inviato dal Filadelfo adesplorare quella regione (Plin. VI. 58), e quindi aver ultimato l’opera posteriormente a tale missione, va notato che l’ipotesi poggia soltanto sull’identificazione del Dionisio citato in Schol. ad Apoll. Rhod. II. 94 (F17) con l’esploratore piuttosto che con lo Skytobrachion. Hogià discusso la questione supra Scolî. 18, per definire il rapporto fra i due 27 Questo è un punto fondamentale, secondo TARN 17– autori, ma conviene segnalare che Plut. Al. 44. 1 l’attribuisce, come opinione, allo stesso 28; BROWN 1950, 139, che Alessandro. Diversamente JACOBY RE, 627; PEARSON 227– ritiene che l’equivalenza fra i due bacini d’acqua potesse trovarsi anche in Onesicrito o Policlito; FONTANA 169; HAMILTON 1961, 450; GOUKOWSKY (Ed.), XXII (fine di nota 1 che inizia a p. XX). 28 La data „bassa“proposta per C. oscilla fra il 280 e il 260 circa. L’hanno difesa, fra gli altri, 43; SCHNABEL 33– 78; STEELE 42– 98 e 1908, 58– NIESE 113 nota 3; REUSS 1902, 581– 45. 92; PÉDECH 1984, 344– 99; PEARSON 212 e 214; LEVI 83– 66; TARN 179– 21, il quale sottolinea 29 Per osservazioni specifiche rimando a PEARSON 214 nota 14 e 220– come, nella prospettiva di C., la modestissima larghezza attribuita all’istmo fra i due bacini rendeva inferiore, e quindi accettabile, la distanza percorsa dalle Amazzoni per incontrare Alessandro. Nonposso prendere in considerazione la purinteressante ricostruzione delle idee 65, perché in molti punti dipende geografiche di C. realizzata dal GOUKOWSKY 1978, 155– identificazione“di Diodoro XVII con C. dall’aprioristica „

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I –La conoscenza di Clitarco

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Va ripreso in considerazione a questo punto che proprio per l’episodio dell’incontro con l’Amazzone, accanto a C. viene nominato, oltre ad Onesicrito, anche Policlito. Quest’ultimo si soffermava pure sulle caratteristiche del Caspio (128F7 = Strab. XI. 7. 4); e dacome si esprime Strabone, che si fa portavoce di una polemica geografica risalente adEratostene30, Policlito sembra aver avuto unruolo di testimone, di autore di riferimento anche per gli altri Alessandrografi31. Nonè quindi improbabile che costui possa aver influenzato C.32. Esistono inoltre 2 casi di interferenze che possono essere significative tra i frammenti diPoliclito e quelli diOnesicrito e diNearco. Il confronto conNearco si puòistituire a proposito dell’Eufrate, sul quale Policlito esprimeva delle opinioni (128F5 = Strab. XVI. 1. 13, sull’assenza delfenomeno delle piene; F6 = Strab. XV. 3. 4, sulla foce) che sembrano formulate nelfraintendimento della realtà geografica e, forse, ancora nell’ignoranza dell’opera diNearco cheinvece si esprimeva chiaramente sull’argomento (133F25 = Strab. XV. 3. 5)33. In comune con Onesicrito vi è invece l’episodio dell’Amazzone: Plutarco (Al. 46) conserva solo un elenco di autori e quindi noi non sappiamo come raccontassero l’incontro, ma il biografo precisa dove esso sarebbe avvenuto, cioè subito al di là dell’Orexarte, che Alessandroriteneva fosse il Tanai. Vi è quindi unaconnessione fral’episodio dell’Amazzone e una particolare visione dell’assetto fluviale della zona34: ed è precisamente la visione con la quale polemizza Strabone (XI. 7. 4) individuando, sulla scorta di Eratostene, il responsabile e l’antesignano in Policlito. Nulla, a nostra conoscenza, riconduce invece ai frammenti di Onesicrito.

30 Cfr. supra Strabone. 31 Lo JACOBY RE, 452 e ad 128, giustamente rileva che dal F7 non si ricava con sicurezza l’anteriorità di Policlito rispetto a Patrocle. Tuttavia i tratti della polemica di Eratostene λ είο λ λ ο ιπ υ : e questo può ς mostrano che l’opinione di Policlito era unpunto di partenza perἄ valere anche come indicazione cronologica.

32 Cfr. JACOBY, anche ad 128F7, per i FF13–16 di C.; GISINGER 1952, col. 1701; PEARSON 77 (sulla base, però, deiparalleli fra Diodoro e Curzio) e 228 nota 65. 75 e nota 17, è propenso a ritenere che Policlito abbia scritto anteriormente a 33 PEARSON 74– Nearco.

29, ritiene che l’originale collocazione dell’incontro sia quella conservata da 34 Il TARN 328– Plutarco –oltre lo Jaxarte –e che si debba a C. la diversa collocazione che si ricava appunto da 39, ha cercato di Strabone e da Diodoro e Curzio –in Ircania. Invece WELLES (Ed.), 338– 46. 2) il riferimento al fiume Orexarte dimostrare che nella narrazione di Plutarco (Al. 45. 5– nonè pertinente all’episodio dell’Amazzone, episodio che andrebbe perciò collocato in Partia; il BORZA 31 nota 30, ne accoglie con cautela l’ipotesi e conclude che C. collocava diversamente daDiodoro e daCurzio l’arrivo dell’Amazzone. A mio avviso il ragionamento dello Welles è malcerto, perché Plutarco sembra proprio collocare l’incontro tra i dueal di là delfiume; inoltre misembrano dirimenti le riflessioni del 21, sull’estrema strettezza che C. attribuiva all’istmo fra Ponto Eusino e mar PEARSON 220– Caspio (F12): essa si comprende infatti in un quadro geografico nel quale il viaggio delle Amazzoni diveniva unatrasferta ragionevole. Ma anche se si accetta lo Welles, nonbisogna trascurare cheil biografo riporta unnutrito elenco dicoloro chetramandavano la vicenda e che, fra costoro, quello diC. è unnome come gli altri: nonsiamo cioè autorizzati adattribuire a lui piuttosto che adunaltro storico la localizzazione dell’incontro stesso al di là del fiume.

Cap. 5 –Le Storie di Alessandro

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Queste considerazioni forse non sono ancora sufficienti per attribuire con sicurezza a Policlito la paternità dell’episodio dell’Amazzone35, mavaricordato del resto che, sul fronte opposto, non esistono neppure elementi per dimostrare la paternità di Onesicrito36. Tuttavia esse permettono di affermare che, all’interno della descrizione della regione caucasico-ircana data daPoliclito, tale episodio era convincentemente e coerentemente inserito (non diversamente da quanto accade

per C.).

Il rapporto con Tolemeo

Il rapporto fra C. e Tolemeo I è caratterizzato con ammirevole

unanimità dalla

critica moderna come quello esistente fra uno storico cortigiano e il suo re37. Le ragioni mi sembrano due: una, per lo più inespressa, che Tolemeo non potesse sopportare la composizione diun’opera storica indipendente dalsuoplacet38; e una, in genere addotta, che C. visse adAlessandria d’Egitto. Quanto alla seconda, concordo con il dato di fatto della permanenza adAlessandria39; maquanto alla prima, vorrei ricordare chenonesistono elementi concreti 40.E peraffermare che nell’Egitto deiLagidi esistesse unasorta di „censura regale“ il caso diC. necostituisce, a mioparere, unariprova. Infatti unaspetto che nonviene in genere valutato in modoequo è cheesistono ben3 casi in cui unframmento di C. riporta undato o unaversione contrastanti con

quanto affermava Tolemeo41; li considero orain dettaglio, nell’ordine in cui dovevano apparire nell’opera di C.: –F15 (Plut. Al. 46. 1) sull’incontro di Alessandro con la regina delle Amazzoni. Come C. figura fra coloro che narravano l’episodio, così Tolemeo è inserito da Plutarco nella lista di quelli che lo ritenevano un’invenzione. Si tratta di uncaso di contrapposizione piuttosto neutra, dalmomento che i dueautori nonerano i soli ad avere assunto unaprecisa posizione rispetto alla storia dell’Amazzone: per esem-

35 STRASBURGER 1939, col. 466 pensa ad Onesicrito, come GOUKOWSKY 1978, 139; JACOBY, ad 128 dice che Policlito contende ad Onesicrito la paternità dell’invenzione; PEARSON 75 nota 17 è assai possibilista in favore di Policlito. 36 Dal già citato aneddoto di Onesicrito e Lisimaco (Plut. Al. 46. 4) nonsi ricava che Onesicrito avesse inventato l’incontro dell’Amazzone masoltanto che lo inseriva nella suaopera. 39; LEVI 43; HAMILTON XXX e 1978, 138– 37 Cfr., fra gli altri, GOUKOWSKY (Ed.), XVIII– 1977, 144 (il quale afferma –noncapisco su quale base –che C. era chiamato ‚adulatore’); 72; WIRTH 1993, 206. ROSEN 471– 38 Idea formulata dal WILAMOWITZ 33, e ripresa daJACOBY IID Komm., 588. 39 Cfr. supra Clitarco e Alessandria d’Egitto. 40 Cfr. ZECCHINI 1990, sopr. 214–17. 41 e 41 Che C. sembri libero di differire daTolemeo è pure impressione del BROWN 1950, 140– della HORNBLOWER 185. Peraltri casi significativi didifferente scelta all’interno della tradizione cfr. infra I messaggi di Dario e Alcuni episodi „indiani“(per la vicenda di Harmatelia), se le miericostruzioni sono attendibili. Il fatto che C. divergesse da Tolemeo nondeve indurre a svalutare la sua opera: 16, e su tutta la questione sull’attendibilità del re d’Egitto cfr. i rilievi di WELLES 1963, 101– infra La „ cifra“di Clitarco.

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I –La conoscenza diClitarco

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pio, come Tolemeo, la negavano sia Aristobulo che Carete, duescrittori con i quali

i frammenti di C. nonpresentano agganci sicuri42. –F11 (Athen. XIII 576d-e) sulla causa dell’incendio della reggia diPersepoli43. C. attribuisce la responsabilità della decisione a Taide; invece Tolemeo (in Arriano 12)44 afferma che Alessandro aveva unachiara edautonoma volontà di III. 18. 11– incendiare l’edificio e che Parmenione cercò inutilmente con alcuni argomenti di dissuadere il re. Va precisato che rispetto alla tradizione più nota sull’episodio45 (quella testimoniata con la narrazione dell’orgia bacchica daDiodoro e daCurzio) il racconto di Tolemeo non soltanto è il più secco e sbrigativo ma costituisce un unicum, in particolare anche peril ruolo attribuito a Parmenione46. Sembra che Tolemeo nondesiderasse soffermarsi sulla vicenda di Persepoli47, e tantomeno sulla figura di Taide, unadonna che gli era divenuta intima48. E non esiste nessun elemento per supporre che egli avrebbe gradito che un altro storico redigesse unracconto diverso, incuiTaide avesse unaparte diprimo piano, magari

quale vendicatrice deiGreci49. –T8– F24 (Cur. IX. 5. 21). C. affermava che Tolemeo aveva preso parte all’assedio alla città deiMalli, mentre l’interessato lasciava scritto nei suoi Hypomnemata di essere stato impegnato in altra missione. A questa perfetta dicotomia si limita il confronto fra i due: sulla base delle testimonianze che abbiamo nonè infatti possibile affermare con sicurezza né che uno dei due autori polemizzasse con l’altro, néche C. parlasse anche dell’origine dell’epiteto Soter; vi sono anzi elementi pernegare ambedue i fatti50. Con diverso grado di libertà C. inseriva nelle sue Storie episodi dei quali Tolemeo offre una differente ricostruzione; per di più due di questi episodi – l’incendio di Persepoli e l’assalto alla città dei Malli –riguardavano, il primo una persona vicina al ree il secondo Tolemeo stesso. Sulpiano teorico neconsegue che C., dal momento che non accoglie la ricostruzione accreditata da Tolemeo, non

42 Pace TARN per Aristobulo. 74, che per quel che riguarda C. eccede 43 Classica analisi dell’episodio in MEDERER 69– nell’abitudine di attribuire allo storico quanto si desume dalle fonti posteriori. 44 CheArriano dipenda quidaTolemeo è opinione condivisa damolti, anche peril tono asciutto 32; WIRTH 1993, 206. 17; BOSWORTH 1980, 331– della narrazione: cfr. BRUNT (Ed.), 514– 45 Sul rapporto fra l’incendio e la rivolta di Agide cfr. infra La guerra d’Agide. 46 Sul ruolo delgenerale, considerato nelcontesto delle notizie sudilui, rimando alla BEARZOT 104 (99 e nota 45, perl’episodio inquestione). 1987, 89– 47 Dalmodo incui si esprime Arriano nonsiamo autorizzati a pensare cheTolemeo polemizzasse esplicitamente conun’altra versione deifatti; cfr. anche TARN26; WIRTH 1993, 202; ELLIS 1994, 9. 48 Cfr. BRUNT (Ed.), 516 e ancora recentemente O’BRIEN 108. Che Taide avesse sposato Tolemeo dandogli tre figli afferma Athen. XIII. 576e. Credo meritino considerazione le riserve diBORZA 34 nota 47, sulla posizione ufficiale della donna inEgitto. 49 Come pensano, con sfumature diverse, PEARSON 219 (un’iniziativa adulatoria di C.) e WIRTH 1993, 202 (unprocedimento per„nobilitare“Taide anche a fini dinastici). Sull’episodio cfr. anche infra Unafonte intermedia? 50 Cfr. supra l’Appendice Il F24 e l’epiteto Soter. Concludere, come HAMILTON 1961, 451, che da Curzio e da Arriano non si ricava con sicurezza che C. e Tolemeo riportassero due racconti contrastanti, è fare torto all’intelligenza deiduestorici imperiali.

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dipende dagli Hypomnemata di Tolemeo: o dipende da un’altra fonte oppure inventa. Unaversione alternativa a quella diTolemeo, raccolta o prodotta daunostorico attivo proprio in Alessandria d’Egitto come pare essere stato C.51, noncostituisce unaprova dicortigianeria dello storico stesso. E questo rimane vero siacheC. abbia scritto prima di Tolemeo, sia che abbia scritto addirittura dopo la morte del re: se era uno storico „ufficiale“e introdotto a corte non aveva bisogno di prendere visione della redazione definitiva degli Hypomnemata di Tolemeo per conoscere ciò che costui ricordava; e, d’altro canto, non aveva ragione di contraddirlo post mortem, se nonperunafinalità precisa e, soprattutto, in accordo con il Filadelfo52. Nonmisembra fuor di luogo a questo punto suggerire la possibilità che C., pur vivendo e lavorando contutta probabilità adAlessandria almeno perunaparte della suavita, nonfosse unvero e proprio cortigiano; e cheTolemeo, qualunque valore o finalità attribuisse ai propri Hypomnemata, nonsentisse l’esigenza diincoraggiare e soprattutto di controllare unostorico ufficiale53. Questa autonomia di C. daTolemeo, suunfatto isolato macaratterizzante, non solo contraddice l’ipotesi di un C. visceralmente filotolemaico –ipotesi che si fonda esclusivamente sulla convinzione che lo storico accreditasse il salvataggio di Alessandro daparte diTolemeo –marende anche inutile, o impossibile, definire il rapporto cronologico fra i dueautori. L’esame degli autori, per i quali possiamo supporre con un minimo di prove che siano stati utilizzati daC.54, haportato all’identificazione di alcuni termini post quos che hanno incomune la data, anteriore alla fine delIV secolo: siaNearco55 che Onesicrito56 avrebbero scritto intorno al 31057; e una data non dissimile si può

51 Cfr. supra Clitarco e Alessandria d’Egitto. 28, lo ipotizza, di un simile accordo ovviamente non rimane per noi 52 Anche se TARN 27– traccia. Vorrei segnalare che secondo BRUNT (Ed. a), 555, C., scrivendo a maggior gloria di Tolemeo, non poteva contraddirne gli Hypomnemata, una volta che fossero completati e diffusi; mentre PEARSON 234, è dell’opinione che, una volta morto Tolemeo (e quindi ovviamente redatti gli Hypomnemata), C. poteva scrivere qualunque cosa: interpretazioni di questo genere, assolutamente antitetiche maambedue possibili daunpunto divista logico, sono un’eloquente prova dell’inanità degli sforzi della critica moderna sulla questione del rapporto cronologico C. /Tolemeo. 72 e 41. Nonposso concordare con ROSEN 467– 53 Cfr. in tal senso anche BROWN 1950, 140– SCHEPENS 365, sul ruolo di costruttore dell’immagine diTolemeo daloro attribuito a C. Cfr. cifra“di Clitarco. anche infra La „ 54 Faccio esplicito riferimento, nelle note seguenti, alle notizie biografiche suNearco edOnesicrito che inducono a ritenerli fra i primi Alessandrografi: nonposso ovviamente tener conto di un argomento che serpeggia fra gli studiosi come ulteriore (e indebita) prova, cioè che proprio la di Nearco e di Onesicrito. alta“ dipendenza di C. daloro dimostrerebbe la data „ 55 Cfr. PEARSON 118, anche in base alle notizie sulla sua attività militare sotto gli ordini del Monoftalmo.

85, sulla base delle notizie del discepolato presso Diogene e sull’età dei 56 Cfr, PEARSON 84– figli. La notizia diPlut. Al.46. 4 –cheOnesicrito leggeva il racconto dell’Amazzone al basileus Lisimaco –nonè sufficiente a dimostrare che la composizione della suaopera fosse posteriore al 305 (cfr. STRASBURGER col. 465; HAMILTON 1977, 126). 84, e dal 57 Circa il rapporto dipriorità fra i due, risolto infavore diOnesicrito dalPEARSON 83–

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I –La conoscenza di Clitarco

nella cultura antica

perPoliclito58. Il confronto con Patrocle mi ha indotto d’altra parte adescludere che esistano elementi probanti percollocare le Storie di C. dopo il 280. Non è stata invece di utilità, sul piano strettamente cronologico, l’analisi del rapporto fra l’opera di C. e gli Hypomnemata di Tolemeo, sia perché la data di questi ultimi è malcerta59, sia perché la sostanziale autonomia di C. sualcuni punti non del tutto marginali in realtà non contraddice né l’ipotesi dell’anteriorità60, né supporre

quella della posteriorità61 rispetto allo scritto del re. L’ipotesi del 280 come t. a. q. per le Storie di Alessandro di C. non viene contraddetta né dall’affinità che viene segnalata con Teopompo nel F30 su Arpalo62; né dalla coincidenza con la datazione timaica della spedizione di Alessandro nel F7, dal momento che il sistema di calcolo di Timeo poteva essere noto anche prima, e indipendentemente, dalla diffusione completa della suaopera63. 55, sulla scorta di MERKELBACH PÉDECH 1984, 76 e 164 (cfr. anche BRUNT (Ed.), 554– 187, favorevoli adunadata anteriore al 321), mi sento piùincerta: dalmomento che ambedue ricoprivano posti di responsabilità nella flotta diAlessandro, ritengo cheNearco conoscesse le opinioni del collega senza aspettare di leggerle; quindi unatraccia di polemica dell’uno nei confronti dell’altro nonpostula unasuccessione cronologica. 707. Sulla possibilità di identificare lo storico larisseo conil 58 Cfr. GISINGER 1952, col. 1700– Policlito diLarissa nonno materno di Antigono Dosone (128T1 = Eus. Arm. Chron. p. 1158) e/ o conunnavarco ditale nomechefigura negli anni intorno al 315 agli ordini diTolemeo (Diod. XIX. 62 e 64) –identificazioni proposte dal BERVE N°651 e dal GISINGER 1701 –sono invece incerti o scettici JACOBY ad 128; PEARSON 71 e SEIBERT 1969, 56. 59 Unacommunis opinio colloca la stesura dell’opera negli ultimi anni divita diTolemeo, cioè nei meno concitati e impegnati fra il 301 e il 283; cfr. p. es. PEARSON 193, che personalmente

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61 62

crede adunasuccessione C.-Tolemeo-Aristobulo. Pensano invece adunacollocazione dell’opera 66, e soprattutto ERRINGdurante la prima fase delle lotte fra i Diadochi BADIAN 1971, 665– 42, seguito daROSEN 467. TON 1969, 233– Cfr. SUSEMIHL 537; BERVE, 423; JACOBY, e RE, 625; FONTANA, 170; HAMMOND 1983, 84 (C. -Aristobulo-Tolemeo); BRUNT (Ed.), 555 (attraverso Diodoro); ROSEN 1979, 470 (quasi l’unodopo l’altro). Cfr. peres. TARN 27; cfr. anche nota successiva. Cfr. supra Ateneo e l’Appendice I F1 e 30 e l’attendibilità di Ateneo. Per unaltro caso di affinità, anche se nonesplicitamente segnalata (e permemeno probabile) cfr. supra Arpocra-

zione.

