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i classici della sociologia
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Collana diretta da Alessandro Ferrara
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Alfred Schutz
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Fare musica insieme.
Uno studio sulle relazioni sociali A cura di Donatella Pacelli
Armando editore
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SCHUTZ, Alfred Fare musica insieme. Uno studio sulle relazioni sociali ; Intr. di Donatella Pacelli Roma : Armando, © 2015 80 p. ; 17 cm. (Classici di sociologia) ISBN: 978-88-6677-933-9 1. Musica e relazioni sociali 2. Comunicazione umana e scambio sociale 3. Struttura della relazione sociale CDD 300
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Traduzione e cura di Donatella Pacelli
Making music together, pubblicato nella rivista «Social Reserach», XVIII (1951), n. 1, pp. 76-97 e poi inserito nei Collected Papers, vol. II (pp. 159-178) L’Editore dichiara la propria disponibilità a regolarizzare eventuali non volute omissioni di pagamento per il permesso di riproduzione © 2015 Armando Armando s.r.l. Piazza della Radio, 14 - 00146 Roma Direzione - Ufficio Stampa 06/5894525 Direzione editoriale e Redazione 06/5817245 Amministrazione - Ufficio Abbonamenti 06/5806420 Fax 06/5818564 Internet: http://www.armando.it E-Mail: [email protected] ; [email protected] 02-04-064 I diritti di traduzione, di riproduzione e di adattamento, totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche), in lingua italiana, sono riservati per tutti i Paesi. Fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, comma 4, della legge 22 aprile 1941 n. 633 ovvero dall’accordo stipulato tra SIAE, SNS e CNA, CONFARTIGIANATO, CASA, CLAAI, CONFCOMMERCIO, CONFESERCENTI il 18 dicembre 2000. Le riproduzioni a uso differente da quello personale potranno avvenire, per un numero di pagine non superiore al 15% del presente volume/fascicolo, solo a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da AIDRO, Via delle Erbe, n. 2, 20121 Milano, telefax 02 809506, e-mail [email protected]
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Indice
Introduzione 7 di Donatella Pacelli Fare musica insieme. Uno studio sulle relazioni sociali 35 di Alfred Schutz Nota bio-bibliografica 73
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Introduzione
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1. Alfred Schutz (1899-1959) è uno dei maggiori esponenti di quell’orientamento sociologico che matura a contatto con la fenomenologia husserliana, trattenendo il grande insegnamento della sociologia comprendente di Weber. Certo è che Schutz interpreta in maniera originale i suoi maestri e molti dei suoi scritti lo dimostrano efficacemente. Fra questi, Making Music Together. A study in Social Relationship1, uno dei saggi più suggestivi dell’autore, ma anche lo scritto che testimonia lo sforzo di Schutz di riscrivere la grammatica della relazione sociale, tracciando al contempo una strada di grande interesse per gli studi sulla comunicazione. Questo breve saggio, pubblicato dall’autore sulla «Social Research» nel 1951 e poi inserito nel secondo volume dei Collected Papers, appartiene all’opera più matura di Schutz e esplicita bene l’oscillazione della riflessione degli anni americani tra pure theory e applied theory. Il quadro teorico di riferimento rimane quello sviluppato nelle opere più note. E da lì occorre ripartire per comprendere la continuità del discorso di Schutz e gli elementi di originalità, di merito e di metodo, che inserisce in questa fase del suo pensiero per avviare una nuova ricerca sulla struttura dell’interazione L’importanza dell’opera di Alfred Schutz è andata 9
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Introduzione
sempre più consolidandosi, soprattutto a seguito della crisi che negli anni ’70 ha investito i grandi sistemi sociologici. In quel contesto, gli studi volti a evidenziare le miopie insite nella rinuncia ad interrogarsi sul senso profondo nella vita quotidiana2 hanno trovato nello studioso viennese un sicuro punto di riferimento. I suoi insegnamenti hanno aiutato a individuare con precisione il rischio racchiuso, tanto negli orientamenti di tipo strutturalfunzionalista quanto in quelli di ispirazione marxista, nel momento in cui viene assunto acriticamente quanto appare “ovvio”. Su questo riconoscimento c’è ormai un’ampia convergenza, testimoniata dalla ricca letteratura che si è sviluppata intorno al suo pensiero3. Il progressivo inserimento dell’autore in tutti i manuali di sociologia ha divulgato ampiamente il suo pensiero tanto che è “ormai consuetudine vedere in lui il rappresentante tipico dell’approccio fenomenologico alla sociologia”4. Tuttavia l’utilizzo delle sue categorie è oggi riprodotto in una grande varietà di campi di indagine che abbraccia tanto le ricerche sull’interazione sociale quanto quelle sulla comunicazione e sulla rappresentazione culturale, favorendo interessanti invasioni di campo fra i due ambiti di interesse. L’attenzione al mondo della vita e al significato che l’individuo attribuisce alle situazioni che si presentano nel quotidiano ha orientato il discorso sociologico sulla comunicazione soprattutto laddove questo si è incentrato su un soggetto portatore di intenzionalità e progettualità e sul suo percorso di attribuzione di senso. 10
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Donatella Pacelli
Nella sociologia contemporanea, il significato riconosciuto attraverso processi di selezione operanti ai vari livelli della comunicazione, arriva a tracciare differenti ideali di società5. Ma una interessante convergenza si riversa sull’importanza delle prassi quotidiane attraverso cui le esigenze soggettive e quelle oggettive dello stare insieme si ricompongono. La posizione di Alfred Schutz da questo punto di vista è illuminante: supera la questione del rapporto tra comunicazione e interazione sociale, in termini di priorità e/o di condizionamento, ed assume la situazione comunicativa come emblema dell’esperienza del Noi. Insiste sul fatto che qualsiasi relazione che nasce spontanea con la comunicazione, da questa viene poi rinsaldata, razionalizzata e tipizzata ed affida all’intersoggettività, culturalmente tarata, il rapporto fra il soggetto e il progetto. Nel frame spazio-temporale offerto dalla realtà quotidiana si riversa l’insieme degli elementi e degli strumenti di cui l’uomo dispone e che gli permettono di comprendere il significato delle molteplici realtà costruite su diverse esperienze. Tutti questi elementi si presentano nitidamente in Making Music Together, un progetto teso a far luce sull’aspetto non concettuale della comunicazione, che invita a riflettere sui diversi gradi di immediatezza della relazione, nella forma del Noi, e sulla dimensione profondamente umana della realtà sociale. Come infatti osserva Bettanini, il rilievo attribuito all’esperienza quotidiana non conduce mai Schutz alla rinuncia di una elaborazione teorica, al contrario – nel 11
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Introduzione
riconoscere la forza della teoria dell’agire significativo di Weber – egli avvia uno sforzo di ridefinizione di tale impostazione per far luce sulla complessa realtà che si cela dietro l’idea di “azione dotata di senso”6. Anche la sociologia comprendente di Weber infatti si fonda su presupposti taciti e non consente di fissare “un genuino elemento del divenire sociale, ma solo il titolo di una problematica complessa, ramificata e richiedente ulteriori studi”7. 2. Il debito di Schutz nei confronti della sociologia comprendente di Weber è stato ampiamente dibattuto, a partire dalle considerazioni svolte dallo stesso Schutz. A suo avviso, Weber non distingue fra azione in atto e azione compiuta, fra senso del produrre e senso del prodotto, fra autocomprensione ed eterocomprensione. Ed inoltre non arriva a spiegare come il soggetto agente costruisce i propri significati e se questa costruzione avviene prima o durante l’azione stessa. In particolare, su quest’ultimo punto, egli interviene recuperando le idee di Bergson e di Husserl. Se la vita, come intuisce Bergson, è nel flusso continuo della durée, è in questo continuum vissuto in maniera immediata che il soggetto produce la sua esperienza. D’altro canto, se solo nella riproduzione di Husserl il soggetto riesce a interpretare i decorsi della sua vita e a produrre per essi delimitazioni e cambiamenti, è questa l’area in cui nascono i significati. Ciò non vuol dire che sia possibile dare significato solo ad azioni già 12
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avvenute, in quanto il senso dell’agire è già nel progetto che lo precede: la fantasia che progetta ha come oggetto non il corso dell’agire nella sua durata, ma l’azione posta come trascorsa e perciò accessibile allo “sguardo riflessivo”8. Secondo la prospettiva dello studioso austriaco, il senso dell’azione non può essere compreso rifacendosi solo ai dati oggettivi, ma è necessario risalire alle intenzioni, al progetto, alle prefigurazioni e alle aspettative. Inoltre, l’attribuzione di senso non è mai solo un atto individuale poiché ego implica sempre un alter-ego ed è per questo che si proietta in un percorso intrinsecamente intersoggettivo. Il senso, come già aveva indicato Weber, non è mai puramente soggettivo ma “da sempre anche sociale”9. Nel tentativo di adattare la filosofia di Husserl alla sociologia, osserva Izzo, Schutz quindi assume il concetto weberiano di Werstehen (comprensione soggettiva) e si fa interprete del nesso che unisce le strutture sociali alla comprensione del loro significato10. I significati nascono e vengono percepiti nell’intersoggettività, attraverso l’esperienza in profondità dell’altro basata sulla condivisione di tempi interiori, ma non solo. Ego, nel ruolo di interlocutore o osservatore, avvia la comprensione del vissuto dell’altro mantenendo sempre il riferimento all’esperienza propria e cioè all’auto-interpretazione dei suoi vissuti. La comprensione dei decorsi interni della coscienza dell’altro – chiarisce però Schutz – è subordinata all’analisi dei decorsi esterni (comportamenti, espressioni, gesti, 13
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Introduzione
ecc.) che agiscono in qualità di fattori medianti tra coscienza ed esperienza11. Come gran parte della riflessione sociologica, lo studioso viennese coglie nell’esperienza un continuum, un farsi che si realizza nella varietà delle costellazioni di senso che il soggetto vive12. L’esperienza collega ciò che è stato a ciò che è o potrà essere: orienta, canalizza e condiziona nel presente gli orientamenti del futuro, tanto che, come afferma Nietzsche: “un uomo non ha orecchie per ciò a cui l’esperienza non gli ha ancora dato accesso”13. Sulla stessa linea è la sociologia di Schutz, secondo cui l’esperienza conoscitiva e relazionale è sempre in parte mediata da esperienze pregresse, rappresentate qui dalla comprensione del vissuto proprio e altrui, nel riferimento e co-riferimento all’ambiente esterno. L’esperienza ha come punto di riferimento un ego in relazione (come essenza dello stare insieme) e un contesto sociale (come ambiente intersoggettivo che produce per gradi società)14. Per questo in essa agisce la dimensione dei rapporti “fra ambiente oggettivo e coscienza”15 che sostanzia il senso del Noi, a diversi livelli di intensità. L’esperienza del Noi nasce da forme di relazione che ammettono gradi di immediatezza molto diversi, dal colloquio con un amico al discorso occasionale con un compagno di viaggio. In ogni caso, si realizza con il vivere simultaneamente in diverse dimensioni di tempo, e si nutre – come la relazione sociale weberiana – di significati soggettivi all’interno di condotte 14
