Filosofia e Conoscenza. Prospettive a confronto


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Filosofia e Conoscenza. Prospettive a confronto

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APPUNTI

EOOCatt

Sommario

Introduzione. Il ruolo dellafilosofa nel mondo contemporaneo .................. 5 CAPffOLO PRIMO

La filosofia come problema ............................................................................19 1.1 La fìlosofia come comprensione della totalità ................................... 19 1.2 La fìlosofia come concetto problematico........................................... 22 1.3 Inevitabilità e insufficienza della fìlosofia ..........................................27 CAPffOLO SECONDO

Le soluzioni"riduzioniste • .............................................................................31 2.1 La fìlosofia come terapia. .......................................................................32 2.2 La fìlosofia come "regina delle scienze• ..............................................36 2.3 Per una fìlosofia scientifica ...................................................................40 2.4 La fìlosofia come conversazione ..........................................................43 CAPffOLO TERZO

Le soluzionisistematiche................................................................................51 3.1 La fìlosofia come scienza rigorosa. .......................................................52 3.2 Pensiero sistematico e pensiero problematico ..................................56 3.3 La fìlosofìa senza progresso...................................................................59 CAPffOLO QUARTO

La funzione critica (ma non solo) della fìlosofìa. ....................................... 65 4.1 La fìlosofia come discussione razionale ..............................................66 4.2 La fìlosofia è una «gaia scienza»? .......................................................69

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FILOSOFIA E CONOSCEN'lA

CAPITOLO QUINTO

La filosofìa è anacronistica? ...........................................................................75 5.1 La filosofia come grammatica del pensiero ........................................76 5.2 La concezione euristica della filosofìa. ................................................80 CAPITOLO SESTO

Il signifìcato della filosofìa oggi .....................................................................85 6.1 La filosofia come esigenza d i verità ..................................................... 86 6.2 La filosofìa come risposta alla" meraviglia•........................................90 CAPITOLO SlffrlMO

Filosofìa e storia della fìlosofìa ......................................................................95 APPENDICE

La filosofìa del Novecento: "scienza rigorosa• o genere letterario?..... 1O1

Bibliografia ..................................................................................................... 123

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INTRODUZIONE

Il ruolo dellafilosofia nel mondo contemporaneo

Il pensiero del Novecento ha posto un nuovo problema accanto a quelli di cui tradizionalmente si occupa la fìlosofìa, vale a dire la fìlosofìa stessa, che avverte come problema la sua stessa esistenza nel momento in cui le scienze sembrano esaurire il dominio del sapere, riducendo la fìlosofìa a retaggio di un tempo in cui le scienze non erano ancora sufficientemente sviluppate. Contestando un documento fìrmato da pensatori molto noti e influenti, come Gadamer, Derrida, Ricocur, Rorty e Putnam, che defìnivano la fìlosofìa come «un elisir di vita eternamente efficace», Feyerabcnd in uno scritto del 1994 sostenne che in verità si tratta di «una pozione di streghe, i cui ingredienti sono spesso mortali. Non pochi degli attacchi portati alla vita, alla libertà e alla felicità hanno avuto un fortissimo sostegno fìlosofìco» 1• Rincarando la dose, il teorico dell'anarchismo metodologico afferma che «paragonato alla poesia e al senso comune, il discorso fìlosofìco è sterile, privo di sensibilità. È tetragono nei confronti dei legami emozionali e dei mutamenti che tengono vivi gli esseri umani» 2• Prima di Socrate si educava alla virtù senza insegnanti, semplicemente vivendo una tradizione, Socrate, invece, ha soppiantato la tradizione con i concetti, che devono essere chiari e rigorosi, ma non hanno la flessibilità e la multilateralità delle virtù tradizionali, anzi 1 P.K. Feyerabcnd, Conl(USI ofAbund,uue, University of Chicago Press, 1999; 1r.ir. L.,

conquista dell'abbondanza. Conin3, Mibno 2002, p. 331. 2 P.K. Feycrabcnd, L.tconquisra dell'abbondanza, p. 332.

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~ILOSOFIAE CONOSCENZA

hanno la pretesa di incasellare le virtù, rendendole oggettive e avulse dal contesto in cui si praticano, mentre non possono essere separate dalle circostanze in cui sorgono, dalle emozioni e dai desideri'. A fronte di accuse cosl dirette occorre indagare se esista una efficace strategia di difesa che restituisca alla filosofia non solo una giustificazione d'ufficio, ma le restituisca una funzione riconosciuta. Molti filosofi di orientamento e temperamento diversi - se ne sono occupati, sottolineando vari aspetti del problema e abbozzando soluzioni talora simili e talaltra divergenti. In questo volume vengono esaminate, senza alcuna pretesa di esaustività, alcune delle principali riflessioni sulla filosofia rintracciabili nel pensiero del Novecento. Nel primo capitolo sono presentati tre modi diversi di impostare il problema, ma unanimi nel ritenere che la definizione di filosofia sia un problema filosofico. Georg Simmcl riconosce come peculiarità della filosofia proprio il dubbio che "col suo nome si copra solo un irreale fantasman - dubbio che deriva dal modo in cui tipicamente procede la filosofia, dalla sua tendenza a pensare senza presupposti. Si tratta ovviamente di un obiettivo irraggiungibile, ma non per questo meno degno di essere perseguito, anzi proprio perché sappiamo che è irraggiungibile, dobbiamo sforzarci di avvicinarci il più possibile. Procedendo in questa direzione la filosofia "ricerca e scopre i presupposti del conoscere, anche del conoscere filosofico stesso Analogamente Cassirer ripropone il problema: «nella gamma svariatissima delle questioni filosofiche particolari, nella loro illimitata abbondanza e nelle loro innumeri differenziazioni, la filosofia sembra in ultima istanza tornare sempre di nuovo alla questione principale ed ori-

n,.

'Cfr. P.K. Feycrabcnd,La,imquirra del/abbondanza, pp. 332-334. ◄ G. Simmel, Die Hauptprobkmeder Philosophie(l910}, rr.ic. / probkmifandamenrali della jìloStJfo,. SE, Milano 2009, pp. 35-36.

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IL RUOLO DEIJ.A FILOSOFIA NELMONDOCOt,ffF.MPORANEO

ginaria: che cosa e, e che cosa vuole, la filosofia?»s. L'oggetto della filosofia non è semplice e definito come quello delle singole scienze, tuttavia, secondo Cassirer proprio la nascita della scienza moderna prima e lo sviluppo non solo della fisica, ma anche delle scienze della vita e delle scienze umane poi hanno fornito nuovi argomenti di riflessione alla filosofia, «hanno fatto sorgere una moltitudine di compiti nuovi, cui la filosofia non può sottrarsi se vuole restare fedele al proprio nome e alla propria vocazione»6• Karl Jaspers sembra invece decisamente pessimista per quanto riguarda l'identità della filosofia, soggetta com'è a valutazioni disparate, considerata da alcuni priva di valore e di contenuto, mentre da altri è apprezzata per la sua complessità e profondità. Mentre le scienze, ciascuna nel proprio campo, hanno raggiunto conoscenze rigorosamente certe e universalmente riconosciute, la fìlosofia non è In grado di offrire nulla di analogo, pur nel suo secolare travaglio. È ìmpossibile nasconderlo: nella fìlosofia non esiste unanimità alcuna In fatto di risultati fuori di dubbio7 • Egli conclude che la filosofia non può giustificarsi, ma «può soltanto offrirsi alla comunicazione»•. Altri invece hanno cercato di offrire soluzioni al problema relativo alla definizione e alla natura della filosofia stessa, optando o per una prospettiva riduzionista o per una concezione -sistematica". Il secondo capitolo rimanda alle posizioni che hanno attribuito alla filosofia un ruolo ancillare rispetto alla scienza o l'hanno ridotta a genere letterario,

s E. Cassircr, Der &griffder Phi/Qsophk ais Probkm der Phi/osophie (1935). tr. it. 11COOJLOV e non un sogno individuale, o una bizzarria non meno individuale» 8 • Questa concezione della cultura dipende chiaramente dal modo in cui è intesa la conoscenza, infatti, secondo Cassirer occorre rinunciare «all'ingenua teoria della conoscenza intesa come rispecchiamento. I concetti fondamentali di ogni scienza, i mezzi con i quali essa pone i suoi problemi e formula le loro soluzioni, appaiono non più come passivo rispecchiamento di un dato essere, ma come simboli intellettuali liberamente creati»'. Se la «considerazione ingenua» della conoscenza, la identifica con un processo riproduttivo di una realtà che è di per sé esistente, ordinata e articolata'0, il pensiero teoretico scuote questa conceE. Cassircr,SimbobJ, milo uulrura,p. 67. Cassircr,SimbobJ, milO eculrura,p. 81. • Cfr. E. Cassircr, PhibJsophie tkr symbous,hen Formen, Bruno Cassirer, Bcrlin 1923; Fiiosofia de/kformesimbo/ithe ,La Nuova Italia, Firenze 1976, voi. I, p. S. 1 ° Cfr. E. Cassirer, Das Erkennmùproblem in tkr Phi/osophie umi Wusenschaft tkr neueren Za1, Bruno Cassircr, Bcrlin 19()6; tr. it. di A. Pasquinelli, S1oria della filosofia ,nq.. derna, USaggiatore, Milano 1968, voi. I, p. 17.

7

8 E.

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LA FILOSOFIA COME PROBLEMA

zione e rende chiaro che «tutto il nostro sapere concettuale non è una semplice riproduzione, ma un'elaborazione e un'interna trasformazw,u della materia che ci viene offerta dal di fuori» 11• Questa impostazione rivela il debito nei confronti di Kant, il quale attribuiva al concetto una funzione produttiva e costruttiva, tale che lo rendeva una condizione di possibilità dell'oggetto, anziché una mera copia sbiadita della realtà12. Solo rinunciando a riprodurre d irettamente la realtà, solo uscendo dall'ambito del dato, la scienza crea i mezzi concettuali per esprimere le leggi del dato. La conoscenza si accontenta di abbozzare gli schemi intellettuali universalmente validi in cui i rapporti e le connessioni delle percezioni debbono lasciarsi rappresentare. Atomo ed etere, massa e forza non sono altro che esempi dì siffatti schemi, i quali tanto più esattamente assolvono il loro compito quanto meno hanno conservato in se stessi del diretto contenuto percettivo•>. Per la concezione critica della conoscenza, che si oppone alla concezione della conoscenza come rispecchiamento, i concetti acquistano la loro verità non dal fatto che siano copie di real-

tà in sé esistenti, bensl dal fatto che esprimono gli ordini ideali che costruiscono e garantiscono la connessione delle esperienze. [...] Esse vengono fondare non già in quanto venga mostrato un particowe essere sensibile che "corrisponda• a esse, bensl in quanto vengono riconosciute come mezzi di connessione rigorosa e quindi di tutta la relativa determinatezza del "dato• stesso".

