Fenomeni radioattivi: Dai nuclei alle stelle (UNITEXT / Collana di Fisica e Astronomia) (Italian Edition) 8847008034, 9788847008038

I temi trattati costituiscono una introduzione ai fenomeni radioattivi in senso stretto con escursioni, aventi come base

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Table of contents :
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Prefazione
Table of Contents
1
Legge del decadimento radioattivo
1.1 I fenomeni radioattivi
1.2 La legge esponenziale del decadimento radioattivo
1.2.1 Probabilit`a di decadimento per un singolo nucleo
1.2.2 Tempo di dimezzamento e vita media
1.2.3 Attivit`a
1.2.4 Decadimenti in competizione
1.3 Famiglie radioattive
1.3.1 Decadimento A → B(stabile)
1.3.2 Decadimento A → B(instabile)
1.3.3 Serie di decadimenti 1 → 2 → 3 → ·· ·→(K − 1)→ K (stabile)
1.3.4 Andamento nel tempo della quantit`a di una sostanza
radioattiva prodotta da fenomeni non radioattivi.
1.3.5 Misura della vita media
1.4 Appendice – Fluttuazioni statistiche
1.4.1 Statistica e probabilit`a
1.4.2 Frequenza e probabilit`a
1.4.3 Valutazione della costante di decadimento
1.4.4 Sottrazione del fondo
1.4.5 Misure statisticamente compatibili
Bibliografia
2 Radiazione ambientale naturale
2.1 Sorgenti della radiazione ambientale
2.2 Radionuclidi naturali primordiali
2.2.1 L’uranio
2.2.2 Il torio
2.3 Calore terrestre di origine radioattiva
2.4 I raggi cosmici
2.5 Radionuclidi naturali cosmogenici
2.6 Radionuclidi artificiali (cenni)
2.7 Effetti biologici della radiazione
2.7.1 Interazione delle particelle cariche con la materia
2.7.2 Interazione dei fotoni con la materia
2.7.3 Effetti delle radiazioni ionizzanti sui tessuti biologici
2.7.4 Unit`a dosimetriche
2.7.5 Danni e fattori di rischio
2.7.6 Dosi alte assorbite in breve tempo
2.7.7 Dosi basse
2.7.8 Radioattivit`a intrinseca del corpo umano
2.8 Il radon
2.8.1 Radiazione media assorbita dalla popolazione
2.9 Sono possibili effetti benefici delle radiazioni?
Bibliografia
3
Radiodatazione
3.1 Criterio di base della radiodatazione
3.2 Datazione delle rocce
3.2.1 Introduzione
3.2.2 Metodi di datazione
3.2.3 Et`a della terra
3.2.4 Datazione dei coralli
3.3 Datazione con il 14C
3.4 Appendici
3.4.1 Incertezza sulla radiodatazione dipendente dalla statistica
3.4.2 Esempio di calibrazione della radiodatazione
Bibliografia
4
Decadimento γ
4.1 Propriet`a generali del decadimento γ
4.2 Radiazione di multipolo
4.2.1 Equazioni di Maxwell
4.2.2 Parit`a
4.2.3 Parit`a orbitale e parit`a intrinseca
4.2.4 Il campo elettromagnetico nello spazio vuoto
4.2.5 Parit`a orbitale del campo elettrico e del campo magneticoassociati
4.2.6 Campi di multipolo
4.2.7 Parit`a intrinseca
4.2.8 Parit`a totale
4.2.9 Dipolo di radiazione elettrica e di radiazione magnetica.
4.2.10 Regole di selezione
4.3 Le sorgenti del campo elettromagnetico
4.4 Energia della radiazione elettromagnetica
Bibliografia
5
Decadimento α
5.1 Caratteristiche generali del decadimento α
5.2 Fenomenologia del decadimento α
5.2.1 Aspetti energetici
5.2.2 Vita media
5.3 Teoria del decadimento α
5.3.1 La barriera repulsiva coulombiana
5.3.2 Le particelle α all’interno dei nuclei
5.3.3 Trasparenza della barriera coulombiana
5.3.4 Costante di decadimento
5.3.5 Effetto della barriera centrifuga
5.4 Decadimenti favoriti e decadimenti sfavoriti
Bibliografia
6 Nuclei e decadimenti esotici
6.1 Introduzione
6.2 Radioattivit`a con emissione di nuclei con A > 4
6.3 Emissione di protoni e neutroni
6.3.1 Emissione di protoni
6.3.2 Decadimenti del 151Lu
6.3.3 Decadimenti del 21Na
6.3.4 Emissione protonica da un nucleo isomero
6.3.5 Emissione di neutroni
6.4 I nuclei superpesanti
Bibliografia
7 Decadimento β
7.1 Caratteristiche generali del decadimento β
7.2 Condizione energetica per il decadimento β
7.3 Esistenza del neutrino e dell’antineutrino
7.4 Aspetti cinematici del decadimento β
7.4.1 Decadimento β±
7.4.2 Cattura elettronica
7.5 Teoria di Fermi
7.5.1 Densit`a degli stati finali
7.5.2 Elemento di matrice di transizione
7.5.3 Funzioni d’onda per elettrone e antineutrino.
7.5.4 Densit`a di probabilit`a di transizione. Spettro energetico
degli elettroni
7.5.5 Elemento di matrice nucleare
7.5.6 Probabilit`a di transizione per unit`a di tempo. Costante didecadimento (vita media)
7.5.7 Classificazione dei decadimenti. Transizioni favorite
7.5.8 Valutazione della costante g dell’interazione debole
7.5.9 Osservazioni conclusive
7.6 Interazione elettromagnetica, interazione forte einterazione debole
7.6.1 Dipendenza dalle coordinate spaziali
7.6.2 Intensit`a delle interazioni
7.7 Appendici
7.7.1 Energia liberata, masse atomiche ed energia di legame
7.7.2 Densit`a degli stati
7.7.3 Sezione d’urto ν + p → e+ + n
7.7.4 Densit`a degli stati finali per ν + p → e+ + n
7.7.5 Emissione di elettroni, raggi X e γ conseguente aldecadimento β
7.7.6 Fattore coulombiano
7.7.7 Misura della vita media del neutrone
Bibliografia
8
Misura della massa del neutrino
8.1 Introduzione
8.2 Decadimento del trizio
8.2.1 Spettro energetico dei β
8.3 Spettrometro
8.4 Risoluzione
8.5 Perdita d’energia per ionizzazione
8.6 Radiazione di fondo
8.7 Analisi dei dati
8.8 Risultati sperimentali
8.9 Spettrometro a trappola magnetica
8.10 Appendici
8.10.1 Decadimento β del 3H in livelli eccitati dell’3He
8.10.2 Convoluzione e risoluzione di uno spettrometro
Bibliografia
9
Non conservazione della parit`a neldecadimento β
9.1 Parit`a
9.1.1 Leggi di conservazione e propriet`a di invarianza.
9.1.2 Inversione delle coordinate spaziali. Parit`a
9.1.3 Grandezze pari e grandezze dispari
9.1.4 Conservazione della parit`a. Invarianza per inversione delle
coordinate
9.1.5 Parit`a orbitale, parit`a intrinseca, parit`a totale
9.1.6 Non conservazione della parit`a
9.2 Decadimento del 60Co
9.2.1 Introduzione
9.2.2 Esperimento del 60Co
9.3 Elicit`a del neutrino
9.4 Elicit`a degli elettroni
9.5 Correlazioni angolari
9.6 Numero leptonico. Invarianza rispetto a CP
9.7 Appendice – Asimmetria destra-sinistra e potenzialespin-orbita
Bibliografia
10 Teoria di Dirac
10.1 Introduzione
10.2 Equazione di Schr¨odinger
10.3 Equazione relativistica di Klein-Gordon
10.4 Particelle e antiparticelle
10.5 Equazione di Dirac
10.6 Propriet`a generali dell’operatore hamiltoniano
10.7 Soluzione dell’equazione di Dirac
10.8 Operatori di proiezione di elicit`a positiva e negativa
10.9 Equazione aggiunta
10.10 Invarianti relativistici
10.11 Propriet`a di invarianza
10.12 Particelle e antiparticelle
10.13 Confronto fra teoria di Dirac e osservazionisperimentali
10.14 Appendici
10.14.1 Commutazione di H e J
10.14.2 Commutazione di H e h
10.14.3 Invarianza relativistica dell’equazione di Dirac
10.14.4 Covarianza e controvarianza
Bibliografia
11 Teoria V − A del decadimento β
11.1 Appendice
Bibliografia
12
Energia solare
12.1 Caratteristiche del sole
12.2 Origine dell’energia solare
12.2.1 Ipotesi chimica
12.2.2 Ipotesi gravitazionale
12.2.3 Energia termonucleare
12.3 Velocit`a di produzione di deuterio nella catena pp
12.3.1 Formazione del deutone
12.3.2 Trasparenza della barriera coulombiana
12.3.3 Distribuzione maxwelliana dell’energia
12.3.4 Luminosit`a del sole.
12.4 Cenni di nucleosintesi
12.4.1 Introduzione
12.4.2 Cenni sull’evoluzione delle stelle
12.4.3 Nuclei presenti sul sole e loro origine
12.4.4 Formazione dei nuclei con A ≤ 56
12.4.5 Nucleosintesi e materia organica
12.4.6 Formazione dei nuclei pesanti
12.5 Collasso della supernova SN1987A e limitesuperiore della massa del neutrino
12.5.1 Introduzione
12.5.2 Limite superiore della massa del neutrino elettronico.
12.6 Limite inferiore dell’et`a delle stelle e dell’Universo
Bibliografia
13
I neutrini solari
13.1 Modelli solari e flusso di neutrini
13.2 Rivelazione dei neutrini
13.2.1 Reazioni di assorbimento
13.2.2 Radiazione di fondo
13.3 Esperimenti
13.3.1 L’esperimento con 37Cl
13.3.2 Esperimenti con 71Ga
13.3.3 Misura diretta
13.4 Osservazioni riassuntive
13.5 Recenti sviluppi sperimentali
13.6 Appendice – Valutazione del fattore astrofisico
Bibliografia
14
Neutrini massivi
14.1 Introduzione
14.2 Neutrini massivi
14.2.1 Neutrini di Dirac
14.2.2 Neutrini di Majorana
14.2.3 Osservazione
14.3 Doppio decadimento β
14.3.1 Probabilit`a del decadimento ββ.
14.3.2 Decadimento 2νββ
14.3.3 Decadimento 0νββ
14.4 Oscillazioni di neutrino
14.4.1 I mesoni K neutri.
14.4.2 Oscillazioni di neutrino
14.5 Osservazioni conclusive: esistono differenti neutrinio esiste un solo neutrino multiforme?
Bibliografia
15
Doppio decadimento β
15.1 Introduzione
15.2 Spettri energetici e vita media
15.3 Esperimenti
15.3.1 Metodo geochimico
15.3.2 Metodi diretti
15.3.3 Sommario di risultati sperimentali
15.3.4 Massa del neutrino
Bibliografia
16 Oscillazioni di neutrino
16.1 Introduzione
16.1.1 Condizioni di osservabilit`a
16.1.2 Esperimenti ideali
16.2 Esperimenti di oscillazione presso reattori nucleari
16.2.1 L’esperimento di G¨osgen
16.2.2 L’esperimento KamLAND
16.3 I neutrini solari
16.4 I neutrini atmosferici
Bibliografia
Commiato
17
Appendice
17.1 Formule cinematiche
17.1.1 Formule relativistiche
17.1.2 Principi di conservazione
17.1.3 Sistemi di riferimento del laboratorio (L) e del centro dimassa (CM)
17.1.4 Relazioni fra le quantit`a cinematiche di una particella neisistemi del L e del CM
17.1.5 Relazioni fra le quantit`a cinematiche nel sistema del L e delCM (formule non relativistiche, T  M, P =√2MT)
17.1.6 Relazioni fra le quantit`a cinematiche nel sistema del L e delCM (formule relativistiche, P =√2MT + T2)
17.1.7 Energia di soglia
17.1.8 Decadimenti
17.2 Tabelle
Indice
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Fenomeni radioattivi: Dai nuclei alle stelle (UNITEXT / Collana di Fisica e Astronomia) (Italian Edition)
 8847008034, 9788847008038

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Collana di Fisica e Astronomia

A cura di: Michele Cini Stefano Forte Massimo Inguscio Guido Montagna Oreste Nicrosini Franco Pacini Luca Peliti Alberto Rotondi

Giorgio Bendiscioli

Fenomeni Radioattivi Dai nuclei alle stelle

123

Giorgio Bendiscioli

Fenomeni radioattivi Dai nuclei alle stelle

123

GIORGIO BENDISCIOLI

Dipartimento di Fisica Nucleare e Teorica Università di Pavia

Springer-Verlag fa parte di Springer Science+Business Media springer.com @

Springer-Vetlag Italia, Milano lo08

ISBN 978-88-470-0803-8 ISBN 978-88-470-0804-5 (eBook) Quest'opera è protetta dalla legge sul diritto d'autore. Tutti i diritti, in particolare quelli relativi alla traduzione, alla ristampa, all'uso di figure e tabelle, alla citazione orale, alla trasmissione radiofonica o televisiva, alla riproduzione su microfìlm o in database, alla diversa riproduzione in qualsiasi altra forma (stampa o elettronica) rimangono riservati anche nel caso di utilizzo parziale. Una riproduzione di quest'opera, oppure di parte di questa, è anche n el caso specifica solo ammessa nei limiti stabiliti dalla legge sul diritto d'autore, ed è soggetta aU'autorizzazione dell'Editore. La violazione delle nor me comporta sanzioni previste dalla legge. I:u tilizzo di denominazioni generiche, nomi commerciali, marchi registrati ecc., in quest'opera, anche in assenza di particolare indicazione, non consente di considerare tali denominazioni o marchi liberamente utiliz.zabili da chiunque ai sensi della legge sul marchio. Riprodotto da copia camera-ready fornita dall' Autore Progetto graftco della copertina: Simona Colombo, Milano Stampa: Grafiche Porpora, SegTate, Milano

Springer-Vetlag Italia s.r.l., Via Decembrio.18 - 10137 Milano

Prefazione

Questo volume raccoglie le lezioni del Corso di Radioattivit` a impartite dall’autore agli studenti dei Corsi di Laurea in Fisica presso l’Universit` a di Pavia. La struttura del corso con le connessioni fra i vari argomenti `e illustrata nel seguente diagramma.

Legge del decadimento radioattivo Radiazione e ambiente Radiodatazione Decadimento γ Decadimento α Decadimenti esotici Decadimento β

Non conservazione della parità

Energia delle stelle

Teoria di Dirac

Massa del neutrino

Teoria V−A del decadimento β

Doppio decadimento β

Nucleosintesi

Oscillazioni di neutrino

I temi trattati costituiscono un’introduzione ai fenomeni radioattivi in senso stretto con escursioni, aventi come base di partenza e filo conduttore il decadimento β, nel campo della fisica delle particelle elementari, in particolare dei neutrini, e dell’astrofisica.

VI

Prefazione

Alcuni argomenti sono tradizionali, altri riguardano la fisica di frontiera cos`ı che al lettore sono offerti particolari itinerari dalla fisica consolidata alla fisica in evoluzione. Ovviamente, per quanto riguarda quest’ultima, i risultati sperimentali riportati e i relativi commenti hanno carattere di provvisoriet` a. Gli argomenti discussi rappresentano una scelta, per qualche verso arbitraria, del vasto materiale disponibile e vengono proposti come introduzione alla materia. Per le lezioni ho attinto, in varia misura, dai testi, dagli articoli di rassegna, dagli articoli didattici o divulgativi e dagli articoli originali citati al termine di ogni capitolo e ai quali si rimanda per approfondimenti e ampliamenti. Essi costituiscono una minuscola parte della vastissima letteratura esistente. La comprensione dei vari temi presuppone il possesso delle nozioni normalmente impartite nei primi tre anni del Corso di Laurea in Fisica. Per non appesantire l’esposizione degli argomenti principali, argomenti complementari e sviluppo di calcoli sono raccolti in Appendici poste alla fine di ogni capitolo. Nella stesura del testo mi sono avvalso della preziosa consulenza di numerosi colleghi del Dipartimento di Fisica Nucleare e Teorica dell’ Universit` a di Pavia e della collaborazione degli studenti che hanno seguito le mie lezioni e hanno affrontato il testo in versioni pi` u rozze. A tutti un vivo ringraziamento. Un grazie particolare al collega Claudio Cattaneo che con grande pazienza ha curato la versione LaTeX del testo.

Pavia, marzo 2008

Giorgio Bendiscioli

Indice

1

Legge del decadimento radioattivo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.1 I fenomeni radioattivi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.2 La legge esponenziale del decadimento radioattivo . . . . . . . . . . . 1.2.1 Probabilit` a di decadimento per un singolo nucleo . . . . . . 1.2.2 Tempo di dimezzamento e vita media . . . . . . . . . . . . . . . . 1.2.3 Attivit` a .......................................... 1.2.4 Decadimenti in competizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.3 Famiglie radioattive . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.3.1 Decadimento A → B(stabile) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.3.2 Decadimento A → B(instabile) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.3.3 Serie di decadimenti 1 → 2 → 3 → · · · → (K − 1) → K (stabile) . . 1.3.4 Andamento nel tempo della quantit` a di una sostanza radioattiva prodotta da fenomeni non radioattivi. . . . . . . 1.3.5 Misura della vita media . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.4 Appendice – Fluttuazioni statistiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.4.1 Statistica e probabilit` a ............................. 1.4.2 Frequenza e probabilit` a ............................ 1.4.3 Valutazione della costante di decadimento . . . . . . . . . . . . 1.4.4 Sottrazione del fondo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.4.5 Misure statisticamente compatibili . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

1 1 4 6 7 8 9 9 10 10 13 15 16 17 17 18 19 21 21

Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23 2

Radiazione ambientale naturale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.1 Sorgenti della radiazione ambientale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.2 Radionuclidi naturali primordiali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.2.1 L’uranio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.2.2 Il torio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.3 Calore terrestre di origine radioattiva . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.4 I raggi cosmici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

25 25 26 28 31 32 36

VIII

Indice

2.5 Radionuclidi naturali cosmogenici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.6 Radionuclidi artificiali (cenni) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.7 Effetti biologici della radiazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.7.1 Interazione delle particelle cariche con la materia . . . . . . 2.7.2 Interazione dei fotoni con la materia . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.7.3 Effetti delle radiazioni ionizzanti sui tessuti biologici . . . 2.7.4 Unit` a dosimetriche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.7.5 Danni e fattori di rischio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.7.6 Dosi alte assorbite in breve tempo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.7.7 Dosi basse . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.7.8 Radioattivit` a intrinseca del corpo umano . . . . . . . . . . . . . 2.8 Il radon . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.8.1 Radiazione media assorbita dalla popolazione . . . . . . . . . 2.9 Sono possibili effetti benefici delle radiazioni? . . . . . . . . . . . . . . .

39 42 43 43 46 48 50 53 54 54 56 58 61 63

Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67 3

Radiodatazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.1 Criterio di base della radiodatazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.2 Datazione delle rocce . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.2.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.2.2 Metodi di datazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.2.3 Et` a della terra . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.2.4 Datazione dei coralli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.3 Datazione con il 14 C . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.4 Appendici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.4.1 Incertezza sulla radiodatazione dipendente dalla statistica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.4.2 Esempio di calibrazione della radiodatazione . . . . . . . . . .

69 69 69 69 70 75 77 78 85 85 86

Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 89 4

Decadimento γ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91 4.1 Propriet` a generali del decadimento γ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91 4.2 Radiazione di multipolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 94 4.2.1 Equazioni di Maxwell . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 94 4.2.2 Parit` a . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 95 4.2.3 Parit` a orbitale e parit` a intrinseca . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 97 4.2.4 Il campo elettromagnetico nello spazio vuoto . . . . . . . . . . 97 4.2.5 Parit` a orbitale del campo elettrico e del campo magnetico associati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 98 4.2.6 Campi di multipolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 99 4.2.7 Parit` a intrinseca . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 102 4.2.8 Parit` a totale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 102 4.2.9 Dipolo di radiazione elettrica e di radiazione magnetica. 102

Indice

IX

4.2.10 Regole di selezione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 103 4.3 Le sorgenti del campo elettromagnetico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 105 4.4 Energia della radiazione elettromagnetica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 107 Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 111 5

Decadimento α . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 113 5.1 Caratteristiche generali del decadimento α . . . . . . . . . . . . . . . . . . 113 5.2 Fenomenologia del decadimento α . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 114 5.2.1 Aspetti energetici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 114 5.2.2 Vita media . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 119 5.3 Teoria del decadimento α . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 120 5.3.1 La barriera repulsiva coulombiana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 120 5.3.2 Le particelle α all’interno dei nuclei . . . . . . . . . . . . . . . . . . 123 5.3.3 Trasparenza della barriera coulombiana . . . . . . . . . . . . . . 124 5.3.4 Costante di decadimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 128 5.3.5 Effetto della barriera centrifuga . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 130 5.4 Decadimenti favoriti e decadimenti sfavoriti . . . . . . . . . . . . . . . . . 131

Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 135 6

Nuclei e decadimenti esotici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 137 6.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 137 6.2 Radioattivit` a con emissione di nuclei con A > 4 . . . . . . . . . . . . . 139 6.3 Emissione di protoni e neutroni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 141 6.3.1 Emissione di protoni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 141 6.3.2 Decadimenti del 151 Lu . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 143 6.3.3 Decadimenti del 21 N a . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 145 6.3.4 Emissione protonica da un nucleo isomero . . . . . . . . . . . . 146 6.3.5 Emissione di neutroni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 148 6.4 I nuclei superpesanti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 150

Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 155 7

Decadimento β . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 157 7.1 Caratteristiche generali del decadimento β . . . . . . . . . . . . . . . . . . 157 7.2 Condizione energetica per il decadimento β . . . . . . . . . . . . . . . . . 163 7.3 Esistenza del neutrino e dell’antineutrino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 166 7.4 Aspetti cinematici del decadimento β . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 170 7.4.1 Decadimento β ± . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 170 7.4.2 Cattura elettronica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 172 7.5 Teoria di Fermi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 172 7.5.1 Densit`a degli stati finali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 173 7.5.2 Elemento di matrice di transizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 174 7.5.3 Funzioni d’onda per elettrone e antineutrino. . . . . . . . . . . 176

X

Indice

7.5.4 Densit`a di probabilit` a di transizione. Spettro energetico degli elettroni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 177 7.5.5 Elemento di matrice nucleare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 180 7.5.6 Probabilit` a di transizione per unit` a di tempo. Costante di decadimento (vita media) . . . . . . . . . . . . . . . . 182 7.5.7 Classificazione dei decadimenti. Transizioni favorite . . . . 183 7.5.8 Valutazione della costante g dell’interazione debole . . . . 185 7.5.9 Osservazioni conclusive . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 187 7.6 Interazione elettromagnetica, interazione forte e interazione debole . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 187 7.6.1 Dipendenza dalle coordinate spaziali . . . . . . . . . . . . . . . . . 188 7.6.2 Intensit` a delle interazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 192 7.7 Appendici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 197 7.7.1 Energia liberata, masse atomiche ed energia di legame . 197 7.7.2 Densit`a degli stati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 198 7.7.3 Sezione d’urto ν + p → e+ + n . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 200 7.7.4 Densit`a degli stati finali per ν + p → e+ + n . . . . . . . . . . 202 7.7.5 Emissione di elettroni, raggi X e γ conseguente al decadimento β . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 203 7.7.6 Fattore coulombiano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 205 7.7.7 Misura della vita media del neutrone . . . . . . . . . . . . . . . . . 207 Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 213 8

Misura della massa del neutrino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 215 8.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 215 8.2 Decadimento del trizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 216 8.2.1 Spettro energetico dei β . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 216 8.3 Spettrometro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 219 8.4 Risoluzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 222 8.5 Perdita d’energia per ionizzazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 223 8.6 Radiazione di fondo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 224 8.7 Analisi dei dati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 224 8.8 Risultati sperimentali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 226 8.9 Spettrometro a trappola magnetica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 228 8.10 Appendici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 233 8.10.1 Decadimento β del 3 H in livelli eccitati dell’3 He . . . . . . 233 8.10.2 Convoluzione e risoluzione di uno spettrometro . . . . . . . . 234

Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 237 9

Non conservazione della parit` a nel decadimento β . . . . . . . . . 239 9.1 Parit` a . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 239 9.1.1 Leggi di conservazione e propriet` a di invarianza. . . . . . . . 239 9.1.2 Inversione delle coordinate spaziali. Parit` a . . . . . . . . . . . . 240

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9.2

9.3 9.4 9.5 9.6 9.7

XI

9.1.3 Grandezze pari e grandezze dispari . . . . . . . . . . . . . . . . . . 241 9.1.4 Conservazione della parit` a. Invarianza per inversione delle coordinate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 243 9.1.5 Parit` a orbitale, parit` a intrinseca, parit` a totale . . . . . . . . 245 9.1.6 Non conservazione della parit` a . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 247 Decadimento del 60 Co . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 247 9.2.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 247 9.2.2 Esperimento del 60 Co . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 248 Elicit` a del neutrino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 253 Elicit` a degli elettroni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 257 Correlazioni angolari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 258 Numero leptonico. Invarianza rispetto a CP . . . . . . . . . . . . . . . . . 260 Appendice – Asimmetria destra-sinistra e potenziale spin-orbita265

Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 269 10 Teoria di Dirac . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 271 10.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 271 10.2 Equazione di Schr¨ odinger . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 271 10.3 Equazione relativistica di Klein-Gordon . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 273 10.4 Particelle e antiparticelle . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 273 10.5 Equazione di Dirac . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 275 10.6 Propriet` a generali dell’operatore hamiltoniano . . . . . . . . . . . . . . . 277 10.7 Soluzione dell’equazione di Dirac . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 279 10.8 Operatori di proiezione di elicit` a positiva e negativa . . . . . . . . . . 282 10.9 Equazione aggiunta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 284 10.10Invarianti relativistici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 285 10.11Propriet` a di invarianza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 287 10.12Particelle e antiparticelle . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 289 10.13Confronto fra teoria di Dirac e osservazioni sperimentali . . . . . . 292 10.14Appendici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 293 10.14.1Commutazione di H e J . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 293 10.14.2Commutazione di H e h . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 294 10.14.3Invarianza relativistica dell’equazione di Dirac . . . . . . . . 294 10.14.4Covarianza e controvarianza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 296 Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 297 11 Teoria V − A del decadimento β . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 299 11.1 Appendice . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 305 Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 309

XII

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12 Energia solare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 311 12.1 Caratteristiche del sole . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 311 12.2 Origine dell’energia solare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 312 12.2.1 Ipotesi chimica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 312 12.2.2 Ipotesi gravitazionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 313 12.2.3 Energia termonucleare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 314 12.3 Velocit`a di produzione di deuterio nella catena pp . . . . . . . . . . . 316 12.3.1 Formazione del deutone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 316 12.3.2 Trasparenza della barriera coulombiana . . . . . . . . . . . . . . 320 12.3.3 Distribuzione maxwelliana dell’energia . . . . . . . . . . . . . . . 321 12.3.4 Luminosit` a del sole. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 323 12.4 Cenni di nucleosintesi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 325 12.4.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 325 12.4.2 Cenni sull’evoluzione delle stelle . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 325 12.4.3 Nuclei presenti sul sole e loro origine . . . . . . . . . . . . . . . . . 326 12.4.4 Formazione dei nuclei con A ≤ 56 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 327 12.4.5 Nucleosintesi e materia organica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 328 12.4.6 Formazione dei nuclei pesanti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 330 12.5 Collasso della supernova SN1987A e limite superiore della massa del neutrino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 334 12.5.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 334 12.5.2 Limite superiore della massa del neutrino elettronico. . . 336 12.6 Limite inferiore dell’et` a delle stelle e dell’Universo . . . . . . . . . . . 339 Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 343 13 I neutrini solari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 345 13.1 Modelli solari e flusso di neutrini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 345 13.2 Rivelazione dei neutrini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 348 13.2.1 Reazioni di assorbimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 351 13.2.2 Radiazione di fondo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 353 13.3 Esperimenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 355 13.3.1 L’esperimento con 37 Cl . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 355 13.3.2 Esperimenti con 71 Ga . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 359 13.3.3 Misura diretta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 362 13.4 Osservazioni riassuntive . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 365 13.5 Recenti sviluppi sperimentali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 367 13.6 Appendice – Valutazione del fattore astrofisico . . . . . . . . . . . . . . 371 Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 377 14 Neutrini massivi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 379 14.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 379 14.2 Neutrini massivi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 380 14.2.1 Neutrini di Dirac . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 380

Indice

XIII

14.2.2 Neutrini di Majorana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 381 14.2.3 Osservazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 382 14.3 Doppio decadimento β . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 383 14.3.1 Probabilit` a del decadimento ββ. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 386 14.3.2 Decadimento 2νββ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 388 14.3.3 Decadimento 0νββ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 389 14.4 Oscillazioni di neutrino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 390 14.4.1 I mesoni K neutri. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 390 14.4.2 Oscillazioni di neutrino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 393 14.5 Osservazioni conclusive: esistono differenti neutrini o esiste un solo neutrino multiforme? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 396 Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 399 15 Doppio decadimento β . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 401 15.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 401 15.2 Spettri energetici e vita media . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 404 15.3 Esperimenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 407 15.3.1 Metodo geochimico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 407 15.3.2 Metodi diretti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 408 15.3.3 Sommario di risultati sperimentali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 414 15.3.4 Massa del neutrino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 416 Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 417 16 Oscillazioni di neutrino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 419 16.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 419 16.1.1 Condizioni di osservabilit` a . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 419 16.1.2 Esperimenti ideali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 425 16.2 Esperimenti di oscillazione presso reattori nucleari . . . . . . . . . . . 429 16.2.1 L’esperimento di G¨osgen . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 429 16.2.2 L’esperimento KamLAND . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 436 16.3 I neutrini solari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 437 16.4 I neutrini atmosferici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 439 Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 441 Commiato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 443 17 Appendice . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 445 17.1 Formule cinematiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 445 17.1.1 Formule relativistiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 445 17.1.2 Principi di conservazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 446 17.1.3 Sistemi di riferimento del laboratorio (L) e del centro di massa (CM ) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 447

XIV

Indice

17.1.4 Relazioni fra le quantit` a cinematiche di una particella nei sistemi del L e del CM . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 449 17.1.5 Relazioni fra le quantit` a cinematiche nel sistema del L e del CM (formule non relativistiche, T  M , √ P = 2M T ) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 450 17.1.6 Relazioni fra le quantit` a cinematiche nel √ sistema del L e del CM (formule relativistiche, P = 2M T + T 2 ) . . . . 451 17.1.7 Energia di soglia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 452 17.1.8 Decadimenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 453 17.2 Tabelle . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 454 Indice . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 457

Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza: domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra.

Genesi 1,26

1 Legge del decadimento radioattivo

1.1 I fenomeni radioattivi I nuclei conosciuti, nella maggior parte prodotti artificialmente, sono circa 2 700; di questi solo una piccola parte, circa 270, `e stabile. Si ritiene, inoltre, che il numero dei nuclei instabili producibili in laboratorio possa raggiungere il numero di 7 000. I nuclei sono instabili a causa di differenti processi fisici, detti decadimenti radioattivi. Questi processi hanno carattere probabilistico nel senso che ogni nucleo di una data specie ha una caratteristica probabilit` a per unit` a di tempo di decadere. Conseguentemente, dato un certo numero di nuclei instabili di una data specie, il loro numero decresce gradualmente nel tempo; ogni specie `e caratterizzata da un intervallo, detto tempo di dimezzamento o periodo, nel quale il numero dei nuclei si riduce a met`a di quello iniziale. La distinzione fra nuclei stabili e instabili non `e netta. Infatti, alcuni nuclei instabili, per esempio i nuclei suscettibili di doppio decadimento β, hanno un tempo di dimezzamento cos`ı grande, che possono essere considerati praticamente stabili. Ogni decadimento trasforma una configurazione instabile di nucleoni in una configurazione pi` u stabile con liberazione di una certa quantit` a di energia definita dalla differenza fra l’energia associata alla massa a riposo iniziale e la somma delle energie associate alle masse a riposo finali. Ogni decadimento `e caratterizzato da un particolare valore dell’energia liberata. L’insieme dei nuclei stabili e instabili (osservati o attesi) `e rappresentato nel diagramma di fig. 1.1. I principali processi di decadimento, ossia quelli con pi` u elevata probabilit` a, sono i seguenti. a) Decadimento α: un nucleo si trasforma in un nucleo con 4 nucleoni in meno emettendo un nucleo di 4 He (particella α) secondo la reazione A(Z, N ) → A (Z − 2, N − 2) + A (2, 2). Il decadimento α `e caratteristico dei nuclei pesanti con A > 210.

2

1 Legge del decadimento radioattivo

Fig. 1.1. Rappresentazione dei nuclei nel piano Z,N. La regione dei nuclei possibili previsti teoricamente ` e compresa tra le linee tratteggiate superiore e inferiore. Queste sono dette linee di “sgocciolamento” per indicare che in loro prossimit` a eventuali nucleoni addizionali si staccano dai nuclei essendo nulle le rispettive energie di legame (Bp e Bn ). La regione dei nuclei conosciuti, ossia effettivamente osservati, ` e delimitata dalla linea piena e i nuclei stabili si trovano nella sua parte mediana; gli altri nuclei sono instabili. Nella figura sono messi in evidenza i nuclei con numero magico di protoni o neutroni (2, 8, 20, 28, 50, 82, 126) e alcuni nuclei doppiamente magici. ([4]) I pi` u elevati valori osservati di Z, N e A sono 116, 176 e 292, rispettivamente. Dettagli sulla regione dei nuclei superpesanti sono dati in fig. 6.10 del cap. 6.

b) Decadimento β − : un nucleo si trasforma in un isobaro con emissione di un elettrone (particella β − ) e di un antineutrino secondo la reazione A(Z, N ) → A(Z + 1, N − 1) + e− + ν¯. Il decadimento `e caratteristico dei nuclei con eccesso di neutroni rispetto agli isobari stabili corrispondenti. c) Decadimento β + : un nucleo si trasforma in un isobaro con emissione di un positrone (particella β + ) e di un neutrino secondo la reazione A(Z, N ) → A(Z − 1, N + 1) + e+ + ν.

1.1 I fenomeni radioattivi

3

Il decadimento `e caratteristico dei nuclei con difetto di neutroni rispetto agli isobari stabili corrispondenti. E’ riscontrato solamente nei nuclei radioattivi artificiali.

Fig. 1.2. Esempi di decadimenti radioattivi. Le frecce rappresentano impulsi con somma uguale a zero.

d) Decadimento γ: un nucleo passa da uno stato eccitato a un altro stato eccitato o allo stato fondamentale emettendo un fotone o quanto di energia elettromagnetica: A∗ (Z, N ) → A(N, Z) + γ.

4

1 Legge del decadimento radioattivo

e) Fissione spontanea: un nucleo si spezza in due nuclei aventi una massa circa met`a di quella iniziale, emettendo un certo numero di neutroni: A(Z, N ) → A (Z  , N  ) + A (Z  , N  ) + kn, A + A + k = N  + N  + Z  + Z  + k = A. La fissione spontanea `e caratteristica di nuclei pesanti. Esempi dei precedenti decadimenti sono mostrati in fig. 1.2. Altri decadimenti hanno bassa probabilit` a rispetto ai precedenti e sono detti “esotici”. Fra di essi ricordiamo: f) Doppio decadimento β ± : un nucleo decade con emissione di due elettroni o due positroni e due antineutrini o due neutrini: A(Z, N ) → A(Z − 2, N + 2) + 2e+ + 2ν, ν. A(Z, N ) → A(Z + 2, N − 2) + 2e− + 2¯ Questi decadimenti sono osservati in un certo numero di nuclei non suscettibili di decadimento β singolo. g) Decadimenti con emissione di protoni o neutroni: A(Z, N ) → A (Z − 1, N ) + p, A(Z, N ) → A (Z, N − 1) + n. Sono processi caratteristici di nuclei con grande eccesso o grande difetto di neutroni, spesso conseguenti a decadimenti β ± (emissioni β-ritardate). h) Emissione di nuclei leggeri con A > 4: A(Z, N ) → A (Z  , N  ) + A (Z  , N  ) . Questi decadimenti sono stati osservati in nuclei pesanti; per esempio, emissione di nuclei di C e Ne da parte di nuclei di Ra e U . Indipendentemente dai processi particolari, i decadimenti avvengono secondo la stessa legge temporale che verr`a illustrata nei successivi paragrafi.

1.2 La legge esponenziale del decadimento radioattivo Un grande numero di osservazioni sperimentali mostra che il numero medio Δnd delle trasformazioni spontanee (o decadimenti) di un materiale radioattivo osservate in un intervallo di tempo Δt (non troppo lungo) `e proporzionale al numero n di nuclei presenti e all’intervallo Δt: Δnd = λnΔt.

(1.1)

1.2 La legge esponenziale del decadimento radioattivo

5

Il valore della costante di proporzionalit` a λ, detta costante di disintegrazione o di decadimento, dipende dalla specie nucleare e dal tipo di decadimento. Tenuto conto del fatto che in un decadimento un nucleo iniziale si trasforma in un nucleo finale cos`ı che il numero totale di nuclei rimane inalterato (quindi Δnd + Δn = 0), e che la (1.1) vale per qualsiasi valore di n e per qualsiasi istante t, per Δt tendente a zero la (1.1) assume la forma dnd (t) = −dn(t) = λn(t)dt,

(1.2)

che rappresenta l’espressione differenziale della legge dei decadimenti radioattivi radioattivi. La (1.2) pu` o essere riscritta nella forma dn(t) = −λ dt, n(t)

(1.3)

il cui integrale fornisce il numero di nuclei non decaduti (o residui) all’istante generico t: (1.4) n(t) = no e−λ t , dove no `e il numero di nuclei presenti all’istante iniziale t = 0. La (1.4) `e l’espressione esponenziale della legge fondamentale dei decadimenti radioattivi; essa mostra che il numero di nuclei non disintegrati (o residui) diminuisce esponenzialmente nel tempo (vedere fig. 1.3) e λ determina la rapidit` a con cui l’esponenziale tende a zero.

Fig. 1.3. Legge del decadimento radioattivo per un nucleo generico con T1/2 = 280g.

Il numero di nuclei che decadono fra 0 e t `e   nd (t) = no − n(t) = no 1 − e−λt ;

(1.5)

6

1 Legge del decadimento radioattivo

il numero di quelli che decadono nell’intervallo Δt = t2 − t1 `e   Δnd = no e−λt1 − e−λt2 ;

(1.6)

per t1 < t2 t¯i per i > 1), risulta e−λ1 t e−λi t ≈ 0. Pertanto le (1.34) divengono n1 (t) = n1 (0)e−λ1 t (1.35)

ni (t) ∼ = n1 (0) λλ1i e−λ1 t e l’attivit` a della sostanza i-esima `e Ai (t) = λi ni (t) ∼ = λ1 n1 (0)e−λ1 t = A1 (t).

(1.36)

Dunque, tutte le sostanze hanno la stessa attivit` a, ossia si trovano nella condizione di equilibrio secolare che abbiamo gi` a illustrato in precedenza e che solitamente viene espressa nella forma λj ni (t) t¯i = = . ¯ nj (t) λi tj

(1.37)

1.3.4 Andamento nel tempo della quantit` a di una sostanza radioattiva prodotta da fenomeni non radioattivi. Supponiamo che un fenomeno imprecisato produca una sostanza radioattiva al ritmo di K(t) nuclei al secondo. La variazione del numero di nuclei di tale sostanza in un intervallo di tempo dt `e dn(t) = K(t)dt − λn(t)dt,

(1.38)

dove λn(t) `e la sua attivit` a. Per trovare la soluzione di questa equazione differenziale, osserviamo che il numero di nuclei che, prodotti all’istante t in quantit` a K(t )dt , sopravvivono all’istante t `e dato dalla relazione 

dn(t, t ) = K(t )dt e−λ(t−t ) e il numero di quelli che sopravvivono all’istante t, essendo stati prodotti fra 0 e t , `e 



t

n(t, t ) =



−λ(t−t )

K(t )e



−λt



t

dt = e

0

Consideriamo ora alcuni casi particolari.

0



K(t )eλt dt .

(1.39)

16

1 Legge del decadimento radioattivo

a) K(t)= K = costante nel tempo; `e approssimativamente il caso della produzione nell’atmosfera terrestre di 14 C esaminata nel cap.3. Poich´e K(t ) = K(t) = K, risulta 

n(t, t ) = Ke

−λt



t 0



eλt dt =

 K −λt  λt e −1 . e λ



Per t → t e per un numero iniziale di atomi n(0)=0, la soluzione `e n(t) =

 K K 1 − e−λt −→ . t→∞ λ λ

(1.40)

Essa mostra che dopo molto tempo dall’inizio del processo di produzione, ossia per t 1/λ, il numero di atomi presenti `e praticamente costante e uguale a K/λ. b) K(t) = n( t )δ( t ), corrispondente a una produzione impulsiva di nuclei radioattivi al tempo t descritta dalla delta di Dirac. E’ approssimativamente il caso di produzione di elementi radioattivi in seguito all’esplosione di una Supernova considerato nel cap.12. Risulta 

n(t, t ) = n(t )e−λt



t





eλt δ(t )dt = n(t )e−λ(t −t) = n(t).

(1.41)

0

1.3.5 Misura della vita media Per misurare la vita media (o il periodo o la costante di decadimento) si pu` o procedere secondo differenti criteri dipendenti dalla durata della vita media stessa. Ne esaminiamo alcuni in modo estremamente schematico. a) Vita media n´e troppo lunga n´e troppo corta (ore o giorni). Si isola una quantit` a no del nuclide in esame3 e si misura il numero di 4 disintegrazioni in due intervalli di tempo uguali con inizio agli istanti t e t , rispettivamente. Se gli intervalli di misura sono sufficientemente brevi rispetto alla vita media, per la (1.4) e la (1.14) possiamo scrivere   dn Δn ∼  = λn(t ) = λn0 e−λ t (1.42) A = =− Δt dt t 3

4

Se P `e il peso di un campione di una data sostanza, A il peso atomico e N il numero ` interessante di Avogadro, il numero di nuclei corrispondente `e no = N P/A. E osservare che una misura di radioattivit` a pu` o permettere di stimare il valore del numero di Avogadro. Infatti dalla relazione n(t) = no e−λt = (N P/A)e−λt si ricava N = (n(t)A/P )eλt . Il decadimento di un nucleo `e individuato dalla rivelazione delle particella emessa (α, β ± , γ). La rivelazione si basa sui processi di ionizzazione ed eccitazione provocati dalle particelle nell’attraversare un mezzo materiale. Si rinvia a testi specifici per lo studio dei metodi e dei dispositivi di rivelazione.

1.4 Appendice – Fluttuazioni statistiche

A =

Δn ∼ =− Δt



dn dt





= λn(t ) = λn0 e−λ t

17

(1.43)

t

Dalle (1.42) e (1.43) si ottiene A 1 1 ln  . = λ =   t −t A t¯

(1.44)

b) Vita media grande (secoli). La sostanza A di vita media sconosciuta sia in equilibrio con la sostanza B di vita media nota. Si misurano le quantit` a di sostanza A e B presenti nel campione in esame e si applica la relazione (1.26): nA (t) ¯ tB . t¯A = nB (t)

(1.45)

c) Vita media grande (metodo del conteggio). Si misura la quantit` a n(t) di nuclide in esame e si conta il numero Δn di disintegrazioni in un intervallo di tempo Δt sufficientemente breve rispetto alla vita media da misurare, in modo tale che durante la misura n(t) rimanga praticamente costante. In queste condizioni si pu` o scrivere Δn ∼ dn(t) = λn(t) =− Δt dt e quindi Δn 1 Δn 1 =λ= =λ= ¯ ¯ n(t)Δt t n(t)Δt t Applicazioni dei concetti illustrati in questo capitolo verranno fatte in capitoli successivi.

1.4 Appendice – Fluttuazioni statistiche 1.4.1 Statistica e probabilit` a Il decadimento radioattivo `e un fenomeno statistico di cui, nel par.1.2, abbiamo illustrato le caratteristiche medie. Per esempio, la (1.4) fornisce il numero medio di nuclei residui al tempo t e la (1.1) fornisce il numero medio di nuclei che decadono nell’intervallo di tempo dt. Vogliamo ora mostrare che singole misure di decadimento danno risultati che in genere si discostano dai valori medi predetti dalle leggi sopra citate. Il carattere statistico dell’evoluzione di un aggregato di n nuclei riflette il carattere probabilistico della durata di vita dei singoli nuclei. Sia p la probabilit` a che un nucleo decada in un intervallo di tempo Δt. La probabilit` a che un insieme prefissato r di nuclei decada in Δt (e che i rimanenti n − r nuclei non decadano) `e

18

1 Legge del decadimento radioattivo

pr (1 − p)n−r .

(1.46)

Poich´e un insieme di r nuclei pu`o essere scelto in C(r, n) = n!/r!(n − r)!

(1.47)

modi, la probabilit` a che decadano r nuclei qualsiasi `e P (n, r) = C(r, n)pr (1 − p)n−r .

(1.48)

Il decadimento di r nuclei qualsiasi pu` o essere considerato come uno dei possibili risultati di un esperimento ideale. Il risultato di un singolo esperimento pu` o essere un qualsiasi valore fra 0 e n, ma ciascun risultato ha una differente probabilit` a di verificarsi, espressa dalla (1.48). Il numero medio di tutti i possibili valori di r, cio`e il risultato di un grande numero di esperimenti, `e μ(n) =

n

rP (n, r) = pn.

(1.49)

r=0

La dispersione dei valori r attorno alla loro media `e misurata dalla varianza (o scarto quadratico medio) σ 2 (n) =

n

2

(r − μ(n)) P (n, r)) = np(1 − p).

(1.50)

r=0

o dalla deviazione standard σ(n). 1.4.2 Frequenza e probabilit` a Supponiamo ora di avere a disposizione N campioni uguali costituiti da n nuclei radioattivi e di effettuare su ognuno di essi una misura di durata Δt = t2 − t1 . Ci si aspetta che i numeri di decadimenti dati dalle N misure siano distribuiti attorno al numero medio atteso che, secondo la (1.6), `e dato dall’espressione   (1.51) μ = n e−λt1 − e−λt2 . Per t1 , t2  1/λ,

(1.52)

μ = nλ (t2 − t1 ) = nλΔt.

(1.53)

risulta (vedi la (1.8)) Come sappiamo, in queste condizioni μ  n e sul campione possono essere effettuate successive misure di durata Δt senza una sostanziale variazione di n. Pertanto un esperimento su un solo campione sul quale vengono effettuate N misure successive `e equivalente a un esperimento su N campioni identici su ciascuno dei quali `e effettuata una sola misura.

1.4 Appendice – Fluttuazioni statistiche

19

Sia Nr il numero di misure che hanno come risultato r; chiamiamo frequenza il rapporto Nr . (1.54) fN (n, r) = N Il numero medio dei decadimenti nelle N misure (media campionaria) `e mN (n) =

n

rfN (n, r) .