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reciprocamente interessate ed orientate. Ma se Weber con l’espressione “relazione sociale” aveva identificato diverse situazioni, per Schutz alla base di ogni relazione e della stessa struttura del mondo sociale è la “relazione sociale ambientale”. Essa è caratterizzata dal fatto che gli interlocutori compiono esperienze dirette che fanno confluire le due coscienze in un unico presente ed esperienze nelle quali l’osservatore, pur condividendo il contesto spazio-tempo dei soggetti osservati, non entra nella reciprocità della relazione ambientale: la sua osservazione è unilaterale e non concorre alla definizione del Noi16. 3. In Making Music Together. A Study in Relationship, per esemplificare il significato profondo della relazione, Schutz fa riferimento ad una particolare situazione: quella che si realizza con il sentire e/o fare musica insieme. La scelta di proporre un terreno di analisi così specifico deriva dal riconoscere all’esperienza musicale la possibilità di rappresentare il fascino e le complicazioni della vita intersoggettiva. “Con interazione sociale – ricorda Schutz – i sociologi intendono generalmente una serie di azioni interdipendenti di diverse persone, reciprocamente riferite in virtù del significato che ciascun attore affida alla sua azione e che suppone verrà compreso dal suo partner. Per usare la terminologia di Max Weber, tali azioni devono essere reciprocamente orientate”. La reciprocità degli orientamenti emerge ancora più nitida nello specifico delle interazioni comunicative, ambito sul quale si 15
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Introduzione
sono concentrate numerose analisi sociologiche che insistono sulla grammatica dei gesti, su schemi di espressione che agiscono come simboli accidentali o su termini concettuali, tradotti e trasferiti per mezzo di un sistema semantico condiviso, come nel linguaggio convenzionale. La musica abbraccia un ampio repertorio di azioni e interazioni e comprende tutte le relazioni-comunicazioni che non sono circoscrivibili alla traduzione di segni e simboli. Da questo punto di vista la comunicazione musicale assume un significato che va ben oltre quello che le viene riconosciuto dalla sociologia della musica. Che Schutz non volesse offrire un contributo a questa branca della disciplina bensì ampliare la sua riflessione attorno ai temi della relazione sociale è del resto esplicitato dall’autore stesso. L’operazione avviene attraverso un ragionamento puntualmente giustificato che conduce a teorizzare il “reciproco sintonizzarsi”, quale base ineludibile di ogni comunicazione umana e/o scambio sociale. Come si legge nell’incipit del saggio, “La musica è un contesto denso di significato non vincolato ad uno schema concettuale. Tuttavia tale contesto può essere comunicato. Il processo di comunicazione tra il compositore e l’ascoltatore richiede normalmente un intermediario: un solista o un gruppo di co-esecutori. Tra tutti questi partecipanti si instaurano relazioni sociali dalla struttura estremamente sofisticata”. Muovendosi sul terreno delle cose concrete, delle persone reali, di significati che vanno oltre le parole 16
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dette o scritte, la musica permette di vivere insieme e simultaneamente dimensioni specifiche di tempo. L’autenticità del “reciproco sintonizzarsi” supera la retorica dei linguaggi, sfugge alle codifiche convenute e si pone quale esperienza conoscitiva profonda fra gli interlocutori. La particolarità di questo percorso risiede proprio nell’accessibilità alla vita dell’altro attraverso una varietà di indizi che consentono di partecipare all’esperienza altrui nel suo svolgimento. È quindi chiaro che con l’analisi delle relazioni connesse con la produzione musicale si viene a sostenere la forza di tutte quelle relazioni che non richiedono strutture semantiche da utilizzare come schema di espressione e interpretazione. L’importanza di avviare un nuovo percorso sulla forma e sul senso della comunicazione risiede anche nel fatto che gli studi sul tema tendono a presupporre un sistema semantico comune che guida trasmissione e interpretazione in virtù di un codice, cui è ascritto il significato. Non pongono cioè nei suoi veri termini la questione dell’attribuzione e del riconoscimento del significato. Il problema parte da lontano e si inserisce in quel processo di intellettualizzazione dell’esperienza, avviato dalla cultura moderna17, che Schutz giustamente richiama in quanto interferisce nella costruzione della intersoggettività e nella scelta delle modalità espressive. Come infatti anche altri autori ricorderanno, la tendenza a identificare il significato con la sua espressione semantica ha fatto del linguaggio, della sua 17
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Introduzione
struttura concettuale e del suo potere di tipizzazione, lo strumento più importante della trasmissione del significato18 e dello scambio sociale. Anche “l’originalissimo” tentativo di Mead – come lo descrive Schutz – di spiegare l’origine del linguaggio mediante una “conversazione prelinguistica di atteggiamenti” non è immune da questo limite. Non chiarisce cioè se è la comunicazione ad aprire alla relazione sociale “o se, al contrario, ogni comunicazione presupponga l’esistenza di una forma di interazione che non interviene nel processo comunicativo e non può essere colta da quest’ultimo”. L’attenzione rivolta alle forme di contatto e scambio che precedono la comunicazione non è nuova e si inserisce in un percorso di ricerca comune a sociologi e filosofi. In particolare Schutz ricorda le situazionicontatto di Wiese, la teoria percettiva dell’alter-ego di Scheler, le relazioni faccia a faccia di Cooley, il discorso di Malinowski, la concezione del guardare ed essere guardato (le regard) di Sartre, tutti contributi che esemplificano la forza della relazione sociale pre-comunicativa, o che corre parallela alla comunicazione dei codici convenzionali19. Le situazioni attraverso cui “l’Io ed il Tu vengono esperiti da entrambi i partecipanti come un Noi nella vivida presenza” attraversano il mondo della vita quotidiana e si ritrovano in diverse attività, come “marciare, danzare, fare l’amore o fare musica insieme”. Quest’ultimo caso è scelto da Schutz per riscrivere la sua teoria sulla struttura della relazione sociale, rimodellandola sul piano della applied 18
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theory20, ma anche per riprendere il discorso sul rapporto fra tempo e coscienza. Offre infatti un campo di osservazione che restituisce la rilevanza dell’intersezione fra la durée e il tempo cosmico, nonché la trascendenza di questo da parte della situazione intersoggettiva. 4. La varietà delle attività connesse alla comunicazione musicale configura numerose dimensioni del relazionarsi ed evidenzia come in ciascuna di esse sia possibile rintracciare elementi utili per cogliere la reciprocità dei limiti, ascritta all’intersoggettività. In questa prospettiva Schutz recupera l’intuizione simmeliana sul significato democratico dello spazio relazionale e sull’attenzione che bisogna dedicare all’altro al fine di non oltrepassare le soglie della socievolezza e garantire reciprocità nell’impegno e nella soddisfazione21. Secondo Simmel, autolimitarsi vuol dire crescere nella relazione, imparando a vedere in essa la condizione per l’esercizio della libertà, che non è ontologicamente fondata ma si sostanzia nello stare insieme. Allo stesso modo Schutz – come si legge nel saggio – riconosce che la relazione favorita dalla musica contempla un esercizio di democrazia in cui ciascuna libertà di interpretazione è limitata dalla libertà concessa agli altri, siano essi interpreti, esecutori, ascoltatori. Paradigmatico in tal senso è il caso dell’orchestra. Tecnicamente parlando, ciascun orchestrante trova nel proprio foglio di musica la parte attribuita al suono del suo strumento e tuttavia deve tener conto di quello che viene eseguito 19 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
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Introduzione
dall’altro. E deve essere in grado di anticipare l’interpretazione altrui e le eventuali anticipazioni di questo sulla sua esecuzione. La libertà di ognuno di interpretare il pensiero del compositore e di eseguire il brano viene quindi limitata da altri e nell’ascolto reciproco ognuno impara a gestire l’orchestrazione, preparandosi ad essere colui che conduce o colui che segue. L’espressività del volto, l’intensità degli sguardi e tutte le attività connesse con l’esecuzione si svolgono nel mondo esterno e possono essere colte dal partner con immediatezza. Ed anche se eseguite senza intento comunicativo, saranno interpretate come indicazioni di ciò che l’altro si appresta a fare, e come suggerimenti per il suo comportamento. Ma veniamo al rapporto fra tempo e significato, per il quale la musica offre uno spazio elettivo in quanto permette di cogliere le continue interferenze fra tempo esterno e tempo interiore. Come è noto, in relazione all’importanza del tempo vissuto, Schutz trova elementi per argomentare dove – a suo avviso – Weber ha mancato. Ne La fenomenologia del mondo sociale, in proposito scrive: “Ho tratto la convinzione che Max Weber ha sì definito una volta per tutte il punto di partenza di una vera teoria delle scienze sociali, ma che le sue analisi non sono state spinte fino a quella profondità da cui solamente molti importanti problemi possono essere risolti... Quasi tutti questi problemi dipendono dal fenomeno del tempo vissuto (del senso interiore del tempo)”22. 20
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Nel saggio che qui si presenta, pur riconoscendo al tempo esteriore la funzione di contenere la comunicazione musicale e permettere di rilevare l’inizio, la fine e la durata di una sinfonia, nonché il suo ritmo, Schutz ribadisce che l’esperienza intersoggettiva trova la sua vera “forma di esistenza” nel tempo interiore. Essa infatti entra nella vita dell’ascoltatore in modalità che esulano dall’unità di tempo e di spazio vissute dall’autore nel momento della composizione e, al pari di qualsiasi espressione artistica, travalica la distanza temporale e garantisce la condivisione nella durée. È questa la dimensione in cui compositore, esecutore e destinatario si incontrano, spesso senza intenzione o strumentalità. Un’idea musicale può essere concepita senza alcuna intenzione di comunicazione e vivere a lungo ed essere riprodotta nella solitudine della coscienza individuale, così come tutti i tipi di attività mentali create nella fantasia, i pensieri non espressi o i progetti per le azioni future. Tuttavia la comunicazione dei flussi interiori presuppone un evento nel mondo esterno che agisce come modello di espressione e di interpretazione. In particolare, i pensieri musicali possono essere trasmessi con il suono e mediante il sistema della notazione che si basa su segni convenzionali, ma quello che Schutz vuole sostenere è che una teoria sociale della musica non può essere basata sul carattere convenzionale dei simboli, ovvero sui segni della notazione. Al contrario, deve contenere tutta la varietà dei processi e degli 21
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Introduzione
elementi che producono e riproducono la cultura musicale; al tempo stesso non può tacere sul pregresso di esperienze e conoscenze che fa da frame interpretativo. Per chiarire la rete di relazioni sociali creata dalla cultura musicale, Schutz ricorre all’immagine di un pianista solitario davanti allo spartito di una sonata di un minore del XIX secolo, a lui del tutto sconosciuta. Pur ipotizzando che tale pianista possieda una buona tecnica e che nulla vada ad ostacolare l’esecuzione, non è pensabile che egli possa eseguire bene il brano se non attingendo al suo bagaglio di conoscenze. La pre-conoscenza – specifica Schutz – si riferisce al tipo del brano musicale (tema, armonia, stile di scrittura, genere, periodo storico, ecc.) e non alla sua particolarità. Questo bagaglio di esperienze comprende indirettamente altri individui: ciò che egli ha imparato dai suoi maestri, ciò che ha assimilato dall’esecuzione di altri musicisti e quanto egli stesso ha colto della produzione musicale del compositore. Il pianista quindi si accosta al brano sconosciuto calato in una situazione storicamente determinata e definita dal proprio pregresso e dall’insieme degli elementi disponibili, e da qui trae lo schema di riferimento per interpretare ciò che troverà nella composizione. Come la conoscenza in generale, la conoscenza musicale è socialmente derivata e allo stesso tempo socialmente approvata, così da produrre modelli e tipi trasmissibili. Il processo che porta a cumulare conoscenze ed esperienze riconduce all’importante funzione affidata alla tipizzazione, 22