63 A favore della dipendenza diC. daTimeo si esprime TARN 20; JACOBY (anche ad 566, sopr. 531 e note), ripreso daHAMILTON 1961, 450. Sostanzialmente indipendenti l’unodall’altro li ritiene invece il BROWN 1958, 42, che segnala senza discuterla l’identità della cifra in questione e assegna unadata assai „ alta“(dal 339) al soggiorno ateniese dello storico; e LEVI, 88, chepensa adunadipendenza comune daunastessa cronologia. Il PEARSON 1987, 47 e 87– 175 connota 71, afferma daparte suacheeraTimeo a derivare daC. La conoscenza dell’opera di C. da parte di Timeo è un fatto teoricamente possibile, sia 300), sia accogliendo la datazione „bassa“(280 ca.) alta“(ca. 310– accogliendo la datazione „ per l’Alessandrografo; ciò che contrasta, a mio avviso, conl’ipotesi del PEARSON è che dalle nostre informazioni risulta che Timeo aveva fortissimi ed autonomi interessi in materia di cronologia: Polyb. XII. 11. 1 (566T10) ricorda i confronti da lui fatti tra diverse liste (arconti ateniesi, re di Sparta, sacerdotesse argive, Olimpionici); Diod. V. 1. 3 nerileva l’attenzione per i dettagli cronologici; la Suid. s. v. Timaios (566T1) gli attribuisce la redazione di unalista di Olimpionici. D’altra parte accettare l’idea dello Jacoby suscita –è bene sottolinearlo –il

Cap. 5 –Le Storie di Alessandro

83

Tutto ciò non costituisce naturalmente prova di una precoce composizione delle Storie64, che è indefinibile in mancanza diunpreciso t. a. q., mapuòessere un indizio di tendenza: per quanto possa parere solo un argumentum e silentio o una combinazione casuale, l’assenza dipunti dicontatto fra i frammenti diC. e quelli di opere degli Alessandrografi più tardi rimane pur sempre un elemento da non trascurare.

problema non indifferente dell’identificare l’occasione in cui C. poteva essere venuto a conoscenza dell’attività cronografica diTimeo: l’ipotesi diunsoggiorno ateniese diC. (cfr. supra Clitarco e Alessandria d’Egitto) nonpuòessere né dimostrata né esclusa sulla base delle nostre attuali conoscenze. Miresta tuttavia l’impressione chela soluzione minimalista avanzata dal Brown attribuisca poco peso ad unacoincidenza di datazione fra C. e Timeo che appare troppo significativa per essere del tutto casuale; del resto la preferenza di C. per versioni ed recenti“è attestata daaltri frammenti (cfr. supra Il passato). Sul significato dei vari ipotesi „ computi e dei diversi punti di partenza, cfr. osservazioni assai interessanti in ASHERI 1983,

98. 53– 64 Adunperiodo circoscritto all’ultimo quindicennio ca. delIV sec. hanno pensato, conargomenti diversi daquelli proposti inquesta sede –e perlo piùdesunti dalracconto di Diodoro –vari datazione“degli antichi. studiosi; cfr. unelenco indicativo supra La „

PARTE II

L’INFLUENZA DI CLITARCO SULLA TRADIZIONE POSTERIORE L’esame sistematico della fortuna di C. mi ha consentito di valutare, sulla base sicura dei frammenti, quali autori utilizzarono effettivamente l’opera di C. e con quale atteggiamento lo fecero. Nel caso dei due autori che scrissero in modo specifico suAlessandro, cioè Diodoro e Curzio Rufo, dopo aver considerato le sole citazioni e i legami con l’ambiente culturale in cui vissero, ho ritenuto di dover concludere che essi potevano essere indotti adusare direttamente l’opera di C.1. Quello che resta dadefinire è il „ livello“della presenza delle Storie negli storici posteriori: intendo quindi riconsiderare da questa angolazione sia Diodoro sia Curzio; dedicherò attenzione anche a Trogo/Giustino, dalmomento che nel caso di un’epitome l’assenza di citazioni nonè unargomento deterrente; e, poiché nonsi può eludere l’Anabasi, anche se il nome di C. non vi compare, sfrutterò i risultati dell’analisi di Diodoro per valutare il rapporto dei legomena di Arriano con le Storie di C.2.

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Cfr. supra Diodoro, Curzio e Giudizi su Clitarco e uso della sua opera, ma anche La tradizione successiva. Ritengo invece che non sia proficuo analizzare in questo senso la biografia plutarchea di Alessandro, perché mi sembra di aver riconosciuto in Plutarco unamancanza di interesse, e di conoscenza diretta, perl’opera diC. che inibisce ogni successiva indagine; cfr. supra Plutarco e Giudizi su Clitarco e usodella sua opera. Nonè raro trovare fra i moderni (dico il peccato manoni peccatori) chi rimanda allo HAMILTON 1969, (con indicazioni di pagina errate), per l’opinione che C. abbia molto influenzato Plutarco: mi sembra opportuno precisare che lo studioso, come si può facilmente controllare, esprime a p. LIX l’opinione che tale influenza 26, 29, 38– 44, attrifosse modesta. Ancora recentemente lo HAMMOND 1993, per es. 25– buisce a C. la paternità di molti episodi narrati nella Vita, ma l’assenza di un’esplicita presentazione degli argomenti su cui si fonda, di volta in volta, tale ipotesi mi impedisce di discuterla. Perulteriori osservazioni sulbiografo rimando a PRANDI 1997.

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Parte

II –L’influenza di Clitarco

sulla tradizione posteriore

CAPITOLO 1 DIODORO XVII

Fino ad ora ho evitato rigorosamente di formulare ipotesi che si fondassero in qualche misura sulla possibilità che il 1.XVII diDiodoro costituisca unarielaborazione delle Storie di C., atteggiamento che, con sfumature diverse, caratterizza la critica moderna3. Poiché a questo punto della ricerca diviene però inevitabile

affrontare la questione delle fonti di Diodoro, vorrei farlo prendendo avvio dalle conclusioni dell’analisi condotta sui frammenti di C. e, in particolare, da due acquisizioni che mi paiono degne di ulteriore approfondimento.

a –Lo studio della fortuna antica di C. mi ha portato ad individuare nella seconda metà delI secolo a. C. unmomento di notevole popolarità, in Roma, della suaopera suAlessandro; e, in particolare, mihapermesso dimettere in rilievo una ‚vicinanza‘di Diodoro agli ambienti culturali nei quali l’A lessandrografo era noto4. Il che significa non soltanto che Diodoro poteva scegliere C. come fonte per la spedizione asiatica maanche, e soprattutto, che con tali presupposti diviene difficoltoso negare unusodiretto diC. daparte sua5. In altri termini, C. eracosì conosciuto, e discusso, dagli autori concui Diodoro mostra affinità (Filodemo, Timagene) che diveniva, defacto, il piùattraente fra gli Alessandrografi: o si nega che Diodoro abbia fatto ricorso ad uno storico della spedizione per redigere il 1. XVII oppure bisogna ammettere che il candidato più probabile eraC.; proprio perché tutto, nell’epoca incuivisse, indirizzava Diodoro a quella scelta. Ed esiste un elemento che può costituire un indizio concreto in tal senso: l’unico storico di Alessandro citato, in quanto tale, nella Bibliotheca è appunto

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4 5

6

C. (a II. 7. 3 = T5)6.

29 e 241– 43, che dà conto delle varie posizioni; Rimando d’obbligo a SEIBERT 19903, 25– 26 e in GOUKOWSKY (Ed.). I– XXXI; cfr. anche trattazione anche in BORZA 1968, 25– 62. Perquanto riguarda la questione della Vulgata cfr. infra Le SCHACHERMEYR 1973, 658– cifra“di Clitarco. Historiae di Curzio Rufo, Il percorso dell’indagine e La „ Cfr. supra soprattutto Giudizi su Clitarco e uso della sua opera. Lo scetticismo che era già del BRÖCKER 21, e che più recentemente è testimoniato dal BORZA, misembra eccessivo; così come eccessiva misembra la tendenza opposta testimonia10, di trovare fiduciosamente tracce della presenza di C. in tutto ta dal BOSWORTH 1988, 8– quanto il 1.XVII. Gli argomenti usati daMAZZARINO 8, per negare la presenza di C. in Diodoro sono a prima vista suggestivi manonsono inattaccabili: il fatto cheDiodoro nonparli diTolemeo all’assedio della città deiMalli significa, prima di tutto, che nonseguiva C. perquell’episodio (cfr. anche lo HAMILTON 1977, 143; che, a maggior ragione, nonparli delsalvataggio diAlessandro non dimostra nulla perché, a mioavviso, nonneparlava neppure C., cfr. supra Appendice Il F24 e l’epiteto Soter); il fatto che Diodoro nonmenzioni l’ambasceria romana adAlessandro non suscita problema, perché molto probabilmente non si trattava di una delle ambascerie che raggiunsero il Macedone a Babilonia al ritorno della spedizione (cfr. supra Plinio nota 85). Ed inoltre mi sembra di poter dimostrare (cfr. infra I funerali di Efestione) che anche in questo caso Diodoro nondipendeva daC. madaDuride. Cfr. supra Giudizi su Clitarco e usodella sua opera perulteriori particolari e considerazioni.

Cap. 1 –Diodoro XVII

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L’implicazione piùrilevante dalpunto di vista storiografico è che nonesistono prove per dimostrare che Diodoro, incontrandosi con la popolarità di C., abbia trascurato questo autore peraffidarsi adunaltro, difficile pernoidaidentificare7. E, in effetti, gli studiosi moderni che sono propensi adipotizzare unafonte intermedia fra i due non offrono motivazioni specifiche per una scelta simile da parte di Diodoro8. L’idea di unafonte intermedia pare nata semmai –a posteriori, percosì dire – dall’esame delle affinità fra il 1. XVII e le Historiae di Curzio che sono state in genere ritenute assai cogenti dagli studiosi9; in taluni casi la nonprecisa coincidenza fra Diodoro e Curzio potrebbe essere l’esito di unadipendenza differenziata, in uncaso mediata e nell’altro diretta, dall’Alessandrografo10. Questo significa però scegliere la via di ‚spiegare Diodoro con Curzio‘–unostorico che oltretutto nonè affatto generoso di indicazioni sulle proprie fonti –mentre sarebbe preferibile cercare di s‚piegare Diodoro con Diodoro‘fin dove è possibile11. Il confronto sistematico tra i frammenti di C. e i passi del 1.XVII di Diodoro, che parrebbe il primo e più semplice sistema per verificare il rapporto fra i due autori, è stato tentato più di unavolta con esiti del tutto discordanti12: nonpenso quindi che sia vantaggioso perla miaindagine riprodurre un’ennesima versione di tale confronto, cherischia diessere comunque soggettiva. Paradossalmente, piùche la ricerca delle convergenze fra C. e Diodoro –che nonsono tali dasoddisfare lo scettico –si rivelerà fruttuoso il reperimento e lo sfruttamento delle divergenze frai

due.

b –L’analisi delle citazioni dei singoli autori mi hainfatti portato a constatare che esistono almeno 4 casi in cui Diodoro si discosta in modo sostanziale dalla versione presente in unframmento di C. Si tratta di dueepisodi di storia ellenica contemporanea ad Alessandro –la presa di Tebe nel 335 e l’atteggiamento di Arpalo –e di due momenti della spedizione –il passaggio per l’Ircania e, in 7 8

9

Rafforzo con i risultati di una ricerca sistematica, e restringo per ora al solo Diodoro, la conclusione che HAMILTON 1977, 145, estende anche a Curzio. 14, che Cfr. SCHOENLE 76, che ipotizza unautore di Storia universale; WELLES (Ed.), 6– 52, che suggerisce 90, che propone Duride; LEVI 151– pensa a Trogo; FONTANA 182– 29, cheraccoglie argomenti a favore diDiillo (un’ipotesi già Timagene; ALFIERI TONINI 21– di WACHSMUTH). 74, cheHAMILTON 1977, 127nota7, propone canonico“inSCHWARTZ coll. 1873– Elenco „ XV, sul loro di ampliare. Cfr. indicativamente la grande fiducia del GOUKOWSKY (Ed.), X– significato e valore. Perle mieosservazioni cfr. infra Lo storico di Alessandro e Le Historiae

di Curzio Rufo. 95; SCHOENLE 76 per Diodoro; RÜEGG 13. Possibilista 10 Cfr. per es. FRÄNKEL 387– sull’esistenza e l’usodi unabrégé di C. è GOUKOWSKY (Ed.), XVIII nota 2; di ps-C. parlava TARN 24. 11 Con questo non intendo negare la validità delle affermazioni di SCHACHERMEYR 1973, 62 o di GOUKOWSKY (Ed.), XIX, che è impossibile studiare il 1. XVII isolandolo dal 661– resto della tradizione suAlessandro: ritengo peròchesiaprioritario unbilancio diciò chesi può ricavare da Diodoro, e che il confronto con Curzio e altri debba essere soltanto un momento successivo.

12 Cfr. gli articoli emblematici di BORZA e di HAMILTON 1977.

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L’influenza di Clitarco sulla tradizione posteriore Parte II –

particolare, la descrizione dell’ape selvatica (che mi riservo di considerare solo dopo avercaratterizzato la fonte degli altri passi nonclitarchei), e l’assedio alla città

dei Malli.

A proposito diTebe, mentre C. (F1) si soffermava a parlare della μ ικ ρ ο ψ υ χ ία e della golosità dei suoi abitanti, Diodoro (XVII 8. 2–14. 4)13offre unracconto nel quale i Tebani sono caratterizzati come valorosi piùche assennati, macomunque appaiono grandi nella resistenza in nome della libertà; inoltre va notato che non si preoccupa troppo di giustificare la posizione di Alessandro o dei Macedoni14. Riguardo alla città dei Malli C. (F24) raccontava che Tolemeo era presente 99. 4) offre unracconto abbastanza esteso all’assedio15; invece Diodoro (XVII. 98– manonriserva spazio a Tolemeo16, che diviene invece protagonista all’assedio di Harmatelia17. Riguardo adArpalo, mentre C. (F30) centra l’attenzione sul suorapporto con Glicera e sulla tendenza a richiedere onori regali, Diodoro (XVII. 108. 4) si sofferma piuttosto sul gusto peril lusso e sull’autonomia di Arpalo daAlessandro, oltre adevidenziare i suoi legami con Atene. L’ipotesi che mi sembra corretto formulare è che Diodoro utilizzasse percerte parti una fonte diversa da C. e che operasse scelte personali fra i due autori18. L’identità di tale fonte diviene a questo punto l’obiettivo principale della ricerca.

a) La fonte per la storia „ellenica“ Esiste, lungo tutto il 1. XVII della Bibliotheca un complesso di notizie, talvolta senza riscontro in altri autori, che sono accomunate da alcune caratteristiche di fondo19: l’interesse peril mercenariato greco, prima al soldo diDario e poi sbanda13 Cfr. anche supra l’Appendice I F1 e 30 e l’attendibilità di Ateneo. 14 La cosa risulta particolarmente significativa se si considera lo scrupolo concui invece Arriano, utilizzando e combinando i racconti, e le ragioni, di Tolemeo e di Aristobulo –cioè di due 86. Alessandrografi –giustifica la presa e la distruzione diTebe: cfr. PRANDI 1992, 83– 15 Cfr. supra l’Appendice Il F24 e l’epiteto Soter. 16 Cfr. HAMILTON 1977, 143, il quale ammette chequiDiodoro nonusiC., o comunque scelga di nonseguirlo; GOUKOWSKY (Ed.), XVIII nota 1, invece parla di contraddizione presunta (!) fra C. e Diodoro; lo HAMMOND 1983, 65, ritiene che Diodoro tralasci di parlare di Tolemeo perché non voleva entrare in unacontroversia; BOSWORTH 1988, 81, pensa che nella narrazione di C. Tolemeo avesse unruolo così modesto che Diodoro ha tralasciato di parlarne. Va anche rilevato che Diodoro inserisce l’episodio dell’assalto nel contesto della campagna contro ‚i Sudraci e i cosiddetti Malli‘: egli utilizza cioè l’etnico Sudraci che molto probabilmente erausato daC. mavi abbina anche quello deiMalli, proveniente daunadiversa 77 (cfr. anche supra l’Appendice Il F24 e tradizione, sulla quale cfr. BOSWORTH 1988, 76– l’epiteto Soter, inpart. note 62 e 78). . 17 Sull’episodio cfr. infra Alcuni episodi „indiani“ 90, in genere perla 18 L’idea di unadoppia fonte ovviamente nonè nuova, cfr. LAQUEUR 257– Bibliotheca, ma già SCHUBERT 43, proprio per C. e Duride; lo stesso TARN, per C. e ); e da ultimo HAMMOND 1983, che pensa a C. e a fonte mercenaria“ Aristobulo (oltre la „ Diillo (la presenza di Diillo nel 1.XVII erastata ipotizzata daROHDE). 19 Sfrutto i convincenti risultati dello studio suirapporti fraAtene e il mercenariato greco nell’età

Cap. 1 –Diodoro XVII

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to o passato adAlessandro20; la buona conoscenza delle vicende interne di Atene e l’ostilità neiconfronti diDemostene21; la prospettiva sostanzialmente ellenica della narrazione, che nonpone la figura di Alessandro in posizione centrale22. E vi è di più: tracce assai consistenti di questa stessa tendenza si riscontrano anche all’inizio del 1.XVIII, dove si constata unapuntuale ripresa deipreannunci e delle narrazioni interrotte nel 1.XVII23. Scaturisce daquil’ipotesi che Diodoro abbia cominciato ad utilizzare già nel 1. XVII una delle fonti poi riconoscibili nei libri sul dopoAlessandro24 e che tale autore abbia molte probabilità di essere Duride25. La verifica della presenza di Duride in Diodoro XVII non può contare su coincidenze forti coni suoi frammenti26, maè noto che nonneesistono neppure fra Diodoro e altri storici che sono stati suggeriti come potenziali candidati dalla critica moderna. D’altra parte –come si è visto –anche le apparenti somiglianze con i frammenti di C. hanno riservato, dopo unesame puntuale, alcune sorprese. Nulla però ostacola l’attribuzione a Duride del filone di notizie sucui abbiamo concentrato l’attenzione, quello che accomuna il 1. XVII e parte del XVIII, dal momento che le caratteristiche di tale filone non contrastano con le sue tendenze

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di Alessandro della LANDUCCI GATTINONI 1995 (considerazioni sulle fonti di Diodoro a 91). 84– Le notizie cui alludo costituiscono un insieme più ricco di significati di quanto non fosse la 74 (per la bibliografia relativa rimando a SEI„ fonte mercenaria“individuata dal TARN 71– 11), il quale peraltro ne seguiva le tracce solo durante il periodo di attività di BERT 19903, 10– 27; 30; 48; Dario. L’attenzione peri mercenari in realtà continua lungo tutto il 1.XVII: cfr. 24– 57; 76; 83; 84; 99; 106; 111; al cap. 84 viè uninteresse decisamente notevole perdeimercenari indiani“ . Un’accezione ancora diversa di „fonte merindiani, cfr. infra Alcuni episodi „ cenaria“era quella considerata dal WOLF, il quale ipotizzava in C. la presenza di unaricca tradizione orale proveniente dai reduci, e riteneva di riconoscerne le tracce soprattutto in Curzio. Per i rapporti fra C. e la tradizione orale cfr. infra La „ cifra“di Ciltarco. Nonmisembra si possa parlare però di tendenza filoateniese: cfr. 3. 5; 8; 15; 62; 108. 74. I passi piùsignificativi in tal senso sono: 8–14 (Tebe); 48; 62– Cfr. anche FONTANA 172– 63 (Leostene); 113 (ambascerie dalla Grecia). Per unesame dell’excursus sulla guerra lamiaca all’inizio del 1.XVIII rimando a SORDI 1987, 36, che offre solidi argomenti in favore dell’identificazione della fonte con Duride. 29– 36. XX di Diodoro cfr. lo status della critica in SEIBERT 1983, 27– Sulle fonti dei libri XVIII– Il problema della proporzione in cui l’opera di Ieronimo e di Duride è stata utilizzata per la 45. Bibliotheca è notoriamente dibattuto; per uno status rimando a PÉDECH 1989, 344– 26, sui caratteri della 82, 13– Accetto qui le conclusioni della LANDUCCI GATTINONI 1981– dipendenza di Diodoro da ambedue gli storici; una verifica della dipendenza duridea di 50. Diodoro XVII per notizie di storia interna ateniese in BEARZOT 1985, 39– Cfr. LANDUCCI GATTINONI 1995; cfr. anche nota precedente. Quanto alla presenza di Duride nel 1. XVII, la proposta era già stata fatta incidentalmente da SCHUBERT 1922, 43

90 (fonte unica e (fonte secondaria); ed è stata riproposta dalla FONTANA 1965, sopr. 182– 38 (per la derivazione di alcuni intermedia fra C. e Diodoro), e dalla BEARZOT 1985, 36– capitoli riguardanti appunto la storia interna di Atene). Tale possibilità non è stata finora sfruttata nel dibattito moderno ed è stata considerata troppo poco fondata dal BADIAN 1971, 66): 48, e dal GOUKOWSKY (Ed.), XVIII nota 3 (assai tiepido e inconcludente KEBRIC 64– credo di poter presentare argomenti piùsolidi a favore di tale ipotesi. Già RÜEGG 22, l’aveva notato e la cosa emerge anche dal recente esame condotto dal 41, suframmenti sicuramente duridei. PÉDECH 1989, 328–

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Parte

II –L’influenza di Clitarco

sulla tradizione posteriore

ideologiche27. Inoltre vi è un passo del 1. XVII che merita riflessione: a 23. 1– 3 Diodoro, appena segnalato il congedo della flotta daparte diAlessandro, puntualizza che per ἔν ιο ι si tratta di un espediente abile per forzare i soldati al valore e ricorda che κ α τ ὰ τ ο ὺ ο ςὕσ νχρόν τ ερ ο υ ςAgatocle riportò in tal modo unsuccesso in Africa imitando Alessandro28. Naturalmente è possibile che la reminiscenza sia opera dello stesso Diodoro29, ma è difficile scartare del tutto la possibilità che egli derivi invece il raffronto daDuride30, cheerasenza dubbio la suafonte perla storia

di Agatocle.