(1.55)

r=0

La dispersione delle singole misure attorno alla media campionaria `e 1

= (r − mN (n))2 fN (n, r). N − 1 r=0 n

s2N (n)

(1.56)

Anche la media campionaria `e una variabile statistica perch´e, se ripetiamo la misura della media pi` u volte, ogni volta troviamo un valore diverso. La dispersione della distribuzione della media `e 2 (n) = s2N (n)/N σm N

(1.57)

Per la “legge dei grandi numeri” o “legge empirica del caso”, per N → ∞ risulta fN (n, r) → P (n, r), mN (n) → μ(n),

(1.58)

s2N (n) → σ 2 (n). Pertanto la media campionaria mN (n) rappresenta una stima della media μ(n) con un’incertezza data da σmN (n): μ(n) = mN (n) ± σmN (n).

(1.59)

1.4.3 Valutazione della costante di decadimento Le considerazioni del par. 1.4.2 ci consentono di valutare la costante di decadimento λ con la relativa incertezza statistica. Tenendo conto della (1.53) e delle (1.59) si ha nλΔt = μ(n) = mN (n) ± σmN (n) mN (n) σmN (n) ± (1.60) nΔt nΔt Illustriamo ora questi concetti con un esempio numerico. E’ stata osservata l’emissione di particelle α da parte di un campione di 4.75 mg di 238 U . Il numero di decadimenti osservati in 10 misure della durata di 10 minuti ciascuna `e riportato in tab.1.1. λ=

20

1 Legge del decadimento radioattivo

Tabella 1.1. Decadimenti α osservati con un campione di 4.75 mg di 238 U . Nella prima colonna sono riportati i numeri dei decadimenti osservati in 10 osservazioni della durata di 10 minuti ciascuna; nella seconda la differenza tra la loro media e il singolo conteggio, nella terza il quadrato dei numeri nella seconda colonna. r

r − mN (n)

(r − mN (n))2

36076 35753 35907 36116 35884 36136 35741 35640 36124 36087

130 −193 −39 170 −62 190 −205 −306 178 141

16900 37249 1421 28900 3844 36100 42025 93636 31684 19881

Il numero iniziale di atomi nel campione `e: n238 U =

m 4.75 mg NAvogadro = 6.02 · 1023 = 1.20 · 1019 . A 238

I valori mostrati in tabella danno come media: mN (n) = 35946.4 e la deviazione standard di ogni singola misura `e  N 1

311740

2 = 186. (r − mN (n)) = σN (n) = N − 1 r=1 9 La deviazione standard della media campionaria `e σN (n) 186 σmN (n) = √ = √ = 59. 10 N In conclusione, il conteggio medio del nostro campione `e 35946 ± 59 in 10 minuti. u piccola di n di molti ordini di grandezza, n `e praticaPoich´e mN (n) `e pi` mente costante nel corso delle 10 misure; pertanto, per valutare la costante di decadimento possiamo utilizzare la (1.60): λ=

1 35946 ± 59 1 mN (n) ± σmN (n) · = · 19 n Δt 1.20 · 10 600

1.4 Appendice – Fluttuazioni statistiche

21

= (4.99 ± 0.008) 10−18 s−1 Il corrispondente valore del tempo di dimezzamento `e T1/2 = (4.411 ± 0.006) 109 a Esaminiamo ora due casi in cui la misura dell’attivit` a pu` o essere inquinata da effetti spuri. 1.4.4 Sottrazione del fondo Supponiamo di voler misurare con un particolare rivelatore l’attivit` a di una sorgente radioattiva. A tale scopo misuriamo il numero di decadimenti che si verificano in un intervallo di tempo Δt1 ; il risultato della misura sia un numero di conteggi uguale a n1 . Allontanata la sorgente, lo stesso apparato misura n2 conteggi dovuti a eventi spuri della radiazione di fondo nell’intervallo di tempo Δt2 . Evidentemente nella prima misura sono mescolati segnali dovuti a decadimenti veri e segnali spuri. Per ricavare il numero dei segnali veri procediamo nel modo seguente. L’attivit`a del fondo `e √ n2 n2 ± A2 = Δt2 Δt2 L’attivit` a della sorgente radioattiva pi` u il fondo `e √ n1 n1 ± . A1 = Δt1 Δt1 Pertanto l’attivit` a della sola sorgente `e A = A1 − A2 con scarto quadratico medio uguale a   σ (A) = σ 2 (A1 ) + σ 2 (A2 ) =



2

n1 n2 + Δt21 Δt22

.

1.4.5 Misure statisticamente compatibili Supponiamo di avere effettuato due misure indipendenti della stessa durata Δt dei decadimenti di una particolare sorgente e di avere ottenuto due risultati differenti n1 e n2 . Ci chiediamo se la diversit`a dei risultati `e compatibile con le fluttuazioni statistiche. La risposta pu` o essere data considerando la differenza delle attivit` a corrispondenti alle due misure A 1 − A2 =

n1 − n 2 Δt

la quale `e caratterizzata dalla deviazione standard

22

1 Legge del decadimento radioattivo

 σ (A1 − A2 ) = σ (A1 ) + σ (A2 ) = 2

2

2

n 1 + n2 Δt2

.

Le misure sono compatibili statisticamente con la probabilit` a del 99.73% se A1 − A2 ≤ 3 σ(A1 − A2 ).

Bibliografia

1. 2. 3. 4.

E. Persico, Gli atomi e la loro energia, Zanichelli, 1960 E. Segr`e, Nuclei e Particelle, Zanichelli, 1966 K. N. Mukhin, Experimental nuclear physics, vol. I, Mir Publisher, 1987 H. Geissel et al., Secondary exotic nuclear beams, Ann. Rev. Nucl.Part. 45(1995)163 5. P. Armbruster et al., La sintesi di nuovi elementi, Le Scienze n. 363(1998)86. 6. A. Rotondi, P. Pedroni e A. Pievatolo, Probabilit`a, Statistica e Simulazione, Springer, 2001

2 Radiazione ambientale naturale

2.1 Sorgenti della radiazione ambientale Comunemente le radiazioni ionizzanti sono percepite come un prodotto esclusivo dell’attivit` a umana, perch´e associate a eventi catastrofici quali le esplosioni delle bombe atomiche e l’incidente del reattore di Chernobyl o all’uso in diagnosi e terapie mediche. Ma gli esseri viventi sono “naturalmente” e continuamente esposti a radiazioni la cui origine non dipende dall’uomo; anzi, sorgenti radioattive, sia pure in piccola quantit` a, sono componenti naturali dei tessuti del suo organismo. Gli effetti delle radiazioni naturali sulla formazione e lo sviluppo della vita sulla terra e sulla salute degli uomini non sono conosciuti in modo esauriente. Poich´e la vita si `e sviluppata in un ambiente investito da radiazioni, c’`e chi ha avanzato l’ipotesi che piccole dosi di radiazione possano avere effetti benefici sugli esseri viventi (vedi par.2.9). E’ comunque opinione prevalente che alle radiazioni, per quanto piccola sia la loro intensit` a, sia sempre associata una probabilit` a di danno alla salute. In questo capitolo verranno descritte le principali caratteristiche delle radiazioni naturali con cenni a quelle di origine artificiale e verranno definite le grandezze utilizzate nella misura degli effetti prodotti dalla loro interazione con i tessuti biologici. L’ambiente in cui viviamo `e attraversato continuamente da radiazioni le cui sorgenti sono terrestri ed extraterrestri. Le sorgenti extraterrestri sono le stelle dalle quali ci giungono i raggi cosmici. Le sorgenti terrestri sono costituite da nuclei radioattivi naturali e artificiali. Quelli naturali sono circa 75 e sono a loro volta divisibili in due gruppi: primordiali e cosmogenici . I primi si formano nei processi di nucleosintesi nelle stelle e sono presenti sulla Terra dal tempo della formazione del sistema solare (vedi cap.12), i secondi sono prodotti in continuazione dall’interazione della radiazione cosmica con gli atomi dell’atmosfera.

26

2 Radiazione ambientale naturale

2.2 Radionuclidi naturali primordiali I radionuclidi naturali primordiali, elencati in tab.2.1, sono caratterizzati o da una vita media dell’ordine dell’et` a della terra (o maggiore di essa) o dall’appartenenza a una famiglia radioattiva con capostipite avente la precedente propriet` a. I nuclei del primo gruppo sono una decina e fra di essi c’`e il 40 K, che `e uno dei due principali responsabili del fondo radioattivo interno del corpo umano (l’altro `e il 14 C, vedi par.2.7.8). Tabella 2.1. Nuclei radioattivi primordiali. CE = Cattura Elettronica Nuclide

Abbondanza isotopica (%)

Prodotti stabili dei decadimenti

Modo del decadimento

T1/2 (anni)

40 19 K

0.0117

40 18 Ar 40 20 Ca

CE, β +

50 23 V

0.25

50 22 T i 50 24 Cr

CE, β +

87 37 Rb

27.835

87 38 Sr

β−

4.75 · 1010

113 48 Cd

12.22

113 49 In

β−

9.3 · 1015

115 49 In

95.71

115 50 Sn

β−

4.41 · 1014

123 52 T l

0.908

123 51 Sb

CE

1.2 · 1013

138 57 La

0.09

138 56 Ba 138 58 Ce

144 60 N d

23.80

140 58 Ce

α

2.29 · 1015

147 62 Sm

15.0

143 60 N d

α

1.06 · 1011

152 64 Gd

0.20

148 62 Sm

α

1.1 · 1014

174 72 Af

0.162

170 70 Y

α

2.0 · 1015

176 71 Lu

2.59

176 72 Hf

β−

3.73 · 1010

187 75 Re

62.93

187 76 Os

β−

4.35 · 1010

232 90 T h

100.0

208 82 P b

α (famiglia radioattiva)

1.40 · 1010

235 92 U

0.72

207 82 P b

α (famiglia radioattiva)

7.03 · 108

238 92 U

99.27

206 82 P b

α (famiglia radioattiva)

4.47 · 109

b

β− β−

CE, β + β−

1.28 · 109 1.4 · 1017

1.05 · 1011

2.2 Radionuclidi naturali primordiali

27

La maggior parte dei radionuclidi naturali primordiali appartiene a tre famiglie aventi per capostipiti l’238 U , l’235 U e il 232 T h, rispettivamente (vedi le figure 2.1, 2.2 e 2.4). Tutte e tre le famiglie terminano con isotopi stabili del piombo. I numeri di massa dei nuclei appartenenti alle tre famiglie sono esprimibili tramite le relazioni A = 4n, A = 4n + 2 e A = 4n + 3 (con n intero). Manca la famiglia con A = 4n + 1! Questa `e stata scoperta nel campo dei radionuclidi artificiali (famiglia del nettunio) e la sua assenza in natura si spiega col fatto che tutti i suoi nuclei hanno vita media breve rispetto all’et` a della terra; il nettunio ha un tempo di dimezzamento dell’ordine di 106 anni contro, per esempio, i 109 anni dell’ 238 U . Quello che resta oggi in natura di questa famiglia `e l’elemento stabile 209 Bi. La radioattivit` a dei minerali contenenti uranio (e le stesse considerazioni valgono per il torio) `e prodotta sia dall’attivit` a dell’ 235 U e dell’238 U sia da quella dei loro discendenti. Dato il grande periodo dei capostipiti, i discendenti sono in equilibrio radioattivo fra loro e con i rispettivi capostipiti. Ci` o significa che tutti i nuclei di una famiglia hanno la stessa attivit` a uguale a quella del capostipite; quindi, se X indica un nucleo generico e A il capostipite, il rapporto X T1/2 nX = A (2.1) nA T1/2 `e costante in tutti i minerali contenenti il capostipite A (vedi par. 1.3.3 del cap.1). Per esempio, se A = 238 U e X = 235 Ra, risulta n226 Ra 0.358 10−3 1600 a = = ; n238 U 4.47 109 a 103 vale a dire, a 1 Kg di 238 U si accompagnano 0.358 mg di 226 Ra, come si constata sperimentalmente. Fanno parte delle famiglie radioattive tre isotopi dell’unico elemento radioattivo naturale gassoso a temperatura ambiente, il Radon (o Emanazione): 222 Rn ,220 Rn,219 Rn . Il 222 Rn ha una particolare rilevanza nell’inquinamento ambientale, come sar`a illustrato nel par.2.8. Inoltre, da un minerale di 238 U (o di altra sorgente radioattiva) sono emesse non solo particelle α e β − , ma anche raggi γ e raggi X. Ci`o `e dovuto al fatto che i nuclei figli e gli atomi di cui fanno parte possono essere prodotti in stati eccitati, dai quali decadono in altri stati eccitati o allo stato fondamentale con transizioni elettromagnetiche. In generale l’attivit` a dei minerali `e piccola perch´e la concentrazione dei radioisotopi `e piccola e il periodo grande (la costante di decadimento `e piccola).1 1

Si consideri, per esempio, un materiale di massa m costituito da una parte mnr = fnr m priva di elementi con isotopi radioattivi e una parte mrad = frad m contenente un elemento con isotopi radioattivi di abbondanza isotopica relativa aik . Per la 1.15 del Cap.1, l’attivit` a per unit` a di massa del materiale `e data dalla

28

2 Radiazione ambientale naturale

Tabella 2.2. Abbondanza dei nuclei sulla terra in peso (parti per milione, ppm) di U, Th e K in vari ambienti terrestri. L’abbondanza isotopica di 238 U e 232 T h `e circa del 100%, quella dell’isotopo radioattivo 40 K del 1.17% U

Th

K

Rocce

1.8

6

1.5 · 103

Mari

3.3 · 10−3

4 · 10−8

4.14 · 102

Fiumi

4 · 10−5

10−4

1.4 · 10

Corpo umano

−3

1.4 · 10

−3

2.3 2 · 103

2.2.1 L’uranio L’uranio puro `e un metallo di colore argenteo, duttile, malleabile, piroforico. Gli isobari noti sono 25 (con A = 218 − 242). Di essi l’238 U e l’235 U sono i due isotopi a lunga vita media, quindi quasi stabili, pi` u abbondanti (99.2745 % e 0.72 %); il terzo isotopo quasi stabile `e l’234 U (0.0055 %). A causa della lunga vita la sua attivit` a `e piccola ( A(238) = 12.4 · 103 3 decadimenti /s·g; A(235) = 80·10 decadimenti/s·g; A (miscela isotopica) = 13 · 103 decadimenti /s · g). L’uranio `e distribuito su tutta la superficie terrestre come indicato in tab. 2.2. I principali minerali contenenti uranio sono la pechblenda o uranite, la carnotite e l’autunite (tutti ossidi di uranio). L’uranio ha una densit` a molto elevata (19.05g/cm3 , circa il doppio del piombo), che lo rende utile nella costruzione delle chiglie delle imbarcazioni, negli stabilizzatori degli aerei e negli schermi radiologici. Alcuni minerali secondari hanno colori brillanti e fosforescenti e furono usati in passato come coloranti. L’uranio `e alla base del funzionamento dei reattori nucleari. In particolare, l’235 U `e “fissile”, cio`e soggetto a fissione indotta, processo fondamentale nella produzione dell’energia elettrica. L’238 U non `e fissile, ma `e in grado di catturare neutroni (per esempio quelli emessi nella fissione dell’235 U ) trasformandosi a l’238 U indirettamente in 239 P u, nucleo fissile come l’235 U . Per questa propriet` `e detto “fertile”. Poich´e l’uranio naturale contiene una piccola percentuale di 235 U (0.7%), ai fini dell’utilizzo nei reattori esso viene “arricchito” di tale relazione P P mk P aik mrad A 1 1 1 = m λk nk = m λk Ak NAvogadro = m λk Ak NAvogadro = m k

=

1 m

P k

k

m) λk aik (fArad NAvogadro = k

P k

k

λk aikAfkrad NAvogadro

L’attivit` a `e tanto pi` u piccola quanto pi` u piccola `e la concentrazione frad degli elementi radioattivi.

2.2 Radionuclidi naturali primordiali

29

Fig. 2.1. Successione dei nuclei della famiglia radioattiva naturale dell’ 238 U . A = 4n + 2 con n = 59, 58, 57, ..., 51. I tempi di dimezzamento sono in anni (a), giorni (g), ore (h), minuti (m) e secondi (s). Nel caso di decadimenti in concorrenza ` e indicata la probabilit` a relativa.

isotopo fino a una percentuale del 3 − 4%. Corrispondentemente si ha la produzione di uranio “impoverito” di 235 U , che viene utilizzato per gli scopi citati in precedenza. Oltre che di energia elettrica, i reattori sono sorgenti di isotopi radioattivi e di neutroni per uso medico e per la ricerca di base e applicata. E’ ben noto l’uso militare dell’uranio sia arricchito (per le bombe nucleari) che impoverito (per proiettili ad elevata penetrazione e corazze di veicoli). L’uranio arricchito per la produzione di bombe nucleari `e costituito da 235 U per pi` u del 95%. Nella famiglia dell’238 U `e presente il 226 Ra, il solo elemento radioattivo che abbia un periodo (1 600 anni) sufficientemente breve da poter assicurare una notevole attivit` a e tuttavia abbastanza lungo da poter trascurare la diminuzione di sostanza radioattiva in un intervallo di tempo di parecchi anni.

30

2 Radiazione ambientale naturale

Fig. 2.2. Successione dei nuclei della famiglia radioattiva naturale dell’ 235 U (A = 4n + 3 con n = 58, 57, 56, ...51). Sono messi in evidenza i differenti tipi di decadimento (con la relativa probabilit` a nel caso di decadimenti in competizione); questi si verificano per l’Ac − 227 e il Bi − 211.

Il discendente diretto del 226 Ra `e il 222 Rn, unico elemento radioattivo gassoso alle temperature ordinarie, che emette raggi α e γ e ha un periodo di 3.8235 giorni. Come mostra tab. 2.1, i suoi discendenti pi` u abbondanti fino al 210 P b sono indicati nella seguente sequenza:

222

218 Rn −→ P o −→ α α 3.8g

(99.9%) 3.1m

214

P b −→

β 26.8m

214

Bi −→

β (99.9%) 19.9m

214

P o −→ α

210

Pb

1.6μs

Escluso il 210 P b che ha un periodo di 22.3a, essi hanno vita media molto pi` u breve del radon; pertanto, se un campione di radon viene separato dai suoi

2.2 Radionuclidi naturali primordiali

31

ascendenti, i discendenti vengono a porsi in equilibrio radioattivo con esso e l’ammontare di ciascuno di essi `e in accordo con la (2.1).

Fig. 2.3. Andamento nel tempo del 218 P o e dei suoi discendenti. I periodi sono: 218 P o: 3.1m; 214 P b: 26.8m; 214 Bi: 19.9m; 210 P b: 22.3a. Non `e tracciato l’andamento del 214 P o a causa del suo periodo molto breve (164.3μ s). A causa del periodo molto breve dei radionuclidi precedenti il 210 P b, dopo qualche ora ` e presente praticamente solo 210 P b.[2]

In generale, se un elemento figlio viene separato dalla famiglia d’origine, l’andamento nel tempo dei suoi discendenti si sviluppa secondo le espressioni generali dedotte dalla legge del decadimento radioattivo (vedi cap.1, par.1.3.3). Per esempio, consideriamo il caso della precedente successione semplificata avente come capostipite il 218 P o e supponiamo che inizialmente sia presente solo una certa quantit` a di tale nucleo; le quantit` a dei vari nuclidi sono date dalle relazioni: n1 (t) = n1 (0)e−λ1 t ,  λ1  −λ1 t e − e−λ2 t , n2 (t) = n1 (0) λ2 − λ1   −λ2 t −λ3 t e−λ1 t n3 (t) = n1 (0)λ1 λ2 (λ2 −λ1 )(λ3 −λ1 ) + (λ3 −λe2 )(λ1 −λ2 ) + (λ1 −λe3 )(λ2 −λ3 ) , ................ dove gli indici 1, 2, 3, 4 e 5 stanno per 218 P o, 214 P b, 214 Bi, 214 P o e 210 P b. L’andamento descritto dalle precedenti equazioni `e visualizzato in fig.2.3. Rispetto o essere considerato ai nuclei che lo precedono nella successione, il 210 P b pu` stabile e, dopo qualche ora, `e praticamente l’unico nucleo presente. 2.2.2 Il torio Gli isotopi del torio sono 28 (con A = 210 − 237) e il 232 T h `e l’unico quasi stabile. Il torio `e l’elemento radioattivo naturale pi` u abbondante sulla crosta

32

2 Radiazione ambientale naturale

terrestre, dove `e distribuito come indicato in tab. 2.2; esso `e circa tre volte pi` u abbondante dell’uranio e abbondante come il piombo. I pi` u grandi depositi sono composti da ossido di torio, T hO2 , nelle sabbie di monazite dell’India e del Brasile. E’ un metallo duttile e malleabile, utilizzato per produrre leghe, in particolare con il magnesio, particolarmente resistenti a temperature elevate. E’ utilizzato nella produzione di filamenti per lampadine e per tubi elettronici, di reticelle Auer a incandescenza, di lenti di elevata qualit` a e di celle fotoelettriche. Il torio `e un nuclide fertile: bombardato con neutroni lenti d` a origine all’isotopo 233 dell’uranio, che `e fissile.

2.3 Calore terrestre di origine radioattiva L’uranio2 e il torio sono presenti nelle rocce granitiche nella proporzione di circa 10 ppm (parti per milione) e il granito nella crosta terrestre ammonta a circa 2 · 1022 Kg. Un nucleo di 238 U si trasforma in un nucleo di 206 P b mediante una successione di 8 decadimenti α e 6 decadimenti β − , come si evince dalla fig. 2.1. L’energia associata alla massa dei prodotti finali dei decadimenti `e minore dell’energia associata alla massa del nucleo iniziale e la differenza `e costituita dall’energia cinetica dei prodotti finali stessi. Questa energia viene successivamente ceduta alla roccia a cui appartiene il nucleo di uranio attraverso una serie di collisioni fra i prodotti dei decadimenti e gli atomi della roccia stessa (vedi par.2.7); essa contribuisce ad accrescere il calore della roccia, ossia a riscaldare la Terra. Analoghe considerazioni valgono per il 230 T h, che si trasforma in 208 P b tramite 6 decadimenti α e 4 decadimenti β − , e per gli altri nuclei radioattivi presenti nella crosta terrestre. Valutiamo ora l’energia ceduta per unit` a di tempo (la potenza). L’energia o essere espressa, per esemconseguente al decadimento di un nucleo di 238 U pu` pio, utilizzando le masse dei nuclei (M ) o quelle degli atomi corrispondenti (Ma )3 :         E(U ) = M 238 U − M 206 P b − 8M 4 He − 6me c2 =        = Ma 238 U − Ma 206 P b − 8Ma 4 He c2 = = 221742.146 − 191863.345 − 8 · 37244.913 = 51.6 M eV Analogamente, l’energia rilasciata nel decadimento di un nucleo di 2

3

232

T h `e:

Nell’esposizione di questo paragrafo viene fatto ricorso ad argomenti che verranno discussi ampiamente in successivi capitoli citati in vari punti. Si consiglia una rilettura dopo il cap. 7. Il valore dell’energia `e qui calcolato usando i valori delle masse atomiche. Usualmente non vengono fornite le masse dei nuclei, ma le masse degli atomi corrispondenti o l’energia di legame, o il difetto di massa, dai quali si risale alla masse atomiche. Si veda, al riguardo, l’Appendice 7.7.1 del cap.7 e la tab. 17.2 dell’Appendice finale.

2.3 Calore terrestre di origine radioattiva

33

Fig. 2.4. Successione dei nuclei della famiglia radioattiva naturale del 232 T h. A = 4n con n = 58, 57, 56, ...52. Nel caso di decadimenti concorrenti ` e indicata la probabilit` a relativa.

       E(T h) = Ma 232 T h − Ma 208 P b − 6Ma 4 He c2 = = 216142.004 − 193728.396 − 6 · 37244.913 = 43.2 M eV a di un 1 Kg = 103 g Tenuto conto che 1 anno contiene 3.15 · 107 s, l’attivit` della miscela isotopica naturale di un elemento con un isotopo radioattivo con abbondanza isotopica AI `e data dalla relazione:  3  10 g ln 2 A NAvogadro AI(A X) A( X, 1Kg) = A T1/2 (a) · 3.15 107 s e l’energia corrispondente rilasciata nell’unit` a di tempo (la potenza) `e W (A X, 1Kg) = E(A X)A(A X, 1 Kg). La potenza rilasciata in un 1 Kg di granito `e W (A X, 1Kggranito ) = W (A X, 1Kg) · (10 ppm), con 10ppm = 10−5 e quella rilasciata in tutta la crosta terrestre `e

34

2 Radiazione ambientale naturale

W (A X)totale = W (A X, 1Kggranito ) · (2 · 1022 Kg) . Da questa relazione, tenendo presente che 1 joule = 6.24 · 1012 M eV , si ricavano per i due nuclei i seguenti valori numerici della potenza totale: W (U )totale = 1.27 1026 M eV /s = 20.3 1012 watt, W (T h)totale = 0.345 1026 M eV /s = 5.5 1012 watt. I valori numerici delle quantit` a utilizzate e di quelle stimate sono dati in tab. 2.3. I valori della potenza sono molto grandi se paragonati alla potenza di una grande centrale elettrica (109 W ), ma sono molto piccoli se paragonati a quella irradiata dal sole sulla Terra (vedi tab. 12.1 di cap.12): W (sole) = W/cm2 · Sezione della T erra = = 0.136 watt/cm2 · 3.14 (6.3 108 )2 cm2 = 1.7 1021 watt Lo studio delle lave vulcaniche indica che l’abbondanza di uranio e torio nella regione centrale della Terra `e dell’ordine di 0.1ppm, quindi alquanto minore di quella nelle rocce granitiche della crosta terrestre. Tuttavia, tenuto conto del grande volume, anche la potenza proveniente dall’interno della Terra `e dell’ordine di grandezza di quelle stimate precedentemente, cio`e circa 1012 watt. Tuttavia, non tutta l’energia liberata `e ceduta alla Terra, perch´e Tabella 2.3. Caratteristiche dei decadimenti di uranio, torio e potassio: abbondanza isotopica AI, periodo del capostipite, energia liberata in una successione completa di decadimenti; energia massima trasportata dagli antineutrini in alcuni decadimenti β; attivit` a di 1 Kg di materiale con composizione isotopica naturale e relativa potenza emessa.

AI (%) 238 92 U → 206 82 P b + 234m

8α + 6β − + 6¯ ν

212 208

99.27 4.47

51.6

P a →234 U

232 90 T h → 208 82 P b + 6α 228

ν T1/2 E(A X) Emax 9 10 a M eV M eV

+ 2β − + 2¯ ν

Ac →228 T h Bi →

212

208

Tl →

A 1/Kg · s

W (A X) M eV /Kg · s

1.24 · 107

6.4 · 108

0.4 · 107

1.7 · 108

2.29 100

14.0

43.2 2.11

Po

2.25

Pb

1.8

una piccola frazione di essa viene trasportata dagli antineutrini, nei confronti

2.3 Calore terrestre di origine radioattiva

35

dei quali la Terra (e la materia in generale) risulta essere (quasi) trasparente (Cap.7, par.7.3). Lo studio del flusso degli antineutrini terrestri, ossia della loro intensit` a, dell’orientazione delle loro traiettorie e dell’energia, `e di grande interesse in geofisica perch´e pu`o fornire sulla costituzione e sull’evoluzione della terra, in particolare della sua regione centrale, informazioni difficilmente acquisibili per altra via. Tuttavia, a causa della bassa sezione d’urto d’interazione con la materia, fino a qualche anno fa la rivelazione degli antineutrini terrestri non era neppure ipotizzabile. Oggi essa `e diventata possibile in seguito al successo delle tecniche sviluppate per rivelare i neutrini solari (Cap.13) e per studiare il fenomeno delle oscillazioni di neutrino (Cap.16). L’energia rilasciata nel decadimento, A → B + e− + v¯ `e data dalla relazione (Cap.7, par.7.2) Eo = MA c2 − MB c2 − me c2 − TB − Te − Eν . Essa si ripartisce fra le particelle finali in modo variabile da decadimento a decadimento (Cap.7, par.7.1) e quella associata al neutrino `e massima quando l’energia cinetica dell’elettrone `e zero; d’altra parte, l’energia cinetica del nucleo residuo `e in ogni caso molto piccola a causa della sua massa grande rispetto a quella del neutrino e dell’elettrone (Cap.7, par.7.4); quindi l’energia massima del neutrino `e ν ∼ Emax = MA c2 − MB c2 − me c2 .

Nel caso delle famiglie dell’uranio e del torio vengono emessi antineutrini da pi` u nuclei con differenti valori massimi, i pi` u elevati dei quali sono riportati in colonna 5 di tab. 2.3. Gli antineutrini possono essere rivelati mediante reazioni di assorbimento. Nel caso degli antineutrini emessi dalle famiglie dell’uranio e del torio, `e possibile rivelare la componente di energia pi` u elevata (> 1.8M eV ) mediante lo studio della reazione endotermica ν¯ + p → n + e+ − 1.8 M eV. Questa reazione non pu` o essere invece indotta dagli antineutrini emessi dal potassio perch´e hanno un’energia massima di 1.31M eV . Poich´e gli elementi in una famiglia naturale sono in equilibrio radioattivo, essi hanno la stessa attivit`a del capostipite. Pertanto, il numero di antineutrini emessi al secondo da 1 Kg di materiale radioattivo naturale `e dato dalla relazione Nν (A X, 1Kg) = A(A X, 1Kg) nν AI, dove nν `e il numero di antineutrini emessi nell’ambito della famiglia (= 6 e 4 per uranio e torio, rispettivamente). L’emissione si riduce di un fattore 10−5 in un 1 Kg di granito.

36

2 Radiazione ambientale naturale

2.4 I raggi cosmici L’atmosfera terrestre `e investita da un flusso di particelle che appartengono alla radiazione cosmica. Essa `e prodotta soprattutto al di fuori del sistema solare e la sua composizione `e costituita da tutte le particelle stabili (fotoni, neutrini, elettroni, positroni e protoni) e da nuclei con vita media dell’ordine di u. La radiazione cosmica `e costituita da una componente emessa 106 anni o pi` da sorgenti astrofisiche e da una prodotta dall’interazione della componente primaria con il gas interstellare.

Fig. 2.5. Componenti cariche della radiazione cosmica primaria.[16]

Una frazione dei γ, gli elettroni, i positroni, i protoni e l’elio cos`ı come il carbonio, l’ossigeno, il ferro e altri nuclei sintetizzati nelle stelle fanno parte dei raggi cosmici primari. Appartengono alla radiazione primaria anche i neutrini (prevalentemente di origine solare), che sono presenti in grande abbondanza

2.4 I raggi cosmici

37

(pi` u di 1010 cm−2 · s−1 ; vedi par. 13.4 del cap.13) ma non hanno nessun effetto sugli organismi viventi a causa della estremamente bassa probabilit` a d’ interazione con la materia. I neutroni e i nuclei come il litio, il berillio e il boro (scarsamente prodotti nei processi di nucleosintesi stellare) appartengono alla componente secondaria. Il 79% circa della componente nucleonica della radiazione cosmica primaria `e composto da protoni liberi e il 15% circa da nucleoni legati in nuclei di 4 He. In fig.2.5 sono riportate le principali componenti nucleari in funzione della loro energia. In fig.2.6 `e mostrato lo spettro energetico dei raggi γ.

Fig. 2.6. Spettro dei raggi γ extragalattici [16].

Contribuisce alla radiazione cosmica anche una piccola quantit` a di antiprotoni che, verosimilmente, appartiene in prevalenza alla componente secondaria (vedi fig. 2.7). All’esterno dell’atmosfera terrestre i positroni sono solo il 10% circa dell’insieme elettroni pi` u positroni (vedi fig. 2.7). Il flusso di particelle cariche della radiazione cosmica `e modulato dal campo magnetico solare e dal campo magnetico terrestre che, tramite la forza di Lorentz, impediscono soprattutto alla componente di energia pi` u bassa di raggiungere la superficie terrestre. A causa della variabilit` a spaziale e temporale del campo magnetico l’intensit` a delle varie componenti della radiazione cosmica varia col tempo e con la posizione. Interagendo con gli atomi dell’atmosfera i protoni producono nuclei radioattivi e una grande quantit` a di mesoni, soprattutto pioni neutri e carichi tramite reazioni del tipo

38

2 Radiazione ambientale naturale

p + A → p + A + nπ ± + mπ 0 . Dal decadimento dei mesoni hanno origine raggi gamma, muoni e neutrini muonici secondo le reazioni: π 0 → 2γ,

π + → μ+ + νμ

,

π − → μ− + ν¯μ .

Dalle successive interazioni dei raggi γ hanno origine elettroni e positroni

Fig. 2.7. Rapporto antiprotoni/protoni. [13])

secondo reazioni del tipo γ + A → A + e− + e+ . I muoni possono decadere secondo reazioni del tipo νe ) + ν¯μ (νμ ), μ± → e± + νe (¯ o interagire con i nuclei atomici secondo reazioni del tipo μ− + p → n + νμ . In fig. 2.9 sono mostrati i flussi verticali delle principali componenti dei raggi cosmici a diverse profondit` a nell’atmosfera, nella regione di energia dove le particelle sono pi` u numerose. Mentre nell’alta atmosfera sono prevalenti i nucleoni, al livello del mare le particelle cariche pi` u numerose sono i muoni

2.5 Radionuclidi naturali cosmogenici

39

Fig. 2.8. Frazione di positroni nei raggi cosmici in funzione dell’energia. [13]

(con energia media di ∼ 4 GeV e flusso uguale a ∼ 1 cm−2 m−1 ). Questi possono penetrare profondamente nella terra, anche fino a 10 Km di profondit` a, interagendo con gli atomi delle rocce e dell’acqua del mare.4

2.5 Radionuclidi naturali cosmogenici I radionuclidi naturali cosmogenici sono prodotti direttamente o indirettamente dall’interazione dei raggi cosmici con l’atmosfera, le rocce e l’acqua del mare. I radionuclidi cosmogenici pi` u importanti sono elencati in tab.2.4. Nell’alta atmosfera i nuclei cosmogenici sono prodotti prevalentemente dalla cattura di neutroni da parte dei nuclei di azoto e ossigeno. I neutroni sono a 4

I muoni, la cui massa `e m = 105 M eV , sono prodotti prevalentemente nell’alta atmosfera (a circa 15 Km d’altezza) con un’energia E fra 1 e 104 GeV (a cui corrisponde una velocit` a β = v/c > 0.99 e un valore di γ = E/m > 9.5). La vita media dei muoni a riposo `e τ = 2.2 · 10−6 s ma, a causa della dilatazione relativistica dei tempi, per muoni “in moto” essa diviene τ  = γτ > τ . Per esempio, muoni con un’energia di 2.4 GeV hanno una vita media di circa 2.2·10−6 · 22.8 = 50.16 · 10−6 s. E’ questo fatto che spiega la sopravvivenza di un elevato flusso di muoni a livello del mare. La probabilit`a di sopravvivenza dei muoni in moto lungo una direzione x segue la legge esponenziale e−x/λ con λ = βcτ  . Se non ci fosse la dilatazione relativistica, la lunghezza di decadimento sarebbe βcτ = 658 m e, a livello del mare (x = 15km), il loro flusso sarebbe ridotto di un fattore 1.4 · 10−10 , ossia sarebbe azzerato. Per muoni con energia di 2.4 GeV , la lunghezza di decadimento `e invece di circa 15 km e circa un terzo dei muoni raggiunge il livello del mare.

40

2 Radiazione ambientale naturale

a nelFig. 2.9. Flussi verticali dei raggi cosmici con E > 1 GeV a varie profondit` l’atmosfera stimati sulla base del flusso dei nucleoni. I quadratini mostrano le misure di muoni negativi con E > 1 GeV . Modificato da [16]

loro volta prodotti dall’interazione dei protoni primari con i nuclei atmosferici. In seguito a un grande numero di collisioni i neutroni possono essere rallentati fino a raggiungere energie termiche alle quali hanno elevata probabilit` a di essere assorbiti dall’azoto dando origine al 14 C: 14 7 N

+ n → 14 6 C + p.

Altri esempi di reazioni, con probabilit` a molto inferiore, sono i seguenti:

2.5 Radionuclidi naturali cosmogenici 14 7 N

+n →

11 5 B

+ 42 He

Es

≈ 1M eV

14 7 N

+n →

12 6 C

+ 31 H

Es

≈ 4M eV

16 8 O

7 + n → 10 4 Be + 4 Be

Es

> 40M eV

16 8 O

+n →

Es

> 40M eV

14 6 C

+ 32 He

41

Es `e l’energia di soglia dei neutroni o energia cinetica minima perch´e avvenga la reazione. Dal decadimento β del trizio ha origine la maggior parte dell’3 He presente nell’atmosfera. Tabella 2.4. Nuclei cosmogenici osservati. I “nuclei coinvolti” sono i principali nuclei della crosta terrestre e dell’atmosfera (tra parentesi) la cui interazione con la radiazione cosmica pu` o dare origine ai nuclei elencati nella prima colonna.[20]

Radio Nuclide 3 3

H

Modo del decadimento

T1/2 (anni)

Nuclei coinvolti

β−

12.33 anni

O,Mg,Si,Fe(O,N)

stabile

(O)

He

10

Be

14 21

β

6



Ne

36 36 39 41

C

β



Cl

Ar Ar Ca

129 126

I

Xe

β



CE, β β

β



O,Mg,Si,Fe(O,N)

5730 anni

O,Mg,Si,Fe(N)

stabile

Mg,Al,Si,Fe

5

+



CE; β

1.51 · 10 anni

+

3.01 · 10 anni

Fe,Ca,K,Cl(Ar)

35 giorni

Fe,Ca,K,Cl(Ar)

269 anni

Fe,Ca,K (Ar)

5

1.03 · 10 anni 7

Ca, Fe

1.57 · 10 anni

Te,Ba,La,Ce(Xe)

stabile

Te,Ba,La,Ce,I

Nella bassa atmosfera e nella crosta terrestre i nuclei cosmogenici hanno origine prevalentemente dalla cattura dei muoni negativi lenti e dalle disintegrazioni nucleari prodotte dai muoni veloci. La concentrazione dei nuclei radiogenici dipende dall’intensit` a della radiazione cosmica che raggiunge l’atmosfera terrestre la quale, come si `e gi`a detto, dipende dall’intensit` a del campo magnetico terrestre e, secondariamente, di quello solare. E’ stato accertato che l’intensit` a del campo magnetico terrestre ha subito rilevanti variazioni nel corso dei secoli, con conseguente variazione della produzione dei nuclei

42

2 Radiazione ambientale naturale

radiogenici, come verr` a illustrato nel cap.3. La produzione di radionuclidi alla superficie terrestre `e molto bassa (circa 30 cm−2 h−1 al livello del mare). Tra a un sensibile contributo di essi il 14 C, la cui produzione `e di 2.5 cm−2 h−1 , d` alla radioattivit` a negli organismi biologici (vedi par.2.7.8) ed `e di rilevante interesse nella datazione di reperti archeologici (cap.3). Lo studio dei nuclei radiogenici contribuisce alle nostre conoscenze sulle variazioni del clima, sull’evoluzione dei ghiacciai e di siti terrestri e marini (in relazione a fenomeni di stratificazione, migrazione ed erosione), sull’attivit` a solare e sul campo magnetico terrestre.

2.6 Radionuclidi artificiali (cenni) I nuclei radioattivi artificiali sono prodotti principalmente nei processi di fissione nei reattori nucleari e nelle esplosioni nucleari e nelle collisioni nucleonenucleo e nucleo-nucleo presso gli acceleratori in laboratori di ricerca fisica e medica. Nei processi di fissione sono prodotti principalmente nuclei con A fra 70 e 160. I radionuclidi artificiali sono sorgenti di α, e± , ν, ν¯ e γ. Un certo numero appartiene alla famiglia artificiale con capostipite il 237 N p. Tabella 2.5. Nuclei artificiali presenti nell’ambiente (FS = Fissione Spontanea). Radio nuclide 3

Modo del decadimento

T1/2

β

12.33 anni

C

β

5730 anni

Sr

β

28.78 anni

Cs

β, γ

2.1 anni

Cs

β, γ

30 anni

I

β, γ

8 giorni

Ru

β

39.26 giorni

Ba

β

12.75 giorni

Pu

α, FS

8.08107 anni

H

14 38

134 137

131 103 140 244

Esempi significativi sono riportati in tab. 2.5. Alcuni di essi sono anche cosmogenici ed `e difficile stabilire quale frazione sia di un tipo e quale dell’altro. Usualmente sono presenti nell’ambiente in basse concentrazioni e la loro radioattivit` a media `e inferiore a quella dei radionuclidi naturali. Tuttavia nel

2.7 Effetti biologici della radiazione

43

caso d’incidenti presso reattori nucleari con rilascio di radiazione nell’ambiente e nel caso di esplosioni nucleari in atmosfera la quantit` a di questi nuclei pu` o aumentare di ordini di grandezza raggiungendo livelli pericolosi (vedi fig. 2.17, 2.18, 2.19 e 2.20). Cesio, iodio, rubidio e bario sono stati abbondantemente rilevati in Italia in seguito all’incidente di Chernobyl. Lo iodio e il cesio sono caratterizzati da un’alta assimilazione biologica, il bario da una assimilazione moderata e il rutenio da una bassa. Lo iodio si accumula nella tiroide. Lo stronzio `e chimicamente affine al calcio e si accumula nelle ossa. Il cesio `e affine al potassio e si accumula nei muscoli.

2.7 Effetti biologici della radiazione 2.7.1 Interazione delle particelle cariche con la materia I processi d’interazione delle particelle ionizzanti con la materia, in particolare con i tessuti biologici, sono piuttosto complicati. Qui ci limitiamo a un’esposizione di carattere generale rinviando a testi specifici per uno studio pi` u approfondito.

Fig. 2.10. Potere frenante (−dE/dx) in aria di elettroni (e), leptoni μ, mesoni π, protoni (p), deutoni (d) e particelle α in funzione dell’ energia cinetica E.

44

2 Radiazione ambientale naturale

Quando particelle cariche attraversano un mezzo materiale, esse perdono energia per ionizzazione ed eccitazione di atomi e molecole. Fig. 2.10 mostra l’andamento della perdita di energia per unit` a di percorso (o potere frenante) in aria di alcune particelle tra cui le particelle α e β; per energie cinetiche non relativistiche5 , la perdita di energia diminuisce al crescere dell’energia. Fig. 2.11 mostra la profondit` a raggiunta (o cammino percorso) in alluminio dalle particelle α e β in funzione della loro energia iniziale; il percorso aumenta con l’energia. Si noti la grande diversit` a fra il potere frenante e il cammino percorso dalle due particelle a parit` a di energia.

Fig. 2.11. Percorso (R) in alluminio di particelle α e β in funzione della loro energia iniziale.

La diversit` a di comportamento di particelle diverse con uguale energia `e dovuta al fatto che il potere frenante dipende fondamentalmente dalla carica elettrica e dalla velocit` a delle particelle: esso cresce all’aumentare della carica e 5

Energie cinetiche inferiori all’energia mc2 associata alla massa.

2.7 Effetti biologici della radiazione

45

al diminuire della velocit` a. A parit` a di carica elettrica, le particelle pi` u pesanti (per esempio, protoni) sono molto pi` u lente delle particelle pi` u leggere (per esempio, elettroni) con la stessa energia cinetica e quindi hanno un potere frenante pi` u elevato. Similmente, a parit` a di velocit`a le particelle con carica elettrica pi` u elevata hanno potere frenante pi` u elevato. A potere frenante pi` u elevato corrisponde un percorso pi` u breve. Riassumendo, a parit` a di energia, le particelle pesanti (o con elevata carica elettrica) sono “pi` u ionizzanti” e quelle leggere “pi` u penetranti”. Inoltre, poich´e procedendo in un mezzo materiale l’energia e la velocit`a diminuiscono, il potere frenante aumenta raggiungendo un massimo in prossimit`a della fine del percorso (vedi fig. 2.12).

Fig. 2.12. Caratteristiche di un fascio di particelle cariche alla fine del percorso medio Ro : a sinistra, andamento del potere frenante nei dintorni del punto d’arresto e, a destra, andamento dell’intensit` a del fascio. Questi andamenti sono caratteristici di particelle con massa molto maggiore di quella degli elettroni.

Le curve di fig. 2.10 sono la rappresentazione grafica del potere frenante che, per elettroni veloci e per particelle pesanti in generale, `e espresso dalla formula di Bethe-Bloch z2 z2m dE = 2W = W, dx v 2E dove z ed m sono la carica elettrica e la massa della particella ionizzante; W dipende dalle caratteristiche (densit`a, numero atomico, potenziale di ionizzazione) del mezzo attraversato ed `e una funzione crescente lentamente variabile della velocit`a v e, per basse velocit`a (β > me , ΔE  ∼ = 12 me v 2 2 M eV )

5

particelle α, nuclei con A > 4

20

Tabella 2.7. Fattori di peso wt per i vari organi. tipo di organo o tessuto

wt

tipo di organo o tessuto

wt

gonadi

0.20

fegato

0.05

colon

0, 12

esofago

0.05

stomaco

0.12

tiroide

0.05

midollo osseo

0.12

superfici ossee

0.01

polmone

0.12

pelle

0.01

vescica

0.05

altri tessuti

0.05

mammella

0.05

totale

1.00

2.7.6 Dosi alte assorbite in breve tempo Alte dosi di radiazione (> 1Gy per l’intero corpo) ricevute in un breve intervallo di tempo (poche ore) danno origine a quelli che sono denominati effetti acuti. Essi si manifestano subito dopo l’irraggiamento e possono provocare la morte delle persone irraggiate (vedi tab. 2.9). Se il paziente sopravvive, altri effetti possono manifestarsi nel tempo. In questo caso appare evidente l’esistenza di una soglia sotto cui gli effetti non compaiono. Questi effetti sono detti deterministici e la loro intensit` a varia con la dose assorbita. Effetti di questo tipo sono stati osservati tra i sopravvissuti a esplosioni nucleari. Possibili danni con il relativo valore di soglia sono riportati in tab.2.9. 2.7.7 Dosi basse Per basse dosi assorbite (inferiori a 0.2Gy) gli effetti compaiono dopo un periodo di latenza che pu` o durare anche anni (effetti ritardati). I danni possono essere: genetici o stocastici.

