Filippino Lippi e Sandro Botticelli nella Firenze del '400. Catalogo della mostra (Roma, 5 ottobre 2011-15 gennaio 2012) 8866480002, 9788866480006

La vicenda artistica e umana di Filippino Lippi (Prato 1457 - Firenze 1504) è avvincente e si snoda tra Prato e Firenze

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Filippino Lippi e Sandro Botticelli nella Firenze del '400. Catalogo della mostra (Roma, 5 ottobre 2011-15 gennaio 2012)
 8866480002, 9788866480006

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FILIPPINO /

SANDRO

IPPIE OTTICELLI NELLA FIRENZE DEL ~400

a cura di Alessandro Cecchi

24 ORE Cultura

(

Sotto !Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano

ROMA CAPITALE

Responsabile ufficio tecnico e progettazione

24 ORE

CULTURA

Francesca Elvira Ercole

Presidente

Sindaco Gianni Alemanno

Registrar per la mostra Chiara Eminente

Roma, Scuderie del Quirinale 5 ottobre 2011 - 15 gennaio 2012

Mostra promossa da

Assessore alle Politiche Culturali e Centro Storico

Catalogo della mostra

~~

Dino Gasperini

Sabina To mmasi Ferroni



ROMA CAP ITALE AssessoratoallePoliticheCul!uralleCentroS1oòco

azienda speciale

AZIENDA SPECIALE PALAEXPO

IW.AEXPO

SCUDERIE DEL QUIRINA LE

Direttore area amministrazione e controllo di gestione Fabio Merosi

Presidente Emmanuele Francesco Maria Emanuele •

FONDAZIONE ROMA

In coproduzione con

14 ORE Cultura

Domenica

··~oill

Chiara Giudice

Direttore comunicazione, mostre e libri

Consultant Fund Raising

Natalina Costa

Paola Cappitelli Federica De Giambattista

Responsabile produzione mostre e programmazione editoriale

Ufficio stampa

Responsabile comunicazione e immagine

Francesca Biagioli

Elisa Lisson i

Luisa Ammaniti

Organizzazione e produzione mostre Paola (orini

Fabiana Di Donato

Eventi e iniziative speciali Francesca Bel Ii

Chiara Guerraggio Commissione scientifica delle Scuderie del Quiri nale

Ufficio stampa e relazioni pubbliche Capo ufficio stampa

Giulia Zaniche lli

Barbara Notaro Dietrich

Presidente Antonio Paolucci Umberto Broccoli Roberto Cecchi Mario De Simoni Emmanuele Francesco Maria Emanuele Dino Gasperin i Louis Godart Mario Resca Franco Sapio

Ufficio mostre Sara Lombardini · Roberta Proserpio

Coordinamento organizzazione e produzione mostre

Responsabile promozione e customer service

""'~,{l (J)illl]

Antonio Scuderi

Direttore area affari legali

Mario De Simoni In collaborazione con

Consultant Fund Raising Coordination

Andrea Landolina

Responsabile relazioni istituzionali e marketing Direttore generale

Amministratore Delegato

Balthazar Pagani

Consiglio d'Amministrazione Maurizio Baravelli Daniela Memmo dAmelio Marino Sinibaldi

Con il contributo di

Salvatore Carrubba

Responsabile cataloghi e archivio fotografico Flaminia Nardone

Realizzazione editoriale

Responsabile servizi educativi, formazione e didattica

Coordinamento editoriale

Paola Vassalli

Giuseppe Scandiani

Eventi e sponsorizzazioni

Redazione

Salvatore Colantuon i

Stefania Vadrucci

Responsabile ICT

Responsabile produzione

Davide Dino Novara

Maurizio Bartomioli

Segretario della commissione scientifica delle Scuderie del Quirinale e responsabile attività scientifiche e culturali

Responsabile servizi di accoglienza

Progetto grafico e impaginazione

Caterina Cardona

Stefano Natali

Mauro Petruccelli

Responsabile affari generali

Responsabile ricerca iconografica

Project Team

Rosse lla Longobardi

Gian Marco Sivieri

Direttore operativo

Responsabile servizi aggiuntivi

Fotolito

Daniela Picconi

Marcello Pezza

Valter Montani

Responsabile ufficio organizzazione mostre

Segreteria di redazione

Alexandra Andresen

Giorgia Montagna

Curatore

Realizzazione allestimento

Alessandro Cecchi

Li melite s.r.l.

Comitato scientifico

Realizzazione grafica allestimento

Alessandro Cecch i Cristina Acidini Carmen Bambach Keith Christiansen Marzia Faietti Jonathan K. Nelson Antonio Paolucci Luke Syson Patrizia Zambrano

Sp Systema s.r.l.

Grafica dell'Azienda Speciale Palaexpo Alfredo Favi - Arkè

Visite Guidate Pierreci Codess Coopcultura Società Cooperativa

Trasporto e Movimentazione Saggi

APICE Sù.l.

Cristina Acidini Alessandro Cecchi Jonathan K. Nelson Patrizia Zambrano

Assicurazione Marine e, Aviation S.p.A.

Schede

Revisione conservativa delle opere

Annamaria Bernacchioni Elena Capretti Alessandro Cecchi Keith Christiansen Maria Pia Man nini Lorenza Melli Jonathan K. Nelson Nicoletta Pons Daniele Rapino Cari Brandon Strehlke Alessandra Venier Patrizia Zambrano

Chiara Merucci Tiziana Sorgoni

Traduzione dall'inglese Arianna Ghilardotti Progetto espositivo

Progetto di allestimento e lighting design Michele De Lucchi Giovanna Latis Enrico Quell Agnieszka Burdajewicz Alessandro Ciancio Sang Yeun Lee Filippo Meda Mercedes Jaen Ruiz

Main Sponsor

ENTI E MUSEI PRESTATORI

MOSTRA E CATALOGO

Divisione Fine Art

Ottawa, Natio nal Gallery of Canada Besançon, Musée des Beaux-Arts et d'.Archéologie Lii le, Palais des Beaux Arts Parigi, Musée du Louvre Berlino, Staatliche Museen, Gemaldegalerie Dublino, National Gallery of lreland Accadem ia Carrara - Comune di Bergamo Bologna, Basilica di san Domenico Firenze, Archivio di Stato Firenze, Badia Fiorentina Firenze, ch iesa di Santo Spirito Firenze, Collezione dell'Ente Cassa di Risparmio Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi Firenze, Galleria degli Uffizi Fi renze, Galleria dell'.Accademia Firenze, Galleria Palatina di Palazzo Pitti Firenze, Musei Civici Fiorentini Museo di Palazzo Vecchio Firenze, Museo Horne Firenze, Museo Nazionale del Bargello Fondo Edifici di Culto, amministrato dal Ministero dell'Interno - Dipartimento per le Libertà Civili e l'Immigrazione - Direzione Centrale per l'.Amministrazione del Fondo Edifici di Cul to Verbania, Archivio Borromeo Lucca, Museo Nazionale di Villa Guinigi Lucca, Curia Arcivescovile Lucca, chiesa di San Michele in Foro Prato, Museo Civico Roma, Galleria Pallavicini Rom a, Istituto Nazionale per la Grafica San Gimignano, Musei Civici, Pinacoteca Archivio di Stato di Perugia Sezione di Spoleto Torino, Galleria Sabauda Venezia, Seminario Patriarcale, Pinacoteca Manfredi n iana Venezia, Curia Patriarcale Londra, The British Museum Londra, The National Gallery Oxford, The Ashmolean Museum Oxford, Christ Church Picture Gallery Peralada, Museo del Castillo New York, The Metropolitan Museum of Art Washington, National Gallery of Art, Samuel H. Kress Collection E tutti gli altri prestatori che hanno desiderato mantenere l'anonimato

Si ringraziano Cristina Acidini; Giovanni Agosti; Paola Astrua; Emanuele Barletti; Jaime Barrachina; Sergio Benedetti; Sophie Bernard; Luca Bianchi; Giovanni Biscione; Principessa Bona Borromeo; Mirella Branca; Contessa Simonetta Kortum Brandolini d'.Adda; Christopher Brown; David Alan Brown; Thomas P. Campbell; Maurizio Catolfi; Hugo Chapman; Keith Christiansen; Mons. Lucio Cilia; Roberto Contini; Nelda Damiano; Antonia D'.Aniello; A ndrea di Lorenzo; Lucia Di Maro; Marzia Faietti; Franca Falletti; don Renzo Fantappiè; Luigi Fi cacci; Maria Teresa Fil ieri; David Franklin; Paolo Franzese; Antonella Fusco; Cristina Gabbrielli; Edith Gabrielli; Antonio Gherdovich; Mons. Michelangelo Giannotti; Richard Goldthwhite; Mina Gregori; Michele Gremigni; Anthony Griffiths; Emmanel Guigon; Raymond Keaveney; Henri Loirette; Laura Lombardi; Maria Pia Mannini; Piero Marchi; Giorgio Marini; Cecilia Martelli; Filippo Martin; Mare Mayer; Fern ando Mazzocca; Antonello Mennucci Alessandro Morandotti; Elisabetta Nardinocchi; Antonio Natali; Padre Giuseppe Pagano; Principessa Cam il la Pallavicini; Beatrice Paolozzi Strozzi; Daniela Parenti; Elena Parma; Nicholas Penny; Elena Pianea; Serena Pini; Lorenzo Polizzotto; Vincent Pomarede; Daniele Rapino; Xavier Salomon; Mario Scal ini; Carlo Sisi; Maria Matilde Simari; Carlo Sisi; Cari Brandon Strehlke; Luke Syson; Alain Tapié; Angelo Tartuferi; Padre Massimo Maria Terrazzoni; Jacqueli ne Thalmann; Dominique Thiebaut; Karel Van Tuyll; Timothy Ve rdon; Giovanni Carlo Federico Vi lla; Stefan Weppelmann; Timothy Wilson; Catherine Whistler; Carla Zarrilli si ringraziano inoltre i restauratori: Cesare Pagliero ( cat. 7); Jill Dunkerton, The National Gallery, Londra ( cat. 12); Agnès Vallet ( cat. 16); Stefano Scarpelli ( cat. 23); Karen Thomas, Associate Conservator e Michael Gallagher, The Sherman Fairchild Conservator in Charge of Paintings Conservation, The Metropolitan Museum of Art ( cat. 24 ); Roberto Buda, Aviv Furst e Anna Monti ( cat. 36);

Le Scuderie del Quirinale ringraziano sentitamente la Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della Città di Firenze, e in particolare la Galleria e il Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, che così generosamente hanno risposto alle richieste di prestito. Si ringrazia la Fondazione Friends of Florence per il contributo offerto al restauro della Pala Nerli da Nancy e Jeffrey Moreland.

CARIPARMA

CRÉDIT AGR I COL E

Sponsor tecnici

HETIUJAHOTlli ~ p i e ~ ~ codess

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ROMA MULTISERVIZI

Vettura ufficiale

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TOYOTA

Roma accoglie con orgoglio l'omaggio che le Scuderie del Quirinale rendono al genio di Filippino Lippi, con una mostra tra le più esaustive sull'opera di uno degli artisti prediletti da Lorenzo il Magnifico. Proprio perché raccomandato dal più raffinato dei Medici, Lippi ottenne da parte del potente cardinale napoletano Oliviero Carafa una commissione per affrescare l'omonima cappella in Santa Maria della Minerva a Roma. Lo testimonia una lettera inviata dall'insigne prelato all'abate di Montescalari per rassicurarlo sull'assegnazione della commessa al giovane artista fiorentino, cui non avrebbe mai voluto rinunciare. La ricchezza di antichi reperti romani dovette essere per l'artista, giunto a Roma sul finire degli anni ottanta del Quattrocento, una rivelazione folgorante e motivo di stimolo artistico, fornendogli un repertorio di studio inesauribile: dalle grottesche della Domus Aurea, alle sculture dei Fori, alle grandiose architetture, tutto lo colpì ed emozionò profondamente. Tanto che gli affreschi della cappella Carafa costituirono il primo banco di prova di una rivisitazione in chiave fantastica di un'antichità rivissuta e trasformata in forme decorative, dipinte a monocromo e distribuite in forma di fregi, lesene e architetture fittizie che saranno uno dei segni più caratteristici dell'arte matura di Filippino. Fra le opere più esaltanti del suo genio, alimentato dal rapporto con il maestro, amico e rivale Sandro Botticelli, si ricordano i grandi, meravigliosi, affreschi romani che si trovano a poche centinaia di metri dalla chiesa di Santa Maria della Minerva (nella piazzetta dove, molti anni dopo, Gian Lorenzo Bernini immaginò e realizzò l'obelisco dell'elefantino). Per le Scuderie si tratta della trentesima grande mostra allestita in continuità con i successi, sia di pubblico sia di critica internazionale, che hanno reso immancabile l'appuntamento autunnale e primaverile sul colle del Quirinale: ogni volta un grande artista del passato, ogni volta una riscoperta e un'emozione per i visitatori. A nome della Capitale, in qualità di Sindaco, sono quindi particolarmente lieto di riaccogliere Filippino e la sua arte e di rendergli, a distanza di tanti secoli, l'omaggio e la memoria che un'artista così grande ha meritato. li mio ringraziamento particolare va a tutte le istituzioni museali, a tutti i collezionisti privati, gli sponsor e i mecenati che hanno permesso la realizzazione di un progetto così impegnativo e ambizioso, nonché a tutti coloro che a tale progetto hanno dedicato entusiasmo, dedizione e grande competenza in anni d'intenso lavoro, il Consiglio d'Amministrazione dell'Azienda Palaexpo, la Commissione scientifica, la direzione e il personale tutto delle Scuderie del Quirinale.

Gianni Alemanno Sindaco di Roma

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Dopo le grandi mostre monografiche che nelle passate stagioni le Scuderie del Quirinale hanno dedicato ad Antonello da Messina Giovanni Bellini Caravaggio e Lorenzo Lotto era necessario tornare ad una riflessione su Firenze e su quel periodo mirabile rappresentato in particolare dalla Firenze di Lorenzo il Magnifico (a cui peraltro le Scuderie avevano dedicato una esposizione con Rinascimento nel 2001 ). Ne/11 attuale programmazione delle Scuderie sotto la mia guida e un indirizzo da me prescelto che ha indicato ne/11approfondimento monografico degli artisti che hanno fatto grande e universale la storia del nostro paese la linea espositiva principale si è voluto cogliere /1occasione di scandagliare la figura di un pittore che nella memoria collettiva viene insidiato da un lato da un genio come Leonardo dall1altro da un grande artista seduttivo come Sandro Botticelli: Filippino Lippi artista sommo e di indiscussa grandezza. Una scelta consapevole dunque perseguita con metodo e organicità attenta alla costruzione di una storia dell1arte italiana da sgranarsi mostra dopo mostra costruendo delle vere e proprie occasioni di monitoraggio del territorio di tutela conservazione e studio scientifico oltre che esempi di didattica della materia. Anche in questa occasione per esempio come per tutte le mostre delle Scuderie sono stati effettuati restauri mirati alla tutela delle opere e confronti inediti che potranno portare allo svelamento di tematiche lungamente dibattute in sede scientifica. Mi è caro dunque sottolineare come pur in un momento di crisi profonda delle istituzioni economiche la barra dritta dell'Azienda Palaexpo non smetta di produrre cultura e di produrla ad un livello di qualità e di competitività tale da renderla protagonista riconosciuta di un nuovo modo di concepire le mostre apprezzato in tutto il mondo scientifico e museale oltre che dal grande pubblico che ci segue. Ma veniamo al nostro autore. Filippino Lippi nasce da Filippo pittore e frate carmelitano e dalla monaca Lucrezia Buti. A dodici anni, genio precocissimo completa /opera del padre portando a termine gli affreschi del Duomo di Spoleto. A Roma affresca la cappella Carafa in Santa Maria sopra Minerva. La sua vita artistica si sviluppa prevalentemente tra Firenze e Prato e sente la forte influenza di Sandro Botticelli nella cui bottega lavora sin dal 1472 divenendone in seguito per la qualità del suo lavoro antagonista. Si pensa a Filippino Lippi e il termine bizzarro è il primo che ricorre, rimasto impresso dalle letture berensoniane (ma Berenson arrivò a definirlo quasi barocco per il carattere sovraccarico della sua composizione e la pesantezza dei drappeggi giudizio che risponde più di ogni altro anche a quello mio personale lontano per gusto estetico e affinità profonda, dal formalismo di questo artista). Vasari soprattutto ce lo aveva descritto capace come nessun altro di novità rimanendo ammaliato dal suo gusto per i capricci e le assolute invenzioni dall1idea di un antichità rivissuta in chiave fantastica e trasformata in forme decorative con un attenzione al paesaggio del tutto estranea per esempio, al suo maestro Sandro Botticelli. Tra il giudizio del Vasari passando per quello molto autorevole di Berenson e /1oggi, sappiamo bene che su Filippino si sono avvicendate letture critiche di taglio diverso che via via ne hanno fatto emergere la problematica più profonda. Nella parte conclusiva della sua esistenza il suo stile assume connotazioni particolarissime che potremmo definire anticlassiche. Ed è questo il nodo che la mostra alle Scuderie del Quirinale riesce a scandagliare grazie agli studi confluiti nella fondamentale monografia di Patrizia Zambrano e Jonathan K. Nelson sottolineando da un lato il carattere di impellente modernità che connota Filippino e la sua consapevole specificità e dall1altro definendo meglio gli ambiti del rapporto con Botticelli in primis e con quei maestri che gli furono vicini 0 in qualche modo debitori come Raffaellino del Garbo e Piero di Cosimo. L impeccabile curatela di Alessandro Cecchi tra i massimi studiosi del nostro mette a fuoco tutta la qualità vera della sua originalità, ricomponendone la figura e offrendoci un appassionato percorso tra le tappe salienti della sua vita. Percorso che mette a fuoco il rapporto prima da allievo poi da amico e infine quasi da rivale di Sandro Botticelli e che ci fa immergere in uno spaccato della nostra storia dell1arte fra i più appassionanti e complessi. Una mostra 'alla maniera classica verrebbe da dire divisa in sei sezioni corredata da pochi ma illuminanti documenti oltre che da confronti capaci di offrire letture nuove non sempre facili da reperire. Una mostra da centellinarsi con gusto e piacere seguendo il filo di un discorso complesso, capace di ricomporre tutti i segmenti di questa veloce avventura artistica ponendo questioni risolvendone molte appagando domande. E infine come in parte già accennato una mostra che ha comportato anni di preparazione che lascerà riflessioni scientifiche e di tutela attraverso restauri importanti di cui certamente il più rilevante è quello della celeberrima Pala Neri i della chiesa di Santo Spirito a Firenze di proprietà del FEC (Fondo Edifici di CultoJ restaurata grazie al generoso e provvidenziale intervento dei Friends of Florence a cui va il nostro più sentito ringraziamento. Così come la nostra gratitudine va una volta di più alla collaborazione costante e illuminata con cui il Polo Museale Fiorentino nelle sue varie componenti museali sempre affianca le Scuderie attraverso i norevoli e delicatissimi prestiti di cui non posso fare a meno di citare quelli numerosi del Gabinetto dei Disegni e delle Stampe. A tutte le istituzioni che hanno permesso la realizzazione di questo progetto ai prestatori pubblici e privati che ci hanno inviato opere delicate e preziosissime, al comitato scientifico e agli estensori del catalogo in tutte le sue componenti, a tutti coloro che hanno lavorato a questa mostra, nonché alla guida sapiente di Alessandro Cecchi va dunque il mio e il nostro più riconoscente grazie. 1

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Emmanue le Francesco Maria Emanuele Presidente dell'Azienda Speciale Palaexpo

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Nel 1502 al culmine della sua fortuna, Filippino Lippi poteva permettersi di rifiutare una commissione di Isabella Gonzaga la collezionista più ricca e celebre d ltalia. Non aveva tempo, era oberato da troppi altri impegni - riferisce l agente mantovano alla sua sovrana quel dipinto lo avrebbe fornito volentieri Sandro Botticelli che di lavoro ne aveva meno e perciò si era reso disponibile. AWinizio del XVI secolo, f allievo aveva superato il maestro, almeno nel successo di mercato e nella considerazione dei grandi clienti. Ancora nel 1602 i provvedimenti di tutela del Granducato di Toscana, che escludevano dalla esportazione i maestri eminenti della storia artistica, elencano Filippino Lippi e non Botticelli. Evidentemente perdere un Filippino era considerato più grave che perdere un Botticelli. È stato (Ottocento preraffaellita di Dante Gabriele Rossetti e di E. Burne Jones a relegare Filippino nel cono d ombra di Botticelli. Per Berenson (I pittori italiani del Rinascimento, 1896) a Filippino mancano tanto i "valori tattili di Masaccio quanto i valori che comunicano vita di Botticelli, cosi che la sua grazia si risolve in tisica delicatezza e in fastidioso barocchismo la sua eccentricità. Per assistere al recupero critico di Filippino bisognerà aspettare il pieno Novecento, scopritore del Manierismo e del Barocco. Occorrerà attendere cioè (affermarsi di nuove attenzioni per Virregolarità per (oltranza stilistica, per la contestazione dei canoni, per il rapsodico emergere di frammenti di Vero. Gli affreschi della cappella Strozzi in Santa Maria Novella, che facevano storcere il naso a Berenson ai nostri occhi, per ragioni esattamente contrarie, appaiono oggi affascinanti. Un vento di inquietudine, di bizzarria, di esotismo, di ironia persino, muove e agita gli affreschi della cappella Strozzi. È il trionfo, per dirla con il Vasari dei vasi calzari, trofei, bandiere, cimieri, ornamenti di tempi, abbigliamenti di portature da capo, strane fogge da dosso, armature, scimitarre, spade, toghe, mantelli Sono materiali iconografici tratti dall'Antico eppure trasfigurati secondo criteri di personalissima archeologia fantastica Gli scenari architettonici sono zeppi di citazioni erudite desunte dalla Roma pagana, al pari delle finte panoplie, delle candelabre dei grifi, delle sfingi, dei festoni, delle tabelle, sparsi dappertutto a piene mani. Ceffetto d insieme più che alla norma classica, fa pensare allo spirito estroso e ultradecorativo del Rococò o del Liberty. Al gusto dei nostri tempi non poteva non piacere un pittore siffatto anche perché, neWarte di Filippino, alle eccentricità visionarie ed esotizzanti, si alternavano colpi di mano sul Vero di straordinaria intensità. Si pensi al manigoldo calvo che, negli affreschi Strozzi in Santa Maria Novella, si appoggia alla scala neWepisodio raffigurante il Martirio di san Fil ippo. Oppure, nella pala Nerli in Santo Spirito di Firenze databile al 1490 circa, al fondale con il borgo e la porta a San Frediano: un brano di verità urbana cosi toccante e moderno da far pensare ai fiamminghi ma anche alle romantiche restituzioni paesistiche che troveremo fra non molto in Fra Bartolomeo, nel Pontormo, nel Bronzino. Ancora, nella cappella Carafa in Santa Maria sopra Minerva di Roma il complesso illusionismo prospettico che dà ordine e suggestiva verosimiglianza scenografica alla parete con il Trionfo di san Tommaso lascia spazio, sullo sfondo, a quella che potremmo definire la prima veduta moderna deWUrbe. Chiunque vi abbia posato lo sguardo anche una sola volta non potrà dimenticare il dettaglio del Laterano con la statua del Marco Aurelio in primo piano a dominare una Roma malinconica, deserta, minuziosamente e poeticamente vera. In anni recenti, prima al Luxembourg di Parigi poi a Palazzo Strozzi di Firenze, una mostra dal titolo suggestivo L'inq uietudine e la grazia nella pittura fiorentina del Quattrocento, curata nel 2004 da Daniel Arasse, Pierluigi De Vecchi, Jonathan Katz Nelson, metteva a confronto Botticelli e Filippino, il maestro e l allievo. Anche se il grande successo di pubblico di quella esposizione si affidava aWattrazione mediatica del nome Botticelli, era interessante accorgersi, parlando con i visitatori, come i dipinti di Filippino piacessero molto spesso, più di quelli di Botticelli. Nello stesso anno 2004 usciva la grande monografia su Filippino di Paola Zambrano e di Jonathan Katz Nelson. La sfaccettata personalità del pittore veniva analizzata in ogni sua parte; daWeredità del padre Filippo presente nelle opere giovanili, aWincrocio con l atelier di Botticelli, alla creazione effimera da parte di Berenson deW 'Amico di Sandro delizioso caso di conno isseurship raffinata fino allo snobismo. E poi ancora il volume analizza l esperienza romana del pittore, la sua reinvenzione dell'Antico nelle forme, nelle formule e nei miti, fino alle mediate suggestioni savonaroliane visibili nelle opere religiose della maturità. Tutto questo per dire che ormai i tempi sono maturi per ricollocare Filippino nel posto che occupava aWinizio della sua fortuna; un posto non certo secondo a quello di Botticelli. È questo l obiettivo della mostra che inauguriamo aWautunno del 2011 nelle Scuderie del Quirinale. A riequilibrare la storia pittorica deWultimo Quattrocento fiorentino e a fornire a Filippino, messo a confronto con Botticelli, la smagliante evidenza che merita, abbiamo chiamato Alessandro Cecchi studioso autorevolissimo, internazionalmente noto e apprezzato, deWuno e deWaltro artista. Sono convinto che scelta migliore non poteva essere fatta. 1

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Antoni o Pao lucci Presidente del Comitato Scientifico delle Scuderie del Quirinale

In copertina Filippino Lippi, Madonna adorante il Bambino, particolare. Firenze, Galleria degli Uffizi, inv. 3246

Sommario

Realizzazione editoriale 24 ORE Cultura srl

17

Filippino, un pittore per tutte le stagion i Alessandro Cecchi 11

11

27

Gloria e fama grandissima Patrizia Zambra no

41

La cappella Carafa: un nuovo linguaggio figurativo per la Roma del Rinascimento Jonathan K. Nelson

51

La cappella Strozzi in Santa Maria Novella a Firenze Cristina Acidini

64

Regesto della vita e de lle opere di Filippino Lippi a cura di Alessandro Cecchi



Filippino Lippi al Carmine

CATALOGO DELLE OPERE

69

PRIMA SEZIONE 11

83

Fra Filippo del Carmine\ il padre e il primo maestro (1457-1469)

SECONDA SEZIONE

l! 'l\mico di Sandro 1

117

11 •

Nella bottega del Botticelli (1472-1478)

TERZA "EZI NE

La prima attività indipendente e poi sotto la protezione del Magnifico (1478 -1488) 145

QUA

A SE .IONE

La cappella di Filippo Strozzi in Santa Maria Novella e altri lavori (1483-1502) 169 © 2011 24 ORE Cultura srl, Pero (Milano)

QUINTA SEZIONE

A Roma, lo studio del l'.A-ntico e la cappella Carafa (1488-1493)

Proprietà artistica letteraria riservata per tutti i Paesi.

185

Ogni riproduzione, anche parziale, è vietata.

SESTA SEZIONE

Gli ultimi anni, fra fantasie mitologiche e pittura devota (1494-1504)

Deroga a quanto sopra potrà essere fatta secondo le seguenti modalità di legge: Fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall 'art. 68, commi 3, 4, 5 e 6 de lla legge 22 apri le 1941 n. 633. Le riproduzioni per uso differente da quello personale potranno avvenire solo a seguito di specifica autorizzazione rilasciata dall'editore.

Prima edizio ne ottobre 201 1 ISBN 978-88-6648 -000-6

/

224

Appendice documentaria

228

Bibliografia

Filippino1 un pittore per tutte le stagioni Alessan dro Cecchi

"Restò la fama di questo gent il maestro talmente nei cuori 1 1 di quegli che l'avevano praticato, ch e meritò coprire con la grazia della sua virtù l' infamia dell a natività sua, e sempre visse in grandezza et in rip utazione" 1 . Così il Vasari nell'edi zione del le Vite del 1550 accenna come Fil ippino (fig. 1) si fosse trovato a sostenere l' ignomin ioso fardello dell'essere nato, verso il 1457, dalla scandalosa relazione fra due rel igiosi, fra Fili ppo Lippi, il celebre artista carmelitano, e la monaca agostiniana Lucrezia Buti. Aveva saputo però riscattarsi con una vita operosa e dedita all 'arte f ino ad emergere in una Fi renze ove la conco rrenza era spiet ata fra le botteghe di Bottice lli, Verrocchio e dei frate lli Po llaiuolo, f ino a divenire, tra Q uattro e Cinquece nto, un artista di riferimento con Botticelli, Ghi rlandaio e Perugino. Predil etto e celebrato dagli uman isti, si fece apprezzare dai comm ittenti, in Firenze e fuo ri, rivelandosi un "pittore per tutte le stagioni" e un professionista al servizio di tutti, come, del resto, Baccio dAgnolo, il celebre legnaiuolo e architetto. Uno dei primi fiorentini a scoprire il talento e il gen io del nostro, e a valersene in comm iss ion i sempre più importanti, semb ra essere stato il ricco banchiere e mercante Fi lippo di Matteo Strozzi ( Firenze, 10 luglio 1428 - 14 maggio 1491 ) (fig. 2). Dal suo ri ent ro dall 'es ilio napo letano, aveva saputo re ndersi be ne accetto a Lorenzo il Magnifi co per il basso prof ilo scelto nella vita pubbl ica e polit ica, e il suo vivere da buon cittadino, con i fratel li Carlo e Matteo e la sua numerosa famiglia in una casa nel gonfalone Lion Rosso del quartiere di Santa Maria Novella2. La prima comm iss ione di cui abbiamo notizia riguarda "il disegno d'una spall iera a verdura fattoci" pagato all'artista il 23 giugno del 1482 3 . Non molti an ni dopo Filippo doveva affidargli l'esecuzione de ll a deli cata Madonna Strozzi del M etropo litan M useum of Art ( cat. 24) e incari carlo della decorazione della cappella di fam igl ia in Santa Maria Novella, con un contratto sottoscritto dalle parti il 21 aprile del 1487 (in mostra, si veda il saggio di Cristina Acidin i). Durante lo svo lgimento dei lavori, protrattisi fi no al 1502 per il concomitante impegno romano della cappe lla Carafa, Filippino ebbe a forn ire il disegno per due panche già in Palazzo Strozzi e oggi in collezione privata ( cat. 25), intarsiate e intagliate con stemm i e imprese del committente che non avrebbe visto neanche il completamento di un 'opera grandiosa come il suo

palazzo, fondato nel 1489 e arri vato alla sua morte so ltanto "alle campanel le" 4 . Mentre Bottice lli era semp re più in auge in Firenze e nell e grazie dei Medici dipingendo, al ritorno da Ro ma, la te la con Pallade e il centauro ( Fi renze, Gal leria degli Uffizi) 5, Fi lippino si era spinto fuo r di Firenze in cerca di fortuna, firmando a Lucca, il 29 settembre del 1482, un contratto con Nicolao di Stefano Bernardi per un trittico di Sant'Antonio abate da porsi sull 'altare di famig lia in Santa Maria del Corso. Dell 'opera, ultimata il 23 settembre del 1483, restano i laterali con i Santi Benedetto e Apollonia, Paolo e Frediano nella Norton Simon Foundation di Pasade na e, nel M useo di Villa Guinigi a Lucca, la statua lignea pol icroma del santo scolpita da Benedetto da Maiano e dipinta dal Lippi ( cat. 19). Nell o stesso periodo l'artista aveva accettato un'altra co mmiss ione lucchese, la pala per Francesco di Jacopo Magrini con i Santi Rocco, Sebastiano, Girolamo ed Elena ( Lucca, San 1 Michele in Foro, cat. 18) dipinta dopo 111 dicembre del 1482 e prima del 23 settembre dell 'anno seguente. Aveva ricevuto inoltre, 118 febbraio del 1483, mentre stava lavorando alle pale lucchesi, l'incari co da parte del Comune di San Gimignano di eseguire i due tondi con l'Angelo annunziante e l'Annunziata (San Gimignano, M useo Civico, cat. 20). La bottega del Botticelli era intanto in piena attività e da essa uscivano, negli an ni 1483-1484, dipinti per camere nuziali, co lmi da camera e pitture destinate al l'arredo dell e maggiori dimore patrizie fiorentin e6. Filippino, per parte sua, non potendo ancora competere con Sandro, si andava facendo conoscere e apprezzare nell e cerchie umanistiche fio rent, i~ ~si;;~ tanto da essere ce lebrato, fra il 1484 e il 1487, come i i=>r• ~ mo degli artisti in un ep igramma di Ugo lino Verino 7 e in Ai~~ ep igrammi scritti da Alessan dro Bracces i in lode de lla t avola del Denver Art Museum (fig. 3), con i ritratti del pitt ore e di Piero Del Pugl iese, diffic il e a giudicarsi per il cattivo stato di conservazione 8. Con Piero di Francesco di Jacopo Del Pugliese ( Firenze, 14 luglio 1427 ; 5 marzo 1498) doveva essersi stabi lito un rapporto di amicizia che travalicava quel lo professionale da artista a committente, attestato anche dal Vasari che scrive: "e a Piero del Pugliese amico suo lavorò una storia di figure piccole, conFilippino Lippi, Pala degli Otto, dotte con tanta arte e diligenza, che volendone un altro cittaparti co lare. Firenze, Galleria dino una simile, gliela dinegò dicendo esser im possi bil e farla119 . degli Uffizi

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FILIPPINO, UN PITTORE PER TUTTE LE STAGIONI

1. Filippino Lippi, Disputa dei santi Pietro e Paolo con Simon Mago e Crocifissione di san Pietro, particolare, L'autoritratto del'artista.