La conoscenza consiste dunque nella rappresentazione del mondo in base ad un'organizzazione critica dei dati della percezione; di conseguenza, possono realizzarsi e di fatto si realizzano diverse immagini della 11

E. Cassirer, Storiade/1,,filasofo, m,,dm,a, voi. I, pp. 17-18. Cfr. E. Cassirer,Fi/,,sqfo, ddkfimne simbouche, voi. Ili, tomo Il, p.47. •> E. Cassirer, Suhsl4llzhegriffunti Funktùmbegriff, Bruno Cassirer, Berlìn 1910; Sostanza efanzwne, I.a Nuova Italia, Firenze 1973, pp. 222-223. •◄ E. Cassirer, Sosl4llza efanzwne, p. 422. 12

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FILOSOFIA E CONOSCENZA

realtà, non sempre concordanti, anzi talora dissonanti, per cui pare problematica una loro composizione unitaria e armonica, che deriva esclusivamente da una finalità comune. Infatti, Cassirer osserva che «le varie forme della cultura non son tenute insieme grazie ad una identità della loro natura bensì dal loro convergere in un compito fondamentale. Se nella cultura esiste un equilibrio, esso è un equilibrio dinamico, non statico; è il risultato della lotta fra forze opposte»"· In questo panorama culturale, quale può essere il ruolo della filosofia? Cassirer se lo chiede anche su esortazione di Albert Schweitzer, il quale in una serie di conferenze tenute a Uppsala nel 1922 aveva accusato la filosofia di non aver sostenuto gli ideali della civiltà, di aver tradito la propria vocazione che si realizza nell'essere la guida e il guardiano della ragione. Cassirer riconosce che il rimprovero è meritato e che la filosofia non può sottrarsi alle domande urgenti del suo tempo. «Oggi come mai in passato è giunto per essa il momento di riflettere nuovamente su se stessa, su ciò che è e su ciò che è stata, sulla sua finalità fondamentale, sistematica, e sul suo passato storico culturale»••. Da questa riflessione Cassirer trae la conclusione che la filosofia non può essere sganciata dalle vicende e dalla cultura del proprio tempo, anzi la filosofia non può rinunciare alla ricerca dell'unità fondamentale di questo mondo ideale, badando però a non scambiare ciò che è uno con ciò che è semplice. Essa non dimentica le tensioni e gli attriti, i forti contrasti e i profondi conflitti fra le varie filcokà dell'uomo, le quali non possono venir riportate a un comun denominatore. La loro attività si svolge in diverse direzioni e obbedisce a diversi principi. Però questa molteplicità e disparità non attestano una discordia a o una disarmonia. Tutte le funzioni si completano e si integrano a vicenda. Ognuna dischiude un nuovo orizzonte e mostra un nuovo aspetto dell'umanità".

•s•s E. Cassirer, Saggio sull'uonw, Armando, Roma 1977, p. 366. E. Cassirer, Simbo/q, mik) uu/Jura,p. 71. 17 E. Cassirer, Saggio sull'uonw, p. 374.

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LA FILOSOFIA COME PROBLF.MA

La ragione che sta alla base di questa attività non può essere la sostanza immanente di cui parlava Hcgel, poiché «la ragione non è mai un mero presente. Non è tanto qualcosa di attuale, quanto qualcosa di costantemente, perennemente in via di attualizzazwm; non è un dato ma un compito»••.

1.3 Inevitabilità e insufficienza dellafilosofia Nato a Oldenburg in Germania nel 1883, Karl Jaspers arrivò a dedicarsi alla filosofia dopo aver lavorato come medico nel!'ospedale psichiatrico di Heidelberg ed essere stato dal 1913 al 1921 docente di psicologia nell'università della stessa città, mantenendo sempre un approccio critico nei confronti della pratica psichiatrica prevalente nei primi decenni del Novecento. Egli propose un indirizzo fenomenologico in psicopatologia, ritenendo che i sintomi oggettivi, rilevabili con la psicologia sperimentale, non siano sufficienti a comprendere la situazione del paziente, essendo necessario prestare attenzione anche ai sintomi soggettivi che possono essere colti solo con un procedimento empatico. Nemmeno la psicoanalisi lo convinceva del tutto, poiché a suo avviso tendeva a confondere la comprensione con la spiegazione causale, che Jaspers, ispirandosi a Dilthey, manteneva nettamente distinte. Nel 1919 pubblicò la Psicologia delle viswni del mondo, un'opera che può essere considerata di transizione tra la psicologia e la filosofia, in quanto le sue tesi psicologiche appaiono fortemente influenzate dagli interessi filosofici che aveva coltivato anche negli anni dedicati alla professione. Nel 1922 divenne professore ordinario di filosofia, ma nel 1937, in quanto sposato a una donna ebrea, fu costretto dal regime nazista ascegliere tra il divorzio e la rinuncia all'insegnamento. Egli non ebbe esitazioni e si dimise; fu reintegrato soltanto alla fine della Seconda guerra mondiale, ma pochi anni dopo, in polemica con il governo federale te11

E. Cw;irer,Simbolo,mito ea,/tur,1,p. 71. 27

FILOSOFIA E CONOSCENLA

desco, che a suo avviso non aveva riconosciuto la responsabilità collettiva del popolo tedesco, accettò un incarico all'università di Basilea, dove morì nel 1969. Per quanto riguarda le scelte politiche della Germania nel periodo fra le due guerre mondiali, egli era rimasto profondamente deluso anche dal comportamento di Heidcgger, il quale non solo si era compromesso con il nazismo, ma anche in seguito non aveva fatto nulla per dissociarsi e rinnegare le scelte del passato. La formazione filosofica di Jaspers, pur essendosi nutrita dello studio appassionato di Platone, Plotino, Bruno, Spinoza, Kant, Hcgel, è stata influenzata soprattutto da Kierkegaard, che lo colpi per il carattere personale della sua filosofia, e da Niettsche, cui dedicò un volume nel 1936. li pensiero di Jaspers ha una chiara impronta esistenziale fin dalla sua prima pubblicazione filosofica di ampio respiro, Psicologi.a delle visumi del mondo (1919). cui seguirono Filosofia (1932) e Filosofia dell'esistenza ( l 938).IntroduziQne alla filosofia ( 1950) e Lafede filosofica difronte alla rivelazione (1962). Jaspers afferma che la filosofia nasce per iniziativa di un essere finito che sperimenta la propria finitezza in una precisa situazione storica che lo vede in relazione con il mondo. La prima forma di relazione tra l'uomo e il mondo che lo circonda si determina nella scienza e nella tecnica. che però non colgono mai l'essere, masolo alcuni aspetti e manifestazioni dell'essere. Questo limite del sapere scientifico può essere superato solo dalla filosofia, che non esclude la scienza, ma ne rivela il carattere di sapere condizionato, pur senza porsi come sapere incondizionato, ma solo come aspirazione alla trascendenza che trova appagamento nella fede. La filosofia è legata allo sviluppo del pensiero scientifico, ma al tempo stesso precede ogni scienza, poiché l'uomo vuole conoscere non solo per interessi pratici, ma anche per una «contemplazione pura e disinteressata», che produce un'immagine del mondo unica e articolata. Le immagini del mondo sono però sempre particolari e altrettanto particolare è l'immagine scientifica del mondo; per quanto sia stata contrapposta alle immagini mitiche, è sempre a sua volta un'immagine mitica del

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LA FILOSOFIA COME PROBLEMA

mondo. «La conoscenza ottenuta con i metodi della scienza è riconducibile sotto un principio generale: ogni conoscenza è interpretazione»"; ciò non significa che l'interpretazione sia arbitraria, anzi ha un carattere oggettivo, in quanto costituisce una modalità in cui l'essere si offre all'uomo, senza con ciò generare immagini assolute del mondo, poiché «il mondo non è chiuso, ma rotto in prospettive conoscitive, non riconducibili a un unico principio»'•. Tuttavia, la filosofia cerca proprio l'essere nella sua totalità e l'uomo nella sua interezza, senza avere la possibilità di afferrare tale oggetto, sempre sfuggente, poiché una totalità infinita non potrà mai essere abbracciata da un essere storico e finito, e tuttavia sempre presente in ogni momento della ricerca. «Filosofia significa in verità: essere in cammino. Le interrogazioni e le domande sono per essa più essenziali delle risposte, e ogni risposta viene nuovamente e continuamente rimessa in questione» 21 • Se la filosofia traccia il cammino delle domande, le risposte vengono dalla fede; si tratta infatti di risposte che non possono essere dimostrate dalla ragione, quindi la fede è indispensabile, proprio perché la ragione non è in grado di dare risposte alle proprie domande22. «La fede non è però una visione. Essa resta nella distanza e nella domanda. Vivere in base a essa non significa appoggiarsi a un sapere calcolato, ma vivere rischiando tutto sull'esistenza di Dio»u. A questo proposito, «la filosofia non ha nulla da dare, può solo risvegliare: essa può inoltre ricordare, consolidare e aiutare a convalidare. Ognuno comprende in essa ciò che in realtà già sapeva»". Tuttavia, il valore della filosofia è indiscutibile, poiché essa «è quell'attività concentrante, attraverso la quale l'uomo

"K.Jaspers,Einfohrungin die Phi/o$0phie(l950); tr. it.lntroduzione allafilMofot,Cortina, M~ano2010, p. 66. 20

K. Jaspers, Introduzione alla filMofo,. p. 68. K. Jaspers,lntrod~e alla fi/o$0fo,. p. 6. 22 Cfr. K.Jaspers, lntroduzioneallafi/o$0fot,pp. 73-81. 2 >K. Jaspers, lntrod~e alla fi/o$0fo,. p. 40. " K. Jaspers,Jntroduzione alla filMofo,. p. 41. 21