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e quindi a riconoscere – ancora su insegnamento di Weber – la rilevanza dei costrutti di secondo grado senza i quali non è possibile conoscere: “le tipizzazioni sono il prodotto di ciò che sappiamo del mondo in base alle proprie conoscenze e a quanto abbiamo appreso”23. Ma qui l’obiettivo è un altro, tanto che insistere sulla cultura appresa e immagazzinata dalla “memoria musicale” risulta insufficiente. La trama delle conoscenze socialmente derivate e approvate costituisce infatti solo lo scenario della relazione sociale in cui entrerà un esecutore, o qualsiasi ascoltatore o lettore di musica, con il compositore. 5. Prendendo le mosse da una rivisitazione del saggio di Maurice Halbwachs, La mémoire collective chez les musiciens24, Schutz si distanzia da tutti coloro che, affrontando il tema della valenza sociale della musica, rimangono sul piano della struttura del linguaggio visibile e tangibile della notazione e si limitano pertanto a esplorare la “società della musicisti”. Il linguaggio della musica non coincide con il sistema delle note: se così fosse, un bambino o un profano di musica rimarrebbero esclusi dall’esperienza musicale. Al contrario, questa esperienza è per loro possibile in virtù della memoria degli eventi musicali che essi hanno e che appartengono al mondo sociale. Una canzone rimane nella mente perché le parole sono un prodotto sociale e perciò stesso vengono ricordate. Altrettanto vale per il ritmo di una melodia che pure funge da vettore per il ricordo 23
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Introduzione
musicale proprio in quanto appartiene “al nostro vivere nella società”. Per Schutz, la relazione sociale creata dalla musica è determinata dalla partecipazione di un destinatario il quale in una certa misura ri-crea l’esperienza del compositore, non solo come espressione dei suoi pensieri musicali ma anche come progetto comunicativo che attraversa diversi tempi. Suonare, ascoltare o leggere musica sono naturalmente attività che si svolgono in una dimensione temporale esterna all’individuo, in un tempo oggettivo che si fa tangibile nello spazio e può essere misurato. Ma l’esperienza della condivisione accade nella direzione irreversibile del tempo interiore. “Il fluire dei toni nel tempo interiore è una composizione significativa sia per il compositore che per il destinatario, per il fatto e nella misura in cui evoca nel flusso della coscienza un’interazione di ricordi, memorie, tendenze e anticipazioni”. La simultaneità creata dal fluire del processo musicale costituisce il reciproco sintonizzarsi sia in forma immediata (faccia a faccia) sia attraverso la mediazione o intermediazione, processo questo che fa luce sul ruolo sociale svolto dell’esecutore (cantante o musicista). La particolarità del processo della comunicazione musicale risiede nel carattere essenzialmente politetico del suo contenuto, nel fatto cioè che sia il fluire degli eventi musicali sia le attività mediante le quali essi sono comunicati appartengono alla dimensione del tempo interiore. Tale processo – aggiunge Schutz – si può realizzare nella memoria del destinatario o grazie ad un 24
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esecutore che si pone quale intermediario tra compositore e ascoltatore. Non è quindi molto rilevante se l’esecutore e l’ascoltatore condividano un presente vivido in una relazione faccia-a-faccia o mediante l’interposizione di strumenti. La differenza tra le due situazioni dimostra solamente che la relazione tra esecutore e pubblico è soggetta a variazioni di intensità, intimità e anonimità. La stessa situazione, con la pluridimensionalità del tempo vissuto da diverse persone, si presenta nella relazione tra due o più co-esecutori. Ogni azione del co-esecutore viene orientata non solo dal pensiero del compositore e dalla relazione con il pubblico, ma anche reciprocamente dalle esperienze del tempo interiore ed esteriore del suo collega esecutore. Di conseguenza sia la relazione tra intermediario ed ascoltatore che quella esistente tra co-esecutori rientrano nella definizione di Max Weber, in quanto entrambe contemplano “la condotta di una pluralità di persone le quali, sulla base del loro significato soggettivo, sono reciprocamente interessate ed orientate”25. In questa prospettiva, un’orchestra, un coro di persone intorno ad un fuoco, un quartetto d’archi o le improvvisazioni di musicisti jazz sono tutti esempi che confermano la tesi di Schutz, secondo la quale il sistema della notazione musicale è uno strumento tecnico e di supporto alla relazione sociale esistente tra gli esecutori, che non ne svela il significato. Tale significato risiede nella partecipazione a dimensioni differenti di tempo vissuto simultaneamente. Da una parte esiste 25
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Introduzione
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il tempo interiore nel quale ognuno ricrea il pensiero musicale del compositore; dall’altra il tempo esteriore e la comunità di spazio all’interno della quale si realizza la relazione e la sincronizzazione dei tempi interiori. In questo intersecarsi fra il letto del fiume (tempo oggettivo) e il suo scorrere (tempo soggettivo), per usare la metafora di Guyau26, produzione e riproduzione di significati si incontrano e costruiscono le esperienze. 6. Il saggio di Schutz, nelle sue conclusioni, ribadisce le tesi da cui era partito. Tutta la comunicazione umana presuppone una relazione del “reciproco sintonizzarsi” sperimentando questo momento di condivisione come un Noi che ammette diversi gradi di immediatezza. Nell’ambito di questa esperienza la condotta dell’altro, il suo corpo ed i suoi movimenti possono essere interpretati come un campo di espressione all’interno della sua vita interiore. Tuttavia le espressioni facciali, il portamento e gli atteggiamenti percepiti diventano reali forme di comunicazione se si legano ad una serie di eventi del mondo esterno che viene considerata dal comunicatore come uno schema di espressione accessibile all’interpretazione. La simultaneità di tutte le dinamiche descritte costruisce il senso della comunicazione, visto che, come scrive l’autore, “Comunicare uno con l’altro presuppone la partecipazione simultanea dei partners a varie dimensioni del tempo esterno ed interiore, presuppone in breve il crescere insieme”. Il senso del Noi, di cui tanto parlerà Elias27, si co26 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
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Donatella Pacelli
struisce quindi con un’esperienza in profondità attraverso il coinvolgimento delle diverse personalità su questioni contingenti. Ciò avviene all’interno di una relazione ambientale, nella quale realtà e immagine agiscono insieme e insieme si proiettano nel progetto che le orienta. Il significato che il soggetto conferisce alla situazione può essere condiviso da chi sta interagendo con lui nella “reciprocità delle prospettive”. Dal momento che i musicisti in un’orchestra condividono con il direttore il significato della situazione in cui si trovano coinvolti, potrebbero scambiarsi le posizioni e provare la situazione che vive il direttore d’orchestra. Nello schema di Schutz infatti i significati una volta condivisi possono essere assunti come dati e sperimentati in diverse situazioni di interazione. Se protagonista della comunicazione è il soggetto con la sua coscienza e con il suo mondo quotidiano, le situazioni comunicative acquistano una sicura centralità per lo studio dei processi sociali. Questo conduce non a ridimensionare l’attenzione per contenuti e linguaggi simbolici ma a riconoscere l’essenzialità dello stare insieme (e crescere insieme), di cui ci parla l’autore, in qualsiasi tipo di interazione. Lo stare insieme non è fatto acquisito ma un processo da costruire e custodire nel corso dell’esperienza di vita. In questa prospettiva, il problema della convivenza, così fortemente avvertito nella contemporaneità, può trovare sostegno nell’orchestrazione delle esperienze di vita quotidiana suggerita da Schutz. La teoria 27
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Introduzione
del “reciproco sintonizzarsi” da lui elaborata si offre infatti quale strumento per interpretare le complicazioni della vita intersoggettiva e le interazioni umane che sfuggono alla lente del sistema semantico. La musica è un testo aperto, un repertorio che rinvia ad un universo di significati che amplia e rafforza la base della condivisione e rende pertanto concreta la possibilità di vivere insieme fra differenze e divergenze. Questa esperienza di condivisione è anche ciò che concorre alla formazione dell’identità personale. Come ricorderanno altri studi, l’identità è possibile solo nell’intersoggettività, la relazione dialogica però non può produrre significati totalmente condivisi, perché l’appiattimento delle differenze comporterebbe un appiattimento delle persone. “Un’intersoggettività continua, non frammentaria della grammatica in uso renderebbe certamente possibile l’identità del significato e con ciò costanti relazioni del comprendere, ma nello stesso tempo verrebbe ad annullare l’identità dell’Io in comunicazione con altri”28. Altrettanto vale per le identità collettive che devono essere fondate sulla coscienza di avere chances uguali per prendere parte ai processi di comunicazione e apprendimento, lasciando alle singole personalità la libertà di scelta. La ricerca dell’identità passa quindi per l’intenzionalità di entrare in uno spazio di dialogo, nella consapevolezza che l’azione comunicativa è prima di ogni cosa “attività dell’anima”29. Nel saggio che segue, i bisogni di relazione e di riconoscimento compongono lo stare insieme sia sotto 28
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Donatella Pacelli
il profilo socio-relazionale sia dal punto di vista culturale, lasciando protagonista un’esperienza comunicativa specifica ma non autonoma. In questa prospettiva Making Music Together concorre alla svolta comunicativa di una sociologia che svela l’impoverimento dei linguaggi, il non senso del rumore della modernità, le semantiche astratte che hanno svuotato la comunicazione di ogni significato trascendente e critico verso la situazione30. Soprattutto svela l’illusione di poter rispondere alla finalità delle relazioni senza riconoscere il senso del riso e del pianto, del sorriso e degli sguardi. Se l’era della comunicazione è cresciuta tra luci ed ombre e reso paradossalmente più evidente i problemi dell’incomunicabilità, le fatiche del dialogo e della convivenza, il “reciproco sintonizzarsi” di cui ci parla Schutz può rappresentare una strada da percorrere per esplorare spazi di recupero del linguaggio in cui meglio si esprimono “l’essenza dell’esserci”31 e il rispetto fra le persone. note 1
Il saggio, pubblicato dall’autore in «Social Research», XVIII (1951), n. 1, pp. 76-97 e poi inserito nei postumi Collected Papers, vol. II (Studies in Social Theory, a cura di Arvid Brodersen, L’Aia, Martinus Nijhoff, 1964, pp. 159-178), è qui riportato nella sua prima traduzione integrale in italiano. Una traduzione parziale, comprensiva di alcuni passaggi di Making Music Together, è rintracciabile nel lavoro di Antonio Bettanini, Una sociologia filosofica Alfred Schutz, Genova, Ecig, 1984 (le citazioni si trovano fra p. 59 e p. 69). 29
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Introduzione