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3. Filippino Lippi (?), Autoritratto con Piero Del Pugliese. Denver, Denver Art Museum Collection, The Simon Guggenheim Memoria! Collection, inv. 1955.88

Firenze, chiesa del Carmine, cappella Brancacci 2. Benedetto da Maiano,

Busto di Filippo di Matteo Strozzi. Parigi, Musée du Louvre

Piero, che era stato anche uno dei committenti di Baccio della Porta prima che divenisse Fra Bartolomeo 10, risiedeva con il figlio Filippo (Firenze, 8 gennaio 1469 - notizie fino al 29 dicembre 1530) e il nipote Francesco di Filippo di Francesco di Jacopo ( Firenze, 30 gennaio 1459 - 8 gennaio 1520) in una casa nel popolo di San Frediano nel gonfalone Drago del quartiere di Santo Spirito, con case e possedimenti anche a Prato 11 . Mercanti dell'Arte della Lana con bottega nel con11 vento di San Martino, si fregiavano di uno stemma fasciato · di sei pezzi di rosso e d'oro, al capo del secondo caricato di un leone nascente del primo 11 12 che compare nella cornice de lla pala di Piero di Cosimo oggi al Saint Louis City Museum e già sull'altare della cappella di famiglia nella chiesa dei Santi Giacomo e Filippo a Lecceto 13. Già titolare dal 1375 di un altare al Carmine e di uno di quelli degli Innocenti, con pala di Piero di Cosimo tuttora nel Museo dello Speciale, Piero aveva ottenuto dai Benedettini neri una cappella nella Badia delle Campora, fuor di Porta Romana, costruita e dotata fra il 6 ottobre del 1479 e il 10 apri le del 1488. Per questa destinazione suburbana Filippino avrebbe dipinto, presumibilmente fra il 1484 e il 1485, uno dei suoi capolavori, l'Apparizione della

Vergine a san Bernardo (cat. 23). Scomparso Piero, gli sarebbe successo il nipote Francesco che, sebbene scagionato il 27 maggio del 1498 dal l'accusa di essere un seguace del Savonarola14, fu un fervente piagnone e un vero repubbl icano 15 al punto da ven ir condannato, il 3 settembre del 1513, a dieci anni di esilio per la sua ostil ità ai Medici 16 . La sua comm ittenza fu indirizzata, con l'eccezione di alcune fantasie di Piero di Cosimo, ad ottenere, ma senza successo, una replica di una pittura devozionale celebre come il Compianto di Cristo del Perugino per Santa Chiara, della Galleria Palatina17, e a procurarsi i cinque dipinti su tavola,

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dell'Angelico, del Pesellino, del Botticelli e di Filippino, che figurano in suo possesso il 28 gennaio del 1503 alla stesura del testamento, rogato dal notaio piagnone ser Lorenzo Violi 18 . Il trittico col Volto Santo del fiammingo Maestro di Sant'Orso la e i laterali filippineschi col Cristo e la Samaritana e il Noli me tangere del Seminario di Venezia ( cat. 45), 11 uno giudicio di mano di fra Giova,nni con dua sportelli dalato dipinti di mano di sandro di botticello 11 identificati con l'Angelo annunziante e l'Annunziata di Sandro al Museo Puskin e i Santi Vincenzo e Girolamo dell'Ermitage, la Comunione di san Girolamo nella versione del Metropolitan Museum di New York o forse di col11 lezione privata (cat. 46), una altro quadro piccholo di mano di Pise llino: et unaltro quadro grande di mano di decto f il ippo 11 dipintovi una Nativita con magi 11 vennero legati alla ch iesa 11 di Sancta Andrea da Sommaia 1 ovvero una cappella annessa 11 alla loro proprietà chiamata il 11 Caste ll o di Sommaia , lasciata in eredità ai Domenicani di San Marco 19 . Se i Del Pugliese dovevano rimanergli accanto tutta la vita ed essere da lui chiamati ad un ruo lo di amici e fiduciari nelle questioni legali e finanziarie 20, la fama e il successo, in patria e fuori di Firenze, dovevano essergli assicurati da Lorenzo il Magnifico (Firenze, 1° gennaio 1449 - 8 ap ril e 1492) (fig. 4), il cui favore, come ben sapevano il Botticel li e tutti gli artisti fiore ntini, era essenziale per l'otten imento di importanti commissioni a carattere pubblico e privato. Una raccomandazione del Medici e il figlio di quel frate pittore, che aveva servito così bene i suoi, poteva ottenere, il 27 settembre del 1485, un incarico importante e di grande vis ibil ità come la pittura della tavola con la Madonna col Bambino in trono fra i santi Giovanni Battista, Vittore, Bernardo e Zanobi detta la Pala degli Otto di Pratica (Firenze, Galleria degli Uffizi) (fig. 5), datata 20 febbraio 1486, posta sull'altare della Sala dei

Dugenta nel Palazzo della Signoria e stimata da Lorenzo, su richiesta degli Operai di Palazzo, entro il 7 aprile del 148621 • E il cardinale Oliviero Carafa (Napol i, Torre del Greco, 1430 - Roma, 19 gennaio 1511 ), potente protettore dell'Ordine domenicano, in una lettera a Gabriele Mazzinghi, abate di Montescalari, poteva riferi r.si alla calda raccomandazione avuta dal Magnifico che lo aveva indotto ad affidargli, ne ll 'autunno del 1488, l' incarico prestigioso e ambito della decorazione della sua cappella in Santa Maria sopra Minerva a Roma (si veda il saggio di Jonathan Nelson). Gli ultimi anni di vita del Medici videro stabil irsi un rapporto fiduciario con l'artista, come risulta da una lettera inviata da Lorenzo a Roma, il 1° giugno del 1489 11 a Giovanni Ciampolini; che mostri le teste e l'altre cose a Filippino 11 22 • Sempre il Magnifico, dopo aver tentato inutilmente di ottenere le spoglie di fra Fil ippo per dar loro degna sepo ltura nel la cattedrale f iorentina, gli avrebbe affidato il comp ito di disegnare e far realizzare, a sue spese, la tomba del padre ne l Duomo di Spo leto (fig. 6) 23 . Poco più che trentenne, intorno al 1490, sarebbe stato infine chiamato da Lorenzo, con artisti tutti più anziani di lui come Botticel li, Ghirlandaio e Perugino, a decorare con soggetti mito logici la vil la di Spedaletto presso Vo lterra 24 . Il Medici non avrebbe invece potuto vedere la realizzazione di un suo progetto, l'affresco con la Morte di Laocoonte, eseguito nel 1493 per i Medici, ma senza portarlo a compimento, su di un muro del loggiato della Vill a di Poggio a Caiano 25 . Sette anni prima del la morte del grande protettore di artisti 11 11 e signore in pectore di Firenze, il nostro doveva aver ultimato per i Rucellai la pala d'altare con la Madonna che allatta il Bambino fra i santi Girolamo e Domenico (fig. 7), già nella loro cappella in San Pancrazio e oggi alla National Gallery di

Londra26 . La consacrazione, il 28 agosto del 1485, del la cappella, ricordata da un chi usin o sepo lcrale ci rcolare con l'iscrizione 11

DE ORICELLARIIS ET EORUM DESCENDENTIBUS/ MCCCCLXXXV FILIORUM 11

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può ben costituire il term inus ante quem per l'esecuzione del dipinto, da datare agli anni 1484-1485 27 . Il suo committente andrà cercato fra i membri del ramo collaterale facente capo a Filippo di Vann i di Lapo (Firenze, 15 ottobre 1390 o 1391 - 30 gennaio 1462), dottore in legge e cittadino eminente. Il candidato più probabile sembra essere suo figlio Girolamo (Firenze, 25 maggio 1428 - 1° settembre 1516)28 per la non certo casuale presenza del santo omonimo in posizione di ri lievo al la destra del la Vergin e29 . Nel 1495, con il fratello maggiore Ubertino (Firenze, 11 febbraio 1422 - 30 luglio 1508), Girolamo risiedeva ne l gonfa11 lone Lion Rosso del quartiere di Santa Maria Novella in una chasa in Firenze posta nella via dela vi ngnia et nel popolo di San Branchazio 11 • I due, come molti altri committenti di Filippino, tenevano a pigione 11 una bottega a uso di arte della lana11 ne l convento grande di San Martin o, dove esercitavano la loro attività, e annoveravano molte proprietà terriere ad attestazione di un notevole benessere 30 • Entro il 1490, anno di ultimazione degli affreschi del Ghirlandaio e delle spalli ere intarsiate della cappella maggiore di Santa Maria Novella, Filippino ebbe a fornire anche i cartoni per le specchiature intarsiate con le figure dei Santi Giovanni Battista e Lorenzo, allusive ai due committenti legati ai Medici, Giovanbattista di Francesco Tornabuoni (Firenze, 22 dicembre 1428 - 17 marzo 1496) e Lorenzo suo fig lio (Firenze, 10 agosto 1468 - 21 agosto 1497)31 . 11 11 Negl i anni ottanta avanzati la fama del giovin Phil ipp ino si era ormai conso lidata anche fuori di Firenze se Giovann i Santi lo menzionava fra i pittori più importanti ne lla sezione PHILIPPI VANNIS

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FILIPPINO, UN PITTORE PER TUTTE LE STAGIONI

4. Artista verrocchiesco,

Busto di Lorenzo il Magnifico. Firenze, col lezione privata

dedicata agli artisti de La vita e le gesta di Federico da Montefeltro Duca d'Urbino 32 . Al successo del giovane doveva aver contri-

5. Filippino Lippi, Pala degli Otto. Fi renze, Galleria

degli Uffizi

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buito in misura determinante il prestigio derivatogli dall'importante commessa romana, e questo dovette aprirgli la via di commissioni dall'estero, come la pala con l'Ultima Cena e il Ritratto del sovrano, richiestegli prima del 21 settembre del 1488 dal re d'Ungheria Mattia Corvino (Cluj-Napoca, 24 febbraio 1440 - Vienna, 6 aprile 1490) 33 Nel 1489 Ugo lino Veri no, in una ve rsione della sua Carliades, celebrava ormai Filippino e Botticelli come i successori dei grandi artisti dell'antichità, menzionando solo il primo dei due nel secondo libro del De 1/lustratione Urbis Florentiae, di datazione incerta34 . Il Lippi rientrava ormai a pieno titolo verso il 1493 fra i quattro maggiori pittori di Firenze con Botticelli, Perugino e Ghirlandaio, come si evince dal rapporto inviato da un anonimo agente milanese al duca Ludovico il Moro (Vigevano, 27 luglio 1452 Loches, Francia, 27 maggio 1508). Delle opere di Filippino, definito "optimo, discipulo del sopra dicto [Botticelli], et figliuolo del più singulare maestro de' tempi suoi [Filippo Lippi]", questi scriveva: "hanno aria più dolce" di quelle degli altri, aggiungendo subito dopo: "Non credo habiano tanta arte", con un giudizio parzialmente negativo che non avrebbe impedito al suo signore di affidargli, il 7 marzo del 1495, una pala per la Certosa di Pavia, mai portata a compimento 35 . Dalla proclamazione della repubblica, seguita alla cacciata dei Medici il 9 novembre del 1494, il giorno del Santo Salvatore, Firenze fu soggiogata per quattro ann i dalle prediche apocalittiche e visionarie di fra Girolamo Savonarola che avrebbero segnato profondamente le coscienze e gli animi dei fiorentini di una città divisa fra "piagnoni" e "arrabbiati", spesso della stessa fam igl ia, fino alla cattura, al giudizio e al la morte del predicatore domenicano, il 23 maggio del 1498. Uno dei nemici del

frate era Tanai di Francesco di Filippo de' Nerli (Avignone, 19 aprile 1427 - Firenze, 27 luglio 1498)36, responsabile, fra l'altro, dell'esi lio a San Salvatore al Monte, il 30 giugno del 1498, della campana " piagnona" di San Marco che aveva suonato a dist esa in occasione dell'assalto al convento 37 . Nella chiesa dei Francescani Osservanti, per ironia della sorte, i suoi primi rintocchi sarebbero stati, nel luglio seguente, proprio per il fun erale e la sepoltura di Tanai nel chiusino circolare datato 1496 nella cappella più picco la dell e tre che possedeva nella chiesa ricostruita dal Cronaca38 . Filippino aveva dipinto per lui, fra il 1493 e il 1495, una tavola d'altare entro una ri cca cornice intagliata e dorata che si conserva, attribuibi le a Chimenti del Tasso 39 per la ben più ricca cappella dedicata a San Martino nella chiesa agostiniana di Santo Spirito 40, che doveva essere ornata da una finestra con San Martino e il povero, di cui resta il disegno preparatorio agli Uffizi41 (fig. 8) Tanai si era fatto ritrarre con la consorte Nanna di Neri di Gino Capponi (Fi renze, 1429-1508), che gli aveva dato ben dieci figli maschi e sei figlie. Era allora in età avanzata, fra i sessantasei e i sessantotto anni, e viveva gli ultimi ann i della sua esistenza, con la numerosa fam iglia, nel gonfalone Nicchio del quartiere di Santo Spirito in "una chasa per mio ab itare posta in borgho Santo Jachapo popolo di Santa Filicita" 42 . L'attività manifatturiera e mercantile gli aveva consentito di accumulare una notevole fortuna e di divenire una de lle figure di maggior sp icco nella vita po liti ca fiorentina 43 . La caduta del Savonarola avrebbe travo lto fatalmente coloro che ne erano stati seguaci devoti e, primo fra tutti, Francesco di Filippo di Bartolomeo Valori (Firenze, 28 giugno 1438 18 aprile 1498), capo riconosciuto dei "p iagnoni ", ucciso per vendetta per strada, mentre veniva tradotto al Palazzo della Signoria, da Vincenzo Ridolfi e Simone Tornabuoni per la morte dei loro congiunti Niccolò Ridolfi e Lorenzo Tornabuoni, da lui fatti giustiziare, con altri tre cittadini, la notte del 21 agosto 149744 . La sua casa in Borgo degli Albizi 45 era già stata data alle fiamme dopo l'assalto al convento di San Marco e la cattura del predicatore e di due suo i confratelli, e sua moglie Costanza di Giovanni Canigiani aveva trovato la morte mentre si affacciava alla finestra, trafitta da un verrettone, ovvero un proietto di balestra46 . Con il Valori, di antica famigl ia residente nel gonfalone Ch iavi del quartiere di San Giovanni 47 , scompar iva uno dei protagonisti di quegli anni turbolenti, fra i primi responsabili della cacciata dei Medici da Firenze 48 e colui che aveva commissionato a Fili ppino, per il proprio altare dedicato a San Francesco in San Procolo, un trittico di cui restano i so li laterali con San Giovanni Battista e Santa Maria Maddalena ( cat. 42 ) poiché lo scomparto centrale con il Cristo crocifisso fra la Madonna e san Francesco è andato distrutto a Berlino durante l' ultima guerra 49 . La pittura non la si dovette, come si è pensato, ad una commissione degli eredi in sua memoria50, bensì ad una sua in iziativa, per l'altare della cappella ove aveva dato disposizione di esser sepolto, non immaginando certo di venirvi tumulato così presto 51 . Sta a confermarlo indirettamente la denuncia al la Decima Repubblicana di suo nipote Niccolò di Bartolomeo di

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FILIPPINO, UN PITTORE PER TUTTE LE STAGIONI

6. Anonimo scultore su disegno di Fi li ppino, Tomba di fra Filippo Lippi. Spoleto, Duomo.

7. Filippino Lippi, Madonna che allatta il Bambino fra i santi Girolamo e Domenico. Londra, The National Gallery, inv. 4610

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Filippo Valori (Firenze, 20 gennaio 1464 - Roma, 20 maggio 1527), erede dei suo i beni con il nipote Bartolomeo di Filippo di Bartolomeo 52. Il primo dei due annota, infatti, fra gli obblighi: " Habiamo affare officiare in perpetuo una capella in Santo Proculo intitolata in Santo Francesco con ispesa di fiorini 48 l'anno a frati di Santa Croce et questo caricho habiamo per testamento di Francesco di Fil ippo Valori rogato ser Pierfrancesco Guidi" 53 . Evidentemente la cappel la, intitolata al santo omon imo, era a quel tempo dotata di arredi e non v'è ragione di dubitare che sul suo altare non fi gurasse già il t rittico con quel suo crocifisso dolente riecheggiato, in piccolo, dall'esemplare di Prato ( cat. 43), destinato al la devozione privata di qualche "piagnone". Un'opera, quella, che ben rispondeva alle istanze devozionali originate dalle prediche del Savonarola e si collocava in sintonia con i coevi Compianti di Monaco e di Milano di un Botticell i già in crisi spirituale e prossimo a divenire piagnone, in memoria del martire. Gl i ultimi anni del Q uattrocento segnarono la defin itiva consacrazio ne di Fil ippino, che riceveva l' in carico più importante della Firenze rep ubb licana, la monume ntale pala per l'altare dell a Sala del Maggior Cons igli o, annessa al Palazzo della Signoria, per cui i denari erano stati stanziati già il 18 maggio del 1498 54 . Dopo un pagamento corrispostogli il 17 giugno del 1500, però, il lavoro non avrebbe fatto progressi, limitandosi l'artista, come scrive il Vasari,

ad eseguire " il disegno d'un'altra tavo la grande con l'ornamento per la sala del Consiglio; il qual disegno, morendosi, non cominciò altramente a mettere in opera, se bene fu intagl iato l'orn amento, il quale è oggi appresso maestro Baccio Baldini fiorentino, fisico ecce llentissimo et amatore di tune le virtù" 55 . Il disegno o i disegni fi lippineschi dovevano presentare la Vergine col Figlio e sant'Anna, circondati aa " tutti e' protettori del la città di Fiorenza e que' Santi che nel giorno loro la città ha aute le sue vittorie" che si ·edono nella grande bozza chiaroscurata e incompiuta di Fra Barto lomeo ( Firenze, Museo di San Marco) subentrato nella commissi one 56 . Come ogni t itolare di bottega, il Lippi non disdegnava di forire all'occorrenza progetti per le arti appl icate o suntuarie, ome all'Opera del Duomo f iorentina, il disegno di due canGelabri da reali zzarsi in argento a opera di Pao lo Sogliani per altar maggiore, pagatogli sette lire il 16 giugno del 150057_ ~alogamente accettava anche incarichi minori come la pitcura di drappelloni e altri apparati funebri, come risulta da due pagamenti, il 17 aprile e il 5 giugno di quell'anno, da Domenico di Piero di Domenico di Leonardo Boninsegni (Firenze, 4 febbraio 1474? - post 29 ottobre 1524) per il "mortorio" del padre Pietro, sepolto il 16 aprile in Santa Maria Novella58 . Come ai ora si usava, la cappella gentilizia dovette ven ir impavesata di drappelloni recanti lo st emma della famig lia "trinciato d'oro e

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FILIPP I NO, U N PITTORE PER TU TT E LE STAGION I

d'azzurro, a tre stelle a otto (o sei o cinque) punte ordinate in banda nel l'uno nel l'altro" 59 e il defunto venne tumulato, dopo la funzione, nel chiusino sepolcrale nel pavimento della chiesa, in prossimità dell'altare. De lle strade divergenti ormai im boccate da Fil ippino e dal suo ant ico maestro sulla soglia del nuovo seco lo sono testimonianza due opere pressoché coeve, la Natività mistica di Londra di Sandro, dai toni visionari e apocalittici ribaditi dall'iscrizione che l'acco mpagna, dipinta entro gli ultimi mesi del 1500 anno fiorentino, ovvero i prim i mesi dell 'an no seguent e, in piena cri si sp irit uale e artistica, e il

Matrimonio mistico di santa Caterina e i santi Paolo, Sebastiano, Pietro, Giovanni Battista e Giuseppe di Fi lippi.no ( cat. 51 ), firmato e datato 1501 e dipinto per la cappe ll a Casali in San Domen ico a Bologna, con il suo gruppo di santi che si affo llano intorno al la Vergi ne co l Figlio entro una solenn e parti tura architetton ica, vista di sotto in su, su cui si spenzolano alcuni angeli, come nella cappel la Strozzi. L'artista, a differenza del Botticelli che gli sopravvisse sei anni, fu impegnatissimo in patria e fuori fino all'ultimo, tanto da lasciare in comp iute diverse opere. Lo conferm a il rapporto inoltrato, il 23 settembre del 150260, da Francesco Malatesta, agente di Isabella d' Este, marchesa di Mantova, alla sua Signora, da cui risulta come il Perugino fosse assente da Firenze e il Lippi troppo occupato per i successivi sei mesi

per poter accettare una nuova co mmiss ione. Per converso, il Fili pepi aveva dato subito la sua dispon ibilità, perché evidentemente senza lavoro. Gli ultimi anni di Filippino avrebbero visto un crescendo di comm issioni importanti, dalla Madonna col Bambino e i santi Stefa no e Giovanni Battista (Prato, M useo Civico, qui cat. 52) per la Sala dell'Udienza del Comune di Prato (1502- 1503) al complesso di dipinti per la monumentale ancona intagliata e dorata da Baccio d'Agnolo per la Santiss ima Annunziata, commissionatigli il 15 gennaio del 1503, e di cui avrebbe fatto a tempo, prima della morte, ad iniziare la sola Deposizione ultimata dal Perugino 61 . Dalla sua bottega, il 1° gennaio del 1504, poco prima della sua scomparsa, avrebbero preso la via di Genova il San Sebastiano fra i santi Giovanni Battista e Francesco e la lunetta con la Madon na col Bambino e due Angeli destinat i alla cappella del potente cittadino e mercante Francesco di Antonio Lomellini, nella chiesa di San Teodoro di quella città (Genova, Museo di Palazzo Bianco ) 62 . Il 20 aprile seguente, Filippino sarebbe morto di "sprimanzia", ovvero di angina, venendo sepo lto in San Micheli no Visdom ini il giorno dopo. " E mentre si portava a seppel lire - scrive il Vasari - si serrarono t utte le botteghe nella via de' Servi, come nell 'essequie de' principi uomini si suol fare alcuna volta" 63 .

Note 1

8. Fil ippino Lippi, Studio per la vetrata della cappella Nerli. Fi renze, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, inv. 1169E

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G. Vasari, Vita di Filippo Lippi pittar fiorentino, in Le Vite de' più eccellenti pittori scultori e architettori, nelle redazioni del 1550 e 1568, testo a cura di R. Bettarini, commento secolare a cura di P. Barocchi, Firenze 1966-1987, voi. lii, 1976, p. 568. 2 Archivio di Stato di Firenze (d'ora in poi ASF), Catasto 1011, cc. 314r.-315v. (Catasto del 1480). 3 P. Zambrano, J. Nelson, Filippino Lippi, Milano 2004, p. 620 doc. 7. 4 L. Landucci, Diario fiorentino dal 1450 al 1516 continuato da un anonimo, edizione a cura di J. del Badia, Firenze 1883, p. 62. 5 A. Cecch i, Botticelli, Mi lano 2005, pp. 200-202. 6 Vanno ricordate le quattro Storie di Nastagio degli Onesti per le nozze PucciBini, divise fra il Prado e la collezione Pucci di Firenze, la Madonna del Magnificat (Firenze, Galleria degli Uffizi), l'Allegoria di Venere e Marte forse per i Vespucci, della National Gallery di Londra, il disegno con l'Allegoria dell'Abbondanza del Brit ish Museum, la Nascita di Venere (Firenze, Galleria degli Uffizi) per Lorenzo di Pierfrancesco de' Medici, cugino del Magnifico, e la Madonna Raczinskj (Berlino, Staatliche Museen) (A. Cecchi, Botticelli, cit., pp. 202-228). 7 Cfr. P. Zambrano, J. Nelson, Filippino Lippi, cit., pp. 56, 70 nota 71. 8 lvi, p. 614; vedi anche J. Nelson, Recensione a J. Burke, Changing Patrons .. , in "The Burli ngton Magazine", 148, 2006, 1234, p. 40. 9 G. Vasari, Vita di Filippo Lippi pittar fiorentino, in Le Vite ... cit., voi. lii, 1971, p. 563. Sui Del Pugliese cfr. J. Burke, Changing Patrons: socia/ identity and the visual arts in Renaissance Florence, University Park, Pa, Pennsylvan ia State University, 2004, pp. 26-33; 85-98. 10 Il Vasari ricorda una pittura murale con San Giorgio e il drago in casa Del Pugliese e gl i sportell i con la Natività e la Circoncisione da un lato e l'Annunciazione a monocrom o dal l'altro (Firenze, Galleria degli Uffizi), un tempo di un tabernacolo intorno ad una Madonna di Donatello, cfr. G. Vasari, Vita di Fra' Bartolomeo di S. Marco pittar fiorentino, in Le Vite ... cit., voi. IV, 1976, pp. 89, 100. 11 ASF, Catasto 910, cc. 341 r.-342r. (Catasto del 1469); Catasto 1001, c. 212r.-v. (Catasto del 1480). Del solo Francesco è la denuncia alla Decima Repubblicana del 1498, dove, fra i beni terrieri figura "un podere con chasa da signore e dua da lavoratori [... ) posto nel popolo di Santo Michele a Somaia luogho detto

Chastellaccio" (ASF, Decima Repubblicana 8, cc. 413r.-v.). Per il palazzo in via de' Serragli, cfr. J. Burke, Changing Patrons ... cit., pp. 46-49. 12 Sulla famiglia Del Pugliese vedi ASF, Carte Ceramelli Papian i, 3887. 13 D. Geronimous, Piero di Cosimo. Visions Beautiful and Strange, Yale University Press, New Haven and London 2006, pp. 193-198, fig. 151; J. Burke, Changing Parrons ... cit., pp. 110-118. 14 L'atto fu rogato a questa data da ser Giovanni di ser Marco da Romena (ASF, Notarile Antecosimiano 9646, c. 41 r.). 15 Per la sua fideiussione del 1502 legata alla commessa ad Andrea Sansovino di una statua marmorea del Salvatore per la ~ala del Maggior Consigl io in Palazzo Vecchio, peraltro mai eseguita, si veda N. Rubinstein, The Palazzo Vecchio 12981532. Government, Architecture, and lmagery in the Civic Palace of the Fiorentine Repub/ic, Oxford 1995, p. 71; N. Baldini, R. Giulietti,Andrea Sansovino. / documenti, Siena 1999, pp. 61-62 n. 46a. 16 Sul suo ruolo prem inente fra i Piagnoni vedi L. Polizzotto, The Elect Nation. The Savonaro/an Movement in Florence 1494-1545, Oxford 1994, pp. 193, 232 nota, 234-235, 260, 263-264, 266. 17 G. Vasari, Vita di Pietro Perugino pittore, in Le Vite ... cit., voi. lii, 1971, p. 599. 18 ASF, Notarile Antecosimiano 21122 (vecchia segnatura V 356), Rogiti di ser Lorenzo di Zanobi Viol i, Protocollo dal 14 giugno 1500 al 20 marzo 1504, c. 94v.; dr. H.P. Horne, Alessandro Filipepi commonly ca/led Sandro Botticelli painter of Florence, Firenze 1908, rist. anast. con trad. italiana a cura di C. Caneva, G. Giusti, Firenze 1986-1987, voi. Il, App. lii, Cntalogo delle opere di Sandro Botticelli e dei suoi allievi e

imitawri, con note relative alle opere erroneamente attribuitegli nelle collezioni pubbliche e privare d'Europa e d'America, appendice inedita alla monografia del 1908, a cura di C. Caneva, p. 533; P. Zambrano, J. Nelson, Filippino Lippi, cit., p. 617. 19 Vedi la nota 11 e cfr. J. Burke, Changing Patrons ... cit., pp. 157-167. 20 ASF, Decima Repubblicana 34, c. 434r., dr. J. Nelson, Aggiunte alla cronologia di Fi1ippino Lippi, in "Rivista d'arte", XLII I, 1991, p. 38; P. Zambrano, J. Nelson, Ft lJ!J ·no Lippi, cit., pp. 614, 616, 622-623, doc. 15, 626-627. " . Rubinstein, The Palazzo Vecchio 1298-1532 ... cit., p. 66, fig. 37. Il Botticelli avrebbe, per parte sua, ottenuto la comm issione, di minore visibilità e importanza, del tondo dei Massai di Camera, pagatogli il 28 febbraio del 1487 e oggi

comunemente identificato con la Madonna della Melagrana degli Uffizi (A. Cecchi, Botticelli, cit., p. 242). 22 P. Zambrano, J. Nelson, Filippino Lippi, cit., p. 614. 23 lvi, pp. 58-63, 67 nota 120. 24 11 Medici gli aveva scritto il 24 dicembre del 1490 una lettera non pervenutaci, relativa forse ai lavori di Spedaletto (P. Zambrano, J. Nelson, Filippino Lippi, cit., p. 615). 25 Vedi J. Nelson, Filippino at the Medici Villa of Poggio a Caiano, in Fiorentine Drawing at the Time of Lorenzo the Magnificent. Papers from a Colloquium held at the Villa Spelman, Florence 1992, edited with an lntroduction by E. Cropper, Vi lla Spelman Colloquia, voi. IV, Bologna 1994, pp. 159-174. 26 P. Zambrano, J. Nelson, Filippino Lippi, cit., pp. 349-351, n. 34. 27 In un primo tempo avevo datato la pala agl i anni 1485-1488 (dr. A. Cecchi, Una predella e altri contributi per l'Adorazione dei Magi di Filippino, in "Gli Uffizi Studi e Ricerche 5. I pittori della Brancacci agli Uffizi", p. 66). 28 Girolamo, che nel 1471 aveva sposato Francesca di Francesco Dini e, in seconde nozze, Marietta di Tito Strozzi, fu eletto console dell'l\rte del la Lana il 20 dicembre del 1472. Il 30 giugno del 1485 gli nacque il figlio Francesco. Venne insignito della maggiori cariche della repubblica, essendo eletto Priore, per due volte, il 29 dicembre del 1487 e il 27 agosto del 1495. Analogamente, per due volte, sedé fra i Sedici Gonfalonieri di Compagnia, il 29 dicembre del 1489 e il 29 dicembre del 1497, per essere degli Otto di Guardia e di Balia nel 1499 (L. Passerini, Genealogia e storia della famiglia Rucellai, Firenze 1861, tavola VII, pp. 57-59; ASF, Carte Ceramelli Papiani 4134 e Tratte (per cui, per questa famiglia e le altre, vedi Fiorentine Renaissance Resources: Online Tratte of Office Holders 1282-1532, edited by D. Herl ihy, R. Burr Lichtfield, A. Molho and R. Barducci: http:j /www.stg.brown.edu/projects/tratte/). 29 11 Nelson, per la presenza di san Domen ico, ipotizza plausibilmente che possa aver avuto parte nella commissione anche il fratello di Girolamo, Domenico di Filippo di Vanni, che risulta però deceduto il 1° dicembre del 1484, prima della consacrazione della cappella. 30 ASF, Decima Repubblicana 23, cc. 514r.-518r. Vi abitavano già nel 1469 (dr. ASF, Catasto 919, cc. 369r.-372r.). 31 A. Cecchi, Percorso di Baccio d'Agnato legnaiuolo e architetto fiorentino. Dagli esordi al palazzo Borgherini, in ''l\ntichità Viva", XXIX, n. 1, 1990, pp. 32-33. 32 P. Zambrano, J. Nelson, Filippino Lippi, cit., pp. 25, 66 nota 87. 33 Sui rapporti di Filippino con il re d'Ungheria dr. G. Vasari, Vita di Filippo Lippi pittar fiorentino, in Le Vite ... cit., pp. 562-563; P. Zambrano, J. Nelson, Filippino Lippi, cit., pp 614-615. 34 P. Zambrano, J. Nelson, Filippino Lippi, cit., p. 614. 35 Anche il Perugino ottenne una commissione analoga, dr. ivi, pp. 615-616, 625, doc. 21. 36 Su Tanai e la sua famiglia vedi J. Nelson, IX. La posizione dei ritratti nelle pale d'altare, in P. Zam brano, J. Nelson, Filippino Lippi, cit., pp. 159-169. 37 Va anche detto che Tanai era stato uno di quelli che avevano invocato moderazione nei riguardi dei "Piagnoni" (L. Polizzotto, The Elect Nation. .. cit., pp. 206-207). 38 Il Sepoltuario Rosselli registra tre cappelle Nerli (ASF, Sep. Rosselli, I, p. 236, nn. 2-3, p. 242 nn. 29-30). Al riguardo vedi P. Zambrano, J. Nelson, Filippino Lippi, cit., pp 557 nota 21 e 567 nota 61. 39 Lo stesso legnaiuolo aveva già lavorato per i Capponi alla perduta cornice della Visitazione di Piero di Cosimo oggi a Washington e già in Santo Spirito. Entro il 1486 avrebbe eseguito la cornice della Pala degli Otto di Filippino agli Uffizi. Al 2 marzo del 1493 risale la dich iarazione e lodo arbitrale di Alfonso di Filippo di Matteo Strozzi circa il prezzo di un coro eseguito da Clemente del Tasso su comm issione di Pieranton io di Guasparre Bandini nella cappella Baroncelli della chiesa di Santa Croce, da cui si stabil isce che Clemente è creditore per questo lavoro di 300 fiorini larghi in oro. L'atto è redatto in casa di Alfonso nel popolo di Santa Maria a Ughi, presenti ser Francesco di Giovanni Maccagn ini e Simone di Tommaso del Pollaiolo architettare, come testimoni (ASF, Notarile Antecosimiano 12779, c. 282v.). Vien da ch iedersi se le spalliere attribuite alla bottega del Tasso (dr. A. Cecchi, Filippino disegnatore per le arti applicate, in Fiorentine Drawing. .. cit., p. 58) e chiaramente riadattate per l'arredo della sagrestia di Santa Croce, non appartenessero in origine a questo complesso. 40 Sui Nerli e Santo Spirito dr. J. Burke, Changing Patrons ... cit., pp. 72-73, 237, note 54 e 59. 41 Il Gamurrini accenna alla cappella in Santa Felicita e alle altre sei di suo patronato "e, altre con sepolcri infin iti, e molte reparazioni, e paramenti, che tutte

fanno spiccare la Pietà, e Religione verso il culto, che ha sempre avuto questa gran Famiglia" (L. Gamurrini, Istoria genealogica delle famiglie nobili toscane et umbre, Firenze 1679, r.a. Bologna 1972, voi. V, pp. 11-47). 42 La citazione è desunta dalla portata al Catasto del 1480, da cui risultano beni terrieri e immobili che attestano la grande ricchezza del Neri i (ASF, Catasto 995, cc. 268r.-272v.). La stessa casa è citata nella denuncia alla Decima Repubblicana, datata 1498 e redatta non molto prima della morte (ASF, Decima Repubblicana 4, cc. 361v.-366v.). 43 Da sempre fra i sosten itori dei Medici, ebbe accesso al le maggiori cariche pubbliche, da quella di Priore negli anni 1459, 1468, 1476 e 1486, a quella di Gonfaloniere di Giustizia nel 1472 e nel 1495, fino a membro del consiglio dei Dodici Buonomini nel 1465 e nel 1481, dopo aver fatto parte, nel 1480, del Consiglio dei Settanta, istituito dal Magnifico per controllare il governo di _Firenze (ASF, Carte Ceramelli Papiani 3387, e Tratte, vedi la nota 28). 44 L. Landucci, Diario fiorentino ... cit., pp. 155-157. 45 ASF, Catasto 1021 (anno 1480), c. 48. 46 F Guicciardini, Storie fiorentine dal 1378 al 1509, edizione a cura di A. Greco, Novara 1970, pp 214-216. 47 Sulla famiglia vedi ASF, Carte Ceramel li Papiani 4791. 48 Francesco godé più volte delle maggiori cariche dello Stato: fu Priore nel 1471 e nel 1478 (L. Polizzotto, C. Kovesi, Memorie di Casa Valori, Firenze 2007, p. 205 e Tratte, vedi la nota 28), Gonfaloniere di Giustizia nel 1484 e nel 1489, nel 1493 e nel 1497 (ASF, Tratte, dr. L. Polizzotto, C. Kovesi, Memorie di Casa Valori, cit., pp. 96, 206) e dei Dodici Buonomini nel 1472 (ASF, Tratte, dr. L. Polizzotto, C. Kovesi, Memorie di Casa Valori, cit., pp. 86, 205 ). 49 Cfr. P. Zambrano, J. Nelson, Filippino Lippi, cit., pp. 494-502, n. 55, pp. 598600; J. Burke, Changing Patrons ... cit., pp. 155-157. 50 Lo ha pensato Jonathan Nelson in Botticelli e Filippino, cit., pp. 280-287, e in P. Zambrano, J. Nelson, Filippino Lippi, cit., p. 497. 51 Il Sepoltuario Rosselli ne registra la sepoltura: "S. Procolo. Arca e Sep. Di marmo 'Ossa Francisci Valorii Phil ippi f. occubuit A.S. 1498 aet 59'" (ASF, Sepoltuario Rosselli, I, p. 629 n. 7). Sull'altare di San Francesco vedi D. Parenti, Qualche approfondimento su Lorenzo Monaco e sulla chiesa di San Procolo a Firenze in

Intorno a Gentile da Fabriano e a Lorenzo Monaco. Nuovi studi sulla pittura tardogotica. Intorno a Lorenzo Monaco, atti del convegno a cura di D. Parenti e A. Tartuferi, Livorno 2007, pp. 27-28, 31 nota 36. I Valori avevano vari altari e sepolture in Santa Croce e uno nella chiesa di Cestello. 52 Per il testamento vedi il ricordo di Niccolò di Bartolomeo di Fi lippo Valori (L. Polizzotto, C. Kovesi, Memorie di Casa Valori, cit., pp. 98-99). 53 ASF, Decima Repubblicana 33, cc. 176r.-178v. Il testamento cui si fa riferimento non ci è purtroppo pervenuto, nonostante sia repertoriato alla c. 190 del Notarile Antecosimiano 10885, relativo agli ann i 1487-1489. È da assegnare, in base al la sequenza delle carte, che si arrestano a c. 185, all'anno 1489. Vien da chiedersi se il Valori non avesse fatto testamento qualche anno dopo, verso il 1492, quando le carte del notaio presentano estese lacune. 54 P. Zambrano, J. Nelson, Filippino Lippi, cit., p. 616. 55 G. Vasari, Vita di Filippo Lippi pittar fiorentino, in Le Vite ... cit., p. 567. 56 Sul programma della decorazione della Sala del Maggior Consiglio vedi A. Cecchi, Niccolò Machiavelli o Marcello Virgilio Adriani? Sul programma e l'assetto compositivo delle 'Battaglie' di Leonardo e Michelangelo per la Sala del Maggior Consiglio in Palazzo Vecchio, in "Prospettiva", 83-84, luglio-ottobre 1996, pp. 102-115. 57 P. Zambrano, J. Nelson, Filippino Lippi, cit., p. 616. 58 "Piero Boninsegni adi 16 [aprile 1500) riposto in S.a m.a, N.la" (ASF, Arte dei Medici e Speziali 247, 1489-1505, al la data). La famiglia risiedeva nel gonfalone Lion Bianco del quartiere di Santa Maria Novella in "Una chasa per mio abitare posta nel popolo di Santa Maria Novella in sulla piazza vecchia" come la descrive Piero nella sua denuncia del 30 agosto 1495 (AS F, Decima Repubbl icana 25, c. 244r.-v.). 59 ASF, Carte Ceramelli Papiani 858. 60 P. Zambrano, J. Nelson, Filippino Lippi, cit., pp. 616, 625, doc. 22. 61 Cfr. J.K. Nelson, La Pala per l'altar maggiore della Santissima Annunziata. La funzio ne, la commissione, i dipinti e la cornice, in La Deposizione della Santissima Annunziata e il suo restauro. Filippino Lippi e Pietro Perugino, a cura di F Falletti, J.K. Nelson, Livorno 2004, pp. 22-43. 62 Sulla Pala Lomellini vedi C. Di Fabio, Filippino Lippi a Palazzo Bianco. La Pala di Francesco Lame/lini, Genova 2004. 63 G. Vasari, Vita di Filippo Lippi pittar fiorentino, in Le Vite .. cit., p. 568; P. Zambrano, J. Nelson, Filippino Lippi, cit., p. 617.