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~ILOSmIAE CONOSCEN'lA

diviene se stesso, nel mentre si inserisce autenticamente nella realtà» 2s. In questo senso la filosofia appartiene ad ogni uomo, sebbene la sua elaborazione consapevole si manifesti solo nelle opere dei grandi filosofi, sia pure come un lavoro mai del tutto compiuto, che continuamente si rinnova. Che la f'tlosofia sia un'esigenza comune a tutti è provato da un lato dalle domande dei bambini che spesso arrivano spontaneamente alla profondità delle questioni che la filosofia si pone e dall'altro dalle intuizioni di chi presenta patologie mentali, anche se raramente costoro riescono a comunicare efficacemente il significato delle loro visioni. In altre parole, per Jaspers, la filosofia nasce dalle esigenze esistenziali dell'uomo e ha il compito di formulare, in modo più o meno consapevole ed elaborato, le domande che riguardano la nostra relazione con il mondo e che esulano dalla competenza delle scienze, ma non è in grado di dare risposte definitive, per le quali bisogna ricorrere alla fede. Insomma, secondo Jaspers l'essenza della filosofia consiste nella ricerca della verità, piuttosto che nel suo possesso; a questo proposito, come vedremo, Sofia Vanni Rovighi esprimeva un'opinione simile quando definiva la filosofia come «esigenza di verità». Da ciò consegue, però, a parere del filosofo esistenzialista che non esiste una vera e propria definizione di filosofia, poiché «ogni filosofia si definisce attraverso la propria messa in atto. Che cosa la filosofia sia dcv'essere cercato da ogni filosofia. La filosofia è a un tempo l'attuazione di un pensiero vivente e la riflessione di questo pensiero, oppure l'agire e la sua messa in qucstionc»26.

>s K. )aspers,Introd~e al'4 filosofi,; P· 8.

26 K. )aspers,lntroduzi;,ne al'4 filbsofo,. p. 6.

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CAPITOLO SECONDO

Le soluzioni ''riduzioniste"

Alla domanda ineludibile circa il ruolo della filosofia alcuni pensatori contemporanei hanno dato una risposta "riduzionista•, in quanto nega una funzione conoscitiva alla filosofia che viene intesa, a partire da Wittgenstein, come un'attività piuttosto che come una forma di conoscenza. Seguendo la direzione del Tractatus, Schlick - e con lui tutti i pensatori che aderirono al Circolo di Vienna - riafferma l'importanza della filosofia come attività chiarificatrice dei concetti basilari della scienza. In questo solco si incanala anche Reichenbach, fondatore del Circolo di Berlino, che collaborò negli anni Trenta del secolo scorso con i colleghi viennesi nell'ambito del positivismo logico; egli intende promuovere una filosofia scientifica. cioè una filosofia che proceda «dalla speculazione alla scienza», riconoscendo che la speculazione è stata solo una fase transitoria della filosofia, poiché ormai disponiamo di mezzi logici adeguati per risolvere i problemi intellettuali. Reichenbach rimprovera al filosofo di aver spesso posposto la verità al desiderio di suggerire soluzioni, e la chiarezza alla tentazione di parlare per immagini; iJ suo linguaggio è risultato privo oltremisura di rigore, privo, cioè dello strumento principale usato con successo dagli scienziati per evitare gli scogli dell'errore. [... ) A causa del persistere dell'influsso del pensiero speculativo, quanti non hanno assimilato i metodi dell'analisi logica appaiono incapaci di guardare alla conoscenza filosofica con occhi liberi da vaghe ombre•.

1

H. Reichenbach, The lwe o/ Stimtijù Phuo,ophy, University of California Press, Berkeley - Los Angeles 1951; tr. it. La nascita tk"4fi/o,ofia Jtientijùa (1951), Il Mulino, Bologna 1961, pp.8-9.

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FILOSOFIA E CONOSCF.N"LA

Infìne, più recentemente, basandosi su premesse diverse e giungendo a esiti molto differenti, anche Richard Rorty ha attaccato la concezione della filosofìa come contributo alla conoscenza, sostenendo che la Filosofia è fìnita, o meglio, che è fìnita la filosofia sistematica e fondante, ma non la filosofia in quanto tale, a patto che sia intesa come «voce nella conversazione dell'umanità», una voce accanto ad altre, tra cui particolarmente rilevante è quella della letteratura, che ha il merito di suscitare emozioni, anziché trincerarsi dietro argomentazioni tanto rigorose quanto aride.

2.1 Lafilosofia come terapia Ludwig Wittgenstein nacque a Vienna nel 1889 da una ricca fa.miglia di magnati dell'acciaio, che lo indirizzò a studi di carattere tecnico; egli però frequentando la Facoltà di Ingegneria a Manchester, scoprl la propria passione per la logica e nel 1911, su consiglio di Frege, si recò a Cambridge per studiare con Russell. Allo scoppio della Prima guerra mondiale, Wittgenstein tornò in patria per arruolarsi come volontario; fu catturato dagli italiani e durante il periodo di prigionia incominciò ad elaborare le tesi che sarebbero poi confluite nel Tractatus /,ogicophi/,osophicus, pubblicato nel 1921. Wittgenstein ritenne a quel punto di aver esaurito il suo discorso fi. losofìco e si dedicò ad altre attività, tra cui l'insegnamento nella scuola elementare. Solo nel 1929, anche per l'insistenza dei suoi amici inglesi, tornò a Cambridge, dove nel 1939 fu nominato professore. Nel 1947 lasciò l'insegnamento e lavorò ad un'opera che fu pubblicata postuma nel 1953, leRicerchefi/,osofiche. Dopo la sua morte, avvenuta nel 1951, i suoi allievi si dedicarono al riordino e alla pubblicazione dei numerosi inediti da lui lasciati. li Tractatus, come è noto, ritiene che i problemi filosofici nascano dall'imperfezione e dalla ridondanza del linguaggio naturale, poiché « nel linguaggio comune avviene molto di frequente che la stessa parola

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LESOLUZ.IONI "RIDUZ.IONISTE"

designi in modo diverso - dunque appartenga a simboli diversi - o che due parole, che designano in modo diverso, esteriormente siano applicate nella proposizione allo stesso modo» 2 ; «così nascono facilmente le confusioni più fondamentali (delle quali la filosofia è tutta piena)»'. Wittgenstein riteneva, quindi, ali'epoca in cui scriveva il Tractatus, che occorresse un linguaggio segnico che rispettasse la grammatica e la sintassi logica e che, pertanto, ad un segno corrispondesse uno e un solo significato. Date queste premesse, ogni problematica filosofica si sarebbe risolta nell'ambito dell'analisi del linguaggio, quindi, se «tutta la filosofia è critica del linguaggio•»◄, allora lo «scopo della filosofia è la chiarificazione logica dei pensieri. La filosofia è non una dottrina, ma un'attività»'· La filosofia, dunque, non è una forma di conoscenza, ma un'attività al servizio della scienza, in quanto ha il compito di circoscrivere il campo a disposizione della scienza, escludendo tutto ciò che non può essere oggetto di indagine scientifica. La filosofia «deve delimitare il pensabile e con ciò l'impensabile»', ciò che non è pensabile non è nemmeno dicibile e non può essere formulato in un linguaggio chiaro e dotato di senso. Di ciò che non può essere detto, ovviamente, «si deve tacere»'. Il Wittgenstein del Tractatus, sapeva bene che la scienza non esaurisce la ricerca del senso della vita, che rientra proprio nella sfera dell'ineffabile, del mistico; «anche una volta che tutte le possibili domande scientifiche hanno avuto risposta, i nostri problemi vitali non sono ancora neppure toccati. Certo allora non resta più domanda alcuM

L. Wingenstein, Trllll4JUS /ogico-philosophicus (1921), Einaudi, Torino 1974, p. 17, 3.323. 'L. Wingenstcin, Tr1Uta1US/ogico-philosophim1 (1921), p. 17, 3.324. 4 L. Wingensccin, Tr,ulalUS/ogico-philosophiml, p. 21, 4.0031. s L. Wingenstcin, TrlUtalUS /ogico-philosophicus, p. 27, 4.112. • L. Wingenstcin, Trllll4JUS /ogico-philosophiml, p. 28, 4.114. 1 L. Wingenstcin, TrlUtalUS logico-philosophim1, p. 82, 7. 2

33

FILOSOFIA E CONOSCEN"LA

na: e appunto questa è la risposta»•. Le domande cui è possibile fornire una risposta scientifica sono le sole autentiche domande, gli enigmi che non trovano risposte sono invece solo dei tentativi - destinati all'insuccesso - di dire l'indicibile. Nelle Ricerche filosofiche, rimaste incompiute a causa della malattia che lo avrebbe portato alla morte, viene abbandonato l'impianto logico del Tractatus: mentre nella prima opera dominava l'idea di un linguaggio ideale, nella seconda l'attenzione si sposta verso il linguaggio ordinario e verso la molteplicità degli usi linguistici. I «giochi linguistici» vanno dunque compresi e descritti nelle loro innumerevoli e specifiche strutture logiche, evitando di ridurli forzatamente all'unità. Nonostante questo importante mutamento di prospettiva, la filosofia non viene riabilitata, riconoscendo l'esistenza di problemi genuinamente filosofici; la filosofia resta una «ricerca grammaticale», destinata a sgombrare il terreno dai fraintendimenti che riguardano l'uso delle parole; «questo procedimento si può chiamare un'"analisi" delle nostre forme d'espressione; infatti il procedimento somiglia talvolta a una scomposizione»'. Quale risultato attendersi allora da una filosofia cosl intesa? «I risultati della filosofia sono la scoperta di un qualche schietto non-senso e di bernoccoli che l'intelletto si è fatto cozzando contro i limiti del linguaggio» '0• La filosofia entra in azione quando non si riesce ad attribuire un significato a ciò che viene detto, in questo senso «un problema filosofico ha la forma: "Non mi ci raccapezzo"»". Le confusioni che danno origine ai problemi filosofici sorgono quando «il linguaggio gira a vuoto», cioè quando pensiamo di seguire certe regole e certe tecniche e poi le cose vanno in modo diverso da come avevamo previsto. In questi casi 8

L. Wittgenstcin, Traaarus lt,gico-phiksophims, p. 81, 6.52. L. Wittgenstcin, Phiksophische Untmuchunhen (1953), tr.it. Rkmhefik,sofahe, Einaudi, Torino 1974, p. 60, § 90. 10 L. Wittgenstcin, Rkerchefik,sojùhe, p. 68, § 119.