Se, a questo

punto,

si istituisce unsemplice

confronto

fra i 3 passi di Diodoro

poco sopra ricordati, chenondipendono daC., e le notizie chepotrebbero risalire a Duride si constata unaserie di coincidenze sorprendenti. 1 –Il racconto diodoreo della rivolta e del sacco di Tebe –8. 2–14. 4,

contrastante con lo spirito del F1 di C. –è preceduto a 7. 2– 3 dalle notizie sui preparativi di Dario e sul capo mercenario Memnone di Rodi: l’interesse per Memnone è unacaratteristica ricorrente in Diodoro e ritorna a 18. 2– 27; a 4; a 23– 431. Immediatamente dopo la vicenda di Tebe Diodoro narra, a 15. 1, 29. 1– l’episodio della richiesta di estradizione dei 10 oratori daAtene: poiché esistevano tradizioni diverse sulla lunghezza e la composizione della lista degli uomini da bandire, diviene assai interessante notare che il numero di Diodoro è lo stesso che Plutarco (Dem. 23. 3) fa risalire a (Idomeneo e) Duride32. 99.4. Subito dopo, a 99. 2 –Diodoro racconta l’assedio alla città deiMalli a 98– 6, commentando che Alessandro gravemente ferito, era fuori gioco, dà notizia 5– della ribellione esplosa alla falsa notizia della sua morte fra i mercenari greci stanziati in Battriana e Sogdiana e scontenti del loro soggiorno in terra barbara33;

27 Cfr. BEARZOT 1985, 49 e SORDI 1987, 35. L’argomento del MAZZARINO 8, che non poteva essere fonte di Diodoro unautore che negava la storia dell’incontro fra Alessandro e l’Amazzone, è stato parzialmente demolito dalla FONTANA 190, la quale puntualizza che Plut. Al. 46 non dice che Duride taceva l’episodio ma che gli negava autenticità. Se, come credo, Diodoro seguiva due fonti nel 1. XVII, il problema non esiste. Cfr. comunque infra L’Amazzone e l’harem di Dario. 84, a segnalare che Diodoro opera un abbinamento 28 Ha ragione GOUKOWSKY (Ed.), 183– indebito fral’espediente dicongedare unaflotta e quello dicombattere, come al Granico, inuna posizione nella quale sia impossibile la ritirata; manonconcordo con lui quando attribuisce il parallelo Alessandro/Agatocle a C., ritenendolo quindi un tratto d’attualità (lo sbarco di Agatocle risale al 307). 29 Cfr. TARN 381; SCHACHERMEYR 1970, 213 nota 3, pensa ad un autoschediasma di Diodoro perché nonritiene possibile, dalpunto divista cronologico, cheC. potesse menzionare l’episodio di Agatocle. 30 Cfr. FONTANA 184. ή come ulteriore segnale della presenο χ 31 Perla valorizzazione dell’espediente tattico della διαδ 88, sia per l’assedio di za di questa fonte in Diodoro cfr. LANDUCCI GATTINONI 1995, 87– Tebe che per quello di Alicarnasso. I passi del 1.XVII dove si parla della diadoche sono 11. 1; 27; 62. 7; 67. 7; 85. 6. Perl’esame sistematico della parte immediatamente preceden12.2; 24– 6). te cfr. infra L’inizio del 1.XVII (capp. 1– 38, conunconfronto sistematico in questo senso. 32 Cfr. BEARZOT 1985, 37– 40 e infra Alcuni episodi 33 Su questo aspetto cfr. LANDUCCI GATTINONI 1995a, 125– „indiani“ , per il carattere diverso della tradizione in Diodoro e in Curzio.

Cap. 1 –Diodoro XVII

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prosegue poi dicendo che in 3000 si diressero verso casa e che più tardi vennero sterminati daiMacedoni dopo la morte di Alessandro. Va notato che la notizia di questa rivolta è strettamente collegata sia per la causa (falsa notizia della morte del re), sia per il modo narrativo, al racconto dell’assedio. Va inoltre ricordato chela vicenda diquesti mercenari è poiripresa da Diodoro all’inizio del 1.XVIII, sia a 4. 8, sia piùorganicamente a 7. 1– 9. 3 –Diodoro parla di Arpalo a 108. 4– 8: i paragrafi 4– 6 (prima parte) sono concentrati sul modo di vita sfarzoso del tesoriere e sono quelli che è possibile confrontare conla testimonianza diC. (F30) pervalutarne le differenze; i paragrafi 8 invece riguardano le iniziative diArpalo neiconfronti diAtene 6 (seconda parte)– e i particolari sui mercenari al suoseguito, che perqualche tempo stazionarono al Tenaro. Il capitolo 108 forma untutt’unocoerente e nonreca tracce digiustapposizione di parti; inoltre varilevato che anche dei mercenari delTenaro Diodoro torna adoccuparsi, nominando ancora Arpalo, a XVIII. 9. 1,là dovepoitratta estesamente di Leostene34 e della guerra lamiaca. Nonpuòessere soltanto uncaso se luoghi diversi del 1.XVII, per i quali non appare dimostrabile la dipendenza daC., si trovano in qualche modo strettamente correlati (1 e 2) o addirittura coincidono (3) con notizie che sembrano derivare da unafonte interessata alle vicende delmercenariato greco, identificabile conDuride. Ladipendenza dall’opera dicostui sembra costituire unelemento portante del1. XVII: maessa nonera semplicemente –vorrei metterlo inevidenza –la narrazione continua alla quale Diodoro attingeva per le vicende della Grecia, intese come contrapposte a quelle dell’Asia o della spedizione35; al contrario, di questa fonte si trova traccia nonsolo nella fase microasiatica della strateia, che sembra narrata da 36,maanche nella successiva marcia verso Oriente37. angolazione „persiana“ Il quarto esempio di divergenza fra Diodoro e C., che ho lasciato finora in sospeso, è particolarmente significativo in questo senso: apparentemente infatti si tratta diuncaso didipendenza nonproblematica, cheperò unesame accurato carica di molte perplessità. η δ ώ ρ ν , dicendo Il F14 (= Dem. De eloc. 304) parla dell’ape selvatica, la τενθ ή ν , εἰσίπ ῦ ἰςτ α τα ὲε ιδ ὰ τ α . Anche ς ςδρ ςκοίλ ὴ νὀρειν ν... τ έ ετ α ιμ che κα τ α ν έμ Diodoro, all’interno della celebre descrizione dell’Ircania, menziona a 75. 7 l’ape ειπ μ ό η νἔχ ε ίσ 38,λ ν η τ εγ ε ο ιτ ὴ νἐπ ςμ νδ έθ ιελ ίτ τ ε ιμ εγ ὲμ selvatica, l’ἀ ν δώ η ρ θ ν 39. φ ά ν εια ν

34 DiLeostene si parla giàa XVII. 101. 3, conuninteresse chesarebbe fuori luogo inunautore di Storie diAlessandro, come C., mache appare logico in unautore diMakedonika come Duride.

85, per il rapporto C. /Diillo. 35 Questa è l’idea dello HAMMOND 1983, 12– 72. Diodoro è fonte molto interessata e bendisposta nei confronti dei capi 36 Cfr. già TARN 71– 44 e 1995, mercenari greci al soldo dei Persiani, cfr. LANDUCCI GATTINONI 1994, 40– passim. Già BOSWORTH 1980, 147, aveva constatato questo interesse, in particolare per quanto riguarda l’assedio di Alicarnasso, malo attribuiva a C. 5; 108. 6; 57. 4; 74. 3– 37 Cfr. peres. 48. 2– θ η ρ δ ώ ν . νἡτεν 38 Cfr. Hesych. s. v. ἀνθρηδώ νin ν εια ά ιφ 39 Il testo così come si legge è·difeso daTARN 90. Fra le emendazioni proposte: ἐπ η ς , τ ελ ίτ νin μ η ίσ τ εγ dalDINDORF, seguito dalFISCHER nell’Edizione Teubner; μ ν φ έλ εια ὀ ν η , dal ίλ ο ικ η νin π τ ίσ εγ dal PEARSON 220 nota 30, seguito da HAMILTON 1977, 140; μ GOUKOWSKY (Ed.), 228.

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Demetrio intendeva criticare i termini scelti da C. e non necessariamente riferire perintero la suadescrizione40, percui il testo delframmento risulta assai più breve del passo diodoreo: vi sono comunque elementi che ricorrono in ambedue, come l’uso di un composto di ν μ ω έ o l’allusione alle ‚cavità‘; ed in genere tali corrispondenze riescono a soddisfare anche gli scettici41. Inrealtà la descrizione diDiodoro presenta paralleli, anche verbali, dimaggiore consistenza rispetto a quelli con il F14, con un altro passo della Bibliotheca42, XIX. 2. 9, dove Diodoro stadando notizia deltrasferimento in Siracusa della famiglia di Agatocle, al momento della seconda colonizzazione di Timoleonte, e segnala un prodigio avvenuto dopo la morte delpadre Carcino: ἡ ή ρἀ η δ τ ὲμ ν η έθ κ ε νλιθ η ν ίν ρ ὸ έν ε ι, π ό ν α τ ο εἰκ ελ ῦπ α ιδ ςἥ νμ ὸ ιτεμ ιτ ςἔ ντιν τ ῶ νἑσ μ ὸ ρ ςπ ο σ κ α θ ίσ α η ςἐκ ρ ο π λ ά σ τη σ ε νἐπ ὶτ ῶ νἰσ . È già stato dimostrato43 che Diodoro per le notizie ν ίω χ su Agatocle si rifaceva a Duride: l’uso di un verbo sufficientemente insolito e 44costituisce unasorta di sphragis e la suapresenza a ρ ο η π λ α σ τ ε ῖν tecnico come κ XVII. 75. 7 e a XIX. 2. 9 miinduce a supporre dinuovo, conundiverso argomento, chetale autore siapresente anche nel1.XVII. Ma c’è un aspetto ancora più interessante di questa analisi, cioè che esistono indizi per risalire daDiodoro a Duride in uncaso in cui, oggettivamente, esistono anche prove per risalire da Diodoro a C. E noncredo che sia possibile risolvere questo problema se nonammettendo che Duride stesso usasse C.45. In teoria nonci sono ragioni pernegare l’usodi C. daparte di Duride46, anche se non si riscontrano somiglianze nei frammenti dei due autori e vi sono invece

40 In questo senso concordo con TARN 90, contra HAMILTON 1977, 140. 41 Cfr. per es. BORZA 35; ma la FONTANA 177, vi riconosce anche delle differenze, e recentemente lo ATKINSON II, 189, afferma che la corrispondenza nonè perfetta. Insolita la posizione dello STEELE 44, che considera parodistico il riferimento al testo di C. fatto da Demetrio, e piùfedele invece il passo diodoreo. 42 La somiglianza era già stata notata dal TARN 90 nota 3: (a most curious difficulty), il quale dopoaver asserito chenel1.XIX Diodoro dipende daTimeo, lascia aperta la questione seanche nel XVII Diodoro dipendesse dallo storico siceliota, oppure se citasse se stesso. Successiva84, riconducendo piùcorrettamente a Duride mente haripreso la questione la FONTANA 183– la notizia suAgatocle maostinandosi poiadinserire una(nonnecessaria) mediazione diTimeo, che suscita grossi problemi. 65. 43 Cfr. MEISTER 1967, 130– 44 Un’indagine informatica sulla presenza del verbo, e delsostantivo correlato, nel Thesaurus ha offerto dati che misembrano così razionalizzabili: gli autori che usano il vocabolo sono in alta percentuale scrittori cristiani –molti gli storici ecclesiastici –o filosofi posteriori a Diodoro; le attestazioni anteriori a costui appartengono per lo più ancora all’ambito della letteratura filosofico-scientifica, come le duedelCorpus Hippocraticum, quelle diPlatone (Tim. 74c dove compare il sostantivo, a proposito dicolui chehaplasmato le componenti delcorpo umano), di Crisippo (Frg. log. etphys. 988. 17) e di Ocello (De univ. nat. II. 3. 11); si aggiungono adesse due attestazioni teatrali, Sofocle (F398 Radt) e Eubulo (F40 K-A), e una scoliastica (Sch. Aeschyl. Prom. 574); il vocabolo nonrisulta usato da storici di età classica. L’occorrenza, per quanto modesta, in opere teatrali nonè incongruente conla provenienza dei passi diodorei da Duride, che coltivava tali interessi. 90. 45 A Duride come mediatore unico diC. a Diodoro hapensato la FONTANA sopr. 182– 46 e 65, e in PÉDECH 1989, 341; la conoscenza di C. è 46 Cfr. argomenti a favore in KEBRIC 45– bassa“diquest’ultimo. possibile anche se si accettasse unadatazione „

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alcune diversità. Per definire la data d’inizio della spedizione asiatica C. (F7) contava dal ritorno degli Eraclidi, Duride (76F41) dalla caduta di Troia; circa Sardanapalo, C. (F2) diceva che era morto di vecchiaia, Duride (76F42) che era stato ucciso da Arbace; l’incontro di Alessandro con la regina delle Amazzoni era raccontato daC. (F15), mentre Duride lo riteneva un’invenzione (76F46). È opportuno ricordare inoltre che la nostra possibilità diconfrontare le opere dei dueautori è limitatissima e che, naturalmente, i casi didipendenza diDuride daC. potrebbero nonessere numerosi47.

b) Lo storico di Alessandro L’individuazione di unautore usato daDiodoro perl’impianto di storia ellenica ha come prima conseguenza quella diridurre, nel1.XVII, lo spazio diC.; cosicché non è possibile affermare senza un esame critico preliminare la derivazione di una notizia diodorea daC.48. A questo esame critico vorrei oradedicare unosforzo, incerca dimateriale che possa essere definito ‚clitarcheo‘consufficiente grado diprobabilità. Il mioobiettivo non è quello di realizzare una nuova griglia dell’attribuzione di ogni singolo capitolo o paragrafo49, attività in vari casi aleatoria, ma di offrire qualche saggio di analisi che mi sembra particolarmente significativo e rivelatore.

6) L’inizio del libro XVII (capp. 1– Come si è visto, le prime tracce consistenti della fonte di storia ellenica seguita da Diodoro si possono individuare al cap. 7, a proposito di Memnone e deipreparativi militari diDario, e successivamente a proposito della ribellione diTebe dalcap. 8 in poi50.

651peridentificare, Desidero oraconcentrare l’attenzione sui capp. 2–

autore che ci conserva –come C. (F9, cfr. supra Scolî) – unadescrizione del rituale del sacrificio infantile a Crono è Diod. XX. 14. 4, in uncontesto agatocleo che potrebbe provenire daDuride; cfr. anche infra II sacrificio infantile a Crono. È impossibile, e poco utile, realizzare unquadro ditutte le notizie chesono state apoditticamente attribuite a C., all’interno e al di fuori del l. XVII; vorrei segnalare soltanto qualche caso particolarmente rappresentativo. Lo HÖGEMANN 168, analizzando i capp. 108 e 110, parla sistematicamente diC. invece diDiodoro, come se ci trovassimo di fronte adunacitazione ad verbum (per inciso, inbase all’interpretazione dameproposta delle fonti del1.XVII, i suddetti capitoli sembrano appartenere ad un contesto durideo, cfr. supra La fonte per la storia „ellenica“e infra I funerali di Efestione). Oppure, il BOSWORTH 1988, 365, afferma che ) la tradizione del sangue di έω ν 3, inserisce (con unἔν νσυγγραφ ιτ ῶ ιο Diodoro a XI. 58. 2– toro circa la morte diTemistocle desumendola dall’opera di C., che neparlava (F34). Il tentativo piùrecente è quello dello HAMMOND 1983. Cfr. supra La fonte per la storia „ellenica“ . Il cap. 1, checorrisponde al prologo, hauncarattere a sé e credo nonsia infondato considerarlo un’elaborazione di Diodoro sulla falsariga del prologo eforeo del 1. XVI; cfr. SORDI (Ed.), XVII; GOUKOWSKY (Ed.), 7 nota 2. XIV–

47 Forse è unacoincidenza mal’unico

48

49 50

51

se possi-

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bile, il modo in cui Diodoro haredatto la storia deiprimi atti di Alessandro52. E un buon criterio preliminare mi sembra quello di verificare il rapporto esistente fra le

notizie di questi primi capitoli e quelle del 1.XVI, dal momento che un’eventuale affinità fra le unee le altre puòindurre adescludere la presenza di C.53, mentre una differenza sensibile di particolari o di interpretazione permette di impostare il problema della dipendenza diunpasso dall’Alessandrografo piuttosto chedaun’altra fonte. La trattazione diodorea degli inizi del regno di Alessandro mi sembra organizzata su tre centri di attenzione: il comportamento del giovane re per rafforzare la propria successione a Filippo; i timori perl’attività di Attalo e la suasoppressione; la situazione ai vertici dell’impero persiano. 3 e viene ripreso a 4. 1– Il primo tema si presenta a 2. 2– 3 e 9: Alessandro appare intenzionato a subentrare al padre in modo „ indolore“e propenso a privilegiare fin dove possibile gli strumenti diplomatici; vengono ricordate in successione le tappe con cui egli eredita giuridicamente i poteri del padre presso i Macedoni, il koinon tessalico, gli Anfizioni e la lega di Corinto. Il linguaggio usato daDiodoro è molto connotato: piùvolte menziona la ricerca, e il raggiungimento, dell’ε ὔ ν ο ια da parte di Alessandro (2. 2; 2. 3; 4.2); più volte l’atteggiamento di Alessandro è ρ ω π ιλ ο ά θ ν ς(4. 9; a 2. 3 e 4. 3 conl’avverbio derivato); e tale linguaggio definito φ è lo stesso che Diodoro utilizza nel libro precedente a proposito diFilippo e del suo modo di ingraziarsi i Greci54. Perciò nonè fuor di luogo pensare che ci troviamo di fronte al persistere di unatradizione di tipo eforeo55, in qualche modo imparentata con quella del 1.XVI. E caratteristica congruente con la tradizione eforea sembra 856. l’attenzione critica prestata al comportamento di Demostene a 4. 7– 2, con 6 e 5. 1– Il secondo tema, quello riguardante Attalo, è spezzato fra 2. 3– unparticolare a 3. 2 sul quale mi soffermerò tra breve: Alessandro teme possibili rivendicazioni di Attalo alla successione, anche perla popolarità di cui gode costui presso le truppe inviate in Asia da Filippo per preparare la spedizione, e manda

52

Naturalmente bisogna tenere presente che ci manca la narrazione di Curzio; ma non si può trascurare che là dove è possibile fare unconfronto (cfr. infra nota 57) si constata che i due storici non coincidono. Per il rapporto fra Diodoro e Giustino cfr. infra nel testo e infra

53

Ovviamente non è impossibile, in teoria, che Diodoro abbia anticipato nel 1. XVI qualche notizia tratta daC. (il quale poteva aver scritto in qualche misura di Filippo e dei preparativi della spedizione); ma,inpratica, il 1.XVI si presenta bencaratterizzato nell’usodiduefiloni di tradizione che esulano daC., cfr. infra nel testo e nelle note. Questa visione dei fatti risaliva ad Eforo, cfr. HAMMOND 1937 e 1938; SORDI (Ed.),

54

L’Epitome di Giustino.