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In particolare, per quanto riguarda l’influenza di Schutz sulle sociologie della vita quotidiana, basti pensare al lavoro di J.D. Douglas (ed.), Understanding Everyday Life, Londra, Routledge and Kegan Paul, 1973. 3 Fra i molti volumi stranieri pubblicati, un punto di partenza ineludibile è offerto da Phenomenology and Social Reality di M. Natanson (L’Aia, Martinus Nijhoff, 1969). Quanto alla produzione di testi italiani di cui oggi è possibile disporre, oltre al già citato lavoro di A. Bettanini, op. cit., e F. Bassani, Fenomenologia del mondo sociale, Bologna, il Mulino, 1974, ricordiamo: A. Scivoletto, Da émile Durkheim ad Alfred Schutz: momenti dell’epistemologia sociale, in «Studi di Sociologia», 1977; M. Protti, Sulla fondazione del sapere quotidiano in Alfred Schutz, in F. Crespi (a cura di), Sociologia e cultura, Milano, FrancoAngeli, 1989; M. Protti, Alfred Schutz: fondamenti di una sociologia fenomenologica, Milano, Unicopli, 1995; dello stesso autore anche Studi sui tedeschi: la sociologia da Weber a Schutz, Milano, Mimesis, 2008. 4 G. Riconda, Introduzione a A. Schutz, Il problema della rilevanza, Torino, Rosemberg & Sellier, 1975, p. VII. Come sottolinea Jedlowski, la prefazione di Riconda, assieme all’introduzione di Izzo ai Collected Papers tradotti in italiano (A. Izzo, Introduzione a A. Schutz, Saggi sociologici, Torino, UTET, 1979, pp. V-L) offrono le più complete introduzioni al pensiero di Schutz pubblicate in Italia (P. Jedlowski, Presentazione a A. Schutz, Don Chisciotte e il problema della realtà, Roma, Armando, 1998, pp. 7-22). 5 Basti pensare al recupero della razionalità comunicativa avviato da Habermas, in una società di capitalismo avanzato la cui crisi è colta in primis come crisi di comunicazione; ma anche al senso sistemico di Luhmann, funzionale al mantenimento della complessità ordinata, in un mondo che nella crescita della differenziazione e degli imprevisti rischia il caos (D. Pacelli, L’esperienza del sociale, Roma, Studium, 2007. Cfr. in particolare il cap. Dall’intersoggettività alla progettualità sociale, pp. 119-155). 30
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Donatella Pacelli 6
A. Bettatini, op. cit., p. 14. A. Schutz, La fenomenologia del mondo sociale, Bologna, il Mulino, 1974, pp. 11-12. 8 “Il significato di un vissuto proprio non è per nulla un nuovo vissuto addizionale... così da rendere significativo quel vissuto. E tanto meno un predicato del vissuto proprio... Il significato è piuttosto il nome di una determinata direzione dello sguardo su un vissuto proprio... che noi possiamo mettere in rilievo solo in un atto riflessivo. Il significato denota dunque un determinato atteggiamento dell’io nei confronti del decorso della propria durata” (Ivi, p. 59). 9 M. Weber, Economia e società, vol. I, Milano, Ed. di Comunità, 1961, p. 16. Per Schutz la comprensione del significato delle strutture sociali è anche oggettivamente un elemento costitutivo del mondo sociale in sé (Cfr. A. Schutz, La fenomenologia del mondo sociale, cit.). 10 A. Izzo, Introduzione a A. Schutz, Saggi sociologici, cit. Sempre per Izzo, con Schutz si pone il problema dell’autocomprensione del comprendere, della comprensione cioè di quel rapporto che chi interagisce con altri soggetti istituisce fra le forme oggettive della società e il senso soggettivo che esse assumono per lui, ai fini della costruzione della realtà sociale (A. Izzo, La costruzione sociale della realtà, in «La Critica Sociologica», n. 42/1970, pp. 49-59). 11 A. Schutz, La fenomenologia del mondo sociale, cit., p. 160. 12 P. Jedlowski, Il sapere dell’esperienza, Milano, Il Saggiatore, 1995. 13 F. Nietsche, Ecce Homo, Milano, Monanni, 1927. Cfr. anche J.M. Guyau, La genesi dell’idea di tempo (a cura di D. Pacelli), Roma, Bulzoni, 1994, p. 63. 14 Sul passaggio dallo “stare insieme” come incontro, relazione, comunicazione a “forma di organizzazione” si è interrogata parte della sociologia contemporanea, per riportare
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Introduzione l’attenzione sulle libertà creatrici. Infatti senza questa produzione spontanea di incontri, il sociale non avrebbe né autonomia né storia (cfr. M. Maffesoli, La conoscenza ordinaria, Bologna, Cappelli, 1986). 15 Cfr. P. Jedlowski, Il sapere dell’esperienza, cit., p. 99. 16 A. Schutz, Saggi sociologici, cit., p. 17. 17 G. Simmel, Il conflitto della cultura moderna e altri saggi (a cura di C. Mongardini), Bulzoni, Roma, 1976. 18 Secondo Fromm, tutte dimensioni che non trovano spazio nelle forme del linguaggio culturalmente condiviso, perché appartengono al linguaggio dell’anima, non si riproducono nei simboli immanenti e vengono dimenticate (E. Fromm, Il linguaggio dimenticato, Milano, Bompiani, 1962). 19 A tale proposito Simmel afferma che tutti i rapporti fra gli uomini, il loro comprendersi e il loro respingersi, la loro “intimità” e la loro “freddezza” poggiano sulla singolare forza espressiva dello sguardo. Nel guardarsi “non si può prendere senza dare”, in quanto “l’occhio svela all’altro l’anima che cerca di svelarlo”(G. Simmel, Excursus sulla sociologia dei sensi, in Sociologia, Milano, Ed. di Comunità, 1998, p. 551). 20 In questa prospettiva, nota Bettanini, Making Music Together è un esempio sia del debito con Max Weber sia espressione dello Schutz “americano” (A. Bettanini, op. cit., p. 58). 21 G. Simmel, Forme e giochi di società. Problemi fondamentali della sociologia, Milano, Feltrinelli, 1983. 22A. Schutz, La fenomenologia del mondo sociale, cit., p. 3. 23 Ivi, p. 261. 24 M. Halbwachs, La mémoire collective chez les musiciens, in «Revue Philosophique», marzo-aprile 1939, pp. 136-165. Come ricorda Schutz, il saggio in questione sarebbe dovuto diventare l’introduzione ad uno studio più approfondito sulla natura del tempo, che non è stato mai completato a causa della tragica morte dell’autore nel campo di concentramento 32 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
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Donatella Pacelli di Buchenwald nel luglio del 1944. Per Halbwachs la struttura della musica offre un’eccellente opportunità per dimostrare come non vi sia altra possibilità di preservare i ricordi se non ricorrendo alla memoria collettiva (M. Halbwachs, La memoria collettiva, Milano, Unicopli, 1987). Come si legge nel testo, Schutz considera “piuttosto singolare” che nell’analisi della struttura sociale della musica Halbwachs abbia contrapposto la musica vissuta da “un musicista istruito” alla musica vissuta “da un profano” e concluso che solo la possibilità di tradurre la musica in simboli visivi consente la trasmissione. Per un cfr. fra le posizioni dei due studiosi sul tema si veda anche A. Bettanini, op. cit., pp. 61-62. 25 M. Weber, op. cit., pp. 23-24. 26 J.M. Guyau, op. cit. 27 N. Elias, Il processo di civilizzazione, Bologna, il Mulino, 1988 e soprattutto, La società degli individui, Bologna, il Mulino, 1990. 28 J. Habermas, Agire comunicativo e logica delle scienze sociali, Bologna, il Mulino, 1980, p. 221. 29 J. Habermas, Il pensiero post-metafisico, Bari-Roma, Laterza, 1991, p. 184 e p. 236. Da qui la necessità di non frenare tale attività né assecondare la colonizzazione dei vissuti, ovvero l’impoverimento delle possibilità di espressione e comunicazione, attraverso le quali “gli individui possono imparare a ritrovare se stessi”. Proprio in quanto utilizza ma non strumentalizza le risorse dei mondi della vita, l’agire comunicativo proposto da Habermas è esperienza umana comune ed unica, e si pone anche come modello di convivenza fra biografie particolari, collocate nel tempo storico e nello spazio sociale (Cfr. A. Izzo, Individuo e interazione in Jurgen Habermas, in Il ritorno del soggetto, Roma, Bulzoni, 1990, pp. 37-41). 30 A.B. Seligman, La scommessa della modernità. L’autorità, il Sé, la trascendenza, Roma, Meltemi, 2002. La cultura moderna ha 33 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Introduzione
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impoverito la possibilità di comprendere l’azione umana al di là dell’interesse personale. Proprio per questo, l’uomo contemporaneo deve ricostruire il senso dell’esperienza e assicurare il riconoscimento e l’universalità dei mondi di vita. 31 F. Crespi (a cura di), Etica e scienze sociali, Torino, Rosenberg & Sellier, 1991.
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Alfred Schutz
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Fare musica insieme. Uno studio sulle relazioni sociali
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I La musica è un contesto denso di significato non vincolato ad uno schema concettuale. Tuttavia tale contesto può essere comunicato. Il processo di comunicazione tra il compositore e l’ascoltatore richiede normalmente un intermediario: un solista o un gruppo di co-esecutori. Tra tutti questi partecipanti si instaurano relazioni sociali dalla struttura estremamente sofisticata. Scopo del presente studio è quello di analizzare determinati elementi di questa struttura. Non ci soffermeremo quindi sui problemi di possibile pertinenza specifica della cosiddetta sociologia della musica, sebbene si ritenga generalmente che presupposto indispensabile per qualsiasi ricerca in questo campo sia un’indagine delle relazioni sociali tra i partecipanti al processo musicale; né affronteremo il tema di una fenomenologia dell’esperienza musicale, pur essendo necessario fare alcune elementari osservazioni sulla struttura della musica. L’interesse principale della nostra analisi è rivolto al carattere particolare di ogni interazione sociale connesso con il processo di produzione musicale: tale interazione è senza dubbio densa di significato, tanto 37 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
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Fare musica insieme
per l’attore sociale quanto per l’interlocutore, ma la sua struttura di significato non può venire espressa in termini concettuali; si tratta infatti di relazioni sociali fondate sulla comunicazione, ma non primariamente su di un sistema semantico che venga utilizzato dall’attore della comunicazione come schema espressivo e dal suo partner-destinatario come schema interpretativo1. Per questo motivo si auspica che uno studio sulle relazioni sociali connesso con il processo di produzione musicale possa condurre a conoscenze valide per molte altre forme di scambio sociale. Forse potrà servire anche ad illuminare alcuni aspetti della struttura dell’interazione sociale in quanto tale, che finora non hanno ricevuto dagli scienziati sociali l’attenzione che meritano. Una tale affermazione introduttiva richiede qualche spiegazione. Con “interazione sociale” i sociologi si riferiscono generalmente ad una serie di azioni interdipendenti e reciprocamente riferite, in virtù del significato che l’attore affida alla sua azione e che suppone verrà compreso dal suo partner. Per usare la terminologia di Max Weber, tali azioni devono essere reciprocamente orientate. Nello studio dei processi della comunicazione in quanto tale, la maggior parte dei sociologi ha concentrato la sua analisi o sull’interazione della gestualità dotata di significato o sul linguaggio nel senso più ampio del termine. 1 Il sistema della notazione musicale, come verrà dimostrato più avanti, ha una funzione ben diversa e secondaria.
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Alfred Schutz
G.H. Mead, ad esempio, ritiene che due lottatori comunichino tra loro mediante una “conversazione di gesti” che permette ad ognuno dei partecipanti di anticipare il comportamento dell’altro e quindi di stabilire il proprio comportamento in base a questa anticipazione2. Potremmo aggiungere che due giocatori di scacchi che conoscono l’importanza funzionale di ogni pedina in generale, nonché della concreta costellazione per ogni dato momento di gioco, si comunicano reciprocamente i loro pensieri in termini di “vocabolario” e di “sintassi” secondo uno schema di espressione e di interpretazione comune ad entrambi, determinato dalle “regole del gioco”. Nel caso del linguaggio comune o nell’uso dei simboli scritti, si presuppone che ogni partner interpreti il proprio comportamento, quanto quello altrui, in termini concettuali che possono essere tradotti e trasferiti all’altro per mezzo di un sistema semantico comune. In ognuno di questi casi, sia che si tratti di una “conversazione di gesti dotati di significati”, delle “regole del gioco”, o del “linguaggio vero e proprio”, l’esistenza di un sistema semantico viene semplicemente presupposta sin dall’inizio e non si pone quindi affatto il problema del “significato”. Il motivo di tutto ciò è abbastanza chiaro: nel mondo sociale nel quale viviamo, il linguaggio (nel senso più ampio) costituisce il veicolo dominante della comunicazione; la sua 2 G.H. Mead, Mind, Self and Society, Chicago, 1937, pp. 14, 63, 253ss.