9

" L. Wittgcnstcin, Ricerchejìlosofahe, p. 69, § I23.

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LESOLITllONI "RIDIT.llONISTE"

abbiamo a che fare con un ingranaggio che non funziona e dunque occorre «mettere ordine nella nostra conoscenza dell'uso del linguaggio: un ordine per uno scopo determinato; uno dei molti ordini possibili; non lordine» 12 • Quando siamo di fronte ai problemi filosofici dobbiamo soffermarci sulle singole parole e chiederci quali siano gli usi linguistici appropriati nel linguaggio comune, in altre parole, si devono riportare «le parole, dal loro impiego metafisico, indietro al loro impiego quotidiano»". Ciò significa semplicemente descrivere l'uso effettivo del linguaggio senza avere la pretesa di correggerlo, poiché non è questo il compito della filosolìa, la quale «non può in nessun modo intaccare l'uso effettivo del linguaggio; può in definitiva soltanto descriverlo. Non può nemmeno fondarlo. Lascia tutto com'è»"· Alla filosofia è riconosciuta, quindi, solo una funzione descrittiva dei possibili usi del linguaggio e non una funzione esplicativa né, tanto meno, fondativa. La funzione della filosofia intesa come analisi del linguaggio si riduce a mostrare l'uso del linguaggio senza spiegarlo, per il semplice motivo che la spiegazione implica che ci sia qualche significato che non affiora in superficie e deve emergere dalle pieghe che lo celano, in realtà non c'è nulla di nascosto e, in ogni caso, «ciò che è nascosto non ci interessa» •s. La filosofia come analisi del linguaggio mira a descrivere e chiarire tutti i possibili usi del linguaggio, ancorandoli alle diverse forme di vita, poiché il linguaggio fa parte di una forma di vita e acquista significato solo al suo interno. li tentativo di veicolare significati universali, indipendenti dai contesti in cui sono legittimamente usati e dalle regole che valgono in quei determinati contesti, produce solo difficoltà e incomprensioni. «La chiarezza cui aspiriamo è certo una chiarezza compieta. Ma questo vuol dire soltanto che i problemi filosofici devono svanire 12

L. Wittgenstein, Rkerchefilo~fahe, p. 71, § •>L Wittgenstein, Ricerchefilo~fiche, p. 67, § •◄ L. Wittgenstein, Ricerchefilo~fiche, p. 69, § •s L Wittgenstein, R.icerchefilo~fiche, p. 70, §

35

132. 116. 124. 126.

FILOSOFIA E CONOSCEN'lA

completammte. [...] Non c'è un metodo della filosofia, ma ci sono metodi; per così dire, differenti terapie»". Pertanto, la filosofia non deve e non può risolvere i problemi e le contraddizioni che si generano quando si applicano espressioni linguistiche che appartengono a certe "forme di vita" a contesti differenti da quelli in cui si sono originate. I classici problemi filosofici sorgono quando le parole sono usate al di fuori del contesto di riferimento che attribuisce loro un significato, generando i fraintendimenti e le perplessità di cui si alimenta la filosofia tradizionale; i problemi filosofici non devono essere risolti, ma solo dissolti e per dissolverli è sufficiente fare chiarezza, descrivendo correttamente le categorie linguistiche e le loro modalità di impiego nei diversi "giochi linguistici".

2.2 La.filosofia come "regina delle scienze" Moritz Schlick nacque nel 1882 a Berlino; dopo essersi laureato con Max Planck in fisica nel 1904, fu presto attirato da problemi epistemologici, che affrontò in un• opera ponderosa del 1918, Teoria generale della conoscenza, che segue di un anno soltanto Spazio e tempo nella fisica contemporanea (1917). Dal 1922 insegnò all'università di Vienna, occupando la cattedra di Filosofia delle scienze induttive che era stata di Mach; in quegli anni raccolse intorno a sé un gruppo di giovani studiosi che con lui diedero vita al Circolo di Vienna, il gruppo cominciò a riunirsi per discutere le tesi del Tractatus di Wittgenstein, che offriva i fondamenti per una legittimazione logica della conoscenza scientifica. Nel 1928 fu istituita l'Associazione Ernst Mach, di cui Schlick fu eletto presidente, con l'intento di sviluppare una «concezione scientifica del mondo», come suona il titolo di un volume pubblicato l'anno successivo da Carnap, Hahn e Neurath, con l'intento di redigere il manifesto

16 L. Wittgensrein, Riur,hefilo!4Jùhe, p. 71,

§ 133.

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LESOLlrllONI "RIDlrllONISfE"

dell'associazione". Inoltre, il gruppo viennese intendeva allacciare rapporti con quanti erano disposti a condividere il loro programma e cosl iniziò una collaborazione con alcuni studiosi di Berlino, guidati da Hans Reichenbach. I due gruppi, oltre a organizzare insieme una serie di congressi, fondarono anche una nuova rivista, "Erkenntnis", diretta da Carnap e Reichenbach, che accolse gran parte dei contributi dei due circoli. Lo stesso Schlick in quegli anni pubblicò numerosi articoli poi raccolti nei Gesammelte Aufiiitze 1926-36 (1938) e il volume ~estioni di etica ( 1930). Morì nella capitale austriaca nel 1936, ucciso sulla scalinata dell'università da uno studente nazista. Gli esponenti del Circolo di Vienna sostennero dunque una concezione scientifica del mondo, intesa come comprensione razionale, contrapposta a una Weltanschauung, cioè a una visione del mondo basata sull'intuizione, secondo la proposta della fìlosofìa tradizionale. Partendo da questo presupposto, Schlick accettò la tesi wittgensteiniana della fìlosofìa come attività chiarificatrice del linguaggio e sviluppò una concezione secondo cui la fìlosofìa non è una forma di conoscenza, ma solo un'attività al servizio della scienza, che si esplica nella chiarificazione concettuale del linguaggio utilizzato dalla scienza. La fìlosofìa non ha un ambito proprio, poiché non ha un oggetto di riferimento, in quanto gli oggetti empirici sono appannaggio delle singole scienze e, d'altra parte, non esistono oggetti che si collocano a un livello diverso da quello empirico. Ciò nonostante, a differenza di Neurath, egli non ritiene che la fìlosofìa sia destinata all'estinzione, anzi le riconosce il titolo di regina delle scienze, poiché

non è per nulla detto che la regina delle scienze debba essere essa stessa una scienza. [...] U contenuto, l'anìma e lo spirito della scienza hanno ovviamente la loro base, in ulrìma analisi, nel senso effettivo delle sue

17

H. Hahn - O. Neurath - R. Carnap, Wusmschaftlkhe Wdtaufassung, WolfVcrlag, Wien 1929;tr. it.L,uonca,ione,cimlijùadelmondo, Luerza, Roma-Bari 1979.

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FILOSmlAE CONOSCENZA

proposizioni; la specìfìcazlone del senso è pertanto l'attività filosofica, che costituisce l'alfa e l'omega della conoscenzascientitìca 18•

La filosofia così intesa non può essere metafisica, e non perché affronti problemi che vanno al di là delle umane possibilità, come aveva ritenuto Kant, bensl perché non ci sono problemi di quel tipo. L'aspirazione dei metafisici è stata sempre rivolta all'assurdo scopo di esprimere il contenuto puramente qualitativo (!'"essenza• delle cose) mediante asserti conoscitivi, ossia di dire l'indicibile; le qualità non si lasciano •dire•, bcnsl solo mostrare ncll'esperienza; ma con questo la conoscenza non ha nulla a che vedere". Questa conclusione deriva dall'adozione del principio di verificazione, formulato in Significato e verificazione del 1936, come criterio per attribuire un significato alle proposizioni; stando a questo principio, accettato da tutti i membri del Circolo di Vienna, una proposizione può significare solo fatti empirici, poiché ciò che si colloca in linea di principio oltre ciò che è verificabile non può essere né pensata né detta. Carnap aveva sintetizzato le opinioni dcli'empirismo logico in un articolo pubblicato su "Erkenntnis" nel 1934 e destinato a diventare famoso, Il superamento della metafisica mediante l'analisi logica del linguaggio. Nella prospettiva di Carnap «le (pseudo-)proposizioni della metafisica non servono alla rappresentazione di dati di fatto né esistenti (allora si tratterebbe di proposizioni vere), né inesistenti (allora si tratterebbe, per lo meno, di proposizioni false), ma servono soltanto all'espressione del sentimento della vita» 20• E l'espressione del sentimento della vita è affidata ali' arte e nulla ha a che vedere con un processo di conoscenza razionale 11

M. Schlick, Dk Wauk der Philaspphie (1930), tr. it. LA svo/Ja ,kll,,filosofo,. in M. Schlick, Tra re.,/;m,o eneopo.riliv1J111D, li Mulino, Bologna 1974, p. 31. " M. Schlick, LA svo/Ja ,k//afilosofia, pp. 31-32. 20 R. Carnap, Oberwindung der Metaphysik durch wgische Analyse der Sprache (1934). tr. it. I/superamento della metafisica mediantel'analisi wgica del linguaggio in A. Pasquinelli (cur.), Il neoempirismo, Utet, Torino 1969, p. 528.