XXVII XXX. 55 A Demofilo, figlio e continuatore diEforo pensa la SORDI 1984, 12, ritenendo nonimpossibile che il suo scritto, attento alle realtà religiose greche come l’Anfizionia, potesse contenere qualche „ anticipazione“suAlessandro che nesottolineasse la continuità conil padre. 56 I motivi per cui Demostene abbandona il suo posto nell’ambasceria inviata ad Alessandro risiedono nonsolo neldesiderio di restare fedele al Re, che lo finanziava maanche nella paura delle conseguenze che la suapolitica filomacedone poteva procurargli: il cherisulta particolarο . La presenza di unacitazione di π ω ρ ς θ ν ά ιλ mente significativo di fronte ad unAlessandro φ Eschine (III. 173) peravvalorare l’argomento si commenta dasé. –

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Ecateo ad ucciderlo57; le sue preoccupazioni sembrano fondate perché Attalo accetta di accordarsi con gli Ateniesi, salvo poi pentirsi tardivamente e denunciare Demostene al re; la suaeliminazione pone fine ai fermenti fra i soldati. Alessandro appare in questo caso estremamente deciso adusare unalinea dura. Mi domando se appartenga al medesimo contesto anche il cap. 3, interamente dedicato ai fermenti insurrezionali in Grecia, con l’indicazione delle regioni più decise a ribellarsi: esso contiene infatti la prima menzione delle trattative segrete, propiziate da Demostene, tra Atene e Attalo, di cui si colgono poi gli sviluppi nel cap. 5. Esso inoltre offre unacaratterizzazione diAlessandro che mipare differente : il re è fortemente inquietato dall’ostilità dei Greci e alla fine ha daquella „eforea“ ragione dei suoi nemici in modi diversi, applicando ora ὁ μ ιλ ία , oraφ όβ ο ς , ora β ία . Il linguaggio di Diodoro è in questo caso diverso e, se si vuole, assai meno caratteristico e piùgenerico. In particolare misembra sensibile il contrasto fra la considerazione fatta a 2. 2, ιλ ρ α ν ώ θ π ω ςai Greci e che li aveva esortati a che Alessandro si era rivolto φ ρ ά τ δ ο ο ο π α mantenere per lui la π τρ α ςεὔν ια ο , e questa di 3. 6 sui metodi di Alessandro, che nonsembrano privilegiare particolarmente i canali diplomatici dal momento che i tre sistemi sono posti sullo stesso piano. Tanto piùche, subito dopo ία , Diodoro –con unnuovo contrasto –riprende a β ο ςe della β ό la menzione del φ parlare dell’Alessandro φ α τρ ο ρ π ά δ α ο τ ρ ω π ο ο ιλ θ ς , che ottiene dai Tessali la π ά ν ς 58. ία ν ο εμ ἐγ Se il secondo tema proviene daunafonte diversa daquella delprimo, potrebbe essere utile per identificarla la constatazione59 che le vicende di Attalo, benché riguardino i rapporti alla corte macedone e il contesto della spedizione preparatoria in Asia, vengono colte in Diodoro daun’angolazione ateniese (trattative avviate da Atene; denuncia di Demostene)60. Mi sembra si possa parlare di attenzione per Atene e di informazione su quella città, cioè di un tratto che si riconosce anche

57 Vale la pena di notare che Curt. VII. 1. 3 e VIII. 7. 5 segnala che fu Parmenione adeliminare Attalo: questo non significa che la sua narrazione, per noi perduta, degli inizi del regno di Alessandro fosse del tutto diversa daquella di Diodoro mache poteva esservi fra loro almeno una divergenza su un punto non proprio marginale, dato il rango di Parmenione. Per un 5. inquadramento cfr. HECKEL 4– ο τ ςha unsignificato di base di tipo giuridico. Puòessere interessante ο δ ά ρ 58 Il termine π π α ο τρ α rilevare che Diodoro lo usa(oltre che a IV. 8. 5, in un’osservazione di carattere assai generale) nella Bibliotheca anche a XV. 74. 5, in unpasso che a mioavviso presenta affinità con il caso che sto considerando (in particolare con XVII. 2. 2). Si tratta infatti della presa di potere di Dionigi II, del quale si dice che riunì l’assemblea e che condiscorsi adatti esortò a conservare . Se si accetta l’ipotesi di una dipendenza da ια ο τ ςεὔνο ο δ ά ρ α π ο ρ τ α nei suoi confronti la π Eforo delracconto della presa dipotere diDionigi II inDiodoro –cfr. MEISTER 1967, 111–il raffronto fra i duepassi rafforza l’impressione che all’inizio del 1.XVII persista unatradizione di tipo eforeo. Se si preferisce pensare prudentemente che il parallelismo fra Dionigi e Alessandro sia unareminiscenza di Diodoro, a maggior ragione il tema di unAlessandro in dev’essere indipendente daC. cerca di εὔ ια ο ν 59 Fatta dallo ELLIS 1981, 108. 60 Del resto nonva trascurato che si tratterebbe in ogni caso di fonti di storia ellenica.

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altrove nel 1.XVII e che connota appunto la fonte perla storia „ ellenica“seguita da Diodoro pergli anni di Alessandro e perquelli dei Diadochi61. Mentre questi due temi, come si è visto, si intersecano reciprocamente nell’esposizione diodorea, il terzo –la successione in Persia –prende avvio solo successivamente, a 5. 3, e nonviene interrotto. Esso presenta tuttavia al suointerno unacontraddizione62: infatti mentre dalracconto delle mene dinastiche dell’eunuco 6, si desume con chiarezza che Dario venne portato al soglio Bagoa, fatto a 5. 3– imperiale, in mancanza d’altri e in nome di unasuapiuttosto remota parentela con Artaserse II (5. 5), successivamente, a 6. 1, Diodoro afferma che Dario fu scelto in considerazione della suaἀ ρ ε ία , e viene dato spazio al racconto del suocoraggio ν δ durante la spedizione di Artaserse III contro i Cadusî. Questo diverso giudizio suDario presuppone unadiversità di fonte, ed è quasi inevitabile che quello meno lusinghiero possa risalire aduna fonte già seguita da Diodoro nel 1. XVI (l’ultimo episodio di storia persiana è a XVI. 52); e invece quello più positivo possa derivare dall’Alessandrografo usato nel XVII, cioè da C.63.

L’analisi deiprimi capitoli haportato come frutto laconstatazione cheall’inizio del 1.XVII nonsolo persistono caratteri distintivi di unadelle fonti del 1.XVI, ma anche la sensazione che l’esposizione di Diodoro combini sul piano narrativo

e spunti diversi64. E unaconferma in tal senso proviene anche daunadivergenza esistente fra 1. XVI e 1.XVII65. A 2. 1, subito dopo il prologo e prima di presentare l’Alessandro φ ιλ ά ν θ ρ ω π ο ς , Diodoro inserisce una notizia circoscritta e isolata, che la prima iniziativa di Alessandro fu quella di prendersi la giusta vendetta sugli uccisori del padre. Come è stato notato66, nel 1.XVI vi è unsolo assassino diFilippo, Pausania, che agisce senza complici e viene ucciso subito dopo il gesto; in base a quel racconto non potevano esistere ‚uccisori‘ di Filippo. La differenza non può che tradizioni

61

Questa angolazione spiccatamente ateniese è anche unconnotato della seconda fonte seguita da Diodoro nel1.XVI, perla quale la ricerca moderna haproposto identificazioni diverse. Pensano 29, a Diillo lo HAMMOND 1937, la SORDI (Ed.), XXX–XXXIII, e l’ALFIERI TONINI 21– (che vede la presenza di Diillo sia nel 1.XVI sia, come fonte unica, nel 1.XVII); ha pensato a 69. Risolvere il 43, e, recentemente, MARKLE 43– Duride soprattutto MOMIGLIANO 523– problema della continuità o meno della fonte di storia ellenica di Diodoro fra 1. XVI e 1.XVII nonè dovere che tocchi a chi deve già risolvere gli onerosi problemi suscitati daunaricerca su

C.! 62 Ovviamente già notata, cfr. GOUKOWSKY (Ed.), XIV e ad loc. 63 Cfr. GOUKOWSKY (Ed.), XIV. Osservazioni interessanti sulla tradizione favorevole a Dario, 49. di probabile matrice persiana, in NYLANDER 145– 64 Noncredo quindi si possa concordare conl’analisi dello HAMMOND 1983, 160 e schema a 51, che postula Diillo come fonte unica perquesta parte. 65 Formalmente ne esiste anche un’altra, perché a XV. 93. 3 Attalo viene definito ‚nipote‘ di Cleopatra mentre a XVII. 3 è detto ‚fratello’; cfr. GOUKOWSKY (Ed.), 9 nota2, perunostatus delle altre fonti suirapporti familiari fra i duee perl’opinione che i duepassi derivino dafonti diverse. In questo caso sono piùscettica (come lo è BADIAN 1985, 457 nota 2), anche perché ῦ ο ἀ δ ςsono termini facilmente confondibili. φ ό φ ιδ ελ ςe ἀ δ ελ 66 Cfr. WELLES (Ed.), 120 nota 3; GOUKOWSKY (Ed.), XIV.

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a postulare per la notizia di XVII. 2. 1 unaprovenienza diversa da quella diXVI. 94 suPausania. Ma c’è unaltro particolare interessante67, cioè che la menzione della vendetta sugli assassini del padre richiama dapresso unadelle „ domande“che, secondo la tradizione più elaborata68, Alessandro avrebbe posto all’oracolo di Siwah: a 51. 2 Diodoro fa chiedere daAlessandro al π ή η ρ τ οφ ςse aveva punito tutti gli uccisori del padre o se qualcuno era sfuggito. È senz’altro vero che, nella scena della consultazione, questa domanda ha anche lo scopo di rendere piùesplicito il riconoscimento della filiazione divina di Alessandro, ma è innegabile che solo un autore che parlasse della vendetta di Alessandro sugli assassini del padre poteva poi pensare di fargli chiedere se tale vendetta era stata totale. Mi sembra quindi che la tradizione della vendetta sugli uccisori (XVII. 2. 1) e il racconto della consultazione (XVII. 51) provengano a Diodoro dalla medesima fonte69. Si tratta di C.? Puòessere interessante notare che il racconto di Giustino sugli inizi del regno di Alessandro collima conquello diDiodoro soltanto, e precisamente, sui duepassi che non sembrano riconducibili né ad una fonte già usata nel XVI, né alla fonte usata nel XVII perla storia ellenica70: il tema della vendetta, a XI. 2. 1, e il giudizio positivo su Dario, a X. 371.

indurre

dell’esteso racconto

Gordio

Nel 1.XVII di Diodoro nonha spazio unepisodio che, purnongodendo forse di un’indiscussa rilevanza nella tradizione suAlessandro, risaliva alla tradizione contemporanea alla spedizione, quello di Gordio72. Tale omissione potrebbe dipendere da una scelta di Diodoro stesso, oppure dell’autore che egli stava utilizzando, ed è ovvio che queste due eventualità hanno un significato molto diverso. Credo che l’ipotesi della dipendenza del 1. XVII da due fonti di differente carattere e taglio narrativo possa ricevere in questo caso ulteriore verifica e al tempo stesso fornire ulteriore luce. Hogià avuto modo di osservare73 ed avrò occasione di portare altri elementi74 all’impressione che la prima parte della campagna diAlessandro, quella microasia-

67 Cfr. PEARSON 236, che la considera unasorta di anticipazione. 4; Iust. XI. 11. 68 Oltre a Diodoro, Cur. IV. 7. 27; Plut. Al. 27. 3– 69 Rimando infra a L’Epitome di Giustino perqualche nota sui caratteri della tradizione. 70 Al contrario, là dove Diodoro sembra dipendere dalla fonte di tipo eforeo, vi è unadifferenza nonmarginale a proposito dell’accoglienza riservata daAlessandro all’ambasceria ateniese: il ιλ ά ρ ω π ο re è φ ν θ ςinDiod. 4. 9, mentre gli ambasciatori sono graviter increpiti inlust. XI. 3. 6. 71 Iust. XI. 2. 7 parla come Diodoro della corruzione diDemostene adopera dell’oropersiano, ma mi sembra un dato così diffuso nella tradizione da non essere significativo per postulare un’identità di fonte. Per l’esame del rapporto fra Trogo/Giustino e C. cfr. infra L’Epitome di Giustino.

93. 72 Neparlava infatti Callistene, 124F54; cfr., peruncommento, PRANDI 1985, 91– . 73 Cfr. supra La fonte per la storia „ellenica“ 74 Cfr. infra Caridemo.

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sulla tradizione posteriore

tica, sia raccontata daDiodoro con un’attenzione edun’informazione particolari al „ fronte“dei Greci che insieme ai Persiani resistevano alla Macedonia; si tratta di unanarrazione che, a differenza di tutte le altre, nonprivilegia Alessandro e non sembra convenire all’opera diunAlessandrografo mapiuttosto a quella diunautore come Duride. Diodoro si sofferma notevolmente sia suMemnone, sia suimercenari greci che operavano con i Persiani; in particolare, è l’unico autore a riservare un’attenzione, che per giunta è assai consistente nell’economia del libro, a due capi mercenari ateniesi esuli in Persia, Trasibulo edEfialte, di cui elogia il comportamento75. Strettamente correlato con questa narrazione è l’andamento della campagna stessa, tanto che Diodoro è ancora l’unico ad affermare, a 27. 6– 7, che mentre i generali di Alessandro sottomettevano la pianura fino alla Grande Frigia, egli sottometteva il litorale fino alla Cilicia. Da questo passo risulta che Diodoro seguiva unanarrazione percui Alessandro nonsi eraaffatto recato a Gordio, néper il nodo né per motivi strategici, mavi si erano recati i suoi generali. Il che in altri termini significa che l’omissione dell’episodio del nodo non è frutto della scelta di Diodoro di epitomare la propria fonte76, madipende dal fatto che egli seguiva un autore che nonne parlava perché attribuiva adAlessandro undiverso itinerario77. Maquesto autore eraunoscrittore di storia ellenica e nonunAlessandrografo, edè la versione di quest’ultimo che quiinteressa scoprire. Può essere istruttivo considerare a questo proposito quanto Diodoro afferma subito dopo, a 27. 7, cioè che l’episodio che stapernarrare è troppo importante per essere omesso: l’episodio inquestione, riportato peresteso al cap. 28, è quello della ribellione e del suicidio collettivo dei Marmarei. Questo rivela, a mio parere, che egli non era affatto disinteressato alla prospettiva di inserire fatti sensazionali; e quello di Gordio senza dubbio lo era, e riguardava direttamente Alessandro benpiù del gesto dei Marmarei. È possibile, e io credo assai probabile, che Diodoro trovasse però difficoltà adinserirlo nella sequenza narrativa della fonte che stava seguendo, visto che essa escludeva unatappa di Alessandro a Gordio78, differenza che nonsussisteva nel caso deiMarmarei. Bisogna ammettere che nonpossediamo elementi pernegare che C. includesse l’episodio diGordio nelle sueStorie79 e, a maggior ragione, pertrarne deduzioni80;

75 76 77 78

59. Cfr. anche LANDUCCI GATTINONI 1994, 40–44 e 58– Cfr. per es. BADIAN 1985, 457. 56. Cfr. in tal senso anche TARN 71. Sull’itinerario diAlessandro cfr. SEIBERT 1985, 55– Qualche caratteristica simile all’episodio di Gordio presenta quello del monte Klimax, che era presente giànell’opera di Callistene (124F31; suicaratteri della tradizione cfr. PRANDI 1985, 98) e che noncompare nel1.XVII, anche se, a differenza diquello di Gordio, non 82 e 96– 81– avrebbe provocato turbative alla narrazione. E misembra un’esagerazione –visto cheinquesto caso, oltre

a Diodoro, anche Curzio e Giustino

tacciono della vicenda

–voler attribuire a C. la

2 (cfr. peres. PEARSON 49 nota 87 7 e diArr. I. 26. 1– delracconto diPlut. Al. 17. 6– 65). e BOSWORTH 1980, 164– 79 Come fa STEELE 52. 80 Come quella, svilluppata dal GOUKOWSKY (Ed.), XXX nota 1, che C. avrebbe trascurato l’episodio del nodo di Gordio perché ad un greco residente ad Alessandria esso pareva una diquello piùrilevante diSiwah. Perla possibilità cheinvece, nell’esperienza sorta di „ doppio“ paternità

Cap. 1 –Diodoro XVII

99

così come nonabbiamo elementi peridentificare quale versione della leggenda del nodo eventualmente egli seguisse81.

I messaggi di Dario Nel periodo fra Isso e Gaugamela la tradizione colloca il ricordo di trattative diplomatiche infruttuose fra Dario e Alessandro. Diodoro e Arriano parlano di due tentativi, mentre Giustino e Curzio ne segnalano tre82. Per chiarezza e comodità di riferimenti riporto unoschema che tiene già conto dell’interpretazione che offro nelle pagine successive.

Arr. II. 14

2 Diod. XVII. 39. 1–

2 Iust. XI. 12. 1– Iust.

4 XI. 12. 3–

Arr. II. 25

6 Diod. XVII. 54. 1–

16 Iust. XI. 12. 9– Curt.

IV. 11

I restituz. senza riscatto alto riscatto/Asia entro l’Halys/alleanza lettera falsificata 14 riscatto riscatto I Curt. IV. 1. 7–

parte

Ia 8 Asia entro del regnol Curt. IV. 5. 1– l’Halys/ figlia figlia

II 10. 000 tal. /figlia/alleanza/Asia entro l’Eufrate 30. 000 tal. /figlia/diarchia/Asia entro l’Eufrate –duesoli 30. 000 tal. /figlia/Asia entro l’Eufrate due soli

30. 000 tal. /figlia/Asia entro l’Eufrate

di Alessandro, vi fosse una sorta di progressione verso Zeus, segnata prima dalla tappa a 62 e 369; e, indipendentemente, Gordio e poi da quella a Siwah, cfr. PRANDI 1990, 361– 14. FREDRICKSMEYER 205– 62, perl’analisi delle tradizioni sul nodo di Gordio; a mesembra che 81 Cfr. PRANDI 1990, 357– 6 contamini, con qualche incongruenza, le due versioni fondamentali: quella di Arr. II. 3. 1– Callistene, centrata sul personaggio di Mida (che si ritrova in Marsia di Filippi, F4) e quella, centrata sul personaggio di Gordio, che risale forse adAristobulo (e che si ritrova in Curt. III. 16). Poiché nonsi puòprovare con sicurezza che nessuno di questi 16 e in Iust. XI. 7. 3– 14– autori conservi la testimonianza di C., è difficile determinare quale fosse la versione da lui scelta e nonc’è prova peraffermare chedipendesse daCallistene, come spesso si sostiene (cfr. JACOBY ad Aristob. F7; SCHACHERMEYR 1949, 161; PEARSON 38). 82 Plut. Al. 29. 7 menziona unsolo tentativo di Dario, lo colloca prima della morte della moglie delRe (come Diodoro) e ricorda soltanto l’ammontare delriscatto, 10.000 talenti (che è lacifra 77. di Arriano). Cfr. HAMILTON 1968, 76–

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II –L’influenza di Clitarco

sulla tradizione posteriore

È questo uncaso nel quale la tendenza a considerare Diodoro, Giustino e Curzio omogeneamente dipendenti daC.83viene messa alla prova. Infatti la versione deiduemessaggi così come è conservata daDiodoro presenta caratteristiche peculiari che isolano la suatestimonianza rispetto alle altre; e va notato che a qualunque delle sue fonti risalga (C. o Duride) essa si puòdatare ad un’epoca vicina a quella della strateia. La stessa riflessione vale per Arriano, che probabilmente dipende daTolemeo84. Secondo Arriano la prima proposta raggiunse Alessandro a Marato e la successiva a Tiro; secondo Diodoro la prima proposta fu inoltrata quando Dario, dopo la sconfitta di Isso, era riparato a Babilonia, e quindi con tutta probabilità raggiunse Alessandro a Tiro85, e la seconda poco prima della morte della moglie delRe e dello scontro di Gaugamela. Dal punto di vista cronologico la ricostruzione di Diodoro risulta sfasata di quasi un anno verso il basso rispetto a quella di Arriano, e dal punto di vista geografico quella che perDiodoro è la sede della prima trattativa, in Arriano è la sede della seconda86. Quanto ai contenuti delle dueofferte, la seconda è simile in ambedue gli autori –pagamento di unriscatto (10. 000 talenti in Arriano, 30. 000 in Diodoro), offerta di unlegame matrimoniale, alleanza o condivisione del potere, territorio adovest dell’E ufrate –e viene da ambedue connessa con il noto scambio di battute fra Alessandro e Parmenione, mentre la prima è notevolmente diversa. In Diodoro l’offerta diDario è piùricca edarticolata e comprende unalto riscatto87, l’Asia fino all’Halys e un’alleanza88, mentre inArriano il Rechiede la restituzione deifamiliari senza offrire nulla. La chiave per comprendere questa difformità risiede nel racconto stesso di Diodoro il quale narra che Alessandro predispose unafalsa lettera diDario e che la sottopose agli Amici, ottenendo facilmente unrifiuto. È possibile che Arriano riproduca sulle trattative la versione ufficiale89. Quel che mi sembra ancor più certo è che Diodoro non riporta invece la versione ufficiale. Nonè miaintenzione gravare la suatestimonianza di unatendenza ostile

83 Cfr. GOUKOWSKY (Ed.), 209, che pone questa convinzione alla base della sua ipotesi sui rapporti di dipendenza delle varie tradizioni; cfr. anche infra. 84 Cfr. BRUNT (Ed.), 173 nota 1. Adunadipendenza mista daTolemeo e daAristobulo, viziata daunaconfusione, pensa invece il BOSWORTH 1980, 229 e 256. 85 Seguo le osservazioni di GRIFFITH 36, contro l’impressione di GOUKOWSKY (Ed.), 208, che anche inDiodoro la prima ambasceria raggiunga Alessandro a Marato. 86 Non condivido l’ipotesi di BERNHARDT 183 e 197, il quale afferma che Diodoro non localizza esplicitamente la prima ambasceria ma che dal suo racconto risulta che giunse a Marato; e che lo storico vi include, rispetto ad Arriano, il contenuto di trattative orali ed informali (delle quali mi sembra difficile dimostrare l’esistenza) avvenute successivamente. Cfr. infra nel testo la miaproposta di interpretazione. 87 Solo quando parla del secondo scambio diplomatico Diodoro, alludendo al primo tentativo di Dario, precisa l’ammontare delriscatto offerto la prima volta, 20. 000 talenti. 88 Si tratta dicondizioni perfettamente incarattere conlo spirito delIV sec. a. C., comeharilevato 46. GRIFFITH 39, a proposito del tipico confine dell’Halys; cfr. anche WIRTH 1971, 145– 89 Cfr. GRIFFITH 37; GOUKOWSKY (Ed.), 210; BERNHARDT 197. Dubbi sull’attendibilità della testimonianza di Arriano sono espressi daBOSWORTH 1980, 256 e, inmodo diverso, da 96. ATKINSON I, 395–

Cap. 1 –Diodoro XVII

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ad Alessandro che forse non ha90; il gesto del Macedone si configura come il ricorso adunaruse deguerre, chepotrebbe anche essere bengiudicata, se confrontata con il successo della spedizione; va inoltre rilevato che Diodoro riporta la notizia in modo asettico e senza commenti. Tuttavia mi sembrano palesi le ragioni per cui Alessandro nonpoteva autorizzare unaversione che menzionasse il falso. Ciò non esclude che qualcuno fosse al corrente del sotterfugio, ma permette di concludere che la fonte di Diodoro dipendeva da informazioni, orali o scritte, di carattere nonufficiale e, aggiungerei, connotate dall’intento di svelare unretroscena91.