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"Gloria e fama grandissima". Filippino Lippi al Carmine Patrizia Zambrano

Per Eve Borsook. Nel quotidiano guardare i muri a fresco di Firenze

Una "questione importante" Giovan Battista Cavalcaselle descrive, nei suoi appunti, la diversa natura della tecnica di Masaccio e di Filippi no Lippi nel la scena con la Resurrezione del figlio di Teofilo e San Pietro in cattedra nella cappella Brancacci: "Le parti eseguite da Fili ppino, per il modo suo di dipingere diverso da quello di Masaccio, sono, comparate con quelle di lui, più basse di tono, meno trasparenti ma hanno più corpo di colore" 1 . L'osservazione dichiara la sensibilità dell'autore per i valori materiali del la pittura e fornisce una chiave per la lettura degli affreschi, al tempo stesso avvertendoci che tra Masaccio attivo negli anni venti del Quattrocento - e Filippino -all 'opera negli ann i ottanta - è avvenuta una sostanziale trasformazione nella tecnica che corrisponde all e diverse mani ma ancora di più al succedersi delle generazioni: dall'affresco di qualità e materia "trasparenti" a quel lo a "corpo di colore". li Cavalcaselle contava sulla guida dell 'occhio, strumento capace di cogliere le qualità visive dell'opera, e sulle specificità tecn iche dei due artisti, ben conscio di quanto fosse diffici le ( e al tempo stesso decisivo) affrontare la questione del le diverse personalità che si erano avvicendate sui ponti della cappel la nel corso del XV secolo. Ancora più consapevole ne fu Gaetano Mi lanesi, corrispondente del Cavalcaselle 2 . Nel Commentario alla Vita di Masaccio (1878) le sue parole risuonano perentorie in apertura: non v'è a suo giudizio, nella storia dell'arte moderna," questione più importante di questa; perché da esse pitture incomincia appunto, direm quasi, un'altra mutazione nell;A.rte, e quell'ingrandimento che, nel suo magisterio, dette veramente ordine alla maniera de' tempi moderni, e servì di scuola ai più eccellenti artefici" 3. La" questione importante" -trasmessa dai secol i precedenti con un farde ll o di equivoci ed errori 4 - era quel la del riconosc imento delle mani dei tre autori dell ' impresa: Maso li no da Panicale, Masaccio, Fil ippino Lippi. E nel labirinto un filo lo guidava (e ci guida): " è ben naturale credere, che un pittore succeduto all 'altro abbia dovuto in qualche parte del suo lavoro seguitare le tracce lasciate o sul muro o in carta da ch i lo precedette" 5 .

con un ciclo di storie della vita dell 'apostolo Pietro, al quale era originariamente dedicata6, in onore di Piero di Piuvichese Brancacci, che l'aveva fondata nel 136?7. La decorazion e, le cui fonti letterari e sono da individuare nei Vange li, negli Atti degli Apostoli e nel la Legenda Aurea 8, fu probabilmente comm issionata da Fel ice di Michele Brancacci ne l 1424 9 . Masol in o e Masaccio lavorarono ne ll a cappe ll a tra 1424 e 1428 dipingendone la volta, le lunette, l'ordine superiore e parte di quello inferiore delle pareti. Al principio degl i anni ottanta, dopo l'interruzione dei lavori all a fine degli anni venti, Fili ppino Li pp i comp letò la scena co n la Resurrezione del figlio di Teofilo e San Pietro in

cattedra (parete sinistra, primo ordine, cm 232 x 559), lasciata incompiuta da Masaccio, e terminò quindi il ciclo realizzando gli episodi con la Disputa con Simon Mago e la Crocifissione di san Pietro (parete destra, prim o ordine, cm 232 x 588), San Pietro visitato in carcere da san Paolo (pilastro sini stro dell'arco d'ingresso all a cappella, primo ordin e, cm 232 x 89) e San Pietro liberato dal carcere (pi lastro destro dell 'arco d'ingresso alla cappella, primo ordine, cm 232 x 89), r ispettivam ente sotto la Cacciata dall'Eden di Masaccio e il Peccato originale di Masol ino, che costituiscono l'antefatto all e storie di Pietro 10 . Riprese in oltre alcune parti guaste della Distribuzione dei beni e

la morte di Anania (parete di fondo, parte destra, primo ordin e, cm 232 x 157, probabilmente già compromessa nel XV secolo) 11 . Tra il 1746 e il 1748, lavori di restauro e 'modernizzazione' del l'amb iente portarono alla distruzione degli affreschi antichi sostituiti dalla Madonna che dà lo scapolare a san Simone Stock di Vincenzo Meucci e da due nuove lunette dipinte da Carlo Sacconi a motivi decorativi prospettici. Una notevo le oscurità avvolge la stori a quattrocentesca del ci cl o : persi i document i, scarne e talvolta contraddittori e le fonti antiche, impreciso lo stesso Vasari, forse a causa della presenza di tre diversi pittori o dell 'andamento irregolare dei lavori o ancora dell a capacità di Fil ipp ino di mimetizzarsi con Masolino e Masaccio nel segno di una continuità che dovette essere gradita, se non addirittura richiesta dalla committenza

La cappella Brancacci La cappella Brancacci occupa l'estrem ità del t ransetto destro della chiesa di Santa Maria del Carmine in Fi renze. È affrescata

e che il Lippi seppe volgere in una direzione personale senza mai giungere all a rottura. Un 'o pzion e felice se nel corso dei secoli questo mi metismo portò conoscitori, artisti e studiosi a confondere la sua opera con quella di Masaccio dando luogo all 'errore di avere attribuito "tutte le pitture di questa cappella

Fi renze, chiesa di Santa Maria del Carmine, veduta generale della cappella Brancacci

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"GLORIA E FAMA GRANDISSIMA" . FILIPPINO LIPPI AL CARMINE

1. Filippino Lippi e Masaccio,

Resurrezione del figlio di Teofilo e San Pietro in cattedra. Firenze, chiesa di Santa Maria del Carmine, cappella Brancacci

a quel solo maestro" lamentato da Mi lanesi 12 e, sul piano figurativo, nel 1770, al l'esito clamoroso della pubbl icazione, da parte dell'artista, mercante e caricaturista Thomas Patch, della serie di ventiquattro acqueforti di teste tratte dalle scene del l'ordine inferiore, tutte accreditate a Masaccio (incluso l'autoritratto di Fi lippino), al quale in realtà ne spettano solo quattro 13, episodio supremo di un 'pan masaccismo' che sarà superato solo grazie alla lettura incrociata di Cari Friedrich von Rumohr, Giovanni Gaye, Giovan Battista Cavalcaselle e Gaetano M ilanesi 14 . È Giorgio Vasari a r iassumere le notizie de lle fonti (Antonio Manetti, Albertini, Billi, Magliabechiano 15 ) consegnandoci

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p erò due version i nelle due edizioni delle Vite. Il resoconto più completo è quello del 1550: "Nella sua prima gioventù diede fine alla cappella de' Brancacci ne l Carm i no di Fiorenza, cominciata da M asolino e non finita da Masaccio per la morte sua. E così Filippo di sua mano la ridusse a perfezzione, insieme con un resto dell a storia quando San Pietro e San Pao lo r isuscitano il nipote dello imperatore e quando San Pao lo vis ita San Pietro in prigione, così tutta la disputa di Simon Mago e di San Pietro dinanzi a Nerone, e la sua crocifissione; et in quesla storia ritrasse sé et il Pollaiuolo, per la quale gloria e fama grandissima apportò nella sua gioventù" 16 . Nel 1568

Resurrezione 17, al lude al Simon Mago ed omette la Liberazione di san Pietro dal carcere. Nella 'Vita' di Masaccio cita, in relaz ione al Lippi, la sola Resurrezione facendo

Vasari menziona solo la

dalla Legenda Aurea 19 : il miracolo del la resurrezione del figlio del prefetto di Antiochia al centro e la cattedra di san Pietro

riferimento alla cruciale circostanza che "per la morte d'esso Masaccio restasse imperfetta" 18, ovvero non finita. Èverosim ile

( ovvero l'omaggio dei fedeli al santo), eseguita completamente da Masaccio, nella parte destra 20 . Le due scene sono da guardare in continuità con que lla accanto (sul pilastro d'ingresso), con

che Filippino abbia cominciato portando a termine proprio la

San Paolo che visita san Pietro in carcere, essendo tra loro gli epi-

parte rimasta "imperfetta" e perciò la Resurrezione del figlio di Teofilo e San Pietro in cattedra (fig. 1 ), dove il suo stile manifesta i tratti che riconosciamo nelle sue opere coeve, ovvero figure asciutte e compatte, compos izione paratattica, gamma cromatica piena e intensa. Il riquadro raffigura due episodi tratti

sodi in uno stretto " rapporto di causa-effetto-conseguenza" 21 (Pao lo, in occasione di una visita a san Pietro in carcere, lo informa che Teofi lo lo scarcererà se sarà in grado di resuscitare il figlio morto). In questa scena Filippino dipinse le cinque figure al l'estrema sinistra (salvo la testa del frate carmel itano,

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" GLORIA E FAMA GRANDISSIMA ". FILIPPINO LIPPI AL CARMINE

medaglione sop ravvissuto di Masaccio, conservato forse a causa dell'identità, a noi ignota, del personaggio ritratto 22 ) ed il gruppo centrale dei testimoni al miracolo di san Pietro, che sono collocati in un piano chiuso a sinistra e a destra da edifici, al centro da un muro 23 . Il santo appare nel riquadro due volte, cioè nei diversi momenti della storia narrata che segue l'ordine di lettura da sinistra a destra 24, così che lo spettatore, entrando nella cappella, incontra prima l'episodio del miracolo e poi quello con Pietro in cattedra che presuppone una visione frontale. Nell'intervenire entro l'ordito compositivo es istente, Filippin o si inserì con grande discrezione infrangendo tuttavia l'imp ianto circo lare impostato da Masaccio per il gruppo di figure al centro e allineando i personaggi su di un unico piano, a ridosso del muro di fondo, dove dipinse i ritratti dei suo i committenti, "nell'inevitabi le confronto con quelli masacceschi, dando prova di grandissima abilità ne l ri nn ovare il genere: la fede ltà al modell o si coniuga, di volta in volta, con il carattere e la modernità dell 'effigiato" 25 . A fronte delle sintetiche ma precise indicazioni vasariane, è stato ipotizzato che Masaccio avesse terminato la scena e ch e questa venisse poi distrutta nella parte centrale ove sarebbero stati dipinti i ritratti dei Brancacci, caduti in disgrazia e banditi da Firenze nel 1435 a causa dell 'appoggio dato alla congiura ordita da Palla Strozzi ( di cui Fel ice Brancacci aveva sposato la figlia Lena) ai danni di Cosimo de' Medici 26 . Non vi è tuttavia alcuna possibilità (per ora) di dimostrare la fondatezza di questa proposta mentre risulta strano che nessuna fonte abbia fatto menzione di questa eventuale damnatio memoriae. Eppure testimoni oculari di quanto avveniva giornalmente nella cappella ve ne erano in abbondanza, visto che essa era divenuta meta di pellegrinaggio da parte dei maggiori artisti fiorentini e "forestieri" come ancora racconta Vasari: "da infiniti disegnatori e maestri continuamente fino al dì d'oggi è stata frequentata" e ancora "tutti i più celebrati scultori e pittori che sono stati da lui [Masaccio] in qua, esercitandosi e studiando in questa cappella sono divenuti eccellenti e chiari, cioè fra' Giovanni da Fiesole, fra' Filippo, Filippino che la finì, Alesso Baldovinetti, Andrea del Castagno, Andrea del Verrocchio, Domenico del Gri llandaio, Sandro di Botticella, Li onardo da Vin ci, Pietro Perugino, fra' Bartolomeo di San Marco, Mariotto Albertinel li et il divin issimo Michelagnolo Buonarroti; Raffaello ancora da Urbino di quivi trasse il principio de lla bella maniera sua, il Granaccio, Lorenzo di Credi" 27 . Èdavvero difficile credere che gli affreschi ven issero scalpe llati sotto gli occhi di questi 'pel legrini' senza che ne rimanesse la minima traccia scritta, né l' ultima campagna di restauro, condotta tra 1981 e 199028 , ha fornito indicazion i utili a confortare ( o smentire) l'ipotesi della cancellazione di preesistenti affreschi di Masaccio in questa parte de l muro. Dopo l'uscita di scena di Felice di Michele Brancacci 29 e l'affievolirsi dell'interesse da parte dei fam il iari superstit i, nessuna notizia di rilievo ri guarda la cappella f in o agli ann i sessanta, quando la dedicazione viene mutata in Santa Maria del Popolo. È possibile che al lora (ma Paul Joannides pensa che vi fosse ab antiquo 30 ) venisse collocata sull 'altare la tavola duecentesca (1260 circa) della Madonna detta del Popolo, proveniente dall 'altare maggiore, trasferimento forse

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voluto dai Carm elitan i per allontanare il ricordo del patronato Brancacci ormai politicamente scomodo e che Anton io Paolucci valuta come una sorta di declassamento dell ' icona31 . Tacciono ancora le carte per decenni fino agli anni ottanta - Filippino Lippi è ormai al lavoro - negandoci certezze sul la cronologia, sul le ragioni per cui il pittore fu sce lto, sull ' identità dei commiuenti, i quali però, di tutta evidenza, stanno davanti a noi nell'affresco a certificare che furono loro a volere e finanziare il completam ento del ciclo delle Storie di san Pietro. Il punto della situazione riguardo a questa fase è stato fatto da Enrico Parlat o e converrà ripartire dal suo invito ad attenersi "a quell e ch e si configurano oggi come le ipotesi più fondate. La scelta di completare gli affreschi non co involse la famiglia Brancacci, ma piuttosto la comunità d'Oltrarno attraverso le sue compagnie religiose, il gonfalone e le consorterie delle famiglie pi ù cospicue, tra le quali emergono i Soderin i, i Pugliese, i Guicciardini ". "L'impresa assunse così un sign ifi cato pubblico e quindi politico, nel quale poté entrare in gioco un aspetto tradizional e della politica laurenziana, volta a sostenere e a fare propria la tradizione culturale fiorentina qui rappresentata da Masaccio". Aggiunge lo studioso che la scelta del Lippi "per tale intervento - di certo pensato come mimetico completamento di quanto era già stato dipinto - si lega alla fami liarità di suo padre con il Carmine. Nella totale assenza di documenti, la cronol ogia rimane la questione che presenta maggiori diffico ltà: si oscilla tra lo scorcio degl i anni Settanta per l'inizio de i lavori e la f ine del decennio successivo per la loro conclusione. Al momento è prudente indicare come data di riferimento la prima metà degli anni Ottanta e supporre che l'intervento sia st ato scaglionato nel tempo, anziché concentrato in un'unica campagna" 32 . Filippino dovette essere al lavoro verso il 1481, quan do non fu a Roma con gli altri pittori attivi a Fi renze ( non t utte stelle di prima grandezza), inviati da Lorenzo de' Medici per dipingere a tempo di record la cappel la di papa Sisto IV 33 . Ènoto, e ne parla nelle pagine precedenti Alessandro Cecchi, quale fosse il rapporto di fiducia tra Filippino e Lorenzo, rapporto che si rafforzerà nel corso degli anni ottanta fino a culminare, nel 1488, nella delicata missione di carattere più diplomatico che pittorico, presso il cardinale Oliviero Carafa, dal quale dipendeva l'ottenimento del cardinalato per Giovanni de' Medici allora tredicenne 34 . Nel 1481 la mancata partenza per Roma autorizza a credere che il Lippi fosse impegnato a Firenze in un 'opera importante - verosimilmente la cappella Brancacci - e che la dispensa giungesse da Lorenzo stesso il quale era personalmente coinvo lto nel completamento degli affresch i della Brancacci essendo, dall'inizio degli anni settanta, legato alla Compagnia di Sant'Agnese 35 , la confraternita laica che si riuniva e svolgeva le proprie attività presso la chiesa del Carmin e ed aveva un ruolo centrale nella vita sociale del quartiere 36 . In posizione eminente tra le dodici figure dipinte da Filippino - i testimoni del miracolo di san Pietro - accanto a Piero Guicciardini, padre di Francesco, ed a Pi ero Del Pugliese (amico e committente del pittore), compare infatti Tommaso Soderini, "la prudenza del quale, e l'autorità era nota non solo in Firenze, ma a tutti i Principi d'ltalia" 37, alter ego del Magn ifico sulla scena politica fiorent in a e sull o scacch iere italiano 38 . Il

2. Filippino Lippi, San Pietro visitato in carcere da san Paolo.

Firenze, chiesa di Santa Maria del Carmine, cappella Brancacci

Soderini, Piero Del Pugliese e verosimilmente alt re delle figure non ancora riconosciute, appartenevano ad una élite di famiglie - i Serragli, i Bon si, gli Antin ori, i Lanfredini - che costituivano la consorteria detta del Drago Verde 39 . Tutti loro facevano inoltre parte della già menzionata Compagn ia ed erano impegnati, sin dagli anni settanta, ad uscire dal quartiere d'Oltrarno per conquistare visibilità e ruoli politici sulla scena fiorentina 40. La preminenza dei loro ritratti al centro della parete rende manifesto il loro desiderio di dare immagine e corpo ad una ascesa sociale che, cominciata negli anni sessanta, aveva portato a coinvolgere Lorenzo de' Medici nel le attività della Compagnia41 , a f inanziare i lavori di restauro e rist rutturazione del convento 42 ed infine a pro m uovere il comp letamento

del ciclo degli affreschi della Brancacci. Questa conclusione dovette apparire loro ovvia e necessaria al tempo stesso: se è vero infatti che la cappe lla era divenuta meta di pe ll egrinaggi da parte degli "infiniti disegnatori e maestri" 43 che andavano a rendere omaggio a Masaccio e Masolino, ad "apprendere le regole del far bene da le figure di Masaccio" 44 ( come fece anche M ichelangelo 45 ), "esercitandosi e studiando" 46, e a 'sbalordirsi', per dirla con Roberto Longhi, la cappel la restava pur sempre un luogo "imperfetto", in cerca di autore. Non stupisce che il nome di colui che la completerà compaia nella lista vasariana degli assidui frequentatori della Brancacci ma, in un panorama nel quale certamente la concorrenza non doveva languire, la giovin ezza di Filip pin o (nato attorno o poco prima del 1457)

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" GLORIA E FAMA GRANDISSIMA" . FILIPPINO LIPPI AL CARMINE

3. Filippino Lippi, Crocifissione di san Pietro e Disputa con Simon Mago. Firenze, chiesa di Santa M aria del Carmine, cappe lla Brancacci

dovette contare molto nella scelta del pittore in ragione di una mani era non ancora cristall izzata e perciò idonea ad integrarsi con gli affreschi esistenti. Accanto al dato generazionale giocò però la garanzia di continuità che unicamente il figlio di frate Filippo 'del Carmine' poteva offrire. Quest'ultimo infatti, nato e cresciuto nel quartiere, aveva lavorato e vissuto nel convento 47, vi era dive ntato pittore e, come racconta Vasari, "aveva preso la mano di Masaccio sì che le cose sue in modo simili a quella faceva che molti dicevano lo sp irito di Masaccio essere entrato nel corpo di fra' Fili ppo" 48 Di padre in f igli o il passo è breve e sarà utile ricordare che il Cavalcaselle vide proprio in questi affreschi le "caratte ri stich e che derivano dall'insegnamento di

Fra Filippo" 49 ed ancora recitare le parole di Longhi riguardo ai pinori che affollavano la cappe ll a cercando di appropriarsi di un bran dello dell 'eredità di Masaccio: "nessun dubbio che il capoccia pi ù irrequieto ne fosse il giovane converso Fra rilippo" 50. In assenza di notizie più precise, possiamo ipotizzare che il ruolo di Lorenzo nell'impresa fosse quello di 'consigl iere' nell'iniziativa ed è più che un'indicazione suggestiva la notizia rne, nel 1485 (verso o alla conclusione dei lavori dunque), egli (ed i suoi famil iari ) venivano esonerati in perpetuo dal pagamento delle tasse dovute alla Compagnia "pe' meriti et benefici hann o facto et ognun ' dì fanno alla nostra conpaonia"51 . Sia il Soderini - la f igura più influente del distretto e

probabilmente il motore dell ' iniziativa - sia Lorenzo, a causa de lla grave situazione politica interna ed estera, pote rono occupars i de lla cappella so lo al prin cipio degli anni ottanta, una volta tramontato l'immediato pericolo di guerra ed avviata la riforma del sistema di governo di Fi renze, in un momento che coincide con il mancato viaggio di Filippino a Roma. Un nuovo documento datato 29 gennaio 1482 (calendario moderno), segnalatomi da Karl Schlebusch 52, attesta inoltre la presenza di Filippino a Firenze, come testimone di Giorgio Anton io Vespucci, nella casa di Lorenzo e Giovan ni di Pierfrancesco Medici nel popolo di San Lorenzo ed al tempo stesso una sua qualche consuetudine con questo ramo della fam iglia 53 .

Conclusa la prima scena, utilizzando lo stesso ponte, il Lippi poté proseguire con il San Pietro visitato in carcere da san Paolo 54 (fig. 2), sull a medesima parete, ipotesi che spiega il ' masaccismo' che già il Cavalcasel le riscontrava nel l'affresco facendog li im maginare che Fili ppino seguisse una sinopia tracciata da 55 Masaccio e che va letto come spia di una voluta continuità con la sce na a fianco. Nella parete di fronte il pittore dipinse due episodi tratti dalla Legenda Aurea e dagli Atti degli Apostoli che narrano i momenti conclusivi della storia di san Pietro, la Disputa con Simon Mago nella metà destra del riquadro, la Crocifissione a sinistra 56 (fig. 3). Le due storie sono accostate entro un impi anto compositivo unitario, artico lato da un

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"GLORIA E FAMA GRANDISSIMA ". FILIPPINO LIPPI AL CARMINE

4. Filippino Lippi e Masaccio

5. Fil ippino Lippi, Disputa con Simon Mago, particolare.

(?),

Crocifissione di san Pietro,

Firenze, chiesa di Santa Maria del Carmine, cappella Brancacci

particolare. Firenze, chiesa di Santa Maria del Carmine, cappella Brancacci

prospetto arch itetton ico diviso da un arco nel cui sfondo il Lippi tratteggiò la scena di Paolo portato al martirio, un evento che avvenne nel lo stesso giorno del la crocifissione di Pietro ma non nello stesso luogoS?_ All 'interno di un percorso operativo che dovette comportare un coerente adattamen to del progetto iconografico originario, guidato probab ilmente dai Carmelitani che so li ( o quasi) lo potevano ancora conoscere 58, Fi lippin o vo lle rispettare l'impianto narrativo complessivo della cappella, e sistemò il proprio aut oritratto in posizione si mm etrica rispetto a que ll o di Masaccio sul la parete opposta 59 . Al tempo stesso eg li ruppe, non sapp iamo quanto intenzionalmente, la st ringente sequenza espositiva che 'eroicamente' Masaccio aveva tentato di instaurare grazie all 'impiego de ll a narrazione continua ( che lega entro

una st essa scena e in rapida success ione, momenti diversi di una medesima vicenda) e raffigurò nel riquadro episodi diversi della storia del santo 60 . Il modo in cui le due storie convivo no sulla parete risponde perciò solamente ad una logica visiva che asseconda il percorso dello spettatore; la Disputa ha un punto d i vista centralizzato per una visione frontal e e lo sguardo dell ' autoritratto del pittore (fig. 1 p. 18) incontra il visitatore quando questi si trova davanti all e figure. Il punt o di vista della Crocifissione è invece leggermente spostato a destra e l' immagine è costruita per un visitatore che si addentri nella cappe ll a fino al centro della sto ria, cioè il corpo di Pietro cro cifisso. Perciò nel secondo autoritratto, Filippino, pur dando le spalle al centro della composizione, 61 volge la testa ad intercettare lo sguardo di chi si avvicina .

Nel complesso dell a scena appare evidente il cam bio di passo avvenuto nel giro di qualche anno, avvertito e denunciato con veemenza da Alessandro Parronchi, il quale, nella storia di Simo n Mago, identificò proprio la parte nella quale "Masaccio fu più in concepibilmente e integralm ente tradito", addirittura additando in uno dei figuri che innalzano Pietro sulla croce " un brachicefalo dal volto deforme, una di quelle 'fisionomie negative' in cui Fi lippino anticipa, superando lo, il più bieco manierismo", affermazione nella quale il giudizio morale ( e moralistico) sul carnefice pare trasferirsi de plano al pittore ed al suo stil e62 . Lo studioso manifestò fastidio per l'evident e - e ai suoi occhi inspiegabile - scarto proporzionale delle figure, causato, secondo lui, dalla scelta del Lippi di usare la scena come 'p retesto' per inserirvi " le fisionomie di am ici artisti e

personaggi contemporanei" 63 , invadendo la con poche figure "di più grande statura di quella fissata in questo primo ordine della decorazione della cappella, sproporzionandone le varie parti - quelle centrali ri sultano infatti di statura nettamente maggiore rispetto all'autorit ratto e al ritratto in profil perdu del Botticelli all'estrema destra - e chiudendo con un muro il campo all a rappresentazione di pian i arretrati nella distanza" 64 . Se l'impiego del muro è elemento di ricercata continuità con la struttura compositiva della Resurrezione del figlio di Teofilo e San Pietro in cattedra, lo scarto dimensionale dei personaggi si comprende proprio grazie ad un dettagl io osservato dallo stesso Parronchi, il quale si è soffermato su alcune incongruenze del la figura di Pietro crocifisso. Il collo del santo è incassato e la testa ' infossata'nelle spalle come se fosse appoggiata su

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• 6. Filippino Lipp i, San

"GLORIA E FAMA GRANDISSIMA" . FILIPPINO LIPPI AL CARMINE

Pietro

liberato dal carcere. Firenze, chiesa di Santa Maria del Carmine, cappella Brancacci

un tronco o su altro, mentre non lo è6 s; ed è realizzata con una tecnica diversa dalle altre e cioè a piccol e penn ellate fitte "che ottengono una fusione d'impasto" (fig. 4), mentre quelle dipinte da Filippino sono "disegnate col pennello" con grande eleganza66 (fig. 5). In base a questi dati lo studioso ritiene che il Li ppi abbia riadattato, inserendola nella nuova composizione, la figura di Pietro già dipi nta da Masaccio ripassandone il corpo (ma non la testa) e armonizzandola con quelle adiacenti dei due carnefici 67, ipotesi condivis ibile. La presenza di una t raccia lasciata da Masaccio in questa parte dell'affresco sp iega perché Filippino dipinse personaggi di proporzioni m inori ri spetto a quelli della metà destra del riquadro. Se egli dovette infatti rispettare quanto già delineato da Masaccio per il m artire crocifisso, so lo nella scena di Simon Mago fu davvero ( e finalmente) libero di dare alle figure l' impianto mon umentale che è sotto gli occhi di tutti, dipingendo la storia " come quella che, avendo in sé tanta ecce llenza d'arte da essere stata giudicata per alcuni il più bel l'affresco di Fi renze, basta sola a dar fama immortale al suo autore" 68 . In questa parete ed in questa fase del lavoro la pressione sul pittore da parte dei comm ittenti doveva essersi allentata; gli episodi ritrattistici si di radarono ed i protagonisti della storia sacra presero possesso del lo spazio. Anche grazie ad un intenso lavoro di esercizio sui disegn i, stimolato dal confront o con Masaccio, necessitato dal passaggio alla scala monumentale dell 'affresco e dall'incalzare delle molte comm issioni - Lucca, San Gimignano, la pala dell a Badia69 - , le figure crescono ne lle dimensioni, il rapporto tra loro si fa più sicuro, la composizione più ampia ed ariosa. Sebbene diradati, i bei volti dei contemporanei non scomparvero però completamente e nella Disputa troviamo l'autoritratto del pittore ed i ritratti di Sandro Botticelli e Antonio Pol laiolo (in piedi accanto a Nerone)7°, il quale aveva forti legam i con il Carmine e con Tommaso Soderini, frequentava Fi lippino quando egli era bambino e ne aveva favorito probabilmente l'accesso alla cerchi a medicea. Pur maggiormente libero da impegni verso la committenza, il Lippi vol le restare fedele alla tradizione inserendo nella scena se medesimo e le persone a lui più vicine, procedendo sulla strada aperta, proprio al Carm ine, da Masaccio il quale aveva ritratto a terra verde, nella Sagra che ce leb rava la consacrazione de ll a chiesa dell'ap rile 1422, " infinito numero di cittadini in mantello et in cappuccio che vanno dietro a la processione, fra i quali fece Filippo di ser Brunellesco in zoccol i, Donatello, Maso lin o da Panicale stato

suo maestro" 71 , per giungere poi a reali zzare la 'galleria' di ritratti nella cappella Brancacci. Ritratti ch e, come ricorda Cari Strehlke, contribuirono a fare di queste due opere dei "civic monuments" in una città che prima di allora non si era dotata di un "officiai painting style" 72. Nel momento stesso in cui salì, per la prima vo lta, sul ponteggio della cappe lla, Filippino non poté non essere consapevole di appartenere a questa tradizione e se i ritratti della parete sinistra sono apparsi come una " intrusione" di figure che "forzano la lettura della scena che giustappone eventi del passato con una partecipazione presente" 73, cosa altro avrebbe potuto dipingere lo stesso Masaccio se non il clan di Felice di Michele Brancacci suo committente? Solo nei due episodi sui pilastri, San Pietro visitato in carcere da san Paolo e San Pietro liberato dal carcere74 (fig. 6) (l ' ultimo ad essere eseguito 7s perché si soprammette alla Disputa )76, Filippino si liberò di tutte quelle facce di fiorentini e dedicò a due momenti sublimi della storia sacra i brani tra i più belli del la sua opera giovanile, dimostrando di fare uso sapiente del formato verticale nel quale impaginò, una su ogn i lato, le due st orie, fasciando il muro con architetture che proseguono dall e scene attigue, rafforzando così la successione visiva degli eventi ma anche costringendo le figure - e qui è, probabilmente, l'omaggio a Masaccio - a muoversi in un primo piano che le spinge quasi fuori dalla scena, con la guardia assopita davanti alla galera nella Liberazione che pare dormire ne llo spazio della cappella. Nel vederli isolati dalle fol le, Paolo e Pietro (finalmente soccorso da un angelo), al di sotto dei titanici progenitori dipinti da Masaccio, appaiono in tutta la do lente umanità che si coglie nelle righe della Legenda Aurea al la voce martirio: strazio, tristezza, dolore, nel momento in cui li separarono l' uno dall 'altro " queste due colonne del mondo" 77, come veramente li ha raffigurati Filippino. Se la funzione dei cicli dipinti nelle cappell e fiorentine f u quella di " istruire, ammon ire, elevare, decorare" 78 , il Lippi raggiunse qui tutti e quattro i traguardi e se pur giovane, come ricorda Vasari 79, e probabilmente alla sua prima prova importante, l'avere affiancato Masolino e Masaccio al Carmine gli procurerà la menzione - "el giouin Philippino" - ne ll a lista di Giovanni Santi dei maggiori artisti attivi nella penisola, attestazione di una fama che aveva di già varcato i confini cittadini 80 proiettandolo verso Roma dove, entro pochi anni, si stabilirà.

Note Torno sulla cappella Brancaccia qualche anno dalla pubblicazione del la monografia scritta con Jonat han Nelson con il quale lo scambio di idee e di materiali non è cessato neppure in questa occasione. Il rimando, poco elegante, è al volume (P. Zambrano, J.K. Nelson, Filippino Lippi, Milano 2004), nel quale a questo argomento furono dedicati una scheda e un capitolo e dove si trovano materiali che non possono trovare spazio in un saggio breve. Gli aggiornamenti di dati e di proposte sono invece in queste pagine. Grazie ad Alessandro Cecch i per l'invito, a Laura Lom bardi per l'aiuto. 1 O. Casazza, P. Cassinelli Lazzeri, La Cappella Brancacci. Conservazione e restauro nei documenti della grafica antica, Modena 1989, pp. 29 e 98-103. J.A. Crowe, G.8-

Cavalcasel le, A New History of Painting in ltaly from the Second to the Sixteenth Century, 3 voli , London 1864-1866, voi. li, 1864, p. 436. G.B. Cavalcaselle, J.A Crowe,Storia della Pittura in Italia dal secolo Il al secolo XVI, 11 voli., Firenze 1886-1908, pp. 9-10. 2 P. Petrioli, Giovanni Battista Cava/caselle e Gaetano Milanesi, in Giovanni Battista Cava/caselle conoscitore e conservatore, atti delconvegno (Giovanni Battista Cava/caselle 1819-1891 Alle origini della storia dell'arte, Verona, 1997) a cura di C. Tommasi, Venezia 1998, pp. 153-163. 3 G. Mi lanesi, Commentario alla vita di Masa ccio, in G. Vasari, Le vite de' più eccellenti pittori, scultori ed architettori scritte da Giorgio Vasari pittore aretino, ed. a cura di G. Mil an esi, 9 voli., Firenze 1878- 1885, voi. Il, 1878, p. 306. Su questo punto

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"GLORIA E FAMA GRANDISSIMA" . FILIPPINO LIPPI AL CARMINE

e sulla esemplarità metodologica della fortuna critica della cappella Brancacci, Roberto Longhi apre Fatti di Maso/i no e di Masaccio, in "Critica dArte", 5, 1940, pp. 145-191, poi in Opere complete di Roberto Longhi, VIII, Firenze 1975, pp. 3-65: "Un racconto particolare della vexata quaestio che già il Milanesi chiamava 'la più importante nella Storia dell'Arte', varrebbe sicuramente, se ben inteso, di modello topico per lo svolgimento della metodologia critica dei nostri studi, dal Vasari a oggi". 4 G. Milanesi, Commentario alla vita di Masaccio, cit., p. 309; "tanto che si può dire che dal Patch in poi sempre più siasi andata alterando e confondendo la verità intorno a queste pitture" Milanesi, nel Commentario, mette in fila le diverse e spesso errate interpretazioni del passato e a lui coeve, facendo così luce, sulla scorta del lavoro di Giovanni Gaye, nelle "tenebre" e nella "confusione grandissima" che regnava riguardo all'autografia degli affreschi. La vicenda è ricostruita da F. Gamba, Filippino Lippi nella storia della critica, Firenze 1958, cap.111, pp 27-36. 5 G. Vasari, Le vite... cit., voi. Il, 1878, p 307. 6 Nel 1460 la titolazione della cappella fu mutata in Santa-Maria del Popolo, dal nome della tavola duecentesca forse già nella cappella ab antiquo. A. Paolucci, La Madonna duecentesca del Carmine, in La Chiesa di Santa Maria del Carmine a Firenze, a cura di L. Berti, Firenze 1992, p. 277, propone invece che la pala fosse originariamente nel coro o in luogo eminentissimo. Sul l'icona e la sua devozione: N.A. Eckstein, The Widows' Might: Women's ldentity and Devotion in the Brancacci Chapel, in "The Oxford ArtJournal", 28, 1, 2005, pp. 116-118; C. Gardner von Teuffel, The Significance of the Madonna del Popolo in the Branca cci Chapel: Re-Framing Assumptions, in The Brancacci Chapel. Form, Function and Setting, atti del convegno (Firenze, 2003) a cura di N.A. Eckstein, Firenze 2007, pp. 37-51. 7 La letteratura dedicata alla cappella è vastissima specie per quanto riguarda l'opera di Masolino da Panicale e Masaccio. Si segnalano alcuni contributi ai quali si farà più spesso riferimento in queste pagine: La Chiesa di Santa Maria del Carmine a Firenze, a cura di L. Berti, Firenze 1992, in particolare: R. Foggi, Descrizione della cappella Brancacci, pp. 207-234; O. Casazza, Operatività e risultanze del restauro, pp. 235-258; M.C. Fabbri, La fortuna' critica della cappella Brancacci, pp. 259-276; A. Paolucci, La Madonna duecentesca del Carmine, pp 277-281. Fondamentale per gli affreschi e il committente Felice di Michele Brancacci: P Joannides, Masaccio and Masolino. A complete catalogue, London 1993, pp. 101-151, 175-177, 313-349 (bibliografia sui pittori al le pp. 343-349, le diverse ipotesi sul la cronologia dei lavori, pp. 321-322). Per l'opera del Lippi nella cappella Brancacci: P Zambrano, in P Zambrano, J.K. Nelson, Filippino Lippi, Milano 2004, pp 291-297 e 327-334. Faccio qui ammenda del l'omissione compiuta nella monografia del 2004 dove manca la segnalazione del contributo dell'amico Andrea Baldinotti, Scelte narrative e spunti iconografici: considerazioni intorno alla cappella Brancacci, in A. Cecchi, V Farinella, A. Baldinotti, Masaccio e Maso/ino il gioco delle parti, Milano 2002, pp 73-135. 8 A. Baldi notti, Scelte narrative e spunti iconografici ... cit., pp 73-135. Sull'iconografia del ciclo e l'identificazione dei ritratti: P Meller, Cappella Brancacci. Problemi ritrattistici e iconografici, in 'Acropol i", lii, 1960-1 961, pp 186-227; IV, pp. 273-312; A. Molho, The Brancacci Chapel, Studies in its lconography and History, in" Journal of the Warburg and Courtauld lnstitutes", 40, 1977, pp. 50-98; D. Cole Ahi, Masaccio in the Brancacci Chapel, in The Cambridge Companion to Masaccio, ed. by. D. Cole Ahi, Cambridge 2002; M. Finch, St. Peter and the Brancacci chapel, in 'Apollo", CLX, lii, 2004, pp. 66-75; M. Rizzi, Cultura agiografica e rappresentazione teologica nel Rinascimento italiano.· il caso della Cappella Brancacci, in "lconographica", 4, 2005, pp. 110-127 (con bibliografia nelle note); N.A. Eckstein, The Brancacci Chapel: new questions, hypotheses and interpretations, in The Brancacci Chapel. Form, Function and Setting, cit., pp. 1-14. Grandi aperture e una felice messa a punto del quadro storico vengono ora dal contributo di D. Kent, The Brancacci Chapel Viewed in the Context of Florence's Culture of Artistic Patronage, in The Brancacci Chapel. Form, Function and Setting, cit., pp. 53-71. 9 L. Pandimiglio, Felice di Michele vir clarissimus e una consorteria. I Brancacci di Firenze, Milano 1987; per l'iconografia, la storia e il committente: A. Molho, The Brancacci Chapel cit. Come ha precisato Molho (p. 74), non vi è certezza né della identità del comm ittente né delle ragioni della scelta di Maso lino e Masaccio così come del tema iconografico. 10 A. Baldi notti, Scelte narrative e spunti iconografici ... cit., pp. 74-75. 11 U. Baldini, Restauro della Cappella Brancacci primi risultati, in "Critica dArte", Cl, 9, 1986, pp. 66-67; U. Baldini, O. Casazza, La Cappella Brancacci ... cit., pp. 156-157. 12 G. Milanesi, Commentario alla vita di Masaccio, cit., p. 309. 13 P Cassinelli Lazzeri, La fortuna grafica della Cappella Brancacci tra Settecento e Ottocento, in O. Casazza, P Cassinelli Lazzeri, La Cappella Brancacci ... cit., pp. 37-65 per le incisioni di T Patch.