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LE SOLUZIONI "RIOtrLIONISTE"

che esige argomentazioni a sostegno della propria tesi. li poeta, o l'artista in genere, esprime il proprio atteggiamento emotivo nei confronti della realtà che lo circonda senza avere la pretesa, a differenza del metafisico, di discutere con altri che provano emozioni diverse, né tanto meno di confutare altre prospettive. I metafisici cercano di soddisfare i bisogni emotivi con strumenti inadeguati, quali concetti e argomenta• zioni, poiché possiedono una forte inclinazione a lavorare con strumenà teoretici, combinando concetti e pensieri. Ma ecco che, in luogo di concretare questa aspirazione nell'ambito della scienza, da una parte, e di soddisfare separatamente il bisogno espressivo nell'arte, dall'altra, il metafisico confonde le due cose e crea un miscuglio che risulta tanto inefficiente per la conoscenza quanto inadeguato per il sentiment21• Schlick era invece meno drastico dell'amico Carnap e, pur condividendo premesse simili, arrivava alla conclusione che, seppure nella nuova veste, la filosofia è indispensabile proprio per la scienza. Infatti, se all'interno della stessa scienza più avanzata emerge a un certo punto la necessità di riftettere di nuovo sul valore effettivo dei concetti basilari, provocando cosl un'ulteriore chiarificazione del loro senso, questa viene subito intesa come un'analisi eminentemente filosofica; (...) i progressi realmente decisivi della scienza, quelli che fanno epoca, son sempre di tal genere, cioè fondati su una clucidazione del senso dei principi fondamentali. Siffatte acquisizioni risultano attingibili solo da parte di coloro che sono inclini ali' attività filosofica; ma ciò significa che il grande scienziato èsempre anche un filosofou. La dignità della filosofia viene ribadita al punto da affermare che i suoi enunciati non possono essere solo probabili o addirittura opinabili;

21

R. Camap, li superammlO della =rafoic4 =di4nre Jitnalisi logiu del ling114ggio, p.

S31. M . Schlick, La svolta tkllafilosofia, pp. 32-33.

12

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FILOSOFIA E CONOSCEN'lA

anzi si tratta di tesi che determinano in via definitiva il senso degli enunciati. O noi posscdlamo quesro senso, e allora sappiamo cosa significano gli enunciaci; oppure non lo possediamo, e allora siamo di fronte a parole senza significato, anziché a degli enunciati. Un terzo caso non esiste, né si può parlare di un significato che inerisca "probabilmente". La filosofia, quindi, dopo la grande svolta, mostra con più chiarezza di prima il suo carattere conclusivo2J. Nonostante l'apparente elogio, la filosofia è ridotta, anche per Schlick, ad attività di chiarificazione del linguaggio al servizio, diretto o indiretto, della scienza e i problemi tipici della tradizione occidentale sono bollati, inevitabilmente, come "pseudoproblemt che hanno causato quell'anarchia che si manifesta in dispute e polemiche insensate.

2.3 Per unafilosofia scientifica Hans Reichenbach nacque ad Amburgo nel 1891, negli anni della sua formazione universitaria frequentò diverse sedi, tra cui Berlino e Gottinga, studiando fisica, matematica e filosofia. Dopo aver insegnato per un periodo a Stoccarda, ottenne nel 1926 il corso di filosofia della fisica a Berlino, dove creò un circolo analogo a quello di Vienna. Come si è detto, diresse con Carnap la rivista "Erkenntniss• che era l'organo ufficiale dell'empirismo logico. li suo lavoro fu profondamente influenzato da Einstein, che incontrò a Berlino negli anni giovanili e che diede inizio a un'amicizia destinata a durare per tutta la vita. Politicamene vicino al socialismo, nel 1933 con l'avvento del nazismo lasciò la Germania per assumere un incarico nell'università di Istanbul, rimanendovi fino al 1938, quando emigrò negli Stati Uniti per insegnare all'università della California a Los Angeles, dove morl nel 1953. 1'

M. Schliclc, LA svolta tk/'4 filosofia, p. 33.

40

LE SOLUZIONI "RIDtrl.lONISTE"

Tra le sue opere principali ricordiamo Relatività e conoscenza a priori

(1920), Da Copernico a Einstein. Il mutamento della nostra immagine tkl mondo ( 1927), I fondamenti filosofici tklla meccanica quantistica (1944), La nascita tkllafilosofia scientifica ( 1951 ). Il suo interesse per la filosofìa si è sviluppato congiuntamente a quello per la fìsica e, più in generale, per la scienza, infatti, fìn da Relatività e conoscenza a priori egli esamina le implicazioni filosofìche della teoria della relatività, per rifìutare l'idea kantiana di una conoscenza necessaria e universale, pur ammettendo l'esigenza di principi a priori, relativamente al contesto storico e, quindi, destinati a mutare con l'evolversi del contesto scientifìco e culturale. Egli propose, oltre a un'interpretazione della meccanica quantistica che adotta una logica alternativa in cui non vale il principio del terzo escluso, una teoria dello spazio e del tempo in cui q ueste dimensioni non costituiscono una struttura astratta, ma derivano dalle relazioni causali che si instaurano tra i processi fìsici. Inoltre, si dedicò anche allo studio della probabilità e dell'induzione, procedimenti per i quali offrl una giustifìcazione pragmatica, in quanto riteneva che non fosse possibile giustifìcare il metodo induttivo né empiricamente né deduttivamente, ma riteneva anche fosse utile « non per scoprire teorie, bensì per giustifìcarle in termini dei dati di osservazione»". A questo proposito egli ribadì la distinzione fra il contesto della scoperta e il contesto della giustifìcazione, infatti l'atto della scoperta sfugge all'analisi logica; non vi sono regole logiche in termini delle quali si possa costruire una "macchina scopritrice" che assolva la funzione creativa del genio. D'altra parte, non tocca al logico chiarire la genesi delle scoperte scientifiche; rutto quello che egli può fa, re è analizzare la connessione tra i dati di fatto e le teorie avanzate per spiegare ì medcsimL In altre parole, la logica sì occupa soltanto del contesto della giustificazione. E la giustificazione dì una teoria in termini dei dati di osservazione è l'oggetto della dottrina dell'induzìonc's. 24

H. Reìchenbach,La nasritatk/1,,fi/oS(Jfo, scienlifaa, p. 227. >s H. Reichenbach, La nasrita dd/afi/oS(Jfo, scienlifaa, p. 227.

41

~ILOSOFIAE CONOSCENZA

Le sue idee sul ruolo della filosofia erano molto vicine a quelle degli empiristi logici di Vienna, in particolare egli riteneva che la filosofia speculativa tradizionale avesse fatto il suo tempo e dovesse cedere il passo ad una filosofia scientifica.

La filosofia speculativa è caratterizzata da una concezione trasctndmtak della conoscenza, concezione secondo cui la conoscenza trascende le cose osservabili e dipende dall'uso di fonti diverse dalla percezione sensibile. Viceversa, la filosofia scientifka ha elaborata una concezione fanzionak della conoscenza, concezione secondo cui la conoscenza è uno strumento di previsione e l'osservazione sensibile costiruisce l'unico criterio della verirà non analirica". Reichenbach ritiene che molti dei problemi affrontati dalla filosofia fin dal suo esordio nell'antica Grecia siano stati risolti dalla moderna filosofia scientifica, per esempio il problema della natura della sostanza e della materia è stato chiarito grazie al dualismo onde-corpuscoli; il problema della previsione ha portato a una teoria della probabilità e dell'induzione, come unico strumento per tentare di anticipare il futuro; analogamente anche altre questioni hanno trovato la loro formulazione scientifica. Questo è un insieme di risultati filosofici raggiunti con l'ausilio di un metodo filosofico rigoroso e attendibile come quello della scienza. (...) Essi costiruiscono un corpo di conoscenze filosofiche. La filosofia non appare più l'impresa di uomini che hanno tentato invano di "dire l'ineffabile" con metafore o verbose coscruzioni pseudologiche. La filosofia è analisi logica di tutte le forme di pensiero umano; ciò che può venir detto è esprimibile in termini decifrabili e non vi è nulla di "ineffabile" di fronte a cui capitolare. La filosofia è scientifica nel suo metodo, constando di risultati suscettibili di dimostrazione e soccoscrirci da coloro che hanno sufficiente familiarità con la logica e la scienza. Se include ancora problemi insoluti e controversi, vi sono buone speranze

,. H. Reichcnbach,La n4Kitaddlafiksofos scimtifaa, p. 247. 42

LESOLtfllONI "RIDtfL:IONIS"fE"

che riuscirà a risolverli con gli stessi metodi che, in altri casi, hanno condotto a soluzioni oggi universalmente accettatC'7. Pertanto, Reichenbach rigetta la filosofia speculativa, la cui storia «è la storia degli errori compiuti da uomini che si sono posti quesiti per loro insolubili», per sostenere invece una filosofia scientifica che affronta «problemi genuini» 28, sulla scia della scienza che si è sviluppata nel diciannovesimo secolo e nel ventesimo, e i cui adepti devono studiare «ogni argomento con la precisione dell'ingegnere e l'accuratezza del matematico»". La nuova filosofia ha avuto origine «come sottoprodotto della ricerca scientifica», quindi i suoi fautori furono preferibilmente non filosofi professionali, ma piuttosto matematici, fisici, biologi e psicologi. I pensatori tradizionalisti, invece, sono rimasti estranei alla svolta del pensiero contemporaneo e «non si sono resi conto che i sistemi filosofici hanno perduto ogni significato e che la loro funzione è stata assunta dalla filosofia della scienza»,._

2.4 Lafilosofia come conversazione Richard Rorty è nato nel 1931 a New York, dopo aver discusso presso l'università di Chicago una tesi su Whitehead nel 1952, portò a termine il suo dottorato a Yaie nel 1956. Dal 1961 al 1982 è stato professore di filosofia a Princeton, in seguito si è trasferito al Dipartimento di discipline letterarie dell'Università della Virginia; dal 1998 ha insegnato letteratura comparata presso l'università di Stanford. Morì in California nel giugno 2008. La sua formazione filosofìca si compie negli ambienti della filosofia analitica, ma, come egli stesso ha dichiarato, è stato influenzato soprat-

27 H.

Reichenbach,L.t nasritade"4fosofia scimlifaa, p. 299. "C&. H. Reichenbach,u nasrita de"4fosofiauimlifaa, p. 119. 19 C&. H. Reichenbach,L.t nasrita de"4fosofiasdmlifaa, p. 122. ,. C&. H. Reichenbach,u nascita de"4filosofiauimlifaa, p. 124.