La convergenza delle fonti di Arriano e Diodoro, cioè di autori altoellenistici nell’i ndicare in due il numero dei tentativi di Dario induce ad attribuire alla versione dei tre messaggi un carattere recenziore92. E qualche osservazione sugli autori che la riportano conforta tale conclusione: infatti Giustino e Curzio sono quasi perfettamente coincidenti sia sul contenuto delle offerte, sia sulla loro collocazione cronologica. Curzio segnala l’arrivo del primo messaggio a Marato e quello del secondo a Tiro –cioè nelle località delprimo e delsecondo messaggio diArriano –e Giustino, che non menziona esplicitamente i luoghi, li colloca in modo del tutto analogo, l’unodopola battaglia diIsso e l’altro interiecto tempore. Ambedue riferiscono alla prima trattativa l’offerta di un riscatto (Curzio anche quella di un’alleanza), e al secondo quella di unaparte del regno (quella adovest dell’Halys, per Curzio) e di una figlia in sposa (Statira, per Curzio): riscatto, alleanza e parte del regno entro l’Halys sono le condizioni della prima proposta di Dario in Diodoro. Infine il terzo messaggio, che corrisponde come contenuto al secondo di Arriano e di Diodoro, viene situato sia daGiustino sia daCurzio dopo la morte della moglie di Dario, e nonprima come fa Diodoro. 90 II PEARSON 238, considera poco favorevole adAlessandro la tradizione di Diodoro perché mette in evidenza che fra lui e gli Amici nonesisteva unrapporto di fiducia. 91 Se poi la notizia della creazione di unafalsa lettera fosse destituita di fondamento, a maggior

92

ragione unasimile notizia nonpoteva figurare nei resoconti ufficiali della spediazione. BOSWORTH 1980, 229, esprime dubbi sulla possibilità materiale di falsificare le condizioni offerte da Dario; ma ritengo che non sia così sicura la presenza di ambasciatori persiani incaricati di esporre anche a voce le proposte delRe. Nonesistono elementi per affermare che Diodoro dipendesse da una fonte che ricordava tre tentativi, come pensava SCHWARTZ col. 1884, e come suggerisce BERNHARDT 196, sulla ν ω , che andrebbe έρ γ τ α υ ῦθ τ ο ντ νἑαυ α ῶ νἑτέρ ὴ base dell’espressione di Diod. XVII. 54 τ interpretata ‚l’altra delle sueduefiglie‘e che suggerirebbe l’esistenza di unaprecedente offerta matrimoniale, omessa da Diodoro. Sia WELLES (Ed.) sia GOUKOWSKY (Ed.), ad loc., intendono il passo nelsenso di ‚unadelle sueduefiglie‘edil testo greco nonè dipersé cogente néin unsenso nénell’altro. Il dubbio puòsorgere confrontando il testo diGiustino, chericorda appunto due offerte matrimoniali e che a proposito della seconda (che coincide come collocazione e contenuti conquella diDiodoro) dice a XI. 12. 10alteramfiliam. Mi sembra tuttavia che ogni ipotesi suDiod. XVII. 54 nonpossa prescindere daDiod. XXX. 21. 4, unexcerptum che riguarda appunto l’offerta da parte di Dario di parte dell’impero, di un riscatto e di un legame matrimoniale e la risposta daparte di Alessandro che l’universo nonpuòreggere due soli: il contesto è quello della seconda ed ultima trattativa in Diodoro e l’espressione è ν . α έρ τ α γ υ semplicemente τ νθ ὴ

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II –L’influenza diClitarco

sulla tradizione posteriore

La versione degli storici latini sembra il risultato di una combinazione fra quella di Diodoro e quella di Arriano93, che nonpuòessere stata operata indipendentemente daTrogo (fonte di Giustino) e daCurzio94. Poiché tale combinazione era difficoltosa, per le divergenze sia sul contenuto delle offerte che sulla collocazione geografica dell’arrivo dei messaggi, si è generata una successione di tre tentativi95. Al responsabile di questa operazione, che potrebbe essere stato tanto Trogo stesso quanto la suafonte Timagene96, bisogna attribuire la conoscenza della fonte diDiodoro; e in questo senso parla anche l’affinità esistente fraDiodoro e Giustino a proposito della replica di Alessandro all’ultima offerta di Dario, cioè la presenza in ambedue dello spunto della terra che nonpuòavere duesoli97. Poiché però mi sembra fuoriluogo sia per Trogo che per Timagene postulare l’uso di un autore non ufficiale“recepita da Diodoro abbia come Duride, penso che la tradizione „ probabilità di risalire a C.98. Abdalonimo

L’episodio di Abdalonimo, tolto dalla cura del suo giardino e innalzato al trono nella città di Sidone dopo la conquista di Alessandro99 ‚mi sembra particolarmente rivelatore del tipo di problematica che il testo di Diodoro suscita e delle oggettive parallele“ , dal momento che i difficoltà di risolverla, pur in presenza di fonti „ confronti nonsfociano in unaproposta univoca di soluzione. 93 Cfr. GRIFFITH 37; BERNHARDT 190 e 197. Sulla conoscenza della fonte di Arriano daparte di Curzio cfr. ATKINSON I, 271 e 278. Diversamente lo HAMMOND 1983, 100 e 122, ritiene cheGiustino e Curzio dipendano daC. e cheDiodoro dipenda daDiillo. 94 Oltretutto il silenzio di Curzio sulla falsa lettera predisposta da Alessandro –uno spunto facilmente sfruttabile insenso ostile al Macedone –farebbe pensare cheegli nonavesse davanti agli occhi unautore che neparlava. A Trogo, o alla fonte diTrogo, pensa anche ATKINSON I, 278. Invece GOUKOWSKY (Ed.), 209, ipotizza che Curzio abbia combinato autonomamente la versione diC. e quella presente inArriano conquella diTrogo (tre ambascerie, dicui la terza inventata dalui); main tal modononsi spiega lo stretto rapporto fra la testimonianza diCurzio e quella di Giustino. CheCurzio conoscesse marifiutasse di riportare la tradizione della falsa lettera è opinione del PEARSON 238. 95 Cfr. GRIFFITH 37 nota 2, delquale accolgo l’interpretazione. Propenso a ritenere piùattendi29; e piùrecentemente BOSWORTH bile la tradizione deitre scambi eraWELLES (Ed.), 228– 1980, 256. 96 Sui rapporti Trogo-Timagene-Curzio cfr. infra Le Historiae di Curzio e L’Epitome di Giustino.

97 La presenza ditale spunto inDiodoro impedisce didefinirlo untemadipropaganda tardoaugustea (la sottolineatura è mia), come vorrebbe CRESCI MARRONE 34. Credo meriti attenzione, ai fini della cronologia, il collegamento con l’immagine polemica di Atene-sole in Iperide (Epit. 5) proposto dalla BEARZOT 1997. L’assenza dello spunto inCurzio è certo singolare (anche se nonproblematica), così singolare cheTARN 80, è caduto nella tentazione di affermare cheesso compare nelle Historiae. 98 Per ulteriori osservazioni cfr. infra La „cifra“di Clitarco. 99 Episodio che lo HAMILTON 1977, 127 nota 7, aggiunge alla lista dello SCHWARTZ.

Cap. 1 –Diodoro XVII

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47) localizza la vicenda a Tiro, mentre sia Curzio (IV. 1. Diodoro (XVII. 46. 6– 26) sia Giustino (XI. 10. 8) la pongono, conogni probabilità piùcorrettamente, 16– a Sidone100. Ma l’e rrore di Diodoro è frutto di unacombinazione poco felice: egli dedica alla conquista della Fenicia unalapidaria espressione –40. 2: quindi (Alessandro), marciando in direzione dell’Egitto e pervenuto alla Fenicia, ottenne la sottomissione di tutte le altre città i cui abitanti erano bendisposti nei suoi confronti –e concentra invece estesamente la propria attenzione sulla resistenza e l’assedio di Tiro. Dopo aver parlato della resa della città annuncia cheviè unepisodio delquale non vuole omettere menzione δ ιὰ τ ὸπ ιπ ερ ετ εία ρ ά δ ο ςπ α ξ ο ν(46. 6); e narra di seguito, in modo poco congruente, che l’ultimo re Stratone era impopolare soprat-

peri Persiani. Probabilmente egli citava a memoria, senza ricontrollare l’ubicazione, una vicenda che –lo confessa –molto lo aveva impressionato101. Per la verità anche Curzio è assai stringato sulla conquista della Fenicia, ma nontralascia di nominare anche Biblo e Sidone e questo gli consente di localizzare correttamente la storia di Abdalonimo102. Il vero problema nonè però legato néalla sede néallo svolgimento dell’episodio –l’unica differenza rilevante è che Giustino tace del ruolo di Efestione, ma vi è motivo di credere ad unpesante intervento riassuntivo sul testo di Trogo –bensì all’ dell’intera vicenda. interpretazione ρ ά α δ ο ξ ο Infatti Diodoro afferma, come ho già notato, e ripete (a 47. 6 π ντ ῆ ς ή ) che ν β μ ατ ο λ ρ ά δ ο ο ετ α ῖςἀ γ η ν α ξ νμ ρ ο η ά ςπ δ ο ειγ ο ;π ῦ ῆ ς α σ ιτ ὴ ντ χ χ ςτύ τ ύ quello di Abdalonimo è unesempio istruttivo di rivolgimento della Tyche, che in questo caso ha innalzato unumile ed oscuro personaggio ai piùalti fastigi. Curzio invece offre unacoerente lettura di stampo cinico103, dove la fortuna hapoco spazio e sono piuttosto i meriti personali di Abdalonimo che gli guadagnano l’accesso al trono, in particolare la sua mancanza di ambizione e il suo distacco dal potere. Il testo diGiustino presenta unasignificativa affinità conCurzio (oltre cheperla sede dei fatti, Sidone) là dove accenna (XI. 10. 9) alla reazione negativa e all’ostilità dei nobiles, che haunruolo nel racconto di Curzio (1. 24) mentre nonviene menzionata, e nonavrebbe senso, nel racconto diDiodoro.

tutto perché parteggiava

59 e diGOUKOWSKY (Ed.), 200; Arr. II. 24. 100 Rimando alle osservazioni di SOHLBERG 758– 5 ci conserva precisazioni sul re di Tiro. Per quanto riguarda poi le questioni onomastiche connesse con la grafia del nome Abdalonimo cfr. WELLES (Ed.), 252 e GOUKOWSKY (Ed.), 200. 101 Adunerrore frutto di unacitazione a memoria pensa già ATKINSON I, 283. Noncomprendo l’argomento di SOHLBERG 759, che le differenze di Diodoro nascano dal fatto che in C. la conquista della Fenicia era narrata di seguito, senza inserzioni sulla guerra d’Agide: per la

verità Diodoro stesso la narra in questo modo. 16: In Phoenicen dein descendit et oppidum Byblon traditum recepit. Inde adSidona 102 IV. 1. 15– inclitam. Regnabat inea Strato, Darei opibus ventum est, urbem vetustate famaque conditorum adiutus ... 23; 25. L’impronta cinica è ovviamente già stata notata 103 Tratti caratterizzanti a 1. 18; 20; 22– , romano“ dagli studiosi, cfr. ATKINSON I, 283, il quale vi riconosce anche un colorito „ prodotto daunaserie di riferimenti alla problematica delprincipato e, quindi, opera di Curzio stesso. Anche THÉRASSE 1968, 583, attribuisce a Curzio un intervento moraleggiante sull’episodio, che sembra estraneo invece al racconto diGiustino.

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II –L’influenza di Clitarco

sulla tradizione posteriore

Credo che sia abbastanza ovvio osservare che l’interpretazione diodorea della Tyche è una sorta di lectio facilior dell’episodio, e che invece il colorito cinico presente nei due storici latini è frutto di una riflessione più meditata. Si tratta comunque di duemodi diraccontare che nonpossono risalire adunostesso autore. L’Alessandrografo della prima generazione al quale converrebbe una lettura cinica è naturalmente Onesicrito104, che era autore noto a C.105; anche se non va trascurato che C. stesso è detto discepolo del cinico Stilpone106. Ma non si può affatto escludere chel’interpretazione cinica conservata daCurzio e daGiustino sia unarilettura etica dietà successiva, presente nella loro fonte comune. Analogamente, nella versione diDiodoro l’accentuazione delruolo della Tyche potrebbe essere untratto clitarcheo, che Diodoro trovava congeniale e recepiva con entusiasmo; manonsiamo in grado di escludere –e personalmente sono incline a credere –che sia piuttosto unautoschediasma di Diodoro107. Inconclusione, nonesistono, a mesembra, argomenti decisivi infavore dell’una piuttosto che dell’altra, e quel che resta aperto è appunto il problema di quale versione comparisse nelle Storie108.

La descrizione dell’I rcania Nell’ambito dell’attenzione dedicata daDiodoro alla regione ircana si situa, come ho già messo in evidenza109, un singolare caso di ‚rapporto a tre‘fra C., Duride e Diodoro: le notizie sull’ape selvatica di XVII. 75. 7 sono infatti simili a quelle del F14 di C. maappaiono proposte in unaforma linguistica che si apparenta davicino a quella diunpasso diodoreo del 1.XIX, quasi sicuramente derivato daDuride. All’ipotesi che Diodoro dipenda dacostui per la descrizione dell’Ircania sembrano fare ostacolo le somiglianze fralaBibliotheca e le Historiae diCurzio (VI. 4. 22), che la critica moderna ritiene forti e significative110. 15– Il confronto trai dueautori porta a constatare cheessi danno, siaprima siadopo la descrizione, deipunti diriferimento analoghi, come le notizie sulfiume sotterraneo Stiboites/Ziobetis111, o sulla clemenza di Alessandro nei confronti dei transfu104 Cfr. SCHACHERMEYR 1973, 214. 105 Cfr. supra Nearco e Onesicrito. 106 Cfr. supra Clitarco e Alessandria d’Egitto.

107 Mi sembra di poter intendere in questo senso anche le osservazioni di GOUKOWSKY (Ed.), XLI. XL– 108 Cfr. infra La „cifra“di Clitarco. . 109 Cfr. supra La fonte per la storia „ellenica“ 110 I passi rientrano nella lista dello SCHWARTZ. 111 Diodoro appare diverso da Curzio sia sui termini del passaggio di Alessandro per la località di Ecatompilo sia sulla sorgente dello Stiboite, ma è possibile che si debba pensare a casi di 81. Il 26 e ATKINSON II, 180– incomprensione; cfr. in merito GOUKOWSKY (Ed.) 225– GOUKOWSKY, considerando C. fonte di Diodoro e di Curzio, ipotizza che lo storico avesse scritto solo dopo la (ri)fondazione di Ecatompilo daparte di Seleuco I nel 305 (App. Syr. 57); ma mi domando se la presenza di questa località nell’itinerario redatto dai bematisti di Alessandro (119F2a) noncontrasti conquesta idea.

Cap. 1 –Diodoro XVII

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ghipersiani. Maunosguardo attento alla descrizione stessa fa cogliere in Curzio un metodo di lavoro diverso daquello di Diodoro. Lo storico romano esordisce a 4. 16 con una notazione sulla forma della regione, simile alla falce diluna, chenoncompare inDiodoro e cherappresenta, per dipiù, unavariante dell’immagine, usata inmodosolo apparentemente analogo, da Strabone o daPlinio112. Egli si sofferma poi, a 4. 18– 19, a fare unarapida panoramica (alii sunt qui ... putant; et quidam credidere...) circa l’annosa questione se il Caspio/Ircano fosse un lago o un golfo113; la genesi di questa parte, assente in Diodoro, sembra posteriore agli Alessandrografi della prima generazione come C. 114e richiama piuttosto la discussione di Strabone (XI. 7. 4) sull’argomento115. Peril resto, le notizie cheCurzio conserva sulla prosperità e sulle caratteristiche dellIr’cania sono assai concise e si possono circoscrivere a tre spunti: serpenti e pesci del Caspio; un’osservazione generale sulla notevole fertilità della terra; l’indicazione che unalbero simile alla quercia aveva le foglie impregnate di miele. La prima e la terza coincidono con due passi di Diodoro, la seconda può essere riassuntiva di alcuni particolari più concreti –sulla produttività delle viti e degli alberi di fico o sulla germogliazione spontanea delgrano –dati dallo storico greco, il quale aggiunge la menzione (unica) dei Villaggi Felici, e naturalmente quella dell’apeselvatica. Ciò che nonmipermette di aderire senza riserve all’idea che Diodoro e Curzio utilizzassero, epitomandola diversamente, la stessa fonte è il fatto nontrascurabile che le notizie presenti in Diodoro si rinvengono, conmaggiore grado di somiglianza, in Strabone; e che sarebbe corretto semmai parlare di fonte comune fra questi dueautori. Tuttavia la possibilità che Strabone dipendesse da C. mi sembra daescludere: nonsolo il Geografo cita vari autori –e inparticolare Policlito proprio a XI. 7. 4 per le notizie sui serpenti del Caspio –e nonnomina C.; ma, come ho avuto modo di constatare116, egli recepisce C. attraverso la mediazione di autori che polemizzavanocon lui e lo cita perinformazioni circoscritte e in modo critico. Mi domando se nonsiamo in presenza, nel caso dell’Ircania, di un„pacchetto“ diinformazioni, che erano necessariamente molto tipiche edinevitabilmente uguali anche in autori diversi, tanto che risulta difficoltoso e aleatorio attribuirne la paternità all’uno piuttosto che all’altro. E a questo punto pensare cheDiodoro recepisse attraverso Duride delmateriale in origine clitarcheo mi sembra un’ipotesi noncontraddetta dallo stato della nostra documentazione.

112 Cfr. ATKINSON II, 185, con i riferimenti del caso. 91. 113 Rimando al quadro che hotracciato inPRANDI 1992, 89– 114 Cfr. in tal senso ATKINSON II, 185. 115 Cfr. supra Strabone e Patrocle o Policlito? 116 Cfr. supra Strabone.

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II –L’influenza diClitarco sulla tradizione

posteriore

Le Amazzoni e l’harem di Dario

Di fronte alla maggioranza degli studiosi che ritiene di riconoscere ovunque le tracce diC. nella tradizione posteriore puòsembrare un’inutile perdita ditempo che io mi soffermi a dimostrare che la testimonianza di Diodoro sull’incontro di Alessandro conle Amazzoni deriva daC. Credo tuttavia di nonpotermi sottrarre ad una breve trattazione, sia per ragioni metodologiche intuibili, sia perché quello delle Amazzoni è unodeicasi incui la coincidenza traDiodoro, Curzio e Giustino è in apparenza netta; esso è quindi unutile banco diconfronto e di verifica117. Il motivo specifico e nuovo per cui ritengo anch’io che Diodoro riproduca sull’Amazzone le notizie date daC. è che Duride negava la storicità all’episodio e quindi, presumibilmente, non si soffermava a darne i particolari118. Con questo si concilia il fatto che i particolari contenuti nel F15 di C. –che la regina delle Amazzoni, proveniente dalla zona delTermodonte, si recò daAlessandro peravere unfiglio –sono presenti in Diodoro (XVII. 77. 2). Partendo dalla convinzione di questa dipendenza, è senza dubbio significativo constatare che, sullo stesso tema, il testo diPlutarco e quello diArriano sono diversi fra loro e diversi da Diodoro, che presenta invece punti „forti“in comune con 6. 8) e con Giustino (XII. 3–10)119. Della testimonianza di Arriano Curzio (VI. 5– mi occuperò meglio oltre120; quella di Plutarco appare il risultato di unosforzo di riflessione critica e del ricorso a più fonti di informazione121; invece in quelle di Diodoro, Curzio e Giustino si rinvengono non soltanto le stesse notizie-chiave all’interno dell’episodio dell’Amazzone –la provenienza geografica delle donne (assente in Giustino), la localizzazione dell’incontro122, il numero di 300 donne che accompagnano la regina, i 13 giorni di durata dell’incontro, oltre naturalmente al –mapiùin generale la stessa sequenza narrativa. tema della π ιδ α ο ιία π ο Chela successione dei fatti sia la medesima nei tre autori noncostituisce diper sé un argomento assoluto per sostenere la dipendenza da una fonte comune123, perché la normale fedeltà narrativa all’itinerario di Alessandro imponeva che la successione dei fatti non potesse essere del tutto diversa fra un autore e l’altro. Naturalmente in questo caso il fatto che l’origine dell’episodio fosse fittizia determina unrapporto diparentela fra le fonti e didipendenza daunarchetipo. Ciòchediviene però sicuramente significativo è l’uguale collocazione, all’interno delracconto della strateia, diunanotizia di persé meno caratterizzata in senso sia 117 La metodologia difesa dalBOSWORTH 1988, 8, è appunto quella disfruttare sistematicamente i paralleli fra questi tre autori perricostruire C. 118 Com’è noto, sia C. che Duride sono citati nello status quaestionis sulle Amazzoni diligente2. Si potrebbe obiettare che anche Arr. VII. 13 parla delle mente riportato daPlut. Al. 46. 1– Amazzoni, pur non credendo all’incontro; ma è indiscutibile che la sua testimonianza sia strutturalmente diversa, cfr. infra nel testo. Perla testimonianza diDuride cfr. anche supra La fonte per la storia „ellenica“ . 84, esteso fino alle notizie sull’harem. 119 Quadro sinottico inTHÉRASSE 1968, 570– 120 Cfr. infra I legomena di Arriano. 27, macfr. anche PRANDI 1997. 121 Per l’analisi rimando a HAMILTON 1969, 123– 122 Cfr. supra Patrocle o Policlito? 123 Suggerita conprudenza daATKINSON II, 198, perDiodoro e Curzio.