14 F. Gamba, Filippino Lippi nella storia della critica, cit., pp. 27-36; P Zambrano, in P Zambrano, J.K. Nelson, Filippino Lippi, cit., p. 331; M.C. Fabbri, La fortuna' critica della cappella Brancacci, in La Chiesa di Santa Maria del Carmine a Firenze, cit., pp. 259-276. 15 Le fonti sono elencate e citate da P Zambrano in P Zambrano, J.K. Nelson, Filippino Lippi, cit., p. 331. 16 G. Vasari, Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori nelle redazioni del 1550 e 1568, testo a cura di R. Bettarini, commento secolare di P Barocchi, 11 voli., Firenze 1966-1997, voi. lii, 1971, pp. 560-561. " Ibidem. 18 lvi, p. 131. 19 Jacopo da Varazze, Legenda Aurea (nuova edizione), a cura di A. e L. Vitale Brovarone, Torino 1997 e 2007, XLIV, pp. 220-222. 20 Ad esclusione del restauro operato da Fi lippino, il quale "risulta avere coperto e mascherato un braccio e una mano della figura che era stata dipinta da Masaccio nell'atto di toccare il Santo"; U. Baldini, O. Casazza, La Cappella Brancacci, cit., p. 197. Diversamente, nel san Pietro che resuscita il ragazzo, Filippino sostituì il braccio destro della figura modificando l'andamento del la composizione: J.K. Nelson, Filippino nei ruoli di discepolo, collaboratore e concorrente di Botticelli, in Botticelli e Filippino. L'inquietudine e la grazia nella pittura fiorentina del Quattrocento, catalogo della mostra (Firenze, 11 marzo -11 luglio 2004) a cura di D. Arasse, P De Vecchi, J.K. Nelson, Milano 2004, p. 88. 21 A. Baldinotti, Scelte narrative e spunti iconografici ... cit., p. 122; le tre storie svolgono il tema "dell'apostolato messo alla prova e, quindi, trionfante a seguito del manifestarsi dell'evento miracoloso". 22 O. Casazza, La cappella Brancacci, in La Cappella Brancacci. La scienza per Masaccio, Masolino e Filippino Lippi, Quaderni del Restauro 10, Olivetti, Milano 1992, p. 10. 23 Èstato ipotizzato che Giovanni da Fiesole intervenisse dopo Masaccio ad integrare la scena in alcune delle parti architettoniche (parete a specchi marmorei e vasi di terracotta); V Sgarbi, L'Ombra di Masaccio, in "Quadri (ò Sculture", 6, 1998, 31, pp 34-35. Di Angelico come "stretto affine di Masaccio", parla Roberto Longhi dedicando al rapporto tra questi due pittori (dei quali per primo rivendicò la prossimità) tutta la cavalcata conclusiva dei Fatti di Masolino e di Masaccio, a partire dall'osservazione che, non casualmente, Vasari pose il frate come "capolista fra quei grandi che si recarono ad apprendere nel la Cappel la Brancacci", così che "i più antichi esempi di articolazione di una frase masaccesca in un costrutto personale e diverso non possono, verosimilmente, toccare ad altri che allAngelico"; R. Longhi, Fatti di Masolino e di Masaccio, cit., p. 37. Sul rapporto Masaccio-Angelico si veda anche: R. Fremantle,Masaccio e l'Angelico, in 'Antichità viva", IX, 6, 1970, pp. 39-49. R. Hamann, Masaccio and Filippino, in Festschrift fiir Wilhem Waetzoldt, Berlin 1941, pp. 81-89 pose invece la questione di un possibile intervento di Fil ippino nel muro di fondo. Su questa linea sono K. Steinbart, Masaccio, Wien 1948 e M. Meiss, Masaccio and the Early Renaissance: The circular pian, in Studies in Western Art. Acts of the 20'" lntemational Congress of History of Art, Princeton 1963, pp. 123-145. J. Spike, Masaccio, Milano 1995, ha ribadito questa ipotesi respinta però in base allo studio delle 'giornate', da O. Casazza, La grande gabbia architettonica di Masaccio, in "Critica dArte", LIII, 16, 1988, pp. 78-97. 24 Gli episodi non seguono un ordine cronologico ma 'visivo' (S. Roettgen, ltalian Frescoes. The early Renaissance 1400-1470, New York-London-Paris 1996, p. 94) o 'tematico' (A. Debold von Kritter, Studien zum Petruszyklus in der Brancacci Kapelle, tesi di Ph.D., Berlin 1975 e P Joannides,Masaccio and Masolino ... cit., pp. 318-319). 25 E. Parlato, ad vocem Lippi Filippino, in Dizionario Biografico degli Italiani, voi. LXV, Roma 2005, p. 193. 26 La teoria della damnatio memoriae è stata proposta da H. Brockhaus, Die BrancacciKapelle in Florenz, in "Mitteilungen des Kunsthistorisches lnstituts in Florenz", lii, 1930, pp. 160-182. Concorda L. Pandimiglio, Felice di Michele vir c/arissimus ... cit., p. 104. J.T Spike, Masaccio, cit., p. 72, nota 82, afferma che oltre a sostituire i brani di Masaccio colpiti dadamnatio memoriae, Filippino sarebbe stato responsabile "della distruzione di alcune delle parti mancanti, da lui in seguito sostituite con propri affreschi". P Joannides, Masaccio and Masolino ... cit., pp. 314-315, 333, respinge invece la teoria ipotizzando una sospensione intenzionale o casuale dei lavori. Ho discusso di questa ipotesi in P Zambrano, J.K. Nelson, Filippino Lippi, cit., pp. 182-183, 193, 330-331. 27 G. Vasari, Le vite ... cit., voi. lii, 1971, pp. 131-132. 28 11 restauro è documentato da una serie di pubblicazioni: U. Procacci, U. Baldini, La Cappella Brancacci nella Chiesa del Carmine a Firenze, Quaderni del Restauro 1, Milano 1984; U. Baldini, Restauro della Cappella Brancacci primi risultati, cit., pp. 65-68; U. Baldini, O. Casazza, La Cappella Brancacci, Milano 1990 (in particolare O. Casazza, La cappella Brancacci dalle origini a oggi, pp. 306-337); K. Shulman, Anatomy of a

Restoration. The Brancacci Chapel, New York 1991; La Cappella Brancacci. La scienza per Masaccio ... cit.; J. Beck, M. Daley, Restauri. Capolavori e;- affari, Firenze 1993. La bibliografia completa in P Zambrano, J.K. Nelson, Filippino Lippi, cit., scheda n. 21 A-E, pp. 327-334; sulla tecnica: O. Casazza, Caratteri generali del "buon fresco" di Masaccio e Maso/ino nella cappella Brancacci, in Masaccio e Masolino, pittori efrescanti. Dalla tecnica allo stile, atti del convegno (San Giovanni Valdarno, 2002), Milano 2004, pp. 77-85. 29 L. Pandimiglio, Felice di Michele vir c/arissimus ... cit., pp. 89-96. 30 P Joannides, Masaccio and Maso/ino ... cit., p. 315. 31 A. Paolucci, La Madonna duecentesca del Carmine, cit., pp. 277-278. 32 E. Parlato, ad vocem Lippi Filippino, cit., p. 193. 33 Diversamente afferma F. Albertini, Opusculum de mirabilibus novae [et veteris) urbis Romae (1510), a cura di A. Schmarsow, Heilbronn 1886, p 13. Preciso è invece a riguardo il resoconto di un agente di Ludovico il Moro, si veda per questo J.K. Nelson, in P Zambrano, J.K. Nelson, Filippino Lippi, cit., pp. 391-395 e doc 18. 34 P Zambrano, in P Zambrano, J.K. Nelson, Filippino Lippi, cit., p. 35. 35 N.A. Eckstein, The District of the Green Dragon. Neighbourhood /ife and socia/ change in renaissance Florence, Firenze 1995, pp. 205-224. 36 lvi, pp. 61-95, 199-205; N.A. Eckstein, Women's ldentity ... cit., pp. 106-107. 37 G. Vasari, Ragionamenti del Sig. Cavaliere Giorgio Vasari, pittore et architetto aretino: sopra le inuentioni da lui dipinte in Firenze nel Palazzo di loro Altezze Serenissime; con lo 11/ustriss. !!7 Eccellentiss. Signor Don Francesco Medici allora principedi Firenze; insieme con la inuentione della pittura da lui cominciata nella cupola; con 2 tavole, una delle cose più notabili, !!7 l'altra del/i huomini illustri, che sono ritratti e nominati in quest'opera, Fi renze 1588, giornata Il, ragionamento Il. 38 PC. Clarke, The Soderini and the Medici. Power and Patronage in Fifteenth-Century Florence, Oxford 1991, cap. I. Per il rapporto tra Tommaso Soderini e Lorenzo de' Medici: PG. Clarke, Lorenzo de' Medici and Tommaso Soderini, in Lorenzo de' Medici. Studi, a cura di G.C. Garfagnini, Firenze 1992, pp. 67-101. 39 Il termine Drago Verde (o Drago) indicava anticamente l'attuale quartiere fiorentino di Santo Spirito, appartenente al sestiere d'Oltrarno del popolo di San Frediano. Corrispondeva ad uno dei sedici gonfaloni nei quali la città di Firenze era divisa nel Tre e Quattrocento; G. Fossi, Grandi casati, uomini illustri e committenti, in La Chiesa di Santa Maria del Carmine a Firenze, cit., p. 314; N.A. Eckstein, The District... cit., p. Xl. 40 P Zambrano, La committenza, in P Zambrano, J.K. Nelson, Filippino Lippi, cit., pp. 181-189. 41 Riguardo all'ingresso di Lorenzo de' Medici nella Compagnia di SantAgnese (atto politico di controllo di una serie di famiglie e personaggi, in primis il Soderini), si rimanda a N.A. Eckstein, The District... cit., pp. 210-211. 42 Per i lavori intrapresi a partire dal 1449 si veda N.A. Eckstein, The District .. cit., pp. 203-205. 43 G. Vasari, Le vite ... cit., voi. lii, 1971, p. 131. 44 lvi, p 132. 45 Michelangelo e i maestri del Quattrocento, catalogo della mostra (Firenze, 20 giugno - 20 novembre 1985) a cura di C. Sisi, Firenze 1985, pp. 13-55. Sull'attualità di Masaccio alla fine del Quattrocento: G. Agosti,Stanza della Madonna della Scala, in Il Giardino di San Marco. Maestri e compagni del giovane Michelangelo, catalogo del la mostra (Firenze, 30 giugno - 19 ottobre 1992), a cura di P Barocchi, Cinisello Balsamo 1992, pp. 17-20, nn. 7-12. 46 G. Vasari, Le vite ... cit., voi. lii, 1971, p. 132. 47 M. Holmes, Fra Filippo Lippi. The Carmelite Pointer, New Haven-London 1999, pp. 9-97; per i legami tra fra Filippo e il Carmine, si veda anche P Caioli, Un altro sguardo sulla vita di fra Filippo Lippi, in "Carmelus", 5, 1, 1958, pp. 30-72; N.A. Eckstein, The District... cit., pp. 235-252; G. Fossi, Grandi casati, uomini illustri e committenti, in La Chiesa di Santa Maria del Carmine a Firenze, cit., p. 318. Filippo eseguì per il Carmine l'affresco con la Conferma della Regola carmelitana (chiostro del convento) e la Madonna Trivulzio (Mi lano, Civiche Raccolte dArte, inv. 551; P Zambrano, scheda 86, in Museo d'Arte Antica del Castello Sforzesco Pinacoteca, voi. I, a cura di M.T Fiorio, Milano 1997, pp. 167-170). 48 G. Vasari, Le vite ... cit., voi. li i, 1971, pp. 328-329: "Era al lora nel Carmine la cappel la da Masaccio nuovamente stata dipinta, la quale, perciò che bellissima era, piaceva molto a fra' Filippo; laonde ogni giorno per suo diporto la frequentava, e quivi esercitandosi del conti novo in compagnia di molti giovani che sempre vi disegnavano, di gran lunga gl'altri avanzava di destrezza e di sapere, di maniera che e' si teneva per fermo che e' dovesse fare col tempo qualche maravigl iosa cosa: ma negl'anni acerbi, nonché ne' maturi, tante lodevoli opere fece che fu un miracolo". 49 J.A. Crowe, G.B. Cavalcaselle,A New History of Painting in ltaly ... cit., voi. Il, p. 435.

50

R. Longhi, Fatti di Maso/ino e di Masaccio, cit., p. 43. N.A. Eckstein, The District... cit., p. 212. 52 Si tratta del la locazione di un terreno. Il documento sarà pubblicato da Karl Schlebusch che ringrazio per la gentile segnalazione. 53 J. Shearman, The Collection of the Younger Branch of the Medici, in "The Burlington Magazine", CXVII, 1975, p. 16. 54 Jacopo da Varazze, Legenda Aurea, cit, XLIV, p. 22. 55 J.A. Crowe, G.B. Cavalcaselle,A New Historyof Painting, cit, Il, p 437; G.B. Cavalcaselle, J.A. Crowe, Storia della Pittura in Italia ... cit., voi. VI I, p. 10. 56 Jacopo da Varazze, Legenda Aurea, cit., LXXXIII, pp. 449-457; Atti degli Apostoli, Vl ll,9-24. 57 lvi, pp. 456, 462; M. Finch, St. Peter and the Brancacci chapel, cit., p. 74. 58 M. Rizzi, Cultura agiografica .. cit., pp 114 e 123. 59 A. Baldi notti, Scelte narrative e spunti iconografici ... cit., p. 122. 60 G. Creighton, The spans of time in the Brancacci chapel, in Watching art. Writings in honor of James Beck, Todi 2006, p. 156. 61 Per la vicenda degli autoritratti di Filippino Li ppi, si rimanda alla nota 76. 62 A. Parronchi, Osservazioni sulla cappella Brancacci dopo il restauro, in "Commentari d'arte", Il, 5, 1996 (1998), p. 16. 63 lvi, p. 14. Su questa li nea anche P Meller il quale, senza giustificazione, critica la scena sacra: "trasformata in un foro d'artisti, e il tono ironico, anzi un po' frivolo, di un'acerba urbanità moderna e decadente" (P Meller, Cappella Brancacci. Problemi ritrattistici e iconografici, cit., voi. IV, p. 284 parla di "raduno d'artisti"). Zambrano, in P. Zambrano, J.K. Nelson, Filippino Lippi, cit., pp. 196-200 per l'analisi del senso di queste presenze tutt'altro che pretestuose o accidentali. 64 A. Parronchi, Osservazioni sulla cappella Brancacci... cit., p. 14. 65 lvi, pp. 16-17. 66 lvi, p. 17. 67 Ibidem. 68 G. Milanesi, Commentario alla vita di Masaccio, cit., p. 21. 69 Sui disegni di Filippino nella fase giovanile si rimanda a P Zambrano, Lo sviluppo del linguaggio di Filippino attraverso il disegno e il tema della figura monumentale, in P Zambrano, J.K. Nelson, Filippino Lippi, cit., pp. 204-223. 70 G. Vasari, Le vite ... cit., voi. 111, 1971, pp. 560-561. 71 lvi, pp. 29-130. 72 C.B. Strehlke, The Brancacci Style and the Carmine Style, in The Brancacci Chapel. Form, Function and Setting, cit., p. 113. 73 P Rubin, Domenico Ghirlandaio and the meaning of history in Fifteenth Century Florence, in Domenico Ghirlandaio 1449-1494, atti del convegno (Firenze, 1994) a cura di W Prinz, M. Seidel, Firenze 1996, p 104, individua queste figure come "leading citizens of the Fiorentine republic" 74 Atti degli Apostoli, Xli, 6-11. 75 U. Baldini, O. Casazza, La Cappella Brancacci, cit., pp. 348-364; O. Casazza, in La Cappella Brancacci. La scienza per Masaccio ... cit., pp. 22-24. 76 Sulla cronologia dell'esecuzione degliaffreschi di Filippino al Carm ine, P Mel ler (Cappella Brancacci. Problemi ritrattistici e iconografici, cit., IV, pp. 282-287) e C.L. Ragghianti (Filippino Lippi a Lucca. L'altare Magrini: nuovi problemi e nuove soluzioni, in "Critica d:t\rte", VII, 37, 1960, pp. 1-56, ripubblicato in C.L. Ragghianti, Studi lucchesi, s.l. e s.d. [1991], pp. 19 5-197) identificano, nella parete destra, due autoritratti di Filippino che sarebbero due 'firme', che segnerebbero una l'inizio, l'altra la fine del lavoro nel 1482 e nel 1489. Per P Zambrano (in P Zambrano, J.K. Nelson, Filippino Lippi, cit., pp. 200-204), è possibile che idue autoritratti siano invece un elemento di continuità visiva (e narrativa) tra le due scene; Filippino non compare due volte in una storia ma una volta in ognuno dei due episodi. A marcarne la distinzione il pittore collocò le figure volte di spalle che limitano al centro ognuno dei due gruppi Afavore dell'identificazione di un solo autoritratto "all'estrema destra della composizione, dietro la figura ammantata di verde col cappello rosso", è invece A. Cecchi, Considerazioni su una recente monografia di Filippino Lippi, in "Paragone", LIX, 701, 2008, p. 62. 77 Jacopo da Varazze, Legenda Aurea, cit., LXXXI II, p. 456. 78 E. Borsook, The Mural Painters of Tuscany from Cimabue to Andrea del Sarto, 2"d ed., Oxford 1980, pp. XVII, XIX. 79 G. Vasari, Le vite ... cit., voi. lii, 1971, p 561. Diversamente sull'età del Lippi: F. Caglioti, Donatello e i Medici. Storia del Davide della Giuditta, 2 voli., Firenze 2000, I, p 149, nota 197. 80 Giovanni Santi, La Vita e le gesta di Federico da Montefeltro, duca d'Urbino, poema in terza rima, a cura di L. Michelini Tocci, 2 voli., Città del Vaticano 1985, libro XXII, cap. XLI, v 376, p. 674. 51

39

La cappella Carafa: un nuovo linguaggio figurativo per la Roma del Rinascimento Jonathan K. Nelson

A Massimiliano Chiamenti, l'amico e lo studioso, venuto a mancare mentre il catalogo andava in stampa

Nel 1488 Filippino Lippi giunse a Roma per lavorare a quella che

tato tra Filippino e un suo com mittente. Nella maggior parte dei

si sarebbe rivelata la comm issione più importante della sua car-

casi, infatti, mancano prove sicure che attestino chi comm issionò

riera: la decorazione della cappella del cardi nale O liviero Carafa

i suoi lavori più importanti ( come per la cappella Brancacci), o chi

nella chiesa di Santa Maria sopra M inerva1. Uno degli aspetti più

li fece portare a compimento ( come nel caso della cappella

è l'impostazione unitaria del lo spazio

Strozzi). Per quanto riguarda la Carafa, invece, possediamo una

della cappella, concepita da Filippino in modo da armonizzare perfettamente non solo gli affresch i della volta con quell i del le

gamma insolitamente ampia di testimonianze sia visive (gli affre-

significativi di questo ciclo

pareti laterali ma anche l'architettura illusionistica e quella reale 2 .

schi e ventisette disegni ad essi correlati), sia scritte (lettere e fonti), che ci consentono di ricostruire una serie di decision i chiave

L'approccio unitario tenuto dal pittore sia nella cappella Carafa, completata nel 1493, sia nella cappella Strozzi a -Fi renze, portata

epigrafi antiche e libri moderni, e sosteneva attivamente l'opera

prese dal cardinale (oda chi per lui). Oliviero Carafa collezionava

a term ine dieci anni dopo, successivamente avrebbe costituito

di molti artisti e umanisti; a quanto pare fu lui a stabi lire l'incon-

un modello fondamentale per la Stanza della Segnatura e per la

sueto e ambizioso programma pittori co della cappella, anche se

volta della cappella Sistina. Nell'evoluzione artistica di Fi lippino la

possiamo ipotizzare che avesse consultato uno studioso della sua

cappe lla Carafa rappresenta una svolta decisiva. I principali affre-

cerchia per le scene in cui compare san Tommaso, soprattutto

schi superstiti della cappella -

l'Annunciazione, l'Assunzione della Vergine, il Trionfo di san Tommaso e il Miracolo del Crocifisso - mo-

considerando che il cardinale, tra l'altro sempre molto indaffara-

strano tre caratteristiche altamente significative, rarame nte, per

to, non era un domenicano. Carafa, dunque, potrebbe aver incaricato degli intermediari di co llaborare con il pittore. Di sicuro

non dire mai, presenti nei precedenti dipinti di Filippino ma mol-

qualcuno consigliò a Fi li ppino di accorpare due episodi nel

to frequenti nelle sue opere successive. Anzitutto lo studio delle statue e degli edifici antichi ispirò al pittore la nuova monumentalità di numerose figure e dello scenario architettonico in cui

Miracolo di san Tommaso, suggerì all'artista le numerose iscrizioni latine nel Trionfo e gli indicò quali eretici raffigurare nella stessa scena. Per il Trionfo - caso unico tra le opere di Filippino pervenu-

esse sono collocate; inoltre, in molti dettagli, in particolare

teci - possediamo un disegno di presentazione finito, che possia-

nell 'intelaiatura architettonica, abbondano i riferimenti diretti a

mo confrontare con il dipinto realizzato. Il raffronto costituisce una solida base da cui partire per formulare ipotesi sugli interessi

monumenti antichi 3. Giorgio Vasari arrivò addirittura ad affermare, esagerando, che Fi li ppino, dopo il soggiorno romano, fu il pri-

iconografici e sulle preferenze stilistiche del cardinale4. Nel corso

mo a introdurre a Fi renze le decorazioni "all'antica". In secondo

della sua carriera Filippino diede prova di una sensibilità non co -

luogo, nelle opere eseguite da Filippino dopo il suo arrivo a Roma i volti e, più in generale, le pose delle figur~ sono caratterizzati da

tente, cercando sempre le soluzioni più appropriate e adottando

mune nel comprendere le specif iche esigenze di ciascun commit-

un senso del movimento ed emozione, se non di pathos, molto

un'ampia gamma stilistica. Secondo un'analogia proposta dall'ar-

più accentuato; le f igure si voltano, corrono, gesticolano come non si era mai visto prima, mentre le vesti fluttuano al vento.

chitetto Filarete, contemporaneo di Fili ppino, il ruolo del com -

Infine, la cappella Carafa e molte opere successive risultano assai

poi l'architetto, come una madre, sviluppava il seme per sette-

mittente era quello di "generare" l'idea originaria di un edificio;

più ornate dei precedenti dipinti di Fili ppino; vi si notano, per

nove mesi di gestazione fino al parto. In questo periodo l'archi-

esempio, una gamma assai più ampia di tipologie somatiche e di

tetto-madre doveva "fantasticare e pensare", allo scopo di pro-

pose, e una maggior ricchezza e profondità nei panneggi. La pre-

durre diversi disegni per il progetto 5 . Prima di "partorire" molte

senza di elementi all'antica, di emozioni espresse in senso teatra-

delle sue opere, Fi lippino ebbe modo di intrattenere rapporti

le e di sentimento, la monumentalità e lo stile estremamente

stretti con i propri committent i e sicuramente così fece anche a

ornato delle opere di Filippi no indicano come, a Roma, l'artista si

Roma. Nell'unica lettera superstite del pittore, inviata a Filippo

fosse "reinventato". La decorazione della cappella costituisce

Strozzi nel 1489, Fili ppino scrisse a proposito di Carafa: " L'opera

uno spartiacque per quasi tutti i suoi dipinti eseguiti precedente-

m ia gli sodisfa [ ... ]. Fassi ora un ornamento per l'altare di marm o

mente o successivamente. La cappella del potente prelato napo-

[ ... ]. La chappella non potrebbe essere più ornata in terra di pavimento porfido e serpentino, tutto sottilissimamente fatto, un

letano ci fornisce, inoltre, un raro esempio di rapporto documen-

Roma, chiesa di Santa Maria sopra Minerva, veduta generale della cappella Carafa

41

LA CAPPELLA CARAFA: UN NUOVO LINGUAGGIO FIGURATIVO PER LA ROMA DEL RINASCIMENTO

parapetto di marmo ornatissimo, e in effetto tutta richissima"

per via materna. Il Crocifisso dipinto che, secondo la tradizione,

(Appendice documentaria,

parlò a san Tommaso si trova nella cappella Carafa in San Domenico a Napoli almeno dalla metà del XVI secolo, se non da

doc. 7). La lettera fa pensare che

Filippino fosse responsabile della realizzazione dei vari elementi che cita: la cornice di marmo dorato, evidentemente disegnata

prima. N el 1487 il cardinale comm issionò le tombe del padre e

dall 'artista stesso; il pavimento in marmi policromi, disposti se-

dello zio nella cappella di famiglia a Napoli, che sarebbe stata la

condo motivi geometri ci; e la balaustra all 'antica che delimita l'ingresso della cappella, forse il primo esempio conosciuto di

sede più logica anche per il suo stesso sepolcro; dopo tutto, Carafa non era romano, né apparteneva all'Ordin e domenicano,

questo elemento architettonicd. Tra l'altro la presenza di mate-

quindi non appare ovvia la sua decisione di farsi costruire una

riali così costosi sembra suffragare l'affermazione di Vasari, se-

cappella di tale rilievo alla Minerva. Un fattore decisivo dovette

condo il quale la cappella era stata stimata 2000 ducati, una cifra

essere la celebrazione solenne che vi si teneva ogni anno presso

astronomica, pur "senza le spese de gli azzurri e de' garzoni". Di

l'altar maggiore in occasione della festa di san Tommaso 9 .

sicuro Carafa e i suoi contemporanei avrebbero potuto definire

Caso unico tra le feste in onore di un santo, il Sacro Collegio al

"ornatissimo" il ciclo di affreschi della cappella. Nel momento in cui il cardinale

stava cercando un

completo era tenuto a parteciparvi. Durante la messa veniva can-

pittore per la propria cappella,

tato il Credo di Nicea, un onore che poneva Tommaso sullo stes-

Filippino era poco conosciuto al di fuori della Toscana, ma una

so piano dei dottori della Chiesa; seguiva una predica e poi, dopo

lettera del com mittente (Appendice documentaria, doc. 6) conferma il commento del Vasari secondo cui il pittore gli era stato

che il ciclo di affreschi fu completato, una visita alla cappella Carafa. Nel 1510 Paride de Grassi, cerimoniere di papa Giulio 11,

raccomandato da Lorenzo il Magnifico. Nel 1488 Carafa rispon-

affermò erroneamente che Carafa era stato la "causa et o rigo"

deva a una lettera dell'abate Gabriele Mazzinghi, per assicurargli

delle celebrazioni in onore di Tommaso alla Minerva10; tale svista

di aver scelto Filippino per la decorazione della propria cappella, meravigliandosi che l'abate avesse potuto dubitarne:" essendone

celebrazione era stata istituita da papa Niccolò V (1447-1455) e

stato indirizzato dal Magnifico Lorenzo, non haveriamo cambia-

già nel 1457 Lorenzo Val la pronunciò il suo famoso panegirico di

indica la stretta associazione tra la festa e il cardinale. In realtà la

to, per quanti altri pictori forono mai in Grecia antiqua". Lo stes-

san Tommaso. li primo sermone comm issionato direttamente da

so anno Lorenzo de' Medici, da tempo in contatto con Carafa,

Carafa fu invece tenuto da Francesco Maturanzio nel 1485 e il

dovette superare l'opposizione di quest'ultimo all'elezione a car-

secondo da Aure lio " Lippo" Brandolini nel 1486, 1488, o 1489.

dinale del f iglio Giovanni de' Medici, appena tredicenne. Nel

Secondo quest' ult imo, Carafa

marzo 1489 Lorenzo ebbe la conferma che il figlio sarebbe stato

ancora più solennemente di prima (nella lettera dedicatoria, tra

aveva

deciso di celebrare la festa

accolto nel Sacro Collegio; comunque, anche dopci aver raggiun-

l'altro, si affermava che il cardinale era parente di sangue del san-

to il suo obiettivo, il Magn ifico continuò a seguire con attenzione

to )11. Come vedremo, stile e contenuto dei panegirici, basati

i progressi di Filippino nella cappella Carafa. Il 7 maggio 1490 Nofri Tornabuoni gli scrisse: "Vegho quello mi dite di Filippino

sull'oratoria epidittica classica, rivelano notevoli analogie con gli

dipintore. lo li parlai destramente a questi dì passati per modo

bero la fama della cappella Carafa nonché del suo committente,

che resto contento et vego che gli oserva quello mi promise di

affreschi di Filippino. Certo

è che le parole e le immagini accreb-

consentendo al cardinale di perseguire il suo obiettivo di pro-

Alla Minerva, Val la si oppose strenuamente anche all'intromissio-

esamineremo più avanti, ben si accorda con uno dei temi princi-

per modo che io

muovere il culto di san Tommaso. La duplice dedica alla Vergine

ne del la f ilosofia nella scienza divina. Quindi gl i affreschi rappre-

pali del sermone di Brandolini. Questi indicava nella povertà, nel-

sono certo che il Cardinale resterà obrighato a voi et chontento

Annunziata e a san Tommaso, unitamente alla forma e all'ubica-

sentano, in parte, la risposta di Carafa all'umanista, come deno-

di lui. Non resterò di tenerlo dipresso et recordarli quel lo che mi

zione dello spazio della cappella all'interno della chiesa della

tano la posizione di spicco riservata al

co llocato nella

la retta dottrina e nella castità i fondamenti su cui la Chiesa deve poggiare, lanciando invettive contro chi non pratica tali virtù 14 . Le

paria di bisogn io" 7 . Nessun'altra lettera rivela così chiaramente l' importanza politica di una raccomandazione artistica nell'Italia

M inerva, contribuì a determinare la scelta dei soggetti raffigurati negli affresch i. Spesso le cappelle dedicate a due figure sacre trat-

lunetta, e la presenza, nel Trionfo, di personificazioni della Filosofia e della Teologia sedute alla destra di Tommaso. Significativamente

favore di una riforma morale nell'ambito della Chiesa; il cardinale

del Quattrocento. La costruzione della cappella Carafa, situata

tano entrambe in modo analogo; nella cappella Strozzi, per

Maturanzio citò sia il miracolo sia le figure della Filosofia e della

aveva proposto, per esempio, che tutte le donne fossero escluse dai Palazzi Vaticani, comprese quelle imparentate con il papa. Nel tentativo di migliorare il comportamento dei suoi colleghi eccle-

lavorare solecitamente et non ispendere

[?]

Miracolo,

parole di Brandolini rimandano allo strenuo impegno di Carafa a

sulla testata del transetto destro della Minerva, fu quasi certamente commissionata dal cardinale e dev'essere successiva al

esem pio, Filippino riservò due scene su ciascuna parete laterale a

Teologia nella sua predica del 1485 commissionata dal cardina-

ciascuno dei santi titolari. Nella cappella Carafa, benché sia la

1478, anno in cui Carafa divenne cardinale protettore dell'Ordi-

Vergi ne sia san Tommaso compaiano in due scene, la posizione

le B. Sulla parete orientale, di fronte agli episodi di Tommaso, Filippino dipinse un altro trionfo allegorico, quello della Virtù sul

ne domenicano. La volta è databile alla seconda metà del XV

degli episodi e l'organizzazione delle pareti sono molto diverse 12.

Vizio. Questi ultimi affreschi andarono perduti nel 1566, quando

cardinali la castità di Tommaso; così facendo, celebrò la stessa

secolo, quindi a quasi un secolo dopo rispetto a quelle del tran-

la parete fu distrutta per erigere la tomba di papa Paolo IV Fortunatamente Vasari ce ne ha lasciato una descrizione detta-

qualità che aveva portato Agostino a riconoscere la superiorità morale dei santi. Vista dalla navata centrale della Minerva, la cap-

progetto, risalente all'ottobre 1486, parla della decisione di "am-

è dedicata alle storie di Maria. Fi lippino dil'Annunciazione nella pala d'altare e sfruttò lo spazio sovrastante per l'Assunzione della Vergine. Dall 'altar maggiore i cardi nali,

gliata; inoltre le figure di Filippino sono riprodotte almeno in un

pella Carafa è incorn iciat a e introdotta da un monumentale arco

pliare" la cappe lla8, riferendosi probabilmente alla camera sepol-

in ascolto dei panegiri ci per san Tommaso, potevano vedere solo

disegno ( cat. 33). Sulle volte compaiono varie figure femminili

marmoreo sostenuto da paraste scanalate. L.:innovativo stile,

crale o cappel lina, in cui originariamente si entrava dalla parete

una parete laterale, quella occidentale, e fu là che l'artista dipinse le due scene dedicate a questo santo moderno. Molti dei sermo-

setto. Il più antico documento che si conosca riguardo a questo

orientale della cappella. La mancanza di all ineamento tra l'asse

42

l Filippino Lippi, Sibille. Roma, chiesa di Santa Maria sopra Minerva, cappella Carafa

La parete dell'altare

pinse

siastici, Carafa scelse di impiegare le immagini, per ricordare ai

dell'antichità romana: le quattro Sibi lle nella cappella (fig. 1), e

chiaramente ispirato a modelli antich i nelle proporzioni e nel li n-

Virginia e Lucrezia nella cappel lina sepolcrale. Le ultime due furono realizzate dall 'all ievo di Fili ppino, Raffaelli no del Garbo, come

guaggio architettonico, probabilmente rispecchia il progetto di un architetto all'avanguardia, forse Donato Bramante che, come

centrale di tale parete e quello della cappellina indica che

ni pronunciati il giorno della festa di san Tommaso citano il mira-

quest'ultima venne aggiunta dopo. La cappella Carafa prese il

colo del Crocifisso parlante, che Filippino andò a raffigurare nella

riferì per primo Vasari, ma probabilmente l' ideazione delle scene

sappiamo, avrebbe lavorato per Carafa alcuni ann i dopo sia a

posto di un altare preesistente ( o forse di una piccola cappella)

lunetta. La maggior parte della parete, invece,

è occupata dal

si deve in parte al maestro in persona. L.:irnportanza della vergini-

Roma sia a Napoli 15 . Un'iscrizione in caratteri all'antica proclama

Storie di

la duplice dedica, mentre un cartiglio marmoreo pendente dalla

dedicato allAnnunziata. L.:aspetto più sorprendente è che Carafa

Trionfo,

vi aggiunse un secondo dedicatario: san Tommaso. Questi era

panegirico di Tommaso pronunciato da Lorenzo Valla, l'uman ista

nell'Annunciazione, è ribadit a Lucrezia e Virginia, che in genere all'epoca

comparivano solo in

chiave di volta indica il nome del committente 16 . Spingendo lo

uno dei santi patroni di Napoli, città natale del committente; il

evitò ostentatamente di accennare al miracolo del Crocifisso par-

ambito domestico. Il rilievo attribuito alla. virtù negli affreschi sul -

sguardo oltre l'arco marmoreo, i cardinali radunati presso l'altar

quale si considerava persino imparentato alla lontana con il santo

lante, che in un altro suo testo aveva addirittura messo in ri dicolo.

la parete orientale e nella lunetta della parete occidentale, che

maggiore potevano vedere la mensa di marmo dell'altare, la cor-

l' immagine più importante dell'iconografia tomista. Nel

tà, implicita

anche dal le

43

LA CAPPE L LA CARAFA : UN NUOVO LINGUAGGIO FIGURATIVO PER LA ROMA DEL RI N ASCIMENTO

2. Filippino Lippi, Assunzione della Vergine e Annunciazione. Roma, chiesa di Santa Maria sopra Minerva, cappella Carafa 3. Filippi no Lip pi, Miracolo del Crocifisso (lunetta) e Trionfo di san Tommaso. Roma, chiesa di Santa Maria sopra Minerva, cappella Carafa

nice - anch'essa marmorea - della pala d'altare, e una serie di elementi architettonici dipinti in finto marmo da Filippino con straordinario illusion ismo. Paraste fittizie ricoperte di grottesche all 'antica sostengono un arco imponente, di dimensioni identiche e di aspetto simile a quello dell'areane trionfale d' ingresso. Al di là di quest'arco f ittizio, la parete di fondo sembra scomparire, rivelando

l'Assunzione davanti allo sfondo del cielo aperto (fig. 2). è circon data da

Nella parte superiore dell'affresco, la Vergine

uno stuolo di cherubini; nove angeli gioiosi, recant i torce o strumenti musicali, accrescono la resa visiva della profondità e comunicano un'atmosfera festante 17 . Queste f igure richiamano uno dei rari commenti di Aby Warburg su Fi lippino: " L'i nfl usso degli antichi sulla pittura profana del Quattrocento - specialmente in Botticelli e in Fili ppino Lippi - si man ifestava in una trasform azione stilistica della figura umana attraverso una mobilità intensificata del corpo e delle vesti, ispirata a modelli dell'arte fi gurativa e della poesia antiche" 18 . La definizione di Warburg bewegtes

Beiwerk, accessori in movimento, si applica perfettamente alle chiome e ai panneggi fluenti degli angeli, e ai loro nastri che fl uttuano al vento. Nella parte inferiore

del l'Assunzione, gli apostoli

reagiscono in modo enfatico al miracolo che si sta svolgendo sopra le loro teste, parlando tra loro e gesticolando concitatamente. Filippino li ha divisi in due gruppi, sfruttando efficacemente l'esiguo spazio rimasto dispon ibile ai lati della cornice della pala d'altare 19 . Probabilmente, secondo l' uso dell 'epoca, la pala ven iva coperta da una tenda quando non era in corso la m essa, t enda che gli spettatori ri nascimentali avrebbero percepito come elemento di continuità con la cortina rossa alle spal le della Vergine e con il drappo vermiglio sopra la pala d'altare. In questo modo si veniva a creare un legame tra il mondo reale e quel lo f ittizio e, al tempo stesso, una separazione tra

l'Annunciazione e l'Assunzione.

Un tocco giocoso contribuisce ad accrescere l' ill usione di una distanza tra la pala d'altare e la parete di fondo: sopra i capitelli delle paraste laterali siedono dei putti che reggo no lo stem ma dei Carafa. I cordoni ross i attorcigliati intorno alle loro gambe attirano lo sguardo degli spettatori ·alle aste che sostengono il drappo vermiglio sopra la cornice. Per di più, la scena de ll'Annun ciazione all ude al l'architettura reale della cappe lla: non solo Mari a si inginocch ia davanti a uno spazio rettango lare che ricorda quello dell'ambiente principale, ma dietro Gabriele, che arriva volando da sin istra accompagnato dal la colomba dello Spirito Santo, si vede un passaggio voltato a botte, molto sim ile a quello della cappellina attigua. Evidentemente Carafa voleva che

nell'Annunciazione fossero in-

clusi entrambi i dedicatari della cappella, nonché il proprio ritratto. La necessità di radunare un gruppo di f igure così inconsueto spinse Fili ppino a realizzare una variante innovativa di un t ema tradizionale. San Tommaso presenta il committente, che si inginocchia davanti all'.Annunziata; la Vergine assume una posa complessa, alzando la mano in un gesto di sorpresa, mentre si volta e guarda alla sua destra, dove è appena atterrato Gabriele, i cui piedi toccano a malapena il suolo. Dal momento che Maria ha le spalle rivolte verso Carafa e le dita sollevate, sembra che lo sti a benedicendo. La Vergine, l'angelo e la colomba sono t utti e t re in movimento, e anche il delicato gesto di san Tommaso si direbbe mom entaneo; solo il donatore appare ben piantato e immobile.