2.7 Effetti biologici della radiazione

55

Tabella 2.8. Effetti delle radiazioni ionizzanti sull’uomo in seguito ad assorbimento di qualche ora in tutto il corpo (irraggiamento acuto). dose equivalente assorbita in sievert 0.25 0.25 − 1

alcuni effetti dell’irraggiamento nessun effetto raddoppio del rischio di leucemia, anomalie genetiche, lievi alterazioni del sangue

1−2

emorragie intestinali, aggravamento degli effetti precedenti

2−3

emorragie gravi

4 − 10

morte dal 30% al 100% dei casi

Non sono stati osservati con certezza casi di danni genetici tra i discendenti dei sopravvissuti alle esplosioni nucleari; tuttavia, danni sono stati osservati in esperimenti effettuati su insetti sottoposti a dosi relativamente alte. Per gli effetti stocastici, come indica il nome, non c’`e la certezza che essi si verifichino; si ha invece, per una data dose, una probabilit` a, detta fattore di rischio, che uno di essi si verifichi. Si ritiene che non esista un valore di soglia al di sotto del quale gli effetti non si manifestano e che la gravit` a del danno non sia direttamente correlata con la dose assorbita. Esistono, tuttavia, osservazioni (vedi par. 2.9), contrastanti con le opinioni precedenti, che inducono a ritenere che dosi basse possano arrecare effetti benefici. Tabella 2.9. Dosi di soglia per diversi effetti acuti dovuti ad alte dosi. Stadio di sviluppo

effetto

dose di soglia (Sv)

feto

diminuzione della crescita

0.2

ragazzo

ipotiroidismo

5

adulto

morte

adulto

ateratta

2−3 2.5

La probabilit` a che una radiazione produca un certo danno `e data dal prodotto della dose equivalente assorbita Deq per un fattore di rischio fr :

56

2 Radiazione ambientale naturale

Pdanno = fr Deq (sievert). Il fattore di rischio `e la probabilit` a di uno specifico danno per unit` a di dose equivalente assorbita e si misura in Sv −1 . Studi per la determinazione di tali fattori sono stati effettuati da molte organizzazioni internazionali. Le incertezze in queste valutazioni sono dovute sia alla qualit` a dei dati analizzati, sia ai modelli a cui si fa riferimento. Per quanto riguarda i campioni da analizzare, essi possono essere costituiti da individui irraggiati accidentalmente (le dosi assorbite sono molto incerte), da individui trattati con radiazioni per scopi medici (le dosi sono note ma solitamente indirizzate a una singola parte del corpo) e da animali irraggiati appositamente (l’estrapolazione agli uomini `e incerta). Gli studi pi` u approfonditi sono stati condotti sui sopravvissuti alle esplosioni nucleari su Hiroshima e Nagasaki: 90 000 persone furono investite da neutroni e raggi γ e circa i 2/3 sono ancora vive a 50 anni dall’evento. La dose ricevuta da ogni persona `e stata stimata sulla base della sua posizione al momento dell’esplosione. Le stime sono evidentemente incerte. Sulla base di dati ad alte dosi assorbite il fattore di rischio `e stato stimato dell’ordine di 0.1 Sv −1 , che corrisponde a 10 casi di cancro in eccesso per una dose di 1Sv ricevuta da 100 persone. Per esposizione alla radiazione ambientale si hanno basse dosi assorbite e ci sono dati e teorie che indicano che i fattori di rischio sono ridotti di un fattore 2. Dal punto di vista della protezione, si assume che ogni esposizione a radiazione comporti rischi per la salute. Come abbiamo visto gli effetti sono cumulativi e si ritiene che non ci sia un livello di sicurezza. 2.7.8 Radioattivit` a intrinseca del corpo umano La radioattivit` a a cui sono esposti gli esseri umani non `e riducibile al di sotto di un livello minimo determinato dalla composizione chimica naturale del corpo umano. I principali elementi radioattivi presenti sono il 14 C, il 40 K, il 232 T h u abbondanti sono e l’238 U . I quattro elementi e i loro isotopi radioattivi pi` presenti in un corpo umano di 70Kg nelle quantit` a riportate in tab. 2.10. Nel seguito non prenderemo in considerazione uranio e torio a causa dell’attivit` a trascurabile rispetto a quella degli altri due isotopi. I decadimenti a cui sono soggetti carbonio e potassio sono i seguenti: 14 6 C



14 7 N

+ e− + ν¯

Eβ = 0.157M eV

E ≈ 0.078 M eV

T1/2 = 5370 a  40 19 K



40 20 Ca



40 18 A

89.29 % β − 10.72 % CE

T1/2 = 1.277 · 109 a

+ e− + ν¯



Eβ = 1.3 M eV Eβ = 1.5 M eV

E ≈ 0.155 M eV

2.7 Effetti biologici della radiazione

57

E rappresenta approssimativamente la frazione (∼ 1/2) dell’energia liberata (Eβ ) che in media viene ceduta al corpo umano in ogni disintegrazione, mentre la rimanente fuoriesce associata agli antineutrini, la cui interazione con la materia `e trascurabile (vedi cap. 7). Relativamente al potassio, teniamo conto solo del decadimento pi` u probabile. a di 1 Kg di tessuto `e Per ogni isotopo A X, l’attivit`  Attivit` a(1Kg) =

103 ·P A

AI · NAvogadro ·

ln 2 becquerel, T 1/2 (a) · 3.15 107 s

dove P `e la frazione dell’elemento X in 1 Kg di materiale organico e AI `e l’abbondanza isotopica del radioisotopo considerato (vedi tab. 2.11); l’attivit` a comporta la cessione all’organismo nel corso di un anno di una dose Dose annua = E · Attivit` a · 3.15 107 gray, dove 3.15 · 107 sono i secondi in un anno. Ricordiamo che, ai fini biologici, invece della dose assorbita (D) si considera la dose equivalente (Deq ); questa tiene conto, oltre che dell’energia ceduta, anche del differente danno apportato ai diversi tipi di tessuto. Numericamente, la dose assorbita `e il limite inferiore della dose equivalente (D ≤ Deq ). Utilizzando i valori numerici riportati in tab. 2.10, si ottengono le attivit` a e le dosi date in tab. 2.11. Tabella 2.10. Abbondanza dei pi` u importanti isotopi radioattivi naturali presenti nel corpo umano. [18] Contenuto in peso in un corpo di 70 Kg e contenuto percentuale (P )

14 6 C

Carbonio

16 Kg (23%)

Potassio

0.140 Kg (0.02%)

Torio Uranio

−9

0.1mg (1.4 · 10

−9

0.1mg (1.4 · 10

Isotopo radioattivo e abbondanza isotopica (AI) (1.5 · 10−12 )

40 19 K

(0.0117)

)

232 90 T h

)

238 92 U

(100%) (0.993)

A titolo di curiosit` a, facciamo rilevare che l’attivit`a di 116 becquerel comporta l’emissione di 116 fra neutrini e antineutrini al secondo, cos`ı che un essere umano di 70 Kg emette in un giorno, inconsapevolmente, circa 700 milioni di tali particelle che si allontanano da lui indefinitamente con la velocit` a della luce!

58

2 Radiazione ambientale naturale Tabella 2.11. Attivit` a e dosi per Kg di corpo umano. Attivit` a (becquerel)

Dose (millisievert)

C

56

0.022

K

60

0.198

116

0.22

12 40

totale

2.8 Il radon Il radon `e il pi` u pesante dei gas nobili ed `e l’unica sostanza radioattiva naturale allo stato gassoso a temperatura ambiente. Sono 20 gli isotopi del Radon conosciuti, ma di questi solo 3 risultano apprezzabilmente abbondanti in natura: •

famiglia dell’

• famiglia del

238

232

• famiglia dell’

U:

222

Rn (t1/2 = 3.82g),

Th :

220

Rn (t1/2 = 55.6s),

219

Rn (t1/2 = 3.96s).

235

U:

Confrontando i tempi di dimezzamento, si vede che solo il 222 Rn vive abbastanza a lungo da poter diffondere nell’aria per un tratto apprezzabile. I discendenti del radon costituiscono il cosiddetto “deposito attivo” del radon, chiamato in tal modo perch´e i suoi costituenti diffondendo nell’aria vanno a fissarsi su qualunque superficie solida incontrino. Ci` o avviene specialmente se su tale superficie si `e accumulata in precedenza una carica elettrostatica negativa. Tale fenomeno `e causato principalmente dal fatto che gli atomi di radon, emettendo particelle α, rinculano con un’energia sufficiente a trasformarli in ioni positivi in seguito a collisioni con altri atomi. Gli ioni positivi possono depositarsi sulle pareti dell’ambiente contenente il radon e sugli oggetti in esso contenuti; questi si ricoprono di uno strato di atomi che emette α, β e γ. La deposizione di atomi radioattivi sulle superfici dell’apparato respiratorio pu` o aumentare la probabilit` a di insorgenza di tumori ai polmoni. Il radon filtra dal sottosuolo e dai materiali da costruzione nei quali `e contenuto uranio (vedi fig. 2.15). Diffonde facilmente sia in aria sia in acqua senza formare alcun tipo di legame chimico. Emesso all’aperto si disperde rapidamente nell’atmosfera, mentre tende ad accumularsi negli ambienti chiusi. La concentrazione del radon nell’ambiente `e misurata dall’attivit` a per m3 . In Ita3 lia il valore medio della concentrazione `e attorno ai 77 Bq/m , ma nel 5% delle case la concentrazione supera i 200 Bq/m3 e nell’ 1% supera i 400 Bq/m3 . La concentrazione media nelle diverse regioni `e assai variabile: come mostrato in

2.8 Il radon

59

fig. 2.16: si passa da un minimo di 20 − 40 Bq/m3 (Calabria, Liguria) a un massimo di 100 − 120 Bq/m3 (Lazio, Lombardia). La concentrazione misurata in altri paesi industrializzati `e 108 Bq/m3 in Svezia, 49 Bq/m3 nella ex repubblica federale Tedesca, 46 Bq/m3 negli Stati Uniti, 21 Bq/m3 in Gran Bretagna. La media mondiale `e di 40 Bq/m3 . In questo contesto il valore medio in Italia di 77 Bq/m3 `e da considerarsi medio-alto. Le differenze da luogo a luogo sono da correlare con le differenti caratteristiche geologiche del suolo e dei materiali da costruzione utilizzati.

Fig. 2.15. Vie d’ingresso del radon nelle abitazioni: le fessure dei pavimenti, anche se invisibili, le giunzioni pavimento-parete, i passaggi degli impianti termici, idraulici, delle utenze elettriche del gas, ecc. Anche i materiali da costruzione possono emettere radon, cos`ı come l’acqua, sia pure in quantit` a minore.

Il Comitato Scientifico delle Nazioni Unite per gli effetti delle radiazioni atomiche ha stimato che il radon produce pi` u del 50% della dose media ricevuta da ogni individuo nell’esposizione a sorgenti di radiazioni naturali. Vari studi concordano su un aumento della frequenza dei tumori polmonari conseguente all’esposizione cumulativa al radon e ai suoi discendenti. In particolare, `e stato stimato che, per una popolazione con attesa di vita alla nascita pari a 72 anni, la probabilit` a di morte per tumore all’apparato respiratorio

60

2 Radiazione ambientale naturale

sia del 4% e che, per una permanenza media in casa del 60% del proprio tempo con una concentrazione media di 1 Bq/m3 , il radon comporti un rischio annuo in eccesso di tumore polmonare pari a circa un caso su un milione. Particolarmente esposti al radon risultano essere i minatori. Come gi`a accennato, le principali sorgenti di radon sono: il terreno, i materiali da costruzione ed in alcuni casi l’acqua proveniente da pozzi profondi. E’ stato verificato sperimentalmente, nel corso di molte ricerche, che il suolo costituisce, nella maggioranza delle situazioni, la sorgente pi` u rilevante: le azioni di protezione finora studiate sono orientate principalmente a ridurre il flusso del radon dal terreno alle abitazioni.

Fig. 2.16. Attivit` a del radon nelle varie regioni italiane in Bq/m3 .

Sono tuttavia carenti le conoscenze sulla reale operativit` a di alcune delle soluzioni proposte e soprattutto sulla durata della loro efficacia. I principali rimedi suggeriti sono: a) l’interdizione all’ingresso del radon negli spazi abitati (mediante ventilazione fra il suolo e la pavimentazione o l’inserimento di idonee barriere costituite da materiali impermeabili al radon);

2.8 Il radon

61

b) la riduzione della concentrazione del radon negli ambienti tramite ventilazione (naturale o forzata), o rimozione dei discendenti del radon (con sistemi filtranti e a cattura elettrostatica). Parallelamente agli studi sul radon `e stata misurata la dose assorbita in aria dovuta essenzialmente alla radiazione γ emessa dalle pareti; anche questa, infatti, pu` o comportare un aumento della probabilit` a d’insorgenza di tumori e leucemie. In questo caso la dose assorbita media in Italia `e pari a 105 nGy/h, mentre le medie regionali sono comprese fra un minimo di 40 e un massimo di 300 nGy/h. Questi valori appaiono alti se paragonati a quelli medi mondiali, stimati dal Comitato Scientifico delle Nazioni Unite, pari a 83 nGy/h per la radiazione γ. Complessivamente, tenendo conto di tutti i fattori d’incertezza, si ritiene che alla radioattivit` a naturale in ambienti chiusi si debba imputare un evento sanitario grave (tumore) all’anno ogni 10 000 individui contro 2 500 eventi dovuti ad altre cause. 2.8.1 Radiazione media assorbita dalla popolazione La tab. 2.12 mette in evidenza la rilevanza delle sorgenti naturali, e in particolare del radon (≈ 1 mS per anno), quali sorgenti di esposizione degli abitanti della terra. Ovviamente i valori possono variare a seconda delle zone. Per esempio, all’altezza di 2 000 metri l’intensit`a dei raggi cosmici `e circa il doppio di quella al livello del mare e la radiazione ambientale pu` o variare da regione a regione a seconda della struttura geologica. Per quanto riguarda il radon, nella maggior parte delle zone la dose annua equivalente per l’intero corpo varia fra 0.4 e 4 mSv, ma in certe aree pu`o arrivare fino a 50 mSv. Relativamente all’ esposizione per diagnostica medica, la situazione `e assai disomogenea e dipende dalla disponibilit` a di strutture sanitarie e dalla loro qualit` a. Le dosi medie oscillano tra 0.3 e 2.2 mSv l’anno nei paesi industrializzati e tra 0.02 e 0.2 mSv negli altri. Gli impianti nucleari per la produzione dell’energia elettrica in condizioni normali d’esercizio contribuiscono in piccola parte all’esposizione dell’uomo. In generale per tutti gli usi industriali dei radionuclidi artificiali, la dose `e trascurabile se divisa su tutti gli abitanti del pianeta, mentre `e confrontabile con la dose media da sorgenti naturali se si considerano solo i lavoratori esposti. A protezione dei lavoratori in ambienti esposti alle radiazioni sono fissati da vari organismi internazionali valori massimi della dose annuale assorbita in tutto il corpo (per esempio, CERN: 15 mSv/anno; Stati Uniti: 50 mSv/anno). La dose annuale media ha subito aumenti sensibili in corrispondenza delle esplosioni nucleari nell’atmosfera (anni 1958-60 e 1963-64) e dell’incidente al reattore di Chernobyl (1987), come conseguenza dell’aumentata radioattivit` a ambientale messa in evidenza nelle fig. 2.17-2.20.

62

2 Radiazione ambientale naturale

Nel 1963 la dose annuale media ha subito un incremento pari al 7% circa di quella associata alla radiazione naturale; l’incremento `e poi diminuito fino al 2% nel 1966 e all’1% agli inizi degli anni ’80 (questa percentuale `e data dal rapporto 0.022/2.4 delle dosi riportate in tab. 2.12). Ovviamente questi valori medi nascondono variazioni considerevoli da regione a regione in dipendenza di molti fattori quali la distanza dalle sorgenti radioattive, il flusso dei venti e la piovosit` a. Per esempio, l’emisfero settentrionale, in cui si `e svolta la maggior parte degli esperimenti, ha ricevuto la maggior parte della ricaduta. Tabella 2.12. Dosi equivalenti annue medie di radiazioni ionizzanti in mSv per la popolazione mondiale. [11] E’ istruttivo il confronto dei valori delle dosi di questa tabella con quelli riportati in tab. 9. Tra parentesi la dose espressa in DARI. 1 DARI = dose assorbita da 1 Kg di corpo umano in un anno = 0.22 millisievert = dose minima naturale ineliminabile.

Sorgenti ionizzanti

Dose annua media per la popolazione

Radionuclidi naturali nel corpo umano

0.22 (1)

Raggi cosmici

0.39 (1.8)

Radiazione γ terrestre

0.46 (2.1)

Radon e suoi disecndenti

1.3 (5.9)

TOTALE da sorgenti di origine naturale

2.4 (11)

Radiazioni ionizzanti in diagnostica medica

0.33 (1.5)

Fallout da esplosioni nucleari in atmosfera

0.022 (0.1)

Dose annua media per la popolazione nei paesi industrializzati

Dose annua media per i lavoratori

1.1(5)

Attivit` a nel ciclo nucleare

2.9 (13.2)

Attivit` a in altri impieghi industriali

0.9 (4.1)

Attivit` a in diagnosi e terapia medica

0.5 (2.3)

Media nelle attivit` a con radiazioni ionizzanti

1.1 (5)

2.9 Sono possibili effetti benefici delle radiazioni?

63

Per quanto riguarda l’incidente di Chernobyl, la dose efficace media per abitante in Italia nel primo anno `e stata stimata dell’ordine di 0.5 mSv, ma la distribuzione di radioattivit` a `e stata estremamente disomogenea, come `e messo in evidenza dalle fig. 2.18 e 2.19. Nella dose ricevuta l’ingestione e l’aspirazione hanno giocato un ruolo rilevante il primo anno, mentre l’irraggiamento dal suolo ha svolto un ruolo di gran lunga pi` u importante negli anni successivi. Poich´e la dose minima ineliminabile di radiazione assorbita dal corpo umano `e di circa 0.22 millisievert, `e stato suggerito che tale quantit` a potrebbe essere utilizzata come quantit`a di riferimento della dose, in quanto il suo significato `e di comprensione pi` u immediata del sievert (joule per Kg) per “i non addetti ai lavori”. Per tale quantit` a `e stato anche proposto il nome di DARI (acronimo dell’espressione francese Dose Annuelle due aux Radiations Internes, [19]). In base a questa convenzione, la dose originata dalle varie sorgenti `e espressa come multiplo della dose minima, come riportato in tab. 2.12.

Fig. 2.17. Attivit` a β totale in aria (mBq/m3 ) negli anni tra il 1956 e il 1987. L’attivit` a media normale `e inferiore a 10mBq/m3 . Si hanno aumenti rilevanti nei periodi 1957-1960 e 1962-1965 (esplosioni nucleari in atmosfera) e nel 1987 (incidente al reattore nucleare di Chernobyl).

2.9 Sono possibili effetti benefici delle radiazioni? E’ opinione ben consolidata che le radiazioni abbiano effetti nocivi qualunque sia l’entit` a dell’esposizione cui sono soggetti gli individui. Tuttavia, da nume-

64

2 Radiazione ambientale naturale

rosi studi traspare che le radiazioni possono avere effetti benefici nel caso di assorbimento di “piccole” dosi. Sfortunatamente, nella maggior parte dei casi tali studi non erano rivolti specificatamente agli effetti benefici e, nel caso che tali effetti fossero osservati, erano trascurati.

Fig. 2.18. Deposito di 131 I per unit` a di superficie in Italia (Nord, Centro e Sud) nelle settimane successive all’incidente di Chernobyl. Lo 131 Io decade β con T1/2 = 8.02 giorni. [12]

Fig. 2.19. Concentrazione di 131 I nei vegetali a foglia in Italia (Nord, Centro e Sud) nelle settimane successive all’incidente di Chernobyl. [12]

L’interesse per possibili effetti benefici `e stato ravvivato recentemente da un’indagine riguardante l’incidenza (o frequenza) del cancro e di malformazio-

2.9 Sono possibili effetti benefici delle radiazioni?

65

ni congenite in un campione di popolazione di Taiwan esposta accidentalmente a una dose addizionale di radiazione oltre a quella naturale[22].

Fig. 2.20. Variazione dell’attivit` a del 137 Cs in diversi alimenti in Danimarca in corrispondenza di esplosioni nucleari nell’atmosfera. Il cesio decade β − con T1/2 = 30.07a.

Per 20 anni, dal 1983 al 2003, circa 10 000 abitanti di Taiwan hanno abitato o frequentato circa 180 edifici costruiti utilizzando ferro riciclato contaminato accidentalmente da 60 Co, elemento radioattivo che decade β − con tempo di dimezzamento di 5.3 anni. Tenendo conto dei differenti tempi di presenza negli edifici, `e stato stimato che ogni individuo ha assorbito una dose media di 49 mSv nel 1983 e di 400 mSv nel periodo 1983-2003. Dei 10 000 individui, 1 100 hanno assorbito una dose circa 7 volte superiore alla media. Le due dosi medie menzionate sono circa 20 e 8 volte pi` u alte delle analoghe dosi medie annue dovute alla radiazione ambientale naturale (tab. 2.12), ma sono sempre piccole dosi (si confrontino queste dosi con quelle di tab. 2.9). Sul campione di individui esposti sono stati accertati i casi di morte per cancro e quelli di malformazioni congenite e i due valori sono stati confrontati con quelli deducibili dalle frequenze di morte per cancro e di malformazione congenita di tutta la popolazione di Taiwan, come appare in tab. 2.13 (colonne da 1 a 4). Dalla tabella appare evidente che i casi di morte per cancro e di

66

2 Radiazione ambientale naturale

malformazione congenita nella popolazione esposta sono in numero sorprendentemente e notevolmente inferiore a quelli della popolazione non esposta (ed `e molto improbabile che la differenza sia dovuta a una semplice fluttuazione statistica). Le ultime due colonne di tab. 2.13 mostrano i valori attesi secondo i criteri di stima dell’ICRP (International Commission on Radiological Protection) basati sull’ipotesi che la formazione di carcinomi dipenda dalla dose assorbita in modo lineare e senza soglia: questi valori sono dati da quelli relativi a cause naturali (colonne 3 e 4) incrementati dei valori stimati dal modello sulla base dell’attivit` a osservata del 60 Co. Tabella 2.13. Casi di morte e di malformazione congenita (MC) osservati nel campione esposto alle radiazioni, casi attesi nello stesso campione in base alle frequenze relative a tutta la popolazione di Taiwan e attesi secondo il modello ICRP nel ventennio 1983-2003. [21] 1

2

3

4

5

6

Morti per cancro nel campione esposto

MC nel campione esposto

Morti naturali per cancro (attese)

MC naturali (attese)

Morti per cancro (stima ICRP)

MC congenite (stima ICRP)

7

3

232

46

302

67

3% di colonna 3

6.5% di colonna 4

232 naturali e 70 per l’esposizione

46 naturali e 21 per l’esposizione

Il risultato di questa ricerca “sembra” indicare che dosi “piccole” di radiazione assorbite per tempi relativamente lunghi possono prevenire l’insorgere del cancro o di malformazioni. Piccole dosi di radiazione aumenterebbero le difese dell’organismo nei confronti del cancro. Questa ricerca da sola non `e esaustiva e richiede conferma (o smentita) da studi specificatamente dedicati ai possibili effetti benefici delle radiazioni, il cui interesse `e evidente.

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3 Radiodatazione

3.1 Criterio di base della radiodatazione Dato un campione di materiale contenente all’istante t = 0 no nuclei di una sostanza radioattiva, la legge del decadimento radioattivo permette di stabilire a una correlazione fra il numero di nuclei residui n(t) = no e−λt e la loro attivit` A(t) = λn(t) (numero di disintegrazioni nell’unit` a di tempo) e il tempo t: 1 A(t) 1 n(t) = − ln . t = − ln λ no λ λno La misura di n(t) o di A(t) consente quindi di misurare l’ ”et` a” del campione, intesa come intervallo di tempo che intercorre fra il momento t = 0 in cui esso ha “inglobato” la componente radioattiva no e il momento in cui viene fatta la misura di n(t) o A(t). Un materiale radioattivo costituisce quindi un orologio in senso generalizzato e il procedimento per stabilire l’et` a di un campione per via radioattiva viene detto radiodatazione. Ovviamente, `e essenziale che nel corso del tempo la composizione del campione sia rimasta immutata, cio`e non devono essersi verificate n´e fuoriuscite di suoi componenti n´e intrusioni di materiale estraneo; in breve, il campione deve essere rimasto isolato dall’ambiente esterno. Interessanti applicazioni della radiodatazione si hanno, per esempio, in geologia e in archeologia con differenti peculiarit` a per le sostanze inorganiche e organiche, come verr`a illustrato nei seguenti paragrafi.

3.2 Datazione delle rocce 3.2.1 Introduzione I metodi di datazione delle rocce utilizzano il decadimento di elementi radioattivi primordiali contenuti nei minerali. Sappiamo, dallo studio dei decadimenti

70

3 Radiodatazione

radioattivi, che un qualsiasi radionuclide (A) si trasforma nel tempo in un nucleo stabile (B). Questa trasformazione pu` o avvenire in modo diretto, oppure attraverso una serie di decadimenti intermedi. Nel primo caso (A → B stabile), l’andamento nel tempo dei nuclei di tipo A e B `e dato da: ¯ (3.1) nA (t) = nA (0)e−t/tA ,   ¯ nB (t) = nA (0) 1 − e−t/tA + nB (0) , (3.2) oppure

  ¯ nB (t) = nA (t) et/tA − 1 + nB (0) ,

(3.3)

dove con nA (t) e nB (t) indichiamo il numero di nuclei all’istante t, con nA (0) e nB (0) il numero all’istante iniziale e con t¯A la vita media. Nel secondo caso (A → b → c →.....→ B stabile), nB (t) ha una dipendenza dal tempo pi` u complessa in cui compaiono le vite medie di tutti i decadimenti intermedi. La situazione `e pi` u semplice per le famiglie radioattive, in cui il capostipite ha una vita media estremamente pi` u lunga dei nuclei successivi e tutti i nuclei della famiglia sono in equilibrio secolare. In queste condizioni, ossia per t¯A >> t¯b , t¯c,... , le eq.(3.1), (3.2) e (3.3) sono ancora valide. 3.2.2 Metodi di datazione Per la determinazione dell’et` a di una roccia vengono utilizzate equazioni del tipo (3.1) e (3.3) in cui si suppone che t¯A sia noto e che nA (t) e nB (t) siano misurabili. L’et` a si misura a partire dall’istante t = 0 in cui il sistema `e rimasto chiuso (o isolato dall’ambiente esterno), cio`e senza perdite n´e apporti del radionuclide genitore A e del prodotto di decadimento B. Perch´e un radionuclide sia utilizzabile per la datazione devono verificarsi le seguenti condizioni: 1. il valore di t¯ non deve essere n´e troppo grande n´e troppo piccolo rispetto all’et` a t da misurare1 ; nel primo caso la variazione di materiale radioattivo fra 0 e t sarebbe troppo piccola, ossia n(t) ≈ no e A(t) ≈ Ao ; nel secondo il materiale residuo sarebbe troppo poco, ossia n(t) ≈ 0 e A(t) ≈ 0; 2. deve essere possibile appurare quale frazione del nucleo B `e radiogenica (cio`e prodotta da A) e quale `e gi`a presente al momento della formazione del minerale; 3. il radionuclide A non deve essere un elemento troppo raro o contenuto solo in minerali poco diffusi. 1

Come ordine di grandezza degli intervalli di tempo in discussione, si tenga presente che la terra si `e formata circa 4.5 · 109 anni fa, come risulter` a nel par. 3.3.

3.2 Datazione delle rocce

71

Fig. 3.1. Nel diagramma sono mostrati i limiti di applicabilit` a dei vari metodi di datazione descritti nel testo. Le zone discontinue delle colonne rappresentano gli intervalli di indeterminazione relativi all’attendibilit` a dell’applicazione dei vari metodi [2]. L’et` a stimabile dipende dalla vita media e dall’abbondanza del radionuclide, che determinano l’attivit` a residua. Il potassio consente misure di et` a fino a circa 4 500 milioni di anni, il rubidio et` a superiori a circa 6 milioni di anni, l’uranio et` a superiori a 10 milioni e il renio et` a superiori a 100 milioni.

I nuclei radioattivi con tempo di dimezzamento molto lungo sono elencati in tab. 2.1 del cap. 2. In base ai precedenti criteri solo 6 di questi nuclei sono utilizzabili per la radiodatazione: 235 U , 238 U , 232 T h (nei cosiddetti “metodi del piombo”) , 87 Rb, 187 Re e 40 K. 115 In e 147 Sm non sono utilizzabili perch´e hanno tempi di dimezzamento troppo lunghi, 138 La e 176 Lu perch´e sono o essere troppo rari. Il 40 K decade in 40 Ca e 40 Ar, ma solo quest’ultimo pu` u abbondante del calutilizzato per misure d’et` a. Il 40 Ca, infatti, `e l’isotopo pi` cio naturale e quindi `e impossibile distinguere tra il 40 Ca radiogenico e quello

72

3 Radiodatazione

gi` a presente nel minerale. Il 187 Re, nonostante sia un elemento scarsamente presente nella maggior parte dei minerali, `e stato utilizzato con successo per la misura di et` a di meteoriti metalliche sulle quali nessuno degli altri metodi pu` o essere applicato. Le et`a valutabili con i vari nuclei sono indicate in fig.3.1. Analizziamo ora alcune situazioni che si possono presentare nello studio di un campione. 1. La roccia contiene un nucleo A (per es. 238 U ) che decade in un nucleo B (per es. 206 P b) con nB (0) = 0. In questo caso tutti i nuclei B presenti nel campione sono radiogenici, per cui dall’eq. (3.3) ricaviamo:  n (t) B +1 . (3.4) t = t¯A ln nA (t) La misura diretta delle quantit` a attuali di nuclei A e B ci consente di ricavare l’et`a della roccia. 2. Nella roccia sono presenti gli isotopi stabili B1 e B2 di un elemento B e il nucleo radioattivo A che decade in B1. Le loro quantit` a iniziali sono nA (0), nB1 (0) e nB2 (0). nB1 (0) rappresenta la parte non radiogenica di B1. All’istante t (oggi) i nuclei sono presenti nelle quantit` a: nA (t) = nA (0)e−t/tA ,

(3.5)

  ¯ nB1 (t) = nA (t) et/tA − 1 + nB1 (0) ,

(3.6)

nB2 (t) = nB2 (0) ,

(3.7)

¯

dove t¯A `e nota e le quantit`a nB1 (t), nB1 (t) e nB1 (t) sono misurabili. Nel secondo membro della (3.6) il primo addendo rappresenta la parte radiogenica di B1 e il secondo la parte non radiogenica. Al fine di ottenere l’et` a della roccia, dividiamo la (3.6) per nB2 (0); tenendo conto della (3.7) si ottiene la relazione  n (0) nA (t)  t/t¯A nB1 (t) B1 = e , −1 + nB2 (t) nB2 (t) nB2 (0) dalla quale ricaviamo infine il tempo t: ⎧ ⎫ ⎨ nB1 (t) − nB1 (0) ⎬ nB2 (t) nB2 (0) t = t¯A ln + 1 . nA (t) ⎩ ⎭

(3.8)

nB2 (t)

Questa relazione consente di ricavare l’et`a della roccia se `e determinabile il rapporto isotopico al momento della formazione della roccia: k=

nB1 (0) . nB2 (0)

(3.9)

3.2 Datazione delle rocce

73

Questo pu` o essere ottenuto in diversi modi che dipendono dal tipo di roccia e dagli elementi radioattivi in essa contenuti. Nel seguito vengono presentati alcuni esempi. i) Metodo del piombo: si applica a rocce contenenti isotopi dell’uranio (o torio) e del piombo. Il piombo in natura esiste in 4 isotopi stabili con A = 204, 206, 207 e 208. Di essi solo il 204 non `e prodotto per radiogenesi (vedi tab. 3.1) e, in una data roccia, `e presente in quantit` a costante nel tempo; la sua presenza in un minerale ci avverte che una parte del piombo non `e radiogenica. Al momento della formazione della crosta terrestre tutti gli isotopi del piombo sono presenti in una certa proporzione, ma con il passare del tempo i decadimenti di 238 U , 235 U e 232 T h arricchiscono il materiale di isotopi del piombo con A = 206, 207 e 208, con conseguente aumento dei rapporti isotopici 206 P b/204 P b, 207 P b/204 P b e 208 P b/204 P b. Per questo motivo la composizione isotopica del piombo `e in continua evoluzione e presenta differenti composizioni isotopiche in ere geologiche diverse. In tab. 3.1 vengono riportate le abbondanze isotopiche attuali e quelle al tempo della formazione della terra ricavate dallo studio di meteoriti con contenuto di uranio molto piccolo. Supponiamo, per semplicit` a, che la roccia R1, di cui si vuole determinare l’et` a, contenga solo 238 U ; allora nelle (3.8) e (3.9): A = 238 U , B1 = 206 P b o ricorrere a una e B2 = 204 P b. Per determinare il rapporto (3.9) si pu` roccia coeva R2 contenente piombo ma priva di sorgenti radioattive. Si fa la ragionevole ipotesi che, al momento della sua formazione, R1 abbia incorporato piombo con una composizione isotopica uguale a quella di R2. Poich´e per la roccia R2 il rapporto fra le abbondanze isotopiche `e rimasto costante nel tempo, ossia: n (0) nB1 (t) = B1 = k,  nB2 (t) nB2 (0) anche per la roccia R1 possiamo porre nB1 (0) = k. nB2 (0) Noto k, la (3.8) consente di determinare l’et` a della roccia. ii) Metodo del potassio-argon: si applica a rocce contenenti 40 K e il prodotto del suo decadimento 40 Ar. Oltre all’argon di origine radiogenica, in un minerale pu` o essere presente dell’argon di origine atmosferica, rimasto inglobato al momento della sua formazione. L’argon costituisce l’1% circa dell’atmosfera terrestre ed `e composto da tre isotopi stabili in proporzione sostanzialmente costante nel tempo con A = 40(99.6003%), 38(0.0632%) e 36(0.3365%). L’et`a del minerale pu` o essere determinata tramite la (3.8) ponendo A = 40 K, B1 = 40 Ar

74

3 Radiodatazione

Tabella 3.1. Abbondanze isotopiche attuali (%) degli isotopi del piombo e abbondanze relative al 204 P b oggi e all’origine della formazione del sistema solare. 204

oggi oggi t=0

Pb

1.4 1 1

206

Pb

24.1 17.2 4.0

207

Pb

22.1 15.8 4.4

208

Pb

52.4 37.4 12.0

e, per esempio, B2 = 36 Ar e valutando il rapporto (3.9) tenendo conto del fatto che inizialmente `e presente solo 40 Ar atmosferico; pertanto  k = 40 Ar 36 Ar ∼ = 99.6%/0.336% ∼ = 296. iii) Metodo del rubidio-stronzio: si applica a rocce contenenti la coppia padrefiglio costituita da 87 Rb e 87 Sr. Oltre allo stronzio radiogenico, nella roccia pu` o essere inglobato stronzio comune che `e composto da 4 isotopi stabili in proporzione approssimativamente costante nel tempo con A = 84(0.56%), 86(9.86%), 87(7.00%) e 88(82.58%). L’et`a della roccia pu` o essere calcolata tramite la (3.8) pou nendo A = 87 Rb, B1 = 87 Sr e, per esempio, B2 = 88 Sr (che `e il pi` abbondante degli isotopi). Poich´e al momento di formazione della roccia era presente solo stronzio comune, il rapporto espresso dall’eq. (3.9) `e k=

7% n87 Sr (0) = = 0.0847 . n88 Sr (0) 82.58%

iv) Metodo delle rette isocrone: permette di ricavare l’et`a di una roccia anche se non si ha a disposizione una roccia coeva priva di sostanze radioattive (come nel caso i). Supponiamo di avere campioni di differenti rocce coeve prodotte dal raffreddamento dello stesso materiale originario e contenenti isotopi di Rb e Sr. Il rapporto iniziale fra isotopi della stessa specie (87 Sr/86 Sr)o sar`a lo stesso per tutti i campioni, mentre il rapporto fra speo essere diverso per ragioni chimiche. Dato che cie diverse (87 Rb/87 Sr)o pu` hanno la stessa et`a, i diversi campioni hanno rapporti attuali (87 Sr/86 Sr)t diversi in conseguenza dei diversi rapporti iniziali (87 Rb/87 Sr)o . Ciononostante, essendo i campioni coevi, i rapporti 87 Rb/87 Sr e 87 Sr/86 Sr di ciascun campione devono soddisfare alla (3.8) con lo stesso valore di t. Posto A = 87 Rb, B1 = 87 Sr e B2 = 86 Sr, da ci`o segue che, per differenti campioni coevi, deve essere uguale il rapporto n87 Sr (t) n87 Sr (0) n86 Sr (t) − n86 Sr (0) n87 Rb (t) n86 Sr (t)

e quindi

= cos t. = h

(3.10)

3.2 Datazione delle rocce

nA (t) nB1 (0) nB1 (t) =h + . nB2 (t) nB2 (t) nB2 (0)

75

(3.11)

Questa relazione mostra che il rapporto attuale nB1 (t)/nB2 (t) `e funzione lineare del rapporto attuale nA (t)/nB2 (t) e la retta relativa `e detta isocrona.

Fig. 3.2. In figura `e mostrato un diagramma isocrono. Se i campioni sono coevi i dati si distribuiranno su una retta in cui la pendenza ` e proporzionale all’et` a dei campioni e l’intersezione con l’asse delle ordinate `e il rapporto isotopico all’istante di formazione.

Il valore di h viene ricavato graficamente dai valori sperimentali dei precedenti rapporti relativi a differenti campioni di roccia (vedere fig.3.2; h `e dato dalla pendenza della retta) e l’et` a `e determinabile tramite la relazione, ottenuta dalla (3.8) e dalla (3.10), t = t¯A ln(h + 1) .

(3.12)

3.2.3 Et` a della terra Consideriamo una roccia in cui sono presenti inizialmente i due nuclei radioattivi 235 U e 238 U , che decadono rispettivamente in 207 P b e 206 P b con vite medie t¯235 e t¯238 . Per la (3.2), si ha   ¯ (3.13) n207 P b (t) − n207 P b (0) = n235 U (0) 1 − e−t/t235 ,   ¯ n206 P b (t) − n206 P b (0) = n238 U (0) 1 − e−t/t238 . Dividendo membro a membro le due equazioni si ottiene  ¯  n235 U (0) 1 − e−t/t235 n207 P b (t) − n207 P b (0)  . = n206 P b (t) − n206 P b (0) n238 U (0) 1 − e−t/t¯238

(3.14)

(3.15)

In questa relazione compare il rapporto fra le abbondanze degli isotopi dell’uranio al momento della formazione della roccia. Tale rapporto pu` o essere

76

3 Radiodatazione

espresso mediante il rapporto attuale, che risulta essere uguale in tutte le rocce. Infatti, applicando la (3.1) all’ 235 U e all’ 238 U , si ottiene la seguente relazione n235 U (t) et/t¯235 0.72% et/t¯235 ∼ 1 et/t¯235 n235 U (0) = = . = ¯ n238 U (0) n238 U (t) et/t238 99.27% et/t¯238 138 et/t¯238 Utilizzando la (3.16) nella (3.15) si ottiene  ¯  n207 P b (t) − n207 P b (0) ∼ 1 et/t235 − 1   = h . = n206 P b (t) − n206 P b (0) 138 et/t¯238 − 1

(3.16)

(3.17)

Dalla (3.17) otteniamo n207 P b (t) = h n206 P b (t) + [n207 P b (0) − h n206 P b (0)] e, dividendo per n204 P b (t) ≡ n204 P b (0), otteniamo la relazione   n207 P b (0) n207 P b (t) n206 P b (t) n206 P b (0) = h + − h . n204 P b (t) n204 P b (t) n204 P b (0) n204 P b (0)

(3.18)

Fig. 3.3. E’ rappresentato un diagramma isoscrono per le meteoriti; la pendenza della retta corrisponde a un’et` a di circa 4 500 − 4 600 milioni di anni. La maggior parte dei campioni provenienti da rocce terrestri e lunari si dispongono approssimativamente lungo la stessa linea. Ci` o suggerisce che tutti gli oggetti appartenenti al Sistema Solare si siano formati all’incirca nello stesso periodo. [3]

Per rocce aventi la stessa et`a t, h ha lo stesso valore. Inoltre, se i rapporti isotopici iniziali del piombo sono uguali nelle varie rocce, la quantit` a entro

3.2 Datazione delle rocce

77

parentesi quadra `e una costante, e la (3.18) mostra che sussiste una relazione lineare fra le abbondanze attuali del 207 P b e del 206 P b nei differenti minerali. Tale dipendenza `e effettivamente messa in evidenza, almeno in modo approssimato, da misure sulle abbondanze attuali di 207 P b e 206 P b eseguite su rocce terrestri e lunari e su meteoriti, come illustrato in fig. 3.3. I dati sperimentali sono distribuiti lungo una retta avente pendenza h ≈ 0.56, quindi per la (3.17) si ha  ¯  1 et/t235 − 1  ¯  ≈ 0.56 . (3.19) 138 et/t238 − 1 Risolvendo la (3.19) si pu` o ricavare l’et`a t delle rocce appartenenti a differenti corpi del sistema solare; l’equazione pu` o essere risolta numericamente o graficamente e si ricava un’et`a di 4.5 − 4.6 · 109 anni. 3.2.4 Datazione dei coralli L’uranio si trova disciolto nell’acqua marina e viene assimilato dagli organismi marini, in particolare dai coralli, fino al momento della loro morte. Negli organismi viventi la diminuzione di questo elemento dovuta al decadimento radioattivo `e compensata dal continuo assorbimento dato dall’alimentazione. Dopo il decesso, la quantit` a di elemento radioattivo non pu` o che decrescere. Datare un corallo significa stabilire quanto tempo `e trascorso dalla sua morte a oggi. Poich´e l’et`a dei coralli `e molto pi` u breve della vita media dell’238 U , gli elementi radioattivi che da esso traggono origine non sono in equilibrio secolare con il capostipite e il loro andamento nel tempo `e dato dalla soluzione di un sistema di equazioni differenziali del tipo introdotto nel par.1.3 del cap.1. Consideriamo la successione di decadimenti 238

U → 234 U → 230 T h → 206 P b ,

dove, rispetto a fig. 2.1 del cap. 2, sono omessi i nuclei intermedi a vita media pi` u breve, che supponiamo decadano “istantaneamente” per ragioni di semplicit` a. Posta la corrispondenza 1 → 238 U,

2 → 234 U,

3 → 230 T h,

l’andamento nel tempo dei tre nuclei `e determinata dalle equazioni dn1 (t) = −A1 (t)dt , dn2 (t) = A1 (t)dt − A2 (t)dt , dn3 (t) = A2 (t)dt − A3 (t)dt . Se supponiamo, per semplicit´ a che alla morte dell’organismo siano presenti U e 234 U , ma non 230 T h (ossia n3 (0) = 0, n1 (0) = 0 e n2 (0) = 0), la soluzione `e espressa dalle equazioni 238

78

3 Radiodatazione

n1 (t) = n1 (0) exp(−λ1 t) , λ1 n1 (0) {exp(−λ1 t) − exp(−λ2 t)} + n2 (0) exp(−λ2 t) , λ2 − λ 1   exp(−λ2 t) exp(−λ3 t) exp(−λ1 t) + + n3 (t) = λ1 λ2 n1 (0) + (λ3 − λ1 ) (λ2 − λ1 ) (λ3 − λ2 ) (λ1 − λ2 ) (λ2 − λ3 ) (λ1 − λ3 ) n2 (t) =

+

λ2 n2 (0) [exp(−λ2 t) − exp(−λ3 t)] . λ3 − λ 2

Per un’et` a del corallo molto inferiore alla vita media dell’238 U (cio`e per t R e i due nuclei non possono “toccarsi”; in altre parole, la particella α non pu` o accedere alla regione con r < R. Secondo la meccanica ondulatoria, le cose stanno diversamente. Il moto della particella α `e determinato dall’equazione di Schr¨ odinger e la particella α `e descritta da una funzione d’onda il cui modulo quadro d` a la densit` a di probabilit` a che la particella si trovi a distanza r dal nucleo. Questa probabilit` a `e in generale diversa da zero per qualunque r, quindi anche per r < R, anche se T < B. Una barriera repulsiva agisce sull’onda che descrive la particella α come un mezzo rifrangente posto sul cammino di un’onda luminosa: all’entrata e all’uscita dal mezzo l’onda viene in parte riflessa e in parte trasmessa. La particella α ha, pertanto, una certa probabilit` a di attraversare la barriera repulsiva e di penetrare nella regione con r < R. Questo fenomeno prende il nome di “effetto tunnel”. Le modalit`a di attraversamento della barriera coulombiana sono identiche alle precedenti anche per una particella α che si trovi con energia positiva E < B all’interno del volume con r < R. Classicamente tale particella sarebbe “imbottigliata” senza possibilit` a di uscire; invece nell’ambito della meccanica ondulatoria ha una probabilit` a finita di abbandonare l’interno del volume nucleare. Classicamente il parametro b dato dalla (5.9) rappresenta la distanza dall’origine dove la particella α emerge dalla barriera repulsiva con energia b=

5.3 Teoria del decadimento α

123

cinetica nulla; essa poi si allontana indefinitamente fino a raggiungere l’energia cinetica T = Zze2 /b. In effetti, come descritto nel par.5.2, noi osserviamo che da un certo numero di nuclei vengono emesse particelle α con energia cinetica minore dell’altezza della barriera coulombiana. Per esempio, nel decadimento 238 92 U

→ 234 90 T h + α

viene emessa una particella α con energia T = 4.2 M eV e, per le (5.6) e (5.7), si ha R ≈ 10 f m, B = 4.1 10−5 erg = 26 M eV . Classicamente, tenuto conto della (5.9), la particella α “sbucherebbe” all’esterno della barriera coulombiana alla distanza b = 61.7 f m, molto maggiore di R = 10 f m. 5.3.2 Le particelle α all’interno dei nuclei Le particelle α sono costituite da due protoni e da due neutroni fortemente legati, con un’energia di legame per nucleone di circa 7 M eV , superiore a quella dei nuclei contigui con A = 2, 3, 5 e 6. Un’elevata energia di legame per nucleone caratterizza anche i nuclei leggeri con numero di massa multiplo di 4, come messo in evidenza dall’andamento a cuspidi del diagramma di fig. 5.9. Ci`o induce a pensare che questi nuclei siano costituiti da sottostrutture a particella α interagenti fra loro. Se cos`ı fosse, la differenza fra l’energia di legame effettiva dei nuclei (BA ) e l’energia ottenuta moltiplicando l’energia di legame di una particella α (Bα ) per il numero di particelle α costituenti il nucleo (uguale a Z/2), Z ΔB = BA − Bα , 2 rappresenterebbe l’energia di legame fra le particelle α stesse. I valori numerici sono riportati in tab. 5.1. Come si vede, l’energia di legame fra le particelle α `e piccola rispetto all’energia di legame totale, ossia le particelle α risultano essere debolmente legate fra loro. Anzi, nel caso del 8 Be la differenza ΔB `e positiva, il che significa che le particelle α non sono legate. In effetti, come abbiamo gi`a rilevato, il 8 Be `e instabile e decade in due particelle α liberando un’energia Eα = m(8 Be)c2 − 2mα c2 = 0.092 M eV uguale al valore dell’energia di legame fra particelle α riportato in tab. 5.1. Sottostrutture a particelle α con un debole legame, o l’assenza di legame, con gli altri nucleoni potrebbero formarsi in qualsiasi nucleo.