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cronologico sia odologico, soprattutto se essa è riportata da autori diversi con uguali commenti ed approfondimenti. E nel contesto che sto considerando ciò si verifica, subito dopo il racconto dell’Amazzone, per la notizia presente nei tre autori che Alessandro cominciò ad adottare costumi persiani, notizia alla quale viene datutti legata qualche informazione sull’harem di Dario „ ereditato“dal re macedone. Tuttavia proprio i passi sulle concubine regali suscitano una sensazione di diversità che non mi sembra possibile giustificare soltanto pensando a qualche piccola svista o confusione. 7) dice chele donne dell’harem eguagliavano il Inbreve, Diodoro (XVII. 77. 6– numero dei giorni dell’anno e che Alessandro preferiva non fare troppo uso del rondò serale delle concubine; Curzio (VI. 8) dice che riempivano il quartiere regale CCCC et LX concubine –numero normalmente emendato in CCCet LXV, masul quale tornerò trapoco –e che dilagava l’usodeicostumi persiani; Giustino (XII. 3. 10) dice che, ad imitazione del Re, ogni notte Alessandro sceglieva una delle concubine. Il modo diesprimersi di Diodoro nel raffrontare il numero delle donne e quello 4 attribuisce dei giorni dell’anno ricorda davicino quanto Diodoro stesso a II. 7. 3– anche a C.124, cioè che Semiramide aveva voluto eguagliare con la misura in stadi delle mura di Babilonia il numero dei giorni dell’anno; il numero, in quel caso, era 365; questa affinità di linguaggio fra XVII. 77. 6 e II. 7. 3 conforta l’idea di una particolare fedeltà di Diodoro a C.125. Di fronte a ciò la testimonianza di Curzio presenta invece Alessandro come immerso nel lusso e conserva esplicitamente una cifra che senza dubbio è da emendare nella parte delle centinaia –daCCCC a CCC–mache resta il dubbio sia da conservare in quella delle decine –LX126 –tanto più che a III. 3. 4, quando menziona le concubine nella descrizione del corteggio di Dario, Curzio dice che erano trecentae et sexaginta. Giustino purtroppo non conserva alcuna cifra ma si apparenta piùa Curzio che a Diodoro nell’affermare (XII. 3. 10) che Alessandro si univa a turno con le concubine dell’harem127. A me sembra che questo confronto tra autori considerati „paralleli“lasci l’impressione diunrapporto immediato fra Diodoro e C., e invece diunadipendenza complicata datramiti perCurzio e Giustino128.

I funerali di Efestione

Il racconto della morte e deifunerali diEfestione presenta inDiodoro (XVII. 110. 8 e 114–16) qualche singolarità che merita un’indagine. In primo luogo la successione degli avvenimenti è diversa daquella di Arriano e di Giustino; il testo di Curzio, come è noto e come sarà opportuno ricordare 124 125 126 127 128

Cfr. supra Diodoro.

In tal senso anche THÉRASSE 1968, 583. Cfr. anche la prudenza di ATKINSON I, 132 e II, 215. Sull’harem cfr. anche supra Diodoro, con note. Cfr. ovviamente infra L’Epitome di Giustino e Le Historiae di Curzio Rufo.

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sempre nell’analisi, presenta a X. 4 unalacuna piuttosto estesa e riprende con la malattia dello stesso Alessandro, il che nonlascia possibilità di confronti. Diodoro ricorda brevemente a 110. 8 le gozzoviglie di Ecbatana durante le quali morì Efestione e l’incarico dato daAlessandro a Perdicca dicurare il trasporto del defunto a Babilonia perle esequie. Poi dedica il capitolo successivo in parte ai sommovimenti in Grecia che costituirono i presupposti della guerra lamiaca e in parte alla spedizione di Alessandro contro la popolazione montanara dei Cassiti; il capitolo 112 narra del tranquillo ritorno delle truppe verso Babilonia e del manifestarsi della profezia dei Caldei, nonché dell’intervento di Anassarco presso il re e della decisione di costui di entrare ugualmente in città; il 113 è destinato al ricevimento delle ambascerie ecumeniche. Conil capitolo 114riprende l’argomento delle esequie di Efestione, degli onori divini e delle altre iniziative prese da Alessandro, edoffre un’estesa descrizione della pira (115). In sostanza gli avvenimenti si snodano con questo ordine: morte-Grecia-Cassiti-Caldei-ambascerie-funerale 13 menziona il congedo delle truppe veterane sotto Diversamente Giustino XII. 12– il comando di Cratero, che si doveva avvicendare in Grecia con Antipatro, poi la morte di Efestione e il lungo e disordinato cordoglio di Alessandro; i funerali, gli onori divini, le ambascerie, la profezia dei Caldei e l’intervento di Anassarco, l’entrata in Babilonia. La suasuccessione quindi è: morte-dolore-funerali-ambascerie-profezia Unatestimonianza abbastanza articolata ci offre Arriano (VII. 14– 15)il quale, dopo aver segnalato la partenza di Cratero per l’Europa al fine di avvicendarsi con 6e Antipatro, ricorda la morte diEfestione a Ecbatana e si sofferma a lungo (14. 2– 15. 1) su ciò che autori diversi tramandavano circa il dolore e il cordoglio di Alessandro, accompagnando le varie notizie con giudizi personali; passa poi a parlare dei funerali e di tutte le celebrazioni connesse, nonché degli onori divini, della spedizione contro i Cossei (cui partecipò Tolemeo), dell’arrivo presso Babiloniae delricevimento delle ambascerie; e infine della profezia deiCaldei. In sostanza l’ordine di Arriano è: morte-dolore e funerali-Cossei-ambascerie-profezia Che Arriano metta in evidenza in ogni modo l’acerbità e la durata del dolore di Alessandro è ovviamente frutto di una scelta dell’autore macorrisponde anche ad unarealtà che scaturiva –come la ricchezza degli esempi citati indica –dalle sue fonti di informazione; e questo indipendentemente dal fatto che nontutto ciò che viene attribuito adAlessandro gli sembri attendibile. Di fronte a questa realtà, che è perfettamente in carattere conle notizie circa il rapporto in vita fra Alessandro edEfestione, è quantomeno sorprendente constatare il silenzio di Diodoro sulla questione là dove ci si attenderebbe un approfondimen(cioè β ὰ ν λ επ ῶ κ α ςἐνέγ ὸσυμ ςτ to: a 110. 8 costui si limita a dire cheAlessandro χα la morte dell’amico), incaricò Perdicca di organizzare il trasporto del defunto a Babilonia perché intendeva seppellirlo in modo particolarmente suntuoso; poi, 15,Diodoro nonfa piùmenzione deldolore di allorché si dilunga suifunerali a 114– Alessandro. Va pure rilevato che il re macedone nonappare affranto neanche nella

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narrazione intermedia, dedicata alla spedizione contro i Cassiti (condotta congrandeautorevolezza e dalla quale egli è reduce senza alcuna fretta); e alle reazioni alla profezia dei Caldei e al ricevimento delle ambascerie, che Alessandro prevede con unpuntiglioso e lucido cerimoniale129. L’asciuttezza estrema di Diodoro sul cordoglio del re diviene ancora più stupefacente se la si confronta con l’epitome di Giustino, che riesce a spendere più parole perricordare la sofferenza di Alessandro e a suscitare nel lettore l’idea di un lungo sconforto: quem (Hephestionem) contra decus regium Alexander diu luxit. Poiché Arriano afferma inmodo assai chiaro chec’eraunaricca aneddotica sul comportamento di Alessandro dopo la morte di Efestione, sorge il sospetto che Diodoro riporti la notizia del decesso desumendola dalla sua fonte per la storia ellenica, e invece ricavi le notizie sui funerali da un Alessandrografo130. E vi è qualche considerazione che puòsuffragare unasimile ipotesi. Infatti mentre in Arriano e in Giustino il momento della morte e quello dei funerali sono logicamente accostati, in Diodoro si interpone fra i duelo spazio di 3 capitoli (111–13)131, che riguardano per giunta 4 vicende diverse: vien da pensare che la prima fonte nonprevedesse di soffermarsi oltre sulla fine dell’amico del re. Inoltre nel racconto di Diodoro è evidente unasproporzione fra le poche linee con cui viene data la notizia della morte e i duecapitoli dedicati invece ai funerali, con 15 riguardano in la lunga descrizione della ‚pira’: tenendo conto che 110. 8 e 114– realtà la stessa vicenda, è difficile credere che la stessa fonte si limitasse ad un accenno misero sul tema del cordoglio di Alessandro e invece si dilungasse con puntigliosità nel riprodurre le iniziative funerarie132. I duepassi in realtà sembrano tradire un diverso interesse per la morte di Efestione, del tutto cursorio nel primo caso e piùvivo nel secondo, cioè l’interesse che puòessere lecito attendersi daun autore di storia ellenica e daunAlessandrografo.

129 Cfr. BRUNT (Ed.), II, 493, il quale pensa che l’origine della descrizione di Diodoro possa ritrovarsi in Carete. A mesembra invece che il passo tradisca uninteresse diverso daquello di unresoconto di tipo ufficiale e che si possa ricondurre alla fonte di storia ellenica seguita da Diodoro, come dimostro infra nel testo. Infatti il cerimoniale di precedenza delle ambascerie del cap. 113 è riportato quasi esclusivamente perquel che riguarda il mondo greco: i santuari menzionati sono greci (ad eccezione di Ammone che ha ovviamente un posto a sé); motivi salienti per l’invio di legati (oltre quelli generici di presentare doni ad Alessandro o di sottoporgli non meglio precisate questioni personali) appaiono due problemi squisitamente ellenici come le questioni confinarie fra città vicine e le obiezioni al rientro dei fuoriusciti. 130 Un’impressione delgenere haavuto anche lo HAMMOND 1983, 73, cheattribuisce a Diillo e nona C. la notizia della morte diEfestione. 131 Anche nelracconto diPlut. Al.72 vi è unaseparazione fra la notizia della morte e dell’immenso 8): il par. 4 è 3) e quella deipreparativi perle esequie (parr. 5– dolore di Alessandro (parr. 1– infatti dedicato alla spedizione contro i Cossei, ma essa è presentata come uno sfogo di

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Alessandro e la strage di nemici come unsacrificio offerto al defunto, cosicché l’insieme della narrazione presenta unaforte omogeneità. Nonmi sembra che si possa attribuire a Diodoro stesso l’iniziativa di spezzare in dueparti un racconto ricavato da unsolo autore, visto che le parti presentano caratteristiche diverse. Cfr. infra La guerra d’Agide per uncaso in cui ciò accade: maallora le notizie, pursituate a 10 capitoli di distanza, rivelano la stessa tendenza e lo stesso tipo di interesse.

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Del resto qualche elemento per pensare ad una provenienza duridea per la notizia della morte di Efestione di 110. 8 nonmanca, dal momento che il contesto deicapitoli che quiinteressano è appunto riconducibile alla fonte distoria ellenica: come credo di aver già mostrato133, ad essa –e non a C. –vanno attribuite sia le notizie suArpalo e i suoi legami con la Grecia conservate al capitolo 108, sia, per 4 sulla situazione della Grecia e sulla preparaaffinità, la serie di notizie di 111. 1– zione della rivolta che sarebbe culminata nella guerra lamiaca; inoltre vorrei adesso aggiungere che, pur nella notevole brevità del suo accenno, Diodoro si sofferma sulla causa della morte diEfestione, avvenuta dopo solenni bevute in compagnia, e che tale precisazione nonè incongruente con l’interesse manifestato daDuride per gli amici di Alessandro a banchetto134. Se le riflessioni che ho finora esposto sono fondate, siamo in presenza di un cambio di fonte135. Tuttavia nel racconto diDiodoro le cerimonie funebri perEfestione nonrisultano semplicemente lontane dalla notizia della morte masono collocate, diversamente da Giustino e da Arriano, anche dopo la profezia dei Caldei e le ambascerie ecumeniche. Ciò lascia l’impressione che Diodoro abbia seguito Duride fino alla fine del capitolo 113, cioè fino al racconto delle ambascerie stesse, e che dal 114 abbia ripreso a seguire C.136. Molto probabilmente anche costui parlava di alcuni dei fatti di cui Diodoro, seguendo la fonte ellenica, aveva appena dato notizia, cioè la spedizione contro i Cossei/Cassiti e la profezia suBabilonia. Invece dicadere in unduplicato –rischio forse abbastanza facile daevitare in questo caso –Diodoro hapreso in considerazione ciò che di diverso diceva C. rispetto a Duride, cioè probabilmente qualcosa sul dolore di Alessandro e la descrizione dei funerali di Efestione: proprio quest’ultima, molto meglio che nonle notizie suldolore, si saldava senza problemi conl’accenno di 110. 8 all’incarico dato daAlessandro a Perdicca circa il trasporto della salma. E si potrebbe anche aggiungere che, con ogni probabilità, Diodoro trovava in C. la localizzazione delle esequie in Babilonia e che, di conseguenza, inserì le informazioni sulle esequie stesse allorché il racconto (diDuride) lo portava a segnalare che Alessandro si trovava effettivamente in quella città; con la conseguenza di collocare erroneamente i funerali dopo137 le ambascerie e nonprima. 133 Cfr. supra La fonte per la storia „ellenica“ . 134 Cfr. 76F49 e 37, rispettivamente in Athen. I. 17f e IV. 155d = VI. 231b-c. 135 Cfr. ALFIERI TONINI 26, cheè propensa adunafonte unica peril 1.XVII anche perché ritiene di nonindividuare cambi difonte. 136 Sulcerimoniale peril ricevimento delle ambascerie cfr. supra nota 129. Perulteriori considerazioni sulcordoglio diAlessandro cfr. infra I legomena di Arriano. 137 Se la miaricostruzione è fondata e il cap. 113 di Diodoro deriva sostanzialmente daDuride, e non da C., appare chiaro perché non vi compare menzione dell’ambasceria dei Romani ad Alessandro, della quale conserva notizia il F31. Hogià considerato (cfr. supra Plinio nota 85) gli argomenti per cui si puòpensare che tale ambasceria non abbia incontrato Alessandro a Babilonia ma, all’inizio del suo regno, quando era ancora in Macedonia. In ogni caso, la situazione delle nostre fonti nonautorizza affatto a concludere che la notizia clitarchea della 75 legazione romana sia unfalso, come cerca didimostrare articolatamente NENCI 1958, 262– (che considera le indicazioni geografiche delcap. 113 unasorta diautoschediasma diDiodoro)

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Questo complesso di considerazioni porta a concludere che le notizie sulle esequie di Efestione in Diodoro possono forse essere considerate di provenienza clitarchea138. 115, dedicati alle varie iniziative perle esequie, non All’interno dei capp. 114– manca diattirare l’attenzione la puntigliosa e „ barocca“descrizione diciò che viene indicato daDiodoro come la ‚pira‘diEfestione: essa infatti si adatta piuttosto adun edificio imponente dalla complessa decorazione139. Che Alessandro avesse grandi progetti, nonperla pira maperla tomba dell’amico appena defunto, è testimoniato anche da Plutarco (Al. 72. 3); e Giustino (XII. 12. 12) afferma che Alessandro realizzò un tumulus del costo di 12 mila talenti140. Ancora di ‚pira‘di Efestione parla Diodoro a XVIII. 4. 2 –nel contesto dei cosiddetti Hypomnemata –quando inizia l’elenco delle onerose realizzazioni, che Alessandro aveva lasciato in eredità, appunto conil completamento di tale opera; i Diadochi decisero però di rinunciarvi perché era troppo dispendiosa: anche in questo caso l’usodeltermine in Diodoro fa pensare in prima istanza alla catasta per il rogo, ma ad essa non si poteva sic et simpliciter rinunciare (semmai si poteva ridurne il costo); d’altra parte, nonvi sono ragioni pernegare che le esequie fossero state celebrate vivente Alessandro, anzi unodei titoli attestati perl’opera di Efippo si riferisce precisamente alla sepoltura diEfestione e di Alessandro141. La doppia testimonianza di Diodoro suscita unduplice problema e credo che la viaperrisolverlo passi attraverso la comprensione diquale fosse la fonte (o le fonti) di informazione. Il primo problema è costituito dalla divergenza fra i due passi. Ho appena esposto le ragioni chemiinducono a concludere chel’autore seguito nell. XVII per le esequie di Efestione fosse C. E mi pare che siano state messe adeguatamente in rilievo le ragioni che inducono a concludere chenell. XVIII l’autore seguito pergli Hypomnemata di Alessandro nonfosse Ieronimo142. La possibilità che i duepassi che stiamo considerando provengano dalla stessa opera, quella di C., poggia suuna somiglianza, cioè l’uso del termine ‚pira‘per definire qualcosa di più duraturo di

e come pensa ancora HAMMOND 1993, 329. 12,propone diindividuare unamenzione dell’ambasceria Sulfronte opposto, laSORDI 1984, 10– deiRomani, definiti Dardani, nella lettera „araba“di Aristotele. 138 Questo è uncaso in cui mi sembra di poter risalire a C. indipendentemente daiparallelismi in Diodoro, Curzio e Giustino. Com’è noto, lo HAMMOND 1983, 75 e 108, fa invece risalire ad Efippo il racconto diodoreo dei funerali di Efestione nel l. XVII e di quelli di Alessandro nel l. XVIII. Nocomment. Per osservazioni specifiche circa la testimonianza di C. sulla divinizzazione di Efestione cfr. infra La „ cifra“di Clitarco. 57, del quale noncondivido però l’ipotesi che la descrizione provenga 139 Cfr. WÜST 1959, 147– daunautore diverso daquello che Diodoro stava seguendo perle esequie di Efestione. Per la 59. tipologia del monumento cfr. un’ipotesi in BORCHHARDT, 253– 140 La stessa cifra compare anche inDiod. XVII. 115. 6, riferita alle spese globali perle esequie. 141 Cfr. Ephipp. 126F1 e 3: Arr. VII. 14. 8 afferma che vi eragenerale consenso sulla notizia che Alessandro aveva ordinato di allestire unapira inBabilonia, delcosto di 10 mila talenti o più; e Aelian. V.H. VII. 8 narra diAlessandro che getta deibeni sulla pira dell’amico. 142 Dalla HORNBLOWER, 44, 97, che identifica in C. la fonte dei duepassi.

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II –L’influenza di Clitarco

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una catasta di legna, per quanto elaborata143. Ma viene revocata in dubbio da una differenza non marginale: nel l. XVII Diodoro si esprime come se la ‚pira‘fosse stata realizzata, mentre nel l. XVIII dice che era incompiuta e che venne abbandonata dai Diadochi. Poiché la descrizione della pira nel l. XVII è piuttosto estesa e, soprattutto, è preceduta daindicazioni suilavori preparatori perl’opera144, nonpare possibile che Diodoro abbia equivocato la propria fonte o che si serva di termini ambigui: egli attribuisce, con unanutrita serie di forme verbali, l’intera iniziativa adAlessandro stesso145. E il fatto che la sostanza della notizia sia presente anche nel già citato

accenno diGiustino al tumulus conferma –anche nell’impossibilità diunconfronto con il testo lacunoso di Curzio –l’esistenza di unatradizione in tal senso146. Non resta quindi checoncludere cheDiodoro riporta consostanziale fedeltà la suafonte, cioè C., e supporre che a costui risalga la tradizione. A questo punto si impongono però dueriflessioni. La prima è che, indipendentemente dalla divergenza con la versione presente nel l. XVIII147, la notizia della realizzazione di una tomba imponente come quella descritta nel l. XVII suscita qualche sospetto: mancavano infatti adAlessandro sia i tempi tecnici peril lavoro sia, ancor dipiù, l’appoggio delclero babilonese148. E nella migliore delle ipotesi si puòpensare adunmoderato avvio dei lavori149. La seconda riflessione è chei duepassi diodorei, dell. XVII e dell. XVIII, sono assolutamente indipendenti fra loro e provengono dadueautori diversi150, ognuno dei quali scriveva senza polemica e nell’ignoranza dell’altro151.