44

45

LA CAPPELLA CARAFA: UN NUOVO LINGUAGGIO FIGURATIVO PER LA ROMA DEL RINASCIMENTO

G · spettatori che si trovano all' interno della cappe lla possono

che alza la mano al cielo a indicare la fonte dell'ispirazione di

Egl i applicava ai sermon i i principi dell'Oratoria epidittica, la reto-

Trionfo di san Tommaso.

vedere anche il lato destro della lunetta, in cui un ulteriore grup-

Tommaso; la Dialettica, con in grembo un serpente; e la

rica dell 'elogio e del biasimo, che non veniva impiegata per istru-

Londra, The British Museum, Department of Prints and Drawings

po di personaggi sembra reagire alla scena, così descritta dal

Grammatica, che ha accanto un fanciullo immerso nella lettura.

ire gli ascoltatori o per persuaderli ad adottare una determ inata

Bene

Nel disegno appaiono, sulla destra in primo piano, varie figure in

linea di condotta, ma per destare in loro un senso di apprezza-

et un compagno di lui che udendo quel

piedi a capo chino, evidentem ente degl i eretici. U n personaggio

mento o di bi asimo. Discorsi di quest o genere non erano desti na-

1.

di grande spicco, probabilmente lo stesso Carafa, entra da sinistra

ti a essere pronunciati in un'aula scolastica o di t rib unale, né in quella del Senato, ma in occasioni cerimon iali. Per la sua funzio ne,

4. Filippino Lippi,

Vasari: "Quando, arando S. Tommaso, gli dice il Crucifisso:

scripsisti de me Thoma,

Crucifisso così parlare sta stupeffatto e quasi fuor di sé

112

Praticamente tutti gli studiosi accettano q uest a identifi cazio ne

con il suo seguito, per assistere al Tri o nfo . Il gruppo è assente

del soggetto. Gli angeli accanto al santo all udono al mi raco lo del-

nell'affresco, segno che evidentemente alla fi ne il comm ittente

la Retorica epidittica si adattava benissimo ai panegirici sacri. La

la castità, una scena raramente rappresentata nell'arte. Si tratta

preferì essere raffigurato nella cappe lla una volta sola: nella pala

sua tecnica di base rivela un parallelismo sorprendente e significativo con la contrapposizione t ra personaggi virtuosi e spregevoli

dell'episodio in cui i fratelli di Tommaso introdussero una prosti-

d'altare. Nella versione dipinta Filippino aggiunse molti più eret i-

tuta nella camera del santo, nel tentativo di indurlo a infrangere il

ci, disponendoli in due gruppi ben distinti, con i due personaggi

sui quali Filippino accentuò l'enfasi nel

suo voto; ma Tommaso implorò l'aiuto divino e due angeli gli

più ri levanti in prossimità del centro della scena. A destra appare

gettazione e quella di realizzazione. Naturalmente non sarà stato

Trionfo,

tra la fase di pro-

ars /audandi et vituperandi;

consegnarono una cintura di perpetua castità22 . La f usione dei

un uomo glabro, Sabellio, avvolto in un mantello rosso, a sinistra

necessario spiegare al pittore l'antica

due miracoli è un fatto senza precedent i e indica la volo ntà, da

Ario, con una lunga barba bianca e una veste gialla; ai loro piedi,

sarà bastato ch iedergli di dare più risalto ;Ile figure che dovevano

parte di Carafa, che i dipi nti illustrassero sia la virtù sia gli scritti di

dei libri aperti li identifi cano e ne riassumo no le eresie. Ario cre-

essere celebrate o condannate. Inoltre, nel sermone che pronun-

Tommaso. Il primo tema dominava l'affresco che un t empo de-

deva che Dio avesse creat o Crist o e che quindi vi fosse stat o un

ciò alla M inerva, Brando li ni divise i suo i t emi nelle categorie es-

corava la parete opposta. N ella lunetta dedicata a Tom maso forse

t empo in cui Cristo non esisteva; Sabellio sosteneva che Dio

senziali dell'erudizio ne di Tommaso e del la sua virtù, creando un

anche le due figure fem m ini li sulla destra alludono al tema del

Padre e Cristo fossero una persona sola. Tommaso confutò que-

modello successivamente seguito nella maggior parte dei panegi-

comportamento virtuoso. Una giovane donna, col capo coperto

ste idee nella Summa

ri ci e nell'iconografia degli affresch i nella cappe lla Carafa25 . Alcuni

in segno di modestia e un rosario alla cintola, è accompagnata da

glione al di sopra del santo; inoltre, nel la Summa egli mise in di-

cambiamenti apportati al Trionfo dal disegno alla versione dipinta

una donna anziana. Ai primi visitatori della cappella la scena avrà

scussione le idee di altri quattro eretici, che non compaiono nel

fanno supporre che il cardinale avesse avuto un impatto anche

contra genti/es,

il cui incipit si legge nel meda-

ricordato le fanciulle povere che, debitamente scortate, si recava-

cappellone degli Spagnoli ma che nella cappella Carafa sono indi-

sullo stile di Filippino. li disegno è molto più brioso mentre l'affre-

no ogni anno alla Minerva in occasione della festa dellAnnunzia-

viduabi li, ancora una volta, grazie alle scritte sugl i abiti. Tommaso

sco non solo è più ch iaro e più semplice ma è molto più com-

ta, per ricevervi la dote. Pro babilmente la dotta confutazione

mise esplicitamente in re lazione le credenze di Ario e quelle di

prensibile anche senza le iscrizioni. È probabile che sia stato

degli eretici da parte di Tommaso, oggetto della scena con il

A pollinare, visibile davanti alla parasta di sinistra, e di Fatin o, il cui

Carafa a respingere la proposta originaria di Filippino per l'am -

Egli t iene le mani giunte vicino al petto, mentre il voluminoso

Trionfo, riappare anche ali ' est rema destra del Miracolo del Crocifisso

capo avvolto in un t urbante spunta t ra gli alt ri due. Sebbene le

bientazione architettonica. Nel disegno, per esempio, la pedana

panneggio che lo am manta ricade al suolo in pesant i pieghe. Le

(fig. 3). Un giovane indica To m maso con la m ano sinist ra e con la

opinion i di Eut iche e di Man icheo present ino poche analogie con

in primo piano è interrotta da una doppia rampa di scalini al cen-

fattezze del cardinale appaiono molto più dettagliate di quel le

destra addita irosamente un uomo più anziano - probabil mente

quelle di Sabellio, t utti e t re accent uavano l'aspetto divino di

tro; a destra si vede una teoria di semp lici pi lastrin i inseriti nello

delle figure sacre; solo lui presenta evidenti ombre sotto il mento,

Averroè - che porta un turbante e un vistoso orecchino, segni

Cristo e ne negavano in parte l'incarnazione. A ll 'estrema destra

zoccolo, a sin istra una balaustra di marmo, che doveva apparire

che un osservatore del Rinascimento avrebbe immediatamente

dell'affresco Man icheo invita al silenzio portando un dito alle lab-

come la prosecuzione del parapetto marmoreo al l'ingresso della

bra, mentre Eutiche, alle spalle di Sabellio, guarda Tommaso, te-

cappella. Forse Carafa giudicò troppo dispersivi questi ingegnosi

ma non in

nendo in mano un rotolo di pergamena. Per meglio illustrare il

dettagli e alla f ine Fili ppino elim inò le scale, avvicinando i perso-

quella di Filippino per la cappella Carafa. In tal modo l'affresco

contrasto tra le parole veritiere del santo e l'empietà di quelle

naggi allo spettatore. Per tornare alla composizione del disegno,

nella volta, la quale, come i dipinti sottostanti, pre-

della lunetta contrappone la condanna nei confronti di un pensa-

degli eretici, Carafa concepì ( o approvò) un programma icono-

inizialmente Filippino vi inserì, proprio al centro, un m ucchio di

senta un ill usionismo prospettico ben più efficace se osservato da

tore 11 orientale 11 , le cui idee furono attaccat e da Tommaso in un

grafico molto più aderente alla Summa

lo ntano. Filippino conferì abilmente alla Sibilla una posa t ale che

trattato, alla celebrazio ne del santo, i cui scritti ri cevettero l'ap-

precedenti raffigurazio ni del

il calcagno del piede destro sia tangente all 'arco marmoreo f itti-

provazi one divina. Il dettagl iat o disegno per la com posizio ne del

una riforma della Chiesa, vo lle che Filippino inserisse nella com-

cathedra,

zio e il panneggio sia sovrapposto alla corn ice. Vista dal l'interno

Trionfo

posizione anche un rap presentante della Chiesa m ilitante, ossia il

versio ne definitiva nessuno di questi elementi è stato mantenuto.

della cappella, la f igura appare lievemente goffa, ma da questo

porlo al suo comm ittente, ci consente di individuare le sostanzia-

personaggio con la mazza cerim o niale a sinistra di Ario, che con-

Molto probabilmente il cardi nale esortò Filippino a ren dere la sua

li modifiche apportate dopo questa fase della progettazione. Il

duce l'eretico al giudizio. Si tratta sicuramente del conte Niccolò

rappresentazione del

il naso e lo zigomo. Facendo ricorso a tali differenze, Filippino ha

11

1123

inserito Carafa tra i personaggi sacri, mostrandoci però che il

associato all' infedele

comm ittente appartiene a un diverso piano della realtà. Dalla na-

rappresentazioni precedenti del

vata centrale della Minerva, i cardinali potevano amm irare la

Sibilla Cumana

punto sono visibili anche le altre tre Sibil le: la Tiburtina sopra l'en-

.

L'eretico col turbante appare in tutte le

Trionfo di Tommaso,

(fig. 4), che Filippino presum ibil mente eseguì per sotto-

Trionfo.

contra genti/es

rispetto alle

libri sparpagliati, accanto a due cani che si studiano reciproca-

Il cardinale, sosten itore di

mente. Numerose figure siedono con noncuranza ai piedi della m entre un curioso si alza a osservare Tommaso. N ella

Trionfo

più ch iara, una scelta che riflette la

sopra la

pittore avrebbe potuto realizzare il disegno anche con un m in imo

O rsini, nominato capitano generale dell'esercito papale nel 1489.

preferenza del committente per i panegirici epidittici. Spesso i

parete occidentale ( quest'ultima fu completamente ridipinta nel

di indicazioni fornitegli da Carafa, poiché l' iconografia deriva in

Sul lato opposto gli altri eretici sono invece presentati da

panegiristi sceglievano per i loro encomi le classiche virtù dell 'or-

trata, la

Delfica

sopra la parete orientale e

l'Ellespontica

buona parte da rappresentazion i precedent i del Trionfo, in parti-

Gioacch ino Torrian i, maestro generale dei domenicani. Molto

dine, del la chiarezza e della semplicità di espressione e infatti nel

di Fili ppo Barbieri

colare da quella di Andrea di Bonaiuto nel cappello ne degli

probabil mente il pittore ritrasse vari altri contemporanei di

suo manuale Brandolini sottol ineava la necessità di essere chiari e

(Roma 1481), il quale ne aveva dedicato la prima edizione pro-

Spagnoli in Santa Maria Novella, a Firenze. N el foglio non c'è lo

Carafa e del la sua cerch ia inserendoli tra i personaggi dell'affre-

com prensibili 26 . A quanto pare Carafa volle che Filippino, nelle

prio a Carafa. Infatti t utte le iscrizion i nella volta derivano da que-

spazio per le iscrizio ni; evidentemente dopo aver visto il d isegno,

sco. Rispetto al d isegno, nel dip into Fil ippino concentrò maggior-

raffigurazio ni sia dei personaggi prin cipali sia dell'architettura

Carafa ( o il suo rappresentante) chiese al suo artist a di includere

mente l'attenzio ne sulle figure o no revo li, come Orsini, Torriani e

nonché nelle iscrizioni esplicative di cui il

Fili ppino, giacché nell'inventario della bottega del pittore, redatto

nella composizione i numerosi testi che ill ustrano o esaltano il si-

soprattutto Tommaso, dist inguendo li chiaramente dagli iniqui. In

appunto prova di t ali qualità. Q uesta idea può appari re in conflit-

(Appendice documen -

gnificato dell'affresco. Nel disegno Filippino aveva inserito, al po-

questa rappresentazione del

Trionfo, gli eretici sono molto più nu-

to con lo stile estremamente ornato degli affreschi stessi, e con il

Seicento). La decisione di inserire le antiche profetesse fu probabilmente ispirata al cardinale dagli

Opuscula

sto t esto. È possibile che Carafa ne avesse regalata una copia a nel 1504, compare un "libretto delle Sibille"

Trionfo

abbonda, desse

Trionfo del Buonaiuto, un ari oso edificio

merosi e più in evidenza che nelle molte interpretazion i prece-

desiderio del cardinale, t estimoniato da Fil ippino nella lettera a

scata sul la parete occidentale, con san Tommaso ali' estrema sini-

rinascimentale con aperture ad arco, mentre nell'affresco aggiun-

denti dello stesso soggetto. Il ri lievo dato all'elogio e al biasimo

Strozzi, che la sua cappella dovesse " essere più ornata" possibile.

stra, ci fornisce la prova lampante che Fi li ppino aveva previsto che

se una nicchia, per convogliare maggiormente l'attenzione verso

negli affreschi della cappella Carafa corrisponde perfettamente al

Anche limitandoci al solo

la cappella potesse essere vista anche da spettatori situati presso

Tommaso. In entrambe le versioni, quattro figure fe mmi nili, rese

nuovo stile dei panegirici pronunciati alla Minerva in occasione

chezza nella decorazione della

l'altare maggiore 20 . Da quel punto di osservazione il lat o destro

successivamente identificabili nel dipinto grazie alle iscrizioni sul-

della festa di san Tommaso. Nel 1485, appena pochi an ni prima di

pose, panneggi e t ipologie somatiche, e una quant ità di dettagl i

dell 'affresco appare coperto dalla parasta di marm o, ma almeno

le rispettive vesti, siedono accanto al santo. Esse sono, da sinist ra

tenere la sua predica, Brando li ni redasse a Roma un manuale di

che deliziano lo sguardo, dagli spettatori nel registro superiore

a destra: la Filosofia, con un li bro in mano; la Teo logia, incoronata,

Retorica che sp iega in modo sist ematico come scrivere sui sant i24 .

allo straordinari o ill usio nismo del li ve llo inferiore. Da un lat o, pe-

taria,

doc. 81 n. 223). L'i nsolita composizione della lunetta affre-

i personaggi pri ncipali del

Miracolo del Crocifisso

sono ben visibili.

Sto dell'edicola gotica del

Trionfo, si trova cathedra,

una straordinaria ricun'ampia gamma di

47

LA CAPPELLA CARAFA : UN NUOVO LINGUAGGIO FIGURATIVO PER LA ROMA DEL RINASCIMENTO

raltro, gl i autori antichi e rinascim entali associavano la Retorica

citò un disegno di Filippino proprio di questo periodo, la Morte di

Note

epidittica alla Poesia, e la ritenevano una forma di Oratoria "dimostrativa"; dall 'altro Fil ippi no qui controbilanciava il suo stile ri-

versi eretici nel

Laocoonte ora agli Uffizi, risalente al 1489-1492 circa . Benché diTrionfo se ne stiano a capo chino per la vergogna,

A meno che non sia diversamente specificato, le informazioni contenute in questo saggio (tranne la discussione dei panegirici per san Tommaso) com-

cercatissim o con la chiarezza, un equilibrio mai visto nelle sue

l'esempio più teatrale di pathos è la figura supina, che si viene a

paiono nelle varie sezioni sulla cappella Carafa da me pubblicate in P. Zam-

opere precedenti e di rado raggiunto nelle sue opere successive.

trovare letteralmente sotto il piede di Tommaso; è sign ificativo

Sicuramente non è una coi ncidenza che quest'opera sia stata rea-

che questo personaggio non appaia nel disegno di presentazione.

Filippino Lippi, Milano 2004, in particolare alle pp. 399406 (sullo stile), 442-448 (sulle fonti antiche), 453-458 (sull'Annunciazione),

lizzata per Carafa, un committente ispirato che patrocinava ser-

28

moni modellati sulla Retorica epidittica e che evidentemente

Pertanto, questo gesto e questa posa così drammatici, posti proprio al centro del dipinto - due particolari che contribuiscono

bocciò quei dettagli del disegno di presentazione di Filippino che

grandemente alla forza di persuasione dell'affresco - sono sicura-

potevano creare confusione. Il tipo di panegi rici promossi dal car-

mente modifiche apportate da Fili ppino dopo aver discusso l'o-

dinale, basati su modelli antich i, miravano a suscitare stupore e

pera con il committente. Ciò non sign ifica, naturalmente, che fu lo stesso Carafa a proporre tali soluzioni artistiche; piuttosto

Filippino a ingegnarle, nel mettere a punto la forma espressiva più adeguata all'affresco. Uno dei panegirici dedicati a san Tommaso,

due qualità stilistiche dei panegirici e degli affreschi: l'impiego di elementi all'antica e il virtuosismo nella resa del movimento e del

The patronage of Cardinal Oliviero Cara/a, 1430-1511, tesi di Ph. D. , The Open University, Milton Keynes 1989, pp. 169-282. 2 Si vedano anche D. Ganz, Bild und Buch als Pforten des Auges. Exklusive Sichtbarkeit in Filippino Lippis Cappella Cara/a, in Asthetik des Unsichtba ren. Bildtheorie und Bildpraxis in der Vormodeme, a cura di D. Ganz, T Lentes, Berlin 2004, pp. 261-290; e M. Vitiello, Le architetture dipinte di Filippino Lippi: la Cappella Cara/a a S. Maria sopra Minerva in Roma, Roma 2003. 3

lnghiram i spiegava che per la Chiesa era fo ndamentale celebrare i

so e convincente, ispirato a modelli antich i e ricco di citazion i col-

giorni di festa: "La loro memoria che, come un magnifico dipinto,

'· Per una trattazione generale dei rapporti tra gli artisti e i loro committenti

Trionfo i rilievi con i fasci che ornano la cathedra derivano

col tempo com inciava a sbiadire, potesse essere rinnovata ogni

nel Rinascimento, si veda J.K. Nelson, R.J. Zeckhauser, The Patron's Payoff: Conspicuous Commissions in ltalian Renaissance Art, Princeton 2008, pp. 17-36,

rettam ente agli affreschi della cappella Carafa. Tommaso " Fedra"

dalla tomba di Marco Antonio Lupo, allora situata sul la strada per

anno, vestendosi per così dire di nuovi colori"

Ostia e copiata da diversi artisti del Rinascimento. Due monu-

il suo uditorio fecero il co llegamento, ri levato da numerosi stu-

menti romani citati ai lati di questa struttura - la statua di Marco

diosi moderni, tra queste parole e il ciclo di affreschi di Filippino,

5

Aure lio a sinistra e il porto di Ripa Grande a destra - possono alludere alla Chiesa trionfante o semplicemente al la città di Roma.

completato appena pochi anni pri ma. Quella pictura

tribuiva, come i giorni di festa, a mantenere vivo il ricordo di

In ogni caso questi particolari, come anche le decorazioni delle

Tommaso. Com'è t ipico della Retorica epidittica e di altri panegi-

Lippi, cit., pp. 415 -416. Sulla creatività di Filippino nel trovare soluzioni invenFilippino Lippi 'pittore di vaghissima invenzione': Christian Poetry and the Significance of Style in late Fifteenth-century Altarpiece Design, in Programme et invention dans l'art de la Renaissance, a cura di M. Hochmann,

Forse l'oratore o

egregia con -

rici tardoquattrocenteschi in questo stile, lnghirami alludeva più

Paris 2008, pp. 227-246. 6

il Marco Aurel io, egli si aspettava sicuramente che gli spettatori più colti riconoscessero i suoi modelli, proprio come i predicatori

gando le regole ma mostrando loro le immagini più belle. Da un

umanisti della Minerva, quando citavano o parafrasavano Plauto,

lato gli studenti prestano più fede a ciò che vedono che a ciò che

Cicerone e Seneca nei loro sermoni. Forse lo sforzo di persuasio-

ascoltano; dall'altro la via alla conoscenza attraverso i principi è

ne, fondamentale per il nuovo sti le del panegirico rinascimentale,

lunga mentre quel la che fa leva sugli esempi è breve ed efficace 30 .

può aiutarci a com prendere come i colti spettatori di Filippino

ell'ascoltare questo sermone, Carafa avrà forse rivo lto lo sguarpotevano non indurre ch i le osservava a comportarsi virtuosa-

delle mani, per esempio di san Tommaso, sono molto più enfatici

mente. Questa è sicuramente l'osservazione che fece uno dei

che nell'affresco. Una fase intermedia tra le due version i è testi-

suoi dotti contemporanei, Paolo Cortesi. N el De Cardinalatu, scrit -

moniato da un altro disegno conservato a Firenze ( cat. 34 ).

to prima del 1510, Cortesi elesse come esempio i dipinti della

architettura", 16, 2004, pp. 25-43. 7

M.M. Bullard, The Magnificent Lorenzo: Between Myth and History, in Politics and Culture in Early Modem Europe. Essays in Honor of H.G. Kdnigsberger, a cura di P. Mack, M.C. Jacob, Cambridge 1987, p. 49. Si tratta della registrazione di un pagamento per "la 3a parte di un Casalino

contiguo alla Chiesa della Minerva, demolito dal Card[ina]le Oliveri Caraffa [per][ ... ] ampliare[ ... ] la Cappela"; G. L. Geiger, cit., p 186, doc. 1.

Filippino Lippi's Cara/a Chapel ..

9 J.W O'Malley, The Feast of Thomas Aquinas in Renaissance Rame: A Neglected Document and its Import, in "Rivista di storia della Ch iesa in Italia", XXXV,

1981, pp. 1-27.

cappella Carafa per lodarne l'erudizione. Una sim ile ostentazione

all'affresco non documentano un metodo di lavoro abituale per

non sarebbe forse stata gradita in un serm one epidittico; in effet-

11

Filippino. li confronto tra il disegno preparatorio per la Resurrezione di Drusiana e l'affresco nella cappella Strozzi rivela che il gesto del-

ti quelli pronunciati alla M inerva forniscono meno particolari, ri -

Minerva nel XV secolo, in "Memorie Domen icane", XXX, 1999, p 45.

spetto agli affreschi di Filippino, a proposito degli errori degli ere-

la f igura principale, san Giovanni Evangelista, è più risoluto, im-

tici. Non abbiamo ragione di credere che uno spettatore del

zioni sugli sguardi delle figure della cappella Carafa, si veda D. Ganz, Bild Buch a/s Pforten des Auges, cit., passim.

mediatamente comprensibi le e facilmente individuabile nell o

Rinascim ento giudicasse un dipinto sulla base dell'antica Retorica.

13

Piuttosto Cortesi scriveva: "Si può infatti comprendere che il sacello cardinalizio deve essere dipinto in un modo maggiormente

ebbe probabilmente più libertà nell'eseguire quel lavoro che non

erudito, affinché più facilmente gli animi, osservandolo, possano essere incitati dal monito degli occhi all 'imitazione degli atti.

12

lvi, pp. 176-177; L. Cinelli, I

Panegyrics of Aquinas, in "Renaissance

Per una discussione più ampia dell'argomento, con interessanti osserva-

und

23

Per l'identificazione del personaggio si veda J. Polzer, The 'Triumph of Thomas' Pane/ in Santa Caterina, Pisa. Meaning and Date, in "M itteilungen des edenza (P. Zambrano, J. K. Nelson,

Filippino Lippi, cit., p. 576 nota 138) avevo

espresso dei dubbi sulla proposta di Polzer. Ringrazio Luca Bianchi ed Eva Del Soldato per lo scambio di idee sull'importanza dell'anti-averroismo nel tardo Quattrocento. 24

Si tratta del primo manuale apparso al di fuori di una narrazione agio-

The First lnstructions on Writing about Saints: Aurelio Brandolini (c. 1454-1497) and Raffaele Maffei (1455-1522), in "Memoirs of the

grafica: si veda A Frazier,

American Academy in Rome", 48 (2003), pp. 171-175. Sul trattato si veda anche J.W O'Malley, Praise and Blame in Renaissance Rame: Rhetoric, Doctrine,

and Reform in the Sacred Orators of the Papa/ Court, c. 1450-1521, Durham, N.C. 1979, in particolare pp. 36-76; e J. McManamon, Renaissance Preaching: Theory and Practice. A Holy Thursday Sermon of Aurelio Brandolini, in "Viator", 10, 1979, pp. 355-373. K.A. Wolf, Painting and Oratory at Santa Master's, Bryn Mawr College, 1998.

27

J.W. O'Malley,

Maria sopra Minerva, Rame, tesi di

The Feast of Thomas Aquinas ... cit., pp. 22-23 .' Filippino Lippi, cit. , pp.

Per il disegno si veda in P. Zambrano, J.K. Nelson, 545, 587, n. 40. d. 12. 28

F. Saxl, 'Rinascimento dell'antichità '. Studien zu den Arbeiten Aby Warburgs, in "Repertorium fur Kunstwissenschaft", XLIII, 1922, p. 226. È probabile che Saxl avesse citato un'osservazione di Warburg, il quale aveva accennato bre-

Miracolo della cappella Carafa ma non al Trionfo, si veda A Oliva, 'Theologia depicta'. La rappresentazione e l'esaltazione della teologia di san Tommaso in una lunetta della cappella Cara/a alla Minerva: nuove proposte interpretative sulla base di alcune fonti letterarie, in "Memorie Domenicane", n.s. 42, 2011. Ringrazio l'autore per

J.W O'Malley, Praise and Blame in Renaissance Rame ... cit., pp. 64-65; per il testo originale e la data si veda L. Cinelli, I panegirici in onore di s. Tommaso d'Aquino ... cit., p. 132.

avermi inviato il suo saggio, attualmente in corso di stampa.

30

Per le posizioni di Valla e Maturanzio, analizzate in rapporto al

Come sia quel sacello votivo che fu costruito nella sede palatina

14

L. Cinelli, I panegirici in

distintivo della Retorica epidittica: le espressioni di gioia e meravi-

dal grandissimo Sisto IV, o come debba sembrare quello del cardi-

15

Filippino non faceva riferimento all'arcone nella sua lettera del 1489 a Fi-

glia. Forse il pittore capì che Carafa avrebbe apprezzato un corri-

nale Oliviero Carafa che è dipinto nella Minerva con impegno

spettivo visivo di tali manifestazioni negli affreschi della sua cap-

ingegnoso di argomenti, può essere giudicato secondo la ragione

lippo Strozzi, precedentemente citata. Si veda la discussione al riguardo in S. Catitti, L'architettura della Cappella Cara/a, cit., passim.

pella. Inoltre, gli affresch i del peri odo romano di Fi lippino sono

aella storia" 31 . La combinazione dell'erudizione fo rnita dal cardi -

intri si di pathos per la prima volta nella carriera dell'artista, se

nale e dell'efficace modalità espressiva creata a Roma da Filippin o

escludiamo alcune opere giovan ili basate su disegn i del Botticelli.

cece della cappella Carafa una delle più importanti cappe lle italia-

Pathosformeln, Fritz Saxl

con l'autore nel l'identificazione delle figure sul lato destro della composizione.

26

panegirici in ,onore di s. Tommaso d'Aquino alla

nella cappella Carafa. Nell'Assunzione, gli apostoli sono più vivaci e festanti nel dipinto che nei disegni. Ciò ricorda un altro aspetto

Per spiegare il concetto warburghiano di

Pe r i due miracoli e la loro rappresentazione nella lunetta dipinta da Filippino, si veda A Oliva, 'Theologia depicta'.. cit., sebbene io non concordi

25

10

Tuttavia, queste modifiche apportate nel passaggio dal disegno

studio che non nella versione f inale27 . Filippo Strozzi morì molto

22

Per il pavimento si veda A Dressen,

J.W. O' Malley, Some Renaissance Quarterly", XXVII, 1974, p. 176.

tempo prima che Filippi no dipingesse l'affresco, quindi l'artista

rivata dalla composiz ione di Filippino e probabilmente basata su un disegno perduto; si veda J.K. Nelson, in P. Zambrano, J.K. Nelson, Filippino Lippi, cit., p. 583, n. 39. d. 25.

Kunsthistorischen lnstitutes in Florenz", XXXVII, 1993, pp 49-54. In prec-

Pavimenti decorati del Quattrocento in Italia, Venezia 2008, pp. 323-325; per la balaustrata si veda S. Catitti, L'architettura della Cappella Cara/a in Santa Maria sopra Minerva in Roma, in '11nnali di

8

do ai dipinti di Filippino, pensando che immagini così belle non

563. Benché le parole pronunciate dal Crocifisso non compaiano nell'affresco, esse sono presenti in un'incisione attribuita a Robetta, chiaramente de-

tive si veda P. Rubin,

volte all'importanza della visione. Poco dopo il passo citato, l'umanista osservava che i pittori non istruiscono i loro allievi spie-

Trionfo, conservato a Londra, i movimenti

21 G. Vasari, Vita di Filippo Lippi pittar fiorentino, in Le Vite de' più eccellenti pittori scultori e architettori nelle redazioni del 1550 e 1568, testo a cura di R. Bettarini, commento secolare a cura di P. Barocchi, Firenze 1966-1987, voi. li i, 1976, p.

Per una disamina della metafora si veda P. Zambrano, J.K. Nelson, Filippino

paraste f ittizie, denotano un attento studio delle opere dell'anti-

giudicassero i gesti enfatici e le espress ioni dei volti nei suoi dipin-

20

M. Vitiello, Le architetture dipinte ... cit., p. 61, afferma invece é:he tutte le scene erano state concepite per una visione fron.tale.

con un'analisi della cappella Carafa e di come essa emuli la cappella Sistina alle pp. 39-44.

chità da parte di Filippino. Inoltre, almeno in alcuni casi, come per

ti. Nel disegno per il

in modo non convincente, che un disegno ora a Venezia rispecchi un primo progetto che riuniva tutti gli apostoli in un unico spazio; si veda J.K Nelson, in P. Zambrano, JK Nelson, Filippino Lippi, cit., p 583, n. 39. d. 12.

Decorazioni architettoniche con motivi antichi compaiono anche in dipinti

sentimento. Sia i sermoni sia gli affreschi rive lano uno stile vigoro-

.

Per la raffigurazione del trombone, si veda H. Myers, Evidence of the Emerging Trombone in the Late Fifteenth Century: What lconography May Be Trying to Te/I Us, in "Historic Brass Society Journal", 17, 2005, pp. 8-9. 18 A Warburg, ltalienische Kunst und intemationale Astrologie im Palazzo Schifanoja zu Ferrara (1912), in La rinascita del paganesimo antico. Contributi alla storia della cultura raccolti da Gertrude Bing, Scandicci 1996, p. 249. 19 C. La Malfa, A New Sketch by Filippino Lippi far the ''Assumption of the Virgin" in the Cara/a Chapel, in "Master Drawings", 43.2, 2005, pp. 144-159, sostiene,

513-548 (sulla cappella), e 579-584, n. 39 (scheda), con ampia bibliografia.

pronunciato alla Minerva il 7 marzo 1500, potrebbe alludere di-

29

progetto originale e furono probabilmente aggiunti nel XVIII secolo. 17

Gli studi più completi sulla cappella restano quelli di G.L. Ge iger, Filippino Lippi's Cara/a Chapel: Renaissance Art in Rame, Kirksville 1986, e D. Norman,

precedenti, come il Tondo Corsini (cat. 14), ma in quei casi esse derivano da modelli rinascimentali allora accessibili agli artisti a Firenze e non dallo studio diretto di dipinti e sculture romane.

te. Nel

stemma marmoreo che attualmente ornano l'arcone non facevano parte del

brano, J.K. Nelson,

fu

meraviglia. Come gli oratori, anche Filippino si servì dell'elogio e del biasimo per commuovere il pubbl ico nel. modo più convincente possibile. Troviamo analogie sign if icative anche con altre

1

16

onore di s. Tommaso d'Aquino alla Minerva, cit., p. 67.

Le iscrizioni recitano: "DIVAE MARIAE VIRGINI ANNUNTIATAE ET DIVO THOME

AQUINAT[1]. SACRUM"; e "ouvERIUS CARRAPHA CAR. NEAP. FECIT". I putti scolpiti e lo

vemente al disegno di Filippino nel suo breve saggio sul Botticelli, pubblicato nel 1898. 29

Per questo brano si veda D. Rijser, Raphae/'s Poetics. Ekphrasis, /nteraction and 1ypology in Art and Poetry of High Renaissance Rame, tesi di Ph. D. , Università di Amsterdam, 2006, p. 196. 31

The Renaissance Cardinal's Ideai Palace: A Chapter from Cortesi's De Cardinala-

tu, a cura di K. Weil Garris, J.F. D11mico, in Studies in ltalian Art and Architecture 15'' through 18'' Centuries, a cura di HA Millon, Roma 1980, p. 92. Ringrazio Massimiliano Chiamenti per la traduzione dal latino.

ne create tra tardo Quattrocento e primo Ci nquecento.

49

La cappella Strozzi in Santa Maria Novella a Firenze Cristina Acidini

11 ...

di Philippino / cose bellissime 111

Circostanze della committenza Nella vita come nel lavoro di Filippino Lippi1 la dipintura della cappella di Filippo Strozzi in Santa Maria Novella a Firenze e quella della cappella Carafa in Santa Maria sopra Minerva a 1 Roma furono strettamente collegate: anzi, s incastrarono una nell'altra come una gemma nel castone, tanto che nella più complessa e completa monografia suWartista finora pubblicata, Jonathan K. Nelson ha scelto di commentare insieme in un unico capitolo le due cappel le2. La progettazione delle pitture murali della cappella Strozzi e forse le prim issime fasi di predisposizione del cant iere ebbero ufficialmente inizio con la sigla del contratto t ra Filippo Strozzi e Filippino Lippi il 21 aprile 1487, mentre il lavoro a Roma per il potente cardinale Oliviero Carafa, prot ettore dei Domenicani, intervenne a occupare il pittore tra il 1488 e il 1493. Eventi occasionali 1 generati dal le pressioni dei comm ittenti e dalle priorità personali deWartista1 furono alla base di una cronologia così particolare. Ma è appunto a questa sequen za temporale che dobbiamo la posizione del tutto singolare della decorazione murale della cappella Strozzi a cerniera non solo tra due secoli ma1 per dirla in breve1 tra d ue epoche. Quando la dipintura della cappella fu iniziata, nel 1487, Lorenzo il Magnifico ancora dirigeva la stagione di splendori letterari e culturali da lui profondamente segnata: prima della sua morte nel 14921 Filippino sarebbe stato il pittore del pronao nel la sua villa in costruzione 1 l'.Ambra a Poggio a Caiano, e avrebbe partecipato all'impresa pittorica collettiva nell 'altra vil la laurenziana dello Spedaletto presso Volterra. Quando la cappella fu ripresa1 fra Girolamo Savonarola dominava la città con la sua predicazione apocal ittica. Tra i drammatici fatti dello scenario politico cittadino in cui si svolsero i lavori 1 per i quali erano ormai subentrati nel ruolo di committenti gli eredi di Filippo (morto nel 1491), è 1 d obbligo ricordare la cacciata del figlio di Lorenzo, Piero de' Medici, nel 14941 e la scomunica e il rogo del Savonarola nel 1498.

La cappella Strozzi giunse a conclusione nel 15021 proprio 1 l anno in cui Pier Soderini veniva nominato gonfaloniere a vita1 nel tentativo di dare una guida al fragil e sistema repub blicano della città-stato. 1 1 Filippo Strozzi, morendo l anno prima di Lorenzo de Medici, non fece in tempo a vedere quei rivolgimenti e a preoccuparsi delle sorti delle sue magnifiche intraprese1 tra cui, oltre alla cappella in Santa Maria Novella1 spiccava il grandioso palazzo cittadino iniziato nel 14893 . Perché tutta la pazienza e la cautela che Fi lippo Strozzi, figlio - e orfano alla tenera età di sette anni - del mercante Matteo1 bandito nel 1434 da Firenze a causa della rivalità familiare con i Medici, aveva appreso nella sua vita segnata dalle peripezie, dai viaggi1 dal duro lavoro; tutta la modestia e la prudenza che aveva esercitato nel reinserirsi nella vita cittadina dopo il rientro nel 1466, evitando ( e lo vedremo dimostrato dalla vicenda stessa della cappella) ogni spunto di conflittualità con Piero e soprattutto con Lorenzo de' Medici 1 tutti questi tratti di discrezione parvero attenuarsi man mano che la sua situazione econom ica non solo si ristabiliva, ma diveniva florida facendo di lui uno degli uomini più ricchi di Firenze. In una progressione sicura e tenace, perseguendo una coerente azione commemorativa e celebrativa di sé, Filippo Strozzi a partire dalla metà degl i anni settanta diede impulso ad ambiziose iniziative che possiamo ricondurre a un inizio simbolico rappresentato dal busto ritratto di Benedetto da Maiano, giunto a noi - caso raro - in due versioni : quello di terracotta a Berlino 4 e quello marmoreo a Parigi (Museo del Louvre), per cui lo scultore fu pagato il 15 giugno 1475. Nato nel 1428, lo Strozzi aveva superato 1 i quarantacinque anni e dunque il traguardo di un avanzata maturità. Il busto in terracotta1 che più direttamente riflette il lavoro dal vero compiuto daWartista, tramanda l'effigie sul modello nella sua sch ietta semplicità di banchiere affermato1 dove però l'inclinazione del capo e delle spalle rivela il moto interno di una riflessione che porta sul viso un accenno di quieta malinconia. Nel busto marmoreo invece Benedetto, 1 depurando l immagine da notazioni di accidentale e feriale 1 naturalismo, persegue l atemporale classicità dell'astrazione, da tramandare ai posteri. E questa spinta - la consegna memoriale di sé alla storia - sembra aWorigine degli immensi e costosi lavori che lo Strozzi awiò in quelli che sarebbero stati gli ultimi anni della sua vita1 dopo metodici investimenti preli-

Firenze, chiesa di Santa Maria Novella veduta ge nerale della cappella Strozzi 1

51

LA CAPPELLA STROZZI IN SANTA MARIA NOVELLA A FIRENZE

minari: l'acquisto di case nel quartiere di Santa Maria Novella per disporre dello spazio necessario al grande palazzo e l'acquisto, nel 1486, del patronat o della cappella nel transetto della basilica domenicana dalla famiglia dei Boni, con dedica a San Giovanni Evangelista. Se quei progetti grandiosi, che il promotore poté seguire solo per pochi anni, furono portati a term ine nel secolo successivo, si può esserne grati alla costanza e dedizione degli eredi: essi, pur con incidenti di percorso, non si sottrassero al dovere di soddisfare, in modo postumo e con successo, il desiderio di "fare qualche chosa di memoria" 5 manifestato dal gen itore e nonno.

Il sepolcro e l'altare La citazione presa in prestito per il titolo di questo testo, tratta dal Memoriale di Francesco Albertini che si considera la più antica "guida artistica" di Firenze (1510), suggerirebbe di ricondurre al ciclo murale del Lippi le ragioni dell'ammirazione della cappella che, insiem e con la contigua Tornabuoni affrescata da Domenico Ghirlandaio, il colto chierico ricomprendeva nella definizione "cose bellissime" 6 . Tuttavia, guidati dalla conoscenza della personalità di Filippo Strozzi, così come la tratteggiano docum enti eccezionalmente diretti e numerosi, non si può non riconoscere, con Doris Carl 7, l'importanza prioritaria del costrutto architettonico e sculturale che fa da base all a parete centrale della cappel la: il sepolcro di Fi lippo Strozzi e sotto, in ricercata contiguità visiva, la mensa dell 'altare con i quattro sostegni poggianti su una porzione di pavi mento preziosamente intarsiata a marmi bianchi, neri e rossi. L'apparat o lapideo fu opera di Benedetto da Maiano, titolare col fratel lo Giuliano di una stimata officina artistica, alla quale lo Strozzi si era già rivolto non solo per arredi lignei ( e in particolare per un ornatissimo " lettuccio" da inviare in dono al re di Napoli Ferrante I dAragona), ma anche per il proprio busto-ritratto e per i monumenti dei familiari defunti, Matteo e Lorenzo. Tra il committente e lo scultore non dovette esservi un regolare contratto, ma resta fra le Carte Strozziane un foglio, considerato copia antica e forse coeva della scrittura originale, intitolato Ricordo de/e misure e de/a chapella da Santa Maria Novella di mano di Benedetto da Maiano. Ritenuto all 'incirca contemporaneo del contratto con Filippino Lippi, quindi risalente alla primavera 1487, il Ricordo definisce tipi e preventivi di spesa delle opere in marmo richieste a Benedetto, compreso il sarcofago in costosa "pietra di paragone" nera8 . li monumento funebre di Filippo Strozzi (solo suo, poiché agli eredi egli destinò sepolture assai meno visibili sotto l'altare) fu concepito, scolpito e installato come un grandioso fulcro liturgico e sepolcrale insieme, primo esempio di tomba posta sotto un altare, visibile fin dal fondo della chiesa: per il defunto una posizione umile, di basamento lapideo su cui poggia l'intera struttura visiva soprastante, in forma di arco trionfale dipinto sulla parete; ma anche una glorificazione del proprio ruolo di fondamento e sostegno, nella sfera del sacro e del

52

personale. La viva bicrom ia dei marmi, bianco e rosso, esalta la sagoma austera del sarcofago nero a vasca.