124

5 Decadimento α

Fig. 5.9. Energia di legame per nucleone in funzione di A. Tabella 5.1. BA = Energia di legame effettiva di un nucleo A(Z,N). (Z/2)Bα = energia di legame calcolata supponendo il nucleo formato da Z/2 particelle α. Le energie sono in MeV. BA

Z Bα 2

ΔB

4 2 He

−28.29

8 4 Be

−56.50

−56.59

0.092

12 6 C

−92.16

−84.89

−7.27

16 8 O

−127.62

−113.18

−14.44

10 20 N e

−160.64

−141.48

−19.17

5.3.3 Trasparenza della barriera coulombiana o essere In quest’ottica, il nucleo di 238 U , gi`a preso ad esempio nel par. 3.1, pu` considerato come costituito da una particella α e un nucleo di 234 T h non legati fra loro, ma ugualmente trattenuti a distanze nucleari dalla barriera repulsiva coulombiana. L’esistenza di sottostrutture, anche con A > 4, all’interno dei nuclei `e ben provata da numerose osservazioni sperimentali e da adeguate interpretazioni teoriche, anche se molti problemi al riguardo sono ancora aperti. Qui ci

5.3 Teoria del decadimento α

125

limitiamo a considerare il decadimento α come un’evidenza dell’esistenza di tali strutture e assumiamo che negli emettitori α la probabilit` a dell’esistenza di sottostrutture α con energia positiva sia uguale a 1. Nel capitolo dedicato ai decadimenti “esotici”, verr` a presentata l’evidenza dell’esistenza di altre sottostrutture. La probabilit` a τ che una particella α attraversi la barriera coulombiana (che, per brevit` a, chiameremo “trasparenza” della barriera) `e un ben noto risultato della meccanica ondulatoria. La sua espressione, nel caso di moto della particella α e del nucleo residuo con momento angolare  = 0, `e riportata nel punto c) di questo paragrafo, dopo aver richiamato in forma schematica il procedimento per il suo calcolo. a) Consideriamo prima il caso semplice del moto di una particella di massa m ed energia E (coincidente con la sua energia cinetica T ) nella direzione dell’asse x, lungo il quale `e disposta una barriera repulsiva di forma rettangolare come indicato in fig. 5.10. Supponiamo che sia V > E. La particella `e in moto libero nelle regioni 1 e 3 ed `e soggetta all’azione del potenziale nella regione 2. Il moto `e descritto dall’equazione di Schr¨ odinger monodimensionale d2 u 2m + 2 (E − V )u = 0 dx2  − ∞ < x < 0,

V =0

a 0 , dove gli indici 1, 2 e 3 indicano i due nuclei iniziali e quello finale. Ripetute fusioni possono portare alla formazione di nuclei fino ad A ∼ 56, ma non di nuclei pi` u pesanti in quanto la disuguaglianza precedente non `e soddisfatta. Ci` o premesso, consideriamo la regione di fig. 12.7 con A < 56. Si vede che l’abbondanza ha picchi in corrispondenza dei nuclei pi` u stabili con A = 4n come in fig. 12.8. Manca il picco del 84 Be perch´e questo nucleo `e instabile per decadimento in 2α. L’altezza dei picchi `e mediamente decrescente, poich´e la probabilit` a di fusione decresce con Z a causa della barriera repulsiva coulombiana. Risulta per` o particolarmente elevato il picco del F e: ci`o `e dovuto al fatto che il F e `e elemento di accumulazione per tutti i nuclei pi` u leggeri soggetti a fusione ma non pu` o trasformarsi per fusione in nuclei pi` u pesanti. 12.4.5 Nucleosintesi e materia organica La sezione d’urto d’interazione di due nuclei assume valori particolarmente elevati per valori dell’energia di collisione in corrispondenza dei quali il nucleo risultante dalla loro fusione viene a trovarsi in uno stato eccitato; ci` o si riflette nella presenza di massimi nell’andamento della sezione d’urto in funzione dell’energia. Si suole dire che l’interazione e la sua sezione d’urto hanno carattere risonante. Questa modalit`a di fusione riguarda, in particolare, il 12 C, il

12.4 Cenni di nucleosintesi

329

pi` u leggero dei tre elementi che, assieme all’idrogeno, sono costituenti fondamentale degli esseri viventi (carbonio, azoto e ossigeno). Coppie di particelle α possono fondere in nuclei di 8 Be nello stato fondamentale, per la cui formazione `e richiesta un’energia di soli 92 keV . Come si `e gi`a detto, il 8 Be `e instabile e con un tempo di dimezzamento di 2 · 10−16 s decade in due α. Nonostante il piccolo tempo di dimezzamente, c’`e una probabilit` a relativamente elevata che il 8 Be catturi una terza particella α perch´e viene a formarsi un nucleo di carbonio nello stato eccitato con energia di 7.654 M eV (12 C ∗ ). In fig. 12.9 sono riportati i livelli energetici del sistema di 3α, di α +8 Be e del 12 C (al riguardo si veda anche tab. 5.1 del cap. 5). Il sistema α +8 Be ha un’energia u elevata di α +8 Be. solo 92 keV pi` u elevata di 3α e il 12 C solo 288 keV pi` Quindi `e sufficiente che l’ambiente fornisca un’energia al pi` u di 380 keV perch´e in un gas di particelle α possa formarsi 12 C ∗ . Questa condizione `e soddisfatta per una temperatura media della regione centrale del sole di ∼ 2 · 108 o K.

Fig. 12.9. Livelli energetici di differenti combinazioni di 3 particelle α.

La maggior parte dei nuclei di 12 C ∗ si dissocia in 3α, ma una frazione non trascurabile (0.04%) decade γ prevalentemente nello stato eccitato di energia 4.439 M eV e successivamente nello stato fondamentale. Questa frazione `e sufficiente per rendere ragione dell’abbondanza di 12 C osservata nell’universo. La conseguente formazione di 16 O per fusione di α e 12 C avviene senza fenomeni di risonanza. 12 C e 16 O sono i pi` u abbondanti nuclei leggeri prodotti dalla fusione di particelle α (vedi fig. 12.7). Essendo essi essenziali nella costituzione della materia organica, `e presumibile che, senza il fenomeno dell’assorbimento risonante sopra descritto, l’evoluzione biologica dell’universo sarebbe stata completamente diversa. E’ interessante ricordare che l’assorbimento risonante `e stato ipotizzato (F. Hoyle, 1953) prima dell’osservazione sperimentale del livello eccitato del 12 C.

330

12 Energia solare

12.4.6 Formazione dei nuclei pesanti Come abbiamo gi`a anticipato, la formazione di nuclei con A > 56 pu` o essere spiegata mediante processi di assorbimento di neutroni e di protoni da parte di nuclei con A < 56. L’assorbimento di neutroni produce nuclei con eccesso di neutroni che, essendo instabili per decadimento β − , si trasformano in isobari stabili con Z pi` u elevato; a loro volta, questi possono assorbire neutroni, decadere β − , ecc. Facciamo presente che l’assorbimento di neutroni `e un processo poco probabile per i nuclei molto stabili costituiti da numeri magici di protoni e neutroni. Inoltre l’assorbimento di neutroni gioca un ruolo pi` u rilevante di quello dei protoni perch´e `e assente la barriera repulsiva coulombiana. La distribuzione di abbondanza per A > 56 ha un andamento decrescente con due picchi in corrispondenza di nuclei con numero magico di neutroni 82 126 e 208 ) preceduti da gobbe. Una ragionevole spiegazione di que(138 56 Ba 82 P b sta struttura `e fondata sull’ipotesi che la materia stellare sia investita da flussi di neutroni di differenti intensit` a. Prendiamo in considerazione, molto schematicamente, i due casi estremi di nuclei prodotti da un flusso di neutroni piccolo (detti processi s) e da un flusso grande (detti processi r). a) Un flusso di neutroni piccolo pu` o essere prodotto in reazioni secondarie che accompagnano i normali processi di fusione. Per esempio, una possibile sorgente di neutroni `e la seguente catena di reazioni, che ha origine dall’azoto che si forma nel ciclo CN O: 14 7 N

+ α → 18 9 F +γ 18 9 F →

18 8 O 18 8 O

+ e+ + ν + α → 22 10 N e + γ 22 25 10 N e + α →12 M g + n

E’ stato stimato che 1 g di materia solare pu` o fornire tramite queste reazioa sufficiente per rendere ragione delle abbondanze ni 1021 neutroni, quantit` osservate. Supponiamo che il flusso di neutroni sia cos`ı piccolo, che la probabilit` a di assorbimento sia mediamente pi` u piccola della probabilit` a del conseguente decadimento β − . Per fissare le idee, supponiamo che un nucleo stabile (Z, N ) possa catturare al pi` u 1 o 2 neutroni prima di decadere β − e dive o assorbire neutroni nire un nucleo con Z = Z + 1; questo, a sua volta, pu` finch´e non diventa instabile, decadere β − e trasformarsi in un nucleo con Z = Z + 2 e cos`ı via. Il punto rappresentativo nel piano (N, Z) di fig. 12.10 si muove lungo la linea spezzata situata nella regione di massima stabilit` a (vedi fig. 12.11). Il processo pu` o proseguire finch´e il valore finale di Z o di N non `e magico. A questo punto il processo di accrescimento di A si arresta perch´e i nuclei con numeri magici di nucleoni hanno bassa probabilit` a di assorbire neutroni (vedi fig. 12.12). Poich´e la formazione di tali nuclei `e pi` u probabile della loro trasformazione, essi sono elementi di

12.4 Cenni di nucleosintesi

331

accumulazione: ci`o d`a ragione dei picchi osservati in fig. 12.7 in corrispondenza del Ba e del P b. b) I nuclei stabili non appartenenti alla linea continua di fig. 12.10 (nuclei “isolati”) non sono producibili con il processo descritto in a). Essi sono ottenibili supponendo che si verifichino flussi di neutroni cos`ı elevati, che un nucleo iniziale (Z, N ) possa assorbire rapidamente pi` u neutroni, generando un nucleo sensibilmente lontano dalla linea di stabilit` a prima di decadere β − (i nuclei cos`ı generati si accumulano nelle regioni tratteggiate di fig. 12.10). Grandi flussi di neutroni possono essere prodotti nella fase di collasso del nucleo di ferro di stelle di grande massa, da cui traggono origine le stelle di neutroni.2 Il processo di assorbimento coinvolge con bassa probabilit` a, ovviamente, i nuclei magici e negli altri nuclei l’arricchimento di neutroni pu` o proseguire solo finch`e il numero totale di neutroni `e inferiore a un numero magico. I nuclei arricchiti subiscono una successione di decadimenti β − che li trasforma in nuclei stabili, fra i quali anche i nuclei isolati, con accumulo di nuclei stabili per valori di N di poco inferiori ai valori magici: ci` o spiega le gobbe che precedono i picchi del Ba e del P b (fig. 12.7). Consideriamo, per esempio, i nuclei con N < 82. Essi assorbono neutroni fino a raggiungere il valore N = 82, in corrispondenza del quale l’assorbimento si riduce drasticamente. Questi nuclei hanno un numero di protoni inferiore a quello dei nuclei stabili con N = 82, ossia inferiore a Z ≈ 65 e per successivi decadimenti β − si trasformano in isobari stabili con preferenza per i nuclei con Z = 50. I nuclei stabili con Z = 50 hanno un numero di neutroni N ≈ 70, quindi un numero di nucleoni A ≈ 120. Questo valore `e di poco inferiore al valore di A ≈ 128 in corrispondenza del quale appare una gobba nel diagramma di fig. 12.7. c) Anche i processi di assorbimento di protoni (detti processi p) sono da collegarsi con la fase finale delle stelle. L’assorbimento di protoni d` a origine a nuclei ricchi di protoni non producibili mediante i processi s e r; i meccanismi principali sono reazioni di cattura del tipo (p, γ) e (p, n) e reazioni di fotodissociazione (vedi fig. 12.11). Uno studio dell’abbondanza dei nuclei sul sole ha portato a individuare la presenza di nuclei pesanti prevalentemente prodotti da processi s (per esempio, Ba, La, Cs e P b, vedi fig. 12.13) e di nuclei prevalentemente prodotti da processi r (per esempio, Eu, Gd, Dy, T h e U ).

2

I processi r sono stati ottenuti in laboratorio mediante l’irraggiamento di nuclei pi` u leggeri con elevati flussi di neutroni. Particolarmente significativa al riguardo `e la formazioni di nuclei di fermio (F m, Z = 100) per assorbimento di 17 neutroni da parte di nuclei di uranio (A = 238, Z = 92) e successivi decadimenti beta. [33]

332

12 Energia solare

Fig. 12.10. Formazione dei nuclei con A > 56 per assorbimento di neutroni. I nuclei collegati dalla linea continua nella regione di massima stabilit` a sono prodotti per assorbimento di neutroni di piccolo flusso. I nuclei isolati sotto la linea precedente sono prodotti per effetto dell’assorbimento di flussi intensi di neutroni. Per maggiori dettagli vedere fig. 12.11. Le bande tratteggiate indicano le regioni di accumulazione di nuclei instabili molto ricchi di neutroni. [11]

Fig. 12.11. Sezione della carta dei nuclei che mostra la formazione di nuclei tramite soli processi s, soli processi r, processi in parte s e in parte r. [12]

12.4 Cenni di nucleosintesi

333

Fig. 12.12. Andamento della sezione d’urto di assorbimento di neutroni di energia ≈ 30 keV da parte dei nuclei in funzione di Z. Sono evidenti i minimi nelle regioni isotopiche che includono nuclei con numeri magici di neutroni e protoni (Z, N = 28, 50, 82, 126; vedi fig. 1.1 del cap. 1). [12]

Fig. 12.13. Contributo dei processi r alla produzione di nuclei sul Sole. Sono indicati con i nomi degli elementi quelli per i quali il contributo `e superiore al 70% o inferiore al 30%. [32]

334

12 Energia solare

12.5 Collasso della supernova SN1987A e limite superiore della massa del neutrino 12.5.1 Introduzione In questo paragrafo viene fatto un breve cenno alla fase terminale delle stelle di grande massa perch´e, dallo studio della distribuzione energetica e temporale dei neutrini emessi da una di esse, `e stato ricavato un limite superiore per la massa del neutrino elettronico sulla base di semplici considerazioni cinematiche, senza le complicazioni insite nell’analisi dello spettro del trizio discusse nel cap. 8. Tuttavia, il pregio della semplicit` a ha come contropartita la necessit`a di dover ricorrere a qualche ipotesi sulle modalit` a di emissione dei neutrini. Peraltro, l’ipotesi che verr` a utilizzata nel successivo paragrafo `e estremamente semplice. Il risultato `e in accordo con i pi` u attendibili fra quelli ottenuti nei complicati esperimenti con il trizio. Come si `e accennato nel par. 12.4.2, la teoria dell’evoluzione delle stelle prevede che esse terminino la loro esistenza in modi diversi dipendenti dalla loro massa. In particolare, ci si attende che una stella di grande massa (almeno 3 volte la massa del sole), una volta che la sua regione centrale si sia trasformata in un ammasso di nuclei di F e e N i, sia soggetta a un processo catastrofico che termina con l’esplosione dello strato esterno della stella e l’implosione del suo nocciolo che si trasforma in una stella di neutroni o in un buco nero. Le manifestazioni pi` u vistose di questi eventi sono un temporaneo ed enorme aumento della luminosit`a della stella, che pu`o raggiungere anche miliardi di volte quella del sole (da cui la denominazione di “supernova”) e l’emissione di neutrini elettronici generati dalla reazione di assorbimento e− + p → n + νe seguita da un’emissione di neutrini e antineutrini prodotti dalla reazione di annichilazione e− + e+ → ν + ν¯ . La teoria prevede che in un breve intervallo di tempo, della durata di qualche secondo, venga emessa un’enorme quantit`a di energia gravitazionale tramite un flusso di circa 1058 neutrini di energia dell’ordine di 10 − 20 M eV . Una conferma di queste ipotesi fu fornita da una serie di avvenimenti accaduti il 23 e 24 febbraio 1987. Alle 2h 52m 36s a.m. del 23 febbraio un apparato sperimentale installato sotto il Monte Bianco (LSD), costituito da un rivelatore a scintillatore liquido, rivel` o cinque eventi distribuiti in 7 s attribuibili alle reazioni (12.28) νe + e− → νe + e− , ν¯e + p → n + e+ ,

(12.29)

12.5 Collasso della supernova SN1987A e limite superiore della massa del neutrino

con energia dei neutrini fra 7 e 11 M eV (con un’incertezza del 20%)3 . Il primo di questi eventi risult` o essere quasi simultaneo (in ritardo di 1.4 s) con un segnale particolarmente energetico captato da un’antenna dedicata allo studio delle onde gravitazionali installata a Roma. Alle 7h 35m 35s a.m. dello stesso giorno un apparato sperimentale installato in una miniera in Giappone (K2), costituito da un rivelatore ad acqua per luce Cherenkov, rivel` o 8 eventi compatibili con le reazioni (12.28) e (12.29) in 2 s seguiti, dopo una pausa di 7 s, da altri 3 eventi in 3 s. L’energia degli elettroni e dei positroni fu valutata fra 7 e 35 M eV .

Fig. 12.14. Distibuzione temporale ed energetica degli eventi osservati con gli apparati sperimentali LSD, K2 e IMB. Ee `e l’energia in MeV dei positroni o degli elettroni della reazione (12.28) e (12.29).

Quasi simultaneamente, alle 7h 35m 41s, un apparato sperimentale installato in una miniera degli Stati Uniti (IMB), pure costituito da un rivelatore ad acqua, rivel` o 8 eventi in 6 s (con energia liberata fra 20 e 40 M eV ). I neutrini rivelati in questi due esperimenti furono riconosciuti come provenienti dalla Grande Nebulosa di Magellano. Infine, un apparato installato in Russia alle 7h 36m 06 s rivel` o 3 eventi in 5.7 s con energia superiore a 12.7 M eV . La distribuzione nel tempo dei positroni rivelati dai primi tre apparati e la loro energia sono rappresentati in fig. 12.14. Alle 5h 31m 12s del 24 febbraio fu avvistato il bagliore di una supernova (indicata con la sigla SN1987A) nella Grande Nebulosa di Magellano e, sulla base delle teorie correnti sull’evoluzione delle stelle, le caratteristiche dei neu3

Oltre che dall’emissione del positrone, la reazione (12.29) `e identificabile dalla reazione secondaria n + p → d + γ dove i γ di energia uguale 2.2 M eV sono emessi con un ritardo medio di circa 170 μ s.

335

336

12 Energia solare

trini osservati (provenienza, flusso, energia e durata delle registrazioni) furono giudicate compatibili con essa.4 Va rilevato che l’osservazione di neutrini provenienti da una supernova `e un evento intrinsecamente molto raro e che l’emissione dei neutrini dalla supernova SN1987A `e l’unico evento di questo genere osservato. Ci`o `e dovuto al fatto che il flusso di neutrini da una supernova `e rivelabile sperimentalmente (cio`e il numero di neutrini per cm2 e per s sulla Terra `e sufficientemente elevato) solo se ha avuto origine a una distanza dalla Terra non troppo grande, in pratica entro la nostra Galassia, ed `e storicamente documentato che negli ultimi due mila anni nella nostra Galassia sono state osservate solo 8 supernove prima della SN1987A; l’ultima nel 1604!5 12.5.2 Limite superiore della massa del neutrino elettronico. In tab. 12.4 sono mostrate le caratteristiche dei primi otto eventi rivelati dall’apparato installato in Giappone (Kamiokande II)6 ; essa mostra la distribuzione temporale degli eventi e l’energia Ee degli elettroni o dei positroni rivelati, a seconda che si sia verificata la reazione (12.28) o la (12.29); le due reazioni hanno sezioni d’urto per βν ≈ 17 2g 2 me c2 σ(νe e− ) ∼ = F 4 Eν ≈ 1.65 · 10−44 Eν cm2 π(c) σ(¯ νe p) ∼ =

g2 E 2 ≈ 1.65 · 10−44 Eν2 cm2 π(c)4 ν

Poich´e non si sa quale delle due reazioni abbia avuto luogo, assumiamo, per semplicit` a, che tutti gli eventi siano dovuti alla reazione (12.28), la cui sezione d’urto `e molto pi` u elevata a parit` a di energia; in tal caso l’energia degli antineutrini `e Eν = mn + Tn + Ee − mp ∼ = mn + Ee − mp = 1.29 + Ee M eV Consideriamo le seguenti ipotesi relative alla distribuzione temporale degli eventi. 4

5

6 7

Esula dallo scopo della presente esposizione una discussione sulle caratteristiche particolari degli apparati, sulla correlazione fra le differenti misure e sui problemi interpretativi dei dati (per esempio, sulle oltre 4 ore che separano gli eventi registrati dall’apparato sotto il Monte Bianco e dagli altri apparati). Il numero di esplosioni di supernove osservate `e probabilmente inferiore al numero di quelle verificatesi. Secondo stime teoriche dovrebbe esserci in media l’esplosione di una supernova ogni 25 − 50 anni, quindi da 40 a 80 in due mila anni. L’apparato sperimentale, denominato Kamiokande II, `e lo stesso utilizzato per lo studio dei neutrini solari e sar` a descritto sommariamente nel cap. 13 La sezione d’urto della seconda reazione `e calcolata nell’App. 7.7.3 del cap 7.

12.5 Collasso della supernova SN1987A e limite superiore della massa del neutrino

a) Se i neutrini hanno massa zero, la loro velocit` a `e uguale a c indipendentemente dall’energia e la distribuzione temporale degli eventi osservata sulla Terra `e uguale a quella dei neutrini al momento dell’emissione dalla stella. b) Se i neutrini hanno massa mν = 0 e vengono emessi simultaneamente, essi arrivano sulla Terra distribuiti nel tempo dipendentemente dall’energia; prima i pi` u energetici e dopo i meno energetici. La distribuzione temporale `e ordinata corrispondentemente alla distribuzione energetica. Tabella 12.4. Distribuzione temporale ed energetica (t(s), E(M eV )) dei primi 8 eventi osservati con il rivelatore Kamiocande II. [14] 1

2

3

4

5

6

7

8

t

0.

0.107

0.303

0.324

0.507

1.541

1.728

1.915

Ee

20.0 ±2.9

13.5 ±3.2

7.5 ±2.0

9.2 ±2.7

12.8 ±2.9

35.4 ±8.0

21.0 ±4.2

19.8 ±3.2



21.3

14.8

8.8

10.5

14.1

36.7

22.3

21.1

c) Se i neutrini hanno massa diversa da zero e vengono emessi dalla stella casualmente entro un certo intervallo di tempo Δt, l’ordine d’arrivo sulla Terra pu` o non rispecchiare l’ordine energetico rilevato in b) e gli eventi u lungo o pi` u possono essere distribuiti entro un intervallo di tempo Δt pi` corto di Δt. Tab. 12.4 mostra che neutrini meno energetici sono arrivati prima di neutrini pi` u energetici; pertanto, delle tre ipotesi precedenti, sono verosimili la a) e la c). Valutiamo ora la relazione fra Δt e Δt per una coppia di neutrini. La distanza fra la Supernova e la Terra `e L ≈ 1.5 · 105 anni luce = = 1.5 · 105 × (3600 × 24 × 365 × c(cm/s) ) cm = c × 4.73 · 1012 cm . Tale distanza `e coperta nel tempo t = L/c = 1.5 · 105 a da neutrini di massa nulla8 . Per neutrini di massa diversa da zero si ha $  2 mν , (12.30) v =c 1− Eν 8

Ci` o significa che l’esplosione della stella `e avvenuta 150 000 anni prima dell’osservazione sulla terra del corrispondente bagliore finale e dei neutrini!

337

338

12 Energia solare

tm

L L = =  v c

1−

1 

mν Eν

" 2 #  1 L m ν ∼ , 2 = c 1 + 2 Eν

(12.31)

dove l’approssimazione vale per mν  Eν . Se t `e l’istante di emissione di un neutrino dalla stella, l’istante di arrivo sulla terra `e t = t + tm .

(12.32)

L’intervallo di tempo fra l’arrivo di due neutrini i e j `e ti − tj = (ti − tj ) + (tmi − tmj )

(12.33)

e il corrispondente intervallo di tempo all’emissione `e % & L 1 1 ti − tj = (ti − tj ) − m2ν = 2 − E2 2c Eνi νj & % (12.34) 1 1   2 s. = (ti − tj ) − 2.36 mν (eV ) 2 (M eV ) − E 2 (M eV ) Eνi νj Se Eνi > Evj e ti − tj > 0, cio`e se il neutrino pi` u energetico giunge sulla terra dopo il neutrino meno energetico, risulta ti − tj > ti − t , cio`e l’intervallo di tempo che li separa sulla stella `e pi` u lungo di quello sulla terra. Applicando questa relazione ai due neutrini di tab. 12.4 che hanno la massima differenza in energia (i = 6 e j = 3), si ottiene: t6 − t3 = 1.238 + 0.029 m2ν s .

(12.35)

Se fosse noto l’intervallo di tempo sulla stella t6 − t3 , questa relazione consentirebbe di ricavare la massa del neutrino. In mancanza di questa informazione, stimiamo un limite superiore per la massa ricorrendo a una ipotesi. Se t6 − t3 `e inferiore a un valore Δt allora si ha anche m2ν < 0.029

Δt − 1.238 0.029

e in tab. 12.5 riportiamo il limite superiore della massa per differenti valori di Δt. Secondo le correnti teorie la durata totale dell’emissione di neutrini dalla Tabella 12.5. mν (eV ) ≤

0

6

8

10

12

16

Δt (s)

1.238

2.282

3.094

4.138

5.414

8.66

stella `e al massimo il doppio di quella osservata sulla terra (∼ 1.9 s, vedi tab.

12.6 Limite inferiore dell’et` a delle stelle e dell’Universo

339

12.4); se facciamo quindi l’ipotesi che sia Δt ≈ 4 s, dalla tabella si vede che questa limitazione impone alla massa del neutrino la restrizione mν < 10 eV , che include il valore zero. Si trovano risultati simili se si prendono in considerazione altre coppie di neutrini. La tabella mostra che anche aumentando il limite superiore di t6 −t3 , il limite su mν non varia drasticamente. In questo contesto si colloca anche la possibilit`a di valutare il limite superiore della massa del neutrino sulla base dell’energia del primo neutrino rivelato dall’apparato sotto il Monte Bianco (7 ± 1.4 M eV ) e del ritardo fra la sua rivelazione e quella del segnale dell’antenna per onde gravitazionali (Δt = 1.4 ± 0.5 s) ricordati nel paragrafo precedente. Assumendo per l’onda gravitazionale velocit` a c e attribuendo tutto il ritardo ad un effetto della massa del neutrino, per la (12.30) si ha Δt = tm − t =

2

(mν (eV )) L L − = 2.36 2 , v c (Eν (M eV ))

da cui si ricava per la massa del neutrino il limite superiore mν ≤ 4.5 eV. Il limite superiore della massa del neutrino ricavato in questo paragrafo `e meno restrittivo di quelli pi` u recenti ottenuti dall’analisi dello spettro energetico degli elettroni emessi dal trizio (vedi cap. 8); non `e, tuttavia, in disaccordo con essi.

12.6 Limite inferiore dell’et` a delle stelle e dell’Universo Come mostrato in fig. 12.7, lo studio dello spettro luminoso del Sole ha messo in evidenza la presenza su di esso di tutti i nuclei stabili e di nuclei a lunga vita media quali l’uranio e il torio. Gli stessi nuclei sono stati osservati anche sulle altre stelle con la stessa abbondanza riscontrata sul sole, il che fa pensare che i processi di formazione avvenuti sulle stelle siano gli stessi che hanno operato sul sole. Naturalmente, tenuto conto della maggiore distanza dalla terra delle stelle, la presenza di un nucleo particolare `e riconoscibile nello studio dello spettro luminoso d’emissione solo se la sua abbondanza `e sufficientemente elevata. Per questo motivo solo su alcune stelle `e stata rilevata la presenza di nuclei radioattivi a vita media lunga e ci` o rende possibile la stima della loro et`a o, meglio, il limite inferiore dell’et` a. I nuclei prodotti in processi r sono inizialmente presenti con abbondanze che rimangono immutate nel tempo per i nuclei stabili, mentre vanno via via diminuendo per i nuclei instabili. Dato il carattere impulsivo dei processi r,

340

12 Energia solare

l’abbondanza residua al tempo t, per esempio, di torio pu` o essere espressa mediante la relazione (1.41) del cap. 1: nT h (t) = n(0)e−λT h t , dove si `e supposto che l’evento impulsivo si sia verificato al tempo t = 0. Consideriamo ora il rapporto nT h (0) −λT h t nT h (t) = e , nX (t) nX (0)

(12.36)

dove nX (t) = nX (0) `e l’abbondanza di un nucleo stabile X prevalentemente prodotto, come il torio, da assorbimento r. Dalla (12.36) otteniamo la relazione nX (t) nT h (0) = λT h nT h (t) nT h (0)   1 nT h (0) nT h (t) − log10 = 2.3 log10 , λT h nX (0) nX (t)

t=

1

ln

(12.37)

che `e utilizzabile per ricavare l’et`a della stella. nT h (t)/nX (t) `e il rapporto fra le abbondanze misurato oggi ed nT h (0)/nX (0) `e il corrispondente rapporto alle origini che, come in tutti i problemi di radiodatazione, deve essere determinato per via indiretta. Nel caso specifico si ricorre alla ragionevole ipotesi, gi` a ricordata, che i nuclei pesanti siano prodotti sul sole e sulle altre stelle con uguali modalit` a e che le relative abbondanze siano in rapporto costante, ossia   nX nX = =k (12.38) nY sole nY stella dove con X e Y sono indicati due nuclei generici. Poich´e l’et`a del sole `e nota (ts = 4.5 · 109 a, vedi par. 3.2.3 del cap. 3), il rapporto fra le abbondanze iniziali di torio e del nucleo X `e dato dalla relazione       nT h (0) nT h (ts ) nT h (0) = = eλT h ts (12.39) nX (0) stella nX (0) sole nX (ts ) sole dove nT h (ts )/nX (ts ) `e il rapporto odierno sul sole. Utilizzando la (12.39) nella (12.37), si ottiene l’et` a della stella. L’abbondanza del torio (232 T h, T1/2 = 14.05 · 109 a) `e stata misurata per due stelle, una denominata CS22892-052 e l’altra CS31082-001; per la seconda `e stata misurata anche l’abbondanza di uranio (238 U , T1/2 = 4.47 · 109 a).9 Ai fini della datazione l’abbondanza del torio `e stata rapportata a quella dell’europio, prodotto prevalentemente da processi r (vedi fig. 12.13). Il rapporto 9

Le stelle CS22892-052 e CS31082-001 appartengono all’insieme di stelle pi` u antiche della Via Lattea, stelle povere di metalli e situate nelle regioni periferiche della Galassia.

12.6 Limite inferiore dell’et` a delle stelle e dell’Universo

341

Tabella 12.6. Abbondanze relative attuali e all’origine sul Sole e attuali sulle stelle. Nella penultima colonna sono riportate le corrispondenti et` a e, nell’ultima riga, la loro media pesata. R 232

T h/Eu

238

U/Os

238 238

U/Ir

U/232 T h

Valor medio

log10 R (ts )

log10 R (0)

log10 R (t)

` ´ Et` a 109 a

−0.533

−0.336

−0.66 ± 0.04

15.2 ± 3.7

Sneden 96

−2.555

−1.27

−2.19 ± 0.18

13.6 ± 2.7

Cowan 99

−2.616

−1.30

−2.10 ± 0.17

11.8 ± 2.5

Cowan 99

−0.255 −0.10

−0.74 ± 0.15 −0.74 ± 0.15

10.6 ± 3.3 14.0 ± 3.3

Cowan 99 Goriely 99

12.9 ± 0.7

all’origine `e stato ricavato mediante la (12.39) dal rapporto del valore attuale sul Sole. I valori delle varie quantit` a che compaiono nella (12.37) e nella (12.39) e l’et`a della stella sono riportati in tab. 12.6. Nel caso dell’altra stella, l’et` a `e stata stimata in tre modi differenti, tenendo conto dei rapporti uranio/torio, uranio/osmio e uranio/iridio (tab. 12.6). I differenti valori dell’et` a di tab. 12.6 sono compatibili fra loro entro gli errori e la loro media pesata `e 12.9 ± 0.7 · 109 a; tenendo conto di 2σ, possiamo dire che il limite inferiore dell’et` a `e di circa 11.5 · 109 a. Evidentemente, questo valore costituisce anche un limite inferiore per l’et` a della Galassia e dell’Universo. Va osservato che la Supernova, la cui esplosione ha dato origine alle abbondanze sulle stelle esaminate, appartiene, evidentemente, a una generazione precedente di stelle e questo sottolinea ulteriormente il carattere di limite inferiore delle et` a stimate per quanto si riferisce alla Galassia. Nelle valutazioni precedenti si `e supposto che i nuclei siano stati prodotti da un unico processo impulsivo, ma nei fatti le cose potrebbero essere andate diversamente e ci`o ha influenza sul significato dell’et` a. Supponiamo, per semplicit`a, che si siano verificati due processi impulsivi ai tempi t e t , con t > t . L’abbondanza relativa, per esempio di uranio, misurata al tempo t `e la media pesata delle abbondanze residue prodotte dai due eventi:   nU (t, t ) nU (t, t )     nX (t ) + nX (t ) nU (t) nX (t ) nX (t ) . = nX (t) misurata [nX (t ) + nX (t )] Questa quantit` a ha un valore compreso fra i due valori di cui `e la media e di conseguenza anche l’et`a t dedotta supponendo che ci sia stato un solo processo impulsivo:   1 nU (0) nX (t) t= ln , λU nX (0) nU (t) misurata

342

12 Energia solare

ha un valore intermedio fra t e t . L’unico evento fittizio si `e verificato pi` u recentemente del primo evento vero (t > t ). Questo `e un altro motivo che giustifica il significato di limite inferiore attribuito alle et` a stimate.

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13 I neutrini solari

13.1 Modelli solari e flusso di neutrini Come osservato nel cap. 12, si ritiene che le reazioni pi` u importanti che forniscono l’energia emessa dal sole siano quelle appartenenti alla catena pp e al ciclo CN O (vedi fig. 12.2 del cap. 12). Si `e anche rilevato che una piccola frazione dell’energia viene emessa sotto forma di neutrini (per esempio, 0.52/26.72 = 1.9% nella diramazione pp1; vedi tab. 12.2 del cap. 12). I neutrini hanno una piccola probabilit` a di interagire con la materia solare e quindi trasportano informazioni dirette (non distorte) sui meccanismi che li hanno generati. Infatti, poich´e la sezione d’urto d’interazione dei neutrini con i nuclei (σν ) `e dell’ordine di 10−43 cm2 e la regione centrale del sole ha una densit`a ρ di circa di 1025 nuclei/cm3 , il libero cammino medio dei neutrini `e dell’ordine di (σν ρ)−1 = 1018 cm, cos`ı che il sole `e praticamente trasparente ad essi essendo il suo raggio dell’ordine di 7 · 1010 cm. L’entit` a della produzione di neutrini dipende dalla struttura del sole e dalle reazioni coinvolte nella produzione di energia, le quali sono ipotizzate nell’ambito dei modelli di funzionamento del sole (principalmente nelle differenti versioni del modello solare standard, MSS). Dal confronto fra previsioni dei modelli e osservazioni sperimentali e dall’adattamento delle prime alle seconde si approfondisce la conoscenza della struttura e dell’evoluzione del sole e delle altre stelle. Nel cap. 12 abbiamo mostrato che la frequenza di produzione di deuterio da parte di coppie di protoni appartenenti a un gas di N protoni `e esprimibile mediante l’eq. (12.22), che riscriviamo in forma pi` u generale sostituendo τ  w con wτ , in modo da tener conto anche della dipendenza di w dall’energia:  √ − E +γ(E) N2 N2 2 ) dE . w(E) (13.1) wτ  = Ee ( kT rd = √ 2V 2V π (kT )3/2  Ricordando che σ (E) = w/v = w/ 2E/μ con μ massa ridotta (vedi l’eq. (7.111) del cap 7), la (13.1) pu` o essere generalizzata all’interazione fra due

346

13 I neutrini solari

nuclei qualsiasi presenti nelle quantit` a nj e n k :   E 1 nj nk 8 1 Eσ (E) e−( kT +γ(E)) dE , rjk = Ω 1 + δjk πμ (kT )3/2

(13.2)

dove δjk vale 1 per j = k, altrimenti vale 0. La grandezza S(E) = Eσ(E)τ (E) = Eσ(E)e−γ(E)

(13.3)

`e chiamata “fattore astrofisico” e contiene tutti gli ingredienti che determinano la frequenza di fusione di due nuclei: l’interazione nucleare (forte e/o debole) tramite σ(E), la temperatura e la carica elettrica tramite γ(E). Per una generica reazione la dipendenza dai parametri citati `e pi` u complicata che per la reazione primaria pp → de+ ν perch´e la sua frequenza effettiva dipende anche da quelle delle reazioni che la precedono nella successione, le quali determinano i valori di nj e nk . Tutti questi aspetti vengono elaborati nell’ambito dei modelli solari. L’obiettivo principale di qualsiasi modello solare `e la completa descrizione della dinamica e dell’evoluzione del sole. Un modello `e essenzialmente fondato su un insieme di equazioni nelle quali compaiono come grandezze incognite (funzioni della distanza dal centro del sole e del tempo) la densit` a, la pressione, la temperatura, l’abbondanza degli elementi chimici e l’energia emessa. In genere si assume che la fusione di protoni nella regione centrale del sole (4p →4 He + 2e+ + 2ne + 26.72M eV ) sia la fonte primaria dell’energia termica e della pressione termica (esercitata dal moto termico di elettroni e ioni) necessaria a contrastare l’azione della gravit` a. Le altre reazioni nucleari determinano la variazione della composizione chimica e contribuiscono, sia pure secondariamente, all’emissione di energia. Questa si propaga attraverso il sole per radiazione e convezione e viene infine emessa come luce solare. Si suppone che la composizione chimica iniziale nel sole sia omogenea e che le varie grandezze siano distribuite con simmetria sferica. Una soluzione delle equazioni del modello `e definita dalla composizione chimica iniziale (frazione di idrogeno, elio e altri elementi pi` u pesanti), dalle distribuzioni attuali delle grandezze incognite sopra menzionate e di altre quantit` a ad esse correlate, fra le quali rientrano anche i flussi di neutrini. La soluzione `e ottenuta con un procedimento iterativo in cui vengono variate le condizioni iniziali mantenendo fissi i valori della massa totale, della luminosit` a totale, del raggio esterno e dell’et`a del sole. Sulla traccia precedente sono stati sviluppati vari modelli con risultati tipici quali quelli riportati, per esempio, in tab. 12.1 di cap. 12 e in tab. 13.1 di questo capitolo. I differenti modelli risultano essere sostanzialmente equivalenti (cio`e danno valori compatibili fra loro) se si utilizzano le stesse ipotesi fisiche e gli stessi valori dei parametri d’ingresso. Le discrepanze che, di fatto, si riscontrano fra di essi sono da attribuire a differenti scelte dei valori dei parametri d’ingresso, a differente trattamento di effetti particolari, ad approssimazioni nei calcoli. Sulla determinazione di alcune grandezze c’`e,

13.1 Modelli solari e flusso di neutrini

347

comunque, un grande accordo indipendentemente dai dettagli (per esempio, sulla temperatura centrale del sole, sulla frequenza di produzione di neutrini dalla reazione primaria pp, ecc.). Su altre, invece, il disaccordo `e rilevante. a di volume di una generica reazione solare della Sia ri la frequenza per unit` catena pp o del ciclo CN O. Supponendo una emissione isotropa di neutrini, a di tempo dalla i-esima reazione `e il numero ni di neutrini prodotti per unit` dato dalla relazione:  R0 x2 ri (x, P, T, . . .) dx , (13.4) ni = 4π 0

dove ri `e espressa come funzione della distanza x dal centro del sole, della pressione, della temperatura, ecc. e R0 `e il raggio solare. Il corrispondente flusso sulla terra `e ni , (13.5) Φi = 4πd2 dove d `e la distanza media Terra-Sole. Se λi (E) rappresenta la distribuzione differenziale dell’energia dei neutrini sul sole, il flusso differenziale sulla terra `e (13.6) φi (E) dE = Φi λi (E) dE . Tipici valori di Φi e tipici andamenti di φi (E) sono mostrati in tab. 13.1 e fig. 13.1. Facciamo notare che i flussi monoenergetici caratterizzano i neutrini Tabella 13.1. Flussi sulla terra ed energia massima dei neutrini prodotti dalle principali reazioni nel sole. I valori dei flussi sono risultati del MSS secondo [34]. L’errore sui flussi ha il significato di 3 deviazioni standard. [5]

pp → e+ ν d −

+

Flusso (% rispetto al totale)

Eν (M eV )

5.99 · 1010 ± 1%

91.48

≤ 0.42

0.22

1.44

8

pp e → ν d 3

Flusso Φ (ne /cm2 · s)

1.42 · 10 ± 2%

4

3

He p → e ν He

7.93 · 10 ± 16%

7

4.89 · 109 ± 11%

Be e− → ν 7 Li

8

B → e+ ν 8 Be

13

N → e+ ν 13 C

15

+

15

+

17

O→e ν

17

F →e ν

N O

≤ 18.77 7.46

5.69 · 106 ± 16% 3.07 · 108 ± 30% 8

2.33 · 10 ± 30% 6

5.84 · 10 ± 52%

0.38 (10%) 0.86 (90%) ≤ 14.06

0.47

≤ 1.20

0.35

≤ 1.73 ≤ 1.74

348

13 I neutrini solari

provenienti da reazioni a due corpi nello stato finale, i flussi continui caratterizzano i neutrini originati da reazioni a tre corpi finali (vedi tab. 13.1). I valori di Φi in tab. 13.1 sono il risultato del MSS nella versione di Bahcall e Pinsonneault. Nella tabella sono riportate in termini percentuali anche le incertezze stimate sui valori teorici. Poich´e i valori dei flussi stimati in altre indagini teoriche si discostano dai valori di tab. 13.1 entro le incertezze indicate, possiamo considerare questi valori con le relative incertezze come rappresentativi delle capacit` a di previsione del MSS. Il flusso pi` u rilevante e meglio stimato `e quello prodotto dalla prima reazione della catena pp1. L’incertezza sul suo valore `e piccola perch´e esso `e determinato essenzialmente dalla fisica nucleare fondamentale e dalla luminosit` a del sole, non dai dettagli dei modelli. Gli altri flussi hanno incertezze rilevanti, anche superiori al 50%, alla cui origine abbiamo gi` a accennato. La formazione di un nucleo di 4 He richiede la formazione preliminare di due deutoni con emissione di due neutrini. Quindi il numero di neutrini prodotto al secondo dalla catena pp1 `e dato approssimativamente dal doppio del rapporto fra la luminosit` a del sole e l’energia liberata nella catena pp1 per produrre un nucleo di 4 He: npp1 = 2

2.41 · 1039 M eV s−1 = 1.8 · 1038 s−1 26.72 M eV

Il corrispondente flusso sulla terra `e Φpp1 =

npp1 1.8 · 1038 s−1 = = 6.4 · 1010 cm−2 s−1 2 2 4πd 4π (1.49) · 1026 cm2

Per una verifica radicale delle varie formulazioni del MSS sarebbe utile misurare flussi totali e distribuzioni energetiche (Φi e φi (E)) per tutte le reazioni ipotizzate. Per il momento si `e lontani da questo obiettivo ideale, ma molti esperimenti sono stati proposti e alcuni sono in preparazione a questo fine.

13.2 Rivelazione dei neutrini Nel par. 7.3 del cap. 7 sono state fornite prove indirette dell’esistenza del neutrino e dell’antineutrino facendo uso di argomentazioni basate sui principi di conservazione ed `e stato descritto sommariamente il primo esperimento nel quale `e stata effettuata l’osservazione diretta dell’antineutrino tramite la reazione ν¯ + p → n + e+ . La sorgente di antineutrini era un reattore nucleare. In questo capitolo e nel seguente ci occuperemo dell’osservazione diretta dei neutrini aventi come sorgente il sole. I neutrini solari sono rivelati tramite reazioni di assorbimento da parte dei nuclei: (13.7) νe + (A, Z) → e− + (A, Z + 1)

13.2 Rivelazione dei neutrini

349

Fig. 13.1. Spettro energetico dei neutrini solari secondo il MSS di J.N. Bahcall, Neutrino Astrophysics, Cambridge University Press (1989). I flussi di neutrini continui sono dati in unit` a di (cm−2 s−1 M eV −1 ). I flussi monoenergetici sono dati in −2 −1 (cm s ). [8]

o tramite processi di diffusione νe + e− → νe + e− , νe + (A, Z) → νe + (A, Z) ,

(13.8)

Le reazioni del tipo (13.7) sono caratterizzate da una energia minima dei neutrini (energia di soglia1 ) perch´e possano aver luogo (vedi tab. 13.2). In generale quindi, ogni nucleo consente l’osservazione solamente di una specifica porzione energetica dei neutrini solari (vedi fig. 13.1). Invece le reazioni (13.8) consentono, in linea di principio, l’osservazione di neutrini di qualunque energia. Se σ(E) `e la sezione d’urto differenziale per una qualsiasi delle precedenti reazioni e φk (E) `e il flusso sulla terra dei neutrini prodotti dalla reazione solare k-esima, la frequenza d’interazione per nucleo bersaglio `e esprimibile mediante la relazione 1

Per mν = 0, l’energia di soglia `e Es =

[me + M (A, Z + 1)]2 − M 2 (A, Z) . 2M (A, Z)

350

13 I neutrini solari Tabella 13.2. Energia di soglia per la cattura di neutrini in vari nuclei. 7

Nucleo Es (M eV )

 f

interazioni nucleo × s

37

Li

0.862

=



41

Cl

0.814

fk =

k

115

Ga

0.236



In

0.120

205

Tl

0.062



φk (E) σ (E) dE .