143 In uncaso, come si è visto, suscita dubbi la descrizione stessa conservata daDiodoro, nell’altro l’indicazione che l’opera era troppo dispendiosa e, ancor di più, il fatto che i Diadochi potessero rinunciarvi; noncredo quindi si possa concordare conGEER (Ed.), 21 nota 1, il quale pensa che nel l. XVII si parli della pira di Efestione e nell. XVIII delmonumento funerario. Il WÜST 1959, 154 nota 5, ammette di nonavere spiegazioni daproporre; suquesto punto cfr. infra nel testo. 144 Cioè l’abbattimento di 10 stadi delle mura di Babilonia per recuperare il materiale. Questa notizia potrebbe in qualche modo stare all’origine delle tradizioni secondo cui Alessandro avrebbe fatto „radere“anche le muradelle città in segno dilutto, cfr. Plut. Al. 72. 3 e Pel. 34. 2 (in senso generico); e Aelian. V.H.VII. 8 (riferito a Ecbatana). 145 Cfr. WÜST 1959, 155. 146 Esiste poi almeno unaneddoto, raccolto daLucian. Cal. 17, chepresuppone l’esistenza di una tomba di Efestione mentre eraancora vivo Alessandro. 147 Per una dimostrazione dell’attendibilità complessiva della tradizione diodorea sugli ultimi 04. 204, accolto daBRUNT (Ed.), II, 502– progetti di Alessandro cfr. BADIAN 1967, 183– 05, sulle varie difficoltà che l’iniziativa poteva incontrare; e sui 148 Cfr. BOSWORTH 1988, 104– 19. Per l’idea di un radicale rapporti con il clero di Babilonia cfr. MARASCO 1992, 11– intervento distruttivo di Alessandro –peraltro senza unasuccessiva fase di costruzione –cfr. 13. PARAPETTI 111– 149 Il logos conservato da Aelian. V. H. VII. 8, che ciò era stato allestito per Efestione venne utilizzato per Alessandro, nonsi concilia bene con nessuno dei duepassi diodorei edè troppo generico perriferirlo proprio all’edificio descritto daDiodoro. 150 Cfr. BOSWORTH 1988, 207, che pensa a C. e ad unautore seguito daDiodoro nel l. XVIII. 151 Cfr. WÜST 1959, 156.

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Resta il fatto che C. descriveva con ampiezza di particolari unedificio che in realtà, se era stato iniziato, nonera stato portato a termine. È plausibile ipotesi che egli riproducesse quello che erasoltanto il progetto della tomba152; e nonè impossibile che avesse avuto precise indicazioni dallo stesso architetto, Dinocrate153, che era attivo ad Alessandria per pianificare l’edificazione della città. Egli appare infatti, più di chiunque altro, direttamente interessato alla conservazione della memoria della sua opera; e se C. non si era recato a Babilonia dopo la morte di Alessandro, e non aveva potuto constatare la situazione reale, l’architetto poteva essere tentato di fargli accreditare come esistente quello che era soltanto il suo progetto154.

Il secondo problema

suscitato dalla testimonianza

di Diodoro è che la singola-

rità dell’uso del termine ‚pira‘per indicare, sia nel l. XVII che nel XVIII, nonuna catasta per il rogo ma una tomba sembra contrastare la conclusione qui accettata della dipendenza dei due passi da due autori diversi. Credo però che una giustificazione accettabile sia che ‚pira‘fosse il termine tecnico concui venne sul momento designata l’opera; e i due contesti autorizzano, io credo, questa supposizione. Infatti nel l. XVII si menziona la ‚pira‘ all’interno di una descrizione che ha i caratteri del progetto approntato dall’architetto su richiesta di Alessandro; e nel 1.XVIII si parla della ‚pira‘ in riferimento ai voleri di Alessandro stesso e alle decisioni dei Diadochi155.

Lafine del l. XVII (capp. 116–118)

Il cambio di fonte che mi sembra di aver individuato in Diodoro fra il cap. 113 e il 114 miinduce a proseguire unsaggio diesame deicapitoli successivi, perverificare se l’uso di C. si sia protratto fino alla fine del l. XVII. Come i capp. 114 e 115 vertono sulle iniziative peri funerali diEfestione e, pur noncostituendo unanarrazione particolarmente compatta, nonoffrono elementi per pensare adunapluralità difonti, allo stesso modo i capp. 116e 117 sono centrati sui vari presagi della morte diAlessandro e sulla morte stessa; nonsi rinvengono tracce simili a quelle checaratterizzano nelresto dellibro le notizie provenienti dalla fonte per la storia ellenica. A 117. 5 però, proprio in conclusione, Diodoro, dopo aver detto a quale età morì Alessandro, fa unostacco netto156 e introduce la versione di 152 Adunprogetto pensa anche BOSWORTH 1988, 207. 153 Cfr. già SCHACHERMEYR 1954, 127. Su Dinocrate e su tutti i problemi connessi con il 90. personaggio cfr. l’esauriente articolo di MANSUELLI 78– 154 La credulità diC. quiipotizzata nonmisembra assurda. Ai nostri occhi, grazie alla testimonianzadi Diodoro nel l. XVIII, il completamento della ‚pira‘sembra daporre sullo stesso piano di tutti gli altri progetti di Alessandro; ma nonè detto che questa fosse anche l’impressione dei contemporanei. Anzi, perloro la realizzazione di unatomba doveva essere qualcosa di profondamente diverso, di più motivato e ovvio, dal momento che unpreciso evento –la morte di Efestione, appunto –ne rendeva opportuna la costruzione. cifra“di Clitarco. 155 Sui funerali di Efestione e sulla concessione di onori divini cfr. infra La „ 156 Nonmi sembra si possa dire che si tratti di un’unica fonte, come fa BOSWORTH 1971, 115, al

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II –L’influenza di Clitarco

sulla tradizione posteriore

alcuni σ ρ γ φ α γ ε υ ῖςsulla possibilità che il re fosse stato avvelenato. Anche Curzio (X. 10. 14– 18)e Giustino (XII. 13. 10)danno spazio alracconto dell’avvelenamento ma,premesso che ovviamente la tradizione è unica, le testimonianze deiduestorici romani sono più strettamente imparentate fra loro di quanto non lo siano con Diodoro157. In Giustino e in Curzio compare, anche se dislocata in un punto diverso del racconto, l’idea di una censura esercitata dai presunti responsabili sulla libera circolazione della notizia158. Anche per il resto l’esposizione scorre quasi del tutto parallela: la responsabilità di Antipatro e le sue ragioni (in particolare il mancato riconoscimento delle suevittorie suiGreci e il timore che Alessandro volesse farlo uccidere); l’insistenza sulparticolare dello zoccolo come contenitore del veleno e i nomi dei figli che perpetrarono materialmente l’assassinio. In Giustino vi è in più l’accenno ai pessimi rapporti fra Antipatro edOlimpiade e ai timori suscitati in lui dalla condanna di Alessandro Lincestide. Nelcomplesso si puòconcludere che nei dueautori c’è unapresentazione del fatto centrata sulmomento in cui poteva essere maturato il proposito di assassinare Alessandro. Diversamente, il resoconto di Diodoro inquadra i fatti conunamaggiore attenzione al ‚dopo Alessandro‘e si dilunga maggiormente e con maggiore precisione sul ruolo giuridico di Antipatro e di Cassandro, nonché sulle iniziative „antialessandree“di quest’ultimo; inoltre quella chenegli storici romani appare unasorta di censura da loro esercitata a proposito di unrumor molesto, in Diodoro è piuttosto unatteggiamento di prudenza storiografica, che presuppone tempo perla stesura e la conoscenza diun’opera e cheviene peraltro presentata inmodocritico come una debolezza; infine sono diverse le motivazioni prestate esplicitamente adAntipatro, che appare esasperato daicontrasti conOlimpiade e inquietato dalla sorte toccata a Filota e a Parmenione. Non credo che le differenze appena elencate –che non sono, se si vuole, sostanziali ma che hanno un loro significato –si possano giustificare soltanto ipotizzando riassunti diversi daunafonte comune: questo procedimento infatti non spiega le maggiori affinità fra Giustino e Curzio e la differente prospettiva fra la loro testimonianza daunlato e quella di Diodoro dall’altro. Vapiuttosto riconsiderato il fatto cheinquest’ultimo sembra esserci uncambio 2 di fonte a 117. 5 e che la tradizione da lui seguita, e che occupa il cap. 118. 1– (l’ultimo del libro), è caratterizzata in modo inequivocabile dalriflesso storiografico delle tensioni successive alla morte del Macedone. È quindi assai probabile che

36) perla sistematica analisi della tradizione sull’avvelenamento di quale rimando però (112– Alessandro: indipendentemente dalla storicità di un progetto per eliminare il re, mi sembra interessante il rilievo chela successione erastata comunque predisposta dallo stato maggiore. 157 I passi in questione costituiscono l’ultimo caso della lista delle concordanze fra Diodoro, lontananza“di Giustino da Curzio e Giustino redatta dallo SCHWARTZ col. 1879. Sulla „ 11, il quale pensa a Satiro come fonte diTrogo. Diodoro cfr. HAMMOND 1983, 109– 158 Curt. X. 10. 18: haec, utcumque sunt credita, eorum quos rumor asperserat, moxpotentia extinxit; Iust. XII. 13. 10: re autem vera insidiae ferunt, quarum infamiam successorum potentia oppressit (segue in entrambi il riferimento adAntipatro e a Cassandro).

Cap. 1–Diodoro XVII

Diodoro anticipasse materiale tratto

daunadelle

fonti usate

115

per il libro successi-

vo159.

In tal caso, la diversa tradizione riportata connotevole parallelismo daGiustino e Curzio potrebbe risalire adunautore „ nonseguito“daDiodoro nella conclusione del l. XVII, cioè forse a C.

Contro unasimile conclusione lo stesso testo diDiodoro sembra porre però una formidabile ipoteca, là dove a 118. 2 si afferma polemicamente che ci fu chi non scrisse che Alessandro erastato avvelenato, pertimore diAntipatro e diCassandro; e, d’altra parte, la narrazione di Curzio e Giustino conferma l’idea che i presunti responsabili fossero riusciti a soffocare la circolazione di quel sospetto160. Questo nonincoraggia a credere che C., il quale con tutta probabilità scrisse le sueStorie entro la fine del IV secolo, cioè quando Cassandro era ancora vivente, facesse eccezione; è benvero chela suaresidenza alessandrina lo poneva adeguatamente al riparo daritorsioni maè altrettanto vero chenonabbiamo elementi peripotizzare in lui ostilità nei confronti della casa di Antipatro, e quindi predisposizione ad accogliere una tradizione che –in un Alessandrografo della prima generazione – equivaleva adunascelta dicampo.

c) Bilancio di un confronto rimandare alle Considerazioni conclusive l’esame complessivo del materiale che a mesembra identificabile come clitarcheo, allo scopo di giungere aduna caratterizzazione dello storico. Macredo che sia opportuno, tenendo già conto dei risultati diquei confronti traDiodoro e Curzio chetrovano logica collocazione nella parte dedicata a quest’ultimo, formulare qualche osservazione che può servire da conclusione parziale circa il l. XVII. In seguito all’analisi di uncerto numero di passi di Diodoro è stato possibile – io credo –cogliere di volta in volta la dipendenza dello storico daDuride o daC. come fonte privilegiata. E ritengo che siaun’acquisizione importante constatare che l’uso alterno dei dueautori continua lungo tutto il libro. Individuare uncriterio perle scelte diDiodoro mirisulta difficile maquello che mi sembra certo è che il ricorso a Duride nonè circoscritto né alle vicende della Grecia, néalle vicende deiGreci inAsia, anche se appare inquei casi prevalente: le ripercussioni suiGreci dell’ascesa al trono diAlessandro e i fermenti dirivolta, fino

È giusto

159 I connotati di questa tradizione si accordano conquanto conosciamo diIeronimo, ivi compreso l’accenno agli storici (forse Duride) cheavevano taciuto perpaura laversione dell’avvelenamento; 98. Anche lo HAMMOND cfr. sulla questione LANDUCCI GATTINONI 1984, sopr. 92– 1983, 78, pensa a Ieronimo. Invece GOUKOWSKY (Ed.), ad loc. pensa adunadipendenza di paurosi“con Diodoro daC. e sulla base delcollegamento conCassandro identifica gli storici „ Aristobulo.

160 LoSTEELE 42, cheè propenso adattribuire a C.lapaternità della tradizione dell’avvelenamento, usaunargomento analogo a questo persostenere unadata „bassa“delle Storie. Sulla cronologia cfr. supra La „datazione“degli antichi. Il MEISSNER 434 nota 188, nega che C. sia stato l’E infuhrer di questa tradizione.

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II –L’influenza diClitarco

sulla tradizione posteriore

almeno alla tragedia diTebe, sono narrati seguendo unafonte distoria ellenica; e lo stesso vale per la successiva guerra d’Agide o, più oltre, per l’agitazione che in Grecia accompagnò gli ultimi mesi della spedizione, e della vita, del Macedone161. Ma anche la fase microasiatica della strateia è colta nell’insieme da un’angolazione che non è quella del quartier generale di Alessandro: Diodoro riconosce unruolo notevole ai collaboratori greci dei Persiani e conserva informazioni che potevano provenire solo dal fronte nemico162. E, allo stesso modo, il racconto della campagna indiana include passi che tradiscono un interesse non rivolto principalmente adAlessandro163. Mi pare poi di poter dire che il sistema concui Diodoro combina le sue fonti nonè particolarmente sofisticato, tranne forse che nella parte iniziale e terminale dellibro164. In almeno duecasi si puòconstatare che egli, quando si trova a seguire un autore, esclude tutto ciò che dell’altro nonriesce adintegrare agevolmente nel racconto. Gli esempi che ho identificato –Gordio e i funerali di Efestione –sono ambedue percosì dire a svantaggio di C.: unacoincidenza? Credo inoltre che vada dedicata unpo’di attenzione al fatto che, dal momento chele Storie diC. ammontavano a piùdi 12libri e cheDiodoro nonle utilizza come fonte esclusiva, non ci si può attendere di reperire una mole cospicua di notizie clitarchee nel l. XVII. Ed a questo si riconnette la constatazione che il ritratto diodoreo di Alessandro non appare particolarmente originale o caratterizzato165. Diodoro stesso potrebbe essere responsabile diunasorta di appiattimento delle suefonti166, anche se nonva trascurato che nel libro precedente egli non si dedica a tale attività: della figura di Filippo risultano ben identificabili i ritratti, contrapposti, delle due fonti-guida167. Se nel l. XVII ciò nonaccade, o almeno nonè altrettanto percepibile, è forse perché Diodoro sembra selezionare da Duride soprattutto notizie riguardanti i Greci, sequenze narrative nelle quali Alessandro nonè il personaggio piùimportante.

6), I funerali di Efestione e infra La guerra 161 Cfr. supra L’inizio del l. XVII (capp. 1– d’Agide.

162 Cfr. supra Gordio e infra Caridemo. . 163 Cfr. infra Alcuni episodi „indiani“ 18). 6) e La fine del l. XVII (capp. 117– 164 Cfr. supra L’inizio del l. XVII (capp. 1– 165 Pace TARNe la suaipotesi della dicotomia insita nell. XVII fraunritratto ostile (quello diC.) e un ritratto favorevole (quello di Aristobulo), credo che sia meglio fondato il giudizio del XLIV, sulla sostanziale banalità dell’Alessandro diDiodoro; in GOUKOWSKY (Ed.), XXXII– 92, connota 29; SINCLAIR 42 e THÉRASsenso analogo si esprimevano anche DREWS 391– SE 1968, 582 nota 107. 166 E questo è abbastanza verificabile dalpunto di vista stilistico; rimando d’obbligo al lavoro del PALM.

6). 167 Cfr. supra L’inizio del l. XVII (capp. 1–

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Appendice

Riflessioni sulle fonti di Diod. II. 1– 34

a) Analisi del testo

Il fatto che Diodoro citi il nome di C. nel l. II, mentre parla del Vicino Oriente Antico, e nonnel l. XVII, mentre narra la spedizione diAlessandro, rende inevitabile affrontare il dibattuto problema delle fonti cheegli utilizzò neicapitoli 1– 34 dell. II, dedicati specificatamente all’Assiria168. La prima constatazione che nonsi puòmancare di fare è che questa è unadelle parti della Bibliotheca in cui appare in evidenza l’intervento di Diodoro, esplicitato sia dalla suareiterata constatazione che sta trattando unamateria complessa, sulla quale gravano le divergenze insanabili degli storici, sia dalle precisazioni che di volta in volta egli ritiene di dover offrire circa il taglio della propria narrazione169. κ ο ῷ Diodoro afferma esplicitamente a 2. 2 (ἀ λ ο Κ ύ θ τ ω ν π ιδ η ςΚ σ τ ειρ ίᾳ ίῳ α ) che Ctesia sarà la fonte-guida della suaesposizioμ εῖν μ μ α ρ εθ α σ ω υ σ ό ν τό ςἐπ ιδ ne; successivamente richiama il suo nome in 5 circostanze diverse, a proposito di particolari numerici170; a 15. 2 riporta la confutazione di Ctesia ad una tradizione erodotea sugli Etiopi; a 22. 3 chiude il lungo racconto delle gesta di Semiramide con l’attribuzione a Ctesia delle notizie appena riportate; in conclusione, a 32. 4, dichiara ancora di preferire la testimonianza di Ctesia rispetto a quella di Erodoto sui Medi, e riferisce ciò che Ctesia affermava circa il modo e le fonti della propria indagine.

Si puòdire, insostanza, chel’autore della Bibliotheca rimanda a Ctesia inmodi diversi, siaperl’insieme della narrazione, siaperi particolari; e vaopportunamente tenuto inconsiderazione cheDiodoro, com’è ragionevole attendersi dopo la dichiarazione iniziale, ricorre a Ctesia con atteggiamento favorevole e fiducioso, senza mettere in dubbio l’attendibilità della suafonte e senza cercare il contraddittorio. Sulla base di questo genere di citazioni nonmi pare possibile concludere che Diodoro dipenda daCtesia soltanto attraverso unintermediario171, madirei cheesse costituiscono unincoraggiamento a supporre unadipendenza diretta. D’altra parte seri elementi d’altro genere per ipotizzare un autore intermedio non ne esistono, come mi accingo a dimostrare. Nel racconto diodoreo vi sono anche un certo numero di notizie che non vengono ricondotte a Ctesia; tali notizie si possono suddividere, dal punto di vista tipologico, in 3 categorie principali, che definisco a, b e c. a) Informazioni che risultano, per così dire, omogenee al racconto principale, cioè nonalternative maaddirittura funzionali allo svolgimento della narrazione. 16 e in BIGWOOD 1980, 196 nota 5. 168 Cfr. unostatus dei problemi in BONQUET 14– 5 e 7; 9. 4; 20. 5; 22. 1; 32. 1 e 169 Cfr., oltre i passi segnalati o discussi infra nel testo, 2. 2, 5. 4– 34. 7. 170 Cfr. 5. 4; 7. 1; 7. 3; 8. 5; 17. 1; 21. 8. 171 Rimando a BONQUET 15perlo status dettagliato; i nomisuggeriti sono quelli diAgatarchide, leronimo, Teopompo, o di unanonmeglio identificabile fonte ellenistica.