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Fare musica insieme
struttura concettuale ed il suo potere di tipizzazione ne fanno lo strumento più importante per trasmettere il significato. Nel pensiero contemporaneo vi è inoltre una forte tendenza ad identificare il significato con la sua espressione semantica e a considerare il linguaggio, il discorso, i simboli, la gestualità dotata di significato, come la condizione fondamentale per uno scambio sociale in quanto tale. Anche l’originalissimo tentativo di Mead di spiegare l’origine del linguaggio mediante un’interazione di gesti significativi (si ricordi il suo famoso esempio del combattimento tra cani) ha inizio dall’ipotesi di una possibile “conversazione” pre-linguistica di “atteggiamenti”. Non è necessario accettare il “behaviorismo sociale” di Mead, per ammettere che, come è accaduto spesso, questo studioso ha intuito un problema cruciale meglio di altri. La soluzione da lui proposta, però, sembra evitare le difficoltà connesse con il problema di base, ovvero se il processo comunicativo costituisca realmente il fondamento di ogni possibile relazione sociale o se, al contrario, ogni comunicazione presupponga l’esistenza di una qualche forma di interazione sociale, la quale, sebbene condizione indispensabile di ogni possibile comunicazione, non interviene nel processo comunicativo e non può essere colta da quest’ultimo. Attualmente va di moda lasciar cadere problemi di questo genere, facendo altezzoso riferimento al pro40
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Alfred Schutz
blema dell’uovo e della gallina. Un tale atteggiamento non solo rispecchia la scarsa familiarità con il problema filosofico della priorità discusso dagli studiosi, ma costituisce anche un ostacolo ad un’analisi seria dei diversi aspetti del fondamento, che è estremamente importante specialmente per le scienze sociali. Per quanto riguarda la questione che stiamo esaminando, le ricerche di molti sociologi e filosofi si sono concentrate su alcune forme di scambio sociale che precedono necessariamente ogni comunicazione. Le “situazioni-contatto” di Wiese, la teoria percettiva dell’alterego di Scheler, in certa misura anche il concetto di Cooley della relazione faccia a faccia, l’interpretazione del discorso di Malinowski, secondo la quale esso traeva origine all’interno della situazione determinata dall’interazione sociale, la concezione di base di Sartre del “guardare all’Altro ed essere guardato dall’Altro” (le regard) non sono che esempi del tentativo di indagare la “relazione del reciproco sintonizzarsi” sulla quale si basa ogni comunicazione. Ed è proprio mediante questa relazione del reciproco sintonizzarsi che l’“Io” ed il “Tu” vengono esperiti da entrambi i partecipanti come un “Noi” nella vivida presenza. Non entreremo comunque nel merito di un’analisi filosofica e complessa di tale problema3, ma ci riferire3 Philosophy of the Present, Chicago, 1932, di Mead rappresenta un esempio di come le indagini di questo tipo devono essere portate avanti e chiarisce anche dove conducono.
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Fare musica insieme
mo invece ad una serie di fenomeni ben conosciuti nel mondo sociale in cui questa relazione sociale pre-comunicativa balza in primo piano. Abbiamo già menzionato l’esempio dei lottatori tratto da Mead, e lo stesso vale anche per una serie di attività di interazione, come quella tra il lanciatore e il battitore nel base-ball, tra giocatori di tennis, tra giocatori di scherma, e così via. Troviamo le stesse caratteristiche nel marciare insieme, nel danzare insieme, nel fare l’amore o nel fare musica insieme. Quest’ultima attività verrà presa ad esempio per l’analisi nelle pagine seguenti. È auspicabile che tale analisi possa contribuire in qualche misura a chiarire la struttura della relazione del reciproco sintonizzarsi, la quale trae origine dalla possibilità di vivere insieme e simultaneamente in dimensioni specifiche di tempo. Si spera inoltre che lo studio della particolare situazione comunicativa all’interno del processo di produzione musicale faccia luce sull’aspetto non concettuale interno ad ogni forma di comunicazione. II Determinati elementi della struttura sociale del processo di produzione musicale sono stati analizzati in uno degli ultimi scritti del famoso sociologo francese, Maurice Halbwachs4. Il saggio in questione merita 4
Maurice Halbwachs, La mémoire collective chez les musiciens, in
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un’attenzione speciale perché è stato scritto come una sorta di introduzione ad un studio più approfondito sulla natura del tempo, che sfortunatamente non è stato mai completato a causa della tragica morte dell’autore nel campo di concentramento di Buchenwald, nel luglio del 19445. La posizione di base di Halbwachs è ben conosciuta. Egli sosteneva che tutti i tipi di ricordi sono determinati da un ambito sociale e che la memoria individuale non può essere concepita senza il presupposto di una memoria collettiva dalla quale deriva ogni ricordo individuale. Questo principio di base (non è nostro intento criticarlo in questa sede) è stato applicato al tema della comunicazione musicale, in quanto l’autore riteneva che la struttura della musica, nel suo sviluppo all’interno del fluire del tempo, nel suo distacco da ogni cosa che dura e nella sua realizzazione mediante la sua ri-creazione, offrisse un’eccellente opportunità per dimostrare come non vi fosse altra possibilità di preservare una serie di ricordi, con le loro ombre ed i loro dettagli, se non ricorrendo alla memoria collettiva. Quindi la preoccupazione principale di Halbwachs fu quella di analizzare la struttura sociale della musica. È piuttosto singolare che egli abbia diviso il regno «Revue philosophique», marzo-aprile 1939, pp. 136-165. 5 Quattro capitoli del manoscritto sono stati pubblicati postumi con il titolo Mémoire et société, in L’année sociologique, 3a serie, vol. I, Parigi, 1949, pp. 11-197.
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Fare musica insieme
della musica in due parti distinte: la musica vissuta da un musicista istruito e la musica vissuta da un profano. Riferendosi al primo caso Halbwachs giunse alla conclusione che è la possibilità di tradurre la musica in simboli visivi, ovvero il sistema della notazione musicale, che consente la trasmissione della musica. Occorre ammettere che i segni della notazione musicale non rappresentano le immagini del suono, ma costituiscono comunque gli strumenti per esprimere, in un linguaggio convenzionale, tutti gli ordini che un musicista deve rispettare se intende riprodurre fedelmente un brano musicale. Il carattere convenzionale dei segni della notazione musicale e della loro combinazione consiste nel fatto che essi possiedono un significato semplicemente per il continuo riferimento al gruppo che li ha inventati e adottati. Questo gruppo, la “società” dei musicisti istruiti, vive in un mondo ricco esclusivamente di suoni e non ha altro interesse se non quello di creare o ascoltare una combinazione di suoni. Anche l’invenzione di nuove combinazioni di suoni è possibile solo nell’ambito di un linguaggio musicale socialmente condizionato (che per Halbwachs coincideva con il sistema della notazione musicale). L’atto creativo del compositore è una scoperta nello stesso mondo dei suoni accessibile esclusivamente alla società dei musicisti. Proprio per il fatto che il compositore accetta le convenzioni della società e che penetra più profondamente di altri al loro 44
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interno, egli è in grado di compiere le sue scoperte. Il linguaggio musicale non è uno strumento inventato in un secondo momento per poter annotare e trasmettere ad altri musicisti ciò che uno di loro aveva inventato spontaneamente, è il linguaggio stesso a creare la musica. Questa in sintesi è l’argomentazione principale di Halbwachs sul carattere della musica del musicista. Tuttavia, il bambino o la persona musicalmente non istruita impara i versi, gli inni, le canzoni popolari, le melodie dei balli o delle marce a memoria senza avere alcuna conoscenza della notazione musicale. Come è possibile tutto ciò e come è possibile ricondurre la memoria per il suono alla memoria collettiva? La risposta di Halbwachs a tale quesito è che la memoria del profano degli eventi musicali si basa anch’essa sulla memoria collettiva ma sempre in un legame con le esperienze meta-musicali6. La melodia di una canzone si ricorda perché le parole (prodotto sociale) vengono ricordate. Per quanto riguarda i balli, le marce e gli altri brani musicali a prescindere dalle parole, è il ritmo della marcia e del ballo che funge da vettore per il ricordo musicale. Il ritmo però non esiste in natura, anch’esso è un risultato del nostro vivere nella società, e quindi l’individuo isolato non potrebbe scoprire il ritmo. Non vi sono tuttavia prove per questa affermazione (a mio avviso errata), a parte 6 Questo termine non è utilizzato da Halbwachs, ma probabilmente rende l’idea di ciò che egli intendeva.
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alcuni riferimenti al carattere ritmico delle canzoni e del nostro discorso. Sia le parole che i ritmi hanno origini sociali ed anche le esperienze musicali del profano hanno le stesse origini. Si riferiscono ad un mondo nel quale non esistono unicamente eventi sonori e ad una società che non ha come interesse esclusivo la composizione musicale. Fin qui abbiamo illustrato il pensiero di Halbwachs. Sebbene l’analisi di Halbwachs sia estremamente interessante, essa presenta notevoli difetti. In primo luogo mi sembra che la distinzione tra la musica di un musicista e la musica accessibile ad un profano non abbia in realtà alcun fondamento. Se anche si rimandasse la discussione di questo problema e ci si limitasse per il momento alla musica presumibilmente accessibile solo al musicista istruito, si solleverebbero comunque le seguenti obiezioni alla teoria di Halbwachs: (1) egli identifica il pensiero musicale con la sua comunicazione; (2) identifica la comunicazione musicale con il linguaggio musicale che per lo studioso corrisponde al sistema della notazione musicale; (3) egli identifica la notazione musicale con il background sociale del processo di produzione musicale. Per quanto riguarda la prima obiezione appare evidente che dal punto di vista del compositore un’idea musicale può essere concepita senza alcuna intenzione di comunicazione. Questa idea può costituire un perfetto brano musicale perché in possesso di una struttura specifica dotata di significato; può essere ricordata 46
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a piacimento senza bisogno di essere tradotta in suoni reali o nella forma visibile della notazione. Naturalmente non si tratta di una peculiarità del processo di produzione musicale. È stato affermato che Raffaello sarebbe stato uno dei più grandi pittori anche se fosse nato senza braccia. Tutti i tipi di attività mentali create nella fantasia possono essere perfettamente significative e riprodotte mentalmente nella solitudine della coscienza individuale. Tutti i pensieri non espressi, i sogni ad occhi aperti ed i progetti per le azioni future non ancora eseguiti presentano queste caratteristiche. Tuttavia ogni tipo di comunicazione umana, e quindi anche la comunicazione dei pensieri musicali, presuppone un evento o una serie di eventi nel mondo esterno che funziona da una parte come schema di espressione del pensiero del comunicatore e d’altra parte come schema di interpretazione di questo pensiero da parte dell’interlocutore. I pensieri musicali possono essere trasmessi agli altri sia per mezzo della meccanica dei suoni, sia mediante i simboli della notazione. Non è chiaro il motivo che spinse Halbwachs a considerare solo quest’ultima come la forma appropriata di comunicazione sociale. Lo studioso prese ovviamente a modello per la sua analisi la situazione di un compositore che deve comunicare la sua idea musicale al musicista per mezzo di un sistema di segni visibili, affinché il musicista possa tradurre queste idee in suoni che possono essere compresi dall’ascol47
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Fare musica insieme
tatore. Ma questa procedura non ha niente a che fare con le particolarità della comunicazione musicale in quanto tale, si tratta all’incirca di una questione tecnica. Siamo perfettamente in grado di comprendere un’improvvisazione eseguita da un solista o da più strumentisti, o possiamo prevedere, come Tovey, una rivoluzione nel processo della comunicazione musicale grazie allo studio microscopico dei dischi fonografici. “In termini di puntina fonografica non esiste nulla che possa direttamente impedire la produzione musicale individuale. Questo significa che il compositore, non ostacolato dalla tecnica degli strumenti, stabilirà il timbro all’altezza del suono e con i ritmi che preferisce, e non vi sarà tra lui e la manodopera che modellerà le onde fonografiche una cooperazione più diretta di quanto non vi sia tra il violinista e lo stradivarius”7. La notazione musicale rappresenta quindi solo uno dei diversi veicoli di comunicazione del pensiero musicale. La notazione musicale non coincide però con il linguaggio della musica. Il suo sistema semantico è piuttosto diverso da quello degli ideogrammi, delle lettere o dei simboli matematici e chimici. L’ideogramma si riferisce immediatamente al concetto rappresentato al pari dei simboli matematici o chimici. La parola scritta nella nostra lingua alfabetica si riferisce ad un suono della lingua parlata e, per 7 Donald Francis Tovey, “Music”, in Encyclopaedia Britannica, XIV ed.