(13.9)

Esoglia

k

Questa relazione pu` o essere sostituita da un’espressione approssimata nella quale si prende in considerazione la sezione d’urto mediata sull’energia σ: 

interazioni f rk = σ Φk = nucleo × s k



con

k



Φk =

φk (E) dE . 0

La frequenza d’interazione in N nuclei bersaglio di un isotopo (A, Z) `e    interazioni interazioni interazioni M ηNA . f =f N =f s nucleo × s nucleo × s A (13.10) dove M `e la massa totale dei nuclei bersaglio in grammi, η `e l’abbondanza isotopica, NA il numero di Avogadro e A il numero di massa. Questa relazione permette di verificare la consistenza fra il valore di f misurato e il valore di f calcolato dai modelli. La frequenza d’interazione usualmente viene espressa pi` u convenientemente in numero d’interazioni al giorno:   interazioni interazioni (13.11) =f × 8.64 · 104 f giorno s e in “unit` a di neutrini solari” (SN U ): interazioni , nucleo × s  interazioni f (SN U ) = f · 1036 . s 1 SN U = 10−36

(13.12)

Fra la (13.11) e la (13.12) sussiste la relazione2 : 2

“ f

interazioni giorno



fa (SN U ) M (ton) η × 6.06 · 1023 × 106 g × (24 × 3600 s) 1036 A fa (SN U ) M (ton) η . = 0, 052 A =

13.2 Rivelazione dei neutrini

 f

interazioni giorno

= 0, 052

f (SN U ) M (ton) η . A

351

(13.13)

13.2.1 Reazioni di assorbimento Per riconoscere una reazione del tipo (13.7), si sfrutta il fatto che in molti casi il nucleo figlio (A, Z + 1) `e instabile per cattura elettronica (vedi Appendice 7.7.5 del cap. 7), (13.14) (A, Z + 1) + e− → (A, Z) + νe e il nucleo finale (A, Z) o l’atomo corrispondente sono prodotti in uno stato eccitato; essi sono riconoscibili tramite i prodotti di diseccitazione. Sono efficaci procedure differenti a seconda che la vita media sia dell’ordine di giorni o mesi (metodi radiochimici) o molto pi` u breve (dell’ordine di micro o millisecondi, metodi diretti). Se la vita media `e molto lunga (milioni di anni) sono efficaci tecniche di spettroscopia di massa. Queste tecniche sono utilizzabili nello studio di nuclei (A, Z + 1) presenti nelle rocce ricche di nuclei (A, Z) (esperimenti geochimici) e permettono di mediare il flusso di neutrini su tempi dell’ordine di 106 anni. Le reazioni di assorbimento consentono di misurare il flusso totale dei neutrini e non lo spettro energetico. Tuttavia, misure con nuclei aventi diverse soglie energetiche consentono di avere informazioni integrate su diversi intervalli di energia. Esiste un lungo elenco di nuclei e di reazioni adatte alla rivelazione dei neutrini solari. Ne riportiamo alcuni esempi relativi a esperimenti effettuati in tempi recenti (prima del 1998) o in progettazione in vari laboratori (fra cui, in Italia, il Laboratorio del Gran Sasso). (a) Reazioni usate nel metodo radiochimico: (i)

νe +37 Cl → e− +37 Ar −

Ar + e → νe + (ii)

37

Cl

νe +71 Ga → e− +71 Ge 71



Ge + e → νe +

71

Ga

Es = 814 keV T1/2 = 35 giorni Es = 233 keV T1/2 = 11.43 giorni

L’energia di soglia si riferisce alla prima reazione della coppia e il tempo di dimezzamento si riferisce alla reazione secondaria di cattura elettronica. Poich´e il tempo di dimezzamento `e sufficientemente lungo, `e possibile rimuovere con procedimenti fisico-chimici i nuclei figli (A, Z + 1) dal campione ricco di nuclei genitori (A, Z) e studiare poi i decadimenti dei nuclei figli in un apposito ambiente. Queste reazioni sono utilizzate in esperimenti che saranno descritti nel par. 13.3. (b) Reazioni per le quali `e utilizzabile il metodo diretto:

352

13 I neutrini solari

(i)

νe +115 In →115 Sn∗ + e− 115



Sn → Sn + 2γ

Es = 128 keV T1/2 = 3.3 μs

L’energia dei due γ `e Eγ1 = 115.7keV Eγ2 = 497.3keV La reazione `e studiata nell’esperimento Index. Data la piccola vita media dello stagno eccitato, questo non `e asportabile dal volume del bersaglio e il segnale dell’assorbimento del ν `e dato dalla rivelazione dei due gamma in coincidenza con l’elettrone. (ii)

νe +81 Br →81 Kr∗ + e− 81

Kr∗ →81 Kr + γ

Es = 472 keV T1/2 = 18.9 s

Eγ = 190.4 KeV Il segnale dell’avvenuto assorbimento del ν `e dato dalla concomitanza dell’emissione dell’e− e di quella del γ da 190.4 keV . La reazione `e utilizzata in un esperimento presso i Laboratori del Gran Sasso. E’ interessante anche l’utilizzo del boro (nell’esperimento Borex pure presso il Laboratorio del Gran Sasso) con le seguenti reazioni che portano a boro e carbonio eccitati: (iii)

νe +11 B → νe +11 B ∗ 11

(Es = 4.5 M eV )

B ∗ →11 B + γ

− 11 ∗ νe + 11 5 B6 → e + 6 C5 11 ∗ 6 C5

(Es = 6 M eV )

→ 11 6 C +γ

L’assorbimento del neutrino `e rivelato dal γ nella prima reazione e dall’emissione in coincidenza di e− e γ nella seconda. La reazione utilizzata nell’esperimento Icarus (presso il Laboratorio del Gran Sasso) `e la seguente: (iv)

νe +40 Ar → e− +40 K ∗ 40

(Es = 11 M eV )

K ∗ →40 K + γ

I metodi citati rivelano l’assorbimento di neutrini senza essere in grado di identificarne la sorgente. Pertanto la loro applicazione allo studio dei neutrini solari `e fondata sull’ipotesi che il sole sia la principale sorgente dei neutrini osservati. Tuttavia processi spuri dovuti alla radiazione ambientale (o radiazione di fondo, o semplicemente fondo) possono dare segnali con le caratteristiche di eventi solari veri o segnali tali da sovrapporsi a quelli veri impedendone l’identificazione.

13.2 Rivelazione dei neutrini

353

13.2.2 Radiazione di fondo Le sorgenti di fondo rappresentano un disturbo serio in ogni esperimento dedicato alla rivelazione di eventi rari (ossia di bassa probabilit` a) poich´e la frequenza degli eventi spuri non filtrati `e di solito molto pi` u elevata di quella degli eventi attesi. Per sottolineare la rilevanza del problema, osserviamo u avanti in media ogni due giorni che nell’esperimento con il 37 Cl descritto pi` un solo atomo di Cl su ∼ 1030 si trasforma in Ar per l’assorbimento di un neutrino!!

Fig. 13.2. Schema di alcune sorgenti di neutrini naturali.

Per ovviare alla radiazione di fondo vengono adottate essenzialmente due strategie complementari: 1. abbattimento di tutte le possibili sorgenti di segnali spuri e 2. studio degli aspetti caratteristici dei segnali buoni al fine di distinguerli da quelli spuri. La prima riguarda la realizzazione e la localizzazione dell’apparato, l’analisi e la selezione dei materiali utilizzati e il progetto di strutture di schermo. La seconda riguarda le caratteristiche tecniche del rivelatore (risoluzione direzionale, spaziale, energetica e temporale). Le principali sorgenti di fondo sono (vedi cap. 2 e fig. 13.3): 1. i raggi cosmici, 2. la radioattivit` a ambientale e 3. quella dei materiali.

354

13 I neutrini solari

Fig. 13.3. (a)Esempio di produzione in cascata di muoni e di neutrini di varie specie innescata dalla collisione di protoni cosmici con protoni (o nuclei) atmosferici. (b) Intensit` a verticale dei μ in funzione della profondit` a espressa in metri d’acqua equivalenti. (1 Km di acqua equivale a 105 g cm−2 di roccia standard). I muoni a grande profondit` a sono prodotti da neutrini con pi` u di 2 GeV . [24]

La radiazione cosmica primaria (93% protoni, 6.3% α e 0.7% nuclei pi` u pesanti nell’alta atmosfera) d` a luogo al livello del mare a un rilevante flusso di particelle secondarie penetranti (muoni 75% e protoni 0, 5-2.5%, vedi fig. 2.9 del cap. 2). Fra queste, i muoni molto energetici (alcune centinaia di GeV ) possono raggiungere grandi profondit` a (fino a 10 Km), costituendo la principale componente del fondo (fig. 13.3). I muoni attraversando la materia perdono energia per ionizzazione finch´e non decadono o interagiscono con i nuclei provocandone la disintegrazione. Le particelle cariche possono interagire direttamente con il rivelatore producendo segnali spuri in genere distinguibili da quelli buoni, oppure possono interagire con i materiali dell’apparato producendo particelle secondarie quali α, p e n che, interagendo a loro volta con i materiali, danno origine a nuclei radioattivi. Fra questi possono esserci nuclei quali, per riferirci alle reazioni (a) del par. 13.2.1, 37 Ar e 71 Ge (per esempio, tramite reazioni del tipo 41 Ga(p, n)41 Ge, Ep > 1 M eV ): si hanno cos`ı prodotti dovuti al fondo indistinguibili da quelli dovuti all’assorbimento dei neutrini. Sono questi gli effetti pi` u dannosi del fondo radioattivo. Per ridurre il fondo a un livello tollerabile il rivelatore viene posto a grandi profondit` a e circondato da schermi con elevato potere assorbente per specifiche particelle (per esempio, barriere di acqua o paraffina per neutroni veloci). Effetti simili a quelli sopra descritti sono dovuti agli elementi radioattivi contenuti nei materiali utilizzati negli apparati e nelle rocce che li circondano, quali l’uranio e il torio e i loro prodotti di decadimento. I contaminanti pre-

13.3 Esperimenti

355

senti nei materiali possono essere ridotti a livelli insignificanti con opportuni trattamenti che eliminano le componenti radioattive. Esiste anche un fondo di neutrini elettronici di origine non solare. Essi sono prevalentemente prodotti nell’atmosfera dal decadimento in volo dei muoni (vedi fig. 13.3) e hanno energia molto maggiore dei neutrini solari (fra 100 M eV e qualche GeV ) e intensit` a molto minore (confronta i flussi dei muoni e dei neutrini solari nel par. 2.4 del cap. 2). Il fondo residuo viene studiato e valutato in apposite misure separate in modo che i dati finali possano essere ripuliti, per quanto possibile, da tale inquinamento.

13.3 Esperimenti In questo paragrafo vengono descritti gli aspetti essenziali dei principali esperimenti sui neutrini solari effettuati fino al 2001. 13.3.1 L’esperimento con

37

Cl

Il primo esperimento effettuato sui neutrini solari si basa sull’osservazione della reazione νe +37 Cl → e− +37 Ar , (13.15) (suggerita da B. Pontecorvo nel 1948). Essa ha una soglia di 814 keV se il nucleo di 37 Ar `e nello stato fondamentale; la soglia sale a oltre 3 M eV se il nucleo `e a un livello eccitato (caso molto probabile). I nuclei eccitati si diseccitano in tempi molto brevi e i γ emessi non vengono presi in considerazione nella misura. I nuclei di 37 Ar sono suscettibili di cattura elettronica con un tempo di dimezzamento di ∼ 35 giorni secondo la reazione 37

Ar + e− →37 Cl + νe .

(13.16)

Gli atomi di 37 Cl si diseccitano emettendo raggi X e un elettrone Auger di energia caratteristica di 2.82 keV . E’ la misura di questo elettrone che contraddistingue l’avvenuto assorbimento di un νe secondo la reazione (13.15)3 . L’esperimento con il 37 Cl ha avuto inizio nel 1968 con un apparato installato nella miniera d’oro di Homestake (South Dakota, USA) a una profondit` a di circa 1500 m (equivalenti a 4100 metri d’acqua). Per 20 anni `e stato l’unico esperimento attivo sui neutrini solari. La scelta della reazione (13.15) fra le molte possibili `e stata dettata da motivi di carattere pratico: (a) l’abbondanza isotopica di 3

37

Cl `e relativamente alta (24.3%);

Ricordiamo che un bersaglio di 37 Cl fu esposto anche a un fascio di antineutrini prodotti dal decadimento di neutroni presso un reattore nucleare e la reazione (13.15) non fu osservata.

356

13 I neutrini solari

(b) i composti del cloro sono di facile reperibilit` a e di basso costo (il tetracloruro etilene `e utilizzato anche nel lavaggio a secco degli indumenti!); (c) l’argon `e un gas nobile e pu`o essere asportato facilmente dal composto di cloro; (d) il tempo di dimezzamento di 35 giorni della reazione (13.16) `e adatto per i metodi radiochimici. Sfortunatamente, essa presenta lo svantaggio di avere una soglia elevata (814 keV ) che consente essenzialmente la rivelazione dei neutrini solari energetici emessi dal 8 B, il cui flusso `e basso e di incerta valutazione (vedi fig. 13.1 e tab. 13.1 e 13.2). L’apparato esso consiste di un recipiente contenente 625 tonnellate di tetracloruro etilene liquido (C2 Cl4 )4 . Gli atomi di 37 Ar vengono prodotti con energia sufficiente a sfuggire alle molecole di C2 Cl4 ; essi si disperdono nel materiale e possono essere rimossi facilmente per trascinamento da parte di un flusso di elio fatto gorgogliare nel tetracloruro etilene. L’apparato viene mantenuto attivo per periodi di circa 60 giorni. Al termine di ogni periodo gli atomi di 37 Ar vengono rimossi dal tetracloruro etilene con un flusso di elio della durata di circa 2 ore e immessi in una piccola camera proporzionale dove i nuclei di 37 Ar si trasformano in 37 Cl per cattura elettronica. La camera proporzionale consente di rivelare gli elettroni Auger emessi dagli atomi eccitati di 37 Cl. I segnali elettrici prodotti da tali elettroni si distinguono per l’altezza (corrispondente a un’energia di 2.82 keV degli elettroni) e per il tempo di salita molto breve. Fig. 13.4a mostra la distribuzione energetica dei segnali emessi dalla camera proporzionale in un intervallo di tempo uguale a 2T1/2 (70 giorni) subito dopo l’estrazione e fig. 13.4b mostra la distribuzione registrata a partire dall’istante t = 3T1/2 . Nella prima figura `e ben evidente il picco in corrispondenza dell’energia di 2.8 keV degli elettroni Auger emessi dal 37 Cl prodotto dalla cattura elettronica dell’37 Ar. La larghezza del picco `e determinata dalle incertezze sulla misura dell’energia. Il picco `e sovrapposto a un fondo di segnali dovuti a particelle ionizzanti spurie non eliminate dai vari accorgimenti predisposti (la distribuzione di fondo sotto il picco `e evidenziata da una linea tratteggiata). Al passare del tempo il contributo alla distribuzione da parte degli elettroni da 2.8 keV si esaurisce, perch´e i nuclei di 37 Ar scompaiono per decadimento, mentre si accumula con ritmo costante quello delle particelle spurie: in fig. 13.4b il picco perde evidenza perch´e sommerso dal fondo. Selezionando sulla base del tempo di salita i segnali forniti dalla camera proporzionale in corrispondenza del picco da 2.82 keV , si ottiene un campione di segnali in cui il contributo dovuto a particelle ionizzanti spurie `e ridotto in modo drastico. La distribuzione temporale di questi segnali `e mostrata in fig. 13.4c. Sebbene essi siano prevalentemente conseguenza del processo di cattura 4

A tale massa corrispondono 2.20 · 1030 atomi di

37

Cl.

13.3 Esperimenti

357

elettronica dell’37 Ar, solo in parte sono connessi con la reazione di assorbimento di neutrini (13.15). Infatti, per effetto sia della radiazione cosmica che o essere attraversato da della radioattivit` a delle rocce, il volume di C2 Cl4 pu` protoni che producono 37 Ar tramite la reazione 37 Cl(p, n)37 Ar.

Fig. 13.4. Distribuzioni energetiche e distribuzione temporale di segnali che dimostrano la produzione di 37 Ar conseguente alla cattura di neutrini da parte di nuclei di 37 Cl. (a) Spettro energetico raccolto nei settanta giorni subito dopo l’estrazione. (b) Spettro energetico raccolto a partire dal 205-esimo giorno dopo l’estrazione. (c) Distribuzione temporale degli eventi selezionati in base all’appartenenza all’intervallo energetico del picco di figura (a) e al tempo di salita del segnale. [5]

Il numero di atomi di 37 Ar presente nel rivelatore al momento dell’estrazione `e inferiore al numero di atomi prodotti nel periodo di accumulazione, perch´e parte di essi decade. Esso `e calcolabile considerando che il numero di atomi che si accumula nell’intervallo dt `e dato dal numero di atomi che si formano diminuito del numero di quelli che decadono (vedi par 1.3.4 del cap. 1): dN (t) = N0 rdt − λN (t)dt ,

358

13 I neutrini solari

dove r = rν +rf ondo `e la frequenza di produzione per nucleo bersaglio di atomi di Ar sia per assorbimento dei neutrini (vedi eq. 13.15)) che per effetti spuri, N0 = 2.2 · 1030 `e il numero di atomi di 37 Cl nel bersaglio (vedi nota 4) e 1 = τ = T1/2 / ln 2 = 50.5 giorni λ `e la vita media dell’ 37 Ar. Integrando sull’intervallo di tempo di accumulazione (0, ta ≈ 60 g), per un numero iniziale di atomi uguale a zero si ottiene N (ta ) =

 N0 r  1 − e−λta , λ

da cui si ricava il numero di atomi prodotto: Na = No r = λ

N (ta ) . 1 − e−λta

Se si trascura il breve intervallo di tempo richiesto per l’estrazione rispetto a quello di accumulo, Na `e il numero di atomi immesso nella camera proporzionale. Si assume che la distribuzione temporale di fig. 13.4c sia rappresentabile mediante la funzione (13.17) f (t) = A e−t/τ + B , dove A `e correlato col numero iniziale di atomi di 37 Ar immessi nella camera proporzionale, τ `e la vita media per il processo di cattura elettronica e B misura il fondo residuo. I valori di A, B e τ sono determinati adattando questa funzione alla distribuzione sperimentale con metodi statistici (minimizzazione di χ2 ). La curva cos`ı ottenuta `e riportata in fig. 13.4c e il suo andamento `e compatibile con una vita media di 50 giorni. Il contributo del fondo di origine cosmica `e stato a ed `e risultastimato misurando la produzione di 37 Ar a differenti profondit` to essere circa 1/10 del totale dei segnali; quello originato dalla radioattivit` a delle rocce `e stato determinato studiando il flusso dei neutroni ed `e risultato essere circa 1/20 del totale. La produzione di 37 Ar attribuita all’assorbimento dei neutrini solari risulta avere una frequenza f = 2.55 ± 0.17 ± 0.18 SN U = 0.480 ± 0.047 atomi/giorno . Questo valore `e la media dei valori ottenuti in successive misure effettuate fra il 1970 e il 1993, il cui andamento temporale `e dato in fig. 13.5. Il valore misurato risulta pi` u piccolo (circa 1/3, vedi tab. 13.2) di quello stimato e la differenza non `e conciliabile anche tenendo conto degli errori. La discrepanza fra teoria ed esperimento `e all’origine del cosiddetto “problema dei neutrini solari”. Il significato da attribuire a tale discrepanza `e stato oggetto di molte discussioni, perch´e l’esperimento `e sensibile essenzialmente ai neutrini solari di

13.3 Esperimenti

359

Fig. 13.5. Misure parziali della frequenza di assorbimento di neutrini (in atomi/giorno) effettuate dal 1970 al 1993 nell’esperimento con il Cloro. [12]

pi` u elevata energia e di basso flusso provenienti dal 8 B (vedi tab. 13.1) per i quali le previsioni teoriche presentano significative incertezze, che potrebbero anche essere sottostimate. La discrepanza tra esperimento e previsioni teoriche ha innescato un vasto dibattito sia sul metodo sperimentale adottato (con proposte di varianti o di differenti metodologie) sia sulla validit` a dei modelli teorici. Esso si `e intrecciato con le speculazioni teoriche sui neutrini massivi dando forte impulso alle ricerche sulle oscillazioni di neutrino. 13.3.2 Esperimenti con

71

Ga

Differentemente dal caso dei ν da 8 B, il flusso di neutrini dalla reazione fondamentale p + p → d + e+ + νe risulta quasi indipendente dalle incertezze sui parametri d’ingresso e ha circa lo stesso valore in tutte le versioni del MSS (e anche in quelle non standard). Ci` o `e dovuto al fatto che il flusso di neutrini `e strettamente correlato alla luminosit`a solare che `e ben misurata. Ci` o ha indotto a realizzare esperimenti sensibili ai neutrini primari della catena pp. Una reazione che consente di rivelare una parte significativa dei neutrini della reazione fondamentale pp (vedi fig. 13.1 e tab. 13.3) `e, per esempio, la seguente: Esoglia = 233.2 keV (13.18) νe +71 Ga → e− +71 Ge con energia di soglia che supera di poco la met`a dell’energia massima dei neutrini della reazione pp (420 keV ). Il 71 Ge `e instabile per cattura elettronica con tempo di dimezzamento di 11.43 giorni. Possono essere catturati elettroni di diversi livelli atomici con emissione di raggi X e di elettroni Auger di energia caratteristica (vedi tab. 13.4). I vari modelli prevedono frequenze di cattura di neutrini provenienti dalle reazioni pp per il 53%, dal berillio per il 27% e dal boro per il 10% (vedi tab. 13.3). Il fondo pi` u pericoloso in questo tipo di misura proviene dal 71 Ge prodotto dalla reazione

360

13 I neutrini solari

p +71 Ga →71 Ge + n

(Es = 1.02M eV ) ,

dove i protoni possono essere prodotti secondari delle interazioni di μ cosmici, di neutroni veloci o di residui radioattivi nel bersaglio. Tabella 13.3. Contributo al flusso di neutrini calcolato da [9] (vedi tab. 13.1) per gli esperimenti con Cloro e Germanio e da [35] per l’esperimento Kamiokande. [5]

Cloro

Gallio

SN U

%

SN U

%

pp

0.0

0

70.8

53.84

pep

0.2

2.5

3.1

2.36

1.2

15.0

35.8

27.22

6.2

77.5

13.8

10.49

0.1

1.25

3.0

2.28

0.3

3.75

4.9

3.73

8.0 ± 3.0 (3σ)

100

131.5+21 −17 (3σ)

100

7

Be

8

B

13

N

15 17

O F

Totale

Kamiokande (E ≥ 7.5 M eV ) neutrini/giorno neutrini (cm

−2

0.62 −1

s

5.8 ± 2.15 (3σ) 106

)

Tabella 13.4. Energie degli elettroni Auger e dei raggi X emessi conseguentemente al decadimento per cattura elettronica del 71 Ge. Energia totale degli e− Auger (keV ) 10.37 0.11 1.12, 1.15 1.3 0.16

Energia dei raggi X (keV )

10.26 9.25

Livelli degli e− catturati

Probabilit`a (%)

K K K L M

41.4 5.2 41.1 10.3 2.0

Due esperimenti (denominati Gallex e SAGE) hanno studiato questa reazione. Il primo `e stato effettuato in una galleria sotto il Gran Sasso

13.3 Esperimenti

361

da una collaborazione europea e l’altro nel Caucaso da una collaborazione russo-americana.

Fig. 13.6. Apparato dell’esperimento GALLEX. Notare l’alloggio per la sorgente di 51 Cr.

L’apparato dell’esperimento Gallex `e rappresentato in fig. 13.6. Il suo bersaglio `e costituito da 101 tonnellate di soluzione di GaCl3 contenente 30.3 tonnellate di Ga di cui 12 tonnellate di 71 Ga. Il 71 Ge viene estratto come GeCl4 , che `e un composto volatile, facendo gorgogliare azoto nel cloruro di gallio e viene convogliato in un piccolo contatore proporzionale. Fig. 13.7 mostra l’andamento temporale dei decadimenti di 71 Ge identificati dalla cattura di elettroni L e K riconosciuti in base all’altezza e al tempo di salita dei segnali. L’andamento della distribuzione `e compatibile con un tempo di dimezzamento di 11.4 giorni. Da una serie di misure effettuate dal 1991 al 1997, il cui andamento nel tempo `e mostrato in fig. 13.8(a), `e stato ricavato il seguente valor medio della frequenza di cattura di neutrini: fGallex = 76.4 ± 6.3 +4.5 −4.9 SN U , corrispondente a circa 0.7 neutrini al giorno con un 5% di segnali di fondo. Nell’esperimento SAGE, che ha avuto vicende controverse, inizialmente non erano stati osservati assorbimenti di neutrino, ma i risultati delle successive misure si sono gradualmente avvicinati a quelli di Gallex (vedere fig. 13.8(b)). Il valore medio della frequenza di cattura aggiornato al 1997 `e

362

13 I neutrini solari +5 fSAGE = 74 +11 −10 −7 SN U .

I valori di f misurati dai due esperimenti risultano inferiori ai valori previsti dai modelli (circa il 60%, vedi tab. 13.3).

Fig. 13.7. Distribuzione temporale della frequenza degli eventi nell’esperimento GALLEX. [5]

13.3.3 Misura diretta Gli esperimenti di tipo radiochimico con 37 Cl e con 71 Ga hanno consentito di rivelare neutrini di caratteristiche energetiche compatibili con quelle dei neutrini solari emessi nella reazione primaria pp e in quella secondaria di decadimento del 8 B, ma non hanno dato indicazioni sulla loro effettiva provenienza. Invece, un esperimento parallelo, fondato sul metodo diretto, ha consentito di verificare che la direzione di provenienza dei neutrini rivelati `e la direzione sole-terra. L’esperimento, denominato Kamiokande, studia la reazione di diffusione elastica (13.19) νe + e− → e− + νe . L’apparato `e rappresentato in fig. 13.9; esso `e costituito da un volume di 3000 tonnellate di acqua che funge sia da bersaglio sia da sorgente di radiazione Cerenkov per la rivelazione degli elettroni di rinculo; esso `e installato nella miniera di Kamioka (Giappone) alla profondit` a di 1000 m (equivalenti a 2700 metri d’acqua) ed `e in grado di rivelare elettroni di energia superiore a circa 7.5 M eV , quindi essenzialmente solo neutrini da 8 B 5 . L’apparato consente di misurare il tempo di arrivo dei neutrini e la direzione di moto e l’energia degli elettroni di rinculo. 5

La soglia di 7.5 M eV non `e intrinseca alla reazione (13.19), ma `e dovuta a effetti strumentali.

13.3 Esperimenti

363

(a) Evoluzione temporale delle misure di frequenza di assorbimento di neutrini nell’esperimento GALLEX, M = maggio, N = novembre. [20]

(b) Confronto fra andamento nel tempo delle misure di GALLEX e di SAGE. [12] Fig. 13.8.

La distribuzione angolare degli elettroni rispetto alla direzione laboratoriosole al momento della misura `e simile a quella mostrata in fig. 13.10. Nella figura sono riconoscibili una componente piatta (f (cosθ) = costante), che possiamo attribuire a radiazione di fondo distribuita in modo isotropo e un picco per cosθ ∼ 1. Tenendo presente che la sezione d’urto della reazione (13.19) ha un massimo per θ = 0, possiamo ritenere che gli elettroni accumulati nel picco sono prodotti dall’interazione con neutrini solari. Per determinare il numero degli elettroni correlati ai neutrini solari si pu` o adattare con metodi statistici alla distribuzione angolare sperimentale una funzione del tipo f (cos θ) = A g (cos θ) + B , (13.20) dove g(cosθ) `e una opportuna funzione dipendente dalla sezione d’urto della reazione (13.19); A e B sono costanti che vengono determinate dal confronto con la distribuzione sperimentale. Il valore di A `e il numero cercato. Risulta che la frequenza di neutrini solari osservata `e f = 0.31 ± 0.025 ± 0.037 neutrini/giorno

364

13 I neutrini solari

Fig. 13.9. Apparato dell’esperimento Kamiokande.

Fig. 13.10. Distribuzione dell’angolo di emissione degli elettroni rispetto alla direzione terra-sole nell’esperimento Super-Kamiokande; l’istogramma ` e simile a quello ottenuto nell’esperimento Kamiokande, ma statisticamente pi` u ricco. [13]

13.4 Osservazioni riassuntive

365

corrispondente a un flusso sulla terra 6 −2 −1 s . Φ = 2.89+0.22 −0.21 ± 0.35 · 10 cm

Questo valore `e la media di varie misure effettuate fra il 1987 e il 1992 ed `e circa la met`a di quello atteso (vedi tab. 13.5). La distribuzione energetica degli elettroni `e simile a quella mostrata in fig. 13.11. Essa si estende con continuit` a fino a circa 15 M eV , che `e proprio l’energia massima dei neutrini emessi dal 8 B (vedi fig. 13.1).

Fig. 13.11. Distribuzione energetica degli elettroni misurata nell’esperimento SuperKamiocande (croci) confrontata con la distribuzione attesa dal MSS per neutrini emessi dal 8 B (istogramma). La distribuzione sperimentale ` e simile a quella ottenuta nell’esperimento Kamiokande, ma statisticamente pi` u ricca. [32]

Riassumendo, questo esperimento misura neutrini energeticamente compatibili con quelli emessi dal 8 B ma con un flusso inferiore a quello previsto dal MSS (circa 1/2); inoltre, identifica nel sole la sorgente dei neutrini osservati, tramite l’identificazione della direzione di volo dei neutrini incidenti con la direzione terra-sole.

13.4 Osservazioni riassuntive I risultati sperimentali descritti nel precedente paragrafo e risultati tipici del MSS sono riassunti in tab. 13.56 . Anche se i risultati non sono esaurienti, questi 6

Nel presente paragrafo sono presi in considerazione i dati sperimentali e i calcoli teorici fino al 1994. I successivi aggiornamenti, in parte riportati, non cambiano

366

13 I neutrini solari

esperimenti nel loro complesso forniscono un’evidenza diretta delle reazioni nucleari nel sole secondo lo schema di fig. 12.2(a) del cap. 12; nell’ambito delle nostre conoscenze sul sole, quelle che erano, almeno parzialmente, solo ipotesi acquistano sempre pi` u la concretezza dei fatti. I valori del flusso osservati appaiono sistematicamente inferiori a quelli calcolati, sia nel caso di esperimenti sensibili prevalentemente ai neutrini pp, sia a quelli sensibili prevalentemente ai neutrini da 8 B e 7 Be. Questa discrepanza ha dato origine al cosiddetto “problema dei neutrini solari”, a cui si `e gi`a accennato in precedenza. Ribadiamo che il problema dei neutrini solari deriva essenzialmente dal confronto fra due gruppi di risultati (gli uni sperimentali e gli altri teorici ) che possono essere entrambi affetti da errori o incertezze valutati in modo non adeguato. Si `e a lungo dibattuto sulle ragioni della discrepanza. In ambito teorico si confrontano due differenti punti di vista: uno attribuisce la discrepanza datimodelli a una inadeguata formulazione degli ultimi nell’ambito della fisica nota, l’altro a propriet` a fisiche dei neutrini non ancora note. Ha un particolare rilievo l’ipotesi che la massa del neutrino sia diversa da zero con conseguente possibilit` a del fenomeno dell’ ”oscillazione di neutrino” (vedi par. 14.4.2 del cap. 14) che consiste nella variazione periodica del sapore (pi` u comunemente considerata) o del numero leptonico o dello stato di neutrino fisico-sterile, variazione che si manifesterebbe nel percorso dal centro del Sole alla Terra. Lo studio dei neutrini solari risulta, cos`ı, strettamente connesso con tematiche pi` u ampie dei modelli solari. In ambito sperimentale, sono stati proposti nuovi esprimenti con lo scopo di conoscere in modo esauriente le caratteristiche di tutto lo spettro dei neutrini solari e di scoprire eventuali errori negli esperimenti gi` a fatti7 .

7

sostanzialmente i termini della discussione, eccetto, forse, quanto riferito in una successiva nota. Recentemente nell’esperimento Gallex `e stato misurata l’efficienza dell’apparato, ossia la sua capacit` a di rivelare i neutrini, la quale `e data dal rapporto fra i neutrini effettivamente rivelati e quelli assorbiti. A questo fine si `e fatto ricorso a una sorgente di neutrini di intensit` a e energia note. La sorgente radioattiva `e costituita da nuclei di 51 Cr ottenuti tramite la reazione 51 n + 50 24 Cr → 24 Cr .

Essi sono radioattivi con tempo di dimezzamento T1/2 = 27.702 giorni secondo la reazione 8

= Φe . Fe3 Fe1

(13.29)

13.5 Recenti sviluppi sperimentali

369

Pertanto, per appurare se esistono le oscillazioni (o altri fenomeni che modificano il flusso dei neutrini elettronici) basta verificare se Φe3 `e uguale o diverso da Φe . Combinando le equazioni (13.26) e (13.27) si ottengono i flussi parziali e totale: Φe =

n1 , Fe1

(13.30)

n1 Fe3 Fe1 , Fx3 n1 Fe3 n3 − n1 Fe1 . Φ = Φe + Φx = + . Fe1 Fx3 n3 − Φe Fe3 Φx = = Fx3

n3 −

(13.31)

(13.32)

Essendo note le sezioni d’urto delle reazioni (13.21) e (13.23), la (13.33) consente di ricavare il flusso totale originario dei neutrini, che `e la quantit` a calcolata dai modelli solari. Invece gli esperimenti descritti nei paragrafi precedenti (o la misura della sola reazione (13.21)) forniscono solo il flusso parziale Φe dato dalla (13.30): `e evidente che, alla luce dell’ipotesi delle oscillazioni di neutrino, l’origine del “problema dei neutrini solari” sta nel differente significato del flusso teorico e di quello sperimentale. La discussione precedente `e stata condotta nell’ipotesi di oscillazioni di sapore; consideriamo ora l’ipotesi di oscillazioni di stato fisico-sterile, secondo la quale i neutrini elettronici originari di elicit` a +1 (neutrini fisici) hanno una certa probabilit` a di trasformarsi in neutrini di elicit` a −1 (neutrini sterili). Questi ultimi non interagiscono con la materia, ossia hanno sezione d’urto d’interazione uguale a zero. Essi quindi non contribuiscono n´e alla reazione (13.21), n´e alla reazione (13.23). La relazione (13.27) assume la forma n3 = Φe Fe3 + Φs Fs3 , dove s significa sterile e quindi Fs3 = 0. Pertanto, da entrambe le reazioni (13.21) e (13.23) si ottiene lo stesso valore per Φe (con Φe3 = Φe ) che `e, per`o, inferiore al flusso totale Φ. La reazione (13.21) `e stata misurata nell’esperimento SNO (Sudbury Neutrino Observatory) e la reazione (13.23) negli esperimenti SNO, Kamiokande (vedi par. 13.3.3) e Super-Kamiokande; quest’ultimo esperimento ha fornito il risultato pi` u preciso. L’apparato sperimentale dell’esperimento SNO (vedi fig. 13.12) `e costituito da un bersaglio sferico costituito da 1000 ton di acqua pesante D2 O “visto” da 9500 fototubi e circondato da un volume di 7000 ton di H2 O agente sia da schermo che da rivelatore della radiazione di fondo. Le reazioni (13.21) e (13.23) sono riconosciute dalla misura del punto d’origine, della direzione di moto e dell’energia degli elettroni in base alla luce Cerenkov emessa dagli elettroni e vista dai fotomoltiplicatori.

370

13 I neutrini solari

L’apparato `e installato a 2 Km di profondit` a in una miniera di nichel di Sudbury (Ontario, Canad` a). L’apparato `e in grado di rivelare elettroni aventi energia maggiore di 6.75 M eV , prodotti praticamente solo dall’interazione di neutrini emessi dal decadimento del 8 B (vedi fig. 13.1). I principali risultati delle misure, frutto di 241 giorni di presa dati fra il 1999 e il 2001, sono riassunti in tab. 13.6. Essi sono stati dedotti dall’identificazione di 975 ± 40 eventi appartenenti alla reazione (13.21), 106 ± 15 appartenenti alla reazione (13.22) e 87 ± 25 appartenenti alla reazione (13.23). 8 L’apparato sperimentale di Super-Kamyokande (vedi fig. 13.13) `e una evoluzione di Kamiokande, descritto nel par. 13.3.3. Esso `e costituito da un bersaglio centrale di 32 500 ton di acqua (H2 O) visto da 11 146 fotomoltiplicatori per la misura della luce Cerenkov emessa dagli elettroni della reazione (13.23). Il rivelatore centrale `e circondato da un involucro spesso circa 2.5 m contenente acqua e visto da 1885 fotomoltiplicatori. Anche questo apparato rivela eventi prodotti da neutrini provenienti solo dal decadimento del 8 B fornendo informazioni sugli elettroni analoghe a quelle di SNO. I principali risultati sono mostrati in tab. 13.5 e nelle fig. 13.10, 13.11 e 13.14. Come indicazione della particolare sensibilit` a dell’esperimento Super-Kamyokande, richiamiamo l’attenzione su fig. 13.14, che mostra la variazione stagionale del flusso di neutrini dipendente dalla variazione della distanza Terra-Sole nel corso dell’anno. Le principali conclusioni che possono essere tratte dall’esame di tab. 13.5 sono le seguenti: 1. I valori del flusso fittizio Φe3 ottenuti da SNO e da Super-Kamyokande sono in accordo fra loro entro gli errori, ma la misura di Super-Kamyokande `e molto pi` u precisa. Pertanto nel seguito verr` a usato quest’ultimo valore. 2. La differenza Φe3 − Φe , che mette in evidenza la presenza o meno di variazioni di sapore da parte degli originari neutrini elettronici, `e diversa da zero per 3.3σ a cui corrisponde una probabilit` a dello 0.04% che essa possa essere zero. Possiamo concludere che, con grande probabilit` a, `e avvenuta una variazione di sapore. 3. Il valore di Φe3 `e solo il 45% del flusso totale stimato dai modelli solari, ma il valore di Φ = Φx + Φe `e uguale, entro gli errori, al valore stimato. Purtroppo l’errore su Φ `e molto grande, per cui questa affermazione non `e sufficientemente stringente. Possiamo concludere affermando che la misura delle due reazioni (13.21) e (13.23) consente di accertare che un fenomeno fisico interviene a modificare la natura del flusso di neutrini che all’origine `e costituito da soli neutrini elettronici. E’ anche verosimile che il fenomeno sia l’oscillazione di sapore e che la discrepanza fra predizioni teoriche e dati sperimentali sia eliminata. 8

SNO ha in programma anche la misura della reazione (13.4) tramite la soluzione nell’acqua di M gCl2 e l’osservazione del γ emesso dal Cl in seguito alla cattura del neutrone. In alternativa `e prevista l’installazione di un rivelatore di neutroni a 3 He e la misura del protone e del neutrone emessi nella reazione 3 He + n → p + t.

13.6 Appendice – Valutazione del fattore astrofisico

371

Fig. 13.12. Sezione dell’apparato dell’esperimento SNO. [33]

L’esistenza delle oscillazioni comporta che i neutrini fisici siano massivi e siano sovrapposizione di neutrini di Dirac massivi (vedi Cap.14). Nell’ambito di tale fenomeno non `e per`o possibile determinare il valore della massa ma solo quello della differenza dei quadrati delle masse (Δm2 ) dei neutrini di Dirac. Secondo un’analisi dei dati di Super-Kamiokande del tipo illustrato nel cap. 16, Δm2 risulta dell’ordine di 10−6 eV 2 .

13.6 Appendice – Valutazione del fattore astrofisico La valutazione del flusso di neutrini provenienti dalle varie reazioni concatenate fra loro in successione (vedi fig. 12.2(a) del cap. 12), implica la valutazione della frequenza delle reazioni stesse (vedi eq. (13.2)), per la quale `e cruciale la conoscenza del fattore astrofisico S(E) a energie d’interazione molto basse, dell’ordine di 1 − 20 keV . Il fattore astrofisico dipende, a sua volta, dal prodotto della trasparenza della barriera repulsiva coulombiana e della sezione d’urto nucleare (relativa alla sola interazione forte) secondo la relazione S(E) = Eτ (E)σn (E) = E σ(E) ,

(13.33)

372

13 I neutrini solari

Fig. 13.13. Rivelatore di Super-Kamyokande. Ha forma cilindrica con diametro di 39.3 m e altezza di 42 m e contiene 50 000 ton di acqua. Il volume interno contiene 32 500 ton di acqua ed ` e visto da 11 146 fototubi di 50 cm di diametro; il volume esterno `e visto da 1885 fototubi da 20 cm di diametro. [32]

dove con σ(E) = τ (E)σn (E)

(13.34)

indichiamo la sezione d’urto comprensiva dell’interazione coulombiana e di quella nucleare. La trasparenza della barriera coulombiana vale 1 a energie elevate e decresce rapidamente al decrescere dell’energia. Come sappiamo, ha un effetto rilevante alle energie tipiche sul sole. La trasparenza della barriera coulombiana `e calcolata assumendo i nuclei “nudi”, ossia privi della nuvola elettronica atomica in quanto la materia solare `e costituita da plasma; con tale assunzione il potenziale repulsivo colombiano decresce con la distanza come 1/r. σn (E) `e ricavata da misure d’interazione fra nuclei in laboratorio. La valutazione di σn (E) presenta varie difficolt`a, fra le quali segnaliamo le seguenti. a) Per la maggioranza delle reazioni la sezione d’urto `e misurata solo per energie superiori a quelle d’interesse sul sole e l’andamento ad energie inferiori `e dedotto per estrapolazione sulla base di ipotesi che possono

13.6 Appendice – Valutazione del fattore astrofisico

373

Fig. 13.14. Variazione stagionale del flusso di neutrini. La curva mostra la variazione stagionale attesa in base alla variazione della distanza Terra-Sole. (Super-Kamyokande) Tabella 13.6. Valori dei flussi di neutrini definiti dalle relazioni (13.30), (13.31) e (13.29). ΦM SS `e il flusso totale sulla terra dei neutrini emessi dal decadimento del boro secondo i modelli solari nei quali non si ` e tenuto conto del fenomeno dell’oscillazione. Gli errori indicati includono quelli sistematici e quelli statistici. Φ(106 cm−2 s−1 )

Esperimenti

Φe

1.75 ± 0.12

SNO

Φe3

2.39 ± 0.34

SNO

Φe3

2.32 ± 0.08

Super-K. 2001

Φe3 − Φe

0.64 ± 0.40

SNO

Φe3 − Φe

0.57 ± 0.17

SNO + Super-K.

Φx

3.69 ± 1.13

SNO

Φe3 /ΦM SS

(45.1 ± 1.6)%

Super-K. 2001

Φ

5.44 ± 0.99

SNO + Super-K.

ΦM SS

∼ 5.14

374

13 I neutrini solari

essere verosimili ma non vere. In fig. 13.15 sono mostrati i corrispondenti valori del fattore astrofisico della reazione 7

Be + p → 8 B + γ

ottenuti nel corso di 45 anni per differenti estrapolazioni a energia zero: essi differiscono fra loro per pi` u del 100% e la differenza diminuisce nel tempo!

Fig. 13.15. Evoluzione temporale dei valori del “fattore astrofisico” per la reazione 7 Be + p →8 B + γ estrapolati a energia zero (in eV · barn) sulla base di misure ottenute in vari esperimenti. [6]

b) Le sezioni d’urto σ(E) alle energie d’interesse sul sole hanno valori molto piccoli, cos`ı che gli esperimenti sono affetti dai problemi tipici dei fenomeni rari, di cui si `e parlato in altri contesti. Per esempio, la sezione d’urto della reazione 3 He +3 He →4 He + 2p , (13.35) discussa in seguito, all’energia di 20 keV vale 10−13 barn! c) Negli esperimenti in laboratorio l’interazione avviene fra nuclei “vestiti”, ossia avvolti dalla nuvola elettronica degli atomi in cui sono inseriti. La nuvola elettronica annulla il campo coulombiano prodotto dai nuclei all’esterno della nuvola stessa e il potenziale elettrico efficace (detto potenziale “schermato”) assume la forma Vc s ∝

Z1 Z2 −r/Ra e , r

dove il valore di Ra `e dell’ordine del raggio atomico. Sul sole, invece, le interazioni avvengono fra nuclei ”nudi”, ossia privi di elettroni atomici. A

13.6 Appendice – Valutazione del fattore astrofisico

375

parit` a d’energia d’interazione, poich´e il potenziale schermato decresce con r pi` u rapidamente di quello non schermato, la sua trasparenza `e maggiore di quella del secondo 9 . d) Il numero di interazioni fra un fascio di ni nuclei incidenti e un bersaglio di ρ nuclei per unit` a di superficie per un’energia di interazione E in laboratorio `e dato dalla relazione n = ni ρσ(E) = ni ρτcs (E)σn (E) , dove τcs `e la trasparenza calcolata con un potenziale coulombiano schermato. Dalla misura di n e dal calcolo di τcs si ricava il valore della sezione d’urto nucleare: σ(E) . (13.36) σn (E) = τcs (E) Se la trasparenza non `e valutata correttamente (per esempio, per difetto), la (13.36) fornisce una valore errato della sezione d’urto (per eccesso). La sezione d’urto d’interazione sul sole `e σsole (E) = τ (E)σn (E) =

τ (E) σ(E) < σ(E) , τcs (E)

(13.37)

dove τ (E) `e calcolata con il potenziale coulombiano non schermato. La prima misura di una sezione d’urto a energie solari riguarda la reazione (13.36). Questo esperimento ha consentito di ricavare dagli stessi dati informazioni sia sulla sezione d’urto nucleare sia sulla trasparenza del campo schermato. L’andamento del fattore astrofisico per interazioni in laboratorio e sul sole `e rappresentato in fig. 13.16, dove la linea continua si riferisce ai nuclei 9

La trasparenza pu` o essere calcolata agevolmente se si assume in modo drastico che il potenziale schermato coincida con il potenziale non schermato per r < Ra e sia nullo per r > Ra : Vcs (r) = Vc (r) =0

per r < Ra per r > Ra

Per le relazioni (5.18) e (5.19) del cap. 5, tenuto presente che R Ra RR [Vcs (r) − E]1/2 dr = R a [Vc (r) − E]1/2 dr = R Rb Rb = R [Vc (r) − E]1/2 dr − Ra [Vc (r) − E]1/2 dr risulta

» τcs = exp(−γcs ) = τc exp Gf (

– E ) , Vc (Ra )

dove τc `e la trasparenza del potenziale coulombiano non schermato (eq. (5.22) del cap. 5), G `e il fattore di Gamow (eq. (5.24) del cap. 5), Vc (Ra ) `e il potenziale coulombiano alla distanza r = Ra , E `e l’energia cinetica del moto relativo, E f ( Vc (R ) `e una funzione analoga alla (5.25) del cap. 5. E’ evidente che τcs > τc . a)

376

13 I neutrini solari

Fig. 13.16. Valori del fattore astrofisico relativo alla reazione fra nuclei “vestiti” 3 He +3 He →4 He + 2p ottenuti nell’esperimento LUNA (cerchietti pieni lungo la linea continua). I risultati si estendono nella ragione energetica d’interesse per il sole coperta dalla funzione di Gamow (vedi fig. 12.5 del cap. 12). La linea punteggiata descrive l’andamento del fattore astrofisico per l’interazione degli stessi nuclei sul sole (nuclei “nudi”, vedi eq. (13.36)). [10]

vestiti e quella punteggiata ai nuclei nudi. Gli andamenti delle due linee sono coincidenti per E > 30 keV , ma divergono sempre pi` u per energia tendente a zero. Senza le misure a energie nella regione di Gamow l’effetto dello schermo elettronico sarebbe difficilmente valutabile e di conseguenza risulterebbero incerti anche la sezione d’urto e il fattore astrofisico relativo alle interazioni sul sole.