Le decorazioni murali Sopra e attorno alla tomba del comm ittente, Filippino Lippi dipinse il più straordinario ciclo di pitture murali di questo tempo, in Firenze e non soltanto, mettendo a frutto un'esperienza svoltasi in oltre tre lust ri di attività in proprio e annoverante opere insigni del rango di capolavori. li contratto con lo Strozzi, ow ero "scritta della allogagione"9, delinea l'iconografia nelle sue ripartizioni tematiche in rapporto agli spazi, lasciando però dei margini a decisioni di affinamento da parte del committente. Nella volta, che in ragione dell'architettura preesistente era a crociera suddivisa in quattro spicchi costolonati, sarebbero andati "q uatro fighure o dottori o vangeliste o altri, a elezione del detto Strozzo", e vi furon o poi dipinti quattro Patriarchi dell Antico Testamento: Adamo, N oè, Giacobbe, Abramo. Per ogn i parete laterale, "dua storie, secondo che dal detto Filippo Strozzi li saranno date". E infatti vediamo, nella parete a sinistra, i fatti del titolare della cappella: San Giovanni Evangelista resuscita Drusiana e il Supplizio di san Giovanni Evangelista. A destra, episodi della vita e della morte di san Filippo Apostolo, protettore del patrono: San Filippo che scaccia il drago e la Crocifissione di san Filippo. Nella parete del l'altare - "dalla facc(i)a della fin estra" - e negli spazi di collegamento e di bordura sarebbero stati dipinti ornati "secondo che dal detto Filippo li sarà ordinato". li risultato fu una complessa e popolata struttura dipinta con artificio ill usionistico a mo' di finta architettura con bassorilievi, agrisaille con note di colore, che suggerisce un arco trionfale sostenuto dal l'arcosolio della lunetta marmorea sull 'altaresepolcro. N ella medesima parete, la monofora ebbe una vetrata istoriata con la Madonna col Bambino fra due angeli e i due santi Giovanni Evangel ista e Filippo, disegnati dal medesimo Lippi10 . Costoloni, sguanci, orl i, fasce furono dipinti con gran varielà d'ornamenti ispirati alla decorazione antica dei sarcofagi e aelle grottesche, le guizzanti e capricciose pitture romane an ·me che appunto negli anni ottanta del Quattrocento si enivano riscoprendo e studiando da parte degli artisti nelle sa.e in errate - le cosiddette "grotte" - della Domus Aurea di erone a Roma. on vi è t raccia documentaria di un "suggeritore" che possa a.er assistito e guidato lo Strozzi - non granché versato nelle e .ere, né bibliofilo - nella scelta dei soggetti: la vicinanza di a arsilio Ficino, però, e la coincidenza di alcuni spunti b rivi con passaggi letterari ficinian i hanno fatto pensare a una oresenza del grande f ilosofo a fianco del committente 11. Srabi ito nel cont ratto il compenso di 300 fiorini di suggello, e co enuto altresì che sarebbero state a carico del pittore e soese di po nteggi e approw igionamento dei materiali, compresi l'oro e il pregiato azzurro oltremare di lapislazzuli macinato ( così da non infastidire con richieste il committente: " in modo che ' I detto Strozzo non abbia a sentire nulla"),

Filippino avrà subit o iniziato a preparare l' impresa con progetti e disegni preliminari, dei quali solo alcuni sono giun · fino a noi e sono stati identificati 12. L'anticipo di 35 fiorini al momento del cont ratto, nonché altre rate nel 1489 e nel 1494, furo no corrisposti all'artista dall o Strozzi e poi dagli eredi; ma l'impresa pittorica subì una battuta d'arresto allorché Filippino si recò a Roma, al servizio del cardinal Carafa per la sua cappella in Santa Maria sopra Minerva. Nel settembre 1488 il cardinale si diceva pienamente soddisfatto del pittore, che gli era in tanto più caro, in quanto segnalato personalmente da Lorenzo il Magnifico. Lo Strozzi non aveva potuto ostacolare la partenza del piu ore, per non contrastare il Medici col quale manteneva un così equilibrato rapporto. Né avrebbero potuto semmai opporsi i Domenicani di Santa Maria Novella, essendo il Carafa protettore dell'ordine. Nonostante le attestazioni di rispettosa amicizia per lo Strozzi, Filippino non si rim ise al lavoro in Santa Maria N ovella prima del ritorno definitivo a Fi renze, nel 1493. li com mittente non poté veder quasi nulla della sua pittura, se non quel che il Lippi aveva predisposto o dipinto nell'estate 1489, avendo promesso: "in questo santo Giovanni a ongni modo, piacendo a Idio, verrò chostà; et non per altro, se non solo per dar principio a tale opera, e non atendere a nessun 'altra chosa" 13• Come ricordò Giorgio Vasari, prima di tornar via avrebbe dipinto la volta: "Ritornato Filippo in Fiorenza, prese a fare con suo commodo e la com inciò - la cappella di Fi lippo St rozzi Vecch io in S. Maria Novella; ma fatto il cielo, gli bisognò tornare a Roma" 14 . Era rimasto a Firenze fino a ottobre del 1489. Lo Strozzi, nel testamento del 14 maggio 1491, impose ai suoi eredi di portare a termine l'orn amento della cappella "secondo el principio di già cominciato" entro due anni15 . La tomba era finita per 1'8 dicembre 1491, mentre l' installazione del restante apparato lapideo andò avanti fin al 1497: il pavimento fu ultimato in aprile, un mese prima dell a morte di Benedetto da Maiano. Nel frattempo i lavori di dipintura proseguirono, sebbene turbati nel 1497 da un contenzioso tra Filipp ino e gl i eredi, contenzioso che, in forza di un parere arb itrale dell Arte, gli fruttò un compenso aggiuntivo di 100 fiorini. La data 1502, iscritta nella Resurrezione di Drusiana, testimonia la conclusione dell ' impresa pittorica, mentre la vetrata fu coll ocat a l'anno dopo.

Le figure, le storie, gli ornati Le "cose bellissime" di Fil ippino, cui IAlbertini aveva accennato nel 1510, furono descritte con dovizia di dettagli e commentate con ammirazione da Giorgio Vasari nell'edizione Torrentiniana delle sue Vite degli artisti (1550). La cappella "da lui fu tanto ben condotta e con arte e con disegno che fa maravigliare ogni artefici a vedere la varietà delle biz[z]arri e, armati, tempii, vasi, cimieri, armadure, trofei, ast e, bandiere, ab iti, calzari, acconciature di capo, vesti sacerdotal i, con tanto bel modo condotte ch'e' merita grandissima comendazio-

ne". Se la qualità dell 'invenzione e della composizione, del disegno e del colore è fatta oggetto di un cenno compendioso - " bel modo" -, ben maggiore ricchezza verbale vien dedicata allo sfoggio iconografico di architetture, vesti e suppellettili all 'antica, delle quali in termini di elogio si sottolineano i requisiti della bizzarria e della varietà. Vasari pittore, così come la sua generazione artistica in piena Maniera, si sit uava in effetti in una linea di continuità con lo stile erudito, abbon dante e capriccioso del Lippi figlio, nel quale senza troppa forzatura poteva intravedere un predecessore. La sottolineatura dei complessi apparati antichizzanti della cappel la, e in generale del le pitture di Filippino, rimase una costante nella letteratura artistica dei secol i seguenti,. ove tuttavia andò attenuandosi l'ammirazione per quel che apparve via via accessorio, sovraccarico, lambiccato e pagano. A lla critica novecentesca, sensibi le agli studi sulla percezione visiva, è apparso progressivamente più interessante il criterio compositivo e pittorico di marcato il lusion ismo di Fil ippino, che raggiunge l'apice nella parete d'altare a grisaille, ma che mostra soluzioni sofisticate nell 'intera orditura pittorica. Ad esempio, l'inquadramento delle scene parietali inferiori tra pilastri a grottesche con capitell i fogliati riprende la quota e le morfologie delle membrature gotiche preesistenti, incorporando i lunghi pilastrelli angolari in pietra nell 'apertura "a libretto" dei pi lastri dipinti. Questo e altri espedienti trasmettono l'ingan nevole sensazione di livel li spaziali multipli, facendo di Fili ppino un araldo della pittura trompe-l'oeil. Una nuova considerazione della sensibi lità fervida e dell'isolamento visionario del Li ppi avrebbe preso l'awio con la perspicace rivalutazione, da parte di Roberto Longhi, del "fiorentino più inquieto e fuori legge degli ultimi decenni del Quattrocento" 16, portando con sé largo seguito di espressioni positive. A una rinnovata amm irazione per la cappella Strozzi contribuirono i restauri del 1969-1970 e del 1984-1985, seguiti da un intervento nel 1998-1999, che consentirono di tornare a vedere nella risoluzione nitida del disegno e nella vivida chiarità dei colori. La tecnica si riconosce come "buon fresco" con tracce di spolvero, con "giornate" di dimensioni variabi li. Non mancano aree dipinte "a secco", e sono numerose le dorature superstiti 17 . Pur essendo inevitabilmente diminuito e indebolito dai secoli e dagli eventi lo splendore originario, si percepisce con totale evidenza la qualità altissima della p ittura fil ippinesca, del la quale si è scritto che "trasforma lo spazio della cappella gotica in un prospetto architettonico che è al tempo stesso antico in senso classico e irrealistico in modo fantastico" 18 .

La volta Negli spicchi della volta, che reca in chiave il tipico motivo dei tre crescenti fiammeggianti desunto dall 'arme Strozzi 19, i patriarchi irradiati dal lume divino spiovente dall'alto sono rappresentati chi nella forza viril e della maturità e chi nella maestà della canizie senil e, sorretti da nubi brulicanti di

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LA CAPPELLA STROZZI IN SANTA MARIA NOVELLA A FIRENZE

successiva al diluvio, presso !Arca da cui esce una coppia di colombe; Abramo presso l'ara con protome d'ariete mostra il coltello col quale si apprestava a sacrificare il figlio Isacco. Giacobbe tiene la coppa con l'olio, con cui dopo il sogno della scala angelica tra Terra e Cielo unse la pietra dove aveva dormito21 ; la citazio ne nel cartiglio "H [A]Ec EST DOMVS DEI ET PORTA[ ... ] LE [ =coELEsTIS?J" sembra alludere alla visione della scala avuta in sogno. Nel loro insieme, se visivamente riun iti al di sopra dei costolon i i quattro spicch i formano una sorta di volta celeste, in cui si accampano i Patriarchi sostenuti dalla nebulosa sostanza angelica. La presentazione di Noè, Abramo e Giacobbe come leggenti è singolare, poiché tale iconografia appartiene piuttosto ai profeti, ai dottori e padri della Chiesa e a diversi santi. L'im magine del progen itore Adamo merita un approfondimento. Stabil mente seduto, egli si volge a guardare il serpente dal la testa femmin il e che dal tronco di un albero (un fico) diffonde le ampie spire, stringendosi al grembo in atto protettivo un bambino spaventato. La cacciata dall'Eden appartiene di tutta evidenza al passato: Adamo si copre con una pelle bovina (contesta, coda e zampe!), calza pelli legate, ha con sé la zappa, simbolo del suo duro lavoro; e il bambino, analogamente, veste una pelle d'agnello. La scena singolare e priva di paragoni possibi li è stata interpretata al la luce della malinconia di Adamo, come un perpetuo riproporsi della tentazione e del peccato 22 . Credo probabile comunque che essa fosse ispirata da fonti veterotestamentarie apocrife, qual è la Vita di Adamo ed Eva (o Apocalisse di Mosè): una narrazione lunga e complessa, che comprende l' invio del figlio dei progenitori Seth (nato dopo l'uccisione di Abele) al Paradiso, per fars i dare un ramo dellAlbero della Conoscenza, in un viaggio nel quale incontra il serpente tentatore e ne viene morso. Il racconto è alla base della " Leggenda del la Vera Croce" messa a punto da Jacopo da Varazze nella Legenda Aurea, nel Xlii secolo, secondo cui l'albero del peccato diverrà, rinascendo dal corpo di Adamo morto, legno del la Croce e quindi Lignum Vitae. Per un'ipotetica motivazione di questa rara iconografia, suggerita probabilmente dal committente stesso ("a elezione del detto Strozzo"), si rinvia al le osservazioni finali.

I martiri

1. Filippino Lippi, Patriarchi. Firenze, chiesa di Santa Maria Novella, cappella Strozzi

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angioletti monocromi, su cui si diffondono gli ampi e coloratissimi panneggi dalle falde comp licate (fig. 1). Sospesi co n ardita inverosim iglianza alle nubi stesse, cartigl i in forma di elegante tabula o placca imitante il marmo fra nastri svolazzanti indicano i loro nomi. Attributi ulteriori rinviano per ognuno alla narrazione biblica. La scelta tutt'altro che convenzionale di Adamo, Noè, Abramo e Giacobbe ha un precedente in una volta affrescata in Orsanmichele intorno al 1400; essa inoltre crea un punto di contatto con la de-

corazione pittorica del la cappel la maggiore di Santa Trinita, affidata a A lesso Baldovinetti da Bongianni Gianfigliazzi, col quale lo St rozzi era imparentato tramite la seconda moglie. Iniziata nel 1470-1471, la cappella era ancora in fieri negli anni novanta, e proprio Filippino fu autore di una perizia sul valore degli affreschi 20 . Se per Adam o occorrerà approfondire l'iconografia, per gli alui Patriarchi le allusioni sono più immediatamente comtprensibil i. Noè regge la cornucopia, simbolo della rinascita

Subito dopo la volta, Filippino dovette dipingere le scene cuspidate laterali con il Supplizio di san Giovanni Evangelista (fig. 2) e la Crocifissione di san Filippo. Della vita avventurosa e movimentata dell'apostolo che f u il più caro a Gesù, e che si recò a evangelizzare principalmente in Asia, fu scelto l'episodio del supplizio che Giovanni avrebbe subito a Roma sotto l'imperatore Domiziano, secondo una leggenda tardiva riportata da Tertulliano nel lii secolo, che fu la fonte di Jacopo da Varazze. Immerso in un calderone d'olio bollente, l'apostolo sarebbe sopravvissuto, esiliato a Patmos, infi ne morto di morte naturale. L'ambientazione prescelta da Fi lippino risentì della sua immersione, conclusa di fresco, nella Roma delle maestose rovine imperiali e delle

diffuse reliquie della magnificenza antica. La corte m ilitare, se non addi rittura carceraria, dove si svolge il supplizio (vicino a Porta Latina, dove sorse la ch iesa di San Giovanni in Oleo) è delimitata a sinistra da un tempio su colonne, con bei capitell i compositi (senza i fogliami intermedi detti "viticci fioriti") dipinti a imitazione del bronzo lumeggiato d'oro, dal cui soffitto è sospeso un trofeo di spogl ie militari. L'evocazione dei fasti imperiali - sui quali però incombe una decadenza, che la pianticel la svettante sul tempio lascia presagire - fa della scena un gremito campionario di anticaglie. Su un plinto decorato in rilievo da una candelabra di elementi penduli ( un'anfora, una patera, una siringa) sorretti dalla bocca d'una 11 1 1 protome avente in capo un diamante '. dorato, s innalza una base colonnare sorreggente una sfera cinta da una corona, con l'idolo del dio Mercurio riconoscibil e dai calzari alati e dal caduceo che stringe in mano. Lo spazio di cielo chiaro tra la statua e il colonnato è occupato da un labaro alloggiato in un reggistendardo dall'elegante forma di mascherone, e sulla stoffa campeggia il noto acron imo S.PQR. E poi, in mano a un vecchio scarmigl iato1 vi è l' insegna composta dalla sequenza che inizia in alto con la mano, e continua con il piccolo stendardo con le lettere S.C., due phalerae di cui una con testa d'aquila e l'altra con testa umana. Si aggiungano i fasci littorii; la corazza e lo scudo posati a terra, lo splendido tripode 1 le armi e altre notazioni più esornative che descrittive, per comprendere come merita l'attit udine archeologica evocativa e fantastica di Fili ppino, che rappresentava a Firenze un fenome no isolato. Al la dimensione quasi onirica di questa antichità risuscitata, il pittore sa intrecciare abilm ente le notazioni di un naturalismo persuasivo e quasi puntiglioso. La miseria morale e materiale dei carnefici si manifesta nei volti brutali, nel vestiario lacero e sommario: uno addirittura ha un solo calzare. Al contrario 1 l imperatore-giudice cinto d'alloro, il suo esotico consigliere inturbantato e i soldati sono presentati in vesti, accessori e arm i di cui la finezza grafica e la cura pittorica valorizzano l'ispirazione archeologica non meno che la ricchezza fantastica, in una sarabanda di colori forti e pregiati dove dominano il costoso blu oltremare, il verde malach ite, il rosso porpora, il giallo oro. Le fogge arrovellate delle armature denotano una sinton ia con disegni coevi di Leonardo da Vinci, il quale di lì a pochi an ni avrebbe concepito ( e forse dipinto) elmi e corazze di bizzarra fattura nella Lotta per lo stendardo al centro della

Battaglia di Anghiari. E per scendere in altri dettagli, le cinghie di cuoio dello scudo posato a terra divengono un brano di pittura sin uoso e virtuosistico. Il fuoco acceso sotto il calderone genera, oltre che una nebulosa di sci nt ill e e volute di fumo, riflessi rosei e guizzanti 1 che s inseguono sul la liscia superficie di rame, profilano il corpo nobilmente vizzo del vecchio evangelista1 riverberano sulle carn i livide del lo scherano che si ripara dal calore dietro al lo scudo del vexillifer, mentre cerca di gettare ancora una fascina di rovere sul rogo: invenzione feriale e sul l'orlo della com icità, da parere rubata a un maestro d'Oltralpe, con delizia del Vasari: "dove esso S. Giovanni bol le nell 'olio, si vede la collera del giudice che comanda che il fuoco si faccia maggiore, et il

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LA CAPP EL LA STR O ZZI IN SANTA MARIA NOVELLA A FIRENZE

2. Filippino Lippi, Supplizio di san Giovanni Evangelista. Firenze, chiesa di Santa Maria Novella, cappe lla Strozzi

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riverberare delle fiamme nel viso di chi soffia, e tutte le figure sono fatte con belle e diverse attitudini". Anche la resa di fibre e cortecce nei rami e pezzi di legno, abilmente disposti sulla griglia bianco-rossa del pavimento in f uga prospettica, rivela un attento studio del naturale: mentre non è escluso che abbia una connotazione simbolica il fenomeno del ramo che butta fumo dagli orifizi, in cui si potrebbe riconoscere un travestimento della divisa medicea ( e in particolare di Piero il Fatuo, nato nel 1472) col "broncone" spirante. A nco r più suggestiva, in un o scenari o di nobil i rovine in un paesaggio scabro, la scena simmetrica dell a Crocifissione di san Filippo (fig. 3). Secondo una tradizione raccolta negli Atti di Filippo (un apocrifo del Nuovo Testamento) Filippo, dopo aver predicato in Grecia, in Frigia, in Siria e in Partia, sarebbe stato crocifisso a Hi erapo lis, in Frigia. Nell 'antica

città (vicina all'odierna Pamukkale in Turchia), gli scavi arch eologici hanno rimesso in luce i resti del l'imponente Martyrion dell'apostolo. Nel l'appass ionata immaginazione di Fil ippino, la crocifiss ione ha luogo tra muragl ie e co lonnati cro llati e invas i dalla vegetazione, quasi é:he già sott o l' im peto del Cristianesimo, testimoniato dal l'augusto martire, la città ellenistico-romana e l'intero mondo pagano si sfaldassero nella rovina; difficile a dirsi, se il pittore fosse informato dell a devastazione di Hierapolis causata dai violenti terremoti del I, IV e V I-VI I seco lo d.C, e del suo abbandono. Conf itto a un rustico legno, il martire viene issato a forza di corde e scale da quattro aguzzin i, mentre un quinto con un lungo palo assicura che il tronco si infi li nella buca, previamente scavata con le zappe e vanghe abbandonate sul

terreno. L'ardita immagin e, che f issa nell 'affresco l'istante più drammatico di una complessa sequenza di movimenti, fu descritta anal it icamente e con perspicacia dal VasariD Ass istono a destra due mil iti: un vexillifer con lo stendardo recante l'acron imo S.P.Q.R., e un optio ovvero attendente del centurio ne, riconoscibile dall'astile, il bastone dotato di pomo (trasformato da Fi lippino in una rotonda testa d'anatra!), e dalle grosse penne sul l'e lmo. Il co lor porpora del vess il lo non riesce a nascondere un crescente Strozzi che s' intravede, sepp ur coperto di pittura, nel l'ango lo superiore sinistro: il cerch io interno del contorno lunare è incorporato nella "S." della sigla. E non è l'unico elemento m isterioso dello stendardo: dall'angolo a destra piovono in diagonale raggi d'oro, e nel la "O" è inscritta una ste lla dorata a otto punte. Anche dell'elmo del vexillifer, con

un frastag li ato draghetto sul colmo, avrà potuto ricordarsi Leonardo da Vinci per il suo Scarampo Mezzarota. Quanto sono ben equipaggiati e persino ridondanti di nastri e fiocchi e f initure i due soldati, tanto sono stracciati e bruti gl i aguzzini: quattro specialmente hanno del picaresco, scalzi o calzati alla meglio, con zazzere e mustacchi in disordine o ciuffi canuti da vecchio malvissuto, esprimenti un degrado fisico che comporta la condanna morale. Sembra diverso il quinto uomo, visto in scorcio dietro la scala centrale, che ha piuttosto il contegno e il vestiario di un onesto lavoratore costretto alla triste bisogna di coadiuvare l'innalzamento della croce, forse da lui stesso costruita. Non potrebbe maggiormente discostarsi dalla scena la terna dei personaggi a sinistra: un uomo adulto in nobili vesti all'an t ica, un bambino vestito in foggia europea quattrocentesca

3. Filippino Lippi, Crocifissione

di san Filippo. Firenze, chiesa di Santa Maria Novella, cappella Strozzi

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LA CAPPELLA STROZZI IN SANTA MARIA NOVELLA A FIRENZE

che contempla la scena stringendosi a lui, un altro uomo con baffi e turbante che stringendosi al primo sembra ragguagliarlo e dargli spiegazioni. Nel gruppetto è relativamente spontaneo riconoscere Filippo Strozzi nell'uomo dal manto rosso, grazie alla spiccata somigl ianza con il busto ritratto di Benedetto da Maiano, specie nella versione in terracotta: il volto magro, i capelli corti dall 'attaccatura triangolare sulla fronte, la fossetta nel mento sono convincenti parallelismi fisionomici. Il bambino spaventato ma attento che egli protegge dovrebbe essere Lorenzo, primogenito del suo secondo matrimonio, nato nel 1482. Padre e figl io dunque sono presenti quali attoniti e commossi spettatori del martirio del santo protettore di Filippo, mentre restano .misteriosi l' identità e il ruolo dell'orientale: un agente, un narratore, un testimone immaginario venuto di Turchia? Con lui lo Strozzi non disdegnava di mostrarsi in affettuosa confidenza.

I miracoli Con San Filippo che scaccia il drago (fig. 4), Filippino tocca l'apice del la sua fantasia visionaria, ricreando un'antichità fastosa e ferina in cui personaggi, oggetti, simboli si addensano in sequenze vertiginose. L'episodio deriva dalla Legenda Aurea, secondo la quale l'apostolo, mentre predicava in Scizia, fu costretto a recarsi al tempio di Marte per sacrificare al dio. Mentre il sacerdote però si apprestava a compiere il rito, dal la base dell'idolo sbucò il diavolo in forma di drago e con l'alito pestilenziale uccise il figlio dell'officiante che aveva acceso il fuoco: il santo, fra il terrore degli astanti, lo sconfisse e lo ricacciò nel nome di Cristo. Il giovinetto, secondo la leggenda, sarebbe stato subito dopo resuscitato dall'apostolo, che si trattenne a convertire i pagani del luogo per un anno. La struttura dell'altare in marmi e metalli, che in una parete a esedra fiancheggiata da colonnati ( dai fusti variati e preziosi di marmi m isch i e alabastrini) accoglie l'altare a pianta circolare del dio, è un'accesa rielaborazione di motivi architettonici e ornamentali antich i, e si propone come una combinazione dell'antica Ara Martis in campo, altare senza tempio, e del Sacrarium Martis nell 'antica Regia in Roma, autentico deposito di oggetti sacri legati all e guerre del la città, dove tra scudi e lance era custodita la lancia rituale definita "Marte" 24 . Il Lippi dovette avvalersi di fonti ispiratrici anche altissime: certo l'altare nei Musei Vaticani che viene di solito citato, ma, non meno, fabbriche monumentali come il tempio di Palestrina. L'ardita invenzione è inoltre cari ca di potenziali svi luppi, così da giustificare l'attributo di "barocco" applicato in passato da Bernard Berenson, con felice anacronismo, a Fi lippino. Lampade, festoni, finti gruppi statuari nell'attico (vittorie che sottomettono due prigion ieri, su plinti recanti l'iscrizione "EX H[oc] TRl [UMPHO] D[EO] M[AXIMO] VICT[ORIA]", "da questo trionfo vittoria a Dio massimo", in previsione della vittoria del Cristianesimo sui pagani) e trofei d'armi animano la zona alta, contro un cielo perlaceo nel quale, in alto e lontano, si manifesta Cristo con la croce tra mistiche nubi. li fregio del l'esedra, a mo' di altorili evo bronzeo, rappresenta una fitta se-

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quenza d'armi, e altri policromi trofei militari s' innalzano dai segmenti laterali della rossa cornice marcapiano, sul la quale, entro la nicchia, sono disposti alti vasi preziosi di varie fogge e colori. ell'ordine inferiore, due coppie di erme imitano sculture marmoree. Quest'apparato spaventoso e gremito rappresenta forse la declinazione visiva di una descrizione del tempio di M arte in un passo della Tebaide di Stazio (80-92 dC), commentato estesamente da Giovanni Boccaccio nelle

4. Filippino Lippi, San

Filippo

scaccia il drago. Firenze, chiesa di Santa Maria Novella, cappella Strozzi

Genealogiae deorum gentilium (1361 -1365). Di stupefacente naturalismo è poi l'immagine del dio, che ha le proporzioni, le sembianze e i colori di un vero, temibile guerriero innalzato su un basamento color azzurro con ornat i bronzei d'una menade tra due arpie, cinto da una corona con ghiande (antico simbolo del valor militare), posto sull'altare marmoreo dalle lesene con zampe leonine. Dipinto non come statua ma come essere vivente, il simulacro animato reca con sé i due animali considerati suoi simbol i, il picchio perché protagonista degli auspici ma anche insistente nello sfondare dure barriere come il legno di quercia, il lupo perché predatore insaziabile: vivi anch'essi, specie il lupo dal pelo morbido e dall 'ombra vivace 25 , rafforzano l'eccezionalità dell 'invenzione di Filippino, che non trova precedenti nei d'altronde rari cicli pittorici dedicati a san Filippo da predecessori 26. Marte inalbera un'arma a dir poco singolare: si tratta di un pezzo di legno che all'aspetto somiglia a una lancia quattrocentesca da torneo, spezzata come dopo uno scontro violento e decisivo. Sottolineata a più riprese l'unicità dell 'idolo vivente, si è suggerito che essa venga ricondotta a una convinzione espressa da Marsilio Ficino, che gli idoli pagani fossero animati da demoni27 ; e si è altresì ricordato come fosse tra le usanze fiorentine in fatto di feste e di all estimenti cerimoniali pubblici l'ostensione di statue viventi su pilastri 28 . Con intelligenza di regista consumato, Filippino trasse dal rutilante fondale d'il lusoria sostanza architettonica e plast ica tutto il suo potenziale scenografico, dividendo la folla degli astanti in due gruppi assiepati ai lati per lasciar spazio alla drammatica apparizione centrale: il drago orrendo e fet ido che, uscito da una rottura della gradinata dell'altare, si appresta a obbedire al comando dell'apostolo e quindi ad allontanarsi, come narrato nella Legenda Aurea. Il suo alito ha però già avvelenato i presenti ( alcun i dei quali si turano visibilmente il naso) e ucciso il figlio del sacerdote, che vediamo accasciarsi livido tra le braccia d'un sodale dall'ampio turbante. Nei due gruppi, sovrastati da vessil li e insegne di esotica bizzarria - compreso un candelabro a cinq ue braccia di suggestione ebraica - accanto ai bianch i e ai grigi dai t imbri argentei che il pittore aveva mutuato dal la tavolozza patern a sp lendono tinte corrusche o smeraldine, che accentuano la stranezza e l'alterità di un popolo lontano nel tem po e nello spazio. Un'ulteriore nota forestiera è rappresentata dall ' imponente presenza, sul margine destro del la scena, di un negro vestito di chiaro con un alto copricapo che, spesso definito colbacco, pare piuttosto una parrucca di t recciol ine rosse, con una lunga barra ingioiellata, che ri corda l'acconciatura oggi nota come ''rasta", dal rastafarianesimo etiope. Assente da un pur vasto repertorio della

presenza di africani neri nel rinascimento europeo, il personaggio viene comunemente identificato con uno schiavo nero posseduto dal committente 29 . Tra gli espedienti messi in atto dal Lippi per favorire l'ingresso illusorio dell'osservatore nella scena dipinta, vi è lo scorcio prospettico dei pi lastri laterali, ornati a grottesche a fimo rilievo su fondo scuro. Né meno efficace è la resa accurara della rottura oscura e profonda nel gradino d'altare, a proposito della quale il Vasari riferì un aneddoto che ha i tratti del topos classico del riguardante ingannato dalla bravura del pittore: " Fili ppo fece una buca in certe scale et un sasso che è aperto, sì simile la rottura del sasso, che una sera un de' garzoni volendo riporre una cosa che non fosse veduta, sendo picchiata la porta, ivi corse per appiat[t]arvela dentro, e ne restò ingannato".

È inquadrata analogamente la scena sim metrica della

Resurrezione di Drusiana (fig. 5) ad opera di san Giovanni Evangelista, dove una processione di personaggi agitati occupa il terzo inferiore della scena, mentre i restanti due terzi mostrano magnifiche costruzion i in primo piano e una città in lontananza, contro un cie lo chiaro avente al centro un addensamento di nubi investite da un'interna luce rosea, certo manifestazione soprannaturale. La fonte originaria dell 'episodio è l'apocrifo Atti di Giovanni (secon da metà del Il secolo), che descrive dettagliatamente gli eventi della vita dell'apostolo nel periodo del suo soggiorno a Efeso, dove si era recato da Mileto seguendo una rivelazione divina. Dopo resurrezioni e guarigioni miracolose operate in città, l'apostolo riportò in vita la cristiana Drusiana, moglie di Andron ico.

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LA CAPPELLA STROZZI IN SANTA MARIA NOVELLA A FIRENZE

Le nobili architetture che alludono allo splendore di Efeso - un portico, un tempietto circolare coperto a cupola, una tribuna pol igonale ornata di ri lievi - uniscono gli elementi di un'archeologia fantastica nutrita di studi di prima mano e anche di consultazione di repertori grafici sull'antica Roma, con elementi appartenenti al tempo del pittore: prima fra tutti, la copertura in rosso laterizio costolonata di marmo bianco e coronata da una lanterna, che rammenta la cupola brunellesch iana di Santa Maria del Fiore. Proprio il tempietto cupolato, che protegge al suo interno un cippo cilindrico sormontato da un'arca bronzea 30, potrebbe alludere al celebre tempio efesino di Artemide-Diana, settima meraviglia del mondo antico, che Giovanni avrebbe fatto rovinare .entrandovi: così suggerisce il crescente al sommo della lanterna, insegna della dea cacciatrice nonché elemento araldico strozziano. In realtà, il crol lo degli edifici pagani sembra aver preso avvio dal portico, il cui attico diruto è già invaso dalla vegetazione. Integri invece e ben tenuti gli altri due edifici, dei quali latribuna a destra ha addirittura tutti i lumi accesi nelle torcere a forma d'arpia. La processione funebre si arresta bruscamente al compiersi del miracolo: il santo, anziano e canuto, richiama in vita la donna avvolta negli abiti funebri e col soggolo, che si alza a sedere sulla lettiga al suo gesto di comando. I portantini, vestiti con pantaloni barbarici e pittoreschi calzari tenuti insieme da giri e giri di fune, spaventati posano a terra l'ornatissima lettiga, un vero lettuccio mobile di legno intagliato, sormontato da un cran io a mo' di insegna. A sinistra si rit raggono spaventati gli officianti del rito funebre, a destra si affollano con sollecita curiosità donne di età diverse con bambini, nelle qual i si è proposto di vedere le donne di casa Strozzi; sono vestite in fogge quattrocentesche, quale dignitosa e ornata, quale più discinta. Giorgio Vasari non mancò di commentare i particolari degli astanti: "mirabilmente si vede espressa la maraviglia de' circunstanti nel vedere suscitare una morta con un semplice segno di croce, e massimamente in un sacerdote o filosofo con un vaso in mano, vestito alla antica, il quale, attonito di tal cosa, attentissimamente considera donde ciò sia. In questa medesima istoria fra molte donne diversamente abbigliate si vede un putto che, impaurito d'un cagnolino spagnuolo pezzato di rosso che lo ha preso co' denti per una fascia, ricorrendo intorno a la madre e fra' panni di quella occultandosi, non dimostra manco timore o spavento del morso che la madre, tra quelle donne, e maraviglia et orrore de la resurressione di Drusiana". Uno dei due addetti al rito, un musico probabilmente, inalbera un'asta con una corona alata cui si intrecciano due serpi 11 e si affaccia una testa di lupo: da essa pende la scritta CONCLAMA1VM [ EST]", tipica dichiarazione di morte nel cerimon iale romano antico. Due lesene nella tribuna marmorea recano data e firma: A[NNO] s[ALUTIS] M/ccc/c/C11 e PHILIP/PINVS /oE/ LIPPIS / FA11 11 CIE/BAT". Resta più misteriosa l'iscrizione 0R/G1A sul cippo cilindrico, inquadrata da prigioni inginocchiati sotto lampade a forma di mascheroni. Interpretata talora come allusione a lussuriose pratiche pagane, essa potrebbe invece provenire 11

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da una fonte tot almente diversa e inattesa. Inizia così infatti un verso del sonetto del Petrarca, in cui il poeta paventa la notizia della morte di Laura, che pur non confermata lo addolora e lo inquieta, così da ispirargli la fervida preghiera "Or già Dio et Natura noi consenta" 31 . Tra la situazione psicologica descritta dal Petrarca e il fatto rappresentato esiste un sottile parallelismo. Là, l'incertezza del la morte della donna protagon ista dei pensieri del poeta può dar luogo al la speranza, espressa nella preghiera, che Dio e la Natura non ne permettano l'avverarsi. Qui, la morte di una giovane donna, di cui pure era corsa notizia(" CONCLAMA1VM [ EST l"), viene in effetti cont raddetta dal miracolo, poiché Dio stesso, attraverso il suo apostolo, non consente che il triste destino si compia fino in fondo. Se questa fosse la spiegazione, sorprenderebbe trovare nella scena sacra un riferimento alla poesia amorosa di Petrarca; d'altronde, il petrarchismo si era ampiamente diffuso tra gli umanisti del XV secolo e, nella Firenze di Lorenzo il M agnifico, la poesia in volgare del Petrarca costituiva un modello ben presente e seguito. Saremmo in presenza di un caso di innesto di tem i cristiani e moderni in un contesto pagano antico, che rinforza la visione del mondo romano da parte di Filippino ( e del suo committente) come teatro di una inevit abile, inarrestabile evangelizzazione. Di questa dialettica cristiano-pagana sono parte i due fregi ch e separano le storie superiori, i martir'ì, dalle storie inferiori, i miracoli. Gli orn ati monocromi dipinti a mo' di finti rilievi compre ndono anticaglie estratte da repertori romani. Però al centro del fregio della parete di san Filippo, un alloggiamento contiene un calice e una patena, e dinanzi due putti fitomorfi con un candel iere ardente ciascuno reggono sospeso il Ve/o della Veronica, la "vera icon", l'immagine autentica del volto di Cristo, che introduce il simbolo della redenzione cristiana nell'erudito contesto pagano: al lusione al sacrificio eucaristico che si celebra nell'altare sottostante 32 . E al centro della parete di san Giovanni, fra candelieri accesi in illusorio aggetto, due angioletti ostentano una croce gigliata con il piede aguzzo, tipica di san Giacomo (Santiago), festeggiato insieme a Filippo.

La parete d'altare Il sepolcro di Fi lippo Strozzi e la finestra, dal profondo strombo dipinto a grottesche monocrome su fondo giallo oro 33, sono gli elementi architettonici e plastici su cui s'innesta la costruzione pittorica fi lìppinesca, assolutamente unica, entro lo spazio residuo tutt'intorno ai due capisaldi predefiniti. La dipintura della parete è improntata a un illusion ismo virtuosistico, grazie al quale la finestra - investita del ruolo di "fornice" all 'antica - poggia su un basamento lavorato in rilievo dai cui pl inti s'i nnalzano due colonne "staccate" dalla parete, sorreggenti segmenti di architravi in aggetto, collegati poi sul piano della parete ad architravi in quota con il sommo dei pilastri dipint i e dei pilastrini lapidei. Q uest'architettura di morfologia antichizzante, aerea e slanciata nel suo spazio fittizio, ospita iscrizioni, notazioni

5. Filippino Li ppi, Resurrezione

di Drusiana. Firenze, ch iesa di Santa Maria Novella, cappella Strozzi

araldiche34, figure e cose che trasmettono un messaggio complesso, non ancora totalmente chiarito . Le f inte statue di Carità e Fede nei plinti inquadrano un finto altori lievo, in cui due geni alati maneggiano teschi; altri crani sono in una scansia cui è sovrapposta una targa con la scritta 11 11 NI / HANC / DESPEXERIS / v1vEs , "se non l'avrai disprezzata,

vivrai", corrispondente all a chi ave de ll 'arcoso lio sepolcrale dove è l'agnello giacente, una delle divise de ll o Strozzi che 11 11 si associa al motto MITIS EST0 • Tra il basamento e la parete, una donna siede con una cetra in atto d'incoraggiare putti che suonano la siringa e l'aulo ( o la tib ia), indicata 11 11 come PARTHENICE con allus ione alla condizione virgina-

61

LA CAPPELLA STROZZI IN SANTA MARIA NOVELLA A FIRENZE

le. Dall'altra parte due Muse, l'una intenta a suonare una

In filigrana, per finire: il tema del padre

grandiosa lira all'antica e l'altra mo ll emente in riposo, accompagnate da due maschere, con sotto la dedica

11

DEO

Nel d iffidare da avventurose applicazioni di metodi psicana-

MAx [ 1Mo ]"3 . Sull 'archi trave si in gi n occh iano due ange li,

litici a cicli di immagini premoderne, non rinuncio tuttavia a

che calano dabbasso targ h e elaborate con le scr itte "sACRIS

segnalare alcune curiose e forse non casual i co nvergenze ico-

/ SUPERIS / INITIATI / CANVNT" e "QVONDAM / NUHC [ sic ] / CA-

nografiche, che legano scene diverse dell a cappe ll a intorno al

NIMvs". A ltr i due ange li si ergon o mostrando scud i Strozzi

tema del rapporto padre-figlio in circostanze drammatiche.

e due targ h e circolar i (pendenti da aste fra n astri svo laz-

Adamo stringe e ripara dalle insidie dell'antico serpente il fi -

zanti) con una frase di Gesù a ll a Samaritana dal Vangelo

glioletto Seth, che si rifugia sotto il forte, perfino troppo gros-

5

di Giovann i

(4, 10):

"s1 /sci/ RES

11

e "Do/ NVM / DEI", "se

so, braccio paterno. Di Noè si sa che generò tre figli, due dei

tu conoscessi il dono di Dio", con riferimento all'acqua

quali lo derisero, e grazie ai quali ebbe nuovo inizio l'uman ità.

di vita eterna. Del complesso singolarissimo che evoca le

D i Abramo vi ene evocato il dramma d'aver quasi sacrificato il

tre arti "sorelle", Giorgio Vasari diede un _cenno breve ed

figlio Isacco, obbedendo all'ordine, poi revocato, del Signore

elus ivo: "Sonvi grottesche infin ite e cose lavorate d i ch ia-

che mettev a alla prova la sua obbedienza. Giacobbe credé

roscuro molto sim il i al marmo e fatte stranamente con

d 'aver p erduto il figlio Giuseppe, che i frate lli gelos i avevano

invenzion e e disegno garbatissimo".

deportato in Egitto, per poi aver la gioia d i saperlo vivo.