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FILOSOFIA E CONOSCENZA

tutto da alcuni fra i principali esponenti "eterodossi" di quella corrente, come Wilfrid Sellars, Willard V.O. Quine e, in misura minore, Nelson Goodman. Pertanto, dopo una prima fase in linea con le istanze della filosofia analitica, alla fine degli anni Settanta, Rorty approdò ad una concezione radicalmente post-analitica, caratterizzata da un recupero della tradizione pragmatista americana, in cui il principale riferimento è per lui Dewey, il quale non a caso è indicato, in quello che è forse il suo libro più famoso,Lafiwsofia e wspecchio tklla natura (1979), come uno dei tre filosofi più importanti del Novecento insieme al secondo Wittgenstein e a Heidegger. li suo pensiero, fortemente critico rispetto alla tradizione occidentale, si era forgiato anche grazie a un confronto creativo con alcune correnti della filosofia continentale quali l'ermeneutica, il decostruzionismo, le tendenze postmoderne; in questa fase di allontanamento dalla filosofia analitica Rorty ha dedicato una particolare attenzione a Nietzsche, Heidegger e Derrida, come rivelano i primi due volumi dei Phiwsophical Papers (1991), che erano stati preceduti da Contingency, lrony and Solidarity (1989), pubblicato anche in italiano nello stesso anno con un titolo eloquente: La fiwsofia dopo lafiwsofia. Nell'età moderna «la definitiva differenziazione della filosofia dalla scienza fu resa possibile dall'idea che il nocciolo della filosofia fosse "la teoria della conoscenza•, una teoria distinta dalle scienze per il fatto che era la loro fondawme» ". Se la filosofia analitica è l'esito estremo della filosofia intesa come teoria della conoscenza, basata sulla rappresentazione e sull'idea della mente come specchio della natura, allora può essere considerata come una variante della filosofia kantiana, da cui si distingue solo perché la rappresentazione è di natura linguistica piuttosto che mentale>2. Tuttavia, negli ultimi decenni del ventesimo secolo la filosofia del linguaggio è stata attraversata da una crisi dovuta in parte alle critiche mosse al suo interno da esponenti di spicco come Quine, Sellars R. Rorty, Philosophy and the Mirrorof Nature, Princeton University Press, Princeton 1979; tr. itLijìlosofiaelosptcthioddl,, naJUra,Bompi:llli, MU:lllo 1986,p. 102. )2 Cfr. R. Rony,L, filosofia e lo speahiotklla naJUra, p. 11.

)I

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LESOLU-llONI "RJOU-llONISTE•

e Davidson, in parte agli attacchi che sono stati rivolti alla tradizionale epistemologia rappresentazionalista da filosofi diversissim i tra loro come il secondo Wittgenstein, Dewey e Heidegger. Avendo studiato seriamente sia la filosofia analitica sia quella continentale, Rorty ritiene che non siano possibili convergenze tra le due correnti, poiché non si tratta solo di una differenza di metodo, ma anche di una totale e insanabile divergenza sui problemi. La linea paradigmatica della filosofia continentale, Hegd-Marx-NietzscheHeideggcr-Foucault, costituisce una frattura «permanente e irrimediabile» rispetto alla filosofia analitica; l'unico punto di tangenza è il rifiuto «di una permanente e neutrale matrice concettuale all'interno della quale fare rientrare ogni pensiero e linguaggio». Questo possibile avvicinamento è però ostacolato dal fatto che sia in Europa che in America «vige il timore che la Filosofia perda la sua tradizionale propensione a uno statuto 'scientifico' e venga relegata nel 'puramente letterario'»»; questo timore, che accomuna analitici e continentali, è invece estraneo al pragmatista, pronto a «scommette che quel che prenderà il posto della cultura 'scientifica' positivistica prodotta dall'Illuminismo sarà migliore»~. li pragmatismo si configura così come l'unica reale alternativa alla tradizione della filosofia moderna in entrambe le sue ramificazioni: sia quella che va da Cartesio a Kant e culmina nella filosofia analitica, sia quella che si è sottratta all'impronta kantiana e da Hegel è arrivata fino ai postmoderni. Rorty ritiene, tuttavia, che la filosofia analitica, sia quella di matrice neopositivistica, sia quella che si occupa del linguaggio ordinario, pur non avendo rispettato la promessa di fare della filosofia una scienza, abbia pur sempre avuto il merito di attirare l'attenzione sulle difficoltà epistemologiche della filosofia tradizionale, intesa come disciplina che fonda tutte le altre; insomma la filosofia analitica ha rivdato la » R. Rorty, Consequenw of Pragmansm. Essays 1972-1980, Univcrsicy of Minnesota Prcss, 1982;tr. it.Conseguenzedelpragmalism. Feltrinelli,Mibno 1982,p.19. ~ R. Rorty, Conseguenze del pragma/ÌSmQ,p. 33. 45

FILOSOFIA E CONOSCEN"LA

crisi della filosofia intesa come epistemologia o come • sapere fondazionale" che giudica la validità di tutte le altre aree della cultura, dalla scienza alla religione, dalla matematica alla poesia, assegnando ad ognu• na di esse un posto specifico. La concezione della filosofia come epistemologia è legata a quella della mente come "specchio della natura"; non a caso, la prima parte della Fiklsofia e /,o specchio della natura è dedicata proprio alla filosofia della mente, di cui Rorty si era occupato, ancora giovanissimo, per criticare il dualismo cartesiano, allineandosi in questo alla tendenza predominante nella filosofia analitica e concludendo che non c'è alcuna "es• senza rispecchiante". Rorty contesta la concezione della mente come specchio della natura, che a suo avviso risale fino ad Aristotele e prima ancora a Socrate, da cui segue, grazie alla rielaborazione cartesiana, che la conoscenza è un insieme di rappresentazioni accurate. Egli rifiuta questa ricostruzione, poiché ad essa è legata la concezione della filosofia come epistemologia, infatti, se la conoscenza è intesa come insieme di rappresentazioni che devono rispecchiare il mondo, allora la conoscenza diventa un problema, qualcosa per cui occorre una teoria, mase questa concezione della conoscenza non è l'unica possibile, ne consegue che anche la concezione della filosofia come epistemologia, cioè come disciplina che offre una fondazione a tutte le altre conoscenze, può essere abbandonata>s. La «svolta linguistica» altro non è che l'ultimo rifugio del rappresentazionalismo, cioè della concezione secondo cui la conoscenza è costituita dalla rappresentazione di oggetti e, più in generale, dalla rappresentazione del mondo. Nell'introduzione a Consegumze tklpragmatismq Rorty suppone che la filosofia analìtica trovi il suo culmine in Quine, nell'ultimo Wittgcnstein, in Scllars e in Davidson, il che equivale a dire che trascende e abolisce se stessa. Questi pensatori confutano con successo e giustamente le

>S Cfr. R.

Rorry,La fi/4sofou I;, spe«hiotk/1,, IWUra, p. 104.

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LE SOLUZIONI "RIOIJZIONISTE"

distinzioni positivistiche fra semantico e pragmatico, analitico e sintetico, linguistico ed empirico, teoria e osservazionel6. Viceversa, per Putnam, come per Dummett, la filosofia ha come compito principale, se non unico, l'analisi del significato e in questo Rorty vede «soltanto un ultimo nostalgico tentativo di agganciare una nuova attività filosofica a una vecchia problematica. Riterremo sbagliata la visione di Dummett della filosofia del linguaggio come "filosofia prima", non perché una qualche altra area sia "prima", ma perché la nozione di una fondazione della filosofia è tanto sbagliata quanto quella di una fondazione della conoscenza» 37• Per questi motivi, secondo Rorty la filosofia analitica è morta, superata da una filosofia edificante, che, quando è davvero efficace non è più nemmeno filosofia, ma buona letteratura, «conversazione dell'umanità»". Procedendo in questa direzione, egli nega il ruolo dell'argomentazione, preferendo affidarsi alla conversazione che è in grado di creare nuovi vocabolari; infatti, la filosofia più interessante non è quasi mai quella che esamina i pro e i contro di una tesi ma quella, di solito, che rappresenta, implicitamente o esplicitamente, la competizione tra un vocabolario accettato che è diventato una seccatura e un vocabolario nuovo, non ancora completamente anicolato, che promette vagamente grandi cose>•. Quindi, se non c'è ragione di distinguere la filosofia dalla letteratura, la logica dalla retorica, tra modi razionali o non razionali di far cambiare

,. R. Rorty, Consegumzuk/ pragmatismo,p. I 5. 17 R. Rorty, Là jìlt,SJ>fo, e i,, spe"hio de/14 IWUra, p. 199. 11 Cfr. R. Rorty,Là fìlt,sofo, e i,, spe"hiode/14 natura, p. I99. 19 R. Rorty, Confingmcy, Jrony and Soli"4rily, C:IITlbridge University Prcss, C:IITlbridge 1989; tr. ic. Làjìlt,SJ>jìatkpo lafìloSJ>jìa, Laterza, Roma-Bari 1989, p. 16. Su.Ila filosofia "conversazionaJe• confronmacon la filosofia analitica, cfr. Philt,sophy as Cultural Po/ifia, Philt,sophical Papm, voL IV, C:IITlbridge University Press, C:IITlbridge 2007, pp. 120-130.