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II –L’influenza diClitarco

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Tali sono a 4. 3 la tradizione locale (μ υ θ ο λ γ ο ο ῦ σ ινο ἱλογιώ τα τ ο ιτ ῶ νἐγ χ ω ρ ίω ν ) suSemiramide allevata dalle colombe e, a 20. 2, quella chepare unaripresa della stessa tradizione (ἔ ν ιο υ θ ιμ ο γ λ ο ο ῦ ν τ έ α ςφ σ ιν ) suSemiramide trasformata in colomba alla fine della vita; al capitolo 22 le duetradizioni sull’origine di Memnone che andò in aiuto a Priamo, quella persiana e quella etiope; a 26. 9 il logion sul fiume diNinive172, che avrebbe rovinato la città se le fosse divenuto nemico; e a 30. 1 le opinioni attribuite ai Caldei. Inquesti casi è assai probabile chele notizie provenissero a Diodoro dall’opera stessa diCtesia, il quale poteva bensegnalare –e si tratta comunque disegnalazioni chein Diodoro sono generiche –la provenienza ditalune diesse. Inparticolare, per quel cheriguarda la versione persiana dell’origine diMemnone, Diodoro afferma a 22. 5 che essa era conservata nelle cronache regali: precisamente in quei libri di memorie ufficiali ai quali, secondo quanto riporta lo stesso Diodoro a 32. 4, Ctesia dichiarava di aver attinto perla suaopera173. 31.10), deiquali ovviaFa probabilmente eccezione l’excursus suiCaldei (30.1– mente Ctesia avrà parlato mache sembra tradire unpersonale interesse di Diodoro, piuttosto cheunameccanica aderenza alla fonte-guida, e checontiene unriferimento post-ctesiano nella menzione della spedizione di Alessandro174. a. 1) Informazioni desunte da Erodoto e contrastanti con la testimonianza di Ctesia, che viene ritenuta piùattendibile. Vi sono duecasi delgenere –a 15. 2 (unusofunerario degli Etiopi) e a 32.4 (la grandezza deiMedi) –e in ambedue lo schema della citazione è il medesimo: viene riportata per prima l’opinione di Erodoto e ad essa viene contrapposta quella di Ctesia. A favore di quest’ultimo viene riportata nel secondo caso la nota dichiaraα ιpersiane. θ α ιλ έρ σ ικα ὶδιφ zione di aver attinto alle β Ogni particolare del modo in cui i due storici vengono citati suggerisce la conclusione che Diodoro ha ereditato fiduciosamente da Ctesia la polemica con Erodoto. b) Richiami a momenti storici posteriori a quello a cui è dedicato il racconto. ρ ιτ σ ῶ έ ῶ χ νΠ ν ερ Per due volte Diodoro ricorda qualcosa che sopravvisse μ β α σ ιλ εία ς : a 9. 3 sono le porte bronzee del passaggio segreto fra i duepalazzi di palazzo di Memnone“a Susa. Inoltre a 9. 9 Semiramide a Babilonia, e a 22. 3 il „ ricorda che i ricchi ornamenti del tempio di Belo a Babilonia furono predati dai Persiani. Il riferimento alla signoria dei Persiani costituisce piùche unindizio per supporre che anche queste 3 notazioni si trovassero in Ctesia175. 172 Vanotato che la città è diversamente, ederroneamente, localizzata nellibro II rispetto al XVII: segno questo di unadifferente fonte di informazione. ὶ α φ α ὶ di 22. 5 con le βασιλικ α ὶ ἀναγρα α σ ιλ ικ 173 Sui problemi dell’identificazione delle β ιcfr. BONQUET 138. α έρ θ διφ 174 Cfr. II. 31. 9: 473.000 anni di osservazioni astronomiche accumulate dai Caldei fino alla strateia asiatica; la scelta di Alessandro come punto di riferimento cronologico si comprende nella consapevolezza chedaquel momento inpoianche la scienza deiCaldei entrava a farparte delle conoscenze dell’Ellenismo.

, la notizia della sopravvivenza è comunque 175 Per quanto riguarda il „palazzo di Memnone“ φ α ί, α ρ γ ικ σ ιλ α α ὶ ἀνα collegata con la tradizione dell’origine persiana di costui e con le β

Cap. 1 –Diodoro XVII

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In altri 4 casi Diodoro segnala che qualcosa è visibile μ έ ρ χ ιτ ο ῦν ῦ ν : a 7. 2 la tomba di Nino, anche dopo la distruzione di Ninive; a 14. 2 quelli che ‚vengono γ α di Semiramide; a 22. 3 la „ chiamati‘gli ἔρ viamemnonea“(in Persia); e a 22.4 il palazzo diMemnone“inEtiopia. Perquel cheriguarda le realizzazioni attribuite a „ Memnone, bisogna segnalare che l’espressione ‚fino adora‘fa parte integrante, in uncaso della tradizione persiana e nell’altro di quella etiope sul personaggio: ad esse vaquindi rapportato il complemento ditempo, e nonall’epoca diDiodoro. Nei primi duecasi che hocitato appare meno agevole riallacciare l’affermazione aduna tradizione specifica, masi tratta di espressioni alquanto generiche che potrebbero risalire tanto a Ctesia quanto a Diodoro stesso. b. 1) Richiami adun ‚momento presente‘che esula sicuramente dall’opera di Ctesia. A 11. 3 Diodoro afferma che τιν ε ςannoverano l’obelisco fatto innalzare da Semiramide a Babilonia fra i cosiddetti Sette ἔργα176. A 5. 7 Diodoro mette in guardia dalla tentazione di ritenere che i numeri degli effettivi militari da lui riportati siano incredibili, fondandosi sulla desolazione ‚attuale‘delle città dell’Asia; e a 9. 9 precisa conundettaglio concreto questa affermazione generica dicendo che gli edifici diBabilonia avevano subito gli insulti deltempo ederano inrovina, e che ο έρ α ιμ χ ύτ ςοἰκεῖτ α ιe che la maggior parte dell’area entro le mura la città ν νβρ ῦ era coltivata. La situazione di Babilonia così tratteggiata daDiodoro appartiene adun’epoca successiva a quella di Ctesia, nonché a quella degli Alessandrografi, i quali dicono che Alessandro sostò con piacere nella città; d’altra parte il passo contiene una notizia circostanziata che nonsembra rientrare in quel bagaglio di cultura generale che puòaver prodotto l’accenno alle 7 meraviglie a proposito dell’obelisco177. b. 2) Richiami a momenti storici posteriori e a realtà anche geograficamente diverse daquella presa in considerazione nel l. II. A 5. 5, a proposito degli effettivi della spedizione di Nino contro i Battriani, Diodoro menziona le spedizioni diDario contro gli Sciti e diSerse contro la Grecia, nonché le forze messe in campo daDionigi di Siracusa, e il reclutamento effettuato dai Romani in Italia perfronteggiare Annibale. A 17. 3, parlando dell’espediente cui ricorse Semiramide durante la spedizione contro l’India, di realizzare finti elefanti, ricorda che anche Perseo di Macedonia aveva avuto un’idea simile in vista dello scontro con Roma. A 31. 2, mentre dà notizie sui Caldei segnala che essi rilasciarono profezie ad Alessandro, e adAntigono e Seleuco. Mi sembra abbastanza agevole concludere che Diodoro desume questa serie di riferimenti dalle proprie letture e conoscenze e che liberamente inserisce nella narrazione, senza attingere di volta in volta ad uno specifico autore; e questo a

176 177

tramite le quali sono già risalita a Ctesia. Per quanto riguarda il tempio di Belo, cfr. infra nel testo le pagine sulla descrizione diodorea diBabilonia. Il canone è certamente di età ellenistica, cfr. indicativamente CLAYTON-PRICE (Edd.) 2–12. Sulle notizie riguardanti Babilonia mi soffermerò sistematicamente infra nel testo, a proposito dell’ipotesi che Diodoro le abbia ricavate, in tutto o in parte, da C. Cfr. anche infra La

descrizione di Babilonia.

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II –L’influenza diClitarco

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prescindere dal fatto che egli riprenda poi l’argomento nel luogo piùidoneo (come la profezia dei Caldei adAlessandro, a XVII. 112. 2– 6, quella adAntigono Monoftalmo, a XIX. 55. 7, quella a Seleuco, a XX 55. 9) oppure no. c) Informazioni contrastanti e alternative a quelle di Ctesia. A 7. 3, a proposito delle muradiBabilonia, Diodoro afferma che Ctesia dava le misure delle mura e delle torri in tese, mentre C. e altri che parteciparono alla spedizione asiatica le davano in cubiti; e che Ctesia parlava di un circuito di 360 stadi, mentre gli autori posteriori di 365 stadi; anche la terza notizia attribuita a costoro –che Semiramide aveva avuto l’ambizione di eguagliare con il numero degli stadi quello dei giorni dell’anno –non è del tutto simile a quanto Diodoro racconta poco oltre, a 8. 1 nella prosecuzione del discorso principale, cioè che Semiramide aveva appaltato ogni stadio della costruzione adunodei suoi amici e che aveva imposto di terminare i lavori entro unanno 178. A 20. 3, a conclusione del lungo racconto sulla vita di Semiramide, Diodoro precisa che tutto quanto ha narrato risale a Ctesia e che Ἀ η ν α ῖο θ ςκ α ίτιν ε ςτ ν ῶ φ α φ έ σ ω ρ ίν α ν invece che Semiramide eraun’etera che riuscì a sedurre γ γ ἄ λ λ ω ν σ υ il re a sostituirsi a lui. Queste duesono le uniche citazioni nella parte sull’Assiria che nonsi possono ricondurre a Ctesia, nel senso che l’impossibilità cronologica esistente per C. scoraggia di farlo conl’ignoto Ateneo (681F1). Esse presentano inoltre unanotevole affinità di impostazione, perché in ambedue viene citato in evidenza un autore singolo –C. nella prima e Ateneo nella seconda –che é poi associato adungruppo ε ςfra gli ε ςfra i partecipanti alla spedizione asiatica nella prima, τιν di altri –τιν φ ρ ε α γ ῖςnella seconda –e che condivide con essi la responsabilità di aver γ altri σ υ accolto e conservato la tradizione, sulle misure di Babilonia o sull’origine di Semiramide. 34 haportato adunduplice Il bilancio delle citazioni nonctesiane neicapitoli 1– risultato, che la maggior parte dei rimandi (a; a. 1; b) si puòricondurre in modo io credo convincente all’opera stessa di Ctesia, e che un’altra parte (b. 1; b. 2) risale con tutta probabilità agli interventi personali di Diodoro. I casi in cui non sembra possibile risalire né a Ctesia né alla cultura generale di Diodoro (a, notizie sui Caldei179; b. 1, sulla decadenza di Babilonia; c) vanno riconsiderati con particolare attenzione.

b) Lo spazio di Clitarco

La somiglianza strutturale fra la citazione di C. a 7. 3 e quella di Ateneo a 20. 3 induce a pensare che, se C. era per Diodoro il collettore delle opinioni di alcuni Alessandrografi partecipanti alla spedizione, anche l’a liter ignotus Ateneo fosse l’autore dal quale Diodoro desumeva sia la tradizione su Semiramide alternativa a 178 Cfr. anche supra Diodoro e infra La descrizione di Babilonia. 92, cheè propenso a credere cheDiodoro dipenda 179 Per questo caso rimando al BONQUET 176– dafonti a luicontemporanee, rispecchianti il vivo interesse della cultura romana dell’epoca per le acquisizioni dei Caldei.

Cap. 1 –Diodoro XVII

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quella diCtesia, sia l’indicazione delconsenso sudiessa daparte di altri scrittori180. Se però C. e Ateneo vanno posti sulle stesso piano come fonti sussidiarie di Diodoro, ne consegue che è immotivato attribuire al primo, piuttosto che al secondo, un ruolo preponderante come fonte di informazione di Diodoro sulla storia assira181.

A mepare che l’analisi appena condotta abbia mostrato che mancano le tracce diunafonte intermedia fra Ctesia e Diodoro; vi sono inoltre elementi perconcludere che C. nonpuòcomunque essere preso in considerazione per tale ruolo. Infatti l’esame delle notizie di C. surealtà edeventi anteriori alla spedizione asiatica182 ha messo in rilievo la suatendenza a preferire dati e tradizioni „ moderni“e a contrapporsi appunto a Ctesia: è quindi improbabile che C., scrivendo una storia della spedizione di Alessandro, abbia dedicato excursus retrospettivi, dell’ampiezza di quello che avrebbe dovuto costituire la base di II. 1– 34, a riutilizzare il testo di Ctesia anche solo con l’obiettivo di confutarlo183; e a questo proposito si può 34 non è affatto una confutazione più o meno ribadire che il resoconto di 1– sistematica di Ctesia, che nel complesso viene accolto con fiducia; infine va tenuto in opportuna considerazione cheinvece Diodoro riporta sulla morte di Sardanapalo la versione ctesiana del suicidio sulla pira, che è diversa e inconciliabile conquella che viene attribuita a C., della morte pervecchiaia dopo la perdita del regno (F2 = Athen. XII 530a). Quanto alla possibilità che Diodoro abbia comunque desunto daC. qualcosa di più delle misure alternative a quelle di Ctesia e dell’indicazione del parallelismo con i giorni dell’anno, alcune indicazioni scaturiscono appunto dall’esame delle notizie suBabilonia (b. 1). La descrizione diBabilonia che compare a 7. 2–10. 6 è coerentemente dominata dalla figura diSemiramide chefonda la città e determina il suoaspetto urbanistico, nonché dal fascino delle sue grandi realizzazioni tecniche ed architettoniche; è insomma unapresentazione deltutto funzionale al contesto, cioè la grandezza degli Assiri. E non vi è ragione di negare che Diodoro stia seguendo sostanzialmente Ctesia. È unfatto oggettivo che nel l. XVII Diodoro nonsi soffermi piùa dare una 6); descrizione di Babilonia, allorché segnala che Alessandro vi sostò (XVII. 64. 3– edè unaspiegazione plausibile chela ometta perché neaveva giàdataunapiuttosto estesa e dettagliata nel l. II184; maè altrettanto plausibile che stesse seguendo un autore che nonsi soffermava sull’argomento: nonC., ovviamente, maunafonte di storia ellenica185. 180 L’ipotesi che questo Ateneo vada identificato conAtenocle, cui sono attribuiti degli Assyriaka 25 e 2049 –oppure quella di (Agath. II. 24. 8) –perla quale cfr. SCHWARTZ 1896, col. 2024– ῖο α ν η ς , pensando all’Apollodoro citato daDiod. I. 5. 1 e XIII. ] Ἀθ ρ ο ᾽ὁ λ ό δ λ ω π ο leggere [Ἀ ςδ 38 –nonmutano 108. 1 –perla quale cfr. MARQUARDT 547, seguito daKRUMBHOLZ 237– in modo sostanziale il problema. Cfr. unapresentazione di queste e altre posizioni in BON25. QUET 124– 181 Cfr. per es. BIGWOOD 1980, 205. 182 Cfr. supra Il passato. 183 Per l’ipotesi di C. epitomatore di Ctesia cfr. BONQUET 15. 184 Anche se certo nonsempre Diodoro appare sensibile a questo scrupolo; cfr. le osservazioni di BORZA 30. 185 Cfr. supra La fonte per la storia „ellenica“e infra La descrizione di Babilonia.

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II –L’influenza diClitarco

sulla tradizione posteriore

Nonsiamo perquesto autorizzati a concludere chela descrizione dell. II derivi in toto da C.186, dal momento che non vi compare la minima reminiscenza della spedizione di Alessandro; e ci si potrebbe chiedere perché mai C. avrebbe dovuto descrivere Babilonia sub specie Semiramidis. Il fatto che Diodoro lo citi con altri anonimi Alessandrografi perle misure delle murae peril parallelismo coni giorni dell’anno indica che senza dubbio C. davanotizie sulla città; maproprio il fatto che Diodoro lo menzioni soltanto per particolari riguardanti unità di misure o cifre, e che ciò avvenga nell’ambito diunconfronto fra il vecchio e il nuovo, nonincoraggia adestendere indiscriminatamente la suadipendenza daC. Vi è comunque unpasso della descrizione diBabilonia chemerita attenzione da questo punto di vista, quello sui giardini pensili. A 9. 9 Diodoro informa che gli ornamenti del tempio di Belo erano stati predati daiPersiani, che il resto della città aveva subito le ingiurie del tempo ed era in rovina, e che ν ῦ νBabilonia è abitata solo parzialmente mentre la maggior parte del terreno entro le mura è coltivata. L’accenno ai Persiani costituisce il confine delle informazioni attribuibili a Ctesia187; quanto segue individua uno stadio di decadenza che è incompatibile anche conl’etàdiAlessandro, e diC., e chetrova invece riscontro inStrabone XVI. 1.5. Il Geografo infatti conclude la suabreve descrizione diBabilonia conla constatazione che tutto andò in rovina, in parte a causa deiPersiani, in parte peril tempo, in parte perl’indifferenza dei Macedoni (cioè i successori di Alessandro), e soprattutto che ῦ νla maggior parte di essa decadde dopo la fondazione di Seleucia sul Tigri; ν Babilonia è deserta. La somiglianza fra le due testimonianze –che pure non sono identiche e sembrano ambedue parziali –è sufficiente per far pensare adun’origine comune, nonmeglio definibile188, delle notizie sullo stato diBabilonia in un’epoca presumi). A 9. ῦ ν bilmente prossima a Diodoro e Strabone (che usano ambedue l’avverbio ν 9 Diodoro si stacca consapevolmente dalla narrazione continua delle realizzazioni diSemiramide (che riprende conla fondazione dialtre città a 11. 1)perallungare lo sguardo oltre l’epoca di Ctesia, e oltre quella di C., fino alla decadenza di Babilonia; la digressione è piuttosto breve masembra propiziare l’inserimento anacroni6 deigiardini pensili. stico diun’altra notizia, cioè la descrizione a 10. 1– Essi vengono chiaramente attribuiti adunsuccessivo re (in apertura a 10. 1 e in chiusura a 10.6) e Diodoro avrebbe dovuto parlarne piùoltre: mavatenuto inconto che in realtà lo storico non passa affatto in rassegna con ordine, precisione e completezza le gesta deire assiri che ebbero il potere fra Ninia, figlio di Semiramide e Sardanapalo, che fu l’ultimo; il suo imbarazzo è evidente a 22. 1 allorché informa chenonfarà i loro nomiperché nessuno compì alcunché dinotevole. Esiste ν ὴ τ ρ ὰ α poi una sorta di legame fra la descrizione dei giardini, che sono situati π ρ ό π ις λ ο , che si trova κ ρ ό π ο ἀ κ ινda Diodoro, e la precedente menzione di tale ἀ λ nella descrizione della reggia di Ovest, in un contesto in cui le misure di altezza delle mura sono riportate in tese come abitualmente faceva Ctesia. Dal punto di 40. 186 Cfr. KÖNIG 143 nota 1; PEARSON 229; HAMILTON 1977, 138– 187 Lo JACOBY invece include l’intero 9. 9 nel frammento di Ctesia (688F1b).

188 La prima parte della testimonianza diStrabone, quella cheriguarda Alessandro a Babilonia, ha 4, chedipende daAristobulo. deipunti di contatto conArr. VII. 1.1–

Cap. 1 –Diodoro XVII

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vista espositivo la presentazione dei giardini si salda del tutto naturalmente con le notizie sull’edificazione di Babilonia ricavate da Ctesia189. Sulla base di tutto ciò nonè, in linea diprincipio, impossibile cheegli dipenda daCtesia anche perquesta parte della descrizione. Vi sono però due elementi la cui compresenza rende difficile sostenere tale ipotesi190. In primo luogo Diodoro a 10. 1 definisce il realizzatore dell’opera unre ‚Siro‘, cioè nonusail termine ‚Assiro‘, checompare intutto il resto dell’esposizione ogni volta che si riferisce al popolo o all’impero degli Assiri191. Inoltre Diodoro nel dare a 10. 3 l’unica misura dialtezza della descrizione nonusacome unità dimisura la tesa, che egli stesso più volte segnala come base del computo di Ctesia, ma il cubito. L’usodiSiria invece diAssiria è attestato nelF2 diC., cheriguarda la morte di Sardanapalo, e l’uso del cubito è attribuito dallo stesso Diodoro a C. e ai ο ι(F10, a 7. 3)192. ν εώ τ ερ Se è corretto a questo punto concludere che Diodoro desume da C. e nonda Ctesia le notizie suigiardini193, è doveroso porsi la questione delperché ciò accade, nonostante si trattasse di materia noncontroversa. Diodoro manifesta la coscienza di operare un anacronismo, al fine probabilmente di completare la descrizione di Babilonia, dalmomento cheil suoprogetto noneraquello direalizzare un’esauriente e sistematica storia dei re Assiri; dal punto di vista pratico gli era quindi infinitamente più agevole rinunciare ad individuare nell’opera di Ctesia il punto dove costui descriveva i giardini e ricorrere invece a C., che aveva appena citato e del

189 L’idea che Diodoro alluda ad un’acropoli solo quando parla dei giardini è stata usata per attribuirne la descrizione a C., cfr. BONQUET 96, masi tratta di unargomento nonfondato. 96, e 190 Gli argomenti a favore della dipendenza daC. si trovano tutti raccolti dalBONQUET 95– i principali sono discussi dal PEARSON 230. Non discuto nel testo, perché lo considero α σ ίνa 10. 1, che potrebbe richiamare l’analogo (ma malfondato, quello relativo all’uso di φ 4 Diodoro introduce le testimonianze diC. certo nonraro o caratterizzante) verbo concui a 7. 3– α σ ίνdi 10. 1 nonsi riferisce comunque all’intera descrizione e degli altri Alessandrografi: il φ dei giardini masoltanto alla tradizione dell’origine persiana della concubina che ne suscitò la realizzazione. Quanto al fatto che inCurzio comparirebbe unadescrizione dei giardini, e piùgeneralmente Babilonia, simile a quella diDiodoro e desunta ugualmente daC., cfr. infra La descrizione

Babilonia.

di di

4; 5. 1 e 16. 3 il termine Siria e/oderivati compare convalenza geografica e riferito alla 191 A4. 2– piùristretta regione siriaca. 192 Merita attenzione uncaso, nell’ambito della descrizione dell’epigrafe sul monte Bagistano a : nessuno dei moderni, a mia μ ιν α σ μ ιςγρά ρ ίο υ 13. 2, in cui si precisa che il testo era scritto Σ conoscenza, hasupposto che la descrizione risalga adunautore diverso daCtesia, anzi è stata ις ίο , per omologare la ρ σ υ >σ attuata da JACOBY ad loc. (688F1b) l’emendazione in