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14 Neutrini massivi

14.1 Introduzione Il neutrino emesso nel decadimento dei nuclei `e il pi` u leggero dei fermioni. Gli studi sperimentali dello spettro energetico dei β emessi nel decadimento del trizio (vedi cap.8) indicano che la sua massa `e inferiore a ∼ 3 eV e finora abbiamo supposto che essa sia zero (come la massa del fotone, il pi` u leggero dei bosoni). Come abbiamo visto nei precedenti capitoli, molte osservazioni sperimentali sono consistenti con tale ipotesi. Se questa viene abbandonata, cosa lecita in quanto le osservazioni sperimentali dirette indicano per la massa solo un limite superiore sia pure piccolo, sono ipotizzabili nuovi fenomeni, in particolare le oscillazioni di neutrino e il doppio decadimento β senza emissione di neutrini. Il primo fenomeno `e stato osservato in vari esperimenti (cap.16) e il secondo `e stato osservato in un solo esperimento ed `e oggetto di ricerche in vari laboratori (cap. 15). Spinte a indagare in questo senso provengono da vari settori: dalle teorie di grande unificazione, i cui modelli sulle interazioni fondamentali prevedono proprio l’esistenza di neutrini massivi; dalla cosmologia e dall’astrofisica in relazione alla velocit`a di espansione dell’universo e all’eccesso di materia oscura rispetto a quella luminosa; dai modelli solari. Nei paragrafi seguenti verranno analizzate le caratteristiche dei neutrini massivi e delle loro interazioni e verranno illustrati alcuni processi atti a evidenziarli. L’ipotesi dell’esistenza di neutrini massivi si intreccia con quella dell’esistenza di neutrini dal numero leptonico indefinito (detti “di Majorana”), nelle cui interazioni il numero leptonico non `e conservato. Ricordiamo che elettrone e neutrino elettronico (e relative antiparticelle) costituiscono una delle tre famiglie di leptoni osservate sperimentalmente (il numero tre `e spiegabile in base a considerazioni teoriche). Le altre famiglie sono costituite dalla particella μ e dal neutrino muonico (e relative antiparticelle) e dalla particella τ e dal neutrino tauonico (con le relative antiparticelle; il neutrino τ `e stato osservato solo recentemente e in modo indiretto). Convenzionalmente le tre famiglie sono contraddistinte da un diverso “sapore”

380

14 Neutrini massivi

(elettronico, μ-onico, τ -onico). Nella teoria elettrodebole standard si assume che i tre neutrini siano di massa nulla e levogiri e che, separatamente per ciascun sapore, sia conservato il numero leptonico.

14.2 Neutrini massivi 14.2.1 Neutrini di Dirac Sulla base delle osservazioni sperimentali e dell’equazione di Dirac (cap. 10) sono stati identificati quattro stati di neutrino di massa nulla e in moto libero che differiscono per il numero leptonico  e per l’elicit`a h come indicato nella seguente tabella: 

h

ν↓

1

−1

ν¯↑

−1

1

antineutrino fisico

ν↑

1

1

neutrino sterile

ν¯↓

−1

−1

neutrino fisico

antineutrino sterile

Sperimentalmente sono stati osservati solo il neutrino levogiro ν↓ e l’antineutrino destrogiro ν↓ . Il neutrino destrogiro e l’antineutrino levogiro sono detti sterili in quanto, sino a evidenza contraria, sono solo ipotetici e non partecipano a interazioni. Neutrino e antineutrino fisici, cos`ı come quelli sterili, sono correlati fra loro secondo le relazioni ν¯↑ = CP ν↓ ,

ν¯↓ = CP ν↑ .

I processi di emissione e di assorbimento dei neutrini e degli antineutrini da parte dei nuclei hanno messo in evidenza che neutrini e antineutrini sono particelle distinte (ν↓ = ν¯↑ ) non intercambiabili: per esempio, il neutrone emette un antineutrino destrogiro e assorbe un neutrino levogiro, ma non avviene il viceversa. Dall’insieme di queste osservazioni segue che nelle interazioni neutrino-nucleone `e conservato il numero leptonico (par. 9.6, cap. 9) e che l’hamiltoniana del decadimento β `e essenzialmente levogira (cap. 11). I neutrini dalle propriet` a sopra riassunte sono chiamati neutrini di Dirac (di massa nulla). Va rilevato che, se effettivamente esistono solo il neutrino levogiro e l’antineutrino destrogiro, l’elicit` a `e sufficiente per distinguere le due particelle e per giustificare le limitazioni alle loro interazioni con i nucleoni; il numero leptonico appare superfluo. Se si ammette che il neutrino sia massivo (ν m ), sulla base delle osservazioni sperimentali e dell’equazione di Dirac relative a una particella massiva quale l’elettrone, ci aspettiamo quattro stati di neutrino costituiti dalla sovrapposizione di stati di elicit` a opposta (+1 e −1; eq. (10.55) e (10.56) del cap.10):

14.2 Neutrini massivi

381



h

ν1m = aν↑m + bν↓m

1

v/c

(14.1)

ν¯2m = b¯ ν↓m + a¯ ν↑m

−1

v/c

(14.2)

ν2m = aν↓m + bν↑m

1

v/c

ν¯1m = b¯ ν↑m + a¯ ν↓m

−1

v/c

con ν¯2m = CP ν1m e ν¯1m = CP ν2m . L’elicit`a osservabile `e la media pesata di quella degli stati sovrapposti. Il peso a dell’eventuale componente destrogira del neutrino (levogira dell’antineutrino) `e proporzionale a (mν /Eν )2 ed `e, quindi, molto piccolo (eq. (10.61) del cap. 10). Inoltre, poich´e il rapporto v/c `e poco diverso da 1, i neutrini ν1m e ν¯2m sono i naturali corrispondenti massivi dei neutrini fisici di massa nulla. Generalizzando il fatto che i neutrini osservati sono privi di carica elettrica, possiamo assumere che anche il neutrino massivo di Dirac sia neutro; tuttavia, come il neutrone, potrebbe avere un momento magnetico. Secondo stime teoriche, il valore atteso `e molto piccolo, in pratica non misurabile. Espresso in magnetoni di Bohr, il valore del momento magnetico risulta proporzionale alla massa del neutrino secondo la relazione μ ∼ 3 · 10−19 mν (eV )μBohr . 14.2.2 Neutrini di Majorana Il neutrino di Majorana di massa zero `e definito dall’identificazione tra stato di particella e stato di antiparticella: νM = CP νM .

(14.3)

Pertanto esso `e autostato di CP . Si verifica immediatamente che questa propriet`a `e soddisfatta se il neutrino di Majorana viene espresso, per esempio, mediante la combinazione lineare degli stati di neutrino e di antineutrino di Dirac: νM = νD↓ + ν¯D↑ .

(14.4)

Infatti CP νM = CP νD↓ + CP ν¯D↑ = ν¯D↑ + νD↓ = νM . Il neutrino di Majorana di massa zero risulta essere una sovrapposizione di stati di neutrino levogiro e di antineutrino destrogiro. In altre parole, il neutrino di Majorana non ha n´e numero leptonico, n´e elicit` a definiti. Se l’autostato di neutrino di Majorana soluzione dell’equazione di Dirac `e

382

14 Neutrini massivi

uM

 φ = , χ

(14.5)

lo stato di antineutrino `e (vedi par. 10.12 del cap. 10) % & % &  2  φ φ CP νM = CP = iγ K χ χ % &% & % & 0 σ2 φ∗ σ2 χ∗ =i =i . −σ2 0 χ∗ −σ2 φ∗

(14.6)

Gli autostati (14.5) e (14.6) sono uguali se, per esempio, χ = −iσ2 φ∗ , quindi la (14.5) diviene

% νM =

φ −iσ2 φ∗

& .

(14.7)

Questa relazione mostra che le due componenti dello spinore sono correlate fra loro. Inoltre, se φ descrive uno stato di elicit` a positiva, ossia se φ = φ↑ , per la (10.96) del cap.10 la (14.7) diviene % & φ↓ νM = (14.8) φ↑ che mostra che le due componenti hanno elicit`a opposte. I neutrini di Majorana massivi sono esprimibili mediante la sovrapposizione di stati di neutrini di Dirac massivi:     ν↑m + a¯ ν↓m = νM = ν1m + ν2m = aν↑m + bν↓m + b¯ (14.9)     = a ν↑m + ν¯↓m + b ν↓m + ν¯↑m Infatti, si verifica immediatamente che la (14.9) soddisfa alla (14.3). La (14.9) mette in particolare evidenza che essi sono sovrapposizione di stati di neutrino con elicit`a ±1 e di stati di antineutrino con elicit` a ±1. Poich´e particella e antiparticella hanno carica elettrica, momento magnetico e momento di dipolo elettrico di segno opposto, l’identit` a fra particella e antiparticella impone che i neutrini di Majorana non possiedano n´e carica elettrica, n´e momento magnetico, n´e momento di dipolo elettrico. 14.2.3 Osservazione Il problema dell’identit` a o meno fra particelle e antiparticelle si pone per tutte le particelle elettricamente neutre. Il neutrino distinto dall’antineutrino

14.3 Doppio decadimento β

383

`e, sotto certi aspetti, simile al mesone neutro K 0 , che `e distinto dalla sua antiparticella in virt` u del diverso numero quantico detto “stranezza”, o al neutrone, che `e distinto dall’antineutrone per il diverso numero barionico e la diversa orientazione del momento magnetico rispetto allo spin. Il neutrino coincidente con l’antineutrino sarebbe simile al mesone π o .

14.3 Doppio decadimento β Consideriamo la trasformazione di un nucleo di numero atomico Z in un isobaro di numero atomico Z + 2; le modalit` a principali secondo le quali essa pu` o verificarsi sono rappresentate dalle due reazioni seguenti: ν, (A, Z) → (A, Z + 2) + 2e− + 2¯

(14.10)

(A, Z) → (A, Z + 2) + 2e− ,

(14.11)

chiamate, doppio decadimento β con e senza emissione di neutrini, rispettivamente. Il doppio decadimento β `e osservabile, in linea di principio, nei nuclei pari-pari per i quali il decadimento β singolo `e vietato dal principio di conservazione dell’energia, ossia nei casi in cui M (A, Z) → M (A, Z ± 1) − me < 0 , (vedi fig. 14.2 e cap.15). La reazione (14.10) pu` o avere un’interpretazione molto semplice: due neutroni del nucleo iniziale si trasformano (simultaneamente) in protoni emettendo ciascuno una coppia elettrone-antineutrino secondo le modalit` a che ci hanno portato alla definizione della teoria V −A (in particolare gli antineutrini hanno massa nulla ed elicit`a +1 e il numero leptonico `e conservato): & % n → p + e− + ν¯ ν. (14.12) → (A, Z + 2) + 2e− + 2¯ (A, Z) → − n → p + e + ν¯ La reazione (14.11) presenta caratteristiche non convenzionali. Osserviamo, innanzi tutto, che se l’elettrone ha numero leptonico +1, in questa reazione il numero leptonico non `e conservato, ma aumenta di Δ = 2. Inoltre l’assenza di neutrini nello stato finale suggerisce che questa reazione abbia luogo tramite l’emissione di un “neutrino” (che indichiamo con ν ∗ ) da parte di un primo neutrone e il successivo assorbimento dello stesso “neutrino” da parte di un secondo neutrone: & % n1 → p + e− + ν ∗ (14.13) → (A, Z + 2) + 2e− . (A, Z) → ν ∗ + n2 → e− + p ν ∗ deve apparire simile all’antineutrino di Dirac (numero leptonico −1 ed elicit` a positiva) all’emissione da parte del primo neutrone e simile al neutrino

384

14 Neutrini massivi

di Dirac (numero leptonico −1 ed elicit`a negativa) nell’assorbimento da parte del secondo neutrone. In altre parole, ν ∗ deve essere una sovrapposizione di stati di numero leptonico +1 e −1 e di elicit`a levogira e destrogira. Il fatto a diversa dipendentemente dall’osservatore (l’uno o che ν ∗ appaia con elicit` l’altro neutrone) indica che esso ha velocit` a inferiore a c ed `e quindi dotato di massa. Secondo la teoria di Dirac (par. 9.6 del cap. 9) ci` o equivale a dire che il neutrino `e una sovrapposizione di stati di elicit` a opposta.

Fig. 14.1. Decadimento 0 νββ: (a) Meccanismo impossibile; (b) meccanismo possibile.

Le caratteristiche descritte appartengono al neutrino di Majorana massivo definito dalla (14.9). L’emissione e l’assorbimento di tale neutrino possono avvenire sulla base di un’hamiltoniana di interazione contenente sia termini V − A, sia termini V + A (vedi fig.14.1), come mostriamo qui di seguito. L’interazione fra nucleoni e neutrini di Dirac di massa nulla `e descritta dalla teoria V − A, secondo la quale la densit` a di hamiltoniana ha la forma (eq. (11.21) del cap. 11)     + μ   ¯e γ (1 − γ 5 )u+ (14.14) Vif = Ψ¯p γ μ gV − gA γ 5 Ψn · u ν = JL · jL , dove la corrente leptonica   + μ jL = u ¯e γ (1 − γ 5 )u+ ν

(14.15)

coinvolge nell’interazione solo la componente levogira dei neutrini (o la componente destrogira degli antineutrini) per la presenza dell’operatore di proiezione dello stato di elicit` a levogira (1 − γ 5 ). Se i neutrini fisici di massa nulla fossero destrogiri, la densit` a di hamiltoniana avrebbe la forma ( eq. (11.22) del cap. 11)     + μ   ¯e γ (1 + γ 5 )u+ (14.16) Vif = Ψ¯p γ μ gV + gA γ 5 Ψn · u ν = JD · jD caratterizzata dalla presenza della corrente leptonica   + μ jD = u ¯e γ (1 + γ 5 )u+ ν

(14.17)

14.3 Doppio decadimento β

385

che contiene l’operatore di proiezione dello stato di elicit`a destrogira. Nel caso di emissione e assorbimento di neutrini di Dirac massivi, l’interazione deve tener conto sia della componente levogira che di quella destrogira. Tenuto conto della (14.1) e delle propriet` a degli operatori di proiezione dello stato di elicit`a negativa e positiva (vedi le relazioni (10.52) e (10.95) del cap. 10), si pu` o assumere una densit`a di corrente leptonica avente la forma    + μ   + μ m m ¯e γ (1 + γ 5 )ν1m = = jLm + jD = u ¯e γ 1 − γ 5 ν1m + u jDirac   μ bν↓m + am . =u ¯+ e γ ↑ Analogamente, tenuto conto della (14.1) e della (14.2), otteniamo un’espressione della corrente leptonica adeguata all’emissione e all’assorbimento di neutrini di Majorana effettuando nelle (14.15) e (14.17) la sostituzione, e dato dalla (14.9): u+ ν → νM dove ν M `     μ 5 ¯+ γ μ 1 − γ 5 (ν1m + ν2m ) = jLM ajor = u ¯+ e γ (1 − γ )uM = u    m   m  aν↑ + bν↓m + a¯ ν↓ + b¯ (14.18) ν↑m = =u ¯+ γ μ 1 − γ 5  m  + μ m ν↓ , =u ¯ γ bν↓ + a¯     M ajor μ 1 + γ 5 uM = u =u ¯+ ¯+ γ μ aν↑m + b¯ ν↑m . jD e γ

(14.19)

Combinando fra loro linearmente queste espressioni si ottiene: M ajor M ajor m jM + jD . ajor = jL

(14.20)

Per m = 0 (quindi per a = 0 nella (14.9)) la corrente leptonica (14.20) diviene m=0 μ ¯+ ν↓ ) jM ajor = u e γ b (ν↓ + η¯

(14.21)

 m  m μ bν↓ + a¯ ¯+ ν↓m . jM ajor = u e γ

(14.22)

e per η = 0 diviene

Queste due relazioni mettono in evidenza i distinti contributi all’indefinizione del numero leptonico dovuti alla componente destrogira del neutrino di Majorana e alla sua massa. Se sia η che a sono uguali a zero, la corrente leptonica assume l’espressione data dalla teoria V − A, il neutrino di Majorana viene a coincidere con il neutrino di Dirac di massa nulla e non si ha doppio decadimento β senza emissione di neutrini. Sulla base degli studi sperimentali su questo processo, (vedere il par. 15.3.2 del cap. 5), si deve ritenere che la sua probabilit` a sia molto piccola o, equivalentemente, che i parametri η e a, se non sono nulli, siano molto piccoli. La forma pi` u generale utilizzata in letteratura per la densit` a di hamiltoniana del doppio decadimento beta con e senza emissione di neutrini `e data dalla

386

14 Neutrini massivi

combinazione della (14.20) con una generalizzazione analoga della corrente nucleare:1 Vif ∝ (JL + κJD ) (jL + ηjD ) = JL jL + ηJL jD + λJD jD + κJD jL λ = κη ,

(14.23)

dove le correnti nucleari sono date dalle seguenti espressioni introdotte nel cap. 11:     JL = Ψ¯p γ μ gV − gA γ 5 Ψn , (14.24)     (14.25) JD = Ψ¯p γ μ gV + gA γ 5 Ψn . Concludendo, in linea di principio l’osservazione del doppio decadimento β senza emissione di neutrini consente di scoprire se il neutrino gode delle propriet` a del neutrino massivo di Majorana e se esistono processi senza conservazione del numero leptonico. I valori di η, di λ e della massa del neutrino vengono determinati sulla base dei valori sperimentali della vita media. 14.3.1 Probabilit` a del decadimento ββ. Come2 per il decadimento β, anche per il decadimento ββ viene definita la probabilit` a di transizione per unit` a di tempo w e la densit`a di probabilit` a rispetto all’energia (o all’impulso) degli elettroni (dw/dEe o dw/dpe ); quest’ultima quantit` a descrive la distribuzione energetica degli elettroni. w dipende dal modulo quadro dell’elemento di matrice di transizione, dalla densit` a degli stati finali e da un fattore che tiene conto dell’interazione coulombiana fra nucleo residuo ed elettroni finali. L’entit` a della densit` a degli stati finali dipende dall’energia totale liberata. La trattazione matematica del decadimento ββ `e molto complicata e qui ci limitiamo a illustrare alcuni aspetti di carattere generale e a dare alcuni risultati particolari a titolo d’esempio. Si pu` o supporre che la trasformazione dei due neutroni nelle modalit` a di decadimento (14.12) e (14.13) avvengano in successione. In un primo passo il nucleo iniziale (A, Z) si trasforma nel nucleo intermedio (A, Z + 1) e, in un passo successivo, quest’ultimo si trasforma nel nucleo finale (A, Z + 2). La transizione al nucleo (A, Z + 1) `e detta virtuale in quanto avviene con violazione del principio di conservazione dell’energia, poich´e la massa del nucleo (A, Z + 1) `e maggiore di quella iniziale. La violazione di questo principio per un ammontare di energia ΔE `e ammesso se si interpreta ΔE come un’indeterminazione dell’energia del sistema la quale sussista per un intervallo di tempo Δt piccolo rispetto a /ΔE (limite inferiore dell’intervallo di tempo necessario per la misura di ΔE in base al principio di 1 2

Usualmente il termine in κ viene trascurato. Questo paragrafo non `e necessario per la comprensione dei paragrafi successivi e pu` o essere omesso almeno in prima lettura.

14.3 Doppio decadimento β

387

indeterminazione, Δt ≥ /ΔE). In ogni caso, i prodotti del primo processo (decadimento) non si materializzano finch´e non si `e completato anche il secondo (assorbimento), cos`ı che i due processi vanno considerati simultanei e la successione temporale precedentemente considerata `e puramente ipotetica. Si prenda ora in considerazione l’esempio di fig. 14.2 riferito al decadio essere mento ββ 82 Se →82 Kr. In questo processo, in linea di principio pu` coinvolto qualsiasi livello del nucleo intermedio 82 Br. Tuttavia, giocano un ruolo dominante solo gli stati che, per i loro numeri quantici di spin e parit` a, sono connessi ai nuclei iniziale e finale tramite transizioni permesse di Fermi o di Gamow-Teller. Tra questi stati sono pi` u importanti quelli di energia inferiore, perch´e implicano la messa in gioco di una energia inferiore. Si pu` o anche dimostrare che le transizioni di Gamow-Teller sono pi` u importanti di quelle di Fermi. Pertanto, essendo i nuclei iniziale e finale negli stati 0+ , sono u bassa del nucleo dominanti i contributi relativi agli stati 1+ di energia pi` intermedio.

82 82 Fig. 14.2. Schema dei livelli energetici nei nuclei 82 34 Se, 35 Br, 36 Kr. La massa del selenio `e maggiore della massa del bromo e ci` o impedisce il decadimento β singolo del selenio. Del selenio e del kripton sono indicati solo gli stati fondamentali. La linea continua con freccia indica la transizione ββ, quelle tratteggiate una della possibili transizioni a stati virtuali del nucleo intermedio.

Nell’esempio della figura il contributo dominante `e dato dalla transizione dallo stato 0+ del 82 Se allo stato 1+ del 82 Br di energia minima seguita dalla transizione allo stato fondamentale O+ del 82 Kr. Per le reazioni (14.10) e (14.11), secondo la teoria delle perturbazioni dipendenti dal tempo al secondo ordine, l’elemento di matrice di transizione ha la forma [11]: 3 4 ∗ ∗ ∗ ∗ 6 χf Ψf |H| Ψv χv χv Ψv |H| Ψi  5 ∓ ∓ (14.26) β β ; (A, Z ± 2) |(A, Z) = v Wv − Ei + Ee + Eν dove v = numero dei livelli intermedi virtuali Ei = energia del nucleo genitore

388

14 Neutrini massivi

Wv = energia del v-esimo livello nucleare Ee = energia totale dell’elettrone intermedio Eν = energia totale del neutrino (antineutrino) intermedi Ψi , Ψf e Ψv sono le funzioni d’onda degli stati del nucleo genitore (A, Z), del nucleo figlio (A, Z ± 2) e del nucleo intermedio virtuale (A, Z ± 1). χf e χv sono le funzioni d’onda degli stati leptonici finale e intermedio. Lo stato o contenere rappresentato da χv contiene una coppia elettrone-neutrino; χf pu` 2 elettroni e nessun neutrino oppure 2 elettroni e 2 neutrini. Nella (14.26) va utilizzata l’hamiltoniana adeguata al caso da esaminare; per esempio l’eq. (11.20) del cap. 11 per l’emissione di due neutrini di massa zero o l’eq. (14.23) in assenza di neutrini. In ogni caso, la (14.26) mostra che la probabilit` a di transizione da stato iniziale a stato finale dipende dal prodotto della probabilit` a di transizione fra lo stato iniziale e quello intermedio per la probabilit` a di transizione fra quello intermedio e quello finale; pertanto essa dipende dalla costante di accoppiamento come g 4 , il che comporta una vita media molto lunga (τ = 1/w). L’applicazione dell’eq. (14.26) a casi specifici comporta calcoli complessi che esulano dallo scopo di queste lezioni. Nel seguito riportiamo, a titolo d’esempio, alcune espressioni esplicite della probabilit` a di transizione per unit` a di tempo relative a casi particolari di transizioni permesse di Gamow-Teller 0+ → 1+ → 0+ con un unico stato virtuale intermedio. 14.3.2 Decadimento 2νββ Viene utilizzata l’hamiltoniana V − A e la massa del neutrino `e posta uguale a zero. La probabilit` a di transizione w `e esprimibile mediante la relazione [13]  4 T0 16gGT m11 1 2 2 e [F (Z + 2)] f w2ν = ξ2ν |MGT |  2 T0 8!π 7 m e EN + 2 + me F (Z) =

2παZ , 1 − e−2παZ

  f (ε) = ε7 1 + ε/2 + ε2 /9 + ε3 /90 + ε4 /1980 , dove gGT = 1.28 · 10−5 = costante di accoppiamento di Gamow-Teller definita tramite la massa del protone, MGT = elemento di matrice nucleare, f (ε) = tiene conto dello spazio delle fasi, α = 1/137 = costante di struttura fine,

14.3 Doppio decadimento β

389

EN = energia del livello nucleare intermedio (A, Z + 1) rispetto al nucleo (A, Z), T0 = energia cinetica totale trasportata dai leptoni. 14.3.3 Decadimento 0νββ Per la (14.23) e la (14.26), la probabilit` a di transizione per unit` a di tempo ha la forma generale  w0ν (0+ → 0+ ) = A

mM ν me

2 +Bλ

mM mM ν +Cη ν +Dλ2 +Eη 2 +F λη , (14.27) me me

dove i coefficienti A, B, ecc. dipendono dalla costante di accoppiamento gGT , dell’ elemento di matrice nucleare e dall’energia liberata. La (14.27) rappresenta un elissoide nelle variabili mν , λ e η e stabilisce limiti ai valori di queste variabili. In pratica essa consente di ricavare limiti superiori per questi valori, una volta che siano noti i coefficienti A, B, ecc. (che, almeno in linea di principio, sono calcolabili) e la probabilit` a di transizione (ottenibile sperimentalmente mediante misure di vita media), come `e mostrato in fig. 14.3. Dalla (14.27) si deduce un limite superiore per la massa

Fig. 14.3. Esemplificazione dell’elissoide definito dall’eq. (14.27). Nel caso particolare in cui λ = 0 e C = 0, l’elissoide si riduce a un’ellisse nel piano (mν /me , η). Le coppie di valori di mν /me e η compatibili con un dato valore di w (eventualmente ottenuto sperimentalmente) appartengono alla linea ellittica di equazione (mν /me )2 η2 + =1 a2 b2 2 2 con a = w/A e b = w/D. I valori di mν /me e η sono limitati dalle disuguaglianze mν /me ≤ a e η ≤ b. mν /me = a per η = 0; η = b per mν /me = 0.

del neutrino dato dalla disuguaglianza

390

14 Neutrini massivi



mM ν me

2 ≤

ln 2 w0ν = A AT1/2

(14.28)

Il tempo di dimezzamento stimato per vari nuclei `e in generale molto grande, superiore a 1020 anni. Alcuni valori ricavati sperimentalmente sono riportati nella tab. 15.2 del cap. 15.

14.4 Oscillazioni di neutrino I neutrini massivi sono suscettibili di fenomeni di “oscillazione” e di “instabilit` a”. La possibilit` a di oscillazioni `e suggerita, fra l’altro, dall’osservazione ¯ 0 ). sperimentale di un fenomeno riguardante i mesoni neutri strani (K 0 e K 14.4.1 I mesoni K neutri. ¯ 0 costituiscono una coppia particella-antiparticella fra loro coniugaK0 e K te e sono distinte dal diverso valore di un particolare numero quantico detto ¯ 0 ). K 0 e K ¯ 0 vengono prodotstranezza (S = 1 per K 0 e S = −1 per K ti in processi governati dall’interazione forte, per esempio nell’annichilazione ¯ 0 , nei quali si conserva la stranezza. Essi sono protone-antiprotone p¯ p → K 0K autostati dell’operatore di parit` a: ¯ 0 = −K ¯0 , PK

P K 0 = −K 0 ,

(14.29)

e sono correlati dall’operatore CP , proprio come il neutrino e l’antineutrino: ¯0 CP K 0 = −K

¯ 0 = −K 0 . CP K

(14.30)

0

Sperimentalmente si osserva che i K sono instabili e decadono in 2 pioni con una vita media “breve” (τ1 ∼ 10−10 s) o in 3 pioni (o altre combinazioni di tre particelle) con una vita media “lunga” (τ2 ∼ 10−7 s). Un sistema di due 2 pioni costituisce un autostato di CP con autovalore +1 e uno di tre pioni un autostato di CP con autovalore −1. I K 0 appaiono quindi come una mescolanza di due tipi di particelle con differenti vite medie e autovalori di CP = ±1.3 Tenuto conto delle (14.30), si verifica immediatamente che le seguenti ¯ 0: combinazioni lineari di K 0 e K 1 1 ¯ 0) , ¯ 0) K1 = √ (K 0 − K K2 = √ (K 0 + K (14.31) 2 2 non hanno stranezza definita e sono autostati di CP 4 : 3 4

Si noti che nei decadimenti citati, governati dall’interazione debole, non viene conservata la stranezza poich´e i mesoni prodotti hanno stranezza S = 0. CP K1 = CP K2 =

√1 (CP K 0 2 √1 (CP K 0 2

¯ 0) = − CP K ¯ 0) = + CP K

1 ¯0 √ (−K 2 ¯0 − √12 (K

+ K 0 ) = K1 + K 0 ) = −K2

14.4 Oscillazioni di neutrino

CP K1 = +K1 Si pu` o anche porre in forma matriciale:  0  K K1 = U ¯0 K K2

CP K2 = −K2 .

1 U=√ 2



1 −1 1 1

391

(14.32) .

(14.33)

¯ 0 come combinazioni lineari di K1 e Invertendo le (14.31), si ricavano K 0 e K K2 : 1 ¯ 0 = √1 (K2 − K1 ) . K 0 = √ (K1 + K2 ) , K (14.34) 2 2 Se si assume (cosa provata sperimentalmente) che K1 e K2 abbiano masse diverse, `e prevedibile un particolare fenomeno di interferenza che prende il nome di oscillazioni di stranezza. Dato un fascio iniziale di soli K 0 (S = +1), ¯ 0 (S = −1). al passare del tempo nel fascio si manifesta anche la presenza di K 0 0 ¯ varia nel tempo in modo periodico con periodo che La frazione di K e di K dipende dalla differenza di massa fra K1 e K2 . Esaminiamo il fenomeno in modo quantitativo. Supponiamo che all’istante t = 0 sia prodotto un fascio con il 100% di K 0 aventi velocit` a v. All’istante iniziale, pertanto, il contributo iniziale di K1 e K2 `e come nella prima delle (14.34). Poich´e K1 e K2 sono instabili, le loro ampiezze decadono nel tempo con legge esponenziale: e−t/2τ1 γ ,

e−t/2τ2 γ ,

(14.35)

dove τ1 e τ2 sono le vite medie in quiete e τ1 γ e τ2 γ sono le vite medie in moto con 1/2  . γ = 1/ 1 − β 2 Poich´e τ1  τ2 , al fluire del tempo il fascio si impoverisce di K1 rispetto a K2 . Supponendo che K1 e K2 si muovano liberamente e siano descrivibili da onde piane, l’ampiezza all’istante generico t e a una distanza generica x dalla sorgente `e descritta dalla funzione d’onda  t t i i 1  Ψ = √ e− 2τ1 γ e  (E1 t−p1 x) Ψ (K1 ) + e− 2τ2 γ e  (E2 t−p2 x) Ψ (K2 ) . (14.36) 2 Tenuto conto delle (14.31) e del fatto che la componente di K 0 in Ψ `e data ¯ 0 ) = 0), si ha infine che la da Ψ ∗ (K 0 )Ψ (con Ψ ∗ (K 0 )Ψ (K 0 ) = 1 e Ψ ∗ (K 0 )Ψ (K 0 frazione di K all’istante t e nel punto x `e  0   ∗ 0 2   W K   = Ψ (K )Ψ = “ ” t 1 t t − 2γ + τ1 −τ γ −τ γ 1 1 τ 1 2 = 4 e 1 + e 2 + 2e · cos  [(E1 − E2 ) t − (p1 − p2 ) x] =   “ ” t 1 − 2γ + τ1 − τ tγ − τ tγ cγ 1 τ 1 2 · cos  [(ct − βx) (m1 − m2 )] , = 4 e 1 + e 2 + 2e (14.37)

392

14 Neutrini massivi

dove si `e tenuto conto che v1 = v2 = v e si `e fatto uso delle relazioni p = mcβγ E = mc2 γ ¯ 0 ) = |Ψ ∗ (K ¯ 0 )Ψ |2 , `e ¯ 0 , (W (K In modo analogo si ottiene che la frazione di K data dalla (14.37) a meno del segno davanti al termine in coseno che `e −.

Fig. 14.4. (a) Produzione di mesoni K 0 per annichilazione di antiprotoni su un bersaglio di idrogeno (esempio: p¯p → K 0 K − π + ) e differenti decadimenti dei mesoni ¯ 0 in funzione del tempo secondo l’eq. (14.37) per t τ2 . K 0 . (b) Frazione di K 0 e K 0 0 ¯ (c) Frazione di K e K per m1 = m2 , τ1 τ2 . Si `e assunto x = 0.

La (14.37) contiene termini esponenziali che dipendono dalle vite medie e un termine oscillante che dipende dalla differenza di massa fra K1 e K2 . E’ evidente che un fascio che all’inizio contiene solo K 0 (S = 1), all’istante t (o ¯ 0 (S = −1). In fig. 14.4 `e nel punto x) contiene anche una componente di K ¯ 0 per t τ2 . esemplificato l’andamento della percentuale di K 0 e K Le cause di tale andamento sono due: i) a parit` a di massa (m1 = m2 ), la diversa vita media. Poich´e τ1  τ2 , dopo un certo tempo nel fascio ci sono solo K2 , che sono una miscela di K 0 e ¯ 0 `e ¯ 0 . Se τ1  τ2 e m1 − m2 = 0, per t  τ2 la frazione di K 0 e K K approssimativamente data dalla relazione ) t 1 ( − τ tγ e 1 + 1 ± 2e− 2τ1 γ 4 che tende al valore 1/4 per τ1  t  τ2 . Ovviamente, per t → ∞, secondo ¯ 0 tendono a zero. la (14.37) sia la frazione di K 0 che quella di K

14.4 Oscillazioni di neutrino

393

ii) A parit` a di vite medie (τ1 = τ2 ), la diversit` a di massa. E’ proprio questa ¯ 0 . Queste che determina l’andamento oscillante della frazione di K 0 e K oscillazioni sarebbero presenti anche se K1 e K2 fossero stabili (τ1 = τ2 = ∞). Il periodo o la lunghezza d’onda delle oscillazioni ´e determinato dalla differenza di massa Δm. Se fosse Δm = 0, non ci sarebbero oscillazioni. Lo studio sperimentale delle oscillazioni di stranezza ha permesso di stabilire che la differenza di massa `e piccola ma non nulla: Δm = 3.52 · 10−6 eV (al ¯ 0 vari periodi fuori degli errori sperimentali). Il fatto che la frazione di K 0 e K dicamente comporta che vari corrispondentemente il contenuto di stranezza, da qui il nome di oscillazioni di stranezza al fenomeno descritto. 14.4.2 Oscillazioni di neutrino Fenomeni simili alle oscillazioni di stranezza possono essere pensati per i neutrini massivi (non importa se di Dirac o di Majorana). Ricordiamo al riguardo che esistono tre famiglie di leptoni di differente sapore, ognuna costituita da particelle e antiparticelle. Nell’ambito di ciascun sapore `e definito il numero leptonico con il relativo principio di conservazione nelle interazioni deboli. Normalmente si conviene che anche il sapore sia conservato. Rimuoviamo ora le restrizioni che governano le interazioni dei neutrini. Si ¯0 presentano vari casi di analogia con la trasformazione (oscillazione) K 0 ↔ K e la non conservazione della stranezza. Consideriamo la trasformazione (oscillazione) ν ↔ Cν fra neutrini dello stesso sapore (indicato dagli indici) e la non conservazione del numero leptonico. In questa oscillazione Cν `e un antineutrino sterile e non `e conservato il numero leptonico. Nell’analogia con i kaoni, la coppia neutrino-antineutrino ¯ 0 ; il numero leptonico corrispondi dato sapore corrisponde alla coppia K 0 , K de alla stranezza. Similmente si possono immaginare oscillazioni fra neutrini di sapore diverso (per esempio νe ↔ νμ ) e tra neutrini e antineutrini (per esempio νe ↔ ν¯e .) Esaminiamo pi` u in dettaglio il caso particolare delle oscillazioni di sapore. A questo fine, supponiamo che i neutrini osservati nelle interazioni deboli non coincidano con i neutrini autostati dell’equazione libera di Dirac (autostati di massa), ma siano combinazioni lineari di questi. Supponiamo che i neutrini di Dirac siano tre con differenti masse e poniamo, in analogia con la (14.33), ⎛ ⎞ ⎛ ⎞ ν1 νe ⎜ ⎟ ⎜ ⎟ ⎜ νμ ⎟ = U ⎜ ν2 ⎟ , (14.38) ⎝ ⎠ ⎝ ⎠ ντ ν3 dove U `e una matrice 3 × 3. I neutrini ν1 , ν2 , ν3 , autostati di massa, hanno il ruolo di K1 e K2 , autostati di CP . Affinch´e sussista il fenomeno delle oscillazioni occorre che le loro masse siano diverse. E’ possibile anche che i

394

14 Neutrini massivi

neutrini massivi siano instabili, cos`ı come i kaoni; tuttavia ignoreremo questa possibilit` a nel seguito. Per semplicit`a di esposizione, supponiamo ora che ci siano due sole famiglie di neutrini fisici, che indichiamo con gli indici e (= elettronico) e x (include ogni altra specie di neutrino) e, in corrispondenza, due neutrini autostati di massa. Consideriamo la combinazione lineare ⎛ ⎞ % & ν1 νe =U⎝ ⎠, Ψ= v2 νx % U=

cos θ

sen θ

− sen θ

cos θ

& ,

(14.39)

U †U = 1 . La trasformazione (14.39) tra neutrini fisici e autostati di massa `e una rotazione e ci`o garantisce l’invarianza della densit` a di probabilit` a Ψ † Ψ . Dalla 5 (14.39) otteniamo le seguenti relazioni : νe = cos θ ν1 + sen θ ν2 , νx = − sen θ ν1 + cos θ ν2 , ν1 = cos θ νe − sen θ νx , ν2 = sen θ νe + cos θ νx .

(14.40)

(14.41)

Supponiamo che i neutrini di massa siano descritti dalla funzione d’onda piana νk (t) = νk (0)e  (p k x −Ek t) , i

(k = 1, 2)

(14.42)

e che si muovano con impulso uguale, p 1 = p 2 = p. Poich´e siamo interessati all’evoluzione temporale delle oscillazioni di neutrino, possiamo trascurare il fattore di fase dipendente da x nella (14.42), identico per k = 1 e 2. Consideriamo pertanto la funzione i

νk (t) = νk (0)e  (−Ek t) ,

(k = 1, 2) .

All’istante t = 0 siano presenti solo neutrini elettronici; quindi % & νe (0) Ψ (0) = . 0

(14.43)

(14.44)

Per la (14.40), al tempo t si ha 5

√ Nel caso dei mesoni K o , senθ = cos θ = 1/ 2, θ = 45o (vedi eq. (14.31) e (14.33)).

14.4 Oscillazioni di neutrino

% Ψ (t) =

νe (t) νx (t)

&

% =

cos θ ν1 (t) + sen θ ν2 (t)

395

&

− sen θ ν1 (t) + cos θ ν2 (t)

.

(14.45)

Tenendo conto della (14.43) nella (14.45), risulta νe (t) = cos θ ν1 (0) e−iE1 t/ + sen θ ν2 (0) e−iE2 t/ , νx (t) = − sen θ ν1 (0) e−iE1 t/ + cos θ ν2 (0) e−iE2 t/ .

(14.46)

Infine, tenendo conto nella (14.46) della (14.41) al tempo t = 0, quando νx (0) = 0, si ha 8 7 νe (t) = νe (0) cos2 θ e−iE1 t/ + sen2 θ e−iE2 t/ , (14.47) 8 7 νx (t) = νe (0) sen θ cos θ − e−iE1 t/ + e−iE2 t/ . Dunque, al tempo t `e presente anche una componente νx , completamente assente all’istante iniziale! La probabilit` a di osservare neutrini di tipo e e di tipo x all’istante t `e  1 E2 − E1 2 t , Pe (t) = |νe (t)| = 1 − sen2 2θ sen2   2 (14.48) 1 E2 − E1 2 2 2 t . Px (t) = |νx (t)| = sen 2θ sen 2  Le (14.48) sono suscettibili di un’altra scrittura se si tiene conto che le masse dei neutrini sono attese di valore piccolo. Per mk c2  pc risulta  1 m2k c4 . (14.49) Ek = p2 c2 + m2k c4 ∼ pc + 2 pc Tenuto conto della (14.49) nelle (14.48) si ha  2  2 m1 c2 − m2 c2 2 2 2 1 Pe (t) = |νe (t)| = 1 − sen 2θ sen t, pc 4    2 2 1 m1 c2 − m2 c2 2 t, Px (t) = |νx (t)| = sen2 2θ sen2 4 pc

(14.50)

Queste relazioni mostrano che la presenza di neutrini di sapore x e di sapore e varia periodicamente nel tempo con periodo dipendente dalla differenza dei quadrati delle masse dei neutrini di Dirac di cui sono sovrapposizione; se le masse sono zero o sono uguali non c’`e oscillazione. L’entit` a della presenza di neutrini di sapore x, ossia l’intensit` a delle oscillazioni dipende dal parametro θ, il cui valore non `e specificato dal modello. Obiettivo degli esperimenti `e accertare l’esistenza delle oscillazioni (prova dell’esistenza di neutrini massivi), di misurare il loro periodo (equivalente a misurare la differenza del quadrato delle masse) e di misurare la loro intensit`a (che `e correlata con l’hamiltoniana che governa il fenomeno). L’osservazione delle oscillazioni indica che i neutrini sono massivi, ma non fornisce il valore della loro massa. Lo studio delle oscillazioni verr` a approfondito nel capitolo 16 dedicato agli esperimenti.

396

14 Neutrini massivi

14.5 Osservazioni conclusive: esistono differenti neutrini o esiste un solo neutrino multiforme? Nel par. 14.1 abbiamo denominato il neutrino in vari modi chiamandolo fisico, sterile, di massa nulla, massivo, di Dirac, di Majorana, e gli abbiamo associato un’antiparticella, l’antineutrino, mediante l’applicazione dell’operatore CP . Non solo, abbiamo anche accennato al fatto che, oltre al neutrino elettronico coinvolto nel decadimento β dei nuclei, esistono altri neutrini di differente “sapore”, quello mu-onico, connesso con il decadimento del leptone μ, e quello tau-onico connesso con il decadimento del leptone τ . Nell’ambito di ciascun sapore, le propriet` a del neutrino e dell’antineutrino corrispondenti alle precedenti denominazioni sono riassunte in tab. 14.1. Ci proponiamo ora di capire se le differenti caratteristiche illustrate individuano differenti particelle o differenti propriet` a della stessa particella. Nel seguito, per ragioni di semplicit` a espositiva, sar` a usato il termine di neutrino in senso generico, intendendo sia il neutrino che l’antineutrino. Tabella 14.1. m

autostato



ν

autostato

Dirac fisico

0

ν↓

−1

1

ν¯↑ = CP ν↓

Dirac sterile

0

ν↑

+1

Dirac

= 0

Majorana

0

Majorana

= 0

m = aν↑m + bν↓m νD a ∼ m b = |E|

νM = ν↓ + ν¯↑ m νM

=

m νD

+

m ν¯D

m νD

− vc

+1

= =

hν¯

ν¯

+1 −1

ν¯↓

−1

m CP νD = m a¯ ν↑ + b¯ ν↓m b ∼ m = a |E|

+ vc

−1

ν¯M = νM m m ν¯M = νM

Come sappiamo, il neutrino fisico di Dirac di massa nulla `e stato introdotto sulla base degli esperimenti di emissione (decadimento β) e di assorbimento (esperimento di Cowan e Reines) di neutrini e antineutrini da parte dei nuclei. Da queste osservazioni sperimentali emerge che neutrino e antineutrino sono particelle distinte in quanto coinvolte in differenti interazioni, nelle quali `e conservato il numero leptonico. Le stesse osservazioni hanno condotto a escludere l’esistenza dei neutrini sterili. D’altra parte, gli esperimenti non ci consentono di affermare che la massa del neutrino sia rigorosamente zero, ma che essa `e certamente molto piccola. Cos`ı piccola da non poter essere determinata nel decadimento β, tenuto conto degli errori sperimentali. E’ pertanto lecito pensare che il neutrino abbia effettivamente massa diversa da zero e sia quindi una sovrapposizione di stati di elicit` a positiva e negativa con valor medio ±v/c; essendo la massa molto piccola, la componente di elicit`a negativa,

14.5 Osservazioni conclusive: esistono differenti neutrini o esiste un solo neutrino multiforme?

il cui peso vale mν / |E|, `e trascurabile e v/c ≈ 1. E’ per questo che il neutrino appare, in prima approssimazione, come privo di massa. Esiste qualche esperimento che consenta di ottenere informazioni pi` u precise sulla massa? Secondo quanto discusso nel par. 14.4, se il neutrino ha massa, sono possibili fenomeni di oscillazione, nei quali si ha la trasformazione di neutrini con una data caratteristica in neutrini con caratteristiche diverse. L’osservazione delle oscillazioni implica che il neutrino abbia massa, ma non consente di stabilirne il valore. Possono essere presi in considerazione vari tipi di oscillazione:

Oscillazione sapore-sapore con conservazione del numero leptonico Oscillazione fisico-sterile (variazione dell’elicit`a) Oscillazione particella-antiparticella (non conservazione del numero leptonico)

νe ↔ νμ ↔ ντ ν¯e ↔ ν¯μ ↔ ν¯τ ν↓ ↔ ν↑ ν¯↓ ↔ ν¯↑ ν ↔ ν¯

Gli esperimenti che mostrano la scomparsa di neutrini di date caratteristiche (per esempio νe ), provano l’esistenza delle oscillazioni; gli esperimenti che mostrano anche la comparsa di neutrini con caratteristiche diverse (per esempio νμ ) consentono di distinguere fra i vari tipi di oscillazione. Gli esperimenti descritti nei capitoli 13 (neutrini solari) e 16 (oscillazioni di neutrino) consentono di affermare che il fenomeno delle oscillazioni esiste, e riguarda le oscillazioni di sapore. Ci` o indica che uno stesso neutrino `e anche portatore dei diversi sapori. Il neutrino manifesta all’origine sapore diverso a seconda che sia emesso nel decadimento di un nucleo, del leptone μ e del leptone τ ma allo scorrere del tempo oscilla da un sapore all’altro. Le oscillazioni sono compatibili sia con neutrini aventi le caratteristiche dei neutrini di Dirac, sia con neutrini con le caratteristiche di quelli di Majorana, purch`e massivi. Per appurare se il neutrino possiede anche le caratteristiche del neutrino di Majorana, si dovrebbe osservare il doppio decadimento β senza emissione di neutrini. Esso confermerebbe che il neutrino ha massa diversa da zero e consentirebbe di stabilirne il valore tramite la (14.27) o un limite superiore tramite la (14.28). L’osservazione del decadimento 2β0ν non `e ancora data per certa ed esso `e oggetto di numerosi esperimenti, come sar`a illustrato nel cap. 15. Tuttavia, dalle ricerche finora effettuate si deduce che il decadimento 2β0ν ha una probabilit` a di verificarsi molto pi` u piccola (per un fattore inferiore a 10−10 ) di quella dei normali decadimenti β, che la vita media `e maggiore di 1025 anni e che la massa del neutrino `e inferiore a qualche eV . Alla luce di quanto esposto si pu` o pensare che esista un solo tipo di neutrino dotato di una massa estremamente piccola, che in prima approssimazione pu`o essere

398

14 Neutrini massivi

posta uguale a zero. Per questo, la componente di elicit` a positiva `e largamente dominante (quindi l’elicit` a media `e ≈ 1) e nelle interazioni la conservazione del numero leptonico `e violata con probabilit` a cos`ı bassa, che pu`o essere trascurata. Il neutrino pu` o quindi essere descritto come una miscela di autostati di neutrino massivo di Dirac e di neutrino massivo di Majorana: m m m + ε νM = (aν↑m + bν↓m ) + ε νM ν = νD

con b ∝ m/ |E| ed ε “piccoli”. Il fatto che la massa sia diversa da zero comporta implicitamente che il neutrino sia anche una sovrapposizione di stati di diverso sapore. Per individuare le varie caratteristiche sono necessari differenti esperimenti sensibili all’una o all’altra di esse.

Bibliografia

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15 Doppio decadimento β

15.1 Introduzione Il doppio decadimento β `e un fenomeno osservabile in nuclei pari-pari. Per esempio, si consideri il diagramma di fig. 15.1, dove `e riportata la massa degli isobari con A = 136 in funzione del numero atomico Z e sono messe in evidenza le differenti collocazioni dei nuclei pari-pari e dispari-dispari.

Fig. 15.1. Massa degli isobari con A = 136.