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FILOSOFIA E CONOSCENZA

idea ai propri simili, allora non stupisce che Rorty si consideri «un collaboratore del poeta piuttosto che del fisico» 40• In LaJUosofia dopo la filosofia Rorty ha voluto mostrare come, da Hegel in poi, la filosofia sia stata rimpiazzata dalla letteratura, dall'arte e, più in generale, dalla critica della cultura, sicché egli ormai vede la filosofia non come un programma di ricerca quasi-scientifica, bensì come una sequenza di descrizioni della condizione umana che culminano con Kant e Hegel. Se questa ricostruzione è plausibile, allora alla filosofia non resta che «fare pace» con la letteratura, piuttosto che scimmiottare le scienze••. Come osserva Bernstein, pur essendo lo stile argomentativo di Rorty molto vicino a quello dei filosofi analitici, gli interrogativi che solleva mettono in discussione i presupposti della filosofia analitica stessa, al punto che «quelle che prima sembravano mere esitazioni e riserve emersero in Filosofia e lo specchio tklla natura come una critica complessiva non solo della filosofia analitica, ma dell'intera tradizione •cartesiano-lockiano-kantiana•» 41• La filosofia, allora, deve trovare un'altra definizione e un altro scopo; Rorty suggerisce che il suo obiettivo sia quello di « trovare una descrizione di tutte le cose caratteristiche del proprio tempo che si approvano maggiormente, con cui ci si identifica risolutamente, così da descrivere il

Lafi/oYJjià dopo/afi/;,sofia. p. lS e p. 102; un paio di decenni dopo, Rony mitiga il suo giudizio, infatti, rispondendo a Bouveressc, riprende la distinzione tra filosofi inclini alla poesia e filosofi inclini alla scienza, osservando che in entrambi i casi ci sono vanuggj e rischi e che i filosofi non dovrebbero collocarsi stabilmente da una parte o dall'altra; inoltre dà atto alla filosofia analitica dì aver dato origine a una comunità civile e tollerante, proprio avendo preso la scienza come modello da imitare: cfr. Iwpon• se to j,uques Bouveresse, in R. Brandom (ed.), Rorty ,md His Critks, Blaclcwell, Oxford 2000, pp. 146-147. " Cfr. R. Rorty,/nte/l«ru,,l Autobiogr,1phy, in Auxier R.f_ - L.f_ Hahn (cds), The Phi/;,YJphy ofRichud Rorty, Open Court, Chic,,go (W.), 2010, pp. 19-20. ., R. Bcmstein, Beyond Objectivism md Relativism,Blackwell, Oxford 1983, p. 180. 40 R. Rony,

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LE SOLUZIONI • RJDtrLIONIS'l'E"

fìne per il quale gli sviluppi storici che condussero al p roprio tempo fu. rono i mezzi».,. Certamente il difensore dell'etnocentrismo dava l'impressione di pensare che la filosofia non potesse fare altro e per questo è stato accusato di essere un paladino della fine della filosofia, ma egli non merita dd tutto questo rimprovero se concludendo la sua autobiografìa, poche settimane prima della sua morte, afferma che fino a quando ci sarà libertà intellettuale ci saranno persone che vogliono uno sguardo d'insieme sulla culrura in cui sono cresciuti, perché cosi facendo tratteggeranno il profilo di una culrura migliore. "Filosofia" è un nome buono come qualsiasi altro per ogni tentativo del genere e "politica cultu.rale" è un nome buono come qualsiasi altro per ogni tentativo volto a produrre un cambiamento nel mondo intellettuale".

◄> R. Rorty, I.A fi/,,sofo, d,,po la fosofo,, p. 71. 44 R. Rorty,

ln1dlatuaJ Autobwgraphy, p. 23.

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CAPITOLO TERZO

Le soluzioni sistematiche

Nel pensiero contemporaneo, accanto a coloro che relegano la filosofia in ambiti diversi e lontani dalla conoscenza, sono presenti anche autorevoli voci che, pur riconoscendo che i rapporti tra la filosofia e le scienze costituiscono un problema non trascurabile, ritengono che comunque alla filosofia spetti un compito specifico, che non può essere assolto da nessuna scienza particolare. A questo proposito Husscrl ritiene che il rigore che compete alla filosofia non possa essere analogo all'esattezza che qualifica la scienza, in quanto il rigore della filosofia si manifesta in modo radicale nel rifiuto di qualsiasi presupposto ingenuo, poiché la filosofia ha il compito di superare quel!' «atteggiamento naturale» che è tipico non solo dell'esistenza quotidiana, ma anche dell'impresa scientifica. Hartmann, pur consapevole che i sistemi filosofici non reggono più nel mondo contemporaneo, ritiene che ciò non indebolisca la filosofia, il cui compito resta quello di essere una scienza rigorosa, non perché obbedisce a una coerenza tanto ideale quanto fittizia, cui sfugge il dinamismo della vita, bensì perché riconosce la problematicità della vita stessa, che sfiora talvolta la contraddizione e che va affrontata, diffidando di soluzioni troppo semplici. Egli non sottovaluta l'importanza e gli stimoli delle grandi costruzioni teoretiche che sono state realizzate dai diversi indirizzi di pensiero, quali idealismo, fenomenologia, neokantismo, positivismo, pragmatismo, ma ne individua i limiti di validità in alcuni campi dell'esperienza, validità che, tuttavia, non può essere estesa a qualsiasi campo dell'esperienza. $carie rispetto ai due pensatori tedeschi appartiene a un'altra generazione e proviene da tutt'altra formazione e tutt'altro contesto culturale, tuttavia anch'egli risponde all'interrogativo sul futuro della filosofia, 51

FILOSOFIA E CONOSCENZA

definendola come «teoretica, comprensiva, sistematica e universale nei contenuti» 1; una filosofia di questo tipo è possibile poiché, a suo avviso, il pensiero contemporaneo ha superato l'assillo dei paradossi scettici, riconoscendo che la conoscenza può essere al contempo certa, benché correggibile, oggettiva pur essendo prospettica, universale anche se prodotta in condizioni particolari. Questo è possibile perché « tutte le affermazioni conoscitive sono socialmente costruite. Ma la verità di tali affermazioni non è una costruzione sociale. La verità è una questione di fatti oggettivi nel mondo che corrispondono alle nostre affermazioni conoscitive» 2•

3.1 La.filosofia come scienza rigurosa Nato in Moravia nel 1859 da una famiglia ebrea, Edmund Husserl studiò matematica prima a Berlino poi a Vienna, dove incontrò Franz Brentano che influenzò profondamente il suo pensiero, orientandolo verso la filosofia. Il percorso intellettuale di Husserl si articola in tre periodi che corrispondono approssimativamente alle tre sedi universitarie in cui insegnò. Il periodo di Halle ( 1887-1901 ), che coincide con la «conversione• dalla matematica alla filosofia, fu inaugurato dallo scritto Sul concetto di numero ( 1887), con cui ottenne la libera docenza, seguirono La fiwsofia tk/l'aritmetica ( 1891) e le Ricerche /,ogiche ( 1900-01 ). Quest'ultima opera è il frutto delle riflessioni che presero spunto dalla recensione che Frege aveva pubblicato nel 1894 a proposito di un volume di Husserl, Fwsofia tk/l'aritmetica (1891). Frege criticava il lavoro di Husserl, accusandolo di aver confuso l'aspetto logico della conoscenza, che è oggettivo, con l'aspetto psicologico, che è invece soggettivo. Questo rilievo colpl profondamente Husserl e lo indusse a criticare a sua volta lo psico-

1 2

J. Scarle, Fi/ol()fo,e r,u;ionJirJ: quJefaruro?,, p. 40. J. Scarle, Fi/ol()fia e r,u;ionJirJ: quJefaruro?, p. 22. 52

LESOUT.l!ONI SISTEMATICHE

logismo per privilegiare il punto di vista logico, che permette di indagare le condizioni di possibilità di una conoscenza in generale, di cui tratta nel primo volume delle Ricerche logiche, Prolegomeni a una logica pura ( 1900) e ancora nel secondo volume, Ricerche sulla fenomenologia e sulla teoria della conoscenza ( 1901 ). La logica pura, però, a sua volta ha bisogno di una fondazione che egli troverà nella fenomenologia trascendentale. Durante il periodo di Gottinga (1901-1916), che segna appunto il passaggio dalla logica pura alla fenomenologia trascendentale, si dedicò alla stesura delle Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica, di cui il primo volume fu pubblicato nel 1913, mentre gli altri due volumi usciranno postumi nel 1952. Infine, nel periodo di Friburgo, dove rimase dal 1916 in poi e dove ebbe tra i suoi allievi Heidegger, egli compose Logica formale e logica trascendentale (1929), le Meditazioni carùsiane (1931) e La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale ( 1936). Secondo alcuni studiosi, le opere degli anni Trenta testimoniano una svolta ulteriore nel pensiero husserliano, il cui esito appare più chiaramente idealista, ma che comunque non scardina l'impostazione fenomenologica. Nonostante le vessazioni subite da parte del regime nazista, che lo allontanò dall'università a causa delle sue origini ebree, Husserl rimase a Friburgo fino alla morte, che sopraggiunse nel 1938. I numerosi scritti inediti furono trasferiti da p. Leo van Breda a Lovanio, dove sono tuttora conservati nell'Archivio Husserl. In uno scritto del 1911, La filosofia come scienza rigorosa, Husserl rammentava che fin dai suoi esordi la filosofia aveva preteso di essere scienza rigorosa e aveva tentato di raggiungere questo obiettivo con riflessioni sempre più puntuali e indagini sempre più approfondite sul metodo, «ma il solo frutto maturo di questi sforzi è stata la fondazione e l'autonomia delle scienze rigorose della natura e dello spirito oltre che di nuove discipline matematiche»>. In questo modo Husserl poneva non solo il problema dei rapporti fra la scienza, intesa come complesso >E. Husserl,Lajìk,S()fia{(nne scimu rigorosa(l91 l), ETS, Pisa 1990, pp. 35-36.

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FILOSmIAE CONOSCEN'lA

di tutte le scienze, e la filosofia, da cui le diverse scienze hanno tratto origine, ma anche il problema della funzione della filosofia in un universo in cui la scienza rivendica il monopolio del sapere. Husserl distingue due direzioni del pensiero occidentale, da un lato la filosofia della Weltanschauung e, dall'altro, la filosofia scientifica, che non ha ancora trovato nessuna realizzazione, nemmeno imperfetta, mentre la prima ha orientato e costituito la tradizione che ha avuto inizio nell'antica Grecia ed è proseguita fino al ventesimo secolo. Le We/tanschauungen sono forme culturali che appaiono e scompaiono nel corso della storia e il cui valore è determinato dal contesto storico, al contrario «scienza è un termine che indica un valore assoluto, intemporale» •, quindi la filosofia non può che aspirare ad essere scienza in questo senso. Husserl, pur non rinnegando il valore e la funzione della filosofia della Weltanschauung, che « istruisce come istruisce la sapienza: la personalità si rivolge alla personalità»', ritiene che la filosofia, se vuole procedere in direzione della scienza, debba rivolgere la sua attenzione alla realtà, alle cose, infatti, «l'impulso alla ricerca non deve provenire dalle filosofie ma dalle cose e dai problemi. Per sua essenza la filosofia è però scienza dei veri inizi, delle origini, dei p~c!i~-r« ·miv-rwv. La scienza di ciò che è radicale deve essere radicale anche nel suo modo di procedere, sotto ogni riguardo»'· Il rigore di una filosofia che vuole essere scientifica si rivela in un'indagine che fin dalle prime mosse deve evitare di assumere come dato di fatto ciò che invece è intriso di idee preconcette e pregiudizi, quindi con un radicalismo che è proprio dell' aucenclca scienza filosofica, non accecclamo nulla come già dato né facciamo valere dapprincipio nulla di cradizionale, non lasciamoci abbagliare da nessun nome, per quanto

• E. Hu=.rl,Lafik,sofouome scienurigoroS4,p. 100. s E. Hu=.rl,LAfik,sofia,ome scienza rigoroS4, p. 109. 'E. Hu=rl, LAfik,sofia,ome stima;,, rigoroS4, p. 112.