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mezzo dell’intermediazione di questa, al concetto che trasmette. Come abbiamo già affermato precedentemente il significato del processo di produzione musicale può essere riferito allo schema concettuale, situazione questa riscontrabile nella funzione particolare della notazione musicale di oggi ed anche nel suo sviluppo storico. Il simbolo musicale non è niente altro che un’istruzione al musicista di produrre, per mezzo della sua voce o del suo strumento, un suono ad un determinato tono e durata, fornendo inoltre, in certi periodi storici, suggerimenti in riferimento al ritmo, alla dinamica e all’espressione o direttive in connessione con gli altri suoni (come le legature, ecc.). Tutti questi elementi del materiale tonale possono essere prescritti solo approssimativamente ed il modo di ottenere l’effetto indicato è lasciato all’esecutore. “Le indicazioni specifiche del compositore – afferma un compositore e critico famoso – non sempre fanno parte della sua creazione originale, ma costituiscono piuttosto il messaggio di un musicista ad un altro, un accenno su come assicurare nell’esecuzione una trasmissione convincente del contenuto dell’opera senza distruggere il suo mondo emotivo e intellettuale”8. Il direttore Furtwangler ha certamente ragione nell’affermare che il testo del compositore “non può dare alcuna indicazione relativa al volume 8 Virgil Thompson, The Art of Judging Music, New York, 1948, p. 296
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realmente desiderato per un forte e alla velocità realmente intesa per un tempo, dal momento che ogni forte ed ogni tempo dovranno essere modificati in accordo con il luogo dell’esecuzione, la bravura e la composizione dell’orchestra”; e che “i segni di espressione hanno intenzionalmente un valore puramente simbolico in riferimento all’intero lavoro e non sono validi per il singolo strumento, e quindi un ‘ff per un fagotto ha un significato ben diverso da un ‘ff per un trombone”9. Ogni notazione musicale rimane quindi necessariamente vaga e aperta a varie interpretazioni, e spetta al lettore o all’esecutore decifrare gli accenni presenti nello spartito e definire le approssimazioni. Tali limiti variano notevolmente nel corso dello sviluppo storico della cultura musicale. Nello studio della storia della musica, più ci si avvicina al presente e tanto più diminuisce il livello della cultura musicale generale degli esecutori e degli ascoltatori. Aumenta invece la tendenza del compositore a rendere il suo sistema di notazione quanto più esatto e preciso possibile, in modo da limitare sempre più la libertà di interpretazione dell’esecutore. Bisogna dire che tutti i segni della notazione musicale sono convenzionali, ma, come è stato dimostrato, il sistema della notazione musicale è alquanto marginale nel 9 Wilhelm Furtwanqler, “Interpretation – eine musikalische Schicksalfrage”, in Das Atlantisbuch der Musik, Zurigo, 1934, pp. 609ss.
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processo della comunicazione musicale. Una teoria sociale della musica non deve quindi essere basata sul carattere convenzionale dei simboli visivi ma piuttosto sul complesso di ciò che abbiamo appena chiamato la cultura musicale sullo sfondo del background nel quale ha luogo l’interpretazione del lettore o dell’esecutore. III Per rendere chiara questa ragnatela di relazioni sociali, ovvero la cultura musicale, occorre immaginare un esecutore solitario di un brano musicale mentre siede al suo pianoforte davanti allo spartito di una sonata di un minore del XIX secolo che presupponiamo sia a lui del tutto sconosciuta. Inoltre ipotizziamo che il nostro pianista possieda una buona tecnica di esecuzione e legga “a prima vista” il sistema si notazione e che, conseguentemente, nessun ostacolo di natura meccanica o esterna impedirà lo svolgimento della sua esecuzione. Dopo aver fatto queste due affermazioni ci soffermiamo a riflettere se esse siano compatibili l’una con l’altra, e se possiamo veramente definire la sonata come interamente sconosciuta al nostro esecutore. Egli infatti non potrebbe mostrare un buona tecnica di esecuzione e leggere “a prima vista”, se non avesse già acquistato un livello di cultura musicale tale 51 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
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da permettergli di improvvisare la lettura del tipo di brano musicale che ha davanti a sé. Di conseguenza, sebbene questa particolare sonata, e forse tutte le altre opere di questo compositore, gli siano effettivamente sconosciute, il pianista avrà sicuramente una conoscenza profonda del “tipo” di forma musicale della “sonata nell’ambito della musica per pianoforte del diciannovesimo secolo”, e conoscerà i temi e le armonie proposti in queste composizioni dell’epoca, nonché lo “stile” tipico di scrittura e di esecuzione di quel genere musicale. Già prima di iniziare a suonare o a leggere il primo accordo il nostro musicista fa riferimento ad una serie di esperienze precedenti più o meno chiaramente organizzate, più o meno coerenti, più o meno definite, che nella loro totalità costituiscono una pre-conoscenza del brano in questione. Questa pre-conoscenza si riferisce semplicemente al tipo al quale appartiene il brano musicale e non alla sua particolare ed unica individualità; tuttavia la pre-conoscenza generale della tipicità del brano diviene lo schema di riferimento per l’interpretazione del pianista. Lo schema di riferimento determina in via generale le anticipazioni del pianista di ciò che troverà o non troverà nella composizione di fronte al lui. Tali anticipazioni possono essere più o meno vuote; esse possono essere riempite e giustificate dagli eventi musicali che sperimenterà appena inizia a suonare la sonata o possono “esplodere” ed essere annientate. In termini più generali, il pianista si acco52
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sta ad un cosiddetto brano sconosciuto calato in una situazione storicamente determinata (nel proprio caso autobiograficamente determinata), e definita dal proprio bagaglio di esperienze musicali disponibili in quanto importanti per l’esperienza dell’anticipazione della sonata di fronte a lui10. Questo bagaglio di esperienze si riferisce indirettamente ad altri individui le cui azioni o pensieri hanno contribuito alla formazione della sua conoscenza. Si tratta di ciò che egli ha imparato dai suoi maestri, ed i suoi maestri a loro volta dai loro maestri, ciò che ha assimilato dall’esecuzione di altri musicisti e quanto egli stesso ha colto dal manifestarsi della produzione musicale del compositore. Quindi, la maggior parte della conoscenza musicale, come della conoscenza in generale, è socialmente derivata. All’interno di questa conoscenza socialmente derivata vi è la conoscenza trasmessa da quelle persone investite dal prestigio dell’autenticità e dell’autorità, ovvero i grandi maestri tra i compositori e tra gli interpreti riconosciuti delle loro opere. 10 Tutto ciò non si limita certo alla situazione sotto esame. La nostra analisi è stata finora una semplice applicazione delle indagini magistrali condotte da Husserl sulla struttura della nostra esperienza. Non è intento di questa relazione trattare l’importanza della scoperta di Husserl, specialmente per quanto riguarda il concetto di tipo, così fondamentale per tutte le scienze sociali. Questa teoria è stata trattata brevemente in Husserl, Ideas: GeneraI Introduction to Pure Phenomenology, tradotto da W.R. Boyce Gibson, LondraNew York, 1931 § 47, p. 149 ed è stato sviluppato in Erfahrung und Urteil, Praga, 1939, pp. 35ss, 139-143, 394-403.
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La conoscenza musicale da loro trasmessa non solo è socialmente derivata, ma allo stesso tempo anche socialmente approvata11, in quanto viene considerata autentica e pertanto qualificata a divenire il modello per gli altri, più di quanto non lo sia una conoscenza con altre origini. IV Nella situazione che stiamo investigando, ovvero l’esecuzione di un brano musicale, la genesi del bagaglio di esperienze con tutti i riferimenti sociali nascosti potrebbe essere definita come preistorica. La ragnatela delle conoscenze socialmente derivate e socialmente approvate costituisce però solamente lo scenario di fondo per la relazione sociale principale in cui entrerà il nostro pianista (e anche ogni ascoltatore o semplice lettore di musica): quella con il compositore della sonata. È la capacità di cogliere il pensiero musicale del compositore, e la sua interpretazione attraverso una ri-creazione, a rappresentare il centro del campo di coscienza del pianista o, per usare un termine tratto dalla fenomenologia, a divenire “tematica” per lo svolgimento della sua esecuzione. Questo nucleo tematico viene evidenziato nell’o11 Per quanto riguarda i concetti di “socialmente derivato” e “socialmente approvato” (The Well-Informed Citizen, vedi sopra, in particolare pp. 131ss).
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rizzonte della conoscenza precedentemente acquisita, di quella conoscenza che opera come schema di riferimento e di interpretazione per cogliere il pensiero del compositore. È ora necessario descrivere la struttura di questa relazione sociale tra compositore e destinatario12, ma prima di entrare nel merito di questa analisi, occorre prevenire un possibile malinteso. Noi non sosteniamo affatto che un’opera musicale (o artistica in generale) non possa essere compresa se non mediante un riferimento al suo autore o alle circostanze, sia biografiche che di altro genere, nelle quali questa particolare opera è stata creata. Non è assolutamente indispensabile per comprendere il contenuto della Suonata al Chiaro di Luna, conoscere gli stupidi aneddoti attribuiti dalla credenza popolare alla creazione di questa opera; nemmeno è necessario sapere che la sonata è stata composta da un uomo di nome Beethoven che visse in quel determinato periodo in quel determinato luogo e che visse determinate esperienze personali. Ogni opera d’arte, una volta ultimata, esiste in quanto entità significativa indipendente dalla vita del suo autore13. La relazione sociale esistente tra compositore e de12
Il termine “destinatario” include sia il musicista, sia l’ascoltatore, sia infine il lettore di musica. 13 Questo problema è stato discusso per l’ambito della poesia da E.M.W. Tillyard e da C.S. Lewis nel loro libro arguto e profondo, The Personal Heresy, a Controversy, Londra-New York, 1939.
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stinatario, così come viene interpretata in questa sede, è determinata solo dal fatto che un destinatario di un brano musicale partecipa e in una certa misura ri-crea le esperienze della persona (supponiamo che sia anonima) che creò questa opera non solo come espressione dei suoi pensieri musicali ma con un intento comunicativo. Per i nostri fini, un brano musicale può essere definito14, certamente con approssimazione, come una composizione significativa di toni nel tempo interiore. È il suo svolgersi nel tempo interiore, la durée di Bergson, che rappresenta la vera forma di esistenza della musica. Il fluire dei toni nel tempo interiore è una composizione significativa sia per il compositore che per il destinatario, per il fatto e nella misura in cui evoca nel flusso della coscienza un’interazione di ricordi, memorie, tendenze e anticipazioni. La sequenza dei toni accade nella direzione irreversibile del tempo interiore, nella direzione dalla prima battuta fino all’ultima. Questo fluire irreversibile non è però irrecuperabile. Il 14 Un eccellente saggio di teorie filosofiche sulla musica può essere ricercato in Susanne K. Langer, Philosphy in a New Key, Cambridge, 1942, cap. 8, On Significance in Music, e cap. 9, The Genesis of Artistic Import. La posizione dell’autrice si può riassumere nella citazione seguente: “l’esistenza di una connotazione riconosciuta... è un idioma limitato come una lingua artificiale, solo molto meno riuscita; in quanto la musica ai massimi livelli, sebbene costituisca una forma simbolica, corrisponde ad un simbolo non consumato. La sua vita è articolazione e non asserzione; espressività e non espressione”.