Dalla figura appare evidente che i due decadimenti β ± fra nuclei pari-pari e dispari-dispari contigui Xe → Cs + β − + ν¯ , Ce → La + β + + ν

402

15 Doppio decadimento β

non sono energeticamente possibili, essendo le masse dei nuclei finali maggiori di quelle dei nuclei iniziali: m(La) > m(Ce) , m(Cs) > m(Xe) , Invece, risultano energeticamente possibili i decadimenti fra nuclei iniziali e finali pari-pari: (15.1) Xe → Ba + 2β − + X , Ce → Ba + 2β + + X ,

(15.2)

con emissione di 2 elettroni o 2 positroni e di un’entit` a X, che verr`a precisata nel seguito. Le reazioni (15.1) e (15.2) sono esempi di reazioni che vanno sotto il nome di doppio decadimento β (o decadimento ββ) e che sono riassunte dalla reazione (15.3) (A, Z) → (A, Z ± 2) + 2e∓ + X . Nel seguito verr` a presa in considerazione solo l’emissione di 2e− , che `e prevalente rispetto alla 2e+ . Si fa rilevare che i nuclei di Xe e Ce sono ordinariamente considerati stabili in quanto non sono soggetti al decadimento β singolo (o semplicemente decadimento β) e l’eventuale decadimento ββ ha una probabilit` a di verificarsi molto piccola (ovvero la vita media `e molto lunga). Il nucleo di Ba, situato nel minimo della valle di stabilit` a, `e invece stabile a tutti gli effetti. Le condizioni energetiche che rendono possibile e osservabile la reazione (15.3) sono: Qβ = m(A, Z) − m(A, Z ± 1) − me = TA + Tβ + EX ∼ = Tβ + Eν < 0 , (15.4) Qββ = m(A, Z)−m(A, Z±2)−2me = TA +Tββ +EX ∼ = Tββ +EX > 0 , (15.5) dove m = massa, TA = energia cinetica del nucleo finale, Tβ = energia cinetica di un singolo elettrone, Eν = energia totale del neutrino o dell’antineutrino, Tββ = energia cinetica totale della coppia ββ ed EX = energia totale di X. La (15.4) esclude la possibilit` a del decadimento singolo. Si d` a anche il caso che un nucleo pari-pari abbia massa maggiore del nucleo dispari-dispari contiguo, ma che il decadimento β sia fortemente soppresso perch´e, per esempio, comporta una grande variazione del momento angolare o perch´e l’energia liberata `e molto piccola. E’ il caso del 48 20 Ca che non decade 48 Sc e potrebbe decadere ββ in T i (vedi fig. 15.2). Il doppio decadimento in 48 21 22 β `e sempre possibile in linea di principio, ma la sua osservabilit` a `e limitata dalla concorrenza del decadimento singolo, che `e molto pi` u probabile. I nuclei che soddisfano alle (15.4) sono una quarantina, in prevalenza con emissione di 2e− . Alcuni sono elencati in tab. 15.1, dove sono riportati anche i relativi valori di Qββ . Si ricorda che i nuclei pari-pari nello stato fondamentale hanno valori di spin e parit` a J P = 0+ .

15.1 Introduzione

403

Fig. 15.2. Transizione 48 Ca → 48 Sc: esempio di decadimento β possibile energeticamente, ma impedito dalla grande variazione di J(= 6). [14]

L’emissione di due elettroni pu` o essere dovuta alla trasformazione simultanea di due neutroni del nucleo secondo la reazione (vedere fig. 15.3a) n → p + β − + ν¯ .

(15.6)

In questo caso l’entit` a X nella (15.3) `e costituita da una coppia di antineutrini: ν. (A, Z) → (A, Z + 1) + β − + ν¯ → (A, Z + 2) + 2β − + 2¯

(15.7)

Secondo un’altra ipotesi introdotta nel par. 14.3 del cap. 14, lo stato finale `e raggiunto ancora in due passi ma, invece che con due atti di emissione di neutrini, con l’emissione e l’assorbimento di un unico neutrino, che manifesta le caratteristiche dell’antineutrino convenzionale all’atto dell’emissione e quelle del neutrino convenzionale all’atto dell’assorbimento (fig. 15.3b). Tale neutrino appare quindi come la sovrapposizione dello stato di neutrino e di antineutrino convenzionali, caratteristica del neutrino di Majorana introdotto nel cap. 14. L’entit` a X nella (15.4) `e assente e il decadimento `e descritto dalla reazione: (A, Z) → (A, Z + 1) + β − + νM → (A, Z + 2) + 2β −

(15.8)

404

15 Doppio decadimento β

Tabella 15.1. Esempi di isotopi suscettibili di decadimento ββ. Qββ `e definito dall’eq. (15.5). P `e l’abbondanza naturale dell’isotopo genitore.[13]

Qββ (keV )

P%

β−β− 46 20 Ca26

→ 46 22 T i24

987 ± 4

0.0035

48 20 Ca28



48 22 T i26

4271 ± 4

0.18

2039.6 ± 0.9

7.8

130 ± 9

49.8

2995 ± 6

9.2

76 32 Ge44



76 34 Se42

80 34 Se46



80 36 Kr44

82 34 Se48

→ 82 36 Kr46

98 42 M o56 100 42 M o58 128 52 T e76 130 52 T e78



98 44 Ru54

112 ± 7

24.1



100 44 Ru56

3034 ± 6

9.6



128 54 Xe74

868 ± 4

31.7



130 54 Xe76

2533 ± 4

34.5

134 54 Xe80



134 56 Ba78

847 ± 10

10.4

136 54 Xe82

→ 136 56 Ba80

2479 ± 8

8.9

142 58 Ce84



142 60 N d82

1417.6 ± 2.5

11.1

+

+

β β 78 36 Kr42 96 44 Ru52 106 48 Cd58 124 54 Xe70

→ 78 34 Se44

833 ± 8

0.356



96 42 M o54

677 ± 8

5.5



106 46 P d60

734 ± 8

1.25



124 52 T e72

821.6 ± 2.4

0.096

Caratteristica saliente di questa reazione, che la rende di particolare interesse, `e la non conservazione del numero leptonico che cambia di Δ = 2. Questo processo implica la presenza di termini destrogiri nell’hamiltoniana dell’interazione debole (cap. 14).

15.2 Spettri energetici e vita media Le caratteristiche energetiche dei due decadimenti con e senza emissione di neutrini sono molto diverse e, in linea di principio, consentono di distinguere sperimentalmente i due processi. Nel decadimento ν (A, Z) → (A, Z + 2) + 2e− + 2¯

15.2 Spettri energetici e vita media

405

Fig. 15.3. Schema di decadimento 2νββ (a) e 0νββ (b)

si pu` o considerare lo stato finale costituito da tre entit` a, invece che da cinque: il nucleo residuo, la coppia di elettroni e la coppia di antineutrini (vedi fig. 15.4a). In quest’ottica la distribuzione dell’energia totale della coppia di elettroni ha un andamento a campana simile a quello dell’energia dell’elettrone nel decadimento β singolo (vedi fig. 15.5) con valore massimo Eββ < M1 − M2 .

(15.9)

Analogamente, nel decadimento (A, Z) → (A, Z + 2) + 2e− possiamo considerare lo stato finale costituito da due entit` a, il nucleo residuo e la coppia di elettroni (vedere fig. 15.4b). In questo caso l’energia totale della coppia di elettroni Eββ = E1 − E2 = M1 − M2 − T2 `e pressoch´e costante e la sua distribuzione `e assimilabile a una delta di Dirac (vedi fig. 15.5). Infatti, l’energia cinetica T2 varia fra 0 e il valore massimo 2

T2max =

2

(M1 − M2 − me ) − m2e ∼ (M1 − M2 ) 460

Arnold 05

Se

> 100

Arnold 05

> 1200

Bernabei 02

136 76

7.7 · 10

−3

1.5

130 100

T1/2 (anni) × 1021 Riferimenti

Xe

Ge

11900

+29900 −5000

Klapdor 04

Nei casi concreti Δn include anche segnali di fondo radioattivo, spesso molto pi` u numerosi di quelli veri, ossia Δn = Δndecadimenti + Δnf ondo cos`ı che la quantit` a misurata no no no Δt = Δt < Δt = τm τ∼ = Δn Δndecadimenti + Δnf ondo Δndecadimenti rappresenta non la vita media ma un suo limite inferiore. E’ evidente l’importanza di abbattere il pi` u possibile la radiazione di fondo. In ogni caso l’entit` a del fondo residuo pu` o essere stimata misurando il numero di eventi a sinistra e a destra dell’intervallo ΔE precedentemente considerato. Il valore pi` u elevato misurato del limite inferiore `e dell’ordine di 1024 anni. Recenti valori del tempo di dimezzamento per il decadimento 2νββ e l’evoluzione nel tempo dei valori del limite inferiore del tempo di dimezzamento per il decadimento 0νββ di alcuni nuclei sono mostrati in tab. 15.2. Si noti che nel caso del decadimento β singolo la stragrande maggioranza dei nuclei ha tempi di dimezzamento molto pi` u brevi (< 105 a).

416

15 Doppio decadimento β

15.3.4 Massa del neutrino Gli esperimenti sulle oscillazioni di neutrino indicano che il neutrino ha massa diversa da zero, ma non sono in grado di fornirne il valore. Questo potrebbe essere fornito dallo studio del doppio decadimento beta senza emissione di neutrini come illustrato nel par. 14.3 del cap. 14. Un elevato limite inferiore a di decadimento per T1/2 implica un piccolo limite superiore per la probabilit` per unit` a di tempo e quindi per i valori dei parametri mν , λ e η che caratterizzano l’hamiltoniana introdotta nel cap. 14 per tenere conto dell’esistenza di eventuali neutrini massivi e della violazione della conservazione del numero leptonico (eq. (14.27) del cap. 14). In effetti, dall’analisi dei dati sperimentali si sono ottenuti per i limiti superiori i seguenti ordini di grandezza (vedi [25]): mν < 3 eV , η < (1.5 − 8) · 10−8 , λ < (2.3 − 9) · 10−6 . Il valore di circa 3 eV per il limite superiore della massa `e in accordo con quello ricavato dall’analisi dello spettro β del trizio (vedi cap. 8). Occorre, comunque, cautela con questi numeri sia per quanto detto a proposito delle misure dello spettro β, sia per il fatto che i risultati delle analisi del doppio decadimento β sono alquanto dipendenti dalle ipotesi adottate.

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418

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16 Oscillazioni di neutrino

16.1 Introduzione Nel par 14.4 del cap. 14 sono stati illustrati i fondamenti teorico-fenomenologici delle oscillazioni di neutrino. In questo capitolo verranno descritti gli aspetti sperimentali, limitatamente ai casi in cui sono coinvolte sorgenti di neutrini o antineutrini elettronici con cenni ai neutrini atmosferici. Ricordiamo che, sulla base delle considerazioni del cap. 14, l’osservazione delle oscillazioni indica che i neutrini hanno massa. Richiamiamo alcune considerazioni di carattere generale mantenendo l’ipotesi semplificativa che ci siano solo due sapori di neutrino (par. 14.4.2 del cap. 14) che indichiamo con a e b. 16.1.1 Condizioni di osservabilit` a Data una sorgente di neutrini di sapore a, la probabilit` a di osservare neutrini dello stesso sapore all’istante t `e (eq. (14.48) del cap. 14):  1 E2 − E1 2 2 t , (16.1) Pa (t) = 1 − sen 2θ sen 2  dove E1 ed E2 sono le energie di neutrini massivi liberi descritti dall’equazione di Dirac. La probabilit` a di osservare neutrini di sapore b prodotti dall’oscillazione di sapore `e  1 E2 − E1 2 2 t . (16.2) Pb (t) = sen 2θ sen 2  Il fenomeno delle oscillazioni esiste ed `e osservabile se sin2 2θ = 0 e il termine in E2 − E1 ne determina l’andamento oscillante nel tempo. Poich´e la massa dei neutrini liberi ν1 e ν2 `e supposta piccola, la loro velocit`a `e prossima a c e la loro energia a pc, cos`ı che l’espressione dell’energia pu` o essere approssimata nel modo seguente:

420

16 Oscillazioni di neutrino

E=



$ p2 c2

+

m2 c4

= pc

 m2 c4 1 m2 c4 1 + 2 2 ∼ pc 1 + p c 2 p2 c2

(16.3)

  da cui, posto Δm2 ≡ m22 c4 − m21 c4 , segue  1 1  2 4 1 E2 − E 1 ∼ m2 c − m21 c4 = Δm2 ∼ Δm2 . = 2pc 2pc 2E

(16.4)

Posto L = ct ,

(16.5)

dove L `e la distanza dalla sorgente all’istante t, definiamo come lunghezza di oscillazione la quantit` a Losc =

2pc2  ∼ 2Ec . = Δm2 Δm2

(16.6)

Essendo c = 197.3 · 10−15 M eV m, se si esprime L in m, E in M eV e mc2 in eV , si ha E(M eV ) (106 )2 = Losc ∼ = 2 × 197.3 · 10−15 M eV m Δm2 (eV )2 E(M eV ) = 0.3946 m. Δm2 (eV )2

(16.7)

Per le (16.4), (16.5) e (16.7), le (16.1) e (16.2) divengono Pa (L) = 1 − sen2 2θ sen2 Pb (L) = sen2 2θ sen2

Δm2 L L, = 1 − sen2 2θ sen2 1.27 2Losc E

(16.8)

Δm2 L L. = sen2 2θ sen2 1.27 2Losc E

(16.9)

Pa (L) `e una funzione oscillante di L con minimi per L/Losc = (2k + 1)π, a cui corrispondono massimi di Pb (L), e massimi uguali a 1 per L/Losc = 2kπ, a cui corrispondono minimi uguali a zero di Pb (L). Nei punti di minimo di Pa (L) si ha la massima evidenza delle oscillazioni, nei punti di massimo non si ha evidenza. Molto schematicamente, ai fini dell’osservazione delle oscillazioni di neutrino si richiede (vedi fig. 16.1): 1. una sorgente di neutrini di sapore a. La sorgente potrebbe essere un reattore nucleare (sorgente di antineutrini elettronici prodotti dal decadimento dei neutroni) o il sole (sorgente di neutrini elettronici tramite le reazioni della catena pp o del ciclo CN O). 2. un percorso libero di lunghezza L;

16.1 Introduzione

421

3. un bersaglio in cui i neutrini di sapore a e/o b possano essere assorbiti o diffusi e un sistema di rivelatori per identificare le reazioni. L’effettiva osservazione delle oscillazioni `e condizionata dalle caratteristiche intrinseche dei neutrini (energia E, differenza di massa Δm2 e angolo di miscelamento θ) e da condizioni sperimentali (distanza L fra sorgente e rivelatore, dimensioni del rivelatore, conoscenza dello spettro energetico della sorgente di neutrini, ecc.).

Fig. 16.1. Schema di esperimento sulle oscillazioni di antineutrino. L’esempio considera una sorgente di antineutrini elettronici prodotti dal decadimento di neutroni presso un reattore e un rivelatore con bersaglio di deuterio. La prima reazione ` e possibile solo con neutrini elettronici, la seconda con neutrini di qualunque sapore, indicato con x (vedere par. 16.2.2).

Consideriamo, per semplicit` a, fasci monocromatici e di sezione puntiforme e indichiamo con  la lunghezza del rivelatore. Sono notevoli i seguenti casi: a) Losc  . In queste condizioni in  si verificano pi` u massimi e minimi (vedi fig. 16.2a) ed `e possibile osservare un effetto medio di oscillazione. Infatti, per /Losc  1 il valor medio sull’intervallo  del seno al quadrato che compare nelle (16.8) e (16.9) `e   2Losc /2Losc 1

21

sen2 x dx =

0 sen 2 Losc d =

0   /2Losc = 12 , = 2L osc x2 − sen2x 4 0 x = /2Losc . Quindi il valore medio di Pa e Pb `e 1 (16.10) Pa  = 1 − sen2 2θ , 2 1 (16.11) Pb  = sen2 2θ . 2 Effetti medi sono osservati per Losc “piccola”, ossia per Δm2 molto “grande” e/o E molto “piccola”.

422

16 Oscillazioni di neutrino

Fig. 16.2. Varie condizioni per l’osservazione delle oscillazioni di neutrini monoenergetici dipendenti dalla lunghezza di oscillazione, dalla posizione e dalla lunghezza del rivelatore. a) Osservazione di un effetto medio; b) osservazione di un minimo (massima evidenza delle oscillazioni); c) massimo di oscillazione (nessuna evidenza delle oscillazioni).

b) Losc   e minimo di oscillazione localizzato nel rivelatore; il valore minimo si verifica per L /2Losc = kπ/2 con k dispari: Pa (L) = 1 − sin2 2θ .

(16.12)

L’osservazione delle oscillazioni `e ottimale. La posizione del primo minimo `e in L = Losc (vedi fig. 16.2b). Nel caso di piccoli valori di Δm2 (o grandi valori di E), l’osservazione del primo minimo richiede grandi valori di L; per Δm2 grande ed E piccolo occorre L piccolo. c) Losc   e massimo di oscillazione (L/2Losc = kπ) localizzato nel rivelatore. In queste condizioni Pa (L) ∼ 1 e le oscillazioni non sono osservabili (fig. 16.2c). Se il fascio non `e monocromatico, in pratica `e osservabile solo l’effetto medio delle oscillazioni (fig. 16.3). Due “laboratori” tipici per l’osservazione di Δm2 grandi e piccoli, rispettivamente, sono la sala di un reattore nucleare e il sistema terra-sole. Nel caso di neutrini solari E < 20 M eV e L ≈ 1.5 · 1011 m , cos`ı che sulla terra le

16.1 Introduzione

423

Fig. 16.3. Oscillazioni in un fascio non monocromatico. Il rivelatore in a) pu` o osservare un effetto massimo, in b) un effetto medio (questa ` e la situazione normale a distanze grandi).

oscillazione sono osservabili se 20 M eV ≈ 1.6 · 10−10 eV 2 . 1.5 · 1011 m Nel caso degli antineutrini da reattore E < 10; per L ≈ 100 m, come nei primi esperimenti, le oscillazioni sono osservabili se Δm2 < π × 0.39 ×

Δm2 < π × 0.39 ×

10 M eV ≈ 0.12 eV 2 . 100 m

L’intervallo di variabilit` a di Δm2 esplorabile in vari tipi di condizioni sperimentali `e riportato in fig. 16.4.

Fig. 16.4. Campo di variabilit` a del rapporto L/E e di Δm2 per differenti condizioni sperimentali. [7]

In generale i neutrini hanno un’energia distribuita tra un valore minimo e uno massimo secondo una funzione Φν (E), che supponiamo normalizzata in

424

16 Oscillazioni di neutrino

modo tale che

 Φν (E)dE = 1 .

(16.13)

Per una sorgente di soli neutrini a, la frequenza delle reazioni nel rivelatore a distanza L, per un’energia dei neutrini compresa fra E e E + dE, `e data approssimativamente dall’espressione Ra (E) dE = kρΦa (E)σa (E)Pa (E, L)dE ,

(16.14)

dove σa `e la sezione d’urto per le reazioni indotte dai neutrini di sapore a, a di ρ `e la densit`a di superficie dei nuclei bersaglio e Pa (E, L) `e la probabilit` sopravvivenza a distanza L dei neutrini a; k `e un fattore che tiene conto di caratteristiche dell’apparato. La frequenza relativa a tutto lo spettro d’energia `e  (16.15) Ra = Ra (E) dE . Per un intervallo finito ΔE sufficientemente piccolo, la (16.14) pu`o essere approssimata come Ra (E) ΔE ∼ = kρΦa (E)σa (E)Pa (E, L)ΔE .

(16.16)

Analogamente, per la frequenza delle reazioni indotte dai neutrini b poniamo: Rb (E) dE = kρΦa (E)σb (E)Pb (E, L)dE = = kρΦa (E)σb (E)(1 − Pa (E, L))dE ,  Rb = Rb (E) dE , Rb (E) ΔE ∼ = kρΦa (E)σb (E)Pb (E, L)ΔE .

(16.17)

(16.18) (16.19)

Le (16.16) e le (16.19) sono le relazioni fondamentali per lo studio delle oscillazioni. Al primo membro compaiono le quantit` a misurabili e al secondo membro le quantit` a incognite sen2 2θ e Δm2 . L’applicazione di queste relazioni implica la conoscenza accurata di Φa (E), σa (E) e σb (E), conoscenza ottenuta con esperimenti ad hoc o con considerazioni teoriche di fisica nucleare. Tuttavia `e possibile, anche se meno vantaggioso, prescindere dalla conoscenza a priori di queste quantit` a, come vedremo nei par. 16.1.2 e 16.2.1. Per mettere in evidenza con immediatezza la condizione di osservabilit` a delle oscillazioni, diciamo che si osservano oscillazioni se il valore misurato di Ra (E)ΔE diviso per il valore calcolato in assenza di oscillazioni `e minore di 1, ossia, per la (16.16), Ramis (E)ΔE < 1. (16.20) kρσa Φa ΔE

16.1 Introduzione

425

16.1.2 Esperimenti ideali Per ricavare i valori di sen2 2θ e Δm2 , le (16.16) e le (16.19) possono essere utilizzate in vari modi. Illustriamo due esempi relativi a situazioni alquanto ideali, che ci consentono di descrivere le caratteristiche di massima di diagrammi tipici nel piano Δm2 − sen2 2θ con i quali vengono abitualmente presentati i risultati degli esperimenti sulle oscillazioni di neutrino. i) Avendo a disposizione un fascio di neutrini ideale (cio`e di sezione puntiforme) di sapore a, supponiamo, come primo esempio, di misurare alla stessa distanza L sia le interazioni dei neutrini a che dei neutrini b. Per un’energia E e un intervallo ΔE, per cui si possano utilizzare le relazioni (16.16) e (16.19), consideriamo il rapporto Φa (E) (1 − Pa (E, L)) σb (E) ΔE σb (1 − Pa (E, L)) Rb (E)ΔE = = Ra (E)ΔE Φa (E) Pa (E, L) σa (E) ΔE σa Pa (E, L) (16.21) dal quale ricaviamo anche

r=

(1 − Pa (E, L)) =

1

σa σb r + σσab r

.

(16.22)

La relazione (16.21) presenta il vantaggio, rispetto alle (16.16) e (16.19) prese separatamente, che effetti dipendenti da una cattiva conoscenza del flusso iniziale dei neutrini o di altri parametri strumentali quali l’efficienza k, vengono minimizzati o eliminati. La (16.21), in base alle (16.8) e (16.9), `e un’unica relazione fra due incognite, sen2 2θ e Δm2 . Pertanto, per ogni valore di r si hanno infinite soluzioni individuate dai punti appartenenti a a una linea del piano Δm2 − sen2 2θ. In linea di principio, l’ambiguit` pu` o essere ridotta o eliminata effettuando misure a differenti distanze fra sorgente e rivelatore o tenendo conto dei risultati della stessa misura per differenti valori di E o in differenti intervalli ΔE. L’intersezione comune alle linee relative ai differenti risultati su r identifica la soluzione. In realt` a, la determinazione dei valori di sen2 2θ e Δm2 `e ostacolata dagli errori di misura, casuali e sistematici, e dalle incertezze sulle grandezze quali il flusso dei neutrini e le sezioni d’urto. In pratica gli esperimenti consentono solo di determinare regioni di variabilit` a per Δm2 e sen2 2θ. In fig. 16.5 `e riportato l’esempio relativo a un esperimento ideale consistente in due misure di r per due valori di L nell’ipotesi che le oscillazioni esistano e siano caratterizzate dai valori Δm2 = 0.1 eV 2 e sen2 2θ = 0.2. Per ragioni di semplicit` a si `e posto σa = σb . Essendo noti a priori i valori di tutte le quantit` a a secondo membro della (16.21), sono stati calcolati i valori di r per i due valori di L. Una volta noti i due valori di r, si sono tracciate nel piano Δm2 − sen2 2θ le corrispondenti linee definite dalla stessa relazione (16.21). Con una sola misura si ha un infinito numero di soluzioni (oltre a quella vera data dal punto A in fig. 16.5); con due misure le soluzioni si riducono a tre, individuate dalle tre intersezioni A, B e

426

16 Oscillazioni di neutrino

C delle due linee; l’ambiguit` a `e drasticamente ridotta, ma non eliminata, perch´e rimangono ancora due soluzioni di troppo. Per comprendere qualitativamente l’andamento, per esempio, della linea continua di fig. 16.5, poniamo nella (16.22) σa = σb e sostituiamo a Pa l’espressione data dalla (16.8); se si assume r  1, come `e ragionevole, si ottiene r ∼ (16.23) sen2 2θ sen2 1.27 (L/E)Δm2 = = r. 1+r a) Per Δm2 molto piccolo, la (16.23) pu` o essere approssimata dalla relazione  2 L 2 2 ∼ sen 2θ 1.27 Δm = r, E ovvero $  2 r 1 E 2 Δm = = cos t. . (16.24) 1.27L sen2 2Θ sen2 2Θ Δm2 cresce monotonamente al decrescere di sen2 2θ (tratto E −C della curva continua in fig. 16.5). b) Al crescere di Δm2 , sen2 1.27 (L/E)Δm2 cresce tendendo a 1 (e sen2 2θ decresce fino al valore minimo sen2 2θ ∼ = r, punto B di fig. 16.5) e poi ha un andamento oscillante. c) Per Δm2 sufficientemente grande, possiamo approssimare la quantit` a sen2 1.27 (L/E)Δm2 con il suo valor medio su molte oscillazioni, che `e uguale a 1/2 ed `e quindi indipendente da Δm2 . La (16.23) assume la forma sen2 2θ ∼ = 2r , che rappresenta una retta verticale. E’ evidente che la linea `e tanto pi` u a sinistra quanto pi` u piccolo `e r. Finora si `e assunto che le oscillazioni esistano e siano osservabili, ossia che r sia misurabile e diverso da zero con errore trascurabile. Nella realt` a, r `e affetto da un errore sperimentale ±σ. Se le oscillazioni non esistono o sono molto deboli, il valore di r risulter` a essere compatibile con zero e, tenuto conto dell’errore, la (16.23) va sostituita pi` u realisticamente con la disuguaglianza: sen2 2θ sen2 1.27 (L/E)Δm2 ≤ r + σ .

(16.25)

Ci` o significa che, per ogni punto A appartenente alla linea definita dal segno di uguaglianza nella (16.25), sono fisicamente accettabili tutti valori di Δm2 al di sotto di A e tutti i valori di sen2 2θ a sinistra di A. La linea ha il significato di confine fra la regione dei valori fisicamente accettabili e di

16.1 Introduzione

427

Fig. 16.5. Esperimento ideale di comparsa. Si assume che le oscillazioni esistano e siano caratterizzate dai valori sen2 2θ = 0.2 e Δm2 = 0.1 eV. Per semplicit` a si assume che il prodotto del flusso di neutrini per la sezione d’urto sia costante e che σa = σb nell’intervallo 100 < E < 1000 M eV . La linea continua rappresenta il luogo dei punti soddisfacenti all’eq. (16.22) per una distanza sorgenterivelatore L = 2000 m. La linea tratteggiata si riferisce a una distanza L = 200 m. Il punto A individua la situazione fisica ipotizzata; i punti appartenenti a ciascuna linea rappresentano le soluzioni matematiche in accordo con eq. (16.23) per i due esperimenti considerati separatamente; le soluzioni matematiche si riducono ai punti A, B e C combinando i due esperimenti. [4]

428

16 Oscillazioni di neutrino

quelli non accettabili delle incognite sen2 2θ e Δm2 . La regione fisicamente accettabile `e l’area a sinistra della linea continua di fig. 16.5. Se, invece, le oscillazioni esistono (con r incompatibile con zero), possiamo considerare come valori accettabili di sen2 2θ e Δm2 quelli individuati dai punti compresi fra le linee definite dalle disuguaglianze r − σ ≤ sen2 2θ sen2 1.27 (L/E)Δm2 ≤ r + σ .

(16.26)

ii) Come secondo esempio, supponiamo di effettuare due misure ideali relative all’interazione di neutrini di sapore a alle distanze L1 e L2 .

Fig. 16.6. Esperimento ideale di scomparsa. La linea ` e il luogo dei punti definito dall’ eq. (16.27) per L1 = 100 m e L2 = 1000 m. I valori dei parametri d’oscillazione (individuati dal punto A) e le condizioni per spettro energetico e sezione d’urto sono come per fig. 16.5. [4]

Procedendo come nell’esempio precedente, consideriamo il rapporto r=

Φa (E) σa (E) Pa (E, L1 ) ΔE Pa (E, L1 ) Ra (E, L1 ) ΔE = = = Ra (E, L2 ) ΔE Φa (E) σa (E) Pa (E, L2 ) ΔE Pa (E, L2 )

16.2 Esperimenti di oscillazione presso reattori nucleari

=

1 − sen2 2θ sen2 1.27 LE1 Δm2 1 − sen2 2θ sen2 1.27 LE2 Δm2

,

429

(16.27)

da cui 

L1 L2 sen 2θ sen 1.27 Δm2 − r sen2 1.27 Δm2 E E 2

2

= 1−r.

(16.28)

Anche questa relazione, per una dato valore di r, individua una linea nel piano Δm2 − sen2 2θ. Un esempio numerico dell’andamento del luogo dei punti nel piano Δm2 − sin2 2θ `e dato in fig. 16.6. L’andamento qualitativo `e spiegabile come nel caso i). La differenza sta nell’andamento per Δm2 molto grande, per il quale si ha sen2 1.27

L 1 Δm2 → E 2

e, per la (16.28), sen2 2θ → 1. Conseguentemente la linea verticale di fig. 16.6 per Δm2 grande `e tracciata in corrispondenza di sin2 2θ = 1. L’effetto degli errori sperimentali `e simile a quello discusso nel caso precedente. Gli esperimenti possono essere classificati in due categorie: esperimenti di comparsa e di scomparsa. Supponendo di avere un fascio iniziale di neutrini di sapore a, nei primi si cerca la presenza di neutrini di sapore b; nei secondi si cerca la riduzione del flusso di neutrini a in funzione della distanza dalla sorgente. Il metodo di comparsa pu` o essere molto sensibile a piccoli angoli di miscelamento poich´e in linea di principio `e sufficiente l’osservazione di un piccolo numero di neutrini b per affermare che si verificano oscillazioni. Il metodo di scomparsa `e meno sensibile ai piccoli angoli di miscelamento perch´e l’osservazione di piccole variazioni di neutrini di tipo a `e limitata dalle varie incertezze sperimentali statistiche e sistematiche. In ogni caso, solo questo metodo consente di osservare oscillazioni in qualunque tipo di neutrini.

16.2 Esperimenti di oscillazione presso reattori nucleari 16.2.1 L’esperimento di G¨ osgen In un reattore nucleare la fissione dei nuclei di 235 U , 238 U , 239 P u e 241 P u (e di altri nuclei di minore rilevanza) d` a origine a nuclei con eccesso neutronico che, decadendo β − , costituiscono una sorgente di antineutrini elettronici. Il flusso totale di neutrini `e una mescolanza dei flussi generati dalle quattro famiglie di nuclei prese separatamente:

Ni Φi (E) M eV −1 s−1 , (16.29) Φ (E) = i

430

16 Oscillazioni di neutrino

dove Ni `e la frazione di fissioni del nucleo capostipite i. Il flusso Φi (E) pu` o essere ricavato dalla misura dello spettro energetico dei β − emessi da un campione costituito originariamente dall’elemento i. In fig. 16.7 sono mostrati gli spettri dei neutrini relativi ai due nuclei che pi` u contribuiscono al flusso, l’235 U 239 P u. Il flusso si estende al di sotto di 8 − 9 M eV .1 e il Per il reattore utilizzato nell’esperimento di G¨ osgen (Svizzera) descritto pi` u avanti i valori di Ni sono N (235 U ) ∼ 58%, N (239 P u) ∼ 30%, N (238 U ) ∼ 7% e N (241 P u) ∼ 5%.

Fig. 16.7. Spettri energetici sperimentali dei neutrini originati dai prodotti della fissione di 235 U e 239 P u. [7]

Le reazioni utilizzate per rivelare gli antineutrini sono ν¯e p → ne+

Esoglia = 1.8M eV ,

ν¯e d → nne+

Esoglia = 4.0M eV ,

np¯ νe

Esoglia = 2.3M eV .

ν¯e d →

Dedichiamo qualche attenzione alla prima utilizzata in vari esperimenti, fra cui quello di G¨ osgen. Per identificare la reazione di assorbimento di ν¯e si utilizzano i seguenti processi: 1

Presso i reattori nucleari `e possibile effettuare solo esperimenti di “scomparsa”. Infatti, per effettuare un esperimento di “comparsa” occorrebbe rivelare, per esempio, la presenza di antineutrini ν¯μ prodotti dall’oscillazione ν¯e → ν¯μ tramite la reazione ν¯μ + X → μ+ + X. Ma antineutrini con E < 10 M eV hanno energia troppo bassa per produrre i leptoni μ la cui massa `e 105.6 M eV .

16.2 Esperimenti di oscillazione presso reattori nucleari

431

+3 He → 3 H + p + 76 keV ↑ ν¯e + p → n + e+ ↓ +e− → 2γ L’energia dell’antineutrino `e direttamente correlata con l’energia del positrone: E ν + m p = Ee + m n + T n ∼ = Ee + m n , (16.30) Eν ∼ = Ee + 1.3 M eV . Lo schema delle misure `e come segue. Gli antineutrini interagiscono con i protoni di un materiale scintillatore che funge sia da bersaglio che da rivelatore dei γ emessi dall’annichilazione di e+ su elettroni dello stesso mezzo (vedi fig. 16.8). Il neutrone viene catturato da un nucleo di 3 He che appartiene al gas

Fig. 16.8. (a) Schema di dispositivo per la misura della reazione ν¯e + p → e+ + n (b) Il rivelatore consiste di 30 celle di scintillatore liquido per la rivelazione di e+ combinate con cinque rivelatori costituiti da camere a fili riempite di 3 He per la rivelazione di neutroni. [1]

di riempimento di una camera a fili. Nel caso dell’esperimento di G¨ osgen l’apparato era tale da fornire la posizione del vertice degli eventi primario e secondario. Furono effettuate misure a tre distanze differenti fra rivelatore e nocciolo del reattore: 37.9, 45.9 e 64.7 m. Particolare cura fu dedicata sia alla

432

16 Oscillazioni di neutrino

riduzione del fondo con opportuni accorgimenti sia alla determinazione del fondo residuo e alla sua sottrazione. I risultati sperimentali sono stati analizzati in differenti modi, che descriviamo negli aspetti essenziali. i) In fig. 16.9 sono mostrati gli spettri dei positroni misurati alle tre distanze. Essi sono confrontati con spettri calcolati con la (16.14) nell’ipotesi di assenza di oscillazioni (Pa = 1) utilizzando lo spettro dei neutrini misurato (eq. (16.29)) e la sezione d’urto (vedi eq. (7.116) del cap. 7) σ (Eν¯ ) = 2.37 · 10−44 ×

( )1/2 1 2 [Eν¯ − 1.29] [ Eν¯ − 1.29] − 0.26 cm2 . βν¯ (16.31)

La distribuzione energetica dei positroni `e correlata a quella dei neutrini dalla relazione (16.30). L’accordo fra dati e calcoli indica che le oscillazioni sono assenti o molto deboli. In tab. 16.1 sono riportati i valori del rapporto Rasper /Rateor , con Ra definito dalla (16.15). Con riferimento a fig. 16.9a, osserviamo che Rateor misura l’area sottesa dalla linea teorica continua e Rasper quella sottesa dalla distribuzione sperimentale. Come si vede, i rapporti sono compatibili con 1 e ci` o indica assenza di oscillazioni. Tabella 16.1. Confronto fra le misure di oscillazione di antinetrino elettronico a varie distanze e stime teoriche nell’ipotesi di assenza di oscillazione. (G¨ osgen) L 38 m

Rasper /Rateor 1.018 ± 0.065

Rasper (i) /Rasper (L = 38 m) −−

46 m

1.045 ± 0.065

1.027 ± 0.034

65 m

0.975 ± 0.072

0.958 ± 0.053

ii) In fig. 16.10 sono riportati due diagrammi nel piano Δm2 −sen2 2θ ottenuti utilizzando in diverso modo le informazioni sperimentali. Incominciamo a descrivere l’analisi che ha condotto al diagramma di fig. 16.10a. In questa analisi non vengono utilizzati n´e lo spettro dei neutrini di eq. (16.29), n´e la sezione d’urto (16.31). Spettro e sezione d’urto sono considerate quantit` a incognite da determinare in base all’analisi dei dati, cos`ı come i parametri caratteristici delle oscillazioni Δm2 e sen2 2θ. A questo fine viene introdotta una funzione che rappresenta il prodotto (flusso × sezione d’urto); essa viene espressa mediante una somma di esponenziali:

q eAq E (16.32) Φa (E) σa (E) = q

16.2 Esperimenti di oscillazione presso reattori nucleari

433

Fig. 16.9. Spettro energetico dei positroni misurato nell’esperimento di G¨ osgen per tre differenti distanze tra reattore e rivelatore. Le linee continue rappresentano l’andamento calcolato ignorando le oscillazioni e utilizzando per il flusso dei neutrini e per la sezione d’urto di assorbimento informazioni indipendenti dall’esperimento. Le linee tratteggiate sono calcolate usando l’andamento del prodotto (flusso × sezione d’urto) ricavato dall’analisi dell’esperimento.[1]

434

16 Oscillazioni di neutrino

con Aq parametri da determinare (in pratica bastano tre addendi, q = 1, 2, 3). Si considerano intervalli di energia ΔE centrati attorno ai valori Ek e si costruisce la seguente espressione della variabile statistica χ2 : % &2

Rjsper. (Ek ) − Nj Rjcalc. (Ek ) 2 = (16.33) χ = σjk j k

=



j

dove

k

Rjsper.

%

  &2 Rjsper. (Ek ) − Nj Rjcalc. Ek , Aq , Lj , sen2 2θ, Δm2 , σjk

`e il valore misurato della frequenza delle interazioni degli

Fig. 16.10. Esperimento di G¨ osgen. I diagrammi mettono in evidenza la regione del piano per la quale i valori di sen2 2θ e Δm2 non sono fisicamente accettabili: la regione `e quella a destra delle linee. Figura a) `e il risultato di un’analisi che tiene conto solo delle misure effettuate a tre distanze differenti; figura b) tiene conto anche dello spettro misurato dei neutrini incidenti e della sezione d’urto nota. L’utilizzo di un maggior numero di informazioni porta a una soluzione pi` u restrittiva. Le curve continue e tratteggiate si riferiscono a differenti livelli di confidenza. [1]

antineutrini elettronici di energia Ek alla distanza Lj ; Rjcalc. `e la corri-

16.2 Esperimenti di oscillazione presso reattori nucleari

435

spondente quantit` a calcolata tramite la (16.16) e la (16.32), σjk `e l’errore di misura e Nj `e il peso relativo della misura alla distanza Lj . La soluzione del problema `e data dai valori delle incognite Aq , Nj , sen2 2θ o si verifica per e Δm2 per i quali χ2 ha il valore minimo. Ci` sen2 2θ = 0.10 ,

Δm2 = 0.87 eV 2 .

Tuttavia, a causa degli errori sperimentali, sono statisticamente accettabili anche valori che si discostano dai precedenti. Per valutare l’estensione della regione di valori accettabili, `e stato studiato l’andamento della variabile statistica   1  2   χ Δm2 , sen2 2θ − χ2min λ Δm2 , sen2 2θ = 2 che misura lo scostamento da χ2min . Come risultato si `e ottenuto che i punti che cadono nella regione a sinistra della linea continua di fig. 16.10a sono soluzioni accettabili con la probabilit` a (o con il livello di confidenza) del 90%. Rileviamo che l’andamento della funzione (16.32), con i valori dei coefficienti Aq corrispondenti a χ2min , `e compatibile con la funzione data dal prodotto di eq. (16.29) con eq. (16.31). Ci` o `e messo in evidenza dall’andamento della linea tratteggiata di fig. 16.9, calcolata utilizzando la (16.32), molto simile a quello della linea continua gi` a descritta. iii) L’analisi basata sul procedimento di minimizzazione di χ2 `e stata ripetuta assumendo noti il flusso dei neutrini e la sezione d’urto conformemente alla (16.29) e alla (16.31). Il χ2 minimo `e stato ottenuto per sen2 2θ = 0.057 ,

Δm2 = 0.88 eV 2 .

e la regione di valori accettabili col livello di confidenza del 90% `e quella a sinistra della linea continua di fig. 16.10b. Va rilevato che la regione di valori accettabili `e meno estesa che in fig. 16.10a. Ci`o `e dovuto al fatto che in questa seconda analisi si utilizza un maggior numero di informazioni a priori o, equivalentemente, si impongono maggiori restrizioni alla variabilit` a delle incognite. Dalla figura si evince che, per Δm2 sufficientemente grande, sen2 2θ tende al valore 0.21 indipendente da Δm2 e che per sen2 2θ = 1 (massima intensit`a delle oscillazioni) Δm2 < 0.019 eV 2 . Sia dall’analisi ii) che dall’analisi iii) risulta che la soluzione Δm2 = 0, sen2 2θ = 0 (assenza di oscillazione) `e del tutto accettabile. Tenuto conto anche dell’analisi i), l’esperimento descritto non consente di affermare l’esistenza delle oscillazioni. Risultati negativi (o positivi ma in modo non convincente) sono stati ottenuti in vari altri esperimenti effettuati con distanza L fra reattore e rivelatore di neutrini fino a 1 km (vedi fig. 16.11). Infine, un risultato inequivocabilmente positivo `e stato ottenuto dall’esperimento KamLAND nel corso del 2002 con L dell’ordine di 180 Km.

436

16 Oscillazioni di neutrino

16.2.2 L’esperimento KamLAND Poich´e lo spettro energetico degli antineutrini `e circa lo stesso per tutti i reattori, per la (16.8) la distanza L `e effettivamente il parametro discriminante fra questo esperimento e i precedenti.

Fig. 16.11. Rapporto fra il flusso di antineutrini osservato e quello atteso nell’ipotesi di assenza di oscillazione in vari esperimenti condotti presso reattori nucleari con differenti distanze fra reattore e rivelatore di antineutrini. [11]

KamLAND `e un esperimento effettuato in Giappone mediante un apparato installato nel sito utilizzato anche per gli esperimenti Kamiokande e Superkamiokande (vedi cap. 13) e costituito da un grande volume di scintillatore liquido circondato da un elevato numero di fotomoltiplicatori (fig. 16.12). L’apparato risulta naturalmente esposto al flusso dei neutrini provenienti da tutti i reattori in funzione in Giappone; il 79% del flusso proviene da 26 reattori dislocati a una distanza variabile da 138 a 214 km dal rivelatore; la distanza media `e di circa 180 km. Gli antineutrini sono rivelati mediante la successione di reazioni ν¯e + p → n + e+ , e+ + e− → 2γ(0.5 M eV ) , n + p → d + γ(2.22 M eV )

Δτ = 200 μs ,

dove l’ultima avviene con un certo ritardo rispetto alla seconda. Contribuiscono alla prima reazione i neutrini con energia superiore a 1.8 M eV . L’analisi dei dati, effettuata in modo simile a quella dell’esperimento di G¨ osgen, ha portato ai risultati illustrati nelle figure 16.13 e 16.14. Fig. 16.13 mostra lo

16.3 I neutrini solari

437

spettro energetico degli antineutrini stimato nell’ipotesi di assenza di oscillazioni e quello misurato: il secondo ha senza dubbio un’intensit` a inferiore al primo e costituisce l’evidenza della scomparsa di antineutrini elettronici. Il rapporto tra le intensit` a dei due flussi `e 0.611 ± 0.085 ± .0.041 (vedi in fig. 16.11): la probabilit` a che esso sia compatibile con 1 `e inferiore allo 0.05%.

Fig. 16.12. Apparato sperimentale di KamLAND. [11]

Fig. 16.14 mostra il risultato della ricerca dei valori dei parametri d’oscillazione Δm2 e sen2 2θ. La regione fisicamente accettabile `e, in prima approssimazione, quella compresa fra le due linee con estremi in AB e CD, con luogo di massima probabilit` a individuato dal punto E di coordinate Δm2 ≈ 5.5 · 10−5 eV 2 e sen2 2θ ≈ 1.

16.3 I neutrini solari Lo studio dei neutrini solari nel cap. 13 `e stato condotto con l’intenzione primaria di verificare la validit` a dei modelli solari fondati sui processi di fusione nucleare e del decadimento β. Tuttavia, esso `e pertinente anche al fenomeno delle oscillazioni, come si `e gi`a rilevato nei par. 13.4 e 13.5. Infatti, nel cap. 13 `e stato messo in evidenza che il flusso dei neutrini solari misurato in vari esperimenti `e sistematicamente inferiore al valore previsto dai modelli solari. La differenza non `e attribuibile a carenze degli esperimenti o dei modelli, ma a propriet`a intrinseche dei neutrini, in virt` u delle quali il numero di neutrini solari (vedi tab. 13.5 del cap. 13) `e consistente con il valore di 0.611 osservato

438

16 Oscillazioni di neutrino

` naturale ritenere che la causa del deficit per gli antineutrini in KamLAND. E dei neutrini solari sia il fenomeno delle oscillazioni. Un’analisi dei dati solari condotta con criteri simili a quelli illustrati nel −5 e per sen2 2θ un par. 16.2.1 fornisce per Δm2 il valore otimale 6.5+4.4 −2.3 · 10 2 valore “grande” (≈ 0.85); l’errore inferiore su Δm permette di escludere con puona probabilit` a il valore 0. Un’analisi relativa ai dati solari unitamente a −5 eV 2 , quelli di KamLAND fornisce per Δm2 il valore ottimale 8.0+0.6 −0.4 · 10 che ha lo stesso ordine di grandezza del precedente ma esclude con pi` u elevata probabilit` a il valore 0 [13]. Per quanto riguarda l’ordine di grandezza di 10−5 , ` utile anche ricordare che il esso `e consistente con le indicazioni di fig. 16.4. E valore Δm2 caratteristico delle oscillazioni di stranezza `e dell’ordine di 10−6 (par. 14.4.1 del cap. 14).

Fig. 16.13. In alto: spettro energetico degli antineutrini stimato trascurando eventuali oscillazioni. Nella stima del flusso si ` e tenuto conto, oltre che degli antineutrini da reattore, anche di antineutrini di origine terrestre. In basso: confronto fra lo spettro atteso e quello misurato. [11]

Dunque, gli esperimenti sui neutrini solari permettono non solo di verificare la validit` a dei modelli solari, ma anche di mettere in evidenza, alla luce del fenomeno delle oscillazioni, che i neutrini (gli antineutrini) hanno massa il cui valore deve essere inferiore a circa 2 eV , come indicato dalle misure sullo spettro energetico degli elettroni emessi dal trizio (cap. 8). Va sottolineato, infine, che il deficit di neutrini rilevato nei diversi esperimenti, sia esso da attribuire alle oscillazioni o ad altre cause, costituisce una violazione della conservazione del numero leptonico.