La strao rd in aria parete h a offerto materia di approfondi-

Nel Miracolo

mento specia lmente per la storia degli strume n t i mus ica li,

be al fiato mortale del drago: ed è un Filippo ch e lo salva. E

del drago, è un giovane figlio quel lo

che soccom-

Crocifissione di san Filippo, Fili ppo Strozzi stes -

che trova n e ll a p ittura di Filippino, a n che a l di fuori del-

nella soprastante

la cappella Strozzi, testimonianze attendib il i mescolate a

so protegge dalla visione crude le eppure edificante, così da

invenzioni fantasiose 36 . Studi approfonditi hanno sotto l i-

doversi rimirare come

neato l'unicità dell'iconografia qui presente, densa di rife-

nel

rimenti alla musica e al canto, con una proiezione nell'an-

E dunque: come non proporre un collegamento di quei padri

37

exemplum,

il figlioletto Lorenzo, nato

1482 dal matrimonio con Selvaggia Gianfig liazzi.

che però, come nel resto della cappella,

rassicuranti e di quei figli in pericolo con il v issuto d i Filippo

coesiste e si contempera con ammonimenti e citazioni

Strozzi? Di Filippo che, rimasto orfano a sette anni del gen i-

tratti dal simbolismo cr istian o, probab ilm ente al lusivi a lla

tore esule, era stato costretto a fars i strada nella v ita se nza

tichità pagana

,

sopravvive n za de ll 'anima dopo la morte del corpo ne lla

l'appoggio e la d ifesa d i un padre. Padre a sua volta di nove

speranza de ll a salvezza spirituale. Come ne l l'iconografia il

figli - alcun i premorti -, Fil ippo avrà affidato a Fi lippin o Li ppi

sugger ito re a n oi ig n oto hà ab ilm ente perseguito il si ncre-

il compito di mettere in figura con dive rsi esempi il suo soste-

tismo filosofico e religioso, così il p ittore ha tenuto in sa-

gno protettivo al la prole: sostegno che la sua morte doveva

p iente equi li brio le stesure monocrome imitanti i material i

vanificare sul versante degli affetti, ma non su quel lo del le

lapidei e le campiture d i color i - bri ll anti ne ll e vesti, pal li di

fortun e. Esse, rimanendo stab il i a lun go, consentirono alla fa-

e lunari negl i incarnati - cui l'oro generosamente distribu-

miglia di riacquis ire in Firenze un rango altissimo del quale la

ito conferisce scintillio nella penombra 38 .

cappe lla resta, nel sacro, somma espressione artistica.

Note

F. Albertini, Memoriale di molte statue et picture .. (1510), ed. a cura di WH. de Boer, Memoria/ of Many Statues and Paintings ... , Firenze 2010 ( carte non numerate nella riproduzione del Memoriale). Per la lettura di questo testo, e i consigli e commenti ricevuti, ringrazio Alessandro Cecchi e Jonathan K. Nelson. 2 J.K. Nelson, in J.K. Nelson, P. Zambrano, Filippino Lippi, Milano 2004, pp. 513-555 . 3 L'attribuzione del progetto oscilla fra Benedetto da Maiano e Giuliano da Sangall o. 4 Il busto, appartenente agli Staatliche Museen di Berlino, è commentato in Earth and Fire, catalogo della mostra a cura di B. Boucher, Houston and London 2001-2002, n. 18, pp. 142-143. 5 Citazione da E. Borsook, Ritratto di Filippo Strozzi il Vecchio, in Palazzo Strozzi: metà millennio, 1489-1989, atti del convegno di studi, Firenze 1991, p. 6. 1

62

6

Vedi nota 1. " D. Carl, Benedetto da Maiano . A Fiorentine Sculptor at the Threshold of the High Renaissance, Turnhout 2006, pp 314-320. 'lvi, pp. 314-315. Opere previste: altare in forma di tavolo con pedana (65 fiorini), pavimento intarsiato di marmi colorati (252 fiorini, in realtà ampiamente superati a lavoro finito )1 Madonna col Bambino e quattro angeli contro la nicchia di marmo rosso (36 fiorini), cornice marmorea della nicia av rata a motivi vegetali (35 fiorini). Il sarcofago era previsto, ma senza .-:1dicazione del costo. Il Ricordo, nelle Carte Strozziane all'l\rchivio di Stato CL Firenze, è vicino al contratto con Filippino Li ppi. 9 Arcnivio di Stato di Firenze (d'ora in poi ASF), Carte Strozziane, serie V, 1249 (21 aprile 1487 e anni sgg ), in J.K. Nelson, P. Zambrano, Filippino Lippi, cit., p. 623.

10 Per il restauro della vetrata, si veda G. Marchini, Un restauro, in "Amicr'tà viva", 121 1973, 5, pp. 3-6. 11 J.K. Nelson, in J.K.Nelson, P. Zambrano, Filippino Lippi, cit., p. 555. 12 Si riferisce con incertezza a una figura della volta il santo seduto con libro (Londra, British Museum, inv 1946-7-13-214). Dei Tre uomini seduti (Fi renze, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, inv 134E) quello al centro è considerato studio per Giacobbe, quello a sinistra per Noè. In un foglio con vari studi (Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, inv. 1255E) un'arpia risulta convertita in un putto nel fregio sotto il Martirio di san Filippo. La Donna seduta con putti ovvero Allegoria della musica (Berlino, Kupferstichkabinett, inv KdZ 2367.327-188r) si riferisce alla parete d'altare. Una Musa (Londra, British Museum, inv. 1946-7-13-1258) tratta da un sarcofago antico, è la fonte per la musa con la lira a destra. Resurrezione di Drusiana (recto) e Drusiana (verso) sono sul foglio del Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, inv. 186E.. Un Portatore di lettiga (Oxford, Christ Church, inv. JBS 35) e Due portatori di ez:ga (Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, inv. 185E) sono datao· · alla fine degli anni novanta. Un carnefice con asta (Firenze, Gabineno Disegn e Stampe degli Uffizi, inv. 195E) è in relazione con l'attizzatore nel Manirio di san Giovanni. Tra le decorazioni ornamentali del foglio del Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, inv 1633E, una testa barbuta rinvia al reggistendarao della scena suddetta. J.K. Nelson, in JK Nelson, P. Zambrano, Filippino Lippi, cit., pp. 586-588. 13 Lettera di Filippino Lippi in Roma a Filippo Strozzi del 2 maggio 1489. già a Firenze, Biblioteca Marucelliana, in J.K. Nelson, P. Zambrano, Filippino Lippi, cit., p. 623. 14 Questa citazione da Le vite di Giorgio Vasari, così come le altre che seguono, sono prese dalla fonte online http://biblio.signum.sns.it/vasari/consultazione/Vasari, dove si trovano l'edizione Torrentiniana (1550) e l'edizi one Giuntina (1568). 15 Testamento di Filippo Strozzi, 14 maggio 1491, ASF, Carte Strozziane, serie V, 1162, n. 12. In J.K. Nelson, P. Zambrano, Filippino Lippi, cit., p. 623. 16 R. Longhi, Officina ferrarese (1934), ripubblicato in Opere complete di Roberto Longhi, voi. V, Firenze 1961, pp. VII-Xl. 17 C. Acidini Luchinat, Il restauro della parete d'altare nella Cappella di Filippo Strozzi in Santa Maria Novella, Firenze 1986; La Cappella Strozzi in Santa Maria Novella: studi, indagini, diagnostiche e intervento conservativo, a cura di L. Corti, A. Felici, in "Kermes", 16, 2003, 51, pp. 39-57. 18 Così traduco "the fresco decorations transform the Gothic chapel's space into an architectural prospect that is both classically antique and fantastically unrealistic", in Ph. Helas, G. Wolf, The shadow of the wolf: the survival of

an ancient god in the frescoes of the Strozzi Chapel (S. Maria No vella, F/orence), or Filippino Lippi's reflection on image, idol and art, in The idol in the age of art: objects, devotions and the early modem world, a cura di M.W Cole, R.E. Zorach, Ashgate 2009, pp. 133-157; p. 136. 19 Secondo la definizione araldica, tre mezzelune crescenti d'argento sopra una fascia rossa in campo oro. 20 J. Russell Sale, The Strozzi Chapel by Filippino Lippi in Santa Maria Novella, Philadelphia/Pa., Univ of Pennsylvania, Diss., 1976, RP· 171 e sgg. 21 Genesi, 28:19: " La mattina Giacobbe si alzò, prese la pietra che si era posta come guanciale, la eresse come una stele e versò olio sulla sua sommità": si tenga presente che una coppa d'argento entra anche nelle vicende dei figli di Giacobbe, Giuseppe, Beniamino e gli altri: nascosta nel bagaglio del giovane Beniamino permise a Giuseppe, in Egitto, di farsi riconoscere dai fratelli. 22 Così J. Russell Sale, The Strozzi Chapel by Filippino Lippi in Santa Maria Novella, cit. C. Del Bravo parla di "fantasma del peccato originale "(C. Del Bravo, Filippino e lo stoicismo, in "Artibus et historiae", 19, 1998, 37, pp. 65- 75, ripubblicato in Idem, Intese sull'arte, Firenze 2008, pp. 47-59; p. 49). 23 "egli s'imaginò, per quanto si conosce, che egli [l'apostolo] in terra fusse disteso in sulla croce, e poi così tutto insieme alzato e tirato in alto per via di canapi e funi e di puntegli, le quali funi e canapi sono avvolte a certe anticaglie rotte e pezzi di pilastri e imbasamenti e tirate da alcuni ministri. Dall 'altro lato regge il peso del la detta croce e del Santo, che vi è sopra nudo, da una banda uno con una scala, con la quale l' ha inforcata, e dall'altra un altro con un puntello, sostenendola insino a che due altri, fatto lieva a piè del ceppo e pedale d'essa croce, va bilicando il peso per metterla nella buca fatta in terra dove aveva da stare ritta, che più non è possibile, né per invenzione né per disegno né per quale si voglia altra industria o artifizio, far meglio".

24 Si veda M. Montesano, Esorcizzare gli idoli: sacro pagano e sacro cristiano negli affreschi di Filippino Lippi per la Cappella Strozzi in S Maria Novella, in Il sacro nel Rinascimento: atti del Xli Convegno internazionale (Chianciano-Pienza, 17-20 luglio 2000), a cura di L Secchi Tarugi, Firenze 2002, pp. 691-706. 25 Ph. Helas, G. Wolf, The shadow of the wolf: the survival of an ancient god in the frescoes of the Strozzi Chapel (S. Maria Novella, Florence) ... cit., pp. 133-157

26

Tra i non molti possibili precedenti vengono citati cicli di pitture murali a Padova: del Guariento negli Eremitani, di Giusto de' Menabuoi nella basil ica del Santo. Inoltre "una visita alla cappella degli Ovetari, con il ciclo sulla vita di San Giacomo affrescato dal Mantegna, offrì al Lippi l'ispirazione per la raffigurazione dell'antichità classica" (M. Montesano, Esorcizzare gli idoli: sacro pagano e sacro cristiano negli affreschi di Filippino Lippi per la Cappella Strozzi in S. Maria Novella, cit., pp. 691-706; p. 699). 27 J.K. Nelson, P. Zambrano, Filippino Lippi, cit., p. 555. 28 "the performers could be set on pillars like statues" (Ph. Helas, G. Wolf,

The shadow of the wolf: the survival of an ancient god in the frescoes of the Strozzi Chapel (S. Maria Novella, Florence) ... cit., pp. 133-157, cit. a p. 147), con nutrita casistica in Fi renze e in altri stati italiani. Filippino stesso, nell'ingresso solenne del re di Francia Carlo VIII a Firenze (1494), allestì un trionfo con figure viventi. 29 Black Africans in Renaissance Europe, a cura di T. F. Earle, K.J.P. Lowe, Cambridge 2005. Sebbene sia ricordato che il banco di Filippo e Lorenzo Strozzi a Napoli fece il "brokeraggio" per un'importante transazione di schiavi neri, quello nella cappella non viene menzionato. 30 "A cippus bears a shrine-li ke bronze relief decorateci with a music-playing centaur holding a putto" (Ph. Helas, G. Wolf, The shadow of the wolf: the

survival of an ancient god in the frescoes of the Strozzi Chapel (S. Maria Novella, Florence) ... cit., pp 133-157; p. 136). 31 F. Petrarca, Canzoniere, 251: "O misera et horribil visione! / È dunque ver che 'nnanzi tempo spenta /sia l'alma luce che suol far contenta /mia vita in pene et in speranze bone? / Ma come è che sf gran romor non sone / per altri messi, et per lei stessa il senta? / Or già Dio et Natura noi consenta/ et falsa sia mia trista opinione/ A me pur giova di sperare anchora / la dolce vista del bel viso adorno / che me mantene, e 'I secol nostro honora. / Se per salir a l'eterno soggiorno/ uscita è pur del bel'albergo fora/ prego non tardi il mio ultimo giorno". 32 Ph. Helas, G. Wo lf, The shadow of the wolf: the survival of an ancient god in the frescoes of the Strozzi Chapel (S. Maria Novella, Florence) ... cit., pp. 133-157 ( cit. a p. 136). 33 La visione ravvicinata permette di notare che le grottesche nello strombo di sinistra sono più vive e fluenti rispetto a quelle a destra, cosicché queste ultime sembrano da assegnare a collaboratori (C. Acidini Luchinat,

li restauro della parete d'altare nella Cappella di Filippo Strozzi in Santa Maria Novella, cit., p. 13). 34 Non solo lo scudo Strozzi ma anche, secondo l'usanza dell"'araldica disarticolata", crescenti lunari isolati sono incorporati nei partiti decorativi. Al sommo dello strombo della monofora è l'impresa strozziana del falcone, 11 che si accompagna al motto EXPECT0 11 • L'arme strozzina figura anche sulla Madonna col Bambino nel Metropolitan Museum of Art di New York (già nella Villa Strozzi al Santuccio) che, restaurata, ha rivelato la sua cromia ricca e brillante. 35 Del Bravo, che attribuisce alto valore simbolico all'intera parete quale espressione visiva del "pensiero sulla virtù" entro una sua lettura dell'adesione di Filippino Li ppi alla filosofia stoica, vede nella donna che suona la personificazione buona della Musica, che calpesta la maschera ingannevole, e in colei che ha di fronte l'immagine della Vanità, che invece tiene in mano una maschera (C. Del Bravo, Filippino e lo stoicismo, cit., pp. 65-75). 36 T.J. McGee, Filippino Lippi and music, in "Renaissance and Reformation", NS., 30, 2006 (2008), 3, pp. 5-28, commenta la presenza di strumenti reali e immaginari in numerosi dipinti di Filippino Lippi, sia sacri sia profani, tanto da ipotizzare che il pittore fosse anche musico dilettante. Nel suo studio alla morte si trovavano un liuto grande con la cassa, cinque zufoli "buoni" in un sacchetto, un canzoniere (p. 27). 37 E. Winternitz, Musical instruments and their symbolism in Western art: studies in musical iconology, New Haven 1979. 38 L'oro è diffuso a larghe stesure su diversi oggetti, in lumeggiature filiformi, a quadratini nei fondi (C. Acidini Luchinat, Il restauro della parete d'altare nella Cappella di Filippo Strozzi in Santa Maria Novella, cit., p. 11 ).

REGESTO DELLA VITA E DELLE OPERE DI FILIPPINO LIPPI

Regesto della vita e delle opere di Filippino Lippi

rasi fa rife rimento ai lavori di Filippi no e degli altri nella Villa di

1498, 28 maggio, ante: Il pittore riceve la com missione della

Spedaletto presso Volterra.

pala d'altare della Sala del Maggior Consiglio Repubblicano nel

1493-1495 circa: Per Tanai de' Nerli Fil ippino esegue la pala

Palazzo della Signoria di Fi renze. Non va però oltre la fornitura

a cura di Alessandro Cecchi

per la cappella di famiglia in Santo Spirito, per cui disegna anche

di un disegno per la corn ice e la commissione verrà passata nel

la perduta finestra dipinta ( Fi renze, Gabinetto Disegni e Stampe

1510 a Fra Bartolomeo ( Firenze, 1472-1517) che, alla morte, la

degli Uffizi)

lascerà allo stato di grande bozza a chiaroscuro ( Firenze, Museo

1494 circa: Luca Pacio li menziona Filippino fra gli undici maestri della prospetti va nella sua Summa

1457 circa: Filippino nasce a Prato da fra Filippo Lippi (Firenze, 1406 circa - Spoleto, 1469), celebre pittore carmelitano e dalla monaca agostiniana Lucrezia Buti ( Firenze, 1433-1435 - dopo il 1504).' 1467-1469: In questi anni, è a Spoleto con il padre, impegnato

di San Marco).

de Arithmetica, Geome-

1498, 26 giugno: Partecipa ad una riunione indetta dagli Ope-

tria, Proportioni et Proportionalità data alle stampe quest'anno

rai di Santa Maria del Fiore per decidere le riparazioni del la lan-

in Venezia.

terna della cupola della cattedrale, dan neggiata da un fulmi ne il

1494, primi mesi dell'anno: Fi lippino sposa Maddalena di Pietro Paolo Monti, da cui avrà Ruberto ( Firenze, 1500-1574 ), Giovanni Francesco (Firenze, 1501 -?) e Aloysio (Firenze, 1504-?),

19 maggio del 1492. 1498, 28 luglio: Fili pp ino è pagato per aver stimato la doratura di due candelabri per l'altar maggiore de lla cattedrale

poi mutato in Fili ppino, dopo la morte del padre.

di Prato.

1487, 12 aprile: Firma con Filippo Strozzi il contratto per la

1494, 9 novembre, domenica, festa di San Salvadore: Cac-

1499, 18 ottobre: In veste di Capitano della Compagnia di San

decorazione della cappella in Santa Maria Novella, da ultimarsi

ciata dei Medici da Fi renze e proclamazione della repubblica savonaro liana.

stessa in Santa Maria Nuova.

il 1° marzo del 1490. Sarà compiuta soltanto nel 1502, undici

Luca o dei pittori, Filippino è presente ad una riunione della

anni dopo la morte del committente. 1488, 2 settembre: Fi rma a Roma il contratto col cardinale

1494, 12 e 15 novembre, 20 dicembre -1495, 7, 9 e 10 gen-

1500, 17 aprile, 5 giugno: Pagamenti a Filippino per la pittura

naio: Pagamenti a Filippino Lippi per il suo contributo agli appa-

dei drappellon i impiegati in Santa Maria Novella per il funerale

nell'affrescatura del catino absidale del Duomo. 1469, 10 ottobre: Fra Filippo Lippi muore ed è sepolto a Spoleto 1469, 2 dicembre: Muore Piero di Cosimo de' Medici detto il

Oliviero Carafa per la decorazione della sua cappella in Santa

rati per l'ingresso trionfale in Firenze del re di Francia Carlo V III. 1494, dicembre - 1497, giugno: Anton io Manetti scrive il suo

Hu omini singulari in Firenze dal MCCC innanzi, in cui si trovano un

1500-1501: È Procuratore della Compagnia di San Giobbe. 1500, 16 giugno: È pagato per i disegn i dei candelieri d'argen-

Gottoso (Firenze, 1416-1469) I figli Lorenzo il Magnfico (Firenze,

alla vigilia della nuova partenza per Roma, in cui provvede alla

indiretto riferimento al completamento della Brancacci da par-

to per l'altare maggiore della cattedrale di Santa Maria del Fiore

1449-1492) e Giuliano (Firenze, 1453-1478) gli succedono come

te di Fili ppino e al monumento funebre di fra Fili ppo a Spoleto.

capi della parte medicea e arbitri del la vita politica fiorentina.

madre e alla sorel la A lessandra. 1489: Ugolino Verina nella sua

a Fi renze, da realizzarsi da Paolo Sogliani. 1501: Data e firma il Matrimonio mistico di

1472, 1 ° giugno: " Fili ppo di Filippo da Prato dipintore" è iscrit-

Botticell i come i successori degli artisti del l'antichità. Filippino è

Certosa di Pavia per una pala d'altare con una

to da questa data nel Libro rosso della Compagnia di San Luca

poi menzionato come il primo degli artisti nel secondo libro del

ed è detto stare "chon Sandro di Botticel la".

1478: Filippino è già artista indipendente in quanto stipula un

De 1/lustratione Urbis Florentiae di datazione incerta. 1489, 1° giugno: Lorenzo il Magn ifico scrive a Roma "a Gio-

rimasta incompiuta e il 25 giugno del 1511 assegnata, per l'ultimazione, a Mariotto Albertinelli (Firenze, 1474-1515).

contratto per l'allogagione di una pala a Pistoia. 1481, 18 agosto: È accolto nella confraternita di San Paolo di

vanni Ciampol ini, che mostri le teste e l'altre cose a Fil ippino". 1490, 3 gennaio - 1493, agosto: È assente da Firenze. Lavora

di Filippino, popolo di San Michele Bisdomini, battezzata il gior-

artisti ricordati da Francesco Malatesta, agente di Isabella d'E-

no dopo (AOSMF, Battezzati, documento gentilmente segnala-

ste, in una lettera alla sua Signora, come possibili candidati ad

Firenze, di cui fanno parte em inenti cittadini e celebri artisti e

a Roma ma, probabilmente su commissione del Magnifico, sog-

to da Karl Schlebusch).

eseguire un dipinto per lo Studiolo. L'unico subito disponibil e è

ne resterà membro fino al 1503. 1482, 23 giugno: È pagato otto fiorini da Filippo di Matteo

giorna alla Vi lla di Spedaletto presso Volterra per un perduto

1496, 6 marzo: Secondo testamento di Filippi no, in cui, oltre

il Botticelli, con il Perugino assente da Firenze e Filippino impe-

affresco e a Spoleto per fornire i disegni per la lastra tombale di

alle provvision i per la madre e la sorella, prevede lasciti per la

gnato dal lavoro per almeno sei mesi.

Strozzi ( Firenze, 1428-1491) per il disegno fornito a un arazzie-

moglie Maddalena.

re per una "spalliera a verdura".

suo padre nella cattedrale. 1490, 22 dicembre: Viene scoperta la cappe ll a Maggiore di

1503: La data figura sulla Madonna col Bambino e i santi Stefano e Giovanni Battista dipinta per l'Udienza dei Pri ori nel Palazzo del

1482, 29 settembre - 1483, 23 settembre: Realizza il Trittico

Santa Maria Novella affrescata dal Ghirlandaio per Giovanni

scritta autografa sul verso della tavola

Bernardi per la distrutta ch iesa di Santa Maria del Corso a Lucca, composto da due laterali con i Santi Benedetto e Apollonia e Paolo e Frediano (Pasadena, Norton Simon Museum) e dalla statua di Sant'A.ntonio abate di Benedett o da Maiano dipinta da Fil ippino

Tornabuon i con le spalliere intarsiate da Baccio dAgnolo, di

(Firenze, Galleria degli Uffizi) dipinta per i Canonici Regolari

Santi Giovanni Battista e Lorenzo su cartone di

Agostiniani di San Donato a Scopeto in sostituzione di quella,

1503, 15 settembre: Riceve dai Serviti la commissione dell'ancona dell'altar maggiore della Santissima Annunziata di Firenze

1491, 5 gennaio: Una com missione, formata, fra gli altri, da

incompiuta, di Leonardo ( Fi renze, Galleria degli Uffizi). 1496, 20 novembre: nasce Costanza Lisabetta e Romola, se-

( Lucca, Museo di Villa Guinigi).

Lorenzo il Magnifico e Filippo Strozzi, si riunisce per valutare

condogenita di Filippino, popolo di San Michele Bisdomini,

so ltanto la

1482, 11 dicembre, post - 1483, 23 settembre, ante: Dipin-

i dieci progetti, fra cui uno di Filippino, per il completamento

battezzata il giorno dopo (AOSMF, Battezzati, documento gen-

resto delle pitture entro il 9 gennaio del 1506.

ge la pala con i Santi

Rocco, Sebastiano, Girolamo ed Elena per l'altare Magrini in San M ichele in Foro a Lucca (in situ). 1483, 8 febbraio - 1484, 19 maggio: Esegue i tondi con l'Angelo annunziante e l'Annunziata (San Gimignano, Museo Civico)

della facciata presentati al concorso bandito dall'Opera di Santa

t ilmente segnalato da Karl Schlebusch). 1497: La data compare sul l'Incontro di Gioacchino

1504, 25 gennaio: Fil ippino, con altri artisti, e cittadini si pro-

commissionati dai Priori della città di San Gim ignano. 1484-1485 circa: Dipinge l'Apparizione della Vergine a san

e includendovi le "dipinture del cielo e del le faccie", la tomba,

Maria sopra Minerva, ultimata nel 1494. 1488, 21 settembre: Primo testamento di Fil ippino redatto

cui due con i

Carliade esalta Filippino Lippi e

Fil ippino.

M aria del Fiore l'anno prima. 1491, 14 maggio: Fili ppo Strozzi fa testamento, destinando al completamento del la cappella un massimo di 1000 fiorini larghi

1495, 7 marzo: Fili ppino firma il contratto con i monaci della

Pietà con santi

1495, 15 giugno: nasce Francesca e Romola, figlia primogen ita

1496, 29 marzo: La data figura, con il nome dell'artista, in una

de ll'Adorazione dei Magi

e Anna alla Porta Aurea di Fil ippino (Copenhagen, St atens Museum for Kunst). 1497, 19 gennaio: Filippino con Benozzo Gozzoli ( Firenze,

di Piero Buoninsegni.

santa Caterina e santi

per la cappella della famiglia Casali ( Bologna, San Domenico).

1502: Firma e data l'affresco con la Resurrezione di Drusiana nella cappella Strozzi in Santa Maria Novella. 1502, 23 settembre: È, con Perugino e Botticelli, uno dei tre

Comune di Prato ( Prato, Museo Civico). Filippino aveva ricevuto la commissione il 3 febbraio del 1502.

da ultimarsi entro la Pentecoste o la fine di aprile del 1504. In izia

Deposizione che sarà completata dal Perugino con il

nuncia sulla collocazione del

David di Michelangelo.

1504, 1 febbraio: La Pala con san Sebastiano fra i santi Giovanni

Battista e Francesco per la cappella Lomellini in San Teodoro a

Bernardo ( Firenze, Badia Fiorentina) per la cappella di Piero Del Puglie-

sua cappella e quando sono appena iniziati i lavori del grandio-

se nel monastero di Santa Maria delle Campora, fuor di Firenze.

so palazzo, giunto "fino alle campanelle" cioè al piano terreno.

1486, 20 febbraio: Data la Madonna col Bambino in trono fra i santi Giovanni Battista, Vittore, Bernardo e Zanobi detta la Pala degli Otto di Pratica (Firenze, Galleria degli Uffizi) per il Palazzo della

1492, 8 aprile: Muore a Careggi Lore nzo il Magnifico, dopo un

1420-1497), Cosimo Rosselli (Firenze, 1439-1504), e Pietro Perugino (Città della Pieve, 1448 circa - Fontignano, 1523) stima gli affreschi eseguiti da Alesso Baldovinetti ( Firenze, 142571499) nella cappella Gianfigliazzi in Santa Trinita a Firenze. 1498: La data figura sul tabernacolo rappresentante la Vergine

mese di malattia. 1493: In quest'anno, probabi lmente, un agente di Ludovico il

col Figlio e i santi Stefano, Caterina d'Alessandria, Antonio Abate e Margherita (in origine sul Canto di Mercatale a Prato, danneg-

Signoria, commissionatagli il 27 settembre del 1485 e stimata

Moro fa un rapporto sui quattro maggiori artisti attivi allora in

giato durante la seconda guerra mondiale e oggi nel Museo

medaglie, strumenti musicali, mobilio e numerosi dipinti, oggi

Firenze: Botticelli, Filippino, Perugino e Ghirlandaio. Nella lette-

Civico di Prato)

perduti o non ancora rintracci ati.

da Lorenzo il Magn ifico.

il finestrone e il pavimento. Muore senza aver visto compiuta la

Genova (Genova, Museo di Palazzo Bianco) viene spedita da Firenze questo giorno, secondo l' iscrizione che figura sul tergo della tavola.

1504, 20 aprile: Filippino muore di sprimanzia (angina) ed è sepolto il 21, con tutti gli onori, in San Michele Visdomi ni. di Fil ippino. Nella lunga lista compaiono, oltre a vestit i, anche

1504, 24 aprile: Viene stilato l'inventario della casa e bottega

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CATALOGO DELLE OPERE

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Denuncia anonima agli Ufficiali della Notte del l'S maggio 1461 circa la nascita illegittima di Fi lippi no Li ppi. Firenze, A rch ivio di Stato, Ufficiali di Notte e Conservato ri dell 'Onest à dei Monasteri, 4, c. 60r.

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Registro di pagamento degli affreschi dell'abside del D o di Spoleto a Filippo Li ppi e Filippino. Spol eto, Archivio · S.a:.:i A rchivio Storico del Comune di Spoleto, O pera del D omo ye_s Fi lippo Lippi, Autoritratto. Spoleto, Duom o

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PRIMA SEZIONE

FILIPPO LIPPI (FIRENZE, 1406 - SPOLET0, 1469)

Madonna col Bambino e storie della vita di sant'Anna

1452-1453 circa Tempera su tavola, cm 135 (diametro) Firenze, Gal leria Palatina, inv. 1912 n. 343

Il grande tondo di destinazione domestica rappresenta la Vergine seduta con il Bambino che le vo lge lo sguardo, porgendo le un chi cco di melagrana, simbolo di fertil ità e dell a Passione di Cristo. Sullo sfo ndo, nell e stanze di un m oderno palazzo rinascimentale, sono ambientati alcun i episodi del la vita di santAn na: la nascita di Maria e l'incontro di Gioacch ino e A nna. L'opera, ricordata nel l'inventario di Palazzo Pitti del 1761 (Guardaroba App., c. 680), rappresenta uno dei massimi raggiungimenti dell'arte di Filippo Lippi e costituisce un unicum nella sua produzione pittorica, per la composizione articolata sul piano narrativo in un interno di gusto fiammingo. Non conosciamo altre opere del Lippi di analogo soggetto e formato, e perciò il dipinto della Palatina è stato fin dall'inizio degli studi critici messo in relazione con la vicenda documentaria riguardante la commissione di un "tondo di legniame", con una "certa storia" che Filippo "aveva chominciato del la Vergine Maria", e non riusciva a portare a compimento per il committente fiorentino Leonardo di Bartolomeo Bartolini.11 documento risale al l'8 di agosto del 1452, al tempo in cui fra Fil ippo aveva da poco accettato l'incarico della decorazione del la cappella maggiore del Duomo di Prato. Il Bartol ini, preoccupato che il pittore non assolvesse al suo impegno nei tempi pattuiti, entro 1'8 dicembre di quell'anno, festa della Concezione, chiese agli Operai del Duomo di Prato che si facessero garanti di un'indennità di 22 fio rini. La cifra stabilita per la penale fu incassata dal comm ittente il 16 aprile del 1453, a testimonianza che il Lippi a quella data non aveva ancora ultimato il lavoro. Alcuni studiosi, a iniziare dal Poggi (1908), hanno messo in dubbio l'identificazione del tondo Bartolini con il dipinto della Galleria Palatina. Questa posizione è stata ripresa nel 1993 da Jeffrey Ruda che, appoggiandosi alla presenza sul verso della tavola di uno schizzo con uno scudo recante l'emblema di un grifo rampante disegnato in nero a pennello, ha posticipato la datazione dell'opera agli anni sessanta, mettendola in relazione con la famiglia Martelli, che presenta un simile stemma. Come avevano già proposto la Pittaluga e il Marchini e recentemente Gert Jan van der Sman, il disegno semplicemente abbozzato sembrerebbe uno schizzo preesistente alla realizzazione dell 'opera o addirittura posteriore. Peraltro è opportuno sottolineare che nel disegno il grifone sostiene un'asta con gli artigli, forse una bandiera, figura araldica che non trova riscontro nello stemma Martelli. Ricerche condotte in quest'occasione consentono di identifi care il committente con Leonardo di Bartolomeo Bartoli ni Salimben i (1404-1 479), ambizioso mercante e uomo politico fiorentino, amico e sostenitore di Cosimo de' Medici, venuto recentement e alla ribalta nel panorama degli studi del la pittura f iorenti na del Rinascimento, dopo che le scoperte documentarie di Francesco Cagliati (2001) hanno permesso di riconoscere in lui il committente dei tre pannelli della Battaglia di San Romano di Paolo Uccello, ora divisi fra gli Uffizi, il Louvre e la National Gallery di Londra. La Battaglia di San Romano, giunta in possesso di Lorenzo il Magnifico solo più tardi, intorno agli anni ottanta, era destinata alla dimora del Bartolini situata a Firenze all'angolo di via Porta Rossa con via Monalda. Più tardi i suoi figli faranno costruire il nuovo palazzo sulla piazza di Santa Trinita per opera di Baccio dAgnolo. Il tondo della Palatina fu probabilmente realizzato, come la Battaglia di San Romano, per il primitivo Palazzo Bartolini Salimbeni, o come possibile destinazione alternativa per la villa suburbana dei Bartolini a Santa Mari a a Quinto, acquistata da Leonardo fra il 1446 e il 1451, dove furono trasferiti anche i pannell i della battaglia dipinti da Paolo

Bibliografia Guasti 1888, p. 110; Poggi 1908, pp. 43-44; Pittaluga 1949, pp. 172-173; Marchini 1975, p. 209; Ruda 1993, pp. 240-244, 453-455; Mannini, Fagioli 1997, pp. 130-131; Holmes 1999, pp. 117, 141-145, 160, 168-172, 269; Olson 2000, pp. 70-71; Chiarini, Padovani 2003, voi. I, p. 68, voi. 11, p. 236; Rubin 2007, p. 112; G.J. van der Sman, in Firenze e gli Antichi Paesi Bassi 2008, pp. 120-121.

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Uccello, prima che entrassero in possesso del Magnifico. Gli episodi raffigurati nel tondo Bartolin i Salim ben i, incentrati sul tema del concepimento, possono trovare una motivazione nelle vicende personali del committente. Come Gioacchino e Anna avevano atteso per molt i anni fa nascita della figlia Maria, madre di Cristo, anche Leonardo Bartolini non aveva avuto figli dal primo matrimonio e dal secòndo solo in età matura (Di San Luigi 1786, pp. 327-329) Poco dopo la realizzazione di questo tondo, inizia a Prato la vi cenda amorosa di fra Filippo, che avrà dalla monaca Lucrezia Buti il figlio Filippino, rimasto orfano del padre a soli dodici anni. Nel tondo della Galleria Palatina il Lippi esprime le sue doti migliori: invenzione, sintesi narrativa, scioltezza del disegno e concretezza della forma, qualità che passeranno al figlio, che saprà arricchirle di dinamismo e di un fremito della li nea, accompagnati da una profonda conoscenza umanistica ispirata al mondo antico.

Annamaria Bernacchioni

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Fili ppo Li ppi, Studio per uno stemma con grifone alato (sul retro della tavola)

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PRIMA SEZIONE

2

FILIPPO LIPPI (FIRENZE, 1406 - SPOLET0, 1469)

Studio di testa femminile con velo (per la Madonna del Tondo Bartolini)

1452 Punta metallica, biacca, su carta bianca preparata in giallo ocra, ritocchi posteriori a penna marrone e matita rossa, mm 300 x 205 (misure massime del foglio ritagliato ovale) Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, inv. 191 E

La testa femminile disegnata su questo foglio, dolcemente rivolta di tre quarti verso l'osservatore e recante una cuffia di velo sull'acconciatura, corrisponde in modo preciso alla testa del la Madonna raffigurata nel 1452 da fra Filippo Lippi nel Tondo Bartolini, opera conservata alla Galleria Palatina e anch'essa esposta in mostra ( cat. 1). Questo disegno, la cui corrispondenza con il dipinto va verosimilmente interpretata con l'autografia e con la funzione preparatoria, documenta al meglio la lezione sulla raffinata tecnica disegnativa lum inistica - inaugurata dal Beato Angelico - che Filippo impartirà al figlio pittore e che tramite il frate arriverà anche a Botticelli. La risposta del giovane Lippi alla lezione paterna è altrettanto documentata in mostra dal disegno Studio di testa femminile con cuffia agli Uffizi, inv. 1153E ( cat. 11 ). Il disegno è eseguito su carta preparata con la punta metallica e sottili filamenti a pennello e biacca che conferiscono alla figura, insieme alla luce, una consistenza spaziale e delineano dettagli raffinati nella fisionomia e nell'acconciatura. Le linee a penna e i tocchi a matita rossa, come ha segnalato Annamaria Petrioli Tofani (1971, nota sul passe-partout) e ribadito Alessandro Angelini (1986), sono da considerare invece ritocchi posteriori, apportati in antico forse per rimediare all'indebolimento della punta metallica e alla mancanza di contorni lineari. Non riconosciuti come ripassi, hanno indotto vari studiosi a dubitare dell'antica attribuzione a Filippo Li ppi attestata nell'inventario della collezione del Ramirez del 1849 (cfr. Petrioli Tafani 1986, p. 84), sino a ritenerlo una copia d i bottega (Berenson, Ruda), probabilmente di Fra Diamante (Degenhart e Schmitt). L'autografia di Filippo, riproposta nel 1975 da Marchini, è invece accolta da Angelini e Caneva. Infatti a ben vedere le linee a penna di fattura incerta e grossolana, estranee alla sottigliezza ottenuta con la punta metallica (sebbene Ruda dubiti che si tratti di questo strumento indicando la presenza di acquerellature) e biacca, si sovrappongono a quest' ultima che, nella peculiare tecnica disegnativa della carta preparata, è sol itamente l'ultima stesura del disegno. Linee che induriscono i contorni e apportano modifiche al velo rispetto alle fattezze del dipinto: si osservino la pesantezza del contorno degli occhi come un rimmel mal dato, i tocchi a matita rossa dentro una pupilla e come un rossetto sulle labbra, il sottovela inesistente che scende sulla tempia o i tocchi di una piega incongruente sotto l'orecchio. li disegno, epurato dai ritocchi, corrisponde alla figura dipinta nelle più minute pieghe del la cuffia e nei dettagl i, come il nastro che trattiene e attorciglia i capelli sulla somm ità sotto il velo, sperimentando sulla carta colorata gli effetti della provenienza della luce da sinistra che il bi cromatismo amplifica nei contrasti e nell'effetto spaziale. L'unica differenza, sottile ma sostanziale, rispetto al dipinto sembra essere il collo meno proteso in avanti e conseguentemente il portamento più eretto. Una volta ristabilita !~ connessione col dipinto lippesco e la sua autografia, deve essere presa in considerazione la funzione del disegno, evidentemente re lativa al la preparazione del Tondo Bartolini, anche se non si può escludere che si tratti - come nel caso di altri disegni coevi di simile tecn ica e livello di elaborazione - di un modello di testa femminile memorativo ("a studio record of a finished painting", come ipotizza Ruda) da usare per ulteriori realizzazioni di analogo soggetto e come prezioso strument o di lavoro di bottega per il pittore.e i suoi collaboratori.