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LE SOLUZIONI SISTEMATICHE

grande, ma piuttosto, dedicandoci liberamente al problema stesso e alle istanze che ne derivano, cerchiamo di trovare gli inizl7. Per adempiere a questo compito la filosofia deve essere fenomenologia, cioè una scienza della coscienza che non si riduca a psicologia, anzi che sia contrapposta alla scienza naturale, poiché la psicologia haa anche fare con la "coscienza empirica•, cioè con la coscienza nell'atteggiamento sperimentale, come qualcosa che esiste nella connessione della natura; invece la fenomenologia tratta con la coscienza "pura•, cioè con la coscienza in un atteggiamento fenomenologico•.

La fenomenologia è intesa come il metodo fondativo di ogni conoscenza rigorosa, di ogni conoscenza cioè che non si basi acriticamente su ciò che appare in superfìcie, ma voglia andare alle fondamenta di ciò che si manifesta, accompagnata da una radicale mancanza di pregiudizi. Proprio per questa sua caratteristica la fenomenologia potrà superare il modello scientifico delle scienze della natura che, assunto dogmaticamente, ha trasformato la concezione della razionalità stessa che non ha più saputo offrire una visione unitaria del mondo e dell'uomo stesso. Ciò ha prodotto una crisi profonda all'interno della cultura europea, a cui si può ovviare solo recuperando, tramite la fenomenologia, il mondo-della-vita, cioè quell'insieme di strutture che esistono prima di qualsiasi elaborazione scientifica e che la rendono possibile, in altre parole è quello che esiste prima di essere tradotto nel pensiero logico e prima di essere strutturato nel linguaggio. Nell'ultima opera pubblicata da Husserl, La crisi tk/k scimze europee e lafenomeno/,ogia trascendentale ( 1936), alla fenomenologia è affidato il compito di indagare scientificamente il modo in cui il mondo-della-vita funge da fondamento, poiché il mondo della scienza è una costruzione teorico-logica che presuppone e insieme rinuncia a il mondo-della-vita; è una costruzione su o, come dice Husserl, una sustruzione. 7 1:.

Husserl,LAfowfouome scim:i;,s rigoroS4, pp.111-112. • E. Husserl, La fowfouome scim:i;,s rigoroS4, p. 54.

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FILOSOFIA E CONOSCENZA

Il contrasto tra l'elemento soggettivo del mondo-deUa-vita e del mondo «obiettivo» e "vero• sta semplicemente in questo: che quest'ultimo è una sustruzione teoretico-logica, la sustruzione di qualche cosa che di principio non è percettibile, di principio non esperibile nel suo essere proprio, mentre l'elemento soggettivo del mondo-deUa-vita si distingue ovunque e in qualsiasi cosa proprio per la sua esperibilità'. Sembrerebbe dunque che il compito ultimo e irrinunciabile della filosofia come scienza rigorosa sia quello di rendere accessibile quel mondo-della-vita che le scienze tendono a ignorare se non a occultare.

3.2 Pensiero sistematico epensiero problematico Nato a Riga nel 1882, Nicolai Hartman morì a Gottinga nel 1950, studiò a Marburgo con Paul Natorp, aderendo al neokantismo, da cui in seguito si allontanerà senza però abbandonare l'ideale di una fondazione scientifica della filosofia. Dal 1922 al 1925 insegnò a Marburgo sulla cattedra che era stata del maestro Natorp, successivamente si trasferì a Colonia, su invito di Scheler, e poi a Berlino e da ultimo, dopo la fine della Seconda guerra mondiale, a Gottinga. Oltre al criticismo kantiano egli studiò attentamente l'idealismo, che pure non lo soddisfaceva, e la fenomenologia, che gli consentì di approdare al realismo gnoseologico. Infatti, per quanto riguarda la conoscenza, diversamente dall'idealismo, Hartmann ritiene che non ci sia produzione dell'oggetto da parte dell'io, ma al tempo stesso non pensa che si possa ridurre l'oggetto a mera rappresentazione come avviene in alcuni autori della tradizione kantiana. Egli ritiene che l'oggetto sussista indipendentemente dal soggetto e che non sia modificato dalla relazione con il soggetto, ma piuttosto avviene il contrario, in quanto il sogget-

• li. Husserl, La trisi tk/k scienze europee e la fenomeno~ rr11scendmttde (1936), U Saggiatore, Milano 2008, par. 34, d, p. S6.

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LE SOLUZIONI SISTF.MATICH6

to è modificato nel momento in cui entra in relazione con l'oggetto, perché produce una rappresentazione dell'oggetto stesso. In questa prospettiva egli ritiene doveroso superare il soggettivismo postkantiano che intendeva la conoscenza come produzione dell'oggetto, mentre per lui la conoscenza trascende sia il soggetto che l'oggetto, poiché il soggetto non si esaurisce nell'atto di conoscenza e nemmeno l'oggetto si risolve nell'atto di conoscenza, come rivela il progresso della conoscenza e la consapevolezza che abbiamo circa l'inadeguatezza della nostra conoscenza. A Husserl, invece, rimproverava di essere ritornato con le Ideen all'idealismo, cui egli stesso aveva dedicato anche due opere importanti: La filosofia dell'idealismo tedesco in due volumi ( 1923-1929) e Il probkma dell'essere spirituak (1933). li suo intento era di riproporre una metafisica critica che affrontasse la questione dell'essere, riconoscendone la complessità di fronte alla quale non sono possibili soluzioni definitive, ma solo un'infinita problematizzazione, che deriva dal fatto che «le domande si impongono senza alcun riguardo alla loro solubilità o insolubilità. Se vengono respinte tornano sotto altra forma»••. Inoltre, Hartmann, benché ammettesse che la fenomenologia sia indispensabile come prima fase della riflessione filosofica che fa emetgere la molteplicità e la varietà dell'esperienza umana, tuttavia non concordava con la fenomenologia in quanto pretende che l'oggetto si esaurisca nel suo darsi alla coscienza; a suo avviso l'analisi dei dati di coscienza è solo il primo passo del percorso conoscitivo, cui deve seguire l'aporetica, vale a dire l'esame critico di quanto emetge fenomenologicamente, e, infine, la teoria che consiste in una sistematizzazione dei contenuti che mira ad una riorganizzazione dei dati per una costruzione della realtà impresa cui è dedicato il volume Costruzwne del montÙJ reak (1940), che prende le distanze anche da Heidcgger per quanto concerne la concezione dell'Essere.

'° N. Hanm311n, Fi/l)wfo, sistem,,rica, p. 125. 57

FILOSOFIA E CONOSCEmA

Per quanto riguarda la funzione della filosofia, Hartmann è consapevole che il progresso delle scienze, basate su una molteplicità d i categorie, ha demolito i sistemi filosofici che, viceversa, miravano a una visione unitaria del mondo, ma egli ribadisce che, seppure il pensierosistema è tramontato, non è affatto superato il pensiero sistematico, che coltiva l'interesse per i perenni problemi della metafisica, e che nell'epoca dominata dalla scienza si manifesta come pensiero-problema. In verità, la linea del pensiero-sistema, che mira a costruire una teoria, chiudendo la ricerca, e la linea del pensiero-problema, che invece mantiene l'indagine aperta, sono legate l'una all'altra, in quanto i grandi costruttori di sistemi sono anche spesso coloro che fanno emergere i problemi fondamentali. Tuttavia, secondo Hartmann, in alcuni, come Plotino, Tommaso d'Aquino, Spinoza o Fichte prevale il pensiero costruttivo, in altri come Platone, Aristotele, Cartesio, Hume, Leibniz o Kant è più accentuato il pensiero problematico. La storia della filosofia, ripercorsa con uno sguardo teoretico, fa emergere i problemi e manifesta la consistenza del pensiero-problema rispetto alla precarietà e alla transitorietà del pensiero-sistema, il quale si rivela troppo limitato per cogliere la vastità e la complessità dei problemi e, nello sforzo di arrivare alla soluzione, rischia di cadere nel dogmatismo per evitare la frustrazione dell'incertezza e dell'insuccesso. La storia sorpassa il pensiero-sistema costruttivo. Esso viene confutato, superato e infine dimenticato. Sopravvive soltanto come una curiosità storica, come testimonianza di una forma mmtis superata. L'indagine nd suo progresso lo lascia da parte. Diversamente avviene con il pensiero problematico. La sua forza consiste, una volta scorta una difficoltà, nd non sorvolarla, nello svolgere senza preoccupazioni le aporie senza far l'occhiolino ai risultati previstL (... ) In generale ciò che è morto cd è meramente storico appartiene al pensiero-sistema, ciò che è sovrastorico e capace di sopravvivere appartiene al pensiero-problema• 1•

11

N.Hartmann, Filosofo,sis1em4li.

S. Vanni Rovighi, SignifiWtJe valt,re ddlafì/4S(Jfìa nd ntJsfr() 1anpD, cit., p. 32. Cfr. S. Vanni Rovighi, SignifiWtJ e vakn-ukllafì/41()fìa nti ntJSIT() lnnpD, cit., p. 29. •> S. V311ni Rovighi, Probkma della • M. Dummett,Ls 1111/Ura e i/foruro de/Jafi/osofia, pp. 15-16. ).l G. Sunmd, I problemifondammrali de/Jafosofia (1910), L:ue=, Roma-Bari 2004, p. 19.

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LA FILOSOFIADELNOVECENrO, "SCIENZA RIGOROSA" OGENERELirnl:RARlm

senso autentico della filosofia sta ancora oggi nel porre problemi e nel tentativo di darne soluzione»".

)) J. Scarle, Costimza e intdligenza artifiddie, in E. Carli - F. Grigenti (cur.), Mente, cerve/Jo, intdligenza artifidJe, Pearson, Milano - Torino 2019, p. 51. 121

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