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compositore, per mezzo degli specifici strumenti della sua arte15, ha fatto in modo che la coscienza del destinatario sia condotta a riferire ciò che egli realmente sente a ciò che egli anticipa ed anche a ciò che egli ha appena ascoltato e a ciò che egli ha ascoltato da quando questo brano è iniziato. L’ascoltatore sente quindi il fluire della musica, non solo nella direzione dalla prima all’ultima battuta, ma anche simultaneamente nella direzione opposta che dall’ultima battuta torna indietro fino alla prima16. Al fine di una più corretta analisi del nostro problema è essenziale ottenere una comprensione maggiore della dimensione del tempo in cui avviene la musica. È stato già affermato precedentemente che il tempo interiore, la durée, rappresenta la vera forma dell’esistenza della musica. Suonare uno strumento, ascoltare un disco, leggere una pagina di musica sono naturalmente eventi che avvengono in un tem15
Alcuni di questi strumenti specifici sono essenziali per ogni genere musicale, altri appartengono semplicemente alla cultura musicale specifica. Il ritmo, la melodia, l’armonia totale, la tecnica di diminuzione, e le cosiddette forme basate su ciò che Tovey chiama la più grande armonia, quali la Sonata, il Rondò, le Variazioni, ecc., sono certamente tipiche della cultura musicale del diciannovesimo secolo. Sarebbe auspicabile che un maggior numero di ricerche sulla fenomenologia dell’esperienza musicale facciano luce sulla difficile questione di quale, fra questi strumenti di composizione significativa di toni, risulti essenziale alla musica in generale, anche senza considerare il suo particolare scenario storico. 16 È quanto è stato formulato in modo insuperabile da Sant’Agostino nel libro XI, cap. 38, delle sue Confessioni.
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po esteriore, che può essere misurato da metronomi e orologi, ovvero il tempo che il musicista “conta” per assicurare il “ritmo” corretto. Per chiarire però il motivo per cui noi consideriamo il tempo interiore come il vero ambiente in cui ha luogo il fluire musicale, occorre immaginare che il movimento lento e quello veloce di una sinfonia riempiano ognuno un disco. I nostri orologi mostrano che ogni disco dura circa tre minuti e mezzo. Un dato del genere dovrebbe interessare il programmista di una stazione radio, ma certo non interessa affatto al destinatario. Per lui non è affatto vero che il tempo vissuto durante il movimento lento sia di “uguale lunghezza” di quello veloce. Mentre ascolta egli vive in una dimensione di tempo non paragonabile a quella che può essere suddivisa in parti omogenee. Il tempo esteriore è misurabile; vi sono brani di uguale lunghezza; ci sono minuti e ore e la lunghezza del solco che deve essere attraversato dalla puntina del giradischi. Non esiste un criterio di misurazione per la dimensione del tempo interiore in cui vive l’ascoltatore; non vi è uguaglianza tra i brani17. Potrebbe sorprendere profondamente l’ascoltatore sapere che il tema principale del secondo movimento della sonata 17 Non è necessario riferirsi all’esperienza specifica dell’ascolto della musica per comprendere l’incommensurabilità del tempo interiore ed esteriore. Può passare mezz’ora sul nostro orologio sia mentre aspettiamo davanti alla porta di un chirurgo che sta operando una persona a noi cara sia mentre ci stiamo divertendo in buona compagnia. Sono tutti fatti ben conosciuti.
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per pianoforte di Beethoven in re minore, op. 31, nr. 2, dura lo stesso tempo, ovvero un minuto, dell’ultimo movimento della stessa sonata fino alla fine dell’esposizione18. Le osservazioni precedenti servono a chiarire la relazione sociale particolare esistente tra compositore e destinatario. Sebbene separato da centinaia di anni, l’ultimo partecipa quasi simultaneamente al flusso di coscienza del compositore nel seguire con lui passo dopo passo l’articolazione del suo pensiero musicale. Il destinatario, così, è unito al compositore da una dimensione temporale comune ad entrambi, che altro non è se non una forma derivata del vivido presente condiviso dai partecipanti ad una vera e propria relazione faccia-a-faccia19, così come accade normalmente tra oratore ed ascoltatore. Questa ricostruzione di un vivido presente, questa affermazione di una quasi simultaneità, sono però veramente tipiche della relazione tra il flusso di coscienza del compositore e quello del destinatario? Non si possono ritrovare anche nella relazione tra chi legge e chi ha scritto una lettera, tra lo studente di fronte ad un 18
p. 57.
Donald Francis Tovey, Beethoven, Londra-New York, 1945,
19 Questo termine non è utilizzato qui e nei prossimi paragrafi nel senso attribuitogli da Charles Horton Cooley in Social Organization, New York, 1937, capp. 3-5. Qui significa semplicemente che i partecipanti a questa relazione condividono il tempo e lo spazio nella sua durata. Un’analisi del concetto di Cooley è nel libro sopramenzionato, in The homecomer, p. 109ss.
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testo scientifico ed il suo autore, tra il ragazzo del liceo che studia la dimostrazione della legge dell’ipotenusa e Pitagora? Certamente in tutti questi casi le singole fasi del pensiero articolato dell’autore risultano politeticamente, e cioè passo dopo passo, co-eseguite o rieseguite dal ricevente, e quindi ha luogo la quasi simultaneità dei due flussi di pensiero. Il lettore di un libro scientifico, ad esempio, ricostruisce parola per parola il significato di una frase, frase per frase quello del paragrafo, e poi paragrafo per paragrafo il significato di un capitolo. Ma una volta co-eseguiti questi passaggi politetici della comprensione del significato concettuale di quell’enunciato (paragrafo, capitolo, ecc.), il lettore sarà in grado di cogliere l’esito di questo processo formativo, e quindi il significato concettuale risultante in un solo sguardo, in modo monotetico, per usare le parole di Husserl20, ovvero indipendentemente dai passaggi politetici nei quali e mediante i quali il significato si è formato. Allo stesso modo posso afferrare monoteticamente il significato del teorema di Piatagora (a2 + b2 = c2 a2 + b2 = c2) senza eseguire le singole operazioni mentali di derivazione passo per passo partendo da alcune premesse certe, e forse sarei in grado di afferrarlo anche se avessi dimenticato come si dimostra il teorema. Il significato di un lavoro musicale21 possiede essenzialmente una struttura politetica. Non può essere 20
Husserl, op. cit., § 118, 119, p. 334ss.
21 Ma anche di altri oggetti temporali, quali la danza e la poesia.
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colto monoteticamente, in quanto consiste di un fluire articolato passo dopo passo nel tempo interiore, di un processo formativo politetico. Posso dare un nome specifico ad un brano musicale chiamandolo Suonata al Chiaro di Luna o Nona Sinfonia; potrei anche affermare che “queste sono variazioni con un finale nella forma di una passacaglia”, o descrivere, come tendono a fare certi appunti di programma, la sensazione o l’emozione particolare che questo brano avrebbe evocato in me. Tuttavia, il contenuto musicale stesso, il suo vero significato, può essere colto solamente reimmergendosi nel flusso, riproducendo in questo modo la successione delle articolazioni musicali, così come si svela nei passaggi politetici di un processo che appartiene alla dimensione del tempo interiore. Ed occorrerà “tanto tempo” per ricostruire la produzione nel ricordo, tanto quanto è stato necessario per farne esperienza la prima volta che è stato eseguito. In entrambi i casi occorre ri-stabilire la quasi simultaneità del proprio flusso di coscienza con quello del compositore descritto precedenternente22. 22
Questa tesi costituisce un semplice corollario all’altra, secondo la quale il contesto significativo della musica non si riferisce ad uno schema concettuale. Una poesia, ad esempio, può avere anche un contenuto concettuale, e naturalmente ciò può essere afferrato monoteticamente. In una o due frasi posso raccontare la storia del vecchio marinaio, e così accade nella glossa dell’autore, ma il significato poetico dell’opera di Coleridge supera il significato concettuale, e ciò accade nella misura in cui essa è poesia. Posso riportarlo alla memoria solo recitandolo o leggendola dall’inizio
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Ci troviamo quindi di fronte alla seguente situazione: due serie di eventi nel tempo interiore, una appartenente al flusso di coscienza del compositore, l’altra al flusso di coscienza del destinatario, vengono vissuti simultaneamente, questa simultaneità viene creata dal fluire del processo musicale. Nel presente saggio si sostiene appunto la tesi che questo condividere il flusso delle esperienze dell’altro nel tempo interiore, questo vivere attraverso un vivido presente in comune, tutto questo costituisce ciò che abbiamo chiamato relazione del reciproco sintonizzarsi, l’esperienza del “Noi”, che è fondamento di ogni possibile comunicazione. La particolarità del processo musicale della comunicazione consiste nel carattere essenzialmente politetico del contenuto comunicato, ovvero nel fatto che sia il fluire degli eventi musicali sia le attività mediante le quali essi sono comunicati appartengono alla dimensione del tempo interiore. Una tale asserzione sembra valere per ogni tipo di musica. Esiste però un genere musicale, la musica polifonica del mondo occidentale, che ha il magico potere di realizzare la possibilità, mediante i suoi specifici mezzi musicali, di vivere simultaneamente in due o più flussi di eventi. Nella composizione polifonica ogni voce possiede il suo particolare significato; ognuna rappresenta per così dire una serie di eventi musicali autarchici; questo flusso è stato però elaborato per avanzare simultaneamente con altre serie di alla fine.
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eventi musicali, non meno autarchici, in coesistenza con la prima serie e in relazione tra loro per mezzo della simultaneità giungendo ad una nuova composizione significativa23. Finora abbiamo indagato sulla relazione sociale esistente tra compositore e destinatario. Ciò che abbiamo scoperto essere la caratteristica principale della comunicazione musicale, ovvero il condividere il fluire del suo contenuto, vale sia se questo processo avviene solo nella memoria del destinatario24, sia se avviene mediante la lettura dello spartito e con l’aiuto dei suoni. Sostenere che i simboli della notazione musicale sono essenziali a questo processo non è più errato che affermare, come ha fatto anche Husserl, che una sinfonia esiste solo durante la sua esecuzione da parte di un’orchestra. Bisogna ammettere che la partecipazione nel processo della comunicazione musicale, servendosi di mezzi che non sono i suoni, presuppone o un talento naturale, oppure un addestramento speciale del destinatario. Si tratta dell’importante funzione sociale dell’esecutore (cantante o musicista) che si pone quale intermediario tra com23 Cfr.
ad esempio la canzone di Brahms Wir wandelten wir zwei zusammen nella cui introduzione il passeggiare insieme dei due amanti viene espresso dal mezzo musicale di un canone. Lo stesso sistema viene utilizzato nel Credo della Messa in si minore di Bach per esprimere il mistero della Trinità (Et in unum). 24 A tale riguardo viene in mente l’affermazione di Brahms: “se voglio ascoltare un buona esecuzione del ‘Don Giovanni’, mi accendo un sigaro e mi distendo sul sofà”.