16.4 I neutrini atmosferici

439

Fig. 16.14. La regione fisicamente accettabile per i parametri d’oscillazione ` e quella compresa fra le linee AB e CD. [11]

16.4 I neutrini atmosferici L’ipotesi dell’esistenza delle oscillazioni di neutrino `e confortata anche da alcuni esperimenti (ma non tutti) rivolti allo studio dei cosiddetti neutrini atmosferici, neutrini di origine diversa dalle reazioni di fusione sul sole. Essi sono prodotti dal decadimento dei mesoni π e dei leptoni μ, i primi prodotti dall’interazione dei protoni della radiazione cosmica con gli atomi dell’atmosfera terrestre e i secondi dal decadimento dei mesoni (cap. 2): p + A → π± + X , π ± → μ± + νμ (¯ νμ ) , ±

±

μ →e

+ νe (¯ νe ) + ν¯μ (νμ ) .

(16.34) (16.35)

Questi neutrini hanno energie molto pi` u elevate (oltre 100 M eV ) di quelle dei neutrini prodotti nelle reazioni sul sole (< 20 M eV ) e provengono in modo isotropo da tutte le direzioni dello spazio, mentre i neutrini solari provengono lungo la direzione Sole-Terra. Fra gli esperimenti dedicati alla studio dei neutrini atmosferici figura anche l’esperimento Super-Kamyokande gi` a descritto, che ha ottenuto i risultati statisticamente pi` u ricchi. In questo esperimento i neutrini sono rivelati mediante reazioni con un sola particella carica nello stato finale quali νe ) + e− → νe (¯ νe ) + e− , νe (¯

(16.36)

νμ + p → μ+ + n .

(16.37)

Muoni ed elettroni sono riconosciuti sulla base dell’energia rilasciata per effetto Cerenkov e dell’estensione del cono di luce associato.

440

16 Oscillazioni di neutrino

Poich´e i neutrini e gli antineutrini muonici sono emessi in entrambe le reazioni in successione (16.34) e (16.35) e quelli elettronici nella sola reazione (16.35), ci si aspetta che i flussi di neutrini muonici ed elettronici da esse prodotti (flussi primari) siano nel rapporto Φ(νμ + ν¯μ ) ≈2 Φ(νe + ν¯e )

(16.38)

Tuttavia, se esiste il fenomeno delle oscillazioni di sapore, nel tragitto fra i punti di produzione dei neutrini (ossia nei punti dove avvengono i decadimenti (16.34) e (16.35)) e il bersaglio dell’apparato di rivelazione possono avvenire le seguenti trasformazioni νe −→ νμ (16.39) νμ ←→ ντ che possono alterare il valore del rapporto (16.38). I flussi dei neutrini elettronici e di quelli muonici (Φe e Φμ ) sono ricavabili in due modi: (a) dallo studio del flusso dei π e dei μ e delle reazioni (16.34) e (16.35) e (b) dallo studio delle reazioni (16.36) e (16.37) mediante le relazioni Ne ∝ Φe σe , Nμ ∝ Φμ σμ ,

(16.40)

dove N indica il numero di interazioni di elettroni e muoni misurate e σ la loro sezione d’urto, che si assume essere nota. Se non c’`e il fenomeno delle oscillazioni, ci si aspetta che, per interazioni di neutrini elettronici e muonici rispettivamente, i valori ottenuti nei due modi siano uguali; altrimenti possono essere diversi. In pratica, per ovviare a errori sistematici di varia origine su cui sorvoliamo, invece del rapporto (16.38), si preferisce studiare il rapporto R=

(Nμ /Ne )sperimentale (Nμ /Ne )montecarlo

(16.41)

dove al denominatore compare il numero di eventi calcolato sulla base dei flussi determinati nel modo (a). In assenza di oscillazioni (o di altri fenomeni che alterino i flussi originari), R deve essere uguale a 1. In realt`a, nell’esperimento Super-Kamyokande risulta R = 0.61 ± 0.03 ± 0.05 in accordo con altri tre esperimenti con statistica elevata. Si ha, pertanto, una significativa deviazione da 1, che pu` o essere interpretata come una manifestazione di oscillazione. Altri due esperimenti con statistica pi` u povera trovano, invece, R ∼ 1. In questi esperimenti l’energia dei neutrini `e dell’ordine di 1 GeV . Pi` u approfondite analisi di questi esperimenti sembrano indicare una diminuzione del flusso di neutrini muonici.

Bibliografia

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Commiato Al termine di queste lezioni che ci hanno condotto ai confini delle nostre conoscenze, piace all’autore invitare il lettore, che ha indagato la natura con l’occhio del fisico, a riflettere sul cammino percorso e a scrutare oltre l’incerto confine tra il noto e l’ignoto con l’occhio dell’investigatore dell’animo umano: Volevo esplorare il contorno di un’isola e ho scoperto la vastit` a dell’oceano. L. Wittgenstein Ma sedendo e mirando, interminabili spazi di l` a da quella, e sovrumani silenzi, e profondissima qu¨ıete io nel pensier mi fingo; ove per poco il cor non si spaura. ... Cos`ı tra questa immensit` a s’annega il pensier mio: e il naufragar m’`e dolce in questo mare. da L’infinito di Giacomo Leopardi Quando contemplo il cielo, opera delle tue mani. la luna e le stelle che vi hai collocato.... che cosa `e l’uomo, perch´e ti ricordi di lui.. ? Eppure Tu l’hai fatto poco meno di un dio, l’hai coronato di gloria e maest` a, gli hai dato il dominio sull’opera delle tue mani, a lui hai sottomesso ogni cosa. O Signore, quanto grande `e il tuo nome su tutta la terra! dal Salmo 8

17 Appendice

17.1 Formule cinematiche 17.1.1 Formule relativistiche 1

Notazioni: m = massa (a riposo) p = impulso β = v/c

γ=

E = energia totale T = energia cinetica M = mc2 P = pc

1 E = M 1 − β2

γ−1=

T M

E =M +T =

T =E−M =



P2 + M2 = 



M 1 − β2

= Mγ

⎛$ P2 + M2 − M = M ⎝

 1+

P M

2



%

− 1⎠ = M



1 1 − β2

& −1

= M (γ − 1) P =

1



E2 − M 2 =



T 2 + 2M T = M 

β 1−

β2

= βE = M βγ = M



γ2 − 1

Per approfondimenti sugli argomenti di questo paragrafo vedere, per esmpio, A. Michalowicz, Cinematique des R´ eactions Nucl´eaires, Dunod, Paris (1964)

446

17 Appendice

P P =√ β= = 2 E P + M2  Se M = 0



M2 1− 2 = E



T 2 + 2M T = E

 γ2 − 1 γ

β=1 E=T =P

17.1.2 Principi di conservazione i) Collisione fra una particella 1 di energia cinetica T1 e una particella 2 di energia cinetica T2 con produzione di n particelle: 1 + 2 → 3 + 4 + .... + n Considereremo solo il caso in cui le velocit`a di 1 e 2 sono collineari. a) Conservazione dell’energia: E1 + E2 = E3 + E4 + .... + En (M1 + M2 )+(T1 + T2 ) = (M3 + M4 + .... + Mn )+(T3 + T4 + .... + Tn ) Q = (M1 + M2 )−(M3 + M4 + .... + Mn ) = (T3 + T4 + .... + Tn )−(T1 + T2 ) Q = Miniziale − Mf inale = Tf inale − Tiniziale Q > 0 reazione esotermica M1 + M2 > M3 + M4 + .... + Mn T1 + T2 < T3 + T4 + .... + Tn Q < 0 reazione endotermica T1 + T2 > T3 + T4 + .... + Tn M1 + M2 < M3 + M4 + .... + Mn Q = 0 reazione elastica M1 + M2 = M3 + M4 + .... + Mn T1 + T2 = T3 + T4 + .... + Tn b) Conservazione dell’impulso: P 1 + P 2 = P 3 + P 4 + .... + P n ii) Una particolare reazione esotermica `e il decadimento di una particella in n particelle: 1 → 3 + 4 + .... + n. Q = M1 − (M3 + M4 + .... + Mn ) = (T3 + T4 + .... + Tn ) − T1 > 0

17.1 Formule cinematiche

447

17.1.3 Sistemi di riferimento del laboratorio (L) e del centro di massa (CM ) Reazione: 1+2→3+4 Notazioni: v, β, γ, P , T , E = quantit` a cinematiche di una particella nel L V = velocit`a del CM nel L B = V /c √ Γ = 1/ 1 − B 2 ¯ γ¯ , P¯ , T¯, E ¯ = corrispondenti quantit` v¯, β, a nel CM V¯ = 0 i) L’energia cinetica totale nel L `e data dalla somma di due contributi: uno associato al moto relativo delle particelle 1 e 2 nel sistema di riferimento in cui il loro centro di massa (CM ) `e in quiete (V¯ = 0) e l’altro associato al moto del CM rispetto al L. L’energia efficace nella collisione `e l’energia nel CM . Le particelle 1 e 2 sono caratterizzate nel sistema di riferimento del CM dalla condizione (vedi fig. 17.1):

Fig. 17.1.

¯ 2 = −P ¯1 P ii) Formule di trasformazione delle coordinate da L a CM :

448

17 Appendice

a) Caso non relativistico (trasformazioni di Galileo): t¯ = t

x ¯=x+Vt

y¯ = y

z¯ = z

v¯x = vx + V

v¯y = vy

v¯z = vz

b) Caso relativistico (trasformazioni di Lorentz): x−Vt x ¯= √ 1 − B2 v¯x =

vx − V vx 1−B c

y¯ = y

z¯ = z

√ v¯y = vy

1 − B2 vx 1−B c

x t−B c t¯ = √ 1 − B2

√ v¯z = vz

1 − B2 vx 1−B c

Le formule inverse si ottengono scambiando x con x ¯, vx con v¯x , ecc. e sostituendo V con −V . T2 = 0 , iii) Reazione 1 + 2 → 3 + 4 + ..... + n T1 = 0, B=

P1 + P2 P1 + P2 V = = c E1 + E2 Et

a) Particella 2 in quiete: P2 = 0

B=

b) Limite non relativistico: T1  M1 B=

P1 E1 + M2 T2  M 2

P1 + P2 M1 β1 + M2 β2 = M1 + M2 M1 + M2

iv) La quantit` a E 2 − P 2 `e un invariante relativistico, quindi ¯ 2 − P¯ 2 E2 − P 2 = E     2 2 ¯1 +P ¯2 2 = ¯1 + E ¯2 2 − P (E1 + E2 ) − (P 1 + P 2 ) = E     2 2 ¯3 +P ¯4 2 ¯3 + E ¯4 2 − P = (E3 + E4 ) − (P 3 + P 4 ) = E

17.1 Formule cinematiche

449

17.1.4 Relazioni fra le quantit` a cinematiche di una particella nei sistemi del L e del CM L β=

CM

¯+B β¯ + B P¯ /E = ¯ ¯ ¯ 1 + B P /E 1 + βB   ¯ γ = γ¯ Γ 1 + βB

β−B P/E − B = β¯ = ¯ 1 − βB 1 − BP/E   ¯ γ¯ = γ¯ Γ 1 − βB

¯ + P¯ B E = EΓ   ¯ 1 + βB ¯ P = M βΓ = P¯ Γ

¯ = EΓ − P B E 

B 1+ ¯ β



 =

   β ¯ ¯ = Γ P¯ + EB = P¯ ¯ 1 + βB β Γ =√

P¯ = M βΓ (1 − βB) = P Γ = Γ (P − EP ) = P

1 1 − B2

B2Γ 2 = Γ 2 − 1 Limite non relativistico : β → 0, γ → 1, B → 0, Γ → 1

B 1− β

β¯ (1 − βB) β

=

450

17 Appendice

17.1.5 Relazioni fra le quantit` a cinematiche nel√sistema del L e del CM (formule non relativistiche, T  M , P = 2M T ) Reazione: 1+2→3+4

T2 = 0

Caso generale

Urto Elastico M1 = M3 M2 = M 4

Urto Elastico M 1 = M2 = = M3 = M4

V

M1 v1 M1 + M2



v1 2

v¯1

M2 v1 M1 + M2



v1 2

v¯2

M1 v1 M1 + M2



v1 2



T1 4

„ T¯1

M2 M1 + M2

«2 T1



M 1 M2 T1 (M1 + M2 )2



T1 4

T¯t = T¯1 + T¯2

M2 T1 M1 + M2



T1 2

v¯3

c

v¯4

c »

P¯3 = P¯4

"

` ´ #1/2 2M4 T¯t + Q M3 (M3 + M4 )

M2 v1 M1 + M2

v1 2

"

` ´ #1/2 2M3 T¯t + Q M4 (M3 + M4 )

M1 v1 M1 + M2

v1 2

M2 P1 M1 + M2

P1 2

2M3 M4 (T¯t + Q) M3 + M4

–1/2

T¯3

M4 (T¯t + Q) M 3 + M4

M22 T1 (M1 + M2 )2

T1 4

T¯4

M3 (T¯t + Q) M 3 + M4

M1 M2 T1 (M1 + M2 )2

T1 4

17.1 Formule cinematiche

451

17.1.6 Relazioni fra le quantit` a cinematiche nel sistema del L e del √ CM (formule relativistiche, P = 2M T + T 2 ) Reazione: 1+2→3+4

T2 = 0

Caso generale

Urto Elastico M1 = M 3 M 2 = M4

B

P1 E 1 + M2

P1 E 1 + M2

β¯1

M 2 P1 M12 + E1 M2



B

β¯2

P1 E 1 + M1



B

¯t E

Et Γ

¯3 E

¯t2 + M32 − M42 E = ¯t ` 2E ´ 2 2 2 Et + Γ M3 − M42 = 2Γ Et

M2 BΓ β¯3

¯4 E

¯t2 + M42 − M32 E = ¯t ` 2E ´ Et2 + Γ 2 M42 − M32 = 2Γ Et

M2 Γ

β¯3

M2 B s „ « M1 M2 2 1 + B2 −1 2 M1

β¯4

B

P¯3 = P¯4

M2 BΓ

Urto Elastico M 1 = M2 = = M3 = M4 = M p

T1 / (2M + T1 )

r

M 2 + M T1 2

E¯3

B

B r

M T1 2

452

17 Appendice

17.1.7 Energia di soglia Se una reazione `e endotermica (Q < 0), essa pu`o verificarsi solo se l’energia cinetica T1 `e superiore a un valore minimo Ts , detto energia di soglia. Tale valore corrisponde alle condizioni v¯3 = v¯4 = .... = 0 v3 = v4 = .... = V i) Reazione: 1 + 2 = 3 + 4 + .... + n, T2 = 0: Ts =

−Q [−Q + 2 (M1 + M2 )] 2M2

¯ts = M3 + M4 + .... = M1 + M2 + Q Ets /Γ = E B=

Ps M1 + M2 + Ts

Energia della particella finale k-esima nel L in corrispondenza di T1 = Ts : Tks = Mk

Ts + Q . M1 + M2 − Q

ii) Reazione: 1 + 2 = 3 + 4 + .... + n, T2 = 0, p1 e p2 antiparalleli. L’energia di soglia `e data dalla soluzione della seguente equazione: 2

4Ts2 M22 − 4Ts [2M1 M2 T2 + aE2 ] + (2M1 T2 − a) = 0 a = −2Q (M1 + M2 ) + Q2 Tks = Mk B=

Ts + T2 + Q M1 + M2 − Q Ps − P2 Es + E2

17.1 Formule cinematiche

453

17.1.8 Decadimenti i) Decadimento in quiete: 1 → 3 + 4 T1 = 0 (i sistemi del L e del CM coincidono): B = 0Γ = 1 ¯ t = M1 Et = E 2 2 2 ¯3 = M1 + M3 − M4 E3 = E 2M1

(M1 − M3 )2 − M42 T3 = T¯3 = 2M1 ii) Decadimento in volo: 1 → 3 + 4 T1 = 0 B = β1

¯ t = M1 Γ = γ1 E

2 2 2 ¯3 = M1 + M3 − M4 E 2M1 2 2 2 ¯4 = M1 + M4 − M3 E 2M1

iii) Le relazioni in i) e ii) si applicano anche alle interazioni di due particelle entrambe in quiete o entrambe in volo con la stessa velocit` a nel L. In questi casi M1 `e uguale alla somma delle masse delle due particelle.

454

17 Appendice

17.2 Tabelle

Tabella 17.1. Costanti fondamentali nelle unit` a usuali Costante

Simbolo Equazione

Valore

Velocit` a della luce

c

299 792 458 m s−1

Costante di Planck

h

6.626 075 5(40) × 10−34 J s

Costante di Planck

 = h/2π

1.054 572 66(63) × 10−34 J s = 6.582 122 0(20) × 10−22 M eV s

Valore della carica dell’elettrone

e e

1.602 177 33(49) × 10−19 C 4.803 206 8(15) × 10−10 esu

Costante di conversione

c

197.327 053(59) M eV f m

Massa dell’elettrone

me

0.510 999 06(15) M eV /c2 = 9.109 389 7(54) × 10−31 kg

Massa del protone

mp

938.272 31(28) M eV /c2 = 1.672 623 1(19) × 10−27 kg = 1.007 276 470(12)u = 1836.152 701(37)me

Massa del neutrone

mn

939.56 563(28) M eV /c2

Permittivit` a nel vuoto

0

Permeabilit` a nel vuoto

μ0

Costante di struttura fine

α = e2 /4π0 c

1/137.035 989 5(61)

Lunghezza d’onda Compton dell’elettrone

− λ = /me c = re α−1

3.861 593 23(35) × 10−13 m

Magnetone di Bohr

μB = e/2me

5.788 382 63(52) × 10−11 M eV T −1

Magnetone nucleare

μN = e/2mp

3.152 451 66(28) × 10−14 M eV T −1

Costante di gravitazione universale

GN

6.672 59(85) × 10−11 m3 kg −1 s−2 = 6.707 11(86) × 10−39 c(GeV /c2 )−2

Accelerazione di gravit` a a livello del mare

g

9.806 65 ms−2

Numero di Avogadro

NA

6.022 136 7(36) × 1023 mol−1

Costante di Boltzman

k

1.380 658 × 10−23 JK −1 = 8.617 385(73) × 10−5 eV K −1

1 in = 0.0254 m 1˚ A = 10−10 m 1 f m = 10−15 m 1 anno = 3.155 × 107 s

1 barn = 10−28 m2 1 dina = 10−5 newton (N ) 1 erg = 10−7 joule (J)

1 caloria = 4.1840 J 0o C = 273.15 K 1 atm. = 1.013 25 × 105 N/m2

1 gauss (G) = 10−4 tesla (T ) 1 eV /c2 = 1.782 662 70(54) × 10−36 kg

= 0 μ0 = 1/c2

8.854 187 817... × 10−12 F m−1 4π × 10−7 N A−2 = 12.566 370 614... × 10−7 N A−2

1 eV = 1.602 177 33(49) × 10−19 J 2.997 924 58 × 109 esu = 1 coulomb (C)

17.2 Tabelle

455

Tabella 17.2. Elenco degli elementi in ordine alfabetico Nome

Simb.

Z

M(u)

Nome

Simb.

Z

M(u)

Afnio Alluminio Americio Antimonio Argento Argon Arsenico Astato Attinio Azoto Bario Berchelio Berillio Bismuto Boro Bromo Cadmio Calcio Californio Carbonio Cerio Cesio Cloro Cobalto Cripto Cromo Curio Darmstadtio Disprosio Einsteinio Elio Erbio Europio Fermio Ferro Fluoro Fosforo Francio Gadolinio Gallio Germanio Hahnio # Hassio Idrogeno Indio Iodio Iridio Itterbio Ittrio Lantanio Lawrenzio Litio Lutezio Magnesio Manganese Meitnerio

Ha Al Am Sb Ag A(Ar) As At Ac N Ba Bk Be Bi B Br Cd Ca Cf C Ce Cs Cl Co Kr Cr Cm Ds Dy Es He Er Eu Fm Fe F P Fr Gd Ga Ge Ha Hs H In I Ir Yb Y La Lr Li Lu Mg Mn Mt

72 13 95 51 47 18 33 85 89 7 56 97 4 83 5 35 48 20 98 6 58 55 17 27 36 24 96 110 66 99 2 68 63 100 26 9 15 87 64 31 32 105 108 1 49 53 77 70 39 57 103 3 71 12 25 109

178.49 26.98 243.06∗ 121.76 107.87 39.95 74.92 209.99∗ 227.03∗ 14.01 137.33 247.07∗ 9.01 208.98 10.81 79.90 112.41 40.08 251.08∗ 12.01 140.11 132.90 35.45 58.93 83.80 52.00 247.07∗ 273∗ 162.50 252.08∗ 4.00 167.26 151.9 257.09∗ 55.85 19.00 30.97 223.02∗ 157.25 69.72 72.59 262.11∗ 265.13∗ 1.008 114.82 126.90 192.22 173.04 88.90 138.91 262.11∗ 6.94 174.97 24.31 54.94 266.14∗

Mendeleevio Mercurio Molibdeno Neodimio Neon Nettunio Nichelio Nielsbohrio Niobio Nobelio Olmio Oro Osmio Ossigeno Palladio Piombo Platino Plutonio Polonio Potassio Praseodimio Promezio Protattinio Radio Radon Rame Renio Rodio Rubidio Rutenio Rutherfordio Samario Scandio Seaborghio Selenio Silicio Sodio Stagno Stronzio Tallio Tantalio Tecnezio Tellurio Terbio Titanio Torio Tulio Tungsteno Uranio Vanadio Xenon Zinco Zirconio Zolfo

Md Hg Mo Nd Ne Np Ni Ns Nb No Ho Au Os O Pd Pb Pt Pu Po K Pr Pm Pa Ra Rn Cu Re Rh Rb Ru Rf Sm Sc Sg Se Si Na Sn Sr Tl Ta Tc Te Tr Ti Th Tm W U V Xe Zn Zr S

101 80 42 60 10 93 28 107 41 102 67 79 76 8 46 82 78 94 84 19 59 61 91 88 86 29 75 45 37 44 104 62 21 106 34 14 11 50 38 81 73 43 52 65 22 90 69 74 92 23 54 30 40 16

258.10∗ 200.59 95.94 144.24 20.18 237.05∗ 58.69 262.12∗ 92.91 259.10∗ 164.93 196.97 190.23 16.00 106.42 207.2 195.08 244.0∗ 208.98 39.10 140.91 144.91 231.03 226.02∗ 222.02∗ 63.55 186.21 102.90 85.47 101.07 261.11 150.36 44.96 263.12 78.96 28.03 22.99 118.71 87.62 204.38 180.95 97.91∗ 127.60 158.92 47.90 232.04∗ 168.93 183.85 238.03 50.94 131.29 65.39 91.22 32.07

Altre denominazioni Bohrio #Dubnio

Bh Dn

107 105

* Massa del radioisotopo a vita media pi` u lunga

Gli elementi di recente scoperta con Z = 112, 114 e 116 non sono stati ancora denominati.

456

17 Appendice

Tabella 17.3. Massa atomica, massa nucleare, energia di legame, eccesso di massa. Normalmente per massa di un nucleo si intende la massa dell’atomo relativo. La massa pu` o essere ottenuta da apposite tabelle, oppure pu` o essere ricavata da tabelle che riportano l’energia di legame o da tabelle che riportano l’eccesso di massa. M (Z, N )c2 = massa nucleare di un nucleo con Z protoni e N neutroni M (Z, N ) c2 = ZMp c2 + N Mn c2 − B (Z, N ) B(Z, N ) = energia di legame del nucleo (dell’ordine di A · 7 M eV ) Ma (Z, N )c2 = massa atomica (massa del nucleo pi` u massa degli elettroni legati) Ma (Z, N ) c2 = M (Z, N ) c2 + Zme c2 − BZe me c2 = massa dell’elettrone BZe = energia di legame totale di Z elettroni (dell’ordine di Z · 10 eV ) Be = energia di legame dell’elettrone nell’atomo di H ≈ 13 eV ZBe − BZe ∼ =0 uma = unit` a di massa atomica = 1/12 della massa dell’atomo di Ma (12 C) = 12 uma → 12 · 931.49432(28) M eV (Mp )uma = 1.007276470(12) (Mn )uma = 1.008664904(14) Δ(Z, N )uma = eccesso di massa = Ma (Z, N )uma − A

12

C → 931.49432(28) M eV

ˆ ˜ Δ (Z, N )M eV = ˆMa (Z, N )uma − A × 931.49... M eV = ˜ = Ma (Z, N ) c2 M eV − A × 931.49... M eV Ma (Z, N ) c2 = M (Z, N ) c2 + Zme c2 − BZe ∼ = M (Z, N ) c2 + Zme c2 2 Ma (Z, N ) c = Δ (Z, N )M eV + A × 931.49... M eV 2 B (Z, N ) = ZM N Mn c2 − M´(Z, N ) c2 = ˆ ` pc + ˜ 2 = Z MH c − me c2 + Be + N Mn c2 − Ma (Z, N ) c2 − Zme + BZe = 2 2 2 ∼ = ZMH c + N Mn c − Ma (Z, N )c = ZΔ (H) + N Δ (n) − Δ (Z, N ) Δ (H) = 7.2890 M eV

Δ (n) = 8.0713 M eV

Indice

14

C, 16, 40, 42, 56, 78–87, 203, 228

abbondanza di nuclei sul sole, 313, 326, 329, 339, 346 abbondanza di radionuclidi nel corpo umano, 57 sulla terra, 28, 34, 71, 80 abbondanza isotopica, 27, 33, 57, 350, 355, 404, 409 accettanza angolare, 221, 233 anisotropia γ, 251 annichilazione elettrone-positrone, 169, 206, 275, 315, 334, 431 annichilazione protone-antiprotone, 390 antenna per onde gravitazionali, 335, 339 antineutrino, 2, 34, 157, 163, 166, 216, 218, 256, 260, 291, 300, 334, 348, 380, 393, 396 assorbimento di, 35, 167–169, 202, 205 destrogiro, 260, 299, 380 levogiro, 299, 380 sterile, 380, 393, 396 terrestre, 34 antineutrone, 261, 266, 383 antiparticelle, 157, 215, 260, 271, 289, 299, 379, 381, 397 antiprotone, 38, 261, 390 asimmetria destra-sinistra, 257, 265, 267 attivit` a, 8–16, 21, 27–29, 33, 35, 42, 50, 56–58, 60, 63, 65, 66, 69, 71,

80, 81, 85, 86, 141, 208, 209, 366, 406–408 per unit` a di massa, 9, 27 Bahcall e Pinsonneault, 348 barriera centrifuga, 130, 147, 149 coulombiana, 120, 140, 315, 320, 372 repulsiva, 124 becquerel, 50 calibrazione della radiodatazione, 84, 86 calore terrestre, 32 camera a proiezione temporale, 409 campi di multipolo, 99 elettrico di ordine L, M , 101, 102 magnetico di ordine L, M , 101, 102 regole di selezione, 103, 105, 108 sorgenti dei, 97, 99, 100, 105–107, 109 campo elettromagnetico, 94, 105, 187, 188 sorgenti del, 98, 99 campo magnetico negli apparati, 108, 166, 209, 211, 220, 230, 248, 253, 255, 409 per una carica in moto in campo elettrico, 268 solare, 37, 82 terrestre, 37, 41, 82 cattura elettronica, 26, 157, 162, 164, 172, 204, 222, 254, 300, 315, 351, 355, 359 Chernobyl, 25, 43, 61 chiralit` a, 282

458

Indice

commutazione di H e J, 293 di H e h, 294 regole di, 293 coniugazione di carica C, 261, 263, 265, 291 conservazione dell’energia, 114, 122, 131, 163, 167, 172, 215, 233, 239, 261, 383, 386, 446 conservazione dell’impulso, 49, 91, 117, 168, 170, 172, 240, 274, 446 conservazione della parit` a, 103, 158, 187, 205, 239, 243, 245, 247, 248, 250, 252, 303, 416 controvariante, 277, 278, 296 conversione elettronica interna, 203 convoluzione, 222, 224, 234 coppia e+ e− , 47, 204, 262, 274, 410 correlazioni angolari, 258, 259, 299, 303, 304 corrente leptonica, 305, 384, 385 corrente nucleare, 305, 386 costante d’interazione debole, 183, 186, 187, 299 costante di decadimento, 6, 9, 14, 16, 19, 27, 94, 128, 129, 131, 132, 141, 173, 182, 186, 204, 207, 210 costante di struttura fine, 193, 388 covariante, 277, 296 Cowan e Reines, 168 Cox, 248 CP, 215, 260, 264, 291, 380, 381, 390, 393, 396 curie, 50 danno biologico, 25, 48, 52–56 DARI, 62 datazione dei coralli, 77 dell’Universo, 341 della terra, 77 delle rocce, 69 delle sostanze organiche, 80 decadimenti esotici, 4, 137, 140, 150 decadimenti favoriti, 119, 131, 132, 177, 183, 185, 303 decadimenti in competizione, 9, 30, 91, 92, 140, 141, 143, 186, 204, 205

decadimenti radioattivi, 1, 3–7, 17, 31, 69, 114, 129, 182 decadimento β, 145 β + , 2, 157, 163 β − , 2, 157, 163 β − ritardato, 143 γ, 3, 91, 92 decadimento α, 1, 114, 115, 118–120, 125, 128, 131, 132 decadimento del neutrone, 168, 175, 186, 201, 207, 209, 211, 216, 300 decadimento del protone, 260, 261, 300, 303 delta di Dirac, 16, 175, 188, 190, 235, 302, 405 dendrocronologia, 82–87 densit` a degli stati finali, 94, 173, 174, 178, 198, 202, 301, 318, 319, 386 densit` a di corrente J , 96, 102, 106, 241, 272–274, 285 densit` a di energia, 191 densit` a di hamiltoniana, 302, 304, 319, 384, 386 densit` a di magnetizzazione, 106 densit` a di probabilit` a, 122, 175, 178, 272–274, 285, 292 negativa, 273, 274 densit` a di probabilit` a di transizione, 173, 177, 178, 386 deposito attivo, 58 diagrammi di Feynman, 197, 274, 300 dipolo elettrico oscillante, 102 magnetico oscillante, 102 dipolo elettrico, 97 distribuzione dell’impulso dei β, 158, 178–180, 182, 203, 206, 221 distribuzione energetica dei β, 157, 216–219, 222–224, 234, 312, 405, 411, 412 distribuzione energetica di Maxwell, 321, 323 doppio decadimento β, 1, 4, 162, 216, 386, 401, 402, 406, 414, 416 con emissione di neutrini, 383, 385, 386, 404, 406, 407, 412 misura del metodo diretto, 408

Indice metodo geochimico, 407 senza emissione di neutrini, 379, 383, 385, 386, 397, 404, 406, 407, 413, 414 dose alta, 59 assorbita, 52, 57 di soglia, 55 efficace, 53 equivalente, 52, 57 media, 59, 61 piccola, 25, 64 eccesso di neutroni, 2, 119, 137, 138, 148, 161, 162, 165, 330 protoni, 137, 138, 161, 162, 165 eccitazione di atomi e molecole, 44, 203, 204, 219, 223, 234 effetti biologici delle radiazioni acuti, 54 benefici, 25, 55, 63 deterministici, 54 genetici, 48 permanenti, 48 reversibili, 48 ritardati, 54 stocastici, 55 effetto Cerenkov, 335, 362, 369, 439 Compton, 46, 47 fotoelettrico, 46, 47 tunnel, 113, 122, 314, 321 efficienza dell’apparato, 366, 368, 425 elemento di matrice di transizione, 173, 174, 301, 386, 387 elemento di matrice nucleare, 180, 183, 184, 388 elettroni Auger, 204, 356, 359, 360 elettroni polarizzati, 258 elicit` a, 243, 247, 248, 260, 261, 263, 271, 278, 281, 292, 299 degli elettroni, 248, 257, 258 del neutrino, 253, 255, 256, 261 del positrone, 258 dell’antineutrino, 256, 260 emissione di deutoni, 143 neutroni, 4, 138, 148

459

neutroni β−ritardati, 149 nuclei leggeri con A > 4, 4, 137, 139, 140 protoni, 4, 138, 141, 142, 145 protoni β−ritardati, 142, 145 energia d’interazione nucleone-nucleone, 197 energia dei γ, 91 energia della radiazione elettromagnetica, 107 energia di legame, 2, 32, 49, 123, 124, 142, 150, 163, 172, 193, 197, 219, 233, 456 energia di legame per nucleone, 114, 117, 123, 142, 150, 160, 166, 327, 328 energia di soglia, 41, 349, 350, 359, 367, 452 energia liberata, 113, 130, 402 nel decadimento α, 113–118, 120, 121, 127, 129, 130, 140, 154 nel decadimento β, 157, 163, 164, 167, 168, 170, 172–174, 183–185, 197, 233, 402 nel decadimento ββ, 407, 412 energia negativa, 273, 279, 282, 290, 292 energia solare ipotesi chimica, 312 gravitazionale, 313 termonucleare, 312, 314, 315, 324, 347, 348 equazione aggiunta, 284 di Dirac, 187, 275 di Klein-Gordon, 273 di Schr¨ odinger, 122, 177, 193, 239, 244, 265, 271 equazioni di Maxwell, 94, 95, 98, 99 equilibrio radioattivo ideale, 11 secolare, 12, 15, 17, 27, 31, 35, 70, 77 esposizione, 50, 52 et` a dell’Universo, 339 et` a della terra, 26, 27, 75 eventi di fondo, 21, 26, 81, 139, 168, 209, 222, 224, 225, 255, 352–356, 358, 359, 361, 363, 369, 408, 410–413, 415, 432

460

Indice

evoluzione delle stelle, 325, 334, 335 famiglie del torio, 56, 73, 120, 137, 339 dell’attinio, 117, 120, 455 dell’uranio, 56, 71, 137, 339, 341, 455 radioattive, 9, 14, 26, 42, 58, 70, 115, 120, 137, 413 fattore di peso wr , 53 di rischio, 55 fattore astrofisico, 346, 371, 374, 375 fattore di attenuazione dei γ, 47 fattore di Gamow, 128, 375 fermioni, 168, 172, 260–262, 271, 278, 379 fissione, 4, 28, 42, 72, 154, 429, 430 flusso di antineutrini, 168, 355, 420, 429, 436, 437 flusso di neutrini da supernova, 336 solari, 313, 316, 345, 351, 359, 360, 368, 370, 373, 427, 429 fluttuazioni statistiche, 6, 17, 21, 46, 413 formazione dei nuclei con A ≤ 56, 327 formazione dei nuclei pesanti, 330, 332 formula di Bethe-Bloch, 45 fotoni virtuali, 192 funzione di Kurie, 179, 217, 218, 225, 228, 234 di Yukawa, 189 funzione d’onda antisimmetrica, 318 fusione, 138, 312, 314, 325–330, 346, 439 Gallex, 360 gas nobile, 356, 407 gas perfetto, 311 grandezze dispari, 95–99, 102, 241, 243, 245–247 grandezze pari, 96, 98, 102, 241, 243, 245–247 gray, 52, 57 Hamiltoniana, 94, 190, 201, 239, 245, 247, 319, 395 di Dirac, 277, 278, 280, 289 V+A, 305, 384, 388 V-A, 299, 301–305, 380, 384, 388

immagine speculare, 96, 102, 104, 241–244, 247, 252, 253, 261, 268 incertezza statistica sulla costante di decadimento, 19 sulla datazione, 85 intensit` a delle interazioni, 192, 196 interazione assiale, 175, 187, 318 coulombiana, 165, 176, 181, 189, 190, 201, 216, 217, 372, 386 debole, 165, 167, 169, 173, 175, 178, 184, 185, 187, 190, 192, 195–197, 207, 260, 264, 301, 303, 311, 316, 325, 346, 390, 404 di Fermi, 182, 186, 216, 259, 299, 304 di Gamow-Teller, 183, 259, 299, 304, 319 elettromagnetica, 187, 192, 196, 197 forte, 120, 131, 165, 181, 187, 189, 190, 193, 194, 196, 316, 320, 321, 371, 390 vettoriale, 175 invarianti relativistici, 285–287, 296, 301, 448 invarianza relativistica dell’equazione di Dirac, 294 rispetto a CP, 215, 260, 264 inversione del tempo, 275, 288, 303 inversione delle coordinate spaziali, 95, 96, 102, 158, 240–244, 247, 286, 287, 290, 292, 301 ionizzazione, 16, 44–46, 48, 50, 81, 167, 168, 203, 223, 224, 410 isobari, 2, 3, 28, 119, 120, 128, 137, 143, 157, 159, 161, 162, 181, 330, 331, 401 isola di stabilit` a, 150, 152 isospin, 93, 113, 131, 146, 147, 181–183, 195, 216, 318 isotoni, 159 isotopi, 27–29, 31, 33, 56–58, 72–75, 115, 117, 119, 121, 128, 143, 151, 152, 159, 162, 404 isotropia dello spazio, 240 Kamiokande, 360, 362 Kamiokande II, 336 KamLAND, 436

Indice Klein-Gordon, 191 legge del decadimento radioattivo differenziale, 5 esponenziale, 5 leggi di conservazione, 239, 261, 272 leptoni, 43, 196, 260, 261, 300–303, 379, 389, 393, 396, 397, 430, 439 Libby, 79 livelli eccitati degli atomi, 27, 206, 220, 233, 234, 331, 352 dei nuclei, 3, 27, 92, 105, 114, 117–119, 131, 142, 143, 145, 158, 172, 182, 203, 249, 254, 328, 331, 352 luminosit` a del sole, 312–314, 316, 323, 324, 346, 348, 359 di uno spettrometro, 221, 228 lunghezza d’onda Compton di una particella, 191, 195, 274, 275 massa atomica e nucleare, 32, 114, 144, 161, 165, 197, 198, 234, 456 del neutrino, 170, 171, 180, 201, 215–220, 223–228, 233, 300, 334, 336, 338, 339, 366, 381, 386, 388, 396, 414, 416 efficace, 164, 166 matrice identit´ a, 276 matrici α e β, 276, 278, 279, 293 matrici γ, 276–278, 288, 304 matrici di spin di Pauli, 265, 276, 278, 280, 281, 293, 306 mesoni, 37, 195–197 π, 37, 43, 192, 197, 247, 383, 439 K neutri, 383, 390, 392, 394 metodi di radiodatazione del 14 C, 78 del piombo, 73 del potassion-argon, 73 del rubidio-stronzio, 74 delle rette isocrone, 74 modelli solari, 313, 315, 345, 346, 366, 369, 370, 373, 379 momento angolare, 96, 113, 117, 118, 131, 133, 146–148, 168, 180, 183,

461

184, 242, 254, 258, 261, 267, 278, 293, 318, 402 conservazione del, 93, 103, 131, 147, 168, 183, 240, 254, 258, 261 orbitale, 93, 96, 99, 100, 103, 104, 109, 125, 127, 130, 131, 147, 176, 177, 180, 183, 184, 193, 240, 241, 243, 246, 247, 265, 268, 319 momento di dipolo elettrico, 262, 382 momento magnetico, 106, 109, 209, 232, 242, 262, 264–266, 268, 381–383 moto relativo, 127, 131, 138, 176, 178, 193, 246, 318–321, 375, 447 muoni, 38, 40, 41, 354, 355, 380, 439, 440 neutrini atmosferici, 439 solari, 315, 348 problema dei, 366 neutrino μ, 38, 368, 396 τ , 368, 396 destrogiro, 262, 305, 380 di Dirac, 380, 384 di Dirac massivo, 371, 380, 385, 393, 397 di Majorana, 381, 384, 397, 403 di Majorana massivo, 382, 384 fisico, 380 sterile, 369, 380, 396 terrestre, 56 neutrone libero, 164, 198, 207, 216 neutroni β−ritardati, 150 nuclei artificiali, 25, 42, 61, 137 dispari-dispari, 161, 172 esotici, 137, 138 fertili, 28, 32 figli, 9, 27, 31, 74, 114, 119, 145, 206, 351, 408, 411 fissili, 28, 32 genitori, 9, 70, 114, 119, 351, 387, 404, 408 instabili, 1, 2, 7, 9, 13, 25, 37, 42, 50, 71, 120, 137, 162, 206, 332, 339 isolati, 218, 234, 372 naturali cosmogenici, 25, 39, 41, 42 naturali primordiali, 26, 27, 69

462

Indice

pari-dispari, 160 pari-pari, 119, 121, 127, 130, 131, 160, 181, 327, 383, 401, 402 polarizzati, 108, 248, 264, 266, 303 primordiali, 25 speculari, 181, 216 stabili, 1, 2, 137, 138, 159–161, 164, 165, 326, 327 sul sole, 326, 331, 339 superpesanti, 2, 137, 150, 152, 153 nuclei figli, 147, 388 nucleosintesi, 25, 37, 325, 328 del carbonio, 328 del deutone, 316, 318–320, 325 dell’elio, 312, 314, 326 numeri magici di neutroni e protoni, 2, 115, 117, 150, 159, 160, 330, 333 numero barionico, 261–264, 383 di Avogadro, 9, 16, 28, 33, 57, 350 numero leptonico, 260–262, 264, 300, 366, 379–381, 383–386, 393, 396, 397, 404, 438 conservazione del, 261, 264, 300, 386, 393, 396, 398, 404, 438 numero magico di neutroni e protoni, 330 omogeneit` a dello spazio, 240 operatore hermitiano, 289 unitario, 303 operatore di inversione del tempo, 288 proiezione di elicit` a, 282, 304, 384, 385 oscillazioni di neutrino, 359, 369, 371, 379, 390, 393, 395, 397, 416, 419, 426–430, 432, 433, 435, 437–440 condizioni per l’osservazione, 422 esperimenti di comparsa, 429 esperimenti di scomparsa, 429 esperimenti presso reattori nucleari, 429, 436 esperimento di G¨ osgen, 429 lunghezza di oscillazione, 420, 422

sapore, 366, 367, 369–371, 379, 393, 395–398, 419–421, 424, 425, 428, 429, 439 stranezza, 383, 390, 391, 393 parametri solari, 313 parit` a, 93, 95, 183, 239, 240, 287 intrinseca, 97, 102, 185, 245, 247 orbitale, 97–102, 245 totale, 93, 97, 102, 104, 108, 246, 247 percorso delle particelle ionizzanti, 44–48, 118 plasma solare, 311, 315, 372 polarizzazione, 187, 248, 250, 255, 257, 268, 303 positroni, 4, 36, 38, 39, 145, 157, 179, 180, 201, 204, 206, 253, 258, 264, 265, 274, 285, 335, 336, 402, 432, 433 potenziale centrifugo, 127, 130 potenziale coulombiano schermato, 218, 374, 375 potere frenante, 43–46 pp1, 315, 316, 324, 345, 348 principi di invarianza, 239, 240, 299 principio di indeterminazione, 192, 386, 387 principio di Pauli, 165, 166 probabilit` a di danno biologico, 55 probabilit` a di decadimento, 1, 6, 17, 18, 29–31, 33, 39, 93, 109, 115, 118, 128, 130, 173, 178, 182, 200, 203, 219, 300, 318, 386, 397, 402, 407, 408, 416 probabilit` a di transizione per unit` a di tempo, 1, 6, 115, 173, 182, 200, 208, 300, 316, 318, 320, 386, 388, 389, 406, 416 problema dei neutrini solari, 369 processi r, 330 processi s, 330 processi termonucleari, 311 produzione del deuterio, 316, 317, 319, 323, 345 produzione di coppie e+ e− , 47, 204, 205, 410 protone libero, 142, 164 pseudoscalari, 243, 247, 268, 278, 286, 301, 302, 304, 305

Indice rad, 52 radiazione di multipolo elettrico, 93, 102 di multipolo magnetico, 93, 102 solare, 312 radiazioni ambientali naturali, 25 radioattivit` a del corpo umano, 56 radon, 27, 30, 58–62, 455 raggi cosmici, 25, 36, 38–40, 50, 61, 79, 82, 353 raggio d’azione, 159, 175, 176, 178, 187, 189–192, 196, 216, 300, 302, 319 reattori nucleari, 28, 42, 63, 168, 348, 355, 420, 422, 429, 430, 436 reazioni di assorbimento, 35, 167, 348, 351 rem, 53 riflessione speculare, 241, 242, 268 risoluzione, 222–225, 232–235 rivelazione degli antineutrini, 34, 169 dei neutrini, 348 di eventi rari, 353, 374, 408 roentgen, 52 SAGE, 360 sapore, 366, 367, 369–371, 379, 380, 393, 395–398, 419–421, 424, 425, 428, 429, 440 scalari, 188, 195, 243, 244, 268, 276, 286, 296, 301–305 sezione d’urto ν + p → e+ + n, 200 sievert, 53, 56 SNO - Sudbury Neutrino Observatory, 369 sole, 35, 169, 311–317, 321, 323–327, 329, 331, 333, 334, 339–341, 345–348, 352, 362–368, 370, 372–376, 420, 422, 439 sorgenti dei campi, 187 debole, 195, 196 elettrico, 192, 196 forte, 193, 194, 196 spettro energetico delle particelle α, 118 spettrometro, 158, 166, 167, 219, 221–224, 227, 234, 235 a trappola magnetica, 228, 233 spettroscopia di massa, 81, 351, 407

463

spin, 93, 96, 103, 107, 131, 133, 147, 168, 172, 181–184, 186, 187, 191, 195, 216, 243, 246–251, 253–258, 262, 265, 266, 268, 271, 273, 280, 281, 290, 292, 293, 318, 383, 387, 402 spin-orbita, 265 spinore, 279, 281, 283 spinore aggiunto, 284, 287 statistica, 17, 19, 85, 222, 225, 413, 434, 435, 440 stella CS22892-052, 340 stella CS31082-001, 340 stranezza, 383, 390, 391, 393 Super-Kamiokande, 336 supernova, 16, 334–337, 341 tempo di dimezzamento, 1, 7, 26, 29, 58, 65, 71, 79, 113, 115, 121, 141, 142, 147, 151, 152, 157, 158, 182, 216, 305, 329, 351, 355, 356, 359, 361, 366, 390, 406, 408, 411, 414, 415 teoria delle perturbazioni dipendenti dal tempo, 94, 173, 387 di Dirac, 271, 292 elettrodebole, 380 Vettoriale-Assiale V + A, 305, 384 V − A, 187, 299, 305, 383, 384, 388 transizioni assiali, 185 di Fermi, 175, 182, 183, 185, 186, 258, 259 di Gamow-Teller, 175, 183, 185–187, 216, 258–260, 299, 304, 319, 387, 388 favorite, 119, 177, 183, 185, 303 vettoriali, 185, 187 virtuali, 192, 274, 386–388 trasformazioni di Lorentz, 285–287, 295, 301, 448 trasparenza della barriera coulombiana, 125–128, 139, 140, 143, 147, 320–324, 371, 372, 375 U. Goldhaber, L. Grodzins e A. W. Sunyar, 253

464

Indice

uranio, 28, 35, 56, 58, 71, 73, 75, 77, 85, 137, 151, 331, 339–341 arricchito, 29 impoverito, 29 variabile statistica χ2 , 434 varianza, 18 vettori assiali, 241, 243, 286, 301 polari, 241, 243 vita media, 7–9, 14, 16, 17, 26, 28, 30, 36, 39, 70, 71, 77, 78, 86, 113, 115, 119, 129, 130, 132, 139, 140, 142,

149, 154, 162, 167, 173, 182, 184, 185, 207, 211, 212, 254, 255, 339, 351, 352, 358, 386, 388–390, 392, 397, 402, 404, 406, 407, 414, 415 del muone, 39 del neutrone, 207, 212 ridotta, 185 Wu, Ambler, Hayward, Hoppes e Hudson, 248, 250 Yukawa, 189, 190