Lorenza Melfi

Bibliografia Ferri 1881, p. 14; Berenson 1903, p. 186, n. 1389; Degenhart, Schmitt 1968, n. 530, tav. 365a; Marchini 1975, p. 218, fig. 181 ; Angelini 1986, pp. 44-45, n. 28, fig. 34; Petrioli Tofani 1986, pp. 84-85; C. Caneva, in // disegno fiorentino 1992, pp. 108-109, n. 4.12; Ruda 1993, pp. 500-501, n. DW 77

PRIMA SEZIONE

3

FRA DIAMANTE (TERRANUOVA BRACCIOLINI,

1420 CIRCA -

FIRENZE/ROMA?,

1498)

E FILIPPINO LIPPI (E COLLABORATORI)

a) La presentazione al Tempio b) L adorazione dei Magi e) La strage degli Innocenti 1

1469-1470 circa Tempera su tavola, cm 26,2 x 165,5 Prato, Museo Civico, inv. 1314 Provenienza: Prato, ch iesa del monastero di Santa Margherita, restituita dopo le soppression i napoleoniche (1815), dal monastero di San Vincenzo passò poi al Comune nel 1866

Bibliografia Vasari [1568] 1878-1906, voi. 11, 1906, p. 620, nota 2; Baldanzi 1835b, p. 49; Guasti 1858, pp. 15-16, IX; Crowe, Cavalcaselle 1864-1866, voi. Il, 1864, p. 336; Guasti 1888, pp. 46:48; Venturi 1911, p. 589; Pittaluga 1941, pp. 62-66; Pittaluga 1949, pp. 183-184; Marchini 1975, p. 169; Bellosi 1983-1984, pp. 49-52; M. P. Mannini, in li Museo Civico di Prato 1990, pp. 82-83, n. 17; Ruda 1993, pp. 483-484, n. 68; C. Filippini, in Cerretel li, Filippini 1994, pp. 53-54; Zambrano 1995, pp. 40-47; P. Zambrano, in La Natività di Filippo Lippi 1995, p. 59; Fattorini 2001, pp. 67-80; J.K. Nelson, in Filippino Lippi 2004, pp. 15, 44, n. 6; P Zambrano, in Zambrano, Nelson 2004, n. 2; M.P. Mannini, in Tra Sacro e Profano 2008, pp. 74-76, n. 9; M.P. Mannini, in Filippo et Filippino 2009, p. 142, n. 21 b.

La predella con le Storie dell'infanzia di Cristo fu portata via agli inizi dell 'Ottocento dalle truppe napoleoniche dal monastero agostin iano di Santa Margherita e restituita solo nel 1815 dopo essere stata segata in tre pezzi. Fin dall 'Ottocento fu associata al la pala con la Natività con i pastori conservata nella Galleria del Museo del Louvre (inv. 338, cm 166,5 x 166,5) attribuita al Maestro della Natività del Louvre ( identificab il e con Fra Diamante, secondo Bel losi 1983-1984), proveniente dallo stesso monastero dove visse la madre di Filipp ino. A questo proposito, è bene ricordare il celebre episodio in cui fu co involto il convento al tempo della scandalosa storia di fra Fi lippo Lippi con la giovane novizia agostiniana, Lucrezia Buti. Questo fatto, tramandatoci dal Vasari, avvenne nel 1456 e segnò anche il destino di Fra Diamante, che ebbe la ventura di essere nominato cappellano delle monache al posto di Filippo nel 1466 e che raccolse l'eredità del cantiere del Duomo di Spoleto. La predella, secondo la critica (Zambrano e Nelson), è molto importante per ricostruire i primi passi del giovane Filippino sotto la guida di Fra Diamante nel la bottega post-lippesca, dopo l'esperienza vissuta a Spoleto, accanto al padre e a Pi er Matteo dAmelia, dove apprese i primi rudimenti sulla tecnica ad affresco. Le scenette sono disegnate con un tocco vivace da miniaturist a in calde tonalità rosso acceso e giallo ocra e presentano una minuziosa cura dei dettagli. Nella scena centrale i personaggi dell'Adorazione dei Magi sono inseriti in una com pl essa scenografia ambientata in un paesaggio (identificabile con la vallata dellArno?). È databile intorno al 1470, subito dopo la m orte del Li ppi, quando Fra Diamante rientra a Prato con Filippino da Spoleto per term inare dei lavori rimasti incompiuti e real izzare alcuni affreschi araldici per il podestà Cesare Petrucci, oltre a una pala di comm issione privata con la Madonna in trono fra i santi Lorenzo, Jacopo e il donatore Lorenzo Casini, ora nel Museo di Budapest. Secondo la Zambrano (in La Natività di Filippo Lippi 1995, p. 59), la mano di Fi lippino si individua nel giovane servitore di destra della scena centrale che, con le dita infilate nella cintura, osserva con aria assorta l'omaggio dei re Magi al Bambino. Questa figura, per il delicato tocco atmosferico, è molto diversa dalle altre, più incise e profilate. In particolare si avvicina al virtuosismo e alle trasparenze preziose dell'Adorazione dei Magi di Fili ppino della National Gallery di Londra. Anche nella scena della Presentazione al Tempio, che deriva dall'analoga composizione di Filippo Lippi per la ch iesa pratese dei Serviti del lo Spirito Santo (1467-1468), le due ance ll e vestite di arancion e sono riconducibili al la mano di Filippino. La maniera anal itica di descrivere le capigliature, come pure il cangiantismo delle vesti e la qualità degli incarnati, diventeranno delle costanti inconfondibili del suo stile. L'altra scena del la predella con la Strage degli Innocenti testimonia la paura dell'invasione turca che dominava l'intera penisola, provocata dai cruenti assalti dei pirati turcheschi alle coste del l'Italia meridionale, culminati nella presa di Otranto del 1480 da parte delle truppe di Maometto Il, con la strage "reale" di donne e di bambin i in nocenti. Il beato Giovanni Dominici, nella sua Regola del governo di cura familiare (pp. 101-102), suggeriva infatti di dipingere dei temi educativi "come non nocerebbe se si vedesse dipinti gli Innocenti uccisi, acciò gli venisse paura d'arme e d'armati". Quando Fil ippo Lippi morì a Spoleto nel 1469, suo figlio Filippino appena dodicenne fu affidato in custodia a Fra Diamante, al quale furono lasciati in dote trecento ducati "de' quali comperati alcuni beni per sé proprio, poca parte fece al fanc iull o", ma già nel 1472 Filippino si distaccò dal suo tutore e andò a lavorare con Sandro Botticelli. Nel 1477 i rapporti con Fra Diamante si guastarono del tutto, a causa di un contenzioso sull a proprietà di un a casa a Firenze i n San Pier Maggiore, che forse ospitava lo studio di fra Fil ippo, passato inizialmente al d iscepol o più anziano e po i rivendicato dall'erede (A Bernacchioni, in Filippo et Filippino 2009, p. 139). Dopo questa data si perdono le tracce di Fra Diamante che nel 1483 risulta priore di San Pietro in Gel lo nella diocesi di Volterra e imprigionato nel 1498 per malcostume.

Maria Pia Mannini

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• Registrazione nel 1472 di Filippino nella bottega di Bottice lli conte nuta nel Libro Rosso della Compagnia di San Luca. Firenze, A rchivio di Stato, Accadem ia del Disegno, prim a Com pagn ia dei Pittori 2, Debitori e Creditori

e Ricordi, c. 56v.

Fili ppino Lippi, Ritratto di Sandro Botticelli ( a dest ra di profilo), particolare dalla Disputa

con Simon Mago e Crocifissione di san Pietro. Firenze, cappe lla Brancacci

SECONDA SEZIONE

4

SANDRO BOTTICELLI

Ritratto di fanciullo con mazzocchio

1470 circa Tempera su tavola, cm 51 x 33,7 Firenze, Galleria Palatina, inv. 1912 n. 372

Sandro Botticelli, Ritratto della cosiddetta Smeralda Brandini. Londra, Victoria and Albert Museum

Bibliografia S. Padovani, in La Galleria Palatina 2003, voi. 11, p. 93, n. 123; Cecchi 2005, pp. 118-121, 177 nota 45; A Ruhl, in Botticelli. Bildnis. Mythos. Andacht 2009, pp. 196-197, n. 18. 86

li ritratto, che esce da un recente restauro eseguito da Alessandra Ramat dell 'Opificio delle Pietre Dure, ha recuperato, con la rimozione delle ridi pinture del volto, una superficie pittorica sofferta per la drastica pulitura subita in passato (è ridotta nella maggior parte al so lo "verdaccio" di preparazione), ma autografa in ogni sua parte. La sua storia collezionistica, eccezionalmente per un'opera della Gall eria Palatina, che in genere registra molti passaggi inventariali indietro nel tempo, è piuttosto recente, risalendo la sua prima citazione al 1829, quando figura a Palazzo Pitti con l'attribuzione ad Andrea del Castagno. Questo riferimento venne adottato da Crowe e Cavalcaselle ( 1864-1866, voi. 11, 1864 ), per venire poi abbandonato a favore di Piero di Cosimo (Schmarsow 1886, pp. 219-220) e di Sandro Botticelli, cui l'assegnò Adolfo Venturi (1891, p. 4) seguito dal Bode, dallo Jahn Rusconi, dal Salvini, dal Lightbown e dagli studiosi più recenti. Il dipinto raffigura un fanciullo che indossa il mazzocchio, cappello alla moda di color viola scuro, costituito da un cerchio imbottito di borra che dà il nome al copricapo, composto anche dalla "foggia", parte superiore composta da un tess uto racco lto in un mazzo di pieghe sospese, e dal "becchetto", lunga striscia di tessuto appoggiata sull e spalle. A giudicare da quest'abb igli amento elegante, completato dalla veste rossa aperta sul davanti, il giovane ritratto da Sandro doveva appartenere ad una fam igli a agiata e non aver niente a che fare con i garzon i della bottega botticelliana, certo in abiti ben più um ili e popolan i. Chissà che non abbia fatto parte della "fam iglia" che accudiva, nei due mesi del loro servizio, gli otto Prio ri e il Gonfaloniere di Giustizia che vivevano una vita quasi monastica all'ultimo piano del Palazzo della Signoria. Il ritratto appartiene plausibilmente all'inizio degli anni settanta del Quattrocento, come il Ritratto della cosiddetta Smeralda Brandini del Victoria and Albert Museum e quello di Giovane con veste e cappello nero del Louvre, accomunati oltre che dallo stile, dallo sguardo quieto e assorto con cui si rivolgono verso l'osservatore. Sono queste opere di matrice ancora lippesca e di una maniera "secca" e tagliente, che Sandro perderà ben presto, come si vede nel San Sebastiano di Berlino del 1474. Botticelli verso il 1470 lavorava già nella bottega a piano terreno della casa comprata dal padre Mariano nella via Nuova di Ognissanti, dove due ann i più tardi è documentato il giovane Filipp ino, orfano di fra Fil ippo, morto a Spoleto nel 1469. Alessandro Cecchi

SECONDA SEZIONE

5

SANDRO BOTTICELLI

Due studi di figure maschili nude

Anni settanta del XV secolo Punta metallica, biacca, su carta bianca preparata in giallo rosato, mm 186 x 179 Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, inv. 394E



Alla fine dell'Ottocento il foglio risultava inventariato come Anonimo del XV secolo (Ferri 1881 ), passato in seguito a David Ghirlandaio secondo le indicazioni di Berenson che nel repertorio del 1903 aveva riunito sotto questo nome in modo espansivo svariati studi figurativi fiorentini su carta preparata degli ann i settanta-ottanta del Quattrocento. Inserito nel gruppo riferito da Ragghianti e Dalli Regoli a Botticelli e collaboratori ("gruppo A2"), per l'altissima qualità è stata riconosciuta l'autografia di Sandro da Carlo Sisi nel 1992 (seguito da Ciseri, Cecchi e Melli), insieme ad un secondo foglio nella stessa co llezione 391 E (C. Sisi, in Firenze 1992, n. 2.3), cui si può aggiungere un terzo disegno a Roma (L. Mell i, in Botticelli. Bildnis. Mythos. Andacht 2009, n. 57) Le due figure maschili nude, una seduta nell'atto di togliere una spina da un piede, l'altra stante a gambe divaricate e la mano sinistra sul fianco, sono delineate e ombreggiate a punta metal lica e lumeggiate a biacca sul fondo giallo della carta preparata. I corpi magistralmente costruiti con sommari e intuitivi tocchi di pennello bianco, rivelano la manualità costumata del disegnatore nel definire pose complesse naturali e auliche al tempo stesso. Nel primo personaggio il soggetto ripete la posa dello Spinario, famosa statua romana studiata dagli artisti dal medioevo e divenuta un topos nei repertori di modelli, presente, ad esempio, nei libri del Gozzoli. Nel secondo personaggio l'attitudine di fierezza espressa dalle gambe divaricate richiama la monumentalità di personaggi come il San Giorgio di Donatello o il Pippo Spano di Andrea del Castagno (Ciseri), ma anche il David di Verrocchio, tanto più se nella mano destra è accennata la presenza di una spada. La costituzione fisica di questa figura sembra invece rivisitata seguendo la sensibilità anatomica di Antonio del Pollaiolo, quale possiamo osservare nel l'Arciere di Berlino nella posizione degli arti inferiori e nella struttura del busto (inv. KdZ 471, cfr. Schulze Altcappenberg 1995, n. 136). Due studi indipendenti, affiancati sullo stesso foglio di una raccolta di modelli aulici rievocati "a memoria, oppure per via indiretta, attraverso schizzi di mano propria o altrui [... ] collocando in posa compagni di bottega di varia corporatura e dalla fisionomia caratterizzata: segno che l'interesse andava non già allo stile e alla specifica morfologia del pezzo antico bensì al posare cioè al congegno che il corpo costruisce nel lo spazio" (Dalli Regoli 1992, p. 63): Botticelli esprime così, secondo la propria sensibilità luministica, l'attitudine dei disegnatori fiorentini del secondo Quattrocento a studiare la figura masch ile nuda facendo posare i garzoni e i collaboratori di bottega, evocando gli esempi illustri o classici e concentrandosi sul la posizione del corpo e sullo studio anatomico e non sulla restituzione del modello stesso.

Lorenza Melfi

Bibliografia Ferri 1881, p. 24; Berenson 1903, n. 824; Ragghianti, Dalli Regoli 1975, pp. 99, n. 71; Petrioli Tafani 1986, pp. 174-175; C Sisi, in li disegno fiorentino 1992, pp. 45-46, n. 2.4; I. Ciseri, in Sandro Botticelli 2000, pp. 184-185, n. 5.13; Cecchi 2005, pp. 68-69; L. Melli, in Botticelli. Bildnis. Mythos. Andacht 2009, p. 300, n. 57, e p. 302, n. 58.

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FILIPPINO LIPPI E COLLABORATORE

a) Foglio di studi con due gambe maschili una figura inginocchiata e una seduta (recto) b) Tre figure panneggiate (verso) 1

Anni settanta del XV secolo Punta metal lica, biacca, su carta preparata in grigio chiaro (recto); punta metallica, biacca, su carta preparata in rosa (verso), mm 194 x 259 Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, inv 308E

Il 308E costituisce un esempio rappresentativo di una pagina di 'libro di disegn i' su cui gli art isti erano soliti raccog liere o studiare modelli dal naturale o di repertorio con la duplice funzione di ese rcitazione e di raccolta ' iconografica. In prima istanza assegnato da Pasquale Ferri a Domenico Ghi rlandaio, il fogl io rientrava nel gruppo creato da Berenson attorno al nome del fratello di questi, David. Il riferimento alla bottega di Fi lippino Li ppi inaugurato nella mostra del 1955 (Mostra di disegni), è stato registrato dalla Petrioli Tafan i e accolto da Raggh ianti e Dalli Regoli nel "gruppo B2: Fi lippino e collaboratori". In una nota manoscritta nel l'archivio del Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, Giulia Sin ibaldi lo indicava invece come di "Filipp ino giovane", autografia riconosciuta da Alessandro Cecchi come opera precoce del nostro artista ma solo per quanto riguarda il recto, riconoscendo, nel verso, una mano più debole e approssimativa. Il recto, su fondo grigio, reca al centro due figure stilate a punta metallica e biacca, una ammantata e inginocchiata con gesto benedicente, l'altra in abiti coevi vista di spal le e seduta su una seggiolina, nell'atto di reggere un quaderno o una tavoletta su cui sembra leggere, scrivere o disegnare. Si tratta, rispettivamente, nel primo di uno studio per una specifica iconografia destinata alla pittura, forse il personaggio di unAdo razione denotato dal tratto sommario del l'abbozzo, nel secondo di uno studio 'dal naturale', cioè la registrazione di una figura vivente, un garzone in una mansione quotidiana, a scopo di esercit azione dell'artista. Le estremità del foglio sono occupate da due studi anat om ici di profilo dell'arto inferiore fino all'anca e del sesso maschi le; quest'ultimo, a sinistra, è raffigurato a lato della gamba. Si ha la sensazione che questi due disegni, a svi luppo verticale, siano inserit i negli spazi vuoti per sfruttare al massimo la preziosa superficie preparata della carta. Questo particolare del corpo umano, derivato formalmente da studi anatomici inaugurati dal Pol laiolo, è stato ri preso con maggior consapevolezza naturalistica da Leonardo, che lo ripropone più volte nei propri studi anatomici come nel codice a Windsor, databile al 1490 (Popham 1946, n. 221), o nel foglio del British Museum del 1506-1510 (si veda H. Chapman, in Fra Angelico to Leonardo 2010, n. 57). Il foglio 308E di Filippino rapp resenta al megli o la valenza di questi repertori grafici che raccoglievano disegni di diverso carattere e funzione e documenta come anche Leonardo, nella sua attività scientif ica in nuce, abbia attinto a motivi iconografici preesistenti e soprattutto pollaioleschi (Kwakkelstein 2004), tramandati da questo ti po di libri di disegni nel le botteghe fio renti ne del la seconda metà del Quattrocento. Se i disegn i sul recto sono assim ilab il i allo stile e al le ti po logie di Fi lippino Li pp i in una fase molto precoce e prossima alla co llabo razione co l Botticel li, rappresentata ad esempio dal foglio composito alla Christ Church Gallery di Oxford (G.R. Goldner, in The Drawings, n. 11 ), quelli sul verso preparato in rosa, su cui sono tracciate tre figure ammantate in varie attitudini di santi e predicatori, presentano un carattere più rigido e man ierato, che induce a riferirli ad uno stretto collaboratore di Filippino, operante nello stesso periodo a fianco del maestro e, forse, copiandone un foglio.

Lorenza Me/li

Bibliografia Ferri 1881, p. 20; Berenson 1903, n. 800;

Mostra di disegni 1955, n. 50; Petrioli Tafani 1986, pp. 136-137; A Cecchi, in// disegno fiorentino 1992, p. 136, n. 6.7; Cecchi 2005, p. 68, e nota 32, p. 91. )

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FILIPPINO LIPPI

I tre arcangeli e Tobia/o

1477-1478 circa Tempera e olio su tela, trasportato da tavo la, cm 100 x 127 Torino, Gal leria Sabauda, inv. 183

Il dipinto, sottoposto a restauro e trasporto nel 1982 per le sue carenti condizioni di conservaz ione, potrebbe esse re il "Tobia con l'angelo" documentato nell 'inventario del 1603 della col lezione Aldobrandin i di Roma, con l'attr ibuzio ne al " Filippino Fio rentino" (Zam brano, N elson 2004, pp. 325-326, n. 19). Into rn o al 1855 si trovava sicurame nte nel la co llezione della famiglia Mannell i Gali lei di Firenze, da cui venne acquistato dal la pinacoteca torinese grazie ai buoni uffici del barone Garriod. Ritenuto da Crowe e Cavalcaselle, con il solito acume critico, "nei modi del la scuola di Bottice ll i, di stile intermedio tra Filippino e Bottice lli" (1864-1866, voi. Il, 1864, p. 462), la sua appartenenza no n al maest ro, ma a un art ist a a lui vicino st ilist icam ente, avrebbe indotto il Berenson nel 1899 a farne l'o pera d i rif erimento d i un grup po di dip inti ascritt i a un fantomatico ''.A.m ica d i Sandro", seguit o dallo Horne (Ap pendi ce lii, [1908- 1916] 1987, p. 172, n. 453) e dal Van Marle (1931 ). Fu il Gamba, per primo nel 1933, ad assegnare l'opera a Filippino giovane, seguito dallo Scharf (1935) e dal Mesni l (1938), che ebbe a sottolineare la profonda influenza del Botticel li, peralt ro messa in r ilievo da tutta la crit ica successiva. N on so lo al capobottega semb ra però aver guardato Fili ppino negli anni di apprendistato nella bott ega del la v ia Nuova d'O gnissanti e giust amente Fi ammetta Gam ba (1954) ha accostato il dip into ai Tre arcangeli del Botticini degli Uffizi e la Zamb rano ( in Zamb rano, Ne lson 2004, p. 326) ha suggerito appropriatam ente anche un'influenza verrocchiesca sul giovane artista. Il dipinto appare, con l'Incoronazione della Vergine in lunetta di Washington, in collaborazione col maestro (Zambrano, Nelson 2004, pp. 326-327, n. 20), una dell e prime prove ' in grande' che verosimi lmente gli consentirono di accettare, nel 1478, la co mmessa di una pala d'altare a Pist oia. Le f igure sono co m e in posa, distaccate l'una dall'altra, con un certo impaccio nella com posizio ne dovuto alla giovan e età dell 'artista. Le r iprese dal Bott ice lli sono avvertibili nella f igura centrale dell'arcangelo Raffaele, che incede a passo di danza come la Giuditta del Fi lipepi agl i Uffizi, e nell'arcangelo Gabriele sul la destra, l'un ico r ivolto al lo spettatore, in una posa affettata ed elegante, mentre reca i gigl i dell '.A.nnunciazione. La figura dell'arcangelo Michele, sul la sinistra, appare invece co me bloccat a nella sua posa 'guerresca', chiusa com 'è in pezzi d i armatura pe rcorsi da scint illii metallici come quelli dell a corazza della Fortezza bottice lliana agli Uffizi. Co nd ivisibi le ci sembra la datazione anticipata al 1477, proposta dal Salvin i (1957) in base a confronti con l'Adorazione dei Magi di Londra, a fronte degli anni ottanta del Quattrocento, trop po avanzati per lo stil e ancora acerbo e botticel liano del dipinto, in genere adottat i dagli altri studiosi.

Alessandro Cecchi

Bibliografia Crowe, Cavalcasel le 1864-1866, vo i. Il, 1864, p. 462; Berenson 1899, voi. I, pp. 463 -465; Horne [1908-1916] 1987, p. 172, n. 453; Van Marle 1923-1936, voi. Xli, 1931, p. 260; Gamba 1933, p. 476; Scharf 1935, pp. 11 -12, 52-53; Mesnil 1938, p. 234; Gamba 1954, pp. 160-161; Salvini 1957, p. 64; Zambrano, Nelson 2004, pp. 325 -326, n. 19 ( con bibl. precedente).

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SANDRO BOTTICELLI E FILIPPINO LIPPI

Storia di Ester a) Ester davanti al palazzo reale b) Mardocheo piange davanti alla porta del palazzo reale, già detta La Derelitta e) Il trionfo di Mardocheo

1475 circa a) Tempera su tavola, cm 46,7 x 41,2 Ottawa, National Gallery of Canada, inv. 6085 b) Tempera su tavola, cm 47 x 43 Roma, collezione Pallavicini, inv. 271 c) Tempera su tavola, cm 46,6 x 41,2 Ottawa, National Gallery of Canada, inv. 6086

Queste tre tavole, insieme a una quarta ora a Firenze (Fondazione Horne), ornavano i lati corti di due cassoni, mentre due pannelli rettangolari, ciascuno di cm 48 x 132 circa, ne costituivano la parte frontale. Il formato, la composizione e le scene delle sei tavole ci permettono di ricostruirne la collocazione originale. Il primo cassone era formato da Ester sfila davanti ad Assuero (Chantilly, Musée Condé), con la tavola di Ottawa (a) sul lato sinistro e La regina Vasti lascia il palazzo reale (Firenze) sul destro; ne l secondo cassone, Il colloquio di Ester con Assuero (Parigi, Musée du Louvre) recava a sinistra la tavola di Roma (b) e a destra quella di Ottawa (c). In primo piano ne i pannelli più lunghi sono raffigurate le scene più importanti, mentre gli episodi secondari compaiono sul lo sfondo; i pannelli più piccoli, occupati da una storia ciascuno, sviluppano i temi principali. Questa è la prim a volta che dei pannel li da cassone mostrano una simile chiarezza nella rappresentazione dello spazio (Nelson 2010). Le tavole interpretano il racconto biblico di Ester, all 'epoca forse noto soprattutto grazie a una sacra rappresentazione fiorentina del tardo Quattrocento sulla Regina Ester (Sacre rappresentazioni 1872). Ne l ciclo non vediamo alcuni eventi chiave del la storia, evidentemente ben nota agli spettatori originari. La narrazione inizia sullo sfondo della tavola di Chantilly. Sulla sinistra re Assuero di Susa fa ch iamare la mogli e Vasti, per esibirne la bellezza durante un banchetto e, quando ella rifi uta, un cortigiano "le cava la corona di capo". La tavola di Firenze raffigura Vasti in piedi fuori dalle porte di Susa; con la testa china, la donna sosta davanti a un paesaggio spoglio, prima di partire per l'esilio. Nella tavola di Chantilly, in primo piano, Assuero sceglie Ester come nuova regina, tra tutte le fanciulle del suo regno. Il pannello di Ottawa (a) mostra l'eroina mentre si avvicina alle mura della città con lo sguardo rivo lto verso l'alto. Ester appare l'espressione stessa della modestia, della grazia e della speranza; diversamente da ciò che è scritto nelle fonti testuali, è sola, proprio come Vasti nell'altro pannello laterale. I due soggetti, qui abbinati per la prima vo lta nell'arte, stabiliscono un forte contrasto nella rappresentazione di due diversi comportamenti femminili. Lo zio di Ester, Mardocheo, è il protagonista del piccolo pannello di Roma (b ), a lungo denominato erronemente La Derelitta. Fu Wind (1940-1941) a identificare correttamente il soggetto del dipinto, avendo compreso che tra le mani del personaggio si riconosce la barba di Mardocheo. Lightbown (1978, vo i. Il, p. 210) sosteneva che "la sostanza grigio-gial lastra che si vede sulla barba di Mardocheo ovviamente rappresenta la cenere con la quale si era cosparso". Tuttavia, tale sostanza non è altro che il residuo della vernice ingiallita che copre tutta la superficie pittorica. La tavola, opera di straordinaria potenza e semplicità, proviene dal lato sinistro del secondo cassone, che raffigura una figura barbuta, tragicamente isolata davanti a un portone chiuso. Mardocheo aveva involontariamente offeso Aman, il consiglie re del re, il quale per vendetta aveva convinto Assuero a far giustiziare tutti gli ebrei che vivevano nel suo regno. Botticelli mostra il momento in cui Mar-

Filippino Lippi, Storia di Ester. Chantilly, Musée Condè

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docheo, "quando seppe quanto era stato fatto, si stracciò le vesti, si coprì di sacco e di cenere e [ .. ]venne fin davanti alla porta del re" (Ester IV, 1-2). In prim o piano ne lla tavola centrale, Ester intercede per il suo popolo dava nti al re. Infine, la tavoletta di Ottawa ( c) rappresenta la gratitudine di Assuero nei co nfronti di Mardocheo, che gli ha rivelato un complotto contro di lui . Secondo tutti i testi, a Mardocheo fu concesso di indossare la corona, vesti re abiti regali e cavalcare il destriero del re, condotto da Aman. Per tale motivo il personaggio in piedi ne l quadro viene generalmente identificato con Aman. Tuttavia nell'abbigliamento, nell a bar ba e nella fisionomia la fig ura corrisponde ad Assuero, come appare ne i dip inti di Parigi e di Ch antilly. Questa diversa identifi cazione enfatizza l'onore tributato a Mardocheo e crea un collegamento v isivo tra i due pannelli laterali; il cassone inizia con un'immagine di Mardocheo che piange davanti al la porta chiusa del palazzo e termina con lo stesso personaggio, condotto fuori da un'altra porta simile, in sella a un cavallo baldanzoso. Le due scene, una di totale disperazione, l'altra di sommo trionfo, fanno eco alle rappresentazioni di stati d'animo contrastanti sui pannelli laterali del primo cassone. L'attribuzione di questo ciclo è stata a lungo dibattuta (Nelson 2009). Con l'esclusione della tavo letta romana (b ), i dipinti facevano parte della co llezion e Torrigiani e furono ritenut i opera di Filippino alm eno fino alla metà dell'Ottocento. Quando Berenson (1899) creò l'"Am ico di Sandro", un maestro autonomo stilisticamente vicino a Botticelli, gli att ribuì anche le cinque tavole Torrigiani, ma success ivamente (1932) decise che la maggior parte dei suoi lavori, comprese le tavo le Torrigiani, erano opera di Filippino giovane. Nel 1909, nel le sue lettere a Roger Fry, Herbert Horne era già arrivato a una conclusione analoga; egli scriveva : "forse ricorderete che vidissi, quando eravate qui, che pensavo di poter decifrare due mani diverse in questi cassoni Torrigiani". Al l'epoca nessuno si era ancora reso conto che la tavo letta di Roma faceva parte della stessa serie. Una delle due "mani" menzionate da Horne era quella di Fil ippino, che dipinse la tavola di Ottawa (a) e le cinque figure sulla destra della tavo la di Chantilly; in quest'ultima opera "le altre fi gure più grandi sono più bottice lliane, e sono sicuramente della stessa mano della tavola laterale che ho acquistato dai Torrigiani, dotata di molto charme ma sostanzialmente debole". Horne soste neva che la Storia di Nastagio degli Onesti "offre un altro esempio di come questo genere di tavole destinate all'arredamento, richieste di fretta in occas ion e di un matrimonio, fossero eseguite da varie mani diverse". In entrambi i casi, Botticelli aveva ricevuto la commissione, ideato l'intero ciclo e fornito i disegni, ma non aveva personalmente dipinto le tavole. Carlo Gamba (1933) sviluppò le idee de l suo amico Horne: "Sandro Botticel li stesso deve per certo aver ricevuto l'ordinazio ne di quei cassoni, ne avrà fatto disegni e schizzi, avrà eseguito il pannello della Derel itta [...] in seguito av rà dovuto affidare il rimanente al suo interprete più dotato di qualità artistiche individuali il quale eseguì quelle scene con una grazia, con una gustosità crornatica1che le rendono tra le più mirabili del genere". Zeri (1959'), benché non fosse d'accordo con tale posizione e attribuisse l'intera serie a Filippino, osservò che "tutta la serie è fortemente intrisa di sapore botticelliano, pur con la inequivocab il e e sottile diversificazio ne che Filippin o [... ] seppe imprimere al linguaggio del maestro; e non sarebbe neppure azzardato supporre l' intervento del Botticelli nella ideazione, ma non nella stesura, dei sei pannelli". Tal e ipotesi, accolta più recentemente dall a Zambrano (2004), è stata messa in discussione da vari auto ri; Laclotte (in Défense du patrimoine 1978), Fahy (1993) e Cecch i (2005) hanno attribuito entrambi i pannelli laterali del secondo cassone a Botticelli (Roma; Ottawa, c).Tuttavia è assai probabile che a queste tavo le ab biano messo mano tre artisti. Filippino eseguì la maggior parte delle scene ma il pannello di Fi renze e diverse figure sulla sinistra del dipinto di Chantilly de notano uno stile un po' diverso e una qualità sicuramente infer iore. Come ha osservato Horn e, queste figure devono essere state realizzate da un anonimo artista del la bottega di Botticelli. Per quanto riguarda la composizio ne, Lightbown (1978, vo i. li, p. 210) osservava che "l'economia e l'ab ilità con le quali le figure e l'architettura sono disposte e correlate appare più tipica di Botticelli che non di Filippino, la cui efficacia nello stabilire relazioni tra figure e amb ientazione è più incerta". A suo avv iso, tre caratterist iche

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delle grandi tavole orizzontali avrebbero potuto suggerire che Botticelli avesse disegnato i cartoni, ma lo studioso assegnò l' esecuzione materiale dei dipinti a Filippino. A mio avviso fu Sandro stesso a dipingere entrambi i pannelli laterali de l secondo cassone. Ciò spiegherebbe, per esemp io, perché Mardocheo abbia un aspetto decisamente diverso nella tavola di Ottawa e in que ll a di Parigi. Per di più la rifl ettografia a raggi infrarossi dei due pannelli di Ottawa (Markevicius 2010) rivela differenze nell'approccio alla modellatura del panneggio e alla raffigurazione dell 'architettura. Molto probabilmente Botticelli fornì i disegni dei gruppi di figure per tutti i dipinti della serie di Ester e i suoi collaboratori furono liberi di realizzarli come volevano. Probabilmente si deve a Botticelli l'idea di scostarsi dalla tradizione dei dip int i da cassone, che prevedeva la rappresentazione del racconto in ordine consecutivo e sul lo stesso piano spaziale. Fu lui a concepi re queste composizioni, che rivoluzionarono i dipinti destinati alle case private nel Rinascimento. Il committente ordinò presumibilmente la serie a Botticelli e gli attribuì tutto il merito di questi mirabili dipinti. Anche noi dovremmo riconoscere che in definitiva Botticelli era responsabile di tutti i dipinti prodotti nell'ambito della sua bottega, specialmente se, come ha suggerito Zeri, questi venivano concepiti dal maestro in persona.

Jonathan K. Nelson

Bibliografia Zambrano 2004, pp. 141-155, 313-317, n. 108, C, E, F ( con bibl. precedente); Nelson 2009, pp. 137-144; Nelson 2010, pp. 139-143. 99

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FILIPPINO LIPPI

a) Storia di Lucrezia b) Storia

di Virginia

1478 circa a) Tempera su tavola, cm 42 x 126 Fi renze, Galleria Palatina, inv. 1912 n. 388 b) Tempera su tavola, cm 45 x 126 Parigi, Musée du Louvre, Département des Peintures, inv. M.I. 501

Bibliografia Zambrano 2004, pp. 155-163, 320-322, n. 15 (con bibl. precedente); Nelson 2009, pp. 145-147.

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Le due tavole offrono l'opportunità di indagare il complesso rapporto tra Filippino e Botticelli, dato che entrambi rappresentarono i due soggetti con composizioni simili; queste opere di Filippino, inoltre, costituiscono un raro esempio di pathos e movimento dram matico nella sua carriera precedente al soggiorno romano. Sia Lucrezia sia Virginia morirono precocemente di morte violenta in tragedie causate dal desiderio di conservare intatta la loro casta reputazione. Le due vicende, collegate come exempla di pudicizia da Livio e Valerio Massimo, conobbero grande popolarità nel Rinascimento come soggetti per la pittura domestica. Ciascuna delle due tavole è articolata in tre scene principali, disposte in ordine sequenziale da sinistra a destra davanti a uno sfondo architettonico. La Storia di Virginia mostra a sinistra il rapimento della fanciulla da parte di Marco Claudio, al centro il processo alla fanciulla e a destra Virginio che uccide la figlia per preservare il suo onore e quel lo della sua famiglia. In quest'ulti ma scena, il soldato si awicina a Virginia da dietro, le arrovescia la testa tirandola per i capelli e si prepara a colpirla; Virginia ritratta di profilo, alza le braccia al cielo incurvandosi all'indietro verso il padre. Il particolare, tratto da un antico sarcofago, spicca tra le opere di Filippino, giacché nessun altro dipinto antecedente al suo soggiorno romano contiene citazioni paragonabili da opere antiche. Significativamente, Vi rgin io e la figlia sono raffigurati nella stessa posa in cui appaiono nella Storia di Virginia di Botticel li (Bergamo); nei due dipinti compaiono molt i personaggi in atteggiamenti pressoché identici. Hanno in comune non solo la tripartizione dello spazio ma anche composizioni molto sim il i per il rapimento e il giudizio di Virgi nia. Filippino fece iniziare la sua Storia di Lucrezia subito dopo che l'eroina si è tolta la vita a seguito della violenza perpetrata da Sesto Tarquinio. A sinistra, davanti a una porta aperta, vediamo il suo cadavere con il pugnale ancora conficcato nel petto, cadere tra le braccia del marito Collatino, circondato da spettatori inorriditi. Nei circa venti dipinti quattrocenteschi perven utici che rappresentano la Storia di Lucrezia, questa scena appare solo in quelli di Botticelli e Filippino (e di Jacopo del Sellaio, derivata da Filippino). Sulla destra della tavola a Boston, Botticelli raffigurò Lucrezia nella stessa posa ma di profilo. La scena, in cui la parte inferiore del corpo dell'eroina è ancora all'interno della casa mentre il torso è fuori dalla porta, quindi in uno spazio pubblico, illustra efficacemente come il coraggioso sacrificio di Lucrezia abbia trasformato la sua tragedia personale in un atto di valore civico, la cui importanza è sottolineata dagli scritti del Boccaccio e di Coluccio Salutati. Nella scena centrale del funerale, un gruppo di uomini si affolla intorno al catafalco su cui giace Lucrezia. Al centro del gruppo, ai piedi di una colonna, Bruto si protende in avanti in una posa dinamica. Egli, brandendo il pugnale di Lucrezia, esorta i romani a prendere le armi per vendicarsi dei Tarquini. A destra, Filippino al ludeva alla rivolta, raffigurando un soldato su un cavallo rampante seguito da un paggio. A quanto pare, Filippino fu il primo a rappresentare il funerale dell'eroina. Anche questa scena presenta innegabili somiglianze con quella dipinta da Botticell i: entrambe raffigurano una piazza con tre aperture ad arco e una colonna sormontata da una statua sullo sfondo. Quest'ultimo dettaglio non è menzionato nelle fonti scritte su Lucrezia, né è incluso nelle rappresentazioni del suo funerale dipinte successivamente. Nella sua monografia su Botticelli del 1935, Gamba argomentava che le due tavole botticelliane, che egli datava al 1498 circa, "dovevano essere state concepite dal Botticelli circa vent'anni prima; poiché esistono due analoghi soggetti dipinti da Filippino Lippi (... ] composti su schemi analoghi, ma sviluppati in modo più sempl ice". Questa opinione è ora condivisa da molti studiosi, compreso Lightbown nella seconda edizione della sua monografia su Botticelli (1989), ma respinta da diversi altri, tra cui, in particolare, la Zambrano nella sua sezione della più recente monografia su Filippino (2004); secondo la studiosa Filippino avrebbe concepito e realizzato da solo le sue due tavole e la Storia di Virginia di Filippino e quel la di Botticelli non avrebbero "nul la in comune, né la composizione[ ... ] né la tipologia delle figure". La convincente sequenza proposta per la prima volta da Gamba aiuterebbe a spiegare non solo i parallelismi nello stile e nel l'iconografia tra le due coppie di dipinti, ma anche la presenza di qualche incertezza nelle tavole di Filippino, come il rapporto spaziale estremam ente am biguo tra il cavaliere e il paggio sul la destra della Storia di Lucrezia. Forse Botticelli ri cevette una commissione e col laborò con il pittore più giovane, il quale nel 1478 aveva ventun anni e già lavorava come artista autonomo. È possibile che Botticelli avesse dipi nto una versione ora perduta dei sue soggetti negli ann i settanta; tuttavia appare più probabile che Filippino, per realizzare i gruppi di figure, avesse sviluppato idee trovate in disegni dell'ex maestro. Questa ipotetica ricostruzione dell'interazione tra i due pittori spiegherebbe le somiglianze e anche l'uso molto diverso dell'architettura nelle due coppie di dipinti.

Jonathan K. Nelson

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