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positore e ascoltatore. Ri-creando il processo musicale, l’esecutore partecipa ai flussi di coscienza di entrambi, consentendo pertanto all’ascoltatore di immergersi nella particolare articolazione del fluire del tempo interiore, che corrisponde al significato specifico del brano musicale in questione. Non è molto rilevante se l’esecutore e l’ascoltatore condividano un presente vivido in una relazione faccia-a-faccia o se, mediante l’interposizione di strumenti meccanici, quali i dischi, si stabilisca solo una quasi simultaneità tra il flusso di coscienza del mediatore e dell’ascoltatore. L’ultimo caso si riferisce sempre al primo. La differenza tra i due dimostra solamente che la relazione tra esecutore e pubblico è soggetta a variazioni di intensità, intimità e anonimità. Per capire tutto ciò basta immaginare un pubblico formato da una sola persona, da un piccolo gruppo di persone in un ambiente privato o da una folla in una grande sala per concerti, o ancora da ascoltatori sconosciuti di uno spettacolo radiofonico o di un disco. In tutti questi casi l’esecutore e l’ascoltatore sono sintonizzati reciprocamente, stanno vivendo insieme nello stesso flusso, stanno crescendo insieme mentre il processo musicale va avanti. Una tale affermazione non è valida solo per i quindici o venti minuti misurabili di tempo esteriore necessari per l’esecuzione del brano, ma per la co-esecuzione in simultaneità dei passaggi politetici nei quali il contenuto musicale si articola nel tempo interiore. Dal momento che comunque 64
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ogni esecuzione, in quanto atto di comunicazione, è basata su di una serie di eventi nel mondo esterno, nel nostro caso il flusso musicale che ascoltiamo, si può affermare che la relazione sociale tra esecutore ed ascoltatore sia fondata sulla esperienza comune del vivere simultaneamente in diverse dimensioni di tempo. V La stessa situazione, la pluridimensionalità del tempo vissuto simultaneamente da due persone, si ripresenta nella relazione tra due o più individui che fanno musica insieme, che a questo punto possiamo analizzare. Se accettiamo la famosa definizione di Max Weber, il quale afferma che una relazione sociale rappresenta “la condotta di una pluralità di persone le quali, sulla base del loro significato soggettivo, sono reciprocamente interessate ed orientate”, allora sia la relazione tra intermediario ed ascoltatore che quella esistente tra co-esecutori rientrano nell’ambito della definizione sopracitata. Vi è però un’importante differenza. La co-esecuzione, da parte dell’ascoltatore, dei passaggi politetici nei quali il contenuto musicale si dispiega, è solamente un’attività interna (sebbene, in quanto azione coinvolgente l’azione di altri ed orientata da altri nel suo decorso, sia indubbiamente un’azione sociale 65 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
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secondo la definizione di Weber). I co-esecutori (si può parlare anche di un solista accompagnato da uno strumento a tastiera) devono eseguire attività che scorrono nel mondo esterno e conseguentemente nel tempo esterno spazializzato. Di conseguenza ogni azione del co-esecutore viene orientata non solo dal pensiero del compositore e dalla sua relazione di fronte al pubblico, ma anche reciprocamente dalle esperienze del tempo interiore ed esteriore del suo collega esecutore. Tecnicamente parlando, ognuno di loro trova nel foglio di musica che ha di fronte solo quella parte di contenuto musicale che il compositore ha attribuito al suo strumento per la traduzione in suono. Ognuno di loro deve quindi prendere in considerazione ciò che l’altro deve eseguire simultaneamente. Non solo deve interpretare la sua parte, che deve rimanere necessariamente frammentaria, ma deve anche anticipare l’interpretazione che l’altro musicista (l’altro) darà alla sua parte, ed inoltre prevedere le anticipazioni dell’altro sulla propria esecuzione. La libertà di ognuno di interpretare il pensiero del compositore viene limitata dalla libertà concessa all’altro. Ognuno di loro deve prevedere, ascoltando l’altro, mediante anticipazioni e sensazioni, ogni mossa dell’interpretazione altrui e deve essere preparato in ogni momento ad essere colui che conduce o che segue. Entrambi condividono non soltanto la durée interiore in cui il contenuto della musica suonata si at66
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tualizza; ognuno di loro simultaneamente condivide, in un vivido presente, il flusso di coscienza dell’altro nell’immediatezza. E ciò è possibile perché far musica insieme avviene in una vera e propria relazione faccia-a-faccia, in quanto i partecipanti non si trovano a condividere soltanto una porzione di tempo, ma anche un settore di spazio. Le espressioni facciali dell’altro, i suoi gesti nel suonare lo strumento, in breve tutte le attività connesse con l’esecuzione, si svolgono nel mondo esterno e possono essere colte dal partner con immediatezza. Anche se eseguite senza intento comunicativo, queste attività saranno da lui interpretate come indicazioni di ciò che l’altro si appresta a fare, e perciò come suggerimenti o perfino comandi per il suo comportamento. Tutti i cameristi sanno quanto sia disturbante una sistemazione che impedisca loro di vedersi reciprocamente. Inoltre tutte le attività dell’esecuzione avvengono nel tempo esteriore, il tempo che può essere misurato da orologi e metronomi o dalle battute della bacchetta di un direttore d’orchestra. I co-esecutori possono ricorrere a questi strumenti quando per una ragione o per l’altra il flusso del tempo interiore, nel quale il contenuto musicale si dispiega, sia stato interrotto. Una tale relazione faccia-a-faccia può essere stabilita nell’immediatezza solo tra un numero ristretto di co-esecutori. Laddove è necessario un numero maggiore di musicisti, uno di loro, un direttore 67
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di ballate, un primo violino, un suonatore di basso continuo, deve assumere il compito di dirigere i vari esecutori, deve quindi stabilire il contatto reciproco che essi non possono trovare tra loro nell’immediatezza. Questa funzione può essere affidata ad un nonesecutore, il direttore d’orchestra, che svolge questo compito agendo nel mondo esterno, ed i suoi gesti evocativi, che sono le traduzione degli eventi musicali del tempo interiore, sostituiscono per ogni esecutore quell’analisi delle attività espressive di tutti gli altri coesecutori. La nostra indagine sul fare musica insieme si è limitata a ciò che Hablwachs chiamava la musica del musicista. Tuttavia in linea di principio non sussiste alcuna differenza tra l’esecuzione di un’orchestra moderna o di un coro e la gente seduta intorno al fuoco di un bivacco a cantare strimpellando una chitarra, e nemmeno vi è differenza, sempre in linea di principio, tra l’esecuzione di un quartetto d’archi e le improvvisazioni di una jam session di bravi musicisti jazz. Tutti questi esempi servono a confermare la nostra tesi che il sistema della notazione musicale è semplicemente uno strumento tecnico e marginale rispetto alla relazione sociale esistente tra gli esecutori. Questa relazione sociale è fondata sulla partecipazione a dimensioni differenti di tempo vissuto simultaneamente dai partecipanti. Da una parte, esiste il tempo interiore dove si dispiega il fluire degli eventi musicali, dimensione questa in cui ogni esecutore ri-crea in passaggi 68
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politetici il pensiero musicale del compositore (probabilmente anonimo), e mediante cui egli è collegato anche con l’ascoltatore. Dall’altra, fare musica insieme è un evento nel tempo esteriore che presuppone una relazione faccia-a-faccia e cioè una comunità di spazio, ed è proprio questa dimensione che unifica i flussi di tempo interiore ed assicura la loro sincronizzazione in un vivido presente. VI All’inizio di questo saggio abbiamo espresso la speranza che l’analisi della relazione sociale del fare musica insieme possa contribuire a chiarire la relazione del sintonizzarsi e il processo di comunicazione in quanto tale. Sembra evidente che ogni forma di comunicazione presuppone una relazione del reciproco sintonizzarsi tra comunicatore ed interlocutore della comunicazione. Questa relazione si stabilisce nella condivisione reciproca del flusso di esperienze dell’altro nel tempo interiore, vivendo insieme un vivido presente, sperimentando questo stare insieme come un “Noi”. Solo nell’ambito di questa esperienza la condotta dell’altro diventa significativa per il partner sintonizzato con lui, nel senso che il corpo dell’altro e i suoi movimenti possono essere, e sono, interpretati come un campo di espressione degli eventi all’interno della sua vita interiore. Tuttavia non tutto ciò che viene in69 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
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Fare musica insieme
terpretato dal partner come espressione di un evento nella vita interiore dell’altro viene considerato dall’altro come comunicazione di tale evento al partner. Le espressioni facciali, il portamento, gli atteggiamenti, il modo di maneggiare gli strumenti costituiscono esempi di questa situazione, che avviene anche senza un intento comunicativo. Il processo della comunicazione è legato ad un avvenimento nel mondo esterno, che ha la struttura di una serie di eventi costituiti politeticamente nel tempo esterno. Questa serie di eventi viene considerata dal comunicatore come uno schema di espressione accessibile all’interpretazione appropriata da parte dell’interlocutore. Il suo carattere politetico garantisce la simultaneità del fluire delle esperienze del comunicatore nel tempo interiore con gli avvenimenti nel mondo esterno, nonché la simultaneità di questi avvenimenti politetici nel mondo esterno con l’interpretazione dell’interlocutore delle esperienze nel mondo interiore. Comunicare uno con l’altro presuppone la partecipazione simultanea dei partner a varie dimensioni del tempo esterno ed interiore, presuppone in breve “Il crescere Insieme”. Ciò vale apparentemente per ogni forma di comunicazione, da quella essenzialmente politetica, a quella che trasmette il significato in termini concettuali, ovvero quella risultante dal processo comunicativo che può essere colta monoteticamente. Non è necessario sottolineare che le osservazioni dei paragrafi precedenti si riferivano alla comunicazio70
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Alfred Schutz
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ne nell’ambito della relazione faccia-a-faccia. Si può però dimostrare che tutte le altre forme di comunicazione possibili possono essere spiegate come derivanti da questa situazione estremamente importante. Occorre tuttavia rimandare questa discussione e l’elaborazione della teoria della relazione del sintonizzarsi ad una prossima occasione.
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Nota bio-bibliografica
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A) Vita e opere 1899
Alfred Schutz nasce a Vienna da una famiglia ebrea.
1921
Si laurea in filosofia del diritto all’Università di Vienna, con una tesi scritta sotto la direzione di Hans Kelsen.
1926
Si unisce in matrimonio con Ilse Heime, che lo sostiene nella realizzazione della sua opera fondamentale Der sinnhafte Aufbau der sozialen Welt. Eine Einleitung in die verstehende Soziologie.
1932
Pubblica Der sinnhafte Aufbau der sozialen Welt (Vienna, Sprinter; tr. it. La fenomenologia del mondo sociale) e viene invitato da Husserl a diventare suo assistente. L’invito è declinato per ragioni personali.
1938
Schutz lascia l’Austria minacciata dal nazismo. Ripara per un anno a Parigi; emigra poi definitivamente negli Stati Uniti, dove giunge nel luglio 1939.
1943-1959 Insegna presso la New School for Social Research di New York. È membro del comitato editoriale della rivista «Philosophy 75 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
and Phenomenological Research» e della International Phenomenological Society. In questi anni pubblica i saggi poi raccolti postumi nei tre volumi dei Collected Papers (tr. it. parziale Saggi sociologici).
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1959
Schutz muore a New York.
1962-1966 Escono i tre volumi di Collected Papers (L’Aia, Martinus Nijhoff): vol. I, The Problems of Social Reality, a cura di Maurice Natanson e con una prefazione di H.L. Van Breda; vol. II, Studies in Social Theory, a cura di Arvid Brodersen; vol. III, Studies in Phenomenological Philosophy, a cura di Ilse Schutz e con un’introduzione di Aron Gurwitsch. 1970
Viene pubblicato il testo incompiuto Reflections on the Problem of Relevance (New York Haven, Yale University Press) allestito e curato da Richard M. Zaner.
1973
Thomas Luckmann pubblica in due volumi, a firma di Schutz e sua, The Structures of the Life-world (Evanston, Northwestern University Press).
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B) Traduzioni italiane
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La fenomenologia del mondo sociale (Der sinnhafte Aufbau der sozialen Welt), con una introduzione di Enzo Meandri, Bologna, il Mulino, 1974. Il problema della rilevanza. Per una fenomenologia dell’atteggiamento naturale (Reflections on the Problem of Relevance), a cura di Giuseppe Riconda, con una prefazione di Richard M. Zaner, Torino, Rosenberg & Sellier, 1975. Saggi sociologici (Collected Papers), a cura di Alberto Izzo, Torino, UTET, 1979. Don Chisciotte e il problema della realtà, a cura di Paolo Jedlowski, Roma, Armando, 1995.
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